— \ li
4 ' dr 2 /-W-H5
la (4) si riduce a
-wj
Sia c— sara «= — ;
i
(/■ — 2Z') dz-t- -2rz.il
donde
la (G) da poi
/" = o e quindi zr).
53). Ma so noi invece assuraessimo z=ar verrebbe con simile calcolo
e la (6) darebbe per delcrminare / la
dove le derivate son prese rapporto a a~ '-+-/•'. Quest ullima non polendo
essere soddisfatla da una funzione di iz~-\-r~ se non assuniendo / co-
slanle, cioe die il liquido non si muova. ne dedurremo non essere sempre
possibile il moto nell' ipotesi che le trajettorie sieno espresse dalla stessa
pquazione delle pareli, varia sollanto ncl valor del parametro.
( Letla il 20 Febbrajo i»43 |
UN FACILE CRITERIO
E QUALCHE SEMPLICE REGOLA
PER PROCEDERE CON ESATTEZZA iSELLA L1VELLAZ10INE TOPOGRAFICA
MEMORI A
DEL PROFESSORE CARLO COISTI
_T ra le moltiplici ricerclie della Geodesia elementare, la livellazione lo-
pografica, si per 1 importanza grandissima cli ella ha ne movimenti di ter-
reno occorrenli alia costruzione di slrade, alio scavamento di canali o scoli.
a disporre il suolo per 1 irrigazionc, come per la curiosita the desta a chi ne
ronsidera lo scopo, occupa certamente il primo luogo.
In mi terreno ineguale sia Iracciata una linea, e fingiamo che lungo il
corso della medesima sia fatto un taglio verlicale e che acqua stagnante bagni
questa sponda a picco, egli e manifesto che, confrontando il ciglio colla linea
giustissima di livello segnata dall acqua. .si vedrcbbe dove il suolo s innalza.
ove si avvalla. e se ne potrebbe determinare esattamente la quantita. Per il
che, se sopra quell andamenlo si volesse condurre una linea di livello. o di
data pendenza, si conoscerebbe tosto in quali sili sarehhe necessario colmare. in
quali abbassare il lerreno. Ora, e-^li e ufficio della livellazione di rilevare quel-
I andamenlo, o come si dice in linguaggio dell'arle il profilo. senza quel-
I ideato la^lio. senza il soccorso di quell' acqua slagnanle che somnunistra la
linea di livello, alia quale si rinortano i punli del terreno.
102 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
Meltiamo adesso che sul suolo, a seconda di quella linen, sia sleso un filo
rigido. i cui eslremi siano a tlato livello ; poi che altri fili rigidi, a certe
distanze, si ripieghino sul medesimo suolo in piani verticali c perpendicolari
;i quell' andamento, egli e manifesto che, anche togliendo il soltoposto terreno,
da quel sistema di fili rimasti al loro luogo avrebbesi una rappresentazione
della precedente giacilura del terreno, e tanto piu esalta quanlo piu quel fili
trasversali fossero frequenti.
Ora il rilevare sul terreno la linca longitudinale e quelle trasversali che
abbiamo raffiguratc in quei fili, e 1 esprimerle con opportuni disegni, valevoli
a rappresenlare la configurazione del suolo per ricavarne i movimenli neces-
sarii al proposto fine, e l'oggetto della livellazione.
Jn questa operazione delicatissima, e necessaria si di frequente, s' addo-
manda tutta la cura dell' ingegnere, perche un errore condurrebbe a gravis-
sime conseguenze sia nel calcolo dei movimenti di terra, che nella con-
dotta delle acque.
Per la qual cosa piu maniere iurono proposte e niesse in opera dai pra-
tici per assicurarsi dell esattezza dei profili longitudinali e trasversali di livel-
lazione.
Se mai la linea c rientrante, 1' operazione prescnta da se stessa un crite-
rio certissimo, dovendo 1 ultimo punto coincidere con quello da cui si e
cominciata 1' operazione, perche idenlico. Ma questo criterio non si manife-
sta che alia fine, e se non vi si ha soddisfatto, fa d'uopo rifare quell' operazione.
Che se gli eslremi della linea livellata, per essere dessa quasi rientrante,
sono vicini, legansi con un tronco di livellazione ausiliaria, a fine di ricono-
scerc se siasi soddisfatto al precedente criterio, locche. non verificandosi, e pur
necessario di lornare da capo.
Ma quando la linea si dilunga, e lontani ne sono gli estremi, a sicurezza
del rilievo si pratica di ribattere la livellazione per vedere se trovansi le
medesime differenze di livello. Mancando questa conferma, rendesi necessario
il farla di nuovo per vedere quale delle due discordanti sia la giusta, e cio
con dispendio di tempo e di fatica.
Quindi couobbero i pratici quanto importi il procedere con esattezza per
DEL PROF. CARLO CONTI 1.1. .
ogni stazione ili livello, quanto importi 1 avere un criterio die rassicuri di
volta in volta sulla esattezza del le altezze cliL'si prendono, per non dover alia
line o rimanere dubbiosi sul fatto rilievo, od esscre costretti a cercare, con
nuova operazione, quella conferma.
Per questo si suggerisce da taiuno di smuovere e rimettere il livello dopo
le eseguite collimazioni sull' antecedente e conseguentc, e di ribattere le asle
per vedere se si ottengono differenze uguali. II qual rnetodo, oltre che non
puo dar a conoscerc un errore di rettifica, che fosse nel cannocchiale, e
laborioso, impiegandosi il raaggior tempo in ogni stazione al collocamento del
livello, che, secondo tal metodo, si ripete.
Con maggiore avvedutezza usano altri di prender le due altezze, collo-
cando prima il livello presso 1' antecedente, poi vicino al conseguentc. oiide
puo aversi un dato sulla posizione dell assc oltico oltre al riscontro delle lel-
ture spettanti alle altezze. Ma qui sianio da capo sull'allungamento considere-
vole dell operazione, motivo pel quale tut t i questi metodi si lasciano. confidando.
non so con quanta prudenza, nel huon esito del rilievo senza verun riscontro.
Sentendo di quanta importanza sia un criterio facile e sicuro, che costamlo
poco tempo, poca fatica, ahitualmente si possa adottare dai pratici. sino dai
primi tempi ch'ehhi 1 incarico d insegnare la Geodesia lo cercai con ogni
cura. Ora parmi d averlo trovato e tale da soddisfare alle condizioni neces-
sarie per cssere ridotto a pralica applicazione. come ne feci prova in qual-
che esercizio di campagna.
Vidi che. dai nostri pratici, ad ogni stazione suolsi prendere l'altczza del
livello dai suolo. la quale allezza, presa che fosse esattamente. permetterebbe
che Ira lantecedente ed il conseguentc s inserisse altro punto del terreno con
maggiorc precisione del profilo. Supponiamo ora che invece di prendere quel-
1 altezza all'ingrosso. si misuri dai lentro dell obhiellivo alia testa di un
cavicchio conlitto nel terreno. sopra cui si posa 1 asta.
Dalla novella stazione, prima di haltere I antecedente. si batta quellasta,
cos'i al livello avremo una dilferen/.a di altezza tra questa collimazione e I al-
tezza presa innanzi di trasportare lo strumento. Siccome sull asta che da il
nuovo antecedente, In pure preso il conseguente nellanteriore batluta, com e
1 34 CRITERIO PER LA L1VELLAZIONE TOPOGRAFICA
consueto, cos'i su di quell' asta medesima avremo una differenza di altezza.
Dimostrasi facilmente che quelle due differenze di altezza debbono essere
nguali, quando il cannoccbiale sia in rettifica, quando non siasi commesso
errore vcruno.
Queslo criterio non addomanda tbe una battula di piu, quindi im tempo
assai piu breve di quello cbe oceorrerebbe a smuovere e a rimetlere il livello.
Aggiungasi cbe, prendendosi esattamente un altro punto del suolo, sarebbe
permesso di allontanare di qualche tratlo le aste e diminuire il numero delle
stazioni, cosicche in fine avrebbesi il medcsimo impiego di tempo col vantag-
gio di procedere sicuramente.
Essendo il cannocrhiale in rettifica, ed operandosi con esattezza, il riscon-
trare la coincidenza di quelle differenze di altezza non costa che una sottra-
zione, e puo farsi coll occbio senz' altro.
Che se si trovi differenza, assegno facile regola per verificare se dipenda
dall' errore del cannoccbiale o da altra sorgente.
Queslo e lo scopo principale del presente scritto cbe io considero di
qualche importanza, non per la teorica o pel calcolo assai breve e schietlo.
ma pel vantaggio cbe puo apportare alia pratica, vantaggio die si ripetera
quotidianamente in quesla frequentissima operazione di Geodesia.
Presento come nuovo il mio melodo, nonavendone trovato cenno ne'libri
cbe versano su questa materia, e non sapendo che da ingegneri operatori sia
stato messo in uso. Forse potrebbe essere conosciuto e familiare a qualche va-
Iente pratico che abbia meditalo sui fondamenti di quesla operazione. e
se cio fosse, a me restera il solo merito di averlo recato a pubblica notizia.
Puo accadere, per qualche circostanza di andamento tortuoso nella linea
di livellazione, che il metodo ora descritlo non sia applicable ; percio ne
propongo un secondo, il quale si appoggia alia determinazione di un antece-
dente e conseguente ausiliario, col niellere l'asta per qualche tratto lonlana
dalla consueta. Non involge certamente piu operazioni dell altro, dovendosi
batterc due altezze, anziche una. ma sempre col livello al medcsimo posto.
Come il calcolo lo dimostra, riesce meno spiccalo 1' errore di rettifica del
cannoccbiale, quando vi sia.
DEL PK OF. CARLO CONTI I?).'.
Nello stendere quel lanlo che riportavasi al nominalo criterio, par vera i
opportuno ili riunire alcune allre avvertenze non sapute o Irascuratc dai
pratici, c non avverlite da'libri, perche gli Autori non si degnano spesso di
registrars le minute, ma pur necessarie, particolarita degli usuali melodi, ri-
dondando invece di astratte ricerche e d inviluppati ealcoli relalivi a casi
che non si presentano mai, oil assai di rado, a chi escrcita anche con qual-
che larghezza la professione.
A me sembra che nel traltare lc questioni di niatematica che riguar-
dano la pratica, salvo 1' astronomia che ne porge tanti esempi, non siasi
hen considerata I' influenza degli errori che pure con elelti apparali e mal-
grado l'attenzione dell' osservatore, sempre si commettono. Si abbada alia
dipendenza assoluta delle quantita, come se i dati, da cui cavansi col ealcolo
le incognile, fossero giusti. Se cio fosse, con la base di qualche metro noi po-
tremino misurare la distanza del sole, e ancora pin.
31a il latlo sta che nel misurare angoli e lunghezze. la prccisione non e
assoluta. il grado di esatlezza ha un limile, e chi vuol cavare frulto da quelle
misurazioni deve hadare all influenza che possono avere gli errori com-
messi sulla quanlita die si vuol dedurre.
Per la qual cosa intrapresi accurato esame dell' influenza che puo avere
sulla livellazione od un errore nclla distanza, o la deviazione dalla vertica-
lila delle aste. o la deviazione dclla holla dal mezzo. Essendo lievissime ca-
gioni di errori le prime, non e lo stesso dell ultima, specialmente se
la holla sia lenta. Moslrasi agevolmente che 1 errore di una particella puo
porlare la differ enza di un centimetro. e se questo puo accadere, se anzi
spesso accade, non so poi quanlo valga tulta quella dura ed attenzione che si
melle nel reslo per arrivare alia determinazione del millimetro. Sarehbe una
inal consigliata economia di arrivare al millimetro da una parte, e perderne
sette, otto ed anche died dall'altra.
Propongo quindi un facile melodo per la graduazione dclla bolla, per
sapere quanti second i corrispondono ad una particella. Non so inlendere
come si possa adoperare uw livello a canuocchiale senza conoscere questo
elemenlo.
I 36 CR1TERI0 PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
Conosciuto il liumero di sccondi corrispondenli ad ogni particella della
bolla, si ha ncl livello un mezzo grossolano bensi, ma pur comodo e molte
volte utile a conoscere una distanza, collimando ad un' asta prima colla bolla
lulta dal lato dell' oculare, poi porlandola col moto del cannocchiale verso
lobbieltivo.
Un allro vantaggio di quella fondamenlale cognizione si trae per la ret-
tifica del cannocchiale, quando se ne sia determinato 1 errore, perche, senza
bisogno di lenlativi, si pu6 ricotidurre la bolla in giuslo sito, e correggere lo
strumento.
Ma quello che io raccomanderei caldamente ai pratici si e un metodo
con cui puo raggiungersi somnia precisione nelle collimazioni. Accade sovente
che si collimi all asta e si prenda 1 altezza quando la bolla, benche nel mezzo,
noil e del tutto ferma ed immobile, donde poi si sposta alcun poco. Quando
cio sia, dovrebbesi rimellere la bolla nel mezzo e ripetere la collimazione.
cosa che certamenle non si fa per una particella o due di deviazione. Intanto
quella deviazione puo essere cagione di errore per alcuni millimetri, se sia
lontano lo scopo. Ora a me sembra che si possa, fatta la collimazione e
ridotta a perfetta quiete la bolla, notare la posizione de' suoi eslremi ; sul
qual dato, merce della distanza alio scopo, che sempre si conosce, si calcola.
c facilmente, la correzionc da tarsi all allezza rilevata. Allora non v' e biso-
gno che la bolla batla giustamente nel mezzo, non e necessario che lo scopo
scorrevole si alzi e si abbassi tante volte per segnare il giuslo ; essendovi dap-
presso puo muoversi d' alcun poco il cannocchiale. La posizione della bolla
quando e tranquilla, anche fuori dal mezzo di alcune particelle. porge il
mezzo sicuro di ottenere la giusla altezza.
Dicendo della livellazione ho creduto di incltere quesla norma, che sem-
pre si usa nelle astronomiche osservazioni, quantunque io preveda che. sic-
come troppo minuziosa, verra rigeltata da molti.
11 poter delerminare una distanza con esattezza senza mettere catene sul
suolo e certainente metodo pregevolissimo nell esercizio dell ingegncre. Credo
che 1 ordinario livello, con lievissima aggiunta, potrebbe a questo servire.
Meltiamo che la bolla impernata slabilnienle dal lato dell' obbiettivo col
DEL PROF. CARLO CONTI I 37
mezzo di una \il<: a passo minuto possa muoversi all altro estremo. Colli-
mando dapprima col'cannocchiale presso a che orizzontale ad un'asta verti-
cale, di cui vuolsi conoscere la distanza, supponiarao che la holla sia avanza-
ta verso I'oculare; quindi alzando il cannocchiale la si trasporti verso 1' ob-
biettivo luiuicrando lc particelle trascorse, c cos'i successivamente per piu
voile: alia fine collimando di nuovo si leggera una nuova altezza sull'asta.
Dal niolo della bulla avendosi 1 angolo di elevazione ne verra la determina-
/.ione della distanza con facile e sicuro calcolo. ^otisi clic il movimento lineare
della holla, anelie ristretto a pocbi niillimetri, puo corrispondere ad angolo
di molti miii uti. ad angolo opportunissimo per la determinazione di una di-
stanza di trecento e piu metri.
Ancbc di questo novello officio del livello a cannocchiale, utilissimo
all ingegnere per molti riguardi, bo voluto far cenno in queste pagine, colla
mira di agevolare 1' esercizio di una profcssione che scmprc piu rendesi im-
portante col progrcsso dell odierna civilta.
Esposti i fondamenti teorici de' proposti metodi. prima senza ommettere
veruna quantita, poi lasciando que termini ch'entro i limiti della pratica 11011
banno influenza, posi in fine un sunto di regole ed esempi che possono ser-
vire diguida a qucgli operatori, i quali 11011 avessero tempo 0 voglia d'impac-
ciarsi nella discussione astratta e nel calcolo. Cos'i perchi volesse soltanto niet-
tere in atto quei suggerimenti e tolto il grave ostacolo di riandare i particolari
della dimostraziohe, di cavarne il pratico andamento c basta che legga le
iilliuic righe.
So bene che lacili e semplici sono le questioni trattatc in questo scritto.
ne degne per 1' astratta loro importanza di occupare le menti abituate
a versare sopra argomenti di assai maggiore potenza e difficolta. Ma io spern
che sara accolto con indulgenza questo mio qualsiasi lavoro. guardando
al fine die mi sono proposto nel prcsentarlo. che quello di rendere pre-
gevoli questi metodi al pratico operalore. di metterli in corrente, la qual
cosa avra cerlo riuscimento se arriveranno ad ottenere la sanzione del-
1' Islituto.
Vol II ,s
I 38 CRITERIO PER LA LIYELLAZIONE TOPOGRAFICA
§. i .° Considerazioni generali sul livello a cannocchiale.
i. Considerando 1' uffizio di un livcllo a cannocchiale tosto si scorge la
condizione essenziale ridursi a qucsta : clic l'asse del cannocchiale sia oriz-
zontale qnando la holla, die vi e congitinta, segna col suo mezzo il mezzo
dell' apertura dclla cuslodia. Dire che 1' assc del cannocchiale sia parallelo
all'asse dclla holla non hasta, perche allorasideve definire l'asse dclla holla,
nel che fare si ricade nella condizione sopra accennata e con molte parole
(he ne oscnrerehhero il significato. Benche hasli che la nominata posizione
della holla c dell' asse ottico si verifichi per quel piano in cui sono da para-
gonarsi i punti che si livellano, suolsi meltere lo strumento cos'i che la holla
aggirandosi intorno ad un asse mantengasi ferma, nel qual caso l'asse del
cannocchiale descrivera un piano orizzontale se e retlificato, un cono ad asse
verticale se e fuori di rettifica. E qucsta pratica e necessaria per qucgli stru-
menli ne' quali il centro di molo e molto distante dalla holla, perche altri-
menli nel mcttere giusla la holla dall'uno e dall'altro verso puo innalzarsi
od ahhassarsi e non essere piu la medesima quella linea di livcllo che passa
pel centro del cannocchiale, alia quale in ogni stazione riportansi i punti
diversi che si livellano.
2. Colla espressione orizzontare la bolla potrehhesi intendere il collo-
carla cosi che aggirandosi tutto all' intorno mantengasi imniohile nella
cuslodia, la qual immobilita include la condizione che l'asse di rotazione sia
verticale.
3. Orizzonlata la holla, se la si alza da una handa d' altrcttanto si sol-
leva l'asse del cannocchiale che vi e congiunto ; ed e certamcnle cognizione
ulilissima c talvolta necessaria il sapere per ogni particella di movimento
della holla quanto il cannocchiale si elevi. Infalti se la holla e lenta, cioe se
ad ogni particella di movimenlo corrispondessero molli sccondi, lo strumento
sarehhe imperfetto, poiche 1' errore facile a commettcrsi di una mezza parti-
cella potrehhe apportarne uno non trascurahile sulla letlura dell' altezza.
Percio diremo qui suhito della maniera facile di graduare una holla. Messo
DEL PROF. CARLO CO NT! i^q
uno scopo ad una distanza di 60 od 80 metri oil in generate ad una distanza d.
e lenuta la holla tul ta dalla parte dell' oculare si collinii un'altezza a. Poi
movendo la holla dalla banda dell' obbiettivo per quanto si puo si collinii
un'altezza a maggiore. Egli e chiaro die il niovimcnto angolare corrispon-
dera ad un arco di Innghezza a — a del raggio d, die percio 1' angolo
sara dato da , R", essendo R' il numcro de' secondi contenuli nel
raggio, cioe 20G2G4.8. Mettiamo clie n sia il numero delle parlicelle tra-
scorse dal mezzo della holla, ed /' il numcro del secondi corrispondenti a
ciascheduna ed avrerao /'= — =— • — . Determinato una volta ouesto nu-
11 n l
mero, 0, per maggiore csattezza, di pin determinazioni preso il medio, avremo
un dato sullo strumenlo clie , come vedremo, ri sara giovevole per piu
riguardi.
4- Intanto egli e manifesto che se ad una distanza /. sullo scopo si
legga una differenza // nelle due collimazioni falte colla holla prima dalla
banda dell' oculare poi da quella dell' obbiettivo, e se il movimento della holla
corrisponda ad // parlicelle avremo /=—r essendo r = — che per
un dato livello e costantc. Cosi mediante la holla a cannocchiale possiamo
ricavare la distanza dello scopo, distanza che non sara ccrtamente determinata
con precisione, ma che in molti casi puo essere utile di conoscere per se stessa
0 per fare qualche confronto con quella che si sara oltenuta con altri metodi
o per avere un criterio che non siensi commessi grossi errori. (A)
.'). Che se siasi ritrovato co' metodi consueti 0 con qucllo che accenneremo
in progrcsso. un errore del cannocchiale c determinato di quanti secondi,
senza bisogno di tentativi che addomandano tempo, con quella conoscenza
della graduazione della holla si arrivera a rcltificarlo. Infatti se il cannocchiale
al/.a dalla banda dell obbiettivo di un numero s di secondi, ^r esprimera
di (juanle parlicelle. mediante il congegno di rettifica. si dovra trasportare la
holla per quel verso, poicbe quando poi si rimeltcra il mezzo della holla nel
mezzo dell' apertura della custodia I'asse ottico battera giustamente l' oriz-
zontale.
l4x> CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
§. 2.° Sulla riduzione disfericita e sulla correzione di rifrazione.
6. Essendo I' asse ottico orizzontale e collimandosi ad una vcrlicale in
certa distanza, il punlo baltuto non e a livello col centro dello strumcnto,
percbe il punto di livello e quello clic verrebbe incontrato da arco di cerchio
passante pel centro dello strutnento, concentrico alia terra e compreso nel
piano delle due verticali. Ma conoscendosi la curvatura della terra si puo
passare dal punto collimato a quello di livello merce di facile riduzione.
Delto R il raggio terrestre, cioe il raggio perlinente ad un ccrcbio della
circonfercnza di quaranta milioni di metri, delta 5" la riduzione di sferi-
cita, e d la distanza delle due verticali presa sull orizzontale dell' asse ot-
tico abbiamo esaltamente (R-hs)s^=d~. Ricavando da questa equazione
il valore di s e tenendo conto dei termini di quarto ordine rispetto
d
R
„ i d- i d> \
n )7JF ~~ s #>'
k Ma 2JR= - — , esprimendo con M il milione, quindi sara
s— t^t, d~ — {-r-T\\ d\
E se con k esprimiamo il numero di cbilometri contenuti nella di-
stanza d, avrerao s = o. 07854 k' — 0.000000775 k\
Di qui puo vedersi come nella livellazione topografica si possa ommettere il
secondo termine c ritenere la formula assai semplice ^=o,o-854 ^ ■
8. Benche la distanza k si abbia a misurare sulla orizzontale vi si
potra sostituire quella cbe corrisponde al suolo, percbe una differenza nel
valore di k influisce pocbissimo sul valore di s. Infatti supponiamo
che 1 sia l'errore sulla distanza e quello derivantc in s sara o,oy854-2^"'
ommesso il termine di secondo ordine riguardo ad e. Ora quella espres-
DEL PROF. CARLO CONTI l4l
sione dell' errore pub mcttersi sottola forma 0,0785 \. 2 h " - ovvero sotto
l'altra 2 ,v f . Per questo se supponiamo che sia -r- cioe die nella
distanza .si erri di mi ventesinio. nientemeno che di cinque metri su cento,
I'errore nel risultato sarebbe di 1111 decimo di s. Facendosi una battuta di
livello alia note vole distanza di 5oo metri, tal errore riuscirebbe appena didue
millimetri. Concludiamo adunque che per la riduzione di sfericila le distanze
possono prendersi sul suolo, e die non occorre una sovercbia esattezza.
g. Abbiamo assunto per Ji il raggio di 1111 cerchio di quaranta mi-
lioni di metri, perche la terra si considera sferica, inutile essendo per tale
ricerca di aver riguardo al suo schiacciamento. Trovasi in fatto che e
assolutamente trascurabile la differenza tra il risultato che corrisponde al
raggio equatoriale ed al polare.
10. Se l'asse del cannocchiale e orizzontale, non per questo si collima al
punto che sullo scopo e in quella dire/.ione. Ouella direzione della mira s alza
sulla linea di livello. penetra in istrali d' aria men densi, e quindi il raggio
luniinoso che colpisce 1' occhio dovendo avere percorso una linea concava al
terrestre centro c terminare tangenzialmente all' asse ottico, proccde da punto
piu basso. Si e calcolato che questa riduzione vale 0.1G di quella di sfericita,
cosicche il complesso delle due riduzioni operanti in senso contrario sia 0.84
del precedente valore. Del resto la correzione di rifrazione sensibile e da va-
lu tarsi con cura nella livclla/.ione geodetica. io credo potcrsi ommettere nella
topografica ; primieramente perche nelle ordinarie battute di 200 od anche
di lioo metri e insensibile, poi perche 1 irregolare andamento della tempe-
rature dell o slrato aereo prossimo al suolo rende incertissima la valutazione
di quella quantila, sempre picciola per mediocri distanze.
l4'-2 CRITERIO PER L.\ LIYELLAZIONE TOPOGRAFICA
§. 3.° Bella deviazione degli scopi dalla verticalita.
ii. La formula di riduzione cli sfericita ed il inctodo ordiuario di livcl-
lazione. suppongono che gli scopi sieno vertical]. Ognuno pero s'accorge che
in pratica tal condizione non e certamente soddisfalta, per il che andremo
calcolando 1 errore clic pu6 venirne nel risultato finale. Sia a 1 angolo al
centro della terra corrispondente alle due vertical], la prima passante pel cen-
tro dello strumento. la seconda pel punto che si confronta nella livellazione ;
sia 6 1' angolo che fa con questa lo sccpo a cui si collima, supponendo che
la verticale rimanga al di la. Essendo b la distanza che si avrehhe sulla
1 T Mill1 1 • " C0S- &
vera verticale. b sulla oubliqua troveremo suLnto 7- = t^—, .
1 b cos. (fj -+■ oj)
Ma oj e angolo picciolissimo, importando un secondo per ogni 3i metro
di distanza, onde notremo scrivere b'= — r ossia b'=b\\-\ — (777) f ;
1 cos tj (2. \/l / S
sviluppando, tenendo conto delle quantita di secondo ordine, ed esprimendo
con R° il numero 57, 3 che i; quello dei gradi contenuti nel raggio.
12. Di qui puo vedersi quanta sia 1' influenza di quella deviazione e come
d ordinario sia insensihile. Per meglio conoscerlo diciamo 0 la deviazione
del sommo dell' asla dal punto in cui dovrehhe starsene se fosse giustamente
verticale e sara § = byz :. Ouindi avremo b'=b-\ — — . Se adunque
ammeltiamo che un pratico non possa errare nel collocare un' asta di .') metri
in maniera che un filo a piomho pendente dal sommo si scosti dal piede di
un decimetre avremo b' = s-\ . Cosi si fa manifesto che anche per
1000
quella forle deviazione 1 errore risullante e insensihile, non superando il
millimetre
1 3. Se 1 asse otlico non hatte la giusta orizzontale, perche quantunque
rettificato sia la holla alcun poco fuori di sito, 1' errore puo essere non trascu-
rahile. Infatti dicendo g questo errore e supponendo che si alzi il cannoc-
chiale dalla banda dell obbiettivo, che lo scopo sia ad una distanza / avre-
DEL PROF. CARLO CONTI i ft
mo nclla letlura dell' altezza l'ccccsso rapprcsentalo da ,,/. Ora se l'er-
rore i arriva a 10 secondi c sia la distanza / di 200 metri quell ' ec-
cesso arrivera quasi al centimetro, quanlita Iroppo grande quandosi pretenda
di colpire il millimetro. Un talc risultato ne porge ulili ammaestramenti.
Vedesi dapprima come sia vano il pretendere all'esaltezza cntro il millimetro
se la bolla e leuta, se langolo corrispondenle ad ogni particella superi i dieci
secondi ; mentre, per quanta cautela si adoperi nel metier giusta la holla, e
assai difficile di 11011 isbagliare di qualche frazione di particella. Poi si mani-
festa aneor piu la necessita di graduare il livello ossia di conoscere il numero
di secondi corrispondenle ad ogni particella, senza di die 11011 si pub giudicare
retlamentc del grado di precisione, al quale e concesso di pervenire.
§. ft Delhi maniera di averc un distanziometro col livello
(i cannocchia/e.
1 4- Avcndo delto come col soccorso della bolla si possa misurare la
distanza del cannoccbiale da 11110 scopo. si fa toslo manifesto aversi nel livello
a cannocchiale un distanziometro. Ma abbiamo pur osservato che quel metodo
e grossolano, infalti se il livello emollo sensibile da segnare due 0 tre secondi
per particella, anche col movimento di trenta particelle risulterebbe angolo
troppo piccolo a fondarvi sopra la determinazionc di una distanza. e se il
livello e lento da segnare quindici 0 venti secondi per particella 1' errore di
una mczza particella nello stabilire I arco di trascorrimento porta effetto
considerevole. Ecco il semplice mezzo di ridurre un livello a cannoccbiale
opportuno alia determinazionc delle distanze. Alia banda dell" obbietlivo sia
la bolla impcriiata slabilmente col cannoccbiale, dall'altra abbia un raovimenlo
di certa eslensione da otlenersi con vile a passo minuto, ed una vile di pres-
sione possa fissarla ove aggrada. In breve il congegno per la rcttifica del can-
noccbiale abbia maggior eslensione cbc nella costruzione ordinaria, II livello
poi sia sensibile da non indicare piu di due 0 tre secondi per particella e la
I 44 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
forza del cannocchiale vi corrisponda, come si richiede in un buono struraento
da livellare con esattezza.
1 5. Essendo il cannocchiale in rettifica o mollo vicino, facciasi trascorrere
la bolla colla vile propria dalla parte dell' ocularo e si collimi alio scopo di
cui vuolsi determinare la distanza. Cio fatto s' innalzi il cannocchiale da
portare la bolla all' obbiettivo c si tcnga conto del numero delle particelle
trascorse. Tenulo fermo il cannocchiale si riporli la holla colla sua vitc verso
1' oculare, indi con il movimento del cannocchiale facciasi trascorrere di nuovo
verso 1' obbiettivo e si numerino le parlicellc trascorse. Cos"i si operi per cin-
que o sei volte, ed alia fine si collimi alio scopo col cannocchiale innalzato.
Dal numero delle particclle trascorse nei successivi movimenti della holla.
avremo 1' angolo di die l'asse del cannocchiale sara elevato sulla primitiva
direzione pressocche orizzontale e quindi dalla distanza compresa sullo scopo
nelle due collimazioni, e da quell'angolo si calcolera con tulla facilila ed esat-
tezza la distanza ricercata.
16. Si puo mostrare hrevemente come quel movimento della bulla possa
essere ristretto fra limiti tali da non turbare 1 ordinaria costruzione. Ammet-
lendo cbe la holla sia lunga quindici centimetri e che la parte del movimento
si limiti a dieci, comprendenti trenta parlicellc, ognuna delle quali, per la
scnsibilila che qui si esige, segni due secondi sollanto, e chiaro che nel rimet-
tere la holla a posto dovremo operare una rotazionc di un minuto. Se si
vuole misurare un angolo di dieci minuti farannosi dieci di quei movimenti
e percio 1 estreino della custodia descrivera quell' arco che vi corrisponde.
La limghezza lincarc di lal arco sara o, i.'i iT7t- — o,ooo5 circa, quantita
esigua, e che ancora resterebbe abbastanza picciola se lo sposlamento si vo-
lesse spignere alia misura di due gradi.
17. Quando il livello s' ahhia ad usar propriamente nel suo uffizio e
chiaro che non torna utile di smuovere la holla, con che il cannocchiale va
tuori di rettifica ; ma in tali casi colla vitc di pressionc si ritnette dapprima
a posto ne piu si tocca sino alia fine. Allora il livello serve al diretto suo
scopo, ma restera sempre che nel medesimo slrumcnto si avra un mezzo
DLL PROF. CARLO CONT1 1^.]
sicuro cd opportuno alia misurazione d c 1 1 c distanze, che non sempre possono
aversi per a ia direlta.
iS. La slcssa maniera die noi abbiarao ora csposlo per delcrminare le
distanze deesi applicare alia primitiva graduazione della holla. Basla infatli
misurare con molla esattezza la distanza del cannocchiale dallo scopo, e la di-
stanza sullo scopo del punli collimati, e 1* angolo chc nc deriva diviso pel
nuraero lolalc delle particelle irascorsc ne'varj sposlamenti porgera con
grande esattezza il valore d' una particella.
tq. Potrebbesi anche discutere l'andamento della bulla in alcune sue
parti per riconoscere se abbia uniforme curvatura. In falti, per quello che ora
abbiamo detlo, se l'escursione da una banda all altra si limiti a dieci parti-
celle. c poi allc dieci seguenli. in line alle ullirae, ricaveremo il valore di una
particella pertinente ad ogni terzo, e dal confronto risultcra la diversita od
uniformita di curvatura. Torse che lal mclodo e il piu opportuno all csame
della curvatura delle bolle che negli usi astronoraici debbono cssere dolatcdi
esquisita scnsibilila, e di regolarita nell'andamento.
§. 5.° Considerazioni suit ordinario metodo di livellazione.
•±o. 3Iesso il livello a silo fra due scopi 1' antecedentc cd il consegncnte,
sia A l'altezza del primo, e la dislanza «; sia C l'altezza del se-
condo, c la distanza c. 11 punto sullo scopo antecedente, chee a livello col
centro del cannocchiale, sara sollevato dal suolo, oveposa l'asta. di A — k n
essendo k = 0,00000007854, ed il punto sullo scopo conscguenle ch e a
livello pure col centro del cannocchiale, sara sollevato dal suolo. ove posa lo
scopo. di C — kc1. Quindi il punto conscguenle sara sollevato snl punto
antecedente di ,1 — C — k(a— c).
•1. Quando il cannocchiale e fuori di rcttifica cd alza dalla parte dell'ob-
biettivo di un angolo / dovrerao applicare la correzionc -~j, a all' al-
lezza antecedente, e la correzionc c all' altezza consegncnte. Facendo
ri.ir
1^0 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
per semplicila ~W'—fi sara -'J - C — k (a-—c~)—f (a—c) la differenza
di livcllo fra il conseguente c l' antecedente.
Qucsta espressione puo anchc inettersi solto la forma
A-C-\ k {a -+- c) -+-/| (a - c).
11 terraine h (a-\-c) , benche crcsca colla distanza dci due scopi a' quali
si colliina, e sempre di picciola influenza, atlesa la picciolczza di k. Ad una
distanza di 5oo metri diventa 0,000000927, onde farebbe d'uopo che a — c
arrivasse a dueccnto metri per influire sopra A — C di un millimetro scar-
so. Quanto ad /, per un solo secondo, si ha 0,000004848 cioe cresce
del millimetro la correzione che vi corrisponde per una diflerenza fra ace
di trecento metri. Ma poiche questo lerminc dipende dalla fallace posizione
del cannocchiale puo crescere assai sopra quell' assunto valore. Per venti
sccondi e per una differenza fra a e c di soli trenta metri gia arriva quasi a
tre milhmetri. Questo esame dimoslra chiaramente che a distanze incguali fra
il livello e gli scopi pocoeda valutarsi 1' influenza della riduzione di sfericita,
in confronlo dellerrore d' inclinazionc dell'assc oltico.
22. Imporla dunque moltissimo di conoscere la graduazione della bolla,
menlre quand' anche il cannocchiale fosse reltificato, una particella soltanto
potrebbe dare quei dieci 0 piu secondi di deviazione delfasse dall'orizzonta-
lita, che in fine corrispondono ad un errore di retlifica e che spesso possono
avere un inQucnza di alcuni millimelri. Cio essendo e ben inutile quella cura
ed esattezza nelle collimazioni che si usasse per cogliere il millimetro.
23. Guardando all influenza che pub esservi nella livellazione dal non
giusto collocamenlo del mezzo della bolla, si prcsenta un melodo certamenle
preferihile al comune, ma che addomanda un piu esteso rcgistro e qualche
riduzione. Suolsi collimare quando la holla e tranquilla e col suo mezzo segna
il mezzo dell' aperlura della custodia. Quando cio si verificasse noi non
avremmo a temere alcun errore per la deviazione dalla orizzontalila. Ma il
piu delle volte awiene che al momento della collimazionc la bolla non sia
affatto a suo posto. che continui il movimento, onde poi acquisti nel fer-
DEL PROF. CARLO COST! l^j
marsi allra posizione. Ne deriva percio la couseguenza die 1 assc del can-
nocchiale non ballcva giustamente 1' orizzontale nella collimazionc, c la devia-
zionc viene data dalla posizione del mezzo delta bolla quando e ferma. Anche
l'lngegnere piu scrupoloso non si fa carico di rimettere la holla, quando lo
spostaraento non superi una particella. Pure abbiamo vedtito che questo diva-
rio dal giusto puo nienare a qualche millimelro nell'altezza, nel qual caso
dovrebbesi dire die la livellazione va esalta enlro il cenlimetro soltanto e
non entro il millimetro come si pretende.
•i.\. lo crederei piu opportuno mettere la bolla mollo dappresso al
vero sito, e falta la rollimazione, ed acquetata la bolla. leggere la posizione
del suo mezzo, ed a lato dell' allezza dello scopo die si melte in registro,
inserirvi tal posizione. Con questi dali e facile cosa d'applicare la dovuta
correzionc. Infatli dicendo r il rapporto fra il numcro dei second; corri-
spondenti ad una particella ed li": n il numero ddlc parlicelle di cui
il mezzo pende verso lo .scopo, ed a la distanza, avremo da togliere
da A la quantila ma. Quindi sc siasi appareccbiata una tabella con-
tenente il valorc di ar di died in died metri quella correzionc puo tosto
applicarsi senza bisogno di vcrun calcolo. E inutile poi 1' osservare che se il
mezzo della bolla pende dalla banda dell' oculare, la correzionc dovra essere
additiva. Per il die potrebbesi a dirillura fissare questa norma, di prendere
positive le particellc della bolla dalla banda dell' oculare, e negative quelle
che sono verso 1' obbiettivo.
25. Quando \\\\ operatore si fosse abituato a questo proccsso, che cer-
tamente non e difficile, potrebbesi fadlitare di molto la collimazionc. La per-
sona die muovc lo scopo deve innalzarlo od abhassarlo a seconda del cenno
convenuto, ma non cos'i presto arriva a collocarlo nel giusto sito. 3Iettiamo
die lo scopo sia dappresso, alia distanza di qualche millimelro, c die 1' ope-
ratore muova di quel tanto il cannocchiale i metro vi corrisponde un secondo. si scorgei In
anche alia distanza di 200 raetri il termine e trascurabilc. ('i puo
ommetlcrsi la seconda parte nel valore di e. Con questo avremo lc due
equazioni
CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
L — D r„ d(L-r-D) — d'(L—D)
id
jo. Perche sir: Ar=o e necessario che sia L = D; nel qual caso
si ha e = Z come si scorge losto (lover esserc. II criterio somministrato
dall' eguaglianza di L e D oltre a che assicura la rettifica del cannoc-
chiale, assicura ancora dell'esaltezza delle misurc prese, difficilissimo essendo
che gli errori commessi nelle letture abbiano a correggersi esattamente colla
deviazione del cannocchiale.
3i. Scrivendo pertanto o nel foglio del registro ordinario o separata-
niente le due coppic di numeri da cui cavansi L e D, colla sottrazione
si avranno que'rcsultali che debbono eguagliarsi. Una volta che queste diffe-
renze sieno uguali puo 1 Ingegnere procedere innanzi con tutta la sicurezza.
e giunto alia fine del lavoro potra ommettere la rinnovazione della fatica.
Quando si considera che queslo criterio sicurissimo non cosla che una sola
balluta di scopo, io credo che da ogni pralico vorra adottarsi c che in breve
si confermera la sua utilita.
•5a. Poniamo adesso che essendo L diflcrcnte da D si calcolino
A. ed e. Non per questo potremo losto conchiudere clie a misuri la
deviazione del cannocchiale, essendo possibile che la disuguaglianza fra L e D
dipenda da qualche errore commesso nelle collimazioni o nel rilevare le al-
tezze. Per accertarsi che A sia errore di rettifica si tornera a battere dalla
stazione S' l'asta AM rimeltendola sul cavicchio che corrispose all' an-
teccdente nella stazione S. Sia A' 1'altezza lelta, ed a la distanza
da AM ad 0, a. poi 1' angolo compreso fra le verticali AM ed OS.
Ci6 posto e chiaro che A'— A— e-h(a-\-d') tg (A + a+«')
ovvero A'— A= e-\-(a-h d) -jrr, ■+■ (a -+- d) g „- .
Di qua ricavcremo X=- '— - — Jl" — («_|-o'). Se questo valore combincra
coll' altro saremo sicuri che tale sara 1' errore del cannocchiale, e che del
resto non vi sarauno altre fillacie. Che se questo valore sia sensibilmente
DEL PUOF. CARLO CONTI I .'> i
diverso dall'allro, sara indizio sicuro die furono comraessi altri errori. In tal
caso convicne ribattere quell' altczza lornando col cannocchiale in S.
33. Polrebbe anchc supporsi che il cannocchiale sia andalo fuor di ret-
tifica nel passaggio dalla stazionc S all'altra S', nel qual caso 1' ultima
eqnazione deve dare per A un valore diverso da quello che prima si ol-
tennc. Questa diversita obbligandoci a rimellerc il livello in S ne moslrera
la vera sorgente dell'errore, mentre Irovercmo, ben operaudo, il valore reale
della deviazione del cannocchiale.
34. I na volla che siasi risconlrato l'errore di retlifica, correggendolo lo-
sto col metodo gia indicato, senza inulili tenlalivi stando in S\ avremo 1111
riscontro dell' applicata correzione. Infalti la linea di collimazionc dovra ab-
1 -11! i'o i'l-h'!') (X-ho-h-'r/) r , 1 1 , -i
Ijassarsi della quanlila p(]= ,t • t.osi calcolalo il vero
punlo a cui deve ridursi la collimazionc vedremo sc lo strumento e ridotto a
batlervi giuslamente. A determinare questo abbassamenlo potrebbesi anche
confrontare la nuova collimazionc colla precedentc sullo scopo in C, che
dovra qnivi cssere ugualc ad rs = d. —.,.,—, ma sara sempre meglio ili
riscontrarlo sull'asta piu remota LP. Sc alcuno osservasse che calcolato
il punto a cui deve collimare il cannocchiale dopo la retlifica 0 sopra LP
ovvero sopra C N, obbligando lo strumento a farlo si oltienc la correzio-
ne, come pel consuelo si opera, senza bisogno di calcolare il mimero delle
particelle di cui conviene spostare la holla, io lo richiamerei a fare il con-
fronto dei due metodi per poi decidere quanlo quello che ho propostosia piu
comodo ed csatto dcllordinario.
35. Le formule stabilite come si e detto, chiaramente suppongono che si
riporli il centro 0' dcllo strumento sull' orizzontalc passantc per 0.
quindi vi sara diiferenza tra l'elevazione di ( ■ calcolata, e la difle-
ren/.a di livello dei due ccntri, diflerenza che dipende dalla riduzionc di
sfericita. Appunto per aver riportato il centro 0' e la linea di collima-
zionc a CN, cd LP all' orizzontalc OIL abbiamo dovuto applicarc
alia quanlila x 1'inclinazione dell' orizzontalc passanlo per 0' al
lT)2 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
Oil, inclinazione chc uguaglia quella ilellc verticali die si confrontano.
Ora la dilTerenza di livello fra 0 ed 0' sara espressa da e-\-k(d-*-d)
essendo k come fu detto uguale a 0.000000O78.J4. Tale sara 1' eleva-
zione di livello del punto 0 sopra 0. Se mai avvenisse die e rap-
presentasse una depressions di 0' sotlo 1' orizzontale OH la depres-
sion di livello di 0' solto 0 sarebbe e — k (d -\~d')z.
3G. Misurata die siasi 1' altezza del livello in 0' avremo la posizione
del punto del suolo su cui insisle lo scopo riguardo ad S. La posizione
del punto ora nominato pu6 anche aversi riguardo a C, e siccome quella
di C si riporta ad S avremo quella determinazione per due maniere.
II confronto de'duc risultati puo essere nuovo mezzo diriscontro. Siccome per
altro tutto si appoggia alia riduzione di sfericha die opera lentamente sulle
distanze, non sara da farvi gran conto sopra. ed il criterio della esattezza delle
operazioni si desumera dall' accordo fra le due quantila L e D.
§. 7. Secondo metodo di riscontro della livellazione.
1-. Yolcndonoi die dalla nuova stazione si balta lo scopo corrispondente
al livello nell' anlcriore stazione, puo occorrere per la tortuosita della via die
si livella, d' essere impediti in , ... IJ — e-\-(a — c) ,, ■+- , .
Lasciando anche i termini contenenti j- a, die qui sono sempre piccolissi-
mi. avremo piu semplicemente;
l)i qua trovercmo i seguenti valori per le incognite e, A.
„ D-D (a'—c) D—(a — c) If
A = IX — ; , e — ; ; .
a — a — (c — c) a — a — (c — c)
3g. Dicendo d la distanza fra il livello nelle due stazioni, avremo sen-
sibilmente a-\-c = d, a'-\-c' = d cine a — a-\-c' — c = o. edalleformu-
le precedenti potremo dare 1' aspetto che segue,
_ d[D,— D)-\-^(c'D — cD')
2 (<■'— c)
Vedesi pertanto come a rilevare la quantita a occorra una certa differenza
di distanza delle i\u<> ;i>tc. senza di che quella quantita ricscira malamentc
determinata.
4". Ottcnnto il valore di ,\ non convien tosto conchiudere che quella
sia la sorgente unica della differenza fra T) e //. mentre potremmo aver
errato nella misura delle altezze. A confermare I' errore di rettifica qni
non vi e altro mezzo se non di smuovere e poi riraettere il livello. poiche
Vol II
l54 CRITERIO PEPx LA LIVELLAZIONE TOPOGHAFICA
slante la circostanza dclla linea ammessa da principio nella spiegazionc di
questo metodo, non si pub battere 1' antecedente dolla stazione anlcriorc.
£i. Dalle siessc formule che danno i valori di X ed e si manifesta la
poca opportunity di queslo metodo in confronto dell' altro, per cui non sara
da usarsi se non nei casi ne' quali non sia concesso di applicare il primo de-
scritto. Aggiungasi die in questo secondo abbisognano due battute di livello
anzicbe una, laonde addomandera pin tempo.
§. 8. Heroic prallclie di Iwellazione.
l^i. Volendo che questo scrilto sia di qualche utilita nella pratica, cre-
desi convenienle di metlere qui in fine le regole pratiche, ricavate dalle pre-
cedenti diseussioni. per facile norma di chi fosse disposto a far uso di quanto
fu dello. Cos'i quei praliei che non avessero voglia di riandare l'esposte
rose, possono senz' altro consultare quello die segue, ed aver una sicura e
facile guida nelle operazioni di campagna. Dopo ogni regola scritta in lin-
guaggio ordinario e posto un esempio, e poi la regola medesima esposta
con algebrico algoritmo ed il suo esempio. Potra sembrare a taluno questo
andamento una inutile ripctizione ed una fastidiosa lungaggine ; ma se si con-
sidera die tanto e tanlo si stampa per pure disquisizioni tecjricbe, le quali,
sebben degnissime di lode, rimangono poi sterili nei libri, e die poco si fa
per olilizzare le verita, per metterle in corrente, si approvera almeno la
buona intenzione.
4-3- Determinare la posizione del centro dclla holla.
Si suppone. come dovrebbe esser sempre, die dal mezzo dolla custodia
le divisioni scolpite sul velro medesimo, o sopra apposita scala, procedano
verso 1' oculare e 1' obbiellivo, e die non \i sia uno spazio senza divisioni.
Allora, a bolla tranquilla, leggasi la divisione alia quale corrisponde il suo
eslremo verso loculare, e quella die risponde all'allro eslremo verso 1 obbiel-
tivo. La somma di quelle particelle da la lungbezza dolla Lolla. Levala la mcta
di questa lungbezza dalla divisione maggiore si avra la posizione del centro.
e sara da quella parte cui corrisponde la parte piu grande della bolla.
DEL PROF. CARLO CONT1 j .'>.',
Sc mai la bolla e tutta da una parte il confronto delle division] corri-
spondcuti agli estremi porge la Lunghezza, e la meta di questa lunghezza
aggiunta alia minore divisione porge la posizione del centro.
44- Esempio. La bolla coll'eslremo oculare arriva alia divisione 7,4?
coll' eslremo obbieltivo segna 12..! .
La lunghezza della bolla sara di \
per la posizione del centro della bolla verso l' obbieltivo.
4->. Esempio. L'estremo verso loculare segna sulla divisione che e dalla
banda dell obbiettivo 5,6 ; l'estremo verso I'obbiettivo segna 17,8 ;
la lunghezza della bolla e 12,2 . Essendone la meta G, 1 , aggiunto tal
numero a 5,6 avremo 1 1.7 per la posizione del centro verso I'obbiettivo.
4'">. Per usarc del linguaggio algebrico prenderemo positive le parti verso
I oculare, negative quelle che si dirigono all obbieltivo.
Diremo p la divisione cui corrisponde l'estremo oculare della bolla
r quella che corrisponde all' estremo obbieltivo,
C la divisione corrispondente al centro,
/ la lunghezza della bolla.
Sara l=p — r
2
47- Nel primo esempio si ha p=-+- 7.4 ; r= — 12.0
quindi /= 1 g.- ; c = — 2..') . ed il segno meno indica la posizione verso
1 oculare.
Nel secondo esempio si ha p — — 5.G ; /• = — 17.8 ;
quindi /= 12,2 ; c = — 1 1.7 .
E se fosse I estremo oculare sulla divisione da quella banda in ig.7 . e
1' estremo obbieltivo dalla medesima banda dell'oculare in 3,5 . avrebbesi
p=-*-*w ; /■=-*- 3,5
e quindi 1= iG,2 ; c = -l-ii.6 ed il segno piu esprimerebbe che il
centro e nella divisione dalla parte dell oculare.
l56 CR1TER10 PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
48. Determinate il mocimenlo delcenlro del/a holla fra due sue posizioni.
Confrontando le due divisioni alle quali corrisponde il centro, o colla
somma se sla in banda opposta, 0 colla differenza sc trovasi sempre dalla
medesima banda, si avranno le particelle del movimento. Ad ogni posizione
della bolla lorna vantaggioso di calcobare la lunghezza della bolla, perche
nella coincidenza dei due numeri si ha un criterio delle lelture ben fatte.
4<). Esempio. In una prima lettura l'estremo oculare era in 27.4 dalla
sua banda. I estremo obbiettivo in 0.6 pure dalla stessa banda. Nella
seconda posizione della bolla l'estremo oculare segnava 1,2 dalla parte
dell' obbiettivo, e 1 altro estremo 2.5,2 .
La lunghezza della bolla era nel primo easo :>!>.8 , nella seconda posi-
zione '-ilf-o , numeri die possono aversi per coincident!.
Nel primo caso il centro della bolla stava in i5,5 sulla divisione verso
1 oculare. nel secondo caso il centro della bolla stava in i3,2 dalla parte
dell' obbiettivo. Quindi il movimenlo del centro fu di 28,7 verso 1 obbiettivo.
50. I sando del calcolo algebrlco metteremo p',r',c\l\ le quantita
analoghe a quelle del numero /fi per la seconda posizione della bolla. e
di piu m il movimento del centro.
Avremo. l=p — r l'=p'—r ?n = c' — c e dovra essere /' = /.
''-+-/' , r'-\-p'
Nell addotto esempio abbiamo,
p = + 27.4 p'= 1,2
r = -\- .*.(> /■'= — 2.1,2
quindi /— 23,8 /— 24.0 onde e sensibilmente 1 = 1.
c = -t- I.),.) c = — l3,2 m = 2.,j .
5 1. Graduazione della bolla osaia determinazione del movimenlo ango-
/are del suo asse corrispondente alio spostainento di una parlicella.
Messo il livello a qualcbe distanza dalla bitfa si collimi a questa prima
colla bolla disposta verso 1 oculare, poi, alzando leggermente il cannocchiale,
si collimi colla bolla avanzala verso 1 obbiettivo.
DEL PROF. CARLO CONTI i.\-
Si misuri la distanza orizzontale della biffa '>7 ; il movimento del centro 27..') particelle.
La differenza delle due altezze e o"',i4.4 che divisa per 80 da o,oo36.
il rapporto di 206265 a 27,5 e 7500,7 . II prodotto di questi due
numeri e circa -±- : che vuol dire ad ogni particella corrispondono 27".
Vedremo in seguito come una tal holla sia poco sensibile.
53. Venendo alle formole algebriche sia
// 1'altezza letta sulla biffa nella prima collimazione, in metri :
//' 1'allezza letta nella seconda collimazione ;
il la distanza orizzontale della biffa dal centro del cannocchiale.
csprcssa per metri ;
n il numero delle parti trascorse del centro :
i il numero di sccondi corrispondenli ad una particella ;
R"= 206260
Sara
. h'~ h II
.>4- Esempio. //==i"', 3a8 ; il~ 180 :
// 1 ,5^7 : rt= i>g.
Si trova / ' = 8 ".'.') die indicu una holla molto sensibile.
.').'). L chiaro che non dovremo stare ad una semplice determinazi
ma fatta piu volte questa operazione, e trovati risultati abbastanza prossimi,
ne prenderemo il medio. Tal medio poi che caratterizza la sensibilita della
holla, sara bene di farlo incidere 0 sul vetro od in qualche parte dello stru-
inenlo.
I 58 CRlTKaiO VKW LA LIVELLAZIONE topografica
56. Quello die ora si e fatto per una grande escursione della bolla si
potra eseguire per piccole escursioni di Ire a qitallro particelle dalla banda
dell' oeulare verso 1' obbiettivo. Allora vedremo se la bolla sia di uniforme
eurvaliira. die se mancasse quesla condizione la bolla sarebbe imperfetta.
Sicrome poi la bolla forma la parte essen/.iale di un livello, cosi lo strumento,
per quanlo fosse lodevole nelle altre sue parti, sarebbe sempre cattivissimo.
Cos'i p. e. se verso 1' oeulare le tre prime particelle dessero per misura if)"
per una. le tre segucnti 26", le altre tre 22" per una, lo strumento sa-
rebbe imperfello.
Avvertasi per altro che nelle eollimazioni relative a questo esame siccome
il movimento del centro si fa piccolo, la biffa non deve essere molto lontana
dal livello ; potra bastare una distanza di 3o a 4° metri '• badando
bene cbe 1' oeulare del cannoccbiale sia a posto per la chiara visione, e cbe
non vi sia parallasse dei fili.
07. Per questo esame della graduazione della bolla, e della sua unifor-
mita non e necessario cbe il cannoccbiale sia in rettifica ; basta che la bolla
vi sia fcrmamente congiunta.
.'•8. Influenza dello spostamento di una parlicella della bolla suit aU
tezza che si legge alia biffa.
Dividasi il numcro di secondi corrispondenti ad una particella pel
costante 206, si molliplichi il quoto per la distanza in metri, c si avra
1' errore della biffa in millimetri.
og. Esempio. Sia una bolla della sensibilita di 20' per parlicella, e
supposto uno spostamento di tanto, cerchisi alia distanza di 120 metril'er-
roreinaltezza.il 20 diviso per 206 da o,mG. Moltiplicando que-
sto numero per 120 ricaserenio millimetri 10,4. circa, cioe un centime-
tro ed un terzo.
60. Per usare del linguaggio algebrico sia
/ il numero di secondi corrispondenti ad una particella,
d la distanza della biffa in metri,
// 1 errore di altezza sulla biffa in millimetri,
ll"= 206265.
DEL PROF. CARLO CONTl 109
Si li;i esattamentc h= iooo d -^r„ ,
/i
cioe h — tl — = — ^7 e con bast ante approssimazione h = d —
206,26s ' ' 211L)
Gi. Esempio. Sia i'=36"; = i3o avremo // — a^.y millimetrij
cioe due centimetri ed mi quarto circa.
()•_!. Per ([iic-sla slima dell more si puo anclic mettere il 200 in luogo
del 206 domic ricavasi la seguente regola semplicissima : a duecento
metri I' errore di altezza sulla biffa corrispondente alio spostamento di una
parlicella e ili tanti millimetri. quanti secondi misurano le sensibilita della
holla. Per distanze maggiori o minori e chiaro che si prendera una quantita
proporzionata alia distanza.
63. Da cio puo argomentarsi quanlo importi aver una holla di qualche
sensibilita <• di curvatura abbastanza uniforme, stantecbe nella rettifica del
cannoccbiale 0 nella collimazione e difficile cbe non isfugga una mezza parti-
cella ed anclie una iutera. per cui se la bulla c lenta di 2.4 ' a So" 0 pin,
ben presto si crra del centiinetro nelle altezze alia biffa.
G^. Misura delle distance col soccorso della holla.
Per avere la distanza, eseguite le medesime operazioni cbe si fanno nella
graduazione della bolla (.'» 1) si moltiplicbera il rapporto del numero 20G26.J a
quello dei secondi per particella, pel rapporto della dhTerenza delle altezze lette
sulla biffa nelle due collimazioni, al numero delle particelle percorse dal centro.
65. Esempio. Con una bolla cbe segna per particella 19". e con una
escursione di 25 particelle, si rilevo sulla biffa nelle due collimazioni le
differenze di altezza di o"',i72 : si cerca la distanza della biffa dal livello. 11
206265 diviso per 19 da mS.tG: il numero o'",i72 diviso per 20 da
0,00689. " Protlolto di quesli due quozienti porge 7 [ .■> circa di distanza.
66. Awcrtasi die qnesta delerminazione della distanza non puo essere
cbe grossolana, ma in molti casi puo bastare.
67. Stando al linguaggio algebrico, ritenute le medesime posizioni del
numero 8iJ avremo :
, h'—h R"
rf = -,
6<
CRITERIO PER I.V LIVELLAZIONE TOPOGIUFIC.V
formula che corrisponde alia regola sovraesposta in linguaggio ordinario.
Sia //— i",Gi>.'); //'=i ".778; n=32 ; /=i3"; ricaveremo = -6"\g.
L errore « 1 i mezza particella nella leltura della holla cagionerebbe piii di un
metro d' errore nella distanza. L errore di un millimetro solo nella leltura
dell' altezze 0 movimento dcllo scopo, porterebbe mezzo metro sulla distanza.
Con questo pub vedersi die tale determinazione della distanza e sempre
grossolana. Pure, siccome semplice, potrebbe usarsi per riconoscere se nella
misura delle distanze colla catena siasi commesso qualcbe grosso errore.
C>8. II numero — e costante per un medesimo livello, sicche deler-
minato una volta esattamente, valera fino a rlie si cangi la holla. Anche
questo numero potrebbesi tener scrillo per adoperarlo quando occorre senza
rifar ogni volta quella divisione.
6q. Potrebbesi anche apparecchiare una tabella che dasse le distanze
corrispondenti alle escursioni della holla dalle 18 alle jo particelle di
mezza in mezza ed alle differenze di millimetro in milimetro. Qui a modo di
esempio mettiamo una breve tabella per le escursioni del centro dal 23 al
2.) e pei movimenti dello scopo dai i3o millimetri ai 14.0 supponendo
che il livello dia per parlicelle 22".
Tavola per le distanze della bifja dal livello.
Eseursionc
della holla
Movimento dcllo .scopo espresso in
niilliinctri
i3o
i3i
1 33
i34
,35
i36
x37
1 38
i3g
140
P.ni
23,0
53
53
54
55
55
55
56
56
5?
57
23,5
52
52
53
53
53
54
54
55
55
56
56
24,0
5i
5:
52
52
52
53
53
53
54
54
55
24,3
5o
5o
5i
5i
5 1
52
5-
52
53
53
54
25, 0
49
49
5o
5o
5o
Si
5:
5i
52
52
53
70. Esempio. Per una eseursionc di 1^ parti, e per un movimento
nello scopo di o'" i36; ossia di i36 millimetri, determinare la distanza.
DEL PROF. CARLO CONTI 1G1
Procedendo nella Unea orizzontale cui corrisponde nella prima colonna il
■24,0 sino a quella sopra la quale e scritto il i36, si trovera registrato
il numero 53 . e lanta sara la ricercata distanza in metri.
7 1 . Misura delle distanze col movimento ripetuto del/a holla.
Per adoperare questo modo e necessario che la bolla abbia una vitc con
cui si possa stnuovere senza lurbare dalla sua posizione il cannoccbiale.
Questa vile a passo rainuto potrebbe collocarsi dove d' ordinario e il congegno
di reltifica. Allora dopo aver colllmato colla bolla dalla banda dell' obbiettivo
e col movimento del cannoccbiale averla portala verso lobbiettivo e tenuto
conlo delle parlicelle di escursione del centro, colla vile propria della bolla.
senza toccare il cannoccbiale, la si Irasportera" verso 1 oculare. Cib fatto si
muovera il cannocchiale alzandolo verso 1 obbiettivo, con die la bolla proce-
dera di nuovo da quella parte e si terra conlo delle parlicelle trascorse dal
centro. Quando siasi fatto questo per pin volte, e percio alzato sensibilmente
il cannocchiale, si collimera di nuovo. Si soromera il numero delle particelle
trascorse dal centro. nelle varie volte cbe si e prodotto il movimento della
bolla coll alzamento del cannoccbiale. e si fara il medesimo calcolo indicato
al numero G4 : o si usera della formula del G7. adoperando per n la
soniina ora indicata.
72. Ksempio. Nei quattro successivi alzamenti del cannoccbiale la bolla
ba percorso 20 ; 26. 5 ; i!^!h ; 22 parlicelle. La difterenza delle altezze
lette nelle due rollimazioni fu di o'".f>74. La bolla segna per particella 17.
Quant' e la distanza della biffa dal livello?
I sando della regola esposta in linguaggio ordinario al numero G^-
ovvero mettendo nella formula del G7 . // — h= -o"..t~^. : 1=1-;
w = rj2.8 troveremo la distanza di 7.) ".<>.i.
7!). Quando un livello abbia quella maniera di congegno. che e in fine
1' ordinario di rettifica con maggior movimento. si potra esaminare con molta
precisione la cnrvaliira della bolla nella estensione della scala. Ognnno poi
vedra cbe in un laboratorio e cosa facile di aver un cannoccbiale con tale
cuslodia cbe si presli a rilcnerc una bolla da esaminarsi col progresso in-
dicato.
/'../. 11. »i
I 62 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
Si fa poi manifesto die per livellare converra colla vile rimettere la bolla
i poslo, accioccbe il cannoccbiale torni in rettifica.
y4- Meiodo di Uvellazione senza mettere la holla nel mezzo.
Quando il filo e presso alio scopo, cosiche per piccolo raovimento, il quale
non porti la bolla fuori della scala di divisione, si possa portare il filo in
coincidenza, facciasi fermare lo scopo sulla biffa. Fatta la collimazione, intanlo
die viene lelta e riveduta I'altezza, la bolla si riposera. Riposata la bolla, leg-
gasi la posizione de' suoi estremi, e si trovi la posizione del centre
La correzione espressa in raillimetri, da applicarsi all' allezza letta, si
avra colla seguenle regola.
Si moltiplichi il ninnero delle particelle di cui e spostalo il centro per
la dislanza, e pel rapporto dei secondi corrispoiulenti ad una parlicella al
numero costante 206 . Se il centro pende verso 1' oculare la correzione
sara addittiva, se il centro e verso 1' obbiettivo la correzione sara sottrattiva.
75. Esemnio. La bolla segna per parlicella i3"; la distanza della biffa
dal livello e di \^o melri ; il centro pende verso 1' obbiettivo di 3,2
particelle. Si trovera la correzione di millimetri 28 e si leverii dalla di-
stanza letta sulla biffa.
76. Yolendo ricorrere a formula algebrica, diremo p la divisione cui
corrisponde l'estremo oculare. r quella cui corrisponde 1 estremo obbiet-
tivo ; d la distanza in metri della biffa dal livello ; / il numero dei
secondi per particella ; e la correzione die applicasi all' allezza in mil-
limetri. Avremo
Quesla formula dara anche il segno con cui va applicata la correzione, pur-
cbe la divisione verso 1 obbiettivo si prenda negaliva, e positiva 1 altra die
procede dalla banda dell' oculare.
77. Potrebbesi anclie usare della formula piu semplice
_ idt (/J-+- r)
1 OOO
percbe 1 errore proveniente dal mutato denominatore e trascurabile.
DEL l'ROF. C.\RT.O C0NT1
l63
78. Esempio. La distanza della biffa e di 120 metri; il livello segna
per particella :> 1 secondi; l' estremo oculare stava in 4-'- dalla banda
dell' obbiettivo, 1'estremo obbiettivo stava in 17.4 dalla medesima banda
come e manifesto dover essere : cercasi la correzione.
Avremn ressa in millimetri.
Spostamcnto
DISTANZA DELLA
BIFFA IN M
tlcl centro
della bolla
Osservazioni
5o
60
7°
80
9°
100
r.r.i
0,5
2,2
2,6
3,i
3,5
3,9
^,4
Se il t.nlco p,n-
1,0
-»•-»
5,3
6,2
7,0
7,'S
8,8
i,5
6,",
'■'.I
9,2
10,6
",7
l3,2
1'Jnhn, ,
2,0
3,7
I"."'
12.3
■4,'
.5,6
■ 7,6
2,5
10,9
i3,i
.5,4
1 7,6
19,6
22,0
3,o
i3,i
1 5,8
i8,5
21 ,1
23,5
26,3
80. Esempio. Alia distanza di 80 metri fatta la collimazione e rile-
vata 1' allezza i'".:>48 sulla biffa, il centro della bolla pendeva verso 1' ob-
biettivo vuol dire cbe la correzione e di n> milli-
metri. od 1 1 come >i vuole ; e siccome il centro pendeva verso 1 obbiettivo.
si leveranno i 10 millimetri dalla misura avuta nella collimazione, onde
la vera allezza sara 1 .338.
x64 CRITERIO PER LA LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
81. Principale criterio per /' esattezza della livellazione.
Fatta una stazione di livello e lolto il conseguente, si misuri l'altezza del
ccntro dell' obbiettivo dal sommo di un cavicchio infisso ncl suolo, con biffa
che vi posi sopra. Dalla nuova stazione si collimi a questa bilfa rimasta sul
cavicchio. poi, al modo consueto, si rilevi 1' antecedente.
Se il cannoccbiale e. in rettifica, e se siensi fatte giuste le collimazioni e leite
le altezze con esattezza, la differenza delle altezze lette sulla biffa al luogo del
livello deve essere uguale alia differenza fra V antecedente e conseguente:
ovvero le differenze di altezza, lette sulla medesima biffa e prese nel medesimo
ordine, debbono essere uguali.
82. Esempio. II conseguente fu di im,g43 ; 1 altezza del centro del-
l' obbiettivo dal cavicchio sottoposto i"\?.j2.. L'altezza battuta sulla me-
desima biffa dalla novella stazione fu di i".638 . L' antecedente della
novella stazione fu di 2m,3i 1.
La differenza fra le due altezze 1,638; 1,272, e di o'", 366 ;
la differenza fra 1' antecedente e conseguente e di o,368 ; numeri che
possono aversi per uguali. Quindi potra ritenersi che il cannoccbiale sia in
rettifica e che le altezze sieno state prese esattamente.
83. Se le due differenze di altezza prese nell ordine che fu detto non
rombinano, e ribattute risultano le medesime, sara segno che il cannoccbiale
e fuori di rettifica. Per avere 1 errore di rettifica in secondi si sottrera la
differenza fra 1' antecedente ed il conseguente dalla differenza delle analogbe
altezze prese sulla bilfa al livello. si dividera questa pel doppio della distanza
del livello dal conseguente nella prima stazione, ed il quoto si moltiplichera
pel costante 2062G.). Se la differenza delle altezze letle sulla biffa al li-
vello e maggiore della differenza fra 1' antecedente e conseguente, il cannoc-
cbiale alzera dalla banda dell' obbiettivo, viceversa alzera il cannocchiale dalla
banda dell'oculare. Finalmente, per avere 1' errore in parti della bulla, si di-
videra il trovalo numero di secondi per quei lanti secondi corrispondenti
ad ogni particella che misurano il grado di sensibilita del livello.
84. Esempio. 11 conseguente sia di i"',82- alia distanza di 120
metri, 1' altezza del centro dell' obbiettivo dal cavicchio sia di i'",32i. L' al-
DEL PROF. CARLO CONTI I G.i
tezza battuta sulla medesima biffa dalla novella stazione sia di i '.;.'>•>.
L' antecedente della novella stazione sia 2'". 282. Riscontrare la livellazione,
La differenza delle altezze lette sulla biffa e <> '.4')l : ';i differenza fra
l' antecedente e conseguente e <>. "4,K)- Essendovi differenza sensibile si ri-
battono, e poniamo che nella nuova operazione risulti sensibilmente uguale.
Cio vuol dire esservi un errore . I sando del linguaggio aljrehrico metteremo :
o DO D
// I' altezza del centro dell' ohbiellivo sulla lesla del cavicchio the
porta la biffa,
C il conseguente haltulo nella prima stazione.
//' I' altezza letta sulla biffa al livello, dalla nuova stazione,
A il conseguente nella seconda stazione.
a la distanza del livello dalla biffa nella prima stazione.
/ il numero de' secondi corrispondenti ad una parlicella della holla.
X 1 errore di rettifica del cannocchiale. positiva se al/.a dalla banda
dell ohhieltivo. negativa se alza dalla banda dell' oculare.
n 1 errore di rettifica espresso in parti della holla.
Perche I' operazione sia hen fatta e perche il cannocchiale sia in rettifica
deve essere
K-h = A-C.
l6G CRITERIO PER LA LIVF.LEAZIONE TOPOGRAFICA
Se questa equazione non e soddisfatta, e ribattute la altezze si trovino giuste.
avreino
*'-A_(./_C)
86. La formula prima puo anchc mettersi solto il seguente aspetto
h'-^-C— (h-hJ)
id
R" ,
die suggerisce questa regola. Dalla seconda altezza letla sulla bilfa al livello
aumentata del conseguente, si tolga la prima altezza aumentata dcll'antece-
dente. Questa differenza divisa pel doppio della distanza e moltiplicata pel
numcro 20626:), dara 1' errore di rettifica in secondi. Se la prima som-
ma e maggiore dell' altra, il cannocchiale alzera dalla banda dell' obbiettivo.
se la prima somma e minore dalla seconda il cannocchiale alzera dalla parte
dell' oculare.
87. Esempio. Sia h= i"',327 ; //=i'".827; d= i5o.; /=i8".
C= 1,572 ; A= 2,i45
Abbiamo // — A = om,5oo ; A — C=o"',573. Essendo questi numeri
assai diversi, si ribatteranno le altezze. Supponendo che si trovino le mede-
sime calcoleremo A e si trovera ^= — 5o", 2 circa, locche vuol dire che
il cannocchiale e fuori di rettifica ed alza dalla banda dell' oculare. Dividen-
do 5o",2 per 18" avremo 2.8 circa ; laonde il cannocchiale alzera
dalla parte dell' oculare di 2 parti ed otto decimi.
88. Questo melodo, allorche 1' andamento di livellazione lo comporta. e
pregevolissimo lanto per 1' agevolezza dell' csecuzione, come per la bonta del
criterio che si riporta alia collimazione, alia altezza letta, alia rettifica del
cannocchiale. Tengo per fermo che chi vorra un poco abituarvisi ne lara
poi uso conlinuo.
8q. 1/lro criterio per la livellazione.
Battuto il conseguente. si porti la bitfa sopra altro cavicchio un poco
DEL I'ROF. CARLO CONT1 iGj
discoslo dal primo, e si prenda una novella altezza che diremo conseguente
ausiliario. Dalla nuova slazione, preso l'ordinario antecedente, si posi la biffa
snl cavicchio, che ha servito per il conseguente ausiliario. e sibatla laltezza
che pur diremo antecedente ausiliario.
Se le colliniazioni furono esalte, e giusle le letture, la diffcrenza Ira il
conseguente e I' antecedente ordinario, deve combinare colla differcnza Ira il
conseguente e l'antecedente ausiliario.
rjo. Esempio. II conseguente ordinario fu di i .cp- ; 1 ausiliario
di 1 ",.')G- . L'antecedente ordinario fu ili 2"\i4^ ; 1 ausiliario di
i ,779 • La differ enza Ira le altezze ordinarie c di o"'.2i.» ; quella fra
le altezze ausiliarie di o '".*-> 12 ; che potendosi avere per coincidenti, (anno
prova di esattezza nelle altezze prcse.
91. Le altezze ausiliarie non debbono entrare nella livellazione, a meno
che quei punti sui quali riposa la biffa non fossero di quelli che si hanno a
collegare coll andamento di livellazione.
92. Quando la biffa non sia mollo discosta dalla posizione ordinaria, non
si pub aver criterio di rettificadi cannocchiale. E quando fosse anchediqual-
rhe decina di metri discosta. la determinazione dell' errore di rettifica, calco-
lato colla formula dala a suo luogo. sarebbe sempre incerta. Quindi e che
abbandonando la ricerca dell' esattezza di rettifica con qnesto metodo, mette-
remo l'asla poco discosta, e dal confronto che fu csposto, ci accontenteremo
di avere una facile prova della eiustezza nelle altezze baltule.
Nola.
Riporto qui una regola per determinare 1 errore di una quantita dipen-
dente da altre, supponendo che nrlla loro misurazione siensi commessi errori
picciolissimi. Servira questa breve discussione a confermare quello che lu
annun/.ialo nel principio.
La quantita x dipenda da y. j, // .... per mezzo della equazione
x= ?| y.c.n... j . Sostituendo ad y,z,u... valori esatti, da quella formula
lG8 CRITERIO PER LV LIVELLAZIONE TOPOGRAFICA
trarremo il giusto valore di x. Ma se ad y, z, //... si sostituiscano valori
prossimi y\ z\ u .... ne verra fuori un valore x' . che sara giusto per
y'.z'.u... erroneo per y, z, «... ; e siccome riputeremo che y z u ... sieno
i veri, commetterassi un errore x — .r . Tale errore sara espresso dal-
1 equazione
.r' — x = •, z. u ...) .
Mettiamo .r— .r= §.r, y — y= oy. z — z = lz, u — u=hu...(_-
supponiarao che tali differenze sieno picciolissime. onde nello sviluppo sipos-
sano ommettere i termini d' ordine superiore al primo. e si avra
lr= (|)^+ &*+ (l)SM-*-etC-
1 coefhcienti di o> . ~oz, 'ou ... esprimeranno 1 influenze degli errori cora-
messi in y. z, u ... sulla determinazione di .r.
Benche non si conoscano \y,'oz,ou... , altrimenti avrebbonsi i valori esalti
dei quali sarebbe da usare, potremo conoscere il limite di loro grandezza, e
cosl per la precedente equazione si avra un dato sull errore di x. cioe
sui limiti entro i quali puo essere ristretto.
Veramentc nel calcolo di quei coefficienti, si dovrebbono meltere i valori
giusti ) . z. u... ma cio non fa diversila sensibile, menlre nell ipotesi assunta
sulle picciolezze di oy,'6z,'e>u... la differenza e di ordine trascurabile.
Gli errori oy,'oz,ou ... possono essere positivi e negativi. potendosi
in una misurazione peccare in eccesso ed in dilello, per la qual cosa a sti-
mare giustamente i limiti di ox. dovremo considerar la perniciosa influenza
cbe dipende dalla grandezza e segno degli errori possibili.
II ox rappresenta 1 errore assoluto ; potrebbesi invece domandare il
rappoiio dell' errore alia quanlita stessa, per sapere se sia da temere un er-
rore del mezzo per cento, dell' un per cento e via dicendo. Questo rapporto
verra dato dalla formula
DEL PROF. CARLO CONT1 I 69
" vvcro da x --'--, u) °y + * ( *) >* + -„ (J) u + ec-
Si.i j». e. / la distanza orizzontale
° 1' errore commesso sulla mi-
surazione di / cresce riportato ad //. Cos'i anche il termine secondo
dipendente dall' angolo « puo diventare forte coll' aumentarsi di tale quan-
tity, ossia coll' assumersi piccola base.
, oh ol 2§a , , . ,, ..
Avremo ancora -r- = — -\ , la quale equazione da il ran
n I sen 2a ' ± 1 i
porto dell' errore di // . Se la e espresso in minuti dovremo porrc
oh dl i'ox
h I Ii sen 2x
essendo /i' — 3438, per cui sara in fine
/"/ ol let
h " I
i - 19 sen 2a
Sia « = Go". &a nel massimo limite possa ammettersi di :>.', e -y = —
avremo -,- =. — ■ -+- -. — . cioe 1' errore derivante dell'angolo non arrive-
h 1 00 1 a i 1 °
rebbe alia quarta parte dell' errore commesso nella misurazione della base.
Cella I 8 Agoslo 18 i-
DESCR1ZIONE
1)1 UNA MACCHINA A DISCO PER LA DOPPIA ELETTRIC1TA.
L DLLLIi tSPERIENZE ESIiGDITE CON LSSA.
COMPARATIVAMENTE A QUELLE DELL'ELETTROMOTORE VOLTIASO
DEL
PROF. AR. FRANCESCO ZANTEDESCHI
ll signor Dujardin di Lilla, il if) maggio 1843, sottoponeva al giudicio
dell Islituto di Francia una macchina elettrica a disco che mette simulta-
neamente in evidenza i dae stati elettrici positive e negativo ; e quella insigne
Accademia destinava a Commissarii i signori Rabinet e Desprets (Comptcs
rendus de f Acade'mie des sciences, t. xvi, pag. io8j ) perche avessero a
fame rapporto. Questo falto mi ha incoraggito a presentare la macchina
a disco a doppia elettricita, che io, merce la muniheenza sovrana che
form i mezzi necessarii, feci costruire dal noslro macchinista sig. Fran-
cesco Cobres pel Gabinetto di Fisica dell' 1. R. Liceo di Venczia. L atten-
zione die fa cortesemente accordata in Francia alia macchina del Dujardin
spero che non sara negata aile esperienze istituite con quella costruita in
Venezia, della quale ora presento il disegno (Tavola XI). e che sla esposta
nell' I. R. Liceo alle vostre disamine ed invest igazioni. mentre di quella di
Francia non se ne conosce peranco la costruzione, ne il rapporto dei Com-
missarj (i).
172 DESCIUZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC.
I Fisici, sino dal secolo scorso, hanno rivolte le loro cure ed investiga-
zioni alia costruzione di una macchina elettrica die avesse a comprovare la
simultanea esistenza dei due stati npposti elettrici de' corpi ; e nella storia
della elettricita si ricorda quella di Nairne a cilindro (Trans, philos. 1770,
Description de la machine electrique) ; quella a disco, descritla da Van Ma-
rum ; quella diBiot; quella rappresentata dal Belli ; quella a piu pezzi di cri-
stallo immaginata dal nostro Maggiolto e perfezionata dal professore Dal
Negro (Description d' line tres-grande machine electrique, pluce'e dans le
Museum de Teyler a Haarlem, et ties experiments [aits par le moyen de
telle machine par Martinus Van Marum ; Biot, Trade de physique expe-
rimentale et mathe'matique, T. II, chapitre VII, pag. 327. Paris 1816;
Belli. Corso di Fisica sperimentale, Vol. Ill, Sec. iv della Elettricita, pag.
4.1 ; Lettera di Francesco Maggiotto al sig. Ab. Giuseppe Toaldo, P. P.
di Astronomia in Padoia 1781; Dal Negro, IS'uovo metodo di costruire
macchine elcitriche di grandezza illimiiata, e nuovi esperimenti diretti a
rettificare t apparato eleUrico, Venezia 1799; ma se si ecceltua quella di
Nairne. le macchine elettriche a doppia elettricita sono tutte piuttoslo idonee
a sperimentare separatainente sui due stati elettrici opposti, anziche ad isti-
tuire ricerche sulla simultanea dinamica potenza della materia elettrica. Io non
nego die alcune con qualche aggiunta, come quella rappresentata dal Belli,
quella descritla dal Van-Marum, e quella immaginata dal Maggiotto, non potes-
sero prestarsi alio investigazioni dei simullanei efretti della elettricita positiva
e negativa, ma queste macchine sarebbero sempre di troppo complicate, come
e quella indicata dal Belli, in cui vi sono nove isolanti ; 0 di troppo dispen-
diose, come la stragrande di Van Marum con undid isolanti; la grandiosa del
Maggiotto con otto ; io 11011 parlo di quella di Biot, die per sua naturale
costruzione e destinata alle successive ricerche della elettricita vitrea e resi-
nosa ; ne la macchina elettrica di Nairne pare possa sostenere corrente abba-
stanza copiosa da ottenerne quegli effetti die addimanda la scienza ; essa non
ha die un solo cuscinetto, e tuttavia abbisogna di sette isolanti. Lo stesso
Volta,' die gia possedeva questa macchina a cilindro del fisico inglese, per
verificare la sua sentenza die colla semplice corrente prodotta dal giuoco
DEL PROF. AB. FRANCESCO ZANTEDESCHl I;.i
d'una buona macchlna comune si saxebbe fatta l'analisi dell'acqua. fece ricorso
al D.' Van Alarum, perclic ne facesse la prova colla sua grande maccliina del
gabinetto di Teyler, e gli elettricisti ricordano nei loro Traltati die la cosa
si e verificata in Ingbilterra, e che e riuscito a laluni di quei fisici di svol-
gere dall' acqua delle bollc d'idrogeno e di ossigeno promosso dalla semplice
corrente cleltrica di una maccliina ordinaria ; la quale resa continua, col
giuoco sostenuto di essa maccliina veniva obbligata ad atlraversare un pic-
colo Strato di acqua sorlendo od entrando per una soltilissima punla metallica,
al line di concentrarvi lulla la forza. (Collezione delle Opere di I o/tii. T. 11,
P. 11, pag. 22G. ) Prima di quest epoca 1 analisi dell' acqua colla elettricita
11011 si era oltenuta clie dai chimici olandesi con lunglie e faticose sperieuzc
a mezzo di replicate scariclie della bottiglia di Leyda, e ripetutada Sylvestre
e dall' Ab. Chappe per convincerne gl' increduli. ( Journal de phys. Nove/nb.
1 789. pag. 36g ; de JMcholson, n. VI, vu e viu, 1 797 ; Lellre de M. Sylvestre
et M. f Ab. Chappe, a M. de Fourcroy ; Annales de Chimie, T. VI, pag.
121, an. 1790; Dal Negro, Nuot'O metodo di cosiruire macchine elettriche
ec. p. xiv e xv.) Ma colla maccliina di Nairne a doppia elettricita, io 11011
so, ad eccezione delle attrazioni e delle ripulsioni, cbe siensi falte applica-
zioni alia cbimica. E in qucsta parte un vuoto cbe io ritrovo nei Trattati di
lisica, come in quelli di Pouillet, di Despretz, di Lame, di Pianciani, di Scina',
di Uarlocci, e di Gerbi ; e cbe non venue riempiuto neppure colla ristampa
cbe di alcuni di quesli Traltati si fece nei 1 84->-
Sono molli anni cbe io vivamente desiderava cbe i lisici avessero a sup-
plire a questo difetto, a vie maggiormente collegare gli effetti della elettricita
di attrito colla Voltiana ; collegainenlo cbe e della piu grande importanza.
sia cbe si risguardi dal lato della teoria. sia clie si cousideri dal lato del
pratico iusegnanieuto : ma in mezzo alle grandi scoperte cbe richiamarono
1' attenzione dei dolti d Europa, questo scienlifico perfezionamento venne
Irasandato.
11 P. Alessandro Beshinktasb, profess, di lisica in questa Cougregazione
Armena di San Lazzaro, Del suo so^gioruo in Londra, fece cosiruire una
ricca collezione di bellissinie macchine per un corso di lisica luoderua : e se il
I 74 UESCRIZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC.
Gabinello di questo I. R. Liceo e di allri del Regno sono forniti di alcuni de'
piu recenti apparati, cio devesi alia cortesia di questo Padre e del R. Preposto
al Collegio Armeno in Venezia Rafaele Trenz, clie mi aprirono i Ioro Mnsei,
e miscro a mia disposizione 1' intiera loro suppellettile di fisica. In questa
ricca collezione avvi pure una maccliina a disco per la doppia elettricita,
dalla quale ho tratto partito per quella clie feci costruire dal nostro mac-
diinista sig. Francesco Cobres in dimensioni maggiori, modificandone gl' iso-
lamenti c con aggiunta di alcuni apparali che si prestano a varie ricerche
chimiche. Le modihcazioni degl' isolaraenti consistono nella natura del vetro
e nella vernice. La maccliina importata dal Padre Armeno ha gl' isolanti a
vetro bianco e nudo, quella coslruita in Yenezia ha gl' isolanti a vetro verde
e spalmato di buona vernice, per cui la dispersione riesce minore. Del resto,
questa maccliina, dalle comuni a quattro cuscinetti, differisce unicamente in
questo, che gli stanti sono di due parti formati, le inferiori in legno comuni-
canti colla base o sostegno, e le superiori di coibenti o di vetro spalmato di
vernice, per cui i due cuscinetti inferiori comunicano sempre col suolo, ed i
superiori sono isolati. Questi portano un solo conduttore, che conveniente-
mente incurvato puo chiudere il circolo col bevitore, il quale sostenuto da
nn isolante orizzontale raccoglie 1' eleltricita sviluppata dal disco di vetro.
II bevitore adunque e elettrizzato in piu, o vitreamente, e il filo comunicante
coi cuscinetti superiori e elettrizzato in meno, o resinosamente. Ora fra le
due estremita di questi due conduttori noi abbiamo come i due poli, o i due
elettrodi di un apparato Voltiano. E sopra di questi che io ho istituito le se*
guenti esperienze, che vengo ora a descrivere. Queste possono essere in tre
classi comprese, ed agguardano gli e{fettiy?.svW, fisiologici e chimici. Non cono-
sco che alcuna ricerca sia stata falta colla maccliina che il P. Alessandro
reco da Londra, e non la trovo neppure in alcuna opera descritta. Per cio
che spelta agli effetti, io non m' intratterro sulle attrazioni e ripulsioni de-
scritte da' fisici, le quali si rannodano con quelle del pendolo oscillante del-
1' elctlromotore Z,amhoniano ; io piuttosto notero come nel moto de' liquidi
ch' escono da un forellino si abbia un acceleramento e sparpagliamento tanto
se il secchiello comunica col polo positivo, quanto se il secchiello comunica
DEL PROF. A?.. FRANCESCO ZANTEDESCH1 17.")
col polo negative lo non ho potato pero determinare se, in tempi eguali, la
quantila del liquido ch'esce sia sempre la slessa, edunicamenle dipenda dal-
1' altezza del liquido premente, come crede Lame. ( Lame, Cours de physi-
que, T. \\, p. 11, pag. G;>, Paris 18!) 7 ; Cavallo, Trattuto complelo di elet-
tricita. pag. 65. Firenze 1779; Ellicol, Sur I acceleration da mouvement
des Jluides par I e'lectricite. Trans, phil. 1700.)
Tra i fenomeni fisiologici che formarono obbietto di moltiplicate espe-
rienze io bo cercato di melterc in rhiaro i seguenli :
I. II sapore. Parlando della elettricita Voltiana, s' insegna cbe si sente un
leggiero sapor acido, se I'elettrico entra nclla lingua, colla elettricita positiva 0
vitrea; e un sapor alcalino, se esso esce colla elettricita aegativa 0 resinosa.
Fu il Volta cbe ebbe questa sensazione di sapore acido dal conduttore posi-
tivo, ossia elettrizzato in pih d'una buona maccbina eleltrica, e di sapore
avente dell'alcaliuo dal conduttore negativo, ossia elettrizzato in meno, la pri-
ma abbastanza distinla, la seconda non tanto, col tener applicata la punta della
lingua a quel conduttore e a questo, mentre faceasi giuocar continuamente
essa maccbina accio si mantenesse la corrente elcttrica. . . « Un'altra maniera
i migliore, dice il Volta, per sentire il sapore cagionalo dalla corrente elet-
• trica mossa e mantenuta dal giuoco continuato della maccbina, quella si e
< di ricevere sull apice della lingua il liocco spiccantc da qualcbe punta del
» conduttore elettrizzato positivamente ossia in piii, non accostandovi pero
« troppo essa lingua, accio non venga colpita da scintilla » (al qual fine e bene
cbe delta punta del conduttore non sia metallica, ma di legno o d'altro imper-
tetto deferente) ; provasi con cio. oltre al vellicamento cagionato dal cosi detto
venticello, un geutil saporetto acido provocante un poco la salivazione.
Se, al contrario, il conduttore a cui si preseuta in tal modo la lingua, sia
elettrizzato negativamente, ossia in meno, la sensazione di sapore sara o nulla.
0 di quell' altro sapore tirante all' alcalino. come appunto e nulla o di tal
sapore la sensazione cbe nell' esperienze galvanicbe prova 1 apice della lingua
dalla parte di quello dei due metalli che pel contatto coll' altro viene elet-
trizzato in meno. qualora il sapore acido. cbe fa sentire quell' altro metallo
elettrizzato in piu, sia pur debole. 0 per essere tra metalli poco diversi. 0
1-6 DESCRIZ10NE DI UNA MACCHINA A VAPORE, EC.
o per non esser questi il piu convenientemente applicati. (Identita del Jluido
eleitrico col cos) detto fluido gohanico. pag. 1 17 c 127. Pavia 1814) Invece
di sperimentare separatamente sull' una dclle due elettricita, io uso in questa
raacchina elettrica che la persona isolata faccia parte colla lingua del circuito
e degli elellrodi positivo e negativo. non altramente di quello che suolsi fare
nell elettromotore Yoltiano. Qui pure 1' elettrodo positivo, che risponde al
polo positivo della pila di Yolta, da' sapore acidetto ; e 1' elettrodo negativo,
che risponde al polo negativo, da sapore alcalino. ma inoltre meno intenso
del primo. Per tal modo sperimentando parmi piu compiuto il parallelo fra
1' elettricita ordinaria di attrito e quella dell' elettromotore Voltiano. perche
in ambi i casi si ha un circuito chiuso, una elettricita circolante.
11 Schoenhein colla elettricita Yoltiana rinvenne al polo positivo un odore
simile a quello che scappa per emissione dalle punte dell' elettricita ordinaria
(V)ibl. TJnivers. aoi/t 1840. pag. 342 ) ; fenomeno che a nostri di venne
riportato in tntti i giornali di iisica ; ma noi ricorderemo che sino dal 1804
ehhe il Yassalli Eandi ad osservare che il galvanismo positivo tratto da una
pila formata di zinco e rame con soluzione di muriato di ammoniaca e con-
dotto per fili d' oro purissimo sopra del cotone hagnato e galleggiante sul-
T acqua dislillata, diede un odore distinto di gas nitroso, e che un odore
analogo, ma molto piu debole e da riuscire incerto, ehhe a sentire sul cotone
galvanizzato negativamente ( Aldini, Essai the'orique et experimental sur le
galvanisme, pag. 207. Paris 1804.). Pfaff assicura che 1' odore di fosforo.
di aglio. di zolfo dell' elettrico di attrito e sensihile specialmente pel diffon-
dersi della elettricita positiva ( Gehler's, Physik. Wor. art. EleJf.).Met-
tendo la persona isolata come si e detto di sopra e facendo in modo ch' en-
trassero a far parte del circuito la lingua e le narici, comprovai pienamente
in quanlo ad intensita 1' esattezza dell' esperimento di Pfaff. Coll' elettricita
negativa io pure provai un odore meno intenso di quello ch' ehbi a speri-
mentare colla elettricita positiva ; ma se egli fosse in qualita lo stesso. non
ardirei affermarlo.
Presentando il rovescio della mano al conduttore positivo e negativo io
ehhi una vellicazione che rassomigliava al solletico prodotto dall' incontrare
DEL PROF. AR. FRANCESCO ZANTEDESCI1I I 77
una rara e sot til tela /». Vi ho falto praticare verso il fondo due fori circolari
opposli, ne' quali ho inserito due cannelli di vetro, portanti ciascuno 1111 filo
sottilissimo di metallo, die nella estremita interna sporgeva di una minima
parte, e in tulto il restante era perfettamente difeso dal vetro ; al quale scopo,
secondo il metodo di Wollaston, aveva falto fondere al dardo della Gamma
il vetro stesso, e liiessavi lestremita metallica a nudo col mezzo della molla,
che ne levava gradatamente il vetro. Uno di questi fili nella sua parte ester-
11a era unito ad un grosso filo di ottone piegato ad angolo retto, e termi-
nato all' altra estremita in una vite per fermarlo sul bevitore positivo della
macchina elettrica ; l'altro filo, nella sua parte esterna. era congiunto eon un
grosso filo di ottone terminato in palla. colla quale si poteva compiere il circolo
rol bevitore negativo.
Le scoperle estrcme punte del fili sottili potevano esser portate assai
vicine. 1 fili erano di ferro e di plalino, in modo che io poteva far agire
1 apparato con elettrodi tutti di platino. ovvero con uno di platino ed altro
di ferro a mio piacimento. Tale apparato 1' ho chiamato analisimetro elet-
tro-chimico in luogo di voltametro che si usa anche per le analisi prodotte
coll elettricita comune.
Portate iinpertanto le punte assai vicine, ma non a contatto. e chiuso
il circolo, ed introdotto il liquido decomponibile nell analisimetro, ho veduto
che colle due punte di platino. e con acqua acidulata con acido solforico si
sviluppavano galozzole da ambe le punte ; e sostituita al polo positivo una di
ferro, questa si ossido, e al polo negativo continuo lo sviluppo gazoso come
prima. Usando acqua clorata e punte di platino io non ebbi sviluppo gazoso
che al polo positi\o : colla soluzione di protocloruro di stagno e gli elettrodi
di platino apparve in forma gazosa 1' idrogeno al polo negativo. e nessuno
180 DESCRIZIONE DI UNA MACCHINA A DISCO, EC.
sviluppo gazoso al polo positivo; ami conlimiaiulo 1' azione clettrica, il polo
negativo si coperse dl stagno ridotto ; analogo risultamento io mi ebhi col
protosolfato di ferro. Colla soluzione del solfato di rame e gli elettrodi di
platino villi il rame melallico depositato in forma di globctti sull' elettrodo
negativo ; ed inversa la comunicazionc, scomparvero perfettamente i globetti
di rame, com' e nolo aver ottenulo Wollaston con una corrente di scintille
elettriclie. {Phil. Trans. Vol. XCI, pag. ^27) Colla corrente scintillante ho
veduto rendcrsi discontinuo lo sviluppo di gaz ; ma le galozzole in questo caso
apparivnno piu grosse die a circolo chiuso; perche allora si presentavano
sotto 1' aspetto di una nube ascendente.
Questi risultamenti stabiliscono la piu perfetta analogia tra la corrente
dell' elettromotorc voltiano ed una sostenuta da una macchina di attrito ;
ma havvi una grande differenza nella quantita degli effelti ; il che comprova,
secondo Volta, la ricca copia di elettrico che per ogni tempo brevissimo
fornisce 1' elettromotore, in confronto di una buona macchina elettrica ; e da
questa minor copia di lluido elettrico, che mettono in corso e fan passare le
macchine elettriche anche le piu potenti a ciascun momento, in paragone
di quella che promuovono le pile, che ripete lo stesso Volta la piccolezza
degli effetti ; ma, secondo altri, potrebbe forse cio derivare da piu intrinseca
cagione, che a prima vista non paja, cioe da una diversita del flnido voltaico
da quello di attrito.
I descritti fenomeni adunque fisiologici e chimici rannodano fra di loro,
per alcuni rapporti, queste due branche di elettricita di attrito e del Volta ;
e quelli del liquido che sgorga da un foro capillare e della scintilla elettrica
possono per avventura tornar utili per istabilire qualche veduta teorica in-
torno all' elettrico, sulla quale io tornero dopo aver esaminato i fenomeni
d' induzione dinamica. — Sarebbe mio desiderio che questa macchina si avesse
a difFondere in tutti i Gabinetti di fisica ad istruzione della studiosa gio-
ventu, al quale scopo precipuamente ne ho descritte le parti essenziali e gli
effetti ottenuti ; non essendo d' altronde immeritevole dell' attenzione del fisico
o il rinnovamento di una esperienza non ripetuta da altri, 0 la determinazione
piu circostanziata di un fenomeno, 0 il metodo stesso piu pronto e facile in
Vol.11. Tav.XI
ftl)'- F..K' ,y.J,/,„/, ,/,„.,/„/%,/,/„,.,,,„,//, I
/' ./s K-s sit////,,/'? //s./s/s, „ s /■//<>, s/
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I 'fe
DEL PROF. All. FRANCESCO ZANTEDESCH1 I Hi
confronlo di altri. Se io posso ottenere con questo scritto lo scopo bramato,
questa mia qualunque siasi tenue ricerca avra il maggior compenso possi-
Idle, die e quello della diffusione di lnioni studii Ira noi.
I Letta ,1 16 Luglio 1843 1
\ OTA
(1) Posteriormente, negli Annates de Cltimie et de Physique di Parigi
iu pubblicata la descrizionc della macchina del Dujardin. TomoJX ,pag. i io,
1843.
OSSEKVAZIONI
SILL' ORD1NE DELLE SERTULARIEE DELLA CLASSE DE' POLIPI
DEL
PROF. GIUSEPPE MENEGHIM
I Jappoiche Edwards, Audonin ed Ehrenberg sroprirono nclle Fluslre,
nolle Cellarie ed in altri polipi somiglianti la doppia apertnra del canale
intestinale ed una organizzazione sotto molti rapporti corrispondente a quella
dcgli animali ascidiani, piu non rimase ilubbio alcuno sulla necessita ili
formare delle Sertulariee quali le aveva rircoscritte il Lamouroux. un ordine
o famiglia distinta. Sono polipaj di sostanza cornea, affissi con un iulcro ra-
diciforme agli oggetti marini, forniti di un tronco dislinto, semplice o ramoso,
frequentemente articolato, sempre cavo, contenente un tuho membranoso
riempito di sostanza granulare e comunicante coll' estremita inleriore dei
singoli polipi. che li.nino una cavila digestiva semplice, la quale si apre
all' estcrno con bocca conica contornata alia sua base da dieci a venti tentacoli,
e che sono contenuti in calici di sostanza cornea, di diversa forma, colloca-
zione c grandezza secondo i generi e le specie.
Quella condizione di unita multipla cbe sembra render inapplicabile alia
massima parte de' polipi il concetto della individualita, riesce nolle Sertulariee
ancor piu evidente cbe nolle altre famiglie, e combinandosi alia singolarita
delle forme esteriori, cbe tanto vivamente ricordano le vegetal!, se non giustibca
rondo almcno ragione del noine di zoofiti. col quale per lo addietro s indica-
I 84 INTORNO LORDINE DELLE SERTULAR1EE, EC
vano. Pienamente dimostro il Lamark, che tutto e nolle Sertulariee al pari
die negli altri ordini di polipi perfettamente animale, ne esse presentano
accoppiamento di vita vegetale ed animale che sia maggiore o piii deciso di
quello che si riscontra negli animali delle classi superior!. E pero innegabile
che que' pretesi zoofiti meglio che qualimque altro ordine di animali si pre-
stano al confronto co' vegetali. e quantunque ahusando d' un tal paragone ne
possano derivare dannosissimi errori. esso non cessa pero di essere opportuno
id utile fino a tanto che rimanga circoscritlo ne' limiti d' un semplice confronto.
Imperocche animali e piante costituiscono due regni ben distinti. i quali si pos-
sono bens'] avvicinare 1' un l'altro fino a rendere arcana edubhia la distinzione,
ma confondersi non mai. Riducesi quindi la questione a sapere a qual gruppo
di vegetali sieno meglio paragonabili i zoofiti a differenza degli altri animali;
e questo mi sembra che dalla maniera altuale di considerare si gli esseri
vegetali che gli animali sia con precisione indicato. Oggidi la pianta al pari
dell animale si considera come un aggregato di elementi organici similari
questi elementi sono tutti fra loro organicamente collegati, ma ciascuno ha
in se quanto e necessario al compimento degli atti vitali : negli animali supe-
rioi'i e nelle piante vascolari essi si uniscono cosi strettamente e si fondono
per cosi dire nella formazione degli organi complessi che perdono pressoche
intieramente la originaria loro individuality. Negli animali inferiori invece e
principalmcntc nella classe de' polipi, al pari die nelle piante cellulari, ciascuno
degli elementi consegue intero il suo individuale sviluppo, e bench e connesso
alia somma degli altri ne rimane in certo modo isolato ed indipendente.
Basti aver toccato di tale argomento per mostrare quanto interesse possa
derivare alia scienza generale della vita dallo studio delle Sertulariee. le quali
conservando costantemente i suaccennati caratteri presentano cio non pertanto
varieta maravigliosa di forme e di combinazioni. L organizzazione dei singoli
polipi, quantunque generalmente riguardata come semplicissima ed in tutto
conforme a quella dell' idra verde delle acque dolci, die tanto rese famoso
;l talento d' osservazione del Trembley, pure si riscontra sempre piu compli-
cata di mano in mano che si assoggelta a piu attento esame, scoprendovisi
ognora nuovi organi. de quali per lo addietro neppur si sospettava 1' esistenza.
DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHINl l8~>
II moilo col quale sono simmetricamente distribuiti i polipi e i calici die li
ricettano sull' intero polipajo, c correlative alle vicende del loro succes-
sivo sviluppo, e perche varia nei different! generi, ed in ogni specie pure
presenta una qualclie differenza, bisogna in tutte investigarlo per poterne
trarre una qualehe generate deduzione. Le vie molteplici di propagazione
dimostrano vero quel prinripio, die quanto piu inferiore e tin essere nella
serie dell'organizzazione, tanlo piu liberalmente provvede natura alia sua
moltiplicazione. II polipajo puo indefinitamente pullulare: rotto, infranto.
divelto dalle tempeste, al soprawenir della calma e di piu mile stagione,
come pianta dalle radici, mette nuovi germogli, e come quella di fiori, cos'i
esso si copre di nuovi polipi. E perche 1 immagine sia ancor piu viva e
somigliante, porta, a guisa di frutti, de' calici maggiori e variamenle confor-
inati, ne' quali si agcolgono gl'individui femminei gravidi di uova. che a ma-
turita si disseminano e vanno piu lontano a riprodurre la specie medesima.
La maniera di formazione e di accrescimento successivo della parte solida del
polipajo offrc pure campo a minuziose e non meno important]' ricerche. L'opi-
nione di coloro, che questa parte riguardano come inorganica e iormata mec-
canicamente mediante il consolidamento della secrezione avvenuta alia superficie
dell 'animate, non puo soddisfare oggidi. dacche conosciamol'intima struttura e
i mutamenti organici successivi cui e soggetta l'epidermide, e le varie sue pro-
duzioni negli animali superiori. Tanti e cosi importanti soggetti di esame non
potevano a meno di dirigere alio studio delle Sertulariee le gloriose fatiche
d instancahili osservatori. I preziosi materiali raccolti da Ellis in Inghilterra
c da Cavolini in Italia aveano aperto un nuovo campo. che offri larga messe di
scoperte ai rccenti. fra' quali hasti rammentare Dalle-Chiaje. Costa. Milne Ed-
wards. Grant, Lister. Wagner e Lowen. Ma il nostro Adriatico che tanto
abbonda ancbe in questo genere di naturali ricchezze, non ehhe alcuno che
le prendesse a mira speciale de' propri studj, e le facesse servire al pro-
gresso della scienza. Egli e percio che con amore io mi diedi a raccogliere
e studiare queste eleganti produzioni del marc, che spontanee mi si pre-
sentavano nelle mie algologiche ricerche; e son gia dieci anni che. ad isti
gazione del henemerito prof. Catullo. ne offrivo una collezioncella all I. \\.
Vol. 11 aij
l86 INTORNO l'ordine DELLE SERTULARIEE, EC.
Gabinetlo di Sloria Naturale da lui diretlo. Ampliatane poi la raccolta e
continuatone lo studio, potei in quest' anno presentare all' I. R. Accademia
di Padova la serie di tulte le specie che finora mi riusci di procacciarmi,
convenientemente classificate e disposte. Piu per altro che la copia degli og-
getti e la novita di alcune specie, io credo che abbiano a deslar interesse
accurate osservazioni sull'anatomia e fisiologia di questi esseri, scopo primario
di ogni zoologica ricerca ; e percio mi pregio di otfrire, qual saggio delle mie
indagini su quest' ordine di animali, alcune osservazioni relative ad uno dei
molti generi nei quali esso viene atlualmente distinto.
Fino dal 1812 avea il ch. Lamourou\ diviso in molti il genere Sertula-
ria di Linneo, desumendone i caratteri dalla collocazione reciproca de'calici
polipiferi. E siccome questa collocazione dipende, come superiormente fu
avvertito, dal modo di successivo accrescimento del polipajo, che necessa-
riamente e legato colle altre differenze tutle di organizzazione, ne provenne
che gli autori piu recenti non trovarono a fare che ben poche modificazioni
ai generi del Lamouroux.
Quattro anni piu tardi pubblicava il Lamark il secondo volume della
sua grande opera sugli animali invertebrali, nel quale traltando de' polipi
adotta generi perfettainenle corrispondenti a quelli del Lamouroux, ma con
nomi diversi. E perche una tanta autorita era confortata dalla testimonianza
del Valenciennes, il quale asseriva preesistente ai lavori del Lamouioux la
classificazione Lamarchiana de'polipaj nel Museo francese, prevalse 1' uso di
adottare, benche posteriori in pubblicazione, i nomi del Lamark. Lascio ad
altri tale questione dei nomi per occuparmi delle cose.
Fra i generi del Lamouroux uno de'piu ragguardevoli per numero di
specie, de'piu importanti per la singolarita dell' organizzazione, e de'piu ele-
ganti per la regolarita delle forme e per la vaghezza delle tinte, e quello
ch' egli denomino Aglaophenia , e dal Lamark fu poscia chiamato Plu-
mularia.
Sono polipaj di sostanza cornea che si elevano con surculi diritti o tles-
suosi, semplici o ramosi, pinnati o dicotomi, varii in lunghezza, a seconda
delle specie, da una o due linee ad oltre due piedi, forniti lateralmente di
DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN1 I 87
rami distici, alterni, equidistant!, a guisa dellc barbe d' una penna. Que' rami
vanno scemando in lunghezza verso 1' apice, il quale molte volte e curvo ed
acquista cosi vaghezza di aspetto aurora maggiore. Sul lato interno 0 superiore
de' rami sono collocati i calici, ne' quali annidano i singoli polipi, 1' uno ap-
presso all'altro e contigui. 0 piu. o meno disgiunti e lontani. Aggiungono gli
autori ehe soventi volte ciascuno de' ealici polipifcri e collocato fra due ap-
pending come sarebbe un fiore nel suo ralice ; talvolta invece, mancando la
superiore, 1' inferiore puossi paragonare ad una brattea nella cui ascella sia ses-
sile il fiore, ed e pcrcio che nella definizione del genere essi calici polipifcri
son detti ascellari.
Prendendo ad esaminare uno di que rami, si rileva ch' esso e tubulato,
diviso in articoli, ad ognuno dei quali corrisponde un calice, che comu-
nica colla sua interna cavila, mediante un foro collocato nella parte infe-
riore dell' articolo. II calice si eleva, piu 0 menocampaniforme, col lembo in-
tagliato in denli piu 0 meno profondi e numerosi nelle differenti specie, sera-
pre aderente col suo lato interno, rispetto al ramo. all'articolo corrispondente.
E dall' articolo stesso, immediatamente sotto al calice, sorge un' appendice
cava, piu 0 meno sporgente a guisa di sperone secondo le specie, comuni-
cante col calice stesso, la quale termina superiormente con apertura il piu delle
volte obbliqua, prolungata in forma di fessura verso il calice. E questa appen-
dice che dagli autori viene impropriamente paragonata ad una brattea. Su-
periormente poi, d' ambo i lali del calice, sorgono pure dall' articolo stesso
altre due appcndici in forma di calicetti profondamente smarginati al lato
interno che guarda al ramo c di forma varia, secondo le specie. In alcune
tanto 1' appendice inferiore che i calicetti superiori sonodi gran lunga minori
del calice polipifero; in altre invece, come a modo d' esempio neb" A. falcata,
s'i quella che questi eguagliano in grandezza i calici, e rassomigliandovi pure
nella forma, furono con quelli erroneamenle confusi, per cui questa specie fu
descritta e figurata come fornita di calici densamente embriciati ed addossali
gli uni sugli allri. In ogni articolo si ripete la medesima disposizione di
parti e gli articoli 1' uno a capo dellaltro costituiscono 1' intiero ramo. E da
avvertirsi per altro che le articolazioni non sono complete, ch'esse non in-
1 88 1NT0RN0 l'ordine DELLE SERTULARIEE, EC.
terrompono cioe per intero la continuity dell' interna cavila, la quale e in
corrispondenza ad esse ridotta soltanto a minore ampiezza.
Tutti questi particolari possonsi esattamente rilevare nei polipaj disec-
eati, ne'quali e svanita 1' interna sostanza animale, e sono, per cosi dire,
ridotti a seraplice scheletro. Esaminandoli invece in istato vivente, o conser-
vati nell' alcoole, vedesi 1' interna cavila dell'articolo occupata da un tubo
membranoso ripieno di sostanza granulare oscura, la quale merce il foro
che diccmmo rinianere nell' articolazione, liberamente passa da uno in altro
articolo. II tubo interno, dal Cavolini denominato cuore, e dai recenti forse
con pari impropriety riguardato come analogo ad un intestino, mostrasi in
generate libero in ogni articolo da qualsiasi aderenza coll' esterno invoglio,
mentre poi viaderisce soltanto in corrispondenza allearticolazioni. Alcune volte
per altro 1 articolo stesso sembra quasi diviso in tre scompartimenti, e cio
proviene dalla presenza di alcuni irregolari legamenti, die in que' punti con-
nettono alia parete interna dell' articolo stesso il tubo membranoso interno,
che offre cola due leggieri strozzamenti. Entro al calice sta il polipo, il quale
colla sua estremita inferiore rotondata sembra aderire al foro circolare che
dall' articolo mette nel calice. II corpo del polipo termina superiormente in
otto a dieci tentacoli cilindrici annulati. Essi presentano cioe numerose strie
trasversali, che sembrano prodotte da grosse papille disposte ad anelli intorno
ad essi. Ma quelle papille che sono intensamente colorate, sia colla macera-
zione, sia collo sfregamento possonsi far cadere, e rimangono allora i tenta-
coli diafani e pressoche incolori, i quali vedonsi costituiti da una semplice
membranella ch'e continuazione della raembrana esteriore del corpo del po-
lipo, e risultano di cellule dischiformi poste a capo 1' una dell' altra, percorse
nell'asse da un sottile filamento che aderisce ai doppii tramezzi cui cor-
rispondono gli anelli di papille esteriori. Nel mezzo di que' tentacoli si
eleva leggermente il collo del polipo a guisa di breve cono troncato, che
quajido il polipo si allunga e protende fuori del suo calice, si appiana e sva-
nisce. Dal corpo poi del polipo, nella parte inferiore del lato che guarda al
ramo, sorge un lobo phi o meno sporgente, or gonfio e voluminoso, ora in-
vece flacido ed impicciolito ; e tali diversita riscontransi frequenlemente
DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN] 189
nulla specif medesima, anzi nello stesso polipajo. In esso tubercolo al pari
clie nel rimanente del corpo, solto alia membrauella esteriore, che e diretta
continuazione del tubo membranoso dell' articolo, sta una membrana piu
grossa e di aspetto granulare, che lirnita la cavita ventricolare, e cessa alia
base di qoella ove per il foro sopra accennato sussiste aperla comunicazione
Ira il lii bo dell' articolo ed essa cavita. La cavita del tubercolo comunica evi-
dentemente con qaella del ventricolo, ma a quali funzioni esso serva, e qual
organo rappresenti, io non potei determinarlo, mancando ancbe sufficient i
analogic per arguirlo. L'appendice spcronilorme, che dicemmo sottostare al
calice polipifero, comunica col calice stesso ed in pari tempo coll articolo.
Ora dal tubo membranoso di esso articolo sorge un prolungamento, che sa-
lendo fino a raeta o due terzi dell' altezza dello sperone, ivi si bipartisce ad
angolo acutissimo. II suo ramo interno, quello cioe che guarda al polipo.
termina con estremita cieca ed ingrossata, che contiene alcuni grossi globuli
aggruppati in due 0 tre lobi distinti ; l'altro invece procede fin verso la som-
mita troncata dello sperone, ed ivi rigonfiandosi termina in una corona di
circa una ventina di tentacoli cilindrici leggermente appuntali, che vidi sem-
pre addossati e ristretti in un fascio; i quali poi si prolungano in esilissimi
e lungbissimi cigli die irraggiano dalla estremita aperta dello sperone, e facil-
cnente si staccano e cadono. 11 prolungamento del tubo intestinale, che ter-
mina da un lato in quella estremita clavata contenente gl' indicati globuli, <•
dall'altro nell'ora descritto organo polipiforme, e ripieno, come il rimanente
dell' intestino stesso, di quella sostanza granulare, che da alcuni viene riguar
data come sostanza alimentare, da altri denominasi sarcode. Nei due calicetti
superiori, che stanno lateralmente al calice maggiore, son contenuti due organ i
polipiformi in tutto somiglianti a quello dello sperone, essi pure terminal i
in circa venti tentacoli che si prolungano in esilissimi cigli caduchi. AiicIk
questi comunicano col tubo intestinale. del quale anzi sono diretta continuazione.
Le sommita dei rami oflrono contemporaneamente sott' occhio 1' intern
storia dello sviluppo successivo dei segmenti 0 articoli polipiferi uno a capo
dell' altro. Da principio 1' estremita dell' articolo. immediatamenle sopra ai
calicetti laterali, presenta un rigonfiamento emisferico, al quale prende part.
19" INTORNO L'ORDINE DELLE SERTULAR1EE, EC.
cosi 1' estcmo tubo corneo, che 1' interno merabranoso e contenente la sostanza
granulare ivi copiosamente atnmassata. Ma 1 esterno comparisce tuttora molto
sottile e 1' interno vi aderisce, mentre inferiormente esso e inlieramente libero.
Quel rigonfiamcnlo si auraenta, acquistando successivaniente forma di cono
rovescio, e comincia allora con una strozzalura nell'esterno invoglio a formarsi
1 arlicolazione, alia quale con irregolare legamento va aderendo 1' interno tubo.
Di mano in mano che il ringonfiamento s'innalza e s'ingrossa, manifestasi in
in esso dall' alto al basso una divisione, indicata prima da una semplice linea
diafana, ma poi evidentemente formata da una ripiegatura della merabrana inte-
stinale. La formazione cornea non tarda a comparire, e gia si disegna il calice,
distiuto dall' articolo corrispondente. Ma e quello e questo sono pressoche
inlieramente occupati dalla relativa produzione intestinale, che aderisce alia
sommita del nuovo articolo da un lato, e del calice ancor chiuso dall' altro.
Nuova area diafana, che successivamente va ampliandosi , segna pure la
separazione fra il corpo del polipo e la massa che occupar deve lo sperone, la
quale, nella parte superiore, rimane lungamenle connessa alia sommita di quel
corpo. Piii tardi, quest ultimo si slacca dalla sommita del calice, il quale si
apre fendendosi dal centro verso la periferia nel senso de' raggi, in segmenti
ch' erigcndosi costituiscono i denti di cui vedesi ornato il lembo del calice
stcsso. II corpo del polipo si contrae ; il tubercolo laterale interno sporge tosto
manifestamente e i tentacoli cominciano a svilupparsi. Ben presto 1' intero
sviluppo e compilo, e l' animaletto ha conseguito le forme che in appresso
sempre conservera. E nello stesso tempo la massa molle inferiore interamente
staccata dal corpo del polipo si divide ne' suoi due rami ; 1' inferiore de' quali
lermina nell' organo polipiformc, che gia protende i lunghi suoi cigli anche
prima che sia compito lo sviluppo del corpo. Piu lenti a comparire ed a svi-
lupparsi sono i calicclti superiori, che dapprima si presentano come due leggiere
eminenze, e si aprono soltanto quando sono gia formati gli organi polipiformi
ch'essi pure contengono. Cos'i indelinitamente si allungano i rami e si moltiplica
In serie lineare degli articoli polipiferi.
Vediamo ora come quelli serie dapprima semplice si ramifichi, dando
origine a quegli eleganti surculi pennati, ognuno de' quali fu in origine un
DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHINI 191
semplice ramo. Ginnta una cevta cpoca, il corpo del polipo staccandosi dal
cercine, clie alia base nel fondo del calice lo congiimge all' articolo, cade e
svanisce, restando tutle le altre parti quali fin qui le descrivemmo. Sembra che
contemporaneamente il foro di comunicazione fra il ventricolo del polipo ed
il canale intestinalc si obliteri, in quanto che appunto in quel silo vedesi
sorgere un tubercolo, il quale non e altro che una produzione del canale inte-
stinalc stesso, e quel tubercolo si eleva percorrendo il maggior diametro del
calice, che frattanto avvizzisce e si restringe. Forse e il corpo stesso del polipo
che, anziche cadere, subisce questi mutamenti ; ma non sono riuscito su di cio
a risolvcre il dubbio. Pero e certo che giunta quella protuberanza all' esterno
essa e gia ricoperta da sottile invoglio corneo che termina per aderire al lembo
ristretto del calice avvizzilo. La sommita del tubercolo s'accresce, di eraisferica
divieu conica, ed a poco poco subisce gli stessi mutamenti di quella sviluppata
all' apice dell' articolo nella serie non interrotta dei singoli rami. Cos'i da ogni
calice polipifero ha origine un ramo late rale, come dalla sommita d ogni arti-
colo ha origine un nuovo articolo terminate. Ma i calici polipiferi sono tutti
unilateral] e i nuovi rami devono collocarsi disticamente. Cio si effeltua perche
essi rami appena sorti piegansi con ordine alterno meta da un lato e meta
dall' altro. Essi quindi non risultano giammai disposti nel medesimo piano
verticale, ma sempre in due piani convergenti, e quando nella preparazionc
o nell' esame microscopico si costringano i rami d'ambedue i lati a collocarsi
nel medesimo piano, quelli che restano nella naturale loro posizione vedonsi
direttamente sorgere dal lato corrispondente, gli altri invece, nel dirigersi
che fanno al lato opposto, sembrano contorcersi. 11 ramo, che merce questa
prolifirazione si convert! in tronco, conserva non pertanto le sue articolazioni ;
ma gli articoli subiscono notevoli cangiamenti. II calice di cui ciascuno <1 essi
era fornito svanisce pressoche interamente, I' articolo s' allunga e si dilata. e
lo sperone sembra abbreviarsi, sicche rimane ridotto unicamente all' estremita
in cui si conserva a lungo ricouoscibile l'organo polipilorme. Ancor piu a
lungo persistono i calicelti superiori e gli organi polipiformi in essi contenuti,
ma questi pure a poco a poco svaniscono, e i calicelti stessi avvizziscono e si
reslringono. II tubo intestinalc in forza di
1 94 INTORNO L' ORD1NE DEELE SERTl LARIEE, EC.
e porla quindi un solo calice, il quale avendo forma quasi globosa, s'annicchia
nello spessore dell'articolo slcsso fiuo a farlo apparentemente svanire, per cui
i due calicetti tubeformi laterali, che in realta sorgono dalla sommita dell'arti-
colo. sembrano prodotti dal leinbo del calice stesso. Dalla porzione inferiore e
rigonfia dell'articolo sorge il terzo calicetto ancb'esso tubeforme e portato da
luugo peduncolo. Quando poi questi rami prolificano, le due maniere di pro-
duzione che descrivemmo nelle Aglaofenie quivi pun; hanno luogo, ma con
ordine iuverso : dalla sommita dell arlicolo sorge il nuovo scgmento perfetta-
mente simile al prccedenle e alio stesso lato rivolto. Dal fondo del calice,
probabilmente dopo caduto il polipo, produces! pure un nuovo germoglio, che
innestandosi alia sommita ristretta ed oblilerala del calice, sorge come a con-
linuazione dell'articolo matricale allungato e divenuto cilindrico. II nuovo
articolo cosi sviluppato, al pari che nelle Aglaofenie, porta il suo calice al lato
interno rispelto al primo, e perche se ne e dilungato sembra con esso alter
nare. La principalc dilferenza dunque proviene dall'essere questa produzione
laterale precedente alia terminale, e di tanto, che quando questa seconda si
effettua, la prima e gia compita, e quindi e scomparso il polipo a quell' articolo
corrispondente. Ed a testimonio di questi successivi cangiamenti rimane per-
sislente il calicetto inferiore che guarda al lato del calice sottoposto, e i due
superiori che guardano invece a quello del sovrapposto , il quale benche ap-
parisca laterale rispetto al tronco, e in realta terminale riguardo ad esso, e
laterale soltanto per il ramo che vi e connesso. Laterale invece riguardo al-
1' articolo precedente e quello che sembra con esso formar continuazione del
tronco , perche in realta sorto dal fondo del suo calice polipifero ormai gia
scomparso. Questa produzione laterale, che nella Monopyxis precede la ter-
minale, e la sola che si effettui nell' A. pinnata, il che ci spiega la conforma-
zione obliqua dellestremita superiore de'suoi articoli non polipiferi. lo reputo
quindi che essendo di egual valore i caratleri dei generi Monopyxis e Ne-
merlesia, e quelli che distinguono dalle altre le suaccennate specie di Aglao-
/enia, si possa a buon diritto proporre per esse due nuovi generi. L'uno, ad
onore del Lowen, cui dobbiamo cosi preziose osservazioni sulle Campanularie
e sulle Sincorine. lo intitolo Loivenia, e vi comprendo X A. pinnata, X A.
DEL PHOF. GIUSEPPE MENEGHINI igii
sctacea e la mia nuova specie tetrasticha. Ripristinerei per l'altro genere il
norae Listera gia due volte escluso dai botanici , intitolandolo all' Inglese
Lister che tanto contribu'i alia conoscenza delle Sertulariee, e vi comprendo
per ora la sola A. secundaria (i).
Benche i polipi, de'quali tenenimo fin qui discorso, sieno da molli an tori
riguardati come neutri, purenon credo sia punto dimostrato mancar essi asso-
lutamente di organ! sessuali mascliili. Si potrebbc di fatto essere indotti a sup-
porre altrimenti e dalla presenza di organi di cui ignoto e tult ora 1' nso. e dalle
scoperte recenti di Nordraann e Vanbcneden sui sessi dislinli della Tendra zo-
Stericola e dell' AlcyOnella. Comunque cio sia, ben distinti in ttitte le Sertula-
riee sono i polipi femminei e da essi trar si possono eccellenti caratteri per la
limitazionc de'generi. I polipi femminei sono sempre aggrcgati in un qualche
numero cnlro ad un invoglio o calice comune. Per lo addietro queslo calice
aveasi per ovario ed i polipi in esso contenuti per nova. In tutte le vere Aglao-
fenie cotesti pretesi ovarii hanno la forma che dagli autori si denomino cre-
slata, e fu credula caratteristica della specie la phi comune, X A. P/urna. Sono
baccelli, come li chiama il Cavolini, curvi e rotondati, percorsi da una costa
dorsale. la quale sorgendo dalla sommita di uno de' consucti articoli polipiferi,
s incurva sulla faccia esterna, ed emelle d'ambo i lati degli archi che convergendo
fra loro come altrcttanle costole d un torace, arrivano al margine opposto
alia costa dorsale stessa. I\i per altro essi riescono pressoche costantemente
allernanti; ma correndo obliqui s'iiicontrano il primo d' un lato col secondo
dell' altro, e cosi successivamente; dimodoche sembra a prima giunla esservi
anche sulla convessita una costa, flessuosa bensi, ma continua, la quale invece
altro noil e che la somma delle porzioncelle oblique di qucgli archi comu-
uicanti. All' estremita superiore ed inferiore quell apparente costa si conti-
nua fino alia dorsale pel ripiegamento di due fra gli archi eslremi. Ne risulta
cosi iicll insieme quasi una disposizione spirale. Quegli archi e la costa dor
sale sono tubulati, e nellacavita tutta continua si estende il tubo meinbranoso
ch'e continuazione di quello che dicesi intestinale , ed al pari di esso e ri
pieno di sostanza granulare. Lungo poi tutlo il decorso degli archi, eccet-
tuate soltanto le porzioni oblique che simulano la rosta ventrale, sorgono
1 g! nome
Aglaophenia. Rimarrcbbc cosi la denominazione Aniso. Un'area diafana, cui corrispondc un ripiegamenlo dell' interna membrana.
indica la separazione dellarticolo dal corpo del polipo.
3. Nuova area diafana separa il corpo del polipo dalla produzione membra-
nosa cbe deve occuparc lo spcrone.
4- La divisione s'i dell' articolo cbe dello sperone dal corpo del polipo e an-
cora piu manifesta.
5. L articolo e gia compiuto e prcscnta alia sua sommila il rigonfiamento cbe
produrra un nuovo polipo. L'appendice cbe occupa lo sperone e gia molto
avanzata nella sua organizzazione. II corpo del polipo occupa intieravnente
il calice ed aderisce ancora alia sua parte superiore. I calicetti laterali sono
ancora incompleti e cbiusi.
rig. .1. Origine laterale di un ramo. Ingrandimento di 200 diametri.
a. Articolo del tronco nel quale i- gia da gran tempo svanito il polipo.
/'. llaino sorto dalla sommita del calice di esso articolo
DEL PROF. GIUSEPPE MENEGHIN1 ir)((
Tai'ola XIII.
Fig. i. Porzionedi un ramo polipifcro di dglaophenia Myriophyllum. Lamx.
ridotto ;il scmplice scheletro corneo. Ingrandimento di 3oo diametri.
Fig. i. Simile porzione di Aglaophenia elongata. Mgh.
Fig. \\. Monopyxis dichotoma. Ehrenb. Porzione E 1.
DOTT. GIOVANNI DOMENTCO NAIUM)
JV'l fare le mie osservazioni comparative sui rapporli ili conformazione
fra il dermoscheletro de'pesci ed il nervoscheletro loro, ovvero scheletro pro-
priamenle detto, ebbi ad accorgermi che nuovo campo mi si offeriva ad analo-
miche indagini, e che importanti differ enze esislevano nell'intima stratlura
del sistema osseo di una slcssa classe. in modo da poler determiname li|)i
mollo marcati <• diversi.
\on avendo potuto esaminare se non un numero ;issai ristrello di generi.
il mio lavoro riusci limitato. e non presenta quindi la serie completa delle (lit
ferenze accennale; vogliasi percio riguardarlo come un lenue saggio delle niolte
ricerche che polrebbero farsi in proposito da chi fosse pi >^lo in rircostanze
piu favorevoli delle mie ; e possa questo servir di sprone ;i meglio approfondarc
le indagini sopra un argomento cbe non e certamente u«" schc-
/ // ■<■
iiU2 INTORNO LA STRTJTTURA DELLE CARTILAGINI
letro sarebbe bastantc per fame un gruppo ;iss;ii naturale, hanno le carti-
lagini lessule in modo lulto loro proprio, differente affalto da quello nun
solo delle altre classi, ma benancbe de'pesci di un online diverso, i quali
per l.i mollezza dello scheletro debbonsi riguardare come Cartilaginosi.
Consiste lo scbelelro de' Salachi nell'unione di pezzi tnlti di analoga
natura, meno i corpi diconi delle vertebre che sono di consistenza ed omo-
geneita ossea. Nello stalo di frescbezza rassomigliano alle cartilagini, ma per-
dono la lord forma disseccandosi, e microscopicamente osservati presentano
una particolare struttura fibroso-cellulare reticolata. Tali pezzi differenti di
forma, secondo l' ufficio loro, rappresentano que' corpi molli . flessibili,
elaslici, penetrati da parti acquose, di colore biancastro pellucido pin o me-
no lucente o perlato, che comunemente chiamansi cartilagini.
Mentre pern le cartilagini in generate mostrano una composizione omo-
genea in tutta la loro spessezza, specialmente nell' eta giovanile, e vengono
inlarcite col volger del tempo da granulazioni solide (prodollo di deposizioni
fosfato-calcaree in varj punli, die diventano inlvolta si numerosi da indurre
la complela ossificazione della cartilagine stessa), le cartilagini dei Salacbi
sono invece per loro natura costantemente omogenee e di egual consistenza
e sostanza nel loro interne Esse sono pero come circoscritte e coperte da una
corteccia solid.) piu o meno sottile, liscia ed uniiorme da pertutto, composta
di tanti piccoli pezzetti ossei quasi eguali in altezza ma di varia figura, secon-
do i differenti punli del corpo cartilagineo, e la differente specie dell indivi-
duo cui appartengono. Molte volte da una tale unione risulta una superticie
tessulare per lo piu liscia, ma lavolta scabrosa per le elevazioni nel centro
dei pezzetti accennati. Questa vedesi specialmente nelle Raje, anche ad oc-
ehio undo, e come a scompartimenti esagonali piu o meno regolari, tracciati
da sottilissime linee, che segnano la congiunzione degli stessi pezzetti ossei
runic in un mosaico.
Sopra questa stratificazione ossea aderisce fortemente una membranella
i lie In le funzioni di pericondrio. Essa pare di natura fibroso-legamentosa,
sembra lener piu aderenti i pezzetti suindicati, e consolidarne I' unione. A
questa membranella stanno attaccate le fibre tendinose e muscolari di modo
DEL DOTT. 3
i In- lie risulta robusta aderenza fra lo scheletro •• la massa muscolare. Vllorche
II pericondrio e in i^la t<» di freschezza, restano nascosti gli scompart imenti
ossei accennati: nel disseccarsi pero, rendendosi piu trasparente, li lascia tra-
vedere benissimo. In tal caso, in alcuni punti della superficie. gli accennati
scompartimenti tessulari esagonali si moslrano come slellette (i) avenli cinque
sei o setle raggi pellucidi. longitudinalmente striati. ed assumono allre diverse
apparenze a seconda della specie e della regione del corpo (negli Squali spe-
cialmente), fino a perdere una lal forma, ed a mostrarsi invece solidi. opachi.
irregolarmentc angnlali o cinti come da una zona Irasparenle. I n (ale feno-
meno non piu si osserva qualora. mediante coltura o macerazione. distrutta
siasi la membranella accennata. siccbe puo credersi aver csso origine dal modo
d' inserzione delle fibre nella superficie degli ossetti a cui il pericondrio ade-
risce. Tali ossetti in falti, perdu la questa membranella per una delle accennale
ragioni, non piu mostransi come prima; ma appariscono invece irregolari.
men lisci ed al luogo di loro congiunzione e sulura havvi una specie di solco
a punti o fossetle ineguali, die li circoscrive. Nei cap! articolari delle varie
parti componenti lo scheletro vedesi una marcata differenza in tali ossetti:
essi sono irregolari, prominenti, subarbicolari in modo da produrre una su-
perficie scabrosa : la loro natura pero non cangia mai in nessuna parte del
corpo. Osservati col microscopio. dopo distrutta eon acido la sostanza calcarea
di cui sono infarciti, e scbiacciati fra due lamine di vetro, mostrano partico-
lare strutlura cellulosa-granulare, quindi diversa da quella dei corpi diconi
verlelnali.
Sollo a lie laininelle ossee tessulari accennale. ilie. come dissi. circoscri-
vono la forma de varj membri componenti lo scheletro, trovasi ad esse ade-
rentissima la sostanza cartilaginea rassomigliante ad una specie di albumina
fibroso-stipata. a fibre quasi impercettibili, lenace ed elastica, pellucida, di
colore biancastro, talmente impregnata di parti acquose da ridursi, mediante
disseccazione, a piccola quantita spesso (|u.isi indiscernibile. In tale condizione
essa rassomiglia allTtliocoila secca, ma, mediante immersione nell'acqua, ri-
lorna in poco tempo alio stato primiero senza punto alterarsi. Avviene percio
die restringendosi col diseccamento un pezzo dello scheletro de'Salachi questo
204 INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAGIN'I
non perde intieramente la forma comeneipezzi cartilaginei d' altri aniniali. ma
assottigliasi mollo, si corruga in qualche parte, cosicche avvicinandosi le due
pareti ossee circoscriventi la forma stessa, rappresentano esse una sola lamina,
la quale riesce dura bensi, ma fragile, special nienle se sia distrutto il peri-
condrio, per la facilita die hanno, senza questo, tli disgiungersi i pezzetti
ossei elie la compongono, quando essa si curvi.
La sostanza cartilaginea accennata non passa mai alio stalo osseo, ne
vien infarcita di materiale calcareo, per quanto veechio sia l'individuo a cui
appartiene : essa vedesi al piu conlenere sparsamente qualche granulazionc
della natura stessa dell' csterna corteccia, ma cio avviene assai di rado. Sot-
tomessa al microscopio una sottile lamina di tale sostanza mostrasi traspa-
rente, omogenea, uniformemente stipata, dove interrotta non sia da spazj o
cavita irregolari piu o meno grandi, sovente comunicanti fra loro, come av-
viene ne'vacui d' una spugna.
Nella s|iessezza di tale sostanza omogenea fondamentale compariscono, in
inaggior o minor numero secondo la diversita della specie e la parte del corpo
dell individuo, alcune vescichette o minutissimi corpicini trasparenli piu o meno
rotondi od oblunglii. differenti in grandezza, e piu o men distant! fra loro, i
quali, nelle Piaje specialmente, niostransi disposti in aggruppamenti o conge-
rie irregolari piu o meno numerose, a differente distanza fra loro, ma clie
tuttavia presi insieme mantengono una certa uniformita.
Osscrvasi pure compenetrala tale sostanza da' vasi bianclii clie si dira-
mano in varie direzioni. non in grandc quantita, e sembrano inlernarsi in
essa dal di fuori per cerli forellini che rimarcansi qua e la nelle lamine
tessulari quando siasi staccato il pericondrio, mediante cottura.
Non mi sono accorto clie la slrutlura delle lamine ossee accennate, can
giasse mai in nessuna parte del corjio, e che, dopo un certo tempo, deposit i
calcarei unissero fra loro i plccoli pezzi che le compongono. Senibra bensi
aver ciascun pezzetto in alcune specie un parlicolare accrescimenlo. per cui
graduata riesce 1' estensione che prende 1' osso intiero, e 1' aumento in gros-
sezza delle lamine coll' avanzarsi dell' eta. In altre specie pero rimangono
tali pezzetti quasi di eguale grandezza in ogni parte del corpo. benche giunlo
DEL DOTT. GIO. DOMEN1CO NARDO >o;i
l' individuo ad una mole smisurata, e sold ingrossano le pareli accrescendo
sene il numero e formandosi le lamine di piu strati di essi. Solo in poche
circostanze avviene d'osservare, e per In piu in vecchi individui giunti a
straordinaria grandezza, che il pericondrio si ossifichi lievemente come a
fibrille, sicche ne' luoghi dove cio nasce torna difficile riconoscere super-
ficialmente la struttura tessulare, ma apparisce invece l' osseo-fibrosa : al lato
opposto della lamina conservasi pero 1' originaria struttura.
Osservando attentamente qualche parte secondaria dello scheletro dei
Salachi in istalo di prima gioventu, come sarebbero i raggi delle pinne, ov-
vero sia alcune lamine cartilaginee che circondano le loro branchie, o che
sono poste in altre parti del corpo e tardano maggiormente a coprirsi dello
strato osseo tessulare, non e difficile farsi mi idea in qual modo si formi
una tal ossificazione superficiale.
Quelle parti dello scheletro che nei primi giorni della vita sono. come
avviene in ogni classe di vertebrati, intieramente cartilaginee, vanno vesten
dosi per grado della loro ossea corteccia tessulare. Le maggiori sono le pri-
me, le minori o secondarie vanno in seguito audi esse in modo eguale eon
solidandosi. Comincia a farsi la secrezione dci corpicini ossei nel centro di
ciascun pezzo dello scheletro; da principio appariscono le ossee granulazioni
I una dietro I'altra in serie come tante piccole linee, le quali o vanno ramifi-
candosi in modo da apparire come arborizzazione, ovvero sia. il che avviene
piu di rado, mostransi Ira loro rongiunte in roaniera da offrire una forma re-
ticolare o stellare.
Tea gl' intervalli delle granulazioni acceniiate, sembra se ue depositino
progressivamente di nuove, finche, dal centro alia periferia, a poco a poc :
resta coperta intieramente la superficie. Nelle situazioni in cui 1 allivita secreto
ria e portata al punto da separare i materiali calcarei, vedousi le cartilagini
provvedule dei vasellini bianchi in nia^-ior (juaulila. i i|iiali senlbrano desli
naii a quest'ufficio. Di mano in mano che le ossa vanno completandosi. i va
sellini accennati diminuiscono di numero.
Le grandi natatorie pettorali delle Raje sono notevoli pei loro raggi
articolati, rappresentanti colonne di corpi vertebriformi che si ramificano.
206 INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAG1N1
Tali corpi vertebriformi vedonsi come in embrione qualora sono ancora
alio slato di cartilagine, ma allorquando trovansi coperti dallo strato osseo
tessulare manifestano completamente la loro conformazione. Essi sono co-
stiluiti per ordinario da una, due, tre, quallro o cinque serie longitudinal]
di pezzetli ossei, secondo 1' eta dell' individuo, e tali serie limitate restano
da nil corpo articolare di analoga struttura die si articola col corpo vertebri-
forme successivo. Vedesi sovente invece di uno, seguirne due al corpo verte-
briforme, ovvero uno dividersi in due. a mezzo la sua altezza. Ordinaria-
riamente quelli Ira lali corpi vertebriformi die sono posti verso la periferia
del pesce sono gli ultimi ad ossiticarsi. Negli Squali avviene spcsso allrimenti.
ed i corpi cartilaginei, che costituiscono i raggi delle pinne, in vece che ver-
tebriformi si mostrano dilatati come a venlaglio ; i pezzetli ossei die li circo-
scrivono sono taluna volta congiunti come negli allri mcmbri dello scbeletro,
lal altra si osservano in tante serie longitudinali rettanicnte od obbliquamen-
te disposti.
Fra le diverse anomalie diuna tale ossificazione notasi quella, specialmente
negli Squali. che i corpi vertebriformi accennati invece che distinti per due
superficie o lamine osseo-tessulari, si vedono convertiti in piastre o lubercoli
calcarei tutti di un pezzo. analogbi in tessitura al corpo dei tubercoli cuta-
nei spinosi propri di alcune Raje. Cio accade specialmente nei raggi o corpi
vertebriformi delle estremita di un arto.
Osservasi il caso, lo clie e piu rara e mirabile auomalia, che uno dei
pezzi lessulari lante volte accennati, per un eccesso di sviluppo convertesi in
un corpo dicono vertebriforme solido. seguiio anclie da allri siniili come m av-
venne d osservare in un individuo dello Squalus muslellus in cui vedevansi
entrambe le ossa della mandibula inferiore aventi, nella loro parte media
interna assai ben sviluppata. una serie simmetrica di corpi solids diconi o
pseudovertebrali. Tale osservazione e di qualche ^alore per lo studio della
costruzione geometrica dello scbeletro dei vertebrati.
Sottometlendo a lunga ebullizione uno degli ossi accennati, questo con-
vertesi in una sorta di gelatina, die s'avvicina in alcune specie all' Ittiocol-
la : e disgiungonsi i pezzetli lessulari, precipitando al fondo del vaso. Invece
DEL I)OTT. GIO. DOMEN1CO N.\M)0 ><>;
sottoponendolo a macerazione nell'acqua in tempo estivo. avviene piu lardo
lo scioglimento dei pezzetti accennati, i quali sono i primi a distaccarsi dalla
cartilagine la cui dissoluzione ha luogo in seguito, lenta bensi ma completa,
spandendo odore, mod perb niolto forte, di sostanza animale in putrefazio-
ne. La chondrina contenuta in questa sorte di cartilagini risulta in quan-
lita differente, secondo la diversita delle specie Assoggettando a lunga ebulli-
zione o macerazione i corpi delle vertebre, i quali sono di compazione ossea,
differenti nella struttura da quelli dello scheletro solidi in ogni punto.
ammolisconsi bcns'i un poco, ma non si sciolgono alle prove nrdinarie. a
meno che non si spinga il calore a quella temperatura cui non resistono le
ossa piu compatte (2).
Uno scheletro rartilagineo. concesso ad animali per lo piu di smisurata
grandezza, e di una forza di movimento superiore all' ordinario in causa della
disposizione e robustezza de'muscolari loro. sembrerebbe meno opportuno ;
ma la provvida natura concorse an/.i ad ottener piu completamente, in tal
modo. il proprio fine, giacche uno scheletro del tntto osseo sarebbesi eer-
tamente meno prestato alia forza e rapidita di movimenti tanto svariati, come
sono quelli dei Salachi, e la sola struttura osseo-cartilaginea descritta. po-
teva per pieghevolezza ed elasticita corrisponderc intieramente al necessario
nfficio. lasciando piu libero in pari tempo quel continuo increment 0 ch e
proprio di lal sorta di animali. La colonna vertebrale d' altronde. come
asse principale dello scheletro e fulcro di ogni movimento, e composta da
una serie di dischi di struttura che pin all' ossea fibrosa s'avvicina. e con
tale georaetrica industria conformati e disposti, e com ben congiunti p sorretti
con \esii legamentose, da render possibile una grande resistenza.
Mi riservo discorrere in altra occasione sull' osteogenesi comparata ilei
Salachi e di dar piu esatta spiegazione di alcuni punti, che ora loccai sol
tanto di volo, essendo stato mio solo scopo di far conoscere come a lorto
siasi dagli Anatomici trascurato un cos'i importante argomento.
In fatti io non trovo nelle piu reputate opere di Anatomia comparata.
come in quelle di Cuvier, Blainville, Cams, e Mekel. il piu piccolo indizio
ch'essi abhiano conosciuta la sineolare struttura ilelle cartilagini de' Salachi
i>oh INTORNO LA STRUTTURA DELLE CARTILAGIN1
da me descritta. E die cio sia avvenuto posteriormente devo confessare non
essere a mia cognizione(3).
Diro bensi che lo Slenonc fino dal 1667. facendo 1' anatomia della testa
di 1111 cane carcaria, erasi accorto che Ossium vice Cartilago erat cujus sub-
stantia exterior dura admodum era/ el opaca, interior vera mollis, transpu-
ters el tuisis sanguineis re I e eta. Perpulchrum erat purpureoruin arborum in
hoe pellucido corpore spectaculum etc.
Nulla di piu pero scrisse su tal proposito malgrado che abbia cost bene
trattate altre parti dell anatomia delle Piaje, i pezzi del cui schelelro. se li
avesse esaminati, gli avrebbero cerlamente presentalo non differente struttura
da quella osservata nella lesla del cane carcaria. A me non fu dato ancora di
osservare, come lo Stenone, diramazioni sanguigne internarsi nella sostanza
cartilaginea, ma e probabile che cio avvenga in qualche individuo di smisu-
rata grandezza.
Nell' anno 1792 il D.r Giovanni Federico Hermann nella Dissertazione
inaugurate intitolata: Observationes et anecdola ex Osteologia comparata.
descrisse a pag. 33, benche incomplelamente, la composizione delle ossa di
una Piazza com' egli scrive. memorabilis et sine exemplo. Avendo probabil-
mente avuto sott' occhio soltanto uno schelelro secco, egli riconobhe i soli
pezzetti tessulari formanti l'esterna corteccia, e non si accorse della cartilagine
interna di cui essa dovea considerarsi 1' involucre
Ma come gli Anatomici posteriori aveano obbliato il cenno fatto dallo
Stenone. altrettanto accadde di cio che scrisse il D.r Hermann nella sua Dis
sertazione, la quale lorse, e perche poco diffusa, e per la morte dell'Autore av-
venuta mi anno dopo, sfuggi all' occhio altrui e venue posta in obblio.
II celebre Mascagni nel suo Prodromo della grande Anatomia vol. II.
pag. 63, ediz. II. Milano 1821, la osservare che in alcune qualila di pesci
mancanti di ossa si trova la sostanza cartilaginea fame le veci, come per
esempio nelle diverse specie di Razze e negli Squali. tra cui annovera il
pesce Cane. In 11110 di quesli, del peso di 4°°° lihhre. e^li scrive di aver
osservato la cavila del cranio e della colonna vertebrale, circondala da carti-
lagini di una considerevol grossezza che era coperta da un pericondrio, il
DEL DOTT. GIO. UOMENICO NARDO 209
quale presentava una lucentezza analoga a quella delle sostanze lendinose, ed
in seguito di questa specie ili pericondrio vedevasi altra sottilissima sostanza
ill una durezza consimile a quella delle ossa, le quali manifestavano simile
aiiclic la struttura delle membrane che coprono le sostanze cartilaginee.
Pun riconoscersi O T E
(i) Forse sono questi i corpuscoli ossei ed i canalicoli el c parlono die credettc aser scoperli E. Ma
yer ( V. Fronsep Nciic notizen n. j.)
(a) .Non abbiamo ancora un' accurals analisi comparaliva dcllc Cartilagini de'Salachi c d'allii I drol
tcrigt. Per i si it uii la ml I a .lo\ til a csaltr/,za v necessario premettere unJ analisi mcccanit a, cio (lie non fu fait o
fino ad ora. cioc devonsi esaminare scparalamcnle i rorpi diconi \crlel>rali, le Cartilagini inlcr\ertrl>rali. la im
Nel mentre vedesi .la questi poclii cenni non esser intieramente sfuggita al detto chiarissi-
mo Aulore la slrultura dcllc cartilagini dc' Salachi, da meraviglia come ravvicini la slruttura dclle cartilagini
dello Storione c della Chimera a quelle della Lampreda, mentre la Chimera su lal punto non differisi e dagli
Squali c dalle Raje, e quindi s' allontana molto dagli Storioni c dalle Lamprede.
(.() Dopo conosciute qucste mie osservazioni ch1 io a\ea comunicate al Congresso jcicntifico di Torino
ncll'anno iS^o, II Principe di Canino allora Prc.sidcnle della Sczione Zooiogica retlifuo in una posleriore edi-
lione del suo Prodromus quanto a\ea asserito sulla fede dei naturalisli franccsi, e Io stesso fece relativamente
alia pretesa sutura del cranio degli Storioni.
E S A M E
1)1 ALCUNI FATT1 GEOLOGIC! GIUDICAT1 DA TALI. NO CONDl'CENTI
V DIMOSTRARE L'INVARIABILITA DEL LIVELLO DLL MARE
DEL
PROF. ANGELO ZENDRINI
H-C-43
. vidifacl*. <•
■ ■ . ■ ■'■
U,,»n, Sit
Hi gia da lungo tempo che tra geologi si agila la quistione se avvenuta
sia od avvenga variazione alcuna di livello nelle acque del mare. Sembrereb-
be a prima giunta che in talc indagine non dovesse esservi discrepanza d o-
jiinionc. dipendcndo il conoscimento di cssa dalle osservazioni di un fatto che
per legge idraulica deve in tutti i luoglii limitrofi al mare palesarsi il raede-
simo, tranne quelli, nei quali particolari fenomeni geologici meltano osta-
colo al siio riconoscimento. E pure non e com. ed anzi ne le nascere tre
opposte sentenze, giudicando alcuni invariabile, altri che s' abbassi, ed allri
infine che s'alzi esso livello. Ognuna di queste contrarie opinioni pretende
di avere in appoggio fatti incontrastabili ed osservazioni le piu art urate;
e cio che riesce ancora piu singolare si e, che nel luogo stesso, in cui i par-
tigiani dell' abbassamento trovano decrescere il livello, i difensori di opposta
sentenza scorgono rbe e invariabile. (au avvenne nel Baltico dove Celsio e
Linneo giudicavano essersi abbassato di 4 ° •' piedi per secolo il suo livello.
all' opposto Kalm e Deluc trovavano che lo manteneva da piu secoli costante
ed invariabile.
2l4 ESAME INTORNO L1NVARIABIL1TA' DEL LIVELLO D^L MARK
A rendere ragione di eos'i divcrsi giudizii, non si saprebbe ad allro at
tribuirli fuorche alia preoccupazione per qualche sistema favorente piu una
che mi' allra sentenza ; preoccupazione la quale e sempre impedimento a ben
discernere il vero. conduce a travedere, e come e produttrice d' innumerevoli
tristi cfletti nel inondo morale, cosi nel Ietterario e scientifico e cagione assai
spesso d' interminabili dispute ostinate (i).
Recentemente il conte D. Paoli col lodevole intendimento. per quanto
appare, di por fine a tale controversia pubblico un' assai erudita opera die ha
per titolo: Del sollevamento e deW awattamento di alcuni terreni.Vesaro 1 838.
Dalla esposizione di questi avvallamenli e sollevamenti di terreni. e dagli ef-
t'etli che li seguitarono nei mari in cui accaddero, il conte Paoli crede di dover
conchiudere col Deluc e col Kalm la invariabilita di livello delle acque dei mari.
Anzi egli avvisa che tale questione abbia avutoorigine dal non aversi lenuto
conto di questi due falti gcologiei. Innanzi di entrare in un esame piu accu-
rato delle conseguenze ch' egli trae da essi, io mi permettero di chiedere
se abbiavi contraddizione nell' ammcttere che in alcune parti della nostra
terra accadano degli avvallamenti e dei sollevamenti di terreni. e ritenere
nel medesimo tempo che il livello del mare sia costretto ad clevarsi.
Come si ammettano le cause per cui il livello delle acque del mare deve
innalzarsi. gli avvallamenti dei terreni accaduti in alcune parti di questa no-
stra terra, non potranno servirc di eccezione a quell' alzamento, se non sup-
ponendo ch' essi sieno di tal natura da compensare all acqua del mare quello
spazio che essa perdeva in grazia delle cause che avrebbono prodolto il suo
alzamento : onde ne avverrebbe quella compensazione che immagino il Bui-
Ion e che viene dallo stesso conte Paoli negata.
Quanto poi agl innalzamenti di terreni, questi in verun inodo possono
produrre alcun compenso, poiche, o i terreni innalzati sono quegli stessi che
prima del loro innalzamento soprastavano al mare, o sono nuovi terreni
sortiti dal mare : nel primo caso non influiscono punto ne all' alzamento
ne all' abbassamento del livello del mare ; nel secondo caso poi concorrono
con quella causa primaria cui si attribuisce il necessario suo alzamento di
livello.
DEL PROF. ANGELO ZENDRIN1 \n .',
Le cause produttrici I' alzamento di Iivello del mare sono innanzi .1 lutto
le materie trasportate dai fiumi nel mare stesso, le quali vengono in gran
parte arrestate lungo le sponde di esso, e parte vanno a deporsi nel suo Ion
do, con che prolungandosi i continenti ed elevandosi il fondo dei mari. i ba-
cini di (|ucsii. renduti piu ristretti e me no profondi, perdono la capacita ne-
cessaria a contenere le acque, e sono esse percio costrctte ad elevarsi. Di
questi interrimenti abbiamo prove solenni anche presso di noi prodotte da
luiini che a jtetto ai maggiori sembrerebbero da non calcolarsi.
In falli a lulti son noli gl' inlei rinienli della lacuna di 1'n'ondolo re-
cativi dai fiiniti in essa porlali. cioe particolarmente dal Brenta e dal Bac-
chiglione. interrimenti che produssero estesissime campagne coltivate, in quel
luogo stesso cb era prima occupato dalle aequo di quell' esluario. sieohe a
tale stato venne esso ridotto da rendersi incapace di accogliere le acque di
que' due fiumi. Che diremo poi degl' interrimenti prodotti dal gran fiume
Po, del quale nel i556 i'u trovato dagli ingegneri essersi in soli So anni
prolungata la linoa di 10 miglia in mare (■->). di quel l*o die unito a suoi
inlluonti valse a rendero solido terreno coltivabile la Vallata Padana. che pri-
ma era in gran parte occupata dalle acque del mare: onde a me pare che non
sia poi da dileggiarsi 1 opinione espressa dal Sabbadino che le nostre lagune
si estendessero un tempo agli Apennini ed alio Alpi. stanteche ritenendosi
I' opinione di alcuni geologi die in tempi antistorici il mare occupasse quei
torreni, e forza conchiudere che sin la arrivassero le lagune che sono. per
cosi dire, una lasi per cui deve passare un tratlo di mare prima di giugnere
alio stato di terreno solido.
La prolungazione di continenti causata dalla prolungazione della linea
de fiumi in mare, e una verita com riconosciula da tutli i lisici che 1 arre-
starsi mollo a provarla colla dimostrazione de' fatti che presentano i grandi
fiumi, siccome il Nilo nel Mediterraneo e gli alt ri maggiori dell America e
dell Asia, sarebbe inutile narrazione. Tuttavia mi permettero di accennare
come singolarissimo interrimento quello che viene portato dal Fiume Giallo
nel mare, che oltenne il medosimo nome, descrilto dal Barrow nel viaggio
alia China di Lord Macartney. Secondo le sue osservazioni, se tutta la ma-
imG ESAME 1NT0RN0 L' INVARIABILITA" DEL I.IVELLO DEL MARE
teria tragittata da quel fmme nel marc si accumulasse in un solo luogo, essa
varrebbe a formare nel corso di 70 giorni un isola, die alzandosi dal fondo
di esso mare, calcolato di 120 piedi di profondita, sino alia sua superficie
avrebbe 1 ampiezza di un miglio quadra to.
A questa potcntissima causa del rcslringimenlo dei bacini che contengo-
110 le acque del mare e del contemporaneo alzamenlo del suo fondo devesi
aggiungere quella dell' apparizione di nuove isole dal mare stesso solleva-
tesi. Di queste isole parla lo stesso sig. Paoli, ed oltre a queste ricorda alza-
menti del fondo del mare stesso, talmenteche in alcuni luogbi dove i navigli
poteano correre Iiberamente, ora sono bassi fondi impraticabili. Tali sono
quelli ricordali dall' autorc nella parte in cui tratta dei sollevamenti di
terreni.
Ora dagli effetti prodotli sulle acque del mare da tali sollevamenti di
terreni non si potra mai dedurre la invariabilita del livello di esse acque.
Imperoccbe, siccome egli stesso avvisa, a cagione dei predetti sollevamenti il
mare si e rilirato. Con questo ritiro il mare non fe' altro che cedere uno
spazio che le sue acque occupavano, al corpo solido die vi e sottentrato.
Quantunque dai sollevamenti dei terreni piccolissimo spazio siasi tolto alle
acque del mare, e per conseguenza ristretto di piccolissima parte il suo baci-
110, tuttavia per quanlo insensibile alzamenlo di livello possa essere accaduto
per tale ristringimento, non potranno mai valcre i sollevamenti dei terreni
a provare 1' invariabilita di esso livello.
Quanto agli avvallamenti poi, come si e dctto, non possono essere con-
ducenti neppure essi a provare la pretesa invariabilita, se non nel caso che
quanto perdc di spazio il mare in grazia dei sollevamenti di terreni, tanto
ne arquisti per i loro avvallamenti. Ma questa e una ipotesi da provarsi
difficilmente, e quando pure si giugnesse a provarla non varrebbe ad annul-
lare la causa per cui si ritiene da alcuni necessario 1' alzamento progressivo
del livello del mare.
E poi degno di osservazione il mezzo usato dal conte Paoli per confutare
le osservazioni fattesi in parecchi luogbi, non solo nell' Adriatico, ma anche
altrove del progressivo alzamento del mare. Egli al contrario asserisce che
DEL PROF. ANGELO ZENDRINI 2 I ;
in quei luoghi sono accaduti degli avvallamenti, e la prova sta nella sua sem-
plice asserzione, avvalorata tutt' al piu da osservazioni di avvallamenli nati
in alcuni altri luoglii. Dimando io anzi lutlo se dal particolare al generale
sia legittima la conseguenza? E sicrome egli ritiene che da per tutlo dove si
osservano le predette variazioni tli livello del marc debba essere accaduto un
avvallamento, conic si potra, cio essendo, median le le osservazioni locali, dil-
finire questa controversia, se non si pub assegnare un punto stabilmente fer-
mo sulla superficie terrestre su cui riscontrare, o lo stato permanente, o le
successive variazioni di livello clie potessero accadere nel mare '.' Sara me-
slieri pertanto cercare se vi sia qualche altro fatto geologico in cui tutti con-
vengano, il quale condur possa a siffatta conoscenza. E quest e il prolunga-
mento della linea dei fiumi nel mare, ed i continui interrimenti che per esso
\i vengono portati, Verita riconosciuta dallo stesso conic Paoli con queste
parole (3). < In vero pel conlinuo trasporto che i fiumi fanno di materie
• che vanno a deposilarsi ne mari sembra che il bacino di questi abbia a
■ colinarsi ; per la qual cosa laccndosi sempre minore la sua capacila. e sup-
■ posla invariable la somma delle acque, il loro livello dovrehhe ovunque
» farsi necessariamenle piu alio. Ne una tale considerazione sfuggiva a Poli-
» bio, il quale nel luogo gia cilalo di sopra (Hist. lib. IV, n.° 12) e portato
» a credere che la palude ^leolide e il Mar Nero 0 PontoEusino ahhiano col-
» 1' andare dei secoli a colmarsi del tutlo. Vedendosi pero che questo col-
0 marsi dei mari non accade. conviene che da noi si creda che nelle forze
• che governano le cose terrestri esista un qualche compcnso ignoto a
noi, il quale renda nullo o bilanci un tale elTctto » (pag. 121).
Potra forse recar sorpresa che per convincere di erroneo 1 alzamento
di livello del mare si adduca il non essersi colmati i mari. Rispondero al
conte Paoli tacendogli osscrvare solamente (lie sebbene il Barrow, come ahln'a-
mo notato di sopra. calcolasse che nel corso di 70 giorni se tutte le materie
tragiltale dal Eiiime Giallo nel mare ilello stesso nome fossero raccolte insie-
me formerebbero un isola di un miglio quadrato, la quale per la profondita
di 120 piedi sialzerebbe sopra il pelo di quelle acque. calcola parimente che a
rendere colmato quel mare dovrebbero correre 24.000 anni. Pero la predizione
Vol 11 28
2IO ESAME 1NT0RN0 I. INYARIABILITA DEL L1VELLO DEL MARE
bassamento delle sue coste, ma quale prova point dare e^li che queste siensi
abbassate anziche il mare elevato? e quale singolare proprieta del fondo dei
fiumi sara quella di non essersi abbassato parimente pur esso .' (dire di che
so si fossero abbassate le coste elevandosi il fondo del flume, e per rouse
guenza anche il livello del mare, ne sarebbono esse sommerse. Fatto sta che
il fondo dei fiumi si eleva, e si eleva pure il livello del mare, ma se la su
perficie dei continenti vicini non ne e percio inondata, vuol dire che essa
ehhe una prevalenza maggiore, e che essa parimenti si e elevala : onde vedia-
mo che laddove per alcune cause particolari 1 elevazione non ne fu propor-
zionata, il mare sommerge quelle parti, come si scorge dalle osservazioni del
Fortis falte ne' suoi viaggi in Dalmazia, e gia riferite dallo stesso sig. Paoli.
(.i porge ancora un altra prova di tale incremento terrestre il nostro
celebre Xemanza nella sua Dissertazione Mill isola di S. Uario : riferisce egli
die scavandosi nel 1 7 .">G alcuni canali sulla destra di Lizza Fusina <>\e nel nono
secolo lu fondata 1 Abbadia di S. Uario, quasi sni margini della laguna, si
disotterrarono varie anticaglie. delle quali facendo la descrizione, accenna
essersi scopcrli non solo «le^l indizii di un cimitero di Gentili, ma altresi
un ammattonato. di cui falta la livellazione in confronlo del comune delle
lagune lo trovo piu basso di once 3o, ossi;» metri 0.88.
Se. come ahhiamo mostrato. il suolo altuale di Padova trovasi elevato
di parecihi metri sopra I antico. non e egli a sospeltare che una simile vi
2 2U ESAME INTORINO L INVARIABILITA* DEL LIVELLO DEL MARE
cenda subissc Marsiglia, die il nostro autore, riferendosi alle attestazioni
del Delametherie e del Malte-Brun, senza indicarci pero dal confronto di
qual segnale antico abbianlo dedolto, pretende conservare dopo 24 secoli
dalla sua fondazione il ruedesimo livello rispetto al mare ? Come nou puo
essersi elevato il suo suolo dopo tante rivoluzioni a cui ando soggetta, e
dopo die de'suoi celebri monument! anticlii, de'qaali parla Strabone, non e
dato ili piu riconoscere traccia ? Per6, se come ogni ragione conduce a pen-
sare che il suolo attuale di Marsiglia trovisi di molto elevato sopra 1' antico,
quand' anche si polesse provare clie il livello del mare e distante dalla som-
mita di quel suolo quanto lo era in antico, cio in luogo di dimostrare 1' in-
variabilita di quel livello proverebbe anzi che esso si e elevalo. Le stesse
considerazioni valgono per gli allri porli di Genova, ecc. e per le altre citta
di antica fondazione in riva al mare, le quali sono ricordate dal sig. Paoli
deterendo a quanto dice il Malle-Brun.
Ne forza alcuna puo avere parimenti a provare 1' invariabilita del livello
del mare, la osservazione fatta dal Danville, il quale avendo preso per base
delle sue osservazioni cio che Cesare registrava ne suoi Commentarj della
distanza del mare dal punto di separazione del Pieno dal braccio suo che
prende il nome di Vahal, e di quello in cui il Reno medesimo si confonde
colla Mosa , trovo questa distanza perfettamente conforme colla posizione
attuale dei punti medesimi. Innanzi a tutto osservero che il trovarsi la
medesima distanza tra questo braccio del Reno ed il mare nulla prova
a favore dell' invariabilita di livello, come sembra pretendere il sig. Paoli,
ben diversa cosa essendo la distanza orizzontale da un punto della super-
ficie terreslre al mare, da quella dell' allezza del suolo sopra il mare me-
desimo. Questa osservazione del Danville, supponendola esatta, varrebbe solo
a dimostrare che il Vahal nel corso di due mille anni non prolungo la sua
linea in mare, ne porto interrimenti di sorta alcuna sulle sue coste, i quali
ne lo avrebbero allontanato, di che non e facile persuadersi.
Che le strade poi romane che conducevano nelle citta mariltime del Bel-
gio si trovino ancora prossime al mare, non puo certamente addursi in prova
della inalterabilita del livello delle acque marine ; poiche le strade romane
DEL PROF. ANGELO ZENDRINI 221
erano sopra i bassi fondi fabbricate ;i guisa d' argini, c quindi crescendo an-
cbe il livello del mare, esse, anziche allontanarsi da esso, sarebbono venule
ad approssimarvisi. Che le strade roraane a guisa d argini si elevassero m>-
pra il suolo paludoso ad esse circostante, oltre a quanto sappiamo intorno
alia via Appia, abbiamo solenne riprova nella strada Emilia, le cui traccie
sono riconoscibili al presenle in pareccbi luoghi, tra gli altri nella villa di
Campalto, un tempo S. Martino di Strata, per il quale passava, dove essa si
trova elevata tuttavia sopra i terreni coltivati adiacenti. passava ancora presso
il cos\ detto Caver»nago, die era un seno della laguna a cui approdavano le
bardie pagando una lassa al Vescovo di Treviso. e die nel medio evo cliia-
mavasi ail porlum. Ora questo silo detto Cavergnago e cambiato in praterie
per le alluvioni del fiumicello Marzenego die cola sboccava in laguna. 1 ter-
reni dunque prossimi alia strada Emilia sonosi cerlamenle alzati di molto. e
cio nondimeno la strada Emilia in parte sovrasta ad essi. E pertanto degno
d'osscrvazione che il conic Paoli non fa mai parola di cio die dee succedere a
motivo della elevazione della supertkie terrestre per la soprapposizione di
nuove malerie, la quale abbiamo dimostralo come debbasi riconoscere da
per tutlo, e mollo grande in alcuni luoglii particolari.
La cilta di Venezia per la singolare sua posizione, jter le circostanze sue
naturali e per quelle die le furono procurate dalla saviezza delle venete leg
gi. die allontanando il corso dei fiumi dalle sue laerune la sottrassero alia \i-
cenda delle alluvioni. cui soggiacquero tante allre citta di terra-lerina. la cit-
ta di Venezia puo riguardarsi, a mio credere, meglio die ogni altro sito qual
punlo fermo a cui riferire le variazioni die possono accadere nel livello delle
acque dei mari. Ond' e die dal .Manfred! e da Bernardino /.endrini la fac
data del Palazzo Ducale riguardante il com delto Rio di Palazzo fu ritenuta
come irrefragabile documento dello alzarsi tli esso livello. ed io con queste
osservazioni in un mio scritto intitolato : Suove ricerche, ecc, stampalo nel
Vol. 11 ddle Memorie dell' Istituto Lombavdo-Veneto, bo cercato di deter-
minare la sua quantita secolare di elevazione. A dir vero, fa meraviglia che il
conic Paoli onmietta di parlare delle osservazioni predetle. egli. die la men
zione di Ravenna e di altri luogbi in cui si manifesta tale alzamento e ritiene
222 ESAME INTORNO L INVARIABILITA' DEL LIVELLO DEI. MARE
come assolutamente dimostrato die quella scalelta scoperta a metri 2.608
sotto 1' ordinaria alia inarea presso 1 isola di S. Giorgio Maggiore, di cui
resi conto nella niia Memoria citata di sopra, indichi soltanto un avvalla-
mento di terreno (5).
Rispondera f'orsc il conte Paoli (lie tale apparenza di alzamento di livello
del mare sulla mentovata facciata e su tutta Venezia, sia effetto di quel lento
avvallamento che secondo lui succede da per Ditto dove tale fenomeno si ri-
scontra. E pero cosa assai difficile da ammettersi che per quanto lento sia
tale avvallamento le fabbriche soprastanti non diano alcun segnale di altera-
zione, come ho falto notare nella detta mia Memoria parlando della banchet-
ta che trovasi senza alcuna fenditura ed a perfetto livello commessa nel muro
della facciata del Palazzo Ducale, la quale risguarda il liio di palazzo. II
lento avvallarsi di cui si serve il conte Paoli e supposizione gratuita, ne in
verun modo provata.
Sorprende poi quanto egli scrive alia pag. 122, che le acque del Balti-
co cioe vadano ahhassandosi. Come puo egli conciliare la legge idraulica dei
tuhi comunicanti per cui le acque in essi contenute devono comporsi tutte ad
un medesimo livello ; come potra dico conciliare cio con la sua doltrina del-
1' invariabilita del livello de'mari e con 1' abbassamento dell acque del Bal-
tico? Non oso pensare ch' egli giudichi poter essere il Baltico una eccezione
a quella legge generale, ne vorro parimenti credere ch' egli con nuova ed
assai strana anlifrasi abbia inteso di accennare al sollevamento di alcuni ter-
reni osservato lungo le coste di quel mare, del quale fenomeno fa egli diste-
samente menzione in questa sua opera. Ne niolta esattezza io trovo nelluso
suo di chiamare ritiro del mare quello che succede in grazia degli inlerri-
menti che si fanno sulle coste. il quale deesi dire di cola respinto, locche
lascia luogo a conoscere chiaramente che esso non si e abbassato. Ma egli
adotto piultosto il verbo ritirarsi anziche quello di respingere siccome pin
confacente al sistema da lui sostenuto.
>>on potendo negareil conte Paoli che pegl' interrimenli portati dai fiumi
nel mare il suo livello dovrehhe elevarsi. a togliere questa diffnolta. che
infirmerelibe la sentenza da lui adottata della invariabilita del livello dei
hi I. PROF. ANGELO ZENDR1N1 '->*.>.»
mari, dice, come abbia mo riferito innanzi, conviene do not si credo che
tic lie furze die governano le cose terrestri esista un quoit lie compenso
ignoto o uoi. il quale rendu millo o bilanci un to/e effetto. Ncssuno potra
negare certamente che a togliere 1' effelto sopraddetlo cagionato dagl' inlerri-
menti dei fiumi altro nun ve ne possa essere, se non se (in qualunque modo
poi si voglia che ci6 accada) la sotlrazione di quella quantita d' acqua die
pei dclti interrimenli necessariamente ne leverebhe il livello. K siccome la
causa pruduttrice quest' inlerriinenti e costantemenle operativa, com la sotlra-
zione sarebbe progressiva, clie e quanlo dire la diininuzione progressiva delle
acque dei mari: opinions questa non ammessa da' piu assennati geologi e
rigeltata pure dal conle Paoli.
Ne cio basterebbe affinche si potesse ammellere la prelesa invariabilita 3.3o
Notisi die 1' antico sottoporlico e piu basso » i.3o
onde non supera la magra ordinaria clic di » 2,00
9.0 Alia rivicra di S. Giovanni rimpetto alia Casa Soranzo.
Alia sinistra cioc dalla parle della Casa » 2.56
Alia deslra cioc dalla parte dellc raura vecchie • ^.24
io.» Riviera di S. Benedetlo alia Caserma.
Sul sinislro suolo della slrada ■> 3. 06
Alia destra verso !e mura vecchie » 3. 98
1 1." AS. Leonardo presso il Ponlc.
Suolo della strada che va verso I'interno , . ■■ 4-'&
Strada Borghese riviera eslerna » 3.5o
La condizionc del suolo antico di quella cilta sopra il prescntc pelo dell' acqua magra di que' due liumi,
ho volulo dedurrc dalla maggiore di quelle allczze, siccome quella che avrebbe dala la piu piccola deprcssione
solto quel pelo del suolo antico, la quale lu melri 0.87. Se invece fosse slata presa 1' allezza media risullante
da tutte questc altczze trovate, locche sarebbe piu adalto a porgerc per approssimazione la ragguagliata depres-
sione di tutto il suolo di quella citta sollo il ridetto pelo, ne risultcrebhc quesla di nietri 1.94 ; 0 piu del dop-
pio dell' allra.
Cio serve ancora a far conosccre quanto grandemente siasi clevato il fondo di que' due fiumi da tin1 cpo-
ca bensi loutana dalla prescntc, ma non tanto, per cio che sembrano comprovare i monumenli dissollcrrali, da
dovcr risalirc ai tempi della venuta di Antenore in Italia.
(5) Sembra che i Veneziani sieno stati i primi a riconosccrc l* alzamento del livedo del mare, non aven-
dosi memoric, che io sappia, di laic riconoscimento innanzi a <[uanlo riferiscc il Sabbadino di Angelo Eremi-
lano e dei discorsi di Luigi Cornaro, comballuli, e vero, dal Sabbadino, il quale tultavia ammette, ignorando
Ic leggi idrauliche, che qucslo livcllo del mare si palcsasse solo nellc nostre Lagune, opinione con la quale egli
slesso e in contraddizione pel suo assioma gran Laguna fa s1'"'1 porto, di chc ho parlato piii a lungo nella
mia Memoria sull' alzamento del livello del marc, slampata nel Giornale dei sig. Conli da Bio in Padova, pun-
tala terza, 1802.
II sig. Paoli dice (pag. 3?) che V abbassamento del suolo crasi gia per !o innanzi osservato rispetto a
Venezia cd era gia opinione invalsa nel popolo. — Non si sa da qual lonte abbia il lodalo signore tratto la
notizia che tale opinione lossc invalsa tra i Veneziani.
c e i> rs o
SULLA DISPOSIZIONE AI MALI COMAGIOSI
M.L MEMBHO EFI'ETTINO
S 1 G. GIULIO S A N I) R I
.1 ra lc varie specie di parole, ehe usano distiuguere i logici. havvi pur
quella delle insignijicanli, cosi cliiamate. perche nulla di preciso dinotano. e
piuttosto confessano la nostra ignoranza di cio che per mezzo di esse inten-
diaui dinotare. Di lal genere hjato. fortuna. caso, e sotniglievoli, eon cui la
cagion si disegni di certi avvenimenti. E queste voci non significative, essen-
do per mala sorte delle piii frequentenienle adoperate, ed avendo libero corso.
ben che vane e di niun valore, tornano d iinpedimento fortissimo al progresso
delle cognizioni, togliendoci di ricercare donde veramente le rose procedano.
Terrebbe ella forse di siffatta natura la disposizione ai morbi contagiosi,
ehe altri pur dice predisposizione, cui tanto peso suolsi dare in ambe le me-
dicine, attribuendo il prendersi del male alia presenza, e il non prendersi alia
mancanza di essa
2. Trattandosi di semplici sporadiche malattie. 1 opportunity, o disposi-
zione. e quel motivo che ad esse \a preparando, consista egli in una condizio
ne particolare dell' animate economia, o pure in tutte quelle circostanze ehe
che la modificano a poco a poco, rompendo per gradi 1 equilibrio che costi
L>28 CENNO SULLA DISPOSIZIONE AI MALI CONTAG10S1
tuisce la salute, e facendo in fine cader la bilancia sinistramentc. La quale di-
sposizione si puo anche, non di rado, per certi segni conoscere; e quinci alio
volte ci e dato eziandio di prevenire la formazione del male.
3. Le malattie poi die diconsi endemiche oil enzooliche dipendenti da
circostanze del sito, e le epitlemiche od epizootiche semplicemente, derivanti
da cagione comune generale ed accidental, inerente all' aria, alia bevanda, al
cibo. o a qualsiasi grave disagio, lianno a ragion disponente queste medesime
cose. Ond e cbe sebbene possano cogliere molti individui al tempo stesso,
rimangono pero sempre ristrette ne'liraiti di tali lor cause; il cbe puo esser
anche indizio non dubbio per distinguerle dalle altaccaticcie. Cosi 1' endemica
od enzootica non va mai fuor di sua sfera, percbe le circostanze locali non si
possono trasportare o melter in viaggio : cosi la movente da inedia o da qual-
che tristo alimento, o bevanda, giammai non incoglie al ben nutrito, o a clii
di silfatto alimento o bevanda non fece uso : e quella cbe da insolita fatica od
altro patimento procede, risparmia ognora cbi ad essi non ebbe a soggiacere.
E cessandosi cotestc cagioni dalla natura o dall' uomo, cessa anche al tutto
la malattia, in lorza del tritissimo adagio : sublala causa, removetur effectus.
4-. Ma la disposizionc allc malattie contagiose, a quelle cbe si trasmetto-
no, comunque siasi, mediante un principio sui generis, nella quale principal-
mentc abbiam proposto occuparci quest oggi, in che dimora ella ? o, cio che
torna il medesimo, in cbe dimora la sua mancanza : quell' amuleto, quell' egi-
da che dai loro colpi garantisce e preserva ':' . . . A meglio cbiarire il mio
pensamento egli m' e avviso di considerare questa disposizione sotto due
aspetli, cbiamando l'una generale o comune cbe de'colpili risguarda il quanto,
e 1' altra particolare o individuate, cbe di essi risguarda il quale.
5. Impercioccbe generale disposizione io dico quella. per cui maggior
numero d' individui corre pericolo di prender il morlio, o sia phi grande e per
tutti il riscbio d' esserne presi : la quale puo dipendere e dalla maggior quan-
tita di germi infettivi (i): e dal mezzo piu acconcio di loro comunicazione,
e dalla maggior attitudine nella maccbina animale di accoglierli. d arrivarli
:il debito posto e svilupparveli. Quelle circostanze per tanto, le quali sieno
alle a crescere la copia de germi e la lacilitazione di loro passaggio, di loro
DEL .SIG. (.11 I. K) SANDR] rj.<)
introduzione e sviluppo, saranno pur quelle che concorrono a formare que-
sta com ii iic disposizione, o sia la maggiore probabilita di acquistare la ma
tattia. Cosi dove si Irovano piu infetti insieme e in luoghi chiusi ed angusti,
sara generalmente piu probabile di acquistarla, che non dove gl infetli sien
poclii in luoghi aperti e spaziosi : cosi dove abbiavi Ira gh ammorbati ed i
sani rorrispondenze o relazioni mollcplici, piu sua probabile che non dove
queste scarseggino. Com i cibi, le bevande, la manicra di vivere ec, potranno
contribuire a tale probabilita, in quanto alia piu agevole introduzioue e ;il piu
agevole sviluppamento de' genni pure contribuiscano. L mollo \i potra con-
tribuire la condizione atmosferica, si coll' agevolare lo sviluppo de germi
stcssi. c quindi aumentarne la copia, si col rendere 1' organismo animale piu
sufficiente a riceverli (i>). Onde veggiamo die in generale 1 contagi infierisco-
110 maggiormente in tempo umido e caldo, doe in quello ch e anche il piu fa-
vorevole al prosperare degli altri germi.
G. Noi pero qui dicendo poter la condizione atmosferica aumentare que-
sta generale disposizione, non prelcndiaiuo che per ogni contagio una pecu-
liare costituzione d' atmosfera abbisogni, che suolsi chiamare anche influenza.
[mperciocche ci sembra all' opposito, che i contagi possan sussistere senza
cotali particolari costituzioni, e che alle condizioni 0 stato dell' aria non sieno
subordinali, se non in quanto e a quesli subordinato il procedere degli altri
germi piu conosciuti, ciascuno secondo la sua natura. L Ira le ragioni, che
c inducono in questo avviso, stan le seguenti :
7. Noi veggiamo contagi serbarsi a lungo nello stesso paese, quantunque
lo stato dell' atmosfera per molti riguardi si vada successivamente cangiando ;
ed altri anche regnarvi dal piu al meno continuamente. Se pertanto il male
uon cessa affatto col mutarsi delle condizioni atmosferiche, egli e chiaro
segno che la sua esistenza non e propriamente legata a veruna di esse.
8. K durar potendo gran pezza i contagi nello stesso luogo. ammorban
do questo individuo prima, e quello assai dopo, cioe persistendo a lutti gli
almosferici cambiamenti, in che mai si direbbe consistere la costituzione pro
pria di ogni contagio. quella i lie vorreliliesi esxnziale alia sua esistenza, e
quinci perdurare quanto esso? Certo soltanto in an quid ignotum capace
20O CENNO SULLA D1SPOSIZIONE AI MALI CONTAGIOSI
di resist* r inlnllo a fronte di tutte le vicissitudini o meteorologichc muta-
zioni. M:i tin quid ignotum e cosa troppo vaga, e da non ammellersi per ve-
run niodo in latin di scienze naturali.
g. E quand' anclie atnmettere si potesse una cosa si vaga. qual e questo
quid ignotum proprio di ogni contagio, formante 1 aerea sua costituzione,
(ante essendo le specie degli animali (per tacer delle piante), e tanti i con-
tagi proprj delle singole specie, diremo noi die abbia 1 aria in riserbo tanti
quid ignotum special]', quanti sono essi contagi. per metter fuori quando
1' uno e quando 1 altro ? . . . E perche regni il contagio, essendo necessaria
anche la presenza del germe suo e la sua comunicazione. diremo noi che
1 aria s accordi nel metier fuori il relativo quid ignotum, quando il germe
per tale comunicazione si Irova in quel dalo luogo ? E quando Delle varie
generazioni d animali e nell' uomo, trovansi al tempo slesso. e nello stesso
paese, differenti contagi, diremo noi che ivi si trovino pure al medesimo punto
varie costituzioni da varj quid ignotum formate '.'
10. Che che poi ne sia di cotesta accusa dell' aria, qui toccata quasi solo
per incidenza. avend' io mostrato la generate disposizione comune a lutti quelli.
i quali egualmente vanno a tiro de' contagi, riporsi nolle accidentali combina-
zioni che i germi ne sien piu copiosi. piii comodi abbiano i mezzi di comu-
nicarsi. piu agevoli quei d inlrodursi nella macchina al luogo appropriate, e
pronto ivi trovino cio che alio sviluppo lor si conviene; senza piu me ne
passo alia particolare. a quella rioe la quale fa. che degl' individui che dimo-
rano sotto il medesimo cielo. cihano gli stessi alintenli. usano della stessa
bevanda, respirano 1 aria medesima. ed han per poco le stesse ahitudini. an-
dando alio stesso cimento. o sia trovandosi nolle circostanze medesime d'in-
fezione, alcuni vengono presi dal morho ed altri ne rimangono immuni. Ed
essendo la cosa un po astrusa, e nissun miglior argomento otferendomi a
diniostrar il mio parere. io prego mi si consenta di venirlo accennando per
via di comparazioni.
i i. E a queste comparazioni tosto facendomi. vedesi lalor dagli antichi
rappresentav un contagio. una peste, quasi come una mischia. in cui v'ha clii
colpisce e chi rimane rolpito. 11 feritore e qualche divin personaggio. e i feriti
DEL SIG. G1UL10 SANDR1 20 1
gl'infelici mortali. In Omero Apollo discende dal cielo a saeltare il campo
greco, cd ardono spesse le cataste de'morli (3) : e nelle sacre Scrilture e un
Anerelo sterminatore, che al suolo distende le vittime della celeste indigna
zione (.j). Lasciando le altre somiglianze che vi potrebbero essere tra le due
cose, iini scegliamo sol quelle che fanno al nostro proposito.
12. E primieramente, nel luogo in balia del contagio noi scorgiamo
prendersi alcuni, cd altri no; e del presi altri ;i morte esser Iratti, ed altri
dopo stretta piu o meno forte, ricuperare una qualsivoglia salute. Scorgiamo
ora essere manifesto il passaggio del male al sano dall' ammorbato , ed or
rimanersene affatto occulto, ed aver quinci ttitti cagion di lemere, potendo
per via mediata, non che immediata, capitar I'infezione. K parimenti in una
battaglia, chi vicne colto, e chi resta illeso; e dei colti cbi a morle, chi piu
o meno gravemente piagato: talor discopresi d'onde il colpo si vibra, e non
di rado e al tulto ignoto ; il perche non e dalo potersene guardare e la vita
di ognuno si trova in pericolo.
1 3. In sccondo luogo, rispello al contagio, si vede taluno caderne preda
al primo affacciarsegli, e parecchi, sebbene usin continui cogli ammorbati,
restar immuni per alcun tempo, ed alia fine esserne pur essi invasi. Ed il
medesimo avviene di assai ministri di Marie, che reslati essendo illesi in tante
battaglie, ebbero poi a soccombere in una piu tarda.
1 4- Ed avvi pur molli, che sebbene pratichino a lungo con appestali o
contagiosi, mai non s infeltano, e passano di tutt' altro male. E sonovi anche
de niiliti, che dopo avere menato la vita loro sul campo. la finiscono di
morte naturale sul domestico letto (.')).
i.). E per venire a paragon d' altro genere, noi veggiamo che una pianta
selvaggia. pogniam caso una querria. una felce, produce un numero stermi-
nato di semi ; ad arcoglier i quali stan preparati altretlanti punti di suolo :
ma non molti sono que' punti che a nuova pianticella dieno effettivamente
sviluppo; an/.i sono si poclii da non potersi alle \olte lie nun calcolare alla-
to agl inlrultuosi.
iG. Ma perche mai, stringendo un po 1' argomento. perche mai nella
battaglia sono alcuni preservati o ricevono colpi leggeri, ed altri gli ricevon
232 CENNO SULLA TMSPOS1ZIONE AI MALI CONTAGIOSI
mortali? Forse perche i primi non ne abbiano la (li.sposiz.ione, e 1' abbiano i
secondi ? Perche gli uni cadono vittime in sulle prime, ed altri piu tardi ?
Forse perche a questi pur tardi giunse la disposizione? E perche reslano al-
cuni illesi in ogni attacco? Forse perche la disposizione al colpo Ietale non
sia in loro mai sopraggiunta ? ... A noi senihra the 1 esito fortunalo si debba
ad un mero concorso di accident!, la cui romhiuazione ha portato, che il
colpo mortifero, il quale ad alcuni pur giunse, ad altri non giugnesse.
17. E perche mai. passando all altro paragonc, perche mai tanti de punti
apparecchiati a ricevere la selvaggia semente non isvilupparono la pianta
novella? Anche qui, avvisiamo, per nn accozzamento di molti accidenti, il
quale fece 0 che il seme non fosse pcrfetto, o che sopra que' punti non avesse
a cadere, distratto essendo per venti od altro motivo; 0 cadulovi non vi si
arrestasse, essendo via portato dall'acqua, da insetti 0 somigliante cagione ;
od anche arrestalo non potesse, colpa degli ostacoli, penetrarvi e giugnere
alia profondita ricercata ; o giunto a questa non vi trovasse quell' umidita .
quel calore, e quegli altri requisiti che al suo sviluppo fan d' uopo ; 0 vero
in sul germogliare o germogliato appena, venisse distrutto da animalucci, od
altra per lui sinistra vicenda.
18. E stringendo l'argomento ancor maggiormente, venendo cioe ora al
proposilo della disposizione ai mali appiccaticci , parrehhe, che siccome non
si puo dire che per mancanza di disposizione ad esscr offeso, wnga pre-
servato il coinbattentc nelle hattaglie, e pel sopravvenire di essa venga egli
poscia rolpito : siccome non puo dirsi in generale. che ne' varii punti di suo-
lo. in cui potrebbe il seme allignare, non vi alligni effettivamente per man-
canza di disj)Osizione ad esso ; ma il pieno consiste in una concatenazion
d' accidenti; cosu diciamo, parrehhe che anche la non disposizione individuale
ai morhi contagiosi. cioe quel non prendersi cssi dagli uni, menlre si pren-
dono dagli allri. dimorasse per lo piu in meri accidenti del genere stesso di
quelli accennati per la selvaggia semente, rispetto a cui la natura adopera
abbandonata a se medesima, come fa pur ne'eontagi. Ove nella seminagione
entrasse 1' arte, i semi andati a male sarehbero in minor numero, sommini-
strandosi da essa le favorevoli circostanze che sono in mano sua ; le quali
DEL SIG. r.UJ.IO SANDRI a!}3
ponno lalvolta combinarsi eziandio aaturalmeule, e dare quinci sviluppo ad
una quantita maggiore di «^«- 1- in i . II che pur osservasi ne'eontagi, i quali ove
trovano (|ncslo favorevol concorso, iafuriano anche in proporzione di esso.
crescendosi per tal guisa quella che noi chiamammo generalc disposizione.
if). Che la disposizione o indlsposizione ai contagi, >ia piu che altro
mi [>iiro accidente, pare eel dica eziandio il fatto delle inoculazioni, allorche
praticandosi varic punture, I innesto prende in una e non in un altra ; nun
essendo verisimile che due slali diversi trovinsi ncllo stesso individuo al tem-
po medesimo, e fors' anche a picciolissima distanza. II qual falto e ai tullo
somiglievole a quello .',.>
zione csaminare in che propriamente dimori, ne singoli conlagi de vari enti
animati, il fortunato accidente, pel quale certi individui, che pure Irovansi
nclle circoslanze medesime di cert allri che prendono il male, ne vadano
c-senti : affme di potercelo questo accidente benefico procacciare roll arte.
••!>. E venendo alia conclusione, apparisce, che siccome la facolta di |>i
gliare i relativi conlagi e naturale a Uilta quella data generazion d'animali.
c il pigliarli o non pigliarli principalmente consiste in casuali combinazioni
formanti, o no, la catena de' requisiti neccssari alio sviliippo, e non in reale
qualita od altribulo proprio dell organismo vivente . ne viene che la voce
disposizione. e le sue consorelle capacita, opportunity, attiiudine, colic oppo-
ste in disposi zione, in capacita >■<'. impiegate per essi, tengono assai dell insi-
gnificante, siccome quelle che non dinolano la ragione del fatto avverso o pro-
pizio, ma piuttosto il fatto stesso ; conciossiache il dir, conic suolsi. che si
prese o non si prese il male, pen lie v era o non v era la disposizione, lorna
per poco il medesimo che dire, si prese perche si prese. non si prese perche
non si prese. \\ quinci a rendere questo rilevantissimo punto di medicina \e-
lerinaria cd mnana. soddisfacente alia scienza speculativa, cd utile insieme
alia pratica, si dee staliilirc in (lie \erainente essa ragion sia riposta : so-
stituendo anche, se occorre, alle generali e vaghe parole or nsitatc, espres-
sioni particolari e precise. Cosvi alineno risulta dal presente ragionamento.
che perb noi rimettiam pienamente a quelli die di cose fisiche e mediche
piu si conoscono, e ne fanno argomento di studii speciali.
Letto il 2c) Maggio 1844
NOTE
( i ) Lc voci in/ezione, in/etlivo, cc, in ipicslo ragionamcnto si usano ionic sinonimi di conta •
gioso, cc , e Don nella pin strella signiucazionc introdotta rccculcmcnte.
(2) Come sarebbe disponendo la pelle 0 it polmonc ad un piu a 1 1 1 % o assorbimento
(3) Mode, lib. 1, vers. ^3 c seg.
(_,) Lib. secondo dci He, Cap. 2^.
(T>) Ollre le somiglianze accennale fra la miscbia e la conlagione, v' ha quella rlie I' offendcnie m cnlram-
be c un corpo clerogeneo alia macchina animate, e puo invadcrla tanio s'ella ritrovisi in i.stato di lorza, quartto
di debolezza. Non avendo poi il contagio per sc stesso diatesi alcuna, puo (alor associarsi a quella, cui I' indivi-
duo si (rova disposto, o cui lende la dominanlc costiluzione atmosferica.
(i>) Dicesi addiviene in parte, e perche anrlic i rontagi febbrili possono, massirac dopo ccrlo spazio di
tempo, rinnovarc V assallo ; c perche !a miliarc si mostra anzi piu agevolmentc in chi I' lia sofferta ancora, come
usano pur fare ^li altri mall.
(7) lircra, »«i Cvntagi. Tom. I, pag. i;3.
(H) II Dialogo inscrilo ml foglio di Verona del i3 Diremhre iS.,3 , la Memoria sulla Golpe, Ictta all'Ac-
radcmia d' Vgricollura di \ cmna ; e la ISola let la all' Imp. II. Istitulo li 27 N'ovcmbre ]8^3, unpressa nella
punlala prima del Tomo 3 ." degli Alii delle sue Adunanzc.
ESI m i:
DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET
si LLO
SVILIPI'O DELLELKTT1UCI I \ M \ I ICV NEL CONTA [TO in, CORP1
I) E I.
PROF. AB. GIUSEPPE ZAMBONI
liella ((iiislione a nostri d'i cotanto agitata sulla origine della Elettricita
Voltaica, il celebre Fisico francese Peclet pubblicb negli Annates de Chimin
et de Physique, Giugno iB^i. una Memoria inlitolata : Sullo sviluppo dell E-
lettricita statica nel conditio del cor/ji riportata jioi dal De-la-Rive conalcune
sue note negli Archives dr. I Electricite' n.° 3. In questa Memoria si accorda
il Peclet con lutli erli Elettrochimici nell' esieere lazion cbimica come neces-
saria alia produzione della corrente elettrica : ma quanto all' effetto elettro-
statico egli ammette il principio fondamentale del Volta, cioe svilupparsi
la tensione elettrica pel solo contatto meccanico fra conduttori secchi ; e in
molti casi eziandio fra secchi ed umidi senz'alcnn inlervento di azion cbimica.
So non die questa dei secchi cogli umidi la \u<>l superiore
Per lo die io non diro mai trascurabile l'attivita elettrica degli umidi coi
metalli nelle ordinarie costruzioni della pila Voltiana : ma interpretati a do-
vere gli esperimenti del Peclet con altri ben piu decisivi, vedremo riconfer-
mata la maggior efficacia del conlatto metallico.
Per uniformarmi con questo Fisico nella parte istrumenlale, bo messo
in opera un Condensatore simile al suo, composto cioe di due piattelli di
1 ristallo tutto dorato, ed inverniciata soltanlo quella faccia dell'uno e dell al-
tro con cui debbono combaciarsi.
DEL PROF. A15. GIUSEPPE ZAMBONI j^\
La prima sua esperienza e la fondamentale Voltiana, ma eseguita col
zinco a contatto dell'oro del suo condensatore ; dalla quale cbbea notar venti
gradi di tensione.
Or qui sul)ilo per definire se questa lensione di venti gradi provenga
nella massima parte dal toccarsi dell oro col zinco. oppure (com'egli vuole)
dalla somma (lei due contalli dell' umido delle dita col zinco, e dello stesso
umido coll oro del piattello inferiore, il piu sicuro espediente quello e di
misurare a parte la sola lensione delta coppia oro e zinco, imitando quanto
lece il jMarianini colla coppia ottone e zinco. Tolgasi adunque il piattello
superior d oro. e venga uno di zinco a combaciarsi sull' inferior d'oro. Indi
preso fra le dita un pezzo if oro si porli a toccare il piattello zinco. e
I altra mano tocchi 1 oro del piattello inferiore. Per tal disposizione trovan-
dosi lo stesso umido delle dita Ira due sostanze omogenee d oro. tntti conve-
gono esscrvi allora due azioni eguali e contrarie dell umido delle dita
coll' oro : e percio nullo 1' effetto di tal umido coll' oro. Ma il falto dimostra
cb' eziandio in questo caso dal solo toccarsi dell'oro col zinco si dispiegano
a un dipresso venti gradi di tensione. Dunque essi derivano nella massima
parte dal contatto puramente metallico dell' oro col zinco.
Lo stesso avviene sperimentando con altri metalli; e generalraenle, te-
nendo fra le dita qualunque metallo omogeneo con quello del piattello infe-
riore, e portandolo a toccar l'eterogeneo del superiore, vien tolta affatto
1' influenza dell' umido delle dita dalle due azioni eguali e contrarie. e si
svolge la sola lensione di due metalli eterogenei nel grado gia scgnato dal
Volta nella sua scala degli Kleltromolori.
Per lo contrario, accoppiati due metalli, e mettendone uno a contatto
di diversi umidi succcssivamente. la tensione per la diversita degli utnidi poco
o nulla differisce. Quando un pezzo d'oro tenuto Ira le dita tocca 1 uno o
I'altro di due piattelli d'oro del Condensatore, la tensione e nulla, ed e ap-
pena percetlibile (am lie secondo la tavola del Peclet) lenendo 1'oro fra le
dita bagnatc d' acqua pura o un po' acida o salata. E cos"i pure, la diversita
di questi umidi in contatto coll'oro, dod cangia nolabilmente la tensione di
venti gradi. cli egli acquista, come >i e veduto, toccando il piattello di zinco.
Vol II !i
■i^'i ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC.
K percio la diversila di quei duo melalli con o senza influenza degli umiili e
piu efficace della diversila degli uraidi toccanli uno slesso metallo.
Ma seguitiamo ilPeclet nella seconda sua esperienza coi piattelli delCon-
densalore amendue d'oro: un pezzo di zinco tcnuto colle dita si porti a toccare
un foglietto di carta posto siill'oro del piattello superiore e lallramano tocchi
l'oro dell' inferiore. L'effello e nullo : e cos\ debb'essere anche per ogni Vol-
tiano, mancando affatto qualunque contatto metallico. Ma second o il Peclet tal
nullita dovrebbe altribuirsi al zinco interposto fra 1' umido delle dita, e 1' u-
mido natural della carta; vale a dire egli dovrebbe ammeUere che questi due
uraidi agiscano sul zinco con forze eguali e contrarie ; uguaglianza cui non
so se faranno buon viso gli Eletlrocbimici. Ma sieno pure uguali quesle due
azioni ; e cio presupposto, veniamo al terzo suo speriraento, cioe. a quello di
lasciare la carta sull' oro del piattello superiore ; e saldato un arco di zinco
alia sommila di un cannello ben isolanle da tenersi in mano, si porti questo
arco di zinco isolato a toccar con un suo capo il piattello inferior d' oro, e
con I'altro capo la delta carta posata sul piattello d'oro superiore. Qnal
effettone osservo ilPeclet? minore, egli dice, dei20gradi avuti dapprima. Ed
io invece rispondo colla stessa esperienza, cbe la tensione puo essere o quella
prima di venti gradi, o la raeta o un terzo, od anche appena visibile, secondo
il tempo che 1' arco di zinco si sara mantenuto in comunicazion colla carta ; per-
eiocche cssendo questa condullore imperfetto, che trasmetle 1' elettrico assai
lenlamente, ci vuole un tempo piu o men lungo, secondo lo stalo igrometrico
della carta, per accumular la tensione inlera di venti gradi eccitati dal toc-
carsi del zinco coll oro del piattello inferiore.
Ne la cosa puo essere allrimenli anche nella supposizione fatta qui sopra,
che cioe 1 umido delle dita agisca egualmente sullo zinco come 1 umido della
carta. Imperciocche un capo dell' arco di zinco tocca 1' oro del piattello infe-
riore, e fra 1' altro capo e 1 oro del superiore vi e 1' umido della carta in
luogo deli' umido delle dita. Duuque le condizioni della prima sperienza del
Peclet sono qui pur le medesime; ed aggiuntavi quella del tempo necessario
alia carta per trasmettere 1' elettrico, la tensione non puo non esser la stessa
di prima cioe di venti gradi.
DEL IMVOF. All. GIUSEPPE ZAMBONI 24J
Con quest arco metallico isolato post i in comunicazione due piattelli
eterogenei rame e zinco di un Condensatore, dimostro prima di ogni altro
il Pfaff l' eccitamento eletlrico nel contatto dci due metalli senza alcuna in-
fluenza dell' umido delle dita. Slretli com gli Elettrochimici ebbcro ricorso
all umido invisibile dell' aria : e quantunque lo sperimento del lM.ill tanto
meglio riesca quanto 1 aria e piu secca, e si verificbi cziandio nel vuoto
pneumatico, cbe il Marianini avea gia disseccato colla potassa caustica, tut-
tavia persistono nell attribuirne I'effetto all umido dell aria comunque secca
e rarefatta. Ora il Peclet con tutti i Voltiani la loro osservare che il zinco
sempre positivo nel sun contatto con qualunque metallo, diviene poi sempre
uegativo in contatto con qualunque umido; e pero 1' umido dell aria dovrebbe
larlo negativo, e non mai positivo qual si mostra nella sperienza del Pfaff.
Questa riflessione (risponde il De-la-Rive (2)) non mi sembra giusta.
Nella teoria elettro-cliimica 1 ossidamento prodolto dall'aria umida sulla
» superficie del zinco lo rende bensi negativo, e questo stato negativo si co-
• munica a! rame in contatto col zinco: ma questo zinco conserva jioi il
' positivo di quello strato d aria, die sta a immediato contatto colla superficie
• ossidata del zinco.
Ma chi vorra mai consentire al De-la-Rive la diffusione del negativo da
1111 metallo all altro diversa da quella del positivo:' Com esser puo cbe lo
zinco negativo renda negativo il rame mediante 1 arco metallico, e lo slesso
zinco divennto positivo nella superficie che tocca I aria, mediante lo stesso
arco non abbia a far positivo anclie il rame. ma invece debba lasciarlo altret-
lanto negativo ? ben altro 111 insegnano le seguenti esperienze.
Fissato con saldatura raetallica un ii lo di rame verticale sulla faccia su-
periorc del piattello zinco del Condensatore. I10 coperta tutta questa faccia
di zinco con carta ben umettata di acqua, per modo (lie ogni punto del zinco
loccava 1' umido. e nessuno I aria : 1 acqua bagnava altresi lutto all inlorno
la base del filo di rame. Preso ili poi I arco metallico isolato, e toccando
am un suo capo il piattello inferiore ch' era di rame. portava I altro capo a
toccar I umido della carta, e il zinco ne divenia negativo : ma se invece con
questo capo loccava il filo di rame il zinco riusciva positivo, tnalgrado che
:>44 ESAME DELLA MEMOIUA DEL S1G. PECLET, EC.
1' umido continuando a loccar questo zinco tendesse a farlo negative Dun-
que il zinco sempre negativo toccando 1 umido, non divenne gia qui positivo
per influenza dell' aria, ma unicamente pel suo contatto col rame.
Di piu, la meta superiore dell' arco isolalo sia composta di due iili me-
tallici divergent! per modo, che uno di questi rimanga sulla carta umellata.
mentre 1' altro tocca il filo verticale di rame, e 1' allro capo dell' arco tocchi
come prima il pialtello inferiore di rame. In tal caso il zinco vien messo in
contatto coll umido insieme e col rame ; coll' umido clie vuol farlo negativo,
e col rame che vuol renderlo positivo. Ma il zinco da tal conflitto torna
sempre positive e mette sott' occhio la maggior attivita del suo contatto col
rame.
Lo stesso conflitto colla prevalenza del contatto metallico si appalesa in
quel velo umido interposto fra due diversi metalli, col quale io verificava, or fa
vent'anni (3), quel sospetto del Volta, che cioe anche senza un reale contatto,
la sola prossimila dei due metalli basli ad eccitare 1' elettrico. A veder cio
nella manicra piu acconcia al presenle argomento, pongasi una capsula di
zinco piena d'acqua sul pialtello zinco del Condensatore, e sia d' oro 1' infe-
riore. Un capo dell' arco metallico isolato tocchi questo piattello inferiore, e
l' altro capo sommergasi nell' acqua senza toccare la capsula ; il zinco ne
risultera negative Ma se questo capo dell' arco pescando sempre nell' acqua
vada a toccare il fondo zinco della capsula, e quindi si allontani l'arco prima
dal piattello inferiore, e. poi dalla capsula e dall'acqua, allora il zinco, sotlopo-
slo qui pure alle due azioui contrarie, diverra positivo per 1 azione prevalente
del contatto metallico dell' arco col fondo zinco della capsula. Ora il contatto
metallico non fu qui al tullo reale ed immedialo, perche un velo sotlilissimo
d' acqua rimane sempre interposto fra il metallo dell' arco e il fondo della
capsula. E percio il minimo inlervallo di tal velo non impediscc 1' attivita
eleltrica di un metallo con 1' altro per la somma loro vicinanza.
Volendo poi lo stesso effelto anche in maggiori superficie di metalli e di
umido, dislendo un velo di saliva sulla faccia superiore del piattello di zinco ;
ed umeltata similmente sola una faccia di una moneta d' oro, sovrappongo
questa faccia d' oro umettala alia umeltata del zinco e'falta col solito arco
DEL PttOF. AI5. GIUSEPPE ZAMBONI J^-i
metallico isolato la comunicazione del piatlello inferior d' oro colla faccia
superiore asciutta della moneta, trovo sempre il zinco posilivo; laonde quel
doppio velo di saliva interposto fra lo zinco e I oro non impedisce all' oro
perche vicinissimo al zinco di spingere nello slesso zinco 1' elettrico, cioc
nella direzione medesima come quando i due metalli sono posti a imraediato
contatto.
Questa sperienza parmi argomento speciale per diraostrare, che oltre
1 attivita elettrica dci mclalli cogli uinidi. la sola voluta dagli Elettrochimici,
devesi ammettere quella pure dci metalli l'ra loro, e nel caso detto eziandio
piu efficace. Imperciocche se nelle pile secche ( gia prossime a compiere
1' eta di sei lustri, e nondimeno attive colla tension permanente dci primi
loro anni) se, dico, in queste pile il De-la-Rive e suoi seguaci credono suffi-
ciente 1 umido natural della carta, per ismuover 1 elettrico dal melallo della
carta d' argento nell' umido di essa carta, e da questa nel melallo della carta
d' oro, dovranno pure accordare attivita anche maggiore a quel doppio velo
di saliva per diriger similmente 1 elettrico dal zinco nella saliva e da que-
sta nell' oro, il quale percio dovrebbe riuscir posilivo, lasciando il zinco
negalivo. Ma il fatto avviene in contrario, die il zinco trovasi posilivo. «•
negativo 1' oro. Dunque tal effetto non potendo derivare dall' azione dei me-
talli con 1' umido, dee attribuirsi all' azione scambievole de' due metalli, che
sommamente avvicinali si eleltrizzano. dirigendosi 1' elettrico come se fossero
a immediato contatto, cioe dall' oro nel zinco.
E questa loro scambievole attivita si manifesta anche maggiore di quella
ch' esercitano colla saliva; perche infatti amendue le forze sono qui ope-
rative ncllo slesso tempo, ma conlrarie 1 una all' ultra, ed e prevalente quella
fra i due metalli, anche senza 1' immediato loro contatto. (.lie se quel doppio
strato di saliva interposto Ira il zinco e ['oro venga ad ingrossarsi, mettendo
fra i due metalli una carta ben immollala di lal mnido. cessa allora 1 azione
di tin melallo sull" altro per la troppa loro distanza, e restando operativa
quella sola dei metalli coll' umido. si rovescia la direzion dell elettrico. die
lascia infatti negativo il zinco. e rende 1 oro posilivo. Ma torniamo al
Peclet, che adduce poscia la seguente esperienza: fatta la comunicazione del
246 ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC.
piattello inferior d'oro col superiore di zinco medianle 1' arco metallico iso-
lato. la tension positiva del zinco non giunse, egli dice, a 1111 quarto della
negativa clic dispiega lo stesso zinco allorquando facciasi l'arco umido fra i
due piattelli con due dita della mano. Ecco, egli conclude. 1' umido fra i
due metalli raolto piu attivo del mutuo loro contatto.
Se non die questa esperienza, die nella Memoria del Peclet figura come
principalissima, io 1' ho ripetnta le mille volte e sempre con efletto al tutto
contrario, sempre cioe colla tensione dell' arco metallico assai maeeiore
di quella dell' arco umido. E chiunque abbia eseguite quelle undici espe-
rienze del Marianini « nelle quali le due teorie, com' egli dice, non vanno
« d' accordo nel predirne i risultamenti. ne mai una volta gl' indovina la
■ teoria Chimica, ma sempre quella del Volta (4) » dovra pur convenire,
die qualche circostanza non avvertita abbia alteralo al Peclet la misura delle
due tensioni. Egli stesso dubita die vi abbiano potnto inlluire le vernici
del suo Condcnsatore tanto facili ad elettrizzarsi nel maneggiar 1 istromento.
E sebbene egli creda essersi liberato da questa influenza, dicbiara tuttavia
dopo lunga discussione, die •■ quando gli strati delle vernici non sieno ben
■• vecchi, gli sperimenti presentano anomabe prodotte dalle elettricita ade-
»• renti alle vernici. « Io invece soggiungo, clic con vernici veccbissime.
e soprattulto coi metalli ben puliti, e 1' ambiente piuttosto secco, tutte le
prove mi riuscirono sempre opposte senz' alcuna anomana. Ma v' e di piu
pei Volliani, cb eziandio un Condensatore senza vernici ba gia sentenzia-
to in loro favore , ed e quello del Prof. Belli , die in luogo di vernici
tiene un velo sottilissimo d' aria fra i due piattelli rame e zinco. Essendo
quest o Condensatore minore degli altri in forza condensante, avviene die
posli in comunicazione i due piattelli con 1' arco umido di acqua pura o salata.
■ 0 non si trova (dice il Belli) veruna sensibile tensione, oppure senza pa-
ragone piu debole di quella eccitata dal contatto metallico del rame col zin-
co. » Ed io pure, avendo provveduta in quest' anno la mia scuola dun simile
Condensatore, trovo sempre la stessa enorme differenza a favor dei Voltiani.
Proccde il Peclet alia costruzione della pila, e la pochissima attivita da
lui concessa al mutuo contatto dei metalli di fa risguardar come inutile tanto
DEL PROF. U:. GIUSEPPE ZAMBON1 J.^'
il rarae in cui termina un capo ossia polo della pila, quanto il zinco dell' :il
tro polo. Sicche data una pila di due coppie Voltiane rame zinco umido.
rame e zinco, e levati i due capi rame e zinco, quei che rimangono, cioe zinco
umido e rame. formano a purer suo il vero elemento operalivo. Ma tutt'altro
ne dice 1' esperienza. Impercioccbe si porti il detto elemento stil piattello zinco
del Condensatore, posando su questo il zinco dell elemento; e fatta coll'arco
metallico isolato la comunicazione del piattello inferior ili rame col rame alia
ciina dell' elemento. si noli il grado della tensione. che non essendovi alcun
contatto di metalli eterogenei e dovuta unicamente all' azion dell' umido coi
due metalli. Dopo cio, capovolgasi 1 elemento, e venga il suo rame a posarsi
sul piattello di zinco, e fatta pure col predetto arco metallico la comunicazione
del piattello inferiore di rame col zinco alia cima dell elemento. si scorgera
una tensione ben pin che doppia. Ora coll aver capovollo 1 elemento nulla
si aggiunge di atlivita al suo umido coi due metalli ; ma soltanto, insieme
coll' elemento, si e fatto agire un doppio contatto di metalli eterogenei : quello
cioe del rame dell elemento col zinco del piattello superiore ; e 1 altro del
piattello inferior di rame col zinco alia cima dell elemento. E percio questo
doppio contatto dei due diversi metalli ha prodotto egli solo tutto I aumento
della tensione. Dunque il contatto dei due diversi metalli si nella prima co-
me nell' ultima coppia della pila non puo esser inutile alia sua tensione.
Eppure assicura il Peclet d aver tolli via da una pila i due poli rame e
zinco, senza per questo aver trovata minor la tensione. .Ma per cavar da cio
argomenlo in suo favore, egli doveva indicare il numero delle coppie della pila
con cui fece I'esperimento. Perciocche, ad esempio, levati i due poli rame c zinco
da una pila composta di sessanla coppie, il calar della tensione per la teoria
Voltiana sarebbe soltanto di un trentesimo, diflerenza che puo sfuggire alio
strumento il pin delicato. Ma non sarebbe com di una pila di sei od otto
coppie, perche la mancanza del terzo o quarto di una tensione alquanto co-
spicua puo essere facilmente riconosciuta : a condizione pero che levato il polo
rame. lo zinco che resla sulla pila tocchi il piattello zinco del Condensatore,
e com pure levato I' altro polo zinco. il rame rimasto sulla pila tocchi il piat-
tello rame.
'■±4& ESAME DELLA MEMORIA DEL SIG. PECLET, EC.
Veniamo finalmente alia tavola del Pcclet sulla diversa attivita dei me-
lalli cogli umidi, e la troveremo inammissibile, perche formata senza mai
valutare 1* azione dei metalli coi quali egli toccava 1' oro del suo Condensa-
lore. Ed invero, tenendo fra le dita bagnate di acqua pura qualsivoglia dei
seguenti metalli zinco, piombo. stagno, ferro, antimonio, bismuto, rame ;
1' acqua pura secondo la lavola e positiva con una tcnsione, die va diminuen-
do dal primo all'ultimo dei predetti metalli. Pertanto se questa tensione, come
vuole il Peclet, e dovuta al contalto dell' acqua pura con quei metalli. c non
si deve badare al loro contalto col metallo del Condensatore ; quando venis-
se sostiluito al piattello superior d' oro im altro di zinco, dovrebbe risultar
positiva. come prima la tension dell' acqua pura, e pochissimo diversa nel
grado. Ma invece 1' esperienza la mostra negativa, e con tensione che, lungi
dal diminuire, va sempre crescendo dal primo all' ultimo dei detti metalli.
Dunque trascurando, come fa il Peclet, 1' azione dei metalli con quella del
piattello del Condensalore, ne verrebbe cbe tante volte, quanti essi sono,
1' acqua pura dovrebbe essere positiva e negativa in contalto collo stesso
metallo, cio cbe di certo non si put) ammettere.
Oltre a cio, 1' acqua pura secondo la tavola non esercita alcuna attivita
toccando oro, argento, platino, carbone. Ma ciascuno di questi, che preso fra
le dita bagnate di acqua pura, e porlato a toccar 1' oro del Condensatore
non da alcun segno di tensione, la dispiega per6 notabile, toccando un piat-
tello di altro metallo. E al vederla crescenle, secondo il posto cbe il metallo
del piattello occupa nella scala degli Eleltromotori Yoltiani, e forza con-
chiudere cbe le diverse tensioni nolate dal Peclet coi numeri della sua tavo-
la, anzicbe tensioni, com' egli crcde, degli umidi coi diversi metalli, sieno
invece tensioni dovute nella massima parte al contatto dei diversi metalli.
ch' egli tenea fra le dila, coll' oro del suo Condensatore ; e vien quindi raf-
fermata vieppiu la maggior efficacia del contatto melailico.
Aggiungo una rillessione sulle correnti elettricbe. Io non so come il
Peclet le ritenga impossibili senza 1' azion chimica, mentre si appalesano con
narecchi metalli sommersi nell' alcool anidro, e in alcune dissoluzioni alcali-
ne, liquidi cbe a suo giudizio non possono agire cbimicamenle in quei metalli.
1)1 I. PROF. VII. (.11 Sl.l'l'l. /. \MIIOM
•»!)
Inveee il De-la Rive per cansare qucslo scoglio dalla sun tcoria viene a
dirci nelle sue Note (.>). ■ Non e provalo, che non \ :i!)lii;i azion rhimica
» dell alcool sul ferro, zinco, e slagno : e quantunque il ferro non si nssidi.
ten u to immerso per anni ed anni in una dissoluzionc debolissima di alcali.
come In provato dal Payen, non ne viene che sia nulla I azion chimica del
ferro col detlo liquido, come al caso In provero con molli lalli.
Staremo dunque aspeltando, qual sin secondo il De la Rive quest azion
chimica did ferro con un ln|iiidn che non pub mai ossidarlo. !. intanto ipiel
pnncipio dimostrato dal Marianini : essen'i cioe allerazione di forza elet-
tromotrice in qualunque meiallo a contatto di un liquido, siaci o no azion
chimica, principio cm ora si appoggia d Martens ((») nel difendere la leo-
ria did contallo conlro le recenti obbiezioni del I arad.i\ : queslo principio
non lia molto in cliln la soddisiazione di confermarlo, esperimentando con la
nunc di platino luffate mil acqua distillala : e di veder nel Galvanometro la
correnle eleltrica, immergendole in tal acqua dnpo averle rese elerogenee
coll uso del suddetto principio.
Di pin Iki \edulo cccilarsi la correnle da due Limine pur di platino
omogenee allalto nel senso elettrico, e disuguali soltanto in superficie ; diri-
gendosi la corrente dalla superficie maggiore ncll acqua pura, e da questa
nella niinore. Nel che [larnii vedere un cleiiiento di quella pila specinle. che
ho fatto conoscere I'm dal 1816 col nome di Pila binaria ; e della quale
avro lorse ad nccunnrmi in nllr.i occasione.
Lello , V i if ;.■ i
N O T E
(i) Archives jl; a5.
Vol. II
iiiio. pag log
E S A M E
1)1 UNA ME MORI A DEL S I G. BUFF
INTORNO ALL' ELETTROFORO
E SULLA MIGLIOR COSTRUZIONE DI QLESTA MACCIIIXA
DEL
PROF. AB. GIUSEPPE ZAMB03I
ll sommo Elettricisla Italiano fece ronoscerc fin dall'anno 177.) I'Elet-
Iroforo clic porta il suo 1101110. e 11c spiego compiutamentc i fenomeni con leo-
ria si luminosa, che ambe le scuole di Franklin e +). e riprodotta lel-
teralmente in italiano in quelli compilati in Milano dal Prof. Majoccbi
(Marzo i8.{!>. pagina 277), sembra ricbiamar I attenzione di tulti i fisici
come a novita importantc : v cio mi mosse ;i studiarla con lutta diligenza,
trattandosi di obbiczioni e ili aggiunle ad una teoria. die avea insegnato
pel corso di quaranta e piii anni.
2i»i2 ESAME DI UNA MEMORIA DEL SIC. DUFF, EC.
Malgrado pero di tanta preoccupazione io leggeva lo scritto del sig. Hull
senza ripugnanza alcuna, e disposto quando che fosse a riformare le mie
idee su lal materia. Imperciocc.be dopo le tante scopei'te di queslo secolo,
noii puo riuscirmi nuovo 1 abbandonar doltrine anclie dominanti da lungo
tempo.
Dall' esame cbe sono per intraprendere della Memoria del sig. Buff, e
dellc obbiezioni <'d aggiante da lui promosse, si vedra che siffatta vicenda
11011 e a temersi, e cbe reslera vieppiu raffermata la spiegazione adequata
dell' Elettroforo colla semplice teoria dell' immortale suo invenlore ; leoria
cbe vuol essere premessa a maggior intelligenza dell argomento.
L Elettroforo allro non e veramente se non un quadro Frankliniano,
die porta un'armatura sempre iissa, ed e il piatto metallico contenente il ma-
stice isolante ; ed allra mobile, cioe lo scudo metallico, guernilo di un manico
isolante.
Si carica in prima queslo appareccbio al modo stesso degli altri isolanli
armati : vale ;i dire, mentre una faccia del maslice si elettrizza o per comu-
nicazione o per altrito; 1 allra faccia, mediante il piatto metallico, comunica
col suolo, I'd acquista 1 eleltricila contraria. Quindi per 1 influenza delle
due contrarie eletlricita, si accumula in ciascuna faccia del maslice la carica
propria degli isolanli armati; lanla cioe, cbe supera a dismisura quella cari-
ca, die riceverebbe una faccia stando 1' allra perfettamente isolata.
Fatta la carica, si procede alia scarica : cioe, poslo lo scudo snl maslice.
e messo in comunicazione col piatto. scoppia la scintilla della scarica. Ma
perciocche le faccie isolanli specialmente resinose ritengono aderenle la carica
acquistata sebben vestite di lamine metalliche comunicanti col suolo ; ne
viene cbe la carica, per esempio positiva della faccia superiore del maslice, al-
latto della scarica, non si trasmette gia alio scudo, ma. rimanendo inlissa sull iso-
lante, opera soltanlo per induzione, sforzando 1 eletlricita positiva dello scudo
a Iraslondersi nel piatto sottoposlo, ivi atlratta e ritenuta dall' eletlricita
negativa della faccia inferiore del maslice. Laonde dopo la scarica, lo scudo
e divenulo realmenle negativo, e posilivo il piatto. Ma si 1 uno che 1 altro
conservasi in islato naturale apparente, o, come dicono i moderni, la carica
DEL PROF. All. GIUSEPPE ZAMBONI *->.k>
ill ciascuno vien dissimulata dalla carica contraria infissa alia faccia isolantc
contigua.
Ed <•((•() indi provenire i fenomeni singolari dell' Elettroforo. Impercioc
ilit; Icvalo !(• scudo ben isolato, e divenulo libero dall inlluen/.a della carica
positiva del ma slice, dispiega l<> stato sun negalivo, e ricevendo una scintilla
dal dilo comunicanle col suolo si rimettc in istato vero nalurale. Tornan-
dii |ioi a combaciarsi sul raaslice, che riliene aderenle la propria carica
positiva, e rinnovala la comunicazione delln scudo col pialto, si avra nello
scudo lo stesso effelto di prima, e com di seguito. Per la stcssa ragione anche
il piatto che fosse disgiunto dal mastice, e hen isolato, Iroverebbesi altret-
lanto a mi dipresso posiiiui quanto in negalivo lo scudo.
Al liinic di quesla leoria non \ ha fenomeno nell Elettroforo, che ri-
mangasi inesplicato. E a lulta ragione lascio scritto I illustre fisieo ale-
nianno Fischer, che nessuna delle scoperte Volliane e dovula all azzardo,
ma lutte sono frulto di studio e «li applicazion di principii (i). Ed in vero,
conic il principio dell eccitamento elettrico nel mutuo contatto di due con-
duttori eterogenei, che il Volta difendea contro Galvani nelle contrazioni
delle rane. ^li aperse la via alia prodigiosa sua pila ; similmente la quislione
insorta Ira lo stesso Volla ed il padre Beccaria Mill Eleltricita detta vindice.
contribui alia origine ed alia teoria dell Eleltroforo.Opinava il Beccaria, che
nella scarica di unisolante armalo, la faccia isolante positiva perdesse il suoec-
cesso elettrico, versandolo lullo nell armalura contigua : e poi se lo ripighasse
dalla sle»a armalura, all alto che quesla veniva disgiunta dalla delta laccia
isolante. II Volta per lo contrario sostencva, rimaner sempre aderente alia
faccia isolante il suo eccesso elettrico, c questo, all alio delta scarica, elettnz-
zar per induzione 1 armatura contigua di elettricila negativa. Ascoltiamo da
lni medesimo la prova, che lo avvio ben tosto alia formazione dell Elettro-
foro. Osservai, die c^li (i>). che caricala una laslra di vetro, e scaricatala,
nell' alio di alzare indi con lili di seta la laminetla metallica. che vestiva
la laccia positiva. i piccoli ^elli di luce non aveano gia la flgura di liocchi
spandentisi verso la lamina di vetro (com esscr dovrebhero nella suppo-
sizione del I*. Beccaria). ma quclla an/.i di luce allluente alia stessa veste.
-i34 ESAME HI UNA MEMORIA DEL SIG. BUFF, EC.
» in nii apparivano piu clie altrove distintissime le stelletle agli orli od
angoli di essa. II contrario accadeva, snudando 1 altra faccia negativa del
» vetro ; la foglietta metallica divenuta nella scarica secondo i miei principii
» positiva. tostoehe alzavasi isolata, spandeva d' intorno bellissimi fiocchi.
11 Allora concbiusi. che ove trovassi il mezzo di soffocare, ed impedire in
• molla parte quesla lure, cioe tin cotal disperdimento di elettricita, oltenuta
1 avrei piu vigorosa. II mezzo ben toslo era ovvio : si trattava di scansare
■ ogni angolo nell armalura. E tanto ho io praticato, surrogando alle sottili
ii lamine metalliche per armalura quclla foggia di seudo convenientemente
<• grosso. ben rotondato e pulilo. » Eccovi, o signori, 1' origine scientifica
dell Elettroforo, clie non sembra ben conosciuta dal sig. Buff, come si scor-
gera dalle seguenti sue obbiezioni.
Incomincia egli dalla carica dell' Elettroforo col dire: » Tutti sanno,
ii clie il piatto inferiore conlribuisce mollo all' effetto di questo appareccliio :
» vale a dire die la presenza del piatto permette di accrescere la carica
i) elettrica del mastice. percbe l' elettricita negativa di questo operando sul-
>■ le elettricita corobinate del piatto metallico, perde gran parte della sua
» tension libera, e puo quindi aumentare la sua den si la prima di giungere
" al maximum della tensione. »
In quesla introduzione del nostro autore vuolsi nolare :
i.° Non potersi dire, clie // piallo inferiore conlribuisca mollo all effeito
die e l'aumento della carica nel mastice. Impercioccbe o il piatto nella carica
comunica sempre col suolo, come si pratica, ed allora non mo/to solamente,
ma tutto anzi 1' effetto e dovuto a tal comunicazione : o il piatto non comu-
nica col suolo, ne con altri conduttori di conveniente capacita, ed allora
per la sola presenza del piatto 1' effetto e nullo ; essendo al tutto impos-
sibile accrescer nel mastice la capacita per la carica col piatto perfettamenle
isolato.
2.° Suppone 1' autore, esser comune insegnamento dei fisici, cbe 1 elet-
trico eccitato sulla faccia del mastice agisca per induzione nel solo elettrico
del piatto: di maniera cbe caricata al maximum di tensione la faccia del
mastice. di elettricita per esempio negativa ; di altrettanto a un dipresso il solo
DEL PROF. All. GIUSEPPE ZAMBON1 ■-•.).)
piatto facciasi positivo. Dalla qua) supposizione, che vedremo falsa del lutto.
egli trae la segucnle obbiezione; ■ Se nel piatto \i e lutta I elettricita [►(>•>!
i) liva, fatta la comunicazione di csso piatto collo scudo, dovrebbe il piatto
rimettersi in istalo naturale; ma invece il piatto disgiunto dal masticc
■ trovasi Fortemente negativo. » E si mette a provarlo con minuziose espe-
rienze, quasi fosse verita sconosciuta ; mentrc prima d ogni altro, e assai
meglio la dimostro il Volta coll' esperimento sopra recato contro il Beccaria ;
sicche 1' obbiezione del nostro autore sarebbe al lutto invincibile, se i fisici
(com egli suppone) ammettessero nel solo piatlo la carica contraria a quella
della faccia superiore del mastice. 31a lal supposizione e falsa inleramente.
Vero e bensi, che in quasi lutti i corsi di Fisica si spiegano soltanto i feno-
meni della faccia superiore del mastice e dello scudo; e senza delerminare se
la carica al di sotlo risieda o nella faccia inferiore del mastice o nel piatto, si
ommeltono i fenomeni di questa faccia e del piatto, forse perche rimangono
occulti, attesa la comunicazione del piatto col suolo mil uso di questa mac-
china. Ma quando trallasi in generale della carica propria degli isolanli
armati (uno de'quali e certamente 1' Elettroforo ), s' inscgna coniunemente.
che la carica positiva da una parte, e negativa dall'altra, risiede nella superfi-
cie e penetra alcun poco nella grossezza dell isolante, ma non risiede giammai
nelle armature, le quali servono unicamente da conduttori per trasmettere o
toglier 1 elellrico alia faccia isolante. \\ percio ne conseguita, che (come >i e
veduto nella teoria Voltiana) fatta la scarica per la comunicazione dello scu-
do col piatto. e questo e quello disgiunto dal mastice dee trovarsi elettrizzato
in senso contrario alia carica della faccia isolante da cui fu separate L'obbie-
zione dunque del nostro autore non altro contiene se non due errori di fatto.
11 prinio. (lie la carica del piatto disgiunto dal mastice sia cosa nuova.
quando invece e piu antica dello stesso Elettroforo, ed cssenziale alia sua teoria.
L altro, che i lisici ammettano nel solo piatlo la carica, inenlre essendo
il piatlo mi armatura dell isolante, lo riguardano soltanto qual conduttore
che trasmette la carica alia faccia isolante.
Procediamo alia scarica dell Kdeltroforo, nella quale secondo la dottrina
Voltiana, lo scudo ed il piatto si elettrizzano in opposito per induzione.
256 ESAME L>I UNA MEMORIA DEL S1G. BUFF, EC.
Domanda qui il sig. BufF: « come mai l'elettrico della faccia superiore
« del mastice caricata, 11011 avendo quasi tensione perche dissimulato dal
■ contrarlo elettrico inferiore, possa nolla scarica agir Iiberamente nello scudo.
e produrvi per induzione il massimo effetto. >
La risposla e ben facile per poco che si conoscano le leggi della scarica
negli isolanli armati. Se la boltiglia di Leyden caricata inlernamente man-
tengasi ben isolata nella sua faccia esterna, e si avviciui al suo bottone il
dito comunicante col suolo, non ne spiccia che una scintilla assai piccola,
cioe una minima porzione della carica interna, essendo questa quasi lutta
dissimulata dalla carica contraria della faccia esterna. Ma all' alio della sca-
rica, le due forze positiva e negativa ben lungi dall' impedirsi 1' una 1' altra,
cospirano anzi amendue a produrre la scarica totale. Lo slesso e dell'Elellro-
foro; se dopo averne elettrizzato al maximum la faccia superiore isolante,
lo scudo combaciato sovr' essa comunicasse col suolo. rimanendo isolato il
piatto, 1' eletlricila. per eseinpio. negativa della faccia superiore. non potrebbe
agir Iiberamente per induzione verso lo scudo, perche attratta e dissimulata
dalla positiva della faccia inferiore. Ma volendosi nello scudo il massimo effetto
di tal induzione, si fa comunicare il piatto collo scudo, per la qual comnnica-
zione amendue le conlrarie eletlricita si ajutano 1'una 1' altra ad agir Iibera-
mente per induzione, la superiore verso lo scudo. e l'inferiore verso il piatto:
donde c questo e quello si elettrizzano in opposite al massimo grado.
Ma il nostro autore in luogo di questa risposla superiore ad ogni replica,
viene a dirci, che i trattati di Fisica rispondono nella seguente maniera :
« Essendo pressoche nulla la dislanza della faccia superiore del mastice dallo
» scudo poslole addosso, I' eletlricita di questa faccia deve operare verso lo
•> scudo con forza infinitamente maggiore, die verso il piatto inferiore ; e
o percio quando il piatto romuniea collo scudo. 1 elettrico della faccia supe-
» riore agisce quasi uiiicainenle sullo scudo. »
Se crediamo dunqne al sig. liuff si fa gran caso della sua obbiezione
tiei trattati di Fisica. Ma com e poi, che non se ne trova alcun sentore
nei tanli che si conoscono :' E questa risposta ch egli metlc in bocca di
tutli gli Eletlricisli non e ella peggiore assai dell obbiezione .' E per verita :
DEL PROF. VB. GIUSEPPE Z AMBON I •■>-
deve il piallo comunicare collo scudo, oppurc, che e [o stesso, amenduc col
lerreno, onde aver per induzionc il massimo effelto nello scudo. Ma so, (dine
si pretendc nella delta risposta, queslo massimo effelto provenissedalla somma
vicinanza dello scudo al mastice, lo slcsso massimo effetto si avrcbbe all' in
circa anche se comunicasse il ^<»Io scudo col suolo.
I)i piu : qua) fisico, senza conlraddire ai primi elementi della scienza,
potrebbe mai accordare cio che pur si accorda nella predelta risposla, che
cioe nell'atto della scarica, I eleltricila posiliva d una faccia abbia a Irovar
nella negativa dell' allra un ostacolo ad agir liberamenle jut induzione nelle
rispettive armature? Che anzi tutto al contrario, provocandosi la scarica
per la comunicazione :,
2i)8 ESAME DI UNA MEMORIA DEL SIG. BUFF, EC.
armati ? E trattandosi dell' Elctlroforo, la teoria Voltiana di qucslo istru-
mcnto, chc abbiamo premessa, non e ella fondata appunto sulla delta influenza ?
Qual novlta dunque e mai questa di voler adesso aggiungcre a una teoria cio
che in essa gia si contiene come sua base primaria ? Tutto al pin, per quei
fisici, die si ristringono a spiegarc i fenoraeni dello scudo, e della faccia supe-
riorc del mastice, ed ommettendo cio che avviene alia faccia inferiore ed al
piatlo lasciano imperfetta la teoria, gioverebbe ricordare, cbe quella del
Volta spiega ogni cosa compiutamente in virtu delle due contraric elettricila,
senza bisogno di aggiunte.
Se non die lo sviluppo delle due eor.trarie elettricila ncgli isolanti ar-
mati, donde viene 1' aumento della carica, csige pero la condizione sopra
notata, che cioe mentre una loro faccia si elettrizza o per comunicazione o
per attrito, la faccia opposta abbia a comunicare col suolo, o con tali con-
dultori in cui versare del proprio elettrico omologo a quello chc carica l'altra
faccia. Di questa condizione nessun cenno in tutta la Memoria del sig. Buff.
E gia fm da principio moslro egli non fame caso, avendoci detto, cbe la
presenza del piatto contribuisce alia carica del mastice, senza dirci dover il
piatto a tal effetto comunicare col suolo. Ora poi trattando egli espressa-
mente del modo con cui si svolgono le due elettricita contrarie nella carica
degl' isolanti armati, riferisce alcuni suoi sperimenti in maniera da volerci
far credere, che mentre si carica una faccia dell' isolante, 1' altra opposta
anche ben isolata dispieghi 1' elettricita contraria inserviente all' aumento
della carica: error capitale, cui potrebbero condurre i suoi sperimenti non
interpretati a dovere.
Nel primo di questi « stropicciata die' egli, e resa con cio negativa la
> faccia d un isolante, la faccia opposta divien positiva, tosto che la faccia
> stropicciata sia coperta da un disco melallico comunicante col suolo. •> Ma
sia egli avvertito, che questa faccia opposta, durante 1' attrito dell' altra.
avra trasmesso della sua elettricita negativa all'aria contigua ; altrimenti non
1' avrebbe giammai trovata positiva, nemmen dopo aver coperta la faccia
stropicciata col disco in comunicazione col suolo.
Nel secondo sperimenlo « stropicciandosi una faccia isolante, 1' altra
bEL PROF. AI5. GIUSEPPE ZAMBONJ uoy
■ opposta o sia intanto posata sovra un piano comunicante col suolo. od
I aiiclic rimanga abbandonata a se medesinia per qualcbe lempo, sempre
■ acquista I elettricita contraria. » Kd io similmente ^li rispondo, clie ml
secondo caso della faccia abbandonata a si' medesima, I aria adiacente, che
non e raai perfettamente isolante, ha fatlo in ). ed e quello
di parecchie lamine isolanti sovrapposte I una all altra sen/, armature me-
talliche, nel qual caso. stropicciata la faccia superior della prima in alto, stando
la faccia inferiore dell ultima da liasso in comunicazione col suolo. trovasi
di poi ciascuna lamina colic due faccie elettrizzate in opposito come la prima
stropicciata. Qui pure si adempie la condizione da lui Irascurata dell' elet-
Irico trasmesso da ogni faccia inferiore all altra contigua, trasmissione ope-
rata dal velo d aria interposto alle lamine. e dalla comunicazione dell' ultima
faccia al di sotto col suolo : donde proviene la carica di tulle le lamine. che
noi cliiamiamo di conseguenza ed i Francesi par cascade. E se il sig. Buff
non ha vedulo col nostro Volta, che il velo d aria frapposto alle lamine
serve come di armatura comune a due faccie isolanti. potrebbe esserne istruito
dal Biot che nel suo Precis e'le'mentaire (Seconde edition pag. ••78). avverte
chiunque voglia occuparsi di sperimenli eleltrici a non perder mai di \ista
I influenza del contatto dell' aria, altrimenti si crederebbe, che una botti-
glia di Leyden, od aflro apparecchio di questa fatta possa caricarsi col
ricexcr elellrico sollanto in una faccia. sen/a che I altra comunichi col
suolo. Perche in falti una bottiglia isolata nell aria si carica poco a poco
specialmente elettrizzandola per lun^o tempo; ma in tal caso 1 elettricita
che riceve in una faccia spinge ed espone I omologa della faccia opposta
> all' azione assorbente dell aria, il che permelte un aumento di carica nella
bottiglia. Questo saggio avvertimento dell illustre fisico francese su^
gelli la presente discussione dalla quale risulta :
Che posta ucl vero suo lume la leoria Voltiana dell Elettroforo, svani
scono allatlo le obl)ie/.ioni del si^. Bull, e die dieliiarando egli doversi spiegare
260 ESA.ME 1)1 UNA MEMORIA DEL S1G. BUFF, EC DEL PROF. ZAMBONI
i fenomeni elettrici di questo apparecchio per 1' influenza delle due contrarie
elettricita, la teoria Voltiana, che tutli li deriva dalla detta influenza, non
abbisogna di aggiunte.
La sola novita che vorrebbe aggiungervi il sig. Buff, sta nel niodo eon
cui a parer suo si dispiegano le due contrarie elettricita ; che mentre, eioe.
la faccia di un isolante si elettrizza, l'altra opposta anche ben isolata sviluppi
1' elettricita contraria inserviente all' aumento della carica ; il qual suo pen-
samento e al tutto inaramissibile. E percio la Memoria del sig. Buff intito-
lata. Addition a la the'orie de I Electropliore, null'altro potrebbe aggiungervi
fuorche un errore gravissimo.
Ma se la leoria di questo apparecchio stara immutabile, non cos'i la parte
tecnica. che parmi potersi migliorare colla seguente costruzione, che io prati-
co da piu anni.
Al piatto metallico che contiene il mastice ho soslituito una lastra cir-
colare di vetro, tulta vestita nella sua faccia inferiore di foglia raetallica,
quale si usa per le armature delle hottiglie di Leyden. Tutto il perimetro
della lustra tiene incollata una cintura di legno, o di grosso cart one ben sec-
co ed inverniciato, la quale sormonta 1' orlo del vetro sino al livello del
mastice versato sulla faccia superiore del vetro all' altezza di una in due
linee. Riesce cosi piu attivo 1 Elettroforo per la maggior sottigliezza del
corpo isolante, e quel che e piu. vien tolto il pernicioso effetto delle screpola-
ture nel mastice, che non possono attraversar la grossczza del vetro, e pro-
pagarsi all' armatura inferiore.
Da un Elettroforo costruito a questo modo col mastice d un altro che
1 uvea grosso piu di un pollice ebbi 1' effetto piu che doppio, e la carica vi si
ronserva assai meglio, com' e provato da lunghe e ripetute esperienze.
(Lelloil 29 tlaggio 1844 )
NOTE
(1) Fischer, Physique Mhanique. Chap. a5.
(2) Colleziom delle Opere del Volta. Tom. I. p. i5a,
(3) Hi-.MMla7.i0ne del Volla. Dr vi atlractiva ignis elecirici.
HELL' ACIIILLEIAA
i: DELL ACIDO ACHILLE1C0
M mi PRIXCIPJ IMMEDIAT1 VEGETABIL1 RIXYENUTI NEL MILLEFOGLK
f tchillea millefolium, Linn, i
MEMORIA
DEL SIG. BARTOL03DIEO ZAXON"
I molti sludii e le continuate esperienze istituite dai chimici pin illustri
del nostro secolo. sparsero di chiara luce la chimica vegetabile, e ci condus-
sero sulla retta via per analizzare e scoprire dci nuovi principii immediati,
che compongonn le piante; principii che portarono alia medicinn non pochi
vantaggi.
Prima del i8i(i noi eravamo costretti d' ingoiare la china in natura
ridotta soltanto in polvere od in decotto per fugare le febbri intermittenti,
caricando com lo stomaco di una materia legnosa, inerte, difficile a digerirsi
( spesse volte di azione incerta, poiche non era possibile di calcolare esattamen-
te la quantita di principio febbrifugo contenuto nelle varie corteccie .' 11 liquido ridotto a tal pun to di concentrazione avea un sapore amaro,
arrossava la carta di tornasole, dava un precipitato biancaslro coll' acido
ossalico, un precipitato giallo scuro colla soluzione di acetato di piombo. ed
un precipitato giallo di cedro coif acetato basico di questo metallo.
4." Dopo tali esperimenli istiluiti nel decotto feltrato, pensai di saturare
I aeido vegetabile gia indicato dalla carta di tornasole, col latle di calce,
versandone a poco a poco, ed in tale quantita. die la calce rimanesse in
qualche esuberanza, agitando di tratlo in Iratto il liquido con un bastone di
legno. Occorre por mente in quesla circoslanza, cbe per la completa satura-
zione di quest' acido ci vogliono molle ore. poiche la vera combinazione non
siiccede che assai lentamente. Cio dipende dall' essere 1' acido stesso diluito
in molta quantita di liquido.
DEL SIC. BARTOLOMMEO ZANON ■•<>..
.'). Ncutralizzato cosi I'acido vegetabile, mi si rendeva indispensabile la
precipitazionc dclla materia colorante della pianta, gia rimasta nella dissolu-
zione del decolto concentrato. Ricorsi quindi all'acetato di piombo disciolto
nell'acqua distillata, e con esso, versandolo ["ipartitamente nel liquido da ana-
lizzarsi finche piu non produceva precipitato, ottenni la pronto separazio-
nc della materia colorante vcrde, cbe cal6 sul fondo del vaso in cui si ope-
rava. Con cib ottenni non solo la precipitazionc lotale dclla materia colorante,
ma eziandio quella dell' acido combinato alia calce : poiche, siccome ognuno
pu6 arguire, gli acidi in questa circostanza si permutano Ira loro la base: vale
a dire, nell alio medesimo, in die I ossido di piombo si combina all acido
vegetabile del Millefoglio, cd alia materia colorante, (tornando cosi due com
binazioni differenti insolubili), 1 acido acetico dell acetato di piombo si com
bina alia calce resa libera, costituendo un acetato di questa base, cbe rimane
in soln/.ionc ncl liquido.
G.J Col mezzo dclla feltrazione separai il precipitato prodottosi nclla ope-
razione suddetta, e trattai il liquido con una corrente di gas idrosolforico
lavato. per liberarlo dal piombo dell' acetato di piombo gia versato in qual-
che eccedenza. Feltrai di nuovo il liquido. il quale depurato cosj dal solfuro
di piombo gia formatosi. avea assunto un bel color giallo-rossigno : ed assa-
poralo poi mi l'ece sentire il vero amaro della pianta. piu forte e piu delicato
di prima, sebbene conlenesse acido acetico dell' acetato di piombo sopra in-
dicato.
7.'1 Conoscendo col fatto, pec le sperienze di lanli chimici e le tnie pro-
prie. die I acetato di piombo ha la proprieta di precipilare le materie en
loranti regetabili, non dubitai in questo caso, die la bella tinla giallo-
rossigna del liquido, rimasta illesa dall'azione del valido reagente impiegato
in dose abbondante, non dovesse dipendere propriamente d.illa vera sostan-
za attiva amara del Millefoglio. Per verificare ad evidenza un lal fatto, solto-
posi il liquore ad una regolare svaporazione in una capsula di porcellana.
collocata sopra un bagno a vapore, e lo lidussi a piccolo volume, muo-
vendo in line continuamente la materia residua linche ebbe a ricevere la con-
sistenza di un solido estratto.
Vol II. z\
266 DELL ACHILLEINA E DELL' ACIDO ACIIILLEICO, EC.
8.° Dalle due libbre metriche tli Millefoglio impiegato ebbi ii)o denari
di estratto quasi secco.
g.° Ma per separare il principio vegetabile di cui andava in rerca, era
necessario eh' io praticassi altre operazioni ; poiche fin qui non avea otte-
nuto, che una materia estrattiva, priva bensi della materia colorante della
pianta, ma clie avea in se altre sostanze inerti ed estranee, delle quali per
giugnere alio scopo si dovea ottenerc la separazione. Per dar compimento al
mio lavoro, introdussi 1' estratto suddetlo in un forte matraccio, e vi versai
sopra dell' alcool a o,88o ; scaldai gradataraente la miscella fino quasi alia
b ollitura : feltrai il liquido caldo, e ripetei varie altre volte la medesima ope-
razione sopra lo stesso estratto, riunendo in fine i liquori. L' alcool feltrato
delle singole operazioni avea ricevuto una tinta giallo-scura ; ma piu densa
era naturalmente quella della prima soluzione. e le altre diininuivano gradua-
tamente d' intensita.
io.° Eguale trattamento aleoolico ebbe pure il solfuro di piombo, rima-
sto sul feltro dell' antecedente operazione, e le tinture risultanti da queste
ultime prove aveano assunto un color piu giallo e piu brillante delle antece-
denti : per altro furono unite alle prime nel bagno-maria di un alambicco,
ove avea messo poca acqua dislillata.
ii.° Feci poscia la distillazione di tuttol'alcool impiegato, e raccogliendo
diligentemente il residuo rimasto nel bagno, lo posi in una capsula di porcel-
lana, gia locata sopra 1' apparato a Aapore ; e ridussi la materia ad una
soda consistenza. Posi poi la capsula stessa in una stufa, lasciandovela per
due giorni, a fine di ottenere un maggior diseccamento della sostanza estrat-
tiva. Raccolta questa e pesata, mi risulto nella quantita di i3o denari. A
questa sostanza, secondo 1' odierno sistema di nomenclatura, mi pare che con-
venga il nome di Achilleina, per indicare la sua derivazione dall' Achillea
millefolium, di Linneo.
DEL SIG.BARTOLOMMEO ZANON 267
§. II.
/ ariazione del processo per ottenere I Achilleina.
e deduzioni relative.
12. " Nell' indicate) modo io ho rinvenuto I'Achilleina nel Millefoglio ; e
trattandosi in questo caso della scoperta »li un principio immediato vegclabilc
nuovo, credetti utile descrivere con precisione il metodo da me seguito per
giungere a cio. Se non che era mestieri ch io mi facessi un po addietro, esa-
minando e maturando piu a fondo il mio processo. a fine ili conoscere, se
I Achilleina com ollenula potesse conslare in lallo di un solo principio, op-
pure della mescolanza di piu sostanze.
i3.°In fatti, rifletlendo alle operazioni e teorie fin qui esposte fui indolto
.1 ritenere, che I Achilleina in discorso avesse da contenere in se della mate-
ria estrattiva di natura diversa da quella dell' Achilleina e dell' acetato di
cake. Una tale induzione fu appoggiata alia poca forza dell' alcool da me
impiegato pec disciogliere 1 Achilleina dall estralto. conic al n.° 9. Per eon-
fermarmi nella verita di questo lallo. praticai sull' Achilleina stessa degli
esami chimici, i quali mi condussero non solo a trovare la materia estrattiva
e 1 acetato di calce ^ia sospettato, ma a rinvenirvi eziandio piccolissime quan-
tita di una materia gommosa e in parte resinosa.
1^.° Colla \isla pei la it to che rinianessero jiossihiliiienle escluse queste SO
stan/.e nella prepara/.ione dell' Achilleina, trovai opportuna cosa quella di varia-
re in alcuni punti il niio processo. seguendo 1 ordine che sono per descrivere.
i5.°Dopo di avere preparato esaltamcnte il decotto col metodo descritto
al §. I, n.' 1. -i. 3, e saturato 1' acido libero come al n. \. aggiunsi al liquido
una sulficiente quantita di carbone animale, appositamente preparato e lava-
to. lasciandovelo per molte ore. a fine che precipitasse tutta la materia colo-
rante. Dopo cio feltrai per carta il liquido, il quale avea assunto il bel color
giallo-rossigno, ed il vero sapore amaro della pianta, forse migliore di quello
indicalo al n.c G.
268 DELL' ACHILLE1NA E DELL AC1D0 ACHILLEICO, EC.
1 6.° II liquido ridotto in questo stato venne sottoposto a regolare vapo-
razione nel solito hagno a vapore fino al scccamento, come si tece del liqui-
do al n.° 7. L'estratto ottcnuto con questo metodo riusci in quantita minore
del primo al n.c 8.
1 7.0 Raccoho questo estratto medesimo colla possibile diligenza, fu intro-
dotto in un matraccio con buona quantita di alcool quasi anidro : si scaldo
pian piano la miscella a bagno-maria, e la si porto gradatamente alia bolli-
tura. Solamente in questo ultimo stato 1' alcool pote estrarre una parte del-
la materia solubile e rendersi colorato. Si feltrb poscia la tintura ottenuta
ancor calda ; e si ripete la medesima operazione per altre tre volte di seguito
con eguale quantita di alcool della medesima densita, riunendo in fine i li-
quidi nel bagno-maria di un alambicco, e distillandoli in seguito fino a sec-
chezza. Raccolto 1' estratto secco dal bagno mediante 1' acqua distillata. e
ridotto nuovamente a scccamento in una capsula di porcellana sul bagno a
vapore. lo si trovo soltanto nella quantita di 43 denari, e riusci di un aspet-
to veramente bello e singolare in confronto del primo.
Ecco cio che consegue dalla variazione del processo.
1 8.° Impiegando il carbone animale invece dell' acetato di piombo nella
precipitazione della materia coloranlc, si abbreviano le operazioni, e si evita
la precipitazione dell' acido vegetabile della pianta, e la formazione dell' ace-
tato di cake : cio die accade nell' operazione al §. I n.° 5. Oltre di cio non
si ha nel liquido acido acetico libero : e quantunque per le sue particolari
propriela quest' acido si volatilizzi nell' atto dell' evaporazione del liquido a
scccamento ; tuttavia non pub rimaner dubbio che ve ne resti la minima trac-
cia nell' estratto : quindi siamo sicuri di avere 1' Achilleina sempre scevra da
questo principle
19.0 Nulladimeno non intendo di escludere il mio primo processo; rac-
comando soltanto , che si badi scrupolosamente , si nell' uno che nell' al-
tro caso. d' impiegar sempre 1' alcool anidro, od almeno della densita di
0.806, nel trattamento dell' estratto secco per isciogliere 1' Achilleina : poi-
che ho potuto assicurarmi con parziali sperimenti, che se questo liquido con-
tiene piu di acqua, discioglie sempre della cake, sia che questa si trovi nel-
DEL S1G. BARTOLOMMEO ZANON ^t><)
I estratto secco in combinazione all' acido acetico, come nel primo processo
al n." f). si a clie si trovi combinata all acido della pianta, conic nel processo
secondo ai n." i-. Di piu un alcool allungato di acqua discioglie m.-iii|m-<-
della materia eslrattiva nera, di natura diversa da quella dell' Achilleina, co-
me gia dissi . c qualche minima porzione di una sostanza gommosa mu-
cellaginosa, di proprieta presso die analogbe a quelle della gomma arabica :
soslanze tutte clie alterano non poco le proprieta caratteristiche dell Achil-
leina.
2o.° In ogni caso poi clie l' Achilleina preparata negl indicati modi con-
tenesse delle sostanze straniere, si potra rediscioglierla nell alcool assoluto
bollente. feltrarne la soluzione, e distillarla per raccogliere lo spirito impie-
gato, ed aver inline -1' Achilleina in istato di purezza (2).
21.0 A fronte di tutte le indicate precauzioni, 1' Achilleina in discorso
ritiene in se piu delle volte qualche centesimo di materia resinosa, gia avver-
tita al 11.0 i3 (3), la quale volendo si potra separare colla soluzione del-
1' Achilleina nell' acqua. colla feltrazione del liquido. ed evaporazione a sec-
camento.
§. III.
Proprieta fisiche e chimiche dell Achilleina.
e sua classi/icacione.
22.0 L'Acbilleina cost ottenuta rappresenta una massa eslrattiva dura.
di color giallo-bruno tendente al rosso : ha un leggiero odore suo proprio.
un sapore amaro non ispiaccvole : attrae facilmente 1' umidita dell' aria e si
rende inolle : b solubilissima nell' acqua i'redda. c ne risulta un liquido di
an bel color giallo d' oro, che non ha la proprieta di cangiare i colori delle
carte reagenti, ne di restituire il colore azzurro a quella di tornasole arros-
sata da un acido.
23.° L' alcool assoluto non discioglie a freddo 1' Achilleina. ma s e bol-
lente, la scioglie per intiero : se pero questo alcool medesimo vicne allungato
di acqua. la dissoluzione nasce tanto a freddo che a caldo. colla differenza
I-O UELL ACHILLEINA E DELL ACIDO ACH1LLEICO, EC.
che si ottiene 1' cffetto tanlo pin prontamente, quanlo piu di acqua contiene
1 alcool.
i^.° L'Achillema e msolubile ncll etere solforico, ma se si aggiunge
all' etere stcsso qualche goccia di acido Achilleico, cioe di quello che saro a
descrivere nel scguito di qucsta memoria, oppure qualche goccia di altri aci-
di. come per esempio il nitrico ed il solforico, la soluzione nasce istanla-
neamente, ed il liquido risultante puo essere allungato di inolta acqua, o di
alcool. senza che nasca il menomo intorbidameato.
25.° II cloro ha la proprieta di distruggere all' istante il colore dell'Achil-
leiua disciolta nell' acqua.
26.°La tintura di galla, e la soluzione di protosolfato di ferro, versate a
gocce in bicchieri separati dov' era 1' Achilleina disciolta. non offrirono alcun
fenomeno apparente.
2~.n L' acetato acido di piombo non mostra di esercitare alcuna azion
chimica sopra X Achilleina nell' acqua, ma 1' acetato hasico di questo metallo
da origine prontamente ad un abbondante precipitato giallo-pallido, solubile
in molta acqua, insolubile nell' alcool anidro, inalterabile dall'aria e dalla luce.
28.0 L' ammoniaca liquida discioglie prontamente 1' Achilleina, ed il li-
quido risultante esposlo all aria, finche ha perduto 1' odore ammoniacale.
lascia cadere una materia in fiocchi, ch' e molto meno solubile dell Achilleina.
29.0 Ivillettendo ai risultati delle csposte esperienze, io sono indolto a
considerare 1' Achilleina siccome un principio immediato vegetabile non aci-
do. ne alcalino, ma bensi capace di combinarsi in qualche modo tanto agli
acidi. che alle basi, formando delle combinazioni differenti, e cio come si vede
particolarmente ai numeri 22,2^,27, 28. Per ispiegar per altro con qualche
precisione i iatti che accompagnano le nominate combinazioni, occorrono
nuovi studii e sperienze. Io mi propongo quindi di ritornare in altro tempo
sopra questo inleressante argomento, cioe quando avr6 fatta nuova abbon-
dante raccolta di Millefoglio, e che avro 1' opportunity di praticare di con-
fronto la gia progettata analisi dell' Achillea Clavennae, pianta indigena
de' nostri monti, scoperta nel 1G08 dal farmacista di Belluno, Nicolo Chia-
venna.
DEL SIC. IURTOLOMMEO ZANON 271
'So.0 lo frattanto sarfti d'avviso doversi asse^nare all Acliillcina il poslo Ira
i Principii estraliivi ed amari, distinti dal chiarissimo Liebig in classe specialc,
come si Mile nel suo Trattato di Chiniica Organica, cioe nella li^l;i della
genzianina, absintina, columbina, ergotina, centaurina, quassina ec.
Riflettendo in fine alia gia notata proprieta dell' Acliillcina di assorbire
facilmente 1 umido atmosferico, non sara inutile ch' io ricordi ai farmacisli
ili custodirla sempre in vasi perfettamente chiusi.
§• IV.
Dell acido del Millefoglio ; del processo per ottener/o.
e sua denominazione.
Dopo i lavori esegniti per oltenere separata 1' Acliillcina e conoscerne le
proprieta. non dovea trascurare in alcun modo I acido. die venue appalesato
dalla carta di tornasole, nella cirrostanza in cni slava esplorando il decotto
concentrato del Millefoglio, §. I, n.° 3. Per agevolare in qualche modo la
via all' ottenimento di questo acido, mi si rendeva primieramente indispen-
sabile qualche studio contlucenle a far conoscere la sua condizione naturale
nel vegetabile. Tornai percio a considerare i risultamenti di alcune delle -|ic-
rienze antecedentemente riferite, e per le pratiche fatte con diversi assaggi
al succo appena sprenmto dalla pianta potei bastantemente persuadermi, tro-
varsi esso acido parte in istato di combinazione colla calce, e fors anche
coll Acliillcina ; ed in parte alio stato libero. Cio conosciulo, diedi principio
a nuove operazioni. colla speranza di poterlo isolare perfettamente, studiarlo
nelle sue proprieta. e di tcntar poscia di formare con esso delle nuove com
binazioni.
Preparai dunque un decotto ben saturo di Millefoglio, assoggettando
alia bollitura nell* acqua distillata tutte le parti della pianta. meno la radice;
e feltrato che (u per panno di lana. lo evaporai fino alia riduzione della
meta : lo feltrai come prima per separar le materie depostesi, e versai in esso
a poco a poco una soluzione di acetato di piombo, finche vidi nascere il preci-
:>7'-> DELL ACHILLEINA E DELL ACIDO ACIIILLEICO, EC.
pitato. Raccolsi questo precipitato sopra un feltro di carta e lo lavai parecchie
volte coll'acqua pura. In questo caso. il precipitato lavato dovea risultare neces-
sariamente dalla combinazione dell' ossido di piombo coll' acido vegetabile
del Millefoglio, e della materia colorante, come al §. I, n.° 5, e fors' anche
di qualche poca di calce.
Per separare 1' acido vegetabile dalle altre materie, stemperai il preci-
pitato suddctlo nell' acqua distillata e feci passarc attraverso il liquido, gia
posto in una bottiglia Wulfiana, una corrente di gas idrosolforico lavato.
lino alia totale precipitazione dell' ossido di piombo. Feltrai il liquido per
carta, e lo evaporai lcntamente a bagno-maria per iscacciare tutto 1' acido
idrosolforico rimasto in soluzione. II liquido cos'i ottenuto era molto acido,
ma conteneva in combinazione della materia colorante verde della pianta, ed
anche della calce.
Altre operazioni dunque doveano succedere. Lo combinai alia potassa,
versando in esso nn' abbondante soluzione di carbonato di questa base, e fa-
cendo bollire il liquido per alcuni minutiinun vaso di vetro. Mediante questa
operazione nacque la precipitazione della calce alio stato di carbonato, cbe
separai colla feltrazione. II liquido feltrato avea assunto un color molto piu
scuro, fenomeno dovulo alio svincolamento della materia colorante dall' aci-
do, operato dalla potassa, e dalla nuova dissoluzione di questa materia me-
diante la polassa stessa, o del suo carbonato gia esuberante.
Per isceverare il liquido dalla materia colorante lo unii a buona quantita
di carbone, gia digerilo nell' acido idroclorico diluito, lasciandovelo fino al-
I indomani, agitando piu volte la miscella. Feltrai poscia il liquido per carta
ed ebbi cos'i la soluzione di un sale di potassa od acido vegetabile perfetta-
mente scolorato e limpido come 1' acqua.
Ridotta 1' operazione a questo punto, non mi mancava cbe d' isolare
I acido del Millefoglio gia combinato alia potassa, a fine di averlo in solu-
zione nell' acqua purissima. Yersai quindi a gocce a gocce nel liquido una
dissoluzione di acetato di piombo, ed ottenni cosi un precipitato di un bianco
di latte, cbe lavai piu volte coll' acqua. Conviene avere 1' avvertcnza in questo
< aso di non lavar molto il precipitato. poiche questo sale di piombo e in
DLL SIC. BARTOLOMMEO /.ANON 273
parte solubile. Raccolsi in fine tale pvecipitato e dopo di averlo ben diluito
coll' acq 11 a dislillala, lo introdussi nella sohta bottiglia Wulfiana, ove feci
passare dell' acido idrosolforlco gazoso lino alia lotalc precipitazione del-
I' ossido tato I acido e |ieiteltainenli' scoloiato. 111,1 se si tenia di portar
piu avanti 1' evaporazione, esso si decompone colorandosi in ungiallodi paglia.
EspostO all' aria il liquido concentrato come sopra, in una capsula di velro o
di porcellana, cristallizza in prismi quadrangolari perfeltamcntc scolorati.
/ ol. II
1>74 DELL ACH1LLEINA E DELL AC1D0 ACIIILLEICO, EC.
L' acido Achilleico cristallizzalo e solubilc in due parti tli acqua fredda
a gradi 10 Reau; c la soluzionc che ne risulla e acidissima ed allega i denli; e
senza odore, ed arrossa fortemente la carta di tornasole.
L' acido Acliilleico favorisce molto la dissoluzione del solfato di chinina
nell' acqua fredda, versato die sia in una soluzionc torbida di questu sale:
proprieta che puo render di maggiore utilita 1' uso di tale prczioso rimedio.
L' acido Acliilleico disciolto nell' acqua, versato a gocce in una dissoluzione
limpida di acetato acido di piombo. non intorbida minimamente il liquido; ma
se lo si versa egualnicnle a gocce in allra soluzionc lormata di sotto-acetato
di questo melallo, produce istantaneamente 1111 precipitato bianco, ch' e po-
cbissitno solubile.
L' acido Acliilleico si combina con mi buon nuracro di basi iormando
con esse dei sali perfetlamente neutri. Questo fatlo m' indusse a considerarc
1 acido Acliilleico come apparlenente alia prima divisione degli Acidi Orga-
nici, cioe a quelli che si dicono Unibasici, per la proprieta che banno di
combinarsi ad un equivalente di base per formar sempre dei sali neutri.
§. vi.
Dei sali risultanti dalla combinazione dell acido Achilleico colle bast
sali/icabili, e suoi principali caratferi.
L acido Achilleico tu da me combinato colla potassa, soda, ammoniaca.
cake, magnesia e chinina, donde ne risullarono altrellanli sali forniti delle
comuni proprieta di essere, come si e detto, perfettamente neutri, c inollre
solubili nell' acqua, precipilabili dalla loro dissoluzione dagli acetati di piombo.
e decomponiliili dal calorico.
L' Achilleato di potassa si otticne versando poco alia volta dell' acido
Achilleico allungalo di poca acqua in una dissoluzione di carbonato di potassa
a saturazione, concentrando il liquore a bagno-maria, feltrandolo poi per
carta e tasciandolo crislallizzare. Questo sale assume una minutissima cristal-
lizzazione in prismi aghil'ormi, riconoscibili soltanlo coll'occliio armato di
1)1.1. SIC. liAKTOLOMMI.O /WON 2J.)
lente. Ila un sapore salato che si avvicina a quello del cloruro di sodio. E
meno solubile licll alcool die nell' acqua. Esposto all aria nun soffrc altera-
zione, scbbene la sua acqua madre acquisti in simile caso una leggiera tin ta
pagliesca.
L Ichilleato di soda si prepara come quello di potassa, impiegando
invece il carhonato ch' e insolubile s'i a freddo die a caldo nell' acqua
« dislillala. nell'alcool, nell' etere, e che questi reagenti non cangiano punto
' il suo colore. <■
DEL PROF. BARTOLOMMEO I'.I/.IO 279
Che tutti gli acidi la Iramutano in colore azzurrognolo, c cio lenta-
« menti' a freddo e rapidamente a caldo. <
■ Che I'ammoniaca fa ricomparire la linta verde.
> Che 1' acido nitrico debole ;i freddo, le fa avere mi colore lurchino.
< dove a caldo distrugge il colon*, partecipandovi quelia linta gialla, che si
• manifesta pressoche ognoranelle reazioni dell' acido nitrico soprale materie
animali. •
■ Che il cloro scolora rapidamente la materia verde, lasciando le fo-
glielte branchiali al tutto bianche. >
L' idrogeno solforato fa nulla. >
» L'aminoniara, dimorandovi sopra lungamente, trarauta il natnrale
colore in verde oliva chiara. •
1 La potassa caustica scioglie le foglielte branchiali, producendo una
• soluzione bruna, dalla quale 1' acido acetico precipita una materia fioccosn
0 di colore verdastro chiaro. •
Quesle propriela della materia colorante, a chi sa esserci il rame in
quell' organo, palesano la presenza di quel metallo, impigliato e nascosto
nella sostanza animate, die nol lascia svelatamente mostrarsi all' azione dei
reagenti.
§. 11.
Sperimenti mediante i quali e pnxlulla artificialmente la colorazione
delle branchie, stante il rame ch esse contengono.
La colorazione verde delle branchie delle ostrichc, quantunque nalurale .
tuttavia in quelle pescate in queste lagune e rara a vedersi, e nun sembra
ordinaria che in quelle studiate da] Valenciennes, dette percio oslriche verdi
di Marennes, e nelle altre pur verdi il Ostenda ; sicche sembra essere una
modificazione, uw alterazionc fisiologica dell animale, che induca mediante il
rami' quelia linta nelle branchie; e cio tanto pin ci sembra di poler credere,
quanto che le ostriche verdi del Valenciennes si conservano ne'vivai, dove
acquistano quel colore; anzi egli stesso propendeva a credere, venire il colo-
iSo SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCIIIE DELLE OSTRICIIE, EC.
ramenlo da trasfusione della bile che sarebbe appunlo un' alterazione fisiolo-
gica. Pare adunque probabile quella tinla verde essere o uno slraordinario
deponimento di grasso entro il parenchima delle fogliette branchiali, od anche
una semplice trasformazione del grasso ordiuario deH'organo in acido grasso.
onde in tale slato reagisca nel rame e dia quel colore; se non fosse piutlosto
una relatione, un posto diverso, che il rame entrasse ad assumere rispelto
alia proteina spettante all' organo.
Ma com un que nell'animale vivente si produca I' allerazione e il conse-
cutivo coloramento a cagione del rame, nulladimeno cio addiviene solto il
governo della vita, e quindi ci si fa impossibile di riprodurre artificialmenle
nell' organo dell'animale morlo quella esatla ed idenlica colorazione, che la
natura, quantunque sviata dall' ordinario procedimento, opera neH'animale
vivente.
Tullavia cerla cosa essendo trovarsiil rame in tulle branchie delle ostri-
che, e per conseguenza in quelle eziandio che non hanno il colore indicante
le ordinarie combinazioni di quel metallo, io argomenlava cosi: se pigliero
di quesle brancbie scolorite e, messe nell'acqua, le abbandonero ad un' alte-
razione spontanea, siccome sino da' primordi di questa spontanea alterazione.
o corrompimento, si dee immancabilraente produrre l'ammoniaca, e si dee
produrre raediante quegli elementi medesimi, che compongono la materia
organica entro la quale sta il rame, cos'i dee necessariamenle a v venire che
quest' ammoniaca alio stalo nascenle, imbattendosi nel rame dell organo, vi
si combini e dia quel coloramento azzurro. come che sia modificato dalla
presente materia organica, cbe suole dare l'ammoniaca allorcbe si conibina
coll ossido rameico.
Guidato da questa previdenza teoretica io veniva agli sperimenti, i quali
turono prerisamenle cominciati il giorno cj di Giugno 1844? ed iterati nei
successivi mesi di Luglio, di Agosto e di Settembre ; nel quale spazio di
tempo la naturale scomposizione fu sempre promossa e condotta da una
leinperatura bastevole, tale cioe cbe si tenne sempre fra gli estremi -t- 16"
e -t- n?)" di Reau.
Le sperienzc furono instituite in questa maniera. Io separava da un cerlo
DEL PROK. RARTOLOMMEO RIZIO l>8l
numero di ostrichc esattamente le branchie, c queste lavava una sola volta
coif acqua distillata.Quindile riponeva in un vast? cilindrico, mescendovi tanto
di acqua, die avanzasse da tre a quatlro centimetri sopra le branchie. le
quali si tcnevano a fondo, pero gonfiate cosi dall acqua ed espante, da polcrsi
sovente distintamente vedere e noverare 1c quattro fogliette lamellari di che
le branchie si compongono; anzi a vederle com nell' acqua rolle fogliette
dispiegate le piu sembravano affatto candide. La bocca del vase era cbiusa
da un velo assai rado, acciocche I aria avesse libero accesso, e fosse inter-
dello agl inselti di penetrarvi.
Quando instituiva la prima sperienza la temperatura era a -t- 20" del
mentovato termometro, e dopo il decorso di 24 ore lutto era quieto e le
branchie serbavano il proprio odore.
II d'l segnente trovai sprigionamento dirade bolle; forte reazione alcalina;
e un odore spiacevole, che principiava a sentire del putrido.
Dodici ore appresso, lo stesso sprigionamento di gas e forsepiu vigoroso:
reazione alcalina, anzi ammoniaca, ch esalava in copia, congiunta a poco acido
sollidriro; odore decisamente putrido, e le branchie. che sopraslavano. tinte
in bel colore verde azzurrastro.
^el quarto giorno 1 odore era fetid issimo ; colla csalazione dell ammo-
niaca si accompagnava molto acido solfidrico : !o sprigionamento delle bolle
pressoche nullo. e le branchie crano gia tutte colorile in azzurro. tutlocbe
scrbassero ancora la loro interezza.
Quando le branchie sono gia divenutc azzurre, esse conservano quella
linla; come seguitano gli altri fenomeni poc' anzi rammemorati. Se non che
nel terzo 0 nel quarto giorno cessa qualunque benche menouio sprigiona-
mento di bolle. e 1 odore fetido si la ributtante. priucipalmente allorche si
agitano un poco, com io praticava una volta ogni di, acciocche tutte provas-
sero egualmente la influenza dell' aria.
Notero inoltre che dopo otto giorni circa si dissolvono tutte in una mate-
ria liquida torbidiccia di colore azzurrastro, nella quale, se I acqua sia troppa
a proporzione della quantita delle branchie, si osserva 11110 strato supcriore
scolorito e torbidiccio ed uno inferiore di materia azzurrastra precipitata.
Vol. II. 36
282 SOPIW IL COLORAMENTO DELLE BIUNCIUE DELLE OSTRICHE, EC.
Verificata col fallo la previsionc, ed assicuratomenc pienamente collo
avere ripelulo gli sperimenti pin c piu volte per quattro raesi consecutivi, face-
va quest altra considerazione. Se dunque e vero clie le branchie si colorano
perche 1' ammoniaca si combina col rarae, ch'essc branchie contengono, dove
io per un dato tempo faccia essere presente un corpo cbe prevalga sopra
1' ammoniaca e vi si combini di mano in mano clie si produce, 11011 seguira
colorazione fino a tanto clie questo corpo si tenga presente. e le branchie si
coloriranno quando il detto corpo divenga tale, cbe la sua azione sia nulla, e
torni come se fosse rimosso.
Per conseguire questo effetto, nel tempo medesimo in cui io ripeleva la
prima sperienza, instiluiva colle branchie delle ostricbe un altra serie di espe-
rienze, nelle quali, anziche valermi di un'acqua stillata pura, io adoperava
allrctlante acque acidulate con quanti crano gli acidi cb io divisava di sollo-
porre all' esperienza, e cosi lievemente clie solo bastassero ad arrossare le
carte azzurre.
Gli acidi sperimentati furono 1' acido solforico, 1 acido nitrico, 1 acido
cloridrico, I' acido tartrico, e 1' acido citrico. Di ognuno di questi acidi ne
sciolsi nell' acqua la tenue quantila soprammentovata, acciocclie non valessero
a indurre nella materia animale una modificazione, od altcrazione divcrsa
dalla nalurale pulrefazione. ed anche percbe il coloramenlo, quando avvenisse.
non avesse a indugiare di troppo.
La prima serie di questc sperienze fu instiluita il di 20 di Giugno, e
la lemperatura era a -+- 21° e mezzo di Rcau.
In quella dove c era 1 acido solforico, dopo tre di le branchie lurono
tutte trovatc a galla, a cagione di molte bollicine clie adcrivano alle branchie
stesse. L' odore era felido ; la reazionc acida.
Nel quinto giorno, seguitando I' odore felido, la reazione acida era fatta
lievolissima. Nel seslo la reazione divenne alcalina, c le branchie comincia-
rono a colorirsi; finche nel seltimo giorno crano gia divenute compiulamente
azzurre.
Due mesi dopo, essendo 1' acqua dissipata totalmente resto poca materia
di un color verdc carico.
DEL PROF.RvRTOLOMMEO RIZIO '_>8?>
Nella sperienza instiluita coll' acido nilrico, 1' odore felido si fece sentire
ml quarto giorno. Nel sesto qoii solo era svanita lolalmente l'acidila, ma c era
reazione alcalina. Le branchie si serbavano per guisa nella loro interezza da
potersi distintamente vedere e noverare le qualtro fogliette, che le compongono.
Nell'oltavo giorno le branchie si trovavano sollevate dal fondo; la tessi-
tura organica si cominciava a scomporre, come eziandio cominciava ad appa-
rire una languida colorazione azzurrastra inegualmente dislribuita nella
materia; colorazione the in tutlo il Itingo tempo dell' esperienza not) I'ece
progresso. La materia delle branchie si ridusse in una sembiauza mucosa,
che venue di un color verde, mediante la spontanea cd intera evaporazione
dell' acqua.
Coll' acido cloridrico nel sccondo giorno le branchie lurono trovale a
galla. Nel quarto, odore fetido. Nel sesto non solo era svanita 1'acidita, ma
in' tornava evidente la reazione alcalina. Le branchie si serbavano nella loro
interezza ed erano colorite in azzurro. Nell otlavo coininciarono a dissolversi.
finche vennero tutte in un liquido azzurraslro lorhidiccio. che colla totale
evaporazione lascio una materia verdegialla,
Nella sperienza in cui fu adoperato I acido acetico, I odore di putrido
l'u sentito nel quarto giorno. Nell oltavo era non solo dileguata ogni acidita.
ma ne veniva pronta reazione alcalina. Le branchie si serbavano nella loro
interezza. ed avevano assunto un colore rosso violaceo con cbiazze in alcuni
punti di un rosso vivace (4).
Nel decimo giorno la tessitura organica delle branchie si comincio adalte
rare seivza nolahile diversita nel coloramento.
Dopo diciasseltc giorni il color rosso divenne [laonazzo. e termino succes-
sivamente in una tinta azzurrastra. II dissipamento totale dell acqua diede
una materia di un verde carico e vivace.
Dove poi fu adoperato l' acido citrico, nel secondo giorno le branchie
erano tulle a galla. e quivi rimasero nel terzo e nel quarto, mediante un s'i
lalto interiore sprigionamento 4 ore appresso, e seguila aumenlando finche
si produce un vigoroso sprigionamento ammoniacale, accompagnato da mollo
acido solfidrico, die nel processo della dissoluzione da un odore insopportabile.
A proposito di questa rea/.ione alcalina, die comincia subito a maniie-
starsi , e padroneggia sino alia fine la naturale scomposizione delle branchie.
era al tutto inescogitabile die i corpi delle oslricbe. a'quali fossero separate
bene le branchie. abbandonati audi essi alia naturale dissoluzione, dessero
un fenomeno al tutto opposto, cioe una reazione acida die si palesa subito
i5 0 iG ore dopo ordinala 1'esperienza; die cresce vigorosamente sino ad
una forte audita, la quale, non die a impulridire, tende a preservare, anzi
preserva effettivamente i corpi dalla naturale corruzione. Questo fatto addo-
mandava uno studio particolare, com' io ^ia feci; e quantunque si dilunghi.
ed esca dal subbietto presente, repulai non disutile anticiparne la notizia, ac-
ciocche si vegga la ragionevolezza di quella civile pratica, che al cibo preh-
bato e salute vole dell'ostrica vieta la rea mistione delle branchie.
Ora tra quelle rea/.ioni del Valenciennes, cb' io addussi a principio, una
\e n ha col cloro, die porto la lotale scolorazione delle branchie. Per mo-
strare quindi a guida del rame esistente nell'organo, quanto il secrcto lavorio
della uatura fosse imitato dalla espcrienza, e quindi dalla conformita de nsul
lament i concluderne I'identita della cagionc operante il fenomeno, era mestieri
ch' io facessi sperienza del cloro sopra le branchie artificialmente colonte.
:>8() SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCHIE DELLE OSTRICI1E, EC.
Prese adunque cento branchie di ostriche e messe in una boccia tubulata
con sufficiente quantita di acqua, le serbai quivi sino al quinto giorno, cioe
fino a tanto cbe il coloramento fosse compiulamente estcso a tulta la massa.
Allora, alleslito 1' apparecchio per lo sprigionionamento del cloro, e diretta
la corrente attraverso alio branchie, le quali serbavano aurora intera la tes-
situra organica, furono in brevi istanti compiutamente scolorite. Nulladimeno,
veggendo il cloro essere tut to assorbito, sicc.be una bolla non ne trascorse in
una seconda boccia, chc alia prima si continuava, feci cbe la corrente segui-
tasse per sei ore consecutive, ond'ebbi la disorganizzazione e dissoluzione
delle branchie in un liquido torbidiecio di colore a mala pena giallognolo.
Dunque le branchie artificialmente colorite mediante la combinazione
dell' ammoniaca col rame, ch' esse branchie contengono, furono, com' era facile
antivederc, scolorate dal cloro, come furono scolorite le branchie verdi del
Valenciennes, sicche non solo la sua creduta materia coloranle speciale io la
riproduco a volonta. a guida del rame cbe ivi esiste, in quelle ostriche chc
non sono naturalmente colorite, ma ne comprovo eziandio 1' identita della
reazione collo sperimento del cloro, ond' e, cbe il soprammentovato nalurale
coloramento delle branchie si scorge chiaramente venire dal rame contenuto
in quell' organo.
§• HI.
Aziorie (leg/i acid/' e degli alca/i sopra le branchie delle
ostriche naturali e scolorite.
Che il naturale coloramento in verde delle branchie delle ostriche venga
da una combinazione qualunque uscente flail' ordinario procedimento della
vita col rame ivi contenuto. mi sembra ora abbastanza comprovato da fatti
sperimenlali. Nulladimeno ci sono ancora le reazioni degli acidi e degli alcali
adoperate dal Valenciennes, verso le quali a prima giunta polria sembrare
necessario un raffrontamento coll' azione cbe fossero per adoperare i mede-
simi acidi e gli alcali nelle branchie naturali e scolorite.
Prima d imprendere questa ricerca e tuttavia necessario considerare die
DEL PROF. BARTOLOMMEO lll/.IO '87
nelle branchie verdi del Valenciennes, luttoche il coloraraenlo derivi dal
medesimo rame contenuto in quell organo, nulladimcno esse in quanlo alia
materia le composizione, non sono esaltamente comparabili ne a quelle scolo
rite delle ostriche naturali, ne a quelle artilicialmente colorate. Imperocche
nelle verdi, il rame dee avere 1111 posto diverso da quello clie liene nelle
branchie naturalmente scolorite, e diversissimo decisanienle 111 « j 1 1 ** 1 It- die
si colorano ad arte, da clie la materia organica in questo caso iucontra un
cangiamento di composizione; e percio e al tuiio ragionevole, cbe sperimen-
tate cogli acidi e cogli alcali 0 le branchie scolorite, 0 le artilicialmente colo-
rate, dieno risultamenti diversi da quclli avuti dal Valenciennes; tultavia i
fenomeni che saranno per manifestarsi serviranno a rischiarare il subbietto,
so ci \erranno accompaguati da colorameiili, i quali abbenche non si pos-
sano accertatamente accagionare ;il rame, che i\i esiste, riescono non osl nle
cosi speciali da didercn/.iare la materia dellc brancbie delle oslriche da qua-
lunque altra sostanza animate.
Per procedere in queste ricerche, accessorie all'argomenlo principale,
separate le branchie secondo il solito. le seccava a 1000 ili temperatura.
La semplice diseccazione rendeva le branchie di un colore verde cupo,
e questo colore si manifesto nelle fogliette branchiali, mentre alia radice dove
si uniscono, tornano in un colore castagnino oscuro. Ridotte in polvere grossa
le introdussi in tin ampolla, e v inslillai tanto acido cloi idrico concentrato
che fossero coperte, anzi 1 acido avanzasse le branchie di qualche millimetro.
L' acido penetro pronlainente la sostanza delle branchie. Elleno si gonfiarono,
e qualche ora appresso si tramutarono in una massa gelatinosa, che si stac-
cava dall ampolla senza punto imbrattarla. Restando i\i per qualche altro
tempo, esempigrazia, dieci 0 dodici ore, la materia si fuse: cioe a dire, si Irovo
operata una soluzione in vista di color nero. cui erano frammescolati de lioc-
cbi minuti di una materia di colore verde cupo.
Feltrata questa soluzione nera ed opaca, se vi si mesce due voluuai ili
acqua, viene diafana c del colore preciso del caffe abbrustolito. [nstillando in
questo liijuido una soluzione di concino, 0 tiinnino. estrallo dai fiocini del
I agresto, sino al termine che si produca un visibile intorbidamento, <■ lasciata
288 SOPIW IL COLOIUMENTO DELLE BRANCH1E DELLE OSTRICHE, EC.
quieta la mescolanza per alcune ore, si trova a fondo un precipitato fioccoso
di un bel colore verdazzurro, die ha tutta la sembianza del verderame.
Raccolto questo precipitato sur un feltro, e messo in islato d' idratazione
nell' ainmoniaca allungatissima, si scioglie incontanente, e si produce una
soluzione di colore castagnino scuro. cioe di un lal colore, che volge a quello
del cafie, colore proprio della soluzione sperimentata.
La medesima materia verdazzurra ancor umida, posta nell' acido clori-
drico allungato con un volume eguale di acqua stillata, a freddo non si scio-
glie; ma si scioglie bene e prontaniente scaldata al fuoco. producendo una
soluzione di quel colore medesimo del cafie abbrustolito, in cbe venne la solu-
zione cloridrica delle brancliie ; siccbe polremo dire la materia delle brancbie
esserci veduta, mediante la reazione dell' aciilo cloridrico, del concino de fio-
cini bianchi acerbi, e dell' ainmoniaca. di colore cafie. verdazzurra, e quindi
ricondotta al colore primitive
Nella prefata soluzione cloridrica inslillai tanta infusione di noci di galla
finche vidi prodursi intorbidamento. Dopo qualcbe tempo diede a fondo un
precipitato di colore verde cupo, che a contatto dell' aria si oscuro fortemen-
te. Messo cos'i umido nell' ainmoniaca, si sciolse instantaneamente, producendo
una soluzione del solilo colore del cafie abbrustolito.
II pronto sciogliersi di questi precipitati nell ammoniaca, e pin di tutto
i caratteri fisici di quello prodotto dal concino o tannino dei fiocini dell' uva
bianca acerba, davano ragione di sospettare cbe in que precipitati ci fosse il
rame contenuto nelle brancliie. Per assicurarmene, presi una certa quantita
di quel precipitato, e, seccatolo bene, lo posi in un crogiuolo di platino, dove
carbonizzato, feci pruova di ridurlo in cenere, che torno in una materia nera.
la quale conobbi essere ossido rameico quasi puro; perocche si sciolse inte-
ramente nell' acido cloridrico producendo una soluzione verde, e quivi instil-
lata tanta ammoniaca, cbe ne fosse un piccolo eccesso, s'ingenero una colora-
zione azzurra con piccolissima rimanenza di una sostanza bianca, che parve
essere acido silicico.
Non e dunque dubbio alcuno che il concino infuso nella soluzione clori-
drica delle brancbie non dia precipitato il rame, ch' esse contengono; ma
DEL PROF. BARTOLOMMEO P.1ZIO 289
questa precipitazione si fa congiuntamente ad una materia organica, che,
quantunque ne induca a scorgere il rame in quella originata dal concino dei
fiocini, pure, subito che abbiamo ricorso all'ammoniaca cd all'acido cloridrico.
sembra che non si possa ammettere. vedcndo nella materia disciolta quella eolo-
razione cupa di caffe abbrustolito, aliena lotalraente dagli attributi del rame.
La soluzione poi acida (lie ci resta, dopo il precipitate* prodottosi dalla
infusione delle noci di galla, ha un colore fulvo traente al rossiecio ; e se in
questa soluzione vinslilliaino tanla animoniaca. che ve ne sia un piccolo ecces-
so. si produce un abbondevole precipitato di colore cannelliuo. al quale sopra-
sta un liquido torbidiccio di un bellissimo color verde. Se qnindi lacciamo
di separare il precipitato mediante la feltrazione, il liquido esce del mentovato
vivacissimo colore, che si fa un pocolino piu intenso, slante il contatto dell'aria:
lavando il precipitato. la prima acqua cola di bel colore smeraldo, e viene
appresso di colore cannelliuo carico. perche ne sciollo parte del precipitato.
Queste sperienze dunque comprovano. che la materia animate delle
branchie delle ostricbe, sottoposta all'azione di alcuni reagenti, stante lc mo-
dificazioni ch essa incontra, e atta ad assumere diversi colon", che non ci
vengono trovati in altre analoghe materie animali. alcuni de quali per le
circostanze in cui si maniiestano, rammentano que fenomeni di colorazione
avuti dal Taddei, mediante le reazioni dell ossido rameico nelle materie
organiche azotale in presenza degli alcali caustici (•>) : lajche questa singo-
larila di reazioni coloranti sembra principalmente venire dalla presenza
del rame.
Io per queste sperienze, (nine diceva, bo adoperato le branchie dissec-
cate, e il Valenciennes, per quanto si pub arguire dallo scrilto di Int. sembra
avere operato sulle branchie tali quali erano spiccate dal mollusco. Percio
volli eziandio instiluire qualche sperienza sovra branchie che nun avessero
prorata I'azione del fuoco; sicche ne spiccai una certa quantita.e lavalele una
sola volta nell acqua distillata, parte ne infusi nell acido solforico allungato
con un volume doppio di acqua, parte nell acido cloridrico, parle nell acido
nitrico, come il primo egualmenle allungati : e parte Gnalmentc in una solu-
zione d idrato polassico, in cui era un peso d idrato in dodici di acqua.
Vol IT. 3-
290 SOPRA IL COLORAMENTO DELLE BRANCHIE DELLE OSTRICHE, EC.
Quelle poste nell' acido solforico prima si aggrinzarono un poco. e parve
in esse svanire il naturale colore cinereo, anzi si fecero compiiitamente candi-
de. Due giorni appresso. trovai il muco aderente alia superficie tinto in unbel
colore verdeporro, del quale una piccola quantita era eziandio precipitata a
fondo del recipiente, dove si vedeva questa deposizione del colore predetto.
Ne'seguenti giorni le branchie acquistarono un gentile colore incarnato, che
non cangio per una pin lunga dimora delle branchie nell' acido. A vederle
entro il liquido, ancbe dopo dieci giorni che si trovavano a contatto dell'acido,
serbavano intera la tessitura organica ; nulladimeno, separatovi 1' acido, si
disfecero al toccarle, risolvcndosi in una materia di colore incarnato, la quale
era sciolta a freddo pressoche totalmente dagli alcali caustici, senza manife-
stazione di verun coloramento speciale.
Quelle infuse nell' acido cloridrico, oltreche avere acquistato anch' esse
un colore incarnato, mi vennero vedute sparse di strie di un colore rosso
vivace. Le altre, sottoposte all' azione dell' acido nitrico, ingiallirono, come
solitamente ingiallisce ogni sostanza animale messa a contatto di quell' acido.
Finalmente quelle branchie recenti, ch' io infusi nella soluzione dell'idrato
potassico acquistarono, come quelle del Valenciennes, fin da principio un
colore castagnino; quindi si gonfiarono, a somiglianza di quelle messe nell' a-
cido cloridrico, e dopo due giorni d' infusione si comincio a disfare la tessi-
tura organica, originando una soluzione del medesimo colore castagnino.
Furono lasciate per lo spazio di dodici giorni a contatto dell' idrato potassico,
e quindi separata la materia indisciolta, mediante la feltrazione, la lavai leg-
germente coll' acqua distillata.
La soluzione feltrata serbava il suo colore castagnino, e instillando in
questa soluzione a goccia a goccia tanto acido acetico, cbe ne venisse com-
piuta la neutralizzazione, si produsse un precipitato di quel medesimo colore
cinereo che hanno le branchie naturalmente ; ma a contatto dell' aria e nel
decorso di alcuni giorni acquisto un colore azzurrognolo, e il liquido in cui
si produsse. tornb in un deciso colore verdeoliva. Un minuto eccesso di alcali
ridiscioglie incontanente il precipitato.
La materia delle branchie. che non fu sciolta dall'alcali, infusa nell'acido
DEL PROF. BARTOLOMMF.O BIZIO ugi
acetico allungato, produce un liquido lorbido di colore azzurrognolo. e la
materia animate che resta a fondo, nello spazio di alcuni giorni, senza verun
segno visibile di alterazione spontanea, si tigne in un colore verde volgente
ad un languido azzurro.
Queste poche reazioni bastano a comprovare clie la materia animate
delle brancbie delle ostricbe e suscettiva di acquistare certi colori speciali, se-
rondo che agiscono sopra di essa gli alcali o gli acidi. e se questi colori. come
sembra, si producono nelle brancbie naturalmente scolorite. stante il rame
ch'esse brancbie contengono, ne segue da cio, e piu di tutto da quelle spe-
rienze cli' io allegai da principio, che il colore delle ostricbe verdi del Valen-
ciennes, anzicbe consistere in una materia colorante speciale, non e altra cosa
cbe una modificazione dello stato del rame in quell organo, per cui io crede-
rei che fosse da instiluire una serie di sperienze dirette ad avere la proteina
esistente in quell' organo, essendo molto probabile cbe. dirigendoci per tal
via, ci verrebbe fatto di scoprire il posto cbe ivi tiene il rame. ed avremmo
quindi la ragione del suo tramutamento in un composto verde, operante il
fcnomeno della naturale colorazione delle brancbie del mentovato mollusco.
i Late il 25 yocembre 1844 . )
NOTE
(1) Annali delle Scienze del Regno Lombardo-Veneto. Tom. IV, pag. qo, anno i83.,.
(2) Annali cilal. Tom. cit. pag. 91 e qs.
(3) Journal de Pharmacie, pag. iS5. Marzo 18^2.
(4) Questa colorazione delle brancbie si atticne molto a quclla a\ uta dal Taddei nelle sue retenti sperieaze
circa l' azione delle maleric azolate nell' ossido ramcico, presenle un alcali caustico. // Cimento, Fasc. di Gen-
naio e Felibraio 18.,.,)
(5) // Cimento. Fase. di Genuaio c Febbraiu l&44< pj£. -
I\ QUALE STATU
ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI CONTAGIOSJ
>ELL' ESSERE ORGANIZZATO
>T O T A
DEL S1G. GIULIO SANDRI
i. Jl iu volte io m' ebbi a dire die la vera e sola causa efficiente tie' con-
tagi vaol essere specifici germi, siccome pure germi specilici sono la vera e
sola causa efficiente degli altri esseri naturali, cbe si riproducono sempre gli
stessi. Ed e qui mio intendimento di venire un po lavellaudo sullo stato o
sia condizione, in cui sono i jrermi contagiosi introdotti e serbati nell ente
organizzato. alio cui spese prendono poscia sviluppo col presentarsi il con-
corso (Idle relative opportunity.
2. Suolsi credere comunemenle. rio clie d iufeltivo insinuasi Delia mac-
cbina organica, quello onde poi la contagiosa malaltia si cagiona, essere una
materia disciolta, un liquido, un vapore, cbe vi ecciti quindi un processo
cbiinico-vitale capace d ingenerare una materia dclla stessa natura. atta a
produrre in altri individui ^li effetti medesimi : sicche, ammettendo pur che
i contagi provengano sempre da proprio fomite, questo sempre si assorba e
diinori dentro 1 organismo in uno stato di scomposizione, ili sfacimento : e
non punto in quello di veri germi, di germi nella loro integrita, e due prin-
cipal ragioni soglionsi addurre di cio. L' una. che i germi cost interi nun
294 [N QUALE STATO ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI, EC.
possano passare per gli angustissimi pori che dovrebbero aceoglierli ; e 1' al-
tra. che quand' anche passassero, non potrebbero stare per entro la maccbina
organizzata vivente senza venirne scomposti o disciolti.
3. Quanto alia prima delle dette ragioni vuolsi pero considerare, essere
ben altro le aperture od J fori di una maccbina morta. e quei di una viva :
quei della viva ponno al bisogno dilatarsi e rendersi molto maggiori, come
danno ancbe a vedere i fenomeni cbe avvengono all' epoca della fecondazione
eziandio delle piante. ed a quella del parto degli animali. E vuolsi considerare
in oltre, cbe sebbenc certe sostanze di una tal sottigliezza non sieno assorbite,
ponno assorbirsi certe altre della sottigliezza medesima, in virtu di quella cbe
dicesi forza o facolla elellwa ; per la quale anco si crede, cbe dallo stesso
terreno varie specie di piante succbiino diverso alimento, donde l'utilila delle
tanto raccomandate agrarie rotazioni o sia awicendamenti de' raccolti. In
terzo luogo e da por mente, ch' essendo i germi de' contagi come altrettanti
parassiti di quella specie di viventi su cui banno il loro sviluppo, certa ten-
denza natural vi debb' essere, cbe cooperi alia introduzione ; impercioccbe
egli e ben noto quante precauzioni usi natura per far giugnere i germi al
luogo appropriato alia loro propagazione : delle quali io ricordero solo qui la
forma, che nelle uova e ne' semi, specialmente piu minuti e minimi, tende
generalmente al rotondo.
4- Tanto par vero cbe i germi de' contagi debbano passare nella mac-
china interi, che quelli i quali in tale stato non ponno passare attraverso
della epidermide per comunicar 1' infezione, abbisognano d' un mezzo che tol-
ga loro quest' ostacolo, d' inneslo, cioe, d' inoculazione, di taglio, scalfitura 0
ferita di qualsivoglia maniera, come veggiamo, per esempio, nel vaccino, nel-
l'idrofobia, e ne' morbi carbonchiosi. Dal che tutlo raccogliesi, che il germe
de' contagi puo benissimo, per non dir anzi debbe, insinuarsi nella maccbina
organizzata nello stato suo d' interezza, senza punto scomporsi prima, o discio-
gliersi comunque siasi.
5. Ma se il germe puo cosi integro penetrar nella maccbina viva, potra
poi mantenervisi in tale stato ? Non verra ivi scomposto, disciollo dalla
forza vitale. dalle funzioni ch' ivi banno luogo. come scompongonsi e si dissol-
DFX Sir,. G1UL10 SANDR] jQ.)
vono tante altre cose per assimilarsi in tutto od in parte, ove omogenee, od
essere cacciate, ove eterogenee ad essa macchina '.' A prima giunta parrebbe
che s'i : parrebbe die in quegli urnori e in quel calore, trattandosi di anima-
li, entrar dovesse il germe in fermentazione, o per altra guisa distruggersi.
Ma chi attentamente osservi la cosa. di leggeri avvedesi del contrario ; per-
ciocclie le forze vital! non hanno alcun poter di scomporre o disciogliere ^li
esseri vivi, siccome sono i germi ; i quali solamente son germi in quanto, se
non in atto, in facolta almeno, godono della vita, cioe dell' atlitudine di svi-
lupparsi quando cbe sia e riprodursi.
6. Cbe poi cio cbe vivo dall'organismo vivente non sia sempre distrutto.
ne porgono irrefragabili prove le tante fatte di vermi, cbe nelle varie specie
d' animali, ne' varii organi loro, secondo la diversa eta, condizione e circo-
stanze vi allignano, cagionando ancbe bene spesso non lievi sconcerti ; le
qnali certo non vi allignerebbero se le loro uova, se i genni loro dall' orga-
nismo vivente fossero disciolti o scomposti.
7. Anzi le medesime forze digestive, che pure sono s"i possenti a snaturare
cio cbe vien lor sottoposlo. rispettano anch esse cio ch'e proweduto di vita.
Gli animali voraci, i quali sovente inghiotlono la preda lor tutta viva, come
esempigrazia assai pesci, sparandoli, non di rado la mostrano ancor intera,
e se da poco ingoiata, alle volte anclie in istalo di riprendere poscia la vita.
Imperciocche dessa preda non viene pnnto intaccata dal poter digerente, se
non dopo cbe 1 angustia e il disagio in cui si ritrova. a poco a poco I ab-
biano uccisa.
8. E per somigliante ragione, die gli uccelli granivori ban quel si
duro e si forte preparatorc della digestione cbiamaio oentriglio, i cui muscoli
sono disposti e diretti per guisa. cbe. contraendosi successivaraente, producono
un moto simile a quello delle mole macinatrici de mulini. per acciaccare ed
estinguere i grani ingozzati interi, i quali altrimenli non si sarebbero potuti
digerire : e ad agevolare 1' operazione giovano pure col loro sfreganiento i
sassolini, che a bella posta da questi uccelli per cio si Irangugiano.
9. Per la ragione medesima, che cio die ha vita non viene intaccato
dalle digestive funzioni, si dice che uno degli ufficii esercitati dagli uccelli
2g6 IN QUALE STATO ENTRINO E SI MANTENGANO I GERMI, EC.
ncir economia della natura, si e quello di contribuire all' aumento c propa-
gazione de' pesci. degl' inselli e delle piante, in quanto che divorano le loro
nova e i loro semi, e non digerendoli, ma reslituendoli ancor interi, gli spar-
gono e li diffondono in altri luoghi.
10. Ne solamente dal vivo organismo i germi non sono distrutti, ma
pare ami che alcuni vi prendano forza e vigorc novello. Cosi raccomandasi
che le semenze deU'ulivo si farciano prima trangugiare dagli animali, e mas-
sime dalle capre, affinche meglio si sviluppino e meglio provino. E cosi pure
e osservazione che 1' azione digesliva dello stomaco umano fa provenire dai
semi del fico, i quali ad essa ehbero a soggiacere, delle piante assai vigorose.
1 1. Che se altri germi dalle forze vitali, hen lungi dal vcnirne guasti e di-
strutti, hen lungi dal soffrirne alcun nocumenlo, ne tornano anzi vantaggiati.
mollo menosaranno guasti o distrutti o soffriran nocumento quei de'parassiti
che dalla natura si fecero appropriati a quelle date specie di esseri maggiori.
nelle quali aver doveano il rispettivo sviluppo, e la successive riproduzione...
II perche, stando al consuelo procedere di natura, vuolsi dire, che i germi
de' contagi non solamente insinuansi dentro la macchina nello stato loro
d' integrila, ma in tale stalo pure vi si mantengono senza provarne alcuna
scomposizione.
12. E quanto al solito procedere di natura, un' altra cosa ci si offre a
considerare in questo proposilo, cioe in quale stato essa natura esiga che si
trovino i germi suoi, perche riescano effettivi, perche prendano sviluppamen-
to. Per quanto si volga lo sguardo e si ricerchi nel vastissimo campo della
storia naturale, niun germe conosciuto di vegetahile o di animal ci si affac-
cia. il quale per isvilupparsi debba prima esserc disciolto o scoinposto ; anzi
ci si dice essere necessarissimo requisilo per lo sviluppo de germi, che si
trovino integri, che non sieno cssenzialmente viziati. II che essendo, vuole
giusta induzione che anche i germi dei contagi. perche tornino effettivi, per-
che ahbiano a svilupparsi, debbano rinvenirsi nello stato loro d' integrita. E
come il contrario sarehhe un' eccezione, un deviare dalla consueta pratica
naturale, non sarehhe lecito ne anche 1 ammetterlo, ne il supporlo, senza le
piu rhiare prove di fatto e le piu convincenti : imperciocche quanto piu una
DEL SIG. (.111.10 SANDRI '2(j;
cosh sembra opporsi ad una legge cognita di natura, di tanto maggiori prove
abbisogna per essere dalla ragione accettata.
[3. Egli e per qucslo, cbe csscn germe quan-
do e scomposto riesce punto effettivo.
io. Al principiare della primavera correnle, avendo intriso di golpe e
seminato del frumento marzuolo, e di quello cbe i botanici dicono triticum
turgiaum, a varia epoca di germogliazione, volli esaminare se avesse assorbi-
to essa golpe, e in quale stato assorbita I avesse : e mi venne fatto di rinve-
nirue tanto nella radicbelta che si sviluppava, quanlo nella plumula, nelle
sviluppate barbalelle e nel pargoletto stelo, e principalinente nel colletto e in
Vol. II 38
og8 IN QUALE STATO ENTR1XO E SI MANTENGANO I GERM1, ECC.
sua vicinanza : e i granelli di golpe assorbita apparivano alio stalo lor natu-
rale, senza aver provato il benche minimo carabiaraento. A bene eseguire
questa osservazione. che 11011 c difficile per chi possede un buon microscopio,
si fa germogliare separatamente del grano puro c di quello irabrattato di
golpe: e quest' ullimo, per maggior sicurezza di effetto, si puo ancbe mettere in
un piattello con sola golpe inumidila. Appena germogliato, si esamina atten-
lamente del puro, per riconoscerne il tessulo, e la forma de'globuli della farina
o non ancora scomposta o nell' atto die mutasi in sugo lalticinoso, a fine di
non prendere poscia in qualche punlo lo seambio. Dopo cio assoggettasi al
microscopio della golpe. che sia stata un po'in infusione, a vedere quale aspetto
debba mostrare ancbe quella inumidita dagli umori dentro la pianta. Fatteque-
ste cose in preparazione, pigliasi 1' infetto germoglio, lavandolo a piu riprese
nell acqua e procurando che sia perfettamente netto al di fuori ; del che fa
d' uopo assicurarsi eziandio col microscopio. Quindi, se la pianticina e appena
germogliala, si puo prendere o 1' intero hecchetto, o l'intcra piumetta, schiac-
ciandoli tra i vetri per osservarli come i corpi trasparenti. Se la germoglia-
zione e avanzata, dehbonsi fare picciole sezioni o delle barbole, o del colletto,
o del tenero stelo, secondo cio che si brama esplorare, ed esaminarle a parte a
parte; avvertendo che sara sempre tanto piu agevole il rinvenire, e rinvenir
piu ahbondanti i granelli di golpe, quanto piu giovinelto e il germoglio, e
quanto piu la sezione si fa vicino al colletto ; perciocche, a germogliamento
inoltrato. allorche dallo stesso grano sorsero varii steli, ed ogni stelo di nodi
e inlcrnocli se provveduto, in tanla superficie puo essere piuttosto effetto del
caso il rinvenire i granelli di golpe nella minima sezione che sottoponesi al
microscopio.
1 6. Similmente a cio ch' io vidi qui della golpe, lessi poi nel Giornale
di Orticoltura (Le Jardin et la Ferine^ io Nov. i844) avvenire in altra
malaltia de' cereali detta propriamenle carbone , che affliggc soprattutlo
1' avena e 1' orzo, causata dall' uredo segetum ; i cui semi o sporule in esso
Giornale si dice assorbirsi dalle radici, e poscia andar rimontando, sicche
discopronsi dentro lo stelo, facendone sezioni orizzontali.
17. Ancbe i germi della crittogama producente le macchie del gelso as-
DEL S1G. (.11 1.10 SANDR1 J()Q
sorbonsi dalla radice per andare quindi a svilupparsi a] tempo debito ml
luogo lorn appropriate, vale a dir nelle foglie : del cbe mi sono cbiarito co-
municando quesla malattia a piante che n' erano ;tifa 1 1 o scevre, col mettere
della foglia infetta presso le radici di alcune lasciate al posto loro. e col tra-
piantame delle altre, ponendo nelle buche quella Inglia in cambio di letame.
siccome ho dislintamente indicato in una mia Memoria su talc argomento.
Laonde in questa contagione, il cui germe si »• pur discoperto, vedesi Io
slesso procedimento notato per le due predette dei cereal!.
18. Tralasciamo ili allegare gli esempi de'eontagi, i cui germi gia cono-
sciuli si sa ch cntrano intcri negli animali ; poiche ci sembra che il poco fin
qui ragionato basti a conchiudere :
I. Nulla ostare che i germi de' contagi s' insinuino ncll' ente organico
in t nl ta la loro integrita. (NN.1 j. 4-)
II. Nulla ostare che tali pure vi si mantengano. (NN.' .'>. 1 1 .)
III. Che per legge di analogia tali anche debbono essere, affinche possa-
no tornar effettivi. (N.° 12.)
1\ . Che oltre che per analogia. quesle verila ci ponno venir conferma-
te dal fatto, o sia dalle altente osservazioni eseguite ne' convenevoli modi.
(N\; ,4. i7.)
\. Che dunque i germi de' contagi sono anche in questo simili a tutti
gli altri che si conoscono, non vi essendo alcun appiglio a supporre che la
natura siasi preso il disturho di tenere per essi altro modo.
Lelta il 18 Giugno 1845 )
DEL P UO CESS O
DEL PENSIERO
VERSO LA UNIT A DEL LA SCIENZA
M EMORIA
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI
I. Islrumenti primi della Scienza sono gli esercizi del pensiero appli-
cati all' osservazione particolare di un genere o d' un allro di cose e degli
accidenti che in quel tal dato genere medesimo possono essere stali prodotti
da altri accidenti o dall' opera stessa dell'uomo. Vengono poscia, rome istru-
inenti non meno necessari, e piu vicini alio scopo, gli esercizi del pensiero
applicato ad investigare le relazioni tra le cose osservate in un lal dato ge-
nere ; esercizi tanto piu elevati, e pero tanto piu nlili. quanto piu conducono
innanzi, trapassando dalle relazioni alle relazioni dclle relazioni. A ciascuno
dei delti esercizi si e volnlo imporre il norae nn poco ambizioso di scienza;
e tante scienze si sono oiriri costituite, e lante se ne vanno tuttavia costituen-
do. quante varieta si trovarono o potranno niai trovarsi nei generi di cose a
cui si volse 1' opera di tali esercizi medesiini. Non credo die import i di fer-
inarsi qui adesso a combattere questa ambizione dello spirito uraano ; cui
si abbandonarono da prima anco i Greci, ma da cui, bencbe non godano
I'ania nelle storie di eccessiva modestia, pure furono ben presto ritratti dal
.10 2 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA DELL A SCIENZA
consiglio o dall' eseinpio di Pltagora, c dall' accortezza del loro senno. Credo
utile piuttosto che ci sofifermiamo un istante ad osservare alquanto inlrinse-
camente ciascuno di questi esercizi del pensiero che chiamiamo scienze. Do-
mando : si awicinano cssi tanto piu alia respettiva loro perfezione, quanto
piu si estendono, o quanto piii si restringono ? Ccrto il mollo estendersi e
condition necessaria del successivo loro restringersi ; condizion necessaria
come lavoro preparatorio e fondamentale. Ma 1 eslensione non puo essere
clie nella raccolta dei falti ; c ad una raccolta di fatti, per ampia che si vo-
glia snpporla, non e certo applicabile alcun lilolo di scienza. Qucslo lilolo
non puo in qualche inodo giustificarsi, anchc rispetto a quei particolari
esercizi del pensiero di cui parliamo, se non quando lo si applichi alle rela-
zioni tra i fatti, cioe alle leggi da cui dipendono i fatti. Ora, non v' ha dub-
bio che una scienza avanza di mano in niano che sotto ad un minor numero
di leggi raccoglie un raaggior numero di fatti : dunque una scienza si avvici-
OD o Do 1
na alia sua propria perfezione, non quanto piii si eslende, ma quanto piu si
restringe ; perche, non le osservazioni dei fatti isolati, ma le investigazioni
dei legami tra di essi costituiscono veramente il processo scientifico. Cosi,
per esempio, la fisica, considerata ne' suoi lavori prcparatorii. ne' suoi fonda-
menti, acquista una maggior eslensione di mano in mano che 1' e dato di
affgiungrere un nuovo accidente, o fenomeno che vogliam dirlo, ai tanti che
Co o n
ha di gia ritrovati, e che applica alia luce, al calorico, alia eletlricita od al
magnetismo. Ma la fisica, considerata rigorosamente come scienza, non si
potra dire che progredisca in si fatto proposilo, se non quando avra esteso
il numero di tali fenomeni per modo che le sia conceduto di restringere
qucllo delle cause da cui li fa dipendere, riducendo a tre gli operalori od
agenti invece di quattro, e meglio a due invece di tre. e meglio ancora ad
un solo, se potesse mai giungervi. Fatica ulilissima, anzi necessaria, fu alia
chimica 1' avere ritrovati i cinquanta cinque elementi, a quali credo che sia
oggi arrivata : ma la chimica progredira veramente come scienza in tale ar-
gomento di mano in mano che, ricalcando in certa guisa le sue orme, potra
racchiudere in un numero sempre minore questi elementi medcsimi, e pero
qucllo dei principii, e pero qucllo delle leggi che regolano la formazione dei
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 3o3
corpi. Non era possibile alia psicologia di darsi tin buon fondamento fuori
(1 mi ampia raccolta di que' fatti che sono osservabili nella coscienza : ma
la psicologia ha cominciato a rendere a se stessa legittimo il nome di scienza
(intendo gia sempre conforme all' uso in cui In adoperiamo) solo allora che
comincib ad aggruppare tali fatti sollo alcune leggi : e lanto piu progredira
come scienza, quanto piu le sara conceduto di poter diminuire il numero di
queste leggi medesime. Com e, e dev' esserc, di tutte quante mai sono o sa-
ranno le scienze : perche I intima natura di ognuna d' esse e tale, che di
niente pub avanzarsi verso alia sua propria perfezione, se non si avanzi in
pari tempo verso un punto che divenga come il centro da cui parta ed a cui
ritorni ogni opera sua.
II. E pero. se questo ragionamento non e fallace, come credo che non
sia, si pub argomentare da esso con quanto di verita abbiano tanti declamato,
e vadasi pur oggi da molti tuttora declamando, contro alia iormazione dei
sistemi in quegli csercizi del pensiero cui si da il nome di scienze : quando
invece tali esercizi non possono essere costituiti come scienze. se non per
opera dei sistemi. Poiche, die cosa e un sisteina '.' Non altro die il trovare
un filo il quale unisca. un cemento. dirb cosi, die incorpori insieme una
quantita maggiore o minore di cognizioni, le quali erano da prima disgiun-
te, e le sottoponga ad un principio e le diriga ad una tendenza comune. Cerlo
in un lavoro COtanto difficile al pensiero. cui sono necessari tanti e si vari
apparecchi. che pub esssere interrotto ed offeso da tanti impedimenti, in cui
possono aver luogo tante illusioni prodolle dalle apparenze eslerne delle co-
se, e tante piu dalle interne lusinghe dell amor proprio ; cerlo. ripeto, in un
lavoro cotanto difficile, devono essere stati, come sono tuttavia e saranno
sempre. Irequentissimi gl inganni. E chi voglia da es^i trar jiartito. secondo
che si usa, per combattere o dispre/./.are o deridere I opera dello spirito
umano intento alia formazione dei sistemi. avra materia ampia di discorso.
La sua materia a discorrere sara ampia : lanto forse quanto [o e la sloria
medesima delle scien/.e : ma non per questo potra dare al suo discorso Ion
damento alcuno di buona logica ; poiche egli la una perpetua confusione Ira
;>,>4 DEL PUOCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UMTA' DELLA SCIENZA
gli errori incorsi nel formare i sislemi e 1' escrcizio del pensiero rivolto alia
formazione di cssi, c poicbe melte in lal escrcizio la causa di quegli errori
medesimi. Ma si falte cose sono tanto distinle e indipendcnti, clie se gli er-
rori. i cui motivi possono essere vari e molti (e ne parleremo particolar-
mente in altro luogo), se gli errori incorsi e riconosciuti in queslo od in
quel sislema devono rifiutarsi, e non di rado anclie con essi tutto il sistema
slesso nel quale sono incorporali ; 1 andamenlo, dirb cosi, sistematico nello
spirito umano, la disposizione del pensiero clie volge i suoi esercizi a creare
i sistemi, non solo invece e lodevole. ma bisogna tenerla per necessaria. quan-
do si voglia clie un escrcizio del pensiero, togliendosi alio sparpaglianiento
delle osservazioni di fatti separali e disgiunti, entri in quel piocesso a cui
sollanlo si pub dar nome di scienlifico. Non odo, per esempio, clie i niedici
sieno generalniente disposti ad abbracciarc il sistema di Brown ; e nulladi-
meno ogni medico di mente elevata dee tenere clie Brown col suo sistema
ha tirato fuori la medicina dall empirismo dei casi, per metterla sulla via
della scienza ; dee tenere, cbe, abbandonando anco aflatto il sislema di lui, e
pur neccssario dare all' escrcizio del pensiero nella medicina un eguale
andamenlo di quello cb' egli diede al suo, cioe tentar di sostituire al sisle-
ma da esso creato un altro sistema, se si vuole mantenere la medicina stessa
sulla via della scienza in cui egli la pose. Ho nominato di sopra la cbimica.
Or bene : clie cosa era essa lino a poco piii cbe cent' anni fa ? Null altro cbe
un ammasso informe di fatti senza alcun legame. La cbimica principio ad
avere un carattere scientilico, allorcbe principib a ricercare un vincolo cbe
unisca un numero maggiore o minore di questi fatti, allorcbe principio a
rendere ragione di alcuni di essi, allorcbe principib a darsi una regola per
iscoprirne degli altri. allorcbe principib. in breve, ad avere un sistema. La
prima insegna cbe la cbimica abbia posseduto di scienza, le fu posta in mano
dallo Stahl. Essa non pole andare lungamente con svi fatta insegna, e le fu
ben presto mestieri d innalzarne un' allra, sostituendo al flogistico 1' ossige-
no. Ma lo stesso modo nell' esercizio del pensiero cbe portb nella cbimica lo
Stahl, \i fu portato pure dal Lavoisier ; ma cbe il sistema di Lavoisier ri-
manga o no. certo e cbe la cbimica non potra durare ne progredire come
DEL DOTT. GIUSEPPE DIANCHETTI i.,..
scienza, se da quelli die la professano non sia continuata la Iraccia dello
stesso raodo nell* esercizio del pensiero. K poiche ho accemiato di sopra an-
co alia psicologia, voglio aggiongere, che se il sistema di Locke irovo, spe-
cialmente in questi tempi, raolti oppositori, contro alia potenza delle osser-
vazioni, delle induzioni e deduzioni dei quali e assai difficile, credo, che pos-
sa sostenersi ; non per questo vien di niente minore il merito sommo ch' ebbe
Locke d' aver impresso, cgli pel prirao, col suo sistema, un carattere scienti-
fieo alia psicologia, ed insegnato come si possa mantenerglielo ; quando in
nanzi di lui, poco diversa dalla chimica, non possedeva che una raccolta piu
o meno numerosa di Iatti. da cui si traevano non di rado regole utili per la
condotta della vita, che si trasforniavano spesso in immagini delle quali si ab-
bellivano le Iettere, ma che lo spirito uinano non aveva per anco notati che
come materiali qua e la sparsi, e non si era di essi servito che come di mate-
riali I'uno dah" altro disgiunti, senza che avesse tentato di unirli, di Irovare
tra di loro un cemento, di farsene 1'architetto, di comporne una fabbrica.
Or e in questo tentativo che consiste il lavoro di formare un sistema :
e questo tentativo non e altro che il processo scientifieo medesimo. Chi diet
dunque lavoro di formare un sistema. non dice ne piu ne meno che proces-
so scientifieo ; e chi dice sistema. non dice ne piu ne meno che opera di un
processo scientifieo. La qual opera, non cessero di ripeterlo. puo riuscire,
come riusci spesso, piu o meno fallace, puo essere. come fu spesso, anche
lallace del lutlo: e nulla ostante e tanto assurdo di voler discreditare, a cau-
sa di cio. il modo nell esercizio del pensiero che la produce, quanto questo
modo non e conibndibile con l opera stessa che in un caso o nell altro o
in tulti i casi ha prodotta. e quanto ci e mestieri di lenerlo sempre per
necessario. allorche si voglia imprimere ad un esercizio qualunque del pen
siero il carattere di scienza. Poiche un tal carattere (giova ripeter ancht
(piesto) non puo mai competere ad un esercizio del pensiero che non vada
in altro che in raccoglier iatti. per quanto abbondante si \o^rli;i supporne la
raccolta; ma allora solo pub legittimamente nmiinriare ad asMimerlo. quan-
do cominci ad inoltrarsi nella cognizione dei legami che uniscono i Iatti. cioe
nelle relazioni ch esistono Ira di loro. quando cominci ad inoltrarsi nellc
Vol II
3r>G DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITY DELLA SCIENZA
cause da cui derivano i fatti, cioe nolle leggi sotto le nornie delle quali e na-
scono e s' avvicendano, cioe quando cominci nell' opera di formare un siste-
ma. Or siccome un sistema tanto piu progredisce verso la sua propria perfe-
zione, quanto piu gli e conc.edulo di potersi, a dir cos'i, compendiare, cioe
quanto piu puo laseiar da parte le relazioni, per concentrarsi nelle relazioni
delle relazioni, quanto piu puo lasciar da parte le leggi, per concentrarsi nelle
leggi delle leggi ; e siccome il processo clie conduce al sistema non e che
una ed identica cosa col processo scientifico, ed un esercizio del pensiero
che abbia il carattere di scienza, non puo essere che un sistema piu o menu
inoltrato ; cos'i questo poco di discorso inlorno ai sistemi ci fa ritornare al
principio posto di sopra, cioe, che tutti gli esercizi del pensiero cui si e
dato il nome di scienze, si avanzano veramente come tali, cioe come scienti-
fici. non di mano in mano che si allargano, ma quanto piu si restringono.
III. 11 qual principio, studiandolo bene, non ci sara difficile conoscere
che da ciascheduna scienza in particolare lo si puo estendere a tutte le scien-
ze considerate insieme, a tutto il loro complesso, a cio che chiamiamo lo
scibile. Certo lo spirito umano, volgendo la sua attenzione ad un online di
accidenti non prima osservati o non abbastanza osservati, e raccogliendone
in numero da poter discoprire piu o meno delle loro relazioni, c quindi fa-
rendosi scala di esse, procedendo ad investigare le cause da cui derivano e
le norme con le quali derivano ; certo, dico, lo spirito umano, con questo
suo nuovo esercizio del pensiero, con questa nuova scienza da esso creata, la
opera sommamente meritoria dello scibile, perche ne allarga il campo. Ma
1 allargamento del campo dello scibile e bensi una condizione scnza della
quale esso non potrebbe inoltrarsi verso la sua propria perfezione ; ma non
e gia una via diretta che lo conduca alia sua perfezione. In quella guisa che
ogni scienza tanto piu si perfeziona. quanto piu le e dato di poter ridurre
alcune leggi particolari sotto a leggi sempre piu general], e tendere per si
fatto modo a quell unita relativa che le e propria ; nella guisa medesima. il
complesso delle scienze. lo scibile, tanto piu avanzerassi verso la perfezione.
quanto maggiormente gli sara conreduto di poter raccogliere sotto ad una
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI 5o;
sola insegna e fatti e Icggi che diedero materia ad escrcizi del pensiero di-
versamente nominati. adunando com piu scienze, e spingendosi sempre piu
innanzi verso quell' unita suprema, che potrebbe dirsi 1 unita delle unita.
Onde la perfezione dello scibile e lanto lungi dall essere nello alia r gar si che
e invece nel restringersi ; ontle I' accrescere il numero delle scienze e bene
un lavoro preparatorio, fondamentale, necessario ; ma lo scibile andra sem-
pre piu verso la perfezione di mano in tnano che il numero delle scienze
nu'dcsime si polra diminuirc. Cosi, per esempio, se mai venisse un giorno
in cui la statistica e 1 economia pubblica, la morale ed altri esercizi, or piu
o meno separati del pensiero. si raccogliessero sotto ad una stessa norma. <■
dessero quindi luogo ad un medesimo esercizio del pensiero stesso ; se po-
tesse mai arrivare un giorno in cui la lisioiogia levasse dal novero delle
scienze la psicologia, e poscia ne fosse levata essa medesima dalla fisica o
dalla chimica, o pur viceversa, avremmo gia fatti due gran passi verso quel-
1' unita suprema die diceva, verso quell unita assolula in cui e mestieri di ri-
porre la scienza.
Allermo ora che ci e mestieri riporvela ; poiche son omai giunto in
luogo da poter dichiarare piu esplicitamente, che la scienza non pu6 risiedere
fuori di la dove non sia concepibilc un punto fermo in cui si arrest i e si
adagi il pensiero dell'uomo: al quale dev'essere interdetto, come illegittimo.
il vanto d'aver raggiunta la scienza. finche trovasi dove, se gli vien meno la
volonta o la forza, non gli manca nuova via da percorrere. Or siccome niuno
di quegli esercizi del pensiero. cui diemmo il nome di scienze. pu6 condurre
il pensiero medesimo a trovare il detto punto. perche da niuno puo essen
posto in luogo. d' onde non vegga la possibility di procedere indefinitamentc
innanzi, com i delti esercizi non danno termini, ma gradi; non danno iini.
ma mezzi : il termine e la scienza: il line e la scienza: la quale non pun
essere che una. come la nalura e una. come la verita e una. come l)io e uno.
Questo e l'ideale della scienza che il pensiero. portato alia sua maggior forza,
e giunto a formarsi di essa in tulti i luoghi e in tutti i tempi, dove \i e siat.i
una gran forza di pensiero; questo e 1 idcale della scienza, il cui concepi
mento non e interdetto ad alcuno. il quale, Irapassando i limiti che da ogni
3o8 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA L'NITA' DELLA SCIENZA
parte ci attorniano e Serrano, abbia il potere ili spingere una mente vigo-
rosa a slanciarsi sulle ali d' una forte immaginazione ed a tenersi alquanto
librata nell ' immenso mare dell'essere. Lo raggiungeremo noi giammai un
si fatto ideale? La religione e la poesia di tutti i popoli, solto la forma di
varie allegorie, ci hanno risposto, son gia molti e molti secoli, cbe nol po-
tremo, e die il gran verbo rimarra semprc per noi, secondo 1' espressione
di Danle, in infinito eccesso. Io rispondo, cbe non so se il potremo, e che
non credo che il potremo. Ma quello cbe pur so e credo senza dubbio egli
e, cbe ci e data possibility di progredire indefinitamente verso questo ideale
medesimo, attuandonc ognor piu una parte maggiore : ma quello cbe so
senza dubbio e credo egli e, che un' opera potente del pensiero umano a tal
effetto dobbiamo tenerla per compiuta da quegli uomini che impiegano 1' e-
sercizio del loro pensiero a ridurre sotto la quantita minore di leggi cb' e
lor possibile, tutte o molte delle varie leggi, ed anco delle piu comprensive,
che si sono trovate in un numero maggiore o minore di que' particolari e
separati esercizi del pensiero che chiamiamo scienze.
Ora, quest' opera, a chi niente vi guardi, non e altro che quella stessa
onde lo spirito umano forma i sistemi piu o meno generali. E adunque me-
diante i sistemi piu o meno generali che unicamente ci pu6 esser dato modo
di concentrare una scienza nell' altra, e pero quello di diminuirne il nume-
ro. e quindi, per quanto abbiamo detto, quello di progredire sempre piu
verso 1' unita della scienza. Onde i sistemi piu o meno generali traggono gli
argomenti alia loro difesa da quegli stessi principii da cui li cavano i sistemi
particolari in ciascbeduna delle scienze. Ma certo mi son ora abbassato di-
cendo, gli argomenti alia loro difesa, quando dovevo tenermi all' altezza in
cui mi trovo, e dire invece, le prove della loro necessita. Poiche, siccome tra
molte vie, niuna delle quali abbia un' uscita sua propria, ma ciascuna entri
nell altra, in guisa che vadano tutte ad un solo termine comune ; siccome
per avanzarsi verso a si fatto termine, sarebbe d' assoluta necessita di non
fermar il passo in alcuna delle dette vie, ma di procedere sempre da questa
a quella in cui la prima riesce; cosl e del pari necessario al pensiero di non
chiudere 1' opera sua in alcuno di quegli esercizi che diciamo scienze, ma di
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 k>9
estenderla ad aduuarne quanti piu pub, concentrandoli sottoalle stesse norme.
se \uol procedere verso quel punto dov' essi, rientrando prima a vicenda I uno
nell altro, mcttono inline tntti, cioe, verso quel punlo dove puo essere unica-
inenle la scienza. I sistemi adunque piu o meno gencrali sono necessari a
progredire \erso di essa. Sono necessari; ma deggio ricordare la distinzione,
forse un poco soltile. ma vera, die abbiamo fatta di supra, Ira la causa pro-
dultrice e 1 'effetto prodotto, Ira ii sistema crealo e l'esercizio del pensiero
cbe lo creo. Dico necessari i sistemi piu o meno generali, in quanto sono
necessari al progresso dello scibile gli esercizi del pensiero die Ii formano.
ed in quanto non sono possibili questi esercizi stessi sen/.a che n esca la
formazione dei sistemi medesimi, mentre e tale 1' unico intendimento. lal e
1' unico etletto, e non puo essere diverso. di cosi fatti esercizi del pensiero.
Ma inline i sistemi non sono gli esercizi del pensiero: ed un sistema e molti
sistemi e tutti ancbe si potrebbero accusare d inesatlezze, di errori. di lalla-
cie parziali o totali : e tuttavia non ne verrebbe altra condusione. se non che
la necessita di sostituirne di nuovi; perche sarebbe pur sempre mestieri di
continuar ad atfermare. cbe i sistemi piu o meno generali sono necessari.
mentre, a progredire verso la scienza, sono necessari quegli esercizi dd pen-
siero da cui essi necessariamente derivano.
IV. Parlo di esercizi del pensiero conducenli alia scienza. della ognor
piu crescente efficacia dei quali non e possibile dubitare. Ma il pensiero
non si rimase sempre, ne si rimane. e, diro anche, non puo rimanere, con
lento ad accjuistar per tal guisa. con la sicurezza. ma nello stesso tempo con
la lentezza inevitabile a cosi fatti esercizi, ad acquistare quel tanto cbe gli
credo solamente concedulo, cioe d'inoltrarsi sempre piu nella via cbe riesce
alia scienza. Poiche gli e dato di concepire il termine cui sono diretle tutte
le faticbe del suo viaggio ; poiche ^li e dato di concepire a die lo condurreb-
bero le sue osservazioni e le conseguenti speculazioni, si; potesse quanto
vuole continuare le une e le altre; poiche gli e dato. in breve, di concepire
1' ideale della scienza. e di concepirlo sotto alia forma dell unila : esso non di
rado, sdegnando le dimore. soyerchia tutti gl' impediment!, ed assumendo
iio DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA.1 DELLA SCIENZA
un mirabile ardire, con uno slancio Jmpetuoso della sua forza, creasi esso
medesitno di quanta per menle o per occhio si gira, creasi una unita, in cui
si pone a dirittura, a fine di spiegar ivi tutta 1' opera della sua potenza. E
quando quegli esercizi del pensiero de' quali abbiamo parlato se li possiamo
figurare come altrettante linee. che muovendo da diversi luoglii. si dirigano,
pin o meno avanzando, verso un punto comune; questo, per contrario, a cui
ora accenniaino. ci e mestieri rappresentarcelo come un punto da cui par-
tano quante linee si vogliono lirare o sono possibili a tirarsi, a fine di con-
durle a vari luoghi, da' quali poi riflettendosi, ritornino nuovamente al punto
medesimo d'onde erano prima partite. E come il prodotlo di quegli esercizi
i' la creazione dei sistemi parlicolari in ciascuna scienza o dei sistemi gene-
rali che abbracciano pin o meno scienze; cos'i il prodotto di questo e ancora
la creazione di sistemi, clie si possono chiamare universali, e che hanno as-
sunto ed assumono un diverso nome, secondo il modo diverso che il pen-
siero ha impresso alia creatasi unita.
Or, che diremo di cosi fatti sistemi, i quali occupano un luogo tanto
esteso ed importante nella storia dei pensieri umani, e danno pur oggi, come
hanno dato e daranno sempre e devono dare, una materia svi feconda e grave
al pensiero umano? Che diremo di loro? Non diremo cerlo che, quantunque
ciascun d'essi abbia piu o meno le apparenze di esservi arrivato, niun d' essi
c inspiri la fiducia d' aver raggiunta la scienza. Questo io sono tanto lungi
dal dirlo. quanto dal credere che lo si potra dire giammai ; perche il con-
trastarsi 1' uno all' altro, ed il prendere lc mosse ciascuno di tali sistemi.
non dalla realta di una rappresentazione del pensiero, ma quasi da un po-
stulato ch' esso fa a se medesimo per darsi materia d' esercizio ; non da un
fatto. ma da una supposizione, in cui entra il pensiero per dare un ionda-
mento al suo esercizio stesso ; basterebbe per togliere a ciascheduno di loro
qualunque siasi titolo a tal pretensione : pretensioue la quale, dallaltra parte,
non credo intendessero di concedere ad essi ne pur quelli medesimi che li
crearono. Del che. quantunque mi fosse dato di addurne, non voglio ora
addur altro in prova. se non quanto diceva. or sono due anni, preludendo
solennemente alle sue lezioni in Berlino, il creatore del piu prolondo e
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI » I i
Fecondo di cosi falti sisteini, lo Schelling. Egli diceva, < che non terra pei
■ buono il siio sistema, se non fino a tanto che n esca uno
Oiul e lo spirilo sistematico che mette proprio sulla via, la quale da l'unico
modo ad andare, e fara sempre piu progredire verso quell' unita in cui e la
scienza.
VI. Pero, da quanto abbiamo finora discorso, chiaramente apparisce
che si agevolera I' opera di queslo progresso di mano in mano che andrassi
innalzando ciascuno di que' particolari esercizi del pensiero, a' quali diemmo
il nome di scienze, dallo stato (juasi puramente descrittivo od esperimentale,
in cui nHilli di essi si Irovano, perche \i si lengono luttavia, alio stato razio-
nale o speculativo in cui lutti possono piu o meno inoltrarsi. D' onde ne «lc-
rivera pure l'effetto di dare anche aiulo in grandissima parte a togliere o di
minuire un altro grave impedimento al procedere dell' intelletto umano verso
la detla unita: inlendo qncllo ch ei trova, lino da I primo suo aprirsi, in
quegli scompartimenti che abbiamo fatti dell' esercizio del pensiero. i quali
si reputano in generale contenere materie tanto fra loro diverse quanto
sono diversi i nonii solto cni gU abbiamo rompresi. e die gcneralmente s'in-
segnano come se fossero Ira essi separati da termini ancora piu forti che
lion sono le parcti delle scuole fra Ie quali s'insegnano. Certo io non sono
qui ora a dire che I intelligenza di un uomo possa abbracciare ad on tempo
ne lutti ne mollidi quegli esercizi del pensiero che chiamiamo scienze; e meno
ancora che possa essere condolta a contemporaneamente mettersi nello studio
di tutti o di molli di questi esercizi medesimi. Ma dico clie ciascuno di loro
dee abbract iarsi . non come un lulto, ma come una parte integrante di un
tulto: dico. se mi e lecito valermi di lal immagine un poco materiale, che
ciascuno deve portare da ogni sua parti' I' addentellato che il mostri da ogni
parte incompiuto, e disposto da ogni parte ad unirsi con lutto il rimanente
dell edili/.io dello scihile : e ripeto poi, die nulla di questo si potra inai effet-
tuare con le sole osservazioni dei fatti, ne tampoco con le side sperienze intorno
ai fatti, se alle une ed alle altre non si congiunga quella forza speculaliva del
pensiero die put) dare unieamente la significanza ai fatti stessi.
La qual forza (e ora mestieri che ci fermiamo alquanto a ben notarlo)
pub sollevarsi a tal grado da condurre il pensiero ad induzioni e deduzioni
3l6 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNITA DELLA SC1ENZA
tanto distanti dai fatti, die ne sembrino quasi indipendenti; come gia vedesi
in alcuni esercizi del pensiero medesimo, quand'esso s' inoltri in tali idealita
intorno a cio che riguarda la natura morale deH'uomo, che appena ritengono
qualche somiglianza con qucllo che accade ; di che fu un solenne esempio
ne' tempi antichi la ' Itepublica di Platone, e ne'piu recenti, Y Utopia &*A
Moro. Ma cio si scorge specialmente, e piu manifesto, in tutto quell' esercizio
del pensiero che diciamo gcometria, il quale comincio sino dal suo nascere
ad allontanarsi tanto dai fatti, che niente del punto e della linea d' onde
parte sarebbe possibile a vedersi in alcun fatto ; che progred'i mettendoci in
possesso di un numero indefinito di verita, che sono irrepugnabili, e tuUavia
non si potrebbero comprovare con alcun fatto; e che giunse a darci un altro
numero di verita egualmente irrepugnabili, le quali, non solo sono impossi-
bili a comprovarsi da alcun fatto, ma si trovano contraddette da tutti i fatti;
come, per esempio, che di due cerchi concentrici il contenuto sia eguale al
continente ; che l'iperbolc si avvicini di continuo alia sua assintota, e nulla-
dimeno, prolungata all' infinito, non possa mai incontrarla. Gli effetti della
forza speculativa sono tali non di rado che sembrano piuttosto presentimenti
o creazioni, di quello che induzioni o deduzioni del pensiero; sono tali
che sembrano piuttosto dar essi il fondamento all'esperienza, di quel che sia
riceverlo dall' esperienza medesima ; come quando, per esempio, Pitagora
preannunzio i nuovi pianeti che si sono poscia scoperti, molli secoli dopo,
tra Marie eGiove; come quando Newton, speculando nel suo gabinetto, giu-
dicava schiacciata la terra ai poli, assai prima che alcuna nave andasse a
verificarlo sotto al tropico ed al cerchio polare ; come quando Kant, seduto
pur egli al suo tavolo, pensava che dovessero esistere corpi celesti al
di la di Saturno, molti anni prima che Herschel discoprisse TJrano con
1' aiuto de' suoi telescopi. Ma gia chi legga la storia degli^ esercizi del pen-
siero, dagli antichissimi tempi venendo in giii iino a noi, di queste specula-
zioni che lasciarono tanlo lontani i fatti dai quali partirono, da non saper
piu d' onde partissero, e che giunsero dove niuna esperienza od osservazione
si era per anco approssimata ; chi legga questa storia, ne trovera in copia
grande.
DEL DOTT. GIUSEPPE BIANCHETTI .1 1 7
Diss!, die lasciarono lontani i falti, perche certo da fatti devono essere
stale precedute, da latli devono essere state dirette, e pen he certo non in-
lentlo io qui di dar credito alcuno in argomcnto di scienza a quegl' impeti ,
diro cos"i, del pensiero die non prendessero le mosse da latli di cui I' osser-
vare 0 lo esperimentare abbia messo in possesso 1' 1101110. Senza dubbio, la
speculazione non ba verun titolo di prodursi in faccia alia scienza medesima,
se non sia un movimento del pensiero, il quale parta da falli osservati od
esperiinenlali. Ma appunto perche parte da falti, e mestieri (lie vada oltre
i latli medesiini ; e chi potrebbe presumere di assegnarle il come, il dove, il
quando ed il quanto? Or, la speculazione va oltre i fatti mediante le induzioni
e le deduzioni die ne costiluiscono 1' essenza sua propria : queste si aggirano
intorno alle cause ed alle analogic, le quali congiungono i falti esistenti, e
rendono unicamente possibile all inlelligenza nmana di darsi un fondamento
a congetturare altri fatti. La speculazione ha dunque due uflizi: 1' uno di
scoprire le relazioni di somiglianza e d identita tra i falti osservati ed espe-
rimentati e determinarne le cagioni; l'altro di presagire scienlificainente dei
falli ai quali non e giunta per anco 1' osservazione 0 1' esperienza. Cosvi iuro-
110 prcsagiti i fatti a' quali teste accennavo ; cosi il giusto concetto sul piu
probabile sistema dei rieli anticipo di tanti secoli in alcune vigorose menti
degli antichi le osservazioni ed i calcoli del Copernico; e cosi 1' influenza
degli astri e la trasmutazione dei metalli, dopo die furono speculate da al-
cuni forti inlelletti, lasciarono dietro di loro lanto spazio di tempo da essere
stoltamente o (urbescamente abusate, e lanto piu ne lasciarono da venire si
lungamente ingiuriate o beffate, prima die quella fosse un poco confermata
merce le osservazioni ed esperienze die si cominciarono in questo secolo da
alcuni raedici italiani, ed or si continuano fervorose da alcuni tedeschi; e
prima die per la scconda. la chimica si facesse innanzi a moderare alquanto
que' risi ed a calmar quegl i sdegni, ponendosi al grado, come oggi si e ]io-
sta, di procedere lin non so dove con la sua legge degli equivalenti. Ond e
legittima conseguenza di tulto questo. die il dare ai fatti disgregati e muti.
il dar loro. diro cosi, una voce con cui si cbiamino d intorno, non solo 1
fatti piu prossimi, ma i piu lontani. non solo i piu lontani, ma i lontanissimi
.•) 1 8 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA. UNIT/C DELLA SCIENZA
non solo i lontanissimi, ma quelli ancora che non esistono per la mentc
umana, e soltanlo 1' opera della speculazione. La qual opera non saprebbe
mai troppo essere proclamata in un tempo in cui tanti e tanti confinano
quasi tutto il processo scientifico nei falli e nell' esperienze ; quando i fatti e
le esperienze non ne possono dare cbe il fondaincnlo ; e quando, se pur si
voglia che ne costituiscano una parte (su di cbe ora non importa di tornar
a contendere), indubitabilmente la speculazione, portata ad un certo grado,
ha una parte di gran lunga piu grande, e senza dubbio la piu direlta nel
processo scientifico medesimo, per farlo ognor piii inoltrare verso quellunila
della scienza di cui parliamo.
VII. Al suo maggior inoltramento verso la quale, 1' ostacolo sonimo che
si e sempre aflacciato ed affaccierassi ognora a tulte le menti piu vigorose che
abbiano intrapreso o sieno mai per intraprendcrc il viaggio che conduce alia
scienza, e in quel duplice, ed apparentemente contrario, aspetto che offre al-
ruomo tutto cio a cui pub drizzare il pensiero ; duplice aspetto, di cui la im-
pronta piu solcnne ei la porta e la trova di continuo in se medesimo. Dico.
il visibile da una parte, 1' invisihile dall* allra ; il reale da questa, l' ideale da
quella; qui la necessita, la la liberta; qui, in breve, tutto 1' aspetto dellc cose
che diciamo il mondo fisico ; la tutto quello cui diamo il nome di mondo
morale. Fincbe il pensiero si rimanga e si agiti separatamente nell' uno o
nell' altro di essi, ei procede incuorato da una certa buona speranza, poiehe
conosce ad ogni passo di polersi toglicre sempre piu dinanzi gl' impedimenti.
e quindi salire di grado in grado a sintesi ognor piu comprensive verso
quell' unita. diro cosi, relativa eh' egli puo concepire in ciascuno di questi
due mondi medesimi. Ma, allorche, dispiegando la maggior potenza delle sue
ali. si volga per abbracciarli conlemporaneamente ambidue, e consideri la
perpetua opposizione cb' esce dal dualismo che producono, e vegga che senza
prima distruggerla affalto. gli sarebbe impossibile di andarsi mai a collocare
in quella suprema ed assolula unita della scienza cui anela ; impossibile.
perche nella distruzion di una tale opposizione consiste appunto. com e da
lui ideala, la delta unita; egli. iacendo gia stima dell'ostacolo da una parte, e
DF.[- DOTT. GIUSEPPE BIANCHETT1 3ig
delle sue for/.e dall altra, coniiiicia innaii/.i Iratlo a disperarc dell' altczza.
Gnninria a disperar dell' allc/./.a ; ma non per ciu si perde di COraggio, c
conlinua il suo volo; poiche, quantunque gli sia forse interdetta la meta,
conosce bene che ^li e pur conceduto di potersi minorare la dislanza che
lo separa da essa, di mano in mano che andra scoprendo un maggior nu
mero di relazioni Ira que' due aspetti diversi che gli si affacciano in ogni
materia del suo proprio esercizio, assumendo I apparcnza dei due mondi
diversi che dicevo; ed ancor piu di mano in mano clie ^li sara dato di far
ascendere tali relazioni al grado d'analogie, e render prossime le analogie a
quello d' identita.
Nella quale fatica non e piccolo il guadagno che il pensiero ha falto. K
quanlo non nc potra fare ancora. se gia nolle menti piu elevate molli de'suoi
eserci/.i, i quali appartengono a questo od a quello delli due mondi, si sono
omai quanto piu hanno potuto inollrati anche nell' altro, o col mezzo delle
cause o con quello degli effetti ! La hsiologia ( inlendo senipre in queste alle
menti di cui parlo) si e piu che molto allontanata dalla parte sensihile, cono-
scendo di non poter far senza degli studi della psicologia; e viceversa, questa
ha cessato di rimanersene in certa guisa fuori della possibility delle osserva-
zioni sensibili, poiche ha veduto di non poter dar ragione di molli di quegli
accidenti che dicinmo morali od intelletlunli nell uorao, senza 1 inlervenlo
degli studi fisiologici; onde, la materia inlrodotta nella psicologia, lo spirilo
nella fisiologia, e tutla una scuola di fisiologhi spiritualist!. La sloria nalurale,
rendendo lcgittimo il suo nome di storia, cesso omai. pegl' ingegui piu vigo-
rosi, di essere una pura descri/.ione delle cose naturali, e va studiando uno
sviluppo successivo delle produzioni ognorpiu cresce'nti in perfezione della na-
tura medesima, attribuendo com a questa un pensiero die procede ollre oltre
in via reila. •• uon si ripiega sopra se stesso die nella coscienza dell uorao:
nalura bruta. natura die vive, natiira die sente. natura (lie. per servirmi
dell' espressionc di Dante, se in si rigira; divenendo allot a materia, d uno
altro generc di storia, della storia della specie umana ; la quale pine, dopo
I alio concepimento del Vico, non pu6 essere piu. se non pel volgo degli
scrittori e dei lellori. una raccolta empirica di fatti, come se fossero prodotti
320 DKL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UNIT A DELLA SC1ENZA
dal solo accitlentale arbitrio degli uomini; ma poncndo che il corso delle
nazioni non dec mancare di leggi costanti, ma tentando di scoprire queste
leggi, e pcro dando a se stessa il modo di avere una guida che la conduca
tra le vicende accadute e 1' aiuli a presagir lc future, essa, per lutti gl' intel-
letti piu dislinti, assunse un vero carattere scientifico, ed introdusse la neces-
sila od il realismo nell' umanita, come si e introdolta in certa guisa la liberta
o l'idcalismo nella natura. Domando : allorche il pensiero si aggira intorno
a quelle materie informi c brule che, a vari strati ravvolgendosi, accerchiano
ed incrostano il pianeta che abitiamo, qual soggetto potrebbe mai dare
al suo proprio esercizio, che piu di questo lo allontanasse dal rivolgerlo alia
considerazione delle abiludini, delle azioni, dei sentimenti, delle idee degli
uomini? Certo non credo alcuno; perche niuna maggior difierenza mi par
possibile ad immaginarsi che tra un pezzo di granito od un mucchio di cal-
careo, e un desiderio , un affetto , un concepimento , una determinazione
qualunque della libera volonta dell' uomo. Or bene: le menti piu vigorose
che si sono oggi date alio studio della geologia, togliendola dallo stato in cui
pur l'altro d"i ritrovavasi, cioe dal non essere che una serie descriltiva di pie-
trami e d' altre formazioni senza significanza alcuna, e messala nella sua
necessaria corrispondenza con la geografia fisica e con la climatologia, la spin-
sero quindi tanto innanzi nel mondo morale, che bisogna pur si valga anco
di essa chi voglia rendere la piu probabile ragione del motivo per cui in
questo luogo avvennero piutlosto che in un altro i tali fatti, in questo piut-
tosto che in un altro si svilupparono i tali pensieri o s' introdussero i tali
costumi. Qual uomo, per esempio, di cslesa intelligenza, poniamo pure
profondissimo nelle slorie, potrebbe oggi confidarsi di discorrere fondata-
menle le diversita lante che notansi ne popoli italiani, senza valersi della
geologia? Essa non apparliene adunque tanto all uno dei due mondi . che
non appartenga anche mollo all' altro. La fisica, in ispecialita dopo Eulero.
puo parlire dalla molecola come dalla forza. Or, se nellipotesi della mole-
cola non vi ha niente di spirit uale, in quella della forza non vi e niente di
materiale. Cosa notabile : la scienza la qual tiene tanto al mondo fisico che
ne trae il suo proprio nomc. puo dare ragione dei fenomeni che costituiscono
DEL 1)01 I. (.11 SEPPE BIA.NCHETT1 .'n\
il soggetto ile suoi studi anco se cominci ad imprimere 1 orma nel mondo
spirituale! Cosa notabile : questa scicnza medesima che tutta si aggira inlorno
alia materia, quando parla di ci6 cui da il nome di agenti principal! della
materia stessa, non puo parlare che dc loro effetti , cioe a quel modo mede-
siiiio con cui i psicologhi parlano dell aninia ed i fisiologhi sono costretli a
parlare della vita ! Cerlo lulli coloro i quali non vogliano o non sappiano
aggirarsi elic nell'uno o nell ' allro di quegli scompartimenti in cui si e di-
sgregato I'esercizio del peusiero, e si avvezzarono nelle scuolc o poscia ;i
considerar ciascuno di essi come in certa guisa una fabbrica che si possa
cominciare, progredire e compierc in se medesima; cerlo. dico, lutti que-
sti troveranno in quanto or accennavo una grave mancanza nella fisica. Ma
chiunque valga ad innalzare la mente alia considerazione gcnerale dello sn-
bile. non vi vedra se non una delle prove die ogni scienza dev essere neccs
sariamente incomplela, perche non e che una parte piu o meno grande di un
tulto: nou \i vedra die il bisogno di portarc quell esercizio del pensiero cui
diamo il nome di fisica. di portarlo talvolla nelle piu alte speculazioni, come
si fa oj^i da alcuni in Italia ed in Francia, da non pochi in Germania, c par-
ticolarmenle dalla scuola dello Schelling: nou vi vedra, infine, die una di
quelle piu intime relazioni tra i due mondi delle quali parliamo, e die appa-
riranno sempre piu nuraerose e luminose, quanto piu ci riuscira di continuare
negli studi cominciati e gia bene spinti innan/.i da alcune forti intelligenze
die videro il costante movimento dell unita alia varieta, e il ritorno costante
della varieta all' unita, o sia la stessa identica suprcma le^ge dell espansione
c dell attrazione, costituire I essenza e conservare I armonia di ciascuno dei
due mondi medesimi.
VIII. Le relazioni tra i quali. gli esercizi del pensiero. o sia le scienzi
le possono bene determinare e distinguere, imprimendovi un andamento, un
ca ratter e, un' importanza, diro com. scientifica, ma non gia dhcoprire; ini|ie-
rocche non vi fu mai tempo, come non vi potra essere. in cui non fossero
ben in confuso, ma piu o meno fortemente sentite dall'umanita. ed essa non
le abbia espresse in varie forme con maggiore o minor energia. L' umanita.
^22 DEL PROCESSO DEL PENSIERO VERSO LA UMT.V DELLA SCIENZA
per esempio, non ha mai cessato ne cessera mai di far intervenire un opera,
in qualunque inodo la chiami od abbiala chiamata, die sia del lntto indipen-
dente da lei, di faila intervenire nelle sue azioni piu libere ; cioe di meschiare
nelle sue azioni la necessila alia liberla. L umanita non cessb o cessera mai
di credere ad una corrispondenza reciproca tra la sua propria volonta e la
natiira, anco la pin lonlana da se medesima, onde. date certe condizioni, pos-
sano operare a vicenda Tuna sopra deH'allra, cioe di ammetteic un reciproco
dorainio tra lc cose ed il pensiero, tra I'idralc ed il reale. L' umanita non ha
mai cessato ne cessera d'accogliere i fatti dei presentimenti e dulle ispirazio-
ni, cioe di ritenere la possibility d' immedesimarc se stessa in certi istanli
con esseri invisibili, alia polcnza dei quali ella partecipi. Ma valga per tutlo
quella specie d' istinlo che la spinse ognora e la spinge c spingeralla sempre
a ritrovare tra se e la natura un vivo, continuo e reciproco riflettcrsi, dirt)
cos"i, d'idee, di fantasie, di sentimenti, di passioni ; onde pub significar quasi
sempre gli atti suoi proprii con immagini tolte dagli alii della natura, e gli
atli di questa con immagini tolte da quelli di se medesima; dal che nelle lingue
e morte e vivc di tulti i popoli, e nei loro usi continui e piu volgari, un
perpeluo tramutarsi di vocaboli che trapassano a vicenda dalf uno all' altro
dei due mondi.
Egli e in particolar modo con 1' opera delle lingue che 1' umanita mani-
festa istintivamente la grande analogia, per non dir altro, che vi e tra di essi.
E lo studio delle lingue, omai venuto in alcune menti che si addrizzano alia
scienza, e gia costituito esso medesimo in uno di quegli esercizi del pensiero
che diciamo scienze, quando s'avanzi ancor piu nel suo cammino, ncl quale
e gia molto bene inollrato, dopo il Vico, il Colebroocke, c lo Schlegel, diverra
di un aiuto grande a tutlo il progresso dello scibile. Imperocche, portando le
sue osservazioni intorno ad un ampio fatlo che comprende in cerla guisa, e
fino ad un certo punlo, tanti di que' fatti che sono possibili adosservarsi
in ambidue i mondi, polra rendersi abile a spingere le sue induzioni e
deduzioni assai avanti, e contemporaneamente, n ell' uno e nell'allro di loro,
e pero abile a svelare in vari esercizi del pensiero un sempre maggior nu-
mero di quelle inlime rclazioni che uniscono i mondi medesimi. Io non so.
DEL DOII. GIUSEPPE BIANCHETT1 3a3
per esempio, se la ircnologia giungcTa inai a tanto tla occuparc una sedia sua
propria Ira quegli escrcizi che chiamiamo scienze; ma questo so bene, che se
il Gall lia lentalo, c moll i de'suoi seguaci tenlano tullavia, ili racchiuderla
soltanto in iino (lei due mondi, gia basterebbe 1' osservazione filosofica della
lingua pur laili subilo arrorti della necessaria corrispondenza cb essa dee
avere con I altro; poiche, qual' e quel frenologo a cui, trattando le raaleric
proprie del suo studio, non sia mestieri, senza pur ch' egli vi ponga mente.
oG SULL' UFFIZIO DELLA LETTERATTJRA, FX.
poesia. cbe e il fiore dell' anima fecondala dalla bellezza onde poi si hanno
i'rulli d' immortale virtu, la poesia stessa da molti c sovente si giudico die
fosse nun altro clie mi dilettoso trastullo, uno sfogo di anime appassionato.
od al pin una splcndida prova d' ingegno, un nobile ornamento della vita.
Ne le li'ttere furono piii avvcnturose, ne meno provarono lc varic influenze
della forluna. Poiche, destinate da principio ad essere lc compagne e le ausi-
liarie della scienza, a seconda deile sorti propizie od avverse, ora stettero
ad esse congiunle, ora ne furono bruscatnente divise : ora nolle sedi delle
scienze furono accolte ton fcsta. ora allontanale come stranierc c poco men
cbe profane ; ora furono da alcuni lodale come utili od operose. ora da altri
sprcgiate e poste in deriso come oziose e ciarliere. Cio non avviene. o Si-
gnori. Ira vol, olio ben sapole come tntte le discipline clie apparlengono alia
umanita lianno un comunc vincolo e come da una certa cognazione sono fra
lorn congiunle. Onde 1' Augusta Maesla dello Imporalore e Ro nostro chia-
1110 le leltere nell ampia luce di fjuoslo Istituto, e ad esse tra le scienze seve-
re, e le utili arti diede luogo onorato. II quale sapientissimo provvedimonto
confortommi a ricercare in qual modo le Leltere possano a tanto Sovrano
favore corrispondore degnamente; ed oggi percio, conlidando nella benevolen-
za \ostra di cui foci tanto volte sperimento, vengo. illuslri collegbi, ed espor-
vi alciine mie riflessioni sull uflizio dello Lottoro nolle adunanze aceademiche.
La letteralura, propriamentc parlando, e la forma universale dei ponsieri
e dei scntimenti dogli uomini operata col linguaggio. Percio la parola e lo
stromcnto piullosto unico clie principale della lotleratura : e qucsta ba rela-
zioni eguali con la verila e con la bellezza, con la scienza e con la poesia. con le
opinioni e coi costumi. con la roligione e con la civilta. Havvi poro una nota-
bile differenza tra luffizio cbe riguardo ai pensieri esercita la parola. e quello
cb' esercita riguardo ai sontimenti. Poiche si presta a significare i senti-
menti quando nell' anima sono gia formati ; ma per quanto concorne i pen-
siori. oltrc al significarli, contribuisce altresi a formarli. Infatti lo idee sono
rola/.ioni avvisato dall' intelletto fra duo termini, relazioni cbe non lianno in
se slesse alcuna roalla. cui nulla havvi al di fuori cbe somijrli, cbe nascono
DEL DOTT. GIROLAMO VENANZIO 'r±-
dall online slcssn dell universo, che sono quindi assolute come le leggi che
quest ordine costituiscono, necessarie come la verila, indipendenti come la
ragione. In sostanza le idee sono vedutc dell' annua che balenano nella
mente a guisa di lamp!, e che balenate appena spariscono e vanno in dile
guo, quando non sia\i un segno cui si possano affiggere ed in cui si pos-
sano consolidare ; e questo segno e la parola. Percio lullo il proccsso intel-
lettuale si compie mediante la parola ; poiche la sola parola ferma, per cosi
dire, le idee fuggenti, e fa in questo modo abilita all'anima di contemplarle a
suo piacimento, di disporle secondo i (mi ai quali intendc. di avvicinarle, <)
Che se questo letterario magistero c in lutti i paesi necessario lo e
singolarmente nel nostro, in coi furono tante vicissitudini, lanta gloria, e
tantc Lagrime. Poiche questa nostra gran madre Italia, questa famosa terra
satumia, fu corsa in guerra da quasi tutte le genti di Europa : e dopo i
remotissimi tempi della Etrusca dominazione, viddc stupefatta, e certo di si'
stessa mal conscia, con varia ed incredibile vicenda mostrarsi c passare la
llomana macsta, la Gallica aiulacia, la barbaric Scandiiiava, la rabbia degli
Unni, la ferocia dei Mussulmani, la gravita Spagnuola, la Tedesca possa, e
la Francese alacrita. Aggiungasi a cio la classica sapienza dc' primi Greci
venuli a fondarc lc colonic del Mezzogiorno, c la ciarlicra vanila dci second!
Grcci, cui la nostra patria offri un asilo dopo la cadula dell impero d Orien-
te ; aggiungasi la dura tirannia dellc discipline peripatetiche, e quella piu
dura dellc teologicbe ; aggiungasi infine quella mostruosa congerie di abusi.
di guastamenti, di adulazioni, di licenze, die sono lc male erbe die germo-
gliano ncll abbiezione della servilu 0 nella prosperity della conquista : e si
vedra cbe pur troppo la lingua ilaliana, dalla Lupa del Campidogliu sino alia
libcrla di Francia dell ultimo secolo, ebbe un sovcrcbio numero di balie clit-
ic porsero un lattc qualche volta puro e sano, ma piu sovenle torbido, agro
e corrotto. Quindi ebbe, non gia un naturale incremento prodotto da sa-
lute c da forza, ma una specie di vegetazione esuberante bensi, ma inferma
cd irregolare ; ne dee recar maraviglia se con questa svariata manicra di
nutrimento la si viddc assumere in diverse epoche diverse sembianze. se quasi
nello stesso tempo si udirono le caste e gentili Muse del Chiabrera e del
Bedi, c la Musa svergognata del Marini c dell' Acbillini ; se in quel sin^o-
lare Seicento la stessa lingua fu nobile, cdicace. sapiente parlata dai Blosofi,
e fu vile, ridicola e quasi larneticantc parlata dai poeti. Percib Ognuno fra
noi, per quanto sia digiuno di letlerc. pure si accinge a scrivere francamen-
te, nc si lascia distogliere da dubbi, ne sgomentare da difficolta; e trova una
lingua die lo lusinga colic sue altrattive. e ^li fa copia di se stessa con iiiiic-
tricia facilita, una lingua ricca, dolce, arrendevole, pronta ad ogni desiderio,
ad ogni concetto adeguata : una lingua che per esprimere qualsivoglia idea
mollcplici vocaboli ^li lorniscc. Ma quelle scritture che sono 1' opera di un
Vol. II. ja
33o sull' tjffizio DELLA LF/TTERATUR.A, EC.
giorno hanno comunemente la vila di un giorno, ed attentamente esaminan-
dole si scorge che in esse quella ricchezza diventa ingombro, quell' arrende-
volezza languore, quella dolcezza fastidio, e che non havvi ne chiarezza, ne
ordine logiro, ne proprieta di espressione, ne colorito decente ; e cio nasce
perche il raagistero delie leltere non insegno agli Scrittori ad osscrvare le
avvertenze che furono di sopra indicate e non apprese loro a dare mediant e
le parole quelle forme ai pensieri che valgono, non solo a rappresentarli ac-
conciamente, ma eziandio a rettamente concepirli.
Che se di tanto momento e il raagistero delle Lettere quando 1' uomo
solitario e tranquillo intende ad analizzare e ad esporre le proprie idee, che
diremo che sia quando gli uomini si uniscono nelle Accademie per proce-
dere congiuntamente alia conquista della verita ? Poiche quando si parla di
Accademie vuolsi parlare dei lavori accademici, e non gia dei lavori degli
Accademici. Questi rappresentano un pensiero individuate, nascono dall'arhi-
trio e qualche volta dall' accidente, e vengono alle Accademie a cercarvi asilo
e protezione e forse voti e plausi : laddove i lavori accademici sono il risulta-
mento di studi comuni e cospiranli, si prefiggono di chiarire una scienza od
una parte di scienza non bene ancora apertasi alle ricerche dei dolti, sono
quindi ordinati ad uno scopo, sono condolti con un raetodo, e chiedono so-
pra ogni altra cosa concordanza di pensieri e d' intendimenti. E mezzo prin-
cipalissirao ed anzi unico per ottenere questa concordanza sara un linguag-
gio che abhia costruzioni regolari, procedimenti logici, forza ed esattezza, un
linguaggio composto di parole reltamente e chiaramentc definite, un linguag-
gio in fine quale soltanlo le lettere possono dare alle scienze. Senza tale soc-
corso nella trattazione delle materic scientifiche si moltiplicano i duhhi fasti-
diosi, gli equivoci importuni, c quelle vane dispute che consumano del pari il
tempo, l'ingegno e la pazienza ; nella stessa guisa che se molti si volgcssero ad
osscrvare la natura con islromenti fabbricali con diversi principii, e con regole
diverse, le osservazioni riuscirehbero discordi e disordinate, e sarehhero la di-
sperazione degli osservatori. Percio nelle Accademie le lettere sono le vere uni-
trici dei pensieri, poiche esse sollanto possono dare retto senso alle parole, e
quindi acconci segni alle idee, ed esattezza ed efficacia alle analisi della mente.
DEL DOTT. G1KOLAMO VENANZIO .».»!
Dopo L'uffizio che prestano le lettere 34 sull' uffizio DELLA LETTERATURA, EC.
dico, allc Accademie dare l'esempio di questa avventurosa alleanza tra la filo-
sofia e la letteratura, spetta ad esse dimostrare col falto die non si pub essere
dotti veramente, ne agli allri uliliiienle eomunieare le proprie doltrine senza
T aiuto delle bnone lettere : spetta ad esse vincere quelle confidence vanitose,
quelle infingarde illusioni, quelle abitudini accidiose in fatlo di lingua che
rendono cos'i poveri ed infecondi gli studi, e cosi grette e squallide lc scrittu-
re : spetta ad esse in una parola serbar nel proprio seno allc lettere i natu-
rali loro uffizii, che sono quelli di giustamente concretare le idee c di esporre
adeguatamente i pensieri ed i ragionamenti degli uomini.
Ora io non diro, o Signori, che sia un altro uffizio di queste Lettere
che riccvono qualila e scmbianza dalla hellezza e che tanto si onorano del
titolo di umane, non diro, ripeto, che sia un altro uffizio quello d' indurre
gli uomini alia gentilezza, alia calma, alia mansuetudine, e di togliere tutto
cio che pub essere di duro nci modi, di aspro nella favella, di concitato
nelle discussioni, d' iracondo nelle contese. Non faro di cio parola ; poiche a
me sembra che tale uffizio, che e pure eminentemente utile ed opportuno nel
consorzio sociale, non lo sia del pari nei consorzii accademici. Imperciocche
nelle Accademie non pub essere altro amore che quello della verita. ne altro
inleresse che quello della scienza, ne altra ira che contro f errore ; percib in
questo senso le Lettere altro far non possono nelle Accademie che crescere
con la loro amenita le dolcezzc dei confidenti colloquii, conciliare viemmeglio
1' attenzione di qualche spirito inquieto e di ristarsi impaziente, rammorbi-
dire la soverchia austerita di qualche scientifica disciplina, confortare coi
loro hlandimenti gli animi dalle lungbe ed ardue ricerche affaticati. Diro
bens'i di un uffizio delle Lettere non ultimo ne meno degli altri prestante,
che e quello di dar dignita alle Accademie, poiche in tuttocio che alia uma-
nita appartiene gran cosa e la dignita ; e se Omero affermava che 1 uomo
privo di liberta perde mezzo 1' intelletto, puossi affermare del pari che I' uo-
mo cui manchi la dignita perde gran parte dei dirilti che gli furono nella
universale creazione sorlili. La dienita consiste nel far al di luori manifesto
con atti accomodati e deeenti cio che dentro viene significando, o una coscienza
pura, libera, di sc stessa consapevole, o un sentire alto e generoso che sprezza
DEL DOTT. GIROLvMO VENANZIO •>.)••
del pari le ire dei potenti e le insidie dei codardi, o quella sublime ragionc
cui Dio diede il privilegio di comprendere il suo vcrbo, che e la verita, c di
rivelarlo ; onde la dignita diviene il fondaincnlo delta lor/.a morale di-ll uomo.
In sorreeee, e la che si astenga dalle dimostrazioni abbielte, dalle meschine
simulazioni, dagli ossequii paurosi cbe formano quella gran classe di umane
miserie che si chiama col nome generale di villa. Ora siccorae Ira gli alii
esteriori die gl' interiori palesano d primo ed il piii efficace e quello della
parola, e siccome il magistero della panda parlata o scritta alle Leltere spelta
principalmente, cosi la dignita dell uomo principalmente al presidio delle
buone Lellere si allida e si raccomanda. K se 1 uomo considerato come indi-
viduo dee in ogni tempo saper conservare la propria dignita e riguardarla
come lo scudo della sua virtu, egli (lie pure e sempre esposto alia furia delle
passion!, all impcrversare della lortuna. alle lusingbe della \ita.ai miilameiili
di una civilla ora progressiva, ora relrograda, quanto piu di quesla dignita
dovranno esser sollecite le Accademie le quali, collettivamente considerate,
non hanno allri oggetti di amore e di cura che la verila. il sapere, il pro-
gresso e la gloria, e che dalla slessa loro costituzione sono difese dalla licenza
dei desiderii, ed affrancate dalla oppressione dei bisogni e dalla slessa scliia-
vitu delle speranze? Ma per conseguire questo scopo die per esse e com age-
vole egli e mestieri die le Accademie l'acciano udire una voce nobile insienic
ed animosa. una voce die presti forma e decoro conveniente agli alii pen-
sion ed ai senlinienli generosi, una voce in una parola quale soltanto le
buone Lettere sanno poire sulle labbra degli uomini da esse educati. Oltre
a cio le Accademie esercitano una legittima aulorila ed una vera magi
slralura. poiche sono corpi posh a sopravvegliare le scienze e le arti in cio
die al loro progresso riguarda. Quindi ad esse spelta sovenle dar senlenza
sopra gravissimi argomenti, ad esse dar conto delle scoperte e dei irovati
die loro si allidano ed alia loro lulela si raccoinandano ; ad essr distribuire
premi e ricompense, ad esse risolvere i quesiti die in materia specialmente
di legisla/.ione. di morale e di ecouomia dai reggitori dello slato sono ad esse
proposti. Hanno perlanlo le Accademie una doppia dignita da sostenere, la
dignita della scienza e la dignita della magislratura. Quella deriva dagli im
336 SULL' UFF1ZI0 DELLA LETTERATURA, EC.
prescrittibili privilegii della ragione e dall' alta e potentc aristocrazia dell' in-
gegno ; questa dagli usi dclla civilla, dalle convenzioni sociali, talora da poli-
tiche prerogative ; 1' una e 1' altra per farsi manifeste hanno bisogno di un
linguaggio ad esse corrispondente, di un linguaggio alia qualita delle circo-
stanze accomodato. E per parlare questo linguaggio, e serbare con esse la
loro dignila, devono le Accademie far ricorso alle Lettere, che, pronte aiuta-
trici e consigliere benevole, prestano all'uopo ogni maniera di avvertimenti e
di forme, ogni piu fino accorgimento, ogni piu squisita eleganza. E che cio sia
vero, voi chiamo in testimonio, miei onorevoli collcglii ; voi dite quanlo gio-
vamento nell' adempiere le diverse vostre incombenze vi abbiano recato le
lettere nostre, quanta luce da esse ricevessero i vostri pensieri, quanta forza
e quanto calore i vostri sentiment!, quanta dignila in fine i vostri studii !
Che diro poi della gloria ? Dee certamente nolle Accademie il desiderio
della gloria ccdere il luogo a piu gravi e piu rilevanti desiderii, come al de-
siderio della pubblica utilita e del vero progresso delle scienze : per6 quello
a questi si aggiunge molto opportunemente ed esalta Y animo, e ad egregie
opere lo stimola gagliardamente. E sebbene la gloria sia il sole che illumina
la seconda vita c questa giunga tarda per le Accademie, hanno pero anche
queste un tempo che passa, una posterity che lc giudica, una storia che no
descrive le geste. Ma qual pensicro puo arrivare alia posterita se una chia-
ra ed illustre parola nol sorregge? Qual dotlrina, qual sistema potra attra-
vcrsare i secoli e conservare 1' iutrinseca sua virtu, se in tutte le sue parti
non e pienamente sviluppato, e se il magislero delle lettere non si adopera
a comporre una esposizione che sia lucida, ordinata e compiuta :' Se nelle
scritture le parti son male distribute, sconnesse, sformate, manchevoli ; se le
idee, invece di procedere congiunte, e le une alle altre seguenti, guizzano
da ogni lato e si sbandano ; se lo stile ora si striscia a terra, ora si erige e
getta tumori ed ampolle ; se non vi sono ne scclta ne proprieta di parole,
ne acconcezza di frasi, ma soltanto un uso nogligente e cieco di voci, di
modi, di particelle ; chi potra mai pensare che quand' anche sode ed impor-
tant dottrine stieno nascoste in cosi strain* viluppi, possano siffatte scritture
non esser dai posteri severamente giudicate, e possano le Accademie che le
DLL DOTT. CIKOI.AMO VF.NAN/U) .).'»;
produssero evitare le querele e i rimproveri della storia ? Eranvi forse mi
lempo lante Accademie in Italia, quante vi sono < ilia : e lutte avevano sedi
cospicue, e frequenza di dotti, e studi operosi, e noun sonanti. Tutte pero ces-
sarono, e di tutte quasi insieme col nome si spense la lama ; e cio avvenne,
o perche al !>*■! I« > stile rnanco la sostanza di buoni pensieri, o perche lo stile
ai pensieri manco. Ma ben visse l'Accademia del Cimento, e tuttavia la me-
moria ne vive, ed anzi ogni giorno piu ne fiorisce la gloria. La quale per la
restaurazione della filosofia della sperienza sorse in Ltaha innanzi ad ogni
altra : e fti quindi principio e modello delle primarie societa scienlifiche di
Europa ; e provando e riprovando parve sin della sua origine informata del
doppio spirilo di Bacone e di Galileo. Ma essa oltre all esserc accolta nella
R.eggia d<'i Medici, oltre all' avere (jne' Principi che ne onoravano ^li eserci-
/.ii col loro intervento e li promovevano eon la loro polenza, ebbe altresxi nel
suo seno letterati chiarissimi che ne scrissero ^li atti, e questi divennero
poscia testi di lingua, e servirono alia compilazione del gran Vocabolario
della Crusca ; onde j^li studi del Cimento andarono per tutta Europa famosi
e lodati non meno che per I intrinseco pregio, per la forma loro esteriore.
i\oi felici .' che per singolare benignila del rielo sortimmo noi pure e nohili
prerogative e larghi provvedimenti e stanzc regali e la protezione di un Mo-
narca, Augusto per munificenza di principe non meno che per clemenza di
padre. Ma pin felici ancora se il nostro zelo e le assidue nostre applicazioni
varranno a far m che siccome siamo emuli al Cimento nella fortuna, cosi
possiamo esserlo del pari nella grandezza delle opere e nel decoro delle
pa ride !
K con queslo augurio veramente italiano, mi giova, o Signori, dar fine
al niio dire.
I Uili il \KApri ■■ 1843
Vol II
SIX MOVIJIE>TO
DI l.\ LIQL'IDO
CHE DISCENDE IN MODO PERFETTAMENTE SIMMETRICO
RISPETTO AD l\ ASSE VERTICALE
COIVSIDERAZION1
DEL PROF. G1USTO BEL LAV IT IS
i. JLi<> sludio della dotta memoria sull'efflusso dt'i liquid! dai vasi di ri-
voluzione clip il Prof. Turazza presenlo non e molto all* Islilnto (i) fu di ec-
citamento a me pure per occuparmi di tale problema, e le indagini e conside-
razioni che mi si offersero al pensiero formano il soggetto della memoria che
ora presento. Debbo specialmente invocare 1 indulgenza ed i consigli di ehi
cortesemente mi presta attenzione, |ioiclie e la diflicolta dell argomento e la
scarsezza delle mie cognizioni mi danno Iroppo timore d essermi ingannato
nel rredere di rettificare quanlo In scritto da chiarissimi matematici intorno
a questo problema d idraulica.
■±. S immagini un largo bacino di acqua stagnante ml cui fondo (ui/.-
zontale si apra un lorn < inolarr : il uiminienlo die prendera il liquido sara
lale (lie <»^ni molecola descrivera una curva il cui piano comprendera I asse
verticale elevato dal cenlro del foro, c tutte queste trajeltorie saranno sim-
metricamente distribuite da lutli i lati del predetto asse: tale e la natura del
:>4<> SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO, EC.
moviinento che ci proponiarao considerare. — Serbando laperfetla simmetria
rispetto all' assc verticale il movimento pun seguire differentissime leggi, a
seconda della diversa distribuzione delta pressione sulla superficie del liqui-
do, c delle diflerenti velocita iniziali clie per qualunque gtiisa slcno state
impresse alle niolecole liquide. In questa infinila varieta di movimenti si
distinguono due casi, secondo clie le trajellorie descritle dalle molecole sono
costanti per tutlo il movimento oppure variabili, cioe secondo die ogni mo-
lecola segue la strada tracciata da quella ehe la precedette oppure descrive
una nuova strada : nel primo caso puo immaginarsi chc tutle le trajettorie
aventi una medesima distanza dall' assc formino la parete di un vaso roton-
(l(>. e cosi il problema si riduce a quello dell efllusso da un vaso rotondo ad
asse verticale. Si noli chc se al bacino d' infinila largbezza si sostituisca un
qualunque vaso rotondo, la forma di questo inlluira sulla natura del movi-
mento, dovendovi essere una serie di trajettorie fissc che coprano interamentc
la sua parete. Poiclie parmi non potersi muover dubbio che il velo di liquido
che tocca una volta la parete debba seguire la medesima per tutta 1' esten-
sione del vaso, oppure staccarsene per qualche tratto, in guisa che tra la
parete e quel velo rimanga qualche spazio di forma anulare chiuso da ogni
lato e nel quale il liquido sia in riposo.
3. I matematici avevano cercato di calcolare lefllusso da due sole forme
di vasi rolondi: il Prof. Turazza ne aggiunse una terza : le soluzioni analiti-
che riguardanti questi tre casi contengono, come in seguito faro osservare.
tali condizioni clie ben difficilmente potrebbero realizzarsi, sicche quelle solu-
zioni deggiono considerarsi come puramente ipotetiche, c sono soltanlo casi
particolarissimi delle soluzioni complete che non furono ancora trovate. Fui
un poco piu fortunalo nella soluzione relativa ad una quarta specie di vaso,
che e quello generato dalla rotazione di un' iperbola equilatera intorno ad
un suo assintoto, poiclie le condizioni implicitamente ammesse riescono con-
lormi alle ordinarie circostanze, rimanendo peraltro la supposizione del
movimento iniziale,
4- Per risolvere il problema, i matematici supposero dilferenziale esatto
il cosi detlo trinomio delle velocita. io non assoggettai la soluzione a questa
DEL P1\0F. GUSTO BELLAVUIS ^4'
quasi arbitraria ipotesi, e mi proposi di soddisfare soltanto alia legge di con-
tinuity e ad un ultra condizione chc risulta necessariamenle dalla deterrai-
nazione della pressione, la quale (pel principio idrostatico ammesso anche
nell' idrodinamica ) e per ciaschedun punto uguale in tutte le direzioni. Con
questa maggior generality mi riusci facile trovarc la legge di un particolarc
movimento che pu6 eseguirsi dentro del predetto vaso generalo dalla rota-
zione di mi' iperbola del •->." grado.
5. L' asse verticale rispelto a cui il movimento e simmetrico sia quello
delle onliiiale v. die si prendano dall'alto al basso: siccomc si trovano nelle
medesime circostanze tutti i punti delle circonferenze le componenli orizzonlale e verticale della velocita ili una
data molccola. Queste d.r d> . non menu clie le coordinate x y di una spe-
ciale molecola, sono funzioni del tempo / e delle coordinate x y della posi-
zione iniziale della molecola; ora puo supporsi che mediante le x y si sieno
eliminatele x ya dai valori di d.r dr. cos\ si ottengono le u i> che sono
lc componenti della velocita spettante dojio il tempo / al punto che ha le
coordinate x y. La pressione in quel punto sara /;. funzione essa pure di
/, x. y.
6. Prendiamo per elemento del volume il cilindro cavo che ba 1 altez-
/.a m, il raggio interno x e l'esterno .r-f-£, essendo w % infinitesime,
il volume di questo elemento e —2 7rx%n; ora uel supposto movimento,
durante I istante infinitesimo r, x diventa x-\-ru. x-\-% diventa
x -+- % ■+• t (u -+- % Dxw) , sicchc £ diventa %-\-r%Dxu, similmente •■
diventa » + r»D,.f. Si osservi che con I) indico le derivate prese uni-
camcnte rispetto alia variabile posta al basso di lal caratteristica, mentrc
invecc la caratteristica d si riferisce alia / compresa esplicitamcnte od
implicitamente nella funzione che vuol differenziarsi. II volume dell elemento
diventa dunquc
27r (j + t«)(?H.t?D //)(>■ — r,D.) .
342 SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO. EC.
e siccome esso dec rimanere costante, perche il liquido si suppone incom-
pressibile, cos'i la continuita del liquido e espressa dall' eqnazione
(1) - -t- D u -+■ D,c = o,
DC X
la quale ci da (1) // = f D, e. .rd.r .
7. Un elemento di quel cilindro elementare avra la massa che potremo
esprimere con » . ed esso sara spinto all' ingiu dal peso gn , e spinto
all' insu dalla differenza di pressione fra le sue facce orizzontali inferiore
<• superiore . percio il differenziale della velocita verticale sara dato da
nA\y = gn — »/?,/;; simil rosa si dica della forza orizzontalc e del differen-
ziale della velocita che ne proviene. e si vedra che le leggi riguardanti le
forze sono espresse dalle
(2) Dx/? = -d>, vyP=g-ay.
Quando in luogo di d\r vorremo scrivere An, ricorderemo che questo
differenziale si riferisce anche al / compreso nelle x y di cui e funzione
la u : percio An = T)fi/ ■+- i/D cii -+- cD,« , lo stesso si dica di
d"j»- = de = D^-+-M Dre-f- I'D/' . Perche le (2) soddisfacciano alia con-
dizione che p sia funzione di t, x, y hisogna che sia Drd^ — Dydw = <>.
la quale equazione sviluppata, e posto e=D/> — D,m , da 1' eqnazione di
condizione Dri -+- uDre -+- uDri ■+- (Du-j-D^) e = o. Essa. comhinata
colla (1). puo anche scriversi cosi dLs= — , ricordando che nel diffe-
renziare il logarilmo di e hisogna pone 11 v in luogo di d.r Ay, si
faccia adunque e = Xx e si avra dA = o , cioe sviluppando
(3) Drx n- u I) X n- v DrX = o ,
la cui integrazione dipende, come tutti sanno, da quella del sistcma di tre
equazioni differenziali At = —= — = — ; dopo di che sara
II V o ' *
DEL PROF. GIUSTO BELLAV1TIS >4:i
Se sia (4) D,r-D,« = o
I' equazione (3) sara soddisfatta ; la (4) esprimc chc sia differenziale
esatto il Irinomio delle velocita.
8. Quando si abbiano le u c che soddisfacciano le (i) (•>) il sistema
di due equazioni Ira Ire variabili
(>) d.i- = u , Ay = v
dara coll' inlegrazione le coordinate x y, in funzione del tempo / e delle
coordinate iniziali xo yo\ eliminando / avrerao l'equazioue della fami-
glia delle trajeltorie. Se in tale equazione le costanli .r ya possano
comporsi in un solo paramelro, cioe se l'equazione sia riducibile alia forma
F(x, y) = F (x0, y0) le trajeltorie saranno stabili, altrimenli la trajettoria
appartenente a ciascun punto dipendera dal tempo. Avra sempre luogo il
,,, . (1)' V
primo caso se net] equazione 7- = non en in /.
r * doc u
q. Iii quanto alia pressione essa si dedurra dalle (i>) ( purche sia soddi-
sfatta la (3) ) col mezzo della formula
(6) p=-f(Au)dx+f(g-v)Ay
aggiungendo al primo integrate lal funzionedi /, y clic lo faccia sparire insie-
me con x, poscia ponendo x = o nel sccondo integrate. — La superficie li-
bera del liquido si coraporra di due parli. la superiore e l'inferiore; cbiamando
r y0 le coordinate dei varii punti della superficie superiore quando / = o,
p (<>..»• . )• ) dara la pressione iniziale sulla superficie superiore, la quale nei
casi reali si esprime con la pressione atmosferica e non puo essere che indi-
pendente da x0 ya: dopo il tempo / le molecole che erano in quella superfi-
cie saranno ancora nella superficie superiore del liquido. percio la p(t,x.))
(essendo x y funzioni date delle predetle x r) dovra nei casi reali esser
uguale per tulti i punti ed eguale alia pressione atmosferica, o dipendente dal
tempo se il vaso si supponga chiuso e sia variabile la tensione dell aria con-
lenutavi. Le slesse cose potranno dirsi della superficie libera inferiore : sola-
inente point supporsi die quesla sia sempre nell estremila del vaso. e che
cola le stillc liquide si staccbino dalla massa del liquido con le velocita loro
^44 SUL MOVIMENTO DI UN LIOUIDO, EC.
proprie, ne piu abbia luogo la legge di continuita ; allora la superficie iufe-
riore sara fissa e potra supporsi conformata in guisa che la pressione in ogni
suo pimlo sia eguale a quella atmosferica. Voler altribnire un'egual proprieta
alia superficie superiore dicendo che il vaso dcbba mantenersi sempre pieno,
e Io stesso come csigere che le niiove molecole pervengano alia superficie
superiore con quelle variabili velocita che spettano ai punli di quella super-
ficie ; in questa maniera s' immaginano delle condizioni che forzatamente sod-
disfacciano alia soluzione trovata, anziche adattare la soliizione alio condi-
zioni reali del problema : si fa servire la fisica al calcolo anziche questo a
quella. Vedremo quanto poco le soluzioni finora trovatc sieno conform i a
questi precetti, ai quali dee eziandio aggiungersi quello relalivo alio stato
iniziale, poiche sarebbe Iroppo arbitrio supporre il moto iniziale quello che
meglio accomoda, anziche partire dalla supposizione naturale die il liquido
sia originariamente in quiele. Fu promosso qualche dubbio conlro il princi-
pio che le molecole situate sulla superficie libera superiore vi si mantengano
durante tutto i! movimento: non mi pare che tali dubbii sussistano nel caso
del movimento che consideriamo : si noti bene che se si volesse che parte
delle molecole appartenenti alia superficie libera entrassero per un intervallo
sensibile nell' inlerno della massa liquida. bisognerebbe che altre molecole
die erano nell' inlerno passassero alia superficie libera. Se il calcolo fece
vedere che le molecole originariamente soltoposte alia sola pressione almoste-
rica erano nel progresso del tempo sottoposte ad altra pressione. cio prova
soltanto che le date soluzioni dei problemi di effhisso sono imperfette. e che
.immettono implicitameiite o che la massa liquida si accresca per nuove mo-
lecole sulla superficie libera, o che la pressione sulla superficie libera non
sia coslante per ogni tempo e per ogni punlo.
io. Nel caso del trinomio differenziale esatto la (4) pud soddisfarsi
ponendo „ n
essendo % una lunzione di t,x,y: allora Ialtraequazionefondamentale (i)
di ven I a
(8) D;r? + D;? + 'D,? = o.
DEL PROF. Gil STO BELLAVITIS .14:1
dopo di clir osservando che iu 1)1) ?-+-//I)7 £-t-< D 1) . =
|)D ; -+- D ,.?!)> 4- D,?D;D,r. de=ecc. la (G) da
(0) ? = *• -H«K— D, 9 -'^~
1 1. Potremo vicevcrsa soddisfare immediatamente all equazione di con-
tinuity (1) poncndo
(10) v— *'' (.r ,y) u=- ,'x ) = <>
equazione differenziale parziale che credo non si snpjiia integrare sotto forma
finita. Le (10) combinate colle (.i) danno
2 .r '' (.i\ >) d.r -+-'!>'' (.t. >) d>—o e se la * non tun
terra t si avra inlcgrando (12) (x~,y)=o
ommettendo la costantc che pu6 supporsi compresa nella . (hiesta (i:*) e
una delle due primitive delle (5) che determinano il movimento di cia-
scuna molecola, e non contenendo / sara 1 equazione delle trajettorie. —
Che se si voglia soddisfare soltanto la (3) l),A-h«I) >. -(- cD,A = 0 si do-
... ... ,. • • 1, — a.rdr 7) inteerare il sistcma di Ire equaziom d/ — .,,
= — , che non polra integrarsi se non sc ml caso che sia funzione
delle sole x y.
I 11
>4^ SI ;I, MOVIMENTO DI UN LIOUIDO, EC.
I. Caso. Trinomio dijferenziah esatto.
12. Se i valori di u e v si vogliano esprimere in serie infinite proce-
denti secondo lc potenze ascendenti di x, osservcrcmo che per la natura del
inovimento i valori di v e di — debbono esscr funzioni di jr. c cbe a v
X
non debbono divenir inliniti rpiando .r = o. Se si rappresenti con K, fun-
zione di / e di y, i! primo terniine dello svilnppo di v. l'equazione (i')
ci dara ~DjA pel primo terniine dello svilnppo di u, poscia, me-
diante la (4), ne dedurremo il terniine — — D ,A dello sviluppo di t\
e cosi, medianle l'nso nlternativo delle (i') (4) troveremo le forninle gia
dale ancbe dal Prof. Turazza.
(i3)
4 i-'6 ■
d.r = u = - — D, A-+- ~ D , A- t-Vs DUSTh- ecc.
sara poi ( 1 4) 9 = f A"d>- — — D^A'-i- - — ^ D} A — ecc.
(i5) 9 = e-\-jr£— 7— D\A-f-v-^ D, AT- ecc.
v / 4. 2 f 4. 16...
essendo Q funzione della sola /.
ij. Attribuendo a A* le forme pin semplici, si deducono dalle predette
lormnle generali quelle cbe finora furono date come soluzioni di parlicolari
problemi. Cioe se AT=— T, essendo T funzione della sola /, si hanno le
formule cbe furono date come completa soluzione del problema riguardante il
vaso conico. Se K=Ty abbiamo le formule pel vaso generato dalla rota-
zione dell' iperbola del 3.° grado. Se K=Tf abbiamo le formule date
dal prof. Turazza. — Sarebbe facile ed inutile estendere ad arbitrio la con-
siderazione di questi casi particolari.
DEL PROF. GUSTO BELLAYITIS \ \~
II. Cuso.
1 4- Pel caso che in luogo dell' equazione (4) si voglia soddisfare sol-
tanto alia (?>), liniitandoci alia supposizionedie e sia lun/.ioiic della sola .1 .
avremo « I) Ls — . nuindi e= ax; si osservi die per la forma
(Idle equazioni bastera trovare dei valori particolari di c a di u. ai quali
potranno poscia aggiungersi quegli espressi dalle (i.>) cheriducono 1 = 0.
K facile vedere the tali valori particolari sono v = ay*, u= — axy;
percio, quando 11011 si esiga die il trinomio delle velocita sia diflferenzialc
csalto. si ha una soluzione espressa dalle equazioni
d>' = t> = ay-\- K— — D:v K-h ecc.
(iG) d.r = u = — axy— - D,A"-f- ecc.
* = 0 -+- ax\y -\- xK — per .
Ill Caso.
i5. Moltissimp altre soluzioni piu 0 meno generali possono ottenersi
soddisfacendo in vario modo alle equazioni (1) (4): cosi, per esempio, se
poniamo u=X-\-yd.T, essendo \ funzione di x e di /. e T funzione
della sola /. la (1) da u = — - R0F. GIUSTO BELLA.V1T1S > [<)
pressione rorrispondente sin nulla bastera porre 7r = — gn-\ — a~n\ La
pressionc sulla supcrficie libera superiore sara
in „ ir
esscndo y= . e sara coslanlr nfl caso ) 1 .r di queste trajettorie da (mediantr
I' eliminazione del paramelro ) - =— ; percib 1 sostituendo
1 r„ ' dx c ' c
■ )■'»<) SUL MOVIMENTO DI IN I.1QUIDO, EC.
queslo valore di p nella (i) ne viene yD}u-h.iT)Tu-\- 211 = 0 , e posto
- = d si trova «——/"(«), (>— ^y'(a) , poscia
*= -^/(«)-5/'(-)-i/7W.
e sostituendo nella (3) si ha D/ — ^ /(«) A = o, la quale dovendo
sussistere qualunque sia x da X = o ,• dunque la stabilita forma delle tra-
jettorie rende integrabile il trinomio delle velocita. Dalla \ = o si deduce il
valore di /(«) = — T(i -+- «J) — * essendo 7' funzione del solo
tempo, percio, posto per brevita x1-+-y = r' , sara
(26) d.r
/ x y , ns art
poscia (27) 9=—- ,
(29) J» =
Per dedurre dalle (26) le espressioni delle coordinate in funzione del
tempo, osserveremo die rispetto al tempo le « = — , /S = — z= a
sono coslanli, e troveremo
(3o) .r = 3 J f Td/-+- ,t„ /= 3 /5; f 7'd/-+-/o .
19. II liquido clie si movesse con la legge espressa dalle prccedenti for-
mule potrebbe esser contenuto in un vaso conico di una forma e di una posi-
zione qualunque, e non soltanto, come ordinariamente si snppone, in nn vaso
conico rotondo coll' asse verticale ; poicbe la parete del vaso pub formarsi
riunendo in qualunque guisa un sistema di trajettorie, le quali nel nostro
caso sono tuttc rette concorrenti in un punto. Tale osservazione fu gia fatta
dal prof. Turazza nella sua Memoria inserita negli Annali delle Scienze
(Tomo X. pag. 24-> ) : noi pern continueremo a supporre die il vaso sia
r'
dr= r
(28)
$ = 0-
JT T
DEL PROr. G1UST0 BELLA VITIS ■ >•> I
rotondo e cio per servire alia chiarezza, die gia le conclusioni facilmente si
applicherebbero ad ogni altro cono.
20. Consideriamo dappriraa il caso che il liquido sia originariamente in
quiete, percio T sparisca con /. Siccoine riguardiamo il cono col vertice
rivolto all' ingiu, cos\ supporremo che le x y r sieno negative ; i rapporti
a=r— S= - si riferiscono alia parete del cono. Se il cono e troncato
alia distanza // dal vertice, I' orlo del foro corrispondera ad y = — n,
r = — ■§- ; percio. affinche la pressione in qucsto foro sia costantemenle
nulla, dovra essere
/ox PAT f^T
(3l) 7T=gn-ht h ;
la superficie libera inferiore prendera la forma cspressa dell equa/ione
(:b> ,=o=,(.+^+^-,-i)dr+^1-^)ri
supporremo die tutte le molecole liquide che si staccano da questa superficie
continuino a muoversi nolle loro rispeltive direzioni senza imbarazzarsi le
une colle altre ne reagire sulla superficie libera. — In quanto alia superficie
libera superiore le circostanze fisiche dell' efflusso indicano che debba esser
nel principio del movimento, quando cioe il liquido e in quiete, un piano
orizzontale ; ma le noslre formule si rifiutano a tale supposizione, poiche non
puo verificarsi la
(33) g(n-t-y) -+- (^ 4-.f) c = o
(( e il valore di AT quando / ■- :o) per un determinate valore di ) e
qualunque sia /'. Ci conviene dunque supporre che al principio del movi
mento la superficie libera superiore- tagli il cono nei punti corrispondenti .1
m .... . . , .
y= — nio /■ = — -5, e tagli 1 asse nel punto cornspondente a y=r=—ft0.
essendo
c= : e g(n + mu)-gh - ,,, =0
•i.')2 SUL M0V1MENT0 DI UN LIQU1DO, EC.
( si prendera il maggior valore di //„ che soddisfa 1' ultima equazione, poi-
rhe il minore corrisponde alia superficie libera inferiore). Dopo il tempo /
i punti die in origine avevano le precedenti posizioni avranno le nuove posi-
zioni espresse rispettivamente da
y = /3r=- f («/- 5(3iCT&t) = - m . e da
e soffriranno le pressioni
cosi noi abbiaino le due equazioni pt = o, p^ = o per determinare 1' unica
lunzione T. — L' impossibility cbe le molccole che in origine erano sulla
superficie libera, determinata dall' equazione (33), continuino ad avere la
pressione nulla si rendera ancora piu palese considerando cbe dev' essere
p,—o per tutti i valori di /2 da i fino a /2 : ora si ha /// = — /S ,
° gn
\T
T
— — — c)
n
i n
percio 1' equazione p, = o si decomporra nelle seguenti
(.,.,) gn d/ T = o , —ga-
in 2 mr [2
che non possono soddisfarsi altrimenti cbe con la quiete permanente. Diinqur
il supposto niovimento non corrisponde con le circostanze fisiche dell' efflusso
da mi vaso conico.
■j. i . Esaminiamo in secondo luogo la supposizione cbe il movimento sia
permanente in ciascun punto dello spazio. Sara T costanle. e la superficie
HI I. PROF. GUSTO BELLAVITIS 353
libera quando t=o sara espressa da
(36) p :o = ar„-4-gri— — .
e (IdjKi il tempo / dovrebbe esserc
qualunque fosse il rapporto Ira y ed r„, e qualunque losse /. il che e
impossibile.
22. Osservazioni analoghe alle precedenti potranno farsi anche per I*' altrc
due forme di vasi rotondi considerate dai professori Giulio e Turazza. ed
aurora si trovera cbe le loro soluzioni non rorrispondono con le rircostanze
fisiche cbe naturalmente accompagnano I efllusso dci liquid! = o
non si fa che soddisfare alia legge di continuita ed al principio die la pressione
sia uguale in tulti i sensi, e niun riguardo si ha alle forze che agiscono sul
liquido, nessuno alle superficie libere; sicche poscia si determina la pressione
in dipendenza delle gia stabilite velocita e delle forze cui il liquido e sotto-
posto : alia gravita potrebbe sostituirsi una forza verticale, funzione del
tempo e delta coordinata verticale. ed una forza orizzontale, funzione della
distanza dall asse del vaso, ed ancora rimarrebbero invariate le proposte
soluzioni ; clii potrebbe persuadersi che tanta varieta di forze possa sempre
conciliarsi con la forma rettiliuea delle trajettorie che si pretende essere la
sola possibile nei vasi conici .'
i>4- K per certo meritevole d osservazione 1' idea del dotlor Piola di
giovarsi della forma della parete del vaso per rendere fin dal principio
ineno generali e quindi pin traltabili le equazioni fondamentali ; forse il
problema dell efflusso dell acqua difficilmente potra risolversi ove non si
trovi modo di limitare le equazioni fondamentali mediante la condizione
relativa alia iniziale superficie libera del liquido ed alia costanza di pressione
DEL I'UOF. GIUSTO BELLAVITIS .».».»
chc debbouo soffrire le molecule che in essa si Irovavano al principio del
moviraento. Ma io credo che il Piola, non meno di altri illustri geometri,
abbia troppo parlicolarizzato la questione mediante la considerazione delle
speciali Irajettorie che sono determinate dalla forma delle pareti. K valga il
vero, le equazioni fondamentali si riducono ad una eqnazionc differentiate
parziale del secondo ordine; percio la compiuta soluzione dee contenere due
funzioni arbitrarie ; si e deito che una irajettoria serve a delerrainarne una e
che due Irajettorie le determinano ambedue ; e che nel nostro caso le due
Irajettorie sono 1' asse e la linea meridiana del vaso rotondo: ma queste due
Irajettorie, e piu altre se ve ne fossero, possono esprimersi mediante una
sola equazione, la quale dovra esser un caso particolare della funzione cercata,
( percio rimarra ben piu di quella sola costante arbitraria che si Irova in
lutte le soluzioni fmora prcsentate dai geomclri.
■2.>. Senza dubbio il modo piu convincente per mostrare che le dale
soluzioni sono troppo particolari sarebbe quello di dare !<• piu generali solu-
zioni che si accordano con le due Irajettorie rettilinee ; a tal fine ( ristringen-
dosi al caso del trinomio differenziale esatto. ed alia supposi/.ione, peraltro
pochissimo probabile, che tut le le trajettorie sieno fisse) bisognerebbe saper
integrare 1 equazione
(i i) 4.r *"' (.i-. ))-t- ;■ (.r ,j) = o
rimauendo $ indipendenle dal tempo, giacche poscia si scriverebb< / I
in luogo di 'l'. e bisognerebbe saper determinare nel modo piu generale le
funzioni arbitrarie contenute in * in guisa che I equazione <1> o si ridu
(esse per un determinato valore del parametro a (xy —a x ) f o .
I'ssendo -f lale funzione di x e di > che non divenga infinita ue per
r (i ne per y '■ -j.x . dove z i* quel particolare rapporto competente
alle pareti del vaso. che ora e di necessity conico rotondo. Ma non credo
facile tli eseguire tali determinazioni ne parmi che possa giovare il porre
nella (n) * (.r y — <*\r5) -f per poscia determinare •+ . - Xulladi
meno mi sembrano irrecusabili le due ragioni i.'cbe la leggc di movimento
cspressa dalle solite formule riguardanti il cono. le quali presuppongono li
;».')6 SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO, EC.
trajettorie, reltilinee non soddisfa alle reali circostanze iisiche, quantunque
(jueste circostanze non sieno per certo in contraddizione con la legge di conti-
nuity e con la supposizione del trinomio integrabile ; 2/* clie per alcune par-
ticolari forme di cono e facilissimo trovare delle leggi di movimento le quali
dieno trajettorie curvilinee, tranne quelle due dell asse e della parete. Cosi,
per eserapio, se il cono sia generato dalla retta iy — x = o potremo sup-
porre ^ = 4-'' X ~~ x e(' avremo 1111 movimenlo le cm trajettorie espresse
da 4r.>' — x* = c saranno rettilinee soltanto quando il parametro c si
aiinulli : se il cono sia generato dalla relta 2ty=xt 3 potremo sapporre
che le trajettorie sieno espresse dall' cquazione ■= =^..r y — 3xiy=c, ecc.
'Movimento in un piano.
26. II problema del movimento simmetrico rispelto ad un asse puo
ricever luce dal problema tanto ad esso analogo del movimento di un liquido
riferito a due coordinate. Come fmora abbiamo studiato il movimenlo in un
piano meridiano di un vaso rotondo, cosi ora considcreremo il movimento
in una sezione retta del vaso prismatico, in cui si suppone contcnuto il
liquido, e ritenendo le stesse denominazioni, la legge di continuity ci dara
facilmente 1' equazione
(1) D,M-+-D,r = o ;
e se P Q sieno le componenti della forza applicata a ciascheduna molecola
del liquido avremo
( 2 ) D ,P = P- d .1 \),p = Q-dy
e nella supposizione che Pdx-i-Qdy sia differenziale esatto il principio
dell egual pressioue in lutli i sensi rirhiedera che posto
D^ — J)u — e sia (3) d?=o
DEL PROF. GIUSTO BELLAVITIS >'ty
dove nel diflerenziare i dee porsi // in Iuogo ill ) pub soddisfarsi ponendo
(4) e = o , chee la condizione did trinomio differen-
ziale csatto. In queslo caso si pub supporre
(7) u Dx/ —)-+-/(.r->/ 1^7). Le (-) danno
(9) p = 7r -+- / '(Mr -4- (>d r) - 1),? - ^^
•_> 7. Alia prima equazione fondamentale pub serapre soddisfarsi pouendo
(10) P = Dx .
poscia la condizione particolare (^) ci dara
(11) e=DvM-Dyi> = o (11) * = F(.n-7/rIT7)-+-JPi(.r-7//^rl)
[nvece la pin generale (3) • i dara
r sc la ''•' 11011 contenga la / .
e = D'x* + D',* = F(*).
28. Le equazioni delle trajettorie si deducono dalle due equazioni
(.')) r/r // tl\ 1
Ira le lie variabili / .1 >'. Se sieno fisse nou solamenle le trajettorii'
corrispondenti alle pareti del vaso ma anche tutte le altre. e qui ben si noli
die lal condizione pub non essere ammissibile. dovra sparire il tempo /
;).')S SUL MOVIMENTO Dl UN L1QUIDO, EC.
dal rapporto ] ; in t;\l caso alle (i<>) potremo sostitnirc le
i>= 7'D,o // = — jTD,. . essendo T funzione della sola /. v *
delle sole .r y, ed avremo IV/e-f- Dyl> = F(<\>). Poscia 1'intcgrale
rompleto della — = - sara $ = c, essendo c il parametro che diver-
sifica fra loro le varie trajettorie; rimane poi da determinare la * in modo
(Ik it> = o comprenda le due trajettorie che formano le pareti del vaso.
2q. Ammessa V ipotesi del trinomio differenziale esatto le equazioni
(1) (4) ci danno con tutta facilita le espressioni di u v in serie infinite
procedenli secondo le potenze della x e contenenli le // A funzioni
arbitrarie delle ) /
u = H-xByK--B\H-h^TD\ A -+- 4rD,A- ecc.
2 •' 2.0 2. O. 4
(i3)
(, = A + .lD//-iD,A- A, D , //+ ece.
se ne deduce
( 1 4) contenga il lat-
torc f — arx~~\ dopo di che sara * = c l* equazione di lulte le trajet-
torie. Credo difficile soddisfare nel modo piu generate a tal condizione; ecco
del reslo alcuni casi particolari che nou sono compresi nella soluzione che
finora fu crednta completa
= y ■ — .r pel caso di a— i
cl> = >•' — ;J .rJ ) pel caso di a — r'A, ecc
DEL PROF. (.11 STO 111 I.I. VM I Is >.'><)
>i. L' illuslre prof. Venturoli e dopo lui lutli i matematici ritennero
oho pel caso tlelle pareti rettilinee fosse funzione di in qucsto
iiiikIu si vengono a sciogliere nello stesso lempo lutti i casi corrispondenti ai
diversi valori di ?. . ma si viene anche implicitamente a supporre che tuttr
It: trajettoric sieno rettilinee. Con facile calcolo si irova
Itang — poscia
Tx Ty
(26)
e (29) p=T+npAx+QAy)-^L(x'+f)-7^
>
Stando adunque alia dimostrazione del Venturoli si verrebbe :i stabilire
questo teorema die basta annunciare per sentirne I inverisiraiglianza : un
velo piano di liquido compreso fra due linee rette dec necessariamente
niuoversi in guisa che tutte le sue molecole descrivano lince rette concor-
renti in uno stesso punto, <• cio qualunque sia stato il movimento iniziale.
purche il binomio delle velocila \i fosse differenziale esatto, e qualunqne
sieno le forze che agiscono sulle singole molecole. purche sia differenziale
esatto il binomio delle forze.
!')i>. Cio che dovrebbe servire a limitare la generalissima soluzione indi-
cata iiel §. *_>8 11011 e gia 1111 ' arbitraria supposizione che lulte le trajettorie.
oltreche esser lisse (il che pure credo inammissibile) sieno di forma analoga
alle pareti, bensi la considerazione delle condizioni, cui nei casi real! de\ es-
sere sottoposta la pressione per le molecole che stanno sulle superncie libere :
ed invece iiiiino si occupa della formula che da la pressione, c questa si
determina dopo trovata la leese del movimento facendola soddisfare all
condizioni che nascono dalle forze applicate alle molecole ( delle quali uno a
questo punto del calcolo non si tenne alcun conto) ed alle supposizioni arbi-
trariamente introdotte.
.')!>. Esaminando la legge di movimento espressa dalle formule del prof.
Venturoli. 11011 trovo che y<>-*-*,\ accordarsi con nessun caso reale. nemmeno
oGo SUL MOVIMENTO DI UN LIQUIDO. EC.
con quello scmjtlicissimo die non vi sia alcuna forza sollecitante. die ilmo\i
mento sia pernianente e die in un dato istanle sia conforme alle formule
proposte ; poiche anche con tutte ([iicste restrizioni rimane impossibile ( ara-
messa quella legge di movimenlo) che le pressioni sullc due superfide libere
sieno costanti.
Conclusion?.
34- Se nel terminare questa memoria mi pongo a considerarne it con-
tenuto, e cio ch'essa aggiungerebbe alia sdenza idraulica, veggo potersene
dedurre la sola sconfortante conseguenza die nemmeno un solo dei problemi
da me esaminati sia stato finora risolto in modo conforme alle reali circo-
stanze del problema fisico ; pure, se questa conclusione fosse giusta, non leme-
rei die il mio lavoro potesse essere accusato di affatto lieve importanza,
perciocche e sempre assai vantaggioso il palesare 1' errore di false soluzioni
quand anche non si sappia sostituirvi le vere. Ma altro pensiero piu mi scon-
foiia, il timore doe d' essermi ingannato in confronto di s'i dotli matematici
che prima di me trattarono queslo argomento ; e vero die ragioni a mio cre-
dere evidentissime stanno in mio favore. ma opposle ragioni si saranno pure
presenlate al pensiero di quei matematici.
i> OTA
(.) I.., Mfi ■ia del prof. Turazza vcdesi a pag. g3 del pre.seiile
r \ T O R > o
M.l.\ SIMBOLICA FIGURATIVA ORWMENTALE NELLE CIIIESE CRISTIANE
DEL MEDIO EVO
I. SPECIALMENTE IS QUELLE DEI X, XI E XII SECOLO
OSSEIW AZIOM
DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTE3SE
-in In CORRISPOXDE!* I I
JLainghe e ravviluppate quistioui mossero gli erudili intorno all origine
di quella architettura sacra dei trc scroti clie seguitarono il nono. cui e
distintivo caraltere una strana maniera di omare, tutta mostri e caprice i. di>
giuntissiraa in apparenza da quelle di Grecia e di Roma, le quail non s mca
ti'iiano pnnto allc loggc varic e fantastiche dell' arte settentrionale nel suo
pieno fiore; maniera di omare rude, selvaggia, misleriosa come la eta, e com.
essa rinsaccata di principii varii e lotlanti fra loro. Numerosi esempii ci por
gono d' essa in Italia, le cattedrali di Parma, di Piacenza, di Modena, di
Ferrara. d'Ancona ecc. ecc, ed oltre Alpe moltissime rliiesc di Francia, spe
cialmente nella Normandia, parecchie della Svizzera, ed un gran numero di
quelle die fiancheggiano la destra e la sinistra sponda del Reno.
Coloro che nella notte del medio cvo credono si serbasse unico un rag
gio di sole dentro alia sfarzosa Bisanzio, dicono di la ci venisse una cosi
/' / // i,;
:>G-2 INTORNO ALLA SIMBOLIC.V FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC.
fatta stranezza. senza por mente come in Bisanzio 1' arte non vestisse mai
quelle bizzarre forme. Allri, che stimano gli Arabi maestri di ogni utile cosa
nelle eta mezzane, ed intanto dimenticano come il sapere raccolto nel chio-
stro cristiano, dal cbiostro uscisse a dar luce all' Europa ancor barbara, af-
fermano che gli Arabi ci abbiano regalato quella singolar foggia d' orna-
ment!, ne s' accorgono come questo mirabile popolo non abbia mai nelle sue
costruzioni offerto nulla di soraigliante, ne lo potesse, perche impedito da
suoi riti religiosi di rappresentare uomini ed animali. Vi fu chi vedendola
llorida piu che altrove in Normandia, la proclamo discesa a noi da quella
l'amosa terra delle chiese e dei castelli. Chi. riconoscendola non altro che una
degradazione dell' arte antica di Roma, la chiamo romanza, quasi fosse, al
paro delle favelle d' Italia, di Francia, di Spagna, una corruzione dell' an-
tico mondo romano. Chi poi, arruffando la matassa ancor piu, Ie diede nomi
in opposizione con la origine, o, valutando essenziali certe miuime differenze
fra le costruzioni sincrone di paesi fra loro lonlani, la suddivise con tanta
minuzia di distinzioni, clie sfido la favolosa pazienza di Teseo a tener
dietro al hlo regolatore di cosi fatto labirinto. Ne certo oserei cimentare
la cortesia vostra, o Signori, qui notando le differenze che alcuni scrittori
si piaccion far correre fra gotico-anteriore e gol/co-posteriore, fra anglo-sas-
sone ed anglo-normanno, fra arabo-greco e romano-bisantino, fra neo-greco
e romano-barbaro. Tanto varie denominazioni, che tutte accennano soltanto
alio stile di architettura di cui toccai, bastano gia di per loro a chiarire
quanta oscurita regni ancora sail' origine di esso.
Per altro I' inglese Hope e 1' ilaliano conte Cordero di S. Quinlino,
portarono una luce viva fra mezzo al bujo in cui cozzavano alia cieca tanto
diversi parteggiamenti (1). e mentre il primo dimostrava, piu con logica in-
duzione che con evidenza di fatti, aver avuto quell' arte principio in Lom-
bardia. 1' altro metteva in aperto fatti importanti dai quali incontrastabil-
mente appariva come quell' architettura dovesse dirsi lombarda. perche in
Lombardia ebbe nascimento e di la fu portata oltremonte. Peccato che di
fiaccola cosi luminosa egli non si valessc per togliere tante inntili suddivi-
sioni da lui supposte nell' architettura deli' undecimo secolo.
DEL NOB. PIF.TKO SELVATICO ESTENSE 36?>
Non tulle pero le quistioni cessarono dopo i lavori dell' Hope e del
San Quintino, che anzi altre suscitaronsi piu intralciate che prima non era-
no, forse perche piu difficili a stenebrarsi.
Quest' architettura doveva tenersi simbolica cosi nelle sue disposizioni
come nei suoi ornamenti, o veramente era frutto del capriccio dei costrut-
tori ? In quei capitelli ed in quelle cornici tutte rinzeppate di ghiribizzi e
di animali. cliiudevansi lorse profondi c mistici concetti allusivi al (>ristia-
ncsimo. oppure ricordavano turpi eresie, 0 piuttosto lurono imitazione rozza
di altre architetture ? E domanda cui taluno s' accinse a rispondere, ma
con quanto frutto nol so ; giacche a me pare che prendendo in esame le
varie ipotesi esposle, e contrapponendovi gli ostacoli che le rendono per lo
meno vacillanti. si vegga cliiaro come nessuno finora s accostasse a verita.
Sarebbc mia intenzione, o Signori . lo scbierare cpii queste ipotesi
varie, ed aggiungere le ragioni che me le fanno considerare non ben fondate ;
ma abuserei della vostra benivoglienza, se notassi qui tutte quelle die furo-
no portate in campo. cosi sulla simbolica fondamentale, che al sommo Roma-
gnosi piaceva di cbiamare ermc/ica, come sull' altra che puramente pareva
destinala a rcndere significativi gli ornamenti. Avviso quindi pretermet-
tere quanto spetta alia prima, e risparmiarvi la noia di udir parlare sul
tenebroso numero pitiagorico, sull' aritmetka finale e sull' antico algoritmo.
ch'erano, a quanto sembra. elementi al sarro edificare di allora. Neppur
tocchero delle pindariche. ma spesso mal assodate congetture di Mazure,
di Ramee, di Boisserie, i quali, volendo di forza vedere da per tulto un ;ir
cano simbolismo. ed impinguando le interpretazioni simboliche dal venera-
bile Beda attribuite al tempio ili Salomone, uscirono a raccontarci che le
porte della chiesa figuravano il nostro ingrcsso nella \ita fisica e spirituale;
le due torri lateral] il segno del poter leraporale e dell' ecclesiastico ; che il
coro significava la luce dello Spirito Santo, la balaustrata intorno all altare
era cupa immagine dei rigori della penitenza ; che i muri si prendevano come
emblema dei popoli cristiani unit i dal cemento della fede. e nisi via.
Permettetemi invece, o Signori, die oggi parli solo di quanto si ri
ferisce a quegli ornamenti die d'ordinario sono considerati come simbolici
j(>4 INTORNO ALLA SIMBOLICA F1GURATIYA ORNAMENTALE, EC.
nelle chiese dei tic secoli surricordali, e, confutalc die avro l'erronce opinion)
dateci finora intorno ad essi, permelletemi del pari che vi dica il pensa-
mento mio.
II dottissimo oricntalisla Hammer, in una sua erudita dissertazione De
mysterioso Bdphomete, parve tenere i mostri c le figure strane che si veggo-
no nei capitelli e negli ornamenti delie chiese apparlenenli ai tre secoli sopra
accennati, come simboli che ricordino il culto gnostico, il quale diviso in tante
sette, una pero ne possedeva cui tornava comodo interpretare sensualmente
alcune parole dei sacri lihri, ed abbandonarsi ad ogni pin immonda licenza,
sotto pretesto che gli slimoli del senso esscndoci largili da Dio, sarebbe as-
surdo il credere ch' egli ci comandasse di soffocarli e di vincerli con la vo-
lonta. Codesta sella, che, 11011 meno delle altre gnosliche, e forse piu assai di
quelle di Bardassane e di Basilide, aveva poslo dimora nella Siria e nell' 0-
riente, e piu di tutto nel Korassan presso Hussan Saback. fondatore della
celebre selta degli Assassini, pare, secondo Hammer, fosse quella da cui si
originassero molli de' pretesi simboli su'quali teniamo discorso. Ecco in bre-
ve come egli s' induce a pensar cio. Sembra che quando i Templari acqui-
starono cos'i smisurata potcnza in Terra Sanla, eglino si accomunassero, cosi
per politiche mire, come per amore di sfrenalo vivere, cogli Assassini. A
rassodar meglio codesta unione, si fecero a professare gli eretici riti del loro
culto, il quale non era altro che il gnostico della prima scuola siriaca, che
nel suo fatale dualismo voleva il mondo terrestre retto dalla materia. Prc-
tende 1' Hammer che ogni qual volta i Templari dovevano alzare chiese nei
loro riccbissimi Mar/ieri, le volessero erigere ed ornare secondo quella stra-
na modificazione che avevano portata empiamente al domma cristiano. Questi
riti, a fine di trovar vera sicurezza sotto i veli del mistero, domandavano
simboli incomprcnsibili a chiunque non fosse iniziato nei fantastici arcani
della dualita mitriaca, fondamento della Gnosi nei paesi della Siria. Pcrcio
bramavano che i capitelli, le cornici, le porte di queste loro chiese andassero
rinzeppale di allusioni emblematicbe alle predetle dottrine. Era pero ncces-
sario avere artisti educati a cio, percbe non fosse errata la collocazione o la
forma di cosi iatti simboli. e quesli artisti erano di gia preparati da lungo
DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTENSE 365
tempo. La sociela dei liberi muratori, formata, per quanto ne vorrebbero
provare adesso alcuni eruditi, lino dai primi secoli dell' era, od almeno lino
•lal nono secolo in lnghilterra, aveva niolli slatuti e regolamenti chc la rac-
costavano al Gnostismo. Quesle corporazioni cui si vuole. principalmente
da alcuni scrittori Ledeschi di oggidi, che fossero affidate interamente le eccle-
siastiche costruzioni, fur on o, secondo I Hammer, impiegate dai Templari per
I innalzamento delle loro cbiese. Aggiunge poi aculamente congeiturando
I alenianno erudito, che i Templari stessi potevano essersi immedesimati al
culto speciale di quesle congreghe di liberi muratori col visitare di fre-
quentc la celebre loggia fondala da Aclien nel Cairo verso la line dell' mi-
deeimo secolo, ove insegnavasi, oltre al cullo gnostico, la matematica e la
geometria, scienze cosi necessarie ai liberi muratori. Chi voile attenersi alle
forse un po troppo sottili congetture dell' Hammer, trovo agevole la fusione
di quei simboli gnostici usati dai Templari con 1 architettura cristiana surta
nel settenlrione della Francia e della Germania nell' undecimo e duodecimo
secolo. I Normanni, dicono i sostenitori di questa opinione, i quali lanta
parte presero nelle spedizioni di Terra Santa, e che forse piu di molti altri
popoli contavano cavalieri addetti alia religione del Tempio ed alle compa-
zine dei liberi muratori, porta rono pei primi quello stile simbolico nella lor
patria, e di la, con le conquiste del loro Guglielmo. lo diffusero in lnghilterra,
poi coi commerci lo trasportarono in Germania ed in Italia. Tuttoche il
dotlo archeologo tedesco abbia con somma industria e rara erudizioue i in
calzata la propria opinione con quelli che a lui parevano monumenti irrefra-
gabili, e con le cita/.ioni di varii passi di S. Kpilanio e ili S. Ircneo. purr d
( uni fatti incontrovertibili bastano a mio pan-re a chiarirne la iusussistenza.
K prima di tutto; come mai l* erudito alenianno non pose mente che nel
medio I'vo. e specialmente nei secoli vicini al mille, il sacerdote ed il mo-
naco er. mo i regolatori della societa, e se avevauo potenti iniluenze su lull.'
^li ordini di essa, facevansi poi i dispositori assoluti della costruzioue delli
chiese loro affidate, ne alcuna cosa ; iersi in quelle che non
loss, da essi comandata e diretta? Si aggiunga che i Vescovi, gli Abati dei
conventi, i Parrochi, erano i soli che avessero qualche lume di architet
ItGG INTORNO \LLA SIMBOL1CA FIGURAT1VA ORNAMENTALE, EC.
Una; eglino ideavano il disegno de'saeri cdifizii, miniavano i libri corali ; ave-
vano dai Concilii la facolta di fissarc le norme ai pittori ed agli slatuarii. II
sapere tutto quanto, e segnatamente 1' artistico, rinchiudevasi allora nella
cliiesa e nel chiostro, e si consccrava a rcndcre 1' una e 1' altro piu conformi
ai bisogni del culto ed all'esercizio delle dottrine di Gesu Crislo. Vorrassi
che uomini tanto addcntro nella sacra liturgia e cosl gelosi dell'ordine e
delle norrae del cattolicismo, lasciassero scolpire entro a' recinti da essi tu-
telali, i segni di qnella eresia sozza contro cui avevano gridato i Padri della
chiesa per tanti e tanti anni ? Di quella eresia che distendeva per tutto nu-
merose e forti radici e doveva lorse piu delle altre mantenere attento il clero
a sbarbicarla ? Certo quando 1' Hammer queste sue congetture avanzava aveva
dimenticato che il concilio di Nantes dice espressamente al Canone vente-
simo. — Lapides quoque, quos .... daemonum ludificationibus decepti ve-
il e ran tur, xibi et vola vovent, et deferunt, funditus effodiantur, atque in tali
loco projiciantur, ubi numquam a culloribus suis iiweniri possint. — E chiaro
adunque che ogni pietra la quale ricordasse rito eretico od idolatra dovesse
venire distrutta da sacerdoti cristiani, appunto perche non trascinasse i fedeli
all' errore. Ma vi e di piu : moltissime sono le chiese dell' Italia, specialmente
superiore, della Normandia, dell' Inghilterra, del Reno, le quali offrono nei
capitelli e in tutte le parti ornamenlali, quei mostri che 1' Hammer vorrebbe
inlrodotti da suoi guostici Templari, ma rarissime certo son quelle che ap-
partenessero a quest' ultimo ordine. Ed inoltre alcune fra le esistenti, che ve-
ramente servivano solo ad essi, non presentano i mostruosi ghirihizzi su cui
i' discorso, come, a mo' d'esempio, la celebre chiesa dei Templari a Londra e
la cosi detta Sala dei Cavalieri alia Badia di Mont Saint-Michel in Nor-
mandia. ove si ravvisano gli ornati carichi di fogliame come quelli dell' arte
settentrionale, ma niuna traccia delle stranezze proprie alio stile che con
1' Hope soglio chiamare Lomhardo (2).
Un ultimo fatto mule poi non solo improhahile, ma impossibile la con-
gettura accennata. Chiese ornate di quei mostri. di quei leoni, di quelle clii-
mere che 1' Hammer inclinerebbe a considerare come emblemi gnostici in-
Irodotti dai cavalieri del Tempio. esislevano gia incontraslabilmente fino dal
DEL NOB. PIETR.0 SELVATICO ESTENSE '.'>('} j
noiio secolo, mentre i Templari non furono fondati che nel 1118. vale ;i
dire due secoli dopo I' erezione di quelle chiese.
Intorno a questa singolare maniera di fregi, die par fatta lalvolta pei
decorare i sabati della tregenda, esposero tin idea che potrebbe parere
alquanlo bizzarra anche i dotti Saccbi nel loro pregevole lavoro sull' archi-
tettura longobarda (.>). Eglino che avevano cumulato tante citazioni pcrpro-
vare come tutto alludesse a sacre significazioni in quelle strane figure .
uscirono poi nell' ultimo capitolo a raccontarci che forse Ira quei varii sim
boli della chiesa cristiana v'erano alcune vestigie della simbolica asiatica dai
barbari importate Ira noi. Paiono, per esempio, ai Sacchi barbara merce quelle
serpi attorcigliate a spira, Ie quali, giusta la simbolica orientale, rappresenta-
vano soltanto 1 acqua. Poi trovano rispondenze con la nebulosa mitolo^ia
dell' Edda, cogli /has, col drago Migdrad e con altre tali leggiadrie, create
fra le nordiche brume. Tutte eose bellissime ed ingegnosissime, ma che si
sperdono in polvere. quando si voglia osservare a rio che j^ia dicemmo par-
lando dell Hammer, die dove, cioe, comandavano iiberamente i sacerdoti, e
dove i soli sacerdoti vegliavano alia edificazione della chiesa, era impossibile
si dipingessero o si scolpissero simboli intinti di eresia 0 di culli idolatri : che
tali appunto erano quelli della maggior parte dei barbari nel settimo ed ot
tavo secolo, ed anche in buona parte del nono.
Ma questa opinione e solo secondaria nei Saccbi, come ho gia accen-
nato : eglino vanno invece noverati Ira i j)iii caldi sostenitori della simbolica
cristiana, giacche si slorzarono di provarci che ogni cosa nelle chiese catto-
liche del medio evo si mostra simbolicamente rituale, cominciando dalla di-
sposizione e dando line cogli ornamenli. Ad alcune circostanze importantis-
sime parmi pero non ponessero mente i dottissimi letterati milanesi. Eglino
ringagliardirono i loro argomenti recando innanzi passi dei SS. Padri che
potevano bensi riferirsi a strani emblemi, ma non venivano acconci alle epo
che longobarde di cui tratlavano i Sacchi, giacche quei santi uomini parla-
\ano di pratiche usate nel quarto e quinto secolo, ed eglino invece < i discor-
revano soltanto del sesto. del settimo e dell ottavo. l*oi mi pare che non
badassero ad un importante passo di S. Bernardo che sta in una lettera a Gu
368 1NT0RN0 ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC.
glielmo Ab. di S. Tcotloro, ove il santo noino muovc grave lagnanza per l'uso
indecoroso die facevasi a que' di dei numerosi mostri con cui andavansi a-
dornando i bassi rilievi e le pitture delle cliiese. E vero cbe S. Bernardo
visse tanto dopo le epocbe cui diressero i molti loro studii i due Sacchi, vale
a dire nell' undecimo secolo : e vero cbe il concilio di Costantinopoli, tenu-
ld nel 6q2. di cui parleremo piu sotto, poteva aver mutate le circostanze
intorno all' importanza ed alia necessita della simbolica ; ma non per questo
doveva venirne cbe il santo Ab. di Cbiaravalle domandasse il percbe di
tauti mostri ch'egli cbiamava ridicoli. ed immondi scolpiti su per le chiese (4).
Se ancbe non avessero meritato piu la stessa considerazione agli occhi dei
cristiani d allora. pure non potevano cessare di essere venerati come emble-
mi sacri, se veramente tali fossero stati un tempo. Cbe se vorrassi risponde-
re provata invece con quel passo la origine eretica dei prefati simboli, biso-
gnera poi allegar la ragione, percbe S. Bernardo s astenesse dal palesare
un fatto di tanta rilevanza. E anzi da ritenersi cbe lo avrebbe proclamato
solennemente, a fine di meglio invitare gl' ingannati cristiani a sbandirli dai
sacri ricinti. Se nol fece, se li disse inezie e non altro, e perche li riputava
capricciosi ornamenti soltanto, e come tali aveva giusta ragione di non tenerli
degni dell' augusta severila della cbicsa.
Un' altra cosa cui mi pare avrebbero dovuto por mente i Saccbi, e che
se i supposli simboli su cui tanlo parlarono fossero stati rituali ed ob-
bligatorii alio chiese, tutte quelle surte dall' epocbe longobarde fino al duo-
decimo secolo dovrebbero esserne coperte : ma fatto e invece che in Boma.
centro del cattolicismo. quel mostri non si vedono che rarissimamente nelle
molte basiliche che ancora ci restano dei secoli suaccennati, come sono San
Saba. Santa Sabina. Santa Prassede. SS. Nereo ed Arhilleo, Santa Maria in
Cosmedin ere. crc.„ e solo compariscono nei chiostri di S. Paolo, e di S.
Giovanni Laterano. opere entrambi del duodecimo e decimoterzo secolo. le
quali non possono neppure considerarsi come immediatamente collegate cogli
esercizii della chiesa cattolica.
Un ultimo fatto poi doveva persuadere i due eruditi milanesi a non pro-
rlamare assolutamente sacri quei simboli. ed era il vederli adoperati ancbe
DEL NOP.. PIETRO SELVATICO ESTENS1 '><><,
per fabbriche profane. Frequenlissimi sono gli esempii di cio in Italia ; ma
forse piu che altrovc riboccano in Venezia, ove in moltissime facciate di case
;.)
decorative od emblematichc, e che quindi imilandole i cristiani non potevano
venire in sospetto d' offendere in nulla la religione. Si aggiunga inoltre, clu
i cristiani del tempo di Costantino, i soli che potcssero usare liberamente
dell' arte a decoro delle chiese, giacche prima troppo era I abbattimentn
loro, quei cristiani, i<> diceva, non potevano da un giorno all altro inventar
nuove allegorie cbe e quanlo dire, foggiare il pensiero a modi tanto piu dilli-
(ili da essere i(tMi|iicsi. quanto piu si dilungano dalle comuni idee. Dice
benissimo il barone di Rumour nella seconda parte delle sue belle investiga-
zioni sull arte italiana. libro meritevole d una traduzione per essere fatto
a tulti accessibile, come il simbolo richieda, a fine d' essere intelligibile che
I idea ed il pensiero ai quali mira sieno ",1a compiutamente esistenti nello
spirito dell' osservatore (i i). I primi artisti cbe eseguivano quei simboli
erano li^li di padri pagani, eglino medesimi, negli anni indelebili dell ado-
lescenza erano cresciuti in mezzo del paganesimo : abitudim, costumi, riti
politeistici li circondavano da per tutto, larte stessa che professavano I'aveano
imparata in officine pagane. Vorrebbesi adunque cbe 1' uoiuo mutasse d un
tratto la natura sua. e perche accoglie nell'animo fede da quella dei suoi
padri diversa, ne dimenticasse tutte le tradizioni '.' le tradizioni, cbe. ove
non contaminate da pregiudizii e da errori. si fanno macchina a quel grande
poema di rui s' informa I umanita ; le tradizioni cbe rammentano la soave
parola della madre, le memorie dell' infanzia ; le tradizioni. cbe. venute da
nobile fonte, sono via, verita e vita dei popoli, e che interrotle ci obbligano
a rifare tanto cammino ? Oh non si creda cbe le perdano ili vista le nazioni
inai: sono i pedanti cbe le insudiciano, sono i settarii cbe le disprezzano:
ina il popolo le fonde col pensiero novello e le la scala a nuovi trovati. —
Voleavi tempo, istruzione continua, convinzioni diverse, perche I arte che
aveva perduto il suo tipo ideale del name pagano. potesse perder del pan quel
lipo ornamentale che anche riprodolto non poleva spingere ad atti d lrrive-
renza verso il culto novello. Che inlatli fosse nell intendimenlo dei primi cri-
stiani di non reran: nessuna offesa alia religione del vangelo seguitando
I ornamento pagano lo deduciamo dai due fatti seguenti.
1. Che molti tempii del paganesimo e specialmente i rotondi si conserva-
ii;4 1NT0RN0 ALLA SIMBOLICA FlGURATIVA ORNAMENTALE, EC.
rono senza alterarli al culto cristiano ; come sono, per esempio, il Panteon, il
Tempio di Bacco ora S. Costanzo, S. Stefano rotontlo, il Tempio diNocera;
II. Che quando dovevasi alzare una nuova basilica si giovavano quasi
sempre di materiali clie avevano gia prima scrvito al culto pagano, e in questi
materiali erano hone spesso marmi hgurati clie porlavano scolpite aquile,
teste degli Dei Mani e persino teste di Giove.
Per allro quelle stesse rappresentazioni allegoriche die i cristiani erano
i ostretti a togliere. per le ragioni anzidette, dal paganesimo, avevano il loro
sostegno nella Bibbia e sempre alludevano a passi delle sacre carte. Tanto <•
cio vero, che dove la Bibbia non poleva venir loro in soccorso, si astenevano
interamcnte dal convertire in emblemi della nuova legge le immagini tolte
dalla religione precedente. Infatti non avvien mai di veder usati dai cristiani.
ne i bucranii che stavano sui fregi e sulle are antiche, ne gli encarpii, ne le
maschere, ne i litui, ne molti altri Ira gli ornamenti emblematici frequentissi-
mi nelle costruzioni sacre di Boma pagana, ma non adattati al Cristianesimo
perche non giuslilicabili con le sante pagine. In un solo caso pero sembrerebbe
questo fatto venir contraddelto, e sarebbe in quella figura di Orfeo che suo-
nando la lira acqueta le here e le Iragge a se ; scena che vedesi scolpita o
dipinta in quasi tutte le catacombe ed i sepolcri cristiani di Boma. Ma anche
essa. se nel vecchio e nel nuovo lestamento non trova un appoggio, si forti-
fica per altro di una opinione che correva Ira i padri della chiesa nei primi
secoli, cioe che il preteso inno d' Orfeo conosciuto sotto nome di Palinodia,
iosse ed una ritratlazione pel paganesimo, ed un prodromo alle dottrine della
nuova religione (12). E per questo che Eusebio aveva detto essere Orfeo che
la miti i costumi un'effigie di Gesu Cristo il quale porta la parola della verita
fra gli uomini (i3). Molte altre fra le allegoric dei cristiani si trovano pure
identicamente scolpite o dipinte in alcuni monumenti pagani ; ma come ho
gia delto, quelle trovano nella Bibbia la ragion loro. Parecchi altri tuttavia
erano simboli di pura invenzione cristiana, per nulla imitati dal gentilesimo.
e destinati a farsi una mistica lingua dei piu augusti misteri cattolici.
Tuttocbe degli uni e degli altri sia slato a lungo parlato nelle giganle-
sche opere del Ciampini, del Bosio. dell' Allegranza. del Boldetti. del Botlari.
DEL NOB. METRO SKI.v VTICO ESTENSE .);.)
del Mamachi, pure diremo brevemente dei principal! a fine di piii compiula-
menlc provare le nostre asserzioni. Quel doltissimo uomo del sig. Raoul-
Rochette chc nelle citate sue dissertazioni sulle antichita dei primi secoli
della Chiesa, parve proporsi di provare che ogni rappresentazione dell' arte
cristiana fosse tolta a prestito della pagana, In lietissimo di poterci dimo-
strare come quella figura del buon pastore con la pecora in collo, la quale
veggiamo in quasi lulte le pitture delle catacombc ed in moltissimi sepolcri
cristiani de' primi secoli, fosse lolta da altre consimili che stanno nei monu-
raenti pagani. Ne la cosa puo negarsi -
tra monslnwit, et per quos Jluxerunt torrentes. ho stesso S. Girolamo poi
rawisava in quella pietra locca dalla verga del legislatorc degli Kbrei, molle
cose che potevano alludere al hattesimo ed al mariirio. Egualmente Noe e
la sua area diventavano simbolo dell' ira di Dio e della redenzione che
preparava all' umanita col mezzo di (resu Crislo. Danielenella fossa dei leoni
significava il llcdenlore fra gli oltraggi de' Giudei: il sagrifizio di Isacco ri-
chiamava quello del Salvatore (32).
Com fatti simboli storici erano per altro in quei primi secoli assai meno
frequenti degli altri che ho di sopra nominali. perche meno si attagliavano ;il
genio dei crisliaui. i quali volevano ad ogni modo Irovar pascolo alia imma-
ginazione con le oscure allegorie, e valendosi delle idee arcane riiuhiuse in
esse, sollevarsi alle ascetiche verita. Infatti S. Dionigi l'Areopagila, o piulto-
sto il vescovo Sinesio, ci fa conoscere in piu luoghi delle opere sue. (dine i
i ristiani avessero bisogno di Inline figurate per alzarsi a quelle verita : ed
usassero a tal uopo cavalli e bo\i ed uomini a pin \isi cd ogni sorta di sim-
38o INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALS, EC.
boli tvamandati per tradizione. Ne accenna ancora come questi segni fossero
indispensabile velo di umana scienza occulta al volgo degli uomini, affinche
le cose santissime 11011 fossero facilmenle inlelligibili a profani, e si mostras-
sero invece aperle agli studiosi di sanlita (33).
L'uso (lell'allegoria, necessario da principio, come abbiamo detto, per ve-
lare i misleri della religione novella, aveva fmilo a condarre gli spirit! in quelle
sottilita e sofisticberie die degenerano nel falso. 1 pittori e scultori, o piuttosto
i snperiori ecclesiastici che li dirigevano, parevano voler sorpassarsi a vicenda
nolle invenzioni di tal generc, c le composizioni pittoricbe e gli ornamenli li^u-
rati erano divenuti come una specie di scrittura geroglifica, di cui biso^nava
avere il secreto. La cosa andu cosl innanzi nel settimo secolo, cbe la Cliiesa
stimo opportuno porvi un riparo. Fatla accorla come, rassodato il cullo
cattolico, non piu corresse pericolo d' esserc accusata d'idolatria se lascia-
va libero il campo allc rapprescntazioni storiche del cristianesimo ; forse tre-
pidando die tanta eta corsa dopo le fervidc origin! della novella religione,
intiepidisse nei popoli il rispettoso amore verso di quella, se non avessero
di continuo solt' occliio immagini evidenti dei trionfi della fede, avviso nel
concilio tenuto a Costantinopoli nel G92 di ordinare, che nelle cbiese si pre-
ferisse la realta ai simboli, e si al)bandonasse ogni allegoria, specialmente
sulla crocefissione di Gesu Crislo (34). Un tale decrelo che sidle prime
ebbe poca accoglienza nella Cliiesa latina, gia troppo innamorata delle allego-
rie, hi pero seguito con solerzia nella greca, la quale d allora in poi comin-
( io a Iralasciare quasi ogui emhlematica composizione per dipingere il Padre
eterno e la Vergine, Crislo incoronalo di spine, la crocefissione, i martirii
dei santi, gli evangclisti sotto umana iigura ; in somma ogni fatlo de' sacri
libri, secondo la realta. Ma trenlaquattro anni dopo il precetto del citato
concilio, un avvenimento della maggiore rilevanza valse ad arrestare tulto
questo fervore intorno alle sacre rappresentazioni ; perche Leone 1' Isaurico
nel 726 decreto la distruzione delle immagini e perseguilo alrocemente gli arti-
sti greci che continuavano ad eseguirne. Quella guerra, tanto nocevole alle arti,
non si estinse con lui, 111a duro nei suoi successori per piu di un secolo. lnor-
ridendo di cos'i sanguinose persecuzioni la Cliiesa latina, e scorgendo quanto
DEL NOD. PIETRO SEIA'ATICO KS'I'I \si .>8i
danno ne sarehbe venuto alia religione, se ogni immagine fosse stata tolta
all' adorazione dei fedeli, accolse fervidamente i profughi artisli greci, e piu
si fece ad incoraggiare coloro che ornavano d'imraagini sacre le chiese, quanlo
piu il crudele imperatore li voleva ^ iltime della circa ira sua. Avvampo 83
Quanlo congetturo, parmi cln: trovi quasi la forza dclla certezza, quan-
«lo si vogliano paragonare alcuni degli ornamenti dei secoli cui ora accen-
nai con inolti di Roma antica. Quelle Leslie che pugnano Ira loro, quei
draghi che Inseguono ligri, quegli uccelli che s aggomitolano con leoni, lutti
quei ghiribizzi in somma di cui sono stracariche le porte delle chiese, gli
stipiti, e spesso i fregi che ricorrono all' intorno degli edifizii, sebbene rozzissi-
maraente scolpiti, pure s'accostano assai ai meandri ricchissimi di Balbeck,
di Palmira, di Krcolano e di Pompei. Non entro adcsso a discutere se i
Rontani cavassero quei fregi dall'Asia o dagli Etruschi, o volessero con essi
alludere a riti delta loro rcligione; a me basta poter far conoscere che
gli archilelli del nono e dei Ire secoli susseguenti in molti dei loro fregi non
miravano ad altro che ad imitare cose antiche.
I atevi a guardare con attenzione i capitelli compositi si ricchi e si nia-
gnilici che usarono i Homani dopo il secondo secolo, c di cui ci rimangono
ancora stupende reliquie ; fatla astrazione dal merito della scultura, vi scor-
geretc le medesime aqnile e i grifi e i capricorni e le serpi e le sirene e le
teste iimauc, che furono il fondamenlo di quelle (he appartengono all oscura
eta su cui discorriamo. Per non c it are che pochi esempii fra i molti che po-
trci sceglicre, nella sola Roma, in S. Maria in Transtevcre e un capitello
antico jonico con la testa di (iiove nel centre e due figure umane nel mezzo
delle volute; in villa Rorghese ve n' e un altro in cui le sfingi sono il prin-
cipale ornamento. Nella villa Mattei conservasi un capitello con aquile* agli
angoli. Aquile pur veggonsi nei capitelli dell' arco di Settimio Severo ed in
uno del palazzo Massimi, ove stanno anche figure nude che sostengono encar-
pii: villorie ed armi scorgonsi in un capitello collocato dinanzi a S. Pielro in
Albano, c a S. Lorenzo fuori le mura: frulta e comucopie sono pure 1 or-
namento di un altro del palazzo Mattei; in un capitello, che Piranesi afferma
aver tolto da antiche rovine, veggonsi cavalli surrogare le volute. Quanta
nobile liherta, di cui pur troppo noi, imitator!, anzi copiatori spesso de Ro-
mani. sapemmo profitlar tanto pom ! I na maggior prova che molti dei rozzi
ornamenti del medio e\8.i
conosciamo sotto il nomc di diversarum artium schedula (ilG) nel duodecimo
secolo ; dice, ove parla degli ornati da porsi sui vetri dipinti, essere bello
inserire nei circoli di essi, uccelletti, beslioline, serpentelli edimraagini nude.
E piu sotto, ove accenna ai lavori da tarsi nei sigilli, dopo avere indicate
alcune rapprcscntazioni religiose da effigiarsi, aggiunge.y///w/ imagines pisci-
culorum el avium atque bestiarum, quae figuntur per schyphi campum, pre-
terites ornatum mullum (?>j). Qui certo nessuno dira die il buon Teofilo
volesse dare a quei suoi ornamenti un senso simbolico e sacro ; se no, egli
die religiosissimo era, non ce gli avrebbe con tanta indifferenza presenlati
come semplici mezzi di ornare. Ma se la piu gran parte di quei ghiribizzi
pu6 dirsi nnicamenle ornamentale, non puo per allro affermarsi die tullo sia
in essi tolto a prestito dalle rovine di Roma anlica. Altre cause, per quanto
io penso, vi esercilarono una qualche influenza.
Fra le altre, un fatto antichissimo, ma pur finora supcrficialmente con-
siderato, mi pare abbia contribuito a dare forse 1' impulso piu forte a cos'i
bizzarro gusto di ornamenti nelle cbiese, c certo alincno a manlenerlo vigo-
roso. Sino daquando scriveva Claudiano, cioe lino da verso la fine del quarto
secolo, il lusso dei crislianisi accresceva ogui giorno piu, ed eglino veslivano
riccbi tessuti fregiati d' ogni specie di fiori. Ci racconta Asterio in una sua
omelia, come allora una tunica, un mantello, rincliiudessero fin seicento
figure die porgevano fattidella vita di Cristo ; e spesso, con bizzarra mesco-
lanza, imitazioni di quei drappi d India in cui stavano impresse pantere,
leoni, orsi, tori, alberi e quanto poteva immaginare sbrigliata fantasia di pit-
tore (38). Piu tartli, cioe nell ottavo e nono secolo, se dobbiam preslar fede
ai monumenti portici da quei dottissimi uomini Le-Noir, Villemin c Des-
marest Oq). sommamente prosperavano le manifatture di quesli tessuti, spe-
cialmente in Tiro ed in Alessandria sotto la protezione de' califfi. For-
nivano ancora ai cristiani tinture ed abiti in cui erano rappresentati, come
nel tempo precedente, i misteri della rdigione. le immagini dei santi e gli
animali fantastic! ora ricordati. Alcuni di questi drappi servivano poi per
ornare le cbiese nei giorni di fesla. per quanto ci racconta Anastasio bi-
bliotecario nelle vile dei pontefici , S. Adriano, Leone III. Gregorio IV,
Vol II
!i86 INTORNO ALIA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALS, FX.
Leone IV, Stefano VI. Verso la fine del decimo sccolo quelle manifatture
erano poi passate in Occidente, giacche troviamo allora in Francia la fab-
bricazione delle tinture e dei tappeti adoperata a decorare le muraglie delle
chiese; uso die facevasi ogni giorno piu comune. A dctla degli anticbi croni-
sti del monastero di S. Fiorcnzo a Saumur, esisteva in quell' abazia verso
il 98.1 una manifattura, in cui i religiosi stessi tessevano drappcrie ornate
di fiori e di animali d' ogni sorta (4°)- Se dunquc 1' uso di queste drappcrie
rabescale di mostri era fatto cost generale da essersi mutato in moda, se
costumavasi in tulte le chiese di rilevanza stcndere a testa drapperie cosi
zeppe di gbiribizzi ; non mi pare fuori del ragionevole congetturare, che j^li
architetti, specialmente di que' paesi che piu erano in comunicazionc con la
fabbrica di Saumur, mantenessero nella parte ornamenlale scolpita, un carat-
tere non dissimile da quello che presentavano le prcdelle tappezzcrie, affinche
nel complesso vi fosse un generale accordo. Comunque sia la cosa, rimarra
sempre provato da quanto esposi intorno alle tappezzerie, che gli animali ed i
mostri riguardavansi nei secoli su cui m intrattengo, come ornamenti i quali
nulla chiudevano di allegorico.
Se pure talvolta un qualche allegorismo pub forse indovinarsi nei capi-
telli delle chiese ricordate, quello e si chiaro e s"i facile da esser compreso, che
neppure pub considerarsi come lingua emblemalica. Sono, per csempio, preti
circondati da demoniiche li fugano coll aspersorio, come vedesi in un capitello
di S. Germano ai prati in Parigi ; sono angeli che introducono 1' anima cri-
stiana dentro alia chiesa, come negli stipiti della porta maggiore del duomo
di Ziiirigo ; sono anime avviate al cielo dagli angeli e pur volute riconquistare
dal diavolo, come in un capitello della chiesa di Rocqueville in Normandia .
in somma ricordanze delle lotte e delle vittorie del cristiano sopra 1' inferno.
grande pensiero dominatore di quell' eta, e fonte talvolta di singolari super-
stizioni.
Alcuni perb fra gli animali scolpiti 0 dipinti dagli artisti specialmente
dell' undecimo secolo, non mostrano, almeno pel modo con cui sono collocati,
nessuna reminiscenza di antichi ornamenti romani, e neppure delle fantastiche
drapperie del medio evo; e quindi lasciano a ragione sospettare essere chiuso
DEL NOH. METRO SF.LVATICO ESTENSE 38?
iii cssi un sen so emblematico. Tali sono quei ^rifi e per lo piii leoni che
iincndd fra le zampe guerrieri n vitellS od agnelli sorreggono i).
S. Dionigi 1 Areopagita ci la conoscere, come dai primi secoli della
Chiesa. si tenesse il leone quale mistico emhlema della potenza e della luce
divina. K di fatli, quaudo i crisliani svolgevano le sacre (arte, dovevano repu-
lare sommamente appoggiata questa loro opinione. Nel lempio di Salomone
(lie. al dire del venerabile Beda, era nell' otta\o .secolo consideralo come lino
delle chiese cristiane, il leone e noverato come uno tie simholi piu impor-
lantie piu appariscenti. Nel capo 7. vers. 2y del terzo dei lie. ove quel tempio
e minutamente descrilto, dicesi die tra piccole corone e hiai. erano leoni e
Ixni e cherubini, e sotlo a /con/ ed a bovi erano quasi corde di bronco pen-
dente. E al verso 37 dello stesso capo 7 e pur tletlo che negli angoh del
tavolato erano scolpiti leoni, cherubini e pa/me. Kzechiello poi, al capo j.i
vers, iq, nel descrivere quel lempio, e nell'indicare le molte sculture in
1 ;so contenute, la parola di lactic di leone rommiste a quelle dcgli angcli,
alle quali stava interposta una palma, e che circondavano lutto 1 edifizio.
:>88 INTORNO ALIA SIMBOLICA FIGURATIVE ORNAMENTALE, EC.
Qaindi e che S. Carlo Borroraeo, dotlissimo com' era della sacra liturgia,
ove nel suo quarto sinodo porge istruzione sul modo di edificare le chiese,
raccomanda che si ornino le porte loro con leoni, ad esempio del tempio
di Salomone, il quale, die' egli, comando fossero ivi scolpiti per indicare la
vigilanza dei sacerdoti.
Tutto queslo per altro, se pure si raccosta alquanto, non mi pare abbia
una diretta colleganza coi leoni e grin soltoposti allc colonne, e collocati sol-
tanto dinanzi alle porte delle ebiese. A me sembra, che se avessero veramente
dovuto ricordarci quelli del tempio di Salomone. non v' era nessuna buona
ragione perche non fossero adoperati nelle chiese cristiane del quarto e quinto
secolo ; ma il fatto e che in esse non mi avvenne d' incontrarli mai, e solo
li comincio a vedere nei monumenti dell' undecimo secolo.
Per certo, con le ristrette cognizioni che ancora abbiamo sulle antichita
dei tre secoli su cui m' intrattengo, non e facile trovare una ragionevole spie-
gazione di qucsti leoni. Se qui peri), che siamo sforzati a navigarenello inter-
minato mare delle congetture, una di pin non sembrasse temeraria od inop-
portuna troppo, oserei sospettare che quei leoni alludessero alle tremende
querele fra il sacerdozio e l'impero che dilacerarono Italia dall' undecimo fin
quasi a tutto il duodecimo secolo. I predetti animali scolpivansi d' ordinario
in atto di sbranare un vitello owero un guerriero ; spesso anche in luogo di
leoni ponevansi tori o lupi che tenevano sotto le zampe un agnello. ^on
sarebbe forse possibile che in tale maniera si volessc richiamare alia mente
dei fedeli il famoso salmo 21 ove sono continue allusioni alle miserie che la
Chiesa dovra un giorno sofferire, e dove il leone ed il toro sono figurati
come gli oppressori del sacerdozio ? In quel salmo e detto : Grossi tori mi
assediarono e spalancarono le loro fauci coniro di me, come leone che ago-
gna alia preda e ruggisce. E piu sotto, dopo che la Chiesa per bocca di
Davidde ha domandato al Signore soccorso in si grave pericolo, esclama :
Salva me dalla gola del leone, e dalle corna degli unicomi la mia mi-
seria (42).
Le colonne poi sovrapposte a quegli animali sarei d' avviso volessero ri-
cordare le due celehri cbe stavano sulla porta del tempio di Salomone, nomi-
DEL NOB. P1ETRO SEI.VATICO ESTENSE ij8(j
nate Jachin c Boas, I'una die significa la consolidazione, l'altra la forza della
chiesa, e quindi simbolo entrambe della potenza del Signore. Codesta con-
gettura parrebbe confermata dal vedere che spesso andavano strette a meta
da tin nodo che rollegavasi alio stcsso loro fusto, e che da alcuni eruditi In
malamente preso per un serpente. Cio mi sembra alludere al vers. i.J del
capo 7 del terzo dei He. ov'e delto che il fenicio Hiram, insigne a Iavorare
il bronzo, fece nel tempio di Salomone due coloime alte 18 cubiti, le quali
erano allacciate da una corda di 1 2 cubili.
Forse poi quelle colonne si sovrapponevano in tal niodo alia schiena dei
leoni accennati, per denotare la onnipolenza di Dio che, secondo il vers. 3o
del sal 1110 cji. ca/pestera il dragone ed il leone, volendo forse cos'i far cono-
sccre come nella iiera lotla fra il po!er temporale e lo spirituals, il Signore
vorra sienramente portar a trionfo quest' ultimo. Alcuni fatti di qualchc rilievo
parrebbero appuntellare la mia congettura.
In primo lungo nella parte estcrna del duonio di Pisa, presso una figu-
rina cola intarsiata di marmo bianco e nero. la quale sta per essere inghiot-
tita da due mostri sul fare dei nostri leoni, leggesi de ore leonis libera me.
Dorninc. ricordanza indubilabile delle parole del salmo 21 anzidctto, saha
me ex ore leonis.
Secondo : questi leoni e le ( olonne da essi sostenute non cominciansi a
vedere che nell' undecimo secolo, vale a dire contemporanearaente alle lotte
ira il sac«rdozio e 1' imjiero. ne si veggono mat nelle epoche anteriori (43).
Terzo : in Homa, ove di raro scorgonsi i mostri e le bizzarrie di che
van zeppe le chiese del mille, veggonsi pero in tre o quattro hasiliche alzate
nell' undecimo secolo che ho gia di sopra nominate, usati i leoni nel niodo
indicate Cio dimoslra, se non erro, che in quelle helve eravi alcun che di
allusivo alia dignita e agli interessi della Chiesa romana. e non un a ccid en-
tale ornamento, od un simbolo de' primi secoli cristiani.
Varrebbe poi a meglio raffermare nella esposta congettura il vedere sopra
alcuni di quei leoni una figura raggruppata die porta sul dorso la colonna.
e pare schiacciata dal peso di quella. Vero e che appunto coloro cln- pen-
sano essere la Chiesa cristiana una ricordanza del tempio di Salomone.
3go INTORNO ALLA SIMROL1CA FlGURATIVA ORN VMENTALE, EC.
potrebbero volcr Irovare in quelle figure la spiegazione dei vers. 3o e 3G del
capo 7 del terzo dei Re, ove sono scolpili cberubini quasi uomini che sta-
vano in piedi. Cib forse polrebbe ammetlersi, se quelle figure anziche avere
aspetto di cherubino non appalesassero spesso forme e movenze abbiette e
quasi marcbiatc di riprovazione. Perche poi non sarebbe lecito opinare che
in quell' uomo tanlo incurvato dal peso, si bramasse mostrare il poter tem-
porale soggelto alia Cbiesa, e dalla Cbiesa scbiacciato ogni volta che volesse
ribellarsele ? Mi crebbero un tale sospetto due di cosi fatte figure a sostegno
di colonne, che stanno nella cattedrale di Worms, le quali non rappresenlano
gia due volgari scbiavi, ma invece due re, giacche vanno cinti entrainbi di
corona. Piicordiamoci che a Worms fu concluso il concordato per le inve-
stiture fra Arrigo V e Callisto II nel 1122, e ricordiamoci del pari che la
parte di quella cattedrale ove scorgonsi i predetti re oppressi dalle colonne,
fu compiuta sul finire del secolo duodecimo. In quale altro paese meglio cbe
a Worms poteasi conoscere quanto il potere dei principi avesse dovuto cur-
varsi sotto quel de' pontefici ? Ben e vero cbe in quel famoso concordato il
vanlaggio fu tutlo del poter temporale. allesoche 1' imperalore non recedette
da nessuna delle sue pretensioni ; ma e vero cbe la Cbiesa doveva per esso
tenersi paga di essere cosi rimasla libera nelle cose spirituali. c di avere
scosso quell' apparenza di soggezione cbe la gravava colanlo.
Meditando per altro pazienlemente sulla esposta congetlura e procu-
rando rincalzarla coi fatti. uno me ne corse all' occbio da non molto, il
quale mi obbliga a modificarla in alcuna parte, giacche e tale di per se da
manifestare chiaramente come quei leoni si tenessero, quando cominciaronsi
ad adoperare nelle chiese, come un segno augusto di religione. e non gia
come un' abborrita immagine de' perseculori della Cbiesa. Sla in S. Zeno
maggiore di Verona un altare cbe per lo stile non mi par posteriore al line
del duodecimo secolo : in esso le colonnette vanno sorrette da animali acco-
sciati nel modo gia accennato. L' uno di essi e un leone alato il quale, invece
di tenere fra le zampe una serpe, un vitcllo od un soldato, come quelli cbe
gia indicai, custodisce il libro del vangelo di S. Marco, su cui da una parte
sta scrillo Angelum meum, e dall'altra Evangelium secundum Marcum ecce
DEL NOR. PIETRO SELVATICO ESTENSE J rj i
mitlo. L' altro e un torn pure alalo, che del pari posa le zampe sopra un
libro aperto ove leggCsi : Initium sancli evangelii secundum Luc am. V.
chiaro che volendo con questi due simbolici animali alludere ai due evan-
gelisti Marco e Luca, si bramo far conoscere non poler essere 1 altare meglio
guardato che da due Ira i principali bandilori della parola di Gesu Crislo.
Questo solo fatto non basterebbe per certo ad avvalorare 1 opiniune che i
leoni volessero indicar sempre gli evangelisli o i guaidiani delle verita reli-
giose : ma parmi sia bastante a dimostrare, come quegli animali non allu-
dessero altrimenli ai nemici della Chiesa, ma piuttosto ai difensori dilei. Cio
mi sembra si possa argomentare anche osservando i due leoni che stanno
mi I la porta della stessa basilica di S. Z,eno. e ^rli altri che reggono il pronao
della caltedrale Veronese, i quali tengono fra le zampe una testa mostruosa
die si direbbe appartenere ad un essere diabolico : lo che potrebbe assai
facilmente voler significare come il leone sia simbolo della Chiesa. la quale
debella le male arti di Satana. Forse non sarebbe fuori del ragionevole il
pensare che i predetti leoni si collorassero nel medio evo dinanzi alle porte
delle chiese per quclla stessa ragione per cui gli Egizii, gli Assirii e i Per-
sian!, e sopra tutto gl Indiani (44)> '■ ponevano nei loro tempii, vale a dire.
perche fossero quasi custodi de' sacri ricinti. Era nei popoli antichi la falsa
opinione che il leone dormisse co^li occhi aperti, e quindi ne consideravano
la immagine come il simbolo piu conveniente a denotare la vigilanza sacer-
dotale, che ha mestieri di slarc sempre desla intorno alle cose di religione. I
cristiani possono aver applicata anche questa idea al loro culto. senza temer
per nulla d urtare nel paganesimo o nell idolatria : giacche sapevano come
il leone fosse simbolo di un evangelista, e, secondo S. Dionigi 1 Areopagita,
il principale fra gli animali mistii i ed indicio del lume dwino. A chi oppo-
nesse poi che i cristiani difficilmente potevano aver modo di andar ad imi-
lare codesti leoni nell' Asia e nell Africa, risponderei che fmo dal tempo di
Giustiniano erano frequentissime le comunicazioni fra i raonaci )
L' uso per altro di codesti leoni dinanzi alle porte delle chiese non si
ferma col duodecimo secolo, ma continua nei due susseguenti, perche ne tro-
viamo esempii cosi nell' abside come nelle porle latcrali del duomo di Trento
edificato da Maestro Adamo d' Aragno nel 1212; e nella cattedrale di Lodi
il cui eslcrno appartiene alia meta del secolo quarlodecimo, ed in S. Lorenzo
di Vicenza, opera egualinente di quella eta, ed in altrc chiese ancora che
torna inutile qui nominare. Col progredire de' tempi poi e da credere che i
predetti grift e leoni, da simbolici ch' erano si tramutassero in ornamentali.
E forse non altro che come ornamento gli adoperarono, e ^Nicola Pisano, sotto
gli eleganti quanto preziosi pergami di Pisa e di Siena, e i nnmerosi scultori
di sepolcri die fiorirono nel decimoquarlo e decimoquinto secolo, i quali as-
sai di frequenle gli usarono a sorreggere le arche mortuali. Anzi abbiamo
buona ragione di credere che anche nel diiodeciino secolo si usassero spesso.
non altro che come un bizzarro fregio ; imperocche il citato Teolilo Monaco
ove parla degli ornament! da porsi agli scrignetli d' oro e d' argento, dice
cbe gli artefici erano soliti scolpirvi leoni e grifi nell' alto di soffocar pecore.
o qualunque altra cosa lor talentasse. la quale ultima espressione mi pare
dimostri cbe scnso simboliro in essi non contenevasi (4^).
Raccogliendo le sparse fila del mio discorso in una conclusione che
DEL NOB. PIETRO SELVATICO ESTENSE >gil
forse da un pezzo, Signori, desiderate, parmi resti dalle precedenti osservazio
ni provato :
i." Che la scullura ornamentale dal terzo al settimo secolo dell era, fn
per la maggior parte simbolica, e che se alcuni di queisimboli parevano tratli
dal culto pagano, avevano per altro il loro soslegno nelle sacre scritture.
'2." Che non era da cristiani considerata cosa erelica oe colpevole segui
tare I architettara del gentilesimo in tutte quelle parti in cui mostravasi sola-
menle ornamentale, e non richiamava con simulacri special! il culto di qucsto
o quel inline.
3.° Che dopo il settimo secolo la simbolica ornamentale cristiana si al
lenta. e da luogo alle rappresentazioni storiche attinenti alia Bibbia ed alle
a/.ioni de'santi; senza pero clie gli emblemi inconteslabilmente sacri ccssino
(I essere adoperati lino alia meta del deciraoquarto secolo.
4-" Che la maggior parte degli auimali e dei ghiribizzi di cui riboccano 1
capitelli ed i fregi delle chiese dal 110110 lino al duodecimo secolo, non sono
ne simboli di eresia gnostica, ne rappresentazioni del culto d Odino, ne em-
blemi strettamente sacri, ne accidentale capriccio degli architetti ; ma invece
rozza imitazione 0 delta anlica architettura di Roma. 0 della romano-crislia-
na, 0 delle fantastiche drapperie che decoravano le chiese.
5.c Che se pur v' hanno nelle chiese dei quattro secoli sopra 1m1ui11.it i
alcune rappresentazioni veramente simboliche qucste sono gli auimali degli
evangelisti, alcune scene che alludono all immortalita deli'anima cd alle ten
tazioni del demonio, ovvero ai mesi dell' anno ed alle stagioni. e finalmente i
leoni ed i grifi che SOStengono colonne dinanzi alle chiese.
Quando pure mi lossi ingannato ne miei ragionamenti annua non repu-
lerei aver lalta cosa disutile interamente. se le ricerche mie potessero al
uieno porre gli Studiosi della architettura del medio evo. sopra via meno in
certa per giungere alio scioglimento di una Ira le piu intricate quistioni della
storia dell arte, come e quella che concerne i misteri della Simbolica. 1 quali
misled, per quanto awiluppati di arcane forme e di piu arcani seusi. pure
sono 1' opera del senno dei nostri padri, pure sono veste di religione augusta.
Vol.Il
;>t)4 INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, F.C.
pur trassero dall' Italia 1 origine e Io sviluppo, quindi a noi tutli parer deb-
bono venerandi, perche sacra eredita di maggiori. Sarebbe pur belln se nella
piu famosa citta del inondo, nell'unica Roma, ove adcsso prospera fiorenle
un Istituto di classica archeologia, unaltro ne fosse ove Ie antichita del medio
evo si studiassero con accurate indagini, con ricerche pazienti, con qiieU'amo-
re che dee portarsi alia terra benedelta ed infelice cite fu maestra di civilta
alio slraniero. Piu bello ancora sarebbe se quei simboli che fregiano le
primitive basiliclie. quelle cbiese clie i cristiani disposero conforme ai bisogni
del loro cullo ; quelle chiese die il grande Brunelleschi sludiava ed einulava
nelle eleganti moli di S. Spirilo e di S. Lorenzo in Firenze, fossero guardate
dagli architetti presenti, nonsolo senza disscnnati dispregi, ma cou quella rive-
rente altenzioue che cerca nei inonumenli, alzati piultoslo dai popoli die dagli
individui, ilprofondo pensiero che gli origino. Forse allora scoprirebbero che
in quelle semplici disposizioni basilicali e meglio provvedulo al rito cristia-
uo che col piu sontuoso terapio alia greca ; forse allora si accorgerebbero
clie in quegli selierniti simboli. marchiati adesso di barbarie, in quegli archi
"irati sulle colonne, segno all' ira de" prerellisti, sta il germe di bellezze vigo-
rose, le quali altro non aspettano clie una maggiore perfezione della forma ;
sla la scintilla di novellc creazioni non nieno venuste delle greclic e delle ro-
mane, e di queste piu proprie a staccar 1' animo dalla creta. Se la mile ilarila
del clima e del sole, se i piu vivaci impeti dello spirilo, se gli affetli, le Iradi-
zioni, i custumi d' Italia, fanno men convenienli alle chiese nostre, o menu
comprese dal popolu quelle maestose arditezze della cattedrale archi-acuta che
lanto valgono a sollevare lo spirito dalla terra, a lanciarlo piu puro e piu
libero neU'iminenso pensiero del cristianesimo, la morte el'eternita, almenu
prufittiamu di quei primitivi concetti rituali e simbolici, che sono pure tutli
ilaliani, e clie, serbando molte parti dell' antica architettura, le convertirono
e ri^enerarono, sicchc ne uscisse espressione strettamente conforme all in
nuvata societa cristiana. Siamo ridotti, miseria lamentevole delle regole, a
dover porre il corintio lanto sulla facciata di una chiesa clie su quella d' un
leatro ; ad usare la stessa loggia jonica cos'i per un Iribunale clie per un
palazzino campestre ; ad invenlare i cimiteri cristiani al modo degli Egi-
HI I. NOB. PIETKO SELVATICO KSTENSE 3g.)
/.ii. dei (iicci c di ;illi'i popoli (lie avevano rehgione e funerali different! dai
nostri. Siamo pari ;i colui che di una lingua conosce pochissime voci, e
quelle vuol che gli scrvano ad ogni caso: e chiaro che all intenzionc devt
mancargli la parola, quindi mostrarsi incompiuto, infiacchito o falso il pensie
to. Ove (H.i N.ipoli alzo quel suo dispendioso quanto freddo S. Francesco ili
Paola : ove Parigi profuse milioni nella Maddalena, iinmaginatevi invece, o
Signori, le hasiliche di Santa Croce e di Sant'Agnese a Roma, di S. Apollina-
re in Classe a Ravenna, di S. Frediano a Lucca, ornate di musaici condotli con
quella rara perfezione della forma cui giunse inalcuni luoghi, e spccialmente
a Roma, quell arte sovrana. Immaginatcne gli ornanicnti cd i simboli. non piu
rozzamente scolpiti, come nei primi secoli dell' era , ma lavorati con quella
eleganza <• quella (oceanic espressione che sanno dare alle opere loro un Bar-
tolini. un Tenerani, e questa luce della veneziana scultura. Luigi Ferrari. Ri-
vestitene le ampie finestre di vetri armonicamente colorati. attraverso i quali
il sole avvivi di magiche tinte religiose storie. e spandendo 1 iride per le \olle
del tempio porti 1' animo a meditare fuor della terra. Doratcne gli arclii e le
cupole, come nella basilica insigne die questa regina dell' Adriatico eresse
con le reliquie della greca e bisantina magnificenza, e ditemi clii piu brame-
rebbe vedere alzata una chiesa ad imitazione del Panteon '.'
[Lelte il 3o Mario 1845 1
> O T E
(i) Giulio Cordero da San Quintino. Ragionamento sopra f arehitettura longobarda. Brescia, 1838
— I Hope, Histoire de I' architecture, traduite dt t anglais par Baron. Bruxelles, i83g, due vol. in 8.'
(_:) Hope, Op. iii. pag. 223 e seg.
(3) Defendente e Giuseppe Sacchi: Inlorno all' arehitettura simbolica civile e miliiarc usata in lia
lia nei secoli f I, 111, fill. Milano, 1828, in 8.u
(_,) Caeterum in claustris coram legentibus fratribus, quid faciat ilia ridicula monstruositas, miru
t/uaedam deformis formositas, ac formosa deformitas? Quid ibi immundae simiae ? Quid feri leones
f/uid monslruosi centauri ? Quid semi homines ? Quid maculosa? ligrides ? Quid milites pugnantt i - Quid
lenatores tubicinantes ? Videos sub uno capite mulla corpora, et rursus in uno corpore capita mulla
Cernitur hint in quadrupede Cauda serpentis, illinc in pisce caput quadrupedis. Ibi bestia praefert equum,
capra trahens retro dimidium; hinc cornulum animal equum gestat posterius. Tarn mulla denique, tam-
que mira diversarum formarum ubique varietas apparel, tit magis legcre libcut in marmoribus c/uam in
codicibus, totumque diem occupare singula ista mirando, quam in lege Dei mediiando. Pro Deo.' si /ion pu-
del ineptiarum, cur vel non piget expensarum ? — S. Bernard. Apologia ad Guillel. S, Tlieodor. Ab.
Tom. I, i.ip. VII, col. 53y dell' ediz. di Parigi, 1690.
(."») Atenagora, I.egat. pro Christ., cap. XXIV,
(6) Cod. Theod., tit. -V, lib. .YI.Y. De pag. sac et tempi.
(-) Theod. lect., Excerpt, eccl. hist., lib. I, cap. XV. — S. Leon, apud S. Julian. Daraasc. De imagini-
bus, Oralio terlia. pag. 3b8-3o-.
(S) Exodus, cap. XX, vers. 4, ;"., -3.
(9) S. ('.loin. \lc\. Pedag., lib. tertius, cap. II. — Tanto pensavano cid 1 pi inn cristiani die ncl Con-
• ilio ill lllibcros, trnulo ncl 3o5, e ilclln Placuit (picturas) cue in eeclesia non debere, tie quod colilur , 1
adoralur in parietibus depingatur (Cone. Illib. can. 36). Queslo decrelo, di cui si fecero gran puntello pli
iconoclnsii. In il soggctlo d' interminabili disi ussioni.
(10) S. Paul., Ad Corinthios, epist. I, cap. I, vers. 22, 23. — Irnob., Adv. gent. Lib. I. lol. .1 e -..
cdizione 1 j.,2. — Lactanlius, Div. lsl.,]\b IV, cap. XIV.
098 INTORNO ALLA SIMBOLICA FIGURATIVA ORNAMENTALE, EC.
(11) Rumohr, Italienische Fozschungen. Berlin, i83i. Dril. Theil. fol. i65.
(12) Monges, Dictionnaire (? Antiquites, etc. l'Encyclopedic methodique, art. OrpMe, Orpltiques.
(i3). Euscb., Luu,l. Const., lib. XII, cap. XV. — Arringhi, Roma sol/., lib. VI, cap. XXI, tomo II,
pag. 56o. Fed. Borrom. De fuel, sacra, lib. II, cap. I, in Symbol, lilt, medii aevi, nel lonio VII dell'ediz. 1754,
pag. 4'.
(i4) Si possono vedere figure per gran parle sintili a quelle del buon pastore crisliano, nellc tombe
de' JNasoni c di Publio Celio Sabino, pubblicate dal Mabillcm (Mus. llal., lom. I, pag. 223). Puossi affermare
che il tipo di qucsta rapprescntazione rimonta all' anlichita ellenica, percbe trovasi in Pausania die Calame
abile scultore, aveva latto a Tanagra la figura d' un paslore con 1111 animale sulle spalle. Lo slesso Pausania ci
racconla cbe in quest' ultima citta il giovinc piii bello la percorreva portandosi una pecora sulle spalle. Calpur-
nio e Tibullo ci porsero ne' lor versi questa gentile immagine dell' innocente vita de' campi.
(i5) E\ang. S. Joban., cap. XV, vers. 11. Al verso x6 dello stesso capo aggiunge : el (oves) vocem
meam audient el /iel unum ovile el units pastor.
(16) El cum invenerit earn, imponit in humerus suos gaudens. El veniens domum convoeat amicos
el vicinos ilicens illis . congratulamini mihi quia inveni ovem meam, quae periebat. S. Luc. cap. XV, v. 5-6.
(17) S. Matbeus, cap. X, vers. 16.
(18) Defendente e Gius. Sacchi, op. ci/„ pag. 1 53
(19) Id. id.
(20) Ezech., cap. XVII, vers. 3-7.
(21) S. Johan., cap. XXV, vers. i-5.
(22) S. Matb., cap. X, vers. 16.
(23) S. Joban., cap. I, vers. 2q-36.
(24) Apocal., cap. V, vers. 5-8.
(25) Id. id. vers. ,4.
(26) Isaia, cap. LIU, vers. 7
(27) Certo Anselmo Costodono, nionaco camaldolese scrisse un'operetta col tilolo DelPesce simbolo <'i
Crislo presso gli antichi crisliani, ed e lavoro ricco d' erudizione ; ma piu pregcvole assai e quanto detto iu-
torno a cosi fatto argomenlo I'Ab. Polidori in alcuni bene svolti arlicoli inserili nel Giornale L'amico catfolieo
(28) Terlull., De Baptism., cap. I.
(29) Beda in Job, lib. I, cap. XII.
(30) E da avvertirsi per allro cbe gli artisti cristiani usarono il pesce tanto per indicate 1 redenti cbe il
Rcdentore, come ne fa sapere con pensata critica il dottissimo Polidori nel citato lavoro. Le stesse cinque lei
tere ond' e composta la parola IX0TX, considerate come iniziali di altretlante parole, trovaronsi nell' idioma
DEL NOIl. PIETRO SELVATICO ESTENSE ^99
gi-cro, atlc a licordarc .1 11 ', Ic .1 lalurc e h qualila del Salvalore.— II vale Polidori prova ciu m
passo di Oltalo Milivctano c piu col segucntc di S. Vgostino I), Civ. Dei, lib. XVIII, cap. Will, die pii 1
limpidamenlc II fallo Graecorum quinque verborum quae sunt \»7:ii Xhh:, G;;J Tic: Ztirnf. quod est Inli-
ne, Jesus Christ ul Dei/ilius Salvator, si primal litlerai jungas erit IX6TE; idest piseis, in qua nomin,
mystici inlelligatui Christi ( .\mic. Catt. lorn. I, pag. 225).
(3.) Osca, cap. XIV. vers. 3.
(32) A meglio cliiarirc qtiesla specie di ron'i.sponili'ni'.a siinlmliia Ira i qui imlirati awt'itimenti d< II an
ic. 1 con la nuova leggc, gli scultori usavano spesso effigiare still. 1 frontc de1 sepolcri cristiani, da mi lain i falti
dell'anlico testamento, dall' altro quelli del nuovo chc venivano dai primi allegoricamentc espressi. Sc nc pos ,o
no vederc frcqucnli gli escmpii nelle voluminose operc dell' Arringhi, dell' lllcgranza, del Boldctlt, del Bot.
'.11 1, eci . ecc.
(33) S. Dionig. Yrcop., De Celesti Hyerarch., cap. II, pag. i5-i8 ;cap. W , pag. ij_- cseg. — Epist.lX,
Tito Episcopo, pag. 6ii,cdiz. di Vcnczia, 1^55. Sunn pure da vedersi le erudite annolazioni del Cordcro ai
pa.s.si i ilah, ove da buonc indicai Lorno alia simbolica ligurala in corrispondenza 1 "n le sacrc scrillurc.
I. in, in 1 In' molli lengono i^ti scritti .li S. Dionigi come opera del vesi ovo s,,,,.,i,, , |„. viveva ncll'ollavn secolo.
(34) Com il. quinixest. in Trull... ■aim,,. LXXXII.
(35) (hi apparisrc ancor pii'i chiaranientc dai bassirilicvi rozzissimi 'In- slanno sulla racciala • 1 i S. Z™
in \'crona, ove Ic composizioni storichc oil emblcmalichc porlano iscrizioni die ne dichiarano il sciuo, nicn-
,ir i fregi ni'ii.niiriiiali, per quanto bizzarri sicno, non sono a, < oropagnati da ncssuna parola. I! Persi, 0 1 ipor
n, mill' quelle iscrizioni nella sua Guida. ferona , l„ sua Provincia. Verona i838, pag. , , ■ .
(36) Tcoph. Mon., Libri Ires, sen diversarum allium schedule. Lulcliac Parisiorum, 1843, n ,
pag 192
(3-) Teopli. Mo..., Op. oil. pag. 244.
(38) S. Yslcrius, HomcVia de divit, el Lazaro, pag. 3f +
(3.,) Aiulir E. David, nella Histoire de hi sravur, au moyen E
F
DELLA FORMULA
Ev \
ESSENDO l\i;,i FUNZIONI [MERE 1)1 IM MEDESIMA VARIAB1LE
COXSEDERAZIOXI
I ) E L P R ( ) F. ( . A S 1> A II E M A I N A l\ D I
-odd CORRISPO.NDEME
J^.i leoria delle Irascendenti clliltiche ed abeliane, maestrevolmente col-
livata da I)' Alembert. Fagnani, Eulero e Legendre. mirabilmente promossa
dai sommi analisti Abel e Jarobi. e clie vr> tuttora perfezionandosi per opera
degli illnstri geometri Liouville, Hermitte ed altri, forma in oggi la parte
pit) elevata del calcolo integrale delle funzioni. Sulla integrazione delle for-
niule irrazionali di ordine superiore, non Iroviatno che poche memorie di
Eulero, Rumowski e Lcxell, inserite negli Atti delle Accademie di Pictro-
burgo e Berlino, e qualche cenno nella classica Teoria delle Irascendenti
ellittiche di Legendre: lavori che riguardano alcuni casi particolari, nci quali
generalmente possiamo togliere la irrazionalila con le trasformazioni gia note.
Nella presente memoria offro il risultamento ill alcuni studii intorno alle fun
zioni irrazionali del lerzo ordine. intrapresi seguendo il metodo indicato da
Abel con le parole seguenti : Dans le calcul integral, uu lieu <1>' chercher. a
f aide dune espece de tdlonnement et de divination , d inte'grer les fortuities
differentielles, il /nut plutot chercher. s il est possible, de les inte'grer de telle
I'ol.II.
4.02 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA ~T= , EC.
' Ey'i '
ou telle maniere. » (Abel, ClEuvres. T. II. pag. 1 85). In queslo mio lavoro indico
primicramente. conic la integrazione della formula generale si riduca a quella
di alcune elementari; di poi, esaminate 1c varic forme clic pub assumcre 1' in-
tegrate generale, determino le condizioni richieste da quella trasformazione,
c sono per tal maniera condotto a molti integrali, clic credo fmo ad ora
inosservati.
1. lndieliiamo coi simboli F(.v), E(x), -i(x) tie funzioni intere di
una medesima variabile x e poniamo / -f(T) = r.
Tutte le volte che fosse data ad integrare una funzione intera di .t e r.
cioe una funzione della forma
D-\-Ev-\-Fs-
ove A,B...F rappresentano funzioni intere di x. indicate con Bs, 6,
le radici cubiche immaginarie dell'unita, se moltiplicheremo i termini di
quella frazione pel prodotto
•E(,:f
il risultamento si ridurra alia somma di tante funzioni della forma _,, ,, le
quali resteranno ad integrare.
Cm.
2. Supponiamo che la funzione j dx sia algebraica intera ri-
spetto ad x e v. jiel che dovra essere
f
I^-dx^P+Qo+R,
ove P.Q,R. indicano funzioni intere di v. Differenziata quella equa-
zione si ottiene
DEL PROF. GASPARE MA1NARD1 4°^
essendo ly , . U ,,..., — = TT''-"r_:"~ 17 p
\MIIII) llllllllll
ossieno
Integrate queste equazioni, raccogliarao dover csserc
E(x) — i , J° = costante, () e = costante
ed avrcmo
' J m
(i) / ±£Ldx = Rp*+ cost.
quando sieno E (x) = i, F (.r) = 4- 7T-h ~ R *'.
3. D' ora in avanli indicherb con le scritture gr.F(x), gr* i
gradi rispetto ad x dei polinomii F (.r), •}■ (.r) . . .
Intanlo per le equazioni (i) vediamo dover essere almeno
gr.F(x)=gr*(x) — i
Se poi vi poniamo
R = i , -i=a t a.x ta x~. . . -f- oi' ....-(- o, x"
3
(fl) /2anA4__-f- (rt— l) «„_,A„_2H-...-+- 2 rt=A,-(- aiAo=:- c;-i- cost.
•,fi
dx ed /• intero positivo.
Supposto m = -z,R = x-}-Ai, si ottiene
(t~t-mn) anAn-\-({l-\-mtn — \ )a.,_i-j-mna,r/ i)A,._t...-j-i i-\-mr)ar-^-m(r-*-< i _ I A
4o4 SULLA 1NTEGUAZI0NE DELLA FORMULA ~y=, EC
(l>) -+- («,-+- ma A) Ao— (x -h A) v -\- cost.
Falto R = xz-+-Ax-\-A1 avremo
mnanAn+i~\- ( i -+- mn A ) au-\- m (// — i) „_,) A„-+- • • •
-4-(i -+- mrA) a -h?n (/•— i) _-f- (/-f- i)", -^ ) '\~+~ •■■
(0
-4- ( o0-h ma A,) Ad= (x'-\- Ax -+- A ) p3-f- cost .
La prima equazione () fornisce A,]_, dato pegli integrali
\, A .... , A„_, : Supposto nella (b)
( i -+- /» (« — i)) a „_,-+- mnanA = o
ne ricaveremo A„ espresso pei medesimi integrali. Cos"i poneiulo in (c)
,,._ ( , _|_ MiJ -f-,,2 (n— i ) n„_,=o, aH_1 (i-f-m (n— i ) . ■/,) -f- m ("—a) an_x-\- mn.]jin~i>
avremo An e con lo stesso metodo troveremo A/J+1, An+3 , . . . pel che
siamo condotti a conchiudere clie : Qualunque funzione &„_„+, si puo
esprimerp vn7.ionalmenle per mezzo degli integrali elementari
A , At 4,;_„ di x e tli <\
4. Ripresa la equazione (Z>), sostituitovi il valore di Ax. e supposto
( 1 -+- mr) ar-V- m (/•-+- 1) ^ a# + = o
per qualunque intero /• avremo
__( 1 -+- m) (1-I-2 »i) ( 1 -+- 3 m) . . . ( 1 -)- (r — l ) m) ( i_y
"'— i.2.3... r V mAj "
<|iiiiuli la formula notabile
/xndx
l i-f-m (i-j-ni)(i-(-2'") j (i+ra)(i4-ara)...(i+()i — i)m) n\]
Ji-KH x'-\ 5 .r ...H ; X i
f 1 . a 1.2. o 1. 2. ... 4
( 1 -4-m)(i-f- 2 m) .... 1 1
• n m ) \ ml \ \ . 2. /
HI I. PROF. G \SI'\KK M UN \KI)I \n.)
\\ col medesimo ordine di calcolo conseguiremo la equazione piu gene-
nde i In' li<» indlcata nella Memoria intorno ad una dimostrazione direlta di
mi celebre leorema di Abel e Jacobi, pubblicata ml torao XXIII degli \ni
della Societa ilaliana delle scienze, i84j. Altre ancora piu composte si otter-
rannn col mezzo della equazione (<) c (juelle die analogamente derivano
• lalla equazione (i).
.'>. Supponiamo cbe 1' integrate I -,. d x sia esprimibile da una
funzione ili x e v algebraica frazionaria, e pero si abbia
/
I x =
i.\x) " D -\-Ev-\-Fv
ove A, It sicno luuzioni intere di .r. Indicate con '< v le radii i
cubiche immaginarie dell' unita, se moltiplicheremo i termini di quella fra-
zione pel prodotlo
il denorainatore verra Iiberato dall' irrazionale ed avremo
/
-.., dx— s
essendo P.Q.li.S. funzioni intere di x. Aline di determinarle, diffe-
rcnziata questa equazione pec x . si ottiene la seguente
ossia
' ' u/;-t-';/;+i.v-+/i.s|++l/'.';-y'Yi + r-J1nt>-(M \S— f-(>5'|
/ ,\ I i i\S ,' A > J
ualla quale derivano
PS-PS =<,. (Q'*-h^Q*')S—iQS'=o
4o6 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA TTv^ , EC.
vale a dire, inleerramlo,
P Qv
-^= costante, -^- = costante
pel clie avremo
(2)
quando sia
E{x)~S~-t v " " ' 3
y\(-iR'-h--i'R)S-*RS'\
6. Pongasi primieramente S=(.v — «)', essendo r intero positive
pel che
e siccome qualunquc funzione intera *(j?) pub soltoporsi alia forma
* (,) = *(«) + {x - a) *' («) 4- {^f *"(«) • • • ■+■ 7X^7 *%)
supposti R=i, •*• (a) = 'i'r, avremo
§^ =— L-— j („ ro_r) (*_)**„-+- ((b - i)i» - #•) (or- «)"-' •*„_, ....
C (3?) (X — n) *
-+- (2 m — r) (x — a)x*%-+- (jn — r) (x — a) -f — r •*■ j
quindi
T I (as — <7)r+,t> v / (x — ")v I (x~~a)
/d X V*
; „-+,_„ = ; 7 -+- costante
(,r — o) +' f (=5 — a)
nella quale equazione, fatto successivamente r= 1, 2,0. . . , si avranno
DEL I'P.Or. GASPARE MAIN \Hlil
/dx . C dx . fdx
-h(r/r/i— i)*. / - —dx-\ ' 1- cost.
v ' ' 1 v x — a
/dx C dx . , /" ,/,.
(.c— a)ru
(3/72—2) +
(.r «)» '
N / /; — i ■ u
(// i/i — -2) I dx-\-- --+- costante
da ( ui deduciamo che « qualunque funzione della forma
sendo r positive), si esprirae razionalmente per mezzo degli integrali
/
«•' ' i- i-
— , A , A .... a ill i t* ill . ' .
Se •+•()—<>. cioe x — r/ divisore di +(•!')• qualunque funziom
So •■{■'(«) = o. +• (^/) = o. e pero (x — a) divisore di +(.)). anclu
— -_ — —t si esprime razionalmente mediante i soli integrali. s.^-.... a
I integrale A _ c qualunque altro delle form
/■- --/-
vien dato razionalmente dai son integrali elcmentan A. a . .a _. di .i
v di ..
F
4<>8 SULLA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA T5?^ , EC.
Sc la funzione i (.r) sara del terzo grado pel che
* (x) = •*• -h (.r — o) *, -+- (.f — «) =-fr2-b (x — a) '■*■
lallo =y avremo
a; — a
j (x— ,„ -J;
/•■,.
cosicche in questo caso 1 inteerazione di qualunque funzione tt^ si ri-
(lute a quella delle due forme elementari Ao, A .
7. Aggiungero qui di passaggio alcune osservazioni.
i.° Seguendo 1' analisi usata superiormente troveremo che le riduzioni
degl integrali j — dx, j ^—3 — — si verificano qualunque sia Tor-
dine dell' irrazionale 1 .
2.0 Indicate con a„ « le radici della equazione *¥(x) = o, siccome
■i-(x)— f-i x — a,
indi ^ I , 1-— = — h costante
v r ^ _;
3.° Nella equazione (d) poniamo
/
dx / dx _ ( — 0' ''!>"
(x— «)'1-,-"i«— •* ' f (x— fl)''+,-'!+V — (r— /i-4-i)(r— n+a)...(r— n-\-i) ~da
ue dedurremo la seguente equazione differenziale
(n— i)(i_m)_r ,/r , .,' (n — /)( i— m)— r rf'j
' ] ■> ,-„+, *— ^••••-^(-I) (r-,H-,)-(r-,,-P)*'-' S'
v ' (r — /7-f- 1 )..(' — 1) da" (x—a)'
DEL PKOF. GASPARE MA1NARDI ^x)
i he b soddisfatta da y=
8. Supponiamo
f * .
J (x—a)r+'-"v
/'(') _ bu-)-blx...-\-brx
l:( i ) c, ~\-cxx. . -f-cf /
ossia
(3) ;(+ I! '-+- \ +/.') A + /LS"<(f„-Hfi.r...-f-f/)=i- (/; -^/;,i\. .-+-£,.! ')
Aflinche questa equazione sussista dive essere
t-\-%r. f H- gr. 5 + gr. /i — 1 = 2 gr. 5-f- r
ciofc gr. 5= gr. -fr-l-gr. B-\-t — r — 1
Essa contiene varii parametri indeterminati il numero dei quali e ugualc al
gr.il-r-gr.£-M-f-/-+- 1
lasciando la funzionc ■fr(.r) aiTatto indeterminata. e putendosi supporre
ct=i, ed cgnali all' unita anche i coefficient! dclle polenze maggiori nelle
fnnzioni S ed /«.
Quella equazione poi, la quale deve essere identica, trattata col metodo
dei nocfticicnti indeterminati, 0 altrimenti, fornisce molte equazioni ili rein
zione Ira quel parametri, il cui numero e eguale a
<■ pero dovra essere
2 gr. S •+- r •+• 1 non > gr. B -4- gr. S-+-t-h /■-+- 1
vali' a dire gr. 5 non > gr. R-+-/, ossia r non ...; quindi
una equazione in A del grado « — 1, che offre n — 1 radici, per con-
seguenza altrettanti valori di bo, bs. . . ; ed ancora tanle formule integrali
/
«.»• = ; 7-h COSt.
La equazione fra br, br+1, br+z moltiplicata per ( — A)' assume la
forma seguente
A2((- A)r &,) = (- A)'' J in A (r -+■ 3) a,+3 ■+- (m (r-t- 2)— 1) «r+2 j
e quindi la espressione sirobolica
i>= (- .7)-' 2 2 (- jy \ m A (r ■+■ 3) ^+3 ■+■ (w ('•-+--)- x ) ««« i
DEL PROF. GASPARE MAINARDI
Se n — 3, b — av b== ~a . A a — 2 Aa-\- 3 a ~ < >. '.', .la — 2 A 0 — a
d =
a o2 -f- f) a "
(n,; — 3 at a )
e l.i cqunzionc di condizionc
27 a >//-t- 4 ".."_' —180 «[ ^ a -\- 4 0, o3 — a, a
in virtu dclla quale avremo
/
ax , 1 -+- cost.
Se = o, 2- « r/ -+- 4 <' ± - 1 " ) ■ l> a
a,Ai—a A -i-'i a. I 3o o, {.a / - 3 a / -{-20 / — a,:=o
vale a din- — ; — = 0
e posto per brevita di calcolo a =0. il che non toglic punto alia g« nci 1
lita, avremo la equazione ill condizionc
256 o 1//— 128a a\a,-\- iG« .«;-+- 1 44" °, flz° " 1" " '•'"" ';
verificata la quale sara
/
fl.f = — - , -*- cost.
k ■ -+- . — . -.- .-r-f-^/
4i2 SULLA 1NTEGRAZI0NE DELLA FORMULA £A7, EC.
Supposti bv = o,bt = o si ottiene
/
|/(rm+i -+- m- xz -+• 1 m .v~ -f- x;)
3 v-
; h COSt.
purche sia
cosi troviamo
/•
■ 3 a%x— 1-5 -hqx)(i—m)—m^
= ±(2—p— q) jr-t- I (/,* h_ y« _ 2 *,)
e pero
/ (2— p— y) x-\-(pg:L-\- 2^e — 1_ ^ ) — ;■! f to _f_ 6_ A) c-t-A-— 3(6„ — f>,A)
//" ('-•-+- A-;( f — A; (c-)-.r) (r-(-c)
I'd integrando abbiamo
, ,.m, v, a(cH-*) — 3 (6..H- A, A) 3(&„ — t,*)- (c-f-A)
pel cht
/
(c-f-x)|/^(x-H-c)(x — A) !//;(.
(« — *)'
rf .r = -1-" -I- cost .
1 1. Volendosi r—o, t= 1, U= 1 lanalisi del paragrafo antecedente ne
dimostra dover essere p-^-q=i, e pero la funzione *'(»') del terzo
grado, e saranno p = o, 17 = 2. nel qual caso sparisce la irrazionalita, ov-
vero. ^=1^ = 1, oppure ^ = 2, y = o.
12. Ma possiamo altrimenti risolvere con tutta generality la quistione
di cui ci siamo dianzi occupati.
DEL PROF. GASPARE MAlNARDI \ ■ ■'»
f ...
Si voglia trovare la funzione ove F indica nn polinomio intero
rispetto ad .r. il cui integrate e esprimibile razionalmente per x <■ v.
Dovendo rssen-
{,!) ( f /?'-+- 1 *' R) s - * R S'= S F
siccome S=o rende l- R S'= o, sc S '= o , indicate) con // un fattore
raultiplo di S, cosicche sia S=s.p'. quella equazione si ridurra alia
seguente
(f li'-h ^i'R) sp — -i- R (s'p -+- rsp') .s // " /
Ulorache p—<> avrcmo pure f/»— o: supporremo adunquc
S = V Q .-i ■ = P V. II, R = Q N. II
essendo P. Q . . . II tutte funzioni razionali intere di x, ed // il mas-
siuio divisore comune a ■+ ed R. La equazione ( u(\i/)-^] /> \(\niy -jM\ui>i = PF
i ■ 1 1 < i i « - 1 1 1 ■ rssriido P — <> di'M' jtur cssere MNHP'=o, ed anche
MNH=o . sebbcne fosse pure P=o,
pereio dovremo supporre
P =p. q . S = p. . tj...li indicano funzioni intere di x, e si avranno
F = h \ p q h M A -+- .,' p'q h UN + jph N (q M) H- \p q h V/A]
*A j/iy/i.l/T-f-i/) v/,.]/ /V-f-| phN(q U)'-\-\p(, ' '/ \ J
/
V {p'-qh l/i
iV7/ (/; y // M )' -+- costantc
tfj
4l6 SULLA 1NTEGRAZ10NE DELL A FORMULA ^= , EC.
F(x)
che fi porge la forma generale dello funzioni ._ — il cm integrate puo
venir rappresentato da una funzione razionale di v e di x : la quale ve-
diamo dover essere intera.
J vE{x)
i3. Poniamoci ora ad esatninare se 1' integrale j ■ „ . d.i possa
venire rappresentato dal logaritmo di una funzione razionale di x e v ; doe
la possibility della equazione
/
Vj^dx = log. D+El. + Fr, = log- g
essendo /LB . . /»', »S funzioni intere della variabile x.
Quella equazione differenziata fornisce
■+- 3 j (3 + £'+ *'£) S- 3 * @ S'j rJ
la quale si decompone nelle tre seguenti
3 554 71 5= (3 * (>'-+- *' 0 5 - 3 * *S
Fix)
da eui eliminata la frazione ^— , si deducono
t(x)
\(3*R'+2*'R)S-$*RS'\Q-$(P,S-PS')P = o
II grado rispetto ad x della prima equazione puo essere 1' uno 0 f altio
nurnero gr. H-t- gr. S H-gr. (5-Hgr.*- I , 2 gr. P-4-gr. 5- 1 e quelle
della seconda
2 gl.. ^ -+- 2 gr. .9 -+- gr. •* — 1 . ovvero gr. P -+- gr. II -+■ gr. 5 — 1
DEL PROF. GASPARE MAINARD1 ^\-
II numero del coefficient! arbitrarii contenuti in quelle equazioni, lasciando la
lunzione +• (.[) tolalraente indetermiuata, e. espresso • la
(gr. /JH- gr. Q-h gr. /,'+ gr. S-h 4) - 2 = gr- P+ gr. (? + gr. A'-t- gr. S - ,
da chc le equazioni (/<) divise, per esempio, per i coeflicienli delle maggiori
potenze di .« nei polinomn S e /' conterranno unicamcnle i quoti dei
coefficient] _^_ gr. 5 „ ,
2gr.£H-gr.£H-gr.*-i non < gr. 7>-+- gr. fl-hgr. .V- 1
cioe gr. jR-r- gr. ^ -h gr. •*• non <2gr./>, ugr.^-f-gr.-f non gr.^P-t-gr^-r-gr. K ■+- gr. 5-r-*,H-a
abbiamo quindi le condizioni
(;) 2gr.£-+-gr.£-f-2gr. * non > gr. P H- * -+- 2
2gr..P non > gr. R-\-%r.Q-\-gr. ■*• , gr.P-t-gr./i 11011 > 2 gr. () -I- gr. "*
e pero 3 gr. /' non > 3 gr. (J-+- 2 gr. +
la quale condizione. sommata con la (;) moltiplicala per Ire. fornisce
•'• p1 ■ C "+■ •' gr- $~^~ 4 gr- * """ > ■* "*", ~i~ ^
Siccome si suppone almcno gr. f - :3 non puo essere + o essendo
4l8 SULLA 1NTEGRAZ10NE DELLA FORMULA ^T= , EC.
4, = c-f- rt v.. \-a/i_x"~'-i-anxn , e potendosi supporre «H_i=o, «,= i,
sara al piu * = (gr. *-h 1) — 2 = gr. *-f- 1 , e pero gr. -i- non > 3
2.0 Se gr. 7i + gr. 5-h gr. () -+- gr. * - 1 non < 2. gr. 7*-+- gr. S— 1
gr. 7> -}- gr. 71 -+- gr. S - 1 non < 2 gr. £ -f- gr. S ■+- gr. * - 1
cioe 2gr.7Jnon >gr.7i-hgi\()-r-gr.*, 2 gr.(?4-gr.* non > gr. 7J-+-gr./»
il numero delle equazioni date dalla (It) sara
gr. P 4- gr. Q 4- 2 gr. 71 -+- 2 gr. 5 4- gr. *
quindi gr. J? -+- gr. 5 4- gr. * non >2-f-*
Dnnque non puo essere ■*•, = o : Di piu siccorae
gr. R 4- gr. S non >i, 3 gr. Q -+- gr. ■* non >3gr. 7?
e pero nuovamcnte gr. •*• non >3
3.° Se 2 gr. 7> + gr. S - 1 non < gr. R 4- gr.^H- gr. (> 4- gr. * - 1
non potendosi abbassare il grado del binomio PS — PS' dovra essere
2gr./> = gr.7*4-gr.()4-gr.*
e pero ricadiamo nellc conseguenze superiormente notate.
Supponiamo ormai l- = oo4- o, r -f- o3 i'
essendo gr. J = 3, il primo caso superiormente consideralo importa che
sieno gr. Q-\- gr. £4-2 non >•*",, gr. P non > -i
2 gr. J* non > gr. 71 + 3, gr. 7>4-gr. 7j non > 3
quindi gr. ()=o, gr.iS=o, gr. K=i, %c.P=n\ ovvero gr.7)=i
Poniamo Q = S=i, R = A+Bx, P = C+Dx-+- E .r
le equazioni fondamentali
3 * TT-t- 2 * 7* = 3 P/>'. *'= 3 FT?
DEL PROF. GASPARE MAIWRltl \ \ f>
lorniscono le seguenti
3 / 1) a, . 11 D -+- a A E ... Ellr- ' a , ?, a II - i E
2 a,A = 3 E I) . 5 aB = 3 #H- 6 E C, 3 ou />' + 2 a .7 3 /; C
3o
limii a;
,ii . Ii= ~ , A— — '- E , D = — ^
i <|iiali valori sostituiti nella equazione II 1) -\- •xAE.— u conilucono alia
conseguenza assurda a a — <>
La seconda ipolcsi, gr..P = i, fc incompatibile con le altre condizioni.
Supposto come sopra gr. •*•: 3 e considerati il secondo e lerzo dei
casi possibili superiormente indicati, saremo ricondotti alle stesse conseguenze
assurde. Concludiamo adunque che 1' inleerale I -'" dx non duo venir
F vE{x) '
rappresenlato dal logaritmo . C funzioni intere della variabile x: 0t. 0 le radici cubi-
cbe immaginarie dell' unita.
Differenziata questa equazione otteniamo
■ (,/-|-fl + C,i,/-(-/;-(-C- -AB—AC—BC)+-
= j (CH-0,^'H-0,/?')(,/H-0,fl'+01C /A /'' BQ+["'!jfJf.iS-^cfic
' (C'H-^.y-t-^ //)(./ -4-5,/? -f-(«.' 9 //- 9 . /r CC)
_ o tB:—,/C)A'-\-(C- //!i/S + (./-—BC)C
v H- 9, 0 eJ)
F(x) = 3 ^'(P— .-/(>)-*-|-((>;+ _. -7/^(3 F+4-/>*')4-(-^— PQ-i) (3 (T*4- 2(H)
^ 2 ' £( r) = A1 H- P3 •*■ -+- Q' *- — 3 ^/ P Q •}•
Per istudiare le forme piu semplici dell' Integrate che si considera, sup-
poniamo che debba essere gr. E < gr. ■*• , e siccome i gradi dei termini
della funzione E (*r) sono espressi dai numeri
3 gr. ,7, 3 gr. Pn-gr. f . 3 gr. Q 4- 2 gr. *, gr .-/ 4- gr. 7J+ gr. 0 4- gr. *
affinche la seconda eqnazione (2) sussista dovra verificarsi alcuno dei casi
rhe seguono
1 ,° Se lion < 3 gr. Q-\- 1 gr. ■*■
3gr.^/=3gr.P4-gr.*
11011 < gr. A 4- gr. P4-gr. (J 4- gr. *
cioe gr. ■*• = 3 (gr. A — gr. P), 2 gr. /> 11011 < gr. Q 4- gr. A
siccome la delta eqnazione ne fornisce altre il cui numero c espresso da
3 gr. A 4- 1
ed il numero dei parametri arbitrarii, che essa contiene, lasciando indeter-
minata la funzione -fr (.1) , eguaglia la somma
gr. A 4- gr. P 4- gr. Q 4- gr. £4-4
quindi dovra essere
2 gr. A 11011 > gr. P 4- gr. Q 4- gr. E 4- 3 . ossia,
3gr./J4-2gr. * non > 3 gr. Q-h 3 gr. E-+- 9
ed in forza dell' altra condizione superiore avremo
3gr.@4-3gr.* 11011 > 3gr. P-h2 gr. f non > 3 gr. 04- 3gr. A1 4- 9
e pero gr. E non . Sc "on < 3 gr. P-+- gr.*
3gr.^ 3gr.£H-2gr.f
avremo 2 gr. . / non > ^r. P-f-gr. Q -+- gr.£ -f- 3
gr. + 11011 >3(gr. ^/— gr.P)noii >cv-r-3gr..E— 2gr.+, e gr.£non-hgr.4-
nun < 3 gr. @-t- 2 gr. +
quindi 2gr.^ = gr./,H-gr (>-i- gr. * non > gr. P -+- gr. Q -+■ gr. £ -+- 3
ossia ^rr. E non < gr. f 3
4-° Essendo non < 3gr.. /
3arr. P-f-er. +=3Kr.0H-2Kr. f
dovra pur essere
noiKgr.^-t-gr.P-t-gr.^-t-gr.^
.1 gr. Q -T- 2 gr. + -+- 1 non > gr. I -+- gr. P-f- gr. Q -+- gr. £ -1- j
Ma i» gr. I non > 3 gr. Q -f- 2 gr. •*■ , onde, sommata questa ineguaglianza
col triple* dell'anlecedente, siamo ricondotti alia conseguenza piii volte notata.
.) ". Supposto "on < 3gr.^4
3gr.P-i-gr.*=gr.^/H-gr.P-4-gr.(>+gr.-*-
non < 3gr.(?-f-2givf
siecome deve essere ancora
3 gr. P-f- gr. f non > gr. A H- gr. P — gr. Q ■+■ gr. E -+■ 3
quindi
gr.. /-.-■; i.O .!gr. /'ikmk - gr.P-f-gr. +— gr.£— 3. e gr.£non < gr. + — 3
6°. Essendo per ultimo non < 3 gr. /
4
ion < .'» err. P-f- gr. *f
4^2 2 SULLA INTEGRAZIONE DELL A FORMULA — F , EC.
per cui 3 gr. Q 4- 1 gr. * non > gr. A-+- gr. P-h gr. (J -+- gr. E-\- 3
noil >3gr. (?4-gr.*-f-gr. E-f-3
cioe gr. /£ non < gr. •*• — 3
Dunque anche col mezzo della equazione (i) non possiamo ridurre ulte-
riormente gli integrali elementari.
1 5. Si fingano ■*■ = a0-+- at x 4- o3.r3 , 3 gr. A = 3 gr. P -f- •*• ossia
gr. ^i = gr. P-f- i , e siccome gr. P non < gr. Q -+- i , porrcmo
gr. () = o , P—g-\-hx, A — d-\-e x -\-fx2
Avrerao quindi
E CO = (/3-r- "./<- 3 «;/// 04- «;0) .rf4- 3(e/4- a3#A - o&fg-h eh)) x
4- 13^/ -f- 3/e ■'-+- «// -t- 3 a Jig — 3 0 (tf /// + a3(# -+- //)) 4- 2 a ,(} |.r;
-+- \bedf-\- e' 4- aji 4- 3 agff-h a^— 3 0 (a0/fi-\- a,(/g -+-eh)-\- a3dg)
-+- 2 oo fl3 @3j .r1
-+-j3/<74-3e •'d+'Sajh;-\-DaJig2—2Q(oi{eg-\-(l/i)-ha<(/g-heh))-\-a["Q''\x'
4-j 3 ed2-h 3 aahg-+-atg— 3 0 (a^ d-i- ao(eg-h dh)) -j- 2 aaffix
4- (d' 4- «„£'3— 3aogdQ-\- a; Q)
F(x) = 3 o,(^A/- eAH- e/0 - fl3# (>) ■*'
-I- ) 'Sfga- 3 ehga.-v- 2 ajh — 6 a y///4- 0 (6 a3d/4-3 a3 e2— 4 «,/0
-+- 2 fl_ uliQ \x'
-+- 1 « /# // 4- 3 aJK— at e h — 9 a3A dg-4- 0 (9 o3e d—&a0f— 5 a/e)
+ o3 0 (3 a A — 4 «, #) I •'•'
4- J 5 g/^"4- $ajgh-+- aegh ^adh—'Sa/ig — 'hQi$aef-±iadf-V a/)
-hQ" (3 aoahg-+- 4. a' h)\xz
+ 1 6°0/# 4-3aoe#A— Zajlh 5adgh+ iafig-\-Q{aed— 3o"/— 6aoJ/)
-\-Q ^aaji — a; g) \x
4- 1 3 «oe / - 3 oo/i rf#- fli(//+ 0 (2 a, J '— 3 o, «/) 4- Q^arh- aatg)\
DF.L PROF. GASPARE MAINARDI \ ■>.',
Siccome le funzioni E (.r) . F(x) contengono s
<■ conseeuiremo mi inteexale particolare drlla forma I — espresso
i /■ — a) i '
mediante gli inlegrali elemenlari \, ± ; e due funzioni, 1 una algebraica,
I altra logaritmica di x e di c.
Prima di intraprendere questi calcoli notiamo che.
supposti iiz=o , e = o, eguagliati a zero 1 coefficienti delle maggiori
potenze di .1 del polinomio E(x), >i oltengono le equazioni
gh — Qg/= o, d/-h 3 a , hg — a Q dh — o. f'-h a, h-h a (J :\ a fh (J= < >
a, It -f- u,, g' — 3 Q {a0fh -t- a , J#) -f- 2 a, , a O' = o
quindi
E (.r) = 3 (/(/ 4- a0^A O flo gf ) a-'H- 3 oo // (/ d 0) .t
-f- (d -f- c0 # 3 a0^ Q ■+■ a0 ' Q )
Sc g •= D. abbiamo / a3hQ—o, /ah. siccbe, falto ///.
ne vengono J—mh. Q= -
E (.?■) = j w // r/ .1 3 a
quindi Q = o. h = d—j=o e pero
/(l> (7, X+iO ) 1! X
= log. (i> — mx) -+- 9 log. (6 v — mx)
-t- 02 log. (^ v — III .[)
iG. La formula (j) ci fa presentire la seguente, ancora piu notnbile,
~^~ —=y,9\os.(.v -hO .v r-f-9 \v r-K...-t-0 . in- 9 . t> )
t/(ao-{-x») f^ r * ' '" r ' '
in cui 9 . 9, . . . sono le radici 11 esime dell' unita ; la sussistenza della
quale si verifica non difficilmente. Eulero nel tomo X dei nuovi Alti dell' I.
Accademiadi Pietroburgo, notava la integrabilita di quella formula, ma indica-
va solamente il modo di toglierne la irrnzionalita col porre x = gt „-\-x".
{Presenlale il 29 Maggio 184M
I N D I G E
DELLE MATERIE CONTENUTE IN OUESTO VOL! Ml.
Avvertimenlo l);in- %
Elenco dei Membri nVII'I. 11. 1 >l i t u 1 «> "N »• n < ■ l<> vii
HI Men; II III I Ml Ml.l-.l I I I I I I l\ I .
Del metodo e delle avvertenze che si usano ml I orto botanico di
Padova per la cu/lura, fecondazione e fruttificazione del/a I ani-
glia, del Prof, HoIkmIo de Visiani 3
Sulle. caverne delle provincie venete , del Prof. Tommaso Antonio
Catullo 19
Dell efjlusso dei liquidi dai vasi di rivoluzione, del Prof. Domenico
Turazza , y>
I // facile criterio e qualche semplice regola per procedere con esat-
tezza nella livellazione lopografica, del Prof. Carlo Conti. . > iji
Descrizione di una macchina a disco per la doppia elettricita, e delle
esperienze eseguite con essa co/nparalivaraente a quelle dell elet-
tromotore volliano, del Prof. A1j. Francesco Zantedeschi . . 171
Qsservazioni sull ordine delle serlulariee del/a clause a3q
Esame di una Memoria del sig. Bujjf intorno alfelettroforo, e sulla
migliore costruzione di questa macchina, dello stesso ■> 25i
Dell Achilleina e dell' acido achilleico, nuovi principii immediati vege-
tali rinvenuti nel millefoglio, del Sig. Bartolommeo Zanon. . > 261
Ricerche sopra il coloramento in verde delle branchie del/e ostriche,
derivante dal rarne cli esse contengono, del Prof. Bartolommeo
Iiizio " 27 7
/// quale siato entrino e si mantengano i germi contagiosi nell' essere
organizzato, del Sig. Ginlio Sandri > 2q3
Del processo del pensiero verso la unita della scienza, del Dott. Giu-
seppe Bianchetti » 3oi
Sull' uffizio della lelleralura nelle adunanze accademiche, del Dott.
Girolamo Venanzio » 3ao
Sul movirnento di un liipiido che discende in nwdo perfettamente
simmetrico rispello ad un asse verticale. del Prof. Giusto Bella-
vitis 1) 33g
MF.MORIE DE SOCII CORRISPO.NDE.NTI.
Intorno alia simbolica figurativa ornamentale nelle Chiese cristiane
del Medio Evo e specialmente in quelle dei X, XI e XII secolo,
del Nob. Pietro Selvalico Estense ,'iGi
F
Sulla integrazione della formula \Z essendo F, E •*• funzioni in/ere
di una medesima variabiles del Prof. Gaspare Mainardi . . > 4°'
C 0 it It E Z I O N
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architetti
architetti
S. Maria in Valle, opera
S. Maria della Purificazione
terzo dei Re
terzo dei Re
eredita di maggiori
e rigenerarono
Santa Croce
leggasi
Boisseree
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vale a dire pin clie Aui- secoli
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cennate, nei cliiostri
Santa Costanza
rd in molli sepolcri
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cristiani, a sostenere
artisti
artisti
S. Maria in ValleaCividale, opei
S. Lorenzo fuori le iniira
priuio dei Re
primo dei Re.
eredita dei maggiori
le rigenerarono
Santa Sabina
Aggiunta.
pag. -j.:< tin. 23 Anche li Retinesi scelsero a loro dimova le caverne, dopo die iucendiata
aveano !a loro cilia, gia presa per assalto dai Romani (Dione Cassio, lib. LVI) :
ed e poi certa cosa clie le niolte caverne della Dalmazia servirono di abituale
dimora agli abitanti spa\entali dalle rnlierie degli Uscocchi. Quest" ultima ecc.
Memorie ,1M I H 111
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