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Giuseppe di Toscana. professore di Astronomia e Direltore dell' I. R. Osservalorio di Padova. NICE PRESIDENTE S. E. il signor conte A.ndrea Cittadellv Vigodarzere, eavaliere dei Gioannili, Consigliere intimo e Ciambellano di S. M. I. R., Consigliere slraordinario dell' I. R. Aceademia di Belle Arti di Venezia. SECRET ARIO Pasim Lodovico. V 1 C E SECRET A RIO Rizio dolior BartOLOHMEO, professore nell' I. R. Scuola tecnica in Venezia. Vol. II b M E M BR1 0 N 0 R A R i S. V I. IV I'Arciduca d'Auslria Francesco Carlo Giuseppe, Principe Imperiale, Prin- cipe Reale d'Ungheria e di Boemia ec., cav. del Toson d'oro, Gran Crocc dell'Ordine Reale ili s. Slefano d'Ungheria, ec. S. A. I. R. I'Arciduca d' Austria Carlo Luigi Giovanni Giuseppe, Principe Imperiale, Principe Reale d' Ungheria e di Boemia ec, cav. del Toson d' oro, Gran Croee dell' Ordine mililare di Maria Teresa (in brillanli)., ec. S. A. 1 R. I'Arciduca d' Austria Giuseppe Antonio Giovanni, Principe Imperiale, Prin- cipe Reale d'Ungheria e di Boeniia ec, cav. del Toson d'oro. Gran Croce dell'Ordine di s. Slefano d'Ungheria, Croce d'oro dell'onor civile, ec. S. V. I. R. I'Arciduca d'Auslria Giovanni Battista Giuseppe Fariano Sebastiano, Prin- cipe Imperiale, Principe Reale d'Ungheria e di Boemia, ec, cav. del Toson d'oro. Gran Croce dell' Ordine mililare di Maria Teresa e dell' Ordine Imperiale \ustriaco di Leopoldo, ec. S. A. I. R. I'Arciduca d'Auslria Ranieri Giuseppe Giovanni Michele Francesco Giroluio, Principe Imperiale, Principe Reale d'Ungheria e di Boemia, ec, cav. del Toson d'oro, Gran Crocc dell'Ordine Reale di s. Slefano d' Ungheria, e dell'Ordine Imperiale Auslriaco di Leopoldo, cav. di prima classe dell' Ordine Imperiale Auslriaco della Corona di ferro ( in brillanti ), e del R. Ordine Sardo deH'Annunziata, Vice Re del Regno Lombardo Veneto, ec. S. A. I. R, I'Arciduca d'Auslria Luigi Giuseppe Antonio, Principe Imperiale, Principe Reale d'Ungheria e di Boemia, ec. cav. del Toson d'oro, Gran Croce del R. Ordine di s. Slefano d'Ungheria, ec. S. A, I. R. I'Arciduca d'Auslria Federico Ferdinando Leopoldo, Principe Imperiale, Principe Reale d'Ungheria c di Boemia, ec, cav. del Toson d'oro e dell'Ordine mililare di .Maria Teresa, cav. di prima classe degli Ordini I, 1. russi di s. Andrea, di s. Alessandro Newskv, dell'Aquila bianca e di s. Anna e di s. Giorgio di quarta classe, cav. del R. Ordine mililare prussiano del Merilo e di quello R. britannico del Bagno,ec S. A. S. il Principe Clemente Venceslao di Metternich-Winneburg, ec. Grande di Spa- una di prima classe, cav. del Toson d'oro. Gran Croce dell' Ordine Reale di s. Sle- fano d' Ungheria ( in brillanli ). Croce d'oro dell'Ordine civile, I. R. Consigliere inlinio, Caneelliere della C.asa, della Cm le e dello Slalo, ec. Minislro di Slalo e dcllc Conference. S E. il signer conte Francesco Antonio di Kolowrat Liebsteinsky, cav. del Toson d'oro, Gran Croce dell'Ordine Imperiale Auslriaco di Lcopoldo, Croce d'oro dell'onor civile, lialio Onorario e Gran Croce dell' Ordioe sovrano di s. Giovanni di Gerusalemme. I R. Consigliere inlimo, Ministro di Slalo e delle Conferenze, ec, S. E. il signor conle Carlo d' Inzagm, Gran Croce dell'Ordine Imperiale Auslriaco di Leopoklo, e dell'Ordine Coslanliniano di s. Giorgio di Parma, I. 11. Consigliere inli- mo, 1. R. Ciambellano. ec. Gran Cancelliere e Presidenle dell' 1. R. Commissionc Aulica degli sludii. S. E. il signor conle Carlo Federico di Ki rec.v i Ki bau, cav. del R. Online di s. Slefano d'lingheria, Gran Croce dell'Ordine R. bavaro di s. Michele, cav. di seconda classe dell'Ordine I. russo di S. Slanislao, ec, I. R Consigliere inlimo, Presidenle dell' I. R. Camera Aulica generate e dell' I. R, Camera Aulica per le zecche e per le miniere. S. Eminenza Reverendissima Jacopo Monico, Cardinale delta S. R. C, cav. di prima classe dell'Ordine Imperiale Auslriaco delle Corona di Ferro, I. R. Consigliere inlimo. Cappellano dclla Corona, ec, Palriarca di Yenezia. S. E. il signor conle Luigi Palffy ni Erdod. cav. dell' Ordine de' Gioannili, I. R. Consi- gliere inlimo alluale di Slalo, I. R. Ciambellano, ec, Governalore delle Provincie Venele. S. E. il signor conte Giovanni Battista di Spur. Gran Croce dell'Ordine Imperiale Auslriaco di Lcopoldo, cav. di prima classe dell' Ordine Imperiale Auslriaco della Corona di Ferro, ec, I. R. Consigliere inlimo, Ciambellano, ec, Governalore delle Provincie Lombarde. S E. monsignor Gi<>. Battista Ladislao Parker di Felso For, cav. di prima classe del- I' Ordine Imperiale Auslriaco della Corona di Ferro, 1. R. Consigliere inlimo. ec, Palriarca Arcivescovo di Erlau. S. E. il signor barone Francesco di Gai.vagna, cav. di seconda classe dell' Ordine Im- periale Auslriaco della Corona di Ferro, Commeodaiore dell' Online Ponlificio di s. Gregorio il Grande, I. R. Consigliere inlimo, ec, Presidenle dell' I. R Magislrato Camerale e dell' I. R. Accademia di Uelle Arli in Venezia. S. E. il signor conle Vndrev Cittadella Vigodarzere, co»ie sopra. Di Sebregondi nobile Giuseppe conle e palrizio roniano, cav. dell* Ordine Imperiale Au- striaco di Leopoldo, Gran Croce dell' Ordine Pontificio di s. Gregorio il Grande, cav. dell' ordine dei Gioannili e di quello Ponlificio di Crislo (in brillanli). Vice Presidente dell' I. R. Governo, menibro di pareccbie Accademie. Hallaschka Francesco Cassiano, I. 11. Consigliere Aulieo, Assessore dell Eccelsa Aulica Comraissione degli sludj, Preside dclla Facolta fdosofica dell'I. R. Universita di Vienna e Socio di pareccbie Accademie. Francesconi Ermenf.gildo, I. R. Consigliere Aulieo, cavaliere di terza classe dell' 1. R. Ordine della Corona di ferro, Commendalore del R. Ordine Belgio di Leopoldo, socio onorario dell' I. R. Accademia di Belle Arii in Venezia, Capo dell' I. R. Direzione Generale lecnico-amministrativa per le slrade ferrate dello Slalo. Sartori Canova monsignor Giovanmi Battista, vescovo di Mindo, socio onorario dell'I. R. Accademia di Belle Arli in Venezia. Di Maniago conte Pietro, cavaliere di seconda classe dell' Ordine Imperiale Auslriaco della Corona di Ferro, socio onorario dell' I. R. Accademia di Belle Arli in Venezia. MEMBRI EFFETTIV1 PENSIONATI. ( 26 Novembre i83<) ) Santini Giovanni, come sopra. C.atillo dollor Tommaso Antonio, professore di Storia Naturale nell' I. R. Universila di Padova. Zekdrim ab. Angelo, professore emerilo di Malemalica dell' I. R. I'niversita di Padova, in Meslre. Zantedeschi ab. Fra>cesco, professore di Fisica nell' I. R. Liceo di Venezia. Zamcom ab Giuseppe, professore di Fisica nell' I. R. Liceo di Verona. [26 Novembre i839— 20 Giugno 1843 ) Caso.m ingegnere Giovanni, archilelto all' Lfficio delle fabbricbe civili e lavori idraulici dell' Arsenate, in Venezia. (26 Novembre i83t) — 16 Gennajo 1 84 4 ' Fapanni dollor Agostino, cavaliere della Milizia Aurala, iu Treviso. Pasim Lodovico, come sopra. 26 Sellembre . 8 ,<• Bi/.io dotlor Bvrtoi.ommeo, come sopra. \\\ llavitis nob. Gusto, professore di Geonielria descritliva nell'l. R. I niversila di Padova FURLANETTO ab. GlUSEPPE, mi Padova. Venanzio dollor Girolamo, in Porlogruaro. Sandri Ghi.io, in Verona. Bianchetti dollor Giuseppe, in Treviso. (26 Sellembre 1840 — 3 Giugno i843| Fisinieri dollor Ambrogio, in Vicenza. Scopoli conic Gio. Antonio, Segrelario pcrpelno dell'Accademia di agricollura, commer- cio ed arli, in Verona. Nardo dollor Gin. Dohemco, in Venezia. I 26 Seltembre 1840 — 20 Ghigno i8j3i Contarim conte INicoi.6, in Venezia. ( 2G Sellembre 1840 — i(i Genoajo 1844 1 Dt' Visum dollor Roberto, professore di Bolanica nell' I. R. I'niversila di Padova. 3 gno 1843) Mi.notto nob. Giovanni, in Venezia. MEMBRI EFFETTIVI \ON PENSIONATI. Racchetti dollor Alessandro, I. R. Consigliere, professore di Procedura giudiziaria nel- l'l. R. Universila di Padova. Menin abale dollor Lodovico, professore di Sioria nell' 1. R. Universila di Padova. Pai eocapa ing. Pietro, cavaliere di lerza classe dell' Ordine Imperiale Vuslriaco della Corona di Ferro, Direllore delle Pubbliche Coslruzioni in Vene ( ai Mario 1840 1 S. E. il sig. conle Leonardo Manin, Grande Scudiere del Regno Lombardo-Venelo, I. R. Consigliere intimo, e Cianibellano, in Venezia. (2G Seltembre 1840 ) Co.\ r i dollor Cvrlo, professore di Malemaiica applicata nell' 1. R. Universita di Padova. (3 Giugno 1843 ) Jappelli ing. Giuseppe, in Padova. Barbieri ab. Giuseppe, professore emerilo, in Padova. Zv>o\ Bartolohmeo, chiniico farmacisla, in Bellnno. Milam ing. Giovanni, in Verona. ( 20 Giugno 1843) Cortese dollor Francesco, professore di Analomia nell' I. R. Universita di Padova. Ti'R\zzv dollor Domenico, professore di Geodesia e Idrometria nell' I. R. Universita di Padova. (16 Germajo ,844) Giacomini dollor Giacomo Andrea, professore di Medicina nell' I. R. Universita di Padova Meneghini dollor Giuseppe, professore nell' I. R. Universita di Padova. Carrer dollor Luigi, professore nell' 1. R. Scitola tecnica, in Venezia. Freschi nob. Giierardo, in s. Vilo del Friuli. Maggi Pietro, dollor in niatemalica, in Verona. Cittadellv conle Giovanni, in Padova. Mimch dollor Serafino Raffaele, professore di Calcolo sublime nell' Imp. Reg. Universita di Padova. P01.1 dollor Bamjassare, professore di Filosofia nell' 1. R. Universita di Padova. SO CI CORRISPOINDENTI ( 2H Dicembre 1841 ) Bettio mons. Pietro, cavaliere di terza elasse dell' Ordine Imperiale Auslriaco della Corona di Ferro, Biblioiecario dell' I. R. Biblioleea !\!arciana, in Venezia. I vs Novcmbre i«4a I Avesani Bartolo.mmeo, ingcgncre meccanico, in Verona. Cicogna Emm.anuele, Consigliere slraordioario dell' I. R. Accadeniia di Hell..- Arli, in Venezia. Fario L. Paolo, iloitore in medicina, in Venezia. Galvani doitor Andrea, in Pordenone. Melan inons. Sebastiano, Direttore della Facolta teologica dell'I. R. Universila
  • \ Michelangelo, doltore in medicina e chirurgia, in Venezia. Bernardi ab. Giuseppe, in Padova. Cappelletto Antonio Alf.ppio, ingcgncre meccanico, in Venezia. Penolazzi Ignazio, dotlore in medicina, in Montagnana. Qi u)iu Antonio, Consigliere hnperiale e Segretario dell' I. B. Governo, in Venezia. Sag redo conic Agostino, Consigliere slraordinario dell I. It. Accadeinia di Belle Vni, in Venezia. Zescevich Giovanni, professore nell' 1. B Collegio di Manna, in Venezia I a.. Gennajo 1845 ) Selvatico Estesse, nob. Pietro, in Padova. Spongia dollor Filippo, Direllore della Facolta medica dell' I. R. Universila di Padova. FlOBl DELLE PROV1SCIE TENETE Aicher padre Giambattista, della Congregazione Armena dei Mechitaristi. Arnetii cav. Giuseppe, Direttore dell' I. R. Gabinello di Numismalica e di Antichila. in Vienna. Baumgartner prof. Andrea, Direttore della Facolta filosofica dell'l. R. Universila di Vienna. De Birvgo Cav. Carlo, I. R. Colonnello, in Vienna. D' Etti>gshausen Andrea, professore di Fisica nell' I. R. Universila di Vienna. Di' Fii.ippi Filippo, dottore in medicina, Aggiunto al Museo civico di Storia Nalurale, in Milano. Guega cons. C\rlo, dottore in matemalica, I. R. Ispetlore delle strade ferrate, in Vienna. Gianelli dollor Giuseppe, Consigliere dell'l. R. Governo in Milano. Jan prof. Giorgio, Direttore del Museo civico di Storia nalurale in Milano, e professore di Rotanica in Parma. K.reil dollor Carlo, Astronomo aggiunto nell' I. R. Osservalorio di Praga. De Lugnani Giuseppe, Direttore dell' I. Accademia di Naulica in Trieste. Mainardi doltor Gaspare, professore di matemalica nell' I. R. Universila di Pavia. Partsch dotlor Paolo, Conservalore dell' I. R. Gabinello di Storia Nalurale. in Vienna. Prechtel cons. G10. Giuseppe, Direttore dell' I. R. lstitulo Politecnico. in Vienna. Rosmini abale Antonio, di Rovereto Tomhaseo Nicolo. di Sebenico M E M O R I E DELL" IMP. REG. ISTITUTO VENETO SCIEXZE LETTERE ED ART! Vol. II DEL METODO E DELLE AVVERTENZE (111. SI ISANO NELL' ORTO BOTAMCO DI PADOVA PER LA CULTURA, FECONDAZIONE E FRLTTIFICAZIONE DELLA VAMGLIA MEMORIA DEL PROF. ROBERTO DE VISIAM Li a specie di Vaniglia, che eoltivasi a preferenza negli orti botanici di Europa, si e la Vaniglia a foglie piane, V. planifolia di Andrew. Quantunque qucsta differisca dalla / . aromatica nei caralteri delle foglie e del fiore, pure ?ssa somministra promiscuamente coll'altra la Vaniglia del commercio, e quesla droga, che ci viene del pari da San Domingo, e dal 3Iessico, non pre- senta alciina divcrsita. benche lornita da due piante fra loro dislinte per co- slanli caralteri. La / . planifolia eoltivasi agevolmente in lutte le stufe degli Orti botanici di Europa, ma non da per tullo, ne costantcmente (iorisce. I suoi fiori, come quelli del maggior numero delle Orchidee esotiche, cui que- sla pianta apparticne. non avevano, per quanto io sappia, allegato frutto in Europa sino all'anno 1 83 7 . Solo in quell' anno i giornali annunziarono. rbe nell' Orto botanico di Liegi era riuscito a quel cliiarissimo professore sig. Morren di avernc frulta mature, c nel i838 il sig. Neumann primo giardi- niere al Gianlino delle piante in Parigi pubblico negli Annahs de Flore et DEL METODO PER LA CULTUHA DELLA VANIGLIA Pomorie un articolo, da rui si scppe, cli egli pure aveva ottenuto un eguale risultaraento. Eccitalo da questi esempj, e bramoso di cogliere almeno la terza palma in argomento si rilevante, mi diedi io pure nel iS^-i ad istu- diarne accuratamente il fiorc in una pianta cli / anilla planifolia, die colti- vasi da ollrc vent'anni ncll orto botanico di Padova; ed essendomi assicura- to, chegli ostacoli iquali impediscono la fecondazione naturale e la conseguente allegagione de'frutti, sono nulla struttura stcssa del liore, divisai meco stesso i mezzi piii acconci a superarli, mezzi di cui gli orticultori Belgi e Francesi aveano falto un scgrcto. Le cure datemi per iscoprirlo sortirono pienczza e pro- sperity tli successo, e fu da ciu, clie la Imperiale e Reale Societa di Orticultura in Vienna, che da quattro anni pubblicava inutilmente unprogramma,ed assc- gnava un premio a chi moslrasse baccelli di Vaniglia raccolti nella Monarchia Austriaca, nella solcnne tornata del giornn iS del Maggio teste passato ebbe a riconoscere nell Orto botanico di Padova il primo c finora il solo St.ibili- mcnto orticolo de nostri Slati, cbc avesse ottenuto 1 artifieiale fruttificazione della medesima, e ritrovando ne'frutti avutine lo stesso aroma, clie distingue quei del commercio, decreto unaniniemente il premio della grande Medaglia d' oro a chi aveva avuto la sorle di rendere produltiva una pianta finora ste- rile, e pure svi intcressante pella preziosita de'suoi frutti. L' esito compiuta- mente lelicc de'miei tentalivi, ed il giudizio pronunziatoue da quella rispet- tabile Societa m'indussero a credere, che potesse a Yoi pure tornare gradita la esposizione del metodo da me seguito per arrivarvi. Gli e percio, cbe quan- tunque la Memoria, con cui bo accompagnato i baccelli di Vaniglia alia Societa di Orticultura in Vienna sia slata tradotta in tedesco e pubblicata per sunto in quella Gazzetta del giorno 12 del corrente Giugno, non ho stimato disutile il ripigliare dinanzi a voi la trattazione dellargomenlo, si perche osservazioni posteriori mi dicdero agio di arriccbirla e coniortarla di nuovi latli, si ancora perche nol facendo, avrei crcduto mancare ai doveri impostimi dall'onore di appartenervi, tacendovi al tutto un avvenimento, che segnalo 1 Orto di Pa- dova fra Uttti quelli dell' Austriaca dominazione, e valse ad esso la gloria di una corona. La pianta frultifcfa di Vaniglia. clie coltivasi nelle grandi stufe di queslo. DEL PROF. KOBKRTO 1)K VISIAN1 .'> fiori la prima volta neb" anno i8.i!J. ed avrebbe certamenle continualo a fiorire anche ne'successivi, se la gra n dine spa venlosa c memorabilc, che nel d'i 24 Agosto del i8i>4 quasi dislrusse quest illustre Stabilimenlo, non avesse gravemente danneggiala la serra maggiore, ove collivasi la Vaniglia, e co'frammenli delle invetriate di quella, ferita e makoncia in ogui parte co- testa pianla. lliavutasi lentatnente da lanto danno, solo nella slate del 184.0 essa produsse un grappolo di fiori, i quali pero abbandonali a se stessi ii mascro stcrili e caddero 1' un tlopo I'altro. Nel mese di Giugno del 184.1 apparve un'allro grappo di liori, c si In allora, cbe mosso dal desiderio di verificare gli sperimenti falti nel Belgio pee oltenere la fruttificazione. della Vaniglia, mi diedi a studiare la strutlura dei fiori della medesima, onde rico- noscerc la vera causa della loro sterilila. Da queslo esame nu risulto cio di- pendere unicamenle dall'essere lo slim ma dei medesimi conformato di lal maniera, e curvato e.nascosto dentro il lubo del perigonio per guisa, che. almeiio nelle nostre serre, e. impossibile die il polline arrivi naturalmente a contatto della superficie slimmaliea dello stesso. Ho cominciato allora a len- tare in varii modi la fecondazione artificiale
  • comparve lo scorso Mnggio i84'^ un grappolo di fiori, cd all' altezza di metri 5,8o un secondo. 11 primo fiore si aperse nel giorno ottavo di (riugno, e successivamente sino al di a5 del mese stcsso ne sbocciarono uno. due. e raramente tre in ciascun giorno. Dei 18 fiori fornitimi dalla mia pianta. uno fn analizzato per conoscernc la struttura, 17 furono fecondati, e di questi 14 frnttificarono, tre soli abortirono, probabilmenle in conseguenza di una ommissione, che faro nota in appresso. Si aprivano essi di buon mat- tino, ed alle 8 antim. erano spiegati quanto il comporta 1' indole loro, che non pcrmette mai uno spiegamento completo: la fecondazione fn operala fra le 8 e le 10 dei varii giorni in cui furonvi fiori aperti. e nel modo che mi faccio ad esporre. Staccata 1' antera ( fig. 7." lett. a), col mezzo di una pinzetta lacerando il filamento, che univala al ginostemio, se ne estrassero mediante una punta metallica i pollinari. da' quali con ripetute scosse ed incisioni fatto uscire quel piu di polline che si poteva. fu questo raccolto sulla estremita d' una lama di temperino. Cio fatto, con una pinzetta si allontanarono le due lamine component! lo stimma (fig. y.' lett. b), e contemporaneamente insi- nuavasi fra le medesime, quanto piu profondamente potevasi. coll'altra mano 1' estremita della lamina caricata di polline, ed ivi rovesciandola destramente c strofinandola sulla lamina inferiore dello stimma si applicava il polline alia superficic di questa. Altre volte si provo ad introdurre fra le due lamine i pollinari staccati dall' antera, ma interi. od anche la stessa antera co' polli- nari attaccativi. comprimendo svi questi che quella fra le lamine sopradette. onde spremerne il polline. portarlo a contatto della superficie stimmatica. c promuoverne 1' assorbimento. S"i 1' uno che 1 altro metodo riuscirono con Vol. II , IO DFX METODO PER LA CULTURA DELIA VANIGLIA cguale felicita, ma 1' ultimo sara semprc preferibile a tutti gli altri come il piu facile ed il piu pronto. Ad agevolare ancor piu questa penosa opera- zionc, fendevasi per lo lungo la parete inferiore del tubo o labello, ne que- sto taglio, ne la compressione usata per qualche tempo sopra le lamine del pistillo nocquero all'esito dell' artificiale fecondazione. Che anzi la com- pressione stessa parve indispensabile ad assicurarlo, ed e all' ommissione di questa pratica, per cui il polline o nun venne a contalto del la superfine stim- matica, o vi reslo poco tempo, che puossi con ogni probability attribuire la sopraindicata sterilita di tre fiori, che pure era no stati in quanto al resto fe- condati al pari degli altri divenuti fruttiferi. Le cure dateci perche 1' opera- zione ottenesse lo scopo desiderato furono coronate dal piu lieto successo, giacche non solo la fecondazione ebbe effetto, ma nell'osservare le circostanze ad essa consecutive ci avvenne di scoprire an criterio sicuro per conoscere sino dal primo giorno 1' esito lieto od infausto della medesima. Qualche ora dopo l'operazione, se la fecondazione riusci, l'ovario da orizzontale si fa pendente, il perigonio si chiude, e resta allaccato all' ovario stesso per lungo tempo sino alia completa sua disseccazione. Due frutti ottenuti con questa fecondazione portarono attaccato il perigonio secco per ben tre mesi. Nel fiore infecondo, per lo contrario, il perigonio cade nel giorno stesso, in cui quello si aperse, e l'ovario serbasi orizzontale. Gli e perche nel primo caso i budelli pollinici passando dallo slimma,che mediante il ginostemio fa corpo col perigonio, all'ovario, connetlono quest! due organi l'uno all'altro, mentre nel secondo mancando questo mezzo di congiunzione, il perigonio si disar- ticola dall' ovario, e cade rapidamente. Lo stesso metodo di fecondazione fti praticato anche quest' anno nel mese scorso sopra gli otto fiori comparsi nel terzo e nel quarto ramo, e se ne ottenne lo stesso effetto. In quest ultimo esperimento si e provato a recidere la lamina stimmatica superiore per faci- litar 1' introduzione del polline nella bocca dello stimma, e si osservo che quest' amputazione non nocque minimamente al successo della fecondazione. La pianta, i di cui fiori sostennero in varii tempi 1' artificiale fecondazione, presenta ora tre grappoli di verdi e succose frutta, di cui mi faccio a sten- dere la descrizione. II grappolo frultifero maggiore e piu prossimo alia radice DEL PROK. ROBERTO DE VISUM I I porta otto bacelli attaccali ad un asse di 7 centimetri di lunghezza, grossi da 10 a 1.) millimetri nel maggiore lor diametro, lunglii da 12 a 23 cent. ( fig. 1 cd 8 lelt. a). II grappolo minore e piu prossirao alia sommita della pianta, che fu troncata con csso, e che s'invio all' 1. 11. Societa di Orticultura in Vienna, portava sei bacelli attaccati ad un asse lungo 5 centimetri, il mi- nore de' quali era grosso nel m;iggiore suo diametro millimetri 8, lungo cent. 12; il maggiore grosso i5 mill, lungo quasi 22 cent., ed uno fu lagliato a mezzo per analizzarne 1' interna strultura. I frutli 0 bacelli d' ambedue i grappoli sono di forma cilindrico-triangolare, per tre leggeri rilievi che spor- gouo agli angoli dei medesimi cd indicano la sutura delle tre valve, in che dovrebbe fendersi il frulto a completa maturila ; sono assottigliati ed incurvi alia base, cilindrici in appresso, e talor anche leggermente clavali, presso al- 1' apice bruscamenle ristringonsi, e questo e obbliquamente spostato tuor del- l'asse del frutto c rivollo al lalo della sutura inferiore, ed oltre cio e profon- damente ombelicato nel mezzo (fig. 9, lett. c). Quest' ombelico, che ha un mill, d' incavatura, e di figura triangolare e nel mezzo ha una piccola fossetta della stessa figura. e cinlo da un grosso margine quasi bilabiato. il cui lab- bro maggiore e piu sporgente (fig. 9, lett. a) corrisponde alle due valve su- periori, il minore all'iiiferiorc (fig. 9, lett. b). L' apice del frutto e segnato da tre linee, che nella maturazione imbruniscono, e che sono le estremita delle suture (fig. 9, lett. d. e). Nell' interno del frulto e per tutta la sua lunghezza scorrono tre placenlarii opposti alle valve (fig. 10, lett. a. b), ciascuno dei quali dividendosi in due, sembra addoppiarne il numero. Sporgono essi nel- 1 interno di una cavila quasi triangolare, che forma I' asse del frutto, e sovra i medesimi sono disposte molte placente distinte fra loro, frastagliate all api- ce, e portanti su questo moltissimi semi di forma orbicolare trigona, schiac- ciati, nilidi, neri ed appesi a corti funicoli (fig. 10. lett. c). I frutli sono di un color verde eguale a qucllo dei rami. Sino a che son verdi ed immaluri non mandano verun odore. quando si approssimano a maturita, ingialliscono prima, cominciando dall'apice, e poscia imbruniscono. indi staccansi dall'asse del grappolo. edallora soltanto lianiandano copiosa e soave Iragranza. Sidisse piu sopra, che quello raccolto nell orlo di Padova nel Maggio 1842 aveva 12 DEL MKTODO PER LA CULTURA DELLA VANIGLIA ed lia luitora forse piu gralo cd acuto odore della Vaniglia del commercio, e questo fatto sari trovato ben ragionevole da cbi consider], i lie la Vaniglia del commercio non matura mai sulla piauta, ma siraccoglie presso die verde, c pria di seccarla si scotta nell'acqua bollente. Con questa pratica essa non put) ottenere quell' ultima elaborazione tie' suoi principii, die dovea renderla piu ricca di aroma, locche avvenne invece in quella die maturo spontanea- mente nell'Orto nostro. Oltre a cio la nostra Vaniglia non fu spalmata ripc- tutamente d' olio, come usasi per quella cbe si reca in commercio, la qual operazione non puo cbe affievolirne non solo, si ancora alterarne 1' odore. Egli e percio, cbe io consiglio tli far maturare il frutto sulla sua pianla, e di lasciarnelo catlerc spontaneamente, ommettendo poscia ogni scottalura oil unzione, mentre cos'i si olterranuo frutti incno grossi a dir vero, e men pe- sanli, ma pin aromatici di quelli assoggettati alle praticlie sopratlette, e quindi di mnggior prezzo in commercio. Caduli che sieno, baslera riporli in vasi di terra verniciati o in cassette di piombo per conservarli. La Vanilla plant folia esige ben pocbe cure pella sua coltivazione. Un vaso ili tcrriccio vegetale mescolato a poca sabbia tli fiume per facilitare lo scolo della umidita, cbe potrebbe infracidirne le radici se vi fosse lungamente acontalto; una corteccia screpolata, rugosa, spugnosa, cui possa ella affiggere le sue radici aeree, p. e. di rovere o meglio di salicc o pioppo ; pochi inaffia- menti ed una temperatura, cbe non sia minore di io gr. 1\. nel verno ; fre- quenti inaffiamenti, in luogo caldo e difeso da troppo continuatie diretti raggi di sole nell estate, baslano alia sua prosperosa vegetazione. A cio pure con- tribuiscc I avvolgcre nell' estate di niusco i troucbi principal] e quelle parti di essi, cbe cominciano ad aggrinzarsi, tenendolo frcquentemente umettato. La sua moltiplicazione riesce di talea, immcrgendo questa nel terriccio vege- tale mescolato con sabbia, o meglio nel carbone, e tenendola in chassis copcrti, id alta temperatura, in atmosfera umida e riparati dal sole. Fu scritto dal cb. prof. Morren. cbe il fusto della Vaniglia tlopo la sua Irutlificazione disseccasi nclla base, locche a suo avviso rende le radici aeree indispensabili alia vita della pianla. Questa osservazionc non ci fu dato di confermare fra noi, ove i cauli fruttiferi si serbarouo verdi e vegeti come DEL PROF. ROBERTO 1>E VISIANI l.i prima. Soltanlo il ramo, che portava il grappolo fruttifero dell' anno scorso. sembro avvizzirsi per alcun tratlo, ma poco dopo riprese I' ordinaria succo- sita c levigatezza. Tutti quelli che porlano frutti presentemente nell Orto noslro non mostrano differenza alcuua in tal riguardo dagli altri rami. Dalla storia della fruttificazione della Vaniglia nell' Orto botanico di Padova, e dalla descrizione datane di ogni sua parte, possono dedursi alcune conseguenze, e no tare alcuni fatti nuovamente osservati che importa di qui raccogliere, qual sunto di questo scritto. i.° La Vanilla plani folia fiorisce da varii anni in quest' Orto botanico senza essere torroenlata con alcuno di que' metodi, che furono consigliati dal prof. Morren per ottenere siffatto scopo. 2.° II modo piu semplice per fecondarla artificialmenle, onde averne dei frutti, e 1' insinuare 1'antera slaccata dall'apice del ginostemio fra le due lamine componenti lo slimma, comprimendola dolcemente e per qualche istante fra queste. 3.° Indizio certo di scguita fecondazione e la persistenza del perigonio sull'ovario oltre il giorno, in cui quella operazione fu praticata. 4-° Non e necessario piu di un anno di tempo per la maturazione del Irutto, come avvenne a Parigi, avendolosi raccolto in Padova in un periodo poco piu lungo di nove mesi ; ma questo tempo puo variare a seconda di molte cause e special mente della temperatura. Cos'i in quest'anno che la lem- peratura non raggiunse il grado dell' anno scorso, la maturazione del Irutto oltrepassb un anno inlero. 5.° Per aver frutti squisitamente aromatici, al metodo altrove praticato di tagliare i frutti immaturi dalla pianta. e di scottarli, o di ungerli. devesi preferire quello di lasciarli mat u rare sulla medesima finche ne cadano sponta- neamenlc, e di non larvi in seguito veruna preparazione. limitandosi ariporli in vasi di terra verniciati, o di piombo per conservarli. G.° 1 rami nella / ani/la planifolia trovansi nelle ascelle delle foglie in istato di rudimento coperti da un involucro indeiscente, carnoso, verde. che in date circostanze e per uno sforzo di vigorosa vegetazione giunge talora a fendersi irregolarmente, ed e probabilmente per la resistenza di questo invo- 1^ DEL METODO PER LA CULTURA DELLA VANIGLIA lucro che scarsi e I'un dall'altro lontani sono i rami di questa pianta, ben- che Ic gemme rameali sieno freqaenti. Questa opinione, che io annunziai prima come un sospetto all' I. H. Sociela orticola di Vienna, cangiossi poscia in certezza, giacche praticata una incisione longitudinale, e trasversale sul- l'involucro vidi uscirne il ramo in esso racchiuso. Tale osservazione che insegna il modo di accrescere il numero de rami, e quindi ancora di molti- plicare con questi la nostra pianta di talea, puo meritare diessere conosciula dai cultori della Vaniglia. Non tacerfi poi di un fatto singolare osservato in una delle sue gemme. la quale anziche emettere nn ramo dalla fenditura del- rinvoliic.ro, come di consueto, man do fuori una radice aerea, la quale scor- rendo sulIa faccia della foglia soltoposta vi si attacco, e seguito ad allungarsi nella direzione del diamelro longitudinale della medesima. Chinnque consideri all' eminenle prezzo cui salse la Vaniglia in Europa, ed alia possibility dimostrata di ottenerne anche qui frutta non inferiori a quelle, che ci vengono d' America, trovera argomento merilevole di studii accurati la cullura e la fruttificazione della preziosa pianta che le produce. Esigendo la prima ben poche cure, e la seconda una pratica facile ad acqui- starsi, 1' artihciale fruttificazione della medesima potrehhe formar soggello di una speculazione importante, utile specialmente a quelli, che fossero i primi ad impossessarsi di questo novello ramo d'industria. Essa in alcuni anni ci francherehhe forse del gravoso tributo, che ora paghiamo all'estero per que- sta droga, il cui delizioso profumo e divenuto necessita di alcnne arti, ed in appresso potrebbe ancora riuscire lucroso oggetlo di esportazione. La mi- tezza del nostro clima, 1' ardore de' nostri soli, per cui i suoi bacelli matu- rano qui piu prontamcnte che altrove, potrebbe e nella squisitezza e nella precocita del prodotlo darci la preferenza sugli altri Stati risguardati da ciel men benigno, che si volgessero a simili tentativi. Invito io dunque coloro, che si piacciono di por 1' ingegno nel profittare delle novelle fonti, che la scienza incessantementc schiude all' industria, a sperimentare in grande ed in edifizii da cio, la cultura di questa pianla, offerendomi a porger loro quei pochi lumi, che la pratica di qualtro anni mi venne successivamente sommi- nistrando. Non dissimulo che rcsta pure un grande ostacolo a vincersi, la DEL PROK. ROBERTO DE VISIANI l.) diffirolta di far fiorire regolarmente ed ogni anno codesta pianta in quello stato ili prigionia, in cui la dannlamo a vivere per cntro alle nostre stufe, per cui ora riescirebbe incerta lannuale quantila del prodotto. Ma se la grande probability del guadagno fara rivolgere le assidne cure degli specula- tori a un'argomento per anco vergine qual si e questo della Vaniglia, non e a disperare die abbiasi a scoprire il modo di prorauovere e pressoccbe ili forzar la fioritura di questa pianta. I giardinieri del Belgio ne hanno gia con qualche successo tentato uno, die consistc nel punzeccbiare eon aghi inlinti neir olio le lenere messe, onde richiamandovi un pin largo afllusso di succhi determinare pel costui mezzo lo svolgimento delle gemme fiorali. So che un tal inelodo altrove non riusci, ma io non dubito die ripetendolo assai, e va- riandone il modo e le awertenze e la stagione, e sperimentandolo su piante di varia eta, e mulando a queste or la temperatura or lo stato igrometrico, allevandone altre in terra sdiietta, altre nel carbon fossile, altre pur nella torba, e facendovi intorno quelle diligenze amorevoli ed importune con cui sogliono i fisici interrogar la natura e meritarne i responsi. non dubito die possasi un giorno giungere o alia scoperta di un nuovo metodo, o per lo ineno a tale perfezionamento di questo da oltenere frequente e regolare la fioritura della Vaniglia. Valessero, come io il desidero, questi cenni a risvegliare in alcuni un delibcrato proposito di dedicarsi a sperimenti, die presentano si lusinghiera prosperity di successo : quanto a me lego a voi la mia fede di tentare con perseverante operosita ogni maniera di prove affinche in quello stesso Stabi- limento, die primo fra nostri forzo la Vaniglia a dar frutta, si giunga aurora a scoprire il modo di promuoverne ed accertarne la fioritura. ( Letta il »6 Giugno i«JS SPIEGAZIONE DELIA TAVOLA Fig. i. Portamento gcnerale della pianla, in cui vedesi alia lelt. a il ramo che ha frutlalo nel i84'- e I101''3 bulla ancho adcsso; alle lett. bb i rami ora in fiorc : tutlo di grandczza minore del naturale. Fig. 2. Porzione di tronco, in cui scorgesi alia lelt. a una sczione orizzontale del raedesirao; bbb lc radici aeree ora solitarie, ora appajate; c l'involu- cro della gemma che racchiudc il rndimento del raino; d l'involnrro fesso, da cui esce il ramo; e l'inserzione della foglia : lutto di grandczza naturale. Fig. 3. Novello grappolo fiorale quale apparisce in sul principio, e prima che sieno caduli i frutti dell' anno innanzi. in cui veggonsi le braltee a a a; i tubercoli o gemme fiorali per lo piu abortive bbb:, la gemma fiorale pros- sima a sbocciare c: tulto di grandczza naturale. Fig. 4- Fiorc di grandczza naturale composto di trc foglioline del perigonio estemeaaa; di due laterali interne bb\ del labello c; del ginostemio d; dell ovario e. Fig. .'). Prospello del Gore; n prospctto dell anlera: di grandczza naturale. Fig. G. Labello staccato dal bore e lacerato presso I'apice del ginostemio per far vedere in a una delle due orecchiette coprenti lateralmente I'apice del ginostemio; in b I antera veduta in profilo; in c lc due Limine dello slim- ma vedute oblinuamente : di grandczza naturale. Fig. -. Labello al naturale spaccato parallelamcntc all'asse, onde vedervi 1 antera a, lc due laminc stigmatiche o rostelli b. il fiocco di laraine cunei- tormi c. Questo fiocco vedesi ingrandito alia bit. d. I 'ol. II. 3 I 8 SPIEG AZIONE DELLA TAVOLA Fig. 8. Grappolomaggiorc con otto frulta in dimensioni naturali con brattee e ioglia. Fijr. q. Parte inferiore di un frutto veduta per di sotto onde scorgervi 1' om- belico triangolare c, il suo margine diviso in labbro inferiore b, e supe- riore a\ due dellc tre linee suturali de: tutto di grandezza naturale. Fig. io. Lett. a. Sezione del frutto perpendicolare all' asse, onde osservarne i canali placentiferi *, e la disposizione delle placcnte verso 1' asse del frutto. Lett, b le parti stesse con notevole ingrandimento. Lett, c sezione verticale di una porzione del frutto, in cui veggonsi le placente *** • '*'» -•-'-' '/ 'j/, //, // // .,; / \ . // „. / /.eJ (1) Se invece interroghiamo Breislak, ci dira che nel raffreddameoto del gloho non tutti i gas poterono giungere alia superficie della terra, ma si arrestarono al di solto di essa producendo dei vuoli di una grandezza proporzionata al loro volume, ed alia loro elasticila (Institutions geologiques, §. i35) ; e se consultiamo Brocchi apprendiamo che questi baratri sono contcmporanei all' originc delle montagne. (Bibliot. Ita- liana 1822.) Sieanche pensato che il calcare. soluhile per seslesso nell' acqua carica di acido carhonico, sia stato corroso dalla medesima, e ne sia stata a poco a poco levata tulta la inassa corrispondente all'ampiezza altuale della Caverna; ma come osserva Marcel di Serres, la causa non e proporzionata all' effelto, ne uomo sapra mai persuadersi che le Caverne opera sieno del- 1' acqua (Essai stir les Casernes, pug. iG.) Di fallo se per un verso 1' acqua contribuisce ad accrescerne in qualche maniera 1 ampiezza solcandone le pareti, per l'altro essa tende a diminuirla coi materiali che seco trascina, e nessuno vornt disconvenire che gli effetti prodotli in quest' ultima operazione, non sieno di gran lunga pin grandiosi de' primi. L'opinione che le Caverne sieno coeve ai monli sembra, come dicemmo, la piu gcnerahnenle ricevuta, sehbene qualche rispettabile naturalisla ammetta ch'esse fossero dapprima rierapiute di materie saline portate via dalle acque lungo tempo dopo il consolidamenlo delle montagne, in prova di che si cilano le pareti di alcune Caverne, le quali invece di essere piane e list ie. sono sca- vate da solchi profondi simili presso a poco ai solchi laseiali dai torrenli sui fianchi delle vail i entro cui scorrono f Diction, ties sciences nalurelles^ art. Caverne; Daubuisson, Traile de Gc'ologie, T. II. pag. 3gi.) Osservo pero che adotlando questa idea, e difficile concepire come il fluido acquoso abbia potuto trascinare seco il materiale di quelle Caverne che mancano di esiti laterali. c che solo permettono la discesa dall' alto al basso, come si pralica DEL PKOF. TOMMASO ANTONIO CATULLO ji nc' pozzi. Tali sono gli antri
  • ) Nel primo caso i sol- levamenti non si possono combinare con la tcoria delle Caverne, percbe non ancora erano surli i monti che ad esse danno ricelto e nel secondo non e presumibile, che dopo lindurimento de' terreni terziarii le rocce secondarie, in cui piu abbondano le Caverne. non avessero acquislato quel grado di consistenza e di durezza di cui erano capaci, ma si mantencssero molli, come pensa l'autore. (Marcel de Serres. Essai surles Caoernes, pag. 1 8 e seguenti.J ] Sc molte Caverne si ronsiderano dai geologisti di una origine assai SULT.E C.WKRNE DELLE PROVINCIE VENETE remola, e coetanea alia coagmentazionc de' monti in cui esistono , molle altre si sono aperte in tempi a noi piu vicini, per effetto di quelle ibrze fisichc, clie dopo la consolidazione de'terreni terziarii, hanno agito sopra tutla la superficie della Icrra. Queste medesime forze contribuirono alia fonnazione di molle allre spaccatnre clie vi sono ne'monli, lalvolta vuote, lalvolta ricmpiulc di ossa spezzate accompagnate da frammenti di pietre di diverse grandezze, e della natura dellc rocce che formano le vicinc montagne , il lullo legato in- sieme da una pasta calcario-argillosa di colore rossiccio, e di variabile consi- stenza. Di queste brecce ossee se ne trovano nella Dalmazia, in Gibilterra, e neir Isola di Cerigo, dove 1' impasto riesce molto duro, e le ossa vi sono piu stritolate. A Clierso ed Osero nel Quarnero la copia dellc ossa c cosi grande e 1 imprigionamenlo loro in materia lapidea cosi coslante, die non si puo rinunziare all' idea che grandi corrcnti di acqua dolce non le abbiano ivi trascinatc; e di cio non si ha piu dubbio veruno quando si pensa che in mezzo a quelle reliquie di animali lerrestri non vi si puo scoprire ne ad occhio nudo, ne coll'ajuto di lenle vestigio alcuno di corpi marini (?)). LeCaverne possono esistere nelle roccic calcariedi ogni eta, cominciando dalle intermediaric fmo a quelle che si sono innalzate nell' epoca diluviana, ed c quindi troppo palentc 1' errore di Beuss, che addilava solto il nome di calcare clelle spelonche (Iluhlenkalk) una roccia che puo apparlencrc a piu formazioni, non gia al solo calcare del Jura come cgli pensa, appoggiandosi a quanto pole osservare nella Francia, nella Sveviae nella Baviera. In effcUo le cavita sollerranee delleProvincie Venete scarseggiano nel calcare del Jura, sono molto numerose nel calcare della creta, e si trovano altresi nel tcrreno lerziario; come per csempio nel calcare grossolano del Vicentino e del Vero- nese, astrazione facendo dagli scavi aperti in quest'ultima roccia per estrarre pietre da fabbrica (4). Tultocbe la lormazione dellc Caverne appartenga ad epochc geologichc dilferenti, pure molti geologi, e parlicolarmente il eclebre Brongniart, non ri- cusarono di consociarle ai terreni diluviani, non gia perche a qucsti terrcni le riputassero onninamente coeve, ma perche danno ricelto allc ossa di ani- mali che mancanode'loro analoghi fra le specie che tuttora sussistono, i quali DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATUIXO 2f> non avendo podito sopravvivere alle grandi vicissitudini accadute sulla terra nell' ultimo periodo geologico, dovettero miseratnente perire. Alcuni si rifug- giarono nclleCaverne che pur sono gli abituali nascondigli de' carnivori, altri, se vogliamo por mente alio statu di mutilazione ed al disordine col quale sono distribuiti i loro avanzi, pare siano stali Irasportati da violenti inondazioni ne' luoghi in cui li troviamo. Fra i primi sono piu frequenti lc specie carni- vore die le erbivore, e fra i secondi vi si trovano reliquie di ruminanti e di animali rosicatori. Questi ultimi formano quei prodigiosi ammassi di ossa in- cluse negli spacchi delle montagne, i quali coslituiscono le cosi dette breccie ossee de' naturalisti. Le ossa umane riuvenute nella Guadalupa, e nella Ca- verna de' morti a Daufort, le altre discoperte a Koestriz appartengono alia formazione postdiluviana, e voglionsi distinguere dagli avanzi di belve depe- rite nell' epoca diluviana, cioe in quell enorme sconvolgimento cbe ba cagio- nata e rinnovata la superficie del nostro pianeta. Lo stesso possiamo dire delle ossa di animali di cui la terra nulrisce ancora gli analogbi, e che tal- lolta si trovano associate alle ossa dcll'uomo. Codeste accumunate alle ossa di carnivori riferibili a specie deperile, sono state argomento di serie discus- sioni fra i naturalisti, volendo gli uni cbe siano contemporanee alle ossa di tigre, di orso, di jena, e rilenendo gli altri cbe queste ultime si debbano considerare di gran lunga piu antiche. Desnoyers, cbe ha trattato con molta erudizione questo argomento, trovo che la presenza di ossa umane nellc Ca- verne e un falto che puo ricevere dilucidazionc dalla Stoi ia ; imperciocche sappiamo da Floro, che Cesare ordinava ai suoi soldati di chiudere le astute genti de.lt Aquitania nelle Caverne, dove per antira consuctudine solevano accovacciarsi le tribu della razza Celtica, per sottrarsi al flagello della guer- ra. ed ai rigori del vcrno (.'>). Quest ultima circostanza esclude 1 idea cbe le tigri, i leoni e gli elefanti fossero contemporanei agli uomini di quell eta. c tale e 1 opinione di Desnoyers, il quale spiega il t'enomeno ammetlendo che i carcami degli uomini morti in quelle grotte siano stati rimossi dalle acque e portati ne baratri vicini, ove gran tempo prima si erano rifuggiti gli animali di cui sopra parlammo. (Bull, de la Socie'te Ge'ologique de France. T. H,pag. 127.) / 'ol // 4 2G SULLE CAVERNE DELLE PR0Y1NCIE \ENETE Ma sc k- acque non si debbono riguardare come la causa prima die ab- bia prodotto molte Caverne, esse hanno avulo poo gran parte nel loro in- grandimento, e contribuirono poi esse sole alia formazione delle stalattiti, delle stalagmiti e di que' fesloni o grollami pendenti clie si ammirano sui lianchi di alcune spelonche, sotto i quali apronsi talvolta gl ingressi clie conducono in altre Caverne, e cbe servirono un giorno di passaggio a grandi correnti. I solcbi ed i rilievi impressi nelle pareti delle Caverne, le forme tondeggianti de'ciglioni clie sporgono in varii punti delle volte superiori, e piu di tutto il limo c le sabbie cbe ostruiscono le affossature del suolo, ed i pezzi di roccie calcarie, cbe per essere sprovveduli di angoli mostrano di avere rololato in seno alle correnti, sono indizii sicuri cbe lacqua riempiva uegli andati tempi quelle sotterranee cavila. Prescindendo dall'entrare in ulteriori discorsi sullorigine e successiva anipliazione delle Caverne, e sulle varie opinioni emesse sopra questo argo- mento, io passo tosto a discorrere delle Caverne da me esaminate nei monti calcarei delle Alpi Venete ed a descrivcre a mano a mano gli avanzi di animali che mi occorse di vedere, or nell' una, or nell' altra delle medesime. Caverne del YtpUunese. Dal vedere che una buona porzione della giogaja calcaria die sorge al sud di Uelluno tra Ciivoi e Gituon, e tutta scogliosa, e di nudi massi com- posta, bo concepito tosto il sospetto die la d intorno vi pntessero essere delle Caverne, le quali tolgano ai monti gran parte della loro solidita, e li rendano piu proclivi alio sfasciamento (G). II luogo dal quale questa congerie di massi rovinati dall'alto, e adagiati sui fianchi del monte, puo essere divisatamente osservata e Dussoi, villaggio die dista tre miglia o poco piu da Belluno ; e 1' antro die primo si afTaccia alzandosi sui monte, piegando verso 1 est, n'e quello di .v. Pietro Tuba, a cui si arriva per sentieri inospiti, e dopo un cam- mino di circa due miglia. L' antro per verita non e tanto amplo da meritarsi il nome di Caverna, ma si puo ragionevolmente credere die in quel monte altri ve ne sieno di pin estesi. imperciocche molli de tori die ho incontrati DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 2J Ira via presentano la sembianza
  • della sua Sloria Bellunese. Nell interno del vano. e propria- mente di prospelto alia buca pre la quale si entra, vedesi una lunga spacca- tura, nella quale per la sua angustia non cssendo dato di penetrare, non si pub dire quanto s insinui nel massiccio del monte. e se conduca in altre mag- giori cavita. Nessun avanzo appartenente all' osteologia rinvenni in quella ripida eminenza, se si eccettuino le ossa uinane cbe giacevano nelle tombe di quegli antichi cenobiti poste al di fuori del monastero, le quali. rovinate dal tempo, hanno dato accesso all' acqua piovana, che (rasporto le ossa nei luo- gbi in cui si veg^ono adesso disperse. Nella stessa catena di monti. in un sito del to Camp, sei miglia al sud di Belluno. v lia a fior di terra un foro assai amplo. il quale serve d ingresso ad una spelonca. che i villici del luogo cbiamano Sparlonga. storpiando. come ognun vede. il vocabolo esprimente il vero suo nome. Vi si penetra per un piano mollo inclinalo, die si fa piii rapido e disastroso a misura cbe phi si avvicina al vestibulo che gli succede. Sarebbe troppo presonluosa fiducia insinuarvisi senza prima assicurare il corpo ad una fune sorretta da braccia nerborute. c cio ancora non basta per ovviare ad ogni pericolo. La via di cui parlo e lunga quaranta metri circa, e cos'i dai lati come dal tetto sporgono fuori, non gia stalattiti, e stalagmiti, ma lunghe e larglie concrezioni, che a foggia di undulate tramezze ostruiscono una buona meta del canale cbe devesi attraversarc per giungere al primo allargamento della caverna. pieno anch'esso di punte e di rialti lavorati dagli stillicidi. Giunti ncll antro ch e molto grande, vi si veggono sulle pareti inlinita di aifossalure e di rilievi, cbe per essere parallel] all ori/./.onte ralligurano altreltanti scafTali, prodotti essi pure dall acqua, sopra i quali numerosissimi individui del Pyrrhocorax dlpmus si fabbricano con molta industria il proprio nido.Ne si puo dire che o 8 SULLE C A VERNE DELLE PR0VINC1E VENETE arrivati a quelle profondita la storia della Sparlonga sia terminata, impe- rorche v'ha in un certo punto del suolo un foro del diamctro di tre piedi. dal quale vicne trasmesso all orecchio un vasto sussurin, e come uno scen- dere lonlano e profondo di flume, che secondo ogni probability porta per sotterranea via le sue acque nel Serravallese, e forse nel Lngo Morlo, che in linen retta non gli disla piu di un miglio. Mollissimi sono i fiumi che pren- dono origine nelle caverne, e si nascondono enlro suoli montuosi per ripren- dere il loro corso sopra terra, e pochi, anzi pochissimi sono quelli il cui corso non si possa seguire colla osservazionc, e di questo numero e certamente il fiume di cui cui parlo, e del quale ho sentilo io slesso il inormorio adagiando la testa presso l'orlo dell'apertura che metle in quell' abisso (7). Seppi dai villici del luogo che nel 1804 un uomo intento a porlar via i nidi dell' uc- cello sopra nientovato, senza por mente al foro, vi e caduto dentro, e che fu duopo di una lunghissima corda per cavarne fuori il cadavere. Pero nulla si sa di certo circa lo spazio che divide il foro dal fondo di questa seconda caverna. Cio e quanlo mi fu narrato della Sparlonga piu bassa di Camp, il cui diffi- cile e pericoloso accesso rendonla oggetto di spavento a tulti coloro coi quali io pur voleva tentarne la discesa. E cosa pero osservabile. che quanto piu le Caverne sono vaste e degne de'riguardi del naturalista tanto piu si rendono inaccessibili per 1' asprezza delle vie e per le difficolta spesse volte insupera- bili che vi s incontrano, quasi la natura avesse voluto difendere i suoi secreti. e garantirli dagli assalli dell' uomo. Sono appunto gli ostacoli, sovenle inse- parabili da siffatli viaggi sotterranei, che banno raffreddata la curiosila degli osservatori istrutti, i quali si conlentano di vedere le Caverne a cui si arriva senza gravi pericoli, lasciando da un canto le altre. Non solo nellltalia, ove assai poco fu scritto sulle Caverne, ma ben an- che altrove, ed anche in Francia ve ne sono alcune, se non al lulto dimenti- cate dai viventi natural isti, certo da pochissimi prese in esame. Ouella di Ganges nelle Cevenne, stando alia descrizione che ne diede Marsellier, e una delle piu interessanti, e ad onta del fervore con cui vengono illustrate le Caverne di quel regno il solo Marcel di Series si fece non ha guari a visi- tarla (Recherches sur les Cavernes de Lunel-Viel, 1840.) aflrontando DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 29 1 nt I i J pericoli, forse troppo esagerati dal Marsellier, die nello scorso secolo In il primo ;i vederla. (Jour, encycloped. 1787.) Ci'uni sulla Geognosia e sulle Cacerne dell'Alpago. La Sparlonga di Camp 11011 e la sola Caverna del Bellunese che sin inaccessibile, che altre ve ne sono nell'Alpago, ovvero in quella porzione di montagne che si vede all' est di Belluno, tutta circondata dal terreno di tra- sporto, e tutta piena di burroni prodotti da sfasciamenli ivi occorsi in rimo- tissimi tempi, e ripelutisi ne* priori secoli dell Era nostra, in causa dc'quali ultimi il Piave abbandonb l'antico suo let lo. e si apri la via che corre pre- sentemente (Trattato sui terrcni alluviali delle Proiincie Venele pag. i3.'>.) Ascendendo le vette dell'Alpago per l'aspra via del Runal ( presso Fara) si arriva ad mi altipiano di settc in otto miglia di circuito detlo Pian del Canfei (into tullo all'intorno di abeli, ed in parte di faggi , che dal peri- metro dell' altipiano si estendono rigogliosi giu per la china de'monti, e vanno a iormare la gran Selva del Cansiglio. LI complesso delle montagne alpaghesi si riferisce in largo senso al siste- ma cretaceo, la roccia pin bassa del quale e il calcare con Rudiste, avente sotlo di se un terreno che per pin rispetti debbesi conguagliare alia forma- zione del Jura. E questo un calcare alquanto argilloso, di tinta variabile, caratlerizzato dall abbondanza delle terebratule che contiene, e che sembra essere una progressione di quello che verso levante si vede alia radice del monte Sochero (1 al gallina) da cui ho schiantate le specie gia descritte e figurate nella Zoologia fossile delle Alpi venele. Questa roccia si mostra per (jualchc tratlo nelle vicinanze di Fara, e ricomparisce ne dintorni del Pine. a due miglia o poco pin da Fadalto. In questo ultimo sito porta immediata- mente so[>ra di se il calcare con Rudiste, senza che verun tramezzo arenaceo 0 argilloso ne lo separi, e senza alzarsi dal suolo non piu di un metro, cir- costanza che impedisce di vedere la grossezza e direzione de' suoi corsi. r (juintli di riconoscere la concordanza 0 la divergenza che v' ha tra gli strati delle rocce superior!, e gli strati del calcare in discorso. Dal vedere che i .. M I.I.I. CAYI.KNK DELLE PROYINCIE VENETE suoi caratlcri zoologici.dedotti dall'esamc di raoltissimi individui della medesima specie, lion avevano nienle di comune con quelli del calcare die gli e sovrap- poslo. lo riputai fino dal i8j2 una roecia di formazione diversa e lo qualifi- cai //// membra del terreno pelogico di Brongniart ; nel quale avviso mi lianno vieppiu eonfermato le osservazioni fatle dappoi intorno le specie cui potevano apparlenere i gusri di quelle bivalvi. 11 calcare con Rudiste e sem- pre bianco, ma non sempre dello slesso aspetto e solidita, ne sempre fornito di sole Sfernliti (8) ed Ippuriti, avendovi de' luoghi (Borsoi) ne' quali sif- fatti testacei appajono associali alle Plagiostome, alle Podopsidi, alle Yeneri ('.'); menlre in allri sili (Pine) si veggono uniti alle Nerinee, alle Acteo- nelle, ed anche alii Baculiti , come ne fanno prova le descrizioni e le figure clie di tali specie ho esibite nella Memoria stampata negli Alii dcll'Aceade- mia di Padova ( To/no If pag. 3. tav. I. II.) Ho diehiaralo in allri sciilli di non conosccre nelle Alpi venete ncssun calcare secondario, il quale sia lanto ricco di specie organiche fossili quanto e quello dell' Alpago, ed aggiunsi die la sua tessitura in apparenza saccaroide (Borsoi) si doveva ascrivere non gia all'azione di una qualclie lava accolla- lavi sopra, ma si bene ai minuli frammenli di gusci, clie per essere spalifi- cati, danno alia roecia I' aspetto crislallino. Oi a posso assicurare cbe quei frammenli. so non lulti, apparlengono per la maggior parte ai gusri slogliosi delle Sferulili, le cui specie prevalgono in quantita agli Ippuriti. ed a quelle di t nil i gli altri generi di testacei die abbiamo indicali. Queslo calcare si vede anco nel lalo opposlo die fiancheggia il lago di S. Croce, e di la ap- punto trassi gl* Ippuriti di maggior mole, cbe conserve) nella mia collezione. II calcare rosso sabbionoso con coralli (Viaveane, Secca, ecc.) ricopre per quest o verso la roecia ippuritica, e sopra di esso si erige la scaglia con nodi frequenti di focaja (Calmada, Cugnano, Calpiana, Sossai ecc.) Quivi gli strati calcarei del sistema cretaceo si prcsentano sotlo un'inclinazione molto variabile, e sono sempre accompagnati da strati marnosi ora rossi, ora cine- rd. talvolla lislati di verde. Gli strati rossi del calcare sabbionoso ricompa- riscono presso Tambre, nel luogo dello Pian de Agard, ed c questo il solo punto dell' Alpago superiore in cui lo si vede al contalto del calcare con DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CAT! LLO ii Rudiste. L'altezza a cui atlingono le montagnc dell' Alpago puo essere ralco- lata di i5oo metri sopra il livello del mare, laddove il piano che forma la soramita did Cansiglio non dovrebbe a giudizio dell'occhio oltrepassare I al- to/./.a di goo metri. Pero, se si volesse prcstarc credenza all' autorila del- l' habitat, indicato ne'libri di botanica, vi si trova colassu una serie di pianle che stimasi abitare esclusivamente alcune determinate altezze, e sono queste la Cacalia alpina, il Geum montanum, il Lichen jubatus che si mostra copioso sopra i pini e gli abeti, ed il Lichen islandisca, che pur si rinviene nel Cadorino ad una elevazionc non minore di due niila metri ; ma cos'i quesla criltogama, come il Geum montanum sono piante che nel Bellunesc si lasciano vedere ad altezze e slazioni different!, ne possono per conseguenza offerire dati certi per giudicare dell'altezza de luoghi ne' quali allignano. <)\e il calcare di queste eminenze non appaja dislocato dalla primitiva sua giacitura, gli strati conservano la posizione presso a poco orizzontale (Pini), e ove gli strati sono capovolti o disposti in tulte le sorte di direzione (Fadallo), la catena sembra ivi avere sofferto grandi diroccamenti: de quali non saprei diffinire hi causa, ma che certo produssero tulti que' rottami che osserviamo a Cima Fadallo, e tulti que' baratri apertisi in varii luoghi del Cansiglio, e che servono .niche adesso di rifugio agli orsi, o ad altri nocivi animali. 1 caratteri orittognostici del calcare con Rudiste non sono ovunque gli stessi, perciocche oltre la varieta apparentemente cristallina, di cui sopra dicemmo, un altra ve n'ha di aspetto terroso, ricca anch essa diSferuliti, la quale servi anni sono alia ricostruzione della Chiesa di Tambre, che gli e vicina. Una terza varieta contiene dentro
  • .) Niuno certo vorra contraddire che nella Francia la posizione drllc Rudiste non sia quale I ha verilicata il celehre d' Orbigny; ma nell Ita- lia, e particolarmente nelle Alpi venete, le specie degl' Ippuriti e delle Sferu- lili esistODO copiose in una una roccia che e un vero rappresentante del calcare neocomiano degli udierni geologist!, e cio conduce ragionevolmente a sup- pone, die nelf epoca in cui il mare conduceva a compimento il terreno cre- taceo della Francia. ipiello delle Alpi venete ri era append cominciato. Non cssendo questo il luogo di di visa re per filo e per segno tutle le osservazioni che ho fatte ne' luoghi piu sopra citati, sto contento infrattanto a quelle gia riferite soil' Alpago, da cui puo ognuno apprendere che le rocce con Rudiste, quantunque parallele al calcare neocomiano della Francia. contengono la stessa fauna fossile che il celehre d'Orbigny annunzio come ca- ratteristica delle zone piu culminanti del terreno cretaceo; lo che dimostra. come ho detto. il sincronismo di due rocce calcarie geognosticamente dissimili. Quanto alle spelonche dell' Alpago esse non sono, ad eccezione di due. che vani interni, formati. com' e detto, dal diroccamento degli strati calcarei, ne possono meritare, se non in senso molto lato, il nome di Caverne, perche prodotte da una causa diversa, e perche non hanno ne la figura. ne 1 esten- sione delle Caverne propriamente delte. Gl' ingressi che mettono in questi vani sono a sesto aruto. simili in cio alle aperture di Caverne generate da spacchi verticali, allargati poscia dalle acque, non gia a sesto arruato. come il piu delle volte si vede nelle Caverne riputate coetanee alia formazione le monti ne'qaali esistono. L'antro della Costa, e 1'antro delle Baldassare. r i ii 34 SULLE CA VERNE DELLE PROYINCIE VENETE posli nella valle di Canaje (nord-ovest del piano del Cansiglio) sono di que- sto nnmero, e quantunque non si possa adesso entrarvi, in causa del sassa- me condottovi dall' acqua die ne ostruisce 1' aperlura, seppi tuttavia dagli abitanti del luogo, che le pareti e le volte di tali antri sono mollo angolari e cosi sinuose da impedirne il passaggio. II degnissimo sig. dottor Giovanni Sperti tento di far estrarre il materiale pietroso che oltura quelle aperture, ma tanto addentro lo trovo penetrare, che il lavoro di parecchi giorni non sarebbe slato sulficicnte a renderle accessibili all' uomo. Altre due spclonche si aprono nel Cansiglio prcsso la Casera del Conte, le quali sono state ri- dotte ad uso di conserve per riporvi il latte. Una muraglia innalzata pochi passi piu addentro dell' apertura irapedisce di riconoscere la lunghezza di quelle sotlerranee cavita. Sotto la stessa condizione degli antri di Canaje si affacciano gli altri di Fa/menera, di Fratuzza, e di Busa delFOrso, giaccbe presentano le medesime irrcgolarita, le stesse vestigia di rovine, cd annun- ziano anch'essi il vasto subissamento improvviso cui soggiacquero gli strati di quelle montagne. A due sole si riducono, come dissi, le cavita sotterranee che a buon dritto possono meritare il nome di caverne, quelle cioe di Vallorch non lungi dalla Casera di queslo nome, e I' altra detta Lander de Fur/ani, po- sta fra il montc Tremol e la Palentina. INella prima, rivolta al sud, si entra per un' apertura di circa nove piedi di larghezza ed altrettanti di altezza. La superficie, che si calca entrando, e piana, ma non senza qualche scabrosita; laddovc il tetto si ahhassa per gradi, e mostra di non essere al tutto spoglio di stalattiti, le quali sono pert) cosi corte e sottili da non potersi paragonare nemmeno alle piu piccole che pendono dalle volte della Sparlonga di Camp ncordata piu avanti. Questo corritojo sotterraneo puo essere penetrato per lo spazio di undid o dodici metri ne piu in la e permesso di spingere il pie- de, in causa di cnormi massi caduti dall' alto, che ne percludono la via. Io credo che al corritojo possa succedere una caverna, il vestibulo della quale sia stato riempiulo nell' epoca stessa in cui accaddero gli sprofondamenti rammentati superiormenle; c in questa opinione mi confermano vieppiii gli abbassamenti o concavita che si osservano in quella parte del suolo esterno. DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 35 the corrisponde al panto ov' c impedita la coraunicazione Ira il corritojo e la cavcrua. A sinistra e a destra dell' iiigresso, le pareti sono prive di con- crezioni stalagmitiche, e vedesi a nudo il calcare con Rudiste »li cui sono costituite. Ivi stesso trovai la valva niinorc della Spherulites umbellata di cui diedi il disegno. {/llti dell Accad. di Padova T. IV. lav. 1. fig. 2.); e denlro le affossature orizzontali delle pareti medesimc rinvenni una terra rossaslra ossifcra, forse cola portata dalle acque sotterranee, che in tempi rimotissimi scorrevano cosi in questa come in altre caverne delle Provincie Venele. Le ossa distaccate dalla terra marziale consistono in alquanti pezzi di costole aventi la biancliezza della calcinazione ; ed in alcuni bricioli di ossa spugnose, che, per quanto e perraesso di scorgere, si crederebbero al- trettantc parti del capo del femore di un grosso qnadrupede. Nessun dente ne verun osso fistoloso mi fn dalo di scorgere fra quelle reliquie indubi- tatamenle diluviane. ma se giudicare si dovesse dalla larghezza delle costole. si stimerebbero avanzi di erbivori piu che di animali carnivori. Mi fu nar- rato dall Abate D. Giovanni Ocofer. Arciprele di Pieve di Alpago, presso il quale aveva passati alcuni giorni, che ncll' anlro di I allorch vi si rin- vennero ossa fresche, in cui visibilissime si inanifestavano le traccie delle rosicature de lupi e delle volpi, animali che ncll' Alpago si veggono e si uccidono con frequenza, anche ne'villaggi piu bassi, 0 meno discosti dal lago di s. Croce. L' antro di I' allorch offre quindi un fenomeno che tiene a quello osservato dal Rozel nelle caverne di I' ergisson nella Francia, cioe racchiude residui animali di due epoche distinte ; gli uni antichissimi come In indica lo slato di perfetta calcinazione nel quale si trovano, gli altri mollo reccnti cola recati dai carnivori che vivono abitualmente in quelle montagnc. (Bulletin de la Socie'le' Ge'olog. de France. Tom. X. pag. 248. ) Del Lander de Furlani, ch e 1'altra caverna di cui tocca parlare, non posso dare osservazioni proprie, perche nel tempo in cui mi trovava a / al- lorch, ne ignorava lesistenza. e perche i villici del luogo. abituati a guardare di mal' occhio lulte le cavita che s internano nelle viscerede' monti, mi assi- curarono non esservi in quei dintorni altre Caverne oltre quella che ho ac- cennata. La vista delle spelonche risveglia negli alpaghesi la tema ch'elleno 16 SULLE C A VERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE sieno 1 abituale dimora degli orsi (Ursus arctosj, comunissimi in quelle monlagne; quindi la paura d incontrarsi, non gia nelle ossa della specie estinta, ma con le zampe della vivente, li rende cos\ timidi, che ricusano in- lernarvisi anche quando si volesse loro promettcre un largo com pen so. La caverna o Lander de Furlani posla, com' e delto, fra il monte Tremol e la Palentina, trovasi all'est di I allorch, e prcsenta un'apertura larga dieci me- tri, alta cinque. Quanto ella sia vasta non potrei dirlo. giacche il sullodalo sig. Sperti, dal quale n ebbi questi pochi cenni, non porto il piede fin dove la caverna finisce, ma solamente dichiarb di avervi camminato dentro per lo spazio di venticinque metri, e di aver veduto in un certo punto del tetto un faro circolare del diametro di quattro piedi. Dietro questa utile indica- zione io mi lusingo di poter dare, quando che sia, una phi estesa notizia. \ eggo bene quanto sieno per riuscire imperfette le osservazioni che ho esibito sulle Caverne del Bellunese sia per le dilficolta talvolta insuperabili che m' impedirono di compierle, sia per le remore non previsibili che so- vente si frappongono in siffatti viaggi sotterranei. ma il riflesso di non es- servi stato finora chi abbia dato veruna dettagliata notizia sulle Caverne del Regno veneto, mi lusinga che anche il poco da me osservato non sia per di- spiacere ai paleontologi e geognosti italiani. Mi e poi di conforto sapere adesso che gli studii per me fatti sulle Caverne delle alpi venete abbiano invogliato 1 egregio sig. Jacopo Facen. naturalista di Lamon, ad occuparsi di quelle che vi sono nell' agro feltrino, e principalmente della spelonca di Jornarezza posta sulla china orientale de' monti che spalleggiano la dritta del Cismone. sul confine del Feltrese, e dell' altra detta il Buco di Dona che guarda il versante opposto, a' cui piedi scorre il Sinaiga fiumicello che mette nel Cis- mone. Di cio che gli venne fatto di osservare nelle dette Caverne, si propo- ne il dottor Facen di scrivere la narrazione. DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO \- Caverne del I eronese. S intitola Valpantena un'ampla vallata, che prende il suo eomincia- nu'iito prima di giungcre a Quinlo, e si prolunga fin oltre il villaggio di llrl/ori lormando varie sinuosita, e allargandosi e reslringendosi irregolar- mente in diverse situazioni. La giogaja calcaria che si eleva a dritta di chi parte da Verona per internarsi in questa valle, ha le sue stratificazioni non ;;ia orizzontali, come sono quelle de'monti che fiancheggiano il lato opposto, ma piu o meno scompaginale , e posle hiori della originaria loro positura dalla forza sollevatrice de' vulcani. 1 segni delle devastazioni a cui la giogaja fii soggetta sono visibilissimi sulle falde del coutiguo monte Zovo, gia de- scritto in un'altra Memoria. (Bib. Italiana. Tom. 89. 1 838.) Nell' interim di questa stessa spalliera di monti esistono Caverne molto vaste, e degne per piu rispetti dell' attenzione del geologo; quindi alia Geo- gnosia di essa appartengono pressocche tutti i fatti che sono per riportare. a misura che andro loccando i luoghi dove li ho osservati. E qui debbo prima di ogni altra cosa fare onorata menzione, come leci Delia Zoologia Ibssile, dell' egregio mio amico il fu Commcndatore Gazoia, il quale, appena sentito il mio desiderio di rivisitare la Valle Panlena, voile egli stesso seguirmi in tutti i luoghi intorno cui io aveva disegnato di retti- ficare le mie prime osservazioni, eccitando ben anco la raia curiosila a ve- derne altri parecchi intorno alia sua deliziosa villa di llomagnano. ch egli avea visitati in addietro in compagnia del Fortis, del Faujas, e di qualche altro litologo. ^Son credo di dover tenere in conto di spelonca naturale il sotterraneo di S. Maria delle Sle/le, riputato dal Dionisi un lempio sacrato a Giove, o piuttosto a Mercurio Trolonio, per le molte memorie ivi trovate, che a sif- latti edifizii, piu che ad altro, convenivano. (Pcrsico. Guida di I erona P. II. pag. 1 4.'). Ediz. 1820.) Sulle panti si vede I' opera dello scalpello, e si pun dire, che se tulto quell antro non e lavoro delluomo. certo molta indu- stria vi si pose per ampliarlo, e per renderne a tutti accessibile I ingresso. iS SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE Hunnovi varie stanze di diversa grandezza, con avanzi di mosaici sul suolo, c con iscrizioni die ricordano essere stato quel luogo convertito, e consacrato all' uso cristlano. ?Noi lasciammo il villaggio delle Stelle per dirigere i nostri passi verso Grezzana. Di questa Pieve, poco dopo il principio del secolo passato, fu parroco il prete Spada, del quale abbiamo alle slampe un' opera sopra i corpi organici fossili, die gli coslo la perdita del benefizio. La propagine de' monti di Romagnano, che verso il Serbaro si estende, deve il suo stato di degradazione ai baratri che si aprono nel suo seno, i quali, come detto piu sopra, hanno resa la solidita di quella catena meno capace di opporsi alia forza de'sollevamenti e de'tremuoti. Cos'i le affossatiire tanto frequenti nell' altipiano del Serbaro, debbono la loro origine alio sfa- sciamento delle volte superiori di qualcbe cavcrna. a cui devesi del pari at- tribuire 1' andatura arcuata delle stratificazioni che soggiacciono alle affossa- ture. Gli strati di una falda de' monti di Romagnano, a sinistra del Serbaro, presentano alcuni segmenti di cercbio posti Fun sopra Taltro, mentre gli strati piu elevati conservano una direzione che si approssima all'orizzontale, e questa strana curvatura di strati mi confermo sempre piu nell' idea, che la sotto vi sieno delle spelonche. Riesaininando da un sito meno elevato l'ossa- tura di quelle prominenze si vede cheinqualche luogo (Foldruna) vi sono delle spaccature moltoprofonde, entro le quali rotolano, c rimbalzano a lungo prima di fermarsi le pietre che vi si getlano, indizio sicuro che quegli spacchi mettono in qualche grande voragine. La mancanza degli ajuti necessarj, come di luni, scale, torcie ed uomini coraggiosi, ci vieto disceodere in quell'abisso per vedcre sotto qual direzione esso s'interni nella montagna, e per cono- scere quali altre curiosita natural] poteva offrire ai nostri sguardi. La dispia- cenza pero di non poter produrre osservazioni proprie su di questo argo- menlo. venue alcun poco rattemperata coll invenzione di uno scritto autogra- fo, che il caso mi fece giugnere alle mani. II Commendatore Gazola ed io. in un giorno che la pioggia ci vietava escire dai cortili di Romagnano. ci fa- cemmo ad esaminare alcuni manoscritti, che giacevano polverosi in un ar- raadio, e fra quosti trovammo una relazione sulle principali Caverne che s incontrano in que' monti. scritta l'anno i y3g dal Conte Antonio Gazola DEL PROF. TOMM.VSO ANTONIO CATTLLO 3g padre del Commend a tore. In questa relazione, die viene preceduta da varie figure escguitc a peooa di stalattiti, e di stalagmili, si dice che a poca di- slanza da Foldruna vi esistc la prima Caverna esaminala dal predetto route Antonio, la quale, a delta di lui, inerita di essere vedula da qualunque, per- che l'arte 11011 avrebbe certamente potulo fare altrettanto. Questa Caverna secondo la delta relazione lia la sua origine in mezzo a due massi alti circa dieci piedi, presso i quali v'era un piccolo buco che fu convenientemente allargato acciocche il Conte ed altri suoi amici e compagni potessero calar- visi. « La Caverna, scrivc il sig. Conte, e assai vasla, e suddivisa in altre Ca- > verne che comiinicano Ira di loro. In quella di maggiore estensione ho > fatto accendere molle torcie prima di staccare varii di que' stillicidii che > io riputava i pin acconci per ahbellire il mio giardino ; e per verita sem- i) hrava un incanto della natura veder cosa si vaga e hella in una voragine » cosi orrida c trista. Le colonne pendenti prodotte dallo stillicidio raffigu- •> ravano le scene de'teatri, e tanto pin grande era in noi I'illusione, in o quauto che quelle colonne erano trasparenti come I' alahastro, mentre le » altre sorgcnti, da solto in su, simulavano la figura di uoinini e di donne. > Stanco, ma non sazio di la restarmene per contemplare un cosi mirahile > lavoro della natura, ordinai che si cominciasse a staccare di que' stillicidii, > e nell'atto di atterrarne uno di quelli che s'innalzano dal suolo, vedemmo » in vicinanza ad esso una fessura larga alcuni pollici, dentro alia quale git- " tatovi un sasso, si scnl'i questo a ruotolare un qualche islante, e ripetuta » la cosa abhiamo nolalo che il sasso impiegava un quarto di minuto prima ■ di arrivare al fondo. > All' illuslrazione della prima Caverna tiene dietro la descrizione di altre ad essa altigue, nelle quali dice il sig. Conte, di aver vedute le ossa di cani, di volpi, e di cavallo, ma che, secondo ogni proba- bility, saranno ossa di specie che piu non sussistono, simili a quelle che molto ovviamente ritrovansi nelle spelonche di Alfaedo, e di Seha di Pro^no po- ste in questa medesima linea di monlagne. Con la Memoria di Forlis alia mano (io) ci siamo trasieriti al Serbaro dove giacciono sepolte le ossa di elefanti, scoperte cinquanta anni addietro dal Cavaliere ch' io aveva a com]»agno, e dopo di avere esaminato tutto alio ^o SULLE CA.VERNE DELLE PR0V1NC1E VENETE inlonio della spianata la costituzione fisica del luogo, abbiamo pensalo di leggere il paragrat'o nel quale Fortis descrive quella interessante situazione. Poco per verita cgli dice sulla connessione immediata di quella montagna con le allrc congeneri ; e dove parla de' monti stratosi di Romognano non ammelte alcun divario tra il calcare del terreno cretaceo ed il calcare del Jura; come che quest ultimo per la visibile sua posizione (Vajo del Para- disoj mostri di essere anteriore all'altro. 11 terreno che serve di ricetto ai resti elelantini spelta alia formazione della creta; ed i massi che si veggono erratici sulla china del monte, derivano dallo slasciamento di strati, che ne formavano un tempo la parte piu elevata. L'impasto di questi massi e similis- simo a quello degli strati calcarci che si origono al nord del Serbaro, supra il / ajo di SquarantO, circostanza che non lascia dubbio veruno sulla loi o provenienza ; e coloro che siflatta conclusioue slimassero inconseguente, deb- bono riflettere a quanto ho piu addietro avvertito sullo stato di degradazione a cui soggiacquero que' monti per opera de' vulcani. II calcare de' massi e di tinta ora rossiccia, ora grigia, ovunque interpolato da riempimenti di spato calcario, carattere che molto lo ravvicina al marmo di S. Vitale, ch'e uno de' piu belli della provincia Veronese. Codeste striscie cristalline sono state prese dal Faujas per frammenti di grandi ostriche, o di altre conchi- glie bivalvi, ma chi avesse voglia di farvi sopra gli esami che ci abbiamo latto noi, si accorgera che quelle striscie bianche devono la loro origine alle molecule calcarie recate dalT acqua nelle fenditure che preesistevano nella pietra. Di questo elegantissimo marmo sono le colonnc poste nel presbiterio della Cattedrale di Verona. La brevila della giornata. e piu il desiderio di vedere ton i miei pruprii occhi a sollevare il terriccio da una di quelle buche che rinchiudono le ossa, mi fecero abbandonare il pensiero di scendere nella Valle di Squaranto onde progredire per quel verso le osservazioni di pura geognosia. La scavazione che tii fatta eseguire dal miu compagno ci diede una grussa vertebra lombare elefantina, cinque vertebre roccigee ed una zanna mutilata in iinbi i capi, tulfata in un cemento lapidoso di color giallo oscuro. nel quale •>i trovano egualmente incluse le ossa dialtri quadrupedi molto somiglianti a DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 4 l quelle della pecoraedi altre specie belvine. Nelle cavita delle ossa si veggono de' lilamenti stalattitici, e delle piccole tuberosita o concrezioni calcarie, e cio si osserva particolarmente ne rottami di ossa lunghe che si Irovano attaccati al pietrame avventizio messo alio scoperto nell'atto di travolgere la terra. II Gazola ha pure raccolto una delle due prime vertebre cervicali, la cui somi- glianza con quelle dell uomo e cos'i grande cbe non pote preservare i nostri anteuati dall' illusione di credere scheletri umani gli avanzi fossili degli ele- ia nt i. Tanto le ossa de piccoli (lie de grandi aniniali, traltate coll acido nitrico allungato, si spogliano di un gas capace d' intorbidare l'acqua di calce; ma non lutte si comportano nella stessa maniera, ch'e quanto dire, non tutte sono passate alio stalo di calcioazione. Da questo stesso luogo sono stati disseppel- liti i pezzi ostiolilici elefantini che si conservano nella collezione Gazola in ^ erona, gia descritti da Fortis, fra i quali meritano speciale ricordanza una zanna che quanlunque mutilata ne'capi, attinge all' enorme grossezza di nove pollici nell' estremita alveolare, e alia considerevole lunghezza di selte piedi e mezzo; cd un molarc della mandihola inferiore sinistra, composto di dieciotto lamine palmiformi, e mancante per lo raeno di quattro (n). Esso ha Ire pol- lici e due linee di larghezza, setle nella maggiore elevazione, undid e dieci linee di lunghezza, e, se fosse intcro, sarehhe di circa quattordici pollici. Quando poi si sappia che cinque sole di deltc lamine, in unione alle quattro che vi mancauo, hanno servilo alia triturazione, si coinprendera che le altre tredici non si erano ancora sviluppate, e che conservano quindi la caratteristica di denti elelanlini incompleti, cioe, scemano progressivamente d'altezza per modo che I' ultima arriva appena ai quattro pollici. Una mascella incompleta infe- riore e un osso del metacarpo. inviati dal Co. Gazola al Musco di Parigi. dovevano, per giudizio del Cuvier, appartenere ad un individuo alto per lo meno quindici piedi. (Ossein. Fossiles, T, II. pug. 4", Edit. 1 834)- La specie a cui si conguagliano tutti gli osteoliti elefantini del ^ eronese e XElephas primigenius di Blumenbach e di Cuvier, la quale si conosce solo per le ossa fossili de'suoi individui trovate in molti paesi dell' antico continente, i' piu che in ogni altro nella Toscana e negli Stati della Chiesa. Noto il Cuvier 1 analogia che v' ha Ira I elefantc asiatico e 1' elefante primi«renio. e la Vol II \y ^■> SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE flissimiglianza chc corre tra quest ultimo e I'elefante africano ; quindi statin ( In' quand'anche le fetluccie coraposte di lamine vitree rilevate, esistcnti sopra l;i corona de' molari fossili, si uniformino a quelle dell'elefante nsialico per essere anrh' esse cHsposte in linee serpcggianti e sinuose, tuttavia la specie a cui riferivansi quei denti doveva essere diversa, specialmente per la diversa figura della mascella iuferiore, per la lunghezza a cui attingono gli alveoli (Kile zanne, e per alcune notabili differenze da esso awertite nella forma di molte altre ossa. (Ossemenls Fossi/es, T. II, p. 236). Gli ossami e denti di diversi erbivori chc abbiamo raccolti si adeguano, com' e detto, a specie belvine, misti talvolta ai denti di ravallo, alcuno de' quali appartengono ad individui della grande razza divisata da Marcel di Serres, altri alia piccola (Casernes de Lunel-1 iel, pag. 168. Tav. XIII, Jig. \). I molari piu grandi, comparati alia figura esibita dal Serres, vi si uniformano intieramente in quanlo alia grandezza ed alia disposizione dei rilievi sinuosi della corona, i quali pero, essendo incno pronunziati nei molari del Serbaro, fanno conoscere di avere servito ad una piu lunga triturazione, e quindi di aver appartenuto ad indi- vidui di eta piu avanzata. I molari cavallinidi minor volume hanno la corona meno larga de' priori, ma il piano n'e egualmente lungo, e porta sui lati due punte simili a quelle che presentano i molari del Equus adamiticus &'\ Sclilot- heim ( Tav. Ill, fig. 3), coi quali mostrano di avere molta conformila. Di que- sli stessi molari parmi d'aver traveduto i frammenti nelle breccie ossee di Cerigo, ostensibili nell'I. R. Gabinetto di Sloria naturale della Universila di Padova. Altre ossa di cavallo, oltre i denti, non si sono vedute finora, ma fra le quisquiglie e i rottami di avanzi elefantini che abbiamo staccati dal cemen- to, ve ne sono alcuni, i quali conservano intatte le parti dell'articolazione. Un frammento non lungo piu di trc pollici, si riconosce per una porzione dell'osso della gamba sinistra di un piccolo ruminante, per essere inferiormente fornito di due capi del metatarso, e percbe si adegua appuntino col disegno che di tali ossa esib'i il sig. di Serres nella Tav. XV, fig. i5, dell'opera sulle Caverne di Lunel-Viel scritta in comune coi sigg. Dubrucil e Jeanjean. Giusla le fatte comparazioni, questi avanzi non differiscono dalle ossa analoghe della capra vivente, ed il sig. di Serres. cui dobbiamo quesla notizia, e di avviso che il DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATLLLO \., scppellimento ili essi sia posteriore alia comparsa dell uomo, opinione che forse non pub essere da nessuno contraslala quando si trovano accomunati con le ossa umane, ma che non scmbra ammissibile per gli ostioliti del Sei haro. dove mancano onuinamente gli avanzi della specie nostra. Dopoche i cimiteri degli elefanli ebbero la nostra visita. e dopo diavere caricata la nostra guida di quelle auguste anticaglie, hen piu degne, come dire il Fortis, de pensatori, die le moncle e le iscrizioni, abbiamo diretto i passi verso Romagnano, ragionando Ira via delle opinioni emesse dai nalu- ralisti inlorno all' cpoca da assegnarsi a] seppellimento di quelle ossa, e degli allri carcami di grandi animali dissepolti finora in parecchi luoghi del con- tinente europeo. Nell Italia subalpina non si sono trovali allri schelelri di elefanti oltre a quelli del Serbaro, mentre sono frequenli nelle montagne che spalleggiano il territorio di Perugia ed il ^ aldarno superiore. Sulle ossa di nnesli ultiini liroghi stanno d'ordinario attaccate delle conchiglie marine (ri>), di cni non v ha traccia alcuna nei deposit! del Veronese, e questa circostanza fece nascere nella mente di Fortis 1 idea, che 1 interramento di quelle ossa sia anteriore all'irruziouc dell' Oceano nel Mediterraneo; e sia opera non gia dell' ultima grande rivoluzione accadula ncl globo. ma degli uomini. {Fortis, Memoria epistolare sopra le ossa del Serburo, 1786). In appoggio di questa opinione agginnge. che allorquando la Spagna era attaccata all' Africa, ed il Portogallo. la Francia. 1 Italia e le Isole del Mediterraneo erano tuttc unite, potevano gli elefanti bazzicare in tutto questo grande continente, senza ammetterc che la temperatura di que'remotissimi tempi fosse piu elevata dell attuale; anzi tolse a combattere quel brano della teoria di Buffon, the assegna alle contrade setten- trionali una temperatura analoga a quella die c- altualmente propria dell' Indie Orientali e delle grandi Isole della cosla dell' Asia (hi. pa»: 52). Se i paesi. ne'quali si trovano resti fossili d' elefanti, crano ne prist hi tempi cos'i freddi come lo sono presentemente, pochi vorranno persuadersi che tali beslie vives- sero in un clima capace di privarli della virtu prolifica. Fortis. dopo averci delto che quelle ossa sono slate cola sotterrate dagli uomini allorche vivevano in 11110 stato troppo rozzo e selvaggio per conoscere il pregio dell avorio. ag- 44- SULLE CAVERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE giunge che la ragione per cui la specie umana si era determinata a siraili co- stumanze sara sempre un problema, la cui soluzione senibra a noi ancor piu difficile, quando ci facciarao a rintracciare qual causa abbia raosso quegli uo- raini rozzi a trascinare i carcami di elefanti, dopo di averne divoratele carni, sulla cima delle raonlagne, piutlosto che seppellirli nelle sottoposlc pianure. Se un rito religioso a eio li avesse spinti, queslo doveva pure eslendersi sopra molti altri aniraali, imperocche agli ossami di elefanti noi Iroviamo mescolati quelli dclla pecora e del cavallo. Pugna poi dimostrativamente contro questa opinione la scoperta di ossa elefantine ne'monti della Germania, miste alio ossa di tigri, di leoni, di jene e di altre specie terribili e sanguinarie, di cui I uomo, tuttoche barbaro e selvaggio, avra teinuto 1 avvicinamento, come Jo temiamo noi uomini inciviliti, ue le avrebbe certo onorate di sepoltura. Del reslo le ossa veronesi spettano, com' e detto, all Elefante primitive. e si uniformano alle molte finora disotterrate nelle contrade del Settentrio- ne. II sig. Van Ma rum naturalista di Harlem diede una circostanziata noti- zia di queste ossa, ed esibi il disegno di un teschio scopcrto 1' anno 1820 nei terreni sabbionosi di Henklum ne Paesi Cassi (Memorie della Societa Olandese delle Science di Harlem, vol. i3, pag. 2.55). La spiegazione che egli da del fenomeno consiste nell' immaginare una grande innonda- zione, le correnti della quale poterono trasportare cola li resti ossei dcgli elefanti ; ma questa ipotesi, che pur era la favorita de nostri bisavoli, piu non e conciliabile con le osservazioni fatte in quesli ultimi anni. La somi- glianza che corre tra le piantc fossili dell Europa e quelle discoperte nei carboni fossili de climi caldi ci porta a credere che la temperatura del mon- do primitive fosse da per tutto eguale e tanto le piante centiraetri e largo :>.o nel suo maggior diametro, locche dimostra di aver appartenuto ad >in grande individuo, cssendo nolo die le zanne non cangiano come i molari, ma cresrono per lutla la vita, rinnovandosi od una sol volta, o forse mai. Osservato pel verso de'capi si vede che i coni conccntrici piu interni hanno perduto, ristringendosi, del loro volume, c si sono convertili in una materia di aspeltu terroso, superficialmente nerastra, che sugge con forza I'umidita della lingua, come fa il Quarzo agata cacohngo. al quale per piurispetti si assomiglia. La zanna, di cui presento in piccolo la figura. e stata da me donata al Gabinetto dell' I. 11. Universita di Padova, unitamente agli altri osteoliti descritti nella presents memoria. Molari elelanlini. Negli elefanti, come in lulli li mammiferi erbivori, il piano de' molari perde nella Irilurazione dellc sue parti, e riceve col tempo forme e dimensioni dilferenti, laddove i denli de'earnivori non soffrono col variare dell' eta. se non lievi cangiamenti, e conservano sempre la forma che loro e propria. Dire il celebre Cuvier, die la grandezza de' molari indica I' eta del dente. nun gia gli anni od il volume dell' animate cni apparteneva, potendo l'elefante cangiar ben otto volte i suoi molari in virtu del particolare meccanismo del quale e iusi- gnilo I'apparato della masticazione. Non si potrebbe quindi dalla grandezza dei molari fossili cheat Serbaro trovansi quasi sempre scassati dalle mascelle, dedurre la grandezza degli individui cui hanno servito, benche, valga il vero, un molare di grandezza straordinaria qual'e quello figurato dal Fortis, lornito di dieciotto lamine. lia cni cinque sole complete, mostrera sempre di avere appartenuto ad un individuo dell' altezza non minore di quattordici piedi. Secondo che la sommita delle lamine dentarie viene piii o meno profon 48 SULLE CAYERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE damente cousumata, i nastri o rilievi della corona assumono, com' e detto, figure diverse ; quindi e che il piano de' molari del Serbaro appare fornito, ora di rialti circolari od ovoidi disposli in serie trasvcrsali sopra ciascuna lamina, ora di varie fila di feltuccie pid o meno flessuose, contornati si gli uni che le altre di una linea di smalto. Ev chiaro che ne' primi due casi, si sono soltanto consumati gli apici dentellati delle lamine sporgenti sulla giovane co- rona, e nel terzo pel maggiore delrimento sofferto dalle lamine slesse. suhen- trarono ai rilievi circolari le fetluccie. Tav. II, fig. i. L n molare disotterrato al Serbaro, fornito di nove lamine, presenta agli apici di ciascuna lamina la consueta serie di circoli c di ovoidi ; senza che nessuna sia stata consumala in modo da mostrare un'intera fettuccia. I capi delle lamine, essendo disposti in una superficie convessa, fanno conoscere che ii molare apparteneva alia mascella superiore, e propriameute ad un dente posteriore, o di rimpiazzo ; giacche anche la corona de' molari superiori si fa piana, dopo di aver subila una conveniente detrizione. Piani del pari sono i due superiori dell'elefante asialico ostensible nel gahinetto di Storia naturale in Padova, ciascuno de'quali ha dietro di se un altro molare a corona conves- sa destinato a surrogarli (i4)- Tav. II, fig. 3. Di un altro frammento di molare esibisco il disegno, ed e quello stesso del quale parlo alia nota duodecima. Le reliquie de' rilievi che ancora rimangono sulla corona, rappresentano alquanti ovoidi, molto allungati ; e se 1 altezza delle lamine si fosse un poco piu consumata, invece di ovoidi si vedrehhero altrettante feltuccie simili a quelle de' molari descritti qui sotto. Si apprenda da cio che la forma dei nastri non c sufhciente per giudicare a quale specie ahhia il dente appartenuto. e che 1' Elephas mammontei dell' Eichwah! DEL PROF. TOMMASO ANTONIO C\TULLO 49 potrebbe per cib slesso riferirsi all' Elephas primigenius, la sola fra le specie iossili dell' Elefanle die. per giudizio del Cuvier, sia slata bene determinata. Conguagliando i molari del Serbaro alia specie cui appartengono i mo- lari di Orvieto, non intendo gia clie il seppellimento di entrambi sia accadu- to in una medesima epoca gcologica, ma dico sola men te, clie se lc ossa dei ter- reni lerziarii dell Agro romano sono simili , come sembra, alle ossa del Serbaro. si pub dimostrare, die non il solo terreno diluviano da ricetto agli avanzi &t\\' Elephas primigenius, ma die si possono altres'i trovare ne' sedi- menli marini di pin recente formazione. Tav. III. fig. i. I n lerzo molare della mascella inleriore conserva la fignra romboidale die gli e propria, ed e composto altualmente di undici la mine, fra cui cinque sole moslrano di essere stale allive. Le fettuccie o naslri della corona sono completi, co' margini molio flessuosi. e rivestiti di uno smallo durissimo e lucente. Nella parte anteriore il dcnte manca di una o due lamine ; le sette posteriori sonointatte e presenlano la sommita della loro dentellalura a guisa di mastoidi rotondi. Questo molare, di cui oliro la fignra impireiolita. ha nella corona sei centimetri di larghezza, sedici nella maggiore sua elevazione, ed allrettanti di lunghezza. lav. II. fig 4. — Tav. III. fig. 2 Fra i molari del Serbaro due ne ho trovalo in uno de'quaii la parte inferio- re ddle lamine apparisce inolto abhreviata, e nell altro intiei amenle ricoperta da mi cemento lerroso nerastro piuttoslo duro. I nastri della corona hanno i margini privi di ilessuosita, e moslrano. per consegnenza di avere solTerta una profonda detrizione. Uno di essi molari ha sei lamine (fig. 4)- 1' altro dieci (fig. 2). K slato delto die il numero delle lamine component! ogni molare va crescendo in uiodo. die ciascuno ne lia ipiallro piu di qucllo che lo ha im- mediatamente preceduto; e il Corse ha osservato essere sollanlo quattro le I'll 5o SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE 1 amine de' denti che sono primi a cadere, olto o nove quelle de secondi, dodici o tredici quelle de' terzi, c cosi via diceudo linn ai setlimi cd ottavi. che nc hanno ventidue. Dielro queste norme si pub dire, the ;il Serbaro non si sono nuii rinvenuti molari della prima inuta ;o di sole quattro lamine; che frequenli sono quelli della seconda e terza muta ; e the piu scarsi sono i mo- lari delle ultinie due mute, dai quali probabilmente derivano le grosse e lun- gho lamine the spesso troviamo isolate dentro il cemento argillaceo di quella interessante localila (Tav. II. fig. .i. ). Avanzi fossili di lluminanti. .Nell agosto 182!, mi iurono recate a Verona alquante ossa fossili, e fra queste un frammenlo della mascella inferiore di 1111 piccolo ruminante, the mi parve appartenere, piii the ad altro, alia pecora (Tav. Ill, fig. 6.). II \il- lico che le raccolse, protesto di averle trovate al Serbaro, indicandomi ad un tempo il luogo preciso in cui Iurono rinvenute. Nel d'i successivo in compa- gnia di quel villieo tornai per la seconda volta al Serbaro, e dopo di avere esaminato il luogo dal quale erano slati tratti quegli spezzami, feci li presso aprire un altro escavo della profondila non maggiore di due piedi, e del dia- metro di sei. Discoprimmo in quell' occasione varj pezzi di corna cervine, e qualche molare pure di cervo, imprigionati in quel cemento medesirao che unisce le ossa elefantine, dal quale ho potuto a slenlo separarne qualch una per darne la figura. Le corna hanno perduto il glutine animale, senza per- dere la linta bruno-rossictia the loro e propria. Un pezzo lungo sediti renli- melri, largo unditi, presenta tre ramificazioni palmate. Ira cui la piu hassa e quasi del tullo oblilerata. Nella superficie si veggono delle soltalure piut- losto profonde, interrotte a qnando a quando da protuberanze ocracee, gene- rate dalla materia del cemento. the imolgeva le corna. (Tav. Y\ , fig. 1.). L'impalmatura che v'ha Ira ramo e ramo fa sospellare che il pezzo apparle- nesse all' Alee fossile d' Irlanda, ( Cervus euryieros). di cui si trovano vesti- gia nelle argille palustri del Vicenlino e del Veronese ( Terreni allu- viali delle Provincie I enele. pag. rjo e seg. ). lo non ispaccio the [ier verisi- DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO .» I mile qucsta mia opinione, sempre disposlo ad ascoltare ogni qualunque dub- bio clic mi si potesse muovere in contrario. Ad altre corna senza impalmalure, e quindi molto analoghe alio coma del Cervo comunc, (Cervus elaphus Linn.) appartengono i pezzi rappresen- lali dalle figure -i. 3, \. Tav. IV. ]| primo corrcdato di due rami, ha la lun- gbezza di diecinove centimetri; il secondo, rotlo in ambi i capi. ha dodici centimelri di eslensione, ed il terzo ne ha died sollanlo. Oucst' ultimo e no- labile per essere ancora atlaccato all'osso, nwern a quella specie di pedun- colo r.he si eleva dal frontale, il quale cssendo molto lungo, fa conoscere che 1 i nd i v id no cui appartenne era giovane, giacche siffatte prominence si fanno niinori colla eta. Per ultimo faro mi cenno de' due molari che rai parvero conguagliabili ad una qualche specie di Cervo, ancbe perche li Irovai associati alle corna di queslo ruminante. Codesti sono tenacemente altaccati al cemento, dal quale non osai distaccarli per tenia di romperii. Essi sono lunghi un centimetro. larghi altreltanto : ne si puo giudicare della forma c lunghezza delle radici. perche sono intieramente nascoste nel cemento. La faccia laterale esterna ( fij;. .'). Tav. IV) di ciascun dente e provveduta di quatlro scanalature ac- compagnale da rialti longitudinali, fra cui il piu lungo forma la punta piu elevata della corona. La faccia laterale interna e convessa, fornita soltanto di un' alfossalura molto profonda, col margine privo di punte, e assai piu breve di quello did lato esteriore. Non essendovi nel mezzo della corona nessun allro rilievo. si vede che questa parte e stata logorata dalla masticazione. .»2 SULLE CAVERNE DEELE PROVESCIE VENETE Caverne di Seha di Progno, nel Veronese. Queste Caverne poste nel Distrelto di Badia Calavena tra \elo e Seha di Progno, distanno quatlro miglia da Bolca, e sono lontane circa Ire ore di cainmino da un' allra spelouca die s interna ne' monti di Alfaedo, e poco piu da Ycj.i, ove sonovi altre due Caverne, ed un ponle nalurale, di cui avro campo di parlare ira poco. Tnlti questi vacui sotterranei si aprono nel cal- care della creta . ch'e, come clianzi fu detlo , la roccia predominante nelle Alpi vcronesi, ed e a credere the allri e mollo eslesi ve n'abbia in lulto quel tratto di montagne clie v' ha tra' Erbezzo, Romagnano e Velo, giacche in tutti rjucsti luoghi ini e avvenuto di scorgere strati sconnessi e capovolti, o per lo meno posti fuori dell' originaria loro sede, segni abba- stanza chiari per sos|)ettare die le viscere di quelle eminenze sieno tutte foracchiate e cavernosa. E ben atti se non a diinostrare, certamente ad avva- lorare qucsto sospetto, sono i profondi e vasti burroni cbe s'incontrano sulle table di queste montagne, riempiuli di masse inesauribili di ghiaecio. ^Iolto celcbre e quello cbe si vede ne' monti della Podestaria. dentro il quale con- servasi un immensa ghiacciaja cbe rende altivo nella state un non ispregie- vole commcrcio tra gli abitanli del luogo. ed i fabbricatori di bevandc conge- late clie sono in Verona. Ancbe nella spalliera di monti cbe resta a sinistra di clii ascende la valle Pantena, v lia degli anlri piu o meno estesi, quantunque per questo verso le stralificazioni conservino una direzione cbe si approssima alloriz- zontale ; e ben piu numerosi e piu vasti sono quelli della giogaja cbe fian- cneggia la valle de Fahoni, tome verrb esponendo quando parlero della Caverna di Cere posta in quella \alle. ]je Caverne di Selva di Progno, Irovansi precisamente nella valle di Velo. e vi si arriva per un ripido ed arduo sentiere. cbe si fa men disagevole a mi- sura clii' piu si si scosta dal Comune di Progno per entrare nei confini di Velo. conservando pert) sempre la direzione clall Est all' Ovest. cbe juir quella della valle. Alzando lo sguardo dal [iimto ove il cammino si fa piano, veg- DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATI LLO .>.'> gonsi, all'altezza di dieciododici melri dalla slrada, alquanti fori aperti sulfa china settentrionale del monte, alcuni de qnali si lasciano loslo conoscere per altrettanti ingressi che conducono nell inlerno del monte medesimo, riferibile anch' esso al terreno della creta. Trc sono i fori susseguili da audit i abba- stanza spaziosi per dare accesso all'uomo: il primo e largo cinque metri, alto ire; il medio ha tre metri stesso, a sinistra <1<'I foro d in gresso, rinvenni due brani della mascella inferiore di un ^rossi, m immifero ravvolti nel limo ghiajoso del fondo; e nel lato che giace a drilta dell' in- gresso stesso Irovai un resto di mandibola inferiore, non ^'ia coperto di w.\ |5 ' SULl.E CAVERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE teria ghiajosa come i primi. ma incrostalo in una specie di stalagmite rossi- l)ia trovato in Seh'a di Progno, lad- dove nella Caverna di Cere le ossa e denti del Lupus, accompagnati da ossa e denti di crbivori mi risultarono copiosissimi (Tav. V, iig. 3). Le due mascclle, un frammento di scapola, e due o tre vertebre che ho raccolte in quella Caverna, apparlengono anch esse all Orso delle spelonche, il quale. per giudizio del Cnvier, doveva essere molto piu grande e piu carnivoro degli orsi che vivono oggidi. Nove anni dopo. cioe nel i8j<>. quella Caverna fu visitata dall' egregio sig. Luigi Favero, Ispettore de boschi in Verona, dalla cui gentilezza m'ebbi un canino ed un molare disgiunti dalle mascclle, e riferibili entrambi all'Orso delle Caverne. perche entrambi si adeguano ai denli analoghi clie stanno in- cassati nel lescliio piu sopra ricordato. il primo si affa col canino drilto della mascella superiore: ed il secondo si conforma egregiamente col terzo molare sinistro della mascella stessa. sicche non pub reslar alcun dubbio circa la specie cui que' denti appartengono. Le ultime notizie intorno a queste Caverne mi furono cortesemente co- municate non ha guari dall esimio sig. Francesco Avoni. medico delega- lizio in Verona, che dal viaggio fallo in mia compagnia nell autunno 1840 alle spelonche di /J/faedo. fu invogliato ad estendere le sue osservazioni so- pra quelle di Seh'a di Progno. e quindi a darmi contezza di quanto gli e sembrato degno di speciale ricordanza. Trovb egli in fatto. che non solamente || maggiore dei Ire loci, di cui sopra dicemmo, conduce alia Caverna. ma lulli possono service di accesso alia medesima. ■ Ognuna delle indicate aper- ture , ( scrive il dottore Avoni) mette dopo alcuni passi in una piazza commie sostenuta da tre grandi pilastri, e lormala di tre arcate componenti una \ulla quasi regolare , e assai piacevole a vedersi. Sui hassi fianchi di cjuesla piazza si veggono delle affossativre quasi per intero ostruite dai ma- teriali lerrosi portati dalle acque che vi penetrarono per una lunga suc- • cessione di secoli. Le stalattiti vi sono in grande quantita, e disposte in modo regolarissimo. Un canale the dalla detta piazza s interna per cento DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 5.) ') passi nelle viscere del monte, cone da] Nord al Sud , ed e amplo abba a stanza perche \i si possa camminare, Iranne pero un punto ove e forza pie- i) garsi e andare carpone (i5). Termina il canale in una piazza inolto piu » piccola della prima, la quale c sostenuta anch essa da Ire colonne irrego- ■ lari, sormontate da una voita aha died metri .'):> del di lei Trattato sulla costituzione geognostica de lerreni - postdiluvian] delle Provincie Venete, i quali mostrano chiaramente come prendono origine le grand i stalattiti. Queste poche osservazioui io faceva > il giorno 8 Novembre i8^o, ed avrei voluto fermarmi piu a lungo nelle » Caverne predetle per cercarvi le ossa se la mancanza di lempo, e degli » ajuti necessarii nun me In avesse impedito. ■ Dalle allegatedescrizioni si apprendeche le acque hanno avutogran parte nel dare a quelle stanze sotterranee la forma che presentano adesso. II linio lal- volta indurilo, lalvolta poco coerente che riempie le ca\ ita del suolo. e che vedesi insinuato ne fori scavali all' intorno delle pareli, e tin vestigio delle corro- sioni operate dalle eon-enli in tempi aulit liissimi ed anteriori ad o^ui storia. Le ossa ora notevoli per lo stato di conservazione nel quale si trovano. 5G SULLK CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE ora infrante o mutilate, fanno prova che le Caverne di Selva di Progno erano provvedutc
  • ■ ) Died anni dopo. cioe nel 1 7 9 C Serafino Volta ha ripetuto quanto disse DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO .17 il Fortis. se non die, invece di convenire che gli ossami i\i dispersi sieno di for he. pensa che alcuni possan riferirsi ad atnimali terrestri, senza pero al- leeare i motivi chc lo hanno indotto in questa creden/.a. Ma il Voita intento alia illustrazione de'pesci di Bolca non attese gran Ditto alio studio degli osteoliti delle vicine montagne (Itliolilologia Veronese* pag. 12, 4^) Pocbe <'d imperfette indicazioni abbiamo nelle opere degli antori chc dopo il Forlis fanno menzione della Caverna ossifera di Seha di Progno. e molti nc attrihuirono al Festari lo scoprinicnto ; ma negli scritli editi ed inediti ch'io possiedo di questo natnralista, non trovo che sia fatto cenno ne delle ossa, ne del luogo in cui sono tumulate, cosi che ad altri si deve attribuire probabilmente l'errore di aver presi quegli ossami per avanzi di mammiferi marini. quando invece spettano tutti ad animali terrestri. Le Caverne iiSe/ca di Progno, hen piu basse delle altre che soltostanno alle gbiacciaje de'monti Lessini, mostrano, com'e detto, di essere state riempiute da correnti
  • ■'> sono molte ossa di belve dihuhme, il quale fu impresso in Verona unita- nienle ad una Mappa indicante i luoghi del Veronese pin ricchi di petriBca- /.ioni marine (18). Chi pent si avvisasse di trovare nell' Opuscolo del Piccoli qnanto viene provnesso nel frontispizio s ingannerebbe a partito, 11011 avendo egli consecrato all'illustrazione della Caverna che sole venli righe. in cui dire che all' est di Cere, al pie d' un alto macigno, avvi una grotta che comunica per una slretta j^ola con un' altra piu interna, larga venticinque piedi ed alta sei, e col pavimenlo molto iuclinato. Le ossa sono conglulinate insieme da una terra rossiccia, e spettano a eorna di cervo, denlidi pecora e di cinghia- le, a teschi di belve antichc, 11110 de' quali, a delta dell' autore, era fornilo dei suoi integumenti, e principalmente delle membrane e carnosila che costi- luiscono il globo dell occhio. II rimanente del lihro versa sopra questioni astronoiniche e cosmologiche estranee nell argomento. L' asserzione che gli ossami di qnella Caverna sieno provveduti non sola- niente del glutine animate, ma hen anche de loro integumenti, m invoglio ad intraprendere il viaggio di Cere, onde verificare un fatto che condurrebhe ad una conseguenza, o, se vogliamo, ad una supposizione del tutto opposta a quella generalmente ammessa sull' antichita delle ossa finora trovale nelle caverne di diversi paesi dell' Europa. Diro brevemente ciocche bo osservato nella mia corsa al Cere; ma mi si permettano prima allre due parole sopra quanto scrisse di quella Caverna il conte Asquino in una Memoria epistolare stampata in Verona 1 anno 1829. C10 che 1' autore dice delle ossa e lieve cosa : ma le notizie di altro genere che ci somministra, potrebbero sotto cerli riguardi riuscire interessanti. Tro- vo quel Glologo (he alcuni vocaboli usati da quegli alpigiani sono di origine celtica, e dopo tOCCato 1 argomento del quale ci occupiamo. nana in ronfer- ma del suo assunlo. che la grotta e ivi chiamata Bolza, voce di cui ha cre- duto valersi Dante in piu luoghi dell Inferno, per formare con leggiero can- gianieiilo il vocabolo Bo/gia, che vale anlro 0 spelonca. E cosi anche I ah. Salvi inollo tempo prima del conic Asquino ebbe a credere che le Caverne del \ eronese ed il ponte di Veja abbiano servito di arcbetipo all autore della Divina Comniedia. 64 SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE lo visilai la caverna del Cere nel settembre del 1840 ed in compagoia di alcune dotle persone, che vollero meco associarsi in quel viaggietto (19), mi recai di buon' ora a Bellori. Appena si avea fatto mezzo miglio al di sopra di quel villaggio che, a sinistra del canale, vedemmo degli antri, e sotlo di essi dei inassi rovesciati, le cui facce ci sembrarono spalmale dall'alto al basso di croste stalagmiticbe. Andando ollre, Irovammo il cammino coperto pel Iratto di molti metri di uno strato calcario, che sporge in fuoriqualtro o cinque melri dai corpo del monte, senza che verun pilastro lo soslenga sul davanti. e senza che la mancanza dei iondamenti lo abbia lalto inclinare nep- pure di un pollice verso la strada. Quivi la prospettiva 11011 e orrida, ma disgustosa, per la sterilita e sparutezza dei monti, quantunque I' occhio del geognosla possa in alcune di quelle ialde ravvisare un' infecondita non al lullo disaggradcvole, poiche dalla superficie nuda del calcare vidi sporgere gli ammoniti della creta, e con minore frequenza i modelli della Terebratula antinomia ; specie che pur trovai negli anni addietro nella creta de' monti circonvicini. La strada battuta fin qui non presenla che calcare della creta, tutto screpolato o trinciato di ienditure che lo rendono inetto al lavoro, anche pei molti arnioni di focaia che per entro vi si veggono. Gli strati pi 11 0 meno inclinati di questo calcare alternano cogli strati di una marna cinerea che per essere caduta in fatiscenza viene portata via dall'acqua, lasciando ovunque dei buroncelli, the col decorso del tempo faranno sentire ai corsi calcarei superiori la mancanza dei fondamenti. Ascendendo verso Cere, si arriva in un punto dove la via si divide in due stradiciuole : 1' una acclive che conduce al ponte di Veja ; l'altra alquanto ripida che s innalza bruscamente e finisce nell' al- tipiano di Cere ; d onde progredendo verso levante, si giunge nella valle dei Falconi. ov e la caverna. Lasciata a manca la stradella che corre a Veja, e latti alcuni passi sull' altra, mi si spiego alio sgnardo il ponte di Veja, ma sotto un tale punto di vista che non seppi a prima giunta crederlo quello stesso che contemplai altre voile ; e cio perche invece di vederlo di fronte, e dal basso della valle di sant' Anna, io lo mirava a molta distanza da uno dei lati. o vogliam dire obliquamente, e quindi i due banc hi mi sembravano esat- tamente simili, quando invece sono diversi come diverse appaiono le t'acciate DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATUIXO 65 dell arco di cui dovro parlare nel seguito del mio lavoro intorno alle caverne dcllc Alpi Venete. Superati quei greppl, giungemmo sulla cima, e di la fummo guidati dai villici del luogo, verso la valle dei Falconi. attraversaudo la inolto comoda e deliziosa spianata di Cere, per prendere direttamente il sentiero della caverna, il quale e ignudo. rovinoso, e solo vestito qua e cola di pochi arbu- sli crcsciuli a stento fra gli srrepoli della roccia. e piu atti ad acrescere la difticolta della mania, die ad agevolarla. Disceso in linea retta pel Iratto di dugenlo metri, arrivai quasi senza avvedermene presso gli orli inferiori della caverna ; ma di la mancava la via per alzarsi verso la bocca, e dovettero le guide larini con le mani scabello, e spingermi all'insu; finche superato il tagliato a pinmho del ciglione che si oppoueva all' asresa, potei di per me git- tarmi nello spazzo che melte alia caverna. L'apertura di questa forma an parallelogrammo scorretto, ed e alia metri tie. larga due e mezzo, e Innga quattro 0 poco piu. La \6lla rusticamente inegaale si ristringe e si abbassa verso il piano a guisa de'vomitorii degli anlicbi teatri, indi finisce in un foro non piu alto di un metro, il quale toslringe cbi vuol ire innanzi a strisciare col venire il suolo, e progredire per tre o quattro metri in cosi incomoda posilura. Poscia si arriva in un vestibulo. e da questo alia caverna ossifera, ove inuniti di faci abbiamo poluto esamir.are ogni cosa con la piu scrupolosa esattezza. II capit;ino Kovascowich voile col metro alia mano rilevare l'am- piezza della caverna, e la trovo alta due metri e mezzo, e larga ove sei, ove otto metri. II fondo e coperto d una specie di belletta rossastra forte- mente gbiajosa, con entro pezzi rotoluti di calcare e di ossa ora stritolate e confuse, ora abbastanza conservale. per riconoscere. mediante lanatomia coin- parata. il genere di animali cui appartengono. Che poi sollo di questo fondo si apra un altra caverna. e si possa asseverantemente affermare die nell in- terno del monte vi sieno vuoti vastissimi posti a livelli dilferenti, cio e quanlo liaimo saputo verificare in questi ultimi giorni alcuni miei discepoli rccandosi espressamente a Cere per vedere con gli ocelli proprii i falti che io aveva loro narrati dalla cattedra (2). Dal vedere che nell impasto osseo esistono denli similissirai a quelli dei ruminanti, abbiamo ragionevolmente pensato che al- cuni dei irusti d ossa riferirc si dovessero alio stesso ordine di animali. In Vol II 9 GG SULLE CAYERNE DELLE PROVrNClE VENETE una congeric di questi ossami, parte fisttilosi, parte cellulosi, si rinvenne un frammento di corno di cervo, qualche denle di pecora e del Sus prisons ; lad- dove in altri pezzi del cemento trovammo incluse inascelle e denti di carni- vori sanguinarii spettanti al Canis lupus, dei quali daroasuo luogo una piu distinta descrizione ; ma delle parti molli e coriacee, di cui parla il Piccoli, non trovammo vesligio alcuno. D'altronde lo stato di calcinazione delle ossa viene apertamente manifeslato dall' effervescenza promossa dall'acido nitrico versatovi sopra, e dalla mancanza assoluta di gelatina animale, die io stesso ho verificata col ministero del fuoco. Si vede da questi fatti che il Piccoli era tutt allro rhe in istalo di far buone osservazioni, o di scrivere con precisione cio che ha veduto a Cere, imperciocche il candore della calcinazione di quelle ossa non potra mai conciliarsi coll' idea ch'esse fossero cent' anni addietro provvedute d'integumenti. Gli animali, cui questi avanzi appartengono, erano troppo grandi per supporre che un tempo vivessero in una caverna cosi pic- cola, fornita di uscite cos'i anguste come quella di Cere, e per cio medesimo entrai nella credenza, che i lupi di quell' eta si rifuggissero nelle caverne superiori, di cui parlero fra poco, e dessero la caccia agli animali erbivori che allora bazzicavano in que' dintorni. Alia conipleta spiegazione del fenomeno importerebbe conoscere se Ie ossa belvine di Cere, sieno state messe in iran- tumi dai denti de' lupi, come ha verificato Buckland, rispetto alle ossa spez- zate dalle jene, ovvero se sieno rolte o mutilate nel tragitto che lecero con Ie acque dall' una all'altra spelonca. L'antro e tutto allintorno incrostato di una ben grossa stalagmite, in cui si puo contare parecchi strati di varie dimensioni e colori, tutti pero ru- vidi al tatto, per la molla sabbia che vi si scorge per entro. Stalattiti pen- denti dalla volta non se ne veggono; ma nella parte inferiore, ove la stalag- mite si fa sottile, sporgono all' ingiu dei torsi, la cui figura assomiglia, pin rhe ad altro, agli strobili del pino, i quali sembrano destinati a formare il fmimento di quella vasta e singolare concrezione. Nel mezzo della volta esiste un' apertura circolare, che doveva averc per lo meno quattro piedi di diame- tro. e rhe adesso appare intieramente ostrutta dal materiale medesimo che ricopre Ie parcti della caverna. Ora vedremo quanto bene quesla apertura si DKL PROF. TOMMASO ANTONIO CVTULI.O G; presli alia spiegazione del fenomeno che sono per narrare. Sollevando le fiac- coleinalto, vedemmo sporgere dal telto inlinita di ossa rapprese nel consueto cemento argillo-ferruginoso, le quali stendonsi a drilla delT apertura per lo spazio di due piedi in largo e quattro in lungo, senza che sopra di esse vi corra linlonaco stalagmitico, che 1' acqua inogni qualunque altra parle della volla ha potulo appiccarvi. Questo fatto, se non unico nella storia della geo- logia, cerlo sommamente raro, ci emp'i di maraviglia. e ci lenne per qualche tempo con gli occhi rivolti al soffit to, e tutti intenli a trovare la spiegazione di fenomeno tanto singolare. Unilamente alle ossa stanno legate nel cemento schegge di calcare simili a quelle che veggonsi imprigionate nella terra ocra- cea lapidosa, che ricopre il fondo della caverna ; lo che fa sospetlare che grandi correnti sotlerranec abhiano la dentro trascinato, coi frammenti ango- lari di calcare, anche le ossa a cui essi sono congitmli. Questo cemento espo- sto all aria si rassoda e diventa assai pin duro di quello che sia prima d es- scre staccato come dal fondo. cosi dal tetlo della caverna. Non so se 1 induri- mento della pasta inclodente le ossa delle spelonche sia una circostanza av- vertita dai viventi naturalisti ; ma so bene che Fortis settanl anni addietro non ommise di registrarla Ira le osservazioni per lui fatte sulle breccie ossee del Quarnaro. (Saggio di osservazioni sopra I isola di Cherso ed Osero. pag. 96.) Ma come ha potuto il materiale condotto dall acqua ricoprire il suolo, e depositarsi ad tin tempo sul tetto della caverna? Per iscoprire la ca- gione del fenomeno pare che prima di tutto si debba esaminare lo stato pre- sente della caverna ossifera. c vedere se v' ha indizio alcuno. il quale possa dimostrativamente convincere che la sua conformazione sia stata tin tempo diversa da quella che apparisce oggid'i. Gli orli del grande incavo che vedesi nel mezzo della volta, tuttoche velati da una crosta stalagmitica, non si na- scondono pero ad un occhio avvezzo a distinguere il tardo la voro dell acqua: ma si lasciano riconoscere per labbrature di un largo foro, da cui scendevano le acque dalle superior! caverne (11). Che poi il foro metta in un altra spe- lonca, il cui piano fornii ad un tempo la \olla della caverna inferiore, cib e quanto osiamo di asscverantemente asserire, e cio e quanto dee sembrare a 1 liiu n que volesse darsi il pensiero di ripetere le nostre osservazioni. C>8 SULLE CAVERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE Tutle le aperture che oss< rviamo sul tetto delle caverne, o sono in co- municazione coU'esterno, o servono di entrata in altre spelonche. Quella di cui parliamo e ben lungi dal trovarsi in sitnazione cosi alta, e cosi poco in- ternata nel rorpo della montagna, da poter credere che il foro verlicale con- duca fnnri del solterraneo, piultostoche in un' altra caverna. Ollre a cio, I ispezione che abbiamo fatta sulla faccia esterna del monte ci assicuro della mancanza assoluta di spaccature o di burroni die possano risvegliare il so- spetto di una comunicazione tra questi e le soggiacenti cavita ; circoslanza che avvalora sernpre piu 1'opimone da noi emessa circa l'origine delle cor- renti che anticamente travolsero e spezzarono tutlo il pietrame avventizio delle Caverne veronesi. E quindi probabile che i materiali dell impaslo os- seo, raggirati dalle acque. sieno con esse discesi dalle spelonche superiori in lale quantita da riempierc interamente la caverna inferiore ; e allora fu che al telto si e attaccata quella parte del cemento osleolilico visibile ai nostri sguardi. Qui mi si opporra che all'acqua, e, se vogliamo, al materiale che seco ha tradotto, era impedito di soggiornare in un vano provveduto inferiormenle di una uscita, cioe del foro per cui dalla prima caverna si passa nel vestibulo piu sopra ricordato. Ognuno vede di qual peso sia questa obbiezione che feci a me stesso prima di uscirc dalla caverna ; ma chiunque ha un poJ di pratica della sti uttura dc' monti veronesi trovera mollo ragionevole il pensiero, che losto mi corse alia menle, di esaminare i lati eslremi del foro medesimo, onde riconoscere 1' indole della roccia che un tempo lo riempiva. Ho detto piu so- pra, che in varii luoghi della valle Pantena i corsi del caleare allernano cpgli strati di una marna facilmenle attaccabile dall'acqua; ed e appunto di questa fatta di roccia che mi risultarono composti i due lati dell' apertura. La cor- rispondenza che ravvisai fra le parti divise, indizio sicurodi antira continuita, mi fece accorto che non sempre la natura voile nascondere all' umana pene- trazione le leggi che si e prescritto nelle sue opere, ma che talvolta, se non ai piu imaginosi che si fanno ad interrogarla, certo ai piu pazienti ella fa sentire i suoi responsi. E dunque evidente che 1' acqua, durante la sua sta- zione nella caverna, pole, rendere vana la tendenza delle molecule marnose a lenersi unite, e aprirsi una via, conducendo seco la piu gran parte dei mate- DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO <>y riali che ha potuto svellere d.igli antri superiori. Molto tempo de\ essere corso prima che la forza corrodenle dell'acqua sia giunta a disgregare iutie- ramcnte il grande strato che riempiva lafenditura; e quando dico molto tempo, io iion in ten do di mesi o di anni, ma di quanto c combinabile colla forma interna dell' ant ro, col carico degli strati superiori. e colla resislenza delle parti component] il banco marnoso, pin o meno suscettibile di rederc alia violenza dell'acqua (22). II Teissier in una sua Memoria nana di aver osservalo anch egli le ossa attaccate sulla volta di una caverna posta nel comune di Mia let; ed e que- sto il solo degli autori che ho per le mani, il quale abbia veduto nella Fran- cia il lenomeno che si ammira a Cere. Dalla relazione che ne da il Teissier si apprende che anche cola le ossa del soffitto sono ridotte in irantumi. e prese in una pasta carica delle abrasioni degli strati vicini, e della terra mar- ziale rossastra di cui non si saprebbe indicare la derivazione (Bulletin cle la Societe' Ge'ologique dc France, Tom. II, pag. 25). Vuole l'autore che la Caverna, dapprima vuota, sia stata riempiuta di limo e di ossa da forti cor- renti. c sia stata poscia rivoltata dall 'acqua. Non dice pero per qual via sia entrata 1' acqua nella Caverna, come abbia potuto in essa lermarsi, come farsi strada per uscirne, circostaiue che. nel caso del quale si tratta, non si dove- vano negligere, perche sommamente necessarie alia compiuta spiegazione del fenomeno. E* notabile che il fenomeno osservato dal Teissier e da In i pub- blicato nel l8!$2, non sia stato avvertilo dal sig. Marcel di Series, che pur visito la caverna di Mialet. della quale parla alia pag. 149 del Saggio sopra le Caverne. stampato nel i838. Non volendo tornare dalla Caverna a Be/lori per la medesima strada. scendemmo nel londo della valle dei Falcon/, seguendo il corso dell acqua. e dopo un'ora 0 poco piu di cammino ci siamo un'altra volta incontrati nello strato sospeso in aria, di cui sopra diremmo. e quiiuli sen/.a awedercene, ci trovammo nuovamente nella valle Pantena. Da Bellori ci avviammo a Lugo. e di la a Cologne, villaggio situato appie di un monte nudo di pascolo, alia cui meta superiore v' ha una non vasta spelonca. delta la grotta di Folsaitu. Dinanzi all apertura v' e un pergolato, dal quale si domina tutti i dintorni -o SULLE CAVERNE DELLE PROVltSClE VENETE del villaggio; ma, a quanto ri fu detto, ella non s interna che di pochi piedi ncl monte, e mostra di essere uno dei inoiti burroncelli che avvisammo tro- varsi nella giogaja posta a sinistra di chi ascende la valle. Rammentero the anche Lugo ha la sua Caverna. lo la visitai 1 anno 1819 quando mi sono cola recato per vedere in posto il calcare conchigliaceo detto Occhio dipernice, ch' e il piu vago dei marmi lumachella delle nostre pro- vincie (Zoologia fossile, pag. 208). Essa e scavata nel calcare ammonitico. ed e fornita di quattro aperture, di cui una sola, posta a sinistra, serve d in- gresso. Un altra apertura, ch e la piu grande, ha sopra di se una finestra ovale, e si apre su di un ciglione tagliato a piomho che impedisce la salita : 1 ultima e presso al tetto, e da comodo accesso all' acqua piovana. L antro ha soli trenta piedi di diametro, e quindici di altezza. A dritta si prolunga in una specie di stanzino acconciamente scavato: e niente di piii osservahile vi si vede. • Osservazioni intorno le ossajossili delta caverna di Cere nel Veronese. Canis Lupus. Tav. IX. Benche sia molto difficile, come osservo Dauhenton, di distinguere lo scheletro di un lupo da quello di un cane, pure il celehre Cuvier giunse, per via di confronti, a scoprire fra i teschi di queste due specie una qualche dit- ferenza. Si avvide che, nel lupo, la parte triangolare della fronte. al di dietro delle orbite, e meno larga e piu piatta che nel cane, laddove la cresta sagit- lale n e piu lunga e piu prominente. ed i denti. segnatamente i canini. gli riuscirono in proporzione piu grossi (Tom. VII, pag. 4^4)- ^° non Poleva che attenermi a queste ultime differenze per giudicare a quale delle due specie si dovessero conguagliare gli avanzi ossei del Cere, uon avendo ivi trovato alcun frammento osseo riferibile alia cassa del cranio, ma soltanto una farra- gine di denti isolali. rappresi nel consueto cemento. ed alquanti rimasugli di DEL PKOK. TOMMASO ANTONIO CATULLO 7 i mascelle fomite di denti. Poco appagandomi de'confronti che alcuni si con- lentano di Tare con le figure che si hanno dai libri. e desideroso d altronde di 11011 tirarmi addosso il rimproivero di aver male dilfinile queste spoglie, pensai di paragonarle con le ossa consimili del mastino e del lupo, onde ve- dere se piu a queste che a quelle si rassomigliavano. Assicurato da'miei esami di confronto, che un pezzo del mascellare superiore e gli avanzi di due ma- scelle inferiori corredate de loro denti appartenevano al lupo, entrai tosto nel sospetto die alio stesso animate si dovessero attribuire le ossa inviluppate ml cemento inedcsimo die conteneva le mascelle. quanlunque si mostrassero al tutto siinili alle ossa analoglie delle due specie die aveva sotto gli occhi. Queste ossa consistono in due vertebre, la prima e la quarta o (juinta cervi- cali, ambedue rappresenlale alia Tavola IX, fig. 9-10. 11 mascellare superiore (fig. 4)- tuttoche nascosto in gran parte nel cenicnto, mostra il carnivoro. e con esso li quattro falsi molari die gli succedono, senza pero che si possa scorgere indizio alcuno del lubercoloso inlerno, die pur manca ne' frammenti di mascelle inferiori, disegnate nella stessa tavola (fig. 5-6). In una di esse vi si veggono quattro denti : il carnivoro e tre falsi molari; 1 altra ne presenta due soltanto. A queste figure aggiunsi quelle di due frustali d ossa muniti di denti, die staccai dallo stesso pezzo di cemento die includeva le mascelle (fig. 7-8) da cui trassi parimenti li due incisivi. li canini e li falsi molari 1 be bo fatti delineare alle figure 1, 2, 5 della tavola suddetta. Sus priscus ? Serres. Tav. VI. Oltre li rimasugli di ruminanti, de'quali ho fatto cenno altrove, e dei quali. [>er essere troppo guasti. mi sono assunto di dare le figure, si trovano nella caverna di Cere gli avanzi di cinghiali, die sembrano appartenere alia specie illustrata dal sig. Marcel di Series sotto il iiome di StlS prisCUS (Rc- cherches sur les ossemenis des cavernes de Lunel-P if/, pa^. \ '•>.[). 11 mi<< sospetto e solo appoggiato ad un grosso molare che staccai da una congerie -■> SULLE C.WERNE DELLE PR0VINC1E VENETE di ossa. contenente due rimasugli di mascelle, ed alcuni denti conguagliabili alio slesso animale, ma di piu giovane eta. Rispetto ai caratteri della corona, il molare si assomiglia ai denti analoghi del porco domestico, ma la sua grandezza e troppo cospicua perche si abbia a confondere con quella che presentano i molari della specie vivente (fig. i ). Ouesto dente si approssima per la forma e per le dimensioni all ultimo molare superiore rappresentato dal sig. di Serres alia figura terza della Tavola XI da lui riferita ad un indi- viduo adulto della specie sopra indicata. Di volume assai piu tenue sono i molari ineassati ne due pezzi di mascella cbe ho figurati nella stessa tavola sotto i numeri 2 e 3. i quali. come dissi, possono competere ad un individuo di tenera eta, cui pure vuolsi attribuire i due canini espressi nella figura 4- Codesti sono di forma triangolare, con la faccia esterna leggermente convessa. e con 1'apice spuntato. I margini non appajono affilati, ma conservano indizii di addentellature, in una parola essi combinano perfettamente con le figure date dal Serres, il quale, avendo fatto sopra di questi denti peculiari indagini. credette di poterli riferire ai canini lattaiuoli del Sus priscus, di cui fa una < ircostanziata descrizione. Attendendo cbe ulteriori osservazioni gettino mag- gior luce sulle spoglie fossili della caverna del Cere, io faccio voti affinche qualche amatore della paleontologia muova verso que'monti, e raccolga di quelle ossa in tale stato di conservazione da poter sceverare con sicurezza gli avanzi di animali che ancora esistono da quelli di specie cbe stimansi perdute. Ciuerne e ponte di Veja net Veronese. Alia caverna di Veja. ed al ponte naturale che gli sta presso, si arriva attraversando da capo a fondo la valle Pantena, gia or ora da me descritta. Vi si puo giungere altresi per un'altra valle, se non piu breve, certo piu de- liziosa della prima . la quale a sinistra dell' Adige (Parona) si dirompe in tie valli. e porta il nome di Policella. Consiglierei il naturalista a battere la via de monti. uscendo da Verona per la porta di S. Giorgio, piuttostoche dalla porta del Vescovo che mette in valle Pantena, avendovi per quel verso de luoghi. da quali puossi raccogliere buona messe di osservazioni geologiche. DEL PROF. TOMMASO ANTONIO C.VTL'LLO -'■'> e da'quali meglio si rileva il nesso tra il tgrreho della creta e le forroazioni lerziarie. Ouesle ullime ricoprono la creta, o sono a qaesta per apposizione addossate. e ronsistono pel consueto calcare grossolano, lalvolta terfoso e pol- tferulento (Mazzurega). talvolta solido e pieno di corpi organici fossili ana lo^hi a quelli ilc' colli (he si elevano presso Yecona. La varieta solida contie- ne. sebben di rado, arnioni rosso-oscuri di selce piromaro pieni essi medesimi di minute discoliti. K questo unu de'pochi luoghi delle Alpi venete. in cui il calcare lefiiario contiene focaja. A Mazzurega la roccia dominantc e il calcare della creta disposto in isliali piu o mono inclinati. csterior- uieiile screpolati, e quindi non buoni per lavori di costruzione, interior inente coitfpatti, e molto arconci alia fnbhrirazinne de palazzi e di ogni allro solido cdilizio. Merita distinla menzionc la cava di qnesta pietra apertasi ;i Mazzurega sul principio del secblo passato, non tanto per la vastita sua. quanto per la errandezza de lastroni a piu rolori che vi si cavano per fame commercio. Altre lapidicine \i sono a Mazzurega e ne'vicini monti di S. Ambrogio e di / o/arni. alcune delle quali hanno il tetto cosi liscio. che, ai non molto esperti, parrebbe levigato dall'arie. Quelle di / o/arni contengono luttavia alcuni pezzi di riconoscibile lavoro romano. e individuatamente di cjiielli die per le voile degli arclii si preparavano. dal che Fortis dedusse. es- sersi di cola estratte le pietre die servirono alia costruzione dell Anfiteatro di Verona (Gior. encic/op. di I icenza. i ;8.">. SeltembreJ. Inoltrando i passi verso \ eja si comincia a vedere gli effelli delle antidie eje- /.ioni. e innanzi tulto scorgesi presso i Dossi di S.Fiorino. a tre miglia da Mazzurega. die i\i il mare avea gia formalo i colli di calcare terziario. quando le lave Ijasaltiche. sospinte e cacciale fuori dal profondo della terra, sollevarono erdppero in inille guise fegia esistenti formazioni, non senza Copririe talvolta ;i lo^^ia di mantello. inche a Vocare, cui nel sno rrtorno l' osservatore puo awiarsi per non ribatlere la strada fatla ndl andarvi, si possono vedere i fe- nomeni prodotti dall usrila del basalte. Ouivi il calcare grossolano ricompa risce capovolto e travisato per guisa, die in qnalche ruogo lo si prenderebbe piu presto per una pomice. o per una brccriola. die per una rdccia calcaria \ sinistra del palazzo Scopoli si vede (lie il basalte. attraversando dal basso ;4 SULLE CAVERNE DELLE PR0V1NC1E VENETE all' alto le deposizioni marine, vi si nicchio dentro. portando seco inlinita di briciole staccate dall' ammasso di ferro ossidato che soggiace al terreno terzia- rio. Di fatto i frammenti rosso-oscari chiusi nel calcare di cui favello, mi risultarono simili ai pezzi di ferro ossidato svelti dal fondo di quell' antica miniera (Bibliot. italiana Tom. 8g, 1 838 ). Ove il calcare trovasi al con- latto del basalte, perde 1 ordinaria sua tessitura, e diventa terroso; mentre i fusti cilindrici di Encrino, di cui abhonda. conservano tuttavia la solidita cristallina che loro e propria, e danno alia roccia un aspetto particolare (ib). Dai Dossi di S. Fiorino progredendo verso Veja si arriva a Marano, dove le condizioni geognostiche del suolo dimostrano abbastanza le vicende cui soggiacquero la creta ed il calcare terziario. Quivi il contatto immediato delle rocce piriche col terreno di sedimento si osserva di nuovo, e singo- lari sono le inflessioni ed i contorcimenti che hanno sofferlo gli strati della creta, segnataraente in quella parte di montagna che resla a sinistra della strada comune. Le palle basaltiche a sfogli concentrici, tanto comuni a Ca- stelgomberto e ad Arcugnano nel Vicentino, s incontrano anrhe a Marano. ma hingi dall'offrire la durezza del basalte, esse si tasciano facilmente scro- stare, e ridurre in piu lenui volumi. Alia destra della via. o alia parte opposta ove situato Marano, si ha Prun, dal cui liome credesi originato alia Valle Policella 1' antico nome di Pruina, che in qualche docnmento Proviniana, forse ( orrotlamente, fu detta ( Persico, Guida di Verona, Tom. II, pag. i56.) A Prun il suolo non mi somministro osservazioni particolari, o, per dir meglio. non sono bastantemente al fatto per decidere se in qualche sito di que' con- torni esista indizio alcuno di vulcaneita. Da Prun, per la via di Crestena, si arriva a Veja, e quindi in una valle di figura irregolarmente circolare sparsa ovunque di massi colossali di pietra calcaria simile a quella de' monti che la circondano. Codesti appartengono al calcare della creta. o piu volgarmente parlando al rosso di Verona, sopra il quale vedesi adagiata una pudinga cal- caria assai dura, che essendo essa pure ricoperta dal calcare grossolano, cioe presso la Caverna piu grande, mostra di appartenere alia parte inferiore del terreno terziario. Tanto a destra che a sinistra della valle. gli strati cre- tacei sono interpolati da straterelli. ed anche da grossi arnioni di ferro ossi- DEI. PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO ;.» dalo argilloso. che si escava e si melte in rommercio solto il nome di terra gialla da pittori. La direzione dei corsi e solitamente orizzontale, ma in qualche luogo riesce alcun poco inciinata, piu spesso ricoperta dalle alluvioni che \i si coricarono sopra, Dai tagliati a piombu che si veggono in arabi i lati. sporgono fuori due enormi ciglioni, che a guisa di pilastri form a no le testale del ponte maraviglioso, di cui prendo innanzi tnlto a parlare. Codesti attingono 1'altezza di trenta metri, e l'arco ellittico da essi sorreito e grosso metri selte e largo dieciselte. Sono visibilissime le divisioni degli strati a piu colori che in modo curvilineo discorrono dall un capo all'altro. le quali ap- pajono nella raela dell'arco interrotte da un magnifico fronlale che sporge lorse Ire metri dal massiccio della volla. Non essendo questo stato convenien- lemente espresso nelle figure date fin qui del ponte di Yeja volli riparare al difelto offerendo il disegno di amhe le facciatc nella Tav. X. (24). Quella a levante e piu incantevole dell ultra rivolta a ponente, sia per la forma re- golare dell'arco, sia per la solidita e simmetria con cui i materiali sono stati distribuiti. Per questo verso la corda dell' arco e lunga metri quaranta sopra ventidue di saetta; mentre quella della facciata che guarda a ponente riesce dodici metri piu lunga. in causa della maggiore divergenza che hanno fra loro i due fianchi. E qui ripeto io pure col Fortis, che se la facciata rivolta a levante e piu dilettevole alia vista per la forma dell'arco assai gelosamente osservala, 1 altra che guarda ponente, appagando meno, sbalordisce di piu. per I ardita sua irregolarita. Ella e uno sbozzo gigantesco e scorretto; da sinistra fa un brulto verso a cagione di uno sconcio masso che sporge a ^ombito. e poi da indielro; e a destra stendesi in lungo ed in largo, facendo quasi un atrio conducenle alia vicina caverna (Gior. di Griselini. Tom. VI, pag. 246). un ponte di cosi sorprendente grandezza, form a to di un solo pezzo . e senza che l'arte \i abhia posto le mani. doveva anche ne tempi andati meritare i riguardi de naturalist i . uon meno che degli architetti. e lo Sca- mozzi, per quanlo so. fu il primo a parlarne (Lib. 8. cap. IX. Parte seconda). Lo descrissero post ia il l>ctti (Descrizione del ponte di I eja. con due Ta- tole. 17GG). il Fortis (Gior. di Griselini per I' anno 1770), il Pellegrini ;G SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE (Poemetti, Bassano, 17 85), il da Persico (Guida di J'erona, 1820 ), e per ultimo il conic Asquino nella seconda sua lettera all ah. Lodovico dalla Torre, impressa in Verona nel 1829. II fenomeno che si aramira a Veja non si ripete in verun altro luogo delle Alpi venete, e cio dimostra che alia sua produzione si richiedono altre cause ollre quella dell'acqua, ch e la principale (a5). Due sono le opi- nioni sulla formazione di quell' arco, una del Lorgna, seguila anco dal Fortis. 1' altra del Belti. Vogliono li due primi ch' esso sia un lavoro delle pioggie, le quali fra gli strati ineno compatti aprendonsi a poco a poco un passaggio. e profittando della sconnessione di alcuno di essi, abhiano scomposto ed aspor- lato la base o gli strati inferior!, lasciando in posto quelli superiori che ora forraano 1 areata; e pensa il secondo che il grand' arco fosse in ori- gine una Caverna simile alle due laterali, e sia stato cosl ridotto dalle acque ( Betti, Memoria citataj. Io non vorrei sostenere assolutamente che la cosa sia andata appunlino come ha supposto il Betti, ma credo con lui che larco fosse in origine una Caverna similissima alle due che ai fianchi del ponle s' internano nella montagna ; e questa idea sorge anche in mente a chiunque prenda a considerare la curva dell' arco e la confronti con le volte delle Caverne suddette. La supposizione che il pezzo di montagna, ora trasfor- mato in ponte, fosse in origine tutto solido, si oppone direltamente alia spie- gazione di alcune particolarita proprie del fatto, e, per conscguenza , ne Lorgna, ne Fortis sono slati tanto felici nello spiegarlo, quanto lurono esatti nel descriverlo. Per esempio, pochi vorranno persuadersi che l'acqua, sca- vando quel vano, abbia potuto ad un tempo dare agli strati dell' arco la curvatura che ora conservano, essendo questo carattere una conseguenza del modo, col quale si formarono le Caverne riputate coetanee all origine dei monti in cui si trovano. Credo inoltre che nessuno vorra negare esservi stato un tempo in cui le correnti solterranee, rodendo i fianchi di altre Ca- verne de' monti vcronesi, si aprissero fra strato e strato un' uscita ; nel qual caso e molto naturale che lo stesso sia avvenuto anche a Veja, giacche ma- nifestissimi sono i segni di quanto hanno le acque operato nell interno di quelle montagne. Cio posto, parmi non si possa concepire una giusta idea DEL PROF. T6MMAS0 ANTONIO CATULLO 77 di'lla formazione dell arco, senza ammettere flic in origine esso fosse la volta di una Caverna, cui i'acqua abbia sfiancato le pareti, portando seco i rottami ili piccola mole, e lasciando indietro i mass! die ancora si osservano dispersi nell'alveo, a poca dlstanza da] ponte. Due sono le Caverne di \ eja, una, come e detto, a sinistra, I'altra a diritla del ponte. La prima e hinga soltanlo die- ciotto nielri, larga sei, e alia selle o poco piu. La seconda, clie s interna ben trecento e cinquanta metri, e lanlo irregolare clie sarebbe impresa difficile voler rilevarne le dimensioni. ?Sel prospetto dell' entrata vedesi superiormente lo strato di calcare grossolano, ed il banco di pudinga calcaria. di cui ho par- lato piu sopra. L'ingresso e molto spazioso, e pel tratto di venti metri si puo ire innanzi senza incomodo. Superato questo spazio, la volta si abbassa ad un tratto. per cui. volendo inollrarsi. e d uopo toccare la terra con le mani e rimanere col corpo in giu. Superato quel tramite, lungo quattro metri, io I'd il mio compagno sig. Lorenzo Monti, ci trovammo in un baratro assai alto e stretto, dal quale vedemmo i lavori comuni degli stillicidii, non pero cos"i variati ne cosl voluminosi come quelli delle spelonche di SeAd di Prog/10. Questo baratro, cbe s innalza a modo di altissima volta. mette in una spaziosa cavita. dal cui fondo si elevano massi di calcare caduli dall al- to, ricoperti per la piu parte di un limo giallastro portatovi dalle acque piovane die grondano dal tetto. Dalla superfine de massi, ed ancbe dalle pareti del baratro clie avevamo attraversato. vedemmo sporgere iuori infinita di quisquiglie marine proprie del terreno dtdla creta, fra cui molti fusti di Pentacrinites , e qualche individuo dello Spatangus bufo di Brongniart. Alcuni de' massi non lianno sopra di se cbe una crosta stalagmitica, com- posta di strati ondulanli soprapposti luno all altro. Questa porzione della spelonca di Veja e la piu frequentata dai nottoli (I espertilio serotinus, I . auritus) , i quali aleggiano la dentro durante il giorno nella stagione estiva, c si atlaccano alle pareti. per vivere assiderati. nella fredda stagione. Provammo di entrare in un'allra fenditura die si vede a dritta della spe- lonca. ma. stante la cattiva sua posizione, tortuosita e ristrettezza , non po- temmo die introdurvi un lume, mediante il quale ci siamo assicurati che da quello spacco doveva in tempo di pioggia discendere dell* acqua. perciocche 7 8 SULLE CWERNE DELLE PROVINCIE VENETE il suo fondo ci appari uniido e limaccioso. Ci pane die da quel luogo non si potesse andare piu oltre senza incontrare ostacoli maggiori dei gia supe- rati. cos'i die lornainmo indietro. scontenti di non avere veduto in nessun sito di qitella Caverna ossami di mammiferi, che pur si trovano in molle altre. Usciti dalla prima entrammo nella seconda Caverna, sperando di tro- varc qualche cosa di osservabile, ma niente ci abbiam rinvenuto, forse perche il tempo Iroppo ristretto non ci permise di penetrare in tulti gli andili die si aprono al di dentro di ambedue quelle spelonche, ne in lulti i fori che al di fuori di esse s internano obbliquamente, e talvolta perpendicolarmente nel monle. Partiti da Veja col dcsiderio di rilornarvi 1' anno successivo, ci avviammo a Verona, prcndendo la via della Valle Pantena, gia descrilta nei precedenli paragrafi. Tali osservazioni io faceva a Veja nell' agosto del i8ig. Tornatovi nel settembre del 184.0 in unione al capitano Kovascowich, gia ricordato nelle precedenli pagine, rividi con sempre nuovo piacere quel ponte maraviglioso. e sentii ad un tempo il dcsiderio di verificare ocularmente la qualita delle demolizioni, cbe mi si diceva essece slate due anni addietro eseguite nell' in- terno della caverna, per rendere piu agevole il passaggio del foro che metle nella stanza pin grande; ma la brama di raggiungere i compagni, che per altra via muovevano alia caverna di Cere, mi costrinse di rimeltere ad altra stagione il nuovo esame che intendeva di fare in quella di Veja. Caverne del I icentino. Nel territorio di Vicenza altre Caverne nalurali io non conosco se non quella di Leonedo, di cui parlero piu sotto, c quelle della villa di Oliero situata sopra Bassano lungo il fiume Brenla. Hanno queste ullime la loro apertura al piede dell attigua montagna, ma della prima non si puo vedere 1 he I arapio e pittoresco veslibulo lutto sparso di masse pietrose cadute dalle circostanti rupi, le quali sono quasi per intero compostedicalcare dolomitico. L Oliero. sgorgando impeluoso dalle interne e basse viscere del monte. attra- versa il vestibulo e non permette che si proceda piu addentro nella grotta : DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATL'LLO 7c, dell altra, piu vicina ;il villaggio e di (toco inferiore alia precedente, I accesso era un tempo malagevole o piuttosto impraticabile, ma In molto opportuna- mente ridotto amploed accessibile atutti, merce le cure del sig. Parolini pro prietario di que' luoghi. Tutte le materie cbe, cadute dall' alto o portatevi dalle acque, ne ingombravano la via, sono state trasportate al di fuori. o rimosse a fine di rendere piu tacile e raeno incomodo il passaggio. Quanto la Caverna sia vasta o suddivisa in altre minori lion si puo dirlo con sicurezza, stante gli ostacoli die si frappongonu a chi volesse portare i passi piu in la de' luoghi finora visitati da curiosi ; mi e sembrato pero che, quantunque mm inolto eslesa, ineriti tuttavia di essere visitata dagli amatori delle cose naturali. \i si vede buona copia di stalatliti e di stalagmiti di forme piuttosto bizzarre, alciine delle quali si allargano in mododa poter simulare altrettanti festoni di oltre tre piedi di largbezza. Le sinuosita, i rilievi e gli altri molli \esligii di corrosione che si osservano sulle parcti tutte all'intorno. fanno conoscere che all acqua devesi attribnire la pin gran parte di que' lavori. La Caverna e inoltre provveduta di un lago, piccolo si. ma profondo. II sullodato sig. Parolini voile in esso introdurre parecchi individui del Pro/eo anguino tolti dalla t'amosa spelonca di Adelsberg in Carniola. per vedere se a quel rettile maraviglioso fosse dato di poter vivere e propagarsi fuori del nativo suo luogo. Finora questi lodevoli tentativi non furono coronati da boon suc- cesses, poicbe. dopo di aver gettato gran numero di Protei nello stagno, il sig. Parolini non pole vederne piu alcuno. Se e vero, come molti scrivono, che il Proteo anguino si trovi in altri lagbi.e non solamentc in quellodi Adelsberg, convien credere che I acqua del sotterraneo di Oliero non sia confacente alia vita del Proteo : o che v\ sieno in quel lago de'pesci, cui abbia il rettile ser- vito di pastura (26). L acqua del lago esce pel vestibulo della grolta e si unisce all Oliero. il quale, accresciuto da altre vicine sorgenti. acquista una forza capace di mante- nere attivo il lavoro di qualche carliera, di alcuni lilatoi e di divcrsi mulini. Varii impasti di pietre calcarie e di rocce composte ho inconlrato sul letto di questo fnimicello. ne mi In indillerente vedervi fra queste de pezzi di luma- chella grigia simile a quella di Lugo nel Veronese, delta dagli artisti Occhio 8, SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETL di pernice. Faecio questo cenno perche sc quel marnio nobilissiino fosse per avventura proprio de' monti cirronvicirii sarcbbe una fortuna rinvenirne la sede. jNell'Oliero vi si pescano trote ( Salmo IrutaJ, marsoni (Cotus gobio). e qualche anguilla. Vi sono poi in que dintorni allre grotte di minor esten- sione ed importanza fra le quaJi aleune sono poste sulla ialda della montagna. ma io non ebbi il romodo di visitarle. II sig. Parolini, cultore felicissimo di questo genere di studii, e della Slo- ria naturale italica benemerito in particolar modo, In presentatoda un abilarite di Oliero di due denli, un niolare ed un canino, trovati probabilmentc nella seconda delle Caverne da me accennate, i quali, messi al paragone coi denti analogbi delYUrsus spaeleus ostensibili nella mia collezione, vi si uniformano perfettamente. Lo slato del canino e quello in cui generalmente si trovano i denli analogbi dell orso delle speloncbe, cioe appare fornito dello smallo esteriore, pero screpolalo in molti punti, e facile a dislaccarsi, in causa della poca coesione delle parti, alle quali aderisre. Di fatto, la sostanza interna di questa sorta di denti, si e per lo pin cambiata in una specie di terra bolare che si attacca alia lingua; qnindi ne avviene, che rimanendo motto tempo cliiusa ne'musei, o in luoghi molto asciutti, si rislringe, e permette alio smallo di staccarsi sotto forma di laminette all ungate, clic difficilmente si possono riraettere sulla parte dismallata. Una Caverna fu veduta da Fortis non lungi dal monte Verlaldo. net Distretto di Malo. scavata nello spessore degli strati calcarei, e munila di tin ingresso spazioso. Esternamente, e al di sopra, la roccia e tagliata a picco, ed una lunga spaccatura, non pin largadidue pollici, attraversa I' areata del letlo. die e alto circa trenta picdi f^le'm. pour servir a I Hist. rial, de I Italic, Tom. I, pag. 1 3). La spelonca del Verlaldo merita di essere veduta e de- scritta, se non per la vastita. alineno per la sua regolaritit o singolarita di forma : ed io che tante volte mi sono recato pei monti di Malo, bo il torlo di averla sempre dimenticata; e lo banno del pari tutti coloro, che dopo del Fortis si accinsero ad illustrare la geognosia del Vicentino senza far menzione delle Caverne che vi sono in quella proviheia, giacche tante e si stupende co- DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 8 1 goizioni hanno s;>pulo trarre gli stranieri dai loro viaggi per le visccre dei mouti calcarei, da oon doversi riputare inutile o scarsamente utile il tempo che in essi si spende. Andie nel nioiite Summano dal lato di S. Orso, v'ha una spelonca delta Bocca Lorenzo, non ancora descritta da alcuno; e inosservala del pari ri- mane una vasla Caverna che si apre ne' monti di Lusiana ne Setle Comimi. non lungi dalla Chiesa parrocchiale. Caverna ossifera di Lconedo nel I icentino. Occasionalmente ho lalto allrove parola di una Caverna elie ho visitata non ha guari in corapagnia del conle Piovene, che n e il proprielario, la quale nierita qualche osservazione per cssere scavata nel calcare grossolano di Leonedo, al di la dell' Aslico. Ognuno sa quanto sieno scarse le caverne naturali nel terrcno terziario, e le pocliissime che vi si veggono nelle Alpi ve- nete, si danno anche a conoscere come effelli di sconvolgimenti operati dalle eiezioni vulcaniche. In tulte le allure lerziarie che si eslendono dall Astico al Brenta, a pie de' Sette Comuiii , si osservano dal pin al meno gli scom- pigliamenti, le rotture e i distacchi cagionati dall uscila delle roccc ignee da cui appajono attraversate, e collequali gli strati calcarei allcrnano a parecchie riprese, ritenendo tanto le une quanto gli altri gran copia di petrefatti ma rini (Herborize, e I /zze sulla Lavarda ) . Ove la roccia vulcanica moslrasi conchigliacea, essa e sempre della natura delle brecciole, e quindi spetla ad una fornia/.ione puramenle locale, composla di lave delrite, riassodale dal mare e disposte a strati pin o meno orizzontali, come si vede a Montec- chio, a Ilonca.ec. (27); dove poi conserva 1' aspetto e la durezza basaltina, le conchiglie mancano, e vi si trovano invece i globetti di calcedonia cono- sciuli sotto il nome di Agatenidri, in causa dell' aria c dell'acqua che nel loro interno racchiudono. La comparsa di questa secouda roccia ha operato nelle formazioni nettuniche die le sono contigue, tutte le rotture, tutte le contorsioni e tutti gli spostamenti che ora osserviamo. E appunto alia forza con cm l,i lava basaltina e stata spinta all'insu dalle eruzioni che deesi attri- Vol. //. ,. 82 SULLE CAVERNE DELLE PR0V1NCIE VENETE buire la formazione de' molti vani interni apertisi in raolti punti della linea occupata dal calcare terziario, e principalmente a Leonedo, dove ve n'ha parecchi, fra cui il maggiore e la Caverna piu sopra ricordata. Che se in qualche punto della delta linea i vani e con essi le rocce ignee vi mancano, ci6 non dimoslra clie la catena ivi non sia stata sollevata dalla stessa forza, che in altri punti spinse fuori il basalte, giacche sappiamo clie le lave, di gia fuse e vicine ad aprirsi un varco, hanno potato talvolta sospingere fino ad una certa altezza gli strati, fermandosi poi all' improvviso senza piu oltre progredire, quando sia cessata gradatamente, o ad un tratto, la conflagrazionc, di cui esse sono lefletto. L'ingresso della Caverna ha quindici metri di larghezza, e circa dieci di altezza. Queste dimensioni si conservano per alquanti metri al di dcntro del- 1'apertura, ma poi il tetto si ristringe, e ivi le due pareli combacierebbero fra di loro, se una fessura che si vede nel mezzo non le tenesse disgiunte , laddove queste stesse pareti si mantengono al basso molto lontane 1' una dal- 1'altra. Da questa diversa posizione che hanno assunta i capi eslremi delle due pareti la Caverna affelta una forma che si approssima alia triangolare. La lunghezza del sotterraneo non arriva ai quaranta metri, e nel punto dove finisce, la fessura del tetto discende abbasso e taglia perpendicolarmente la roccia che ne segna il confine. E denlro di questo spacco, largo mezzo metro, che 1' acqua trascino le ossa, e con esse la terra rossastra in cui sono invi- liippale. 11 conic Piovene ne fece scavare buon numero sotto i miei occhi, ma le trovammo lutte stritolate, e, quasi si puo dire, irreconoscibili. iSessun dente vi si rinvenne, e tra i pezzi che abbiamo raccolti, niuno affatto, o sola- mente qualche frustolo d' ossa fislolose noi potemmo osservare. Due fram- menti di costole, lunghi tre pollici e larghi uno, ci servirono di fondamento alia congettura, che ad animali erbivori si dovessero quelle ossa attribuire; e lo slalo di calcinazione in cui si trova la sostanza ossea ci ha fatto del pari --ospettare che quel deposito siasi formato in tempi molto rimoti. DEL PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO Caverne artificiali di Costoza nel I i cm lino. Sono merilevoli di riguardo le vasle Caverne artificiali. delte volgarmente Cbca/iche attraversano in varie direzioni il calcare grossolano di Costoza. villa posta al sud-esl di Vicenza, e distante circa sei miglia da quella cilta. Le bocche per cui vi si entra guardano il sud, ed alcune convengono in una sola Caverna, ch'e la maggiore. Tutlc appajono scavate nel massiccio di mio strato grossissimo che si dirige verso il nord, inclinandosi mollo sollo l'orizzonte. Le pietre chc agliantichi somrainistrava questo strato erano migliori e piu adatte ai lavori di arcbitettura delle altre che formano gli strati superiori ; quindi le cave aperte in questo lunghissimo e largo strato tanto piu si abbassano, quanto piu s inter- nano Delia montagna. Lascarsezza e. direi quasi, la mancanza assolula di corpi organici fossili diede a questo slralo molto credito; e gli scalpellini dei pas- sati e dei presenti tempi dovevano preferirlo agli allri, che gli sono conge- neri, nci lavori di coslruzione. Mi e quindi sembrata cosa non ovvia 1 avere io stesso potuto staccare dai massi caduti dalla volta del CWalo detto del/a guerra un dente di squalo ed una grossa e lunga serpula. di cui a suo tempo daro la descrizione. Ne intendo io gia di dire cosa nuova annunziando die Io strato intermedin, quello, cioe, che giace fra gli strati superiori e inferior! di quei colli, e in generale destituto di conchiglie ; imperocche se i geognosli 1' banno fin qui taciuto, suppb al loro silcnzio la piu parte degli scullori che lavorano statue, o vasi. o colonne in quesla pietra, i qualifanno le maraviglie se ne trovano qualcuna (28). 11 celebre Brocchi (Memoria sopra la valle diFassa, pag. -4). •' dietro lui il [irofessore Claro IMalacarne nella sua ver- sione italiana del Manuale di Storia naturale di Blumenbacb (loin. VI, pig. i53), diedero alia pietra di Cosloza il norae di Travertino, riputandola un cal- care d'acqua dolce ; ed in questo inganno li trasse 1 aspetto terroso di essa, la mancanza di petrefalti, e piu di tullo la circostanza di non averla sludiata sul luogo, dove riconosciuti avrebbero li suoi andamenti e le sue connessioni con gli strati delta stessa roccia calcarea, pieni zeppi di conchiglie marine. 84 sri.LE C \ VERNE DELLE PROV. VENETE DEL PROF. CATULLO Le caverne di Costoza. che portano anche il nome di cbvali, non sono i lie vaste e profondissime lapidicine, da cui si scavo nei prischi tempi una quantita grandissimadipietre, come ne fanno fede i segni dello scalpello che ovunque si veggono impressi sulle pareti e sul letto, e come lo attcstano i varii scrillori che di esse hanno piu o meno diffusamente parlato. Non credo opportuno di qui riferire le molte testimonialize e le osser- vazioni risguardanti sia la grande antichila di queste lapidicine che sembra risalire a tempi anteriori ai Romani, sia la loro estensione che nei decorsi sccoli era maggiore che al presente. Chi desiderasse averc particolari rag- guagli sull' argomento potra consultare i varii Cronisti Vicentini, 1' operetta del padre Macca sopra il Covalo di Costoza, ed una mia Memoria sulle Ca- verne di Costoza che fu puhhlicata in Padova nei 184.1- I Presenlata il 22 Gennajo 1843 / rs O T E ( i ) De Luc, ne' suoi Elcmcnti di Gcologia stampati pot In auni dopo, lorna .stillo slesso argomcuto. r svduppa ancora piu la sua doltrina sull'originc delle Cavcrne, doltrina die scmbro al Breislak molto strana, e in varic sue parti conn-aria alle nozioni generalmentc ricevute. (a) Vc gasi la Mcmoria intorao i sollevamenti occorsi nelle Provincic venele, inserita ncl Tom. 8q, della Biblioteca Italians per I' anno iS3.H, Milano. (3) Le conchiglie marine trovate nolle fenditure ossifcre di Nizza, di Cagliari e della Soria sono al tullo simili alio viventi, e vengono anclie adesso cola portalc dal mare rlie lambiscc quelle coste. I corpi organiri lossili di origine marina trovali nolle Cat erne di Luncl-\ iel non sono stati la dentro portati da alluvioni ma- rine, ma bensi da correnli di acqua dolce, le tjuali, dopo averli scbiantati dal calcare lorziario, trasoinaronli in quelle i , Nota deci- maquinta. Fig. 4- Molare anteriore della mascella inferiore, con la corona fornita di sei nastri. Grandezza naturale ; pag. 4q- Fig. .'). Lamina di mi molare, con gli apici dellc dentellature spuntati. La raeta piu piccola dell' originale ; pag. 5o. Tavola 111. Fig. 1. Molare clefantino posteriore della mascella di sotto. avente cinque lamine attive, sellc inattive con le sommita dentellate. Un quarto piu pic colo dell' originale ; pag. 4o- Vol. II. I2 go SULLE CAVERNE DELLE PROVINCIE VENETE Fig. 2. Molare antcriore della ma seel la inferiorc, con la corona fomita di dieci nastri. La meta piu piccolo dell' originate ; pag. 4<)- Fig. 3. Molare iclY Equus adamiticus ? di grandezza naturale; pag. l^-i. Fig. 4- R»e molari ddl' Ursus spae/eus, e Fiir. 5. Canino inferiorc dcllo stesso animale. — Nota decirnasesta. Tavola IV. Fig. i. Frammento del Ce/vus euryceros di Aldrovandi; pag. 5o. Fig. 2, 3, 4- Altri frammenli di corna cervine; pag. 5i. Fig. .'>. Molari di una qualche specie di cervo, con le radici nascoste nel cemento ; pag. 5i. T avola V. Fig. i. Teschio dell' Ursus spae/eus, di grandezza naturale; pag. 53. Fig. 2. Canino inferiorc dell' Ursus spae/eus. Idem. Fig. 3. Mascella inferiorc del Canis vu/pes ? pag. f>4. Tavola VI. Fig. l. Molare del Sus prise us ; pag. 72. Fig. 2, 3. Molari del Sus priscus piu piccoli del precedente, con porzioni di mascella; ivi. Fig. 4- Canini Iattajuoli del Sus priscus; ivi. Fig. 5. Mascellare supcriore dritto dell' Ursus spae/eus ; pag. 60. Fig. 6. Ossa del calcagno dell' Ursus spae/eus: pag. 62. Tai>ola VII. Fig. 1. Mascella inferiorc dritta dell' Ursus spae/eus, la meta piu piccola dell' originale ; pag. Go. Fig. 2. Frammento di mascella inferiorc sinistra dell' Ursus spae/eus ; pag. 61. Fig 3. Scapola dell' Ursus spae/eus veduta pel verso delle fosse articolari : pag. G2. DEI. PROF. TOMMASO ANTONIO CATULLO 9 I Tavola VIII. Fig. 1. Prima vertebra cervicale dell / rsus spaeleus; pag. 61. Fig. 2. Frammento dell osso iliaco rappresentante la cavita cotiloide del- 1' l rsus spaeleus; pag. 62. Fig. 3. Testa del femore dell' Ursus spaeleus; id. Fig. 4- Parte inferiore del femore suddetlo. con le due eminenze 0 condili interno ed eslerno; ivi. Taio/a IX . Fig. i. Due incisivi del lupo (Canis lupus. 'J ; Fig. 2, canini; Fig. 3, due falsi molari dello stcsso animale; pag. 71. Fig. 4- Mascellare superiore del lupo, fornito del carnivoro c di quattro falsi molari; ivi. F'ig. 5, G. Mascelle inferiori del lupo, in una delle quali si veggono quattro denti : il carnivoro e tre falsi molari; id. Fig. 7, 8. Frustoli di ossa mascellari con denti; id. Fig. g. Prima vertebra cervicale del lupo; Fig. 10, quarta 0 quinta vertebra pur cervicale dello stesso animale; id. Taiola X. Prospetto del pontc naturale di i7eja ncl Veronese, veduto nelle due parti oc- cidenlale ed orientale. \()l II. Tsn.H '* .. < . ■' / t, Vol. II. Tav.iil ^ <4JJ Ay., si mi ill \.n< ,.,., I.il.hi \OI-.ll. Til, |\ ''j> ' l "X r • ' ^.'■* A Vui,.ll Vuoslmi .iiv Vcnrni:. I ,1 Km oi. I! ',„ 7*s.j Wl II !;m \(| Uusiiiiiais \ i'IH'II.I |ii I ll kh' Vbl.II.TavY] ^ llll,.ll I'ill [\ ./„,.'/ /.,; , I v ' ' / • / ^-•: /* W" ricerche ch' io soltopongo ora all'esame del pubblico, ben conti'iilo se mi terra luogo
  • , w. le tie velocila secondo i ire assi, p la pressione nel punto medesimo, g la gravita, che si suppone esserc la sola forza sollecitante, 1 la densita. e 1'asse delle z verticale e diretto nel senso delta gravita, le equazioni fondamen- sono tali £- du du du dt dx dy du Tz =° 1+ dx dv dv dt + " ■ die + " • Ty + "' dv £+ dw dw dw It -*- " ■ dl ; + " ■ dj- ■+- "• du dv d*- dx dy dz dw 2). In luogo delle x. y introduciamo il raggio / che tnisura la di- stanza dall asse delle •.- del punto, e I' angolo fi che il piano condotto per l asse dellr z e pel punto dato fa col piano delle re. e diciamo u la velocita secondo /■ , e j la velorita angolare, per cui sara a r dr db v r.cos. 8 : y = r.sen.d : u = -r ■ >=z~r J dt dt da queste avremo dr _ dr __ d9 _ sen. 9 db _ cw 9 //<; d) die r dy r 11 a. cos 6 — y. /sen 6 ; u = &• sen 0 -4- y.r cos 9. I I II g8 DELL' EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. ^_,.p/) du sen® df* . dP_cann d^,cos6 du ^ _ ^efl d> sc"9 ''> . d>— ,„„fl tty.cosO dy — — cos y • -, ■ -j7j < j- — senv ■ - — \- • -— J.r rfr r r/y rfy dr r dfj Quindi du ,. du n n dy ,. sen 9- cos 9 du sen'9 — = cos'9 • -f- — r. sen 9. cos 9 ■ -f- -+- .wre) • -£ -^ H ■ w du n , du ,. (/> „ . foj;0 du sen 9- cos 9 — =sen9. cos 9 ■ ~ — r.sen'9 • -f-—sen9.cos9- -A -\ -fr. — m— > dy dr dr dfj r dfj r du du . d-\ — — : cew 9 • -f- — r, sen 9 ■ -f- tlz, dz dz d" r, dV- r, dy . „ — = cos 9 ■ -f — r. sen 9 • -f- — i sen 9 u-y — r. cos 9. y dt dt dt n ' dv n du .rdy dy sen'9 du sen 9- cos 9 — _ sen 9. cos 9 •-," -i-r. cos 9 -f — sen 9. cos 9 ■ -/n -fj. - — u-hy dx dr dr d9 r d9 r dv du . n dy . dy sen 9. cos 9 du cos'9 — =sen'-9 • -f- -\-r. sen 9. cos 9 • -,- -+■ cos'9 • ~ H ~ -\ u dy dr dr dfj r dfj r dv r* du . dy —=sen9 • -/--f- r. cos 9 ■ ~ dz dz dz d^' n du . dr . — — : sen 9 • -j- -+- r. cos 9 • -5 — (- 2. COS 9. u-y — r. sen 9. y~ dt dt dt n ' dP=cosQidP senQ - di r dfj ' d(j dQl [^ {/.. y. cos 9 — 'iy r. sen 9 dp An dl "*- dT + t* rfiv dw rAv ' dl = s *£ + ). Moltiplicando la prima equazione del parngrafo precedente per cos. 9, la seconda per sen. 9 , e sommando il risultamento, quindi la prima per sen. 9 . la seconda per COS. 6 . e sottraendole, avremo dp d/t -+- dr dl I dp r'' dO -+- dt du du du dr +> -Je + W\7T -*'-y=° (/> -4- , d"> -4- „ d"' -4- ' ^ > — '/r xr. dx f fix — DEL PROF. DOMKNICO TURAZZA loj e quiii di sostituendo in R avremo r = — I ... 1 1 - - -+- -4t — , ! , ,. -t- ccj i 1 ~-r — ^ -7-7—7 -1- ec. = cos. / 1 2 2. j /( 2.3.4. 5. o dunque sara coi. |/x Ossia cangiando i limiti in 0 cd 1 . ponendo per /J il suo valore, e imitando .r in .r: sara finalmente _ 2.-/,, / i limiti diverranno o e —57 , e siccome il segno d' integrazione si riferisce soltanto alia x , cosi esso si potra scrivere I : M. ea'-\- N. e "" i ■ cos. (or. sen » ). da. Ora soddisfacendo questo valore di p alia (A) qualunque sia a possiam far crescere a per gradi insensibili, e supponendo M ed A due funzioni di a ; /(«) . e F (a) . cangiare la somraa in mi into grale definito fra 1 limiti o . e -f-00 con che avremo 5— $ I tJ{a).e'~-i- F (u).e~'~l . cos. {ur sen u<).da.dc<: il qual valore di ■? sara l'integrale completo della (A). DEL PROF. DOMENICO TURAZZA lo.i iA). Prima di procedere oltrc, giova vedere che il superiore valore di % soddisfa realmente alia data equazione (A). Per cio derivando successiva- mcntc il valore di

    r/«>~o la (jiiale e soddisfatta quando sia j cos. (ar.sen co). cos1 a j sen. (ar.senco).senco. dco = o Ora integrando per parti si ha I cos(arsen co).cos'co.daj= —cosco. sen. (ar.sen co)-i — I sen. (dr.senco) sen v. dco e passando ni limiti /cos. (ar. sen «) cos1®, doo = — J sen. (or. sen co) sen co. dco arJ la quale verifica appunto I equazione superiore. i5). L7 integrate ottenuto si riducc piu semplice mediante la seguente considerazione. Determinando di prendere le z sempre nell istesso senso, c quindi di collocare I'origine o al di sotto del foro, o al di sopra della supcr- ficie libera, noi possiamo preudcr z di qualunque grandezza, e quindi 1 in- Vol. II I j loG DELL EFFLUSSO DEI L1QUIDI, EC. tegrale rclativo ad a ed cstcso fra o ed oo il quale contiene e" per ~ positivo avra un valore infinilo, a meno che non si annulli la fun- zione relaliva tli a per cui queslo esponenziale riesce moltiplicato. Dovre nio quindi far nulla quella funzione die moltiplica e"~ per z positivo. oppure quella che moltiplica e~ " per z negativo; in amendue i casi questo integrale si ridurra dunque al seguente : (E); p: /"/W . cos. (arsen &>) da. >). da = S per cui sara (9). 9= I S.d< f Derivando la (8) due volte rapporto a c e due volte rapporto ad r sara / -/ d'S aj F (a)e "'. cos. (ar). da — ^7 ,/.s a. F(u) e "'. cos. (ar). da =-jp DI L PROF. nOMKNICO TURAZZA c quindi sommando ds J S dz, dr la quale ha per integrate completo 5 = 7 "(*4-/ '_I./)-f- F(j-/ - "l.r) con clie il valore di

    = — 7—. — 2..|.o. in u (G) ,= /(,)_/•(,) . J + /»w._fi _/..(,)._!_ + lo8 DELL EFFLUSSO DEI LIQU1DI, EC. 18). Le formole (E) ; (F) ; (G) ; (B) ; (C) risolvono completamente il problcma. ne resta piu die a determinare la forma della funzione arbitra- ria corrispondente ai varj casi che si posson propone. 19). La determinazione della funzione arbitraria si fara ammettendo die le niolccolc le quali sono alia parete si mantengano sopra la stessa du- rante tutlo il movimenlo. ■_>. Applicazioni. 1 . J osi conici. 20). Assumiamo 1' integrale sotto la forma (E), e si supponga F (a) sviluppata in serie secondo le potenze di a , e sia ( 1 ). F(a)— A0 -+- Ar a -+- Ax. a -\ -+- An. a"-+- ec. allora si avra (2). 9 = ^ . A„, 0 I a.e "~.cos. (ar.sen oj).da. do Ora e nolo essere // '"'". cos. (ar. sen &>) da. da — — m' = Z 2 / r;-i- =: c con rio il superior valore di

    , (— i) .A : — - L = o per c = *m \ i in Ma per z = mr e intanto A qualunque sia Ao ; pei termini successivi conviene che sia A =o Aa = o-, . . . — Au = o . . . avremo quindi y^TT: inchiudendo \ -t nella costante arbitraria A , che sara pert* una fun- zione arbitraria del tempo. ■±'i). Qucsta istessa conseguenza si pu6 con eguale facilita ricavar pure dall' integrate (F), dal quale dedurrerao i casi seguenti. In fatti essendo c = mr 1'equazione della parete, si dovra deterrai- uare / a soddisfare all' equazione I \j\n>r+r.l/—i .sena) (i — ml/ — i sen co) +f\mr — r\/ — i ...cn u) ( i+m/-i .sen a)ldai=o qualunque sia r. l in DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. Supposto /((6)= A. 9" si dovra determinare // a rendere sod- disfatta la seguente / ](m-f-^— i .sen <•,.>)" ( i — ml/ — i ,sen&>) -+-(m — V^ ~ i.senbi)" '( i-f-nij/— i..?ert6/)'.i). Per esso l'equazione delle pareti e Si prenda I'integrale (I) . e dovpndo le molecolc estreme lenersi alio pareti, avremo die dovra essere dp 2/. d(p p -.- H -• — = o per z / (-rz -+- / - 1 . rsen a jj 1 -\- -' - - [ fa / -t- I / ,i --: — / — i . rsen <» ' ] 1 — ' do, la quale dovra essere soddisfatta qualunque sia r. uG). Per cio stfppongnsi f ((') sviluppata in scric sccondo le polenzc ascendent] di 4 , e sia I 12 DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. e sostituita qucsta forma nrH'cquazionc di condizionc superiore si avra me- diante facili riduzioni da-\~Ar— j ^i—i.senia>).dp. sen'co* du-i-ec. = o ossia cffctluando lc intcgrazioni, e ricordando essere (i — 2.sen"6o).da> = I cos.iu.doj = o I (i—2.scn>i>).da = I ^o.^_^jf4_1j^_^jV_3£_f.i^«;r_ec>=:o Mr 2 ) x ■' f r'1 /(/• 2 } ' la quale per essere zero indipendentemente da r esige che sia A = o ; /^== o ; A3= o y/; = o sara quindi la forma la piu generale possibile che soddisfa a quella condizionc. ■i-j). Da qucsta ricaveremo f(6)=A-hB.62 essendo A c B due costanti arbitrarie. Sostituita qucsta espressione nel valore generale di q> si avra pel caso in questione DLL PROI\ DOMKN1CO TURAZZA r 1 3 t Pd*+B f)(z- p= 2.7 I ' dalla quale si srorge cli essa c simmetrica da una parte e dall altra dell ori- gine, e da una parte e dall' altra dcll'asse, c che presenta otto rami inliniti dei quali quattro si slringono all'asse delle z come ad assintoto, e che / e immnginario per tut li i valori di z compresi fra -/ /;.- e -t- / 7; II vaso si formcra col ramo inferiore che si slringe all'asse discendendo. si in r, I I 4 DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. prendera 1 origine superiormente, le z positive nel senso della gravita, e il vasu si supporra troncato ad una conveniente distanza dall' origine. 29). Veniamo ora alia determinazione del valore di ?. Kssendo 1 equazione della parete __ / V-t- ~\B ir per qiiesto valore di z dovra essere soddisfatla 1 equazione dp i r5 — /)/> dtp dz r\f r^^B dr ossia, prendendo 1' integrate (F), dovra essere identicaraente nulla 1 e- quazione seguente J \ f- / — i . r. sen a\ \i — - • . • / — i . sen « [a& ' 2r \ t 2 r . / r— f- j/? I =o / -t- I / > r— i.r.sen&>\ Ji-h-- • r—i.sena>\a& Ora rollo sviluppo in serie facilmenle si dimostra die I unica forma di / cbe vi soddisfa e / (0) = :i..7.5. Senza sviluppare per intieroil ralcolo, che sarebbe in tutlo simile a ([iiello del §. 26, mi accontentero di far vedere come questa forma soddisfaccia realmente alia superiore. Fatla la sostituzione essa diventa 2..Z.A I ;4 • ' h - • ' — • sen'co — r . sen'u . d (l— •_> 577/ "'&))' fi?. / (2J — r) I 3 /./ [s'-hr (III) /; -C-h *.— (a -•_3-l-).'^- J.(4-H-r-)--/" dove non resta clie a deterrainare le due funzioni del tempo /. c C. I I 6 DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. 3i). Supponiamo prima il vaso mantenuto costantemente pieno, e clic alia superiore e inferior superficic non siavi altra pressione clio l'atmosfe- rica, la quale esprimeremo con 07. Sieno m ed // i valori di c corrispondenti ai punti in cui le i] no superficie suddette incontrano 1' asse, dovra essere conlernporaneamente p = UJ ; z = m ; r = o />=D7 ; z = n ; r = o e quindi avrerao cl alia (III) U7 = C-\-e. m — iiri • -j- — 1 8. m\ A xn= L-\-g.n— 2« • j- — lb.n: I dalle quali, ponendo per brevita, 2 («"-f- ////; -+- ///") = // : i 8 (/w -j- ///"/? -+- inn -+-//')= A rirave renin - /, . .7 = //. da cui integrando in modo che per t=o sia A = o . cioe nullo il moto all origine del tempo, avremo l^Lt i \/- h mindi OIL PROF. DOMENICO TURAZZA ., 8. .-. in' e 1 8. !'. m4 | e — l ( L= VJ — S. Ill H ^ . ■ -f- , —T^=~ ) h \ * h I 32). Dopo scorso un piccolo tempo il moto si fa permnnenle, ed in l;il c.'iso si avra A= ]/ L : C= VJ — ".111 -1 '-"— e 11 111 ml 1 'I 00 \ (b) ^=TO--t-^^ — m| — 2.|J4(-_OT-)H-r-| c nolle formole (a) e (Ij) avremo la completa risoluzion del problema quando il moto si consideri dopo i primi islanli, e ridotto quindi alio stalo di permanenza. 33). Dalle equazioni (a) avremo per determinare l'equazione delle trajettoric descrittc dalle molecole, la (1) 2cr.de -+- (-2C — !)(!/ .. nella quale ponendo z = u.r, essa si converts in , . ill' audit ('->) — — =0 r 1 — \it Integrando quest' ultima, e detta — c la costante arbitraria. si ha 11=- 1 1 8 DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. donde ricaveremo per I' equazione gcnerale delle Irajettorie la La (3) ci dice che le trajettorie non differiscono dalla curva della parete che pel vario valor del parametro, confondendosi colla stessa per c = B; esse si vanno stringendo all' asse al dirainuire di c. e si con- fondono collo stesso per c = o. come si scorge dalla considerazione del primo raino che da die diventa r=o per c = o. 34). Chiamando / I'angolo che la tangente alia trajetloria nel punto di ordinata z fa coll' asse di rivoluzione avremo I/-, '—- tang.i — 2/ 2. V I Ne consegue che quando j sia abbastanza grande in contronto di c. sara trascurabile in faccia ad imo e quindi tang i = o Ossia se il foro e abbastanza lungi dall' origine si puo rilenere senza sensibil divario che le lluide slille discendano in fili verticali, e sia quindi sen- sibilmente nulla la contrazione. 35). Dalla terza delle equazioni (a) avremo facilmente la superfine di eguale velocita. Lungo 1 asse avremo le velocita espresse da / = 6 j/E . z- DEL PROF. DOMENICO II I'. \//. \ I i () i| ii nuli all' ordinala z -p corrisponde la vclocila r=sV'T-P c la superfine sulla quale le moleeole sono dotate di questa velocita sara quella gencrata dalla rolazione della curva dell cquazionc (4) ==^-Y4rr—' Da quest ultima equazionc ricaviamo the per p abbastanza grande. per esenipio al puuto corrispondente al foro, r essendo piccolo, r sara Irascurabile in confronto di ^p' ■ e quindi la superficie di eguale vclo- cita sara espressa da cioe sara piana e perpendicolare all asse. 36). Dai §§ 3^1 35, ricaviamo. die se il foro e situato lontano dal- I'origine in modo da essere abbastanza piccolo, 1'acqua fluisce dal medesimo con vclocila costante in tutli i punti, e in direzioni verticali, per cui si avra la portata Q moltiplicando F area della luce per la vclocila di ciascuna molecola. Sara quindi (.;). o = viv.p \P -,'fZrw\l/i essendo p la distanza del foro dall origine dellc coordinate situata nel cenlro dalla curva generalricc del vaso. lij). Rintracciamo ora la forma della superficie libera del liquido con lennto nel vaso. Su questa superficie la pressionc sara costante in ogni punlo ed eguale alia pressione atmosferica m: dalla (Ii) avremo dunque 1 equazione l-i<) DF.LL EFFI.TJSSO DE! LIQUIDI, F.C. ccrcata ponendo p = xu: con cio si ha die questa superficie sara quella generata dalla rotazione della curva _,/, (, _ m) _ 0 | 4 (-* _ w*) _j_ r- \ — o In i ni sostituendo per A il suo valore, e ricavando il valore di /■ si ottiene (c) /■= / T. [/ (^ — ///) (/? — c) (V-h c ( /// -+- //) -+- in -f- ///// -f- // ) curva del quart online dalla quale ricaviamo die, pel tratto compreso dal vaso, la superficie ha il suo punto piu. alto sull'asse per z = m per cui e /- = o , e il punlo piu basso di nuovo sull'asse per z = n , e di piu die le superficie libere superiore e inferiore non sono die porzioni di una medesima superficie curva. La superficie libera dunque net nostro caso in luogo di presentare tin inibuio sopra il foro, si presenla anzi rilevata su quel punlo e depressa verso lc parcti. 38). L' equazione (c) d;i luogo ad una semplicissima costruzione della curva generatrice della superficie libera median le la riga e il com- passo, die e la seguenle. Descritto un semicercbio su quella porzione dell'asse compresa fra i due punti in cui esso e tagliato dalla superficie libera, e fissato tin punlo dello stesso, quel punto per cui passa I' ordinata della curva cercata: si conduca per queslo 1' ordinata al ccrcbio, die della yt, sara y=\/{z-m){n-z) Poi si prenda al di sopra deH'origine sull'asse tin punlo distante dal- 1 origine slessa della quantila - (m -+- n) DLL PI\OF. DOMENICO TUIUZZA e condotta per questo una perpendicolare all' asse, siprenda sulla medesima, a partire dall'asse, una lunghezza eguale a e si consideri quesla come catclo costante di allrettanti triangoli equilateri, dei quali l'altro cateto e corapreso fra queslo punto dell' asse c quello per cui passa 1' ordinata della curva cercata. L'ipolcnusa y\± di ciascuno di questi triangoli sara y, = f \z' -\- z {in -+- n) -+- m-h run -+- n \ Si prendano poi sulla perpendicolare all' asse condotta per z da una parte una lunghezza eguale a iy e da II' altra una eguale ad y\ , poi divisa per mela la relta totale si descriva un semicerchio, il quale tagliera 1'assc ad una distanza da z eguale ad y, e sara y=[/v^.Yi = f'~iVy,y\ cioe y = /r2. V . V | (z — tn) (n — z) (z'-h z (m -+- n) -+- tri -+- mn ■+■ nr- \ y = r. 3g). Quando il moto non e ancora ridotto alio stato di permanenza. posto per brevita To/. // 1 6 122 DELL' EFFLUSSO DEI LTQUIDI, EC. si avra la prcssione p in un punto qualunque espressa da Ne consegue che l'equazione della superficie libera nei primissimi istanti in cui e B = $ ; D = o sara generata dalla curva dcll'cquazione dalla quale ricaviamo r=/f K Da quest' ultima equazione si scorge che la curva taglia 1' asse alia distanza dall'origine eguale ad m , ed un'altra volta alia distanza eguale ad n , ma che all' origine del moto la curva invece rivolge la convessita ?\ fluido, giacche il massimo valore di z corrisponde ad r = o e z=m. Comincia quindi la superficie superiore dall' essere concava, e non e che dopo i primi istanti in cui, accelerandosi la velocita delle molecole che sono alle pareli, essa diventa convessa. ^o). Fino ad ora si e supposlo il vaso mantenulo costantemente picno; se ci6 non fosse, allora m sara variabile col tempo, e avremo hisogno di una nuova relazione per delerminare lc funzioni arbitrarie del tempo A e C. Riprendiamo per cio l'equazione del §. 3i. g-k.A-h--S[=o La velocita del punto dell' asse corrispondente a z = m e r=6A.m quindi nell' istante dt esso si ahhassera della quantita QtArn.dt DEL PROF. DOMF.NICO TURAZZA I 1. e quindi avrcrao dm — d A. m\dt Da quesla ricavalo dt c sostituitolo superiormente, avremo g. dm — kA~. dm — 6 IiniAdA = o lntegrata questa tiara A in i'unzionc di m . clie sostituila nella dt = G./.m' ed integrata, dara m in funzione di / , donde si avra A e quindi C in funzione di / , c il problem a sara pienaraente risolto. 4.1). Nell' equazione generale generatrice delta superficie del vaso abbia- nio supposta la costante B positiva, ma e facile vedere che questa condi- zione non e necessaria per la determinazione della funzione arbitraria del- F integrate della (A), e che quindi essa potea pur essere negativa. In que- sta supposizione 1' equazione della curva generatrice sara ir la quale da r= d=/ 2. ]/ z -h/V+B 4-i). Dalle superiori ricaviamo che la curva e simmetrira da una parte edall'altra deH'origine, e d a II una parte edall'altra dell' asse di rivolu- zione, c che ad ogni valore di c corrispondendo un valore sernpre reale di /• la curva non presenter?! alcuna interruzione. II minimo valore di r corrisponde al caso di ;r:o ed e /•=/ ' l\B, al di la di questo punto r va sempre crescendo con z , e diventa infi- ll i to con essa. Se all origiue coiulueiaino una linca relta dell equazione 1 24 DELL EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. per un istesso valore di ~ sara r _ r i== / 2. |/p -+- /> + /} - iz ossia sviluppamlo in seric secondo le potcnze discendenti di c , sara , Z? i.3 B- r-r-=*Ts- m'3^~oH~€C' donde si scorge che la retta dell' equazione r= 2.~ e assintoto della curva. 43). Noteremo che per 1' equazione delle pareti sussiste la determinazione precedcnte delle funzioni arbitrarie. Infatti si avra che per questo valore di r dovra sussistere 1' equazione 6. A. z. r -f- Q>A(-±z — r) = o la quale e idenlicamenle nulla per r= 2C. 44)- Premesse quesle considerazioni noi potremo supporre il vaso gene- rato dalla rotazione della curva e del suo assintoto intorno all'asse, ponendo al di sopra l'origine, e le equazioni date superiormente varrauno pure per questo caso novello, giacche e pienamente soddisfalta la condizione che le molecole si tengano su tutlc e due le pareti. 4-r)). 11 chiarissimo don Gabrio Piola in una nota, inserita nel Giornale dell' I. R. Istituto Lombardo, riportaodo alcune conseguenze di una sua me- moria intorno al movimeuto dei liquidi, ebbe l' idea di supporre invece che l'acqua scorra liberamenle sopra un solido di rivoluzione generato da una curva deterrainata, facendo a quest' uopo servire le soluzioni date pei vasi DEL PROF. DOMF.NICO TUIUZZA 12 5 propriamente delti ; mi sembra pern che il caso presentatoci spontaneamente do 1 vaso considerate) da noi renda tali conscguenze molto sospeltc, ed e per- cio che credo opportuno di entrare in qualcbe raaggiore particolarita. {(>). L' assintoto del probleraa precedents genera colla sua rivoluzione un cono retto sul quale scorrono !<■ raolecole liquide nel mentre si tengono pure aderenti alia parete curva generata dalla linea dell'equazione premessa, la quail' superficie curva si va sempre slringendo al cono clie serve di super- Bcie assintotica della medesima, e la falda Quida si va sempre assottigliando a maiio a ma no che si va allontanando dal vertice del cono. ossia dall origine. Un caso analogo < i sara presenlato ogni qnal volta si consider! vaso del genere precedente, cioe generato dalla rotazione di una curva c del suo assin- tolo che puo essere comunque inclinato all' asse di rotazione. e dare origine quindi ad un cono retto qnalanque. Alcuni casi si possono anche direttamente ricavare dando una forma par- licolare alia funzione arbitraria che entra nell integrale (F), e che qui credo opportuno di csporrc per rendere piu evidenle l'osservazione precedente. 47- Suppongasi e mediante queslo valore avremo ? /,'1r A i \z"-n{n-,)-z"-\r\sen^^n{n-lH'T')( l^i-r\sen^-ec. ossia effettuando le integrazioni ,, n In — i) „_. nln — i)(n — 2)(n — 3) z ■ z . r H ■ — — - — • z '. r 1' - I (i) 9= A, n(a-).....(-5) .,.,f 2 . j . b Da questo valore di p potremo ricavare la forma della curva gene- ratrice inteerando la 126 DELL' EFFLUSSO DEI LIQUIDI, EC. . . dip dz dip l?'m ~dr~ Tr' dl~ ° ma pel nostro caso bastera vedere cbe vi ha sempre un valore di m lale die per (.'») zz= 711. r riesce soddisfatto 1 equazione t r\ dip dp (4)- £- *•% = <> e che quindi le molecole liquide oltre tenersi sulla superficie curva generata dall' equazione (2) si tengono pure sul cono retto generato dalla (3). 48). Prendcndo le derivate della (1) rapporto ad r e a z , sosti- tuitele nella (4), e poslo per z il suo valore dato dalla (2), sara facile ridurre 1 equazione risultante alia seguente ,„. in — 1) in — 2) m1 (n — i ) In — 2) (n — 3) (n — 4) '■"■* 0>). 1 — J ~ — - • h i : > -4/ • — . — ec. = o ' 42 nb 2.4 dalla quale si avra il valore di m corrispondente a dati valori della n. Cos\ troveremo per n = 0 /72= 2 n= 4 m= i,49 n=- 5 m= 3,36 ; m= 0,842 «=6 m= 1,884 ? ro= 0,671a ec. ec. 49). Noi non abbiamo analizzalo che una sola forma della /(9), ma sembra che casi analoghi si debbano presentare per allre forme, e che quindi si possa giungere a questa conseguenza. Allorche 1 acqua deve scorrere sulla superficie esterna di un cono relto verticale, le molecole che sono sulla superficie conica si mantengono sempre aderenti alia stessa descrivendo lince concorrenti al vertice, tutte le altre I)KL PROF. DOMEN1CO TURAZZA 127 pcro descrivono linee curve di una stessa famiglia dipcndente dall'angolo al vertice del cono, le quali curve tutte sono coraprese in piani verticali passanti per I'asse, e concorrono ad assiutolo colla corrispondente generatrice del cono. Sembra evidente infatti chc la falda fluida debba andarsi assoltigliando a in a no a inaiio die 1' acquit si va discoslando dall' origine, e distendendo quindi in superficie raaggiore; e pare molto improbabile la conseguenza del sig. Piola.il quale, facendo descrivere a tutte le molecule linee rette concorrenti al vertice, vorrebbe die la falda fluida andasse invece ingrossandosi a mano a niano die progredisce nel suo cammino. 5o). L'esperienza avendo dimostrato chc, quando il foro da cui il liquido fluisce e molto piccolo in paragone della sezione superiore del vaso, la velo- city dell'efilusso e sensibilmente dovuta all'allezza del liquido sopra il foro, si rende necessario di vedere se le noslre fonnole conducano pure a questo risultamento. In quanto ai vasi conici e a quelli generali dalla rolazione dell' iperbola cubica inlorno all' assiutolo, questa coincidenza della leoria coll' esperienza venue gia falla osservare dai chiarissimi Aulori die si occuparono di quei vasi in particolare, e bastera per noi il dimostrare come cio pure si avveri nel nostro. Al qual uopo supponendo ii molo permanente e il vaso inesausto, ed m ed n le dislanze dall'origine, superiorinente situata, dei punti dell' asse in cui e incontrato dalla superficie libera, dal §. 35 avremo la velocita lungo I'asse corrispondente al foro di uscila y= 6. |/f • n- Ma si ha , „ n* — m* 36 k = 1 8 ■ — - = — ■ if e quindi sostituendo sara y_ ^/*g(n — m) 128 DELL' EFFLUSSO DEI LIQU1DL EC. Ora volendo il foro molto piccolo, e la sczione superiore molto ampia, sara in piccolissnrio in conlronto di n per cm trascuranuo - in paragone dell unita. avrcmo appunto V '= ? ig{n—m) 5 1. Prima di chiudere non sara intieramonte inutile l'esaminare in qual maniera si dovrebbe condurre il problema nella supposizione che le trajetto- rie descritte dalle molecole sieno curve tali che non dilferiscano da quella della parete che pel vario valor del parametro. Sia (i) z=F(r,a) 1 equazione delle lince descritte. allora per questo valore di z dovra ri- dursi idenlica la , s dq> dF dip e se si vuole che le trajettorie sieno esprimibili tutte dalla (i) col variar del parametro a , converra dalla stessa dedurre a in funzione di r . ,. . dF . e z , e sostituito questo valore di a in — , con die supporremo essi divenir P , converra che q> soddisfaccia geueralaiente alia ^ ' dz ar oltre alia equazione di continuita. Se sia Q—b X integrale detla (4). P.dz + dr=o la (3) ha per integrale completo (5). 9=/(Q) DEL PROF, DOMENICO TURAZZA 129 dove I e una funzione arbitraria die bisognera determinare in modo che riesca soddisfatta la '• 2 + 1 .)i>. Applichiamo questo processo agli esempj precedentemente discussi. c. z dF D = Sia s=ar avrano « = — ; — = a ; "= - r Or r con ci<> la (4) diventa s. rfs -+- /• = ^ -+■ ,— 7-. / r~-\-z- c . a dF •-> a ,j c I>ia c = ~ avremo a = z. r~: -^- = r: iJ= — 2 - r dr r r quindi la (^) diventa 2 zdz — /y//- = o e 0=~--^= ; , = /(a*W) la (G) da poi f==u c quindi — \ li 4 ' dr 2 /-W-H5 la (4) si riduce a -wj Sia c— sara «= — ; i (/■ — 2Z') dz-t- -2rz.il donde la (G) da poi /" = o e quindi

    zr). 53). Ma so noi invece assuraessimo z=ar verrebbe con simile calcolo e la (6) darebbe per delcrminare / la dove le derivate son prese rapporto a a~ '-+-/•'. Quest ullima non polendo essere soddisfatla da una funzione di iz~-\-r~ se non assuniendo / co- slanle, cioe die il liquido non si muova. ne dedurremo non essere sempre possibile il moto nell' ipotesi che le trajettorie sieno espresse dalla stessa pquazione delle pareli, varia sollanto ncl valor del parametro. ( Letla il 20 Febbrajo i»43 | UN FACILE CRITERIO E QUALCHE SEMPLICE REGOLA PER PROCEDERE CON ESATTEZZA iSELLA L1VELLAZ10INE TOPOGRAFICA MEMORI A DEL PROFESSORE CARLO COISTI _T ra le moltiplici ricerclie della Geodesia elementare, la livellazione lo- pografica, si per 1 importanza grandissima cli ella ha ne movimenti di ter- reno occorrenli alia costruzione di slrade, alio scavamento di canali o scoli. a disporre il suolo per 1 irrigazionc, come per la curiosita the desta a chi ne ronsidera lo scopo, occupa certamente il primo luogo. In mi terreno ineguale sia Iracciata una linea, e fingiamo che lungo il corso della medesima sia fatto un taglio verlicale e che acqua stagnante bagni questa sponda a picco, egli e manifesto che, confrontando il ciglio colla linea giustissima di livello segnata dall acqua. .si vedrcbbe dove il suolo s innalza. ove si avvalla. e se ne potrebbe determinare esattamente la quantita. Per il che, se sopra quell andamenlo si volesse condurre una linea di livello. o di data pendenza, si conoscerebbe tosto in quali sili sarehhe necessario colmare. in quali abbassare il lerreno. Ora, e-^li e ufficio della livellazione di rilevare quel- I andamenlo, o come si dice in linguaggio dell'arle il profilo. senza quel- I ideato la^lio. senza il soccorso di quell' acqua slagnanle che somnunistra la linea di livello, alia quale si rinortano i punli del terreno. 102 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA Meltiamo adesso che sul suolo, a seconda di quella linen, sia sleso un filo rigido. i cui eslremi siano a tlato livello ; poi che altri fili rigidi, a certe distanze, si ripieghino sul medesimo suolo in piani verticali c perpendicolari ;i quell' andamento, egli e manifesto che, anche togliendo il soltoposto terreno, da quel sistema di fili rimasti al loro luogo avrebbesi una rappresentazione della precedente giacilura del terreno, e tanto piu esalta quanlo piu quel fili trasversali fossero frequenti. Ora il rilevare sul terreno la linca longitudinale e quelle trasversali che abbiamo raffiguratc in quei fili, e 1 esprimerle con opportuni disegni, valevoli a rappresenlare la configurazione del suolo per ricavarne i movimenli neces- sarii al proposto fine, e l'oggetto della livellazione. Jn questa operazione delicatissima, e necessaria si di frequente, s' addo- manda tutta la cura dell' ingegnere, perche un errore condurrebbe a gravis- sime conseguenze sia nel calcolo dei movimenti di terra, che nella con- dotta delle acque. Per la qual cosa piu maniere iurono proposte e niesse in opera dai pra- tici per assicurarsi dell esattezza dei profili longitudinali e trasversali di livel- lazione. Se mai la linea c rientrante, 1' operazione prescnta da se stessa un crite- rio certissimo, dovendo 1 ultimo punto coincidere con quello da cui si e cominciata 1' operazione, perche idenlico. Ma questo criterio non si manife- sta che alia fine, e se non vi si ha soddisfatto, fa d'uopo rifare quell' operazione. Che se gli eslremi della linea livellata, per essere dessa quasi rientrante, sono vicini, legansi con un tronco di livellazione ausiliaria, a fine di ricono- scerc se siasi soddisfatto al precedente criterio, locche. non verificandosi, e pur necessario di lornare da capo. Ma quando la linea si dilunga, e lontani ne sono gli estremi, a sicurezza del rilievo si pratica di ribattere la livellazione per vedere se trovansi le medesime differenze di livello. Mancando questa conferma, rendesi necessario il farla di nuovo per vedere quale delle due discordanti sia la giusta, e cio con dispendio di tempo e di fatica. Quindi couobbero i pratici quanto importi il procedere con esattezza per DEL PROF. CARLO CONTI 1.1. . ogni stazione ili livello, quanto importi 1 avere un criterio die rassicuri di volta in volta sulla esattezza del le altezze cliL'si prendono, per non dover alia line o rimanere dubbiosi sul fatto rilievo, od esscre costretti a cercare, con nuova operazione, quella conferma. Per questo si suggerisce da taiuno di smuovere e rimettere il livello dopo le eseguite collimazioni sull' antecedente e conseguentc, e di ribattere le asle per vedere se si ottengono differenze uguali. II qual rnetodo, oltre che non puo dar a conoscerc un errore di rettifica, che fosse nel cannocchiale, e laborioso, impiegandosi il raaggior tempo in ogni stazione al collocamento del livello, che, secondo tal metodo, si ripete. Con maggiore avvedutezza usano altri di prender le due altezze, collo- cando prima il livello presso 1' antecedente, poi vicino al conseguentc. oiide puo aversi un dato sulla posizione dell assc oltico oltre al riscontro delle lel- ture spettanti alle altezze. Ma qui sianio da capo sull'allungamento considere- vole dell operazione, motivo pel quale tut t i questi metodi si lasciano. confidando. non so con quanta prudenza, nel huon esito del rilievo senza verun riscontro. Sentendo di quanta importanza sia un criterio facile e sicuro, che costamlo poco tempo, poca fatica, ahitualmente si possa adottare dai pratici. sino dai primi tempi ch'ehhi 1 incarico d insegnare la Geodesia lo cercai con ogni cura. Ora parmi d averlo trovato e tale da soddisfare alle condizioni neces- sarie per cssere ridotto a pralica applicazione. come ne feci prova in qual- che esercizio di campagna. Vidi che. dai nostri pratici, ad ogni stazione suolsi prendere l'altczza del livello dai suolo. la quale allezza, presa che fosse esattamente. permetterebbe che Ira lantecedente ed il conseguentc s inserisse altro punto del terreno con maggiorc precisione del profilo. Supponiamo ora che invece di prendere quel- 1 altezza all'ingrosso. si misuri dai lentro dell obhiellivo alia testa di un cavicchio conlitto nel terreno. sopra cui si posa 1 asta. Dalla novella stazione, prima di haltere I antecedente. si batta quellasta, cos'i al livello avremo una dilferen/.a di altezza tra questa collimazione e I al- tezza presa innanzi di trasportare lo strumento. Siccome sull asta che da il nuovo antecedente, In pure preso il conseguente nellanteriore batluta, com e 1 34 CRITERIO PER LA L1VELLAZIONE TOPOGRAFICA consueto, cos'i su di quell' asta medesima avremo una differenza di altezza. Dimostrasi facilmente che quelle due differenze di altezza debbono essere nguali, quando il cannoccbiale sia in rettifica, quando non siasi commesso errore vcruno. Queslo criterio non addomanda tbe una battula di piu, quindi im tempo assai piu breve di quello cbe oceorrerebbe a smuovere e a rimetlere il livello. Aggiungasi cbe, prendendosi esattamente un altro punto del suolo, sarebbe permesso di allontanare di qualche tratlo le aste e diminuire il numero delle stazioni, cosicche in fine avrebbesi il medcsimo impiego di tempo col vantag- gio di procedere sicuramente. Essendo il cannocrhiale in rettifica, ed operandosi con esattezza, il riscon- trare la coincidenza di quelle differenze di altezza non costa che una sottra- zione, e puo farsi coll occbio senz' altro. Che se si trovi differenza, assegno facile regola per verificare se dipenda dall' errore del cannoccbiale o da altra sorgente. Queslo e lo scopo principale del presente scritto cbe io considero di qualche importanza, non per la teorica o pel calcolo assai breve e schietlo. ma pel vantaggio cbe puo apportare alia pratica, vantaggio die si ripetera quotidianamente in quesla frequentissima operazione di Geodesia. Presento come nuovo il mio melodo, nonavendone trovato cenno ne'libri cbe versano su questa materia, e non sapendo che da ingegneri operatori sia stato messo in uso. Forse potrebbe essere conosciuto e familiare a qualche va- Iente pratico che abbia meditalo sui fondamenti di quesla operazione. e se cio fosse, a me restera il solo merito di averlo recato a pubblica notizia. Puo accadere, per qualche circostanza di andamento tortuoso nella linea di livellazione, che il metodo ora descritlo non sia applicable ; percio ne propongo un secondo, il quale si appoggia alia determinazione di un antece- dente e conseguente ausiliario, col niellere l'asta per qualche tratto lonlana dalla consueta. Non involge certamente piu operazioni dell altro, dovendosi batterc due altezze, anziche una. ma sempre col livello al medcsimo posto. Come il calcolo lo dimostra, riesce meno spiccalo 1' errore di rettifica del cannoccbiale, quando vi sia. DEL PK OF. CARLO CONTI I?).'. Nello stendere quel lanlo che riportavasi al nominalo criterio, par vera i opportuno ili riunire alcune allre avvertenze non sapute o Irascuratc dai pratici, c non avverlite da'libri, perche gli Autori non si degnano spesso di registrars le minute, ma pur necessarie, particolarita degli usuali melodi, ri- dondando invece di astratte ricerche e d inviluppati ealcoli relalivi a casi che non si presentano mai, oil assai di rado, a chi escrcita anche con qual- che larghezza la professione. A me sembra che nel traltare lc questioni di niatematica che riguar- dano la pratica, salvo 1' astronomia che ne porge tanti esempi, non siasi hen considerata I' influenza degli errori che pure con elelti apparali e mal- grado l'attenzione dell' osservatore, sempre si commettono. Si abbada alia dipendenza assoluta delle quantita, come se i dati, da cui cavansi col ealcolo le incognile, fossero giusti. Se cio fosse, con la base di qualche metro noi po- tremino misurare la distanza del sole, e ancora pin. 31a il latlo sta che nel misurare angoli e lunghezze. la prccisione non e assoluta. il grado di esatlezza ha un limile, e chi vuol cavare frulto da quelle misurazioni deve hadare all influenza che possono avere gli errori com- messi sulla quanlita die si vuol dedurre. Per la qual cosa intrapresi accurato esame dell' influenza che puo avere sulla livellazione od un errore nclla distanza, o la deviazione dalla vertica- lila delle aste. o la deviazione dclla holla dal mezzo. Essendo lievissime ca- gioni di errori le prime, non e lo stesso dell ultima, specialmente se la holla sia lenta. Moslrasi agevolmente che 1 errore di una particella puo porlare la differ enza di un centimetro. e se questo puo accadere, se anzi spesso accade, non so poi quanlo valga tulta quella dura ed attenzione che si melle nel reslo per arrivare alia determinazione del millimetro. Sarehbe una inal consigliata economia di arrivare al millimetro da una parte, e perderne sette, otto ed anche died dall'altra. Propongo quindi un facile melodo per la graduazione dclla bolla, per sapere quanti second i corrispondono ad una particella. Non so inlendere come si possa adoperare uw livello a canuocchiale senza conoscere questo elemenlo. I 36 CR1TERI0 PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA Conosciuto il liumero di sccondi corrispondenli ad ogni particella della bolla, si ha ncl livello un mezzo grossolano bensi, ma pur comodo e molte volte utile a conoscere una distanza, collimando ad un' asta prima colla bolla lulta dal lato dell' oculare, poi porlandola col moto del cannocchiale verso lobbieltivo. Un allro vantaggio di quella fondamenlale cognizione si trae per la ret- tifica del cannocchiale, quando se ne sia determinato 1 errore, perche, senza bisogno di lenlativi, si pu6 ricotidurre la bolla in giuslo sito, e correggere lo strumento. Ma quello che io raccomanderei caldamente ai pratici si e un metodo con cui puo raggiungersi somnia precisione nelle collimazioni. Accade sovente che si collimi all asta e si prenda 1 altezza quando la bolla, benche nel mezzo, noil e del tutto ferma ed immobile, donde poi si sposta alcun poco. Quando cio sia, dovrebbesi rimellere la bolla nel mezzo e ripetere la collimazione. cosa che certamenle non si fa per una particella o due di deviazione. Intanto quella deviazione puo essere cagione di errore per alcuni millimetri, se sia lontano lo scopo. Ora a me sembra che si possa, fatta la collimazione e ridotta a perfetta quiete la bolla, notare la posizione de' suoi eslremi ; sul qual dato, merce della distanza alio scopo, che sempre si conosce, si calcola. c facilmente, la correzionc da tarsi all allezza rilevata. Allora non v' e biso- gno che la bolla batla giustamente nel mezzo, non e necessario che lo scopo scorrevole si alzi e si abbassi tante volte per segnare il giuslo ; essendovi dap- presso puo muoversi d' alcun poco il cannocchiale. La posizione della bolla quando e tranquilla, anche fuori dal mezzo di alcune particelle. porge il mezzo sicuro di ottenere la giusla altezza. Dicendo della livellazione ho creduto di incltere quesla norma, che sem- pre si usa nelle astronomiche osservazioni, quantunque io preveda che. sic- come troppo minuziosa, verra rigeltata da molti. 11 poter delerminare una distanza con esattezza senza mettere catene sul suolo e certainente metodo pregevolissimo nell esercizio dell ingegncre. Credo che 1 ordinario livello, con lievissima aggiunta, potrebbe a questo servire. Meltiamo che la bolla impernata slabilnienle dal lato dell' obbiettivo col DEL PROF. CARLO CONTI I 37 mezzo di una \il<: a passo minuto possa muoversi all altro estremo. Colli- mando dapprima col'cannocchiale presso a che orizzontale ad un'asta verti- cale, di cui vuolsi conoscere la distanza, supponiarao che la holla sia avanza- ta verso I'oculare; quindi alzando il cannocchiale la si trasporti verso 1' ob- biettivo luiuicrando lc particelle trascorse, c cos'i successivamente per piu voile: alia fine collimando di nuovo si leggera una nuova altezza sull'asta. Dal niolo della bulla avendosi 1 angolo di elevazione ne verra la determina- /.ione della distanza con facile e sicuro calcolo. ^otisi clic il movimento lineare della holla, anelie ristretto a pocbi niillimetri, puo corrispondere ad angolo di molti miii uti. ad angolo opportunissimo per la determinazione di una di- stanza di trecento e piu metri. Ancbc di questo novello officio del livello a cannocchiale, utilissimo all ingegnere per molti riguardi, bo voluto far cenno in queste pagine, colla mira di agevolare 1' esercizio di una profcssione che scmprc piu rendesi im- portante col progrcsso dell odierna civilta. Esposti i fondamenti teorici de' proposti metodi. prima senza ommettere veruna quantita, poi lasciando que termini ch'entro i limiti della pratica 11011 banno influenza, posi in fine un sunto di regole ed esempi che possono ser- vire diguida a qucgli operatori, i quali 11011 avessero tempo 0 voglia d'impac- ciarsi nella discussione astratta e nel calcolo. Cos'i perchi volesse soltanto niet- tere in atto quei suggerimenti e tolto il grave ostacolo di riandare i particolari della dimostraziohe, di cavarne il pratico andamento c basta che legga le iilliuic righe. So bene che lacili e semplici sono le questioni trattatc in questo scritto. ne degne per 1' astratta loro importanza di occupare le menti abituate a versare sopra argomenti di assai maggiore potenza e difficolta. Ma io spern che sara accolto con indulgenza questo mio qualsiasi lavoro. guardando al fine die mi sono proposto nel prcsentarlo. che quello di rendere pre- gevoli questi metodi al pratico operalore. di metterli in corrente, la qual cosa avra cerlo riuscimento se arriveranno ad ottenere la sanzione del- 1' Islituto. Vol II ,s I 38 CRITERIO PER LA LIYELLAZIONE TOPOGRAFICA §. i .° Considerazioni generali sul livello a cannocchiale. i. Considerando 1' uffizio di un livcllo a cannocchiale tosto si scorge la condizione essenziale ridursi a qucsta : clic l'asse del cannocchiale sia oriz- zontale qnando la holla, die vi e congitinta, segna col suo mezzo il mezzo dell' apertura dclla cuslodia. Dire che 1' assc del cannocchiale sia parallelo all'asse dclla holla non hasta, perche allorasideve definire l'asse dclla holla, nel che fare si ricade nella condizione sopra accennata e con molte parole (he ne oscnrerehhero il significato. Benche hasli che la nominata posizione della holla c dell' asse ottico si verifichi per quel piano in cui sono da para- gonarsi i punti che si livellano, suolsi meltere lo strumento cos'i che la holla aggirandosi intorno ad un asse mantengasi ferma, nel qual caso l'asse del cannocchiale descrivera un piano orizzontale se e retlificato, un cono ad asse verticale se e fuori di rettifica. E qucsta pratica e necessaria per qucgli stru- menli ne' quali il centro di molo e molto distante dalla holla, perche altri- menli nel mcttere giusla la holla dall'uno e dall'altro verso puo innalzarsi od ahhassarsi e non essere piu la medesima quella linea di livcllo che passa pel centro del cannocchiale, alia quale in ogni stazione riportansi i punti diversi che si livellano. 2. Colla espressione orizzontare la bolla potrehhesi intendere il collo- carla cosi che aggirandosi tutto all' intorno mantengasi imniohile nella cuslodia, la qual immobilita include la condizione che l'asse di rotazione sia verticale. 3. Orizzonlata la holla, se la si alza da una handa d' altrcttanto si sol- leva l'asse del cannocchiale che vi e congiunto ; ed e certamcnle cognizione ulilissima c talvolta necessaria il sapere per ogni particella di movimento della holla quanto il cannocchiale si elevi. Infalti se la holla e lenta, cioe se ad ogni particella di movimenlo corrispondessero molli sccondi, lo strumento sarehhe imperfetto, poiche 1' errore facile a commettcrsi di una mezza parti- cella potrehhe apportarne uno non trascurahile sulla letlura dell' altezza. Percio diremo qui suhito della maniera facile di graduare una holla. Messo DEL PROF. CARLO CO NT! i^q uno scopo ad una distanza di 60 od 80 metri oil in generate ad una distanza d. e lenuta la holla tul ta dalla parte dell' oculare si collinii un'altezza a. Poi movendo la holla dalla banda dell' obbiettivo per quanto si puo si collinii un'altezza a maggiore. Egli e chiaro die il niovimcnto angolare corrispon- dera ad un arco di Innghezza a — a del raggio d, die percio 1' angolo sara dato da , R", essendo R' il numcro de' secondi contenuli nel raggio, cioe 20G2G4.8. Mettiamo clie n sia il numero delle parlicelle tra- scorse dal mezzo della holla, ed /' il numcro del secondi corrispondenti a ciascheduna ed avrerao /'= — =— • — . Determinato una volta ouesto nu- 11 n l mero, 0, per maggiore csattezza, di pin determinazioni preso il medio, avremo un dato sullo strumenlo clie , come vedremo, ri sara giovevole per piu riguardi. 4- Intanto egli e manifesto che se ad una distanza /. sullo scopo si legga una differenza // nelle due collimazioni falte colla holla prima dalla banda dell' oculare poi da quella dell' obbiettivo, e se il movimento della holla corrisponda ad // parlicelle avremo /=—r essendo r = — che per un dato livello e costantc. Cosi mediante la holla a cannocchiale possiamo ricavare la distanza dello scopo, distanza che non sara ccrtamente determinata con precisione, ma che in molti casi puo essere utile di conoscere per se stessa 0 per fare qualche confronto con quella che si sara oltenuta con altri metodi o per avere un criterio che non siensi commessi grossi errori. (A) .'). Che se siasi ritrovato co' metodi consueti 0 con qucllo che accenneremo in progrcsso. un errore del cannocchiale c determinato di quanti secondi, senza bisogno di tentativi che addomandano tempo, con quella conoscenza della graduazione della holla si arrivera a rcltificarlo. Infatti se il cannocchiale al/.a dalla banda dell obbiettivo di un numero s di secondi, ^r esprimera di (juanle parlicelle. mediante il congegno di rettifica. si dovra trasportare la holla per quel verso, poicbe quando poi si rimeltcra il mezzo della holla nel mezzo dell' apertura della custodia I'asse ottico battera giustamente l' oriz- zontale. l4x> CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA §. 2.° Sulla riduzione disfericita e sulla correzione di rifrazione. 6. Essendo I' asse ottico orizzontale e collimandosi ad una vcrlicale in certa distanza, il punlo baltuto non e a livello col centro dello strumcnto, percbe il punto di livello e quello clic verrebbe incontrato da arco di cerchio passante pel centro dello strutnento, concentrico alia terra e compreso nel piano delle due verticali. Ma conoscendosi la curvatura della terra si puo passare dal punto collimato a quello di livello merce di facile riduzione. Delto R il raggio terrestre, cioe il raggio perlinente ad un ccrcbio della circonfercnza di quaranta milioni di metri, delta 5" la riduzione di sferi- cita, e d la distanza delle due verticali presa sull orizzontale dell' asse ot- tico abbiamo esaltamente (R-hs)s^=d~. Ricavando da questa equazione il valore di s e tenendo conto dei termini di quarto ordine rispetto d R „ i d- i d> \ n )7JF ~~ s #>' k Ma 2JR= - — , esprimendo con M il milione, quindi sara s— t^t, d~ — {-r-T\\ d\ E se con k esprimiamo il numero di cbilometri contenuti nella di- stanza d, avrerao s = o. 07854 k' — 0.000000775 k\ Di qui puo vedersi come nella livellazione topografica si possa ommettere il secondo termine c ritenere la formula assai semplice ^=o,o-854 ^ ■ 8. Benche la distanza k si abbia a misurare sulla orizzontale vi si potra sostituire quella cbe corrisponde al suolo, percbe una differenza nel valore di k influisce pocbissimo sul valore di s. Infatti supponiamo che 1 sia l'errore sulla distanza e quello derivantc in s sara o,oy854-2^"' ommesso il termine di secondo ordine riguardo ad e. Ora quella espres- DEL PROF. CARLO CONTI l4l sione dell' errore pub mcttersi sottola forma 0,0785 \. 2 h " - ovvero sotto l'altra 2 ,v f . Per questo se supponiamo che sia -r- cioe die nella distanza .si erri di mi ventesinio. nientemeno che di cinque metri su cento, I'errore nel risultato sarebbe di 1111 decimo di s. Facendosi una battuta di livello alia note vole distanza di 5oo metri, tal errore riuscirebbe appena didue millimetri. Concludiamo adunque che per la riduzione di sfericila le distanze possono prendersi sul suolo, e die non occorre una sovercbia esattezza. g. Abbiamo assunto per Ji il raggio di 1111 cerchio di quaranta mi- lioni di metri, perche la terra si considera sferica, inutile essendo per tale ricerca di aver riguardo al suo schiacciamento. Trovasi in fatto che e assolutamente trascurabile la differenza tra il risultato che corrisponde al raggio equatoriale ed al polare. 10. Se l'asse del cannocchiale e orizzontale, non per questo si collima al punto che sullo scopo e in quella dire/.ione. Ouella direzione della mira s alza sulla linea di livello. penetra in istrali d' aria men densi, e quindi il raggio luniinoso che colpisce 1' occhio dovendo avere percorso una linea concava al terrestre centro c terminare tangenzialmente all' asse ottico, proccde da punto piu basso. Si e calcolato che questa riduzione vale 0.1G di quella di sfericita, cosicche il complesso delle due riduzioni operanti in senso contrario sia 0.84 del precedente valore. Del resto la correzione di rifrazione sensibile e da va- lu tarsi con cura nella livclla/.ione geodetica. io credo potcrsi ommettere nella topografica ; primieramente perche nelle ordinarie battute di 200 od anche di lioo metri e insensibile, poi perche 1 irregolare andamento della tempe- rature dell o slrato aereo prossimo al suolo rende incertissima la valutazione di quella quantila, sempre picciola per mediocri distanze. l4'-2 CRITERIO PER L.\ LIYELLAZIONE TOPOGRAFICA §. 3.° Bella deviazione degli scopi dalla verticalita. ii. La formula di riduzione cli sfericita ed il inctodo ordiuario di livcl- lazione. suppongono che gli scopi sieno vertical]. Ognuno pero s'accorge che in pratica tal condizione non e certamente soddisfalta, per il che andremo calcolando 1 errore clic pu6 venirne nel risultato finale. Sia a 1 angolo al centro della terra corrispondente alle due vertical], la prima passante pel cen- tro dello strumento. la seconda pel punto che si confronta nella livellazione ; sia 6 1' angolo che fa con questa lo sccpo a cui si collima, supponendo che la verticale rimanga al di la. Essendo b la distanza che si avrehhe sulla 1 T Mill1 1 • " C0S- & vera verticale. b sulla oubliqua troveremo suLnto 7- = t^—, . 1 b cos. (fj -+■ oj) Ma oj e angolo picciolissimo, importando un secondo per ogni 3i metro di distanza, onde notremo scrivere b'= — r ossia b'=b\\-\ — (777) f ; 1 cos tj (2. \/l / S sviluppando, tenendo conto delle quantita di secondo ordine, ed esprimendo con R° il numero 57, 3 che i; quello dei gradi contenuti nel raggio. 12. Di qui puo vedersi quanta sia 1' influenza di quella deviazione e come d ordinario sia insensihile. Per meglio conoscerlo diciamo 0 la deviazione del sommo dell' asla dal punto in cui dovrehhe starsene se fosse giustamente verticale e sara § = byz :. Ouindi avremo b'=b-\ — — . Se adunque ammeltiamo che un pratico non possa errare nel collocare un' asta di .') metri in maniera che un filo a piomho pendente dal sommo si scosti dal piede di un decimetre avremo b' = s-\ . Cosi si fa manifesto che anche per 1000 quella forle deviazione 1 errore risullante e insensihile, non superando il millimetre 1 3. Se 1 asse otlico non hatte la giusta orizzontale, perche quantunque rettificato sia la holla alcun poco fuori di sito, 1' errore puo essere non trascu- rahile. Infatti dicendo g questo errore e supponendo che si alzi il cannoc- chiale dalla banda dell obbiettivo, che lo scopo sia ad una distanza / avre- DEL PROF. CARLO CONTI i ft mo nclla letlura dell' altezza l'ccccsso rapprcsentalo da ,,/. Ora se l'er- rore i arriva a 10 secondi c sia la distanza / di 200 metri quell ' ec- cesso arrivera quasi al centimetro, quanlita Iroppo grande quandosi pretenda di colpire il millimetro. Un talc risultato ne porge ulili ammaestramenti. Vedesi dapprima come sia vano il pretendere all'esaltezza cntro il millimetro se la bolla e leuta, se langolo corrispondenle ad ogni particella superi i dieci secondi ; mentre, per quanta cautela si adoperi nel metier giusta la holla, e assai difficile di 11011 isbagliare di qualche frazione di particella. Poi si mani- festa aneor piu la necessita di graduare il livello ossia di conoscere il numero di secondi corrispondenle ad ogni particella, senza di die 11011 si pub giudicare retlamentc del grado di precisione, al quale e concesso di pervenire. §. ft Delhi maniera di averc un distanziometro col livello (i cannocchia/e. 1 4- Avcndo delto come col soccorso della bolla si possa misurare la distanza del cannoccbiale da 11110 scopo. si fa toslo manifesto aversi nel livello a cannocchiale un distanziometro. Ma abbiamo pur osservato che quel metodo e grossolano, infalti se il livello emollo sensibile da segnare due 0 tre secondi per particella, anche col movimento di trenta particelle risulterebbe angolo troppo piccolo a fondarvi sopra la determinazionc di una distanza. e se il livello e lento da segnare quindici 0 venti secondi per particella 1' errore di una mczza particella nello stabilire I arco di trascorrimento porta effetto considerevole. Ecco il semplice mezzo di ridurre un livello a cannoccbiale opportuno alia determinazionc delle distanze. Alia banda dell" obbietlivo sia la bolla impcriiata slabilmente col cannoccbiale, dall'altra abbia un raovimenlo di certa eslensione da otlenersi con vile a passo minuto, ed una vile di pres- sione possa fissarla ove aggrada. In breve il congegno per la rcttifica del can- noccbiale abbia maggior eslensione cbc nella costruzione ordinaria, II livello poi sia sensibile da non indicare piu di due 0 tre secondi per particella e la I 44 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA forza del cannocchiale vi corrisponda, come si richiede in un buono struraento da livellare con esattezza. 1 5. Essendo il cannocchiale in rettifica o mollo vicino, facciasi trascorrere la bolla colla vile propria dalla parte dell' ocularo e si collimi alio scopo di cui vuolsi determinare la distanza. Cio fatto s' innalzi il cannocchiale da portare la bolla all' obbiettivo c si tcnga conto del numero delle particelle trascorse. Tenulo fermo il cannocchiale si riporli la holla colla sua vitc verso 1' oculare, indi con il movimento del cannocchiale facciasi trascorrere di nuovo verso 1' obbiettivo e si numerino le parlicellc trascorse. Cos"i si operi per cin- que o sei volte, ed alia fine si collimi alio scopo col cannocchiale innalzato. Dal numero delle particclle trascorse nei successivi movimenti della holla. avremo 1' angolo di die l'asse del cannocchiale sara elevato sulla primitiva direzione pressocche orizzontale e quindi dalla distanza compresa sullo scopo nelle due collimazioni, e da quell'angolo si calcolera con tulla facilila ed esat- tezza la distanza ricercata. 16. Si puo mostrare hrevemente come quel movimento della bulla possa essere ristretto fra limiti tali da non turbare 1 ordinaria costruzione. Ammet- lendo cbe la holla sia lunga quindici centimetri e che la parte del movimento si limiti a dieci, comprendenti trenta parlicellc, ognuna delle quali, per la scnsibilila che qui si esige, segni due secondi sollanto, e chiaro che nel rimet- tere la holla a posto dovremo operare una rotazionc di un minuto. Se si vuole misurare un angolo di dieci minuti farannosi dieci di quei movimenti e percio 1 estreino della custodia descrivera quell' arco che vi corrisponde. La limghezza lincarc di lal arco sara o, i.'i iT7t- — o,ooo5 circa, quantita esigua, e che ancora resterebbe abbastanza picciola se lo sposlamento si vo- lesse spignere alia misura di due gradi. 17. Quando il livello s' ahhia ad usar propriamente nel suo uffizio e chiaro che non torna utile di smuovere la holla, con che il cannocchiale va tuori di rettifica ; ma in tali casi colla vitc di pressionc si ritnette dapprima a posto ne piu si tocca sino alia fine. Allora il livello serve al diretto suo scopo, ma restera sempre che nel medesimo slrumcnto si avra un mezzo DLL PROF. CARLO CONT1 1^.] sicuro cd opportuno alia misurazione d c 1 1 c distanze, che non sempre possono aversi per a ia direlta. iS. La slcssa maniera die noi abbiarao ora csposlo per delcrminare le distanze deesi applicare alia primitiva graduazione della holla. Basla infatli misurare con molla esattezza la distanza del cannocchiale dallo scopo, e la di- stanza sullo scopo del punli collimati, e 1* angolo chc nc deriva diviso pel nuraero lolalc delle particelle irascorsc ne'varj sposlamenti porgera con grande esattezza il valore d' una particella. tq. Potrebbesi anche discutere l'andamento della bulla in alcune sue parti per riconoscere se abbia uniforme curvatura. In falti, per quello che ora abbiamo detlo, se l'escursione da una banda all altra si limiti a dieci parti- celle. c poi allc dieci seguenli. in line alle ullirae, ricaveremo il valore di una particella pertinente ad ogni terzo, e dal confronto risultcra la diversita od uniformita di curvatura. Torse che lal mclodo e il piu opportuno all csame della curvatura delle bolle che negli usi astronoraici debbono cssere dolatcdi esquisita scnsibilila, e di regolarita nell'andamento. §. 5.° Considerazioni suit ordinario metodo di livellazione. •±o. 3Iesso il livello a silo fra due scopi 1' antecedentc cd il consegncnte, sia A l'altezza del primo, e la dislanza «; sia C l'altezza del se- condo, c la distanza c. 11 punto sullo scopo antecedente, chee a livello col centro del cannocchiale, sara sollevato dal suolo, oveposa l'asta. di A — k n essendo k = 0,00000007854, ed il punto sullo scopo conscguenle ch e a livello pure col centro del cannocchiale, sara sollevato dal suolo. ove posa lo scopo. di C — kc1. Quindi il punto conscguenle sara sollevato snl punto antecedente di ,1 — C — k(a— c). •1. Quando il cannocchiale e fuori di rcttifica cd alza dalla parte dell'ob- biettivo di un angolo / dovrerao applicare la correzionc -~j, a all' al- lezza antecedente, e la correzionc c all' altezza consegncnte. Facendo ri.ir 1^0 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA per semplicila ~W'—fi sara -'J - C — k (a-—c~)—f (a—c) la differenza di livcllo fra il conseguente c l' antecedente. Qucsta espressione puo anchc inettersi solto la forma A-C-\ k {a -+- c) -+-/| (a - c). 11 terraine h (a-\-c) , benche crcsca colla distanza dci due scopi a' quali si colliina, e sempre di picciola influenza, atlesa la picciolczza di k. Ad una distanza di 5oo metri diventa 0,000000927, onde farebbe d'uopo che a — c arrivasse a dueccnto metri per influire sopra A — C di un millimetro scar- so. Quanto ad /, per un solo secondo, si ha 0,000004848 cioe cresce del millimetro la correzione che vi corrisponde per una diflerenza fra ace di trecento metri. Ma poiche questo lerminc dipende dalla fallace posizione del cannocchiale puo crescere assai sopra quell' assunto valore. Per venti sccondi e per una differenza fra a e c di soli trenta metri gia arriva quasi a tre milhmetri. Questo esame dimoslra chiaramente che a distanze incguali fra il livello e gli scopi pocoeda valutarsi 1' influenza della riduzione di sfericita, in confronlo dellerrore d' inclinazionc dell'assc oltico. 22. Imporla dunque moltissimo di conoscere la graduazione della bolla, menlre quand' anche il cannocchiale fosse reltificato, una particella soltanto potrebbe dare quei dieci 0 piu secondi di deviazione delfasse dall'orizzonta- lita, che in fine corrispondono ad un errore di retlifica e che spesso possono avere un inQucnza di alcuni millimelri. Cio essendo e ben inutile quella cura ed esattezza nelle collimazioni che si usasse per cogliere il millimetro. 23. Guardando all influenza che pub esservi nella livellazione dal non giusto collocamenlo del mezzo della bolla, si prcsenta un melodo certamenle preferihile al comune, ma che addomanda un piu esteso rcgistro e qualche riduzione. Suolsi collimare quando la holla e tranquilla e col suo mezzo segna il mezzo dell' aperlura della custodia. Quando cio si verificasse noi non avremmo a temere alcun errore per la deviazione dalla orizzontalila. Ma il piu delle volte awiene che al momento della collimazionc la bolla non sia affatto a suo posto. che continui il movimento, onde poi acquisti nel fer- DEL PROF. CARLO COST! l^j marsi allra posizione. Ne deriva percio la couseguenza die 1 assc del can- nocchiale non ballcva giustamente 1' orizzontale nella collimazionc, c la devia- zionc viene data dalla posizione del mezzo delta bolla quando e ferma. Anche l'lngegnere piu scrupoloso non si fa carico di rimettere la holla, quando lo spostaraento non superi una particella. Pure abbiamo vedtito che questo diva- rio dal giusto puo nienare a qualche millimelro nell'altezza, nel qual caso dovrebbesi dire die la livellazione va esalta enlro il cenlimetro soltanto e non entro il millimetro come si pretende. •i.\. lo crederei piu opportuno mettere la bolla mollo dappresso al vero sito, e falta la rollimazione, ed acquetata la bolla. leggere la posizione del suo mezzo, ed a lato dell' allezza dello scopo die si melte in registro, inserirvi tal posizione. Con questi dali e facile cosa d'applicare la dovuta correzionc. Infatli dicendo r il rapporto fra il numcro dei second; corri- spondenti ad una particella ed li": n il numero ddlc parlicelle di cui il mezzo pende verso lo .scopo, ed a la distanza, avremo da togliere da A la quantila ma. Quindi sc siasi appareccbiata una tabella con- tenente il valorc di ar di died in died metri quella correzionc puo tosto applicarsi senza bisogno di vcrun calcolo. E inutile poi 1' osservare che se il mezzo della bolla pende dalla banda dell' oculare, la correzionc dovra essere additiva. Per il die potrebbesi a dirillura fissare questa norma, di prendere positive le particellc della bolla dalla banda dell' oculare, e negative quelle che sono verso 1' obbiettivo. 25. Quando \\\\ operatore si fosse abituato a questo proccsso, che cer- tamente non e difficile, potrebbesi fadlitare di molto la collimazionc. La per- sona die muovc lo scopo deve innalzarlo od abhassarlo a seconda del cenno convenuto, ma non cos'i presto arriva a collocarlo nel giusto sito. 3Iettiamo die lo scopo sia dappresso, alia distanza di qualche millimelro, c die 1' ope- ratore muova di quel tanto il cannocchiale i metro vi corrisponde un secondo. si scorgei In anche alia distanza di 200 raetri il termine e trascurabilc. ('i puo ommetlcrsi la seconda parte nel valore di e. Con questo avremo lc due equazioni CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA L — D r„ d(L-r-D) — d'(L—D) id jo. Perche sir: Ar=o e necessario che sia L = D; nel qual caso si ha e = Z come si scorge losto (lover esserc. II criterio somministrato dall' eguaglianza di L e D oltre a che assicura la rettifica del cannoc- chiale, assicura ancora dell'esaltezza delle misurc prese, difficilissimo essendo che gli errori commessi nelle letture abbiano a correggersi esattamente colla deviazione del cannocchiale. 3i. Scrivendo pertanto o nel foglio del registro ordinario o separata- niente le due coppic di numeri da cui cavansi L e D, colla sottrazione si avranno que'rcsultali che debbono eguagliarsi. Una volta che queste diffe- renze sieno uguali puo 1 Ingegnere procedere innanzi con tutta la sicurezza. e giunto alia fine del lavoro potra ommettere la rinnovazione della fatica. Quando si considera che queslo criterio sicurissimo non cosla che una sola balluta di scopo, io credo che da ogni pralico vorra adottarsi c che in breve si confermera la sua utilita. •5a. Poniamo adesso che essendo L diflcrcnte da D si calcolino A. ed e. Non per questo potremo losto conchiudere clie a misuri la deviazione del cannocchiale, essendo possibile che la disuguaglianza fra L e D dipenda da qualche errore commesso nelle collimazioni o nel rilevare le al- tezze. Per accertarsi che A sia errore di rettifica si tornera a battere dalla stazione S' l'asta AM rimeltendola sul cavicchio che corrispose all' an- teccdente nella stazione S. Sia A' 1'altezza lelta, ed a la distanza da AM ad 0, a. poi 1' angolo compreso fra le verticali AM ed OS. Ci6 posto e chiaro che A'— A— e-h(a-\-d') tg (A + a+«') ovvero A'— A= e-\-(a-h d) -jrr, ■+■ (a -+- d) g „- . Di qua ricavcremo X=- '— - — Jl" — («_|-o'). Se questo valore combincra coll' altro saremo sicuri che tale sara 1' errore del cannocchiale, e che del resto non vi sarauno altre fillacie. Che se questo valore sia sensibilmente DEL PUOF. CARLO CONTI I .'> i diverso dall'allro, sara indizio sicuro die furono comraessi altri errori. In tal caso convicne ribattere quell' altczza lornando col cannocchiale in S. 33. Polrebbe anchc supporsi che il cannocchiale sia andalo fuor di ret- tifica nel passaggio dalla stazionc S all'altra S', nel qual caso 1' ultima eqnazione deve dare per A un valore diverso da quello che prima si ol- tennc. Questa diversita obbligandoci a rimellerc il livello in S ne moslrera la vera sorgente dell'errore, mentre Irovercmo, ben operaudo, il valore reale della deviazione del cannocchiale. 34. I na volla che siasi risconlrato l'errore di retlifica, correggendolo lo- sto col metodo gia indicato, senza inulili tenlalivi stando in S\ avremo 1111 riscontro dell' applicata correzione. Infalti la linea di collimazionc dovra ab- 1 -11! i'o i'l-h'!') (X-ho-h-'r/) r , 1 1 , -i Ijassarsi della quanlila p(]= ,t • t.osi calcolalo il vero punlo a cui deve ridursi la collimazionc vedremo sc lo strumento e ridotto a batlervi giuslamente. A determinare questo abbassamenlo potrebbesi anche confrontare la nuova collimazionc colla precedentc sullo scopo in C, che dovra qnivi cssere ugualc ad rs = d. —.,.,—, ma sara sempre meglio ili riscontrarlo sull'asta piu remota LP. Sc alcuno osservasse che calcolato il punto a cui deve collimare il cannocchiale dopo la retlifica 0 sopra LP ovvero sopra C N, obbligando lo strumento a farlo si oltienc la correzio- ne, come pel consuelo si opera, senza bisogno di calcolare il mimero delle particelle di cui conviene spostare la holla, io lo richiamerei a fare il con- fronto dei due metodi per poi decidere quanlo quello che ho propostosia piu comodo ed csatto dcllordinario. 35. Le formule stabilite come si e detto, chiaramente suppongono che si riporli il centro 0' dcllo strumento sull' orizzontalc passantc per 0. quindi vi sara diiferenza tra l'elevazione di ( ■ calcolata, e la difle- ren/.a di livello dei due ccntri, diflerenza che dipende dalla riduzionc di sfericita. Appunto per aver riportato il centro 0' e la linea di collima- zionc a CN, cd LP all' orizzontalc OIL abbiamo dovuto applicarc alia quanlila x 1'inclinazione dell' orizzontalc passanlo per 0' al lT)2 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA Oil, inclinazione chc uguaglia quella ilellc verticali die si confrontano. Ora la dilTerenza di livello fra 0 ed 0' sara espressa da e-\-k(d-*-d) essendo k come fu detto uguale a 0.000000O78.J4. Tale sara 1' eleva- zione di livello del punto 0 sopra 0. Se mai avvenisse die e rap- presentasse una depressions di 0' sotlo 1' orizzontale OH la depres- sion di livello di 0' solto 0 sarebbe e — k (d -\~d')z. 3G. Misurata die siasi 1' altezza del livello in 0' avremo la posizione del punto del suolo su cui insisle lo scopo riguardo ad S. La posizione del punto ora nominato pu6 anche aversi riguardo a C, e siccome quella di C si riporta ad S avremo quella determinazione per due maniere. II confronto de'duc risultati puo essere nuovo mezzo diriscontro. Siccome per altro tutto si appoggia alia riduzione di sfericha die opera lentamente sulle distanze, non sara da farvi gran conto sopra. ed il criterio della esattezza delle operazioni si desumera dall' accordo fra le due quantila L e D. §. 7. Secondo metodo di riscontro della livellazione. 1-. Yolcndonoi die dalla nuova stazione si balta lo scopo corrispondente al livello nell' anlcriore stazione, puo occorrere per la tortuosita della via die si livella, d' essere impediti in , ... IJ — e-\-(a — c) ,, ■+- , . Lasciando anche i termini contenenti j- a, die qui sono sempre piccolissi- mi. avremo piu semplicemente; l)i qua trovercmo i seguenti valori per le incognite e, A. „ D-D (a'—c) D—(a — c) If A = IX — ; , e — ; ; . a — a — (c — c) a — a — (c — c) 3g. Dicendo d la distanza fra il livello nelle due stazioni, avremo sen- sibilmente a-\-c = d, a'-\-c' = d cine a — a-\-c' — c = o. edalleformu- le precedenti potremo dare 1' aspetto che segue, _ d[D,— D)-\-^(c'D — cD') 2 (<■'— c) Vedesi pertanto come a rilevare la quantita a occorra una certa differenza di distanza delle i\u<> ;i>tc. senza di che quella quantita ricscira malamentc determinata. 4". Ottcnnto il valore di ,\ non convien tosto conchiudere che quella sia la sorgente unica della differenza fra T) e //. mentre potremmo aver errato nella misura delle altezze. A confermare I' errore di rettifica qni non vi e altro mezzo se non di smuovere e poi riraettere il livello. poiche Vol II l54 CRITERIO PEPx LA LIVELLAZIONE TOPOGHAFICA slante la circostanza dclla linea ammessa da principio nella spiegazionc di questo metodo, non si pub battere 1' antecedente dolla stazione anlcriorc. £i. Dalle siessc formule che danno i valori di X ed e si manifesta la poca opportunity di queslo metodo in confronto dell' altro, per cui non sara da usarsi se non nei casi ne' quali non sia concesso di applicare il primo de- scritto. Aggiungasi die in questo secondo abbisognano due battute di livello anzicbe una, laonde addomandera pin tempo. §. 8. Heroic prallclie di Iwellazione. l^i. Volendo che questo scrilto sia di qualche utilita nella pratica, cre- desi convenienle di metlere qui in fine le regole pratiche, ricavate dalle pre- cedenti diseussioni. per facile norma di chi fosse disposto a far uso di quanto fu dello. Cos'i quei praliei che non avessero voglia di riandare l'esposte rose, possono senz' altro consultare quello die segue, ed aver una sicura e facile guida nelle operazioni di campagna. Dopo ogni regola scritta in lin- guaggio ordinario e posto un esempio, e poi la regola medesima esposta con algebrico algoritmo ed il suo esempio. Potra sembrare a taluno questo andamento una inutile ripctizione ed una fastidiosa lungaggine ; ma se si con- sidera die tanto e tanlo si stampa per pure disquisizioni tecjricbe, le quali, sebben degnissime di lode, rimangono poi sterili nei libri, e die poco si fa per olilizzare le verita, per metterle in corrente, si approvera almeno la buona intenzione. 4-3- Determinare la posizione del centro dclla holla. Si suppone. come dovrebbe esser sempre, die dal mezzo dolla custodia le divisioni scolpite sul velro medesimo, o sopra apposita scala, procedano verso 1' oculare e 1' obbiellivo, e die non \i sia uno spazio senza divisioni. Allora, a bolla tranquilla, leggasi la divisione alia quale corrisponde il suo eslremo verso loculare, e quella die risponde all'allro eslremo verso 1 obbiel- tivo. La somma di quelle particelle da la lungbezza dolla Lolla. Levala la mcta di questa lungbezza dalla divisione maggiore si avra la posizione del centro. e sara da quella parte cui corrisponde la parte piu grande della bolla. DEL PROF. CARLO CONT1 j .'>.', Sc mai la bolla e tutta da una parte il confronto delle division] corri- spondcuti agli estremi porge la Lunghezza, e la meta di questa lunghezza aggiunta alia minore divisione porge la posizione del centro. 44- Esempio. La bolla coll'eslremo oculare arriva alia divisione 7,4? coll' eslremo obbieltivo segna 12..! . La lunghezza della bolla sara di \ per la posizione del centro della bolla verso l' obbieltivo. 4->. Esempio. L'estremo verso loculare segna sulla divisione che e dalla banda dell obbiettivo 5,6 ; l'estremo verso I'obbiettivo segna 17,8 ; la lunghezza della bolla e 12,2 . Essendone la meta G, 1 , aggiunto tal numero a 5,6 avremo 1 1.7 per la posizione del centro verso I'obbiettivo. 4'">. Per usarc del linguaggio algebrico prenderemo positive le parti verso I oculare, negative quelle che si dirigono all obbieltivo. Diremo p la divisione cui corrisponde l'estremo oculare della bolla r quella che corrisponde all' estremo obbieltivo, C la divisione corrispondente al centro, / la lunghezza della bolla. Sara l=p — r 2 47- Nel primo esempio si ha p=-+- 7.4 ; r= — 12.0 quindi /= 1 g.- ; c = — 2..') . ed il segno meno indica la posizione verso 1 oculare. Nel secondo esempio si ha p — — 5.G ; /• = — 17.8 ; quindi /= 12,2 ; c = — 1 1.7 . E se fosse I estremo oculare sulla divisione da quella banda in ig.7 . e 1' estremo obbieltivo dalla medesima banda dell'oculare in 3,5 . avrebbesi p=-*-*w ; /■=-*- 3,5 e quindi 1= iG,2 ; c = -l-ii.6 ed il segno piu esprimerebbe che il centro e nella divisione dalla parte dell oculare. l56 CR1TER10 PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA 48. Determinate il mocimenlo delcenlro del/a holla fra due sue posizioni. Confrontando le due divisioni alle quali corrisponde il centro, o colla somma se sla in banda opposta, 0 colla differenza sc trovasi sempre dalla medesima banda, si avranno le particelle del movimento. Ad ogni posizione della bolla lorna vantaggioso di calcobare la lunghezza della bolla, perche nella coincidenza dei due numeri si ha un criterio delle lelture ben fatte. 4<). Esempio. In una prima lettura l'estremo oculare era in 27.4 dalla sua banda. I estremo obbiettivo in 0.6 pure dalla stessa banda. Nella seconda posizione della bolla l'estremo oculare segnava 1,2 dalla parte dell' obbiettivo, e 1 altro estremo 2.5,2 . La lunghezza della bolla era nel primo easo :>!>.8 , nella seconda posi- zione '-ilf-o , numeri die possono aversi per coincident!. Nel primo caso il centro della bolla stava in i5,5 sulla divisione verso 1 oculare. nel secondo caso il centro della bolla stava in i3,2 dalla parte dell' obbiettivo. Quindi il movimenlo del centro fu di 28,7 verso 1 obbiettivo. 50. I sando del calcolo algebrlco metteremo p',r',c\l\ le quantita analoghe a quelle del numero /fi per la seconda posizione della bolla. e di piu m il movimento del centro. Avremo. l=p — r l'=p'—r ?n = c' — c e dovra essere /' = /. ''-+-/' , r'-\-p' Nell addotto esempio abbiamo, p = + 27.4 p'= 1,2 r = -\- .*.(> /■'= — 2.1,2 quindi /— 23,8 /— 24.0 onde e sensibilmente 1 = 1. c = -t- I.),.) c = — l3,2 m = 2.,j . 5 1. Graduazione della bolla osaia determinazione del movimenlo ango- /are del suo asse corrispondente alio spostainento di una parlicella. Messo il livello a qualcbe distanza dalla bitfa si collimi a questa prima colla bolla disposta verso 1 oculare, poi, alzando leggermente il cannocchiale, si collimi colla bolla avanzala verso 1 obbiettivo. DEL PROF. CARLO CONTI i.\- Si misuri la distanza orizzontale della biffa '>7 ; il movimento del centro 27..') particelle. La differenza delle due altezze e o"',i4.4 che divisa per 80 da o,oo36. il rapporto di 206265 a 27,5 e 7500,7 . II prodotto di questi due numeri e circa -±- : che vuol dire ad ogni particella corrispondono 27". Vedremo in seguito come una tal holla sia poco sensibile. 53. Venendo alle formole algebriche sia // 1'altezza letta sulla biffa nella prima collimazione, in metri : //' 1'allezza letta nella seconda collimazione ; il la distanza orizzontale della biffa dal centro del cannocchiale. csprcssa per metri ; n il numero delle parti trascorse del centro : i il numero di sccondi corrispondenli ad una particella ; R"= 206260 Sara . h'~ h II .>4- Esempio. //==i"', 3a8 ; il~ 180 : // 1 ,5^7 : rt= i>g. Si trova / ' = 8 ".'.') die indicu una holla molto sensibile. .').'). L chiaro che non dovremo stare ad una semplice determinazi ma fatta piu volte questa operazione, e trovati risultati abbastanza prossimi, ne prenderemo il medio. Tal medio poi che caratterizza la sensibilita della holla, sara bene di farlo incidere 0 sul vetro od in qualche parte dello stru- inenlo. I 58 CRlTKaiO VKW LA LIVELLAZIONE topografica 56. Quello die ora si e fatto per una grande escursione della bolla si potra eseguire per piccole escursioni di Ire a qitallro particelle dalla banda dell' oeulare verso 1' obbiettivo. Allora vedremo se la bolla sia di uniforme eurvaliira. die se mancasse quesla condizione la bolla sarebbe imperfetta. Sicrome poi la bolla forma la parte essen/.iale di un livello, cosi lo strumento, per quanlo fosse lodevole nelle altre sue parti, sarebbe sempre cattivissimo. Cos'i p. e. se verso 1' oeulare le tre prime particelle dessero per misura if)" per una. le tre segucnti 26", le altre tre 22" per una, lo strumento sa- rebbe imperfello. Avvertasi per altro che nelle eollimazioni relative a questo esame siccome il movimento del centro si fa piccolo, la biffa non deve essere molto lontana dal livello ; potra bastare una distanza di 3o a 4° metri '• badando bene cbe 1' oeulare del cannoccbiale sia a posto per la chiara visione, e cbe non vi sia parallasse dei fili. 07. Per questo esame della graduazione della bolla, e della sua unifor- mita non e necessario cbe il cannoccbiale sia in rettifica ; basta che la bolla vi sia fcrmamente congiunta. .'•8. Influenza dello spostamento di una parlicella della bolla suit aU tezza che si legge alia biffa. Dividasi il numcro di secondi corrispondenti ad una particella pel costante 206, si molliplichi il quoto per la distanza in metri, c si avra 1' errore della biffa in millimetri. og. Esempio. Sia una bolla della sensibilita di 20' per parlicella, e supposto uno spostamento di tanto, cerchisi alia distanza di 120 metril'er- roreinaltezza.il 20 diviso per 206 da o,mG. Moltiplicando que- sto numero per 120 ricaserenio millimetri 10,4. circa, cioe un centime- tro ed un terzo. 60. Per usare del linguaggio algebrico sia / il numero di secondi corrispondenti ad una particella, d la distanza della biffa in metri, // 1 errore di altezza sulla biffa in millimetri, ll"= 206265. DEL PROF. CARLO CONTl 109 Si li;i esattamentc h= iooo d -^r„ , /i cioe h — tl — = — ^7 e con bast ante approssimazione h = d — 206,26s ' ' 211L) Gi. Esempio. Sia i'=36"; circa di distanza. 66. Awcrtasi die qnesta delerminazione della distanza non puo essere cbe grossolana, ma in molti casi puo bastare. 67. Stando al linguaggio algebrico, ritenute le medesime posizioni del numero 8iJ avremo : , h'—h R" rf = -, 6< CRITERIO PER I.V LIVELLAZIONE TOPOGIUFIC.V formula che corrisponde alia regola sovraesposta in linguaggio ordinario. Sia //— i",Gi>.'); //'=i ".778; n=32 ; /=i3"; ricaveremo 8. II numero — e costante per un medesimo livello, sicche deler- minato una volta esattamente, valera fino a rlie si cangi la holla. Anche questo numero potrebbesi tener scrillo per adoperarlo quando occorre senza rifar ogni volta quella divisione. 6q. Potrebbesi anche apparecchiare una tabella che dasse le distanze corrispondenti alle escursioni della holla dalle 18 alle jo particelle di mezza in mezza ed alle differenze di millimetro in milimetro. Qui a modo di esempio mettiamo una breve tabella per le escursioni del centro dal 23 al 2.) e pei movimenti dello scopo dai i3o millimetri ai 14.0 supponendo che il livello dia per parlicelle 22". Tavola per le distanze della bifja dal livello. Eseursionc della holla Movimento dcllo .scopo espresso in niilliinctri i3o i3i 1 33 i34 ,35 i36 x37 1 38 i3g 140 P.ni 23,0 53 53 54 55 55 55 56 56 5? 57 23,5 52 52 53 53 53 54 54 55 55 56 56 24,0 5i 5: 52 52 52 53 53 53 54 54 55 24,3 5o 5o 5i 5i 5 1 52 5- 52 53 53 54 25, 0 49 49 5o 5o 5o Si 5: 5i 52 52 53 70. Esempio. Per una eseursionc di 1^ parti, e per un movimento nello scopo di o'" i36; ossia di i36 millimetri, determinare la distanza. DEL PROF. CARLO CONTI 1G1 Procedendo nella Unea orizzontale cui corrisponde nella prima colonna il ■24,0 sino a quella sopra la quale e scritto il i36, si trovera registrato il numero 53 . e lanta sara la ricercata distanza in metri. 7 1 . Misura delle distanze col movimento ripetuto del/a holla. Per adoperare questo modo e necessario che la bolla abbia una vitc con cui si possa stnuovere senza lurbare dalla sua posizione il cannoccbiale. Questa vile a passo rainuto potrebbe collocarsi dove d' ordinario e il congegno di reltifica. Allora dopo aver colllmato colla bolla dalla banda dell' obbiettivo e col movimento del cannoccbiale averla portala verso lobbiettivo e tenuto conlo delle parlicelle di escursione del centro, colla vile propria della bolla. senza toccare il cannoccbiale, la si Irasportera" verso 1 oculare. Cib fatto si muovera il cannocchiale alzandolo verso 1 obbiettivo, con die la bolla proce- dera di nuovo da quella parte e si terra conlo delle parlicelle trascorse dal centro. Quando siasi fatto questo per pin volte, e percio alzato sensibilmente il cannocchiale, si collimera di nuovo. Si soromera il numero delle particelle trascorse dal centro. nelle varie volte cbe si e prodotto il movimento della bolla coll alzamento del cannoccbiale. e si fara il medesimo calcolo indicato al numero G4 : o si usera della formula del G7. adoperando per n la soniina ora indicata. 72. Ksempio. Nei quattro successivi alzamenti del cannoccbiale la bolla ba percorso 20 ; 26. 5 ; i!^!h ; 22 parlicelle. La difterenza delle altezze lette nelle due rollimazioni fu di o'".f>74. La bolla segna per particella 17. Quant' e la distanza della biffa dal livello? I sando della regola esposta in linguaggio ordinario al numero G^- ovvero mettendo nella formula del G7 . // — h= -o"..t~^. : 1=1-; w = rj2.8 troveremo la distanza di 7.) ".<>.i. 7!). Quando un livello abbia quella maniera di congegno. che e in fine 1' ordinario di rettifica con maggior movimento. si potra esaminare con molta precisione la cnrvaliira della bolla nella estensione della scala. Ognnno poi vedra cbe in un laboratorio e cosa facile di aver un cannoccbiale con tale cuslodia cbe si presli a rilcnerc una bolla da esaminarsi col progresso in- dicato. /'../. 11. »i I 62 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA Si fa poi manifesto die per livellare converra colla vile rimettere la bolla i poslo, accioccbe il cannoccbiale torni in rettifica. y4- Meiodo di Uvellazione senza mettere la holla nel mezzo. Quando il filo e presso alio scopo, cosiche per piccolo raovimento, il quale non porti la bolla fuori della scala di divisione, si possa portare il filo in coincidenza, facciasi fermare lo scopo sulla biffa. Fatta la collimazione, intanlo die viene lelta e riveduta I'altezza, la bolla si riposera. Riposata la bolla, leg- gasi la posizione de' suoi estremi, e si trovi la posizione del centre La correzione espressa in raillimetri, da applicarsi all' allezza letta, si avra colla seguenle regola. Si moltiplichi il ninnero delle particelle di cui e spostalo il centro per la dislanza, e pel rapporto dei secondi corrispoiulenti ad una parlicella al numero costante 206 . Se il centro pende verso 1' oculare la correzione sara addittiva, se il centro e verso 1' obbiettivo la correzione sara sottrattiva. 75. Esemnio. La bolla segna per parlicella i3"; la distanza della biffa dal livello e di \^o melri ; il centro pende verso 1' obbiettivo di 3,2 particelle. Si trovera la correzione di millimetri 28 e si leverii dalla di- stanza letta sulla biffa. 76. Yolendo ricorrere a formula algebrica, diremo p la divisione cui corrisponde l'estremo oculare. r quella cui corrisponde 1 estremo obbiet- tivo ; d la distanza in metri della biffa dal livello ; / il numero dei secondi per particella ; e la correzione die applicasi all' allezza in mil- limetri. Avremo Quesla formula dara anche il segno con cui va applicata la correzione, pur- cbe la divisione verso 1 obbiettivo si prenda negaliva, e positiva 1 altra die procede dalla banda dell' oculare. 77. Potrebbesi anclie usare della formula piu semplice _ idt (/J-+- r) 1 OOO percbe 1 errore proveniente dal mutato denominatore e trascurabile. DEL l'ROF. C.\RT.O C0NT1 l63 78. Esempio. La distanza della biffa e di 120 metri; il livello segna per particella :> 1 secondi; l' estremo oculare stava in 4-'- dalla banda dell' obbiettivo, 1'estremo obbiettivo stava in 17.4 dalla medesima banda come e manifesto dover essere : cercasi la correzione. Avremn ressa in millimetri. Spostamcnto DISTANZA DELLA BIFFA IN M tlcl centro della bolla Osservazioni 5o 60 7° 80 9° 100 r.r.i 0,5 2,2 2,6 3,i 3,5 3,9 ^,4 Se il t.nlco p,n- 1,0 -»•-» 5,3 6,2 7,0 7,'S 8,8 i,5 6,", '■'.I 9,2 10,6 ",7 l3,2 1'Jnhn, , 2,0 3,7 I"."' 12.3 ■4,' .5,6 ■ 7,6 2,5 10,9 i3,i .5,4 1 7,6 19,6 22,0 3,o i3,i 1 5,8 i8,5 21 ,1 23,5 26,3 80. Esempio. Alia distanza di 80 metri fatta la collimazione e rile- vata 1' allezza i'".:>48 sulla biffa, il centro della bolla pendeva verso 1' ob- biettivo

  • vuol dire cbe la correzione e di n> milli- metri. od 1 1 come >i vuole ; e siccome il centro pendeva verso 1 obbiettivo. si leveranno i 10 millimetri dalla misura avuta nella collimazione, onde la vera allezza sara 1 .338. x64 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA 81. Principale criterio per /' esattezza della livellazione. Fatta una stazione di livello e lolto il conseguente, si misuri l'altezza del ccntro dell' obbiettivo dal sommo di un cavicchio infisso ncl suolo, con biffa che vi posi sopra. Dalla nuova stazione si collimi a questa bilfa rimasta sul cavicchio. poi, al modo consueto, si rilevi 1' antecedente. Se il cannoccbiale e. in rettifica, e se siensi fatte giuste le collimazioni e leite le altezze con esattezza, la differenza delle altezze lette sulla biffa al luogo del livello deve essere uguale alia differenza fra V antecedente e conseguente: ovvero le differenze di altezza, lette sulla medesima biffa e prese nel medesimo ordine, debbono essere uguali. 82. Esempio. II conseguente fu di im,g43 ; 1 altezza del centro del- l' obbiettivo dal cavicchio sottoposto i"\?.j2.. L'altezza battuta sulla me- desima biffa dalla novella stazione fu di i".638 . L' antecedente della novella stazione fu di 2m,3i 1. La differenza fra le due altezze 1,638; 1,272, e di o'", 366 ; la differenza fra 1' antecedente e conseguente e di o,368 ; numeri che possono aversi per uguali. Quindi potra ritenersi che il cannoccbiale sia in rettifica e che le altezze sieno state prese esattamente. 83. Se le due differenze di altezza prese nell ordine che fu detto non rombinano, e ribattute risultano le medesime, sara segno che il cannoccbiale e fuori di rettifica. Per avere 1 errore di rettifica in secondi si sottrera la differenza fra 1' antecedente ed il conseguente dalla differenza delle analogbe altezze prese sulla bilfa al livello. si dividera questa pel doppio della distanza del livello dal conseguente nella prima stazione, ed il quoto si moltiplichera pel costante 2062G.). Se la differenza delle altezze letle sulla biffa al li- vello e maggiore della differenza fra 1' antecedente e conseguente, il cannoc- cbiale alzera dalla banda dell' obbiettivo, viceversa alzera il cannocchiale dalla banda dell'oculare. Finalmente, per avere 1' errore in parti della bulla, si di- videra il trovalo numero di secondi per quei lanti secondi corrispondenti ad ogni particella che misurano il grado di sensibilita del livello. 84. Esempio. 11 conseguente sia di i"',82- alia distanza di 120 metri, 1' altezza del centro dell' obbiettivo dal cavicchio sia di i'",32i. L' al- DEL PROF. CARLO CONTI I G.i tezza battuta sulla medesima biffa dalla novella stazione sia di i '.;.'>•>. L' antecedente della novella stazione sia 2'". 282. Riscontrare la livellazione, La differenza delle altezze lette sulla biffa e <> '.4')l : ';i differenza fra l' antecedente e conseguente e <>. "4,K)- Essendovi differenza sensibile si ri- battono, e poniamo che nella nuova operazione risulti sensibilmente uguale. Cio vuol dire esservi un errore
  • . I sando del linguaggio aljrehrico metteremo : o DO D // I' altezza del centro dell' ohbiellivo sulla lesla del cavicchio the porta la biffa, C il conseguente haltulo nella prima stazione. //' I' altezza letta sulla biffa al livello, dalla nuova stazione, A il conseguente nella seconda stazione. a la distanza del livello dalla biffa nella prima stazione. / il numero de' secondi corrispondenti ad una parlicella della holla. X 1 errore di rettifica del cannocchiale. positiva se al/.a dalla banda dell ohhieltivo. negativa se alza dalla banda dell' oculare. n 1 errore di rettifica espresso in parti della holla. Perche I' operazione sia hen fatta e perche il cannocchiale sia in rettifica deve essere K-h = A-C. l6G CRITERIO PER LA LIVF.LEAZIONE TOPOGRAFICA Se questa equazione non e soddisfatta, e ribattute la altezze si trovino giuste. avreino *'-A_(./_C) 86. La formula prima puo anchc mettersi solto il seguente aspetto h'-^-C— (h-hJ) id R" , die suggerisce questa regola. Dalla seconda altezza letla sulla bilfa al livello aumentata del conseguente, si tolga la prima altezza aumentata dcll'antece- dente. Questa differenza divisa pel doppio della distanza e moltiplicata pel numcro 20626:), dara 1' errore di rettifica in secondi. Se la prima som- ma e maggiore dell' altra, il cannocchiale alzera dalla banda dell' obbiettivo. se la prima somma e minore dalla seconda il cannocchiale alzera dalla parte dell' oculare. 87. Esempio. Sia h= i"',327 ; //=i'".827; d= i5o.; /=i8". C= 1,572 ; A= 2,i45 Abbiamo // — A = om,5oo ; A — C=o"',573. Essendo questi numeri assai diversi, si ribatteranno le altezze. Supponendo che si trovino le mede- sime calcoleremo A e si trovera ^= — 5o", 2 circa, locche vuol dire che il cannocchiale e fuori di rettifica ed alza dalla banda dell' oculare. Dividen- do 5o",2 per 18" avremo 2.8 circa ; laonde il cannocchiale alzera dalla parte dell' oculare di 2 parti ed otto decimi. 88. Questo melodo, allorche 1' andamento di livellazione lo comporta. e pregevolissimo lanto per 1' agevolezza dell' csecuzione, come per la bonta del criterio che si riporta alia collimazione, alia altezza letta, alia rettifica del cannocchiale. Tengo per fermo che chi vorra un poco abituarvisi ne lara poi uso conlinuo. 8q. 1/lro criterio per la livellazione. Battuto il conseguente. si porti la bitfa sopra altro cavicchio un poco DEL I'ROF. CARLO CONT1 iGj discoslo dal primo, e si prenda una novella altezza che diremo conseguente ausiliario. Dalla nuova slazione, preso l'ordinario antecedente, si posi la biffa snl cavicchio, che ha servito per il conseguente ausiliario. e sibatla laltezza che pur diremo antecedente ausiliario. Se le colliniazioni furono esalte, e giusle le letture, la diffcrenza Ira il conseguente e I' antecedente ordinario, deve combinare colla differcnza Ira il conseguente e l'antecedente ausiliario. rjo. Esempio. II conseguente ordinario fu di i .cp- ; 1 ausiliario di 1 ",.')G- . L'antecedente ordinario fu ili 2"\i4^ ; 1 ausiliario di i ,779 • La differ enza Ira le altezze ordinarie c di o"'.2i.» ; quella fra le altezze ausiliarie di o '".*-> 12 ; che potendosi avere per coincidenti, (anno prova di esattezza nelle altezze prcse. 91. Le altezze ausiliarie non debbono entrare nella livellazione, a meno che quei punti sui quali riposa la biffa non fossero di quelli che si hanno a collegare coll andamento di livellazione. 92. Quando la biffa non sia mollo discosta dalla posizione ordinaria, non si pub aver criterio di rettificadi cannocchiale. E quando fosse anchediqual- rhe decina di metri discosta. la determinazione dell' errore di rettifica, calco- lato colla formula dala a suo luogo. sarebbe sempre incerta. Quindi e che abbandonando la ricerca dell' esattezza di rettifica con qnesto metodo, mette- remo l'asla poco discosta, e dal confronto che fu csposto, ci accontenteremo di avere una facile prova della eiustezza nelle altezze baltule. Nola. Riporto qui una regola per determinare 1 errore di una quantita dipen- dente da altre, supponendo che nrlla loro misurazione siensi commessi errori picciolissimi. Servira questa breve discussione a confermare quello che lu annun/.ialo nel principio. La quantita x dipenda da y. j, // .... per mezzo della equazione x= ?| y.c.n... j . Sostituendo ad y,z,u... valori esatti, da quella formula lG8 CRITERIO PER LV LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA trarremo il giusto valore di x. Ma se ad y, z, //... si sostituiscano valori prossimi y\ z\ u .... ne verra fuori un valore x' . che sara giusto per y'.z'.u... erroneo per y, z, «... ; e siccome riputeremo che y z u ... sieno i veri, commetterassi un errore x — .r . Tale errore sara espresso dal- 1 equazione .r' — x =

    •, z. u ...) . Mettiamo .r— .r= §.r, y — y= oy. z — z = lz, u — u=hu...(_- supponiarao che tali differenze sieno picciolissime. onde nello sviluppo sipos- sano ommettere i termini d' ordine superiore al primo. e si avra lr= (|)^+ &*+ (l)SM-*-etC- 1 coefhcienti di o> . ~oz, 'ou ... esprimeranno 1 influenze degli errori cora- messi in y. z, u ... sulla determinazione di .r. Benche non si conoscano \y,'oz,ou... , altrimenti avrebbonsi i valori esalti dei quali sarebbe da usare, potremo conoscere il limite di loro grandezza, e cosl per la precedente equazione si avra un dato sull errore di x. cioe sui limiti entro i quali puo essere ristretto. Veramentc nel calcolo di quei coefficienti, si dovrebbono meltere i valori giusti ) . z. u... ma cio non fa diversila sensibile, menlre nell ipotesi assunta sulle picciolezze di oy,'6z,'e>u... la differenza e di ordine trascurabile. Gli errori oy,'oz,ou ... possono essere positivi e negativi. potendosi in una misurazione peccare in eccesso ed in dilello, per la qual cosa a sti- mare giustamente i limiti di ox. dovremo considerar la perniciosa influenza cbe dipende dalla grandezza e segno degli errori possibili. II ox rappresenta 1 errore assoluto ; potrebbesi invece domandare il rappoiio dell' errore alia quanlita stessa, per sapere se sia da temere un er- rore del mezzo per cento, dell' un per cento e via dicendo. Questo rapporto verra dato dalla formula DEL PROF. CARLO CONT1 I 69 " vvcro da x --'--, u) °y + * ( *) >* + -„ (J) u + ec- Si.i j». e. / la distanza orizzontale

  • ° 1' errore commesso sulla mi- surazione di / cresce riportato ad //. Cos'i anche il termine secondo dipendente dall' angolo « puo diventare forte coll' aumentarsi di tale quan- tity, ossia coll' assumersi piccola base. , oh ol 2§a , , . ,, .. Avremo ancora -r- = — -\ , la quale equazione da il ran n I sen 2a ' ± 1 i porto dell' errore di // . Se la e espresso in minuti dovremo porrc oh dl i'ox h I Ii sen 2x essendo /i' — 3438, per cui sara in fine /"/ ol let h " I i - 19 sen 2a Sia « = Go". &a nel massimo limite possa ammettersi di :>.', e -y = — avremo -,- =. — ■ -+- -. — . cioe 1' errore derivante dell'angolo non arrive- h 1 00 1 a i 1 ° rebbe alia quarta parte dell' errore commesso nella misurazione della base. Cella I 8 Agoslo 18 i- DESCR1ZIONE 1)1 UNA MACCHINA A DISCO PER LA DOPPIA ELETTRIC1TA. L DLLLIi tSPERIENZE ESIiGDITE CON LSSA. COMPARATIVAMENTE A QUELLE DELL'ELETTROMOTORE VOLTIASO DEL PROF. AR. FRANCESCO ZANTEDESCHI ll signor Dujardin di Lilla, il if) maggio 1843, sottoponeva al giudicio dell Islituto di Francia una macchina elettrica a disco che mette simulta- neamente in evidenza i dae stati elettrici positive e negativo ; e quella insigne Accademia destinava a Commissarii i signori Rabinet e Desprets (Comptcs rendus de f Acade'mie des sciences, t. xvi, pag. io8j ) perche avessero a fame rapporto. Questo falto mi ha incoraggito a presentare la macchina a disco a doppia elettricita, che io, merce la muniheenza sovrana che form i mezzi necessarii, feci costruire dal noslro macchinista sig. Fran- cesco Cobres pel Gabinetto di Fisica dell' 1. R. Liceo di Venczia. L atten- zione die fa cortesemente accordata in Francia alia macchina del Dujardin spero che non sara negata aile esperienze istituite con quella costruita in Venezia, della quale ora presento il disegno (Tavola XI). e che sla esposta nell' I. R. Liceo alle vostre disamine ed invest igazioni. mentre di quella di Francia non se ne conosce peranco la costruzione, ne il rapporto dei Com- missarj (i). 172 DESCIUZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC. I Fisici, sino dal secolo scorso, hanno rivolte le loro cure ed investiga- zioni alia costruzione di una macchina elettrica die avesse a comprovare la simultanea esistenza dei due stati npposti elettrici de' corpi ; e nella storia della elettricita si ricorda quella di Nairne a cilindro (Trans, philos. 1770, Description de la machine electrique) ; quella a disco, descritla da Van Ma- rum ; quella diBiot; quella rappresentata dal Belli ; quella a piu pezzi di cri- stallo immaginata dal nostro Maggiolto e perfezionata dal professore Dal Negro (Description d' line tres-grande machine electrique, pluce'e dans le Museum de Teyler a Haarlem, et ties experiments [aits par le moyen de telle machine par Martinus Van Marum ; Biot, Trade de physique expe- rimentale et mathe'matique, T. II, chapitre VII, pag. 327. Paris 1816; Belli. Corso di Fisica sperimentale, Vol. Ill, Sec. iv della Elettricita, pag. 4.1 ; Lettera di Francesco Maggiotto al sig. Ab. Giuseppe Toaldo, P. P. di Astronomia in Padoia 1781; Dal Negro, IS'uovo metodo di costruire macchine elcitriche di grandezza illimiiata, e nuovi esperimenti diretti a rettificare t apparato eleUrico, Venezia 1799; ma se si ecceltua quella di Nairne. le macchine elettriche a doppia elettricita sono tutte piuttoslo idonee a sperimentare separatainente sui due stati elettrici opposti, anziche ad isti- tuire ricerche sulla simultanea dinamica potenza della materia elettrica. Io non nego die alcune con qualche aggiunta, come quella rappresentata dal Belli, quella descritla dal Van-Marum, e quella immaginata dal Maggiotto, non potes- sero prestarsi alio investigazioni dei simullanei efretti della elettricita positiva e negativa, ma queste macchine sarebbero sempre di troppo complicate, come e quella indicata dal Belli, in cui vi sono nove isolanti ; 0 di troppo dispen- diose, come la stragrande di Van Marum con undid isolanti; la grandiosa del Maggiotto con otto ; io 11011 parlo di quella di Biot, die per sua naturale costruzione e destinata alle successive ricerche della elettricita vitrea e resi- nosa ; ne la macchina elettrica di Nairne pare possa sostenere corrente abba- stanza copiosa da ottenerne quegli effetti die addimanda la scienza ; essa non ha die un solo cuscinetto, e tuttavia abbisogna di sette isolanti. Lo stesso Volta,' die gia possedeva questa macchina a cilindro del fisico inglese, per verificare la sua sentenza die colla semplice corrente prodotta dal giuoco DEL PROF. AB. FRANCESCO ZANTEDESCHl I;.i d'una buona macchlna comune si saxebbe fatta l'analisi dell'acqua. fece ricorso al D.' Van Alarum, perclic ne facesse la prova colla sua grande maccliina del gabinetto di Teyler, e gli elettricisti ricordano nei loro Traltati die la cosa si e verificata in Ingbilterra, e che e riuscito a laluni di quei fisici di svol- gere dall' acqua delle bollc d'idrogeno e di ossigeno promosso dalla semplice corrente cleltrica di una maccliina ordinaria ; la quale resa continua, col giuoco sostenuto di essa maccliina veniva obbligata ad atlraversare un pic- colo Strato di acqua sorlendo od entrando per una soltilissima punla metallica, al line di concentrarvi lulla la forza. (Collezione delle Opere di I o/tii. T. 11, P. 11, pag. 22G. ) Prima di quest epoca 1 analisi dell' acqua colla elettricita 11011 si era oltenuta clie dai chimici olandesi con lunglie e faticose sperieuzc a mezzo di replicate scariclie della bottiglia di Leyda, e ripetutada Sylvestre e dall' Ab. Chappe per convincerne gl' increduli. ( Journal de phys. Nove/nb. 1 789. pag. 36g ; de JMcholson, n. VI, vu e viu, 1 797 ; Lellre de M. Sylvestre et M. f Ab. Chappe, a M. de Fourcroy ; Annales de Chimie, T. VI, pag. 121, an. 1790; Dal Negro, Nuot'O metodo di cosiruire macchine elettriche ec. p. xiv e xv.) Ma colla maccliina di Nairne a doppia elettricita, io 11011 so, ad eccezione delle attrazioni e delle ripulsioni, cbe siensi falte applica- zioni alia cbimica. E in qucsta parte un vuoto cbe io ritrovo nei Trattati di lisica, come in quelli di Pouillet, di Despretz, di Lame, di Pianciani, di Scina', di Uarlocci, e di Gerbi ; e cbe non venue riempiuto neppure colla ristampa cbe di alcuni di quesli Traltati si fece nei 1 84->- Sono molli anni cbe io vivamente desiderava cbe i lisici avessero a sup- plire a questo difetto, a vie maggiormente collegare gli effetti della elettricita di attrito colla Voltiana ; collegainenlo cbe e della piu grande importanza. sia cbe si risguardi dal lato della teoria. sia clie si cousideri dal lato del pratico iusegnanieuto : ma in mezzo alle grandi scoperte cbe richiamarono 1' attenzione dei dolti d Europa, questo scienlifico perfezionamento venne Irasandato. 11 P. Alessandro Beshinktasb, profess, di lisica in questa Cougregazione Armena di San Lazzaro, Del suo so^gioruo in Londra, fece cosiruire una ricca collezione di bellissinie macchine per un corso di lisica luoderua : e se il I 74 UESCRIZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC. Gabinello di questo I. R. Liceo e di allri del Regno sono forniti di alcuni de' piu recenti apparati, cio devesi alia cortesia di questo Padre e del R. Preposto al Collegio Armeno in Venezia Rafaele Trenz, clie mi aprirono i Ioro Mnsei, e miscro a mia disposizione 1' intiera loro suppellettile di fisica. In questa ricca collezione avvi pure una maccliina a disco per la doppia elettricita, dalla quale ho tratto partito per quella clie feci costruire dal nostro mac- diinista sig. Francesco Cobres in dimensioni maggiori, modificandone gl' iso- lamenti c con aggiunta di alcuni apparali che si prestano a varie ricerche chimiche. Le modihcazioni degl' isolaraenti consistono nella natura del vetro e nella vernice. La maccliina importata dal Padre Armeno ha gl' isolanti a vetro bianco e nudo, quella coslruita in Yenezia ha gl' isolanti a vetro verde e spalmato di buona vernice, per cui la dispersione riesce minore. Del resto, questa maccliina, dalle comuni a quattro cuscinetti, differisce unicamente in questo, che gli stanti sono di due parti formati, le inferiori in legno comuni- canti colla base o sostegno, e le superiori di coibenti o di vetro spalmato di vernice, per cui i due cuscinetti inferiori comunicano sempre col suolo, ed i superiori sono isolati. Questi portano un solo conduttore, che conveniente- mente incurvato puo chiudere il circolo col bevitore, il quale sostenuto da nn isolante orizzontale raccoglie 1' eleltricita sviluppata dal disco di vetro. II bevitore adunque e elettrizzato in piu, o vitreamente, e il filo comunicante coi cuscinetti superiori e elettrizzato in meno, o resinosamente. Ora fra le due estremita di questi due conduttori noi abbiamo come i due poli, o i due elettrodi di un apparato Voltiano. E sopra di questi che io ho istituito le se* guenti esperienze, che vengo ora a descrivere. Queste possono essere in tre classi comprese, ed agguardano gli e{fettiy?.svW, fisiologici e chimici. Non cono- sco che alcuna ricerca sia stata falta colla maccliina che il P. Alessandro reco da Londra, e non la trovo neppure in alcuna opera descritta. Per cio che spelta agli effetti, io non m' intratterro sulle attrazioni e ripulsioni de- scritte da' fisici, le quali si rannodano con quelle del pendolo oscillante del- 1' elctlromotore Z,amhoniano ; io piuttosto notero come nel moto de' liquidi ch' escono da un forellino si abbia un acceleramento e sparpagliamento tanto se il secchiello comunica col polo positivo, quanto se il secchiello comunica DEL PROF. A?.. FRANCESCO ZANTEDESCH1 17.") col polo negative lo non ho potato pero determinare se, in tempi eguali, la quantila del liquido ch'esce sia sempre la slessa, edunicamenle dipenda dal- 1' altezza del liquido premente, come crede Lame. ( Lame, Cours de physi- que, T. \\, p. 11, pag. G;>, Paris 18!) 7 ; Cavallo, Trattuto complelo di elet- tricita. pag. 65. Firenze 1779; Ellicol, Sur I acceleration da mouvement des Jluides par I e'lectricite. Trans, phil. 1700.) Tra i fenomeni fisiologici che formarono obbietto di moltiplicate espe- rienze io bo cercato di melterc in rhiaro i seguenli : I. II sapore. Parlando della elettricita Voltiana, s' insegna cbe si sente un leggiero sapor acido, se I'elettrico entra nclla lingua, colla elettricita positiva 0 vitrea; e un sapor alcalino, se esso esce colla elettricita aegativa 0 resinosa. Fu il Volta cbe ebbe questa sensazione di sapore acido dal conduttore posi- tivo, ossia elettrizzato in pih d'una buona maccbina eleltrica, e di sapore avente dell'alcaliuo dal conduttore negativo, ossia elettrizzato in meno, la pri- ma abbastanza distinla, la seconda non tanto, col tener applicata la punta della lingua a quel conduttore e a questo, mentre faceasi giuocar continuamente essa maccbina accio si mantenesse la corrente elcttrica. . . « Un'altra maniera i migliore, dice il Volta, per sentire il sapore cagionalo dalla corrente elet- • trica mossa e mantenuta dal giuoco continuato della maccbina, quella si e < di ricevere sull apice della lingua il liocco spiccantc da qualcbe punta del » conduttore elettrizzato positivamente ossia in piii, non accostandovi pero « troppo essa lingua, accio non venga colpita da scintilla » (al qual fine e bene cbe delta punta del conduttore non sia metallica, ma di legno o d'altro imper- tetto deferente) ; provasi con cio. oltre al vellicamento cagionato dal cosi detto venticello, un geutil saporetto acido provocante un poco la salivazione. Se, al contrario, il conduttore a cui si preseuta in tal modo la lingua, sia elettrizzato negativamente, ossia in meno, la sensazione di sapore sara o nulla. 0 di quell' altro sapore tirante all' alcalino. come appunto e nulla o di tal sapore la sensazione cbe nell' esperienze galvanicbe prova 1 apice della lingua dalla parte di quello dei due metalli che pel contatto coll' altro viene elet- trizzato in meno. qualora il sapore acido. cbe fa sentire quell' altro metallo elettrizzato in piu, sia pur debole. 0 per essere tra metalli poco diversi. 0 1-6 DESCRIZ10NE DI UNA MACCHINA A VAPORE, EC. o per non esser questi il piu convenientemente applicati. (Identita del Jluido eleitrico col cos) detto fluido gohanico. pag. 1 17 c 127. Pavia 1814) Invece di sperimentare separatamente sull' una dclle due elettricita, io uso in questa raacchina elettrica che la persona isolata faccia parte colla lingua del circuito e degli elellrodi positivo e negativo. non altramente di quello che suolsi fare nell elettromotore Yoltiano. Qui pure 1' elettrodo positivo, che risponde al polo positivo della pila di Yolta, da' sapore acidetto ; e 1' elettrodo negativo, che risponde al polo negativo, da sapore alcalino. ma inoltre meno intenso del primo. Per tal modo sperimentando parmi piu compiuto il parallelo fra 1' elettricita ordinaria di attrito e quella dell' elettromotore Voltiano. perche in ambi i casi si ha un circuito chiuso, una elettricita circolante. 11 Schoenhein colla elettricita Yoltiana rinvenne al polo positivo un odore simile a quello che scappa per emissione dalle punte dell' elettricita ordinaria (V)ibl. TJnivers. aoi/t 1840. pag. 342 ) ; fenomeno che a nostri di venne riportato in tntti i giornali di iisica ; ma noi ricorderemo che sino dal 1804 ehhe il Yassalli Eandi ad osservare che il galvanismo positivo tratto da una pila formata di zinco e rame con soluzione di muriato di ammoniaca e con- dotto per fili d' oro purissimo sopra del cotone hagnato e galleggiante sul- T acqua dislillata, diede un odore distinto di gas nitroso, e che un odore analogo, ma molto piu debole e da riuscire incerto, ehhe a sentire sul cotone galvanizzato negativamente ( Aldini, Essai the'orique et experimental sur le galvanisme, pag. 207. Paris 1804.). Pfaff assicura che 1' odore di fosforo. di aglio. di zolfo dell' elettrico di attrito e sensihile specialmente pel diffon- dersi della elettricita positiva ( Gehler's, Physik. Wor. art. EleJf.).Met- tendo la persona isolata come si e detto di sopra e facendo in modo ch' en- trassero a far parte del circuito la lingua e le narici, comprovai pienamente in quanlo ad intensita 1' esattezza dell' esperimento di Pfaff. Coll' elettricita negativa io pure provai un odore meno intenso di quello ch' ehbi a speri- mentare colla elettricita positiva ; ma se egli fosse in qualita lo stesso. non ardirei affermarlo. Presentando il rovescio della mano al conduttore positivo e negativo io ehhi una vellicazione che rassomigliava al solletico prodotto dall' incontrare DEL PROF. AR. FRANCESCO ZANTEDESCI1I I 77 una rara e sot til tela
  • /». Vi ho falto praticare verso il fondo due fori circolari opposli, ne' quali ho inserito due cannelli di vetro, portanti ciascuno 1111 filo sottilissimo di metallo, die nella estremita interna sporgeva di una minima parte, e in tulto il restante era perfettamente difeso dal vetro ; al quale scopo, secondo il metodo di Wollaston, aveva falto fondere al dardo della Gamma il vetro stesso, e liiessavi lestremita metallica a nudo col mezzo della molla, che ne levava gradatamente il vetro. Uno di questi fili nella sua parte ester- 11a era unito ad un grosso filo di ottone piegato ad angolo retto, e termi- nato all' altra estremita in una vite per fermarlo sul bevitore positivo della macchina elettrica ; l'altro filo, nella sua parte esterna. era congiunto eon un grosso filo di ottone terminato in palla. colla quale si poteva compiere il circolo rol bevitore negativo. Le scoperle estrcme punte del fili sottili potevano esser portate assai vicine. 1 fili erano di ferro e di plalino, in modo che io poteva far agire 1 apparato con elettrodi tutti di platino. ovvero con uno di platino ed altro di ferro a mio piacimento. Tale apparato 1' ho chiamato analisimetro elet- tro-chimico in luogo di voltametro che si usa anche per le analisi prodotte coll elettricita comune. Portate iinpertanto le punte assai vicine, ma non a contatto. e chiuso il circolo, ed introdotto il liquido decomponibile nell analisimetro, ho veduto che colle due punte di platino. e con acqua acidulata con acido solforico si sviluppavano galozzole da ambe le punte ; e sostituita al polo positivo una di ferro, questa si ossido, e al polo negativo continuo lo sviluppo gazoso come prima. Usando acqua clorata e punte di platino io non ebbi sviluppo gazoso che al polo positi\o : colla soluzione di protocloruro di stagno e gli elettrodi di platino apparve in forma gazosa 1' idrogeno al polo negativo. e nessuno 180 DESCRIZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC. sviluppo gazoso al polo positivo; ami conlimiaiulo 1' azione clettrica, il polo negativo si coperse dl stagno ridotto ; analogo risultamento io mi ebhi col protosolfato di ferro. Colla soluzione del solfato di rame e gli elettrodi di platino villi il rame melallico depositato in forma di globctti sull' elettrodo negativo ; ed inversa la comunicazionc, scomparvero perfettamente i globetti di rame, com' e nolo aver ottenulo Wollaston con una corrente di scintille elettriclie. {Phil. Trans. Vol. XCI, pag. ^27) Colla corrente scintillante ho veduto rendcrsi discontinuo lo sviluppo di gaz ; ma le galozzole in questo caso apparivnno piu grosse die a circolo chiuso; perche allora si presentavano sotto 1' aspetto di una nube ascendente. Questi risultamenti stabiliscono la piu perfetta analogia tra la corrente dell' elettromotorc voltiano ed una sostenuta da una macchina di attrito ; ma havvi una grande differenza nella quantita degli effelti ; il che comprova, secondo Volta, la ricca copia di elettrico che per ogni tempo brevissimo fornisce 1' elettromotore, in confronto di una buona macchina elettrica ; e da questa minor copia di lluido elettrico, che mettono in corso e fan passare le macchine elettriche anche le piu potenti a ciascun momento, in paragone di quella che promuovono le pile, che ripete lo stesso Volta la piccolezza degli effetti ; ma, secondo altri, potrebbe forse cio derivare da piu intrinseca cagione, che a prima vista non paja, cioe da una diversita del flnido voltaico da quello di attrito. I descritti fenomeni adunque fisiologici e chimici rannodano fra di loro, per alcuni rapporti, queste due branche di elettricita di attrito e del Volta ; e quelli del liquido che sgorga da un foro capillare e della scintilla elettrica possono per avventura tornar utili per istabilire qualche veduta teorica in- torno all' elettrico, sulla quale io tornero dopo aver esaminato i fenomeni d' induzione dinamica. — Sarebbe mio desiderio che questa macchina si avesse a difFondere in tutti i Gabinetti di fisica ad istruzione della studiosa gio- ventu, al quale scopo precipuamente ne ho descritte le parti essenziali e gli effetti ottenuti ; non essendo d' altronde immeritevole dell' attenzione del fisico o il rinnovamento di una esperienza non ripetuta da altri, 0 la determinazione piu circostanziata di un fenomeno, 0 il metodo stesso piu pronto e facile in Vol.11. Tav.XI ftl)'- F..K' ,y.J,/,„/, ,/,„.,/„/%,/,/„,.,,,„,//, I /' ./s K-s sit////,,/'? //s./s/s, „ s /■//<>, s/ i /(//'?// ///s/ //(//s/fy/ s/ s///s //f/Z/ffv/// I 'fe DEL PROF. All. FRANCESCO ZANTEDESCH1 I Hi confronlo di altri. Se io posso ottenere con questo scritto lo scopo bramato, questa mia qualunque siasi tenue ricerca avra il maggior compenso possi- Idle, die e quello della diffusione di lnioni studii Ira noi. I Letta ,1 16 Luglio 1843 1 \ OTA (1) Posteriormente, negli Annates de Cltimie et de Physique di Parigi iu pubblicata la descrizionc della macchina del Dujardin. TomoJX ,pag. i io, 1843. OSSEKVAZIONI SILL' ORD1NE DELLE SERTULARIEE DELLA CLASSE DE' POLIPI DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIM I Jappoiche Edwards, Audonin ed Ehrenberg sroprirono nclle Fluslre, nolle Cellarie ed in altri polipi somiglianti la doppia apertnra del canale intestinale ed una organizzazione sotto molti rapporti corrispondente a quella dcgli animali ascidiani, piu non rimase ilubbio alcuno sulla necessita ili formare delle Sertulariee quali le aveva rircoscritte il Lamouroux. un ordine o famiglia distinta. Sono polipaj di sostanza cornea, affissi con un iulcro ra- diciforme agli oggetti marini, forniti di un tronco dislinto, semplice o ramoso, frequentemente articolato, sempre cavo, contenente un tuho membranoso riempito di sostanza granulare e comunicante coll' estremita inleriore dei singoli polipi. che li.nino una cavila digestiva semplice, la quale si apre all' estcrno con bocca conica contornata alia sua base da dieci a venti tentacoli, e che sono contenuti in calici di sostanza cornea, di diversa forma, colloca- zione c grandezza secondo i generi e le specie. Quella condizione di unita multipla cbe sembra render inapplicabile alia massima parte de' polipi il concetto della individualita, riesce nolle Sertulariee ancor piu evidente cbe nolle altre famiglie, e combinandosi alia singolarita delle forme esteriori, cbe tanto vivamente ricordano le vegetal!, se non giustibca rondo almcno ragione del noine di zoofiti. col quale per lo addietro s indica- I 84 INTORNO LORDINE DELLE SERTULAR1EE, EC vano. Pienamente dimostro il Lamark, che tutto e nolle Sertulariee al pari die negli altri ordini di polipi perfettamente animale, ne esse presentano accoppiamento di vita vegetale ed animale che sia maggiore o piii deciso di quello che si riscontra negli animali delle classi superior!. E pero innegabile che que' pretesi zoofiti meglio che qualimque altro ordine di animali si pre- stano al confronto co' vegetali. e quantunque ahusando d' un tal paragone ne possano derivare dannosissimi errori. esso non cessa pero di essere opportuno id utile fino a tanto che rimanga circoscritlo ne' limiti d' un semplice confronto. Imperocche animali e piante costituiscono due regni ben distinti. i quali si pos- sono bens'] avvicinare 1' un l'altro fino a rendere arcana edubhia la distinzione, ma confondersi non mai. Riducesi quindi la questione a sapere a qual gruppo di vegetali sieno meglio paragonabili i zoofiti a differenza degli altri animali; e questo mi sembra che dalla maniera altuale di considerare si gli esseri vegetali che gli animali sia con precisione indicato. Oggidi la pianta al pari dell animale si considera come un aggregato di elementi organici similari questi elementi sono tutti fra loro organicamente collegati, ma ciascuno ha in se quanto e necessario al compimento degli atti vitali : negli animali supe- rioi'i e nelle piante vascolari essi si uniscono cosi strettamente e si fondono per cosi dire nella formazione degli organi complessi che perdono pressoche intieramente la originaria loro individuality. Negli animali inferiori invece e principalmcntc nella classe de' polipi, al pari die nelle piante cellulari, ciascuno degli elementi consegue intero il suo individuale sviluppo, e bench e connesso alia somma degli altri ne rimane in certo modo isolato ed indipendente. Basti aver toccato di tale argomento per mostrare quanto interesse possa derivare alia scienza generale della vita dallo studio delle Sertulariee. le quali conservando costantemente i suaccennati caratteri presentano cio non pertanto varieta maravigliosa di forme e di combinazioni. L organizzazione dei singoli polipi, quantunque generalmente riguardata come semplicissima ed in tutto conforme a quella dell' idra verde delle acque dolci, die tanto rese famoso ;l talento d' osservazione del Trembley, pure si riscontra sempre piu compli- cata di mano in mano che si assoggelta a piu attento esame, scoprendovisi ognora nuovi organi. de quali per lo addietro neppur si sospettava 1' esistenza. DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHINl l8~> II moilo col quale sono simmetricamente distribuiti i polipi e i calici die li ricettano sull' intero polipajo, c correlative alle vicende del loro succes- sivo sviluppo, e perche varia nei different! generi, ed in ogni specie pure presenta una qualclie differenza, bisogna in tutte investigarlo per poterne trarre una qualehe generate deduzione. Le vie molteplici di propagazione dimostrano vero quel prinripio, die quanto piu inferiore e tin essere nella serie dell'organizzazione, tanlo piu liberalmente provvede natura alia sua moltiplicazione. II polipajo puo indefinitamente pullulare: rotto, infranto. divelto dalle tempeste, al soprawenir della calma e di piu mile stagione, come pianta dalle radici, mette nuovi germogli, e come quella di fiori, cos'i esso si copre di nuovi polipi. E perche 1 immagine sia ancor piu viva e somigliante, porta, a guisa di frutti, de' calici maggiori e variamenle confor- inati, ne' quali si agcolgono gl'individui femminei gravidi di uova. che a ma- turita si disseminano e vanno piu lontano a riprodurre la specie medesima. La maniera di formazione e di accrescimento successivo della parte solida del polipajo offrc pure campo a minuziose e non meno important]' ricerche. L'opi- nione di coloro, che questa parte riguardano come inorganica e iormata mec- canicamente mediante il consolidamento della secrezione avvenuta alia superficie dell 'animate, non puo soddisfare oggidi. dacche conosciamol'intima struttura e i mutamenti organici successivi cui e soggetta l'epidermide, e le varie sue pro- duzioni negli animali superiori. Tanti e cosi importanti soggetti di esame non potevano a meno di dirigere alio studio delle Sertulariee le gloriose fatiche d instancahili osservatori. I preziosi materiali raccolti da Ellis in Inghilterra c da Cavolini in Italia aveano aperto un nuovo campo. che offri larga messe di scoperte ai rccenti. fra' quali hasti rammentare Dalle-Chiaje. Costa. Milne Ed- wards. Grant, Lister. Wagner e Lowen. Ma il nostro Adriatico che tanto abbonda ancbe in questo genere di naturali ricchezze, non ehhe alcuno che le prendesse a mira speciale de' propri studj, e le facesse servire al pro- gresso della scienza. Egli e percio che con amore io mi diedi a raccogliere e studiare queste eleganti produzioni del marc, che spontanee mi si pre- sentavano nelle mie algologiche ricerche; e son gia dieci anni che. ad isti gazione del henemerito prof. Catullo. ne offrivo una collezioncella all I. \\. Vol. 11 aij l86 INTORNO l'ordine DELLE SERTULARIEE, EC. Gabinetlo di Sloria Naturale da lui diretlo. Ampliatane poi la raccolta e continuatone lo studio, potei in quest' anno presentare all' I. R. Accademia di Padova la serie di tulte le specie che finora mi riusci di procacciarmi, convenientemente classificate e disposte. Piu per altro che la copia degli og- getti e la novita di alcune specie, io credo che abbiano a deslar interesse accurate osservazioni sull'anatomia e fisiologia di questi esseri, scopo primario di ogni zoologica ricerca ; e percio mi pregio di otfrire, qual saggio delle mie indagini su quest' ordine di animali, alcune osservazioni relative ad uno dei molti generi nei quali esso viene atlualmente distinto. Fino dal 1812 avea il ch. Lamourou\ diviso in molti il genere Sertula- ria di Linneo, desumendone i caratteri dalla collocazione reciproca de'calici polipiferi. E siccome questa collocazione dipende, come superiormente fu avvertito, dal modo di successivo accrescimento del polipajo, che necessa- riamente e legato colle altre differenze tutle di organizzazione, ne provenne che gli autori piu recenti non trovarono a fare che ben poche modificazioni ai generi del Lamouroux. Quattro anni piu tardi pubblicava il Lamark il secondo volume della sua grande opera sugli animali invertebrali, nel quale traltando de' polipi adotta generi perfettainenle corrispondenti a quelli del Lamouroux, ma con nomi diversi. E perche una tanta autorita era confortata dalla testimonianza del Valenciennes, il quale asseriva preesistente ai lavori del Lamouioux la classificazione Lamarchiana de'polipaj nel Museo francese, prevalse 1' uso di adottare, benche posteriori in pubblicazione, i nomi del Lamark. Lascio ad altri tale questione dei nomi per occuparmi delle cose. Fra i generi del Lamouroux uno de'piu ragguardevoli per numero di specie, de'piu importanti per la singolarita dell' organizzazione, e de'piu ele- ganti per la regolarita delle forme e per la vaghezza delle tinte, e quello ch' egli denomino Aglaophenia , e dal Lamark fu poscia chiamato Plu- mularia. Sono polipaj di sostanza cornea che si elevano con surculi diritti o tles- suosi, semplici o ramosi, pinnati o dicotomi, varii in lunghezza, a seconda delle specie, da una o due linee ad oltre due piedi, forniti lateralmente di DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN1 I 87 rami distici, alterni, equidistant!, a guisa dellc barbe d' una penna. Que' rami vanno scemando in lunghezza verso 1' apice, il quale molte volte e curvo ed acquista cosi vaghezza di aspetto aurora maggiore. Sul lato interno 0 superiore de' rami sono collocati i calici, ne' quali annidano i singoli polipi, 1' uno ap- presso all'altro e contigui. 0 piu. o meno disgiunti e lontani. Aggiungono gli autori ehe soventi volte ciascuno de' ealici polipifcri e collocato fra due ap- pending come sarebbe un fiore nel suo ralice ; talvolta invece, mancando la superiore, 1' inferiore puossi paragonare ad una brattea nella cui ascella sia ses- sile il fiore, ed e pcrcio che nella definizione del genere essi calici polipifcri son detti ascellari. Prendendo ad esaminare uno di que rami, si rileva ch' esso e tubulato, diviso in articoli, ad ognuno dei quali corrisponde un calice, che comu- nica colla sua interna cavila, mediante un foro collocato nella parte infe- riore dell' articolo. II calice si eleva, piu 0 menocampaniforme, col lembo in- tagliato in denli piu 0 meno profondi e numerosi nelle differenti specie, sera- pre aderente col suo lato interno, rispetto al ramo. all'articolo corrispondente. E dall' articolo stesso, immediatamente sotto al calice, sorge un' appendice cava, piu 0 meno sporgente a guisa di sperone secondo le specie, comuni- cante col calice stesso, la quale termina superiormente con apertura il piu delle volte obbliqua, prolungata in forma di fessura verso il calice. E questa appen- dice che dagli autori viene impropriamente paragonata ad una brattea. Su- periormente poi, d' ambo i lali del calice, sorgono pure dall' articolo stesso altre due appcndici in forma di calicetti profondamente smarginati al lato interno che guarda al ramo c di forma varia, secondo le specie. In alcune tanto 1' appendice inferiore che i calicetti superiori sonodi gran lunga minori del calice polipifero; in altre invece, come a modo d' esempio neb" A. falcata, s'i quella che questi eguagliano in grandezza i calici, e rassomigliandovi pure nella forma, furono con quelli erroneamenle confusi, per cui questa specie fu descritta e figurata come fornita di calici densamente embriciati ed addossali gli uni sugli allri. In ogni articolo si ripete la medesima disposizione di parti e gli articoli 1' uno a capo dellaltro costituiscono 1' intiero ramo. E da avvertirsi per altro che le articolazioni non sono complete, ch'esse non in- 1 88 1NT0RN0 l'ordine DELLE SERTULARIEE, EC. terrompono cioe per intero la continuity dell' interna cavila, la quale e in corrispondenza ad esse ridotta soltanto a minore ampiezza. Tutti questi particolari possonsi esattamente rilevare nei polipaj disec- eati, ne'quali e svanita 1' interna sostanza animale, e sono, per cosi dire, ridotti a seraplice scheletro. Esaminandoli invece in istato vivente, o conser- vati nell' alcoole, vedesi 1' interna cavila dell'articolo occupata da un tubo membranoso ripieno di sostanza granulare oscura, la quale merce il foro che diccmmo rinianere nell' articolazione, liberamente passa da uno in altro articolo. II tubo interno, dal Cavolini denominato cuore, e dai recenti forse con pari impropriety riguardato come analogo ad un intestino, mostrasi in generate libero in ogni articolo da qualsiasi aderenza coll' esterno invoglio, mentre poi viaderisce soltanto in corrispondenza allearticolazioni. Alcune volte per altro 1 articolo stesso sembra quasi diviso in tre scompartimenti, e cio proviene dalla presenza di alcuni irregolari legamenti, die in que' punti con- nettono alia parete interna dell' articolo stesso il tubo membranoso interno, che offre cola due leggieri strozzamenti. Entro al calice sta il polipo, il quale colla sua estremita inferiore rotondata sembra aderire al foro circolare che dall' articolo mette nel calice. II corpo del polipo termina superiormente in otto a dieci tentacoli cilindrici annulati. Essi presentano cioe numerose strie trasversali, che sembrano prodotte da grosse papille disposte ad anelli intorno ad essi. Ma quelle papille che sono intensamente colorate, sia colla macera- zione, sia collo sfregamento possonsi far cadere, e rimangono allora i tenta- coli diafani e pressoche incolori, i quali vedonsi costituiti da una semplice membranella ch'e continuazione della raembrana esteriore del corpo del po- lipo, e risultano di cellule dischiformi poste a capo 1' una dell' altra, percorse nell'asse da un sottile filamento che aderisce ai doppii tramezzi cui cor- rispondono gli anelli di papille esteriori. Nel mezzo di que' tentacoli si eleva leggermente il collo del polipo a guisa di breve cono troncato, che quajido il polipo si allunga e protende fuori del suo calice, si appiana e sva- nisce. Dal corpo poi del polipo, nella parte inferiore del lato che guarda al ramo, sorge un lobo phi o meno sporgente, or gonfio e voluminoso, ora in- vece flacido ed impicciolito ; e tali diversita riscontransi frequenlemente DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN] 189 nulla specif medesima, anzi nello stesso polipajo. In esso tubercolo al pari clie nel rimanente del corpo, solto alia membrauella esteriore, che e diretta continuazione del tubo membranoso dell' articolo, sta una membrana piu grossa e di aspetto granulare, che lirnita la cavita ventricolare, e cessa alia base di qoella ove per il foro sopra accennato sussiste aperla comunicazione Ira il lii bo dell' articolo ed essa cavita. La cavita del tubercolo comunica evi- dentemente con qaella del ventricolo, ma a quali funzioni esso serva, e qual organo rappresenti, io non potei determinarlo, mancando ancbe sufficient i analogic per arguirlo. L'appendice spcronilorme, che dicemmo sottostare al calice polipifero, comunica col calice stesso ed in pari tempo coll articolo. Ora dal tubo membranoso di esso articolo sorge un prolungamento, che sa- lendo fino a raeta o due terzi dell' altezza dello sperone, ivi si bipartisce ad angolo acutissimo. II suo ramo interno, quello cioe che guarda al polipo. termina con estremita cieca ed ingrossata, che contiene alcuni grossi globuli aggruppati in due 0 tre lobi distinti ; l'altro invece procede fin verso la som- mita troncata dello sperone, ed ivi rigonfiandosi termina in una corona di circa una ventina di tentacoli cilindrici leggermente appuntali, che vidi sem- pre addossati e ristretti in un fascio; i quali poi si prolungano in esilissimi e lungbissimi cigli die irraggiano dalla estremita aperta dello sperone, e facil- cnente si staccano e cadono. 11 prolungamento del tubo intestinale, che ter- mina da un lato in quella estremita clavata contenente gl' indicati globuli, <• dall'altro nell'ora descritto organo polipiforme, e ripieno, come il rimanente dell' intestino stesso, di quella sostanza granulare, che da alcuni viene riguar data come sostanza alimentare, da altri denominasi sarcode. Nei due calicetti superiori, che stanno lateralmente al calice maggiore, son contenuti due organ i polipiformi in tutto somiglianti a quello dello sperone, essi pure terminal i in circa venti tentacoli che si prolungano in esilissimi cigli caduchi. AiicIk questi comunicano col tubo intestinale. del quale anzi sono diretta continuazione. Le sommita dei rami oflrono contemporaneamente sott' occhio 1' intern storia dello sviluppo successivo dei segmenti 0 articoli polipiferi uno a capo dell' altro. Da principio 1' estremita dell' articolo. immediatamenle sopra ai calicetti laterali, presenta un rigonfiamento emisferico, al quale prende part. 19" INTORNO L'ORDINE DELLE SERTULAR1EE, EC. cosi 1' estcmo tubo corneo, che 1' interno merabranoso e contenente la sostanza granulare ivi copiosamente atnmassata. Ma 1 esterno comparisce tuttora molto sottile e 1' interno vi aderisce, mentre inferiormente esso e inlieramente libero. Quel rigonfiamcnlo si auraenta, acquistando successivaniente forma di cono rovescio, e comincia allora con una strozzalura nell'esterno invoglio a formarsi 1 arlicolazione, alia quale con irregolare legamento va aderendo 1' interno tubo. Di mano in mano che il ringonfiamento s'innalza e s'ingrossa, manifestasi in in esso dall' alto al basso una divisione, indicata prima da una semplice linea diafana, ma poi evidentemente formata da una ripiegatura della merabrana inte- stinale. La formazione cornea non tarda a comparire, e gia si disegna il calice, distiuto dall' articolo corrispondente. Ma e quello e questo sono pressoche inlieramente occupati dalla relativa produzione intestinale, che aderisce alia sommita del nuovo articolo da un lato, e del calice ancor chiuso dall' altro. Nuova area diafana, che successivamente va ampliandosi , segna pure la separazione fra il corpo del polipo e la massa che occupar deve lo sperone, la quale, nella parte superiore, rimane lungamenle connessa alia sommita di quel corpo. Piii tardi, quest ultimo si slacca dalla sommita del calice, il quale si apre fendendosi dal centro verso la periferia nel senso de' raggi, in segmenti ch' erigcndosi costituiscono i denti di cui vedesi ornato il lembo del calice stcsso. II corpo del polipo si contrae ; il tubercolo laterale interno sporge tosto manifestamente e i tentacoli cominciano a svilupparsi. Ben presto 1' intero sviluppo e compilo, e l' animaletto ha conseguito le forme che in appresso sempre conservera. E nello stesso tempo la massa molle inferiore interamente staccata dal corpo del polipo si divide ne' suoi due rami ; 1' inferiore de' quali lermina nell' organo polipiformc, che gia protende i lunghi suoi cigli anche prima che sia compito lo sviluppo del corpo. Piu lenti a comparire ed a svi- lupparsi sono i calicclti superiori, che dapprima si presentano come due leggiere eminenze, e si aprono soltanto quando sono gia formati gli organi polipiformi ch'essi pure contengono. Cos'i indelinitamente si allungano i rami e si moltiplica In serie lineare degli articoli polipiferi. Vediamo ora come quelli serie dapprima semplice si ramifichi, dando origine a quegli eleganti surculi pennati, ognuno de' quali fu in origine un DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHINI 191 semplice ramo. Ginnta una cevta cpoca, il corpo del polipo staccandosi dal cercine, clie alia base nel fondo del calice lo congiimge all' articolo, cade e svanisce, restando tutle le altre parti quali fin qui le descrivemmo. Sembra che contemporaneamente il foro di comunicazione fra il ventricolo del polipo ed il canale intestinalc si obliteri, in quanto che appunto in quel silo vedesi sorgere un tubercolo, il quale non e altro che una produzione del canale inte- stinalc stesso, e quel tubercolo si eleva percorrendo il maggior diametro del calice, che frattanto avvizzisce e si restringe. Forse e il corpo stesso del polipo che, anziche cadere, subisce questi mutamenti ; ma non sono riuscito su di cio a risolvcre il dubbio. Pero e certo che giunta quella protuberanza all' esterno essa e gia ricoperta da sottile invoglio corneo che termina per aderire al lembo ristretto del calice avvizzilo. La sommita del tubercolo s'accresce, di eraisferica divieu conica, ed a poco poco subisce gli stessi mutamenti di quella sviluppata all' apice dell' articolo nella serie non interrotta dei singoli rami. Cos'i da ogni calice polipifero ha origine un ramo late rale, come dalla sommita d ogni arti- colo ha origine un nuovo articolo terminate. Ma i calici polipiferi sono tutti unilateral] e i nuovi rami devono collocarsi disticamente. Cio si effeltua perche essi rami appena sorti piegansi con ordine alterno meta da un lato e meta dall' altro. Essi quindi non risultano giammai disposti nel medesimo piano verticale, ma sempre in due piani convergenti, e quando nella preparazionc o nell' esame microscopico si costringano i rami d'ambedue i lati a collocarsi nel medesimo piano, quelli che restano nella naturale loro posizione vedonsi direttamente sorgere dal lato corrispondente, gli altri invece, nel dirigersi che fanno al lato opposto, sembrano contorcersi. 11 ramo, che merce questa prolifirazione si convert! in tronco, conserva non pertanto le sue articolazioni ; ma gli articoli subiscono notevoli cangiamenti. II calice di cui ciascuno <1 essi era fornito svanisce pressoche interamente, I' articolo s' allunga e si dilata. e lo sperone sembra abbreviarsi, sicche rimane ridotto unicamente all' estremita in cui si conserva a lungo ricouoscibile l'organo polipilorme. Ancor piu a lungo persistono i calicelti superiori e gli organi polipiformi in essi contenuti, ma questi pure a poco a poco svaniscono, e i calicelti stessi avvizziscono e si reslringono. II tubo intestinalc in forza di 1 94 INTORNO L' ORD1NE DEELE SERTl LARIEE, EC. e porla quindi un solo calice, il quale avendo forma quasi globosa, s'annicchia nello spessore dell'articolo slcsso fiuo a farlo apparentemente svanire, per cui i due calicetti tubeformi laterali, che in realta sorgono dalla sommita dell'arti- colo. sembrano prodotti dal leinbo del calice stesso. Dalla porzione inferiore e rigonfia dell'articolo sorge il terzo calicetto ancb'esso tubeforme e portato da luugo peduncolo. Quando poi questi rami prolificano, le due maniere di pro- duzione che descrivemmo nelle Aglaofenie quivi pun; hanno luogo, ma con ordine iuverso : dalla sommita dell arlicolo sorge il nuovo scgmento perfetta- mente simile al prccedenle e alio stesso lato rivolto. Dal fondo del calice, probabilmente dopo caduto il polipo, produces! pure un nuovo germoglio, che innestandosi alia sommita ristretta ed oblilerala del calice, sorge come a con- linuazione dell'articolo matricale allungato e divenuto cilindrico. II nuovo articolo cosi sviluppato, al pari che nelle Aglaofenie, porta il suo calice al lato interno rispelto al primo, e perche se ne e dilungato sembra con esso alter nare. La principalc dilferenza dunque proviene dall'essere questa produzione laterale precedente alia terminale, e di tanto, che quando questa seconda si effettua, la prima e gia compita, e quindi e scomparso il polipo a quell' articolo corrispondente. Ed a testimonio di questi successivi cangiamenti rimane per- sislente il calicetto inferiore che guarda al lato del calice sottoposto, e i due superiori che guardano invece a quello del sovrapposto , il quale benche ap- parisca laterale rispetto al tronco, e in realta terminale riguardo ad esso, e laterale soltanto per il ramo che vi e connesso. Laterale invece riguardo al- 1' articolo precedente e quello che sembra con esso formar continuazione del tronco , perche in realta sorto dal fondo del suo calice polipifero ormai gia scomparso. Questa produzione laterale, che nella Monopyxis precede la ter- minale, e la sola che si effettui nell' A. pinnata, il che ci spiega la conforma- zione obliqua dellestremita superiore de'suoi articoli non polipiferi. lo reputo quindi che essendo di egual valore i caratleri dei generi Monopyxis e Ne- merlesia, e quelli che distinguono dalle altre le suaccennate specie di Aglao- /enia, si possa a buon diritto proporre per esse due nuovi generi. L'uno, ad onore del Lowen, cui dobbiamo cosi preziose osservazioni sulle Campanularie e sulle Sincorine. lo intitolo Loivenia, e vi comprendo X A. pinnata, X A. DEL PHOF. GIUSEPPE MENEGHINI igii sctacea e la mia nuova specie tetrasticha. Ripristinerei per l'altro genere il norae Listera gia due volte escluso dai botanici , intitolandolo all' Inglese Lister che tanto contribu'i alia conoscenza delle Sertulariee, e vi comprendo per ora la sola A. secundaria (i). Benche i polipi, de'quali tenenimo fin qui discorso, sieno da molli an tori riguardati come neutri, purenon credo sia punto dimostrato mancar essi asso- lutamente di organ! sessuali mascliili. Si potrebbc di fatto essere indotti a sup- porre altrimenti e dalla presenza di organi di cui ignoto e tult ora 1' nso. e dalle scoperte recenti di Nordraann e Vanbcneden sui sessi dislinli della Tendra zo- Stericola e dell' AlcyOnella. Comunque cio sia, ben distinti in ttitte le Sertula- riee sono i polipi femminei e da essi trar si possono eccellenti caratteri per la limitazionc de'generi. I polipi femminei sono sempre aggrcgati in un qualche numero cnlro ad un invoglio o calice comune. Per lo addietro queslo calice aveasi per ovario ed i polipi in esso contenuti per nova. In tutte le vere Aglao- fenie cotesti pretesi ovarii hanno la forma che dagli autori si denomino cre- slata, e fu credula caratteristica della specie la phi comune, X A. P/urna. Sono baccelli, come li chiama il Cavolini, curvi e rotondati, percorsi da una costa dorsale. la quale sorgendo dalla sommita di uno de' consucti articoli polipiferi, s incurva sulla faccia esterna, ed emelle d'ambo i lati degli archi che convergendo fra loro come altrcttanle costole d un torace, arrivano al margine opposto alia costa dorsale stessa. I\i per altro essi riescono pressoche costantemente allernanti; ma correndo obliqui s'iiicontrano il primo d' un lato col secondo dell' altro, e cosi successivamente; dimodoche sembra a prima giunla esservi anche sulla convessita una costa, flessuosa bensi, ma continua, la quale invece altro noil e che la somma delle porzioncelle oblique di qucgli archi comu- uicanti. All' estremita superiore ed inferiore quell apparente costa si conti- nua fino alia dorsale pel ripiegamento di due fra gli archi eslremi. Ne risulta cosi iicll insieme quasi una disposizione spirale. Quegli archi e la costa dor sale sono tubulati, e nellacavita tutta continua si estende il tubo meinbranoso ch'e continuazione di quello che dicesi intestinale , ed al pari di esso e ri pieno di sostanza granulare. Lungo poi tutlo il decorso degli archi, eccet- tuate soltanto le porzioni oblique che simulano la rosta ventrale, sorgono 1 g! nome Aglaophenia. Rimarrcbbc cosi la denominazione Aniso. Un'area diafana, cui corrispondc un ripiegamenlo dell' interna membrana. indica la separazione dellarticolo dal corpo del polipo. 3. Nuova area diafana separa il corpo del polipo dalla produzione membra- nosa cbe deve occuparc lo spcrone. 4- La divisione s'i dell' articolo cbe dello sperone dal corpo del polipo e an- cora piu manifesta. 5. L articolo e gia compiuto e prcscnta alia sua sommila il rigonfiamento cbe produrra un nuovo polipo. L'appendice cbe occupa lo sperone e gia molto avanzata nella sua organizzazione. II corpo del polipo occupa intieravnente il calice ed aderisce ancora alia sua parte superiore. I calicetti laterali sono ancora incompleti e cbiusi. rig. .1. Origine laterale di un ramo. Ingrandimento di 200 diametri. a. Articolo del tronco nel quale i- gia da gran tempo svanito il polipo. /'. llaino sorto dalla sommita del calice di esso articolo DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN1 ir)(( Tai'ola XIII. Fig. i. Porzionedi un ramo polipifcro di dglaophenia Myriophyllum. Lamx. ridotto ;il scmplice scheletro corneo. Ingrandimento di 3oo diametri. Fig. i. Simile porzione di Aglaophenia elongata. Mgh. Fig. \\. Monopyxis dichotoma. Ehrenb. Porzione
  • E 1. DOTT. GIOVANNI DOMENTCO NAIUM) JV'l fare le mie osservazioni comparative sui rapporli ili conformazione fra il dermoscheletro de'pesci ed il nervoscheletro loro, ovvero scheletro pro- priamenle detto, ebbi ad accorgermi che nuovo campo mi si offeriva ad analo- miche indagini, e che importanti differ enze esislevano nell'intima stratlura del sistema osseo di una slcssa classe. in modo da poler determiname li|)i mollo marcati <• diversi. \on avendo potuto esaminare se non un numero ;issai ristrello di generi. il mio lavoro riusci limitato. e non presenta quindi la serie completa delle (lit ferenze accennale; vogliasi percio riguardarlo come un lenue saggio delle niolte ricerche che polrebbero farsi in proposito da chi fosse pi >^lo in rircostanze piu favorevoli delle mie ; e possa questo servir di sprone ;i meglio approfondarc le indagini sopra un argomento cbe non e certamente
  • u«"
  • schc- / // ■<■ iiU2 INTORNO LA STRTJTTURA DELLE CARTILAGINI letro sarebbe bastantc per fame un gruppo ;iss;ii naturale, hanno le carti- lagini lessule in modo lulto loro proprio, differente affalto da quello nun solo delle altre classi, ma benancbe de'pesci di un online diverso, i quali per l.i mollezza dello scheletro debbonsi riguardare come Cartilaginosi. Consiste lo scbelelro de' Salachi nell'unione di pezzi tnlti di analoga natura, meno i corpi diconi delle vertebre che sono di consistenza ed omo- geneita ossea. Nello stalo di frescbezza rassomigliano alle cartilagini, ma per- dono la lord forma disseccandosi, e microscopicamente osservati presentano una particolare struttura fibroso-cellulare reticolata. Tali pezzi differenti di forma, secondo l' ufficio loro, rappresentano que' corpi molli . flessibili, elaslici, penetrati da parti acquose, di colore biancastro pellucido pin o me- no lucente o perlato, che comunemente chiamansi cartilagini. Mentre pern le cartilagini in generate mostrano una composizione omo- genea in tutta la loro spessezza, specialmente nell' eta giovanile, e vengono inlarcite col volger del tempo da granulazioni solide (prodollo di deposizioni fosfato-calcaree in varj punli, die diventano inlvolta si numerosi da indurre la complela ossificazione della cartilagine stessa), le cartilagini dei Salacbi sono invece per loro natura costantemente omogenee e di egual consistenza e sostanza nel loro interne Esse sono pero come circoscritte e coperte da una corteccia solid.) piu o meno sottile, liscia ed uniiorme da pertutto, composta di tanti piccoli pezzetti ossei quasi eguali in altezza ma di varia figura, secon- do i differenti punli del corpo cartilagineo, e la differente specie dell indivi- duo cui appartengono. Molte volte da una tale unione risulta una superticie tessulare per lo piu liscia, ma lavolta scabrosa per le elevazioni nel centro dei pezzetti accennati. Questa vedesi specialmente nelle Raje, anche ad oc- ehio undo, e come a scompartimenti esagonali piu o meno regolari, tracciati da sottilissime linee, che segnano la congiunzione degli stessi pezzetti ossei runic in un mosaico. Sopra questa stratificazione ossea aderisce fortemente una membranella i lie In le funzioni di pericondrio. Essa pare di natura fibroso-legamentosa, sembra lener piu aderenti i pezzetti suindicati, e consolidarne I' unione. A questa membranella stanno attaccate le fibre tendinose e muscolari di modo DEL DOTT. 3 i In- lie risulta robusta aderenza fra lo scheletro •• la massa muscolare. Vllorche II pericondrio e in i^la t<» di freschezza, restano nascosti gli scompart imenti ossei accennati: nel disseccarsi pero, rendendosi piu trasparente, li lascia tra- vedere benissimo. In tal caso, in alcuni punti della superficie. gli accennati scompartimenti tessulari esagonali si moslrano come slellette (i) avenli cinque sei o setle raggi pellucidi. longitudinalmente striati. ed assumono allre diverse apparenze a seconda della specie e della regione del corpo (negli Squali spe- cialmente), fino a perdere una lal forma, ed a mostrarsi invece solidi. opachi. irregolarmentc angnlali o cinti come da una zona Irasparenle. I n (ale feno- meno non piu si osserva qualora. mediante coltura o macerazione. distrutta siasi la membranella accennata. siccbe puo credersi aver csso origine dal modo d' inserzione delle fibre nella superficie degli ossetti a cui il pericondrio ade- risce. Tali ossetti in falti, perdu la questa membranella per una delle accennale ragioni, non piu mostransi come prima; ma appariscono invece irregolari. men lisci ed al luogo di loro congiunzione e sulura havvi una specie di solco a punti o fossetle ineguali, die li circoscrive. Nei cap! articolari delle varie parti componenti lo scheletro vedesi una marcata differenza in tali ossetti: essi sono irregolari, prominenti, subarbicolari in modo da produrre una su- perficie scabrosa : la loro natura pero non cangia mai in nessuna parte del corpo. Osservati col microscopio. dopo distrutta eon acido la sostanza calcarea di cui sono infarciti, e scbiacciati fra due lamine di vetro, mostrano partico- lare strutlura cellulosa-granulare, quindi diversa da quella dei corpi diconi verlelnali. Sollo a lie laininelle ossee tessulari accennale. ilie. come dissi. circoscri- vono la forma de varj membri componenti lo scheletro, trovasi ad esse ade- rentissima la sostanza cartilaginea rassomigliante ad una specie di albumina fibroso-stipata. a fibre quasi impercettibili, lenace ed elastica, pellucida, di colore biancastro, talmente impregnata di parti acquose da ridursi, mediante disseccazione, a piccola quantita spesso (|u.isi indiscernibile. In tale condizione essa rassomiglia allTtliocoila secca, ma, mediante immersione nell'acqua, ri- lorna in poco tempo alio stato primiero senza punto alterarsi. Avviene percio die restringendosi col diseccamento un pezzo dello scheletro de'Salachi questo 204 INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAGIN'I non perde intieramente la forma comeneipezzi cartilaginei d' altri aniniali. ma assottigliasi mollo, si corruga in qualche parte, cosicche avvicinandosi le due pareti ossee circoscriventi la forma stessa, rappresentano esse una sola lamina, la quale riesce dura bensi, ma fragile, special nienle se sia distrutto il peri- condrio, per la facilita die hanno, senza questo, tli disgiungersi i pezzetti ossei elie la compongono, quando essa si curvi. La sostanza cartilaginea accennata non passa mai alio stalo osseo, ne vien infarcita di materiale calcareo, per quanto veechio sia l'individuo a cui appartiene : essa vedesi al piu conlenere sparsamente qualche granulazionc della natura stessa dell' csterna corteccia, ma cio avviene assai di rado. Sot- tomessa al microscopio una sottile lamina di tale sostanza mostrasi traspa- rente, omogenea, uniformemente stipata, dove interrotta non sia da spazj o cavita irregolari piu o meno grandi, sovente comunicanti fra loro, come av- viene ne'vacui d' una spugna. Nella s|iessezza di tale sostanza omogenea fondamentale compariscono, in inaggior o minor numero secondo la diversita della specie e la parte del corpo dell individuo, alcune vescichette o minutissimi corpicini trasparenli piu o meno rotondi od oblunglii. differenti in grandezza, e piu o men distant! fra loro, i quali, nelle Piaje specialmente, niostransi disposti in aggruppamenti o conge- rie irregolari piu o meno numerose, a differente distanza fra loro, ma clie tuttavia presi insieme mantengono una certa uniformita. Osscrvasi pure compenetrala tale sostanza da' vasi bianclii clie si dira- mano in varie direzioni. non in grandc quantita, e sembrano inlernarsi in essa dal di fuori per cerli forellini che rimarcansi qua e la nelle lamine tessulari quando siasi staccato il pericondrio, mediante cottura. Non mi sono accorto clie la slrutlura delle lamine ossee accennate, can giasse mai in nessuna parte del corjio, e che, dopo un certo tempo, deposit i calcarei unissero fra loro i plccoli pezzi che le compongono. Senibra bensi aver ciascun pezzetto in alcune specie un parlicolare accrescimenlo. per cui graduata riesce 1' estensione che prende 1' osso intiero, e 1' aumento in gros- sezza delle lamine coll' avanzarsi dell' eta. In altre specie pero rimangono tali pezzetti quasi di eguale grandezza in ogni parte del corpo. benche giunlo DEL DOTT. GIO. DOMEN1CO NARDO >o;i l' individuo ad una mole smisurata, e sold ingrossano le pareli accrescendo sene il numero e formandosi le lamine di piu strati di essi. Solo in poche circostanze avviene d'osservare, e per In piu in vecchi individui giunti a straordinaria grandezza, che il pericondrio si ossifichi lievemente come a fibrille, sicche ne' luoghi dove cio nasce torna difficile riconoscere super- ficialmente la struttura tessulare, ma apparisce invece l' osseo-fibrosa : al lato opposto della lamina conservasi pero 1' originaria struttura. Osservando attentamente qualche parte secondaria dello scheletro dei Salachi in istalo di prima gioventu, come sarebbero i raggi delle pinne, ov- vero sia alcune lamine cartilaginee che circondano le loro branchie, o che sono poste in altre parti del corpo e tardano maggiormente a coprirsi dello strato osseo tessulare, non e difficile farsi mi idea in qual modo si formi una tal ossificazione superficiale. Quelle parti dello scheletro che nei primi giorni della vita sono. come avviene in ogni classe di vertebrati, intieramente cartilaginee, vanno vesten dosi per grado della loro ossea corteccia tessulare. Le maggiori sono le pri- me, le minori o secondarie vanno in seguito audi esse in modo eguale eon solidandosi. Comincia a farsi la secrezione dci corpicini ossei nel centro di ciascun pezzo dello scheletro; da principio appariscono le ossee granulazioni I una dietro I'altra in serie come tante piccole linee, le quali o vanno ramifi- candosi in modo da apparire come arborizzazione, ovvero sia. il che avviene piu di rado, mostransi Ira loro rongiunte in roaniera da offrire una forma re- ticolare o stellare. Tea gl' intervalli delle granulazioni acceniiate, sembra se ue depositino progressivamente di nuove, finche, dal centro alia periferia, a poco a poc : resta coperta intieramente la superficie. Nelle situazioni in cui 1 allivita secreto ria e portata al punto da separare i materiali calcarei, vedousi le cartilagini provvedule dei vasellini bianchi in nia^-ior (juaulila. i i|iiali senlbrano desli naii a quest'ufficio. Di mano in mano che le ossa vanno completandosi. i va sellini accennati diminuiscono di numero. Le grandi natatorie pettorali delle Raje sono notevoli pei loro raggi articolati, rappresentanti colonne di corpi vertebriformi che si ramificano. 206 INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAG1N1 Tali corpi vertebriformi vedonsi come in embrione qualora sono ancora alio slato di cartilagine, ma allorquando trovansi coperti dallo strato osseo tessulare manifestano completamente la loro conformazione. Essi sono co- stiluiti per ordinario da una, due, tre, quallro o cinque serie longitudinal] di pezzetli ossei, secondo 1' eta dell' individuo, e tali serie limitate restano da nil corpo articolare di analoga struttura die si articola col corpo vertebri- forme successivo. Vedesi sovente invece di uno, seguirne due al corpo verte- briforme, ovvero uno dividersi in due. a mezzo la sua altezza. Ordinaria- riamente quelli Ira lali corpi vertebriformi die sono posti verso la periferia del pesce sono gli ultimi ad ossiticarsi. Negli Squali avviene spcsso allrimenti. ed i corpi cartilaginei, che costituiscono i raggi delle pinne, in vece che ver- tebriformi si mostrano dilatati come a venlaglio ; i pezzetli ossei die li circo- scrivono sono taluna volta congiunti come negli allri mcmbri dello scbeletro, lal altra si osservano in tante serie longitudinali rettanicnte od obbliquamen- te disposti. Fra le diverse anomalie diuna tale ossificazione notasi quella, specialmente negli Squali. che i corpi vertebriformi accennati invece che distinti per due superficie o lamine osseo-tessulari, si vedono convertiti in piastre o lubercoli calcarei tutti di un pezzo. analogbi in tessitura al corpo dei tubercoli cuta- nei spinosi propri di alcune Raje. Cio accade specialmente nei raggi o corpi vertebriformi delle estremita di un arto. Osservasi il caso, lo clie e piu rara e mirabile auomalia, che uno dei pezzi lessulari lante volte accennati, per un eccesso di sviluppo convertesi in un corpo dicono vertebriforme solido. seguiio anclie da allri siniili come m av- venne d osservare in un individuo dello Squalus muslellus in cui vedevansi entrambe le ossa della mandibula inferiore aventi, nella loro parte media interna assai ben sviluppata. una serie simmetrica di corpi solids diconi o pseudovertebrali. Tale osservazione e di qualche ^alore per lo studio della costruzione geometrica dello scbeletro dei vertebrati. Sottometlendo a lunga ebullizione uno degli ossi accennati, questo con- vertesi in una sorta di gelatina, die s'avvicina in alcune specie all' Ittiocol- la : e disgiungonsi i pezzetli lessulari, precipitando al fondo del vaso. Invece DEL I)OTT. GIO. DOMEN1CO N.\M)0 ><>; sottoponendolo a macerazione nell'acqua in tempo estivo. avviene piu lardo lo scioglimento dei pezzetti accennati, i quali sono i primi a distaccarsi dalla cartilagine la cui dissoluzione ha luogo in seguito, lenta bensi ma completa, spandendo odore, mod perb niolto forte, di sostanza animale in putrefazio- ne. La chondrina contenuta in questa sorte di cartilagini risulta in quan- lita differente, secondo la diversita delle specie Assoggettando a lunga ebulli- zione o macerazione i corpi delle vertebre, i quali sono di compazione ossea, differenti nella struttura da quelli dello scheletro solidi in ogni punto. ammolisconsi bcns'i un poco, ma non si sciolgono alle prove nrdinarie. a meno che non si spinga il calore a quella temperatura cui non resistono le ossa piu compatte (2). Uno scheletro rartilagineo. concesso ad animali per lo piu di smisurata grandezza, e di una forza di movimento superiore all' ordinario in causa della disposizione e robustezza de'muscolari loro. sembrerebbe meno opportuno ; ma la provvida natura concorse an/.i ad ottener piu completamente, in tal modo. il proprio fine, giacche uno scheletro del tntto osseo sarebbesi eer- tamente meno prestato alia forza e rapidita di movimenti tanto svariati, come sono quelli dei Salachi, e la sola struttura osseo-cartilaginea descritta. po- teva per pieghevolezza ed elasticita corrisponderc intieramente al necessario nfficio. lasciando piu libero in pari tempo quel continuo increment 0 ch e proprio di lal sorta di animali. La colonna vertebrale d' altronde. come asse principale dello scheletro e fulcro di ogni movimento, e composta da una serie di dischi di struttura che pin all' ossea fibrosa s'avvicina. e con tale georaetrica industria conformati e disposti, e com ben congiunti p sorretti con \esii legamentose, da render possibile una grande resistenza. Mi riservo discorrere in altra occasione sull' osteogenesi comparata ilei Salachi e di dar piu esatta spiegazione di alcuni punti, che ora loccai sol tanto di volo, essendo stato mio solo scopo di far conoscere come a lorto siasi dagli Anatomici trascurato un cos'i importante argomento. In fatti io non trovo nelle piu reputate opere di Anatomia comparata. come in quelle di Cuvier, Blainville, Cams, e Mekel. il piu piccolo indizio ch'essi abhiano conosciuta la sineolare struttura ilelle cartilagini de' Salachi i>oh INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAGIN1 da me descritta. E die cio sia avvenuto posteriormente devo confessare non essere a mia cognizione(3). Diro bensi che lo Slenonc fino dal 1667. facendo 1' anatomia della testa di 1111 cane carcaria, erasi accorto che Ossium vice Cartilago erat cujus sub- stantia exterior dura admodum era/ el opaca, interior vera mollis, transpu- ters el tuisis sanguineis re I e eta. Perpulchrum erat purpureoruin arborum in hoe pellucido corpore spectaculum etc. Nulla di piu pero scrisse su tal proposito malgrado che abbia cost bene trattate altre parti dell anatomia delle Piaje, i pezzi del cui schelelro. se li avesse esaminati, gli avrebbero cerlamente presentalo non differente struttura da quella osservata nella lesla del cane carcaria. A me non fu dato ancora di osservare, come lo Stenone, diramazioni sanguigne internarsi nella sostanza cartilaginea, ma e probabile che cio avvenga in qualche individuo di smisu- rata grandezza. Nell' anno 1792 il D.r Giovanni Federico Hermann nella Dissertazione inaugurate intitolata: Observationes et anecdola ex Osteologia comparata. descrisse a pag. 33, benche incomplelamente, la composizione delle ossa di una Piazza com' egli scrive. memorabilis et sine exemplo. Avendo probabil- mente avuto sott' occhio soltanto uno schelelro secco, egli riconobhe i soli pezzetti tessulari formanti l'esterna corteccia, e non si accorse della cartilagine interna di cui essa dovea considerarsi 1' involucre Ma come gli Anatomici posteriori aveano obbliato il cenno fatto dallo Stenone. altrettanto accadde di cio che scrisse il D.r Hermann nella sua Dis sertazione, la quale lorse, e perche poco diffusa, e per la morte dell'Autore av- venuta mi anno dopo, sfuggi all' occhio altrui e venue posta in obblio. II celebre Mascagni nel suo Prodromo della grande Anatomia vol. II. pag. 63, ediz. II. Milano 1821, la osservare che in alcune qualila di pesci mancanti di ossa si trova la sostanza cartilaginea fame le veci, come per esempio nelle diverse specie di Razze e negli Squali. tra cui annovera il pesce Cane. In 11110 di quesli, del peso di 4°°° lihhre. e^li scrive di aver osservato la cavila del cranio e della colonna vertebrale, circondala da carti- lagini di una considerevol grossezza che era coperta da un pericondrio, il DEL DOTT. GIO. UOMENICO NARDO 209 quale presentava una lucentezza analoga a quella delle sostanze lendinose, ed in seguito di questa specie ili pericondrio vedevasi altra sottilissima sostanza ill una durezza consimile a quella delle ossa, le quali manifestavano simile aiiclic la struttura delle membrane che coprono le sostanze cartilaginee. Pun riconoscersi O T E (i) Forse sono questi i corpuscoli ossei ed i canalicoli el c parlono die credettc aser scoperli E. Ma yer ( V. Fronsep Nciic notizen n. j.) (a) .Non abbiamo ancora un' accurals analisi comparaliva dcllc Cartilagini de'Salachi c d'allii I drol tcrigt. Per i si it uii la ml I a .lo\ til a csaltr/,za v necessario premettere unJ analisi mcccanit a, cio (lie non fu fait o fino ad ora. cioc devonsi esaminare scparalamcnle i rorpi diconi \crlel>rali, le Cartilagini inlcr\ertrl>rali. la im Nel mentre vedesi .la questi poclii cenni non esser intieramente sfuggita al detto chiarissi- mo Aulore la slrultura dcllc cartilagini dc' Salachi, da meraviglia come ravvicini la slruttura dclle cartilagini dello Storione c della Chimera a quelle della Lampreda, mentre la Chimera su lal punto non differisi e dagli Squali c dalle Raje, e quindi s' allontana molto dagli Storioni c dalle Lamprede. (.() Dopo conosciute qucste mie osservazioni ch1 io a\ea comunicate al Congresso jcicntifico di Torino ncll'anno iS^o, II Principe di Canino allora Prc.sidcnle della Sczione Zooiogica retlifuo in una posleriore edi- lione del suo Prodromus quanto a\ea asserito sulla fede dei naturalisli franccsi, e Io stesso fece relativamente alia pretesa sutura del cranio degli Storioni. E S A M E 1)1 ALCUNI FATT1 GEOLOGIC! GIUDICAT1 DA TALI. NO CONDl'CENTI V DIMOSTRARE L'INVARIABILITA DEL LIVELLO DLL MARE DEL PROF. ANGELO ZENDRINI H-C-43 . vidifacl*. <• ■ ■ . ■ ■'■ U,,»n, Sit Hi gia da lungo tempo che tra geologi si agila la quistione se avvenuta sia od avvenga variazione alcuna di livello nelle acque del mare. Sembrereb- be a prima giunta che in talc indagine non dovesse esservi discrepanza d o- jiinionc. dipendcndo il conoscimento di cssa dalle osservazioni di un fatto che per legge idraulica deve in tutti i luoglii limitrofi al mare palesarsi il raede- simo, tranne quelli, nei quali particolari fenomeni geologici meltano osta- colo al siio riconoscimento. E pure non e com. ed anzi ne le nascere tre opposte sentenze, giudicando alcuni invariabile, altri che s' abbassi, ed allri infine che s'alzi esso livello. Ognuna di queste contrarie opinioni pretende di avere in appoggio fatti incontrastabili ed osservazioni le piu art urate; e cio che riesce ancora piu singolare si e, che nel luogo stesso, in cui i par- tigiani dell' abbassamento trovano decrescere il livello, i difensori di opposta sentenza scorgono rbe e invariabile. (au avvenne nel Baltico dove Celsio e Linneo giudicavano essersi abbassato di 4 ° •' piedi per secolo il suo livello. all' opposto Kalm e Deluc trovavano che lo manteneva da piu secoli costante ed invariabile. 2l4 ESAME INTORNO L1NVARIABIL1TA' DEL LIVELLO D^L MARK A rendere ragione di eos'i divcrsi giudizii, non si saprebbe ad allro at tribuirli fuorche alia preoccupazione per qualche sistema favorente piu una che mi' allra sentenza ; preoccupazione la quale e sempre impedimento a ben discernere il vero. conduce a travedere, e come e produttrice d' innumerevoli tristi cfletti nel inondo morale, cosi nel Ietterario e scientifico e cagione assai spesso d' interminabili dispute ostinate (i). Recentemente il conte D. Paoli col lodevole intendimento. per quanto appare, di por fine a tale controversia pubblico un' assai erudita opera die ha per titolo: Del sollevamento e deW awattamento di alcuni terreni.Vesaro 1 838. Dalla esposizione di questi avvallamenli e sollevamenti di terreni. e dagli ef- t'etli che li seguitarono nei mari in cui accaddero, il conte Paoli crede di dover conchiudere col Deluc e col Kalm la invariabilita di livello delle acque dei mari. Anzi egli avvisa che tale questione abbia avutoorigine dal non aversi lenuto conto di questi due falti gcologiei. Innanzi di entrare in un esame piu accu- rato delle conseguenze ch' egli trae da essi, io mi permettero di chiedere se abbiavi contraddizione nell' ammcttere che in alcune parti della nostra terra accadano degli avvallamenti e dei sollevamenti di terreni. e ritenere nel medesimo tempo che il livello del mare sia costretto ad clevarsi. Come si ammettano le cause per cui il livello delle acque del mare deve innalzarsi. gli avvallamenti dei terreni accaduti in alcune parti di questa no- stra terra, non potranno servirc di eccezione a quell' alzamento, se non sup- ponendo ch' essi sieno di tal natura da compensare all acqua del mare quello spazio che essa perdeva in grazia delle cause che avrebbono prodolto il suo alzamento : onde ne avverrebbe quella compensazione che immagino il Bui- Ion e che viene dallo stesso conte Paoli negata. Quanto poi agl innalzamenti di terreni, questi in verun inodo possono produrre alcun compenso, poiche, o i terreni innalzati sono quegli stessi che prima del loro innalzamento soprastavano al mare, o sono nuovi terreni sortiti dal mare : nel primo caso non influiscono punto ne all' alzamento ne all' abbassamento del livello del mare ; nel secondo caso poi concorrono con quella causa primaria cui si attribuisce il necessario suo alzamento di livello. DEL PROF. ANGELO ZENDRIN1 \n .', Le cause produttrici I' alzamento di Iivello del mare sono innanzi .1 lutto le materie trasportate dai fiumi nel mare stesso, le quali vengono in gran parte arrestate lungo le sponde di esso, e parte vanno a deporsi nel suo Ion do, con che prolungandosi i continenti ed elevandosi il fondo dei mari. i ba- cini di (|ucsii. renduti piu ristretti e me no profondi, perdono la capacita ne- cessaria a contenere le acque, e sono esse percio costrctte ad elevarsi. Di questi interrimenti abbiamo prove solenni anche presso di noi prodotte da luiini che a jtetto ai maggiori sembrerebbero da non calcolarsi. In falli a lulti son noli gl' inlei rinienli della lacuna di 1'n'ondolo re- cativi dai fiiniti in essa porlali. cioe particolarmente dal Brenta e dal Bac- chiglione. interrimenti che produssero estesissime campagne coltivate, in quel luogo stesso cb era prima occupato dalle aequo di quell' esluario. sieohe a tale stato venne esso ridotto da rendersi incapace di accogliere le acque di que' due fiumi. Che diremo poi degl' interrimenti prodotti dal gran fiume Po, del quale nel i556 i'u trovato dagli ingegneri essersi in soli So anni prolungata la linoa di 10 miglia in mare (■->). di quel l*o die unito a suoi inlluonti valse a rendero solido terreno coltivabile la Vallata Padana. che pri- ma era in gran parte occupata dalle acque del mare: onde a me pare che non sia poi da dileggiarsi 1 opinione espressa dal Sabbadino che le nostre lagune si estendessero un tempo agli Apennini ed alio Alpi. stanteche ritenendosi I' opinione di alcuni geologi die in tempi antistorici il mare occupasse quei torreni, e forza conchiudere che sin la arrivassero le lagune che sono. per cosi dire, una lasi per cui deve passare un tratlo di mare prima di giugnere alio stato di terreno solido. La prolungazione di continenti causata dalla prolungazione della linea de fiumi in mare, e una verita com riconosciula da tutli i lisici che 1 arre- starsi mollo a provarla colla dimostrazione de' fatti che presentano i grandi fiumi, siccome il Nilo nel Mediterraneo e gli alt ri maggiori dell America e dell Asia, sarebbe inutile narrazione. Tuttavia mi permettero di accennare come singolarissimo interrimento quello che viene portato dal Fiume Giallo nel mare, che oltenne il medosimo nome, descrilto dal Barrow nel viaggio alia China di Lord Macartney. Secondo le sue osservazioni, se tutta la ma- imG ESAME 1NT0RN0 L' INVARIABILITA" DEL I.IVELLO DEL MARE teria tragittata da quel fmme nel marc si accumulasse in un solo luogo, essa varrebbe a formare nel corso di 70 giorni un isola, die alzandosi dal fondo di esso mare, calcolato di 120 piedi di profondita, sino alia sua superficie avrebbe 1 ampiezza di un miglio quadra to. A questa potcntissima causa del rcslringimenlo dei bacini che contengo- 110 le acque del mare e del contemporaneo alzamenlo del suo fondo devesi aggiungere quella dell' apparizione di nuove isole dal mare stesso solleva- tesi. Di queste isole parla lo stesso sig. Paoli, ed oltre a queste ricorda alza- menti del fondo del mare stesso, talmenteche in alcuni luogbi dove i navigli poteano correre Iiberamente, ora sono bassi fondi impraticabili. Tali sono quelli ricordali dall' autorc nella parte in cui tratta dei sollevamenti di terreni. Ora dagli effetti prodotli sulle acque del mare da tali sollevamenti di terreni non si potra mai dedurre la invariabilita del livello di esse acque. Imperoccbe, siccome egli stesso avvisa, a cagione dei predetti sollevamenti il mare si e rilirato. Con questo ritiro il mare non fe' altro che cedere uno spazio che le sue acque occupavano, al corpo solido die vi e sottentrato. Quantunque dai sollevamenti dei terreni piccolissimo spazio siasi tolto alle acque del mare, e per conseguenza ristretto di piccolissima parte il suo baci- 110, tuttavia per quanlo insensibile alzamenlo di livello possa essere accaduto per tale ristringimento, non potranno mai valcre i sollevamenti dei terreni a provare 1' invariabilita di esso livello. Quanto agli avvallamenti poi, come si e dctto, non possono essere con- ducenti neppure essi a provare la pretesa invariabilita, se non nel caso che quanto perdc di spazio il mare in grazia dei sollevamenti di terreni, tanto ne arquisti per i loro avvallamenti. Ma questa e una ipotesi da provarsi difficilmente, e quando pure si giugnesse a provarla non varrebbe ad annul- lare la causa per cui si ritiene da alcuni necessario 1' alzamento progressivo del livello del mare. E poi degno di osservazione il mezzo usato dal conte Paoli per confutare le osservazioni fattesi in parecchi luogbi, non solo nell' Adriatico, ma anche altrove del progressivo alzamento del mare. Egli al contrario asserisce che DEL PROF. ANGELO ZENDRINI 2 I ; in quei luoghi sono accaduti degli avvallamenti, e la prova sta nella sua sem- plice asserzione, avvalorata tutt' al piu da osservazioni di avvallamenli nati in alcuni altri luoglii. Dimando io anzi lutlo se dal particolare al generale sia legittima la conseguenza? E sicrome egli ritiene che da per tutlo dove si osservano le predette variazioni tli livello del marc debba essere accaduto un avvallamento, conic si potra, cio essendo, median le le osservazioni locali, dil- finire questa controversia, se non si pub assegnare un punto stabilmente fer- mo sulla superficie terrestre su cui riscontrare, o lo stato permanente, o le successive variazioni di livello clie potessero accadere nel mare '.' Sara me- slieri pertanto cercare se vi sia qualche altro fatto geologico in cui tutti con- vengano, il quale condur possa a siffatta conoscenza. E quest e il prolunga- mento della linea dei fiumi nel mare, ed i continui interrimenti che per esso \i vengono portati, Verita riconosciuta dallo stesso conic Paoli con queste parole (3). < In vero pel conlinuo trasporto che i fiumi fanno di materie • che vanno a deposilarsi ne mari sembra che il bacino di questi abbia a ■ colinarsi ; per la qual cosa laccndosi sempre minore la sua capacila. e sup- ■ posla invariable la somma delle acque, il loro livello dovrehhe ovunque » farsi necessariamenle piu alio. Ne una tale considerazione sfuggiva a Poli- » bio, il quale nel luogo gia cilalo di sopra (Hist. lib. IV, n.° 12) e portato » a credere che la palude ^leolide e il Mar Nero 0 PontoEusino ahhiano col- » 1' andare dei secoli a colmarsi del tutlo. Vedendosi pero che questo col- 0 marsi dei mari non accade. conviene che da noi si creda che nelle forze • che governano le cose terrestri esista un qualche compcnso ignoto a noi, il quale renda nullo o bilanci un tale elTctto » (pag. 121). Potra forse recar sorpresa che per convincere di erroneo 1 alzamento di livello del mare si adduca il non essersi colmati i mari. Rispondero al conte Paoli tacendogli osscrvare solamente (lie sebbene il Barrow, come ahln'a- mo notato di sopra. calcolasse che nel corso di 70 giorni se tutte le materie tragiltale dal Eiiime Giallo nel mare ilello stesso nome fossero raccolte insie- me formerebbero un isola di un miglio quadrato, la quale per la profondita di 120 piedi sialzerebbe sopra il pelo di quelle acque. calcola parimente che a rendere colmato quel mare dovrebbero correre 24.000 anni. Pero la predizione Vol 11 28 2IO ESAME 1NT0RN0 I. INYARIABILITA DEL L1VELLO DEL MARE
  • bassamento delle sue coste, ma quale prova point dare e^li che queste siensi abbassate anziche il mare elevato? e quale singolare proprieta del fondo dei fiumi sara quella di non essersi abbassato parimente pur esso .' (dire di che so si fossero abbassate le coste elevandosi il fondo del flume, e per rouse guenza anche il livello del mare, ne sarebbono esse sommerse. Fatto sta che il fondo dei fiumi si eleva, e si eleva pure il livello del mare, ma se la su perficie dei continenti vicini non ne e percio inondata, vuol dire che essa ehhe una prevalenza maggiore, e che essa parimenti si e elevala : onde vedia- mo che laddove per alcune cause particolari 1 elevazione non ne fu propor- zionata, il mare sommerge quelle parti, come si scorge dalle osservazioni del Fortis falte ne' suoi viaggi in Dalmazia, e gia riferite dallo stesso sig. Paoli. (.i porge ancora un altra prova di tale incremento terrestre il nostro celebre Xemanza nella sua Dissertazione Mill isola di S. Uario : riferisce egli die scavandosi nel 1 7 .">G alcuni canali sulla destra di Lizza Fusina <>\e nel nono secolo lu fondata 1 Abbadia di S. Uario, quasi sni margini della laguna, si disotterrarono varie anticaglie. delle quali facendo la descrizione, accenna essersi scopcrli non solo «le^l indizii di un cimitero di Gentili, ma altresi un ammattonato. di cui falta la livellazione in confronlo del comune delle lagune lo trovo piu basso di once 3o, ossi;» metri 0.88. Se. come ahhiamo mostrato. il suolo altuale di Padova trovasi elevato di parecihi metri sopra I antico. non e egli a sospeltare che una simile vi 2 2U ESAME INTORINO L INVARIABILITA* DEL LIVELLO DEL MARE cenda subissc Marsiglia, die il nostro autore, riferendosi alle attestazioni del Delametherie e del Malte-Brun, senza indicarci pero dal confronto di qual segnale antico abbianlo dedolto, pretende conservare dopo 24 secoli dalla sua fondazione il ruedesimo livello rispetto al mare ? Come nou puo essersi elevato il suo suolo dopo tante rivoluzioni a cui ando soggetta, e dopo die de'suoi celebri monument! anticlii, de'qaali parla Strabone, non e dato ili piu riconoscere traccia ? Per6, se come ogni ragione conduce a pen- sare che il suolo attuale di Marsiglia trovisi di molto elevato sopra 1' antico, quand' anche si polesse provare clie il livello del mare e distante dalla som- mita di quel suolo quanto lo era in antico, cio in luogo di dimostrare 1' in- variabilita di quel livello proverebbe anzi che esso si e elevalo. Le stesse considerazioni valgono per gli allri porli di Genova, ecc. e per le altre citta di antica fondazione in riva al mare, le quali sono ricordate dal sig. Paoli deterendo a quanto dice il Malle-Brun. Ne forza alcuna puo avere parimenti a provare 1' invariabilita del livello del mare, la osservazione fatta dal Danville, il quale avendo preso per base delle sue osservazioni cio che Cesare registrava ne suoi Commentarj della distanza del mare dal punto di separazione del Pieno dal braccio suo che prende il nome di Vahal, e di quello in cui il Reno medesimo si confonde colla Mosa , trovo questa distanza perfettamente conforme colla posizione attuale dei punti medesimi. Innanzi a tutto osservero che il trovarsi la medesima distanza tra questo braccio del Reno ed il mare nulla prova a favore dell' invariabilita di livello, come sembra pretendere il sig. Paoli, ben diversa cosa essendo la distanza orizzontale da un punto della super- ficie terreslre al mare, da quella dell' allezza del suolo sopra il mare me- desimo. Questa osservazione del Danville, supponendola esatta, varrebbe solo a dimostrare che il Vahal nel corso di due mille anni non prolungo la sua linea in mare, ne porto interrimenti di sorta alcuna sulle sue coste, i quali ne lo avrebbero allontanato, di che non e facile persuadersi. Che le strade poi romane che conducevano nelle citta mariltime del Bel- gio si trovino ancora prossime al mare, non puo certamente addursi in prova della inalterabilita del livello delle acque marine ; poiche le strade romane DEL PROF. ANGELO ZENDRINI 221 erano sopra i bassi fondi fabbricate ;i guisa d' argini, c quindi crescendo an- cbe il livello del mare, esse, anziche allontanarsi da esso, sarebbono venule ad approssimarvisi. Che le strade roraane a guisa d argini si elevassero m>- pra il suolo paludoso ad esse circostante, oltre a quanto sappiamo intorno alia via Appia, abbiamo solenne riprova nella strada Emilia, le cui traccie sono riconoscibili al presenle in pareccbi luoghi, tra gli altri nella villa di Campalto, un tempo S. Martino di Strata, per il quale passava, dove essa si trova elevata tuttavia sopra i terreni coltivati adiacenti. passava ancora presso il cos\ detto Caver»nago, die era un seno della laguna a cui approdavano le bardie pagando una lassa al Vescovo di Treviso. e die nel medio evo cliia- mavasi ail porlum. Ora questo silo detto Cavergnago e cambiato in praterie per le alluvioni del fiumicello Marzenego die cola sboccava in laguna. 1 ter- reni dunque prossimi alia strada Emilia sonosi cerlamenle alzati di molto. e cio nondimeno la strada Emilia in parte sovrasta ad essi. E pertanto degno d'osscrvazione che il conic Paoli non fa mai parola di cio die dee succedere a motivo della elevazione della supertkie terrestre per la soprapposizione di nuove malerie, la quale abbiamo dimostralo come debbasi riconoscere da per tutlo, e mollo grande in alcuni luoglii particolari. La cilta di Venezia per la singolare sua posizione, jter le circostanze sue naturali e per quelle die le furono procurate dalla saviezza delle venete leg gi. die allontanando il corso dei fiumi dalle sue laerune la sottrassero alia \i- cenda delle alluvioni. cui soggiacquero tante allre citta di terra-lerina. la cit- ta di Venezia puo riguardarsi, a mio credere, meglio die ogni altro sito qual punlo fermo a cui riferire le variazioni die possono accadere nel livello delle acque dei mari. Ond' e die dal .Manfred! e da Bernardino /.endrini la fac data del Palazzo Ducale riguardante il com delto Rio di Palazzo fu ritenuta come irrefragabile documento dello alzarsi tli esso livello. ed io con queste osservazioni in un mio scritto intitolato : Suove ricerche, ecc, stampalo nel Vol. 11 ddle Memorie dell' Istituto Lombavdo-Veneto, bo cercato di deter- minare la sua quantita secolare di elevazione. A dir vero, fa meraviglia che il conic Paoli onmietta di parlare delle osservazioni predetle. egli. die la men zione di Ravenna e di altri luogbi in cui si manifesta tale alzamento e ritiene 222 ESAME INTORNO L INVARIABILITA' DEL LIVELLO DEI. MARE come assolutamente dimostrato die quella scalelta scoperta a metri 2.608 sotto 1' ordinaria alia inarea presso 1 isola di S. Giorgio Maggiore, di cui resi conto nella niia Memoria citata di sopra, indichi soltanto un avvalla- mento di terreno (5). Rispondera f'orsc il conte Paoli (lie tale apparenza di alzamento di livello del mare sulla mentovata facciata e su tutta Venezia, sia effetto di quel lento avvallamento che secondo lui succede da per Ditto dove tale fenomeno si ri- scontra. E pero cosa assai difficile da ammettersi che per quanto lento sia tale avvallamento le fabbriche soprastanti non diano alcun segnale di altera- zione, come ho falto notare nella detta mia Memoria parlando della banchet- ta che trovasi senza alcuna fenditura ed a perfetto livello commessa nel muro della facciata del Palazzo Ducale, la quale risguarda il liio di palazzo. II lento avvallarsi di cui si serve il conte Paoli e supposizione gratuita, ne in verun modo provata. Sorprende poi quanto egli scrive alia pag. 122, che le acque del Balti- co cioe vadano ahhassandosi. Come puo egli conciliare la legge idraulica dei tuhi comunicanti per cui le acque in essi contenute devono comporsi tutte ad un medesimo livello ; come potra dico conciliare cio con la sua doltrina del- 1' invariabilita del livello de'mari e con 1' abbassamento dell acque del Bal- tico? Non oso pensare ch' egli giudichi poter essere il Baltico una eccezione a quella legge generale, ne vorro parimenti credere ch' egli con nuova ed assai strana anlifrasi abbia inteso di accennare al sollevamento di alcuni ter- reni osservato lungo le coste di quel mare, del quale fenomeno fa egli diste- samente menzione in questa sua opera. Ne niolta esattezza io trovo nelluso suo di chiamare ritiro del mare quello che succede in grazia degli inlerri- menti che si fanno sulle coste. il quale deesi dire di cola respinto, locche lascia luogo a conoscere chiaramente che esso non si e abbassato. Ma egli adotto piultosto il verbo ritirarsi anziche quello di respingere siccome pin confacente al sistema da lui sostenuto. >>on potendo negareil conte Paoli che pegl' interrimenli portati dai fiumi nel mare il suo livello dovrehhe elevarsi. a togliere questa diffnolta. che infirmerelibe la sentenza da lui adottata della invariabilita del livello dei hi I. PROF. ANGELO ZENDR1N1 '->*.>.» mari, dice, come abbia mo riferito innanzi, conviene do not si credo che tic lie furze die governano le cose terrestri esista un quoit lie compenso ignoto o uoi. il quale rendu millo o bilanci un to/e effetto. Ncssuno potra negare certamente che a togliere 1' effelto sopraddetlo cagionato dagl' inlerri- menti dei fiumi altro nun ve ne possa essere, se non se (in qualunque modo poi si voglia che ci6 accada) la sotlrazione di quella quantita d' acqua die pei dclti interrimenli necessariamente ne leverebhe il livello. K siccome la causa pruduttrice quest' inlerriinenti e costantemenle operativa, com la sotlra- zione sarebbe progressiva, clie e quanlo dire la diininuzione progressiva delle acque dei mari: opinions questa non ammessa da' piu assennati geologi e rigeltata pure dal conle Paoli. Ne cio basterebbe affinche si potesse ammellere la prelesa invariabilita
  • 3.3o Notisi die 1' antico sottoporlico e piu basso » i.3o onde non supera la magra ordinaria clic di » 2,00 9.0 Alia rivicra di S. Giovanni rimpetto alia Casa Soranzo. Alia sinistra cioc dalla parle della Casa » 2.56 Alia deslra cioc dalla parte dellc raura vecchie • ^.24 io.» Riviera di S. Benedetlo alia Caserma. Sul sinislro suolo della slrada ■> 3. 06 Alia destra verso !e mura vecchie » 3. 98 1 1." AS. Leonardo presso il Ponlc. Suolo della strada che va verso I'interno , . ■■ 4-'& Strada Borghese riviera eslerna » 3.5o La condizionc del suolo antico di quella cilta sopra il prescntc pelo dell' acqua magra di que' due liumi, ho volulo dedurrc dalla maggiore di quelle allczze, siccome quella che avrebbe dala la piu piccola deprcssione solto quel pelo del suolo antico, la quale lu melri 0.87. Se invece fosse slata presa 1' allezza media risullante da tutte questc altczze trovate, locche sarebbe piu adalto a porgerc per approssimazione la ragguagliata depres- sione di tutto il suolo di quella citta sollo il ridetto pelo, ne risultcrebhc quesla di nietri 1.94 ; 0 piu del dop- pio dell' allra. Cio serve ancora a far conosccre quanto grandemente siasi clevato il fondo di que' due fiumi da tin1 cpo- ca bensi loutana dalla prescntc, ma non tanto, per cio che sembrano comprovare i monumenli dissollcrrali, da dovcr risalirc ai tempi della venuta di Antenore in Italia. (5) Sembra che i Veneziani sieno stati i primi a riconosccrc l* alzamento del livedo del mare, non aven- dosi memoric, che io sappia, di laic riconoscimento innanzi a <[uanlo riferiscc il Sabbadino di Angelo Eremi- lano e dei discorsi di Luigi Cornaro, comballuli, e vero, dal Sabbadino, il quale tultavia ammette, ignorando Ic leggi idrauliche, che qucslo livcllo del mare si palcsasse solo nellc nostre Lagune, opinione con la quale egli slesso e in contraddizione pel suo assioma gran Laguna fa s1'"'1 porto, di chc ho parlato piii a lungo nella mia Memoria sull' alzamento del livello del marc, slampata nel Giornale dei sig. Conli da Bio in Padova, pun- tala terza, 1802. II sig. Paoli dice (pag. 3?) che V abbassamento del suolo crasi gia per !o innanzi osservato rispetto a Venezia cd era gia opinione invalsa nel popolo. — Non si sa da qual lonte abbia il lodalo signore tratto la notizia che tale opinione lossc invalsa tra i Veneziani. c e i> rs o SULLA DISPOSIZIONE AI MALI COMAGIOSI M.L MEMBHO EFI'ETTINO S 1 G. GIULIO S A N I) R I .1 ra lc varie specie di parole, ehe usano distiuguere i logici. havvi pur quella delle insignijicanli, cosi cliiamate. perche nulla di preciso dinotano. e piuttosto confessano la nostra ignoranza di cio che per mezzo di esse inten- diaui dinotare. Di lal genere hjato. fortuna. caso, e sotniglievoli, eon cui la cagion si disegni di certi avvenimenti. E queste voci non significative, essen- do per mala sorte delle piii frequentenienle adoperate, ed avendo libero corso. ben che vane e di niun valore, tornano d iinpedimento fortissimo al progresso delle cognizioni, togliendoci di ricercare donde veramente le rose procedano. Terrebbe ella forse di siffatta natura la disposizione ai morbi contagiosi, ehe altri pur dice predisposizione, cui tanto peso suolsi dare in ambe le me- dicine, attribuendo il prendersi del male alia presenza, e il non prendersi alia mancanza di essa 2. Trattandosi di semplici sporadiche malattie. 1 opportunity, o disposi- zione. e quel motivo che ad esse \a preparando, consista egli in una condizio ne particolare dell' animate economia, o pure in tutte quelle circostanze ehe che la modificano a poco a poco, rompendo per gradi 1 equilibrio che costi L>28 CENNO SULLA DISPOSIZIONE AI MALI CONTAG10S1 tuisce la salute, e facendo in fine cader la bilancia sinistramentc. La quale di- sposizione si puo anche, non di rado, per certi segni conoscere; e quinci alio volte ci e dato eziandio di prevenire la formazione del male. 3. Le malattie poi die diconsi endemiche oil enzooliche dipendenti da circostanze del sito, e le epitlemiche od epizootiche semplicemente, derivanti da cagione comune generale ed accidental, inerente all' aria, alia bevanda, al cibo. o a qualsiasi grave disagio, lianno a ragion disponente queste medesime cose. Ond e cbe sebbene possano cogliere molti individui al tempo stesso, rimangono pero sempre ristrette ne'liraiti di tali lor cause; il cbe puo esser anche indizio non dubbio per distinguerle dalle altaccaticcie. Cosi 1' endemica od enzootica non va mai fuor di sua sfera, percbe le circostanze locali non si possono trasportare o melter in viaggio : cosi la movente da inedia o da qual- che tristo alimento, o bevanda, giammai non incoglie al ben nutrito, o a clii di silfatto alimento o bevanda non fece uso : e quella cbe da insolita fatica od altro patimento procede, risparmia ognora cbi ad essi non ebbe a soggiacere. E cessandosi cotestc cagioni dalla natura o dall' uomo, cessa anche al tutto la malattia, in lorza del tritissimo adagio : sublala causa, removetur effectus. 4-. Ma la disposizionc allc malattie contagiose, a quelle cbe si trasmetto- no, comunque siasi, mediante un principio sui generis, nella quale principal- mentc abbiam proposto occuparci quest oggi, in che dimora ella ? o, cio che torna il medesimo, in cbe dimora la sua mancanza : quell' amuleto, quell' egi- da che dai loro colpi garantisce e preserva ':' . . . A meglio cbiarire il mio pensamento egli m' e avviso di considerare questa disposizione sotto due aspetli, cbiamando l'una generale o comune cbe de'colpili risguarda il quanto, e 1' altra particolare o individuate, cbe di essi risguarda il quale. 5. Impercioccbe generale disposizione io dico quella. per cui maggior numero d' individui corre pericolo di prender il morlio, o sia phi grande e per tutti il riscbio d' esserne presi : la quale puo dipendere e dalla maggior quan- tita di germi infettivi (i): e dal mezzo piu acconcio di loro comunicazione, e dalla maggior attitudine nella maccbina animale di accoglierli. d arrivarli :il debito posto e svilupparveli. Quelle circostanze per tanto, le quali sieno alle a crescere la copia de germi e la lacilitazione di loro passaggio, di loro DEL .SIG. (.11 I. K) SANDR] rj.<) introduzione e sviluppo, saranno pur quelle che concorrono a formare que- sta com ii iic disposizione, o sia la maggiore probabilita di acquistare la ma tattia. Cosi dove si Irovano piu infetti insieme e in luoghi chiusi ed angusti, sara generalmente piu probabile di acquistarla, che non dove gl infetli sien poclii in luoghi aperti e spaziosi : cosi dove abbiavi Ira gh ammorbati ed i sani rorrispondenze o relazioni mollcplici, piu sua probabile che non dove queste scarseggino. Com i cibi, le bevande, la manicra di vivere ec, potranno contribuire a tale probabilita, in quanto alia piu agevole introduzioue e ;il piu agevole sviluppamento de' genni pure contribuiscano. L mollo \i potra con- tribuire la condizione atmosferica, si coll' agevolare lo sviluppo de germi stcssi. c quindi aumentarne la copia, si col rendere 1' organismo animale piu sufficiente a riceverli (i>). Onde veggiamo die in generale 1 contagi infierisco- 110 maggiormente in tempo umido e caldo, doe in quello ch e anche il piu fa- vorevole al prosperare degli altri germi. G. Noi pero qui dicendo poter la condizione atmosferica aumentare que- sta generale disposizione, non prelcndiaiuo che per ogni contagio una pecu- liare costituzione d' atmosfera abbisogni, che suolsi chiamare anche influenza. [mperciocche ci sembra all' opposito, che i contagi possan sussistere senza cotali particolari costituzioni, e che alle condizioni 0 stato dell' aria non sieno subordinali, se non in quanto e a quesli subordinato il procedere degli altri germi piu conosciuti, ciascuno secondo la sua natura. L Ira le ragioni, che c inducono in questo avviso, stan le seguenti : 7. Noi veggiamo contagi serbarsi a lungo nello stesso paese, quantunque lo stato dell' atmosfera per molti riguardi si vada successivamente cangiando ; ed altri anche regnarvi dal piu al meno continuamente. Se pertanto il male uon cessa affatto col mutarsi delle condizioni atmosferiche, egli e chiaro segno che la sua esistenza non e propriamente legata a veruna di esse. 8. K durar potendo gran pezza i contagi nello stesso luogo. ammorban do questo individuo prima, e quello assai dopo, cioe persistendo a lutti gli almosferici cambiamenti, in che mai si direbbe consistere la costituzione pro pria di ogni contagio. quella i lie vorreliliesi esxnziale alia sua esistenza, e quinci perdurare quanto esso? Certo soltanto in an quid ignotum capace 20O CENNO SULLA D1SPOSIZIONE AI MALI CONTAGIOSI di resist* r inlnllo a fronte di tutte le vicissitudini o meteorologichc muta- zioni. M:i tin quid ignotum e cosa troppo vaga, e da non ammellersi per ve- run niodo in latin di scienze naturali. g. E quand' anclie atnmettere si potesse una cosa si vaga. qual e questo quid ignotum proprio di ogni contagio, formante 1 aerea sua costituzione, (ante essendo le specie degli animali (per tacer delle piante), e tanti i con- tagi proprj delle singole specie, diremo noi die abbia 1 aria in riserbo tanti quid ignotum special]', quanti sono essi contagi. per metter fuori quando 1' uno e quando 1 altro ? . . . E perche regni il contagio, essendo necessaria anche la presenza del germe suo e la sua comunicazione. diremo noi che 1 aria s accordi nel metier fuori il relativo quid ignotum, quando il germe per tale comunicazione si Irova in quel dalo luogo ? E quando Delle varie generazioni d animali e nell' uomo, trovansi al tempo slesso. e nello stesso paese, differenti contagi, diremo noi che ivi si trovino pure al medesimo punto varie costituzioni da varj quid ignotum formate '.' 10. Che che poi ne sia di cotesta accusa dell' aria, qui toccata quasi solo per incidenza. avend' io mostrato la generate disposizione comune a lutti quelli. i quali egualmente vanno a tiro de' contagi, riporsi nolle accidentali combina- zioni che i germi ne sien piu copiosi. piii comodi abbiano i mezzi di comu- nicarsi. piu agevoli quei d inlrodursi nella macchina al luogo appropriate, e pronto ivi trovino cio che alio sviluppo lor si conviene; senza piu me ne passo alia particolare. a quella rioe la quale fa. che degl' individui che dimo- rano sotto il medesimo cielo. cihano gli stessi alintenli. usano della stessa bevanda, respirano 1 aria medesima. ed han per poco le stesse ahitudini. an- dando alio stesso cimento. o sia trovandosi nolle circostanze medesime d'in- fezione, alcuni vengono presi dal morho ed altri ne rimangono immuni. Ed essendo la cosa un po astrusa, e nissun miglior argomento otferendomi a diniostrar il mio parere. io prego mi si consenta di venirlo accennando per via di comparazioni. i i. E a queste comparazioni tosto facendomi. vedesi lalor dagli antichi rappresentav un contagio. una peste, quasi come una mischia. in cui v'ha clii colpisce e chi rimane rolpito. 11 feritore e qualche divin personaggio. e i feriti DEL SIG. G1UL10 SANDR1 20 1 gl'infelici mortali. In Omero Apollo discende dal cielo a saeltare il campo greco, cd ardono spesse le cataste de'morli (3) : e nelle sacre Scrilture e un Anerelo sterminatore, che al suolo distende le vittime della celeste indigna zione (.j). Lasciando le altre somiglianze che vi potrebbero essere tra le due cose, iini scegliamo sol quelle che fanno al nostro proposito. 12. E primieramente, nel luogo in balia del contagio noi scorgiamo prendersi alcuni, cd altri no; e del presi altri ;i morte esser Iratti, ed altri dopo stretta piu o meno forte, ricuperare una qualsivoglia salute. Scorgiamo ora essere manifesto il passaggio del male al sano dall' ammorbato , ed or rimanersene affatto occulto, ed aver quinci ttitti cagion di lemere, potendo per via mediata, non che immediata, capitar I'infezione. K parimenti in una battaglia, chi vicne colto, e chi resta illeso; e dei colti cbi a morle, chi piu o meno gravemente piagato: talor discopresi d'onde il colpo si vibra, e non di rado e al tulto ignoto ; il perche non e dalo potersene guardare e la vita di ognuno si trova in pericolo. 1 3. In sccondo luogo, rispello al contagio, si vede taluno caderne preda al primo affacciarsegli, e parecchi, sebbene usin continui cogli ammorbati, restar immuni per alcun tempo, ed alia fine esserne pur essi invasi. Ed il medesimo avviene di assai ministri di Marie, che reslati essendo illesi in tante battaglie, ebbero poi a soccombere in una piu tarda. 1 4- Ed avvi pur molli, che sebbene pratichino a lungo con appestali o contagiosi, mai non s infeltano, e passano di tutt' altro male. E sonovi anche de niiliti, che dopo avere menato la vita loro sul campo. la finiscono di morte naturale sul domestico letto (.')). i.). E per venire a paragon d' altro genere, noi veggiamo che una pianta selvaggia. pogniam caso una querria. una felce, produce un numero stermi- nato di semi ; ad arcoglier i quali stan preparati altretlanti punti di suolo : ma non molti sono que' punti che a nuova pianticella dieno effettivamente sviluppo; an/.i sono si poclii da non potersi alle \olte lie nun calcolare alla- to agl inlrultuosi. iG. Ma perche mai, stringendo un po 1' argomento. perche mai nella battaglia sono alcuni preservati o ricevono colpi leggeri, ed altri gli ricevon 232 CENNO SULLA TMSPOS1ZIONE AI MALI CONTAGIOSI mortali? Forse perche i primi non ne abbiano la (li.sposiz.ione, e 1' abbiano i secondi ? Perche gli uni cadono vittime in sulle prime, ed altri piu tardi ? Forse perche a questi pur tardi giunse la disposizione? E perche reslano al- cuni illesi in ogni attacco? Forse perche la disposizione al colpo Ietale non sia in loro mai sopraggiunta ? ... A noi senihra the 1 esito fortunalo si debba ad un mero concorso di accident!, la cui romhiuazione ha portato, che il colpo mortifero, il quale ad alcuni pur giunse, ad altri non giugnesse. 17. E perche mai. passando all altro paragonc, perche mai tanti de punti apparecchiati a ricevere la selvaggia semente non isvilupparono la pianta novella? Anche qui, avvisiamo, per nn accozzamento di molti accidenti, il quale fece 0 che il seme non fosse pcrfetto, o che sopra que' punti non avesse a cadere, distratto essendo per venti od altro motivo; 0 cadulovi non vi si arrestasse, essendo via portato dall'acqua, da insetti 0 somigliante cagione ; od anche arrestalo non potesse, colpa degli ostacoli, penetrarvi e giugnere alia profondita ricercata ; o giunto a questa non vi trovasse quell' umidita . quel calore, e quegli altri requisiti che al suo sviluppo fan d' uopo ; 0 vero in sul germogliare o germogliato appena, venisse distrutto da animalucci, od altra per lui sinistra vicenda. 18. E stringendo l'argomento ancor maggiormente, venendo cioe ora al proposilo della disposizione ai mali appiccaticci , parrehhe, che siccome non si puo dire che per mancanza di disposizione ad esscr offeso, wnga pre- servato il coinbattentc nelle hattaglie, e pel sopravvenire di essa venga egli poscia rolpito : siccome non puo dirsi in generale. che ne' varii punti di suo- lo. in cui potrebbe il seme allignare, non vi alligni effettivamente per man- canza di disj)Osizione ad esso ; ma il pieno consiste in una concatenazion d' accidenti; cosu diciamo, parrehhe che anche la non disposizione individuale ai morhi contagiosi. cioe quel non prendersi cssi dagli uni, menlre si pren- dono dagli allri. dimorasse per lo piu in meri accidenti del genere stesso di quelli accennati per la selvaggia semente, rispetto a cui la natura adopera abbandonata a se medesima, come fa pur ne'eontagi. Ove nella seminagione entrasse 1' arte, i semi andati a male sarehbero in minor numero, sommini- strandosi da essa le favorevoli circostanze che sono in mano sua ; le quali DEL SIG. r.UJ.IO SANDRI a!}3 ponno lalvolta combinarsi eziandio aaturalmeule, e dare quinci sviluppo ad una quantita maggiore di «^«- 1- in i . II che pur osservasi ne'eontagi, i quali ove trovano (|ncslo favorevol concorso, iafuriano anche in proporzione di esso. crescendosi per tal guisa quella che noi chiamammo generalc disposizione. if). Che la disposizione o indlsposizione ai contagi, >ia piu che altro mi [>iiro accidente, pare eel dica eziandio il fatto delle inoculazioni, allorche praticandosi varic punture, I innesto prende in una e non in un altra ; nun essendo verisimile che due slali diversi trovinsi ncllo stesso individuo al tem- po medesimo, e fors' anche a picciolissima distanza. II qual falto e ai tullo somiglievole a quello
  • .',.> zione csaminare in che propriamente dimori, ne singoli conlagi de vari enti animati, il fortunato accidente, pel quale certi individui, che pure Irovansi nclle circoslanze medesime di cert allri che prendono il male, ne vadano c-senti : affme di potercelo questo accidente benefico procacciare roll arte. ••!>. E venendo alia conclusione, apparisce, che siccome la facolta di |>i gliare i relativi conlagi e naturale a Uilta quella data generazion d'animali. c il pigliarli o non pigliarli principalmente consiste in casuali combinazioni formanti, o no, la catena de' requisiti neccssari alio sviliippo, e non in reale qualita od altribulo proprio dell organismo vivente . ne viene che la voce disposizione. e le sue consorelle capacita, opportunity, attiiudine, colic oppo- ste in disposi zione, in capacita >■<'. impiegate per essi, tengono assai dell insi- gnificante, siccome quelle che non dinolano la ragione del fatto avverso o pro- pizio, ma piuttosto il fatto stesso ; conciossiache il dir, conic suolsi. che si prese o non si prese il male, pen lie v era o non v era la disposizione, lorna per poco il medesimo che dire, si prese perche si prese. non si prese perche non si prese. \\ quinci a rendere questo rilevantissimo punto di medicina \e- lerinaria cd mnana. soddisfacente alia scienza speculativa, cd utile insieme alia pratica, si dee staliilirc in (lie \erainente essa ragion sia riposta : so- stituendo anche, se occorre, alle generali e vaghe parole or nsitatc, espres- sioni particolari e precise. Cosvi alineno risulta dal presente ragionamento. che perb noi rimettiam pienamente a quelli die di cose fisiche e mediche piu si conoscono, e ne fanno argomento di studii speciali. Letto il 2c) Maggio 1844 NOTE ( i ) Lc voci in/ezione, in/etlivo, cc, in ipicslo ragionamcnto si usano ionic sinonimi di conta • gioso, cc , e Don nella pin strella signiucazionc introdotta rccculcmcnte. (2) Come sarebbe disponendo la pelle 0 it polmonc ad un piu a 1 1 1 % o assorbimento (3) Mode, lib. 1, vers. ^3 c seg. (_,) Lib. secondo dci He, Cap. 2^. (T>) Ollre le somiglianze accennale fra la miscbia e la conlagione, v' ha quella rlie I' offendcnie m cnlram- be c un corpo clerogeneo alia macchina animate, e puo invadcrla tanio s'ella ritrovisi in i.stato di lorza, quartto di debolezza. Non avendo poi il contagio per sc stesso diatesi alcuna, puo (alor associarsi a quella, cui I' indivi- duo si (rova disposto, o cui lende la dominanlc costiluzione atmosferica. (i>) Dicesi addiviene in parte, e perche anrlic i rontagi febbrili possono, massirac dopo ccrlo spazio di tempo, rinnovarc V assallo ; c perche !a miliarc si mostra anzi piu agevolmentc in chi I' lia sofferta ancora, come usano pur fare ^li altri mall. (7) lircra, »«i Cvntagi. Tom. I, pag. i;3. (H) II Dialogo inscrilo ml foglio di Verona del i3 Diremhre iS.,3 , la Memoria sulla Golpe, Ictta all'Ac- radcmia d' Vgricollura di \ cmna ; e la ISola let la all' Imp. II. Istitulo li 27 N'ovcmbre ]8^3, unpressa nella punlala prima del Tomo 3 ." degli Alii delle sue Adunanzc. ESI m i: DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET si LLO SVILIPI'O DELLELKTT1UCI I \ M \ I ICV NEL CONTA [TO in, CORP1 I) E I. PROF. AB. GIUSEPPE ZAMBONI liella ((iiislione a nostri d'i cotanto agitata sulla origine della Elettricita Voltaica, il celebre Fisico francese Peclet pubblicb negli Annates de Chimin et de Physique, Giugno iB^i. una Memoria inlitolata : Sullo sviluppo dell E- lettricita statica nel conditio del cor/ji riportata jioi dal De-la-Rive conalcune sue note negli Archives dr. I Electricite' n.° 3. In questa Memoria si accorda il Peclet con lutli erli Elettrochimici nell' esieere lazion cbimica come neces- saria alia produzione della corrente elettrica : ma quanto all' effetto elettro- statico egli ammette il principio fondamentale del Volta, cioe svilupparsi la tensione elettrica pel solo contatto meccanico fra conduttori secchi ; e in molti casi eziandio fra secchi ed umidi senz'alcnn inlervento di azion cbimica. So non die questa dei secchi cogli umidi la \u<>l superiore
  • Per lo die io non diro mai trascurabile l'attivita elettrica degli umidi coi metalli nelle ordinarie costruzioni della pila Voltiana : ma interpretati a do- vere gli esperimenti del Peclet con altri ben piu decisivi, vedremo riconfer- mata la maggior efficacia del conlatto metallico. Per uniformarmi con questo Fisico nella parte istrumenlale, bo messo in opera un Condensatore simile al suo, composto cioe di due piattelli di 1 ristallo tutto dorato, ed inverniciata soltanlo quella faccia dell'uno e dell al- tro con cui debbono combaciarsi. DEL PROF. A15. GIUSEPPE ZAMBONI j^\ La prima sua esperienza e la fondamentale Voltiana, ma eseguita col zinco a contatto dell'oro del suo condensatore ; dalla quale cbbea notar venti gradi di tensione. Or qui sul)ilo per definire se questa lensione di venti gradi provenga nella massima parte dal toccarsi dell oro col zinco. oppure (com'egli vuole) dalla somma (lei due contalli dell' umido delle dita col zinco, e dello stesso umido coll oro del piattello inferiore, il piu sicuro espediente quello e di misurare a parte la sola lensione delta coppia oro e zinco, imitando quanto lece il jMarianini colla coppia ottone e zinco. Tolgasi adunque il piattello superior d oro. e venga uno di zinco a combaciarsi sull' inferior d'oro. Indi preso fra le dita un pezzo if oro si porli a toccare il piattello zinco. e I altra mano tocchi 1 oro del piattello inferiore. Per tal disposizione trovan- dosi lo stesso umido delle dita Ira due sostanze omogenee d oro. tntti conve- gono esscrvi allora due azioni eguali e contrarie dell umido delle dita coll' oro : e percio nullo 1' effetto di tal umido coll' oro. Ma il falto dimostra cb' eziandio in questo caso dal solo toccarsi dell'oro col zinco si dispiegano a un dipresso venti gradi di tensione. Dunque essi derivano nella massima parte dal contatto puramente metallico dell' oro col zinco. Lo stesso avviene sperimentando con altri metalli; e generalraenle, te- nendo fra le dita qualunque metallo omogeneo con quello del piattello infe- riore, e portandolo a toccar l'eterogeneo del superiore, vien tolta affatto 1' influenza dell' umido delle dita dalle due azioni eguali e contrarie. e si svolge la sola lensione di due metalli eterogenei nel grado gia scgnato dal Volta nella sua scala degli Kleltromolori. Per lo contrario, accoppiati due metalli, e mettendone uno a contatto di diversi umidi succcssivamente. la tensione per la diversita degli utnidi poco o nulla differisce. Quando un pezzo d'oro tenuto Ira le dita tocca 1 uno o I'altro di due piattelli d'oro del Condensatore, la tensione e nulla, ed e ap- pena percetlibile (am lie secondo la tavola del Peclet) lenendo 1'oro fra le dita bagnatc d' acqua pura o un po' acida o salata. E cos"i pure, la diversita di questi umidi in contatto coll'oro, dod cangia nolabilmente la tensione di venti gradi. cli egli acquista, come >i e veduto, toccando il piattello di zinco. Vol II !i ■i^'i ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC. K percio la diversila di quei duo melalli con o senza influenza degli umiili e piu efficace della diversila degli uraidi toccanli uno slesso metallo. Ma seguitiamo ilPeclet nella seconda sua esperienza coi piattelli delCon- densalore amendue d'oro: un pezzo di zinco tcnuto colle dita si porti a toccare un foglietto di carta posto siill'oro del piattello superiore e lallramano tocchi l'oro dell' inferiore. L'effello e nullo : e cos\ debb'essere anche per ogni Vol- tiano, mancando affatto qualunque contatto metallico. Ma second o il Peclet tal nullita dovrebbe altribuirsi al zinco interposto fra 1' umido delle dita, e 1' u- mido natural della carta; vale a dire egli dovrebbe ammeUere che questi due uraidi agiscano sul zinco con forze eguali e contrarie ; uguaglianza cui non so se faranno buon viso gli Eletlrocbimici. Ma sieno pure uguali quesle due azioni ; e cio presupposto, veniamo al terzo suo speriraento, cioe. a quello di lasciare la carta sull' oro del piattello superiore ; e saldato un arco di zinco alia sommila di un cannello ben isolanle da tenersi in mano, si porti questo arco di zinco isolato a toccar con un suo capo il piattello inferior d' oro, e con I'altro capo la delta carta posata sul piattello d'oro superiore. Qnal effettone osservo ilPeclet? minore, egli dice, dei20gradi avuti dapprima. Ed io invece rispondo colla stessa esperienza, cbe la tensione puo essere o quella prima di venti gradi, o la raeta o un terzo, od anche appena visibile, secondo il tempo che 1' arco di zinco si sara mantenuto in comunicazion colla carta ; per- eiocche cssendo questa condullore imperfetto, che trasmetle 1' elettrico assai lenlamente, ci vuole un tempo piu o men lungo, secondo lo stalo igrometrico della carta, per accumular la tensione inlera di venti gradi eccitati dal toc- carsi del zinco coll oro del piattello inferiore. Ne la cosa puo essere allrimenli anche nella supposizione fatta qui sopra, che cioe 1 umido delle dita agisca egualmente sullo zinco come 1 umido della carta. Imperciocche un capo dell' arco di zinco tocca 1' oro del piattello infe- riore, e fra 1' altro capo e 1 oro del superiore vi e 1' umido della carta in luogo deli' umido delle dita. Duuque le condizioni della prima sperienza del Peclet sono qui pur le medesime; ed aggiuntavi quella del tempo necessario alia carta per trasmettere 1' elettrico, la tensione non puo non esser la stessa di prima cioe di venti gradi. DEL IMVOF. All. GIUSEPPE ZAMBONI 24J Con quest arco metallico isolato post i in comunicazione due piattelli eterogenei rame e zinco di un Condensatore, dimostro prima di ogni altro il Pfaff l' eccitamento eletlrico nel contatto dci due metalli senza alcuna in- fluenza dell' umido delle dita. Slretli com gli Elettrochimici ebbcro ricorso all umido invisibile dell' aria : e quantunque lo sperimento del lM.ill tanto meglio riesca quanto 1 aria e piu secca, e si verificbi cziandio nel vuoto pneumatico, cbe il Marianini avea gia disseccato colla potassa caustica, tut- tavia persistono nell attribuirne I'effetto all umido dell aria comunque secca e rarefatta. Ora il Peclet con tutti i Voltiani la loro osservare che il zinco sempre positivo nel sun contatto con qualunque metallo, diviene poi sempre uegativo in contatto con qualunque umido; e pero 1' umido dell aria dovrebbe larlo negativo, e non mai positivo qual si mostra nella sperienza del Pfaff. Questa riflessione (risponde il De-la-Rive (2)) non mi sembra giusta. Nella teoria elettro-cliimica 1 ossidamento prodolto dall'aria umida sulla » superficie del zinco lo rende bensi negativo, e questo stato negativo si co- • munica a! rame in contatto col zinco: ma questo zinco conserva jioi il ' positivo di quello strato d aria, die sta a immediato contatto colla superficie • ossidata del zinco. Ma chi vorra mai consentire al De-la-Rive la diffusione del negativo da 1111 metallo all altro diversa da quella del positivo:' Com esser puo cbe lo zinco negativo renda negativo il rame mediante 1 arco metallico, e lo slesso zinco divennto positivo nella superficie che tocca I aria, mediante lo stesso arco non abbia a far positivo anclie il rame. ma invece debba lasciarlo altret- lanto negativo ? ben altro 111 insegnano le seguenti esperienze. Fissato con saldatura raetallica un ii lo di rame verticale sulla faccia su- periorc del piattello zinco del Condensatore. I10 coperta tutta questa faccia di zinco con carta ben umettata di acqua, per modo (lie ogni punto del zinco loccava 1' umido. e nessuno I aria : 1 acqua bagnava altresi lutto all inlorno la base del filo di rame. Preso ili poi I arco metallico isolato, e toccando am un suo capo il piattello inferiore ch' era di rame. portava I altro capo a toccar I umido della carta, e il zinco ne divenia negativo : ma se invece con questo capo loccava il filo di rame il zinco riusciva positivo, tnalgrado che :>44 ESAME DELLA MEMOIUA DEL S1G. PECLET, EC. 1' umido continuando a loccar questo zinco tendesse a farlo negative Dun- que il zinco sempre negativo toccando 1 umido, non divenne gia qui positivo per influenza dell' aria, ma unicamente pel suo contatto col rame. Di piu, la meta superiore dell' arco isolalo sia composta di due iili me- tallici divergent! per modo, che uno di questi rimanga sulla carta umellata. mentre 1' altro tocca il filo verticale di rame, e 1' allro capo dell' arco tocchi come prima il pialtello inferiore di rame. In tal caso il zinco vien messo in contatto coll umido insieme e col rame ; coll' umido clie vuol farlo negativo, e col rame che vuol renderlo positivo. Ma il zinco da tal conflitto torna sempre positive e mette sott' occhio la maggior attivita del suo contatto col rame. Lo stesso conflitto colla prevalenza del contatto metallico si appalesa in quel velo umido interposto fra due diversi metalli, col quale io verificava, or fa vent'anni (3), quel sospetto del Volta, che cioe anche senza un reale contatto, la sola prossimila dei due metalli basli ad eccitare 1' elettrico. A veder cio nella manicra piu acconcia al presenle argomento, pongasi una capsula di zinco piena d'acqua sul pialtello zinco del Condensatore, e sia d' oro 1' infe- riore. Un capo dell' arco metallico isolato tocchi questo piattello inferiore, e l' altro capo sommergasi nell' acqua senza toccare la capsula ; il zinco ne risultera negative Ma se questo capo dell' arco pescando sempre nell' acqua vada a toccare il fondo zinco della capsula, e quindi si allontani l'arco prima dal piattello inferiore, e. poi dalla capsula e dall'acqua, allora il zinco, sotlopo- slo qui pure alle due azioui contrarie, diverra positivo per 1 azione prevalente del contatto metallico dell' arco col fondo zinco della capsula. Ora il contatto metallico non fu qui al tullo reale ed immedialo, perche un velo sotlilissimo d' acqua rimane sempre interposto fra il metallo dell' arco e il fondo della capsula. E percio il minimo inlervallo di tal velo non impediscc 1' attivita eleltrica di un metallo con 1' altro per la somma loro vicinanza. Volendo poi lo stesso effelto anche in maggiori superficie di metalli e di umido, dislendo un velo di saliva sulla faccia superiore del piattello di zinco ; ed umeltata similmente sola una faccia di una moneta d' oro, sovrappongo questa faccia d' oro umettala alia umeltata del zinco e'falta col solito arco DEL PttOF. AI5. GIUSEPPE ZAMBONI J^-i metallico isolato la comunicazione del piatlello inferior d' oro colla faccia superiore asciutta della moneta, trovo sempre il zinco posilivo; laonde quel doppio velo di saliva interposto fra lo zinco e I oro non impedisce all' oro perche vicinissimo al zinco di spingere nello slesso zinco 1' elettrico, cioc nella direzione medesima come quando i due metalli sono posti a imraediato contatto. Questa sperienza parmi argomento speciale per diraostrare, che oltre 1 attivita elettrica dci mclalli cogli uinidi. la sola voluta dagli Elettrochimici, devesi ammettere quella pure dci metalli l'ra loro, e nel caso detto eziandio piu efficace. Imperciocche se nelle pile secche ( gia prossime a compiere 1' eta di sei lustri, e nondimeno attive colla tension permanente dci primi loro anni) se, dico, in queste pile il De-la-Rive e suoi seguaci credono suffi- ciente 1 umido natural della carta, per ismuover 1 elettrico dal melallo della carta d' argento nell' umido di essa carta, e da questa nel melallo della carta d' oro, dovranno pure accordare attivita anche maggiore a quel doppio velo di saliva per diriger similmente 1 elettrico dal zinco nella saliva e da que- sta nell' oro, il quale percio dovrebbe riuscir posilivo, lasciando il zinco negalivo. Ma il fatto avviene in contrario, die il zinco trovasi posilivo. «• negativo 1' oro. Dunque tal effetto non potendo derivare dall' azione dei me- talli con 1' umido, dee attribuirsi all' azione scambievole de' due metalli, che sommamente avvicinali si eleltrizzano. dirigendosi 1' elettrico come se fossero a immediato contatto, cioe dall' oro nel zinco. E questa loro scambievole attivita si manifesta anche maggiore di quella ch' esercitano colla saliva; perche infatti amendue le forze sono qui ope- rative ncllo slesso tempo, ma conlrarie 1 una all' ultra, ed e prevalente quella fra i due metalli, anche senza 1' immediato loro contatto. (.lie se quel doppio strato di saliva interposto Ira il zinco e ['oro venga ad ingrossarsi, mettendo fra i due metalli una carta ben immollala di lal mnido. cessa allora 1 azione di tin melallo sull" altro per la troppa loro distanza, e restando operativa quella sola dei metalli coll' umido. si rovescia la direzion dell elettrico. die lascia infatti negativo il zinco. e rende 1 oro posilivo. Ma torniamo al Peclet, che adduce poscia la seguente esperienza: fatta la comunicazione del 246 ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC. piattello inferior d'oro col superiore di zinco medianle 1' arco metallico iso- lato. la tension positiva del zinco non giunse, egli dice, a 1111 quarto della negativa clic dispiega lo stesso zinco allorquando facciasi l'arco umido fra i due piattelli con due dita della mano. Ecco, egli conclude. 1' umido fra i due metalli raolto piu attivo del mutuo loro contatto. Se non die questa esperienza, die nella Memoria del Peclet figura come principalissima, io 1' ho ripetnta le mille volte e sempre con efletto al tutto contrario, sempre cioe colla tensione dell' arco metallico assai maeeiore di quella dell' arco umido. E chiunque abbia eseguite quelle undici espe- rienze del Marianini « nelle quali le due teorie, com' egli dice, non vanno « d' accordo nel predirne i risultamenti. ne mai una volta gl' indovina la ■ teoria Chimica, ma sempre quella del Volta (4) » dovra pur convenire, die qualche circostanza non avvertita abbia alteralo al Peclet la misura delle due tensioni. Egli stesso dubita die vi abbiano potnto inlluire le vernici del suo Condcnsatore tanto facili ad elettrizzarsi nel maneggiar 1 istromento. E sebbene egli creda essersi liberato da questa influenza, dicbiara tuttavia dopo lunga discussione, die •■ quando gli strati delle vernici non sieno ben ■• vecchi, gli sperimenti presentano anomabe prodotte dalle elettricita ade- »• renti alle vernici. « Io invece soggiungo, clic con vernici veccbissime. e soprattulto coi metalli ben puliti, e 1' ambiente piuttosto secco, tutte le prove mi riuscirono sempre opposte senz' alcuna anomana. Ma v' e di piu pei Volliani, cb eziandio un Condensatore senza vernici ba gia sentenzia- to in loro favore , ed e quello del Prof. Belli , die in luogo di vernici tiene un velo sottilissimo d' aria fra i due piattelli rame e zinco. Essendo quest o Condensatore minore degli altri in forza condensante, avviene die posli in comunicazione i due piattelli con 1' arco umido di acqua pura o salata. ■ 0 non si trova (dice il Belli) veruna sensibile tensione, oppure senza pa- ragone piu debole di quella eccitata dal contatto metallico del rame col zin- co. » Ed io pure, avendo provveduta in quest' anno la mia scuola dun simile Condensatore, trovo sempre la stessa enorme differenza a favor dei Voltiani. Proccde il Peclet alia costruzione della pila, e la pochissima attivita da lui concessa al mutuo contatto dei metalli di fa risguardar come inutile tanto DEL PROF. U:. GIUSEPPE ZAMBON1 J.^' il rarae in cui termina un capo ossia polo della pila, quanto il zinco dell' :il tro polo. Sicche data una pila di due coppie Voltiane rame zinco umido. rame e zinco, e levati i due capi rame e zinco, quei che rimangono, cioe zinco umido e rame. formano a purer suo il vero elemento operalivo. Ma tutt'altro ne dice 1' esperienza. Impercioccbe si porti il detto elemento stil piattello zinco del Condensatore, posando su questo il zinco dell elemento; e fatta coll'arco metallico isolato la comunicazione del piattello inferior ili rame col rame alia ciina dell' elemento. si noli il grado della tensione. che non essendovi alcun contatto di metalli eterogenei e dovuta unicamente all' azion dell' umido coi due metalli. Dopo cio, capovolgasi 1 elemento, e venga il suo rame a posarsi sul piattello di zinco, e fatta pure col predetto arco metallico la comunicazione del piattello inferiore di rame col zinco alia cima dell elemento. si scorgera una tensione ben pin che doppia. Ora coll aver capovollo 1 elemento nulla si aggiunge di atlivita al suo umido coi due metalli ; ma soltanto, insieme coll' elemento, si e fatto agire un doppio contatto di metalli eterogenei : quello cioe del rame dell elemento col zinco del piattello superiore ; e 1 altro del piattello inferior di rame col zinco alia cima dell elemento. E percio questo doppio contatto dei due diversi metalli ha prodotto egli solo tutto I aumento della tensione. Dunque il contatto dei due diversi metalli si nella prima co- me nell' ultima coppia della pila non puo esser inutile alia sua tensione. Eppure assicura il Peclet d aver tolli via da una pila i due poli rame e zinco, senza per questo aver trovata minor la tensione. .Ma per cavar da cio argomenlo in suo favore, egli doveva indicare il numero delle coppie della pila con cui fece I'esperimento. Perciocche, ad esempio, levati i due poli rame c zinco da una pila composta di sessanla coppie, il calar della tensione per la teoria Voltiana sarebbe soltanto di un trentesimo, diflerenza che puo sfuggire alio strumento il pin delicato. Ma non sarebbe com di una pila di sei od otto coppie, perche la mancanza del terzo o quarto di una tensione alquanto co- spicua puo essere facilmente riconosciuta : a condizione pero che levato il polo rame. lo zinco che resla sulla pila tocchi il piattello zinco del Condensatore, e com pure levato I' altro polo zinco. il rame rimasto sulla pila tocchi il piat- tello rame. '■±4& ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC. Veniamo finalmente alia tavola del Pcclet sulla diversa attivita dei me- lalli cogli umidi, e la troveremo inammissibile, perche formata senza mai valutare 1* azione dei metalli coi quali egli toccava 1' oro del suo Condensa- lore. Ed invero, tenendo fra le dita bagnate di acqua pura qualsivoglia dei seguenti metalli zinco, piombo. stagno, ferro, antimonio, bismuto, rame ; 1' acqua pura secondo la lavola e positiva con una tcnsione, die va diminuen- do dal primo all'ultimo dei predetti metalli. Pertanto se questa tensione, come vuole il Peclet, e dovuta al contalto dell' acqua pura con quei metalli. c non si deve badare al loro contalto col metallo del Condensatore ; quando venis- se sostiluito al piattello superior d' oro im altro di zinco, dovrebbe risultar positiva. come prima la tension dell' acqua pura, e pochissimo diversa nel grado. Ma invece 1' esperienza la mostra negativa, e con tensione che, lungi dal diminuire, va sempre crescendo dal primo all' ultimo dei detti metalli. Dunque trascurando, come fa il Peclet, 1' azione dei metalli con quella del piattello del Condensalore, ne verrebbe cbe tante volte, quanti essi sono, 1' acqua pura dovrebbe essere positiva e negativa in contalto collo stesso metallo, cio cbe di certo non si put) ammettere. Oltre a cio, 1' acqua pura secondo la tavola non esercita alcuna attivita toccando oro, argento, platino, carbone. Ma ciascuno di questi, che preso fra le dita bagnate di acqua pura, e porlato a toccar 1' oro del Condensatore non da alcun segno di tensione, la dispiega per6 notabile, toccando un piat- tello di altro metallo. E al vederla crescenle, secondo il posto cbe il metallo del piattello occupa nella scala degli Eleltromotori Yoltiani, e forza con- chiudere cbe le diverse tensioni nolate dal Peclet coi numeri della sua tavo- la, anzicbe tensioni, com' egli crcde, degli umidi coi diversi metalli, sieno invece tensioni dovute nella massima parte al contatto dei diversi metalli. ch' egli tenea fra le dila, coll' oro del suo Condensatore ; e vien quindi raf- fermata vieppiu la maggior efficacia del contatto melailico. Aggiungo una rillessione sulle correnti elettricbe. Io non so come il Peclet le ritenga impossibili senza 1' azion chimica, mentre si appalesano con narecchi metalli sommersi nell' alcool anidro, e in alcune dissoluzioni alcali- ne, liquidi cbe a suo giudizio non possono agire cbimicamenle in quei metalli. 1)1 I. PROF. VII. (.11 Sl.l'l'l. /. \MIIOM •»!) Inveee il De-la Rive per cansare qucslo scoglio dalla sun tcoria viene a dirci nelle sue Note (.>). ■ Non e provalo, che non \ :i!)lii;i azion rhimica » dell alcool sul ferro, zinco, e slagno : e quantunque il ferro non si nssidi. ten u to immerso per anni ed anni in una dissoluzionc debolissima di alcali. come In provato dal Payen, non ne viene che sia nulla I azion chimica del ferro col detlo liquido, come al caso In provero con molli lalli. Staremo dunque aspeltando, qual sin secondo il De la Rive quest azion chimica did ferro con un ln|iiidn che non pub mai ossidarlo. !. intanto ipiel pnncipio dimostrato dal Marianini : essen'i cioe allerazione di forza elet- tromotrice in qualunque meiallo a contatto di un liquido, siaci o no azion chimica, principio cm ora si appoggia d Martens ((») nel difendere la leo- ria did contallo conlro le recenti obbiezioni del I arad.i\ : queslo principio non lia molto in cliln la soddisiazione di confermarlo, esperimentando con la nunc di platino luffate mil acqua distillala : e di veder nel Galvanometro la correnle eleltrica, immergendole in tal acqua dnpo averle rese elerogenee coll uso del suddetto principio. Di pin Iki \edulo cccilarsi la correnle da due Limine pur di platino omogenee allalto nel senso elettrico, e disuguali soltanto in superficie ; diri- gendosi la corrente dalla superficie maggiore ncll acqua pura, e da questa nella niinore. Nel che [larnii vedere un cleiiiento di quella pila specinle. che ho fatto conoscere I'm dal 1816 col nome di Pila binaria ; e della quale avro lorse ad nccunnrmi in nllr.i occasione. Lello , V i if ;.■ i N O T E (i) Archives jl; a5. Vol. II iiiio. pag log E S A M E 1)1 UNA ME MORI A DEL S I G. BUFF INTORNO ALL' ELETTROFORO E SULLA MIGLIOR COSTRUZIONE DI QLESTA MACCIIIXA DEL PROF. AB. GIUSEPPE ZAMB03I ll sommo Elettricisla Italiano fece ronoscerc fin dall'anno 177.) I'Elet- Iroforo clic porta il suo 1101110. e 11c spiego compiutamentc i fenomeni con leo- ria si luminosa, che ambe le scuole di Franklin e
  • +). e riprodotta lel- teralmente in italiano in quelli compilati in Milano dal Prof. Majoccbi (Marzo i8.{!>. pagina 277), sembra ricbiamar I attenzione di tulti i fisici come a novita importantc : v cio mi mosse ;i studiarla con lutta diligenza, trattandosi di obbiczioni e ili aggiunle ad una teoria. die avea insegnato pel corso di quaranta e piii anni. 2i»i2 ESAME DI UNA MEMORIA DEL SIC. DUFF, EC. Malgrado pero di tanta preoccupazione io leggeva lo scritto del sig. Hull senza ripugnanza alcuna, e disposto quando che fosse a riformare le mie idee su lal materia. Imperciocc.be dopo le tante scopei'te di queslo secolo, noii puo riuscirmi nuovo 1 abbandonar doltrine anclie dominanti da lungo tempo. Dall' esame cbe sono per intraprendere della Memoria del sig. Buff, e dellc obbiezioni <'d aggiante da lui promosse, si vedra che siffatta vicenda 11011 e a temersi, e cbe reslera vieppiu raffermata la spiegazione adequata dell' Elettroforo colla semplice teoria dell' immortale suo invenlore ; leoria cbe vuol essere premessa a maggior intelligenza dell argomento. L Elettroforo allro non e veramente se non un quadro Frankliniano, die porta un'armatura sempre iissa, ed e il piatto metallico contenente il ma- stice isolante ; ed allra mobile, cioe lo scudo metallico, guernilo di un manico isolante. Si carica in prima queslo appareccbio al modo stesso degli altri isolanli armati : vale ;i dire, mentre una faccia del maslice si elettrizza o per comu- nicazione o per altrito; 1 allra faccia, mediante il piatto metallico, comunica col suolo, I'd acquista 1 eleltricila contraria. Quindi per 1 influenza delle due contrarie eletlricita, si accumula in ciascuna faccia del maslice la carica propria degli isolanli armati; lanla cioe, cbe supera a dismisura quella cari- ca, die riceverebbe una faccia stando 1' allra perfettamente isolata. Fatta la carica, si procede alia scarica : cioe, poslo lo scudo snl maslice. e messo in comunicazione col piatto. scoppia la scintilla della scarica. Ma perciocche le faccie isolanli specialmente resinose ritengono aderenle la carica acquistata sebben vestite di lamine metalliche comunicanti col suolo ; ne viene cbe la carica, per esempio positiva della faccia superiore del maslice, al- latto della scarica, non si trasmette gia alio scudo, ma. rimanendo inlissa sull iso- lante, opera soltanlo per induzione, sforzando 1 eletlricita positiva dello scudo a Iraslondersi nel piatto sottoposlo, ivi atlratta e ritenuta dall' eletlricita negativa della faccia inferiore del maslice. Laonde dopo la scarica, lo scudo e divenulo realmenle negativo, e posilivo il piatto. Ma si 1 uno che 1 altro conservasi in islato naturale apparente, o, come dicono i moderni, la carica DEL PROF. All. GIUSEPPE ZAMBONI *->.k> ill ciascuno vien dissimulata dalla carica contraria infissa alia faccia isolantc contigua. Ed <•((•() indi provenire i fenomeni singolari dell' Elettroforo. Impercioc ilit; Icvalo !(• scudo ben isolato, e divenulo libero dall inlluen/.a della carica positiva del ma slice, dispiega l<> stato sun negalivo, e ricevendo una scintilla dal dilo comunicanle col suolo si rimettc in istato vero nalurale. Tornan- dii |ioi a combaciarsi sul raaslice, che riliene aderenle la propria carica positiva, e rinnovala la comunicazione delln scudo col pialto, si avra nello scudo lo stesso effelto di prima, e com di seguito. Per la stcssa ragione anche il piatto che fosse disgiunto dal mastice, e hen isolato, Iroverebbesi altret- lanto a mi dipresso posiiiui quanto in negalivo lo scudo. Al liinic di quesla leoria non \ ha fenomeno nell Elettroforo, che ri- mangasi inesplicato. E a lulta ragione lascio scritto I illustre fisieo ale- nianno Fischer, che nessuna delle scoperte Volliane e dovula all azzardo, ma lutte sono frulto di studio e «li applicazion di principii (i). Ed in vero, conic il principio dell eccitamento elettrico nel mutuo contatto di due con- duttori eterogenei, che il Volta difendea contro Galvani nelle contrazioni delle rane. ^li aperse la via alia prodigiosa sua pila ; similmente la quislione insorta Ira lo stesso Volla ed il padre Beccaria Mill Eleltricita detta vindice. contribui alia origine ed alia teoria dell Eleltroforo.Opinava il Beccaria, che nella scarica di unisolante armalo, la faccia isolante positiva perdesse il suoec- cesso elettrico, versandolo lullo nell armalura contigua : e poi se lo ripighasse dalla sle»a armalura, all alto che quesla veniva disgiunta dalla delta laccia isolante. II Volta per lo contrario sostencva, rimaner sempre aderente alia faccia isolante il suo eccesso elettrico, c questo, all alio delta scarica, elettnz- zar per induzione 1 armatura contigua di elettricila negativa. Ascoltiamo da lni medesimo la prova, che lo avvio ben tosto alia formazione dell Elettro- foro. Osservai, die c^li (i>). che caricala una laslra di vetro, e scaricatala, nell' alio di alzare indi con lili di seta la laminetla metallica. che vestiva la laccia positiva. i piccoli ^elli di luce non aveano gia la flgura di liocchi spandentisi verso la lamina di vetro (com esscr dovrebhero nella suppo- sizione del I*. Beccaria). ma quclla an/.i di luce allluente alia stessa veste. -i34 ESAME HI UNA MEMORIA DEL SIG. BUFF, EC. » in nii apparivano piu clie altrove distintissime le stelletle agli orli od angoli di essa. II contrario accadeva, snudando 1 altra faccia negativa del » vetro ; la foglietta metallica divenuta nella scarica secondo i miei principii » positiva. tostoehe alzavasi isolata, spandeva d' intorno bellissimi fiocchi. 11 Allora concbiusi. che ove trovassi il mezzo di soffocare, ed impedire in • molla parte quesla lure, cioe tin cotal disperdimento di elettricita, oltenuta 1 avrei piu vigorosa. II mezzo ben toslo era ovvio : si trattava di scansare ■ ogni angolo nell armalura. E tanto ho io praticato, surrogando alle sottili ii lamine metalliche per armalura quclla foggia di seudo convenientemente <• grosso. ben rotondato e pulilo. » Eccovi, o signori, 1' origine scientifica dell Elettroforo, clie non sembra ben conosciuta dal sig. Buff, come si scor- gera dalle seguenti sue obbiezioni. Incomincia egli dalla carica dell' Elettroforo col dire: » Tutti sanno, ii clie il piatto inferiore conlribuisce mollo all' effetto di questo appareccliio : » vale a dire die la presenza del piatto permette di accrescere la carica i) elettrica del mastice. percbe l' elettricita negativa di questo operando sul- >■ le elettricita corobinate del piatto metallico, perde gran parte della sua » tension libera, e puo quindi aumentare la sua den si la prima di giungere " al maximum della tensione. » In quesla introduzione del nostro autore vuolsi nolare : i.° Non potersi dire, clie // piallo inferiore conlribuisca mollo all effeito die e l'aumento della carica nel mastice. Impercioccbe o il piatto nella carica comunica sempre col suolo, come si pratica, ed allora non mo/to solamente, ma tutto anzi 1' effetto e dovuto a tal comunicazione : o il piatto non comu- nica col suolo, ne con altri conduttori di conveniente capacita, ed allora per la sola presenza del piatto 1' effetto e nullo ; essendo al tutto impos- sibile accrescer nel mastice la capacita per la carica col piatto perfettamenle isolato. 2.° Suppone 1' autore, esser comune insegnamento dei fisici, cbe 1 elet- trico eccitato sulla faccia del mastice agisca per induzione nel solo elettrico del piatto: di maniera cbe caricata al maximum di tensione la faccia del mastice. di elettricita per esempio negativa ; di altrettanto a un dipresso il solo DEL PROF. All. GIUSEPPE ZAMBON1 ■-•.).) piatto facciasi positivo. Dalla qua) supposizione, che vedremo falsa del lutto. egli trae la segucnle obbiezione; ■ Se nel piatto \i e lutta I elettricita [►(>•>! i) liva, fatta la comunicazione di csso piatto collo scudo, dovrebbe il piatto rimettersi in istalo naturale; ma invece il piatto disgiunto dal masticc ■ trovasi Fortemente negativo. » E si mette a provarlo con minuziose espe- rienze, quasi fosse verita sconosciuta ; mentrc prima d ogni altro, e assai meglio la dimostro il Volta coll' esperimento sopra recato contro il Beccaria ; sicche 1' obbiezione del nostro autore sarebbe al lutto invincibile, se i fisici (com egli suppone) ammettessero nel solo piatlo la carica contraria a quella della faccia superiore del mastice. 31a lal supposizione e falsa inleramente. Vero e bensi, che in quasi lutti i corsi di Fisica si spiegano soltanto i feno- meni della faccia superiore del mastice e dello scudo; e senza delerminare se la carica al di sotlo risieda o nella faccia inferiore del mastice o nel piatto, si ommeltono i fenomeni di questa faccia e del piatto, forse perche rimangono occulti, attesa la comunicazione del piatto col suolo mil uso di questa mac- china. Ma quando trallasi in generale della carica propria degli isolanli armati (uno de'quali e certamente 1' Elettroforo ), s' inscgna coniunemente. che la carica positiva da una parte, e negativa dall'altra, risiede nella superfi- cie e penetra alcun poco nella grossezza dell isolante, ma non risiede giammai nelle armature, le quali servono unicamente da conduttori per trasmettere o toglier 1 elellrico alia faccia isolante. \\ percio ne conseguita, che (come >i e veduto nella teoria Voltiana) fatta la scarica per la comunicazione dello scu- do col piatto. e questo e quello disgiunto dal mastice dee trovarsi elettrizzato in senso contrario alia carica della faccia isolante da cui fu separate L'obbie- zione dunque del nostro autore non altro contiene se non due errori di fatto. 11 prinio. (lie la carica del piatto disgiunto dal mastice sia cosa nuova. quando invece e piu antica dello stesso Elettroforo, ed cssenziale alia sua teoria. L altro, che i lisici ammettano nel solo piatlo la carica, inenlre essendo il piatlo mi armatura dell isolante, lo riguardano soltanto qual conduttore che trasmette la carica alia faccia isolante. Procediamo alia scarica dell Kdeltroforo, nella quale secondo la dottrina Voltiana, lo scudo ed il piatto si elettrizzano in opposito per induzione. 256 ESAME L>I UNA MEMORIA DEL S1G. BUFF, EC. Domanda qui il sig. BufF: « come mai l'elettrico della faccia superiore « del mastice caricata, 11011 avendo quasi tensione perche dissimulato dal ■ contrarlo elettrico inferiore, possa nolla scarica agir Iiberamente nello scudo. e produrvi per induzione il massimo effetto. > La risposla e ben facile per poco che si conoscano le leggi della scarica negli isolanli armati. Se la boltiglia di Leyden caricata inlernamente man- tengasi ben isolata nella sua faccia esterna, e si avviciui al suo bottone il dito comunicante col suolo, non ne spiccia che una scintilla assai piccola, cioe una minima porzione della carica interna, essendo questa quasi lutta dissimulata dalla carica contraria della faccia esterna. Ma all' alio della sca- rica, le due forze positiva e negativa ben lungi dall' impedirsi 1' una 1' altra, cospirano anzi amendue a produrre la scarica totale. Lo slesso e dell'Elellro- foro; se dopo averne elettrizzato al maximum la faccia superiore isolante, lo scudo combaciato sovr' essa comunicasse col suolo. rimanendo isolato il piatto, 1' eletlricila. per eseinpio. negativa della faccia superiore. non potrebbe agir Iiberamente per induzione verso lo scudo, perche attratta e dissimulata dalla positiva della faccia inferiore. Ma volendosi nello scudo il massimo effetto di tal induzione, si fa comunicare il piatto collo scudo, per la qual comnnica- zione amendue le conlrarie eletlricita si ajutano 1'una 1' altra ad agir Iibera- mente per induzione, la superiore verso lo scudo. e l'inferiore verso il piatto: donde c questo e quello si elettrizzano in opposite al massimo grado. Ma il nostro autore in luogo di questa risposla superiore ad ogni replica, viene a dirci, che i trattati di Fisica rispondono nella seguente maniera : « Essendo pressoche nulla la dislanza della faccia superiore del mastice dallo » scudo poslole addosso, I' eletlricita di questa faccia deve operare verso lo •> scudo con forza infinitamente maggiore, die verso il piatto inferiore ; e o percio quando il piatto romuniea collo scudo. 1 elettrico della faccia supe- » riore agisce quasi uiiicainenle sullo scudo. » Se crediamo dunqne al sig. liuff si fa gran caso della sua obbiezione tiei trattati di Fisica. Ma com e poi, che non se ne trova alcun sentore nei tanli che si conoscono :' E questa risposta ch egli metlc in bocca di tutli gli Eletlricisli non e ella peggiore assai dell obbiezione .' E per verita : DEL PROF. VB. GIUSEPPE Z AMBON I •■>- deve il piallo comunicare collo scudo, oppurc, che e [o stesso, amenduc col lerreno, onde aver per induzionc il massimo effelto nello scudo. Ma so, (dine si pretendc nella delta risposta, queslo massimo effelto provenissedalla somma vicinanza dello scudo al mastice, lo slcsso massimo effetto si avrcbbe all' in circa anche se comunicasse il ^<»Io scudo col suolo. I)i piu : qua) fisico, senza conlraddire ai primi elementi della scienza, potrebbe mai accordare cio che pur si accorda nella predelta risposla, che cioe nell'atto della scarica, I eleltricila posiliva d una faccia abbia a Irovar nella negativa dell' allra un ostacolo ad agir liberamenle jut induzione nelle rispettive armature? Che anzi tutto al contrario, provocandosi la scarica per la comunicazione :, 2i)8 ESAME DI UNA MEMORIA DEL SIG. BUFF, EC. armati ? E trattandosi dell' Elctlroforo, la teoria Voltiana di qucslo istru- mcnto, chc abbiamo premessa, non e ella fondata appunto sulla delta influenza ? Qual novlta dunque e mai questa di voler adesso aggiungcre a una teoria cio che in essa gia si contiene come sua base primaria ? Tutto al pin, per quei fisici, die si ristringono a spiegarc i fenoraeni dello scudo, e della faccia supe- riorc del mastice, ed ommettendo cio che avviene alia faccia inferiore ed al piatlo lasciano imperfetta la teoria, gioverebbe ricordare, cbe quella del Volta spiega ogni cosa compiutamente in virtu delle due contraric elettricila, senza bisogno di aggiunte. Se non die lo sviluppo delle due eor.trarie elettricila ncgli isolanti ar- mati, donde viene 1' aumento della carica, csige pero la condizione sopra notata, che cioe mentre una loro faccia si elettrizza o per comunicazione o per attrito, la faccia opposta abbia a comunicare col suolo, o con tali con- dultori in cui versare del proprio elettrico omologo a quello chc carica l'altra faccia. Di questa condizione nessun cenno in tutta la Memoria del sig. Buff. E gia fm da principio moslro egli non fame caso, avendoci detto, cbe la presenza del piatto contribuisce alia carica del mastice, senza dirci dover il piatto a tal effetto comunicare col suolo. Ora poi trattando egli espressa- mente del modo con cui si svolgono le due elettricita contrarie nella carica degl' isolanti armati, riferisce alcuni suoi sperimenti in maniera da volerci far credere, che mentre si carica una faccia dell' isolante, 1' altra opposta anche ben isolata dispieghi 1' elettricita contraria inserviente all' aumento della carica: error capitale, cui potrebbero condurre i suoi sperimenti non interpretati a dovere. Nel primo di questi « stropicciata die' egli, e resa con cio negativa la > faccia d un isolante, la faccia opposta divien positiva, tosto che la faccia > stropicciata sia coperta da un disco melallico comunicante col suolo. •> Ma sia egli avvertito, che questa faccia opposta, durante 1' attrito dell' altra. avra trasmesso della sua elettricita negativa all'aria contigua ; altrimenti non 1' avrebbe giammai trovata positiva, nemmen dopo aver coperta la faccia stropicciata col disco in comunicazione col suolo. Nel secondo sperimenlo « stropicciandosi una faccia isolante, 1' altra bEL PROF. AI5. GIUSEPPE ZAMBONJ uoy ■ opposta o sia intanto posata sovra un piano comunicante col suolo. od I aiiclic rimanga abbandonata a se medesinia per qualcbe lempo, sempre ■ acquista I elettricita contraria. » Kd io similmente ^li rispondo, clie ml secondo caso della faccia abbandonata a si' medesima, I aria adiacente, che non e raai perfettamente isolante, ha fatlo in ). ed e quello di parecchie lamine isolanti sovrapposte I una all altra sen/, armature me- talliche, nel qual caso. stropicciata la faccia superior della prima in alto, stando la faccia inferiore dell ultima da liasso in comunicazione col suolo. trovasi di poi ciascuna lamina colic due faccie elettrizzate in opposito come la prima stropicciata. Qui pure si adempie la condizione da lui Irascurata dell' elet- Irico trasmesso da ogni faccia inferiore all altra contigua, trasmissione ope- rata dal velo d aria interposto alle lamine. e dalla comunicazione dell' ultima faccia al di sotto col suolo : donde proviene la carica di tulle le lamine. che noi cliiamiamo di conseguenza ed i Francesi par cascade. E se il sig. Buff non ha vedulo col nostro Volta, che il velo d aria frapposto alle lamine serve come di armatura comune a due faccie isolanti. potrebbe esserne istruito dal Biot che nel suo Precis e'le'mentaire (Seconde edition pag. ••78). avverte chiunque voglia occuparsi di sperimenli eleltrici a non perder mai di \ista I influenza del contatto dell' aria, altrimenti si crederebbe, che una botti- glia di Leyden, od aflro apparecchio di questa fatta possa caricarsi col ricexcr elellrico sollanto in una faccia. sen/a che I altra comunichi col suolo. Perche in falti una bottiglia isolata nell aria si carica poco a poco specialmente elettrizzandola per lun^o tempo; ma in tal caso 1 elettricita che riceve in una faccia spinge ed espone I omologa della faccia opposta > all' azione assorbente dell aria, il che permelte un aumento di carica nella bottiglia. Questo saggio avvertimento dell illustre fisico francese su^ gelli la presente discussione dalla quale risulta : Che posta ucl vero suo lume la leoria Voltiana dell Elettroforo, svani scono allatlo le obl)ie/.ioni del si^. Bull, e die dieliiarando egli doversi spiegare 260 ESA.ME 1)1 UNA MEMORIA DEL S1G. BUFF, EC DEL PROF. ZAMBONI i fenomeni elettrici di questo apparecchio per 1' influenza delle due contrarie elettricita, la teoria Voltiana, che tutli li deriva dalla detta influenza, non abbisogna di aggiunte. La sola novita che vorrebbe aggiungervi il sig. Buff, sta nel niodo eon cui a parer suo si dispiegano le due contrarie elettricita ; che mentre, eioe. la faccia di un isolante si elettrizza, l'altra opposta anche ben isolata sviluppi 1' elettricita contraria inserviente all' aumento della carica ; il qual suo pen- samento e al tutto inaramissibile. E percio la Memoria del sig. Buff intito- lata. Addition a la the'orie de I Electropliore, null'altro potrebbe aggiungervi fuorche un errore gravissimo. Ma se la leoria di questo apparecchio stara immutabile, non cos'i la parte tecnica. che parmi potersi migliorare colla seguente costruzione, che io prati- co da piu anni. Al piatto metallico che contiene il mastice ho soslituito una lastra cir- colare di vetro, tulta vestita nella sua faccia inferiore di foglia raetallica, quale si usa per le armature delle hottiglie di Leyden. Tutto il perimetro della lustra tiene incollata una cintura di legno, o di grosso cart one ben sec- co ed inverniciato, la quale sormonta 1' orlo del vetro sino al livello del mastice versato sulla faccia superiore del vetro all' altezza di una in due linee. Riesce cosi piu attivo 1 Elettroforo per la maggior sottigliezza del corpo isolante, e quel che e piu. vien tolto il pernicioso effetto delle screpola- ture nel mastice, che non possono attraversar la grossczza del vetro, e pro- pagarsi all' armatura inferiore. Da un Elettroforo costruito a questo modo col mastice d un altro che 1 uvea grosso piu di un pollice ebbi 1' effetto piu che doppio, e la carica vi si ronserva assai meglio, com' e provato da lunghe e ripetute esperienze. (Lelloil 29 tlaggio 1844 ) NOTE (1) Fischer, Physique Mhanique. Chap. a5. (2) Colleziom delle Opere del Volta. Tom. I. p. i5a, (3) Hi-.MMla7.i0ne del Volla. Dr vi atlractiva ignis elecirici. HELL' ACIIILLEIAA i: DELL ACIDO ACHILLE1C0 M mi PRIXCIPJ IMMEDIAT1 VEGETABIL1 RIXYENUTI NEL MILLEFOGLK f tchillea millefolium, Linn, i MEMORIA DEL SIG. BARTOL03DIEO ZAXON" I molti sludii e le continuate esperienze istituite dai chimici pin illustri del nostro secolo. sparsero di chiara luce la chimica vegetabile, e ci condus- sero sulla retta via per analizzare e scoprire dci nuovi principii immediati, che compongonn le piante; principii che portarono alia medicinn non pochi vantaggi. Prima del i8i(i noi eravamo costretti d' ingoiare la china in natura ridotta soltanto in polvere od in decotto per fugare le febbri intermittenti, caricando com lo stomaco di una materia legnosa, inerte, difficile a digerirsi ( spesse volte di azione incerta, poiche non era possibile di calcolare esattamen- te la quantita di principio febbrifugo contenuto nelle varie corteccie
  • .' 11 liquido ridotto a tal pun to di concentrazione avea un sapore amaro, arrossava la carta di tornasole, dava un precipitato biancaslro coll' acido ossalico, un precipitato giallo scuro colla soluzione di acetato di piombo. ed un precipitato giallo di cedro coif acetato basico di questo metallo. 4." Dopo tali esperimenli istiluiti nel decotto feltrato, pensai di saturare I aeido vegetabile gia indicato dalla carta di tornasole, col latle di calce, versandone a poco a poco, ed in tale quantita. die la calce rimanesse in qualche esuberanza, agitando di tratlo in Iratto il liquido con un bastone di legno. Occorre por mente in quesla circoslanza, cbe per la completa satura- zione di quest' acido ci vogliono molle ore. poiche la vera combinazione non siiccede che assai lentamente. Cio dipende dall' essere 1' acido stesso diluito in molta quantita di liquido. DEL SIC. BARTOLOMMEO ZANON ■•<>.. .'). Ncutralizzato cosi I'acido vegetabile, mi si rendeva indispensabile la precipitazionc dclla materia colorante della pianta, gia rimasta nella dissolu- zione del decolto concentrato. Ricorsi quindi all'acetato di piombo disciolto nell'acqua distillata, e con esso, versandolo ["ipartitamente nel liquido da ana- lizzarsi finche piu non produceva precipitato, ottenni la pronto separazio- nc della materia colorante vcrde, cbe cal6 sul fondo del vaso in cui si ope- rava. Con cib ottenni non solo la precipitazionc lotale dclla materia colorante, ma eziandio quella dell' acido combinato alia calce : poiche, siccome ognuno pu6 arguire, gli acidi in questa circostanza si permutano Ira loro la base: vale a dire, nell alio medesimo, in die I ossido di piombo si combina all acido vegetabile del Millefoglio, cd alia materia colorante, (tornando cosi due com binazioni differenti insolubili), 1 acido acetico dell acetato di piombo si com bina alia calce resa libera, costituendo un acetato di questa base, cbe rimane in soln/.ionc ncl liquido. G.J Col mezzo dclla feltrazione separai il precipitato prodottosi nclla ope- razione suddetta, e trattai il liquido con una corrente di gas idrosolforico lavato. per liberarlo dal piombo dell' acetato di piombo gia versato in qual- che eccedenza. Feltrai di nuovo il liquido. il quale depurato cosj dal solfuro di piombo gia formatosi. avea assunto un bel color giallo-rossigno : ed assa- poralo poi mi l'ece sentire il vero amaro della pianta. piu forte e piu delicato di prima, sebbene conlenesse acido acetico dell' acetato di piombo sopra in- dicato. 7.'1 Conoscendo col fatto, pec le sperienze di lanli chimici e le tnie pro- prie. die I acetato di piombo ha la proprieta di precipilare le materie en loranti regetabili, non dubitai in questo caso, die la bella tinla giallo- rossigna del liquido, rimasta illesa dall'azione del valido reagente impiegato in dose abbondante, non dovesse dipendere propriamente d.illa vera sostan- za attiva amara del Millefoglio. Per verificare ad evidenza un lal fatto, solto- posi il liquore ad una regolare svaporazione in una capsula di porcellana. collocata sopra un bagno a vapore, e lo lidussi a piccolo volume, muo- vendo in line continuamente la materia residua linche ebbe a ricevere la con- sistenza di un solido estratto. Vol II. z\ 266 DELL ACHILLEINA E DELL' ACIDO ACIIILLEICO, EC. 8.° Dalle due libbre metriche tli Millefoglio impiegato ebbi ii)o denari di estratto quasi secco. g.° Ma per separare il principio vegetabile di cui andava in rerca, era necessario eh' io praticassi altre operazioni ; poiche fin qui non avea otte- nuto, che una materia estrattiva, priva bensi della materia colorante della pianta, ma clie avea in se altre sostanze inerti ed estranee, delle quali per giugnere alio scopo si dovea ottenerc la separazione. Per dar compimento al mio lavoro, introdussi 1' estratto suddetlo in un forte matraccio, e vi versai sopra dell' alcool a o,88o ; scaldai gradataraente la miscella fino quasi alia b ollitura : feltrai il liquido caldo, e ripetei varie altre volte la medesima ope- razione sopra lo stesso estratto, riunendo in fine i liquori. L' alcool feltrato delle singole operazioni avea ricevuto una tinta giallo-scura ; ma piu densa era naturalmente quella della prima soluzione. e le altre diininuivano gradua- tamente d' intensita. io.° Eguale trattamento aleoolico ebbe pure il solfuro di piombo, rima- sto sul feltro dell' antecedente operazione, e le tinture risultanti da queste ultime prove aveano assunto un color piu giallo e piu brillante delle antece- denti : per altro furono unite alle prime nel bagno-maria di un alambicco, ove avea messo poca acqua dislillata. ii.° Feci poscia la distillazione di tuttol'alcool impiegato, e raccogliendo diligentemente il residuo rimasto nel bagno, lo posi in una capsula di porcel- lana, gia locata sopra 1' apparato a Aapore ; e ridussi la materia ad una soda consistenza. Posi poi la capsula stessa in una stufa, lasciandovela per due giorni, a fine di ottenere un maggior diseccamento della sostanza estrat- tiva. Raccolta questa e pesata, mi risulto nella quantita di i3o denari. A questa sostanza, secondo 1' odierno sistema di nomenclatura, mi pare che con- venga il nome di Achilleina, per indicare la sua derivazione dall' Achillea millefolium, di Linneo. DEL SIG.BARTOLOMMEO ZANON 267 §. II. / ariazione del processo per ottenere I Achilleina. e deduzioni relative. 12. " Nell' indicate) modo io ho rinvenuto I'Achilleina nel Millefoglio ; e trattandosi in questo caso della scoperta »li un principio immediato vegclabilc nuovo, credetti utile descrivere con precisione il metodo da me seguito per giungere a cio. Se non che era mestieri ch io mi facessi un po addietro, esa- minando e maturando piu a fondo il mio processo. a fine ili conoscere, se I Achilleina com ollenula potesse conslare in lallo di un solo principio, op- pure della mescolanza di piu sostanze. i3.°In fatti, rifletlendo alle operazioni e teorie fin qui esposte fui indolto .1 ritenere, che I Achilleina in discorso avesse da contenere in se della mate- ria estrattiva di natura diversa da quella dell' Achilleina e dell' acetato di cake. Una tale induzione fu appoggiata alia poca forza dell' alcool da me impiegato pec disciogliere 1 Achilleina dall estralto. conic al n.° 9. Per eon- fermarmi nella verita di questo lallo. praticai sull' Achilleina stessa degli esami chimici, i quali mi condussero non solo a trovare la materia estrattiva e 1 acetato di calce ^ia sospettato, ma a rinvenirvi eziandio piccolissime quan- tita di una materia gommosa e in parte resinosa. 1^.° Colla \isla pei la it to che rinianessero jiossihiliiienle escluse queste SO stan/.e nella prepara/.ione dell' Achilleina, trovai opportuna cosa quella di varia- re in alcuni punti il niio processo. seguendo 1 ordine che sono per descrivere. i5.°Dopo di avere preparato esaltamcnte il decotto col metodo descritto al §. I, n.' 1. -i. 3, e saturato 1' acido libero come al n. \. aggiunsi al liquido una sulficiente quantita di carbone animale, appositamente preparato e lava- to. lasciandovelo per molte ore. a fine che precipitasse tutta la materia colo- rante. Dopo cio feltrai per carta il liquido, il quale avea assunto il bel color giallo-rossigno, ed il vero sapore amaro della pianta, forse migliore di quello indicalo al n.c G. 268 DELL' ACHILLE1NA E DELL AC1D0 ACHILLEICO, EC. 1 6.° II liquido ridotto in questo stato venne sottoposto a regolare vapo- razione nel solito hagno a vapore fino al scccamento, come si tece del liqui- do al n.° 7. L'estratto ottcnuto con questo metodo riusci in quantita minore del primo al n.c 8. 1 7.0 Raccoho questo estratto medesimo colla possibile diligenza, fu intro- dotto in un matraccio con buona quantita di alcool quasi anidro : si scaldo pian piano la miscella a bagno-maria, e la si porto gradatamente alia bolli- tura. Solamente in questo ultimo stato 1' alcool pote estrarre una parte del- la materia solubile e rendersi colorato. Si feltrb poscia la tintura ottenuta ancor calda ; e si ripete la medesima operazione per altre tre volte di seguito con eguale quantita di alcool della medesima densita, riunendo in fine i li- quidi nel bagno-maria di un alambicco, e distillandoli in seguito fino a sec- chezza. Raccolto 1' estratto secco dal bagno mediante 1' acqua distillata. e ridotto nuovamente a scccamento in una capsula di porcellana sul bagno a vapore. lo si trovo soltanto nella quantita di 43 denari, e riusci di un aspet- to veramente bello e singolare in confronto del primo. Ecco cio che consegue dalla variazione del processo. 1 8.° Impiegando il carbone animale invece dell' acetato di piombo nella precipitazione della materia coloranlc, si abbreviano le operazioni, e si evita la precipitazione dell' acido vegetabile della pianta, e la formazione dell' ace- tato di cake : cio die accade nell' operazione al §. I n.° 5. Oltre di cio non si ha nel liquido acido acetico libero : e quantunque per le sue particolari propriela quest' acido si volatilizzi nell' atto dell' evaporazione del liquido a scccamento ; tuttavia non pub rimaner dubbio che ve ne resti la minima trac- cia nell' estratto : quindi siamo sicuri di avere 1' Achilleina sempre scevra da questo principle 19.0 Nulladimeno non intendo di escludere il mio primo processo; rac- comando soltanto , che si badi scrupolosamente , si nell' uno che nell' al- tro caso. d' impiegar sempre 1' alcool anidro, od almeno della densita di 0.806, nel trattamento dell' estratto secco per isciogliere 1' Achilleina : poi- che ho potuto assicurarmi con parziali sperimenti, che se questo liquido con- tiene piu di acqua, discioglie sempre della cake, sia che questa si trovi nel- DEL S1G. BARTOLOMMEO ZANON ^t><) I estratto secco in combinazione all' acido acetico, come nel primo processo al n." f). si a clie si trovi combinata all acido della pianta, conic nel processo secondo ai n." i-. Di piu un alcool allungato di acqua discioglie m.-iii|m-<- della materia eslrattiva nera, di natura diversa da quella dell' Achilleina, co- me gia dissi . c qualche minima porzione di una sostanza gommosa mu- cellaginosa, di proprieta presso die analogbe a quelle della gomma arabica : soslanze tutte clie alterano non poco le proprieta caratteristiche dell Achil- leina. 2o.° In ogni caso poi clie l' Achilleina preparata negl indicati modi con- tenesse delle sostanze straniere, si potra rediscioglierla nell alcool assoluto bollente. feltrarne la soluzione, e distillarla per raccogliere lo spirito impie- gato, ed aver inline -1' Achilleina in istato di purezza (2). 21.0 A fronte di tutte le indicate precauzioni, 1' Achilleina in discorso ritiene in se piu delle volte qualche centesimo di materia resinosa, gia avver- tita al 11.0 i3 (3), la quale volendo si potra separare colla soluzione del- 1' Achilleina nell' acqua. colla feltrazione del liquido. ed evaporazione a sec- camento. §. III. Proprieta fisiche e chimiche dell Achilleina. e sua classi/icacione. 22.0 L'Acbilleina cost ottenuta rappresenta una massa eslrattiva dura. di color giallo-bruno tendente al rosso : ha un leggiero odore suo proprio. un sapore amaro non ispiaccvole : attrae facilmente 1' umidita dell' aria e si rende inolle : b solubilissima nell' acqua i'redda. c ne risulta un liquido di an bel color giallo d' oro, che non ha la proprieta di cangiare i colori delle carte reagenti, ne di restituire il colore azzurro a quella di tornasole arros- sata da un acido. 23.° L' alcool assoluto non discioglie a freddo 1' Achilleina. ma s e bol- lente, la scioglie per intiero : se pero questo alcool medesimo vicne allungato di acqua. la dissoluzione nasce tanto a freddo che a caldo. colla differenza I-O UELL ACHILLEINA E DELL ACIDO ACH1LLEICO, EC. che si ottiene 1' cffetto tanlo pin prontamente, quanlo piu di acqua contiene 1 alcool. i^.° L'Achillema e msolubile ncll etere solforico, ma se si aggiunge all' etere stcsso qualche goccia di acido Achilleico, cioe di quello che saro a descrivere nel scguito di qucsta memoria, oppure qualche goccia di altri aci- di. come per esempio il nitrico ed il solforico, la soluzione nasce istanla- neamente, ed il liquido risultante puo essere allungato di inolta acqua, o di alcool. senza che nasca il menomo intorbidameato. 25.° II cloro ha la proprieta di distruggere all' istante il colore dell'Achil- leiua disciolta nell' acqua. 26.°La tintura di galla, e la soluzione di protosolfato di ferro, versate a gocce in bicchieri separati dov' era 1' Achilleina disciolta. non offrirono alcun fenomeno apparente. 2~.n L' acetato acido di piombo non mostra di esercitare alcuna azion chimica sopra X Achilleina nell' acqua, ma 1' acetato hasico di questo metallo da origine prontamente ad un abbondante precipitato giallo-pallido, solubile in molta acqua, insolubile nell' alcool anidro, inalterabile dall'aria e dalla luce. 28.0 L' ammoniaca liquida discioglie prontamente 1' Achilleina, ed il li- quido risultante esposlo all aria, finche ha perduto 1' odore ammoniacale. lascia cadere una materia in fiocchi, ch' e molto meno solubile dell Achilleina. 29.0 Ivillettendo ai risultati delle csposte esperienze, io sono indolto a considerare 1' Achilleina siccome un principio immediato vegetabile non aci- do. ne alcalino, ma bensi capace di combinarsi in qualche modo tanto agli acidi. che alle basi, formando delle combinazioni differenti, e cio come si vede particolarmente ai numeri 22,2^,27, 28. Per ispiegar per altro con qualche precisione i iatti che accompagnano le nominate combinazioni, occorrono nuovi studii e sperienze. Io mi propongo quindi di ritornare in altro tempo sopra questo inleressante argomento, cioe quando avr6 fatta nuova abbon- dante raccolta di Millefoglio, e che avro 1' opportunity di praticare di con- fronto la gia progettata analisi dell' Achillea Clavennae, pianta indigena de' nostri monti, scoperta nel 1G08 dal farmacista di Belluno, Nicolo Chia- venna. DEL SIC. IURTOLOMMEO ZANON 271 'So.0 lo frattanto sarfti d'avviso doversi asse^nare all Acliillcina il poslo Ira i Principii estraliivi ed amari, distinti dal chiarissimo Liebig in classe specialc, come si Mile nel suo Trattato di Chiniica Organica, cioe nella li^l;i della genzianina, absintina, columbina, ergotina, centaurina, quassina ec. Riflettendo in fine alia gia notata proprieta dell' Acliillcina di assorbire facilmente 1 umido atmosferico, non sara inutile ch' io ricordi ai farmacisli ili custodirla sempre in vasi perfettamente chiusi. §• IV. Dell acido del Millefoglio ; del processo per ottener/o. e sua denominazione. Dopo i lavori esegniti per oltenere separata 1' Acliillcina e conoscerne le proprieta. non dovea trascurare in alcun modo I acido. die venue appalesato dalla carta di tornasole, nella cirrostanza in cni slava esplorando il decotto concentrato del Millefoglio, §. I, n.° 3. Per agevolare in qualche modo la via all' ottenimento di questo acido, mi si rendeva primieramente indispen- sabile qualche studio contlucenle a far conoscere la sua condizione naturale nel vegetabile. Tornai percio a considerare i risultamenti di alcune delle -|ic- rienze antecedentemente riferite, e per le pratiche fatte con diversi assaggi al succo appena sprenmto dalla pianta potei bastantemente persuadermi, tro- varsi esso acido parte in istato di combinazione colla calce, e fors anche coll Acliillcina ; ed in parte alio stato libero. Cio conosciulo, diedi principio a nuove operazioni. colla speranza di poterlo isolare perfettamente, studiarlo nelle sue proprieta. e di tcntar poscia di formare con esso delle nuove com binazioni. Preparai dunque un decotto ben saturo di Millefoglio, assoggettando alia bollitura nell* acqua distillata tutte le parti della pianta. meno la radice; e feltrato che (u per panno di lana. lo evaporai fino alia riduzione della meta : lo feltrai come prima per separar le materie depostesi, e versai in esso a poco a poco una soluzione di acetato di piombo, finche vidi nascere il preci- :>7'-> DELL ACHILLEINA E DELL ACIDO ACIIILLEICO, EC. pitato. Raccolsi questo precipitato sopra un feltro di carta e lo lavai parecchie volte coll'acqua pura. In questo caso. il precipitato lavato dovea risultare neces- sariamente dalla combinazione dell' ossido di piombo coll' acido vegetabile del Millefoglio, e della materia colorante, come al §. I, n.° 5, e fors' anche di qualche poca di calce. Per separare 1' acido vegetabile dalle altre materie, stemperai il preci- pitato suddctlo nell' acqua distillata e feci passarc attraverso il liquido, gia posto in una bottiglia Wulfiana, una corrente di gas idrosolforico lavato. lino alia totale precipitazione dell' ossido di piombo. Feltrai il liquido per carta, e lo evaporai lcntamente a bagno-maria per iscacciare tutto 1' acido idrosolforico rimasto in soluzione. II liquido cos'i ottenuto era molto acido, ma conteneva in combinazione della materia colorante verde della pianta, ed anche della calce. Altre operazioni dunque doveano succedere. Lo combinai alia potassa, versando in esso nn' abbondante soluzione di carbonato di questa base, e fa- cendo bollire il liquido per alcuni minutiinun vaso di vetro. Mediante questa operazione nacque la precipitazione della calce alio stato di carbonato, cbe separai colla feltrazione. II liquido feltrato avea assunto un color molto piu scuro, fenomeno dovulo alio svincolamento della materia colorante dall' aci- do, operato dalla potassa, e dalla nuova dissoluzione di questa materia me- diante la polassa stessa, o del suo carbonato gia esuberante. Per isceverare il liquido dalla materia colorante lo unii a buona quantita di carbone, gia digerilo nell' acido idroclorico diluito, lasciandovelo fino al- I indomani, agitando piu volte la miscella. Feltrai poscia il liquido per carta ed ebbi cos'i la soluzione di un sale di potassa od acido vegetabile perfetta- mente scolorato e limpido come 1' acqua. Ridotta 1' operazione a questo punto, non mi mancava cbe d' isolare I acido del Millefoglio gia combinato alia potassa, a fine di averlo in solu- zione nell' acqua purissima. Yersai quindi a gocce a gocce nel liquido una dissoluzione di acetato di piombo, ed ottenni cosi un precipitato di un bianco di latte, cbe lavai piu volte coll' acqua. Conviene avere 1' avvertcnza in questo < aso di non lavar molto il precipitato. poiche questo sale di piombo e in DLL SIC. BARTOLOMMEO /.ANON 273 parte solubile. Raccolsi in fine tale pvecipitato e dopo di averlo ben diluito coll' acq 11 a dislillala, lo introdussi nella sohta bottiglia Wulfiana, ove feci passare dell' acido idrosolforlco gazoso lino alia lotalc precipitazione del- I' ossido
  • tato I acido e |ieiteltainenli' scoloiato. 111,1 se si tenia di portar piu avanti 1' evaporazione, esso si decompone colorandosi in ungiallodi paglia. EspostO all' aria il liquido concentrato come sopra, in una capsula di velro o di porcellana, cristallizza in prismi quadrangolari perfeltamcntc scolorati. / ol. II 1>74 DELL ACH1LLEINA E DELL AC1D0 ACIIILLEICO, EC. L' acido Achilleico cristallizzalo e solubilc in due parti tli acqua fredda a gradi 10 Reau; c la soluzionc che ne risulla e acidissima ed allega i denli; e senza odore, ed arrossa fortemente la carta di tornasole. L' acido Acliilleico favorisce molto la dissoluzione del solfato di chinina nell' acqua fredda, versato die sia in una soluzionc torbida di questu sale: proprieta che puo render di maggiore utilita 1' uso di tale prczioso rimedio. L' acido Acliilleico disciolto nell' acqua, versato a gocce in una dissoluzione limpida di acetato acido di piombo. non intorbida minimamente il liquido; ma se lo si versa egualnicnle a gocce in allra soluzionc lormata di sotto-acetato di questo melallo, produce istantaneamente 1111 precipitato bianco, ch' e po- cbissitno solubile. L' acido Acliilleico si combina con mi buon nuracro di basi iormando con esse dei sali perfetlamente neutri. Questo fatlo m' indusse a considerarc 1 acido Acliilleico come apparlenente alia prima divisione degli Acidi Orga- nici, cioe a quelli che si dicono Unibasici, per la proprieta che banno di combinarsi ad un equivalente di base per formar sempre dei sali neutri. §. vi. Dei sali risultanti dalla combinazione dell acido Achilleico colle bast sali/icabili, e suoi principali caratferi. L acido Achilleico tu da me combinato colla potassa, soda, ammoniaca. cake, magnesia e chinina, donde ne risullarono altrellanli sali forniti delle comuni proprieta di essere, come si e detto, perfettamente neutri, c inollre solubili nell' acqua, precipilabili dalla loro dissoluzione dagli acetati di piombo. e decomponiliili dal calorico. L' Achilleato di potassa si otticne versando poco alia volta dell' acido Achilleico allungalo di poca acqua in una dissoluzione di carbonato di potassa a saturazione, concentrando il liquore a bagno-maria, feltrandolo poi per carta e tasciandolo crislallizzare. Questo sale assume una minutissima cristal- lizzazione in prismi aghil'ormi, riconoscibili soltanlo coll'occliio armato di 1)1.1. SIC. liAKTOLOMMI.O /WON 2J.) lente. Ila un sapore salato che si avvicina a quello del cloruro di sodio. E meno solubile licll alcool die nell' acqua. Esposto all aria nun soffrc altera- zione, scbbene la sua acqua madre acquisti in simile caso una leggiera tin ta pagliesca. L Ichilleato di soda si prepara come quello di potassa, impiegando invece il carhonato
  • ch' e insolubile s'i a freddo die a caldo nell' acqua « dislillala. nell'alcool, nell' etere, e che questi reagenti non cangiano punto ' il suo colore. <■ DEL PROF. BARTOLOMMEO I'.I/.IO 279 Che tutti gli acidi la Iramutano in colore azzurrognolo, c cio lenta- « menti' a freddo e rapidamente a caldo. < ■ Che I'ammoniaca fa ricomparire la linta verde. > Che 1' acido nitrico debole ;i freddo, le fa avere mi colore lurchino. < dove a caldo distrugge il colon*, partecipandovi quelia linta gialla, che si • manifesta pressoche ognoranelle reazioni dell' acido nitrico soprale materie animali. • ■ Che il cloro scolora rapidamente la materia verde, lasciando le fo- glielte branchiali al tutto bianche. > L' idrogeno solforato fa nulla. > » L'aminoniara, dimorandovi sopra lungamente, trarauta il natnrale colore in verde oliva chiara. • 1 La potassa caustica scioglie le foglielte branchiali, producendo una • soluzione bruna, dalla quale 1' acido acetico precipita una materia fioccosn 0 di colore verdastro chiaro. • Quesle propriela della materia colorante, a chi sa esserci il rame in quell' organo, palesano la presenza di quel metallo, impigliato e nascosto nella sostanza animate, die nol lascia svelatamente mostrarsi all' azione dei reagenti. §. 11. Sperimenti mediante i quali e pnxlulla artificialmente la colorazione delle branchie, stante il rame ch esse contengono. La colorazione verde delle branchie delle ostrichc, quantunque nalurale . tuttavia in quelle pescate in queste lagune e rara a vedersi, e nun sembra ordinaria che in quelle studiate da] Valenciennes, dette percio oslriche verdi di Marennes, e nelle altre pur verdi il Ostenda ; sicche sembra essere una modificazione, uw alterazionc fisiologica dell animale, che induca mediante il rami' quelia linta nelle branchie; e cio tanto pin ci sembra di poler credere, quanto che le ostriche verdi del Valenciennes si conservano ne'vivai, dove acquistano quel colore; anzi egli stesso propendeva a credere, venire il colo- iSo SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCIIIE DELLE OSTRICIIE, EC. ramenlo da trasfusione della bile che sarebbe appunlo un' alterazione fisiolo- gica. Pare adunque probabile quella tinla verde essere o uno slraordinario deponimento di grasso entro il parenchima delle fogliette branchiali, od anche una semplice trasformazione del grasso ordiuario deH'organo in acido grasso. onde in tale slato reagisca nel rame e dia quel colore; se non fosse piutlosto una relatione, un posto diverso, che il rame entrasse ad assumere rispelto alia proteina spettante all' organo. Ma com un que nell'animale vivente si produca I' allerazione e il conse- cutivo coloramento a cagione del rame, nulladimeno cio addiviene solto il governo della vita, e quindi ci si fa impossibile di riprodurre artificialmenle nell' organo dell'animale morlo quella esatla ed idenlica colorazione, che la natura, quantunque sviata dall' ordinario procedimento, opera neH'animale vivente. Tullavia cerla cosa essendo trovarsiil rame in tulle branchie delle ostri- che, e per conseguenza in quelle eziandio che non hanno il colore indicante le ordinarie combinazioni di quel metallo, io argomenlava cosi: se pigliero di quesle brancbie scolorite e, messe nell'acqua, le abbandonero ad un' alte- razione spontanea, siccome sino da' primordi di questa spontanea alterazione. o corrompimento, si dee immancabilraente produrre l'ammoniaca, e si dee produrre raediante quegli elementi medesimi, che compongono la materia organica entro la quale sta il rame, cos'i dee necessariamenle a v venire che quest' ammoniaca alio stalo nascenle, imbattendosi nel rame dell organo, vi si combini e dia quel coloramento azzurro. come che sia modificato dalla presente materia organica, cbe suole dare l'ammoniaca allorcbe si conibina coll ossido rameico. Guidato da questa previdenza teoretica io veniva agli sperimenti, i quali turono prerisamenle cominciati il giorno cj di Giugno 1844? ed iterati nei successivi mesi di Luglio, di Agosto e di Settembre ; nel quale spazio di tempo la naturale scomposizione fu sempre promossa e condotta da una leinperatura bastevole, tale cioe cbe si tenne sempre fra gli estremi -t- 16" e -t- n?)" di Reau. Le sperienzc furono instituite in questa maniera. Io separava da un cerlo DEL PROK. RARTOLOMMEO RIZIO l>8l numero di ostrichc esattamente le branchie, c queste lavava una sola volta coif acqua distillata.Quindile riponeva in un vast? cilindrico, mescendovi tanto di acqua, die avanzasse da tre a quatlro centimetri sopra le branchie. le quali si tcnevano a fondo, pero gonfiate cosi dall acqua ed espante, da polcrsi sovente distintamente vedere e noverare 1c quattro fogliette lamellari di che le branchie si compongono; anzi a vederle com nell' acqua rolle fogliette dispiegate le piu sembravano affatto candide. La bocca del vase era cbiusa da un velo assai rado, acciocche I aria avesse libero accesso, e fosse inter- dello agl inselti di penetrarvi. Quando instituiva la prima sperienza la temperatura era a -t- 20" del mentovato termometro, e dopo il decorso di 24 ore lutto era quieto e le branchie serbavano il proprio odore. II d'l segnente trovai sprigionamento dirade bolle; forte reazione alcalina; e un odore spiacevole, che principiava a sentire del putrido. Dodici ore appresso, lo stesso sprigionamento di gas e forsepiu vigoroso: reazione alcalina, anzi ammoniaca, ch esalava in copia, congiunta a poco acido sollidriro; odore decisamente putrido, e le branchie. che sopraslavano. tinte in bel colore verde azzurrastro. ^el quarto giorno 1 odore era fetid issimo ; colla csalazione dell ammo- niaca si accompagnava molto acido solfidrico : !o sprigionamento delle bolle pressoche nullo. e le branchie crano gia tutte colorile in azzurro. tutlocbe scrbassero ancora la loro interezza. Quando le branchie sono gia divenutc azzurre, esse conservano quella linla; come seguitano gli altri fenomeni poc' anzi rammemorati. Se non che nel terzo 0 nel quarto giorno cessa qualunque benche menouio sprigiona- mento di bolle. e 1 odore fetido si la ributtante. priucipalmente allorche si agitano un poco, com io praticava una volta ogni di, acciocche tutte provas- sero egualmente la influenza dell' aria. Notero inoltre che dopo otto giorni circa si dissolvono tutte in una mate- ria liquida torbidiccia di colore azzurrastro, nella quale, se I acqua sia troppa a proporzione della quantita delle branchie, si osserva 11110 strato supcriore scolorito e torbidiccio ed uno inferiore di materia azzurrastra precipitata. Vol. II. 36 282 SOPIW IL COLORAMENTO DELLE BIUNCIUE DELLE OSTRICHE, EC. Verificata col fallo la previsionc, ed assicuratomenc pienamente collo avere ripelulo gli sperimenti pin c piu volte per quattro raesi consecutivi, face- va quest altra considerazione. Se dunque e vero clie le branchie si colorano perche 1' ammoniaca si combina col rarae, ch'essc branchie contengono, dove io per un dato tempo faccia essere presente un corpo cbe prevalga sopra 1' ammoniaca e vi si combini di mano in mano clie si produce, 11011 seguira colorazione fino a tanto clie questo corpo si tenga presente. e le branchie si coloriranno quando il detto corpo divenga tale, cbe la sua azione sia nulla, e torni come se fosse rimosso. Per conseguire questo effetto, nel tempo medesimo in cui io ripeleva la prima sperienza, instiluiva colle branchie delle ostricbe un altra serie di espe- rienze, nelle quali, anziche valermi di un'acqua stillata pura, io adoperava allrctlante acque acidulate con quanti crano gli acidi cb io divisava di sollo- porre all' esperienza, e cosi lievemente clie solo bastassero ad arrossare le carte azzurre. Gli acidi sperimentati furono 1' acido solforico, 1 acido nitrico, 1 acido cloridrico, I' acido tartrico, e 1' acido citrico. Di ognuno di questi acidi ne sciolsi nell' acqua la tenue quantila soprammentovata, acciocclie non valessero a indurre nella materia animale una modificazione, od altcrazione divcrsa dalla nalurale pulrefazione. ed anche percbe il coloramenlo, quando avvenisse. non avesse a indugiare di troppo. La prima serie di questc sperienze fu instiluita il di 20 di Giugno, e la lemperatura era a -+- 21° e mezzo di Rcau. In quella dove c era 1 acido solforico, dopo tre di le branchie lurono tutte trovatc a galla, a cagione di molte bollicine clie adcrivano alle branchie stesse. L' odore era felido ; la reazionc acida. Nel quinto giorno, seguitando I' odore felido, la reazione acida era fatta lievolissima. Nel seslo la reazione divenne alcalina, c le branchie comincia- rono a colorirsi; finche nel seltimo giorno crano gia divenute compiulamente azzurre. Due mesi dopo, essendo 1' acqua dissipata totalmente resto poca materia di un color verdc carico. DEL PROF.RvRTOLOMMEO RIZIO '_>8?> Nella sperienza instiluita coll' acido nilrico, 1' odore felido si fece sentire ml quarto giorno. Nel sesto qoii solo era svanita lolalmente l'acidila, ma c era reazione alcalina. Le branchie si serbavano per guisa nella loro interezza da potersi distintamente vedere e noverare le qualtro fogliette, che le compongono. Nell'oltavo giorno le branchie si trovavano sollevate dal fondo; la tessi- tura organica si cominciava a scomporre, come eziandio cominciava ad appa- rire una languida colorazione azzurrastra inegualmente dislribuita nella materia; colorazione the in tutlo il Itingo tempo dell' esperienza not) I'ece progresso. La materia delle branchie si ridusse in una sembiauza mucosa, che venue di un color verde, mediante la spontanea cd intera evaporazione dell' acqua. Coll' acido cloridrico nel sccondo giorno le branchie lurono trovale a galla. Nel quarto, odore fetido. Nel sesto non solo era svanita 1'acidita, ma in' tornava evidente la reazione alcalina. Le branchie si serbavano nella loro interezza ed erano colorite in azzurro. Nell otlavo coininciarono a dissolversi. finche vennero tutte in un liquido azzurraslro lorhidiccio. che colla totale evaporazione lascio una materia verdegialla, Nella sperienza in cui fu adoperato I acido acetico, I odore di putrido l'u sentito nel quarto giorno. Nell oltavo era non solo dileguata ogni acidita. ma ne veniva pronta reazione alcalina. Le branchie si serbavano nella loro interezza. ed avevano assunto un colore rosso violaceo con cbiazze in alcuni punti di un rosso vivace (4). Nel decimo giorno la tessitura organica delle branchie si comincio adalte rare seivza nolahile diversita nel coloramento. Dopo diciasseltc giorni il color rosso divenne [laonazzo. e termino succes- sivamente in una tinta azzurrastra. II dissipamento totale dell acqua diede una materia di un verde carico e vivace. Dove poi fu adoperato l' acido citrico, nel secondo giorno le branchie erano tulle a galla. e quivi rimasero nel terzo e nel quarto, mediante un s'i lalto interiore sprigionamento
  • 4 ore appresso, e seguila aumenlando finche si produce un vigoroso sprigionamento ammoniacale, accompagnato da mollo acido solfidrico, die nel processo della dissoluzione da un odore insopportabile. A proposito di questa rea/.ione alcalina, die comincia subito a maniie- starsi , e padroneggia sino alia fine la naturale scomposizione delle branchie. era al tutto inescogitabile die i corpi delle oslricbe. a'quali fossero separate bene le branchie. abbandonati audi essi alia naturale dissoluzione, dessero un fenomeno al tutto opposto, cioe una reazione acida die si palesa subito i5 0 iG ore dopo ordinala 1'esperienza; die cresce vigorosamente sino ad una forte audita, la quale, non die a impulridire, tende a preservare, anzi preserva effettivamente i corpi dalla naturale corruzione. Questo fatto addo- mandava uno studio particolare, com' io ^ia feci; e quantunque si dilunghi. ed esca dal subbietto presente, repulai non disutile anticiparne la notizia, ac- ciocche si vegga la ragionevolezza di quella civile pratica, che al cibo preh- bato e salute vole dell'ostrica vieta la rea mistione delle branchie. Ora tra quelle rea/.ioni del Valenciennes, cb' io addussi a principio, una \e n ha col cloro, die porto la lotale scolorazione delle branchie. Per mo- strare quindi a guida del rame esistente nell'organo, quanto il secrcto lavorio della uatura fosse imitato dalla espcrienza, e quindi dalla conformita de nsul lament i concluderne I'identita della cagionc operante il fenomeno, era mestieri ch' io facessi sperienza del cloro sopra le branchie artificialmente colonte. :>8() SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCHIE DELLE OSTRICI1E, EC. Prese adunque cento branchie di ostriche e messe in una boccia tubulata con sufficiente quantita di acqua, le serbai quivi sino al quinto giorno, cioe fino a tanto cbe il coloramento fosse compiulamente estcso a tulta la massa. Allora, alleslito 1' apparecchio per lo sprigionionamento del cloro, e diretta la corrente attraverso alio branchie, le quali serbavano aurora intera la tes- situra organica, furono in brevi istanti compiutamente scolorite. Nulladimeno, veggendo il cloro essere tut to assorbito, sicc.be una bolla non ne trascorse in una seconda boccia, chc alia prima si continuava, feci cbe la corrente segui- tasse per sei ore consecutive, ond'ebbi la disorganizzazione e dissoluzione delle branchie in un liquido torbidiecio di colore a mala pena giallognolo. Dunque le branchie artificialmente colorite mediante la combinazione dell' ammoniaca col rame, ch' esse branchie contengono, furono, com' era facile antivederc, scolorate dal cloro, come furono scolorite le branchie verdi del Valenciennes, sicche non solo la sua creduta materia coloranle speciale io la riproduco a volonta. a guida del rame cbe ivi esiste, in quelle ostriche chc non sono naturalmente colorite, ma ne comprovo eziandio 1' identita della reazione collo sperimento del cloro, ond' e, cbe il soprammentovato nalurale coloramento delle branchie si scorge chiaramente venire dal rame contenuto in quell' organo. §• HI. Aziorie (leg/i acid/' e degli alca/i sopra le branchie delle ostriche naturali e scolorite. Che il naturale coloramento in verde delle branchie delle ostriche venga da una combinazione qualunque uscente flail' ordinario procedimento della vita col rame ivi contenuto. mi sembra ora abbastanza comprovato da fatti sperimenlali. Nulladimeno ci sono ancora le reazioni degli acidi e degli alcali adoperate dal Valenciennes, verso le quali a prima giunta polria sembrare necessario un raffrontamento coll' azione cbe fossero per adoperare i mede- simi acidi e gli alcali nelle branchie naturali e scolorite. Prima d imprendere questa ricerca e tuttavia necessario considerare die DEL PROF. BARTOLOMMEO lll/.IO '87 nelle branchie verdi del Valenciennes, luttoche il coloraraenlo derivi dal medesimo rame contenuto in quell organo, nulladimcno esse in quanlo alia materia le composizione, non sono esaltamente comparabili ne a quelle scolo rite delle ostriche naturali, ne a quelle artilicialmente colorate. Imperocche nelle verdi, il rame dee avere 1111 posto diverso da quello clie liene nelle branchie naturalmente scolorite, e diversissimo decisanienle 111 « j 1 1 ** 1 It- die si colorano ad arte, da clie la materia organica in questo caso iucontra un cangiamento di composizione; e percio e al tuiio ragionevole, cbe sperimen- tate cogli acidi e cogli alcali 0 le branchie scolorite, 0 le artilicialmente colo- rate, dieno risultamenti diversi da quclli avuti dal Valenciennes; tultavia i fenomeni che saranno per manifestarsi serviranno a rischiarare il subbietto, so ci \erranno accompaguati da colorameiili, i quali abbenche non si pos- sano accertatamente accagionare ;il rame, che i\i esiste, riescono non osl nle cosi speciali da didercn/.iare la materia dellc brancbie delle oslriche da qua- lunque altra sostanza animate. Per procedere in queste ricerche, accessorie all'argomenlo principale, separate le branchie secondo il solito. le seccava a 1000 ili temperatura. La semplice diseccazione rendeva le branchie di un colore verde cupo, e questo colore si manifesto nelle fogliette branchiali, mentre alia radice dove si uniscono, tornano in un colore castagnino oscuro. Ridotte in polvere grossa le introdussi in tin ampolla, e v inslillai tanto acido cloi idrico concentrato che fossero coperte, anzi 1 acido avanzasse le branchie di qualche millimetro. L' acido penetro pronlainente la sostanza delle branchie. Elleno si gonfiarono, e qualche ora appresso si tramutarono in una massa gelatinosa, che si stac- cava dall ampolla senza punto imbrattarla. Restando i\i per qualche altro tempo, esempigrazia, dieci 0 dodici ore, la materia si fuse: cioe a dire, si Irovo operata una soluzione in vista di color nero. cui erano frammescolati de lioc- cbi minuti di una materia di colore verde cupo. Feltrata questa soluzione nera ed opaca, se vi si mesce due voluuai ili acqua, viene diafana c del colore preciso del caffe abbrustolito. [nstillando in questo liijuido una soluzione di concino, 0 tiinnino. estrallo dai fiocini del I agresto, sino al termine che si produca un visibile intorbidamento, <■ lasciata 288 SOPIW IL COLOIUMENTO DELLE BRANCH1E DELLE OSTRICHE, EC. quieta la mescolanza per alcune ore, si trova a fondo un precipitato fioccoso di un bel colore verdazzurro, die ha tutta la sembianza del verderame. Raccolto questo precipitato sur un feltro, e messo in islato d' idratazione nell' ainmoniaca allungatissima, si scioglie incontanente, e si produce una soluzione di colore castagnino scuro. cioe di un lal colore, che volge a quello del cafie, colore proprio della soluzione sperimentata. La medesima materia verdazzurra ancor umida, posta nell' acido clori- drico allungato con un volume eguale di acqua stillata, a freddo non si scio- glie; ma si scioglie bene e prontaniente scaldata al fuoco. producendo una soluzione di quel colore medesimo del cafie abbrustolito, in cbe venne la solu- zione cloridrica delle brancliie ; siccbe polremo dire la materia delle brancbie esserci veduta, mediante la reazione dell' aciilo cloridrico, del concino de fio- cini bianchi acerbi, e dell' ainmoniaca. di colore cafie. verdazzurra, e quindi ricondotta al colore primitive Nella prefata soluzione cloridrica inslillai tanta infusione di noci di galla finche vidi prodursi intorbidamento. Dopo qualcbe tempo diede a fondo un precipitato di colore verde cupo, che a contatto dell' aria si oscuro fortemen- te. Messo cos'i umido nell' ainmoniaca, si sciolse instantaneamente, producendo una soluzione del solilo colore del cafie abbrustolito. II pronto sciogliersi di questi precipitati nell ammoniaca, e pin di tutto i caratteri fisici di quello prodotto dal concino o tannino dei fiocini dell' uva bianca acerba, davano ragione di sospettare cbe in que precipitati ci fosse il rame contenuto nelle brancliie. Per assicurarmene, presi una certa quantita di quel precipitato, e, seccatolo bene, lo posi in un crogiuolo di platino, dove carbonizzato, feci pruova di ridurlo in cenere, che torno in una materia nera. la quale conobbi essere ossido rameico quasi puro; perocche si sciolse inte- ramente nell' acido cloridrico producendo una soluzione verde, e quivi instil- lata tanta ammoniaca, cbe ne fosse un piccolo eccesso, s'ingenero una colora- zione azzurra con piccolissima rimanenza di una sostanza bianca, che parve essere acido silicico. Non e dunque dubbio alcuno che il concino infuso nella soluzione clori- drica delle brancbie non dia precipitato il rame, ch' esse contengono; ma DEL PROF. BARTOLOMMEO P.1ZIO 289 questa precipitazione si fa congiuntamente ad una materia organica, che, quantunque ne induca a scorgere il rame in quella originata dal concino dei fiocini, pure, subito che abbiamo ricorso all'ammoniaca cd all'acido cloridrico. sembra che non si possa ammettere. vedcndo nella materia disciolta quella eolo- razione cupa di caffe abbrustolito, aliena lotalraente dagli attributi del rame. La soluzione poi acida (lie ci resta, dopo il precipitate* prodottosi dalla infusione delle noci di galla, ha un colore fulvo traente al rossiecio ; e se in questa soluzione vinslilliaino tanla animoniaca. che ve ne sia un piccolo ecces- so. si produce un abbondevole precipitato di colore cannelliuo. al quale sopra- sta un liquido torbidiccio di un bellissimo color verde. Se qnindi lacciamo di separare il precipitato mediante la feltrazione, il liquido esce del mentovato vivacissimo colore, che si fa un pocolino piu intenso, slante il contatto dell'aria: lavando il precipitato. la prima acqua cola di bel colore smeraldo, e viene appresso di colore cannelliuo carico. perche ne sciollo parte del precipitato. Queste sperienze dunque comprovano. che la materia animate delle branchie delle ostricbe, sottoposta all'azione di alcuni reagenti, stante lc mo- dificazioni ch essa incontra, e atta ad assumere diversi colon", che non ci vengono trovati in altre analoghe materie animali. alcuni de quali per le circostanze in cui si maniiestano, rammentano que fenomeni di colorazione avuti dal Taddei, mediante le reazioni dell ossido rameico nelle materie organiche azotale in presenza degli alcali caustici (•>) : lajche questa singo- larila di reazioni coloranti sembra principalmente venire dalla presenza del rame. Io per queste sperienze, (nine diceva, bo adoperato le branchie dissec- cate, e il Valenciennes, per quanto si pub arguire dallo scrilto di Int. sembra avere operato sulle branchie tali quali erano spiccate dal mollusco. Percio volli eziandio instiluire qualche sperienza sovra branchie che nun avessero prorata I'azione del fuoco; sicche ne spiccai una certa quantita.e lavalele una sola volta nell acqua distillata, parte ne infusi nell acido solforico allungato con un volume doppio di acqua, parte nell acido cloridrico, parle nell acido nitrico, come il primo egualmenle allungati : e parte Gnalmentc in una solu- zione d idrato polassico, in cui era un peso d idrato in dodici di acqua. Vol IT. 3- 290 SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCHIE DELLE OSTRICHE, EC. Quelle poste nell' acido solforico prima si aggrinzarono un poco. e parve in esse svanire il naturale colore cinereo, anzi si fecero compiiitamente candi- de. Due giorni appresso. trovai il muco aderente alia superficie tinto in unbel colore verdeporro, del quale una piccola quantita era eziandio precipitata a fondo del recipiente, dove si vedeva questa deposizione del colore predetto. Ne'seguenti giorni le branchie acquistarono un gentile colore incarnato, che non cangio per una pin lunga dimora delle branchie nell' acido. A vederle entro il liquido, ancbe dopo dieci giorni che si trovavano a contatto dell'acido, serbavano intera la tessitura organica ; nulladimeno, separatovi 1' acido, si disfecero al toccarle, risolvcndosi in una materia di colore incarnato, la quale era sciolta a freddo pressoche totalmente dagli alcali caustici, senza manife- stazione di verun coloramento speciale. Quelle infuse nell' acido cloridrico, oltreche avere acquistato anch' esse un colore incarnato, mi vennero vedute sparse di strie di un colore rosso vivace. Le altre, sottoposte all' azione dell' acido nitrico, ingiallirono, come solitamente ingiallisce ogni sostanza animale messa a contatto di quell' acido. Finalmente quelle branchie recenti, ch' io infusi nella soluzione dell'idrato potassico acquistarono, come quelle del Valenciennes, fin da principio un colore castagnino; quindi si gonfiarono, a somiglianza di quelle messe nell' a- cido cloridrico, e dopo due giorni d' infusione si comincio a disfare la tessi- tura organica, originando una soluzione del medesimo colore castagnino. Furono lasciate per lo spazio di dodici giorni a contatto dell' idrato potassico, e quindi separata la materia indisciolta, mediante la feltrazione, la lavai leg- germente coll' acqua distillata. La soluzione feltrata serbava il suo colore castagnino, e instillando in questa soluzione a goccia a goccia tanto acido acetico, cbe ne venisse com- piuta la neutralizzazione, si produsse un precipitato di quel medesimo colore cinereo che hanno le branchie naturalmente ; ma a contatto dell' aria e nel decorso di alcuni giorni acquisto un colore azzurrognolo, e il liquido in cui si produsse. tornb in un deciso colore verdeoliva. Un minuto eccesso di alcali ridiscioglie incontanente il precipitato. La materia delle branchie. che non fu sciolta dall'alcali, infusa nell'acido DEL PROF. BARTOLOMMF.O BIZIO ugi acetico allungato, produce un liquido lorbido di colore azzurrognolo. e la materia animate che resta a fondo, nello spazio di alcuni giorni, senza verun segno visibile di alterazione spontanea, si tigne in un colore verde volgente ad un languido azzurro. Queste poche reazioni bastano a comprovare clie la materia animate delle brancbie delle ostricbe e suscettiva di acquistare certi colori speciali, se- rondo che agiscono sopra di essa gli alcali o gli acidi. e se questi colori. come sembra, si producono nelle brancbie naturalmente scolorite. stante il rame ch'esse brancbie contengono, ne segue da cio, e piu di tutto da quelle spe- rienze cli' io allegai da principio, che il colore delle ostricbe verdi del Valen- ciennes, anzicbe consistere in una materia colorante speciale, non e altra cosa cbe una modificazione dello stato del rame in quell organo, per cui io crede- rei che fosse da instiluire una serie di sperienze dirette ad avere la proteina esistente in quell' organo, essendo molto probabile cbe. dirigendoci per tal via, ci verrebbe fatto di scoprire il posto cbe ivi tiene il rame. ed avremmo quindi la ragione del suo tramutamento in un composto verde, operante il fcnomeno della naturale colorazione delle brancbie del mentovato mollusco. i Late il 25 yocembre 1844 . ) NOTE (1) Annali delle Scienze del Regno Lombardo-Veneto. Tom. IV, pag. qo, anno i83.,. (2) Annali cilal. Tom. cit. pag. 91 e qs. (3) Journal de Pharmacie, pag. iS5. Marzo 18^2. (4) Questa colorazione delle brancbie si atticne molto a quclla a\ uta dal Taddei nelle sue retenti sperieaze circa l' azione delle maleric azolate nell' ossido ramcico, presenle un alcali caustico. // Cimento, Fasc. di Gen- naio e Felibraio 18.,.,) (5) // Cimento. Fase. di Genuaio c Febbraiu l&44< pj£. - I\ QUALE STATU ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI CONTAGIOSJ >ELL' ESSERE ORGANIZZATO >T O T A DEL S1G. GIULIO SANDRI i. Jl iu volte io m' ebbi a dire die la vera e sola causa efficiente tie' con- tagi vaol essere specifici germi, siccome pure germi specilici sono la vera e sola causa efficiente degli altri esseri naturali, cbe si riproducono sempre gli stessi. Ed e qui mio intendimento di venire un po lavellaudo sullo stato o sia condizione, in cui sono i jrermi contagiosi introdotti e serbati nell ente organizzato. alio cui spese prendono poscia sviluppo col presentarsi il con- corso (Idle relative opportunity. 2. Suolsi credere comunemenle. rio clie d iufeltivo insinuasi Delia mac- cbina organica, quello onde poi la contagiosa malaltia si cagiona, essere una materia disciolta, un liquido, un vapore, cbe vi ecciti quindi un processo cbiinico-vitale capace d ingenerare una materia dclla stessa natura. atta a produrre in altri individui ^li effetti medesimi : sicche, ammettendo pur che i contagi provengano sempre da proprio fomite, questo sempre si assorba e diinori dentro 1 organismo in uno stato di scomposizione, ili sfacimento : e non punto in quello di veri germi, di germi nella loro integrita, e due prin- cipal ragioni soglionsi addurre di cio. L' una. che i germi cost interi nun 294 [N QUALE STATO ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI, EC. possano passare per gli angustissimi pori che dovrebbero aceoglierli ; e 1' al- tra. che quand' anche passassero, non potrebbero stare per entro la maccbina organizzata vivente senza venirne scomposti o disciolti. 3. Quanto alia prima delle dette ragioni vuolsi pero considerare, essere ben altro le aperture od J fori di una maccbina morta. e quei di una viva : quei della viva ponno al bisogno dilatarsi e rendersi molto maggiori, come danno ancbe a vedere i fenomeni cbe avvengono all' epoca della fecondazione eziandio delle piante. ed a quella del parto degli animali. E vuolsi considerare in oltre, cbe sebbenc certe sostanze di una tal sottigliezza non sieno assorbite, ponno assorbirsi certe altre della sottigliezza medesima, in virtu di quella cbe dicesi forza o facolla elellwa ; per la quale anco si crede, cbe dallo stesso terreno varie specie di piante succbiino diverso alimento, donde l'utilila delle tanto raccomandate agrarie rotazioni o sia awicendamenti de' raccolti. In terzo luogo e da por mente, ch' essendo i germi de' contagi come altrettanti parassiti di quella specie di viventi su cui banno il loro sviluppo, certa ten- denza natural vi debb' essere, cbe cooperi alia introduzione ; impercioccbe egli e ben noto quante precauzioni usi natura per far giugnere i germi al luogo appropriato alia loro propagazione : delle quali io ricordero solo qui la forma, che nelle uova e ne' semi, specialmente piu minuti e minimi, tende generalmente al rotondo. 4- Tanto par vero cbe i germi de' contagi debbano passare nella mac- china interi, che quelli i quali in tale stato non ponno passare attraverso della epidermide per comunicar 1' infezione, abbisognano d' un mezzo che tol- ga loro quest' ostacolo, d' inneslo, cioe, d' inoculazione, di taglio, scalfitura 0 ferita di qualsivoglia maniera, come veggiamo, per esempio, nel vaccino, nel- l'idrofobia, e ne' morbi carbonchiosi. Dal che tutlo raccogliesi, che il germe de' contagi puo benissimo, per non dir anzi debbe, insinuarsi nella maccbina organizzata nello stato suo d' interezza, senza punto scomporsi prima, o discio- gliersi comunque siasi. 5. Ma se il germe puo cosi integro penetrar nella maccbina viva, potra poi mantenervisi in tale stato ? Non verra ivi scomposto, disciollo dalla forza vitale. dalle funzioni ch' ivi banno luogo. come scompongonsi e si dissol- DFX Sir,. G1UL10 SANDR] jQ.) vono tante altre cose per assimilarsi in tutto od in parte, ove omogenee, od essere cacciate, ove eterogenee ad essa macchina '.' A prima giunta parrebbe che s'i : parrebbe die in quegli urnori e in quel calore, trattandosi di anima- li, entrar dovesse il germe in fermentazione, o per altra guisa distruggersi. Ma chi attentamente osservi la cosa. di leggeri avvedesi del contrario ; per- ciocclie le forze vital! non hanno alcun poter di scomporre o disciogliere ^li esseri vivi, siccome sono i germi ; i quali solamente son germi in quanto, se non in atto, in facolta almeno, godono della vita, cioe dell' atlitudine di svi- lupparsi quando cbe sia e riprodursi. 6. Cbe poi cio cbe vivo dall'organismo vivente non sia sempre distrutto. ne porgono irrefragabili prove le tante fatte di vermi, cbe nelle varie specie d' animali, ne' varii organi loro, secondo la diversa eta, condizione e circo- stanze vi allignano, cagionando ancbe bene spesso non lievi sconcerti ; le qnali certo non vi allignerebbero se le loro uova, se i genni loro dall' orga- nismo vivente fossero disciolti o scomposti. 7. Anzi le medesime forze digestive, che pure sono s"i possenti a snaturare cio cbe vien lor sottoposlo. rispettano anch esse cio ch'e proweduto di vita. Gli animali voraci, i quali sovente inghiotlono la preda lor tutta viva, come esempigrazia assai pesci, sparandoli, non di rado la mostrano ancor intera, e se da poco ingoiata, alle volte anclie in istalo di riprendere poscia la vita. Imperciocche dessa preda non viene pnnto intaccata dal poter digerente, se non dopo cbe 1 angustia e il disagio in cui si ritrova. a poco a poco I ab- biano uccisa. 8. E per somigliante ragione, die gli uccelli granivori ban quel si duro e si forte preparatorc della digestione cbiamaio oentriglio, i cui muscoli sono disposti e diretti per guisa. cbe. contraendosi successivaraente, producono un moto simile a quello delle mole macinatrici de mulini. per acciaccare ed estinguere i grani ingozzati interi, i quali altrimenli non si sarebbero potuti digerire : e ad agevolare 1' operazione giovano pure col loro sfreganiento i sassolini, che a bella posta da questi uccelli per cio si Irangugiano. 9. Per la ragione medesima, che cio die ha vita non viene intaccato dalle digestive funzioni, si dice che uno degli ufficii esercitati dagli uccelli 2g6 IN QUALE STATO ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI, EC. ncir economia della natura, si e quello di contribuire all' aumento c propa- gazione de' pesci. degl' inselli e delle piante, in quanto che divorano le loro nova e i loro semi, e non digerendoli, ma reslituendoli ancor interi, gli spar- gono e li diffondono in altri luoghi. 10. Ne solamente dal vivo organismo i germi non sono distrutti, ma pare ami che alcuni vi prendano forza e vigorc novello. Cosi raccomandasi che le semenze deU'ulivo si farciano prima trangugiare dagli animali, e mas- sime dalle capre, affinche meglio si sviluppino e meglio provino. E cosi pure e osservazione che 1' azione digesliva dello stomaco umano fa provenire dai semi del fico, i quali ad essa ehbero a soggiacere, delle piante assai vigorose. 1 1. Che se altri germi dalle forze vitali, hen lungi dal vcnirne guasti e di- strutti, hen lungi dal soffrirne alcun nocumenlo, ne tornano anzi vantaggiati. mollo menosaranno guasti o distrutti o soffriran nocumento quei de'parassiti che dalla natura si fecero appropriati a quelle date specie di esseri maggiori. nelle quali aver doveano il rispettivo sviluppo, e la successive riproduzione... II perche, stando al consuelo procedere di natura, vuolsi dire, che i germi de' contagi non solamente insinuansi dentro la macchina nello stato loro d' integrila, ma in tale stalo pure vi si mantengono senza provarne alcuna scomposizione. 12. E quanto al solito procedere di natura, un' altra cosa ci si offre a considerare in questo proposilo, cioe in quale stato essa natura esiga che si trovino i germi suoi, perche riescano effettivi, perche prendano sviluppamen- to. Per quanto si volga lo sguardo e si ricerchi nel vastissimo campo della storia naturale, niun germe conosciuto di vegetahile o di animal ci si affac- cia. il quale per isvilupparsi debba prima esserc disciolto o scoinposto ; anzi ci si dice essere necessarissimo requisilo per lo sviluppo de germi, che si trovino integri, che non sieno cssenzialmente viziati. II che essendo, vuole giusta induzione che anche i germi dei contagi. perche tornino effettivi, per- che ahbiano a svilupparsi, debbano rinvenirsi nello stato loro d' integrita. E come il contrario sarehhe un' eccezione, un deviare dalla consueta pratica naturale, non sarehhe lecito ne anche 1 ammetterlo, ne il supporlo, senza le piu rhiare prove di fatto e le piu convincenti : imperciocche quanto piu una DEL SIG. (.111.10 SANDRI '2(j; cosh sembra opporsi ad una legge cognita di natura, di tanto maggiori prove abbisogna per essere dalla ragione accettata. [3. Egli e per qucslo, cbe csscn germe quan- do e scomposto riesce punto effettivo. io. Al principiare della primavera correnle, avendo intriso di golpe e seminato del frumento marzuolo, e di quello cbe i botanici dicono triticum turgiaum, a varia epoca di germogliazione, volli esaminare se avesse assorbi- to essa golpe, e in quale stato assorbita I avesse : e mi venne fatto di rinve- nirue tanto nella radicbelta che si sviluppava, quanlo nella plumula, nelle sviluppate barbalelle e nel pargoletto stelo, e principalinente nel colletto e in Vol. II 38 og8 IN QUALE STATO ENTR1XO E SI MANTENGANO I GERM1, ECC. sua vicinanza : e i granelli di golpe assorbita apparivano alio stalo lor natu- rale, senza aver provato il benche minimo carabiaraento. A bene eseguire questa osservazione. che 11011 c difficile per chi possede un buon microscopio, si fa germogliare separatamente del grano puro c di quello irabrattato di golpe: e quest' ullimo, per maggior sicurezza di effetto, si puo ancbe mettere in un piattello con sola golpe inumidila. Appena germogliato, si esamina atten- lamente del puro, per riconoscerne il tessulo, e la forma de'globuli della farina o non ancora scomposta o nell' atto die mutasi in sugo lalticinoso, a fine di non prendere poscia in qualche punlo lo seambio. Dopo cio assoggettasi al microscopio della golpe. che sia stata un po'in infusione, a vedere quale aspetto debba mostrare ancbe quella inumidita dagli umori dentro la pianta. Fatteque- ste cose in preparazione, pigliasi 1' infetto germoglio, lavandolo a piu riprese nell acqua e procurando che sia perfettamente netto al di fuori ; del che fa d' uopo assicurarsi eziandio col microscopio. Quindi, se la pianticina e appena germogliala, si puo prendere o 1' intero hecchetto, o l'intcra piumetta, schiac- ciandoli tra i vetri per osservarli come i corpi trasparenti. Se la germoglia- zione e avanzata, dehbonsi fare picciole sezioni o delle barbole, o del colletto, o del tenero stelo, secondo cio che si brama esplorare, ed esaminarle a parte a parte; avvertendo che sara sempre tanto piu agevole il rinvenire, e rinvenir piu ahbondanti i granelli di golpe, quanto piu giovinelto e il germoglio, e quanto piu la sezione si fa vicino al colletto ; perciocche, a germogliamento inoltrato. allorche dallo stesso grano sorsero varii steli, ed ogni stelo di nodi e inlcrnocli se provveduto, in tanla superficie puo essere piuttosto effetto del caso il rinvenire i granelli di golpe nella minima sezione che sottoponesi al microscopio. 1 6. Similmente a cio ch' io vidi qui della golpe, lessi poi nel Giornale di Orticoltura (Le Jardin et la Ferine^ io Nov. i844) avvenire in altra malaltia de' cereali detta propriamenle carbone , che affliggc soprattutlo 1' avena e 1' orzo, causata dall' uredo segetum ; i cui semi o sporule in esso Giornale si dice assorbirsi dalle radici, e poscia andar rimontando, sicche discopronsi dentro lo stelo, facendone sezioni orizzontali. 17. Ancbe i germi della crittogama producente le macchie del gelso as- DEL S1G. (.11 1.10 SANDR1 J()Q sorbonsi dalla radice per andare quindi a svilupparsi a] tempo debito ml luogo lorn appropriate, vale a dir nelle foglie : del cbe mi sono cbiarito co- municando quesla malattia a piante che n' erano ;tifa 1 1 o scevre, col mettere della foglia infetta presso le radici di alcune lasciate al posto loro. e col tra- piantame delle altre, ponendo nelle buche quella Inglia in cambio di letame. siccome ho dislintamente indicato in una mia Memoria su talc argomento. Laonde in questa contagione, il cui germe si »• pur discoperto, vedesi Io slesso procedimento notato per le due predette dei cereal!. 18. Tralasciamo ili allegare gli esempi de'eontagi, i cui germi gia cono- sciuli si sa ch cntrano intcri negli animali ; poiche ci sembra che il poco fin qui ragionato basti a conchiudere : I. Nulla ostare che i germi de' contagi s' insinuino ncll' ente organico in t nl ta la loro integrita. (NN.1 j. 4-) II. Nulla ostare che tali pure vi si mantengano. (NN.' .'>. 1 1 .) III. Che per legge di analogia tali anche debbono essere, affinche possa- no tornar effettivi. (N.° 12.) 1\ . Che oltre che per analogia. quesle verila ci ponno venir conferma- te dal fatto, o sia dalle altente osservazioni eseguite ne' convenevoli modi. (N\; ,4. i7.) \. Che dunque i germi de' contagi sono anche in questo simili a tutti gli altri che si conoscono, non vi essendo alcun appiglio a supporre che la natura siasi preso il disturho di tenere per essi altro modo. Lelta il 18 Giugno 1845 ) DEL P UO CESS O DEL PENSIERO VERSO LA UNIT A DEL LA SCIENZA M EMORIA DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI I. Islrumenti primi della Scienza sono gli esercizi del pensiero appli- cati all' osservazione particolare di un genere o d' un allro di cose e degli accidenti che in quel tal dato genere medesimo possono essere stali prodotti da altri accidenti o dall' opera stessa dell'uomo. Vengono poscia, rome istru- inenti non meno necessari, e piu vicini alio scopo, gli esercizi del pensiero applicato ad investigare le relazioni tra le cose osservate in un lal dato ge- nere ; esercizi tanto piu elevati, e pero tanto piu nlili. quanto piu conducono innanzi, trapassando dalle relazioni alle relazioni dclle relazioni. A ciascuno dei delti esercizi si e volnlo imporre il norae nn poco ambizioso di scienza; e tante scienze si sono oiriri costituite, e lante se ne vanno tuttavia costituen- do. quante varieta si trovarono o potranno niai trovarsi nei generi di cose a cui si volse 1' opera di tali esercizi medesiini. Non credo die import i di fer- inarsi qui adesso a combattere questa ambizione dello spirito uraano ; cui si abbandonarono da prima anco i Greci, ma da cui, bencbe non godano I'ania nelle storie di eccessiva modestia, pure furono ben presto ritratti dal .10 2 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA DELL A SCIENZA consiglio o dall' eseinpio di Pltagora, c dall' accortezza del loro senno. Credo utile piuttosto che ci sofifermiamo un istante ad osservare alquanto inlrinse- camente ciascuno di questi esercizi del pensiero che chiamiamo scienze. Do- mando : si awicinano cssi tanto piu alia respettiva loro perfezione, quanto piu si estendono, o quanto piii si restringono ? Ccrto il mollo estendersi e condition necessaria del successivo loro restringersi ; condizion necessaria come lavoro preparatorio e fondamentale. Ma 1 eslensione non puo essere clie nella raccolta dei falti ; c ad una raccolta di fatti, per ampia che si vo- glia snpporla, non e certo applicabile alcun lilolo di scienza. Qucslo lilolo non puo in qualche inodo giustificarsi, anchc rispetto a quei particolari esercizi del pensiero di cui parliamo, se non quando lo si applichi alle rela- zioni tra i fatti, cioe alle leggi da cui dipendono i fatti. Ora, non v' ha dub- bio che una scienza avanza di mano in niano che sotto ad un minor numero di leggi raccoglie un raaggior numero di fatti : dunque una scienza si avvici- OD o Do 1 na alia sua propria perfezione, non quanto piii si eslende, ma quanto piu si restringe ; perche, non le osservazioni dei fatti isolati, ma le investigazioni dei legami tra di essi costituiscono veramente il processo scientifico. Cosi, per esempio, la fisica, considerata ne' suoi lavori prcparatorii. ne' suoi fonda- menti, acquista una maggior eslensione di mano in mano che 1' e dato di affgiungrere un nuovo accidente, o fenomeno che vogliam dirlo, ai tanti che Co o n ha di gia ritrovati, e che applica alia luce, al calorico, alia eletlricita od al magnetismo. Ma la fisica, considerata rigorosamente come scienza, non si potra dire che progredisca in si fatto proposilo, se non quando avra esteso il numero di tali fenomeni per modo che le sia conceduto di restringere qucllo delle cause da cui li fa dipendere, riducendo a tre gli operalori od agenti invece di quattro, e meglio a due invece di tre. e meglio ancora ad un solo, se potesse mai giungervi. Fatica ulilissima, anzi necessaria, fu alia chimica 1' avere ritrovati i cinquanta cinque elementi, a quali credo che sia oggi arrivata : ma la chimica progredira veramente come scienza in tale ar- gomento di mano in mano che, ricalcando in certa guisa le sue orme, potra racchiudere in un numero sempre minore questi elementi medcsimi, e pero qucllo dei principii, e pero qucllo delle leggi che regolano la formazione dei DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 3o3 corpi. Non era possibile alia psicologia di darsi tin buon fondamento fuori (1 mi ampia raccolta di que' fatti che sono osservabili nella coscienza : ma la psicologia ha cominciato a rendere a se stessa legittimo il nome di scienza (intendo gia sempre conforme all' uso in cui In adoperiamo) solo allora che comincib ad aggruppare tali fatti sollo alcune leggi : e lanto piu progredira come scienza, quanto piu le sara conceduto di poter diminuire il numero di queste leggi medesime. Com e, e dev' esserc, di tutte quante mai sono o sa- ranno le scienze : perche I intima natura di ognuna d' esse e tale, che di niente pub avanzarsi verso alia sua propria perfezione, se non si avanzi in pari tempo verso un punto che divenga come il centro da cui parta ed a cui ritorni ogni opera sua. II. E pero. se questo ragionamento non e fallace, come credo che non sia, si pub argomentare da esso con quanto di verita abbiano tanti declamato, e vadasi pur oggi da molti tuttora declamando, contro alia iormazione dei sistemi in quegli csercizi del pensiero cui si da il nome di scienze : quando invece tali esercizi non possono essere costituiti come scienze. se non per opera dei sistemi. Poiche, die cosa e un sisteina '.' Non altro die il trovare un filo il quale unisca. un cemento. dirb cosi, die incorpori insieme una quantita maggiore o minore di cognizioni, le quali erano da prima disgiun- te, e le sottoponga ad un principio e le diriga ad una tendenza comune. Cerlo in un lavoro COtanto difficile al pensiero. cui sono necessari tanti e si vari apparecchi. che pub esssere interrotto ed offeso da tanti impedimenti, in cui possono aver luogo tante illusioni prodolle dalle apparenze eslerne delle co- se, e tante piu dalle interne lusinghe dell amor proprio ; cerlo. ripeto, in un lavoro cotanto difficile, devono essere stati, come sono tuttavia e saranno sempre. Irequentissimi gl inganni. E chi voglia da es^i trar jiartito. secondo che si usa, per combattere o dispre/./.are o deridere I opera dello spirito umano intento alia formazione dei sistemi. avra materia ampia di discorso. La sua materia a discorrere sara ampia : lanto forse quanto [o e la sloria medesima delle scien/.e : ma non per questo potra dare al suo discorso Ion damento alcuno di buona logica ; poiche egli la una perpetua confusione Ira ;>,>4 DEL PUOCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UMTA' DELLA SCIENZA gli errori incorsi nel formare i sislemi e 1' escrcizio del pensiero rivolto alia formazione di cssi, c poicbe melte in lal escrcizio la causa di quegli errori medesimi. Ma si falte cose sono tanto distinle e indipendcnti, clie se gli er- rori. i cui motivi possono essere vari e molti (e ne parleremo particolar- mente in altro luogo), se gli errori incorsi e riconosciuti in queslo od in quel sislema devono rifiutarsi, e non di rado anclie con essi tutto il sistema slesso nel quale sono incorporali ; 1 andamenlo, dirb cosi, sistematico nello spirito umano, la disposizione del pensiero clie volge i suoi esercizi a creare i sistemi, non solo invece e lodevole. ma bisogna tenerla per necessaria. quan- do si voglia clie un escrcizio del pensiero, togliendosi alio sparpaglianiento delle osservazioni di fatti separali e disgiunti, entri in quel piocesso a cui sollanlo si pub dar nome di scienlifico. Non odo, per esempio, clie i niedici sieno generalniente disposti ad abbracciarc il sistema di Brown ; e nulladi- meno ogni medico di mente elevata dee tenere clie Brown col suo sistema ha tirato fuori la medicina dall empirismo dei casi, per metterla sulla via della scienza ; dee tenere, cbe, abbandonando anco aflatto il sislema di lui, e pur neccssario dare all' escrcizio del pensiero nella medicina un eguale andamenlo di quello cb' egli diede al suo, cioe tentar di sostituire al sisle- ma da esso creato un altro sistema, se si vuole mantenere la medicina stessa sulla via della scienza in cui egli la pose. Ho nominato di sopra la cbimica. Or bene : clie cosa era essa lino a poco piii cbe cent' anni fa ? Null altro cbe un ammasso informe di fatti senza alcun legame. La cbimica principio ad avere un carattere scientilico, allorcbe principib a ricercare un vincolo cbe unisca un numero maggiore o minore di questi fatti, allorcbe principio a rendere ragione di alcuni di essi, allorcbe principib a darsi una regola per iscoprirne degli altri. allorcbe principib. in breve, ad avere un sistema. La prima insegna cbe la cbimica abbia posseduto di scienza, le fu posta in mano dallo Stahl. Essa non pole andare lungamente con svi fatta insegna, e le fu ben presto mestieri d innalzarne un' allra, sostituendo al flogistico 1' ossige- no. Ma lo stesso modo nell' esercizio del pensiero cbe portb nella cbimica lo Stahl, \i fu portato pure dal Lavoisier ; ma cbe il sistema di Lavoisier ri- manga o no. certo e cbe la cbimica non potra durare ne progredire come DEL DOTT. GIUSEPPE DIANCHETTI i.,.. scienza, se da quelli die la professano non sia continuata la Iraccia dello stesso raodo nell* esercizio del pensiero. K poiche ho accemiato di sopra an- co alia psicologia, voglio aggiongere, che se il sistema di Locke irovo, spe- cialmente in questi tempi, raolti oppositori, contro alia potenza delle osser- vazioni, delle induzioni e deduzioni dei quali e assai difficile, credo, che pos- sa sostenersi ; non per questo vien di niente minore il merito sommo ch' ebbe Locke d' aver impresso, cgli pel prirao, col suo sistema, un carattere scienti- fieo alia psicologia, ed insegnato come si possa mantenerglielo ; quando in nanzi di lui, poco diversa dalla chimica, non possedeva che una raccolta piu o meno numerosa di Iatti. da cui si traevano non di rado regole utili per la condotta della vita, che si trasforniavano spesso in immagini delle quali si ab- bellivano le Iettere, ma che lo spirito uinano non aveva per anco notati che come materiali qua e la sparsi, e non si era di essi servito che come di mate- riali I'uno dah" altro disgiunti, senza che avesse tentato di unirli, di Irovare tra di loro un cemento, di farsene 1'architetto, di comporne una fabbrica. Or e in questo tentativo che consiste il lavoro di formare un sistema : e questo tentativo non e altro che il processo scientifieo medesimo. Chi diet dunque lavoro di formare un sistema. non dice ne piu ne meno che proces- so scientifieo ; e chi dice sistema. non dice ne piu ne meno che opera di un processo scientifieo. La qual opera, non cessero di ripeterlo. puo riuscire, come riusci spesso, piu o meno fallace, puo essere. come fu spesso, anche lallace del lutlo: e nulla ostante e tanto assurdo di voler discreditare, a cau- sa di cio. il modo nell esercizio del pensiero che la produce, quanto questo modo non e conibndibile con l opera stessa che in un caso o nell altro o in tulti i casi ha prodotta. e quanto ci e mestieri di lenerlo sempre per necessario. allorche si voglia imprimere ad un esercizio qualunque del pen siero il carattere di scienza. Poiche un tal carattere (giova ripeter ancht (piesto) non puo mai competere ad un esercizio del pensiero che non vada in altro che in raccoglier iatti. per quanto abbondante si \o^rli;i supporne la raccolta; ma allora solo pub legittimamente nmiinriare ad asMimerlo. quan- do cominci ad inoltrarsi nella cognizione dei legami che uniscono i Iatti. cioe nelle relazioni ch esistono Ira di loro. quando cominci ad inoltrarsi nellc Vol II 3r>G DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITY DELLA SCIENZA cause da cui derivano i fatti, cioe nolle leggi sotto le nornie delle quali e na- scono e s' avvicendano, cioe quando cominci nell' opera di formare un siste- ma. Or siccome un sistema tanto piu progredisce verso la sua propria perfe- zione, quanto piu gli e conc.edulo di potersi, a dir cos'i, compendiare, cioe quanto piu puo laseiar da parte le relazioni, per concentrarsi nelle relazioni delle relazioni, quanto piu puo lasciar da parte le leggi, per concentrarsi nelle leggi delle leggi ; e siccome il processo clie conduce al sistema non e che una ed identica cosa col processo scientifico, ed un esercizio del pensiero che abbia il carattere di scienza, non puo essere che un sistema piu o menu inoltrato ; cos'i questo poco di discorso inlorno ai sistemi ci fa ritornare al principio posto di sopra, cioe, che tutti gli esercizi del pensiero cui si e dato il nome di scienze, si avanzano veramente come tali, cioe come scienti- fici. non di mano in mano che si allargano, ma quanto piu si restringono. III. 11 qual principio, studiandolo bene, non ci sara difficile conoscere che da ciascheduna scienza in particolare lo si puo estendere a tutte le scien- ze considerate insieme, a tutto il loro complesso, a cio che chiamiamo lo scibile. Certo lo spirito umano, volgendo la sua attenzione ad un online di accidenti non prima osservati o non abbastanza osservati, e raccogliendone in numero da poter discoprire piu o meno delle loro relazioni, c quindi fa- rendosi scala di esse, procedendo ad investigare le cause da cui derivano e le norme con le quali derivano ; certo, dico, lo spirito umano, con questo suo nuovo esercizio del pensiero, con questa nuova scienza da esso creata, la opera sommamente meritoria dello scibile, perche ne allarga il campo. Ma 1 allargamento del campo dello scibile e bensi una condizione scnza della quale esso non potrebbe inoltrarsi verso la sua propria perfezione ; ma non e gia una via diretta che lo conduca alia sua perfezione. In quella guisa che ogni scienza tanto piu si perfeziona. quanto piu le e dato di poter ridurre alcune leggi particolari sotto a leggi sempre piu general], e tendere per si fatto modo a quell unita relativa che le e propria ; nella guisa medesima. il complesso delle scienze. lo scibile, tanto piu avanzerassi verso la perfezione. quanto maggiormente gli sara conreduto di poter raccogliere sotto ad una DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI 5o; sola insegna e fatti e Icggi che diedero materia ad escrcizi del pensiero di- versamente nominati. adunando com piu scienze, e spingendosi sempre piu innanzi verso quell' unita suprema, che potrebbe dirsi 1 unita delle unita. Onde la perfezione dello scibile e lanto lungi dall essere nello alia r gar si che e invece nel restringersi ; ontle I' accrescere il numero delle scienze e bene un lavoro preparatorio, fondamentale, necessario ; ma lo scibile andra sem- pre piu verso la perfezione di mano in tnano che il numero delle scienze nu'dcsime si polra diminuirc. Cosi, per esempio, se mai venisse un giorno in cui la statistica e 1 economia pubblica, la morale ed altri esercizi, or piu o meno separati del pensiero. si raccogliessero sotto ad una stessa norma. <■ dessero quindi luogo ad un medesimo esercizio del pensiero stesso ; se po- tesse mai arrivare un giorno in cui la lisioiogia levasse dal novero delle scienze la psicologia, e poscia ne fosse levata essa medesima dalla fisica o dalla chimica, o pur viceversa, avremmo gia fatti due gran passi verso quel- 1' unita suprema die diceva, verso quell unita assolula in cui e mestieri di ri- porre la scienza. Allermo ora che ci e mestieri riporvela ; poiche son omai giunto in luogo da poter dichiarare piu esplicitamente, che la scienza non pu6 risiedere fuori di la dove non sia concepibilc un punto fermo in cui si arrest i e si adagi il pensiero dell'uomo: al quale dev'essere interdetto, come illegittimo. il vanto d'aver raggiunta la scienza. finche trovasi dove, se gli vien meno la volonta o la forza, non gli manca nuova via da percorrere. Or siccome niuno di quegli esercizi del pensiero. cui diemmo il nome di scienze. pu6 condurre il pensiero medesimo a trovare il detto punto. perche da niuno puo essen posto in luogo. d' onde non vegga la possibility di procedere indefinitamentc innanzi, com i delti esercizi non danno termini, ma gradi; non danno iini. ma mezzi : il termine e la scienza: il line e la scienza: la quale non pun essere che una. come la nalura e una. come la verita e una. come l)io e uno. Questo e l'ideale della scienza che il pensiero. portato alia sua maggior forza, e giunto a formarsi di essa in tulti i luoghi e in tutti i tempi, dove \i e siat.i una gran forza di pensiero; questo e 1 idcale della scienza, il cui concepi mento non e interdetto ad alcuno. il quale, Irapassando i limiti che da ogni 3o8 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA L'NITA' DELLA SCIENZA parte ci attorniano e Serrano, abbia il potere ili spingere una mente vigo- rosa a slanciarsi sulle ali d' una forte immaginazione ed a tenersi alquanto librata nell ' immenso mare dell'essere. Lo raggiungeremo noi giammai un si fatto ideale? La religione e la poesia di tutti i popoli, solto la forma di varie allegorie, ci hanno risposto, son gia molti e molti secoli, cbe nol po- tremo, e die il gran verbo rimarra semprc per noi, secondo 1' espressione di Danle, in infinito eccesso. Io rispondo, cbe non so se il potremo, e che non credo che il potremo. Ma quello cbe pur so e credo senza dubbio egli e, cbe ci e data possibility di progredire indefinitamente verso questo ideale medesimo, attuandonc ognor piu una parte maggiore : ma quello cbe so senza dubbio e credo egli e, che un' opera potente del pensiero umano a tal effetto dobbiamo tenerla per compiuta da quegli uomini che impiegano 1' e- sercizio del loro pensiero a ridurre sotto la quantita minore di leggi cb' e lor possibile, tutte o molte delle varie leggi, ed anco delle piu comprensive, che si sono trovate in un numero maggiore o minore di que' particolari e separati esercizi del pensiero che chiamiamo scienze. Ora, quest' opera, a chi niente vi guardi, non e altro che quella stessa onde lo spirito umano forma i sistemi piu o meno generali. E adunque me- diante i sistemi piu o meno generali che unicamente ci pu6 esser dato modo di concentrare una scienza nell' altra, e pero quello di diminuirne il nume- ro. e quindi, per quanto abbiamo detto, quello di progredire sempre piu verso 1' unita della scienza. Onde i sistemi piu o meno generali traggono gli argomenti alia loro difesa da quegli stessi principii da cui li cavano i sistemi particolari in ciascbeduna delle scienze. Ma certo mi son ora abbassato di- cendo, gli argomenti alia loro difesa, quando dovevo tenermi all' altezza in cui mi trovo, e dire invece, le prove della loro necessita. Poiche, siccome tra molte vie, niuna delle quali abbia un' uscita sua propria, ma ciascuna entri nell altra, in guisa che vadano tutte ad un solo termine comune ; siccome per avanzarsi verso a si fatto termine, sarebbe d' assoluta necessita di non fermar il passo in alcuna delle dette vie, ma di procedere sempre da questa a quella in cui la prima riesce; cosl e del pari necessario al pensiero di non chiudere 1' opera sua in alcuno di quegli esercizi che diciamo scienze, ma di DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 k>9 estenderla ad aduuarne quanti piu pub, concentrandoli sottoalle stesse norme. se \uol procedere verso quel punto dov' essi, rientrando prima a vicenda I uno nell altro, mcttono inline tntti, cioe, verso quel punlo dove puo essere unica- inenle la scienza. I sistemi adunque piu o meno gencrali sono necessari a progredire \erso di essa. Sono necessari; ma deggio ricordare la distinzione, forse un poco soltile. ma vera, die abbiamo fatta di supra, Ira la causa pro- dultrice e 1 'effetto prodotto, Ira ii sistema crealo e l'esercizio del pensiero cbe lo creo. Dico necessari i sistemi piu o meno generali, in quanto sono necessari al progresso dello scibile gli esercizi del pensiero die Ii formano. ed in quanto non sono possibili questi esercizi stessi sen/.a che n esca la formazione dei sistemi medesimi, mentre e tale 1' unico intendimento. lal e 1' unico etletto, e non puo essere diverso. di cosi fatti esercizi del pensiero. Ma inline i sistemi non sono gli esercizi del pensiero: ed un sistema e molti sistemi e tutti ancbe si potrebbero accusare d inesatlezze, di errori. di lalla- cie parziali o totali : e tuttavia non ne verrebbe altra condusione. se non che la necessita di sostituirne di nuovi; perche sarebbe pur sempre mestieri di continuar ad atfermare. cbe i sistemi piu o meno generali sono necessari. mentre, a progredire verso la scienza, sono necessari quegli esercizi dd pen- siero da cui essi necessariamente derivano. IV. Parlo di esercizi del pensiero conducenli alia scienza. della ognor piu crescente efficacia dei quali non e possibile dubitare. Ma il pensiero non si rimase sempre, ne si rimane. e, diro anche, non puo rimanere, con lento ad accjuistar per tal guisa. con la sicurezza. ma nello stesso tempo con la lentezza inevitabile a cosi fatti esercizi, ad acquistare quel tanto cbe gli credo solamente concedulo, cioe d'inoltrarsi sempre piu nella via cbe riesce alia scienza. Poiche gli e dato di concepire il termine cui sono diretle tutte le faticbe del suo viaggio ; poiche ^li e dato di concepire a die lo condurreb- bero le sue osservazioni e le conseguenti speculazioni, si; potesse quanto vuole continuare le une e le altre; poiche gli e dato. in breve, di concepire 1' ideale della scienza. e di concepirlo sotto alia forma dell unila : esso non di rado, sdegnando le dimore. soyerchia tutti gl' impediment!, ed assumendo iio DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA.1 DELLA SCIENZA un mirabile ardire, con uno slancio Jmpetuoso della sua forza, creasi esso medesitno di quanta per menle o per occhio si gira, creasi una unita, in cui si pone a dirittura, a fine di spiegar ivi tutta 1' opera della sua potenza. E quando quegli esercizi del pensiero de' quali abbiamo parlato se li possiamo figurare come altrettante linee. che muovendo da diversi luoglii. si dirigano, pin o meno avanzando, verso un punto comune; questo, per contrario, a cui ora accenniaino. ci e mestieri rappresentarcelo come un punto da cui par- tano quante linee si vogliono lirare o sono possibili a tirarsi, a fine di con- durle a vari luoghi, da' quali poi riflettendosi, ritornino nuovamente al punto medesimo d'onde erano prima partite. E come il prodotlo di quegli esercizi i' la creazione dei sistemi parlicolari in ciascuna scienza o dei sistemi gene- rali che abbracciano pin o meno scienze; cos'i il prodotto di questo e ancora la creazione di sistemi, clie si possono chiamare universali, e che hanno as- sunto ed assumono un diverso nome, secondo il modo diverso che il pen- siero ha impresso alia creatasi unita. Or, che diremo di cosi fatti sistemi, i quali occupano un luogo tanto esteso ed importante nella storia dei pensieri umani, e danno pur oggi, come hanno dato e daranno sempre e devono dare, una materia svi feconda e grave al pensiero umano? Che diremo di loro? Non diremo cerlo che, quantunque ciascun d'essi abbia piu o meno le apparenze di esservi arrivato, niun d' essi c inspiri la fiducia d' aver raggiunta la scienza. Questo io sono tanto lungi dal dirlo. quanto dal credere che lo si potra dire giammai ; perche il con- trastarsi 1' uno all' altro, ed il prendere lc mosse ciascuno di tali sistemi. non dalla realta di una rappresentazione del pensiero, ma quasi da un po- stulato ch' esso fa a se medesimo per darsi materia d' esercizio ; non da un fatto. ma da una supposizione, in cui entra il pensiero per dare un ionda- mento al suo esercizio stesso ; basterebbe per togliere a ciascheduno di loro qualunque siasi titolo a tal pretensione : pretensioue la quale, dallaltra parte, non credo intendessero di concedere ad essi ne pur quelli medesimi che li crearono. Del che. quantunque mi fosse dato di addurne, non voglio ora addur altro in prova. se non quanto diceva. or sono due anni, preludendo solennemente alle sue lezioni in Berlino, il creatore del piu prolondo e DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI » I i Fecondo di cosi falti sisteini, lo Schelling. Egli diceva, < che non terra pei ■ buono il siio sistema, se non fino a tanto che n esca uno
  • Oiul e lo spirilo sistematico che mette proprio sulla via, la quale da l'unico modo ad andare, e fara sempre piu progredire verso quell' unita in cui e la scienza. VI. Pero, da quanto abbiamo finora discorso, chiaramente apparisce che si agevolera I' opera di queslo progresso di mano in mano che andrassi innalzando ciascuno di que' particolari esercizi del pensiero, a' quali diemmo il nome di scienze, dallo stato (juasi puramente descrittivo od esperimentale, in cui nHilli di essi si Irovano, perche \i si lengono luttavia, alio stato razio- nale o speculativo in cui lutti possono piu o meno inoltrarsi. D' onde ne «lc- rivera pure l'effetto di dare anche aiulo in grandissima parte a togliere o di minuire un altro grave impedimento al procedere dell' intelletto umano verso la detla unita: inlendo qncllo ch ei trova, lino da I primo suo aprirsi, in quegli scompartimenti che abbiamo fatti dell' esercizio del pensiero. i quali si reputano in generale contenere materie tanto fra loro diverse quanto sono diversi i nonii solto cni gU abbiamo rompresi. e die gcneralmente s'in- segnano come se fossero Ira essi separati da termini ancora piu forti che lion sono le parcti delle scuole fra Ie quali s'insegnano. Certo io non sono qui ora a dire che I intelligenza di un uomo possa abbracciare ad on tempo ne lutti ne mollidi quegli esercizi del pensiero che chiamiamo scienze; e meno ancora che possa essere condolta a contemporaneamente mettersi nello studio di tutti o di molli di questi esercizi medesimi. Ma dico clie ciascuno di loro dee abbract iarsi . non come un lulto, ma come una parte integrante di un tulto: dico. se mi e lecito valermi di lal immagine un poco materiale, che ciascuno deve portare da ogni sua parti' I' addentellato che il mostri da ogni parte incompiuto, e disposto da ogni parte ad unirsi con lutto il rimanente dell edili/.io dello scihile : e ripeto poi, die nulla di questo si potra inai effet- tuare con le sole osservazioni dei fatti, ne tampoco con le side sperienze intorno ai fatti, se alle une ed alle altre non si congiunga quella forza speculaliva del pensiero die put) dare unieamente la significanza ai fatti stessi. La qual forza (e ora mestieri che ci fermiamo alquanto a ben notarlo) pub sollevarsi a tal grado da condurre il pensiero ad induzioni e deduzioni 3l6 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA DELLA SC1ENZA tanto distanti dai fatti, die ne sembrino quasi indipendenti; come gia vedesi in alcuni esercizi del pensiero medesimo, quand'esso s' inoltri in tali idealita intorno a cio che riguarda la natura morale deH'uomo, che appena ritengono qualche somiglianza con qucllo che accade ; di che fu un solenne esempio ne' tempi antichi la ' Itepublica di Platone, e ne'piu recenti, Y Utopia &*A Moro. Ma cio si scorge specialmente, e piu manifesto, in tutto quell' esercizio del pensiero che diciamo gcometria, il quale comincio sino dal suo nascere ad allontanarsi tanto dai fatti, che niente del punto e della linea d' onde parte sarebbe possibile a vedersi in alcun fatto ; che progred'i mettendoci in possesso di un numero indefinito di verita, che sono irrepugnabili, e tuUavia non si potrebbero comprovare con alcun fatto; e che giunse a darci un altro numero di verita egualmente irrepugnabili, le quali, non solo sono impossi- bili a comprovarsi da alcun fatto, ma si trovano contraddette da tutti i fatti; come, per esempio, che di due cerchi concentrici il contenuto sia eguale al continente ; che l'iperbolc si avvicini di continuo alia sua assintota, e nulla- dimeno, prolungata all' infinito, non possa mai incontrarla. Gli effetti della forza speculativa sono tali non di rado che sembrano piuttosto presentimenti o creazioni, di quello che induzioni o deduzioni del pensiero; sono tali che sembrano piuttosto dar essi il fondamento all'esperienza, di quel che sia riceverlo dall' esperienza medesima ; come quando, per esempio, Pitagora preannunzio i nuovi pianeti che si sono poscia scoperti, molli secoli dopo, tra Marie eGiove; come quando Newton, speculando nel suo gabinetto, giu- dicava schiacciata la terra ai poli, assai prima che alcuna nave andasse a verificarlo sotto al tropico ed al cerchio polare ; come quando Kant, seduto pur egli al suo tavolo, pensava che dovessero esistere corpi celesti al di la di Saturno, molti anni prima che Herschel discoprisse TJrano con 1' aiuto de' suoi telescopi. Ma gia chi legga la storia degli^ esercizi del pen- siero, dagli antichissimi tempi venendo in giii iino a noi, di queste specula- zioni che lasciarono tanlo lontani i fatti dai quali partirono, da non saper piu d' onde partissero, e che giunsero dove niuna esperienza od osservazione si era per anco approssimata ; chi legga questa storia, ne trovera in copia grande. DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI .1 1 7 Diss!, die lasciarono lontani i falti, perche certo da fatti devono essere stale precedute, da latli devono essere state dirette, e pen he certo non in- lentlo io qui di dar credito alcuno in argomcnto di scienza a quegl' impeti , diro cos"i, del pensiero die non prendessero le mosse da latli di cui I' osser- vare 0 lo esperimentare abbia messo in possesso 1' 1101110. Senza dubbio, la speculazione non ba verun titolo di prodursi in faccia alia scienza medesima, se non sia un movimento del pensiero, il quale parta da falli osservati od esperiinenlali. Ma appunto perche parte da falti, e mestieri (lie vada oltre i latli medesiini ; e chi potrebbe presumere di assegnarle il come, il dove, il quando ed il quanto? Or, la speculazione va oltre i fatti mediante le induzioni e le deduzioni die ne costiluiscono 1' essenza sua propria : queste si aggirano intorno alle cause ed alle analogic, le quali congiungono i falti esistenti, e rendono unicamente possibile all inlelligenza nmana di darsi un fondamento a congetturare altri fatti. La speculazione ha dunque due uflizi: 1' uno di scoprire le relazioni di somiglianza e d identita tra i falti osservati ed espe- rimentati e determinarne le cagioni; l'altro di presagire scienlificainente dei falli ai quali non e giunta per anco 1' osservazione 0 1' esperienza. Cosvi iuro- 110 prcsagiti i fatti a' quali teste accennavo ; cosi il giusto concetto sul piu probabile sistema dei rieli anticipo di tanti secoli in alcune vigorose menti degli antichi le osservazioni ed i calcoli del Copernico; e cosi 1' influenza degli astri e la trasmutazione dei metalli, dopo die furono speculate da al- cuni forti inlelletti, lasciarono dietro di loro lanto spazio di tempo da essere stoltamente o (urbescamente abusate, e lanto piu ne lasciarono da venire si lungamente ingiuriate o beffate, prima die quella fosse un poco confermata merce le osservazioni ed esperienze die si cominciarono in questo secolo da alcuni raedici italiani, ed or si continuano fervorose da alcuni tedeschi; e prima die per la scconda. la chimica si facesse innanzi a moderare alquanto que' risi ed a calmar quegl i sdegni, ponendosi al grado, come oggi si e ]io- sta, di procedere lin non so dove con la sua legge degli equivalenti. Ond e legittima conseguenza di tulto questo. die il dare ai fatti disgregati e muti. il dar loro. diro cosi, una voce con cui si cbiamino d intorno, non solo 1 fatti piu prossimi, ma i piu lontani. non solo i piu lontani, ma i lontanissimi .•) 1 8 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA. UNIT/C DELLA SCIENZA non solo i lontanissimi, ma quelli ancora che non esistono per la mentc umana, e soltanlo 1' opera della speculazione. La qual opera non saprebbe mai troppo essere proclamata in un tempo in cui tanti e tanti confinano quasi tutto il processo scientifico nei falli e nell' esperienze ; quando i fatti e le esperienze non ne possono dare cbe il fondaincnlo ; e quando, se pur si voglia che ne costituiscano una parte (su di cbe ora non importa di tornar a contendere), indubitabilmente la speculazione, portata ad un certo grado, ha una parte di gran lunga piu grande, e senza dubbio la piu direlta nel processo scientifico medesimo, per farlo ognor piii inoltrare verso quellunila della scienza di cui parliamo. VII. Al suo maggior inoltramento verso la quale, 1' ostacolo sonimo che si e sempre aflacciato ed affaccierassi ognora a tulte le menti piu vigorose che abbiano intrapreso o sieno mai per intraprendcrc il viaggio che conduce alia scienza, e in quel duplice, ed apparentemente contrario, aspetto che offre al- ruomo tutto cio a cui pub drizzare il pensiero ; duplice aspetto, di cui la im- pronta piu solcnne ei la porta e la trova di continuo in se medesimo. Dico. il visibile da una parte, 1' invisihile dall* allra ; il reale da questa, l' ideale da quella; qui la necessita, la la liberta; qui, in breve, tutto 1' aspetto dellc cose che diciamo il mondo fisico ; la tutto quello cui diamo il nome di mondo morale. Fincbe il pensiero si rimanga e si agiti separatamente nell' uno o nell' altro di essi, ei procede incuorato da una certa buona speranza, poiehe conosce ad ogni passo di polersi toglicre sempre piu dinanzi gl' impedimenti. e quindi salire di grado in grado a sintesi ognor piu comprensive verso quell' unita. diro cosi, relativa eh' egli puo concepire in ciascuno di questi due mondi medesimi. Ma, allorche, dispiegando la maggior potenza delle sue ali. si volga per abbracciarli conlemporaneamente ambidue, e consideri la perpetua opposizione cb' esce dal dualismo che producono, e vegga che senza prima distruggerla affalto. gli sarebbe impossibile di andarsi mai a collocare in quella suprema ed assolula unita della scienza cui anela ; impossibile. perche nella distruzion di una tale opposizione consiste appunto. com e da lui ideala, la delta unita; egli. iacendo gia stima dell'ostacolo da una parte, e DF.[- DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 3ig delle sue for/.e dall altra, coniiiicia innaii/.i Iratlo a disperarc dell' altczza. Gnninria a disperar dell' allc/./.a ; ma non per ciu si perde di COraggio, c conlinua il suo volo; poiche, quantunque gli sia forse interdetta la meta, conosce bene che ^li e pur conceduto di potersi minorare la dislanza che lo separa da essa, di mano in mano che andra scoprendo un maggior nu mero di relazioni Ira que' due aspetti diversi che gli si affacciano in ogni materia del suo proprio esercizio, assumendo I apparcnza dei due mondi diversi che dicevo; ed ancor piu di mano in mano clie ^li sara dato di far ascendere tali relazioni al grado d'analogie, e render prossime le analogie a quello d' identita. Nella quale fatica non e piccolo il guadagno che il pensiero ha falto. K quanlo non nc potra fare ancora. se gia nolle menti piu elevate molli de'suoi eserci/.i, i quali appartengono a questo od a quello delli due mondi, si sono omai quanto piu hanno potuto inollrati anche nell' altro, o col mezzo delle cause o con quello degli effetti ! La hsiologia ( inlendo senipre in queste alle menti di cui parlo) si e piu che molto allontanata dalla parte sensihile, cono- scendo di non poter far senza degli studi della psicologia; e viceversa, questa ha cessato di rimanersene in certa guisa fuori della possibility delle osserva- zioni sensibili, poiche ha veduto di non poter dar ragione di molli di quegli accidenti che dicinmo morali od intelletlunli nell uorao, senza 1 inlervenlo degli studi fisiologici; onde, la materia inlrodotta nella psicologia, lo spirilo nella fisiologia, e tutla una scuola di fisiologhi spiritualist!. La sloria nalurale, rendendo lcgittimo il suo nome di storia, cesso omai. pegl' ingegui piu vigo- rosi, di essere una pura descri/.ione delle cose naturali, e va studiando uno sviluppo successivo delle produzioni ognorpiu cresce'nti in perfezione della na- tura medesima, attribuendo com a questa un pensiero die procede ollre oltre in via reila. •• uon si ripiega sopra se stesso die nella coscienza dell uorao: nalura bruta. natura die vive, natiira die sente. natura (lie. per servirmi dell' espressionc di Dante, se in si rigira; divenendo allot a materia, d uno altro generc di storia, della storia della specie umana ; la quale pine, dopo I alio concepimento del Vico, non pu6 essere piu. se non pel volgo degli scrittori e dei lellori. una raccolta empirica di fatti, come se fossero prodotti 320 DKL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNIT A DELLA SC1ENZA dal solo accitlentale arbitrio degli uomini; ma poncndo che il corso delle nazioni non dec mancare di leggi costanti, ma tentando di scoprire queste leggi, e pcro dando a se stessa il modo di avere una guida che la conduca tra le vicende accadute e 1' aiuli a presagir lc future, essa, per lutti gl' intel- letti piu dislinti, assunse un vero carattere scientifico, ed introdusse la neces- sila od il realismo nell' umanita, come si e introdolta in certa guisa la liberta o l'idcalismo nella natura. Domando : allorche il pensiero si aggira intorno a quelle materie informi c brule che, a vari strati ravvolgendosi, accerchiano ed incrostano il pianeta che abitiamo, qual soggetto potrebbe mai dare al suo proprio esercizio, che piu di questo lo allontanasse dal rivolgerlo alia considerazione delle abiludini, delle azioni, dei sentimenti, delle idee degli uomini? Certo non credo alcuno; perche niuna maggior difierenza mi par possibile ad immaginarsi che tra un pezzo di granito od un mucchio di cal- careo, e un desiderio , un affetto , un concepimento , una determinazione qualunque della libera volonta dell' uomo. Or bene: le menti piu vigorose che si sono oggi date alio studio della geologia, togliendola dallo stato in cui pur l'altro d"i ritrovavasi, cioe dal non essere che una serie descriltiva di pie- trami e d' altre formazioni senza significanza alcuna, e messala nella sua necessaria corrispondenza con la geografia fisica e con la climatologia, la spin- sero quindi tanto innanzi nel mondo morale, che bisogna pur si valga anco di essa chi voglia rendere la piu probabile ragione del motivo per cui in questo luogo avvennero piutlosto che in un altro i tali fatti, in questo piut- tosto che in un altro si svilupparono i tali pensieri o s' introdussero i tali costumi. Qual uomo, per esempio, di cslesa intelligenza, poniamo pure profondissimo nelle slorie, potrebbe oggi confidarsi di discorrere fondata- menle le diversita lante che notansi ne popoli italiani, senza valersi della geologia? Essa non apparliene adunque tanto all uno dei due mondi . che non appartenga anche mollo all' altro. La fisica, in ispecialita dopo Eulero. puo parlire dalla molecola come dalla forza. Or, se nellipotesi della mole- cola non vi ha niente di spirit uale, in quella della forza non vi e niente di materiale. Cosa notabile : la scienza la qual tiene tanto al mondo fisico che ne trae il suo proprio nomc. puo dare ragione dei fenomeni che costituiscono DEL 1)01 I. (.11 SEPPE BIA.NCHETT1 .'n\ il soggetto ile suoi studi anco se cominci ad imprimere 1 orma nel mondo spirituale! Cosa notabile : questa scicnza medesima che tutta si aggira inlorno alia materia, quando parla di ci6 cui da il nome di agenti principal! della materia stessa, non puo parlare che dc loro effetti , cioe a quel modo mede- siiiio con cui i psicologhi parlano dell aninia ed i fisiologhi sono costretli a parlare della vita ! Cerlo lulli coloro i quali non vogliano o non sappiano aggirarsi elic nell'uno o nell ' allro di quegli scompartimenti in cui si e di- sgregato I'esercizio del peusiero, e si avvezzarono nelle scuolc o poscia ;i considerar ciascuno di essi come in certa guisa una fabbrica che si possa cominciare, progredire e compierc in se medesima; cerlo. dico, lutti que- sti troveranno in quanto or accennavo una grave mancanza nella fisica. Ma chiunque valga ad innalzare la mente alia considerazione gcnerale dello sn- bile. non vi vedra se non una delle prove die ogni scienza dev essere neccs sariamente incomplela, perche non e che una parte piu o meno grande di un tulto: nou \i vedra die il bisogno di portarc quell esercizio del pensiero cui diamo il nome di fisica. di portarlo talvolla nelle piu alte speculazioni, come si fa oj^i da alcuni in Italia ed in Francia, da non pochi in Germania, c par- ticolarmenle dalla scuola dello Schelling: nou vi vedra, infine, die una di quelle piu intime relazioni tra i due mondi delle quali parliamo, e die appa- riranno sempre piu nuraerose e luminose, quanto piu ci riuscira di continuare negli studi cominciati e gia bene spinti innan/.i da alcune forti intelligenze die videro il costante movimento dell unita alia varieta, e il ritorno costante della varieta all' unita, o sia la stessa identica suprcma le^ge dell espansione c dell attrazione, costituire I essenza e conservare I armonia di ciascuno dei due mondi medesimi. VIII. Le relazioni tra i quali. gli esercizi del pensiero. o sia le scienzi le possono bene determinare e distinguere, imprimendovi un andamento, un ca ratter e, un' importanza, diro com. scientifica, ma non gia dhcoprire; ini|ie- rocche non vi fu mai tempo, come non vi potra essere. in cui non fossero ben in confuso, ma piu o meno fortemente sentite dall'umanita. ed essa non le abbia espresse in varie forme con maggiore o minor energia. L' umanita. ^22 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UMT.V DELLA SCIENZA per esempio, non ha mai cessato ne cessera mai di far intervenire un opera, in qualunque inodo la chiami od abbiala chiamata, die sia del lntto indipen- dente da lei, di faila intervenire nelle sue azioni piu libere ; cioe di meschiare nelle sue azioni la necessila alia liberla. L umanita non cessb o cessera mai di credere ad una corrispondenza reciproca tra la sua propria volonta e la natiira, anco la pin lonlana da se medesima, onde. date certe condizioni, pos- sano operare a vicenda Tuna sopra deH'allra, cioe di ammetteic un reciproco dorainio tra lc cose ed il pensiero, tra I'idralc ed il reale. L' umanita non ha mai cessato ne cessera d'accogliere i fatti dei presentimenti e dulle ispirazio- ni, cioe di ritenere la possibility d' immedesimarc se stessa in certi istanli con esseri invisibili, alia polcnza dei quali ella partecipi. Ma valga per tutlo quella specie d' istinlo che la spinse ognora e la spinge c spingeralla sempre a ritrovare tra se e la natura un vivo, continuo e reciproco riflettcrsi, dirt) cos"i, d'idee, di fantasie, di sentimenti, di passioni ; onde pub significar quasi sempre gli atti suoi proprii con immagini tolte dagli alii della natura, e gli atli di questa con immagini tolte da quelli di se medesima; dal che nelle lingue e morte e vivc di tulti i popoli, e nei loro usi continui e piu volgari, un perpeluo tramutarsi di vocaboli che trapassano a vicenda dalf uno all' altro dei due mondi. Egli e in particolar modo con 1' opera delle lingue che 1' umanita mani- festa istintivamente la grande analogia, per non dir altro, che vi e tra di essi. E lo studio delle lingue, omai venuto in alcune menti che si addrizzano alia scienza, e gia costituito esso medesimo in uno di quegli esercizi del pensiero che diciamo scienze, quando s'avanzi ancor piu nel suo cammino, ncl quale e gia molto bene inollrato, dopo il Vico, il Colebroocke, c lo Schlegel, diverra di un aiuto grande a tutlo il progresso dello scibile. Imperocche, portando le sue osservazioni intorno ad un ampio fatlo che comprende in cerla guisa, e fino ad un certo punlo, tanti di que' fatti che sono possibili adosservarsi in ambidue i mondi, polra rendersi abile a spingere le sue induzioni e deduzioni assai avanti, e contemporaneamente, n ell' uno e nell'allro di loro, e pero abile a svelare in vari esercizi del pensiero un sempre maggior nu- mero di quelle inlime rclazioni che uniscono i mondi medesimi. Io non so. DEL DOII. GIUSEPPE BIANCHETT1 3a3 per esempio, se la ircnologia giungcTa inai a tanto tla occuparc una sedia sua propria Ira quegli escrcizi che chiamiamo scienze; ma questo so bene, che se il Gall lia lentalo, c moll i de'suoi seguaci tenlano tullavia, ili racchiuderla soltanto in iino (lei due mondi, gia basterebbe 1' osservazione filosofica della lingua pur laili subilo arrorti della necessaria corrispondenza cb essa dee avere con I altro; poiche, qual' e quel frenologo a cui, trattando le raaleric proprie del suo studio, non sia mestieri, senza pur ch' egli vi ponga mente.
  • oG SULL' UFFIZIO DELLA LETTERATTJRA, FX. poesia. cbe e il fiore dell' anima fecondala dalla bellezza onde poi si hanno i'rulli d' immortale virtu, la poesia stessa da molti c sovente si giudico die fosse nun altro clie mi dilettoso trastullo, uno sfogo di anime appassionato. od al pin una splcndida prova d' ingegno, un nobile ornamento della vita. Ne le li'ttere furono piii avvcnturose, ne meno provarono lc varic influenze della forluna. Poiche, destinate da principio ad essere lc compagne e le ausi- liarie della scienza, a seconda deile sorti propizie od avverse, ora stettero ad esse congiunle, ora ne furono bruscatnente divise : ora nolle sedi delle scienze furono accolte ton fcsta. ora allontanale come stranierc c poco men cbe profane ; ora furono da alcuni lodale come utili od operose. ora da altri sprcgiate e poste in deriso come oziose e ciarliere. Cio non avviene. o Si- gnori. Ira vol, olio ben sapole come tntte le discipline clie apparlengono alia umanita lianno un comunc vincolo e come da una certa cognazione sono fra lorn congiunle. Onde 1' Augusta Maesla dello Imporalore e Ro nostro chia- 1110 le leltere nell ampia luce di fjuoslo Istituto, e ad esse tra le scienze seve- re, e le utili arti diede luogo onorato. II quale sapientissimo provvedimonto confortommi a ricercare in qual modo le Leltere possano a tanto Sovrano favore corrispondore degnamente; ed oggi percio, conlidando nella benevolen- za \ostra di cui foci tanto volte sperimento, vengo. illuslri collegbi, ed espor- vi alciine mie riflessioni sull uflizio dello Lottoro nolle adunanze aceademiche. La letteralura, propriamentc parlando, e la forma universale dei ponsieri e dei scntimenti dogli uomini operata col linguaggio. Percio la parola e lo stromcnto piullosto unico clie principale della lotleratura : e qucsta ba rela- zioni eguali con la verila e con la bellezza, con la scienza e con la poesia. con le opinioni e coi costumi. con la roligione e con la civilta. Havvi poro una nota- bile differenza tra luffizio cbe riguardo ai pensieri esercita la parola. e quello cb' esercita riguardo ai sontimenti. Poiche si presta a significare i senti- menti quando nell' anima sono gia formati ; ma per quanto concorne i pen- siori. oltrc al significarli, contribuisce altresi a formarli. Infatti lo idee sono rola/.ioni avvisato dall' intelletto fra duo termini, relazioni cbe non lianno in se slesse alcuna roalla. cui nulla havvi al di fuori cbe somijrli, cbe nascono DEL DOTT. GIROLAMO VENANZIO 'r±- dall online slcssn dell universo, che sono quindi assolute come le leggi che quest ordine costituiscono, necessarie come la verila, indipendenti come la ragione. In sostanza le idee sono vedutc dell' annua che balenano nella mente a guisa di lamp!, e che balenate appena spariscono e vanno in dile guo, quando non sia\i un segno cui si possano affiggere ed in cui si pos- sano consolidare ; e questo segno e la parola. Percio lullo il proccsso intel- lettuale si compie mediante la parola ; poiche la sola parola ferma, per cosi dire, le idee fuggenti, e fa in questo modo abilita all'anima di contemplarle a suo piacimento, di disporle secondo i (mi ai quali intendc. di avvicinarle,
  • <) Che se questo letterario magistero c in lutti i paesi necessario lo e singolarmente nel nostro, in coi furono tante vicissitudini, lanta gloria, e tantc Lagrime. Poiche questa nostra gran madre Italia, questa famosa terra satumia, fu corsa in guerra da quasi tutte le genti di Europa : e dopo i remotissimi tempi della Etrusca dominazione, viddc stupefatta, e certo di si' stessa mal conscia, con varia ed incredibile vicenda mostrarsi c passare la llomana macsta, la Gallica aiulacia, la barbaric Scandiiiava, la rabbia degli Unni, la ferocia dei Mussulmani, la gravita Spagnuola, la Tedesca possa, e la Francese alacrita. Aggiungasi a cio la classica sapienza dc' primi Greci venuli a fondarc lc colonic del Mezzogiorno, c la ciarlicra vanila dci second! Grcci, cui la nostra patria offri un asilo dopo la cadula dell impero d Orien- te ; aggiungasi la dura tirannia dellc discipline peripatetiche, e quella piu dura dellc teologicbe ; aggiungasi infine quella mostruosa congerie di abusi. di guastamenti, di adulazioni, di licenze, die sono lc male erbe die germo- gliano ncll abbiezione della servilu 0 nella prosperity della conquista : e si vedra cbe pur troppo la lingua ilaliana, dalla Lupa del Campidogliu sino alia libcrla di Francia dell ultimo secolo, ebbe un sovcrcbio numero di balie clit- ic porsero un lattc qualche volta puro e sano, ma piu sovenle torbido, agro e corrotto. Quindi ebbe, non gia un naturale incremento prodotto da sa- lute c da forza, ma una specie di vegetazione esuberante bensi, ma inferma cd irregolare ; ne dee recar maraviglia se con questa svariata manicra di nutrimento la si viddc assumere in diverse epoche diverse sembianze. se quasi nello stesso tempo si udirono le caste e gentili Muse del Chiabrera e del Bedi, c la Musa svergognata del Marini c dell' Acbillini ; se in quel sin^o- lare Seicento la stessa lingua fu nobile, cdicace. sapiente parlata dai Blosofi, e fu vile, ridicola e quasi larneticantc parlata dai poeti. Percib Ognuno fra noi, per quanto sia digiuno di letlerc. pure si accinge a scrivere francamen- te, nc si lascia distogliere da dubbi, ne sgomentare da difficolta; e trova una lingua die lo lusinga colic sue altrattive. e ^li fa copia di se stessa con iiiiic- tricia facilita, una lingua ricca, dolce, arrendevole, pronta ad ogni desiderio, ad ogni concetto adeguata : una lingua che per esprimere qualsivoglia idea mollcplici vocaboli ^li lorniscc. Ma quelle scritture che sono 1' opera di un Vol. II. ja 33o sull' tjffizio DELLA LF/TTERATUR.A, EC. giorno hanno comunemente la vila di un giorno, ed attentamente esaminan- dole si scorge che in esse quella ricchezza diventa ingombro, quell' arrende- volezza languore, quella dolcezza fastidio, e che non havvi ne chiarezza, ne ordine logiro, ne proprieta di espressione, ne colorito decente ; e cio nasce perche il raagistero delie leltere non insegno agli Scrittori ad osscrvare le avvertenze che furono di sopra indicate e non apprese loro a dare mediant e le parole quelle forme ai pensieri che valgono, non solo a rappresentarli ac- conciamente, ma eziandio a rettamente concepirli. Che se di tanto momento e il raagistero delle Lettere quando 1' uomo solitario e tranquillo intende ad analizzare e ad esporre le proprie idee, che diremo che sia quando gli uomini si uniscono nelle Accademie per proce- dere congiuntamente alia conquista della verita ? Poiche quando si parla di Accademie vuolsi parlare dei lavori accademici, e non gia dei lavori degli Accademici. Questi rappresentano un pensiero individuate, nascono dall'arhi- trio e qualche volta dall' accidente, e vengono alle Accademie a cercarvi asilo e protezione e forse voti e plausi : laddove i lavori accademici sono il risulta- mento di studi comuni e cospiranli, si prefiggono di chiarire una scienza od una parte di scienza non bene ancora apertasi alle ricerche dei dolti, sono quindi ordinati ad uno scopo, sono condolti con un raetodo, e chiedono so- pra ogni altra cosa concordanza di pensieri e d' intendimenti. E mezzo prin- cipalissirao ed anzi unico per ottenere questa concordanza sara un linguag- gio che abhia costruzioni regolari, procedimenti logici, forza ed esattezza, un linguaggio composto di parole reltamente e chiaramentc definite, un linguag- gio in fine quale soltanlo le lettere possono dare alle scienze. Senza tale soc- corso nella trattazione delle materic scientifiche si moltiplicano i duhhi fasti- diosi, gli equivoci importuni, c quelle vane dispute che consumano del pari il tempo, l'ingegno e la pazienza ; nella stessa guisa che se molti si volgcssero ad osscrvare la natura con islromenti fabbricali con diversi principii, e con regole diverse, le osservazioni riuscirehbero discordi e disordinate, e sarehhero la di- sperazione degli osservatori. Percio nelle Accademie le lettere sono le vere uni- trici dei pensieri, poiche esse sollanto possono dare retto senso alle parole, e quindi acconci segni alle idee, ed esattezza ed efficacia alle analisi della mente. DEL DOTT. G1KOLAMO VENANZIO .».»! Dopo L'uffizio che prestano le lettere
  • 34 sull' uffizio DELLA LETTERATURA, EC. dico, allc Accademie dare l'esempio di questa avventurosa alleanza tra la filo- sofia e la letteratura, spetta ad esse dimostrare col falto die non si pub essere dotti veramente, ne agli allri uliliiienle eomunieare le proprie doltrine senza T aiuto delle bnone lettere : spetta ad esse vincere quelle confidence vanitose, quelle infingarde illusioni, quelle abitudini accidiose in fatlo di lingua che rendono cos'i poveri ed infecondi gli studi, e cosi grette e squallide lc scrittu- re : spetta ad esse in una parola serbar nel proprio seno allc lettere i natu- rali loro uffizii, che sono quelli di giustamente concretare le idee c di esporre adeguatamente i pensieri ed i ragionamenti degli uomini. Ora io non diro, o Signori, che sia un altro uffizio di queste Lettere che riccvono qualila e scmbianza dalla hellezza e che tanto si onorano del titolo di umane, non diro, ripeto, che sia un altro uffizio quello d' indurre gli uomini alia gentilezza, alia calma, alia mansuetudine, e di togliere tutto cio che pub essere di duro nci modi, di aspro nella favella, di concitato nelle discussioni, d' iracondo nelle contese. Non faro di cio parola ; poiche a me sembra che tale uffizio, che e pure eminentemente utile ed opportuno nel consorzio sociale, non lo sia del pari nei consorzii accademici. Imperciocche nelle Accademie non pub essere altro amore che quello della verita. ne altro inleresse che quello della scienza, ne altra ira che contro f errore ; percib in questo senso le Lettere altro far non possono nelle Accademie che crescere con la loro amenita le dolcezzc dei confidenti colloquii, conciliare viemmeglio 1' attenzione di qualche spirito inquieto e di ristarsi impaziente, rammorbi- dire la soverchia austerita di qualche scientifica disciplina, confortare coi loro hlandimenti gli animi dalle lungbe ed ardue ricerche affaticati. Diro bens'i di un uffizio delle Lettere non ultimo ne meno degli altri prestante, che e quello di dar dignita alle Accademie, poiche in tuttocio che alia uma- nita appartiene gran cosa e la dignita ; e se Omero affermava che 1 uomo privo di liberta perde mezzo 1' intelletto, puossi affermare del pari che I' uo- mo cui manchi la dignita perde gran parte dei dirilti che gli furono nella universale creazione sorlili. La dienita consiste nel far al di luori manifesto con atti accomodati e deeenti cio che dentro viene significando, o una coscienza pura, libera, di sc stessa consapevole, o un sentire alto e generoso che sprezza DEL DOTT. GIROLvMO VENANZIO •>.)•• del pari le ire dei potenti e le insidie dei codardi, o quella sublime ragionc cui Dio diede il privilegio di comprendere il suo vcrbo, che e la verita, c di rivelarlo ; onde la dignita diviene il fondaincnlo delta lor/.a morale di-ll uomo. In sorreeee, e la che si astenga dalle dimostrazioni abbielte, dalle meschine simulazioni, dagli ossequii paurosi cbe formano quella gran classe di umane miserie che si chiama col nome generale di villa. Ora siccorae Ira gli alii esteriori die gl' interiori palesano d primo ed il piii efficace e quello della parola, e siccome il magistero della panda parlata o scritta alle Leltere spelta principalmente, cosi la dignita dell uomo principalmente al presidio delle buone Lellere si allida e si raccomanda. K se 1 uomo considerato come indi- viduo dee in ogni tempo saper conservare la propria dignita e riguardarla come lo scudo della sua virtu, egli (lie pure e sempre esposto alia furia delle passion!, all impcrversare della lortuna. alle lusingbe della \ita.ai miilameiili di una civilla ora progressiva, ora relrograda, quanto piu di quesla dignita dovranno esser sollecite le Accademie le quali, collettivamente considerate, non hanno allri oggetti di amore e di cura che la verila. il sapere, il pro- gresso e la gloria, e che dalla slessa loro costituzione sono difese dalla licenza dei desiderii, ed affrancate dalla oppressione dei bisogni e dalla slessa scliia- vitu delle speranze? Ma per conseguire questo scopo die per esse e com age- vole egli e mestieri die le Accademie l'acciano udire una voce nobile insienic ed animosa. una voce die presti forma e decoro conveniente agli alii pen- sion ed ai senlinienli generosi, una voce in una parola quale soltanto le buone Lettere sanno poire sulle labbra degli uomini da esse educati. Oltre a cio le Accademie esercitano una legittima aulorila ed una vera magi slralura. poiche sono corpi posh a sopravvegliare le scienze e le arti in cio die al loro progresso riguarda. Quindi ad esse spelta sovenle dar senlenza sopra gravissimi argomenti, ad esse dar conto delle scoperte e dei irovati die loro si allidano ed alia loro lulela si raccoinandano ; ad essr distribuire premi e ricompense, ad esse risolvere i quesiti die in materia specialmente di legisla/.ione. di morale e di ecouomia dai reggitori dello slato sono ad esse proposti. Hanno perlanlo le Accademie una doppia dignita da sostenere, la dignita della scienza e la dignita della magislratura. Quella deriva dagli im 336 SULL' UFF1ZI0 DELLA LETTERATURA, EC. prescrittibili privilegii della ragione e dall' alta e potentc aristocrazia dell' in- gegno ; questa dagli usi dclla civilla, dalle convenzioni sociali, talora da poli- tiche prerogative ; 1' una e 1' altra per farsi manifeste hanno bisogno di un linguaggio ad esse corrispondente, di un linguaggio alia qualita delle circo- stanze accomodato. E per parlare questo linguaggio, e serbare con esse la loro dignila, devono le Accademie far ricorso alle Lettere, che, pronte aiuta- trici e consigliere benevole, prestano all'uopo ogni maniera di avvertimenti e di forme, ogni piu fino accorgimento, ogni piu squisita eleganza. E che cio sia vero, voi chiamo in testimonio, miei onorevoli collcglii ; voi dite quanlo gio- vamento nell' adempiere le diverse vostre incombenze vi abbiano recato le lettere nostre, quanta luce da esse ricevessero i vostri pensieri, quanta forza e quanto calore i vostri sentiment!, quanta dignila in fine i vostri studii ! Che diro poi della gloria ? Dee certamente nolle Accademie il desiderio della gloria ccdere il luogo a piu gravi e piu rilevanti desiderii, come al de- siderio della pubblica utilita e del vero progresso delle scienze : per6 quello a questi si aggiunge molto opportunemente ed esalta Y animo, e ad egregie opere lo stimola gagliardamente. E sebbene la gloria sia il sole che illumina la seconda vita c questa giunga tarda per le Accademie, hanno pero anche queste un tempo che passa, una posterity che lc giudica, una storia che no descrive le geste. Ma qual pensicro puo arrivare alia posterita se una chia- ra ed illustre parola nol sorregge? Qual dotlrina, qual sistema potra attra- vcrsare i secoli e conservare 1' iutrinseca sua virtu, se in tutte le sue parti non e pienamente sviluppato, e se il magislero delle lettere non si adopera a comporre una esposizione che sia lucida, ordinata e compiuta :' Se nelle scritture le parti son male distribute, sconnesse, sformate, manchevoli ; se le idee, invece di procedere congiunte, e le une alle altre seguenti, guizzano da ogni lato e si sbandano ; se lo stile ora si striscia a terra, ora si erige e getta tumori ed ampolle ; se non vi sono ne scclta ne proprieta di parole, ne acconcezza di frasi, ma soltanto un uso nogligente e cieco di voci, di modi, di particelle ; chi potra mai pensare che quand' anche sode ed impor- tant dottrine stieno nascoste in cosi strain* viluppi, possano siffatte scritture non esser dai posteri severamente giudicate, e possano le Accademie che le DLL DOTT. CIKOI.AMO VF.NAN/U) .).'»; produssero evitare le querele e i rimproveri della storia ? Eranvi forse mi lempo lante Accademie in Italia, quante vi sono < ilia : e lutte avevano sedi cospicue, e frequenza di dotti, e studi operosi, e noun sonanti. Tutte pero ces- sarono, e di tutte quasi insieme col nome si spense la lama ; e cio avvenne, o perche al !>*■! I« > stile rnanco la sostanza di buoni pensieri, o perche lo stile ai pensieri manco. Ma ben visse l'Accademia del Cimento, e tuttavia la me- moria ne vive, ed anzi ogni giorno piu ne fiorisce la gloria. La quale per la restaurazione della filosofia della sperienza sorse in Ltaha innanzi ad ogni altra : e fti quindi principio e modello delle primarie societa scienlifiche di Europa ; e provando e riprovando parve sin della sua origine informata del doppio spirilo di Bacone e di Galileo. Ma essa oltre all esserc accolta nella R.eggia d<'i Medici, oltre all' avere (jne' Principi che ne onoravano ^li eserci- /.ii col loro intervento e li promovevano eon la loro polenza, ebbe altresxi nel suo seno letterati chiarissimi che ne scrissero ^li atti, e questi divennero poscia testi di lingua, e servirono alia compilazione del gran Vocabolario della Crusca ; onde j^li studi del Cimento andarono per tutta Europa famosi e lodati non meno che per I intrinseco pregio, per la forma loro esteriore. i\oi felici .' che per singolare benignila del rielo sortimmo noi pure e nohili prerogative e larghi provvedimenti e stanzc regali e la protezione di un Mo- narca, Augusto per munificenza di principe non meno che per clemenza di padre. Ma pin felici ancora se il nostro zelo e le assidue nostre applicazioni varranno a far m che siccome siamo emuli al Cimento nella fortuna, cosi possiamo esserlo del pari nella grandezza delle opere e nel decoro delle pa ride ! K con queslo augurio veramente italiano, mi giova, o Signori, dar fine al niio dire. I Uili il \KApri ■■ 1843 Vol II SIX MOVIJIE>TO DI l.\ LIQL'IDO CHE DISCENDE IN MODO PERFETTAMENTE SIMMETRICO RISPETTO AD l\ ASSE VERTICALE COIVSIDERAZION1 DEL PROF. G1USTO BEL LAV IT IS i. JLi<> sludio della dotta memoria sull'efflusso dt'i liquid! dai vasi di ri- voluzione clip il Prof. Turazza presenlo non e molto all* Islilnto (i) fu di ec- citamento a me pure per occuparmi di tale problema, e le indagini e conside- razioni che mi si offersero al pensiero formano il soggetto della memoria che ora presento. Debbo specialmente invocare 1 indulgenza ed i consigli di ehi cortesemente mi presta attenzione, |ioiclie e la diflicolta dell argomento e la scarsezza delle mie cognizioni mi danno Iroppo timore d essermi ingannato nel rredere di rettificare quanlo In scritto da chiarissimi matematici intorno a questo problema d idraulica. ■±. S immagini un largo bacino di acqua stagnante ml cui fondo (ui/.- zontale si apra un lorn < inolarr : il uiminienlo die prendera il liquido sara lale (lie <»^ni molecola descrivera una curva il cui piano comprendera I asse verticale elevato dal cenlro del foro, c tutte queste trajeltorie saranno sim- metricamente distribuite da lutli i lati del predetto asse: tale e la natura del :>4<> SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO, EC. moviinento che ci proponiarao considerare. — Serbando laperfetla simmetria rispetto all' assc verticale il movimento pun seguire differentissime leggi, a seconda della diversa distribuzione delta pressione sulla superficie del liqui- do, c delle diflerenti velocita iniziali clie per qualunque gtiisa slcno state impresse alle niolecole liquide. In questa infinila varieta di movimenti si distinguono due casi, secondo clie le trajellorie descritle dalle molecole sono costanti per tutlo il movimento oppure variabili, cioe secondo die ogni mo- lecola segue la strada tracciata da quella ehe la precedette oppure descrive una nuova strada : nel primo caso puo immaginarsi chc tutle le trajettorie aventi una medesima distanza dall' assc formino la parete di un vaso roton- (l(>. e cosi il problema si riduce a quello dell efllusso da un vaso rotondo ad asse verticale. Si noli chc se al bacino d' infinila largbezza si sostituisca un qualunque vaso rotondo, la forma di questo inlluira sulla natura del movi- mento, dovendovi essere una serie di trajettorie fissc che coprano interamentc la sua parete. Poiclie parmi non potersi muover dubbio che il velo di liquido che tocca una volta la parete debba seguire la medesima per tutta 1' esten- sione del vaso, oppure staccarsene per qualche tratto, in guisa che tra la parete e quel velo rimanga qualche spazio di forma anulare chiuso da ogni lato e nel quale il liquido sia in riposo. 3. I matematici avevano cercato di calcolare lefllusso da due sole forme di vasi rolondi: il Prof. Turazza ne aggiunse una terza : le soluzioni analiti- che riguardanti questi tre casi contengono, come in seguito faro osservare. tali condizioni clie ben difficilmente potrebbero realizzarsi, sicche quelle solu- zioni deggiono considerarsi come puramente ipotetiche, c sono soltanlo casi particolarissimi delle soluzioni complete che non furono ancora trovate. Fui un poco piu fortunalo nella soluzione relativa ad una quarta specie di vaso, che e quello generato dalla rotazione di un' iperbola equilatera intorno ad un suo assintoto, poiclie le condizioni implicitamente ammesse riescono con- lormi alle ordinarie circostanze, rimanendo peraltro la supposizione del movimento iniziale, 4- Per risolvere il problema, i matematici supposero dilferenziale esatto il cosi detlo trinomio delle velocita. io non assoggettai la soluzione a questa DEL P1\0F. GUSTO BELLAVUIS ^4' quasi arbitraria ipotesi, e mi proposi di soddisfare soltanto alia legge di con- tinuity e ad un ultra condizione chc risulta necessariamenle dalla deterrai- nazione della pressione, la quale (pel principio idrostatico ammesso anche nell' idrodinamica ) e per ciaschedun punto uguale in tutte le direzioni. Con questa maggior generality mi riusci facile trovarc la legge di un particolarc movimento che pu6 eseguirsi dentro del predetto vaso generalo dalla rota- zione di mi' iperbola del •->." grado. 5. L' asse verticale rispelto a cui il movimento e simmetrico sia quello delle onliiiale v. die si prendano dall'alto al basso: siccomc si trovano nelle medesime circostanze tutti i punti delle circonferenze le componenli orizzonlale e verticale della velocita ili una data molccola. Queste d.r d> . non menu clie le coordinate x y di una spe- ciale molecola, sono funzioni del tempo / e delle coordinate x y della posi- zione iniziale della molecola; ora puo supporsi che mediante le x y si sieno eliminatele x ya dai valori di d.r dr. cos\ si ottengono le u i> che sono lc componenti della velocita spettante dojio il tempo / al punto che ha le coordinate x y. La pressione in quel punto sara /;. funzione essa pure di /, x. y. 6. Prendiamo per elemento del volume il cilindro cavo che ba 1 altez- /.a m, il raggio interno x e l'esterno .r-f-£, essendo w % infinitesime, il volume di questo elemento e —2 7rx%n; ora uel supposto movimento, durante I istante infinitesimo r, x diventa x-\-ru. x-\-% diventa x -+- % ■+• t (u -+- % Dxw) , sicchc £ diventa %-\-r%Dxu, similmente •■ diventa » + r»D,.f. Si osservi che con I) indico le derivate prese uni- camcnte rispetto alia variabile posta al basso di lal caratteristica, mentrc invecc la caratteristica d si riferisce alia / compresa esplicitamcnte od implicitamente nella funzione che vuol differenziarsi. II volume dell elemento diventa dunquc 27r (j + t«)(?H.t?D //)(>■ — r,D.) . 342 SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO. EC. e siccome esso dec rimanere costante, perche il liquido si suppone incom- pressibile, cos'i la continuita del liquido e espressa dall' eqnazione (1) - -t- D u -+■ D,c = o, DC X la quale ci da (1) // = f D, e. .rd.r . 7. Un elemento di quel cilindro elementare avra la massa che potremo esprimere con » . ed esso sara spinto all' ingiu dal peso gn , e spinto all' insu dalla differenza di pressione fra le sue facce orizzontali inferiore <• superiore . percio il differenziale della velocita verticale sara dato da nA\y = gn — »/?,/;; simil rosa si dica della forza orizzontalc e del differen- ziale della velocita che ne proviene. e si vedra che le leggi riguardanti le forze sono espresse dalle (2) Dx/? = -d>, vyP=g-ay. Quando in luogo di d\r vorremo scrivere An, ricorderemo che questo differenziale si riferisce anche al / compreso nelle x y di cui e funzione la u : percio An = T)fi/ ■+- i/D cii -+- cD,« , lo stesso si dica di d"j»- = de = D^-+-M Dre-f- I'D/' . Perche le (2) soddisfacciano alia con- dizione che p sia funzione di t, x, y hisogna che sia Drd^ — Dydw = <>. la quale equazione sviluppata, e posto e=D/> — D,m , da 1' eqnazione di condizione Dri -+- uDre -+- uDri ■+- (Du-j-D^) e = o. Essa. comhinata colla (1). puo anche scriversi cosi dLs= — , ricordando che nel diffe- renziare il logarilmo di e hisogna pone 11 v in luogo di d.r Ay, si faccia adunque e = Xx e si avra dA = o , cioe sviluppando (3) Drx n- u I) X n- v DrX = o , la cui integrazione dipende, come tutti sanno, da quella del sistcma di tre equazioni differenziali At = —= — = — ; dopo di che sara II V o ' * DEL PROF. GIUSTO BELLAV1TIS >4:i Se sia (4) D,r-D,« = o I' equazione (3) sara soddisfatta ; la (4) esprimc chc sia differenziale esatto il Irinomio delle velocita. 8. Quando si abbiano le u c che soddisfacciano le (i) (•>) il sistema di due equazioni Ira Ire variabili (>) d.i- = u , Ay = v dara coll' inlegrazione le coordinate x y, in funzione del tempo / e delle coordinate iniziali xo yo\ eliminando / avrerao l'equazioue della fami- glia delle trajeltorie. Se in tale equazione le costanli .r ya possano comporsi in un solo paramelro, cioe se l'equazione sia riducibile alia forma F(x, y) = F (x0, y0) le trajeltorie saranno stabili, altrimenli la trajettoria appartenente a ciascun punto dipendera dal tempo. Avra sempre luogo il ,,, . (1)' V primo caso se net] equazione 7- = non en in /. r * doc u q. Iii quanto alia pressione essa si dedurra dalle (i>) ( purche sia soddi- sfatta la (3) ) col mezzo della formula (6) p=-f(Au)dx+f(g-v)Ay aggiungendo al primo integrate lal funzionedi /, y clic lo faccia sparire insie- me con x, poscia ponendo x = o nel sccondo integrate. — La superficie li- bera del liquido si coraporra di due parli. la superiore e l'inferiore; cbiamando r y0 le coordinate dei varii punti della superficie superiore quando / = o, p (<>..»• . )• ) dara la pressione iniziale sulla superficie superiore, la quale nei casi reali si esprime con la pressione atmosferica e non puo essere che indi- pendente da x0 ya: dopo il tempo / le molecole che erano in quella superfi- cie saranno ancora nella superficie superiore del liquido. percio la p(t,x.)) (essendo x y funzioni date delle predetle x r) dovra nei casi reali esser uguale per tulti i punti ed eguale alia pressione atmosferica, o dipendente dal tempo se il vaso si supponga chiuso e sia variabile la tensione dell aria con- lenutavi. Le slesse cose potranno dirsi della superficie libera inferiore : sola- inente point supporsi die quesla sia sempre nell estremila del vaso. e che cola le stillc liquide si staccbino dalla massa del liquido con le velocita loro ^44 SUL MOVIMENTO DI UN LIOUIDO, EC. proprie, ne piu abbia luogo la legge di continuita ; allora la superficie iufe- riore sara fissa e potra supporsi conformata in guisa che la pressione in ogni suo pimlo sia eguale a quella atmosferica. Voler altribnire un'egual proprieta alia superficie superiore dicendo che il vaso dcbba mantenersi sempre pieno, e Io stesso come csigere che le niiove molecole pervengano alia superficie superiore con quelle variabili velocita che spettano ai punli di quella super- ficie ; in questa maniera s' immaginano delle condizioni che forzatamente sod- disfacciano alia soluzione trovata, anziche adattare la soliizione alio condi- zioni reali del problema : si fa servire la fisica al calcolo anziche questo a quella. Vedremo quanto poco le soluzioni finora trovatc sieno conform i a questi precetti, ai quali dee eziandio aggiungersi quello relalivo alio stato iniziale, poiche sarebbe Iroppo arbitrio supporre il moto iniziale quello che meglio accomoda, anziche partire dalla supposizione naturale die il liquido sia originariamente in quiele. Fu promosso qualche dubbio conlro il princi- pio che le molecole situate sulla superficie libera superiore vi si mantengano durante tutto i! movimento: non mi pare che tali dubbii sussistano nel caso del movimento che consideriamo : si noti bene che se si volesse che parte delle molecole appartenenti alia superficie libera entrassero per un intervallo sensibile nell' inlerno della massa liquida. bisognerebbe che altre molecole die erano nell' inlerno passassero alia superficie libera. Se il calcolo fece vedere che le molecole originariamente soltoposte alia sola pressione almoste- rica erano nel progresso del tempo sottoposte ad altra pressione. cio prova soltanto che le date soluzioni dei problemi di effhisso sono imperfette. e che .immettono implicitameiite o che la massa liquida si accresca per nuove mo- lecole sulla superficie libera, o che la pressione sulla superficie libera non sia coslante per ogni tempo e per ogni punlo. io. Nel caso del trinomio differenziale esatto la (4) pud soddisfarsi ponendo „ n essendo % una lunzione di t,x,y: allora Ialtraequazionefondamentale (i) di ven I a (8) D;r? + D;? + 'D,? = o. DEL PROF. Gil STO BELLAVITIS .14:1 dopo di clir osservando che iu 1)1) ?-+-//I)7 £-t-< D 1) . = |)D ; -+- D ,.?!)> 4- D,?D;D,r. de=ecc. la (G) da (0) ? = *• -H«K— D, 9 -'^~ 1 1. Potremo vicevcrsa soddisfare immediatamente all equazione di con- tinuity (1) poncndo (10) v— *'' (.r ,y) u=- ,'x ) = <> equazione differenziale parziale che credo non si snpjiia integrare sotto forma finita. Le (10) combinate colle (.i) danno 2 .r '' (.i\ >) d.r -+-'!>'' (.t. >) d>—o e se la * non tun terra t si avra inlcgrando (12) (x~,y)=o ommettendo la costantc che pu6 supporsi compresa nella . (hiesta (i:*) e una delle due primitive delle (5) che determinano il movimento di cia- scuna molecola, e non contenendo / sara 1 equazione delle trajettorie. — Che se si voglia soddisfare soltanto la (3) l),A-h«I) >. -(- cD,A = 0 si do- ... ... ,. • • 1, — a.rdr 7) inteerare il sistcma di Ire equaziom d/ — .,, = — , che non polra integrarsi se non sc ml caso che sia funzione delle sole x y. I 11 >4^ SI ;I, MOVIMENTO DI UN LIOUIDO, EC. I. Caso. Trinomio dijferenziah esatto. 12. Se i valori di u e v si vogliano esprimere in serie infinite proce- denti secondo lc potenze ascendenti di x, osservcrcmo che per la natura del inovimento i valori di v e di — debbono esscr funzioni di jr. c cbe a v X non debbono divenir inliniti rpiando .r = o. Se si rappresenti con K, fun- zione di / e di y, i! primo terniine dello svilnppo di v. l'equazione (i') ci dara ~DjA pel primo terniine dello svilnppo di u, poscia, me- diante la (4), ne dedurremo il terniine — — D ,A dello sviluppo di t\ e cosi, medianle l'nso nlternativo delle (i') (4) troveremo le forninle gia dale ancbe dal Prof. Turazza. (i3) 4 i-'6 ■ d.r = u = - — D, A-+- ~ D , A- t-Vs DUSTh- ecc. sara poi ( 1 4) 9 = f A"d>- — — D^A'-i- - — ^ D} A — ecc. (i5) 9 = e-\-jr£— 7— D\A-f-v-^ D, AT- ecc. v / 4. 2 f 4. 16... essendo Q funzione della sola /. ij. Attribuendo a A* le forme pin semplici, si deducono dalle predette lormnle generali quelle cbe finora furono date come soluzioni di parlicolari problemi. Cioe se AT=— T, essendo T funzione della sola /, si hanno le formule cbe furono date come completa soluzione del problema riguardante il vaso conico. Se K=Ty abbiamo le formule pel vaso generato dalla rota- zione dell' iperbola del 3.° grado. Se K=Tf abbiamo le formule date dal prof. Turazza. — Sarebbe facile ed inutile estendere ad arbitrio la con- siderazione di questi casi particolari. DEL PROF. GUSTO BELLAYITIS \ \~ II. Cuso. 1 4- Pel caso che in luogo dell' equazione (4) si voglia soddisfare sol- tanto alia (?>), liniitandoci alia supposizionedie e sia lun/.ioiic della sola .1 . avremo « I) Ls — . nuindi e= ax; si osservi die per la forma (Idle equazioni bastera trovare dei valori particolari di c a di u. ai quali potranno poscia aggiungersi quegli espressi dalle (i.>) cheriducono 1 = 0. K facile vedere the tali valori particolari sono v = ay*, u= — axy; percio, quando 11011 si esiga die il trinomio delle velocita sia diflferenzialc csalto. si ha una soluzione espressa dalle equazioni d>' = t> = ay-\- K— — D:v K-h ecc. (iG) d.r = u = — axy— - D,A"-f- ecc. * = 0 -+- ax\y -\- xK — per . Ill Caso. i5. Moltissimp altre soluzioni piu 0 meno generali possono ottenersi soddisfacendo in vario modo alle equazioni (1) (4): cosi, per esempio, se poniamo u=X-\-yd.T, essendo \ funzione di x e di /. e T funzione della sola /. la (1) da u = — - R0F. GIUSTO BELLA.V1T1S > [<) pressione rorrispondente sin nulla bastera porre 7r = — gn-\ — a~n\ La pressionc sulla supcrficie libera superiore sara in „ ir esscndo y= . e sara coslanlr nfl caso
  • ) 1 .r di queste trajettorie da (mediantr I' eliminazione del paramelro ) - =— ; percib 1 sostituendo 1 r„ ' dx c ' c ■ )■'»<) SUL MOVIMENTO DI IN I.1QUIDO, EC. queslo valore di p nella (i) ne viene yD}u-h.iT)Tu-\- 211 = 0 , e posto - = d si trova «——/"(«), (>— ^y'(a) , poscia *= -^/(«)-5/'(-)-i/7W. e sostituendo nella (3) si ha D/ — ^ /(«) A = o, la quale dovendo sussistere qualunque sia x da X = o ,• dunque la stabilita forma delle tra- jettorie rende integrabile il trinomio delle velocita. Dalla \ = o si deduce il valore di /(«) = — T(i -+- «J) — * essendo 7' funzione del solo tempo, percio, posto per brevita x1-+-y = r' , sara (26) d.r / x y , ns art poscia (27) 9=—- , (29) J» = Per dedurre dalle (26) le espressioni delle coordinate in funzione del tempo, osserveremo die rispetto al tempo le « = — , /S = — z= a sono coslanli, e troveremo (3o) .r = 3 J f Td/-+- ,t„ /= 3 /5; f 7'd/-+-/o . 19. II liquido clie si movesse con la legge espressa dalle prccedenti for- mule potrebbe esser contenuto in un vaso conico di una forma e di una posi- zione qualunque, e non soltanto, come ordinariamente si snppone, in nn vaso conico rotondo coll' asse verticale ; poicbe la parete del vaso pub formarsi riunendo in qualunque guisa un sistema di trajettorie, le quali nel nostro caso sono tuttc rette concorrenti in un punto. Tale osservazione fu gia fatta dal prof. Turazza nella sua Memoria inserita negli Annali delle Scienze (Tomo X. pag. 24-> ) : noi pern continueremo a supporre die il vaso sia r' dr= r (28) $ = 0- JT T DEL PROr. G1UST0 BELLA VITIS ■ >•> I rotondo e cio per servire alia chiarezza, die gia le conclusioni facilmente si applicherebbero ad ogni altro cono. 20. Consideriamo dappriraa il caso che il liquido sia originariamente in quiete, percio T sparisca con /. Siccoine riguardiamo il cono col vertice rivolto all' ingiu, cos\ supporremo che le x y r sieno negative ; i rapporti a=r— S= - si riferiscono alia parete del cono. Se il cono e troncato alia distanza // dal vertice, I' orlo del foro corrispondera ad y = — n, r = — ■§- ; percio. affinche la pressione in qucsto foro sia costantemenle nulla, dovra essere /ox PAT f^T (3l) 7T=gn-ht h ; la superficie libera inferiore prendera la forma cspressa dell equa/ione (:b> ,=o=,(.+^+^-,-i)dr+^1-^)ri supporremo die tutte le molecole liquide che si staccano da questa superficie continuino a muoversi nolle loro rispeltive direzioni senza imbarazzarsi le une colle altre ne reagire sulla superficie libera. — In quanto alia superficie libera superiore le circostanze fisiche dell' efflusso indicano che debba esser nel principio del movimento, quando cioe il liquido e in quiete, un piano orizzontale ; ma le noslre formule si rifiutano a tale supposizione, poiche non puo verificarsi la (33) g(n-t-y) -+- (^ 4-.f) c = o (( e il valore di AT quando / ■- :o) per un determinate valore di ) e qualunque sia /'. Ci conviene dunque supporre che al principio del movi mento la superficie libera superiore- tagli il cono nei punti corrispondenti .1 m .... . . , . y= — nio /■ = — -5, e tagli 1 asse nel punto cornspondente a y=r=—ft0. essendo c= : e g(n + mu)-gh - ,,, =0 •i.')2 SUL M0V1MENT0 DI UN LIQU1DO, EC. ( si prendera il maggior valore di //„ che soddisfa 1' ultima equazione, poi- rhe il minore corrisponde alia superficie libera inferiore). Dopo il tempo / i punti die in origine avevano le precedenti posizioni avranno le nuove posi- zioni espresse rispettivamente da y = /3r=- f («/- 5(3iCT&t) = - m . e da e soffriranno le pressioni cosi noi abbiaino le due equazioni pt = o, p^ = o per determinare 1' unica lunzione T. — L' impossibility cbe le molccole che in origine erano sulla superficie libera, determinata dall' equazione (33), continuino ad avere la pressione nulla si rendera ancora piu palese considerando cbe dev' essere p,—o per tutti i valori di /2 da i fino a /2 : ora si ha /// = — /S , ° gn \T T — — — c) n i n percio 1' equazione p, = o si decomporra nelle seguenti (.,.,) gn d/ T = o , —ga- in 2 mr [2 che non possono soddisfarsi altrimenti cbe con la quiete permanente. Diinqur il supposto niovimento non corrisponde con le circostanze fisiche dell' efflusso da mi vaso conico. ■j. i . Esaminiamo in secondo luogo la supposizione cbe il movimento sia permanente in ciascun punto dello spazio. Sara T costanle. e la superficie HI I. PROF. GUSTO BELLAVITIS 353 libera quando t=o sara espressa da (36) p :o = ar„-4-gri— — . e (IdjKi il tempo / dovrebbe esserc qualunque fosse il rapporto Ira y ed r„, e qualunque losse /. il che e impossibile. 22. Osservazioni analoghe alle precedenti potranno farsi anche per I*' altrc due forme di vasi rotondi considerate dai professori Giulio e Turazza. ed aurora si trovera cbe le loro soluzioni non rorrispondono con le rircostanze fisiche cbe naturalmente accompagnano I efllusso dci liquid! = o non si fa che soddisfare alia legge di continuita ed al principio die la pressione sia uguale in tulti i sensi, e niun riguardo si ha alle forze che agiscono sul liquido, nessuno alle superficie libere; sicche poscia si determina la pressione in dipendenza delle gia stabilite velocita e delle forze cui il liquido e sotto- posto : alia gravita potrebbe sostituirsi una forza verticale, funzione del tempo e delta coordinata verticale. ed una forza orizzontale, funzione della distanza dall asse del vaso, ed ancora rimarrebbero invariate le proposte soluzioni ; clii potrebbe persuadersi che tanta varieta di forze possa sempre conciliarsi con la forma rettiliuea delle trajettorie che si pretende essere la sola possibile nei vasi conici .' i>4- K per certo meritevole d osservazione 1' idea del dotlor Piola di giovarsi della forma della parete del vaso per rendere fin dal principio ineno generali e quindi pin traltabili le equazioni fondamentali ; forse il problema dell efflusso dell acqua difficilmente potra risolversi ove non si trovi modo di limitare le equazioni fondamentali mediante la condizione relativa alia iniziale superficie libera del liquido ed alia costanza di pressione DEL I'UOF. GIUSTO BELLAVITIS .».».» chc debbouo soffrire le molecule che in essa si Irovavano al principio del moviraento. Ma io credo che il Piola, non meno di altri illustri geometri, abbia troppo parlicolarizzato la questione mediante la considerazione delle speciali Irajettorie che sono determinate dalla forma delle pareti. K valga il vero, le equazioni fondamentali si riducono ad una eqnazionc differentiate parziale del secondo ordine; percio la compiuta soluzione dee contenere due funzioni arbitrarie ; si e deito che una irajettoria serve a delerrainarne una e che due Irajettorie le determinano ambedue ; e che nel nostro caso le due Irajettorie sono 1' asse e la linea meridiana del vaso rotondo: ma queste due Irajettorie, e piu altre se ve ne fossero, possono esprimersi mediante una sola equazione, la quale dovra esser un caso particolare della funzione cercata, ( percio rimarra ben piu di quella sola costante arbitraria che si Irova in lutte le soluzioni fmora prcsentate dai geomclri. ■2.>. Senza dubbio il modo piu convincente per mostrare che le dale soluzioni sono troppo particolari sarebbe quello di dare !<• piu generali solu- zioni che si accordano con le due Irajettorie rettilinee ; a tal fine ( ristringen- dosi al caso del trinomio differenziale esatto. ed alia supposi/.ione, peraltro pochissimo probabile, che tut le le trajettorie sieno fisse) bisognerebbe saper integrare 1 equazione (i i) 4.r *"' (.i-. ))-t- ;■ (.r ,j) = o rimauendo $ indipendenle dal tempo, giacche poscia si scriverebb< / I in luogo di 'l'. e bisognerebbe saper determinare nel modo piu generale le funzioni arbitrarie contenute in * in guisa che I equazione <1> o si ridu (esse per un determinato valore del parametro a (xy —a x ) f o . I'ssendo -f lale funzione di x e di > che non divenga infinita ue per r (i ne per y '■ -j.x . dove z i* quel particolare rapporto competente alle pareti del vaso. che ora e di necessity conico rotondo. Ma non credo facile tli eseguire tali determinazioni ne parmi che possa giovare il porre nella (n) * (.r y — <*\r5) -f per poscia determinare •+ . - Xulladi meno mi sembrano irrecusabili le due ragioni i.'cbe la leggc di movimento cspressa dalle solite formule riguardanti il cono. le quali presuppongono li ;».')6 SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO, EC. trajettorie, reltilinee non soddisfa alle reali circostanze iisiche, quantunque (jueste circostanze non sieno per certo in contraddizione con la legge di conti- nuity e con la supposizione del trinomio integrabile ; 2/* clie per alcune par- ticolari forme di cono e facilissimo trovare delle leggi di movimento le quali dieno trajettorie curvilinee, tranne quelle due dell asse e della parete. Cosi, per eserapio, se il cono sia generato dalla retta iy — x = o potremo sup- porre ^ = 4-'' X ~~ x e(' avremo 1111 movimenlo le cm trajettorie espresse da 4r.>' — x* = c saranno rettilinee soltanto quando il parametro c si aiinulli : se il cono sia generato dalla relta 2ty=xt 3 potremo sapporre che le trajettorie sieno espresse dall' cquazione ■= =^..r y — 3xiy=c, ecc. 'Movimento in un piano. 26. II problema del movimento simmetrico rispelto ad un asse puo ricever luce dal problema tanto ad esso analogo del movimento di un liquido riferito a due coordinate. Come fmora abbiamo studiato il movimenlo in un piano meridiano di un vaso rotondo, cosi ora considcreremo il movimento in una sezione retta del vaso prismatico, in cui si suppone contcnuto il liquido, e ritenendo le stesse denominazioni, la legge di continuity ci dara facilmente 1' equazione (1) D,M-+-D,r = o ; e se P Q sieno le componenti della forza applicata a ciascheduna molecola del liquido avremo ( 2 ) D ,P = P- d .1 \),p = Q-dy e nella supposizione che Pdx-i-Qdy sia differenziale esatto il principio dell egual pressioue in lutli i sensi rirhiedera che posto D^ — J)u — e sia (3) d?=o DEL PROF. GIUSTO BELLAVITIS >'ty dove nel diflerenziare i dee porsi // in Iuogo ill ) pub soddisfarsi ponendo (4) e = o , chee la condizione did trinomio differen- ziale csatto. In queslo caso si pub supporre (7) u Dx

    / —)-+-/(.r->/ 1^7). Le (-) danno (9) p = 7r -+- / '(Mr -4- (>d r) - 1),? - ^^ •_> 7. Alia prima equazione fondamentale pub serapre soddisfarsi pouendo (10) P = Dx . poscia la condizione particolare (^) ci dara (11) e=DvM-Dyi> = o (11) * = F(.n-7/rIT7)-+-JPi(.r-7//^rl) [nvece la pin generale (3) • i dara r sc la ''•' 11011 contenga la / . e = D'x* + D',* = F(*). 28. Le equazioni delle trajettorie si deducono dalle due equazioni (.')) r/r // tl\ 1 Ira le lie variabili / .1 >'. Se sieno fisse nou solamenle le trajettorii' corrispondenti alle pareti del vaso ma anche tutte le altre. e qui ben si noli die lal condizione pub non essere ammissibile. dovra sparire il tempo / ;).')S SUL MOVIMENTO Dl UN L1QUIDO, EC. dal rapporto ] ; in t;\l caso alle (i<>) potremo sostitnirc le i>= 7'D,o // = — jTD,. . essendo T funzione della sola /. v * delle sole .r y, ed avremo IV/e-f- Dyl> = F(<\>). Poscia 1'intcgrale rompleto della — = - sara $ = c, essendo c il parametro che diver- sifica fra loro le varie trajettorie; rimane poi da determinare la * in modo (Ik it> = o comprenda le due trajettorie che formano le pareti del vaso. 2q. Ammessa V ipotesi del trinomio differenziale esatto le equazioni (1) (4) ci danno con tutta facilita le espressioni di u v in serie infinite procedenli secondo le potenze della x e contenenli le // A funzioni arbitrarie delle ) / u = H-xByK--B\H-h^TD\ A -+- 4rD,A- ecc. 2 •' 2.0 2. O. 4 (i3) (, = A + .lD//-iD,A- A, D , //+ ece. se ne deduce ( 1 4)

    contenga il lat- torc f — arx~~\ dopo di che sara * = c l* equazione di lulte le trajet- torie. Credo difficile soddisfare nel modo piu generate a tal condizione; ecco del reslo alcuni casi particolari che nou sono compresi nella soluzione che finora fu crednta completa = y ■ — .r pel caso di a— i cl> = >•' — ;J .rJ ) pel caso di a — r'A, ecc DEL PROF. (.11 STO 111 I.I. VM I Is >.'><) >i. L' illuslre prof. Venturoli e dopo lui lutli i matematici ritennero oho pel caso tlelle pareti rettilinee fosse funzione di in qucsto iiiikIu si vengono a sciogliere nello stesso lempo lutti i casi corrispondenti ai diversi valori di ?. . ma si viene anche implicitamente a supporre che tuttr It: trajettoric sieno rettilinee. Con facile calcolo si irova Itang — poscia Tx Ty (26) e (29) p=T+npAx+QAy)-^L(x'+f)-7^ > Stando adunque alia dimostrazione del Venturoli si verrebbe :i stabilire questo teorema die basta annunciare per sentirne I inverisiraiglianza : un velo piano di liquido compreso fra due linee rette dec necessariamente niuoversi in guisa che tutte le sue molecole descrivano lince rette concor- renti in uno stesso punto, <• cio qualunque sia stato il movimento iniziale. purche il binomio delle velocila \i fosse differenziale esatto, e qualunqne sieno le forze che agiscono sulle singole molecole. purche sia differenziale esatto il binomio delle forze. !')i>. Cio che dovrebbe servire a limitare la generalissima soluzione indi- cata iiel §. *_>8 11011 e gia 1111 ' arbitraria supposizione che lulte le trajettorie. oltreche esser lisse (il che pure credo inammissibile) sieno di forma analoga alle pareti, bensi la considerazione delle condizioni, cui nei casi real! de\ es- sere sottoposta la pressione per le molecole che stanno sulle superncie libere : ed invece iiiiino si occupa della formula che da la pressione, c questa si determina dopo trovata la leese del movimento facendola soddisfare all condizioni che nascono dalle forze applicate alle molecole ( delle quali uno a questo punto del calcolo non si tenne alcun conto) ed alle supposizioni arbi- trariamente introdotte. .')!>. Esaminando la legge di movimento espressa dalle formule del prof. Venturoli. 11011 trovo che y<>-*-*,\ accordarsi con nessun caso reale. nemmeno oGo SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO. EC. con quello scmjtlicissimo die non vi sia alcuna forza sollecitante. die ilmo\i mento sia pernianente e die in un dato istanle sia conforme alle formule proposte ; poiche anche con tutte ([iicste restrizioni rimane impossibile ( ara- messa quella legge di movimenlo) che le pressioni sullc due superfide libere sieno costanti. Conclusion?. 34- Se nel terminare questa memoria mi pongo a considerarne it con- tenuto, e cio ch'essa aggiungerebbe alia sdenza idraulica, veggo potersene dedurre la sola sconfortante conseguenza die nemmeno un solo dei problemi da me esaminati sia stato finora risolto in modo conforme alle reali circo- stanze del problema fisico ; pure, se questa conclusione fosse giusta, non leme- rei die il mio lavoro potesse essere accusato di affatto lieve importanza, perciocche e sempre assai vantaggioso il palesare 1' errore di false soluzioni quand anche non si sappia sostituirvi le vere. Ma altro pensiero piu mi scon- foiia, il timore doe d' essermi ingannato in confronto di s'i dotli matematici che prima di me trattarono queslo argomento ; e vero die ragioni a mio cre- dere evidentissime stanno in mio favore. ma opposle ragioni si saranno pure presenlate al pensiero di quei matematici. i> OTA (.) I.., Mfi ■ia del prof. Turazza vcdesi a pag. g3 del pre.seiile r \ T O R > o M.l.\ SIMBOLICA FIGURATIVA ORWMENTALE NELLE CIIIESE CRISTIANE DEL MEDIO EVO I. SPECIALMENTE IS QUELLE DEI X, XI E XII SECOLO OSSEIW AZIOM DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTE3SE -in In CORRISPOXDE!* I I JLainghe e ravviluppate quistioui mossero gli erudili intorno all origine di quella architettura sacra dei trc scroti clie seguitarono il nono. cui e distintivo caraltere una strana maniera di omare, tutta mostri e caprice i. di> giuntissiraa in apparenza da quelle di Grecia e di Roma, le quail non s mca ti'iiano pnnto allc loggc varic e fantastiche dell' arte settentrionale nel suo pieno fiore; maniera di omare rude, selvaggia, misleriosa come la eta, e com. essa rinsaccata di principii varii e lotlanti fra loro. Numerosi esempii ci por gono d' essa in Italia, le cattedrali di Parma, di Piacenza, di Modena, di Ferrara. d'Ancona ecc. ecc, ed oltre Alpe moltissime rliiesc di Francia, spe cialmente nella Normandia, parecchie della Svizzera, ed un gran numero di quelle die fiancheggiano la destra e la sinistra sponda del Reno. Coloro che nella notte del medio cvo credono si serbasse unico un rag gio di sole dentro alia sfarzosa Bisanzio, dicono di la ci venisse una cosi /' / // i,; :>G-2 INTORNO ALLA SIMBOLIC.V FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC. fatta stranezza. senza por mente come in Bisanzio 1' arte non vestisse mai quelle bizzarre forme. Allri, che stimano gli Arabi maestri di ogni utile cosa nelle eta mezzane, ed intanto dimenticano come il sapere raccolto nel chio- stro cristiano, dal cbiostro uscisse a dar luce all' Europa ancor barbara, af- fermano che gli Arabi ci abbiano regalato quella singolar foggia d' orna- ment!, ne s' accorgono come questo mirabile popolo non abbia mai nelle sue costruzioni offerto nulla di soraigliante, ne lo potesse, perche impedito da suoi riti religiosi di rappresentare uomini ed animali. Vi fu chi vedendola llorida piu che altrove in Normandia, la proclamo discesa a noi da quella l'amosa terra delle chiese e dei castelli. Chi. riconoscendola non altro che una degradazione dell' arte antica di Roma, la chiamo romanza, quasi fosse, al paro delle favelle d' Italia, di Francia, di Spagna, una corruzione dell' an- tico mondo romano. Chi poi, arruffando la matassa ancor piu, Ie diede nomi in opposizione con la origine, o, valutando essenziali certe miuime differenze fra le costruzioni sincrone di paesi fra loro lonlani, la suddivise con tanta minuzia di distinzioni, clie sfido la favolosa pazienza di Teseo a tener dietro al hlo regolatore di cosi fatto labirinto. Ne certo oserei cimentare la cortesia vostra, o Signori, qui notando le differenze che alcuni scrittori si piaccion far correre fra gotico-anteriore e gol/co-posteriore, fra anglo-sas- sone ed anglo-normanno, fra arabo-greco e romano-bisantino, fra neo-greco e romano-barbaro. Tanto varie denominazioni, che tutte accennano soltanto alio stile di architettura di cui toccai, bastano gia di per loro a chiarire quanta oscurita regni ancora sail' origine di esso. Per altro I' inglese Hope e 1' ilaliano conte Cordero di S. Quinlino, portarono una luce viva fra mezzo al bujo in cui cozzavano alia cieca tanto diversi parteggiamenti (1). e mentre il primo dimostrava, piu con logica in- duzione che con evidenza di fatti, aver avuto quell' arte principio in Lom- bardia. 1' altro metteva in aperto fatti importanti dai quali incontrastabil- mente appariva come quell' architettura dovesse dirsi lombarda. perche in Lombardia ebbe nascimento e di la fu portata oltremonte. Peccato che di fiaccola cosi luminosa egli non si valessc per togliere tante inntili suddivi- sioni da lui supposte nell' architettura deli' undecimo secolo. DEL NOB. PIF.TKO SELVATICO ESTENSE 36?> Non tulle pero le quistioni cessarono dopo i lavori dell' Hope e del San Quintino, che anzi altre suscitaronsi piu intralciate che prima non era- no, forse perche piu difficili a stenebrarsi. Quest' architettura doveva tenersi simbolica cosi nelle sue disposizioni come nei suoi ornamenti, o veramente era frutto del capriccio dei costrut- tori ? In quei capitelli ed in quelle cornici tutte rinzeppate di ghiribizzi e di animali. cliiudevansi lorse profondi c mistici concetti allusivi al (>ristia- ncsimo. oppure ricordavano turpi eresie, 0 piuttosto lurono imitazione rozza di altre architetture ? E domanda cui taluno s' accinse a rispondere, ma con quanto frutto nol so ; giacche a me pare che prendendo in esame le varie ipotesi esposle, e contrapponendovi gli ostacoli che le rendono per lo meno vacillanti. si vegga cliiaro come nessuno finora s accostasse a verita. Sarebbc mia intenzione, o Signori . lo scbierare cpii queste ipotesi varie, ed aggiungere le ragioni che me le fanno considerare non ben fondate ; ma abuserei della vostra benivoglienza, se notassi qui tutte quelle die furo- no portate in campo. cosi sulla simbolica fondamentale, che al sommo Roma- gnosi piaceva di cbiamare ermc/ica, come sull' altra che puramente pareva destinala a rcndere significativi gli ornamenti. Avviso quindi pretermet- tere quanto spetta alia prima, e risparmiarvi la noia di udir parlare sul tenebroso numero pitiagorico, sull' aritmetka finale e sull' antico algoritmo. ch'erano, a quanto sembra. elementi al sarro edificare di allora. Neppur tocchero delle pindariche. ma spesso mal assodate congetture di Mazure, di Ramee, di Boisserie, i quali, volendo di forza vedere da per tulto un ;ir cano simbolismo. ed impinguando le interpretazioni simboliche dal venera- bile Beda attribuite al tempio ili Salomone, uscirono a raccontarci che le porte della chiesa figuravano il nostro ingrcsso nella \ita fisica e spirituale; le due torri lateral] il segno del poter leraporale e dell' ecclesiastico ; che il coro significava la luce dello Spirito Santo, la balaustrata intorno all altare era cupa immagine dei rigori della penitenza ; che i muri si prendevano come emblema dei popoli cristiani unit i dal cemento della fede. e nisi via. Permettetemi invece, o Signori, die oggi parli solo di quanto si ri ferisce a quegli ornamenti die d'ordinario sono considerati come simbolici j(>4 INTORNO ALLA SIMBOLICA F1GURATIYA ORNAMENTALE, EC. nelle chiese dei tic secoli surricordali, e, confutalc die avro l'erronce opinion) dateci finora intorno ad essi, permelletemi del pari che vi dica il pensa- mento mio. II dottissimo oricntalisla Hammer, in una sua erudita dissertazione De mysterioso Bdphomete, parve tenere i mostri c le figure strane che si veggo- no nei capitelli e negli ornamenti delie chiese apparlenenli ai tre secoli sopra accennati, come simboli che ricordino il culto gnostico, il quale diviso in tante sette, una pero ne possedeva cui tornava comodo interpretare sensualmente alcune parole dei sacri lihri, ed abbandonarsi ad ogni pin immonda licenza, sotto pretesto che gli slimoli del senso esscndoci largili da Dio, sarebbe as- surdo il credere ch' egli ci comandasse di soffocarli e di vincerli con la vo- lonta. Codesta sella, che, 11011 meno delle altre gnosliche, e forse piu assai di quelle di Bardassane e di Basilide, aveva poslo dimora nella Siria e nell' 0- riente, e piu di tutto nel Korassan presso Hussan Saback. fondatore della celebre selta degli Assassini, pare, secondo Hammer, fosse quella da cui si originassero molli de' pretesi simboli su'quali teniamo discorso. Ecco in bre- ve come egli s' induce a pensar cio. Sembra che quando i Templari acqui- starono cos'i smisurata potcnza in Terra Sanla, eglino si accomunassero, cosi per politiche mire, come per amore di sfrenalo vivere, cogli Assassini. A rassodar meglio codesta unione, si fecero a professare gli eretici riti del loro culto, il quale non era altro che il gnostico della prima scuola siriaca, che nel suo fatale dualismo voleva il mondo terrestre retto dalla materia. Prc- tende 1' Hammer che ogni qual volta i Templari dovevano alzare chiese nei loro riccbissimi Mar/ieri, le volessero erigere ed ornare secondo quella stra- na modificazione che avevano portata empiamente al domma cristiano. Questi riti, a fine di trovar vera sicurezza sotto i veli del mistero, domandavano simboli incomprcnsibili a chiunque non fosse iniziato nei fantastici arcani della dualita mitriaca, fondamento della Gnosi nei paesi della Siria. Pcrcio bramavano che i capitelli, le cornici, le porte di queste loro chiese andassero rinzeppale di allusioni emblematicbe alle predetle dottrine. Era pero ncces- sario avere artisti educati a cio, percbe non fosse errata la collocazione o la forma di cosi iatti simboli. e quesli artisti erano di gia preparati da lungo DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTENSE 365 tempo. La sociela dei liberi muratori, formata, per quanto ne vorrebbero provare adesso alcuni eruditi, lino dai primi secoli dell' era, od almeno lino •lal nono secolo in lnghilterra, aveva niolli slatuti e regolamenti chc la rac- costavano al Gnostismo. Quesle corporazioni cui si vuole. principalmente da alcuni scrittori Ledeschi di oggidi, che fossero affidate interamente le eccle- siastiche costruzioni, fur on o, secondo I Hammer, impiegate dai Templari per I innalzamento delle loro cbiese. Aggiunge poi aculamente congeiturando I alenianno erudito, che i Templari stessi potevano essersi immedesimati al culto speciale di quesle congreghe di liberi muratori col visitare di fre- quentc la celebre loggia fondala da Aclien nel Cairo verso la line dell' mi- deeimo secolo, ove insegnavasi, oltre al cullo gnostico, la matematica e la geometria, scienze cosi necessarie ai liberi muratori. Chi voile attenersi alle forse un po troppo sottili congetture dell' Hammer, trovo agevole la fusione di quei simboli gnostici usati dai Templari con 1 architettura cristiana surta nel settenlrione della Francia e della Germania nell' undecimo e duodecimo secolo. I Normanni, dicono i sostenitori di questa opinione, i quali lanta parte presero nelle spedizioni di Terra Santa, e che forse piu di molti altri popoli contavano cavalieri addetti alia religione del Tempio ed alle compa- zine dei liberi muratori, porta rono pei primi quello stile simbolico nella lor patria, e di la, con le conquiste del loro Guglielmo. lo diffusero in lnghilterra, poi coi commerci lo trasportarono in Germania ed in Italia. Tuttoche il dotlo archeologo tedesco abbia con somma industria e rara erudizioue i in calzata la propria opinione con quelli che a lui parevano monumenti irrefra- gabili, e con le cita/.ioni di varii passi di S. Kpilanio e ili S. Ircneo. purr d ( uni fatti incontrovertibili bastano a mio pan-re a chiarirne la iusussistenza. K prima di tutto; come mai l* erudito alenianno non pose mente che nel medio I'vo. e specialmente nei secoli vicini al mille, il sacerdote ed il mo- naco er. mo i regolatori della societa, e se avevauo potenti iniluenze su lull.' ^li ordini di essa, facevansi poi i dispositori assoluti della costruzioue delli chiese loro affidate, ne alcuna cosa ; iersi in quelle che non loss, da essi comandata e diretta? Si aggiunga che i Vescovi, gli Abati dei conventi, i Parrochi, erano i soli che avessero qualche lume di architet ItGG INTORNO \LLA SIMBOL1CA FIGURAT1VA ORNAMENTALE, EC. Una; eglino ideavano il disegno de'saeri cdifizii, miniavano i libri corali ; ave- vano dai Concilii la facolta di fissarc le norme ai pittori ed agli slatuarii. II sapere tutto quanto, e segnatamente 1' artistico, rinchiudevasi allora nella cliiesa e nel chiostro, e si consccrava a rcndcre 1' una e 1' altro piu conformi ai bisogni del culto ed all'esercizio delle dottrine di Gesu Crislo. Vorrassi che uomini tanto addcntro nella sacra liturgia e cosl gelosi dell'ordine e delle norrae del cattolicismo, lasciassero scolpire entro a' recinti da essi tu- telali, i segni di qnella eresia sozza contro cui avevano gridato i Padri della chiesa per tanti e tanti anni ? Di quella eresia che distendeva per tutto nu- merose e forti radici e doveva lorse piu delle altre mantenere attento il clero a sbarbicarla ? Certo quando 1' Hammer queste sue congetture avanzava aveva dimenticato che il concilio di Nantes dice espressamente al Canone vente- simo. — Lapides quoque, quos .... daemonum ludificationibus decepti ve- il e ran tur, xibi et vola vovent, et deferunt, funditus effodiantur, atque in tali loco projiciantur, ubi numquam a culloribus suis iiweniri possint. — E chiaro adunque che ogni pietra la quale ricordasse rito eretico od idolatra dovesse venire distrutta da sacerdoti cristiani, appunto perche non trascinasse i fedeli all' errore. Ma vi e di piu : moltissime sono le chiese dell' Italia, specialmente superiore, della Normandia, dell' Inghilterra, del Reno, le quali offrono nei capitelli e in tutte le parti ornamenlali, quei mostri che 1' Hammer vorrebbe inlrodotti da suoi guostici Templari, ma rarissime certo son quelle che ap- partenessero a quest' ultimo ordine. Ed inoltre alcune fra le esistenti, che ve- ramente servivano solo ad essi, non presentano i mostruosi ghirihizzi su cui i' discorso, come, a mo' d'esempio, la celebre chiesa dei Templari a Londra e la cosi detta Sala dei Cavalieri alia Badia di Mont Saint-Michel in Nor- mandia. ove si ravvisano gli ornati carichi di fogliame come quelli dell' arte settentrionale, ma niuna traccia delle stranezze proprie alio stile che con 1' Hope soglio chiamare Lomhardo (2). Un ultimo fatto mule poi non solo improhahile, ma impossibile la con- gettura accennata. Chiese ornate di quei mostri. di quei leoni, di quelle clii- mere che 1' Hammer inclinerebbe a considerare come emblemi gnostici in- Irodotti dai cavalieri del Tempio. esislevano gia incontraslabilmente fino dal DEL NOB. PIETR.0 SELVATICO ESTENSE '.'>('} j noiio secolo, mentre i Templari non furono fondati che nel 1118. vale ;i dire due secoli dopo I' erezione di quelle chiese. Intorno a questa singolare maniera di fregi, die par fatta lalvolta pei decorare i sabati della tregenda, esposero tin idea che potrebbe parere alquanlo bizzarra anche i dotti Saccbi nel loro pregevole lavoro sull' archi- tettura longobarda (.>). Eglino che avevano cumulato tante citazioni pcrpro- vare come tutto alludesse a sacre significazioni in quelle strane figure . uscirono poi nell' ultimo capitolo a raccontarci che forse Ira quei varii sim boli della chiesa cristiana v'erano alcune vestigie della simbolica asiatica dai barbari importate Ira noi. Paiono, per esempio, ai Sacchi barbara merce quelle serpi attorcigliate a spira, Ie quali, giusta la simbolica orientale, rappresenta- vano soltanto 1 acqua. Poi trovano rispondenze con la nebulosa mitolo^ia dell' Edda, cogli /has, col drago Migdrad e con altre tali leggiadrie, create fra le nordiche brume. Tutte eose bellissime ed ingegnosissime, ma che si sperdono in polvere. quando si voglia osservare a rio che j^ia dicemmo par- lando dell Hammer, die dove, cioe, comandavano iiberamente i sacerdoti, e dove i soli sacerdoti vegliavano alia edificazione della chiesa, era impossibile si dipingessero o si scolpissero simboli intinti di eresia 0 di culli idolatri : che tali appunto erano quelli della maggior parte dei barbari nel settimo ed ot tavo secolo, ed anche in buona parte del nono. Ma questa opinione e solo secondaria nei Saccbi, come ho gia accen- nato : eglino vanno invece noverati Ira i j)iii caldi sostenitori della simbolica cristiana, giacche si slorzarono di provarci che ogni cosa nelle chiese catto- liche del medio evo si mostra simbolicamente rituale, cominciando dalla di- sposizione e dando line cogli ornamenli. Ad alcune circostanze importantis- sime parmi pero non ponessero mente i dottissimi letterati milanesi. Eglino ringagliardirono i loro argomenti recando innanzi passi dei SS. Padri che potevano bensi riferirsi a strani emblemi, ma non venivano acconci alle epo che longobarde di cui tratlavano i Sacchi, giacche quei santi uomini parla- \ano di pratiche usate nel quarto e quinto secolo, ed eglino invece < i discor- revano soltanto del sesto. del settimo e dell ottavo. l*oi mi pare che non badassero ad un importante passo di S. Bernardo che sta in una lettera a Gu 368 1NT0RN0 ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC. glielmo Ab. di S. Tcotloro, ove il santo noino muovc grave lagnanza per l'uso indecoroso die facevasi a que' di dei numerosi mostri con cui andavansi a- dornando i bassi rilievi e le pitture delle cliiese. E vero cbe S. Bernardo visse tanto dopo le epocbe cui diressero i molti loro studii i due Sacchi, vale a dire nell' undecimo secolo : e vero cbe il concilio di Costantinopoli, tenu- ld nel 6q2. di cui parleremo piu sotto, poteva aver mutate le circostanze intorno all' importanza ed alia necessita della simbolica ; ma non per questo doveva venirne cbe il santo Ab. di Cbiaravalle domandasse il percbe di tauti mostri ch'egli cbiamava ridicoli. ed immondi scolpiti su per le chiese (4). Se ancbe non avessero meritato piu la stessa considerazione agli occhi dei cristiani d allora. pure non potevano cessare di essere venerati come emble- mi sacri, se veramente tali fossero stati un tempo. Cbe se vorrassi risponde- re provata invece con quel passo la origine eretica dei prefati simboli, biso- gnera poi allegar la ragione, percbe S. Bernardo s astenesse dal palesare un fatto di tanta rilevanza. E anzi da ritenersi cbe lo avrebbe proclamato solennemente, a fine di meglio invitare gl' ingannati cristiani a sbandirli dai sacri ricinti. Se nol fece, se li disse inezie e non altro, e perche li riputava capricciosi ornamenti soltanto, e come tali aveva giusta ragione di non tenerli degni dell' augusta severila della cbicsa. Un' altra cosa cui mi pare avrebbero dovuto por mente i Saccbi, e che se i supposli simboli su cui tanlo parlarono fossero stati rituali ed ob- bligatorii alio chiese, tutte quelle surte dall' epocbe longobarde fino al duo- decimo secolo dovrebbero esserne coperte : ma fatto e invece che in Boma. centro del cattolicismo. quel mostri non si vedono che rarissimamente nelle molte basiliche che ancora ci restano dei secoli suaccennati, come sono San Saba. Santa Sabina. Santa Prassede. SS. Nereo ed Arhilleo, Santa Maria in Cosmedin ere. crc.„ e solo compariscono nei chiostri di S. Paolo, e di S. Giovanni Laterano. opere entrambi del duodecimo e decimoterzo secolo. le quali non possono neppure considerarsi come immediatamente collegate cogli esercizii della chiesa cattolica. Un ultimo fatto poi doveva persuadere i due eruditi milanesi a non pro- rlamare assolutamente sacri quei simboli. ed era il vederli adoperati ancbe DEL NOP.. PIETRO SELVATICO ESTENS1 '><><, per fabbriche profane. Frequenlissimi sono gli esempii di cio in Italia ; ma forse piu che altrovc riboccano in Venezia, ove in moltissime facciate di case ;.) decorative od emblematichc, e che quindi imilandole i cristiani non potevano venire in sospetto d' offendere in nulla la religione. Si aggiunga inoltre, clu i cristiani del tempo di Costantino, i soli che potcssero usare liberamente dell' arte a decoro delle chiese, giacche prima troppo era I abbattimentn loro, quei cristiani, i<> diceva, non potevano da un giorno all altro inventar nuove allegorie cbe e quanlo dire, foggiare il pensiero a modi tanto piu dilli- (ili da essere i(tMi|iicsi. quanto piu si dilungano dalle comuni idee. Dice benissimo il barone di Rumour nella seconda parte delle sue belle investiga- zioni sull arte italiana. libro meritevole d una traduzione per essere fatto a tulti accessibile, come il simbolo richieda, a fine d' essere intelligibile che I idea ed il pensiero ai quali mira sieno ",1a compiutamente esistenti nello spirito dell' osservatore (i i). I primi artisti cbe eseguivano quei simboli erano li^li di padri pagani, eglino medesimi, negli anni indelebili dell ado- lescenza erano cresciuti in mezzo del paganesimo : abitudim, costumi, riti politeistici li circondavano da per tutto, larte stessa che professavano I'aveano imparata in officine pagane. Vorrebbesi adunque cbe 1' uoiuo mutasse d un tratto la natura sua. e perche accoglie nell'animo fede da quella dei suoi padri diversa, ne dimenticasse tutte le tradizioni '.' le tradizioni, cbe. ove non contaminate da pregiudizii e da errori. si fanno macchina a quel grande poema di rui s' informa I umanita ; le tradizioni cbe rammentano la soave parola della madre, le memorie dell' infanzia ; le tradizioni. cbe. venute da nobile fonte, sono via, verita e vita dei popoli, e che interrotle ci obbligano a rifare tanto cammino ? Oh non si creda cbe le perdano ili vista le nazioni inai: sono i pedanti cbe le insudiciano, sono i settarii cbe le disprezzano: ina il popolo le fonde col pensiero novello e le la scala a nuovi trovati. — Voleavi tempo, istruzione continua, convinzioni diverse, perche I arte che aveva perduto il suo tipo ideale del name pagano. potesse perder del pan quel lipo ornamentale che anche riprodolto non poleva spingere ad atti d lrrive- renza verso il culto novello. Che inlatli fosse nell intendimenlo dei primi cri- stiani di non reran: nessuna offesa alia religione del vangelo seguitando I ornamento pagano lo deduciamo dai due fatti seguenti. 1. Che molti tempii del paganesimo e specialmente i rotondi si conserva- ii;4 1NT0RN0 ALLA SIMBOLICA FlGURATIVA ORNAMENTALE, EC. rono senza alterarli al culto cristiano ; come sono, per esempio, il Panteon, il Tempio di Bacco ora S. Costanzo, S. Stefano rotontlo, il Tempio diNocera; II. Che quando dovevasi alzare una nuova basilica si giovavano quasi sempre di materiali clie avevano gia prima scrvito al culto pagano, e in questi materiali erano hone spesso marmi hgurati clie porlavano scolpite aquile, teste degli Dei Mani e persino teste di Giove. Per allro quelle stesse rappresentazioni allegoriche die i cristiani erano i ostretti a togliere. per le ragioni anzidette, dal paganesimo, avevano il loro sostegno nella Bibbia e sempre alludevano a passi delle sacre carte. Tanto <• cio vero, che dove la Bibbia non poleva venir loro in soccorso, si astenevano interamcnte dal convertire in emblemi della nuova legge le immagini tolte dalla religione precedente. Infatti non avvien mai di veder usati dai cristiani. ne i bucranii che stavano sui fregi e sulle are antiche, ne gli encarpii, ne le maschere, ne i litui, ne molti altri Ira gli ornamenti emblematici frequentissi- mi nelle costruzioni sacre di Boma pagana, ma non adattati al Cristianesimo perche non giuslilicabili con le sante pagine. In un solo caso pero sembrerebbe questo fatto venir contraddelto, e sarebbe in quella figura di Orfeo che suo- nando la lira acqueta le here e le Iragge a se ; scena che vedesi scolpita o dipinta in quasi tutte le catacombe ed i sepolcri cristiani di Boma. Ma anche essa. se nel vecchio e nel nuovo lestamento non trova un appoggio, si forti- fica per altro di una opinione che correva Ira i padri della chiesa nei primi secoli, cioe che il preteso inno d' Orfeo conosciuto sotto nome di Palinodia, iosse ed una ritratlazione pel paganesimo, ed un prodromo alle dottrine della nuova religione (12). E per questo che Eusebio aveva detto essere Orfeo che la miti i costumi un'effigie di Gesu Cristo il quale porta la parola della verita fra gli uomini (i3). Molte altre fra le allegoric dei cristiani si trovano pure identicamente scolpite o dipinte in alcuni monumenti pagani ; ma come ho gia delto, quelle trovano nella Bibbia la ragion loro. Parecchi altri tuttavia erano simboli di pura invenzione cristiana, per nulla imitati dal gentilesimo. e destinati a farsi una mistica lingua dei piu augusti misteri cattolici. Tuttocbe degli uni e degli altri sia slato a lungo parlato nelle giganle- sche opere del Ciampini, del Bosio. dell' Allegranza. del Boldetti. del Botlari. DEL NOB. METRO SKI.v VTICO ESTENSE .);.) del Mamachi, pure diremo brevemente dei principal! a fine di piii compiula- menlc provare le nostre asserzioni. Quel doltissimo uomo del sig. Raoul- Rochette chc nelle citate sue dissertazioni sulle antichita dei primi secoli della Chiesa, parve proporsi di provare che ogni rappresentazione dell' arte cristiana fosse tolta a prestito della pagana, In lietissimo di poterci dimo- strare come quella figura del buon pastore con la pecora in collo, la quale veggiamo in quasi lulte le pitture delle catacombc ed in moltissimi sepolcri cristiani de' primi secoli, fosse lolta da altre consimili che stanno nei monu- raenti pagani. Ne la cosa puo negarsi

  • - tra monslnwit, et per quos Jluxerunt torrentes. ho stesso S. Girolamo poi rawisava in quella pietra locca dalla verga del legislatorc degli Kbrei, molle cose che potevano alludere al hattesimo ed al mariirio. Egualmente Noe e la sua area diventavano simbolo dell' ira di Dio e della redenzione che preparava all' umanita col mezzo di (resu Crislo. Danielenella fossa dei leoni significava il llcdenlore fra gli oltraggi de' Giudei: il sagrifizio di Isacco ri- chiamava quello del Salvatore (32). Com fatti simboli storici erano per altro in quei primi secoli assai meno frequenti degli altri che ho di sopra nominali. perche meno si attagliavano ;il genio dei crisliaui. i quali volevano ad ogni modo Irovar pascolo alia imma- ginazione con le oscure allegorie, e valendosi delle idee arcane riiuhiuse in esse, sollevarsi alle ascetiche verita. Infatti S. Dionigi l'Areopagila, o piulto- sto il vescovo Sinesio, ci fa conoscere in piu luoghi delle opere sue. (dine i i ristiani avessero bisogno di Inline figurate per alzarsi a quelle verita : ed usassero a tal uopo cavalli e bo\i ed uomini a pin \isi cd ogni sorta di sim- 38o INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALS, EC. boli tvamandati per tradizione. Ne accenna ancora come questi segni fossero indispensabile velo di umana scienza occulta al volgo degli uomini, affinche le cose santissime 11011 fossero facilmenle inlelligibili a profani, e si mostras- sero invece aperle agli studiosi di sanlita (33). L'uso (lell'allegoria, necessario da principio, come abbiamo detto, per ve- lare i misleri della religione novella, aveva fmilo a condarre gli spirit! in quelle sottilita e sofisticberie die degenerano nel falso. 1 pittori e scultori, o piuttosto i snperiori ecclesiastici che li dirigevano, parevano voler sorpassarsi a vicenda nolle invenzioni di tal generc, c le composizioni pittoricbe e gli ornamenli li^u- rati erano divenuti come una specie di scrittura geroglifica, di cui biso^nava avere il secreto. La cosa andu cosl innanzi nel settimo secolo, cbe la Cliiesa stimo opportuno porvi un riparo. Fatla accorla come, rassodato il cullo cattolico, non piu corresse pericolo d' esserc accusata d'idolatria se lascia- va libero il campo allc rapprescntazioni storiche del cristianesimo ; forse tre- pidando die tanta eta corsa dopo le fervidc origin! della novella religione, intiepidisse nei popoli il rispettoso amore verso di quella, se non avessero di continuo solt' occliio immagini evidenti dei trionfi della fede, avviso nel concilio tenuto a Costantinopoli nel G92 di ordinare, che nelle cbiese si pre- ferisse la realta ai simboli, e si al)bandonasse ogni allegoria, specialmente sulla crocefissione di Gesu Crislo (34). Un tale decrelo che sidle prime ebbe poca accoglienza nella Cliiesa latina, gia troppo innamorata delle allego- rie, hi pero seguito con solerzia nella greca, la quale d allora in poi comin- ( io a Iralasciare quasi ogui emhlematica composizione per dipingere il Padre eterno e la Vergine, Crislo incoronalo di spine, la crocefissione, i martirii dei santi, gli evangclisti sotto umana iigura ; in somma ogni fatlo de' sacri libri, secondo la realta. Ma trenlaquattro anni dopo il precetto del citato concilio, un avvenimento della maggiore rilevanza valse ad arrestare tulto questo fervore intorno alle sacre rappresentazioni ; perche Leone 1' Isaurico nel 726 decreto la distruzione delle immagini e perseguilo alrocemente gli arti- sti greci che continuavano ad eseguirne. Quella guerra, tanto nocevole alle arti, non si estinse con lui, 111a duro nei suoi successori per piu di un secolo. lnor- ridendo di cos'i sanguinose persecuzioni la Cliiesa latina, e scorgendo quanto DEL NOD. PIETRO SEIA'ATICO KS'I'I \si .>8i danno ne sarehbe venuto alia religione, se ogni immagine fosse stata tolta all' adorazione dei fedeli, accolse fervidamente i profughi artisli greci, e piu si fece ad incoraggiare coloro che ornavano d'imraagini sacre le chiese, quanlo piu il crudele imperatore li voleva ^ iltime della circa ira sua. Avvampo
  • 83 Quanlo congetturo, parmi cln: trovi quasi la forza dclla certezza, quan- «lo si vogliano paragonare alcuni degli ornamenti dei secoli cui ora accen- nai con inolti di Roma antica. Quelle Leslie che pugnano Ira loro, quei draghi che Inseguono ligri, quegli uccelli che s aggomitolano con leoni, lutti quei ghiribizzi in somma di cui sono stracariche le porte delle chiese, gli stipiti, e spesso i fregi che ricorrono all' intorno degli edifizii, sebbene rozzissi- maraente scolpiti, pure s'accostano assai ai meandri ricchissimi di Balbeck, di Palmira, di Krcolano e di Pompei. Non entro adcsso a discutere se i Rontani cavassero quei fregi dall'Asia o dagli Etruschi, o volessero con essi alludere a riti delta loro rcligione; a me basta poter far conoscere che gli archilelli del nono e dei Ire secoli susseguenti in molti dei loro fregi non miravano ad altro che ad imitare cose antiche. I atevi a guardare con attenzione i capitelli compositi si ricchi e si nia- gnilici che usarono i Homani dopo il secondo secolo, c di cui ci rimangono ancora stupende reliquie ; fatla astrazione dal merito della scultura, vi scor- geretc le medesime aqnile e i grifi e i capricorni e le serpi e le sirene e le teste iimauc, che furono il fondamenlo di quelle (he appartengono all oscura eta su cui discorriamo. Per non c it are che pochi esempii fra i molti che po- trci sceglicre, nella sola Roma, in S. Maria in Transtevcre e un capitello antico jonico con la testa di (iiove nel centre e due figure umane nel mezzo delle volute; in villa Rorghese ve n' e un altro in cui le sfingi sono il prin- cipale ornamento. Nella villa Mattei conservasi un capitello con aquile* agli angoli. Aquile pur veggonsi nei capitelli dell' arco di Settimio Severo ed in uno del palazzo Massimi, ove stanno anche figure nude che sostengono encar- pii: villorie ed armi scorgonsi in un capitello collocato dinanzi a S. Pielro in Albano, c a S. Lorenzo fuori le mura: frulta e comucopie sono pure 1 or- namento di un altro del palazzo Mattei; in un capitello, che Piranesi afferma aver tolto da antiche rovine, veggonsi cavalli surrogare le volute. Quanta nobile liherta, di cui pur troppo noi, imitator!, anzi copiatori spesso de Ro- mani. sapemmo profitlar tanto pom ! I na maggior prova che molti dei rozzi ornamenti del medio e\

    8.i conosciamo sotto il nomc di diversarum artium schedula (ilG) nel duodecimo secolo ; dice, ove parla degli ornati da porsi sui vetri dipinti, essere bello inserire nei circoli di essi, uccelletti, beslioline, serpentelli edimraagini nude. E piu sotto, ove accenna ai lavori da tarsi nei sigilli, dopo avere indicate alcune rapprcscntazioni religiose da effigiarsi, aggiunge.y///w/ imagines pisci- culorum el avium atque bestiarum, quae figuntur per schyphi campum, pre- terites ornatum mullum (?>j). Qui certo nessuno dira die il buon Teofilo volesse dare a quei suoi ornamenti un senso simbolico e sacro ; se no, egli die religiosissimo era, non ce gli avrebbe con tanta indifferenza presenlati come semplici mezzi di ornare. Ma se la piu gran parte di quei ghiribizzi pu6 dirsi nnicamenle ornamentale, non puo per allro affermarsi die tullo sia in essi tolto a prestito dalle rovine di Roma anlica. Altre cause, per quanto io penso, vi esercilarono una qualche influenza. Fra le altre, un fatto antichissimo, ma pur finora supcrficialmente con- siderato, mi pare abbia contribuito a dare forse 1' impulso piu forte a cos'i bizzarro gusto di ornamenti nelle cbiese, c certo alincno a manlenerlo vigo- roso. Sino daquando scriveva Claudiano, cioe lino da verso la fine del quarto secolo, il lusso dei crislianisi accresceva ogui giorno piu, ed eglino veslivano riccbi tessuti fregiati d' ogni specie di fiori. Ci racconta Asterio in una sua omelia, come allora una tunica, un mantello, rincliiudessero fin seicento figure die porgevano fattidella vita di Cristo ; e spesso, con bizzarra mesco- lanza, imitazioni di quei drappi d India in cui stavano impresse pantere, leoni, orsi, tori, alberi e quanto poteva immaginare sbrigliata fantasia di pit- tore (38). Piu tartli, cioe nell ottavo e nono secolo, se dobbiam preslar fede ai monumenti portici da quei dottissimi uomini Le-Noir, Villemin c Des- marest Oq). sommamente prosperavano le manifatture di quesli tessuti, spe- cialmente in Tiro ed in Alessandria sotto la protezione de' califfi. For- nivano ancora ai cristiani tinture ed abiti in cui erano rappresentati, come nel tempo precedente, i misteri della rdigione. le immagini dei santi e gli animali fantastic! ora ricordati. Alcuni di questi drappi servivano poi per ornare le cbiese nei giorni di fesla. per quanto ci racconta Anastasio bi- bliotecario nelle vile dei pontefici , S. Adriano, Leone III. Gregorio IV, Vol II !i86 INTORNO ALIA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALS, FX. Leone IV, Stefano VI. Verso la fine del decimo sccolo quelle manifatture erano poi passate in Occidente, giacche troviamo allora in Francia la fab- bricazione delle tinture e dei tappeti adoperata a decorare le muraglie delle chiese; uso die facevasi ogni giorno piu comune. A dctla degli anticbi croni- sti del monastero di S. Fiorcnzo a Saumur, esisteva in quell' abazia verso il 98.1 una manifattura, in cui i religiosi stessi tessevano drappcrie ornate di fiori e di animali d' ogni sorta (4°)- Se dunquc 1' uso di queste drappcrie rabescale di mostri era fatto cost generale da essersi mutato in moda, se costumavasi in tulte le chiese di rilevanza stcndere a testa drapperie cosi zeppe di gbiribizzi ; non mi pare fuori del ragionevole congetturare, che j^li architetti, specialmente di que' paesi che piu erano in comunicazionc con la fabbrica di Saumur, mantenessero nella parte ornamenlale scolpita, un carat- tere non dissimile da quello che presentavano le prcdelle tappezzcrie, affinche nel complesso vi fosse un generale accordo. Comunque sia la cosa, rimarra sempre provato da quanto esposi intorno alle tappezzerie, che gli animali ed i mostri riguardavansi nei secoli su cui m intrattengo, come ornamenti i quali nulla chiudevano di allegorico. Se pure talvolta un qualche allegorismo pub forse indovinarsi nei capi- telli delle chiese ricordate, quello e si chiaro e s"i facile da esser compreso, che neppure pub considerarsi come lingua emblemalica. Sono, per csempio, preti circondati da demoniiche li fugano coll aspersorio, come vedesi in un capitello di S. Germano ai prati in Parigi ; sono angeli che introducono 1' anima cri- stiana dentro alia chiesa, come negli stipiti della porta maggiore del duomo di Ziiirigo ; sono anime avviate al cielo dagli angeli e pur volute riconquistare dal diavolo, come in un capitello della chiesa di Rocqueville in Normandia . in somma ricordanze delle lotte e delle vittorie del cristiano sopra 1' inferno. grande pensiero dominatore di quell' eta, e fonte talvolta di singolari super- stizioni. Alcuni perb fra gli animali scolpiti 0 dipinti dagli artisti specialmente dell' undecimo secolo, non mostrano, almeno pel modo con cui sono collocati, nessuna reminiscenza di antichi ornamenti romani, e neppure delle fantastiche drapperie del medio evo; e quindi lasciano a ragione sospettare essere chiuso DEL NOH. METRO SF.LVATICO ESTENSE 38? iii cssi un sen so emblematico. Tali sono quei ^rifi e per lo piii leoni che iincndd fra le zampe guerrieri n vitellS od agnelli sorreggono i). S. Dionigi 1 Areopagita ci la conoscere, come dai primi secoli della Chiesa. si tenesse il leone quale mistico emhlema della potenza e della luce divina. K di fatli, quaudo i crisliani svolgevano le sacre (arte, dovevano repu- lare sommamente appoggiata questa loro opinione. Nel lempio di Salomone (lie. al dire del venerabile Beda, era nell' otta\o .secolo consideralo come lino delle chiese cristiane, il leone e noverato come uno tie simholi piu impor- lantie piu appariscenti. Nel capo 7. vers. 2y del terzo dei lie. ove quel tempio e minutamente descrilto, dicesi die tra piccole corone e hiai. erano leoni e Ixni e cherubini, e sotlo a /con/ ed a bovi erano quasi corde di bronco pen- dente. E al verso 37 dello stesso capo 7 e pur tletlo che negli angoh del tavolato erano scolpiti leoni, cherubini e pa/me. Kzechiello poi, al capo j.i vers, iq, nel descrivere quel lempio, e nell'indicare le molte sculture in 1 ;so contenute, la parola di lactic di leone rommiste a quelle dcgli angcli, alle quali stava interposta una palma, e che circondavano lutto 1 edifizio. :>88 INTORNO ALIA SIMBOLICA FIGURATIVE ORNAMENTALE, EC. Qaindi e che S. Carlo Borroraeo, dotlissimo com' era della sacra liturgia, ove nel suo quarto sinodo porge istruzione sul modo di edificare le chiese, raccomanda che si ornino le porte loro con leoni, ad esempio del tempio di Salomone, il quale, die' egli, comando fossero ivi scolpiti per indicare la vigilanza dei sacerdoti. Tutto queslo per altro, se pure si raccosta alquanto, non mi pare abbia una diretta colleganza coi leoni e grin soltoposti allc colonne, e collocati sol- tanto dinanzi alle porte delle ebiese. A me sembra, che se avessero veramente dovuto ricordarci quelli del tempio di Salomone. non v' era nessuna buona ragione perche non fossero adoperati nelle chiese cristiane del quarto e quinto secolo ; ma il fatto e che in esse non mi avvenne d' incontrarli mai, e solo li comincio a vedere nei monumenti dell' undecimo secolo. Per certo, con le ristrette cognizioni che ancora abbiamo sulle antichita dei tre secoli su cui m' intrattengo, non e facile trovare una ragionevole spie- gazione di qucsti leoni. Se qui peri), che siamo sforzati a navigarenello inter- minato mare delle congetture, una di pin non sembrasse temeraria od inop- portuna troppo, oserei sospettare che quei leoni alludessero alle tremende querele fra il sacerdozio e l'impero che dilacerarono Italia dall' undecimo fin quasi a tutto il duodecimo secolo. I predetti animali scolpivansi d' ordinario in atto di sbranare un vitello owero un guerriero ; spesso anche in luogo di leoni ponevansi tori o lupi che tenevano sotto le zampe un agnello. ^on sarebbe forse possibile che in tale maniera si volessc richiamare alia mente dei fedeli il famoso salmo 21 ove sono continue allusioni alle miserie che la Chiesa dovra un giorno sofferire, e dove il leone ed il toro sono figurati come gli oppressori del sacerdozio ? In quel salmo e detto : Grossi tori mi assediarono e spalancarono le loro fauci coniro di me, come leone che ago- gna alia preda e ruggisce. E piu sotto, dopo che la Chiesa per bocca di Davidde ha domandato al Signore soccorso in si grave pericolo, esclama : Salva me dalla gola del leone, e dalle corna degli unicomi la mia mi- seria (42). Le colonne poi sovrapposte a quegli animali sarei d' avviso volessero ri- cordare le due celehri cbe stavano sulla porta del tempio di Salomone, nomi- DEL NOB. P1ETRO SEI.VATICO ESTENSE ij8(j nate Jachin c Boas, I'una die significa la consolidazione, l'altra la forza della chiesa, e quindi simbolo entrambe della potenza del Signore. Codesta con- gettura parrebbe confermata dal vedere che spesso andavano strette a meta da tin nodo che rollegavasi alio stcsso loro fusto, e che da alcuni eruditi In malamente preso per un serpente. Cio mi sembra alludere al vers. i.J del capo 7 del terzo dei He. ov'e delto che il fenicio Hiram, insigne a Iavorare il bronzo, fece nel tempio di Salomone due coloime alte 18 cubiti, le quali erano allacciate da una corda di 1 2 cubili. Forse poi quelle colonne si sovrapponevano in tal niodo alia schiena dei leoni accennati, per denotare la onnipolenza di Dio che, secondo il vers. 3o del sal 1110 cji. ca/pestera il dragone ed il leone, volendo forse cos'i far cono- sccre come nella iiera lotla fra il po!er temporale e lo spirituals, il Signore vorra sienramente portar a trionfo quest' ultimo. Alcuni fatti di qualchc rilievo parrebbero appuntellare la mia congettura. In primo lungo nella parte estcrna del duonio di Pisa, presso una figu- rina cola intarsiata di marmo bianco e nero. la quale sta per essere inghiot- tita da due mostri sul fare dei nostri leoni, leggesi de ore leonis libera me. Dorninc. ricordanza indubilabile delle parole del salmo 21 anzidctto, saha me ex ore leonis. Secondo : questi leoni e le ( olonne da essi sostenute non cominciansi a vedere che nell' undecimo secolo, vale a dire contemporanearaente alle lotte ira il sac«rdozio e 1' imjiero. ne si veggono mat nelle epoche anteriori (43). Terzo : in Homa, ove di raro scorgonsi i mostri e le bizzarrie di che van zeppe le chiese del mille, veggonsi pero in tre o quattro hasiliche alzate nell' undecimo secolo che ho gia di sopra nominate, usati i leoni nel niodo indicate Cio dimoslra, se non erro, che in quelle helve eravi alcun che di allusivo alia dignita e agli interessi della Chiesa romana. e non un a ccid en- tale ornamento, od un simbolo de' primi secoli cristiani. Varrebbe poi a meglio raffermare nella esposta congettura il vedere sopra alcuni di quei leoni una figura raggruppata die porta sul dorso la colonna. e pare schiacciata dal peso di quella. Vero e che appunto coloro cln- pen- sano essere la Chiesa cristiana una ricordanza del tempio di Salomone. 3go INTORNO ALLA SIMROL1CA FlGURATIVA ORN VMENTALE, EC. potrebbero volcr Irovare in quelle figure la spiegazione dei vers. 3o e 3G del capo 7 del terzo dei Re, ove sono scolpili cberubini quasi uomini che sta- vano in piedi. Cib forse polrebbe ammetlersi, se quelle figure anziche avere aspetto di cherubino non appalesassero spesso forme e movenze abbiette e quasi marcbiatc di riprovazione. Perche poi non sarebbe lecito opinare che in quell' uomo tanlo incurvato dal peso, si bramasse mostrare il poter tem- porale soggelto alia Cbiesa, e dalla Cbiesa scbiacciato ogni volta che volesse ribellarsele ? Mi crebbero un tale sospetto due di cosi fatte figure a sostegno di colonne, che stanno nella cattedrale di Worms, le quali non rappresenlano gia due volgari scbiavi, ma invece due re, giacche vanno cinti entrainbi di corona. Piicordiamoci che a Worms fu concluso il concordato per le inve- stiture fra Arrigo V e Callisto II nel 1122, e ricordiamoci del pari che la parte di quella cattedrale ove scorgonsi i predetti re oppressi dalle colonne, fu compiuta sul finire del secolo duodecimo. In quale altro paese meglio cbe a Worms poteasi conoscere quanto il potere dei principi avesse dovuto cur- varsi sotto quel de' pontefici ? Ben e vero cbe in quel famoso concordato il vanlaggio fu tutlo del poter temporale. allesoche 1' imperalore non recedette da nessuna delle sue pretensioni ; ma e vero cbe la Cbiesa doveva per esso tenersi paga di essere cosi rimasla libera nelle cose spirituali. c di avere scosso quell' apparenza di soggezione cbe la gravava colanlo. Meditando per altro pazienlemente sulla esposta congetlura e procu- rando rincalzarla coi fatti. uno me ne corse all' occbio da non molto, il quale mi obbliga a modificarla in alcuna parte, giacche e tale di per se da manifestare chiaramente come quei leoni si tenessero, quando cominciaronsi ad adoperare nelle chiese, come un segno augusto di religione. e non gia come un' abborrita immagine de' perseculori della Cbiesa. Sla in S. Zeno maggiore di Verona un altare cbe per lo stile non mi par posteriore al line del duodecimo secolo : in esso le colonnette vanno sorrette da animali acco- sciati nel modo gia accennato. L' uno di essi e un leone alato il quale, invece di tenere fra le zampe una serpe, un vitcllo od un soldato, come quelli cbe gia indicai, custodisce il libro del vangelo di S. Marco, su cui da una parte sta scrillo Angelum meum, e dall'altra Evangelium secundum Marcum ecce DEL NOR. PIETRO SELVATICO ESTENSE J rj i mitlo. L' altro e un torn pure alalo, che del pari posa le zampe sopra un libro aperto ove leggCsi : Initium sancli evangelii secundum Luc am. V. chiaro che volendo con questi due simbolici animali alludere ai due evan- gelisti Marco e Luca, si bramo far conoscere non poler essere 1 altare meglio guardato che da due Ira i principali bandilori della parola di Gesu Crislo. Questo solo fatto non basterebbe per certo ad avvalorare 1 opiniune che i leoni volessero indicar sempre gli evangelisli o i guaidiani delle verita reli- giose : ma parmi sia bastante a dimostrare, come quegli animali non allu- dessero altrimenli ai nemici della Chiesa, ma piuttosto ai difensori dilei. Cio mi sembra si possa argomentare anche osservando i due leoni che stanno mi I la porta della stessa basilica di S. Z,eno. e ^rli altri che reggono il pronao della caltedrale Veronese, i quali tengono fra le zampe una testa mostruosa die si direbbe appartenere ad un essere diabolico : lo che potrebbe assai facilmente voler significare come il leone sia simbolo della Chiesa. la quale debella le male arti di Satana. Forse non sarebbe fuori del ragionevole il pensare che i predetti leoni si collorassero nel medio evo dinanzi alle porte delle chiese per quclla stessa ragione per cui gli Egizii, gli Assirii e i Per- sian!, e sopra tutto gl Indiani (44)> '■ ponevano nei loro tempii, vale a dire. perche fossero quasi custodi de' sacri ricinti. Era nei popoli antichi la falsa opinione che il leone dormisse co^li occhi aperti, e quindi ne consideravano la immagine come il simbolo piu conveniente a denotare la vigilanza sacer- dotale, che ha mestieri di slarc sempre desla intorno alle cose di religione. I cristiani possono aver applicata anche questa idea al loro culto. senza temer per nulla d urtare nel paganesimo o nell idolatria : giacche sapevano come il leone fosse simbolo di un evangelista, e, secondo S. Dionigi 1 Areopagita, il principale fra gli animali mistii i ed indicio del lume dwino. A chi oppo- nesse poi che i cristiani difficilmente potevano aver modo di andar ad imi- lare codesti leoni nell' Asia e nell Africa, risponderei che fmo dal tempo di Giustiniano erano frequentissime le comunicazioni fra i raonaci ) L' uso per altro di codesti leoni dinanzi alle porte delle chiese non si ferma col duodecimo secolo, ma continua nei due susseguenti, perche ne tro- viamo esempii cosi nell' abside come nelle porle latcrali del duomo di Trento edificato da Maestro Adamo d' Aragno nel 1212; e nella cattedrale di Lodi il cui eslcrno appartiene alia meta del secolo quarlodecimo, ed in S. Lorenzo di Vicenza, opera egualinente di quella eta, ed in altrc chiese ancora che torna inutile qui nominare. Col progredire de' tempi poi e da credere che i predetti grift e leoni, da simbolici ch' erano si tramutassero in ornamentali. E forse non altro che come ornamento gli adoperarono, e ^Nicola Pisano, sotto gli eleganti quanto preziosi pergami di Pisa e di Siena, e i nnmerosi scultori di sepolcri die fiorirono nel decimoquarlo e decimoquinto secolo, i quali as- sai di frequenle gli usarono a sorreggere le arche mortuali. Anzi abbiamo buona ragione di credere che anche nel diiodeciino secolo si usassero spesso. non altro che come un bizzarro fregio ; imperocche il citato Teolilo Monaco ove parla degli ornament! da porsi agli scrignetli d' oro e d' argento, dice cbe gli artefici erano soliti scolpirvi leoni e grifi nell' alto di soffocar pecore. o qualunque altra cosa lor talentasse. la quale ultima espressione mi pare dimostri cbe scnso simboliro in essi non contenevasi (4^). Raccogliendo le sparse fila del mio discorso in una conclusione che DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTENSE >gil forse da un pezzo, Signori, desiderate, parmi resti dalle precedenti osservazio ni provato : i." Che la scullura ornamentale dal terzo al settimo secolo dell era, fn per la maggior parte simbolica, e che se alcuni di queisimboli parevano tratli dal culto pagano, avevano per altro il loro soslegno nelle sacre scritture. '2." Che non era da cristiani considerata cosa erelica oe colpevole segui tare I architettara del gentilesimo in tutte quelle parti in cui mostravasi sola- menle ornamentale, e non richiamava con simulacri special! il culto di qucsto o quel inline. 3.° Che dopo il settimo secolo la simbolica ornamentale cristiana si al lenta. e da luogo alle rappresentazioni storiche attinenti alia Bibbia ed alle a/.ioni de'santi; senza pero clie gli emblemi inconteslabilmente sacri ccssino (I essere adoperati lino alia meta del deciraoquarto secolo. 4-" Che la maggior parte degli auimali e dei ghiribizzi di cui riboccano 1 capitelli ed i fregi delle chiese dal 110110 lino al duodecimo secolo, non sono ne simboli di eresia gnostica, ne rappresentazioni del culto d Odino, ne em- blemi strettamente sacri, ne accidentale capriccio degli architetti ; ma invece rozza imitazione 0 delta anlica architettura di Roma. 0 della romano-crislia- na, 0 delle fantastiche drapperie che decoravano le chiese. 5.c Che se pur v' hanno nelle chiese dei quattro secoli sopra 1m1ui11.it i alcune rappresentazioni veramente simboliche qucste sono gli auimali degli evangelisti, alcune scene che alludono all immortalita deli'anima cd alle ten tazioni del demonio, ovvero ai mesi dell' anno ed alle stagioni. e finalmente i leoni ed i grifi che SOStengono colonne dinanzi alle chiese. Quando pure mi lossi ingannato ne miei ragionamenti annua non repu- lerei aver lalta cosa disutile interamente. se le ricerche mie potessero al uieno porre gli Studiosi della architettura del medio evo. sopra via meno in certa per giungere alio scioglimento di una Ira le piu intricate quistioni della storia dell arte, come e quella che concerne i misteri della Simbolica. 1 quali misled, per quanto awiluppati di arcane forme e di piu arcani seusi. pure sono 1' opera del senno dei nostri padri, pure sono veste di religione augusta. Vol.Il ;>t)4 INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, F.C. pur trassero dall' Italia 1 origine e Io sviluppo, quindi a noi tutli parer deb- bono venerandi, perche sacra eredita di maggiori. Sarebbe pur belln se nella piu famosa citta del inondo, nell'unica Roma, ove adcsso prospera fiorenle un Istituto di classica archeologia, unaltro ne fosse ove Ie antichita del medio evo si studiassero con accurate indagini, con ricerche pazienti, con qiieU'amo- re che dee portarsi alia terra benedelta ed infelice cite fu maestra di civilta alio slraniero. Piu bello ancora sarebbe se quei simboli che fregiano le primitive basiliclie. quelle cbiese clie i cristiani disposero conforme ai bisogni del loro cullo ; quelle chiese die il grande Brunelleschi sludiava ed einulava nelle eleganti moli di S. Spirilo e di S. Lorenzo in Firenze, fossero guardate dagli architetti presenti, nonsolo senza disscnnati dispregi, ma cou quella rive- rente altenzioue che cerca nei inonumenli, alzati piultoslo dai popoli die dagli individui, ilprofondo pensiero che gli origino. Forse allora scoprirebbero che in quelle semplici disposizioni basilicali e meglio provvedulo al rito cristia- uo che col piu sontuoso terapio alia greca ; forse allora si accorgerebbero clie in quegli selierniti simboli. marchiati adesso di barbarie, in quegli archi "irati sulle colonne, segno all' ira de" prerellisti, sta il germe di bellezze vigo- rose, le quali altro non aspettano clie una maggiore perfezione della forma ; sla la scintilla di novellc creazioni non nieno venuste delle greclic e delle ro- mane, e di queste piu proprie a staccar 1' animo dalla creta. Se la mile ilarila del clima e del sole, se i piu vivaci impeti dello spirilo, se gli affetli, le Iradi- zioni, i custumi d' Italia, fanno men convenienli alle chiese nostre, o menu comprese dal popolu quelle maestose arditezze della cattedrale archi-acuta che lanto valgono a sollevare lo spirito dalla terra, a lanciarlo piu puro e piu libero neU'iminenso pensiero del cristianesimo, la morte el'eternita, almenu prufittiamu di quei primitivi concetti rituali e simbolici, che sono pure tutli ilaliani, e clie, serbando molte parti dell' antica architettura, le convertirono e ri^enerarono, sicchc ne uscisse espressione strettamente conforme all in nuvata societa cristiana. Siamo ridotti, miseria lamentevole delle regole, a dover porre il corintio lanto sulla facciata di una chiesa clie su quella d' un leatro ; ad usare la stessa loggia jonica cos'i per un Iribunale clie per un palazzino campestre ; ad invenlare i cimiteri cristiani al modo degli Egi- HI I. NOB. PIETKO SELVATICO KSTENSE 3g.) /.ii. dei (iicci c di ;illi'i popoli (lie avevano rehgione e funerali different! dai nostri. Siamo pari ;i colui che di una lingua conosce pochissime voci, e quelle vuol che gli scrvano ad ogni caso: e chiaro che all intenzionc devt mancargli la parola, quindi mostrarsi incompiuto, infiacchito o falso il pensie to. Ove (H.i N.ipoli alzo quel suo dispendioso quanto freddo S. Francesco ili Paola : ove Parigi profuse milioni nella Maddalena, iinmaginatevi invece, o Signori, le hasiliche di Santa Croce e di Sant'Agnese a Roma, di S. Apollina- re in Classe a Ravenna, di S. Frediano a Lucca, ornate di musaici condotli con quella rara perfezione della forma cui giunse inalcuni luoghi, e spccialmente a Roma, quell arte sovrana. Immaginatcne gli ornanicnti cd i simboli. non piu rozzamente scolpiti, come nei primi secoli dell' era , ma lavorati con quella eleganza <• quella (oceanic espressione che sanno dare alle opere loro un Bar- tolini. un Tenerani, e questa luce della veneziana scultura. Luigi Ferrari. Ri- vestitene le ampie finestre di vetri armonicamente colorati. attraverso i quali il sole avvivi di magiche tinte religiose storie. e spandendo 1 iride per le \olle del tempio porti 1' animo a meditare fuor della terra. Doratcne gli arclii e le cupole, come nella basilica insigne die questa regina dell' Adriatico eresse con le reliquie della greca e bisantina magnificenza, e ditemi clii piu brame- rebbe vedere alzata una chiesa ad imitazione del Panteon '.' [Lelte il 3o Mario 1845 1 > O T E (i) Giulio Cordero da San Quintino. Ragionamento sopra f arehitettura longobarda. Brescia, 1838 — I Hope, Histoire de I' architecture, traduite dt t anglais par Baron. Bruxelles, i83g, due vol. in 8.' (_:) Hope, Op. iii. pag. 223 e seg. (3) Defendente e Giuseppe Sacchi: Inlorno all' arehitettura simbolica civile e miliiarc usata in lia lia nei secoli f I, 111, fill. Milano, 1828, in 8.u (_,) Caeterum in claustris coram legentibus fratribus, quid faciat ilia ridicula monstruositas, miru t/uaedam deformis formositas, ac formosa deformitas? Quid ibi immundae simiae ? Quid feri leones f/uid monslruosi centauri ? Quid semi homines ? Quid maculosa? ligrides ? Quid milites pugnantt i - Quid lenatores tubicinantes ? Videos sub uno capite mulla corpora, et rursus in uno corpore capita mulla Cernitur hint in quadrupede Cauda serpentis, illinc in pisce caput quadrupedis. Ibi bestia praefert equum, capra trahens retro dimidium; hinc cornulum animal equum gestat posterius. Tarn mulla denique, tam- que mira diversarum formarum ubique varietas apparel, tit magis legcre libcut in marmoribus c/uam in codicibus, totumque diem occupare singula ista mirando, quam in lege Dei mediiando. Pro Deo.' si /ion pu- del ineptiarum, cur vel non piget expensarum ? — S. Bernard. Apologia ad Guillel. S, Tlieodor. Ab. Tom. I, i.ip. VII, col. 53y dell' ediz. di Parigi, 1690. (."») Atenagora, I.egat. pro Christ., cap. XXIV, (6) Cod. Theod., tit. -V, lib. .YI.Y. De pag. sac et tempi. (-) Theod. lect., Excerpt, eccl. hist., lib. I, cap. XV. — S. Leon, apud S. Julian. Daraasc. De imagini- bus, Oralio terlia. pag. 3b8-3o-. (S) Exodus, cap. XX, vers. 4, ;"., -3. (9) S. ('.loin. \lc\. Pedag., lib. tertius, cap. II. — Tanto pensavano cid 1 pi inn cristiani die ncl Con- • ilio ill lllibcros, trnulo ncl 3o5, e ilclln Placuit (picturas) cue in eeclesia non debere, tie quod colilur , 1 adoralur in parietibus depingatur (Cone. Illib. can. 36). Queslo decrelo, di cui si fecero gran puntello pli iconoclnsii. In il soggctlo d' interminabili disi ussioni. (10) S. Paul., Ad Corinthios, epist. I, cap. I, vers. 22, 23. — Irnob., Adv. gent. Lib. I. lol. .1 e -.. cdizione 1 j.,2. — Lactanlius, Div. lsl.,]\b IV, cap. XIV. 098 INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC. (11) Rumohr, Italienische Fozschungen. Berlin, i83i. Dril. Theil. fol. i65. (12) Monges, Dictionnaire (? Antiquites, etc. l'Encyclopedic methodique, art. OrpMe, Orpltiques. (i3). Euscb., Luu,l. Const., lib. XII, cap. XV. — Arringhi, Roma sol/., lib. VI, cap. XXI, tomo II, pag. 56o. Fed. Borrom. De fuel, sacra, lib. II, cap. I, in Symbol, lilt, medii aevi, nel lonio VII dell'ediz. 1754, pag. 4'. (i4) Si possono vedere figure per gran parle sintili a quelle del buon pastore crisliano, nellc tombe de' JNasoni c di Publio Celio Sabino, pubblicate dal Mabillcm (Mus. llal., lom. I, pag. 223). Puossi affermare che il tipo di qucsta rapprescntazione rimonta all' anlichita ellenica, percbe trovasi in Pausania die Calame abile scultore, aveva latto a Tanagra la figura d' un paslore con 1111 animale sulle spalle. Lo slesso Pausania ci racconla cbe in quest' ultima citta il giovinc piii bello la percorreva portandosi una pecora sulle spalle. Calpur- nio e Tibullo ci porsero ne' lor versi questa gentile immagine dell' innocente vita de' campi. (i5) E\ang. S. Joban., cap. XV, vers. 11. Al verso x6 dello stesso capo aggiunge : el (oves) vocem meam audient el /iel unum ovile el units pastor. (16) El cum invenerit earn, imponit in humerus suos gaudens. El veniens domum convoeat amicos el vicinos ilicens illis . congratulamini mihi quia inveni ovem meam, quae periebat. S. Luc. cap. XV, v. 5-6. (17) S. Matbeus, cap. X, vers. 16. (18) Defendente e Gius. Sacchi, op. ci/„ pag. 1 53 (19) Id. id. (20) Ezech., cap. XVII, vers. 3-7. (21) S. Johan., cap. XXV, vers. i-5. (22) S. Matb., cap. X, vers. 16. (23) S. Joban., cap. I, vers. 2q-36. (24) Apocal., cap. V, vers. 5-8. (25) Id. id. vers. ,4. (26) Isaia, cap. LIU, vers. 7 (27) Certo Anselmo Costodono, nionaco camaldolese scrisse un'operetta col tilolo DelPesce simbolo <'i Crislo presso gli antichi crisliani, ed e lavoro ricco d' erudizione ; ma piu pregcvole assai e quanto detto iu- torno a cosi fatto argomenlo I'Ab. Polidori in alcuni bene svolti arlicoli inserili nel Giornale L'amico catfolieo (28) Terlull., De Baptism., cap. I. (29) Beda in Job, lib. I, cap. XII. (30) E da avvertirsi per allro cbe gli artisti cristiani usarono il pesce tanto per indicate 1 redenti cbe il Rcdentore, come ne fa sapere con pensata critica il dottissimo Polidori nel citato lavoro. Le stesse cinque lei tere ond' e composta la parola IX0TX, considerate come iniziali di altretlante parole, trovaronsi nell' idioma DEL NOIl. PIETRO SELVATICO ESTENSE ^99 gi-cro, atlc a licordarc .1 11 ', Ic .1 lalurc e h qualila del Salvalore.— II vale Polidori prova ciu m passo di Oltalo Milivctano c piu col segucntc di S. Vgostino I), Civ. Dei, lib. XVIII, cap. Will, die pii 1 limpidamenlc II fallo Graecorum quinque verborum quae sunt \»7:ii Xhh:, G;;J Tic: Ztirnf. quod est Inli- ne, Jesus Christ ul Dei/ilius Salvator, si primal litlerai jungas erit IX6TE; idest piseis, in qua nomin, mystici inlelligatui Christi ( .\mic. Catt. lorn. I, pag. 225). (3.) Osca, cap. XIV. vers. 3. (32) A meglio cliiarirc qtiesla specie di ron'i.sponili'ni'.a siinlmliia Ira i qui imlirati awt'itimenti d< II an ic. 1 con la nuova leggc, gli scultori usavano spesso effigiare still. 1 frontc de1 sepolcri cristiani, da mi lain i falti dell'anlico testamento, dall' altro quelli del nuovo chc venivano dai primi allegoricamentc espressi. Sc nc pos ,o no vederc frcqucnli gli escmpii nelle voluminose operc dell' Arringhi, dell' lllcgranza, del Boldctlt, del Bot. '.11 1, eci . ecc. (33) S. Dionig. Yrcop., De Celesti Hyerarch., cap. II, pag. i5-i8 ;cap. W , pag. ij_- cseg. — Epist.lX, Tito Episcopo, pag. 6ii,cdiz. di Vcnczia, 1^55. Sunn pure da vedersi le erudite annolazioni del Cordcro ai pa.s.si i ilah, ove da buonc indicai Lorno alia simbolica ligurala in corrispondenza 1 "n le sacrc scrillurc. I. in, in 1 In' molli lengono i^ti scritti .li S. Dionigi come opera del vesi ovo s,,,,.,i,, , |„. viveva ncll'ollavn secolo. (34) Com il. quinixest. in Trull... ■aim,,. LXXXII. (35) (hi apparisrc ancor pii'i chiaranientc dai bassirilicvi rozzissimi 'In- slanno sulla racciala • 1 i S. Z™ in \'crona, ove Ic composizioni storichc oil emblcmalichc porlano iscrizioni die ne dichiarano il sciuo, nicn- ,ir i fregi ni'ii.niiriiiali, per quanto bizzarri sicno, non sono a, < oropagnati da ncssuna parola. I! Persi, 0 1 ipor n, mill' quelle iscrizioni nella sua Guida. ferona , l„ sua Provincia. Verona i838, pag. , , ■ . (36) Tcoph. Mon., Libri Ires, sen diversarum allium schedule. Lulcliac Parisiorum, 1843, n , pag 192 (3-) Teopli. Mo..., Op. oil. pag. 244. (38) S. Yslcrius, HomcVia de divit, el Lazaro, pag. 3f + (3.,) Aiulir E. David, nella Histoire de hi sravur, au moyen E F DELLA FORMULA Ev \ ESSENDO l\i;,i FUNZIONI [MERE 1)1 IM MEDESIMA VARIAB1LE COXSEDERAZIOXI I ) E L P R ( ) F. ( . A S 1> A II E M A I N A l\ D I -odd CORRISPO.NDEME J^.i leoria delle Irascendenti clliltiche ed abeliane, maestrevolmente col- livata da I)' Alembert. Fagnani, Eulero e Legendre. mirabilmente promossa dai sommi analisti Abel e Jarobi. e clie vr> tuttora perfezionandosi per opera degli illnstri geometri Liouville, Hermitte ed altri, forma in oggi la parte pit) elevata del calcolo integrale delle funzioni. Sulla integrazione delle for- niule irrazionali di ordine superiore, non Iroviatno che poche memorie di Eulero, Rumowski e Lcxell, inserite negli Atti delle Accademie di Pictro- burgo e Berlino, e qualche cenno nella classica Teoria delle Irascendenti ellittiche di Legendre: lavori che riguardano alcuni casi particolari, nci quali generalmente possiamo togliere la irrazionalila con le trasformazioni gia note. Nella presente memoria offro il risultamento ill alcuni studii intorno alle fun zioni irrazionali del lerzo ordine. intrapresi seguendo il metodo indicato da Abel con le parole seguenti : Dans le calcul integral, uu lieu <1>' chercher. a f aide dune espece de tdlonnement et de divination , d inte'grer les fortuities differentielles, il /nut plutot chercher. s il est possible, de les inte'grer de telle I'ol.II. 4.02 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA ~T= , EC. ' Ey'i ' ou telle maniere. » (Abel, ClEuvres. T. II. pag. 1 85). In queslo mio lavoro indico primicramente. conic la integrazione della formula generale si riduca a quella di alcune elementari; di poi, esaminate 1c varic forme clic pub assumcre 1' in- tegrate generale, determino le condizioni richieste da quella trasformazione, c sono per tal maniera condotto a molti integrali, clic credo fmo ad ora inosservati. 1. lndieliiamo coi simboli F(.v), E(x), -i(x) tie funzioni intere di una medesima variabile x e poniamo / -f(T) = r. Tutte le volte che fosse data ad integrare una funzione intera di .t e r. cioe una funzione della forma D-\-Ev-\-Fs- ove A,B...F rappresentano funzioni intere di x. indicate con Bs, 6, le radici cubiche immaginarie dell'unita, se moltiplicheremo i termini di quella frazione pel prodotto •E(,:f il risultamento si ridurra alia somma di tante funzioni della forma _,, ,, le quali resteranno ad integrare. Cm. 2. Supponiamo che la funzione j dx sia algebraica intera ri- spetto ad x e v. jiel che dovra essere f I^-dx^P+Qo+R, ove P.Q,R. indicano funzioni intere di v. Differenziata quella equa- zione si ottiene DEL PROF. GASPARE MA1NARD1 4°^ essendo ly , . U ,,..., — = TT''-"r_:"~ 17 p \MIIII) llllllllll ossieno Integrate queste equazioni, raccogliarao dover csserc E(x) — i , J° = costante, () e = costante ed avrcmo ' J m (i) / ±£Ldx = Rp*+ cost. quando sieno E (x) = i, F (.r) = 4- 7T-h ~ R *'. 3. D' ora in avanli indicherb con le scritture gr.F(x), gr* i gradi rispetto ad x dei polinomii F (.r), •}■ (.r) . . . Intanlo per le equazioni (i) vediamo dover essere almeno gr.F(x)=gr*(x) — i Se poi vi poniamo R = i , -i=a t a.x ta x~. . . -f- oi' ....-(- o, x" 3 (fl) /2anA4__-f- (rt— l) «„_,A„_2H-...-+- 2 rt=A,-(- aiAo=:- c;-i- cost. •,fi dx ed /• intero positivo. Supposto m = -z,R = x-}-Ai, si ottiene (t~t-mn) anAn-\-({l-\-mtn — \ )a.,_i-j-mna,r/ i)A,._t...-j-i i-\-mr)ar-^-m(r-*-< i _ I A 4o4 SULLA 1NTEGUAZI0NE DELLA FORMULA ~y=, EC (l>) -+- («,-+- ma A) Ao— (x -h A) v -\- cost. Falto R = xz-+-Ax-\-A1 avremo mnanAn+i~\- ( i -+- mn A ) au-\- m (// — i) avremo An e con lo stesso metodo troveremo A/J+1, An+3 , . . . pel che siamo condotti a conchiudere clie : Qualunque funzione &„_„+, si puo esprimerp vn7.ionalmenle per mezzo degli integrali elementari A , At 4,;_„ di x e tli <\ 4. Ripresa la equazione (Z>), sostituitovi il valore di Ax. e supposto ( 1 -+- mr) ar-V- m (/•-+- 1) ^ a# + = o per qualunque intero /• avremo __( 1 -+- m) (1-I-2 »i) ( 1 -+- 3 m) . . . ( 1 -)- (r — l ) m) ( i_y "'— i.2.3... r V mAj " <|iiiiuli la formula notabile /xndx l i-f-m (i-j-ni)(i-(-2'") j (i+ra)(i4-ara)...(i+()i — i)m) n\] Ji-KH x'-\ 5 .r ...H ; X i f 1 . a 1.2. o 1. 2. ... 4 ( 1 -4-m)(i-f- 2 m) .... 1 1 • n m ) \ ml \ \ . 2. / HI I. PROF. G \SI'\KK M UN \KI)I \n.) \\ col medesimo ordine di calcolo conseguiremo la equazione piu gene- nde i In' li<» indlcata nella Memoria intorno ad una dimostrazione direlta di mi celebre leorema di Abel e Jacobi, pubblicata ml torao XXIII degli \ni della Societa ilaliana delle scienze, i84j. Altre ancora piu composte si otter- rannn col mezzo della equazione (<) c (juelle die analogamente derivano • lalla equazione (i). .'>. Supponiamo cbe 1' integrate I -,. d x sia esprimibile da una funzione ili x e v algebraica frazionaria, e pero si abbia / I x = i.\x) " D -\-Ev-\-Fv ove A, It sicno luuzioni intere di .r. Indicate con '< v le radii i cubiche immaginarie dell' unita, se moltiplicheremo i termini di quella fra- zione pel prodotlo il denorainatore verra Iiberato dall' irrazionale ed avremo / -.., dx— s essendo P.Q.li.S. funzioni intere di x. Aline di determinarle, diffe- rcnziata questa equazione pec x . si ottiene la seguente ossia ' ' u/;-t-';/;+i.v-+/i.s|++l/'.';-y'Yi + r-J1nt>-(M \S— f-(>5'| / ,\ I i i\S ,' A > J ualla quale derivano PS-PS =<,. (Q'*-h^Q*')S—iQS'=o 4o6 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA TTv^ , EC. vale a dire, inleerramlo, P Qv -^= costante, -^- = costante pel clie avremo (2) quando sia E{x)~S~-t v " " ' 3 y\(-iR'-h--i'R)S-*RS'\ 6. Pongasi primieramente S=(.v — «)', essendo r intero positive pel che e siccome qualunquc funzione intera *(j?) pub soltoporsi alia forma * (,) = *(«) + {x - a) *' («) 4- {^f *"(«) • • • ■+■ 7X^7 *%) supposti R=i, •*• (a) = 'i'r, avremo §^ =— L-— j („ ro_r) (*_ v / (x — ")v I (x~~a) /d X V* ; „-+,_„ = ; 7 -+- costante (,r — o) +' f (=5 — a) nella quale equazione, fatto successivamente r= 1, 2,0. . . , si avranno DEL I'P.Or. GASPARE MAIN \Hlil /dx . C dx . fdx -h(r/r/i— i)*. / - —dx-\ ' 1- cost. v ' ' 1 v x — a /dx C dx . , /" ,/,. (.c— a)ru (3/72—2) + (.r «)» ' N / /; — i ■ u (// i/i — -2) I dx-\-- --+- costante da ( ui deduciamo che « qualunque funzione della forma sendo r positive), si esprirae razionalmente per mezzo degli integrali / «•' ' i- i- — , A , A .... a ill i t* ill . ' . Se •+•(. cioe x — r/ divisore di +(•!')• qualunque funziom So •■{■'(«) = o. +• (^/) = o. e pero (x — a) divisore di +(.)). anclu — -_ — —t si esprime razionalmente mediante i soli integrali. s.^-.... a I integrale A _ c qualunque altro delle form /■- --/- vien dato razionalmente dai son integrali elcmentan A. a . .a _. di .i v di .. F 4<>8 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA T5?^ , EC. Sc la funzione i (.r) sara del terzo grado pel che * (x) = •*• -h (.r — o) *, -+- (.f — «) =-fr2-b (x — a) '■*■ lallo =y avremo a; — a j (x— ,„ -J; /•■,. cosicche in questo caso 1 inteerazione di qualunque funzione tt^ si ri- (lute a quella delle due forme elementari Ao, A . 7. Aggiungero qui di passaggio alcune osservazioni. i.° Seguendo 1' analisi usata superiormente troveremo che le riduzioni degl integrali j — dx, j ^—3 — — si verificano qualunque sia Tor- dine dell' irrazionale 1 . 2.0 Indicate con a„ « le radici della equazione *¥(x) = o, siccome ■i-(x)— f-i x — a, indi ^ I , 1-— = — h costante v r ^ _; 3.° Nella equazione (d) poniamo / dx / dx _ ( — 0' ''!>" (x— «)'1-,-"i«— •* ' f (x— fl)''+,-'!+V — (r— /i-4-i)(r— n+a)...(r— n-\-i) ~da ue dedurremo la seguente equazione differenziale (n— i)(i_m)_r ,/r , .,' (n — /)( i— m)— r rf'j ' ] ■> ,-„+, *— ^••••-^(-I) (r-,H-,)-(r-,,-P)*'-' S' v ' (r — /7-f- 1 )..(' — 1) da" (x—a)' DEL PKOF. GASPARE MA1NARDI ^x) i he b soddisfatta da y= 8. Supponiamo f * . J (x—a)r+'-"v /'(') _ bu-)-blx...-\-brx l:( i ) c, ~\-cxx. . -f-cf / ossia (3) ;(+ I! '-+- \ +/.') A + /LS"<(f„-Hfi.r...-f-f/)=i- (/; -^/;,i\. .-+-£,.! ') Aflinche questa equazione sussista dive essere t-\-%r. f H- gr. 5 + gr. /i — 1 = 2 gr. 5-f- r ciofc gr. 5= gr. -fr-l-gr. B-\-t — r — 1 Essa contiene varii parametri indeterminati il numero dei quali e ugualc al gr.il-r-gr.£-M-f-/-+- 1 lasciando la funzionc ■fr(.r) aiTatto indeterminata. e putendosi supporre ct=i, ed cgnali all' unita anche i coefficient! dclle polenze maggiori nelle fnnzioni S ed /«. Quella equazione poi, la quale deve essere identica, trattata col metodo dei nocfticicnti indeterminati, 0 altrimenti, fornisce molte equazioni ili rein zione Ira quel parametri, il cui numero e eguale a <■ pero dovra essere 2 gr. S •+- r •+• 1 non > gr. B -4- gr. S-+-t-h /■-+- 1 vali' a dire gr. 5 non > gr. R-+-/, ossia r non ...; quindi una equazione in A del grado « — 1, che offre n — 1 radici, per con- seguenza altrettanti valori di bo, bs. . . ; ed ancora tanle formule integrali / «.»• = ; 7-h COSt. La equazione fra br, br+1, br+z moltiplicata per ( — A)' assume la forma seguente A2((- A)r &,) = (- A)'' J in A (r -+■ 3) a,+3 ■+- (m (r-t- 2)— 1) «r+2 j e quindi la espressione sirobolica i>= (- .7)-' 2 2 (- jy \ m A (r ■+■ 3) ^+3 ■+■ (w ('•-+--)- x ) ««« i DEL PROF. GASPARE MAINARDI Se n — 3, b — av b== ~a . A a — 2 Aa-\- 3 a ~ < >. '.', .la — 2 A 0 — a d = a o2 -f- f) a " (n,; — 3 at a ) e l.i cqunzionc di condizionc 27 a >//-t- 4 ".."_' —180 «[ ^ a -\- 4 0, o3 — a, a in virtu dclla quale avremo / ax , 1 -+- cost. Se <' ± - 1 " ) ■ l> a a,Ai—a A -i-'i a. I 3o o, {.a / - 3 a / -{-20 / — a,:=o vale a din- — ; — = 0 e posto per brevita di calcolo a =0. il che non toglic punto alia g« nci 1 lita, avremo la equazione ill condizionc 256 o 1//— 128a a\a,-\- iG« .«;-+- 1 44" °, flz° " 1" " '•'"" '; verificata la quale sara / fl.f = — - , -*- cost. k ■ -+- . — . -.- .-r-f-^/ 4i2 SULLA 1NTEGRAZI0NE DELLA FORMULA £A7, EC. Supposti bv = o,bt = o si ottiene / |/(rm+i -+- m- xz -+• 1 m .v~ -f- x;) 3 v- ; h COSt. purche sia cosi troviamo /• ■ 3 a%x— 1-5 -hqx)(i—m)—m^ = ±(2—p— q) jr-t- I (/,* h_ y« _ 2 *,) e pero / (2— p— y) x-\-(pg:L-\- 2^e — 1_ ^ ) — ;■! f to _f_ 6_ A) c-t-A-— 3(6„ — f>,A) //" ('-•-+- A-;( f — A; (c-)-.r) (r-(-c) I'd integrando abbiamo , ,.m, v, a(cH-*) — 3 (6..H- A, A) 3(&„ — t,*)- (c-f-A) pel cht / (c-f-x)|/^(x-H-c)(x — A) !//;(. (« — *)' rf .r = -1-" -I- cost . 1 1. Volendosi r—o, t= 1, U= 1 lanalisi del paragrafo antecedente ne dimostra dover essere p-^-q=i, e pero la funzione *'(»') del terzo grado, e saranno p = o, 17 = 2. nel qual caso sparisce la irrazionalita, ov- vero. ^=1^ = 1, oppure ^ = 2, y = o. 12. Ma possiamo altrimenti risolvere con tutta generality la quistione di cui ci siamo dianzi occupati. DEL PROF. GASPARE MAlNARDI \ ■ ■'» f ... Si voglia trovare la funzione ove F indica nn polinomio intero rispetto ad .r. il cui integrate e esprimibile razionalmente per x <■ v. Dovendo rssen- {,!) ( f /?'-+- 1 *' R) s - * R S'= S F siccome S=o rende l- R S'= o, sc S '= o , indicate) con // un fattore raultiplo di S, cosicche sia S=s.p'. quella equazione si ridurra alia seguente (f li'-h ^i'R) sp — -i- R (s'p -+- rsp') .s // " / Ulorache p—<> avrcmo pure f/»— o: supporremo adunquc S = V Q .-i ■ = P V. II, R = Q N. II essendo P. Q . . . II tutte funzioni razionali intere di x, ed // il mas- siuio divisore comune a ■+ ed R. La equazione ( u(\i/)-^] /> \(\niy -jM\ui>i = PF i ■ 1 1 < i i « - 1 1 1 ■ rssriido P — <> di'M' jtur cssere MNHP'=o, ed anche MNH=o . sebbcne fosse pure P=o, pereio dovremo supporre P =p. q . S = p. . tj...li indicano funzioni intere di x, e si avranno F = h \ p q h M A -+- .,' p'q h UN + jph N (q M) H- \p q h V/A] *A j/iy/i.l/T-f-i/) v/,.]/ /V-f-| phN(q U)'-\-\p(, ' '/ \ J / V {p'-qh l/i iV7/ (/; y // M )' -+- costantc tfj 4l6 SULLA 1NTEGRAZ10NE DELL A FORMULA ^= , EC. F(x) che fi porge la forma generale dello funzioni ._ — il cm integrate puo venir rappresentato da una funzione razionale di v e di x : la quale ve- diamo dover essere intera. J vE{x) i3. Poniamoci ora ad esatninare se 1' integrale j ■ „ . d.i possa venire rappresentato dal logaritmo di una funzione razionale di x e v ; doe la possibility della equazione / Vj^dx = log. D+El. + Fr, = log- g essendo /LB . . /»', »S funzioni intere della variabile x. Quella equazione differenziata fornisce ■+- 3 j (3 + £'+ *'£) S- 3 * @ S'j rJ la quale si decompone nelle tre seguenti 3 554 71 5= (3 * (>'-+- *' 0 5 - 3 * _^_ gr. 5 „ , 2gr.£H-gr.£H-gr.*-i non < gr. 7>-+- gr. fl-hgr. .V- 1 cioe gr. jR-r- gr. ^ -h gr. •*• non <2gr./>, ugr.^-f-gr.-f non gr.^P-t-gr^-r-gr. K ■+- gr. 5-r-*,H-a abbiamo quindi le condizioni (;) 2gr.£-+-gr.£-f-2gr. * non > gr. P H- * -+- 2 2gr..P non > gr. R-\-%r.Q-\-gr. ■*• , gr.P-t-gr./i 11011 > 2 gr. () -I- gr. "* e pero 3 gr. /' non > 3 gr. (J-+- 2 gr. + la quale condizione. sommata con la (;) moltiplicala per Ire. fornisce •'• p1 ■ C "+■ •' gr- $~^~ 4 gr- * """ > ■* "*", ~i~ ^ Siccome si suppone almcno gr. f - :3 non puo essere + o essendo 4l8 SULLA 1NTEGRAZ10NE DELLA FORMULA ^T= , EC. 4, = c-f- rt v.. \-a/i_x"~'-i-anxn , e potendosi supporre «H_i=o, «,= i, sara al piu * = (gr. *-h 1) — 2 = gr. *-f- 1 , e pero gr. -i- non > 3 2.0 Se gr. 7i + gr. 5-h gr. () -+- gr. * - 1 non < 2. gr. 7*-+- gr. S— 1 gr. 7> -}- gr. 71 -+- gr. S - 1 non < 2 gr. £ -f- gr. S ■+- gr. * - 1 cioe 2gr.7Jnon >gr.7i-hgi\()-r-gr.*, 2 gr.(?4-gr.* non > gr. 7J-+-gr./» il numero delle equazioni date dalla (It) sara gr. P 4- gr. Q 4- 2 gr. 71 -+- 2 gr. 5 4- gr. * quindi gr. J? -+- gr. 5 4- gr. * non >2-f-* Dnnque non puo essere ■*•, = o : Di piu siccorae gr. R 4- gr. S non >i, 3 gr. Q -+- gr. ■* non >3gr. 7? e pero nuovamcnte gr. •*• non >3 3.° Se 2 gr. 7> + gr. S - 1 non < gr. R 4- gr.^H- gr. (> 4- gr. * - 1 non potendosi abbassare il grado del binomio PS — PS' dovra essere 2gr./> = gr.7*4-gr.()4-gr.* e pero ricadiamo nellc conseguenze superiormente notate. Supponiamo ormai l- = oo4- o, r -f- o3 i' essendo gr. J = 3, il primo caso superiormente consideralo importa che sieno gr. Q-\- gr. £4-2 non >•*",, gr. P non > -i 2 gr. J* non > gr. 71 + 3, gr. 7>4-gr. 7j non > 3 quindi gr. ()=o, gr.iS=o, gr. K=i, %c.P=n\ ovvero gr.7)=i Poniamo Q = S=i, R = A+Bx, P = C+Dx-+- E .r le equazioni fondamentali 3 * TT-t- 2 * 7* = 3 P/>'. *'= 3 FT? DEL PROF. GASPARE MAIWRltl \ \ f> lorniscono le seguenti 3 / 1) a, . 11 D -+- a A E ... Ellr- ' a , ?, a II - i E 2 a,A = 3 E I) . 5 aB = 3 #H- 6 E C, 3 ou />' + 2 a .7 3 /; C 3o limii a; ,ii . Ii= ~ , A— — '- E , D = — ^ i <|iiali valori sostituiti nella equazione II 1) -\- •xAE.— u conilucono alia conseguenza assurda a a — <> La seconda ipolcsi, gr..P = i, fc incompatibile con le altre condizioni. Supposto come sopra gr. •*•: 3 e considerati il secondo e lerzo dei casi possibili superiormente indicati, saremo ricondotti alle stesse conseguenze assurde. Concludiamo adunque che 1' inleerale I -'" dx non duo venir F vE{x) ' rappresenlato dal logaritmo

  • . C funzioni intere della variabile x: 0t. 0 le radici cubi- cbe immaginarie dell' unita. Differenziata questa equazione otteniamo ■ (,/-|-fl + C,i,/-(-/;-(-C- -AB—AC—BC)+- = j (CH-0,^'H-0,/?')(,/H-0,fl'+01C /A /'' BQ+["'!jfJf.iS-^cfic ' (C'H-^.y-t-^ //)(./ -4-5,/? -f-(«.' 9 //- 9 . /r CC) _ o tB:—,/C)A'-\-(C- //!i/S + (./-—BC)C v H- 9, 0 eJ) F(x) = 3 ^'(P— .-/(>)-*-|-((>;+ _. -7/^(3 F+4-/>*')4-(-^— PQ-i) (3 (T*4- 2(H) ^ 2 ' £( r) = A1 H- P3 •*■ -+- Q' *- — 3 ^/ P Q •}• Per istudiare le forme piu semplici dell' Integrate che si considera, sup- poniamo che debba essere gr. E < gr. ■*• , e siccome i gradi dei termini della funzione E (*r) sono espressi dai numeri 3 gr. ,7, 3 gr. Pn-gr. f . 3 gr. Q 4- 2 gr. *, gr .-/ 4- gr. 7J+ gr. 0 4- gr. * affinche la seconda eqnazione (2) sussista dovra verificarsi alcuno dei casi rhe seguono 1 ,° Se lion < 3 gr. Q-\- 1 gr. ■*■ 3gr.^/=3gr.P4-gr.* 11011 < gr. A 4- gr. P4-gr. (J 4- gr. * cioe gr. ■*• = 3 (gr. A — gr. P), 2 gr. /> 11011 < gr. Q 4- gr. A siccome la delta eqnazione ne fornisce altre il cui numero c espresso da 3 gr. A 4- 1 ed il numero dei parametri arbitrarii, che essa contiene, lasciando indeter- minata la funzione -fr (.1) , eguaglia la somma gr. A 4- gr. P 4- gr. Q 4- gr. £4-4 quindi dovra essere 2 gr. A 11011 > gr. P 4- gr. Q 4- gr. E 4- 3 . ossia, 3gr./J4-2gr. * non > 3 gr. Q-h 3 gr. E-+- 9 ed in forza dell' altra condizione superiore avremo 3gr.@4-3gr.* 11011 > 3gr. P-h2 gr. f non > 3 gr. 04- 3gr. A1 4- 9 e pero gr. E non . Sc "on < 3 gr. P-+- gr.* 3gr.^ 3gr.£H-2gr.f avremo 2 gr. . / non > ^r. P-f-gr. Q -+- gr.£ -f- 3 gr. + 11011 >3(gr. ^/— gr.P)noii >cv-r-3gr..E— 2gr.+, e gr.£non-hgr.4- nun < 3 gr. @-t- 2 gr. + quindi 2gr.^ = gr./,H-gr (>-i- gr. * non > gr. P -+- gr. Q -+■ gr. £ -+- 3 ossia ^rr. E non < gr. f 3 4-° Essendo non < 3gr.. / 3arr. P-f-er. +=3Kr.0H-2Kr. f dovra pur essere noiKgr.^-t-gr.P-t-gr.^-t-gr.^ .1 gr. Q -T- 2 gr. + -+- 1 non > gr. I -+- gr. P-f- gr. Q -+- gr. £ -1- j Ma i» gr. I non > 3 gr. Q -f- 2 gr. •*■ , onde, sommata questa ineguaglianza col triple* dell'anlecedente, siamo ricondotti alia conseguenza piii volte notata. .) ". Supposto "on < 3gr.^4 3gr.P-i-gr.*=gr.^/H-gr.P-4-gr.(>+gr.-*- non < 3gr.(?-f-2givf siecome deve essere ancora 3 gr. P-f- gr. f non > gr. A H- gr. P — gr. Q ■+■ gr. E -+■ 3 quindi gr.. /-.-■; i.O .!gr. /'ikmk - gr.P-f-gr. +— gr.£— 3. e gr.£non < gr. + — 3 6°. Essendo per ultimo non < 3 gr. / 4 ion < .'» err. P-f- gr. *f 4^2 2 SULLA INTEGRAZIONE DELL A FORMULA — F , EC. per cui 3 gr. Q 4- 1 gr. * non > gr. A-+- gr. P-h gr. (J -+- gr. E-\- 3 noil >3gr. (?4-gr.*-f-gr. E-f-3 cioe gr. /£ non < gr. •*• — 3 Dunque anche col mezzo della equazione (i) non possiamo ridurre ulte- riormente gli integrali elementari. 1 5. Si fingano ■*■ = a0-+- at x 4- o3.r3 , 3 gr. A = 3 gr. P -f- •*• ossia gr. ^i = gr. P-f- i , e siccome gr. P non < gr. Q -+- i , porrcmo gr. () = o , P—g-\-hx, A — d-\-e x -\-fx2 Avrerao quindi E CO = (/3-r- "./<- 3 «;/// 04- «;0) .rf4- 3(e/4- a3#A - o&fg-h eh)) x 4- 13^/ -f- 3/e ■'-+- «// -t- 3 a Jig — 3 0 (tf /// + a3() ■*' -I- ) 'Sfga- 3 ehga.-v- 2 ajh — 6 a y///4- 0 (6 a3d/4-3 a3 e2— 4 «,/0 -+- 2 fl_ uliQ \x' -+- 1 « /# // 4- 3 aJK— at e h — 9 a3A dg-4- 0 (9 o3e d—&a0f— 5 a/e) + o3 0 (3 a A — 4 «, #) I •'•' 4- J 5 g/^"4- $ajgh-+- aegh ^adh—'Sa/ig — 'hQi$aef-±iadf-V a/) -hQ" (3 aoahg-+- 4. a' h)\xz + 1 6°0/# 4-3aoe#A— Zajlh 5adgh+ iafig-\-Q{aed— 3o"/— 6aoJ/) -\-Q ^aaji — a; g) \x 4- 1 3 «oe / - 3 oo/i rf#- fli(//+ 0 (2 a, J '— 3 o, «/) 4- Q^arh- aatg)\ DF.L PROF. GASPARE MAINARDI \ ■>.', Siccome le funzioni E (.r) . F(x) contengono s <■ conseeuiremo mi inteexale particolare drlla forma I — espresso i /■ — a) i ' mediante gli inlegrali elemenlari \, ± ; e due funzioni, 1 una algebraica, I altra logaritmica di x e di c. Prima di intraprendere questi calcoli notiamo che. supposti iiz=o , e = o, eguagliati a zero 1 coefficienti delle maggiori potenze di .1 del polinomio E(x), >i oltengono le equazioni gh — Qg/= o, d/-h 3 a , hg — a Q dh — o. f'-h a, h-h a (J :\ a fh (J= < > a, It -f- u,, g' — 3 Q {a0fh -t- a , J#) -f- 2 a, , a O' = o quindi E (.r) = 3 (/(/ 4- a0^A O flo gf ) a-'H- 3 oo // (/ d 0) .t -f- (d -f- c0 # 3 a0^ Q ■+■ a0 ' Q ) Sc g •= D. abbiamo / a3hQ—o, /ah. siccbe, falto quindi Q = o. h = d—j=o e pero /(l> (7, X+iO ) 1! X = log. (i> — mx) -+- 9 log. (6 v — mx) -t- 02 log. (^ v — III .[) iG. La formula (j) ci fa presentire la seguente, ancora piu notnbile, ~^~ —=y,9\os.(.v -hO .v r-f-9 \v r-K...-t-0 . in- 9 . t> ) t/(ao-{-x») f^ r * ' '" r ' ' in cui 9 . 9, . . . sono le radici 11 esime dell' unita ; la sussistenza della quale si verifica non difficilmente. Eulero nel tomo X dei nuovi Alti dell' I. Accademiadi Pietroburgo, notava la integrabilita di quella formula, ma indica- va solamente il modo di toglierne la irrnzionalita col porre x = gt „-\-x". {Presenlale il 29 Maggio 184M I N D I G E DELLE MATERIE CONTENUTE IN OUESTO VOL! Ml. Avvertimenlo l);in- % Elenco dei Membri nVII'I. 11. 1 >l i t u 1 «> "N »• n < ■ l<> vii HI Men; II III I Ml Ml.l-.l I I I I I I l\ I . Del metodo e delle avvertenze che si usano ml I orto botanico di Padova per la cu/lura, fecondazione e fruttificazione del/a I ani- glia, del Prof, HoIkmIo de Visiani 3 Sulle. caverne delle provincie venete , del Prof. Tommaso Antonio Catullo 19 Dell efjlusso dei liquidi dai vasi di rivoluzione, del Prof. Domenico Turazza , y> I // facile criterio e qualche semplice regola per procedere con esat- tezza nella livellazione lopografica, del Prof. Carlo Conti. . > iji Descrizione di una macchina a disco per la doppia elettricita, e delle esperienze eseguite con essa co/nparalivaraente a quelle dell elet- tromotore volliano, del Prof. A1j. Francesco Zantedeschi . . 171 Qsservazioni sull ordine delle serlulariee del/a clause a3q Esame di una Memoria del sig. Bujjf intorno alfelettroforo, e sulla migliore costruzione di questa macchina, dello stesso ■> 25i Dell Achilleina e dell' acido achilleico, nuovi principii immediati vege- tali rinvenuti nel millefoglio, del Sig. Bartolommeo Zanon. . > 261 Ricerche sopra il coloramento in verde delle branchie del/e ostriche, derivante dal rarne cli esse contengono, del Prof. Bartolommeo Iiizio " 27 7 /// quale siato entrino e si mantengano i germi contagiosi nell' essere organizzato, del Sig. Ginlio Sandri > 2q3 Del processo del pensiero verso la unita della scienza, del Dott. Giu- seppe Bianchetti » 3oi Sull' uffizio della lelleralura nelle adunanze accademiche, del Dott. Girolamo Venanzio » 3ao Sul movirnento di un liipiido che discende in nwdo perfettamente simmetrico rispello ad un asse verticale. del Prof. Giusto Bella- vitis 1) 33g MF.MORIE DE SOCII CORRISPO.NDE.NTI. Intorno alia simbolica figurativa ornamentale nelle Chiese cristiane del Medio Evo e specialmente in quelle dei X, XI e XII secolo, del Nob. Pietro Selvalico Estense ,'iGi F Sulla integrazione della formula \Z essendo F, E •*• funzioni in/ere di una medesima variabiles del Prof. Gaspare Mainardi . . > 4°' C 0 it It E Z I O N P„s 27 Inn 1 20 rapido . -:» » 1 Marsellier 3i 1. 8 islandisca 33 .. 2 anonime 65 !!ii (a) 69 » 1 7 riroltata - 1 •> 25 assunto 97 .. 7 sono tali 162 .. 26 "1 1 2 i\ 1 » 3o e =r i63 » f, arf/(^-}-r) = — 8769I ivi >' 7 6 = 87,696 n 1 » 29 io,5 202 » 8 ma perdono -' i » 1(5.17 succedesse 2 j ! 28 1 altro Ji due 248 .. i - di certo 2 ri alia nota (3 ) pcrpetuo Vol. 11 J "1 1 » "i che avcva inscgnati > ,,-,j - 16 decomposizione 265 » 1 1 ( toruando i\ 1 -: propriamenle dalla .' _ ! •• 25 potassa od acido 2()5 ■• 1 0 sia seinprc 343 » [6 {g—v) 3(4 » 3 a qtiella 35o >. ■1 d ripiuo Morsellier islandiscui omonime (20) rivuotata astenuto tali sono I12 _2 :,///.+' ■1 \ di(p-\-r) — i36o8 c— i36,o8 10,6 ma 11011 perdouo succede I' altro dei due al 1 crto pcrpetuo \ ol. II. p. 209 che li" insegnal ■ • deposizione ( formaudo propriamenle che dall 1 potassa .id acido [g—A-) alia 4^8 Pag. 363 tinea =3 , .!i;-i » 1 4 •• 36; » -i ■■ 368 » i- ;;h; 11! 38. > 3o i\i > . 3i 384 3 387 : 8 389 6 3qo 2 3o4 2 395 si legge Boisserie I [ussan \;ilc a dire due secoli compariscono nei cliiostri S. Coslauzo id i sepolcri pel cristiani, sostenere architetti architetti S. Maria in Valle, opera S. Maria della Purificazione terzo dei Re terzo dei Re eredita di maggiori e rigenerarono Santa Croce leggasi Boisseree Hassan vale a dire pin clie Aui- secoli compariscono, ma appena ac- cennate, nei cliiostri Santa Costanza rd in molli sepolcri del cristiani, a sostenere artisti artisti S. Maria in ValleaCividale, opei S. Lorenzo fuori le iniira priuio dei Re primo dei Re. eredita dei maggiori le rigenerarono Santa Sabina Aggiunta. pag. -j.:< tin. 23 Anche li Retinesi scelsero a loro dimova le caverne, dopo die iucendiata aveano !a loro cilia, gia presa per assalto dai Romani (Dione Cassio, lib. LVI) : ed e poi certa cosa clie le niolte caverne della Dalmazia servirono di abituale dimora agli abitanti spa\entali dalle rnlierie degli Uscocchi. Quest" ultima ecc. Memorie ,1M I H 111 ;. *jy* ,, -->* .', ■" *«?5 IH8ii ® @ ® ® ® @ ® ® ® ® fr ® eg I 88 PRBAtlATA TIP0GKAF1A ANTONKLLI * •>!/• •*< ® ® * m ® ® ® -j — &>®®<$- i 811 ,•..■....!;.'-••.' ']:;: ..,r