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GIOVAIVIM DOME!MCO !>ARDO I N T R 0 D U Z I 0 N E. llletto del mare Adriatico sta in rapporto geologico colle catene dei monti clu; lie circonscrivoiio 1' intiero bacino, ma le gibbosita, gli avvallameiiti cd i piani subacquel influiti furono e lo sono altualmeiite dal concorso del fiiimi e dei torreiiti, i quali promoveiido trasporti e sedimenti di differente natura. iie modificarono e iie modificaiio, a seconda anchc dclle varie correnti marine. 1' antica superficie. dando formazione a quelle estensioni di suolo soM-apposlo ■die roccie antiche, che si legano coi monti del continente. Tali estensioni di terreno in parte si osservano asciutte. piu o meno al di sopra del livello del mare, come il suolo montano, le pianure, il ti^-rreno colti- vabile, e la spiaggia, ed in parte trovansi piu o meno al dissotto di esse livello, e costituiscono le lagune ed il fondo del mare. Quelle al dissopra del livello del marc, che mostransi sempre maggiori dal lalo del bacino, dove fiumi o torrenti confluiscono in maggior numero. sono composte da sirati di terriccio, argilla, marna. sabbia. ciottoli, od altri sedi- menti di vario genere, diversamente distribuiti e sovrapposti a seconda delU' tante cause che successivamente possono aver avuta parte ncU' alterare la loro posizione primitiva. Quelle sottoposte alle acque del mare costituiscono varie sorta di foiidi, i quali per tratti piu o meno lunghi e con qualche regolarita di VI. 4 2 OSSERVAZIONI SUL POTERE AGGREGATORE DEL FERRO, EC. (lisposiiione presentansi arenosi, arenoso-argillosi, argillo-fangosi, calcarei, e calcarei misti dl sabbia c di argilla, e di ammassi concliigliari o di altri corpi marini. e sono di maggior o minor potenza, secondo le slliiazioni e le di- stanze dai litorali, ed il numero e potcre delle cause influenli alia loro forma- zlonc, che, come dicemmo, sono la confluenza de' fiumi e de'torrenli, le correnti soltomarine, ecc. Xon e pero che le dilTerenze del fondi accennati slleno solo nel vario ge- nere delle sostanze che 11 compongono, poiche osservansi altres\ variazioni di coesione nei varj matcriali di cui sono formati, e certe croste od ammassi di svariata estensione, die a prima yista si manifestano per un agglomeramento dei materiali medesimi, faltosi piii o meno rapidamente in seguilo al loro tras- porto e sedimento in un punto determinato. In cos\ fatti agglomeramenti di differenle natura, consiste quella roccia di origine contemporanea, delta Caranto volgarmenle, la quale riscontrasi, oltre- che soUerra nelle venete campagne, in quasi tutti i punti dell' adrlatico bacino, a maggiore o minore profondlta, scoperta e direllamente bagnata dall' acqua, OYvero coperta da materiali simili o dissimili da quelli che la compongono. La voce Caranto, di cui non trovasi analogo nel glossario barbaro, viene molto a proposito derivata dal prof. Catullo dal verbo s<^;^;ap^(y crustam obduco, il cui participlo e ?cr;^apo'(WM-So;/ro?. II Patriarch! ed il Boerio, nei loro Dizionarii del dialetto veneziano, lo defmiscono generalmcnle come un tufo arenoso. II Filiasi dice, chiamarsi Caranto quegll strati di creta, solida lalvolta quanto il macigno, che trovasi scavando ad 8 a 12 piedi di profondlta nelle lagune, dope il fango e la sabbia, e che sono i sostegni delle palafitte su cui s' innalzano i ve- neli palazzl. Nell' opuscolo del medesimo autore, intitolato Osservaz/oni sopra t ahamento del flusso maritlimo nelle lagune uenete, Treviso 1826, p. 31, parlando del fondo della laguua, cos\ si legge : « Credo che debbasi avvertire >) rispetto alia laguna, che il suo fondo, secondo le diverse situazioni, dove lu- » teo e fangoso ritrovasi, e dove molle ; dove argilloso e cretoso, sabbioso ca- " rantoso e questo durlssimo. Chiamasi qui con tal nome una specie di argilla ■ talmente compatta che si pena a romperla col piccone. Credo sia la stessa > che anche dentro alle montagne si trova, e che col tempo ivi, secondo il Broc- >> chi, marmorea diventa. Quest! strati divers! variano pure sommamente nella » posizione, estensione, grossezza ed altezza, e finanche nella rispettiva superpo- « sizione. » — Sembra pero non aver avuto il Filiasi su tal roccia e suUe sue DKL DOTT. GIG. DOMENICO NARDO "3 dlffercnzc di formazione c natiira idee molto precise, quando da ad essa il nome di creta. II dolt. Agoslino Faparmi, in una sua Memoria sulla coltivazione (lei lerritorii di Mestre e di Noale inserita nel Giornale di Agricoltura di Filippo He, lenendo discorso sulle terre Carantine di quelle contrade, dice, che tali terre sono le piu infelici che sianvi, perche aventi ad una assai tenue profondita degli strati di una materia dura e petrina, cliiamata Caranto, traforata qua c la. di color giallognolo, che. falta in pezzi, offre la forma di ciottoli. Inclina egli a credere tale sostanza il Tophus Scaber di Yirgilio, locche sembrami molto probabile. Lodovico Pasini, in una sua Memoria, sulla ghiaja ed alcune pudinghe del Vicentino. pubblicata I'anno 1828 nel Giornale di Padova, accenna aver an- ch' esso sulle spiaggie del mare Adriatico veduto un esempio di rocce che si formano altualmente. Piaccolsi, egli scrive, una pietra arenaria zeppa di conchi- glie marine alio state naturale, che si forma qua e la in alcuni punti, e che I'im- peto deir onde distrugge con molta facilita ; la quale non e che un agglutina- mento di arene successo in un sito tranquillo e costituisce uno strato molto sot- tile. Una tal pietra, come ben puo vedersi, e ancor essa una specie di Caranto. Identica al Caranto dei Veneti e la crosta, di cui fa menzione Donati (1 750. Slor. nat. adr. p. xi), da lui osservata in quella parte di mare che lambisce r Istria, le isole di Quarnero, la Dalmazia, ecc. attribuendo ad essa ognor cre- scenle 1' innalzamento dell' adriatico fondo. Di una tal crosta parla pure il Grisellini (4 780, Lettere odeporiche. p. 21 ) seguendo 1' opinione del Donati. II Brocchi (4814, Conch, fossile subap.J, dimostrar volendo che alcuni fossili hanno un' origine marina, cita ad esempio le concrezioni dei fondi dell' Adria- tico osservate dal Donati, ossia il Caranto. E meraviglia come non si trattenga su di tali concrezioni anche I'OIivi, alle cui dlligenti indagini non devono pure esser sfugglte, quando si fece a studiare la storia fisica del mare Adriatico. Analogo al Caranto sotto piii aspettipuo considerarsi \\ferretto dei Lombar- di. accennato dal Breislak (1822) nella sua Descrizione geologica delta Pro- i'incia di Milano. II prof. Catullo (1838) nella sua Geognosia delle Venete provincie, dedico un apposite articolo al Caranto nostralc, fluviatile e marine, facendo cenoscere una tal roccia molto meglio degli altri autori ; nen esauri peru tutto quanto rigiiarda la storia di essa, e specialmente la sua genesi. Parendomi, dalle indagini praticate in differenti situazioni dell' adriatico 4 OSSERVAZIONI SUL POTERE AGGREGATOUE DEL FERRO, EC. bafino. polcr mci^lio chiarire con miovi falli qiianto finora da altri fu scritto. e (limostrare con maggior precisione I'origine, la natura, e le diffcrenze della rocria in discorso, tentero csporre qnanto potei raccoglierc sull' argomcnto e dedurre da osscrvazloni le plu accurato. Per maggior rhiarczza di dire, dividoio il mio discorso ne' seguenti ra- pitoli ; Cap. if Originc del Caranto. » 2.° Terreni a cui appartiene il Caranto, sue modo di Irovarsi nella ter- ra, e varie specie di esso. » 3." Riassunto, conclusione ed applicazioni. . ! Capitolo I. ' I Origine del Caranto. Gli autori venuti a mia cognizione, i quali parlarono del Caranto e A^\Jer- retto dei Lombardi, che, come dissi, sembrano roccie analoghe, convien dire non siensi accorti del vero modo di loro formazione. Essi conobbero bensi essere il Caranto una roccia che pun giornalmente prodursi per la trasformazione del- r arena, della gbiaja, ecc, in aggregati solidi; ma per isplegare lale fenomeno ricorsero alia teoria di un cemento aggregatore, la quale non e applicabile nel caso nostro, perche non isplega 1' origine, la natura ed il modo di agire di tale principio cementatore in punti determinati di terreno, e non determina le condizioni necessarie perche ne risultino gli aggregati in discorso. Infatti Breislak (Descrizione Geologica del Milanese., p. 33), parlando del ferretlo, si limita a dire che accade talvolta che in alcuni luoghi si trovi la sabbia agglutinata da un' argilla carica di ferro, ma che diventa lenero e friabile esposto all' aria, al sole ed all' acqua piovana. II Boue, parlando nella sua Guida del Geologo i>iaggiatore, dei depositi marini, dice bensi che in cerli punti delle coste la sab- bia e la ghiaja si agglutinano, tanto mediante un cemento calcareo, come per delle infiltrazionl ferruginose, talclie produconsi in lal modo gres e pundighe, talvolta conchigliari, come nelle lagune dell' Adriatico ed altrove ; ma quando Irallasl di spiegare il fenomeno si limita a pensare che delle sorgenli minerali e la temperatura dcU' acqua debbano contribuire a tale formazione. Anche il Lyell, discorrendo nei suoi Principii di Geologia, della fossilizza- DEL DOTT. GIO. DOMPIMCO NARDO 5 zione delle conchiglie a considerevoli profondita, e confrontando il letto del- r Adriatico con qiicllo dci mari britannici, scrive die la ragione per cui non tro- vansi in qiiesli ultimi agj^lomeramenli solldi di ori^ine recente come nel prlmo, e dovula alia mauranza nelle Isole Brilanniche di quelle sorj^enli calcaree e mi- nerali che tanto abbondano nel Mediterraneo e nelle terre vicine. (Principes de Geologic par Ch. Lyell, P. 11. Paris 4845, p. 509, 542.) II prof. Calullo, che fu il primo a parlarne distesamenle, definisce il Caranlo una specie di conglomerali coinposli di grani di sabbia, uniti insieme da un cemento argillo-ferriiginoso, i quali non hanno mai che una lieve adesione colla roccia raoUe che li circonda ; scrive, esser seguita la genesi di esso mediante le acque di cui sono imbcvute le argille palustri a cui ordinariamente e sotto- posto, in conlatto colle sabbie, le quali infiltrandosi attraverso le medesime, si impadronlrono dei materiali del cemento e li porlarono sopra le sabbie, formando cos\ r impasto grossolano delto Caranlo, il quale contiene sovenle oggetti lavo- rati dall'uomo, come chiodi ed altri slrumenti di ferro. In altro luogo (pag. 96). parlando dei cumuli sabbiosi del veneto estuario, in cui trovansi sparsi de- positi di Caranlo, facendonc confronto col Caranto fluviale, indica le due roccie esscrsi generate sotto I' influenza di una medesima causa, cioe median- te il glutine pietroso portatovi sopra dall' acqua piovana che s' infiltra a tra- verse la massa incoerente de' cumuli sabbiosi terrestri. Discorrendo finalmente del Caranlo sottoraarino, cosi si esprime: « Quanto poi al mezzo che serve ad » unire insieme i materiali del Caranto e che forma con essi una pietra di » aspetto arenaceo, possiamo dire che delle parti piu leggere e piii fine, che I'ac- » qua separa in progresso, sieno quelle che legando fi-a loro i grani, facciano le » veci di cemento. Di fatti, il glutine, di cui sono impastati gli elementi del Ca- » ranto, sembra esser composto di un' argilla calcarifera, piu o meno ferrugi- » nosa, la quale resa pingue dalle sostanze organiche decomposte, costiluisce » eziandio qucUa materia puzzolenta e llmacciosa che rinviensi nei rivi di \ ene- » zia, e che Olivi distingue col nome di fango marino. » ^ olli esporre quanto scrissero i chiari autori suaccennati suUa genesi del Caranto, non per diminuire il loro merito, ne per confutarli, ma solo per mo- strare non esser essi pervenuti ad osservare alcuni fatti importantissimi che io ebbi motivo di considerare ripctutamente. suU' appoggio de' quali parmi ora poter dedurre piu positive conclusioni suUa genesi della roccia in discorso. Esaminando altentamente varie specie di Caranto fluviale e marino. tratto 6 OSSERVAZIONl SUL POTERE AGGREGATORE DEL FERRO, EC. dalle venctc rampagne, dal fondo delle lagime e dal marc in punti diversi, ebbi ad accor^ermi non scnza sorprcsa, die nei Caranti di alluale fonnazione, il priii- pio cementatore partivasi semprc da im nucleo, dal quale ditfondevasi gradata- mente accresceiulo 1' ammasso, e clie un tal nucleo era un pezzo di ferro, un chiodo od altro lavoro di queslo metallo, il quale passava per gradi alio stato d' idrato fcrrico. Credcva anch' io da principio, come mostro di credere il prof. Catullo, che in tali aggregati la presenza di cliiodi o di altro arnese di ferro, fosse puramente avventizia, ma dovetti convincermi esser stata invece la vera causa di essi. Oltre al tanti fatti cadutimi sottocchio di pezzi di ferro rimasti luno^amente nel profondo del mare, i quali si estrassero rivestiti di una pudlnga od altro a<^grc"ato di nalura relativa ai materiall costituenti il fondo su cui pog- giavano, potrei cltarne non poclii che si presentarono all' altrui osservazione. 11 si"-, dolt. Paoli di Pesaro, nella prima edizione della sua opera Sul molo mo/eco/are de solidi ( pag. \ 65 ), scrive, che « nel giugno \ 823 fu .. pescata nel mare Adriatico una piccola ancora, la quale era interamente rico- » perta da una pudinga e da alcune poche conchiglie del genere Ostrea, e che n la forza con che gll element! della pudinga stessa aderlvano fra loro era tale, » che tentandosi da chi ne venne primieramente in possesso di ritrarre il ferro, « si giunse con fatica a forti colpi di raartello a separare alcuni de' ciottoli, e « scuoprire in un punto 1' ancora cui essi erano aderenti. >> La pudinga in di- scorso e forza convenire altro non essere che una formazione di Caranto pro- mossa dal ferro costituente 1' ancora In attualita d' idrossidazione. L' estrazione dal mare di ancore circondate da involucro carantoso, piu o meno denso od esteso, e frequente avvcnimento fra noi, e non ha guari venne pescata nel fondo del mare della Manica la famosa ancora del peso di libb. 3000, che si vuole perduta dagli Inglesi nell'assedio di Havre, nel \ 545. Essa, oltreche tutta corrosa dalla ruggine, mostrasi circondata da un involucro di sabbia e di con- chiglie molto denso formatosl nel modo anzidetto. Cito un tal fatto, di cui fecero anche cenno Ic nostrc Gazzette, perche osservato in un mare diverso dal nostro. Leggesi pure nel Journ. des Mines, T. IX, N.° 57, essersi estratti dal mare stesso un temperino a due lame con manico di corno, coperto di una pudinga e di un ammasso di sabbia quarzosa conglutinata da un cemento ferruginoso, nonche un pezzo di anello di ferro intonacato della stessa sostanza, e molti impronti di palle da cannone, di vario calibro, in forma di calolte piu o meno grosse. Duhamel il figlio, possessore di tali oggetti, rcgalatigli dalla Municipalita DEL DOTT. GIO. DOMEMCO NARDO 7 di Clierbury, mostrasi aiicli' egli di parere, doversi al ferro ossidato la forma- zione di lal impasto ; non da pero spicgaziono del fcnomeno. 11 grosso chiodo inviliippato di Caraiiln, esistcntc nel Museo di Padova, non e altrimenii, come pensa il chiar. Prof. Calullo, accidenlale in quell' animasso carantoso, ma fu egli medesimo, col suo ossidarsi, che promosse nel fondo del mare 1' agglome- rato, di cui si vede veslito. Anche gli altri chiodi oslensibili nell'I. Pi. Gabinetto di Padova, Iratti dal caranto che si trova nelle argille euganee, gia convertiti in ferro Idrossidato, devono considerarsi come accidentali fattori delle roccie da cni si estrassero. Un fatto molto cospicuo, e d' incontrovertibile appoggio al mio assunto, V quello osservato 1' anno 18!23, nell' occasione dello sgombro dal canale di IMalamocco, dei niatcriali di un bastimento naufragalo nove anni addietro sul banco della Rocchetta, nellinterno di quel porto. Questi malcriali consistenti in ferro, Icgno c zavorra penetrati dalla sabbia e dall'acqua, si trovarono ridotti, median- te r idrossidazione del ferro, in ammassi cosi solidi ferruglnoso-sabbiosi, da dar persino scintilla coll'acciarino. Yedesi in taluno di tali ammassi 1' impressione •del legno, al cui contatto trovavasi la sabbia cementandosi, nonche 1' arnese di ferro clie idrossidandosi ne promosse 1' aggregazione. La conoscenza di un tal fatto, ed il possesso di alcuni saggi di tal genere, che vi metto sotto occhio, per me devonsi alia cortesia del nostro collega ingegnere Casoni. Pescando nel fondo dell'Adriatico, e talora anche nellinterno de' nostri canali si estraggono, dalle acque certi arnioni di varia grossezza, talora digitati, di forma irregolare, di color plumbeo, rappresentanti una pietra di grana fina, argillo-ferruginosa, a cui non di rado aderiscono corpi marini, talvolta bucherati da animali perfora- ratori, i quali crederebbonsi rimasugli ruotolati prodotti dal disfacimento di pic- tre maggiori •, rompendo pero tall pietre, rlnviensi nel loro centro od un chiodo od altro pezzo di ferro idrossidato, ovvero, se riusci completa 1' idrossidazione, presentansi vuoti, ed il vuoto mostra la forma del chiodo che 1' occupava. Lasciando delle limature di ferro commiste a sabbia od a ghiaja e man- tenendovi costante acquosa umettazione, non tardasi ad ottenere agglomera- menti della stessa natura del caranto. Ella c d'altronde cosa notoria, che gli ossidi di ferro bruni si condensano col- le terre stemperati nell' acqua, e che un tale miscuglio prende molta durezza col tempo. Si osservn pure da molti anni, benche non siasi data spiegazione del fenomeno, che i cementi in cui enlra dell' ossido di ferro sono ben piu solidi e 8 OSSKRVAZIONl SUL POTEUE AGGREGATORE DEL FERRO, EC. diirovoli di ([uelli in ciii non si Irova. Pit tal cagione cosi bene rlescono le poziolane nelle costrnzioni sott' aoqua ; in tal caso il ferro che contengono pas- su alio slato d' idrato ferrico, cd acqulsta il potere cementatore. In generale pol si osserva, che il mezzo piu forlc adoperalo dalla natura per unire insie- me i ciottoli e le ghiaje clie cosliluiscono i conglomerati posdiluviani, e il ferro idrossidato (i). Ora applicar volendo tali fatli alia formazione degli ammassi di Caranlo che rinvengonsi in varli punli dell' adriatico bacino, e facile riconoscerne 1' ori- gine ncU' accidentale esislenza, in nno o piii luoghl d' un terreno, di pezzi di ferro o di altre sostanze ferruginose, dall'acqua decomponibili, poste in circostan- ze tali da poter convertirsi in idrato ferrico, e cessar quindi il bisogno di ricor- rere alia vaga teoria di altri mezzi cementatori, che d' altra parte si presta nieno facilraente alia spiegazione di altri fenomeni geologici. Ammcsso in fatti I'esposto principio, tornerebbe frustranea 1' opinione di que' natiiralisti i quali, spiegar non potendo 1' esislenza degli ammassi carantosi fra le sabbie e le argille dei terreni dello Stato veneto, pensassero esser stati cola trascinati dalle correnti di mare prima che si formasse 1' argllla, ovvero di chl volesse considerare il Caranto come prodotto di quelle chimiche azioni che coopcrarono alia forma- zione del terreno lisiano, . . , Le circostanze necessarie perchc un pezzo di ferro possa in un terreno promuovere agglomeramenti sono la presenza di acqua e di materiall che diano ad essa facile passaggio, come le sabbie, le ghiaje, ed il frantume di corpi ma- rini. Senza di cio 1' idrossidazione del ferro si fa molto lenta, o non e di tal grado da goder forza cementativa. Infatti, i pezzi di ferro sepolti in un terreno asciutto, il quale da difficilmente passaggio all' acqua, s'idrossidano con lentezza e non mostrano quasi niun incrostamento, o sono questi incrostamenti assai sot- (i) Eslraggonsi lalvolla dal i'ondo del marc ancore od allri arnesi di icrro, i quali, benche rimasti lungo tempo sou* acqua, si moslrano sollanlo piu o mcno idrossidali alia loro superficie cd incroslali appcna in qual- chc parte dai maleriali terrosi. Cio puo spiegarsi facilnienle considerando che non in tutti i sili del mare v'iia quella quiete necessaria pcrche si effellui I'aggregazione ; die ic correnti impediscono affatto i'accumulanicnto di maleriali aggregabili, in causa della loro forza locomolrice ; che se T arnese di icrro cade in situazione ove il fondo sia calcarc corapatlo, non possono cola aver luogo ccnienlazioni per inancanza di materiali. Berzch us arreca un csempio di cannoni di I'erro, nei quali, estratti dal mare dopo So anni, si trovo uo terzo della loro gro9- sezza convertito durante quel tpn)po in carburo, che esposlo alTaria, dopo un quarto d' ora divenne tanlo caldo ch' era impossibile toccarlo. Fenomeni analoghi si osservarono estraendo dal fango della laguna, le pallc geltatc air epoca del bombardamcnto, benche rimasle sepolle per un tratto di tempo ben rainorc. DFX DOTT. GlO. DOMKMCO \ARDO 9 till, come si ossorva sovonle ncgli arnesi antichi di ferro, che si discoprono sotto le rovinc e fra il tcrricrio vcgftabilc. Vcdasi da cio qiianto Ic lagune ed il fon- do del marc riescano propizii per una tale lormazioiic, e come parimente esser lo debbono i leUi de' fiumi e de' torrenti. Dalle osservazioni istltuite, onde meglio chlarire il processo dell' operazione aggregativa conseguenle all' idrossidazlone del ferro a conlatto dei material! co- stituenti qiialche terreno, potei dedurre che posto un pezzo di questo metallo nel- lacqiia fra la sabbia e la ghlaja, forma esse un centro elettro-chimico (i), il quale promuovc la decomposizione dell' arqua che trovasi al contatto delle par- ticelle metalliche, sicclie avviene la loro conversione in idrato ferrico. Le particelle poi di un tale prodotto, separandosi, vengono dalle correnti galvaniche portate attraverso gl' interstizj dei corpi cii'costanti, lungi dal site in cui si formarono, e cosi succede 1' idrossidazlone delle parti sottoposte, le quali distaccandosi anch'esse successivamente, vengono, per opera delle medesime cor- renti e de' particolari processi elettro-chimici che ne conseguono, poste unita- mente alle prime a contatto de' materiali ferrosi, riducendo la loro superficie a tale stalo da compenetrarsi e da aderire le une alle altre, ccmentandosi, come in seguito faro meglio conoscere. Essendo successivo un tale trasporto e continuato, ne avviene che il processo di aggregazione continua fino al totale esaurimento del ferro che serve di nucleo cementatore, la qual cosa si riconosce dal vuoto che rimane nel centro dell'aggre- gato il quale conserva la forma del nucleo stesso, sicche 1' aggregato medesimo va cosi crescendo gradatamente fino al cessare della causa promotrice il trasporto di particelle d' idrato ferrico sopra nuovi materiali circostanti. La quantita dell' idrato ferrico trovasi quindi sempre maggiore nel centro in confronto della circonferenza dell' aggregato ; ma quando il processo rimane compiuto e sia tale idrato intieramente esaurito, o soltanto tale quantita ne resti sparsa egualmente in tutta la roccia, da aversene appena piccole traccie, cessa r aggregato medesimo di aggiungere a sc nuovi materiali (2). (i)Scn\cH Beci/iiercl (jinn, clech.et lie />/i. I. 5^, p. iSg), die quando un pezzo di ferro Irovasi di giaricoperlo ill qiinlchc parte di pcrossido idrato e sia csposto all'azione deil'aria e delTacqua, la sua ossidazionc progredisce pill rapidainente, divcnendopcrrio il polo positivo di una piccola pila, j'azione della quale non cessa liiioatanto che il I'erro non siasi converso in idrato di perossido, o in ossido magnetico a norma del piu o raeno pronto rlnoova- menlo dell' aria. E quaiilo al modo pel quale si eHellua questo mulamenlo nel ferro, egli opina che la decomposi- zione, o conibinazione die dir si voglla, tostoclie abbia avuto incomincianienlo alia superficie, peneiri fino al cen- tro del ferro, taldic liavvi trasporto di osslgeno conic nellc cementazioni ordinaric. (2) La propricla del ferro di vcnir trasporlato, nel suo passaggio dallo stalo melallico a quello d^ idrato VI. a 10 OSSEKVAZIOM SIL POTERE AGGREGATORE DEL FERRO, EC. JSt'l Caranto, giunlo a tale stadio di aggrcgaiione, riconosccsl appena aver I'sso aviilo il ferro per principio cemenlatore, c niollo bene resiste fuori dell' a- ( ' li, secondo che esse sono sprovvedute o che contengono raollo ossido di ferro. >• A lali concliisioni veniva io niedesiino nella mia Memoria lella Ire anni or sono a queslo I. R. Islilulo, sul polere aggregalore del ferro, c sulla formazione del cosi dello Caranio nel hacino adrialico, ed in consegiicnza di esse richiama\a 1' allenzione degl' ingegneri che si occupano di coslruzioni subacquec, onde avessero ad appro- fitlare delle mic osservazioni. Sc non che alia Memoria degli aulori succilali segui una Nola lella all' Accademia delle scienze dal sig. Vicai, ed inscrila nel a." 9 del a3 agoslo del Conlo-reso di queslo slesso anno, nella qual Nola sono citali dei fall! bene slabilili, i quali sarebbero in opposizione dirella di quanio viene asscrilo nella Memoria dei sigg. Malagutli e Du- rocher, sull' efficacia del pcrossido di Icrro nclle composizioni idraulichc. E tali falli sono i seguenli : Vi hanno dei cemenli indislrullibili dall'acqua di mare, i quali conlcngono dal 5 al 12 per cenio di pcrossido di ferro. Ve ne hanno di lieveroenle allaccabili, i quali conlengono dal 5 al 7 per cento di queslo melallo. E ve ne hanno di eminenlcmenle dislrullibili, abbcnche conlengano quasi un sei per 100 di ferro. Cila inolire, che Ira le pozzolane vi ha quella di Roma che resisle piii d' ogni allra, benclie conlenga sollanio 12 per 100 di pcrossido di ferro, raentre la peggiore di tulle, che e quella della Isola Borbone, ne conliene il 35 per 100. Aggiunge ancora, che lulle le pozzolane arlificiali fabbricale con delle argille bianche e convcnienlemenle mcsse in opera, resislono all' acqua del mare, e che ve ne hanno di quelle che non conlengono principii fcrrugl- nosi, o se ne contengono, sono limilali al solo 2 per too, e che le calci idrauliche, le quali unite alia sahbia sono le sole che danno aggregati indislrullibili dall'acqua del mare, non conlengono che quanlila insignificanli di pcrossido di ferro. Da lali falli concbiude il sig. Vical » essere difficile il poler allribuire al pcrossido di ferro un' imporlantc » elFicacia nella formazione dei cemenli subacquei, ed il generalizzare la di lui ulilila appoggiando a casi forse ec- » cezionali che potrebbero spicgarsi in difTercnle maniera. »> Tali considerazioni del sig. ^'iral non inhrrnano pero quanto erasi da me inserilo nella mia Memoria sul po- lere cemenlalore del ferro; provano sollanio polersi aver cemenli idraulici anche senza I'inlervenlodi lal melallo, locche io pure aveva aweraio facendo nuove esperienze sopra allre specie di pozzolana conlenenli parlicelle fer- ruginose in piccolissime quanlila, come ne c prova I' aver asserlto parlandovi dclla lerra di Santorino (*), nella scssione di marzo dello scorso anno, che « conlenendo quella lerra il icrro in assai minima quanlila, si converic >• in cemcDio idraulico, unila alia calce, e solidifies per ragioni conjposle in parte differenli da quelle da me es- » posle sul potere aggregalore del ferro. » Di tullo cio credclli convenicnte informare eodeslo I. R. Islilulo,. non lanlo per moslrare I' anleriorila delle mic osservazioni su tale argomento, quanto per farvi conoscere la loro consonanza con quelle dei sigg. Malagutli, Durocher e Vical. (•) Snlla nntura della terra di Sanlorino e sulla sua appltcaztoite alle artt ed all' agricoUitra. Kola inserita negli Alii (klie ' aJunanze deir I. R. Islilulo. T, IV, Ser. i.da. i853. DEL nOTT. GIO. DOMEMCO N ARDO ^3 inenti corroborati da iin quarto di secolo di prova, sull' efficacia della preseiiza del ferro ossidato nei matcriali terrosi usati nella composizione dei lastricati picci da me per primo proposti ed esperimcntati fino dal 4827 (1), e cosi pure nella costruzione di alcuni pavimenti subacquei, all'o},'geUo di rcnderne piu sistenle 1' impasto, ma do riservo a soggetto di un mio future disco coii- rso. (.) Vedasi la Gazzella di Verona .828, n.° 26 ; il Giornale venclo di lecnologia c l.clle arli, novcmhrc .833, e la Gazzella di Vcnezia, n. g5, 23 apiilc i838. (Letta nel giorno 23 9uig)w I80I.J FERIIENTIZIONE LITTICI DEI CORPI DELLE OSTRICIIE (OstreaeduHs L.) E SEPARAZIONE DEL PRINCIPIO PRODDTTORE DELL' ACIDO, CHIMUTO Ostreina DEL MEMBRO EFFETTIVO PROF. B. BIZIO § I- Fermentazhne laltica dei corpi delt ostriche, e separazione dell' acido latlico. Jn quel tempo in die dava opera alle mie Ricerche sulle branchie del- r ostriche, pubblicate nel volume secondo delle Memorie di qucsto I. R. Isti- tuto, coUe quali io portava ad evidenza sperimentale che il coloramento in verde osscrvato talvolta sorgere naturalmente in questi animali, viene dal rame ch'essi Mntengono, e la pruova io posava in quel colore che nc sarebbe dovuto uscire in opera dell' ammoniaca originata dalla putrefazlone animale ed operante nel rame dell' organo ; siccome io sapeva che, piccola cosa s'l, ma pur tuttavia Iracce di rame si contengono altres'i ne' corpi e nel mantello, cos'i divisai di sot- toporre a quello stesso cimento che le branchie, eziandio i corpi, hadando che restassero umettati dall' acqua aderente, come in alcune sperienze praticai anche sperimentando le branchie. In questo raffrontamento delle branchie co' corpi, osservai adunque che, dove le prime si putrefacevano, esalavano odore assai fetido e si risolvevano in una materia mucosa azzurraslra, i corpi in opposto ingiallivano un poco, si ap- passivano, e 1' umore che ne usciva e nel quale reslavano immersi aveva I'appa- VI 4 :26 FERMENTAZIONE LATT. DEI COUPl DELl.K OSTRICHE, EC. renza tli una sanie. Non mi venne fatto di scorgere niente dl quel ("olorc die uclle braiuliic. ma la parlicolarila singolarc che notai si fu iin odore foile di cacio. (he (|iiella materia alterala tramandava. Avvisato da questa mauiera di speciale odore, sagj^iava 1' umore jtredetto coUe carte azzurre, e il trova\a forlenicnle aiido, anzi 1' acidita esser tanta, die bastava a preservare i corpi incdcsiiiii dalla cornizione. II fatto, die due parti distinte di uii miiiulo aniuiale, quale si e uii ostriea, abbaiulonate egualmente a se medesime sotto 1' iiiflusso di una temperie compe- tenle, una soggiaccia a tutte le altcrazioni che incontrano le materie animali che si corrompono, e 1' altra in contrario inacidisca e si conservi, mi sembro cosl inaspettato, singolare e nuovo da volere uno studio attento e considerate. Percio il d'l 20 giugno del passato anno i844, essendo la temperie a -+- 21" y^ circa del 1\., io dava cominciamento alle mie sperienze, le quali conlinuava e molte volte ripeteva sino al giorno 12 di settembre dello stesso anno. Tiitti i cimenti iuroim instituiti a questo modo : Pigliai una certa quantita di ostriche ; vi separai esattamente le brancliie e, lavati i corpi una sol volta e lievemente coll' acqua distillata, li posai in un recipiente cilindrico di vetro enipiendolo fino presso il labbro, e mescendovi appresso quel solo tanto di acqua distillata, che bastasse ad empire i vani, che restavano fra la materia aniniale di tal maniera ammas- sata. Indi chiudeva la bocca del vase a mano di un sol velo raro, legatovi in gi- ro; SI die lasciasse esito ai gas svolgentisi, e togliesse modo agl' insetti di met- tervisi dentro. Assestato in tal ^uisa lesperimento, osservava che, corso anclie il solo spa- zio di ([uindici o sedici ore, senza che punto si alterasse il naturale odore del moUusco, provando 1' umore alle carte azzurre, si manifestava una visibile rea- zione acida, la quale cresceva nello spazio di un giorno, e di mano in mano au- mentava a segno da fornirmi, corsi due gionii, una gagliarda acidita. Questa aci- dita gagllarda, palesalamisi dopo due d'l, era altresl accompagnata da un copioso sprigionamenlo di bolle, e dall'odore di cacio die principiava ad esabire, il quale si rendeva piu spiccalo e deciso nel terzo giorno ; al qual termine osservai altresl un fievolissimo spargimento di gas solfido idrico e di ammoniaca, che tuttavia ne' successivi d'l non si rese piu cospicuo, iie' quali 1' odore di cacio torna s'l schietto e vero che, a non vedere la cosa, si avrebbe potuto credere di odorare del puro cacio. In (piesta prima sperienza, che nel medesime modo fu piii altre volte ripe- DEL PROF. r.. BIZIO - ■ 27 tula, (lopo il noiio Ai lo satiirai lacido a niano di una sohizionc satura di bicar- bonalo sodko, U'licudo die, libcrata la materia animale dalla prescnza dell' a( i- do, essa ripigliasse la sua azione, e incontraiidosi ancora nuova materia da tras- lormare, scguisse una produzione novella di acido. II successo comprovo la pre- visione, se non che 1' acido, il quale novellamenle si produsse, fu in quantita s'l poco da non bastare alia preservazione della materia animale ; si che accorgen- domi che lo spri};ionamento del gas solfido idrico e dell' ammoniaca si rendeva piCi vigoroso, e quindi avvedutomi che la putrefazione si era messa e s' inoltrava nellundecimo d\ neutralizzai di nuovo il poco acido ingeneratosi, e posifine all'e- sperimenlo, il che ebbe luogo due giorni dopo la prima neutralizzazione. Fatto cio, aggiunsi alia materia cinque volumi di acqua, e la posi al fuoco finche bollisse, a fine di coagulare 1' albumina e di separarla, per agevolarmi di lal maniera la fillrazione del liquido, la quale cio nulla ostante mi riusci penosa e difficile. Com' ebbi il liquido chiaro abbastanza, il concentrai a bagnomaria fine a consistenza di sciloppo denso. Allora il trattai coll' alcoole della gravita in ispecie 0,850, ond" ebbi precipitata un' abbondevole quantita di materia ani- male, restando il sale formalosi sciolto nellalcoole, congiuntamente alia sostanza animale nello stesso alcoole solubile. Prima pero di procedere innanzi in divisare il modo, onde giunsi a se- parate r acido in istato di purita, non credo di pretermettere 1' indicazione di certune di quelle molte modificazioni, che avvisai di portare al modo sperimen- tale nel ripetere la mentovata fermentazione lattica dell'ostriche. Una delle con- dizioni, che mi restava da accertare in questa particolare fermentazione, si era la quantita dell' acqua da adoperarsi, senza che 1' acido originatosi, per un sover- chio allungamento, tornasse insufficiente alia preservazione della materia ani- male. Per chiarire adunque questo punto, com' ebbi separati i corpi dalle braii- chie, li lavai al solito, e quindi gli asciugai bene con carta sugante, indi ne fermai il quanto in peso mettendoll per ultimo nell' acconcio di fermentare con una quantita in doppio di acqua. Temperata cosi 1' csperienza, que' corpi dell' ostriche che a principio erano tulti a fondo, li rinvenni il d~i appresso, avvegnache 1' odore si serbasse quel me- desimo che lianno nnturalinenle le ostriche, tutti sospinti a galla a cagione di un gagliardo sprigiouamenlo di gas che si era messo. Saggiai il liquido coUe carte azzurre, e non ebbi che segni assai fievoli di acidita. 11 giorno vegnenle, a cagione del copioso sprigionaraento del gas, i corpi 28 FEIIMENTAZIONE LATT. DEI CORPl DELLK OSTKICHE, EC. erano cosi sollcvali e portati a galla da rimancre inferiormente un grosso stralo (li liquido privo affatto dt'lla materia fermentante, cd avcnlc 1' apparenza dl una sanie sanguigna. L' odorc si tcneva ancora poco diverso da quello dianzi, e la rcazione mostrava un' acidlta abbastanza forte. I'er quantiuiqiu> poi io adoperassi di risospingere a fondo la materia solleva- la. uon mi venne fatto di riuscirvi ; peroccbe le molte e spesse gallozzoline, chc aderivano a'corpi, gli alleggcrivano s'l da non potersi tenere somniersi. Appresso si cominci') a sentire 1' odore di cacio, e nel quarto d\ ad avere la reazione del gas solfido idrico e dell' ammoniaca ; finche nel seslo giorno 1' odore cacioso mostro velarsi dal putrido, fnicbe mi bisogno sospendere 1' esperienza, acciocche la materia non entrasse decisamcnle in putrefazione. In altre sperienzc menomal cosi la qiianlita dell acqua da ridurla in peso eguale a' corpi, ed ancbe la mela, ma nessuna misura trovai piu acconcia di quel- la, ch' e il solo tanto bastevole a riempiere i vani, come ho detto a principio. Nulladimeno qualunque sia la quantita dell aequa adoperata, entro i limiti men- tovati, niente nuoce alia produzione dell' acido; se non fosse che, quando I'acqua e molta. riuscendo la soluzione troppo diluita, non si presta piii bene alia pre- servazione della materia animale, e ch' essendoci portata a galla, e messa cos'i a contatto deir aria ambiente che la putrefazione torna d' assai accelerata. Tuttavia si faccia cosi o in altro modo, quando si abbia il sale sciolto nel- falcoole, come dissi, ci s' instilla adagio adagio tanto acido solforico, che la sosti- tuzione torni a capello perfetta. Allora ne precipita il solfato sodico, e 1' acido lattice, prodottosi dalla fermentazione de' corpi delle ostriche, resta sciolto nel- r alcoole congiuntamente a non poca materia animale, che vi si accompagna. Fatto cio sottoposi alia distillazione la soluzione alcoolica feltrata. Rimase nella storta 1' acido, unito alia materia animale, a guisa di uno sciloppo denso. Adunata questa materia, la stemperai nell' acqua distillala, e saturai I'acido col- r ossido piombico aiiilando la combinazione a mano di un moderato calore. Co- me r acido fu compiutamente neutralizzato, feltrai la soluzione, e per tal modo, oltreche avere separati, a condizione di solfato e di cloruro piombico, 1' acido solforico e cloridrico procedenti dai solfati e dai cloruri esistenti nella sostanza animale, ebbi per giunta la separazione di una parte non lieve di materia ani- male, condotta a qualita di apotema insolubile ; tuttavia la soluzione del sale piombico si teneva ancora fortemente colorita. Datomi a svaporare il sale fmo a secchezza, mi venne a modo di un estratto DEL PROF. B. BIZIO ' "29 {^ommoso pressoche nero. L' apparenza gommosa del sale, in giunta al difelto (li Yolatilita nell' acido, mi persuadeva vie maggiormcnte che 1' acido ivi combl- nato fosse 1' acido lattico. Ridotto frallanto il sale a secrhezza, levai la temperie un tanlino di piu, sicche rondotto in islalo di fusione, il serbai cosi per nno spazio di tempo airpianlo liingo, adoperandomi in ollre di rivollare e rimesco- lare la materia continiiamente. Di tal maniera pervenni a decomporre Luona parte della materia animale, oiide il sale era sconciato ; perorelie veniitomi final- mente in una massa nera e quasi rarbonosa, dalo mano a scioglierlo nell acqua, torno separata col mezzo della feltrazione non poca materia resa insolubile. Ora, avuta questa soluzione del sale piombico, diedi mano alia doppia sosti- tuzione, valendomi del solfato zincico, e n' ebbi precipitato il solfato piombico, e il sale zincico sciolto. Se questo sale era un lattato, stante la sua facilita a cri- stallizzare io doveva averlo agevolmente in condizione cristallina. Svaporai adun- que la soluzione, e condotta in termine da apparire alia superficle del liquido una pellicola cristallina, il posi in luogo fresco e quieto, acciocche cristallizzasse. E vaglia il vero, corsi due giorni, trovai il liquido pressocbe totalmente rappreso in una massa cristallina. Ma siccome il sale era ancora sconciato da molta ma- teria animale, e quindi mi sarebbe riuscito malagevole il separarlo dall' acqua madre, e in ogni modo con pcrdita sempre notevole di sale, percio diedi mano all'alcoole, nel quale, se un lattato, sapeva essere insolubile il sale zincico, e in opposto solubile la materia animale, la quale appunto per questa sua solubilita si porto tant' oltre fino a sconciarmi il presente sale cristallizzato. Trattai adun- que la massa coll' alcoole della gravita in ispecie 0,850, e stempcratala ben be- ne, mi venne il sale precipitato, e la materia animale sciolta pressocbe totalmente. Lavai il sale coll' alcoole ripetutamente, e quando 1' alcoole ne usci afTatto sco- lorito, allora seccai il sale avutone. Questa massa salina, ridotta in polvere, la sciolsi nell' acqua distillata. e me ne torno una soluzione torbida e leggermente gialliccia. Feltrala ne separai la materia animale resa nuovamente insolubile, e messa quindi a bollire con poco carbone animale, rlusci scolorita intieramente. Allora svaporata debitamen- te, ne venne il sale candido e bene cristallizzato ; il quale tuttavia purificai a perfezione con nuove cristallizzazioni. Condotto il sale di tal maniera ad un termine compiuto di purczza, tornai a scioglierlo nell' acqua a perfetta saturazione. Poscia il decomposi col mezzo di una soluzione di ossido baritico, e conseguitone il sale baritico sciolto, il tornai 30 FF.RMENTAZIONR LATT. DEI CORPl DEI-LE OSTRICIIE, EC. a (Iccomponc. mescendovi ad;i<^io a(la|;io una misura bastevole di acido solforico, aj;j:;iungendo\i o poco acido, o poca soluzione di baritc fiiio a (Oglicrc il preciso punlo che nulla vi avesse piu nella soluzione no di acido solforico, nc di barite. Conseguito di tal manicra 1" acido procedenle dalla fcrmcntazione dc' corpi dc'llu ostrichc sciolto ncU' acqua, libero da ogni materia estranea, e svincolato da qualunque combinazione, lo svaporai a mite calore fino ad avcrne I'acido con- centrato ; il quale per ogni sua qualita, oltre le mcntovate fin qui, si die' a vedere vcro acido lattice, e quindi ci si da per indubitato, che i corpi delle ostrlche, messi nell' acconcio di fermentare, incontrano una reale fermentazione lattica. § II. Separazione del principio produtlore delt acido. Messo dunque in evidenza, che i corpi delle ostrlche, coUocati nell' accon- cio di fermentare, provano realmente la fermentazione lattica, ne veniva subito la domanda: Se ne' corpi delle ostriche, come nel latte, vi avesse la lattina, e in caso che no, quale altro principio dlverso desse Ivl origlne all' acido latti- ce ? Per rlspondere a questa domanda faceva d' uopo intraprendere una nuova serle di ricerche ; e siccome nella fermentazione lattica delle ostrlche lo aveva osservato che, data una temperle dl -}- i8° a 20" del R., I'acido si produce pron- lamente, e le ostrlche, tratte dalle conchlglle e separatevi le branchle, tornano sensibilmente aclde anche nel breve spazlo dl i 5 a 4 6 ore. cosi ezlandlo senza farm! a conslderare, che si tratta di materia anlmale sempre agevole a corrom- persi, vedeva troppo chlaramente la necesslta dl aspettare la staglone fredda per dar mano all' esperienza. Percio 11 glorno i 7 dl dicembre del passato anno \ 844, in cul la temperle si condusse fra 1 5° e 1 6° sopra lo zero del R., presl cento ostriche ben grosse, e, toltevl esattamente le branchie, dopo averle lavate una sol volta coll' acqua distillata. ne tagliai 1 corpi in brlcloll assal mlnutl, e gl' Infusl In tanta quantlta d acqua distillata, che avanzasse la materia anlmale dl circa due centlmctrl in altezza. A quando a quando dlbatteva la materia, e corso lo spazlo di 24 ore rolava 1' infusione : spremeva bene la materia per panno lino fitto, e quindi fel- Irava per carta la soluzione, la quale usciva limpida, e di un colore glalliccio opalino assal elegante. Ripeleva conseculivamente quattro volte I'infusione fredda. DEL PROF. D. BI7,I0 M f fellrale ed unite tulte le soliixioni che troval iieiitre pcrfcllanientc, le sponeva al fiinro in vase di porcellana fiiuhe levasscro il bollorc. In tal modo ne aveva foagulalo 1 albumina. Allora, aspcttato che il liquido (reddasse. il feltrava niio- vamente, e feltralo pianamenle svaporava a bagnomaria, guardando la troppo necessaria praiica di difendere la bocca del recipienle con carta sugante He- vemente bucata, e legata bene in giro. Tirata innanzi la svaporazione a questo modo, come il llquido fu ridotto una meta circa, cominciarono ad apparire alia superficie pellicole abbondevoli di caseina o materia caciosa, le quali crebbero di mano in mano, finche il liquido si ridusse ad una decima parte della quantita primitiva. Allora fa bisogno fel- trarlo di nuovo per separarne la detta caseina ; peroccbe se si concentra la solu- zione niaggiormente, essa ci torna densa per modo da renderne impossibile la lel- trazione. Feltralo che sia si torna a svaporare come dianzi, e cio fmo a consi- stenza di sciloppo. Saggiata allora questa soluzione coUe carte azzurre la rin- venni acida fortemente. Condolta a questo termine la posai in luogo quieto, per vedere se nulla si adunasse di materia cristallina ; ma osservatala di giorno in giorno per quattro o cinque d'l consecutivi, mi parve inutile I'attendere di vantaggio, e ml appigliai al partito di dividere la massa in due sostanze, una solubile e 1 altra insolublle nel- I'alcoole, sostanze, che costantemente ci vengono trovate in materie di simil fatta. Stemperai adunque la massa nell' alcoole del peso in ispecie di 0,820 ; segui un forte intorbidamento, si die, aggiuntovi un dieci volumi circa, diede in fondo una materia, in vista come polverosa, di colore bianchiccio, mentre con la qule- te, la soluzione alcoolica si rese limpida e di color glalliccio. Essa manifestava una reazione acida ; segno che 1' acido, trovato precedentemenle nella soluzione acquosa ristretta, si era sciolto nell'alcoole. 11 precipitato, raccolto sopra un fel- tro, il lavai ripetutamente coll" alcoole, cioe fino a tanto che non isciolse piii nulla di materia gialla, e perche non si agglutinasse in massa compatta, trovai bisognarci una pronta disseccazione ; ma le particolarita di questa sostanza, pale- sateci nell opera del disseccarla, sono di tal maniera speciali da discorrerne tutto a parte nella indicazione delle sue proprieta. La materia precipitata si scioglie nell' acqua facilmente, e rende una solu- zione lievemcnte torbidiccia e opalina. Essa non e acida ne alcalina, e inalba alcun che co sali baritici e coll' acido ossalico; non punto pero col nitrato argen- tico. Veduto per tal modo che 1' alcoole avea Iratlo seco lulti i doruri ; slcche 3i FKKMIA lAZlONK LATT. DEI CORPI DELLE OSTRlCllE, EC. la mia sostanza non rcslava sconclata, che solo da tracce lievl di solfati e di ralce, a maiio dclla barito e dcU' acido ossalico, vi lolsi 1 acido solforico e la ralcc, riavendola poscia piira con precipitarla di nuovo col mezzo dell' alcoole. (Jucsto modo di piirifuazione della materia fu costantemente seguito eziaiidio iip^^li altri temperaracnti, die sporro appresso, tenuti per averla. Kntrato in sospelto clic lacido apparitomi nella concenlrazione dellc soln- zioni, o inlusioni, sopranimenlovale, fosse vcnnlo dalla Iraslorniazione di qnel cotale prlncipio esistente nelle ostriche, in opera del calore; siccome divisai d'in- stituire alciine ricerche a questo fine, e 1' oltennto era poca cosa, misi mano a procacciarmene altra qnanlita. Percio ildl8 gennajo di quesl'anno d845, pigliata una quantila in numero doppia di ostriche, cioe dugento, mi feci ad estrarne. come dianzi, il nuovo principio. Ma siccome la raddoppiata quantita della mate- ria mi forniva altres'i una quantita doppia di liquido da svaporare, ne segui die duro si lungamenle da non lasciarmi piii dubbio alcuno circa la metamorfosi in- contrata da questo singolare principio in opera di un calore sostcnuto a dOO" C. In fatti la soluzione, o il liquido delle infusioni, inacidi grandemente, e rinvenni la materia residua alterata in modo notevole. Perduta di tal maniera la sostanza sopra la quale io faceva assegnamento d' instituire le mie ricerche, il di 3i dello stesso mese dava opera nuovamente all' estrazione del nuovo principio con altra quantita di ostriche, limitando al possibile la misura dell' acqua e il numero delle Infusioni. ]Ma senza far caso, che operando a questo modo incontrai una perdita ragguardevole di materia, non iscansai ncmmeno lo sconcio di avere la produzione dell' acido, e conseguentemente la sostanza alquanto alterata. Veduta la somma difficolta di evitare la metamorfosi di questo nuovo prin- cipio, cioe la produzione dell' acido, avvisai di battere un' altra via, cioe di sec- care a -h i 00" C. i corpi delle ostriche ; seccati, di ridurli in polvere grossa, e questa polvere stemperare nella minore quantita possibile di acqua. Corse 24 ore, versai la materia sur un feltro, e colato il liquido vi mesceva, subito die n'era adunata una certa quantila, I'alcoole per averne senza piii precipitata la sostanza, ch' io indagava. Siccome la feltrazione era lenta, cosi passato il primo liquido, io ne infondeva di nuovo, e di nuovo precipitava la materia, continuando I'opera, finche r alcoole non mi dava piii che un lieve inalbamento. In questo modo io aveva la mia sostanza di primo tratto pressoche pura ; perocche 1' albumina, comeche consolidata a + dOO^C. di temperie, non era piu sciolta dall' acqua; e la caseina sempre poco solubile, pochissimo o nulla riusci solubile in questo DKI, PKOF. 15. lilZlO 33 caso. perchc avvikippala tra le allre matcrie insoliiblli. Tiillavia fu tornala a sciof^licrc di iiuovo. c fcltrata e dp|iiirata al solilo. d! iiiiovo prccipilala col- 1' alcoolc. Avula la iiuova soslaiiza in qiiesla manicra, essa mi riusci caiulida perfel- Jamcnte, e scmprc e^nialc luUc volte ch' io me la procacciai; qualila in che non mi venne raai fatlo di averla col metodo primo di preparazione. Se non che deg- gio osservare, che i corpi delle ostrlche nell' alio prinio in che provano 1' azione di una temperie a + 100° C. si conlraggono, s' indurano e cacciano fiiori, e per cosi dire, spreniono una cerla quanlita di umore acquosf). il quale vuol essere inconlanenle separalo. perche alliimcnti iuacldisce assai, si tinge in forte color giallo, ne imbeve i corpi, vi s' incorpora, porlando nella materia, che vogliam separare, alcun che di quelle sconcio che cercliiamo di evitare. Quesla nuova soslanza io nominero ostreina, per ricordare la materia ani- niale, donde 1' ho cava la la prima volta ; avvegnache io tenga per cosa cerla do- versi il medesimo principio organico rinvenire in allri generi parecchi di moUu- schi acefali, come n^- pcttiiii. nci mitili, nelle piniie , ecc. Dissi di chiamarla ostreina, perocche io credo che voglia essere quelle, che e 1' amigdalina, 1' aspa- ragina, la castorina . la salicina, ecc, agli acidi che ne derivano ; e cio a cagione della singolare propriela da essa manifeslata, e che nessun allra so- slanza manifcsla, cioe di parlire cos\ la sua molecola, qualora sciolla nell'acqua si esponga per un cerlo lempo ad una cerla lemperie di -\- 100" C da averne acido lallico ed una materia gialla parlicolare. Queslo si deduce dagli avveni- menli soprallegali, ma meglio il vedremo appresso studiando alcun che le pro- priela di quesla nuova materia. Mi sembra dover in essa esislere il radicale del- I'acido latlico. lume pero che dohbiamo allendere dall' analisi elementare di que- sla assai speciale soslanza. ed alia (piale diviso di j)or mano. § III. Delt ostreina. Xon ho fin qui parlalo della disseccazione dell ostreina, perocche essa pre- senla in quest opera particolarita si speciali, che mi semhrarono dover esser notate nel farmi a descrivere le sue principali propriela. Ollenula anche Candida e pura in opera del processo ultimamente ricor- VI. 6 34 FF.RMF.NTAXIONE LATT. DEI CORPI DELLE OSTRICHE, EC. (lato, se adoperiarao la disseccazione spontanea all'aria, cssa si ronglulina, offusca e in^ialliscc alqiiauto. Se la esponiamo ad una temperie di -+- 100" C. si con- L;lutina del pari, e si sconcia vie maggiormente fino a lornarci dl un colore oscuro rasta'niino. Adoperai di abbassare la temperie fino a -f- 60° C, nia non iscansai del pari (be si allerasse in modo notevole ; sicche tale successo, oltrecbe ren- derti avvertiti dl dover rliorrere ad altro mezzo di disseccazione, cl rivelo la grande niobilita degli elementi in che conslste. Per averla adiinque secca debitamente, e senza che punto provasse di alte- razione, anzi si tenesse nella sua perfetta interezza, diedi mano al vuolo pneu- matico in questo modo : Avuta la ostreina pura e Candida sopra il feltro, lascla- tala quivi gocciolare al possibile, la portai sotto la campana della macchina pneumatica, quivi sovrapponendola debitamente s\ che restasse ad una lievissima distanza della superficie di una bastevole quantita di cloruro calcico anidro e polveroso. Faceva il vuoto e lo Iterava a quando a quando come vedeva rimetler la pressione, finche in termine di due giorni 1' ebbi secca perfettamente. Ove pero si tenesse assiduamente la mano pronta a rlfare il vuoto tostoche la pres- sione rimonta, potrebbesi averla secca con assai maggiore sollecitudine. Avuta cos\, e Candida perfettamente, in forma di una polvere si leggera, che ha vista di magnesia polverizzata. Non ha odore di sorta, e messa suUa lingua e gustata se ne ha sapore lie- ve, come di mandorla, che resta lungamente. Presa dl quella avuta dalle prime disseccazloni col mezzo di un moderate calore, che mi era venuta in picciole masse conglutinate, ed accostata a un lume acceso prese fuoco, e brucio con piccola fiamma, spargendo un odore ricordante qualche poco quello del pane bruciato, e lasciando molto carbone. Si scioglie nell' acqua con grandissima facilita ad ogni temperie. La solu- zione non e aclda nc alcalina ; e dove si lasci alle naturali influenze, se la tem- perie e un po' elevata, come, esempligrazia, di -f- 22° del Pi., dopo lo spazio di ventiqualtr' ore esala un lieve odore, come di colla inagrlta, e da alle carte azzurre una reazione sensibilmenle acida, la quale nei successivi di si rende di piu in pill notevole, non pero mai molto gagliarda. Se pero si apparecchia una soluzione di ostreina, e vi si agglunge a tenere opera di fermento, una piccola cosa di caseina, e la soluzione cos'i apprestata si colloca in una stufa, serbata costantemente ad una temperie di -)- 48° a 20° del R., essa incontra quivi realmente la fermentazione lattica. Anzi a questo DKL PROF. n. BIZIO 35 proposiln <• brllo vedere la infusioiie Ircdda de' corpl dellc ostriclie. toltavi I albiimina col mezzo dell' ehiillizione, e feltrala, se poscia si ahbaiidona a se sollo r inlliisso di una temperie come dianzi, fare predsameiite fjiiel mede- simo che il lalte, messo nelle medesime circostanze, cioe prima intorbidarsi, indi dare in fondo copiosi liocchi di caseina conglutinata, e fornirci una reazione acida forte. La cosa poi vie piu particolare, che ci da a vedere questa speciale sostanza, quella si c, che, ove si sciolga nell' acqua, e si metta in una bacinella di porcel- lana, coperta al solito colla carta sugante, quando si esponga ad una temperie di-i-iOO''C., e quivi si sostenga qnanto abbisogna, rimettendo acqua distillata se viene in tcrmine di seccare, si arriva in ultimo ad avere la ostreina risoluta intie- ramcnte in acido lattice, e in una materia gialla oscura insolubile. Questa spe- ciale attitudine io non so che s' incontri in nessuna dclle materle organicho conosciute se non ci paresse venirci ricordata o da una sostanza speciale avuta recentemente dal Pelouze ne' suoi cimenti a secco sopra I'acido lattice, onde gli riusci di trarnc diversi aggruppanienti molecolari, tra' quali uno, che intitolo lattida^ della quale si nota la proprieta, che, fatta bollire nell'acqua, si risolve in acido lattico idrato, sicche mi sembra probabile che nella ostreina si contenga la molecola detta lattida. Se r ostreina si bagna semplicemente con 1' acqua, si gonfia pressoche a somiglianza della gelatina, si rende trasparente e in questa condizione ha quasi vista di una vera gelatina molle. Yenuta cos"i, se si lascia seccare all'aria, si con- glutina in una massa giallastra, pallida, fragile, che va in polvere facilmente. E inutile ch' io dica, richiamandoci il processo della sua preparazione, che r ostreina e insolubile nell' alcoole, come altresi non si scioglie punto nell'etere. ]\Iessa neir acido solforico concentrate, si agglutina, piglia subito una tinta gialla, sudicia. Appresso diviene quasi nera, e facendo di rimescolarla, fornisce un liquido torbidiccio, bruno. Neir acido nitrico, come nel solforico, a principio si agglutina, ma indi, ajutando 1' opera con rimescolare la materia, si scioglie senza che dia raostra d' incontrare sensibile alterazione. Neir acido cloridrico si scioglie bene e facilmente. Neir ammoniaca liquida fornisce una soluzione opalina, come nell' acqua, e vi si scioglie colla medesima facilila. Lo stesso adoperano allincirca la potassa e la soda sciolte. 30 1- KKMKNTAZlOiSE LATT. DKI CORPl DKLLK OSTRICIIK, KG. Di qucsta paiiiiolare sostanza non mi resta, cho solo di determlnare la coniposizione olemcntart', che, come estrlnseca al subbicllo dclla iermenlazioiie lattiia dc' rorpi dcllc oslriche, e del principio prodiittorc dell acido in qiiaulo si attiene alia sua ronosceiiza e all' allitudine della sua Iraslbimazione, dee lor- iiirei materia di uii lavoro a parte. ( Lelta net giorno 29 novembre ISol. ) OSSERVAZIONI DELLO ECCLISSE SOLARE DEL GIORNO 28 LUGLIO 1851 FiTTE n DIVERSI OSSERV.ITORU Dl ECROPl CALCOLATE DAL M. E. PROF. GIOVAIMM SANTIINI i.° ll fenomeiio di un ecclisse solare desto in ogni tempo un f^rande inte- resse, soprattutto quando egli rluscisse o totale, od anulare ; ma le singolarl cd inaspetlatc apparenze presentatesl nell' ecclisse totale dell' otto luglio i 842, oiul(nte all'APi. 9, ed alia dcclinazione L . . = ^' La conispondcnte laliludiue ^z h. Sara primieramentc 0 il tempo siderale corrispondente al tempo medio del contatto, per ciii si oalcola ; le quantita g, h saranno cio che chiamasi comune- menle longiludiiie e hitiludine del nonagesimo, le quali si ottengono dalle seguenti equazioni : .,, . /I i 1 ra\ , ' tang. 6 sea ( 2-1- e) (I) tan-, z = sen. 9 cot. L; (2) lang. g = ^^^ ^ (3) tang. A iz: sen g. co\ (■:: -\- i) e per rijtrova del ralcolo si avra . . . cos h. cos g rz: cos L cos 9. Indicando ora con a', /3', o' la longitudine apparente, la latitudine appa- rente della luna, ed il suo semidlamctro aumentato in ragione dell' altezza, si ottengono quesle quantita dietro le seguenti equazioni : //\ ^/ s TT COS A ,, \ , / TT COS h \°\ seQ2{X — g) .„ (4) . A 1= A H -^ . sen (A — g) -h ( ■^- ) ^ — - sen 1 ^ ' cos /S ^ " ' \ cos ^ J 2 ^ /^cos^y. sens (A -y)^;;^; i " -+- ecc V cos /S / 5 (5) . . . . N rr sen h. sen /3 4- cos A. cos /S. cos (A — g) (6) . . .y = ( ;r sen i " ). N — 1 ( ^ sen d " )' (i — 3N') ; s" — ^.R" (■7^ pi p S-" sea /g — 7T {\ -t-"^) sen A yn ■ ■ ■ ■ P— ^^ cosl(/3-^-/S') (8) . . . . y=s(i-i-.). Sia ora e la distanza apparente del centro della luna dal centro del sole calcolala dietro i precedenti elementi per 1' istante del prirao contatto. Avendo riguardo alia piccolezza dell' arco ^, ed alia piccolezza della latitudine apparente /?'. si potra questa calcolare mediante 1' equazione : (9) . . . . ,"-=;S'^-4-(/-A')'; comodamenle poi si olterra e mediante le due seguenti equazioni : tan^ 0 —r^ — rz 5 ^ — • " ^ ( < — A ) cos (p sen (p Se le tavole fossero esalte, dovrebbe risultare errS'-f-c?,* supponcndo, che le posizioni tavolari abbisognino di una qualche correzione, rappreseiitcremo per 44 OSSKRVAZIONI DKI.l/ ECCLISSE SOLARE, EC. (Ik . r/A — dp, owero pill comodamente , J- ^ ' In quel luoghi, nei quali 1' ecclisse riesce totale, si osservano eziandio gli istanti del principio, e fine dell' ecclisse totale pei quali la distanza dei centri divie- ne zizS' — d. Cadauno di questi contatti condurra alia equazione di condizione. 7 7/1 S' — d — edn . . ■s^dx-^ tang. donde si fa palese, che il medio delle prime due equazioni e in armonia con le simili equazioni di condizione dedotte dalle osservazioni istituite in altri luoghi. DKL M. E. PROF. GIOVANNI SANTINI 53 Osservazioni di Vienna e di Praga. 15." In Vienna le nubi impcdirono di vedere il fine dell' ecclisse, ed in Praga manco il principio e venne diligenlemente osservato il fine dai signori Jelinek, Safarik c Lukus (Vedansi \e Aslron. Nachr. N. 775-780). Si e assunto nel calcolo di queste osservazioni la differenza dei raeridiani fra Berlino e Vienna zzz — 4d'.56",4; fra Berlino e Praga = — 4'.8",6. La latitudine di Vienna = 48".'12'.35",5 ; L = 48°.4',48 di Praga = 50 .15 .i 8 ,5 L = 50 .4,02, Principio dell' ecclisse in Vienna = 3''.30'.25",2. Fine deir ecclisse in Praga =z 5 .21 .15 ,87. Quindi si formano i seguenti valori numerici : ...-, per Vienna per Praga e — 478M5',58 206°. 3',4 g — 454.48,03 475.22,66 h — 42 .21 ,80 54.39,00 A 424.42. 0",32 425.55. 8",46 / — 424.54. 0,62 424.55.44.30 /3 45.30 ,29 52.40 ,92 A' : — 424.49.25 ,97 425.28.28,65 i (^ -h 4.57,54 4- 3. 3 ,97 v^d — 32 .26 ,69 32.22 ,59 e 34 .57 ,87 32.52 ,95 dx -h 0,4 570. J/3 — -+-29".47 -+-4.0123.49 -h d> + 0,0937.r 0,2780.^/S — -h 28",55 -f- IMl^.dp -f- Ja -I- 0,2161.azione di Konigsberg. 1 8." In Konigsberg l' ecclisse fu totale, e venne osscrvato dal Sig. De- Ar- rest, il quale porge delle sue osservazioni si fisiche die aslronomiche una inte- ressante relazione nel N. 780 delle Notizie astronomiclie di Altona. Diveiiendn al momento della lolale oscurazione molto piccola la distanza del centridel sole e della luna, 1' errore delle tavole a\Tebbe potuto esercilare una sensibile in- fluenza nei coefficienli delle equazioni di condizione relative ai due contalti in- terni. Ho stimato pertanlo conveniente di correggere, dietro una prossima cogni- zione dei valori di dx , e r//S ottenuta con un calcolo approssimalo, le posi- zioni della luna dale dalle tavole, dopo di die ho proceduto per ogni contallo al calcolo delle equazioni di condizione dietro le formule generali sopra riferite. I valori prossimi iinpiegati alia correzione delle tavole furono dx— — 29",24; r//3= — 3",76. Si e adottato la differenza dei meridiani con Berlino data nelle effenieridi di Berlino cd == — 28'.25",0 ; La latitudine := 54°.42'.50",4, donde Lz= 54".32'.0. I tempi poi dei contatti osservati furono i seguenti : 56 OSSERVAZlONl DELL ECCLISSE SOLARE, EC. l.''Contatto = 3".38'.ll" 2." Coniaito = 4 .38 .58 , ^ „ „ ^, / / 1 V o / JTempo medio di KiJni'rsberir. 3." Coiilatto zz 4 .41 .53 I ^ d » A." Coniaito = 5 .38 .32 ( Dictro le superior! avvertenze si oltengono i seguenti risiiltali ; 1." COiSTATTO 2.° CONTATTO 3.° CONTATTO 4.° CONTATTO f ^^ 480".'il',67 495".25',92 496".64',80 240".24',86 II 11 450 .56 ,50 464 .55 ,33 462 .46 ,95 473.42,84 48 .24 ,60 53 .67 ,50 54 . 8 ,40 59 .45 ,40 >. z^ 424 .36 . 8 ,90 425 .43 .36' ,43 425 .46 .24,28 425 .60 .20' ,07 / ::^ 424 .60 .39 ,78 424.53. 8,42 424 .63 .42 ,44 -424.65.27,55 ^= 0 .44 .67 ,44 0 .48 .22 ,50 0 .48 .32 ,36 0 .64 .43 ,62 ^ ::= 424 .48 .43 ,76 424 .62 .45 ,38 424 .53 .59 ,08 425 .27 .44 ,70 p rz — 0 . 4 ,77 — 0 .49 ,65 — 0.46,52 — 0.49,23 , J'drrf— ■ • • • 32 ,25 .86 0 .50 ,96 0 .60 ,94 32 .24 ,89 i e = 32 .26 ,02 0.53,4 4 0 .60 ,76 32 .44 ,23 (1) (2) (3) (4) 0,00245. 4- Amburgo . . . — rfA -h 0,i 097.^/3 = + 29 ,00 -h 1,0060.6?/, _l_ (ix 4- 0,0795.azione di Danzica. 22.° Porremo fine a queste discussioni intorno all' ecclisse solare del 28 luglio 1854, col riferire eziandio il calcolo delle osservazioni instituite nell' os- servatorio della scuola nautica di Danzica, ove 1' ecclisse fu totale, ed osservato con molta diligenza dai signori Albrechi direltore di quell' Instil uto, Domke. Schiitz, Schroter e Reinbrecht. Le osservazioni dei contatti riferlte nel N. 788 delle Notizie astronomiche in tempo medio del luogo sono fra loro molto bene d' accordo, e prendendo il medio dei tempi slimati da ciaschedun osservatore, si hanno i seguenti risulta- menti. : 4.°Contatto .... 3\30'.44",0 2.°Contatto .... 4.34.36,76 3." Contatto .... 4 .34 .37 ,35 4.°Contatio .... 5.34.44,22 Tempo medio di Danzica. DEL M. K. PROF. GIOVANNI SANTINl 6d La poslzionc gcografica di Daiizica non mi scmbro cos'i bene flelerminata da potere far concorrere direllamenle questa osservazione coUe altre per deler- minare gli error! delle tavole. In falli, per la sua longitndine riportata all'osser- vatorio di Berlino, si lianno le seguenti delcrmina/,ioni alciin poco fra loro di- scordanli. i." II sig. Wurm, da un ecclisse solare e da cinque ocrul- lazioni in vero fra loro non troppo concordanti ('Mo- _ . i nut/. Coiresp. B. XXM, pag. i80), assegna ladifferenza con Parigi rz'i\5'.Id",3, locche da rapporto a Berlino — 20'.57",3 2.° II sig. Albrecht dietro I'ecclisse solare del 4842 la trova — 2i . i ,5 3.° II sig. Hansen, a cui sembra allenersi il sig. Encke nelle sue effemeridi, da — 24 . 9 ,5 ( Vedansl Astron. Nachr. N. 790). Nel calcolo delle equazioni di condizione, che si possono dcdurre dai tempi dei contatti superiormenle osservati ho slimato conveniente inlrodurre una pic- cola corrczione alia longiludine geografica. In generale, se quesla venga indicata per T , e s' indichi la sua correzione per dr , ritenendola cosl piccola che non possa introdurre una variazione scnsibile nel calcolo delle paralassi in longitu- dine ed in lalitiidine, si trovera facilmente, che il termine da aggiungcrsi al primo mcmbro delle equazioni {b) e (c) del § 6." dipendentemente dall'assunta correzione dr e (=+=(,« — m) -|- v tang (^ ) r/r, ove si prendera il segno -f-, quando A' > /; ed il segno — nel caso contrario, e dove i" rappresenta il moto della luna in longitudine per \ " di tempo medio ; m quello del sole ; V il moto della luna in latiludine parimenti per 4" ; dr la cercata correzione espressa in secondi, la quale se e positiva trasporta il luogo verso 1' occidente, e se e negativa lo fa scorrere verso 1' oriente. Cio premcsso, ecco gli elementi impiegali nel calcolo delle superior! osser- vazioni : Latitudine geografica = 54°.2r.48",0 ; L =: 54M0'.25"; longitudine geografica rapporto a Berlino zz: — 21 '.9", 5. La longitudine della luna data dalle tavole fu (come nel calcolo delle osser- vazioni di Ktinisberg ) diminuita di 29",24 ; la latitudine, diminuita pure di 3",96. Si formo cosi la seguente tabella : 62 OSSERVAZIONI SULL ECCLISSE SOLARE, EC. iS COISTATTO 2.° CONTATTO 3.° CoNTATTO 4.° CORTATTO a . i78°.-12',38 493° .36 ,60 494°.45',87 208°.39,93 3= 449 .62 ,^ 4 460 .56 ,50 464 .26 ,65 472.46,03 A = ■. 47 .26 ,06 62 .59 ,50 63 .44 ,70 58 .49 ,27 xziz 124 .35 .43 ,49 426 .43 ,32 ,89 425 .45 .24",49 426 .50 .37',47 /=: 424 .50 .40 ,62 424 .63 . 4 ,89 424 .53 .42 ,09 424 .56 .28 ,66 ,3= 0 .44 ,54 ,76 0 .48 .22 ,48 0 .48 .32 ,36 0 .64 .45 ,08 , 424 .48 . 8 ,83 424 .52 .44 ,46 424 .53 .55 ,78 426 .27 .44 ,74 ;3'= -)- 0.34,20 + 0.47,04 -h 0 . 3 ,67 + 0 .42 ,63 j'=fcr/=. . . . 32 .26 ,46 0 .54 ,26 0 .54 ,47 32 .24 ,96 e= 32 .32 ,00 0 .66 ,36 0 .43 ,84 32 .43 ,40 (1) (2) (3) (4) Quiiull si formeraiuio le segueiitl equazioni : _ ,/A -I- 0,0175.^/3 — 0",5667.^r — — 5",84 -^ dp — dx ^- 0,3I66.r//3 — 0 ,5587.ara. AUora ebbi parte alia rilevazione di regolari fondazioni, e la massima profondita rinvenuta sul banco medesimo. seguendo una traccia prossimamente equidistante da' suoi margini, si fu di metri 5.06 a metri 5,50, cioe piedi di Francia d5:8a 16:11, pollici profon- dita che saltuariamente si scostano da quella traccia, ora a destra ora a manca volgendo, lo che rende ancor piu malagevole il praticarlo con bastimenti di forle portata. Codeste verificazioni destarono in me il desiderio di piu estese e piu accu- rate invesligazioni : volli indagare le |)rof()ndita dei grandi canali versanti in quel bacino e volli avere elementi atti a determinare una graduazione riguardo alle rispettive velocita delle loro correnti. In quanto alle profondita di quei canali, esse generalmente ed anche indi- 6S INTOUNO ALCUNE OPEUE IDUAULICHR, EC. vidualmcnte sono maj;j^iori alle masslme da me osservate siil banco Rocchella, laoiiilc mi o j;io(0 lor/.a concliulcn' ihe 1' innalzamento di quel banco e la sua manutenzione sieno 1' ((Tetlo di due cause : la prima delle quali penso si mani- festi nei moment i di slanca, allora cioe che sta per succedere il cambiamento del moto di llusso in quello di riflusso, poicbe appunlo allora atlenuandosi la vivacila delle correnli, quella provenienlo dal mare rinluzza I'ahra clie discende dai canali, e prima clie si risolvano in uno solo i due corsi, v'e un pcriodo d' iner- zia, durante il ([uale le sabbie convogliate dal mare liberamente e quasi senza contrasto decombono cola dove ha luogo la sosla, il che accadc appunto al site del banco, il quale Irovandosi in vicinanza alia bocca del porto, prova gli urti del mare da una parte, quando dall' altra soffre per 1' insistenza delle correnti che discendono dai grandi canali di Fisolo, JMelisson e Spignon da me ancora ricordati. La seconda causa che credo inlluisca pur anco e con maggior cfficacia a mantenere e ad accrescere quell' ingombro, trovo abbia luogo e si sviluppi con grande potenza in quelle circostanze in cui ne' periodi di riflusso, il mare fattosi tumido, agitato da gagliardl venti australi e da quelli di levante, che qui diciamo venti di trai^ers)a. si soUeva in grosse onde, scalza i bassi fondi che cosleggiano i nostrl lidi, ne commuove le sabbie e le spinge entro il porto, quando appunto le acque interne con moto contrario vorrebbero sortire dal porto stesso. Ecco succedere allora un violento conato, un contrasto vortlcoso di contrarie azioni che pero decresce in ragione duplicata delle profondita, durante il quale e pel reciproco rintuzzo accadono nuovi decublti, nuove deposizioni su quel banco malaugurato. Portati i miei studii alia conoscenza delle correnti interne per determinarne, come dissi, la rispettiva vclocita nel periodo del riflusso, avvertii che doveva limi- mitarmi a precipuamente osservare fra tutte quella del canal Fisolo, che nel sue tronco superiore rlceve un canale denominato del mulirii, piii sotto I'altro detto il Melisson, per cui anzi dir si potrcbbe Fisolo, trarre la sua originc da quei due ca- nali che pur sono vene massime della laguna media e dal traversante Re di Fi- solo, che lo pone in comunicazione coU'altro canale primario di nome Campana. Secondariamente era invitata la mia attenzione dalla corrente del canale Spignon, che pure immette nel tronco inferiore dello stesso Fisolo, non lunge dal bacino del porto, e per ultima notai la corrente al canale di Malamocco, il quale termina agli Alberoni sul banco della Piocchetta, tralasciando del canale DKL M. E. ING. GIOVANNI CASONI 69 sail PIf'tro e Pcleslrina chc inti'inaiiieiUe passa dal bacino di JMalamocco al ba- cino interno di-U' altro j)orto di Chloj^gia, caiiale qiieslo di pora iiiiportanza al sisli'ina idraulico di (picsla parte di laj^iina, ma iiulispcnsabile per Ic rcciproche oonuiiiicazioni. Tra quesle tie, la corrente di Fisolo prepoudera siille allre e rigogliosa scorre al bacino del porto. Urlata ncl suo cammino dall' acqiia di Spi^non, che vi si unlsce a dcstra, lunge dal deviare sensibilmente dalla sua direzione iniziale, aumenta invcce ed accrescc di vivacila tcndendo col maggior filone verso 1' olta- gono forlificalo, delto di sau Pietio, sito a destra del bacino medesimo dove pure riscontrasi la maggior profondita. L' acqua del canale di Malamorco, clie nell' ultimo suo tronco dicesi anco degli Alberoni, corre con ahpianto minore velocita, abbenche ingrossata pel con- corso di quella che vi si aggiunge, provenienle dal grande canale Campana, ma arrivata al bacino trova poderoso oslacolo al suo proseguimento nella grande massa delle acque unite di Fisolo e Spignon, le quali avendo, come dissi, mag- gior forza, ed nna direzione alia prima quasi orlugonale, rallentano di molto quel suo corso, ed influenzate dalla anormale posizione e dalla sporgenza dello speroTie o molo N. 4 detto delle ceppe, alle appcndici del forte san Pietro, la fan- no sovente retrocedere, vi fanno barriera e la costringono a versarsi in parte td a distendersi sui bassi iondi c suUe vaste paludi verso ponente, da che ne deri- vano altri decubiti, e percio non esito punto ad ascrivere anco questa coinbina- zione di circostanze fra le piu efficaci cause chc contribuiscono a manlcnere il de- scrilto banco Rocchelta. Prima di toccare al suggerimento, che presla tema a questa Memoria, credo opportuno prevenire una domanda che mi sara fatta da chi vuol prendere inle- resse all' argomento che tratto, ed c se, nella vasta estensione di queste lagune, allra via non vi fosse per passare da Vcnezia al porlo di ^lalamocco se non quell' unica che fmisce alia llocchetta? E qui accennero esservene altre due, una delle quali sarebbe dallisola di Poi'eg/ia per quel canale contnmaciale, pel canal traversanle Perarolo passando in canale Campana, quindi per I'altro traversante He di Fisolo in canale Fisolo e per queslo al bacino del porto. — L altra via sarebbe dal canal di Malamocco ascendendo pel ridetto Campana passare per Re di Fisolo in Fisolo e ridursi, come prima, al bacino, ma queste vie, che farebbero evitare Rocchetta, oltreche assai piii lunghe, oltreche dispendiose per enormi escavi da farsi nei due canali traversanti Perarolo e Re di Fisolo, che sono di fondo sab- 70 INTORNO ALCUNE OPERE IDRAULICHE, EC. bioso, e the perci(» csigerebbcro costante manutcnzionc, oltre al bisogiio dl pali, di "ruppi e di far! di segnalamcnlo, indispensabili al gegonio, al tonegglo per le coufeisioni del baslimenli, presenterebbeio disagi e peritoli al quail 1 grossl le^nl da giiorra e da {ominLTclo andrebbcio espostl, coslrettl essendo a navi- jrarc c pcrcoiTerc IVaminezzo bassl fondi passando pel due indlcatl traversanti (be banno 1 aiidameiUo alcpianto iorluoso, quando, al coiitrarlo, lodieriio tra- ghlo, nierce alcuiii reltifili opporluneraenle prallcatl ai Ironchl del canall dall' i- sola dl sail Clemeute all' altra dl Poueglia, dlvennc facile, spedlto, c cosi svanl- rono per quel liallo le anllcbe difficolla, ed e perclo da Icnersl preferlblle ad o'nil allro canimiiio quello pel canall, cbe partendo da Yeiiezla passano presso le Isole san Clemenle, SaiUo Splrllo, Poveglla In canale dl IMalamucco, per gli Alberonl al baclno del porto. Ho pensalo esser cosa moUo opportuna premetlere tulle queste nollzle slo- rlche e locall, percbe cbl ml onora dl ascollo e si complaccla osservare 1' icono- grafia cbe presenlo, possa agevolmenle segulrml nello s^lluppo del suggerlmenli die propongo, e possa rellificare le mlc Idee, se la voslra saplenza, o slgnorl, le Irovasse merllevoll dl censura o dl relllficazlone. I camblamenll porlall al piano orlglnarlo dagl'lngegnerl Lessan e Romano, come procural dlmoslrare, banno caglonale senslblll allerazlonl lanlo riguardo agli eff'elll ulUl cbe si conlemplavano dapprlma riguardo alia slslemazione del baciiio esterno ed all' aperlura della nuova foce, quanlo, e plu ne conseguirono, al rlpieghl ed agll avvedlmenll avullsl per regolare le acque del bacino interno, polchc ando Inlerrolta e slegala quella maglslrale coordlnazlone fra le due sisle- mazioni, per cul 1' una sull' allra Influendo, e 1' azlone dell' una preslandosl a vanlagglo dell' allra, anco gll effelll parzlali, quanlunque In senso dlverso, pure andavano a comblnare In un pieno e complelo rlsullamenlo. Ora parml dover clrcoscrlvere le mlc proposizlonl a clo cbe rlguarda 11 baclno Inlerno ; e queslo credere! poler mlgUorare In confronlo all' alluale sua condizione, se le acque cbe vl flulscono lanto ne' perlodl della marea montante, come in quelll della decrescente, fossero regolate da apposite opere klraullcbe coUe quail Inlenderel munire gll sbocchi del grandl canall Splgnon, Fisolo e dl IMalamocco al rlspeltlvl loro punlaroli, cloc cola dove 11 basso fondo sporge Ira 1 uuo e T allro dl essl •, verrel cosi a Irallare queste acque quasi come gl" 1- draulici governauo quelle del fiuml, ma pero non con 1' Implego dl pennelli o di arcbelle. ma con rivesllmenll mural! e con una paraloja parlmenll murale DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONl ' 71 presso r ollagono san Pletro convergente le acqiie slesse verso la diga Interna curvilinea, e piu esatlamente verso la bocca del porlo a sinistra, o cin ron la mas- sima circospexione, Irattandosl nientemeno, che di allontanare, anziclie avvici- nare i corsi dl queste acque di Fisolo c di Spiguon dalla bocca del canale Roc- chella, i cui difelti nalurali ho jtocofa accennati ; a togliere od a minorare i quali difetli, sc fossi invit.ito a suggcrire un parlito, non csiterei di proporre ("he fosse conv<'nientemenle ristretla, con robiista opera, continuata, o a scaglioni, la sezione all ultimo tronco del canale di 3Ialamocco a destra, cominciiuido dal canale Cam- pana, lino al pnntarolo di Fisolo, coll' intendimento di minorare la dispersione laterale delle acque sui paludi, tenerle incassate ed aumentare consegnentemente il volume e la velocita dello scarico nel bacino del porto, affincbe meno soggia- cia alia preponderanza delle altre correnti, e valesse per se ad escavare ed a mantenere escavato quel sno alveo. Dovendo pero provvedcre all' azione di due correnti, le quali benche in perlodi diversi pure sono completamente contraric, mi trovo alia necessita di ordlnare le opere die propongo in maniera che servir possano e si prestino all u- no ed air altro uffizio, senza contrastare o pregiudicare la corrente di flusso. Scabroso assunto per me egli e questo che procurerel superare adattando le inflessioni e volgendo i vertici o le curve delle opere stesse per modo che nel rillusso quelle acque percorrano possibilmentc unite verso il mare, e nel flusso s'inoltrino ripartitamente ascendendo i canali meno gravi di sabbia, e meno tor- bide al confronto di quelle che odiernamente pervengono nell' interno del porto ; (! nella coordinazione di queste opere vorrei comprendere e porre con esse in relazione d'uffizio, per quanto fosse possiblle, anco il potenle sperone X. 4, detto delle ceppe, che sporge dalle appendici del forte san Pietro, al cui vertice avvi la profondita di oltre 40 metri. Ella e cosa evidente che la depurazione delle acque dalla sabbia marina non potrebbesi attendere quale effetto dei soli rivestimenti e dei soli presidii da me ideati, e neppure tanto ardirei ripromettermi; ma codeste opere. se male non scorgo, sarebbero per dare favorevoli risultamenti qualora andasse eseguita la seconda diga foranea al sud del porto. della quale un uffizio. come dissi da pri- ma, consiste nel ripulsare e sostenere le sabble cacciate verso terra dai \enli mc- ridionali. Allora andera a minorare grandemente quell'assedio di sabbie ; allora si potra sperare stabilita uei fondl e costanza nelle rispettive profondita del ba- cino interno ; allora anco il banco della Rocchetta andra mlgliorando, e final- 72 INTORNO ALCIJNE OPKRE IDRAULICriE, EC. mcnlf (ol prodiralo iiuaiialamcnto dellc acqiie dl rifliisso, rome propongo, la i\uo\aJoCf. Iiingo la gran diga di nord, tocfhcra forse senza bisogno di escavi meccanici. alia prufonditu di piedi 25, iiiisiira necessaria al libero passaggio dei grossi navigli da giierra c da coinmercio, romprcsi i vasctdli, appunlo come fm dair anno 1806 eras! avvertllo dai valcnli autorl dell" originale progelto. Qnei nianufatli. rhc propongo, crfderci contesserca fascinaggio con volpare e gabbioiii ricnipluli di ininuto sasso, fissati cd imbrigliali a mezzo di lolpi ossie- no fusli di (jucrcia e rivesliti alia loro superficie con sassaja, die a rainorarc la spesa basterebbe fosse di masegna ossia trachite dei colli Euganei. Tale modo di costruzlone penso adallalo al bisogno di renderli capaci e validi a sostenere uon tanto 1 impressione delle correnti quanto 1' nrto dclle ondate nci temj)i bur- rascosi. Inoltre, dalla loro configurazione vorrei fossero prescriui i limili dei puiitaroli iielle rispellive loro sporgenze, e prevenuto il pericolo che le opere ed i puntoroli sieno presi a rovescio dalle correnti, ciocche mi studierei conse- guire coll accurala sceltadel sito dove fondarle, in clie sarebbemi guida la cono- scenza dei corsi minori delle acque che dagli specchi, dai laghi, pei canali minori e pei ghebbi pervcngono nei grandi canali prossirai al porto. < , , . Qiiesto in concreto e il piano che in massima proporrei per regolare le acque del porto di Malamocco, nel dellagliare il quale e prima di condurmi a determinare la figura da darsi a quelle opere moderalrici, prima di slabilirne la posizione, le dimensioni, mi sara d' uopo rlnnovare le osservazioni, ripetere gli esami. adorrhiare ancora la mossa e le direzioni delle varie correnti, come dissi, anco le pii'i discoslc dai porto; ma sopra lutto niente azzarderei intraprende- re, nulla formalmente proporre senza il consiglio di altri ingegneri esperti nelle cose della nostra laguna e senza prima conoscere i risultati di un esame tecnico a' miei suggerimenti che provocherei da queslo consesso, convinto intimamente, come sono, che in argomento tanto grave ed imporlante posso (certo involon- lariamente rome in altri succede) o veder mascherata una verita o dissimularc e negligere alcuni principii, o mal interpetrare alcuni falti, lUuso dai desiderio di secondare un' idea che mi si e prescntata alia mente, e che ha trovato favore e conforto nelle mie elucubrazioni. Poche parole ancora ed ho terminalo : Nel piano Idrografico che avele soil' occhio, ed e un fac-simile dell' originale annesso alia jMemoria di Prony e Sganzin, sono delineate con tinta rossa le opere da essi proposte nell'anno 4806, cioe la grande diga di nord ABC e la minore al sud DE oltre un' altra piccola DKL M. K. ING. GIOVANNI CASONI 73 diga interna FG interposta Ira il canalc Fisolo e quello che proviene da Mala- mocco, ciocche svela la idea da que' sommi concepita di accorciare con essa I'al- iora lungo piintarolo (he cola esisteva. E quel maniifalto FG diventava alio scopo efficacissimo se si fosse conser- vata la posizione dclla diga ABC alia sua radice nell' interno del porto : utile effetto che, c il diss! ancoia, convcnne abbandonare quando se n' e cambiato il punto di partenza e 1' andaniento della parte AI> presso il Forte Alberoni. Con tinta verde ho aggiunta la modificazione Lessan, dietro 1' andamento curvilineo HAIB, e mi sono servito del colore ocreo per indicare il tracciato Romano IK, in lorza al quale, e per seguitar la diga interna da K a B, cioe fino alio sperone o guardiano N. 66, con curve il meno possibile risentite, bisogno allungare lo sperone stesso, da dove parte la diga foranea di metri dT ; e con cio la bocca del porto, che prima allargavasi a metri 516, ora e portata a metri 499 circa, che corrisponde a gomlne 2 V^ misura de' marini. Finalmente adoperai la tinta gialla per scgnare i siti e le approsslmative figure dci lavori che crederci proporre in L^IXO, i quali si limiterebbero a brevi misure, il piii, come ancora dissi, consistendo nella posizione lore e nella con- figurazione da darvisi, in che, a mio avviso, mcglio si presterebbero le curve combinate ad angoli piu o meno ottusi, piii o meno acuti, secondo la esigenza del sito. M' astengo dal toccare di piu alia necessaria sistemazione dell' ultimo Ironco del canale di Malamocco alia iiocchetta, giacche colle opere, che ora pro- pongo, crederei avernc presidiato lo sbocco: quolla sistemazione sara poi regolata secondo le circostanze e nel raodo come poco fa accennava. (]onfesso, signori, che merito taccia di ardito per aver osato por mente ad argomento tra quelli trattati e discussi da uomini celebri per dottrina, distinti per versatilita d' ingegno pronto e svegliato. Pure, lo spero, non mi negherete compatimento, ove vogliate considerare al posto che ho I'onor di coprire nell'I. U. Alariua di guerra, alia pratica da me acquistata in tanti anni su quel porto. ed al dovere. che incombe ad ogni onesl' uomo, di manifestare le proprie idee, se le crede tendeali al pubblico vantaggio, ciocche maggiormente importa nell'o- dierna condizione di qnesl' illustre citta, richiamata a novella vita e prospcrita dalle largizioni della Sovrana Munificenza ; e veicolo di vita e di prospcrita per questa patria e appunlo il porto di Malamocco. (ieMt^ne/ giomo 21 tugllo ISol .) VI. 10 '^^^^ ^^ Q^' V VcX^[(Xiivo<:c o ■/^i:/^Y,^/zDlARIO MEMOKIA PRIMA DEL iVI. E. PROF. BALDASSARE POLI Delia nuova legge francese per le assodazioni di credito fotidiario. J\A momi'iilo chf si disputa anco Ira noi ron calore vivissimo sulle ban- die 0 societa di credito fondiario, ad esempio di quelle gia attuate in altri paesi, non parra inopportuno il tenere proposito circa alia loro applicazione anche al nostro die ne e ])ure bisognevolissimo, e die come eminenlemente agricola, men- Ire piio fame tutto il siio pro, e piu di' ogui altro disposto a ricevere una isti- tiizione cosi benefua e salutevolissima. lo, fino dair anno ^844, nell' opera intilolata Saggi di scienza politico- legate, alia teorica del credilo s\ pubblico die privato, lamentava il danno della presente sua organizzazione, specialmente perche il credito privato non si facesse soccorritore dell' agricoltura; ed ivi nell' atlo die dichiarava per indispensabile al suo rinnovellamento 1' aggiunta delle banche agrarie o fondiarie. le veniva a Iratii delineando; ma la mia voce era troppo debole e fioca per non andarne (listalta e sniarrita (I). Ora pero cb' essa rivive per mezzo dell' altrui assai pin diiara e sempre aecelta, allorche si tratla del vero e dell utile comuiie ; ora die si pensa seriamente ad istudiare iiella grave quistione del credito fondiario, onde facciano di guadagno le nostre provincie, e die gittasi gia 1' occliio sul de- (i) V. Saggi di scienza politieo-lesale. Milano, presso Perelli c Mariani edilori. Vol. unico, 1841, pag- 617. 76 SUL CRKDITO FONDIARIO creto di Francia 28 febbrajo 1852, qual ultimo risultamcnto dclla sua teorica e pratioa dotlrina, io mi faro con alcunc rapide osservazioni a mettere in chiaro gli ostacoli alia pratira di quel decrcto e di quella forma di associazioni fondia- rie per noi ; giacche e quella Icgge e quelle associazioni, quanlo savie e provvi- denti possono essere per la Francia, altrettanto mi pajono qui d' assai malage- vole effettuaziane. E lanio piu volentieri mi io a discorrerne, in quanto che il prendere alia prima una falsa \\a e Io stesso clie fallire alio scopo, e in quanto che la pubblica opinione abbisogna d essere ben illuminala e chiarila innanzi di venire al partito. Che il disagio o la jattura della proprleta m generale nel Veneto, non gia per assoluta scarsita di danaro, ma per le gravezze del mulno, e per la ine- vitabile pressura dell' espropriazione forzata come funesta conseguenza di quello, sia un fatto patente ed incontrastabile. basta a convincersene il guardare alle cifre dei libri ipotecarj, agli avvisi di pubblica asta, agli alti di giudiciale ese- cuzione contra ai morosi e agli impotenti al pagamenlo dei prestiti assicurati sui fondi. Quindi, se c' e paese cui s'attagli moltissimo il credito fondiario, egli e per mio avviso il nostro. Ma potrii il credito fondiario atteggiarsi tra noi suir esemplare recentissimo di quello di Francia? Si potranno accogliere per noi le associazioni fondiarie al modo con cui vengono dal decreto 28 febbrajo cola stabilite? Io ne dubito forte, allorche ci facciamo ad esaminare senza pre- venzione e quella legge e quelle societa e in una le particolari condizioni delle nostre provincie. Egli fu percio savio consiglio del veneto Ateneo quello di depu- tare una Commissione alia disamina del credito fondiario per riuscire ad un pro- getto confacente alle nostre circostanze, e che possa essere preso in considera- zione. D' altra parte, anche in queste cose e sempre meglio correre sulle orme proprie che sulle altrui. Che se dall' esempio alieno devesi pigliare animo al fare, il fatto dev' essere nostro. II grande problema del credito fondiario si compendia tutto in qucsta for- mola semplicissima : « Fornire degli occorrenti capitali 1' agricoltura al minimo ' degl' interessi, e sotto la doppia condizione del facile e comodo loro rimborso, I e della maggior sicurezza della loro realizzazione. « Al minimo dell' interesse fa guerra 1' usura. Al facile e comodo rimborso il troppo breve termine alia rcslituzione integrale dei mului. Alia sicurezza di realizzazione la cattiva volonta de' debitori, o il difctto della legislazionc. Se non che la soluzione di questo problema sembrerebbe ad alcuni omai raggiunta coUe associazioni lerritoriali o DEL M. E. PROF. BALDASSARE POLI 77 fondiarie dell.i Prussia, della vSassonia, del Wliitemberj;, dell' Annover, della Gallizia, della Raviera, del Belgio e di Francia, le quali studiate nel loro storico sviluppo, e ne' piinli piii consimij^lianti dl analogia, presenlano a quest' ora una trlplice forma, per la quale si stima potersi nalurarle e trapianlarle dovunque; lanto ch' ei pare la scienza non possa andare piu in procaccio, ed essere ogni ultcriore suo procedinienlo oniai inutile e finito. La prima e la piu antica forma di queste societa ella e di quelle unioni di proprielarj d' una provineia the con o senza danaro emettono proprie obbligazloni sotto il nome di lettere di pegno frultifere al 3 o al 4 per 7^,, e da negoziarsi alia Borsa, le quali o si estinguono ne' creditor i o presentatori a richiesta solo delle associazioni o con un anticipate avviso, o dai debitori si ammortizzano con piccole annualita da pagarsi alle asso- ciazioni medesime colla regola dell' interesse composto. Queste sono le societa di credito fondiario od ipotecario veramente primitive della Prussia (1770), cui rassomigliano quelle del Wiirtemberg, della Sassonia e dell' Annover, salvo che in queste la estinzione od ammortizzazione graduale de' capitali e dei loro inte- ressi fu sempre obbligatoria, laddove in quelle era gia da tempo ad arbitrio o facol- tativa. Esse a buon diritto si denominano societa di credito fondiario, si perche vi primeggia I'elemento o 1' interesse della proprieta fondiaria, s\ perche con esse si ha di mira di non distrarre o scindere la possidenza, e di migliorare 1' agri- coltura. Laonde tali societa vestono ad un tempo il carattere doppio di societa di mutuanti e di mutuatarj, sono come tante agenzie intermedie tra i sovventori dei capitali. e quelli che ne abbisognano. La seconda forma e di origine piu fre- sca, e quella di associazioni che. con un fondo di riserva in contante costituito da tante azioni, danno fiiori soltanto cedole di valore determinato e fisso coll ob- bligo da un canto di estinguere le cedole stesse coll' estrazione a sorte e con un premio detto prima, e col diritto dall' altro di conseguirne il rimborso a piccole annualita e colla misura dell' interesse composto. Tali sono la banca ipotecana di Monaco, la cassa de' proprietarii e la cassa ipotecaria di Bruxelles. Onde- che giustamente si considerano queste per vere banche in quanto vi si fa pre- valere 1' elemento ad interesse mercantile e bancario. e sono istituite piii a van- taggio de' })restatori che dei possidenti o debitori (1). Perlocche la dilferenza piu rimarchevolc tra le associazioni del credilo fondiario di quasi tutta 1 Alle- (i) V. Des institutions de credit fancier en Allemagne el en Belgiqiie par M. Royer. Paris 1846, pag. 4-40^- — Oes institutions de credit fancier ei agricolc dans les diners etats de I'Europe par M. J. B, Josseau. Paris i85i. 78 SUL CREDITO FONDIARlO magna, c qiicllc della Baviera e del Bclgio sla in qiit'slo : tlic Ic prime hann(» (li mira e piu direttamentc 1' interesse pubblico qual e qucllo della possidenza e dcUagricoltura, e le secondc 1' interesse privato o qiiello dc' preslatori. La terza ed ultima lornia di tali assoeiazioni e di ([uelle die con un fondo di riserva e enir emissione di lettcrc di pegno proporzionatc al valore dci fondi o delle terre siiUe qiiali cade il niuluo, offrono sempre il rimborso in contanle a' loro presen- tatori o possessori, e ricevono dai mutnatarj o debitor! nn'annualita complessiva degl' interessi, e d' una particella capitale, il quale viene cos\ ammortizzandosi in nn lungo periodo d' anni. Questa forma s' addice singolarmente alle assoeia- zioni del credito fondiario introdolte in Francia col decreto 28 febbrajo 1832, e che possono chiamarsi assoeiazioni fondiarie rniste, appnnto perche in esse si fondono e si IVammischiano tanto 1' elemenlo od interesse fondiario, quanto il mercantile o bancario (1). Egli e su questa terza ed ultima forma di assoeia- zioni fondiarie clic preme di fermare al presente la nostra allenzione per vedere se essendo essa cosi buona ed opportuna alia Francia, s' acconci, oppure sia inadaltabile a noi per rispetto alia sua pratica esecuzione. E qui entrando io nellesame di un'estera legge tanto desiderata ed applau- dita, gll e mestieri di dichiarare sino da bel principio cbe non intendo gia di con- siderarla nell'intrinseco suo merito, oppure in qiiello de' suoi principj, che non e dato piu omai a cbicchcssia di disconoscere, o di biasimare 1' uno c gli altri s\ per la prova die gia fanno di se stessi, s'l per la universalila e necessita della scienza alia quale s' appoggiano, e che non puo mai falseggiare o disdirsi ; ma s"i bene nella sua semplice impraticabilita a noslro riguardo almeno nelle guise eon che vemie foggiata dal suo datore : impraticabilita che si rendera palese a ehiunque ascoiti la voce della realta e della ragione. Al qual uopo I' ordine delle idee esige eh' io richiami alia mente ed innanzi tratto i eapi o punti principali d' una cos'i fatta legge, aeciocche possa applicarvi successivamenle le mie qua- lunque osservazioni. In Francia, da un' inchiesta aperta nel 1850 dal Consiglio di stato, risulto come cosa comprovata eostare in via media i prestiti ipotecarj ad interesse non mai raeno dell' otto per *)/ all' anno, eompresa la somma di tutte le tasse e di tutti gli onorarj ; ed aumentarsi la cifra sempre crescente di questi prestiti di (i) Si dicono anclic mislr le assoeiazioni di credito fondiario, allorclie preslano tanto col credito fon- diario, quanto col personale. Solto talc punto di vista la banra bavarcse puo cssere considerata come un' asso- ciazione di credito fondiario miita. DEI, M. E. PROF. BALDASSARE POLI 79 annui iiiilioni 600. die e aj)j)iml(» la somma ilegrinttTcssi, ciii gia ammontauo i molli inilliaidi del dcbilo ipolecario generalc. A tanta distri'Ua e cosi iniiiacre- volo per la forliina tcrritoriale o de' possidcnti di fincUa nazionc, il Govenio pcusi) di ovviare bentosto rol citato decrcto 28 fcbbrajo aiitoritativo dclle asso- clazioni di rrcdito fondiario. Qtiosto decrcto, che ha per base e per principio 1' demonlo promisciio del crcdito fondiario c baiicario, e per iscopo il soccorso dei propriclarj aggravati da ipotccbe c dall' ecccssivo intercsse dei ca|)itali. aiiimetle iiHlilTcrenlemente e ad im' ora tanto le societa de' capitalisti o preslatori, rpiauto quelle dei possi- dcnti 0 muluatarj. Concede loro il dirilto, o privilcgio esdusivo. di far girare lettere di pegno fruttifcre e guarentite da ipoteca nell' estensione circoscritta di pill diparlinienti, e limitatamente alia somma di ogni prestito da esse conchiuso. II prestito non piio esser fatto che sulla prima ipoteca, onde la necessita della preventiva purgazione e radiazione ddle preesistenti iscrizloni, e dell' aiitenti- caxione per mano dei notai ddle stesse lettere di pegno messe in circolazionc. Lc lettere di pegno sono nominative od al presentatore. si trasmettono colla sola girata, non sono mai inleriori alia somma di 100 franclii, e vengono rimborsate col fondo di riserva e colle annualita che pagano i debitor!. I capitali, die da la societa a mutuo ipotecario, si estinguono assieme agli inleressi con piccole annualita non eccedenti il 5 per "/^ d' interesse, e I'uno o il due per 7^ della sorte principale. AUariscossione forzata o giiidiziarianon si aggiungono pro- roghe ; basla un decreto del presidente del Tribunale di prima Istanza al seque- .stro. si procede sempre in via sommaria ed inappellablle sino all' atto di finale espropriazimie. A far prosperare queste associazioni sino dal loro nascere, lo stato, ollre alia parte indiretta die piglia ndla loro ammlnistrazioiie e nel loro buon andaniento, vi partecipa assai piu direltamente coU' annuo acquisto d' una porzione ddle lettere di pegno, coll'applicarvi una quota di 10 milioni del pro- prio, coir acconsentire che \\ s inipieghino i beni eziandio degli interdetti e del comuni, ed i capitali disponibili degf istituti di pubblica beneficenza. Talche con tutti questi ajuti ed incoraggiamentinon c piu meraviglia, die poco appresso e (|uasi per incanto sorgesse in Pari-a una Societa di credito fondiario con un capitale di 25 milioni (I). Ora die ho esposto in succinto e per souimi capi tutto il tenore di qudla legge, veggiamo quail siaiio gli ostacoli che possono fare im- (i) V*. Mviiilfur u/iiverstif il dccrclo liS Ichbrajo iSos del prC5i4iciil<' della repubbliea Iranccse. 80 SUI. CREDITO FONDIARIO pedimenlo tra noi alia sua effelliva applicazione. Qucsli ostacoli per me si rldii- cono ai scguenti : i ." Poco spirito di associazionc. . 2." Disfavore per le carte e pci segni baiicarj o dl credito. 3." Conccssione lontemporanea di due specie di societa fondiarie di scopo e di natura affatto diverse. 4." vSoverchi privilegi e troppo essenziali cangiamenti di legislazione. 5." Sopraccarico della circolazione con nuove carte. 6." Mancanza dello scopo immediato qual e quello delle migliorie dei fondi 0 deir agricoltura. < 7.° Soccorso alia sola classe dei proprielarj, e nou degli agricoltori. 8." DifFerenza tra la rendita dei fondi e le annualita da pagarsi alle asso- ciazioni fondiarie. 9." II credito limitato o deficiente nella sua piu grande funzione economica, qual e quella di creare od anticipare valori o capitali non ancora esistenti, ossia ideali. — Ognuno di questi oggetti fa piu o meno conlrasto all'attuazione tra noi delle societa fondiarie francesi, almeno nella forma stabilita dalla nuova legge 28 febbrajo. Ed e codesto ch'io credo facile a dimostrare spendendovi parole anco brevissime. II poco spirito d' associazionc da qualunque causa venga prodotto, e un fatto innegabile nellc nostre provincie. L' associazionc, gia antica tra noi negli oggetti di carita e di beneficenza, e appena all' infanzia per riguardo agl' inte- ressi economici ed agrarj. Questa mancanza in noi dello spirito di associazionc si manifesta anche piu cbiaramente nelle due classi dei proprietarj e dei capita- iisti. La propriela molto divisa e suddivisa, e 1' individuallsmo o 1' isolamento delle famiglie, se possono essere sotto certi aspetti il segnale della prosperita pubblica e di una certa forza di caraltere e di confidenza in se stessi, sono per- allro gravi impedimenti all' aggregazione da cui dipendono gli stessi grandi intraprendimentidell'agricoltura. Se si cccettuano i comprensorj o consorzi delle acque, cbe sono freqiienti nel Veneto, ogni altra traccia di societa disparisce tra possidenti delle nostre contrade. I capitalisti ridotti a pocbi, ondc la necessita del monopolio e del caro prezzo del danaro, desiderano 1' individualita e non la comunanza, non so se per timore o per speranza od anco per semplice abitudine. Nessuna banca propriamente detta aduna nel Veneto una massa di capitali rifluenti come sangue a vivificare il commcrcio e 1' industria. Tutte le opera- DEL M. K. PKOF. BALDASSARE POU 81 liom del cambio o del credito prlvato sono affidate alia solerzia o alia condi- scendenza dell' individuo. Ed e appciia adesso che esiste tanto avventurosa- mente uno stabilimento mercantile in Venezla, che possa riparare al danno dl una si pernitiosa noncuranza. Infine, le stesse case o ditte di commercio, o sotto ragione sociale o per accomandita raccolgono sempre i capitali di ben po- chi rontribulori. In tanta pcniiria pertanto di assorlazioni tra noi, tra cos'i poca indinazione a formarne delle nuove, e sotlo il prepolenle dominio dell' isola- mento o dell' individualismo s\ radicato nei sentimenti e nei costumi, non so se possa riuscire, ne cos\ facile, ne cos\ pronta la istituzione delle associazioni fondiarie di Francia, le quali suppongono lo spirito di associazione esteso ed operative al massinio grade di attivila e di potenza. II disfavore per le carte e pei segni bancarj, e tra noinotorio, e niuno puu rivocarlo in diibbio. Le carte ed i segni bancarj ispirano in generale poca fidn- cia. La nostra abitiidine secolarc al nutnerario, il pregiudizio cconomico che non la carta, ma il danaro sia indizio di ricchezza, anzi esso solo vera rlcchezza, la niuna pratica e la dissuetiidine alle grandiose imprese dell' industria e del commercio ci fanno restii piu che mai, e tuttoche irragionevolmente, a quelle istituzioni che abbisognano delle carte di credito per ben piantarsi, ed operare in grande ed alia libera. Quindi siccome le assicurazioni fondiarie francesi de- vono da un canto prodnrre lettere di pegno in ragione del prestiti, e dall' al- tro mettere in giro le loro azionl siccome effetti pubblici o di borsa. cos'i non si accogliera ne s'l presto, ne da tutti il progetto, quantunque ntilissimo, di coteste associazioni. E posto che il disfavore genera 1' antipatia, e 1' antipatia e sempre cieca e pertinace, non varranno a vincerlo ed a rimoverlo ne I'idea che le lettere di pegno sono tutt' altro che i soliti simboli o segni del credito o delle banche ; ne il vedere ch'esse si sostengono a fronte di tutte le oscillazioni della borsa per essere guarentite e proporzionate sempre al valore gia avverato ed il piii sicuro deir ipoteca; ne il dover essere indefFettibile ed in contante il loro rimborso col fondo di riserva, cogli introiti periodlci delle annualita, coU' azionc di reversibi- lila colleltiva e solidale eziandio contro tutti i membri che costituiscono quelle associazioni. La concessione contemporanea e promiscua delle associazioni tanto di capi- talist! o sovvcntori, quanto di proprietarj necessitosi di danaro, oltreche rende incerto ed equivoco il vero scopo del legislatore, puo nuocere alle associazioni stesse in quanto i mutui interessi si contrariano e si collidono fra di loro. D'allra parte, VI. \l 82 SUL CREDITO FONDIARIO o i capitali rij;iirgitano per ahboiulanza, ed allora abbisognano le societa del prestatori o capitalist! c iion quelle dei proprietarj ; o i proprietarj sono oppress! dalla quantita de' gr.ivosl inutui, e giova loro di libcrarsene, ed allora occorrono le associazioni de' proprietarj, e non quelle dei capitalisli. Se non che questa doppia specie di assotia/.ioni fondiarie cos\ diverse disconvieiie alle noslre pre- sent! condizioni, o alnieno iioii puo stare se non colla eletta dell' una o dell' al- tra. Al reale e proficuo soccorrimento della nostra possidenza cos\ frastagliata e divisa, soggiacente al peso delle ipoteche, ed impotente a! bonificamenti del- r agricoltura perche disprovveduta affatto di capitali, e da andarsi incerca de! capitalist! o prestatori : !1 che non puo farsi se non in un solo modo, o coll' u- nione in societa di proprietarj richledenli danaro con ipoteca, o coll' nnione d! capitalist! che vogliano sovvenirlo a buon patto ed in onta dell' avido usureggia- mento. AH' ultimo essendo principio di scienza si teorica che pratica che le so- cieta di credito fondiario debbano circoscrivere la loro azione ad un territorio limitato e ristretto ; tanto meno sarebbe da approvals! !1 promiscuare col loro accumulamento. I i ' ..ju i.;' iJ Con tre sorta di privileg! il decreto francese 28 fchbrajo si fa a proteg- gere le associazlon! di credito fondiario: — Privilegio dell' esclusiva. — Privi- leg! di sussidj del Governo. — Privileg! d! legislazione. — Per il primo, I'associa- zione gia istltuita in Parig! esclude per 25 ann! ipialunque altra nell' estensione di sette dipartimenti vastissinii. — Per ! second!, tanto lo stato, quanlo i dipar- timenti acquistano ogn! anno una data quantita di lettere di pegno ; e si assegna a ciascheduna societa una porzione dei iO milioni gia assoggettati ad incamera- mento, ed i corpi morali e gl' incapaci possono convertire capitali nella compera di quelle lettere. Pegli ultimi, le associazioni, pero sollanto verso i loro debi- tori 0 mutuatarj, non possono essere costrette dal giudice a proroghe di paga- menlo, possono proscguire gli atti esecutivi ad onta di qualsiasi opposizione, esi- gono ipso-facto il iruUo delle annualita gia scadute, e dopo 15 giorni dalla costituzione in mora entrano in possesso a titolo di sequestro dcgl immobili ipotecati a tutto rischio ed a spesa del proprietario, sono privilegiate pei loro credit! immediatamente dopo le spese di conservazione, fanno decidere della ven- dita del fondo e delle quistion! relative in via sommaria e senza appello, e in pochi giorni dopo 1' eseguimenlo di .ilcuni rapidlssimi atti di esecuzione parata riescono al conseguimento dei loro capitali colla dcfinitiva aggiudicazione. lo non so se tali e tanti privilegi siano tutti necessarj al prosperamento delle asso- DEL M. R. PROF. BALDASSARE POI.l 83 ciazioni dl rredito foiuliario. ?von so neppure se sia buono che con quest! si gra- tifichi solamentc alle associazioni verso i loro debitor!, e si lasclno in dimentl- canza affatto i possessor! delle lettere di pegno od 1 loro creditor!, 1 quail nou hanno altra azione verso di loro che quella che il codice riserv.i direttamente contro una socleta qualunque. Quello che so si e ch' ess! sono soverch! e che il loro soperchievole puo pregiiidicare agli altri creditor! isolali ed eslrane! alle associazionl niedesinie. 1)' altro canto, il privilegio deUCsclusiva offende al prin- cipio della concorrenza, ne e sempre approvevole, come quell! dei sussidj del governo, die oltre ad essere leciti ed opportuni, sono piu che ma! conducenti al fine. Quell! po! della legislazione, altr! eccedono, ed altr! non appariscono inte- ramente conform! a glustizia, massime riguardo all' inappellabilita de' giudicatl. Se non che ammess! tuttl quest! privilegi come ugualmente indispensabil! a dar vita ed anima a coteste associazioni, e incerto assai se eglino saranno tra noi ottenibili, e poi a quanli essenziali e subiti cangiamenti di civile legislazione non dovrebbero soltoporsi i nostri codici per poterli aggiustare e conseguire? Se per noi non e dilficile un decreto di privilegio esclusivo, non possiamo essere ugual- mente sicuri dei sussidj pecuniarii dello stato, c molto meno d' un mutamento SI radicale e s'l spedito di legislazione. L' economia e ingiunta in tutti i rami di pubblica animlnistrazione. Gli stati non sogliono aggravarsi si tosto di pesi per societa, le quali alia fin fine non conferiscono immediatamente al pubblico bene. La esenzione o diminuzione della recente tassa sui capital!, che porterebbe anche quella dei loro interessi, mcntre si oppone al principio dell' eguaglianza o d! equa distribuzione nelle imposte, e un tanto di meno a! bisogni piu urgent! del- r erario. Ccrto che il governo, persuaso dell' utilita delle associazioni di credito fi)ndiario anco tra noi, non manchera di proteggerle e di favorirle, e ft)rs' anco di prenderne la iniziativa; ma i suoi sussidj andranno al di la dei medial! o indi- retti? Ma fossero pur anco immediatl e diretti, ed io lo auguro e lo desidero, chi puo farsl mai promettitore di tutti gli essenziali ed istantanei mutamenti che occorrerebbero alia nostra legislazione per metterci sulle vie di Francia, ed accet- tare la posta? Sebbene il nostro sistema ipotecario primeggi in perfezione, e sia molto adatto preparamento alle societa fondiarie per il tripllce principio della pubblicita, della specialita, e dellesclusione del privilegio reale, cionnonostante si desiderano ancora i libri di pubblica intavolazione, che raccertino dell'acquisto nel dominio ; sono ancor trojipo solenni e tardive le ordinarie formalita per ottenere la effettiva iscrizione e la prenotazione dei titoli ipotecarj ; il sequestro e la ese- 84 SUL CREDITO FONDIAUlO ciizione procedono troppo lenli prima di arrlvare alia vendita od all' espropria- zlone ad onta del termini brevissimi della nuova procedura sommaria e cambia- rla, e quel cli' c piu, sta fcrma ed inconcussa la massima dell' appellabilita dei giudicati e della triplice istanza alia loro validita assoliila o defmitiva. Qiiindi supposto che anco tra nol si volesse emulare alia Fraiicia in far tanio lavore alle associazioni di eredito fondiario, si converrebbe sempre rivolgere e mulare ad un tratto in alcuni punti cardinali tutta la vigente legislazione. E poi dato anche come possibile e pronlissimo questo mutamento e rivolgimenlo di legisla- zione, sarebbe ancora controvertibile se ed in qual modo e fin a qiial punto con- venga privileglare simili associazioni. ,, i, Quantunque nel regno lombardo-veneto non circoli aitro che numerario, tionnondinieno vi afflnisrono carle di ognl specie anche per il logame degl' inte- ressi economici e politici coll' impero. Quindi se va ad essere sempre piu soprac- caricata la circol.azione, in ragione che crescono e la quantita e le specie della carta enlrante in quella, certamente diverra maggiorc il suo ingombro colle azloni e colle lettere di pegno delle associazioni fondiarie. E di vero, s\ le une che le altre, quail effetli girabili e da negoziarsi alia borsa, non possono a meno di non accrescere la massa dei segni circolanli, ed inlluire colle proprie oscilla- zioni del cambio in quelle eziandio di tutte le altre. L' associazione stabilita teste in Francia con 25 milioni di franchi, oltre che puo emettere in giro lulta qne- sta massa di nuove carte, ha diritto di aggiungervi molti altri milioni di lettere di pegno secondo la quantita dei mutui ipotecarj che andra di mano in mano I'ormando e conchiudendo. Perloche istituendosi tra noi le associazioni fondia- rie a quel modo, ollreche si cagionerebbe un nuovo impaccio di carte alia cir- colazione, che ne c quasi pura ed immune, si andrebbe forse a rischio di cre- scerne il disfavore e la diffidenza per il loro soverchio moltiplicarsi. Ma poste da un canto anche tulle queste ragioni, qualora le associazioni fondiarie s' im- piantassero su quelle di Francia, come sarebbe egli mai raggiunto il vero e diretlo scopo di quelle :' Questo scopo non e gia di conservare Integra la pro- prieta dei possessor! nobili, siccome si prefissero gia in origine le associazioni fondiarie o territoriali d',,/„ • • •/„) che io suppongo corri^pondere ad intervalli eguali della variabile indipendente (x), si vogliono deterniinare gf integrali primo, secondo, terzo, ec, della funzione (jk), cui quei valori appar- tengono. Si scrivano le difFerenze prime dei dati valori (y^, y^, . . .), ed accanto ad esse le differenzc seconde, poi le terze, ec. : questi calcoli facilissimi giovano eziandio a scoprire qualche errore che fosse occorso nella determinazione dei dati valori. Per avere 1' Integrale primo. piuttostoche moltiplicare quei valori (.^o'/i- • • • ) P^^ appositi coefficienti (i quali cangerebbero col numero di essi valori). glova meglio prendere in ciascun ordine di dlfferenze le somme. o le dif- ferenze. alternativamente. delle due differenze estreme. e quelle somme. o diffr- renze, moltiplicarle poi per coefficienti costanti: cos\ il valore dell integrale viene 9:2 suL CAi.coLO approssimato degl integrali, kg. espresso da una serie, della ciii convergenza, od almeiio semiconvergenza, e facile iormarsi idea sufficiente ad apprezzare il grado di approssimazione che per tal iiiodo si oUiene. 2.° Gl' integrali secondo, terzo, ec. ( rytl.i\ f/da-^ ec.) richicggono oltre i predetti valori (J^„,f^■, • • ■), insieme colle serie delle loro differenze, anche altri nunieri, che si ottengono con egual facilita procedendo in verso opposto a prendere le somme, anziche le differenze. Vale a dire, si scrivera una serie di numeri, le cui diiferenze sono appunto i valori (y^^, j^. . . .) primilivamente dati ; poscia altra serie di numeri, che avranno per differenze quelli gla trovati, e cos\ in seguito. Ciascun integrale e poi determinato da una speciale serie infi- nita non molto dissimile da quella, che da 1' integrale primo. Soltanto bisogna preventivamente delerminare i primi termini di quelle serie di numeri, che sono le sommatorie dei dati valori : a tale scopo, se si stabilisca che all' origine (.rzz 0) debba svanire, oltreche 1' integrale secondo, anche il suo differenziale, ed oltreche 1' integrale terzo anche i suoi due differenziali primo e secondo, e cos"i in seguito, bisogna con apposita serie infinita determinare la prima di cia- scuna sommatoria. 3." Ecco il prospetto dei valori della funzione j, e delle sue differenze e sommatorie: colla caratteristica V indico i valori variati corrispondenti ad r — i 2 « V=2=v yy='J, A'!j—\Ay—Ay V»S^«/ V^2j/=:VS?/-+-V!/ yAy=Y'y—\y . . . V'S=?/=V'2 «7-f-V^2i/ ^'y=y^ \A'y~y-Ay—\Ay . . . \"X'y . : ' . v"-=a=2/ V-Ey y"Xy . V"-'A)/ 4.° Sono note ht relazioni Ira quesle differenze e sommatorie ed i differen- ziali, ossia le derivate rispetto alia variabile indipendente x, che segneremo colla caratteristica d. Tali relazioni possono esprimersi simbolicamente cos'i : i=v-r. x= ^, A=.'-i. i=HH-^.). |=i-=,-^^. (>on \", cos\ pure con a' oppure d" viene espressa la funzione primitiva. DEI- M. E. PROF. GIIISTO BELLAVITIS 93 5.° Cominciaiulo ilall' integrale primo, abbiamo : m Aj: vO , ' < ,. A -h-7 A — T^ A H-^A — ec. log (I -+-A) '2 12 24 Qnesto Af I'. I'iiilegrale esteso da .rrzO ad xzizi ; por avere qnello esteso da .f=:0 ad x'^zn, che segneremo con \ , bisogiia moltiplicarc A\ per Qiiesta formola non e al nostro caso, perche contlene le V" A, V" A°', ec. che non sono comprese ncl precedenle ( § 3 ) prospelto : nol possiamo eliminarle osservando che Va :^ V'^'a -f- V"~' A^ 4- V"~^ A^-H ec, ed in generale V' rr zTTw- • Ma possiamo fare immedialamente la sostituzione nella for- y« \ inula simbolica (2) separandola in due parti -. — ,, , ^, , ; — ,. , ,, e nella ^ ' ^ ^ log(l-i-A) ' log(l-H-A) prima parte ponendo — log I 1 — — — — ) izr — log(i — V~' A) in luogo di log (i -t- a) ; cos"! si ha /Q\ —\ — ^ ^ — rV"^' W— ' /v" L Y"\ ^> a. in log(i — V-'A) log(l-hA) — ^ ''a 2^ ^ — -fl^ (V"-* -I- 1 ) A^ — 0,01 42692 ( V"-^' — \ ) a — 0,0113674 (V"-^-f-l ) A^— ec. Al primo membro abbiamo dato il coelficiente — pel caso chr i valoii y, V/, .... \"y corrispondessero ad .rzzO, «, 2a, rix. anzidie ;i(l •P^^O, 1. . . . //. II primo termine dell' ultimo membro e 94 SUL CAJLCOLO APPROSSIMATO DEGL INTEGRALl, EC. 6." L' uso di questa (3) si rcndera palese col seguente esempio numcrico, iiel quale ^iz: — — , «=,. , « = 5; sicche vuol determinarsi \ da 5 5 .11=: 0 ad x-^i, vale a dire il log 2. UidoUe in decimali le frazioni - ,-, - , "* , -^ se ne scriveranno come segue tutte le differenze : 8 ' 9 ' 1 0 ° A^ 0,4003925 1,7171245 3,7481422 6,4041599 0,4835987 1,3167520 2,0310177 2,6560177 3,2115753 1 ,0000000 0,8333553 0,7142857 0,625 0,3555356 0,3 — 1666667 — 1190476 — 892857 — 694444 — 555556 476191 297619 198413 158888 — 178572 — 99200 — 59525 79566 59681 — 59685 6,8045324 2,7281746 1,5 M M 1 1 1 615079 119047 119047 -59685 00000 6,0037674 3,6949720- -0,5 - -557305 —238097 - —79570 Dopo cio si formano le somme 4,5 , 0,0615079 , 0,01 i 9047 dei terniini primo ed ultimo delle colonne j. A', A*; e nelle colonne intermedie dei A, A^ A soUraendo il primo numero dall' ultimo si ottengono lo differenze 0,4 4 IH H , 0,0449047. Questi numeri moltiplicati pei coefficienti della formula (3) ed uniti coUa somma 4,2284746 dei cinque valo- 4,2281746 ri dl / danno 3,46 . . . clie moltiplicato per — 0,75 a — 0,2 off"re il valore di log 2 = 0,6934472 — 0092593 (on un crrore di -f- 0,0000458, — 25628 che e minore di quanto avrebbesi sperato osser- — 3442 vando la grandezza degli ultimi termini della — 2232 serie. 3,46584 54 0,6934630 7." Veniamo all' integrale secondo. Collo slesso ragionamento che ci servi pel primo troveremo : w y\:\= i)i:r. M. K. PROF. niusTo bellavitis 95 V— 1 V" < (log ()H-A))= — (log (\—\-'A)y (log (^+A))^ — 0,0031415 (V-^-^d) A' — 0,0027086 (V"-^-i)A^— ec. I due primi termini dell' ultimo membro sono : ' !^^ 2-V"" s-s = (V-hV^ . . . -hV'Os. 8." Ci resia da determinare Vs (dal quale dipendono i successivi V's, V's, ec.) in gulsa che il difFerenzIale dell' integrale secondo CC svanisca esso pure folla x. Serve a tal uopo la formula («) ■ Vi: = ;j^-l + 0(l-«) .X _(l-5«)(-7t)H— »0(2-n) Essi tutti si annullano quando r-\-\>n> — 1 : togliendo dalle predette espressioni quel fattore che le fa annullare, si hanno altri numeri frazionarii. che io segno con - {n)^ , e che sono quelli posti nella lavola tra le righe gros- se;cosi -(0). = -, - (0)^ - -^ , - (0), = -^^, ec, ^(1).= — . q\ fi — 24 ' 0^ 'i — 48 ' a^ '"■ — 24 ' i (2) -?!iM i (3) - «• ^- - « ec ec \1° I coefficienti della tavola si calcolano mediantela relazione (rtH-1). =: (//), -f- " (")r-i • t'sscndo inoltre («)„=! . (-i),= l, (/-f-lX = d.2.3..../-. Pei coefficienti frazionarii serve la stessa relazione, purche si determinino quelli della prima riga mediante le formule, che danno i numeri Bernulliani, giacche i(0),= ^i?.. 1(0) --^^3, 1(0), = 1b,, ec. Persapere come procedano questi - (0)„^ giova aver presente la formula + 0 C^X,— 72^:p (* -^^r -hjTr -h 4-^-1- ec.) 4.Q0 SUL CALCOLO APPROSSIMATO DEGL INTEGRALI, EC. i8.° Ora coi coefficient! (w)^ e coi faUoriali dell' nnita 4,2,6,24, 120, ec. si lia (11) ( ^ Y'-i^i^:^A^^'^^A\... (H-A)/ ' r ' ()•— l)c A'-^' ''-^^ A'-'' -i ^-^ii^ A' 0. t.2 r 1.0. 1.2. ..r "^ 2. 0. I. 2. . . r (^''•+4 A '"+4 A'"*'-|-ec. 6. 0. ^.2. . .r (r) (^2) C^)'=i+T^'' + ir^ (I— r)(2 — r) (1— r)(2— r) ( — ^)0 (I — ?•) (2 — »•)... ( — 1)0.1 + (,_,). ..(_1)0.1.2'' ^ ''*^- 19." Piisulta dalla (ii) e dalle considerazioni falle ai § 5. 7. id che f -^^ = (V" — V^') s'^' -+- ^^ ( V" + V) f • ('-'■'^(V" — V'-')2'-'4-ec. (r— 1)7- e siccome (Y" — V'"0 ^ ' " = ( V'^' "^ ^''^^ . . . H- V""') 2 '" ; cosi avreino la formula, che compiende come casi particolari le (3) (4) (5) . -i- *~"'"''~''.('V"-f- VO s^ I *' ~''^^ (V" Y'"~') s'~' r ^ ' (I — r)T ^ (r — 2) (r — 1))-^ >* (5),+4 (V"-^q=i)A^=Pec. 6.0.1.2 r i .se^ni superiori valendo per r pari e gli inferiori per r dispari. Ciasciiii DEL M. E. P1\0F. GIUSTO BELLAVITIS . * i Oi (lelle Vs , V'S^ , dev' cssere dcterminata mediante la formula , die compicnde come casi partlcolari le (6) (9) , (14) v-^— ^^^ '^^_j-ad"-i-fa..^d die se lion si conoscano i differenzlali, si ridurra qiiesla foniiula a contenere invece le differenze, osservando die ad zr log (i -H A) , e si avranno le formiile (7) (10) e la generale - j((r).., (2). + (rl.,. ) A^ + I (W... (3), -f- (rU (3). "^ W..s ) ^' - i (('•)... (4)3 -^ (r)r.. (4). -i- (r),.., (4). + (.),.,,) A^ + ec. I . 20.° Neir esempio del § 6 trovai mediante le (14), F2' = 0,3597074 , W = 0,3342202, V^s= = 0,31 62325 ; e col loro mezzo calcolai 1' iiitcgrale quarto =: 0,03530735 , il quinto = 0,007237008 , ed il sesto = 0,0042281368 , i cui errori giungono appena a due unita delle ullime decimali. 2d.° Potrebbero cercarsl altre formule, che dessero gli integrali tra .c:=0 ed x^zn conoscendo i valori di y corrispondenti ad a-:=— , |- , ^ , (n — -\ : gioverebbe pure determinare direttamente le differenze degli integrali quando x riceve un dato accrescimento. D' al- tronde, se si supponessero conosciuti non solamente i valori delle derivate cor- rispondenti ad .rzzO, ma eziandio quelli corrispondenti ad x'^n , si potrebbe fare a meno di calcolare (§ i) le differenze, ed adoperare le formule -"( :r:4-V" + V'-4-V\..-hV"-'-t-4- V" "^ ^ ^^A2 6~)20 120.232 5040.240 ^^') ' i02 SUI. CALCOLO APP1\0SSIMAT0 DEGL INTEGRALl, FX. irYJ = (V-i-V\..-^V")s-^:i^(V"-V") "^ *- H2.I2O 2.;.232 ^ 720.240 /' -IJUI - 0" + Y= . . . -H Y") S^ -f-4- (V + V^) 2' 4- -^ (V; - V) 2 ^ '' ^ 240 6.304 120.480 3040.264 ' iMa pel calcolo (11 un intej;rale isolato mi sembrano di un uso piu j;eni'rak' le formule date precedentemeiUe, Ic quali non rlcliieggoiio alcuna conoscenza intor- 110 alia funzione, di cui sono dati gli n-\-i valori j,,, . . ./^. Applicando quelle formule al caso di y = ^^, poslo a = ^ ' « ^ 5, e calcolando con sei decimall otteiini gl' integrali da ^ :=: 0 ad xzzii primo, secou- do, terzo, quarto, quinlo e sesto rispetlivamente esalti fino alle decimali 6.°, 6.', 6.% 7.% 8.% 9.= Aggiunta alia suJdetia Memoria. Nel Giornale astronomico inhtohao Berliner Aslr. Jahrbuch/iir iS^l, r Encke diede alcmie formule, che sono comodissime per calcolare molti valori successivl degli integrali di una funzione data mediante i suoi valori (orri- .spondenti ad .r^O, i, 2. Spero che a qualche lettore piaccla di trovare qui esposle brevemente tali formule, alle quali aggiungo quelle che danno i valori delle derivate, che in alcune occasioni possono occorrere non meno degli integrali. Supponiamo che si conoscano tutte le differenze apparent! dal seguente prospetto VS' V2= S V''=»/o V-'A V-'A' V-=A' V-=A^ V-'A^ v=z' V 2= V£ V'=«/, A A-^ V-'A' V-'A^ V-^A5 V-E' V^E^ V=2 y'=y. VA VA= A' A^ V-'A' V'2' VX V=A VA^ A'' DEL M. K. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 1 03 perlochc converra calcol.irc allri valori della y prima e dopo (lei due confini 7,1 y^ , il che e quanto io voUi evilare nella precedente memoria. Del resto aiiche (oUa sola conoscenza dei ^„ ' T^i • • • •/» ' ^^ supporremo che le A" slcno costanti potremo eslendere la tavola come nel precedente prospetto, e come e richieslo dalle formule dellEncke. II valore della prima derivata d , che simbolicamcnte e espresso da dzzlo{^(I +A) , vicne dato da una serie molto scmplice, quando si segni con M il medio aritmelico Ira un valore ed il suo variato successive, cioe si ponga Myzz— (V' + V'^') ; questa serie e (I) «d = M ( V-' A - ~ \-W + 1 y-'^' - -i- V-'A' V 0 50 (40 -Lv--A' i- 050 2772 -t- i V-'a' — -i- V-^A'' -I- ec. Si vede che la formula contiene le sole differenze prima, lerza, quinta, ec, e che i termini V~'a , A ; V~°'A' , V'a' ; V~'a' , Va' ; ec. , dei quali deg- giono calcolarsi le medie aritmetiche, sono nella precedente tavola in due righe orizzontali I'una sopra, 1 altra sotto, del termine y^ , cui appartiene la deri- vata che vuol calcolarsi, e che e segnata con d . Vi si e aggiunto il coeffi- ciente ct pel caso che i valori della .r , cui corrispondono )', , y^^, y^ sieno a , 2« , 3a . . . Per la derivata seconda non occorre alcun medio e si ha (I) .M- V-a^-^^Y-a* +1v-3.^_- 1^V-a» ' . y-r.^*" __-_!__ V-V^_l_ ec. ' 3150 16632 i cui termini sono suUa riga orizzontale corrispondente ad y^^ Similmente (1) «M' — M(\- ■^-^^'-^'■+i-„^'-'^' 5024 + tSs^'-'-"--) .- ,',]' — V-'i' 1 -'"0 -VT— f.^!"- _4. y-.^.o 7:iG(t 453600 i04 SUL CALCOLO APPROSSlM\TO DEGL' INTEGRAL!, EC. Che se si vogliano i valori corrispondenti ad jr zr — , ( anziclie ad jrurO), valori che noi segneremo con V-, serviranno le serie Y — irj. y> g ' ^128 ^024 ai) «VM = A_±Y-V + Av-v_^V-V 53 y-4^3 _ ^^_ 294912 3 TT— 2 . 4 , "^-57 -IT— 3 . r, 5229 -.T-4 8 \ sy i^5 y-. 3 _ J_ y-« . _5^ y-. , 3229_ y-. , — 8 1920 ^024. 133.7 ■V a" — ec. , 32768.21.23 Per calcolare gl' integrali presi tutti da .r = 0 bisogiu-ra da prima deter minare le somraatorie 2, 2", <■<'. col mezzo delle formulc a J — -"^ ^ ^ 12 720 60480 2497 ,._4 , \ H V V — ec. ) 5628800 / a' ') if = ^ ^'^ ^ 4^ ^" - T^ ^'-'^' + 6^5 ^^"^^^ ^ y-'A' H — \-'a' — ec. 236.81.175 1024.81.273 aO — V ^240 30240 ^1209600 / IP — VV^ -I- -'- \'~'-e"- — — V" 4- — V-' A' ^^ v-v aO ^ ^ 6 ^ 720 5024 723760 491 y_, ,, _ "I 312.245.583 ^^' ponendone i primi membri eguali a zero : cosi la seconda dara DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 105 l;i prima noil (la s. bonsl M-£ZZZ — (2 + ^£). nia sapeiulosi chc VsiziS -t-;)-^, , se uc tU'duna toslo il valore di S =— -^ V"+3/( — V~'a — cc). il ([iialc snslltiiito iiclla tcrz.a dara M\-£" = ^ (Vs'-|-^'"£')^ Vs'+ - Vs" :^M( — — Y~'a -h ('C.\ . Coi trovati valorl di 2. Vs\ Vs', V's', cc. si calcolerauno mediaiite successive sommazioni quanle occorrauo delle prime coloniie della precedente tabella; dopo di che le medesime serie (III) ci da- raiiiKt i valori degl' integrali estesi da .r zz 0 fino ad .r m nx. bastando a tal nopo di aggiungere a ciascun termine il faltore V". (]osh per csempio, I integrale secoiido, cbe si aniiulla insieme col suo differenziale qiiando .r:^0. <'sleso fiiH) ad x z^ 2ct a\Ta il valore V'P dato dalla i V'f = Vx- + ^ V- ^ Va- + ^^ \-W - ec. Si poiiga mente che ogni formula contiene i termini che nella tabella sono jtosti su righe orizzontali. Con eguale facillla possono calcolarsi i predetli integrali da .vziz 0 fino ad .rzul/i-i-yjci. servendo a cio le serie : ^ J~ ^ 3^ 967680^ -^ 15.2145 ,.-3^, > A — ec. 464486400 \ TT-^/»o Tr/-iT o I IT,, 17 1—1 <• 567 (IV) ±Tr=M(\x'-- ^V'-^^\-^x--p^\-w^ec.) ct ] \ Zi 1920 JOaaoo / ^^"J=^^-^8^^-mo^^^^8-0^ A_ec. aggiungendo a ciascun termine il fattore V" . (^osi 1 integrale primo estcso da .r^O ad .r^z— a e dato da l\^f=V^2-+-^\'A-4f7:VA^-ec. X I 24 5/60 Che se lutli gl' integrali si vogliano prendere da .r:^-^ a . bisognera VI. 14 i06 St;?- CAr.coLO appkossimato degl in IKGHM-I, kc. calcolarc Ic S, V £', cc. non piu mediaute Ic (III), bcns'i col mezzo (Id- le (l^ ) poiu'iulone i prinii membri c^iiali a zero. Dopo cio le stesse (IV) aggiuntovi il faltore V" tlaramio gl' iiUegrali da .izzz^yA ad .rzn (//-!-—)« : e similmcnte le (111) daraniio gl'inle- ad xz^ not. grail ' —4)' 108 Sri. CM.COLO APPROSSIMATO DEGL' INTEGRALI, EC. Nella teoria gi;i esposla da V. lliccati, e della quale ora finalniento si apprcz- /.aiu) I \aiilaggi (1), sarii M^~ ziz "2 (e' -f- e") il coseno iperbolico, e — — z —^{e^' — • e~* ) il seno iperbolico di — ; percin a sviluppato secondo le potenze di S dara -> Asnh 1-S- ^- + -. -^ - "^^ . ^ -I- - i\snn 2 — 3.8 ^ 4 5.32 4.6 7.128 ^ ec. E ogualmente seinplire, ma forse mono conoscluto, lo sviluppo di a' (he e , ,, l^ 2¥' 2.5§« , 2.3.4S'^' — 2.2.3 3.3.4.3 4.4.S.6.7 ^ 5,3.6.7.8.9 Le varie potenze dello sviluppo di a . e la formula ^ I 2e'' _Vj_ A^ (i) Se AMBA sia im simicircolo col cenlio C, .^KL ne .sia la langenlc ncl punio A, II raggio iiualunque CM si pi-olunglil fino ad inconlrarc quclla langcnle in L, e si llriiio ]>ci'pcndlcolari alia me- dcsima langenle la MK , c la indefinila LM' , la quale sia lagliala in M' dalla prolungazionc dclla CK ; lulli i pun(i M' cosi delcrminali cosliluiranno un' ipcibola equilalera AM' omologa del circolo AM (mia Gconiclria dcsciiHiva, § loS) . Oia se il raggio C\ prendasi per unila di lunghezza, e dai punli M M' si ahhassino su di csso le perpcndicolari MP , M'P' e nolo die PMzzAK , CP , ed .\L sono il seno, il costiio c la tangcnle dell' arco AM , o, quel clic e lo slesso, del do/i/>io liel selfore circolaiv CAM . Analogamenic a cio P'M' zr AL , CP' ed AK sono il seno, il roseno e la 1atig,enle i/ierhii- lici ilrl (lopi'io del setlore !/>crlio!ico CAM'. Cliianiali A , ^ quesli doppii scltori circolare ed iperbolico si ha sea .V zz tgli 2 , tgA zz snlia , cos.\. csli aZZ I , e (acilmcnie si Irova snlist ^ ~ \ " — " ) ' cslia^r- (<• + '• 1 , ec. I. a rc- lazione Ira \ ed = puo espriiuersi con c< =: dig, A zi A -(- i. A' 4- -j'j A ■ + cc. A =: anjp,» — » — i " ~^ u' " — ^'^' {;iacclie nella teoria della prima Irascendenic ellitlica quando il modulo e eguale all' unila, a e il 'li;;amnui del- r ampUludine A . ni.I. M. K. I'UOF. GIUSTO RELLVVITIS 109 rlip si deduce (lalla B=z2,siili^ prendendoiie la derivala rispello a S, diiiino con molta facilita tulle le i'ormule che voj^lianio dimoslrare. Cos'i la seconda delle (I) e subito data da ■I Z ■ -A ec. La terza d'^ a'zz ^ 5-^ ~*~ ^<"- fonterrebbe le potenze dispari di 0 ; ma aggiungendo al secondo menibro il faltore D^ — i si ha d^ —M'- a^D« =z - M A 4 A S' ' - ^D(.^)zr:iT4(r_ll-|-ec.) =M(V~V — -i- V-^A^ -h ec.) cioe basla prendere la derlvata rispetto a S delia a* zz §' a^ ^^ "^ *' • La prima delle (lY) e data da " V^=V^^=V^(r'-hJ^S-ec.)=V2-+-^A-ec. La seconda delle (IV) e Y- r = y"- - = M— = —MB f- ) J a a' \ a / . e quindi si ottiene prendendo la derivata rispetto a S della precedenle. La prima delle (III) C^z:M,. ricliiede che si calcoli il prodotto (jclie due seric -^=r.+i =_«■., i>. = i-U'+±-j. ■ec. ec. 11 prof. Fedele yVmante pubblico fino dal 1843 (Napoli) una tavola per r interpolazione che si fonda snlla formula, che e media arilnielica tra le due seguenli (A) v'=v•+osi pel seeondo iutegrale bastera moltiplicare la {X) per la secoiida dtllc (111), e si otlena «" I 12 12 24 I'd priiiio iiitej^ralc possiamo dare alia prima delle (III) le due foruu' 1- (=,^ :-V"-lV-A-±V-'A»4-ec.==Vs_^V_lA+;^ V-'A^H- ee. e mnltipllcaiidole rispeltivamente per le due parti della (A) si oltieuc a. J 2 ^^ 12 ^^ 24 / «•— 2^ , II \ ,,_, J , (Leila net yiorni 25 (jennajo e I i marzo 1855). SULLE CONICIIE OSCULATRICl DELLE CURVE PIA>E E soPRA u nnim delli geometru di posiziom del carrot NEMORIA DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH i\llorche si voglia rapprescntare la curvatura in un dato punto di curva piana con una approssimazione maggiore di quella che viene esibita dal circolo osculatorp, non liavvi mezzo piii ovvio del paragone dell' arco di delta curva intorno al piinlo dato con quello della parabola osculatrice, o piii prossimamente ed in generale coU'arco della conica osculatrice che ha un contatto del 4.° ordi- ne coUa curva proposta. Ma sebbene la teoria delle coniche osculatrici delle curve plane sia una facile applicazione della dottrina generale de' conlatti delle curve fra lore, pur- che si riferisca la conica osculatrice alia langente comune colla data curva ed al diametro delle corde di questa conica parallele alia stessa tangente, non si suole lare alcun ceiino di questa elementare leorica ne' trattati di calcolo difle- renziale applicalo alia geometria, e non venne finora esaurito queslo argomento in veruna Meinoria speciale. Parecchie delle prlncipali questioni di delta teorica furono per altro trattate e risolte con un metodo indiretto e con peculiari consi- derazioni dal chT" sig. A.Transon nolle sue ricerche intorno alia curvatura delle linee e delle superfuic ( Liouville, Journal de Mothe'maliques, T. VI, mag- gio 1841). Le relative indaglni di quella Memoria riguardano la lunghezza e la posizioue del diametro della conica osculatrice, il modo di riconoscere se 1 1 2 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. quesla coiiica sia una parabola, c se il pnnlo di coutallo sia un vcrlice di detta conlca. la detormlnazione del punlo dl traj^itto della normalc snll'asse della para- bola osculatricc, una propricia coniune a tuttc Ic parabolc die haiino un con- lalto del 2." ordine coUa dala curva, cd una grafica dclerminazionc degli assi (IcUa coniia ().s( ulatrice, comunque sia questa un' iperbula od una fUisso. Antcrlonnente al sig. Transon il cbiarissimo prof. G. Bellavitis, mio ono- revole coUega ed amico, ncl saggio di applicazionc d' nn niiovo metodo di geo- metria analltira (Annali delle sclenze del regno lombardo-i>eneto, ultimo cpia- drimrslrc 1833) risolvendo un problema della geometria di posizionc del Carnot, avea dedotto una formula determinante la dirczione del diametro della conica oscidalrirc, ed in altra plii eslesa IMemoria sul metodo delle equipoUenze (An- nali cilati, 2." e 3.° bimestrc d838) esposc la condizione atta a riconoscere se la conica osculatrlce d' una curva plana sia parabolica, elllttica od iperbolica. SIccome questo egregio geometra bramava di compvovare i vantaggi del nuovo suo metodo paragonando Ic soluzioni che prontamente ne risultano di parecchi problemi con quelle che si possono ottenere da' metodi consueti. io pure dedussl allora la condizione predetta coll' ordinario metodo delle coordi- nate rettilinee sotto una forma, die dal prof. Bellavitis (aprile 1836) fu trovata corrispondere a quella cli' egli avea facilmente desunto dal nuovo suo metodo delle equipoUenze. A questo cortcse invito ed a' cenul ond' egli ebbe teste a richiamare la mia attenzione suUa citata Memoria del sig. Transon, e sul pro- blema gia mentovato della geometria di posizione del Carnot, debbo I'occasione di aver esteso la presenle Memoria, in cui mi propongo di porgere il sistema delle formule che servono a risolvere le varie ([uestioni spettanti alia teoria delle coniche osculatrici d'una curva plana, esprimendo queste formule, merce le coor- dinate rettilinee ad angolo qualunque, ed anco in fnnzione de' raggi delle suc- cessive evolute della data curva. Forma parte priucipalc di questa JMemoria un commentario sopra la for- mula esibila dal Carnot onde risolvere 11 problema LXXYl ed ultimo ( sezio- ne \ I, n." 433) della sua Geometria di posizione. Per comprendere la generate siguificazione e la conveniente applicazione di detta formula, non sara inutile di riassumere in brevi termini cio che puo scrvire d' illustrazlone a quel passo della geometria di posizione del Carnot (n'. 433, 434) in cui si prende a risol- vere il problema dianzl accennato. Trattasi in questo problema di assegnare 1' ultima posizione della retta, DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH i 13 clic parlendo da un dato piiiito di riirva piana divide per meta la x-orda infi- nilamerite prossima e parallela alia tangente, ovvero secondo i concetti e il lingiiaggio del calcolo infmitesimale traltasi di determinare la relta che divide jter mezzo 1' elemento d' una ciirva piana e la corda infmitesima ch' e prossima e parallela a queslo elemento. E manifesto che questa retta coincide col diame- Iro della conica osciilatrire di detta curva. Ora I'espressione trovata dal Carnot (lella cotangente dell' angolo formato dalla retta ricliiesta coUa tangente alia data curva non contenendo che le differenziali di i.° e 2." ordine delle coordinate ortogonali e dell' arco della curva proposta, si potrebbe a primo tratto riputare fallace, poiche la cotangente dell' angolo compreso dal diametro della conica osculatrice colla tangente alia curva racchiude nella sua espressione anco la derivata terza dell'ordlnata. Simile opinione non sarebbe smentita dal modo onde quel celebre autore enuncia e risolve il proposto problema senza attenersi esclu- sivamente alle convenzioni del metodo infinitesimale, cosicche laddove e mestieri co' principj di questo metodo introdurre nella presenle quistione tre elemenli consecutlvi della data curva, 1' autore sopprime invece 1' elemento intermedio riducendolo ad un punto, e vi sostituisce la tangente considerata nella sua asso- luta definizione, anzichc secondo i principj del calcolo infinitesimale applirato alia geometria. Prescindendo dal dubbio che puo sorgere pegli addotti motivi intorno air esattezza della formula del Carnot, s' incontra una piu grave ed essenziale obbiezione circa al modo di applicarla nell' osservare, che questa formula non guida al medesimo risultato, qualunque sia 1' ipotesi assunta circa all' elemento della quantita che vi si considera come indipendente, e non ha quindi una pre- cisa significazione, so non qualora si stabilisca una particolare supposizione a questo riguardo, ovvero si assuma una determinata relazione fra le differenziali delle quantita che vi si contengono. Simile relazione non puo risultare che dalla condizioue del richiesto parallelismo della corda col prossimo elemento della data curva. Ma non sarebbe possibile di dedurla dalla figura e dall' analisi ado- perate dal Carnot attesoche quella relazione contiene in generale, e dee conte- nere qualche differenziale di terz' ordine altrimenli per le ragioni sopraindicate la formula di Carnot non potrebb' essere esatla. E vero che 1' illustre autore della Geometria di posizione applica la sua formula al circolo ritenendo costante r elemento d^ dell' arco della curva, ma questa supposizione non e concilia- bile col parallelismo tra la corda ed il prossimo elemento della curva, se non VI. 15 ii4 SULLE COMCHE OSCULATUICI. EC. neir unico caso in cui questa curva sia un cerchio. Convicne da liitto cio argo- laentare che la formula del Carnot, bencho esente, come vedremo, da errore, iion (• siiffuiente a risolvere il prohlema da liii proposlo sc non qiialora vi s' iiitro- duca quella condlzione del parallelismo die non e possibile di conseguire col- 1 analisi e colla figura da quell autore adoprate. Ed infatti, se si cerca di rira- varla dalla medesima analisi, si scuopre rhe un lerzo punio a eonsiderarsi nella delta ligura dee giacere sulla tangente guidata pel secondo de' successivi trepunti, e si riconosce il motivo dell' imperfezione dianzi avvertita dell' analisi adottata dal Carnot nella soluzione del proposlo problema. Per togliere ogni dubbio suU' esattezza di detta formula, e per assegnare la condizione, merce la quale si ottiene la soluzione ricbiesta, viene trattato nel § 13 della presente Memoria il problema generate in cui si cerca la retta che divide per meta 1' elemento d' una curva piana e la corda estremameute prossima a questo elemento, senza fissare alcuu'altra condizione circa alia posi- zione di quella corda, cioe senza stabilire la legge in cui si succedono i qualtro punti prossimi fra loro della data curva, i medii de' quali sono gli estremi del- r elemento della curva medesima. Cogli ovvii principj del calcolo infinitesimale applicato alia geometria si trova che la formula del Carnot e appunto quella che serve a risolvere in generale la presente questione. Imperocche la cotan- gente dell' angolo compreso dalla retla ricbiesta colla tangente curva viene espressa in funzione del raggio p di curvatura, e dell' arco s della curya, merce la formula p -— : , che si riduce a quella del Carnot, colla sostituzione 'as- 1 de' valori di p , e del d^ espressi per le differenziali variabili delle coordi- nate ortogonali. Ma se si voglla in parlicolare che la corda sia parallela al pros- simo elemento della curva e d' uopo stabilire la relazione che si deduce dall e- guagliare fra loro le distanze de' punti estremi di detta corda dalla direzione deir elemento medesimo ossia dalla tangente alia curva, e che si trova avere per espressione - — 13 — — . Per simile condizione del parallelismo la formula generale anzidetta p — si riduce ad — -r^ , e poiche il raggio p^ della seconda evolula d' una curva piana equivale a p , . «'ssa si cangia nel- r espressione -,- - trovata dal sig. Transon per le sezioni coniche, e da lui estesa ad ogni curva piana in quanto i valori di p, p^ sono comuni ad una DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 115 furva piana qualunqiic etl alle conichc che hanno con essa un contatlo dtl terz' ordine. Cosi rimane provato che la formula del Carnot, nialgrado una falsa appa- renza di erroneita, non e difettiva se non in quanto ha mestieri d esser associata alia relazione esprimente il parallelismo della corda infinitesima col prossimo elemento della curva, ed anzi e quella che serve ad assegnare in generate la posizione della retta che divide per mela Y elemento e la prossima corda d ogni curva plana, qualunque sia la legge con cui si succedono i quattro punti pros- simi r uno allaltro, de' quail i due medii sono le estreniita dcU' elemento della data curva. Fissata questa legge, mediante una speciale supposlzione intorno ad alciina delle quantita differenziali che si contengono in quella formula, ovvero merce una determinata relazione fra le differenziali medesime, la formula gene- rale acquista allora una precisa sigriificazlone, e deterniina a cagion d' esempi(» la retta richiesta dal problema del Carnot, se la relazione ausiliaria esprimc il parallelismo della corda col prossimo elemento della curva nel modo che si e poc anzi accennato. Se invece si supponga costante 1' elemento d'una coordinata, si trova, com' e d' altronde evidente, che la retta richiesta e parallela all' asse deir altra coordinata, e se si assuma costante 1' elemento dell' arco della data (rirva. la retta cercata risulta normale alia curva medesima, come ha trovato il (>arnot pel solo caso del circolo, attesoche in questo caso soltanto Y ipolesi del d.s costante s' accorda col parallelismo tra la corda ed il prossimo elemento della ( urva proposta. Qnesli pochi cenni dimostrati ne' due ultlmi articoli della presente Me- uioria costitulscono un breve commentario o supplemento die forse sara suffi- ciente a chiarire la dimostrazione e il significato della formula proposta nel § 433 ed applicata nel § 434 della Geometria di posizione. Era prezzo d'opera Interpretare accuratamente quel passo abbastanza enigmatlco d' un' opera accre- ditata. che insleme alle insigni produzioni del jMonge preluse ed aperse il scn- liero a' recenti meravigliosi progressi della geometria, tanto pin che il problema del (iarnot ha lo scopo essenziale di fissare una delle coordinate, merce le quali quel celebre antore intendeva rappresenlare ogni curva piana senza riferirla ad oggetli eslrinseci, ed iiulipendentemente da qualsiasi convenzione accessoria. Viene annessa a questa Memoria la sola figura che serve alia generale soluzione ed alia illustrazione del problema del Carnot. Alcune semplici con- venzioni slabilite nell'articolo i.° rendono inutile 11 corredo d' ogni altra figura. 116 SILLE COMCIIK OSCLL.VTRlCI, EC. Si ommcUe 1 indicaziono spcciale delle varie questioiii trattatc ncgli altrl arti- coli (lella presentc Menioria. Per rilevarne il soggetto, c 1 ordliic in ciii si siic- (•(•(lono. bastera la lettura de tiloli prcmessi a' 14 articoli, in cui e divisa qucsla elementare teoria delle conlche osciilalrici. Convenzioni preliiiiinari sul niodo di considerare e di denotare T an- golo di due relte. Condizioni del contatto di 4." ordine d una conica con una cuna plana desunle dal rijerire la conica al relativo suo diametro ed alia tangente della curva proposta. Sieno X, y le coordinate rettilinee d' un dato punto di curva piana rife- rita ad un sistema qualunque di assi e rappresentata daU'equazione (p (.r,/)=0. La conica osculatrice che ha coUa data curva nel punto (.r, y) un contatto non inferiore al 4.° ordine, abbia per coordinate correnti x,, /,. Immaginando riferita questa conica a due nuovi assi delle coordinate .r„, y^ , il primo dei (|uali sia il diametro di detta conica che ha per origine il punto (.r, y), e I'altro sia la tangente comune ad essa e alia data curva, si avra per equazione gene- rale della conica osculatrice (1) ■ y::=z2h.v^^hx:. (>onveniamo ora di denotare con |dr. .r, drfj 1' angolo della retta rfcj, (oUa retta ± x , intendendo per esso 1' angolo o 1' arco descritto da un rag- gio eguale all' unita, che girando intorno ad un punto fisso qualunque in un dato verso, cioe per esempio da destra a sinistra, si trasporta da una posizione parallela a =hj;, e diretta nel medesimo verso positivo o negativo, ad una posizione parallela a r^y e rlvolta nel medesimo senso di quest' ultima retta. Siccome un angolo si puu aumentare o diminuire d' un numero intero di cir- conferenze descritte col ragglo ml, ed espresse in parti di raggio da S^r, essendo tt il rapporto della circonferenza al diametro, senza alterarne il seno ed il coseno, possiamo evidentemente stabilire le eguaglianze seguenti (^) \y,x\ — — \x,y\, \x,—y\ — \x,y\-\-7r, \ — x, y]—\x.y\-lr7r. \—x,—y\ — \x,y\. nr.L AI. K. PUOF. S. R. MIMCII il7 donde si avrcLbo • sen \y, .f | zr — sen | .r, y | , cos |/, .r | zz cos | .r, y j . sen I X, — / 1 =z — sen j .r, / 1 , ec. Per simile convenzione, se in iin tri;inj;oio (brmato dai concorso di due rette .r, j con una terza u 1 origine delle due relte x, y sia nel punto di loro intersezione, oppure se le origini di quesle due rette sieno le rispettive loro intersezioni con u , si avra la proporzione .Q-. JL sea ja-, »j ^ ' X sen I y, u j Ma se invece una sola delle due relte x, y abbia per origine la mutua loro intersezione, e I'altra retta abbia I'origine nella sua intersezione con u, risulta r eguaglianza : . ^ Queste due proporzioni hanno senipre luogo nelle rispettive condizioni tesle indicate, qualunque sieno i segni o le direzioni di x, y, ii, attesoche al can- giar di segno d' una di queste rette mutano simultaneamente di segno (2) nellc proporzioni (3) (4) entrambi i medii, o gli estrenii, od ambo i termini del secondo rapporto. Fra le ( oordinate .1;^ , y^ di qualsivoglia punto della conira osculatrice, e le coordinate x^ — .r , y^ — y dello stesso punto riferito a due assi gui- ' dati pel punto {x,y) parallelamente a' due assi primitivi dovendo sussistere le relazioni di \° grado •r^ -A(^x-x)^B (y, -7) . y^_=.C (.r, - .i) -^ E (/. ~-y). per determinare la costante A porremo y^ ^^y. cioe supporrenio die il punto (-t'o-Jo) cada suir asse parallelo a quello delle x ed avremo (3) Az= •»-\ sen \x,y^\ X, — X sen I a-, , 1/^ I Parimenti col porre .r^ zn .r otlerremo B — sen \y,yj y, -y sen|a„yj " •lis SULLE COMCHE OSCULATRICI, EC. In simil guisa si avrebbc, a cagione dell' ultima delle cguaglianze (2), P sen I X, a\ \ sen j x, a.-^ j , sen \y^, .rj sen |a-„ i/J ' p sen jy, xj sen \y, xj " sen|»/,,a;J senj;«^,i/J' p fonseguentpniente si ottiene (5) x\ sen \ .r, , r. | = (-^ — -0 sen \x,y^\-^-(/, —y) sen J j, j, j . — r, sen I x^, /, I = (.r, — .r) sen \ x, J^ J -4- O, — /) sen \y, x^ \ . La derivazione di queste equazioni rapporlo alia variabile indipendente .r, di ciii y , X , /„ sono funzioni, esibisce le derivate di -^^^ J\ espresse per quelle di y^ . Ma poiche le condizioni del contatlo di 4." ordine della propn- sta curva colla conica osculatricc nel punto (x, y) inducono per .r^ =: .i 1 eguaglianza rispelliva di y^, e delle sue derivate, colla /, e coUe deri- vate di y fino al 4." ordine inclusivamente, e poiche dal supporre I'asse delle y^ tangente alia data curva si deduce (4) .f.^ ' _ sen \x,yj W y — senli/, 2/J ' avremo in conseguenza per x^zizx, ossia nel punto di contatto (x, y) della data curva colla conica osculatrice (7) .r„ = 0, .r;=:0, -< = < ^^"^j^ , ^ ^ - ■>. ' 2 J,' sen \x,, y^\ ^ /// ir_ sen j X, y, j ^ (4, y^ sen \x, yj ■^ y' sen\x^,y^\' ^ y' sen |a;,, j/J " ^ Q ' sen \x, xj-h-y' sea jy, xj •^'- ' y°- sen \x^, yj r,_ „sea\y, x,\ _„,_», sen i y^ a; J n)— w ^_^\l' ^'J ■^■^ y sen !a;,,?/J' •'■' -^ senJA-^j/J' ■^'^ ^ senja-^.j/J" DEL M. !•:. PKOF. S. R. MINICH 119 Determinazione delle coslariti li, k comprese nelF equazione della conica osculatrice. Posizione del diametro che ha per origiiie il panto di contatio. Cio posto, per rannullavsi di ijiJs:-^/ (7) 1' equazione (i) c la sua prima derivata si trovano identiche. Si ricava poi dalle derivate 2.". 3." c 4/ della (1) 1, — hl ^"v'-3^-"v"— 0 k— <''V+Vy/")-^/'y/" Colla sostitiizione de' valori (7) nella 2/ di queste equazioni si deduce (8) sen \ X, x^ \ — (-^ -y/-^) sen |j, .r, | , c poiche dair introdiirre queslo valore nella espressione (7) di y^ risu Ita ' — 3 1^ sen \y, x^\ ^ ^^ — ?/" sen!a;„;,J ' si otterra dalla \.' e dalla 3." delle predette equazioni (9) A=:— 9^' sen' ly.^J ^ J,'"' sen j.T, j/J sen \x^,y^\ ' Di pill, siccome risulta per le convenzioni gia stabilile (§1) riguardo agli anj^oli (iU) \y,.v^_\ = \x,j;^_\-\.v,y\. \y,y^\-\.v.r^_\-\x,y\. introducendo il valore di sen |>', y, I desunto dalla 2." delle (10) nella (6) si rinviene la nota formula (ii) tang|.r,jj= ^^ i/ sen \x,y\ -4- !/' cos j a;, )/ i ' 420 SULLE COMCIIE OSCULATRICI, EC. e slccome la derivata dell' arro .s- della data ciirva ha per espressione (1 2) / = ^/ ( H- 2/ cos \x,y\ -^-/ ) , si avra pure ,iQx • I i I/' sen j a;, i/ j < > I -f-i/' cos !>•, j/ j (1 3) sen I .r, /, | =: -'— ^' , cos \x,y\ — ^ -, . e merce la pcrmutazione di .v con j (2) 4 > senia;, wj i > y' + cos{a:, yj sen (^iiindi sostituendo questi valori nella formula esprimenle il seno di I x\, )\ \ (i 0), ed avendo riguardo al valore di \y, x\ \ (d 0) Iroviamo 4 > sen j a;, a; J 4-2/' sen j 2/, a; J ed introdotto in questa espressione il valore (8) di sen \x, .rj, si ottiene (4 4) sen \x^,y^\— — ^ -^,-^ sen \y, .i\_ \ . Per avere il valore di %m \y, x^\ deducasi dalla 4.' delle (iO) j-i, .i, |. e sostiluendone 1' espressione del seno nell' egnaglianza (8). indi dividendo per sen | y, x\ \ si verra a conseguire {\ 5) cot \y, x^ \ = ^r^f^^ - cot | ^, / 1 , e (|uindi (lb) sen J Y, .r \ :zi -^—^ -o— : -r- • ^ ' *■ -^ l/(!/"'V--6( , > J. Sosliluendo infine nelle (9) i valori (13) (14) (16) de' seni di |^,/j|, (19) A = V/(fV-6 (|/'-+-cos 1^-, 2/!)l/"V"-h9y"' ' y""s'' -Q{y'-}- cos \x..y\) y"'y"' -+- 91/"* — {hy"''-3y"y^'^)s'* (y"'/-~ 3 (y'H- cos U-, !/ i ) f' ) V91/"* ■ §• 3. Modo di riconoscere se la conica osculatrice sia uii ellisse, un iper- bola od una parabola. Valore del parametro delta parabola osculatrice. Posizione della direttrice e delfoco di questa para- bola. Valori de due semidiametri conjugati dell' ellisse 0 dell' i- perhola osculatrice, uno dei quali e parallelo alia tangente della data curra. Condizione per cui si ravvisa se il punto di coutatto sia un vertice della conica osculatrice. Secoiidoche il valore di k {\) (19) sia negative, positive, o nullo, la conica osculatrice (1) c un' ellisse, un' iperbola, od una parabola. Pertanto questa conica apparterra alle rispettive tre specie teste indicate secondoche (20) 5y""-_3y'y'" sia quantita negativa, positiva, 0 nulla. Nel caso in cui la (20) si annulli. sarebbe h (1) (19) la meta del parametro della parabola osculatrice rcla- tlvo al dianietro .r^. e quindi la meta del parametro assoluto 2p di detta parabola sarebbe p^zh sen' |^5,/„J, cioe (14) (16) VI 46 422 SULLE CONICIIE OSCULATRICI, EC. —•2Ty'"sen'\x,y\ (i>l) \/ ( y'"^" -6(y'-^-cos\x,y\) y"Y" -h gj/"' ) ./4.3 ' La direzione del diametro x^ vicne determinata da una qiialunque delle formiile (15) (17) (18). Prolungando il diametro .r^ ollre il punto (.1, > ) d' una lunghezza — //, si ottiene il punto d' incontro coUa direttrice, ed abbassando da questo punto una perpendicolare alia tangente j^, col prolun- gare questa perpendicolare oltre il suo piede d' una eguale lunghezza si avrebbe nel punto estremo il foco della parabola osculatrice. Giova osservare che dopo di aver determinato il diametro .v^ della pa- rabola osculatrice, basta conoscere il raggio p del circolo osculatore nel punto (.f, /) per avere immediatamente nella projezione orlogonale di que- sto raggio sul diametro x\ il valore h della meta del relative parametro, come risulta dall' eguaglianza (26) che verra fra poco dimostrala per ogni sezione conica. Se si fosse trattato di determinare la parabola che ha un contatto del 3. ordine colla data curva nel punto (x, y), si avrebbe evidentemente trovato la stessa parabola che ha per diametro 1' asse delle x^, e per rispettivo para- metro 2h. II contatto di questa parabola coUa data curva diviene del 4." ordine nel caso in cui la formula (20) si riduca a zero. Negli altri due casi, in cui la (20) abbia un valore negative o positive, se denotiamo con / il semidiametro della conica osculatrice che ha per ori- gine il punto (j", j), e con g il semidiametro conjugate, abbiamo (i) _£ — .1, r _ I. quindi troviame (d9) (22) J- _ 3»/ v/(y--V-6(j/'-f-cos \x,y\)y"'y"'-^'dy"') ,_ (3yV)' ^ ^(Y,y""-Zy"y"") ' II segno di f dee coincidere con quelle del raggio p di curvatura. qualera la conica osculatrice sia un' ellisse, attesoche queste due rette cadono allora dalla stessa parte rispette alia tangente, ed al contrario il segno di J deve DEL M. K. PROF. S. R. MINICH i23 essere opposlo a quelle di p nel caso in cui la conlca sia un' iperbola. Ora avendosi, com' e nolo, (23) p=:— ^' di dx y" sen i X, y\ s" P — ?7 s" ' sen { X, y\ 1 ' \ e la differcnzlazione della (11) olTrciulo, a cagione della (i3), ,1 S ^ ,. 1 ,i" con S (24) per cui risulta (25) troviamo appunto col moltiplicare que sta formula per la \^ delle (22), die py e posilivo, o negalivo, sccondo i due casi (20) in cui la conica osculatrice sia elliltica, od iperbolica. Questa e la ragione per cui nella 1." delle formule (16) venue attribuito il segno negativo al radicale quadrate. Applicando la formula (25) alia ricerca del raggio di curvalura in qualsivoglia punto della conica (4). si ottiene 1' cspressione j(<-f-A)y;-t-2(ft-t-Aa--Jj/^cosU„yJ-hftM'" -.! :.. A' sen \x^,y^\ e quindi pel punto {x, y) ove x^ zz 0, /„ :^ 0 si ba 1' eguaglianza (26) A = psenj.r,,jJ, ossia a cagione di A rz rfc ^ si trova la nota equazione g^ ^ /sen|a;^,yj ' merce la quale con facile costruzione si puo determinare una delle quantita f, g per mezzo dell'altra, il cui valore viene esibito dalla rispettiva espressione (22), e per mezzo de' valori di j-r,, jj e di p determinati dalle formule (18) (25). Ogniqualvolta nel punto [x, y) della data curva si verifichi la condizione (27) .-V"-3(/-Hcosj^,7J)/"z=0 si avra (18) cot | .f„ , j J — 0 ossia |.i„,jj = ^,e quindi il punto i24 srULE COMCIIK OSCUI.ATRICI, EC. (11 contatto (.r, /) sara un vertice della conica osculatricc, cosicrhe il diamctro .r^ tliviene un asse di questa conica, ed e normale alia data curva. 11 circolo oscu- latorc avrcbbe allora un contatto almeno del tcrz'ordine colla curva proposta. §. 4. Espressione della soinma, o della differenza de' quadrati di due semi- diametri conjugati, secondoche la conica osculatrice sia un ellisse, od un iperbola. Valore dell' area d' ogni parallelogrammo circo- scritto a questa conica. Eccentricita, semi-assi, ed angoli compresi dair asse focale di deita conica col diametro, che ha per origine il punto di contatto, e colla tangente alia data curva. Dalle formule (22) si deduce, che nellellisse osculatrice la somma, e nel- r iperbola la differenza de' quadrati di due semidiametri conjugati ha per valore ~ (28) r±i-^^ y'„ ,jQr"'-6(.r+cosKr|)yV--(4y'"--3/:r-,)./-j, e che la quarta parte dell' area d'ogni parallelogrammo, che ha per lati due rette eguali e parallele a due diametri conjugati dell' ellisse o dell' iperbola osculatrice, viene espressa dalla formula (29) /-sen if y\ — 27y"^senj^,yj ^ -'^ *"'^ '* (3y"'^-bi,V')l/=F(V"-3-/V')' Siccome poi dair eguaglianza (14), dallai'delle (16). e dalla (18) risulta ,o(|\ . \ \ 3i/"* sen { A-, )/ j (dU) sen j.r,,.n5_ ^, ^ ,^,„v'_6 (/+ cos U-, , j )!/"V"'+ 9^ ' cos \ .1" ,YA 5 <, K- 1 ^ ' ■ ■ * ^' \J (/"-'/ - 6 (.v'H- cos i X, y \ ) !l"W"-h Oy" ) si avra pure _ 9y"'{y'"s''-5(y'-\~cos\x,y)y"') Jgvos |.r^,7j (5«/"''-3.vV) V ^^(of'-h'Y') DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 125 Ora (lesignando con a il semiassc focale, con b il semiasse conjugato, e con e r eccentricila (IcU'ellisse, o dell' ipcrbola osculatrice, abbiamo le note eqiiazioni donde si raccoglie (32) e^=:j/((.r=fc^T^Vysen^l-r.^n!) ,, = K((y^^.-^r=p4/ycos^|-tvrJ) Si scorge da queste formule che le qiiantlta e, a, b vengono espresso per funzioni alquanto composte delle derivate di /, Si avrebbe infatti colla sosliluzionc de' valori (28) (29) nella 1 .' delle formule (32) M" 'A '2'"'*«'°'— 6(/-^C0S i^. y\)y"y'-i-Q,,"')' Ma fissalo in quantita e direzione il semidiametro /, ossia trovato il centro deH'ellisse e dell' iperbola osculatrice, e determinato il valorc del semidiametro conjugato g (§§ 2, 3) si puo con facili costruzioni (§5) assegnare in quan- tita e posizione i semiassi fi, b, e quindi avere 1' eccentricita della conica osculatrice ellittica od iperbolica. Frattanto osserveremo, che nel caso in cui la (20) sla quantita negativa, cioc se la conica osculatrice sia ellittica, abbiamo (30) (34) e'=\/(/'-^g- + 2jgsm\x^,f^\).^{f-^g--~2/g,exp-^,f„_\). essondo il valore di J^ -\-g^ determinato dalla formula (28), e che invece se la (20) abbia un valore positivo, cioe se la conica sia un' iperbola risulta (30) (35) p^ = j/(/^-^^"-^2/o'cos)^-„_,jJ) . f/(/'-h,-^-2/^cos|x„.y,|). dovendosi in ([uesto caso desnmere j'A-g^ dalla 1." delle formule (31). Nel primo caso 1' eccentricila e media geometrica fra le diagonali del parallelo- grammo che ha per l.ati / . g . <• per angolo compreso da quesli lati il roni- d 26 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. plemento di \ .t\ , yA ■ Nell' altro caso le due rette, di cui 1' eccentrlcila e la media geometrica, sono le meta delle diagonal! del parallelogrammo circoscritto air iperbola, che ha per lati due rette eguali e parallele a' diametri fra loro con- jugati 2/, 2^. Immaginando riferita la conica a' semiassi a , b , se nell' equazione clio la rappresenta introduciamo i valori pavticolari delle coordinate spettanti al- I'estremita del semidiametro reale /, cioe fcos\x^,a), — /sen (.r^. o\ . ;d)biamo la nota equazione cos' \x^, a\ sen' \x^, a\ I la quale a cagione di o ( 1 I -+-cos2 i a,\ , a ! ^i j K — cos 2 i a.-^ , « j cos \x^,a\-=. 2^ , sen | .r^, a \=z ^ esibisce • (36) cos2i^,,aj=:^^^^'^";,^'--^-'=:^-'^^=^^^;""''^-'-^-', e quindi (32) (37) sen2|.r„, a| = d=^^ ; "'^'', cot 2 j jr„ , a I =: cot 2 j jr, , y, I =e: iTj , ■ Alia 2." delle (37) si puo dare altres'i i due aspetti seguenti (38) cot2|.r,,aj = 4cot|.f^,/J-4tang|.r^,7j±-^,^^^/^^^,^^^^^^ = ?-^iF2l?r7^-*=»"gl-W.I- Sostituito il valore (36) di cos 2 | ^^ , a | nelle due formule esprimenti il seno ed il coseno di | j:^ , a | abbiamo riQ\ c5 „>— V (e'-l-/'=fcy'cos2)a„»/J) (39) cos \x^,a\ — ^Y2 ±^g'sen2\x^,yj e/2. \/ (e'—f'±g^-cos2\x,,y,\)' DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 127 S..I1 ir ni — ^/(g— /'=Fy'cos2ia;^,yJ) ±ff- sen2 ja;,, y. j <•'''»— e\/2 — .v/2. v/(r-f-/^d:3'cos2ja-„yJ) ' e (lividendo la prima espressione dell' una di queste quantita (39) per la scconda dell' altra, troviamo (40) cot \ .r , c I =:: cot 2 j .i- , v | rh , ^ '^•^ ; , i ) i ) e' —f- tanii; \x . c { i= — cot 2 j .r, , v, | d= — ^t , . Siccomo pel dalle due espressioni (32) di e^ risulta sen i.„^.|= j^£ifi=piX) , „si..,^.(= i^i'i^fjsn:! , doiide cos2|^„jJ-d=('''7^{^~'^^), ec. e manifesto come si possono esprimere per mezzo delle sole f, g, c le formnlc sopraddette (36) (37) (39) (40). Cosi si avrebbe cos|jr,, «;_ 2^7 ' sen|j:„«|_ ^ . Per assegnare 1' inclinazione del semiasse a al semidiametro g, ossia alia tangente y^ della data curva, basta ricorrere all' eguaglianza che si deduce dalle convenzioni stabilite nel § i , e prendendo il coseno ed il seno di 2 |j,, fl|, e di jj^, a\ si avra, merce le espressioni (36) (37) (39) (48) (19) (44) cos2|^,a!=-^^^%J'^l^, sen2J^,a|=-^^""^j---^-i cot 2 J7,, a j= - cot 2 |.r,. nj =f /.sen2K,y.{ ' = ^tang|.t- ,jj-l cot l.^V/J=Py-i^|^^j i28 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. cioe , ., , C0V2 \y ai—- \ ^y"'sen\x,y\ _ y'" s''~3 {y'-^cos\x,y\)y" < •^' i 2 I y"'s'' - 3 (y' -t- COS i X, y \)y"' ^"' sen \cc,y\ {^y"''-3y"y'*>)s'' 6y"' sen \x,y\ {y'" s'' - 3 (/ + cos \a;y\) y'") ' Si trova inoltre V'-' S — e\f2.\^(e'-y^-d=g'cos2\x,,y,\) — ey2. ^Z (e^-/=q:<;xos 2 j a;,, t, J) ' ( > {e—f'z^g'\co%\x,, yj _ — (e'-+-y"=pg^) sen ja,,, yj sei^j,, «;— ,^2Y(e^-/=^rcos2ta'„2/,!)— eV/2. ^^ (e' -h/=rfc <,= cos 2 j x, , j, j") ' ™-i.>v «!=-(:-:^:)™'k../,!=(£P|^:) ..™si.^../,i . Si uvrebbe potuto in simil guisa delerminare gli angoli formati del semi- asse conjugato h col diametro x^ , e colla tangente y\ , partendo daH'equazioiie sen^ja;^,*} cos" ja-^, 6| j|^ ■, ;,, , .' ma poichc veiiiiero gia dedotti i seiii ed i coseni di jar^, a| e di j^^, a\ . come pure degli angoli doppii di questi, basta valersi delle eguaglianze evidenti per avere (42) cos2 j.r^, 6| rr — cos2J^5,a|, sen2 |a'^, 6| zrr — %t\\2\x^., u\. cos |.r^, ^1=: — sen jj;^, «|, sen j^^, b\^ cos ^.i^. «| , DEL M. v.. PROF. S. l\. MlMCIl i 29 Costruzloni che seiroiiu a determinare grcificamente i semiassi, e I ec- centriclla della conica osculairice ne cast in cui questa sia ellit- tica, od iperbolica. Conosciiitl i valori (lei scmidianietri conjugal! f,f( (22), e fissato (i6) (18) il ccnlro dell' ellisse o dell' iperbola osculairice, e facile assegnare gra- ficanienle i valori di rt, b, e, e la posizione del semiasse focale a iiel caso in cui la conica sia un' iperbola. Prendendo suUa langenle y\ alia dala curva a parlire dal ptinlo (.i, )) due segmenli eguali a g si hanno gli assinloli del- r iperbola nelle relic clie congiungono gli estremi opposli di que' due seg- menli col cenlro di della conica. L' eccenlricila equivale (35) alia media geo- melrica fra i segmenli degli assinloli intercelli fra il cenlro e la langenle }\ . Dlvidendo per mela 1' angolo compreso dagli assinloli, e 1' angolo supplemen- lare, si hanno le direzioni dell' asse focale o traverse, e dell' assc conjugalo. In- fine projellando orlogonalmente sopra i due assi 1' eccenlricila presa sopra ini assinlolo si oltengono i a alori de' rispellivi semiassi. Se la conica osculairice e un' ellisse, si scorge dalla (34) die per avere il valore di e conviene dall' eslremita del semidiametro g guidare una perpen- dicolare ad .r„, e prendervi dall' una e dall' allra parte dell' estrerao di g una lunghezza eguale ad J. Imperocche le due relle r^ , r„ congiungenti il cenlro della conica coUe eslremila opposle de' due segmenli inferiore e superiore presi sulla delta perpendicolare essendo r, = \^ (./■- -f- / — -^/g sen | .i; , >'„ j ) , a, = |/ (/' -h g' -^ 2fg sen | .i\ . j^ \ ) , lie vieiie die \ eccenlricila e media geomelrica fra le due relle r^. /•„. Quesle servono pure a delerminare agevolmenle in quanlila e posizione i semiassi u, b nel modo avverlilo dal rinomalo geometra sig. Cliasles (Aper^u hisloriqiie, p. 361, NolaXXV). Infalli dalle equazioni (I- + h"- —f -I- g\ ab zizjg sen | .r, )- \ . \l. \- 130 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. si ricava cosicche a equivale alia somisomma, c b alia semidiffiMM-nza di /\ , r^ . Di piii, siccome risuUa dalla costnizione qui indicata sen |.r,, ,. j = ^ -"l^^iMl^^- , cos |.;, ..| = ^^^^^' , sen |.,, r^l = ^^'^^y^W, cos |.;, .J = ^-S^:AI , 'a 'a ■ e quindi ne scgne (36) , ■ ■ - . ■ r i*a. »'aiH-U'a' '". ! . \.t\, a\—- di maniera die si determina la posizione di a col dividere per mezzo 1' an- golo compreso dalle due rette /•, , /•„ . La divisione per mela dell' angolo sup- plementare darebbe la posizione del semiasse conjugato. Senza mestleri di determinare il valore di g il sig. Transon nella citala Memoria (Recfierches ec. Liouville, Journal de Mathe'inatiijues, maggio 1841) propone di fissare le direzioni degli assi conjugati della conica osculatrice gui- dando pel centro di questa lonica le due tangenli all' inviluppo degli assi di tutte le coniche, rbe hanno un rontalto del 3." ordine coUa dala curva, e quin- di i loro cenlri sulla relta .r,^ , e lo slesso raggio osculatore p della data furva nel punto comune {x, y). Egli osserva, come verra dimoslrato (pii sotto, die queslo inviluppo c una parabola cbe ba per direllrice la retta x^ , e per foco la projezione del ceulro del circolo osculalore della data curva sopra la retta die forma colla normale un angolo eguale e di segno opposto a quello formalo colla stcssa normale dalla retta .r^ . Per dimostrare quesla propo- sizione, immaginiamo riferito I'asse focale d'una qualunque dellc conicbe aventi un rontalto del 3." ordine colla proposta curva a due assi ortogonali coll' ori- gine pel punto (t, /), uno de' quali sia la rella j\ in cui giacciono i cenlri di dette coniche. L'equazione rappresentativa dell' asse focale ricbiesto a coordi- nate correnii m^, z^ sara (4) . DKL M. E. Pl\OF. S. R. MIMCII I3i (43) u^ —/— ^, cot J ^^ , C j Z= 0 , csscndo col | .r^ . « | (40) funziono del solo parametro variabile /, atteso- clie in simile ricerca h (26) e quantita costaiite, e dall' ej^na;^lianza ^-g'—fh risulla (32) (40) (44) .^=/|/(/-^2/Acos2j^,,JJ-h/0, cot j.r^, aj= cot2 1^,, jJ+^^^;;-y^J^^^^^ . Onde otlenere il cercato inviluppo, merce 1' eliminazione di f tra \ eqiiazione (43) e la sua derivata rapporto ad f , cioe (45) _.d^_-_A|iiiiiiL— 0, ^ ' ' sen= j a.-^ , a j d/ ' si mollipliclii per — 2 cos"' | .r„, a| la derivata rapporto ad / dell' espres- sione (37) di f cot2J^,,aj-cot2J^,,jj4-,^^^^^^.^^^^^ e SI avra sen= \ l^\x^,o.\\ 2cos"ja'^,a| 2sen2|a:^, a j cot ja;^, a i »Ma;:,,o!\ .4/ / Asea2ia;^,2/J A sen 2 j.e^, y, j ossia colla sostituzione del valore (37) di sen2|^^,fl| \ /d \x^ , « j\ /cot {*•,,«} |a;^,a| V d/ / c' " ' - sen' Introdiicendo questo valore iiella (45), se ne avra un valore di col \ .x\ , « | , che sostituilo nella (43) esibisce (46) i-^fiu-f). I Avendosi inoltre dalla 2.' delle (44) , a cagione della (46) . cot j J.- , a I zz cot 2 j .1- , y ^ -f- - — ^-^7"' — , ; < =' ' < «'-^5>^Asen2j.r,,yJ ' 132 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. il.il confrontare qiiesto valore con quello (li colj.r^,^/! offerlo dalla (43) si otterra 1 cguag;lian7,a (' poiclie quacliaiHlti i due iiiembri tlclla (46) , e poneiulo\ i il valore (44) di e\ se ue deduce "i J— 2(«, + Acos2i.r,,?/J) — 2 T'^'"^*''-^'^ Sr«,+A cos 2 |, ,-,,!/,(' si avra infine dal para<;one di questo valore di u ^ — / col precedente I'equa- zione ricliiesta (47) (//.-i-/M-os 2 |.i; ,/J )'=:— 2// sen2 j.r^ . j, \. {^r^^h cos 2 | j-^ , j, |) . Si scorge da questa equazione, die 1' inviluppo di cui si tralta e una para- bola, il cui verlice ha per coordinate prese sugli assi delle u^ , z^ a partirc dair origine (.r , )) — /(cos2|j,;,jJ, — y/tsen2J.f^,jJ, ed il cui foco ha per coordinate — //cos2|.r^,jJ. — //sen2|.t;,jj. In consegucnza I'assc di'lle w, ossia la retta x^ ove giacciono i centri delle coniche , che lianno un contatto del 3." ordine colla data curva , sarebbe la direttrice di detta parabola. E se pel punto (.r , )') si guida una retta che fornii colla .r^ un angolo doppio di j-fj-/, |. il prolungamento di questa retta oltre il punto (.r , }') formera col raggio di curvatura p normale alia data curva, e positivo con .r, , un angolo eguale e di segno opposlo a |p, .rj . Ma avendosi \ p , .r„ |=; |^ — | j;„ . j J , ne viene cos |p . .r J =r — sen | ^^ , J, | • Dunque la projezione di p sulla retta teste guidata equivale a — psenSxj,)' )z= — /i (26), e rjuindi 1' estremita di detta projezione, vale a dire la projezione sulla relta medesima del cenlro del circolo osculatore. e il DKI, M. r.. PROF. S. R. MIMCTI i33 fofo della parabola-lnviliippo. socoiulo losservazione del sig. Transon anterior- menle accennala. Imperocche per costruzione il prolunganiento della retta dap- prima giiidata foniia col prolungamento di .r, oltre il pimto (x.y) V augolo 2 |-i'„- ) „ I . <- percio la projc/.ione del cenlro del rircolo osculatore suUa retta medesima ha per coordinate '/.=— ^'Cf'S2|j-,,jJ, / q^^'cc ^ '' f-^^' ' e\/(a-^:f sea- \J,y^\) e\/ (.pb'dz fsen- [f, yj) ' ^6=cos|y;i/i — {a' -^g) sen \J]y J cot|,;,a|=-(-|^) col|y;,,i = (V^) lan,|/jj. Ora se viferlamo i fochi di delta conica a due assi fra loro ortogonali coll' origi- ne iiel piinto (.r, j), Y iino del quail sia la tangente y^ alia data curva, c r altro la normale o la direzione del raggio osculalore p , denotando con ^, n le coordinate dell uno o dell' altro foco corrispondente a =fc e, troviamo col la scoria della (3) • (55) C =/cos \f, XoJ =fc e cos \ a, j„_ | , •" =7' sen 1/ )\\^e sen \ a, y„_ \ , ossia (54) a cagione di ^'zz :±:/h, e (2) di cos I a, }\_ I zz: cos I jK^ , a I , sen \ a, j„ | =i sen | /„ , (i\ . Abbiamo inollre dalla i.' delle (32), surrogandovi I'angolo \f, f,,\ ad ).i„, >',(- e ponendovi fh in luogo di =fc^°', la formula analoga alia i.' delle (44) (57) .' ZZ/ \/ if -+- 2//. cos 2 i/ ;; | ^ ^"- ) . merce la quale eliminando e" dalla 2.' delle (32) , e riducendo razlonale il risultalo si Irova (58) a^ (a' -Jh) -f\d -fh sen"" \f, j, j ) zz 0. DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH -159 Dividcndo fra loro i rispeltivi membri delle (56) si ricava V Csen C/, j/J— Kcos j/j/.l /-^ i^'J'-^S^ e quindi Poscia col soUrarre dalla d/ delle (56) moltiplicata per senjy^jj la 2." moltiplicata per cos \f, )\ \ avendosi si otlerra col sostiluire il quadrato di queslo valore e le espressioni di a^ e di a^ — Jh nella (57) 1' equazione ' (59) C^-/(Csen|/jJ->,cos|/jJ) = 0. Di pill dal sommare insieme le (56) rispettivamente moltiplicate per *^os\J,yX sen |y^ y^ | deducendosi =^ ^'("'—y?' sen^ J/j^ j) = C cos 1/7^4- » sen j/jj —/ si avra dal paragonare queslo valore colla precedente espressione della medesi- ma quant ita una equazione, che colla sostituzione de' valori di h,f oft'erti dalle (53) (59) si riduce alia forma (60) (e-H •/■) (C sen 1/ jj -. cos Jy;j„J)-pC>' sen 1/ 7,1^:0. Da queste equazioni (58) (59) si raccoglie (61 ) /sen I /; v„ \ — -^ J COS i/;yj psen \J\\I.\ seu!;-,j/J cosjr, !/J r donde si ottiene colla moltipllcazione, scrivendo per brevita h in luogo di psenj/j^l (53), --g.y^ sen' j/i/J cos^ jy.yj j^ ^ sen^j/-, yj cos=ir,i/^j /" Introdotto in questa equazione il valore i — sen'jr, ^„| di cos'jr, /^| se ne deduce sen' \r,y,\ — i^—^) sen' \ r, j,_ j -4- -^ sen= {/ j^ j = 0 , e quindi ossia (57) ^^^.,_, , . .■A±»/(/=-h2/Acos2)/j,J-j-A=) sen •2h In questa cspressione non e da adottarsi il segno superiore di e*', attesoche si a\Tebbe per la 2.' delle (32) sen' \r-y. 142 SULLE COMCHE OSCULATRICI, EC. cioe sen' \r.}\\>\ ml caso dell' elllsse, oppurc cguale a quantita negativa nel caso dell iperbola. Ritenendo dunquc il solo segno infcrioro abbiamo per la 3/ delle (3-2) , , ' (68). 3™j,.r.!=(/t'^^)=|. Questa formula offre una semplice espressione del valore nnmeriro di sen j/-, xj nel rapporto del semi-asse b non contenente i forhi al semidiamelro ^ parallelo alia tangente > ,, . Colla sostituzione del valore di g desunlo dalla (68) nella 2." espressione di cot|/,.«J (54) si trova, a cagione di cot|jj,a|zr — cot|fl, jj (2), la relazione (69) cof I n y„_ I == col j «, j„ | . cot \f. )„ \ . Al valore numerico (68) di sen|/-,f,| corrisponde un doppio valore di (70) coss.,.,.!=±j/(fc;;;ii^), e quindi si rileva che i fochi esistono, com' e ben noto, sopra due retle egual- mente inclinale alia tangente >„ . Immaginando introdotti nella 4/ delle (66) il valore numerico di sen | r, j„ | (68), e il doppio valore corrispondente (70) di cos \r. yA • »e abbiamo due valori ^''', r'^' di r relativi a' due fochi delia conica, cioe '' — ■'' \ sen I r, »/ J "^ cos {r, j/J I" J \ sen \ r, y^ | cos | r, ?/ J ) ' »' poiche dalla nota eguaglianza «^ —fg sen 1/ J, I , si deduce (68) (74) /^^| = «, ^ -^ sen i r, yj -avremo dal prendere la somma de' predetti valori di r DEL M. K. PKOF. S. 1\. MIMCIl 143. (72) /••" 4- /••'' = 2« e formamloiif il prodolto oUerremo, a cagione tlella (67), (73) ' /"/-"'^yAzTd:/-. Si scorge dalla (73) cho i raggi vottorl /''', /''' giiidali a' due fochl han- 110 il medcsiino segno se la conica e un' ellisse, e segni diversi allorche la coiiica sia un'iperbola, rioe ncl primo caso i due fochi cadoiio dalla slessa parte della taiigente /„, e nell altro caso giacciono in parti opposte. (^onseguente- mente la somma algebrica di quesli raggi \ettori clie equivale all' asse locale (71) si riconosce essere la somma oppiire la differeiiza geometrica de' raggi medesimi, secondo i due casi in cui la conica sia un' ellisse, od una iperbola. L' cquazione (72) ben conosciuta porge una facile costruzione del raggio /•"", allorche sia dato il raggio /'", e poiclie si e nokito essere ne viene una pronla deterrainazione dell'altro foco allorche sia data la posizione d' uno de' fochi. E palese (72) (73) che /•""', /•'" sono Ic radici dell' equazione (74) r—--lar-^Jh—i), donde ricavasi, merce la 2." delle (32), (73) ,.= ►/(£±^i ) ± ^i^^l^-^) . Si hanno da quesla formula i due valori /•''', /•*'' col rilenervi il segno superiore o r inferiore, essendo h, e determinate dalle (53) (57). Sostituendo nella (74) il valore di r esibito dalla 2.' delle (63) si avreb- be, a cagione della (71). 1' equazione «°" — 2>/'sen y, )\ \ -\-JU sen' | r, ^J zz: 0 determinante le ordinate de' fochi relativi a' raggi /•'"', z-'^'. Ma i valori di que- ste ordinate, come pur quelli delle rispettive ascisse, si ottengono del pari coUa 444 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. sostitiizione del valore di sen | A J,|, e de' rispellivi valorl di r, e dl cosj/-, 7„| (75) (70), donde risulta (76) j=/™.jy;,,|:i=^'(=«±/!£5!^^W ».]+£:), .=/s».i/,.i±>/('--^'--^,'"^'^''-i). Secondochc in quesle formule si ritiene il segno superiore, o 1' inferiore, si hanno i valori delle coordinate C, , >«, del foco corrispondente al raggio vet- tore /••■', oppur quelli delle coordinate i^^, m^ dell' altro foco. Conseguentemente si ottiene dalle (76) C. + C, = 2/cos |y; J J , \^\ — 2/sen \f, y^ | , e sostituendo in queste cgnaglianze i valori di / cos |yj jj , /sen|^j,| espressi per le coordinate ^^ , Mj d' uno de' fochi, medlante funzioni simili alle (61), si trova Per mezzo di queste formule si avra 1' equazione a coordinate ortogonali ^^, M^ della linea in cui cadono i secondi fochi, allorche sia data 1' equazione a coordinate ^_, », del luogo geometrico de' primi fochi d' una serie di coni- che, che hanno fra loro e colla proposta curva un contatto non minore del 2." ordine. Onde conscguire I'equazione polare del luogo geometrico de' secondi fochi. varranno le seguenti formule, che si deducono dal sostituire nelle (77) i va- lori (63) di C^ = r'^' cos j r'^\ J, I , yi, — z-'^' sen j r'^\ j J , cioe V'OJ Ci — 2r'i — psen|r%2/J ' ' 2r'-'—p sen | >•»',»/ J " Se poi sia data 1' equazione polare del luogo geometrico de' primi fochi, si avra 1' equazione polare della linea in cui cadono i secondi fochi, merce le for- DEL M. E. PROF. S. R. MINlCIl 445 mule (he risultano dall' equazione prossima anterlore alia (74), e dal porre nclla (73) il valore (53) dl //, e qiiello di y"sen \f,y}, espresso per /•'% |^'^ ■ J? ( mediante la funzioue simile alia i." delle (64); cioe (79) !.«,,,j=.-i.-„,!, ^■'=,:^i^^y Le formule (76) servono infine ad oUenere I'equazione del luogo geo- metrico de' ceiitri di dette coniche, allorche sia data la linea de' primi, o de' se- cond! fochi delle coniche stesse. II paragone delle (55) colle (76) ofFre a cagione (2) di cos I o, J, I zr cos |/j , a I e di sen | a, j„ | ^ — sen | /^ , a | le espressioni (80) cos|^-„„i = ^(/^±^li2^ttlit£l), - sen diverse nell'aspetto dalle (54), ma di cui si puo riconoscere la relativa iden- tita avendo riguardo all' eguagllanza (57). Se ne deduce f81) sen^W' \ _ /-sen2 j/ yj _ -/seD2 \f, y^ J\ ' cob^^X,, a^_ ^, — v//>+2Acos2{/2/J-h/i=)' col2|j,,a(=-cot2|/jJ-2-^j^^^, e si trova che queste corrispondono alle 1.% 2." e 3." delle (41) awer- tendo che all' angolo |-^ji Jjj c subentrato {/^y^li e che si ha Da queste formule (81) si scorge che 2^a,f^\ sarehbe I'angolo opposto al lato ysen2 |/, j^ | , d'un triangolo rettangolo che ha per cateti ysen2 \f, yl ed y C0S2 |y /j I -h k. II valore dell'eccentricita (57) equivale alia media geo- melrica tra il semidiamctro / e V ipotenusa dl detto triangolo. Si ha quindi VI. id 146 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. uii'altra maiiicra di asscgnare graficanientc i Ibchi cVuna oHIssc, o d'una iperbola, (11 cui si fonoscono un semidiamclro j, la direzione del diamelro conjiigato o della langeiite, ed il valore di h. Se il valore diy si suppone infinito, la conica ("he ha per diamelro la direzione di f e una parabola, e I'unico siio foco nello spazio finito e dislante da {x, y) d' una quanlita ^ h, ed csiste sulla rclta the forma colla tangente y^ , o f olla normale un angolo eguale alia rispettiva incli- nazione di f. Cio si deduce anco dalle fonnule (66) (67), inipcrocche per f infinilo si ricava dalla (67) senjr, j/J=seni/, yX cos|»-, y,i=:=t:cosi/", i/,| e poscia dalla 2." delle (66) si hanno i due corrispondenti valorl di / ^*= ^^^ = 00, /''=: ^psen)/j^( . II prinio dl questi valori accenna 1' esistenza d' un foco sul diamelro j ad infinita dislanza da {x,y^. L' altro valore combinalo col rispetlivo valore di \r, y^^ziTT — \f,yA determlna la posizione effetliva del foco della parabola nel modo gia nolo. §• 7- Formule esprimenti le coordinate del centra della conica osculatrice. Equazione del diametro. Riproduzione del valore di questo dia- metro. Differenziale dell' arco e ra<;gio di cun>atura della lineu ch' e il Inogo de centri delle coniche osciilatrici. Indicando con X, Y le coordinale del cenlro della conica osculatrice abbia- mo (3) (4) (16) (8) (22), /.scaij/,.Tj 3i/"j/"' (82) X — x—j sen j a;, 2/1 5/"'_3i/"j/'" ' Y /• sen i a-, .r, j 'iy"{2ii"'—y'y" ^ J t sen jx, 2/5 b(/"'' — 32/"y*i Ogniqualvolla 5/'"' — 3yy''' non vada a zero, questi valori servono a fissare DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH d47 t 1*1 ceniro della conica, e quindi anco il valore e la posizione di f. Nel caso poi di 5/"' — 3j"y''zz0 il ceniro passa ad Infinita distanza, cioe la conica e una parabola (-0), c la direzione del diametro f e seinpre deterrainata dalle formiile (16). Dalle eguaglianze (82) si ottiene coUa divisione 1' equazione del diame- Iro / od X della conica osculatrice. (83) y" (Y -y) 4- (3j"^ -//") (X - .r) = 0 . Questa retla c il diametro d'ogni conica che ha colla data curva nel punto {x,y) un contatlo non minore del 3." ordine. Prendendone la variata prossima suc- cessiva rapporto ad x, cioe facendovi variare x d tin incremento infinitesinio, si avrebbe il diametro d' ogni conica che ha colla data curva un contatto di 3." ordine nel punto (.i-|-d.r, j -I- dj'), e quindi un diametro prossimo al prece- dente della conica osculatrice nel punto (.r, y'). In conseguenza la derivata del- r equazione (83) rapporto ad x (84) f\Y^ y) H- (5/y"-y/4.) (x_ x) - 3/"- = 0 , combinata colla (83) determina le coordinate X, Y del centro della conica osculatrice : ed infatti se ne ottengono gli stessi valori di X — x, Y — y espressi dalle formule (82), e quindi si riproduce il valore gia Irovato di / (22) sosti- luendo i valori (82) nella formula /= |/ ((X- .r)^ -^ (r- j)= + 2 {X- X) {Y-y) cos \x,y^. Merce I'eliminazione di x,y fra I'equazione ?> {x.y') z= 0 della data curva e le (83) (84), si avra 1' equazione rappresentativa della linea de' centri delle coniclie osculatriri. Ouesta linea essendo 1' inviluppo de' diametri delle coniche osculatrlcl nei varii punti della curva proposta, ne segue che il diametro^ ossia I'asse delle x^ e tangente alia linea suddetta nel punto {X, Y), e percio denotando con S Tarco di questa linea de centri di curvatura conica avremo analogamente alle (13) (8o) sen J j;, j;,j=: j^ sen \x,y\, cos|.r, .rj = -^^ -t- — cos ^.r^jj , sen \y. x^ \ =— ^ sen \x,y\ , cos )/, xj _ - -{- - cos \x,yl . 1 48 SULLE CONICHE OSCUFATRICI, EC. Si olticne poi dalla diiFerenziazione della i." delle formule (82), e dalle i." e 3.° delle (85), a cagione delle eguagllanze (8) (17) , ' (86) AX_ (^^^3;^^ •l-^ ' dr=-(i^^-^)dx, d^=^',J »/(/"V-6(/-t-cos|a:.jj)yy"-h9y'^) . Ma per ridurre la determinazione dell' arco S all' integrazlonc d' una form ida meno romplessa, clie non contenga derivate di y superior! alia 3.% introducia- mo i valori del seno e del coseno di \x, y^ \ (13), e di |.r, .tj (85) nelle espres- sioni di sen |^„, /2I' '^^^ j-'^s'/al desunte dalla 3/ delle (iO), ed avremo V d^d^ )sen|j;,j( = sen|.r„jj. da;dX-f-dj/dF-i-(d)/dI-hdad}') cos \x^y\ d«dS cos S-*^.'/.!- Conseguentemente moltipllcando dapprima per sen | x^ x^ | , sen |/, x^ | , po- scia invece per cos|jr, ^^j, cosj/, .rj (85) le differenziali delle equazioni (82). cioc ^—^— — senj^^ yj( /cos jj, x^ j d jj, .r, j -f-sen |j, ^; j d/) , dF — djzz: s^^j^j ( /cos I or, .rj d j ^, J-J + sen J .r, ^„ j d/) , - e sommando i rispettivi prodotli, attesa la d." delle (iO) , ed a cagione dell' e- guaglianza analoga alia (^12) d^^ =: d^' + 2dJ^dr cos I X, J I -t- dr- , troveremo (87) /d|.r, arj = — dj:sen|j;^,jj, d^ — d/— d^cosj.r,,/J . DEL v. E. PROF, S. R. MINICH 149 Queste eguagliauze si poleauo allres'i proiilamenle oUenere co' principj del calcolo iufinilesimale applicalo alia geometrla. Ora avendosi dal prodollo delle (14) (18) / y"'s'^— 3(t/'-+- cos \x,y\) 2/"' \ sen | y, x, \ rn«Jr ^ \ — / y s — 6(y -hcos\x,y \)y \sen\y,x. si deduce dalla 2/ delle (87), attesa la i/ delle (16), C88") (\(S f) (y'V — 3 {y'-\- cos \x,y\) y" ) dx ^ ^ -^ V(y"''s"-G{y\-^cos\x,y\)y"Y'^9y"')' L' integrazioiie dl questa formula e preferlbile a quella dell' espressioiie di dS (35). Ma non si potrebbe eseguire simile integrazioiie senza assumere una determinata relazione tra x, y, non essendo la formula (88) una differenziale esatta, come si scorge dalla sua forma che non e lineare rapporto alia derivata suprema y". Perlanto la linea de' cenlri di curvalura conica non e in generale retlificabile, qualunque sia la curva proposta. Dividendo la 1/ delle (87) per djor, jj ne abbiamo (23) (26) i\x,xj p , 1 h ossia (89) JJ^=:d=f =-)^, ' • • e poiche le rette j^, .r^ sono le rispetlive langenti della data curva, e della linea dei centri delle sue coniche osculalrici, di maniera cbe djjr, j:J, d| jr, j | ne sono i cos"i detti angoli di contingenza o di curvatura ne' punti corrispondenti. si trova che quest! due angoli rispettivi hanno il medesimo segno, oppure segni opposti, secondoche la conica osculatrice sia uu' ellisse, od un' iperbola. Merce la i.^ e la 2: delle (85), avendosi cotjj:, x^\— ^-p -hcot\x,y\, ^sea\x,y] quindi (15= dX •^|-^'-^J = JF-d.^sen|.r,j|, 450 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. se si (liffereivii rapporlo all' indipindente x il valore del v desunlo dalla 4.' dello (86), si otlienc , i ^ (90) ^f, = -f(h'""-^yy'')^-^ Conseguenlemcnte chiamato Pi il laggio del clrcolo osculatorc della linea dei centri di curvatura conica, dalla formula analoga alia (23) 7J = - '' si avra (87) oppure (90) R fdf ^ = A — '^ — ^1 -+- /cot \-t:,.rA, (9i) 71 = ^'^.— AX y" ao- -57 y" d^' ■ (5j/"''— 3«,V)sen5x, ?/i ' , esseiido i valori di -- e di -r- detcrminale dalla 3." e dalla i." delle formuSc dX ax (86). Siccome poi, merce la 3." delle (86) e la i.' delle (22), troviamo dS / hy^ — iy y^' \ f dx—\ h"y"' y-^' ne viene (92) ^^,5rljvW^.|_^' ^ ^ 27y"y"sen\x,y\-^ d-^ _ (m/"'-A^y"y"Y'-h9y"Vv' ~ 2ry"'sen\:i,y\ Per ollenere le espressioni delle coordinate U, Z del ceiilro di delto cir- colo osciilatore basta ricorrere alle note formule relative ad ogni sistema d'assi comprendenti 1' angolo qualunque j-^'j/l d?:l m. k. prof. s. i\. minich 15'! A — U dA'd j-^sea'ja;, y\ y_^__ dsX i -+- ^l COS \ X ,y\) didji sen'-jx, y\ da (01,111^04! la sosliluzione dci valori di (86), e di d — (90), si deduce ^ ' — (3y"'°--3,/y')y"sen1x, 2/! dJf^ ' dx ' __ j^_ ( (H-j/'e;os ix,yi)i/'"-3y"°-cosix,yj)i;"' dS^ dX (5y"''— 3j/"«/(%"senia;,3(i ' dP * da; ' essendo dali i valori di t^: , -r^ dalle rispetlive formule (86), e quelli di A, ¥ AX ax ' dalle (82). Si scorge dalle (93) e dalle (86) (82), che le espressioni di U, Z non ronlengono deiivate di y superiorl al 5." ordlne. Parimentl si troverebbero espresse medianle le derivate di y inferiori al 6.° ordine le coordinate della linea de'cenlri delle coniche osculalrici spellaiili allevoluta della curva proposla. §. 8. Espressioni delle varie quantila relative alia conica osculatrice d' una curva plana per mezzo de' raggi delle successive evolute di questa curva. NcUa gia citata Memoria del sig. Transon sulla curvatura delle liiiee c delle siiperficie (Liouville, Journal de Madie'ma/iques, T.\\,mA^^io iSAi) si determina la conica osculatrice d' una curva plana, nierce la considerazione della retta che divide per meta I'elemento infinitesimo di detta curva e la corda iufinitamente prossima e parallela a questo elemento. La retta richiesta viene denominata dal sig. Transon asse di deviazione, ed e 1' oggetto del Problema |JXX^ 1 cd ultimo (Sez. VI) della (reonielria di posizione del Carnot, di cui si terra discorso negli ultimi articoli i3.° e i4.° della presente Memoria. E mani- 152 SULLK CONICHE OSCULATRICI, EC. festo, (he I'asse cos\ dctlo tli deviazionc non e clie il diamctro d'ogni conica, che lia un contatto almeno del 3." ordinc colla data curva. In conscguenza siccome la langcnte dell' angolo comprcso dal diamctro d' una conica colla normale a questa rurva cqiiivale, sccondo I'osscrvazione del sig. Transon, ad un terzo del raggio osculatore dell' evolula di delta conica diviso pel raggio del circolo oscu- lalore della conica stessa, egli ha potuto in simil guisa esprimere la tangente deir angolo compreso colla normale ad una curva qualunque dall' asse di devia- zionc, ossia dal diamctro rispellivo della conica osculatrice e d'ogni conica, che abbia un contatto del terz'ordine colla curva proposta. E poiche I'asse di devia- zione nel panto prossimo successivo della data curva e anch'esso un semidia- metro della conica osculatrice, di maniera che il centro di questa conica e de- terminato dalliutcrsezione del nuovo diamctro col prossimo precedcnte, I'Autore suddetto nc deduce una equazione analoga alia i." dclle (87), e qiiindi otliene il vaiore del semidiametro f della conica osculatrice espresso in funzione del raggio osculatore della data curva. L'cquazionc ^''zz rfc/p sen | .r^ , j^ | gli serve poscia a dedurrc il vaiore del semidiametro conjugato. Onde ricavare le fonnule teste indicate, e tutte quelle che esprimono le varic quantita spettanti alia conica osculatrice in funzioni de'raggi dclle succes- vsive evolute della curva proposta, denotiamo con p^, p„, p^, cc. i rispettivi raggi osculatori dclle evolute successive della data curva, cosicche cssendo p il raggio deU'evoluta di questa curva, sia p^ il raggio dell' evoluta di detta evoluta, cioe il raggio dell' evoluta 2.' della curva primitiva, sia p^ il raggio deU'evoluta 3.' e cosi di seguito. Siccome il raggio osculatore p„,+, deU'evoluta (wH-4) esima, il cui arco sia s^j^^ e sempre perpendicolare al raggio p,„ della precedcnte evoluta, che ha per arco s„ , cd inoltre si ha sempre d.y„,^, = dp„., come pure As^ r=:dp„_, , qualora Ic origini dcgli archi si assumano in guisa che questi crescano o decre- scano co' rispettivi raggi p,„ , p,^_, ; e pcrcio manifesto aver luogo I'eguaglianza dp„,_, dp„ Quindi risulta la serie dclle note cquazioni (04) — = "^ = ^ = -''='-=: P p. P^ Ps dall I ; 11 all si avrebbe ritenendo As costante DEL M. E. PROF. S. R. MlNlCH 453 far\ '^P ''P- ''P' , * **'P (95) P.-Pj:,' P'^-Pd. -Pd.= -^P d7^' P=p'^^ — p'ipV4p' -P^P^-P^-P P5 — Pds — P d«' ^ P dsds=^P d«' Ora dcrivando rapporto ad x le formulc (12) (25) se ne deduce s's" = \y-{-cos\x,y\\y', dp sy— 3s'' s"y" / »/"'/"— 3 (?/' -H cos i a-, ?/ j ) y"" )/, d« y"'^sen\x,y\ \ j/^'sen ja;,?/j e quindi (18) (96) co.|w,!=4-*=|f, come fu gia trovalo dal sig. Transon, e si tornera ad avere nel § i2. Couseguen- temente risulta (97) senjar,,jj = - 3p V/(9P=4-p:) ' dK,,J=-sen^K,^JdcotK,^J=-3(^;-=^)^ . (■ poiche dal differcnziare la 3." delle (40), a cagioiiedl d|.r,/„|r:z (23) . si deduce d\x,x^\ — —y — A\x^,y^\, avremo (97) (98) di.,..|=_i(_»el=iPP._-i£L), e dalla 4/ delle (87) ricaveremo /qqx f — 3p' ^/(9p'-Hp^) ;^ ^ •^- 9p=-3pp.-h4p: ' indi i_ 9p' cfc^' = p/sen|jr,,jj= — 9p'— 3pp,-^4p,^' VI. 20 1 54 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. fg sen I .r„, 7, j := 7-——^- , , , ^^ (q=(3pp.— 9p-— -sp:)) 5 1 1 p^„^ 9p^('8p' — 3pp,-t-op') J -g — (3pp_9p._4p^,= --7- \/W^?\) ' ^-■^f--\ 9P^ + P.' ) ■ Si avrebbe inoltre (97) dalla 2.^ delle (87) (1 00) d^- AJ- -jT^^^-, = -T^.-\ ossia (99) (94) e in conseguenza dall' equazione 7?=:- '' si verra ad otlenere (98) (1 01) /? = P \J^%'^^i\^^ f (^OP/ - ^^PP,-I- 36pX) ovvero (99) „ _ (40p.^- 45pp.p, + 9p'p3 -I- 36p'p.)/' 27p* Si rileva dalla (96) die la conica osculatrice tocca con un suo vertice la curva proposta ognif[ualvolta sia dp z:z 0, ma il raggio osculalore in quel punto della data curva non sara massimo 0 minimo, se non qualora dp muli efFettivamente di segno passando dal positivo al negalivo, o viceversa, al crescere dell' ascissa. Dalla 2/ dellc formule (22) avendosi tit A K II fl g " (1) . 9!/ * DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 155 se ne deduce, a cagione dell' eguagllanza (25), e merce la 2.' delle (99), (d02) 5/''^_3/V^'=_*^!!Bp;il^££i±iPlL, e quindi si argomenta (20), rhe la conica osculatrice sara un' ellisse, iia iper- bola, od una parabola, secondoche la quanlita (i03) _(9p'_3pp^ + 4p?) sla negativa, posiliva, o nulla. Nei caso in cui questa quanlita si annuUi, non bisogna per cio argomentare che il semidiametroy^(99) cangi di segno, impe- roccbe e manifesto che esso non puo mutar di segno divenendo infinito o nuUo. se non qualora la quantila (i03) passi dal positive al negative, o viceversa. II paragone della 2." formula (92) colla 2." delle (iOi) esibisce, merce il valore di y" desunto dalla (25), (1 04) 4oy" — 45y>"y« -f- (^f^/^^ ij^j (40p/ — 45pp.p^ -t- 9PV3 + 36p>,) s"' p' sen ^' Di pill, siccome dall' eguaglianza (i 2) si ottiene /'-Hcos|j:,7|=f/(/ — sen°-|jr,7(), si avra pure dal confronto de' valori (18) (96) di cot|T^, j„|, merce la (25), Queste due ultime eguaglianze e la (25) ofFrono /, /', y" espresse per s e pei raggi delle evolute X." e 2.' p, p,. Le (102) (104) darebbero altresl/^', y'^' in funzione di s\ p, p,, p,, pj. Reciprocamente si polrebbero esprimere i raggi delle successive evolule per mezzo di s e delle derivate consecutive di y, ma queste formule, del pari che le precedenti, divengono ben presto troppo complesse e non valgono la pena di ricavarle. 156 SULLE CONICHE OSCULATRICl, EC. ■, ■ ^ ■ , , §-9. Applicazione di alcune delle formule finora esposle alia lemnLscata, ed alia spirale logaritmica. Neir intraprendere la determinazione del centro di curvaliira conlca d'uiia data curva rlferita alle coordinate rettilinee, giovera talvolta ridurre la formula (20) ad alciino degli aspetti seguenti, pe' quali ne' varii casi si potra calcolarla coil rpialche vantaggio di speditezza. Abbiamo infatti denotando col segno D la derivazione relaliva all' indipendente a:, =2y"-3y'-Dil, ^ ■ ■ • e poiche designando coll' iniziale log. il logaritmo iperbolico si trova y :=zf Dlogj , si avra pure 5y"-3yy^'=y"l2 + 3D(Diogy'r| '■' =y'>(Diogy')°--3DMogy'|. E facile inoltre verificare 1' identita (105) 6/'"- 3/ y « =yy" d j s log/ ■ - 3 log /" j . =yy"Diog?;-?;'DC. ■- ■ -. y y y ■ ed ahres\ 1' eguaglianza seguente 5^'-_3yy«^^D(3^-y) dalle quail si ravvisa, die ne' punti d' una curva plana in cui la curvatura si cangla dl elllttica in iperbollca, o reciprocamente (In quanto la formula (20) pas- 1)i:l m. k. prof. s. u. minich 1o7 sando per zero dl iiegaliva si fa posillva, o viceversa) la funzione -777 assume mi valore minlmo 0 raassimo, e I'angolo \j, x^ | (1 5), la cui derlvata e di sej^no op- posto a quello di 1) ( 3 -777 — f' ) ■> ha mi valore massimo 0 minimo, secondo- vhh y sia positive o iiegativo, qiialora y" non vada a zero. Potrebbesi pure esporre la ioriiuila (20) solto l' aspetto seguente Abbiasi presenteraente la curva ir -f- -i-^ y — 2«' ( ^'' —r ) = 0 , owero (y -f- .V' -f- a' )■ Z3 a' -h Aa° x" . Per determiiiare il cenlro di curvatura coiiica corrispondente a qualsivoglia punto della data curva, e per fissare i punti di curvatura parabolica, si ponga per brevita e si avra di mano in mano dall' equazione proposta, mercc le opportune deri- vazioni, Aa\v' — {oj-\-a'y — a' — c{<,-^2d'), F , '2a-x I / / . \ 4a-a; yy -i-'^-r3rT= ' <- =2 Oj 4-r) = -— -. , // ' /CO d' \ II /2 1 2a" ((y-t-«=)' a^Ci) 5 /, 3 4 (y- 1 f t- I I X II W ^ If ^ II' . n I II 24a'' a; -^ m 3 , &)'(2(i) — a'Yx yy +3jj zz-^^^-^,, yy --^a. -(^^^-y^ Avendosi quindi i 58 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. ne viene I ,. e consegueiitemente, a cagione di y y (2(1) — a-j^a;' .• si otterra (i05) fiv'"' '^v'vW' — CV) ^"' — ''''' /7* '"M2<» — g') (2 fuorche per a- ' si trova che i punti di curvatura parabolica haniio per rispettive coordinate X •+- r+z 2a 4 e poiche, mentre eo procede da un valore prossimo inferiore ad un valore pros- sirao superiore ad — , lospressione di 5/'" — 3^"^' passa dallo stato positivo al negative, si riconosce che i quattro punti di curvatura parabolica esistenti suUa curva proposta dividono questa curva rientrante in quattro tralti od archi conti- nui, due de'quali passano pel centro della curva, ed hanno Ic ascisse de'loro punti comprese fra —- ed — y- , e sono quelli che presentano in ogni lor punto una curvatura iperbolica. Gli altri due tratti hanno una curvatura ellittica, e le ascisse de' rispettivi lor punti sono comprese fra d= —r- e rfca^2, cioe fra le ascisse de' punti parabolici e quelle de punti limiti della curva sull'asse delle x. I)p:l m. e. prof. s. r. minich i59 Supposto il sistema degli assi ortogonalo, la proposta curva e la lemni- scala di Jacopo Bernoulli. In tal caso — rz =fc j/ — o la tangente dell'anj^olo a formato coll'asse delle x dal raggio vettore guidato dal centre ad uno de'due piinti di curvatura parabolica, chc hanno le coordinate dello stesso segno, oppu- re ad uno de' due punti parabolicl che hanno le coordinate di segno opposto. Conseguentemente risulta i — tg'a. \ cos 2fl£ m . , , , — - , e quindi descritto dal ccntro della curva il cerchio di raggio i , si avra facil- mente col prendere la quarta parte del raggio 4 , che ha per direzione 1' asse delle asclsse, e coll' elevare dall' estremo di questa lunghezza una perpendico- lare all' asse medesimo 1' angolo dr 2ot la cui divisione per meta determina r inclinazione di ciascuna delle due rette che intersecano la lemniscata di Ber- noulli ne' punti di curvatura parabolica. Proseguendo ad applicare alia lemniscata Bernulliana alcune delle formu- le esposte negli articoli precedenti, coll'avvertenza di porvi I'angolo \-v,y\ zn 90°, si trovera agevolmente, merce 1' espressioni dianzi dedotte di j, y", y" e di 5y ' — 3yy ^', in pnmo luogo (i 2) s =zl -f-v zm , ^•^ (' —yy ) e in conseguenza (18) cot|jr„7j — A a-xy 2xij \ \/ (ia "9""^ d(p^^^) T \ 160 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. cosicche, detto u I'angolo formato coU' asse delle ascisse dal raggio vettore gui- dalo daU'orlgine delle coordinate x,y, ossia dal centro della curva, al punto (x, >'). si trova co\\x,,y^\—— — lang2w. , • Si a^Tebbe qiiindi. come pur dalle formule (14) (i6), sen|x„_,jj=:^^^-— ^, e dal prodotto de' valori della cotangente e del seno di |.i",, jj si otleini cosSar^,7,|=-4|/|^j^.|- La formula (25) ci off're P = - ^ — 1 't ossia detto r il raggio vettore condotto dal centro della lemniscata al punto 2 a- P — T 7' donde si rileva die il raggio osculatore e inversamente proporzionalc al rag- gio vettore, ed e terzo proporzionale dopo il raggio vettore e la distanza a dal centro di que' due punti dell' asse delle x, da cui guidati due raggi vettori a qualsivoglia punto della curva si trova, che il loro prodotto e sempre eguale ad a\ Siccome poi 1' equazione polare della lemniscata sarebbe /' zz 2d cos 2« , , si avra pure aV/2 Dair eguaglianza (96) si avrebbe inoltrc 2 ang2i< 2_ otg2u ^"'"""9" »■ ~ 9 f'2coi27» ' DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 161 oppiire .,2 Le formulc (22) eslblscono ,.i^ ' valendo nella seconda di queste espressioni il segno superiorc, o 1' inferlore, secondoche la conica osculatrice e un'cllisse, od una iperbola, cioe secondo che CO sia maggiore o minore di — . SI avrebbe quindi per 1' ellisse, o per 1' iper- bola osculatrice ^ o 2.3V& 2.3'aV= Onde conseguire le espressioni dellc coordinate pure ortogonali X, Y del cen- tro della conica osculatrice basta ricorrere alle formide (82), donde rica\asi ^ = 5 •"( 2.;^r^) ' ^--^yy-^;::^-) ■ Si avrebbe poi dalla 2/ delle (86) ^4r=tang|.f,.rJ=(^'^^y^. Al valore di ^t^ — , e quindi di .nzirfc-y— , corrispondono, come si scor- ge da queste formule, valori infiniti di F e di ^ , ed A zn :fc — y- . Pertanto la direzione dellordinala corrispondente a questo doppio valore della A, e di .r, e quella dun assintoto della linea de centri delle roniclie osculatrici, ed e simul- taneamente il diametro della parabola osculatrice della lemniscata nel relativo punto di curvatura parabolira. Nella regione compresa fra questi due assintoti la linea di detti centri e costituita da due tratti indefiniti e simmetrici, le cui ordinate si estendono VI. 21 i62 SULLE COMCHE OSCILATRICI, EC. da =fc 00 a rp 00 , e che s' iiilersecano fra loro ne! ccntro stesso della lenini- scata, e toccano rispeltivamente nel ceiitro '^W arclii di qucsta ciirva, poirhe per xzzzO, yzzzO, e quindi per a in 0, risiilla i\Y ,. y dij d.Y X dx In conseguenza i delli due rami della Hnea de' centri di curvatura conica al pari di quelli della lemniscata s' intersecano fra loro ad augolo retto, e formano col- r asse delle x angoll dl 45" presentando nel punto (0, 0) nn flesso contrario. Nel rimanente questi due rami infiniti in ambo i versi non offrono alcun ])unlo singolare, e vanno sempre piii accostandosi a' rispettivi assintoti rimanendo sem- pre convessi verso i medesimi. Esteriormenle a ciascuno di questi assintoti havvi un pajo di rami infiniti della linea de' centri di curvatura conica. 1 rami di ciascun pajo souo pure fra loro simmetrici, e sempre convessi verso gli assin- toti, e vengono a congiungersi nel rispettivo vertice di delta curva, le cui coor- dinate corrispondendo a quelle de'vertici della lemniscata x^diayi, yzizO, sono Xz:z±L — aV-I, Vz^O. In ciascun di detti vertici la linea de' centri di 25 ' curvatura conica presenta un punto di regresso della prima specie. Mcrce le formule esprimenti le coordinate X^^Y^ dell' evolula d' una curva piana rispetto ad un sistema d' assi orlogonale, cioe e per la nota rclazione dX si rmviene Y (u-\-2a-)x 4a-a;' (2a^ -(-»)'' y (u — 2a-)y iay' dr, / ro^a' \ y dX, ^ CO— a' J X avvertendo che u e compreso fra o e 2o', DEL M. F.. PROF. S. R. MIMCII 163 Si scorge da queste formiile che mentre a precede da 0 ad a', il valore di X ^ scorrc da dr — 3p , — , V/(9-Hcot=c) ' '' — '' r equazione (1) della conica osculatrice diviene ^_ 3p.r, _^, •^^ V/(9+cot=c) In conseguenza nel polo della logaritmica spirale la conica osculatrice (i) si riduce ad un punto. Ed infatti risulta pure (99) /=7(9 + cot-c) = P sen I .r, , J, j , ff=/. Da questi valori si scorge die il semidiametro J ed il suo conjugate sono sem- pre fra loro eguali e proporzionali a p, e quindi al raggio vettore /•. wSl scorge inoltre, che il valore di / e la projezione ortogonale del raggio p di curvatura suUa retta x^, ossia sulla direzione di J, come doveasi avverare per un nolo teorema di Lancret fSur les de'ce'/oppo'ides. Memoires des Sauans e'tran- gers a t Institut de France. T. II ) , attesoche essendo 1' angolo | J^„ , /, ( costante, la linea de' centri di curvatura conica della logaritmica spirale diviene una sviluppata imperfetta di questa curva. L' eccentricita dell' ellisse osculatrice ha per espressione (32) e=/|/2cos|a:,,7j, e i valori de' semiassi maggiore e minore sono fl =yy 2. cos -^ J a:,, 7,1 , ^=/j/2.senyjj;,,j,j. Siccome poi dalle formule (4i) si deduce cos2|7,, cj = cos|.r,,7j, sen2J/,, aj — — sen| j:,,/J i68 SULLE CONICIIE OSCULATRICI, EC. p in conscgucnza > si compremlc clie la dirczione dell' asse focale e parallela alia retta che divide per meta I' angolo precedentemente assegnato onde fissare la posizione del diametro f. Ogni evoluta impcrfetta della logaritmica spirale e un' eguale linea curva, the ha il medeslmo polo, e die forma sempre lo stesso angolo c col raggio vetlore. Infatti per la citata proposizione del Lancret, e per 1' otlenuta egua- glianza i— — psenc, si coniprende che il raggio vetlore r, e il raggio / di qualsivoglia evoluta imperfetta della spirale proposta sono corde del circolo che ha per diametro il raggio p dell' evoluta ordinaria. Conseguentemente delto r^ il raggio vettore guidato dal polo al relativo punto dellevoluta imper- letla risulta ossia (2) E poiche dal triangolo che ha per lati r, r^, I si ottiene i\_ scnjr, l\ scn(ir,i/j4-ij/.,,, ,-, ;, ,[. . ; Se la retia — / < oincide colla retta x^ . 1' evohita imperfetta diviene in particolare la linea de' centri di curvatura conica della data logaritmica spirale. JiC coordinate orlogonali di quesla linea dc' centri ;,- 1. I I 1 r sen ( Ja-,, iiA — c) , i i . ^_/-,cos|.r,/-(= '^^^^^ ,os(« — |.r„.jj), V < ) r sen ( \x^, u.i — c) , t > , y_/-,sen|.r,rj=z '-^ sen («- J.i;, j^ j) . risullano appunto dalle (82), allorche si ponga u |ar,jf_90, y_psen)ar„_,j,;(r= ^^^ II raggio oscniatore R di delta linea de" centri di curvatura conica essendo il valore di r^ corrispondente a | — /, }'^\zzz\x^, y^\ diviso per — sen c diviene ' j^_rscn(ja;,,yj — c) sen= c ' ossia = — 4p Arcolc senc^/(9-)-cot'e) cote V/(9-l-cot=c) ■ Si lia pure analogamenle aHa formula gia trovata d.vm ^ T eguaglianza cote ' TI. 170 SULLE CONICilE OSCULATRICI, EC. ossia V/(9-+-cot=c) ' donde 4p \/ (9 -f-cot=c) c. Questi risultati s' accordano con quelli esiblll dalle formiile (87) e da quella die precede la (91). Abbiamo infalti dalla i." delle (87) dj.r,jrj=— ^, • indi dair altra d5=dpsen|.iv/,i--^f,cos|^,,jJ= yj^^^^^^-^ , ed infine dall' eguaglianza ds_ dS y — R ' il valore di R dianzi oltenuto. §• io. Applicazioni ad altre curve : cicloide, cun>a trattoria, catenaria, logistica, parabole cubiche, e curt>a parabolica del o.° ordine. Nella cicloide, il ciii cerchio generatore abbia per raggio c, esiste fra I'arco s preso a partire dal vertice e il raggio osculatore p la relazione -f- .s'^ zz: 1 6 fl°' , purcbe la lunghezza dell'arco s non ecceda la meta d' una delle porzioni eguali e simili di delta curva generate coUe replicate rotazioni del circolo generatore sopra la base. Infatti le meta di .$ e di p equivalgono alle corde rispeltivamente parallele alia tangente ed alia normale della curva che si suppongono guidate dalle estremita del diametro perpendicolare alia base nel circolo generatore fis- . DEL M. E. PROF. S. R. MINlCH ill sato alia mota d' una sua rotazione. Che se 1' arco s^ fosse maggiore di 2a, ossla eguale ad / volte 4o piu o meno s si avrebbe e m conseguenza forrispondendo il iiumero -— - a quello della porzione di cicloide in cui si consi- dera collocata lestreiiiita dell' arco s^ . Ma siccome il vertice della curva si puo sempre assumere su quest' ultima porzione, e i raggi osculatori tornano ad avere periodicamente gli stessi valori dall' una all' altra porzione della curva, e suffi- riente ammettere la predetta equazione per /z=0. Abbiamo quindi dp s . I ^ ds p ' e (94) ' * ■■' p^zz — s , p zz — p , p^'^zs, p^ =: p , e cosi periodicamente. In conseguenza (96) (97) risulta n 'i i.. • -i ■ .: ; I ) ^ s , , 3p 3p cot \j:, jJ - - 1 - . s"i K ' r 4 - VW^) - 4v/({r-f-a=) ' 11 rapporto ^- equivalendo a quello delle due corde poc' anzi indicate corri- spondc alia cotangente dell' angolo formato dalla normale alia curva colla base. Avendosi inoltre - (9P' - 3pp, -4- 4p;) =: - 8(p' -+- %d) . si riconosce (103). che la cicloide in ogni suo punto ha una curvatura ellittica. Si trova poscia (99) y-_3pV(ir±^ ■•' • J 2(p'-?-8an ' .7 .-4 •'• '■ 472 SULI.E CONICHE OSCULATRICI, EC. e dalla (iOO) avendosi i ' - si ottiene coll' integrazione '^=/+fKTP^ + «0-^^ p -f-8a- Si avrebbe pure (404) ^ L' ellmiiuizione di p darebbe una relazione fra R, S rappresentanle la liiiea de' ccnlri di curvalura conica. Per avere 1' equazioue a coordinate ortogonali A, Y (82) di questa curva converrebbe assumere 1' equazione a coordinate ortogonali x,y della cicloide riferita al suo vertice / zz \ x{2a — .r) -f- « arc cos che ha per derivata In questa guisa si avrebbe meno prontamente a — X ed integrando jj^ V^ (9a — 2a) ^/ (9a —4a;) . 2 ■ (ia — a)- ' c /a (9a- 4a;)' la quale espressione coincide colla anteriore a cagione di p=r 2^2a(2a — x) La curva trattoria (Iraclrice) riferita a due assi ortogonali, nierce le coor- dinate X, y, ha per equazione differenziale DKL M. E. PROF. S. I\. MINICM 173 yds attesoche la lunghezza della sua tangente intercetta fra la ciirva e 1' asse delle X e costanle. Posla I'orlgine deU'arco s nel punto che ha per ordiiiata y — />, si otliene dall' integrazione Paragonalo il valorc di .v'zuc^- con /i= y (1 -+-y^), si trova e percio coUa derlvazione rapporto ad x si deduce // c-y Quindi, a cagione di s zz -j— , risulta ^~ y" ^ y — y' ' e viceversa Pertanto troviamo s :zzc los cioe =-t'"s('''^)''' cpdp as p -4-c e in conseguenza (94) abbiamo /p'-^-g'\ . 2p(p^-t-c=) ■=(-- u". Nel punlo corrispondente a questo valore di p' la ronica osculatrice e una parabola. Tra questo punto, e quello ove yizzc, szzzQ, la curvalura della trat- toria sarebbe ellittica, e nel rimanente del ramo infinito la curvatura e iperbo- llca. Le medesime conclusioni valgono per 1' altro ramo della trattoria, rhe e uguale 6 simile al precedente, e rhe ha del pari per assintoto 1' asse delle x. Questi due rami si congiungono nel punto in cui yzizc, ove ha luogo un regresso della prima specie. Onde conoscere il valore di y corrispondente a quello di p , per cui ha luogo il punto di curvatura parabolica, basta introdurre nella (103) per avere De' due valori di y° che mandano a zero questa formula e da adottarsi quello che non supera c', attesoche non havvi ordinata della trattoria che sia mag- giore di c. Troviamo pertanto _x, L' evolula della trattoria e la catenaria, F.izz — \e'^ -\- e <^"|, intorno a cui soggiungeremo i cenni seguenti. DEL M. R. PROF. S. R. MINICH 175 Supponendo la catenaria riferila a due assi fra loro ortogonali, la rui ori- glne sia il punlo piu basso della ciirva, e che 1' assc delle x sia I' orlzzontale tangeate alia curva nel deUo punto, si ha I'equazione y — — a\e^-\-o " — 2|, donde y "^ — , ■, ' in cui la coslante a rappresenta il rapporto della tensione orlzzontale al peso dell'unita di lunghezza del filo, e I'origine dell'arco s e quella delle coordinate. Si ha quindi s^ / g'-h^' \ (y-f-a)' pdp 2ps ^~ y" —~~ \ a / — a~ ' P' — "ik — ~ a ' — (9p^ — 3pp, -f- 4p;) — _ ?£' (^p -t- 1 a) , ,(, } 2 s 2 ^{y'-{-2ay) /• 3p^/(5o' — 4gp) _^ 2 Qap' Jp-I-Sa " 2p-f-5a ' Pertanto la catenaria ha una curvatura parabolica allorche sia 5 ^ — — -^^^ e quindi 3 j = — fl+«|/— , s — a^-- In liitto il tratto della catenaria inferiore alia retta paraliela all' asse delle .r, e distante da quesl'asse d'una lunghezza eguale al detto valore di y, la rurva ha per conica osculatrice una ellisse, e superiormenle alia paraliela suddetta i 176 SULLE CONICHE OSCllLATRICl, EC. due rami intlcfinili della calcnaria simmetrici rlspetto all'asse tlcllc y lianno una curvatura iperbolica, scbbcno questi rami considcrali estesi all infinito secondo la forma deirequazioni' rapprfsenlaiiva della curva non abbiann assintoli. Per ren- der raj^ione di simile proprieta basla rifleltere, che ogni eurva cbe non sia una parabola, non pun avere che qualcbe piinlo speciale di curvatura parabolica, e iiel rimanenle dee prescntare una curvatura ellittira od iperbolica nel senso gia attribnito a siffatta denominazione. \oleiulosi avere il dop])io valore di .v corrispondenle al predetto valore di y. per cui lia luogo il punto di curvatura parabolica, basla desumere dall'e- quazione della curva 1 ady adii d.rziZ — i^ZZrh^ i , per ricavare colla integrazione, avvertendo cbe x^iO quando jzizO , , , J/-+-o-j-l/{«'--f-2ai/) ^ a Sostituito in questa formula il delto valore di j, si ottiene Nel punto in cui i-^iO , cioe nel verlice della curva preso per origine delle coordinate avendosi dp := 0 , si trova che il diametro dell' ellisse osculatrice e normale alia curva, e qiiindi cbe questa ellisse ba colla catenaria un contatto del 5.° ordine. Ivi il dp cambia di segno con s, e il raggio p ha il piu piccolo valor numerico. Avendosi, a cagione di lang | j;, y^ 1 1= >' =: — , sen?.r, y f^— , , cosi,r, y > zz -,— - . (.>' + «) sen I X, y^ I = i- , {y -^ a) cos j x, y^ | = « , si riconosce cbe 1 evolvente della catenaria, allorche I' origine dello sviluppo e presa nel punto piu basso, ossia nel vertice della curva, e la trattoria che ha 1)i:l m. e. prof. s. r. minicii 477 per assintolo la [larallela all' asse delle x giiidata inferiormente alia distaiiza a, essendo a la lim^hc/.za dclia tangente inlercetta fra la tralloria e I'assintoto. Lc coordiuale X, , V^ doll' evoluta dolla calenarla sarebbero espresse da ' -^ y a ' I- poichi' dalla seconda di queste equazioni si ottlenc f~\-a^z ^-- — , si avreb- !)(■ ptr equazione dell' evoluta dtlla calenarla , _^ , r.-i-a-|-v/(r.-(-a)=-4a'r {Y,-^a) \/ (T^-hay—U-) A. rt: fl lOiJ -j— , . < " 2a ^ 4a Pill semplicc di quesla eguaglianza e quella che ha luogo tra il raggio oscula- tore pj di delta evolula ed il suo arco S^. Imperocche rimanendo indelermi- iiata r origine di quest' arco, si avrcbbe — \> ^ S ^ -\- cost. , e in conseguenza . p--y=2(5,+ca«/.)v^(^'+7'-). Fissala 1' origine dell' arco S^ nel punlo corrispondenle al vertice della catena- ria. ove .rzzO, >'^0, pzz — a. si avra cost.:zza, e la delta equazione diviene _2(5,H-a)v/5. P' - a • E da notarsi. che siccome il punlo preso per orighie dell'arco S^ e un regresso della prima specie, il valore di S^ allorclie la sua estremita passa dall uno air allro dei due rami infiniti della curva, che vi si congiungono con soluzione di continuila. si dee sempre riguardare come positive. Avendosi dalla formula (100) d^-d/= ,— "^P , •^ V'lba^ — -iap) ' se ne deduce coll' integrazione fissando 1 origine dell' arco S nel punlo corri- spondenle al verlice della catenaria. in cui pzz — a. fizz — Za . VI. 23 i78 SULLE CONICIIK OSCULATRICI, ¥.C. S=/- 1- ^(5.--4„p)+ ^, „ = ^, - {^)/ 9 \ (5(7= — 4rtp)^ a 2 2 o(2p-l-5a) Si avi-ebbe poi dalhi (iOl) „ —4s(\0a-\-p)f^ — 4(p( I Qg-t- p) (5o' — -iap); A^— g^ — gp ^aToy a=(2p-I-5a)5 - (^uesto valore del raggio osculatore R della linea de' cenlri di curvatura conica risulta del pari dal sostituire iK'lIa (92) i valori di /', /', c qiielli delle snc- ressive derivate , y — a' ' -^ — a^ ' ^ — g=' ■ Con simile sostituzione si avrebbero dalle (8l2), a caj;ione di ^(rt*H-A'')zi:j-t-a, e di sziz±:^(y'-{-'2ay) , 3g (1/ -+- a)^(y-\-ay — a^ X:= j; rfc 2()/-i-a)= — 3g- ^_ 3(y-f-a)i2(y-ha)--h3g^j_ 4(,;4-o) j(y-^-o)^^- Bg'j — •^' 2(i/-|-g)"- — 5g- ~~ 2(i/-hff)^ — 5rt= Ma r equazione fra X, Y clie risulterebbe dall' eliminazione di .r, y fra qiie- ste due equazioni, e qiiella appartenente alia catenaria sarebbe ancor piu roni- plessa di quella che si piio ricavare fra R S, mercc 1' eliminazione di p Ira le equazioni esprimenti R ed S. Finora negli esempii trattati non abbiamo incontrato die curve dotate di curvatura in parte ellittica ed in parte iperbolica, oppure di curvatura del tuUo ellittica. Per trovare una curvatura sempre iperbolica, basta considerare la loga- ritmica, la prima parabola cubica, e la curva parabolica del terz' ordine. Int'alti assumendo 1' equazione della logaritmica riferita ad un sistema d' assi ortogo- nali yz:zbe' , in cui a e la soltolangente, e ^ 1' ordinata del punlo di ira- gitto suU'asse delle j, abbiamo DEL M. E. PROF. S. K. MINICH " 479 / i> f y // y /// y vi) — ^ f «'+!'' e quindi (19) (22) Essendo k sempre posilivo, la curvalura della logaritmica o sempre iperbolica. La cotangente dell' angolo i .r^ , y\ avrebbe per valore (i8) , ) a- — 2«- cot|^,.jJ=-3-^, , . e poiche qiieslo non puo annuliarsi che per y nz .- , e per j'zz: oc , si rileva die il solo punlo della logaritmica vertice della conica osculatrice, escluso il punlo estremo (jr^ oo , yzzzoo) del ramo infinito maucanle di assintolo, e quello clie ha per ordinata -— . Dalle formule (82) si ricava (^onseguentcmente avendosi y= — .^- , xzziA' a si trova, che il luogo de' cenlri di curvatura conica della logaritmica e iiu altra logaritmica che ha un eguale sotto-tangente, ed e rappresenlata dall' equazione I ^ — T- ^" • ei Data la prima parabola cubica, merce 1' equazione a coordinate ortogonali ->'=«=' ne raccoghamo ,_3x-= n_bx_ n,_l>_ ./5)_A ,«._aM-9x; y — a- ' y — a- ^ y — «=' ^ — "■ ^ — a- 180 SUIXK CONICIIK OSCULATRICI, EC. Qiiindi (19) (22) (18) (fine k semprc positivo, e la curvatura serapre iprrbolica) -. (3a; y/ ai-f-225s') j 9a;'(a'-t-9-g-) J — ~ 5^P ' ^ — S^^ ' r ) a^ — Aox' ^«M •»-/.!= -780^- Da quesli valori di J, g, e di cot | x^ . j-^ | si rileva, che al decrcscere indc- finito di X il ccnlro dell' iperbola osculatrice tendc a confondersi col piinto (x, y) della data curva, e che la dlrezione del diametro .t\ si accosta seinprc pill a quella della tangente /^ , e poiche f, g tendono a ridiirsi evanescenlJ, anco r angolo degli assintoti indefinltamente decresce. Pertanto nel puuto (j:zr:0, j^O) ove la parabola cubica proposta ha iin flesso contrario, 1' iper- bola osculatrice si cangia nella taiisente alia curva. Per la seconda parabola cubica j :^ dr ^^ avendosi , 3 xi. „ _^ 3 x~~t ,„ 3 a,~i (,|, _i_ _^ ^~^ y T 7^ ' y 47^' y 8 Va ' y \&Y^r si trova (d9) 'i\''x-'-' , I6ffi 3j;(4a-|-9a,) Conseguentemente la curvatura e sempre ellittica, e nel puuto (.r :z: 0, j zz 0) ove la curvatura presenta un regresso della prima specie, 1' ellisse osculatrice si riduce ad un punto, a cagione di // ^ 0. Infine nella curva parabolica di terz' ordine rappresentata dall' equazione a coordinate ortogonali y z:z ax -{- bx^ -\- cx^ abbiamo yz:z:u-\-2bx-^'3cx\ y"^2b-\-Gcx, y"zz6c, y^'=:0, DEI. M. E. PROF. S. R. MIMCH 'i 81 Quest' ultima quauliUi essendo una costante positiva, cd s' non potendo annul- larsi, si trova (19) (he k e sempre quanlita llnila posiliva, e qulndi la conica osculalriee c seinpre an' iperbola, la quale nel punlo chc ha per ascissa ■r — r^ si riduce alia lan^ente della curva, a cagione di y" zz 0, e quindi di /i^O, c d\ /, g evanescenti. Nel caso b°z:zSac quesla curva sarebbe la prima parabola cubica. Le ronclusioni stabilile circa alle coniche osculatrici delle due parabole cubiche e della curva parabolica di 3." ordine si eslendono alle curve rappresentate dalle equazioni di simil forma a coordinate obbliquangole. §• ^i- Modo di deierminare I' ulllma posidone della retta che dmdc per vieta la corda prosslma e parallelu alia taiigente d' una cun'a plana nel punlo per cui si guida la retta richiesta, la quale e dia- meiro della conica osculatrice. Se immaginiamo che una secante della data curva i?(jr,/):=0 si muova rimanendo parallcla ed accostandosi indefinitamente alia tangente di delta curva in punto qualunque {x, y), la retta che congiunge questo punto col punto medio della corda intercetta sulla secante dell' arco i cui estremi sono circonvicini al punto (x,y)^ avra per ultima sua posizione quella del diametro della conica osculalrice. In altri termini, e col linguaggio d ) e divide per met;i la corda decrescente parallela alia tangente alia data curva nel punto (.r, )). Sia j^^(.r) r nrdinata di quel ramo della curva proposta che passa pel dato punto (.r, )). e sieno .r'~'' . v'"'' ; .r*", r'' le risjicltive coordinate de' due punli circonvicini, ne' quali il ramo medesimo e incontrato dalla secante che rimane parallela alia tangente di detta curva nel punto {x,y). A cagione
  • " ' ossia d^" —A ^^-^i . ma siccome e palese che, qualora la tangente alia curva nel punlo (x, y) non sia parallela all'asse delle /, le quantita x'~'\ .r''* lendono inline ad assumerc il valore x Y una per incremento e 1' altra per decremento, ne segue die per isulla x^ "zzo." nsii (^08) d^. = -^ fuordie nel case in cui la tangente nel punto (.r, y) sia parallela all' asse delle y, cioe nel caso di -77— — 0 , nel quale si avrebbe sempre jr'-" = x<'* e quindi dx"' dx'-'i — i . Di pill col differenziare due volte I'equazione (107) ritenendo d.r' ' costante Iroviamo ))KL M. E. PROF. S. R. MINICH 183 ,=,. 4"(.'-")-4>''>)g^ e poiche quesla frazione diviene -— per j:'~'' z=.r''':=:x, ne dedurremo pel valore particolare x^~":^.t (i08) ^"'(x)-^^"(x) § ) ■^''-"" _ da;'-"' ( ■>l-"(^) donde si ricava (109) ^=:-^i.g, d^i-if 3 ■+ u- tranne il caso di -77—- zrrO , ossia della tangente parallela all'asse delle y, nel quale dall' eguaglianza che ha sempre luogo fra le quantita -t"', .r'~'' risulta d'o;"' da;'-"' Cio poslo chiamando r la retta che conglunge il dato piinto (j^,}^) col piinto medio della corda che ha per estremi i due punti (x'~'\ y'~'^) . (.1"', /'^ ) . ossia col punto che ha per coordinate y" + !/<-" 2 ' 2 abhiamo (4) ij'-^y-" — 2y senja-, »• (110) a;("4-a;<-'> — 2x seu\y, r\ f percio deuolando con J^ 1 ultima posizione della relta r. a cui si arriva col rendere x^~'^z::z.v"^z^x-, troviamo senja;,/! _ .. 4(a;"')-|-4('-' ) — 2 vj.(.v) seni;/,/|— a;'"-|-.<.'-" — 2,r 1 84 SULLE CONICHE OSCULATRICl, EC. Omk' assegnare qiieslo limile, ossia 1' ultimo valoie dclla formula (liO) corri- spoudenle ad x'~'^zi:x, si osscrvl che quesla formula per .r*~'';:z.r"' ina ... 0 . . . SI riduce a „ , e m conscguenza nsulta ,t-ii ma siccome questa nuova frazione per x'- "'iz: j"*''z:i.r diviene anch'essa — . avremo infinc (i09) (HO), purrhc non sia jj- — zn 0 , ossia La coiucidenza di questa formula colla espressione (8) del rapporto — i ~ ''j dimostra rhe per mezzo d' equazioni conformi alle (iO), postavi in luogo della retta x^ la retta y, si oUengono per valori del seno e del roseno di \y,/\ quelli del seno e del coseno di |j, jr, | (^6), e in conseguenza che la retta J richlesta coincide col diametro .r^ della conica osculatrice. Nel caso di jt— ^z 0 , ossia della tangente nel punto (.r, )') parallela allasse delle y, le due funzionl /'''./'"'' sarebbero dissimili perche spettanti a due rami distinti dalla data curva. Queste funzioni che denoteremo con (p {x^''), X(x^~"') assumono enlrambe il valore -^{x) per .r'~''=:.r'" zz: j:; ma le loro derivate tendono ad assumere il valore infinito di 4-' (i) -.r)=-;(-r)-f-|'C0(-'^'-' — •^•)-^-;"W^^^^^"+^c. ne ricaviamo, a cagione della (107) coUa sottrazione e colla divisione per .r' .(■) ■X — (j;' ■' — jr) , e per ^'[x) 2 4"(:r) \ ^^'-"-a] "^U -"-i.' ' a;'-"- x^ ^ S 3.4 e quindi dividendo per j:'~'* — x, e pouendo j:'~'*::^.r'''zi:j: rileviamo essere (^^3) limj5=-^=-i. Poscia dalla somma dell' anzldeltc due serie otteniamo y ) -t-y-' — 2j — ^l.' (jt) J jt"' H- j;'-" — IX \ -f-ec, VI. 24 186 SULLE CONICHE OSCULATRICl, EC. e col tlividcre i due mernbri di questa equazlone pe' rispeltivi membri della (412) abbiamo y"'-l-y'-"-2y ,'f ^ — a-<"-f-x'-"— 2.r -^^-^^ — p quhidi col reudere Jr<~''z=:.r"'zi: j; troviamo, merce la (ii3), risiihato conforme (HO) all' espressione (HI). Se fosse ricliicsta I'ultima posizione della retta r che passando pel punlo (x, y) divide la corda parallela e sempre piii prossima alia tangente in due seg- menti diseguali, che stieno fra loro nel costaiite rapporto di m ad n, il punto di divisione di questa corda avrebbe per coordinate ,_,) m(A-"'-a;'-") m(y")-y-") ^ "^ n ' y "* n ' ovvero 5 e in luogo dell' eguaglianza (1 1 0) si avrebbe »ta;"' H- wa;'~" — (m-\-n)x sen|j(, rj' Ora il valore di questa formula ossia della frazione m-l(x">) -f- n-l (a--'-' ') — (m -K w) 4 (x) riducendosi a — - per x'~'^^x, x^'^zzzx, ne dedurremo denolando con/, r ultima posizione della retta r^ corrispondente al valore parlicolare x^~'^zzix DEL M. E. PROF. S. R. MINICH i87 Del paraj^oiic ill qiiesta espiesslone, che ha sempre liiogo anco nel caso di 7-,,— :=:0. col valore di /' ^ , desimlo dalla (13) si rileva, che la retta 4.{x) senji/, 1/J "^ richiesta J^ coincide colla tangenle alia curva nel punlo {.r,j). §. i3. Delenninazioue delta retta che divide per meta I' elemento iufinite- simo d una data curva ed una corda infirutamente prossima a questo elemento. Considerazioni intorno alia formula proposta dal Carnot nella sezione VI //." 433 della Geometria di posi- zione, che serve alia generate soluzione di detto problema, e determina il relativo diametro della conica osculatrice, allorche si assunia la condizione del parallelismo della corda colla tan- gente alia data curva. 11 prohlema dian^i tratlato e il LXXYI ed ultimo (n." 433, sezione VI) della Geometria di posizione di Carnot. Questo celebre Autore volendo stabi- Hre un sistema di coordinate atlo a rappresentare colla mutua loro relazione una curva plana qualunque in un modo assoluto, cioe indipendente da ogni quan- tita arbilraria e da ogni oggelto esteriore alia curva medesima, propose di adot- tare a quest uopo il raggio di curvatura e 1' angolo formato dalla tangente alia ciirva con quella retta die corrisponde al diametro relativu della conica oscula- trice. poiche divide per meta si nella curva che nella conica osculatrice la corda infinitamente vicina e parallela alia tangente. Ma per delerminare la posizione di questa retta 1' Autore oltenne una formula che a primo tratto si potrebbe credere erronea. poiche non conliene altre differenzlali delle coordinate ortogo- nali X, Y della dala curva che quelle di 1.° e 2." ordlne, mentre la formula (8) che risolve il problema. racchiude inoltrc la derivata 3." dell ordinata. Si po- trebbe altresi presumcrc che I' apparente erroneit:\ della lormula di Carnot pro- venga dal modo con cui vieuc cuuncialo nella Geometria di posizione il pro- blema proposto, e quindi dalla soppressione nella relativa ligura dell elemento della curva che rappresenta la direzione della tangente. Infatti per enunciare il problema secondo i principj del calcolo infinllesimale. co' quali il CarnoJ ne Intrapresc la soluzione, converrebbe ricercare la retta che divide per meta 1 ele- 188 SULLR CONICHE OSCULATRICI, EC. menti) dclla data curva «■ la ronia iniinitesima prosslma e parallela al medcsimo ovvcro alia posizionc della tangente. , v ' ' ;. , ' In simil giiisa e d'uopo consideiare qiiallro puiili prosslmi consecutivl dalla curva proposla, due de' quali sonn gli eslremi doll' elcmcnio die rappresoiita la dlrcxinue dclla tangente, e gli altri due sono eslremi dclla corda infinitamcnle prossima rhe si deve per condizione ridnr parallela allelemento della data rurva. Ala sebbeue nell eniinciato dal problcma esibito dal Carnot, eome pure nella rela- tiva soluzionc, relcmento della curva, che deesi pur rignardare diviso per meta dalla retta ricbicsta, si riduea ad un punto assoluto, e quantunque la soppres- sione de' termini infinitesimi d ordine superiore al meiio elevato eseguendosi ad ognl tratto nel corso della deduzlone, anzicbe venir riservata all'eqnazione finale, possa dar luogo a qualche incertezza, nondimeno dopo un' atlenla analisi della questione si riconosce cbe la formula (E) pag. 479 sez. YS della (ieometria di poslzione serve a risolvere il predello problcma LXXVi, piircbe vi s'introduca la condizione del parallelismo della corda infinitaraente prossima coll elemento della data curva ossia colla tangente. Ne dee recar meraviglia che sia mestieri di tener conlo di simile condizione per dedurre dalla formula del Carnot la compiuta detcrminazione della retta ricbiesta, benche nella dimostrazione di quella formula il Carnot abbia supposto che la corda sia parallela alia tan- gente. Imperocche mostreremo fra poco che quella formula ha luogo senza me- stieri di supporre il parallelismo della corda colla tangente od altra condizione specialc circa alia posizionc della corda infinllamentc prossima alia tangente, e quindi concludcrcmo che la formula del (]arnot offre la soluzionc del problcma finche non si stabilisce la legge con cui succedono i quattro punti, che costitui- scono gli estremi dellelemcnto della data curva e d<'lla corda infinitamcnle pros- sima, ossia finche non si attribuisca alia corda medesima una speciale posizionc coU'assumere una relazione fra le differenziali delle quanlita spettanti alia curva od una parlicolare supposizionc intorno ad alcuna di queste differenziali che nella formula del Carnot si conslderano tutte come variabili. liappresenliamo nell' annessa figura A E G B 1)1.1. M. E. PROF. S. R. MlNICH 189 con AIJ relemeiito <\s dellarco s della data curva, che ha per eslremo il piinlo proposlo A rifcrilo a due assi qualunque, merce le coordinate x,y. . -, , Sia C il punto prossimo successivo a B della curva niedesima, e D quello che immediatamente precede A. Sara (>D la corda infinilamente prossinia aU'eleniento AB, che si suppone divisa per mela. del pari che AD, dalla rlchie- sta EF. Dicasi a. 1' elemenlo infinitesinio di 4.°ordine AD, si chiamino /S, -y le quantitii angolari infinitesime di i.° ordine DAR, CBH e si denoti con A r anj^olo cercalo FEB. Infine immaginiamo ahhassate da" pnnti D, F, C sulhi tangente AB della data curva le perpendicolari 1)R, FG, CH. Per le dottrine elementari del calcolo infmitesimale applicato alia geometria avremo, designando con p il raggio osculatorc della data curva relative ad A, ■ (H5) *-+-d«r=d6- /S-t-d/3=^=— — I' BCzndi-l-dV, poscia otterremo ad evidenza EG = 1-KH— KA — ^ AB =z ^ (BH~RA) rz- J(d.s--l-d°i-)cos>' — -acos/Sf ' FG = y (KI) -^ CII) = 4" ("^ ^"' ^ "^ ('^■'" -^ '•'•'') '•"" > ) FGcotA = EG, e passando a' valori variati prossimi avremo pure (i i 5) EG -h d . EG =: -^ ((di- H- 2dV -f- &'s) cos (> -)- d>) — ds cos y \ ¥C, -^ d . FG = — (ds sen y -+- (ds -+- 2d°".v -h d's) sen (y -I- d- ) ^ |FG-^d.FG| JcotA-4-dcotA| = EGH-d.EG. Quindi soslituendo nell' ultima eguaglianza i valori variati infinitamente pros- simi di I'^(t, FG, e rilenendo i soli termini infinitesimi dell' ordine meno ele- i90 SULLE CONICHE OSCULATRICI, FX. . vato facili a scorj;ersi, merce gli sviluppi de' seiii e coseni per le poteuze degli archi, si ollerra 1' equazione finale > d^ cot A zz dV , donde risulta pel nolo valore d! y (li5) la formula (146) ■ cotAzi-e^, la quaie a cagione delle eguagllanze (i2) (25) diviene dxi-x-^dyd'y-\- (dxd'y-\-dyd'x)cos\x, yi (HI) cotA=r {dxd^y — dyd-x) sen \x, y\ e nel case in cni il sistema delle coordinate x, y sia ortogonale si presenta solto r aspetto /,icx .^ dxd'x^dyd'y (118) cotxzn , — , T , ^ ' dxd-y\ — dydx a cui si riduce la relativa formula (E) della Geometria di posizione del Carnot. Pertanto la formula (446), e quindi nel caso delle coordinate rettilinee ortogonali anco quella del Carnot, risolve il prohlema proposto finche non si stabilisca alcuna legge o condizione sul modo con cui si succcdono i punti fra loro estremamente prossimi I), A, 15, C, ossia suUa posizione speciale della corda DC. purche da simile condizione I'angolo formato delle due rette DC, AB che nil \\\i ha per tangenle — risulti un infinitesimo non inferiore al 2." ordine. 1 " KH (^)uesta speciale posizione della corda infinitesima DC verra fissata coll' as- sumere una qualunque ipotesi intorno ad alcuna delle differenziali delle coor- dinate e deir altre quanlita spettanti alia curva, oppure una relazione qua- lunque fra alcune di dette differenziali, senza di che la formula (44 6) ovvero la (117) sarehhe indeterminata nel suo valore, cioe non avrebhe una precisa significazione. Cos'i se si voglia che la corda DC sia j;arallela alia tangente. come viene richiesto nel prohlema del Carnot, converra assumcrc quella relazione differen- zlale che risulta dall eguaglianza delle due rette DK CH, cioe a sen /S ^ {As -\- d'i) sen y . DEL M. E. PROF. S. R. MINICH I9i Pr(Mideiulo la variata infinilamente prossima di qiiesta eguaglianza, rlu- sareb- hv. (H5) d.y sen y^z(ds-^ 2(Ps -h d^s) sen (> -f- dy) e ritenuli, come t d' uopo, i soli termini infinitesimi dell' ordine meno elevato, abbiamu la condizione che si deve associare alia (416) onde risolvere compiii- tamente il detto problema, cioe 2-yd^s-hdyAszizi) , la quale pel nolo valore di y (115) diviene dpdi- — 3pd'.s =z 0 , e ci offre coll' eliminazione del dV dalla (1 1 6) (119) cotA=:--ig. In conseguenza prendendo la tangente AH per' asse delle y^. ed avvertendo (2) che I'angolo >, ossia |jj,EF| equivale a — |EF, jj, otteniamo, me- diante la 1.' delle eguaglianze (95), cot I EF, J J _ ^ P. che e appunto la formula (96) Irovata dal sig. Transon per determinare la direzione del diametro della conica osculatrice ossia dell' asse di deviazione, e quindi si riconosce che questo diametro e appunto la retta EF che si ricerca nel problema di Carnot. 492 SULLE COMCIIE OSCULATRICI, EC. §. 14. '' "' (■ '■, :i.<. J.. , ':, ■- ..,.., A/tra diinoslrazione dell a formula di Cariwt. Discussione sul modo di ussefi-nare in generale la retta che divide in dati rapporti T e- lemento d' una cuiva piana e la corda injinitamente prossima al detto elemento. Ossen>adoni spettanti a casi in cui nella formula del Carnot si assume costante I' elemento dell' arco della data curi'a, oppure la differenziale d' una delle coordinate. La dimoslrazione tlella formula (il6) si potrebbe del pari dedurre suppo- nendo che il punto dato sia D e che DA, AL>, BC siano tre elemeiiti conse- cutivi della curva proposta espressi da d^, d-vH-dlf, d^-|-2dV-hdV. Allora I angolo di fonlingenza sarebbe /Szz el'angolo HEF sarebbe il valore variato A -\- Ax di quello formato coll' elemento DA ossia colla tangente alia curva dalla retta richiesta, che divide per meta 1' elemento DA e la corda infi- nilamcnte prossima ad esso. Si avrebbe quindi dalla stessa figura dianzi indicala EG — 2- (BH — KA) = y |(d.s+2d'.y-FdV) cos (/S+d/S) — d,ycos/5| FG=:^ (KD+CH)= ^ |d^sen/S-t-(d.y4-2dV+d=i)sen(/5-i-d/S)j FG I col A 4- d col A j = EG , ed introdotti in quest' ultima eguaglianza i valori di EG, FG, poscia immagi- nando sviluppati i seni e coseni secondo le potenze degli arcJii, e ritenendo i soli termini infmitesimi dell' ordine meno elevato, si giungera all' equazione /3d.ycotA = dV, ossia cot A i^ dV , P donde risulta il valore gia trovato (ii6) di cotA, Onde esprimere la condizione del parallelismo della corda infinitamente DKL M. K. PROF. S. 1\. MIMCH i93 prossima airclcnifnlo DA coUa langente alia ciirva nol pimlo dalo, bastadcler- minaif 1' eguaglianza dollc distanzc dalla tangenle iiudcsiina dcgli eslrcmi di detla corda rollo stabllire reguagliaiiza d<'lle 1)K, CH che sono i valori variati prossimi delle anzidctte distanze. Ivejelti da questa eguagllaiiza i termini infinilesimi d' iiii ordine siiperiorc al mcno elevato si olticne ossia a cagione di ySiiz: , dpd^ — 3pdV n: 0 , cioe la stessa condizionc anterionnenle dedotta, per cui dalla formula (1 16) si passa alia espressione (119). Ove fosse richiesta in generale la relta che divide 1' elemenlo dell' arto d'una data curva nel rapporto di p a c/ c la corda infinitamente prossima a que- sto elemento nel rapporto di m ad //, si avrebbe dalla stessa figura e secondo i principj teste enunciati FG = DR: + "^ ( CH - DK) = "i^J^^+L^-i^J nd« sen /g -1- m (d« -(- 2d"« -f- (fs) sen (/S -h d/3) m -\- 11 KG= -^ KH= — Sdicos/3-l-d^-hd'^+(di^+2dV+d'.y)cos(/$4-d/S)i EG = KG — KA — AE m(d*-t-2d=«-l-d'«)cos(/S-(-d^) — nd«cos/3 / m P \ / \ , r- \ — ; -f- I — ; — l(a.y-t-a^) m-i-n \m-^n p-\-(l' ^ EG|tgA-f-dtgAj=FG. Quindi si scorge clic mentre FG e sempre un infinitesimo di !2." ordine. EG risulta in generale un infinitesimo di \.° ordine, e conseguentemente tgA sarebbe pure un infinitesimo di 4." ordine, purche non sia 2m — n p ^ n-^n p-+-q VI. 86 194 SULLE CONICIIE OSCULATRICI, EC. Ma quando si verifichl questa egiiaglianza, doe quando sia m 2p-\-q n 2i/ -+-;)' ovvero p 2m — ti q 2n — m ' allora dall' ultima delle superlori eguaglianze, ritenendovi I soli termini dell'or- dine meno elevato, abbiamo di miovo o As' d'i' . tgA zzi /Sdi- =; ^ , P ossia cotA =:: — ^ '- . ds- cioe la stessa (^spressione (116). Possiamo quindi argiiire cbe, secondo il concetto del calcolo infinilesimale applicato alia geomelria, la retta che divide 1' elemento d^ d' una curva nel rapporto — e la corda iufinitamente prossima nel rapporto ^^ , ovvero 11 '" 1' 1 11 2m — n p questa corda nel rapporto — , e 1 elemento as nel rapporto ^ , lorma sempre colla tangente alia curva 1' angolo A determinato dalla formola (dl6). Ogni ahra divisione non offre una retta diversa dalla tangente della curva. Se i due rapporli , - debbono essere eguali, la condizione 2m — n p ^ per cui EG diviene un infinilesimo del 2." ordine, non si verifica se non qua- lora sia m zz n, cioe quando la retta ricbiesta divide per meta anco la corda iufinitamente prossima allelemenlo As. Altrinienti tgA e quindi A sarebbe un infinitesimo del 1 ." ordine, lo die si accorda colla conseguenza gia dedotla (j^ 1 2) che I'ultima posizione della retta, la quale divide in dato rapporto — la corda che si muove rimanendo parallela alia tangente finche ginnga a coincidere colla di:l m. e. prof. s. r. mimcu -195 tangcule medesima, ha la stessa direzione della tangenle fiiorche nel caso in ciii m ed n siano fra loro egiiali. L' miica siipposizione assunta dal Carnot ondc applicare la sua formula ad nn caso speciale e quella del d.i- costantc. (Ge'om. de position, n." 434.) Ma porrlie questa ipotesi iion fosse discorde da quella del parallelismo della corda coUa tangente, gli fu mestleri supporre costaiile anco 1' angolo dl con- tingenza e quindi il raggio p di curvatura, nel qual caso la data ciirva si riduce ad un cerchio. Ora, omettendo la condizione del parallelismo anzldetlo, si piio supporre d.v coslante per una data curva qualunque, cioe riguardare eguali gli dementi infinitesinii conipresi da quatlro punli prossimi successivi D, A, J>, C, e deducendo in conseguenza dalla (116) cotAi^O, si trova che nella delta siip- posizione la retta richiesta e perpendicolare alia tangente di qualsivoglia curva proposta. Assumeremo in fine d.r costanle onde poter facilmente verificare il risul- tato desunto dalla formula del Carnot con quelle che ci offre 1' inspezione della figura allorche vi si guidino le coordinate de' quattro punti 1), A, B, C. Im- perocche 1' intercetta da queste successive ordinate suU' asse delle x essendo la costante Ax, ne viene che il segmento della corda DC compreso fra il punto D, e r ordinata di A eguaglia il segmento della corda medesima compreso fra il punto ij e 1' ordinata di B, cosicche la retta richiesta, che divide per meta 1 elemento AB e la corda DC, e quella stessa che divide per mezzo il seg- mento della corda DC compreso fra le coordinate de' punti A, B, e quindi e parallela all' asse delle )-. Ora dalla formula (117) abbiamo nell'ipotesi del dx costante cot A =r '^ ' ossia .•otS>vK^^ da; sen \x,y\ e quindi (2) sen I a;, t/ ! col|EF,jJ_ , . . ' ' ^ 2 ) sen j .r, y \ Ma questa e r espressione di cot|j,>'„| (13), dunque la retta EF e paral- 196 SULLE CONICHE OSCULATRICI, EC. DEL M. E. PROF. S. R. MINICH lela all'asse delle y, come veime dianzl osservalo. Se invece del Ax si assuma costante d>', si trovera del pari che la retta richiesta e parallela all' asse delle ascisse. D;dl(' formule esposle net §5^ 9, 10 si puo facilmente raccogliere le eqiia- zioni fra le due coordinate siiggerite dal Carnot, cioe p, col | .r^ , j^ | , che rap- presentano le varie curve considerate in quelle applicazionl. Le relazioni tra queste due coordinate risultano abbaslanza semplici per la leumiscata, la spi- rale logaritmica, la cicloide, la curva trattoria e la calenaria ; uia sarcbbero alquanto complesse riguardo alia logistica, alle due parabolc cubiche, ed alia curva parabolica del 3." ordine. Noia. Durante la stampa della prcsenle Mcmoria, ho polulo rilevarc, che ncgli clemenli tli calcolo illi- ferenziale ed inlcgi'ale del prof. F. P. Tucci (Napoli, i85o), viene eslbila la lormula valcvole ad assegnare r inclinazionc alia tangcnle della rclla, che divide per mela la corda inlinilcsima paiallcla alia taiigente in un punto qualunquc di dala curva piana, e conobbi che quesla ibrmula era gfa stata dedotta dal niedesimo autore nelle sue ricerche analiliche sulla somiglianza delle curve (Napoii, i825). Egli repula I'allace la formula (E) del Carnot perche colla sostituzione del valore di d-/:=yd,rJ-|-/d-.r , iiell' ipolesi del d.r variabile, non ne spariscono le differcnziali della .r , e in conseguenza la lormula suddella non ha una delerminata significaziooe. Ma cio vale appunlo a provare che la i'ormula del Carnot non puo applicarsi ad una parlicolare posizione della langenle, senza stabilire la condizione od ipolesi i-elaliva. Ed infalti, sebbene il Carnot I'ahbia conseguita consi- derando la corda parallela alia tangente, con un inetodo non esenle da oscurita ed incerlezza, si e dimostrato ch' essa si presla alia generale soluzione del probleina, qualunque sia la posizione della corda iniinilesima nspello alia tangente, e serve ad assegnare la rclta dividente nel caso della corda parallela alia tangente, qualora alia lor- mula (ii6) si associi la condizione del parallelismo richieslo. (Leila il giorno 19 (rhbrajo I85i). DELLA PIAI>iTAGIONE DEL FUIIMENTO NEGLI ANISI DI CARESTIA MEMORIA DEL M. E. CAV. D.'* AGOSTIIVO FAPANIVI J. iitti i }!;randi avvenimenti, tulti i grand! infortunii, siano essi piodottl o da cause morali, o da pcrturbazioni atmosferlche, hanno iin qualche esempio nella storia. Fortiinali quelli, die sanno ammaestrarsi alia scuola del passato, per bene regolarsi nel presente e nell' avveaire : e in analogia di sventure pro- cacciare analoghi rimedii, se non a vincerne, a riparariie alineno in parte le fatali conscguenze. Questo e cio, die I'agrlcoltore deve sempre studiarsi di con- scguire coUa sua anliveggenza e colla sua industria. Sopra tale principio e ba- sata la Memoria, cbe ho 1' onorc di leggere oggi a questo i. r. Istituto. Negli anni nefasti 1814, 1815, 1816. sconsolatissimi per avverse stagioni, per conseguente carestia, per guerra universale, per tifiche malattie, la scarsezza di ogni prodolto del suolo, c speiialmenle quella de' grani, saliti ad un prezzo csorbitanlo. indusse e sospinsc per noressita e proprielarj e roloni a praticare con plu diligenza la collivazione del frumento, di' c la pianta piu preziosa. piii utile, piu nutritiva per luomo, e die forma il piu bel dono ad esso impartito dalla Provvidenza. Fu in quel disavventuroso triennio, che ancli io mi died! a tutt uonio a sludiarc i modi, onde rendere piu proficua la cultura del frumento, di cui era i98 DELLA PIANTAGIONE DEL FRUMENTO, EC. ill tutta Europa graiide dilFalta. Gli studli e le iiidagiiii praticale mi fecero cono- sccrc nil riistirano strumeiito detto piantatore, o meglio piantuioio, col quale da due aiiui a quella parte uii buon veterano amatore delle cose agrarie era solilo a pianlare il fnimeiito in un sue poderetto, con rilevante risparmio di semente, c con largo auniento di prodotto. La vista c 1' esame di quello stru- mento, e le inforniazioni datcini dall amico coltivatore del buon effetto del me- desinio mi deterininarono a procacciarmene uno simile: e fu nellottobre 1814, che potei sperimentare per la prima volta il nuovo piantatoio. Di questo stromento mi valsi nel due anni consecutivi 1815, 1816, per la seminagione del frumento in due different! pezzi di buoiia terra, di prima classe censuaria, della dimensione ciasciin pezzo di mezzo campo a misura trevi- giana, corrispondente a tornature 0, 26, 02, 34 , in Martellago distretto di ]Mestre, proviiicia di Yenezia, e nebbi il prodotto il primo anno di venti sementi per una, il secondo di ventuna, il terzo di ventidue per ogni semenza; notando. che le seminagioni autunnali iurono in cadaun anno perseguitate da pioggie in- cessanti, che non permisero di eseguirle regolarmente. Nel sussegueiite quinquennio, dopo la carestia del 1816, essendo ritor- nata 1' abbondanza delle ricolte di ogni sorte di grani, il loro prezzo decadde niente meno che di due terzi, e fe' si che proprietarii e coloni, quasi nuotando iieir abbondanza delle vettovaglie. dimenticassero, ed io pur con essi, le premure usate per otlenere copiosi prodotti di grani. Ma il malaugurato anno 1853, in cui il frumento ed il mais non diedero ueppur la meta della solita messe, e in cui falh del tutto la vendemmia, amma- late per la terza volta le iive dalla crittogama, ci fe' tutti rinsavire, c pensare pill seriamente agli espedienti, onde minorare, se non vincere, tanta stretta di hiade, e tanta inopia di cose necessarie all' umano sostentamento. L' alto prezzo di aust. lire 30, con cui si vendeva il frumento alio stajo trevigiano nell' oltobre 1853, mi richiamo alia memoria gli esperimenti, che io avea fatlo da circa quarant'anni addietro, per semiiiare il frumento col pian- tatoio : quindi Io feci staccare dal soppalco della stanza dei rusticali strumenti, ove pendeva inoperoso ; come si vedono pendere polverose negli atrii de' ma- gnatizi palagi le guerresche armature degli antichi tempi feudal!. E qui prima di fare la descrizione del piantatoio, da me adoperato a spar- mio di semente nel prossimo decorso oltobre, porgero alcuni cenni della prima origine s"i de' piantatoi. che de' seminatoi da frumento. istrumenti ambidue, che DEL M. E. CAV. DOTT. AGOSTINO FAPANNI 199 se non nacqucro contcmporanei, furono prodoHi da cause pressoche eguali, ed hanno fra loro una grandissima correlazionc. Questc cause rlduconsi essenzial- mente a tre, e soiio : i.° risparmio di semenle, oggelto assai rilevante negli anni di caro prezzo della medcsima; 2.° eguale e regolare dislribuzione de' grani sul suolo, coUocandoH ad una slessa dlstanza fra loro, affine di poter coltivare e sar- cliiare. quando occorra, le germogliale e cresciule pianticelle ; 3." sotterramento de' semi medcsimi, ad opporluna ed eguale profondita uel terreno. acciocche lion restino esposti, al di sopra del suolo, all' iutemperie della slagione, ed al guasto degli animali; ovvero, se troppo profondaraente coperti di terra, questa li soffochi, ed inipedisca loro di germlnare. Fu adunque per ollenere questo tri- plice scopo, che s' iiiveiitarono i due suaccennati istrumentl. Pare die 1' iiivenzione del seminaloio abbia prevenuto quella del planta- toio. Vuolsi da alcuiii, che I'autore del primo seminaloio sia stato lo spagnuolo don Giuseppe Lucalello ; altri altribuiscono queslo trovalo all' inglese M/ Tull. II conte Filippo lie, sempre giusto propugnatore delle glorle italiane, anclie in fatto di agricohura, da il nierito a niesser Cavallina di Bologna di aver il primo idcito nel secolo XVII un tale ordigno, clie fu poi riformato dal padre Lana, e ricluamalo in onore al principio del passato secolo dal marcliese del Borro. Verso la raeta del secolo stesso vi fu grande fervore per costruire e diffoiidere i seminatoi da grano, considerandoli tali da costruire uno dei plu iiotevoli mi- glioramenti dell' agricoltura moderna. Inglesi e Francesi andarono a gara per fornire 1' ecouomia campeslre di delli ordigni. Fu a quell' epoca, che Chateau- vieux e Dubaniel du ^lonceau travagliarono intorno a' medesimi. Ne operarono con minor calore i iiostri Italiani. die (iio. Battista Balli corresse il semina- loio di Chateauvieux riformato da Duhamel. L' esempio di queslo beneinerito plemonlese, e del loscano padre Laslri, aiiinio anche gli agronomi delle provin- cie venete. Quindi i due fralelli veronesi Giovanni e Pietro x\rduino. i veneziani Francesco GriselUni, Alvise Dolfin e Francesco Barbaro, ed i trevlgiani Giam- maria Aslori, Giannanlonio Giacomelli, e conte Luigi Rizzetti, diedero semina- loio di nuova invenzione, o di migliorala coslruzione, come risulta dalle opere a slampa degli aulori prenominali. L'entusiasuio pei seminalol persevera ancora a' d\ noslri in lughlUerra, in Francia ed in Gerraania. ed io mi dilungherei troppo dal mio argomento, se volessi per soli ccnni farvi menzione dei semina- toi di Ducket, di Tliaer, di Fdlemberg, di Dombasle, di Ilugnes, di Delisle Saiiit-3Iarlin. ^00 DKLLA PIANTAGIONi: DKL FRUMENTO. FC. II tem.i rlio ho assunlo, mi chlama a parlare del piantaloi, i qiiali siicres- sero ai seminatoi ; e \ i succcssero, perche la coslruzionc e conservazionc del piantaloi e piii semplice e piana, meno costosa. come piu facile, cd ovvio a cpia- lunque anche incsperlo rolono c il loro maneggio. in couiVonlo do' seminatoi. Questi essendo la maggior parte di complicala labbiicazione, di rilevante dispen- dio. di difficile conservaxione, esigono piu esperti ed intelligent i mancggiatori. che non sono gli ordinal j aralori e bobolchi. Per quanto a me consta, il primo a dare il nome di pianlalore ad uno stru- mento per ronsegnare regolarmente il grano alia terra, fii il toscano Ignazio Ronconi, die nel d768 fece eseguire in \enezia il disegno e modello, e poscia anche lo strumento medesimo operativo, e ne pubblico la descrizionc col suo lihro a stampa intitolato : II piantatore, ossia miOi>o metodo di piantare ilfrii- niento, Venezia 1 770, lip. Lironcurti, in 4.°, di pag. 22, con tavola in rame rap- presentanle il detto istrumento. Sebbene il Ronconi abbia nominate pianlalore questo suo ordigno, giacche serve (com' egli dice a carte 2) non a seminare, ma a regolarmente piantare il grano ; pure la costruttura di esso non presen- tando la semplicita dei piantatori da grano, ma sibbcne nn apparecchio compo- sto di due ruote aggirantisi sopra un asse, conducenti una terza ruota munita di piuoli o caviglie, che segnano i buchi snl terrene, e portanti esse ruote sopra due stanghe il tamburo, o tramoggia contenente il grano, che deve cadere sul suolo : ed essendo tutto questo apparecchio fatto in modo da essere tirato da animali, mi scmbra, che appartenga piu presto alia classe dei seminatoi, che a quella dei piantaloi. Del piantatoio, come istrumento semplicissimo da piantare il frumento, senza ruote, senza tramoggia, senza timone, e percio adoperabile a mano d uo- mini, e non da animali, non rinvenni (hi fosse 1' inventore. Posso dire soltanto, che, da quanto a me consta, i primi che dettero relazione dell' uso del pianta- toio in opere a stampa furono due miei comprovinciali, vale a dire il conte Pie- tro Caronelli di Conegliano, che nella sua Memoria siilla piantagione del jru- mento (1), rassegnata dall'Accademia di agricoltura, di cui il Caronelli era pre- sidenle, al magistrate veneto de' provveditori ai beni inculti, e deputati all'agri- coltura, narra, io diceva, di aver esperila detta piantagione nell' anno 1784; ed il padre cappuccino Giambattista da san Martino del distretto di Castelfranco, (i) V^enczia 1788, Pcrlioi, in 4° DEL M. K. CAV. DOTT. AGOSTINO FAPANNI 20i rhc cspone nella sua stampala Memoria sulla coltwazinne del fruinento (I), Iclla aHArcadcmia agraria di Vicciua, le sue esperienze di sementazione col piantalolo, escgiiilc ncll' anno i786. I'arlando da prima del cliiarissimo georgiro roneglianese, diro che in detia sua jMcmoria esposc il proccsso eh' n teuiie ncl pianlarc, collivare e raccogliere il frumento, dando conlo della spcsa incoulrala <; del prodoUo ritratlone ; di quf'sto io non riferiio che gli estremi: che sono trentadue misure per ogni unila di misura di semente implcgala nella terra pianlata : sei misure per ogni unila di seraenza implegata nella terra scminata. Egli pero non porge ne dise- gno. ne figura del suo pianlaloio, ma bens\ la descrizione, che si legge compen- diata nell' istruzione che la prefata Accademia di Conegliano fece stampare e diffondere a vantaggio dei coltivatori, in questi termini : « Per facililare questa >> operazione si fa una stanghetta che si puo chiamare il piantatore, tanto lunga >> quanto e larga la vanezza, con due manichelti al di sopra, e con varie punte » di legno al dissotto, lunghe once e due mezza circa, e poste in distanza di mezzo » piede 1' una dall' altra. Con questo strumento anche le femmine ed i ragazzi » possono con tutta facilita e speditezza plantare il frumento. L' uno col detto >> piantatore va innanzi preparando le buche, e gli altri seguono, mettendo » colle mani due grani di semenza per ogni buco, e coprendoli di terra. > In calce di questa descrizione 1' Accademia coneglianese appose uno schizzo del pre- fato istrumento. II secondo valente agronomo trevigiano, che tratt?) di proposito del pian- tatoio da frumento, vogllo dire il suUodato padre da san ^larlino, cos'i si espri- me nell'argomento medesimo: « La piantaglone del frumenlo riuscira pronta e » facilissima, quando si voglia far uso di un istrumento affatto semplice di cui « si valgono alcuni per altri generi di semente. Ad un legno orizzontale, lungo » alquanti piedi, stanno al di sotto conficcati parecchi denti della lunghezza di » due pollici, o piu o meno secondo la qualita del terreno, distant! un piede e » mezzo air inrirca 1' un dall' altro, e al di sopra del quale vi si erge alia meta « della sua lunghezza un manico. Prende una persona per il manico lo stru- » mento, lo preme in terra, e vi lascia tanti buchi quanti sono i denti, cui segue « un fanciullo. il quale distribuisre un grano di semenza per ogni buco, e il » ricopre toslo col piede. A questa foggia in pochissimo tempo si pianta un vasto » campo di frumento. » (i) Sla nelle opcie di dcllo aulorc, vol. I, pag. 70 r sf^uenli. Venczia 1791. Pcrlini, in b.° vol. III. VI. . 26 202 DELLA PIANTAGIONE DEL FRUMENTO, EC. Chiude il padre da san IMartino la sua Meinoria, col darci in coiTipcndio sulla piantagione del friunento li seguenti risultamenti di calcolo approssimativo, lion di fatto ; vale a dire, risparmio di senienle per ogni canipo viceiitino libbre renlodiic, maggior prodotto in graiio in confronio del ricolto ordiiiario, staja venliquattro, vicenlini per ogni cainpo a misura pur di Yicenza. In Francia fu grande promovitore della cullura del frumento col pianla- toio, il signor de la Rochefoucauld, il quale vedutala a praticarsi in Inghilterra, se lie invoglio, e ritornato in patria ne fece varii sperimenti, come racconta nelle sue Memorie (i), dalle quali rilevasi, che il piantatoio adoperato da lui consi- steva in un nianubrio di ferro, dividentesi in due branche lerminanli in due coni rovesci, la sommila de' quali era destinata a formare i buchi, in cui doveansi coUocare i grani. In uomo teneva per ciascheduna mano un piantatoio, e cam- luinando all indietro in linea de solchi, faceva quattro buchi per volta. Per verita si fatta descrizione non offre un' idea molto favorevole del pian- tatoio del signor de la Rochefoucauld. II precitalo Nouveau dictionnaire d'agri- cullure presenta le descrizioni e i disegni di varii altri piantatoi da frumento, adoperabili a mano di uomo, ma costrutti in modo, da far poco lavoro, e servi- bili pill presto ad uso di civaje iiegli orti, che da piantar grani in estesa cam- pagna; che pert) il metodo di piantare il grano sia tuttora vigente nelle pin indu- striose nazioni agricole, ce ne da prova un modcrno catalogo di macchine ed istrumenti agrarii pubblicato in Rrusselles nel 1853, nel quale si riportano figu- rati e descritti due piantatoi, 1' uno intitolato di Newington, I'altro di le Docte. Vengo ora a descrivere il mio piantatoio, ch' e 1' identico da me adope- rato, ora sono presso che quarant' anni, in consimile clrcostanza di luttuosa carestia. E duolmi di non aver potuto mai sapere chl ne sia stalo il benemerito primo costruttore o riformatore, che vorrei dargliene la dovuta lode. Giudico opportune di corredare la mia descrizione col disegno dello stromento ; primie- ramenle perche si conosca la forma, le dlmensioni e le particolarita di quello da me adoperato nella piantagione del grano nell ottobre 1853, della quale verro in appresso narrando i risultamenti ; secondariamente, perche in nessuno dei sopraccitati autori nostrali, che trattarono del piantatoio, trovai chi ne abbia dato conveniente disegno o figura colle analoghe esatte dimensioni. 11 mio piantatoio (tav. 1) si compone di un telajo parallelogrammo, lungo metro uno, largo centimetri 84 : poggiano sopra di esso sel regoli trasversali, di- (i) Nouveau dictionnaire d'' agriculture. Vol. XVII, art. semaiiles. Paris, 1839, Pourret, in 8. DEL M. K. CAV. DOTT. AGOSTIISO FAPA^.^<1 203 staiili fra loro, noiulie dai lali del Iclajo, centlmetri i2; sollo i iascmio del dcttisi'i rcgoli. nonchi' solto i traversi del tclajo stesso stanno altaccati, in dlstanza 1' uii dallallro cenlimelri venli, sci piiioll o deiiti fatli a forma di cotio rovesclo, lun- ghi cenlimetri nove, dclla j^rossezza in testa di centiinctri finqiie. Questi piuoli o denli sono in numero di 48, non compresi i due iiltiml posli in cima del pianta- loio, i qnali scrvono di direzione nel procedere del piantatoio da stazione a sta- zione. Due liaversi vicurvi tengono legato il telajo, e portano ai loro lati due slanti verticali. alti centimetri 73 circa, in testa dei quali si altaccano orizzontalmenle due manubri. con cui si maneggia 1' ordigno. E delti due traversi ricurvi ser- vono, ollre cio, di appoggio al piede di ciascheduno dei portatori del medesimo. per premerlo nel terreno, onde i piuoli o caviglie vi facciano i buchi ad eguale profondita. Avverto cbe quest' ordigno dev' esser fatto di legno bene stagio- nalo. duro e forte, come sarebbe a dire, di olmo, di noce o faggio, solidamente unito nelle commessure, acciocchc duri Inngamente senza scomporsi. II valore complessivo di un piantatoio consimile, tra materiale e fattura, e di austr. lire trenta all' incirca. Vengo ora a dire come lo si deve adoperare. Premetto cbe il terreno da scegliersi per piantare il frumento, giova cbe sia piuttosto sciolto e leggero, cbe non teiiace e compalto. Fa d' uopo cbe si rivolti bene, e si apparecchi in agosto e settembre con quelle replicate arazioni, cbe i diligenti agricoltori fanno prece- dere all'ordinaria seminagione del frumento. Pol si concimi a suo tempo la terra con conveniente misura di buon letame, e si riduca il campo a tal punto, cbe per seminarlo a mano nuU'altro vi mancbi cbe I'ultima aratura. E qui fa d'uopo avvisare, cbe cbi vuol piantare il frumento deve avere appareccbiata buona semente di grano secco, ben nutrito. maturo, e della migliorc qualila : poi deve nettarlo a mano da qualunque zizzania, indi assoggettarlo alia medicatura, infon- dendolo in acqua, in cui sia stemperata la cake viva, od il vetriuolo, percbe non soggiaccia alia golpe o al carbone. Verso la meta di ottobre, in momento opportuno. in cui il terreno non sia Iroppo umido, gli si faccia passar sopralerpice quanto puo occorrere per appla- narlo, e sminuzzarne le zolle. Indi si comparla il campo in tante gombine, od ajuolc della largbezza di meiri uno e cenlimetri venti per cadauna, e questa ripartizione si segni per maggior esattezza con cordlcella, formando poi i solcbi col badile, a divisionc di una porca dall' altra. Cio compiulo, due operai portando suUa prima vanezza del campo il pian- 204 DKLLA PlANTAGlONE DEL FrxUMENTO, EC. tatoio, e postolo in j^uisa che resti distauto dal solco dlpci centimelri da una parte e dall' altra, premalo ognuno di essi col piede, affinche si formino i buchi nel sottostante lerreno, ne' quali deve csser posto il grano. Fatta la prima inipressione de' buclii, trasportisi avanli il piantatoio al sito moslrato dagl' in- dici, e quivi calchisi di nuovo : e per tal guisa via via progredendo, si segnino i buchi di tutta la vanezza. Questi stessi due operai, od altri due se vi sono (al qual secondo lavoro possono servire e donne c fanciulli dodicenni) portando in un grembiale il fru- mento, ne pongono due grani per buco, camminando 1' uno pel solco a destra, 1 altro pel solco a sinistra della vanezza. Cio compiuto, i due lavoratori depon- gono il piantatoio, e preso invece in mano il rastrello, distendono la terra a chiu- dimento dei buchi, ed appianano la piantata ajuola, cosi procedendo sino al cora- pimento di tutto il campo. Non lascio qui di notare, che all' atto della piantagione del grano nel decorso ottobre, considerando che il maneggio del descritto piantatoio esigeva r opera di due uoniini, dei quali il piu delle volte non pui') disporre un povero contadino, fittaluolo di poca terra : e considerando pure che puo tornar utile e neccssario questo stromento al povero coltivatore, piu che ad ogni altro, perche mancante di mezzi, onde provvedersi in tempo di carestia dell'occorrente semen- te ideal di far costruire un piantatoio adoperabile da un solo uomo, ed e quello, di cui qui aggiungo il disegno (tav. II); csso e lungo centimetri 80, largo centime- tri 39, ed alto centimetri 69 ; per I'uso del medesimo si dovranno analogamente ripartire le ajuole o vanezze da piantarsi. Segnando questo soli quindici buchi, si fa con esso un lavoro minore di piu di due terzi, che non col grande piantatoio : ofFre pero il comedo di servire ad uso di una povera famigliuola lavoratrice di un ristretto campicello. Con ciu mi parve di aver provveduto al bisogno e van- tagglo dei piu necessitosi coltivatori, pei quali, dicea sa-siamente Alberto Thaer, il piantatoio dev essere specialmente beiiefico. 11 valore di questo minore ordi- gno e di sole austr. lire dodici. Seguendo il descritto metodo, e valendomi del grande piantatoio, seminal a' 27 ottobre del f 853 nel mio podere lavorato per economia, che circonda la mia casa di villa in comune di IMartellago, dishetto di .Alestre, provincia di Ve- nezia, due pezzi di terra argilloso-calcarea, della superficie a misura trevigiana di quarti due, e tavole 198 di campo, equivalenti a tavole 34, 26, 78, della tornatura melrica italiana censita di classe II. La semente impiegatavi in tutti DKI- M. \:. CAV. DOTT. AGOSTINO FAPANM 205 due i pc/.zi di Icna fii di iin fjuarticro di triimeuto, a misiira pure dl Treviso, dio forma la sedicfsima parte di uno stajo trevij^iano, pari detlo qiiartiero a pinte 5, copl 4 della soma metrica : il valore del quartiero di frumenlo in ragio- ne di austr. lire 30 (lire Irenla) alio slajo, valse austr. lire 4:72, a cui aggiiinte Ic spese di mano d'opera ai gioriialieri pianlatori, in somma di lire -10:54, si ebbe il roniplessivo dispendio di lire i2:26. Di conlro ed in prossimita della terra seminata col piantatojo. destinai un' egualc superfirle di terreno, di consimile qiiallla e classe ; e tattala ronei- mare con egiiale misura di letame, previc le consuete aratnre, la feci seminare a mano, o a getto, o alia volata, come dicono i Fraiicesi. In detta seminagione. a sollto metodo del paese, vi si e impiegato un mezzo stajo trevigiano di fru- menlo, equivalente a mine quattro, pinte tre, copi quattro della misura melrica. calcolate del valore, col sopraddetto corrente prezzo di austr. lire 1 5:00, alle quali aggiunta la spesa ordinaria dell' ultima aratura, e del serainamento in auslr. lire 4, si ebbe il complessivo dispendio di lire 49, che supera di lire 8:74 la spesa incontrata pel piantamento. A\ frumento seminato non si pratiro verun lavoro, siuo al monienlo della messe. A quello piantato, al riasciugarsi della terra, alio spirare di benigua tem- peratura. a' 3 di aprile feci dare una sarchialura con appositi sarchielli, accu- mulando intoruo ad ogni pianticella o cespo la terra, e liberandolo dall' erbe parassite nalevi intorno ; operazlone che contribui mirabllmente a farlo quasi rivivere, e successivamente cestire, vincendo del doppio in grandezza fjuello seminato col solilo metodo. Questo sarchiamento non costo di fattura che sole austr. lire 4:20, che aggiunte alle lire 12:25 sopra notale, fanno am- montare la spesa totale in lire 46:5i, che rimangono minori di lire 3:51. delle lire 19, che si dovettero spendere, come si disse di sopra. per la semlnatura col metodo ordinario. Fortificato il frumento, per valermi dell espressione di Palladio. per la sarchialura fattagli inlorno. potc toUerar meglio, che non il grano seminato. la fredda e secca temperatura dei decorsi mesi d' aprile e raaggio, e quella troppo umida e incessantemente piovosa di glugno. cosicche al finire di detto mese, secondalo da piii favorevole stagione, mostrava piu rigogliosi i cespiti, pin ele- vati i culmi. piu grosse e piu granite del doppio le spighe in confront*) del fru- mento seminato. E per venire finalmente all' ultimo risultameulo di tale coltivazione, rife- 206 DELLA PIANTAGIONE DEL FRUMENTO, EC. riro the il quartiero di friimento piant.ito nei pezzi di terra della siiperficie di quarti due e tavole 198 trevigiane, mietuto al debito tempo, battuto e vagliato co' solitl metodi, mi diede il prodotto in grano secco, maturo e netto da zizzania di staja quattro trevigiani, che sono quartieri sessantaquattro, del peso ciascuno stajo di libbre trevigiane i37, pari a libbre metriche 70:45 : ed inoltre si ebbe un carro ed im quarto di bella e grossa paglia : menlre la terra contigua di egual superficie seminata a mano con quartieri otto di semente mi diede il prodotto di staja tre di buon grano secco, clie sono quartieri 48, corrispondenti al sei per ogni semente ; mentre il frumento piantato mi diede il prodotto del sessantaquat- tro per ogni semente ; questo nettissimo da ogni mondiglia, quello mescolato di semi di gittaione e rubiglie, che pero non lo facevano scadente nel peso, come scadeva nella bellezza ed uguaglianza del grano, e nel prodotto della paglia, piu minuta e piu fragile, e minore in quantita di due quarti di carro. Dalle cose pertanto qui esposte si puo giustamentc dedurre, che la pianta- gionc del frumento, in confronto dell'ordinaria seminagione a mano o alia volata sia preferibile : i ." Perche con essa risparmiasi una quantita di semente, il valor del quale nsparmio compensa non solo le spese dei lavori richiesti dal piantamento, ma porge un sopravanzo, e questo tanto piu considerevole negli anni di carestia, e pel colono sprovveduto di mezzi, quanto maggiore e il valore del grano da seminarsi. 2." Perche il prodotto, che si ritrae dal grano piantato da una data super- ficie di terra e piu che decuplo di quello, che si ricava da un' eguale superficie seminata col solito volgar metodo. 3.° Perche il grano proveniente da frumento piantato e di niigliore, piu netta e piu scelta qualita, che non quello proveniente da grano seminato. 4.° Perche il grano piantato offre altres'i maggiore quantita di paglia, e di niigliore qualita in confronto del frumento seminato. 5.° Perche il frumento piantato lascia la terra netta dall' eibe parassite, e quindi piu atta a ricevere e farvi prosperare un secondo prodotto. JNe vale I'obbiezione che il piantamento del grano non e applicabile al lati londi, a molivo che esige troppo lungo tempo e troppo minuto lavoro. A cio si risponde, che rjualora si voglia anticipare la piantagione a' primi di ottobre, e non postlciparla alia fine di detto niese, con esito sempre infelicis- simo, si puo estendere questo metodo anche alle vasle possessioni, in que' paesi DEL M. E. CAV. DOTT. AGOSTINO PAPANNI 207 specialmente ove abbonda la popolazione, e m.inca ad essa il lavoro. E non si piaiilano annualmeiite nel basso Polesine migliaja o migliaja di campi a graiio turco? E la quasi certezza di ottenere col piantamento un decuplo prodotto di grano non deve far superare queste infingardc obbiczioni ? Geronc, qncU' antico re di Siracusa nella frumenlosa Sicilia, solea dire: « Moslratenii un iiomo, che sappia darnii due spighe in luogo di una, ed io lo » stimero piu dello stesso Archimede. >> Io, coltivatore degli studii georgici, non i\) commenti a quesla senlenza tanto lusinghiera pegli agricoltori. Chiudero bensi il mio discorso coll'esortare caldamente e proprietarii e co- loni a collivare con sempre maggior impegno il frumento, che costituisce la pri- ma ricchezza dei cittadini e dello stato, valendosi o del mctodo di piantagione, che ho esposto, se lo credono opportuno, ossia di qualunque altro sperimentato migliore: e rammentero loro di nuovo quella rcgola prudenziale, che agronorai e statist! non dovrebbero mai dimcnticare, che le grandi calamlta, le straordinarie carestie non solamcnte si devono riparare od alleviare, quando ci flagellano. ma, riparate che sieno, fa di mestieri procacciare i mezzi per quanto e da noi, con cui impedirne il ritorno. i (Letta nel giorno M agosto ■4854. ■:^' f. • o o . • a e 4 e e 1 « -• 0 • o i > %! o • « » • • « ■ '• • • » • « s 1 !' i 1 1 » « 1 e • • i i ! ! ! «> • o~l I'iiUll .lldjii rtilnpci-.illiir .1,1 (licf UOIllTui Jr,, //. rianVAtojo afiopiT.'i bilr lUi »cti 50I0 uoino. A. v.:-> yr. '^:.'?,r^ap^/dT SULLA DESTINAZIONE DI LN' ANTICIIISSIMA OPERA MLRALE SCOPERTA IN VENEZIA COMETTl'RE DEL M. EFF. INGEG^. GIOVAISISI CASONI A sempUcitate tua peto ut quod de tibelto meo dicturus es aiiis, mihi dicas. Pin.. JUS. Lib. IV. Epl.t. XXIV JL er istabllire lantichita di alcune fra queste nostre isolelte e per restare convinti sulla frequenza in esse di abitatori fino da remote eta, taceiido di altri scrittori. i quali espressamente o incidentalmente ne parlano, abbiamo indi- cazioTii anco da Yirgilio (i) la dove canta d' un Antenore, o piuttosto, come osservava leruditissimo nostro Gallicciolli, tolta I' algebra della mitologia (2), di nn eondoltiere trojano, che sbarcato a questi margini co' suoi fuggiaschi com- pagni fondava in Padova quasi una nuova Troja. Ma niesse a parte questa e simili narrazioni, le mille volte ripetute da posteriori cronisti e da storici e che appartengono a' fatti di quel tempo prima, che le allegoric, le favole, le patriar- cali Iradizioni. altrondc utilissime pella istruzione e pel governo dell' umana famiglia, cedessero il luogo alia severita e all' esattezza di una storia positiva- mentc cronologica. ricorderemo piuttosto il fatto accennato da Livio. di quel (i) Virgilio — Entide lib. prime. (a) Galliccioiti — Delle Meniorie veneie antiehe profane ed ecclesiaitiche. — Veneiia I'pS. T. I, pag. 4^. VI. ■ 27 2i 0 DI Un' ANTICHISSIMA OPERA MURALE, EC. Cleoniino (i ) sparlano, il quale Ire secoli prima di Crislo, spinlo da procelle a questi stessi lidi approdava, e su pel Medoaco o Prcalto spargeva i suoi male avve- dutl corsari a rapinare siille canipagne de' padovani, il qual cenno di quell' in- signc storico baslerebbe per se solo seuz' allri soccorsi, senz' altre asserzioni a provare die questi lidi, queste spiaggie non solamenle erano allora conosciuti anco iu regioni lonlane, ma che avevano pure particolare notorieta e qualche fama, se poterono invitare que' girovaghi straiiieri a sbarcare, ad esplorarli, e valsero a deslare in essi la speranza d' uu qualche boltino. Strabone, che fioriva ai tempi di Augusto, ci ragguaglia come in que- ste nostre lagune, prima ancora di lui, si elevavano argini ed opera vansi altri lavori di eguale natura (2), e cio certo con 1' inlendimento di migliorarne la condizione e per ricavare da questo suolo medesimo maggiore profitto, adat- tandolo ad usi piii opportuni e piii soddisfacenti all' interesse di chi lo frcquen- tava. Anche Plinio (3), di poco posteriore a quellesimio geografo, tocca di fosse e di consimili operazioni consigliate dal bisogno e dalla brama di sopperire alle esigenze sempre crescenti della societa e della civilizzazione : questi provvedi- menti punto non dubito che attribuire si debbano specialmente alia solerzia dei padovani, siccome a quelli che, fra gli abitatori della Venezia terrestre, imme- diato interesse aver dovevano riguardo a questi estuarj pertinenli alia loro giu- risdizione perche contigui ed aderenti al territorio da essi occupato, e co' quali Padova stessa aveva facile comunicazione per mezzo del Medoaco o Prealto, fiume che poco fa nominava. Oltre a cio , ell' e cosa generalmenle conscntita e logicamente dedolta dalle circostanze locali che gli stessi padovani, assai prima che queste isole di Rivoalto fossero assieme congiunte, e che i separati abitatori di esse, con i fug- giaschi dal continente si unissero a comporre una sola societa e dessero a que- sta stupenda creazione dell'uman senno, dell' ingegno e dell'ardimento, il nome di Venezia, avevano in esse, ricoveri, magazzini, e vi ricapilavano per oggetti di commercio esterno alia via di mare ; ed e provato altres'i, malgrado la con- traria argomentazione dell' erudito Tcmanza (4), che si servivano immediata- (i) Tito Livio — Dec. prijnn. (2) Strabone — Libro V. (S) Plinio — Libro, HI cap. 6. (4) Temanza Tommaio — Vissertnzione 3^. i8. f^rnetiis 1718, 4." Carol Jo— 5/,/oH<- — lib. V. (2) Bernard! Jusliniaai — De origine iirbis vcnetiarum, etc. — Venczia, i49^, fogi I'b. IV. Antenoris adventum In infimum maris hadriatici sinum, non solum veneti lestantur, etc. come dal- )' anieccdonic nola. Tilo Livio non ando ctenic da osscrv.nzioni. Noleio che Seslo Riiffo, nel suo libro dell' /.sVoria de' Ro- mania dirctto a Valcntiniano, coniincia da* lalli positivi e Iralascia le antecedenze. Inollre Mcssala Coivlno nel snnlo di Sloria Romana dilo ad Ollaviano, siil proposilo di Anlenore e di Enea e delle loro ge.sta. mostra qua!che parlicolare dubbiezza. Vedasi Tili Livii Palavini — Latinae Historiae Lugduii. iSS3, foglio. 212 DI Un" ANTICHISSIMA OPERA MURALE, EC. si dicessero a questc due isoletle (i) perche in esse il gregge era piii spesso che in le altre. fecondo di friittl gemel/i, cosa assai frequente, secondo Scimino, nella Venezia marittima, come egualnienle polrebbe darsi che due isoletle. eguali per figura e per grandezza, si sieno nominate Gemelle, e che questo siiono, abbia Jatta ricorrere la mente a que' due numi gcmelli, che ordinariamente erano vene- rati in siti di mare, e quindi, non il culto de' Dioscori, ma la forma del terreno abbia dato il nome alle isolette medesime. Pongo dunque anche quest' etimolo- gia con quella del Pago Olwolense, e progredisco. Le asserzioni di storici e di geografi ripetute da altri posteriori cronisti e storici sono confermate ed avvalorate dalla comparsa di monumenti d' aha anticblta romana, e cin che piii importa non da altrove recati, ma a queste isole indubbiamente spettanti, che furono in varj incontri qui dissotterrati a grandi profondita, come fra tanti ne avvlsa il ricordato Sabellico, Bernardo Giusti- niano, e Bernardo Trevisano (2), c come vedemmo, ed andiamo noi stessi vedendo, pelle frequenti scoperte dei marmi conformati a speclale figura, di marmi con iscrizioni ed altre notevoli reliquie con impronte anteriori alia bel- r epoca romana, le quali passano, quando che sia, a decorare i nostri musei e porgono tenia agli studj ed alle elucubrazioni degli archeologi e de' pazienti indagatori delle rovine lasciate dal tempo. Che se in taluno pure sorgesse ombra di dubbio in punto a cio che andava dicendo ; se la critica che procede con passo lento e guardingo andassc indecisa intorno all' ammettere o rifiutare codeste testimonianze monumentali perche consistono in oggetti di facile trasporto, perche non aventi base stabile o fonda- menta nel terreno, perche isolati, dispersi, solinghi, perche rinvenuti in siti dove nessun vestigio forse scorgevasi ne traccia veruna di edifizj od altri manu- fatti a' quali potessero in qualche modo aderire od appartenervi ; subentrano allora in vece loro e con diritto maggiore alia nostra fiducia monumenti di spe- cie diversa, sparuti, desolati in vero, ma che pur sono muraglie e sono ruderi (i) Gallicciolli — Delle Memorie venete profane ed ecclesiastiche. — Tomo I, pag. 210. Ven. 1796, 8.0 (2) Est ei a mediis retro fundamentis hue defiectus hrevi angiporlu est res ipsa jam acre confectn ut pote jam inde a LongobardUo tumult u condita . ingens area^ etc. Marci Aotooii SabellicI — Opera^ etc. — Venezia i5o2, 4-'^ P^S- 86, 6. De situ urbis. Idem — pag. 84- — Quae regionis novissima occasum hinc dextero rivo ad Amagianas Columnas pent perpetuis fundameritis itur quae regione mea pte term.inat locum e citra crucis phanum., etc. Delia laguna di Venezia — Trallato di Bernardo Trevisano. — edizionc II. Veneiia 17 16, 4'') P^?' 9i 14, 61, 62, 63, 67, 84, 92, 93, specialmenle a pag. 67, DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONI 2d 3 (i incontrastabile anlichita anteriori ad ogni modcrna ricordanza tradizionale, i quali avcndo ampia base molti piedi sotto il segno del limite cui ora giunge 0 s' Innalza il flusso marlno, hanno con cio la fede ad un tempo dl loro vetusta e della loro originallla locale, e mostrano su quelle logore superficie, ricoperte di antico miisco, 1 solchi evident! e le inglurie die col suo roteare vi ha impressi il secolo forse per venti sue rinnovazioni. Quelle muraglie ricordate dal Sabellico, siccome opera de' tempi longobar- dici, che quasi inosservate stavano nei dintorni di sanf Antonino e di Ura- gola, ho vedute, ho esaminate, ne delineava anche 1' aspetto, a mia grande Ven- tura, prima che nel maggio 1823 un estatico apatista che poteva proibirlo, ne permettesse invece la demolizione. II campanile di san Paternlano di base pen- langona allesterno, circolare all' interno, tengo che in origine fosse torre posta air angolo d' un ricinto antichissimo che 1' acqua da due parti, all' ovest ed al sud bagnava (i). Sorge e si conserva tuttora, in centro al fortissimo castello di sant' Andrea della Certosa, il tronco inferiore d'una delle torri menzionate da Pietro (Tiustiniano anticamente erette a custodia di quel porto ; 1' altra pero, alia punta opposia, quasi adequata al suolo e convertita ad altri usi, lascia scor- gere appena qualche residuo di costruzione, qualche muraglia sopra cul ed al suo ridosso vennero posti moderni fabbricati di poco rilievo, in parte rove- sciati per una esplosione ivi accaduta in luglio 1797 poco dopo 1' abdicazio- ne del veneziano Governo. La torre del faro antichissima, da Bernardo Giu- stiniano menzionata quale di maravigliosa altezza ed a' suoi tempi, cioe oltre ia meta del XV secolo, rlfatta a cura del patriarca Maifeo Gherardo (2), perche di vecchiezza rovinava, ignoro ove fosse ; certo pero innalzavasi su questo lido a destra del porto, mai altrove, ciocche ebbi a dimostrare altra volta, togliendo (i) Pelri Jusliniani — Reru/n venetorum^ etc. Hisloria etc. Venezia 1076, Le cronache, fra cui la nuova crouaca venela del padre Zuccbioi. — Veiiizia 1784, sesliere sccondo, pag. 480, indica che qucslo campanile venne erello dopo I' anno 909 da alcuni operai veneziani luggili dalla schiavllii de' Saraceni. lo penso die queslo singolare fabbricalo sia piii veccliio, e ad appoggio di quanlo espongo in qiicsla nicmoiia, invito i curiosi ad osscrvare che appun(o aH'ovesl di quesla lorre evvi I'aDtico rivo Badua- rio, poi rio Menuo e di san Moise ; e al sud allro rivo ora inlerralo, col noma Kio Terra a san Paterniano, die si dilunga fino al campo maggiore di san Luca. Le case circoslanli a quesla lorre sono moderne, nessuna ragione, pare almeiio, poleva suggerire cosi bizzarra figura di coslruzione ; la cella per le campane rozzamenle aperia nelle muraglie manilesla non una lab- brica apposilamente crella, ina un adallamenlo. Andie il coperlo a coppi mostra nella sua rozzezza essere cola poslo per coprire alia nieglio quel vccchio Irooco. (::) Bcruardi Jusliniani — De origine uibii venetiarum etc. Veneliis 1492, log., lib. IV. 214 DI Un" ANTICUISSIMA OPERA MURALK, EC. iin gofTo abbaglio riconfermato vieppiu da una modcrna iscrizione erronea e bugiarda (1). Cio che andava esponendo sembravami baslante a stabiliro 1' anlichita di queste isolette senza rlcorrere a tempi anlistorici, cui di spesso si raccoman- dano coloro i quali pensano dipendere la nobilta delle nazioni c de' popoli da rimota e lontana derivazione, quasi non fosse che sempre le piii cospicue virtu ornarono i fasti di tutti i popoli, come i piii abbominevoli vizj gli hanno in ogni tempo deturpati, e che il difetto scorgesi piu grave, appunlo quanto pin portia- mo r occhio a' tempi lontani, se non si voglia tenere in conto di celebrita da imitarsi alcuni antlchi fatli storici, alcune nefande imprese che coslituiscono la tinta nera nel portentoso quadro delle umane vicende. Forse nello sviluppo della Memoria che sto leggendo, altri argomenti mi si faranno davanti, valevoli essi pure a vieppiu constatare, oltreche la frequenza di abitatori in queste isole stesse, anco la importanza in che si tenevano, e la cura che in ogni tempo se n' ebbe pella conservazione, per 1' aumento e per la loro prosperita anco in epoche da noi molto distanti. Nel numero de' scopritori di patrie memorie, e molti ve n'ebbero e ve ne sono, vorrei pure comprendermi, ma pero con ben diverso titolo ed assai piu modesto; posciache, non che io abbia scclti e preassignati i luoghi dove intra- prendere le mie esplorazioni, ad un determinate fine, che cio stato sarebbe il (i) Casoni Giovanni — Breve storia dell'arsenale di Venezia, inseiila nel volume I, parte II, pag. 84 e seguenti nell' opera f^enezia e le sue lagune. — Venezia 1847- Ecco la iscrizione, a pag. 98, ed il brano die vi si riferisce VETVSTAE PHARI RVDERA QVAE HIC ADHVC SVPERERANT ABLATA ANNO — MDCCXCVIIl. Vedasi la lavola III che qui iinisco con la pianta e la veduta di quel supposto faro. « Erano que' ruderi riguardali con parlicolare reverenza, e la pubblica aulorila che la lore custodia com- » niessa aveva alle gelose cure dell'eccelso Consiglio dc' Dicci, conlribuiNano innoceutemeote a far lenere esatle " Ic popolari tradizioni. Qucslc poi negli uilimi anni crebbcro in vigore, quando, cioe nel 1798, falte scompa- " rirc (jueile rovinc, vi si e sosliluita una iscrizione curiosa clie le ricorda siccome avanzi del vctuslissimo faro ■ di cui pill sopra abbiamo fallo cenno. Ora pero I' equivoco e lollo, I' inesattezza delle popolari Iradizioni e T riconosciuta, cd c dinioslrata la crrooeila di quclla iscrizione, esscndosi per noi chiaramente scoperlo, in quc- » gli a torlo celebrali residui, Ic ignobili ed impellicciate rauraglie d' una fornace da cuocer maltoni pel servigio )• deir arsenale, cola creUa a' ten]])i del doge Giovanni Soranzo in obbedieoza a decreto del senato 17 marzo > anno 1337. » DEI. M. K. I\G. GIOVANNI CASONI 245 frutto di iin profondo studio, e di estesissime cognizioni, di che sono sprovvisto, ma quasi scmpre vi sono rinsfito per caso, per fortulla eveutualita, in j^uisa che, sparilo oj^ni allro merito. possa solo aspirare all' umile tilolo di scopritore for- lunalo, cd il fatto che slo per narrare sara una prova di questa verita. Sul finire dell' anno i 821, per ordine superiore, venni incaricato quale ingegnere dell i. r. Marina di Guerra, a ricostruire la muraglia di cinta verso levante allisoladelle Vergini in questa citta, posta lungo il canale denominate di san Pietro di Castello, su cui stava una pietra con I'anno ^IDXLI, (i) la quale minacciava rovina. Data mano alio disfaciraento, piantata la solita tura neces- saria per escludere 1 acqua, onde non impedisca 1' cscavo del terreno e le suc- cessive fahbricazioni inferlori, allargata la fossa si cominciavano ad asportare le prime macerie; quando il giorno 20 febbrajo 1822, portata la escavazione a me- tri 1.528 dal fior di terra, 1 picconi urtarono in qualche cosa di maggior resi- stenza, che si scoperse essere muratura regolare di mattoni cotti, la cui superficie trovai che alquanto inclinava verso 1' interno dell' isola ; tenutane nota, pur que- sta feci demolire. Ma piu sotto altri metri 1.159, che tanta era I'altezza di questa costruzione in mattoni, comparve a giorno una sassaja, a geltata, senza cemento. cui stava rldossato, dal lato del canale un rivestimento composto di gross! raassi di pietra calcare d' Istria posto a scaglioni di varie altezze ; alcuni della lun- ghezza in fronte di metri 1.790; altri di metri 2.500, grossi, chi metri 0.450. chi metri 0.750 ; assieme unit! senza verun cemento, ma tratlenuti in senso lon- (i) XPS • REX VENIT IN PACE • DEVS HOMO FACTVS EST MDXLI. Slava sopr.i una vcccliia muraglia clie, nel 1821, dall' ingegnerc Casoni fu falla demoliie lungo il canale di san Piciro di Caslello, dove poi venne erelta la nuova muraglia su cui leggc-sl la seguenic epigrafe assai bene adaUala al luogn (allora i. r. bagno maritlimo od ergaslolo) poslavi dallo sIpsso ingegnere. VMILIATVM • EST IN LABORIBVS COR ■ EORVM PS 106 MDCCCXXII. Cosi Cicogna Emaiiuelc — Delt'r Ucnzioni vcneziaitf raccollr fii iilaitralr. — Volume V. Veneria, i8^s. pag. 95, 96. 2i6 DI m ANTlCHISSlMA OPERA MURALE, EC. gltiidinale a mezzo di barrc o gross! arpioni di ferro, cho reciprocamente gli aggrappavano, senz' indizio alcuno di piombo, e si streltamente ed esattamente conibaciavano da non mostrare segno alcuno di movimento. Codeste apparizioni destarono la mia curiosila; andava persuadendoini the quel mannfatto appartenere dovesse a qiialche aniica opera imporlante; allora mi si presento alia memoria il castello Olivolo, la grande muraglia menzionata dal cronista de-Monacis (i) e la fantasia spaziavasi su queste reminisccnze, il perche di buona voglia profittai del permesso, per buone ragioni concessomi d innalzare la nuova muraglia alquanto piu ritirata della veccbia, cioccbe impor- tava il bisogno di allargare di piu 1' escavo verso 1' interno dell' isola. Venne dunque conlinuato I'asporto de' terreni, senoncbe spinta la esca- vazione a metri 4.700 dal fior di terra, dovetti farla cessarc, temendo, e non a torlo, die ne andasse compromessa la sussistenza de vicini fabbricati, e piu di tutto quella dell'ampio abside della veccbia cbiesa, da raolti lustri convertita ad USD profano. Cio nondimeno mi e riuscito riconoscere per intiero la forma ed il nesso di quel manufatto, e quindi mi fu agevole, coll impiego di lance ferree, di appiombi e con altri ripieghi ed avvedimenti indicati per simili casi dall'arte che professo, averne I'esatto ed intiero profilo che sotlopongo a' vostri esami (2) e sul quale intendo appoggiare le seguenti mie congetture. E qui facendomi a descrivere le condizioni particolari di quest' antica opera murale, sia rispetto alia forma sua, sia alia qualita, alia provenienza dei ma- terial!, alia distribuzione, all impiego ed al posto loro assegnato in quella coslru- zione; cominciero dal dire che la muratura da me scoperta vidi pella lunghezza di metri li circa nel tratto ove piu profonda fu condotta la escavazione a me- tri 25 circa alia superficie della muratura di cotto; il restante contlnua sotter- raneamente in linea retta colla direzione di est-nord-est, verso il mezzo del canale san Pietro, e per ovest-sud-ovest, verso la ricordata cbiesa delle Vergini e gli altri fabbricati dell' isola, sotto a' quali sparisce, ne va coperta e sepolta chi sa per quale lunghezza (3). Inoltre, come e cbiaro a comprendersi, era attraver- sata in senso obbliquo dall' altra vecchia muraglia di cinta che demolivasi. cui per un tratto serviva di base e sostegno, al quale medesimo uffizio si presta (i) Laurcntii de Monacis Vencli — Chronicon de rebus venelis ah V. C. ad annum i354- — Ve- nezia 1758, 4-*^t P^g- ^3. (2) Profilo tavola I. (3) Piano di situaziont, tavola II. DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONl 2d 7 ancora rispetto alia nuova imiraglia. die alia prima si e sostituila abbenche eretta su d' una linea alquanlo piu ritirata, come ancora diceva. La chiarezza che mi sono proposlo di usare in questa esposizione mi loglie di poter alleviarc d' alquanto quel tedio che provar dovete in assistere a questa lettura. Mi e d' uopo notare alcune misurc, s'l perche la conoscenza di esse serve a dar qnalche idea delle sue proporzioni, e s'l ancora pel bisogno di fare varj riferimenti, d' istituire varj confrouti, 1' effctto dei quali associalo ad altre considerazioni, ad altri rapporli, presla argomenti per istabilire alcuni prin- cipj, valevoli a guidare le mie conclusioni suUe traccie della verita, di cui ansio- samente vado in cerca. Misure e riferimenti. A. II suolo odierno dell' isola delle Vergini sta melri 1.343 sopra I' odierno segno di comune alta marea. B. La profondila in cunelta del contiguo canale di san Pietro, e metri 3.265 solto il ricordato segno di comune. C. L' antica muralura di cotto in cemenlo di cake si e trovata metri -1.528 sotto r odierno suolo dell' isola, percio metri 0.200 sotto 1' odierno segno deir alta marea. D. L' altezza di quella muratura di cotto e di metri 1.159. La sua grossezza media metri 0.900 ; succedono poscia la sassaja, e suo rivestimento di pietra istriana, i quali conlinuano fino a metri 6.478 sotto 1' odierno suolo dell i- sola, in guisa che 1' altezza totale delF antico manufatto e di metri 4.951. E. Guidato dal principio che, come noi adopriamo, anco i nostri anlichi, a' quali per certo non era ignota 1' azione costante ed efficace della marea a danno de manufalti, abbiano esposto al tocco della comune la faccia d' un corso di quel rivestimento anziche presentarla ad una commessura ; cosi giudico che nel caso presente questo corso, gia esposto alia marea, siane stato il terzo, conlando daH'alto, e quindi rilengo che 1' anlico limite dell'alta marea, rife- rilo air epoca in cui venne eseguita 1' opera che descrivo, sia metri 2.d50 inferiormente all' altro segno dell' odierna comune. F. La grossezza aH'allo, dove cioe comincia la sassaja, e di metri i. 050. Quella corrispondente allantico presunto segno di alia marea metri 1.400, e final- mente la grossezza in base metri 3.300. VI. ag 248 DI Un' ANTICIIISSIM.V OPEFxA MIUALK, EC. (t. Oiiesta base sta metri 2.900 sotto lantico limitc dclla marea ; sla sotlo I'o- tlit'ino mt'tri 3.050, eel h inferiorc metri i.870 al loiulo in cunella del ricor- dato canale. H. Oiiel rivestlmento c conformalo di ^. id filari ; di questi, mimero cinque in tntti, deir altezza romplessiva di metri d.750 ho \eduti e loccati : gli altri numero sei ho potuti esplorare e verificarne I'altezza, pure complessiva. che ho ritrovata di metri 2.1 00. L' ultimo rorso alia base, che lo scanda- glio accHsava avere 1' altezza di metri 1 .440 sara forse combinato di quat- tro corsi, ma pero senza i soliti risalti, come alia parte superiore. 1. Alcuni di codesti corsi sono lunghi in prospetto i.790; altri metri 2.500, e grossi, mediamente, metri 0.600 ; le cos'i dette catene o ritegni si trovarono di grossezza maggiore. R. Le barre o li grossi arpioni di ferro che traltenevano in scnso longitudinalc fra loro i mass! del rlvestimento sembravano posti allora ; si potevano con- tare gli ultimi colpi del martello che gli avea cosi conformati ; nessun indi- . zio di ossidazione, la quale, tosto esposti al tocco dell' aria, si manifestava colla eruzione, sempre crescente di bolle umide e numerosc, ed in pochi gior- ni si sformarono e decomposero affatto. L. Coir appoggio di questi dati, parmi poter determinare assai prossimamente che r antico suolo praticabile dell' isola fosse cola dove ha principio, all' al- to, la muratura di cotto, vale a dire metri 2.400 sopra il medesimo presunto segno antico di comune. M. II prospetto anteriore di questo grande manufatto mostra notabile inclina- zione, poiche si allontana metri 2.200 dalla perpendicolare innalzata all'un- ghia della base, e percio sta la scarpala all altezza come 4 ni 3 circa: la parte posteriore invece trovasl quasi a piombo. N. Questa inclinazione non e dunque originaria al manufatto, ma posteriore. accidentale e di tulta la massa; scorgendosi nel nesso aderenza reciproca fra i materiali e nessun spostamento parzialc ; sennonche a mezzo di livella- zlone mi sono potuto convincere che la parte di muratura, comparsa a giorno per circa metri 25, declina non poco verso il canale dl san Pieiro : lo che mi fa supporre che sia anco di quelle parti che non ho potute vedere. (). .Non mi e riuscito conoscere se codest 0|)era riposi sopra un baltulo di pali, ovvero su di un zalterone od altro apparato di legnami ; penso pero che cosi non sia perche cola lo scandaglio, spinto al di sotto, non incontru resi- DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONI 2i9 stenza e perche la giu Iroval essere il terreno denso, niisto dl sabbia fluvia- tlle e marina ; pcro la perfetta regolarila che si osserva nel riveslimento mi fa sospeltare che solto, o davanti di csso, siavi ua qualche oslacolo forse di Icgname che gli abbia impedilo percorrere sulla propria base verso il cana- le. La sassaja e a getlala, o, come si suol dire, a pielra perduta. Quanto poi alia qualila dei materiali ed alia loro provcnienza posso asserire che i matloni, ossieno le pietre cotte, sono della medesima qualila, per creta, per impaslo e per cottura, come anche per le misure idenliche a quelle che si usavano nelle fabbriche dell' antichissima Altino ; che la sassaja c composta di trachite euganea, volgarmenle masegna, in pezzi parte angolari, e parte a grossi cioUoli, e che di pielra calcare d islria lavorata sono, come ancora diceva, li corsi o filari della fronle o del rivestimento che ho potuti vedere. Spero dunque di appormi al vero, se dalle maschie misure che ho riferite e dalla siluazionc ove I'ho scoperlo mi persuado : 1." Che questo grande mannfallo era opera pubblica diretta a pubblira ulilita; 2.° che serviva ad uffizio imporlanle e di vantaggio municipale ; 3.° e linalnu-nle che in tempi abbastanza precisi ven- ne posto a difendere dal tocco di una corrente viva e costante il lembo di quella terra, fosse dosso o tumba, che ebbe poscia nel secolo XII il nome d' isola delle Vergini, ed e percio da conslderarsi come opera idraulica, i quali assunti procu- rcro, per quanto in me sia, di sviluppare e provare nel seguito di questo mio ragionamenlo. Per inollrarmi in queste investigazioni e per riuscirne con qualche uti- lita, sta nella natura dell intrapresa trattazione che io procuri delermlnare, anzi tutto, a quale correnle di acqua quel molo, quella valida barriera era destinata a resistere ; su di che mi e duopo richiamare la cortese vostra atten- zione su quanto in fatto di queste lagune, de' suol canali e delle sue isolette poco fa ricordava, bisognandom! ora toccare a plu minuti, ma piu essenziali particolari. Qualora io mi faccia a considerare \ anlica idrografia delle lagune e delle paludl. che in lungo arco distese, sono appcndici al vicino continente, quale ci viene rappresentata da Pollbio, da Strabone, da Plinlo e da allri autori, a' quali il comun voto de' crilici, piu o meno, accorda diritlo di aulorita storiche, e cio che egualmente vale fama di esatti scrittori ; se la ratfronto all' idrografia de' sc- roll di mezzo ed anco alia moderna topografia del paese piu interno a noi circo- stante ; e qualora, usando di ben dovuta circospezione e riserva, io ml faccia ad :220 ni un' antichissima opera murale, ec. osaminare le carte coiigetturali piibblicatc da Bernardo Trevisano (1), dal no- stro Temanza, da Bernardino Zendrini, dall' erudlto Filiasi, in parte ripub- blicate dallo straniero Giovan Federico Le Bret, storico critico delle cose vene- ziane, ed assegni ad esse quella misura d' attendibilita e di fidacia che puo me- ritarc la natura di loro gencsi : finalmente, se me ne valgo e se metto a profitto le osservazioni locali da me istiluite sulla disposizlone, suU' andamento, snlla tortuosita de' nostri primarj canali, e sulla qualita del terrene e degli strati che incontransi al loro fondo, per tiitti questi confronll e pelle considerazioni che ne derivano m' e giocoforza ammettere, come cosa Incontrastabilc e come principio di fatto. Che molto prima del secolo XIV un branco del Medoaco maggiore, da poi denominate Brenta, il quale col Retrone passava nelle vicinanze di Padova, staccavasi al sito dellodierno Fiesso (Plexus) dove assumevp il nome di fiume Una owero Prealto. Che lambiva alcuni vici o borgate, il cui nome, benche con varieta di suono. tuttavia si ricorda. Che giunto qucsto branco ne' dintorni di Lizza Fusina sboccava in laguna. Che ivi scorreva frammezzo alle paludi per un alveo tuttora distinto col nome di canale de Burchi, ^vAfume vecchio, ed anco ramo di Brenta (2). Che giunto a non grande distanza dal Tumolo o Barro, fra noi celebre un giorno col nome Luporum i>adus, ovvero Punta dei lovi, gia sporgentc dalla (i) Delia laguna di f'\'ne:ia, Irallato di Bernardo Trevisano. — Edixione seconda, Venezia 1718, pag. 17, e 45. Neir edizione 1715, pag. 17, e ^9- ■ Temanza Toinmaso — • Disscrtazione sopra I' antichissimo tcrritorio di sanV Ilario nella diocesi di Olivolo. — Venezia 1761, 4°i tavole I, V, VI. Pensieri d' un cittadino (Girolamo .\scanio Giiislinian) sul fnimc Brenta. — Ixiporia la lavola I, \' e VI del Temanza e la lavola I dello Zendrini. Filiasi Jacopo — Memorie storiette de* f^eneti primi e secondi. — Padova 1811, tomo III e V. Zendrini Bernardino — Memorie storiette dello stato nniico e moderno delle lagune di Venezia, — Padova 181 1, 4-° Toroo I, lavola I. Johann Friedrich-Le-Brel. — Slantsgesctiicltte der republih f'enedig, etc. — Leipzig und Riga 1769. Volume I, libro III, cap. IX, § 16, pag. i58, iSg, riproduce due lavole, una del Temanza a pag. 4^, allra dello slesso a pag. i5o. (2) Quesli nomi si leggono anco in foglio a slampa rarissirao clie sembra del secolo XVI, rappre- 5entante la laguna media, e preciiamcnie Ira sanl' Andrea della Cerlosa ed il canale Spignon, die versa ncl bacino inlerno del porlo di Malaniocco. DEL M. K. ING. GIOVANNI CASOM 22d torra-ferma. ivi si divideva in due rami, di mi uno, ed era il sinislro, piej;ando alcjuanto verso tramoiitaua, prendeva la strada del noslro Canal graride. Che al sito ove ora sta la rhiesa di san Geremia, capitava ad ingrossarlo porzione delle acque de' fuimifelli Mestiia o Marzinicus, del Butiriicus, del Muxon, del Tergula e del Pionca, le quali, passale pe' bassi fondi in lacuna tuttora indicati col nome di Soltobrenla, vi si nieschiavano pell'odierno rh>o di Cauaregio, e cosi progredlvano unite fra 1' antiro Piialto e fino alia punla di Dorsoduro e Scopiilo, delta della Trinita, la quale ora chiamiamo Purita della (hgaria da mare. L' altra porzione d acqua di codesli fiumicelli variamente serpeggianti correva a tramontana delle isole, e riunita in un canale, cui davasi il no- me di Canale biria, continuava via via fino all' isola di Olivolo o san Pietro di Castello. La seconda Lranca del rldetto fiume Una o Preallo, da quelle vicinanze della rlcordata Punta del lovi, piegava invece suo cammino a destra ; incontrava |)er via parte delle acque dello stessoy?w7n^ Una, die divergeva presso Licza Fusina, incontrava le acque del Visignou, del Lenzina, del canale de V ico, discendenti dal margine tra Lizza Fusina e quelle dove fu la borgata, coll ab- bazia di Sani' Ilario di fronte all' isoletta San( Angela di Contorta, infletteva Ira i tumuli o dossi di Spinalunga, ora isola della Gludecca a mezzogiorno, e le gore e tumbe die denomlnavansi di Scopulo e dl Dorsoduro a tramontana, costituendo appunto il canale Visignon, quello medesimo ora denominato canale della Giudecca. Alia punla della Trinita, le due descritte branche si risconlravano, ed assieme riunile. parte lambendo. parte internandosi e circondando le isolette Ziinole o Gemole, Bragola, I'Adrio, ec. giungevano presso 1 isola di Olivolo, al qual punto, porzione progrediva pella punta verde, ora Motta dei giardini verso il porto : altra eiitrava pel canale san Pietro. oltre il quale incontrava I'acqua del Biria e spingevasi con questa alio stesso vicino porto Olii'olo, dove iinalmente lutle affatto siroriravano. Ecco dunque correnti d' acque dolci. correnti vivaci e gagliarde, se valsero a dare ed a far che rimanga fra noi conservato il nome degli alvei die da esse erano solcali nel profondo della laguna : ecco dimostrata la possibilila di avere lanti molini in queste isolette quanti ne accennano i noslrl cronisti, e molini lermi, e molini a sandonos, cioe su barche galleggianti, e cio che chiamavano 222 DI Un' ANTICIllSSIMA OPERA MURALE, EC. Aquhnoli (1), che a me pare esser dovessero, non gia spazj entro a' quali fosse a tahino concessa la facolta di porre molini, come alcuni pcnsano ; ma credo che fossero piuttosto molt da acqua, fossero ricinti assegnati per chiiisure o pescaje, enlro a' quali nc' period! della marea montante, o del fliisso, raduiiare una maggiore quantita d'acqiia di fiiime, e coiidurla verso i molini ; ecco molini ove ora e san Benedetto sul canal grande ; eccone a' margin! dell' isola Memmia, ora san Giorgio maggiore; molini alle isole Ziinole o Gemole ; molini a san Lorenzo, prcsso il sito Bragola, forse vocabolo composto di Brngo e gora, post! in movlmenio dalle acquc dAYUria o Prealto, dal Visignon, ec. ; ecco mo- lini a Canaregio, eccone a san Daniele, ove adesso sta il riparlo dell' arscnale detto novlssimo (2), ! quali erano moss! dalle acque congregate nel Biria, e da porzione di quelle scorrenti lungo la parte opposta delle isole, che pegli antichi riv! di san Lorenzo, di san Francesco, per quello di san Domenico, ora strada de' giardini, pel canale che ora e detto di san Giuseppe, e finalmente per altro ampio canale, traversante il sito ove ora si allunga la motta detta di san- ( Antonio o de' giardini, interrato allora della paste i630 (3), vi penetravano, quell! appunto essendo gli alve! antichi natural!, che quando la terra era in quel tratto assai plu ristretta servlvano alia reciproca comunicazione di codeste acque. Queste isolette, ne' vecclii tempi, non marginate da muraglie come ora sono, si trovavano esposte a continu! dilavament! ed a corrosion! sia pelle correnti dolcl che accrescevano di forza, o diminuivano secondo 1' avvicendarsi delle maree, sia pell' alternativa periodica delle stesse maree, dal che il bisogno di .provvedere alia loro sussistenza, alia loro preservazione, co' mezzi artifiziali suggeriti dalle varie circostanze a' quali ricorsero sovente i padri nostri, ed e questo un riflesso che torna a proposito dell' opera murale da me scoperta, la quale sempre plii mi conlermo in credere che cola fosse disposta a presidiare il lembo dei terreni a levante dell' isola de' santi Gioi>anni e Paolo ( piu tardi cos'i nominata per una chiesetta a que' santi dedicata su quel paludo) (4), ed (i) Gallicciolli — Memorie, ec. — Tomo I, p.ig. Sog e scguenli. (2) Casoni — Breve storia delV arsenate di Venezia. 1847, 4-" (3) Casoni. — La //este di Venezia dell'anno i63o. Origine del tempio di santa Maria della Salute. — Venezia i83o, 8." (4) De monasterio sanclae Mariae de Virginibus. Ecclesiae tenetae antiijuis monumentis illustra- lae ■ auclore Flaminio Cornelio S. V. — Venezia 1789. Decad. VI, pag. 2 e scg. Cornaro Flaminio S. V. — Notizie storicfie delle ckiese e monasteri di Fenezia e di Torcello. — Padova, 1758, in 4-", pag. gS e seg. DI:L M. K. ING. GIOVANNI CASONI 223 ora isola dellc Vergini, tlalT urto incessante prodotlo dalle acque dolci, correnti che ivi piombavano dal lato meridionale pel canali o veicoll da me poco stantc accennali. La stessa descrizione topografica dl quest! sitl mi fa egiialmente ore- dere, e forse, signorl, sarete dcUo stesso mio avviso, che la comunicazione Ira Padova ed i fondaci o magazzini nelle isolette di Ria/lo ]icljii/me Una, poi per gli alvei della laguna e fino all'antico porto di Olivolo, ora san Nicolb del Lido; era la piii corta, la piii facile, la piu opportuna al commercio de' padovani, e percio che loro non occorreva allungare il cammino fino ad iin siipposto porto intermedio fra questo di Olivolo e qiiello di Malamocco, come, appoggiato ad una sentenza del i284, inserita nel famoso Codice del Plo^'ego, supponeva il celebre Temanza (i), alia cui autorita non ardirei contrastare. ne mi opporrei in qiianto un porto intermedio vi fosse piu al nord del paese di Malamocco antico ; ma nessnna Iraccia o mcmoiia d' un varco o passaggio rimane su quel litorale, ne indizio alcuno di canale che a quella via del coutinente percorresse, come egli stesso, il Temanza, dichiara: circostanze in vero poco favorevoli a quella sua opinione, e bastami aver provato, quasi per legittima deduzione, che in ogni tempo si servivano pe' loro Iraffichi alia via di mare, del ripetuto poito di Oli- volo, siccome quello, che anco ne' secoli posteriori, e fino quando la marina sog- giacque ad essenziale modificazione nella forma e nella portata dei navigli, ha scmpre servito a' bisogni di una fra le primarie potenze marittime, come fu la veneziana fino alia crisi commcrcialc del XV secolo. Dalle quali mie osservazioni vengo a inferire che in quel tempi 1' azioue dei molini, in queste lagune era favorita spccialmenle dalle correnti de' fiumi, in die mi allontano dal Gallicciolli (2), il quale sembra la ascriva a' soli moli del llusso e del riflusso marino, elfetto che dal piu al meno seguirebbe anco adesso, cio che non accade, malgrado accurati tentativi ed espericnze fatte anco di recente. Inoltre poi credo che le diversioni del Brenta ne suoi tronchi infe- riori piu volte tentate da' padovani anche nel Xli secolo, intendevano. a quanio parmi, a privare i veneziani del graude benefizio che ad essi recavano quelle acque stesse (3), vantaggio cui nel XIV secolo volontariamente rinunziarono (i) Temanza Tomnjaso — Disxertazione soprn f antlrhisslmo ferrilorio di sanf IJai'io nella dioce:si ill Olivolo. — Vcnezia, 1761, 4.°, pag. xviii c seg. (3) Gallicciolli — Memorie, cr. — Tomo I, pag. 208 e seg. (3) Temanza Tommaso — Leilera inlorno ai tagH falti dai padovani nella Brenta I' anno ii^j.— Venczia 18 16, pag. 11. J e si-g. 224 DI Un' ATSTICHISSIMA OPERA MIIRALE, EC. per "jli acquisli falti iiella terraferma, e per 1' esllio del fuimi dalle lagune, clie altrove rivolscro. Forse alcuiio dira clie ollre misura ammetto in qiiestc isolette 1' inge- renza de' padovani ; pure credo in cosi fare di non male avvisarmi, slanteche essi ne pei^ettero dcfiniiivamcnte 1' uso, quando la scde diicale de' veneziani, da Malamocco venne trasferita a Rlalto, ed allora Rialto divenne cilta ; allora, 0 poco dopo, cambiava il nome in quello di \ enezla. Dichiaro pero, e con iscliiet- lezza il pronuncio, die ciu dicendo non penso ammellere le asscrzioni del cosi detto moriumento Paiatino (i), dopo che con erudita dimoslrazione venne smaschcrato dal Gallicciolli, che con invincibili argomenti lo provava apocrifo e bugiardo ; ma quesla cilta per opera de' veneziani cominciava a sorgere, come dissi, solo al principiare del IX sccolo. quando Angela Parteclpazio doge deci- rao. qui stabiliva quel seggio, e la stessa cliicsa di san Giacomo in Piialto fabbri- cata nel 42d da un Entinopo di Candia, e con essa varie allre chiese, a mio parere, sorgevano sotto gli auspicii de' padovani, che, pella preponderanza dei nostri, piu tardl e per sempre da qui sgombrarono. Per queste medesime ragioni inferisco che la famosa letlera di Cassiodoro ai tribuni marittimi (2), se per avventura non era diretta a' padovani, lo era invece a' veneti rifugiati nell' isola di Eraclea (3), primo luogo d! loro con- vegno. ed Eraclea, con Jeso/o ed Equilio, aveva suo porto all' antica foce del Piave per dove ora scarica ii finme Site, anzi a sinistra di csso porto anlica- menle innalzavasi una torre di faro, pella cuslodia e pel servizio della quale furono emanate leggi anco nel 1282, e questo appunto di Jesolo (4) pell' op- portunita del sito e stato il primario porlo usato da nostri antenati, come egual- mente 1' altro di Olkolo era da' padovani adoperato, come teste ricordava. E su questo proposito de' tribuni mariltimi e della lettera loro inviata dal ministro di Teodorico. parmi che il Gallicciolli abbia versato in un anacroni- smo, cola dove dice : Successivamente (cioe dopo trasportata la sede in Rialto) (0 Gallicciolli Giov. Ball. — Delle memon'e, ec. — Tomo IF, pag. 337 ^ •*'*'S- Qui le chiese di allora consislevano in piccoli lugiir] di legno copcrti di paglia. Vcdasi il succilalo Gallicciolli, lomo III, pag. 27 c scg. (a) M. Aurelii Cassiodori Senaloris V. D. — Opera omnia Apud Philippiim Pamonel ; 4-'^t psg- 4*^*^- Tribunis maritimorum senator Pre/. Pret. XXIV. (3) Chronicon penetum, Johanni Sagornino, vulgo iributum. — Voneliis 1765, pag. S. (4) Filiasi Jacopo — Memorie storiche de^ i-eneti prijni e seconill. — Padova 1811, 8." lomo III, pag. ii5. DEL M. E. ING. GIOVANNI C.VSONI 225 /' noslri tribuni presero t appellazione di marittiini, come consta dalla celebre letlera di Cassiodoro ad Tribuitos mariltimos (4); imperciocche Teodorlco di- venne padrone d' Italia dopo 1' anno 493 c men li 30 agosto del 526 e Cassio- doro in eta quasi di 92 anni cessava nel 562 ; come dimque qiiella lettera poteva esser diretla a' tribuni di Rivoalto, i quali, secondo lo stesso Gallicciolli, presero norae di raarittimi dopo 1' anno 809 (2), cioe quasi due sccoli e mezzo dopo la morte di quell' insigne epistolografo ? Cio posto sembrami abbastanza provalo per induzione esservi errore in tulte le iscrizioni ed altri monumenti die qui abbiamo dalall AB-FRBE-CON- DITA, quando pero, come quella esistente sulla porta del nostro arsenale, rife- riscano all'anno 424, che e quello appunto del gia nominate Entinopo di Crela, e quello pur anco del ricordato monumento patavino, che tutti, meno il Darii, sanno essere un' antica impostura. Questo e dir molto, ma la serie ordinata degli avvenimenti, le osservazioni falte dal Gallicciolli e queste mie deduzioni condu- cono a tale condudenle sviluppo. Poiche il discorso mi portava a nominare Eraclea, dalla cronica sagor- nina annoverata per qiiarta qiiidem insula, in qua dudum ah Heraclio iniperatore fuerat witas magnopere constructa, etc., notero che oggi giorno ancora quel sue sito, ove in mezzo al pulridume di affondate paludi s' innalzano poche gib- bosita, denominate le motte diCittanova, composte di rottami e di macerie, quel sito, dissi, di figura oblunga disteso dal nord al sud circondato da vetusti alvei 0 piuttosto da pin bassi pantani, presenta le traccie ed i caratteri piu manifesti di antica isola, oltre alia quale, dalla parte verso Jesolo, oggi misero villaggio Cava zuccarina, avvi altro spazio che i pochi e malinconici abitatori del vici- nato chiamano alle archetle, perche vedono da quell' immonda salamoja tratto tratto spuntare le cstremita di sarcofaghi ivi dispersi ed affondati, su quali fin era non si e rimarcata iscrizione di sorte alcuna, ma che da alcunl segni sem- brano appartenere ad una necropoli cristiana ; nel qual caso crederel che quella ad Eraclea e ad Equilio e Jesolo promiscuamente servisse, prima cioe che si suscitassero dissidj tra quci ciltadini, alle quali considerazioni mi hanno di molto giovato alcune gite che molti anni addietro ho cola fatte e le informazioni rica- vate dai proprietarj di que' fondi, e soprattutto mi e stata di grande soccorso (i) Gallicciolli. — Detle Mcmorie, ec. — Tomo I, pag. 323. (2) Morcri — Le Grand Dictionnaire historiijiie. — Paris »7iS, lomo V, pag. 70, 71 e tomo II, pag. 1 35. M. 29 226 Di un' anticiiissima opera ML'RALE, EC. una topografia a pcnna, clie rappresenla 11 corso delle acque del basso trivigiano, con parte della laguna veneta, rilevata da un Domenico Marchetti, che ho cono- sciuto di persona, perito ingegnere del magistrato eccellentissimo alle acque (i ), per pubblica commisslone, e che reca la data 27 febbrajo 1788, more veneto, cioe i789. Ma io che parlo di correnti mi sono lasclato trasportare quasi fuori di strada dalla corrente di erudizione, forse affibbiala male a proposito : ripiglio quindi il mio assunto. Ma quando e da chi codesto edifizio murale, codesta opera idraulica venne fatta eseguire ? egli e qiiesto un quesito per me di non facile scioglimento. Due cose pero polrebbero favorlrmi in tali ricerche : La qualita e la prove- nienza de materiali, cd quali e composto ; Taniica llnea di comune aha ma- rea cui poterlo riferire. Che se la prima indagine e per se stessa scabrosa, altret- tanlo difficile e circondato di tenebre e d' incertezze e lo studio della seconda, causa i moltiplici e non bene determinati elementi che producono le differenze e le oscIUazioni nel livello ordinario de' mari, per cui ogni analogia, ogni pro- porzlone fra tempo e misiira non corrisponde ai fatli, ne da quel criterii di cal- colo possono aversi che risnllamenti ipotetici, incoerenti, che si discostano dalla verita di che ne abbiamo a dovizia le prove e gli esempi. Pure se si volesse ritenere per uno dei dati che, allora di questa costru- zione, il livello ordinario dell' alta marea toccasse al segno, che per gli esposti raziocinj su quel profilo ho indicato, e che cade a metri 2.i50 sotto la linea deir odierno flusso ; questa differenza tra il culmine delle due maree montanti, ammesse le deduzioni del chiarissimo nostro che fu Angela Zendrini e quelle pur anco del rinomato ingegnere Emilio Campilanzi (2), entrambi i quali (i) In questa grande delineazione figurano i sili ove cslsteva Eraclea, Melidissa o Ciltanoia, di Jesolo ed Et/uilio. Lo spazio di Eraclea e di figura oblunga e si estende dal nord al sud quasi il doppio clie dall' allro verso ; gli anlichi alvci che lo circondano sono : Verso Iramonlana — Ramo di canal. Verso levanle — Canal di san Bernardo. Verso mezzogiorno — Canale dei streiii. Verso ponente — Canale Cieeregna e la palude del Pretc, gia lago del Piave, e clie pare fosse aniicaraenle un' insenala di marc. (a) Suit alzamcnto del livello del mare. — Memoria dell' abale Angelo Zendrini, 1806. Nuove ricerche salt alzamento del livello del mare. — Di Angelo Zendrini, memoria Iratta dagli alti deir i. r. Isliluto di sclenze, IcIIere ed arti. Milano i8ai. Salla corrispondenza dei cangiamenti del livello del mare osscrvati negli avanzi del tempio tli Serapide. — Memoria dell' ingegnere Emilio Campilanzi, inscrila a pag. 5i del fascicolo pel liimcslre 2", anno iS^^i Jegli Annali delle scicnze del regno lombardo-vcnclo. Padova. DEL M. E. ING. GIOVANISI CASONI 227 fon poca (liversila scnlenziano essere il progressive apparentc alzamento del livello del mare in queste regioni, prossimamente di metri 0.100 per ogni secolo, alloi-a quel raanufallo miirale rimonterebbe alia eta di XXI secoli, circa che potrebbe dirsi prossima al vero, se lante cause e tanlo svariate non si fram- meltessero ad accrescere il dubbio ed a dimoslrare quella misura al pari suscet- tibile di aumento o di diminuzione. Ma di diminuzione, in queslo caso, anzi di grande diminuzione, a me pare debba soggiacere quella misura di XXI secoli, quando volga il pensiero al peso spccifico de' materiali, alia sassaja gettata su d' un fondo iucerlo, alia maucanza di palizzate e di zalleroni o griglie che servito avrebbero a costipare il terreno, a tener assieme ed a solidare la base, e quando penso all'azione delle correnti cuiindubbiamente, ne'primi secoli di sua esistenza trovavasi esposta quel- r opera, e finalmenle quando osservo la sensibilissiraa inclinazlone, rerso 1' in- terno dell' isola che ho rimarcata appena comparsa a giorno la superficie della muratura a maltoni di cotto, e 1' altra incllnazione in senso di lunghezza verso il mezzo del canale san Pietro, scorgo in cio tante cause, le quali concorrono ad assicurarmi esser ivi accaduti grandi avvallamenti in quel nesso, tanto unifornii quanlo parziali e notevoli depression! a' soUoposti strati del suolo, tutto indi- pendentemente dal livello del mare, il perche mi confermo nel parere che quei XXI secoli ridurre si possano ad un assal minore periodo, la quale riduzione, che partirebbe da dati affatto ipotetici, darebbe anche espressioni inesatte e di puro azzardo, laonde rifuilo di piu vagare in una via buja, dove non ho lusinga di scorgere lume alcuno cui poter affidarmi. Forse miglior guida mi sara 1' esame de' materiali, perche la qualita loro e la provenienza in qualche modo si annodano alia storia di queste isolelte. Di- fatti, cominciando dalle pietre o mattoni cotti che sono di Altino, me ne avvidi che i qui adoprati sono vecchl, che appartenevano gia ad un fabbricato ante- riore. e percio qui da cola trasportati, forse nel VII secolo, quando cioe la sedc vescovile venne da Altino trasportata a Torcello da un vescovo Paolo, come sla nella Cronaca Altinate (1), e con piu di probabilila al principiare del IX secolo, allora quando quella misera citla, un tempo residenza d' imperatori, e stazlone al passagglo delle legioni romane, per amenila di sito, e pella ridente uberta dei suoi lidi, emulava 1' incantevole baja, causa le ripetute invasioni de' barbari rai- (i) Chronicon lenelum, c/uoJ aliinalc nuncufjului. — Aiclii\io slorito ilaliano, lomo VII, pag. 36 e seg., pag. 54 e seg. 228 DI Un' ANTICHISSIMA OPERA MURALE, EC. seramente dcpaupcrata, rcsa dcscria de' suoi abitatori, dislrutta fmalmente e rasa da' rondamcnti, quei magnificl suoi rudcri si tolsero per vestire e per impellicciare i nuovi fabbricati di Torcello, di Venezia, e delle altre isole nella parte superiore dell' estuario, null' altro restando in quel sito che un tumulo, un mucchio di rottami e di franlurai (i), e quel celebre nome, che ora si ripete nello squallore e nella soliludine di malsane paludi, davanti gli avanzi colossali della slrada romana, che col nome di Claudia Emilia Altinate (ora Agozzo) staccandosi dall' Emilia Parmense (2), traversava regioni e provincie fino al lontano Danubio. Ne' primi secoli, posteriori alia traslocazione del trono ducale in Rialto, i materiali pelle costruzloni si limitavano a pochi e vecchi quadroni di terra cotta de' tempi romani, alle pietre ossia mattoni cotti asportati da Allino, da dove a miriadi ne giungevano, ed era per allora superfluo confezionarne di nuovi, ed alia masegna o trachile dei monti Euganei. Poco uso allora facevasi di quella specie di fiaira /ap/dica, che qucsti artleri distinguono col nome i'ipietra bandita, la quale sembra cssere qui comparsa poco dopo la spcdizione del doge Ordelajo Faliero nella Croazia, ciocche avvenne nel \\\1, stando alle tavole cronologi- che dell'eruditissimo nostro Cicogna. Anco la pietra rossa di Verona era inipie- gata in gran copia. Piu tardi si e adoprata, con magglor profusione nelle piu grandi fabbricazioni, la pietra calcare d' Istria, dopo cioe la conquista di Pola, citta in quella penisola fatta da' veneziani nel \ 1 46 essendo doge Pictro Polani, le quali mie indicazioni, oltreche appoggiate all'autorita degli scritlori delle cose nostre, e per di piu corroborate dal fatto, potendo io medesimo assicurare che qui dove nacqui e dove ho esercilata 1' arte mia d' ingegnere, fui testimonio a piu e piu demolizioni, ho veduti iutieri fabbricati di sole pietre altinati e gran numero di muraglie qua e cola con que' mattoni costruite, in guisa, che senza punto esitare potrei dichiarire che il caseggiato di Venezia consta per forse '/. di altinelle c mattonelle, che appunto con questi nomi vengono dislinti quei materiali. Molti egualmenle sono gli edifizii, le cui basi e le parti sporgenti sono di (i) Filiasi — Mcmorie s/orichc tie veneti primi e secondi. — Padova 1811, lomo 11, pag. 24b, 245 e scguenli. (2) FiWas'i — Memorie de' vcncti primi e secondi. — Padova, 1812, 4''i lomo V, tavola unica c tomo II, pag. 258 e seg. Guarnieri Olloni-Aiirelio — Disserlazione inlorno at corso dell'antica via Claudia dalla cilia di .-lltiiio sino al Jiume Danubio. — Bassano 1789, 4-'' DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONl 229 masegna euganea; 11 basamcnto della torre di san Marco (1), cominciata circa il 910, c di quel materiale, ma causa 11 continuo sovrapporsi di nuovi imboni- mentl e di selciati alle piazze cd alle strade della cilta per liberarle dalle sopra- comuni alte maree, quel basamento, coUa porta anlica che in esso si aprlva, rimase poco a poco soUerra nascosto, e solamenle ora si puo vederne 1' ultimo corso 0 rango superiore, ricoperto di tavole e che serve di sedile entro le botte- guccie ie'scribi e de' mediatori e dc go//' (2), che cola in aggualo tengono occhio di lince sui movimenti degli affaccendati. Quell' Angela od Agnello Partecipazio piu volte qui nominato, che I'anno 814 sedette primo doge in Rialto, vien proclamalo dalle cronache e dalle storie quale uomo di senno, di moderazione e grandemente interessato a' van- taggi ed aHincremento di questo Rialto, avvedutamente da lui scelto fra le tante isole della laguna, che assumer poi doveva nuovo nome e nuova destinazio- ne (3). Prima cura di lui si fu stabilire stanza condegna alia sovrana magistra- tura, il perche, lasciala I'antica sede tribunizia de' padovani ne' confini dei santi Apostoli, ove qualche dubbia traccia vorrebbesl scorgere fra le mura di un vec- chio fabbricato, come n' era persuaso il chiarissimo nostro che fu canonico Gio- vanni Antonio cavaliere Moschini, dispose le fondamenta di nuovo palazzo in sito plu aprico e piii cospicuo presso una chiesa di san Teodoro (4), che per questo divenne cappella ducale, prima di san Marco, acquistando piu splen- dida forma e piu decorosa che non quella di san Giacomo, fabbricata dal greco Entinopo circa quattro secoli prima di allora. Prova del genio intraprendente cd operoso di quest' uomo c dell' aft'etto eh' egli nutriva a vantaggio della nazlone che lo avea eletto a suo capo si e la (i) Gallicciolli — Delle Memorie venele, ec. — Tomo I, pag. 23;, Vcnczia 1795. (2) Goli. — Con queslo nome ciano anticamenle chiamali i sensali di malrimonii nelle pubblichc carle. (3) Assumer poi doveva, cc. scconilo il Gallicciolli, lomo I, pag. i38 dice : sebbene non /irinui del finire del XII secolo a me riusc't di irovare P^enezia e liiallo appellati col nome di cittu. Bernardo Trevisano, nel .luo Tratlaio della laguna di f-'enezia, edizione 1718, a pag. $7 liene col de-Monacis e collo Zeno nell' opera : Origine de' Barbari, che queste isole abbiauo ricevuto il lilolo di cilia ed il nome di Venezia nel 569. lo pero colla scoria delle fatle argomeolazioni mi Irovo aulorizzalo ad opi- nare diversamenle. (4) Gallicciolli D. Gio. Ball. — Delle Memorie venele nnlieUe profane ed ecclesiastiche. — Venc- lia 1795, tomo I, pag. igS. Moschini Gio. Anlonio. — Nuova guida per fenezia. — Venezia 1840, pag. 69. Qui presso ov r la corte del Verde, sede dei iribuni, restandovi tuitora vestigi di iorri, archi e voile e grandi traccie di luoghi di magistraii specialmenle nella casa al n.° Saai. 230 Di un' antichissima opera MURALE, EC. cura datasi in riedificare la dcsolata Eraclea (i) cul diede il nome di Citta nuOi^a, ed anco la premura di rimettere la vicina Equilio, oiide non e a sorprcn- dersi se alacrita e solcrzia egli ponesse pel migliore adaltamento e pel migliore ben' essere di queste isoletle, e se adoprando di sua posizionc elevata, le infon- desse anco negli ottimali che gli slavano d' inlorno. Anche i privati ciUadini, facendo a gara co' lorl governatori, allargavano 1 ricinti proprj, accrescevano i comodi alle loro abitazioni, e tulti inline niiravano a procurare decoro e lustro a queste isolelte : ma quelle che merita speciale ricordanza h la efficacia degli ordini da quel doge divulgali, fra cui primeggia la istituzione de' ponti per congiungere le varie isole, separate da' canali e dai braghi, con che le reciproche comunicazioni si rendessero piu spedite e piu agevoli. Penetrato dalle sgraziate vicende alle quali di continuo erano sottoposte le piii lontane isole Ammiana, Marcellina, e Cosianziaco pelle correnti de' fiu- mi e pelle furlose procelle del mare, che mano a mano scalzandone il suolo por- tavano la rovina ai maestosi edifizii, di che, quasi esse fossero sobborghi d'Altino, erano decorate, il perche accrescevasi lo spavento degli abitatori che piii tardi terminarono coU' abbandonarle del tulto, penso quel doge essere oggetlo di pri- maria importanza che i margini di queste isole Rialtine, come quelle egualmenle esposte alia corrente de' fiumi ed all'azione delle maree, fossero presidlati da pa- lizzate e da muraglie, ciocche divenne un dovere de' proprietarj, ma un dovere avvedutamente blandito dalla concessione di dilatare i loro poderi, d' interrare a tale scopo le piscine e le gore d' intorno, e dalla facolta di erigere chiese su que'nuovi imbonimenti e forse, moderando in cio le antiche discipline della chiesa d occidente, nominarvi il plebano, diritto solenne, che piu tardi, quando cioe le proprieta delle singole isole andarono suddlvise, rimasc ai possessori delle case lie' rispettivi circondarj fino al cadere dclla repubblica e dopo ancora. Con queste vigorose, ma salutari misure, sostenute dall' autorita di appo- sito magistrate istituito'dal doge medesimo anco pella sopravveglianza degl' inter- ramenti e delle bonificazioni, la citta divenne piu ampia (2), piu unita, piii estesa per ogiii verso e percio capace a ricoverare maggior numero di abitatori e di (i) Filiasi — Memorie storiche dei veneti primi e second!. — Torao VI, pag. n e scgucnli. Pa- dova i8i2, 8.° (a) Trevisano Bernardo. — Tratlato sulla lacuna. — Pag. 27. Tcmaoza Tommaso. — Antica pianta dell' inclita ciitd di Vcnezia, — Venezia 1781, pag. 55. DEL M. E. INGEG. GIOVANNI CASONI 231 accogliere i fugglascln che dalle altre isole della Venezia e dalle chta dl terra- ferma, per soUrarsi alle incessanli sevizie de' barbari riparavano in esse. Egll e facile pensare che questo genere di lavori. opcrati da prlvati cit- tadlnl, comunque in generate e nel loro complesso diretti a pubblica utilita, cif> non pertanto essere non potevano ne di essenziale efficaria, ne di sussistenza perenne, perche non lo comportavano gli scarsi mezzi di loro facolta che gli obbli- gavano a provvedere piu presto a quello che direttamente importava all' imme- diato loro interesse : da clb ne conseguiva, com' c di ragione, che i presidj mag- giori, le opere di piu estesa rilevanza, dovevano stare a carico, come ognora succede, di chi presiedeva alle pubbliche cose, quindi essere inlrapresi dalle forze riunite della nazione; ed io credo che la grande opera murale della quale tratto, - e che veramente e un molo, sia appunto eseguita con 1' inipiego, in quanto a pie- tra d' Istria, di materiale vecchio tolto in Altino, come fatto aveasi delle pietre cotle, ed appartengaa' tempi di quel provvidentissimo doge dall' 809 all' 827, od almeno a quel torno, polche dotato egli com' era di non comune talento, colla propria influenza morale sapeva guadagnarsi 1' altrui fiducia, sapea conservar- sela, e trarre i bene impressionati ne' suoi generosi divisamenti. Che quell' opera fosse di primiera rilevanza, me ne fa persuaso oltre- che la mole, anco la sua posizione su quel lembo, fra tutti il piu esposto all'iirto della corrente, la maggiore che dilavasse queste isole e che poco fa ho descrilla. Ivi appunto tutte le acque riunivansi provenienti dall'alveo dell'ora canal grande e dal canal Visignon, che ne' periodi del riflusso assai vivaci esser doveano e rigogliose, e per questo canale di Olivolo percorrevano una via piu corta verso il porto onde insorgeva il bisogno di opporre un molo poderoso per rintuzzare quelle acque stesse e per divergerne possibilmente una parte al mezzogiorno di Olivolo e difendere cosi dalle corrosioni quell' isola delle Realtine la eslrema, posta sul canale di Olivolo stessa, soggetta, non solamente a questi attacchi, ma cziandio a quelli del canale Biria che la rodeva all' altro lato di tramonta- na, periglio di cui grandementc se ne temeva anco alia meta del XIV secolo, per quanto lascio scritio Bernardo Trevisano, e che venne tolto quando nel XV secolo la repubblica ingrandiva 1' arsenale con la terza aggiunta che si conosce col nome Arsenale novissimo grande (I ). (i) Trevisano Bernardo. — Delia laguna di f'enezia, traUalo — EJizlone II, 171S, a pag. -a. Casoni Giovanni — Breve sioria dell' arsenale di f'enetia. — Veneiia 1847, conipresa iiell' opera : I enezia c le sue lagune. — Vol. I, parte II, pag. 84 e scg. 232 DI Un' ANTlCniSSIMA OPERA MURjVLE, EC. La traccia di quel molo, da me rilevata sul luogo, e con accuratczza de- lineata sul piano che avete sott' occhio, moslra die quegll era cola posto con iutta proprleta a sostencrc 1' urto obbliquo di una corrente che proveniva dal sud, lo che tanlo plii rinfranca le mie congetture e serve altres\ a dimoslrare che fra noi, in quell' eta, fra tutte nefasta per eccessi di violenza e di arbitrio, non eranoi poste in dimenlicanza le seinplici leggi pratiche di una idrodinamica naturale. Mi si chiedera e a buon drilto, perche non assegni questo manufatto ad un' eta piu lontana che non al principio del IX secolo, al quale proposito, se mi si parlasse di cio che tocca al riferimento delle maree, tornero a dire : pri- ma che avrei potuto delerminare il segno antico di comune ad un limite piu alto, lo che stava in mio arbitrio e cos\ mi sarei tolto d'imbarazzo, facile allora essen- domi combinare le differenze ; ma la smania di riuscire in un assunto non mi fara mai rinunziare all' inlimo convincimento, e pero tengo fermo il segno indi- cato ; poi non trovo appoggio per valutare con positivo giudizio, nel caso che lo riguarda, la differenza nell' apparente livello del mare come in addietro ho latto conoscere, e che non e questo per altra parte egualmente il caso di ricor- rere ad epoche geologiche, laonde per questa via non riescendomi avere un dato neppur approssimativo abbandonava colla speranza anco il pensiero di riuscirvi. In secondo luogo me ne distoglie la qualita dcU' assieme ; la maniera con che trovo ridossato il rivestimento alia sassaia, scnza cioe quelle tali pre- cauzioni dell' arte, che, a malgrado le grandi misure di quel progetto, fanno supporre una tal quale economia, una ristrcttezza di mezzi piu confacente ad un potere incipiente , che non ad una provetla autorita amministrativa. Si aggiunge ad allenarmene, 1' uso che si e falto di barre di fcrro per tenere con- giunti i massi in senso longitudinale, ben sapendo quanto gli antichi erano par- chi, anzi alieni dall' irapiegare quel mctallo nelle loro coslruzioni, causa la grande facilita di alterare volume e figura a danno dcgli altri materiali posti al suo contatto, e come essi saggiamente preferivano, quando occorrevano du- roni od altri mezzi di congiunzione, il legno duro, quale il cedro e 1' ulivo, il bosso, di che, senz'addurre altri esempj, posso mostrarne a prova solenne alcu- ni duroni, toltl nel 4830 alle colonne del tcmpio di Minerva sul capo Siinio, i quali dai tempi di Pericle a questa parte per venl'ilre secoli si conservarono intalti e sanissimi. Per tutli quest! niotivi parmi non doversi ammettcre, come non am- DEL M. E. ING. GIOVANNI CASONI 233 melto, chc questo manufallo debba annoverarsi fra le opere di argini cd altri lavori fall! in qucslc lagune e nominal! da Strabone c da Plinio, pcrchc questi lavori, a mio credere, c il dissi ancora, essere doveano precipuamente direlti a trarre profitto, diro cos\ individiiale dalle singole localita, lo che egualmente potrebbc essere dellc doccie, delle grailinote, delle Iraccie di siepaje e dell'antica vegelazione osservale i\v\ nnsXro Zeudrlvi ne'dintorni dell'isola di san Giorgio maggiore I'anno dSlO (i), esislenti ad una profondita pressoclie eguale a quella deU'opera inurale clie bo descritta, e cio, lanto meno ho voglia di ammcttere quan- do considero die nei tempi anleriori a' due sommi che teste nominava, le acque flu- viali, che scorrevano fra questi tumuli ^\ llialto si spandevano lateralmente sulla superficie allora plii ampia della laguna, ne potevano essere obbligate a scorrere costrelte quasi in alvei, come dev'essere avvenuto posteriormente, mano a mano che la laguna andavasi restringendo, ed alio spcccbio d'acqna viva succedevano, presso il continente, le barene, poi le t'eline, indi le i>a//i, i bassljoridi e le pa- ludi, ne certamente importava ricorrere a presidj di lal fatta, alia costruzione dun molo cos\ poderoso, se non quando la popolazione in Piialto stesso, che in prima aveva stazione quasi passeggera, e per oggetti di traffico, grandemenlc aumentava fissandovi stabile dimora, come appunto accadeva prima anco comin- ciasse il secolo IX, E qui pongo termine a questa Memoria, che parmi aver condotta sulle orme di verila, e senza parzialita alcuna in favorire piuttosto una che 1' altra gente, le quali, in varie ela, qui ebbero giurisdizione c dimora, tale essendo il principio che m' era prefisso. Se azzardava qualche parere, se alcun poco mi sono scostato da cio che altri scrittori opinavano, pcnso averlo fallo colla guida di rigorosi confronti, che dove mancano altre prove e dove questi confronti stie- no in legame co' fatti posteriori, conforlano almeno il pensiero e servono a coor- dinare fra loro alcuni storici periodi. Adempisco quindi alia promessa espressa nella nota (26) di una mia Me- moria sopra una conlro-corrente marina (2), di trattare cioe, quando il potessi, su quest' anlica opera mura/e, di cui allora ne annunziava la scoperta. Ho estcrnato sole congellure senza pretesa alcuna di aver pronunciata sen- ( i) Vcdi nola 34- (2) Sopra una correnic marina cite si osserra li/ngo una parle dei lidi rrncti. — Memoria dell' ingc- gneic Giovanni Casoni memljio cfTcllivo ilell' i. r. Islilulo venclo, inserila nel volume I delle Memorie dell' i. r. Islilulo vcnelo di scicnzc, letlerc cd arli. VI. 30 234 DI lliN'ANTICH. OPERA INIURALE, EC. DEL M. E. ING. GIOVANNI CASQNf tenza ; io le assoggclto a quest' i. r. Istituto ; le ho lelte davanti a chi piio inse- gnarmi, c sa correggerml. Chiudo colla rispeltosa prcghiera, che a qiieste mie tongellurc siami pevmesso agglungerne anco una ed e : che dalla vostra esem- plare pazlema in ascoltarmi possa congetlurare che mi siate cortesi di compa- timenlo. {Letta il 4 giugno 1855). PROriLO Dl UN ANTICHISSIMA FONDAZIONE lil.WKMTA \,\ '.'tl KKDIMiA.Kl lil'.".' .NKLLA ('li;(()Sr.\.\ZA IH KSC.WAIIK I.A I'KlillA I'KI! ( OSIKilllK 1,A FdNKA.MK.NIA All IN MIlid CIXTA .\KI,i: ISdI.A DKIXK VKItdIM IN VKXKZIA 1,1 .\ (id II, (A.NALK 1)1 S j'lKi'UO Ul ('ASTF,I,I,(I T.IV. SITOLO J-JLVni-AIVlLB (ViN'NO CtlMl'NK ALIA li.'RI'A FRIirO JSDTZTO ni A.NTIC-irrsSIMA X l«'.'? \1.TA MAHK.A TKi:.MI.\K IIKI.i; ANTICHISSIMA I'liNDA/IOXR K riXltl lll.ria: II. OIAI.K IKSSO (MINI IIKSISTK.V/.A H I.A TKIiKKI'.liA I'OTK I.WOl.TliAKSI VK.IMIfAl.MKXrK. Srti/ti i/f- . Urtr, \ S,/,, ,/,.'/« .vll,' /,vi/i/,',if/ AS".'/ /r//,r .>;■////>///// ,M ,//i,i/i- ,rfi /'Mttt /' ,-f„;,r I/MA/ IVriii. I.il Kii-r. M.ir/.n In.rti PIANO Dl SITUA7I0NE i>km; a.xtica inula {)hi\m) oiva s nr;rmi di castklmi k maa: altka DRLLK VKKIilM r.ivll ■/" ,ii JMn ft-«n-..L.t Kier Nhino 1856 Tavll CAMPO I'llXTE „„.. rMirx\ 8.BLAG IVIN.V SClllAX DM ^j ^^^=^sHiie« ILLUSTRAZIONE DELLE PIANTE NUOVE 0 RARE DELL'ORTO BOTAIXICO DI PADOVA MEMORU lU. DEL M. E. PROF. ROBERTO DE VISIAIVI -IT roponendoml di far note con questo scrillo alcune iiovelle piante, che crescono rarila c pregio alle numerose coUezioni che si coltlvaiio nel giardlno botanico dl Padova, m' affrcUo a cogllere con ardore questa opporlunita per tenere breve ragionamento di un errore, che serpeggia da qualche tempo fra i cultori delle scienze naturali e fra' botanici segnatamente, errore che vuol essere anche fra noi rilevato, onde antivenire le gravissime conseguenze, che dal pro- gredimcnto di quello avverrebbero senza fallo alle scienze stesse ed alle loro utili applicazioni. Le scienze naturali, come ognun sa, considerano gli esseri o ne' loro carat- teri esterni per distingucrli fra di loro, descriverli ed ordinarli in associazioni piu 0 meno omogenee, o li considerano nella loro inlima tessitura e composi- zione, nelle loro relazioni col mondo estcrno, c nei fenomeni svariati con che ci rivelano la loro natura e le lor propricta. La prima e la parte descrittiva di fali scienze ; la seconda e la parte fisica delle stesse, che, secondo lo speciale oggetto dclle sue indagini, e chimica, organografica, fisiologica, patologica, geografica od altro. Fu grave errore de' tempi andati quello di credere che la botanica e la 236 ILLUSTRAZlOiNE DELLE PIANTE NUOVE 0 RARE, EC. zoologia lutte si comprendessero iiclla prima cli tali parti, cd im avanzo ed una conseguenza di tale errore si e appunto il nome dl botanica e di zoologia pro- priamente delta, che tultora conserva la parte descrittiva di tali scienze. Ma que- sto errore puo trovare scusa, se non giustificazione, nelle condizioni di detti sludj a que' tempi. Le scienze di osservazione, e cio viiol essere specialmentc in- teso di quelle che piu particolarmenle diconsi nalurali, lian dovuto di nccessitii incomlnciare dalla rilevazione, descrizione e raffronto dei caratteri esterni degll esserl die si offerivano alia contemplazione degli studiosi, e soltanto dopo avver- liti quesli, si e passato alia rlcerca di caratteri piu interni e riposti. Era dunque nella natura delle cose die la botanica descrittiva, a cui di proposito dirigesi il mio discorso, precedesse le altre parti di questa scienza, e che i fitografi, i nomeii- clalori, i sinonimlsli, i classificatori anticipassero c in certa guisa preparassero il successive avvenimento degli analomici, de' fisiologi, de' patologi, de' geografi. La bolanica d' allora non era adunque ne poteva essere che descrittiva. Fu sol- tanto col progressive crescere della scienza che da' caratteri esterni si fe' passag- gio alia strultura intima degli organi, alia loro composizione chimica, alle loro funzioni, alle alterazioni morbose, alle abnormita, alia loro distribuzione geo- grafica, ecc, e se ne dedussero principj generali, se ne deterniinarono leggi piu 0 men costanti, e si crearono tanli rami di scienza quanti sono i diversi aspetti, sotto cui puo essere considerate il vaslo e varlo regno de' vegetabili. La bola- nica veniva cosi naturalmente a divldersi in pralica ed in teorica, ma le due parti conglunte insieme per islretlissima c.omunanza di subbiette e di scope, e per reciprocila di vanlaggi, doveano formare un tulle unico ed inseparablle. Cresciuta mirabilmenle in queslo ultimo sccele la fisica vegetale, i botanici d' ogni terra si velsero in gran numere a cellivarla, trascurande ed abbando- nando la parte descrittiva della scienza, da cui era pur mestieri pigliar le mosse. Egli e per cio che i fitografi si vanno rendendo rari un d'l piu che faltro, e poco sludlandosi il linguagglo tecnico, poco la elegante brevila della frase, poce il valere de' caratteri differenziali, poce le affinlla reciproche delle piantc, si cerre risico di rilornare la bolanica, riguardo alia dislinzione ed erdinamenlo delle medesime, a quel fitto buje, da cut tanto penarono, dope la Linneana riforma, i fitografi a rilevarla. Eppur egli e ben facile 11 dimeslrare come le studio pra- tico delle pianle e la loro dislinzione specifica sia indispensabile alia scienza in se stessa ed a lutte le molleplici sue appllcazleni nelle aril che se ne giovano. Non si pessono studlarc cemplulamenle le pianle senza indagarne I caratteri DKL M. ]•:. PROF. nOBKRTO DE VISIAM 237 eslernl di forma, di proporzlonc, di situazionc, di relazionc, e clo spetta esclu- sivamcnle al filografo. Non se ne possono rilevare le affinita naliirali senza rico- noscere i carattcri su cui si fondano, e cio pure spella al fitografo. Non si pos- sono far conoscere le scoperte dclle nuove specie, di che inlrepidi viagglatori cd osservatori pazienli arricchiscono continuamente la scienza, senza sapcrne cogliere le differenzc, e rappresentarne i caratleri generali e specifici con quella pronlezza d' intuizione c con quel locco franco, sicuro ed esallo che e il frulto dcU' espe- rienza, la quale non put) trovarsi the nel fitografo. Aggiungasi, ch'egli e dallos- servazione degli csterni caratleri, cloe dalla simmetria o bizzarria della forma, dalla maesta o snellezza del portamento, dal contrasto o dall armonia delle parti, dalla vivacila o varieta dei colori die furono sin da principio, e sono continua- mente tratti gli uomini ad invaghirsi delle piante, a bramarne e cercarne la conoscenza, e che percio mettendo in non cale questo efficacissimo eccitamento, ed occupandosi solo della struttura elementare c de'fenomenl della vita, si perde per la scienza uno de' precipui fini a cui sembra data tanta ricchezza di esterne prerogative, I'allettamcnto cioe alio studio delle qualita piu intime e piu nascoste. E sara qui d'uopo il soggiungcre quanlo e qual danno apporterebbe alia botanica applicata alle arti la trascuranza dell' esatta descrizioue e distinzione de' vcgetabili che in quelle si adoperano? Chi non vede qual confusione perni- ciosissima ne verrebbe all'agricoltura ed orticoltura che con minuziosa diligenza si affaticano a distinguere, nonclic le specie, fmo le variela e le razze de' vcge- tabili che coltivano, se mancatala botanica descrittiva, non sapessero piu coglier- ne e deteminarne i caralteri ? quale alle arti industri, che sol per essa rilevano le vere piante che somministrano quel prodolti, di cui giovasi 11 lor magistero, e solo merce di qucsta possono evitare le daunose ed arbilrarie sostituzioni, e gli scambl de' buoni co' tristi, dei veri coi falsi? alia medicina, a cui la sola fitogra- fia, illustrando la vera origine di tanti farmaci e svelando gli errori della vecchia farmacopea, valse a raccerlare per sempre la legittimita e quindi ancor la effica- cia de' piu preziosi medicamenti, indicando 1' esatto nome e i caratleri delle piante da cui provengono, e le differenze ch' esse presentano da quelle con cui erano dannosamente confuse ? all' economia domestica infine, che facendo suo pro di tanle e s\ varie piante, alcunc delle quali fatalmente simili ad allre no- cive, rlmarrebbe, senza la botanica descrittiva. nellaffannosa e continua perples- sita di prender una per allra pianla. e quindi di scamblare I'erba alimcnlarc con quella che nou lo c, il iungo mortifero col mangereccio, il tubero saporito ed 238 ILLUSTR-VZIOISE DELLE PlANTE NUOVE 0 RARE, EC. iiinocenle coU' acre ed Insipido, il fruUo rinfrescantc e placevole col lazzo o indigesto, 1' alimento in ultimo col veleno? Ora queste distinzioni non possono essere indicate esaltamente die dal fitografo, al quale solo si appartiene di fis- sare i carattcrl pecullari ed immutabili delle specie, ne' quali sta il vero e sicuro ed unico mezzo di evitare i pericoli dello scambio. Ne minor vantagglo reca al hotanico ed alia scienza la fitografia per le escursioni a cui 1 obbliga, e per le attitudini che "vl svlluppa. Chi non sa quanto invaghlscano della botanica quelle esplorazioni di vario corso die s' imprendono da' giovani amatori di questa scienza, onde indagare le piante nel natio luogo, c fame tesoro pei propri studj ? Gli e appunto in queste die origina e svolgesi r amor delle piante e si fa passione viva e gagliarda tanto, da vincere tutti gli ostacoli che la gracllita del corpo, la moUezza delle abitudini, la timidita del carallere, la fatica delle salite, la lunghezza dei viaggi, 1' intemperie de' clinii, i disagi d'ogni sorta, e gli stessi piu prosslmi e minacciosl pericoli oppongono di sovente indarno a chi sente ardersi in petto la sacra fiaccola di die si accendono i fervidi e coraggiosi cultori di questa scienza. Ed e per questo che a' bolanici devcsi r esplorazione delle vette alpine piu eniinenti ed inaccessibili, de' climi pill torridi o piu glaciali, delle regioni piu barbare o piu deserle : e gli e ad essl che vanno debitrici del ritrovamento ed introduzlonc delle piu preziose sostanze disseminate dalla natura nelle varie parti del mondo, le artl tutte che da esse traggono vita, incremento c profitto. Ed e iiclle esplorazioni e nei viaggi f itli alio scopo di raccogliore le piante e rilevarne le qualita, che si spiega oltre 1 amore di questa scienza, il talento di osservazione, lo spirito di confronto, la lafolta di astrarre, generalizzare e dedurre, I'abilita di ravvicinare e distinguere. \i la die il botanico impara cosa sia flimiglia e genere, cosa specie, e cosa sia varieta ; la ch' egli addestra I'occhlo a cogliere con sicurezza i caratteri del por- tamento, que' caratteri che non si possono descrivere con parole, ma che pure son s\ splccali ed evident! per chi s' e alcun poco esercitato a vedere e racco- glier piante, son s\ utili alia distinzione delle specie, pcrclie ne fanno a prima giunta intravedere ed indovinare le diiferenzc ; e la che imparansi 1' indole dei vegclabill, le loro abitudini solitarie o sociali, le loro simpatie od antipatie, il suolo, I'elevazione, I'esposizione che prediligono ; e la che si acquistano le prime e prlncipali nozioni della loro organografia; e la, inline, per chiudere colle parole lesle pronunciate dal prof Decaisne nel tessere 1' elogio funebre dell' illustre Adriano di Jussieu, e la che apprendesi ad osservare, e che rivelasi la vocazione DEL M. E. PROF. ROBERTO DE VISIAM 239 del nalurallsta (Dccaisnc, Not. hist, sur monsieur Adrien de Jussieu, seanc. publ. du 8 nov. d854 de la soc. d agriculture. Paris 1854, pag. 50). Ora lulli qiicsti vantaggi li tlevc 1' amcna scienza alia filografia, e rimmziaiulo ad essi col negligere di quest'ultima I'esercizlo e lo sl'iidlo, niuno e che non vegga quali e quanli daniii ne slaiio per derlvare alia prima. Colliviamo adiinque la fisica vegetale con quell' amore c con quella diligenza che ben si merita 1' importanza gravissima delle sue indagini, ma facciamole sempre precedcre lo studio dei carat- teri eslerni del vegetabile e del modo di bene esprimerli, giacche su questi sta il fondamento di ogni classificazione, senza di cui nessun ordinc e possibile nella scienza. Ho stimato acconcio di addilare, con quanto dissi fin qui, il funesto peri- colo, cui vanno inconlro le scienze del regno organico col trascurare quella uli- lissima parte di esse, che alcuni con assurdo dispregio chiamano la parte empi- rica, si perche le conseguenze ne sarebbero dannosissime tanto alle scienze stesse quanto alle loro utili appllcazloni, s"i ancora per giustificare, se fosse d'uopo, lo scopo precipno di questo scrltto, ch' e volto ad illustrare parecchie piante che a me sembrano nuove. E dico che tali esse mi sembrano, giacche nel numero infi- nite delle opere speciali, degli atti accademici e de' giornali che registrano le incessanti scoperte di tali esseri, e impossibile oggidi a chi che sia 1' affermare cio con slcurezza. Mancano pero esse nelle opere piii generali e plii classiche fra le recenti, per cui non sara inutile il proporre di aggiungervele, e di porgerne a tal fine la descrizione e la storia. Che se per avventura si trovasse in appresso, che alcune di queste piante fossero state descritte altrove, lutto il danno, se ve n' ha alcuno, consistera nell' avere creato un nuovo sinonimo, che sara fiicile 1' obbliare ; ma la descrizione che or se ne porge restera sempre, se non a rettificazione od a compimento, almeno a confi:'rma di quella datane dal primo autore, e questa duplice rilevazione de' lor caratteri sara sempre utilissima a fondar meglio il giudizio del lor valore specifico. d .° Fra le piante che or prendo a descrivere, siccome per grandezza di proporzioni, cos\ ancora per importanza e per pregio vuol esser posto in capo alle altre un puio osservato gia sin dal 1819 sul monte Ida dcH'Asia Minora dal nostro socio I'egregio viaggialore naturalisla sig. Alberto Parolini, delle cui scoperte botaniche in quelle regioni ho qui htto un saggio fino dai primi mesi m cui ebbi 1' onore di appartenere a questo i. r. Istituto, il quale accolselo nel 240 ILLUSTRAZIONE DELLE PlANTE NUOVE 0 RARE, EC. primo volume dl sue Mcmorle. Dai semi cli' el reco scco dall' Ida bilinico na- cquero parecchie piante, clie ora rendono singolare, colla bizzarra ma pittoresca slrauezza del porlamento, il ricco ed elegante giardino del Parolini a Bassano, ov'ebbi I'agio di ammirarlo e descriverlo. Si c questo un albcro cbe cola giunse in 34 anni ad un'allezza di 15 mclri, mentre alia base il sue tronco ha gia due melri di circonferenza. Qupsto tronco c assai profondamcnte solcato per lo lun- go da spesse e larglie screpolature, clie ne fendono la cortcccia in brani assai lunglil e grossi ; i rami nascono verticillali a Ire a cinque e piu, divergono dal tronco dai 45 agli 80", son torti, flessuosi, coperti di epidermide grigia, sparsi regolarmente di squame carenate, bislunghe, acuminate, cbe poi col tempo per- dono la loro punta, e nella parte superiore vestiti di foglie sottili, un po' rigi- de, piano-convesse, verdi, acute, scabre nel margine per esser questo cartilagi- neo, e finisslmamente segbettato di denticelli volti all' insii, cliiuse a due a due nella base entro a guaine circolarmente rugose e lunghe da 5 a 6 millimetri. Le foglie son lungbe invcce dai 43 al 48 cenlimetri, larglie da inio a due mil- limetri, e nella superficie piana striate. I fiori trovansi nelle ascelle delle foglie superiorl: i maschi disposti in amcnti lunglii, cilindrici, ottusi, ravvolti alia base da brattee lanceolato-lineari, pettinalo-lacere, ed argentlno-membranacee nel margine. La cresta delle antere e quasi orbicolare ed intaccata all' Inlorno. Gli strobili giovinetti, cbe stanno sotto gli amenti mascbili, sono sostenuti da un pe- duncolo coperto di brattee siuiili alle precedenti e di poco plii corto di essi ; sono eglino verticillati e per lo piu in numero di cinque, cretti, ovali, ottusi. con isquame la cul parte esteriore c fornita un po' sopra del mezzo di un unci- netto breve ed acuto, e cio specialmente osservasi nelle superior! ; il quale unci- netto svanisce col crescere delle squame, riducendosi nel vccchio cono ad una brevisslma ed ottusa verruca. Gli strobili o coni, maturl e cbiusi, trovansi di- sposti in verticillo da 2 a 5, assai raramenle solitarii per aborto degll altri. sono di figura ovato-conica, troncatl alia base, brevissimamente peduncolati, e ritti 0 quasi orizzontali sul ramo, piu brevi delle foglie di una meta. Le loro squame hanno la lor superficie estcrna, od apofisi, lucida, di color castagno cbiaro, di figura romboidea e divisa medlante una linea rilevata ed acuta in due molii, delle quail la superiore e convessa, 1' inferiore piana e Iraversata ver- tlcalmenle da un' altra linea piu acuta e saliente. Nel mezzo dell' apofisi havvi una specie di cicatrice o scudo (umbo) ovale, grigiastra, schiacciata ed inerme, da cui parlono spesso irregolarmente delle screpolature o strie che si perdono DEL M. E. PROF. ROBERTO DE VISIAM a ^iiisa (li raggi nelle due meta dell' apofisi. La squama intora ha forma ovata a rovescio e porta due noceiuoll o semi iiirassati nella parte sua inferiore e nella superficie interna di questa. Li nocciuoli sono di forma ovale romboidea rotondati alia base, convessi nelle due faccie, e circondati nella parte superiore da un' ala membranosa, trasparente, segnata di lineette di colore rossiccio-bruno, la quale ha forma di trapezio nella parte superiore, e prolungandosi allingiu circonda la meta inferiore del seme con un margine membranoso, che e piu cospicuo nella faccia superiore ed interna di quello che nella esterna. Quest' albero adulto ha la chioma disposta in ombrella, disseccandosi, col crescere, i verticilli inferior! dei rami, specialmente quando cresce fra mezzo ad altri, e mal si regge diritto, per cui lanto spontanco che colto, ha il tronco inclinato e quasi rovesciato verso la terra. Altro carattere, che gia in esse noto il suo scopritore, si e quello di mandare dai rami e dal tronco copiosissima resina, che viene raccolla neir Ida con molta cura dagli abitanti dell' isola di Salamina, che ivi si tra- sferiscono in gran numero a tale oggetto. Nel raodo istesso, dice il sig. Paro- lini, che nelle pianure lungo le spiaggie dell' Arcipelago abbondano le selve di quercie formate dalla Quercus Aegllops che somministra la vallonea, dalla Q. pseudococcifera, dalla Q. infecioria, e dalla Q. trojana Webb, le pendici e le vallate del monte Gargaro o Ida son ricoperte da questo pino, che pre- domina suUe altre piante in que' monti. La prevalenza di una specie di pino in un dato luogo, con esclusione delle altre specie, venne altrove osservata, ed il Parolini cita ad esempio il Piniis Cedrus, che predomina nelle giogaje del Ijibano, ed il PInus halepensis, su tutte le spiaggie del Mediterraneo, il Piniis Pinea, che costituisce la grande pineta ravennate (se pur questa non e il pro- dotto dell'arte), il Pimts canariensis, che regna nelle isole di cui porta il nome, cui potrebbe aggiungcrsi il Pinus brutia del Tenore. che forma ampic selve nella Calabria, il Pinus Laricio Poir, che cinge de' suoi boschi meta dell Etna, il P. Pinsapo Boiss. che nc forma di ancor piu vasti nella parte occidentale del regno di Granata in Ispagna. Questo pino fu confuso finora or col P. Palla- siana Lamb., ora col P. halepensis Mill., ed ora col P. marilima Lamb. Di- stinguesi evidentemente dal primo ( sotto il qual nome fu primieramente indi- cate dal Parolini 1' anno 1842, nel catalogo dei semi dell' orto suo) che e una varieta del P. Laricio Poir., per la forma della sua chioma foggiata ad ombrella, ne gia piramidale come nell'altro. pegli strobili una meta piu grandi. per I'apo- fisi delle squame liscia e lucente, per lo scudo che sta nel mezzo della medesi- VI. 31 242 ILLUSTRAXIONE DELI.E PlANTE NUOVE O RAUE, EC. ina. piano, ne g!a elevalo e nel ccntro scavato come lo e nel P. Laricio. Dal P. halepensis disparcsi pure per la forma ad ombrclla, le foglu; pin forti e piu liin- ghe, lo strobilo quasi sessile, piu largo alia base, ed orizzonlale od erelto, I'apo- fisi lucida, lo scudo piano. Piu che ad ogni altro accoslasi pe' suoi caraltcri al P. maritiwa descrilto e figuralo dal Lambert, con cui ha pure comune la copia grandissima di resina die mette dalle screpolature del Ironco e de' lauii, e I'uso che di questa fanno i Gre( i per concillare un miglior sapore ed una inaggior durata a' lor vini. II pino maritimo del Lambert e una specie assai contraslata, e percio confusa ora col P. Laricio Poir., come fecero I'Aiton ed il Koch, ora col P. Pallasiana Lamb., come feceil Pallas, or col P. Pinaster^ Soland., come il Lamarck, ed ora col P. halepensis Mill., come il Boissier, il Tenorc e piu altri. Questa discordia gravissima degli aulori sul sentenziare di detta pianta deesi probabilmente a cio, che il Lambert nella spleudida opera sua intitolala : A de- scription of the genus Piiius. Lond. 1828 ed. II, rapprescnto nella lavola 6 fig. AA un ramo frullifero di un pino con cono fornilo di grosso e lungo pedun- colo rivolto air ingii'i, molto simile al Pinus halepensis, e nelle fig. FG della stessa tavola, due coni a peduncolo piu corto, piu grosso ed eretto, e di forma pill largamente ovala, piu acuminata c maggiore, e piu simile al noslro, che sem- brano percio diversl da quelli rappresentati dalle fig. AA. Checchc sia di tali differenze, il pino marittinio, secondo le descrizioni datene dal Lambert nell'opera teste citata, dal Link nelle sue Abietinae H. li. Bero/inensis cultae, pubblicate nel volume XV della Linnaea, nonche dall" Endlicher nella Synopsis conije- rarum, Sangall. 1847, differisce da quello dell' Ida per gli strobili per lo piu solllarii forniti di lungo e grosso peduncolo ricurvato all' ingiii, piu corti, piii ovati, per I'apofisi senza carena e depressa, mentre nel nostro e segnata da una carena trasversa prominente ed acuta, e quest' apofisi e convessa nella meta superiore. Le foglle ancora nel marittimo superano di due volte la lunghezza del cono, mentre in quello dell' Ida di poco il sorpassano. Finalmente nei coni giovani le squame sono mucronate nel noslro, inermi nel pino marittimo. Per quest' ultimo carattere polrebbe forse assomigliare al pino da me descritto il P. maritima dello Steven (De Pinuhus tauro-caucasicis, n.° 4), che secondo quanlo ne tocca il Link nel luogo sopra citato, ha le squame superiorl mucro- nate come nel nostro, ciocche, a delta di que' botanici, non fu ancora osservato nel P. maritima Lamb. Nella recente opera intitolata: Traite general des coni- feres, Paris i854, il sig. Carriere riporto il pino del Parolini al P. pyrenaica DEL M. E. PROF. UOnERTO DE VISiAnI 2^3 del Lapoyroiise, e vi associo pure in parte il P. maritima del Lambert, cioe le due fig. F(r ,della tavola 6." di qiieslo autore. Non avendo io vedulo il vero P. pyrenalca, od almeno i suoi coni, non posso dare alcun sicuro giudizio sulla esattezza di tale raccostamento : ma s' e giusto il siuonimo chc gli appone il Carriere del Pinaster Iff hispanicits del Clusio (Hist. ]»1. r. p. 33), egli e facile a riconosrcre come ne la figura, ne la descrizione data di questa specie da quel vecchio ma accurato botanico rispondano alia pianta del Parolini. Non la figura perche rappresenta un pino con un cono solitario lungamente peduncolato e pendente qual e quello del P. maritima Lamb., tab. 6, fig. A, con foglie assai corte. Xon la descrizione perche il pino del Clusio non passa la statura di un uomo, ha scorza poco grossa e poco rugosa, foglie esili, coni gracili e picroli, i quali caratteri son del tutto opposti a quelli del nostro. II P. pyrenaica Lap., parrebbc ancora diverse per le foglie pennicillate sulla cima del ramicelli, che nel resto son nudi, per I'apofisi delle squame conica, che nel nostro e appena convessa, pel lato inferiore della medesima longitudinalmeute solcato e non carenato. La figura del cono che ne da I'Antoine (Conifer, tab. I, fig. IV), e la meta minore del nostro, e rappresenta le apofisi assai rilevate : quella del Lambert, tab. 6, fig. FG, citata dal Carriere, gli somiglia nella forma e nella grandezza, ma ne diversifica per essere ambedue i coni visibilmente peduncolati. Per le quali ragioni e per essere il P. pyrenaica Lap. (Suppl. a F hist, des pi. des Pyr., pag. 146) una pianta dubbia, come lo sono molte altre di quell' au- tore, che lo descrive come un albero che cresce diritto, ha i ramoscelli coperti di scaglie rotondc e le squame del cono plane con 4 a 6 angoli, ciocche non si scorge nel nostro, avvi ragione a credernelo ben distinto, per cui dal nome del primo suo scopritore ed introduttore mi e grato d' intitolarlo PiNus Parolimi Vis. Tav. L P. Joliis geminis rigidiusculis, margine cartilagineo-serrulatis scabris, vaginis rugosis longiusculis, strobilis omto-conicis, basi iruncatis, oppositis ver- ticillatisque, subsessilibus, patiilis eredisve, folio paullo brevioribus, squama- rum apophysi latere superiore convexa, argute carinata, nitida, umbone de- presso radiatim rimoso; juniorihus ovatis, pedunculatis, erectis, squamarum dorso recurve mucronatis, seniimim ala trapetioidea nuculam ter superante ejusque basim obtusam anguste marginante. 244 ILLUSTRAZIONE DELLE PIANTE NUOVE O RARE, EC. I Syn. P. Pallasii Parol, scm. h. bot. Parolin. 4841, pag. 3. Hab. in devexitatibus, vallibiisque montis Idae in Bitbynia, iibi haec sola species vastas conficit sylvas. Observavit ibidem jam ab anno i8I9 inque hor- tinn proprium e seminibus eduxit pluribusquc communicavit el. Albertus Paro- lini. Fl. Apr. Maj. Spiegazione della tat'ola I. \. Due porzioni di foglia per fame scorgere la forma piano-ionvessa. e i margini segbellali. .. !.:• 2. Base di due foglie cbiuse nella vagina. • 3 — 4. Amento maschile. 5—6—7. Antere. 8. Amenli femminei verlicillati. 9. Strobile un po' piii avanzato nel suo sviluppo. iO a i5. Squame del medesimo in diversi gradi, ed in diverse aspelto. 16 — 17. Squame di un cono piu adullo. 18. Strobilo o cono mature. ' ■';;)...■' 19. Squama di tale strobilo nella sua faccia esterna. 20. La stessa nella sua faccia interna coi semi. 21. Seme, e nucula, veduto dalla parte cbe guarda la superficie del cono. 22. Seme, e nucula, veduto dalla parte che guarda 1' asse, ov' e piu evi- dente 1' orlo membranoso che ne circenda la base. 2." Altra conifera sempreverde celtivasi da molti anni nell'erto di Padova sotte il nome di Juniperus thurlfera L., ma questo nome per le ragieni cbe addurreme in appresse non le appartiene. E un albero di 3 a 5 metri di alzata, a trenco ritto, cilindrice, vestite di corteccia, la cui buccia esteriore e fesca e si sfeglia in larghi brani, a rami distesi orizzontalmente, piuttoste radi e assai lungbi, a ramicelli tutti coperti di minutissime fogliuzze opposte, addossate r una suir altra a simiglianza degli embrici, ovate, coi lati della base ineguali e percio di figura che tien del rombe ; di colore verde-chiaro un po' glance. Nei ramoscelli piu gievani trovansi talvelta altre foglieline piu lunghette, piu acu- minate e colla punta piii divergente dal ramo. Alia base de' ramicelli e da quel late di essi che guarda 1' apice della pianta sergene altri ramettini minori rive- r)P:L M. E. PROF. ROBERTO DE VISIANI 245 stiti al par dcgli altri di fiUe c minute lofijlic, 1 quali portano in capo tre o qiial- Iro liorelli femminci costituili da un pislillo a tre sligmi, cui succede un frutto o coccola quasi rotonda, grossa piu del ginepro comune o in quel torno, di un colorito nericcio velato di cilestro, da cui s' alzano quatlro o cinque bilorzoletti opposti ed otlusi, e contiene 3 o 4 semi ossel rotondeggianti, convessi nell'ester- na lor parte, rettangoli verso 1' asse del frutto ed a maturita nereggianti. Dal J. thurifera di L. o /. sabinoides del Grisebach, con cui fu scambiata sinora colesta pianta, e con cui presenta la maggior somiglianza, dlstinguesl pe' frutti rotondeggianti, ne gia conici alia lor base, e pel colore verde glauco delle sue parti. Per lo che potendo essa conslderarsi distinta dalle altre finor descritte, potra essere definita nel seguente modo, e portera il nome del benemerito pro- fessore, sotto cui la detta pianta fu Introdotta nell'orto nostro, il dott. Giuseppe Antonio Bonalo JUNIPERUS BONATIANA Vis. Tav. I.* J. arhorea glaucescens, ramis palentissimis, Joliis oppositis deiussato- imbricatis, adpressis, ot'ato-rhombeis, apice gibboso-tri^onis aculiusculis, dorso glandula oblonga impressa nolatis ecaririatis, junioribus acuminatis pungen- tibus erecto-patulis, ramulis tetraquetris^ Jructiferis strictis brevissimis, gal- bulis pedunculatis globosis tuberculatis. Syn. J. thurifiira H. Pat. non L. Hab. Colitur in H. Patavino ubi fructificat Majo, Junio. Galbuli nigro- coerulei, 4 — 5 tuberculati. Obs. Affinis J. sabinoidi Griseb., /. turbinaiae (jrusson., /. tliurljerae L., quae differt colore totius plantae laete viridi, et galbulis obovato-ovoideis, basi breviler prolractis. 3.° Un altro ginepro ancora mi fu dato di veder coltivato sotto nome non vero nel giardino del nob. sig. Jacopo Cabianca alia Longa nella provincia Vicentina, che il ricevette dagli orti del Belgio per il Juniperus phoenlcea di Linnco. Si e questo un arbusto di circa due metri, a rami spessi e distesi, o leg- germente incurvantisi colla punla all' insu, a ramoscelli, per la disposizione incrociata delle foglic, quadrangolari, a fogliolin*! tutte adossate I'una sull'altra, ovate acute un po' romboidce. 11 frutto e coperto di un polviglio leggermente 246 ILLUSTRAZIONE DELLE PIANTE NUOVE 0 RARE, EC. ceruleo c maturando diventa bruno rossiccio, opaco, rotondo, ma scliiaccialo c (|nasi infossato nell' apice, che spesso dividesi in due o tre lobl grossi e rolondi, cui corrispondono nell' inlerno i due o tre o quatlro noccluoli o semi ossei con- tenuti nel iVutto slesso. Quest! e porlato in vetta da un ramicello o gambetto brevissimo e piii corto di esso. Diversifioa queslo ginepro dal J. phoenicea L., per la foruia e colore del frutto, per le foglie acute e i ramicelli quadrangolari, ne gia clliudrici come I'altro. Pvitenendolo nuovo, ne intltolo la specie aU'egregio orlicullore sig. Cabianca, che con raro vincolo accoppia Tamore de'naturali studj a I cullo felicisslmo delle lettere. JuTStiPERUS Cabiancae Vis. Tav. I.** J. arhorescens, viridis, ramis precio-putulis, foUis oppositis, omnibus lie- cussalo-imbrkatis adpressis ovato-rhomheis acutis, dorsi convexi medio glan- dula ohlonga impressis, ecarinatis, ramulis tetnuiuetris,fructijeris striciis bre- I'issimis, ga/buJis pedunculatis subglobosis, apice retusis sublobatisque, opacis, laevibus, demum mgro-coenileis. ■ Hub. Colitur in H. Cabianca, sub nomine J. phoeniceae, cui simllis, sed a qua differt foliis acutis, ramulis tetraquetris et forma galbull apice truncati vel etiam emarginati et bi-trilobi. Color etiam fructus qui zizyphinus et nitidus in J. phoenicea, in nostra fuscus opacus. 4.° Son pochi gli amatori di plante che non conoscano e non posseggano quel grazioso arboscello giapponese, la Daphne odora, che rallegra le stanze elegantl coUa verdezza nitida delle sue foglie e piu ancora coll'olezzo soavissimo che tramandano le ciocche bianco-rosate de' leggiadri suoi fiori. Questo genere adorna delle sue specie ogni parte del globo, e fra quelle che sono in Europa si nolano per propriel.a mediche la Daphne Mecereon, che fornisce una cortcccia vescicatoria e la Daphne Gnidium, che da il Cocco Gnidio e la scorza di Time- lea, mentre dislinguesi dalle altre per modeslia di proporzioni e per soavita di profumo il Cneoro, che piacesi della vetta solitaria delle piu alte montagne, e schernisce e sdcgna gli sforzi de' piu abili orticultori, che inutilmente si ado- prano a dimesticarlo e crescerlo nei giardlni. Ora una nuova specie e d indole pill mansueta e gentile ci venne dal Messico ad accrescere il novero delle piante odorose, che per la maggior parte degli amatori son sempre le piu pregiate. E DEL M. E. PROF. ROr.ERTO DE VISIANI 247 un piccolo arboscellelto, clic appeiia aggiiingc a iin piedo di altezza, a tronco erctto cilindrico vcstito di scorza Icvij^ala e bruna, clie superiormente dividesl in pochi rami. Le foglie sono affollate sulla sola cima di questi ; son sempre verdi, d'un verde scuro sulla faccia che guarda il cielo, palllde ed un po' glauche al di sotto, di forma bislunga, aU'apicc un po' piu larghe ed oUuse, delle quali le giovanelte lucidissime e prive di peli nelle due faccie, ma cigliale radamente di lunglii peli sparsi pel margine. In capo al ramo sta il mazzolino di fiori, che e senza gambo, ma circondato di foglio fiorali piu corle delle altre, e piii addentro a queste da brattee bisluughe acute ed olUise molto minori dei fiori slessi e delle allre foglie. 11 perianzio del bore e peduncolato, ipocrateriforme, con Uibo cilindrico carnoso bianchiccio, ed il lembo e spartito in quattro parti ovali e quasi cuoriformi alia base, ondegglate ed orizzontali. Xell' interno di esso sono attaccati gli stami in due serie, quattro superiori e quattro inferiori, fra di loro alternanlisi, con fila- mentl trc volte piu brevi delle antere, che sono ovate un po' acute, chiuse nel tubo, e meltono un polline di colore ranciato. 11 pistillo ha un ovario blslungo un po' assottigliato alia base, pedicellato, sericeo, piu grosso all' apice ed ivi vestito di folti velli, con una sola cavita contenente un ovicciuolo pendente; uno slilo brevissimo, ed uno stimma foggiato a disco, grosso, ombelicato e coperto di minutissime papille. L" ovario e sostenuto da un gambo o ginoforo elevate verde, glabro, piu breve di esso, che sorge da un disco ipogino, verde, liscio ed intero, che 1' attornia alia base. Questa pianta venne mandata anni sono dagli orti del Belgio al nob. sig. Cabianca col nome di Daphne ex Mexico. Hicono- sciutala nuova, nfe potendo serbarle il nome della sua patria, perche il medesimo distingue gia un'altra specie diversa da questo, ho stimato atto di giustizia 1' im- porle il nome di nobile e coltissima giovinetta, la sig. Elisa Parolini. la quale ad una rara perizia nel disegnare le piante, di cui porgono s'l bell' eserapio le tre tavole precedenti' da essa si maestrevolraente condolte, accoppia cognizioni tali in ognl ramo della botanica, da succedere degnamente alle Perpenti ed alle Fiorini ove le piacesse di dedi( arsi di proposito a coltivare 1' amena scienza. Daphne Elisae Vis. tab. II. D. florihus terminalihus af;f;regatis pediincuhitis, extus lamiginosis, laciniis perianthii subcordato-ellipticis , apice rotunJalis emarginatisi^e , fo- liis oblongo-oboi>atis obtusis coriaceLs glabris margine subrevolutis, jnniori- 248 ILLUSTRAZIONE DF.LLE PIANTE NUOVK O RARK, l.C. hux Jloralibusque Jlore hreviorihus margine pilosiusculis, caulis erecti raiiiis puherulis. > ,.! . , jv - Hab. in Mexico. Floret vere. Flores albo-rosei suaveoleiiles. Syn. D. Delahayaiia Horlul. Obs. Inter Daphnein Cncoriim et D. colliriam media, illl floribus a foliis exsertis, hnic foliis similis. Dlffert vero D. colliiia floribus scssilibus, laciniis periantliii ovatis, foliis sublus villosis, floralibus flores supcrantibus: D. Cneorum. foliis obverse lanceolato-linearibus glabris, laciniis perianthii oblongis, tubo ner- vnso, pecUmculato, caulibus decumbentibus. Spiegadone delta tavola. ' >i A. Fior ingrandito con una foglia fiorale. Bli. Perianzio ingrandito ed aporto. - C. Antera con apicc acuto formato dal connettivo. D. Pislilli col disco ncttarifero, I' ovario irsuto, lo stilo brevissimo, e lo stimma grande orbicolare. . ' ' 5. Fino dal mille ottocento c quaranta visitando io 1' orto botanico della reale Universita di Torino vidi coltivarvisi iin Eupatorio nato da semi, che mando dal Cliiri il bcnemerilo ed infelice Berlero, e sembrandomi nuovo gl'im- posi il nome del chiarissimo botanico e direttore dell' orto slcsso il prof. Gia- cinto Moris. La facilita di coltivarlo e moltlplicarlo, e la copiosa e leggiera fio- ritura di qucsta pianta per gran tempo dell' anno, lo resero ben presto comune prcsso tiitti gli amatori di piante, cbe in esso acquistarono un ornamento dure- vole delle stufe, ancbe nella stagione in cui piCi scarseggiano i fiori. Si e questo un frutice di oltre un metro di altezza, a tronchi e rami cilindrici lisci, glabri, a foglie opj)oste, sode e quasi carnose, con nervature pennate e poco prominenti, ristrette a conio ed intere alia base, dentate pin o meno leggermente dal mezzo in su, a denti quasi ottusi, e che finiscono con nna ghiandola, pallide al di sotto, ove vedute coUa lente appajono punteggiate di miniitissime gbiandolette. Una folta cima di fiori orna la sommita de' rami, ed e formata di brattee lineari acu- minate. 1 peduncoli e i piedicelli sono copcrti di pelurie minuta e crespa, e que- st! ultimi soverchiano in lunghezza 1' involucro del proprio fiore, ed hanno una o due brattee simili alle precedenti, ma un po'piii piccole. Ogni capitolo contiene DEL M. E. PROF. UOBERTO DE VISIANI 249 denlro iin involucro clliiulrico formalo di 8 a 10 brattcc ineguali piegale a cloc- cia c carnosctle, ed ora disposte irrcgolarmenlc, ora ordinate in due o tre serie, da sei a dieci fiorelli bianchi inihutiformi eguali, spartltl nel margine in quattro o cinque punte ovate, acute, orizzonlali od arrovesciate, nel dl cui tubo sta rin- chiuso il tubetto stamineo, ch' e bianco con cinque striscie nere, e fuor di essi sorge il pistillo con due stimmi lunghissimi subulati oltusi, divaricati o riflessi. Gli achenii o frutta son lineari, pentagon! oltusi, neri, glabri, coronati da un pappo di molte sctole scabre, che non superano il tubo del fiore. Trovasi questa pianta indicata ne' catalogbi de' commercianti soUo 1' erroneo nome di Acera- tium (forse AgeratumJ Gauitri. Non esscndo clla descritta fra Ic specie nume- rosissime di questo genere rcgistrate dal Decandolle e dal Walpers potra defi- nirsi cosl : EUPATORIUM IMORISII Vis. Orto botanico di Padova 4842, pag. 80, tab. Ill, Passerin, mazzett. di fior. Parm. 1855, pag. iO. E.Jruticosum sempervirens, ramis teretibus glahris,foUis oppositis petio- latis ovalibus utrinque cuneatis, laxe crenulato-serratis, dentibus glandula ter- minatis supra nitidis, subtus penninerviis , basi integris, capitulis terminalibus cymoso-corymbosis, pedicellis puberulis, involucri cylindracei 6 — iO — flori squamis arete imbricatis obtusis, apice piloso-laceris glanduloso-verruculosis eslriatis. Hab. in Chili. Colitur ubique in bortis, et floret toto anno. Fl. albi. Obs. Locum babel inter Eupaloria imbricata lylindrocephala DC. prodr. sysl. natur. V, pag. 14i, sed involucri squamae pauciseriales. Spiegazione della iavola 111. i. Capitolo di fiori dell' Eupatnriuin 31orisii \is. ingrandito. 2. Fiorellino ingrandito dello stesso. 6. Dall orto l)otani('o di Hombay nell Indie vennero a qiiello di Padova i semi di una IVuellia mandataci dall' illustre dotl. Gibson sino dall' anno 1847 col nome di Ruellia deccanensis, della quale diedi una breve frase specifica nel- VI. 32 250 ILLUSTRAZIONE DELLE PIANTE NUOVE 0 RARE, EC. r atto di pubblicare il calalogo de' semi da noi raccolli in quell' anno, sotto il nome di Huellia undulala, non sapendo trovarc alciin significato al nome pri- mitivo, con cui mi venne comunicata. E un' erba annuale di 4 a 5 ])oHi(i di altezza, a radice fibrosa assai lunga e ramificata, a tronco poco ramoso erello od ascendente, a foglic opposlc picciuolalc, ovate, otluse, ondeggiale ed inlere nel margine, a fiori ascellari solltarii, sessili, guerniti ognuno di due foglielte fiorali picciuolate, bislungbe. II calice e diviso profondamente in cinque parti lineari- lanceolate, quasi eguali, ed addossate strettamente alia corolla. Tutti questi orga- ni sono coperti di fitta, breve e moUe peluria. La corolla, c!i' e d' un color lllla pallido, e ipogina, con tubo angusto quasi ciliudrico, fauce panciula inibutiforme un po' curva, lembo diviso in cinque lobi rolondeggianti, smarginati, percorsi da una solcatura longitudinale nella interna lor faccia, e 1' infimo di cssi in questa faccia medesima segnalo di due pieghe, ciliati in una meta del contorno, nell'al- tra glabri. Nel tubo sono inseriti qualtro stami didinami con filamenti diritti, antere cuoriformi-bislungbe, bilobe alia base per cui s' altaccano al filamento, oltuse e mozze in ambe I'estremita. II pistillo ba un ovario verde, glabro, ovale acuto, uno stilo filiforme villoso, uno stimma diviso in due parti, 1' una dellc quali e brevissima e troncata, 1' altra bislunga arrovesciata all' ingiii e scanalata neir interna sua faccia. II frutto e una capsula ovale acuminata in ambe le estre- mita, liscia, gonfia, bivalve, aprentesi per deiscenza delle logge, divisa da un sctto che nasce dal mezzo delle valve, con quattro semi per loggia, e questi lentico- lari, piani, marginati, embriciati I'uno sotto dell'altro, attaccati al tramezzo per una briglietta o retinacolo che ve li unisce. Non trovando descritta siffatta spe- cie nel Prodromo di I)e CandoUe, ne in altre recenti opere filograficbe, credetti opportuno ripubblicandone la frase specifica di darne una descrizione circou- stanziata nonclie la figura. RUELLIA UNDULATA Vis. Sem. rar. H. Pat. 1847, pag. 4, tab. IV. /?. herbacea vehitina puniila, caule suhramoso, foliis Oi'atis petiolatis, margine undulalis integris, foribus axillaribus opposllis sessilibus, bracteis binis oblongis petiolatis basi munitis, calycis laciniis linearibus striclis, corolla infimdibiiliformi, capsula spaihulaio-ovali acuminata. Habui semina sub nomine Ruelliae deccanensis ex horto botanico ad Bom- bay a cl. doct. Gibson communicata. Fl. lilacini. Planta annua. DEL M. E. PROF. ROBERTO DE VISIANI 25i Spiegazione delta tavola delta Kuellia. 4. Capsula con brattee. 2. La stcssa maliira. 3. Seme. 4 — 4. Capsula ingrandlta ed aperta. 5. Seme Ingrandilo. 7. Coltivasi in parecchie collczloni di piante una specie di Clerodendroii col nome di Clerodendron splendens jl. atbo, che non ha punto che fare colla vera pianta di queslo nome. E un frutice di due a qualtro piedi, tutto coperto di fitta e corta peluria, con rami quadrangolari a lati piani o leggermente sca- nalati e di color cenerognolo. Le foglie sono opposte ed incrocicchiate, con picciuolo di mezzo poUice e disteso quasi orizzontalmente, con lamina lunga quasi tre pollici, ovale-lanceolata, ristrelta in punla ad ambe I'estremita ma piu verso I'apice, inlcrissima, o piu o meno sinuata nel margine, che lalvoita e un poco ondulato, verde-bianchiccia superiormente, piu pallida nel di sotto. 1 fiori sono distribuili in panocchia rada, composta di cime incrocicchiate trifide, o per aborto del ramoscello centra le bifidc, sostenuta da corto peduncolo. I pie- dicelll de' fiori son pid lunghi del calice, sparsi di brattee alterne acute e di peli distesi, con ghiandolette incospicue. II calice e un cotal poco carnoso, senza nervi, che ampiamente cinge il tubo della corolla, e nel frutto cresce alcun poco e rigonfiasi. La corolla e bianca o pallida, senza odore, glabra soltanto inferior- mente; il di lei tubo allargasi leggiermentc presso ad ambe lestrcmita, il lembo e ottuso e quasi regolare. Gli stami sono filUbrmi e lungamente sporgono fuori della corolla con antere saettato-ovate atlaccate al filamenlo un po' sopra la loro base e ncreggianti. 11 pislillo ha un ovario libero a quattro loggie con un ovulo per ciascheduna. uno stilo filiforme che supera gli stami di una meta, ed uno stimma diviso profondamente in due parti fatte a subbia ed acute. II frutto e una drupa o piuttosto un nuculanio chiuso nel calice un pocolino ingrandito, e coutiene da uno a tre e talor quattro nocciuoli. L' ebbe la prima volta 1' orto di Padova dagl' ii. rr. giardini di Monza, al cui benemerito direltore il chiar. sig. Giuseppe 3Ianetti m c piaciuto d' intitolarla fin dal 1848. 252 illustrazione delle plante nuove 0 rare, ec. Clerodeisdron Manetti Vis. Sem. h. patav. coll. ami. d848 et 1849, N. 2, lab. IV. CI. molUter subcanescens, ramuli quadran^ularibus, foliis petiolatis ovu- li-lanceolatis acuminatis integris, panicula terminali laxa, cymis trifidls, bra- cteisque obverse lanceolalis acutis deciduis pilosis, pedicel lis nutantibus, calyce campanulato hiante esquamato quinquefido, laciniis lanceolalis acutis apice conniventibus, corolla hypocraterimorpha superne extra puberula, tiibo cylin- drico, calycem quadruplo superante, limbo patente quinquefido. Syn. Clerodondron splendens Wlanett. cat. pi. h. modic. siippl. II, \y.y^. 9, non Don. Hab . . . Locum oblinct inter Euclerodendra paniculata Schauer in DC. prodr. XI, pag. 666, a quibus omnibus ibidem rcccnsitis dilFert. A CI. splendente Don, sub quo nomine saepius in hortis colitur, jam pri- ma fronte difFerl pubescentia, foliorum forma, panicula terminali, colore florum. . . . Spiegazione della tavola del Clerodendron. a. Fiore di grandezza naturale. b. Fiore ingrandito. c. Frulto maturo, e vestito dal calice. d. Lo stesso tagiiato orizzontalmente per vederne i quattro nocciuoli. 8. Una specie singolare di Teucrium distinta per la fillezza e compattezza della sua spica nacque fin dall'anno i846 all' orto botanico di Padova da semi inviatigli dall' orto farmaceutico di Trieste col nome di Teucrium Libanotis Schreb., da cui diversifica interamente. L' ebbe ancora d altra parte col nome non meno erroneo di Teucrium lamiijolium I rv. Studiatine i caratteri, e rile- vato distinguersi la medcsima da tulte Ic numerose specie di questo genere regi- strate nel Prodromo di De Candolle e nel Fiepertorio del Walpers, la additai per nuova fin dal \ 847 nel catalogo dei semi dell'orto nostro, la nominal Teucrium densiflorum, ne diedi la diagnosi, ed or ne compio la descrizione. E un' erba a radice perenne, vestita in ogni sua parte di peli moUi e cinerei, a molti tronchi quadrangolari spesso ramosi, a fi)glie opposte ovate, grossolanamente intaccate nel margine, troncate ed intere alia base, ottuse in punta, rugose e bollose al DEL M. E. PROF. ROBERTO DE VISIAM 253
  • K01-. UOUKKTO 1)K MSIAM i2o7 sorj^ouo (lal liibo dclla corolla, e soiio ili due liinghezzc con antcrc in'iiccic a loj^gic (liveif^enli alia hasp, ravvicinale ed iinilc all' apice. Oli acheiiii sono bis- liiiighi, rolondi p piibpscpiili alia cima. Somiglia al poiiamcnlo p ai caratteri alia Satuirja rupeslris Wulf. ed alia Micromeria daliiiatica Bcnlh. DilFpiisce la Calamiulha Fenzlii dalla prima per la laiice del calice pelosa c non iiiida, pej^li achenii rolondali in cima e non forniti di una ('uspide laterale, che si scorgc! pvidentemcnle nell' allra, benche il neghi 1' ill. Bcnlham. Diversifica poi dalla jyiicrotneria dnlinatica di questo aulore o Calaiiiinlha origanifolia Vis., pei calici pin liin;i,hi ap[)pna cancscenli e non irli, pei denti di qiipsti larj;;hi. ovati ed aciiininali, e non gia subulati, e per essere colesti denti molto piii corti, cioe tre voile plii brevi del loro tubo. Le parli verdi di questa pianta stropicciate inandano lo stesso odore della Satareja rupeslris Wulf. Calamintha Fenzlii Vis. Revis. pi. min. cogn. pag. 7, Venet. 1835. C. fruticii/osa adscendens, pube lenuissiina subcanescens , joliis petiotutis ihulo-rhombeis oicilibus^'e subserratis, Jloralibiis decrescentibus, racemis jolia- tis laxiusculis cymis pedunculatis 3 — 9- J/oris, calycis tubulosi pubescentis 13- upnii denlibiis ovato-acuminatis subaequalibus tubo triplo brevioribus, lu- lus barbatis, acJieuiis obloiigis apice rotundato puberulis. Syn. Micromeria dnlinatica Fenzl cat. sem. h. Vind. i85I, non Benth. Obs. Differl ab hac M. dalmatica Benlli. calycibus campanulato-tubulosis brevioribus hirtis, dentibus subulatis tubo paullo brevioribus. Antherae loculi apice juncti et basi divaricati ul in Calamiulha, nee e contra ut in Micromeria. 1 i. I ligiistri. celebrati gia da'poeti pel candore de' loro fiori. saccrebbero di recente di molle specie, che alia prerogativa de' fiori aggiungono la verdezza persistente ed immutabile delle foglie, e provenendo da climi simili al nostro. come la China boreale, il (Viappone. il Nepal, abbelliscono di nn nuovo orna- mento 1 hoschelti de' glardini e de parch i. Fra questi ne gira uno in commercio col nome di Liguslrum o^'alifolium, che avendo fiorito nellOrto botanico. mi si rivelo ben diverso da quello descritto gia dall Hasskarl fra le piante dellOrto botanico Bogoviense, se ne e esatta la descrizione riferita dal Walpers. e difFe- rente pure da lutti gli altri regislrall gia nel Prodromo del De Candolle. GH e VI. 33 258 ILLUSTRAZIONE DF.LLE PIANTE ISUOVE O RARE, EC. quoslo nil arbuslo a Ironco ritlo. a cortcccia di color bajo, srrepoiala, rugosa, a rami dislesi orizzontalmcnte, sparsi di Iciiticelle, e verso la cinia copcrti di ini- nuta peluria. a fof^lic cllitlichc od obhinghe, acute in piinta, e poco o nulla alia base, levigatissime d' anibe le parti, dun color verde cupo nella faccia, pallidc I' punleggiale finissiinamente nel dorso, rette da picciuoli scanalali, lungbi due lince. meiitre la lamina e lunga circa uii poUice e mezzo. I fiori sono ordinati sulla eslremila dei rami in una pannoccbia rada, a pcduncoli pubcscenti dislesi orizzon- talmente e forniti alia base di una braltea lanceolata cuspidata sessile, diraman- tisi in gambetti secondarii clie portano verso la cima un corto grappoletto da cinque a otto fiori pedicellati candidi, ognuno de' quali e provveduto di una brattea piccola lineare membranosa. II calice e fatto a campana e diviso nel margine in quattro denti brevissimi larghi ed acuti. La corolla e fatta a sotto- coppa e spartesi fino a meta in quattro divisioni ovall-lanceolate, acute e callose in punta, che s' arricclano arrovesciandosi, biancbe e di odorc alquanto spiace- vole, e simile a quello del Ligustrum nepalense del Wallicli. dli stami sono due attaccati fra le divisioni della corolla, a filamenti corti, ad antere bislun- ghe biloculari, smarginate ad ambe 1' estremita, ed attaccate al filamento pel dorso. II pistillo ba uno stigma ingrossato e bislungo, pubcscente, brevemente bifido air apice ; uno stilo cilindrico, che eccede del doppio la lungliezza del calice dopo cadutane la corolla, ed un ovario troncato od olluso incassato nel fondo del medesimo. Non die peranco frutta mature. Fiepulandolo nuovo ne aggiungo qui la descrizione specifica e la figura, aifincbe que' botanici clie pos- seggono esemplari autentici del vero L. ovalifolium possano assicurarsi se real- mente ne dilTerisca. Ligustrum Kellerianum Vis. L. ramis obtuse quadrangiilaribus patulls superne minute puherulis , Jo/iis petiohilis ovallbus oblongisi'e acutis acuwliiatisi>e coriacels glaberrimis. supra atro-i'irldibus nitidis, suhtus pallidis , panicula terminali braihiata laxa, nnnuUs pubescentibus patentissimis, bructeis foliaceis persistentibus, Jhribus biacteolatis pedicellatis seats ramulorum apicem brei'iler racemosis, stylo ca- lyceni dupio excendente. (]olitur sub nomine L. ovalijolii Ilasskrl, quod differt juxta diagnosini datam in Walp. Uepert. bot. VI, pag. 462 quam solum novi. ramis tere- ni:L M. K. Pl'vOK. ROBRRTO DR VISIANI :2o9 libus j^laberriinis, paniciila coulracla siibratciiiosa, et (lorllms subsessllibus fra- ^ranlibiisquc. Dixi in honoiem doct. Antonii Keller olim horto botaniro Pata- vino asslstealis dij;nissimi, nunc vicarii rci agrariae profcssorls egregii in Pata- vina Universilate. Obs. A. L.japonico Tli. praeter habituin gracilioreni, differt panicula palen- lissiina nee contraita, ct bracteis foliaceis persistentibus. -12. Un allro arboscello di qiicslo genere crescc pure rolllvato da puio tempo sotto il falso nome di Ligustrum spkatum. Arriva a due o tre piodi d al- tezza (negli escniplari da me vediiti), ha tronco e rami diritti, fittamente gremili di lenticelle ovali dlvise per lungo da una fessura, sparsi di peli lunghelli, eon foglie llscie, verdi di sopra, pallidclle al di sotlo ed ivi punleggiate minulissi- mamente, assoltigliantisi gradalamenle in una punla lunga e nell' ultima estre- mita un poco ottusa, la quale finisce nel mezzo in un pungolo aculo. Alia base si prolnngano esse in un pieciuolo sranalato, che non arriva a due linee di hin- gbezza. 1 fiori sono ordinati in pannoccbia fitta, i cui rami sono pelosi ed eretli. le brattee primarie lanceolate e iogliacec, le secondarie ovate membranose bian- chc brevissime ; i fiori relti da piedicelli glabri e piu lunglii del calice ; quesio brevementc tubuloso ed appena intaccato nell'orlo da quattro denti corlissimi e quasi ottusi; la corolla ipocrateriforme, il cui tubo e tre volte maggiore del ca- lice, il lembo spartito in quattro divisloni bislunghc rovesciate ed acute, gli stami e il pistillo come nel precedente. Essendo pei caratteri fin qui notati diversissimo dal Ligustrum spiailum dell' Hamilton, ch' e lo stesso che il L. nepalen.se del Walllcli. e dagli altri di cui bo potuto vedere le descrizioni, lo nomino Ligustrum Massalongiamim, Vis. tab. IV. L. ramis teretibns pilosiusculis crebre el conspicue lenticellalis ereclis, foliis lanceolatis acuniinatis mucronatis in peliolum attenuatis opacis glabris, florallbus lanceolatis persistentibus, punicuhie terrninalis coinpactae raniis ere- ctis piloso-pubescentibus, floralibiis pedicellatis glabris, stylo calycem dnplo excedente. Syn. L. spicatum Hort. non Ham. nee Dcm. Fl. eandidi. ingrate odori. Fl. aestate. Affine L. angustijolio Hort., quod differt, quantum ex specimine 260 IM.. DKLLK PIANTE NUOVIi O KAHE, KC. OKI. M. E. PROF. U. !)i: \ ISI AM liaud tloiido conjiicrc licet, loliis oblonj^o-laiueolatis, basi latioribiis. luargiiic sernilalo-scabris. subtiis glaucis, ramis velulinis absque lentieellis. Dixi in bonoreiii aniiri suavissinii. lielienologi aeerrimi, deque |»ab'(»n1ft- •;;raphia ve^dabiii itali( a appriiiie merili prof. L Ji. lM//i((>. Splegazione dell a hwola del Ligiistriim. a. Parle di ramo ingrandita per farvi scorgere le lenticelle ed i peli. h. Parte della paniincehia ingrandita per vederue meglio il bore ed i peli. {Leila it 15 liiglio 1855) / ■/ -v^ Pinna Papobim -Via. I .fiiniprriis Konatiana-Vis. Prriu.Lit _P.Pr«sfirrnii Tavi'. i 2 /r^ > "»- '"'j l«i«. .liiiii|M'iiis ('.-ihiaiiiat- Vi.s. Prr.! I.il.rrr..prr Tav ir o; (M^^^ f W-^ !'•■ Ill Kirr lhi/i/i,/r h'/f.s/f //i.v. Tav.Jli Ku|.«luiiH,„ M.lliji, - \i. •'•■""'""iron .Maii.-(U, - y,^ l^™- Lil K,rr »nu,mj„ iHiS I'iiv.lV l-iaiislnim M.is.s,-.l,.„nii,,„„„ _v,,,_ filK-lll.-l II Jill II 1,1 |,i _ ^'i, Pr.Tii.l.il Klpr ll«-p|.i/.r,. Id:;, S O P U A L ESTRATTO DELLA NOCE VOMICA E H MiNlERl ONDE OTTENERE L\ STRICIININi DEL MEMBBO EFF. ANTOINIO GALVA.M Processo per ottenere I'estratto alcoolico della noce pomica e, come conseguenza di esso, quello per separare la strichnina. J_ja preparazione dell estratlo della noce vomica, se mal non m avviso, offre argomento non dubbio a conoscere gll effetti di una totale, od almeuo difficile separazione dell' edotto efficace, 1' igasuraio di strichnina, per lo chl- mico modo di agire del solvente 1 alcoole, sopra uno dei coraponenti del seme, la mucillaggine , maniera onde agisce quello sopra di questa. cbe tanto puo da non vinrere negli elTetli la coesione medesima, la cui merce sono aggregate le molecole di questa parte orgauizzata del vegetabile, anzi ad avvalorarla cos'i per azion chimica di lui sopra di quella da impedirc la soluzione del preesistente sale alcaloideo. I metodi fin or suggeriti per otlenerlo, come non offrono identico il pro- doUo in quanto alia di lui composlzione, cos"i non porgono un farmaco di sem- pre egUcile e costante efficacia : questa effuacia di lui e in ragione inversa della quanlita ch' e dato raccorre. c la quantita ottennta e in giuslo rapporlo alia natura dell' adoperato solvente : e perche quanto e maggiore il prodotto, meno valgono i mezzi onde sceverarlo, cos\ e forza ammeltere necessaria la cono- 1262 sopRA l' kstuatto dkll.v noci: vomica, kg. scenza di una nianlera di oprarc clic allontanando pure gli effelli e dello inganno v della ignoranza, non lasci incerlo 11 seguace dl Coo nelle tcrapeuli- che prescrizioni. L' importanza aduuquc di tracciare una via, chc tolga ogiil dubbiezza in proposlto, fu loggetto per lo quale mi sono adoperato, e nulro speranza dl non essermi inutilmente appllcato Intorno a questa farraaceutica preparazione. L' igasurato di strifhnlna e 11 solo prlnciplo attlvo chc si contienc ncllo eslratto della noce vomica ; gli altrl, cloe la poca resiiia, e la poca gomma ad estraltlvo ridolla, devono la loro azioiie al sale alcaloideo a quelli unito. L' acqua e 1' alcoole di gravita specifiche difFereuli, furono suggcriti per ispogliar 11 seme dl quanlo racchiude, e come per la tessitura cornea di lui, egll mantlene una massima coerenza molecolarc per la quale e difficile 11 di luI rammollimento ed e percio fatta meno 1' azlon del solventl, cosi In modi diversi si e tentato agevolare la di lui contusione. Lasclo d' intrattenermi sn questo subbielto, facendomi a raglonare piutto- sto, e brevemente, sulla composizionc di questo farmaco, diversa in relazlone alia natura del solvente prescello. Si preferlsce infattl o 1' acqua o 1' alcoole piu o meno idrato, quail mezzl atti ad ottenere 11 ricercato prodotto. iSel primo caso e evidente che dovendosi sciorre la gomma, 11 poco estrattivo, la poca reslna ed il sale alcaloideo, tutti neir estratto si contengono qucstl edotti, per i quail la quantita che di lui si raccoglle, e copiosa. Ma essendo la gomma a mucillagglne ridotia, incfficace del tutto, il composto e fornilo di debole azione, e come sopra questa mucillagglne hanno potente inlluenza le variazioni igrometriclie e la tomperatura, cos\ il composto e soggetlo ora a rammollire, ora a farsi duro e lenace, coprendosi di una crosta ammuffita. Succede talvolta che in esso si ecciti un movimenlo di fermentazlonc, effetto della natura del prlncipj che lo compongono, per cui cangiasi la natural composizlone e, decomponendosi I estrattivo e la mucillag- gine, perde la omogenea sua dcnslta, si fa grumoso e s' indura per lasso del tempo. E vero che in tale stato acquista maggior elficacla, perchc sotto minor massa si mantlene Indecomposto tulto il preesistente alcalolde, non piii nella primiera condizione d' igasurato, ma di laltato : ma ccrto e d'altronde, che non idenllca e I' azione di esso, perche relaliva al grado di scomposizione sofferla totale o parzialc del prlncipj organici da' quail risulta. Fu da questa osservazione ch' ebbe origlne la scoperla di A. Corrlol, il DEI. M. E. ANTOMO G ALVAM 263 (|ualc propose la fermentazione del seme Immerso nell' acqiia onde distruj^- j;ere la iniicillagj^ine, v plu prcslo e faciliiicntc ottcncre la slriclinina. Da quesle coiisidcrazi(Jiii iinpertanto semhrami potcr iion a torto dedurre che 11 farmaco cos'i preparalo dcbba escliidcrsi dalla lerapia, s\ perche nou co- stante nella sua composizione, come perche e incerta la di lui efficacia. E facendomi ad esaminare 1' azione dell' alcoole, e duopo rifletlere che alcuu aiilorc prescrive dover esser la di lui densila di 36° in 38°, allri di 20° 24°, alia fine alcuno lo vuole da 45° a 20°. Riflcltendo coi primi, chiaro risulta che si raccorra pochissimo prodotto, il perche la gomma ch e in csso insoliibile, non piio esser matcriale componente r estrallo, e come qiiella abbonda piu di ogni allro principio, cos'i in relazione alia moha quanlila che col mezzo dell acqua si ottiene, c ch' e di poca effica- cia, massima deve risultare la difFerenza, tutto raccogliendosi in poca materia il preesistente alcaloide. L' azione lerapeutica adiinque di questo composto, che sara somma, sara in ragione inversa della ottenuta quantita. Diceva che la gomma e insoliibile nell' alcoole, per cui e poco il pro- dotto che per questo raccogliesi, mi e duopo anzi di aggiungere esser pure pre- cipitata merce dell'alcoole dalle di lei soluzioni per azion chimica. Questo modo di agire dell alcoole sopra di qnella in istato di soluzione, avviene anche in istato nalurale nel seme, facendola piu coerenle, come tale per esso risulta il tcssuto di lui, ed essendo per questa reazione minorata in esso la facolta di essere compenetrato dall'alcoole, non e dato sciorsi del tutto e facilmente 1' iga- surato di strichnina. Pviesce quindi piu lungo il procedere onde ridurre ad insi- pidezza la massa organica, e non torna economico attendere a questa condizione, a cagione della irreparabile perdila del menstruo nelle macerazioni e distilla- zioni necessarie. E ])er questo che nel mio csordire diceva che non sempre la sola coesione dei corpi rcnde difficile la separazionc d un qualche edotto, bene spesso oppo- nendosi a quella la chimica azione dei solventi sopra alcun altro principio pre- esistente neir essere organico che si vuol decomporre. Quando poi si facesse riflesso all' azione dell' alcoole di gravita inferiore alia sopraindicata. in ragione al grado di sua idratazione. varia la quantita del prodotto, e varia pure la efficacia del composto ottenuto. ^leno idrato e 1 al- coole adoperato. piu energica riesce I'azione di lui sul principio goimnoso, sicco- nie mezzo che avvalora 1 aggregazione molecolare, piu idrato s impiega. e viene 264 SOPUA L KSTRATTO BELLA NOCE VOMICA, KC. ineiio fiut'l modo speciale di agire sii di essa, prevalendo invecc 1' azioiie dell' a- cqiia (he si fa solvente in ragione alia propria quantita. Si avra impcrtanto attivissimo 1' estratio aviito per 1' alcoole a 36", ma in pothissima quantita, meno efficaco, ed in copia niaggiore qiiello dato dall' al- roolea 24°, abbondante il prodotto, ma di dcbole azione in senso relativo, laltro avuto dair alcoole a 16°, pochissimo attivo alia fine 1' aqnoso, sebbcne in (pian- lita snperiore ad ogni allro. Da quest i rillessi sembrami doversi concliiudere, non poter pretenderc chf ogni lannacia abbia un cstralto d' identica coniposiziono, e pcriio di ej^uale efli- cacia, differenti essendo i metodi onde ottencrlo, per la qual cosa, cbi lo prc- scrive dovra a ragione dubitare degli efFetti da esso spcrati. E come non ammettono controversie le esposlc considerazioni, cos'i bo crcduto opportuno rivolgere alcnn riflesso sopra questo argomento onde poter conoscere una maniera di oprare che sia conforme alia scienza, e che del pari torni a vantaggio dell' umanita sofferente. Cio premesso, ecco il riflesso rhe mi fu guida opportuna al proposito. Alia facile separazione dei principii direllamente, ed indireltamenle attivi, ed alia inalterabilita dell' estralto, si devono considerare siccome aniagonisti la compattezza cornea del tessuto organico del seme e la gomma : a vincer la pri- ma niente ahro e mestieri che ricorrere a lunghe e ripetute digeslioni di esso nell'acqua, a separar la seconda, gia in mucillaggine cangiata per lo primo aquoso Iratt.Tmento, abbisogna I'uso dell'alcoole, ed appunto percbe quella per questo e precipitata dalle soluzioni aqnose, traendo profitto di qnesta proprieta, si deve ottenere un estralto puro ed inalterabile per lasso di tempo. !n conseguenza di cio, fatlomi allespcrienza, mi fu dato riuscirvi, per cui mi faccio ad esporre il metodo che immaginava quanto facile nella sua esecuzione, altrettanlo ferace di costante riuscimento. " ' ' ' Dopo la eboUizione nell'acqua per circa due ore del seme grossamenle in- franlo, e vagliato pure ad oggetto di togliere il piu ch' c possibile dello invo- lucro lanuginoso, di che e naturalmente investito, vi si lascia digerire per circa !24 ore. poi si passa per tela e si preme in torchio la massa : quando sia dato di farlo, si schiaccia in mortajo di pietra il residuo, e si assoggelta dappoi ad un egual Irattamenlo, ripetendolo tre o (piattro volte se abbisognasse onde ridurre ad insipidezza la materia fibrosa residua. Le decozioni si fanno ogni giorno un poco svaporare, massime se la stagione fosse estiva, acciocche non si DEL M. E. ANTONIO GALVANI 265 (lestasse il movimenlo solito di fermcnlazione, cvaporazione, che si spingera fino alia consistenza di eslratto densissimo quando sara tompiuto 1' csaurimento del seme. Falto cio, si tratta a freddo qiiesto cstratto col doppio di alcoole 36°, som- movendo la materia con ispatola di Icgno, onde facilitare la disgregazione di lui, e percio la soluzione in qucllo della resina, dell' eslrattivo e del sale alcaloideo: dopo il lasso di 24 ore si decanta la soluzione, gia lattasi colorita, sopraver- sando al residuo dellaltro alcoole, e cosi ripetendo, finche spremuto in torrhio, e insipido assoliitamente. Fcllrata la lintura per carta emporetica, si distillano a calor del B. M., per raccorre tutto Talcoole, e I'avanzo della distillazione si fa svaporare alia densita ordinaria di estratto. L'acqua, merce del calorico, sciolse quanto nel seme si conteneva : I'alcoole sopra r estratto sciolse ed estrattivo e resina ed igasurato alcaloideo : la gomma ridolta a mucillaggine, che costituisce il residuo in esso insolubile, non e tocca dair alcoole. La compattezza del seme non resiste all' azione dell' acqua avvalorata da quella del calorico : la mucillaggine rappresa per azione dell'alcoole non affievo- lisce la di lui proprieta solvente degli altri principj fatti liberi, il perche non piu soggetti alia coesione delle niolecole organiche che a se li ratteneva, per cui questa preparazione e tutta appoggiata ad una semplice soluzione. L' estratto ottenuto e intieramente solubile nell' alcoole, imperfeltamente neir acqua, intanto che il residuo del trattamento alcoolico dell' estratto aquoso dapprima preparato e intieramente solubile nellacqua. ed insolubile nellalcoole. L' uno e aniarissimo, insipido I'altro: quello e di color giallognolo. e pellucido, inalterabile dal tempo, in quanlila di dr. 44 per ogni libbra del seme, e come in questo si contengono tutti i principj efficaci e solubili nell' alcoole, niente essendovi di cio cli' e inerte, cos'i e da ammettersi fornito del maggior grado di azione. Due condizioni ho stabilite nel proposto modo di operare : i ." La vagliatura dei semi macinati. onde sceverare il piu ch' e dato dal- r invohuro lanuginoso. 2." La riduzione ad eslralto densisssimo dei dccotti aquosi. In quanto alia prima, siccoinc la merce di stud) da me in passalo rivolti sopra quell' involucro, onde conosccre se contenesse brucina. seppi esservi del- I olio fisso, e della clorofilla verde azzurrognola. cosi la presenza di quel tessuto VI. 34 266 SOPRA l' KSTRATTO DELLA NOCE vomica, EC. sarebbe cagione che nei derotti e nellestratlo vi si associassero due principj pro- prj di liii : verrebbe da cio in consegiienza, che il prodoUo sarebbe impuro a cagione dell olio, per la qual cosa cello scorrer del tempo aqiiisterebbe un odore di rancido nauseoso. In quanlo risgiiarda la seconda, se 1' eslrallo aquoso non fosse assai dense, 1' acqua in esse conlenula sminuirebbe 1 azione dell alcoole sopra la mucillaggine ; si sciorrebbe allera nel nueve solvente, e non polrebbesi per tal guisa separar quell' edotte cui e diretta 1' operazione. La privazione impertanto di tuUa sorte di principj inallivi, la massima e costante efficacia del conipesto, sene condizioni per le quali debbasi accogliere questa maniera di eprare a preferenza dellaltre finer conosciute, almeno finche da piu esperti non fia dato conescere un mode migliere all' otlenimenlo di que- sto prodotlo. Processo per otlenere la strichnina merce il trattamento della noce vomica , sopraindicato. Non v' ha dubbio che le maniere propeste fin eggi alia separazione di que- sto alcaleide non sieno poco econoralche in quanto ai mezzi cui e fijrza ricorrere, tanto piij quando piacesse rifleltere alia pochissima quantita del prodotlo che si raccoglie, qualunque sia il medo di eprare. Sia pur quelle dell' eboUizione del seme nell' acqua o pura od acldata, e successive trattamento dei decotti con calce idrata, infine del precipitate strichninato, asciutto che sia, con 1' alcoole, perche scielgasi 1' alcaleide, sia quelle della fi?rmentaziene di lui, immaginato da A. Corriel, scomponcnde in appresso il sale erganico con una base, perche preci- piti la strichnina, processo che dal sig. Moulin fu pubblicato nel \ 849 in pro- prio neme nell' Anmiario delle scienze mediche del sig. G. B. Sembenini, ma ben molti anni innanzi fatte pubblico dal sue inventore nel Journal de phar- macie, ossia, infine, quelle dei sig." Henry e Plisson, che prescri\ono le ripe- tute digestioni del seme raspato nell' alcoole acidulate per scomporre diretta- mente il preesistente igasurate alcaloideo, e posteriere mescelamento nelle tin- ture di calce anidra, onde, saturando 1' eccesso dell' acide inerganico adeperate, neutralizzare il nueve sale prodotto che nell' alcoole islesso rimane sciollo, e fuor di dubbio che, a cagiene della tessitura cornea di quella parte del vegeta- bile, per cui si mantiene somma 1' aggregazione molecolare, e della molta gem- ma in essa contenuta, non emmessa la poca selubilita dell'edotte nell' alcoole, e DEL M. E. ANTONIO GAEVA.N1 267 assai liin^o il procederc, e, come diceva poc' anzi per 1' impiego e dispersione inevilabile dei mezzi atli a separarlo, e per lo scarso prodotto che vien dato raccorre, noii riesce 11 lavoro di relalivo compenso a quello che se iie occupa, e tanlo plTi quaiulo pongasi mente alle maggiori cautele ciii I'operalore e obbli- galo di praticare, pcnlie tratlasi di separare uu priiuipio di sapor amarissiino, d' azione sommamente venefica, eseguendo una farmaceutica operazione mala- gevole e nojosa in ogni sua parte. Non era imperlanto fuor di ragione pensare, che conosciuta la maniera con cui facilmente ottenere 1' eslratto, quel coniposlo cioe die in sc riunisce lulto il prlncipio altivo suUe sue nalurali preesislenti combinazioni, scevro da malerlall inerti, mi rivolgessi alia ricerca di un piii facile metodo, dei finor conosciuti, per separare la strichnina, del che sperava riuscirvi, dovendo a pien diritto considerare nell' estratto la prcscnza del sale alcaloideo, svincolata da que' legami die aveva per lo innanzi nel seme. Ed in- tratlenendo il riflesso alia composizlone delle tinture avute la mercc della lava- tura deir estratto aquoso con 1' alcoole, doveva stabilire che poca resina, estrat- tivo ed igasurato di strichnina fossero i soli principj costituenti, per la qual cosa deboli attrazioni dovevano esser distrulte per isolarlo. Acidulava infatli con acido solforico le tinture mcdesime, e turbavano con separazlone della resina: su quelle aggiungeva la ineta circa del loro peso d' acqua, e tanto piu si facevano torbide, feltrava c distillava il liquore tanto da raccorre presso che tutto I'alcoole : dopo il raffrcddamcnto del residuo della distillazione, trovava al fondo del recipiente poca resina pure raccolta, per la qual cosa ripeteva la fdtrazione : scolorava 11 liquore con carbon anlmale, e feltrato ancora, scomponeva con ammonlaca il gia sciolto soUalo alcaloideo : collo scorrere di poche ore, erasi crlstallizzata la strichnina: al B.M. faccva svaporare ed 11 poco alcoole ancora intromesso, e la poca ammonlaca, che in eccesso leggero aveva adoperata, e col raffreddarsl del liquido, un' altra porzlone dell' alcalolde si raccoglieva : finalmenle queste acque madri, dalla reazione dl poca ammonlaca che rlversava, ml porgevano scarso sk ma un altro prodotto. Piaccolle tutte e tre le scparazlonl, salificate con acldo solforico dllulto, sco- lorata la soluzione con carbone, e fdtrata e scomposta con ammonlaca, aveva la strichnina pura e bianchlsslma. Lasclo 1 moltl rlflessl che pur potrel rlvolgere sull' ultimo processo Imma- glnato dal sig. Paters, nel qual processo, da me ripetuto, cbbi a conoscere che molte delle condizloni da esso suggerite non corrlsposero merce dell' espe- ;268 SOPRA L ESTU. UELLA NOCE VOM., EC. DEL M. E. A. CAVALLI rienza. poteiulo invecc rassicurarc chc essfiulo molti anni che da me ad ogni altro si prcferisre il processo suesposto, mi fu sempre piii conforme dej^li altri nt'l riuscimento. E che sieno, molli anni cht- da nie venne ed immaginato ed usato, puo fame fede il prof. Ccnedella, cui nel luglio del i 847 glielo comuni- cava, ed alia cui presenza preparava 1' estratto e separava 1' alcaloide. (Letta il 2b giugno 1855). ST U D J SUI MONTI DI PIETA DEL M. E. D.** FERDIIVAi^iDO CAVALLI lllustri colleghi ! Gli stabilimenli che prestano denari sovra pegno corri- spondente sono, fuor di dubbio, da annoverarsi fra quegl'Instltuti di beneficenza piibblica, cbe toccano piu da vlcino la coiidizione economica de'necessitosi; ed e appunto di tali stabilimenti che, per soddisfare al compito assiintonii. vengo oggi ad intrattenervi. L' usura e mal vecchio nel mondo, nalo d' un parto col bisogno e col com- raercio. Poco o iiessun riparo gll antichi seppero mettere a qiiesto scapito. Gli Ateniesi (i) erano feneratori avidissimi, e Solone lascio il peso dellusura a be- neplacito del prestatore (2). In Roma, sotto i re, I'interesse del denaro iion ebbe regole (3) : prime le dodici tavole lo tassarono (mi tengo alia opinione di jSiebubr e di Troplong) (4) al dieci per cento I'anno. I tribuni nell'anno 406 lo ridussero alia meta ; poi nel 4H, a vietare ogni interusuro, venne la legge Genucia, la quale pert) io credo con Salmasio (5) non sia mai stata attuata. 1 (i) Petit {S^m.) Legaes aiticae^ lib. V, cap. 4- (2) Salmasitis (Cland.), Dc usuris, cap. XI. (3) Tacitus (C. Corn.), Annalium, lib. VI, cap. XVI. (4) Troplong, Du Prvt, nella prefazione. (5) Salmasius, De mocJo uiitirantm^ pag. 292. :270 STUDJ sui monti di pikta' f.c. eittadini romani per usureg^iarc alia libera s! coprivano col nome d iin latino o d im alleato, nei quali il diritlo loro non aveva inipero ; e queslo sutU'rl'ugio tauso nellanno 560 la leggc Sempronia, che coslrinsc anche gli alleati e i lalini a stare allc prescrizioni di Roma sui prestiti (1). Non per questo vcnner meno gli avvolgimenti degli usurai per eludere le leggi, le quali a forza di abusi cad- dero in tale dlssuctudine, che il pretore Asellio nel 664 perde la vita col vo- lerle riniettere in osservanza (2). Dopo che, presa Cartagine, il popolo fu so- prafflitto daU'oligarrhia un senatus consulto (3) prefim 1' usura il piu a uno il mese per cento : Questo fu I'interesse legale sotlo \erone (4), Trajano (5) al tempo del giureconsulto Paolo (6), e sotto Diocleziano (7) ; ma sembrando poco agli usurieri, lo stlpularono doppio (8), Iriplo (9), quadruplo (10), quintuple (ii), e malizie sottilissime trovarono per moltiplicarlo (12). Costan- tino prescrisse che nei prestiti di derrate in natura non si potesse patteggiare che 11 50 per cento; d' onde si coglie che prima doveva usarsl assai plii (13). Flnalmente Giustinlano (14) fisso 11 frutto del denaro nel 4 per cento ai presta- torl lllustrl, neirS per cento al mercantl, nel 12 per cento a tuttl gli altrl, e slabiri quello delle derrate prima nel 42, e pol nel 42 e '/^ per cento (15). Poco stante le nordlcbe frotte calarono sui dilenqulto occldente come avoltoi al carcame. In quel sublsso, 11 diritto glustlnlaneo non appena promul- gato si scombulo ; la rapaclta del barbarl ladronl Impoveri queste provlncie, e la stretlezza universale di denaro per drilta forza crebbe 11 suo prezzo. Per ve- rlta, la Chlesa dl Crlsto, sempre pletosa agll oppressl ed afflittl, tosto ebbe voce, dledesi ognl cura per estirpar questa peste ; ma la maesta veneranda del som- (i) Livius (Tilus), Historiarum, lib. XXXV, cap. VII. — Noodt, De foenore et usuris, lib. I, cap. IV. (2) Appianus Ale.xandrinus, Romanae historiae, lib. I. (3) Durcau de la Malle, Economie politique des Romains, lib. IV, cap. ii. (4) Seneca, De bene/iciis^ lib. 7, cap. 6. (5) Plinius, Epistolariim, lib. 10, 62. (6) Lib. f^o FF De reb. credit. — Sen/., lib. 2, lorn. i4, § 2. (7) Lib. 8, cod. .5"/ cert, petal. (8) Cicero, f^errinarum, 3, cap. 71. (9) Juvcnalis, Satyrarum, lib. g, vol. 7. (10) Cicero, Ad Atticum, lib. 5, Ep. ull. ; lib. 6, Ep. 1, 2. (11) Horalius, Sermonuni, lib. I, § i. (12) Noodi, De foenore el usuris, lib. II, cap. XIII. (i3) Cod. Teodos. lib. 2, lom. XXXIII. (i4) Lib. 26, s. I, cod. De usuris. (i5) Nov. 32, 34. DEL M. K. DOTT. FERD1NA>D0 C.WALLl 274 mo Leono (1). chc contennc la fcrocia di Attila impazzante, a frenarc iion valse 11 fla|5('llo tlelle usure. 1^ iniqiiita dei preslatori giunse a tal segno, che i Padri del concilio di Parigi (anno 819) atlestavano che evcnire solet, ut pro uno jrumenti modio muluato tres aut certe quatuor modii a pauperibus tem- pore messis violenter exigantur. II perchc Lodovico Plo (2) lamentava che laici e chierici con isvariati e innumerevoli generi dl usura affliggano i poveri. li opprimano e dissanguino cos'i, che moltl muoiono dalla fame, e molli dalle proprie fuggono a terre slraniere. Qui fra noi, e lo prova una carta del 1 1 24 (3). r inleresse era del trenta per cento ; ma piii spesso costiimavasi di ohbligare per la moneta avuta un podere, le cui rendile restavano del niutuante. I sure co- tanto enorrai indussero il secondo concilio di Laterano (anno 4139) a partiti severi; i feneratori, dichiarati infami, furono colpiti da scomunica, esclusi dalla sepoltura ecclesiastica ; i testamenti loro invalidati : sennonclie nel tempo medesi- mo che la Chiesa con queste pene fulminava gli usurai, lo spendio delle rro- ciate, I'autonomia dei Municipii, il commercio ravviato dimandavano denaro, e ne facevano crescere il merito ; onde lo statuto del 4270 (4) permise a Mode- na I'interesse del 20 per cento, e quello di Padova nel 4263 (5) accordo il 20 per cento con pegno, il 30 senza. Le censure ecclesiastiche (come sempre avTlene delle leggi che contrastano bisogni universali) non tolsero 1' usura, ma in mano la ridussero di gente malvagia, la quale lucrava sui mutui e sullc mi- naccie stesse dei canoni. In questo traffico nequitoso acquistarono brutta nomi- nanza speclalmente i Caorsini, i Toscani, i Lombardi, e quello sbandeggiato po- polo d' Israele, che le interdizioni, le contumelie e le anghene continue aveano fatto incattivire. Tutti costoro sparsi per ogni dove, non contenti del 20 ne del 30 per cento, vennero a tale ingordigia, che si fecero lecito il 65 per cen- to (6) ; anzi re (novanni nel 4360 (7) concesse agli Ebrei il prestare con pegno a quattro denari per lira la seltimana, che c come dire a piii dell' 86 per cento r anno. E ben vero che anco gli usurai erano assai sovente taglieggiati e rapinati dalla cupidigia altrui ; ma estorsioni si fatte, osserva giustamente (i) Episl. cap. 3, I.abbe, loin. 3 pag. I2g3. (2) Vasco, Usura librra^ cap. 6, § 43. (3) Geonari, Detle usure degii anlichi padovani, pag. 1 1. (4) Muralori, Dissertazioni sopra le antirhitd ifatiane, diss. XVI, (5) Gcnnari, opera cilata, pag. i6, (6) Gennai'i, opera cilala, pag. i3. (-) Say, Traite d" economie poliiique^ lib. 2, cap. 8. :272 STUD J SUl^IONTI DI PIETA\ EC. Montesquieu (i). consolavano i popoli, non li soUevavano ; anzi io penso do- vessero opprimerli taato piu, giacche alia fin fine le gravezze si rindossano sem- prc ai bisognosi. Lo spirito di carita vedendo che non il freno delle leggi, non il rigore dei magisVrati, non le censure, ne il terrore della religione avevano potuto togliere o limilare le usure, penso metlersi per allra via, e di porsi esso medesimo in concorrenza co" prestatori. Trovato egli c questo della nostra Italia. Verso la mela del secolo decimoquinto frale Barnaba da Terni, dell'or di- ne dei Minori, essendo a predicare in Perugia, dimostrava la obbligazione stret- tissima che hanno i ricchi d' essere generosi delle abbondanze loro verso i po- verelli ; ed a bene osservare questo precetto evangelico con molto calore esortava quel lerrazzani a mettere insieme una somma di denaro per fame misericordia ai bisognosi (2) . Le parole dell' aposlolico banditore germinarono firulti di carita ; onde in poco d' ora ebbesi buona quantita di pecunia. Cos'i I'anno di grazia 4464 ordinossi in Perugia il primo luogo di Monte, alia cui fi)ndazione ebbe parte non piccola Fortunato de Copolis, legista valente. In quell'anno medesimo Orvieto ; poi nel i469 Viterbo, e nel 4479 Bologna seguitarono I'esempio dei Perugini ; ed i Monti di queste citla furono di mano in mano stanziati da boUe apostoliche. I frati minori da un capo all'altro d' Italia con ogni possa si adoperarono di sostituire i monti di pieta alle banche degli usurieri. In tale impresa special- mente si segnalarono (3) Marco da Bologna, MIchele da Carcano, Cherubino da Spoleto, Antonio da Yercelli, Angelo da Clavasio, Giacomo dalla Marca, e Bernardino da Feltre, che alcuni errando tengono come il trovatorc di questa inslituzione. Quindi nel 4483 erigevasi un Monte di pieta in Genova e Milano; nel 4484 ad Assisi, Mantova, Ferrara, Savona ; nel 4485 a Brescia; nel 4486 a Vicenza ; nel 4488 a Parma, Cesena, Flrenze ; nel 4489 a Rieti, a Narni, a Lucca; nel 4490 a Verona, a Piacenza; nel 4491 a Padova, Piove di Sacco, Ravenna; nel 4493 a Crcma, Pavia, Cremona, Camposampiero (4). Da principio i monti di pieta preslavano senza guiderdonc, mentre essi medesirai non avevano spendio veruno ; le citta largivano i fabbricati, la carita (i) — De l^ Esprit des Lois, lib. 21, cap. 20. (2) WadJing (Luca), Annales minorum. Lugduiii 1648, lorn. VI, pag. 798. (i) Wadding, ivi, pag. 799. (4) Wadding, op. cil. a quesli anni. DKl. M. K. DOTT. FRRDINANDO CAVAI.Ll 273 (Ic'fcdeli (lava Ic sorii ocrorrenii, i citladinl piu notaliili uc facevano graziosa- inentc Ir- ragioni ; ma collandare del tempo, raffreddato il primitivo fervore, qiieste liberalita vennero meno, e frale Bernardino da Felire, oiide non avesse a mancare ai disagiati tale heneficenza, prese argomenlo di togliere sui prestiti 1111 piccolo avanzo per soslentare 1' azienda ormai tutta prezzolata. Nel maggio del i493 (i) la religione del Minori cliiamo capitolo a Firenze, ed in esso avvisando dell ordinamento migliore da darsi a quesla instituzione, dopo molte controversie e dibattimenti lii preso di attenersi nei monti dl futiira erezione alio spedienle Irovalo da fra IJernardino. In una congregazione posteriore, te- nuta nel 1498 (2) a Milano, fu riconoscluto come pressoclie tuiti i monti di pieta, i quali accomodavano graluitamenle, fossero gia volti in basso e quasi mancati ; e per non lasciarli affatto perire si fermo clie ancor essi nell' avvenire domandassero suUe sovvenzloni 1' interesse medesimo che i monti nuovi. Una tale riforma suscito contro i monti di pieta querele grandissime : i corrivi, i quali presumevano da questi luoghi pii sbandito per sempre il frutto del denaro, si dolevano che non avessero corrisposto alia loro espettazione ; la tristizia degl' ingordi e disonesti, soliti a fare mercato degli altrui bisogni, sof- fiava in quel fuoco; e mentre i fi-ancescani molto zelantemente promovevano r instituto di cui furono i compositori, i domenicani (3), fosse persuasione o ri\ alita d ordine, nelle loro predicazioni acerbamentc lo combattevano ; contro le animatricl esortazioni della carita e dell' affetto disserrossi il dubbiare mor- tlfero della scolastica con tutto 1 inciampo delle sue cavillazioni e sotligliezze; i monti di pieta furono tassati di traffico illecito e condannevolc ; si accesero di- spulazioni vivissime : a determinare le quali papa Leone X richiese I'arbitrato del concilio lateranense quinto, e la bolla 4 maggio 1515 dichiaro leciti solen- nemente i monti di pieta (4). Dopo questo suggello non fuvvi citta o terra di qualche conto in Italia die 11011 avesse il suo monte ; e Giovanni Calvo (5), commissario della regola dei Minori presso la s. Sede, riusci ad aprinie uno anche nella metropoli del raon- do cristiano, avutane approvazione da papa Paolo III con bolla del 4539. (i) Wadding, torn. \^II, pag. 3io. (a) Wadding, lorn. VIl, pag. Sgo. (3) Maslrofini, Lc usure, lib. I, cap. VI. (4) yiclii conciliorum. Paris I7!4» vol. q. (,S) Morichini, Degli isliluti di pubblica caritci in Roma, lib. I, cap. XVI. VI. 36 274 STUDJ SUl MONTI Dl P1ETA\ EC. Fuori il" [talia la piccola ciUa di Ipri lU'l 1534 fu, a merlto del sacerdote Josse de Wiilf (1), la prima in Europa the ordinasse una borsa di prestito (leenburse) all' uso ilaliano. Poscia nel gennaio del 1372 Gillis van de Weghe fondo in Bruges un monle di rarila (Mons perfectae charitatisj ; e Bartolonieo Muizarelli nel 1607 creo quello di Lilla. Searini Silveslro e Gian-(iiacoino Scaramucchio, italiani ambidue, si resero molto beneraeriti di quest' opera pia in quei paesi. Pero 1' autore vero e principale dei monti di pieta nel Belgio deve dirsi Venceslao Cobergher, piltore ed archilelto d' Anversa, il quale no- minato soprantendenle generale da lellere patenli 9 gennaio 1618 dellarciduca Alberto, propago, ad onia di eonlrasti e velenosita infinite, questa inslituzione in tutto il regno eon amore e perseveranza cos'i infaticabili, che 1' appellazione gli valsero di Atlante dei monti di piela (2). Le attinenze di Spagna co Paesi-Bassi le porsero ben presto contezza dei monti di pieta. Sino dall' anno 1571 (3), Pietro d'Oudegherst da Lilla, sto- rico e giurista di qualehe nome, aveane tenuto proposito a Filippo II, ma fu poco udilo, e nulla impetro ; e quando nell anno 1590, per insinuazione del ronsigliere don Luigi Valle de la Cerda, fu fatto venire in corte per attendere a questa fondazione, era troppo tardi, avvegnache Oiidegherst nel 1591 mancu a' vivi mentre accingevasi all'impresa. 11 quarlo Filippo ebbe in animo d' insli- tuire i monti nella Spagna: al qual uopo con lettere 3 dicembre 1626 (4) chiamo con larglie promesse Cobergher a Madiid •, sennonche Venceslao era allora troppo antico d' anni per esporsi a lungo viaggio, onde non tenne I'invito. Solamente nell' anno 1702 (5) venne fatto a don Francesco Piquier, cappella- no del re, il dare cominciamento ad un Inogo di prestito in Madrid : dicono (6) vi mettesse per corpo un solo reale d'argento ; ma vi attiro in breve tante li- mosine che ne surse il monle di pieta, il quale poi nel 1713 ottenne la con- ferma di Filippo quinto. In Germania Augsbourg nel 1590 (7) aperse un monte di pieta. 11 primo Giuseppe nell' anno 1707 (8) pose l' ufficio dei pegni a Vienna, il (i) UeckiT, Eludes /iis/ori(/ues et critiques sur les Monts-de-Piele en Be!gii/ue, lib. II, cap. I. (2) Foppens, Bibliotheca belgica usque ad ann. i6do. (3) Decker, op. cil., lib. II, cap. I. (4) Decker, op. cit., lib. II, cap. V. (5) Ramon de la Sagra, Vofage en Hollande el en Belgique, lom. II, pag. 219. (6) .\rnould. Situation administrative el/lnanciere des monts de piete en Belgique, cap. VIH, § i. (7) Decker, op. cit., lib. I, cap. 3. (S) Villeneuve-Bargemont, Economie politique c/tretienne, lib. Ill, cap. XIX. DEL M. E. nOTT. FERDIN.VNDO CAVALI.I 275 quale fii poscia liordinato da docrolo i.° fcbbraio 1785 (i) di Giiispppo se- coiido. K limperatrice ^laria Teresa il 4 seUemhre 1747 (2) slabiTi il monle (li piela di Praga. La Francia lardo assai ad ammellere questa instituzione. AUorclie iiel i644 (3) si convocarono in Parigi gli Stati generali per provvedere ai disor- diiii della reggenza di Maria de' JMedici, fuvvi clii consiglio i monti di pieta ; |)iire il lerzo Stato rifiulo la proposizione, per tema di moltlplicare gli usurai, (he gia erano una delle piii generali sciagure del regno. Luigi XIII, nel febbraio del 1626 (4), ripigllando quel disegno, voile si mellesse un monte in cadauna citta di parlamento o di giustizia reale; ma poco stante nel giugno 1627 dovet- 1e rompere il suo edilto. Luigi XIV (5), appena salito al trono, ordino si aprisscro monti di pieta in Parigi ed in allre cinquantotto citta principali; tultavolla il provvedimenlo non ebbe effetto. In quel mezzo il traltato d'Aix la Chapelle portando i confini del regno al di la dell' Ilainaut, della Fiandra, del Cambrese, deU'Artois, introdusse nella Francia i luoghi di pegno delle provin- cie conquistate. Finalmente Luigi XVI con lettere patent! 9 dicembre i 111 (6) costitm il monte di Parigi, che comincio le sue operazioni il I.° gennaio 1778. Dopo il 1815 questa instituzione prese molto piede nella Francia. talche nel- I anno 1846 vi si contavano quarantasei monti di pieta (7). L' Inghilterra, che tanto si ammira della filantropia dei suoi abitanti. uianca tuttavia dei monti di pieta. Tale difetto forse (8) procede da quel livore insano con cui gli Anglicani guardano sempre il cattolicismo e le sue institu- zioni, e pel quale anchc dopo il gran Xewton ricusarono la riforma del calen- dario. sebbene ricevuta da tutte le altre sette dei protestanti. Cosi 11 popolo niinuto paga cola eziandio pecunialmente il fio dello scisma, cbe lo lascia preda di Pait'iibrohers ingordissimi. Essi sostituiscono (9) I' usurajo del medio-evo. anzi lo avvantaggiano pel privilegio della impunita ; possono rubare senza peri- (i) Afipendice al codice di Giuseppf II. Alilaiiu 1788, pas;. 32. (2) .\rnouId, op. cit., cap. IX, in nota. (3) Blaize, Des monis de pietc et dcs hanf/ues de Prt'l sur nantissfnu-iit. Pari.^ 1-843, p. I, cap. 2. (4) Blaizc, op. cit., p. I, cap. II. (5) Blaizc, op. cit., p. I, cap. III. (6) Blaizc, op. ci(., p. I, cap. I\'. (7) De ^Vatlcvillc, Situation ntlministrative vt finnncierr dcs mollis dc pieU rn France. Paris 18.^6. (8) Itevue Brilannique D'lcemhrc 1841. (9) Blaizc, op. cri., ncli' appcndrcc. :276 STUDJ SUl MONTI DI PIETA\ EC. colo di saccheggiamenli o di proscrizione ; la liberta del commercio loro e gua- rentita ; e pagando la patente al fisco, ottengono raulorila di far guadagni, crescere e traricchire siigli allri. L' interesse die la legge di Giorgio III per- mette a quesli Pawnbrokers sarebbe il venti per cento (1 ) ; ma in falto si pigliano iisure che in poco volgere di stagioni divorano tnlto il prestalo. Non e gran tempo che un giornale di molta stima (2) porto un avvenimento, il quale da una idea degli scrocchi e trabalzi loro. Una giovane, venuta al poco, avviavasi al banco d' un di cosloro ; per istrada e sorpresa da un furoncello che le chiede cosa volesse ingaggiare : era un oriuolo. Esaminatolo, esclama il tra- forello : Poteretta ! cosa mai fate ? II vostro orologio e bellissimo ; vale dieci ghinee almeno: ma questi furfanti non ve ne darebbero tre; io invece cinque. E senza dir altro intasca I'orologio, snocciola i contanti, e si dilegua. II giornale e deir avviso di costui, ed arbitra che la dirubata non focesse afFare cattivo. AI- r invece in Irlanda questo benefizio del cattolicismo venne, sebben tardi, a ri- storare alcun poco la miseria di quelle desolate conlrade. Limerick fu la prima citta che ponesse contro la rapace voraclta delle usurc questo rifugio : Matteo Barrington il cittadino egregio che lo promosse. II monte di pieta di Limerick, aperto nel marzo i837 (3), fu preludio ad altri molti in quell'isola infelice. L' instituzione, di cui mi sono adoperato di abbozzare la sloria, e stata poi veramente profiltevole ? Indaginc ella e questa, nella quale i pareri degli economisti furono fra loro contrarj, nonche diversi. Degli scritti, che piii recen- temente la controversia ex professo trattarono, io debbo ricordanza speciale alia Memoria del sig. Arturo Beugnot, ties banques publiques de pret sur guges el de leurs inconvenienls (Paris 1829); e al dettalo del sIg. D. Arnould, avan- tages et inconvenients des banques de pret sur gages (Namur 1831) ; i quali nel 1829 ottennero premio dall'Accademia di Gand. Gli economisti, i quali difendono 1 utilita dci monti di pieta, osservano : che essi sono di beneficio grande ai penuriosi, i quali nelle distrelte del biso- gno sanno subito dove Irovare a piccolo cambio, sovra suppellettili per avventu- ra anche al momento inutili, con che darsi attorno, e scusare alia meglio la propria esistenza. Che ove queste benedette sovvenzioni mancassero, quelli che patiscono disagio di moneta dovrebbero recare in contanti le robe loro ; forse (i) Blai7e, op. cit., nell* appendice. (2) Revue des deux mondes. i5 Janvier 1839. (3) Blaize, op. cit., nell' appendice. DEL M. E. DOTT. FERDINANDO CAVALLI 277 privarsi tlcgli arnesi piii necessarj alia vita, e scapitare senza forse del valor loro gravemente. Che i poveri per essere al grado dl spegnere nel termine posto le accese ragioni, e riavere i pegni, sono quasi per forza rondotti alia masseri- zia. alia operosita. all indiislria. Che cessano i danni dell usiira. c raffrenano rolla concorrenza loro le case clandestine di prestanza, le qiiali meltono in ruina chiunque v' inciampi. Che per essi il giro del contante si fa piii ampio e veloce, onde si moltiplica la somma delle fatiche o delle riproduzioni. Che tolgono agli uomini I'aver guadagno dalle sregolatezze e dalle sventure dei proprii fratelii. Che non pure alleniscono le sciagure de'miseri calaniitosi, si disacerbano anco le angustie degli scialacquanti e guastatori medesimi. Che la morale li applau- disce, come porto a cui il traviato, che si riconosce, puo in ogni istante ripa- rare per isciogliersi da' suoi impigliatori, e sostenere il crcdito della propria faraiglia. In quella vece gli scrittori, i quali tengono opinione contraria ai monti di pieta, dicono : Che non e vero salvino i mendici dalle usure, anzi essi medesimi li affondano in mollo gravissime; e a pruova allegano, ollre i monti dei Paesi- Bassi, i quali non vogliono meno che a ragione di dieci, dodici, quindici. sedici, e fino del trentaquattro per centinajo, quello di Potzdam, che prende il sedici e tre quarli ; di Lione, che esigeva il diciassette ; dell' Havre, che pigliava il qua- rantadue ; di Parlgi, che prima del 1830 riscuoleva il dodici : onde Mclchiorre Gioja (1) conchiudeva si cancellasse dal raonte di Bologna 1' epigrafe : Mons pie talis o/im adi>ersus Judaeorum pravas usuras erectus. Che, in onta de' piii sottlli interusuri, non distornarono per nulla il disagiato dai banchi degli usu- rieri, perche questi piii di leggieri si appagano delle sicurta, prezzano le cose a vantaggio, prestano in ogni istante, permettono all'occorrenza lo scambio e la sostituzione dei pegni; non disagguagliano valute, prorogano I'esecuzione, ed offrono segretezza maggiore. Che nel iatto i monii sulTragano gli usurieri. i quali approfiltando delle stremita di chi prende a credllo. lo obbligano a pannelli esorbitanti, poi recano al monte i pegni avuti come fossero proprj. e rimettono cos\ la pecunia che hanno investito a mali guadagni. Che ben lungi dallo impe- dire la spropriazione dell' ultimo corredo dei mendici, ne sono anzi la causa : il povero. quando e stretlo dal bisogno, non si perila di tor denari a costo ; al- tera egli non vi vede dentro T usura a cui si sottopone. e non guarda ne tanto (i) Nuovo prospetto delle scienze economkhe, lib. II, § 3, cap. 2, a. 5. 278 STUDJ SlII MONTI DI P1KTA\ EC. lie qiianto so potra solvere a tempo le responsioni; ma relegato dipoi a difen- (lere a pelo la sua spesa, gli tonia impossibile di pone in scrbo i mezzi con (he portare ad efFotto la restituzione ronvenula : onde qnando viene il lermine d altendere il debito non e rirnperata nej)pure la raela dei pegni, ed anco que- sta per la maggior parte non dai debitori diretti, s'l da chi ne colse a bass(» (■onto le cedole. Cos\ i monti di pieta vanno a risolversi in luoghi di vendita forzata, c tollo scapito del prezzo in due riprese, cioe una parte alia messa. dopo lo sparrio il resto. minnrato dagli spend) e dalle follnsloni solite degl' in- canti; e qucsta circostanza da origine all' incelta disonesla, di rui i boUetlini sono I'oggetto, viltima i bisognosi. Cbc i monti di pieta, poco benefici pel ri- spetto economico. lo sono ancora meno pel riguardo morale; imperocche quelli i quali pigliano le sovvenzioni non sono lanto gl' indigenti veri, come gli scio- peroni e viziati che vivono al solo presente, all' avvenire non badano ; onde spendono a rotta, ed il sussidio appena accattato gittano in dadi, in lussurie, in ghiottornie : quindi i giorni nei quali avviene il nnmero maggiore di pegni sono senza mezzo ([uelli che precedono le baldorie del carnesciale e la estrazionc del lotto. Che il popolo minulo vedendo di poter facilmcnte avere a crcdito dal monte ci(') che gli fa d' uopo, trascnra il lavoro. poco o nulla si cura di vivere a riguardo per mettersi a misura di onesti civanzi, pronlo in ogni evenlo a contrarrc novelle e pin grosse ed arrischiate obbligazioni. Che i monti cercan- do unicamente il valore, non il proprietario de' pegni, servono di ricettacolo a furti, e si da loro voce e nota di tener mano ad imbolj, a ruberie, e di aiutare i ladri (^.omestici. Qnantunque assai ragioni vengono prontissime contro taluno dei richiami sovraesposli ; e di gia il barone Degerando nellopera insigne De la Bienjaisan- ce publique, L. Ill, c. 1. art. 6, e Carlo lllarione Petiti nel suo pregevole Sag- gio sulla mendicita, L. 11, a. I, si argomentassero a mettere in chiaro il conto die se nc dove fare, tuttavolta io credo di non errare affermando : 1." Che i monti di pieta non possono dirsi netti ora da pec(he. 2.° Che tali mende, piuttosto che fallo delta instituzione. sono guasta- mento che di lei fecero e fanno gli uomini. 3." Che I'annullazione dei monti di pieta leverebbe alia poveraglia un soc- c(jrso a cui da lunga consuctudine e assuefatta ; e d'altra parte il vedere che i monti si sono sparsi per ogni dove, e durano da secoli, aiiziche per opera della violenza, per concorso spontaneo delle popolazioni, e chiaro argomento ch'essi DEL M. K. DOTT. FERDINANDO CAVALLI 279 rispondono ad un bisogno iion accidenlale, ma essenziale della societa. Una iu- stituzionc (bene osserva in questo proposlto il gran Necker (1)), una institii- zione biasimala da chi ne guarda gli cffetli isolati merila cncomio, qualora si consideriiio la natura e la estenslone del mail a ciii rhncdia. 4." Che imporla ricercare le riforme da farsi, i difettl da correggersi, (»nde questa instiluzione venga saviamente ritralla a' suoi principj, i quali la slabilirono come un'opera di beneficenza a pro dei mendici. Quest' ultima concluslone naturalmente mi conduce a tenere alcune parole intorno agli usi dei monti di pleta delle provincie venete. Nel paese governato dalla Luogotenenza di Venezia stanno quaranta- tre (2) monti di pieta. I monti delle comuni foresi arieggiano a quelli della citta da cui dipendono ; onde io limito il mio discorso a questi ultimi soltanto. Sebbene pressoche tiitti i monti di pieta degli otto capo-luoghi delle pro- vincie venete sieno d'antica instiluzione. pure furono di fresco riordinati. Nella tabella seguente io epilogo 1' epoca della fbndazione di cadauno d'essi, e la data dell'approvazione governaliva ai Piani economico-disciplinari^ che attualmente II (urigono. CiTTA IN CL'l STA IL MOTE ksso della fon- dazione DeCRETO GOITIRNATIVO APPROVAIVTE IL PIANO mese nuniero Belluno Padova Rovigo Treviso Udine . Venezia Verona VIcenza 1801 li9i 1508 1497 1496 1807 1490 1486 1843 1837 1836 1844 1841 1853 1840 1843 dicembre 16 giugno 22 luglio 22 agosto 8 agosto 10 giugno 10 dicembre 17 i settembre 14 33144 — 1217 21685 — 745 24637 — 933 24859 — 727 23192 — 743 23208 — 760 49065 — 1591 31159—1094 (i) He I' administration des finances de la France. (2) Manuale del regno lombardo-veneto per V anno i305. Milano dalT i. r. it.imperia, i855. :280 sTunj sui motsti ni pieta\ ec. J)ei rcgolamcnti sovraccennali io iion prendo in esame chc qiiella parte, la quale ha efficacia immeiliata siilla coiulizione dei miituatarj, e die per con- segiienza rij^uarda 1 ap|)rexzaiueiito dei pegni ; la proporzione Ira il valsente del };;a<^gio e I imprestito ; I interessc da pagarsi ; la risoliizioiie del debito. E norma romune a tulti i regolamenli delle siinnominate otlo cilia, che prima del mutiio le cose offerle per sicurta devono essere prezzate da periti a qiiesto ordinati. Essi lianno salario fisso dal monte ; danno cauzione, perche lit! easo che il ritratto del pegni venduli all'asta non giiingesse il valore della prestanza, sono obhiigati del proprio. Gli slimalori, per non istare a codeslo rischio. sono naliirahnente condotli a prezzare i gaggi al di sotto del loro va- lore reale : cosi qiiesta regola reslringe e difficulta vie piu le ragioni del mal- agiato accaltalore, il quale deve dar pegno che snpera d'assai I'iniporlare del prestilo. Essa pregiudica eziandio I'azienda del inonte, avvegnache ne assottiglia le iniprestanze, e accresce le spese di conservazione, aumenlando la cpianlita degli oggetti da custodire. Questa pralica fa prosperita ai feneratori clandeslini, poiche da essi col pegno niedesimo trovasi copia maggiore di denaro ; ed essa da occasione al mercimonio trufFativo delle polizze. Queste valutazioni inade- guate sono pertanto uno sconcio, cui fa mestieri qualche rimedio ; e nel ]>elgio vi si riparo con tre provvedimenli (4). L' uno, assegnando ai periii una quota dei frutti, perche essi crescono nccessariamente nella ragione diretta del valore dei pegni ; I'altro fu quello di accordare agli stimatori uu cinque per cento del- lutile maggiore che si fosse conseguito dal monte, oltre I'importo medio del decennio anlecedente ; terzo, quello di esonerare fino ad una data somma la malleveria. A Gand, per esempio, il monte perdona lo sbaglio di fiorini novan- la per anno agli stimatori; dopo questo estremo comincia la ohhiigazione loro. Stimate le cose che fanno cauzione, si procede a determinare la somma da accomodare. I Piaiii ecorioinlco-disclpliintri dei monti di pieta di Bclluno e di Uovigo non ccuitengono prescrizione alcuna in questo proposito. Invece il monte di Treviso (§ H ) non puo prestare che per due terzi della stima di alcuni effetti ; di altrl per la meta. II monte di Udine {^ 21) deve limitare le sue sovveuzioui a tre quarti, due terzi, alia meta del valore dei pegni, secoudo la qualita loro. II monte di Venezia reslringe le Iniprestanze a due terzi o alia meta del valsente della cauzione (§ iO). II monte di Vicenza circoscrive i mu- (i) Arnould, situation adminitlnilivf it financiere des Monts-de-pietc en Bdlgiijue, tup. Ul, § III. DF.I> M. E. DOTT. FERD1N\ND0 CAVALLI 28d liii a Ire qiiarli o a due terzi del valore dei gaggi ((j 5). Questa restrizione del preslamenli e pure misura gravosa pel bisognoso ; produce le ronseguenze mcdesime die le valutazioni inadeguate, e merita gli slessi biasimi. II rimedio pero si presenla da se, ed i regolamcnti dei monti di pieta dl Padova (§ iO) e di Verona (§ iO) haniio gia trovato sesto alia pratica in discorso, disponendo die le sovvenzioni vengano determinate dal valor reale del pegno, depiirato dal degrado di cui puo essere suscettibile per la giacenza, dall' interesse di un anno, e dalle spese per bollo di garanzia. La misura degli Interusuri diversifica secondo le citta ; la seguente tabella rappresenta s\ fatte varieta. Num. progr. Citta' in cui sta il monte Interesse per ogm ceisto lire 1 Articolo del regolaraento relativo 4 3 4 6 6 7 8 Belluno Padova Rovigo Treviso Udine Venezia Verona Vicenza 6, oltre la tassa di cent. 6 per biglietto. 6, esclusa qnalunque tassa (-1) 6j oltre il taglio-boUetta dell' 4 per cento. 6, esclusa qualunque tassa 6 6, oltre il 2 per "/o per il biglietto che e seniestrato 6, oltre il taglio-bolletta dell' 4 per cento. B 44 5 82 7 45 4 6 3 E pertanto manifesto, che ove si eccettuino i monti di pieta di Padova, Udine e Vicenza, tutti gli altri trasgrediscono apertamente la legge civile, la quale (^ 994) iion permette per interesse del mutuo con pegno che il cinque per cento all anno, e cominettono per conseguenza 1' iisura esplicitamente con- templaJa dal § 9, lett. a della Sovrana Patente 3 diccmbre 1 803. Come poi possa farsi tale trapassamento da stabilimenti pubblici v cVu che io propriamen- te lion so spiegarmi. Ne meglio trovo giustificata 1' altra usanza de nioiili di (i) Con Oidinanza delegalizia 6 dirembre i852, IS. aSSgS, I' interesse col i." di gennajo i853 lu dal b ridotto al 5. VI. 36 -82 STUDJ SUI MONTI DI PIETA\ EC. Bellimo (§ 44), Padova (§ 5), Uovigo (§ 82), Treviso (§ 7, 70), Verona (§ 6), i qiiali nel meltere ragione del frulti, che sono ricambio all'iiso del capitale, computano intero il mese comlnclato : regola ingiusta, poiche il monte lira guadagno da denari gia toniali alle sue rasse, I'arcattatore riiminera 1' uso di monete the lia reslitiiito. e le gravezze del debilo si protraggonn auche dopo la sua estinzione ; regola che accresce la obhligazione del merito, oiide se aleuno quattro fiate nel corso di un anno prendesse a credito dal monte, tempo una settimana per volta, dovrehbe per queste quattro scttimane pagare I'usura di quattro mesi : lo che tornerebbe al 24, anzichc al 6 per cento I'anno. La di- sorbitanza di questo conto riesce anrora piii evidente osservando che chi riscal- ta il pegno nel giorno successive al principiare del mese, deve sborsare per un giorno solo il pro di trenta ; cosicche ponendo che la preslazione di un'annata intcra fosse centesimi 365, si fa ascendcre a 30 quella d un di. Meritano per- tanto lode per questo riguardo i regolamenti dei monti di piela di Udine (§ 16), di Venezia (§ 4) e di Vicenza (§ 3), i quali statuirono il principio degli inte- ressi in proporzione al tempo in cui gli effetti rimangono a pegno presso r Institute. II dehito si risolve in due modi: o rendendo nel tempo imposto quanto e dovuto, 0 facendo pago il monte col ritratto del pegno. Gli ordinamcnti disciplinari dei monti di Belluno, Uovigo, Udine, Vene- zia, Verona. ^ iccnza. per esitare i pegni non ripresi, hanno un termine fisso (per lo pill alcun mese dopo luscita del mutuo), ne il debitore puo afFrellarlo. Regola improvvida ella e questa, specialmente ove si tratti di oggetti cbe per loro natura ponno palire o scemare di prezzo. II povero ne ba scapilo dopplo : parte per correre il rlschio dei guasti o del calo che le robe andassero nel frat- tempo a sofferire ; c parte perche ottiene sempre sussidj incongrui dal monte, il quale computa la sicurta non pel valsente che merlla all'atto della stima, s\ per quelle che avra alio spaccie. Se invece il debitore dal memento che si vede tolta via ogni speranza di redimere il pegno, fosse in diritto di accelerare lin- cante, non vedrebbe pregiudicarsi i siioi arredi senza alcun utile del prestatore, e con grave sue danne ; si asselverebbe teste degli interessi cbe I'avere gli stre- mane; ricaverebbe col seprapiii pronto servizie d altro contanle; e non sarebbe necessitate di alieuare i viglietti del monte, ripiege cbe era gli terna in accresci- mento di perdite. Non ignore lobbiezione cbe si c falta (1) al privilegio in (i) Decker, Etudes historiques et critii/ius sitr Ics Monts-ile-fiielc en Belgii/;ic, lib. Ill, cap. XI. DHL M. K. DOTT. KKRDINANDO CA.VALLI 283 (liscorso, cior clic i malvagi alle voile sollctilano la vcndlla per intenzioni cri- ininose e daunabili ; ma io noii credo che la possibiiita dell ahuso sia argomen- to siifficlenle per ricusarc una provvisione che per se stessa e buona e profitte- vole : d'allronde le frodolenze polranno bens'i avvenire ove si trascuri ogni cau- lela, ma non mai quando si usi la debila rircospezione. E riparo bastevole par- mi quello ciii si appigliarono gli staluti dei monli di Padova (§ 69), Treviso (§ 94), Verona (ij 61), i quali fanno dipendere dalla prudenza dclla direzione il conspntire o mono alia dimanda scrllta dei pignoranti. La diirata dell impreslilo e nei nostri regolaraenti lissata perentoriamente ad iin anno : sollanto quello di Venezia (§ 3) la restringe a sei mesi ; c lo sta- tuto di Udine (§ 17) la proroga a ventl ; divarj pero che non rilevano gran latto, avvegnache tulti i nostri nionti di pieta acconsentono che ad ogni lermine si possano i pegni rimettere. E poi principio universale agli statuli dei nostri monti, che per elFettuare il pagamento deve il debitore numerare in un mede- simo tratto 1' importo intero delle sovvenzioni avute co frutti relativi. Per poco che si abbia conlezza delle condizioni e abltudini del mendicume, vedesi aperto come debba tornare svantaggiosa una prescrizione, la quale presume provldenza (' risparmio in gente per lo piu spensierata, e a cui difettano i mezzi per sovve- nire alle prime necessita di famiglia. II tapino che ricorre al monle di pieta e pressalo da urgenze; quando ha ad esse sopperito coll' impreslito, e ridotto da capo ai suoi proventi ordinarj. i quali bastano appena al nudo vivere giornalie- ro : sicche assai difficile gli riesce il ragunare qualche somma di rilievo, e piu ancora il difendere i sotlili avanzi, che per avventura andasse facendo, dal mor- so continuo dei bisogni ; onde alia scadenza del debito trovasi quasi sempre imprcparato, e deve perdere il suo pcgno. All incontro, se il meschino avesse lacolla, di mano in mano che gli viene fatto qualche civanzo, ed ha alcun de- najuolo in essere, di recarli sublto al monte, in diffalco e pagamento parziale del suo credito, piu di leggieri al compiersi dell anno sarebbero i prestiti quitati. e le masserizie ricoverale dalle famiglie. Per s'l ialta guisa i monti riavrebbero piu presto le sorti da rivolgere in sovvenzioni novelle ; i malestanti potrebbero meglio saldare le partite loro ; ed il procaccio e la parsimonia avrebbero sti- molo maggiore. Una cassa, per la quale le anticipazioni dei debitori andassero a conlo dei mutui loro. produrrebbe senza i'allo i beneficj medesinii che la (fl.v- sa-risparinio : colla dilTerenza pero. che questa giova a crescere ed avanzare, al che quasi nessun povero pensa ; quella per uscire di debito, in cui sono tutti 284 S ILiDJ SUl MONTI DI PIET.O, FX. ni.L M. E. DOT T. FERD. CAVALLI sprofondati. Quanlunque s'l fallo agevolamento sia Ignolo ai nostri moiiti di pieta. lion e jtcru coiisigllo miovo : gia fiiio dall anno 1585, SUvestro Scarini voleva clic per la meta dellc sommc prestate si ammettcssero pagamenti par- ziali (i); Venccslao Coberglier aveva stanziato 1' uso degli sronti nel monti del Belgio (2). U monte di pieta di Parigi n ell' anno d838 Iiitrodusse tal pratica, e n'ebbe il conforto di vedere scemate Ic spropriazioni, i saldamenti accresriuli (3) : A Bruges e stato attuato un altro metodo (4), ed e, che se il pegno eonsla di piu cose, il debitorc puo liberare queste cose ad una ad una: partito semplicissimo, e che offre il vantaggio di soUecitare alle famiglie il go- dimento d' una parte almeno degli ulensili loro. Possa il bene die le accennate riforme mettono altrove, suscitarne fra noi 1' imltazione ! Eccomi, dotti colleghi, al fine della mia letlura : con essa io logorai tempo cbe cadauno di voi avrebbe per ferino impiegato piu utilmente di me ; pure io nutro lusinga vorrete essermi cortesi d'indulgenza per cio solo, che il mio di- scorso aggiravasi intorno ad una instituzione, la quale onora la nostra Italia, e prendesi cura de' poverelli. (i) Scarini, Discoiirs sur /' erection des MonCs~de-piete. Douay i585, pag. 6. (2) Mauden (David A.), Antidoium adversus calumniosos et venenosos iibellos Joannis Lillers, practici, a Belgio proscripti. Lovanri 1627, pag. 107. (3) Blaize, op. cil. P. II, cap. 3. (4) Decker, op. oil., lib. V, cap. III. {^Letta il 25 novembre t855). INDICE wm. unm mtemitb mlu pute i di iiiijsto vi num -oxx>o- -c-o ceo— Ossetvazioni chimico-geologiche sul poiere (iffgregatore del ferro, e sulla formazione del cos) detto caranto nell' Adriatico bacino, del m. e. dolt. Giovanni Domeniro Nardo Pag. \ Fermentazioiie lattica dei corpi delle ostriche (ostrea edulis L.) e separa- razione del principio produUore dell'acido, chiamato oslreina, del m. e. prof. B. Bi/,ii) « 25 Osservazioni dell' ecclisse solare del giorno 28 luglio iSo^/alte in di- cersi ossen^atorii di Europa , calcolate dal m. c. prof. Giovanni Santini » 37 Iiilorno alcinie opere idrauliche, alio scopo di migliorare la condizione del bacino interno al porto di Malaniocco, e di regolare le correnti di rijlusso a vantaggio della nuova foce apertasi davanti il porio me- desiino. Memoria del m. e. ing. Giovanni Casoni. Con tavole . . » 63 Sul credito fondiario. Memoria prima del m. e. prof. Baldassare Poli . > 75 Sul calcolo approssimalo degli integrali d'ordine superiore. Nota del m. e. prof Giusto Bellavitis >> 91 Sulle coniche osculatrici delle cun'e plane, e sopra un problema della geo- metria diposizione delCarnot. iMemoria del m. e. prof. S. K. Minicli. > 111 Della piantagione del frumenlo uegli anni di caresiia. Memoria del ni. c. doH. Agostino Fapanni. Con tavole » i97 Sulla destinazione di un antichissima opera murale scoperta in Venezia. Congetture del m. e. ing. Giovanni Casoni. Con tavole . . . . » 209 lllustrazione delle piante nuot'e a rare dell' orlo bolanico di Pado^a. Mt- moria III del m. e. Roberto de Visiani. Con tavole » 235 Sopra I' eslratto della noce I'omica e la maniera onde ottenere la slrichni- na, del m. e. Antonio (lalvani "261 Sludj sui nionti di pielii. del m. e. dott. Ferdinaudo (-avalli . . . . » 269 I /fea^/mo> 4v VE^EZIA NEL PRIV. STABIL. DI (.. AWrOrSELLI d856. \)Cic^J H:y^y ^f^/^a^ O-0-O-O-O-O-O-O CH»o-t>i>i>C'-o-o-:x>oo-o-o-!>o-t: C/ X'.* r^a'y^o^ m H'i ^ REGIC /ISTITL'TC yCf-i£TC V iDISCrr^j^E LEiTtREJ \-s- uO ART! ^t- / vo^,^y /^-^V^O^ C-OO-C-C-O C<><>0<><><><>0<>00^^ iO'^y INTORNO ALLE LEGGI DEL MOTO DELl'ACOUl NEI UNILI E NEI FIlilII CON APPLICAZIOJil AI VARII CASI BELLA PRATICA MEMORIA DEL M. EFF. PROF. DOMENICO TURAZZA INTRODl ZIO>sE JLja tcoria delle k'g^i tU'l molo ilell' acqua nel canali c iici fuuui c forse la prima fra Ic questioni d' idraulica pralica, che sia stala seriamente discussa dagli idraulici italiaiii e stranlcrl fino dai primi momenli che le scienze progre- dite permiscro di potere aflVontarc una tanta ricerca. Non appena il Castelli pose il primo solido fondamcnto alia mlsura delle acqiie correnti, ed introdusse uella pvatica idrometria quella legge famosa che tuttora porta il suo nome, e gia si voile tentare la ricerca dcUa fimzione che lega le varie velocita in una sezione, e si getlo nel campo della scienza la famosa legge parabolica die doveva suscilare in seguito tante queslioni, specialmentc fra gl' idraulici nostrali. soli forse a qncU' epoca die meritassero vcramenle un tal nome. Si dispulava ancora quando il Pilot misurando, a mezzo del suo tubo, I'andamento della velocita dell'a- (•(]ua uei varii punti d'una sezione produsse un total cangiamcnlo nella scienza ; si trovo che I'acqua cresceva di velocita dal fondo alia superficie in diretta oppo- sizione a quanto accennava la teoria in allora accettata. Si comincio, e vero, dal negare il fatto, ma infine si dovelte pensare invece a rinnovar la teoria. Datano forse da quest' epoca le prime ricerclie intorno all' inlluenza che le resistenze 'kJ' 286 INTORNO ALLE LEGGI DEL MOTO DELL'ACQUA, EC. (he oppongono il foiulo e le sponde degli alvei al nioto dell' acqua scorrente per cssi esercilano nell' allenuarc la velocila dell' acqua stessa, iionche intorno alia legge alia quale si accomodano le varie veloclta in ogni singola sezione. Nell iuipossibllita dl dare a questa ricerca una base raatematica, si ebbe invece ricorso all' osscrvazionc e si lento di costruire una formula, la quale rappresen- tasse le varie osservazioni con quel grado di approssimazione clie fosse sufii- ciente ai dilferenli casi delle prallche applicazioni. Proposta prima una tal formola in Francia, venne in scguito discussa dall' Eytelwcin, il quale ne deter- mino i coefGcenti numerici col concorso di tuttele osservazioni che si erano isti- tuite principalmenle in Francia dal Dubuat, e nella Germania dal Briinnlngs e dal Funk. Ne fu tentata la prova in Italia dagl' ingegneri pontifici e dal Pianigiani, e in quel primi momenti di favore si trovo corrispondere al fatlo di tal forma da far sorgere in qualche caso il dubbio, come nell' esperienze del Bertelli sulla fossa Cerettola, clie 1' esperienze siensl forzate a dar ragione alia tcoria. In altro luogo bo mostrato come quella formola avesse bisogno di correzione rau- landone i coefficienti al variare dclla velocita; ma gia assai prima il Tadini aveva accennato come al fatto rispondesse assai meglio una sua formula da lui deno- minata canone dei canali e del fiumi, asserendo di averla trovata vicinissima al vero in piii di quaranta prove da lui istituite nel caso pratico di canali e di fiumi naturall sui quail l' avea clmentata. La maggiore semplicita della formola m' indusse a tentare la sua applica- bilita ancbe alle esperienze gia note e clic servirono a determinare I coefficienti di quella dell' Evtelwein. Ho creduto di molta importanza per la pratica il riprendcre quindi, in base a cio, la teoria del moto dell' acqua nei canali e nei fiumi conducendola fino alle formule finali che occorrono nella soluzione dei differenll problemi che si presentano, specialmente nel caso dei canali di scolo. iNon volli dare la loro applicazione alia teoria dei rigurgitl, perche altrove ho gia mostrato che allora dividendosi il liquido in parti indipendentemente mo- ventisi, le formule stesse non possono adattarsi a questo caso particolare ; e 1 csperienza infattl continuamente ci moslra quanto fallace in tal caso riesca una simile applicazione. Tale e lo scopo della Memorla che prescnto oggi a questo i. r. Istituto, pregandolo a volermi continuarc quella favorevole attenzione della quale gia altre volte mi fu cosi benlgnamente cortese. DHL M. E. PROF. DOMENICO TURA/.ZA 28T Dlscusslone inlorno alia natura del le force dalle quail dipende il mo- vimento dell' acqua nei canali e neifiumi. nonche al modo con cui misurame T intensita. A due propriamcnle si possono ricondurre le forze, le quail entrano in gloco nello stabilire il movimenlo dell' acqua lungo gli alvei o nalurali o arte- fatti. La prima trac origine dalla gravita e si misura dalla pendenza in super- ficie ; e qucsta c la forza acceleratrice : I' altra, che e invece forza ritardatrice, e dovuta agli oslacoli die 1' arqua incontra tra via, ed ai movimonti che questi ostacoli producono; e questa dipende dalla sezione e dal perimetro del canale, nonche dalla velocita di cui e dotata 1' acqua scorrente per esso. Molto e da molli si e discorso intorno a queste forze, ne accaderebbe a noi d' entrare in una lunga disputa se non importasse sommamcnte di raettere in chiaro le ragioni per le quali si misura la prima per la pendenza in superficie, e quelle (he c' inducono a sostiluire alia formola usuale con cui si accostuma rappre- sentar la seconda, altra formola piii sempllce, che vcnne suggerita pel primo dal chiarissimo Tadini, e che noi vogliamo adoltare, solo con alcune variazioni, nel coefficienle numerico. E facendomi alia prima, non riescira, credo, discaro il sapere che il prirao ad annunciare neUamente questa fondamentale verila idraulica si fu il Toricelli nelle sue scritlure sopra la bonlficazionc della Chiana, in cui avversando un progelto, il quale coll' abbassamento della cosi detta chiusa dei Monaci, ten- deva ad aumentare la pendenza del fondo del canale, cosi si esprime:'« La » velocita delle acque non si accrcsce ne si diminuisce conforme alia pendenza » del fondo, ma sibbene conforme alia pendenza accresciuta o diminuita della '• superior superficie loro. Non sara sempre vero che dalle pendenze del fondo si » regoll il rorso dell' acqua, ma dalla dedivita della superficie si : » e piu sotto : » Non basta che il fondo del fosso abbia acquistalo qualche maggiore pendenza, » menlre la superficie suprema dell' acque, la quale deve dar regola alia velo- • cita del corso, restera quasi coll'istesso declive che aveva prima, e non accre- » scendosi questo non dovra ncanco accelerarsi la velocita ; il falto riescira con- » tro la credenza di luolti. « 288 INTORNO ALI.E LEGGI DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. Ora una lale opiiiionc c ^cncralmciile ricevula iicUa idromcVria, la quale se in molli casi assegna al fondo dei canali quella pendeiiza chc reputa ncces- saria alia superficie libera perche 1' acqua abbia in essi il debito corso, lo fa unicamente perche, a moto pennanenle, per poco che siavi di pendenza nel fondo, la superficie libera si va, generalmente, meltcndo parallcla al fondo stesso. Per r infinita varieta dei movimenti, di cui sono dolate le fluidc stille che attravcrsano in un tempo qualunque una determinata sczione del canale, riesci- rebbe assai malagevole, per non dire impossibile, il dare di questa verita una dimoslrazione nuitcmatlca scevra da qualunque obbiezionc : ne io reputo lale quella data dal Coriolis, il quale, appoggiandosi alle solite supposizioni del molo lineare, ed al principio delle forze vive, giunge facilmente all' accennata conseguenza : non sarebbe infatti guarl piu difficile il dimostrare nella slessa maniera che la delta velocita sia invece dovula ad una pendenza media fra quella del fondo e quella della superficie, e la diniostrazione camminerebbe forse piu regolarmente. E tanto piu io tengo questa opinionc, in quantoche io credo che il teorema sia vero soltanto, come diciamo, al digrosso, e prendendo r insieme di tutli i movimenti, ai quali per tal forma vcniamo come ad acco- modare una forza media, da cui si fanno essi dipendere. L' acqua per entro agli alvei movendosi per cio che discende, e la sua vera discesa cssendo infine la caduta della quale e dottata la sua suprema superficie, egli e nella pendenza di questa che essa trova la cagione del suo movimento, il quale sara tanto piu veloce quanto piu grande sara la caduta e quindi la pendenza in superficie. Per cio poi che s' attiene al giustificare 1' assumere die si fa la forza acceleratrice eguale alia componente della gravita parallela alia superficie libera, credo po- tersi cio fare in base delle ragioni seguenti. La massima velocita dell' acqua in un alveo qualunque ha luogo assai presso alia superficie, e secondo quella linea che si dice il filone del fiume, la cui pendenza segna veramente la pendenza della superficie libera. Ella e questa una conseguenza delle resistenze al moto che prova 1" acqua lungo le sponde ed il fondo, ed c verita comprovata da tutte 1' esperienze. Questa linea e dunque quella la quale segna la direttrice del moto dell' acqua, che si puo, o si vuole avere in conto di moto lineare. Le componenti delle singole velocita delle mole- cole liquide parallele alia detta linea sono quelle che enlrano propriamcnte in gioco nel comporre la velocita dell' acqua, quella velocita media che moltipli- cata per la sezione somministra la porlala del fiume. Le alti'e componenti che DEL >r. i:. PFvOF. DO.MKMCO Tl UAZZ.V :289 lion sono parallolo al filone iioii faiino allvo die dar origine a quelle perdile (ii mo!o (li ciii ragloneremo piu sotto. Egli ml pare (he da tin verameiitc discenda la ragione del primipio idraulico clie la velocila media dipeiule unicameiite dalla peiideiiza in superficie, e che in nulla v' inlhiisce quella del fondo, se non in qiianlo la prima e in qiialche modo infliienzata dalla seconda. Egli e infine die non si puo ne si deve considerare tuUa la massa liquida dotata di iin sol movimento, come lo vorrebbero le dimostrazioni malematiche : 11 moto die si considera e soltanto quello die avviene liingo 1' alveo parallelamente al filone, gll altri movimenli non si calcolano se non in quanto possono Influire sulle resistenze ; o meglio I'lnlliienza degli altrl e cakolata iinitamente a quella causa dl ritardo die si dice resislenza del fondo e delle sponde. Ora questa resislenza del fondo e delle sponde, quanlo e facile ad essere avvertila vedendo die I'acqua non ha movimento accelerato come pur vorrebbe la natura della forza sollecllante, altreltanto non e facile ad essere spiegata e valulala in numeri. Dun spiegazioni di una tal resislenza dlvidono aiicora le scuolc d' Idro- melria. Gil unl rlferiscono la della forza ad una specie d' atlrilo die prova r acqua lungo le sponde ed il fondo. ricorrendo all' aderenza che lega fra loro le niolecole dell' acqua per rendersi ragione del propagarsi ch' essa fa a lutta la massa del liquido. Gil allri vogllono ch' essa dipenda dalle onde Intestine che i varli oslacoll che 1' acqua inconlra fra via inducono nella massa liquida scorrente e dagll urll reciprochi dell onde niedesime. Quesla seconda oplnione trovasl iiel Llonardo da Vinci, e venne iiltimainenle rlprodotta dal ch. Tadini. Che la prima Ipolesi non sia vera, o almeiio che nulla spleghi, e non faccia altro che annunciare 11 fenomeno con allre parole, e facile convlncersl per poco che si rifletta che 1' atlrilo recato qui in campo non e pol 1' attrlto usuale, perclie queslo e Indipendente dalla superficie e proporzionale alia pres- sione, quello si assume Invece Indipendente dalla pressione e proporzionale alia superficie. Dal momenlo che non e piu 1' attrlto nolo, quell' altrllo del quale si ha una chiara e precisa idea, ma una luiova forza igiiola, lanto fa 11 dire die la corrcnte si ritarda per caglonc d' una forza ignola che la fa rllardare. Ecco precisamente a che si rlduce quella prelesa splegazlone. Ma vl ha dl piu ; quell' idea dell' aderenza, messa in campo pel prinio dal Coulomb, ha fallo s'l che nella formola pel calcolo numerlco delle resistenze venlsse IntrodoUo un secondo termlne proporzionale alia velocila senijilice. 290 INTORNO ALLE LEGGl DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. lo clie ha resa la formola piu coniplicala, ne fere piu laboriose e difficill le appllcazioni, scnza die percio si vantaggiasse nell' esatlczza la formola stessa, come in seguilo mostreremo, e come e facile convincersi del fatto clie nes- siino dei pralici usa di quel secondo termine nelle applicazioni. E qui un ultimo inconveniente. Accomodata la formola a conlenere quei due termini, i relativi cocfficienti vengono dcterminati per mezzo dell' esperienza dipendente- menle alia natura e forma della formola stessa. Ora Irascurando, come spessis- simo fa la pralica, il secondo termine, non e poi giusto di assumere il coeffi- ciente del primo, come e determinato nella formola, in quanto ch' egli e cos'i determinalo iielF ipolesi che si tenga conto pure di quel secondo termine, lo che quando non si faccia anche il coefficiente del primo dev' esserc modificato. E per entrare a questo proposito in maggiore dettaglio, nell' esposizione che si fa ordinariamente in tutti i libri d' idraulica pralica delle note formole del moto uniforme, suolsl dire che quando la velocila e molto piccola, allora si puo trascurare il termine corrispondente al quadrato della velocita in confronto di quello conlenente la velocita semplice ; con che si viene iraplicitamente ad ammetlere che nel caso di piccole velocita la resistenza e semplicemente pro- porzionale alia velocita. Ora questa e appunto una di quelle proposizioni gettate la la prima volta senza esame, ed ahhracciate poi generalmcnte senza troppo pensarvi sopra, illusi da una certa apparenza di vero, ch' essa presenta. Infatti, in altro luogo per velocita piccole inferiori ad un metro, io ho mostrato che la formula che, sotto la forma ordinaria, si adatta meglio alle varie osservazioni e la ;?== -^ I 0,0003443 . (^°- 4- 0,00006237 . t' j , ora se supponiamo la velocila ^■=r0.10, che e delle miniere, si trovera che il rapporlo fra il secondo e il primo ter- mine e i,81, cioe il secondo non e nemmeno doppio del primo. Ora chi sotto- scrivcrebbe la sentenza che un termine va trascurato in confronto di un altro perche il primo e meta del secondo :' Eppure quella raassima cosl comunemente abbracciata ci condurrebbe proprio a questa conseguenza. E rimeltendomi in via, prima di procedere avanti ml sla concesso di esa- DEL M. E. PROF. DOMEMCO TURAZZA :29 I minare pin minutamenle quclla forza di aderenza che vuolsi impedire lo scor- rcre dellc molecole dell' acqua le tine sopra le altre. lo vcramente devo confes- sare di credere che una tai forza se non e assolutamente nulla, certo e assai piccola ; ed in ogni caso ritardare le molecole per una cagione del tutto difTerente da quella fin' ora supposla. J^gli e mestieri distinguere la forza die oppongono le molecole dell' acqua all' essere staccate le une dalle oltre da quella ch' esse presentano quando invece non si faccia che farle scorrere le une sopra le altre : la prima e grandissima, come ci mostra 1' esperienza volendo slaccare una lami- na sovrapposta all' acqua e bagnata dallacqua stessa tirandola in senso perpen- dicolare alia lamina; laltra e invece tenuissima, mostrandoci I'esperienza essere pressoche nullo lo sforzo necessario, diro cos'i, a far sclvolare un corpo qualun- que suir acqua stessa, pcrche allora le molecole aderenti alia superficie stri- sciante non si staccano ma si fanno unicamente scorrere sopra altre molecole acquee. II Galileo nel suo discorso intorno alle cose che stanno in sull' acqua, e che in quella si muovono, diceva appunto a questo proposito, « se nell' acqua » ferma e stagnaiite locheremo qualunque grandissima mole, la quale non vada )> al fondo, tirandola con un solo capello di donna, la condurremo di luogo in » luogo senza contrasto alcuno; >> e piii sotto, per togliere I'obbietto che potrebbe scorgere dall'osservare che occorre una forza considerevole per muovere i navi- gli con una certa velocita : « La cagione di tal resistenza non dipende da crasci- » zie 0 altro, che assolutamente contrast! alia divisione, ma ec. » e qui espone la nota teoria della resistenza dei mezzi. lo credo che a piu d' uno sia avvenuto di vedere delle barche, anche grandissime, tirate in acqua stagnante da solo uno o due uomini, ed avra potuto facilmcnte convincersi che la forza dai mede- simi impicgata era forse appena sufficiente a vincere la resistenza del mezzo, e che quindi o nessuno o ben piccolo ostacolo poteva opporre I'aderenza delle mo- lecole acquee, sebbene estesa a tanta superficie quanta era quella della parte immersa. E questo io ho detto non gia per voler negare del tutto questa ade- renza che sussiste fra le molecole dell' acqua anche allora che si tratta di farle scorrere le une sopra le altre ; ma bens\ per mostrare a quanto piccola cosa essa si riduca, e come quindi non possa essere sufficiente a spiegare nell' usata maniera, il propagarsi delle resistenze dal fondo e dalle sponde a tutta la niassa del liquido. La seconda ipotesi fu dctta dal Tadini delle onde intestine, e venne dal medesimo prodotta innanzi alio scopo di render ragione del fenomeno del ritar- :292 INTORNO ALLE LEGGl DLL MO TO DELLACQUA, EC. darsl clu! fa 1 aciiua scorrentc per gli alvci c dl misurarne 1' inlenslta. lo credo oppoiiiino di dovcr limcllere in caiiipo una tal ipotcsl allargandola convenicn- temente jicr abhracciarc in nna lutte le varie cause che insieme concorrono a render ragione del fatlo, c per cio appunto io la diro invece dei moviment'i rilar- (hilori, i'ra i quali principale, ma certo noa solo, e appnnlo quello da ciii si ori- ginano cpielle onde, alle qnali piacque al Tadini di dare il nonie, forse non inle- ramcnte proprio, di onde irih'sh'ne. Queste cause io credo potcrsi condurre alle seguenli: aj Direzioni discordanti delle velocita di cul sono doltali i varli filelli liquidi, e per le qnali principalinenle s'ingeneranonella corrente i cos\ dctti vorllci; bj Forniazione di onde discordanti, e cozzo reciproco delle stesse; cj ^lovlmenli vibratorii delle singole molecole liqnide scorrenli. Prima di entrare a considerar queste cause in dettagiio e d' nopo premet- tere un' imporlantissima osservazione ; cioe cbe devesi stimare non gia la resi- stenza sopra ognl singola particella, ma s\ bene la somma di lutle le resistenze in ogni sezionc, la qual somma polrebbe essere una funzione ben differente da quella che rappresenla ogni singola resistenza in particolare; ed e appunto drlla resistcnza tolalc che si e sempre parlato in queste ricerche. Per poco che siasi gettato 1' occhio suUa superficie di una corrente qua- lunque, non puo essere che non siasi rimarcato quellavvicendarsi di moti varia- bilissimi die presenta 1' acqua alia superficie niedesima, e per cui la veggiamo ora correre in direzioni variamentc inclinate fra loro, e per fino opposte, ora aggirarsi in vortici die vengono portati oltre* dalla corrente per dileguarsi e ricomparire in altri punti ; fenomeni tutti i quali chiaramente cl mostrano esi- stere nella massa dell' acqua scorrente movimenti spessissimo discordanti fra loro e dei quali gli uni dislurbano gll altri e reciprocamente. Quanto questi movimenti valgono ad attenuare la velocila, credo non potersi meglio mostrare che richiamando qui un' osservazione del Guglielmini, che trovasi nello scoglio della proposizione seconda del libro quarto dclla misura delle acque correnti, osservazione riportata pure dal Lecchi nella sua lilrosiolico, e della quale mi accontentero accennare qui la conscguenza colle stesse parole di quest' nllimo celebre idraulico : « Da questo fenomeno fu facil cosa il dedurre che la velocita acquistata dall'acqua nel discendere patisce alterazionc e diminuzione conside- revole, non solamente dalla resistenza delle pareti, ma ancora da allri moti irregolari derivati da impedimenti, riflessioni, vortici, percosse, ec. . . . tanto c DEL M. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 293 vero che dellcatissimo e il fliiido per risi-ntire qnalsiasi azione dl rontrario rao- vimento. » E siccomp i detti movimenti s' incoiitrano in tutla la massa, cos\ ciascuna sua parte dev' essere piii o nieno rilardata; e perchi" le cause di questi movimenti sono maggiori al fondo e alle sponde, cos\ in vicinanza del fondo e delle sponde saranno essi maggiori, e piu grande quivi il ritardo. Fra questi movimenti molti danno origine a quelle onde, che sono piu particolarmente accennate dal Tadini, e che si possono vedere anche alia super- ficie libera della corrente, alcune volte, quando 1' acqua noii sia molto alta e sia scabroso il fondo, marratissime, altre volte piu minute, ma la cui esistenza e .inche allora evidentemente comprovata dall' ineguale riflettersi della luce alia superficie medesima. 11 Tadini rlcordo di averle trovate perfino In uii rivo che. nelle giogaje delle AlpI, era riescito ad aprlrsi un letto nel ghlaccio, e che quindi si trovava scorrere in un alveo di tersissimo cristallo. Queste onde cos"i varie dl direzione vengono ad urtarsi fra loro, a sturbarsi reciprocamente, c quindl ad Ingenerare una corrlspondente perdlta di moto nella massa scorrente. Quel rumore che si fa sentire lungo un torrente in plena, e che sembra dovuto ad un rivollarsl di gbiaje e sassi gli unl sopra gli altrl, non e generalmente dovuto che al reciproco urto delle onde di cui ora e parola ; ne quel notabilissimo atte- nuarsl della velocila dell' acqua al termine di una caduta da altro trae 1' origine che dagli urti delle onde che marcallssirae allora si scorgono al piede della discesa medesima, e da quel movimenti irregolari, che in tal caso riescono sensibilissimi. Ne queste onde, per cui la massa totale si suddivide in parti I cui discor- dant! movimenti Ingenerano i cozzl reciproci ora accennati, credo esser le sole; altre minime onde sononvi pure per entro a tutta la massa flulda, costltuenti quasi un tremoho di ciascuna molecola. e la cui influenza pure non e trascura- bile. II fenomeno rimarcalo dal Cliladni che, ingenerando mediante un suono qualunque delle vibrazioni nella massa d'aria racchiusa nella stanza in cui slavi un vaso ripleno di liquldo e dal quale si faccia fluire per un foro una vena llqul- da, i ventri ed i nodi che presenta la lamina fluente mostrano col loro gonfiarsi e accorclarsi, o Inversamente coll' attenuarsi ed allungarsi a norma della nota. di sentire marcatamente 1' influenza di quel primo movimento vibralorio. credo metta fuor d'ogni dubbio I'esistenza del movimenti vibrator] di queste onde, alle quail sollanto io riserverei II nome di onde Inlestlne. Ora queste onde nel loro reciproco urlarsi non possono, e vero, far perdere forza viva, perche II liqui- M. 38 294 IN TORNO ALLE LEGGI DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. do si ritiene perfeltamente elastico, m.i vi sara cerlo perdita di forza viva nel comunicarsi di queste vibrazioni al fondo e alle sponde, nonclie ail' aria sovra- stante ed anclic ai corpi nuotanli nel licjuido, e clie cosliUiiscono la cos'i delta torbida dei fiiimi, perchc allora essi si romunicano a mezzi di densita diffe- rente. Di pin quel poco di aderenza, o viscosita che vogliam dire, che ancora conserva il liqiiido, rende il lluido men perfeltamente elastico, e qiiindi serve a far perdere una parte di forza viva anche nell urtarsi reciproco delle dette onde neir interno della massa ; ella e forse questa la maniera con cui 1' aderenza opera per propagare questa resistenza a tutta la massa fluente. lo sono il primo a confessare che la spiegazione die bo cercato ora di sostituire alia solila dell' attrito per rendersi ragione della notabile perdita di forza che si riscontra costantemente nelle acque scorrcnti per gli alvei, e piut- tosto grossolana, e che non credo certo poter meritare il norae di una teoria del fenomcno; ma per altro mi sembra avere sull' altra il notabile vantaggio di sostituire cause vere, reali, che ciascuno puo verificare, e andar convinto di loro esistenza, a cause ignote che inorpellarono con nomi chiari e di senso preciso adoperati ad indicare cause del tutto differenti, e di leggi cos'i opposte ; in una parola, credo poter dire che una tale spiegazione sostituisce fatti a parole. Ma appunto la complicazione presentata dal fenomeno ci deve ben facil- mente persuadere essere assai difficile di racchiudere in una formola la varia influenza di tutle quelle cause che abbiamo or ora accennato. Se quindi 1' espo- sta teoria ci melle in caso di renderci ragione del falto, non puo d' altra parte porgerci alcun filo diretlore, il quale ci conduca a valutare in numeri la resi- stenza totale soffcrta dall' acqua, se non forse quel solo, die la perdita ridu- cendosi in ultima analisi ad una perdita di lavoro dinamico, di forza viva, do- vrebbe assai ragioncvolraente essere proporzionale al quadrato della velocita media dell' acqua nella sezione ove si considera aver luogo la perdita stessa. In altro inio lavoro presentato a qucsto i. r. Istituto e inserito nel volu- me terzo delle sue Memorie, io credo gia aver mostrato che nemmeno la vec- chia formola adottata a rappresentare queste resistenze, potevasi conveniente- raente adattare ai varii casi della pratica ; e che alio scopo che la formola stessa rispondesse abbastanza al fatlo, era mestieri mutare i suoi coefficienti a seconda che mutava la velocita della corrente ; per cio ho allora determinato i coeffi- cienti i pill proprii da usare per velocita inferior! ad un metro, comprese fra uno e due melri, e maggiori di due metri. Dal momento che una sola formola DEL M. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 295 non era applicabile a liitti i casi, ho cercato di vedere se era posslbile di sosti- tulre alia slessa una formola mollo plu sempllce e di cui il grado di approssi- mazione fosse almeno fra i limili presentati dalla prima, se non forse anche maggiore. Naturalmente avcndo il Tadini proposia a cio una formola, e delto di averla Irovata rispondere al fatlo in quaranta e piu corsi d'acqua a cui asseriva di averla applicata. ragion voleva clie questa formola dovesse essere cimentata prima di ogni allra, e cos\ appunto ho fatto, sostituendo soltanto il rapporto fra il pcrimetro hagnato e la sezione alia media altezza dell' acqua usala dal Tadini, e ci» pcrche nelle varie esperienze cimentate era dato dagli esperimen- tatorl il primo rapporto, ma non gia la seconda. Una tal formola in ultima analisi assume la resistenza proporzionale al perimetro hagnato, al quadrato della velocita, e in ragione in versa della sezione; per cui detta R la resistenza, b «n coefficiente numerico, c il perimetro bagnato, s la sezione, t> la velocita, si assume ^ s Questa formola pero, convien confessarlo, non risponde bene a tutte I'espe- rienze, e principalmente si scosta molto dal fatto nelle piccole velocita, dove i bisogni della pratica domanderebbero invece d' avere una forte approssima- zione. Pensai allora di applicare anche in tal caso il prinripio altra volta adot- tato, e di vedere se si potesse avere la cercata approssimazione mutando il coeffi- ciente numerico b a norma delle varie velocita, dividendo le stesse fra' certi limiti, dcntro dei quali la formola rendesse il fatto con tutta quella ragionevole approssimazione a cui si puo aspirare in qucste ricerche. Le tavole seguenti mostreranno chiaramente die questo appunto avviene, e che la formola propo- sta si tiene vicina all' osscrvazione piu di quello che il faccia la formola piu romplicata che e generalmente in uso, e anche piu di quello che il faccia la stessa formola corretta che io aveva gia proposta altra volta. Le tavole stesse moslrano che il coefficiente b va crescendo al diminuire della velocita, e spe- cialmente nelle velocita assai tenui, ma quando la velocita snpera i cinquanta centimetri, allora varia assai poro, e di poco differisce dal coefficiente proposto in numeri rolondi dal Tadini, locche mi sembra essere una luminosa confer- ma di quanlo aveva asserito questo distintissimo idraulico j e d'allra parte que- 296 INTORNO ALI.E LEGGI DEL MOTO nELl/ACQllA, EC. sta sua asserzione cl deve rendere ancor plu tranquilli nell' uso della formola stessa. Uiporto qui le accennate tabelle coi relativi confronti. t" vclocita osservata, (f) velocita calcolata p pendenza osservala della superficie libera, c perimelro bagnalo, s sezione, a n b coefficienli delle due formule \/p ■ « zzia.V — , c .V- P-b.— , le misure si siippongono prese in metri. (A) Velocita intorno a O"",! 5 a =: 35,57; ^» = 0,00079; log. a =zi, 55418; log./. = 6,89764. Velocita' v-{v) y — (w) v-(v) OSSERVATORE i P s c V secondo la formola V secondo Eytelwein V secondo Turazza osservata V calcolata Dubuat. . . . 27648 0,BHB 0,4B1 0,153 — 0,013 — 0,287 — 6,049 27648 0,B92B 0,162 0,164 — 0,037 — 0,304 Jr 0,044 21827 0,6255 0,201 0,191 -f 0,050 — 0,240 4- 0,057 DEL M. K. PROF. DOMENICO TURAZZA 297 (B) Veloclta comprese fra 0"',25 e 0"',50 circa a = 47,07; /» = 0,0004r)l; log.a::=i,67278 ; lo-. ^ = 6,65444. OSSERVATORE I P s c Velocita' v-iv) V secondo la formola v-(v) V secondo Eytelwein y — (y) , V secondo Turazza osservata V calcolata Watman . . Dubuat. , . 44650 32954 4574 45360 35726 4800 0,466 4,472 0,202 0,786 1,776 0,312 0,281 0,287 0,315 0,333 0,338 0,430 0,294 0,345 0,313 0,337 0,332 0,380 — 0,045 — 0,095 4 0,006 — 0,012 -I- 0,018 4 0,448 — 0,060 — 0,109 4- 0,060 — 0,026 + 0,002 4- 0,092 4-0,057 J- 0,020 -f 0,106 -I- 0,084 4-0,112 40,178 Watman . . Dubuat. . . idem . . . Watman. . (C) Yelocita comprese fra 0'",50 ed i",00 circa a = 47,9; ^.z= 0,0004356; log. a = i, 68045 ; log. ^-=: 6,63940. OsSERVATORE 1 P s c Velocita' V secondo la formola v-(v) V secondo Eytelwein v-iv) V secondo Turazza osservata 11 culcolata 1 Pianigiani . . . Bonali Dubuat .... Briinnings . . . Funk Briinnings . . . id 1 1 id id 2825 16366 6048 4931 92,3 6701 9046 7967 5826 0,516 3,736 1,498 4,267 0,028 2,245 3,794 3,429 2,351 0,696 0,736 0,746 0,771 0,772 0,917 0,918 0,938 0,976 0,648 0,724 0,754 0,766 0,841 0,871 0,981 0,964 0,963 + 0,068 4- 0,046 — 0,044 4 0,008 — 0,089 4 0,050 — 0,068 — 0,014 4 0,012 — 0 064 — 0,030 — 0,060 — 0,047 — 0,447 — 0,007 — 0,136 -0,071 — 0,044 — 0,020 40,009 1 — 0,024 — 0,006 j -0,444 4 0,026 1 — 0,107 — 0,046 — 0,022 298 INTORNO ALLE LEGGl DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. (I)) NClofita comprese fra i'^OO ed 4"',5U circa «=:50,88; /.= 0,000386; log. «= 1,70651 ; log.^ = 6,58698 OSSERVATORE p s c Velocita osservata V calcolata (") v — (v) V secondo la formola V — {v) V secondo Eytelwein V - (") V secondo Turazza Briinnings . . Ing. Ponlifiei Briinnings . . id id Funk Bonati .... Briinnings . . id id Funk Pianigiani . . Funk id id Briinnings . . 4542 2,640 4,422 4,226 40040 4,666 4,446 4,097 9046 5,407 4,240 4,209 7957 3,704 4,248 4,098 4934 2,855 4,225 4,224 4009 2,877 4,239 4,363 40040 7,080 4,209 4,354 B825 3,646 4,274 4,273 7957 5,484 4,300 4,298 7574 4,965 4,304 4,303 4009 3,044 4,338 4,404 4863 4,436 4,349 4,257 5223 4,047 4,447 1,446 4009 3,208 4,451 4,439 3254 2,463 4,468 4,401 4009 3,359 4,474 4,472 j — 0,092 4- 0,043 4- 0,004 -f 0,098 -f 0,004 — 0,400 — 0,065 4- 0,001 4- 0,002 4- 0,004 — 0,047 4- 0,067 f 0,004 4 0,008 4- 0,045 4- 0,001 — 0,068 4- 0,045 0 4- 0,040 — 0,004 — 0,404 — 0,068 — 0,001 — 0,002 — 0,002 — 0,052 4- 0,078 — 0,004 4- 0,003 4- 0,053 — 0,052 — 0,083 f 0,053 4- 0,010 4- 0,400 4 0,040 — 0,094 — 0,054 i 4- 0,009 4-0,008 4- 0,008 — 0,032 f 0,076 4- 0,008 4-0,045 j f 0,053 4- 0,007 DEL M. E. PROF. DOMENICO TIJRAZZA 299 (E) Vclofita comprese fra I '",5 c 2" circa o = 5d,0I; ^» = 0,000384; log.fl = i,7076I ; log. /»== 6,58478. Velocita v-(v) v-(u) v-(v) OSSERVATORE 1 P s c secondo la formola secondo Eytelwein V secondo Turazza osservata 0 calcolata (") Funk 2222 1,596 1,502 1,367 + 0,089 -f- 0,089 -(-0,099 4009 3,412 1,606 4,488 f 0,012 + 0,009 -f 0,022 1817 2,060 1,509 4,747 — 0,437 - 0,445 — 0,428 1 3251 3,111 1,576 4,577 — 0,004 — 0,006 -1- 0,007 4009 3,682 4^698 4,546 -j- 0,032 -f 0,028 + 0,041 i 1987 2,033 4,601 4,634 — 0,019 — 0,025 — 0,011 4009 3,802 1,608 4,674 + 0,023 + 0,049 + 0,032 1817 2,263 4,627 4,799 — 0,405 — 0,444 — 0,097 4009 3,862 4,663 4,584 -f- 0,047 -f 0,044 + 0,057 4009 4,310 4,736 4,672 -f- 0,037 -f- 0,034 + 0,044 1987 2,315 4,758 4,744 -f- 0,009 -f- 0,003 + 0,011 1 i 1987 2,425 4,820 4,782 -f 0,024 -f 0,002 + 0,022 1987 2,621 4,869 4,852 -f 0,009 0 + 0,015 1817 2,723 1,922 4,974 — 0,027 — 0,017 - 0,021 1817 2,838 1,994 2,015 — 0,040 — 0,020 — 0,004 300 INTORNO ALLE LEGGI DEL MOTO DELL'aCQUA, EC. (F) Yelocita superiori a due melri. a — U,i4; *=r 0,000382. OSSERVATORE 1 P s c Velocita' v~{v) V secondo la formola v-(v) V secondo Eytelwein osservata V calcolata (") ' Funk 4987 4187 4987 1987 4987 1817 4847 4817 3,488 4,935 3,424 3,258 3,440 2,277 2,668 2,569 2,009 2,035 2,040 2,401 2,1)9 2,296 2,409 2,416 2,079 2,055 2,027 2,066 2,128 2,266 2,420 2,379 — 0,020 — 0,014 -f- 0,006 + 0,013 — 0,004 + 0,011 — 0,005 + 0,016 — 0,026 — 0,021 0 + 0,008 — 0,014 -f 0,004 — 0,013 -f- 0,007 L' influenza degll errori dl osservazione, calcolata dalla formola sara V 1" i s- V c- } Assumendo sara ds \ s 20' dc \ dp 1 c 10 ' p 1000 ^--t- 0,056. Esaminando le tabelle riportate superiormenle sara Ijicile il ricavare le conse- guenze seguenti: \ ." La formola proposla. adoUando il relalivo cocfficiente. si tiene cosi DEL M. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 304 vicina al fatto da poter essere sostituita alle formole usiiali, se non con grande vantaggio, certo senza scapito alcuno ; e cio tanto piu se noi daremo il debito peso air asserzione del Tadini. (2) II cocffirieiite numeriro varia sensibilmente nelle piccole velocita, ma assai poco nolle velocita piultoslo grandi ; in questo caso differisce di quantita piccolissima da quelle proposlo dal Tadini, il quale nel suo canone assumeva A =0,0004. (3) L' errore della forinola differisce assai poco da quello die gia porlo- rebbero inevitabilracnte gli errori di osservazione. Potremo quindi senza tema di notabile errore adottare la furmola stcssa, con che riescono notabilmente semplificate le applicazioni ai varii casi della pratica. A togliere qualunque dubbio ho creduto di dover pure cimentare la for- mola che si deduce dal supporre la resistenza proporzionale alia semplice velo- cita, come si e accostumato spesso di fare quando la velocita sia molto piccola ; cioe la formola p-s fzzm. - — . c iSon riportero qui i varii confronti, che sara facile a chiunque di verificare, solo mi acco itentero di accennare le prlncipali conseguenze. Si troverebbe facilmente : (i) Che il coefficiente in varierebbe assaissimo al diminuire della velo- cita ; esse e 2027 per velocita comprese fra i", ed \'^,0 \ ' 2926 .. O^.S l^OO 6776 « 0'".25 U"-.50 7578 « O^iO O-^.SO (2) La formola si scosta molto dall' osservazione, specialmente quando la velocita supera 0"',5. (3) La formola proposta in ogni caso si tiene sempre piu vicina all' espe- rienza di quello il faccia quest' ultima. YI. 39 302 INTORNO ALLE LEGGl DEL MOTO DELL'ACQUA, EC. Da quanto abbiamo dctto, e ci siamo ingcgnati di provare fin' ora credo quindi di poter ammettcre iiella prallca con quel grade di approssimazione che si puo nella stessa desiderare le due formole g.p; e g-b.~ od anche g-b.\, essendo // I' altezza media dell' acqua, a misurare la prima 1' intensita della forza acceleratrice, la seconda quella della forza ritardatrice che operano a de- terminare il movimento delle acque scorrenti lungo gli alvei naturali o artefatti. Allora le varie applicazioni delle formole stesse riescono assai semplificate, come sara facile lo scorgere nei seguenti capi, nei quali credo opportuno di rias- sumerc la teoria del ceniro uniforme e quella del moto permanente. (A) Moto uniforme. Nei moto uniforme dovendo essere nulla la forza sollecltante sara (1) /^ = ^-^^ e siccome e Qzzzs.u, rappresentando Q la portata, cos'i sara (2) p.s' — b.c.Q\ Nei fiumi, e quando la largliezza dell' alveo sia assai grande in confronto del- r altezza dell' acqua, sara (3) p.Ph' — b.Q\ dove / rappresenta la larghezza media, h \ altezza media dell' acqua. Nei canali, detta / la larghezza del fondo, n la scarpa, h \ altezza deir acqua sara (4) p. (/-I- nh )\ h' — b \l^ 2h l/r^P^I . Q\ Stando alia formola del Tadini, indicando con L la larghezza media del canale, si potra anche in tal caso usare della formola plu semplice DEL M. K. PROF. DOMF.NICO TIRAZZA 303 (5) p.V.Uz=Lh.Q\ dove sempre per b si dovra prendere il valore corrispondentc alia velocita rhe ha 1' acqua, o phe una grossolana stima preliminare ci dlra dover avere r acqua nel canale medesimo. A mostrare 1' uso delle formolc superior! mi accontentero di risolvere i due seguenti problemi, i quali si riportano alia questione della cosi delta presa dell'acqua nei canali, e cio perche confrontando le soluzioni seguenti con quelle che io aveva suggerite nel mio trattato di Idrometria alle pagine 187 e seg.. si vegga quale semplificazione grandissima porti 1' uso delle formole superior!, senza alterare sensibilmente i risultamenti finali. Problema \ .° Si vuole estrarre dalle sponde di un recipiente mediante un canale un corpo di acqua, la quale deve essere condotta ad un'officina disco- sta di una quantita L ; sia data la profondita H del fondo del canale all' in- sile sotto il livello dell' acqua nel recipiente, e di piu sia prescritto che alia distanza L la superficie dell' acqua nel canale sia depressa di una data quan- tita D sotto il livello dell' acqua nella conserva : si domanda la pendenza p da darsi al fondo del canale. Sia // r altezza incognita dell" acqua nel canale, e (^ la sua velocita me- dia. Per le formole superiori e per le regole del Dubuat avremo (6) P^^b.'i, (7) H-h='' (8) ^ = ?=<£^. Da queste si avra tosto (9) ^gm'b(H—h) — \D — H-i-h\Ji. dalla quale si avra tosto //, quindi la (8) dara il valore cercato di p. Prendo lo stesso esempio del libro citato di sopra. e percio sia H—OM. 7> 1=0.136: Z:= 148,27. la (9) diventa h"- -^ 0.949 . h — 0.4 304 INTORNO ALI.F. LEGGI DEL MOTO DELl'ACQUA, EC. (Ja cui tosto A = 0,316. e la (8) dara /? = 0,000823, i quali valori differiscono di quantita trascurabili in tali ricerche da qut'Ui che con calcolo molto piu Inngo c laLorioso sono stati trovati nel libro citato. Volendo Q bisognera conoscere la larghezza media del canale, che si suppone eguale a quella dell' apertura praticata nella sponda del recipiente ; sia questa > e sara (10) Q—axh.^yr, nel nostro caso se sia A rr 1 ,1 2 si trovera ^zz 0,2734. Nel calcolo si e preso ^rz 0,0004356 come importavano le regole accen- nate superiormente per essere la velocita compresa fra' 0,5 ed 1,0; e si e fatto /«:=:0,95 secondo che prescrive Eytelwein. Problema 2." Nel caso precedente invece che sia dato Z?, si suppone che sia data la caduta tolale C della quale si puo disporre alia distanza Z, e si domanda di dare a p tal valore che il prodotto della portata del canale per la caduta che rimane disponibile al termine del canale stesso sia un massimo. in questo caso alle formole superiori conviene aggiungere 1' altra (11) K—C—(H—h)—p.L, dove K rappresenta la quantita di caduta che resta disponibile al termine del canale. Dalle stesse avremo facilmente le due Q — m\/ ^h. h. \/H — h' I)i;i. \1. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 305 donde Q.K=mx\/2^.\c. //(//— hy — h (H—hy — 'lgm'bL.{H—hy^ . applicando a questa quanlita le regole ordinarie dei massimi e minimi, e posto per semplicita ^4 G.gm'b.L-^5C — -U B — 5 H\6.gm'bL-i-2C — 2U\ SI trovera donde p finalmente Applicando queste formole all'esempio superiore, supponendo C:rz4,823 si trovera ^ = d,545; J5=r0,866; A = 0,258, e finalmente /r,r= 0,00275. ron piccolo divario da quanto si era trovato nel citato mio Traltato di idro- metria alia pag. -189; dove debbo avvertire essere icorso un errore di stampa ncljp cifre decimali di p, dovendo essere spostata la virgola di un posto. (B) Moto permanente a fondo orizzonlalc. Prenderemo 1' origine dellc coordinate in quel panto del fondo ove consi- deriamo essere lo sbocco del canale, le x sul fondo orizzontale da valle a monte ; le y verticali in senso opposto alia gravita. Useremft in primo hiogo della formola del Tadini, awertendo soltanto di d(»ver in ogni caso adattare alia 306 INTORNO ALLE LEGGI DEL MO TO DELLACQUA, EC. stessa 1 o[)jjorluiio valore del cocfficiente come e dato dalle regole supcriori. Detto .v r arco. y Y altezza dell' acqua alia distanza .r dell' origine. ed h Y altezza dell' acqua nella sezione all' origine avremo : Forza acceleratrice dovuta alia gravita — g. j- perche lende a diminuire le s. Resislenza -\-ff.b - — t « « ad aumentare le a-. Velocita . . (^ r^ : forza acceleratrice . . nz — at ' at dove L rappresenta la larghezza media del canale. Sara quindi e quindi da cui dy k Q' ''^' ^ g.L:-y\dy-gb.Q\ds-Q\dy e finalmente, sostituendo x ad s, dal quale differisce pochissimo, (I) y-h- — .{y-h)-^jj.x. la quale rappresenta 1' equazione della curva cui corrisponde 1' andamenlo lon- gitudinale della superficie libera dell' acqua. La curva e della famiglia delle parabole in quanto che la jt e espressa in funzione intera della y ; dalla parte delle x positive e dottata di due rami infiniti. 1' uno superiore I'altro inferiore, che si protraggono senza speciale acci- dente come in una parabola piii ristretta dell' AppoUoniana ; il ramo inferiore incontra il fondo ad una distanza dall' origine eguale ad \AQ'- — gL'h'\.h Abg.Q- nel qual punto 1' altezza dall' acqua sul fondo e DEL M. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 307 e la pendenza della superficie libera 5 ' il verllce della curva e dalla parte delle x negative ad una distanza dall' ori- gine eguale a Ug.Q- \/gL' L pquazione (1), che si puo serapre laciimenle risolvere, ci fara conoscere i'al- tezza cercata dell' acqua nel canale ad una data distanza da quella sezione che si considera come sbocco del canale medesimo. Mediante questa stessa equazione si potranno pure facilmente risolvere i problemi seguenti. Problemai." Si domanda la larghezza media L da darsi al canale a fon- do orizzontale perche ad una data distanza D dalla foce il livello dell' acqua nello scolo sia elevato di una data quantita H, maggiore di h, sopra 1' oriz- zontale, essendo Q la portata del canale. Avrerao da cui gL- ^ L- Problema 2." Determinare la portata di un canale di scolo a fondo oriz- zontale in cui e data la caduta totale K da una data sezione ad un' altra che dista dalla prima di una quantita D, ed e data insieme 1' allezza dell' acqua nnlla prima sezione, e la larghezza media del canale. Si avra prima H—h-^K, e quindi (B) Q-k[/~WE>^, 308 INTORNO ALLE LEGGl DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. Problema 3." In un canale a fondo orizzontale c data la larghczxa media e la portata, e si donianda 1' altczza dell acqua alia fore perche ad una data distanza D dalla foce, 1' altezza dell' acqua sia H. In tal caso 1' incognita e h la quale si avra dalla (C) /,._^:.*=H._^?:|i+,.z>|. Scolio. Potrebbe succedere che si cercassero le altezze successive dell' a- cqua in un canale per esempio di scolo, nel quale immettendo successlvamente altri canali secondarii la sua portata andasse aumentando nei suoi varii rami a mano a niano che si va discendendo verso la foce. Ecco come le nostre formole si presterebbero alia soluzione di una tale questione nel caso che 11 fondo tutto del canale fosse orizzontale. Si cominciera dal considerare 1 ultimo tronco alia foce, al quale si appli- chera 1' equazione (4), e cosi potremo determinare I'altezza dell'acqua nel ramo medesimo al punto ove si termina, e comlncia il ramo sccondo. In questo secon- do ramo si prendera per altezza alia foce 1' altezza ora determinata, e confor- memente alia sua portata e alia sua larghezza si assegnera 1' altezza dell' acqua al suo termine, e cosi via. Se invece fossero date le altezze e si volessero determinare le larghezze medie dei varii tronchi, la soluzione caminerebbe in modo analogo. Supponiamo ora che invece di un canale a fondo orizzontale, si abbia un canale a fondo inclinato cosi che il moto dell' acqua sia in esso uniforme e 1' a- cqua sia dappertutto all' altezza // che ha alia foce; la pendenza del fondo di questo canale sara e quindi ad una distanza jc dalla foce la superhcie libera dellacqua nel canale stesso sara elevata sopra 1' orizzontale condolla per la foce di una quantita Cerchiamo ora a quale distanza dalla foce I'altezza j del moto permanente sara DEL M. K. PKOF. DOMENICO TURAZZA 309 eguale all'altezz;! > ' ^ n 2m ed integrando, si a\Ta (II) ^^^j|(/-/^04-^-^>--/O-f-^^^-^f-^^^(/-/O gmb^ ^ \ 2mb.Q'- ^ gmb T ^' A-f-i Se poi il canale fosse reltangolare, allora si avrebbe 2b.Q^-' y-h\l -^ 2gby-h'zr donde ("I) -= 2^^ 14 o' - ^^) - T ^(/ - '^^) -^T^(y- /o \ 26(8.0="^ gr°^-h-i-{r 3d 2 INTORNO /VLLE LEGGl DEL MOTO DELL'aCQUA, EC. Applicando queste formole ai casi pralici si vedra facilmenie die i risul- tamenti somministrati dalla (II) ditferiscono di pochissimo da quelli dati dalla (I), la quale presenta in vero una pcndenza alcun poco maggiore. In sogiiilo a cio, ed osservando che in pratica non si puo spingere 1' esaltezza fino alia dif- fercnza di pochi millimetri , e che d' altronde e meglio chc la formola n dia un' allezza d' acqiia piuttosto maggiore di qucllo sia minore della vera, si potra francamcnte nsare della (I), certi di raggiungere col siio inezzo qnella raglonevole approssiniazione alia quale solo si puo aspirare iu questo genere di ricerche, in cui tanle e cosi svariate circostanze concorrono ad allerare il risul- tamento finale. In base di questa osservazione, nel calcolo che era imprendo del movimenlo permanente a fondo inclinato, mi accontentero di usare della formola delle resi- stenze come venne suggerita dal Tadini, variandone solo opportunamenle il relalivo coefficiente niimerico. (C) Moto ])ernianente a londo inclinalo. Prendiamo 1' origine alio sbocc», e contiamo le x sull' orizzontale coii- dolla per 1' origine da valle a monte ; diciamo j I' allezza verticale dell' acqua nella sezione che disla .r dall' origine, e sia p la pendenza costante del fondo. Avremo : Forza acceleratrice dovuta alia erravila =: — f^\-r -\- P- --{ ■ , , " ^ ( d.o '• . " ^ .''■' ^ ^; rf* J ^" i/:r ~ 'It «. 'i w..) os&ia Q- I ds , , (y g\ ilY-hp.dx \ -I- g.b. ~ ds =: — ^ Ji' = i.dv = — ~- .dy DKI. \1. E. PROF. nOMKNlCO T11RAZ7,A 313 (1.1 (111 y (1) fj.rhz^ :— S-^/j, y pL' c, meltendo per semplicila di scritlura (la (HI ok' . , \/ y' -i- l.y -h k- iW 4 . :ii;H-A — (r-^px) — log. ■' "r. f- [/ 3. Jr. ffr. '— , f; doveiulo essere yiizh per .rmO. si avra fiiialmenti' (IN) >' -f-0.l=: A -i- ^TT .log. ; ., , -=: .zir.h kit-i-k' 4=^/3 '•'^•(2/*^A).!/-^{2/;^A).A- ' y -\-px rappresenla 1' elevazione sull' orizzonlale coiidotta alia focc della siiprr- ficie deir acqua nclla sezioiie rhe dista .r dall' origine ; y 1 allez/a dfiracqiia nella scxionc medesima ; h 1' altozza dell' acfjua alia focc. t^ k 1 alt<>zza dcl- 1' acqua ncl cauale a regime imiforme, il quale sotto la pciidcnza /; ccmvoglle- rchbe la medesiraa quantita di arqua del canale che si eoiisidera. Poniamo 1' cquazione superiore soIIk un altra ioniia, pel die laceiauuj V _ / , A- vivo/-/,) (2h-hk).!i-hCil'-hli)-k v/y. A, J/ _ Vy^--hky-hk' __^± e -V, .0/--M 3 1 4 INTORNO ALI.K LEGGI DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. esprimendu con // l;i quaiilila — , e sara (V) y-k~{h — k).M^.e op ■(l-n)f^ Ora noi abbiamo vediito che b e massimo nelle piccolisshne velocita, e che va poi successlvamenle diminuendo al crescere che fa la velocita ; e siccome la velocita e legata alia pendenza per modo che una piccolissima velocita corri- sponde ad una piccolissima pendenza e inversamente, cos\ si scorge che sara b grande per p piccolo, e che quindi nei casl pratlci nei quali occorrera 11 biso- gno di usare delle forraole ora trovate, la quantita V ossla la 77, sara generalmente mlnore dl uno. Solo nei casi di fortisslme pen- denzc, e quindl dl velocita assai grandl potra riesclre n maggiore di uno, occor- rendo per cio che la pendenza diventi alraeno del quatiro per rallle circa ; in questi casl soli, d' altronde eccezionali, diventera n maggiore dell' unita. Stringendosi al casl i piii comunl, la quantita 5"p (\—n)k sara posltiva, e quindl 3p .X (1 — n) k e andra diminuendo al crescere della x cosi da dlvenlare tenuissimo per valori di X sufficientemente grandl. .(i;.! Differ enziando poi 11 valore dl M^ troveremo dy 2(i—n)L\/k'~}-kh + h'.\/r-i-l»J-i-k' < -H r- (3,268 -t-«.(l + J/3)) j, IlKL M. v.. PROF. DOMF.MCO TI UAZZA 315 dalla quale risulta che, se « c minore di uno, qualiinque valore abbia j, il — e essenzialmente negalivo, e che qulndi M, diininuisce al crescere della /. Cio prcmesso so alio sbocco sia cioe r altczza dell' acqua eguale a quella che corrisponde al regime uniforme del canale, dalla (V) avremo J = ^, qualunque sia x. Cioe » Se alio sbocco 1' altezza dell' acqua eguaglia quella del regime uniforme, la superficie libera della corrente si disporra da per luUo parallela al fondo, e il moto deir acqua sara uniforme. Se e h k riescira anche j>k, cioe Se alio sbocco 1' altezza dell acqua e minore o maggiore di quella che compete al regime uniforme del canale, allora 1' acqua nel canale stesso si man- terra inferiore o superiorc a quella del moto uniforme, e la superficie libera o convergera o divergera dal fondo secondo che succede 1' uno o 1' altro dei due casi contcmplati. La (\ ) ci dice pure che a mano a mano che cresce la .r la quantila y — k si va facendo in ognl caso di piu in piii piccola, non portando a v'lh, per quello che abbiam detto, alterazione sensibile la variazione dei valori della 3/^, e quindi per j; abbastanza grande, sara sensibilmente cioe L' altezza dell' acqua nel caso di moto permanente a fondo indinato si va sempre piu avvicinando a quella che compete al moto uniforme. e quindi la superficie libera si va disponendo cosi da ricscire parallela al fondo e confon- dersl colla superficie del moto uniforme. Questo avviene ad una distanza dalla foce tanto maggiore quanlo e piu grande la differenza fra 1' altezza del regime uniforme e quella dell' acqua alio sbocco; ma questa distanza pero non e mai grandissima, come di falto acccnna la pratica, la quale da forse una distanza ancora minore di quella che somministrano le formole. 3i6 INTOKNU ALLK l.EGCA DEL MOTO DKLl'aCQUA, EC. Quest ultima osservazlone e importantissiiiia nella pralica, in quanto die fi niostra clu; per poco clie siavi di pondenza iiel fondo del ranale, qualunque sia raUe/./,a t\v\\' acqiia alia foce, la siiperficie dell' acqiia nell'mterno del canale non riseiUe qiiesta differenza d' altezza che per una distanza dalla foce non inai mollo grande, e che quindi si puo in ogiii caso con sufficiente approssimazione applicare al medesimo le formole del molo uniforme, come appunto accostuma di fare la pratica. Per v'lh le due questioni che importano partlcolarmente si riducono solo alia tiMnia del molo uniforme, e a quella del molo permanenle a fondo orizzon- tale, teorie che abbianio gia nei due primi numerl dettagliatamente splegate. Alcune volte 11 fondo polrebbe essere acclive, o almeno potrebbe sorgere ,il dubbio se un maggiore profondamento nell'alveo, anche tale da rendere alcun poco acclive il fondo fosse per lornare utile, in quantoche si potesse con cio sbas- sare viemaggiormente il livello dell'acqua rapporto alle adiacenti campagne: Non credo quindi fuori di proposito il trattare anche il caso del fondo acclive, *per6 sempre nell' ipotesi che 1' acclivita del fondo sia piccola cosa, altrimenti dubite- rei molto che il llquido si spartisse in parti indipendentemente moventisi, restan- done una porzione come stagnante sul fondo, nei qual caso le nostra formole non vi si potrebbero piu applicare. ' (D) Moto permancnte a fondo acclive. In tal caso delta p la pendenza del fondo, che allora ha luogo da valle a monte, sara la forza acceleratrice dovuta alia gravita quindi 1 erpiazione differenziale divenla (1) ■ pAv^'^f-.dy. La quale integrata cost che per .rzziO sia yzrzh somministra a I,. DEL M. E. PROF. DOMENICO TURAZZA 317 0 ') y—px—h -f- - ^. (i + «). log. .,=^ , ^ / /I X ^ . A. / 5^ (1/ — A) 4- ^ /-. (1 -I- «) Jr. tg. (^,~4-I^'(2ra)r ' dove k ed « hanno le stesse significazioni del caso precedente, con questo pero di dilTcreiua che ora k non rappresenta che un numero e nulla plu. Sviluppando quest' ultima secondo le potenze ascendent! di p.x, o meglio, integrando la (1) per serie progrediente secondo le potenze di px si trovera Y — px zz:n-\- 3- . px H- ec. y — px rappresenta i' altezza della superficie libera suU' orizzontale condotta pel fondo alia foce della sezione che dista dalla foce della quantita x; se rap- presentiamo con V questa elevazione, sara dunque (2) r=h-^^±±^^4.p^v-^- Ora perrhe 1' acqua si muova, come si richiede, da monte a valle. e neces- sario clie la superficie libera penda verso valle, e quindi, prendcndo x cosl piccolo da render trascurabili i termini contenenti il p^x^\ p^x\ ec, dovra essere Y>h, e quindi n .rrr' <\ . Perche il moto abbia luogo dunque nel canale secondo il senso prescritlo. dovra la pendenza p del fondo . 1' altezza k del roginie nniforme a pendenza declive p , e T altezza h dell acqua alia foce soddisfare alia relazione pel che si domanda generalmente che sia p assai piccolo. 318 INTORNO ALLK LEGGI DEL MOTO DELL'aCQUA, EC. Quaiulo questo succeda, allora suddividendo il tronco in lanle parti in cia- scuna delle quali x sia tale da poler trascurare i termini superior! al primo, avremo intanto al termine del primo tronco un'allezza d'acqua sail' orizzonlale ' \ — nvr ' ' ' e quindi detta //, 1' altezza dell' acqua nella sezione al termine del primo tron- co sara 1 I , /(I -t-fl)n«' i\ I . m'-|-l Air origine quindi del secondo tronco sara k e quindi m^ < m ; donde m] < ra^ ; ed i — nm] > 1 — n.m^ . Al termine del secondo tronco, e al principio del terzo avremo e per le osservazioni fatle superiormente sara Cosi progredendo si vedra facilmente die la superficie libera si va dispo- nendo in curva concava volgente la concavita all' orizzontale, alia quale si va sempre piu slrlngendo quanto piu ci discostiamo dalla foce, come succede nel moto a fondo orizzontale. Questa conseguenza e ancora viemaggiormente con- validata dell' osservare che col discostarsi dalla foce si fa sempre piii ampia la sezione, e quindi diminuisce la velocila, al dlminuire della quale abbiamo veduto farsi sempre piu grande il ^ e quindi piu piccolo n. DEL M. E. PROF. nOMENICO TIRAZZA 3d 9 Anche quando 11 fondo e acclive e diinque possibile 11 moto verso la loce, purclie per altro sla verlficata la gb A' Se la p fosse ros'i grande da non rendere soddlsfatta la precedente, allora ») 11 llqiildo si alza lanto da rendere h tale da soddlsfarla, oppure, se h e de- termlnata, dovra spartlrsl In parti delle quail 1' una stara come stagnante sul fondo, formando come un fondo artlficiale sul quale 11 llquldo stesso prendera allora 11 suo corso. (E) Confrontl. Non sara senza profitto che qui Istltulamo un confronto fra 1 varil casl ora consideratl. Supponlamo dunque che In un canale di data larghezza media / debba correre una quantlta Q dl acqua, e debba questa metier foce In un baclno, nel quale \ acqua rlstagni alia foce sotto un' altezza h sul fondo del canale alia foce stessa. Potresslmo soddlsfare alia questlone con quattro canall : 4.° Con un canale a fondo Incllnato preclsamente sotto a quella pendenza che renderebbe 11 moto unlforme, e qulndl costante 1' altezza dell'acqua In tutto 11 canale ed eguale all' altezza h dell' acqua alia foce. 2." Con un canale a fondo Incllnato, ma sotto tale pendenza che sla mag- glore o mlnore dl quella corrlspondente al regime unlforme. 3." Con un canale a fondo orlzzontale. 4." Con un canale a fondo acclive, pero dl pendenza cos'i tenue da rendere soddlsfatta quella condlzlone che abblarao posta conslderando 11 moto permanente in questo caso. L' equazione della superficie libera sarebbe rappresentala nel prlmo caso dalla nel secondo caso dalla (H); nel terzo dalla (I): nel ([uarto dilla (M) : pur- che, rappresentando con Y X altezza sull' orlzzontale condotta pel fondo alia 320 INTOUNO ALLE LEGGI DEL MOTO DELl'aCQUA, EC. foce, si ponga in esse ordinatamente yzz.y — px y = i -+- px . Supponiamo die gli elementi per questi qualtro casi sieno i medesimi, e poniamo Suddividiamo il canale a partire dalla foce in tanti Ironchi nei quali sia px cos'i piccola da poter trascurare le sue potenze supeiiori, ed usiamo degli svilnppi in serie secondo le polenze della px^ tenendo conto del solo prinio termine in cui si contiene la px. Distinguiamo cogli apici u^ o^ d^ a applicati alle Y i valori dl questa quantita corrispondenti al caso di moto uniforme, di molo a fondo orizzontale, di molo a fondo declive, e finalmente del molo a fondo accli- ve ; aviemo al termine del primo tronco, e quindi al principio del secondo J^(") h^ m .p.x^ J^C) Ah- — n.m' .p.x^ J''(o) :^ h^ m' V- — nm' ' ' Jp^l") h A- (1 -^n)vv' .p.x^ n -j- \ — n.»«' Nel primo caso, cioe in Y^"\m e coslante ; nel lerzo e quarto, siccome al crescere di x cresce I'altezza dell'acqua, cos'i m diminuisce al crescere della X ; nel secondo m diminuisce se e k minore di h, cresce invece se e k> h, cioe secondo che la pendenza del fondo c maggiore o minore di quella che cor- risponde al regime uniforme. Consideriamo x cos'i piccolo da poter trascurare quesle variazloni di m ed allora ad una piccola distanza dalla foce sara se c mh cioe m> \ ma pero tale da rendere n.m^ < -1 , sara cioe in questo case sara la superficie dell' acqua nel canale a regime uniforme la piu depressa di tutte, e sempre quella nel canale a fondo acclive la piu alta. Procedendo nel secondo tronco il coefficiente di px rimane lo stesso di prima in Y"^ , ma esso diminuisce in Y\ ; ed in Y^f , ed in J^'/' dimi- nulsce se e k h. Al termine quindi del secondo tron- co le dift'erenze d altezza dell' acqua suU' orizzonte saranno minori che nel pri- mo, e cos'i progredendo sara facile il vedere che termineremo coll" andamento seguente. Nel canale a fondo orizzontale e in quello a fondo acclive la superficie libera sara prossimamente orizzontale, ossia con pendenza tenuissima, e nel secondo piu bassa ancora che nel primo. Nel canale a fondo inclinato la superficie libera sara parallela al fondo, e r altezza dell' acqua nella sezione sara quella che compete colla data pendenza del fondo al regime uniforme. Apparisce da cio che torna conto di usare un fondo acclive, nel che la maggiore escavazione fa s\ che si accresca il vantagglo qualora il canale non sia a bocca sempre libera. Non e pern da passare sotto silenzio che un tal canale esigerebbe una cura rontinua per le deposlzioni sul fondo e gli spessi sgarbi che domandcrebbe, e cio per I'acqua che stagnerebbe sul fondo. (^Iie in secondo luogo viene opportuno 1' uso del canale a fondo orizzon- tale, il quale e sempre da consigliarsi quando non si possa disporre che di pic- colisslnia caduta come e il caso delle basse pianure. Finalmente, che nel caso di fondo inclinato si piiu usare delle regole del 322 INTOKXO ALI.K LEGGI DEL MOTO DELL ACQUA, EC. inolo uniformc. in quanto che 1' influenza della foce non si fa mai sentlre ad una srande distanza dalla foce medesima. (11) Esemplo numei'ico. Credo (he non sara discaro di vedcre qui applicale le eqiiazioni superiori ad un esempio numerico, che rendera ancora piii facili i precedenti confronti. Sia ^ = 0,0003; Q — S-^^IQ; Z = 6",87; A = 4»,50, prendiamo b n: 0,0004356, che corrisponde a veloclta comprese fra un me- tro e mezzo melro, avremo ^/=: 0,0844; ^=1,2803. Questo valore di k, essendo minore di h, ci dice che la pendenza 0,0003 (' piu grande di quella del regime uniforme con coslanle allezza d'",5 come e r altezza alia foce. Medianle questi numeri le equazioni superiori divenlano (1) Moto uniforme e quindi Jr= d .5 + 0.0001 87. .r ; r= i ,5 + (6,27087)..t- . (2) Molo permanente a fondo declive y 4- 0,0003. j; = i ,5 -h 0,1 69 / log. 7zrr,2805 -f- 0,o636. Ar. tg j^^^^:^^^^^^ ' ossia r+(6,47712)...= i,5 + (9.22969).log.'«:^'^^I^I^ -+- (9 75095) Ar ta JM^^iMzz:^^) -+- ^JA^y)^^)./lr.tg. (0,03 1 47) 2/ + 5,2054 " DEL M. K. PROF. DOMENICO TURAZZA 323 (3) Moto pcnn.'iiu'ntc ;i fondo ori/.zoutale. / — 0,709. 7=1 4 -+-0,0025 19. r, ossia y — (9,85061).j = 4-h(7,40120)..r . (4) Molo permaiKuite a foudo acclive. A nnno j - ntnni i 0,3047 (;/-(- 1,2805) y — 0,0003..!-=: I, t) -I- 0,201. log. V/i/=— I,2803.!/-1-I,()59d f\ acT' A 4 1 .8406. (y — I ,b) ossia (9,70504) (i/-f- 1,2805) Y — (6,477 1 2) .r = i ,5 -h (9,30320). log. /^/^ — (0, 1 0754).j/ -»- 4 ,6593 ^ (9,8.446). ^.,,..:g||p^,, dove i logaritml sono tabular! e i iiumeri posti fra parentesi sono i logaritrai tabular! dei r!spetlivi coefficient!. Da queste fonuole avremo per ^^ = 500°" y"' = i.50 1^;'= 1.593 y'lz: 1.386 ^1"' = 1.536 y" = 1,388 rr= 1,388 y" = 4.7i0 F;"= 1.570 .rzizlOOO'" y"'=1.30 Fi"' = i,687 y"=: 1.316 Jri^rr 1.616 y°'= 1.665 rf=i.663 y" = 1,903 ri:"= 1.603 /■" — 1,50 y" — 1,28 y°' — d,80 y». — 2.267 324 INTORNO ALLE LEGGl DEL MO TO DELL ACQUA, EC. .r=2000"' r!;" = 1,874 1^^ = 1,880 r<;' = 4,880 J^"' = 'l,667 ecc. II presente esemplo niimcrico mostr.i cliiaramentc qiianto si e detto piii sopra nei confronll islituiti fra le qualtro specie dei canali che qui si conslde- lano: si scorge infatti che aveiulo tiilti e quattro egiiale portata eguale lar- ghezza media, ed eguale altezza d' acqua alia foce, la superficie libera dell'acqua si trova elevata sopva Y orizzontale condotta per la soglia della foce stessa, a 500 metri di distanza di piii nel ranale a regime uniforme, quindi in quelle a fondo orizzontale, poi nel canale a fondo acclive e finalmente meno di tutti nel canale a fondo declive con pendenza maggiore di quella che compete al regime uniforme; ma a 2000 metri di distanza 1' altezza dell' acqua suU' orizzontale alia foce e gia minima nel canale a fondo acclive e pressoche eguale negli altri, e al di la sarcbbe eguale nei due canali a fondo declive e a regime uniforme, meno in quello a fondo orizzontale, e sempre minima nel canale a fondo acclive. Le precedenti considerazioni, e le formole date tornano utilissimc nella teoria dei canali di scolo, come spero di poter mostrare ben presto parlando in particolare dei canali medesiml. (Leila il 21 gennaio -1855). J SULLA FLORA FOSSILE DELL' OOLITE MENORIA DEL M. EFF. ACHILLE DE ZIGIVO Oe lo studio del resti fossill animali contribui a spargere molta luce sulla storla antica del globo, non meno importante dee risguardarsl quello delle piante che giacciono sepolte negli strati delle diverse formazioni. Imperciocche secondo la natura terrestre, palustre, fluviale, lacustre o marina dei vegetali fossili siamo tratti a considerare quali fossero i limiti delle terre nell' epoche piu remote, ed i confronti fra le spente flore e quelle che ora rivestono le varie zone del suolo che ci sopporta aprono vasto campo alia investigazione delle condizioni che ne favorirono lo svolgimento ed improntarono di un carattere speciale la vegeta- zione di cadaun periodo geologico. Tal genere di ricerche sebbene avesse eccitata la curiosita dei nostri avi fino dai tempi del Luidio e dello Scheuchzero, non poteva pero estendersi a riu- scire utile nelle sue applicazioni se non se procedendo di pari passo col pro- gresso di quella scienza, la quale si fece guida all' arte delle miniere e che aiutata dalla botanica e dalla zoologia giunse a svelarci le prime orrae di vita, le prime costrutture dell' organismo (i). Percio veggiamo soltanto negli ultimi trent' anni, dopo che si tracciarono con maggior precisione i limiti delle formazioni gcologiche ed i caratteri delle diverse faune che le distinguono, moltiplicarsi le indagini dirette ed istudiarne le flore. (i) Zigno. Delia ^enlogtaf siioi progressi prima del secolo XIX. Padova i853, pag. i. VI. 42 326 SULLA FLORA FOSSILE DELl' OOLITE Tra le numerose e svariate piibbllcazioni, di cul s' arricclu la scienza, ten- gono a buon dritto il primo luogo, e pella rinomanza degli autori e pella vastlta dell'impresa, le opere intente a schierarci dinanzi le descrizionl sistematicamente ordinate di tutte le piante fossili conosciute. Ma finora questi lavori di lunga lena, o rimasero incompiuli o non raggiunsero quel grado di perfczione che ora si addimanda (1). 3Ieno precoce imprendimento e piu fnittuoso si e quello invece delle mo- iiografie e delle flore speciali, die stringendo la cerchia delle osservazioni ad un campo piu limitato preparano con accurata disamina i materiali per una futura piu diligente compilazione delle opere generali (2). Un lavoro di questa fatta io da varii anni imprendeva rispetto ai diversi piani della formazione oolitica, spinlo non gia da temeraria fiducia nelle mie forze, ma dalla avventurata circostanza che le \'icine montagne mi aveano dis- chiuso nelle roccie di quel periodo un' abbondante messe di resti vegetali, lo studio de' quali invitandomi a svolgere le pagine di quanto fu pubblicato su que- sto subbietto, mi convinse dell' utilita die avrebbe recato ai cultori di questo ramo di scienza non solo la illustrazione delle specie nuove trovate tra noi, ma eziandio una diligente revisione di tutte le conosciute (3). (i) Si scorgera di leggieri come qui si alluda principalmente alia Hisioirc des vegelaux fossiles del BroDgaiarl, ed al y^rsuch einer GeognoatisclL Boianischen Derstelliing tier Flora der f^on^'elt del conte di Sternberg, 1* una e T altra opere pregevolissime e di sommo ajuto negli sludj paleofilogici. E pero a deplo- rarsi come la prima sia rimasta interrotta dopo la pubblicazione delie prime puntate del secondo volume, e come la seconda manchi di un indice generale. In quesl' ultima sono pure corsi alcuni errori nelle citazioni delle figure; errori che lo Sternberg corresse in un foglio volante stampalo di poi, ma che non e da tutti conosciulo, giacche furono ripetuti da moiti autori nel citare le specie annoverate in quest' opera. Nella mia J'lora dell' oolite, che fra poco vedra la luce, sono I'atle tutte le retlificazioni spettanti alle planle di questa formazione. (2) I lavori piii acconci a far rapidamente progredire questo ramo di scienza sono: 1." Le nionogra6e di singole classi o famiglie, che ne tracciano la storia seguendone Ic spoglie in tutte le formazioni in cui giaccioQO sepolte; 2.° le Hore locali, che porgono la illustrazione di tutte le specie rinvenute nei diversi strati di una data regione; 3." le flore delle singole formazioni, Ic quali sebbene si limitino alia descrizione delle pianic vissute durante un solo periodo geologico, spaziaoo con ampiezza di accurate indagini per lulto il globo, c ci danno bello e coslruilo uno dei piani che dovra prendcr posto, quando che sia, nell' edificio di una paleofitologia universale. (3) Fino dal i85o io ra' era accinto ad illustrarc le piante fossili dell' oolite veneta, operando col mezzo di csperti lavoratori gli scavi opportuni ad accrescerne il novero, e lacendo discgnareic specie nuove dal valente artisla sig. Germano Prosdocimi. Pero avendo osservato come la sinonimia di lullc le specie componenti la llora oolitica meritasse un' accurata revisione, cambiai divisamenlo, ed impresi piu vaslo lavoro raccogliendo i materiali necessarj per la compilazione di una llora generale dell' oolite, che uscira tra breve divisa in pun- tate, ed accompagnata dalle figure di tutte le specie nuove, o non ancora figuratc. DEL M. E. ACIIILLE DE ZIGMO ' 327 E rome suolc avvenire chc dall' esamc ili moiti fatti sraturiscano quasi di per se alcuni principj fi;pnerali, cos'i dallo sludio di tiiUo che in srritto sidla flora deir oolite e da qiiello dei copiosi materiali the lo potei adunare, mi fu aperta la via a sottoporvi alcune considerazioni suUa dislribuzlone geografica e geolo- gica di questa flora, suUe famiglie che la compongono e sulle analogic che pre- senla paragonala con quelle delle formazioni vicine e coll' attuale vegetazione di alcune regioni. E cominciando dall'annoverare i luoghi in cui furono trovati resli vegetali nelle stratificazioni dell' oolite, prima ci si presenta la maggiore delle isole bri- tanniche, ove il numero e la bellezza di queste spoglie rendevano celebri da gran tempo le vicinanze di Whitby e di Scarborough nella contea di York. Primi a richiamare 1' attenzione del pubblico su queste piante furono i signorl Young e Bird porgendone alcune delineate nella loro opera geologica sulle coste del Yorkshire, stampata nel d822 (i). Peru il deposito piii ricco di questi fu sco- perto soltanto cinque anni dopo lungo lo stesso litorale sotto Gristhorpe Hill e quindi vedemmo aumentarsi di gran lunga il numero delle specie nelle operc di Phillips, di Lindley e Hutton, di Brongniart, di Sternberg, di Morris, di Bun- bury e d' allri che videro la luce piu tardi (2). Scostandocl dalla costa orientale dell" Inghilterra e procedendo piu adden- tro verso sud-ovest s' incontrano a Stonesfield nella contea d' Oxford i depo- siti piu antichi dell'oolite inferiore con alghe cicadeacee e conifere, di cui si veg- gono ripetuti gl' indizii nelle vicine contee di Gloucester e di Wilts e piu al sud lungo il canale della Manica sui lembi estremi degli strati oolitici che ter- minano al mare e prospettano le coste della Bretagna, troviamo nell' oolite di Charmoulh unltamente ad alcune conifere e cicadeacee le fruttlficazlonl di una (i) JouDg aud Bird Geohgical Survey of the Yorkshire Coast 1822. In quest' opera sono assai rae- diocremente rappresenlalp alcune delle principal! specie de' deposili fitolilifcri della contea di York. (2) Nel bel lavoro del prof. Phillips, inlitolato Tllustralions of the Geology of Yorkshire, slampato nel i835, sono annovcrate moltc specie, di cui e data la Ggura senza pero che vi sia annessa alcuna descrizlone. Nella Fossil Flora of Great Britain dei signori Lindley e Hutton ne Iroviaino 87 specie bellamentc illustrate, 63 nella Histoirc rtes vegetaux fossilrs del Brongniart, ed 83 nella Flora der /^onvelt dello Sternberg. Molte piii ne enumero il Morris nel sue Catalogue of British fossils, e varie specie formavano il subbietto di una delta Memoria al Bunbury, quando leggeva nel marzo i85i alia Societa geologica di Londra le sue osserva- zioni : On some fossil plants form the Jurassic Strata of the Yorkshire Coast. L* Index paleontologicus di Bronn, il Tableau des genres des vegetaux fossiles del Brongniart, ed il Genera et species planlarum fossilium dell'Unger sono le opere piii reccnti che ne porgono il numero maggiore. 328 SULLA FLORA FOSSILE DELl' OOLITE pandanea che fu bellameiite illustrata dal Buckland ed a cui II Brongniart dlede il nome di Podocarya Bucklandi (i). Volgondo iiuovamente verso settentrione ci si affaccla lungo il lido occl- dentale della Scozla 1' isoletta d' Elg, nelle cul slratlficazloni rltenute appartenere alia parte superiore della serie oolitica, scoperse il Witham dei frammenti, che esaminati al microscopio gli diedero a divedere la struttura propria di una conifera alia quale impose il nome di Pinites eggensis. Dal lato opposto, sulla riviera orientale bagnata dal mare del nord i banchi carboniferi di Brora nella contea di Sutherland adeguati dalla maestra penna del Murchison a quelli del- r oolite della contea di York segnano 1' estremo punto in cui sieno comparse tracce della flora oolitica nell' emisfero boreale fissandolo al grado 58.""° di lati- tudine settentrionale (2). Questo limite declinando alcun poco al sud si protende all'oriente dell'In- ghilterra e si palesa nella Scania merce le piante fossili di Hoer e di Hoganaes (3). Nella Francia son noti i depositi fitolitifieri di Mamers, di Valoque, e d' Alencon coUocati nella parte inferiore dell' oolite mentre, all' incontro quelli che si scoprirono successivamente a Verdun, a Chateau-roux, a Morestel, a Aber- geraens presso Nantua, a Seyssel e nel Bugey deggiono essere riferiti al piano del Coral rag (4). (i) Questo fossile fu rinvenulo dal sig. Page di Blshporl presso Bristol nel!a parte piu bassa dell' oolite inferiore all' est di Charmouth nella contea di Dorset, e si serba ora nel museo d' Oxford. II prof. Buckland ne da una particolareggiata descriziooe ed una eccellenle ligura nel Bridgeivaler treatise, alia pag. 44- ^^' ^*^'* ^* risguardante la geologia e mineralogia, ove accenna pure di avcre intorno ad esso consultato 1' illustre botanico Roberto Brown, rlie gli suggeri d' apporvi il nome gcnerico di Podocarya. (2) Oltrc le scarse impronte trovate a Brora, si scopersero recentementc in Iscozia abbondanli rcsti vegetal! nell'oolite. II celebre Ugo Miller lesse alia Riunione dell'associazione britannica, ch' cbbe luogo in Glas- gow nell'anno scorso, una Meraoria sulle piante fossili della Scozia, in cui annovera cinquanladue specie come proprie di quesla formazione. (3) La non chiara successione degli strati, e la idenlita di alcune specie con quelle che giacciono nell' ar- gilla wealdiana, hanno fatio porre in dubbio I' appartenenza delle piante di Scania al periodo oolitico, sebbene a questo sieno rilerite da varj distinti naturalist!. Pero se e vero che alcune fra queste specie sieno proprie deir argilla wealdiana, lutlavia altre vi si trovano Iramistc, che spettano senza dubbio all' oolite. D' altronde le ben note analogie esistenti fra queste due (lore possono rendere per ora egualmente ammissibile tanto 1' una che 1' altra classificazione tino a che altri fossili non ci porgano il loro ajuto per iscioglierc la queslione. Fratlanto rimane provalo dalla natura stessa dei resli vcgelali Irovali nella Scania, ch' essi deggiono Sver vissuto sotto condizioni eguali a quelle in cui vissero le piante che ci sono fornite dai depositi della contea di York. Trattarono, com' e nolo, delle piante di Scania Brongniart, Hisinger, Nilsson c Forchammer. (4) Mentre per le scoperte fatte in Inghilterra si andava aumcniando il numero delle piante lossili trovate nell'oolite, il Desnoyers nel marzo iSaS leggeva alia Societa filoraatica di Parigi una Meraoria inti- lolata Observations stir quelqites systemes de la formation oolitique dii nord-ouest de la Franccy et parti" DEL M. E. ACHILLE DE ZIGKO 239 Frequenti indizj della flora oolitica si scorgono pure nei terreni coralliaiii del Wurtemberg, nci calcarl litografici della Bavlera, in qualche punto dell' Au- stria inferiore, nelle argllle ferruginose di Ludwigsdorf, di Matzdorf, e di \'Vilms- drof iiella Slesia priissiana, in quelle di Kaminika Polska in Polonia e nelle sabbie quarzifere dei contorni di Mosca. I deposit! della Slesia e della Polonia sono posti dal Goeppert sullo stesso orizzonle di quelli della contea di York, e quello dei dintorni di Mosca e riferito dai signori Auerbach e Frears alia parte superiore del gruppo Oxfordiano, ma quest' ultima classificazione non mi sembra per anco comprovata da sufiiciente corredo d' altri fossili caratteristici (1). Retrocedendo verso le regioni meridionali che cingono il gran bacino me- diterraneo, c' imbatliamo nei depositi delle Alpi venete, ove assai prima di tutte le teste accennate scoperte si erano rinvenuti fino dal secolo scorso bellissimi esemplari di pianle fossili presso il villaggio di Rotzo nei Sette Comuni in una roccia, la quale, come diremo appresso, spetta senz'alcun dubbio alia formazione giurassica. Se non che in quel tempo la geologia straligrafica e paleontologica era ancor poco conosciuta e s' ignoravano i caralteri distintivi delle diverse for- raazioni componenti le montagne. Percio non dee recar meraviglia se a questa scoperta non si diede 1' importanza che meritava, e se i naturalist! d' allora si culierement sur une oolithe a Fougeres de Mamers dans le departement de la Sartke, nella quale fgli preti- Jeva ad esaminare i diversi terreni che si succedono all'ovest di Parigi da Bellesme ad Alemon, ed indicava con rara prccisione le relazioni di giacitura di una calcarea oolitica, la quale presso Mamers racchiude buon numero d' irapronlc vegetali. Le piante raccolte dal Desnoycrs a Mamers furono esaminate dal Brongniart, che Ic illustro in una nota inserita nei fascicolo d' aprile iSaS degli Annates des sciences naturelles. Ma le determinazioni date allora a queste piante furono poscia dall'autore stesso reltificate nelle sue opere posteriori, essendosi accorto come la maggior parte di quelle ch* egli aveva ritenuto esscre feici, dovessero invece rii'erirsi ad un genere di cicadeacea, le cui specie sono assai frequeuti nella formazione oolitica. In quanto agli altri luoghi di Francia, ne' quali si rinvcnnero piante nell' oolite, debbo qui riportare come il dolt. Thiolliere di Lione in una lettera a me diretta ribatta con validi argoraenti le varie classificazioni date fin qui ai depositi fitolitiferi della Francia centrale, e li collochi sullo stesso orizzonte geologico dei calcari litografici di Solenhofen, Monheim c Kelheim in Baviera, e di Nussplingm nei Wurtemberg, notando Ira Ic llore dei due paesi questa sola difTerenza, che menlre quella della Francia si avvicina a quella dell' Inghilterra, perclie cosliluila in gran parte di feIci, di cicadeacce e di conifere, nella Germania, e specialmcnie a Solenho- fen a queste classi Irovansi associate le alghe in numero prevalente. ( I ) I depositi oolitici cnn resti vegetali sparsi in piii luoghi dell' Aleroagna sono in generale poveri di specie, se ne logli quelli di Solenhofen, ove dominano le alghe e le conifere. Ke abbondano invece quelli del lias. lolorno allc piante dei primi si occuparono particolarmente Goeppert, Unger, Eltingshausen c Kurr. Parecchie specie si trovano pure descritle nella Flora der f^onveli dello Sternberg, e nei Beilrdge :ur Pelre- /aclenhunde del conte di Miinslcr. 330 SULLA FLORA FOSSILE DELL OOLITE limitarono a conservare alcuni saggi di queste planle nelle loro collezioni come oggelli di semplice curioslta (I). (i) Neir opera posluma dell* abate Agostino da! Pozzo, inlitolata Memorie isforiche del seite comuni vicentini, pubbticata in Vicenza nel 1820, 1' aulore dopo aver parlato del famoso teschio d icoccodrillo tro- vato a Tresche, ed accennato alia esistenza nei ScUe-Comuni di piante imprigionate nelle roccie, soggiunge alia pagioa 346: » Non meDO rara e curiosa e la sopra indicata scoperla di piante, le quali non sono u gia rapprese fra strato e strato, come in parecchi allri luoghi di Europa, ma imprigionate in mezzo alia >' soslanza della pielra, nella quale, oltre all' impronta che vi si ravvisa, si trovano le slesse erbe col loro » gambo, colic foglie, e talvolta anche co'fiori perfeltamente conservati, le quali, usando diligenza, si pos- " sono anche levare. La pietra ove esislono e cenerognola, formata a strati non piu grossi di mezzo piede, >» e di natura calcarea. Questa si cava nel declivio del raonte Spitz, mezzo miglio sopra la chiesa di Rotzo. >' La scoperta fu fatta nel 1764 nell' occasione di coprire con tali lastre i murelli che altorniaoo il cimilero. >• Venti e piii anni dopo I* cpoca di tale scoperta il dott. Orazio Maria Pagani, in una sua oraztone letla all'Accaderaia otimpica di Vicenza, anno 1788, n.* XI, toccava egli pure questo argomento parlando di Rotzo, e dicendo: «' Ella e una cosa che sorpreode veramente e supera T inlelligenza, lo scoprire dentro a pielre >• calcaii finissimc, compatte, rappresentazioni al naturale di piante e di erbe non mai conosciute dai piu » valenti botanici. » Reca, a dir vero, meraviglia come Giovanni Arduino, cbe poneva tanto studio nell' investigazione dei tenomeni geologici della sua patria, non abbia rivolta la sua altenzione a questo falto, che in quel torno aveva menaio rumore. Oi lui troviamo sotlanto il seguenle breve cenno, scrltto due anni dopo V orazione del Pa- gani. '< In R0I20 si trovano bensi denlro dure pietre calcaree a strati delle piante solo indigene di climi » caldissimi, dell' India, ec. « (Nuovo giornale (P Italia^ ^79^, tomo I, pag, 332, nella nota). Egualmenle quel chiaro ingegno di G. B. Brocchi in una lellera al Guidoni, inserita I' anno 1794 "d Nuoi'O giornale d' Italia^ tomo V, pag. 343, dopo avere ancli* egli parlato del coccodrillo ch' era slato raccolto dal Barelloni, si limita ad aggiuogere in proposilo le seguenti parole ; " Eppure anche questa e una produzione non indigena dei noslri « paesi, come non lo sono alcune erbe esoliche che si riirovano in una pietra calcarea cenerogoola dei monli di '• Rotzo nei Sette-Comuni. » Si trattenne piu a lungo sopra questo interessaote argomento il celebre abate Forlis, il quale nelle sue Memoires pour servir a t histoire naturelle^ et principalement a V oryciographie fie f Ifalie et des pays adjacens, staropate a Parigi nel 1802, parlando dei luoghi piii riraarchevoli dei Selte- Comuni, alia pag. 92 del vol. I, cosi si esprimc: « Je n' ai visile la haut d' autre localile interessante, que »> celle de Rotzo; ou dans une conche de picrre calcaire bleuatre et assez compacle on trouve des plantes » dessecchees et conservees dans leur elat nature!, sans etre aucunement incorporees avec la substance pier- >' reuse qui les renferme; lorsque on en rencontre en cassant la pierre on peut en detacher les I'euilles aussi >• aisemenl, que si ellcs claient prises enlre deux cartons. » E piu innanzi nello stesso volume, alia pag. i35, ripele questa indicazione, accennando alia inclinazionc degli strati di Rozzo, e dicendo: « Les couches calcaires '■ de pres de Rozzo sont tres inclinees vers le sud. A deux ou Irois cents pas de 1' Eglise paroissiale de Rozzo " tout a cote du chemin on voil une de ces couches de couleur bleuatre, dans la quelle se Irouvenl, quoique » bien raremenl conservees dans leur etat nalurel comrae dans un herbier au dessechement pres quelques fou- >• geres exotiques, dont les originaux sont encore inconnus. On nous a raeme assure qu' on y a rencontre quel- '» que squelette de poisson. La pierre est assez compacte, elle a la fracture ecailleuse, el ne se lend point en >* lames comme les ichlyolithes de Veslena Nova. » Nulla di piii ci lascio scritto questo arguto indagatore dei lenomeni geologici sopra un suhbietto cosi importante, e duole ch' egli non abbia spinto le sue ricerche alia scopo di conoscere ove si conscrvassero qiiegli schelelri di pesci che gli si dicevano occorsi a laluno in mezzo alia roccia medesima, in cui si trovano rapprese le piante. Intnrno a quesli iltioliti non s' ebbero di poi allre iiotizie; ma che vi esistano e sufficientemente provato dai dcnii di Pycnodus che osservai negli strati di Rotzo e sopratlullo poi dall'iltiolito di reccnle ivi trovalo dal dolt. Francesco Beggiato, dircUorc raeritissimo del museo civico di Vicenza, In queslo finora unico esemplare si scorgono abbastanza bene conservati due terzi del corpo DEL M. E. ACHILLE DE ZIGNO 331 E fu soltanto dopo che posi in chiara luce col mezzo dei fossili come la calcarea ammonitlca rappresentasse appo di noi 1' oolite media e precisamente il gi*uppo deir argilla d' Oxford e della roccia di Kelloway, che si pote valulare quanto dovessero rliiscire inleressanti per la scienza le piante di llolzo, giacche la loro posizione inferiore agli strati Oxfordiani ed inlercalata alia parte supe- riore dei potenti depositi oolitic! che si trovano ovunque nelle Alpi veiiete, tra la calcarea ammonitica ed i soggiacenti banchi dolomitici, le stabilisce coeve alia tanto celebrata flora oolitica deila contea di York (i). Estese le esplorazioni ad altrl piinti delle vicine montagne potei ricono- scere I'esistenza dello strato fitolitifero a Mezza selva, nella Val d'assa, a Durlo, sul monte Alba presso Campo Fontaiia, nella valle dell' anguilla, e sul monte Pernigotti presso San Bortolamio in Val Tanara, e queste ricerche continuate per varli anni mi posero in grado di adunare un numero cosi ragguardevole di eseraplari da poter proclamare il deposito delle Alpi venete come il piu ricco di specie dopo quello della contea di York. In Europa non troviamo altri indizii di questa flora all' infiiori di quelli compresa la testa. I caratteri presentati dalla forma di questa, dalla mandibula, dalla pinna pettoralc e daile squarame, m' iodussero a ritenerlo per una specie nuova del genere Pholidophorus, cui diedi il nome di P. Bfff- giatianus. Questa determinazione I'u anche avvalorala dat parerc deli' illustre iltiologo dott. Jacopo Heckel di Vienna. (i) Fino dal i85o, nel mio Coup d' auil sar les terrains stratifies des Alpes venitiennes, alia pag. 6, io poneva nell' oolite inferiore lo strato a piante fossili di Rotzo, ed annunciava poscia le analogic tra la Mora di Rotzo e quelta di Scarborough in una comunicazione fatta all' i. r. Istituto geologico di Vienna nella tornata del 4 n>3gg'0 i852. Corametleva in pari tempo ad un intclligcnle e laborioso ricercatore e ristauratore di fossili, Giuseppe Ceralo di Bolea, di recarsi a Rotzo, ed operarvi in piu luoghi degli estesi escavi, indicandogli la pre- cisa posizione dello slralo, e la sua soggiacenza al calcare ammonitico, ed incaricandolo di ricercare se esisles- sero di cotali resti nel Veronese o in altri luoghi nelle roccie sottoposte al detto calcare. In quel torno il chiarissimo prof Abramo Massalongo mi comunicava alcuni fossili (Brachiopodi e Lamelli brancbi) raccolti nei lerreni giurassici del Veronese, e che riconobbi appartencrc alToolite inferiore. Sul rovescio d' uno degli eseraplari ch* cgli mi favori, e che proveniva dal Vaio del paradiso, osservai alcune tracce di resti vegclali, e losto pregai il prof. Massalongo a volerne curare la ricerca, esternandogli il mio convincimento, che anche nel Veronese esistesse un deposito di piante nell' oolite; ne ando guart ch' egli m' invio varii frammenli di piante, trovati dal sopra nominato Giuseppe Cerato sul monte Pernigotti in Val Tanara in uno strato posto, secondo le mic previsioni, sullo stesso orizzonte di quello di Rotzo. In quesli I'ramraenli mi fu agevole il ravvi- ure i caratteri della llora oolitica, quantunque I' aspello della roccia fosse afTatto diverse da quella di Roizo, e diverse fossero pure le specie. Isliluili pero dei lavori di ricerca anche sul monte Pernigotti, adunai in breve buon numero di piante fra le quali alcune specie dei gencri Cyeadoptcris^ Otozamites, Pterop/iyltum, Brachyphyttum, affalto simili a quelle del dei>osito di Rotzo, come indicai nella mia Memoria sopra i lerreoi giurassici delle Alpi ■venete, e sulla llora fossile che li distingue, slampata nel iSSa. Finalmenle recatomi sul luogo, constatai la gia- citura degli strati (itoliliferi del monte Pernigotti, osservandovi la medesima successione che aveva nolata sul monte Spitz di Rotzo, nei dintorni di Mezzasclva, e nella Val d' .\ssa. 332 SULLA FLORA FOSSILE DELL' OOLITE che ci sono porti dalle alghe trovate negli scisli varicolori della Toscana (1 ) dai professori MeneghinI e Savi e dai banchi carboniferi del Capo Mondego in Portogallo ove lo Sbarpe rinvenne le impronte di una cicadeacea a cui Morris diede il nome di Zamites gramineus identificandola al Cycadites gramineus di Phillips (2). Nell'Asia, Malcolmson e poscia Munro seguendo la via tracciata da Voysey e da Jenkins nellesaminare i terreni del Deccan, trovarono nell'arenaria d' Hy- derabad impronte di felci appartenenti al genere Glossopteris. Wapsbare Hislop e Hunter vi scopersero di poi un maggior numero di resti, che gli ultimi nella lore Memoria geologica sui contorni di Nagpur riferirono ai generi Aphyl- lum, Equisetites, Phyllotheca, fertebraria, Pecopteris, Taeniopteris, Cyclopte- ris, Sphenopteris, Zamites, Poaciles. Alcuni esemplari di queste piante veduti dai Kunbury, il fecero propendere a ritenere tutti questi resti coUocati nel ter- reno dell' oolite, e questa opinione viene confermata dalla comunicazione fatta air associazione britannica nel settembre 1834 dall' illustre Greenougb, nella quale discorrendo della costituzione geologica dell India iraprende ad esami- narne la formazione giurassica e fa conoscere come la serie oolitica formi un elemento importante delle stratificazioni componenti 1' Afganistan orientale e r India settentrionale. Accenna quindi come i banchi carboniferi del paese di Cutch soggiacciano alia roccia di Kelloway e collora nel terreno giurassico senza esitanza gli strati arenacei a piante fossili trovati nel Deccan da Hislop e Hunter (3). Si mostra pero inclinato a ritenere piii antico il terreno carbonifero di (i) L da notarsi come quesle alghe apparlengano a specie che si rinvengono net sistema crclaceo, e che aozi fmora si credevano esclusive di queslo (Chondrites Targioni^ /urcat-us^ intricatus). Questo latto pero non vale ad infirmare I' importaoza degli allri dali paleonlologici e siratigrafici, che giustificano la classifi- cazione dala dai professori Meneghini e Savi ai schisti varicolori della Toscana. Iraperciocche se e vero che nella dislribuzione dei resti organici quanlo piii alia e 1' organizzazione, lanlo piii ricisamente sia definilo il suo orizzoDte straligrafico, si pu6 quindi ragionevolmente ammellere colT illustre Murchison, che vegetali di una classc tanlo inferiore, quali sono le alghe^ e tanto acconci a sopportare i cambiamenti fisici, possano aver continuato a vivere, passando incolumi per quel grandi mulamcnti, a cui non poleva resistere la vita ani- raale e quella dei vegetal! di un ordine supcriore. (2) Lo Sharpe, seguendo la serie secondaria da Buarcos fino al Capo Mondego, pole riconoscerc come i banchi carboniferi che si trovano in quesfultimo luogo sieno adagiati sovra una potente formazione arenaceo- marnosa, in cui si osservano parecchie conchiglie proprie del piano oolilico piu basso, e sieno riroperli da un'arenaria con istrali calcarei ad essa subordinati, i quali conlengono i fossili caratterislici dell' oolite media. Quart. Journal of the Grol. Soc. 0/ London. Vol. VI, i85o, 21 novembre 1849, pag. i35. (3) Hislop aud Hunter. On the geology and fossils of the neighbourhood of Nagpur, central India- Quart, .lourn. Geol. Soc. of London. Vol. XI, part. Ill, num. ^3. August i855, pag. 345- DEL M. E. ACIIILLE DE ZIGNO 333 Burdwan, nella cui flora, illustrala da J. Forbes Royle (i), scorge molta affi- nita colla flora carbonifera dell' Australia e ravvisa alcuni generi comnni alia formazione del vero carbon fossile. Ma la promisciiita di alcuni generi e un fatto che si ripete anche in altri luoghi ove sono ben distinte per altri caralteri, e solo che si rainmenti avere il M'Coy dimostrato fmo dal i848, merce lo studio di nuraerose impronte, 1' appartenenza dei depositi carboniferi dell' Australia alia formazione oolitica, non esiteremo a riconoscere come appunto per questi con- fronti anche la flora Burdwan debba ritenersi dell' epoca oolitica. E per vero, HIslop in una sua recente scrittura comunicata nel novembre 1855 alia Socleta geologica di Londra, dimostra la costante presenza di alcune specie in tutti i punti ove riconobbe alle Indie 1' esistenza di una formazione oolitica d'acqua dolce e comprende in questa anche i carboni fossili di Burdwan. In quanto poi ai depositi carboniferi dell' Australia essi contengono un genera proprio ed altri non poco comuni alle flore oolitiche delle Indie e del- r Inghilterra, fra i quali notava lo Strzelecki come forma prevalente la Glosso- pteris Broti'niana e M'Coy dichiarava mancare in essi ogni traccia dei Lepido- dendri, delle Sigillarie, delle Favularie e delle Stigmarie che caratterizzano la formazione del litantrace (2). Per queste scoperte fatte recentcmente in Australia ci e reso noto come la vegetazione terrestre del periodo oolitico si estendesse nell' emisfero orientale fino ai gradi 150 di longitudine e 38 di latitudine australe. Air incontro, potremo segnarne il limite occidentale volgendo lo sguardo al continente americano, ed ivi seguendo il capitano Fremont (3) nel suo viag- (i) J. Forbes Royle Esq. Illuslrations of the Botany and other branches of natural History of Hie. Himalayan mountains and of the flora of Caschemere. London i834, part. III. Fossil plants form, the Burdwan coal formation. (2) M'Coy. On the fossil Botany and Geology of the Rocks associated ivith the Coal of Australia 1847, con 9 lavole nel vol. XX, del giornale intitolalo Annals und magazine of natural history. In queslo lavoro il M'Coy la conoscere come i dcposili carboniferi deH'Australia, sebbene riposino sopra una formazione in cui Irovansi i fossili dell' epoca del vero carbon fossile, pure appartengono ad una forma- zione pin recenle, e prccisaracnie a quella dell* oolite, senza che 1' una si possa in alcuna manlera conlondere con r allra. Scmbra quiiidi cbe vi sia slato un lungo periodo di tranquillila, e rlie alia flora carbonifera sia succedula 1' oolitica scnza che nei period! intermedj siensi inlerposte nuove formajioni. Questo falto impor- lantissimo per la storia aniica del globo slabilisce I' Australia come il punto forse unico del globo, che sia rimaslo rraerso per si linigo tempo, mentre in allre parti si sconvolgevano, subissavano o sollevavano i depo- siti delle formazioni pcrmiane, Iriassiclie, c liassicbc. (3) Capit. Fr^ment. Report of the e.tploring expedition to the Rocky mountains in the I'ear 184a. Washington 1845, pag. i3i c pag. 3o4 append. B. II sig. Giacomo Hall, che in quest' opera esternava il VI. 43 334 SULLA FLORA FOSSILE DELl' OOLITE gio (li esplorazione pelle terre bagnatc dall' Oregone e nella California setlen- trionale ove al grado HI." di longitiulinc e 41." circa di lalitudine borcale Gia- corao Hall, che accompagnava la spedizione in qualila di naturalista, Irovava una calcarea assai somigliante pei caratteri pelrografici all oolite di Bath rico- perta da.un' argilla indurata con impronte di felci, fra Ic quali la Glossopte- ris Phillipsii comune negli strati filolitiferi dell' oolite di Scarborough nell' In- ghiherra. Due annidopo, cioe neH847, sir Charles Lyell leggeva alia societa geolo- glca di Londra una -Memoria suUa struttura ed eta probabile del combustibilefos- sile di James Pviver presso Richmond nello stato di Virginia, che il prof. Rogers, fino dal d842, aveva riferito allepoca giurassica mostrandosi propenso a collo- carlo neir oolite inferlore. In questa scritlnra il Lyell fa invece conoscere come ai fossili caratteristici di questa formazione si trovino in esso associate alcune forme che si ripetono nel trias e nel lias. iMa il Bumbury, che studio e descrisse le piante fossili del deposlto carbonifero di Piichmond, raccolte dal Lyell, c che nel 1847 lasciava la qiiestione ancor diibbia. non esita ora ad ammettere la sua appartenenza al sistema dell' oolite (1). Con queste notizie nell' ultime parti alquanto problematiche si chiude il novero dei varii luoghi in cui fu dato rinvenir resti vegetall negli strati posti tra il lias e la creta. Tracciata cos\ in iscorcio la estensione geografica di questa flora e pas- sando ad esaminarne la distribuzione nei varii piani dell' oolite, noi vediamo an gran numero di piante terrestri comparire nel gruppo inferiore, mancare di tali resti la roccia di Relloway e 1' argilla d'Oxford e dominare le alghc marine nel piano del Coral rag, mentre nel gruppo superiore scarse tracce di due cica- dee segnano nuovamente la comparsa della flora terrestre nell' oolite di Port- land dell Inghilterra. Pochi anni fa si annoveravano appena 180 piante proprie dei varii piani di questa formazione, ed ora, merce le scoperte fatte nelle Alpi venete, nella To- scana, nelle Indie, nell' America setlentrionale e nella Nuova Olanda, la flora sospelto che dovcssero ril'erirsi all'oolilc le pianle [ossili Irovatc ilal Fremonl nel [laese dell'Oregone, in una sua recenlc leltera mi avvcrte come valide ragioni lo inducanu a ritenere che la llora ibssiie dell'Oregone c della (^aliloruia debba piutlosto ai)parlenere ad ailra epoca, e speltarc invccc all' oolile i resli fossili vcgclali li'o- vali nei terreni giurassici della valtata del Couneclicut, della nuova Yersevi della Peusilvania, della Marilan- dia, della Virginia, e della Carolina seltenlrionale. (i) Charles J. F. Biinbury. Letlera a nie dirctia in dala ii oKobre i855. DEI. M. E. ACHILLE DE ZIGNO 335 (Icir oolite conta 250 tra specie e variela, delle quali all iiicirca quattro qiiinii appartengono all oolite inferiore. Qiiesto numero si compose dl 148 acotiledoni, cioe di 36 alghe, i fungo, i 5 calamarie, 85 feici, 5 licopodiaree e 6 rlzocarpee ; di due sole monocotlle- doni, e quesle appartenenli 1' una alle najadee, 1 altra alle pandanee; e di 101 dicotiledoni 80 delle quali spcttanti alle cicadeacee, e 2d alle conifere. Le alghe, quasi tutte marine, popolano gli strati dell' oolite media con pa- recchie specie di fucoidee e di floridee. Le calamarie limitate all' oolite infe- riore sono rapprcsentatc nell' ordinc delle calamitee dal gencre Calamites, in quello delle equisetacee dalle equisetiti, e nelle asterofiUitce dai generi Jertebra- ria Phyllotheca e Trizygia proprii del depositi indlani e dell' Australia. Le felci spettano quasi per intero alle neuropteridee, alle sfenopteridee, alle pecopteridee ed alle daneacee colla giunta di una gleicheniacea, e di un nuovo genere cui diedi il nome di Cycadopteris. I generi Isoetiles, Lycopodiles e Psi- lotites vi rappresentano le licopodiacee, ed il genere Sagenopteris le rizocarpee. La Caulinitcs Michellnii di Pomel e la Podocarya Bucklandl del Brongniarl segnano sole la presenza delle najadee e delle pandanee. e le cicadeacee si veg- gono dominare coi numerosi resti delle zamiti, delle otozamiti, dei pterofilli, delle nilsonic, delle cicadeoidee e dei picnofilli negli strati dell' oolite inferiore. Air incontro, le conifere dopo che Crongniart e Lnger (1) provarono come la maggior parte delle caulerpiti della calcarea litografica di Solenhofen si debbano ad esse riferire, si mostrano quindi abbondanti anche nel terrene coralliano. pero sono piii variate e numerose nell oolite inferiore. II genere arthrotaxites sembra quasi esclusivo degli strati di Solenhofen ove pure si rin- viene il Thuytes dharicalus di Sternberg e tre Brachyphyllum si trovano in Francia sullo stesso orizzonte geologico. Negli altri depositi di Europa, che stan coUocati nell" oolite inferiore, le conifere ci sono indicate dai generi Thuytes, Cryptomerites, Piniles, Peuce, Palissya, Brachyphyllum, Araucarites , e Taxites. Dal fin qui detto chiaro apparisce come in quest' ultimo gruppo (ove ci sembra nicglio spiegato dal copioso numero delle specie il vcro carattere della flora oolitica) sieno dominanti i resti delle calamarie, delle felci, delle cicadea- (i) Brongniarl. Tableau des genres du vegetaux /ossiies. (Extrait du Dictionaire d histoire nalu- relies, pag. -. Unger. Ueber einige fosille Pflanien aus dcm lilhographische Schie/er von Solenhofen. Mil. 2, Tall. 336 SULLA FLORA FOSSILE DELL' OOLITE cee e delle conlfere, e questo fatto che si nota pur anco nelle flore del keuper e del lias e si ripete nell' argilla di Weald, induce a ritenere che durante 1' epo- che nelle quali si deposero tutti questi terreni le condizioni necessarie alia vege- tazione di queste piante si sieno mantenute pressoche eguali in ciasclieduno del delti period i. Ed in vero, le calamarie, che nel Keuper giungono a 1 8 specie, si palesano con 4 nel lias, con 44 nell' oolite e si limitano a 3 sole equisetiti nell' argilla di Weald. Le felci nel Keuper e nel lias aumentano dalle 38 alle 49 specie e quasi si raddoppiano nell' oolite riducendosi a 34 nel terreno wealdiano. Le cicadeacee scarse nel Keuper, ove ne troviamo 6 sole specie, arrivano a 49 nel lias e ad 80 nell' oolite, poi scemano fino a 20 nella formazione weal- diana, e finalmente le conifere che compariscono con 9 specie nel Keuper, si mostrano con 4 2 nel lias, con 24 nell' oolite, e con 7 nell' argilla di Weald. Cosi sebbene la prevalenza di queste classi in confronto delle altre com- ponenti le flore di queste diverse formazioni stabilisca una ben distinta analogic fra di loro, pure, 1' aumento considerevole nel numero delle felci, delle cicadea- cee e delle conifere che si osserva nell'oolite, ci trae a ragionevolmente supporre, come quest'epoca segnando il punto culminante della loro vegetazlone, le condi- zioni del globo fossero in allora, piu che negli altri periodi, favorevoli al loro svolgimento. II celebre Brongniart da piu anni avvertiva alle affinita sussistenti fra que- ste flore, notando tuttavia come fossero rare nell' oolite le felci a nervature reti- colate, SI frequenti nel lias, come vi domlnassero le otozamiti e le zamiti ossia le cicadeacee, che piu sono analoghe alle viventi e diminuisse il numero delle nil- sonie e dei pterofilli che piu si discostano da quelle della flora attuale, e come alia fin fine le conifere vi fossero piu numerose di quello si mostrino nel lias (4). (Jucste conclusion! dettate da quel raro talento che sa riunire la precisione nei particolari all' ampiezza delle vedute generali e che trainee in ogni scritto di queir illustre naturalista. anziche trovarsi modificate dalle posteriori scoperte ricevettero da esse maggiore conferma c solo osserviamo come, tra le piante rin- venute nelle Alpi venete e che aumentano di 45 specie nuove la flora dell'oolite, si accresca il numero dei pterofilli ed appariscano alcune forme che scgnano (i) Brongniail. Proiimmv il' uiu' hi.sloire ' di una sfcra, la quale s' infranga nella caduta. > II Kamtz pern segue a man- tenere, che la forma primitiva della grandine sia quasi piramidalc. perocche, 344 OSSERVAZIONI INTORNO ALLA GRAISDINE, EC. die' egli, la Iroviamo assai sovente nel rmcleo neuoso cinto di ghiaccio tia- sparenle. lo deggio pert) dichiarare, ch' eziandlo seiiza fermarmi punlo alia prefata mia osservazione, non saprei rendermi al partito de' signori Diiclos e No'gge- rath, i quail rltengono, che la forma primitwa della grandine sia una sjera, la quale si rompa nella caduta. In fatti dianio pure che il prlmo germe della gragnuola, accozzalo in aria, sia una minuta sfera. Esso tirato dalla gravita, appena venuto in essere, coniincicra la sua cadula con quel momenlo di moto accelerato, che porta la minuta mole, che scende e successivamente ingrossa a cagione del freddo che di piu in piu lo fascia e cinge costipando il vapore acqueo attraverso del quale tiene sue cammino. Questo, che avviene di un prime mi- nute nucleo, avviene di tutti gli altri, e quando parliamo del primo germe della grandine, non possiamo non vederli tutti di un'egual mole ; talche non sappiamo veder ragione, onde accada che nel cammino della scesa si debbano raggiu- gnere e con tanto di forza ed impeto da battere fra se e spezzarsi. Questo sbat- timento rovinoso potrebbe farsi in opera del venlo, o meglio di venti procellosi, che si azzuffassero ; il che puo avvenire ed avviene ; ma questo pero non e il caso di tutte le gragnuole ; sicche non sappiamo, nemmeno a questo rifugio, tenerci nell' avviso de' prefati fisici : laonde la sentenza del Kamtz ci par quella da dover seguire ; perocche essa verrehbe ad accostarsi molto al fatto certo ed ineluttabile, di che qui tenni discorso. Ora il prclodato Kamtz afferma, che i grani della grandine somigliano sovente a segmenti sferici triedri, od a piramidi iriangolari, la cui base e formata da un segmento s/erico. Qui non credo, ch' egli si faccia a parlare di tutto intero il grano, perocche sarebbe stato troppo agevole a fermare da chicchessia la reale forma di questa singolare meteora, ne avremmo piii di che discutere a questo proposito. Egli qnindi favella al certo del nucleo centrale, od almeno della parte piu interna, conciossiache seguiti dicendo : che la forma primitiva della gragnuola e quasi piramldale, perocche tal forma si trOiO assai sovente nel nucleo nevoso cinto di ghiaccio trasparente. Dunque e il nucleo nevoso precisamente che, a giudizio del nostro autore, vestc tal forma, alia quale aggiustandosi i successivi fasciamenti del ghiaccio, ne tornerebbe una figura ricordante la figura del nucleo ; ne io saprei al certo fingermi un pen- siero al cui lume divisarmi di qual modo i minutissimi gruppi di diaccio, por- tanti r opacila nevosa, bastassero a coordinarsi, in forma regolare cristallina, DEL M. E. PROF. K. BI7,10 345 ch'e solo proprlo delle singole molecole, e non de confusi accozzamonti mole- folari. Dice aurora il Kamtz, rhe le sue piramidi triangolari posano in una base formala da an segnienio sferico, ne io intendo qui di rontrappormi me- nomamente alia giustezza di questa osservazione ; pur nondiraeno posclache ii caso mio non entri nella ceichia di quelle rare osservazloni, che ci obblighino ad affermare, sofente a^viene, nia in opposto dej;gio dire, sempre aniene. che il nurleo centrale sia un tetraedro, non posso pretermeltere di avvertire alle circoslanze, nelle quali ci Iroviamo necessitati di compiere le nostre osser- vazloni. Tuttoche a speculare sopra la forma della grandine s' inconlri ognora lo sconcio di una troppo elevata temperie, pur nondimeno deggio affermare il caso mio esser uno de' piii propizii ; giacche la grandine mentovata ml si die innanzi ad una temperie di poco oltrepassante i died gradi. Tultavia a snudare il nucleo diafano dal grosso fasciamento nevoso, che il cinge, bisogna adoperare una mano presla, conclossiache quel poco caldo tende celeremenle a struggere il minuto nucleo, e meglio lavora e piii prontamente negli spigoli, come parti piii assottigliate e quindi piu facili a cadere strutte. Percio, se diamo di avere fermati gli occhi agli spigoli determinanli una faccia, quesli preslamente scompajono, e quella faccia, per la scomparita o smussamento degll spigoli, verra quindi ad assumere una forma convessa, che, ove piaccia prenderla per base, avremo inconlanente la piramide triangolare avenle per base un se- gmenlo di sfera, ma questa non sara opera della natura, si uno sconciamento uscito dal guasto indotto nel lavoro genuino della natura stessa. Non intendo pero qui nemmeno da lungl di suggerire il dubbio, che questo fosse caso incon- Irato al predetto distinto ossei'vatore ; ma posciache per ben due volte, e sopra un gran numero di esemplari io avessi la mano in opera a cavare il mio tetrae- dro di mezzo a una pallottola di neve, cost reputo di poter sopra altri accennare a quegli accident!, die possono intervenire od intervengono durante losscrvazione. Ad accerlare la precisa forma de' cristalli dcU' acqua, con tutto 1' agio bisognevole a divisare allres\ ogni partlcolare piu minuto, incontrarono circo- slanze ben piu propizie i signori Hericarl de Thury e il dott. Clarke ; perocche il primo verificava le sue osservazioni nella ghiacciaja naturale di Foudeurle nel Delfinato, dove sull' agghiacdato pavimento, e quivi deiitro alcune grandi stala- liti di ghiacdo interiiamente vuote, dieglisi a vedere cristalli limpidissimi di dlaccio, il piu de' quali gli vennero incontrati prismi esaedri. aventi nella base 346 OSSERV. INTORNO ALLA GRANDINE, DEL M. E. PROF. B. BIZIO suppiiorc 0 libera alcune strle parallclc alle facce laterall. In alcuni di quest! prisnii al silo degli spigoll intorno alia delta base, si rinvennero delle faccette ; allri cristalli poi erano prismi Iriangolari. A questa prima osservazione segue 1' altra del Clarke professore di niine- ralogia a Cambridge, al quale inconlro di vedere solto un ponte di legno presso la citta predetla, il ghiaccio crislallizzalo in romboidi grossi alcuni un polliie, i quail si erano venuli formando dalla condensazlone di una nebbia ivi soUevala dagli sprazzi di una caduta dl acqua, menlre la temperle si teneva per qnalche frazione di grado sotto 11 gelo (4 ) ; laonde in questi casi non fu pericolo, che 11 caldo, ne anche per poco, venlsse a sconciare cotali rilevanti osservazioni, per cui, quanlunque uniche e speciall, si vogliono avere in preglo grandisslmo ; tut- tavia 11 gentile mio collega, non solo e fermo In credere, ma desidera ch'lo espli- citamente dichlarl : « che questo terzo esempio circa la cristallizzazlone dell' a- » cqua e piii imporlante degli allri due, perche avvalorato i." da un gran nu- >> mere dl esemplari, cioe un numero grande, come il numero del grani di gran- « dine ; 2.° dalla ripetizione del fenomeno in due tempi diversi » i quail dedu- clmenti, quando non fosse stato per aderire all' altrui cortesia, 11 avrei lasclati dl buon grado al libero talento del Icggitore. (i) Vegg. Annates de chimie et de physique. Tom. XXI, pag. 5i5. , • {Letle il giorno 23 giugno -1856.) SULLE PIU RECENTI ESPLORAZIONI DELL' AFRICA E SD h\ POSSIBILE ESISTENZA Dl POPOL\ZIOM BIMHE NELLE REGIOM CENTRALI DELLA MEDESIMA MEMOKIA DEL M. E. AB. PROF. LODOVICO MENIN jua Gran Brettagna, solcando col suo navilio armato od inerme tutti i mari, visitando tutte le rade, enlrando in tutti i porti, iion sembra aver ancora falto abbastaiiza a sfogo dellinesausto suo traffico. Sono poco per lei tante asia- tiche contrade cui ella impone leggi, bisogni e vizii. Poco I'aver reso egualmente profittevoli al suo commercio la tranquillita ed il turbamento dell' Europa, e delle due Americbe. Essa non sa darsi pace, se non si vede schiuso libero e sicuro varco al cuore dell' Africa. Qucsta smania origino in Londra una societa detta africana, che non conosce sparmio quando si tratta d'inviare esploratori in quelle contrade. Nc mancarono pareccbi che per tale oggelto le si oflerissero, quali indotti da largbe promesse, quali dalla speranza di cclebrita ; ma sebbene quest! fossero da natura donati di ferrea robustezza, e d' intrepidita superiore ad ogni cimento, pure soggiacquero od alia micidiale azione del clima od alia ferocia di quelle popolazioni intrattabili. Poco, a dir vero, n' avvantaggiu il com- mercio ; non poco la storia naturale; molto la geografia. Conciossiache Horne- mann nel 1798 penetrando nella quasi obbliata regione de' Garamanti, il Fez- zan d' oggidl, ne descrivesse i deserti, le terre ridotte a coltivazione, le vicende 348 SrLLF. RECENTI ESPLOUAZIOM PELL AFRICA, EC. (Ill (lima, i costiinii i diceva loro nella fostra Africa lungi dal mare. Ivi ai vostri numi, a foi stessi fondate sedi noeelle. Vwrete piu felici lungi dallo strepito delle armi, scevri dagli stimoli d' impotente ambizione. Ne dal solo commercio, ma ben anche dall' agricoltura Cartagine derivava la propria opiilenza. Per- sonaggi ragguardevolissimi dedicarono a quest' arte studii profondi, siccome Magone che della coltivazione lasclo ventotto volumi, avuti in tanta stima dai Romani che della ricca biblioteca cartaginese donata a Massinissa quegl' unl riserbarono per se e voltali li vollero nella lingua del Lazio. L' importanza deir agricoltura induceva i Cartaginesi a non impoverire mai di braccia la cam- pagna. qual che ne fosse altrove il bisogno. Furiando la guerra stipendiavano la cavalleria leggera de' Nnmidi, i fanti della IManrilania e, ad imitazione di qualche potenza moderna, raccozzavano legioni straniere, arruolando nelle Spa- gnc, nella Gallia meridionale, nell' Epiro, nella Grecia in ogni luogo ove s' avve- nlvano in came dlsperata e venale. Ora chi potra mai credere che un tanto popolo, in si gran parte inetto alle armi, disseminato in vasta ed ubertosa provincia abbia preferito seppellirsi sotto le rovine della capitale ? Gli storici romani, con quella ampollosita che sempre occorre nelle antiche relazioni, descrlssero stragi incredibili, pure non DEL M. E. AB. PROF. L. MENIN 35 t» osarono anntmziare stermmata la nazione. Per lo contrario Appiano. sulla fede (liPolibio tcstinionio oiiilaro. narra chc ocnipata dai Romani la rilta. miiiacciata strcttamtnte la citladclla, vcntimila fcTumiiiL' c trentaraillc maschi, rinfusampntc gellaroiisi ai piedi di Scipionc Emiliano implorando la vila die fii loro donata da un vincitore abbastanza generoso per volere iscorttita d.a suoi legionarii qiiella moltiUidine si die uscisse indcnne dalle mura cadute in balia di sfrenata soldalesca. La nazione diinqiie sopravisse alia capitale ; e poidic 1 Emiliano incendia- tala non lascio bircme nel porlo, non palisdiermo alia rada, impedita dalla fuga per la via di mare, ristiluissi alle lerre native, ove se passata grandezza e per- duta indipendenza potesse dagli uomini agevolmente dimenticarsi, tradoltl avreb- be giorni tranquilli ed avvenluro^i. Ma i Padri coscritii, dichiarata 1 Africa provincia romana, scorgendosi agilali dai lumulti Gracchiani, deliberando di alleggerire di faziosi la dtta, decre- tarono la riedificazione di Cartagine e 1" invio d' una colonia a popolarla. Fu allora che la soperchianza romana tramutatasi in Africa, 11 territorio cartagi- ncse invadendo e a mano a mano inoltrando usurpalrice nel Fezzan v' innalzo le numerose coslruzioni gia prima vediite da Ilornemann e Clapperton e recen- temente dalla spedizione Palmerston ed affidando come soleva a suoi schiavl il lavoro delle terre, premette e rincaccio ai confini del Sudan i miserl Carlaginesi, i quali vessati da una oppressione la quale, per fuggire ch' essi facessero, li rag- giungeva, dovettero rimpiattarsi dove la natura stessa dei luogbl inospiti e sel- vaggi fosse vallo e barriera all' invasione. lo poi non so persuadermi di cio che potrebbe taluno immaginare essere essi di concordia periti da poi siccome stremati dagli slenti, dalle privazioni e dal clima. Percioccbe lesilio vigoreggia la socievolezza c I'araor di nazione, la coraunita della svenlura rende piu sollecito e pronlo il fralellevole soccorso, e r umana specie balestrata dalla nemica fortuna tanto piu ingegnosa ed attiva diventa per la propria conservazione, quant' e piii derelitta. Niitro quindi spe- ranza non sia lontano il momenlo in cui i nostri s' abbatteranno nelle reliquie di quella grande nazione che per tariti anni contese per 1' impero del mondo. e forse allora brillera il raggio che ci dia meglio a conoscere un popolo presenla- toci fiuora da' suoi nemici sotto 1' aspetto il piu sinistro. non che i lirii e i Fenicii intorno ai quali le pagine vetuste moslraronsi di precise nolizie si avare. Ahro disastro ancora piii funesto per 1' Africa settenlrionale fu la discesa 354 SULI.E RECENTI ESPLORAZIONI DELL' AFRICA, EC. dei Vandali comaiidati dal feroce Genserico. Caduta la romana repubblica, suc- cediito r impero non e quasi credibile a qual grado di prosperila quella provin- cia salisse. ^ i formicolaya la popolazloue, le citta sorgevano quasi a vista I'una deir altra. Tanta sui feracl campi biondeggiava copia di messi che, senza impo- verlre gl' indigeni, ne ritraeva abboudanza la popolosa Italia, nou piu sfamata dai troppo angusti granai dclla Sicilia e della Sardegna. La religione cristiana vi avtna introdotti e rcsi gencrali i saiili principii dell' onesto e del giusto, la tolleranza della fatica, il seulimento di concordia, la riverenza alio leggi. I subu- gli de' Donatisti amplificati nei libri dei Padri poco toccavano il popolo che poco ne intendeva i motivi, e quegli stessi subugli fuor di dubbio contribuirono a mantener desti gl' ingegni e solidare la fede dei veri credenti. Quiudi i nume- rosi vescoVi africani non meno illustri per esimia pieta che per protonda dot- trina. 11 dottissimo Morcelli ncUacclamata sua opera Africa Christiana^ segna- tine i confini, novero seltecento e quindici sedi vescovili ed argomenta non averle noverate tutte. Si desuma da tanti episcopati la popolazione. I Vandali di Genserico ed egli stesso professavano la religione cristiana, ma quale Ulfilas, 1' apostolo di tutti i barbari, 1' aveva insegnata cioe infetta di arianesimo. Non penso che quelle genti rapaci fossero colte dal ticchio di teologizzare o di convertire, ma prendcvano la dissidenza religiosa a pretesto dei saccheggi e delle spogliature nelle quali mostravansi infatlcabili e senza pieta. II mare sulle prime apcrto sovvenne alle emigrazioni ; ma non ando guari che i Vandali signori di tanta costa dieronsi a corseggiare tenendo i porti, e le spiaggle custodendo come asse- diate. Per la qual cosa riputavansi fortunati colore che sottrarsl potevano rifug- gcndo air interno. Di tali fughe fa cenno il Morcelli favellando dei vescovi dan- nati a lavorare colle loro mani la terra: Sedem in pacatis regionibus stahilem quaesiverunl sub Genserico et Trasamundo (1), ed altrove: Inter haec tamen mulli fuga arrepia sibi consuluere, quos deserta loca receperunt (2). Possidio, il quale puo dirsi aver chiuso gli occhi in Ippona al santo vescovo Agoslino, ripete i gemiti del moribondo, il quale negli ultimi istanti dolevasi che i figli dclla sua Sionne dovessero porre in salvo la vita in ipsas montium sylvas el cavernas petrarum et speluncas confugientes (3). lo dunque deduce (i) Africa Christiana. Tom. Ill, pag. 21 5. (2) Africa Christiana. Tom. Ill, pag. 127. (3) Africa chrisliana. Tom. Ill, pag. 128. DF,L M. E. An. P[\OF. L. MENIN 355 (ho non v'era allora afrlcano die osasse affidarc la propria fiiga al mare, de- diico clie i iedeli salvandosi nci monli, ncllc solve, nolle caverne ritiraronsi no! Fezzan ove ai dogmi porsoguitali aprirono i santuarli vediiti dall Owerveg. Belisario prostro il regno del Vandali e 1' ultimo loro re Gelimero tradnsse in catenc a Costantinopoll. L' Africa passo agl' imperatori bisantini e lii appunto allora che sursero le castella dal medesimo Owerveg osservale. Che i Vandali lasciassero 1' Africa diradala d' abitatori non e necessario diinostrarlo dopo cio che si c detto. Chi mai vorra credere passati tntii i man- canli pel filo dclle spade ariane? Sarobbe carnificina incrodibile di un popolo alia cui ovaslone non s intraversavano insuperabili ostacoli. Sarebbe una slrage di cui reslerebbe dolorosa od onorata memoria nei fasti doUa chiesa orlodossa. 11 martirologlo africano conta qualche migliaio di vittime comprese quelle delle persecuzioni imperiali, ma tali vittime immolate in quattro secoli possono forse calcolarsi nello sperpero di molti milioni ? (^hi mai osera afFermare che gli Afri- cani, durante la persecuzione dei Vandali, navigarono ad altre coste, so non puo additarceli a prova; perciocche si riconoscerebbero anche oggidi ! Se dunquc gli abitanti doll' Africa settentrionale non furono tutti estermi- nati, sc non s'incontrarono rifuggiti su questa o quella costa del Mcditerraneo, non puo spiegarsi il fenomeno della loro sparizione altrimenti che supponendoli ritirati nolle provincie interne. L' Africa sottomessa agl' imperatori bizanlini non vide splendere giorni piu fausti attanagliala dalla sordida avidita dei governatori imperiali e poco stante costretta a soccombere sotto le armi e 1' intolleranza degli Arabi. Quella emigrazione che aveva avuto principio alcuni secoli prima, allora si compi verso il cuore dell' Africa. Se gli Arabi per la semplice smania di torre e padroneg- giare, e piu tardi i Turchi non paventarono le solitudini del gran doserto, pene- trarono a Timbuctu , inoltrarono mcrcanteggiando nel Sudan, potremo noi riputare inverisimile che ivi s' addentrassero Cartaginesi e Cristiani incalzati da ineluttabile necessita? Affidato a queste ragioni io stabilii siccome verisimile la esistenza di popo- lazioni bianche in mezzo alio negro, non intesi poro ch'esporre una conghiettura. ^oi frattanto congratuliamoci che tutto arride al nostro secolo. 11 ridicolo orgoglio di Serse fece inutilmente incatenare 1' angusto EUesponto. Le catene che noi gettiamo nel mare strettamente collegano disgiuntissimi continonti, e ci raostrano compiutaraente verificata I'esclamazione del Venosino : Nequidquam 356 SULLK RECENTI ESPLORAZ. DF.I.l'aF., EC. DI.E M. E. AR. L. MENIN Deus abscidit . . . Oce.ano dissociabili terras. La sola Africa ccnlralc riiHdii- vallata da deserti, chiusa in un ccrchio di fiioco. ricusava i suoi abitanti al con- sorxio dell' umaiia fami}^Iia. 11 lutslro scrolo spezzo 1 ardenlc anello, siipcro il deserto, stese al negro tVatellcvole aniplesso. e verra tra poco, speriamo, il giorno in cui il racrcadante della Irasformata Algeria e I' ardilo uavigatorc della lirel- lagna inconlrandosi siiUa Biniia laveranno ivi a gara 1 Infamia dell' iniimaiio coiiunercio e quella finora vilipesa materia di traffico innalzeranno in tom- penso alia Fede del fraterno ainore, al nobile esercizio della ragione, ai beni della verace civilta. [Lv(Ui il I" iujosto 1850). t ' •• SULLA RISOLLZIOIVE jNTJMERICA DELLE EQUAZIONI IHEMORIA DEL M. E. PROF. GUSTO BELLAVITIS i. Jl rlncipale tra gli oggctll dell' algebra inferlore si e la determinazione di qiioi valori mimerici che soddisfanno ad una o piu equazioni date ; di cio mi occupai in due jMeraorie, che ebbero 1' onore d' esser comprese tra quelle di questo i. r. Istituto (vol. Ill, 1846 e vol. IV, 1852), nonche in una nota inserita negli Atti per la sessione dell' aprile 4852. Furono tratto tratto pro- posti pareccbi metodi per la risoluzione delle equazioni anclie soltanto algebri- che, i quali pero sono bene spesso piultoslo soddisfacenti in astratto che utili neir effettiva calcolazione ; sicche credo utile di ritornare su questo argomento ed esporre con sufficient i particolari le vie che mi sembrano piu comode e sicure per giungere alia determinazione delle radici delle equazioni. 2. II soggetto naturalniente si divide nelle seguenti parli : Determinazione numerica — delle radici reali di un cquazione Irascendente o, se algebrica, di grado cos'i elevato che non giovi trattarla come le equazioni algebriche, — delle radici immaginarie di un'equazionc, — delle radici reali di piii equazioni simultanee, — delle radici immaginarie di piii equazioni simultanee. — Per 1' ultima parte nulla io avro a dire, poiche se coll' eliminazione non si riconduca la questione ad una sola equazione, io credo die la ricerca sia tanto laboriosa da non poter- sene occupare. e da lasciare all" ingegno del calcolatore la scelta delle strade da tentarsi nei singoli casi speciali. 3. In quanto alle radici reali delle equazioni di grado anche raolto elevato contenenti tulti o quasi tutti i termini, la loro determinazione dee a ralo cre- \I. 46 358 SULLA RISOLUZIONli NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. dere considerarsi come un' operazione arilmellca ( analoga alia divisione od air estrazionc dellc radici), che eseguita col processo lUidan-IIorncr e sussidlata dal teorema del Fourier iion lascia sperare alcun miglioramenio ; poiclie a me scmbrano inutili quel metodi clie possono tornar comodi soltanto in cast par- ticolari, o (juclle ridnxioni ad equazioni di 1." o di 2.° grade, a cui la qucstione naturalmeiUe si riduce quando si segue la via diritla e generale per luttl i casi. 4. Tre cose si richieggono nella ricerca delle radici, cioe, il processo pifi acconcio per approssimarsi indefinilamente al loro valore iiiimerico, la scelta di quegli intervalli, nei quail si puo ritenere che vi sia qualchc radice, e alcuni criterii che, assicurandoci della mancanza di radici, pongano un limile agli inu- lili tentativi di cercare radici che non esistono, e d' altra parte non ci Iraggano mai in errore faccndoci credere privo di radici un Inlervallo che realmente ne contenesse. (jiovera dare da prima uno sguardo alle varie strade che pos- sono guidare alio scopo ; poscia cogll esempi e con partlcolari considerazioni si acqulstera facilita di percorrerla. Radici reali di una sola equazione. 3. La sosliluzlone di parccchi valori in luogo dell' incognita e la dcter- minazione degli errori corrispondenli, cioe del valori che prendc quel membro deir equazione che dovrebbe uguagliarsi a zero, giovera molto a conoscere I'andamenlo della funzione, e gl' intervalli, nei quali sono da ricercarsi le radici. 6. Alio scopo predetto tornera spesso acconcia la costruzione grafica della corrispondenza tra i valori dell' incognita e gli errori ; nei che talvolta sara preferibile di separare I'equazione proposla in due membri, 1 cui valori daranno le ordinate di due curve aventi per ascisse i valori dell' incognita ; le interse- zioni delle due curve indicheranno altrettante radici. Una stessa equazione potra dar occasione a piu figure relative a differenti intervalli costrutte in iscale diffe- renti, secondo che I'andamento delle curve presenta maggiori o minori difficolta e dubbii intorno alle cercate intersezioni. 7. Per non estendere le sostituzioni troppo da lungi e nulladlmeno cono- scer bene cio che si riferisce a valori grandlssimi dell Incognita, si potr.i dopo avere studialo 1' Intervallo da xziza — b ad .r^a-i-6 prendere per nuova incognita la h:{x — «)=:::? e studiare 1' intervallo da ^ zr — i a ? = i . 8. (Quando si abbia scorta una radice, che senslbilmente si scosti dalle DEL M. K. PROF. GIUSTO RF.LLAVITlS 359 altre, in guisa di (-onosccre iin valore dell' incognita, che si avvicini a quella radice mollo piu clie alio allre, ])otra mollo romodamentc usarsi 1' approssima- zione lineare mediiinte la tuugeiite, ossia il mctodo del Ne\ytnn ; e cio non detcrininando scparalamente i valori dclla fiinzione e dclla sua derivata, bensi nello stesso tempo die si calcola il valore della funzione, tenendo conto della variazione, die esso sofTrirebbe per mi cangianiento mediocremente piccolo deir incognita. Qiiesto processo fif trovato molto opportuno dal celebre Gauss nella sua Memoria pubblicata nel vol. IV, di quelle dell' accademia di Gottinga (4848-1850), ed io pure lo aveva suggerito nella jNota lY, della succitata Memoria del 4846. 9. In qiieslo processo riesce molto romodo 1' uso delle tavole numeriche, che presentano le differenze corrispondenti ad una data variazione dell' argo- inento. Se 1' equazione sia composta di tre termini o poco piu, giovera, a calco- lare il logaritmo della somma di due termini, I'uso dei logaritmi additwi imma- ginati da prima dal Leonelli, e conosciuti sotto il noma del Gauss ; come si vede in ambcdue le Memorie citate nel § precedente. 40. Per rendere piu utile 1' approssimazione lineare giova apparecchiare la funzionc, e scegliere 1' incognita, In guisa che il termine da cui dipende la maggior variazione della funzione sia all' incirca proporzionale all' incognita. 44. Che se alquante radici sieno vicine, sicche coll'approssimazione lineare vi sarebbe poca probabilita di separarle, bisognera ricorrere ad un' equazione ausiliaria algebrica di grado elevato almeno tanto quanto e il numero delle radici che si sospetta esistere nell' intervallo considerate. A tal fine si attribui- ranno all' incognita successivamente tanti valori quanto e il grado dell' equa- zione ausiliaria accresciuto dell' unita, e con uno dei metodi d' interpolazione si formera la funzione algebrico-inlera, che per tutti quei valori si accorda coUa funzione proposta. 4 2. Quando i valori attribuiti all' incognita formano una progrcssione aritmetica, il metodo piu comodo mi sembra quello fondato sul calcolo delle successive differenze dei valori che prende la funzione, e da me adoperato nella Nota IV della succitata iMemoria (4 846). Seguendo 1' Enke esso pu() alcun poco semplificarsi nel modo seguente. I termini successivi della progressione aritnielica dei valori attribuiti all' incognita si distinguano coi numeri ... — 2, — 4, 0, 4, 2, ... ; i valori corrispondenti della funzione sieno . . . ^_,, A_^ , A , A^, A^ . . . . , si calcoli la seguente tavolelta delle loro differenze 360 SULLA RISOLUZIONE NUINIERICA DELLE EQUAZIONI, EC. 2 A —i B i A ^ _3 c. — s B 0 A c i A„ c. 2 A. B, D D. E dove B_^ = A_„ — A_,, B_^ — A — A_^, B^—A^ — A, B^z=:A—A^ C_j :=: -B_, — -B_3 ecc Sia B^ la media aritmetica Ira le due differenze pri- me jB_, B^ die nella tavoletta staiino una sopra e 1' altra sotto di ^ ; C sia la seconda diiFcrcnza die sta nella stessa riga orizzonlale di A •, D^ sia la media arilmelica tra le due differenze terze D_^ D^ , die stanno una sopra e r altra sotto della stessa riga orizzontale, e cosi in seguito. La funzione sara espressa dalla seguente formula d' iiiterpolazione + ''(|C-i£+4G-f±-„7+ec. ) + /■(! fl -A/-, ^''(iio''.--) + '"(i«ko^--)+''^- Percio se la funzione debba uguagliarsi a zero si avra un'equazione, dalla quale dedurremo lutti i valori di /, die stanno nell' intervallo, pel quale si sono calcolati i valori della funzione. Trovato il valore di /, se ne deduce subito quello deir incognita. 1 3. Mostriamo come si possa profittare di qualclie valore fuori di quelli corrispondenti ai valori dell' incognita die sono in progressione aritmetica. Supponiamo che si sieiio calcolati A_^ A A^, g poscia anche A^ {a cio iiidotfl dal vedere die il valore desiderato cadeva tra A ed A^)'- senza calco- lare A_^ , che compirebbe la progressione aritmetica, si potra col mezzo delle differenze B^, B^, C^, e supponendo coslante la terza differenza D , dedurne DEL M. E. PROF. GIIISTO BELLVVITIS 36i i valori di C_^, C, B_^, 7?_, ed A_^. Cio polra conseguirsi supponendo che i valori A A^ A^ corrispondano a t:^ — 4, 0^ i ; dopo di che la for- mola del § precedente, posto /z= — 3, dara (segnando con B^ la media arit- melica Ira le diffcreiize B^ B^) a_-a^-^{B-[d) + Ic^-'Id^a-zb^+^c-\d. dalla quale si dedurra il valore di D. 44. Che se i valori dell' incognita procedano ancora piii irregolarmente, si esprimera la y in funzione intera della x operando nel seguente modo. Sieno x\ x^ x^ . . . i valori della .r, pei quail si conoscono i corrispondenli Jk Yi y^ • • • 'i ^^ for'tti l x — x, x — x, x — Xj a, — g-. _^ ^^ X, — x^ a;, — x^ ' X, — x^ x, — x^ ' x, — x^ x, — x^ - i ^. ^izi. j 4 H- ^:z^^ [i + ?z:^ (4 4- ec.)] i . X, — Xj t X, — a;^ •• X, — x^ ^ 'J J 362 SUI.LA RISOLUZIONE NUMERICA DELLK EQUAZIOM, EC. Siiiiili sviluppi si esegiiiscono siii raoltiplicitorl di {x — X,) {x -^ a;J X — X, x—x/^' (x^-x,)(x^-x^)yi- *^^^- e si vedra che la formola d' interpolazione prende la forma y —)\ -+- (-r - -f.) 1^ „ + (-f — -O [j,„ -+- (-^ — •i-J(/.,a -^ ec.) J I essendo yi2 a;. — a;, a;^ — a; ,' .^4 4 3 I., y. 4- 2/3 «5 (;c, — a;J (a;, — aij) (a;^ — «.) (a^^ — a^s) (% — a;,) (a;, — rr,) ' Qucsle fiinzioni y,„y^^^ ec, che sono simnietriche rispelto agl'indici 4. 2, 3, ec. iurono dette interpolari, e si possono calcolare piu brevemeiile nel seguente modo. Accanto o tra mezzo ai valori di y^ y^ fz • • ■ Ji Jm y SI poTigano 1 ^3 ^234 •*4 Ji ^y.-'j, —.y.-y. ^y^-y^ che sono le differeuze dei y, divise per le corrispondenti difFei'euze di x. Po- scia si calcolino le .^123 -►•, — a;, ' •'^"' a74 — a;^ ' «3- rlic sono le dlfferenze tra le predette, divise per le differenze tra i valori estremi dei X. Similmente sia •>^n34— ^_^_ ' ec. ec. DEL M. E. PUOF. GIUSTO BELLAVITIS 363 Noil h dilTuilc riconosccrc die questo y^^, j^^j , jK,^;, , ec. sono eguali alle prc- oedenti. Qiiando la formula il' intcrpolazione si adopera per trovare la y cor- rispondentc ad una data x, giova prendere da prima i valori della x , cho piu s' avvicinano al dato .r : (juantuuque in tal modo si cangi 1' ordine .r^ .r^ x,. . . pure le funzioni inlerpolari (cssendo simmetriche rispelto agl' iudici) si man- teiigono le slessc. Cosi, per esempio, se i valori che ordinatamente piu si avvici- nano ad .r sieno x, .r, .r^ r^ x^ ecc, si adopera la formola 7 =73 -+- (•*- — -^s) \y.^ + (-^ — ■'•;)[7.3, + (-^ — ^^^b\.^. + ec.)j j nella quale si scrissero le j^^ j^^^ j^^^^ ec, invece delle loro eguali j^, , y.^^^ , 7s«. ' <=cc. i 6. Le predelte formole d' interpola/.ione sviluppate secondo le polenze della .r , e poscia risolte alia maniera delle equazioni algebriche daranno, come dicemmo al § il, i valori dell incognita x, che corrispondono approssimata- mente ad un dato valore della funzione y. In quest! calcoli giovera tener conto di un maggior numero di decimali nei coefficienti delle varie potenze dell' inco- gnita ; poiche trovato il valore approssimato di questa, esso si sostituira nella data equazione, e se cio dia luogo ad un piccolo errore, questo servira a rettifi- care 1' ultimo termine dell' equazione algebrica, che approssimatamente tien luogo deir equazione proposta, e procedendo dopo cio alia sua risoluzione si verra ad oltenere un valore piu esalto dell incognita. 47. Quando sia comodo calcolare le derivate delle funzioni che deve annul- larsi, esse daranno immediatamente 1' equazione algebrica ausiliaria, che serve ad avvicinarsi alle radici poco discoste dall' assunto valore. Infatli e notissimo che se /^ e il valore della funzione per xzizO. E quelle della sua derivata prima, e 2D, 6C, l24J5 quelli delle derivate seconda terza e quarta. si ha r equazione Bx' -4- Cx' -h Dx' -^Ex-\-F=0. 18. Se nella funzione e nelle sue derivate poniamo prima .r zn 0 . in guisa da ottenere come sopra F" , E, D; poscia poniamo xzzza ne dedur- remo (come e evidente e come mostreremo anche al !$ 27) i coefficienti F. E^D. della trasformata in (.r — a). Trovati cos\ i tre ultimi termini tanto deir equazione in .r quanto della sua trasformata in (.r — o). sostituitili nella solita tabella di calcolo (veggasi il § 22) troveremo allri termini dell' equazione 364 SULLA. UlSOLUZIONE NUMERICA DELI.E EQUAZIONI, EC. niediante le a D -hE -i- F ^, + A + ^. + ^. B^^a+D^ + i; A ^B^-^C,^D^ C.= ^5 ^4 T> ^3 — ^a 7> ^4 — ^3 A ^3 ^i dopo di che il talcolo si contimiera nella solita maniera. In simil modo la foiio- scenza dei valori della fiinzione e della sua prima derivata per jrzr 0 e per xzzia condurraiino ad un' equazione ausiliaria del 3.° grado. Che se si cono- scessero i valori della fuiizione e della sua prima derivata per .r^O per x-zna e per xzzzb colla formola d' interpolazione del § i 5, si otterrebbe un' equazione di 5." j;rado. 19. Per la compiula risoluzione di un'equazione, oltre i melodi per appros- simarsi indefmilamenle ad una o piu radici, occorrono dei criterii, che stabili- scano il numero delle radici comprese in un dato intervallo. Questa parte e teoricamente la piu imperfetta. Distingueremo i criterii, che mostrano I'assenza di radici, da quelli che ne assicurano la presenza; ossia quelli che danno un numero per certo non inferiore al numero delle radici comprese in un dato intervallo, e quelli che danno un numero per certo non superiore. Cominciamo dai criterii della prima specie, cioe da quelli che danno un limite superiore al numero delle radici. 20. Per le equazloni algebriche aventi tante radici (intendo sempre par- lare delle reali) quanl' e il grado, la regola del Cartesio da un criterio compiuto che non lascia nlente a desiderare. Per esempio se un' e([uazione del 6.° grado presenta ne' suoi termini 2 permanenze di segno e 4 variazioni, vi sara una trasformata in (.r -t- a) con 6 variazioni di segno, una in (.r — b) con 2 sole ed una in (.r — c) con nessuna. La prima equazione per la regola del Cartesio non put) avere alcuna radice negativa, e per ipotesi ne ha precisamente 6 di positive ; l' equazione in x non pub avere piu di 4 radici positive, quella in DKL M. ¥.. P1\0F. OirSTO BELL.WmS 365 (.r — b) lion pin di due, e qiiclla in (.r — <) noii ne piio avere alcuiia; duii- quc nccpssariaiufule due radici cadoiio tra — a c 0 due Ira 0 e ^, e due Ira /; c c. Ed iu oj^ui iutervallo, in cui uon ci fosse alruna perdita di varlazioui di segno, lion polrebbe nemineno raden; alcuna radire, poiclie eiascuna equazione ha ne piii ne meno tante radici quant' e il numero delle sue variazioni di segno. 2-1 . Ma se la precedente equazione di 6." grado ahbia quallro sole radici reali, la regola del Carlesio cl lascia dubbioso se esse cadano per esempio tutle quattro Ira 0 e Z» , giacche 1' equazione in .r avendo 4 variazioni di segno puo avere 4 radici positive, e I'equazione in (.r — b) con 4 permanenze di segno puo averne altrettante negative, luniarrebbc pur dubbioso se vi fossero due radici in un intervallo, nel quale non vi sia alcuna perdita di variazioni di segno, a motivo di essere 4 il numero di variazioni in eiascuna equazione, perche una delle due equazioni puu avere due radici positive e 1' altra due radici negative. Ecco dunque 1' importanza dell' utllissiuia regola del Fourier sostituitai a quella del Cartesio, secondo la quale in un intervallo non vi possono mai essere pin radici del numero di variazioni di segno, che si perdono dall' una all' altra delle due trasformate che stanno agli estremi di quell' intervallo. 22. II teorema o regola del Fourier puo dimoslrarsi in maniera afFatto elemenlare nel seguente modo. 11 polinomio Ax'' -\- Bx^ -\- Cx^ -\- Dx -\- E diviso per {x — a) da Ax^ H- B^x°' -f- C^x -|- D, ed il residuo E^ , essendo B^~aA-i-B, C^ — aB^^C, D^~aC,^D, E^~aD^^E. Simil- mente calcolando le B^zizaA-h B^ , C^^aB^-hC^, D^z:z:aC,-\- D avre- uio il quozicnte Ax' -f- B^x -f- C^ ed il residuo 1)^ del polinomio Ax^ -+- B^x°' -i- C,.r -\- D ancora diviso per x — a. Poi se B^ zn aA -f- B^ , C^ rr aB^ -\-C^, B^z:zaA-\-B^ le successive divisioni per x — a daranno ancora il quoziente Ax-\-B, ed il residuo C^, il quoziente A ed il residuo B^. Tulti i predetti coefficienti si dispongono nella seguente tabella di calcolo (om- niesse per brevita le potenze dclla .r) A-\-B-^C-hD~i-K a A-^B, + C„^- D+E^ A^B^ -^c;-f- A A-hB^ ^c. A-^B^ A VI. VI 366 SUU.A RISOLUZIONE NUMERIC A DELLE EQUAZIONI, EC. I resiclui A, B^, C^, D^, E^ sono cvideutemenle i coefficienti del poHnomio trasforniato in (.r — a) Aix — a)' + B^ (.r — of ^ C^ (.r — a)' -+- /), (x — o) -j- E^ . Secondo il teorema del Fourier il numero delle radici dell' equazione Ax'' -^ Bx'' -]- Cx'' -\- Dx -h E zn 0 comprese tra zero e la quantila positiva a non puo siiperare il numero delle variazioni di segno che si perdono dalla serie A B C D E alia serie A B^ C^ D^ E^ dei coefficienti dell' equazione proposta in X e della sua trasformata in (.r — o), e ne puo esser inferiore di un qual- che numero pari. Infatti se noi consideriamo altentamente le seguenti serie, nelle quali dall' una all' altra e mutato sempre un solo tcrmine nell' ordine stesso in cui essi successivamente si calcolano, A B C D E A ^. c D E A ^. c„ D E A ^. c. D. E A «. c. D. K A A c. D. K A A c^ D. E. A A c^ O. E. A A c^ D. E. A A c[ D. E. A A c^ A E. vedremo che da una serie alia successiva non vi polra mai esser acquisto di variazione di segno, e se cangi segno un terraine, che non sia 1' ultimo, vi potra essere la perdila di due variazioni di segno. Cos\ per esempio se vi sia cangia- mento di segno da C a C^zzi aB^ -4- C queslo C^ sara necessariamente dello stesso segno di B^ e perciu da B^ C^ D n B^ C^ D si manterra 1' unica varia- zione di segno, se D e di segno opposto a B^ e percio dello stesso segno di C; e si perderanno le due variazioni se D h dello stesso segno di B, . Che se poi vi e cangiamento di segno nell' ultimo termine da E ad E^ vi sara la perdila di una variazione, poiche E^^znD^-^E e necessariamente dello stesso DEL M. E. PROF. GIUSTO BKLLAVITIS 367 segno (II Ti^ . Ora iioi possiamo supporre che si pass! dall' equazione in x alia sua Irasformata in {x — ci) non immediatamcnle, bens'i col mezzo di lante successive trasiormale in (.r — a) in (x — /3) in {x — y) ed in {x — a), essendo a. (i y a quanlita positive crescenti, talmente scelle che in ciascuno degl' intervalli tra 0 « /S >- c non possa cadere che una sola radice, e vedremo che ogni radice fa perdere almeno una variazlone di segno. I valori che fanno perdere qualchc pajo di radici, indipendentemenle dall ultimo termine, si di- cono valori critici. 23. II leorcina del Fourier olFre il seguente criterio per la manranza di radici. Quando dai coefficlenti di un' equazione in x a quell! della sua trasfor- mata in (.r — a) non vi e alcuna perdita di variazioni di segno, in quell' inter- vallo non esiste per certo alcuna radice. Inoltre, se si conoscono alcuni valori critici, il numero delle radici che cadono in un intervallo non puo mai superare il numero delle variazioni che in esso si perdono, diminuito del doppio del numero dei valori critici comprcsi nel medeslrao intervallo. E un valor critico quello. pel quale la trasformata manca di alcuni termini, in guisa che vi sia la perdita di una o piu paja di variazioni di segno quando dopo avcre attribuito a lutti I coefficlenti, che sono eguali a zero, tali segni che 11 numero delle varia- zioni sia 11 maggior posslblle, si passa a contare le variazioni indipendente- mente dai termini nulll, ossia attrlbuendo a quesli tali segni che II numero delle variazioni sia II minor posslblle. Cos'i nell'equazione .r^ — .r°-j-.r'-f-.r — 4^0, essendo che da -f- 1 — 1 H- 0 -H 1 — 0 -t- 1 — 1 a -j- 1 — i — 0 -|- 1 -f- 0 -I- I — \ vi e la perdita di un pajo di variazioni, se ne dedurra che .rzzO e nn valor critico dell' equazione e perdu essa non potra avere che 4 radici reali. Neir equazione .r' — .r^ — .iziiO 11 valor jrzzO oltre esser una radice e anche un valor critico doppio, perche dalla -\-\ — 0-hO — l-j-O — l-f-O alia -J- 1 -h 0 -h 0 — 1 — 0 — 1 — 0 vi c la perdita di 5 variazioni, una delle quail dipende dalla radice, o le due paja dipendono dai valor critico, che per tal ragione dicesi doppio. 24. Alediante la ricerca del valori critici si puo asslcurarsi del vero numero delle radici coniprese In un dato Intervallo; e quella ricerca puo conseguirsi collo stesso processo. con cul si procede ( >J 22) alia determlnazlone approssl- rnala di ciascuna radice ; essendo facile di scegliere la clfra a , con cui si ese- gulsce la tabella di calcolo, in modo che nella Irasformata vada ad annuUarsi r uno o 1" altro coefficlente. Ne e gla necessario di determinare tutti I valori, 368 SULLA RISOLUZIONE NllMEUlC.V DELLE EQUAZlOiNl, EC. che annullano qiialclie coelficienle ; cosi per esempio, sc un'equazione present! i segni H f--t--f 1- •' la Irasforinata abbia i segni -\ — I — | |--h-f-; noil ci sara alcuu biso|;no di cercare il valore, che anniilla il secondo termine, ne i due valori che annullano il lerzo ; polcht- considerando i cinque primi ter- mini si vede, che essi conservano lo stesso numero di variazioni, c pcrcio non esisle nel proposto intervallo alcun valore che annuUi il 5." termine ; quindi rimarra soltanto da vcdere qual sia il valore, che annuUa il pcnidtimo, e rico- noscere se esso sia un valor critico, oppure se separi le due radici, che annul- lano 1" ultimo termine. 25. Quantunque si abbia cosi un modo sicuro per riconoscere la presenza di tutte le radici delle equazioni algebriche, pure gioveranno altri criterii, che possano assicurare della mancanza di radici in un dato -intervallo, anche senza bisogno di riconoscere la presenza di tanti valori critic!, quantc sono le paja d! variazioni perdute. II criterio die io trovo piu comodo consiste nel separare, se sia possibile, il primo membro dell'equazione in parti, le qual! tutte conservino il medesimo segno per tutto 1 intervallo di cui si tratta, perlorhe la loro somma non potra per certo annuUarsi. Ora e facile riconoscere che da .rzzO ad xzrza si conservano positive le quantita /■ 9 l> — k 1 II J l 7, >"■ , / -I'-^-ff, — r- -r x-hk, -X -r-hw, •^ a " ^ a- a a- a moltiplicate per qualsivoglia potenza della .r; purche le a,/, g, h, k, /, m, n sieno tutte positive, e non sia h maggiore di 2/-, ne / minore d! -;- . Vie- ne da cio che se per un' equazione, per esempio Ax''-\-Bx' .... Fx-\-G , si calcolino colla cifra a i numeri F^E,^ . . . . A^^ Z mediante le stesse rela- zioni del processo Budan-Horner, ma procedendo invece da destra verso sinistra A B C D E F G « \Z A^ 5. C^ D^ E^ F^ 0 cioe facendo aF^~—G, aE^ — F~F, aD^~E^ — E aB, = C--C, , aA^ — B^~B, aZ — A^ — A. DEL M. K. PPxOF. (UUSTO P.ELLAVITIS 369 L' cqnazionc proposta nianchcrii per ccrto di radiri ncll' Inlcrvallo da 0 ad n se si verificlii iiiio dei s<'}^iienti casi : \° Che tutli i termini jP. E^ . . . A^^ Z abblano segni egiiali. 2." Che se ad iiii tennine, per esenipio E^ dello slesso segno deir ultimo (-F,) ne sncceda nno D^ dl segno opposto, sia peraltro E — E^ inferiorc (in quantita e fatta astrazione dal segno) ad E^, ed il suc- cessivo termlne C^ sia dello stesso segno dell' nllimo /^, . Ouando (per esem- pio E — E^ sia dello stesso segno dei E^ F^^ e sia superiore (fatla astrazione dal segno) ad E^, invece dell' eqnazione ciD^z^E^ — E bisognera adope- rare la ciD^ ^z. — — , e se ne risnlli C^ dello stesso segno di F. si con- linuera il calcolo nello stesso modo gia stabilito. I casi considerati sotto i numeri 2." e 3.° potranno anche aver luogo piu di nna volta, e restera sempre dlmo- strata 1' assenza di radici da .r:^ 0 ad xzzia , purche nei termini i^. . . . . ^ non ve ne sieno mai due successivi dl segno opposto ad 7^. , ne sia di segno opposto all" nltinio termine F^ il primo Z . Ciova osservare che nelle divi- sioni che servono a determinare i F....Z si piio servirsi di valori apj)ros- simati, purche le frazioni che si aggiungono ai valori esalti non sieno giammai dello stesso segno di F^ . 26. Un altro criterio per riconoscere la mancanza dl radici da xzzzO ad .rzzl si e di porre .rnr — , poscia se la trasformata in (.r^ — 1) non abbia radici positive, la proposta non ne avra di minori di i. Se la trasformata ha tiitti i termini di egual segno essa manca evjdentemente di radici positive ; se invece essa presenta delle variazioni di segno, bisognera applicare il medesimo criterio a ciascun intervallo, nel quale sparisce qualche pajo di tali variazioni. Questo criterio fu adoperato dal Bndan, il quale non esscndo in possesso del teorema del Fourier doveva applicarln a ciascun intervallo da .r ad .r — i. anche nel caso, in cui la conservazione dello stesso numero di variazioni di segno (dair eqnazione in .r a quella in x — i) toglie ogni dubbio sulla possibilila di radici di quell' intervallo. * 27. II teorema del Fourier, anziche ai segni dei coefficienti di un' eqnazione, per esempio, J.v' -+- Bx' -h Cx' -\- D.v -^ E :iz 0 e della sua trasformata in (.r — a),A(x — ay + B, {x — a)' -i- C, {x — af^ D, (.r — rt) -H £, = 0 . suole plutlosto riferirsi ai segni che prendcnio la funzione e le sue derivate qnando vi si pone .rzzO oppure xzzia. Cio torna alio stesso elTetto, poiche paragonando la A{x-^aY^B {x -^aY^C (x' ^- a)'- -f- B {x -ha)-\-E 370 SULL\ UlSOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. colla Jx"-^B,x"-^C,.r"-^D,x-^E, si vcde the E. — Ad^Bd -\-Cd'-hDa-^E, D, — AAd-^^Ba'-^tCa-^D, C, — %Aa'-^2,Ba-\-C, B^z^AAa-\-B , (lie. non badantlo ad alcimi molliplicalori mimerici, sono la fiinzionc Ax'* -^ Bx' -i- Cx' -\- Dx -\- E , c \c sue derivale (\uAnAo vl si pone x:zza. La considerazione dei coelTicicnti dcU'eriuazione e della sua Irasformata e generalmente mollo piu comoda di qiiello clie sia la soslitiizionc dei valori deir incognita nelle derivale ; poirlie le Irasfonnalc servono nello slesso tempo al calcolo delle radici. Pure se qualthe derivala sia talc die si scorga facilmente tra quali confini essa conservi invariato il proprio segno potra tornar piu co- modo adoperare le derivate. Cos'i per esempio se fosse proposta 1' eqnazione x"^ — 6.r* — 33. r — 30 1=0, si calcolerebbe soltanto la sua prima derivata 9.r* — 24.r' — 33; poiche la seconda 72.r' — 72.r' , si mantiene evidenle- mente sempre negativa da — oo a I e sempre positiva da 1 a -h oo . Facendo le sostituzioni — oo , 0 , 4 -|- - . oo i segni della fnnzione e della sua deri- 00 ' '^' vata prima e seconda sono 1 , , — ■ \- , -i-H- -|- ; sicclie vi e la perdlta di due variazioni da — ■ oo a 0 e dl una da i a oo ; quindi r equazione ha per certo una radice maggiore dl 1 . Per decidere inlorno alle due variazioni si potra cercare la radice della derivata 9x* — 24^ — 33^0, che e — i , la quale sostituita nella funzione e nella derivata seconda, da ad esse segni eguali, e percio e nn valor crilico. 28. Anche per le equazioni trascendenti se la funzione, che deve uguagliarsi a zero, non presenti valori isolati discontinui dai vicini, ne cessi d' essere svi- luppahile secondo le potenze dell' incognita, essa avra, pel valori dell' incognita, pochissirao minori, e pochissimo maggiori di quel valore che la annulla, segno opposto, e segno eguale a quello della sua derivata ; perloche nell' accrescersi dell incognita vi c la perdita di una variazione di segno tra la funzione e la derivala corrispondentemente a ciascuna radice della proposta equazione. Dun- que se la funzione non divenga mai infinita, essa non potra annullarsi due volte di seguito, senza che nell intervallo la derivata cangi segno, e percio si annulH 0 divenga infinita o discontinua. llisulta da cio il teorema del RoUe, pel quale nelle equazioni algehriche due radici sono sempre separate da una radice del- r equazione derivata. Ne viene pure che se in un dato intervallo la fnnzione e ie sue derivate prima, seconda, terza, .... «"'"" rimangono continue e finite, e la n" '"" conservi in quell' intervallo sempre lo stesso segno, 1' equazione non DI-.I, M. F.. PROF. GIUSTO HFLLAVITIS 371 potra avere nel rtiedesimo intcrvallo piu radici del mimero di varlazioni di segno, che si perdono nella serie della fiinzione e delle sue derivate fino all' rf^'""' quan- do vi si sostituisce prima il valore infcriore poscia il superiore dell' incognita; e la dilTerenza Ira il niimero delle radici e qiiello delle variazioni perdute non sara mai un niimcro dispari. Infalli se iiella serie delle ("iinzioni /,/,/" ■ ■ ./'"' immaginiamo sostiluiti tnlti i valori dell' incognita dal minore al inaggiore dei confini del dato intervallo, vedremo che quando cangia segno la J si perde una variazione di segno, poiclie prima di annuUarsi essa era di segno opposto alia J\ e dopo annullala diventa dello stesso segno. Quando cangia di segno la f se ie sue vicinc f f" hanno segni opposti, ne si perde ne si acquista alcuna varia- zione, ma se le f J ' lianno segni eguali, siccome la f prima di annullarsi aveva segno opposto della y^", cost si perdono due variazioni di segno. Dicasi lo stesso di tutte le altre derivate, eccettoche dell' ultima, che si suppone non cangiar mai di segno. 29. I casi in cui alcune derivate si annullassero insieme potrebbero discutersi separatamente, ma possono anche considerarsi come liraiti dei casi, in cui le funzioni si annullino una alia volta, le altre avendo valori piccolissimi. Ogni radice di un' equazione, che annulli ezlandio la sua derivata prima dee considerarsi come una radice doppia, che sara tripla se si annulli anche la deri- vata seconda, e cos'i in seguito. 30. Nel precedente teorema invece della derivata f potra porsi una funzione f^ che nel dato intervallo si mantenga sempre dello stesso segno della f ; poscia invece della f" scriveremo la derivata della f^ oppure una funzione, che conservi sempre lo stesso segno della f^, e cos^ in seguito. Cio rende comoda 1' applicazione del teorema del Fourier alle equazioni, che mancano di molti termini . Sia per esempio proposta la f^ x^ — 32x* -t-i60.r^ — 428:zi0, ricercandone le radici positive possiamo dividere la derivata per .r ed avremo j\^z.lx' — i28.r'-f-32U ; faremo lo stesso per la derivata della f^. ed avremo la /^:rz3.5.r^ — 256; e la y^ si manterra sem- pre positiva. I segni delle f f^f^f^ per or^O sono — •-( 1-, e per x grandissima sono -\ — \ — I- -f- . Per riconoscere come si perdano le tre varia- zioni di segno, bastera ricercare 1' unica radice positiva della y^^O, che e poco minore di 2, il qual valore conserva alia f^ il segno positivo, perci:) fa perdere due variazioni di segno. Cos'i resta dimoslrato che la proposta equazione ha una sola radice positiva. Alia stessa conclusione si giungerehhe operando in 372 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIOM, EC. altic manicre siniili : cos\ per esenipio Xa/^zx^ — 32.r* H- IGO.r'' — i28 divisa per .V poscia dcrivata da /| i= 96.r* — 800.r' + 896, e nuovameiitf difi'eren- /.iando f^ rr 12.r^ — ^^-./j ^^ ^''*'- L'annullarsi della f^ non presenta alcun va- lore critico ed infalti la f~ 0 lia due radici positive. Siccome per jrinO le f/^ hanno segni egiiali, cos\ sara alia minore delle predelle radici the potra corri- spondere un valor critico, il clie infatti si riconosce esser vero. Se si voglla sapere quante sono le radici negative dclla predetta equazione, iimtando il segno alia .r . si porra /= .r' -(- 32.r* — 4 60^.' +128,/ = — 96.r* -|- 800.r' — 896 , /jUi — 12.r'H-5, / r= — 24, e la minore radice della / =i 0 mostrera die le due variazioni di segno spariscono mediante un valor critico. 3d . Serva per altro eserapio 1' equazione trascendente /=5' — 2.3-4-3.2' — 5 = 0. Invece della derivata f = Ig 5 . 5- — 2 Ig 3 . 3- -^ 3 Ig 2 . 2% prenderemo la ./; = lg5(|y-21g3(|)' + 3lg2, ed invece della f^ la / = lg5.1g-|-(|y-21g3.1g4, la cui derivata e sempre positiva. I segni di queste J f^ [^ f^ per .r zz — oo. per .r ^ 0 e per jrzrz oo sono 1 - + , ^H--4-4-5 -f--h + -t-. Per conoscere come si perdano le due variazioni corrispondenti ad x negativa, osserveremo che la / si annuUa per x poco maggiore di — 4, il qual valore rende / positiva, e cos'i si perdono ie due variazioni ; dunque la /zi: 0 ha soltanto una radice positiva. 32. Quando per una stessa determinazione dell' incognita la proposta fun- zione ammetla piu valori difFerenti si dovra discutcre diligentemente la conti- nuita di ciascun valore, sia corrispondentemente al cangiamento dell incognita, sia nel passaggio dalla funzione alle sue derivate. 11 teorema del Fourier riu- scira di pochissimo vantaggio ; e piuttosto a mostrare I'assenza di radici si dovra DEL M. E. PROF. GlUSTO BELLAVITIS 373 rlcorrere all' altro criterio dl spartire 1' eqiiazionc in parti, che si mantengano tutte dello stesso segno : oppure mostrare che dando ai varii termini della fun- zione i valori piii acconci non si puo giungere, dentro del dato intervallo, a mutarne il segno. 33. Veniamo ai criterii che assicurano della presenza di radlci. Se la f e una funzione dell' incognita .r che almeno in un dato intervallo non cessi d' esser continua e finita, e se la y^ cangi di segno dall' uno all' altro confine deir intervallo, la fzzi 0 ammette per certo un numero dispari di radici in quell' intervallo. 34. Credo utile esporre brevemente la teoria degli indici data dal Cau- chy, da cui si fa tosto dipendere il teorema dello Sturm. Segneremo con I{f, (p) \ indice relativo ad un certo intervallo, cioe la somma di tante unita positive quante sono le variazioni di segno che si perdono nelle funzioni f tp . quando la variabile x passa da un valore immediatamente minore ad uno immediata- mente superiore a ciascun valore, che annulla la prima delle / (p , e di tante unita negative quante sono le variazioni di segno che con egualc supposizione si acquistano nei valori delle J^ (p . Percio se le / (p non si annuUIno mai insicme, la somma dei due indici I{f, (p) -\- 1 { . Ritenuto che dentro del dato Intervallo le f (p sieno sempre continue e finite, esse cangeranno di segno soltanto annuUandosi ; ed e facile riconoscere che la predetta somma eguagliera eziandio il numero delle variazioni che nelle f (p ?,\ perdono da un confine all'altro; cioe essa sara -}-l, — i, o 0, secondo che, quando all' incognita si attribuiscono successivamente i due valori minore e maggiore, che formano i confini dell' intervallo, nelle f ip si perde una variazione, o se ne acquista una, o nulla si perde ne si acquista. Se la (p^ sia una funzione. che, almeno per tutti i valori che rendono ?) =z 0, abbia segno opposto di f (il che esclude il case che le (p ?>„ si annullino insieme) sara I((p,/):zz — I((p,(p^; e percio anche I{f, (p) — I (cp, ipj uguagliera il numero delle variazioni che nelle /

    ,, ,. sieno determinate colla predetta condizione, che coll' annullarsi di ciascuna delle J^ (p cp^. . . . (p quella che la precede e qiiella che la segue ahhiano segni opposti, e 1' ullima conservl in tutto il dato intervallo egiial segno, 1' indice I {/, (p) sara dato dal numero delle variazioni di segno che nelle f (p (p^. . . (p^, si perdono dal primo al secondo confine dello stahilito intervallo. 35. Se la f e la derivata della j\ 1' indice /(/J f) egiiaglia il nu- mero delle radici differenti dtdla f^z. 0 contenute in un dato intervallo i poi- chc quando la .r e infinitamente poco minore di una delle radici della f^ 0, le f f hanno segni opposti, ed acquistano segni eguali per x infinitamente poco magglore della radico ; e percio ogni radice ( semplice o multipla ) della j-^ 0 da r indice -I- 1 . Quando la f e una funzione algehrica razionale intera della x, la j' sara di grado meno elevato, e potremo formare le f^f^ . . . di gradi sempre meno elevati. Se giungeremo ad una y^, che in tutto lo sta- hilito intervallo conservi egual segno, il numero /(/J f) di valori differenti, che rendono fz^ 0 , eguagliera quello delle variazioni, che nelle f f f^- •■/,. si perdono dal primo al secondo confine dell' intervallo. Se le f f avessero qualche fattore comune, esso potrehhe togliersi, dopo di che, mutandosi egual- mente i segni di tutti i termini f f /„_••■ f^-, il numero delle loro variazioni resterehhe quello stesso di prima. 36. L'applicazione di questo celehre teorema dello Sturm ad un'equazione composta di molti termini riesce hene spesso molto lahoriosa ; ne faremo qui la facile applicazione all'equazione del § 27, nella quale /=:.r' — G.r'' — 33.r — 30, /' = 9.r' — 24.r^ — 33 , prendendo / = .i/' — 9/= 30 .r^ -+- 264 j; 4- 270, siamo certi che quandoy'iz: 0,y^ avra segno opposto ady^ Riconosciuto che ky^ rimane sempre positiva, vedremo che corrispondentemente ad x:zi — oo , zz:0, :=:oo, \g f f J^ avranno i segni — ^4- + , h, H--i--i-: percio la y^= 0 ha una sola radice, che cade nelf intervallo tra 0 e xi , nel quale si vedc che sparisce una variazione di segno. Che la /^ z:z 0 non ahbia alcana radi- ce positiva risulta dalla mancanza di variazioni di segno. Per assicurarsi che non Tie ha nemmeno di negative, rnuteremo il segno all' incognita, e della 30jr* — 264.r-t-270 calcoleremo la trasformata in (.r — i) che ha i coefficienli 30 -I- 1 20 -I- 1 80 — i 44 -]- 36 ; le sue due variazioni di segno spariscono quan- do diminuiamo ancora I'incognila di — , come si vede nel seguente calcolo DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 375 30H-420-+-480 — i44-i-36 30-f-i35-f-247— 24-f-25 30-}-450-h322-h440 Col criterio dalo al § 25 si riconosce che in questo intervallo di — non puo esistere alcuna radice 30 + 420 + 480 — 144 -+-36 '/,!_. 828^^384"^^^ 72 +r444^^'72 6 37. La maniera piii generale per ottenere le f f f^.... di gradi decre- scenti consiste nel soramare a — / la f molliplicata per un binomio cix-^0 in guisa che la /<,!=: — /~^i^-^~^ ^)J' ^''"^ almeno di due gradi inferiore a /; oppure in gnisa che — /-f- (a.r + /S)y"' possa dividers! per x^. Nello stesso modo si precede per tutte Ic funzioni seguenti. Ricerca delle radici immaginarie delle equazioni. 38. Prima di accennare i metodi d'approssimazione, i quali divengono piti laboriosi a motivo della siraultanea determinazione della parte reale e del coef- ficiente di /' — i . diamo il criterio per conoscere il numero delle radici com- prese in un date intervallo. Comincio da un teorema dovuto allAutore della leoria degl' indici intorno al numero delle radici reali di due equazioni simulta- nee y^(.r, j)zrO , ?)(.r, j)zi:0 comprese in un dato intervallo. Ora 1' inter- vallo non e piu definito, come nel caso di una sola incognita, da due confmi della medcsima, bensi da un circuito chiuso. Supponlamo per esempio che si cerchino tutte le soluzioni, per le quali .r e compreso tra .r^, ed x^ ed y e compreso tra y^ ed y^ ; considerando le .r y come le coordinate ortogo- nali d' un punto, vedremo che le predette condizioni si riducono a cio che il punto espresso dalle coordinate x y cada dentro del rettangolo ABCD , di cui il lato AB parallelo alle x corrisponde ad yzny^, e si estende da .r^ ad .r, ; il lato BC corrisponde ad xznx^, e si estende da y^ ad y^; il lato CD corrisponde ad yzizy^ e si estende da x, ad x^; finalmente il lato DA corrisponde ad x:^x^^, e si estende da /, ^^Jo- Se invece si voles- 376 SULL\ RISOLUZTONE NUMKUlCA DELLK EQUAZIONI, KC. sero le soluzioiii, per le quali fosse (x — a)^ -h y^ < I , clo sarebbe lo stesso come chiedere tulle le soliizioni, per le quali 1 punti espressi dalle coordinale X y radono denlro del circolo clie ha il raggio i, ed il centro nel punto 39. Come nel caso di una sola equazione ad una sola Inrognila J(x) :z:0, la conoscenza del segni dei valori /(xj /i-*^,) corrispondenli ai punli estremi deir inlervallo non Indica il numero delle radici comprcse in quell' inlervallo, ma sollanto 1' eccesso del numero delle radici corrispondenli ad un valor posi- tive della derivata J^'(x) sul numero di quelle corrispondenli a /'(x) nega- tiva ; cos\ pure pel caso di due equazioni a due incognile si ha il teorema : L' in- dice /((?),/) corrispondente a tutto un circuito chluso eguaglia il doppio dcU'eccesso del numero delle soluzioni simultanee delle f(x,y)^0, (p(.r, y)z:zO comprese denlro quel circuito e corrispondenli ad un valor positive della fun- zione SrrD^yD^?) — D,/"D^(p sul numero di quelle corrispondenli a S negativa. Si avverta chc il circuito dee tutto percorrersi nel verso, con cui abbia- mo precedentemente descritto il circuito ABCD (poiche se lo si percorresse nellaltro verso 1' indice muterebbe di segno). Per ogni combinazione di x ed /, che esprime un punto appartenenle al circuito e che rende (p^r 0, dee osser- varsi se nel verso in cui si percorre il circuito vi sla perdita od acquisto di variazione nei segni A\ <(> f prima o dopo di quel punto, e deve contarsi 1' indice H- 1 nei primo caso, e — i nel secondo: I'indice I((p,/) e la somma di tutti questi indici parziali. La S e la funzione alternata o delerminante delle deri- vate prime, la caratleristica D, indicando la derivazione rispetto alia variabile X, e la D_^ quella rispetto alia y. Siccome compiuto il circuito si ritornaal punto di partenza, cosl (§ 34) e !(<(>,/) zn — /(/^ -f la curva per la quale sia ip ^ 0 ; e queste due curve si taglino dentro del circuito nel solo punto M. Supponiamo per fissar le idee che i punti FG'^-V sieno dislribuiti sui lati del rettangolo nell' ordine AF ; mentre la y" e positiva anche nello spazio MGC-lr. Nel punto M la derivata Djf e positiva, per- che neir aumentare della y la / passa dal negalivo al positivo, invece le tre derivate D^/, D^ (p, D^ (p sono tutte Ire negative, dunque la S e positiva. Se era percorreremo il circuito ABCD troveremo che 1' indice I{(p,f) e for- mato da -|-i dipendente dalla variazione che si perde nel punto <^ mentre le due funzioni cp J dai segni H prendono i segni , e da -^-d dipen- dente dall altra variazione che si perde nel punto ■¥. Invece 1 indice I {/, {x^ , Q a / {x^ , ?„) , (p (.r, , Q ; perleche se una delle f{x, ^„) (p (.r, §,) conservi sempre lo stesso segno da I)KL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 379 x^ ad Xj , c inutile occuparsi dei cangiamonti di sogno dell' altra; infatti in tal caso uno degli indiri e nidln, e I'altro e subilo dato dalla predetla loro somma. Si calcoleranno pure nello slesso modo gl' indici da ^^ a ^, ; gli indici da aTj ad .r^; e finalmente gli indici da ^j a ?o • ^^ doppio del numero delle radici comprese nel circnito ABCD e uguale tanto alia somma dei quattro indici I {(p, f), che noi per brevita di linguaggio diremo gli mAm positivi (il che non esclude il caso che alcuno di essi sia negative) quanto alia somma col segno cangiato dei quattro indici I {fi 'p)i che noi diremo gli indici negatwi, perche la loro somma non puo mai esser positiva, potendo bens"i esser positivo alcuno di essi. 43. Dopo aver conosciuta la posizione di clascuna radice immaginaria, credo che per le equazioni algebriche il metodo migliore di avvicinarsi al loro valore sia quelle da me dato nel Saggio sugli immaginarii, e che consiste nel calcolare successivamente le varie cifre della parte reale e della parte immagi- naria della radice. Supponiamo che 1' equazione sia del 3.° grado, ed abbia gia i coefficienti immaginarii, e sia ( /-f- A/)X' -h (/A/ H- ^e)X' -I- (« -I- >'/)X4-;? -{- ;r/ = 0 . Separeremo i coefficienti reali dagli immaginari, e su di essi col solito processo Budan-Horner e colla cifra «, che noi sceglieremo nel modo che ci parra pin opportuno alio scopo finale, calcoleremo i coefficienti della trasformata in (X — a) I -\- m -\- n -\- p A-h^-f-i' -h^ a l^m^-\-n^^p^ X -f- ^. -h f', + ^. l-\-m^-^n^ A-h^,+ ., l^m^ A-f-^, . 380 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONl, EC. Dopo cio volendo passare a calcolare una clfra a della parte moltipllcata per / dovremo trasportare da una tabella allaltra i termini presl alternativamente, e mutare il segno a quelli die risultano moltiplicati per //, come apparisce dalla prima riga delle seguenti tabelle A — '^'3 "3 + ^3 A-4- m, H- "5-*- A A-+- ">. + "e A-^ "h -^-^3 + «3 ^'^i — /+//4 H-«. ^'^^ -^-H^, + «e -^+^e che si suppongono calcolate colla cifra «, cioe olK — mi^m^, «/7z, — v — v , '^"h'^Pi^^^Pf,- — '*^ — (i^^^^iJii, os«4 -i- n^ =: «5 , ecc. Dopo cio i coefficienti della trasformata in {X — a — a/) si otterranno cseguendo sugli ultimi coef- ficienti dei mutamenli inversi di quelli escguiti da prima ; sicche si calcolera poscia una nuova cifra a della parte reale raediante le seguenti tabelle 44. Per le equazioni trascendenti, oppure anche per le equazioni algebriche non complete, che contengono alcuni termini con potenze mollo elevate, sicche le trasformate riuscirebbero composte di moltissimi termini, credo utile, dopo aver isolata quella radice che vuol ricercarsi, di determinare alcuni valori della F (X) corrispondenti, per esempio, ai quattro valori della X, che rappresen- tano i quattro vertici del rettangolo ABCD, nel quale e compresa la radice ; poscia col mezzo della formula d' interpolazione del § 1 5 trovare la funzione di terzo grado, che per quel quattro valori si accordi colla F (A), e risolvere r equazione di 3." grado ; al che possono anche giovare le formule Cardaniche. Col mezzo dell' equazione ausiliaria di 3.° grado si potra molto avvicinarsi alia radice desiderata, particolarmente se sostituendo il valore approssimato nella F" {X) si rettifichi opportunamente 1' ultimo termine dell'equazione ausiliaria. Radici reali di due equazioni simultanee. 45. lo credo che, parlando in generale, per risolvere approssimatamente due equazioni tra due incognite, se I'eliminazione di un' incognita riesca Iroppo DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 384 laborlosa, il metodo mij^liorc si;i (jiiello tli coslruire le due curve espresse da tali equazioiii considerando le .r f tome due coordinate ortogonali, poscia sta- bilire con una prima apj)rossiinazione i valori deile incognile. Nel case che si credesse che qualrlie intersezione cadesse troppo da hingi si potrebbe come al § 7 formare una seconda figura, nella rpiale le coordinate dei punli fossero - , - . X y 46. Per approssimarsi poi a ciascuna soluzione mi serabra opportune di dare alia x una serie di valori vicini alia intersezione che si tratta di determi- nare ; poscia per ciascun valore della .r calcolare i corrispondenti valori della y mediante la risoluzione numerica delle due equazioni ; la differenza tra i due valori della j si esprimera col mezzo delle formule d' interpolazione (§ 42 e seg.) in funzione intera della x : sicche si otterra un' equazione che si risolvera coi metodi dati per una sola incognita. Esempii numerici. 47. Gli accennati precetti si renderanno piu chiari e compiuti applican- doli ad alouni esempii, che tolgo per la maggior parte dalle allrui memorie. Esempio 1.° trattato dallo Spitzer ( AUgemeine Aujlosung der Zahlen- Gleichungen Wien -1854). Proposte le due equazioni .r'^; 5 , >''z^4 pren- dendo due volte il logaritmo della prima e sostituendovi la seconda bo 1' equa- zioTie ad una sola incognita — lg4-|-lo;lK.r=:ln;ls:3i= — 0.4 55544 •.'5 . Quando Ig x (logaritmo di .r) e positlvo si ha ^ Ig 4 — -0.602 <0 e lglg.r-(- 0,758 <0 finche lg.i- < 0.4 75. e la somma di due quantita negative non potendo esser nulla, nc viene che I'equazione non pun avcre radici da Igjr^O a lg.i = 0,475. Se lg.r> 0.475 si ha ^. Ig4 — 0.402 <0 e lglg.r-f-0,558<0 finche Igjr < 0,277. Se lg.r> 0.277 si ha 1 lg4 — 0.348<0. e IglgJ^'-H 0,474<0 finche lg.r<0.336. Se l£r.r>0.336 si ha -^ lg4— 0.278 < 0 e ■O" ^ v^.v^v^^^. ...V, .p. X Ig lg.rH- 0.434 <0 finche lg.r< 0.368. D' allra parte per lgJ->0,45 e VI. 49 382 SULLA RISOLUZIONE NUMEIUCA DELLE EQUAZIOM, EC. Ig Igj-H 0,347 >0, (■ ^lg4 — 0,i91>0 fmclic lg.r< 0,499, c la somma (li due qiiantita positive non potendo esser nulla, ne vleiie che manca ogni radlce da lg.r = 0,45 a lg.r=: 0,499. Per lg.r> 0,499 c lglgj;+ 0,302 > 0, ,. - lg4 — 0,i46>0 finche lg.r < 0,616. Per lgj:> 0,616 e lglg.r-4-0,24i>0 e -^ lg4 — 0,055>0 finche lga;< 1,040, ecc. Cos'i e palese che I'eqiiazione non piio aver alciina soluzlone fuori dell' inter- vallodllgj,-> 0,368, <0,45. 48. Per rendcre plii utile 1' approssimazione lineare prendcrcmo ( § i 0 ) per incognita la Ig Ig x rr /, e darerao all' equazione la forma Nl (9,779639-8 — Nl/)-{-/-»-0,'15554i-5 = 0 (indicando colla caratteristica Nl il numero, di cui segue il logaritmo). Pren- diamo per prima posizione /^ — 0,4, ossia col solito uso dei complementi aritmetici /=:9,6, le tavole logaritmiche danno il corrispondente Nl/z:: 0,398107-2, a cui attribuiamo la variazione o differenza 4000 (col punto io separo la sesta dalla settima decimale), le stesse tavole ci mostrano che la corrispondente diffe- renza del logaritmo / e 409-i. Sottraendo Nl/ dal costante 9,779 . . . avremo un logaritmo, a cui spettera la differenza — 1000; il corrispondente numero ha la differenza — 55-4 ; ad esso si sommano i due ultinii termini dell'equazione e si oltiene f errore — 3727-2 colla corrispondente differenza 53-7; questo errore e questa differenza hanno il rapporlo — 69,4i ; percio il termine /n:9,6, a cui compete la differenza 409-1 ha f errore — 69,44x409-4 =: — 7573-, tolto il quale esso diviene /^ 9,607573-, che sara la nostra se- conda posizione. DEL M. K. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 383 Costanti 0,io5541-5 9,7796398 / =9,6 ^09-4 NU=0,398i07-2 4000 M (9,77...— ^l/)z= 0,240734-3— 55-4 9,381 532-6 — 400-0 Errore =— 3727-2: 537 = — 69,44 / =9,607573- 407-2 M/= 0,405110- 400-0 0,236880-8— 54-6 9,374529-8 Errore =— . 4-7: 52-6= — 0.0893 II secondo errore — 0,0893 x407-2=r — 9-6 tolto dalla seconda posizione da / = 9,607 582-6, percio M/ = Igor =0,405419- ed .i; = 2,541 669. 49. Eseinpio 2.° E nn vantaggio del predetto metodo che gli error! nei primi leiilativi possono rilardare la determinazione desiderata, non mai ren- derla difettosa ; esso si applica con molta facilila ad altra equazione, che tolgo dalla succitata memoria 4' 4-5^ = 40; il termine, da cui dipende la maggior differenza e il secondo che noi percio (§ 4 0) porremo 5' = / el' equazione diventera Nl(fllg/)-M — 40 = 0, essendo a = "^ =0,8643534 . Attrihuendo per prima posizione a / il valore 5 e la differenza 0,004 si trova che esso ha 1' errore — 0,592, tolto il quale si ha per seconda posizione /= 5,592, che da 1' errore —4948- e percio il valore /= 5,593948, di cui nello slesso modo si verifica 1' esattezza. Numeri differ. logaritmi differ. Costante — 40 E rrore 10 5, 4000- Ig/— 0,698970-0 86-8 4, 689- 4689-; «lg/— 0.602060-0 — — ,592 74-8 4.0U0000-0 : / = 5.592 4000- lg/= 0.747567-2 777 4,404730- 678- alg/= 0,6439193 669 Irrore — 3270- : 4678- = — 1,948 384 SULL.V RISOLUZIOTSE NUMERICA DELLE EQUAZIOM, EC. 50. Prendo per 3.° Esempio I' equazioiie /=if' — ■ 2.r — 5 ^ U ; la funzione derlvata i; f'^zze' — 2, e se prendiamo /,=:/' — /=:2.r-h3, essoiido fiicilissimo assicurarsi in quail intervalli la f^ conservi lo slesso segno, sara applicabile il leoreina dello Sturm (§ 35) ed il numero I{J-,J') delle soluzloni comprese in un inlervallo, nel quale la f^ non can-^ia di segno, sara dato dal numero di variazioni, che si perdono nelle fJ'J^- Bel resto nel caso presente basta considerare le sole j j\ essendo palese die la f ha una sola radice. 5i. Adoperando 1' approssimazione lineare giovera dare (§ 10) all' equa- zione due forme dilFerenli secondo che se nc ricerca la radice negativa o la posi- tiva. Per la negaliva si conservera la forma Nl {k x) — 2.r — 5 =0 (essendo A' = 0,434294-5 il modulo dei logaritmi ordinarii) giacche il lermine che ha maggior influenza e quello proporzionale all' incognita. Cominceremo coUa supposizione xziz. — 2,5 a cui attribuireino la difl'erenza 0,001000- e troveremo 1' errore ■ — 0,042800 ; sicche la seconda posizione sara .rrz— 2,4572 (a cui attribuiamo la differenza iOO') ; e troviamo I'errore — 38-9 ed il valorc esatto .rrr — 2,457161-1 Numeri differ. logaritmi differ. Costante — 5 X = — 2,5 10000 ^\{hx)— 0,082085-0 82-1 ^.f=r— 1,085736-2 434-3 — 2.r= 5, —2000-0 Errore 82085-0: — 1971-9 = — 42,8 jc — — 2,4572 1000 0,085674-5 86 ^.rzz — 1,067148-4 43-4 — 2.r= 4,9144 — 200-0 Errore 74^5;— 191-4 = — 0,389 DKL M. E. PROF. GIUSTO ORLT-AVITIS 385 52. Per la ratlice positiva cominciando colla posizione .r^2 troveremo per seconda posizioue xz:z2,S Costante — 5 — 2jr=— 4 7,389055. 2000- 7390- Errore 1,610945-: 5390- 2jr=: — 4,6 —2000- 9,974182- 9972- A-.r = 0,8685890 :— 298,9 A.r = 0,998877-3 434-3 434-3 Errore = ,374182 : 7972- = 46,95 e siccomc la maggiorc diffcrenza e qiidla clie c variabile da una posizione all'al- tra, cos\ r approssimazione lineare rondurrebbe akun poco in lungo. Potremo profittare delle due falte posizioni e delle corrlspondenli differenze, che possono prendersi per le derivate, e secondo la regola data al § 18 verremo a formare un' equazione del 3." grado, che ci dara la radice .rzn2.2516. I valori della funzione e' — 2x — 5 corrispondenti a .r:zz2 ed .ri=2,3 sono — 1,6109. 0,3742 e le derivate sono 5390:1000, 7972:1000, volendo adoperare la cifra 3' come se fosse un intero, moltiplicheremo questi valori per 10000 e per 1000, poscia nella seguente tabella pcrcbe 1' ultimo termine — 16109 divenga, mediante il molliplicatore 3', -i- 3742 bisognera che il precedente ter- mine sia 6617, che per divenlare 7972 esige il precedente termine 452; cosi pure avremo (661 7 — 5390) : 3 = 409, e (452 — 409) : 3 = 1 4. Dopo cio si precede col solito processo, e si calcolano le cifre • — 5", 1'", 6" della cercata radice j:m2,2516. 5390 — 16109 3' -5" 1'" 6- -1-409 14 -t- 452 14 4- 494 -f- -h 6617 7972 -h 3742 ,014 , 01 -i-4,87-h + 4,8 -h 772,8 749 122 ,0 5 -f- 74,9 7,5 47 2 386 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. 53. Del rosto se si volesse adoperare 1' approsslmazione lineare si (lisj)or- rebbc I'equazione cosi A.r — Ig ( 2.r -H 5) = 0 <' fon due sole posizioni si troverebbe il valore .rzi:2,25d636 .1=2. dOOO- ^.rzn 0,868589-0 434-3 2x-)-5 = 9, 2000- lg(2ar-i-5) = 0,954242-5 96-5 Errore — 85653-5: 337-8 z=— 253,56 .r=2.253560- 4000. kx =0,978708-7 434-3 2.t--+-5 = 9,507120- 2000- lg(2.r4-5) = 0,978049-0 91-4 Errore 659-7: 342-9 = 4,924 .r=2,251636- 54. Per ispiiigere 1' approssimazione piii innanzi occorrono lavole logaril- miche piu estese; riescono comodissime quelle proposte dal Leonelli, ed io colgo ben Yolcnlieri qiiesta occasione per esporre come si determini il logarltmo iper- bolicodi 2.i;-4- 5 = 9,503272-. L' unita divisa per 0,9503272 da il quo- ziente 4 ed il residue ,049672-8, che diviso pel suo complemento 0,9503 . . . da il quozienle ,05 ed il residuo 2156-44 (II quale si olliene faccndo a me- moria il prodotto 4,05 x 49672-8 e soUraendone ,05). 11 suddetto 2456-44 diviso pel suo complemenlo ,9978 . . . da per quoziente la sua prima clfra ,002 ed il residuo 46075288 (il quale si oltiene formando a memoria il prodotto 4,002x2156-44 e dal prodotto sottraendo ,002). Proseguendo in simil maniera si trova die 4 =0.950327-2 x 4 x 4,05 x 4,002 x 4,0004 x 4,00006.... quindi per ollcnere il logaritmo di 9,503272- bastera sottrarre dal logaritmo di 4 0 quelli di 4.05 di 4,002 ecc, il che si vede eseguito qui sotto coi logarilr mi iperbolici, che riescono pii'i comodi dei tabulari DEL M. E. P1\0F. GIUSTO liELLAMTlS 387 i,052d60-77260i ,049672-800000 2156-440 460-752880 60-768955 0-772601 0;=: 2,251636 i,052160-772604 Igh iO=i 2,302585092994 l-li i,05: Igh 1,002: Igh 4,0001; igh 4,00006: lgh(2,r + 5) 48790-464469 4998002663 099-995000 59-998200 772604 2,254636-460364 Se X riceve r aumento 4*, Igh (2.r-f-5) ricevera 1' aumento 2- 9,503272 -=•240454; percio il preccdenle errore "460364 diviso per 789546 dara per valore ror- relto .r = 2,25i636-203404. 55. Esempio 4.° L' approsslmazione lineare mediante II calcolo delle diffe- renze serve con egual facilita per 1' eqiiazione |/(28-H.r)— J/(65— j^) + .r = 0 e partendo da .r=:0 si trova prima .r=: — 0.487 poscia xziz — 0,488302. Ed x^ — 6 da sirailmente r altra radice .rzn — 5,743985. 56. Esempio 5". Aiiche per I'equazione x — tg.rrrO risolta dall' Eulero e dal Poisson niun metodo e piii comodo di quello dellapprossiraazione lineare. Se nel secondo termine della Itg x — Ig .r i3 0 poninmo jrrz^ la Itg .r— 0.673241-4 da ^.r 3:2,8669; prendiamo per prima posizione — j;r=2,86 ed alia Itg x- ==0,673308-8, che e la parte piu influente altribuiamo la differenza 4 000, alia quale corri- sponde nell'arco la differenza 34-2 e nel Ig ( — .r) la differenza 4-7. Si trova 388 SULI.A RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. |',.n-on' — i904-4, fhe tolto dalla Iv^x d:i il miovo valore 0,652575-4. (la ciii poi si ottiene il valore esalto 0,6525760 ed .r z= 4,493409' Ig 4 = 0,196119-9 2 ltg.r= 0,650671-0 dOO-0 — .f = 2.86 34-2 k(—.r) = 0,456366-0 4-7 Errore — d814-9: 953=— d9.044 ltg.r= 0,652575-4 4000 ^ jr = 2.860593-2 34-1 0,4564564 4-7 TT — 6: 95-3 = — 0,006 57. Lo Slern (Journal Crelle T. XXII, 4844) fa siiccessivamente le due ipotesi .rzz4,4 e 4,5 e per ciascuna calcola non solo il valore della fiinzioiie y = X cos X — sen .r ^ 0, ma eziandio quelli delle sue derivate y ::=: — v sen x, f =; — j^cosj^ — sen.r. II modo piu opportuno di utilizzare questi sei valori e quello dato al § 4 8 ; cioe si scrivano in una prima riga i valori di 4"/" = 4, 4 54 933. /' = — 4,487050, /= 0,400662 corrispondenti ad .r:=:4,4, dovremo poi col solito calcolo mediante la cifra 4' pervenire ai valori di 4-/" = — 0,963056, /' = — 4,398885, /=— 0,028948 corrispondenti ad .r:=4,5. Dopo di che conlinuando il solito calcolo prima coUa cifra — 07'" poscia colle 4" 4" si trova il valore esatto fino all'ultima decimale x 1^4,49344 (111 I DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 389 11519 — 418703 + 400662 r + 614 — 4 0905- -429640— 28948 -4-43 + 627 -40278- -439888 7 + 20 + 647 — 9634 7 4_ 27 + 674 7 4-34 0,96 — 4392.2+ 4797 - 4,0 - 4385 0.04 _ 438,5 + 43 - 43,9 — 4 -07" 4" 58. Esempio 6.° Prendiamo a considerare 1' cquazione risolta da! Poisson (■ dallo Stern /"zz (4 — 3.r^) sen .r — 4.r cos >r =i 0 ; la sua derivata e y' := — x (3jr cos .r -}- 2 sen x) ; se poniamo y 5a; COS a; sen o; — 2 sen-. t- + 4 cos' a; ^, 5 /• / <. «s A =^ ; i / r / 11= sen .r (tsM: — o). non e difficile riconoscere che quando /' zzzO la /^ si riduce sempre a — -/. c percio lia segno opposto alia /, si polra dunque applicare alle funzioni f/' f il teorema dello Sturm (§ 35) per tutti quegli intervalli nei quali la J\ con- serva lo slesso segno. Per x piccolissima le f f f^ sono tutte tre negative, e percio nessuna variazione di segno si puo perdere fino a — .r^65.*'54'. in 2 cui la j^ diventa positiva ; la variazione di segno sussiste fino a — xzz.\ 14°6' perclie anchc allora la / e negativa. In qucsto punlo la /' e positiva i; la /^ diventa negativa, quindi si hanno due variazioni di segno, una delle quali si perde quando — j; :z: 4 80", perche allora la / e positiva ; e percio da 2 — j;zr 444° 6' a 480 , cade una radice della y~ 0. Continuando questo esa- me vedremo che ciascuna radice cade tra /180° + 444°6' c (/+4)480°. essendo i un numero inlero positivo. VI. BO 390 SULLA RISOLUZIONE NTOIliRlCA DELLE EQUAZIONI, EC. 59. Determiniamo quella radice (he cade tra 3 e 4 relti. Per magj^ior speditoz,za di calcolo esprimo gli angoli in parti decimali di angolo rclto, secondo quel nietodo che fu con tanta atlivita promosso, e poi con si deplorabile debo- lezza abbandonalo dai materaatici. Daremo all' equazione la forma i — .V cot .r ^ — a\ 4 ([uando — .r siipera 3 interi potremo considerare Y equazione approssimata — cotj:=: —X ed in questa siccome lg( — col.r) c la parte piii variabile, cosi porteremo su di essa lutto I'errore : da -- xznS dedurremo TT 0,54830 = 1 (—cot 3,825). Cominciamo dunque colla posizione di — j:zii3,83, a cui attribuiamo la dif- ferenza 0,00037 acciocche il termine 1( — cot.r) che e il piii influente, abbia la differenza in numero rotondo 0,00100. Per calcolare il logarilmo del primo membro dell' equazione mi servo dei logarilmi additivi di Leonelli-Gauss, me- diante i quali ad ^4 =: Ig ( — x cot x) si trova corrispondere A-\-B:nCziz lg(i — ^cot.r), da cui sottraendo il logaritmo del secondo membro dell'equa- zione si ottiene r errore — 0,07214, che diviso per la corrispondente diffe- renza 93 e moltiplicato per iOO, che fe la differenza del lg( — cot.r) da — 0,07759 per 1' errore di tal logaritmo ; sicche per seconda posizione pren- deremo 1( — cot jr) = 0,64052. Piipetcndo il calcolo si trova il nuovo errore — 0,00085 tolto il quale si ha 1( — cot .r) = 0,64137. Calcolando poi con 7 decimali si verifica 1' esattezza di 1 ( — cotj:) rr 0,641369-9. Nutneri differ. logaritmi differ. — costante — cot X .r = 3,83 37 ^^ 4 . -,— costante 0,19612 0,56293 100 0,58320 4 A— 1,34225 104 5—0,01931 4 C 1,36156 iOO — 0,26730 1,16640 7 Errore —0,07214: 93 = — 7759 DEL M. E. PROF. GILSTO BELLAVITIS 394 — cot 4; 0,64052 100 ^• = 3,85680 32 0,58623 4 ^=1,42287 104 B= 0.01610 — 4 C = 1,43897 100 x' 1,17246 - 7 Errore 31-9 — 79: 93 = TT "2 — cot j: o; — 3,857069-2 0,196119-9 0,6413700 0,586257-4 100-0 3-6 26,53062 63-3 63-3 1,423747-3 103-6 27,53062 46 x' 1,4398160 0,2673011 — 1,172514-8 99-8 7-2 0.85 Errore i : 926 60. Eseinpio 7.° Sia ora proposta 1' equazlone trascendente X ' — x-i- 0,1 = 0 ; — '^^^ la sua derivata ^2 x — 1 zrO ha evidenteraente una sola radice posi- tiva zz 0,43313, la quale da al primo membro della proposta un valor iiega- tivo, percio (§ 30) qucsta ammette precisamente due radicl positive. Per tro- varlc faccio parecchie sostituzioni, cos\ per xzz:0,2 il primo membro dell' e- quazione prende il valore jzz 0,002685-, ecc. se le posizioni non formano una progressione aritmetica adopereremo la formula d' interpolazione data al §15: a tale scopo disporremo in colonne i valor! di .r ed i corrispondenti di j, le differenze dei secondi le divideremo per le rispettive differenze della x, sic- clie per esempio la dilTerenza tra — 26330" e — 14423- divisa per 0,2 dara 59535- ; cosi avremo la colonna dei valori di j^, , y„^ , y^^ , y^. . Le 392 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. differeiize tra questi le dividercmo per le differenze Ira gli estremi x, cioe per 0,4 — 0,2, 0,6 — 0,3, 0,7 — 0,4 td avremo 1 valorJ dl 7,^3 = 598250, /•3i ' J3.15 • Le cui differenze divise per 0,6 — 0,2, 0,7 — 0,3 daranno j^^^^ e /jj^j , e finalmente la differenza di questi divisa per 0,7 — 0,2 dara /.,,,3=2d9828 7 0 2 0,3 0,4 0.6 0.7 2685 17805 - 26330 - f :^? 4-482517 ~ ^^^^^^ + 219828 44423"^ .^^•'^^ -^410950 179168 + 38o9 + lS^«2« Dopo cio per calcolare il polinomio y = J, + (.r - ,2) \y^^ -4- (x - ,3) [j,^^ + (.r - 0,4) ( j.,3, potremo disporre il calcolo come iielle solite tabelle, ma prese dall'alto al basso ; cioe dopo avere scritto in nna riga orizzontale i termini jKi„345 ■, /,„3i , /^j ? y^^ , y^ operando sui due primi termini colla cifra 6' (volendo trattare come interi questi decimi, si diminuirono opporlunamente i numeri della prima riga) si otterranno i due termini della seconda i-iga : colla cifra 4' si operera su questi e sul terzo numero della prima riga, e si otterranno i tre termini della terza riga, e cos\ in seguito. La maniera di questo calcolo e la sua dimostrazione si fanno palesi ponendo mente die il desiderato polinomio diviso per (.v — 2') deve dare il residuo 2685 , poi diviso per (x — 3') dcve dare il residuo 20490 e cosi in seguito. -.0 6' 21,9828 289.082 -h 5982,50- 20490,04- 2685 4' 21,9828 420,979 3' 21,9828 508,91 0^- 7666,42 2' 21,9828 574,858-!- 9193,15 -43489,3 21.9828 618,8244-10342,87 -61875,6-1-89664 DKL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVIl IS 393 Vktr tal maniera ottciiiamo i coefficienti di un'eqiiazione del 4" grado dl cui cer- cheremo nel solito inodo le due radici, come qui si vede 21,9828 — 618,824-1-10342,87 — 61875,6 + 89664 2' 21,9828 574,85 8-+- 9193,15 43489,3-1- 2685 21,983 530,89 -h 8131,4 —27227 24,98 —486,9 -f- 7158 22,0 443 ,0022 ,441 H- 71,14 2651,6 + 33 ,002 ,44 -h 70,7 258i -,4 4- 70 0 i" 3' ,01 — 25,8 — 2.6 7 1 6' 8" 24,9828 — 648,824^-40342,87 — 6d875,6-h 89664 24,9828 — 486,92 7 + 7421,34 17347,7 - 14422 24,983 355,03 -h 5291,4 4-44399 21,98 —223,2 -+- 3952 22,0 — 94 ,0022 ,073 H- 38,94 -f 4754,4 - - 44 1 ,002 .06 -+- 38.5 -+-2059 — .4 -h 38 -04 ,38 ,4 206,7 207 2,4 0 Le due radici 0,24043, 0,68199 sostituite nella proposta equazione danuo due piccoli errori, che si tolgono tenendo conto delle differenze 394 SULLA RlSOLrZlONE NIIMERICA DELLE EQUAZIOM, EC. Numeri differ. logaritmi diflpr. 206-7 292-3 Errorc 133: 259 = 5i-3 .r — 0,681990-0 100-0 —,1662220 63-7 X =0,582004-7 420-7 —,235073-5 90-1 X — 0,210130-0 — 0,110116-7 1000 74-1 — .677511-9 ,958146-9 Errore —147: —207 =710 .' lie risultano i vakri .r= 0,2100787 , 0,6819190. 61. Per ricercare le radici immagiiiarie possono adoperarsi le derivate deir equazione proposla, ma se parliremo da valorl immaginarii di .r. la cui inclinazione (argomento) sia compresa tra — /t- e — tt no! rlcadremo sem- pre siille radici reall; poiche infalli lulte le radici immagiiiarie della proposla equazione (che soiio in numero infinilo) haiino incllnazioni ben diverse. Sulla relta su cui vogliamo prendere le quantita reali vi sia la lunghezza OHzzzO,i, e si descriva la ciirva per tntti i punti A della quale sia HA z^z (OX) ; essa e costituita da due ovali, I'una si estende dal punto che ha I'ascissa (contata da O verso H) eguale a 0,07456 radice dell'equazione .r +.r — 0,1 zz 0 lino alia predetta 0,210079, e 1' altra si estende dalla predetta ascissa posi- tiva 0,681919 fino air ascissa negativa — 1,2111 radice della .r*^—.r — 0,1 = 0. Ogni punto di questa curva dara una radice immaginaria dell' equazione pro- posta, purche alle inclinazloni delle retle OX HA si aggiungano due multipH di 27r tali che tra le due somme abbia luogo il rapporto 1 :A^2" . Per esem- pio neir ovale eslerna vi e un punto corrispondente ad OX':zzHAzii\ , il triangolo isoscele OHX ha 1' angolo in 0 = 0,968 di angolo retto, e 1' an- golo esterno in // e di 1,032, e dovremo trovare due numeri interi // che snddislarciano approssimatamente la (4/-h 0,968) A'i = 4/-I- 1 ,032 , DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 395 ossia air incirca la i393/-i-83 = 985y, il die da /■r=33864, /— 47981 , percio una radice iramaj;inaria e poco differeulc da x'zzz >r'^""^'^«'_ 62. Una radice, die dipende da un punto della medesima cnrva poco disco- sto dal precedenle, e quella cspressa appi-ossimatamente da jrzz O^zi: /~'\ poidi^ ne risiilta v^- — ,r-=«'*' — /'''^ zn — M 9,30704 h- / M 9,99088 zz — 0,20279 -h/ 0,97923 e .r'^^ — .r-j- 0,1 = — 0,10279-/0,02077. Queslo medeslmo valore approsslmato di .rzz/"'' ci da /^2ar'^'^"* = NI 0,d 5051 /"'' r= M 0,14440 -i- / Nl 9,45755 =1 1,38480-1-/0,28678; slcche la prima derivata della funzione x — x-hO,i e = 0,38480-1-/0,28678. Si trova pure la seconda derivata (2 — -^2) .r'^^-^^ 0,11879 — / 0,57361, e la derivata terza — (2 —^2 )'x"'^-^ =0,33602 -»-/ 0,06959 . Queste derivate divlse per d, 1.2, 1.2.3 danno (ommetlendo le derivate d'or- dine superiore) per determinare .r, zz.r — / 1' equazionc del 3.° grado (5600 4-/11 60) x; -+- (5940 — / 28680) x^ -H (38480-^ / 28678) x^ — 1 0279 — / 2077 = 0 . Come dicemmo al §43 i coelTicienti si separano in due tabelle e colle corauni rifre 2', 2" si ha in mira di ridurre gli ultimi termini 396 SULLA UISOLXJZIONE NUMERICA DELLE EQUAZlONI, EC. 5,600 + 59,40 + 3848,0 — 10279 1,160- - 286,80 -h 2867,8— 2077 2' 5,600 + 70,60-1-3989,2- 5,600 + 81.8 +4153 5,6 +93 - 2301 1,160- 1,16 - 1,2 - -284,48 + 2298,8 4-2521 -282,2 +1734 -280 2" ,006 +,94 +417,2 - ,006 +,95 +419,1 ,006 +,96 ■ 1467 ,001 - ,001 - ,001 - -2,80 +167,9 -4-2857 -2,80 +162,3 -2,80 — 1467 , -t-2857 ad aver un rapporto non molto discosto da qnello dei ter- mini pemiltimi — 162,3 +419,1 clie nelle tabelle successive dlvenlcranno i loro divisori. Eseguite nei termini le trasposizioni indicate al § 43, si trovano le due cifre — 7", — 5" della parte immaginaria, le quali rendono gli ultimi termini — 305, — 126 quasi proporzionali ai penultimi +37,6 +14,8. .001— ,96 — 162,3 — 1467 —,006+2,80 + 419,1+2857 >". — 5 ^001— ,97 — 155,5— 379 _i,0 — 149 ,01—14,8 — 305 ,01—14,8 ,006 + 2,84 + ?99,2+ 63 ,01 +2,9 +379 ,03 +37,8 — 126 ,03 +37,6 e rimettendo i termini nella prima posizione calcoleremo le cifre 8" 2" della parte reale + ,01 + 37,6 — 305 ,03 + 14,8 126 -h ,01 +37,7— 3 + 38 ,03 + 14,6 + 14 9 + 3,8 + 5 1,4 - 6 2" Harcolte le cifre si ha .r, = 0,2282 — 0,075, e percio X — 0,2282 + / 0,925 = Nl 9,97897 /-''■'^*" Rifacendo il calcolo con questo valore molto piu approssimato X — 0,228227 + / 0,924991 DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 397 Irovcremo l/5 x'^-—x-{-Od = 0.00022 1 -1 — / 0,000055-7 e la sua (Icrivala = 0,378653 + / 0,143778 slcche I'equazioiie del l.^grado che da la seconda correzionc c (37865 + / 14378) x^ + 22,1 l — /5,57=rO chc si risolve nel scguenle modo _4v >r3" — 6" — 2" 37865+22,11 14378 5,57 378,7 -H 696 143,8 1132 — 143,8 -f- 265 378,7-}- 4 37,9 -h 38 14,4 82 — 14,4 4- 9 37,9 6 3,8 + 1 1,4 3 - 1,4 + 0 3,8 -h 1 0 da la correzione x^ziz — 0,000462 esalta fino all' ultima deciinale / 0,000321. Cosi abbiamo la radice .r = 0,227765 + / 0,925312 = M9,979061-8 /""•'""'. 63. Esempio 8." Si cerchino le soluzioni reali delle due equazioni xy + (x- -hl)f — x' -h .r =z 0 . 4/ — 3.17 — x' + 5.r = 0 . Quando .r e grandissima ncgativa, Ic due radiri della prima equazione sono 1 e — .r, e quelle della seconda sono — -,- e .r; mentrc x aumenta avvi- Hi (inandosi alio zero, la prima radice della prima equazione poco si discosta dal- 1 uuila, c la prima radice della seconda equazione va diminuendo ; ma per .1"= — 1 esse sono ancora discostc, cioi' I'una yziz 0,26 e I'altra jrzz — 0,9. Sollanlo ad xzzzO esse dlvengono ambedue yznO. Cos'i abbiamo intanto la soluzione .rziiO, yznO, che e una soluzione semplice, perclii' quando .rzzO la seconda equazione ha bens'i ambedue le radici :zi 0. ma la prima equazione TI. 61 398 SULLA niSOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. Iia una radicc mO ed una infinita. Ouando .v divenla poslliva la seconda cquazione comlncia col mancare di radici (real!) e soltanto per x^Z,A ha la radicc doppia / = 1,2 ed allora la prima cquazione ha una radlce j=: 0,38 14 e r altra negativa : la differenza tra quests due radici c 0,8186. Per .r^3,6 la seconda cquazione ha le radici 0,6 2,1 e la radice positiva della prima e 0,4349, che paragonata colla prima dellc predelte da la differenza 0,1651 . Ecco il deltaglio di calcolo per la risoluzione delle due equazioni di 2.° grado corrispondenti ad .r zzz 3,8 3,8-1-21,44 — d0,64 11,4-1-4,56 4' 38^2296 d456 38-1-2448 4' 8" i'" 2" T y 4— 98 -H 64 4 82 6" 3,8-1- 2470,8 -t- 265 3,8 -f- 2494 4 788 -h 96 4 756 i'" 06' ,04 + 249,4 -f- 46 + 2,5 -\- i J— 0,45894 ,4 755,6+204 — 755 755 -+- 53 7,6 — 0,48127 la differenza tra questi due valori e 0,02233. Per .tin 3,9 le due equazioni hanno le radici 0,470378-3 0,4298305 colla differenza —0,040547-8. Colle fatle supposizioni e colle trovate differenze tra le radici delle due equa- zioni noi formercmo come spiegaramo al §§ 45 e 60 la seguente tabella 3,2 8186 3,6 1651 3,8 22.33 3,9 405,478 16338 7150 6288 45343 2873 4 7774 Prenderemo per incognita la .r^zz.r — 3,9 e profiltando del valore corri- spondente ad .rzz3,9 calcolato con maggior numero di decimali, ci faremo a risolvere 1' cquazione IIEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 399 — 405,4784- .r, I — 6288 + (.r, -H,l) [2873 — (.r. 4- ,3) 1771 ] j = 0 , i cul coefficienll si deteiminano nel modo segucnle, e si calcola poi il valore di x= — OMA — 3' — i7,771 4- 28,73 — 628,8 — 405,478 —r 47,771 24,58 — 0 17,771 42,25 653,4 mff 17,771 42.25 653.4 405,478 — 7 ,177 2.99 632.5 -h 373 ,18 1,7 621 -,2 +0 6'" 62,1 0 iHiiiuii .rzi:3,9 — 0,074-0,006 = 3,836, valore che soslituito nelle due equazioni presenta tra le due radici la differenza — 0,00063 (se non si fosse lenuto conto della posizione t^3,2 che potcva considerarsi come troppo discosta dalle altre, si sarebbe ottenulo un valore meno approssimato), sicche con facile calcolo se ne deduce .r^3,8347 ed yzr:0,4530, 64. Le e(piazloni precedeuteraente proposte essendo rispetto alia y del solo 2.° j^rado rendono facile la sua eliniinazione, il che dara colla segnatura delle funzioni allernate ossia delerniinanti X, x'-hl , — .r- 4- X, 0 0, .r , x'-^-7, — x--h.i 4, Sx, .r4-5.r 0 0, 4. — 3.r. .r4-5.r = 0, che rappresenla 1' unlone di tulli i seguenti prodotti, ognuno dei quali contiene ordinatamenle un termine per ciascuna colonna ed inoltre un termiue per ciascu- na riga ; ogni termine che ha al di sopra uno o piii segni — e lollo da una riga superiore ad altreltanti dei termini che lo precedono in quel prodotto, e questo ha il segno 4- o — , sccondo che il numcro di tali scgni — e pari o dispari 400 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLE EQUAZIONI, EC. r.r (— .r^ + 5.r) (— .r"" + 5.r) — x (— 3.r ) (.r~-H 7) ( - x' + 5.r) -|_ .,- (_ 3.r) (_ 3.r) (— .? H- .r) — .r.4 (— ./+ 5.r) (— ? + .r) -j- 4 (? + 7) (.? + 7) (— .r°- + 5.r) — 4 (.? + 7) (— 3.r) (— 7r' + .t) — Ax(— ^r' + .r) (— x' -h 5.r) + 4.4 (— .r^ + .r) (— 7r^ + .r) — _ 6.t-^ — Ax' + 33.r* -h 229jr' — 96^;' + 980 .r = 0 la qual equazione oltre la radice 0 ha appunlo la radice jrzir: 3,8347 come apparisce dal seguente calcolo 6-f- 4— 33— 229H- 96— 980 8' 3" 4'" 6 + 22-h 33 130 294 — 1862 6 + 40 + 153+ 329 + 693 64-58 + 327+1310 6-f76+555 6 + 94 ,006 + ,988 -f 63,404 + 1 8 1 7,23 + 2 1467,8 — ,006 + 1,036 + 71,69 4-2390,8 +40594 ,006 + 1,08 +80,3 H-3033 ,01 4-1,1 +89 14458 ,000l4-,089 4-30,60 +4151,2 4- ,09 +30,9 +4244 2004 + ,31 +425,6 42,7 302 3 La mancanza delle altre due radici positive si riconosce facendo svaiiire il penul- timo termine, onde vedere se esso presenti un valor critico ; infatti operando colla cifra 2' DKL M. E. PKOF. GIUSTO CELLAVITIS 401 ,06-1- ,4 —33 —2290-1-9600 — 980000 ^ ,06-t-,52 — 32,0 — 2354 + 4892 — 970216 ,06 + ,64 — 30,7 — 2415+ 62 -h.7 —29 —2473 si rende palesc la mancanza di radici tra 0,2 e 0,3, che e 1' inlervallo, in cui spariscono le due vaiiazioni di segno. La mancanza di radici negative apparisce anche piii facilmeiite. 65. Esempio 9.° Prendo dalla memoria dello Spitzer 1" esempio delle due eqnazioni y — kxy ^ 1.e — .r^ = 0 , {x—\) y 4- .r' = 0 . Quando .r e negativa la prima equazione ha una radice reale negaliva, che, quando .r e grandissima, e poco differente da x, mentre la seconda equazione ha la radice — /^IT^- . Per xzzz — 46 le due predelte radici sono — 15, — 4 ; e la prima radice si riduce a — 4 sollanto quando e all' incirca •*■:=: — 4; ma allora la seconda equazione ha la radice — 1.8: e perche la prima equazione abbia la radice — 1,8 bisogna che sia .r n: — 2 ed allora la seconda equazione ha la radice — d,i. In questa maniera ci conduciamo ad jrn 1,2 a cui corrispondono nelle due equazioni le radici J = — 0,837583, j = — 0,809040 colla differenza — 0,028543. Con altre due posizioni formiamo la tavoletta X differ. -i,2 ''''' 32839 ^-^S9218 -3^^' 33515 Ponendo xzn — i,i — -- x^ la formula del § i2 ci da 1' equazione 4296— 34028.r, — 4810.r;=0 che col solito calcolo da .r:^ — 4,11374 402 SULLA UISOLUZIONE NUMEUlCA DELLE EQUAZIONI, EC. — i8,10pr-3102,8 4-4296 i" 18,10 3120.9+1175 18,1 3139 i'" ,18 314,4 -h 232 ,2 315 T — 31,5 4- 11 4^ 3 1 a ciii si trova corrispondere in ambedue le equazioni y:zz — 0,76606. 66. La .r=zO e una ladice doppia del sisleraa delle due equazioni, poi- rhe >'rzO e allora una radice doppia della seconda equazione c tripla della prima. Quando .r c molto piccola, per esempio .ri=:0,01 la prima equazione ha le radici — 0,2 , 0,005 , 0,2 e 1' altra le q= 0,01, che stanno comprese tra le prime, e che al crescere di x (fino all' unila) vanno aumentando di valore fino a sorpassare le radici eslreme della prima equazione. Faremo le sup- posizioni .r = 0,6, .r = 0,8 c poscia, per avvicinarsi al desiderato valore, anchc le allre due .i: = 0,78, a; n: 0,82; le corrispondenli radici delle due equazioni sono 0,78 0,8 — 1,87506 —1,89856 -f- 1,63259 -f- 1,65399 =F 1,66297 q= 1,78885 x — 0,6 prima | — 1,64510 equazione } -+- 1,43101 seconda q= 0,94864 0,82 — 1,92169 -f- 1,67522 =F 1,93276 quindi formeremo la seguente lavolella delle diiferenze tra le radici positive 6 7.8 8 8,2 -'''-'' 28486 3038 11877,^^^2 ''''' 61340 ''''' 25754 e ponendo 10.r=z 7,8-|-.i| avremo come ai §§ 15 e 60 1' equazione 3038-h.r.|52240 + (.r.-|-0,2)[118774-(a-.-t-l,8)4942j| = 0 DEL M. E. PPxOF. GIUSTO BELL.WITIS i cui coeiTicIenti si detcrrainano nel solito modo (§ 60) 403 -1,8 + 49424-11877 + 52240 +3038 0,2 4942-1-20772,6 0 4942+19784. 2 + 48085,5 4942-^19784, 2 + 48085,5+3038 7" ,049 -f- 19,44 ,049 +i9,10 ,05 +18,75 + 4672,5 2328 + 4538,8 5'" + ,188 + ,188 + 454,82 — 54 + 455,76 i" ,0019 + 45,578 8 e poi si trova ^\ iiili — 0,0649, .tzz 0,77351, questo valore soslltuilo nelle due equazioni proposte da ad j i due valori 1,625616, 1,625330, die pre- senlano la difierenza — 0,000286 ; percio il fine della tabella precedente (nel quale a bella posla (§ 16) si tenne conto di un maggior numero di derimali dl quelle the occorrevano) deve correggersi come segue 6" 3' 0,002 + 45,58 — 286 0,002 + 45,59 4,5 ■ 12 cioe al Irovato valore di x\ deve aggiungersi 0,00063, e quindi si ha x = 0,773573. In simil modo si opera per trovare 1' altro valore di .r; ecco la tavoletta delle difFerenze tra i valori negativi della j -'''' 12096 ^^*^S3000^^^^ 60390 ^^^^^ IQj - differenze 6 69646 7,8 21209 8 — 10971 8,2 + 1107 404 SULLA UISOLUZIONE ISUMEUICA DELLE EQUAZIONI, EC. ed ecco la fonnazionc e la risoluzioue dell' equazione in .r^inlO x — 8", la quale da .t\zii- — 0,01705 quiiuli .irz: 0,818295 ; e siccome quosto valore soslituito nelle due equazioni propostc da 1' errorc — 0,000061, rosi correg- gendositrova .r^ = — 0,016956 ed .1 = 0,818304 4' 4,956 -h 230,00 H- 6039,0 4- d i 07 2' 4,956 + 249,82 4,9564-259,73 + 6538,6+1107 2" ,005 +2,59 +648,7 190 ,005 +2,58 +643,5 3"' ,026 +64,43 + 3 ,025 -]- 64,54 05^ ,6451 + 0 ,6454 6,1 0" 4^ ,6454 — ,3 ,065 0 67. Eserapio 40." Quando reliminare un' incognita uon riesca moltissimo laborioso io lo credo il migliore partilo : cosi nell' eserapio dato dallo Spilzer .r^+/z=300, .r^+y = 80 mi sembra opportuno di porre .r' zz: z ed eliminata la j risolvere 1' unica equazione ' ■']'.: ^ :■ ^^ + (80— i:)^ = 300. E evidenle che z non puo essere ne < 8 ne > 72 , e bastera cercare le radici da zzziS a zzizAQ ; era se partiarao da zzizS e facciamo i calcoli mediante i logarilmi addilivi, tenendo conlo delle differenze DEL M. E. PROF. GILSTO DELLAVITIS 405 ^Numerl differ. logarltmi differ .— 8, 80 .-—72, ,01 -,01 0.90309 i,85733 54 6 80 . 0,95424 — 60 (f-0' ^ — 1,27232 7i = 0,02260 C— 1.29492 — 7.52288 4,20412 80 4 ostaiUe 300 4 76 72 Errore 0,02192: 4z= — 548 troviamo per seconda posizione c^ 13.48 e per lerza .czr 44,22. ed ope- rando con 7 decimali si giun' — &i> 5=z0 cioe i>:zz^A- NeU' equazione proposta muteremo .r in a-(-^>'' ed avremo /(-r, ^) -+- .'-^ (.r. a = 0 \I. m 406 SULI A RISOLUZIONE >;UMERICA DELLF, EQUAZIOM, EC. esseudo / (.r, 0 = f* — 6.1-' r + ^' + 9.r^ — 9^' — 6.1- -4- 5 (.r, ?) = {Ax — Axf -h i 8a; — 6) ^ I valori della .r si coiisiderino come asclsse orizzonlali, c quelli della ^ come ordinate verticali, sicclie ogni radlce immaginaria x-\-^/ rapprcsenlera un punto del piano della figura, die sara facile costruire. Se vi segniamo il circiiilo reltangolo, i cui lati corrispondono rispellivamenle a ^m — 3,4, .r^3,4, ^:^i3,4, .ri:i: — 3,4, noi siamo certi che vi troveremo comprese le quattro radici, e 1' equazione avcndo tuUi i coefficienti rcali sappiamo di piu che due radici cadono al di sopra della relta ^ 1= 0 e due al di solto. Onde determi- nare dei circuiti piu ristreili, nei quali sieno comprese le radici, giovera consi- derare successivamenle alcune rette orizzontali ed alcune verticali, e segnarvi i punti, nei quali cade un qualche valore dell' indice /(?>, /), die noi dicemmo (§ 42) positifO,e deli' indice negativo I {f, -? = 4f — 28 ^ = fX& da /mO ed /(/, 9) = 1; ^rz/T da 9 ed /(^/) = — 4. L' altro valore ^izi/^Tm supera il confine, 3,4, e percio e inutile tenerne conto. Nel rcUangolo limitato da ^zzO, .rzzO, ^zz/'ivJ .1:= — 1 non cade alcuna radice, perche 1' indlce I {(p.f) e nullo in tiitto il siio circuito. Serve di riprova che 1' indice I{f, ?) ha in .ri=0, ^zz/'o^ il valore -f- I, ed in ^zzA^o^, .izz^ — ^0.01 il valore — \ , quando il lato ^zz/'o^ si per- corre nel senso delle x negative, come dee farsi, perche I'intero circuito ret- langolare si percorre girando nel senso positive; cioe il lato ^zzO nel senso delle .r positive, il lato .r^iO nel senso delle ^ positive, il lato ^:z:^o^ nel senso delle x negative, e finalraente il lato .rzz — 4 nel senso delle ^ negative. Ponendo .rzz 4 ahhiamo /=e'-I5r--+-9, -i^zz — 4f+16; ^zz/'o,65 da yzz 0 ed /(/^ ?))zz- — 1, perche lay da positiva si fa nega- tiva; ^ = 2 da ?=lO ed I{(p,f) — \. Viene da cio che una radice cade dentro del rettangolo limitato da | zz 0, .rrz:l. ^zz/'o^, .r^O. Infatti 1' indice I((p,/) ha il valore 4-l-lzz2 corrispondente a ^zzO e .r^O.4, ed a ^zz/ 0^6 e jrzzO.4 (giacche quando quel lato ^zz/ Xo prendesi nel verso delle x negative 1' indice I{ip.f)^z — 1 trovato di sopra diventa -f- 1). Serve di riprova che 408 SLLLA UISOLl ZIONE NUMERIC.V DELLE EQUAZIOM, EC. J(J,(p)——l — [— — 2 (lipcndculo (la ^ = 0,6 e .m 0,96 e da x = 0, ^=:/ 0,593 (giacche quel due lali del circuilo deggiono percorrersi in verso opposlo a quello delle .r positive e delle ^ positive). 69. Potrenio diinque considerare come noii mollo discosta da una radice la .f-j-^/:^0,i) -+- /.0,4. Seguendo il § 43 dopo di aver calcolato la prima tabella colla cifra arrOjO i_l_0 -1-900 _6000-h50000 o i_f_5 _^925 — 1375-1-431 25 l-4_10-i-975 -f- 3500 l-l_i6_Hl050 1-1-20 faremo il trasporto dei termini e calcoleremo le seguenti tabelle prima colla cifra azz0,4 poscia colFallra cifra 0,2 cercando clie gli ullimi termini 662 1 16680 si avvicinino alia proporzionalita coi penultimi -+- 1340, -hi 1736, che nelle tabelle successive diverranno i loro divisori. /A' /.2' I-+. 0 — iOSO-h 0-h43125 20-fO -f-3500-i- 0 1-t- 4 1034 41 36 -f- 26581 _20— 80 -f- 3 180 4- 12720 1-h 8 1002 8144 20 1 60 -h 2540 l-hl2 954 20 240 1 + 16 l-f-18— 918— 9980-+-6621 20 280+1980-+- 16680 1-+-20 878 11736 20 320 -hi 340 14^22— 834 20 360 l-f-24 Rifatto il trasporto dei termini, anche nella scelta delle cifre — 1', — 4" avremo in vista di ridurre gli nltimi termini proporzionali ai penultimi tra loro permutati, c siccome uno di questi c circa decuplo dell' altro, cosi si deve aver cura di rendere molto piccolo 1' ultimo termine che sta vicino al maggiore dei penultimi DKL M. E. PROF. GIUSTO BELLAVITIS 409 1-^-20+83}-+- l340-i-6C2l 24 -1- 360 -1- M 756 -i- 4 6680 1 H- 10-^-8 i:>-f-:j2o H-G096 24 -4- 530 -f- II 400 -H 5280 1 -f- 18-4-707 — 272 24H-5l2-h 11088 I -1-1 7 H- 780 24-1-288 I-HIO r ,01 -+-1,50-1-775,70—3815,0-1-652860 2,4 -h 278,4 -h 1 09706,4 -H 88954 ,0 H- 1 ,52 H- 707,08 — 8885,7 2,4-1-268,8-1- 108691,2 ,01 -f-l,-i8-t- 701,76 2,4 -H 259 ,2 ,01-1-1,44 /o" ,01-1-2,4 —701,76 — 10809 1,2 -^ 622860 — 1,44 — 259,2 —8885,7 -1-88934 ,01 -f- 2,40 — 747,00 — 1 1 5 1 75,2 — 46179 — 1,44 — 267,84— 10492,7 4-23978 ,0H- 2,52 — 731,9 —117505 — 1,44 — 276,5 —12152 ,01-1-2,6 —716 4 — 1,4 —285 -i-5 — 1 ,003 — 7,17 — 11727,8 -f- 752 — ,001—2,85 —1205,8-1-30793 ,003 — 7,18 -41699,1 — ,001—2,83 —1192,4 ,005-7,19 — ,001 —2,84 ,001 -F7,i 9 — d 192,4-1- 732 | ,001 +2,84-1-11699,1 -+- 30793 _2"' 6" ,001-1-7,19 — 1206,8-1-3146 ^-7,2 —1221 -1-7 ,07 —122,5 ,07 —122,9 3881 ,003-^2,83 + 11693,4-1- 7406 -1-2,8 -1-11688 + 3 ,03 -h 11 68,6 -f 394 ,03 +1168,4 >r.3' 0,07 1168,4+3881 0,03 122,9 + 394 ,07 1168.6+ 375 1169 .03 123,0 -h 23 123 116,9 -t- 24 12.3 12 -11,7 + 1 1,2 14 1,2 + 1 2'" — 1 4-11,7—14 -^H,7 + 1,2 2 0 410 SULLA KISOLUZIONE NUMILUICA DELLE EQUAZIOM, KC. l\arcogliendo liitte le trovate cifre (scgnando col — sovrapposto le negative) si ha la radicc ccrcala 0,44 2 6 0124-/. 0,664332:= 0,3574012 4-/. 0,656332 che pienamenle si accorda con rpiella delerminata dallo Spilzer. 70. Siccome 1' equazione ha i coefficienli reali, cos'i si scorge siihito che la parle realc deir allro paio di radici sara — 0,3574012 calcolando con tiitta questa quanlita la solita tabella, come qui si vede l-hO 4-9 -6 -^5 ',d07220-4 — 2,738 320-7 4-2,778 679-1 i7870-0 456 386-8 463 113-2 2501-8 63 894-1 64 835-8 1430 3 651-1 3 704-9 4 9-1 1-8 1-8 9-3 sq 1 ,357401-2 -f-9,i27735-6 — 9,262 263-6 4-8,310 3441 o 2,814 962-0 4- ,255471-2 469 160-3 CO » 65 682-4 \ : [ ^ 3 753-3 \ ■* 9-4 1-9 \ ,714802-4 4-9.383206-8 12.615832-9 383206-8 1 1,072203-6 4-9,7664136 1 1.429604-8 ■ la trasformata deve avere la radice ^ /, e perdu essa si decomporra in due equazioni del 2.° e del 1.° grado, che infalti hanno la vadice comune f = — 8.824700 DEL M. E. PROF. GIUSTO BELLAMTIS 411 1 9,766413-6 + 8,310344-1 1 1,766413-6 1 -f- 6,233586-4 5,820964-7 ,01 -+- ,703358-64 ,01 +,783358-6 ,194095-7 100-4- 78535-86 100-4-78735-9 37024-0 1-4-7877-59 1-4- 7881-6 5513-6 -01 4- 788-23 4- 40 1,429604-8 12,615832-9 8 1,178994-5 8' 142960-48 — 35310-7 2" 14296-05 — 6718-6 4'" 1429-60 1000-2 Y'v 142-96 4- 8 8' 2" 4'" 7' 71. Kella memoria del Gauss citata iiel § 8 ed intitolata Beitraf!e cur Theorie der algebraischen Gleichungen. 1849, si veggono esposli per la riso- luzione delle equazioni trinomie quasi idciilicameiite i melodi da me dati fino dal 1 845 nella Nola IV della mia memoria ; cioc quello per le radici reali col mezzo del logaritnii addilivi. e quello per le radici immnginarie mediante le lavole trigonometriclie. Per dare un eserapio del primo di questi melodi, die mi sembra dotalo di somma comodita, scelgo 1' equazione Iratlala nel § 60 10 jr -f-l=10.r; nelle tavole dei logaritmi addilivi prendo A^z\ 4-/^2 Ig.r, da cui facilmente si deduce il Ig (lO.r) zul 4-lg.r. il quale sollratto dal C corrispondenle ad A da 1' errore, che si divide per la diffcrenza apparlenenle a C (la quale si trova nelle lavole) diminuila della difFercnza che riceve il lg(10 .r) quando ad A si allribuisce la dilTerenza 0,00100, e cosi si oUiene 1' errore di A, che lollo da A conduce ad una seconda posizlone. Qui si vede come parlendo una volta da ^ =: 0, ed un' allra volta da Azzi\ si Irovino prontamente le radici della proposta cquazione 442 SULLA RISOLUZIONE NUMERICA DELLK EQUAZIONL EC. A C Ig (i 0 .r) Errore Errore di A O.OOU 0,30103 0,29289 844 : (50 — 70,7) = — 39,3 0,040 0,32449 0,32148 31 : (32 — 70.7) = — 4.66 0,04168 0.32237 0,32237 = lg 2,4007 4,000 4,04439 4,00000 4139 0.800 0.86389 0,85858 531 0,765 0,83385 0,83383 2 (91— 70,7) = 203 (86 — 70,7)= 35 (85 — 70,7)= 0,44 0,76486 0,83373 0,83373 = lg6,8492 72. Esempio 42." Prendo iin ullimo escmplo dallo Spitzer .r' + .1- ■+ 4 = 0 si poiiga j; :=/•/" sara /•V^'' + /-/''-h4 inO, che puo scriversi solto le due forme /-V" -f- /• -h /"" = 0 , r-\-r /"'' -\- /"** =: 0, le quali coUe loro parli immaglnarie danno (p* sen (5 (p) — sen (p zz 0 , /-sen (5 ?>) -f- sen (6 =i 0 Prendendo per

    =: 0,234, a cui si altribuisce la variazione o differenza 0,004 si ha dilfer. 61 sen 4,386= 9,4884 —470 — 51sen4,455 = — 9,9350 -t- 43 — 1 sen 0,234= — 9,5502 — 48 Errore = 32: —445 = — 0,224 loglicndo I errore da (pzn 0,231 si avrebbe (p=z 0,234224 ; ma sara meglio far la correzione nel 6 1 sen (6 ) — 9,4846 , <; h sccomla posi- zione dara 6 1 sen 1,387345-2 = 9,4846000 —171 — Slsen 4,1561210 =; — 9,934038-5 -4- 42 — isen 0,231224-3 = — 9,550562-2 — 18 Errore — 7: —147 = 0,048 — 171 X 0,048=: — 8; (iiilndi il valore esalto e 6 1 sen (6 ?>)=: 9,484600-8, die da (pi= 0,23122417, ed una delle cercate radicl e 0,790667 -t-/ 0,300507. {Letia il 22 ghifjno 1856). VI. 69 DELLA LEANDREIDE Si* cl> SIS sea i£is. ,^£x,3i:3^C!:>:i;3'QELicxi 53 5s;a' i;^ liii a o* ci> RAGIO\AME\TO DEL M, E, CAV. EMMANUELE A. CICOGNA Q luantiinque a' cultori dell' antica italiana poesia non sia sconoscliito r anonimo e tuUora inedito poema in terza rlrna intitolato Leandrkide, scrltto da aiilore che fioriva al principio del XV secolo, cioe tra il i400 e il i430, nondimeno piacemi di darne maggiore contezza ; imperciocche, oltre a non poche bellezze di lingua e di stile, le qiiali nc dal Qiiadrio, che fu il primo a farlo nolo, ne da altro posteriore, fiirono osservale, ci presenta i nomi di alcuni illu- stri veneziani poeti, sendo venezlano egli stesso 1' autore. Dividero quindi in quatlro capi il mio ragionamento. Nel primo diro delle parole e dclla poesia della Leandreide. Nel secondo de' poeti che vi sono nomi- natl. Nel terzo de' codici che se ne conoscono. E nell' ultimo esporro alcune mie conghietturc per iscoprirne 1' autore. Nessuno ignora la breve sloria degli amori di Ero e di Leandro, narrataci da Museo in un poemelto il quale, sebbene non dettato nei tempi piu felici della greca poesia, pure non manca di merito nella tessitura, nella grazia, nella forza delle descrizloni e nell' armonia dello stile. E gia le molte edizioni e traduzioni or fedeli, or libera, che se ne fecero in presso che tutte le lingue danno certa prova della grande estlmazlone in cui sal'i. jMa il soggetto del poema, come pari- menti ognun sa, divenne gia un punto di controversia. V e chi sostenta vero lo avvenimcnto, addiiccndonc a prnova 1' antica tradlziono. e il nome dei due amanti dato da tempo immcmorabile alle due torri poste sui lidi dell Ellesponlo. e le antichc medaglie, ne' riversi delle quali vedesi ora Leandro preceduto da 416 mi.hX LEANDl\i:U)E, POEMA ANONIMO INEDITO. EC. Cupido che vola dinaiizi a liii con una face in mano per guidarlo nel periglloso tragilto del mare: ora il buslo dl Leandro immerso nellacqua fnio alle spalle ; ora Ero sopra una lorre la quale liene una lampada in mano per rischiarare Leandro die precedulo da due delfini traversa a nuoto 1' Kllesponto ; ora il Lusto di Leandro con una mezza luna la quale indica la noUe, tempo in cui cgli recavasi ad Ero. Ed e per taluni pruova della verita del fatto anche le tene- rissimc epistole che finge Ovidlo scritle Y una da Leandro ad Ero, e Y altra da qucsla a quello, che sono la XVII e la X\ ill fralle sue Eroidi. Ma tali altri negano la verita del fatto, dicendo non esser possibile, che un uomo per quanto forte e robusto sia, tragittar possa a nuoto la corrente dell'Ellesponto (che di- cono esser di sette stadii cioe 875 passi) nello spazio di due o tre ore, quante ne poteva avere Leandro se voleva starsene nascosto. A rispondere a costoro basta Tesempio di lord liyron (I). Con tuttocio possiamo negargli la qualita di poe- metlo slorico, e considerarlo come un scmplice romanzo di amore, che fu per avventura dagli antichi ideate per mostrare le temerarie azioni alle qnali egli conduce, c gli accidenti funesli che indi ne possono seguire. Ma qui non e proposito il sostenere piu 1 una che 1' altra opinione. Diro solamente che 1' anonimo siegue nel fatto la narrazione di Museo e di Ovidio, aggiungendo che Ero sacerdotessa di Venere, aveva consacrata la sua virginita a Diana; che una certa Manto nutrice di Leandro recava ad Ero le lettere d' amore, mentre la nutrice di Ero cercava dislornela s'l per la contrarieta dei genitori e de' fratelli, s\ per lo timore della vendetta di Diana ; che Diana per vendicarsi dell' infida vestale priega Nettuno suo zio a suscitare i venti quando Leandro e nel tragitto, ond' e ch' egli rimane affogato ; che non contenta la Dea, vuole la niorte eziandio di Ero ; quindi discende alio inferno, ordina al Pianto d' impadronirsi della giovane dorraiente e inscia ancora della morte di lui. Ero si sveglia furiosa, corre al lito, mira I'estinto, e di tutta veemenza su lui si getta e muore. Venere dolente supplica gli dei ad evocare dall'Avemo i due amanti, e convertiti in due stelle li pone in mezzo della fronte alia Lira, ossia ad Astrea. E nel tempo stesso converte le due nutrici in due sassi che immobili stanno a' piedi del loro sepolcro. D'ondeabbia 1' anonimo prese coteste ulteriori circostanze, non saprei, ma forse dal suo poetico cervello. Comunque sia, non parmi che disdicano alia natura del componimento. Ma passo al capo L DEL M. v.. CAV. EMMANUELE A. CICOGNA 417 CAPO I. Be/le parole e delta poesia della Leandreide. Noil puossl revocare in dubbio cbc 1' aiitorc, scbboiic veneziano dl nascita, si mostri vcrsalissimo nello stiulio dcgli anlichl toscani poeti, e spczialniente dl Dante e del Pelrarca, del quale egli slesso dice che leggei'O e scri^'eva sempre (1 a). Aveva Infattl convertlto in succo ed in sangue quelle letture, e ne fa ognl qual tratto tralucere 11 frutto si nelle nude vocl usate gla da que' sommi e da altri del beato secolo della lingua, s\ nella connesslone delle parole, e nelle imltazloni, descrlzloni, e comparazionl da lul assal opporlunamente a luogo collocate. Ne solamente 11 suo pocma Infioro dl sceltlsslme antiche vocl, ma molte di nuove adotto, le quail, provenlentl per lo piii dal latino sermone, avrebbero potuto essere anche da' contemporanei suol adottate, e forse ue saranno state, ma nel Vocabolarlo non si veggono avvertlte. Altre ebbe 1' anonlmo adoperate in senso dlverso da quello cbe nel Vocabolarlo stesso ritrovasl. Altre finalmenle uso egll assal prima che quegli autori de' quali va recando esempli 11 ^ ocabolario. Perlaqualcosa io concbluderei cbe se gll Accademici della Crusca avessero avuto notlzia dl questo poema, sebbene dl scrittore non toscano, non avrebbero Isde- gnato dl trarne qua e la quelle vocl che avessero stlmate opportune ad aggran- dlre r opera loro. A ciu tutto arroge la vasta erudizione dall' autore mostrata nelle favole antiche e nelle storie. e I'opportuna appllcazione loro; e la nobilta e 1 armonia del verso che pressoche dappertuUo si scnte, e i penslerl dellcati e morall che sparge nell' opera sua, i quail 11 fanno conslderare non solo per uno de' vene- ziani poetl del principio del secolo XY plu coltl, ma anche de' piii morigerati, malgrado slasl posto a cantare gll amorl dl Ero e dl Leandro. Che se talvolta v" e qualche licenza nelle rime, se v' e soprabbondanza dl vocl latino-itallane, e qualcuna eziandlo del veneziano dlaletto, clo e attrlbuibile piuttosto al suo seco- lo, e al precedente in cui e Dante, e Petrarca. e Guitton d'Arezzo. e Boccaccio, e Ciuido Cavalcanti e altrl riniatorl, non avevan riguardo nello alterare talfiata le parole adattandole al ritmo ; e di far grande uso di vocl latlne e provenzall, e altre non veramente attinte alia fonte dell' Arno. E oltracclb, avran avuta parte negli errori anche gll amanuensl, specialmente se talora 11 verso non regge alia misura. 418 BELLA LEATSDREIDE, POEMA ANONDIO INEDITO, EC. Moltissimi esempli avrei poluto levare da questo poema ed esibirli in comprovazione di quanio espongo ; che quasi ad ogni pagina ne ccmta : ma mi ristringo a' scguciUi, avvertendo che ne fo il confronto col Yocabolario della Crusca deir ultima edizione data per cura di Giuseppe Mannucci in Firenze nel 1833. A. Fralle voci usate dagli antirhi e dal nostro anonimo, sono adornezza (2), alleitare per dare ricelto (3), allumare (4), assermare per fare avvertito (5), atlemparsi (Q), C0i'e//e (1), dannaggio (8), dclimare (9), dile.ltanza (iO), dubbiare (1 \ ), impahidarsi (1 2), indonnarsi (i 3), imirbarsi (1 k),poetrm (1 5), sempiternarsi (16), i'acxio (i7), strangosciare (17 a), e fra' proverbii c' e capo ha fatla cosa (18), che fu gia adoprato dairAllighieri nell' Inferno, e dal Boccaccio nel Filocopo. B. Voci parimenti usate dagli antichi, ma dall' anonimo in senso diverse che non apparisce inserito nel Yocabolario — Per esempio : Brocca tuo strale in lei che non ti crede. Qui e broccarei^vv pianiare, quasi imbroccare. II Yoca- bolario r adopra per ispronare il cavallo (19). Chi tutto nevicato nella cera, cioe colla barba bianca ; nel qual senso manca nel Yocabolario. In dialetto diciamo : ghe scomenza a nevegar in testa (20). lo ti dirb senza levar bihmcia^ cioe senza bllanciare quale de' poeti sia piu degno (21). Le hunno priiate delle lor radici. Talc dizione radici 1' anonimo la pone ncllo stesso senso in cui noi veneziani per vezzo diciamo : care le mie raise ; e non c' e nel Yocab. questo vezzeggiativo (22). Ma bramo tanto udir sonare il sistro Deli eloquenza tua. — Sistro e qui preso figuratamente per annonia (23). Causatore in senso di causidico (23 a). Afro sermone invecc di Africano (23 ^). C. Molte poi sono le voci pur inserite nel Yocabolario, ma con esempli tratti da scrittori moderni in confronto della eta nella quale 1' anonimo scrlveva. Per mo' di esempio: Sermoucello (24), Epidemia (25), Difesa per opposizione (26). Immansueto (27). Racimolare (28). Orzare, cioe andare a orza termine mari- naresco (29). Disgannare (30). Rivoltura parlando di cose inanimate (31). Cincischiare nel senso di parlar smozzicato (32). Ceneroso cosperso di cene- re (33). Spumeo (34). Trisulco (34 a). D. Fralle parole che trovansi in questa opera, e non nel Yocabolario, sono: Biliiiguare. II poeta priega Mercurio a far s'l che la sua storia dica il ver dove altri la bilingua (35). Ragionanzu per ragionamento (36), Latrice per porta- trice (37), Jlcinia per vicinanza. Questa voce non e nel Dizionario, nemmeno DEL M. E. CAV. EMMANUELE A. CICOGNA 419 ncl senso di railunanza, consi^llo romiinale. Vlene dal latino, e come anche vernacohi, il Boerio 1' ha compresa nel siio Yocabolario (38). Parigio, dal latino Larbaro parigium, ossia spa/.io di mare (39). Ordltamente per ordinata- mente (40). A quadro e a torulo. Xel Yocabolario c' e a tondo a tondo (41). Farlcngo, c' e sohnnenle Jar/ingolio che cqnivale a barbaro, ossia qiiegli che nel parlare mescola varie lingue (42). Sleine're iion temere (43). Temanza in liiogo di temenza (44). Eqi/idisiare, c e equidistante, ma non il verbo (45). Vagolanle, toscana voce, ma die non e nel Yocabolario, bensl e i>agolare con esempio di moderno, ch'e Annibal Caro, equivale a leggero in senso morale (46). Cattedrato, cioe seduto in cattedra (47). M' impulcro, mi abbelllsco. iSon c'e impulcrarsi, bens"i appulcrare. Dante Ahst: parole non ci appulcro. E qui I'ano- nlmo vuol dire : mi fo hello nel parlare di Antonio, di Guido, ec. (48). Chio- mare per cingere la cliioma di erbe o altro. Nel Yocabolario e chiomato e chiomante (49). Caducifero (50). Vitto per -vivere (51). Rispessare per ripe- tere di spesso una cosa (52). Prestinare dal latino prestino (52 a). Ceto dal lati- no coetiis unione (53 a). Cerastelle diminntivo di ceraste (53). Linfntico per forsennato (54). Frenaglia per frenclla (55). Discorparsi per ispogliarsi del corpo, uccidersi, morire (56). Nibulositate (57). Trieatenato tre voile cinto di catene (58). Jntrano per intrinseco (59). Decuocere, ossia cuocere, quindi deco/lo, bolliio (60). Funo per morto, voce latina, usata gia da ^ irgilio e da Properzio (61). Fabulatore per novellatore (61 a). E. Siccome veneziano, introduce tal fiata qualche parola del nostro dialetto. AJfiuharsi per aflibbiarsi (62). Slampo per forma (62 a). Cavarzerani. per capi d' argine, sopraintendenti agli argini dc' fiumi, o forse anche per gli uomini di Ctwarzcre (63). Friso per fregio (64). Nenna per balia (65). Broso per brace (66). Tolpo per tolpone, albero noto, che pero manca nel Dizionario del lioerio (67). F. Licenzc in grazia della rima. ponno segnarsi, consci'u per consria (68), Escugia per iscusa (69), Tremolente per tremolante (70). Sezzao per sezza- jo (71), Troglia per Troia (72). Desma per declma, come avea detto centesma, millesma (73). Fa egli, come altri antichi poeti, consonanza di rime con due voci disgiunte ; colpo con vol po cioe cio che vuole, pub (74), corpo con or po, c\ok ora pub {1 b) . Ed usa eziandio ricmpitivo il ne agginnto al verbo yor^, come : Ero mia. ora che/ane P che fai (76). Ma di cib basti. sendone esempli simiglianti riferiti dagli scrittori della poesia italiana. 420 DELLA LEANDUEIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. G. Iniilo il nostro aiitorc gli anlichi, ove parlando tV Icaro dice : 1. Pulsa non sol la ripa ove cadeo Icaro poi che per la cera calda Senile spennarsi inobbcdienle c reo (77). Dante: Ne quando Icaro niisero le reni Senli spennar per la scaldala cera (78). !2. E r acr bruno gli aniinai togliea Tulli dalle faticbe Iwo quando Nel talamo Lcandro si meltea (79). Danle: Lo giorno se n' andava, e 1' aer bruno Togiieva gli aniniai clie sono in terra Dalle faliche lor (80). a. Et ella a lei : Nulla maggior lorlura Che rimembranza del perdulo bene Che qual nou 1' ha provalo non si cura (81). * Dante: Nessun maggior dolore Che ricordarsi del tempo felice Nella miseria (82). 4. Maggior peccalo lava men vergogna (83). Dante: Maggior difetto men vergogna lava {Sk). b. Dimanda c di tal peso or li disgrava (8S). * Dante: Perb d' ogni tristizia ti disgrava (86). H. Fralle descrizioni, che molte ne ha 1' anonimo, parvemi essere nolande le seguenti : i. Notte brillanle : Tutio Ellesponto dalle onde cosperse Dei ra""! della luna irradiava DO Come soslanze trasparenii e terse. Tal che la nolle quasi similava Diurna luce e voce non s' udia Fuor che de 1' acqua mossa che I passava (87). 2. Stato innocente di Ero : ' Quivi negli atli pielosa e benigna Del corpo immaculata e della menle Assai spregiava 1' amorosa ligiia. DEL M. E. CAV. EMMANUELE A. CICOGNA 424 Ne cio che fosse amor si sogna o senle. Molli r avean ricliiesia al padre, ed ella II padre suo priegava islantcmenle : Lasciaini, padre mio, virgo e pulcella Percioch' io m' ho dcdicala a Diana : E questo il padre avea concesso a quella (B8). 3. Contraslo interuo di Ero : Pudicizia mi slringe ch' io difenda Le membra inviolate. Amor mi sprona Per far ch' io solo al suo servigio allenda. E pietate non vuole ch' abbandona Quel che Ionian da me, di me si membra, Ne ailro chiede che me, ne allro ragiona (89). 4. Dispeiazione di Ero per la morte di Leandro : Coraincio quivi ad ambe man ferire II volto, il pello ; e nel volto e nel petlo Color purpureo comincio apparire. 1 fili d' oro onde adornato c lello Era il bel corpo squarciava e rompeva Ferendosi nel viso e ne 1' aspelto, E fonle d' acqua dagli occhi correva (90). I. Fralle similltiidini e comparazioni non mi dispiacciono le seguenti, molte altre essendonc, che per non atlediare il leggitore sorpasso. 1 . Leandro e impaziente di rivedere la sua Ero. Siccome a' nauli cui fortuna guida Ora in eccelso ed or quasi in proloiido La nave di salute alcuna infida, Erralo il mare ed a quadro ed a tondu. La notte pare ollra il costume lunga Sperando il giorno a rivedere il mondo • Siccome a quel die aspellano che giunga La sera per aver la sua mercedc Ciascun' ora del di par che si allunga (91). 2. Ero paventa di palesare il suo aniore alia uutrice di Leandro. Quale diviene limido e smarrito Quel cir e trovalo chiavare a la porta Di qiial vuol casa per rubarc ai-dilo, VL B4 42!2 DKM.A LEANDREIDK, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. Perchc non puole aver iscusa accorta Tanto die cuopri la sua colpa grave Che sola gli fa aver la faccia smorla: ^ E quale erubescenza Venere ave Quando iusieme con Marie ignuda c presa Gli Dei la vider dalle rati prave Cotal divenne ecc. (92). 3. Paragona il caldo dell' amore di Leandro col freddo dclF acqua marina : Si come ferro di fornace opinia Eslrallo caldo perde in 1' acqua fresca II fuoco in parte esleriore ed ima, E nondimeno pria die del lutlo esca Lo inlrinseco calor lunga era passa Fin die piii vulle e piii non si rinfresea, Cosi il caldo d' amore il qual Irapassa Per lutli i nieiubri, a Leandro ghiacciarsi Dal freddo cquoreo non pcrnicUe o lassa (93). 4. La luitrice di Ero doleule annuncia a que' di Sesto la morle degli sposi. Non allrimenli vedendo gia moria Gran parle di parent! e di niarili Nella cilia novellaniente soria, Le niisere Sabine tra' feriti Di lagrioie e di pianio tulle asperse Si misero per farli dolci e mili ; Non allrimenli quando si sonimcrse La nave di Caslorre e di Polluce I Greci die cib udiro mesli ferse : Che costei priva di sua cara luce Correndo e lacriniando verso a Seslo Come persona cui soninio duol cruce Sen venne (94). 5. Baltaglia descrilta. Quando del capitan suona la tuba f Ne r oste, cavalier con cavaliero Pedite con pedon ciascun s' alTiuba, ■ ■ ' DFJ, M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA 423 Colui clie si presume alio guerriero E j)rimo foritor corre nel campo Degl' inimici ecrcando il priiniero. Al corso suo iasciando in terra il slampo Percuole quello, e bulla! della sella Al piano, a cui non val scliermo ne seampo. I Poi sul dorso di quello, cento in quella > Corrono e vanno, ed ei fuor di se slesso Non ha senso, ne molo, ne favella : Vulneralo cotal rimasi adesso IVon sapendo s' io m' era o vivo o morto, E dal dolore e dal timore oppresso (95). R. Per ultimo ho accennalo die 1' anonimo sparge tli detti e sentenze e i-iflessioiii morali il suo poema, e ne riferisco in pruova alcune. 1. Non e donna si casta che non prenda Piacer udendo commendar sua forma E bci coslunii (96). 2. Non e si duro cuor lo qual pregato Con dolce voce e con parole blande Non rivolga a pieta '1 voler spielato (97), 5. Dolta in secreto e seniplice in palese (98). U. Nelle povere case cotal vezzo (cioe di morbidezza) Non vedrai gia, nelle qual santa e pura Abita Cilerea con fama e prezzo : Ma dove senza regola e niisura Prosperitate abbonda, ivi le mcnli Superbe solo a voluttade ban cura (99). 5. Di nostra vita lorbida e meschina L' ultimo di si die semprc aspetlare Pria che beala si chiami o divina (lOU). G. Troppa c villana cosa ad usurpare L' cuor allrui, al quale oro nc argenio Non si dee ne si puote equiparare (iOl). 7. O cieche insidie, o nostra sorle prava, 0 specie umana nata alia faljca Quanto e qual peso 1' omero ti grava! 424 DELLA LEANDHEIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. Qual sia si stollo ch' uom beato dica Senlendo soggiacer a piu perigli La vila nogtra giovane ed aniica! (102). 8. Creala fosti umana anima pura, E tu per le Ira niolte quislioni Mischiala t' hai onde sci falla oscura (103). 9. Mille e mille ne son stati scarnili (cioc da A more). Breve e il piacere, lunghissimo e il duolo Poclii rimedii, marliri inHniti (lO^l). 10. Qualunque a gola intende ed a peciillo, Chi vive Iristamente accidioso Colui dopo la morle certo e nullo. Regno, forzn, valor malizioso, Tirannide, superbia el ira manca, Ma vive senipre 1' uomo virtuoso Come perpelua cosa altera e franca (105). H. Poi seguitando disse: 0 morte dolce A' miseri, rimedio de' martiri, Cara a chi avversiia crude! solToice ; O morle properala da gran viri, Meglio p. morir die vivcre in miseria, 0 morle degna cui sola desiri, Sola esser puoi cagione e materia Di finir ogni niio dolor morlale Se lu fai quesla a me suprema feria. Non vive chi non senle allro che male Morle e non vita, la vita di cui Non gusta di forluna allro che il sale (106). 12. (Paria Venere in sogno ad Ero). Pensi III che nalura che 'n le porse Tania bella, le la donasse in vano, Di cui r ordine indarno mai non corse? Ben sai che' I vollo formoso et umano Alto ad amar convien che si conformi Alle mie leggi, al mio consiglio sano (106 a). DEL M. E. CAV, EMMANUELS CICOGNA 425 CAPO n. Cenni Intorno f^li antich'i poeti nominnti uella Lrandreide. Finge I'anonimo, con lunga digressione (107), die il suo signore Amore gli comparisca dinanzi accompagnato da grande comiliva dl poeli. Un tale non conosciuto ancora dal poela, gli espone aver tutti costoro cantato d' amore. Tulli cosloro neir opere sue Hanno cantato di questo Signore Chi piano, clii alto, chi nieno, chi piue (108). Poi paiesa se essere Dante Allighieri in qiieslo niodo : Firenze losca cillade el opiina IMi genero, poi mi si fe noverca Per invidia clic sempre il ben delima. L' esse mie son sepolte Ira la cerca Delia citta chc casa da Poleiila Govenia a molte miglia circuiucerca. L' alme merle, e di qual pena si penia Chi muoja, e di qual vaccio al cielo sale Canlai pria che mi fosse vita spenta. Difesi ancor 1' onor imperiale Incontro a quel chc sono a iui ribelli Con latino sermone e solute ale. Dante Aldigieri mi chianiaron quelli Ciie mi conobber (109). Va Dante enunierando all' anonimo cotesti poeti, gia noti a liii per lama; ina. a dir vero, I'autore non ebbe alcun riguardo alle cpoche giuste in ciii fiorirono. come in seguito potrassi vedere. Fatta cotesta rassegna, Dante di sua mano ineorona I'autore quale poeta, lo anima a continuare la sua storia e promettegli allra corona (idO). Per la qual cosa I'autore prega Calliope a rasscrenare la sua mente. e far si che questa sua opera tra' vivi sia nola e famosa.. E non quale narciso e qual viola In poca d' ora sia bella e deforme, Ma duri de' scienli nelia scuola (111). 426 ni-.LT.A LEANDREIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. In ciiiqne schicrc Dante, o mcglio Tanonimo, divide i jioeli: Greci M^\\chi, Latinl aniichi, UecentI, clie scrissero in lingua volgare e latina, Recenti che nella sola lingua volgare scrissero, c Provenzali. Notisi, per conoscere maggior- mente la molta erudizionc dell' anonimo, ch' egli non si concentra soltanto al iiudo nome di cotesti i)oeti,ma il piii dellc voile li indica Iracndo una parlicolare circoslanza della loro vita, o del loro carattere, o delle opere d' amorc da quelli dettale. De' Greci ne annovera circa quarantacinque (112). De' Latini aniichi circa cinquanta, e primo n' e VirgiUo (li3). Per cio die spelta n poetl recenti in lingua volgare e latina ne mette iindi- ci (144). E siccome trovo da poter fare qualclie osservazione a cio che 1' antore dice, cosi alcuni nolo. In cima di costoro e Gualfredo di nazione inglese, c que- st! e cftriAm^nic Galfredo de VFinesall, poeta de'piu illustri del secolo XIII. — Gioi>anm del VirgiUo, di cui 1' anonimo in bocca di Dante dice : L' allro e colui die gi;i lungo la foce Di Sarpina piii volte mi riprese " . ' Di mia celra vuiijar con canto atroce Joanni Favenlino, e perclie intese E sanza pare seguitb Marone Virgilian fu dello alto e cortese. '"* ' Le quail parole si combinano colla gia conosciula cpislola di Giovanni del VirgiUo (che qui 1' anonimo chiama Faventino^ ma coniunemente e detto Bolo- gnese) nella quale si duole che Dante scriva il suo poeina in volgare, e lo esorta a Iratlare invecc in versi latini i grandi avvenimenti del suo tempo. Egli fioriva nel i325. — Liipo da Pava e senza dubbio Lupo o Lupato Patamio, giudice e poeta latino, morto nel 1309. Nei Cenni sulle famiglie patavine impressi in Padova in qucsli iillimi anni, si e sbagliato nel chiamarlo Tito Lovato, male avendo interprelata la lellera T premessa a LovATi, la quale significa tvmvlvs non TlTl. — Di Albertino Mussato morto nel 4330,ranonimo accenna alia tra- gedia Ezzelino che scrisse. — Francesco Petrarca, di cui Tautore dice : essere glo- rioso ancora trd vivi, e sperarsi di vedere il poema dell' Africa rimasto dopo di lui, c che aveva ordinalo fosse bruciato. Dal testamento del Petrarca non risulta che avesse ordinato di bruciare la sua AJrica. Egli bens'i ne aveva intenzione : e dicendo qui I'anonimo che il Petrarca e ancor glorioso trd vivi, non intese gia ch' egli fosse vivo quando esse anonimo scriveva la Leandreide, ma s\ che la sua DEL M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA 427 fama era ancora illuslre fra' superstiti. E clo sia a correzione di qiianlo scrisse il Foscariiii iiclla Leltcralura a pag. 319, iiella nota 275, e il Morclli ( Ope- retle T. 1, 181) i (juaH credcltero vlvessc ancora il Pclrarca quando I'anonlmo componeva qiicslo pocina. 11 Pclrarca era gia niorto fino dal 1374, e I'anonimo, come vedremo, scriveva del 1429. — Plctro dalla Ilettorica, cioe Pielro da Mu- glio bolognese. II Tirahoschi (T. V, 843, 844, 845) non indica di lui alcuna opera, ne sa che ci sia rimasto alciin frammento di s\ valeiile professore. Qui almeno I'anonimo ci dice che avendo saliti ambi i gioghi di Parnaso, cioh. avendo scrillo in anilx' Ic llngiic lalinfl e italiana, canib i successi di Anna dopo la morte aspra, e di E/isa; e aggiunse esscr morlo di movie Jeslina et improwisa. Cio fu nel i382. Segue un veneziano, cioe Pielro Polani, di cni 1 autore ta dire a Dante : Di Piclro fur le \oc\ a l.iiiclc degne Polani liio concivc clic si liirba Clie Roma e senza le due iiiandi iiiscmie. Infalti si sa che Pietro Polani, figliuolo di Giovanni, fu amhasciadore nel 137U al cardinale alhanese, cioe ad Angelico oppure Egidio Grimoaldi vescovo di Albano fratello di papa IJrbano V, in liologna ])er condolersi della morte di Urbano in quell' anno avvenuta, per lo che dice il poeta che Roma era priva delle due grandi iusegne, cioe priva delle chiavi apostoliche attesa la vacaiua della sede e priva dell' esser seggio dell impero rappresentato dall'aquila ro- raana. II Polani torno nel d373 alio slesso cardinale alhanese per le contro- versie insorte col vescovo di Castello Paolo Foscari circa le decime dei morli. Dal lihro degli amhascladori ho qucste notizie; ma osservo che per la morte di Urhano, il Caroldo nella sua cronaca tntlora inedita dice essersi inviali oratori Andrea Gradenigo e Nicolo Contarini fu di 31arco. Nel 1379, il Polani. abilanle allora a san Basso rontrihuiva inipresliti per sostenere la guerra di Chioggia, siccome s' impara dall' elenco nel GallicciollI (Mem. i>eneie,T. II, pag. il4). Ne dair Agostini, ne dal Foscarini fu nolato tra' poeti o scrittori del secolo XIV Pielro Polani a' quali sfugg'i questo passo della Leandreide. La quarla schiera de' poeti recenti che scrissero, glusia I' anonimo. nella sola lingua volgare, ne comprende oltre cinquanta (115). Accenno alcuno. — Cecco d'^.sTo// conilannato al fuoco nel 1327, quale erelico, e inlrodolto da Dante nella Leandreide. colle parole: Cecco d' Ascoli via mi carca il groppo. 428 DELLA LEANDREIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. allusive ccrlaineule a ijiianto scrisse Cecco a carico dell' Allij^hieri, e che g'ui iiotava il Tirabosclii. — Antonio da Tempo, cioe: Ed Anlonio di Tempo \\ consiglia *''' Paduano a parlar drillo per rima. Ed infaUi e nolo pel tratlato De rithniis ^'ulgaribus, composto da liii versu r anno 1332. II Vedova non lo inseri negli Scriltori Palavini. II Tirabosclii lo dice giudice padovano. Si sa gia cli' e diverso da Antonio da Tempo commen- tore del Petrarca. — L'aulore registra tre poeti della faniiglia Pigafelta gia di origine loscana, da ultimo vicentina, e sono Guglielmo, Nicolb e Matteo Piga- fetta, de'quali non veggo fatla menzione dal Crescimbeni, dal Quadrio, dal Tira- boschi, e ne anche dal Calvi negli Scritlori Vicentini; il quale pero (oltre altri piu i-ecenti) ricorda un jMatteo Pigajetta che non puo esser quello dell' anoni- mo, poiche fiori circa il 1479. — E poi interessante q,uanto Dante dice all' an- tore di tre poeti veronesi : Se leinperi (igliuol lua nuova penna Iscrivere potrai Ire da Verona .^W ,. Che del parlar ciascun via piii s' impeinraT*\^, Gasparo Scliuaro la ciii lingua Ijuona - ^^ Gia Icsse in lua cillade il libro mio, i^^% -%^ '■ Che via piii place quanio p'ii si espona. -. <* Caspar di LancilloKo e seco; e s' io Non fallo Enrico canonico viene Con loro assai e riverenle e pio. La notizia che Gasparo Scuaro (o meglio Sijuaro (\(t Broaspini) abbia spie- gato pubblicamente Dante in Venezia, non si ebbe prima della Leandreide, e sulla fede dell' anonlmo 1' han varii ripetuta, taluni errando nel chiamarlo Gabriello anziche Gasparo, e altri chiamandolo Squarone, come il Batines nella Bibliografia Dantesca (T. I, 578). Inutilmenle poi ho chiesto notizie intorno gli altri due veronesi Gasparo di Lancillotto ed Enrico canonico. — I Itirao di quest! poeti e Marsilio da Carrara del quale 1' Allighieri dice all' autore : Se aizi il sopraciglio Vedrai tra qucslo nobile giardino •* Quel da Carrara paduan Marsiglio Che per la (irannia del suo fralello . - Ha istesso eleUo volonlario esiglio. DEL M. E. CAV. EMMANUELE A. CICOGNA 429 E nolissimo gia per lo istorie palavine che nel i373 Marsllio aveva ordila una cougiura contra suo fratello Francesco da Carrara ; che, scopcrta, Marsilio fuggi da Padova, e si pose in salvo a Venezia, e che qui moriva dopo il i379. Ma non consta, fuor che dalla Leandreide, che Marsilio fosse poeta. Ora veniamo alia seric dei vati Vcneziani, per la quale principalmente que- slo poema e conosciuto e venne citato e dallAgostlnl e dal Foscarini e da altri. Dante, parlando sempre coll' anonimo, premette questi versi: Se de' luoi civi lullo il cclo bello lo dovesse narrate, il mio sermonc Appena capcrebbe esto libeilo. Dironue alcjuantc nolabel pcrsonc (IIG). -\e annovera dieciotto col proprio nome, parte noti, parte ignoti, quali pocti. In fatti. clie Giovanni Foscarini, Gioiarmi Gradenigo, Marino Dandolo, Bo- nai>entiira Baffo, Gabriele di Bernardo. Mofjio da Pesaro. Marino, Pietro e Marco Grioni. Giovanni o Niccolb Boccassi, Andrioto Alemanno. Marino Michiel, e Bernardo Foscarini hsscro poetinon lo sappiamo se non se dall'autore della Leandreide. — I conosciuti d' altronde sono : Giovanni Querini gia amico di Dante, il quale addirizzavagli alcuni sonetti che in un codice della Amhrosiana contengonsi con rime dello stesso Querini. — Antonio dalle Binde, che fu tra' congiurati di Marino Faliero nel 1355, del quale Antonio il dottore Giovanni Lami nel catalogo de' mss. della Riccardiana riferisce un sonetto fatto in per- sona del doge. — Giacomello Gradenigo, che mori innanzi al i420; al quale spetta un documento del 4389, con cui i Perugini concedono, come a loro pode- sta, di potere portar le insegne del comune di Perugia , e dannogli il titolo di cavaliere; documento per mia cura puhhlicato nel 1843 co'tipi del Gaspari. — L' Agostini non conohbe questa circostanza, ma pero fece mcnzione dell' opera del (jradenigo in terza rima scritta nel 1399, intitolata Storia Eiangelica, che in un bellissimo codice pecorino miniato si serbava fra quelli di Apostolo Zeno, ma oggi non piu, perche del 1797 trasportato in Fraucia non torno altro fra noi : no ahbiamo pero copia eseguila nel secolo XVIII appo i signori conti Ma- nin. — El' ultimo storico e poeta notissimo e Zore«~o azloiu sulla poesia de'Trovatori e suite principali misure e for- me di essa confrontate bre^'emente colle antiche italiane. (Modena, Soliani 4829, 8.") c il Ginguene' nal T. 1, capo V, della Storia della Letteratura Ilalia- na (Milano 1823, 8.") ec. Ecco, come Y anonimo s' introduce ad occupare in lingua provenzale tutto un canto del suo poema, ch' e 1' ottavo del Libro quarto, intorno a quel pocli. Dopo die r Allighieri gli ebbe mostrati i greci, i latini, e gl' italiani, dice all'au- lore : I' vedo ben else miri e non diniandi Quest' allra lurba donde surse e quale : Ma queslo mio fratello uopo e che '1 pandi. Perb quclla sua lingua provenzale INon ho ben pronla : El ei come disposto Di compiacerli con alio morale Cotal parlare incomincib tantoslo. Qui Dante apparisce non tutto pratico della lingua provenzale ; il cbe non so se menar si possa buono all' anonimo. Dante poi chiama suo fratello Arnal- do di Provenza, ossia Arnaldo de Mervoil o di Meraviglia. poeta graziosn morto deli 220, del quale il Petrarca ha rammentato il nome nel capitolo quarto del Trionfo d' Amore, chiamandolo il men famoso Arnaldo. Infatti ii piu famoso era Arnaldo Daniello, vissuto circa 'AW 89, chiamato dal Petrarca in quel luogo gran maestro d" Amor, e nominate molto onorevolmente dall' Al- lighieri nel canto 26 del Purgatorio, e nel Trattato de Vulgari eloquio, dando- gli il primato fra tutti i poeli provenzali; e non saprei perche Dante anziche sceglicre per istruttore dell' anonimo il suo Arnaldo Danielle, in bocca di cui nel detto canto 26 pone anco versi in lingua provenzale, abbia invece scelto Ar- naldo di Men^'iglia meno famoso. — L soverchio che io qui ripeta i nomi di co- lesti poeti, gia d' altronde conosciuti, parecchi de' qiiali sono que' dessi dal Pe- trarca nel suaccennato capitolo rammentati, ed illustrati dai commentator! di lui. Ma per quanto abbia io rintracciato non trovai ne nel Crescirabeni, no nel Qua- drio, ne nei posteriori Raynouard, e Galvani, il nome che mi esibisce I'anonimo di Pier PomaroL il quale potrebbe essere confuso con tanli altri poeti proven- zali che porlavano Io stesso nome. 432 DELLA LEANDKEIDK, POKMA ANONIMO INEDITO, EC. V CAPO III. Codici delta Leandreide, da me conosciuti. I Codici contencnli questo poema, scrltli senza dubblo a' tempi deHaiitore, cioe ne' primi anni del secolo XV, e die io conosco, sono Ire solamente, die per chiarezza indicliero co' trc nomi : Milanese, Trevigiano, Jeneciano. 1. Francesco Saverio Quadrio nel Volume IV a p. 429, 430 della Sloria e Ragione d' ogni poesia (Milano, 1749, 4.°) fu il primo a darci contezza di (pieslo poema, e del codice die nella Libreria del Moiiistero di Sani Ambrogio in Milano a' suoi tempi si coiiservava, e die ora non si sa dove esista. In effetto, fino dair agosto 1855, avendone ricliiesto al chiarissimo Bernardo Galli dottore della Biblioteca Ambrosiana, e al chiarissimo Francesco Rossi dottore biblio- tecario di Brera, ambidue mi lianno fatto assapere die in nessuna di quelle li- brerie, ne nel capitolo di S. Ambrogio, e ne anche nell' archivio di S. Fedele quel codice, gia veduto e descritlo dal Quadrio, si trova ; ne essere a ma- ravigliare se i libri gia spettanti all' insigne monastero di S. Ambrogio, e gli altri delle soppresse corporazioni non sieno passati tutti esattamente alle attuali bibliotedie dello Slato, cui vennero destinati. Cio posto, il Quadrio descrivendo il codice e il poema dice : Essere manoscritto in folio col num. 1 74. Nel prin- cipio leggersi in latino, secondo 1' uso di que' tempi ch'era di appiccare all' ope- re italiane i tiloli in lingua latina, Leandrheris : e poi : Incipit hiijus Leandrhe- ridos liber primus. Contiuei locum, modum, causas, de quibus mediantibus Leander primum incidil in Heros amorem. Cantus primus in quo Auctor de- scribil tenipus, quando opus illud aggressus est, et prohemizalur ad lotam Leandrlieridem ystam. II principio e : ■' Era gia il tempo, nel qual Pliclonte arse ^ Per mal guidar la quadriga palerna. Prosiegue il Quadrio a dire, essere diviso il poema in quattro libri. II primo ■ contenere dieci capiloli ; il secondo ventinove, ma cominciare dal secondo e con- tarne trenta; il terzo undici, ed il ([uarto venli, che formano settanta capitoli dair aulore nominati canti. In fine del codice leggersi : Explicit Leandrheris Scriptus in Tarvixio. compilatus per excelleniem poetam dominum DEL M. E. C\V. EMMANUELS CICOGNA 433 Joanue.m de. Bocassis lie Certaldo, d425. Riflettc poi il Quadiio, che dove sono i piinlini avanli la parola scriplns ivi era il nome di chi lo aveva copiato, iiome che nel codice e cancellato e corroso. Null' altro posso io soggiungere sii questo codicc, che avrei ben aniato di poter esaniinare, spezialnieiite per coiioscere se quell' epoca 1425 allribuir si possa piuUoslo alia coniposizione che alia copia, e per confrontare con qiiello alciuii pass! non inlelligibili de' segucnti dne codici. 2. Nella biblioleca comunale di Treviso esiste, ed ho veduta piu volte una copia della Leandreide, che qui descrivo : Codice cartaceo in 4." piccolo del se- colo XV, di carte in tulto i27, con gli argomenti de' capiloli, o canli in carat- tere rosso, e tutto il rimanente in nero. Comincia : Leandris incipit — hujiis Leandridos liber priwiis chontinent ( cos'i ) lochuin modurrt causasi>e, quibiis mediantibiis Leander priinuin incipit (cos'i) in Hero cimoreni. — Chantus primus in quo Autor describit tenipora (juomodo (cosl) opus islud ugressus est el prue- mizatur ad lotam Leandridam istam. Era za >il tempo ncl qual Plielone (cos'i) arse. Per nial gidar (ccis'ij la (juadriga palerna. r inisce : Dato clion priegi alchuno aiulaiiieiilo. E dopo le parole explicit . liber . leadri (cosl) et hero, scritte in rosso, avvi in nero 1' epoca d355 scriUa in caralteri romani cos\ mccclv. Da varie me- morie che seguono di altre e piu recenti mani si conosce avere questo codice del 4619 appartenuto ad un Fioravante, ch' era per certo della famiglia Azzoni Avogaro; e del 4627 ad un Nestore Azzoni Avogaro, nella quale Trevigiana illustre famiglia fu sempre conservalo fino al 4836, in cui venne comperato dal prete Alvise Costantini, che vi appose un' analoga annotazione. Dagli eredi poi del Costantini acquistollo per la biblioteca comunale suddetta il chiarissimo mons. Canonico Guecello Tempesta. — Quanto al contenuto e alia divisione del poeraa e lal quale ce 1' aveva descrillo il Quadrio, tranne che il Codice Tri- vigiano e pieno di errori di trascrizione, di ommissioni, e di trasposizioni di versi, a segno che in moltissimi siti non se ne cava netto il senso, oltre alio storpiamento di molti nomi proprii de' poeti greci, latini, italiani e particolar- mente de'provenzali, segno evidente che il copista non intendeva la lingua (448). Qual sia prima o seconda copia di q^uesti due codici Blilanese (ossia Ambrosia- no) e Trivigiano (ossia Avogaro), non saprei decidere •, ma se sto a quanto dice il Tiraboschi (Vol. Ill, 220 della Biblioteca Modenese) ove di Giovanni da Mo- 434 DKLLA LE.VNDKIilDE, POEMA ANONIMO INEUITO, EC. dena, la copia piu recente sarebbe lAmbrosiana. — Una moderna trascrizione del Codice Trivigiano conscrvasi nella Marclana al num. 148, classe IX degli Ila- liani,enefutrascrittorcun Lorenzo Bolis nel 1742. — Su questatopia I'Agostini e il Foscarini feccro probabilmente le lore osservazioni, piutloslo che suU' anli- ca possedirta gelosamente (dice 1' Agostlnl) da mons. Rambaldo degli Azzoni Avogaro, canonico di quella citla. 3. Bello assai e il Codice che scopersi fino dal 1846, e che io chiamo Ve- neziano, del quale ho falto cenno a pag. 508 del Volume V delle Iscrizioni. Esso e veramenle del secolo XV, non del XIV, come a torlo lio deVlo in quella pagi- na. E in fol. di nilissimo carattere rotondo nero, con iniziali miniate di rosso, di verde, d' azzurro, e co'titoli di ogni canto in rosso, e comprende carte numerate da ambe le parti 1 54. Comincia con abbreviature : Leandeus incipit. Hujus Leandri liber primus continet locum, modumque, causae quibus medianiibus Leander primum incidit in Heros amorem. Et in hoc prima cantu auclor de- scribit tempus quando opus istud aggressus est. El prohemizatur ad tolam Leandridon isloriom. L' opera ha lo stesso principio, divisione e fine che nei precedenti due codici ; ma in questo Vencziano non apparisce alcuna data, ne nome di autore, ma soltanto quello del trascrittore, ch' e posto bizzarra- mente cos'i : PE . Deo . tr . gras . us . amen . s'cil; cioe Petrus scripsit . Deo gratias . amen . Del resto non va privo nemmen questo di scorrezioni, ma, a quanto mi risulto dal ragguaglio con quello di Trevigi, parmi assai meno manomesso dal copiatore. E se avessi a conghietturare direi che questo Ve- neziano e trascritto da mano toscana, o che lungo tempo dimoro in quelle regioni. Imperciocchc ci trovo piu volte la voce sanza, piata, piatosamente, allolta, otta, ecc, mentre per lo piii nel Trivigiano leggesi senza, pieia, pie- tosamente, allora, ora ecc. Inoltre nel Trivigiano la ^ e mutata quasi sempre in z, come zia per gia, Zironi per Gironi, ossia Grioni cognome dl famiglia. — II Trivigiano dice ma se di niente, e il Veneziano ma se di covelle, ed e pure in questo frequentissima la voce i>accio invece di tosto, ed altre toscane. Ma cio che rende il Veneziano piu pregevole del Trivigiano sono le annotazioni margi- nali, ed interlincari, parte italiane e parte latine, sparse qua e la, talune delle quali tendono alia spiegazione di alcune voci, e il piii danno in volgare la bio- grafica sloria degli Dei favolosi nominati spezialmente nelli canti 12 e seguenti fino al 20, ch'e I'ultimo del quarto libro. Per esempio : Questa era opinione delli aniichi che dicevano I' anima non haver riposo dumente il corpo stava inse- DEL M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA 435 pellilo 0 i>er andava vagandoper Fagere. — Per questo intende eke le visioni the appaiono presso al giorno hanno piii di credenza che le visioni apparenti in altra hora, e la rasone e perche 7 cibo uaturalmente e meglio digesto. — Lin/a e una goccia ch e dal cerebro efafuriare. — Questo confirrnando dice el petrarcha che ben pub nulla chi non pub morire (i49). CAPO IV. Indagini suit autore del la Leandreide. II primo, siccome dissi, a dar notizie di questo romanzesco poeraa fu il Quadrio, il quale vi ha letle quelle parole che giova qui ripetere : Scriptus in Tarvixio, compilatus per excellentem poetam dominum Joannem de Bocassis de Certaldo, 1425. iNon si lasciava pero il Quadrio abbagliare da iin cos'i cele- bre nome ; c riflellcva essere assolulamenle falso che il Boccaccio ne fosse autore; e al Quadrio univasi anche il Mazzuchelli (Vol. II, P. Ill, p. 1369). In fatti nelli canti sesto e settimo del libro quarto, nei quali Dante apparcndo in sogno air autore fa un lungo catalogo di recenti scriltori in poesia italiana e latina gia defunti, alquanti ne noraina, che non solamente erano vivi quando il Boccac- cio avrebbe scritta quest' opera, ma che fiorirono del tutto dopo il Boccaccio. Aggiungo che fra que' trapassati poeti e nel canto settimo annoverato anche il Boccaccio, e sarebbe assurdo, ch' egli, se scrittore della Leandreide, avesse collo- cato se stesso fra' morti. Pareva al Foscarini, che 1' epoca 1355 che ha il Codice Avogaro ossia Trivigiano, potesse accordarsi con quella in cui I'anonimo dettava il poema; perche 1' autore parlando nel detto canto settimo di Tiiovanni Fosca- rini dice che spregio piu volte la tiara (ossia il corno ducale) di che s' ornb ce- stui Gian Gradenigo. Ora il Gradenigo fu doge del 1355 e 1356; quindi sem- brerebbe che fosse vivo quando I'anonimo scriveva. Ma primieramente il Codice Milanese, ossia Ambrosiano, legge cost), non costui, e inoltre da piu siti appari- sce che I'anonimo scriveva ben raolti anni dopo la morte del Gradenigo. — Inda- gando poi quale esser potesse 1' origine dell' errore circa I'anno 1355. e il nome del Boccaccio come autore, dico, che avendo io bene esaminato il detto anno se- gnato a caratteri roraani MCCCLV nel Codice Avogaro, sono tirato a conchiu- dere esservi state aggiunto da mano posteriore. e forse da quella di Fioravante, 1619, non combinandosi essa assolutamente coll' epoca del Codice, ch' e senza 436 DF.LLA LliANDUElDE, I'OEMA ANONIMO, EC. (lubbio del sccolo X^ . — E per cio clic spclta al nome del Boccaccio, egli e cerlo clie avevamo nclle famiglic ^ eneziane del secolo XIV la Boccusa o Boccasso, ed essere vissiUo un Giovanni, die abblamo pur veduto ricordarsi anche dal- r anonimo. E iion solo in Yenezia, ma anche iu^ Trevigi e'era allora la famiglia Boccasia o Bocasio. d' onde papa Benedetto XT, della quale e del quale parlava a lungo Antonio Scoti nelle Memorie del beato Benedetto XL (Trevigi 1737, 4.°). Egli c perlanto facile che il copiatorc, forse Toscano, del Codice Milanese, , trovato il latino nome per excel/entem poetam dominum Johannem de Bocas- sis, abbiavi aggiunto di siio capriccio de Cerlaldo. E quanto poi all'epoca 1425, questa e certamente quella che piii si accosta al tempo nel quale I'anonimo cora- poneva la sua storia. Che se tntte coteste riflessioni non bastassero per decidere che r autore non e il Boccaccio Certaldese, egli stesso in piu di un sito si scopre per Veneziano. Nel libro secondo canto decimo scrive : r vidi gia, lellor, nc la niia terra , . • ■ Esser ridello allrui die no 1' Adriano Lilo per forza di marina guerra q Rollo era suo navigio .... iNel libro quarto canto sesto, Dante gli mostra fra gli estinti poeti Pietro Po- lani. ed aggiungc tuo concii>e. E piii chiaramenle neilatto di schierargli dinan- zi gli altri dice : Se de' luoi civi lulto il ceto bello, e in effetto tutti quelli che nomina son Veneziani. Ma tra' Veneziani dev' essere quest' anonimo stato poeta famigerato, perche non poteva ignorarsi allora uno che scrisse un poema com' e il presente, in quattro libri, di settanta canti, con- tenenti terzetti in tutti millc settecenlo quarantuno. — Inoltre abbiamo veduto di sopra che egli stesso dice : Dante avergli incoronato il capo di mirto, quale di primo onore, averlo esortato a continuare nella Leandreide, e avergli promesso d' incoronarlo dl nuovo, e avere 1' autore bramato che 1' opera sua sia nota e famosa almeno tra suoi concittadini. E similmente verso la fine del poema, fin- gendo r autore che le colombe di Citc'ra, e le rose fossero venute a circondar la sua camera e il letto suo, prega Apollo a somministrargli I'immaginato tenia, che forse, dic'cgli, sara I' ultima opera di maggior lode degna che questa non e. E nello stesso libro quarto canto sesto,' ove ricorda Francesco Petrarca, Dante gli dice : di cui di giorno in giorno leggi e scrivi ; cosicche sembra che colesto anonimo spicgasse o commentasse le rime Petrarchesche. DEL M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA 437 Slabilito adiinque che autore non nc e il Boccaccio; ma si un Veneziano; cl)c (juesto Veneziano deve essere stalo a' suoi tempi chiaro poeta; e che questo poeta doveva esser vivo anche del 1429, nel qiial anno, come si e dello di sopra, moriva il poeta Lorenzo de Monaci mostratogli fra i piii, dall' Allighieri, e da esaminarsi quale fra i distlnti poeti Veneziani, non nominati dall' autore. fosse vivente nel i429, cui ascrivere peravvcntura si potesse la Leandreide ; nclla quale indagine nessuno entro di quelli die mi precedetlero, content! solo di citare r aulorila dell' anonimo dove rammenta i moderni poeti latini ed italiani (120). Ometto di parlare de' cronacisti Veneti che nel principio del secolo XV cantarono in terza rima le geste della repubblica e dei dogi ; e li ometto per- che anonimi anch' essi, e incerto se luttavia vivessero nel d429 (121). Conosciuti col proprio nome sarebbero i seguenti: Pietro de'Natali vesco- vo di Jesolo che pose in terza rima la venuta di Papa Alessandro III in Vene- zia (122). Marco de P/'acent/'ni e Marco Recaneto che banno carmi in un codice Estense (12^). Leonardo Pisani che ha una lauda da me pubblicata nel T. VI, p. 146 dclle Inscrizioni Veneziane. Antonio Cocco autore di un sonetto stam- pato gia dair Allacci (124). Filippo Barbarigo che ne ha un altro impresso nel Crescimbeni (125). Jacopo Valaresso che fu laudese come il Pisani (426) e Leonardo Giusliniano laudese anch' esso illustre (127). Ma se ho bene esami- nato tutti cotesti poeti morirono prima del 1429, tranne due, cioe Marco Reca- neto, dcfunlo nel 1465, e Leonardo Giusliniano nel 1446. Cader dunque, a mlo parere, dovrebbe la scelta sopra I'uno de due. — Mar- co Recaneto, siccome attestava il Quadrio (Storia della volgar poesia, V ol. Ml. p. iOl) ha rime in un codice della biblioteca Estense. Sono due sonetti pre- messi al Canzoniere del Petrarca sino al foglio 82, dove si trova un altro sonet- to, e una seslina dello stesso Recaneto, il primo con quesla nota : Marci Re- chaneti ad requisilionem A. Venerii, ad gloriam Dive Laurae R. tempore tro- phaei facti in sala majori etc. 28 Octobris 1439 ; e la seconda con questo lito- lo ; Sextina mora/is edila per Marclium Rechanetum, qui diem suum obiit in Peloponeao, proi'isore domino Andrea Dundulo 1465. Segue la seconda parte delle Opere del Petrarca, dopo la quale allri due sonetti del Recaneto. - — lira- niando io di verificare quanto il Quadrio qui ha detto, ml sono rivolto al chia- rissimo marchesc Giuseppe Campori di Modena, il quale con lettera 10 novem- hre 1856 dicevami, essere rimasto quel codice nella Estense fino all'anno 1796. epoca in cui venne insieme con altri trasportato in Francia. e coUocato nella VI. 56 438 DELLA LEANDREIDE, PORMA ANONIMO INEDITO, EC. Bibliolcca nazionale di Parigi; essersi I'icuperato nell'anno 4844, erlmesso nella Estense dove presentcmente si trova. EsaminoUo egli, e fecemi trascrivere e i sonetti e la seslina. Quanlunque 1' epoche di quelle poesie sieno 4459 e 4465, la data pero in cui fii copiato il Canzoniere petrarchesco e 4447 indirala cosi : KL sexto decembrisMCCCCXLFII in Urbe, cioe in Roma, e pare infatti che cola fosse 1' origlne del Codice, dicendosi : Compro in Roma I' anno 4654 dal signor Alfonso di Giuliano Gioia affezionato delle rime di M.' Francesco Petrarca, ec. L' illustre Luciano Scarabelli scoperse poco fa ini' altra lunga poesia del Recanelo, in tcrza I'ima, in laude di Bartolommeo Colleoni, scrltta allorquando nel 4455 gll fii dato da' Yeneziani il couiando generale dell' armi ; la quale poesia fu pern stampata soltanto alia fine del secolo XV, e probabil- mente nel 1496, o 1497 per celebrare la scoperta della statua cquesire di bronzo eretta in onore di lui nella piazza de'SS. Giovanni c Paolo ; e tale poe- sia, di cui tengo copia, e segnata dall' autore cosi : MAUCVS rechanetvs sCRIP- SIT. — Ora il vedere amalgamate le poesie del Petrarca con quelle del Reca- neto; il sapere quanto fosse studioso di quello il nostro anonimo; lo scorgere qualche somiglianza di frasi e di stile nelle poesie del Recanelo con lo stile dal- r anonimo manifestato nella Leandreide, mi aveva fatto dapprincipio decidere per lui nella scelta ; ma poscia riflelluto all' epoca del suo fiorire, che parmi un po' troppo recente al paragone di quella dell' anonimo, mutai parere. Preferisco pertanto Leonardo Giustiniano, anche per una circostanza che non riuscimmi di trovare applicabile al Recaneto. — In fatti questa mia scelta vie- ne in qualche modo soffolta dalle parole dell' anonimo slesso nel libro quarto, canto settimo, in cui Dante gli fa vedere Marin Michele Veneziano, il quale, siccome ho detto di sopra, fu vescovo Emoniense. Ecco i versi. Mnrin Michel che 1' infula sereno Poi fece si come anco il tuo ajermano Di somnia gravila maluro e pieno. Cui se lodare allriii non fosse vano In cospello de' suoi, so come e ([uaiilo Lodar polrebb' io suo parlar soprano (128). Cioe : Questo che ti mostro e Marino Michiel cli ehbe I' onore della tiara, co- me ebbelo anche tuo fratello, uomo ripieno di senno e di gravitii la cui elo- (pienza io loderei in tua presenza, se non fosse inutile, poichi; gia lo conosci. Ora Danle non intende di moslrare allanonimo una persona defunta, com'erano DEL M. E. C\V. EMMANUELE CICOGNA 439 il Mlchiel e tutti gli altri, ma bens\ una persona ancor viva, introducendola per incidenza e a modo d' esempio, e questa persona viva era il fratello dell' anoni- mo, cioe, a mio parere, Lorenzo Giustiuiano vescovo poi patriarca. In falli, Leonardo Giustiniano figUuolo di Bernardo, nato circa il 4388, e morto nel 1446, dileltossi oltreniodo della pocsia specialmente ilaliana. 11 padre degli Agostini ne scrisse la vita, ed io pure, dietro le traccie di lui, nelle Inscrizioni di S. Andrea della Certosa (II, 71, 72). Le canzoni di Leonardo erano avidamente ascoltale da ciascun genere di persone, ne si celebravano noz- ze civlli, ne banchetti solenni che frammezzo non si udissero le poesie del Giu- stiniano. E siccorae erasi dato a cantare in uersi di vario metro lefole ridicok de' poveri amanti (parole dell' Agostini), cosi in piii matura eta, abbandonato Io studio delle rime profane, si e applicato a comporne di sacre, intitolandole Laudi spirituali, che furono gia stampate con altre del Belcari citate dagli Ac- cademici della Crusca. Ne solamente in canzoni sacre o profane occupossi Leo- nardo, ma eziandio in altro genere di metro, e l' Agostini riporta due suoi so- netti in risposta ad altri di Ciriaco de' PizzecoUi Anconitano; i quali sono: L Quelle ample lode niie che in brieve carte Conchiude in stile alliero e pellegrino In le sol si converle ivi e il divino Inzegno luo traluce in niilie parte. E gia gran lenipo le tue laude sparle Quanio si calcha il bel terren latino Con tullo il cuor mi fero a te vicino Ed un caldo disio vago ad amarte. Se cerchi in me virlii troppo lontano Dal ver ti allongbi, chel celeste nume Non come scrivi a me larga la mano, M a se amor cerchi un abbondante fiume Vi Irovarai dil tuo valor soprano : Virlii honorando a se virlii risume. n. Qual sparir suole matulin pianela Al pander de le come aurate e bionde Del sol che a men nocturna faza asconde Con r alma lampa sua diurna e liela, 440 DELLA LEANDREIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. Tal dal suave suo stil vinla si aquieta La sparsa fama lua. Nii gia risponde A r alle rime unde si stilia c fonde Accenli di ogni digno e gran poeta. SI suave Iiarnionia lua voce rende Che quasi Orfeo, Apollo, et Ampliione Le labra a piii bel canto mai non sciolse. Quanto dunque mia prima oppinione Dal vero e vinla lanio piu si accende L' amor die gia gran tempo ad te mi colse (129). Ora chi non sa die Leonardo era fratello di Lorenzo nato del d384, prio- re goneralc in S. Giorgio d' Alga nel i413, vescovo di Venezia nel 1433, pri- me patriarca noslro nel 1451, e defiinto nel 4456, uomo di santita, dotlrina, ed eloquenza ripieno, come dalle multiplici sacre opere sue si puo riconosce- re?(i30) lo dunque ravvisero in esso quel fratello niitrato, di cui parla 1' anonimo, e neir anonimo ravvisero Leonardo, quindi l' autore del poema Leandreide. Le epoche vi corrispondono, cioe il i425 nel codice Milanese, il 1429 della mor- te di Lorenzo de jMonacis, e gli anni in cui fiorirono Leonardo poeta, e Lo- renzo vescovo e patriarca Giustiniani fratelli. E a cio puossi aggiungerc le pa- role e lo stile de' riporlati due sonetti di Leonardo accostantisi a quello del poema. Che se mi fosse richiesto, perche mai ne' tre codici di esso finora noti si trovi questo poema coperto dell' anonimo, io direi clie Leonardo fatto piii raa- turo di eta, abbandonate le poesie amorose a persuasione anche del santo vesco- vo fratel suo, ommise a bella posta il proprio nome nel suo originale, o lo can- cello dopo messo. quindi le copie ne andarono senza. E qui pongo fine a questa troppo lunga diceria, la quale ebbe per iscopo principale di ricliiamare alia memoria un autor Veneziano degnissimo di enco- mio non solo per aver fatto conoscere poeti nostri dapprima ignoti, ma eziandio per essersi diraostralo nella sua narrazione sludioso imitatore de' due classici italiani Dante e Petrarca. DKL M. E. CAV. EMMANUKLR CICOGNA 444 Le seguenli ANNOTAZIOM lendono principalmentc ad illustrare i noini de' per- sonaggi aniichi e reconti, i quali trovansi ricordati dall' autorc nel libro quarto, alii canti 4, 5, 6, 7, 8; a correggere li noii poihi abbagli jiresi dall' anianuensc iiello trascriverii ; a notare alcune varianti tia 11 Codice Vciieziano e 11 Trlvlgiano; e ad esaminare se quanlo dice 1' anonlnio circa alcune clrcostanze di codesti personaggi combini con cio che ne dlcono le bioairafie loro. (1) In fntti sappiamo che Lord Byron nel 1810, trovnndosia'Dardanelli, siricoi'do diLcan- dro, e mentre il naviglio se ne sta\a ancoiato presso al Capo Gianizzero aspettando il vento, li venne in pensiero di appurare la possibilita di cio che si racconta di quel giovane e prode amatore. Si mise dunque a nuoto ncU'Ellespon- to, parlendo dal piccolo Capo al disopia di Se- sto, e approdo poco sotto ad Abido, non senza sforzo e pcrieolo, per la corrente che tende a stornare il nuotatore dalla riva asialica e a por- tarlo neU'arcipelago, e per destreggiare la qua- le e necessario di allungare il tragitlo, che non e se non di un miglio, lino a tic ed anche quat- tro. Questo passaggio duro un' ora e cinque niinuli ( Giuseppe !Vicolini , \ita di Giorgio Lord Byron; MiUmo 1855, pag. 48). (1 «) Libro 4, canto C. (2) Libro 3. canto 7. (3) Libro 3, canto (i. (4) Libro 2, canto 28: libro 4, canto 20. (5) Libro 2, canto 9 : libro 4, canto 10. (6) Libro 1, canto 1. (7) Libro 2, canto 10. (8) Libro 2, canto 10. (9) Libro 3, canto 4 : libro 4. canlo 3. (10) Libro 2, canto 20. (11) Libro 2, canto 10. (12) Libro 4, canto 15. (13) Libro 4, canto 13. (I'l) Libro 4, canto 6. (15) Libro 4, canti 1 e 0. (10) Libro i, canto 18. (17) Libro 1, canto 2, e altrove. (17 «) Libro 2, canto 10. (18) Libro 2, canto 21 (19) Libro 2, canto 3. (20) Libro 4, canto 2. (21) Libro 4, canto 5. (22) Libro 4, canto 19. (23) Libro 4, canto 3. (23 a) Libio 4, canto 4. (23 b) Libro 4, canlo 4. (24) Libro 1, canto 8. L' esempio e tratto dal Bcmbo. (25) Libro 2, canto 30. L'esempio e dal Pulci. (20) Libro 2, canto 30. L esempio e dall' A- riosto. (27) Libro 3, canto o. L'esempio e dallo stes- so .4riosto. (28) Libro 4, canlo 7. L' esempio e dal I)a- vanzati. (29) Libro t, caulu 1 1. Gli cseiupli sono drl IJonarroti c del Bartoli. (30) Libro 4, canto 15. L'esempio e del Caro. (31) Lib. 4, can. 18. Esempio del Firenzuola. (32) Libro 4, canto 20. Esempio dello stesso Fircnziuila. (33) Libro 4, canto 12. Escmpli del Casa e del Firenzuola. 442 DF.LLA LEANDUEIDE, POEMA ANONIMO INEUITO, EC. (31) Libro 2, caiUo 10. L' esempio e del Sal- 'vini. (34 a) Libro 1, canto 5. L' esempio dal Se- pneri. (35) Libro 2, canto 2. (30) Libro 2, canto 5. (37) Libro 2, canto 23. (38) I;ibro 2, canto 27. (39) Libro 2, canto 30. (iO) Libro 2, canto 30 ; libro 3, canto 6. (il) Libro 3, canto I. (52) Libro 3, canto 5. (43) Libro 3, canto 5. (44) Libro 3, canto 9. (45) Libro 3, canto U. (46) Libro 4, canto 2. (47) Libro 4, canto 5. (48) Libro 4, canto 7. (49) Libro 4, canto 9. (50) Libro 1, canto 2. • V-'r (51) Libro i, canto if. '' S. (52) Libro 3, canto 5. (52 o) Libro 4, canto 5. (53) Libro 4, canto 43. )^ (63 a) Libro 4, canto 7. (54) Libro 4, canto 44. (55) Libro 4, canto 45. (56) Libro 4, canto 47. (57) Libro 4, canto 48. (58) Libro 4, canto 49. (59) Libro 4, canto 44. *' '"^ ■'; y' (60) Libro 4, canto 2. ^ "" (61) Libro 2, canto 45. '-;.,: (61 n) Libro 4, canto 5. (62) Libro 4, canto 2. (62 a) Libro 4, canto 2. (63) Libro 4, canto 44. (64) Libro 4, canto 6. (65) Libro 4, canto 46. (06) Libro 4, canto 49. (67) Libro 1, canto 4. (68) Libro 2, canto 28. (69) Libro 2, canto 30. (70) Libro 3, canto 2. (71) Libro, 3, canto 4. (72) Libro 3, canto 4. (73) Libro 4, canto 45. (74) Libro 4, canto 4. (75) Libro 4, canto 47. (76) Libro 4, canto 43. (77) Libro I, canto 2. (78) Dante, Inferno, canto 47. (79) Libro 4, canto 7. (80) Dante, Inferno, canto 2. (84) Libro 4, canto 45. (82) Dante, Inferno, canto 6. (83) Libro 4, canto 3. (84) Dante, Inferno, canto 30. (86) Libro 4, canto 3. (86) Dante. Inferno, canto 30. (87) Libro 3, canto 2. (88) Libro 4, canto 4. (89) Libro 2, canto 46. (90) Libro 4, canto 44. (94) Libro 3, canto 4. (92) Libro 2, canto 17 (93) Libro 3, canto 2. (94) Libro 4, canto 47. (95) Libro 4, canto 2. (90) Libro 4, canto 7. ' (97) Libro 4, canto 40. (98) Libro 2, canto 2. (99) Libro 2, canto 48. (100) Libro 3, canto 44. (401) Libro 4, canto 3. (402) Libro 4, canto 9. (103) Libro 4, canto 9. (404) Libro 4, canto 4. (105) Libro 4, canto 41. (406) Libro 4, canto 40. (406 a) Libro 2, canto 9. (107) Libro 4, canto 2, il cni titolo e: Cantus secundus in quo Amor cum cettt poetarum el di- ctalorum venit ad auclorem et introducit qui- dam ad loqiiendiim cwn eo ex Amoris precepto. (108) Libro 4, canto 3. (409) Libro 4, canto 3, il cui titolo e: Cantus tercius in quo reddil causam iftitis loquetitis ad- venliis Cupidinis el se dicit Dantem Aldiyeri fore. (410) Libro 4, canto 9. (444) Libro 4, canto 9. (412) Libro 4, canto 4, il cui titolo e: Can- Uts qiiarlus in quo Danles auctori nominatim di:l m. e. cav. emmanuele a. cicogna 443 ostcndil omnes poetas ijrccos quonim fama vi- fjel. I Greci, clie il nostro anoniiiio ricorda, sono tutti greci di nascita, quantiini|u. Arcliilucu. Mira colui che par che si travaglia Delia proniessa sposa a lui negata Perche de ambi (giambi) ancora la bersaglia, alludondo alia storia che no lipeleLorenzo Oras- »o a pag. 38 dei Pooli greci. ( ^apuli 1C78. ) 7. Simonide. Quattro pooli col nome di Siiiio- iiide ne rogistra il Crasso (p. 402 o scg.) Forse e Simonide Ceo piii rinonialo degli altri tre. 8. Esopo. 9. Soplilicle. Cosi 0 scritto : ma lo credo So- I'otle noti>siino trugico. E in I'atli il Codice 'f ri- ligiano dice Sofocle. iO. Saffu. Dice 1' auonimo: V altra che sembra femmina nel viso Fu inaschia donna de I'Asia Minora, Saffo ebbe nome non usata a riso. ^^. Arislofane. Accenna I'autore ad una dol- le sue tragedie intitolata Babihni ( Babiloii scrisse Irayedia matjijioie ) la (piale e fra le por- dute. Vedi Crasso p. 70. 12. Miillole. Crates Mallotes vol Melloles i- ri- cordato dal ^ ossio (De velentiii poelanim leiii- poribus. Amstel. 1054 ) a p. 37 e 67, ovo dice tion lam pocla fiiil qntiin poelnruiii censor. E veggasi il Crasso, p. 128. -13. Eupolo. Dicesi pure Eiipoli, poeta conii- co .4toniese. Crasso p. 210. 44. Arislarco. Due sono notuti dal Crasso p. 03-03, cioe Arixlarco Samolracio, e Arvslarco Teyeate, ambi pocti. Ma dicendo I'anonimo, che non perse il tempo in matemalica stndendo, e che sopra Sumo s'er.ie, credo che alluda al Sa- motracio, scrittoro di inolli commentarii e che contese con Craletc Grammiilico. ■lb. Jiuceliilide. 11 testo dice per errore .Crt- chalide. 46. Callimaco, de Jove vien canendo. Allude air Inno a Giove. Ma se nel Codice fosse per er- rore scritto Jove anziche Jone, allora allude- robbe alle parole di Suida che dice; Ex ejus li- bris sunt el isli : Jonis aduenliii ec., cioe dol- I'ariivo omavasi P. Te- renzio Alacino Varrone. Ma quivi nulla si dice della qualita della sua morte. 13. Tibullo. 16. Propersio. 446 DELLA LEANDKEIDE, POE 17. Teocrito. siciliaii clie bene Seppe caiitare iu bucolico stile. 18. Calpuriiio. pastoral coa lui si tieiie. ^9. CormilQ. 20. Persia. che morriaceniente Riprende dei Boniaiii ii vitto vile ; II Codiee Trivigiano dice il vicio vile. 21. Giuvenale. segue lui non nieno ardente Riiiiproveraiido la vita e' il costume Delia Quirina viziosa gente. 22. Escliilo. Serive 1' aiitore : Colui che 'I sangue gl' impedisce il lunie E lo Sicilian tragedo Escliillo Feruto da I' uccello sanza pinnie Che da qual Aqiiila code, Leggesi nel Crasso ( p. 200 ) clie mentie un giorno Escliilo in una campagna riposava, un'n- quila lascio cadergli sul capo suo calvo una teslufjgine, e fini i suoi giorni. 23. Plaulo. E quel pusiUo Col capo chino tutto farinoso Che prestiuando suo volume aprillo Plauto e comedo. Allude alia storia di lui, che dice che essendosi ingerito in traffichi, vi perde il suo, e niessosi ai servigi di un mugnaio si vide obbligato a girare la mola : c talimi aggiungono che continuo nel suo niulino a comporre comniedie. La voce prt- siinando qui enel senso lalino praesliiiare, cioe meicalare. Per prestinaio poi oggidi intendesi unicamente il venditore di burro, di latte, ecc, non gia il raercatante in genere, come a' tempi di Plaiito. 24. Ennio e quell' altro che porta 1' insegna Di Scipion nelle lor tombe ascoso. In effetto e nolo essere stato Ennio sepolto nel monumento di Scipione ( Vossio, p. i ). 25. Ntvio : Un ci era con la faccia teuebrosa iVevio che fn da' nobili bandito In Utica il cui corpo or si riposa. MA AiNONI.MO INEUITO, EC. San Girolamo appo Ronigio, p. 503. Roma piil- sitin Ulicac lumkiii inurluiim esse mciitoral. Fii bandito per la sua maldicenza. 20. Celio. se fosse da te alquanto udito Cantar di Roma e de Annibale ancora i'arrebbeti cho fusti al ciel salito. Forse e Celio Anlipalro, che scrisse 1' istoria della guerra punica, di cui vedi IConigio a p. 149. Ma non appare che fosse poeta. 27. Licinio. con voce canora. Probabilmente e Licinio Imbrex antico scritto- re di comniedie. Vcdi Vossio p. 5. II Codiee Tri- vigiano malamente dice Liicinio. 28. Jtlalo. Ne e piii d' uno, ma non lo veggo tra' poeti. Forse intese Altilio, di cui il Vossio p. 7, fra' coniici. 29. Niyidio. Forse quegli rieordato dal Fa- bricio nell'Indice degli scrittori citati da Servio ne' commentarii sopra Virgilio ( I. I, p. 241 ). 30. Fonlanio. Cosi 1' autore per combinare la rima. Ma forse e Fonlano, che descrisse le Najadi amate da' Satiri, di cui Vossio p. 35. 31. Filippitk. Questi ateniese comico scrisse veramente in greco. Vcdi Vossio p. 34, e Crasso p. 232. S2. Pomponio, bolognese, comico; oppure Pomponio Secondo tragico, de' quali e il Vossio p. 13, 14, 43, e il Konigio p. 034, e il Tirabo- schi T. n, p. 437, -138. 'iZ. Afranio ( che 1' anonimo dice .dfframjo). Che le sue comniedie chiani6 Togate Incendio, Emancipato, Cinerario, ( che r anonimo serive Cineraiigo e il Codiee Trivigiano Zineranio ). Tutto cio combina con quanto ha il Vossio p. 42, 43. Afranius qui in Togalis el Attlhinis excelUdl ; e il Fabricio ( II, p. 194), il quale ricorda i nomi delle favole di Afranio, fra i quali nomi e appunto Iiicen- dio, EmancipalOj Cinerario. 34. Cecilia. segue con le mani ornate Di otto libelli cunscritti di quelle Degne da saggi di essere Quorate. L' Argelati ( Script. Mcdiol. T. I, p. 4441 ) ri- porta i titoli di quarantanove coimuedie scritte DEL M. K. CW. EMM\NUELK CICOGNA 44 dill iiiiliiru'sp Cecilio Stnzio. E qui I' iiiiiminio ili«' vllo librij I'oi^e pertlie unite in ultii volu- ini. Vedi anchc Tirabosclii I. p. IS I. 35. Cluudiano. Vedi (iiK-ir;ilti'o di veide e nmello Ghiiiande ornaio ciii Febo e le Muse Hanno nutrito con le sue niammcile, Claudiaiio che ancor par se escusH Proserpina se invita fii ropita E tedioso e fi|;li a battaglia use. Confesso di non intendere quest' ultimo verso. Clie forsc il copista abbia lotto tedioso iiiveee di Teodosio, le cui Inudi canto Claudiano ? Del re- sto non oecorre parlare. II Codice Trivigiano Che ancor par s' ischrise in cambio di s' escnse. 3C. Seneca. 37. Pilade. Qucsli fu minio e scrisse de Sat- lalioiie Italica. Vedi Crasso p. 413, e Biogr. Univ. T. XLIV, p. 173. 38. Avian fabulalore ( Flavio Aviano ). 39. Cinna. cui 1' opra fu diece anni trita. C. Elvio Cinna scrisse un poenia intitolato Smir- na. Vedi Konigio p. ^93, il quale dice : In hoc carmine elaborando novem annos consumsisse ferlur. 40. Sammonico. Sereno aggregatore Di settanta do millia libri i quali Dimise a Gordiano imperatore. Vossio analogamente scrive a p. B2: Congesserat ingetitein Bibliothecam: ut in qua forenl ad LXIl ( non settantadue ) millia libroriim . . . Is prae- ceptor I'liit jiinioris Gordiani cui ct m07-iens omnem reliquil Bibliolhecam. Vedi anehe il Ti- raboschi 'f . II, p. 390, 398, e la Biogr. Univ. T. L, p. 118. II Codice per errore di copia dice Samomele in cambio di Sammonico. II Codice Trivigiano Samonicle. 41. Plocio. ( Plutius Crispinus ), di cui il Vossio a p. 20, stoico e poeta. II konigio jiari- menti a p. 619 lo noniina, e vi aggiunge un altro Plocio (Lucius Plocius ) che dal Glandorpio e creduto mimicae scenae condilorcm. Di quale abbia inteso il nostro anonimo non saprei. 42. Calvo. (Liciniiis Calvus, il Vossio a p. i9), e vedine il Tiraboschi T. I. Parte II. p. 318. 43. Pacuvio ( II Codice dice Pichiiino, c il Trivigiano ParliunioJ. di cui il > ossio : i'aci/- vius Iragicus, p. 0, e il Tiraboschi, T. I, p. -181. 44. Lucilio. Dice I" antore : Et il Calavrese Lucilio che iscrisse Gli faiti di .Scipion con ADniballe. II Vossio scrive a p. 9, Bdlo Nnmanlino sub Siipione Jfricano mililavil. II Codice Tri> igia- no Anipluh. Vedi Tiraboschi T. I, Parte I, p. 223. 45. C. Flora : L' anonimo di lui scrive : Se Gaio Florio si come descrisse Medea, Jasone, il iMouton d' oro e Colco Tu niiri, vederai che cio ben disse. II Konigio in conferma di cio dice : Florus poe- ta Jasouis el comitiim profectionein in Colclios et Vdleris aurei et Medeae raptiim carmine he- roico cecinit. II Codice Trivigiano Flora : cio die ben disc. 46. Menippo. prima peggio che bubuico Perche fu servo e 1' uno a Roma pria Confabuld del fulniine trisulco. Satirico, di cui il konigio p. 532, onde vennero le satire dettc Mtnippec. II Codice Trivigiano pregio in vece di pegiu. II Crasso lo pone fra i Greci p. 340. Vedi anche la Biogr. Universale, vol. XXXVII, p. 221. 47. Pollione. ilkistre in la trageda via. Fabricio 11 , p. 672. Pollio utriusque linguae tragocdiarnm scriplor. E Asiiiio Pollione di cui anche il Tiraboschi T. I, Parte II, p. 504. 48. Archiade. Era poeta greco estemporaneo. Fabricio T. I, p. 547. Licinius Archias ; e ko- nigio p. 53, e Crasso p. 58. che il dice Archia Anliochenn. 49. Alano. che si pianse Con la natura in dolee melodia. Vossio p. 75, 70, e Fabricio T. II, p. 261, ove : Alani de Insuli.i : Ejus carmina ex libra De planitu naturae Integra ex Iribus mss. II Codice Trivigiano alamo. 50. Boezio , notlssimo, del quale 1° anonimo scrive : Boezio et altri per coi Cristo spanse 11 sangae in croce. V 448 DELLA LKA>'DREIDE, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. (114) Libro i, canto 6, il ciii titolo e: CaiUiis sexltis in quo Danles doiominal aiiclori quosdam recenles modernosqui: vales. Tengo il inetodo piecedenle iicllo t'numeraili, omettciido osser- vazioni su quclli die sono notissiini. i. Giialfredo. Scrive I'aiitore: II piimo 6 quel che a Papa e Caidinali Iscrisse la novella poetria Con forme male a mitra et a sandal! Poscia cantb di loro I' ironia La dove 6 virtute della corte Descrive con mortale leggiadrla. Ultimo, il niagnanimo e forte Ad alta voce Alessandro Slacedo Canto con Muse ceito in paruaso orte II quale noniinato fu Gualfredo Inghilese famoso, e la sua voce II niostra piii oltre ancor s' io non procedo. Qucsti e Gcilfiido ( o Goffiedo) de /finesalf, lino dci jiocti piu chiari del XIII secolo, nato in Inghiltorra, the dedico ad Innocenzo IV la sua poelica opera notabilissima pel tempo in cui fu composta. Scrisse anco De slatii Curiae Romu- nue, e talc elegia fu pubblicala da Matteo Fran- cowitz come una saliva della Corte di Roma, e da altri fu pubblicata come una apalo(jia della chiesa romana. L' anoninio qui dieendo I' ironia pare che la consideri come una satira. Egli poi attribuisec a questo Galfredo il poema De gestis Alexandri Magni, che e di un altro Guallero ( de Castellioue ) Insukunis. i\Ia per ])iii notizie su eio, vedi Fabricio, Bibl. Med. et inf. latin. T. Ill, p. r. 1.. CAV. KMMANUELR CICOGNA 449 ne fii pen") iiilrrroUa la eilizioric, l,i (|iiaU' mm giunge the alia pag. 24. iMa iic al)biaiiio il nia- noscritto di pugno del nostro iMurino Sanuto, e elie mi fii falto esaminaie dall' illustre Raudon Brown iiiglcse qui domicilialu. ^ edi quaiilu ne dissi u p. 679, 580 in nota al Vol. 1\ delle Iscrizioni Veneziane. Pare che Castellano vives- se ancora nel 1392. 7. Francesco Pelrarca. Eceo ([uantu ne scrive r anuuimo : Quel altro glorioso aucor tra i vivi Francesco Firentin detto Pelrarca Di cui di gioruo in giorno leggi e scrivi Tanto cared di fama la sua barca Che successore a se non ha relitto Id tutta Italia or di scienza parca. Sassi quanto altamente ha descritto in stil bucolico e in epistolare Cui dare in vita uon ebbe in despitto. Ma sperasi mirabile il cantare De I'ofricouo dopo lui riniaso Che lasciato ha si debbia concreniare. Ho gia osservato che quella espressione Ira i vivi non e per far credere che il Pelrarca fosse \ivente quaudo scriveva 1' anoninio questo passo della Leandreide ; ma vuol dire che la fama del Pelrarca, gia defunlo fino dal 1374, era ancor viva. Le opere sue qui indicate son note : e quanto al poema de\V.4frica, ripeto, non sapersi ch' egli abbia ordinalo di bruciarlo. Sembra poi che il nostro unonimo uon abbia \eduto tale poema subito che dice sperasi (spierassi cosi la copia ). E in effctto da quanto il Tiraboschi scrive ( V, p. 803 ) si puo rilevare ehe pochissi- me fossero le copie date fuori. 11 Codice Vene- ziano dice atalainenle e il Trivigiano altamente. 8. Pieiro dallu Hettorica. Scrive l' autore: L' altro con ambi i giochi di parnaso Di Anna dopo la niorte aspra et Elisa Cantc!) i succossi qual di Apollo Naso. E se morte festiua et iniprovisa Pietro da la rettorica non spegne Leve e che lo sua fama piii se infrisa. Di Pieiro da Muglio , chiamalo Pieiro daWa Rettorica bolognese, il Tiraboschi. come ho di sopra osservato, non nota alcuna opera. (Jui ranonimo indica una poesia (sembra) su cio ihe succedelle dopo la morte di ^nna e di Eli sa ; ma confesso il vero di non inlendere a qual fallo alludano queste parole. II Fantuzzi che ne l)arla negli Scriltori bolognesi, non mi da alcun aiulo. 11 Codice Trivigiano ha : Di ana da fola- morle aspra di chlixa. Giochi invece di gioghi. 9. Pieiro Polani. Di Pietro fur le voci a laude degne Pollani too concive che si turba Che Roma e senza le due grandi insegne. Pare che il poeta avrehbe dovuto coUocare que sto Pollani la dove parla de' poeti A eneziani. Di lui ho gia detto di sopra. II Codice Trivigiano ommelle grundi. 40. Giovanni Boccaccio. Nella mia patri^, anzi non mia si inurba Con le ossa, dico, Jovanni Bocaeci Famoso di poetria tra I'altra turba. Non so se 'I tuo maestro quivi ittacci La bucolica cui che mane ascosta Perche di gloria gia non si procacci. // Codice Trivigiano. Quivi taci .... che mane ascholta. Par che di gloria. E gia nolo essere morlo questo padre della ita- liana eloquenza nel i375, ed essere statu sepol- lo ( non in Firenze), ma a Cestaldo nella chiesa de' SS. Filippo e Giacomo. Pare da' suddetli versi che accenni alle bucoliche scritte dal Pe- lrarca ( tuo maestro, cioe maestro dell' anoni- nio ) e dal Boccaccio che furono gia slampate per la prima volta col titolo Joannis Boccacii Bucoticon, ec, al regislro i quarto nel rarissi- mo libro : Eclogue f irgilii. Calpluirni. Meme- siani. Franciici Petrarchae. Joannis Boccaccii. Joan. Bapt. Mantuani. Pomponii Gatirici. Flo- rentiae. Giunia, 1504, in 8." dl. Jacopo degli .llkgrelli. Scrive laulore di lui: Jaeobo da Forlin delli Allegretti Id se che canta e parla alia sua posta. E se aDcor poco teoipo Italia aspetti II suon della sua tuba Ga si graDde Che non sapran veder vostri intelletti Della facondia il fondo che 'I vi spande. Quest' ultimo verso manca nel Codice Trivigia- no. Jacopo degli .411egretti da Fori! fioriva 450 DKLLV I.EASUUElDi:, POEM\ ANONIMO INEDITO, FX. nel -1380, e mori ])iiina del 1400, del quale veg- gasi il Mazziichelli (Vol. I, Parte I, p. 503 ) e il Tiruboschi ( Vol. V, p. 817 e seg. ). Dalle parole deir anonimo sembra potersi dedurre che qual- che componimenlo poetico di Jacopo, e forse il tmcolico dal iMazzuchelli citato, non fosse an- cora reso pubblico quaiido 1' anonimo scriveva la Leandreide. (115) Libro, 4 canto 7. II cui tilolo e : Cmi- tits Septimus in quo Danles nominal (luriorcs litliinos vulgaresque doclorcs. Premette I'autore: Colesta e una altra scuola Da una sola ghiilanda ciascuo Gdo Perehe caiitaio in lingua \ulgar sola. iVotero breveniente tntti i poeti eh' egli nomina, soggimigendo qualche analoga osservazione. ■i. Guido GuintctUi. Bolognese, ricordato da Dante nel Purgatorio e nel Convito. Mori nel •1276, come diinostra il Fantuzzi. 2. Guido Cavulcanti. Anche di questo fioren- lino fa nienzione lo stesso Dante. Mori o nel 1300, 0 nel principio del susseguente. II passo della Leandreide che riguarda questi due Guidi e il seguente : Qui\ i si vede 1' uno e !' altro Guido E GuinicelU e Cavalcanti cui Con gloria del parlar cacciai dal nido. (dice Dante). Queste parole alludono certamen- te alia grande estimazione che Dante dell' uno e deir altro faceva : e come, non essendo forse al tempo suo molto conosciuti, egli li feec cono- scere maggionnente nelle sue opere, come nel Paradise, nella Volgare Eloquenza, ecc. Vedi il Tiraboschi che di auibedue parla nel Vol. IV, p. 524 e 537, e il Fantuzzi negli Scrittori bolo- gnesi a p. 345 del Vol. IV. 11 Codice Trivigiano dice mondo invece di nido. 3. Gerardo Brunello. II Codice Veneziano erra certamente nel dire Guido Bninello Delle flo'si. ed erra ancbe il Tri^igiano che pur dice Guido e lie le mosse. Esso c Giraido Boinello ossia Giiinid de Bouriiel o Boiiieil Limosino, poeta in lingua piovenzale de piii dislinti, morto nel 1278. E Girurdo non Guido lo nomina lo stesso Dante nel libro della Volgare Eloquenza. Vedi il Quadrio Vol. 11, p. 129 ; III, p. 75, 454, e Crescimbeni Vol. U, p. 98 e 226. Non so poi come il poeta inscrisca in questo luogo il Bonulto che scrisse in lingua provenzale, mcn- trc lo torna a ricordare fra' poeti provenzali. A edi al num. 33 di essi, e cio mi farcbbe sospet- tare the fosse veramente un Guido Brunello ignoto finora. 4. Guillone d' Artzzo, moriva nel 4294, ri- cordato da Dante nel Purgatorio. Tiraboschi Vol. IV, p. 534. 5. Jacopo da Lenliiio. L" anonimo non palesa il nome, solo il cognome De Lenlino. Di questo parUi lungamente il Mongitore nella Biblioteca Siciliana T. I, p. 299, e Dante pure lo ricorda nel Purgatorio. IMa Dante lo fa Pugliese, mentrc Lenlino e luogo nella Sicilia. II Tiraboschi ( Vol. IV, p. 5i7 ) non decide la questione, ma osserva che il A'egri sbaglia sicuriuiiente nel re- gistrarlo fra gli Scrittori florentini. 6. Cino da Pisloja, di cui Dante fa onorevole e frequente raenzione. Sopravvisse a Dante, sendo morto del 4336 ( Vedi Tiraboschi Vol. V, p. 87, 402, 409, 677, 742, ecc. ). 7. Bindo Bonichi, Senese, di cui il Mazzu- chelli Vol. II, Parte 111, p. 1038, e il Tiraboschi Vol.V, p. 677. Mori nel 4337. 8. Boiiagiuiita Irhiciani. II poeta lo chiama Bonaijiunla Orbican da Lucca, ed e nominato da Dante nel libro della Volgare Eloquenza e nel Purgatorio. Vlsse circa la fine del secolo XIII. II poeta dice di lui che troppo maternal niente canto dolce e chiaro. Vedi Tiraboschi Vol. IV', p. 530, 531. 9. Cecco d' Ascoli, della Marca d' Ancona, morto del 1327, dannato al fuoco quale ere- tico, di cui, e delle cui poesie il Tiraboschi Vol. V, p. 269, 280, e speeialmentc a p. 271, 272. 40. Fazio detjii f'6c»7/, scrittore del Dittamon- do. Era Bonifacio degli I bcrti fioienlino. Egli ci ha dato un saggio anche della poesia francese e provenzale, di cui qui pure il nostro anonimo nel canto ottavo. Mori Fazio poco dopo il 4367: e di lui anche il Tiraboschi Vol. V, p. 679, 680. II. Maltco Corrig(iiari o Correggiajo, qui dal poeta e nominato Matlio Coregiaro da Bolo- gna. II Crescimbeni ( Vol. V, p. 48 ) citando un Codice ov' entrano rime del Corrigiari lo fa Ve- ronese, ma forse il Codice lo dira Bolognese, DEL M. E. CAV. EMMANUKLE CICOGNA 45i come ossei'va il Quadrio, Vol. II, p. 175. Fiori circn il 1350. •12. liciti (lit Lticcii. >un liu Irovatf notizie di lui, quando non fosse quell' Ubeilu du Luccu, poeta antlco noniinato dall' Allacci a p. Ofl della Raccolta de' Poeti Anticlii, e dal Crescim- beni Vol. V, p. 9. ■13. Jacopo (la Iinola. iVon ho notizie di lui. Ci fu un Lodovico da Imola, di casa Alidosi, ri- cordato dal Quadrio Vol. II, p. 194, c dal Cre- scimbeni, il quale Lodo\ico era poeta circa il 1398. Forse potrebbe 1' anoninio avere scam- liiato il nonie. di. Bruzzi Visconle. Ricordalo come poeta il Quadrio ( Vol. II, p. d88 ), ed era figliuolo non legittimo di Luchino Visconti signore di Mila- no; c fu cacciato dallo State Bolognese nell'ago- sto 4336. Cost parimente ne dice e un sonetto ne pabblico il Crescinibeni. Bruzzi e Brizzi sono accorcialiAi di /'afci/^ici, ond e fatto Fa- bruzzo e Bnizzo. -13. Giovanni dall' Orlo. Questi era Aretino. E citato dair Ubaldini e dal Quadrio ( Vol. II, p. 170). II Redi annovera due altri coetanei Giovanni, cioe Giovanni Marololo e Giovanni d Aiezzo J ma il Quadrio tiene che G/oi.'n/i//( dall' Orlo d' Arezzo, e Giovanni d' Arezzo sie- no un solo. Veggasi anche il Crescimbeni (Vol. V, p. 4 e 10. ■16. Tominaso da Faenza. Questi e Tommaso Bozzuola o Bucciola Facntino, oppure Tommaso da Faenza comunemente detto senza cognome. Un saggio delle sue rime e nel Crescimbeni, ed e pure rammentato dai soliti Quadrio e Tira- boscbi. 17. .Iliiio f'ocato. Cosi scrive 1' anonimo ; ma e Alino Mucalo da Siena, detto anche Bartolom- lomeo Maconi, del quale il Crescimbeni (V'ol. II, p. 54, 33 ), reca una Canzone. Fiori nel 1230 : e Dante ne fa menzione nel Trattato delta Vol- gare Eloquenza. II Tiraboschi ( p. 331, T. IV ) lo ricorda. Le parole dell' anonimo sono : Mino Vocato la cui dolce miisa Ancor sevan ( cost ) senese a moraviglia Descrisse Amore e sua virtii confiisa. •18. Antonio da Tempo, che scrisse il Trattato de Hithniii vnlgaribus, e gia ricordalo dal Tira- boschi (Vol. V, p. 783, 784) circa lanno 1332. L' anonimo dice : Et Aiitouio di Tempo vi consiglia Puduano a parlar drltlo per rima, Di sua duniia salvaj^i^ia ama le ciglia. 19. Scnuccio di Bennccio. II piu intrinseco amico del Petrarca, dopo il Boccaccio, fu que- sto Sennticcio del Bene detto anche Senniiccio B':nucci figliuolo di Binuccio. IMoriva probabil- mente nel 1349. II Mazzuchelli ne parla a lungo (vol. II, Parte II, p. 808), il quale fra gli scrit- tori che lo rammentano pone anche La Lean- dreide canlo Vllj che sla ms. nelhi Libreria de' Monaci Cislerciensi di S. Anibroyio di J/i- lano e allrove. 20 Cino Girardnccio. >on so chi sia. Forse quel Cino da Borijo San Sepolcro vissuto alia fine del secolo XIV e al principio del XV', di cui ha un sonetto il Crescimbeni ( Vol. in, p. 233. ) 21, 22. /aco;Jo e Pietro Allighieri. h' axilore dice : Jacobo e Petro entranibi dui miei Ggli Del bel parlar gonfiaro lor cappuccid. Che Pietro e Jacopo figliuoli di Dante sieno stati i primi a commentare la Divina Commedia, e certo : ma che il Commento che trovasi mano- scrltto in alcune Biblioteche sotlo nome di Pietro Aliijhieri sia veramente opera di questo, e dub- bio. Veggasi il Diouisi nel Vol. II degli Aneddo- ti, e il Tiraboschi (Vol. V, p. 660, 669). Pietro moriva in Treviso nel 1361. Jacopo era ancor vivo nel 1342. Leggi anche il Mazzuchelli T. I, Parte I, p. 49-3, 494. 23. Nicola de Rossi. Dice il poeta : Vedi tra qaesto risplendeote core II Trivisan de Rossi JVicolao Cui diede scpranome il sconcio toro. Non so a qual fatto alluda quesla espressione. Del resto il de Rossi e nominato dall'Allacti nel- r Indice, e dall" Ubaldini uella Tavola dv' Docii- meuti d' Amore del Barbcrino, che si serve di un testo a penna dellc sue canzoni esistente nella Barberina. >edi Crescimbeni (Vol. II, p. H) e Quadrio(VoI. II, p. 168). 24. Alberto da Firenze. lo lo credo Alberto della Piacentina, di cui a slampa e il Boezio volgarizzato. Firenze Slanni -1733 : la quale tra- 452 DEL' A LEANDREIDE, POEMA ANOMMO INEDITO, EC. duzione egrli intraprcsc in Venczia ncl d332, ed pssi'iulo jmr in Venezia piigionc, vi fnii i snoi giorni. > erti Tirabosclii ( Vol. V, p. 835, 836 ). 23, 20, 27. Gnijlitlmo, Nicolu, e Mutleo Pign- fella Vicentini, non sono ricordati ne dal Crc- scinibeni, ne dal Qiiadrio, nO dal Tirabosclii, ne dal padre Cahi negli Scrittori Vicentini; il qua- le, oltre altri piu recenti, nota un Jhitleo Piiju- felUi che fioriva iiel -1479 ( V ol. IV, p. XIII ). 28. Muynone da Lucca. IMucchio o Mugnone da Lucca, delta famiglia Fatiiitlli, fu buon riuia- tore circa il 1340, conservandosi alcune sue poe- sie nella Cbisiana di Konia, e nella Strozziana di Firenze ove e appellate Maynone Fantinelli (la Lucca. Muccliio i) accorciato da Scaramuc- chio o Scaranniccia, e MiKjnone e 1' accresciti- vo di 3Iuccliioj di che yedi il Quadrio (Vol. II, p. 479). 29. 9Iio Guerrieri, cioe Bartolonieo Guerrie- ri. Non veggo fatta di lui menzione negli Scrit- tori. Havvi bensi un posteriore Bartolommeo Gueirieri foela del secolo XVI-XVII, di cui nel Quadrio Vol. II, p. 517, 079. 30. Bernardo di Canaccio. II Codice scrive de Canozo. Quest! ha rime nel Codice Boccoliniano citato dal Quadrio ( Vol. II, p. 488 ). Egli vivea circa la meta del secolo XIV. Vedi anche C.re- scimbeui (Vol. V, p. 217 ). 31. Mallio de Mozo vilaiii. A dir vero non so se io m" abbia da leggere Mozzo o tlezzo, o fi- lam, o f'illaiii. II Codice Trivigiano legge Moro I'iJaiu. Ma, comunquc sin, non tro\o negli Sciittori cotesti nomi. Potrebbe essere Malleo niloni storico notissinio fiorentino niorto nel 1 303, ma non mi consta che fosse anche poeta, oltre che storico. 32. Jacopo delta Lana, comnientatorc di Dan- te, era bolognese, e fiori verso la fine del seco- lo XIV ; e come poeta volgare i noniinato anche dal Muratori. ( Pirl'illa pne.iia ilaliana. T. I, p. 44 ). 33. 34. Antonio e Nicola Beccari. Antonio Da Ferrura era della illustre famiglia de' Beccari. Fu filosofo, medico, matematico, oratore cele- brc, ed esercitossi anche nella poesia toscana. Fiori circa li 1370. V cdi Crescimbeni ( Vol. Ill, p. 479), e la Bii)lioteca di S. Michele di ^lurano manoscritta p. 02, ov' e citata una canzone di esso Antonio. ISicottt da Ferrara liori parimcnti nel secolo XIV, ed ha rime nel Codice Boccoli- niano, dal quale apparisce che fu fratello di An- tonio e per consegueiiza della stessa casa de Bec- cari, cio che afferma il nostro anonimo dicendo : .... Antonio e Nicohio di Bechari Germani fnron; cici vo' che tu credi. Alcuni lo chiamano. :/)i(oh/o dalBeccajo oBecca- ria e anche dal Berlliajo. V edi il Quadrio (T. II, p. 474 ), il Tiraboschi ( T. V, p. 758, 796, 760 ), e la succitata Biblioteca di S. Michele a p. 415 ove di Nicolo. 35. Lancilotto .hujoscioli. II Codice dice Lan- ciarotlo. Questi fu da Piacenza. II Petrarca gli scrive piu letterc dandogli il titolo di Cavaliere. Vedi Crescimbeni ( T. Ill, p. 479, 480) e Tira- boschi (T. V, p. 770, 771), il quale prova esser morto Lancilotto nel 1364 : il perche e d' uopo correggere il Crescimbeni che nel luogo citato assegna il fiorire di Lancilotto al 4370. Dal co- gnome Anyoscioli il Tiraboschi trae il cognome Angnissola. 30. Menghin o Menchino da Ravenna ha rime nelli Codiei Bargiacchi e Boccoliniano, dal qua- le si cava che fu di casa Mezzano e fiori al tem- po del suddetto Antonio da Ferrara, cioe circa il 4370. Vedi Crescimbeni, che replico in due luoghi lo stesso nome e cognome ( T. V, p. 24 e 249 ) e il Quadrio ( T. 11, p. 489 ). II Tiraboschi fra i commentatori di Dante accenna anche Mic- cliino ( cosi ) da Mezzano canonico di Ravenna ( T. V, p. 000 ). II nome Menghino, Menchino, Michino, Mechino e un'abbreviazione di Dome- nico 0 Domenichino. 37. Giovanni da Modcna. L' anonimo dice : Gian Mntinesecnmgli occhinonchiari, la qua- le espressione forse allude a qualche imperfe- zione ch' egli avesse negli occhi. Del rimanente Giovanni fiori a' tempi di Bernabo Visconti si- gnor di Milano (1378-1385), ed ha rime nel Codice Isoldiano. Vedi Quadrio ( T. II, p. 202) e Crescimbeni ( T. V, p. 38 ). II Tiraboschi nella Biblioteca Modenese (T. IH, p. 220) ricordando Giovanni, cita eziandio la Leandreide suUa co- pia posseduta dal canonico Rambaldo degli Az- zoni .Vvogaro, e I" altra piit recente ( egli dice ) DKL M. E. CAV. KMMANUELF. CICOGNA 453 iiel MoHdslcro 'DE, e inanda a vedere solto PADOVA ( da ) AMOMO ; ma si dimentico di porvelo. 02, 03, Oi. Marino, Pielro e Marco Grioni. Qui tre della fumiglia veneta patrizia de Grioni sono ricordati. Marino era figliuolo di Oniobon q. Benetto; Pielro e Marco fratelli erano figliuoli di Pietro q. Francesco. Marino fu iscritlo pel Maggior Consiglio nel J313, e Pietro e Marco fiorivano nel 1348-1349. Cosi si rileva dalle Ge- nealogie di Marco Barbaro; e 1' anonimo ponen- doli nel novero de' poeti ci fa vedere che eran gente cultivatanelle lettere; ma non si conosco- no oggidi rime di loro. — Ripeto poi, che aven- do tanto I'Agostini (I.e.) quanto il Foscarini (1. c. ) letto malamente nel Codice Avogaro Zi- roni in cambio di Grioni che ha 1' Ambrosiano ( Quadrio T. FV, p. 431 ) e il nostro, cosi non seppero trovarne notizia, com'io ebbila trovata ; e ne feci nota a p. 508 del Vol. V delle Inscri- zioni, allegando il Codice presente. — Aggiungo che quel Pietro Grioni fu condannato per mo- nachino nel 20 ottobre 1349, come dal Registi-o che ne tengo ( Codice n. 2074 ) ove si legge : 4349 die 26 octobris — Petnis Grioni monachi- nus in monaslerio sancli Adriani cond. in I. 100 pp bono el ms. 2 in carcere. 03, 00. Giovanni e Nicolb Boccassi. Trovansi nelle Genealogie i nomi di Giovanni e di Xicolo Boccassi. Eran due fratelli figliuoli di Bertucci ossia Albertuccio. Dicendo Dante: Giovanni e Nicholo Boehassio buoni Fur dicifori li fa conoscere anch'essi per poeti di vaglia, seb- bene non ci siano rimaste le loro poesie. 67. Andreolo Alemanno. Continua 1' anonimo a dire : il tuo caro Andriolo Alemano fu pien di doici sucmi. Io tengo che questi sia quell' Andrea Alemani di cui rimane memoria in un Indice di sepolture gia esistenti nel chiostro de' SS. Giovanni e Paolo ( Codice mio n. 379 ) : SepulUira D. An- dreae de Alemanis pliisiii in terra posila e«( in ctauslro parte eccksiae . . . et habel umim do- ctorem scutptum super coopertorium el insiijne Iiabenlem unnm pedem vohicris . . . epilaphium 456 1)1,1.1, A i.i:AM)ui:ii)r., poi.ma anonimo intimto, i.e. I'cro est vetifiUUe ubiileratiiin ( era del seco- lo XIV verso il fine, come da altre vicine lapidi «.i riionosce ). Dobbianio all' anonimo il sapcre (he .\iidrca, o Andiiolo era vcrsifieatore, ma lion ne abbiamo pruova stritta. Del reslo la casa Alenmnni non patrizia, era bensi eiUadinesca Veneta, c un Nicolii, come dice I'.igoslini (1. c), soserLsse quale nolaio ducale allistrmnento con cui la citta di Trevigi si assoggetto al dominio de' >eneziani, anno 1344 10 febbraio. E il Verei a p. 35 e seg. del Vol. ^2 della sua Stoiia delta Marca Trivigiana e Veronese ( Venezia -1789) ne reca 1' istrumento tcstualmenle, leggendosi Kafaino de Careuiii.t, Nicolao de Akmanii scri- bis el notariii dacalh Curie Fenetiantm. 68. Jacomel Grudonico, in questo stiiolo i. iiut.i, . . . dice r anonimo. Egli era figliiiolo di Marco della parrocchia di S. Paolo. Ebbe varii ma- gistrati urbani e ambascerie, e fu podesta del Perugini, come ho indicate, nel 1389. — Fran- cesco Novello avealo scelto nel 4392 a Pre- tore in Padova, c per essersi immischiato in cose politiche col Cai-rarese fu arrestato egli e Pielro Pisani. — II Pisani ebbe condanna nel 22 gennaio 1403 (cioe 4406) a cinque anni di car- cere c alia perdila degli onori e impieghi, colla conDsca de'suoi bcni; e 11 Gradeniyo meno col- pevole ebbe tre anni di esclusione da ogni officio. Cosi, rettificando la cosa, diceva il chiarissimo nostro Samuele Romanin a p. 37 del Vol. IV della Sloria J'cnela dociimeiitala, mentre I'Ago- >tini. clie avca dettata la vita del Gradenigo ( T. I, p. 278, 293 ) disse essere stato il Grade- nigo irioato da qiiahivoijUa Consiglio segreto dcllo RcpiibbUm, lasciando quindi dubbio se ne fosse in perpetuo, o temporariamente. L' Ago- stini crede esser niorto il Gradenigo innanzi r anno 4420. L' opera del Gradenigo citata ha questo principio : Incomincia gli quiillro evati- rjeli concoidiiti in uno, el prima quello die era III sunima bonlnle avanli il principio del mon- do. ec. . . Finisce colle parole : cxplclicm Padiie de MCCCLXXXXVmi ( 4399 ) die prima men- sis ocliibris per me Zacobiim Gradonico milium I'eiieliniK 09. Bernardo Foscarini era figliuolo di Gio- vanni procnratorc di S. Marco rieordato di ?o- pra, e fioriva nel 4372, abitante a S. Paolo, e del 4392 abitante a S. Pantaleone. L' anonimo ce lo moslra come poeta, ma Ignote sono ora le sue poesie. 70. Lorenzo de Monad. Di questo scrisse, come dissi, la vita lAgostini (T. II, )>. 363-371). Fu del 4389-90 Gran Cancclliere nel regno di Candia, e moriva assai vecchio nel 4429. Ab- biamo di lui un Clironicon de rebus f'enelis ab urbe condita usque ad annum 4364, il quale fu impresso nel 4758 in Venezia, con prefazionc erudita di Flaminio Cornaro. Scrisse anche un poema latino circa il 4386 intorno Carlo V, co- gnomhiato il piccolo Re d' Ungheria, il cui fatal caso succeduto era nel detto anno 4386. 74. Marin Michiel, di cui 1' anonimo scrive : che r iiifula sereno . ' '. Vox foCL' . . . L' Agostini per errore lesse insula in luogo di infula cioe tiara vescovile. II Foscarini a que- sto passo dice ( p. 349 ): Qiianto poi a Marin Michcle nominalo V ultimo nelle terzine ci e affalto igiiota la persona. Ma certamente egli e il Vescovo di Cittanova ossia Emonia rieorda- to dair Ughelli ( T. V, p. 240 ) e dal Cappelletti a p. 733 del Vol. VIII delle Chiese d' Italia. L' anonimo eel fa conoscere come poeta : ma non si sa dove sieno nascoste le sue rime. 72. // luo germano. L' Allighieri dopo aver mostrati all'autore gli antedetti pocti, parlando del Michiel dice : Marin Michel che I' infula sereno Poi fece si come ancho il luo gerniano Di summa gravila niaturo e pieno. Ora non sapendosi chi sia 1' autore della Lean- dreide, non puossi sapere chi sia questo suo germano ossia fratello. Egli per altro dal para- gone, che ne fa Dante, sembra dovere essere mitrato, ossia vestovo. Vedi nel Capo IV le inda- gini che fo sopra 1" anonimo. 73, 74. Allri due. L' Allighieri siegue a dire : IJegli altri duoi il chiaro e dulce canto Non promo, a cui cotesta opra lu mandi Perche nnn paj' lusingarli in tanto. Dalle quali parole e facile dedurre che I'anonimo indirizzava la sua Leandreide a due suoi aniici DIL M. E. CAY. KMMANUKLE CICOGNA 457 c personaggi ilislinii, chc rimaiigonu liiltoia ignoti. (117) Libro i, canto 8, il ciii litolo i : Caii- iiis ociaints in quo inlroduciUtr Ernaldus (k Provenza adtwminaiuliim suos doctores el aucto- res proveiizalcs. II Tiiabosclii ( T. V, p. 02!) ) faceva menzione di questo canto oltavo dicen- do : Vii saijgio di poesia provenzale ahbiamo ancora net poema della Ltaiidicidej il cui citii- to Fill del libro IF e scritio in qitella lingua. Non avcndu io fatto alcuno studio di ([iiella lin- gua, cd occnpandosene in questi di Eniilio Tpza giovane dotto e stiidiosissimo di linguistica, il quale, esaminando anche i Codici provenzali die abbiarao nella Marciana, trovo poesie c nonii non da allri riporlali, ebbi a lui riiorso per la spicgazione di aleuni vocaboli i quali mi facili- tassero la intelligenza del teste. Colla scorta poi del Nostradamo yolgarizzato dal Crescim- beni, e da lui aceresciuto , del Quadrio, del Raynouard, del Galvani ed altri autori chc scris- sero intorno alle Vite dc' poeli provenzali, e della loro lingua e che ne recano uiolte dclle lore poesie In originale, trattc, come dissi, dai Codici Yaticani, Finrentini ed altri, mi pongo a soggiungere 1' elenco ragionato, come feci per li precedeuti, dei poeti che qui cnumera 1' ano- nimo. •1. Arnaul de Merooil. Arnaldo di MaravUjlia gentiluomo provenzale, era poeta grazioso e di bella prescnza. Mori del 1220, e il Petrarca lo ha nominato nel Capitolo quarto del Triunfo d' Amorc. II Yellutello sponeudo il capitolo lo dice Arnaitll de Miirvoil, altri Aindldo di Mor- ville, e. Arnaldo di Miroill e Narnald de Mi- roillj e nel Codice Yalicano n. 3200 e detto Ar- 7ianz de Miroil, ec, ma e sempre la stessa per- sona. Osservava poi il Crescimbeni che diversi Arnaldi poeti ri furono tra' provenzali. Vedi il detto Crescimbeni ( T. II, p. 43, 47, 48), il Uuadrio ( T. II, p. -118, 446 ) ; il Raynouard nel licssico ( T. I, p. 347 ) c nolla Scelta ( T. Ill, p. 199, T. Y, p. 45), e il Galvani ( p. 0!), 459, 470, 490, 509, 512), il quale chiam;i!.> A.nahlo di Merviglia o MarvigUa. II Codice per errore deir amanuense dice Mernoil. 2. Folqel de MarscHa. Folchetlo da Ularsiglia figli" ili Alfonso, era ricco mercatanlc genove- se, e coniponeva dottamente in lingua provenza- le. Si feee poi monaco e mori deH213. E ricor- dato dal Petrarca : Folchello che a Marsiglia il nunte lia dtitn, ec. A'cdi il Crescimbeni (T. II, 11. 33, 30, 2 '.()), il Quadrio ( T. II, p. 113), il Raynouard ( Lessico T. I, p. 341, c Scelta T. Ill, p. 149, e T. Y, p. 450), e il Galvan! II. 24, 62, 96, 202, 294, 430, 456, 470. E nel Codice Naniano, ora Marciano, descritto dal Morelli a p. 448 dell' Indice, trovansi poesie an- che ili lui. 3. Lus Gnindisel. Guido d' Uzez. the mori- va nel 4230. II Nostradamo lo chiama Gny d' Uzez, e i Codici ora lo dicouo Guidonsel , Giiidii^elh, Guidiisell, Giiidniselj ora Gnidii- xel, Guidufeh, ecc, ecc. II Raynouard ( Scelta Tom. Ill, pag. 376 ; Tom. IV, pag. 30, e Tom. V, pag. 473) e il Galvani pag. 47, ne recano poesie. 4. Gaiizberl de Pomipol ( cosi il Codice ). Questi e Gualberto o Alberto di Poggibot va- riamente detto Gasbert de Poi/cybolj ec, otti- mo poeta provenzale. Mori nel 4263. Vedi il Crescimbeni (p. 80, 81, T. 11), il Quadrio (T. II, p. 423, 420), il Raynouard (Scelta T. Ill, p. 365 c T. V, p. 61, che il chiama Auberl Moine de Pai- cibol), e il Galvani p. 315, il quale osserva uno sbaglio nel Crescimbeni nello avere tradotta la voce bauzias per allegrezze, mentre vuol dire inrjanni, a proposito di un Tratlato di Alberto (li PiHjfiibolto. Sue poesie sono nel detto Codice Yaniano. di cui il Morelli a p. 1 i8 dell' Indice. 3. I'aiifri Hudel. GiulTrcdo Rudello gentiluo- mo signore di HIeus o di Blaja in Provenza fu buono poeta e facile nel romanzare. Mori nel 1162. Si nomina anche Ganfres Jludell^ Jaufred Hndelj Gianfre, Giofrij ec. (Crescimbeni, T. II, p. 1 1 ), (Rayn., T. Ill, p. 94 e T. Y, p. 163 Scel- ta). II Galvani non lo ricorda, se bene ho os- .scrvato. 6. Giiilkrmcn Azeni'ir. Guglielinu Adimaro gentiluomo provenzale compose il catalogo delle donne ilhistri in rinia provenzale e lo dedied air imperatrice maglie di Federico. Mori del 1190. Aleuni lo chiamano Guilhem Adhemar, e Giiiliems Ademars. \i e parimenli un Giij/ie/- 458 DKI.L.V LEANDREIUE, POEMA ANOMMO INEIMTO, EC. mo Gasmar die sembra essere lo stesso. ( Cre- scimbeni, T. II, p. 28, 29 ) ; (Quadrio T. II, p. 113 ec. ), (Raynouaril lo dice .4(lliemar. Les- sico T. I, p. 345, e Scelta T. Ill, p. 192, e T.V, p. 178 ), Galvani p. 164, 165, 166. 7. Guikriu rfe Biarz. Guglielino del Bauzio principe d' Oranges, e ricordato anche da Ma- rio Equieola nel libro quinto cap. ultimo Delia Natura d' Amore,e lo dice Guglieliiio del Bans. Crescimbeni T. II, p. 191) Quadrio T. II, p. 120) ( Rayn. Scelta, T. V, p. 184). II Galvani non lo nomina. 8. Arnaul Daniel. Arnaldo Danielle fu poe- ta dislinto vissuto circa 1189. Alcuni lo dissero Jfernaut Daniel e Daniels^ altri Nnrnald, altri Arnold. Dante si valeva dell' autorita di lui, e 10 riponeva fra' poeti provenzall piii eccellenti. ( Crescimbeni, T. II, p. 21, 27, 237) ; Quadrio, T. II, p. 112, 146, ec. ) ; Rayn. ( Scelta T. II, piu volte e T. V, p. 30): (Galvani, p. 24, 99, 100, 101, 491, 605, 609). Poesie di lui stanno anche nel Codice Naniano suaccennato. 9. Fonsalada. E Elia Fonssalada o Fontesa- lata, di cui a p. 184, T. II, il Crescimbeni dice che fu meglio novellatore che trovatore. L'ano- nimo scrive : Fonsalda que qanl roy Aragon j ( Raynouard lo ricorda nella Scelta T. V, p. 1 42, 143, e cita altri autori ). II Galvani non ne parla. 10. Giraudon lo ros. Di Giraudon lou Roulx o Giraldone, o Girardo il Rosso, e forse anche Giraldino, fece nienzione il Tassoni nelle Con- siderazioni sopra il Pelrarca c. 17. Di lui sono rime nei Codici pro\enzali di S. Lorenzo diFi- renze, ov' e chiamato Girardon lo Ros. ( Cre- scimbeni, T. II, p. 132, 133 ) ; (Quadrio, T. II, p. 137); (Rayn., Lessico T.I, p. 323, Scelta T. Ill, p. 5, ove lo dice Girardo, e T. V, p. 172). 11 Galvani ( p. 38, 39, 40 ) lo chiama Giraldo o Giraldetto il Rosso Irovalore genlilissimo. Egli stesso poi nelle sue poesie si dice En Giraudet lo Ros. 11. Elias Cairel. Elia Carello, o Quadrello, detto anche Carel, e Cairels, e Carell era orefi- ce ed argentiere, ed ha rime nel Codice 320 i dellaVaticana. (Cresciinfteni, T.II, p. 183, 181); ( Quadrio, T. II, p. 117 ) ; Rayn. T. I, p. 435. Lessico, e Scelta T. Ill, p. 430, T. IV, p. 295, T. V, p. 140). II Galvani, p. 467, Elia Cairello o Quadrelto. 12. Ptrdigon. Questi era poeta comico, musi- co, e sonatore d' ogni sorta stromenti da corda e da fiato. (Crescimbeni, T. II, p. 85, 86); (Qua- drio T. II, p. 126). (Rayn., Lessico T. I, p. 419; Scelta T. Ill, p. 344, T. lY, p. 16, T. V, p. 278), ( Galvani, p. 48, 68, 203 ). 13. Raenbaut Daurenga. Rambaldo d' Oran- ges datosi a coltivare I'amore delle dame, inna- morossi della Contessa d' Orgueiglie, dice il Crescimbeni. Ma il Monaco dell' Isole d' Ore dice che questa non era la Contessa d' Orgiiei- glicj ma bensi quella di Monte ruggiero. E io sto col Monaco, giacche anche 1' anonimo scrive la Colessa Mon Rosier. Alcuni poi lo chiamano Raimbatdo D'Auvergna altri Rambaiid d'Oren- ge, e cio perche fu signore di quel luogo. Lo ricorda anche il Petrarca. Mori del 1229. Vedi Crescimbeni, T. II, p. 64, 05, 66; Quadrio, T. II, p. 121; Rayn., Lessico T. I, p. 324; Scelta T. Ill, p. 15, T. IV, p. 5, T. V, p. 401. Stanno poesie di lui anche nel Codice IVaniano. 14. Gnlitrm de Saynl Desdier. Guglielmo di S. Desiderio, o di Sant' Isidore, o di S. Didie- ro, 0, come alcuni Codici, de Saint Leidier, o Leisdier, o Disdier, amante della Marchesa di Polignac. produsse varie canzoni nelle quali no- minava la Marchesa col finto nome di mon Ber- tram per non dar sospetto del sue amore al ma- rito di essa. Mori circa il 1185. ( Crescimbeni, T. II, p. 20, 21); (Quadrio, T. II, p. 112, T. V, p. 106); (Rayn., Scelta T. Ill, p. 298, T. IV, p. 135, T. V, p. 207). II Galvani p. 61, 224, 312, 491, riferendone una Rima dice la cui bel- lezza e oltra ogni credere dolce e gentile. L' a- nonimo poi qui rammenta la figlia del conte Rai- niondo prode. (Alia file dels conte Raymon pros). Ora sapendosi che Guglielmo mori al servigio de'Conli diProvenza nel 1183, io credo che quel Raimondo sia, o Raimondo Berengario II conte di Provenza (an. 1144-1166) ch'ebbe una unica figlia nominata Dolce j oppure Raimondo Be- rengario III conte di Provenza, che nel dicem- bre 1 168, ebbe quella contea da suo fratello Al- fonso I, e che mori ucciso nel 1181. L' anonimo DKI. M. E. CAV. F.MMANUELE CICOGNA 459 non ricorda quel Ruimondu conu' poeUi. 11 pop- ta era 1' altro Raiinoncio Berenrjario If j mari- to di Beatrice figlia del conte Tommaso di Sa- voja (an. ^220-12i5), che ricordo ([iii al n. i~. Vedi T. X, Cunli di Provenza nell' Arte di veii- ficare le date, ediz. veneta 1835, in 8.° 16. Cadeitel ( il copista per errore dice Can- denot ). Questi e Cadenetto, umanista e poeta, morto nel 1280. II Kedi nel Ditirambo il chia- ma EUa Cudanetlu, nia nei Codici seinpre Ca- t/eMe/. ( Crescinibeni, T. II, p. -108): ( Qiiadrio, T. II, p. 130); (Rayn., LessicoT. I, p. 300; Scelta T. Ill, p. 213, T. IV, p. 282, T. V, p. 1 10 ). II Galvani non lo nomina. n. Nucde Sainl Sir. Ugo di S. Siro, detto altrinienti Nug de S. Syr, Saincir, Sansil, Sam Sire, Saint Cire, era poeta provenzale buono. Fecc rime in laude di Claramonda di Qninque- ram dedicate alia principessa Beatrice di Savo- ja" contessa di Provenza e moglie di Raimondo Berlinghieri (ossiaBerengario), siccome I'ano- nimo dice: Nuc de Saint Sir fapt sou caiizon enteodre Alia vnlen contessa de proenza. Ugo moriva nel -1223. (Crescimbeni, T. II, p. 3i): ( Qiiadrio, T. II, p. 1 19 ); ( Rayn.., Lessico T. I, p. 417; Scelta T. Ill, p. 330, T. IV, p. 288, T. V, p. 222 ). Galvani, p. 97, 98, 472. 473, 492. — Era poetessa eziiindio la Contessa di Provenza, siccome accennano il Qiiadrio, T. II, p. 123, il Rayn., T. V, p. 123, che ne reca un couplet trat- to dal Millot, e il Galvani p. 27. — Anche il conte Raimondo Bcrengario fu buon poeta, aniante dclle persone dotte, ed e ricordalo da Uante nel canto VI del Paradiso ; egli mori del 4213. Veggasi il Crescimbeni, T. II, p. 72, 73, 74. II Petrarcanel citato luogo ricorda parimenti un Vgo poeta provenzale ; ma nell' anonimo se Be notano due, cioe il presente Ugo di S. Siro, c r altro Ugo de Brunei, che vedremo al n. 31. I commentalori pero credono avere il Petrarca inteso di un terzo Ugo di Penna j che none nominato dall' anunimo : ma il Crescimbeni so- stenta doversi intendere del presente Ugo di S. Siro. 18. Aymerich de Belleniiey. Alraerigo di Bel- vedere fu prufessore di belle lettere e poeta coinico. Mori del 1264. II Tassoni lo chiaiiia ora Belenueij ora Belenoi. Dante, nel Traltato della volgare eloquenza, lo dice Amerigo di Belmi. II Velliitfllo : Jmerigo de Belinghi j ma nei Codi- ci Bellinoi, Bvknoi, e Benanui ec. ( Crescim- beni, T. II, p. 83); (Quadrio, T. II, p. 126); ( Rayn. dice Bellinoi. Scelta T. IV, p. 00, T. V, p. i, 3, 6): (Galvani, p. 03, che pur dice Bellinoi). II Petrarca annovera un Amerigo. L' anoni- mo ne mette due, cioe questo Almerigo di Bel- vedere, e r altro che vedremo al n. 23 Amerigo di Ptgiihiii, (I Pingulano, amendue i qiiali sono rammentati dall' .\llighieri nel suo Trattato de J'ulgari Eloquio (Libro 2, capo 0 e 12 ). Re- sta quindi diibbio a quale dei due abbia avuto mira il Petrarca ; ne gli espositori Vellulello e Gesualdo lo risolsero. 19. Berncirt de /'en/arfor/i. Bernardo di Van- tadore era ingegnoso e di gran destrezza, e sa- peva poetare e cantar assai bene. Varie cose scrisse, e mori del 1223. In diverse maniere anch' esso si trova nei Codici, Venladour, I'en- tedorn, Fenladorn, Uenlador, Uentadom, ec. Veggasi il Crescimbeni ( T. II, p. 30 ) ; il Qua- drio ( T. II, p. 118); il Raynouard ( Lessico T. I, p. 329; Scelta T. Ill, p. 42, ove dice Ven- ladour, e T. IV, p. 7 e T. V, p. 69), e il Galvani, p. 32, 33, 43, 76, 313, 472, 473, 489, 503, 507, 509, e lo chiama genlilissimo fra i gentili, ed amoroso trovatore. Veggonsi sue poesie an- che nel Codice Naniano. 20. Gaucelm Faidil. Gaucelmo Faidit buon poeta pro>enzale mori del 1220. Lo ricorda il Petrarca nel citato Trionfo d'Amore, e fu ai servigi di Riccardo re d' Inghilterra, eosa ri- cordata dall' anonimo. Variamente viene chia- mato, Ganselm Faidilz , Ganselm, Gauselin, Gdiiselins, ec. Alcuno lo ha detto Anselmo di Fedcrigo. Vedi Crescimbeni ( T. II, p. 43, 44, 232) ; Quadrio (T. II, p. 117, 146); Rayn. (Les- sico T. I, p. 308: Scelta T. Ill, p. 282, T. IV, p. 13, T. Y, p. 138); Galvani, p. 51, 62, 68, 137, 181, 488, 312, 487, 608, dicendolo Gau- celmo Faidilo. Sue poesie stanno nel citato Codice Naniano ora Marciano. 21. Richarl Reys delz Engles. Questi e inse- rito dair autore ove del detto Gaucelmo Fai- 460 DKI.LV LKANDRF.IDE, POKMA ANOMMO INEDITO, EC. ,lito. — Riccai-do re d' Iiigliilterra era sopran- nominato Cuor di Lionc, rimava, e poetava alia foggia dc' provenzali. Crescimbeiii ( T. II, p. 95-9G); Qiiadiio ( T. II, p. 132); Rayn- (Scelta T. IV, p. 18 1, T. V, p. 130 ) ; Galvani p. 63, 98, 508, che lo dice piii (jran giienkro die gran Re. Mori\a nel 1199. 22. Raenbiuil de Faclicras. Ranibaldo di Va- chera figliuolo di uu cavuliere di Piovcnza si- gner di Yachera, fu buon poeta e comico pio- venzale. Mori nel 1220, ricoidato anclie dalPe- trarca nell' accennato Capitulo del Trionfo d'A- more. II iVostradamo lo appella Rambaud de J'a- chieras,a\li\Rambaul,Ranbuulz,Ruembaul,eQ. Vedi i soliti Crescimbeni, T. II, p. 36, 37, 58; Quadiio, T. II, p. i20 ; Ray., Lessico T. I, p. 36i, Scelta T. Ill, p. 236; T. IV, p. 11, T. V, p. 416. Galvani trova gustosa una sua tenzone, p. 80, S6, d09, 110, 181, 471. 23. Aymeric de Pegulaii. Amerigo di Pingu- lano, di cui il Crescimbeni ( T. II, p. 78), c il Quadrio { T. II, p. 123), gentiluomo di Tolosa, fu buon professorc di poesia provenzale, e mori circa il I2G0. Alcuni il dissero NaymeriCj e al- tri PicjttiUan,Perrjoilhan, PingiiillanjPigonaitj Putham, Peciiliaii, Pegiillai; ec. Vedi anclie il Rayn. che lo dice Aimeri de Pegiilain. Lessico T. I, p. 429, Scelta T. Ill, p. 423, T. IV, p. 23, T. V, p. 8, 9 J e Galvani p. 33, 64, 229, 230, 314, chiamandolo cekberrimo genliluomo To- losano. 24. Guillerm de BcrjKerfan.Guglielmo di Ber- gedamo, o Berghedano, ricco barone di Catalo- gna, e Visconte di Bcrgedamo, ossia di Berga, fu valoroso guerriero e poeta. iMori poco dopo il 1260. (Crescimbeni, T. II, p. 191, 192); (Qua- drio, T. II, p. 123), (Rayi., T. V; Scelta p. 186); Galvani, p. 31, 498 ). II Petrarca nel suaccenna- to Capitolo quarto ricorda fra' provenzali un Guglielmo die per cantar ha 'I fior de' suoi d'l scemo. Ora piii Giiglielnii provenzali poeti ram- menta qui 1' anonimo : ma fra questi non vi cor- risponderebbe altri, a mio parere, sc non se qiie- sto Guglieltiio di liergedamo, del quale aggiunge il Crescimbeni (I.e.) essere rimasto ucciso da un pedone certamente sul fior degli anni. Gli espositori peraltro dieono avere il Petrarca in quel sito intcso di Guglithiio di Cubestano, di cui leggesi ncUa ;\ovella nona della Giornala quarta del Decnmerone essere stalo ucciso da Guglielmo Rossiglione. E se e cosi, di Gugliel- mo di Cobeslaiio non credette di far menzione r anonimo. 23. Miraval. lo credo die questi sia Raimondo di Miravalle, povero cavaliere di Carcassuna, il quale possedeva una parte del Castello di Mi- ravalle, c che per la bellezza della sua poesia e del suo canto ogni dama ed ogni damigella ama- va di averlo in conversazione. Mori del 1218 carico d' anni. Vedi Crescimbeni (T. II, p. 40, 41, 42 ) ; Quadrio ( T. II, p. 1 16 ) ; Raynouard (Lessico T. I, p. 423; Scelta T. Ill, p. 337. II Galvani a p. 489, 306. chiamalo Miravaho e an- che Miravalle. 26. Guillerm de JUonlagnegol. JNuUa piu del nome nel Codice, dicendo, con altri che segno- no, Ciascliun Irop val. Guglielmo Montanago citato dal Tassoni nelle anzidette Considerazio- ni a c. 291, 297, e lo stesso che Guglielmo Mon- lagnagollo o Monlagnacollo, o Montagnagol. Vedi Crescimbeni ( T. II, p. 195, 200, 201 ). II Quadrio (T. II, p. 113) lo crede forse quel Guglielmo di Moiitagolo o Mondagolo e\\e hi ve- scovo di Avignone nel 1310, e poi nel 1312 ve- scovo cardinale Prenestino. ( Ilayn. lo chiaraa Monlagnagout. Scelta T. IV, p. 214, T. V, p. 202 ). II Galvani non lo nomina. 27. Per Fidul. II nome solo nel Codice. Pie- tro Vidal figliuolo di un pelliciaro di Tolosa (die caniu meglio di qHulungue allro ) canto anch'egli possedendo in ottimo grado la musica. Mori circa il 1229, e il Petrarca ne ha parlato nel suo Trionfo d' Amore. E chiamato Peyre tidal, 0 Peire Viduls (Crescimbeni, T. II p. 67, 68, 69 ) ; Quadrio ( T. II, p. 122 ). L'n brano ilelle poesia del Vidal sta a p. 133 del Reggi- niento delle donnc del Barberino. Milano Silve- itri 1842 in 8." II Vidale rammeutasi c se ne recan poesie dal Raynouard nel Lessico T. I, p. 401, 417 ; Scelta T. Ill, p. 318, T. IV, p. 24, e 334, T. V, p. 334 ; e dal Galvani p. 392, 492. 28. Monge di Munlandon. II solo nome nel- 1 anonimo. II Monaco di Montaudon fu gentiluo- mo d' Alvernia (Auvergne) e si fece Monaco di:l m. e. cvv. emmanuele cicogna 461 della Badia di Orlac. iVclle sue coinposizioni fu molto siiliiico, e sue rime sluiino nei soliti Co- difi ViitUani e Laurenziani. A edi Crescimbeiii ( T. U, p. 200 ) ; Quadiio ( T. II, p. 433 ) : Ilaynuuanl (Scelta T. Ill, p. 440, T. IV, p. 42, T. V, ]). 203). II Galiaiii iion ne paila. 29. Puns de Cupdiicol. iVulla piii del uome nella Leandieide. — Ponzio di Vapodorjiiu, o piu propriamente di Ccpitolio o Cainpiducjlio detto Puns de Capdiioill, >aloro.so fu non iiieni) ml- I' ainii the nelle lettere e particolarmente nel poetare in lingua pio\enzale. Fu detto anche Capdoillj Capduch, Cupditill, Capdueill e Cab- duoill. Mori oltre mare. ( Crescimbeni, T. II, p. 200, 207) : { guadiio, T. II, p. 420) ; (Ilayuo- uaid, Scelta T. II, p. 170, T. H', p. 90, T. V, p. 352 ). Galvani, p. 473, 506, 508, lo dice anche da Ca7npido(jliOj e dcil Campidoglio. 30. Ricliaiit de lierbecil. II nudo nome nel Codice. Riccardo signore di Berbisino, uomo di bella presenza, e molto esercitato nelle sacre lettere, e nella poesia provenzale, ed eziandio nelle matematiche, fu anch' egli trasportato da amore. Mori circa il 1383. II suo nome e assai variato nei Codiei, per esempio Berbesin, Ber- bezilh, Betbesill, Berbesieu, Berseil, ecc. Si vegga il Crescimbeni, T. II, p. 155, doG, 157 ; il Quadrio, T. II, p. 144 : il Rayn., Scelta T. Ill, p. 452, T. V, p. 433, che lo dice Richard de Berbesillej il Galvani, p. 3-17, 501 che lo chia- ma Riccardo di Bvrbezille. 31. Nuc eh Brunei. Solo nome. UgoBrunetto gentiluomo di Rodes, professore di belle lettere e buon poeta in lingua provenzale, e ricordato ual Crescimbeni, T. II, p. 48, 49 : e dal Qua- drio, T. II, p. 1 18. iVe' Codiei con varieta e chia- mato jYuc Brunes, o Brunees, o Brunent, c BrnneU, ecc. iMori nel 1223. II Raynouard lo dice Hugues Brunes. Lessico, T. I, p. 400 ; Scel- ta T. HI, p. 315, T. V, p. 218. II Galvani pur ne parla a p. 313, e a p. 512, ove forse per er- rore di stampa e detto Brunello anziche Bru- nello. 32. Peroul. Solo nome. Pieruolo, detto Pei- rols, e Peirol, era d' .4.1vernia, d' un castello detto Peirol, e povero cavaliere, ma buon tro- vatore. Alcuni lo hanno confuse ( dice il Cre- \I. seimbeni, T. II, p. 203 ) con Pieiro d' Alver- nia soprannominato il Vecchio, figliuulo di un cittadino di Chiaramoute, del quale fu men- zione il Petrarca nel citato Trionfo d' Amore, e lo stesso Crescimbeni ( T. II, i>. 411, 112, 113). Pei/rols lo appella il Rayn., Scelta T. Ill, p. 268, T. IV, p. 402, T. V, p. 281 ; e il Galvani, Pei- /•o/o a p. 21. — Di Pieiro d' Alvernia veggasi 10 stesso Rayn., Scelta T. Ill, p. 327, T. IV, p. 7 e T. V, p. 291 ; e il Galvani, alle p. 31, 47, 76, 435, 436, 508. Anche nel Codice Naniano sonvi rime tanto di Pieruolo, quanto di Pieiro d' Alvernia. 33. Giraud Borneil. Solo nome. Girardo di Bornello gentiluomo di Limoges, e quello di cui si e veduto il nome al num. 3 fra i poeti recen- ti ( Libro 4, canto 7 ). E quindi non so come Dante aver possa mostrato all' anonimo due volte un persunaggio stesso. E chiamato era Borneill, Bornail, Bornello, Brunello, ed ora Ge- rardo, Girardo, Giraldo. Egli era nato da po- veri genitori ; fu uomo saggio e prudente e 11 miglior poeta in lingua provenzale de'preceden- ti e de' posteriori, dice il Crescimbeni. Mori nel 1278. II Petrarca nominollo nel citato Trion- fo, dicendo : E il vecchio Pier d' Alcernia con Giraldo. Vedi il Crescimbeni ( T. II, p. 98, 99, 100, 101 ) ;. il Raynouard, Lessico, T. I, p. 375, 399 ; Scelta T. Ill, p. 304, T. V, p. 166: il Gal- vani, p. 31, 32, 139, 140, 509, 521. Vedonsi sue poesie nel piu ripetuto Codice IVaniano. 34. }Iaria Devenladorn. II solo nome. Maria di V antadore o V entedorn, fu donna nel Limo- sino la piii pregiata del secolo XIII, e poetessa. Sue rime stanno nei soliti Codiei Vaticani. Vedi Crescimbeni, T. II, p. 199; Quadrio, T. II, p. 122 : liay ii., Scelta T. t\ , p. 30, T. V, p. 257. 11 Galvani, p. 27, chiamala Maria di Venla- dorno, ove nota le donne che si distinsero nella poesia provenzale. 33. Raymon I'ordan. II nome solo. Raimondo Giordano, detto anche Remon Jourdun, fu buon poeta in tutte le lingue volgari. Mori intorno il 1206. II Tassoni nelle Considerazioni al Petrarca c. 19 lo dice Jorda, forse perche nel testo da lui veduto raancava l ultima lettera n o la lineetta sopra In (Crescimbeni, T. Il, p. 31,32,33; 69 462 DELL.V LEANDrxKlDK, POEMA ANONIMO INEDITO, EC. Quiidrio, T. II. l>. 1 li : R;ivii., Scella T. IV e V, p. 376; Giilvaiii, p. 312, 45i riferendo una novella che lo riguardn. 30. Ndlberlel paiibertin de Bonareil. II nome solo. Trovo iiel Cresciinbeni ( T. II, p. Hi, 115) uu jilberlo detto anche Alberlel de Si- sterotij poeta coiiiico assai stimato, di ciii rime stanno nel Codice Vaticano num. 320 i, e di cui paria pure il Quadrio ( T. II, p. 133, T. IV, p. 33) come poeta drainmatieo. II Raynouard nel Lessico T. I, p. 496, lo dice .llberlel de Gap oil Albert de Sisleron. IVe park pure nella Scel- ta T. IV, p. 40, e nel T. V, p. 13, dicendolo : Alberlel de Bonareil ou Albert de Sisteroii. Vn brano di poesia di Albertetlo tratto dal mano- scritto esteuse riferisce il Galvani a p. 469: e a p. 316 e 491 lo chiama Alberto da Sisterone. II chiarissimo siguor Teza, che ho dianzi ricor- dato, suppone che in vece di paubertin , che leggono i Codici, s'intenda Lamberli de Biivarel o Bonarel, di cui il Raynouard ci da poehi frammenti ( Seelta T. V, p. 243 ). Quindi sareb- bero due nomi, I uno Alberlel, I'altro Lamberli de Bonarel. 37. GuiUierin Dundiita. 11 solo nome. i\e nel Crescimbeni, ne nel Quadrio, ne nel Galvani trovo queslo poeta. II Millot pero lo ricorda nel Vol. IV, p. 408 della sua Storia de'Trovatori : e il Raynouard, nella Seelta T. V, p. 178, reca un frammento delle sue poesie. La famiglia D' Aii- dusa era nobile dAlvernia, della quale una£//!a figliuola di Bernardo D' Andusa e rieordata a p. 39 del Vol. II del Crescimbeni, e a p. 120 del Vol. II del Quadrio, circa I' anno 1220. II sud- detto Raynouard nel Vol. Ill della Seelta, p. 333, reca poesie di una Cliiara d' Andusa, e a p. kkxi del Vol. I, e la traduzione d' uno squarcio delle poesie di essa. E probabile che Guglielmo fosse della stessa famiglia. Bernardo c anche ricorda- to dal Crescimbeni a p. 190 del detto Volume. 38. FoUjrl da Roman. II solo nome. Folclietto di Romano, detto anclie Folquet de Romans o de Rotmans, fu buono giuUare, e poeta vagante per le Corti de' principi a dar luro solazzo. Sue rime stanno de' sopraccitati Codici Vaticani e Laurenziani. Vedi Crescimbeni T. II, p. 186; Quadrio, T. II, p. 114; Rayn., Lessico T. I, p. 486 ; Seelta T. V, p. 452. II Galvani non lo rammenta. 39. Pere de Bunifaci. Nome solo. Pietro di Bonifazii, gentiluouio di Provenza, si diede in sua giovenlu alio studio delle belle lettere, e dipoi alia poesia, e al rimai- provenzale. In seguito studio anche f alchimia. Mori nel 4383. E chia- mato Pierre de Bonifuziis dal Nostradamo. Vedi il Crescimbeni, T. II, p. 457, 458; il Quadrio, T. II, p. 145 : e il Galvani, p. 317. II Raynouard nel Vol. ^ della Seelta a p. vi, dice che non trovo nel mss. alcuno de' frammenti di qnesto Pietro citati dal Nostradamo. 40. Pier Roijier. Solo nome. Pietro Ruggero era canonico, ma rinunciato il canonicato, prese a girare per le Corti de' principi, recitando e facendo il comico. Fini la sua vita ueciso circa r anno 4330. II Petrarca nel ripetuto canto quarto ricorda due Pietri, dicendo : Eranvi quei che Amor si leva afferra L' un Pietro e 1' altro. L'uno era Pietro Vidal, di cui al num. 27, 1' al- tro e il presente Pietro Ruggeri che il Gesualdo nella sposizione chiama Pietro Negrieri d'Aluer- nia. Vedi Crescimbeni, T. II, p. 433, 434,435 : Quadrio, T. II, p. 438; Raynouard, Lessico T. I, p. 327 ; Seelta T. Ill, p. 27, T. IV, p. 3, T. V, p. 330; e Galvani, p. 462, 510, 311. 41. Peire Raymon gentih Tolosan, e null' al- tro ha il Codice. Pietro Raimondo il prode o il valoroso e rammentato dal Crescimbeni ( T. II, p. 32, 63), e dal Quadrio (T. 11, p. 449). Nati- vo di Tolosa si trovo alia guerra di Soria con- tro gl'iufedeli, e inori nella guerra tra i Conti di Provenza e di Tolosa circa il 1223. II Nostrada- mo lo appella Peyre Remand le proux j ma nei Codici Fiorentini e Vaticani si legge sempre Pei- re Raimon de Tolosa senza I'aggiunto lo proux. II Tassoni, nelle Considerazioni al Petrarca, si valse dell'autorita di qnesto poeta, che (a p. 356) chiama Pietro Ramondo poderolo. II Raynouard, Lessico T. I, p. 334 : Seelta T. HI, p. 120, T. V, p. 332, lo dice soltanto Pietro Raimondo Tolo- sano. — II Galvani, Pier Raimondo di Toloia, a p. 491. 42. Raymon Fidal. II solo nome. Qnesto Rai- mondo Vitale non lo veggo ne nel Crescimbeni, MA. M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA 463 ne nel Qiiadrio.A'f leca jiero poesie il K.Tyiiouard nella Sct-lta T. Ill, p. 398, c ne parla nel Vol. V (lella stessa, p. 397. Cosi il Galvani ne lisUimpa una poesia a p. 391. II Ilaynouard lo dice Uai- inondo \idal de Bemudun, e il Galvani di Bezo- duno 0 Besalduiio. 43. Nazimar lo Neyrier. C e il solo uonic nel Codice. — Naimaro, oppure Don Adimaro il Negro, detto Nuimars lo Neijres, fu eortesc c gentil trovatoie, niolto aniato dalla gcnle, e in particolare da re Pietro d'Aragona, e dal Conte Raimondo di Provenza. Ula, dieono gl' intelli- genti, elie non fu mollo eccellente nel poetare. ( Crescimbeni, T. II, p. 201 ; Quadrio, T. II, p. 117; Rayn., Scelta T. V, p. 50-57 dieen- dolo Azimar lo iioir). II Galvani non lo ricorda. 44. Guillienn Magrel. Solo nome. Guglielnio Magretto detto Gitillems Mayrcl, fu di Manes ed escreilo 1' arte giullaresca. Compose buo- ne canzoni, e serventesi, e cobole, ec. Mori in uno spedale di Spagna. ( Crescimbeni, T. II, p. 193) ; (Quadrio, T. II, p. 142) ; (Raynouard, Lessico T. I, p. oW, e Scelta T. Ill, p. 419, T. V, p. 201. ) Non lo ha il Galvani. 45. Peyre da Pomarol. II solo nome. Nol veg- go citato da' soliti scrittori Crescimbeni, Qua- drio, Raynouard, Gahani. E percio convien dire o che sia qualche sbaglio nell' indicazione del nome e cognomo, oppure che sia confuso eon altri trovatori del nome stesso. 46. Daude da Prodas. II solo nome. Deudo dei Prati, detto provcnzalmente Deudo di Pra- dasj nativo di un borgo denominalo Pradas presso la citta di Rodes, fu uomo letterato e buon tro^atore. Yiveva circa il 1223. Vedi il Crescimbeni (T. II, p. 183): il Quadrio, (T. II, p. H8 ) ; il Raynouard, ( che lo dice Deudes de Prades. Lessico T. I, p. 427, 563 : Scelta T. Ill, p. 414, T. V. p. I2C ) : e il Galvani che lo chia- ma Dodo di Prada, p. 355, 468. 47. Giraul de Calmunyer. Solo nome. Lo credo quel Giraldo di Calanzone, detto Giraul de Calanzoii, giullare di Guascogna, bravo let- terato, sottil trovatore, di cui varie poesie sono nel Codice Vaticano num. 320 i, e di cui il Cre- scimbeni ( T. II, p. 189 ; il Quadrio ( T. II, p. 123 ) : il Raynouard ( Scelta T. Ill, p. 388 ; che dice de Calanzon, e T. V, p. 468), e il Gal- vani, p. 486, 313, 464 ; che il chiama ora Gi- raldo, ora Girardo da Catansone. II sopracci- tato signor Teza conghietturando crede sia Gi- raldo Cabrier j ma non neya yli allori all' nliro se inai visse poeta. Finisce la leggenda il nostro anonimo cou sette versi pur provenzali. E poiche il valentissinio sig. Teza suaccenna- to, si compiacque, a mia petizione, di ricopiare il presente canto \III tal quale e nel Cod. \e- neziano coUe varianti del Tri^igiano. e di sog- giungere la lezione ch' egli crede di proporre, la sua traduzione, non che parecchie note, cosi in fine alle present! aggiungo questo suo lavoro. (118) Noto alcune varianti del Codice .4m- brosiano ( secondo il Quadrio ) e de' Codici Tri- vigiano e Veneziano, le quali stanno nel libro primo, canto primo, e nel libro quarto canto settimo. AMBROSUNO trivigia.no VEi>EZIAXO Phetonte Phetone Phetone snrta fatta fatta piu mora dimora dimora libello libello libro dironne di rove dirone notabil nobele notabil di che da che da che cost! cestui chostui Grioni Zironi Grioni Infula insula infula Nella fine del Codice Trivigiano, relativaniente a quanto dissi. si Icggono di altra mano alcuni versi amorosi di varia misura, che coniinciano Dira che Leii ch' gno?i> el tuo duro chore . . . e sono conipresi in undici pagine. i quali versi finiscono : Hugni tuo mal nianoia ogni beu mi piace 0 sccho ti dia chon cordia pace. FiMS AMEN, e r epoca M.CCC.LV. Segue la gia indicata nota di mano piu re- recente : 1619 20 ik/hio. Ilic liber esl iitci qui Florarantius nomine vocor. A piedi poi del li- bro terzo. canto ottavo, terzetto primo, si legge 464 DKLL-V LK\NU1\KII)E, POKMA ANONIMO INEDITO, KG. pur (li maiio del secolo XVI. Neslor Jzzoniiis Jdvocdi-ius 1027 iiniii, il quale Nestorc e pro- luihiliiienlL' quelle clie del 1598 e ricordato dal Buriliellati ne'Commenlaru a p. 321. — In uual- tra nota modenia, posta sui risguardi silegge: Libra niio coiiipeiiito da me soltosciilto I' aiino -1830, apparteneeii olla librcria delht nubile fa- miylid degli Azzoni Aooijuio in parrocchia S. Andrea scrilto nel 1200 incirca ( iguoranza dello scrittore) ripMi Edunaci « » Fabulo \ Lib. 4, canto 9. De pi «erde Oltre a queste e moltissime altre scorrezioni varieterzine sonoposte fuori di luogo nel Codice Trivigiano, cosiccbe a primo aspetto pare man- cantc, spezialmente nel lil)ro quarto, canti ter- zo, quarto, ottavo. II Codice Veneziano e meno ^scorretto, quindi piu facile ad intendersi. Eseo VEJiEZIAISO conlradictori starse. gia slarse atteso clie cosi portava la corrispon- nel corpo sezzajo. hando. et cetera. scanipo. et a I' lino di lur. f te ho descrillo. Sotade. Arrighelto. a laude degne. concive. Guinicelli. a messer Cino. perspicace e bene, per la liraniiia. Ha istesso eletto volunlario exilio. Mino focalo. Senuccio. Guielmo. E di Macci. Fa bio. di peneide. pero manca de' due ullimi versi della prima pa- gina, ossia de' due ultimi versi della undecima terziua del libro primo, perche t'u tagliatci il lembo della prima carta, ehe Corse avra avuta una miniatura, c forse anche il nome e lo stem- ma deir autore o del possessore. Inoltre manca DEI. M. K. CVV. EMMANUELE CICOGNA 465 del terzo verso della terza terzina del libro pri- mo, canto secondo : a' quali difetti ho siipplilo oolla scorta del Codice Trivigiano. — Tanto quest! due Codici, quanto 1' Ambrosiano veduto dal Quadrio, non hanno trascritto il cunto primo del secoixio libro, poiche, come ho dctto, il se- condo libro comincia col secondo canto in quo scriptam epislotain Leuniler nulrici Iradil : Poy cli ebbe iscrilla cotesla Leandro, alludendo ap- punto alia letteia che ad Ero col mezzo di Manto inviava. Convien dunque dire che, o I' unoniino non iscrivesse mai questa lettera, o se sciitta, non r abbia insei'ita nel suo poenia, ove dovea stare tra il canto decimo del libro primo, e il principio del libro secondo : quindi fu ommessa in tutti e tre i Codici. (120) Questi furono il Quadrio nel luogo ci- tato; Marco Foscarini ( Letteratura Veneziana, -1752, p. 318, n. 275 ) : Giovanni degli Agostini ( Scrittori Veneziani, 1752, Vol. I, p. xv, xxviii e 291 ) : Jacopo Morelli (Operette T. I, p. 180) ; ed eziandio il Tiraboschi ( Letter. Ital. Vol. V, p. G29, 777, 778, edizione venela, 1824) ; Giam- battista Verci (Scrittori Bassanesi, Vol. I, p. 2i, 22 ) : e il Mazzuchelli ( VoL II, Parte III, ove nomina Boccasso Giovanni ), ec. ec. (121) Fra gli anonomi contiamo ainieno tre cronacisti in terza rima. L' uno e contenuto nel Codice Marciano XXVIII della classe IX. L' al- tro in uno della Ulagliabecbiana, un brano del quale reca Gianibatista Tondini a p. XLIX, do- cumento XXXIX delle Memorie concernenli la Vita del cardinale Tommaso da Frignano (Mace- rata 1782, in 4.° ), e il terzo inlitolato Zecliiii pe f'ciiiexia impresso per esteso dal conte Ni- colo Taccoli in Parma nel 1748 fol., del quale poenia ho detto anch' io a p. DO, 91 del \o\. M delle Inscrizioni Veneziane. (122) I)i Pieiro de Nalali vescovo di Jesolo e poeta, veggasi Apostolo Zeno nelle Disserta- zioni Vossiane (T. Il, p. 31, 43 ), e le Inscrizio- ni Veneziane, Vol. I, p. 94 e 357. (123) Del Piacentini e del Recaiieliij parla- vano anche il Crescimbeni, il Muratori, 1' Ago- stini, il lUorelli, gia da me ricordati, ove di que- sti due poeti a p. 265. Vol. Ill delle Inscrizioni. (124) Anche di Antonio Cocco poeta ho detto a p. 269, 270 del Vol. V delle Inscrizioni, citan- do e r Allacci, e il Crescimbeni, il (piale ne reca un sonetto diretto a Franco Sacclielli e che co- mincia : A me i; gran gratia Franco aver udito ( p. 207, T. II ). (125) II Crescimbeni, a p. 226 del Vol. Ill dei Commentarii della Volgar Poesia, reca un sonet- to di Filippo Barbaiigo nobile veneziano, che fiorivanell'entrare del secolo XV, e che comincia: Se mai in pnrpurea vesle il nobil Tosco (126) L' Agostini a p. xvi della Prefazionc al primo Volume degli Scrittori Veneziani cita nn Codice cartaceo, ch' era appo i Minori Os- servanti di S. Francesco della Mgna, contenente laiidi spiritually fralle quali una era di Jacopo yalaresso composta nella nascita del Salvatore. Di questo Jacopo non parlava ne il Crescimbeni ne il Quadrio. Fioriva alia fine del secolo XIV. Io ho riporlato il principio di qucUa lauda cosi : Veniti tutta zenfe Aldir cosa novella Oijnhomo dulcemenle Guardi la verzenella Che ha parturito II nostro Salvator. (Vol. II, p. 147). (127) Di Leonardo, o Lionardo Ginstiniani scrisse la Vita il padre degli .Agostini ( T. I, p. 135 e seg.), e ne ho detto anch"io a p. 71, 72, T. II nelle Inscrizioni di S. Andi-ea della Cer- tosa, e a p. 516 del Vol. V, nelle giunte a (|uel- le Inscrizioni. (128) Libro 4, canto settimo, terzetto trente- siniosettimo. (129) L' Agostini ( T. I, p. 155 ) raccolse questi due sonetti da un Codice possednto allora dal dottore Gianfrancesco Biirc/iellali cittailinci trivigiano. (130) Quante sieno le ^ite e gli elogi deltati in onore del protopatriarca 5. Lorenzo Ginsti- niani, veggasi a \>. 50, 51 del inio Smjgio di Bibliografia Feneziana (^enezia, 1847, in 8.°). A queste aggiungersi ponno quelle uscite in que- st'anno 185(1 nella occasione del quarto eente- nario della morte di lui : fralle quali : fila di S. Lorenzo Ginstiniani primo patrinrca di Vene- 4G6 DELLA LEANDREID1 ., POEMA ANONIMO INEDITO, EC. zia, aiiijixnldvi una tiotizia (telle sue opere. — liiii dell" Oratorio), e le l\ollzie

  • delta letteratura di Provenza: e die sotto quelle lettere inisteriose non riposano certo dei qioielli. l/i rontiniti it sno affetto e mi creda VeaGzia, 22 aprile 1857. tutlo SIIO EMILIO TEZA. 468 DELLA LEANDUEIDE, POEMA AN0]S1M0 INEUITO, EC. CODICE VENEZU?;0 CODICE TRIVIGIAIVO 1. Ainaul de Mcrnoil ieu suy clanianlz Quen toles mas chanzon ses jauzinen Ri than' e plor c sper desespcranlz 2. Dii* roon voles non aus nc mon calcn Vas Amors e mamie nc pel tiraors Non las ges queu non die mon passamen 3. En yoy en gang en ris tray ma dolors Dlc en avan diray de raa coropania Che say qel chier e vol larme c con cliors. 4. Qesl cr celuy qi se reclam de spaina De Marseila Folqet qe se ranchura E pel affan d' amors se plora e laina 5. Qests dos ciasrliun dela son forfailura Peolut qcn contra Amors ios mal parlanz Reqier perdons hiirailz e cum drechura 6. Lus guindisel iaulres qe merceranz Promet amor leyals e blau lauzar Gauzbcrl de Pomipot honoranz 7. Lomtan amors fes pos qel autre amar Che fu clamatz per tout Yaulre Rudel Mas laulre er nom Guillermen Azeraar. 8. Seg vicn Guilerm de Biarz Arnaul Daniel Fonsalada che qaol roy aragon Giraudon lo ros e lias cairel 9. Li malz damors tolz lauza perdigon Qe! ben li fays meis dous e meys grazir Cant son servatge dona gazardon. 10. Se podez bom Raenbaul daurenga auzir Qant qanle la cotessa moo rosier Trobaria mont donzor ben aug er dir. 11. Al siens Bertram Gulierm de saynt desdier Alia file dels conte Rayraon pros nilz aman joncas car mercie les qier. J 2. Candenot vas Amor tug cossiros Prova qesenl ne Bran non puot defendre Horn contrefforz damor trop valoros. i3. rSuc de saint sir iapl son canzon entendre Alia valen conlessa de Proenza Da part sanne chui non sausa deffendre. 1 4- Aymerich de Bellenuey temanza A de petit amar qant ama tort E pauc le sembia sa gran capitaoza. 1 5. Bcmarl da Ventardorn eus de con nort Fis amadorz qel disl qe povrc c richc Amors fayl dun paratge senes tort. I. ... Merneil sui clamalz Qucm loiems chancon Sesiaii imem de se sperantz 2 voles iitlem Vas amoros emanne quern non 3. Enion en gang Iral dirai compagnia Qe sal qel chier 0 vol frame e clion c/iora 4. ... zelui rechlam dispania De Marsilia E pel afan da mors sepulura echlania 5. Quests dos cascbun nela son frosulura Penluet cbeu chontra parlamz e cbo drechura 6. Lus qui desel che merceanz Hals e blnn laucar Gauzbet de pomipol honoranz 7. Louitam ... fez ... qe laulre clamantz per lotz ianfre chrudel . . . . er non giuler men acemar 8. ... guielrin de ba biarz chant roi elias chairel lanca . . . lais gracier Chant sont servalgie dona gazardonz ID. Se poles rechubant da urenga aucir choutesa mon ronsier donclor II Alia 6le ebon raimond Duz aman ioncbas char mergie lesquicr. 12. Quande not vas amar tug chosiros Proa qe sent ... on constres lorz 1 3 fait sont chancon inlendre Ala chontesa de prouence t/Uanil E pave chapitanca 1 5. Bernar da venlador eus da chon horl . . . aroadors pavre /ait duz sens tort. DEL M. E. CAV. EMMANUELE CICOGNA LEZIOrSE PROrOSTA TRADCZ10>E 1. Arnautz de Maructh ieu sui claraatz Qu*en tolas mas chanzos ses jauzimen Ri chan e plor e sper desespcralz. a. Dir roon do! us non aus ne mon talen Vas Amor e m' amia : ne pel teraor Non lais ges qu'cu non die mon pessamen. 3. En joi en gauz en ris Irai ma dolor ; D'or en avan dirai de ma companha Que 5ai que 'I quer 4> Cesl es celui qui se reclara de Spanha De Marsella Fosquetz qui se rancura E per I'afan d' amor se plora e laiiha 5. Cesls dos, cascus de la soa forfaitura Pentutz qu' encoQlra Amor fos ma! parlanz Requier perdon humils el ab drechura, 6. L'us Gui d' Uissel, I' autre que merceianz Promet amor leial c blan lauzar Gauzberlz de Pugcibot es honoranz 7- Loindans Amors f'es aquel autre amar Que fo clamalz per tout Jaufres Rudcis Mas {'autre se nom Guillems en Azeraar. 8. Seguen Guillems de Briars, Arnaulz Daniels Fonsalada, qui canl rei d* Aragon, E Giraudos lo ros, Elias Cairels, 9. Li mals d'amor lotz lauza Perdigon Qu' el ben li fai mais dons e mais grazir Quanl son scrvatge domna Gazardon 10. Se podcs hem Raimbaut d' Aurcnga auzir Quanl cante la conlesa Mon-Rosier Trobaria mout doussor ben aug er dir. 1. Arnaldo di Maruclh io sono chiamalo che in tutle le mie canzoni senza allcgria rido, canto e piango, e disperalo spero. 2. Dirvi il mio duolo non oso ne la mia voglia verso amore e T arnica mia: ne lascio, per ti- more, dal dire il mio pensiero. 3. In gioja in gaudio in riso iraggo il mio dolo- re: d'ora innanzi diro della mia compagnia che so che Io cerca 4. Quesli e colui che accusa Spagna, Folcbetto Marsigliese che si lamenta e per Taffanno di amore si piange e si lagna. 5. Quesli due, ciascuno del suo delilto pentito che contro amor sia stalo mal dicenle umile do- manda perdono e con dirillura. 6. L' uno Guido d'Uissel, Tallro che pregando mercede promeile amor leale e lodi blande e ToDorevole Gauzberlo di Pugcibot. 7. Luogamente fece Amore che colui amasse il quale ovunque e detto Gioffredo Rudel : ma r allro si chiama Guglielrao Ademaro. 8. Seguono Guglielmo di Briars, Amaldo Daniel, Fonsalada che canta il re aragonese e Girar- done il rosso, Elia Cairel. q. Tulli i mali d'araore loda Perdigon: che cgli ben li fa piu doici e piii gradire quanto il suo servaggio Donna Guiderdone. I o. Se uom polesse udire Rambaldo d'Orange quan- do canta la contessa di Mon-Rosier hen. odo or dire, troverebbe assai dolcezza. 12. Cadenelz vas amor lotz cossiros Prova qu'escutz ne brans no pol deffendre CoDlra forzas d'amor trop valoros. i3. N Ucs de saint Cyr fai sa chanzon entendre A la valen contessa de Proensa, Da par sa amia, que non sausa deffendre. i4- AVmerics de Belenoi lemensa A de petit amar quanl ama fori E pauc li sembia sa gran caplenensa. 1 5. Bernariz de Venlador e us de conort, Fis amadors, qu cl dist que povre e richc Amors fai d'lm paratge senes tort. \I. 12. Cadenel tullo pensieroso verso Amore prova che ne scudo ne brando puo difendere con- tro le forze di troppo valoroso Amore. 1 3. Ugo di s. Siro fa iolendere la sua canzone alia valente contessa di Provenza da parte della sua arnica, che noo osa difendersi. 1 4* Aimerico di Belenoi ha timore di un amor pic- colo quando fortcmcnle ama e poco gli sembra il suo gran conlcguo. 1 5. Bernardo di Ventadorn e a voi di cooforto, fini amatori, the ei disse che Amore fa senza torto di un para^gio e povero e ricro. 60 470 DELLA LEANDREIDE5 POEMA ANONIMO INEDITO, EC. CODICE VEWEZUWO CODICE TRIVIGIANO 16. Gaucelm Faidit chamors chan be ' Le reis yaleoz Ricliarl rcys dclz cnglcs Ploranz. raiclz chanla qe yaraais al re. 17. Raenbaut de Vacheras fis cl chorles Sap mauUs vez lornar folz e saput Per zo ch jngen daraor mielz li valgucs. 18. Pos fest della fondatz Aporcebul De sa dooa Aymeric de pegulao Dovenla son nimis cum i"o son eschut. 19. En ncus engels Guillcrm de Berguedan Per yoy qer as nafratz douza mezina Won se plucya in freg in vent gelan. 20. Que fort pcrongul dalla raoroulza spina Er qe non tug guerir raa vegis miraval Mas cum laut laur en fuec amssi saffina 21. Guillerm de monlagnegol, per vidal MoDge de Monlandon pons de Capducol Richaut de Berbecil ciaschun trop val 22. Nuc els Brunei peroul Giraud borneil Maria devenladorn Raymon yordan Nalberlet pauberlin de Bonareil. 23. Guillierm dandusa i'olqet da roman Pcre de Booifaci pier rogier Peire raymon geniils tolosan 24. Raymon vidal Nazimar lo negrier Guillierm magrel peyre da pomarol Daude da prodas Giraut de Calmonyer 25. Mas als le ne son qe dir aras non vol Ma lenga qe sont chaut gens de bonaire Nod ay auzitz qant be sonar oc suol 26. Ne ges lenoreres lourz donz canlayre Se apres avcs la proensal faveyla Che deynna le pairia ses autre paire Delano e de pres cal llors en I'ucilta. 1 6. L'anzelin fait dit q=e==^ — t/ualora una funzione differenzlale di qualsiasi ordine a piu varlabili in- dipendenti ammetta una primitiva, senza supporre veruna relazione fra le va- riabili ch' essa conliene, hannovi parecchi mezzi onde assegnarne 1' integrale lotale, potendosi infatli replicare 1' integrazionc della formula quantc volte e d'uopo onde conseguirne la primitiva, oppure svolgere 1' integrale richiesto in integrali semplici, od anco esprimere ciascuna variabile primitiva in funzione d' una di esse con un conveniente numero di costanti arbitrarie da ellminarsi dopo 1 inlegrazione relativa all' unica variabile rimanente. Di tutti i varj metodi finora proposti il piu proficuo e notabile consiste nella formula esibita a que- st' uopo dal celebre Poisson nella Meraoria sul calcolo delle variazioni ("Me- moires de F Institut de France, T. XII), e dimostrata anco dal preclaro Ana- lista sig. Bertrand nell' egrcgio suo scrilto suH' integrabilita delle funzioni differenziali f Journal de T Ecole poly technique, C. XXVIII). Vero e die la formula del Poisson soggiace ad eccezione ne casi in cui pel valore nullo del- lorigine degl' integrali definiti in essa compresi la funzione sotto al segno d' integrazione divenga infinita o discontinua. Ma a questi casi di deficienza provvede in parte 1' espressione piu generale data alia formula suddetta dall' il- lustre sig. J. Binet, nella quale si possiede 1' ultimo e il piu compiuto risul- tamenlo a cui sia giunta 1' analisi intorno a questo soggetto ( ^loigno — Le- mons de calcul diff. et integral, T. II). 474 SOPRA DUE NUOVE FORMILE, EC. Applicando la formula del Poisson o quella del Binet all' integrazione delle funzioni diilerenziali di primo ordine a piu varlabili si scorge, che 1' uso delle medeslme non sarebbe forse preferibile al metodo presentemente adoUato dagli Analisti onde assegnare 1' integrale di delte funzioni, merce un aggregato di integral! parziali, che offre il vanlaggio della maggiore speditezza, e permet- te di proseguire le integrazioni relative alle diverse variabili finche si trovino adempiute le rispetlive condizioni d' integrabilita. Si puo quindi argomentare. che un metodo d integrazione delle funzioni di qualunque ordine a piu varia- bili analogo a quello oggid\ adottalo per le funzioni di primo ordine sarebbe il piu utile in paragone degli altri finora proposti : ed a questo scopo mira la presente jMemoria, in cui si deducono due diverse formule d' integrazione, nel- I'nna delle quali le integrazioni parziali relative a ciascuna variabile ed alle sue differenziali si succedono nell' ordine ascendente di queste quantlla, e nell'altra sono invece schierate in ordine disccndente. Pero la seconda di dette formule torna piu utile della prima per facilita di applicazione, e nel caso in cui la fun- zione ad integrarsi sia del primo ordine coincidono entrambe colla nota espres- sione dell' integrale d' una funzione di primo ordine per mezzo di integrali par- ziali relativi alle singole variabili. Mediante 1' una o 1' altra, si puo svolgere r integrazione della data funzione d' un ordine qualunque finche risultino awe- rate le condizioni d' integrabilita spettanti a ciascuna variabile, ed ove avvenga di eseguire con facilita le parziali integrazioni in termini finiti, si puo ben anco prescindere dalla verificazione di simili condizioni, poiche allora basta esarai- nare se sottraendo dalla data funzione i risullati delle integrazioni, che si rife- rlscono ad una variabile primitiva ed alle sue differenziali, spariscano dal resi- duo tutte queste grandezze. Nel dedurre le predette due formule d' integrazione si ricavano egualmente le condizioni d' integrabilita solto una forma che si ri- duce alia consueta, e ad altro piu comodo aspetto, e si riconosce che esse sono necessarie e sufficienti onde la data funzione sia differenziale esatta. Inoltre si rlleva il piu facile modo di soddisfarle, imperocche, avveratesi le condizioni re- lative ad una primitiva variabile j, si puo nelle condizioni spettanti ad un' altra variabile u porre in luogo di y una funzione qualslasi della indipendente .r, ed anco di tutte le residue variabili primitive, e verificatesi pur queste, sostituire nelle condizioni che si riferiscono ad una terza variabile z invece di y, u due funzioni qualunque di x, ed anco delle rimancnti variabili, e cosi di seguito. Le funzioni da sostitulrsi ponno ridursi a quantita costanti, oppure a zero, e m DEL M. E. PROF. S. R. MINICIl 475 quest' ultima supposizionc si raccoj^lie un nolaltile Teorcma gia osservato dal Poisson nella Mcmoria diaiizi citata. Nelle prcsenti ricerche si supporra rostante 1' elemenlo d' una variabile indipendente x senza luiocere alia generallta della queslione, giacche se dopo aver supposlo dx costante si passi a riguardare questo elemento come variabile, fatte le sostituzioni richicste dal cangiamento della variabile indipendente, si dee trovare die il risultato ricade nella funzione proposta; altrimenli questa, anziche ammettere una primiliva, non avrebbe una precisa e determinata significazione, so non qualora si stabiliscano particolari relazioni fra le variabili in essa com- prese. Del resto il metodo d' integrazione offerto nella presente Memoria puo del pari applicarsi alia supposizione che nessuna difFerenziale slasi ritenuta co- stante, baslando allora immaginare che le diverse variabili primitive sieno fun- zioni indeterminate d' una nuova indipendente ausiliaria, di cui non si contiene che r elemento nella data funzione differenziale, e quindi non rimane alcun ve- stigio nel risultato della integrazione totale. CAPO I. Esposizione della prima formula di integrazione. Poste per brevita ... d'« d'tt d's (1) v-^,- my. i-iizzu. —-.znz. etc., ^ ^ dx' -^' dx ■ dx' ' ' una funzione qualunque F d'l x , y^ , y^ ■ • • Xp^ ^^ "• "i i "j • • • "^^ di z , z^, z^, . . . z^ etc. ha per dlfferenziale d' ordine « nell' ipotesi del dx costante nna espressione della forma F^ dx", essendo A^^ funzione finita di x ,y ,f^ , . . yp^„ di «,«,,.. . M,^„ di 2, 2, , . . . z^^ etc. Ora se sia data una funzione differenziale della forma Vjdx" in mi !e primitive x ,y ,u , z etc. sono fra loro indipendenti, e Ax slasi ritenuto costan- te, si puo col seguente metodo indagare le condizioni per cui essa e da riguar- darsi come differenziale esatta d' ordine n d' una funzione F e simultaneamente assegnare questa funzione primitiva cioe 1' integrale dell ordine n. Essendo per supposizione ry dx" — V f 476 SOPR\ DUE N110\ E FORMULE, EC. ossia (2) si assuma la serie delle eguaglianze (3) in cui r origine (p e una funzione qualsivoglia della sola x^ che ne' casi ordinarii puo ridursi ad una costante indelerminata a ed anco a zero, e in ogni caso puo assumersi di forma intera e razionale e di grado non superiore a p^ cioe della forma gcnerale {^) ?) = ^ a^x"' con coefficlenti da determinarsi ed anco da annullarsi secondo i varii casi spe- ciali, cosicche qualora (p non possa ridursi ad una costante a si potra, ad cccezio- ne di qualche caso particolare, ridurre ad un solo termine c„^"'. Le origini rispettive degli altri integrali (3) sono le derivate successive (p' , ?i" . . . . Q?^' di (p, attesoche i valori di Jj i /j ? • • • y^ corrispondenti ad /HZ 9 sono (1) dip d-fp d''(p y^ — d^ ' -^^ — jir'' ' ' y'' — d~xP' Onde ammcttcre le equazioni (3) e necessario e sufficiente che a.^ sia una funzione non conlenente/, che «„ non contengaj ne j^, etc., e in generale che fltp^, non comprendajK, y, ,y^ . . . y^. Imperocche la derivazione parziale delle (3) rapporto alle rispettive jK? J, ly^ ■ • -yp offre (t)=°. Ca^:) =»••■• Cr) = "- Epoievidente che a^^^ non puo nemmeno comprendere j^^, ,7^^,, . . •/;,+„, DEL M. E. PROF. S. R. MINICH #?» che si contengono bensi in V , ma uon dcbbono esser comprese nella primitiva funzlone V. Sommando iiisieme le uguaglianze (3) e ponendo, per / non superiore ^p. q, (p'

    '-j©^^-+----/(^;)''^-'=i',.

    ,-h«,,,, c quindi differeiiziando n volte e dlvldendo per d.r" ^^' da;" — •' Ax"- Ma essendo P una funzione di x . y ■: )\' • • . Yp i u , u^ , etc. si ha (1) jLP_ /dPX /dPX /dPX /dPX da; — Vda:^ ^ Vd;//'^' ^Vd;//-^^ ^ • ^ Vdy;,/ -^''+' e quindi derivando rapporlo ad j^ e accennando col segno D^ la derivazione rapporto ad y. si trova pj dP / dP \ 1j /i^\ ^jda; \di/,_,/ dx KAyJ ' e ponendo di mano in mano ;- invece di P si deduce da; r. d^P / dP \ , 3 , / dP \ 3 ,5/ dP \ , /dP\ ed infiiie ^ ^ * ^, da;" — \Mi-J ^x U!/,_„+./ 2da:^ Vdy,_„, J ^ ^da;" Vdv,/' VI. fH 478 SOPUA DUE NLOVE FORMULE, EC. coir avverlcnza di scrivcre j in luogo dl f^, e di cancellare i termini colle dcri- vate di P rapporto alle qiianlita J_, ■J_j,ctc. /p^, ,X/»+2 ^^^- "on contenute in P, vale a dire ogniqualvolta 1' indlce della j per cui si deriva la P sia negalivo o superiore a p. Pertanto applicando alia funzione a^^^ la formula (8) teste dimostrata in generale per una funzione P si scorge (cio che sarebbe d' altronde abbastan- za evidente) che se le derivale parziali dell' una delle due quantita — ~r ed ^r+i r^ipporto ad /,/, ,y^ . ■ •/,,+„ sono nuUe. debbono del pari annuUarsi le derivate parziali corrispondenti deU'allra, di maniera che le condizioni necessa- rie e sufficienti onde la proposta funzione differenziale f^^ix" abbia un inte- grale n"'"'" V esprimibile (6) per a.^,^^ , le quali consistevano neH'annullamento delle derivate parziali di a.^^^ rapporto ad y-iY^.y^ • ■ -Jp+ni si desumono del pari dallannuUarsi delle analoghe derivate parziali dell'espressione (7). Ora sottraendo 1' una dall' altra le (5) abbiamo e in conseguenza . w ^ • Q=(S). ■ ^ . ■ e in particolare ('») (t)=(t)=(f)^ cosicche dalla (8) risulta (H) D,. ^"^ z=: (t^W f-d (1^:=^-) + ^^>d^(^^^=^)-l- ^ > ^' da;" \di/,_J^ da; Vdi/ ,_„+,; 2da;= \^})i-n^J foUa sopraddetta avvertenza di sopprlmere i termini in cui le derivate si rife- riscono ad y,„ , e che quindi contengono le quantita P,„, sempreche m sia nega- tive o maggiore di p. Pertanto I'annuUamento delle derivate parziali rapporto ad j'^^^ , j^,^^_j , . . ■ y^iY deir esprcssione (7) esibisce queste p-^n-^\ equazioni DEL M. E. PROF. S. R. MIMCII 4T9 \dyp_^/ da- U)/p_, / 2dA- Vdi/,,/ \dyp^^_J \dj,^_,/ da- Vdi/,_.^,/ ' ■ ■ 2.3...(«-t)rf:^'-- \Ayp^J n(«— ^ )■■■(«— t-H),,- / dP^x _ / dF,, \ ■^ 2 . 3 . . . i d.r' "V Ayp) ~ Vdy„+p_,7 ' llj^) ^ d^-^V ¥,) ^^^^ U^ i ^ • ■ • ^ 2,3... pd.:" ^ UyJ V dy„ ; da*^ I dy / 2da-= " Uy, /^■••^2.3... (p-^\)AxP^^^' Uyp)~ \d;/„_,; «(M— ^)••■("-»«-t-l),„, /dP, 2.3... mdx" "■■(?)-■ Ji(rt — I) . . . (» — p — m-<-i) 2.3... {p-Jr-m)dxP*'" \dyp/ Vdy„_„/ d:r"" I d.v y' — V dv r da; delle quali Ic prime /;H-4 servono a determinart i valori di Uyph Vdy,_./'- • • \dy )' e quindi. come verra fra poco acceniiato. quelli di ^doip\ /da.p_, /dap\ /d^p^\ /d^\ /dTN UyJ' \dy,_J \dyj- V dy / 480 SOPUA DUE NUOVE FORMULE, EC. Le rimaiienti n cqnazioni ilopo la sostiluzione de' valori delle predetle qnaii- tita determinate dalle cqnazioni precedenti divengono poi altrettante equazioni di condizione, ondc Tinlegrale n"'""' di V j!ix" sia riduclbile, mediaiite la (6), alia funzione a„^.. Per ricavare i valori richiesti di \^^ , (^p^) etc., cioe in generale di ( jT^.)i e per dediirre le n equazioni di condizione che risiiltano dall' eli- minazione delle quantlta suddette, basta ricorrere alia seguente equazione identica (Caiichy — Cours d Analyse algebriquej. / 1 q\ n(n—\)(n—2) . . . (n—i-^\)_^ n(n—\)..(n—i-+-^) n(»— 4)...(«— l-f-5) m (m—\) ^ ' 1.2.3...,- "*~ 4 . 2 . 3 . . . (i-l) ^ "^"4^^3 . . . (i--2) 2 ■ m(m — \) . . . (to— i-f-2) m(m—i )... (m — ^-|-^ ) ■ ■ 4.2.3...(j— 1) ' i.2.3...i (m-hn) {m-hn — I ) . . . (m-f-n — i-f— I ) T72\T777i ' la quale si deduce dalla elementare teorica delle combinazioni osservando che, supposti due gruppi di n c di m oggetti, e formate tutte le possibili combinazioni di oggetti ad / col prenderne /' dal primo gruppo, indi / — i dal primo ed uno dal secondo gruppo, po.scia i — 2 dal primo e 2 dal secondo etc., ed infine tutti gli / oggetti dal secondo gruppo, si ottengono tulte le possibili combinazioni ad / del numero totale m-hn degli oggetti. Ora I'eguaglianza (i3) e una identila per qualsivoglia valore anco negativo di m o di n, imperocche ha luogo per un numero di valori di to o di « comunquc superiore al suo grado ;'. Di piu il nu- mero /' pui) essere qualunque purche intero e positivo. Conseguentemente po- nendovi m^z — n se ne ritrae n(n — \)(n—2}...(n~i-i-i) n(n- \)...(n—i-i-2) n (m_ |)...(}i_i-|_3) ?i,(ft-+-l) (^ ^) ^^7--j — :■ —m—o — 77 — — " -+ I. 2. 3. ..4 I .2.3..,(i— I) I .2.3. ..(i— 2) n(n — I) )i(M-|- 1 ) . . . (M-t-i — 3) , 2 I .2.3... (i— 2) -I- I _ IV-' n «t(n-H) "^ '^ ' 1 .2.3...tda;' ' '^ '' I .2. 3 . . .(i— lldx'""' ' ' " * 2da;= * da;' iiulisisominino insiemecoirequazione(/-i-i)"""'' , si trova. a cagione dell identi- ta(14) in ciii ad / pun sostituirsi ogni numero intero inferiorc. /d/'^^ \ _ / dr„ N _ _«, ^ / dr, N _^ «(«-4-i) ^, / dv„ \ _ ^^^ Vd!//,_,/ \Ay„^,,_J Ax \&y„^.,,-i+J 2dx- Vdy„+p_,+^/ • • • • -^-(-1) 2. 3. ..id:.' ^Vdj^/' ossia, mutato i in /» — /, • • ■ • -^^ ^^ 2.3...(p-i)d^''-' " W+J- d^\ /dPA /d^ Da questa formula si avrebbero i valori di (-r^)- i'T^) ^ • • • (t^) <**'''•■ biiendo ad /' i valori di cui e suscettibile 0,1,2.../;. (]osi pure prendendo le rispettive differenziali d' ordine p -h m, p-\-m—\ etc. 2,1 delle p-^m equazioni successive (12) rispettivamentc inoltiplicate per (_IV+'" "(""'d):::<^P±™~') il/.-t-m-i n(w+4)-(w-t-p-»-OT— 2) n^ 2:3...(/,-{-m)d.r''+"' ' ' ' 2. 3 . . . (p-t-jn — 4)rf.T"'''"~""' dx" e sominandole coll' equazione {p -{- m -\- \)"'""\ siccome la (14) ha luogo anco se invece di i si pongano i numeri /-|- 1 . /-I- 2 . . . p-\-i7i si ha 1 equazione (16) / dr„ \ _ j^^ / AV„ \ _^ »(»-M)^.. / dl, \ _ > Vdy„_,„/ Ax \dy„_,„^J -lAx' Vdj/ ;,_,„+,/ ' ' [ • ■ ■ • -r-K ij 2.3...(p-l-«.)da^+"' " Vdv„+,./ 1 ntUa quale conviene attribuire ad /// liitli i valori 1.2.3...// gia assuiili nel sistenia (12), e quindi si raccolgono le seguenti n rondizioni d inlegrabilita della proposta funzioiie V ^x" relative alia primitiva variabile y SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. = O, = O, (17) (^Ll\ _ ^d / '^^A ^ "(«+ I) j. / dVn \ ^AVn-J ^^ ^dj/„_,/ 2da- V dy„ } . _ 1 y.+4 '^^('M^ l)...(?i-)-y-f- I) 1,^+i / dF„ \ • • • • "^ ^~ ^ ^ 2 . 3 . . . (p -^-'2) d:«''+'" V"d2,„+p>' V dy / d^" V di,' ; "^ 2da;= \ di/V ' ' ' ( , , ly+n »t(>t+<)-.(2«-hP-')i,.„ / dF N ( o. I coefficienli di qiieste equazioni, fiiorche nella prima, dlifcriscono da quelli delle solite forme sotto le quali vengono esposte le condizloni d' una differenziale esatta d' ordine n. Ma iiondimeno e facile accertarsi che il sistema delle (i 7) equivale a quello delle ordinarie equazioni di condizione. Conciossiache col porre nella identita (1 3) invece di n, m, i rispettivamente — n,m — 4 , p-\-m risulla 1 eguaglianza , \ ^p'rm n{n-^\) . . .{n^i>-^ m—\) , . .p+„,_, ft(«-t-<).. .(m+P-I-m -2) . . . ^~~^f 2.3...(p-h»i) l-V— ^) 2.3..(,,-Hm-l) \^-^) , ( jy+™-. n(n-^i)...{n-hp-i-m—'i) (m—\){m — 2) ^ ' 2 . 3 . . . (;j -4- M — 2) 2 "^ "^ ^ '' 2.3...(p-h2) '- ^)-^^ ') 2.3. ..(p-M) (--») 2.3...(p4-w) in cni ^ puo ricevere ogni valore intero che renda p-^m positivo, e quindi i valori p—l.p — 2....0, — i.... — (m — i). In conseguenza moltipli- DtL M. K. P1\0F. S. U. MlMCll 483 canclo rispeUivamente le equazioni I" , 2" , . . . (m — 1)"""" del sistema (17) (llfferenziale m — I, /« — 2, ... 2, I voile per I m — I (m — |)(m — 2) m — \ Tx'"-' ' loT^- ' 2da;"'-5 ' " " " da; e sommandole colla /«"""" cioi; coUa (16) si rinviene 1' equazione , /_ i \p^m (>i-Bt +■ 1) (»i— w-t-2) ■ ■ ■ (n+p) ,p^^ / dr^\ ( ■■■■^\ ^) 2.3...(/,+m)dx''+'" " Vdy„+^/' ) la quale tieiie le veci della (46), e da cul si dedncono le consuete coiidizioni di integrabilita attribuendo ad m i valori di cui e suscettibile, cioe 4 , 2 . 3 , . . ft. Giova ricordare che il sistema delle condizioni (17) puo ridursi ad im altro pill semplice costituito da altreVtante equazioni ciascuna delle quali con- tieney9-f-2 termini soltanto ed un numero y9-f- 1 di differenziazioni. L' equa- zione generale di questo nuovo sistema sarebbe (49) (/>i-2)(p+3)...(yH-OT)/ dF„ \ (p-^-^)(p+2)■..(p-^-»^— I) w— m-t-l j/ dF„ \ 1.2.3...(m — I) \d,y„_,J t . 2 .3 . . .(m— I) ' da; \dsf„_,„+,/l ;>(p-H) ...(pH-m — 2) («,— w-H I) (« — otH-2) „ / dl,, \ _ "^ l.2.3...(m-l) • 2da;'- W,_«+y "^' ' 1.2. 3... (n»—^) ■2.3...(i— »-f-m)da;'-"+"' V dy, /I ,,+ , (n— ro+l)(n-m+2) . . (n— w-hpH- 1 ) .^^-i / dr„ \ "^ ' ' 2.3...(p4-l)da;''+' Vdi/„_,„^,,+ ./l e quindi attribuendo ad m i suoi valori 4 , 2 , 3 , . . . « si deducono queste nuove equazioni di rondizione (20) i^^\-U (l^)H-"^"i^d^ (/-^) - ^ ' \dy„-J dx \Ay,J -Idx' Uy„+,/ "^'^ '' 2 3...(*-HH-0d,<--"^' \i\y, }^ ■ ■ ■ ■ , ( ly+i K(W-H)...(»-t-p)i;,.n / dr„ \ "^ ^ '' 2.3...(p-hird:T''+'" Vd!,„+J 484 SOPRA DUE ?sUOVE FORMULE, EC. (^-*-^Kd^!:)-(^-^*) -d^Hd^)-^^-2d.=-'i (^)-' ....... .-+-(,— 1; . 2.3...(/,-M)dx''+'" W.+;_,/ (p-4-2)(p-h3) / dF^\ (p-M)(p+2) »-2j / dF„ \ 2 \d!/„_3/ 2 • do; \Ay„_J ' '■ ( isi-n.3 (p+n-»-l)(/)+n-f) (n-2)(«-d) ■ ■ J .,_„^b /dF,A ) <>~^ -> 2 2.3.. (i-jH-3) d.x-'-"+^" V dy,- / ^ I " ' , . ,sp+. {»^2Hn-^)^»-j-pj--2)„+, /_dj^^\ ] "^ ^ ^ 2.3...(p-h4)da;''+- Vd-/„+„J ^ (/)-(-2)(/,+3:. .(/)+«)/ dF„ X (p^ ^)(p±3iiAF^~]^--}}a /il« — :o. 2.3...(ft— 1) V dy / 2.3...(n— l)da; \ Ay, ) ' ' ' ' , (p-iH-2)(p-i-t-3...(p-»-H0^,Ydl„N^ . , (-— t) (M-l-p— 2— I). .(?i+p— i— 7nH-2) _ (p-f-mXp+wt — l)(p-f-«i— 2)... (/;-+2) r.273...(j» — ^) ~ \ .2.3...(m— 1) DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH ^SS Cio posto, diffevcnziando le cquazioni i', 2' . . . (/« — j)"""" del sislema (20) m — i. m — 2 , ... 2 , i volte e sommaiulolc colla m"""" (i9) dopo di averle rispettivamcnle moltipHcate per (_,).-. (»-»,+^)0.-,«-f2).. (n-l) ^_^,,„_. ^,^_^^^_^ ,)(„-,„-t.o) . . . („_.2) ^ , da-""' ua- m— l)(m— 2) (m— I) (Hi— 2). ..3. 2. 1 -|)"'-3|„_,H-f-|)(,i— m+2)...(»— d) ^'^_^_' , („_m-t-|) da;""-^ ' ' ' ' dar si ottiene una equazione il cui termlne generale contenente come nella (49) la quantita (-4)-"+'"j,_„.„ fAV, ix'-"+"' Vdi/,7' avrebbe per coefficienle (n— »B-|-1)(« — m-\-2)...i (n — Jn-]--!) .. .i 2.5...(i— n-t-1) 2.5...({— n-)-2) {p-{-n — /■) {m — 1 ) , (n — m-]-\)...i , , „ , , . .. (m— l)(m — 2) + 2:377(«=«qi-3)(^ + «-'^(^-^"-'-^) 2^^ -^ • ■ ■ -^ -2:3~'It^l+m-4) (^+"-0 (^+/2-/-i)-(;;-i-/z-/»-/4-3) (/«-!) (n — nJ-|-^)...t■ , -x / -ON + 2^^3. ■■(.-.+.) ^P^"-^^ ■ ■ ■ iP^r^-m-r^^) •2 .i ... (n — m) 2.3... (n — m) ^^ ' ^ ' t(t— 1)-(<-«+4) f ^ /„, • .slm— <)(m— 2) , 2 . J . . . (n — m) " ' ^' ' 2 ^ ^37r(^«r (^"^"~') (;,4-„_,_l)...(^_^«_,«_, + 3)(///— i) -t- -^ ' o , i ^(o-i-rt — /).... (0-4- « — /« — / -H 2). VI 62 486 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. a cagioiio dell' idcntita {n — m-{-\ ) {n — m-i-2) .. A i (i — I ) . . . (t — n~\- m -f- 1 ) 2.3... (i — »-|- m) 2.3... (n — m) Ora <|uesta quantila si trova essere il prodotto del fattor comune ^ ' 2 . 3 . . . (» — m) per I'espressione (2i). Conseguentemenle il valore del coeffieiente richiesto si riduce alia formula ;, ~ ^3-,b«0 {p^m){p-^m-\)...{p-^^l). Ma siccome il fattore {p-\-m) {p-\-m — \) . . . (yy -h 2) essendo indipendenle da / e comune a lulli i termini dclla finale equazione cosl dedotta, i quali risul- tano dair atlribuire ad /' i suoi valori // — /« , « — m-\- \. ,. . . n-^ p. esso si puo omeltere nella espressione del termine generale di delta equazione, il quale percio diviene (_ I V-"- "' » (' — ^ ) (» — » -J- "t -r- I ) ./-„^,„ /d V„\ E poiche attribuendovi ad /' i suddelti valori n — m, n — m-}-\ ,...n-}-p .se ne ottengono i varii termini dell' equazione (18), da cui poscia rol dare ad m i suoi valori 1,2,3...// si ricavano le nole condizioni d' integrahillla della funzione V d.i" ; si rileva quindi chc al sislema di queste corrisponde il nuovo sistema delle equazioni (20). . , . , II vantaggio e I'ulilita delle equazioni (20) s'aumenta al crescere di n ed al diminuirsi del numero ^. Abbiamo infatti, qualunque sia w, per /J z^ 0 <-^^) (.£)-i(e=»- ^(i£-}--^H^i)=". ^c^}-vn3:y="- "(^)-i''(t)=- DEL M. E. PROF. S. R. MlMCll 487 per p:zi:i \dy„_J dx \(1y„_,/ 2dx- Vd;/,,/ 6 \dy„_i/ dx \dy„_J 'Idx- \dy„_J 2d^= "^ V d J " rf/ Vdy, j ^ dx^'^ Vd-/ J ' per ^ m 2 /_dF^\_ »^ , /d^'A «(«-H)p / dF \ _ «(K-H)(«±2) ,3 / dr„ \ ^^ Vd«/„_,y' do.- Vdj/,,/"^ 2da;= *" \dy„+,,' 2.3 da-^ Vd;/„+J ' ^ Vd7;:i:)-'^-d:^:^' Vd^j+^^d:;^'^ UJ 2.3d.' ^ W,+J-"' Vd!/„_3/ da; \dy„_J 2dx- Vdy„_,/ 2.3(/a:^ Vdi/,,/ n(n-H)(» + 2)/dr„\ _ «(«jj|l 1 /djA , „ _L .. /df^A J_ 13 /dF^\ _ . 2.3 Vdj/^ 2 da- Vdj/;/^"da;'- \di/J dx'^KdyJ— • etc. Verificate le condizioni (17), oppiire le (20), 1' inlcgrale /?"""" di Fd-r" sara cos'i riducibile, mediante I'equazlone (6), ad una funzione a,,^, non con- tfinentc veriina delle quanlila j 1 .y,i }\ ^ • ■ ■ //,+„ ■ Per ottcnere r espressione di P,, (5) e d'liopo avcre in gcncralc quella di (-7*' ) . Ma siccomc «,„ non contiene j, j, , . . X™-. • derivando la 1 ' dt-l- le (5) rapporto ad y. abblamo 488 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. (• poste jm? ,/, =r (p', . . .j._, ^ '^,^| , /^.^^ , . ./,,+„■ Ora per determinare a,,^, si ha 1' equazione (7) da cui, attribiiendovi ad J, ji, . . •//,+„, i rispettivi valori ?), ?>',.. . (p'''^"' , e denotato con /^J'' il DHL M. E. PROF. S. R. MIMCH 489 forrispondente valore di V^ , si ritrae per l' annullarsi di P^ (5) , e per 1' in- dipeiuk-nza di a^^, da 7,7,,... j^^,, , K-'^) do;" — " ' ossia di inaniera che la questione della integrazione di VJix" , <; delle condizioni d' integrabilita di qnesta funzione, trovasi ridotta ad una questione analoga reia- tiva alia formula / '^'dor" la quale e piii semplice della proposta, attesoche nun contiene la y ne veruna delle differenziali di /. Procedendo alia ricerca dell' integrale n"""" di V'^^iSx" in un modo af- fatto conforme a cio che si espose finora inlorno a F Ax" , bastera, senza me- stieri di ripetere le medesime dimostrazioni, stabilire le analoghe conclusioni. inutando rispettivamente F^, F , y , p in F\]^ , a^^, , u , q. Percib assumendo in conformita alle relazioni (3) (4) (3) (26) ove si suppone (27) ^ = 2 b,„x"' e ne' casi ordinarii X b , oppure x b^x'" inoltre ponendo (^«) f (^) -'" + / ,(t) ""■ + - ^ J i'l) -'"■ = 9' • /L ^ A, /(^)<'"-^r(t)<'".-^-+L(^:)''"'=^.- 490 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. si olt<>rra analo^amenle alia (6) ("^^>) «... = a + ^,.. • Quiiuii si avra " A^,^, _ ,.,„ _ ^ (28) iiierce Ic iiili ^la/.ioni parziali relative ad « , m^ , . . . u^^^ si trova, mediante 1' eqiiazionc (29). ridotia a^^^, e qtiindi (6) V, alia ricerca di /S^^^ . Ora per le avverate condizioni di integrabilita esseiido /S^^^ indipeudentc da n . 11^, . . . w^^ _ si oltiene dall' eqnazione (29) differenziala n volte e divisa 492 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. (2) per d.r", ponendovl uzziX., u^z:z x . . . u^^^zzi Ar'"^", denotati con a^^,, Fi^' i valori corrispondcnli di a^^, , /^^'" cioe a cagione della (25) da;" dx" d"/5„+._ (36) " ^y+- — ;>-'^> ^ '^ da;" — ^" il qiial valore di ^i'' e quello della proposta funziouc V^ per jrz?;, uz^x, e pe relativi valori di j, ,7^ . . . 7^^^ m^ , «^ , . . . «,^^ (i). Ridotta cos\ la qiiestione a determinare si assumera del pari e ne' casi piu frequenti ', 4. = c , oppure ■]. = f^.r"' , poscia (38)j(^)d.^j(^^)d,-^...^J (^)d.+ ... + J (:^;>^=/i. % U-' -I'" 4'-' e si avra a simiglianza delle (6) (29) (39) 0 =/}+> purche si avverino n equazioni conlormi ad iino de' sislemi rappresenlati dal- le eqiiazioni (16) (-18) (19), cioe purche sieno soddisfalte n equazioni di condizione dcducihili da qualsivoglia delle equazioni seguenti analoghe alle (30) (31) (32). ^^"^ U„_J d.*'U_,„,.;-^ 2da;' ^Vd^z:;;^.;- ■ ■ ■ --^K ^) 2.3.(r+,n)d.r'-+"' Ka^J ovvcro (44) DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 493 / dFi" \ n— m-H . / dFi" \ , (n— to -H^ )(»—«» +2)^^/ dF^' \ ■\)(n—m-h2)...(n^r),^,^/ dr^\ .3...(r-hm)Ax''*"' Vd:„+^/ ( ' ) 2 . L oppure (A9\ "'(^» +')■■■('» + '•) / dlf' \ ?B(m+^).■■(ffl-^r— l)/M— M-H\ , / dFJ?' \\ ^^"^^ r.2.3...(r-h^) Vdz„_J 2.3... r I dx j \iz„_,„J\ »»(w-H)...(m-|-r— 2) («— OT-h-l)(w— m-f-2) „ / dF|?' \ ^ ~^- 2.3...(r-.) 2dx^ Vd^z:::;.' ~ ■ ■ ■ -"• ,_,>r+. (»— CT+-I ) (n— TO-^2) . . ■ (n— m-t-r-H ) ,r+, /_dF<2) \ 1 • • "^ ^ ' 2.3...(ri-.)d.^+- ^ Vd._„^,,.;J ove ad m sono ad altribuirsl i valori 4 , 2 , 3 . . . n. Per ottcnere 1' espressione di R^ (38) si ha poi la formula analoga alle (23) (34) (43) od inoltre a simigllanza dellc (24) (35) (44) /d^,+,\ — (iyl\__^^{AV?\, ,^__^^r n(u+-^)..■(«4-r-^) / d [f ) S \AzJ~\dzJ d.r"Vd^/ ^' '2.3...rdx' \dz~J ' II valorc di y^. si deduce, come anteriormente si e veduto circa a quelli (li «,.+, . /5,+, , d;»l porre nella dlfferenziale n"""" della (39) .en: 4, c^ rz -I-'. . . ~;.+„^= vi-""^"'. Imperocche riduccndosi allora R^ a zero (38), ed essendo y^^^ indipcndenle da c, z^... z^^ , denolati con /3,^, , f^,^* i valori corrispondenti di /3,+,, ^L'' per zzn^, . . . z^^^— 4.'^^'", se ne ritrae Ax" ~ da" '■ VI. R9L 494 SOPR.V DUE NUOVE FORMULE, EC. e siccomc pe' niedesinii valori di s, z^ . . . z^^ si ha dalla (36) d!^— ,7.3, ne risulta (45) .. %= = n», ossia essendo ^^" il valore di y ^ per j ir: (p , ?/ nz ;t ? ~ ^^ -4- 1 e pe' relativi valori dij, ,}\.. .j^^„, «,,... «,^„ 5, , . . . ^^^„ (1). Se la pro[iosta funz,ione difFerenziale F^Ax'^ iion contenesse allre varia- hili primitive oltre x ,y ,u,z. /^''jVl-r" sarcbbe una funzione della sola x che noil esige veruna condizione d' integiabilita, attesoche il suo integrale n"""" si pui) sempre assegnarc alnicno col mezzo d' una serie infinila. Non resterebbe quindi che sostituire nella (89) a y^^^ il suo valore teste dedotto, e sommare insieme le (6) (29) (39), onde avere 1' espressione dell' integrale cercato cioe V-P^-^Q^-^R^ + ^-n^iix'', essendo P^.Q^,R^ determinate dalle eguaglianze (5) (28) (38), e i valori di {^\ /d^\ (^7i\ \dyi/ ■KiuJ'XizJ deducendosi dalle formule (23) (34) (43) , come pur quelli di \diijj'\ All /■ \ dz J dalle (24) (35) (44). Se poi nella data funzione /"'^ si contenesse qualche altra variabile, si procederebbe analogamentc alio sviluppo di p/^'„^'djr" , riducendo questo in- tegrale a quello di FfAx" , e cosi di mano in mano finche , supposto m il iiumero delle variabili/, «, etc., ad eccezione della x il cui elemento si riten- ne costante, si giungera all' integrale «"""° di F^^^dx" , e si avra in generale (46) ff^n^-^" =: P, + ^, -t- il,-t- . . . -h pn-'d.r". E siccome F^-dx" non contiene che la variabile x . eia assunlo dx costante, la lunzione F^"dx" sara sempre integrabile almeno per serie, donde si scorge che per 1' integrabilita della data funzione FJix" non si ricliiede veruna con- dizione riguardo alia variabile x il cui elemento si c ritenuto costante. DEL M. K. PIVOF. S. R. MIMCH CAPO II. Deduzione di un altra formula di piu facile applicazione. La formula (46) puij offrlre qualche vantaggio su' mezzi piu usitati per I in- tegrazione d'una funzione differenziale d'ordlne n a piu variabili indipendenti, ove r clemento d'una variabile siasi ritenuto coslante. Ma una maggiore utilila sara per offrirc un' altra formula d' integrazione die ci rimane a dedurre assu- mendo in luogo delle equazioni (3) la serie di queste eguaglianze 'AY •■.'=/,(Til'')''->'-*-»w in cui c^^.^ e una funzione che non contiene veruna delle quantita v.. y. ..y, e quindi a^^^ non dee comprendere alcuna delle y,}\.f -.-y , e nemmeno ^^ fp+i ' J/+5 ' • • • Xp+n ' ^^^ ^^^ eslstono nella funzione primitiva / '. Conseguentemenle ponendo '1! si otlcrra dal soramare insiemt; le (47) (49) r=:P, -!-«,. (0) "^ "-(0) ' e differenziando n volte, e dividendo per dx" questa eguaglianza. si avra (50) ^-^ — // _ **^ 496 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. Pcrche abbia luogo la (49), ossia perche V sia riducibile ad «(g) e neces- sario e siifficiente che le dcrivate parziall della cspressionc (50) si riducano a zero. Ora dalla equazione (48) si ritrae colla sottrazione e in coiiseguenza e nel caso di i'^^p (48) cosicchc dalla formula (8) si deduce • • • • • •-^a^O-O. tioe una formula del tutto conforme alia (ii), dalla quale debbono del pari escludersi i termini con indice negative o superiore a p. Quindi la derivazionc parziale della espressione (50) rapporto alle singole variabili y^,^^ , J,,+„_, , . - y^ ,y somministra altrettante equazioni pienamente conformi alle (12), sennon- che invece di ciascuna delle P,„ si troverebbe la corrispondente P,^,. Percio 1' eliminazione delle p-\-i quantita (-t-^) guiderebbe alle stesse n equa- zioni di condizionc (17) riducibili al sisteroa rappresentato dalla (18), oppure a quello piii facile delle {"20) rapprescntabili mediante la (19). Si avra poi per Tanalogia delle (-r^ ) colle (jA la stessa formula (1 5) onde espri- rdP, mere I — ^ ) , cioe V Ay; ) (^^) (t,7) - fc.) - J^ Vd^-;:; + -2^ ^ kj—j -■■■■ DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 497 E poiche la derivazlone della i .' eguaglianza (48) rapporto ad y. offre SI avra col porre in questa eguaglianza j.^, zz ip''^'' , y.^^ zz. ip''*'' , . . . y^ : — y\ attesa r indipendenza di a^^^ da queste variabili, denotando con (-r^') il corrispondente valore di (-r^J i ci„. (54) (4>) = (t),„, Up.\-U(^)+ (55) {^) = p_.it(ft-t-l)...(ttH-p— t— l)d^- / dVn \ [ ^ ' 2.Z...{p-i)dxP-^ \dy„J\, Ora per le soddisfatte condizioni d' integrabilitii questa espressione non puo con- tenere nemmeno y^^^ , j^^^ , . . yp^^ , e percio si potra annullarvi tutte queste quantita anco prima di eseguirvi le accennate differenziazioni. Si avra inoltre per i^^^p dalla (54) a cagione della (52) <««) iw)=m Determinato col mezzo della 2.' formula (48) e delle (55) (56) il valore di P(„) , sara ridotta la ricerca di 1^ a quella di «,„) , mediante la (49). Ma ponendo / zr ip , /^ iz: ?>' . . . . y^^^ rz ?>•''*'" nella (50) si ha (57) ^.•' =*".■■. cioe «,„, ZZ j«r;''dx" 498 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. e quindl col pone analogamente alle (48) esprimendo (^§^^) , C^) ^ merce le formule consimili alle (55) (56) , \ \dtt„^.,/ da; VdM„+,+,/ (59) (^>^(i±}l) — I [-*-(-<)' 2.3...(,-i)dx»-^ ** Vd«„^,yV V d«, ; — \du„+,/ ' si avra (60) «,o) = 9,0) -f- /9,<„ , purche sia soddisfatto il sistema delle relative equazionl di condizioni rappresen- tate da una qualsivoglia delle (30) (31) (32). In seguito dalla (60) derlvata n volte, ove si ponga u = X,u^=zx', w, = A:" , • • • «„^,= ;5f*'"", e si denoti con 4^! il valore rispettivo di <»,„, , avendosi a cagione della (57) dx" da;" (Ol) -JZ"-^ A.." '^ n ' sara ^(o) — yf'^,^ djr" , e similmente assunto essendo in conformita alle (59) ,. . \U„J da;"Vdz„,„./-^ (63) (%^) = V d2, ; — Vdz„+,/ ' DEL M. E. PROF. S. K. MIMCH 499 si troveri (64) /3,„, =: 7J.„, -+- ,.,„, , sempreche si avvcri il sistema delle relative « condizioni d' inlegrabilita rap- presentate da una qualsiasi delle equazioui (40) (4i) (42). Si avia poi dalla differenziale n"""" della (64) ponendo zz^ -^ , z^^z l' , . . . z^^^ = ■J,'"^'"' , f denotando con F^f' il valore corrlspondente di F^, attesa la (61), (65) 5:'=n'> cio^ da;" Qualora I ^ oltre le x , y, u, z contenga altre variabili primitive si procedera analogamente alio sviluppo di C"F^^^Ax" , finche si giunga ad C''V^"'''Ax" in cui V^"'^ rappresenta il risultato della soslituzione di yzziip, uzzz X, z'zz -l. , etc. fino all' ultima di quesle variabili primitive, cbe si suppone la m"'""' , e di /, rr:?>' . . •/;,+„ =: f'''^'", «, =A:' etc. Pertanto dalla somma delle eguaglianze (49) (60) (64) etc. si avra per espriraere il ricbiesto integrale la formula generale (66) jT/x" - />,„, + (),„, ^ /?,„, -h . . . -I- J-A-J-'d-r- dcducendosi P^„;, Q(„)^ Rfoi etc., mediante le rispettive espressioni (48) (58) (62) e le eguaglianze (55) (56) (59) (63) etc. L' ultima formula ^""'djr'" essendo funzione della sola .r, nell" ipotesi del dx costante, e sempre integrabile almeno per serie, e all' espressione del siio integrale converra agglungere si nella (66) che nella (46) una funzione intera e razionale di x del grado n~i i cui coefficienti saranno le n costanti arbilrarie che rendono I'integrale completo. Si e gia notato che le funzioni (p,X' ^^ etc. della .r (4) (27) (37) pos- sono essere funzioni qualunque di x e d'ordinario funzioni intere e razionali dei rispettivi gradi /y, i condizioni che si rifcriscono ad una terza variabile z e concesso surrogare ad « y u funzioni qualunque di x e delle residue variabili, e cos'i progressivaraente. » Se i valori cosi attribuiti alle successive variabili _y, «, etc. sono null! o rostanli, si ba il teorema diraostrato dal celebre Poisson CMemoires de F In- stitut de France^ T. XII), cd enunciato dal sig. Sarrus (Comptes rendus de r Acade'inie des Sciences de Paris, T. I, 1835). Ma pero la supposizione dei valori di j , « , etc. eguali a zero od a quantita costanti non sarebbe ammissi- bile nel casi in cui risultino infinitl i valori delle derlvate parziali di V^. La formula (66) si vantaggia per maggiore prontezza nell' applicazione in paragonc della (46) e mi sembra preferibile a' mezzi finora proposti d' integra- zione delle funzioni a piu variabili d' un ordine qualunque, ed anco alia formula del Binet per cui fu rcsa piu generale la formula dedotla dal Poisson nella ci- tata Memoria sul calcolo delle variazioni. Nel caso di p, q, r, etc. null! le due formule (46) (66) si accordano ad esibire questa espressione dell' integrale o"""" di VAx" . '-l la quale nel caso di n m 1 coincide colla nota espressione dell' integrale totale d' una funzione del primo ordine a piii variabili. Se p, g, r, elc. fossero eguali all' unita si avrebbe dalla (66) + -^pvdx" DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH 501 SI dcdurrebbe invece dalla (46) (««) il(B-ai->(S!"-'+i(S/-'-. -+- -]- r'/'^'d.r" onde esprimrre il ricliicslo intpgrale n"""" di f„*i-t", puiche le note condi- zloni d integrabilita sleiio soddisfatte. Se fosse (jzi^o, cssendo tullora p,r, etc. eguali all' unita, si avrebbe (- " ^ zz 0 , e la seconda riga in ciascuna delle formule (68) (69) si ridur- \dH„+,/ r /Av *"\ rebbea J( — ^) d«. Ma se fosse invece (7^=2 la seconda riga della (68) sarebbe surrogata da e si dovrebbe invece sostituirc alia seconda riga delle (69) Jxi\Au„^,) Ax \Au„JS, ' ^ •!;c Vd«,„,A ' Quindi si comprende cbe per agcvolare 1' integrazione converra disporrc i nu- uieri p, q, /-, etc. in ordine ascendente premeltendo senipre qurlli cbe hanno minor valore, e conseguenlemente integrare FAx"^ , ^'''dj:'', A^""dj." , etc. rap- porlo alle variabili cbe corrispondono a que' numeri cos'i ordinati. Si e notato nel breve discorso prcliminare, cbe se fossp proposta ad inte- grarsi una funzione in cui verun elenienlo delle variabili primitive sia costante, basta cercarne 1' integrale nella supposizione cbe sia costante iin elemento Ax, e cbe quindi vadano a zero le differenziali della x supcriori al prim' nrdinc VI. 64 502 SOPR.V DUK NUOVE FORMULE, EC. Cio esigc, a dir vcro. che la proposia formula ahbia una detcrniinala significa- zione, ossia che lorni la stessa allorclie si riconduca alia considerazione del d.r variabile, merce la sosliluzioiio in luogo delle y^ , j^ etc. di quelle formule che servono al cangianienlo dclla .v in uu'allia \ariabile indipendente. E manile- slo che siffitUa condizlone avrcbbc luogo ogniqualvolla la data I'unzione sia dif- ferenziale esalla «"""" d' una funzione finita, oppure d'una iunzione differcn- ziale del primo ordine. Ma pero potrobbc darsi il caso in cui la dala formula fosse difforenzialc /?"'""' d' una funzione superiore al prinio ordine, che non olfrisse quella determinata significazione che si e dianzi indicata. ]Son sarebbe allora concesso di supporre costante la dIfFerenziale di alcuna delle primitive variabili, ma assunto invece costanle 1' elemento d/ d' una nuova indipendente ausiliaria, converra porre analogamente alle (d) 0 quindi proccdere alia verificazione delle consuete condizioni d' inlegrabilila rispello a ciascuna delle .r,7,«,elc., ed eseguire le integrazioni relative a quesle variabili, ed alle loro derlvate rapporto a t, coUe stesse regole gia accen- nate ne' due Capi della presente Memoria. Prima di cbiudere questo lavoro con alcuni esempil d' ajiplicazione, giova avverlire, che si avrebbe potulo renderne piu uniformi le nolazioni, e quindi pill spedita I esposizione, prescindendo da una piu convincente dimostrazione delle condizioni iieccssarie e sufficienti per 1' integrabilila d' una differenziale d' ordine qualunque, se si fosse derivata parzialmente I'equazione (12) rapporto ad V . r r , r. Infatti a ca";ione della (8) ne risulla una serie di eguaglianze del tutlo ronforml alle (12), se non che in luogo delle v<]?/^,7' Vdj/,,_,/ '••• Vd.v/ : . . , . vi s iiirontrano le corrispondenti /djx / dr_N (Av^ ^'V' Vd„^_,/'"""Vdi,;- I In conseguenza se ne rilraggono esprcssioni di queste ullime funzioni con- formi alle (15) (56) cioe in generale ., DEL M. E. PROF. S. R. MIMCH 503 (70) /dr \ _ / AP^\ __ /d/>(,.)\ _ /dv^ \ _ » J /_dr„ X «(«+l) p / d^n \ V.i;/, ^ — V (ly, ; — V, d,,, 7 — \(\y„^;) d.r V%„+,+,/ "^ 2d,e \dy„,ij 2.3...(;,_0d.c/' ' Vdy,,,/ Qiiesle espressioni non debbono contenere derivale dl y suporiori all'ordine p, onde la data funzionc fj^-^" sla differenziale esatta dell ordine n. E poi ne- cessarlo e sufTiciente a qiipsl' uopo rhe le delte espressioni (70) rendano iden- tiche lo rlmanenti n eqiiazioni analoghe alle (i2), ossia clie si avverino gli n crlteril gia notali. Analoghe concliisioni valgono rclalivamente allallre varia- bili primitive m, ^, etc. Ora conosciute le derivate parziali di f^ (70) si pub ridurre la ricerca dell' integrale «""""' di F^x" a quella d' integrare la for- mula del prim' ordine dF, ed applicando all' uopo il metodo oggid'i adollato dagli Analisti si otterrcbbero le stesse formule d' integrazione (46) (66), ma si avrebbe altresi un nuovo mezzo forse pin comodo di ricono-^cere 1' integrabl- lita della formula FJix". Imperoccbe il teorema del Poisson gia enunciato nel niodo pill generale, in segulto alia formula (66), si estende del pari alle fun- zioni di prim' ordine a piii variabili. II pieno svolgimento di simill indagini ver- ra esposto in altra Memoria suUa integrazione delle funzioni a piu variabili del prim' ordine, e sul modo di dedurne 1' integrale replicato d' una funzione d' or- dine qualunque. Rimane infine a soggiungere qualcbe esempio di applicazione delle due formule generali (46) (66) onde sporimentarne II grado di iitilila in paragone degli altri melodi, e principalmeute di quello suggerilo dal Berlrand, e delle formule del Poisson e di J. Binet, le quali, bencbe con lieve modificnzione si possano applira re air immediata ricerca dell' integrale /?"""" di f\^*ix". indu- cono talora in operazioni piu laboriose di quelle ricbicste dal meJodo del Ber- lrand, che consiste nell' esprimere j, «, etc. in funzione della .i roii un suf- firiente numero di costanll da eliminarsi dopo di aver escguito 1 integrazione della data formula rapporto alia variabile x. I. Assumiamo la formula (2.r +/) d.r -f- (2.r)' - i ) d> 4- x ^ -^ -r' g inlegrata dal Bertrand fJoiirr/a/ (Jr /" J£co/e po/y/ec/ir/iqiie. C.XXMJI), e Irat- tata anco dal Moi^no (Lemons de caliul. T. II. pag. 557). 504 SOPR.V DUE NUOVE FORMULE, EC. Ptr le posizioiii (1) essa diviene (• si ha quiiidi (i^)=.,:+..,. (^;;) =..,_., ©=- (^:;)=-^-. eil infine ooslcche si trova adempiula la condizione (16) per ciii la data formula F^dx ammette un inlegrale prinio. Si avra poscia (66) per espressione di questo integrale assumendo (4) pzno = I'^' '^^^ — 1-'"4;', -^ 2 Lrydy + 2 / ,rd^- = .f X — .17. 4- .if -+- .t'^ + cost., cioe ( I ) X -.'- — .1 / + .ty -h .f -I- cost. ax- dx ' -■' ' Alia slessa guisa procederebbc 1' applicazione della (46). U. Sia data la funzione (^■^^'-^<^yr |3(d.rdlr -h d/d»(d.rd>- d/d\r)-(d.r'-|-d/)(d.idy-d7dlr)| {dxi-y — dyd'.iV la quale ha un preciso sigiilficato, in quanto ponendovi dx costante, e poscia DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 505 reslitiiendola alia supposizione del d.r variabile, mediante le formule del caa- gianienlo della variabile iiidipendcnte, cioe Ay ^ d'x d')/ d^x q / il'x\ d'x "da;' — '^'°- ^' dx^ ' dx' ^'^ ^'' d^ ^^^ ^' 'dx') JP ' essa ritorna alia sua forma anlerlore. Pertanlo inlraprciidendone 1' integrazione nell' ipotesi del d.r costante, per cui la data formula si riduce (1) all' espressione ( ^ -^y:r \ 3>'. - ( « +/;-) ^ | " non si riduca a zero, e quindi f^['^ non divenga infinila, essendo allora ^.■'r=3a(l-HaV)^xd.r, _ (l-Hy/)' (H-a=a;=)T ((H-a=.«)j (l_^a=^)| (i_f_a=a;=)i y^L y. y. « a ' C-Hy/)^ , * (dr- -h dr)^ , . , =z ~ hcost. =r ^^ — , ., h cost. y^ Axdy Riferendo qiiesta formula alia supposizione del d.i- variabile si ottiene _(dx=H-dr)^ ^^^^ dxd'y — dyd'x ' per integrale della funzione dapprima proposta. Ad un simile calcolo guidereb- be I'uso della (66). Si potrebbe pure integrare quella funzione, senza rirono- 506 SOPRA DUE NUOVE FORMULE, EC. scerc se abbi.i iin precise significalo, inlrodurrndo 1 rlcmenlo (1/ coslanle d'una variabile ausillaria, cd cseguendo le integrazloni relative ad -f , y ed alle loro dcrivale s^ , .t\ , y^ , y rapporto a / , secondo Ic stesse nonne da cui si de- dussero le (46) (66), Non deesi omeltcre a queslo luogo Y osservazione, chc ovc sia noto essere differenziale esatta d' ordine n una data formula, puo tornarc agcvole il me- todo pratico d' intraprcndere 1' integrazione parziale accennata dalla i.' delle equazioni (47), seuza fissarnc I'originc. Imperocche assumendo J-Fd.. = j(i^;.)d., -j- a. e differenziando totalmente n voile polra accadere clie d"« abbia un'espres- sione molto semplice, e talvolta riducasi a zero, nel qual ultimo caso si avrebbe c^x"-' -H c^x"-' -H . . . -{- f„_. .r -i- c„ , essendo c^ , c^, . . . c^ le n costanti arbilrarie die rendono Y integrale rora- pleto, Cosi nel precedente esempio II dal differenziarc 1' eguaglianza risulta dazz o, e quindi come sopra ■FArzr-^^^^'-^cost. f 111. Abbiasi rr 13 2yd^yH-6dyd'y y'd''M-h%dyd'M-t-6(j/d'y + df )dK 6y(yd'u-h2dydu) j^ W Gy'dii^ 2A-d'M-h 3da:d'» , x (udn ~ 3d'«')-f- 3 udxdht , M* dtt d«* &uxAxi-ud\i-h^ntd''u ix' 6uxdxd u dw' dw DEL M. E. PROF. S. R. MINICH 507 \)VV Cii'i (J) . y/ -'yyj -!-%..'/. 'r'«3-t-%y.".-|-'^(yy.-t-y.')». _^ Gy-^t,^,-^^2yy,^/ 6y'u,\ "i 0 |)Osl:i (4) p o A^;"= 2x«3H-3«^ tt,= ^ «,^ «." ' ■ T. r~ 5 ; — , iiuli, j)osla (:27) x^r:bx, y-i mo. Essendo percio /cl>',v 2^3 2y U3 + 6 (y,y, -!-!/,«.) ^., y».»,-hy,«.' ^^ ?^^ o 'AVi\ Gy^ 6yu,-\-i2y,u, yu," /Ah\ ^ ^. /?_L3\ — ^ My J u tr ' \dyj « ' le tre condizioni (22) relative ad /, onde ^,dy sia differenzlale tcrza esatta, cioe si Irovano soddisfatte. Cosi pure avendosi /dJ^l^X a-»44-3«3 GwJa-ita-f-Mj GxuJ /dK';'\ 2x«3-J- 3m 2a;(Mtt4—3«/)-f- 61/1/3 ,„ u«^(*t/3-+-j/J „/ ^""»' /dr'/'x 3 Garu^ GxuUi-hi2uu^ xttii^' \ d«^ / 7, T/y "^ M? «,* ' /dK','' \ 2^ 3tt Ga;ttK, /^il!^\ ^ \ d«3 / — ^ «7 ~*~ ~«7~ ' V df/^ / — «,' ' 508 SOPRA. DUE NUOVE FORMULE, EC. si troveranno adcmpiiitc anco le tre condizloni (32) rolalivc ad u cioc Verificate queste condizloni, si oUiene dalla (66) ovvero dalla (68) essendo C, c^, c^ le tre coslanti arbitrarie che rendono T integrale completo. Come si scorge da quesli escmpii, il calcolo piii laborioso e quello della ve- rificazione de' crilerii d' inlegrabilita. Ma nell' esempio III il calcolo sarebbe state pill Inngo, se in luogo delle (22) si fossero adoperate le ordinarie con- dizioni (18). Non Iralascieremo pero di ripetere I'avvertenza premessa a queste applicazioni, che ridiicendo immediatamente I'integrale «"""" di F^<\x" a dipendere dall' integrazione di dA', si piio agevolare maggiormente la verifi- cazionc dell'integrabilita di F^d.i" , riservandoci a trattare di simile quistione sotto questo nuovo aspctto nella Memoria dianzi indicata. IV. Sia data in ultimo hiogo (posta e la base de' logarilmi iperbolici) <^-^— (yd'vdx-^2ihid''zr Ae^dijd^ud^z-^-^mx'"~~'ydx'dv j/d"i'da;-f-2(rial's ' per cui (1) ■ie^'y,^':,~i-+- '6mx"'~'yvi, i/t)4-|-2«^Z3 nEI, M. K. PROF. S. I\. MIMCH Verlficata la tondizione rclaliva alia y (18) 509 V (It; / dx Vdy, / 0 posta (4) (pzizo, si avra F[' n: o . coslcche non sara mcstifri di soddi sfaro a veriin' altra condizione riguardo ad u . z ^ f. Essendo poi /dF.\ _ 2(5x"'-2gJ')«,Z3t.4 _^ 4 g^M.^a \di/,/ (^1)4-1- 2tt^23)' !/i;4-f-2M^Z3 ' si avra toslo (66) Fdj: =: ( --^ ) dy 4- cost. z:z „ ' -^oVdi/,/ -^ yt»4-f-2M^ bx'>«;4 per espressione dell' inlegrale cercalo. Si potrebbero accumulare gli esempii. Ma il saggio offerto puu essere ba- slevole ad accennare le applicazioni delle teorie proposte in quesla Memoria. (Letta U 21 dicembre 18b6). ERRATA Pag. 577, formula (5) J (-r^) dj^ » » form, preced. la (8) ( — ) Vdy,/ « 487, ultima lineu ,( ' ) •V Vdi/,dt/,- / » 488, form. (24) \ di/ / d^ Vdy. / "^ 2dx= \ dy, / elc. VI. CORRIGE — d'f -) da;, ^ di/,- ' ('^'.)__id(ir" U«J«J ♦)d=(i!^L-\ Vdj,„; Ax U^„J^ 2dx^ ^d>,„J SUL CREDITO FOINDIARIO MEMORIA SECONDA DEL M. E. PROF. BALDASSARE POLI PARTE I. Dellc istiiuzioni del credilo Jondiario di soli proprietari. A. prepararci con senno e maturlta di giudlzio al progelto d' una societa di credito fondiario che provvegga a' casi nostri, e venga in soccorso della no- stra agricohura ; a non aflaticarci con vani sforzi in cimentarne la prova, sic- come di cosa per noi aliena o nuovissima, ad essere condolti con vera cogni- zione di causa alia scelta di una infra le molte. la quale ci accomodi davvero, e soddisfi interamente alio scopo, io credo giovevole e savio consiglio quello di passare a rassegna innanzi tuUo le principali islituzioni di credito fondiario che gia esistono in Europa, e quelle puranco che s additano per le piii oppor- tune airitalia, pel modo stesso gia da me tenuto nella prima memoria per quelle di Francia (i) : si perche a tale rassegna ne verra fatto di avvantaggiarci nella futura ( ostituzione dcUe nostre ; si perche dallo studio accuralo e profondo del- le cose degli estrani s' apprende meglio quello che c' e da trapiantare e matura- re tra noi; s'l perche infine coll' esame attento di qucste istituzioni la dove gia nacquero e si mostrano tanto fortunate ed operative, si fanno studi preparatori ed acconci a pigliarvi pratica e dimestichezza . a poterne maneggiare con deste- rita if ragioni, a valutare le cause per le quali vennero introdotte. ed a far in (i) Memoria I.' siil Crodilo fondiario. Si 2 SUI, CREDITO FONDIAP.IO modo da rendeile anco per iioi proficue e IrulUiose. Ollraccio darebbc sentore d' orgoglio 0 d ingralitudine il meltere da baiula la sapieiua c gl' Intendimcnli de primi istilulori del crcdito fondiario, c la prova clic ue fecero gia li' \nh culte nazioni; ed avrebbesi il nial iiome di temerita e di presunzione cliiiiiKiiic volesse andar solo, qiiando si puo andar meglio in coinpagnia, o si slndiasse di venire all' atto e all' operamento ignorando il giii falto, o disdegnando 1' al- trui esperienza per altenersi solamenle alia propria. II percbc anche qiicsia sc- conda memoria siil credilo fondiario io intendo pnr di dedicarla liiHa alia rivisia delle sue principal! istituzioni gia note, nella fidiicia ch' essa servira non cb' allro a niostrarc esserci d' uopo, se non di iiscire, di scieglierc Ira queste strade per arrivare a buon terniine nel nostro cammino. Ne e mio divisamenlo per tanto di tesscre qui la storia di tutte quanta le istituzioni di nn tal eredito. e meno poi di rivederle ad una ad una; che cio sarebbe opera noiosa edinllnita. ma di sottoporre a disaraina soltanto le prinripali. c tra queste quelle cbe pin tra se si dissomigliano; poicbe per queste pocbe si renderanno note tutte le ri- inanenti. delle quali mi fossi laciuto. Dopo le quali premesse sara piii facile eziandio e piu naturale il passare con una terza memoria a quella qualunque sia- si istituzione di credito fondiario, che per mio avviso slarebbesi bene alle Ve- nete Proviucie. Per quanto sieno varie di numero e di qualita e di nome tutte le istituzio- ni di credito fondiario, che finora si stabilirono in Europa, e di cui parlano a distesa le opere di Royer, di Josseau., del Piemontese di Salmour e di Barre. esse si possono comodamente ripartire in due grandi gruppi. Il primo e di quelle che hanno per base il credito reale o fondiario, e quindi offrono beni proprii a guarentigia dei mutui, e che si formano di soli proprietarii e possi- denti, od anche di capitalisti. Tali sono le associazioni territoriali e fondiarie di Prussia, di Sassonia, del Witemberg, della Polonia e di tutta quanta la Ger- niania, della Baviera e del Belgio. II secondo e di quelle che si reggono sul credito personale od anche mobile, e quindi non si servono del credito fondia- rio che per sostenere gl' impegni deir associazione. Queste sono le Banche o Casse agrarie o degli agricoltori di Russia, di Scozia e d'Irlanda. Seguitando ora tale partizione delle istituzioni del credito fondiario che e molto diversa da quella che gia seguii nella prima Memoria ; poicbe questa si appoggia ad un fon- damento storico e positive, e quella ad uno piuttosto filosofico e razionale, verrn discorrendo prima delle specie o sorta d' istituzioni di credito fondiario che si DEI. M. K. PPxOF. BAI.DASSAKK POLl 5-13 cJenoiniiiaiio e si conscrvano propriamente tali, e poscia delle alire clie si chia- mano piu precisamenle Sociula o IJaiiche agrarie o per gli agricoltori, mostraii- (loiu- s'l (li'llc line che delle altie i priiici|)ii e le ragioni fondameiitali. il mecea- iiismo e 1' organixzazioiie, ed anco gli elFetti o le conspguenze. e soggiungendovi ;iir iillimo quelle osservazloiii (he iie dimostriiio [)iM o nieno la ragionevolezza i; la [)ralicabilila |)er il noslro paese. Le islitiizioni di ciedito fondiaiio propriamente delte, o che lianno per base il credilo soltanlo reale ed ipolecario sehbene iion varicggino quasi mai di na- liira, jiure diversifirano mollissimo tra di loro, serondo che tin cosifatlo credito giova pifi o nieno direttamente ai proprielarii ovvero ai capilalisli. Egli e per- cio che anche sloricamente parlando, cotali istituzioni si siiddividono in due allre clnssi o specie subaltenie , cioc in quelle dc'\ proprieiani o niiitiiatari, ed in quelle dci niutuanti o capitalisti. Le prime hanuo preceduto alle seconde : (juelle sono le associazioni territoriali della Prussia, della Sassonia, della Galli- zia e del Wirlemberg; e quesle le Banche o Casse ipotecarie della liaviera e del Belgio. Tra le une primeggia 1' associazione terriloriale di Pomerania, e tra le allre la Banca ipotecaria di JMonaco e della Baviera, la (!!assa dei pro- prielarii e la Banca fondiaria di Brusselles o del Belgio. Le istituzioni di credilo fondiario, siano pure o di soli proprietarii, o di soli capitalist!, od anche degli unl e degli altri, ossia misle, altro non sono per loro essenza c nalura che lantesocieta libere o forzate di credito collettizio. che sotto I'azione piu o meno immediata dello Stato ricevono o prestano capitali a mutuo con ipoteca per mezzo di cedole o letlere di pegno. e da estinguersi ad arbitrio od obbligaloriamenle in tante piccole annualita e col sistema del- r amortizzazione alio scopo d impedire 1' espropriazione e la divisione dei fondl e delle terre, e di offrire un rimborso comodo e al mlniuio dell interesse dei capitali a beneficio dei proprielarii, o dell' agricollura. Ouindi il loro meccani- smo tuUo consisle, — 1) nella unione volontaria o Ibrzata dei proprietarii di terre o di capitalisti d'una data Provincia, che figurino o da semplici mutuanti o muUialarii, ovvero da mutuanti e mutuatarii insieme ; — 2) nei mutui con una ipoteca generale o colleltiva, ed anco speciale o individuale; — 3) nel- r emissione e nel giro delle lellere di pegno per una parte rappresenlative del valore del suolo o della terra, come titoli ipotecarii, e per I'altra come segni o .■)14 SUL Cl\F.DlTO FONniARlO simboli del (;ij)it;ili o imitiii assuurali su ([uclla ; — 4) nel rimborso voloiitario od obblij;atorio de' iiuilui col sislcma dull' amniortizzazione o colla regola dcgli interessi composti, e qiiindi a liingo Iratlo di tempo; — 5) nel pagamenlo in picciolc annualila complessive didl' inleresse e del capilalc a soUievo e coniodo del debitori, — siccome la loro rag/one c viposla nel doppio scopo di pubblica utilita. di liberare cioe la terra dalle gravezze dell' usiira, e di promuovere i grandi miglioramcnti della sua produzione. Esse poi sono pubbliche o dello Stato, oppurc soltanto prk'ate. secondo il maggiorc o minor grado d' ingerenza e di azione che vi piglla lo Stato medesimo \ ma siccome tale ingerenza od azione non ne altera iic il modo ne 1' essenza, cosi in generate esse sono pressoche lulle private. Esse infine diconsi fondiarie, ipotecarie e territoriali, e perche hanno sempre per base 1' ipolcca, e percbe non si effettuano senza il concorso delle terrc o del beni-fondi, e perche tendono alia prosperita ed alia conserva- zione della proprieta fondiaria. Se non che le isiituzioni del credilo fondiario non ebbero tutte ad un tratto il pieno loro sviluppo, ne poterono sortire di su- bito lutta qiiesta loro organizzazione, che per quanto semplice e regolare appa- risca, pure non resta di essere complicata e difficile, e d' aver abbisognato del tempo innanzi di giungere alia presente perfezione. — Queste istituzioni di fatto incominciarono col ricevere a prestito capitali guarantiti collettivamente dai beni de' nobili proprietarii d' una Provincia, d' un Circolo, dando fuori le proprie obbligazioni con leltere di pellc e di pergamena, e lasciando libero ai debitori la restituzione del capitale purche fosse puntuale ed indeficiente il pagamenlo de- gl' interessi. Indi crebbero e si dilatarono col slstema del conlraccambio o della mutuazione, onde i debitori stcssi divennero socii e compartecipi del dividendo comune e sociale, c coll' estinzione od ammorlizzazione graduale e forzala del capitale la merce d' una piccola annualitii oltre a quella degl' interessi ; e all' ul- timo finirono al sistema delle Banche formate per azionl con un fondo di rlser- va in contante, e fatte non solo per sovvenire ai bisogni dell agricoltura, ma benanco per concorrere a tutte le operazioni del camblo e del commcrcio. Per cio le istituzioni di credito fondiario da semplici societa intermediarie o intro- mettitrici die erano nel loro nascere tra i capilalisti e proprietarii, diventarono in appresso sociela di proprietarii o di capltalisti esse medesime, trasforuiandosi alia fine in vere Banche di sconto e di giro sebbene rivolte sempre principal- mente al grande scopo di giovare alia proprieta fondiaria, e di promuovere i mi- glioramentl dell' agricoltura. Tale e in breve la isloria del credilo fondiario in DEL M. E. PROF. BALDASSARE POLI 515 tulta Europa, sc si ccceltuino l' Inghilterra e 1' Italia; 1' una percbe iioii in; ab- bisogna, e 1' allra percbe iion lo conosce sc noii da pocbi anni fa. Ora lenendo- mi anch' io a questa sloria verro discorrciulo partilamenle le specie e forme prin- cipali di colesla islitiizione per fame conoscere la piii inliina organizzazione, i principii e le conseguenze, e per recarvi sopra a quando a qiiando que' ragiona- menti die valgano ad anlicipatamenle istruirci sulla sua maggior convenienza ed applicabilila alle noslre ciscostanze (1). La Prussia come fu la prima inventrice delle islituzioni dl credito toudiario soUo il nome di Associazioni territoriali, cosi ne e eziandio la piu ricca posse- ditrice. Essa vanla sei di quesle associazioni distribnite nelle otto Provincie del suo Piegno con un' amministrazione separata e centrale nel Capo-luogo d' ogni Provincia. L' associazione pern tipica e veramenle normale di quel Pvegno e quella della Pomerania, il cui Statute fu rinnovato nel giuguo, IGmarzo 1846. Essa fu stabilita ed organizzata dal (ioverno medesimo e sovvenuta del danaro per la sua prima istituzione, ma ora possiede un fondo sociale proprio. Que- st'associazione e formata da tutti i proprietarii della Provincia abbianvi o no interesse, e cio in virtu del suo privilegio che data sino dal 43 marzo 1781. Essa riceve capitali limitatamente al bisogno al 3 '/^ p. "/j,, e fino alia somma di iOO taleri, e li presta ai soli proprietarii al 4 p. "/^ col diritto fisso di \/\ p. '// a titolo di tassa per la quitanza, e per mezzo di lettere di pegno girabili, il cui rimborso non e mai esigibile, ma soltanto facoltativo e volontario. Quali segni o simboli de' capitali o ricevuti o prestati consegna a' mutuanti ed ai mutuatarii e nel corrispondente valore tante lettere di pegno al presentatore da 200 sino a 1000 taleri divisibili per iOO, portanti interesse, spontaneamentc pagabili a sei mesi d' avviso, e che banno 1' aggiunta di 10 coupons che rappresentano gl' interessi semestrali percepibili per 5 anni. I mutuatarii versano il pagamento di questi interessi per i primi alle casse dell' associazione dal 46 al 24 giugno. dal 46 al 24 dicembre d'ogni anno, e poscia 1" associazione paga quelli cli'ella deve ai mutuanti o presentatori delle lettere di pegno in un tempo posteriore. cioe dal 24 giugno al 2 gennajo: talche essa con una specie di cost ante e perpe- tuo giro si serve degli interessi incassati da' suoi debitori per passarli cui deve (i) Chi vuol conoscci'c II pcrche I'lngliillerra non abl)isogni finora delle isliUizioni di credilo londiaiio puo leggcre 1' opci-a del Jussenu, (^ap. X.\, pag. 487. b\ 6 SUL CRi: DITO FONDIARIO o come suoi capilalisli o come suoi creditori. Ecco come e perche una tale asso- ciazione per qiiesto i:,iro o passaggio contiiuio da una mano all' altra si qualifi- chi per una agenzia intermedia cd inlromettitrice tra il capitalisia cd il pro- prietario. Se non che 1' emissione o spedizione dellc letlere di pegno non ha luogo se non qnando sia gia avvenuta ed accettata la valutnzione definitiva del fondo sul quale debbono essere assicurale, e ne sia .stata falla cspressa doman- da e il fondo da ipotecarsi per quelle porti con se le eondlzioni di prima ipo- leca. Queste lettcre di pegno sono litoli ipotecari iscritti, che indipendcnle- mente dalla gravezza sull' intero capitale sociale, hanno 1' ipoteca speciale sul fon- do particolarmente impegnato nel mutuo, e quella generale su tutti i fondi de' pro- prietarii della Provincia di Pomerania, che conscrvano con eguale ordine e grado qualunque sia la data della loro iscrizione ed emissione, che si negoziano alia bor- sa, e passano da uno all altro senza indossamento e senza cessione, e che ven- gono rimborsate o riscattale o dalla societa o da ciascun proprielario debitore. mediante la denunzia di pagarle in ispecie ed al valore nominale dentro sei mesi, e per parte della societa mediante la estrazione a sorte. Per lo che in tale associa- zione T individualita del mutuatario interamente disparisce e viene sostiluita dal- la comunanza, o da un' individualita sociale e colleltiva. Il capitalista non ha che fare col suo debitore o col mutuatario, non e esposto a' limori, od a' pericoli per insolvibilita o per fallimento, riscuote il suo direltamente dall' associazione come sua debitrice. Del paro, il mutuatario sorregge il proprio credito personale con quello di tutta la societa, nasconde il suo bisogno all' usura, ne conosce nemmeno di persona il suo creditore o sovvenitore, puo realizzare egli stesso quando che sia le lettere di pegno anche in contante, ed alia pari, giacche. accade bene spesso ch' esse facciano agio e si tengano piu alte di prezzo della stessa rendita dello stato. In caso di mora o di ritardo al pagamento dcgl' interessi per par- te dei mutuatari o debitori l' associazione non fa che darne nota al Commissario d' esecuzione del Tribunale Superiore, ed otiiene subito il sequestro dei mobili e dei frutti del debitore, od il possesso o la subasta anche dei fondi ipotecati; o se cos"i crede, puo fare invece un prestito a rischio e pericolo del debitore od ac- cetlare la ricognizione o 1' assegnamento di un capitalista die anticipa per lui gli interessi scaduti oppure correnti. II creditore o preslatore del capitale percepisce ron puntualita direttamente dalla associazione i semestrali interessi, il pagamen- to del suo credilo in ispecie ed a sua scelta colla denunzia e col riscatto delle letle- re di pegno delle quali e possessore, o col cambio di altre nuove lettere di pegno. DEL M. E. PROF. BALDASSAUE POLI 517 ove cresca 1' amniortizzazioiie per modo da non averne piu tante in nalura da soddisfare a tuttc le dimande del riscalto. II fondo dell' associazione lerritoriale conferisce alle spese di amministrazione, all' anticipazione de^^l' intcressi arretrati, al ristoro del fondi ipotecali e die sono sotto sequestro, e a lulte le allre spese non prevediite; c questo fondo si compone dei 200,000 taller! che le dono il re Fe- derico 11 all epoca della sua creazione, e della provisione di qiiittanza in ragione di Vg p. "/^ che pagano i mutuatari semeslralmente assieme agli interessi del capitale. Questa associazione ha allresl una cassa depurata dei depositi per le lettere di pegno che i proprietari o mutuatari stessi vogliono dcnunciare ed amraortizzare col pagamento parziale od intero del mutuo, sia mediante danaro, sia mediante lettere di pegno gi«\ scadute, oppure mediante altri valori. L' amministrazione di questa societa lerritoriale (Landschajt) e affidata ad una direzionc generale, e ad un commissario del re. che ne e il presidente, ed a quattro direzioni dipar- timcntali con quattro coUegi pure dipartimentali che hanno dimora in varie cit- ta della provincia. La direzionc generale ha stanza in Stettino, ed un Comilato speciale si raduna in questa stessa citta una volta all' anno. L' assemblea genera- le di tutti i proprietari soci non si raccoglie a Stettino che in straordinarie oc- casion!. Ogni direzionc dipartimentale si compone di un direttore e di due con- siglieri, d' un sindaco o consigliere giudiziario e del personale d' ufficio. II colle- gio dipartimentale formato dai deputati eletti in ciascun circolo, ed insieme alia direzionc dipartimentale, costituisce il collegio di dipartimcnto. Tutti i soci pro- prietari sono elettori, ed ogni membro della direzionc o del collegio dipartimen- tale e pure membro dell' associazione. La direzionc dipartimentale tiene le adu- nanze dei collegi annual!, si asserabra per 1' emissione delle lettere di pegno, rive- de iconti, esamina lo stato delle casse, accetta le dimande dc' futurl associati, de- termina la stima e la valutazione dei fondi da ipotecarsi, sorveglia ed incoraggisce la diffuslone del credito fondiario, rappresenta la societa in concorso dei terzi, amministra i fondi della societa, e sostiene le sue parti in giudizio, invigilando alia coltivazione ed all' acconciamcnto dei terreni, e sopra tutto al niun deteriora- menlo del loro valore gia assoggettato ad ipoteca, ed invocando 1 assenso del collegio dipartimentale in tutti gli affari straordinari, e ne' quali richiedesi la rappresentanza dei membri o soci intcressati. Al sindaco spettano tutti gli affari legali, e specialmenle I'esame dei certificati ipotecari e della capacita dei contraenti. della sicurezza dei mutui e delle lettere di pegno. La direzionc generale e costi- tuita da un direttore generale, dai membri eletti e dai deputati di dipartimcnto VI. 60 518 SIJL CREDITO FON'DIARIO col titolo (li consiglicri generali, e che devono cssere nobili, c da un sindaco od avvotato pure generalc. Essa slassi alia cima od alia testa dell' amniinistrazione dell associazione territoriale, nomina implegati e funzionari, cmana tiitti gliordi- ni secondo lo statuto alle direzioni diparlimenlali, e decide inappellabilmente den- tro i limiti delio statuto. Alle direzioni di quesla associazione e data facolta di Tiiandare ad effetto le proprie decisioni per via di ammende o multe, del richia- mo o riscatto forzato del capitale e dei frutti, del sequestro dei soli frutti, o della vendita del fondo, ed i tribuiiali sono obbligati a prestarvi mano qualora ne sieno richiesti (1). Considerando impertanto 1' indole ed il meccanismo dell'associazione fondia- ria della Pomerania, siccome quella che da pochi anni venne rinnovata e rinsal- data, e che io tolsi a modello delle altre, scorgesi ad un tratto com' essa sia fon- data sui principii: i) Deir associazione necessaria forzata od essenzialmente polltica, ma di soli proprietari. 2) Deir intervcnto diretlo dal governo. 3) Del prestito ipotecario al minimo d' interesse. 4) Del prestito con lettere di pegno e senza numerario. 5) Deir ipoteca prima o speciale, ed anche generale o collettiva. 6) Del rimborso volontario o facoltativo, escluso il sistema dell' ammortiz- zazione. 7) Della mntuazione o reciprocita. 8) Della giurisdizione propria e privilegiata. 9) Deir amministrazione centrale ed elettiva. L' associazione fondiaria di Pomerania innanzi tutto gode della triplice qua- lita d' essere cioe di soli proprietari, d' essere stata in origine una societa necessa- ria e forzata e dipoi volontaria o libera, d'essere eminentemcnte polillca, od una vera istituzione dello stato o di pnbblica utilita. Essa di fatto nacque col reale privilegio dell' anno 478i a foggia di tutte le altre pubbliche istitiizioni, venne limitata ai soli possidenti della provincia e come in quella del Ducato di Posen cosi ebbesi in vista in questa di disgravare la nobilta di quegli enormi capitali (i) Jousseau nell' opera gia cilata: Des Instil, de CriJIt fonder, pag. 117, Reglement reiiic i-n 1846 df la Socie'U de Credit fonder de la Pomiranie. DEL M. E. PROF. BALDASSARE POLI 549 ed eccessivl inleressi chc la oppiiinevano, e di procurarle uii credito perenne che la liberassc da indiscrell sovvenilori anche in iuluro. Per la qual cosa 1' associa- zione fondiaria Pomeranicse differisce di tanlo dalla cassa provincialc di Weslfa- lia e dair altra cassa di Paderbonn specialmenle iiello scopo o ncH' oggelto; giacche la cassa di Westfalia non niira ad altro che a procurare ed incoraggire i grandi miglioramenll dell' agricoltura, mentre quella di Paderbonn non si cura che di affrancare le terre dai loro pesi. Egli e evidente pertanto che una co- siffata associazione per 1' indole sua propria e per il proprio sue scopo non po- teva riu scire ad altro se non che ad una sociela dei proprietari di quella pro- vincia, siccome quelli cui stava piu a cuore la fondazione di un credito perpeluo al fine di procacciarsi vistosi capitali a basso interesse anco per 1' avvenire. Se non che per dare a questa societa un saldo e ricrescente vigore di vita, massl- me ne' suoi principii non era prudente di abbandonarla all' incerto e sempre mu- tabile volerc de'privati. Per cio fu d uopo che v intervenisse dun tratto 1 opera efficace e risoluta del Governo col dichiararnela una societa necessaria c forzata fra tulti i proprietari noblli della Provincia, e coll' obbligarli tutti a compartici- parvi co' propri fondi. Poscia cresciuta a prosperita ed a consistenza essa pole trasformarsi eziandio in una societa libera e volontaria (e cio avvenne collo sta- tute deir anno 1846) aprendone I'adito a qualunque altro proprielario non nobile degli stati di Pomerania che pur bramasse d' impegnarsi o con tutti o con parte de suoi tenimenli. Con che la istituzione fondiaria Pomoraniese venne a dilungarsi per un altro rispetto da lutte le altre associazioni germaniche di questa specie, le quali si mantengono tultavia come associazioni libere o come associazioni solamente forzate o necessarie. Ma se tutto questo c buono per una istituzione fondiaria in Prussia od in Germania, non si addirebbe mai a quelle che si volessero introdurrc col suo esempio in Italia. Tra noi non si conoscono nc le grandi signorie ne i vasti possedimenti territoriali per diritto di eredita inalienabili, e che vennero in possesso della nobilta Prussiana e Tedesca. men- tre tra noi la proprieta delle terre e dei beni-fondi e divisa e minuzzolata. e sciolta e liberissima ne suoi commerci. qualniique sia il padrone ed il signore. La stessa associazione forzata dei soli possidenti nobili d' una provincia quanto fu facile ad effettuarsi in Prussia ove essi esistono od esislevano gia come tanti stati e corporazioni politiche rappresentative, altreltanto sarcbbe difficile ad ottenersi qui, dove v' ha un' infinita di piccoli proprietari al tutto libcri e indipendenti per ogni distretto e per ogni provincia. e quindi iucerti e va- 520 SUL CREDITO FONDI ARIO riabili nel pensare e nel volere e senipre ricalcitranti a collegarsi. e tanto piii sforzatamente a qiieH'iinila di scopo e d'intercsse senza cui una societa qualun- que lion pun inai ne rcggersi ne fiorire. D'altro canto dove non c e vista di pub- blica ed inimcdiata utilita una societa qualunqiie e volontaria, e qualsiasi co- stringimento della legge per formarla avrebbesl la taccia di violenza, di sorpru- so e di arbilrlo. Tanto e vero che nel rinnovato statuto del 1 846 la stessa asso- ciazione foiidiaria di Pomerania fu dichiarata libera per i sod futuri. Tanto e vero che quella del credito fondiario per la Polonia non diventa obbligatoria se non a beneplacito del credilore ipotecario che ha denunzialo indarno il siio capitale. Tanto e vero che quella della Galizia Austriaca die servi di modello a molte altre nell' impero d' Austria, non costringe niai i proprietarii ad entrarvi e si rimane del tutto spontanea e volontaria. Dal che s'inferisce dover essere al tutto volontarie le associazioni del credito fondiario, ed il Governo non poterle che preparare od avviare con quelle provvidenze che siano le piu attrattive a for- marle com' e I'esca dell' interesse o del reciproco ajuto o sostegno. L' essere poi r istituzione fondiaria di Pomerania al pari di quasi tutte le altre di Ger- mania im' associazione di soli proprietarii, egli e questo un documento gravissi- mo sulla necessaria rdazione che intercede fra queste sorta di societa e la con- dizione civile ed economica del paese a cui si vuole applicarle. Per lo che non sara mai ne capricciosa, ne arbitraria la loro scelta o preferenza, non adattandosi elleno come 1' abito ad ogni corpo o ad ogni persona. L' associazione fondiaria di Pomerania altres"!, siccome quella che consla di soli proprietarii, dovette na- turalmente atteggiarsi sul credito territoriale si attivo che passivo pigliando da nn canto capitali a mutuo siccome ella stessa ne fosse la debitrice, e prestando dair altro a' suoi che ne divengono i veri mutuatarii o debitori, com' essa ne e i^ creditrice. Col quale avvicendamento di credito e di debito, o di mutui attivi e di mutui passivi questa societa divenne una specie di cassa o di agenzia che si intermedia tra il capitalisla e il proprietario, e che trasferisce dall' uno all' altro il danaro a disgravamento dei pesi ipotecarii sulle terre, e ad anticipazione dei capitali produttivi od atti a fecondarle e rimigliorarle. Ma il caraltere ancora piu deciso e spiccato che abbiasi una cosiffatta istituzione, egli e quello di non essere una societa privata, ma politica tanto per la sua indole, quanto per il siio scopo e per la medesima sua organizzazione ; e sotto questo punto di vista 1 as- sociazione Pomerianesc non dissomiglia gran fatto da tutte le altre non che dl Prussia, ma di tutta quanta 1' AUemagna a motivo della parlicolare costituzione DEL M. E. PROF. B\LDASSARE POLI 521 de' suoi stall e delle sue attinenze colla propriela fondiaria e col titoli della no- bilta creditaria. Quiiidi dalla sloria di quest' associazione apparlsce che il cre- dito fondiario nolle sue prime origini fu tutto v(Mlo a conservare la proprieta de' nohili e delle signorie, ed inipedire che venisse in basso un ceto politico che dava lustro alia nionarchia e ch' era ad un tempo una delle piu cospicue rap- presentanze dello statu. Se non che non fu pure politico lo scopo o fine del- I'istituzione fondiaria Pomerianese, ma la medesima sua organizzazione. Essa comparvc in suUe prime quale una societa o corporazione privilegiata de' soli nohili, e non e che adesso che possono fame parte i proprietarii appartcnenti a qualsivoglia classe della borghesia o di cittadini, purche siano proprietarii nella provincia. Essa venne stabilita ed attuata per una legge politica o dello stato che la rendette obbligatoria ed esclusiva ai possidenti, e s' appunto sempre sui due principii della grande proprieta e del suo titolo ereditario, ed ha alia testa non gia privati amministratorl, ma vere autorita politiche che vengono nomina- te dal re, e che godono di un' effettiva e legittima giurisdizione nell cmettere carte o lettere circolanti di pegno che si agguagliano a quelle della rendita pubblica, e nell' emanare decreti ed ordinanze di sequestro e di pignoramento, al cui eseguimento dehbono prestare mano forte gll stessi tribunali. Per le quali cose mentre 1' associazione di Pomerania a riguardo del suo carattere politico s' assomiglia a quelle del Gran Ducato di Posen, del Regno di Polonia e della Galizia. e a tutte quante gia esistono nel Nord della Germania. si distingue moltissimo dall' associazione generate del Wiirtemberg, e da quella di Hannover, in quanto la prima altro non e che una cassa od agenzia di privati che s intro- mette per i prestitl ipotecarii a basso interesse, e in quanto la seconda com- prende tre specie di operazioni del credito fondiario tra loro ben separate e distinte, quelle cioe del credito fondiario pei nobili, quelle del credito fondiario per le particolari e singole provincie, e quelle del credito fondiario del Governo o dello stato. Ciu premesso, sorge naturale e spontanea la dimanda : Se sia poi convenienle e giusto che lo stato privilegi coteste associazioni di credito fondia- rio sino al punto di tramularle in una istituzione politica, come e quella ilella Pomerania ? A questa dimanda e apertissima la risposta. In Prussia fu una ne- cessita od una conseguenza logica il riconoscere le associazioni di credito fon- diario siccorae tante corporazioni od istituzioni dello stato, ossia politiche. Ivi la rappresentanza e costituzione istorica e civile del regno e quella degli stati provinciall, il cui titolo precipuo e perpetuante e quello della grande proprieta 522 SUL CRKDITO FONDIARIO iinmobiliare ed inalienabile. Qiiivl i nobili proprietarii per ordiiie di primogenitura o per successione feudale entrano negll slali proviiuiali, e sono i naturali rap- presentanli dell' arislocrazia clic e un elemento essenziale della politica costilu- zione. Quivi perlanto era indispensabile che si pensasse seriamente dal Governo medesimo a c'onservare e mantenere in credito la propriela nobile cd i suoi pos- sessor!, ed 11 mezzo piu acconcio erasi quello dl ridiirre le associazioni fondiarie alia vera Indole di islituzioni politiche. II qual riduclmento tornerebbe e vano ed impralicabile la dove fossero ignoli le signorie e gli stati provinciali della Germania, ove la propriela in generale sia alicnabile e libera, ove il romplesso e r iinione de' possidenli non possa che formare tanle associazioni o societa pri- vate. Qiiinci e ovvio che nelle provincie nostre 11 credito fondiario per quanlo si aggrandlsse, non potrebbe che rivolgersi all' istituzionc di societa private, ed al bene immediato di proprietarii o di capitalisli, e che il Governo non potrebbe intervenirvi, se non per iniziarne e dirigernc la prima istituzione, e per conce- derle quel favore di che deve esser largo in tutto che coopera, sebbene indi- rettamente, al bene pubblico. D'alira parte, comunque fossero per cssere private le associazioni di credi- to fondiario, 1' Intervento governativo in esse sarebbe sempre necessario e ragio- nevole. La dottrina del lasciar fare non corre dove vengono ad aspro conflitto gl' interessi dei privati e quelli della comunanza ; dove si contrastano e si osteg- giano lo spirito d' intraprendenza col principio dell'inerzia e della noncuranza ; dove non esiste o non isvolgesi ancora con tutta la sua forza agglomerante il principio dell' associazione. Ma questo intervento del Governo nelle associazioni di credito fondiario puo essere diretto o indiretto. II primo sta nel prenderne tanta parte da divenirne il Governo stesso un socio od un altivo cooperatore. II secondo nell' approvarle e ncU' esercitare sopra di esse il diritto di inspezione e di sorveglianza. Quello e non questo si preferi in Prussia nell' istituzione fon- diaria Pomeraniese per la sua origine e natura essenzialmente politica ; talche lo stato cola vi concorre dapprima colla vistosa somma di 200 mila fiorini del proprio, coif esentarla da qualsiasi tassa di hollo, o di registro, coU'autorizzarla a mettersi in posscsso dei beni de' suoi debilori per via di sequestro o di esecu- zione, col nominarvi un commissario regio a presidente della societa, ed inline coll improntare le decisioni de' suoi funzionarii di un carattere pubblico, ossia delle stesse autorita dello stato. Laonde anche per siffatta guisa 1' associazione DEL M. E. PROF. DALDASSARE POLI 523 fondinria di Pomeraiiia venne a dissentire non poco dalla Galiziana e da quelle del regno dl Polonia e dcUa Sassonia; h (juali liittoche prolette e sovve- nute dal tesoro, clonnondimeno hanno piii libera azione nella scelta de' propri rappresenlanti o comilati, iiell' andamento de' propril negozii. Se non che per qiianlo fosse dubbia e controversa la massima d' intervenzione governativa in cosifFattc sociela, essa dovrebbe sempre esscrci, s'l perche le grandi associa- zioni non sorgono se non v' ha una forza siiperiore e prevalente che le desti a vita e le coslringa al fare, s"i perche 1' alto legislative e quello solo che le possa nonrhe fondare, ma dirigere e rassodare per uno scopo di comune utilita, pre- venendo e combattendo lutti gli ostacoli onde lo spirito dell' isolamento e r abitudine dellindividualismo si sforzano di respingerle e di sofFocarle. E qui parlandosi della necessita ed opportunita dell' intervento governativo nelle asso- ciazioni fondiarie potrebbe nascere il dubbio, se torni mcglio che lo stato ridu- ca a dirittura in suo potere coteste associazioni, ovvero le lasci in baha de' sin- goli, siccome cosa dl ragione privata. Se stiamo all' esperienza, essa ne porge buoni risultamenti cos\ in una maniera come nell' altra. Ma se si consulti la scienza leglslativa intorno al principio dell' opportunita, lo stato dovrebbe far sue e piantare egli stesso le associazioni fondiarie, solaraente quando a tanto non valessero le forze de' privati, o quando non fosse altramente possibile di disgra- vare i fondi dal peso delle usure, e di promuovere i grandi miglioramenti del- r agricoltura. Ma da questi casi all' infuorl le istituzioni fondiarie, siccome un oggetto di imraediata utilita privata e di diritto civile privato debbono commet- tersi air attivita c al credito di privati, essendo bastevole all' uopo che il Gover- no le ecciti e le faccia esistere coll' impulso de' suoi Decreti, e col benefico in- flusso de' suoi incoraggiamenti. Uno de' principii piu essenziale al credito fondiario. e senza del quale non potranno giammai effettuarsi le sue istituzioni, egli e quello del prestito Ipote- cario a basso prezzo, ossia a basso interesse del danaro prestato. II perche e canone principalissimo d' ogni societa fondiaria di fissarne la misura sempre al disotio della rendita dei fondi ; imperciocche in altro raodo ne si soccorre all in- cremento dell' agricoltura, ne si liberano i proprietari dalle enormita dell'usura ne si oltlene il puntuale pagamcnto delle annualita tuttoche pochissime nel sistema deU'ammortizzazIone. Ed il basso interesse del danaro e cosi necessario alia prosperita del credito fondiario. che senza di esso non possono piu costi- 524 SUL CREDITO FONDIARIO tuirsi ne prestiti atlivi. ni' passivi dai quali tlipende inilcamenle la muUia rela- zionc, e quiiull 1' csistenza tra le societa prestalrlci o miituanti, ed i possessor! inutuataril o debitori. Dietro a qiiesto principio 1' associazione fondiaria della Pomerania non riceve che capitali al 3'/^ p. /<, e li presta al 4 p. "/^ con un sesto di fisso ragguagliato all' imporlo del capltale ed a lltolo di quitaiiza o di provvi- gione. E questa mlsura dell' interesse della Pomeraniese e pressoche comune a tutte le altre societa fondlarie di Germania, eccetto quella di Wiirtemberg che il limita al 3 p. *)/; di quelle dell' Hannover e del Diicalo di Posen che 1' innal- zano invece fino al 5 p. ')/^. II che, se per una parte e assai singolare, in quanto r associazione di Pomerania non paga i capitali in numerario, ma con semplice lettere di pegno che soggiacquero perfino al ribasso d'una conversione, per r allra non sorprende, ma e afFatto naturale e per la copia del danaro sonante in quella provincia poco dedita al commercio e all' industria, e per la grande fidu- cia che ispirano le lettere di pegno. e per il corso sempre alto che si ebbero ai giuochi della borsa, essendo arrivate nient' altro che al HO prima dei rivolgi- menti politici dell' anno i848. Che se il basso inloresse del danaro e la primis- sima condizione indispensabile alio stabilimento delle associazioni fondiarie , come si potramai introdurne alcuna tra noi, presso cui la valuta ha gia il prezzo legale del 5 e del 6 p. "/„, non calcolate tutte le spese di provvigione e la tassa sui capitali ? Cionondimeno sara superabile anche quest' ostacolo, qualora si fac- cia in modo che la tassa dell' interesse ne' mutui ipotecarii delle nostre associa- zioni fondiarie non trapassi tutto compreso i termini della misura legale ; poiche r abitudine e la fede nell' ipoteca die e antica c grandissima tra noi, stimola i prudenti capitalist! a procedere Icntamente e sicuramente, ad affidare il danaro piuttosto alia terra che non alia borsa e all' industria, a vagheggiare di piu il gruzzolo che non il far sacco con angoscia continua d" una soprastante ruina. Si aggiunga che il danaro a buon mercato ne moltiplica 1' inchiesta, c che dalla moltiplicita delle inchieste si fa maggiore il lucre ; che colic lettere di pegno po- ste in circolazione, rendendosi piu frequenti e piu rapidi i giri dei valori ipote- carii, le societa fondiarie possono rintegrarsi plii presto del minor interesse del danaro di cui si fanno cosi discrete prestatrici. Ma in qual guisa 1' associazione fondiaria di Pomerania effettua i suoi pre- stiti ;' Essa ne fa di due sorta ; cioe gli uni attivi e gli altri passivi. Da un canto essa riceve danaro e capitali ; ed in cio diviene mutuataria e posseditrice di DEL M. E. PROF. BALDASSARE POLl 525 preslili passivi ; e dall' aliro essa presla a proprielarii suoi consocl quesll stessi rapitali, e solto questo aspctto fassl muluante e distributrice de' capitall o prestiti atlivi. Si iiegli uni che negli allri niiiliii o prestiti pero non adopera mai il con- lanle, ma solo le proprle obbligazioni sotlo il nome di lettere di pcgiio (Pfuinl- briefej, le quali non sono propriamente ni' carta monetata, nc biglietti di banca o del tesoro, ma seniplici tiloli al presentatore, ossia valori circolanti aiiche alia borsa, e che rapprcsenlano un capitale ipotecario col suoi interessi, e la cui realizzazione e assicurata ad un tempo e sopra un fondo speciale, e sopra luttl gli immobili e capilali dell' intera associazione. La forma poi di queste lettere di pegno e semplicissima, e consiste in una carta di obbligazione a numero pro- gressive, sottoscritta dal direttori o capi della societa slessa per una data somma a cifra rotonda, coll' indicazione piu piecisa nel fondo ipotecato, e coUa data della sua emissionc. Queste lettere di pegno cos\ conformate vengono iscritte nel libro ipotecario della provincia in cui e situato il fondo ipotecato, e dal mo- mento della loro iscrizione il presentatore acquista il diritto di riscuotere in contante 11 pagamenlo degl' interessi, oppure di cederle o girarle negoziandole eziandio alia borsa, e facendo valere il suo diritto anche per mezzo dell esecu- zione reale. Egli o percio evidente che il possessore di queste lettere di pegno anche senza ricorrere all' espediente dell' esecuzione, pub ad un tratto rinvenire il capitale di cui abbisogna, potendo trasmelterne sul momento il possesso o la proprieta a chiunque indipendentemente da quella. Al qual uopo era opportune di regolarne specialmente l' emissione. Ed c qui dove 1 associazione fondiaria della Pomerania ha date le piu provvide disposizioni. Infatti per essa viene stabilito : i) Che le lettere di pegno non si possano emettere se non se sui fondi si- tuati in Pomerania e che abbiano una pagina aperla nel libro ipotecario di qiie- sta provincia, vale a dire, che siano atti alia guarentigia di prima ipotccn. 2) Che si rilascino pel capitale non minore di 200. ne maggiore di 1000 tallcri divislbili perb per cento in allrettante somme minori col relative interesse. 3) (]lie la quantita o sonuua della loro emissione sia sempre proporzionata al bisogno, ovvero a ciascuna dimanda di mutuo. 4) Che la loro emissione non possa aver luogo se non a favore de proprie- tarii, i quali siano gia soci, o che vogliano divenirlo col fatto del mutuo o dei capitalisti sovventori o prestatori. 5) Che esse si convertano e si girino senza veruna formalita. una volta die VI. 07 526 SUL CREDITO KONDIAUIO n«' sia segiiita la regolare iscrizione, e qiiindi scnza la solita cessiono oil iiidos- saniento. 6) Che finalmente possano essere ammortizzale od cstiiUe coUa convt'rsionc ill (jiialiinquc capitalc, colla denuncia di pagamento, col cambio e col loro rin- nuovamento. Dal che si romprende quanto divario corra fra le lettere di pegno delle associazioni fondiarie, c Ic varie specio di carta monetata o di pubblico credito, le qiiali girano alia borsa, od al mercato. Sicchc, se per esse si aumenla la massa o quantita di segni o simboli dei valori circolanti non perlanto s'accii- mulano o si confondono con qnelli, essendo gH iini fondali sul credilo perso- nale, e le altrc sul reale. Dal che consegue die mentre quelll vanno soggetti a tntle le oscillazioni del cambio e dell agglolaggio, nc sentono assai meno I' in- fliisso, tuttoche al paio di qnelli siano negoziabili alia borsa. E cio dipende na- luralmcnle dall' essere essenzialmente le leltere di pegno tlloli ipotecarii, i quali fissi ed immobili, divennero circolanti e mobili a maggior comodo della pro- prieta o dell' agricoltura. Con che e impossibile che esse dismeUano lu primi- tiva loro indole e natura. Siccome poi rigunrdo all' emissione delle lellere di pegno sono della niassima iniportanza il limite ossia la quantita e le cautele in eseguirla, cos^ 1' associazione fondiaria di Pomerania ha accolto il doppio principlo del bisogno e dell' inchiesla pel primo oggelto, e della solennita nel- r emissione per il secondo. Infatli sebbene la Prussia con tulte le sue associa- zioni fondiarie conli la somma omai di 400 millioni in tante lettere di pegno messe in circolazione, cio nonostante in quella della Pomerania conservasi gelo- samente il principio di non dar fuori queste lettere se non in ragione del biso- gno o della dimanda per non riconere, come si Tece nell' anno 1839 dalla Slesia, al tristo rimedio della loro conversione col riducimento degl'interessi. E benche ad Infrenare la eccessiva emissione delle lettere di pegno sarebbe forse conveniente di fissarne il limite sull' esempio di qucUo che si coslnma per rispetto al fondo di riserva nelle banche, cio nonostante da questo freno trovasi gia rattenuta e compressa 1' associazione fondiaria di Pomerania coll' andar stretlo neir emissione delle lettere di pegno, la quale non debbe mai eccedere il valore ben avverato del fondo ipot(!cato ; col non emettere cotcste lettere, se non ad ogni mutuo ipotecario gia conchiuso, e sempre liniilate alia sua somma ; colla consegna di queste lettere di pegno se non a proprietarii della medesima pro- vincia, o dei capitalisli che prestano danaro alle sociela fondiarie. Per quanto si riferisce alle necessarie solennita che devono accompagnare la stessa emissione DKI. M. K. P1\0K. BALDASSARE POLl 527 delle leltere di pegno, affmchc ne sia guareiilita 1' aulenlicita c ne veiigano iin|)c diti ad un tempo gli abusi e le conlraffazioni, la niedesima socicla ha proweduto che r emissionc dclle lettere di pcgno sia esclusivamente riservala alia superior direzione, la quale e cziandio la depositaria e la custoditrice de' loro esenqdari. e (he al loro rilascio preccda sempre la iscrizione ipolecaria eseguila formal- mente dinan/.i non solo dei rapprescntaiiti della societa, ma henanco dell aiilorita gludiziaria, che liene i registri od i libri pubblici in cui avviene Tiscriz-ione. Ogni scopo ed ogni ulilila delle associazioni fondiarie, 1' esistenza medesima di queste e la sorte del credito fondiario, su cui esse si appoggiauo, andrebbero ad annientarsi cd in ruina, qualora mancasse per qualsiasi cagione la certezza di realizzare 1 valori od il capitale di cui le leltere di pegno sono le rappresen- tatrici. E siccomc questa ceitezza non puo conseguirsi se non per opera del credito reale o terriloriale, ossia con ipoteca sul fondi; cos'i la societa fondiaria di Pomerania stabib il principio che la ipoteca non solo debba essere prima, ma eziandio speciale e generale, ovvero individual e coUettiva, facendo si die il di- rltto ipolecario dei capitali affidati al suolo sia per cosi dire incorporalo ed ine- rente non solo con fondo ma che divenga perpetuo ed imperituro in tanla esten- sione di fondi quanta e quella d' una provincia. Egli e percio che a suo favore qualunque capitale ipotecario non puo anleporsi giammai a quello portato dalle sue lettere di pegno debitamente prenotate od iscritte ; ondeche la loro ipoteca e sempre la anteriore o la prima, e cotesta ipoteca sempre anteriore non cade soltanto ed immediatamente sul fondo ij)Otecato, ma bcnanco su tutti i beni ini- mobili che esistono nella provincia, e che sono di proprieta dei membri della societa medesima. Dal che nascc I'altro principio di sopra accennato della cos'i delta ipoteca collettiva a doppio riguardo e della societa siccome intromettitrice. (' di riascuno siccome parte o membro di quella. La sicurezza pertanto o la realizzazione dei capitali prestati e sostenuti dal credito delle lettere di pegno non puo essere maggiore con questo triplice carattere ipotecario, mentre qua- lunque altra ipoteca deve cedere alia loro prevalenza primamente per la ragione SI del tempo come del privilegio; secondariamenle per 1' obbligo d'ogni sorio di contribuire proporzionalmente coi propri beni e fondi giacenii nel circuito della provincia a quanto mancasse al loro pagamento, e per ultimo, con i beni di tutla la Pomerania impi^gnati ugualmente al loro soddisfacimenlo. Ecco in qual senso possa dirsi che la ipoteca delle leltere di pegno dell' associazione fondiaria di Pomerania sia ad un tempo speciale e generale. individuale c collettiva. Ne ci 528 SUL CRKDITO FONDIARIO voIpv.t mono, arciorolie i tiloli ipotecarii di quell' associazione fossero indeficlenti p sicnrissimi tanto ilal lalo dclla sorte prlncipalc. qiianlo da qiiella degl' inle- ressi. Ne potrebbesi gridaro all' ingiuslizia od alia violcn/.a per 1' aggravio o per lo spogliamenlo con questa ipoteca generale od involontaria di que' proprietaril che non abbisognano nemmeno del prestili della societa, allorche si considera che la fondazione dell' associazione Pomeraniese e delle altre consimili lia in se lo scope della pubblica utilita, tende ad avvantaggiare un celo od una casta po- lilica alia quale ogni proprietario o possessore della provincia apparliene e come nobile e come possessore, e in quanto ognuno ne gode degli onori e delle prerogative nella sua legale rappresentanza. Se non cbe tulta la loro sicurezza od indeficienza sarebbe un' illusione ed un inganno, qualora dalla rendita del fondo ipotecato non si ritraesse quel tanto che corrisponde ad ambedue insieme. Anche a questo si e pensato con fino accorgimento, sia col non emettere le lettere di peguo se prima non venga ben determinato coUa stima de' suoi com- missarii periti ed anche giudiziali il vero valore dei fondi offerti ad ipoteca, sia col non approvare questa stima se non dopo che essa venne scrutinata nelle sue operazioni, e sottoposta al voto dei revisori ed a (piello della direzione generale, tenendosi sempre per fermo che questo volo non puo essere affermativo se non quando la quota di vendita nelta, suUa quale deve cadere 1' ipoteca delle lettere di pegno, sia maggiore della somma del prestito. E questa quota di rendita netta non e maj fissa o determinata, ma variabile secondo la diversa qualita e coltura delle terre, e la diversa loro ubicazione. Ma dopo tuttocio quello ch' e veramente singolare, e onde diversifica 1' as- sociazione fondiaria di Pomerania da tulte le altre, si e il rimborso volonlario o facoltativo del capilale portato dalle lettere di pegno, dovendosi awcontentare il possessore di riscuoterne puntualmente in danaro i soli frutti od inleressi. Tal- che per questo principio non e in costume presso di essa il sistema di ammor- lizzazione, ph'e pure decantato per tutta Germania siccome il principio fondamen- lale di qualsiasi societa fondiaria. Egli e adunque per questo rimborso facoltativo 0 volontario, che il possessore delle lettere di pegno dell' associazione fondiaria Pomeraniese non puo mai pretenderne od intimarne il pagamento, menlre pno venderle e girarle a suo beneplacito, ed esse percio rimangonsi in conlimia cir- colazione come tanti biglietti al presentatore, infuio a lanto che o 1' associazione stessa. o 1' autorita pubblica od un socio proprietario qualunque,' ovvcro il de- PR!. M. K. PHOK. r.ALDASSAUK POIJ 529 bitorc ipot(Mario noii inlcncla di ritirarle e di eslingiierle diclro forinalc dciiuii- zia: iiel qiial caso sollanto ha luoj^o il loro animortirnciito ch' t* ben divcrso dal sistcma dell' ammorlizzazioiie invcntato dagl' Inj;lesi per estingiiere il debilo pubblico, cd applicalo ora nel gradiiale e successivo pagamciito ai rautiii dellc associazioni fondiarie. Con che fii sropo dcirassociazione fondiaria Pomeraniese di evitare la vera ammortizzazione forzata di questi miitni, che pii?) talvolta sii- perare le forze della rcndila fondiaria, c di collocare i siioi capitali ipolecarii a censo perpetuo rendendoli pero mobili e eircolanti col mezzo dellc lellere di pegno, cbe sottenlrano al difelto del rimborso forzato e neeessario iniposlo dalle allre associazioni. Se non che il rimborso racoltalivo o volontario usato in questa societa fondiaria e ristretto al capitale ; mentre rimane sempre forzato quello degl' iuteressl pagabilili semeslralmente tanlo dalla sociela medesima in quanto essa siasi fatta debitrice, quanto da' suoi miitualarii o debilori in qiianio essa gli abbia sovvennli di mutui atlivi qual creditrlce. Conseguentemente in caso di mora per parte di questi debitorl 1' associazione ricorre ai mezzi coattivi della multa o dell' ammenda, del sequestro. dell' esecuzione sui mobili, e della vendita all' asta cziandio dei fondi per incassare piintnalmenle gl' interessi di cui va creditrice. E quindi col giro alternante e perenne degl interessi proprii cbe incassa a dati giorni d' ogni semestre come creditrice, e coi pagamenli che fa per allrettanti interessi da lei dovuti, essa arriva a mantenere il necessario fondo di danaro sonanle, s\ per soddisfare ai proprii impegni, come a dar credito alle sue leltere di pegno, allonlanandone qualunque ricbiesta di rimborso. Per la qual cosa 1' associazione fondiaria di Pomerania distinguesi assolutamente dalle altre tuttc di Germania, le quali banno assunto in generale I'opposto principio del lento e forzato rimborso mediante il sistema dell ammortizzazione, per la quale i debitori o mutuatarii sono costretti a scontare in un cogl' interessi una piccola porzione del capitale per forma che questo va ad essere estinto in nn periodo piii o meno lungo d'anni colla i-egola dell' interesse composlo. h . Zignoidianus D' Orb. hcterophylltts So>v. fimbrialits Soiv. Sabaudianus D' Orb. ooliticus D' Orb. Ilumphre^sianus Soiv. lalricus Puscli. (a) Fin qui non furono frequenlemcnie Irovali die modelli di P/ioladomia, GervilUa, hocardia, Nucula, Terebratula sphaeroidalis, Hinniles? Pychnodtis, Pliolidophorus, e crinoidi, massime nfgli sirali reputali bajociani. (3) Quasi per tutto il Veronese si possono risconlrarc nelle ooliii quesii slralerelli pieni di innumerevoli arlicolazloni di crinoidi (Ptntacrinus scalaris?) : fatlo gfa da mc pubblicalo 6no dal i85o. Vcdi Osttolog. Orsi /oss. pag. 5 c anche la nota 3. 560 FLORA FOSSILE DEL MONTE COLLE, EC. pill anticlii; huUlove iici piu recent! o superior!, le testate calcari sono di var!o colore, scnipre p!u o meno alliimin!fere, e frequentemenle brecciate e d! venuzze o maccliic d! carbonato calcare cristallizzalo infarc!tc. Non di rado strati schi- stosi di calcari marno-argilliferi pieiii di fiUiti, e schisti bitumiiiosi, e testate di argille si allernano coi calcari era cinereo-giallogiioli, era cinereo-grigiastri, fra i quali si trovano i piu belli e ricercati marmi della provincia Veronese, le Lu- machelle, \ Occhio di Pemice, il Bronzetlo, la Pietra lllogrofica e varii altri, clie insieme nniti, si slimano formare il piano Bajociano sopra designate. Non e possibile con sicurezza definire dove finisca questo piano della Grande oolite, e dove abbia cominciamento 1' Oolite media od il periodo oxfor- diano o calloviano; clie certamente non poche division! e trinciamenti falti dai mo- dern! di alcune epoche geologiche, sono plii nella mente di chi le introdusse, di quello clie nella natiira. Litologicamente parlando, sembrami polersi distinguere le testate della calcaria oxfordiana sovrapposta alia grande oolite, anzi tiitto pella copia e frequenza degli ammoniti, e pel colore rosco o carnicino o rosso di mat- tone clie acqiiistano le roccle : ed eziandio pella potenza assai minore degl! strati, e pella strullura loro brecciata globoso-nodosa inegualissima. E ben vero, che il calcare oxfordiano, che forma il tanto pregialo marmo rosso Veronese^ del rpiale c fabbricato per la maggior parte 1' antico e colossale anfileatro A^ Are- na, si alterna con altri calcari della stessa natura e di color bianco-latteo i quali formano il Biancone dei Lombardi, edin parte il Biancone di S. Ambrogio del Veronese, ed eziandio talora, sebben di rado, con calcari giallo-ocracei conosciuti col nomc di Marmo giallo di Torri, ma tuttavolta potrassi facilmente e grosso- lanamenle distinguere il loro insieme dalla grande oolite sottoposta, per certi cotali stratarelli rosso cupi di ossido, di ferro clie uniscono fra loro il marmo rosso, ed altri straterclli verdognoli alluminosi di silicato di ferro, che sepa- rano o congiungono il marmo bianco. I fossili, non v' ha dubbio, ci potrebbero con piu scienlifico fondamento condurre alia distinzione e conoscenza di questi due grandi piani dell' epoca jurasica, ma qui ioho voluto insegnarea distinguere queste roccie veronesi, sem- plicemente dietro i caratteri estcrni, sapendo tutli quanto sia difficile e raro I'abbattersi a resti organic! ; e di cio mi sapra grado peculiarmente il geologo viaggialore. Notabilissima circoslanza e degna de' piii alii riflessi si e, lo stato meta- morfico regolare della calcaria oxfordiana (se male non m' appongo) nelle parti DEL SOCIO CORR. DOTT. A. K. PROF. MASSALONGO 561 meno elevate del Veronese ad oriente (1), laddove e alio slato naturale dove forma e costitulsce la cima delle monlagne. Tal falto e segnalatissimo specialmente nella valle di Tregnago, die ha origine nel Tirolo c sbocca ncll Adige. Poco sopra del paese di lllasi. e piu manifestamente nel paesi di Tregnago, Cogollo e Biidia colale calcaria oxfor- diana melamorfica, in forza della potente immersione nord-est zn sud-est degli strati, forma, nei liioghi nominal!, gli slrati piii bassi o le radici del monti. La sua natura e saccarina, a frattura incgiialmente concoidale. pellucida, general- mente di color carneo-roseo uniforme, e dove a chiazze piu o meno colorala. Pero ce n'ha di questa calcaria estesi tralti color giallo sudicio, di biancaslra, ed eziandlo di bianchissima come zucchero: lalora compatla e durissima. non di I'ado friabile, a grana finissima uniforme, e talora a grana cosi fatta da emu- lare il marmo di Carrara, o da eguagliare il marmo Pario. Intorno ambi i lati della valle sopraricordata, troverassi sempre la stessa roccia qui descritta, la quale, non presentando traccia veruna di organiche reliquie, certamente, in gra- zia del metamorfismo al quale fu soggetta, non potrebbe per questo di leggeri essere geologicamenle classificata, ove le roccie che 1' accompagnano inferior- mente, e massime siiperiormente, non ci ponessero in grado di definiria sen- z' altro per oxfordiana. Per convinccrsene poi. bastera, come io ebbi a fare, accompagnare qualunqnc di quest! strati metaniorfici, da Tregnago fino ai paesi di Badia, Selva di Progno e Giazza, dove giunti, troverassi lo stesso strato dive- nuto naturale, mostrare gia in parecchi luoghi i fossili pivi caratteristici. Tal falto delle calcarie oxfordiane del Veronese, di trovarsi cioe dove alio stato naturale, e dove suUo stesso orizzonte melamorfosate, sembra a mio cre- dere bastevole, a comprovare 1 origine melamorfica delle dolomili : -essendo altrimenli impossibile il farci ragione, come uno stesso mare potesse sullo slesso orizzonte a s"i brevi distanze. deposilare materiali cos'i diversi sotto eguali ed analoghe circostanze. Non voglio per questo negare, che non v'abbiano assolutaraenle e non pos- sano esistere dolomili nalurali, lo non avrel argomenti per provare ne la venta ne la falsila di questo falto : io non parlo che del Veronese, e dietro quanto ho polulo io stesso vedere, e sostengo unicamcnte all'appoggio di molli fatti. 1' ori- gine melamorfica di tulle le dolomili di quahinque periodo della mia palria. (i) Quivi infalli per lungo trallo esleodesl la eruiione basallica. 562 Fi.or>.\ FOSsiLE del montk colli:, ec. Infalti iK'l periodo jurasico non solo, ma eziaiulio neH'epoche cretacea siijic- riore ed hifcriore, e persino nei scdimenli terziarii banclii plu o rneiio potent! di roccic metamorfiche e doloiniliche, si alternano a brevi inlcrvalli coUe roccle calcavee piii pino : ed ove cotali doloniill non fossero di origine metamor- fica, convenebbe amniellere che in una slessa epoca lo slesso mare alternativa- menle deposllasse sediment! diversissimi (1). Le serie dci lerreni che seguono il periodo jurasico, sieno cretacei o ler- ziari!, so e chiara per st; stcssa presa in largo sense, non lo e del pari se voglia- mo fare allenzione a! varii membri, nei quali quest! terreni furono divisi e sud- divisi. — Innanzi tullo voglio confessare, clie egli e appnnlo sui piu anlicbi sediment! del periodo crctaceo, che io ho pubblicate alcunc opinion!, che furono in parte esatle ed in parte errate, o diro meglio, giusle per tutto il Veronese, Iranne che per una sola localita, quale e quella di cui impresi ad illustrare la Flora fossile, in una parola pel monle Colle, che da qualcuno forse a torto venne alle epoche cretacee riferilo. Le indagini minuziose che ho instilulte non ha guar!, mi pongono in caso di raddrizzare era alcuni fatli sulla successlone delle roccie cretacee del Veronese, le quali bene spesso per la lore natura in mille guise alte- rata dalle roccie basaltiche, possono Irarre in errore i piu oculat! naturalist!. II calcare neocomiano ora bianco marmoreo compatto, delto majolica volgarmenle, ora marnoso, leggermenle verdognolo, o roseo, o cenericcio (shnilissimo all' Alba- rese) ora argilloso, ed allernanle con schist! di vario colore cinerei o bituminiferi, inlersecalo da venc od arnioni di piromaco, ora di color epalico, ora verde, ora nero, ora giallo di micle, e piu comunementc di color perlacco, e il membro piu an- tico della formazione cretacea inferiore, che adagias! sul calcare oxfordiano. — In alcune localilapero hacciuna roccia marnoso-sabb!osag!allastra,ora compatta ed ora sabblosa, e sempre cristallina, con vene ed arnioni di quarzo, assai rozza- menle stratificala, che in alcuni luoghi sembra sottoposta al marmo majolica o calcare ad aptici (Aptychenschiefer) , del quale quind! dovrebb'essere piu antica. E questa la roccia che appellas! d,al volgo Veronese preapura, e che deve esscre (i) Alcuni da qucsli slessi argoraciili da'quali io deduco I'oiiginc mclamorfica dclle doioniili, liaggoiio iiivccc le loro ragioni per provare I'origlnc nalurale ( per via umida ) di quesle roccie: come infalli polrebbe la foria raclamorfosanle avcrc agilo allcrnalivamcnte sopra alcuni slrali, c lasciarne lanli di intalli ? ? A qucsLi lo rispondo, come si possono conosccre Ic relozioni dei varii slrali colle roccie di cmcrsione, per dclerminare le leggi del mclamorfismo '. UV.I. SOCIO COKR. DOTT. A. 15. PROK. M.VSSALONGO 563 rifcrila allcpoca cretacea, come c evidcnle dal suo awicondarsi non di rado col calcare decisaraenle neocomiano. Come in alniiii luo^lii la prcapura forma una teslata unica soUoposta al calcare neocomiano, cos\ io all'appoggio di queslofallo definivala di qiicslo calcare piii anlica. In appresso avendo veduli in piii luoglii allernare queste due roccic senza regola ne ordine alcuno, ho dovulo convincer- mi non csser altro Xa preapura^ clic lo stcsso calcare ad aptici metamorfico. Se pero c vcro qucslo goneralmenle per tuUo il Veronese, v' lia prr qualche luogo non poco incertezia. Nel paese di Tregnago, p. e. sul colle ove sorge un diroc- calo caslello dell' Eta di Mezzo, troveresli la seguenle successione di roccie, die costituiscono anche 1' inlero vicino monte Precastio e Gardon. Alle radici un calcare rosso carnicino, die non e allro che la roccia oxfordiana metamorfos;ita. la quale e quivi ed anche nel monle Cagalali cd altrove, nelle ultime testate divlene meno compalla, friabile c di colore giallaslro. non dllFerenle in queslo y^^v nvt\\:x AaW'a preapura cretacea teste accennala. Sovra quest' ultimi strati di tale roccia jurasica, nel monte Caslello del quale ragiono, succede una pietra rozza arenacea, friabile e glallastra ch' ha piii 1' aspetto di un conglomeralo che di una roccia stratlficata. E plena di frammenti angolosi di quarzo, talora allineati in filoncini. c tal allra aggnippati in arnioni, ed assai frequentemente, a pezzi angolosi di calcare neocomiano naturale non metamorfico commista. E nel M. Caslello e nel M. Verdella, e suUa strada detta Calcarara dello stesso paese di Tregnago, tale roccia vedesi coperta dal calcare ad aptici o ma- jolica de' nostri vlllani, al quale succcdono la scaglia. e qulndi le roccie num- molitiche, che formano la vetta del ^I. Gardon sopra nominato. Io ho definlta questa roccia, die e la preapiira de'paesani, per decisamenle cretacea, e tultora per questi luoghl persisto nell' islessa opinionc e reputola cronologlcamenle piu antica (sebbene coeva ed inseparabile) del calcare marmoreo bianco (neo- comiano ! ) che la ricopre. II chiar. cons, montanistico il signor Fr. Foetterle, che fu con me sopra i luoghi nominati, sembro di contrarlo parere, e la repulerebbe per terziaria. od almeno di formazione piu receute del calcare neocomiano die la ricopro. Ld in- fatli, trovandosi in questa roccia sabbiosa giallastra frammenti angolosi di marmo majolica bianchissimi e naturali, com' e possibile sc sono dessi piu recenli della roccia che gli racdiiude, die si trovlno in una roccia piu antica inipigliati ?? L' obbielto mossomi dal chiar. signor Foetterle, e che piu fiate si facemmo vi- cendevolmente negli anni andati fra nie ed il cav. Ziy;no. die pur meco vide que- 564 FLORA FOSSILE DEL MONTE COLLE, EC. sti liioghi, e iiaturalissimo e loglcissimo : ma d'altra parte e possibilissimo chc mctamorfosandosi qiiesla roccia, ovvero soUoposta colle sopragiacenti roccie a qiialche polente sollevamento o compressione, otl a qualunquc altro avvenimento. fosse qui e qua rotla e screpolata, di manlera che vi polessero penelrarc fram- menll de' sediment! soprastanti. Ovvero potrebbe darsi che deposilato queilo primo slrato della preapura dal mare crelaceo, v'avesse una qualche sospensione nei sedimenti, durante la quale, screpolalo lo strato per azioni plutonicbe, al succedervi gli altri sedimenti, potessero questi in parte insinuarvisi. Non dovrebbero pero essere in questo secondo caso quei frammenti di majolica angolosi. E non potrebb' essere che tro- vandosi questi frammenti angolosi sempre a contatto del piromaco e con esso mescolati, che per un'azione di questo minerale sconosciuta, si fossero mantenuti intatli contro alia forza metamorfosante alia quale tutto questo strato veniva soltoposto ? lo non saprei come meglio decidere — trovo giusta l' obbiezione, ma non posso rinunziare all'idea che questa roccia sia cretacea, come sembra esserlo in fatto. Veramente se dovessi giudicare da quanto osservasi nel 31. Colle, dove una roccia mineralogicamente eguale a quella sopra nominata, ed apparenlemente alia majolica sottoposta, appartiene senza dubbio ai terreni di sedimenlo supe- riore, dovrei per analogia sancire terziarie anche le roccie del M. Castello e Calcarara. Ma nulla meno non so mutare opinione, dappoiche nella preapura veramente cretacea troveresti sempre il piromaco, in quella del M. Colle ed in generale in tutll gli strati mctamorfosati de' terreni terziarii, la silice nel Vero- nese, non trovasi quasi mai, e se pur lalora incontrasi e d' assai diversa da quella crelacea, e manca sempre nelle preapure jurasiche ! Questo fatto grossolano a dir vero, e di un valore forse semplicemente locale, puo giovare e distinguere nel Veronese certe roccie anche dietro i soli caralteri estcrni, ai quali dobbiamo ricorrere nella mancanza dei dati positivi offertici dalla paleontologia. AUe testate dell' epoca neocomiana, succedono sviluppatissime quelle della creta superiore, della scaglia (HippiiritlenschiclitenJ, fra le quali in non pochi luoghi troveransi alcuni strati che mineralogicamente parlando, non si sapreb- bero distinguere dagli strati della calcaria oxfordiana bianca, ed altri affatto identici a matloni terziarii della Valle paiilena, altri cosi argillosi bianchi e farinosi da simulare il gesso (Gesso di Marcellise) ed alcuni fmalmente nieta- morfici, non dissimili dalla vera preapura. E nei potenti strati di questa forma- nr.r. socio corr. dott. a. n. prof, massalongo 565 ..one Che si eslraggono tulte quelle scaglic colle quali i„ generale si laslricano e v,ed. Verona (1), e colle quali si coprono le umili abltazioni dei nostri men- tnnar.. A quesl. se.l.menti seguono i terreni ter.Iarii bone caratterizzali nel loro .omp esso non com nelle loro par.i. Frat.anto lo sirato terziario piu antico e sen- za dubbu) d calcare arenacco brecciato dal M. Spilecco a Terebralula polymorphu a Corall, . CoralhnUe.. a Cylindrites^ a Burguetocrinus, cou.e io credo avere a su hc.enza dnnostralo nella mia iriemoria sulM. Spilecco (2). -A quest, rocci. p.. anuca e tanto si.nile talora al GranUell. di k JJ, succedono Ir::, n.ente . calcar. nummohUci. rr,a non di rado in vece in alcuni luoghi, banchi piu o .neno potent, j vacch.e e di peperiti con essa si avvicendano, ^nassi.e ndla paae nord-es de la prov.nc.a Veronese, e nella vicina provincia di Vicenza. Le rocc.enununoht.che devono essere nella provincia di Verona divise in due piani d.st^l., sebbene coev. ed e a quest! che succedono strati piu o n.eno potenti di .g.lle calcar.fere o d. marne per lo piu glallast.e o cinericcie talora metan^or- iosate, Che per m.o avviso forma..o il piano superiore de' terreni eoceni corris- pondente forse al p.ano 7W.««a del d' Orbigny, laddove quelle p.obabil.nente Ifircbbeio luogo del p.ano Suessoniano. A tal piano de' le.-re.u eoce,.i snperiori io eguaglierei i ba..cl,i f.llitiliferi della prov.,.c.a \.centina (.Vo.W., ^«/..^«, Chia.on etc) ed eziandio nuella rocca a.enacea gr.gio-verdog,.ola dei contorni di Schio. in una parola la ,laucon.a del prof. Catullo : e non saprei cronologica^ente disti..guere da qnesta fonnaz.one ne separare i tanto fa,nosi strati a f.lliii di Sotzka ,.ella M..-.a d. Haenng nel Tirolo, del M. Promina in Dalmazia, di Ronca, dei I'e^ro- «/, d. FumaneA^X M. Ca.olo, di Negrar^ e del M. Colle nella provincia Veronese Che .1 celeb.-e Heer vorrebbe (parlando di Ilaering Sotzka e Promina etc.) eguJ ghare a. banch. d. Straddla e S^nigaglia del Piemonte e della llo,nagna che per m.o avv.so so.io di piu recente for.nazIone e spettano senza dubbio al terreno mioceno (o). Con questi strati non finisce la serie de' terreni terziarii del \eronese. che (3)^Vedi Massal. DescrUione .Jei fucH.- /os.U Oel M. SpiUcco, png. 9, e no.a pag. =p. 72 566 FLOUA FOSSILE DEL MONTH COLLE, EC. .inzi abliiaino tlelle allre slralificazloni piii rccenti rlie si sleiidono in parlc siille rive del Ikiiaco (1), e lonnano molle delle niiiiori einineiize del ^ eionesc. Oiicsle colline vennero da me lino del i853 (2) definite cosi ad occhio jKi- pliocene sen/.a Y appoggio di fossile alcuno : ora pero merce le scoperte dei due bravi naturalisli Piziolari e Pellegrini, sembrano dover essere senza dubbio riporlale ai banchi pin superiori dei terreiii terziarii. Non vorru per allro asserire ihe le argille di Porcino presso Caprino speltino al periodo plioceno come quel signori hanno asserilo. potendo essere forse di epoca plu aniica e rapprcsenlare appo noi il periodo mioceno, laddove i conglomerati. banchi di argille, e marne tanto sviluppatc a Castion. piu probabilmenle costitniranno il terreno siibapen- nino del Veronese. La raccolta de' fossili alia quale allendono con tanlo zelo quei due naluralisti, porra fuor di dubbio la questione. Fratlanto reslringendomi al M. Colle, ecco la serie dei terreni che la costl- tuiscono. — Calcare oxfordiano dolomitico forma la base del Monte: gli ul- timi strati, visibill iiei botri che lo circondano. sono di color giallo e di natura arenacea variabile, identici mineralogicamente ad un altro strato a loro sovra- incombenle, pgualmente metamorfico ed arenaceo, nel quale sono raccbiuse le poche reliquic vegetali scopo del presente lavoro ; il resto del monte e calcare neocomiano che succede superiormente al banco a filliti. L' eguaglianza minera- iogica di quesle due roccie tanto diverse di epoca, I'ideiitita loro co\h\ preapiira di altri luoghi, e la loro apparente successione nel M. Colle, furono la cagione che si riferisse all' epoca cretacea il M. Colle (3). Per quante volte mi facessi ad esaminare e studiare questo monte, sempre rimasi nella stessa opinione. 11 parere pero del cons. Foetlerle che alia sola vista delle reliquie vegetali, definiva per terzlaria la flora del monte Colle, e leguale giudizio del sig. E. Wolf che dietro mia preghiera visitava questo monte, mi po- sero nella necessita di dover uscire da qnesta incertezza. — E siccome pel M. (^olle era impossibile cambiare parere, cos'i mi feci ad indagare allri luoghi della provincia Veronese e Vicentina, e fui avventurato di scoprire finalmente le slesse (i) I),i Pescna, Coslcrman, Caprino, tullo quel Irallo clic si oslcndc lia Pescanlina, Bussolengo, Paslren- go, Verona, S. G. Lupaloto c BuUapielra, Moizecane, Villalranca, V'aleggio, M. Bianco, M. Magarin, Salionzc, Peschiora, Lazise, Bardolino, Coi.'i, M. Raso, Castelnuovo, Sena Custoza, M. Goi, Castel d' Azzano, Volta. Ca- vri.ina, Pozzolengo, Castiglionc, Desanzano, Sermionc, Padenglie, ecc, ecc. (2) Massal., Sullc Pantlanee fossili^ pag. i3. (3) Vedi Specola ct Ilalia, Ann. 1, n.° lo. — ISotizie scientl/ic. thll'IOii, pag. 102-1 53/ DEL SOCIO COUU. UOTT. A. P.. PUOF. MASSALONGO 567 (■(1 identidie rcliquie vcgetali in altri liioglii dpcisnmcnte tfr/.iarii, e per consc- }5iicii7,a ora dcvo far ceo al giiidlzio del sig. FooUorle. (^oiiobbi allora cssere appareiilc la sovrapposizionc dellc roccic ind M. (^ollc, e conic lo slralo a filliti -icnibrassc soUoposlo al calcare neoconiiano cd unilo all' oxfordiano, per uno sposlamcnlo avvemilo nella direzione del nord al sud. Nolero alia fine di passaggio, come io fino dal primo momcnlo die vidi tin IVammeuto di plania fossile del ^I. CoUe, lo definissi a priori per lerziario senza aiicora avere visitalo il luogo, e di cio mi potrelibe far fede una letlera che indi- rizzai nel mese di maggio 1834 al chiar. cav. Acli. De Zigno (i). In appresso la naliira inineralogica della roccia, la sua anormale stazione, o nieglio la sua appareiite soUoposizione al calcare neocomiano, e pin il parerc di alcnni geologi, mi fecero cambiare opinione. E quesla una novella prova quanta maggior fede dobbiamo lalora prestare allc nostre prime opinioni scevre da idee preconcelte e lion atfascinate da anlorita : essendo inalienabile a coloro che studiano sul libro della ualura, quella sublime polenza inluitiva. che di rado o ([uasi mai conduce in errore. II chiar. prof CatuUo potrebbe servirci in queslo argo- nicnlo di sublime iesllmonianza. (i) A qucila Icllcia rispondcva il cav. Zigno il 3 giugno i854 colle precise parole Dallii //osiziuiie iiidi- ctifamif sono imiotlo a dividerr la di lei opinions cht^ Ic />itinte presso Boka (M- CoUe) possano esserr /rrzirtrii'.ccr. •> FLORl FOSSILE DEL II nionlc Colic giace nel coimine di Bolca, a! sud-ovest del M. Purga e delle famosc cave illioliticlic. Non e uii monle isolalo o parlicolare, ma una eminenza o meglio il dosso d'uiio dei versanii dc' nionli die circondano ad occidenle il paese di Bolca. La composizione geo- gnoslica di questo monte fu qui sopra descrilta, ed eziandio venne slabilito il periodo geologico al quale deve &[)ellare quello strato fillitifero. Ora non riinane di dire chc dell' eslensionc dello strain e delle sue rcliquie organiche. Lo stralo a fillili di natura arenacea, di colore giallaslro volgenle al rosso di niattone, non si eslende piu in la di 2, o perliche quadrate in tullo, ed c scnza dubbio una porzione ^tarcata, e quivi per un qualclie cataclismo, dalla vicina eruzione l)asallica baleslrata. Conliene niolle piriti di ferro, squame e qualclie scbeletro di pcsce. 11 celebre Meckel, al quale inviai quesle reliquie, Irovolle spettanti al genere Rhombus, e cio appoggia c conferma I'epoca ler- ziaria anche delle piante con quest! ittioliti associate. Assai scarse sono le reliquie vegetali, e si riducono in lulto a h, 5 specie, tie per avven- tura maggior numero potranne essere scoperlo in questo luogo, avendo io esplorato e falto lenderc tutlo lo strato. Spettano esse, due alle dicotiledoni, una alle conifere, ed una die e la piii frequenle ed interessante, probabilmente ad un genere novcllo. Delia conifera non scoprii die foglie e ramoscelli, nc traccia veruna de'frutti. Pernio nell' opinione die fossero di epoca cretacea quesle piante, definii quella pella Geinitzia cretacca (1) : ora pero devo retlificare que- st'errore ed altaccare quesle inipronte agli Araucarilcs, Lo slesso devo dire delle due dicoti- ledoni, die prima io credetti di collocare fra le algbc, ma die ora non posso staccare dalle miricee e dalle poniacee. E questa una prova novella, ipianto inleressi conoscere lalora 1' epoca geologica di un lerreno, prima di decidere la dassificazione dei resti organici : i quali, mas- siine se aniniali, devono essi servirci di guida per I' epoca del terreno, laddove per le piante e massinie per cerii organi conservalori quasi affatio eguali, la determinazione non puo essere csatta. ove non preceda la conoscenza del lerreno. (i) VcJi S/h'f'jla 'I' flitlifz, -inn. I, n. lo, e Nolizie scifnfl/ii fir del!' Ibis, pai;. 1S2, 1 5.1. 1)1.1. SOCIO COKU. DOTT. A. I). PROF. .M.\SS.\LONGO 569 Sulle allrc impronle io ho stahilito il generc Autarthrophyton (I) : quali sieno i suoi ca- rallcri parlicolari, e con quali pianle del inondo altuale debba essere paraiionalo, sono le questioni clie era andri) esaminando. AULARTHROPHYTON -Nov. gen. Ucllc impronlc di qucsto genere, io ho scoperte nel M. Colle piii di ^tO cscmplaii, in lulli e;li slati di sviluppo : ramoscelli d' ogni forma, d' ogiii ela, porzioni del Ironco, e perfiiio una pianticella pressoche inlera, per cui mi trovo in grado di darne una complela illuslra- zione. Malaiiguratamenle non si scoperse alcun organo riprodullore, nc fiori ne frulta, se ne pccellui un' esile impronia ( lav. Ill, fig. h ) che non so bene definire se a quest' organi im- porlanli debba appartenerc. Gli Aularllirophijlon erano uniili pianlicelle cespislose dell' allezza di 3 a 3 spannc od in quel torno, rainosissime, con un tronco cavo nell' inlerno e nodoso, c slrialo eslernamentc, del diamelro di uno o due pollici. I rami erano esili allenuantisi all' eslremila, semprc ailerni e dicolomi, e nascenti alia stessa foggia dei Callirjonum, Salicomia. Stnimp/m, Casuarina fra le fanerogame, e Corallina e Tuna fra le crillogame : sono vuoli nell' inlerno, e spiccalamente nodosi ed arlicolali, coi nodi die altraversano parte a parte ed interrompono 1' interne caviia della pianla. Gli articoli sono disuguali in lunghezza ed in spessore, talora eslernamente lisci, e talora con cosle piii o nieno rilevate, die non pub essere stahilito se sieno due o h Irovan- dosi ora I'uno or 1' allro caso. Fra le pianle vivenli io non conosco che i Calligonum e piii le Salicomia, che a (jueste stranc impronte si avvicinino : 1' interna slrultura pert) c aflatto diversa. — Fra le pianle fossili si trovano maggiori analogic, ed i Caulinitcs ed i Cttlmites stanno agli Aularlhrophyton assai dappresso : anzi coi Caulinitcs hanno lali somiglianze che sembrera non naturale la loro sepa- razione. Differiscono pero gli Aularthrophylon dai Caulinites anzi tutio, per la mancanza di cica- irici annulari nei merilalli, prodolle dalla presenza di peli o di foglie o di radici, die quesle pianle lanlo incerle, ornavano ; in secondo luogo, pei nodi od articolazioni che atlraversano i rami degli Aularlhrophyton e la loro interna vacuila ; laddove nei Caulinites sembrano in vero arlicolali, ma le loro cicalrici annulari non [lassano nell' interna soslanza, e sono coiiseguenze di foglie 0 di peli o di radici cadute (per quanio sappiamo) non di veri nodi. \ questo aggiun- gasi r interna vacuila degli Aularlhrophyton, la solidila dei Caulinites. Per quesle ragioni io repute questo mio nuovo genere, non a torlo proposto. Sara quindi quesia la diagnosi generica. (i) Vcili Nolizir stienlifiche deW Ibis, pag. i53. 8T0 Fl.OU V FOSSILE DEL MONTE COLLE, EC. AULARTHROPIIYTON. Caules lamosi, nrliculato-iiodosi, cavi fcavitale diaphragmaUbns instructaj arlkulis inaequulibtis. Quaiilo dicemmo dellc difTerciize di (jueslo genere coi Cauliniles, dicasi eziandio pei Culmites, pei Bambusium e le Bajera, dei quali luUi e dello caule semplice o ramoso urticolulo. mil lion piii in In. Vcniaino ora alia descrizione della specie. Aularlhrophylon formosiim, Massal. Tav. I (fig. I, 4), Tav. II (fig. \, 2), Tav. Ill (fig. I, 3), Tnv. IV (fig. \, 2), Tav. V (fig. \, 3), Tav. VIII (fig. I, 2, 3). Innanzi tullo devo fare avverlito, die ho creduto ben fatto di niulare ii nome specifico di (juesla piania, die eragli slalo imposlo nell' arlicolo sulla Flora crctacea del Veronese (1) : cioe Aularlhmphjlon pclracpurae, in quello di Aularllt. formosum, c cib dope die lio verificalo non spellare alia vera Preaptira crelacea questa piania, e per non licordare un errore col nome. Sarebbe assai difficile Toffrir quivi una diagnosi specifica, clie tulle connprendesse le varie forme di qncsto vegelale, del quale ho volulo figurare tanli saggi a bello studio, a fine di offo- rire un' idea completa di quesia piania. La sola ispezione delle figure, baslerebbe lorse a que- sto scope, piu di qualunquc accurala descrizione: ma come, per quanlo sia esallo il disegno. non si pub mai giungere a rilevare con assoluta esallezza lullo le piu piccoie iiole e caralleri, miilinielri, iiienlrc la lunghezza dei meritalli si eslende dai 10 ai lii miilinielri. In queslo saggio i nodi marcali della lellcra b formano una cresia salienlc assai spiccala e manifeslamenle allraversanle lullo lo spessore del merilallo : la cavila iiilerna e deH'ampiezza di 1 millimelro ed '- , ad un I mill, e ^ fiiio a due, e forma un canale assai dislinlo c marcalo nella figura colla lettera a : e da cib risuila die lo spessore della parte esterna di queslo saggio era di poco maggiore di un inillimetro. La nalura legnosa di queslo vegelale c a sufficienza dimoslrala dalle forii c pro- fonde inipronle che lianno lascialo sulla roccia. La tavola VIII offre queslo slesso csemplarc riedificato e segnalo de'soli conlorni, affinche meglio appariscano in a i nodi, in b la cavila o canale inlerno segnalo da leggeri ed appcna visibili selli (rasversali o diafragnii. in c lo spes- (l) ycdi Nofizic scicnfl/ic/if flcfl^ Il/is, pa^. I 53. DEL SOCIO CORU. DOTT. A. I!. I'I\OK. MASSALONGO 571 sore liclla parlc eili'i'iia. Da ([iicsta figura ajiparirii cliiara la roiivciiicnza del nuovo geneie Aulaillii O'plnj'.on, c la sua diffcieiiza iiolabile dai Cau/inites. Tavola 1, iig. 2. Quesl' eseniplare lungo 1 1 cenlimelri, con pi'incipii ed indizii di h rami, riuiiiscc in se lulli i corallei'i dei Caulinlles, c non ne dovrebbe esserc staccalo, se le molle figure ijui offerle ed i niolli saggi clie ne posseggo, non uii avesseio lallo evidenlenienle coiioscere non esser cgli clie uno stale del inio Aularthrophyton. I nodi in queslo saggio sembrano frequenlissimi e ravvicinall, e dislanli fra lore 1 niillimclro ed - , e niai piii. II suo slato di conservazione non lascia bene vedeie lo spcssore cslcrno ed inlerno, ma dall' ispezione dell' originale appa- risce manifeslamenle, clie i setli Irasvcrsi non sono i veri nodi, ma i diafragmi della interna cavila, die per essere queslo ramo piii adullo, avranno raggiunlo una maggiore consistenza. Tavola I, fin. 3. Da quest' esempiare lungo 9 centimetri con 3, h rami, appare manifesto clie la cavita interna era prowedula di diafragmi, e che nell'antecedenle il ravvicinamento dei seiti a questi spellava, e non ai nodi. — CoUa Icllera a sono inarcali i nodi in questo saggio, colla lettera b lo spessore eslerno, colla lett. c il canale ed i suoi diafragmi. I meritalli di quest' esempiare variano in lunghezza dai 10 ai io millimetri, ed il loro diameiro, dai 'l ai 6 millimelri. Tavola I, fig. h. L' esempiare e lungo 11 centimetri od in quel torno, provveduto di 3 rami allerni dico- tonii. I meritalli variano dai 3 ai 9 millimelri di lunghezza, e sono larglii k millimetri. Anche in questo saggio c evideiite il canale inlerno, e I' esterna grossezza, marcata come sopra colic islesse lettere. La dicotoiiiia dei rami e pure palente. La figura 3, tav. VIII, offre quest' esem- piare riedificato e segnato coi soli conlorni, onde piii evidcnte ne riesca quanio fu dello. Tavola 11, fig. 1. Bellissimo saggio c questo, lungo S^t centimetri, ed ornalo di 10, 1:2 r.nmi: alia )>asc i nodi variano di lunghezza dai 10 a 15 millimetri, e sono larghi f|, "i, laddovc nei rami supe- riori i meritalli si allun^ano cd arrivano alia lunfrhezza di 20, 30 millimetri. nienlre non giuiigono al diamctro di 3 millimetri. Si vedc chiaro in queslo saggio, clie i diafragmi del canale inlerno osislevano nei rami aduiti, laddovc sparivano nelle giovani messc, le quali anda- vano sempre piii assoltigliandosi fino a sparire. — Le letlere p, b, c indicano le slesse parli- col arila di cni sopra. 572 FLORA FOSSILE DKL MONTE COLLE, EC. Tavola II, fig. 2. Per lo slato di conservazione e queslo uno dei saggi niigliori, nia insieme uno dei piii dilficili ad essere figuralo, con tulle (juelle accidenlalilii clie lo accompagnaiio. E lungo 17,18 I'ciilinietri ed ornato di 12, lo rami. IVeila figura 2 lav. Vlll clie offre queslo islesso saggio deliiiealu a conlorni si vedra nicgiio lo spesseggiare dei nodi (a), la loro conlorsionc, la gros- sezza (i) deir est'erno inviluppo, e 1' inlerna cavila (c). — I merilalli variano in liinghezza da uno a h niillimelri, e non sorpassano il dianietro di 3, h. Se si volesse procedere con solli- gliezza, sembrerebbe che i saggi fig. 1, 2, 3 lav. Vlll dovessero forniare 5 specie dislinle di queslo slesso genere, lanlo poco fra loro diffcrcnli, ma confronlando lulli gli eseniplari figurali, vedrassi evidente essere lulli figli di una slessa pianla. Tavola II, fig. 3. Quest' impronla per me e indclerminabile, e non saprei se al regno vegelabile od ani- male dovesse essere riferila. Polrebbe essere una porzione della pinna di qualche pesce, e se pianla, poli-ebbe essere paragonala colle foglie dei Zamiles e meglio dei Polamogeton. E unica, e non e facile sopra un sol saggio decidere. Tavola III, fig. 1. Esemplare lungo 16, 17 centimelri, con soli 5 rami : alquanlo adullo, e percib moslrantc i diat'ragmi assai sviluppati, e poco chiari i nodi. In queslo saggio non pub essere decilrala la lunghezza dei meritalli, la loro larghezza varia dai 3 ai 3 millimelri. Tavola III, fig. 2. Piii chiara e la slrultura e conlormazione dei nodi in queslo saggio lungo lit, lo centi- melri, e di 7, 9 rami adorno : i meritalli sono lunghi dai 10 ai ih millim. e larghi 3, l^, sono evidenii i nodi (a), la corteccia (6), e il canale interno (r). Tavola HI, fig- 3. Esemplare lungo 7 cenlim. circa, con 'i ramoscelli, i quali sebbene giovani pur lasciano benissimo vedere i nodi «, la corteccia 6, ed il midolio coi diafragmi c : i meritalli di queslo saggio poco variano in lunghezza e larghezza dell" antecedenle. Tavola III, fig. U. Quest' impronla scmbra forse apparlenere agli organi riprodultori di qualclie pianla, c probabilmente potrebbe essere ii frutto od il fiore degli Autarthrophyton. Ma essendo staccato, DEL SOCIO COI\I\. DOTT. A. U. I'KOF. MASSALONGO 573 isolate, non pub essere deciso. E coslituila da un luicico (a) pirifomie, da un rorlo |iedun- colo (r), e da tre appendici (6) filironni di divcrsa luiigliezza. Clic sia forse una porzione del generc Pilulaiia ?? Tavola IV, fig. 1,2. Tulti i saggi figurati nelle Ire lavole antecedenii, non oflcrivano die le impronte degli Aularlhrophyloii, i due rappresentanli nella tavola k esibiscono invece due bei rami del vege- tale in queslione inleri, cd alio slalo naturale. In essi si e conservato il niidollo, il quale dovelle probabilmenle essere bianco, conservando ancora lo stesso colore, nullameno lutlo il resto della roccia sia di colore giallaslro. Se non fosse questo il vero midollo delta pianta, o non avesse esislilo, il materiale insinuates! dovrebbe avere il colore del sasso. L' allezza di quelle inipronle e di 2 millimelri od in quel torno, la lunghczza dei meritaili poco varia da quella degli antecedenii, ed i diafragmi sono assai irregolari. L' esemplare fig. 1 e lungo 23 cenlini. circa ed lia 5, G rami, quello della fig. 2 e lungo altreltanto ed ha 10, 12 rami. Si nell'uno che neir altro osservasi il bianco midollo qui e qua mancante. Somigliano lalmenle questc ini- pronle alle arlicolazioni di cerli crinoidi, da far sospellare della lore vegclale natura. Tavola V, fig. 1, 2, 5. Fin qui non avemmo che ramoscelli piii o nieno adulli, in quesla lavula sono Cgurate Ire porzioni del tronco, le quali ove i moiti passaggi non fossero evidenti, polrebbero sembrare piante affalto diverse. L' esemplare fig. 1 c il piii adulto, e moslra ancora in e una porzione deir interna cavita vuola, in f I'origine di parecchi rami allerni, in a i pronunciali nodi, ed in 6 la corteccia, in c il midollo e suoi diafragmi risentili. Quest' esemplare e quello della fig. 2 sono per poco della stessa eta e natura, e similissimi ai tronchi dellc Antndo e Phragmi- tes. ai quali gli avrei riuniti, ove I'esemplare fig. 3 non facesse vedere evidente la somiglianza di lutte queste impronte, coi saggi figurati nelle antecedent! tavole. L'esemplare della fig. 1 e lungo 21 centim. circa, largo 10, 12 millimelri ; il secondo c lungo ih centimetri, largo 6, 7 niillimetri: il terzo e lungo 17 centimetri e largo 10. Se i Caulinitcs vengono paragonali alle Najadee, gli Aularthmplu/lon con quella sirutlura che vedemiuo, dovrebbero forse spettare alle Graminee, ma nulla io saprei dire di precise. Araiicarites amhiguus, Massal. Tav. VI, flg. 1. — Tav.VII, fig. -1. A. Ramis altcrnis (transverse zenato-costalis), foliis subfalcatis ovato-elliplicis oblusiusculis subde- currentibus palentibus, apice imbricalis. Syn. Geinilzia ciclaceu (non Endl.). Noliz. scienl. del/' Ibis, pag. 155. VI. 73 574 FLORA FOSSILE DEL MONTI': COLLE, EC. Obser. Fisso nell' idea clie il nionle Colle fosse crelaceo, iion polea dislinguere queste impi'onle dalla Geinilzia cretacea, la quale d'altra parte pellc foglie e soniigliantissima a que- st' Araucarites. Come sopra dissi, ora devo mutare parcre e reltificare quesia classificazione. — Sta ora a vedere se quest' Araucarites del M. Colle, sieno veranienle una specie cono- sciuta 0 non descritla come io suppongo. Lo stalo di coiiservazione di queste inipronte e tale pero da non pofer dar luogo ad un giudiziu assoluto, per cui io proposi il nome specifico di ambif/ua a questa specie, la quale d'altra parte differisce dall' At: Slombergii pelle foglie meno falcate e mono enibricate, pelle foglie islesse plane e non costate e pelle zone trasversali dei rami ( nale dalla cadula delle foglie) le quali accennano senza dubbio ad una fiiotassi assai diversa da quella dell' A. Sternbergii. Aggiungasi la punta delle foglie piii ottusa in queste mie impronte, e 1' habitus particolare, e troverassi non sovercliiamente ardita ed avventala questa classiflcazione. Araucarites ambiguus t^. bachypliylloides Tav. VI, fig. 2, 4 — Tav. VII, fig. 2, 3, 7. A. Ramis alternis (transverse zonato-costatis), foliis ovato-elliplicis oblusis parvis planis ecostatis arcle imbricato-slipatis. Obser. Sono tanto diverse queste impronte dalle antecedenti, che per poco dubilerei per- lino del loro genere, e se non fossero gli cserapiari della tav. VI, Cg. \, e della lav. VII, figu- ra a, 7, die servissero di anello per unire la specie sopra descritta, colle impronte delle tav. VI, Cg. ;2, e lav. VII, fig. 2, io sospetterei queste due ultimi saggi per specie distinte. Chi pero si faccia ad analizzare lutti gli esemplari qui figurali Irovera giusto il niio parere, che lutti spettino ad uno stesso vegclale, ovvero a varieta di una stessa pianla. Soniigliantissime son quest' impronte al Brachyphylhtm rauierpites Ung. dei conlorni di Schio, ma ne differisce pelle foglie carinale ; anzi a queslo proposilo faro osservare essere assai probabile che questa specie del prof. Unger, spetti piultoslo agli Araucarites che ai Bracliyphyllum Myrica salicina, Ung. Tav. Vn, fig. 4, 6. M. foliis late-lanceolatis v. obovato-lanceolalis, in petiolum allenuatis, nervo primario valido, nervis secundariis obsoletis. Syn, Myrica salicina Ung. Icon. pi. foss. tav. 1 6 fig. 7 — Myrica integrifolia Ung. loc. cit. tav. 16, fig. 6. — Delesserites colleanus loc. cit. pag. IS.l. Obser. La figura 6 di questa specie quadrerebbe a capello colla Myrica integrifolia di Unger, ma io non posso staccarla dalla sua Myrica salicina, colla quale conviene a cai)ello la niia impronla fig. U, perchc non ne so trovare le differenze. Chi dara una sola occhiata a DEL SOCIO CORK. DOTT. A. 15. PROF. MASSALONGO 575 quesli due saggi qui figui-ati, converra meco, die si l' una che I' allra devoiio apparlenere ad uno slesso vegetale. Perche fossero collocale lanto a sproposilo fra le alghe, queste filliti e detto superiormenle. Fra ie piante viventi la Mtjrica sapida Wall, e laurina Sieb. hanno colle impronle del M. Colle ragguardevoli analogic. Pyrus minor, Vng. Tav. VII, fig. 5. P. Foliis petiolatis obovalis integerrimis saepius apice emarginalo-retusis (penninerviis) nervo primario vaiido, nervis secundariis parallelis rectis subsimplicibus (saepe obsoletis) — (Ung. Flora Solz. lav. 38, fig. IG, 2k) — Delcsseriles retusus ioc. cit. Obs. Nella mia impronla mancano affalto tutli i nervi laterali, per cui polrebbe sorgere dubbio sulla sua eguaglianza colla specie ungeriana, se nella Flora di Solzka non avesse il prof. Unger figuralo eziandio (fig. 20, 22) dei saggi affalto privi di nervi lalerali. Chi e ver- sato in questa falla di sludii, conosce a prova, quanto sia variabile e diverso lo slato delle ini- pronte, e come ben di rado nelle slesse specie si riscontrino nervi, e ne nianchi lalora ogni traccia. lo credo in queslo caso di attenermi al carattere della forma ed alia smarginatura caratteristica dell' apice. Nota. La fig. 3 tav. VI offre la figura di un' impronta indeterminabile di una porzione di ramo, probabilmente di Araucariles. (Letta il 16 febbrajo 48b7.) //^ /y/z^y ■/<■ ^/r/////. /.i///////i //j/rAi r« /A'...: ■%"/■ / ■///yV//////'^/'' Z/^: vyW/z'fe/^X/'/'/ - /f'^z/.,^y/ i/r/f/ /'/■//' f/r// //' /.i////f,'{/ /'r//r/f/ II Fiai. Fi^.3. ^^v/ . ////■//'. /'////'////////' // />'■/'////■■■ y/ /// • //u.'-J^// - ^/ M'f/c/tJ .y'.M / 3 r^u/'/?/A/(y/JyA/f/^'/'''''f^'^f^''^^ ^-^Z ^ ^yw/f/ci' /// ///„/;y- m^/;7 /// /i//////,y/yy/M Tin l\ ^/y / ? ' O//-/ /■////■>'/// y//// /<'/■////'. J// //,■ ///^/.,.,^// //.'/y^oy ,-,- r/r// 7/' Z ///// /// /; .-.^U Ton \ yf^A / ?. i - /// /// /■//9//' /// '//'A ijfr/ ■ ///■/// ^'/v f/f// / // /i/z/z/A/ /ryuA, 'i;.x' \r w -jdS.- t -I //'- ,„.-.' ,-., :///., //////.-. /f//.'/o 'lax \ll ^yy^J.6.' /////Y/yy .jr<'/f^'yy/^y ^//'/r/ r:^Yy.^.^^^/''iJ yy.'yyyy^y^^/vj/ Jk/r///r/f' {/^// 7J^ /.y/f/f'/o r>{'/n-ff> t;; X^i '^ ^c k^' \- 1 'HIT ^\ M ^' TavVlll. ^.3 ■Cy? :i --^ A c ff •\: i--^! ''^:-^'/.?.J. - ^ Hf/(n//>c/rAi/fi^ %> rM^'^// //' ////.>Ml/- '/inaxia J^J:U-i! CORREZIONI AL RAGIONAMEMO SLLLA LEANDREIDE Pag. 434> 'inca lo . . . nitissimo . nitidissimo " 449t num. lo, colonna seconda . . . Cesialdo . . . Ccrlaldo w 4^^! num. 3, colonna prima e seconda. Nel Crescimbeni (Vol. Ill, p. 88, 89) Irovo ricordalo anche ud illustre militarc e poeta Guido Novella da Polenta, che fiori a' tempi di fra Guittone e di Dante, c viveva ancora nel 1290. Polrebbe darsi che il nome Guido poslo daH'anonlmo fosse vero, ma non cosi il cognome, e dovesse leggersi piuttoslo Novella, che Brunello ; tanto piii che I'anonimo lo pone Ira gli altri due Gaidi, e tia Guitlonc d' Arezzo; e non vi sarebbe lo scoucio dello avere nominalo Bru- nello o Barnello due voile. n » num. 5, colonna seconda. Ho dello che V anonimo non palesa il nome di Jacopo da Lentino ; ma piii allenlamenle ri- lello il passo, cioe ; E natay chomo He Lentino; deduco clie 1' araanuense abbia volulo dire: E nota Yacliomo Ve Lentino. •> 4^'i num. i3, colonna prima. L' anonimo fu csallo. Jacopo da Imota e Jacopo de' Carratori o Garalori conlemporanco del Pelrarca: e sue canzoni e sonetii Irovansi nel Codice Boccolinlano, ov'e appcllalo Jacopo da Imala. Veggasi il volume XXXVIII, pag. i^oi e seg. della prima Raccolla di Opuscoli delta Calogerana, ove si riporta una sua canzone e due sonetti; e si scopre che il sonello dirello al Pelrarca (che leggesi anche a pag. 37a del Pelrarca Cominiano, lySa) attribuilo ad Anionio Beccari, e veramente di Jacopo da Imola. » » num. 21, 22, colonna seconda. II commento altribuito a Pietro Allighieri I'u iropresso la prima volta in Firenze dal Piatli nel 1845, ollavo grande. Vcdi il Balines nel Vol. I, Parte III, pag. 535 della Bibliografia Dantesca, dove annovera le varie opinion! sulT aulenticila di quel commenlo. Piclro mori ucl 1 364, non i36i. » 4^^t num. 33, 34) colonna prima. Di Antonio Beccari notava ultimamenle parecchie rime a stampa il chiarissimo Francesco Zambrini a p. i4 del Catalago di Opere volgari a stampa dei secoli XIII e XIV (Bologna, Ramazzolti, iSSy, ollavo) da lui compilato con somma accuralezza ed crudizione, c dedicalo al comune amico nostro il cullissimo uomo Andrea Tessier. » » num. 36, colonna seconda. II Balines (Bibliografia Dantesca, T. II, p. 219, 220) ricorda Dno Mengino Mezano die in un codice della Bibliotcca Gambalunga di Rimini, contenenle la Divina Commedia di Dante col commento di Jacopo Gradenigo, ha due capiloli nei ijuali la V epitome della prima e della seconda cantica. Se altro non ba, non puo il Mezano notarsi fra i commentaloriAi Dante. Ve- di il Balines anche a pag. agS, 296 dello slesso Tonio. " ^h(>, num. 68, colonna prima. Quel Jacopo GradenigOy die viene accennato dal Batines siccome coramenlatore di Dante (Vol. II, pag. 219, 220), e cerlamcnlc il nostro; e di questo suo commento non ebbe notizia r Agostini. 578 Pag. 462. num. 36, colonna prima. Giammaria Barbieri (aulorc del secolo X^ I) a pag. i33 della Orij;ine dclla pocsia rimain (Modena, i7qo-4) cliiama qiiesto sccondo poela Kambcrti dc Bovnlel ; c il Tirabosclii edi- lore di quel libro a pag. i85 lo riliene ilaliano, cioc Rumberti no Buotalello bologncse ; del quale vedi quaolo dice il Fanluzzi ncl lomo II dogll .sciillori bolognesi, pag. 35o c seg., a cui il Tiraboschi stesso avcva lra.smesse otto canzoni di questo poela cbiamalo anche Lam- hertino Debuarely e Boverello^ e Bonart-llo e Btialelli. " 465, num. 121, colonna prima . . . pe . . . de Pag. 468, num. 11, col. scconda Alia .... Ala » >i ivi » lesquier . . . lesqier )■ 4691 num. 3, col. prima gauz .... gaug n » num. 4i col. prima Fosquetz . . Folquelz » » num. 6, col. prima Pugciboi . . . Pug Cibot M )> num. 7, col. prima Mas .... (si ommetla) )> )• num. 8, col. prima Daniels . . . Daniels, » >' num. 9, col. prima Perdigon . . . Perdigon : » » ivi » dons .... dous » M ivi » Gazardon . . Gazardon. » )• num. 10, col. prima doussor . . . doussor, « » num. i3, col. prima sausa .... s'ausa » » num. 9, col. seconda Donna Guiderdone dona guiderdone M 47*^1 num. 20, col. seconda sine .... sine » 4?'' num. 16, col. prima engles . . • . engles, >' >» num. 20, col. seconda amorose spine . amorosa spina » » num. 22, col. prima Bronelh . . . Bornclh >• n ivi » Buvnrelh . Buvarelh, •> >■ num. 22, col. seconda Buvarelh. . Buvarelh, » " num. 23, col prima Roman . Roman, >► » num. 25, col. prima aurit .... auzit >» » num. 25, col. seconda dopo dire ... (si levino queste parole) Pag. 472, prima del num. i5 si aggiunga : Num. 1 3, Non confondere Ugo di S. Cyr con Ugo di S. Cher ( de Sancto Caro: e forse il San Theuder o San Cherl's del Martirologio) teologo morlo nel 1263. Vedi Hist. lift, de France, Tomo XIX, pag. 38. DIteriori correzioni favorite dal chiarm. sig. dott. Gmseppe Todeschini. Pag. 444i num. 27. Tersicoro. Intendi Stesieoro ricordato anchc da Orazio vicino ad Alceo. Vedi Crasso, pag. 487. H quale Alceo e il piu celebre Alceo di Lesbo poeta lirico, di cui il Crasso slesso p. 17. u 449' num. 8. Pare sia da prelerire la lezione del codice trivigiano: Di Anna dopo la morte aspra di Elisa, cioe dopo la morte di Didone. » 45°' num. 2. Con gloria del parlar cacciai dal nido. Allude cerlamente a quel luogo di Dante (Purg. XI, 97 — 99): e forse e nalo Chi V uno e I' allro caccerd del nido. » 4^2, num. 32. Jacopo della Lana fiori prima dclla mela del secolo XIV. E L E i\ C 0 DE I MEMBRJ E SOCI DELL' I. R. ISTITLTO VENETO DI SCIENZE, LETTERE EI) ARTI Si luglio i857. PRESIDENTE Menijc al). cav. Lodovico, professore emerito, direttore della Facolti filosofica dell'i. r. Lniver- sitidi Padova. VICE-PRESIDENTE Cavali.1 CO. Ferdihando di Padova. SEGRETARIO Namias Giacinto, medico priinario iiell' Ospcdale civile di Venezia. VICE-SEGRETARIO Zambra dott. Beh.nardiso, prof, di lisica ueli i. r. Giniiasio-liceale dl S. Catterina in Venezii 580 MEMBRI ONORARJ S. A. I. R. I'Arciduca d' Austria Francesco Carlo Giuseppe, Principe Imperiale, Principe Reale d'L'ngberia e diBoeuiia, ecc, cav. del Toson doro, Gran Croce dell'Ordine r. di s. Stefano d'Ungheria, ecc. ecc. S. A. I. R. I'Arciduca d'Austria Feedinando Massimiluno Gicseppe, cav. del Toson d'oro, Gran Croce deir Ordine r. Siciliano di s. Ferdinando e del merito, ecc. ecc. Vice-Ainmiraglio e Coraandante superiorc deH'i. r. Marina Austriaca^ Governalore generale del regno lombar- do veneto. S. A. I. R. I'Arciduca d'Austria Luigi Giuseppe Antonio, Principe Imperiale, Principe Reale d'Ungheria c di Boeraia, ecc. cav. del Toson d'oro. Gran Croce dell'Ordiue r. di s. Stefano d'Ungheria, ecc. ecc. S. A. 1. R. I'Arciduca d'Austria Stefano Francesco 'Vittoee, Cav. del Toson d'oro, Gran Croce dell'Ordine Imp. di s. Stefano d'Ungheria e di quello Imp. Austriaco di Leopoldo, ecc. ecc. S. A. I. R. I'Arciduca d'Austria Giovan.m Battista Gicseppe Fabiano Sebastiano, Principe Im- periale, Principe Reale di Ungheria e di Boemia, ecc, cav. del Toson d'oro Gran Croce del- l'Ordine railitare di Maria Teresa e dell'Ordine Imperiale Austriaco di Leopoldo, ecc. ecc S. A. I. R. I'Arciduca d'Austria I.eopoldo Lodotico Maria Francesco Giclio Ecstachio Gerardo, cav. del Toson d'oro e del r. Ordine Sardo dell'Annunziata, Gran Croce dell'Ordine Costan- tiniano di s Giorgio di Parma, ecc. ecc. S. A. S. il Principe Cleuente Venceslao di Metternich-Winneborg, ecc. Grande di Spagna di I. Classe, cav. del Toson d'oro. Gran Croce dell' Ordine R. di san Stefano di Ungheria (in brillanti). Gran Croce della Croce civile d'Onore, i. r. Consigliere intimo attuale e Ciambel- lano di S. M. I. R., ecc. S. E. il sig. CO. Francesco Amonio di Koloweat Liebsteinsky, cav. del Toson d'oro, Gran Croce deir Ordine Imperiale Austriaco di Leopoldo, Croce d'oro della Croce civile d' onore, Bailo Onorario e Gran Croce dell'Ordine sovrano di S. Giovanni di Gerusalemme, i. r. Consi- gliere intimo o Ciambcllano di S. M. I. R., ecc. S. E. il sig. CO. Luici Palffy di Erdod, cav. di I. classe dell' Ord. Imp. Austr. della Corona di ferro, cav. dell'Ordine Russo dell'Aquila bianca, dell'Ordine Pontificio di Cristo, i. r. Con- sigliere intimo, i. r. Ciambcllano, ecc. S. E. il sig. bar. Francesco di Galvag.na, cav. di seconda Classe dell Ordine Imperiale Austriaco della Corona di ferro, Commendatore dell'Ordine PontiGcio di s. Gregorio il Grande, i. r. Consigliere intimo. 58i S. E. il sig. CO. Andrea Cittadella -Vigodabzere, i. r. Consigliere intirao e Ciambellano di S. M. I. R. A. Gran Maggiordomo di S. A. I. R. I' Arciducbessa Caiiotla, ecc. Framcesconi Ermenegildo, i. r. Consigl. aulico, cav. di tcrza Classe deli' i. r. Ordine Austriaco della Corona di Ferro, Coramendatore del r. Ordine Belgio di Leopoldo. Sartori-Canova Monsignor Giovanni Dattista, VescovodiMindo.cav. di I( classe dell'Ord. Imp. Austr. della Corona di ferro. Di Sebregondi nob. Giuseppe, co. e patrizio roniano, cav. dell'Ordine Imperiale Auslriacodi Leo- poldo, Gran Croce deli' Ordine Pontificio di s. Gregorio il Grande, cav. dell' Ordine dei Gioanniti e di quelle PontiDcio di Cristo (in brillanli). S. E. il Feld-Maresciallo co. Giiseppe Radetskt di Radetz, Cav. del Toson d'oro, Gran Croce dell'Ord. di Maria Teresa e di quelle di S. Stefano d L'ngberia (in brillanli), ecc. ecc. Govcr- nalore generale eraerito civile e militare del regno Loiubardo-Veneto, i. r. Consigliere inli- mo attuale e Ciambellano di S. M. I. R., ecc. S. E. il sig. CO. I>EONE Leopoldo di THrs-HonENSTEiN, i. r. Consigl. intimo di S. .M. I. R., cav. di prima classe dell'Ord. Imp. Austriaco della corona di ferro, ecc. Alinislro del culte e della pubblica istruzione. S. E. cav. Giorgio Oitoxe di Togcenbirg, i. r. Consigl. intimo di S. M. I. R., cav. di I Classe deirOrdine Imp. Austriaco della Corona ferrea, ecc. ecc. Ministro del commercio, dell'indu- stria e delle pubblicbe oostruzioni. Marza.ni CO. Gio. Battist,! di Steinhof e Neuhaus, patrizio tirolese, Cav. di seconda Classe della Corona di ferro, Comm. dellOrd. Fontificio di S. Gregorio il Grande, Consigliere Aulico attuale, Vicepresidente dell'i. r. Luogotenenza veneta. Negbelli Lcigi, cav. di Moldelbe, i. r. Consigliere minisleiiale di 1 classe, cav. di piii ordini, ecc. S. E. il sig. CO. Gaetano di BissraGEN-NippENBiRc, i. r. Cons, inl.e Ciambellano di S.M. I. R.A., cav. di piii Ordini, i. r. Luogotenenle delle provincic vencic, ecc. ecc. S. E. il cav. Carlo Gorzkowsky di Gorskovv, Gran Croce dell Ordine Imp. Austriaco di Leopol- do, cav. deir Ord. di Maria Teresa, ecc. ecc, Generale di Cavalleria, i. r. Consigl. intimo e Ciambellano di S. M. I. R., Govcrnatore militare di Venezia. Vacani di Fort'Olivo, barone Camillo, cav. dill classe dell'Ordine Imp. Austr. della Corona ferrea della Legion d'Onore di Francia, e di moiti altri ordini, i. r. Tenente Maresciallo del Genio in pcnsione. S. E. il sig. bar. De Bacd Alessasdro. i. r. Consigl. int. di S. M, I. R. A., Gran croce dell'Ord. Austriaco di Leopoldo, e dell'Ord. di Francesco Giuseppe, i. r. Ministro deiriuterno,ecc.ecc. VI. 74 582 MEMBRl EFFETTIVI PENSIONATI. (26 noveinbrelSSO). Santini Giovamm, eav. di III Classe deil'Ordine Itnperiale Austriaco deila Corona di ferro, cav. del r. Ordine Dgnese di Dannebrog e di quelio Granducale Toscano di S. Giuseppe, com- niciidalore dell' Ordine Imp. Austr. di Francesco Giuseppe, direttore provvisorio della Facoiti raatematica, direttore dell' i. r. Osservatorio e professore titolare di astronomia nell' 1. r. Universitii di Padova. Catcllo dottor Tommaso Antonio, cav. della Milizia Aurata, professore emerito di storia natu- rale nell'i. r. Universita di Padova. ZANTEDEscni ab. Francesco, cav. dei ss. MaurizioeLazaro,professoredi fisica nell'i. r. Universita diPadova. (26 novembre 1859 — 16 gennajo 1844) Fapanni dottor Agostino, cav. della Milizia Aurata, in Venezia. (26 novembre 1839 — 10 giugno 1831) Menin ab. LoDovico, come sopra. (26 seltembre 1840) Bizio dottor Bartolomeo, professore emerito dell'i. r. scuola tecnica, in Venezia. Bellatitis nob. dottor Gicsto, professore di geometria descrittiva nell'i. r. Universitii di Padova, Ispettore provvisorio deH'i. r. scuola reale (tecnica) superiore in Venezia. Venanzio dottor Girolamo, di Portograuro. Sandri GitLio, di Verona. BiANCHETTi dottor GrosEFPE, in Treviso. (26 settembre 1840 — 3 giugno 1843) Nasdo dottor GiAN-DoMEMco, direttore della casa degli esposti in Venezia. (26 settembre 1 840 — 1 6 gennajo 1 844) De Visiani dottor Roberto, professore di botaaica nell'i. r. UniversitA di Padova. (26 giugno 1 843 — 4 ottobre 1 854) Ti'RAzzA dottor DoMENico, professore di geodesia e d' idrometria nell'i. r. Universita di Padova. 583 (16 gennajo 4844— 40giugno 1851) MiMcn doUor Seeafino Rafaele, professore Ui matemaiica sublime nell' i. r. University di Padova. PoLi dottor Baldassake, prof, di filosofia teorica e morale e della storia della filosoQa nell'i. r. University di I'adova. (13 gennajo 1846 — 23 marzo 1835) Namias GiAciNTo, come sopra. (4 ottobre 1 834 — 28 aprilo i 836) CicoGNA Emmancele, cav. della Legion d' Onore, consigliere straordinario dell' i. r. Accademia di Belle Arti in Venezia. Cafpelletto Antonio Alippio, ingegnere meccanico, in Verona. Zanabdini Giovanni, dottore in medicinal in Venezia. MEMBRI EFFETTIVI NON PENSIONATI. (4 ottobre 1834) Zambea dottor Bernahdino, come sopra. Canal ab- Pieteo, professore di filologia classica per Ic iezioni di filologia e letteralura lalina e di letteratura italiana, nell'i. r. University di Padova. Zambelli dottor Baenaba Vincenzo, professore di scienze politiche, e di legislazione aminioi- strativa austriaca nell'i. r. Universitii di Padova. Zannixi dottor Gio. Battista, in Belluno. Cavalli CO. Feedinando, come sopra. Faeio Leovigildo Paolo, dottore in medicina, in Venezia. (25 marzo 1 835) Galvani Antonio, chimico, in Venezia. De Zigno bar. Achilie, cav. di HI. Classe dell' Ordine Imp. Austr. della Corona di ferro, in Pa- dova. Sageedo CO. Agostino, in Venezia. (28 aprile 1 836) BcccHiA Gustavo, prof, di architettura civile, idraulica, ecc, neH'i. r. Universitii di Padova. Pazienti Antomo prof. s. nel r. ginnasio licoale di Vicenza. .MiNiscALtni Co. Feancesco, ciarabellano di S. M. I. R. A., in Verona. 584 SOCI CORRISPONDENTl NF. LLE PROVI.NCIE VENETE. (28 novembre 1842) Pauolini cav. ALBEiito, i. r. Scudiere di S, M. in Bassano. PiURATiciNi nob. Lnci, direltore della i. r. scuola reale (tecnica) superiore, in Venezia. Pasini Valentino, dottor in legge, in Vicenza. De Tipalho doit. Emilio, cav. deli'Ordine r. Greco del Salvatore, in Venezia. (Tagosto 1845) Gera Francesco, doltor in uiedicina, di Conegliauo. MccNA Gio. Battista, dottore in medicina, in Padova. ZiNELii ab. Federico, professore e vice-diretlore dello studio filosoPico nel Seminario Patriar- cale di Venezia. (26 maggio I 844) AssoN Michelangelo, chirurgo primario nell' ospedale di Venezia. (20 gennajo 1843) Selvatico Esiense march. Pietro, cav. di III classe deli'Ordine imp. austr. della Corona di ferro, Segretario e Capo provvisorio delli. r. Accademia di belle-arti in Venezia. Sponcia dollor Filippo, Consigliere di Sanila presso I'i. r. Luogotenenza delle provincie ve- nete. (30 novembre 1846) liOCATELLi doltor ToMMiso, in Venezia. Valeniinelli ab. Giuseppe, i. r. Bibliotecario della Marciana, in Venezia. (24 settembre 1 847) LczziTo Samceie David, in Padova. (8 ottobre 1 850) MimcH dott. Angelo, chirurgo primario nell' ospedale di Venezia. (10 maggio 1853) SoRio padre Bartolommeo, di Verona. Veludo Giovanni, i. r. vice-bibliotecario della Marciana, in Venezia. 585 Massalongo prof. Abuamo, in Verona. Messedaglia dotlor Angelo, di Verona. Pino>A professor Jacopo, in L'dinc. Martelli Gio. Battista, Consiglicre presso I'i. r. Luogotenenza delle prov. venete. Bassi Gio. Battista, ingegnere di Udine. TnATTENEno doltor Viciiio, aggiunto calcolatore astronorao dell' i r. Osservalorio di Padova. ZiLioTio dotlor PiEiRo, medico primario dell'ospedale di Venezia. (I I marzo 18b7) Berti dotl. Antonio, medico a Venezia. Marzolo dott. Paolo, medico a Treviso. ToMADA dott. VmcENzo^ veterinario all'i. r. Luogotenenza veneta. (13 aprile 1857) Balbi cav. EuGENio, prof. s. di storia e geografia nell'i. r. scuola reale superiore di Venezia. QiERiNi Siampalia CO. Giovanni, ciambellano di S. M. I. R. A. a Venezia. Racazzini Francesco, prof, di chimica nelia r. University di Padova. SOCI CORBISPONDENTI FIORI DELLE PROVINCIE VENETE. Alessandrini prof. Antonio, Bologna. Amici cav. Gio. Battista, di Firenze. Antinori commend. Vincenzo, di Firenze. Arcari Giovanni, ingegnere, in Trieste. Arneth cav. GiusEPrE, cav. dell'Ordine Imp. Austr. di Francesco Giuseppe, Consigl. di Reg- genza e Direttore delii. r. Gabinetto di numismatica e di antichiti in Vienna. Baemgartner bar. Andrea, Consigiiere intimo di S. M. I. R. A., cav. dell'Ordine imp. austr. di Leopoldo, ecc. in Vienna. Bertoloni prof. Antonio, di Bologna. Botto prof. Giuseppe Douenico, di Torino. BcFAiiNi cav. Macrizio, di Firenze. Capponi marchese Gino, Firenze. Clementi dott. Giuseppe, in Genova. CzoERMG barone Carlo, cav. di II classe deH'Ordine Imp. Austr. della Corona di ferro, i.r. Capo- Sezione nel Ministero del Commercio. Dalle CniAjE prof. Stefano, di Napoli. D'Ettingshausen Andrea, professore di tisica nell'i. r. University di Vienna. De Filippi Filippo, dottore in medicina, professore a Torino. ^ DrcA di serra di Falco Domemco, di Palermo. 586 Franceschi FERErcci Caterina, Pisa. Gdeca Carlo, dottore in maleinatica, i. r. consigliere rninisteriale, cav. dell'Ordine Imp. Auslr. di Leopoldo, ecc. Capo dclla Dlrezione centrale per le costruzioni delle slrade ferrate, in Vienna. GioRGiNi cav. Gaetano, di Firenzc. Giriio prof. Carlo Ignazio, di Torino. Haidi.\ger GcGLiELjro, Cons, di Sezione, direttore dell' i. r. Istituto geologico dell' impero a Vienna. IItrtl Giuseppe, cav. dell'Ordine Imp. Austr. di Francesco Giuseppe, professoredi analomia nel- I'i. r. Universiti di Vienna. Kreil dottor Carlo, cav. dell'Ordine Imp. Auslr. di Francesco Giuseppe, Direttore dell'Istilulo centrale per la raeteorologia ed il raagnetismo tellurico, in Vienna. LiNARi prof. Santi, in Napoli. Marunini cav. Stefano, in Modena. Matteucci prof. Carlo, di Pisa. Moris cav. Giacinto, di Torino. MossoTTi cav. Ottaviano Fabrizio, di Pisa. Negri dottor Cristoforo, in Torino. Pareto march. Lorenzo N., di Geneva. Parlatore prof. Filippo, di Firenze. PiANciANi prof. Gio. Battista, di Roma. PiRiA prof. Rafaele, di Pisa. Plana commend. Giovanni, di Torino. Pdccinotti prof. Francesco, di Pisa. Ridolfi march. Cosmo, di Firenze. Sati cav. Paolo, di Pisa. ScAccHi prof. Arcangelo, di Napoli. SisMONDA cav. Angelo, di Torino. Spi>ola march. Massimiliano, di Genova. Tenore cav. MiCHELE, di Napoli. ToMMASEo Nicol6, Ju Torino. Unger Francesco, professore di botanica in Vienna. Zescevicd Giovanni professore dell'i. r. Collegio di marina, in Trieste. 1 ^ D I C E DELLE MATERIE CONTEAUTE IN QLESTO YOLLME Avverlimciito I'ag. ill Osseri'azioni ihimico-geologiche sul potere aggregatore delferro, e sulla formazione del cost detto caranto nell' Adriatico bacino, del m. e. dolt. Giovanni Domenico Nardo » i Fermentazione lattica dei corpi delle ostriche (oslrea edulis L.) e sepa- razione del principio produttore dell'acido, chiamalo oslreina, del m. e. prof. B. Bizio " 25 Osserfazioni dell' ecclisse solar e del giorno 28 luglio 1852 fatte in di- versi osseivatorii di Europa, calcolate dal m. e. prof. Giovanni Santini » 37 Intorno alcune opere idraulkhe, alio scopo di migliorare la condizione del bacino intemo al porto di Malamocco, e di regolare le correnti di rijlusso a vantaggio delta nuovafoce aperiasi davanti il porta medesimo. Memoria del m. e. ing. Giovanni Casoni. Con tavole. > 63 Sul credito fondiario. Memoria prima e seconda del m. e. prof. Baldassarc Poli 75 eoll Sul calcolo approssimato degli integrali dordine superiore. Nota del m. e. prof. Giuslo Bellavitis » 91 Suite coniche osculatrici delle curve piane, e sopra un problema del la geo- metria di posizione del Carnol. Memoria del ni. e. prof. S. R. Minirh. > 1 1 J Delia piantagione del Jrumento negli anni di carestia. ^Memoria del m. e. dott. Agoslino Fapanni. Con tavole •> 197 Sulla destinazione di un antichissima opera murale sioperta in Frnezia. Congelture del m. e. ing. Giovanni Casoni. (]on tavole ...» 209 Illustrazione delle pianle nuovc o rare dell' orlo botanico di Padoi>a. Me- moria III del m. e. Roberto de Visiani. Con tavole . . . . > 235 588 Sopra I'estratto delta noce vomica e la maniera onJe ottenere la strichni- na, del m. e. Antonio Galvani Pa". 264 Studj siii monti di pieta, del m. e. dolt. Ferdlnando Cavalli ...» 269 Intorno alle leggi del moio dell' acqua nei canali e nei fiumi con appli- cazione ai i'arii casi della pratica. Mcmoria del m. e. prof. Dome- nico Turazza ,, 285 Sulla Flora fossile deU oolite. Memoria del m. e. Achille de Zigno . » 325 Ossen>azioni intorno ad una condizionata particolarita della grandine, del m. e. prof. B. Bizio « 34i Sulle piu recenti esplorazioni delF Africa, e su la possibile esislenza di popolazioni bianche nelle regioni centrali della medesima. Memo- ria del m. e. ab. prof. Lodovico Menin » 347 Sulla risoluzione numerica delle equazioni. Memoria del m. e. prof Giu- sto Bellavitis » 357 Delia Leandreide, Poema anonimo inedito. Ragionamento del m. e. cav. Emmanuele A. Cicogna » 4d5 Sopra due nuove formole onde integrare le Junzioni di qualunque or dine a pill mriabili indipendenti. Memoria del m. e. prof S. R. Minich. » 473 Sulla Flora fossile del monte Colle nella provincia Veronese. Memoria del prof A. B. Massalongo. Con tavole » 557 Elenco dei Membri e Soci dell' i. r. Istituto veneto » 579 FINE DEL SESTO VOLLME. L :k><)-(><><>ok>-ck:-co-o-o-<>o-o-o-<>-o-C- oo-i-o-oo V E i\ E Z I i iNEL PRIV. STABIL. DI G. ANTONELLl 1857. <><><><>OH>CH>C<>OtOO-0<>-C>