S llli-2 A EMORIE D I MATEMATICA E FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA rÒMO vili. P^RTE h MODENA TRESSO LA SOCIETÀ' T IPOGRAFICA, M D C C X G I X. \T • A-" i^. -V^ \ Ik3 E il Tomo prefent€ e-^ie in luce ben nove Mesi oltre a quell'Epoca, in cui le misure prese da principio ne fa- cevano sperare ii compimento ; in compenso V abbondanza delle materie ne ha aumentato la mole a segno che si è stimato conveniente di formarne due Parti . La sola diversità dai Tomi precedenti consiste nella nuda indicazione de' nomi degli Autori in test;i delle Me- morie ; ma deve ascriversi alle circostanze dei tempi, nei quali fu intrapresa la Stampa . Si pone qui Io Statuto della Società , quale dietro la proposta fattane ai Socj nel 1797, tìi dai medesimi succes- sivamente approvato. * 2 STATUTO DELLA SOCIETÀ ITALIANA. I. 'JT a Società Italiana è composta di quaranta Socj attuali , tutti l_J Italiani, di inerito maturo, e ptr opere date in luce ed applaudite riioìiosciuto . Il 1 a scit " -A della natura è il grande ojgetto , in cui la Società Italiana si ptopone di versare. Pubblicbeià pertanto, di due in due anni, sotto il titolo di Memorie di Matematica e Fisi- ca , le produzioni dì chiunque de' Socj vorrà render pubblico ne- gli Atti Sociali il frutto de' proprj studj . III. De quaranta Membri uno sarà Presidente della Società , e la Presidenza durerà sei anni . W. Avrà la Società un Segretario perpettio ed Amministrato- re ', il quale sarà partecipe di tutte le facoltà dei quaranta , ben- ché non foise uno d' essi ; ed avrà diritto , non obbligo , di pre- sentar Memorie da inserirsi negli Atti. V. Altra Classe vi avrà di Socj Emeriti , in numero inde- terminato . Essa è preparata a chiunque dei quaranta , o per età avanzata , o per abituale mancanza di salute , o per altro moti- vo , non producesse ver un suo lavoro in tre consecutivi Tomi del- le Memorie Sociali: e questi si conteranno dal Tomo f^IIl. in poi , cioi dopo f acccttazione del presente Statuti . VI. Un altra Classe, parimente indeterminata , comp-renderà i Socj Onorar] . A questa saranno ascritti , previo f assenso di ven- tu7To almeno dti qiiar/tnta , i compilatori , eletti dd Presidente ► de- gli EIo^j dt Socj attuali dt.fw,iti . Jnoltre e^so Precidente potrà ag- gregare a queH.a classe, rid suo sessennio, due Soggetti, non più ^ che avessero operato cosa a prò delia Società, onde meritassero d' eS' seme onorati particolarmente . yil. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Socj Stm- nieri , stabilita per distìnguere ed onorare il nitrito nelle scienze in qualunque parte fuori / Italia . Sarà composta di dodici Soggetti : 4 ciascun de' quali verrà esibito in dono un esemplare / ogni V»' lume , eie uscirà in luce , delle Memorie Sociali . Vili. Le aggregazioni , alle classi de Socj attuali e degli stra- nieri , 5/ faranno nel modo seguente . Ter ogni posto , che riman- da vacante , dovrà il Presidente , col mezzo del Segretario , prò- por sei nomi a ciascuno de Socj attuali, il qual farà scelta d uno ^ e lo indicherà per lettera al Segretario . Quel de' sei , eh' entro il termine di due mesi dalla proposta avrà piti suffragi , s' intenderà aggregato , e la Compagnia sarà fatta opportunamente consapevole dell' acquistato cooperatore . IX. All' elezione dei Presidente saranno invitati li Socj attua- li con una lettera circolare del Segretario ; al quale ognun d" essi farà tener in iscritto la nomina del Socio da se eletto a Presiden- te : € la pluralità de voti , che arriveranno al Segretario dentro il termine di due mesi dopo la data del circolare invito , determinerà /' elezione , che dovrà esser da} Segretario annunziata ai membri votanti . X. Ciaschedun dei quaranta ha facoltà d' inserire negli Atti una scoperta utile , un importante produzione , ambe di persona non aggregata , ma Italiana , purché se ne faccia mallevadore egli stesso , come di cosa propria , inverso la Compagnia . XI. Dì questi Autori non Socj dovrà ii Presidente aggiungere i nomi , segnati con asterisco , ai sei che presenta , a tenor dell' articolo FUI, per f elezione d' un Socio attuale. Bens) questa no- mina cesserà , dopo fatta sei volte , contate dalla pubblicazione d' ogni Memoria . XII. Le Dissertazioni 0 Memorie , dx pubblicarsi m Volumi d'ella Società , debhon essere scritte in lingua Italiana , in carattere chiaro , e , avanti che spiri il Dicembre antecedente all' anno pre- fisso all' impressione , fatte pervenir franche alle mani del 'Segreta- rio , il quaì dovrà apporvi la data del ricapito , acciocché sitno stampate con essa in fronte , e per ordine di tempo . Che se T ope- ra sia voluminosa , pub l' Autor distribuirla in due o più parti fi Tomi susseguenti . XIII. Tutto ciò , eh' è destinato pegli Atti y deli esseir nuo- vo , inedito , importante , ed analogo ai/ indo/e scientifica di que- sti f^ohimi , che non ammette sfoggio d' erudiz-one , né moltitudi- ne di note e di citazioni . Xlf^. I fogli stampati di ciascun f^oUwie non dovranno ecce- dere il numero di cento . Le Memorie sopprabbondanti resteranno in deposito pel Tomo susseguente , o saranno restituite agii Autori che le dimandasS'.ro . Bensì , nei caso di soprabbandanza , le Dis- sertazioni degli Autori non 'iocf dovranno ced'^re il luogo a quelli de' So(/ , purché queste sieno arrivate entro il termine prescritto. XV. La So'.ieta non si fa risponsabile delle opere pubblicate negli Jitti . Ognt Autore dev esser mallevadore delle cose proprie , tome se le pubblicasse appannatamente . Xfl. Non perm.ette pera'tro la Società le invettive persona:- li , e né anche le critiche non mis rate : sopra di che veglierà il Segretario , e ne farà inteso il Presidente per un acconcio provve- dimento . xyil. Il Socio , autore a una Memoria o df un Elogici , avrà in doro il volume , in cui è contenuta ; e dodici esemplari della sua Produ?Jone , (on Frontispizio apposito , e con la numerazion de'.le pa'^ine ed il registro ricominciati . Le dodici copie saranno- pur corrisposte agli autori non Socj . Q'ialunque Autore desiderasse fiìt delle dodici Copie , non sarà aggravato ti alcuna spesa per con- to della ccmposizion tipografica . Xnil. Neil atto di queste spedizioni sarà trasmesso ai Socj , che avranno mandato il voto per le elezioni , la dimostrazione stampita del numrro de' sujfragj toccati ad ogni candidilo , senza fi nome però de' votanti ; e così ancora i conti stampati dell' Ani- mini straz/one tenuta dal Segretario durante il biennio precorso XiX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in dono fin esemplare d' ogni volume delle Memorie Sociali , che andrà successivamente uscendo alla luce. XX. I doveri del Presidente , oltre i già mentovati , sono .• mantener l esser van2.!t dello Statuto ; eleggere il Segretario , qua- lunque volta sia di bisogno; avere in governo e cura ogn interes- se della Società ; rivedere , almeno una volta all' anno , i conti dcìt amminiitrazione dsl Segretario , alla •validità di qu^li fa d' uopo l' approvazione e sottoscrizione di mano propria del Pre- sidente ; e ragguagliar finalmente il Successore , dello stato degli ajfari iteli' atto di rinunziargli /' Uffizio . XXL Dopo il Presidente il Segretario è la persona propria- mente deputata a mantener corrispondenza con tutti i membri dilla Società , e quasi centro ove debbono metter capo tutte le relazioni Sociali . Egli invia le patenti d' aggregaz'one ; tiene il maneggio economico ; presiede alla stampa , ai correttori di quella , ed all' incision delle tavole ; prende cura delle speMzioni , e d' ogn altro interesse della Società ; sempre pero con l apprjvaz'one del Presi- dente. Egli dtve pure tener registro d' ogni atto che importi ; cu- stodir i voti de' Socj per le elezioni , manifestandogli al Presiden- te ad ogni richiesta; e fralmente eseguir tutto ciò, che ne precf- denti Articoli gli è addossato . ELO- i av jSi^j'dt. de-iiìz- fcuin ELOGIO D' ANTO N-M ARIO LORGNA Scritto DA LUIGI PALCANI. Ricevuto li 30. Gennajo 1798. Oc dei Libri ciottissimi, e del mirabile ingegno d' Anton- Mario LoRCNA tacessero per inaspettato destino le lettere e gli uomini, e niun* altra cosa si sapesse di lui, fuor so- lamente ch'Egli, privato ed in mediocre fortuna, divisò la Società Italiana , la compose , la stabilì , la resse , e T edu- cò alla gloria , ciò basterebbe per mio avviso a derivarglie- ne ogni maniera di commendazione . Che di vero scorrer coli* animo tutta quant' era la grandezza delT Italia, veder- la divisa e quasi squarciata in parti per instituzioni politi- che e per costumi diversissime , niun comune legame , am- mortito da particolari affetti 1' amor nazionale , i chiari in- gegni sparsi per tutto a dovizia , ma rade volte curati nelle terre loro medesime , e divisi dall' altre con provin- ciali rivaliti ; destarli ciò non pertanto , e volgerli ad una generale collegazione , animarli a lunga e molta fatica sen- za offerta di premio , sottoporli a provide leggi senza ar- roganza di comando, ed ottener pienamente con privati uf- i\z\ ciò , che arduo e duro potca sembrare all' oro stesso ed alla forza dei Re ; questa è veramente gran cosa , e in- nanzi a LoRGNA inaudita. E so bene, che l'onore di tanta impresa non è così proprio di Chi intrepidamente la prepa- rò , che assai non appartenga a* valorosi Italiani che 1' ab- bracciarono docilmente ,* ma ben possiamo dalla prontezza di questi inferire in quello una singolare autorità , e cono- scendo quali seguaci egli avesse, argomentare quant* eo-li era glorioso . I Diomedi e gli Achilli non avrebbero sof- ferto nel Duce loro imperizia o mediocrità , né sarebbonsi accolti sott* altri stendardi, che sotto quelli del Re dei Re. Te>/20 Vili. a II _ Non sarà tutta voffa Jnot'iìe ìtìdkir te sfiéf'Gnà' e^^Vi a tant' altezza salì, o ad argomento déMa nòstra riverenza verso di lui , o a conforto di quelli , che pel difficHc sentiero' delle scienze incerti 3. ed affannosi s' avanzano .'^''' /'"'^ «■oj.'^./c. ^i:iG.g^gjj^ la fama ,, che le più volte è un lun^o frutto del tempo 5 o un tardo tributo de* posteri , fino da' suoi prim' anni in sin^^olar maniera V accompagnò . Ebbe a lodatori, tf^^'ad ammiratori piuttosto , Colombo e Poleniy ch^' T ad- dottrinavano nelle discipline Fisiche e Geometriche . Pado- va , ricchissima d'i Grovani studiosi , V avca caro sopra à' 6gn' altfOCj ',t. 1* apprezzava qual raro esempio "d'an.- cor' più rara'virtù. Bello era il vederlo, in quella erti rtil:- desima, in cui poca suol essere la fermezza, e il fastidÌ9 della fatica grandissimo, sempre inteso al coltivamento dell' animo j bramerò di sapere , sollecito della verità , ne d' al- tro curante . Non lo atterrì giammai la moltitudine o a'^pe- iritì.dene','rhedita2Ìoni , non. lo adescarono i vezzi delj' ozio e de' piacéri , noi corruppero le usanze od ì rnotteggi del volgo. Q^jindi parve a noi dato qual fedele testimonio di quella prisca gravità,, che non solo dai costumi del nostTO secolo 5 ma un dai libri è sbandita. Che gii le"'sèritture medesime piene d' avita virtù non si ricordano, p ' si dis- pregiano ,: ed^/^ììnr te'tjera Filosofìa rammorbid'ò le ^^^ecchie maniere ,. 'ed 'esscrido piti condiscendente e più faciìè , fu meno magnifica e meno grande . Ma Lorgna , tutto che giovinetto, non vcdea più avanti della verii"w'in/ies?ibil ra-^ione : quindi si diede a quella abbandonata e incolta' strada ,. e ingombra di virgulti e di frondi, né mai pex er- rore r abbandonò , né per fiacchezza "Si rijmase". Recò a Verona il raro tesoto delie acquistate dótti-iné ; e 'il milita- re ColIc(7Ìo di quella sua Patria coltissim.a i primi frutti a Tran vantaò^irio. ne colse . Ivi insegnò le Scienze Maternati- che , e taii' ebbe discepoli , che a volerli annoverar tutti sarebbe troppa lunghezza, a tacerne alcuno troppa ingiu- Ka'- fvi eletto a scriver ordini 31. 'paf^'^eui ,^i' componesse quella Scuola,, dìè tanti indi?) di prudenza e' ^i consiglio, che vinto non parve da' più rinomati autori di leggi , se non per la pochezza della materia,. Ivi' ' intrepido e fermo fra lo smarrimento de' suoi Colleghi, e'qunsi in mezzo ad u»av.&i-sale procella ,; senza tiiuore e. senza danno i' onora ■i:i sjostenne della v.5rtù ; e hen potrei molti e bellissimi argo™ Tiìcnii di SUI rettitudine raccogliere in questo luogo, ma parm^ che Lorgoa medesimo m' accenni e ponga freno ai discorso , per timore di non far noja ad altrui . Essi perciò non altrimenti, ^j mostrino, che di lontano ed in ombra, anzi pure ««c<5>ni^;^Ji arcani di Vesta,, rirauigano ascosi nei penetrali del tempio^ Ma le prove del suo ingegno non doveano chiudersi entro il breve spazio d'una Scuola, o d' una Città-. Era- no esse impazienti di palesarsi nei libri, e parca che giu- stamente chiedessero un più largo campo di gloria. Che di vero OS» consideri Ja moltitudine, o la difficoltà loro j qua- li altre più degne della pubblica celebrità ? Egli fa dono alla Geometria d' una squadra di proporzione non prima vedu- ta; alle Sezioni coniche d' un nuovo ordigno, che mirabil- mente le figura j all' Algebra elementare di singolari artifi- ci , che molte equazioni cubiche, di ritrose e spiacevoli, trattabili rendono e dimestiche. Ebbe da lui la sublime Ana- lisi cure ancor m-iggiori . Quejt' altissima scienza, ora in- tenta a tracciare i rapporti degli accrescimenti, o delle di- minuzioni successive d' una quantità variabile., ora solleci- ta di passare dalla notizia di quei rapporti alla cono-cenza delle me(|csitTie,.guar}.ì*tà , vorrebbe pure al doppio oggetto risponder-, sflÌRpiie ,..o fingansi quegli accrescimenti d'una mole finita, o se ne cerchi la relazione in quel momento ia cui si per{}pno.e svaniscono ; e bramerebbe d' estendere sue forze a tutte Jc combinazioni di grandezze variabili, ed a tutte le ipotesi delle variazioni loro. Ma quantunque sii Ella vigorosa e franca , e ben sovente s' inoltri per camm.i- no inos.pjto ed asprissimo , né di leggieri impaurisca , pur v' hanno sentieri, e per tenebre sì tristi e per tortuosità sì implicati, che r arrestano eia distornano, e domano 1' usa- ta sua gagliardìa . Tentò Lorgna di levare molte oscurità, e d' agevolar molte vie. Scrisse della somma generale delle serie, e ne fu lodato da profondi Matematici. Io nominerò il solo Gagnoli, parendomi, che della approvazion di quest* uno potesse Lorgna esser lieto , quand' anche gli foss£ man- cata quella d' ogn' altro . Egli però non ebbe d' uopo deJ conforto d' Antimaco . Fu ascoltato volentieri da tutti , e da Platone che vaJca per tutti. Trattò moJt' altre quisticni ài IV analitiche , e tutte ardue e ìtitrakiatc . Parve e fu sempre inge^^noso ; forse non parve sempre felice, e la verità, eh* egli s' affrettava di giugnerc , e sembrava vicin-vicino di cogliere, si dileguò alcun' ora innanzi a lui, e non so co- me l'abbandonò. Ma un uomo di pronto intelletto, di ra» ra industria , d' altissima dottrina sarà forse indegno di lo- de , se fallì tal volta e fu vinto da insuperabili difficoltà ? Dovremo dunque della nostra mortale condizione dimenticar- ci r* La pretensione di non errare giammai , sta ottimamen- te in un Dioi non è onesta in un Filosofo. Benché Cice- rone per discolpare i peccati di Siila ne rammentava molti di Giove ; ma si lodano altrimente i Siila, altrimente i Loi*- gna • Questi si contentano d' esser uomini ; quelli vogliono assomigliarsi agli Dei , e perciò non son paghi , se non pro- scrivono le virtù fin dal cielo. Né taceremo , che tante e sì varie occupazioni affati- ravano il nostro Lorgna , che non è maraviglia se gli man- cò talvolta il tempo a raffinare i suoi lavori. Niuna qui- stione idrometrica fu alquanto grave in Italia , che a lui non si riportasse . Il regolamento dell' Adige e del Pò , e della B enta e del Mincio, la difesa del Polesine, la boni- ficazione delle valli del Tartaro, la division delia Piave, la salvezza delle fonti delle acque acidul^s di Retoaro , le nr*^ ginaturc del Bacchigliene, 1' inalveazione delle' acque Luc- chesi, e i timori di quella Repubblica , e le molte contro-> versie insorte tra Lei e lo Stato di Toscana , furono per lungo tempo gli studj suoi. Per cui se può credersi che l'Analisi perdesse alcun poco! l'Idrometria in contrario vi guadagnò, E molti lumi egli sparse nelle sue Scritture, che sono un grandissimo ornamento di quella Scienza ; e fatto- si poscia a riandarne i generali principj, questi in gran par- te o purgò d'errori , o chiarì. Che di vero nelle Idrome- triche ricerche qual cosa più necessaria a sapersi della qu."n- tità d' acqua, che sbocca dal fianco d'una conserva, o d'un canale ? E quale più fastidiosa , e intrattabile ? E la<:cio da parte gli orgogliosi , che a sciorre somiglianti quistioni al- tro non recano , che ipotesi e calcoli, e ben sembrano inde- gni di conoscere i corpi che sono , poiché s' afFaccendaggi ,, che antepongono ia fatica d' osservare al comodo di- V fingere, dimorano in forse eglino stessi, né sanno facilmen- te prender cou5Ìglio. E qual e h forz;i o l'uffizio dell'ac- qua, ciie sovrasta al foro di un vaso, ov' ella stabilmente si libra ad un' altezza costante ? Discende forse dal sommo al piano , che le dischiude 1' uscita ? Ma perchè dunque non balza fuori con impeto proporzionato a tanta discesa ? Forse la caduta dell' acqua mal si lin:ita all' apertura , ed è ben fatto estenderla a più ima, parte, ove si ristringe la vena. Se non altro ad Isacco Neuton ciò piacque ; e non è perciò da domandare, s' indi piacesse a molt' altri . IVIa quanto è difficile , anche in un picelo] vaso , il definire la sezioBC delia vena contratta! Tentarlo ne' maggiori canali è sopra ogni industria . Perciò le incertezze strigneano da ogni par- te una sì grave quistione , e la speranza fuggiva di levar- le. Lorgna prese cuore, e colle sperienzc che saggiamente intraprese, rilevò l'affanno comune. Egli provò» che l'ac- qua superiore al foro, né stagnante era né libera, ma rin- gorgata . Egli dimostrò, che la velocità dell'acqua che sca- turisce da un vaso , mal si ascrive ad attuale discesa , e combattè vigorosamente con Neuton , ed ebbe nome di vincitore. E da questi principj quali tras e argomenti e pro- fittevoli alla scienza dell' acque, e per 1' addietro scono- sciuti! Misurò l' acqua , ch'esce dalle cateratte, quando con moto libero, quando con impeto perturbato; ne inven- tò una nuova ; calcolò 1' urto de' liquidi contro le superfi- cie piane ; corresse il Castelli ; legò colla sua teoria tutto ciò che sapeasi intorno al zampillare , ed al cadere , ed al disperdersi dell* acque ; né tanto sembrò eh' egli coltivasse un' antica scienza , quanto che ne creasse una nuova . E ben potea credesi , che tante fatiche stancar doves- sero il nostro Lorgna , e tinta lode saziarlo e quasi chia-> marte ad onesto riposo • Ma 1' invitta sua diligenza invi" goriva per disagio, e rinfi^ammavasi con la giaria. Già tan- ti laghi , e torrenti , e fiumi , che da lui fiancheggiati , e composti , e repressi faccan fede dei suo travaglio e della sua dottrina , pareangli poca co'-a . Già lo rapiva 1' immen- sità del mare, e l'ardimento dei navicanti. Propose a que- sti nuove correzioni delle Carte ridotte, anzi pure gli esor- tò , che trattassero 1' arte loro colla scorta d' un globo . Invaghì di calcolare 1' azione dei remi, ne le grandi cose. VI che ne avea dette Leonardo .Eulero, !o sconfortarono da quella impresa. Mosse da una semplicissima considerazione, avendo il remo , come un ordigno animato dalla forza n-.o- trice in un capo , e frapp/osto tra due ostacoli , percossi in UK tempo e spinti a parti contrarie . Alla schiet.tezza ;.del principio quella rispose delle illazioni. Altre pi^garonsi ai sentimento d'Eulero, e da ciò trasser lode; altr^; diparten- dosi da lai appressarono 1* .esperienza , e ineritarono lo^e ancor maggiore . Ma non poteva Lorena star coli' animo in un ogget- to, senza che se gli offrissero le numerose sue forme, e lo scuotessero mille idee , che pareano premersi da ogni parte e incalzarsi . L' uso ce' marittimi argomenti lo trasse a meditazioni più varie ancora.» e più belle. L' arcana costi- tuzione del mare 5 origine ài tante ricerche, e segno di tanti sistemi, gli venne innanzi quasi l>raiTiosa d*. essere va- gheggiata da lui j ed illustrata per le sue cure E', diceva egli, è tuttavia scoiiosciuta -la cagione del malvagio sapor di quell' acque , e invano tentarono cri scoprirl.i gli An: ssi- msndri,, e gli Anassagora, e gli Empedocli , e gli Antifo- ni , e i Metrodori , e gli Aristoteli, e n.e' tempii a noi più. vicini i Cirtesii, e gli Allei, pino da secoli remotis imi s' adoperarono e Fisici e .Chimici per addolcirle; ma degli stiidj loro qual frutto mai colsiche' recare ' parca no dal seno dell' Adriatico. Così eglf'tfarh'titó Iti tnarine le temperato acque Veronesi. Retti- ficò le marine con replicati agghiaccinmtnti . Spiegò gli al- tissimi- incendj del mare per Io scuotimento e 1' agitazione di' tarvte sostanze infiammabili che 1' insrombrano . Investigò i principi' che danno forma al sale marino, spiò le vie per cui la natura- lo scompone, insegnò uh piano ed agevol* artificiìD- onde nasce H sale di Glauber© , rivolge tante sue meditazioni sul mare a comodo della Medicina e della pro- fessione vetraria. Negli eroici secoli, in cui gli uomini aveÌA''l*"arte di fabbricare gli Dei , a^vrebbs tenuto gran luogo "pi'"'5so Nettano ed Amtìtrite ,■ ed ora leggeremmo nuove favole aggiunte' per lui air alurc antiche d' Arione e di Glauco . La Filosofia , che inven-tò ì' arti sincere , di- menticò le bugiarde , e perciò rendéb 'à*;s^eguaci suoi Iodi aieno maravigliose e più vere . ,'-.-■ Ma btit ni* accordo y che in un breve discorso né tut- vili ti possono comprendersi 5 dotti lavori del nostro Lorgna ^ né forse alcuno spiegarsi distintamente . E chi oserebbe di confidar tanto, se 1' immensità delie Scienze parve angusta all' ingegno di lui, né v' ha quasi letteraria provincia, eh' egli non corresse , e non segnasse d' altamente impressi ve- stigi^ Egli è forza perciò tralasciar molto, e molto adoni" brar lievemente , imitando i Geografi , che infiniti mari e terre chiudono in picciol foglio , e rispondono con brevi tratti ad amplissimo desiderio- Ed accennerò pur io la Fi- sica 5 e domanderò, che s' apprezzino i libri di Lorgna in- torno a' barometri ed a' termometri , poiché piacquero al celebre Giambattista da Sanmartino. Additerò la Chimica, ne tacerò che trattando egli delie nitraje artificiali fu ripu- tato dall' Accademia di Parigi uguale a Chevrand , infcrio-' re a Thouvenel , superiore ad ogni altro . Mi volgerò alla Meccanica, e gli atti di Pictrohuri^o e di Siena faranno fe- de , quant' egli dottamente scrivesse e della spinta del- le volte, e della rcsi'^tenza dei muri. Non ometterò la Geografia , non lascerò la Balistica , poiché di quella spiegò maestrevolmente i principj , questa ornò di Tavole brevi, semplici, eleganti. Le stesse arti , che diconsi bel- le, faranno lun^a e soavissima ricordanza delie sue cure in- gegnose , e per trarre dalle tenebre e dalla oblivione dei se- coli r antico encausto, e per serbare incontaminate le mo- derne opere di pennello, mescendo all'olio l'alcali miinera- le . Oliai meraviglia perciò, se la fama di lui fu dovunque sì chiara , se le più illustri Società letterarie 1' ascrissero volonterosamente fra' suoi , se onori e prem) gli dispensa- rono le Accademie di Parigi e di Mantova , se il celebrò tutta 1' Italia , se bramò d' accoglierlo il Portogallo , se il commendò altamente lo stesso Federico di Prussia, che par- ve costituito sul Trono per conoscere , e proteggere la Fi- losofia , e alle doti degne d' un uomo potè aggiugnerc lo splendore d' un Re ? Ma non era dato agli stranieri e lontani d' apprezzarlo se non in parte. Essi ne leggevano i libri, ed argomenta- vano in lui congiunte prontezza d' ingegno e sofferenza di studio , vivacità di spirito ed ostinazion di fatica ; raro ac- coppiamento di qualità sovente discordi . Noi lo vedemmo in mezzo a tanto splendide occupazioni ed a gloria sì rsra, Uflia- IX umano., moderato., pi^ìcevole, paziente nell' udire, grato ne! r-ispondere., pietoso ai miseri, liberale agli amici , cor- tese a tutti. Favori i chiari indegni: !e altrui vi'tù lo spro- narono alla initazione, alla invidia non mai. Nelle molte letterarie dispute eh' egli ebbe, ritenne la moderazione So- cratica: e'>bi riguardo alia dignit\ degli Avversar), e serbò la sua. C.rcò di conseguire, siccome i ma,CTnanimi fanno, chiare/.za di fama^ studiandosi cioè di meritarla . Fu since- ramente religiijso: quindi non piacque a molti, ciie il fu- rore chiarpano zelo , e le inezie superstizi-ose hanno per virtù- Ma r odio di costoro è una lode ; la propensione una ignominia. Ario ardentemente la Patria, e di (]uesto amor suo diede un illustre testimonio nella Società Icalia- Ea , per suo d-ivisamento e con suo grave dispendio insti- tuit» e conservata. La quale p^ermanendo , siccome io spe- ro , fino alla posterità più tarda, le tramanderà il nome di Lorgna , ne Jascerà che sia in alcuna pai-te guasto , anzi pur tocco .dal tempo . Né perch' essa vieppiù ingrandisca., e avanzi suo nome e suo stato , vorrà obbliare le paterne sollecitudini , onde pur nacque . Li stessa superba Roma., mentre con oltraggioso or.^joglio regg^;i 1' Universo, ricor- diva pur con diletto la Capanna fabbricata di fronde, che fa Reggia al suo primo Re, e quel Cespuglio sui Palati- no, che fu tribun.'.le *' suoi primi Giudici. Bencliè Lorgna non lasciò la Soi-'iecà Italiana ignorata., od abj;tta . Egli la vide numerosa d* inge:^ni sublimi, ricca d' incliti ritrova- menti, fruttuosa alle Scienze, rinomata in Europa, proposta da Condorcet per norma ed esempio ad un popolo , che non suole aver d' uopo deli' esenapio degli altri . Ma ciò non vide, di* ora ne riempie d' una più bella aspe-rtazione : lei rasso- data :incor meglio dal tempo, e dalie cure dei dotti, e mu- nita d' ordini utilissimi., e giuliva di promessi premj ed onori. La morte il rapì nel mille settecento novanta sei., essendo vissuto poco più d'anni sessanta. Ma scia Filoso'.a non ponesse freno all' immaginazione , ed a noi fosse le- cito , come ai Poeti, correre col pensiero alle sedi beate, ed a' concilj dell' ombre; quanto ne sembrerebbe lieto di sì fortunate vicende! E forse 1' udremmo tener discorso con Luigi Ferdinando Marsilio di ciò, che operarono ambidue 18 prò delle Scienze , e scambievoimente allegrarii , ed ar- Tomo FUI. b X frettare coi voti V adempimento delle nostre speranze . Ben giustamente per questi due Alunni suoi i' Italia si vanta , ed applaude in certa guisa a sé stessa » Forniti entrambi di vasto ingegno , e di moltiplice erudizione,, e di ferma co- stanza ^ e d' invincibile integrità , con maniere di poco dif- formi pervennero alia gloria, e giovarono alla Patria, Mar- silio , uom d* arme , affrontò eserciti , munì amiche terre , attorniò le avverse , 1^ espugnò , le vinse • Lorgna non mi- litò i che la stabile pace de* Veneziani lo ritenne, ma eru- dì guerrieri , e li dispose ai cimenti • Qiiegli des^.risse , e con diligentissime osservazioni recò splendore a' maggiori fiumi della Germania ; questi pose ì' animo a pres?o che tutti' i fiumi d'Italia, e con singolare vigilanza li governò- 0:-dì quegli una fedele storia del mare, questi ne compiè molte parti . Pregiati entrambi nelle Corti, quegli fu molto inn^snzi cai Re, e per ciò stessa più vicino ai pericoli; questi soggiacque a rischj minori , perchè meno grazioso « Ni uno di laro perdonò a fatiche, od a spese, per concitar gi' ingegni Italiani allo studio delle scienze , e dell' arti ,* quegli in maggiore, questi in minore fortuna ,. entrambi con animo egualmente grande. Né quegli né questi colla brevi- sà della vita le azioni misurò del suo zelo , né permise , che in quella ste-sa tomba , in cui dovean racchiudersi le sue ceneri", fosse listretta ancora la sua provvidenza» Ris- guardarono entrambi all'età future,, e meritarono degli uo- mini che ancor non erano ,, quegli dando 1' essere prin-o air Instituto delle Scienze., questi alla Società Italiana. In due Cit'à fioritissime d' ingegni e di studj , quegli in Bo- logna ,, questi in Verona , ebbero appresso la morte inscri- zioni e simulacri (a); non consacrati dalla stupida ignovan- (d) L' Accademia di Verona ha marmo del Lorena, e vi ha sotto- eiC'tto nelle sue stanze 1' effigie ia posto la seguente iscrizione. Antonivs . Marivs . LoHGNA . DoMO . Verona . in . mathksi . et . re AaVABIA . EXCELLVIT . CHIMIAM . PROBE . CALLVIT . SOCIETATEM. , ITA- LORVM . XL . PHYSICAE . ET . MATHESI . PROMOVENDIS » INSTITVIT . DE SOnALlTATE . VEKONENSI . QV^AE . AGKIS . MERCATVRAE . OPIFICIIS COLENDIS . STVDET . BENK . MEKITVb . EST . DECESSiT . AN. C IDIDCCXCYI. XI za , o da una vile adulazione , che persegue i grandi fin dentro il sepolcro . Ma i bromi ed i marmi si consumano dal tempo , e per inriumerevoli vicende si corrompono , e si disperdono. I nomi di Marsilio e di Lorgna , più che in altro monumento, nell' Instituto Bolognese, e nella Socie- tà Italiana vivranno immortali^ O^ere stampate di Anton - Mario Lorgna . De montium altitudine Disquisitio, 1752. Tentativo fisico - meccanico su la resistenza de' muri . Atti dell' Accademia Fisiocritica di Siena , Tom. IL il^l' Della graduazione de' termometri a mercurio , e della retti" ficazione de' barometri semplici. Verona i']6^. De quibusdam maximis & minimis • Verona 1766. Opuscula tria ad res mathematicas pcrtinentia. Veronal f]6i^ Fabbr'ca ed u'"i principali della Squadra di proporzione j Verona^ Moroui 1768. Discorso intorno al riparare dalle inondazióni dell' Adige la Città di Verona . Moroni ij6S. Dissertazione intorno al quesito delle nressioni dell' acqua in moto pe' vasi ; Premiata dall'- Accademia Reale di Mantova. Tazzoni i'jóq. Opuscuia mathematica & physica. Verona, Moroni 1770- Dei modo di migliorare 1' aria di Mantova. Coronata dall' Accademia Reale di Mantova. Fazzoni 1771. Ricerche intorno alla distribuzione delle velociti nelle se- zioni de' fiumi. Verona, Moroni 1771. Tavoletta balistica . Tom. II. de^li Atti de' Usiocritici di Siena 'i-']-ii. Specimen ^^ seriebus convergentibus . Verona Moroni 1775. De casu irreducibili & seriebus infinitis . Verona 1776. Memorie intorno all' acque correnti. Verona, Moroni 1777. Discorso Intorno al ripararsi dalle corrosioni del Pò . far- «K* Stamp. R. ii~i%. Parere intorno al regolamento dei torrente Fersina . Trento 1778. b2 XII Osservazioni fìsiche suU* acqua marziare di Recoaro . Vi- cenza 17S0. Relazione dello stato presente del taglio dd Eò. !*•«?« òtam^. R. 1782. riiT^To mu-isaino3 rnupotìoav Sa^gi di Statica e Meccanica. Verona , Tomo- primo 1781. Niiova investigazione della somma generale delle Serie. Tom. I. Società Italiana 1782. ^, Ricerche intorno al calcolo integrale dell' equazioni diffe- renziali finite. Ibidem. Della irredtici-biliti della formula Caidànica . Ihiit. Indagini nel Calcolo integrale. Tom, IL Società Italiana 1784. Delle progressioni reciproche delle potenze affette. /W. Nuova teoria; intofiio ai movimento de' navigli a iremi. /^/V. JDe curvarnm in concamerationibus impulsa nova theoria . Acta Fetropolitana 1783. Discorso sopra la Cera punica. Verona, Rawanzini i-jS'). Dell' origine de' vortici de' Fiumi. Eùl-e l' Accessit dall' Ac- cademia Reale di Mantova ; Taz^zoni t-jS6. Sur la production du Salpètre; Memoire qui a oB^cnn le second prix de l'Academie des Sciences . Pari/ , Me»t. presentes , Tom. XI. 1786. Ricerche intorno all' origine del natro . Tom. IH. Società Italiana 1785. Sopra r integrazione d' una formula . Ibidem. Nuove sperienze intorno alla dolcificazione, dell' acqua del mare . Ibidem . Methode pour sommer le? scries recinroques de sinus , co* sinus &c . Mémoires de Turin 1788. Théorie d' une nouvelle espece de caicui, fini & infinitesi- mal . Ibidem. Delle variazioni analitiche- finite . Tom. IV. Società Italiana 1788. Principi di Geografia astl-onomico - geometrica . Verona 1789;. Appendice alla Memoria intorno alla dolcificazione deli' ac* qua del mare. Tom. V. Società Uraliana 1790. Intorno alle rr.appe ,■ ed alla sfera di riduzione per V arte navigatoria . Ihid. Del misurare P" acqua chje esce dalle cateratte con moto li- bero . Ilid. ■ ; Del misurai-e 1* acqua che esce dalle cateratte con moto per- tirbaro . Uid.. Gateratta iriiometrìca proposta . Ibid. De sectionum conkarum organica descriptione . Bonontx De functionibus arbitrariis calculi integralis . Fetropoli Legge inseparabile dal principio del Ga':telli intorno al mo- to e alla misura dell' acque correnti. Tota. VI. Società Italiana 179,2. Del dipignere a oiio combinato . Ibid. P^h'-'^'ììoià^'à' un corpo retto da un piano immobile..';^ c^èi-citua ne' punti d"* appoggio die lo sostentano'-'. To>?2. VII. Socie fa Italiana ijg^. Calcolo delle variazioni finite nella Trigonometria piana e. sferica . Ibidem , s^\iW XIV ELOGIO DIGIOVANNI ARDUINO Scritto DA BENEDETTO DEL BENE. Ricevuto li 2. Febhrajo 1798. VErona, che in que"to secolo potè riccamente abbellire i suoi fasti co' nomi di molti uomini celebri , e ta- luni anche di primo ordine in Lettere , e Scienze ; ha sof- ferta non ha molto la perdita di due soggetti , che 1' illu- stravano singolarmente con una fama, a cui seppero en- trambi quasi da sé soli elevarsi : fondator 1' uno della più ammirabile istituzione scientifica, che vantar possa l'Italia; l'altro, un de' veterani, che per eccitamento di quello era- no stati ascritti alla eletta schiera . Mentre nell' elogio del primo si occupa uno Scrittore , di cui si può dir giusta- mente , applicando le pa-ole di Tullio : Unur ifsiits lihellur itt eo viro laudando facile omnes imagincs omnitim statttasqne SHperabit (a) ; vengo io confortato , malgrado le disuguali mie forze, ad intesscrlo airiìltro. Nel che, se potevasi pro- veder meglio alla ceiebrità del defunto , io certamente non poteva desiderarla maggiore al breve mio scritto ," il quale con le opere di parecchi uomini illustri, contenute in que- sto volume, passando congiuntamente alia posterità., non deve per lungo volger d' anni temer 1' obblio . In Caprino, ubertosa ed amena valle del Verone<^e , tra Benaco e 1' Adige, ai 16 d' Ottobre dell' anno 1714 nacque d* onorati genitori Giovanni Arduino , e spirò ne' suoi anni più verdi le pure aure alpigiane, che ave- vano là d' intorno accolti assai prima i vagiti di quel biz- zarro, ma valentissimo uomo, Giulio Cesare Bordone, che si chiamò Scaligero. Il padrino di Giovanni, Marchese An- drea Carlotti , prese gran cura di far ben coltivare con {4) Epist. famil, V. i2> XV l' educazione la tenera pianta, che prometteva buon frutto: previde il fanciullo de' più esperti precettori , che potè aver nell;i villi ; e messolo circa il terzo lustro ad abitar in Verona , T affido ad un abilissimo maestro in pittura , sot- to cui per alcuni anni fece ottime prove. Ma a questi parti d' una immag^inazione ubbidiente dovevano succeder altri dell' intelletto operoso, e che da un ardita impazienza era spinto non ad imitare nell' esterne sembianze , ma a ricer- car la natura ne' suoi arcani . Qui però intorno ai primi stu- dj o-eolc^ici dell' Arduino , ed a' suoi progressi , torna in acconcio riportarne la storia , che da lui stesso fu scritta . ,, Studiate le Lettere nella mia adolescenza, indi il Di- ' .ses^no , e la Pittura, pel corso di più anni in Verona; mi portai ancora assai giovane alle miniere di Ciausen, e d'al- tri luo'^hi del Tirolo per apprendervi la metallurgia , con- dottovi da occasione e spinto dalla mia naturale fortissima inclinazione per 1' universale Mineralogia , e per tutto ciò che rig^uarda la scienza del repno fossile " ,, Nelle accennate scienze ed arti ( Geometria spezial- mente pratica , Statica de' solidi e de' fluidi , Meccanica , Idraulica, Architettura minerale, conoscenza non dubbia del- le divergiti dei monti, delle sostanze fossili, e dei loro an- damenti , de' boschi per Icgne da fuL/co e da costruzione ad uso delle miniere. Chimica, Docimasia ) concorrenti uni- tamente a formare la vera teorìa e la pratica della Mineralo- gia e Metallurgia, io mi sono applicato, quanto meglio ho potuto con istudio ed osservazioni, ed anche coii' opera delle mie mani, in tutte le occasioni, nelle quali m' è riu- scito di poterlo fare " - „ Oltre r aver esercitata la metallurefa pel corso di circa otto anni nei monti di S^hio («), sono anche stato chiamato, e andato più volte a riconoscere e sperimentare miniere metalliche, e ad incamminare i lavori in Stato Au- striaco , e nel Bergamasco , e nello Stato di Modena '^ . ,, N^l 1753 fui ricercato da una Società minerale d' In- glesi stabilita in Livorno, a riconoscere, e dare direzione ai lavoi-i di miniere , eh' essa avea scoperte in più luophi della Toscana j feci erigeie una fonderia nella giurisdizione (a; Vicentini» XVI ' % di Montieri nello Stato di Siena, in cui si praticaron-o pòi le fusioni, e. rilevai in disegno le situazioni deìle minie-re ivi trovate ; il quale con i^ mia relazion-e fu inserito nel M(:gaxZ'ino Letterario di Livorno-" . • ,, Fui poi nuovan.ente, e dalla stes'sa Societii -ceM ri-, chiamato nel 17,55, ;e vi/stetti circa due anni e mst-zo ; vi scoprii 5 due mesi dopo il mio arrivo, buona miniera di rame , e di vetriuolo azzurro nel torrente Mersa di Boc- chejano ; nella quale si lavorò poi sempre con successo fi- no al discioglimento deihi Societù , accaduto per varie com- binazioni , qualche anno dopo .la mia partenza dalla Tosca- na^ Essendo colà . . .= - • fui mandato .dal Governo di Sie- na ad esaminare la minie'a d' argento vivo di Silvenaj neiiatf. Contea di Santa Fiura ." ■ < . „ Conservo aoiipra molte carte autentiche , tanto di detta Società, che della Rc-'^^gcnzA Grinducale, dimostranti,, con quale dis,tinz.i;one io, ab-b.ia av.u,ta la fortuna d'esser iv-i('. riguirdato . , 1*,- /MrCni. p*4Ò.,bastai;e .per.ogni alfa testinijo-;^ nianza la mia a^ffreFazione alla celeberrima A.c:idemi?. Fi- ,., siocritica di Siena, della quak., dopo il mio jitorno in Vi-; cenza,, piacque onoi'arm-i di moto, ppoprio a qudìl'. illusXfe^ j. Corpo , cui io era notissimo , e che punto non ignorava 1,5 miei diportamenti ...... ed in progresso sono, stato S^r*?»,-. ziato del titolo, e facoltà dj Perito Iji^egnere d:tl M-iffi-j strato Eccellentissimo de' Beni Comunali , ed onorato da.^3 questa Migni.iua Città di quello iJi suo Ingegnere .attuale-j , . ... Lo studio pereià dell' Agriccltiita e della conosccn-'.. za delle differenti qualità e proprietà dei teireni., uno de- gli articoli impo'-tantissimi di detto esercizio j ha non poco occupata la mia attenzione ..... S' accresce a ccxsì .fort-i,, stimoli i' aggregazione,, di cui ha voluto onorarmi la cele- bre e benemerita Accademia Georgica di Udine, £ la mia elezione in suo Segretario, fatra, in mia absenza , *la quc'?}. sta nuova Accademia Agraria di Vicenza " „ Io ho trovati, nei monti Vicentini, dei fossili allumi- nosi , e vetriuolici., dei minerali di ferro in abbondanza, e. dei segni e principj d'altre vene metalliche; dei carboni fossili., e terre saponarie. Vi iio pure trovate alcune gem- me, e pietre dure, e gessi., e marmi di molte specie, de' quali ho fatta una raccolta numerosa ... ^ . . Per desiderio ài giovare , ho indicati i siti e gli usi di certi fossili ad al« «uni soggetti j che se ne servono in manifatture di rilc« vanza. " „ In questi ultimi anni sono staro più volte ricercato per Direttore delle miniere d' acciajo di Sargans negli Sviz» zeri.; ma non m"" è piaciuto di lasciare questo cielo per con- ditrre la mis vita in orride montagne d' estero Stato " • (a) Di queste notizie,, spettanti alia vita del nostro Ardui- no, saicmmo forse privi, almeno in gran parte, se cgli^ bench'è gii e!etto per disposizione Veneta, nel dì gì. Di- cembre deli^ anno 176S, all'incarico di rintracciar la marnai ed indic;ur>e gli usi , non avesse dovuto dar conto di se medesimo alla Deputazione Veneziana sopra l'Agricoltura., che voleva presso ki destinarlo più stabilmente al servi- gio pubblico . Di fatti non molto dopo, cioè nel dì 6. M ggio dell'anno l'jócf^ il Senato approvando ciò, che la Denutaz-.'ope gii ave< nronosto, qualificò Giovanni Arduino S'oprsnteftdL'Kte all' Agricoltura , incaricandolo d' istruire so- pra tutti gii oggetti e ritrovamenti e sperienxe atte ad am- pliar oTtcsta scienza per sé vastissima , e promossa in que* te nr)i con fervor sin-'oisie , mercè 1* istituzione d' altrettan- te Accatlemie , quinf' erano le -Cirtà soggette a quella Re- puohlicà » Né qui ristettero le incombenze addossategli • Com'egli ''era fatto conoscere istruito copiusan-.ente in Ijniuii.a e in Mineralogia, gli tu imposto di rispondere an- che "^ questi ;irgonenti aiJe ricerche dei Magistrati. L' as- segn:>meHto di L. 400. Venete al mese, oltre il bisognevole per trasferirsi con la f.'n-igHa da Vicenza a Venezia; un po- sto nella stanza della Deputazione i l'obbligo d^ una conti- nua e strettissima dipendenza dai voleri della medefima : fu- rono altre condizioni espresse , alle quali tutte 1* Arduino , bensì troppo saggio per non lasciar abbag.liarsi dalla vana- gloria d' una soprantendenza, ma spinto da brama di toacju- vare al ben pubblico, e forse lu^ngato dalle Jerribirnze d'una più ridente fortuna, si sottomise. O confronto an a- ro ? Per un uomo ripieno d'utili cognizioni, per un genio benefico alla Società , non altro stipendio si as-^e^n;' , che bastevole a so=;tener la vita; a tanti stromenti abbòminevoli Tomo Vili. e {à) Giomdt d'Italia presso Milocco in Venezia Tom. V. p. lytf.esegg. della voluttà e corruzione pubblica , dell? vessazione , dell' oppressione e rp.vj^a, 4iel.,§e,nere uraaao,j!^.5Ì pfpjEbnde 1* oro a larga misura <„,„,^lt, '.,.,■ -r,?-^'- ^.^ fk Era r ArduTno in sull* anno cinquantesimo quinto della sua eti ;. e fa maraviglia, come potesse allora contbrmarsi ad un genere per lui sì nuovo di, vita, e sostenerne i pasì' mol- .tisslmt: per tutti i restanti suoi gioi-ni . Paichè, oltre le det- te co<;e , a lui diedesi V incomhenza di scriver le Jctrcre della Deputazione alle tante Accademie 5. le quali da ki di* pendevano, ed ai Governatori delle Cict;ì ; a lui la cura di comendiare per uso della Deputazione stessa molti , sprittj economici, venuti dalle Ajcademie;, a Jui. la noja'^'dii faf pubblicar con. le stampe quei f-'tti che poteano esser utili; a lui la fatica di scrivere a lungo le proposte d risposte , della D.'putazione al S.^nato sugli argomenti aj^roromicii a lui anche il peso meccanico- dei registri; a lui 1* obbligo d' intervenire ai dialoghi della Deputazione ogni qual volta era convocata; a lui per fine anco il debito a' esser presen- te agli esami di quanti chiedevano il titolo-', |^, la facoltà di P,vita pubblico, per attestarne giuratafrft^nt^^q^c^iitjto 1,' ji^j^ liti, se n'erano meritevoli- j, ^. 1 , /■\,(..,n ;;n'*-' Gon un'indole morigerata , coli'* assuefazione allo stu» di.u» eoa un ampio capitale di varia dottrina, con una sponr tanea facilità di stile , quantunque non trascuraip , potè camminar l'Arduino a pie franca nella spinosa carriera. Già da più anni per parecchie sue Opere ben. |^i,, sapeva ^ Ita^ lia e fuori, quanto ei valesse in Chimica,, in Minerfiloeia , in Geologia, in Agricoltura, e nelle scienze congeneri. Ec- colo divenuto assai presto il consultore universale dei Ma- gistrati circa ogni subbietto ad esse attenente » La irorralità de' gelsi diffusa in più territorj , T asciugarr.ento, delle p?.lH- di Veronesi , la descrizione ed il governo de' boschi publi- ci , la cura de' legnami e loro stagionamento per la marina 9 la coltivazione della canape allcK stesso riguardo , le varie qualità delle macine per le farine di publico uso, le diver- sità e preparazioni del ferro, pei lavori di getto, gli ele- menti di varie piante marine per le fonderie dei- vetri, le miniere d'allume e di vetriuolo nell'Istria, le differenze tra varj sali , le proprietà di qualche pianta tintoria , l' indica- zione delle miniere metalliche e sostanze fossili nelle parti triènttióse àt\h Terraferma, ed altri analoghi, del pari sva- riati, che gravi argipmenti di puhlica economia furono quel- li, sui quali «r r uno or 1' altro de' magistrati Vene7Ìani chi'é^e 51 conJrgYfo , ed occupò in analisi chimiche, in esa- mi e visite locali 1* occhio espertissimo, ed in trattazioni estese la' pjeÀtìV.'tì Gi^inni Arduino; il quale da essi, e dal Se na'tò riportò sempre onorevoli significazioni d' aggra- dimenro^ Alla giusta fama delP Autore , non meno che all' istru- zione degli uomini s:irebbe utile , che questi scritti , dagli archivi, dove forse per la maggior parte si serbano inos- sèrvafì-,. VehisSe"o prodotti ordinatamente a publica luce, in un sólo corpo con altri parecchi da lui publicati, e spar- si in collezioni pciodiciie. Diverso è il chiarore di molti lunii, accèsi Yqui'ii^tllk in una casa , da quello che mandano riccoln in una soia ' sran/a . E tanto più chiaro per questa unione dclii; sue opere diverrebbe il ;nome dell* Arduino , qi/antàl .dil io''S/rt3Ht0-^'dé^ii anni potrebbe più facilmente ap- pa-i-e ,"iti qu.il bajò asibia egli trovata !a 'storia naturale , e quanco si i potuto andar oltre e scoprire col valoroso inge7 gnu. Cerro è, che il celebre Alberto Portis gli ascrive in- divida IT «gloria' d"* aver fatto conoscere il primo i basalti cO'* lonnarj Vicentini («) , è che il Piemontese Robilant Makr', SqHvend'p'MF'A'r'dultìó' .,,' Qiiali obbligazioni, dj.ce , non le si debboti'o , ptf aver il ^nmo atteso a scoprire nei monti le vesrigie di -antichi vulcani? e si può dire, che gl'Ingle- si^ i Francfesiì,' e 'gli Svizzeri dietro a Lei sono cammirati* Quesrc nozioni hanno aperto un vasto campo alla, teoria dei Globo nostro, e ne sono derivate le mineralogie vul- canicite di -parecchi autori *',(&)• Né minor soggetto di lo- de per l'Arduino verrebbe offerto dal poter osservare in mezzo a xqual folla d'occupazioni publiche abbia egli salu- to raccor là. mente ed il tempo, non solo per le lunghe scritture e disamine a lui commesse dai Magistrati, ma "an- cora per altre produzioni scientifiche date "alle st.'mre , e trovamenti utilissimi alla Societ.ì . Non parlo della bussola agrìmensorìa più facile| d' ogni altra e più xomoda , poich* V: .e 2 il i..!nKir] jtjjh'i'i. C«) Lettera ali* Abate Seriola, inserita nei viaggi di questo sul Reno. (b) Lettera a stampa. e^li l' avea gli inventata e costrutta fin dall*^ anno «7541 ma d' una fonderia di ferro da lui eretta per publico uso al GafFaro circa l*anno fJJSy ^ sostenuta da* suoi ammae>:t'-a- menti coi più felice successo; d* un* altra a Signe in Dal- mazia, che intrapresa sulla feàs dei soli suoi esperimenti ebbe r.nch' ella prosperi e copiosi progressi ; come aitresJ d' un forno svaporatorio a riverbero , di somma economi» e vantaggio per la confezione del vetriuolo ^ già posto ifl prarica nelle miniere d' Agordo circa Tanno 1790, e con molta lode dell'inventore Arduino, adottato neiie- saline di Berna ,- ^nsvarr ■ if 5li,\n ^in-^rr Q^iest uotnoM'nstancabile, non pago dì prorrover ^i utili stiidj, animando con sue lettere le Accademie econo- micl>e allora soggette a Venezia , non di compiere puntual- mente le tante rilevantissiine commissioni panoHche , non d* arricchire con nuove produzioni la repubblica letreraria-; eoltivò ancora T epistolare corrispondenza con iin~ gran nu- mero d* uomini illustri della «uà etì , the si pregravano d' averlo amico. Tali furono gì* Itali.ini Ros:'. y Targion- ^ Manetti , Scopoli , Z-inon, il Presidente Carli , FortJs , Al- lioni , Spilianzani, Gioeni , Robilant Maler, Gioberti i F-anccsi G".iettard, Tessier, Dolomieu j gl'Inglesi James JJome e Strange ; gli Svedesi Sch'*eber s Bergman; i Gi- nevrini de Lue e Snussure; in Germania e ncH' Elvezia Te- desca T Achard , il Bloch, il Klinghammer, il Gharpenrier, il Leske , il Born, il Gesnero , lo S<^en5rel ; il R(rtzi\is a Lun- don nella Smania , il R;rnoulli e il Fcrber a Péter^bufg . M.T ben fu lungi che ne il commercio letterario con uomini di questa sfera , né le visite di quanti dotti aniva- vano a Venezia , né il suo posto pubblico , né i successi de' suoi consigli , né gli esempj e le maniere ordinariamen- te fastose anche nel volgo delle metropoli , punto a lui ro- gliessero delia sua naturale affahiiit;ì, e d* una cora5 piace- volezza e candor patriarcale, che rendeva presso lui ncn solo facile , nra soave T accesso ad ogni persona. Io po- trei renderne testimonianza per me n^edesimo. Senza racco» jnandazioni 5. senza precedente corrisponderrza di lettere , seOZ« esser conosciuto da- lui , essendo andato a Venezia , mi portai a visitarlo, e fui accoltole trattenuto più d'un* ora come un amico . Alla semplicità ingenua del carattere JCXf personale coiTi^pondeva Ta modcts decenza nef vestito,- nel soggiorno , e nei^H arredi domestici . La stanza da studio era addobbàì::v quaJ conveniva ad un naturalista .'là una ma- trice di minerale , in queli' angolo un p-szzo di pietra , qua nn ber cesi-o é\ spiìjhc, e diove semi da affidar ali,! terra , dovi: im misciijHo di cose o5serv:ue , né per atìco riposte. Mai iion V abbandonò la brama di" nuove cognizioni , 0 la premura di feUcjt.ir la nazione coUe arti utili. Nell'al- ta ed universale estimazione dei dotti,- nelT aggradimento piibbiìco', ncll' ag-gre^azione che di lur fecero spontanea- mente tutte le Accademie , che appartenevano allo Staro Veneto , molte altre d"" l't.ilia , e non poche straniere , ot- tenne onoriro premio alfe sue fatiche. Dalla complessione robusta, datila vita regolata ^ dalla placidezza dell' animo fu condotto a lunga, e vir^orosa vecchiezza.' Mori d' anni presTa 'ad' otf:mradue in Venezia il dì 21. Marzo del 1795, e fu "sepolto in S. M.'.rir;s- Abhandlungen , des Herm Johann di nd 177^ col titotù :■ Sammlung Arduino, und^ einigner Freunde ejui^er mlneiaiogiach chyuiisch-me- «iesselben . xxn Le Memone contenute in q-uesta Raccolta sono: ' •i'"- ,' .„ ■ I. Notizie sopra una sorgente d' Acqua acidul3^''niedfanafe''^e? monti di Ariignano nel leiriiorio di Vicenza, di detto Sig. Ardjiuo. II. Memoria epistolare del medesimo sopra la, natur^ "di. èssa Ac- qua chimicamente esaminata . ' ' '~ III. Osservazioni sopra la Zolfatara di Pozzuólo , nel Regno di Napoli, del Sig. Ferber, comunicate al Sjg. A,rduino, e dallo sieòio ag- giunte alla predetta sua Memoria. ^ ''^.'^ .""' .l" IV. Memoria dello stesso Sig. Arduino sópra la ifiaturà delle Ac- que minerali di Recoaro, chimicamente esaminate 5 e sopra 1' indole e struttura di quelle montagne, , V. ^Effetti di antichissimi Vulcani osservati dal medesimo Si^.Arr» duino nei monti Vicentini; Lei'era alcelrbre Sig. Antonio IZanon . VI. -Saggio di Oiservazioni sopra alcune .monta'gne e alpi j^tiisim^ del Vicentino, delSig. Dottore Girolamo F.èstari. di' Vaidagtiò, 'da ;è^ so divetta al Sig. Giovanni Arduino. ' ^i> — VII. Lettera Oriitogr^fica del Sig. Ferber allo ..stèsso .Sig. .Arduino, sopra i monti e minere dell' Ansiria, Stiria, e Carnioli. Vili. Due Memorie epistolari di O-iservazioni iHineralogiche e Orlttngrafiche di esso Sig. Ferber, -scritte 4alla lioemia. al prefato Sig. Arduino. ■ ' ». ■ ■ • 1 -itrti:!. , = ;> IX. Osservazirni Metallurgico-Mineralogiche, con figure In due Tavole in rame, sopra le minere di ferro di Eisenarz nella Stiria . e loro escavaz^ioni , fusioni, e riduzione del ferro e dell' acciaro : jyieino- ria anonima diretta al suddetto Sig. .Arduino, e da es^o tradotta dal Francese , ed accresciuta di note e riflessi . (è) X. Riflessioni di detto Sig. Arduino in aggiunti a quelle della Memoria del Sig. Kacquet sopra !a teoria del ferro: e spiegazione del- le due Tavole preaccennate. ; • • - ' ' ' XI. Saggio Fi.'^ico Mineralogico dì Lytliògont'a , è Òi;ognpsja di det- to Sig. Arduino, tratto dal Tomo V. degli atti della Reale Accademia delle Scienze di Siena, corretto da molti errori tipogr^rici delia bene- se Edizione, ed accresciuto dall'^Autore di varie note ^, e , di .'un' Ap- pendice, (e) Apologia del Sig. Giovanni Arduino, So prainte'ndente Puljblico all' Agricoltura in Venezia contro il Manifesto fatto inferire in varie Gazzette dal Sig. Conte Marco Carburi circa la fusione del ferro .malleabile . (d) (h) L' autore Francese e il signor cimo dello stesso Giornale stampato Uacquet Professore dell' arte salutare da detto Sig. Milocio nel ^775' a Lubiana '. ' - 1 . (d) Fu sta7n'}:^tj. in Lugano /' anno (f) Le 7nemorie della Raccolta an^i- i-j^o. V avviso dell' Mitore ai detta L IL lu. ly. y. vi. vn. sono Leggitori è del celebre sig- Frante - anche nel Tomo nono del Giornale sto Criselini , allora Segretario at- ti' Italia , stampato dal sig. Berte- tuale , ed ora giubilato della Reale detto Milocco in Venezia l' anno società Patriottica di Milano, che k 1775. Le qui sopra segnate fin ìX. fece pubblicare . X. XI. sono inserite nel Tomo mie- yxrrr Estratto d'una Relazione del Sig. (Giovanni Arduino ali» Società Minerale di Livorno, sopra le minfire nuovamente scoperte nelle, vici- aan/-e dèi Castello di iVÌorsaeT) nel Territorio di biena 1' anno I7ore di Medicina in Genova; se i vapori esaUnii dal vetriolo, mentre si e-trae dalle minere, e si prepara agli usi ec. siano nocivi alla sa!ut-e de' vi- cini abitanti . '0) Riferta agli Eccelirntissimi Sige. Depaitat! all'Agricoltura del mede- simo Sig. Arduino, estesa per loro comando, ci.nctrnente a' di Ini studj, ed impieghi sostenuti, e ad oggetti Agrari, ed alle Marne: scritta ia Vicenza li 18. Febbraio 1709. (p) Memorie del Sig. Giovanni Ardi.ino soprantendente alla Rurale Eco- nomia pel Magistrato Gravissimo de' Beni Inculi: , ed Ecce'lentis.--ima De- putazione Agraria ; una sopra il modo niigiiore di conservare 'I legno di quercia, e di renderlo più duro e resistente; 1' altra sopra la colta- ra dei boschi di queste stesse piante: scritte di commissione degli F!c- cellentissimi Si2nori Provveditori e Patroni ali" Arsenale di Venezia . (q) Memoria di ciò che deve praticarsi per formare Disegni planili e- trlci di possessioni , con esattezza ed in modo che servir possano di l^me ai jiroprietarj , tanto jjer dirigerne la coltura, ciie per altri biso- gni > (i) Trovasi in detto Tomo Cerilo Giornde anzidetto, stampato nel tjjo, del Giornale d' Italia . (0) Esiste -nd predetto sesto Tomo (k) E' compresa nel medesimo. Ser- del Giornale d'Italia. t(p Tomo del Giornale d' Ualia. (p) E' inserita nella fSesso Tomi (l) E' inserita nel suddetto ter:(p sesto di detto Giornale. Tomo del Giornale d' Italia . (q) Trovansi nel Tomo settimo dei (m) Pubblicate nel Turno quinto del sopraccitato Giornale d' Itali* stam- suddetto Giornale del 17^9- paio nel ijji' (n) Trovasi nel Tomo sesto del XXV gni, estesa a richièsta ài S."E. N. N". clal prenomato Si?;. Arduino. (^ Della coltura delie terre coli' uso del seminatore, introdotta, e da più anni utilmente continuata ne' poderi dell'Eccellentissimo Veneto Senatore Sig. Giacomo Miani nel Trevigiano dal suo agente Gio: An- tooio Giacomello ecc. Memoria di Giovanni Arduino Sopraintenden- te ecc. (s) Osservazioni metallurgicho-nvineraJogiche, con fignre , sopra le rU nomate ininere di ferro di Eisenanz nella Stiria, e supra i modi pra-^ tic»;i néir escavarle e fonderle , e nel ridurre il ferro crudo o di pri- ma fusione, in ferro buono malleabile, ed in acciaro, pervenute ano- nime al Sig. Giovanni Arduino, PiibÌJlico Soprintendente ecce da es- so tradotte dal Francese, ed accresciute di note ecc. (t) Due Lettere Orittologiche del Sig. Charpentier, professore di mi-' neralogia ec. nell'Accademia Elettorale di Freyberg, e Consigliere del- le commissioni delle minere delli Sassonia, al Sig. Giovanni Arduino Soprintendente, ecc. con la di lui risposta. («) ~ Modi di aumentare i Eestiami senza danno delia coltivazione del- le terre a grani, con l'uso del gesso nell'agricoltura, di Gio. Antonio Giacomello, con annotazioni, ed aggiunta di sperienze agrarie fatte co! gesso nell'anno 1777. EsposizioBe deT Sig. Giovanni Arduino ecc. (x) Annotazione di esso Sig. Arduino aggiunta alle Osservazioni mine- ralogiche sopra le minere di ferro dell* Isola d' Elba de! celebre Padre Ermenegildo Pini C R. B. Regio Professore d' Istoria Naturale in Mi- lano , nella quale annotazione si espone 1' esame ed i riflessi di e?so Arduino sopra un saggio recato dalla Moscovia dal Sig.' Marchese Mi- chele Sigi-amoso, Ralì dell' ordine de' Cavalieri di Malta, della gran luassa di ferro nativo trovata nella Siberia dal celebre Sig. Professor Psllas . (y) Considerazioni e riflessi rassegnati all' Eccellentissimo Maeistrato sopra le minere , circa I' opera del celebre Sig. Scopoli , tradotta dal Latino in Italiano, che ha ]ier titolo: principii di minerdcgia sistemati- ca e pratica, ecc. di detto Sig. Giovanni Arduino , stampati al prinopio Tomo FUI. d (r) appare nel predette settimo miche ecc. enunciata a principi» di Tomo del dette Giornale d' Italia . cjufst' indice ; è pure inserito nel sud- (s) E' inserita nel Tomo ottavo detto Tomo mdecitno del Giornale dei suddetto Giernale d' Italia , stata- ci' Italia . pato Bf/ 1771. ^ (u) Trovansi nel Tomo secondo del (t) Sono inmite nel Tomo mdeci- nuovo Giornale d' Italia , stampato mo del pre fato Giornale £ Italia , dal sig. Benedetto Miìocco , in /-'e- stampato l' anno 177'; , e riprodot- ne^ia l' anno 17 78. te dal fu sig Benedetto Miloccc (x) Esiste nel predetto Tomo xe- nella già indicata Raccolta di Me- tondo del nuovo Giornale d' Italia. morie di detto sig. Arduino , e d' al- (y) appare con la Memoria del P. (mi suoi amici . Tini ncH' ani^/ricffo Tomo seconda' Il Saggio Fisico - Mineralogico con- del nuovo Giornale d' Italia. temtc nella Raccolta di Memorie (.hi- XXVI di essa trapazióne, con varie annotazioni del medesìnso a diversi arti^ coli dell' istessa opera . (^) Due annotazioni del prefato Si». Arduino circa gli antichi Vulca- ni, ed i basalti dei monti Vicentini, aggiunte alla Lettera orittografica del Sig. Antonio Gaidon di Bassano sopra alcuni degli stessi monti, (aa) Descrizione epistolare con Osservazioni Ghimich*' di alcun-i pro- dotti fossili inviati al celebre Sig. Achard deil* Accademia Kenle di Prussia ecc. dal Sig. Giovanni Arduino , Socio delle Reali Accademie delle scienze di Siena, di Mantova, di Lund, e delle óocietà de' curio- si della natura di Berlmo, fisica di Zurigo, ed Agrarie dello Stato Ve- neto, ecc. ibb) Maniera usata nei folli, o gualchiere di Arzignano per purgare con una terra saponaria dei vicini monti li panni detti meazalana : Me- moria di esso Sig. Arduino, (ce) Cinque Lettere sopra cose Agrarie, cio^: del Si=;. Marino Baroni dalla Boàra di Polesine al SÌ2. Giovanni Arduino; lettera del medesi-- ino al Nobile Sig. Giambattista Barbaro a Gavarzere, e risposta del me- desimo ; lettera risponsiva del Sig^. l'ietro AiduiriO al predetis Signor Giovanni suo fratello . (dd) A! celebre Sig. N'uhanael Godofredo Leske , Dottore di filosofia , ecc. lettera Orittolosica del Sig. G^ov^nni Arduino Pubblico Soiirinten- dente alle cose Agrcnoniche, ecc. con indice dei .sagei di alcune pro- duzioni vulc.iniche , minerali, e fossili da esso al medesimo professore dirette li 2. Luglio ijSz^ (ee) Effetti di antichissimi estinti Vulcani, e altri fenomeni e prodotti fossili osservati da Giovanni Arduino nei monti della Villa di Ghiampo, ed in altri luoghi dt! territorio di Vicenza, e di quello di Verona, da esso riferiti con lettera al chiarissimo big. Antonio Zanca, dell'Acca- demia di agricoltura pratica di Udine, ecc. (jf) Sale acìaro scoperto nell'acqua d'una sorgente ne-\e vicinanze del- la Gittà di Belluno, fon varie noiizie concernenti alla medesima, e ad altre simili sortemi di quei contorni. Lettera del Gh. Sig Dottore Jacopo- Odoardi Medico primario dell' istessa Gittà , e socio di quella pubblica Accademia agraria degli Anistamici, ecc. al Sig. Giovanni Arduino; e (z) Trovami riprodotti nel predu- (dd) '!ono ttitt" n°l sudd'tto Tomo io secondo Tomo del nuovo Giornale quarto del nuovo Gic-nah d Italix. d' Italia . (ee) Questa Memoria stampata a (aa) Tutto esiste nel precitato Tomo parte dal prenominato Sig- Milorca del nuovo Giornale d' Italia . trovasi anche nel Tomo settimo del (bb) Fu stampata a parte dal sig. nuovo Giornale d 'talia. Bemdetto Milocco nel 17R0. ed esi- (Jf) ^nche questa Memoria fu dal ste an:he nel Tomo quarto d°l sud- suddetto Ug Mtlocco stampatT a par- d^tto nuovo Giornale d' Italia pub- te, e parimente nd precitato Tomo set~ blica'-o nell' anno m'desimo . timo del detto nuovo. Giornale d ISir- (ce) Trovasi nel detto Tomo quarto Ila , dd movo Giornale d' Italia.. risposta de! medesimo , esiwnente gli esperimenti da lui fatti per cob©° «cere la natura di esso sale . (gg) Fin qui è trascritto f Indice pubblicato a stampg tuli' anno 1785. Seguono altke Opere bi Giovanni Arduino. Di varie minere -di metalli , e d' altre specie di fossili delle mon- rtar\e Provincie Venete di Fehre , di Belluno , di Cadore , e della Car- ina , e Friuli; e speoalmenie del sale catartico amaro a base di ma- gnesia , scoi'erio recemerrjente in g ielle montagne, ihh) Circa g!' indizi d' aniichissimi Vulcani nelle montagne e Alpi Vi- . centine, Veronesi, e Treutne. Lettera ad Alberto Fortis . (Ji) lJel^u^o d'alia ralrjna nell'Agricoltura. Lettera -di Giovanni Ar- duino ai Collie Marcel lon -Corie. (a) Uel Na;;o— K'asstca o sia Cavoio-IVavone , detto anche Cavolo-ra- dice ;!' Lapionja. Lettera del Sig. Giovanni Arduino al Conte Asca- nio Aiiialieo. (ti; Sopra alcuni fossili nella vicinità di Eélhino . Lettera del Sig> ■Giovanni Arduino in ri'^po^la al Dott. Anlonio Guaisndris. (e; Delia coltivat'one deili esotica pianta tinioria detta Asfor , e iCartan o , e volRariienie Zaffranone. Lettera del big. Giovanni Ar) Non è forse abbastanza noto il merito di questo insigne mate- matico ; che fu prediletto scolare del Co. Jacopo Riccaii, e Profes- sore di Padova. Valeva tanto neil' analisi che il March. Poleni si gio- vò spesso dell' opera di lui per la soluzione dei piit difficili problemi . La sua scuola, la sua casa furono sempre aperte agli studiosi , ne ri- cusò commissione che gli fosse af- fidata. Non cercava la gloria ^ che r avrebbe coronato , se per un tras- porto di riscaldata fantasia nou si fosse abbandonato al noto errore sulla soluiione del caso Cardani- co . Possono però essere sicuri ar- gomenti del suo valor analitico una formola molto ingeg.aosa sul tri- nomio indicata nel e Insiitujioni d" analisi del Kircati e del Sa!a- dini , altre forniole di cui si valse r Agnesi , dandone la lode all'Au- tore , un trattato di serie geonic- triche stimaiO anche da^li Oltra- montani , e gli elogi, che riportò dai Gesuiti Riccati e Boscovich. tTCXl «le y della coornizionc de' migliori libri, e di una- certa squi- sitezza di ^usto j che fa più- bella ogni scienza, onde a ra- gione il chiamava suo maestro . Ne pianse amaramente la morte accaduta nel 1749- e fatto erede degli scritti di lui, credè di servire alla sua gratitudine , alla gloria delle lette- re e dell' amico , pubblic;indone cinqu' anni dopo una co- piosa vita, nella quale il Filosofo, il Matematico, il Poe- t:\ , l'Erudito fanno la più luminosa comparsa . Se sacri fu- rono per lui i doveri delT amicizia , non minor cura pose in adempiere quelli dello stato . Lriperocchè chiamato dal suo Vescovo Cardinal Rezzonico al governo della ricca Ar- cinretu'-a- di Montegald.', non trascurò alcun uffizio di buon Pastore , concedendo il rimanente del tempo ai suoi genia- li studj ,. dai quali l'avevaTia alquanto distornato le conti- nue occupazioni delle varie scuole . Tra gli antichi filosofi- Plntone 5 A istotele e Plutarco , tra i moderni Bacone di ■^erulamio , Cartesio Leibnizio e Newton nutrivano sopra tutti una mente piena di studio, che cercava il conosci- mento della verità nascosta ,, con guida e con iscorta della propria , e dell' altrui' ragione ; e vago-ancora di fare acqui» sto di quel che appartiene alle umane lettere , ne possedè la ragione ed il bello ,. a segno tale che T Ab. Cesarotti ri- conobbe da- lui il felice avviamento , che lo menò a tanta fama da potersi meritamente chiamare un de' più splendidi luminari deli' Italiana Letteratura. Sono una prova del suo indefe'jso studio i molti ristretti, che fece delle altrui ope- re ,- un' illu^fa-zione del Timeo di Platone , ed altri scritti da lui lasciati , dai quali chiaramente apparisce quanto si af- faticasse per fare acquisto di que' tre generi delle cognizio- ni , le quali può colle sue forze ottenere il nostro intellet- to ;>. cioè dei pensieri , delle azioni umanej. e delle cose ma- teriali . Dopo dieci anni di un sì f-.tro tenor di vita ,. eletto Professore d astronomia,, geografia e meteorologia rtll' Uni- versità di Padova si abbandonò interamente allo studio di queste Scienze ,- dalle quali ottenne la celebrità del suo no- me . Poiché questa cattedra non altro esigeva allora se non che semplici lezioni di Scuola ,. si affrettò il Toaldo di emendare questo difetto, e di rivolgere ogni opera in orna- mento della medesima » Domandò pertanto al Senato Vene- XXX.11 to eli- si fabbricasse in Padova una specola aEtronomica, e che si corredasse de* migliori instrumenti , e quelT augu- sto consesso, che non trascurò mai nulla di quel che po- tesse servire al pubblico vantaggio ^ ingiunseli ài dirigere la fabbrica,, e di operare tutte quelle cose, per k quali a se medesimo celebrità, ed al Liceo gloria si fxoreva ^icquistare. A tal fine visitò le principali specole dell' Italia , e dai più rinomati astronomi trasse lumi, che lo indirizza sere nella novella carriera. L' edifiiio cominciato nel i']i^~l- ebbe il suo compirhento sette anni dopo , e se ne conobbe subito r utilità , poiché per esso fu fondata in Padova una scuo- la d* architettura,, e in molti nacq^ie il desiderio di osser- vare j movimenti de?li astri . Ne determinò la lon?irudirie geografica dall osservatorio di Parigi in tempo dì 3S o , e la laiitudine 345* 23' 40" . Obbligato di servire alla sua catiedra non solo colie osservazioni astronomiche, ma ancora colle meteorologiche, nel I l^'p. comparve per la prim*. volta in pubblico colTrat- tato della vera influenza deglj Astri sulle stagioni e muta- zioni di tempo, o sia Saggio meteorologico, libre che non rinuovava de* vecchj errori , né confermava delle volgari opinioni , mi che contenendo nuove osservazioni , nuove esperienze , e nuove applicazioni di queste, poneva in neces- sità i Fisici o di approvarle, o di richiamarle ad esame. L' a-zione del sole mediante il suo lume e calore., gli efiltti e le coiisegueuEe del moto diurno ed annuo della terra , la forza meccanica e fisica delia luna sulle maree e sull' am- mosfcra, il suo calore, i resultati provenienti dalle osserva- zioni barometriche e termometriche, le misure della piog- gia , le cagioni de' venti e del freddo , gii effe-iti deli' elet- tricismo ammosferico , i pronostichi che possono dedursi dal sole, dalla luna, dal cielo, dall'aria, dalle meteore, e dagli animali , e altre si fatte cose sono trattate estesamen- te.» e collegate in maniera da mostrare la lor corrisponden- za e attitudine a produrre un sistema . Ebbe ragione d' ap- plaudirsi di quest' opera i' Autore , perchè fu p^ù volte ri- stampata in Padova e sempre con notabili accrescimenti, tradotti in Francese e in altre lingue, e pli procurò 1' ag- gregazione a .molte illustri Accademie di iiaropa. Non vi é fcnonieno in matura per stravagante che sembri , che non di' XXXJil dip^enda da cogitanti cagioni, « ciii procurò d'indagarle nell' osciiritiì , in cui sono spesso involte, dee esserre somn>a- mente corr.n-erdato • A questo fine ei pubblicò l'anno 1772. nel giornale Veneto d' agricoltura una Memoria sopra gli anni stravaganti spfzialmente piovosi con una lunga, crona- ca de' m.edesimi , onde dedurne con qualche probabilità il ritorno, e nell'anno stesso divulgò varie altre memorie sui conduttorj elettrici, ristampate più volte., e trasportate an- cora nella linpua F'-ance^e, nelle quali la teoria dell' elet- tricismo è spiegata in maniera da convincere i più ro7zi a non trascurare 1' unico e sicuro mezzo di preservare gli edi- fizj lo'-o dal fulmine. Sono da ricordarsi ancora le tavole dei Ba. ometto e ('el fius'o e riflusso del mare, che l'anno dopo pubblicò in Latino, e che tradotte in Italiano i Gior- nalisti di Modena inserirono nel Voi. IV. dtl loro Gior- nale., lodandone la scrupolosa esattezza. Tutto ciò serviva allo scopo propostosi di creare per cosi dire una scienza nuova, l'uso di cui si propagasse alla medicina , alla navi- gazione, eispezialrrente all'agricoltura. Per 1' applicazione a quest' ultima la Reale Società di Montpellier aveva pro- posto un premio, che nel 1774. ottenne una Memo'ia de! To:'ldo , scritta in F ancese , e stampata subito nel Giorna- le del Rozier . Qjiesta e il Saggio meteorologico ricordato di sopra possono dirsi il fondamento di quel sisterra , che tanto lusingò 1' amor proprio dell' Inventore , e di cui grandissimo rodere si fece r-elle Società letterarie , e sopra tutto oltramontane. L' Eiettor Palatino ebbe da quelle ec- pitamento di fondarne ura nuova, e d'invitare i Fisici deli' Europa , e di altre parti dei mondò ad osservare d' accor- do le meteore, inviando per ogni dove instrumenti compa- rativi . Qiiest' esempio ebbe seguaci a Bade e all' Haya, e risultò in gloria del ToaUio quel che fu pubblicato da que- ste novelle Società, che comprovando pi' influssi lunari, e que' periodi detti già dal nom.e di lui Toaldini, non dubi- tarono di dare al medesimo il glorioso tit.olo di Riformato- re., o più tosto Creatore della vera scienza meteorolcgica . Questi periodi altro non sono, che un ciclo di 22^. lune corrispondente a giorni 6585. e un terzo, che gli piae- qwe di nominare Saros , perchè così appunto gli astronorri Caldei chiama'-ono quel periodo di 18. anni , che indica il Tomo FUI. e XXXIV ritorno delle eccliss! , e che fa girare in serie tutti i punti della luna (i) con tutte le disuguaglianze della medesima. Non dubitando egli che questo pianeta non abbia qualche influenza sull* ammosfera e sulle stagioni » s* avvisò che a ragione gli dovesse essere concesso , che quella rivoluzio- ne ,. che riconduce, i punti lumri , doves-ie altresì ricondur- re un circolo d' impressioni simili nelT aria , cioè un ritor- no di tempi e di stagioni. Conobbe la necessità di confer- mare quest' argomento d" induzione colì^ esperienza , ed avendo una serie d' osservazioni meteorologiche proprie , dei due Poleni padre e figlio , e del Morgagni che abbrac- ciavano lo sp.izio di 57. anni, cioè dal 1725 al 1781. potè formire una tavola di tre S.iros e più, pubblicata 1" anno stesso. 1781. in France'^e e in Italiano, dimostrante un ri- torno di temni^j di pioggie , di venti , di nebbie ^ di tem- peste ec= ritorno~non gii di eguaglianza numerica j che sa- rebbe chimerico il pretenderlo ,. ma di una tal quale rasso- miglianza, bn'^tante perà a dare una valevole prova dell' in- fluenza lunare . A confermarla si serviva di un altro argo- mento^ d' analogia dedotto dall' azione della luna sopra le acque deil' oceano ,. sembrandogli verisimile 5 eh* essa pro- duca un* impressione simile suli' ammosfera , specie di ma- re che ci. preme, e ci circonda, e che dee soffrire il suo flusso e riflusso 5 operato dalla medesima cagione j cjie agi- ta e solleva le acque del mare. Adduce altre prove, che costituiscono la luna principale operatrice de' fenomeni me- teorologici j senza però escludere molte altre cagioni,, che possono concorrere a variarli 5 ad accelerarli ,. a ritardarli . Stabilito così un principio tanto costante, e tanto generale, gli fu facile di trarne delle conseguenze, applic.ibili a mol- te arti ,, e a molti u'i della vita umana , e di formare pro- nostichi delle future stagioni; avvertendo però egli medesi- V (i) Nomina punti della luna le 1' altro 1' equino7.ìo discendente, li dieci situazioni di questo piaaeta due Lunisiizj, co-.) chiainat' dal ce- che accadono in ciascuna lunazio- lebre Sig. la Lande, di cu )' uno ne, cioè le quattro fasi, le deno- è boreale,, allorché h luna S' ap- minazioni delle quali sono cono- prossima quanto può al no-itro ze- sciute, l'apogeo, il perigeo, i due nit , 1' altro australe, allorciiè più, passaggi per l'equatore, de' quali se ne allontana, r uno sarà 1' equinozio ascendente, mo prudentemente, che nell' indicare in certo tal qual mo- do le qu.Tlità degii anni, dei mesi, dei giorni, e quasi per fino delTore, non pretendeva di dare se non che delle con- getture ragionevoli , degne però delT attenzione de' Filoso-^ fi per alcune verità, che racchiudono. Si maravigliava eglij che essendo la meteorologia di tanta importanza ed utilità j fosse stata quasi del tutto abbandonata ai volgo credulo ed ieteorologico ., a cui dette principio 1' anno 1773, che condusse fino ali' anno 1798. per cui r aveva preparato prima
  • XI. it dio e di una sofferenza veramente filosofica , ed aveva epTi r.Ttcolti molti altri spoglj di battesimi , di matrimonj , e di morti, sui quaii meditava di fare delle utili speculazioni di fìsica , di medicina e di politica . Se si esamina con c'.ili- jjenza e con giudizio tutto ciò clie si trova sparso nelle molte opere di lui , si comprenderà chiaramente , che non ebbe altro scopo se non se di servire alla comune societì , fie-chè si avvicinò molto alla perfezione di quel carattere , che rarissime volte s' incontra , e che risulta dall' unione delie qualità del cuore le più oneste e le più berefìthc, del- le cognizioni dell' intelletto le più ampie e le più estese . Niuno pertanto potè negarli la lode di essere stato uno de<^li uomini i più utili, i più virtuosi, e direm anche i più am.ahili dell' età sua . A quanti non giovò procurando sovvenzioni, impieghi, servig) , cariche, onori? Chiunque se gli raccomandava era sicuro di trovare affettuosa assi- stenza , e preveniva ci medesimo la domanda , ove cono- sceva il bisogno. I buoni con^igij, le direzioni negli affa- ri, le consolazioni nelle afflizioni, il sovvenimento nell'in- digenza erano da lui accordati in ogni tempo ed a tutti . Insigne propngatore della benevolenza e dell' amicizia tra* suoi conoscenti, officioso, dolce, compiacente e scherze- vole nella conversazione , ma però sempre lontano dall' adu- lazione, come dalla derisione e dalla maldicenza, giustissi- mo in tutte le azioni, liberale de' suoi lumi, perchè cre- deva di non posseder nulla di proprio , meritò 1' amore e la stima di tutti . Non vi era classe di persone , con cui indistintamente non trattasse, dotti, ignoranti, buoni, cat- tivi ed anche viziosi, uomini di sane, e di perverse massi- me, onde chi ben non lo conosceva, poteva sospettare che approvasse gli altrui errori : ma il fine suo era di giovare anche per questo mezzo alla Società, cercando, se era pos- sibile di ricondurre i traviati nella diritta via con delicate insinuazioni, con istoriette , collo scherzo., co' detti viva- ci , ma però sempre mostrando quel suo nobile ed origi- nai sentimento , che il sommo delle virtù umane si riduce al dir sempre la verità, ed al far bene altrui» Sapeva anco- ra conversare coi grandi e piacere onestamente alle donne. Sarà sempre memorabile una conversazin i; , in cui si radu- nava tutto il fiore delle persone di varj ordini , e di cui il X I 1 1 1 Toildo cn r nn! na e h delizi.! , e che si sciolse per la morte d' una virtuosa impareggiabile donna , che cortesissi- mamente raccoo-lieva nella sua casa. E avvegnaché mal sof- fiiva di vedere alcuni giovani abbandonar la propria provin- cia , cJpio;a di tutti i bjni , jhe possono servire ai como- di della vita, e al colciv in *nto d' ogni arte e d'ogni scienza, per andare in cerca di pellegrine merci, colla pub- blicazione d' una sua opera procurò o di distornarli , o al- meno di dar loro degli utili insegnamenti onde guardarsi da molti errori e da certi pericoli . Attribuiva con ragione la maggior parte delle pubbliche calamità all' essersi da paesi stranieri a noi trasportato il lusso , e il viver molle , e in quei libretto appunto , che intitolò Confronto delle stagioni coi principali prodotti della campagna , provò niun' altra ca- gione potersi più giu-t.imence addurre del deterioramento dell' agricoltura , che 1' abbandono della vita sobria , atti- va , e rusticale de* padri nostri, per sustituirvi la lussurio- sa, r inerte, e la cittaciininesca , ed altre costumanze, eh' anno dal mondo o^>ii virtù sbandita . - Se molte persone vi sono, che mentre si sforzano cu vedere le cose avvenire , le presenti non ve {giono , questo certamente non intervenne al nostro Toaldo , che ricco di quella scienza che appartiene ai costumi e al viver civile, seppe con giusta bilancia pesare gli errori degli uomini, e calcolare i tristi effetti che ne derivano . Non deesi final- mente tacere, che insignito 1' anno 1756. della Propositura della Trinità (i^ in Padova in luogo dell' Arcipretura su- burbana di Montegalda, si gloriò sopra tutto di appartene- re alla Congregazione de' Parrochi di quella Città , adem- piendo scrupolosamente, per quanto 1' impiego, 1' età e la salute lo comportavano, tutti i doveri e servigj che la di- gnità a pieni voti conferitagli d' un de' tre Prcpositi esige- va . Un uomo che divise tutta la lunp-a vita sua tra le oc- cupazioni religiose, e letterarie, dovè godere di quell' in- terna soddisfazione , che ci fa esser contenti di noi mede- f 2 (i) La Chiesa di questa Propo- nie fa commessa ai vicini Parro- situra una volta era fuori della chi , riguardati per ciò come tanti Città, ma distrutta per 1' assedio Vicari del proposto, da cui sono di Massimiliano, la cura dell' ani- pagati. XLIV simi , e lieti , nori essendo altro la feliciti che uni mesco*- Janza di contento e di bene . Assalito da un accidente ner- voso , dopo tre j^iorni finì di vivere il dì xi. di Novembre deli' anno l'jpi- in età di anni 78 e mesi 4. lasciando j^ran .desiderio di se non solo agli amici , ma anche a tutti gli ordini di persone, che il conobbero o per scienza, o per costume, o per rinomanza» O^ere pubblicate di Giuseppe Toaldo . r. Vita dell' Ab. Conti: Venezia appresso il Pasquali 1755. in 4. 1. - Trigonometria Piana e Sferica colle Tavole Trigo- nometriche : Padova nel Seminàrio ^lór;. in 4. 3. Della vera infiiienza de^ii Astri sulle stagioni o mutazioni di tempo , Stiggio Meteorologico : Padova nel Seminario 1770. in 4. 4. Novx TabuK-E Baronrtetri , CEstusque maris : Patavii Typis Scminarii 177I' in 4. 5. Del ritorno dc'7li anni stravaganti , Discorso : Ve- nezia 1772. Luglio . Nel Giornale d' Italia appresso il Mi- locco » 6» Della maniera di difendere gli edifizj dal fulmine : Venezia appresso ri Pasquali 177 2» in 4. 7. Compendio della Sfera , e di Geografìa ad oso del- !« Scuole: Venezia appresso il Bettinelli ill^- in 8. §. Dei conduttori metallicr a preservazione degli edi- fizj dal fulmine, nuova Apologia: Venezia 1774. appressso il Zatta . 9. La Meteorologia applicata all' Agricoltura , Memo- ria che riportò il Premio della Società R. di Montpellier V Venezia 1775. in 4. appresso Storti.- 10. Discorso sopra i Barometri , che corrtienc la dife- sa dell' esperienza del Leibnizio - Nelle Effemeridi di Mo- dena Voi. V. ir. Emendazione de' Barometri e Termometri: Vene- zia appresso il Milocco nel Giornale d'Agricoltura» XLV 12. De aestu reciproco miris Adriatici. Nelle Transa- zioni Filosofiche di Londra 177(5. 13. Memorie ?opr;i i Conduttori, Raccolta migliorata ed accreiciuti : Venezia appresso Storti 1778. in 8. 14. Des cUangemcns des temps , et d'une i'aute de Monsieur de Lue sur la boule du Thermometre , etc Jour- nal de Rozier 1779. 15. De l'impulsion de la lune sur le Barometre . Ne- gli Atti dell'Accademia di Berlino 1779. 16. Si[;gio di Studj Veneti neil' Astronomia , e nella; marina: Venezia appresso Storti 1782. in 8. 17. Le Saros Meteorologiquc & Essay d'un nouveau Cycle pour le retour des saisons ; Padova 1781. in 4. Jour- nal de Rozier 1782. 18. Dcgl' Influssi hmari in risposta alle obbiezioni, dell' Ab. Frisi: Giornale di Pisa 1782. 19. De methodo longitudinum ex observato transita LuntE per Meridinnum ; Patavii Typis Scminarii J784. 20. Latitudo Speculse & urbis Pativina?, ac longitudo Gecgraphica . Nel Volume primo delle Scienze , ed Arti deh' Accademia di P.idova 1785. 21. Descrizione d'ima di'^tinta Aurora Boreale, osser- vata in Padova 29. Fcbrajo 17S0. ivi. 22. Tavole di Vitalità : Padova 1787. in 4. 2j. Confronto delle stagioni coi principali prodotri della Campagna ; Dissertazione epistolare , Padova nel Sc- minario 1787. in 8. 24. Metodo facile di descrivere gli Orologi Solari , o sia Trattato di Gnomonica : Venezia presso Storti 1789^. in 4. 25. Memoria della qualitl fisica delle Piaghe, Voi. se- condo dell' Accademia di Padova . 26. Epistolae dure ad Simonem Asscmanum Lingni-rum Orient. P/otessorem de Globo Ccelcsti Cufico Borginno . Nel Voi. ch'ha per titolo, Globus Cos'Iestrs Cufico A ahi- cus , pubblicato d ili' Asseinani nel Semiir. di Padova 1790. 27. De calore lunari . Nel Voi. X. dell' Accad. delie Scienze di Bologna i79r. 28. Del Viaggiare, lezione Accademica: Vcnez-ia ap- . presso Storti 1791- in S. XLVI 29. Sc!ie:liasinata Astronomica: Patavii typis Scminarii 1791. 30. FenoTieno di alcune vampe di caldo in mezzo al freddo. Voi. VI. delle Memorie della Società Italiana 1792. 31. Iiivestigatio caloris plurium Icalix locorum . Voi. III. deli' Accad. di Padova 1794. 32. Riflessi sopra i colpi di fulmine- ivi- 33. De! passaggio d'Annibale per TAppenino, e del- la marcia da esso fatta per la Toscana, ivi • 34. Della fiamma volante, o sia globo di fuoco de- gli II. Settembre 1784. osservato in Padova, ed altrove. ivi . 35. Giornale Asfo-Meteorologico dal 1773. ^1 1798. Venezia • Stampò Bettinelli i tre primi volumi , gli altri Storti. Produsse T Autore in queste effemeridi molte disser- tazioni , delle quali ecco i titoli : Breve notizia del Ciiendario , o sia compendio di Cro- nologia 1773- Inverni straordinarj , e Cronaca relativa , 1777. Ragionamento sopra l'anno 1777., e sopra le sta';;oni in generale, divisione meteorologica dell'anno i77§- Confronto ragionato delle osserv.Tzioni meteorologiche di diversi paesi, 1779, Ragionamento sopra J;i lunga siccità dell'inverno 1779. Neil' effemeride dell' anno seguente . Relazione di alcuni fulmini accaduti^ con osservazioni, 1781. Dei principali accidenti dell' anno 1783. , della nebbia ec, 1784- Problema meteorologico , come due annate di seguito sovente si assomiglino, 17S8. Congetture sulle Stagioni, ce., i79i' Dei Conduttori, o Parafulmini, 1798. Sopra i Circoli delle Stagioni , e in particolare sopra un nuovo Ciclo , 1796. Saggio sugli Aspetti dei Pianeti, 1797. Presagj generali e particolari per il Golfo Adriatico , delle pioggic , e dei venti dall'aspetto del Cielo, 1798. 3<5. Notizie varie di fenomeni meteorologici, e descri- zioni d'annate, ec. Nel Giornale enciclopedico di Vicenza dall' anno 1781. all' anno 1786. XtVII j7. Osservazioni meteorologiche con discussioni . Nel Voi. deir Accademia Palatina , e di Padova . 38. Osservazioni Astronomiche. Sono sparse in tutt'i volumi dell' istessa Accademia di Padova. O^ere inedite . Epoca della ?i-p.n Muraglia della China. Spiegazione del fenomeno osservato dagli Olandesi , che videro dal mar glaciale il Sole molti giorni prima, che do- vea corrparire . Illustrazione del Timeo di Platone. Illustrazione del Planisterio in bronzo acquistato dalT Eminentissimo Cardinal Borgia . Pensieri su i presentimenti ; Cicalata su i corpi aerei . Qiiadro dell'Istoria Astronomica, e stato presente dell' Astronomi) , Su i fenomeni dell' Antiperistasi . Di tre Soli veduti . Sulle Processioni Ambarvali dei Romani . Su i piaceri del dolore . Impressione della Luna sulle nascite , e le morti . Dei Viaggi , e scoperte di Marco Polo ; emendazione del Codice delle sue Opere . Differenza del livello tra Padova, e Venezia, col Ba- rometro . Sulla Meridiana del Salone di Padova . Sulla misura del Passo, e del Piede Veneto. ì -ìÌT!Lc<(fr j5^»^l5i* -iì^ "«^«-^ MEMORIE DI MATEMATICA E FISICA DELL' ORIGINE DEL CARBONIO. CHE ENTRA NELLE PIANTE. DI GlOVAMBATISTA DA S- MaR T^t~N O . Ricevuta lì io. Ottobre 179^. ' LA m.incanza di cognizioni esatte, che fi? mai sempre r origine della mostruosità dei sistemi , fu la causa al- tresì di queir ammasso informe di fallacie , di abbagli , di pregiudizj , e di errori, in cui ravvolte se ne rimasero per tanto tempo le scienze . Se noi rivolgiamo alcuni anni ad- dietro lo sguardo, troviamo, che tutto il corredo dell'uma- no sapere riduceasi unicamente ad una quantità d' ipotesi mal fondate e sconnesse, ad un guazzabuglio di termini vuoti, ad un giuoco di parole arbitrarie e prive di senso. Il caos delle proprietà flo<^istiche occupava la faccia dell' universo , la spiegazione delle più rimarcabili verità stavasi in allo- ra appoggiata a falsi e vacillanti supposti ; il s^apposto di- pendea bene spesso dal sistema; ed il sistema era figlio per lo più d' una fantasia riscaldata , ed effervescente . Per entro a questo stato di cose lo^ spirito umano , usando del natio valore , fece uno sforzo vittorioso ed energico , scosse ad un tratto i ceppi del tirannico giogo , conobbe la necessità di dovere interrogar la Natura e d' interpretarne il genuino linguaggio . A L' analisi de* corpi la più circostanziata e severa in- coiTiinciò fin da quel punto a divenire il fondamento pri- mario della scienza novella . La teoria dei gas , fino allora quasi del tutto sconosciuta ; la scoperta dell' ossigeno > da cui dipendono tanti e sì portentosi fenomeni ; le proprietà del calorico , tenuto per V addietro come una semplice modi- ficazione degli esseri ; la sintesi e 1' analisi deir acqua , die credessi da tutti un puro elemento, divennero, fra le mani di sommi Genj , altrettanti princip) inconcussi, onde erigere, i fondamenti dell' immortale edifizio . La. Chimica , vitupero fino allora ed obbrobrio del cenere umano , si eresse in di- rettrice di tutte le umane cognizioni; le scienze, le profes- sioni , i mestieri , le manifatture , le arti si affiettarono a gara a tributarle il loro omaggio ,. e ad implorare il suo va- lido soccorso per la spiegazione delle più implicate teorie j per lo stabilimento de" più sodi princip), e per l'esattezza inappuntabile de' proprj lavori . Dietro pertanto alle tracce di questa novella scienza , fra il numero ben grande delle veritì , che ci si rendettero manifeste, siam giunti altresì a conosce* e, che i vegetabili di qualunque genere eglino sieno, <^Gno co i posti di tre ori- ginar) principi, a cui in ultima anaii i si ri.olvcne , cioè di carbonio'^ d' :drogeno , e di ossigeno ; che alcuni di essi con- tengono altresì dell' azoto (*) ; e che oltre agi' indicati prin- cipi , entravi eziandio nella loro composizione in più o meno dose della terra , della potassa , del ferro , e simili al- tre sostanze , come dalla loro analisi evidentemente si rac- coglie . Partendo da questi fatti , divenuti oramai della più n ^^^oto è nome greco derivan- te dalla particella privativa, «, e dal nome Zati , vita, ed indica la- facoltà di privar di vita gli ani- mali. Ma siccome questa proprietà non è caratteristica del- solo a^oto, ma comune a tutti gli altri gas inabili alla respirazione ; perciò il Qbaptd giudicherebbe più opportu- no dargli la denominazione di Nì~ trigaio, dedotta dalla proprietà , che ìia c^uest» sostanza di geaarare il' Nitro. Ma poscia che l'azoto,» parlar propriamente , non e gene- ratore del nitro , ma bensì dell'aci- do nitrico ; per questa ragione sì Dottor Brugnxtdlì piacerebbe me- glio chiamarlo Ossi- nitrigmo ' la- sciando per ora da pane 1' altra denominazione di fossigmo , cioè , generator della luce; finché non sia. un po' meglio conosciuta q^uesta proprietà ., chiara ed incontrastabile evidenza presso tutti coloro , che 'godono il dono esclusivo d' un sano criterio , restava solo ad indagare , da quali fonti vengano somministrati alle pian- te i tre mentovati primar; principi, carbonio, idrogeno, ed ossigeno ; dacché stabilita la vera sorgente di questi , 1' ori- gine delle altre particolari sostanze diveniva una quistione di facile scioglimento . In quanto all' idrogeno ed all' ossigeno , non può rima- nere alcun dubbio , eh' essi non derivino dall' acqua stessa impiegata al loro innaffiamento ; dacché essendo 1' acqua un composto di questi due elementi , e venendo essa trasporta- ta in circolo a tutto il sistema del vegetabile; mediante l'in- flusso del calorico e della luce solare, se ne rimane de- composta , e ridotta a' suoi primi principi ' di maniera che r idrogeno , ed una parte dell' ossigeno si uniscono al car- bonio , e si fissano nel tessuto cellulare della pianta stessa j mentre l'altra parte maggiore dell'ossigeno si combina, per una prevalente affiniti , al calorico ed alla luce solare , e se ne passa allo stato di gas ossigeno , ossia di aria vitale. Rapporto al carbonio , eh' è 1' altro principio delle piante stesse , sembrava seguirne anche in forza del solo razioci- nio , che non potendo essere costantemente somministra- to dall' acqua , perchè essa punto radicalmente non lo conti-ene , dovesse derivare dal terreno. Una quantità di prove indirette si uniscono a comprovare la consentanei- tà , e la ragionevolezza di questa opinione . Si osserva in fatti, che l'acqua passando per qual siasi qualità di terreno, e molto più pe' concimi , si tinge d' un colore più o me- no carico; sicché facendola poscia svaporare, lascia per resi- duo principale il carbonio . Si osserva in oltre , che le ra- dici de' vegetabili sono attissime a succiare unitamente all' acqua anche le sostanze in essa disciolte; come appare dalle belle ed esatte sperienze di Borine t , Duhamel , e de la Baìs- se f i quali avendo innaffiati degli arboscelli con liquori colo- rati , videro che il sugo tinto di colore ascendeva a tutte le parti del sistema . Si osserva in fine che le piante , gene- ralmente parlando, crescono tanto più rigogliose e vivaci, quanto più pingui sono i terreni , vale a dire , quanto mag- gior quantità di carbonio essi contengono . Contuttociò di A 2 4 questo fatto ci mancavano tuttavìa delle prove dirette e concludenti ; di quelle prove , che sono atte da per se a portare la convinzione nello spirito , e a trionfare sovrana- mente di tutte le obbiezioni in contrario . Gii Sperimenti , che ho praticati , e che ora vent^o ad esporre , mi sembra- no esser tali ; al colto Pubblico si converrà esclusivamente il deciderlo . Da un ammasso di terreno e di concio , mescolati in- timamente insieme in g^uisa che formavano una sostanza da per tutto uguale omogenea ed uniforme , ne ho estratte due eguali porzioni , onde riempierne due vasi ; in uno de' quali ho poscia seminato un grano di Lupino, Ln^tnuT Syl~ vestrìs y e nelT altro un grano di sego -turco , ossia di Maiz, %ea Maiz . Prima però di eseguire la detta semina, volli analizzare il terreno stesso, per conoscere la qualità, la proporzione, e la dose delle sue paiti componenti. Non è raro , che alcuni terreni contengano delle sostanze saline : versai perciò a tale oggetto sopra una po'"zione del detto terreno una data quantità di acqua distillata . I sali , se ve ne sono, restano disciolti; si decanta allora l'acqua, la si fa svaporare a secco , e dal residuo si conosce la quantità e la natura del sale : ma avendo tutto ciò praticato col ter- reno , che avea fra le mani , il trovai privo di qualunque sostanza salina. Presi allora 20,000 grani del detto terre- no (*) , già prima perfettamente ra<:ciugato per non com- mettere errore nello scandaglio i cominciai dal versarvi so- pra dell' acqua pura in abbondanza , mescolando ogni cosa insieme , ad oggetto di rilevare la quantità delia terra vege- tabile in esso mescuglio contenuta (**)• Dopo un qualche (*) Grani io, 000. fanno libbre 5. reta è composta di 5^820 grani; onc. 5- grani 115 , del peso sot- l'oncia per conseguenza, eh' è la tile Veneto, del quale mi sono ser- duodecima parte della libbra, con- vito nel corso de' miei sperimenti, tiene grani 485 ; e la drar*ma , Ma in vece di esprimere le quan- eh' e l'ottava parte dell'oncia, è tità secondo le frazioni ordinarie di ,. • ^ $ ,.. , ,- • j- j composta di grani 60 -j . libbre , di oncie , di dramme , ec. i t> s le quali cagionerebbero della con- (**) La terra resetabile risulta fusione , e dell' imbarazzo , feci dalla deorganizzazione , -e dal di- uso del numero dei grani ; ^t" scioglimento delle sostanze anima- quali mi servirò d'ora in poi: av- li, e vegetabili, venendo, che uaa libbra sottile Ve- tempo di replicati mescolamenti , e di successivi riposi , k terra vegetabile più fina va a tinger 1' acqua d' un colore più o meno carico, e la parte più grossolana di essa, attesa la minore sua specifica gravità , occupa la parte superiore di tutta la deposizione terrosa. Decantai dunque l'acqua così tinta , e separai in se^^uito cob cautela le parti grossolane della terra vegetabile rimaste alla superficie della deposizio- ne , c'iì pienamente discernibili pel loro colore oscuro ; git- tandolc entrò ali* acqua stessa già decantata • Replicai più volte questa operazione , finché 1' acqua se ne rimase chia- ra ; ed unendo poscia T acqua di tutte queste decantazioni , la feci lentamente svaporare , ed il residuo , ridotto a sec- co j mi offrì la porzione della terra vegetabile , che nel mes' cuglio era contenuta , la quale fu di grani 7433. Per entro il residuo terroso , rimasto dopo la separa- zione della terra vegetabile „ scorgeasi anche a sola stima d' occhio un mescuglio di argilla , di silice , e di calce , od a mep-lio dire di carbonato calcare (*) . Per separare adun- que la porzione calcare dalle altre sostanze , versai sopra il detto mescuglio una dose dieci volte maggiore di acido ace- tico , di" è uno de" più- accontj reattivi a questo riguardo. La calce , la quale ha mat^gjore affinità con 1' acido aceti- co, di quel che sia con V acido carbonico a cui trovasi uni- ta , abbandona questo il quale si sviluppa in forma di gas, si unisce ali" acido dell'aceto, e forma un acetito di calce, che si separa con la semplice inclinazione del vase , rima- nendo al fondo le altre sostanze , che non sono di natura calcare . Per rilevare la dose della calce disciolta dall" aceto , v" infusi del carbonato di potassa allungato : questo fece pre- cipitare al fondo la calce , la quale diseccata fu di grani 2oi(5. Per separare in fine l'argilla dall' arena, che furono le due sostanze rimaste dopo la separazione del carbonato {*) L'argilla è una terra compo- sta per la nia^sima pane di allu- mina , con più o n^.eno quantità di silice , di calce , di magnesia , di ossido di ferro ec. La silice e una terra primigenia indissolubile a?li acidi, eccettuato che all'aci- do fluorico , e mediante un gran fuoco solubile altresì dagli alcali , con cui si forma il vetro . 11 car- bonato calcare è un mescuglio di calce, di carbonio, e di ossigeno. di calce , feci bollire il mescuglìo entro un vase di vetro con una sufficiente quantità di acido solforico allungato con acqua distillata; il liquore disciolse la parte argillosa, for- mando un solfato di allumina, del quale in seguito feci precipitare l'argilla, coli' infondervi sirniJmente del carbona- to di potassa allungato^ L'argilla ridotta a siccità fu di gra- ni 7497. L' ultimo residuo , dopo la separazione dell' argil- la, fu l'arena silicea, già indissolubile agli acidi mentova- ti, la quale rasciugata fu di grani 3043, Unendo insieme il peso di queste differenti sostanze, ne risultò il peso totale dell' intero mescuglio terroso , come appnre nella seguente Tavola, a riserva della dispersione di soli 11 granii disper- sione^ eh' è affatto inevitabile in questo genere di sperimenti. TAVOLA Delle quantità delle sostanze contenute nel terreno analizzato . , In Grani :o,ooo del detto terreno si con- tengo':o Di terra vegetabile . • • G-ani 7433 Di Argilla Grani 7497 Di Arena silicea .... G";ni 3043 Di Calce Grani 2016 Dispersi nell'operazione . Grani 11 Somma totale Grani 20,000 Certificato della qualità , e della dose delle sostanze componenti il terreno , che avea destinato all' uso de' miei sperimenti, ne posi 20 libbre, cioè ii5, 400 grani in cias- cuno de' due vasi , avendolo ben diseccato all' ombra prima di pesarlo, a scanso d'ogni errore. Indi in essi ho semina- te le due piante sopra mentovate di Lupino, e di Maiz • Chiusi in appresso 1' apertura superiore de' vasi con una la- stra di piombo, otturandone attorno attorno anche le com- 7 messure, in guisa che ne rimanesse tolto onninamente ogni adito all' acqua non meno che all' aria , a riserva di due soli fori che ho praticati ; ì' uno al centro della lastra , pel quale dovea passare il fusto della pianta , e che io an- dava anche di tratto in tratto dilatando , a misura che il gambo aumentava in grossezza ,• e 1* altro ad un lato , ad oggetto d' innaffiare per via di esso il terreno entro al va- so, quando occorreva, il qual foro si chiudeva poscia esat- tamente a tenuta d'aria con un coperchio di piombo. I va- si , entro cui pongonsi delle piante a vegetare , sogliono avere, come a tutti è ben noto, anche al loro fondo infe- riore , un piccolo foro , per dure scolo all' acqua sovver- chia , che altrimenti nuocerebbe alla pianta . Io apriva dun- que il detto foro , :;llora soltanto che faceva d' uopo di ab- beverare le piante ,, lasciandolo ape'-to finché 1' acqua aveal finito di sgocciolare , e fuori di tali incontri il tenea sempre chiuso , per impedire 1' ingresso a qualunque sorta o di ani- male . o di alt'o . Ma siccome l' acqua , che scola dal det- to foro, trae seco qu?si sempre qualche porzione di terra, così io avea 1' attenzione di raccogliere la detta acqua fino all' ultima stilla , dell» quale poi mi serviva per adacquare in seguito la pianta dello ste'^'^o vase , d'onde era sortita; e ciò ad oggetto che tutta 1' intera quantità del terreno si avesse a conservare, senza che la più minima bricciola di esso se ne andasse al di fuori dispersa . Io non niego , né credo che alcuno sarà tentato a ne- garlo , che i vegetabili non sieno alti ad assorbire , e che effettivamente non assorbano l'acido carbonico, che trovasi molte volte sparso sotto forma di gas nell'atmosfera, o di cui per avvent-ura n' è imbevuta 1' acqua , che serve al loro nutrimento . Di ciò ne abbiamo delle prove troppo chiare e manifeste, qualor ci pi.'ccia osservare, che le piante, tut- te le altre cose d' altronde uguali , crescono con maggiore energia ;'lJe falde dei Vulcani, ed in vicinanza alle for- naci da calce , ed intorno alle abitazioni ed alle popolose città , ove da una immensa serie di operazioni naturali , o m.eccaniche si sviluppa a torrenti del gas acido carbonico. Q[ielIo soltt^nto che mi proposi di esaminare, ed a cui so- no dirette le mie prove si è : se non essendo 1' acido car- bonico , che trovasi o sparso per 1' atmosfera o mescolato s con V ncqua di vegetazicne , in tal dose sufficiente che ba- sti in ogni tempo in tutti i luoj^hi ed in ogni circostan- za ad alimentare i vegetabili , se il terreno stesso , in cui essi vegetano , sia desso la sorp-ente primaria atta a sommi- nistrare questo loro ncxessario principio . A tal fine una delle primarie mie attenzioni fu quella di operare in maniera , che le due piante da me coltivate non avessero per verun modo ad attraere d' altronde la mi- nima porzione di Carbonio , fuor solamente quello , che po- tea esser loro somministrato dal terreno . Per questo ogget- to collocai primieramente i due vasi in un sito lontanissimo affatto da tutti que' luoghi , d' onde è solito svilupparsi del gas acido carbonico , vale a dtre discosto da qualunque sia- si combustione, dalla respirazione degli animali, dalle fer- mentazioni , putrefazioni , effervescenze , ec. Per maggior cautela il sito trascelto era per ben novanta due piedi al di sopra del pian terreno , alla quale elevatezza il gas acido carbonico , attesa la maggiore sua specifica gravità , sicura- mente non giunge . Ma ciò non bastava ancora . Le piante in vegetazione hanno bisogno di essere di tratto in tratto abbeverate," e V acqua, d; cui ci serviamo, è molte volte pregna di gas acido carbonico , che può essere assorbito dal- le piante stesse. Per essere dunque certo, che T acqua da me adoperata nell' innaffiamento de' vasi non contenesse per verun conto gas acido carbonico , ne facea prima di volta in volta la prova con ì' acqua di calce; né di essa me ne serviva, se non quando non dava il minimo indizio d'in- torbidamento. Per quattro mesi continui seguitai ad aver cura delle due piante , cioè fino alla comp-iuta loro vege- tazione ; durante il qual tempo la pioggia in varie volte ca- duta fu di 8. pollici, e 4. linee. Questa pioggia non potea sicuramente entrare ne' vasi , perchè erano esattamente ri- coperti dalla lamina di piombo j ma potea bensì asperger- ne i rami, e le foglie; e quindi se ella avesse contenuto del gas acido carbonico potea comunicarlo alle piante stesse. Io era ben lontano dal persuadermi , che a quell' altezza ove erano i vasi , 1' acqua di pioggia conteness^e di questo gas , almeno in dose rimarcabile : ne feci varie volte la pro- va , e la trovai del tutto priva. Pure^per una sovrabbon- danza di cautele , e per essere su di ciò pienamente tran- quii- 9 qiiillo, io copriv^i di volta in volta le piante steste prima del cader della pioggia. In tal guisa rimasi con la piena e total sicurezza , che esse non si aveano appropriato altro Carbonio , se non se quello, ch'era loro somministrare dal terreno de' vasi . Un' altra avvertenza credetti necessaria dover essere praticata rapporto all' adacquamento delle due piante. Pre- meami infinitamente ^ che il terreno entro ai due vasi non venisre per qual siasi cagione né accresciuto, né diminuito; ad oggetto di poter così autorevolmente decidere, se egli soffrisse o no alcun decremento per motivo della sola vegetazione delle piante • Ora 1' acqua , di cui ci serviamiO per r innaffiamento, tiene quasi sempre in dissoluzione delle parti terree., le quali depositandosi nel terreno de' vasi avreb- bero potuto aumentarne la quantità ed il peso • Per evitare dunque tale inconveniente , io faceva passar V acqua , prima di servirmene, per un feltro di panno denso e triplicato. L' acqua così feltrata deponea ogni straniera sostanza sul feltro 5 e riduceasi al peso specifico dell' acqua distillata; come più volte me ne soao assicurato col mezzo della bi- lancia idro?tatica . Compiuti questi sperimenti , la cui malagevolezza nell' eseguirli solo può essere rimarcata da chi con una lunpa as- suefazione ne abbia acquistata la pratica; un^ altra carriera ben intralciata e difficile mi rimaneva tuttavia per piunc^ere al termine, che mi era prefisso- Io era certo, che in tutto il tempo in cui i due vasi rimasero esposti , non era in essi entrata, né da essi «ra sortita la minima porzione^di terreno; ma erami altresì necessario indagare, se in grazia della sola vegetazione il detto terreno si fosse diminuito di peso; quali delle sue parti componenti fossero quelle, che avessero sofferta diminuzione; qual dose di Carbonio aves- se acquistata ciascuna delle due piante; e se la diminuzione del peso del terreno fosse in qualche modo analoga alla quantità del Carbonio acquistato dalla pianta. Sradicai dun- que dai vasi le due piante , ma con tale attenzione e cau- tela , che tutte anche le più minute loro barbatelle ne fos- sero divelte ; con 1' avvertenza però che allo stesso tempo non vi rimanesse attaccato alle radici stesse il minimo gra- nellino di terreno . In una parola operai in guisa , che tuf- fi IO to ciò che apparteneva alla pianta fosse scrupolosamente separato da ciò y eh' era terreno . li peso della terra riposta in ciascuno de* vasi era, come dissi, di grani ii<5, 400; ora avendola ridotta a secco , e di nuovo pesata , trovai che quella, in cui avea cresciuto il gambo di Lurino, se ne restò di grani 113,490; e quindi la sua diminuzione fu di grani 2910,. Quelia poi che servì alla veo^etazione del Maiz, si ridusse a grani 113 ,005 ; e la sua diminuzione tu perciò di grani 339)- Dall' analisi precedentemente istituita avea rilevato, che il terreno di cui feci u'-o era un mescuplio di terra ve- getabile , di ar'^illa , di arena , e di carbonato di calce » Sic- ché volendo riconoscere a quale di questi quattro compo- nenti appartenesse il decremento del peso già rimarcato, mi convenne ripetere la stessa analisi sopra il terreno di ciascu- no de' due vasi . Avendo dunque rifatta questa laboriosa operazione , se^^uendo il metodo gii sopra descritto , ne ot- tenni i seguenti risultati- i. Che T argilla e 1' arena in amendue i vasi se ne rimasero identiche, senza avere sof- ferta alcuna diminuzione sensibile del loro pe^o pritiiero . 2. Che la terra vegetabile ed il carbonato di calce furono le due sostanze, che restarono diminuite. 3. Che la dimi- nuzione della terra vegeta:)ile in amendue i va i fu maggio- re in confronto della diminuzione del carbonato di calce . 4- Che nel vase, in cui vegetò il LuoinD, la terra vegetabi- le restò, diminuita di grani 254(5'., ed il carbonato calcare di grani 3<5'4., che in tutto formano la totale diminuzione di grani 2910. 5. Che nel vase, in cui vegetò il Maiz, la per- dita del peso della terra vegetabile fu di grani 2971-, e quella della terra calcare di grani 424. , che uniti insieme for- mano r intera diminuzione di grani 3395- In vista di questi risultati sorgerà forse il desiderio d' in- tendere il motivo , per cui le due terre vc'^etabile e calca- re soltanto diminuiscano di peso, e non cosi né l'argilla, né 1' arena .. Io potrei render di ciò una ben giusta e soddis- facente ragione, se non fossi sicuro, che il Leggitore a quest' ora mi ha già prevenuto colle sue riflessioni . Egli è certo , che tutto quello che può somministrare il terreno alle piante , se si eccettua una piccola porzione di terra , di potassa, di ferro, ec. non è che il solo Carbonio, o tutto II al più iJ Carbonio combinato coli' ossigeno . E^li è certo altresì, che né l'argilla, ne la sabbia non contengono da per se questo principio . Egli è certo in fine , che la terra vegetabile n' è doviziosissima ; e che la calce attrae per affi- ritfi, e si unisce all'acido carbonico: dal che ne siegue , eh' essendo il solo Carbonio quello che dal terreno se ne passa in nutrimento delle piante, la diminuzione del peso nata in grazia della vegetazione dee unicamente riscontrarsi in quelle sostanze che lo contengono , quali sono appunto la terra vegetabile e la calce. Dalle esposte premesse noi possiam dedurne varj corol- larj utilissimi per la pratica, i. Che quando un dato fondo non constasse che di pura argilla, o di pura sabbia, oppure da un compo"^to di queste due sostanze, essendo in tal gui- sa spoj^lio affatto di Cnrbonio , riuscirebbe anche del tutto sterile, ed incapace di servire alla vegetazione- 2. Che in que- sti ca'i il rrezzo più acconcio, per rendere fecondi sifiatti terreni , è quello di frammischiarvi , come suole corrune- n ente praticarsi, ?ltre terre pregne di questo princirio, e SfCi-ialn-ente dei concimi animali e verjerabili. J- Che sic- con^e alci.re specie di piante esigono di lor natura pel pro- prio nutrimento una copia più abbondante di Carbonio in pa'-3 ere di altere altre; così esse sfruttano ed impoveris- cono n- a<:c)crmerte i terreni; i quali hanno perciò bisogno di c^sere più abbcrdarteirerte, e più di frequente ccncina- ti. 4. Che quelle ri-Tte all'opposto, le quali richiedono minor quantità di Cai-bonio, provano meglio nelle terre cre- tose e calcari, il cui Cabonio è più discretamente do- sato , di quel che sia ne' terreni pingui , ne' quali siffatte piante lussureggiano con eccessivo ri?o;;lio di rami e di foglie, ma ne rimane ad un tempo deteriorato il loro pro- dotto . 5. Che esistono ancora alcune snecie di piante, le quali abbi ognano di sì piccoia dose ai Carbonio, che ve- getano eziandio ne' terreni affatto sterili, od entro ad am- polle riempiute semplicem.ente di acqua ; bastando al loro nutrimento il solo Carbonio, che a stento varno attraerco dall' atmosfera, o che assorbono dall' acqua stessa, entro cui pescano le loro radici. 6. finalmente, che in veggenco che le piante di quest' ultima classe vegetano eziancio nei terreni sterili, od entro a vasi ripieni di acqua, non possiam B 2 12 rettamente conchiudere, che dunque tutte le piante possono con egual felicità prosperare senza aver bisogno di attraere il Carbonio del terreno : a quella guisa stessa , che in veggen- do la pecora pascersi di poco fieno , male si verrebbe a con- chiudere , che dunque anche tutte le altre specie di animali possono vivere di poco fieno . Conosciuta la minorazione del pc^o sofferta da] terreno in grazia della vegetazione delle piante , dovetti in oltre in- traprendere una serie di laboriosi e dilicati sperimenti, di- fetti a rintracciare la quantità del Carbonio contenuto in ciascuna delle due piante di Lunino e di Maiz , per indi paragonarla col decremento del Carbonio riscontrato nel ter- reno de' respettivi vasi . A tale oggetto mi feci costruire un fornello rappresentato dalla figura prima della Tav. j. La cassettina cilindrica A chiusa da ogni parte , eccettuato che alla parte superiore , è di ferro e serve di cenerario . Ad un Iato di essa vi sta inserito il tubo B, pel quale deve essere introdotta V aria necessaria a mantenere la combustio- ne , mediante V agitazione del mantice C. Soora il cenerà- no se ne sta appoggiata la grata D. , destinata a sostenere il combustibile , cui si unisce tosto il fornello conico pur di ferro , le cui pareti EE si ergono alquanto divergenti fi- no ad un pollice in distanza dell' estremità superiore , ove prendono una direzione perpendicolare. A questa apertura superiore adattasi il coperchio FF , il quale chiude il fornel- lo pel di fuori a tenuta di aria; e dal mezzo del coperchio stesso parte il cannello di vetro GHI unito a mastice, e destinato a dare uscita all' aria , che ha servito alla combu- stione ed ai prodotti aeriformi della combustione stessa. Avendo per tanto diseccate le due piante , collocii quel- la di Lupino minutamente tagliuzzata entro al fornello sopra la grata D ; con un pò di fosforo e di zolfo vi diedi fuo- co , chiusi r apertura superiore del fornello col coperchio FF, indi cominciai ad agitare il mantice C per fntrouur l'aria entro al fornello, e mantenere così la combustione. Una delle principali avvertenze dee esser quella , che 1' aria introdotta dal mantice sia affatto libera da qualunque me- scolanza di gas acido carbonico , il qu'le renderebbe incerti i risultati delle nostre sperienze . Si sa, che nella combu- stione delle sostanze che contengono dell' idrogeno e dal 13 Carbonio, come sono appunto i vegetabili, una porzione dell' ossigeno dell' aria si unisce all' idrogeno del combusti- bile , e formasi dell'acqua; che 1' altra porzione del detto ossi^^eno si combina col Carbonio , e ne risulta dei gas aci- do carbonico; e che il gas azoto,- che forma i tre quarti in circa dell'aria atmosferica, se ne esce identico senza sof- frire alcun cambiamento . Neil' atto dunque ,. che sfavasi operando la combustione del Lupino entro al fornello ; pel tubo superiore GHJ se ne usciva necessariamente una me- scolanza di tre sostanze diverse, cioè, di acqua in vapore, di .o-as acido carbonico , e di gas azoto unito forse ad una piccola porzione di gas ossigeno che non potè combinarsi coir idrogeno della pianta nell' atto della combustione. Era perciò necessario, che io separassi T una dall' altra queste tre sostanze, per avere la precisa quantità del Carbonio con- tenuto nella pianta. Ad oggetto pertanto di separare 1' ac- qua , che si and;iva formando in vapore , feci ripiegare il tubo GHI, nella guisa che si vede rappresentato dalla figu- ra, sicché scendendo egli perpendicolarmente andasse ad im- mergersi entro alla tinozza KK dell' altezza di alquanti pie- di e ripiena di acqui freddi , e mettesse indi capo entro alla bottiglia L vuota , e chiusa a mastice alla sua apertu- ra : dalla quile poi partendo 1' altro tubo MNO, fermato esso pure a mastice al collo della stessa bottiglia, se ne sa- lisse per entro all' acqua stessa della tinozza . Passando in tal guisa i fluidi aeriformi pei detti tubi raffreddati dall' ac- qua circostmte, erano costretti a lasciar precipitare i vapo- ri acquei , che teneano in dissoluzione , i quali condensati in goccie raccoglievansi in fondo alla bottiglia L ; ed i gas così disimbarazzati d' ogni umidità , continuavano ad ascen- dere lungo il tubo MNO . Per separare poi il gas acido carbonico dil gas azoto ; dopo che il medesimo tubo si era convenientemente innalzato al di sopra dell' acqua della tinozza , gii feci prendere in N una posizione quasi oriz- zontale, un po' inclinata , ed il condussi entro a varie bot- tiglie PP, poste successivamente 1' una dopo l'altra , piene a due terzi di potassa in liquore , spoglie del tutto di gas acido carbonico, e di cui ne avea prima esattamente deter- min:ito il peso . Nella figura ne sono dissegnate solamente due di siffatte bottig^lie ; ma per operare esattamente se ne ri- \ »4 chiedono parecchie altre . TI g^s acido carbonico passando per entro alla potassa viene da essa interamente assorbito, ed il gas azoto continua a passarsene più oltre lungo il tu- bo Q^R, il quale, qu:indo pinccia, si può raccogliere entro all' apparato pneumato-chimico . Finita questa operazione , trovai che la potassa in li- quore , la quale era prima del pe^o di gr.^ni 14850., in gra- zia del gas acido carbonico assorbirò giunge :>1 peso di gra- ni 23*592 ; e quindi V ;iunierto ci grani S842. era interamen- te dovuto al gas acido carbonico, che le si era combinato . Ma posciachè 1' acido carbonico è un composto di Carbo- nio e di ossigeno, di cui il solo Carbonio era quello che cercava di determinare, perciò uopo era distinguere il peso- di queste due sostanze per avere quello del Carbonio pro- veniente dalla pianta . Ciò ottenni faciimicnte con un calco- lo de' più comuni . Egli è orajnai dimostrato dall' esperien- ze de' primi Chimici., che cento parti, in ragion ci pe o , di acido carbonico risultano dalla combinazione di parti 72 di ossigeno, e parti 28. di Carbonio. Per la qual co"a , se- guendo questa m.edesima analogia , i grani 8842 di gas aci- do carbonico somministrati dalla combustione della pianta di Lupino devono contenere 2475. grani di Carbonio . Poi- ché zoo: :8 ; :8842 : x = 2475. Oltre al Carbonio il terreno somministra alle pipnte an- che qualche porzione di terra, di potassa , ec, che per mez- zo delle radici unitamente all' acqua di vegetuzione va ad insinuarsi per entro al tessuto delle piante stesse, e che po- scia si riscontra nelle ceneii, dopo la loro combustione. Raccolte dunque le ceneri , che si erano formate dalla com- bustione del Lupino , giunsero queste al pc^o di grani 168. i quali uniti ai grani 2475. del C^irbonio già ottenuto dalla pianta stessa, fanno grani 2(543. La perdita totale fatta dal terreno , che nodri questa pi; nta , f u , come dissi , di grani 2910 j ma convien farsi risovvenire, che una parte di que- sta perdita, che fu di grani 2J45., appartiene alla terra ve- getabile ; e r altra parte di grani 3^4. è dovuta alla terra calcare. Deesi in oltre riflettere, che i grani 25415. perduti dalla terra vegetabile furono di puro Carbonio j cove che i grani 3<54., di .tui mancò la terra calcare non possono esse- re altrimenti , che di acido carbonico , ossia di Carboni» t5 combinato all' ossigeno . C!ie si separi dunque da questi 3o 25 I 2. 2,2 3 2. 3,0 Agosto 4 9 2. 0,2 ló 2. 1,6 5 22 2. 0,3 3 2. 1,1 16 1 1 2. 1,7 20 2. 2,0 21 20 2. 3,2 24 2. 2,0 * Settembre 3 12 2. 1,3 18 2. 1,8 • 16 8 2. 0,0 15 2. 4,2 25 12 I. 9,4 — 28 2. 2. 2,8 2,2 Ott9bre X 0 29 24 I. 11,0 24 2 Novembre '1 24 I. jo,7 2 2. 0,1 J-4 1795- Or. Barom. Or. Barom. Marzo 29 19 2. 1,4 23 2. 1,5 Aprile 14 21 2. 1,5 23 2. 2,5 23 i^ I. ",5 18 I. IT,5 Macrcrio 9 17 2. 1,0 19 2. 2,0 2<5 23 2. 2,0 3 s. 2. 1,0 # 27 15 2. 0,8 8 s. 2. 1,5 Giugno 5- ■ 7 2. 0.5 — 2. 2,4 13- 15 2. 0,0 — 2. 1,5 28- 3° iS I. 11,8 2. I, 0 Luglio tutto — I. 11,(5 — 2. 3,1 Agosto 13- ■1^ — 2. 1,0 — 2. 0,0 * 22 2 I. II, (5 IO s. I. IO, 5* 29 19 2. 33I 24 2. 3,5 31 24 2. 2,5 8 s. 2. 3,2 Settembre I 24 2. 3'2 II s. 2. 3, «5 14 24 2. 3>8 12 s. 2. 4,4 Ottobre II 23 I. 10,0 13 s. 2. 2,5 Novembre 3 14 I. 8,0 24 I. 1 1,5 4 20 2. 2>4 24 2. 4,8 2$ f I 795. Or. Barom. Or. Barom. Febbraio l 15 I. 9,0 20 I. 10,0 Marzo 28 i5 I. 3>o 20 I. 5,0 ApriU 12- 13 — I. 10,0 I. 11,6 22- •23 — • 2. 3)4 2. 4,4 Maggio I' 20 I. 7,2 23 I. 8,4 14 20 I. 11,5 23 2. 0,0 iS 3 2. 1,0 US. 2. 2,0 25- 27 24 2. 1,0 IO s. 2. 1,5 28 21 2. 0,6 24 2. 1,5 30 18 2. 0,6 24 2. 0,9 Giugno 2- 5 2. 0,4 2. 1,5 M 19 2. 2,5 2. 3,0 21 18 I. 1 1,0 24 2. 1,0 * 22- 23 2. 1,8 2. 2,4 29 24 2. 2,4 IO 2. 3,0 Luglio I M 2- 3,0 15 2. 4,0 2 19 2. 0,0 24 I. 11,4 * 3 2 I. 10,2 I. g,6 * 4 16 I. 9,6 24 I. 11,8 1 1 23 I. 11,0 IO s. 2. 0,2 12 JO 4 2. 2. 0,2 0,6 1 1 2. 2. e, 5 10 s. 22 24 I. 10,5 IO s. 2. 0,1 Agosto 4 24 2. 0,9 IO S. 2. 1,2 5 24 2. 2,0 IO s. * 2. 3,° 14- ■*5 2. 2,9 2. 3.8 24 20 2. 2,8 IO s. 2. 2,8 * 28 18 2. 2,0 24 2. 2,0 « Settemb 'e 2 20 2. 1,8 24 2. 2,2 Ottobre 5 18 2. 1,2 24 2. 1,0 « 22 18 2. 2,2 2 2. 3,^ Towo r//7. 25 MEMORIA INTORNO AD UN UOMO PERFETTA- MENTE BILINGUE; E SULLA STRUTTURA DEL- LE PARTI PIÙ* INTERNE DELLA LINGUA. Di Jacopo Penada MEDICO FISICO, E PUBBLICO INCISORE DI ANATOMIA NELLO STUDIO DI PADOVA . Trisentata da Gìovamhatfsta da S. Martino li ig. Marino iigi^ Parte Prima. Descrizione dell' uomo bilìngue ». IA lingua è uno di qiief^li organi nobilissiniì , il quale ,, per certo ammirevole ordine di natura è stato formato, al pari del cuore e del cervello , unico tra le parti tutte in- tegranti la bella fabbrica del Corpo umano . E per verità la lingua , avvegnaché sola , è assai ba- stante ad esprimere in noi i sentimenti più interni dell' ani- ma , e colle svariatissime sue forme di esprimersi in ogni foggia di linguaggio è capace di caratterizzare e distinguere il sublime ragionevol ceto degli uomini da tutta la limanen- te caterva dei bruti Animali . I difetti perciò , o di eccesso in un til o'-g:'no o di mancanza , in qualunque modo che si combinino in un dnto soggetto , sono sempre di molta imporranz:'. , e degni di es- sere conosciuti e registrati dai Medici Osservatori. . Veramente il caso. di un qu.ilche difetto di eccesso nel"- la lingua umana non sarà forse affatto nuovo , ed io stes<;o conosco persona, che sotto alla lingua sua naturale tiene una piccola appendice , o vogliam dire una piccola carnp.-i- tà della grossezza di poche linee , la quale sembrar potreb- be una piccola lingua alla vera e naturale applicata ed ag- giunta : ma 1' osservazione nostra è molto differente , giac- che esibisce da considerare un uomo fornito di due perfet- 27 rissime lingue , della figura , sostanza , e grandezza affatto naturale, siccome anderemo a vedere. Giovanni Baldin di Cadore solito fare il Sarto merce- nario in Padova, si recò il giorno I2. Luglio dell' anno i79j. alla mia casa, acciò vedessi un suo incomodo, che bilbettando diceva di avere nella lingua cagionatogli dall' allun poi irdica un piccolo escre- scenziale tumoretto , che si stava attaccato lateralmente , e vicino alla punta della seconda lingua inferiormente posta . E passando alla terza Figura, Tavola prima, nuli' altro si è voluto esprimere con questa se non che guardando dalla parte sinistra e laterale di queste due lingue, si rileva, che la loro divisione da questo lato era un poco meno estesa , né arrivava fino alla base comune di esse . Le quattro let- tere B. indicano la sopra indicata divisione . Finalmente si osservi tanto nella Figura seconda, quan- to nella terza alla lettera C , la quale contrassegna il cen- tro di unione di queste due lingue , ove congiunte formano alla lor base un solo corpo; e questo appunto risultava perciò più grosso e voluminoso del solito y quindi occu- pava di troppo la cavità della bocca," per la qual cosa ne avveniva» e l'impedimento alla più pronta deglutizione, e la impossibilità ad esprimere una gran parte delie parole. Un tale estraordinario fenomeno di natura prova abba- stanza , che vi sono nel corpo umano di quegli organi , i quali o mutilati o moltiplicati alterano non solo la vera simmetria delle parti*; ma sono efifertivamente d' inciampo al più pronto esercizio di quelle funzioni , alle qunli gli stessi organi furono dalla provida natura s?pientemcnte de- stinati . Per la qual cosa io non so persuadermi a prestar retta ad una osservazione , che si trova regi'^trara negli at- ti della R. Accademia di Parigi per T anno 1718,, T autor della quale è il Jussieu , il quale riferisce di aver ve- duta una fanciulla, che essendo affatto priva , fino dal suo nascere, di lingua, s' acqttittoh de toittes les fìtictions qui ss font avec cet organc . Avvegnaché accordar si volesse , che \' organo delift voce essendo riposto singolarmente nella Laringe e ne' suoi 29 ventricoli , si potesse ottener dei suoni anco senza 1' ajut» della liiiCTun , come mai però fia possibile , che da questa fanciulla esprimer si potesse un gran numero di sillabe, sin- golarmente delie così dette linguali, senza l'intervento del- la lingua ? E la deglutizione poi , che certamente e uno de- gli utlìzj che effettuar forse non si potrebbe senza V ajuto della lingua, come mai eseguirla? Ecco le imperfezioni al- le (juaii cadono soggette molte delle più belle osservazioni. Tutte queste ragionevoli opposizioni, che far si possono al c:iso riferito , nascono da ciò ciie non si trova espresso a dovere e precisamente , se in questa fanciulla la lingua in tutta la sua totalità ed appartenenze intieramente m:mcas- se ; e se le voci c'ie ella mandava fossero soltanto inforrr.j, ovvero perfette ed estese a tutta la moitiplicitì di quelle voci , le quali non possono essere espresse senza V inter- vento della lingua : per la qual cosa mancando nella indica- ta memoria la precisa specificazione di tali circostanze , re- sterà sempre il dubbio , che la mancanza della lingua nell* indicato caso , altro non losse che una brevità e piccolez- za straordinaria della stessa , e che però le funzioni della vociferazione e deila deglutizione si potessero in qualche modo , avvegnaché imperfettamente , eseguire - Ma ciò basti intorno alla storica narrazione dell* uomo bilingue , e passiamo alla seconda parte e la più interessan- te della presente nostra memoria , nella quale mi son prc.'ìs- so di dare al pubblico un mio particolare Saggio Anatomi- co sulla struttura più interna delle fibre della lingua . Parti Seconda. Sulla (fistribrtzione e struttura dì qmlh f.hrt , che compoìf gono la parte pU ìntima della lìngua . QUasi tutti gli Anatomici , allora quando ci presentano ne' loro scritti la descrizione Anatomica delle fibre con>i»cnenti 1' intima sostanza della lingua, o niente ne dicono, o aJ più ci avvertono che la lingua tagliata ver- ticalmente, o per lo lungo esibisce all' occnio una serie di fib^e in diversissjmrv^ svariatissimo modo intralciate , ed aventi la rappresentania di longitudinali, di oblique, di oriz- 3° zontali ; senza però formarsene un oggetto di saria attenzio- ne , onde rilevarne possibilmente il vero meccanismo usato dalla natura nella fabbrica di un organo di tanta essenziali- tà ed importanza . Il diligentissimo , e direi quasi minutissimo Anatomico Sig. Whisolw chiama muscoli intrinseci quelle fibre delle quali, dice quest' Autore, è composta la massa della lin- gua : Spgfl'o le ha chiamate col nome di muscoli propria- mente linguali ; dice però , che vi sono in genere tre sorte di fibre , cioè le fibre longitudinali , transversali , e vertica- li, ed in ciascheduna di queste tre sorte, le fibre sono in parte direttamente , in prate obliquamente tali , e ciò per differenti e svariatissimi gradi . Il Vesalio sembra che esso pure si abbia occupato di un tale argomento, per quanto Io comportavano le cogni- zioni Anatomiche del suo tempo. Lo Stenone però, \\ Mal- pglii ■) l' Hallcro ciò fecero con maggior esattezza; pur tut- ta via è forza gioco di confessare che mentre nella più mi- nuta anatomica perquisizione delle fibre di tante altre pa-'ti componenti le più nobili viscere del corpo umano si sono tanto studiosamente occupati moltissimi eruditi ed ingegnosi Anatomici de' nostri tempi , intorno poi a quelle della lin- gua se ne è parlato pochissimo fino ad ora , contenti di averle poco più che indicate ; ed a ciò fare sembra che sie- no stati indotti dalla difKcoltà deli' impresa, siccome anco parecchj ce lo confessarono palesemente : ed è perciò ap- punto che r anatomica descrizione di queste fibre non si riscontra né presso gli Scritti dello stesso nostro immor- tale Morgagni, né nelle Anatomiciie instituzioni di valentis- simi moderni Anatomici, né io stesso le ho mai vedute pre- parare nelle dimostrazioni Anatomiche dello Studio di Pa- dova nel corso di quasi trent' anni da che io le ho sempre frequentate . Per progredire però nel nostro assunto col maggior or- dine possibile , non deve essere ignoto che vi sono stati molti tra gli Anatomici, i quali negarono che nella lingua propriamente detta, cioè nell* intima sua parte, vi sicno fi- bre , che muscolari chiamare si possano ; quindi considera- ta la molle, spungiosa , e lassa struttura della stessa, sem- bra che non a torto si sieno indotti a ciò credere ; e per- 3» ciò cai ce la descrive Andrea Latirextt al Cip. XVIII. d» liug/ia png. 978. ,, Caro lingusE moUis est, rara, laxa spon- „ ìjiae instar , di^noscendis saporibus maxime idonea : per ,, eain fìbrs excurrunt nulla? , quo fit ut musculosa dici ne- ,, queit , sed peculiaris structurx , qualcjm in reliquo cor- ,, po'C nullam reperias . „ Io però son d' avviso di non decidere per ora mas^i- stralmente se .vere fìh-e muscolari , o di altra specie sieno quelle che si o'-'^ervano nelT intima parte della lingua , e che ne formano il di lei particolare tessuto; ciò forse me- jflio si andrà rilevando dal contesto delle cose che andere- mo mano mano sviluppando nella presente memoria. La lingua ha certo dei movimenti sorprendenti , molti dei quali sono in senso affatto opposto fra di loro : per esempio la lingua s' inalza verso il palato superiore, sì vol- ge ad ambi i lati, si ripiega in basso, s'incurva, s' inar- ca, si raccorcia, si protrae, e si porta in fuori moltissimo dalla stessa bocca , e finalmente a guisa di cartoccio in se stessa e superiormente ed inferiormente si avvolge e si ri- piega . Ed avvegnaché per la esecuzione di tanti e cosT sva- riati movimenti sia ajutata dalla serie dei varj e molteplici mu"coli , che in essa e nelle sue esterne parti ed adiacen- 7e si vanno a piantare , e singolarmente dai muscoli detti propriamente 'Linguali^ dai Gemoglosst , StUoglossi ^ Curato' glossi, ed altri noti abbastanza agli Anatomici; pure alcuni dei movimenti, che abbiamo poco sopra indicati della lin-' gua , non possono assolutamente essere eseguiti da questi muscoli né separatamente rè complessivamente considerati , quindi alcuni sono eseguiti da quelle fibre di natura o m.u- sciilare o affine affatto alla muscuiare, di cui è fornita l'in- tima parte , o vogliam dire 1' intimo contesto della stessa lingua . Per {scoprire però ed indagare con esattezza la vera distribuzione delle intralciatisbime fibre , delle quali ora trat- tiamo , mi sono avvisato di esaminarle in varia maniera ; e prima di tutto , ho posto per lo spazio di molti me':i in infusione nello spirito rcttificatissimo di vino molte lingue umane, ed altre ancora bovine e pecorine, onde poi in- Jtituirne U dovuta anatomica perquisizione. 3* Sollevata pertanto possibilmente la cute ed il corpo pa- pillare soggetto alla cute da queste lingue («) , e così pure più esattamente da molte altre alle quali avevo fatta soste- nere la necessaria bollitura nell' acqua semplice, mi venne fatto prima di tutto di osservare, come una terza membra- na liscia, piuttosto mucosa anzi che no, di finissima cellu- lare tessitura dotata , copriva e circondava per ogni parte le stesse lingue , in modo che rimaneva celrjto ali' occhio osservatore ogni andamento delie sottoposte fibre, che si volevano esaminare. Qiiesto sottil velamento oserei chiamarlo involucro pro- prio della lingua (b) (e). Rassomiglia questa sottil membrana a quella , la quale nel cuore serve a ricoprire le sue fibre, o pur anco a quel- la membrana dal celebre Hallero contrassegnata col nome di assitizia , o vogliam dire aggiunta alle già note mem- brane , che rivestono V avvolto tubo delle Arterie • Qiiesta adunque separata; ho potuto osservare, singo- larmente nelle lingue bovine e pecorine, un lungo strato di fibre palesemente longitudinali, le quali occupano la super- ficie della lingua, e che singolarmente sono chiare e pale- si alla parte acuminata , o sia all' apice , disposte in ordine parallelo, alquanto però lateralmente divergenti. Qiieste fibre non si profondano nella sostanza della lin- gua al di là di due linee di Parigi . Un altro poi più ele- gante fascetto di fibre ho scoperto, il quale è riposto alla parte inferiore della lingua da ambi i lati , e che scorrendo un (i) Veramente 1' acquavite non ha r attività di ridurre le lingue suscettibili ad essere denudate a dovere da tutti i suoi involucri , come si ottiene con la bollitura. (b) Il yesalio accenna una mem- brana , la quale essendo comune a tutti i muscoli esterni della lin- gua,/r«^rr«, dice questo Autore , separare contenderes ; ma e ben chia- ro che questa membrana accenna- ta dal Vesalit , è quella clic occ»- pa bensì la parte esterna , non già la interna della lingua, e che io dico trovarsi a contatto delle fi- bre proprie della lingua, detratti li comuni integumenti . {e) 11 Roverhost indica una mem- brana particolare analoga alla no- stra, che egli chiama nervosa, ma che tale non e , siccome si può agevolmente riscontrare. Roverhost, de Fabric» , et usu Lingua §. XXXX. 33 un poco obbliquimente , va poi a confondersi con !e fibre dei muscoli cosi detti Linguali. Un terzo ordine di ^hnt qinisi superficiali ho osserv:<- to , che sta lateralmente riposto alla base della linp-ua , l:i dove singolarmente nelle lingue degli animali si forma quel grosso corpo protuberante , formato quasi a somiglianza di ponte . Q^iesto strato di fibre unendosi con le fibre rette laterali esterne poco sopra indicate, forma un perfetto X, quasi a quella stessa guisa che sono formate le fibre cruci- formi dei già noti muscoli intercostali; queste fibre traggo- no la loro prima o'igine dai muscoli accessorj della lingua, e singolarmente dai Stiloglossi ^ e dai Cerato - glossi . Nille lingue però umane , avvegnaché si riscontrino , esaminando con diligenza , constantemente gli stessi andamen- ti di fibre fino ad ora de critte , e che noi a ben giusta ra- gione chiameremo fibre esterne e proprie della lingua , in grazia però della loro minutezza difficilmente si porno preparare così chiare e distinte, come in quelle degli ani- mali . Né senza ragione ho detto , che queste fibre sono esterne , e che non si profondano nella lingua ciie per due linee di Parigi circa, giacché ho scoperto chiaramente, ed in seguito lo vedremo meglio espresso nelle disegnate Figu- re , che queste fibre non oltrepassano un certo lembo , o tuargme constantissimo di tessitura fitta e quasi membrano- sa, il quale si riscontra a due linee di profondità della lin- gua , tagliandola verticalmente in ogni suo punto , e che io chiamerei volentieri lembo di divisione tra le fibre ester- ne ed interne della lingua umana, bovina, pecorina, e for- se di tutte le lingue degli animali quadrupedi. Qiìcsto lem- bo di divisione, per quanto io sappia, non si trova descrit- to presso verun altro Anatomico Scrittore . Descritte per tal modo le fibre, le quali ho potuto os- servare collocate alla superficie direi quasi della lingua, all' apice ai lati ed alla base della stessa , in seguito mi sono posto a tagliare verticalmente alcune lingue prima bovine indi umane, ed ho osservato in primo luogo, che le fibre interne sono disposte quasi parallele le une colle altre , e che una serie di fibre insinuandosi a guisa di denti di sega le une dentro gì' intervalli dell' altre , formiano colla loro Tomo Vili. ' E 34 indigitazione quasi una specie di sutura analoga alle sutu- re che uniscono le ossa del cranio reciprocamente ; e te- se più chiaranente risvegliano 1' idea del così detto fectea ehurmitm , esìstente nei corpi cavernosi del pene . Qiieste fibre sono palesi , tanto se si tagli verticalmen- te o per lo lungo la lingai dilla parte sua superiore, quan- to dalla inferiore ; dal qual complesso di fibre per tal mo- do disposte mi pa-ve di travedere che si formi nella intima sostanza d;!hi lingai ma specie di lamina spirale , a cui si debba ascrivere singolarmente la facoit'i che serba la lingua di prolungarsi e di raccorciarsi a vicenda, abbreviando ed allungando se stessa quasi a quella guisa, come fa la serpe e gli altri rettili di varia specie . Tutte queste fibre poi sono divise da un se^to partico- lare ben degno di tutta la considerazione, del quale mi ri- serbo di parlare tra poco , e col disegno alla mano : ma fi- bre però veramente circolari , non ne ho potuto travedere alcuna; né di ciò mi sono già maravigliata, poiché è ora noto abbastanza, che fibre perfettamente circolari forse non se ne riscontrano in tutta la tessitura delle parti solide del corpo umano . Oltre delle fin qui descritte fibre interne della lingua , tagliando e suddividendo delle lingue umane in varj modi, mi venne fatto di riscontrare degli ordini di fibre, avvegna- ché molto intralciate, ma però abbastanza distinguibili e costanti, le quali sono distribuite a guisa di ma;iie o di rete. Q^ieste in vario senso tra di loro implicandosi, la- sciano dei piccoli TKini , e formano dei piccoli nodi rassomi- glianti appunto alljitessitura propria delle reti • Finalmente esSninando bene la più interna sostanza del- la lingua ho veduto manifestamente dei fascetti di fibre, i quali si estendevano e serpeggiavano alquanto sopra le fi- bre delle altre specie gii da noi indicate , ed altri si frap- ponevano nei vani delle fibre singolarmente retiformi da noi poco sopra descritte ; questi fascetti avevano la figura di penicilli, altri ramosi, altri barbati, ed altri di configura- zione vaga ed affatto irregolare . A tutte queste osser- vazioni posso aggiungere, che se si tagli la lingua dall' aito al basso transversalmente , non mancano di presen- tarsi fibre , le quali scorrono dall' alto al basso un pò- Sì co obliquamente , siccliè dalle partì esterne e superiori si portano alle inferiori e più interne, (a) Né da questa descrizione , frutto di replicate e dili- genti osservazioni, creda alcuno, che io pretenda essersi sviluppat:i a tutta perfezione la tessitura fibrosa della lingua. Non mi è ignoto quanto scrissero su questa il Malpigh! ^ lo S tenone ^ il Bidloa ^ e so altresì che delle loro descrizio- ni non si dimostrarono contenti 1' Mailer , il Keverìiost ^ il Sabatier ; tutta via avendomi sembrato di avere più chiara- mente sviluppata una tale materia , mi sono persuaso di renderla anco di pubblico diritto con la qualunque mia pre- sente Memoria . Tutta però la serie di tante svariatissime fibre compo- nenti soDra tutto la sostanza fibrosa interna della lingua è legata da un tessuto cellulare finissimo spugnoso, già av- vertito dagli Anatomiti che hanno osservato un tal orga- no . E gli interstizj poi, o sieno le cellette ed i v:'cui , che per avventura lasciano questi varj ordini di fibre , e che sono frapposti pilo spu^moso cellulare tessuto che insieme le lega , sono riempiuti di quel particolare succo , proprio della lingua , separato in quest' organo dal sangue arterio- so , che ivi si reca per mezzo dei proprj suoi vasi di già noti abbastanza. Q_'e'to succo però, essendo proprio e peculiare della lingua, in modo da distinguersi anco col solo suo sapore da tutti gli altri succhi del corpo animale,, così ho divisa- to di formarne di essa una particolare analisi la qual for- merà r oggetto di un" altra mia Memoria Chimico -Fisica particolare , da rendersi di pubblico diritto in altra più op- portuna occasione . Premessa fino ad ora la Storica descrizione delle cose da noi osservate, si farà passaggio alla necessaria esposizio- ne delle Tavole, le quali abbiamo a tale oggetto fatte dise- gnare, ed incidere . E 2 U) V andamento di queste fibre ed abilissimo Fisico Floriano Cal- veriicali le abbiamo verificate esat- d«»/ Assistente alla Cattedra di Ana- tamente assieme col diligemissimo , tomia nel nostro Studio di Padova . 3<5 La Figura prima pertanto della Tavola II. esibisce una lingua umana in situazione naturale , e rivolta dalla parte sua superiore . Da essa abbiamo prima detratta la cute , la ciiticob , ed il corpo papillare ,' in seguito ci siamo studiati ci denu- darla a dovere da quella tenue sottile membrana, che intirra- mente la circonda , e che siccomie abbiamo detto a suo luo- go , non è stata abbastanza descritta, e che co; re tutto Tan- dam.ento delle fibre da me dette esterne della lingua . Le lettere aaaa contrassegnano, tanto nella Figura prima quanto nella Figura seconda , questa membrana , la quale è ancor più palese , qualora si ricerchi nelle lingue recentemente bollite e denudate dai suoi comuni integu- menti . Si esamini in secondo luogo , in questa primia Figura , queir andamento di fibre quasi perfettamiente lon:n'tudinali , le quali nascendo dalla base della lingua lateralmente , van- no a terminare, in un senso retto e quasi parallelo, all' api- ce della stessa . Q^ieste fibre nella Fi'jura prima sono contrassegnate con le quattro lettere B. B. B. B. Ora si guardi la Figura II. Tavola II. nella quale ab- biamo fatto disegnare la lingua rivolta dalla sua parte infe- riorc . In questa Figura si vede espresso 1' andan cnto delle fibre lon;;itudinali , le quali da questa parte occupano sol- tanto le parti laterali della lingua, e vanno a por fine neil^ apice della stessa . Q^ieste fibre sono espresse con ie quat- tro lettere B. B. B. B. La terza Figura espone una lingua umana di'^egrata in profilo, e così parimenti in profilo si trova cli'^egnata la Fi- gura IV., la quale esibisce una lingua peco'ina denudata, co- me le umane, da tutti i suoi esterni involucri ; nell;- quale con maggior precisione ancora si vedono e-pressi gli anda- menti di quelle fibre particolari , che cruciib'-mi io mi son avvisato di chiamare, dalla loro direzione che tengono ana- loga alla lettera X. Qrieste fibre nella Figura III. sono dinotate con le quattro lettere A. A. A. A. , e nella Figura poi IV. si vede ancor più palesemente T andamento delle fibre cruciformi la- teralmente alla base delle lingue pecorine ; e queste poi so* 37 no espresse con !e lettere B. B. B. B. Nella stessa Figura IV. ài veggono parimenti molto marcate le fibre longitudinali , che scorrono dalla metì circa della lingua all'apice, quasi perfettamente rette ; e queste fibre sono espresse con le let- tere A. A. A. A. Descritte le fibre dcll;i lingua da noi dette esterne, si p:issi a vedere nelle. Figure V. VI. e VII. quel lembo par- ticolare il quale siccome abbiam^o indicato a suo luogo, ser- ve di tramezza e di linea di divisione tra le fibre esterne, e le interne deili lingua ; il qual lembo non trovo indicato presso agli Anatomici, che si occuparono della descrizione delle fibre della lingua. Q?Testo lembo o margine è chi;i- ramente espresso nelle sopra mentovate Figure V. VI. e VII. , c:l è marcato con le lettere a a a a . Dopo di che passando alla descrizione delle fibre inter- ne della iinrui ; queste sono prima di'^egnate nelle Figure V. VI. , e VII. nel modo che anderò indicando . La Figura V. esprime lo spaccato di una lingua di agnello divi. a orizontalmente in due: colla qual divisione si vede queli' elefante ordine di fib'-e intcne , che noi ab- biamo detto essere formate a guisa di denti di sega : que- ste fibre sono notate con le lettere C.C. CC-, tanto supe- rio-mente, quanto infe-io'mente . La Figura VI. poi, e la VII. esibisce la stessa serie di fibre nella lingua umana . La Figura VI. rapnresenta la lingua umana dalla parte superiore, e la VII. Figura dalla parte inferiore , tagliate longitudinalmente fino al lo'-o centro. Q^iì le fibre sono in- dicate colle quattro lettere B. B. B. B. tanto nell' una , quan- to neir altra Figura . E qui poi è da avvertir i a quel s'^to che divide que- ste fibre quasi nel lo'o centro , e che io chiamerei volen- tieri nocciolo , ovvero linea alba della lingua , che serve di divisione alla serie delle fibre dentate della stessa lingua , e che si potrebbe in qualche modo rassomigliare quasi alla lima alha , che divide i muscoli del basso ventre , e serve ad e. si loro di tramezza e di punto di reciproco appoggio. Si esamini la Figura V. , giacche la cosa è constante anco ne^li animali , nella quale questo sejito è marcato con le lettere ecce; nelle lingue umane poi, nelle Figure VI. e VII., è marcato con le lettere oooo. b For?e fi potrebbe dire , che il Vesalìo avesse in qual- che modo adombrati questa linea (a) , ad essa donando il nome di lega>K!fJto ^ il quale separasse in quikhe guisa il corpo della lingua in due muscoli » o co-pi muscolosi . Meglio forse la indicò, e disegnò il Cowfer (b) ; senza pe- rò , che su questa linea abbia egli fatte particolari annota- zioni . Se però accuratamente si esamini V andamento , la fi- gura , la sostanza, ed il sito di questa linea, o per dir me- glio , di questo nocciolo della lingua., desso è ben tutt* al- tro , che legamento . Poiché non occupa esso , come pensò e disegnò il Vesalio tutta la grossezza della lingua. Na;ce dalla base più profonda della lingua nel proprio suo centro, niente appartenendo ai var) legamenti esterni di essa lingua , e scorrendo lunc^hesso il centro della stessa si osserva più largo alla sua base, dove trae origine j quindi a poco a po- co estenuandosi va a terminare più ristretto all' apice della lino-uà , li dove appunto si riscontra quel margine , o lem- bo di divisione da noi descritto,, che contermina e separa la serie delle fibre esterne dalle interne della stessa lingua. Si osservi nella Figura VI. la precisa origine, ed il fine di questo se^to della lingua, contrassegnato con le due lette- «•^//- .... Se poi della sua natura io venissi ricercato, ardirei di dire , che le fibre cellulari., le quali legano le fibre musco- lose fra di loro nel ccrpo della lingua, vadano a costiparsi in tanti fascicoli celluiosi sempre più fitti , dal concorso dei quali pare che ne risulti la suddetta linea, o a meglio dire, vero sej^to della lingua . E per verit.\ , se nel ricercare questa linea in una lin- f^ua umana , si procuri di separare le hbre da noi dette dm- tute o trasversali i per quanto si può senza rottura, sono manifesti i fascicoli celluiosi, i quali sembrano ricordare quei piccoli setti , che si mescolano alla sostanza vascolosa del testicolo , e dalT unione dei quali si forma poi il cor^o , io) Vesal. de Corporis human. {b) Tav. XIII. Fig. 9. Fubric. Uh. z. Gap. j8. Fig. 3. I 19 cosi detto deir H'gmoro ; dal complesso delle quali cose tut- te ri"ultri qunie sia la differenza che passa tra il legamento del Vesalio , ed il vero septo della lingua presentemente da noi indicato e descritto. Ma passando .ilIa Figura VITI., in questa si trova di- segnato queir ordine di fibre, le quali abbiamo detto che in certa guisa sono ramiO^e o barbate , fatte a guisa di pe- nicilli , di figura varia ed affatto irregolare • Qiieste si ris- contrano più palesi ai lati interni della sostanza della lingua, e gettano, siccome abbiamo detto, qualche barba o ram.o- scello suir altre fibre dentate interne, a suo luogo da noi descritte- Q_!aeste fibre sono dinotate con le lettere 4EGLI ANNI 1790. , 91., 92. DA GIUSEPPE SLOP DE CADENBERG. Ricevuta li io. Ottohre 1797. Opposizione osservata nel i~l9i- L Pianeta Urano fu osservato al Qtiadrante Murale nei giorni 23., 24., 2(5., 31. Gennaro, e 4. Febbrajo , in- sieme con le Stelle ^, «t, e fecii me 7iw. /. FiqJ. A B D Fiq II C A A Uoctcid Jta/Jom. y//L. '3. 4.0. Fidili B B B AtMSujOn^ùco inr '^^avùrz^ C^iz/. CTo/K.. ySZ /o. ^o. lau.Jx. Flyl ^^w , « ^■'t niitoAitn-r Ascensione retta . . . .\ Declinazione Boreale.. - Longitudine Latitudine Boreale . • • 4J— T luoghi apparenti d' Urano . io°. 15'. 1(5", I. 4'. 10°. 15'. 2 i",o, 19. 1.12 ,4. o. 19. I. 7,1. 4- 7- 39- 32 ,2- o- o- 39- 59,4- 1.12 7. 39. 28 ,5. o- 40- 3,3. Preso un medio fra le due Osservazioni , si avranno per ristesso tempo i luoghi apparenti d'Urano come segue; {Lon.^ifadine Lititudine Boreale Aberrazione in Longitudine .... Nutizione in Longitudine Longitudine vera d' Urano .... 4. 7. o. o. -o. o. -o. o. 4. 7. 30,4. i53- 1555- 12,0. Calcolando sulle Tavole Longitudine Geocentrica Latitudine Geocentr. Bor. Errore delle Tav. in Long. Errore in Latitud Il dì 24. Gennajo . Differenze osservate . . In Accensione retta . . . In Declinazione Corretta dalla Rifr. Del Ch.Lambre. 4.7. 39. 15,0. o. 0.39.47,1. -4-0. O. O. 12,1. — o. o. o. 14,2. T. m. Ore 12. Fra Urano ed ce del Cancro. — o. 1.32.47,5, -l-o. 6. 22. 15,5. -f-o. 6. 22. 23,0. 39' 40. o. o. 19' Del Ch. Oriani . 4. 7. 41.23,1, 39- 55,8. 2,9. o. +0. — o. o. o. o. 2. 20,2. o. 5,5. Fra Urano e <^ del Cancro . — o. 4. 6. 48,2. — o. 3. 50. 57,4. — o. 3. 51. 2,1. I luoghi apparenti d'Urano. * • • Ascensione retta Declinazione Boreale Longitudine . . . . Latitudine Boreale 4.10.12.33,4. 4.10. 12.41,0. o. 19. I. 48,1. o. ig. 1.48,5. 4. 7.35. 50,8. 4. 7. 35. j7,5. o. o. 39. 58,3. o. o. 40. o,(5. Preso un medio fra ambe le Osservazioni , si avranno per l'istesso tempo i luoghi apparenti d'Urano, come segue. {Longitudine Latitudine Boreale Aberrazione nella Longitudine ..... Nutazione nella Longitudine Longitudine vera d' Urano Tom» Vili. F 4. 7- 3^-54,2. 0. 0. 19- 5955' 0. 0. 0. 15,5, 0. 0. 0. I j,o. 4- 7- 16. 25,5. 42 Calcolando sulle Tav. Del Ch. Lambre. Del Cb. Oriani. Longit. geocentr. Latitud. Bor. . . . Errore in Longit. Errore in Latitud. 4'. 7*. 36'. 3 7' )J- o. o. 39. 47, 7. 4-0. o. o. 10 11,8. 4'. 7°.38'. 45",7. o. o. 39. 56,3. -4- o. o. — o. o. 2. o. 19 3> I. Il dì 16. Gennajo Differenze osservate . In Asc.rettn In Declin. . . . Corrett dallaRifraz. m. Ore 12. 14' 48". Fra Urano e % del Cancro . 55.49,2. 8. 26,2. +0. +0. I. o. -f-o. o. 8. 2(5,4. Fra Urano ed a Fra Urano e 1 ^ del Cancro . del Cancro . — o. 1. 38. 4,0. — o. 4. 12. 5,3. +0.5.23.33,5.-0. 3.49-39j7- -t-o. 6. 23. 41,0. — o. 3.49. 44,4. I luoghi apparenti d' Urano Asc retta . Deci. Bor. Longit Latit. B 4. IO. o. 19. 4- o. 4. IO. 7. 23,2. o. 19. 3. 5,3, 4- 7-3I-4753' o. e. 39. 58,5. 7.21,4. 4. 10. 7.17,1 3. 14,4. o. 19. 3. 6,0 7.31.43,6. 4. 7.31.41,7 or. I o. 0.40. 5,4.' o. 0.39.56,8 Preso un medio fra le tre Osservazioni, si avranno per ristesso tempo i kioglii apparenti d'Urano, come segue. {Longitudine Latitudine Boreale Aberrazione in Longitudine Nutazione in Longitudine Longitudine vera d' Urano Calcolando sulle Tavole. Longitudine Geocentrica Latitudine Boreale .... 4- o. 7.31.44,2. 0.40, 0,2. Del Ch. Lambre. 4. 7. 31. 22,2. o. o. ^p. 48,5. Errore delle Tav. in Long. -|-o. o. o. 5,5 Errore nella Latitudine . .| — o. o. o. 11,7 Il dì 31. Gennajo. T. m. Ore ir. 54'. i5". Differenze osservate . . — o. o. o. 15,6. — o. o. o. I 1,9. 4- 7- 3'- 1^57- Del Ch. Orfani. 4- 7-33-29>2- =^' o-39-57>3- •4-0. o. 2. 12,5. — o. o, o. 2,9. In Ascensione retta . . . In Declinazione 1... Corretta dalla Rifraz. Fra Urano e ^ del Cancro . -4-0. I. 42. 15,2. -ì-o. o. II. 44,5. 4-0. o. II. 44,8. Fra Urano e 1 ?■ del Cancro. — o. 4. 25. 39,2. — o. 3. 45. 21,6. — o. 3. 46. 26,2. 43 I luoghi apparenti d* Urano . Ascensione retta . . . Dcclin izione Boreale. Latitudine Lon'?itudine 4'. o. 4- o. 9 -53-47 >3- 19. 6. 32 ,8. 29,0. 4 • 9 o. 19. 4. 7. o. o. ■53' 18. 39- 5o",9. 24 >5. 34 >4- 53 A 7.18 o. 40. o ,7 P.eso un medio fra le due Osservazioni , si avranno ; luoghi apparenti d'Urano, come segue. {Longitudine 4» 7* ^8" 3^ 57- Latitudine Boreale Aberrazione in Lonjjitudine o Nutazione in Longitudine . Longitudine vera d'Urano 4- o. -o. -o. 4- 7- o. o. o. 7- I 19 o o 18 57,2. 15 >5- 4,3- Calcolando sulle Tav Lon n't. Geocentrica Latitudine Boreale . Err.deileTav. in Long. Err. in Latitud. . . . 1 Il di 4 Differenze os- servate . In Asc. retta In Declinaz. . . . Corretta dallaRit'raz. DelCb. 4. 7. Lambre . 18. 14,0. 39- 5052» o. 9,7. o. 7,0. Febbrajo. T. m. Ore 11. 37'. 51 Fi d o. -o. -o. o. o. o. Del Ch. Oriani . 4. 7. 20. 21 o. -o. -o. o. o. o. 39- 2. o. 54- 58 ,7. 17 ,1. ^ ,5. ra Urano e ? I Fra Urano ed oc. Fra Urnno e i el Cancro. del Cancro. del "Cimerò +0. 1.31.47,^. H-o.o. 14. 28,1. -4-0.0. 14. 28,7, —0.4. -\-o.6. 2. 3,2, 29- Sh^ H-0.5. 29.42,5. — o. 4- 3<^- 759- — o. 3-43-375^- — o- 3.43.41,9. Ascens. retta. Djclinaz. Bor. Longitudine . Latitud. Bor. I luoghi apparenti d' Urano- 4. 9. o. 19. 43- ^9,3- 9. 15,7. 7. 8. 13,4. o. 40. 8,1. Preso un medio fra le luoghi apparenti d' Urano , come sepue {Longitudine , Latitudine Bo'-enle , Aberrazione in Longitudine .... Nutazione in Longitudine Longitudine vera d' Urano F 2 4. 9.43. 18, 2., 4. 9.43. 22,7. o. ig. 9. <5,8. o. 19. 9. 8,8. 4. 7. 8. 15,0. 4. 7. 8. 18,5. o. 0.39.58,2.1 o. 0.40. 1,2. tre osservazioni, si avranno i 4- o. -o. -o. •4 7. 8.15,7. o. 40. 2,5. O. O. I 5,4. O. O. I 1,9. 7. 7.48,4. 44 Calcolando sulle Tav. j Del Ch. Lambre. Longitiid. Geocentr. I 4'. T*- 4''5i >9- Latitudine Boreale ; o. o. 39. 54. ,7, Err. delle Tav. in Long. Errore in Latitudine. -|-o. o. o. — o. o. o. 3, 5- 7,8 Del Ch. Orianì. 4'- 7°- 9- 57",5.- o. o. jp. 59, r. 4-0. o. 2. -o. o. o. l, 4- L' errore medio delle Tavole del Ch. de Lambre si ha nella Longit. -+- 8",^., e nella Latit. — 11", 5.; i quali per- chè si trovino nel)* osservazione del dì 26 Gtnnajo , pren- deremo per la Longit. osservata in quel giorno 4'- 7.° 3 i'.4i",4.i e per la Latit. 40'. o",,o. Le Tavole ci danno per quel tempo la Longitudine del Sx3le 10'. 7°. 19. 12", I.; orde col moto relativo d' Urano dal Sola restava a descriversi prima dell' opposizione un' ar- co di 12'. 19", 3 -j il quale secondo i moti del Sole 25'. 22",^., e d'Urano i'-5"j7-5 calcolati dalle Tavole di M:iyer e del de Lambre per V istesso giorno, fra le Ore 12. 14'. 48'. e l'Ore 22. 14'. 48". , si descrive nel tempo di Ore 4. 43'. 3". Perciò r opposizione apparente seguì il dì 28. Gennajo • T. m. O'e x6. 57'. 51". Dalle Tavole di Mayer si ha per quel tempo la Longit. del Sole io'. 7°. 31'. io", 3.; dalla quale si deduce la Longit. Geocentr. apparente d' Urano 4'. 7°. 31'. io", 3.; e fatto uso delle Equazioni (i) — 2(5", 0.; (2) -f- i", 2.^ la Longit. ve- ra Eliocentrica riesce 4'. 7*^. 30'. 45", 4 . La Latit. Geocentr. d' Urano, per il tempo della op- fiosizione , si deduce dalle osservazioni 40'. o", 4. j alla qua- le corrisponde la Latit. Eliocentr. 37'. 52", 2. Le Tavole del Ch. de Lambre danno per quel tempo la Longit. Elioc. d' Urano 4'. 7°. 30'. 53", 1. ; e la Latit. Bor. Elioc. 37. 41", o.: Onde l'errore di quelle Tavole era nella Longit. + 7", 7-, e nella Latit. Elioc. — 11", 2. Secondo le Tavole del Ch. Oriani , la Longit. Elioc. d' Urano era per il tempo dell'opposizione 4'. 7°. 32'. 5 2", 3. ; e la Latit. 37'. 49", o.: Onde si ha l'errore dell' istesse Ta- vole nella Longit. Elioc -h 2'. 5", 9.; e nella Latit. — 3"» 2, (i) Observatiores Siderum habi- {1) Novi Plametse observationes, VX Pisi! sb An. 1774. ad 1778. & theoria, pag. 16. Si 17. pag. i?.i. 45 Se la suddetta Lon<^it. Elioc si corregga secondo la formo- la dello stesso O iani dalle perturbazioni di Giove e Satur- no , 1' errore delle di lui Tavole si ridurr:! 3. -+- i'. 3i",8. Opposizione Osservata nel 1791. Le Osservazioni d' Urano e delle Stelle ^ del Cancro ed y del Leone sono state fatte al (Quadrante murale nei giorni 30. y e 31. Gennajo , i., 2., e 5. Febbrajo . I luoghi apparenti delle Fisse ricavati dai Cataloghi sono descritti per il primo Febbrajo . Noi abbiamo fatto uso di quelli dedot- ti dal Catalogo di Mayer . Nomi delle Snelle. ^.dclCincro Asj. retta . Declin. Ber. y del Leone . Asc. retta . EXeclin. Ber. Dal Catalogo di Mayer. ,8°. i2'.i8",5, Dal CataloFO di Bradley . 28. 59. 10,7. 17. 46. 15,0. 8°. I2'.24",I. 18. 54-34, 3- 4. 28. 59. 18,1. o. 17.45. 13,4. Il dì 30. Gcnnajo . T- m. ore 12. 19'. Differenza osservata fra Urano ed y del In Astensione retta . In Declinazione Corretta dalla Rifrazione . . . Dal Catalogo di la Caille . 4'. 8°.I2'.24",0. 0.18. 54-43> I- 4. 28. 59. 8,3. o. 17. 4^;. 23,4. Leone — o. 14. -+- o. o. + o. o. 24j7 i9A I luoghi apparenti d' Urano . Ascensione retta ». ,,...^..,, Declinazione Boreale {Longitudine Boreale Latitudine Boreale . ! Aberrazione in Longitudine . Nutazione in Longitudine Longitudine vera d' Urano CafcolanJo sulle Tav. Del Ch. Lambre . 4. 12. 15.48,4. o. o. 42. 4,2. -o. o. o. 4,8. -o. o. o. 3,7. 4. 14.55. 45,5. o. 17.48.34,4. i5. i5,o. 42- 759- o. 15,5. o. 7,3. 12. o. o. o. Lon^it. Geocentrica . Latir. Geocen. Bor. . . Err. delle Tav. in Long» Errore nella Latit. . . 4 o. — o. — o. 4. 12. 15. 53,2 Del Ch.Oriani • 4. 12.19. 5,4 o. 0.42. 9,5 -t-o. o. 3. 12,2 -4-0. o. o ij5. 4tf Il di 31. Gennajo. T. m. Ore 12. 15'. 9". Differenze osservate. In Ascensione retta . , In Declinazione . . . ... Corretta dalla Rifr. Fra Urano e ? del Cancro . +0'. 6°. 42'. 3",7 — o. I. 5. 6,2 —o. I. 5. 7,5 Fra Urano e y del Leone . — o . 14 -ho. o H-o. o 5.0 ,9. 3- I »3- 3- I )4- I luoghi apparenti d'Urano Ascensione retta . . . Declinazione Boreale. Longitudine Latitudine Boreale . . 4. 14. 54. 22,2 o. 17. 49- 27j8 4. 12. ig. 49,3 o. o. 42. 20,8 Preso un medio fra le due Osservazion luoghi apparenti d'Urano, come segue. {Longitudine Latitudine Boreale Aberrazione nella Longitudine .... Nutazione nella Longitudine Longitudine vera d' Urano 4. 14. 54. g ,6. o. 17. 49. 16 ,4. 4. 12. 13.41 ,1. o. o. 42. 6 ,2. SI avranno 1 4- o. — o. — o. 4- I 2. o. o. o. 12. n- 45-5I- 42. 13. ,5. 15. ,5. 7-,3- o, o 13 22. Calcolando sulleTav. Longit. Geocentr. Latit. Geocentr. Bor. Err. delleTav. inLon. Errore in Latitudine. o. +0. — o. Del Ch. Lambre . 4. 12. 13. II. ,1 o. o. 42. 4. ,8 — o. o. o. I I. ,1 — o. o. o. 8. ,7 Il di I. Febbrajo . T. m. Ore 12. 11 Differenze osserva- Fra Urano , e ? te . del Cancro . +0. 6. 39. 24.5. -o. I. 4. 24,1. -o. I. 4. 25,4. Del Ch. Oriani. 4. 12. 16. 25. ,3. 42. 9. ,7. 3 o o. o. o. I. 3 >8. 3 In Ascensione retta In Declinazione. ... Corretta dalla Rifr. Fra Urano ed y del Leone. — o. 14. 7. 38,8. +0. o. 3. 45,7. -f-o. o. 3. 45,8. I Luoghi apparenti d'Urano. Ascensione retta . Declinaz. Boreale . Longitudine. Latitudine Boreale . 4- o. 4- o. 14. 51. 43, r. 17.50. g,g. 12.11. 12,0. 0.42. 17,9. 4. 14. o. 17. 4. 12. O. O. SI- 3159- 50. o,8« II. 4,3. 42. 6yl. 47 Preso un medio fra le due Os'iervazioni , sì avranno i luoghi app:irenti d'Urano, come segue. {Longitudine Latitudine Boreale A ìcrra/ione nella Longitudine • . . Nutrizione nella Lorgitudine .... Longitudine vera ù' Urano 4- 12". Il' o. O. 42. — o. o. o. — o. o. o. 4- I 2. IO. Calcolando sulleTav. Del Ch. Lambre . 1 4'. 12°. io'.3 3",6.! o, o. 42. 4,8 LcnCTir. Gcocentricn. Ci Latitud. Boreale . Err. delleTav. inLor Errore in Latitud . Del Ch 4. 12. — o. — o. o. o. o. o. o. 11,7.1+0. o. o. o. o. 8",i. 12,0. 45j 3- Oriani . 13- 48, IO, 3. I 42- 3- e. 5- I. 2. 9- Il dì 2. Febbrajo T. m. Ore 12. <5'. 59' Differenze osserva- te . In Ascensione retta. In Declinazione . ...Corretta dalia Rifr. A'-cen'^ione retta . Diclin'z, Boreale. Longitudine . Latitudine Boreale» Fra Urano e ^ del Cancro. +0. 6. 35. 47,2. — o. 1. 3. 38,2. -o. I, 3. 39,5. 4. 14. 49 o. 1 7. 50, 4. 12. 8. o. o. 42. Fra Urano ed y del Leone . o. 14. IO. 15,1. o, o. 4. 31,0. o. o. 4. 3i>i« I luoghi apparenti d'Urano. 4. 14. 48. 55,7. o. 17. 50. 4*5,1. 4. 12. 8. 28,8. o. o. 42. 9,9. 5,9 55>8' 35>5- 20,7. 4- o. -o. -o. 4- 12. o. o. o. 12. T. Preso un medio fra le due Osservazioni, si avranno ì luoghi apparenti d' Urano , come segue . {Lonfjitudfne Latitudine Boreale , Aberrazione nella Lonj^itudine . . . Nutazione nella Longitudine .... Longitudine vera d'Urano ...... 8. 42. o. o. 8. 32: i5>3- 753- 953' Calcolando sulle Tav. Longit. Geocentrica. Latitud. Boreale . Err. delleTav. in Lon. Errore in Latitud. DelCh. Lambre. 4. 12. 7. 56,5. o. o. 42. 5,0. O. O. O. 12,8. — o. O. IO. Del Ch. Oriani. 4. 12. II. 10,5. o. o. 42. 10,3. H-o. o. 3. 1,3. O. o. o. j,o. li dì 3. Febbrajo Differenze osservate . In Ascensione retta . In Dedinazione . . . . . . Corretta dalla Rifr. T. m. Ore 12. 2'. ^6". Fra Urano e ^ del Cancro . o'.6''.34'. 8",8. 50,5. 5» 59- Fra Urano e j del Leone . — o'. 14°. i2'57".4. -f-o. o. 5.17,8. + 0. o. 5. 17,9- I luoghi apparenti d' Urano . Ascensione retta . . . Declinazione Boreale Longitudine . . . Latitudine Boreale 4- o. 4- o. 4. 14. 45. 1^,6 o. 17. 51. 32,9 4. 12. 5. 47,7 o. o. 42. 10,5 SI avranno 1 14. 4^. 27,^ n- 51- 43>4 12. 5. 57,9 o. 42. 24,0. I o. Preso un medio fra le due Osservazioni , luoghi apparenti d' Urano , come segue . {Longitudine Latitudine Boreale Aberrazione nella Longitudine • Nutazione nella Longitudine Longitudine vera d' Urano Calcolando sulle Tav Del Ch. Lambre. Longit. Geocentrica. \ 4.12. 5. 19,7. Latitud. Boreale ... 0.0. 42. 5,3. Errore delleTav. inLon. — o. o. o. 10,3. Errore nella Latitud. j — o. o. o. 11,9. Dalle riferite osservazioni si deduce l'errore medio del- le Tavole di .de Lambre — io", i. per la Longitudine ; e — 8", 2. per la Latitudine ; quali si avranno nell' osserva- zione del dì 31. Gennajo , assumendo la Longitudine appa- rente osservata in quel giorno 4'. 12°. 13.44", i. ; e la La- titudine Boreale 42'. 13", o.. La longitudine del Sole presa dalle tavole del Ch- de Lambre, che 1' Illustre Astronomo de la Lande ha aggiunte al primo Tomo dell' ultima edizione della sua Astronomia , si ha per quel tempo io'. 12°. 8'. 45", 2 ; restava dunque un' arco di 4'. 57", 9. a descriversi col moto relativo d' Urano dal Sole prima dell' op- posizione . Quest'arco , secondo il moto de! Sole 1°. o'. 41", i., e quello di Urano 2'. 37", 5. presi nelle Tavole dall' osser- 4. 12. 5- 52,8. 0. 0. 42. 17,2. 0. 0. 0. n^J- — 0. 0. 0. 7,3- 4. 12. 5- 30,0. Del Ch. Oriani . 4. 12. 8. 34,5. 0. 0. 42. 10,2. -^-o. 0. 3- 4>S- — 0. 0. 0. 7,0. I 49 vazione del jr.Gennajo a quelle de! i. Febbrajo si percorre in ore 1.52. 35". i onde T opposizione apparente di Urano sejuì il dì gi.Gennajo T. ni. ore 14. 7'. 45". Per quel tem- po la Lon^irudine del Sole si ha dall' istessc tavole io'. I 2°. 13'. 3 i" , 7- ; e perciò la Longitudine geocentrica d' U ano 4'. i 2°. 13'- 3 i" , 7. ; ed avuto come sopra, riguar- do alle E.iuazioni — 21", 7., e + i", i. , la Longitudine Eiioc. dello stesso Pianeta 4'. 12°. 13'. 1 1", i . La Latitudine Bor. d' Urano per il momento dell' op- posizione si deduce dalle o'-scrvazioni 42'. 13", e; alla qua» le corrisponde la Latitud. Elioc 39'. 5S"j9- Per 1' istesso tempo si ha dalle Tavole del Ch. de Lam- b'-e la Longit. Elioc 4'. 12°- 13'. o", 5. ; e la Latit. Boreale 39'. 49", 5.; onde r errore di quelle Tavole era nella Longit. Eliocentr. — 10", 5.; e nella Latit. Eliocentr. ■ — 5", 4. Dalle Tavole del Ch. Oriani si trova V istessa Lonpit. 4'. 12°. 15'. 52", o. j e la Latit. Bor. 39'. 53", 8.: Dal che si ha r errore di quelle Tavole nella Longit- Eliocen. -f- 2'. 4o",9.,- e nella Latitudine — 2", 1 . Se questa Longitudine si corregga secondo la formoli del Ch. Oriani dalle perturbazioni di Giove e Saturno , bi- sognerà aggiungervi 1'. 20., 2. ; onde 1' errore di quelle Ta- vole diventa allora nella Longitudin» — 4'. i", i. OrPOSIZIONE OSSERVATA NIL I792. Si osservò il Pianeta Urano al Quadrante murale nei giorni i,2,4,<5, 69. Febbrajo insieme con le Stelle 'S ed a de[ Cancro, v ed ^ del Leone ; i Luoghi apparenti delle quali descriviamo qui sotto dedotti dai Cataloghi per il dì 2. Febbrajo. Noi abbiamo fatto uso di quelli di Mayer per le Stelle B del Cancro ed y del Leone j e di quelli di Bradley per «e del Cancro e v del Leone. ro>«o VIIL Nomi delle Stelle. % iel Cancr. Asc. retta. . Declin. Bor. «, del C incr. Asj. retta . • Declin. Bor. j»dei Leone ■ Asc. retta. Declin. Bor y del Leone A-c- retta . Declin. Bor Dal Catalogo di Maycr , 4'. 8". 12*. 58*, 5. 0.18. 54. 24, 6. 4. II. 45. 49,9. o. 12. 38. 57,8. 4. 26. 45. 38,8. o- 13- 25- 335<^- 4. 28. 59. 49,0. o. 17., 46.. Oj8. Dal Catalogo di Bradley . Dal Catalogo di la Caille» 4'.8\ 13' 4",o.4'.8".i3'. 3",9 j8. 54- 23><^- 4. lu 4^. 52,9 o. 18. 54- 3 2,4' 4. II. 45. 50,8. o. 12. 38. 5<5,o.,o. 12. 39. 4,8. 4. i6. 45. 42,3.14. 25. 45. 40,8. °' 13- 25- 3353- o- ^3- 25- 3^ii- 4. 28. 59. 55,4. o. 17. 45. 59,2. 4. 28. 59. /\6,6, o. 17. 45. 39,2. Il dì I. Febbrajo . Tempo medio ore 12. 3 1'. 40". Differenza osservata fra Urano ed t del Leone . In A'^censionc retta ............. In Declinazione . . ............ Corretta dalla Rifrazione • . . — o^ 9. II. 34,<^. — o. I. 20. 43,5. — 0. I. 20.45,4. I luoghi apparenti d' Urano . Ascensione rCta ... . . , Declinazione Boreale ... {Longitudine Boreale « • < Latitudine Boreale . . . . Aberrazione in Longitudine Nutazione in Longitudine » Longitudine vera d' Urano Calcolando sulle Tav. Longitud. Geocentr. Latitudine Boreale . Err. delle Tav. in Long. Errore in Latitudine . a • ft Del Ch. Lambrc. 4. 17.^ 6. 49,5. o- 43- 57 » 5- o. o. 5,7. 0.0. 6 , 8. o. -o. 4. 19.48. 14,1. o. i5. 25. 15,4. 4.17. 7. 1,1. o. 0.44. 4,3. — o.^ o. o. i5,4« — o^ o. o. 1,8. 4. 17. 5.43,9. Del Ch. Orianì . 4. 17. II. 29,4. o, o^ 44. 4 ,0. +0. o, 4. 45 ,j. — o. Oo o. o ,3« Il di J. Febbrajo DifFerenzc osservate T. m. Ore 12. 27' 34". Fra Urano ed « del Cancro . -4-0 -o -o Fra Urano e 'S del Cancro . o II" 2. 2. 28. 28. 45 j9 7,8. II ,0. H-o'. 7^ +0. 3- H-o. 3. 58'.4x' 47- 47- 0,4. 5 >4- I luoghi apparenti d' Urano Ascensione retta» Declinazione . . . • . . . Corr. dalla Ritraz. Ascensione retta • . Declinazione Boreale Longitudine Latitudine Boreale . Differenze osservate . Ascensione retta . Declinazione .... . . . Corr. dalla Ritraz. Ascensione retta . . , De.'linazione Boreale, Longitudine , Latitudine Boreale . . Preso un medio fra le quattro osservazioni , si avran- no i luoghi apparenti d' Urano come segue . {Longitudine ......... Latitudine Bo'-eale . .... Aberrazione in Longitudine . Nutazione in Longitudine . . Longitudine vera d'Urano . . DelCh 4. 17 o. 4. 19. 45. 44,4. 4- 19. 45. 34,0. 0. 16. 26. 13,6. 0. 16, 26. 1,4, 4. 17. 4. 26,4. 0. 0. 44. 16,3. 4- 17. 4. 20,5. 0. 0. 44. 2,3. Fra Urano e v Fra Urano ed y del Leone . d el Leone . — 0. 7. 0. 7,5. _o. 9. 14. 9,9. -f-o. 3. 0. 19,8. — 0. I. 19. 55,3. -f-o. 3. 0. 23,7. — 0. I. ig. 57,2. I luoghi apparenti d'Urano . 4- 19- 45- 34,8. 4. 19- 45- 39,1. 0, 16. 25. 57,0. 0. 16. 16. 3,5. 4. 17. 4. 22,7. 4- 17. 4. 24,9. 0. 0. 43. 58,3. 0. 0. 44. 5,7. 4- o. o. — o. 4- O. o. o. i"7- Calcolando sulle Tav Longitud. Giocentr. Latitudine Bo'-eale . E'-r. delle Tav. in Long, i-i-o. o. Err. nella Latitudine . | — o. o Lambre. 4. 12,0. 0.43. o. 58,5 5,5 4- 44. o. o. 4- DelCh. O imi. 4- 17- 8. 51,8. 44- 4,3« 4- 45,3- 2 3>7- 5,5. I5?4' 1,8. 5,5. o. -o. o. o. o. 7,5.) — o. o. G 2 5« Il dì 4. Febbrajo. T- m. Ore u. 19'. ir' Differenze osservate . A-^censione retta . . Declinazione .... « . .Corretta dalia Rifr. A'^cen'^ione retta . . ' D;:clinaz. Boreale. • Longitudine Latitudine Differenze osservate . Ascensione retta . . Declinazione .... • . . Corretta dalla Rifr Ascensione retta . Deciinaz. Boreale Longitudine • • • Lititudine .... Fra Uano ed « del Cancro . Fra Urano , c^S del Cancro • -1-0'. 11°. 27'. 24",? — o. 2. 25. 37,8.1 -}-o. 3. 48. 27,9. — o. 2. 25. 4i,o.l-|-o. 3. 48. 32,9. H-°-7 -H- r I luoghi apparenti d'Urano. 4. 19. 40. n>5- 4. 19. 40. 2^4. 0. 16. 27. 43,7- 0. 16. 27. 3^,1- 4. i5. 59. 14,9. 4. 16. 59. 9^1- 0. 0. 44. 12,2. 0. 0. 43. 5^59- Fra Urano e V Fra Urano .dj, del Leone . del Leon( — 0. 7. 5. 18,5. .— 0. 9. 19. 20,1. -ho. 3. I. 51,8. — 0. I. 18. 24.8. -ho. 3. 1. 55>7- — 0. I. 18. 26,5. I luoghi apparenti d' Urano • 4. 19. 40. 24,4. 4. ig. 40. 29>7- 0. 16. 27. 28,8. 0. 16. 27. MjI- 4. 16. 59. 11,1. 4. i5. 59. M>?- 0. 0. 43. 555?- 0. 0. 44. 2,0. Preso un medio fra le quattro Osservazioni , si avran- no i luoghi apparenti d' Urano . {Longitudine 4. \6. Latitudine Bo'-eale o. o. Aberrazione in Longitudine ...... — o. o. Nutazione nella Longitudine 1 — o. o. /Longitudine vera d' Urano | 4. 16. Calcolando sulle Tav. Longit. Geocentrica. Latitud. Boreale . E r. delle Tav. in Lon. -ho. Errore in Latitudine . — o. Del Ch. Lambre. 4. i5. 58. 58,5. o. o. 43. 58.8. o. o. o. o. 1,8. 59- 44- o. o. 58. Del Ch. Oriani . 4. 17. 3. 35,5- 44- 5>5- 12,5. 1,5. J5>4- 1,8. 55>3- -ho. -ho. o. o. o. 4- o. 41.?- h9- I s? Il dì 6. Febbrajo. T. m. Ore iJ. ii'. 9" Differenze Fr.' Urano ed ee Fra Urano e v Fa Urano td y osservate • del Cancro . del Leone . del Leone . A e. retta . -|-o'.7^48'-i9',9- — 0'. 7°. io'. 28", 7.'^ — J.g^.i^ .10^1. Dwvlinaz. +0.3. 50. 6,5- -1-0.3. 3.30. ,6. — 0. I. i6. 49,0. . . . G jrr. daila Ritr. -f-o. 3. 50. II ,6. +o- 3- 3-34>^- 1 — 0, l. 16. 50,8, I luoghi apparenti d' Urano A'C rett;i. DcJ. Bj . Longitud. Liititudin. 4. ip. 35. 14,2. o. 16. 29. 7,7- 4. 16.53.57,7. o. 0.43.59,4. tre Osservazioni, si avranno i 4- i9-35-i9>5- o. 1(5. 29. 57,9. 4. 16. 54. 1,9. o. o. 44. 2,0. 44- 3.- 4. 19.35. 13,0. o. 16. ic). 7,4. 4. 16. 53.57,1- o. 0.43.57,4. Preso un medio fra le luoghi apparenti d' Urano, come sejuc • 5 Longitudine • | 0,-16. 5:^.58,9. ILatitudine Boreale 1 o. 0.43.59,9. Dil puajone della Stella ^ del Cancro che in questo giorno non si è potuta osservare , e da quello delle altre S:elle col Pianeta si trova per le precedenti, e la susse- guente osservazione una diìferenza di — 2", 7. riguardo al- la Longitudine del Pianeta, e -+- 14", i.per li Latitudine. Si no tri dunque assumere per la Lon ^itudine 4'. 16°. 53'. 56 ",2.; e per la Latitudine 44'. 14", o. \ quali sarebbero state dedot- te in quel giorno dal confronto del Pianeta colla predetta S'Cila . P e^o perciò di nuovo un medio fra le quattro os- servazioni , si avranno i Luoghi apparenti d' Urano come segue . {Longitudine Latitudine Boeple .... A )C'-'-azione in Longitudine N inazione in Longitudine . Longitudine vera u' Urano . Calcolando sulle Tavole. . Longitudine Geocentrica . .Latitudine B )reale E --o^e delle Tiv. in Longit. Eriore in Latitudine . . . Del Ch. Lambre. 4. 1(5. 53. 44,9. o- o- 43- 59,3- -l-o. O. O. lì')- — — o. Oi Oi 4.1. 4. 1(5.53.58,2 o. o. 44. 3,4 — o. o. 0.15,4 — o. o. o. 1,8 4. 16. 53.41,0 DclCh.Oriani 4. \6. 58.19,7 o. o. 4 ',. 3 .8 H-o. o. 4.3^ 7 -HO. ;o. o. 2,4 J4 Il di 9. Febbraio. T. m. Ore 11. 58'. 50", Differenze osservate Ascensione retta . . Declinazione .... .Corretta dalla Rifr. — o Fra Urano e ^ del Cancro. 4-0'. 11°. 14'. 37">2. — o. 2. 22. 30,^. 2. 22. 33 ,6. Fra Urano ed «e del Cancro . -HO'. 7.». 40'. 34",<^. -1-0. 3. 52. 36,4- -ho. 4. j2. 41 ,5- I luoghi apparenti d' Urano Ascensione retta . . Declinaz. Boreale ■ Longitudine . . . . Latitudine Boreale Differenze osservate . Ascensione retta . . . Declinazione . . . Corretta dalla Rifr. Ascensione retta . . Declinaz. Boreale . Longitudine .... Latitudine Boreale • 4. 19. 27. 35,1. o. i6. 31, 51,1. 4. 16. 4^. 9,5. o, o. 44. 22,0. I luoghi apparenti d' Urano 4- 19. 27- 27 >9 0. 16. 31- 37 »i 4- 16. 45. ^.l 0. 0. 44. 6,2 Fra Urano e » del Leone . — o. 7. 18. i3,<5. +0. +0. 6. 6. Fra Urano ed y del Leone . — o. 9. 32. l5,2. 2,4.1—0. I. 14. 21 ,5. 6,4 |—o. X. 14. 23 ,2. 4. 19. 27. o. i<5. 31. 4. \6. 45. o. o. 44. 29,(5. 39>4' 7jI' 9,2. 4. 19. 27. 34,0. o- i^- 31- 37 55- 4- o. 16. o. 46. 44. ir ,7. 8,4. no Preso un medio tra le quattro osservazioni , si avran- luoghi apparenti d' Urano , come segue . 8,5. 11,4. 1,8. 50,4. {Longitudine Latitudine Boreale Aberrazione in Longitudine Nutazione in Longitudine . Longitudine vera d' Urano . Calcolando sulle Tav. Longitud. Geocentrica Latitudine Boreale . . Err. delle Tav- in Long. Errore in Latitudine . DelCh 4- 16. 0. 0. rO. 0. -0. 0. Lambre 45- 53>2- 44. 0,5. o. 2,8. o. 10,9. 4. 16. 45. o. o. 44. — o. o. o. — o. o. o. 4. 16. 45. Del Ch. O'iani . 4. 16. 50. 25,2. o. o. 44. 6,5. -1-0. o. 4. 35,8. — o. o. o. 4,9» 55 Si ha dalle precedenti osservazioni V Errore medio del- le T;iv. del Ci. de Lambre -f- 4" per la Longir. ; e trascu- rata l'osservazione del dì 9. Febbrajo, — 5", 3 per la Latitu- dine; le quili perchè si abbiano nell'osservazione del dì 4., prenderemo per la Lon;;itudÌne osservata in quel giorno 4'. ló". 59'. 1 1", 5 ; e per la L itit. B»)reale 44'- 4", 1 . Li Longitudine del Sole nel tempo deli', osservazione ad 4. F^b.irajj si ha dalie Tavole del Ch. de Lambre 10'. ij". 57'. 3i", <^- ; onde prima che succedesse 1' opposizio- ne doveva de criversi un' arco 1°. i'-35",9 col moto relati- vo d'Uano dal Sole. Quest'^ arco, secondo il moto del Sale 2°. i'. 5", 5. ,, ed il moto d'Ubano 5'. 13", 5., presi ambedue dahe Tavole fra le osservazioni del 4. e ó. Feb- brajo , si descrive in ore 23. 20'. 25".; perciò 1' opposizio- ne apparente seguì il di 5- Febbrajo. T.m. ore 11. 39. 4<^"'i per il qual tempo s> trova, dalie Tavole la Lon{;ituùine del Sole io'. ió°. 55, 39", 5.;. e- da questa la Longitudine geo- cent ica d' Ui-ano 4'. 16". j 5'. 39", 5. ; e fatto uso, come so- pra, delle equazioni — 16", 3.,. e -{- r", r. ,. la Longitudine eliocentrici 4'. 16". ^6'. 24' , 3 . Pir i' i tesso te Tipo dell' opposizione si deduce la La- titudine os'^ervata 44'. 4", 4», alla quale corrisponde la Lati- tudine eliocent'-i^a Boreale 41'. 42", 5. Li Lon n'tu .ine eliocentrica ù' Urano per il momento dell' onposizione si trova d'Ile Tavole del Ch. de Lan brc 4'. 1(5°. 56'. 25", 9.,. e la Latitudine Boreale ^i'- si'y 1- 't onde r erore di quelle Tavole era nella Longitudine elio- centrica -\- i", <5, e nella Latitudine — 4") 9 • Dalle Tavole del Ch- Orfani si ha rer l' istesso tempo la Longitudine eliocentrica 4'» 17°*. o'. 48", 4. , e la Latitu- dine 41'. 42",9.j e per ciò l'errore di quelle T.ivole nella Longitudine -h 4'. 24", i., e nella Latitudine eliocentrica -f- o" , ^ . Si la Longitudine eliocentrica d' Urano dedotta dalle Tavole del Ch. OrianT si coTegga secondo la di lui forn.o- la dalle perturbazioni cagionate dall'azione di Giove e Sa- turno , si dovr:\ ag^iun^ere alla medesima i'. 37", 4 , onde r errore di quelle Tavole per 1* istessa Longitudine si avrà allora 4- 6'. i", 5 . J^ SOPRA UNA NUOVA MACCHINA PER DIVIDERE UNA DATA RETTA IN QUALUNQUE NUMERO DI PARTI EGUALI . Lettera di Francesco Soave a Carlo Amoretti. Ricevuta li io. Germih An. VI. ( 30. Marzo 1798-) IA noja, che seco porta il dividere a forza di compas- ^ so una data retta in un dato numero di parti c^uaii , e la difficoltà di eseguire questa divisione con piena esattez- za, massimamente ove trattisi di parti minime, ha indotto parecchi ad iirun.iginare qualche stromento, con cui una ta- le divisione pote=;"^e compiersi meccanicamente con facilità insieme e con sicurezza . Di quanti però a tale oggetto sono stati fino-a ideati , niuno io ne conosco né più semplice, né più f'cile, né più sicuro di quello , che m' è avvenuto di veder qui ul- timamente presso il Sig. Duca della Torre (*) , inventato dal Sig. D. Girolamo Bianchi . E poiché purvemi che di molto u^o riuscir potesse a chiimque deve in queste cose occuparsi , io mi sono tosto procurato dal degnissimo Autore l'assenso di farne la de- scrizione , che or vi spedisco unitam.ente al disegno , per- chè vogliate e 1' uno e 1' altra riinettere in mio nome alla Società Italiana. La parte principale di questa macchinetta è la riga o Lastra d' ottone AB, ( Tav. IH- Fig. 2. ) che intorno al centro A si aggira orizzontalmente dentro al quadrante CD, e col- C) Il Sig. Duca della Torre, no- to per una relazione esattissima , pubblicata in due lettere , dell' eruzione del Vesuvio avvenuta ai if. Giugno 1794., e per la bella descrizione del suo Gabinetto Ve- suviano, accoppia ad uà' estesa co- gnizione nelle Scienze Fisiche una somma abilità nelle Meccaniche , ed è autore egli stesso di molte macchine ingegnosissime, delle qua- li si spera che non tarderà lunga- mente a far parte al pubblico . 57 e colla vite B può fermarsi In qualunque punto si voglia del detto quadrante. Essa nella lunghezza d^ un mezzo piede parigino è di- visa in 24. parti eguali , e la divisione delle parti è forma- ta da tanti cilindretti esattamente torniti , ed esattamente equidistanti , assodati perpendicolarmente dentro alla lastra , e smussati dalla parte posteriore per 1' uso che si dirà in appresso . Lungo la costa della sbarra d' acciajo EF , fissata fer- mamente sul piano, movesi il rimanente della macchina, le cui parti laterali HG,KI sono colla detta sbarra perfetta- mente ad angoli retti. Parallela alla sbarra EF è la scanalatura LM , entro cui la tavoletta NO , che vuoisi dividere , si assicura coli' assicella PQ^. Or data, per esempio, la linea rt ^ da doversi dividere in 24. parti eguali , spingesi verso E la macchinetta HGKI in maniera , che la parte HG copra col suo labbro il ci- lindretto del centro A , e sotto alla parte KI adattasi la tavoletta NO in maniera , che collo stilo SR venga a se- gnarsi al punto CI il primo estremo della divisione . Poscia alzando la parte mobile HG fatta a bandella , ritirasi la macchinetta verso F , finché collo stilo suddetto si segni al punto b r altro estremo della divisione • Segnati i due estremi , lasciando ferma la parte KI sul punto by girasi la riga AB fino a tanto che il labbro della parte HG copra esattamente il cilindretto al numero 24; e in questa posizione la riga AB si fissa colla vite . Allor s' avanza nuovamente la macchinetta , sicché il labbro HG copra di nuovo il cilindretto A , per vedere se KI corrisponda nuovamente al punto a; indi ritirasi di ma- no in mano , sicché il labbro HG copra successivamente il cilindretto i , poscia il cilindretto 2 ec . ; e di mano in ma- no segnansi collo stilo le divisioni. Giunto che voi sarete nuovamente a coprire il cilindretto 24, la parte KI corris- ponderà nuovamente al punto ^ , e la retta ab sarà divisa esattamente in 24. parti eguali . Che le parti debban essere eguali , egli è facilissimo a dimostrarsi . Imperocché supponendo congiunti con una ret- ta il punto ^ , e il cilindro 24 , e prolungata da una parte Tomo Vili. H S8 la linea htty dall' altra la linea de* cilindretti, fnchè venga- no ad incontrarsi , noi avremo un triangolo rcttargclo , in cui i due lati b a , e BA saranno successivamente ta; iiati da rette parallele alla base. Le parti deh* uno e dell' altro la- to saranno dunque proporzionali fra loro; ed essendo per- fettamente fra loro eguali le parti del laro BA , eguali del pari saran le parti del lato 1/ a . La divisione sopraccennata si è fatta andando a ritroso da 4 in b. Può anche farsi però viceversa avanzando da k in a; nel qual caso basta spingere semplicemente colla mja- no il corpo di mezzo , che copre la sbarra FÉ ; perchè es- sendo i cilindretti , come di sopra si è detto, smussati dal- la parte posteriore a piano inclinato , la lastra mobile HG li sormonta per se medesima , e cadendo di mano in mano a coprirli col suo labbro, avvisa ove abbiasi di mano in mano a segnar la divisione sulla linea ù a . Il numero delle parti , in cui una data retta con que- sta macchinetta si può dividere , potrà sembrare a prima vi- sta limitato a 24.; tante e non più essendo le parti, in cui è divisa la ripa AB. Ma se le parti della data retta ù a si vorrà che invece di 24. siano per esempio 48., ciò potrà farsi in due maniere . 1. Prendendo la metà di ba, e dividendo questa in 24. parti; poi senza smovere punto la riga AB, dividendo in altrettante la seconda metà. Col qual metodo potrà pur di- vidersi in quante parti si voglia una retta di qualunque lun- ghezza ; poiché data per esempio una linea di 4. piedi da dividersi in 200. parti , io comincierò a dividere in 20. la sua decima parte , poi seguitando , in altrettante dividerò le altre nove . 2. Dividendo prima tutta la retta ba in 24. parti ; po- scia soddividendo ciascuna di queste per metà : al qual fine basterà segnar la metà della prima parte, e sovr* essa rico- minciar la divisione, lasciando ferma la riga AB al suo luogo . Con un tal mezzo ognun vede , come a forza di soddivisioni potranno le parti recar-^i al massimo numero , ed alla massima minutezza : quantunque di una minutezza considerabile riescono anche alla prima divisione , qualora il punto B al punto C sia molto avvicinato . Non restano ad accennare che due cose . La prima sì Soc.//Ut/. Tom. Ì'UI . jHiq. Sé 0 GiiiLi /i i- n'ii/ri T.n.m. 'Soc. ^'ita/. Tom, un. /jcu/. Sé iJimiTOiiii" iiiiiiiiiHitiiiiiiiHiiiiiiHiiiraiiii|i||i||illlii"Hiiiiiiii"niHiiiinillliiiiiiiiiiiii|iiiwii||i|||||i|iiiiiiiHiiiiiiii^^ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitMmniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiimn F 9 G. Gctjum ./cidp. 5f è , che la sbarra EF dall' uno de' Iati è fatta ad angolo , affinchè il corpo , che sopra quella si move , proceda con più sicurezza sempre parallelo a se stesso, senza piegare né a destra né a sinistra , il che toglierebbe il parallelismo , e conscf^uentementc 1' uguaglianza delle divisioni . La secon- da , che lo stilo SR, perchè si possa maneggiar sempre nella stessa direzione, è stato espressamente inserito per una estremiti nel foro V, che lo tiene obbligato . E' poi super- fluo r avvertire, che allo stilo potrà sostituirsi o matita, o penna , o checché altro potrà occorrere all' uopo . Sono ec. H 2 Sa NUOVE CONSIDERAZIONI INTORNO ALLA PRESSIONE D' UN CORPO SOSTENUTO DA TRE E PIÙ' APPOGGI IN UN PIANO ORIZZONTALE. Di Paolo Delanges . Ricevuta lì 6. Fiorile An. VI. ( 25. Jprile l'j^S. ) §. I. O E la ricerca delle pressioni, che esercita un cor- i^ pò contro gli appoggi su cui giace in un piano orizzontale » fosse da confondersi e riguardarsi come V in- versa di quella , in cui , dato essendo un sistema di corpi o di forze parallele e verticali , domandasi il centro di gravi- tà o sia la risultante delle forze medesime ; semb'-a che il eh. Leonardo Euler ( Movi Comm. Acad. Scient. Im^erialis Tetrofolitan& Tom. XVil. An. MDCCLXXIIL J non sarebbe ricorso ad un' ipotesi singolare, onde tentar di scicgl'ere la questione generalmente; e d' Alerrbert( O^hs. Tom. Vili, fag. 45.) e Bossut (Tratt. Element. di Meccanica . Voi. j>ri- tno . pag. 211. in Pavia. MDCCLXXXVIII. J inutilmente avrebbero pronunciato e conchiuso , non poter determinar- si co' principi comuni della Meccanica , eccettuato il caso dei tre :ippoggi in triangolo, le pressioni, non solo se gli appoggi fossero più di tre, ma nemmeno se i tre sieno si- tuati in diritto con la direzione del centro di gravità del corpo . Non sarà disutile perciò , e per dedurre nello stesso tempo delle considerazioni che servano di lume in tale tanto celeberrima quanto importante ricerca delle pressioni sugli appoggi , un analitico esame appunto dell' inversa so- praccennata , del centro cioè di gravità , o della risultante d' un sistema di forze parallele e verticali . i 6t PROBLÈMA I. S. II. Dato il centro D ( Fig. I. ) di gravità e la /-< f 4(,c—m) — im \ ' ... forza al punto (^=G( — -___-) : espressioni determinate, e che p-ese insieme danno l'intero peso G del corpo, con- dizione, dirò cosi, intrinseca del problema. 0% Stconda soluzione . ^el punto D si conrìnca qualsivoglia retta RDT , che srghi la perpendicolare AG in S , i Iati AB, AC ne' punti R, T, ed il lato BC prolungato quanto abbisogna rei punto Z. Si dica SO=;», ed essendo AB=v/(f'-t-('?+^)*) 5 AC= yj{d^^{a^h)^); si scoprirà DR= -!/(/+'«'), DT= ^^I{f-\->n'). BR= i^^^- v'(.^+(-*4-^)^) , AR= ^^J7v/(^^+C^+^)^). CT=Ì^^V^(^^+(.H-^)') , ed AT = ««— fx , ., -J (d^ -\-{ci-\-^t) '■ valori ne' quali è «=/7»24-^'« — cp^\^=. te — am — l>>f2 , T^=i^d~^atK-\-hw ^ ed u^^'^fv^hm+dp . Conside- rando pertanto RDT come un vette caricato nei punto D del peso G , le forze parallele e verticali da collocarsi nei punti R, T, che chiameremo pure R, T, per l'equilibrio, sa- ranno per la sopraccennata teoria, R— G ( — ^--r- , e T = g{t~^Yj ' ^ dividendo le forze R, T nei punti B, A e C , A in reciproca ragione delle distanze BR, RA, e C T, TA, sommando le due che devono agire nello stesso punto A; si otterrà A = G (^ , ''' " ' ■ )=G(— -- ), B=: ^Irxi^T — ì"^Wj ^ ^— ^IVj-ix T~r: ) • queste tre forze insieme prese pareggiano il peso G e diventano identiche colle superiormente ritrovate , mediante le rette AM, BH, CF, condotte da' punti A, B, C, pel punto D, sostituendo in esse i valori di a, ^, r, e «• Serve 1' esposta soluzione pure a riconfermare essere determinato il proposto problema. Il che ec. PROBLEMA II. §. III. Poste le cose medesime, sieno i punti A, B, C ( Fig. II. ) in linea retta col punto D , di modo che pu H 6i riguardarsi AC come una verga rigJda , gravata nel punto D del peso G c^l corpo .* si cercano le tre forze verticali d' applicarsi ai punti A, B , C per l'equilibrio- Pre;o fra li punti B,C qualsivoglia punto H , sì otter- ranno le forze A,H per l'equilibrio del corpo, dividendo il suo peso G nella reciproca ragione delle distanze AD,DH; e dividendo la H in due forze che stieno in reciproca ra- gione de' segamenti BH,HC, si avranno le tre forze verti- cali AjBjC pel ricercato equilibrio . Siccome arbitrariamente però viene fissato il punto H fra i punti B, C , e che per- ciò infinite di numero e diverse fra se possono essere le tre fo'ze A,B,C che sostengano in equilibrio lo stesso corpo , soddisfacendo nello stesso tempo alla condizione intrinseca del problema , che in ogni, caso cioè la somma loro pa- reg<^i il suo peso G ; così è manifesto che il presente pro- blema è indeterminato . Il che ec. PROBLEMA III. §. IV. Trovare le quattro forze verticali d' applicarsi' a' quattro punti B,K,P,C ( Fig. I. ) , per 1' equilibrio del dato corpo , situati nel piano orizzontale BKPC in cui ca- de il centro di gravità D del corpo medesimo . Si meni per D comunque si voglia la retta RDT che incontri ne' punti R,T i lati opposti BK, CP del quadrila- tero BKPC . Ubando della suindicata teoria del centro di graviti , si scopriranno le forze verticali in R e in T , e quindi quelle da disporsi ne' punti B,K,P,C pel ricercato equilibrio . Ma perchè conducendosi per lo stesso punto D un' altra retta LDE, se anche nel caso che i lati opposti BK, CP fossero paralleli, e che però fosse RD a DT come LD a DE , le ragioni di BR a RK e di CT a TP non so- no uguali alle ragioni di BL a LK e di CE ad EP : egli è evidente che le quattro forze verticali da collocarsi ne' pun- ti BjKjPjC per V equilibrio nel dato sistema possono va- riarsi ail' infinito , mentre la somma delle quattro derivate dall' arbitraria posizione di qualsivoglia asse RDT che pas- si pel punto D pareggerà sempre il peso totale del corpo che sostengono in equilibrio . Dunque indeterminato è il proposto problema , ed è facile come s' è dimostrato dei 64 tre nel problema antecedente, a dimostrarsi pure indetermi- nato se i quattro punti fossero situati in linea retta. Il che ec. §. V. Allo stesso modo si dimostra egualmente inde- terminato il problema se si ricercassero cincjue sei ec. forze verticali, onde sospendere un dato corpo in equilibrio. Il problema dunque , dato il centro di gravità e la somma d' un sistema di corpi , o la posizione ed il valore d' una risultante d' un sistema di forze parallele e verticali, è de- terminato nel caso soltanto dei tre corpi o tre forze dispo- ste in triangolo . Q^ialora convenisse pertanto ridurre a questa questione quella d' un corpo che giace sopra diver- si appoggi , quanto s' è concluso per la prima , varrebbe eziandio per la seconda, cioè necessariamente sarebbe essa pure indeterminata , eccettuato il caso dei tre appoggi in triangolo . Ma così non è , come saggiamente conobbero i mentovati Geometri , altra e ben di/Ferente essendo di con- dizione la prima , in cui si tratta di trovare forze collega- te insieme ed allo stesso corpo che devono sostenere in equilibrio , mentre nella seconda si cercano le pressioni sof- ferte da sostegni isolati su quali riposa il corpo , ine-ti ed invincibili o almeno di tal fermezza da sostenere ciascuno da se occorrendo 1' intiero suo peso . Di maniera che non può concludersi che non essendo generalmente determinato il problema delle forze , generalmente pure non sia deter- minato quello degli appoggi . Alcuni casi particolari costrin- gono sempre più a tale distinzione. Chiunque, a cagion d* esempio, converrà, che poggiato un corpo su quattro sostegni de' quali i vertici sieno in un piano orizzontale e disposti agli angoli d' un quadrato , nel di cui centro cada la verticale che passa pel centro di gravità del corpo, ogni sostegno soffra la pressione equivalente alla quarta parte dei peso intiero del corpo : mentre se volesse sospendersi in equilibrio il corpo medesimo , mediante quattro forze ver- ticali nelle stesse circostanze , bensì le opposte per diagona- le saranno eguali tra se , ma possono diversificarsi ali' infi- nito, come chiaramente apparisce dal problema superiore ( §. IV. ) . In conclusione se la mente convincesi essere necessariamente di condizione indeterminata il problema del- le forze j non può parimenti convincersi che indeterminato sia quello degli appoggi • Con tale avvertenza e non altri- menti io intrapresi le qualunque si sicno mie applicazioni su questo soggetto , e le esposi nel Tom. V. della nostra Società. Perciò io parto dalla considerazione in quella mia Memoria, che la pressione sofferta da ciascun appoggio di- pender deva dalla posizione respettiva che ha verso gli altri e verso il centro di gravità del corpo sostenuto. E riflet- tendo inoltre che nel caso di due sostegni, col supporre a vicenda uno d' essi punto d' appoggio , si determinano le pressioni da essi sofferte., immaginandosi due minime rota- zioni intorno a due assi perpendicolari alla retta che li con- giunge , non già contro la direzione della gravità , come potrebbe supporsi dovendo iJ corpo esser sostenuto da due forze verticali, ma secondo la direzione medesima come se per un ist;inte ceder dovessero , onde non limitare , dirò co<=ì , il grado della loro attività: così ne' casi dei tre, quattro ec-, riducendo appunto il problema ad un vette di tre, quattro braccia ec. , fo uso della stessa ipotesi, fonda- ta tinalmente sul principio deJle velocità iniziali, con la pre- cauzione però di non alterare la supposta condizione degli appoggi , cioè di essere inconcussi quanto può loro abbiso- gnare . Egli è vero che nel problema I. della citata mia Me- morili , ove parlo dei tre appoggi , equivocamente io mi esprimo dicendo,, coifsiderando poscia le pressioni eh' essi soffrono, come tre potenze che agiscano dal basso all' alto perpendicolarmente al piano orizzontale ,, avvegnaché po- trebbe credersi eh' io pure ammetta la tramutazione del problema desili appoggi in quello delle forze , mi sia lecito però il dichiarare qui che per le tre potenze sostituite da me coir immagine alle pressioni, devono intendersi le rea- zioni degli appoggi medesimi, con cui contrast;ino nell'at- to appunto di sostenere il corpo in equilibrio di cedere o moversi minimamente. Il Faoli , Tom. F/. della nostra Socie- tà nella di lui Memoria soj>ra alcuni problemi Meccanici ^ am.- mettendo che convertir si possa il problema degli appoggi in quello delle forze verticali applicate a punti nello stesso cor- po e conseguentemente insieme collegate, e facendo uso del principio delle velocità virtuali, conchiude che il problema pure degli appoggi sia ,, indeterminato quando gli appoggi „ sono più di tre , o quando i tre appoppi sono in linea Tom. Vili. I 6-6 „ retta, e che nel caso dei tre appo^?i non in diritto te „ soluzioni òq' Signori Euler y Bo^sui y e la mia^ sono esat- „ te e son comprese tra le infinite soluzioni che si posso- ,, no dare di questo problema differenti di aspetto , ma in „ sostanza conformi. ,, Conclusione che come dimostrai su- periormente appartiene pure al problema d^ un sistema di corpi o di forze verticali . Introduce però egli come neces- saria nelle soluzioni dei differenti casi , V equazione che la somma delle pressioni o forze verticali , secondo la di lui ipotesi equivalenti , d' applicarsi a' dati punti , sia eguale al peso del corpo da sospendersi in equilibrici ed in seguito dimostra non aver luogo , compreso 1' enunciata , che tre equazioni , quanti si sieno i punti da' quali si voglia sospen- derlo , instituendo la prima perchè sia impedito al corpo il moto progressivo verticale in direzione della gravità , e le altre due perchè sia allo stesso impedito oi^ni altro no- to di rotazione . All' opposto io escludo nella soluzione del problema degli appoggi 1' equazione della somm.a delle pressioni eguale al peso del corpo , poiché egli sia lo stes- so supporre che in qualunque disposizione si trovino , deb- bano soffrir tutti qu:Wche pressione. Un corpo che voglia sospendersi con tre forze in linea retta o con quattro ver- ticali , passando una di esse pel suo centro di gravità , po- sto questa minore del peso del corpo , restano e possono determinarsi le altre due in linea retta , o le altre tre in triangolo pel suo equilibrio; ma nel caso degli appoggi , c"- dcndo li direzione del centro di gravità sopra uno tii essi > questo Io sostiene intieramente , perchè suppongonsi irccn- cussi , e inutili divengono i rimanenti. La suddetta condizio- ne della somma io la riguardo nel problema in que?iiore degli appoggi come condizione intrinseca , e che deve ser- vire di prova di riscontro alla sua soluzione, come simil- mente avviene in alcune rettole della volgare Aritn c^ica , o come , a cagion d' esempio , volendosi dividere una data quantitì in tre, quattro ec parti, in data ragione, trovate ad una ad una le parti ricercate , serve é\ prova deli' crat- ta coti-dotta nella soluzione , eguagliare la somma loro la data quantità. Passerò ora, dopo tali considerazioni intorno alla distinzione eh' io reputo doversi fare del problema del- le forze verticali da quello degli appoggi , ad un' analisi <57 concreta e di fatto della soluzione eh' io diedi di qucst» nella summentovata mia MeiriOiiu . PROBLEMA IV. §. VI. Trovare le pressioni che soffrono tre sostegni o appoggi A, B, C ( Fig. HI. ) su quali giace un corpo di cui G ne sia il peso . Ridotto il problema a un vette da tre braccia GA,GB, GC c'.ricato nel punto deli" unione loro del peso G del cor- po , e conducendo gii assi DE, IL, HF perpendicolari alle stesse braccia, ed a questi le AD, CE, BI, BF , CE, CL ; le pressioni sofferte dagli appoggi A,B,C, dedotte da equa- zioni instituite sulia teoria de' momenti , riguardando uno dono r altro gli stessi appoggi come centro di moto , sa- ranno -Teneralmente espresse dalle formule (M) (N) (O^ ( Mijni. cit. prob. i. ) Atitn-\-chm — alm r » # \ = r-, ( M ) ^-—fin+,h;;r- ^^^ E nas^-ando al concreto , suppongansi ottusi gli angoli AGB, AGC, BGC, e facendo uso delle denominazioni (§. II.), si avrà AG = az=z^(a/-hff2^),BG=h = ^(b^-h(c—my), 00=.= / (i-+(^+».)') , AD = /= ^^ , BI = /« = -tf^^^'^'HL AH ff _£(«+*_+^( ''+»)_ •tJr — l — "77i2_r7., — ~' >5urroganao poscia queste espressioni nelle surriferite formule generali , si scopriranno i valori dcl- I 2 58 le ricercate P-'^ssioni, cioè ArrG (-^), B=G (^|-^*j), C = G(^^^r^j).Ilchcec. §. VII. Che la somma delle ritrovate pressioni col mio metodo sugli appoggi A,B,C in triangolo pareggi il total pe- so G del corpo , è stato ciò dimostrato anche sinteticamen- te ( Teo. I. Mem. cit. ): debbo però al faolt T osservazio- ne , che in questo caso , come accade appunto in quello di due soli appoggi , risultino i valori delle pressioni identici a quelli che si determinano per un sistema di due o tre forze verticali in triangolo , onde sostenere il dato corpo in equilibrio ( §. II. ) : di maniera che- in questi due casi che il problema delle forze è pure determinato , confondesi con quello degli appoggi . Ma egli è da osservarsi poi che adattando colle debite sostituzioni le espressioni concrete de valori delle pressioni ritrovati nel problema superiore , al caso dei tre appoggi in linea jetta , si trasformano in queste A=G (-^)jB=Gr-l ),C.=G T-^^ di aspetto indeter- minato , come avviene, e s' è dimostrato nel problema II. delle tre forze verticali in linea retta ; mentre adattando direttamente le formule generali (M) (N) (O), dalle qua- li sonosi ricavati i valori accennati al caso medesimo dei tre appoggi in linea retta , si ottiene un risultamento deter- minato, ed è che il peso del corpo è portato da' due ap- poggi più vicini tra quali cade la direzione del suo centro di gravità , e la pressione sul terzo eguale a zero • Q. e^to caso però è duopo, come or si vedrà, trattarsi a parte, a maggior dilucidazione anche del metodo generale. PROBLEMA V. §. Vili. Riposi un corpo su tre appoggi A,C,B in linea retta ( Fig. IV. ) e cada fra gli A, C in G la direzione del suo centro di gravità : si ricercano le pressioni sofferte da- gli appoggi medesimi . Per mantenere le solite espressioni sia AG=tf,GB=:/;, GC=f, sarà CA=«H-«- , AB=tf-f-^ , e EC=^ — e . Secondo 69 il mio metodo , si consideri pertanto l' appoggio A come centro del moto ; e siccome non può supporsi una minima discesa del corpo col rotarsi sull'asse che passa pel punto A perpendicolare alla direzione AB, vale a dire, che il pun- to G descriva un archetto , senza che cedano amendue gli appo'^gi C,B descrivendo archetti proporzionali alle loro di- stanze dal punto A: cosi è manifesto per la teoria de' mo- menti o delle velocità virtuali, che nello stato supposto di equilibrio, i momenti delle pressioni su gli appoggi C, B de- vono eguiigliare il momento del corpo dallo stesso appog- gio A, risultandone perciò l'equazione (i) (i) C («+0 -4- B(tfH-^) = «G Equazione che non può non riguardarsi derivata eziandio dal principio delle velocità virtuali , qualora in vece delle pres- sioni si considerino le reazioni degli stessi appoggi C, B co- me potenze che agiscano contro la direzione della gravità . Lo stesso ragionamento vale , prendendo T appoggio B per centro del moto, onde instituire l'equazione (i) (2) K{a^h)-]rC{h—c) — hG Ma prendendo il punto C per centro del moto , ed imma- ginandosi la piccola rotazione di discesa intorno ad esso , come s' è detto per gli altri appoggi , si rileva che non è astretto a ceder che V appoggio A , e che 1' altro B rimane nella sua posizione , e sollevato per fino d' essere in con- tatto col corpo nel punto B: sicché essendo in tale suppo- sizione attivo per l'equilibrio del corpo l'appoggio A, e indifferente l'esistenza deli' altro B , avremo l'equazione (3) (3) A(^-HO = fG Da questa equazione si ha subito la pressione dell' appog- gio A=G(— — - j, surrogato questo valore nella (2), si ot- terrà la pressione di C=G ( — "— \ , e surrogato questo nel- la (i), si avrà la pressione in B=Gf— ^ )=o. Valori tut- ti di aspetto determinato, e che fanno conoscere che i soli due appoggi A, C fra quali passa la direzione del centro di gravità del corpo lo sostengono interamente , e che nessuna pressione soffre il terzo B . Il che ec. PROBLEMA VI. §. IX. Trovare le pressioni sofferte da quattro appoj^gi che sostengono un corpo , collocati in una linea retta in- tersecata dalla di.ezione del suo centro di grnvità . I. Caso. Dei quattro punti, due A, B ( Fig. V.) sieno disposti da una parte , e i due C, M daii^ altra riguardo al punto G in cui si suppone raccolto il reso G del corpo . Si chiami al solito AG=a , BC—Ij, CC=c, GM=^; sarà AB=zl,—e, CM=//— f, BM=^-Hrt', AM=a+ii , BC=^+c , ed A'C=-a->rc . Supponendo successivamente cgn' uno degli appoggi A,B, C, M con-iC centro di moto , si avranno per le considerazioni fatte nel problema antecedente le quattro se- guenti equazioni . (i) . . . . C (a+c) 4- M (a-yt/) z=/tG . (2) . . . . C (/--i-f) -f- M (^+^) -i-A (^— tf) =^G . (3) . . . .A {a+c) -+- B (^4-f) = <:G . (4) .... A {a-^d) -h B (/-'-hd')-4-C (/—e) = dG . Ricavato dalle tre equazioni (i) (2) (4) il valore cii B da- to per A , si paragoni con quello che si ricava djili" equa- zione (j) , e si scoprirà la pressione in A=G ( — — ) ; so- stituito poi questo valore nell* equazione (3) , si avrà la pressione in B=Gf-^j =0 ; e surrogati nell' equazio- ne (4) i valori di A e B , si troverà la pressione in C=G f —r~ji e per ultimo posto nell' equazione (i) il valore di C, o nell' equazione (2) quelli di C ed A, si avrà la pressione in M=G ( -^ )=io,oppureM=:Gr •V.-r ) = o- II. Caso. Ma tre appoggi B,M,A (Fig. VI-) sieno da una parte, ed il quarto C dall' altra, e sia AG— tf , BG=^ , CG=<:, GM^a'j sarà AB=ù~a , CM=c-\-d, BM=(^— ^, AM=d—a , BC=^H-c , ed AC=^+f . Riguardando come nel caso antecedente ciascun appoggioA,B,C,M come centro di mo- to , le quattro equazioni da instituirsi saranno le sottoposte • 7« (i) C (a+c) =aG (2) C(^-Hr) -\-A{l>—a)-['Mil>—d)=:bG (3) A( PROBLEMA VII. §. XII. Sia (Fig. VII.) il ramo AG=^=2o , BG=^=27, CG^=f = ;5i, ed il ramo GM:=//=:2 3 ; 1' angolo AGB = 1 10°, BGC — 78°, CGM = 46°, e per conseguenza AGM-i26°; quantità tutte clie determinano la posizione dei punti d'ap- poggio A,B, C,M relativamente al punto G, in cui cade la verticale condotta dal centro di gravità del corpo : ritrova- re le pressioni sofferte dagli appoggi suddetti. Per determinare il valor delle perpendicohri tirate dai punti d' appoggio ai quattro assi perpendicolari - alle estre- miti de' rami , si tirino dal punto G rette parallele agli assi medesimi , e si troverà MR=/' = 3 3,5191. AD=/=33, 8404. BF = /= 2j, 78(54, AQ.= ^ = 34>7557- CL = »= 50, 6983. C E=:»z=2o, 5547. AH =^^ — 50, 8054. BZ =:A=:38, 0982. BI=:A= 29, 2346. MN = ^= 39,8614. MP = w= 15,0229. CS = 8= 1,465^. Sostituiti questi valori nelle formule (P) ( d) (R) (S) che rappresentano le pressioni sugli appoggi A, B, C, M . Ttmo Vili. K 74 ( Prob. !!• Mem. cit. ), risulteranno i valori drcsse, come qui sotto si osserva . ^ -^ ' * ' (^ ( iU + gp\ -^lpt)(m -fi) + f<»K — *» )+ ftfi ) - G. _L?!Z15'jlZ!!^ = G (0,47510). 4057547, J0j6 , Q . G /' ^'"^ + '^g/' — ft'J'jf w+g) + 'im'df+ bf) + f» fep — at») ~%» \ ^ ^'~'' ^ ^ /j j»fjjo iienominalor* ) / = G ^^'l,f!£l_ ^ G(o, 15333)^ 40^7547,10^6 '^ ^^^'^ ^ ' ' \ ( /» ««jfl denominatore ) J ^ G . ^J}^.2:t^^2— = G ( o , 18078 ) . 4057547, IOJ6 _ r{agh-\-M —alS^—Jgf>)fm-{-q)+fx'al—ch)+èg(h»-nX)+fii'e\.—dl +blnì \ ^ \. e* Slesso denominatore ) / _ G . __^i!il*J_^L_ = G (o, 18079). — ^' 40S7547, lojó ^ ' '^^ Le pressioni concrete adunque su i quattro appoggi A,B,C,M rappresentate dalle equazioni generali (P) (Q_) (R) (S), saranno nelle proposte circostanze A = G (o, 47510), B-G(o, 15333), C=G (o , 18078) ed M=G (o, 18079): sicché qualunque sia il peso G del corpo, reali e determina- te sono le ritrovate pressioni su i quattro appoggi , e la somma loro pareggia V intiero peso • Il che ec. §. XIII. Oliando tre sono gli appoggi e in triangolo , possono prendersi per assi di rotazione i tre lati dello stes- so triangolo e determinare colla massima semplicità le pres- sioni ricercate, avvegnaché s' è dimostrato che in tal caso il problema degli appoggi combinasi e non differi'^ce da quello d' un sistema di tre forze verticali , ed è appunto la ragione delle perpendicolari AG , DN ( Fig. I. ) eguale alla ragione di AM a DM . Non può procedersi del pari però se gli appoggi sono più di tre , cioè parlando per e<^empio dei quattro , non vagliono per la soluzione del problema le equazioni derivate dall' assumere (Fig. Vili.) i bti AM, MG, GB, B A del quadrilatero ABCM, in cui si trovano collocati, per assi di rotazione, poiché la posizione respet- 73' tiva del centro di gravità G del corpo sostenuto verso f^li appof^jgi A,B,C,M, o viceversa, da cui unicamente dipender deve la diversa pressione da essi sofferta , è fissata soltanto dalla lunghezza de" rami AG,BG,CG,GM, e dalla scambie- vole loro inclinazione . Qiiesta è appunto la principal vista c!i' io reputai doversi tenere ( Introd. Mem. cit. ) nell'acci- gnermi allo scioijlimento di così ardu^i questione , in cui niente meno che in ogni altro soggetto fisico o fisico ma- tematico, del calcolo non dee valersene che per semplice istrumento , che guidato esser deve dalla ragione. §. XIV. Il sempre mai benemerito fondatore , il Chia- rissimo Lorgna , di questa nostra Società , nel Tom. VII. , segue nella sua Memoria Del/' azione di un corpo retto ec. l, gli studj fatti sull'argomento dal Faoh, in quanto come egli ripete con esso , contro il mio metodo ed i risultamcnti che somministra ,, i movimenti di rotazione non possono „ riferirsi al più che a tre assi , onde ottenere equazioni „ tra di se indipendenti , e che però un' equazione nel ca- „ so di quattro appoggi , due equazioni nel caso di cinque „ appog<;i , e così successivamente , sono necessariamente „ comprese nelle tre fondamentali e tra di se indipendenti j „ onde resta sempre indeterminato il problema , allorché „ sono più di tre gli appoggi non posti per diritto . ,, Con- venendo però meco che tal problema non :sia per costitu- zione propria indeterminato anche in tutti gli altri casi , es- pone , come può vedersi nella mentovata sua Memoria , una soluzione generale di es<;o, escludendo ogni e qualunque mo- vimento di rotazione . Conchiudesi pertanto , passando al concreto, da questo nuovo metodo, che per esempio con- dotte le diagonali AC, BM ( Fig. VIII. ) del trapezio ABCM ai di cui angoli stanno disposti quattro appoggi A,B,C,M, e supposto cadere il centro di gravità G del c^orpo dentro i due triangoli ABM , ACM , ì' appoggio B soffra la rretà della pressione che soffrirebbe se sostenuto fosse il, corpo dai tre soli appoggi A,B,M ; l'appoggio C la metà di quella, se sostenuto dai tre soliA,C,M; la pressione sull'appoggio A \z metà della somma delle due pressioni che porterebbe ne' suddetti accennati due casi ; e così dell' appoggio M . Ma oltre che in tale soluzione non si osserva la condizio- ne che ho ricordato nel paragrafo antecedente , mentre le ^K 2 7<5 pressioni sugli appoggi B,C sarebbero indipendenti dalla rcs» pettiva loro posizione; per non giudicare arbitraria l'enun- ciata distribuzione del peso del corpo su i quattro appog- gi , bisogna dimostrare il Teorema , o che V ipotesi assun- ta e da cui immediatamente risulta convenga al, problema da risolversi . Comunque sia però io mi lusingo di aver di- mostrato ad evidenza doversi distinguere il problema de' so- steghi o degli appoggi , da quello d' un sistema di forze verticali congiunte al corpo da sospendersi in equilibrio ( §. V. ) , e di aver comprovato che il, mio metodo che am- mette tante rotazioni , e conscguentemente tante equazioni quanti sono gli appoggi ^ e che finalrnenre consiste in un convenevole uso e riguardo alle- condizioni del problema dei fondamentali principi della Statica de' solidi , sommini- stra risultamenti determinati e conformi, alla ragione . {Joa^^L^om^/^^0^^ C^ 1. G uia. 4. G C >f d eiL^ A G e C/^ 7 ....;:::^M Tr.c,//' Uoc.C/z^z/.cJo/n. /:^0. ro? 7T DEL NATRO ORIENTALE Di Luigi Palcani . Ricevuta li 16. fratti* An. VII. ( 4. Giugno 1798. ) UNa bella e .'^ravc quistione si è risvegliata in questi ultimi tempi intorno a quel Nitro , di cui molte cose scrissero gli antichi , e Plinio sopra ogni altro . Che questa non è tale controversia , quali sono le erudite assai volte ) che più di vaghe77a hanno che d* utilità , e perciò i Fi- losofi le tengono in poci stima , e quasi se ne sdegnano . Ma noi swpiamo , che di quel!' antico Nitro non poco si valen la Medicina , e ne usavano molte arti , che vorrem- mo sapere, né sapremo giammai,, se quel Nitro n' è sco- nosciuto. E già non- mancano dotti uomini , che l'hanno per vero nitrato di potassa , e sostengono T opinion loro con molto ingegno , e con dottrina non volgare. Tuttavol- ta i più stabiliscono , eh'' era quel nitro una particolare so- stanza, eh' oggi ancora presso gli Egiziani ed altri Popoli dell' Oiente in varie guise s'impiega, e col volgere de' se- coli tramutò lievemente suo nome, e Natro fu detta. Quin- di s' accese una dura ed' ostinata contesa , e non pur si mosse contrasto sopra le testimonianze degli antichi , che non rade volte danno materia ad ambiguità; ma si dubitò ancora della stessa indole del Natro Orientale, e si citarono oppo'^te osservazioni di moderni Autori intorno ad essa , e tutto fu lite e discordia.- Di che nulla meraviglia mi pren- de . Del Natro scarseggia grandemente 1' Europa : non fu difficil cosa r aggirare qualche Fisico y. e fingere Natro Egi- ziano ciò che non era : altrimenti chi spiegarebbe tante dis- sensioni ? Troppe sono le jattanze de' Via?pìafori , e le ba- ratterie de' Mercanti . Perciò Linneo stesso , che pure avea letto Duhamel, desidera che si raffermino le sperienze di qucll' illustre Fisico , ed altre se ne istituiscano sul vero Natro O-ientale , ne par contento della notizi» eh' egli n' avea. Perciò colsi avidamente 1' occasione , che mi por- gea il nostro Istituto , d' osservare tal Natro che può cre- dersi ne adulterato , né fittizio , ove si consideri , com' es- 7» ^ so qui venne. Sono più di due Secoli > da che Pietro An- drea Mattioli, nomo ciiiarissimo , ricevè da Costantinopoli una gleba di Natro Orientale dal dotto Medico Gulielmo Qi^^iacelbenio , in nome dell' Ambastiadore di Ferdinando Cesare al Re de' Turciii . Ben tosto il Mattioli donò ad Ulisse Aldrovando una porzione della ^Icba ; di che fanno certa fede le lettere che allora si pubblicarono di Q^iaceibe- nio al Mattioli, e del Mattioli all' Aldrovando- Il Museo di questo egregio Naturalista Bolognese venne per testa- mento al nostro antico Senato , e questi poscia iJ ripose nell' Istituto . Ma più ancora larghcgt^iò con noi il celebre Odoardo Wortley Montegù , recandone egli stesso d'Ales- sandria una maggior copia di Natro i che pel colore, e pel sapore, e per ogni altra qualità rassembrava perfettamente a quello, che ne hisciò 1' Aldrovando; se non che il più moderno era più duro e più adusto ; 1' altro per 1' età lun- ga era caduto in una cc-ta fralezza, e quasi ridotto in pol- vere non affatto arida . Parvenii che questi due pezzi fosse- ro opportuni alle osservazioni , ma conveniva che se ne contentasse il nostro Gaetano Monti , che allora invigilava alla custodia delle cose naturali dell' Istituto . Si recò quel cortese uomo a compiacermi, e si tentarono alcune prove non affatto vuote d' utilità ; e so bene eh' altre se ne po- tevano intraprendere, ma facea duopo conformarsi a Monti, né doveano troppo offendersi colle nostre pratiche que' Mo- numenti orientali . Che se non altro mi fossi proposto , che di far palese al volgo dei Chimici 1' indole alcalina del Na- tro ; facil cosa era il soddisfarli : Poiché la indicavano ab- bastanza e il sapor acre e liscivioso , eh' ei producea su la lingua , e il bollir che facea cogli acidi , e la verdezza on- de colorava lo sciroppo di viole- Né tralasciai d' indagare ciò che accadea gittando alquante particelle di Natro nella soluzione di Mercurio sublimato : Poiché assicura Tourne- fort che questa subito inalba, e il racconto d' un tant' uo- mo disviò molti , ed inasprì le dispute che da poco in qua s'eccitarono. Noi per lo contrario la vedemmo ingiallire, ed affondare una posatura , che poco dopo si tinse di color di mattone • Ma ben può credersi , che Tournefort avesse per le mani tutt' altro che vero Natro, o se l'ebbe in par- te , questo fosse confuso con altre sostanze, e singolarmcn- 79*. te col muriafo di soda. Vedete che quel suo Natro gitta- to in su le bragie crosciava , e posto in su la lingua sapca di sai marino ; ninna delle quali cose s' osservò certamen- te nel nostro. Taccio d'altre sperienze, che già fece Duha- mel , e che per noi si replicarono , ed a quelle furono per- fettamente conformi . Non so tuttavolta , che o Duhamel od altri s' occupasse giammai in due operazioni Chimiche non affatto dispregevoli, ch'io descriverò brevemente. Scio- gliemmo in acqua distillata una porzione di Natro ; la so- luzione si tragittò per carta , indi accolta in un piatto di vetro s'accostò al fuoco, perchè s' avesse un giusto e ben temperato svaporamento . Bello fu il vedere , che il fondo del piatto s' incrostava a poco a poco di laminette sottili , bianchissime , trasparenti , aguzze , tra le quali compariva- no cristalli certamente poliedri , quantunque fossero ammas- sati per modo e confusi , che la figura loro non si potea definir facilmente. Alcuni però erano, senza alcun dubbio, veri parallelepipedi in cui due piani opposti aveano la for- ma d'acutissimi rombi. Né debbo omettere, che nella stes- sa guisa si cimentò il ranno di soda, e si mostrarono gli stessi cristalli . Ma le tenui lamine , che il Natro ne avea compartite furono sciolte di nuovo in acqua purissima , e sopra vi si versò goccia a goccia l'acido muriatico allun- gato ; si commosse grandissima effervescenza , che poi si represse . Fu intromessa la soluzione in un bacino di vetro, che appressato al fuoco svaporò; allora si coperse il vetro di perfettissimi cubi, affatto pari al sale marino, o si assa- porassero o se ne guardasse il colore. Il ranno di soda ten- tato nella stessa maniera fornì gli stessi cubi , senza varietà niuna . Confido , che se queste esperienze vorranno -aggiu- ^nersi all'altre che prese Duhamel, non parrà oscura la con- venienza della soda e del Natro, che quegli prima conobbe per certe prove, alcuni asserirono mossi dal credito di quell' insi.c^ne Fisico , altri negarono o senza prove o con prove fallaci , e certamente senza rispetto ad autorità . Che se in ciò non m' inganno , non si riputerà così ardua e paurosa la quistione intorno all'antico nitro , come si è creduta da molti . Poiché se ci faremo a investigare le proprietà che gli furono attribuite , intenderemo assai facilmente , che que- ste stanno bene a tutt' altro che al nitrato di potassa . Ne 9o fornerò in tu le cose dette da altri, né mi piacerà di mct» ter in veduta quei testi che Lorgna scontrò, e trattandone alcuni che i seguaci di lui indicarono, lo farò in modo non affatto sfornito di novità . E vogliono tenersi in gran con- to i Libri d'un Popolo Orientale , cui certamente non man- cava la cognizione dell'antico nitro." Roberto Boyje avvertì già da gran tempo, che nei Libri sacri degli Ebrei (i) s'es- primeva l'antipatia tra l'aceto e il Mather o Mether ; e lo- dò , che quella parola Ebraica fosse voltata in Latino per nitro ; a che lo induce e il suono medesimo di quel voca- bolo , e r autorità di valenti Traduttori . Io per orore di questi afjpiunperei volentieri , che secondo la narrazione di Plinio , il cenere della feccia del vino seccata ha la natura e la forza del nitro • E mi piacerebbe di richiamare alla memoria un altro luogo dello stesso Autore, in cui si di- ce che la cenere di rovere bruciata è nitrosa . Giacché de- scrivendo Plinio in sì fatta maniera il nitro de' tempi suoi , fa conoscere abbastanza tal indole di esso , che non lascia alcun dubbio intorno alle sue contrarietà all' aceto . Ed ab- biam pure negli stessi Libri Ebraici una sicura testimonian- za, che pel nitro si mondavano, e s'astergev.mo i corpi (2) . quindi l'uso di esso nei bagni. E mi ricorda^ che Celio neir ultima sua Lettera a Cic*;rone , che allora amministra- va la Cilicia , volendo pungere la troppo severa diligenza d' Appio Claudio Censore nel correggere i costumi della Città: egli, dice, si persuade, che la Censura sia lomen- to , o nitro . Era il lomento una farina di fava , che usa- vasi come cosa astersiva nei bagni . Facea dunque il nitro 1' uficio del ranno , o del volgare sapone . Non è perciò credibile , che il nitro , di cui parlarono gli antichi , fosse ciò che il volgo chiama salpietra ; poiché né questo ferve coir aceto , né ha le virtù , che appariscono o nelle ceneri dei vegetabili o nelle combinazioni degli olj con qualunque base. Ed oltre a ciò di quel nitro, e d'arena o di selci trite si componeva il vetro : Nel mare Vuìturno , dice Plinio , nasce una rena bianca , che si frange nella macina e nel mor- (i) Proverb. Gap. ij. il) Geremia II. \%. 8i tajo ; questa si mesce con tre parti di nitro , e strutta si trasfonde in altre fornaci : <]uivi formasi una rnrissa detta Ammonitro , che poi si ricuoce e diviene vetro puro . Non sembra egli , che Plinio abbia quasi ritratta la moderna fab- bricazione del vetro? I nostri Artefici accoppiano l'arena o le selci peste colla soda , e compongono una massa , che poi con temperato fuoco ammolliscono i essi la chiamano Frifta ; e questa per 1' ardore delle fornaci liquidisce e si cangia in vetro . Ella è dunque la stessa cosa la Frttta dei nostri tempi , e V Amntonìtra degli Antichi : noi al nitro abbiamo sostituita la soda pari al Natro Egiziano per na- tura e per qualità ; non avremmo potuto surrogare il sai- pietra, che nulla ha di comune col Natro . Molte eziandio sono le virtù Mediche , che Plinio e Dioscoridc attribuisco- no al nifo, niuna delle quali si reputa conveniente al sai- pietra . Poiché i Medici dicono che questo refrigera , e modera , e reprime T ardor febbrile . Ma Plinio facendosi ad annoverare i vantaggi , che riceve dal nitro la Medi- cina , incomincia : il nitro riscalda , assottiglia , rrorde , condensa , disecca , esulcera . Indi aggiunge molt' altre cose '-, ma non fa motto o di forza diuretica o d' altro at- tributo del salpictra . Tutto ciò eh' ei ne dice , mostra che r azione del nitro si credeva acre, stimolante, e m.ezzana- mentc caustica . E so bene , che alcuni vogliosi di confon- dere r antico nifo col salpictra vorrebbero persuaderne, che ne' lontani Secoli fosse in costume di sottoporre quel sale air azione del fuoco, e'dar quindi 1' essere al carbo- nato di potassa , che pure è disposto a molti usi che per noi s' ascrivono al Natro , e suol numerarsi tra le sostanze atte a far il vetro . E questi appoggiano la conghiettura lo- ro ad un luo^o di Plinio, in cui si dice = Urhur in testa nìtr-itm , ne exUiat : alias igne non exilit nitnim = . Il qual luogo però non è facile ad intendersi , e pare implicato manifestamente e corrotto j e tal parve ancora all'Arduino, che tuttavia non 1' emendò . Comunque sia , i paesi celebri gi:\ un tempo per le nitraje posseggon pure una sostanza nativa e dimestica , che più assai del snlpietra risponde a ciò che fu scritto anticamente del nitro . Perchè dunque ob- blieremo questa, che s' offre spontanea a nostri sguardi, e di se quasi fa mostra ancor non cercata , per sospettare Tom. Vili. L 82 d' artificj , che dessero nuova forma, e recassero il salpje- tra da uno stato ad un altro ? Ed è poi anche da notarsi , che non s' ardeva il nitro , se non allora che disponevasi a qualche singoiar uso : e pure sarebbe stato general costume d' abbruciarlo, se ciò che leggiamo di lui s' interpreti del salpietra . Alcuni , dice Plinio , lo ardono , indi 1' ammorza- no con vin brusco, e il pestano, e poi se ne valgono senz' olio ne' bagni contro alle bolle o pustole . E poco dopo ripiglia : arso, e fregato a denti gi' in,bianca . Or non ia- cea mestieri il ricordar quell* arsione in due soli casi , se questa tante volte si praticava , quante o ne' b?gni o in al- tri uffizj mettevasi ad opera il nitro • Né a Plinio contrasta Dioscoride . Poiché questi esponendo le rredicine del nitro viene a dire, che alcuni lo infocano : era dunque ciò usan- za d* alcuni , non di tutti o de' più. Che se crediamo, che il Natro s' abbrustolisse , non è faticoso il disccmere , a che tendesse una tal pratica; poiché non v' ha dubbio alcuno, che non dovesse farsi più risentito e più rodente . E già il paragone , che finora ho fatto del nitro degli anticl i col Natro Orientale, può stimarsi, a parer mio, trattabile e piano . Leggo però in Plinio alcune cose meno facili a spie- garsi ; pure mi persuado , che se è malagevole 1' accomo- darle al Natro, non è men duro il riferirle ai nitrato di po- tassa . Narrasi , che il nitro per lunghezza di tempo s' im- pietrava: Il che denota per avventura, che il nitro contrae- va una durezza quasi di pietra . Una solidità non CiisMinile si è talora sperimentata nel muriato di soda fossile, né può giugner nuovo che di questo si fecero alcuna volta lavori d' intaglio di lunga durata , non guasti facilmente né sfor- mati dilì' aria •" non potrà 1" istesso essere accaduto al Ni- tro 5 ch^ è pur nativo d' un paese caldo sommamente , td arido ? Ma Gaetano Monti sospettava d' altra cosa , ci.e avesse tratto Plinio in errore , o piuttosto gii Autori che Plinio fedelmente trascrisse . EfIì ne mostrava una -jleba , cui dava il nome d' alabastrite calcario - salsu-^inoso , a noi donata da Montegù , quasi affine del Natro . V era apposta r iscrizione : sai fossile ,, che i Turchi mettono in uso Me- dico . Emula il marmo in saldezza ; è quasi diafana ; singo- lare attitudine al polimento ; ricusa di sciogliersi per acqua ; fevve cogli acidi; alquanto salsa ^ ma n' è il sapore di poca 83 foTTA , rimarresti in dubbio se di sai marino o di natro . Ben era Monti bramoso d' esplorarne 1' indole intima- mente , e volgeva nell' animo non poche sottilità Chimi- che ; ma non voleva perdere quel dono di Montegù , e la cupidità di conoscerlo fu vinta in certa guisa dal desiderio di conservarlo . Tuttavolta ne risecò alquanti frammenti , e gì* immerse nello sciroppo di viole; questo si colorò d'un verde sordido ed otFuscato , e assai lontano da quello che v' induceva il natro. Procurò di cavare dalle stesse minuzie alcun poco di sabedine coli' acqua distillata , e su ciò che ne trasse, sp;!rse la soluzione di Mercurio sublimato , che produsse poco dopo una posatura tra bianca e gialla : ben altro, come vedemmo, fu il sedimento, che si otten- ne dal natro . Credeva egli dunque , che in quelT alabastritc E_jizimo si racchiudesse ima sostanza atta a scomporre il mercurio sublimato, ciò che il s-ale marino e il salpietra non fanno, la qu;iie fosse il Natro; e che altro verisimil- mente poteva essere? Perciò non gli piaceva, che il Natro esso mcdcsi no si convertisse in pietra , ma che una terra calcaria , unendosi a lui generasse tal volta un cumolo sas- soso . Q^iesto osservato senza molta cura dagli antichi die- de occasione alla credenza, che il Natro stesso impietrasse. Comunque ciò sia ; non solamente la natura , se ascoltiam Plinio, convertiva il nitro in pietra; ma T arte eziandio, cuocendolo insieme col solfo • Onde alcuni s' argomentano il nitro Egiziano nuli' altro essere, che il salpietra; poiché questo, ove s' abbrugj col solfo, produce una massa mez- zanamente salda e dura , eh' è il solfato di potassa . Io pe- rò credo , che se gli antichi avessero messo a quella prova il salpietra , sarebbonsi accorti del folgorar eh' ei facea so- pra il solfo e sopra i carboni ; di che pure niun Greco e niun Latino fa parola innnnnzi all'età di mezzo. Senza che la durezza del solfato di potassa non è tale , che venga al paragone con quelle d' una pietra . Tuttavolta mi sarebbe stato carissimo 1' osservare ciò che accadea , collegando il Natro Egiziano col solfo: ma non dovea mandarsi a distru- zione il Natro dell' Istituto : in luogo di cui piacquerr.i di sperimentare il sale de' vetraj cavato dalle ceneri di soda , che avea già veduto convenir così bene col Natro. Cimen- tai dunque in un fornello di riverbero un crogiuolo , in L 2 84 cui avea riposta una poreione di que! s»le , e un poco At Tolfo ; s* eccitò un fuoco gagliardo i il sale si sciolse , e lungo tempo infocò. Raffreddato si strinse in un mucchio assai duro e ponderoso , e quasi conforme alla feccia de' metalli , Sf stemperava con acqua : la sua acimonia s' erx fatta più vigorosa. Né dubito punto, che le stesse cose non fossero seguite , se avessi presa esperienza del Natro ; che liquefatto col solfo si cocea su carboni , per custodire e serb:ir le cose che si voleano mantener lungamente y sic- come avverte Plinio. Forse di questo apparecchio si valea- no gli Egiziani a imbalsamare i Cadaveri, e difenderli dalle offese del tempo . Certamente Erodoto ne racconta , che il nitro in Egitto avea parte nella conservazione dei morti avanzi . Ma ciò non è gran cosa alT argomento , che mi sono proposto . A me basta d' aver dichiarate le osservazio- ni , che m' inchinano al parere di Duhamel e di Lorgna : le quali confido, che non sembreranno affatto vili, o si consideri la gravezza e la ritrosia della quistione cui appar- tengono , o il nome e l'auforitì di Gaetano Monti che meco ed a richiesta mia le intraprese . 'mm 03SERVAZI0MI ELETTRICO- ATMOSFERICHE , E BAROxMETRICHE, INSIEME PARAGONATE. Di Giusippi Maria Giovine Vie. Gen. di Molfetta IN Puglia. fresentata da Allerta Fortis li 17. Tratite Ann. VII. ( 5- Giugno \~ig^. ) Intioduzione» MA'.gvndo nlh difTii^rone degli studj, e delle o<;scrva- zioni meteorologiche per tutta l'Europa, la Meteo- rologia sembra ancora essere se non nelle fasce , almeno nella fanciullezza. Poiché da sommi uomini, i quali ebbero il me -ito di aver fondata questa scienza , fu stabilito un certo ordine ed un certo metodo di osservare, codesto metodo venne da tutti seguito , ed è oramai più di mezzo secolo dacché si mantiene costante . Qiiindi essendo nella natura delle cose che simili risposte debbano aspettarsi da simili interrogazioni, è avvenuto perciò, che la natura à risposto sempre é' un modo a cento osservatori , che tutti ad un modo r anno intcìToo-am , ed in tanta moltiplicitì di aman- ti delle cose meteorologiche si è andato poco innanzi , né si è guadagnato più che il sapere o la comparata elevazione de' luoghi, o la rispettiva temperatura', ed altrettali co5e . C iiun]ue visita due o tre volte il giorno il barometro , l'igrometro, il termometro, l'a'go magnetico, o altro qualsi- voglia istromento, gii si crede d'aver un luogo nella classe degli osservatori in Meteorologia , ed esce al pubblico con lunghe filze di numeri, e di lettere maiuscole , le quali nien- te altro ci dicono sennonché nel tal giorno, nel tal pac^e si è sentito un tal grado di caldo o di umido, si è mossa l'aria dell' Ovest piuttosto che dell' Est , ed è stato il cielo sereno o nuvoloso. Non dico io gi\ che queste osservazioni ed altre simili proseguite per una serie ben lunga di anni non possano produrre cognizioni utili e vantaggiose per un dato paese; ne che tali osservazioni n-.oltiplicate in più luoghi ed a varie ^ distanze non debbano al fine de' conti portare un' aumento alla Scienza. So che la comparazione può e dee dar sempre de' nuovi lumi: ma è pur vero che quanto più cresce e va in immenso la massa di tali osservazioni-, che sebben mol- tiplici poco tra lor differiscono , tanto si fa maggiore la dif- ficoltà di sistemarle, di ordinarle, e di trarne de' risultati, e tanto maggiore forza d' ingegno sarà d' uopo trovarsi in Colui il quale un dì o Taltro volesse metter le mani in que- sta posta per formarne una qualche cosa. Mi sembra dun- que che dovrebbesi , non gi?i cessare in tutto dell' osservare secondo il volgar metodo j ma rinvenire nuovi modi , aprirsi nuove strade, farsi nuove viste, cambiarsi, dirò co- sì, i quesiti eie dimandc ,• così potremo sperare avanzamen- ti rapidi nella Meteorologia . L' igrometro ed il terircmetio messi soli nelle dotte mani del cel. Saussure ci àn dati più interessanti risultati , che non avremmo potuto sperare da cento osservatori seduti in mezzo ad un nobile e moltipli- ce apparato di delicati istromenti appesi ne' gabinetti ed os- servati periodicamente in determinate ore del giorno . Di- ciamolo : noi abbiamo forse afferrato 1' insieme della Meteo- rologia , come chi vede da fuori un immenso edificio , e si fa una idea della vastità , della magnificenza , e della bellez- za di quello: ora sarebbe tempo di entrar dentro, d' osser- varne minutamente le parti e la lor connessione • E prima di ogni altra cosa io vorrei , che si prendessero a due a due tutti gli oggetti della Meteorologia , e per mezzo di lunghe osservazioni si paragonassero insieme , onde saper- si se r uno suir altro abbia eguale influenza . Ciò che à fatto Saussure coli' igrometro e termometro; ciò che à fat- to de Lue col termometro e barometro ; ciò che à fatto in parte Beccaria coli' igrometro e coli' elettroscopio at- mosferico ; dovrebbe farsi cogli altri strom.cnti a mano a mano . Non ci darebbon forse delle utili cognizioni 1' os- servare comparativamente e per lungo tempo barometro ed atmidometro , atmidometro ed elettroscopio , elettroscopio c magnetometro , e così via via ? L' uomo non può com- prendere molte cose insieme , e forza è che le prenda a parte a parte se vuol conoscere la natura. Con tali viste appunto , trovandomi ad abitare sotto d un clima dolce , sotto un cielo ordinariamente sereno , 87 in una Citt.\ non dominita da monti, ma la quale per mex* zo Gerchio al Nord à il mare , per 1' altro mezzo cerchio al Sud una immensa pianura , in cui 1' occliio si perde , ò creduto di trovarmi in circostanze opportune per istudiarc l'elettricità atmosferica a ciel sereno, ossia, giacche vale 1' istesso , l'elettricità propria ed inerente all' atmosfera J O' cercato perciò di studiarla , studiando nel tempo stesso il harometro , di maniera che le mie osservazioni fossero una perpetua comparazione fra lo stato della elettricità dell' atmosfera e lo stato del barometro , ed a buon conto , fra l'elettricità dell' atmosfera, ed il maggiore o minor peso dell' atmosfera stessa . Giudicherà il Lettore se ciò sia sta- to di proiitto . Io mi fo a rendergli conto così degl* istro- menti da me usati , e del metodo di osservare da me tenu- to , come iilrresì de* risultati di fatto ottenuti dalle mie osservazioni . E po-rò in fine le mie congetture su la ca- gione delle variazioni barometriche ,; congetture ispiratemi , dirò cosi, dalle osservazioni ► §. L- JstrometJt't , e metodo delle osservazioni . CRedo necessario il render conto degl' istromenti da me usati nel corso delle mie osservazioni, acciò il Pubbli- co possa loro accordare quel grado di fiducia di cui le cre- derà meritevoli, e non più »^ E primamente dirò il barome- tro delle mie ordinarie osservazioni essere stato quello che dicesi a boccia^ sufficientemente esatto , ed io mi faccio una gloria aggiungere essermi stato mandato dal celebre Toal- do , che senza dubbio è il maestro di color che sanno nelle cose meteorologiche. O' detto ordinarie ^ perchè poi osservo anche talora con un eccellente barometro a pozzo ,, ed a li- vello galleggiante, lavorato da DoUond . Il barometro, di cui prima ò detto , trovasi situato nella mia stanza da stu- dio, e precisamente all'altezza di piedi parigini g5,j. sul li- vello del mare • Ora quantunque il barometro abbia annes- so ancora il termometro , onde mi sarebbe stato ben faci- le , quando il bisogno lo avesse richiesto , il correggere il primo col mezzo del secondo , nondimeno non 1* ò vola- 88 to fare, perchè realmente non vi «ra bisogno ài farlo. Non ven* era in fatti d' uopo , quando nel mio studiolo le mu- tazioni sensibili del termometro si veggono solo di mese in mese, non nelle varie ore del giorno . Una , due, o tre decime di prado debbono influire assai insensibilmente sul barometro . Il mio apparato elettroscopico-atmosferico è di costru- zione del chiaro Professore Cagnazzi di Ait?rr.ura , il qua- le all'estese cognizioni che possiede, unisce i talenti di la- vorare con estrema esattezza quasicchè ogni genere di nia- chinuccie fisiche., ed il quale ebbe la compiacenza di farme- ne il prezioso dono . Desso è quale fu proposto dal cele- bre Volta. Io reputo, inutile il descriverlo, giacché per far ciò non avrei che a copiare quanto questo Illustre Fisico à detto nelle sue let*tere a Lichtcmberg inserite nella Biblio- teca Fisica dell' Europa del Brugnatelli . Per m;iggior chia- rezza non debbo però lasciar di dire che alle, boccette, le quali contengono T elettrometro a pagliette, io posso adat- tare quando mi piaccia, o un filo di ottone alto due pie- di e che finisce spiralmente in punta , a canto della qunl punta e dentro la spira io pongo un zolfanello o due , co- me meglio mi pare, e che accendo nel tempo della osserva- zione ; ovvero posso adattarvi una spezie di chiodo metal- lico , il quale è attaccato ad un laccio d' argento , che pen- de ,da un lanternino situato in cima ad una colonnetta di vetro intonacata di cera -lacca, la qual colonnetta è impian- tata su di un asta di legno lunga per piedi cinque ; il lan- ternino poi riceve ima candeletta , che si accende in tempo della osservazione . O' detto Jc boccette , perchè verarrentc ne ò due, una cioè a paglie più sottili, 1' altra a paglie più grossicelle , e sono ambedue così costrutte, che conforme alla prescrizione del citato Volta cinque gradi di divergenza nella prima boccetta corrispondono ad un grado nella se- conda . Così quando io osservo col filo di ottone impianta- to su la boccetta , che tengo in mano alzandola fin sopra al mio capo, la fiammella del solfanello va a piedi 7,25. cir- ca dal suolo del luogo ove osservo. Quando poi osservo col lanternino messo su dell'asta giìi detta, che impugno colla mano, che porto quanto più si possa alta , la fiam- mella si solleva per circa 13. piedi dal suolo. Il luogo del- le' 89 le mie o'Jservazioni è un angolo del terrazzo della mia abi- tazione , e trovasi elevato da terra per piedi 45., e dal li- vello der mare per piedi 6^., essendo lontano in linea orix- zont;ile dal mare per piedi 105,5. Io non debbo neppur omettere, per la dovuta esattezza, che un tal luogo à T in- comodo di essere in distanza orizzontale di poco più di 60. piedi da due campanili, uno all' Ouest l'altro all' Sud- Sud -Owest, ed il primo a()bastanza alto. Nelle moltiplici mie osservazioni io non mi sono accorto di furto di elet- tricità alle mie boccette da questi campanili . Ma sia poi comunque, i risultati delle mie osservazioni non ne posso- no ricevere nocumento . E' necessario anche che io avvisi , di aver sempre os- servato dopo aver riscaldata un po' fortemente la boccetta. O' trovato , che così si accrescono notabilmente i segni elettrici , cosicciiè il riscaldamento della boccetta può far benissimo le veci del condensatore usato dal Volta per avere indizj della più debole elettricità . Purché la colonnetta iso- lante sia ben netta e forbita , è inutile il riscaldarla ; ed io mi sono assicurato , che questo non fortifica ,'a elettricità . Ni*- primi giorni, che incominciai a praticare le mie osser- vazioni , io uìava sottili e dilicati candeiini lunghi per un pòllice e mezzo circa, e mi serviva deli' istesso candeiino, finche si 'consumasse , per più osservazioni. Ben presto mi accorsi , ciie queste ne divenivano erronee . Qinndo il can- deiino era cosi lun?-o che la h"amma lambisse la sommità de! lanternino, e uscisse anche un poco fuori dai sfiatato) C5istenti in cima di esso , si avea elettricità più forte assai , e maggiore , che se essendo il candeiino più piccolo , la fiamma stesse tutta rinseirata . Così , come può ben imma- ginarsi , la fiamma posta nel mezzo del lanternino è più quieta , e perciò meno vivace di quando sia alla sommità . Ad evitare perciò ogni errore , soglio far cosi : In mezzo al lantei-nino tengo elevato un pezzo di candela , che rima- ne sempre la stessa , e su di codesta appoggio un altro pez- zo di candela per accenderla , e questa non tanto piccola di diametro, e che non ecceda l'altezza d'intorno alle quattro lince , procurando sempre che il lumigrolo sia eguale , per quanto più si possa . Così la fiamma può essere, una iinca più uiia linea meno, ;'!ta o bassa, locchè deve produrre il Tom. Vili. M minimo errore . Ad evitar anche questo ò fatto di più : ò creduto di dovermi servire tanto dell' apparato col filo con solfanello, quanto dell'altro coli' asta a lanterna e candeli- ne ; perchè così sarei stato meno esposto ad errori, che una osservazione correggeva 1' altra ^ e debbo dire, che questo metodo mi è giovato moltissimo . Io ripeteva 1' osservazio- ne coir uno e coli' altro apparato , e talvolta irccmirciava da capo , e non cessava di osservare se non quando i due metodi mi davano que' risultati tali quali dovean essere . Dico questo , perchè ordinariamente è maggiore la elettrici- tà e più forte coli' apparato a lanterna , che con quell' A- tro a filo . Il lanternino mantiene la fiamma in uno stato più vivace , perchè animata dal vento quanto basta ; ma non è così pel zolfanello, la di cui fian n a \ iene disturbata, e quasi ammorzata sol che il vento sia un poco fresco . Sog- giungerò solo , che mi era impossibile 1' usare di quct' ul- timo apparecchio nei giorni di vento assai forte e tem.pe- stoso , ed allora ripeteva più volte l'osservazione col pri- mo a lanterna . Sarebbe inutile il dire , che ad esplorare la spezie della elettricità io mi son servito di un bastore di buona cera- lacca , che strofinata accostava al coperth'o metallico della boccetta . E' già risaputissimo , che la elettricità a ciel se- reno è sempre positiva, e tale io sempre l'ò riccrc^ciuta . Io segnava il risultato delle mie osservazioni in un G'ornalc a parte da quello ordinario delle os'^cr-vazioni metcorclogi- che quotidiane , e lo segnava immediatamente dopo 1' osser- vazione , segnando nel tempo ste<;so lo stato attuale dell' aria con minutezza , il vento , il barometro , e 1' elettrici- tà . In tal guisa nel giornale meteorologico io avea 1' anda- mento del barometro prima e dopo 1' osservazione , e nell' altro giornale a parte , che dirò elettrico , avca 1' attuale stato di esso barometro. Senza tale avvertenza di avere un giornale del quotidiano ed orario movimento del barometro, mi sarebbe stata inutile 1' osservazione combinata dell' elet- tricità atmosferica , e del barometro . Io non avrei potuto vedere quali alterazioni la m;iggiore o minor dose di un fluido tanto attivo producesse neil' atmosfera . Finalmente debbo avvisare , che le mie osservazioni giungono poco meno che ad un migliajo, e che furono faf- I 5>i te per la continuazione di quasi due anni . Q^uindi ò esplo- rato il cielo in ogni stagione , in ogni qualità di giorni , in op^ni ora , eccetto intorno alla mezza notte . La mia acciaccosa salute non me lo :\ permesso , se non qualche rara volta , quantunque lo avessi voluto di più • Ne' calco- li però , de' quali appresso , non ò fatto uso se non di os- servazioni fatte a ciel sereno , e quando era sicuro , che non vi fosse stata elettricità temporalesca . E veramente sen- za un numero grande di osservazioni ripetute in varie cir- costanze è impossibile tener dietro alle leggi della natura in fatto di elettricità atmosferica . Una infinità di cause distur- bi il risultato delle osservazioni, e V eccezioni prodotte da tali cause sono poi tante , che senza un occhio attento è difficile il ritrovar la regola. Una nuvola, che si avvicini al zenit; un vento che spiri da plaga dell' orizonte ingom- bra da nubi ; una evaporazione molto avanzata in seguito di qualche pioggia locale j una nebbia o alta o bassa; il fu- mo anche de' camini , ed altrettali cose che sarebbe lun- go il noverare , sono tutte cagioni che turbano il naturale andamento della elettricità , e 1' osservatore dee saperlo trovare attraverso delle varie combinazioni, che lo fan tor- cere dal sentiero . E' perciò necessario , che chi volesse ripetere le mie osservazioni , come io ardentemente desidero niente temen- do il pericolo' di poter essere smentito ne' miei risultati quali darò appresso , poiché non amo se non la verità so- la, è necessario, dico, che le ripeta in un pac^e , ove tro- visi il minor numero possibile di cause disturbatrici . Fralle altre per questa ragione appunto io non ò potuto giovarmi delle copiose osservazioni elettrico— atmosferiche , che si tro- vano rci^istrate ne' volumi della Illustre Società Meteorologi- co-Palatina. Appena in un mese in Manheim , come rilevo dal giornale , vi sono alcuni giorni perfettamente sereni ; fre- quentissime poi vi sono le nebbie, le piog'^ie e simili. Ol- tredicchè 1' osservare una sola volta il giorno e non più , non può portare a risultati interessanti; né poi 1' elettro- scopio atmosferico del Sig. Cavallo , di cui quella Società ;à creduto dover far uso, è abbastanza esatto, poiché à gì* inconvenienti degli altri elettroscopj senza fiamma. Ma basti M 2 91 di questo: e passo a dire de' risultati delle mie osserva- zioni §. II. Kisultat't delle Osservazioni . L" Essere stato dal Volta dimostrato che gli elettroscopj atmosferici di qualunque costruzione , eccettcccliè a fiamma, non indicano la propria elettricità, di cui si trova r atmosfera imbevuta , ma bensì 1' elettricità di pressione , ossia accidentale, come a lui piace chiamarla, poteva e do- veva far nascere de" dubbj su le belle osservnzioni del Bec- caria , dei Saussure, e di altri; ed io non debbo negare, che il mio primo pensiero , allorché mi proposi una serie di osservazioni di Elettrometria atmosferica , si fu appunto quello di verificare i risultati ottenuti da que' celebri uomi- ni . Ed è veramente un piacere per me , che avendo osser- vato con apparato differente da quello de' testé rorrinati Fisici, ed avendo anche per cavarne i risultati preceduto con differente metodo , nondimeno si trovino questi pres- soché esattamente conform.i ai f^ià ottenuti anteccdentemen- te. lo ne andero trattando a parte a parte. E net incominciar da quello , che dicesi periodo giorna- liero della elettricità: è noto aver avuto il Bccc:'ria per ri- sultato dalle sue osservazioni che niuna discernibile elettri- cità si trova neir atmosfera , prima ed anche alcun tempo dopo del levare del sole ; indi che secondo il fole va ele- vandosi sopra r orizzonte , 1' elettricità va a g'-ado a grado insorgendo e crescendo in intensione ; mantiensi così duran- te il giorno , e cade poi verso il tr:i morta re del sole . Il de Saussure accordandosi interamente col Beccaria, aggiun- ge clie nel verno, stagione api^unto in cui T elctfititì è più torte 5 esiste un doppio maximum , e un do[pio mitii- mum nel periodo di 24. ore ; che cade il prim.o maximrm nelle ore avanzate della mattina , indi il prim.o mmimvm nelle ore medie della sera : e subentra poi il seconac maxi- mum nelìe ore della rugiada , rer dar luo?o in seruito al secondo miìimium nelle ore della notte inoltrata. " Io non ò proceduto a tirar deduzione da particolari os- servazioni , come fecero i due testé nominati illustri Fisici, | P3 mi ò risoluto prendere la cosa in massa , ed ò trovato ve- rificato pienamente il periodo assegnato dal Beccaria . Ecco il metodo del calcolo per formare la tavoletta della elettri- cità giornaliera, che qui unisco. Tutta la massa delle mie osservazioni a ciel sereno , fatte di due ore in due ore , è ripartita in altrettante colonne ; ò fatta quindi la sorrma di tutti i ri>pettivi gradi di elettricità nelle coppie di ore , e la somma rinvenuta ò diviso pel numero delle osservazioni stesse. O' per tal modo ottenuto il medio de' gradi di elet- tricit.'i nelle varie ore del gio:no prese a due a due. Mi faccio un dovere e un piacere di far noto, che debbo questa penosa operazione all' amicizia dell' Ab. Tripaldi , il quale alli dolcezza de' costumi unisce cognizioni molto estese , in fatto spezialmente di Fisica e di Meteorologia . Ecco intanto i risultati da lui avuti . Oi-emat. Elettricità 5. e 6. 2,5- 7. e 8. 9. e IO. 4,1. 4,5. 4,5. 1 1. e 12. Ore «erot. Ekttric. I. e 2. 5»5- 3. e 4. 5. e 6. 55)- 4>4- 7. e 8. 9. e IO. 1 1. e 12. 4»4- 4,1. i 2,5- A' dunque l'elettricità un flusso e ri- flusso giornaliero . Trovasi assai bassa nelle prime ore matutine ; in- di si va alzando a poco a poco a misura, che il sole si alza su l'oriz- zonte ; viene al massimo dell' al- tezza nelle prime ore pomeridiare, per quindi andar m;incando di .ma- no in mano , e farsi minima nella notte . E' pure da notarsi , che nelle ore 9. io. ir. e 12. della mattina si trova stazionaria , come lo è anche alle 5. 5. 7. e 8. della se: aj vale a dire, che ad egual distanza dal massimo e dal minimo ù un riposo . O* voluto pur coli' istesso metodo cercare se vi fosse anche riflusso , ossia periodo annuo ; ed ecco i ri- un flusso e sultati ottenuti nella seguente tavoletta 94 Mesi Gennajo . 6,80, Febbrajo • 5,64. Marzo . 5,16. Aprile . 4,75. Mas^^io . 4>.?7- Giugno . 5,90. Luglio . 4,85. Agosto . 3,45- Scttembe . 4,45- Ottobre . 3,09- Novembre . 4,7<5- Dicembre . 8,50. Elettricità . Ecco anche un flusso e riflusso an- nuo della elettricitil atmosferica . Né si creda clic questa in alcun mo- do si proporzioni al caldo maggio- re o minore ; poiché se nel perio- do giornaliero il flusso si trova nelle ore più calde del giorno , e il riflusso nelle più fredde; nel pe- riodo annuo è tutto all' opposto , ed il flusso si trova ne' mesi più freddi , quali certamente sono il Dicembre , il Gennajo , ed il Feb- brajo, il riflusso ne' mesi più caldi. Sembra dunque, che il Read (i) sia stato ingannato dalla osEcrvazio- ne del periodo giornaliero , allor- . elle scrisse che /« peyiod/ca elettri- cità dell' atmosfera difende molto dal freddo e dal caldo. Non potrebbe la stessa causa produrre un effetto in un periodo , ed un altro effetto contrario nel!' altra ? Sembra però strano, che veggendosi nella sopr;\ segna- ta tavoletta il maximum della elettricità essere in Dicem.- bre , indi a grado a grado diminuire , si scorga poi un rialzamento in Giugno che di nuovo va decadendo in Luglio, e giunge al minimum in A^^osto. Cosi pure dee recar meraviglia , che dall' Agosto andando a poco a poco ad aumentarsi l'elettricità, si trovi un risoluto abbassamen- to in Ottobre . E riguardo al prim.o , a me seir.bra quel rialzamento della elettricità atmosferica nel corso delle mie osservazioni per il Giugno e Luglio doversi attribuire ah' indole temporalesca , che ebbero presso di noi i due Giu- gni del 1794. e 179J., non meno che in parte il Luglio 1794. Per conto poi dell' abbassamento della elettricità , che si trova in Ottobre, io debbo avvertire, le osservazioni di quel mese non essere già state praticate nel luogo solito delle mie osservazioni in Città, ma bensì in Campagna . Co- là io osservo sull' angolo del terrazzo di una torre isolata , e messa in mezzo ad un bosco di Ulivi , di Mandorli , e (r) Transaz. Filosof. lypi. 95 Csrrubi . Dessa è alta 42. piedi Parigini, ed è distante da* ma'-e intorno a due miglia . O-a io mi sono assicurato con replicate osse-vazioni essere l'elettricità atmosferica maggio- re nelle vicinanze del mare, che dentro terra (i). L' Ot- tobre dunque avrebbe dovuto senza dubbio andare in pro- gressione , e se nella tavoletta vi si trova una retrocessio- ne , questi non dee attribuirsi se non al sito diverso delle osservazioni più lontano dal mare . Messe perciò da parte le circostanze altecanti , sembra potersi fondatamente stabi- lire i' andamento annuo della elettricità atmosferica esser tale che vada al massimo ne' mési freddi , vada al minimo ne' mesi caldi . Spero che non riesca disaggradevole il trovar qui un' altra tavola . Nella prima colonna è segnata V altezza media del barometro per ciascun mese i nella seconda i gradi me- dii della elettricità: nella terza le differenze fra la massima, e la minima altezza del barometro nell' istesso mese. Eccola. Mesi Barometr. Elettric. difFer. Gcnnajo 28. 1,8. 6,80. 12,0. Febbraio 28. 1,4. ^,64. 10,0. Marzo 28. 1,1. 5,16. 9,0. Aprile 28. 2,0. 4,7^. 6,7. Ma^JÌo 28. 2,7. 4,n- 5,1. Giugno 28. 1,0. 5,90. 4,1- Luglio 28. 2,4. 4,85. 5>4- A.CTo<^ro 28. 2,3. ?,^9- 5,0. Settembre 28. 2,0. 4,45- 6,6. Ottob'-e 28. 2,0. Ì,99- 7>4- Novembre 28. 2,1. 4,16. 9,3- Dicembre 28. 1,8. 8,50. 8,9- (i) Io non mi fermo su questa ca sia l' istessa ne' paesi di mon- O'servazione , che certamente è in- lagna, e ne' paesi di pianura ; co- teressante . Sarebbe pur necessario me anche se 1' istessa ne' paesi di il sapere se 1' elettricità atmosferi- miniere , e ne' paesi dove noa tto» g6 Io non mi avanzerò a dir qualche cosa su le conrc- guenze de' risultati di questa tavola ; ma è ben rimarche- vole , che le differenze barometriche si trovino in progres- sione conformi ed unisone ai gradi della elettricità atmosfe- rica . RiPiCttendovi anche sopra con una maggior attenzione e minutezza , vi si troverà forse una certa anticipazione nella elettricità , una certa posticipazione nel!» quantità del- le dilferenze ; per cui nasce sospetto , che prima sorga T elet- tricità maggiore, e quindi venga un m.aggior disturbo nel barometro , ossia un maggior disturbo neila gravità e peso dell' atmosfera, di cui il barometro è misura. Che se bene si osservi , e si faccia alcuna riflessione sulla tavola , clic ò dato , non sarà difficile il rinvenire qualche corrispondenza anche fra le altezze barometriche ed i gradi delia elettrici- tà ; in guisa tale che a maggiore altezza corrisponda n.ino- re elettricità , a minor altezza dei mercurio maggiore elet- tricità . E senza dublìio in Aprile , Maggio , Luglio , Ago- sto , Settembre, Ottobre, e Novembre si trova la massima elevazione del mercurio e la minima elettricità ; come nei mesi di Dicembre, Gennajo , Fcbbrajo , Marzo, e G'ugno la minima altezza barometrica e la massima elettricità. Per altro è già noto a tutti, essere durante l'inverno più basso il barometro generalmente che in tempo d'estate, ed ognu- no che abbia usato dell' elettroscopio atmosferico deve aver osservato , eh' è d' inverno massima , d' estate minima r elettricità atmosferica . Ma io non voglio anticipare ciò che avrà miglior luogo in progresso ; e passo ad altri risul- tati delle mie osservazioni . Il Gel. Saussure à detto dopo il Beccaria , che i venti impetuosi diminuiscono o anche distruggono afiàtto 1' elet- tricità atmosferica : e ne diede per ragione , che i varj stra- ti di aria essendo dal vento confusi e misti insieme e perciò continuamente portati a contatto della Terra , doveano quin- di rimanerne privi . Ma quantunque ciò sia vero in molti casi , non lo è però sempre , né in tutte le circostanze j e giova individuare in quali noi sia . Io ò osservato , che in vasi vestigio di esse; se ne' "paesi nel principio di questo scritto io ab- vuJcanici e nei non vulcanici > Quan- bia detto essere tuttavia nella pue- te osservazioni ci mancano! Non si rizia la Meteorologia. Torrà quindi ascrivermi a colpa , che ^•7 nna perfetta cn!m;i dell' atrr.ostera si anno scnisi ?egni dì elettricità , benché per altro T atmosfera ne sia carica . Co- sì in fatti dchb' essere . Non può la fiammrlla del lanter- nino succhiare \' elettricità se non dall' aria prossima , e su di cui può estendere la sua azione . Che se T aria si trovi in uno stato di ristagno, «siccome è difficile e tarda in que- sto caso la propagazione del fuoco elettrico per essa , la fiammella ne potrà trarre quella elettricità soltanto ^ che si trova neir aria fino, al limite della sua attività , e così ne succhierà poca ,' come al contratrio ne succhierà molta , ove per un vento qualunque ad ogni momento nuova aria sia portata a contatto, o a quasi contatto colla fiammella stes- sa. Il Saussure à veduto ciò che spesso suole accadere,' ma se il rimescolamento de' varj strati fosse causa , che sotto a' venti si trovasse 1' eletnicità o poca o rulla , poiché questo rimescolarr.ento accade , e c'ee accader sem- pre , r istesso efi'etto dell' itijbattimento della elefricità do- vrebbe sempre ancora osservarsi . Ma senza contraddire alle osservazioni de' due testé nominati insigni Elettricisti , mi sembra che debba entrare nel conto un altro elemento . E' certo che spesso anzi ordinariamente accade , che sotto un gran vento il n^crcurio nel barometro o salga , o sia dispo- sto , o si disponga a salire. In tal caso, è vero, si trova poca o nulla elettricità nell' atm.osfera ; e tutto al contra- rio andcrà la cesa , se nel barometro il mercurio scenda , ovvero sia disposto , o si dispon,";» alla discesa . Ne diii-ò qui alcuni esempj tratti d;'ile mie orservazioni . Nel dì 19. Luglio 1794. si ebbe vento tempestoso dal Nord, ed in quel giorno trovo d' aver quattro volte spiata 1' elettricità dc-!i' atmosfera , la prima volta a 9. miatutire , ia seconda ad II I-, la terza a 5 i . della sera, la quarta a 7-?. Nella prima trovai di elettricità gr. 5,5., nella seconda gr. 7,5., nella terza altrettanti, nella quarta 11. con particolare ire- quenza : il barometro era appunto discendente . Nel dì 4. Agosto dell' istesso anno un vento impetuosissimo dal S.O. mi permetteva appena di reggermi in piedi, ma pur trovai gr. 5. di elettricità piuttosto frequente : anche qui il baro- metro era discendente. A' 5. Settembre simile vento dal Nord con barometro discendente , e 1' elettricità mi si m.o- strò a er. 4. A' x8. Aprile 179J. si ebiie vento gagliardis- Temo Vili. N ^8 Simo dall' Est , con barometro discendente j e V elettricità si trovò a gr. 8., e frequentissima. Ai 3. Luglio E.S.E. impetuosissimo , ed il barometro discendente ; V elettricità vi fu a gr. 4., sebbene lenta. Dirò più distesamente del di 5. Luglio 1795: spirava il vento dal S.O. , cioè il vento vol- turno , famoso per la battaglia di Canne , e spirava con tale violenza ed esto , che si alzavano nuvole di polve- re , ed il Termometro all' ombra e fuori dell' azione del vento trovavasi a 25,6.^ il Cielo era sereno a riserva di qual- che piccola nubecola , ed il barom. discendeva : esplorata r elettricità, fu trovata di gr. 12., frequentissima j ed in uni seconda osservazione di gr. 11. All'incontro nel di 22. Agosto 1794. 5 spirando vento dal S.O- impetuoso, ed in- cominciando il barom. a salire , 1' elettricità fu o. A' 9. Settembre similmente, spirando V istesso vento dal S.O. gagliardo con barom. saliente , 1' elettricità si trovò pari- mente a o. A dì 25. Maggio 1795. con simile vento impetuoso il. barometro saliva alcun poco, e T elettricità fu a gr. 1. A' 21.. di Giugno, vento simile dall' O., il barometro saliva, 1' elettriciti fu trovata o. Finalmente a' 12. Luglio, vento dal S.O. impetuosissimo e tempestoso ,. il barometro si dis- poneva a salire , come salì dopo , e T elettricità vi fu pure a o. Sembra dunque doversi conchiudcre, non generalmente i venti impetuosi render nulla 1' elettricità , ma renderla nulla soltanto allora, che nel barometro il mercurio mon- ta o si dispone a montare , e rinforzarla all' incontro al- lorché discende o si dispone a discendere - E qui importa di rilevare, che dicesi comunemente, che il barom. sale sotto i venti dal Nord ,, e cJie partendo da questo dato sicuro , certo , e costante: si è proceduto ad indovinarne la causa . Ma è ciò poi sempre e costantemen- te vero P Senza dubbio cosi accade ordimriamente ; ma pu-e anno degli esempi , e non infrequenti , ne* quili ò veduto il barometro' o rimanersi stazionario o anche discendere sot- to r azione de' venti boreali , e questi tanto estesi e. fo'ti da non poter sospettare di vento ristrettamente locale . Ma sempre cost;intcmente in tali casi ò ritrovata molta elettri- cità, e di particolar frequenza nell' atmosfera . Ed è ciò sta- to cost;?nte a tal sepno nelle mie osservazioni , che essen- dovi vento dal Nord forte , dnllo stato dei barorr.ctro io 99 prognosticava ai miei amici lo stato della elettricità atmos- ferica j corre a vicenda dallo stato della elettricità io annunzia- va qual dovesse essere il mercurio nel barometro, senza mai sbagliarlo . E per dire qualche altra cosa del salire o di- scendere del barometro sotto i venti del Nord, ò replicata- mente osservato salire allora certamente il barometro, quan- do il Nord, rasserenando l'aria a poco a poco come suo- le, strascina per 1' atmosfera delle nubi , che diconsi da' no- stri ventose, sfumate alcun poco verso terra, e tar ora pio- .vose, nevose, o grandinose, e per le quali, Come dall'elet- troscopio vien fatto chiaro, sbocca verso terra una immen- sa quantità di fuoco elèttrico ; ed all' incontro quando il Ciclo sia sereno , o almeno senza nubi di quella sorta ^d indole descritta, allora sicuramente o rimanersi stazionario, ovvero anche abbassarsi il barometro • Il Lettore avrà , io credo , potuto vedere , che le mie osservazioni Hn qui riferite , portano a fir riconoscere un certo rapporto , ed una certa corri7J- 0,0. Idem . Idem. i6. Zi. Sale rapidament. Sale. Oscilla: poi scen- de, e l'elettrici-' ti si alza a 1 0. 1,5- . Nov. 4- 2,5. 5,0. 3.0. Sale, Sale. Idem, Idem, Diceni. 30. 1795- Gsnn. 16. 2,0. Marzo 1 19- 2,25. Idem. Idem. 'Aprile ^9- 3,0. 0,0. Magg. I. Idem. ' 2. Idem: poi scen-j de, cl'Electrici- ti cresce a 4. ì- 2,0. 0,5^ Idem. 4- Idem . ' ir. 5.5- Idem. Giugn. ar. 1 Luglio 9- 0,0. Idem, ?.75- Idem. (2. 0,0. Idem, Giorni 1794. Agosto 7- Elettr. 6,0. Stat.II.de! Barom. Barom. scende. 14. In varie osserv. 5>75- 5>o- Barom. scende co- me segue 28 3,2. 28. 3,2. 28. 3,0. Nov. 9,0, Scende . 24. i J,0. Scende . Dicem. nei primi cinque giorni tra '16. e'I j. Scende . 6. 8,0. Scende. 27. media | 10,0. i Scende. 1795- Gemi. 8, <5,7y- Stazionario, e poi scende . 9- 12,0. Scende precipitos. j '7- • 11,0. Scende. j 27. Febbr. 7- 11,0. Idem. 7,0. 6,0, Scende precipitos. Marzo ir. Aprile 17- 1 .8. Idem. Idem^ Idem . Idem. lOI O' ri-alasciato espressamenfe dì situare ne* due quadri alcune delle osserva7roni , che ò credute o più parlanti o più curiose , sperando che al Lettore non voglia rincre- scere di averne ii detra-^lio . Nel dì 3- Agosto 1794. , a cielo sereno, il baromet'o discese in questa progressione." 28. 1,7.; iS. 1,7.; 28. 1,3.; 28. 0,7.; r elettricità nelle quat- tro osservazioni corrispondenti ebbe questa progressione con- fa-ia: r.; 2,75.; 4.; 5. Al rovescio, nel di 25. dell" istcsso me- se , trovanùo'.i anche il ciel sereno , la progressione del ba- rometro nel ralire iu la ses^uente , rvelle tre osservazioni: 28. 3y2.i 28. g,2. ; 2S. 3,5. E la progressione delT elettricità neii' abbassasi fu: 4,25.; 3.; i. Così nel dì 17. Giugno 1794. il ba-rometro discese in questo modo: 28.3,0.; 28.2,9. j 28. 2,7. : e i" elettricità corrispondente andò rinforzandosi così :^ 3.; 4-;7- Al contrario nel dì 2. Luglio dello stesso an- no il haiometro andò s;'lendo così : 28. 1,9.^ 28- 2,1.; 28. 2,8.: e l'elettricità andò abbutendosi così: 7-J455-J3' E" curiosa l'osservazione de' 14. Maggio 17^5.: in tale giorno, che fa pcrfettìmente sereno ad eccezione della sera innoltrata assai y in cui apparve qualche leggiero ma altissimo velo di sf URI iti: e di nubi , feci quattro os'^ervazioni . Il barometro oscillò tra i 28.3,9., e 28. 4,0'i l'elettricità oscillò ancora tra i gr. 4., e 6., e poi di nuovo tra i gr. 4., e 7. E deb- bo pure far avverti'e 1' elettricità maggiore esser allora , c&me senT^rc, stata trovara anteriore alla discesa del m;ercu- rio . Similmente nel giorno 11. Maggio dell' istesso anno, ^s«en-lo il cielo totalmente sercpo, praticai quattro osserva- zioni . Njlla prima f?tta ad ore 8,75. matiitine, essendo il vento dall' O. ed il barometro a 28.2,8-., trovai gr. 6. ài elettricità e f-eoucnte ; neila seconda ad ore 12. il vento essendo dal N.O. , ed il ba-ometro a 28. 2,7., trovai 1' elet- tricità a gr. 5,^., e più frequente; nella terza ad ore 5,5. delia sera, essendosi il vento messo all'È., ed il barom.etro essendo di-sceso' a 28. 1,8., trovai gr. 11. di elettricità f'e- qucntissima ; nell' ultima osservazione fatta ad ore 9,25. con poco vento dal S.E., ii barometro tenendosi a 28. 1,0. r elettriciti fu a gr. 3.; un' ora dopo osservai il barome- tro, e già incominciava a salire . E, per finirla, nel dì 2. Lugiio 179). in quattro osservazioni, il barometro arcò sa- lendo così: 28.1,9.; 28. 2,1.; 28. 2,8.; 28.3,5.; e l'elettri- I02 cita andò abbattendosi in modo contrario così : 7.; 4,5. ; ì-> |575* Io non osservai più: ma nella notte si abbassò un poco iJ mercurio per tornare a montare nei giorno appresso. La legge intanto dì corrispondenza fra il salire del mercurio nel barometro e V abbattersi 1' elettricità dell* atmosfera , come fra T accrescimento della elettricità istes- vSa e la discesa del mercurio , che le mie osservazioni sem- brano annunziare, non è di poca importanza per la Meteo- rologia ; e quindi appunto io prego i dotti Meteorologisti dell' Europa e gli Elcttricisti a volerla colle loro moltipli- cate osservazioni o confermare o distruggere; e tanto più io lo desidero , quantocchè debbo confessare aver trovate delle eccezioni nel corso dell' osservare- Io conto, su cen- to osservazioni , essersi questa legge trovata vera in ottan- ta . O' già fin dal principio avvertito esser tr.oltc le cause, che possono e debbono rendere irregolari i risultati delle os- servazioni ; nondimeno però quando si unisca insieme cioc- ché finora ò esposto, si avrà un gran numero di testirro- nianze , che depongono per la legge di sopra annunziata. Si è veduto , che abbassandosi il barom.ctro sotto al vento del Nord , costantemente si trova mo'lta dose di elettricità ncll' atmosfera; Si è veduto il periodo annuo della elettricità istessa proporzionarsi assolutamente alla differenza delle va- riazioni barometriche , come ancora proporzionarsi inversa- mente alle variazioni stesse ; si è veduto ordinariamente a molta elettricità dell' atmosfera corrispondere i' abbassamen- to del barometro , a poca elettricità la salita . Credo dun- que bastantemente stabilito, che vi sia non rolo una corris- pondenza tra r elettricità ed il peso dell' atrrosfera , ma individuando dico essere corrispondenza tale, che a mag- giore elettricità corrisponde il minor peso , a minor elettri- cità il maggior peso . Io non voglio qui anticipare le mie congetture le quali riserbo per appresso- Or mi rena a dire di ciò , che o^ià fu osservato da Beccaria (i) a ciel sereno, cioè nell' atto che passa un nu- volo lento e basso , e unito al suo corpo , e solitario , o ( che è r istesso ) disgiunto ampiamente da altri nuvo- li , l' e!ettricit\ indebolirsi molto considerevolmente ■ Io mi (j) Della elettricità terrestre atmosferica a ciel serejio . Prop. XI. »03 trovo al caso di poter gcncralizTnre un poco più questa pro- posizione . Qiinlunque volta, osservando io sul trio terraz- zo, è accaduto, che passasse sul Zenit qualche nuvolo non temporalesco, né in attualità di piovere,, di grandinare, o nevicare, sempre ò veduto abbattersi le pagliuzze del mio elettrometro j e non solo in tal caso , ma Of ni qualvolta il Ciclo era coperto assai ampiamente di nuvole, ma non tem->orale5che , né in attualità di piovere, di nevicare, o grandinare, ò sempre trovata o scarsa ,, 'o anche niuna elet- tricità . Ho veduto anche , essendovi nebbia bassa , dar r elettroscopio vivissimi segni di elettricità, e questi poi andir mancando o anche rendersi nulli , elevandosi prima per poco poi per molto la nebbia nelT atmosfera , e ridu- cendosi così allo stato di nubi. Neil' anno anche 1794. ( e sarà questa un' osservazione singolare , giacché quanto ac- cadde in queir anno é tutt' alrro che ordinario ) passando sul nostro Zenit molti nugoloni di polviglio lanciato dal Vesuvio, poiché io alzai replicatamcnte in aria 1' elettrosco- pio , trovai sempre V elettricità nulla , cosicché questo ren- dersi nulla L' elettricità atn osterica non debba essere pro- prietà sola delle nubi , ma di ogni qualunque corpo defe- rente e nuot:'nte nell' aria.- Anzi nelL' istesf^o anno 1794., come già avvisai nel n io Discorso meteorologico per quelT anno, siccome vi fu nebbia sim.fle a quella del 1783., la quale ora discendeva fino vicino terra esscnccne il colore giallo -rosso, ora saliva su più in alto assai rendendosi bi'.nca'^tra ,- così nel primo caso di avvicin? mento alla terra l'elettricitì si trovò copiosa , nel secondo di allcntanpucnto si rese nulli affitto. Ed io porto opinione non esser que- sto un giuoco deli' atmosfere elettriche , ma piuttosto es- sere un vero assorbimento , che si faccia della elettricità atmosferica da codeste nubi o nebbie , sien poi acquose o di a'.t'-a natura qualsivoglia . Ed in fatti quando rifletto a quelle nubi alcun poco piovo-^e, grandinose, o nevose, ed ampiamente staccate da altre nuvole , quali suole ordinaria- mente il vento dal Nord trasportare, non certamente molto grandi ed estese, e che pure scorrendo sopra un ben lungo tratto di paese per ore ed ore disperdono una immensa co- pia di fluido elettrico , non posso persuadermi , che tutto quel fuoco sia proprio di esse nubi • E se non è lor prò- 104 prio 5 bisog^na che succe'-sivptT.ente , e secordoccì-.è re re scaricano su la Terr:! , io sotlirir.o dall' iirn^ostera ; ed è allora appunto , che il barometro va rapidamente salendo ; come sgombrata poi da tali nuvole l'atmosfera, ove s'im- punti r ekttroscopio , si trova molto scarsa dose di elet- tricità . Che se non temessi di annodare soverchiam.entc il Let- tore, mi gioverei delle osservazioni di altri sommi uomini per istabilire la corrispondenza, nella maniera già enunziata, tra '1 barometro e 1' elettricità atmosferica . Se si costruis- se una curva rappresentante il giornaliero periodo della elet- tricità atmosferica coli' istesso metodo, con cui 1' esatto e diligente Vincenzo Chiminello costruì la curva rappresentan- te 1' oscillazione diurna del barometro , si troverebbe 1' una coir altra in corrispondenza , in modo però che la minore elettricità precederebbe ( come anche le mie osservazioni indicano , e come per teoria dev' essere ) il maggiore ab- bassamento del barometro , la maggiore elettricità la salita dell' istesso barometro . Ecco uno schema di corrisponden- za , che io ò dedotto dalla comparazione delle osservazioni barometriche del già lodato Chiminello , e delle elettriche del Saussure , e precisamente da quelle , che si trovano, in una tavola da lui costrutta , inserita nel Tom. 3. in 8°. del di lui Voyage dans le; Alpes pag. 311. Primo minimo del barometro Ore 5. mat. Primo massimiO della elettricità Ore 9. mat. Primo massimo del barometro Ore io. mat. Primo minimo della elettricità Or. 6. ser. Secondo minimo del barometro Ore 5. ser. Secondo massimo della elettricità Ore 8. mat. Secondo massimo del barometro Ore ii- ser. Secondo minimo della elettricità Or. 5, mat. giorno seguente • Io non vorrò negare , che nelle oscillazioni barometriche possano aver qualche parte Je attrazioni solari e lunari, una qualche parte ancora i cangiamenti di temperatura, le disso- luzioni e precipit-azioni che si fanno neli* -atmosfera perpe- tuamente . In fatti vi si vede un qualche disturbo nelT an- damento del barometro paragonato alla elettricità ; ma una corrispondenza tra il barometro e 1' elettricità , corrispon- dcn- 105 dcnza, che sotto a varj calcoli, sotto a varie osservazioni si trov;i ferma e costante , indica che questa ancora vi ab- bia non solo qualche infliicnza , ma senza dubbio la massi- ma ; e sembra quindi naturale che nella elettricità atmosferica dcbbasi cercare la causa delle variazioni barometriche . Io proporrò akunc mie congetture sul proposito . 5. IIL Congttrure tratte dalle Osservaiioni, IN due jjarole : La circolazione del fluido elettrico per una carica dalla terra all' atmosfera , e poi dall' atmos- fera alla terra : ovvero meglio j la circolazione del fluido elettrico costretto a scappar fuori da un gran tratto del glo- bo , ed a spandersi frulla porzione dell' atmosfera incomben- te , e -quindi per aJtrj; circostanze da questa a quello." ec- co, se io non m' inganno, la vera causa della reciproca di- radazione e condensazione, del flusso e riflusso dell'atmos- fera , ed ecco la vera causa dell' accrescimento o diminu- zione di peso dell' atmosfera istessa: ecco in somma la ve- ra causa delle variazioni barometriche , quale viene indicata dalle osservazioni , delle quali finora ò intrattenuto il Let- tore • Egli non vorrà avere a male , che io entri in un qual- che breve dettaglio su di ciò , per isviluppare meglio le mie idee . Nel radunare i fenomeni che presenta il barometro , ad oggetto di spiegarli con una delle tante ipotesi immagi- nate da Pascal fino al de Saussure, io credo siasi peccato contro r esattezza , enumerando i fenomeni secondar] e non sempre costanti , trascurandosi i primarj e costanti , ed inoltre non enunziando i fenomeni stessi quali dalle osser- vazioni risultano ; ed è quindi avvenuto che le ipotesi , dopo matura riflessione, si son trovate tutte, quante mai finora ne sono uscite fuori, false ed erronee. Le variazioni barometriche non seno state considerate , che come un giuoco irregolare di isuccessivo alzamento ed abbassamento del mercurio, giuoco incostante come il vento, capriccioso come il tempo . Si suppose , che il barometro si abbassasse sotto alla pioggia , e si alzasse essendo il tempo sereno o Tom. Vili. O io6 avviandosi al sereno , quandoccliè II Cel. Poleri avca con i suoi calcoli trovato, che di ii75' piogge cadute in Pado- va per dodici anni, solamente 758. aveano. f;itta drscendere il barometro . Il vero enunziativo del fsnotreno dovea es- ser questo . In una stagione , in un mese , in un^ epoca di tempo qualunque ,. nuvolosa , piovosa, revosa , il baron-,c- tro tende a starsi basso; come aìT intonto tende a starsi alto in un diverso, mese , stagione , o altro periodo qualsi- voglia di tem„po non- piovoso , ma piuttosto tendente al se- reno . Così anche si è supposto , che i venti dal Nord fa- cessero montare il barometro , ed i venti dal Sud all' in- contro lo facessero discendere; ed io ò fatto vedere di so- pra, che la primi cosa non è costantemente e sempre ve- ra , ma soltanto in alcune date circostanze, e non in altre; e potrei pure, se non temersi di rediosa.raente dilungarmi, citare infiniti esempj tratti da' mici Gibrrraìi mctexjrQÌogici , che moltissime volte , e specialmente nella stagione Rutun- nale avanzata e in primo inverno , sotto ai venti del Sud si è il barometro alz:ito . E pure su questi due feno- meni , come su fenomeni capitali, si sono fabbricatila mag- gior parte de' sistemi per dar ragione- delle variazioni baro- metriche ; sistemi , che àn dovuto prestamente andar in ro- vina , perchè -ppo^giati a kbilj iondamenti . Un solo feno- meno barometrico ( lasciando di die de;;li altri , o non ve- ri , o poco importanti ) io trovo ben enunziato e sodam.en- te stabilito, benché non forse primario: e questo si è, the le variazioni barometriche sono minine sotto 1' equatore, per andar crescendo di mnno in mano e farsi massime vi- cino ai poli ; co'^icchè coi\ si tratti di lince, qui di pollici. Ma ecco i grandi , e veramente primarj Fenomeni del ba- rometio . Esiste un flusso e riflusso, un* alternata marea nell'at- mosfera; e non son io il primo adirlo; illustri Fisici Tan- no osservato, e dimostrato. Vi è un flusso e riflusso gior- naliero; vi è un flusso e riflusso pressocchè settimanale ; vi è un flu';';o e riflusso di stagione ; vi è un flusso e riflusso annuo; ed è in forza appunto di queste vicendevoli ma-ec aeree, che il mercurio sale e discende nel tubo Torriccllia- no . Discende allorché una porzione dell' atmosfera intom- bente ad una data e molto estesa porzione del globo ra- 107 rcfacen(losi"si roves"cia rifluendo su di un' altra simile por- zione di atmosfera, che gli è contigua i ascervde allorché da quLsra fluisce e si rovescia per un giuoco contrario sulla prima. La cagione per cui non si è posta mente, qu.into era d' uopo , ad una certft regolarità , che anno infatti le va- riazioni barometriche , si fu , che non si è bastantemente dagli Osservatori badato a separare la variazione barometri- ca generale dipendente da una causa generale in azione so- pra un molto esteso tratto delT atmosfera , dalla locale e parziale, figlia di causa pur parziale e locale . Incomincia ( e sia detto come per esempio ) il barometro a discendere , e discende per una serie di giorni qualunque, come dire, quattro, cinque, o anche più. Tra questi giorni però se ne troverà uno intero , o la metà d' uno , in cui il mercu- rio avrà fatta mostra di salire, e sarà infatti salito di qual- che frazione di linea, o anche di linea intera; sarà salito però per ài nuovo mettersi in corso di discesa . Io dirò , che senza dubbio un gran segmento dell' atmosfera è detcr- minato generalmente e ncJla sua gran massa a rarefarsi , ed a rifluire sin i rimanenti segmenti contigui, o su di qualcu- no di essi a preferenza, benché in un luogo particolare per una causa locale, come a dire, per un brusco cambiamen- to di temperatura, per una rapida evaporazione, per una dissoluzione o precipitazione, si trovi obbligato a retroce- dere, o in qualunque altro modo a condensarsi. In fatti se si confrontino le osservazioni barometriche di varj luoghi , benché lontani di ccntinaja di leghe, vi si troverà la corris- pondenza fra le discese e le salite, dirò così, generali, non fra le picciole mosse locaJi . Che però io porto opinione , die nelì' assegnare Ja causa generale delle variazioni baro- metriche, che si propagano a luoghi di molta ed ampia- mente estesa distanza, bisogni far astrazione da queste con> mozioni locali e parziali, che talora neppure si propagano a poche miglia, e che possono essere 1' eifetto di varie e complicate cause . Qijesta sola riflessione basta ad escludere e gettare a terra più di una delle ipotesi , anche di quelle recentemente immaginate, per dar ragione de' fenomicni del barometro • Checché però sia di ciò, certo é che per un se- guito dato di tre, quattro, cinque, o più giorni ancora talvolta il barometro trovasi in corso di salita , per un al- O 2 tro seguito di giorni simili è in corso di discesa ; che va! quanto dire , il barometro à un periodo di discesa , un pe- riodo di salita presso a poco settimanale . E non voglio neppure lasciar di ricordare che già tutti r diligenti ed av- veduti osservatori in Meteorologia àrtno trovato una corris- pondenza fra la salita e la discesa del barometro , e così regolare , che a molto bassa discesa debba corrispondere mol- to alta salita , a precipitosa e breve discesa rapida e breve salita; onde è che dal vedersi troppo precipitosamente ca- dere il mercurio si prognostica presto buon tempo, come dal vederlo montare a gran fretta si arguisce, che poco il buon tempo possa durare , perchè presto dovrà il mercurio discendere . Oltre però al di già osservato ^ io soglio distinguere discesa o salita attuale dalla tendenza ossia sforzo per di* scendere o salire ; ed a differenza del periodo di cui sopra si è detto, trovo questa tendenza questo sforzo essere ad- detto ad un mese y ad una stagione, ad un periodo in som- ma di tempo maggiore d* assai che una settimana ; ed un tale sforzo , una tnle tendenza essere in corrispondenza di alternazione. Io non saprei spiegarm.i altrimenti che con un esempio. Si troverà un mese poco più o poco meno, una mez- za stagione , una stagione intera ancora , in cui il barome- tro tenderà a staisi al basso, e benché monti talora , monta però prestamente per prestamente discendere . In tal caso io soglio esprimermi , che il barometro ?/o» sa stare air alto 5 ed allora mi aspetto piogge, nevi, nuvole, ven- to . Oliando poi accada , che dopo scorso un tale periodo qualunque, sempre però lu^ngo assai, salendo il barometro dolcemente , ricada alcun poco precipitosamente per presto ris:ilire , io già mi accorgo , che la stagione , o T indole della stagione e del tempo cambia , e che si avrà un al- tro periodo presso a poco eguale in tempo al primo , ma contrario,- in cui il barometro f/o>t saprei stare al basso, ed avrà sempre una tendenza all' alto , onde si avranno venti dal Nord o d' intorno, g-iorni sereni e belli. Ed è appun- to dalla corrispondenza di tali periodi contrari , come da al- tre corrispondenze ancora, che nel Discorso Meteorologico del 1789., inserito negli Opuscoli di Milano dell' anno se- guente , io diceva potersi tirare de' prognostici abbastanza I09 probabili sulT indole futura di una stagione, di un mese, o altro periodo di tempo che siasi , benché però in quel Di- scorso non avessi se non semplicemente accennate le mie idee, senza averle sviluppate. Vi sarà dunque ncll' atmosfera un periodo di flusso e riflusso •iornaliero, quale lo abbiam veduto; vi sarà un periodo , che potrà dirsi ebdomadario , perchè circoscritto da alcuni giorni, quattro, cinque, sei, o più; un periodo mensualc ossia di sta.^ionc , perchè comprende un numero di più settimane , un mese , o anche una stagione intera ; finalmente anche un periodo annuo , cosicché in un anno tendi il barometro a starsi generalmente al basso, in un al- tro a starsi all' alto ; locché è piucchè ovvio per gli Osser- vatori . Poiché dunque vi é un periodo , ed un periodo di corrispondenza con altro successivo, la salita e la discesa del mercurio nel birometro sarà tutt' altro che un giuoco irregolare cagionato da cause irregolari. Ma vi è ancora di più ; ed è in questo punto che io imploro una maggiore attenzione del Lettore. La Natura à congiunto insieme quattro fenomeni ; e r uomo , se voglia indovinare il ser^reto di essa non dee se- pararli . Chi vorrà snie'^-arc le variazioni barometriche s in- ganncrà semprecchè non ispieghi al tempo stesso i tre altri re- nomeni, che ad essi vanno uniti. Il barometro inclina o e vi- cino a discendere? E' questo il momento in cui gli ammalati cronici se ne risentono j ecco il primo : indi compariscono le fatele mutate, le lavandaie, ed altrettali simili apparizioni; ecco il secondo: dopo qualche tempo finalmente la trasparen- za delTaria si turba , vengon le nebbie , le nuvole , il temj^o in somma si cambia , e va al cattivo ; ecco il terzo • Qi-iella perciò sarà spiegazione adeguata della discesa del rreicuno nel barometro , la quale darà ragione de' tre altri fenomeni precedenti e concomitanti . Nel mentre dunque deve spie- garsi onde avvenga che si renda men pesante 1' atmosfe- ra, deve ancora spiegarsi onde sia che T alternativa del mi- nore o maggior peso abbia un periodo più o meno rego- lare , come di sopra abbiam veduto ; e la stessa causa , la quale sarà chiamata a spiegare questi due fenomeni , dovrà spiegare al tempo stesso ed il mal essere de' cronici , e la comparsa delle fate , e 1' annuvolamento dell' aria . E' già no un fatto alihastanza orgi "dimostrato , che il risenth-.':! de' cioniui, ;ipprossiiri.''ndosi il c.ittivo tempo e prcparancosi o avviandosi anche il barometro a discesa, non sia già una conseguenza ed un effetto del diminuito peso dell'atmosfe- ra , lo che si era per lo innan'zi detto e tenuto per ferrr.o . Se così fosse, trasportati tai cronici sul dorso, o sulla vet- ta di qualche alta montagna , dovrebbero sentire gì' istessi e maggiori incomodi . Ma essi anzi visi trovan meglio. Ol- tredichè gli esatti Osservatori ben sanno che il peggiorare de' cronici precede T abbassamento del mercurio, ond' è che il fatto stesso ci porta a conchiuderc , la causa stessa , che affetta 1' cconomJa animale ne' cronici portarsi in se- guito a diradar 1' atmosfera , e renderla così mero pesan- te • Quello, che ò detto de' cronici , dee anche applicarsi agli animali, e singolarmente ai volatili, i quali presentono molto anticipatamente le mutazioni di tempo , specialmente in peggio. E quantunque codesti presentimenti, con.c arche gì' incomodi de' cronici non si abbiano se non in anticii a- zione de' grandi e precipitosi abbassamenti del baro.T.etro e così delle grandi tempeste , non perciò tai fenomeni si ceb- bono credere non costantemente concomitanti le discese ba- rometriche . E' molto naturale il pensare che una causa , la quale agisca molto e rapidamente , deve fare pili impressio- ne , che la stessa causa operante con efficacia bensì , ma lentamente ed a gradi . Nel primo caso due diverse sensa- sazioni senza passaggi intermedj si succedono una dopo r altra immediatamente , e fanno perciò una profonda im- pressione ; nel secondo caso le sensazioni, andandosi diver- sificando a gradi a gradi e questi di minima distanza tra loro , resteranno confuse , gli organi si anderanno a poco a poco piegando al nuovo stato , e così non se ne avrà ve- runa riflessibile impressione. Qiiesto è nelle regole generali delle sensazioni, e de' cambiamenti che produconsi nelle macchine animali per le sensazioni stesse ; come è nelle re- gole del dritto pensare , che la causa medesima , la quale produce le grandi variazioni del barometro e le grandi mu- tazioni di tempo , debba produrre ancora le piccole varia- zioni e le insensibili mutazioni . Dirò 1' istesso delia com-. parsa delle fate, delle lavandaje , ed altrettali appariscenze. Certamente codeste non si mostrano , se non quando seno I Ili avviate o vicine ad avviarsi preciprtose discese del barome' tro , e rornorosi temporali . Una causa , the agisca come tumultuariamente nell' atmosfera darà le fate ; ma quella stessa causa, quando ag^isca in silenzio e tranquillamente, darà un effetto impercettihile . Non debbo però io qui om- metrerc una riflessione. Noi non potremmo dir cosa di pre- ciso sul presentimento degli animali ; né essi ponno render- cene conto , né noi gli abbiamo ss/udiati abbastanza: Ben però possiam dire de' cronici; io /lon voglio attaccarmi a sistemi , poiché non intendo giammai- di Sposar partiti , ma è evidentissimo che quelli fra i cronici presentono i gran- di e rapidi abbassairienti del barometro, i quali trovansi at- taccati da malattie procedenti da debolezza , da rilasciamen- to, e non già da contraria causa. (*) Ev-co dum^ue il cammino della Natura. I cronici, e moli; speiie di animali se ne risentono ; V atmosfera è in commozione ed appariscono le fate , le lavandaje j la tras- parenza degl'aia patisce mutazione; il barometro intanto si va abbassando precipitosamente ; si forman le nuvole , ed c:co la tempesta , la pioggia , la neve ; torrenti di fuo- co clett/i-a- si scai-ijano sulla terra :. e dopo questa scarica 0 Le donne più assai che gli' uomini si ri>entono all' approssi- marsi di un gran tempo ile. Men- tre che io stava scrivendo queste carte , a' 15. Dicembre essendo bel giorno, la mia Cognata, della cui affezione nervosa ò dato un cenno in una noia apposta al Discorso del 175>3., cadde in una violenta convul- sione con inesprimibile dolore nella gamba: il barometro discendeva a precipizio, ed in i-i. ore si abbassò di lin. 1,6.: iJ giorno 24. fu gior- no di pioggia e di tempesta. L' al- trieri, i6. Dicembre, era una bella mattina, e fu di nuovo assalita: il barometro discese in io. ore di lin. 1,1.: jeri fu giorno di gran tempesta , pioggii , e neve . Que- gli fatti bastino per esempio j ma costantemente , ogni volta che il barometro discende a precipizio , essa e attaccata dalla convulsione . O' veduto anch' io , quattro anni addietro , guarire quasi momenia- neamente una mia Cugina attacca- ta da ostinato isterismo con feb- bre , mediante una gran tempesta di pioggia e di tuoni, che fece ra- pidamente montare il barometro di più linee . I Medici dovrebbero un poco più badare al barometro . Forse molte di quelle istorie , che si raccontano da vari Autori, e furono raccolte dal Menuret nell' Articolo della Enciclopedia , Influen- za degli ^stri , avrebbero trovata la vera loro spiegazione, se si fosse posto occhio al bai-ometro. 112 gli ammalati respirano; il barometro incommcia a rialzarsi, e via via rialzandosi l' aria si f;i quieta e tranquilla . Die- tro a questa progressione conviene che vada colui, che de- sidera di scoprire le grandi operazioni della Natura , altri- menti si va fuori strada , e si corre dietro a fantasmi ed a chimere - Indipendentemente dunque dalle osservazioni elettrico- atmosferiche , delle quali più innanzi ò dato conto , sem- bra che il ragionamento sulle osservazioni riguardanti le variazioni barometriche e le mutazioni di tempo porti a conchiudere ^ come queste così quelle ancora altro non es- sere sennonché un giuoco del fluido elettrico che ora par- tendo dalla terra si accumuli nell'atmosfera , indi da questa discendendo si accumuli nella terra, e nei corpi che sono nelle viscere o nella superficie di essa j e questo giuoco di cariche e scariche alternate della terra e deli' atmosfera , o per dir meglio , di una gran porzione del globo , come ci una simile gran porzione dell'atmosfera incombente , sarà il risultato della legge generale delle cariche e scariche delle opposte facce, e della influenza delle atmosfere elettriche; onde avviene , che quel giuoco affetti una certa sorta di regolarità (i) . Che se poi al ragionamento dedotto dalle osservazioni dell' andamento del barometro , e del corso del- le mutazioni di tempo si aggiunga 1' immediata osservazio- ne del trovarsi appunto accumulata nell'atmosfera la elettri- cità in tempo della discesa del barometro , e del ritrovarsi all' (i) Intendo bene , che dovrei estendermi molto nella teoria dell' elettricismo per dimostrare un po- co più precisamente questa rego- larità; ma ciò mi condurrebbe lon- tano , ed io scriro per chi intende appieno essa teoria, che tiene an- che alla struttura interna del glo- bo . Un gran tratto di paese è sotto al ciel sereno? l'altro conti- guo è inondato da piogge. ]J fuo- co elettrico è obbligato a starsene aelle viscere della terra per uh tratto di paese ? ciò appunto fa- rà, che l'altro tratto contiguo del globo si abbia a spogliare del suo fuoco suir atmosfera. Si è cercato con altri mezzi di spiegare le vi- cende di sereno e piovoso della Penisola dell' India, ma que' mez- zi non bastano all' uopo . Il globo della terra , secondo questa idea , non sarebbe che un aggregato di quadri del Franklin , o di bottiglie di Leyden . 113 all' incontro' diminuita e diradata in tempo della salita , la confettura avrà un tanto maggior peso quantocchè tutto cospira air istcsso scopo. Ecco intanto come io concepisco la cosa. Vi è una marea ncH' atmosfera ; tal volta una gran porzione di que- sta si dirada e si rovescia sulle porzioni circostanti ; tal al- tra volta al contrario si condensa col rovesciarsi delle stes- se porzioni circostanti su di ossa.. Vi è similmente una marea del fluido elettrico , e questo ora uscendo da una porzione del globo invade l'incombente porzione dell'at- mosfera, in questa accumulandosi i ora si precipita e ri- fluisce dall' incombente atmosfera alla sottoposta terra , ri- manendone o poca o nulla in essa atmosfera. La prima ma- rea è provata dalle variazioni barometriche , non potendo la salita del mercurio esser V effetto se non del condensa- mento e perciò del maggior peso dell'aria sul luogo dell' osservazione , e la discesa del mercurio dimostrando un di- radamento dell' aria e perciò un minor peso . L' altra ma- rci del fuoco elettrico è dimostrata, come dalle osserva- zioni dì sopra gii descritte , cosi anche da una infinità di altri fenomeni, de' quali ò dato un cenno ,• e tra le due maree è questa h corrispondenza, che al flusso dell'atmos- fera corrisponda il riflusso del fuoco elettrico, ed il flusso di questo al riflusso dell' atmosfera • Il fuoco elettrico si lancia ncll* atmosfera, e per la sua forza ripulsiva deve co- stringer r aria a diradarsi , e così a fluire sopra tutti i lati ; abbandona il fuoco elettrico 1' atmosfera per portarsi alla terra , e cessando la forza che teneva 1' aria in istato di di- radazione, cessa la diradazione ancora, e da tutti i lati vi è un riflusso ; e tanto più questo giuoco avrà di forza, quan- tocchè , secondo le leggi delle cariche e delle atmosfere , al condensamento della elettricità in una data porzione dell'at- mosfera dee corrispondere il diradamento in un^altra , e così viceversa. Qiiindi è facile ad intendersi, che abbandonando il fluido elettrico, se non in tutto, in buona parte almeno la terra per lanciarsi ncll' aria , debbano i corpi animali , che si trovano in istato di debolezza, risentire l'influenza di tale abbandono ; ed ove la sottrazione del fuoco si faccia prestamente , devono allora massimamente sentire la priva- zione del dolce ma efficace stimolo , che teneva in salubre Tomo Vili. P 114 eccitamento i loro organi e le loro fibre . Così anche que- sta uscita del fluido elettrico dalla terra per lanciarsi ncU' atmosfera , quando sia specialmente ed abbondante e tumul- tuaria , come avviene innanzi alle grandi mutarioni ci tem- po e nel prepararsi il barometro a precipitose discc-e , non potrà mancar di produrre una commozione e nell' aria istes- sa e ne^ vapori in essa ^galleggianti e nuotanti ovvero an- che disciolti, e perciò dovranno aver Iuofo le fate, le la- vandaje , le mutate , ed altrettali ingannevoli tremolanti e sempre varianti apparizioni . La trasparenza stessa deh' aria dovrà patirne ; i vapori in essa disciolti correndo per una maggiore affinità a combinarsi col fuoco elettrico che da per tutto gli attacca e circonda , perciò si cambieranno in vapo- ri vescicolari , e si vedranno le nuvole là dove nulla vi era , cosicché 1' Osservatore non saprà come abbiano potu- to formarsi . Già il Gel. de Saussure avea sospettato e con fondamento (i) che il fuoco elettrico entrasse nella forma- zione de' vapori vescicolari dell' atmosfera ; ed intorno alle lavandaie avendone detto replicatamentc e quanto basta ne' miei discorsi meteorologici inseriti negli Opuscoli dì Mi- Uno , non istarò qui a ripeterlo . Io non voglio impegnarmi a minutamente snic."-are i fé- nomeni tutti del baromiCtro i questo assunto mi condurrebbe a soverchia prolissità . Accennerò soltanto qualche cosa di volo . I venti del Nord ne' nostri climi ordinariamente suc- cedono alle grandi e tumultuose piojygie , vale a dire all' essersi scaricata l'atmosfera sulla terra di una immensa quan- tità di fuoco elettrico , e se non susseguono a grandi piog- ge strascinano almeno seco loro frequenti bocche scarican- ti ; che così io chiam.o le nubi gravide nevose, piovose, grandinose, ma staccate e non in corpo di temporale: tol- ta così la causa, che teneva in diradaziore l'aria, deve questa condensarsi , e così più premere e più pesare sulla superficie del mercurio , che in conseguenza deve sali'c rei tubo barometrico. I venti dal Sud all' oppoHto vergono ordinariamente dopo una lunga serenità, quando una lunga evaporazione dalla terra abbia fatta ascendere in alto im- mensa copia di fuoco elettrico ; deve perciò 1' atmosfera (i; Essai sur l' Igrometrie III. cap. z. pag. jo8. 1^5 €sser molto diradata , ed il mercurio nel baromefo dovrà star basso , perchè meno premuto dal peso dell' aria già rarefatta . Chi volesse andar ricercando più addentro , tro- verebbe il perchè ad aria che si va diradando debba corris- pondere il vento dal Sud piuttostocchè un altro , e ad aria che si va condensando corrisponda il vento dal Nord : ma io non voglio entrare in lungherie, ed in vece passo a dire onde avvenga , che il barometro sia quasi tranquillo vicino all' equatore mentre va- so^^ctto alle massime variazioni in vicinanza de' cerchi polari : 1' indole sola del clima e del cielo de' luoghi della zona torrida basta a darne la ragione . In que' luoghi il mal tempo ed il buon tempo si succedono con una rapidità immensa , e 1' istesso giorno vede il sere- no e la pioggia . Alla mattina vi è un bel sole , e perciò una evaporazione inesprimibile , che dà all' atmosfera tanto fuoco elettrico , quanto ne darebbe tra noi 1' evaporazione di più e più giorni ; ma non appena il sole è al meriggio , che una tempesta di tuoni , di fulmini , e di pioggia , tale C'ie noi diificilmcnte potremmo formarcene idea, restituisce in poco d* ora alla terra il fuoco , che da essa avea 1' at- mosfera ricevuto. Così in que' luoghi il flusso ed il riflus- so del fuoco elettrico si succedono ad ore , e 1' atmosfera per la sua naturale inerzia non potendo prender le mosse tanto subitamente né dall' una parte né dall'" altra, se ne resta come tranquilla . E' poi osservazione quanto antica altrettanto ben fon- data, che una pioggia chiama l'altra, e che quanto più à piovuto tanto più piove. La terra bagnata da molta piog- gia molta ed abbondante evaporazione dee dare, e con i vapori molto fuoco elettrico dee innalzarsi , ed una conti- nua abbondantissima evaporazione deve determinare il fluido elettrico a costantemente portarsi nell' atmosfera . Qiiindi le stagioni piovose sono le stagioni delle minime altezze barometriche , come le stagioni delle massime altezze sono le serene e di buon tempo , ed il buon tempo si conferma per r istessa siccità . Non potrei dirlo precisamente , mancandomi osserva- zioni , ma forse saranno anche da spiegarsi con questa teo- ria le acque e le fontane profetiche. Io non istarò certa- mente a descriverle, ma tutte àn questo di comune, che all' P 2 ii6 avvicinarsi del mal tempo, che vai quanto dire al discendere precipitoso del barometro , o quello che torna all' istcsso , allo sprigionarsi in gran fretta ed in gran copia il fluido elettrico dalla terra per innondare 1* atmosfera , all' avvici- narsi , dico, il mal tempo, sboccano copiose e torbide. E* curiosissima a questo proposito la sorgente chiamata del buon successo scoperta pochi anni addietro nel Cantone di Berna , e descritta dall' illustre successore del grande Hallcr , il Wild 5 in un picciolo scritto stampato a Berna nel 1792., e di cui il cel. Autore mi fece prezioso dono. Quella sorgente è un vero barometro, diminuisce quando il mercurio mon- ta, rigonfiasi quando si abbassa; la cosa e costante, eccet- tocchè in estate, quando le oscillazioni del barometro sono assai di sotto dal mediocre . Ed è ancora più osservabile , che crescendo l'acqua di volume cresce ancora in salsedine; mancando manca altresì nella salsedine • Certamente dal Wild possiamo aspettarci e le più esatte osservazioni , e le più fondate teorie. Intanto però mi fò un pregio di poter qui citare uno squarcio del Cel. Toaldo a proposito appun- to di queste acque profetiche,, Queste eruzioni, così egli 5, all' Artlc. 6. della part. 3. del Sairg/a meteorologico ec. , di „ acque sono simili ai gonfiamenti del mare e de' laghi , ,, che annunziano temporali e terremoti , e prodotti dallo ,, stesso principio del fuoco elettrico , che lotta per ispie- „ garsi ncir atmosfera,,. E'" per me un piacere il trovare, che molto tempo innanzi un sì giustamente celebre uomo abbia pensato all' istesso modo che io penso . Cosi anco- ra le grandi brinate , che portano la desolazione ne' teneri germogli delle piante , sogliono appunto accade-e in tem- po, che dopo una rapida salita il barometro incomincia, o si dispone a discendere precipitosamente . Ed è poi notissi- mo avere negli anni addietro il Proposto Castelli con con- vincenti ragioni pressocchc dimostrato, ad un rapido sbocco del fluido elettrico doversi attribuire i danni delle brinate. Ma io non faccio , che sbozzare semplicemente una teoria , per cui compiutamente svolgere lungo tempo ci vorrebbe, e di molta carta. Mi lusingo però di non aver teorizzato su di un fiiò essere, ma bensì su de' fatti avan- zati non meno nel paragrafo antecedente , che in questo . Se i Fisici giungessero a formare un elettroscopio atmosfe- UT rìco atto a fa^ci conoscere e distinguere quando il fuoco elettrico dall' alto dell' atmosfera discende al basso della ter- ra , e viceversa quando dalla terra si lancia nel!' atmosfera , noi avremmo certamente una maggior prova di tale teoria; e se r a-nor proprio non m' inganna , attribuisco V essersi trovate in fallo tal volta le mie osservazioni sul reciproco inverso flusso e riflusso dell' atmosfera e del fuoco elet- trico , all' imperfezione de' mici stromenti non atti a fare tale discernimento . Ij avrò potuto osservare al momento della discesa del fuoco dall' atmosfera nella terra , ed avrò trovata molti elettricit't , mentrecchè 1' atmosfera in quell* atto se ne andava spogliando ; ed avrò trovata poca elettri- cità , quindo 1' atmosfera n' era gii carica , ed il fuoco forse per assorbimsnto delle nubi erasi portato assai in al- to , o nell' accualitì di entrare in combinazione con i vapo- ri facevasi insensibile. Intanto però y che ai Fisici riesca, se ^ia possibile, di ritova-e un tale istromento , sarebbe in- teressante valersi dell' apparato immaginato dal Saussure per esplorare 1' elettricitì del globo della terra , e le varie mu- tazioni di essa . A quell' apparato io non vorrei se non so- stituito un elettrometro pia sensibile , che non e quello a pallottoline di sanbaco sostenute da fili metallici. Chi sa , che njn trovassimo c!ie la terra abbonda di elettricitì a ba- rO'Tietro alto so'-to ai venti dal Nord , ne scarseggia all' in- contro a biromirro basso sorto ai venti dal Sud ? Certa- mente , spirando vento dal Sud , e trovandosi perciò il ba- rometro basso , sulle macchine elettriche de' nostri gabinet- ti poco fuoco elettrico si accumula, non ostante che tali venti , almeno tra noi , facciano montare al più alto grado della siccicì 1' idrometro , e perciò portino i nostri apparati al sommo isolamento ; come al conrrario , spirando venti dal Nj'-d, non ostante che non facciano giammai tant' oltre verso la secchezza girare 1* igrometro , e non inducano per- ciò tanto perfetto isolamento , si condensa e si accumula , molto fuoco . Io non so se il Ce!. Thouvenel abbia mai sperimentato il suo Pennet relativamente al barometro , quantunque però sappia creder lui , che il Pennet manchi della sua facoltà in tutto o in parte , quando non sia tem- po permanentemente sereno, cioè a barometro alto, e quin- di a molta clcttriciti condensata nel globo • Dietro alla tee- ii8 ria che ó sbozzata egli avrebbe un nuovo campo da osser- vare . Comunque però sia, attenderò che nuove osserva/io- ni di uomini più di me avveduti distruggano o confc-mino queste mie congetture , memore che opnionum commtHta de~ let dks , ìiàttirA judicia confirmat . 11^ DELL' ACCOPPIAMENTO D' UNA CANTARIDE CON UNO ELATERE Di Pietro Rossi . Rìceviifii lì 3- Fruttidoro An. VI. ( 20. Agosto 1798. ) La Nature a scs bizarrcries , et ?e plait quelquefois à sortir des.regles géneriilcs . Buffon, hist. uat. t. 6. ^. ^16. IL numero delle convenienze fonda i rapporti dell' arro- re e dell'appetito fisico negli animali, ond'è che li ac- coppiamenti tra essi naturalmente ristringonsi alla specie rre- desima, e se sono stati talvolta osservati allontanarsi da que- sta Legre gene- ale , è stato sempre in difetto della femmi- na propria che un animale, di qualunque specie egli sia, abbia ricercato di unirsi con altre femmine a lui meno con- venienti , ed alle quali esso pure conveniva meno del ma- schio naru'ale . Coeunt Animalìa generis ejnsdem secundum Mettitram ^ sed ta etiam quorum genus diversum quidem , sed Matura tton multum d:Stat , si modo far magnitudo sit ., et tempora aequent gravidttatis : raro id ft , sed tamen id fieri et iti Canibns et in Vulpbus y et in Lups certum est • Aristot. de gencr. Anim. p. 2. cap. V. Sibbene il Sij. di Buffon non sia riuscito a verifica'e con i suoi sperimenti 1' asserto di Aristotile , questo però Si Vuole in parte confermato da quegli tentati , secondo ei ci asicu-a, dal Sig. Spontin - Beaufort di Namur che da un C ne e una Lupa potè ottenere quattro muletti, tre maschi e una femmina . Milord conte di Pemb'oke è riuscito [urc a vedere più volte gli accoppiamenti di un Can mastino con una Lupa da esso addomesticata, e tenuta costantemente sotto i <;uoi occhi . I Cani che Aristotile riguarda come adattati a questi accoppiamenti sono quelli eh' egli chiama col nome di La- Ito conici (i) e questi dal S\g. di Buffon veagono dimostrati essere i Csni dei Pastori , che , secondo esso pur crede , sembran formare una specie sola con i Lupi e le Volpi . I fatti che si sono potuti raccogliere intorno alla con- giunzione volontaria o forzata di Qi-iadrupedi di specie di- versa si riducono a pochi , e forse ai soli Muli e ai Giu- marti, sulla vera esistenza dei quali non parrebbe che doves- se cader più dubbio dopo le osservazioni dei Sigg- Bour- gelat , e Adanson . Il Sig. di Buffon però , cui non erano abbastanza noti allorché scriveva la Storia sua dei Quadru- pedi , gì* impugna nella più forte maniera con i ragionamen- ti , e co' i fatti . Racconta e?li fra le altre cose che alla sua terra di Buffon un Mugnajo teneva da più anni in una stalla un To- ro insieme con una Cavalla , e che tutte le volte che questa entrava in caldo , il Toro due e tre volte per giorno la cuo- priva , ma nondimeno , dice egli , gli accoppiamenti furono sempre senza conseguenza , onde ne conclude che non si sente inclinato ad ammettergli , malgrado T asserzione di Mr. Schaw , il quale pretende che in Tunisi , ed in Algeri esistano dei Giumarti derivanti dalla unione dell' Asino con la Vacca . In ogni modo però questi accoppiamenti , dei quali non può dubitarsi , provano che lo stato di domesti- cità influisce molto nel rendere gli animali più libertini , che è quanto dire meno fedeli alla loro specie . II Cane che è un animale un grado meno bestia degli altri, in grazia di questa domesticità ,^c della forza d' in- fluenza che ha 1' uomo sopra di esso per renderlo anco dipiù lontano dalla naturale salvatichezza degli altri anima- li , si osserva frequentemente abbandonarsi a degli impeti affatto contro natura , e vi è fin qualche esempio riportato anche dal sopraddetto Sig. di Buffon , di amor violento , e di accoppiamento tentato più volte con una Troja tenuta a lui vicina di abitazione. Riferisce il Mattioli in una delle pubblicate sue Lette- re che al Perù 1' Animale detto Lama , quadrupede simile al- fa) In Cyrenensì agro Lupi cum Ca- Vulpe et Cane generiittur . ^rittot. nibui coimt , et Laconici Cancs ex hist. mim. l. 8. e. 28. 121 alla Vì?ofnit ^ si os<^erva essere ni irag-^ior jse?no SpJace := Salac'tssimum hoc esse Animai mìhì id conjecturam facn , quod cum sai generis femellis sif destìtutum , Magna cnyn pnirigine Capri s se comn?isceat . Adco Venere stimnlatiir hoc animai ^ ut illitd viderim hiimile quoddam p-aesej/inm avena refertum conscendisse , cenitalea. illi maeno cum murmiire tandm con- fricassc , qtioufqite semen redderet plurimts una Iiora rephcatis vicihiis . Mon tamen concedere Cap-ae hrijtisce animala semi- ne refertae . Marthiol. Erist. Lib. V. Mi pare di avere anche letto in un' altro luogo della detta S'Olia Naturale del Sig. di Buffon che Milord Clive , avendo dal Capo di buona speranza condotto seco in Inghil- terra una Zebra femmina, avea più volte tentato di farla uoi- rc con un giovine Asino, il quale fu da essa ricusato costan- temente , tìncliè avvisatosi Milord di farlo dipingere con i colori imitanti quelli del Zebra maschio, potè con questo sfatigemm i ingannarla, ed ottenerne un perfetto accoppia- mento, die fu anche fecondo di un Muletto assai rassomi- gliante a. la madre . Nuovo fatto che prova ìa generale re- pugn.nza dei Qliadrupedi per le unioni di specie diversa , alle quali se qualche volta noi gli abbiam veduti ( come si e detto ) abbandonarsi , è sempre perchè manca loro , negli impeti della Natura imperiosa, il modo di soddisfarsi con le proprie femmine , e vengono necessitati anche a ciò dal- lo stato di prigionia, di domesticità, e di altre cause coo- pcratrici . Ora dall' esame dei Quadrupedi passando a quello de- gli Uccelli , notissimi sono a tutti gli accoppiamenti fecon- di che ordinariamente si ottengono dal Passere di Canaria obbligato ad unirsi col Calderine , Lucherino , Fanello , e simili. Di questi però la maraviglia cessa in riflettere alla pros- simità di tali specie frammischiantisi , nelle quali non cade forse alcuna disconvenienza di parti e di organi idonei ai- la generazione , onde è facile V intendere come il difetto della Venere propria , e la consuetudine di convivere e crescere insieme, alla quale sono di buon'ora avvezzati, contribuiscano a potere avere da essi' dei prodotti parteci- panti dell' una, e dell' altra specie che si e unita. Tralascio di parlar degli Amrìbj, che inetti tanto si so- no dimostrati al Cel. Spallanzani per la produzione di ogni Tomo Vili. Q_ 122 sorta di Muli , e vengo agi' Insetti che piii da vicino ci in- teressano nel caso nostro . Sono i^ià noti gli accoppiamenti ottenuti da M*-. Ni- colas nelle Farfalle di specie diversa, state da esso rinchiu- se in un Giardino , che si riducono ad aver concegniro dei Muletti dalla Falena detta 1' Jpparente ( Ph. B. Salicis ) un itasi con la Minima , ( Vìi. B. Qitercus. Lì». ) Sebbene piccolissima sia la distanza di specie tra questi due Lepidotteri ^ io credo che sarebbe stato a lui ben facile il poter estendere le sue ricerche ancora su di altri Bombi- ci, giacche questa numerosa famiglia d'Insetti ardentissima si osserva essere nei loro amori , come se la Natura aves- se loro impresso più che agli altri il fine della perpetuità della specie , per avergli nello stato loro perfetto destinati a comp:irirc in iscena privi degli organi della nutrizione , e così ridotti nel caso di dover più degli altri ciecamente affrettarsi all' adempimento di un fine così importante . Le congiunzioni che naturalmente si osservano tra gli Insetti non sor^liono sfii^?ir mai 1' occhio di uno avveduto Entomologo , perchè esse troppo vantaggiosamente lo ser- vono alla determinazione del sesso , e della specie . Io non so però che da alcuno sia stato notato mai ac- •oppiamcnto tra individui di genere diverso . Q_icllo da me osservato, di una Cantaride unitasi naturalmente ad uro Ela- tere, pare certamente, per la somma distanza non di specie solo ma di genere anche disparatissimo , a sentimento ci ognuno, singolare quanto mai dir si possj . Io lungi dal pretendere di appormi al vero , nel dare una qualche spiegazione di questo fatto , azzarderò qui so- lo le mie congetture in modo di dubbio . Per antica os- servazione mi costa che la Cantaride detta c'al Linneo Milantira è assai portata ad unirsi con la propria specie, alla quale si vede quasi sempre accoppiata validarrente , per aver ricevuto dalla Natura un organo genitale assai lungo , e che neir estro internatosi s' inturgidisce, ed all' estremi- tà si dilata a segno di rimaner divelto cali' Abdcme , je forzato ne venga a staccarsi dall' indiscreta roano oi troppo curioso ojservatore . Questo Insetto tra noi comunissimo s' incontra per tutte le piante , e copioso specialmente sul finire di Giù- gno . Ln Cantaride che da me fu presa in copula col rife- rirò Elatere, trovavasi sulle foglie di Pesco ai primi di Giu- gno ; era dunque precoce di un mese circa alla comparsa delle altre di sua specie, che di fatto non si vedevano an- co-a . Parrebbe dunque ciie come nei Qiiadrupcdi e negli Uccelli abbiam di sopra osservato accadere , il difetto di femmine naturali avesse indotto anch' essa ad usare di una Venere impropria , ma quante difficoltà si affacciano qui per vederne facile \' esecuzione ! Nessuna domesticità , anzi totale stato di libertà ; disconvenienza di parti grandissima , in uno alquanto molli , nell' altro dure assai ; assenso pie- namente prestato dall' Elatere femmina , senza del quale im- possibile sarebbe stato alla Cantaride l' introduzione del sesso maschile; pure non potendosi dubitare di un fatto stato qui da tanti giusti conoscitori osservato , bisogna ben dire che la Natura a ses écarts, e che questo sarà però sempre un di quei veri singolari e rarissimi , che può essere m Fisica fecondo di più conseguenze. C'en heaucoup gfign^i' que d' ac- que nr dans l' hi noi re de la Nature un fai t rare. Buf. hist. Nat. 0.2 124 SOPRA ALCUNE PARTICOLARITÀ' CONCERNENTI LA GRAVITA' TERRESTRE . Di Gregorio Fontana Ricevuta li 14. Fruttidoro An. VI. (31. Agosto 1798.) I. "\T Alamente (a quel clie parmi ) si ?uol dimostrare J[V^ dalla comune degli Scrittori il famoso Teorema di Fisica , che la gravità terrestre non solo jie' diversi furiti della superfìcie della Terra è reciprocamente proporzionale alle distanze dal centro , ovvero ai semidiametri dell' Ellissoide Terrestre ; ina anco ne punti interni similmente distanti dal centro , cioè situati in distanze dal centro proporzionali ai detti semidiametri . 2. Il Chiarissimo Boscovich nella sua opera De Litter. Exfed. per Tontìf. Ditionem p. 443. , è quegli , che più ac- curatamente di ogni altro rischiara la dimostrazione Sinteti- ca de' Newtoniani su tal proposito ; ma nulladimeno è vi- ziosa anche la proposta da Boscovich , la quale dice così : ,, Si concepiscano due Canali qualunque usciti dal centro , e terminati a quali punti si vogliono della superficie, i qua- li canali esser debbono in equilibrio . Si taglino in un nu- mero eguale di parti proporzionali; e perchè le particelle o molecole contenute nelle rispettive parti de' due canali gra- vitano nel centro in ragione della loro distanza dal centro , e la ragione della distanza nelle parti omologhe è la mede- sima che quella di tutti i canali , saranno perciò le forze delle molecole contenute nelle parti di un can;^le alle forze delle molecole contenute nelle parti omologhe deli' altro , nella costante ragione di tutti i canali ,• e conseguentemente anche le somme saranno nella stessa ragione , cioè i pesi delle parti omologlic come i pesi di tutti i canali , vale a dire eguali . Essendo poi il peso della parte di un canale eguale al peso della parte omologa dell'altro, sar;1 la forza di cadauna molecola nella parte d'un canale alla forza ci cadauna molecola nella parte omologa dell'altro, come re- ciprocamente il numero di quelle molecole , ovvero come reciprocamente quelle parti, ed in conseguenza come reca- »25 procamenrc tutti i canali. Perlocchè le forze di tutte le molecole , o sicno esse situate nella superficie esterna , o collocate dentro la sferoide in rette guidate dal centro alla superficie , ed in distanrc dal centro proporzionali a tali ret- te , sono fra loro reciprocamente come le stesse distanze „ . Cjsi il Boscovich . 3. Q^iesta dimostrazione pecca a mio avviso nell'as- sunto , clic le forze j^ravitanti di due molecole o punti di materia ne' due canali , sieno tra loro semplicemente come le loro distanze dal centro ; laddove sono in ragione com- posta di ()uc>te tre , i."* delle forze gravitanti rispettive sul- la superficie, 2.'^ delle distanze dal centro, 3.° delle lun- ghezze de* canali inversamente prese . Diff'atti dividansi ( Fig. I.) due canali CA, CB in un numero infinito eguale di parti P/» , Tt infinitesime, proporzionali ai canali stessi, e presi dovunque due punti Q_} S ne' canali ; siccome /"« //« medesimo caìiah la pravità discendendo verso il centro cresce in ragione delle distanze , sarà perciò la gravità in A , che nomineremo G, alla gravità in Q_, come CA, a CQ^, e però CO la gravità in Q^sarà eguale a G-— — ; e così nominata g la gra- CS vita in Bj sarà la gravità in S = P". —77- . Dunque le gravità CB '^ de' due punti Q_, S sono \r\ racrione composta &c. E poiché i punti P, T sono situati in distanze proporzionali alle lun- ghezze di tutti i canali, per essere le parti P/ , Tf propor- zionali ai tutti , e tra loro omologhe , cioè prese ne' due canali dopo un egual numero di divisioni da C in P , e da C in T, sarà quindi la gravità in P alla gravità in ^ ^ CP CT ^ CP CT ^ - ^•ca"=^-cb-^'^-'^'§''^'^'^'^^cX"=cb-^'' ^'' si delle particelle simili P/ , e T^ sono come le gravità di ciascun punto, e come il numero de' punti in cia^^cl eduna particella i dunque il peso di P/ sarà al peso di Tr : : G . P/ ■ £"• T/- ; ; G. AC: g. BC ; ed in questa ragione cost nte starà il peso di ciascuna particella del Canale CA al reo dell' omologa simile dell' altro CB ; dunque raccogliendo , il pe;o del Canale CA starà al peso di CB , come il peio di 125 uiia particella qualunque di CA al peso dell* omologa simile in CB; ovvero come G. AC :^. BC ; ed essendo per l'equili- brio uguali i pesi de' due Canali , ne viene in conseguen- za, che G. AC=^. BC; cioèG:^:: EC : AC i che vuol di- re le gravità in superficie proporzionaci rcciprocarr.cntc alle distanze dal centro,- che è il primo. L' uguapJianza poi dei pesi delle due particelle omologhe simili de' due Canali , derivata dall' uguaglianza de' pesi de' Canali stessi , impor- ta , che le forze gravitanti de' punti delle particelle, saran- no reciproche al numero di tali punti, cioè alle particelle, cioè alle loro distanze dai centro j che era il secondo. SCOLIO. 4. Il supposto di Boscovich e di tutti gli altri , che le gravità di due punti di materia ne' due Canali siano nel- la sola ragione delle distanze di tali punti dal centro, si trae dietro l'assurdo , che i pesi di tutti i Canali, invece di essere uguali, sarebbero come i quadrati delle lunghezze de Canali: imperocché raccogliendo le ni^ioni cost:mti dei pesi delle omologhe particelle di due Canali , si ha la ra- gione de' pesi di tutti i Canali , e questa uguale alla ragio- ne del peso d' una particella a quello dell' altra omologa , e questa seconda ragione è composta della ragione delle forze gravitanti di ciascun punto a ciascun punto nelle due particelle , cioè della ragione di tutto il Canale a tutto il Canale , e della ra;f ione del numero de' punti di una a quel- lo dell' altra particella , cioè nuovamente della ragione del Canale al Canale , le quali compongono la rngione de' qua- drati delle lunghezze de' Canali • 5. La falsità del predetto principio delle gravità pro- porzionali soltanto alle distanze dal centro ne' punti di due differenti Canali , apparisce evidentemente dalla proposizio- ne adottata e ricevuta dai predetti Autori ; cioè che in due Canali le gravità ne* punti , i quali abbiano le distanze dal centro proporzionali ai Canali stessi , sono recìprocamente come tali distanze ,• laddove pel mentovato principio quelle graviti esser dovrebbono direttamente come le dette di- stanze . 6. Per dimostrare in un modo speditissimo ii Tcore- 127 ms Newtoniano, che le gravita ne* luo-^lii M,0 CF'g.ì.) della supe-ficic terrestre sono in ragione inversa delle di t. Per dimostrare 2 2 2" 2 ora, che nnclie le gravita rhpetthe ^ cioè smiruite della corrispondente ì'o'T^ centrifuga, sono sulla sufcr/ìcic terre- stre ne' punti M, O in ragione inversa delle distan7e dal centro MG, OG , è necessario ridurre le forze centrifughe assolute F, / :Ule relative A.^ga — (pa , e conseguentemente si ha G — ^.g — ip: :a: Ay vale a dire le gravità rispettive nei punti M,0 sono rcciiirocamente proporzionali alJe distanze dal centro, siccome si è dimostrato es^^e-e in questa stessa inversa proporzione anche le gravità assolute ne' detti pun- ti della superficie terrestre . p. Ql-iì è da avvertirsi, che non solo la gravità assolu- ta di ogni punto P della colonna G M , ma anco la forza .- . . / . FCjf \ , centrifuga rispettiva f trovata pocanzi=^ p- \ e propor- zionale alla distanza PC dal centro ; e quindi in questa stes- sa proporzione è pur anco la gravità del punto P sminuita della forza centrifuga, cioè la gravità relativa. IO. Si può giugnere ali* equazione GA — 'VQ^ga — fc senza far uso del calcolo integrale , ma puramente col som- mare una progressione aritmetica : imperciocché essendo la ; • . ^ Gjt FC;f gravita relativa in P=-t 77-, e però le pravità relati- A A "^ ve di tutti ?li elementi uguali della colonna MG, incomin- ci;indo da M sino a C , formando una progressione Arit- metica a motivo della differen?» costante fra i termini con- secutivi , si avrà la gravità relativa intera di detta colonna con sommare quella progressione , cioè con prendere la somma de' due termini estremi , oppur del solo primo ter- mine , rcrchè T ultimo è zero, e moltiplicarla per la rr.ctà Tom. Vili. R »3o FC del numero de' termini ,, con che sF ottiene G — ( ciò? il primo termine ) moltiplicato per — A , cioè per la metà del numero de' termini, e da ciò si ha — GA FC; e 2 Z così per la gravità totale relativa dell* colonna CO j tro- vasi — g(t fc; e di qui V equazione GA — FC=:^tf— /<• . II. Fmora abbiamo considerata la gravità come diretta al centro della terra , il che non è se non prossimamente vero in quanto che V ellissoide terrestre di poco differisce dalla sfera. Sia per tanto PCE ( Fi^;. 3. ) il piano di un meridiano delT ellissoide terrestre, il cui centro è C • Le colonne PC, AC sono in equilibrio, come si sa , e per esual ragione descritto nn quadrante ellittico l»^? , simile a PAE, anche /> C , flC debbono premere ugualmente nelle loro di- rezioni /> C , aC. Dal che sieguc , che P^ è in equilibrio con Ka; e chiamata P la pressione in P , ed A la pressio- ne in A 5 e supposto il quadrante j>/? e infinitamente vicino a PAE , avremo A ri : P/ : : AC : PC : : P : A , e quindi A = P. PC ~ — — . Si meni ora per A la verticale AG, la quale come AC perpendicolare alla superficie dell' ellissoide terrestre in A , rappresenta la vera e precisa direzione della grività in A ; e quindi abbassando il pei-pcndicolo GD sopra AC , e riso- luta la forza di gravità agente secondo A G in altre due forze, una secondo AC, T altra normale ad AC ( la quale non può né aumentare, ne indebolire la forza secondo AC), starà la gravità diretta secondo AC alla gravità reale agen- te secondo AG come sta AD : AG , vale a dire chian andò G la. gravità intera in A secondo AG avremo 1' analogia AG ^ A D : AG : : A : G , e conscguentemente G = tt:* -^ ^= AD p pQ_ ^Q ~. ^ — r-;;.^- Ma si sa dalle Sezioni coniche,, che AC . AD= AC. AD »3» P. AG PC*, dunque sarà G= che è quanto dire la gravità 1 \_> ne' diversi punti della superficie dell' ellissoide terrestre seguì' ta la proporzJoHt delle normali alla superficie in que' punti , prolungate sino al diametro dell' equatore . 11. Le dette normali ( per le Sezioni Coniche ) so- no in ragione reciproca delle perpendicolari guidate dal cen- tro dell' ellisse sulle tangenti : conseguentemente la gravità ne' varj punti della superficie terrestre è in ragione inversa delle perpendicolari guidate dal centro alle tangenti di que* punti j e siccome ncH' ellissoide poco differente dalla sfera queste perpendicolari per poco non si confondono coi se- midiametri dell' ellissoide, quindi la gravità seguita presso a poco la ragione inversa di tali semidiametri , ossia delle distanze dal centro . 13. Allorché si conosce la ragione del diametro dell* equatore all' asse , si può con facilità determinare V ango- lo GAG fatto dalla verticale AG , e dal raggio CA della terra, che si chiama l'angolo della verticale. Infatti guidata la perpendicolare AN al semidiametro CE dell' equatore, e chiamando a il semidiametro CE , b il semiasse CE, A la latitudine , ossìa T angolo AGE , abbiamp per le Sezioni Coniche CN : GN : ; «* : i*, e ne' triangoli rettangoli ACN, AGN, che hanno comune il cateto AN, è CN : GN : : tang. AGE : tang. ACE : ; tang. A : tang. ACE : : a^ : b^. Chia- mo (p 1' angolo ricercato GAG , ed ho tang. A C E = tang. {X — (p); e quindi a'' . h'^ : : tang. A '■ tang* ( ?^— 9 ) ov- l^ tang. A — tang. ^ vero — tang. A= ^:: —— t e **tang.A + ^ tanf . X* « i-f-tang. A- tang.,p' ^ ^ tang. ^ =. = — =:i-i-? da la latitudine 7\ un tal poco maggiore dell' ansjolo ':em!'-etto . 17. J! punto A deir ellissoide terrestre (Fìp. 4.)? f^cl quale 1' angolo GAG della verticale è il maggiore di tutti gli alfi analogi , ha alcune singolari proprierì , che lo ren- dono assai rimarchevole e degno dell' attenzione d' un Geo- metra . 18. E primieramente menando da A T orvlinata AN al semidiametro equatoriale CE, la ripiene fra quc^ta o'dina- ta , e l'ascissa corrispondente CN dal centro, è quella stes- sa , che vi ha fra il semiasse CP , e il semiciinmet-o «Jeh* equatore CE. Imperciocché fatta AN=y, CN:=Xy abbiamo trovato tang. AGN=:tanjr.A = — 7:r=-r = -7^--r: ma per le 133 Sezioni coniche la sottonormale GN è = — r* i sarà dun- a a P h que -7-=^; — ;f, ovvero— Ar=_y, e conseguentemente ri- sulta 1' analogia ^ : jr :: ^ : /?. 19. Secondariamente il quadrato deirordinata AN è ugua- le alla metà del quadrato del semiasse CP, come il quadrato dell' ascis'sa corrispondente CN uTuagiia la metà del qua- drato del semidiametro equatoriale CE. Avvegnaché essendo x=^-ry) e per la proprietà dell' ellissejy'^ = ^ ( '^^ — ^^ ) , se si sostituisce in questa equazione il valore di x' = yT_)i^, essa si cangia in ^\=z — («^ — Yj j^) da cui si trae I I subito J''' = — ^*, e quindi jc* =7— a^ . 20. In terzo luogo descrivendo col raggio uguale al semiasse CP il quadrante circolare PMO , e menanc'o dal punto A la p-r! endicol:ire AF al semiasse, questa taglia i! quadrante PMO del cerchio per metà nel punto M, e fa l'arco PM — MO di 45.° Ciò sì dimostra fcr la nota pro- prietà ieli' classe circoscritta al cerchio dove si ha 1' analo- gia CE : CO : : FA : FM . Ma si è ?ià dimostrato CE : CO : : CM : NA : : FA : FC . Dunque FA : FM : : FA : FC , e quindi FM = FCi e di qui app?risce , che es- sendo il seno FM , e il coseno FC dello stesso arco PM fra di se uguali, l'arco PM è appunto di 43." 21. In quarto luo^o , se si conduce al punto A il se- midiametro dell' ellisse CA , questo divide in due parti uguali l'area del quadranre ellittico PCEA . Per dinostrar questo , si tiri al punto M il raggio del cerchio CM • Per la pop-ietà dell' ellisse sta l'area del quadrante ell'ttico EAPG all' a-ca del quadrante circola'-e inscritto OMPC , co- me sti EG ad OC , e nella stessa ragione sta pur 2i;co lo spazio ellittico EAFC allo spazio ci'colare corrispcndentc OMFC , come pu-e il tri:mgolo CAF al triangolo CMF, giacché quello sta a questo come AF ad MF > cioè come ^34 EC ad OC . Dunque EAFC : OMFC : : CAT : CMF : : EC : OC. Dunque EAFC—CAF : OMFG— CMF : : EC : OC, vale a dire il settore ellittico EAC sta al setter circolare corrispon- dente OMC come EC ad OC ^ ovvero come il quadrante ellittico EAPC al quadrante circolare OMPC . Ma il setto- re circolare OMC è la metà del quadrante circolare OMPC, perchè l'arco OM è la metà dell' arco quadratitale OMP : dunque anche il scttor ellittico EAC sarà la metà del qua- drante ellittico EAPC , che è quanto dire il semidinmctro CA divide in due parti eguali I' area del quadrante ellittico EAPC . 22. Per egual modo si può dimostrare, che circoscri- vendo al quadrante ellittico EAPC un quadrante circolare, il quale cioè abbia C per centro , e CE per raggio , 1' or- dinata NA dell'ellisse al predetto punto A, prolungata che sia , andrà a tagliare T arco circolare in due parti uguali , cioè di 45.' ciascuna. '35 SOPRA LA PRESSIONE DELLE PORTE CONTRO I LORO ARPIONI. Di Gregorio Fontana. Ricevuta li 14, fruttidoro An. VI. ( j I. Agosto 1798. ) UN P'oblema di Statica de' più semplici , che mai pos- sano idearsi, sembra indubitatamente esser quello, in cui trattasi di determinare la quantità e direzione della pres- sione , che ese-citano contro gli arpioni le imposte delle porte o finestre , che into*-na a quelli su loro gangheri li- beramente si muovono. Eipu'e». se affrontando di slancio questo Prob!em:i si p"csnme ,. senr' altro ripiego, di consi- derare la porta nello stato suo attuale , e nella sua funzio- ne ordinaria , s* incontrino delle difficoltà , che quand' an- co non riescano insuperabili ,, sembrano però dover rendere questa ricerca laboriosa anziché no e complicata • Per evi- tare co'^iffatte difficoltà , e giugnere speditamente alla solu- zione del Poblema , è me'^tieri considerare la cosa più da lontano , ed esaminare la pressione , che viene esercitata da un piano supposto pesante e verticale contro due sostegni , sui quali si regge , posti non in una retta verticale , come lo sono gli arpioni d' una porta ,, ma in una retta comun- que obliqua all' orizzonte . Ritrovato T occorrente in que- sto caso , riesce poi facilissimo il passaggio al caso preciso della port?, che fa sforzo contro i suoi arpioni verticalmen- te disposti». Sembra a primo aspetto , che il caso più semplice e più naturale debba esser quello della posizione verticale dei due sostegni , e che da questo debba passarsi all' altro del- la posizione obliqua , anziché da questo secondo al primo : ma in fatti non è cosi ; ed in ciò accade appunto quello , che si risconf-a nella teoria delle potenze parallele , la qua- le anziché guidare ed aprire la strada alla teoria delle po- tenze concorrenti , si deriva comodamente , qual conseguen- za spontanea , da questa .. e PROBLEMA. Sia per tanto ( Fig. 5- ) '^ piano grave BCDE verti- cale, fermato a due sostegni ne' punti B, C j)Osti in una retta BG obliqua all' Oriiizonte , intorno ai quali esso può volgersi liberamente in circolo , ma non può aver altro mo- to . In questo stato di cose , cerco la direzione e la quan- tità di pressione , a cui soggiaciono i due punti di soste- gno B, C. Sol/iz,. Sia G il centro di gravità del piano pedante , e la verticale PGA per esso tradotta tagli la linea BC dei so- stegni sotto l'angolo PAC = (p. Il peso del piano dicasi P, il quale premerà contro la retta BC , come se fosse im- mediatamente applicato in A. Prendo AG per rappresenta- re r azione del peso P , e meno da G la perpendicolare GF a BC , compiendo il rettan^oio FH . Con ciò lo sforzo P si risolve in due, uno AF=:P cos.(p, che diremo Q_i r altro A H = P sen. ^ , che nommeremo R . Questo A C sforzo R produce nel sostegno B la pressione ——. R=: X) C p scn. © = ;» nella direzione BE, e nell'altro sostcpno - _ ^S T> _ A^ C produce una pressione t ———-. R —-— . P sen.

    = ,-T^.P, e7 = .s-7^-Pi e si è già trovato Cl=Pcos.^, B C -t» C che apisce contro i sostegni in direzione della linea B C , che li congiunse . Il che era ce. Scolio. Se B C D E fosse un corpo di qualunque forma e grandezza sostenuto ne' due punti B, C, la precedente so- luzione si applicherebbe anche ad esso interamente, purché però il suo centro di gravità si trovasse nel piano vertica- le, che passa pe' due sostegni B, C . Sup- 137 Suppongasi ora, che restando fermo il punto C ( Fig. 5. e tf. ) vada di mano in mano innalzandosi i\ punto B , e quindi scemando \' angolo GAG =^ (p , come pure le rette AB, BK. Qiiando la verticale PG urta nel punto B, al- lora diventa AB = o,BK = o, ed AC = BCj e perciò in questo caso si ottiene / = P sen. ^ =: R , e x = o . Seguitando ad innalzarsi lo stesso punto B , il concor- so A della verticale GP colla linea CB de' sostegni viene a cascare al di là di B per rispetto a C ( Fig. 6. ) , e di- ventano negative le rette BA, BK, e conseguentemente nc- AB „ BK gativo il valore della forza t = — r^rr-P scn.q>=- — ^.P, che vuol dire , che essa premerà il sostegno C nella dire- zione C TT opposta alla prima sua direzione CD, mentre in- CL tanto la forza p = — — , . P ritenendo la direzione di prima preme 1' altro sostegno B per lo stesso verso BE, come dianzi • Seguitando ancora il punto B a sollevarsi , e T angolo A ad impicciolirsi, cresce la retta BK, e scema la C L ; BK ^ e in conseguenza cresce lo sforzo t ^ ;•?> e cala lo CL „ '"- sforzo p := :—— . P . Allorché BC ( Fic^. 7.) arriva ad essere verticale, e perciò parallela ad AP , che è appunto lo srato naturale delle Porte e Finestre ne' comuni cdifìz] , CL e BK di- ventano entrambe uguali ad FG, e perciò abbiamo in que- FG FG sto caso R=o, QpP, p = ^^^ -P, e ^=— g^J • Pi t^on- de apparisce , i.° che tutto il peso della Porta cprica con pieno effetto verticalmente sugli arpioni per mezzo de* gan- FG ghcri; 2." che oltracciò una forza -^7^ • P tende a svelle- ro«?. vili. 8 13» re dalla parete in una direzione orizzontale V arpione superiore ; 3.' ed un' altra forza uguale ed opposta spinge orizzontalmente contro la parete V arpione infe- riore . Avendo parlato di questo Problema col mio rispettsbi- Ic Amico , il Professore Masclicroni , invirmdolo a scio- glierlo coila sua conosciuta sagaciti , rilevai poscia da esso, che il Problema si sarebbe sciolto anche col guidare dagli arpioni B e G al centro di g'-avitù G le rette BG e CG. Ed infatti, se nella verticale GP si prende GO— P, e sonra GO come dia^^onale , e co' lati presi neik di e> ioni BG , GC si costruisce il parallelogrammo GNOM j GM esprime- rà lo sforzo , che tende a strappare 1' arpione B nella dire- zione BG , e GN rappresenterà la spinta,, colia quale T ar- pione C è incalzato in direzione di GC . Ora si ha dilla Statica GO : GM : GN : : sen. MGN : ^cr. OGN : sen. OGM : : scn.CGB:sen.GCB:sen.GBC : ; GB : GB : GCj e quindi GM GB GG — — — - . P j GN = -pr^ . P . Se per tanto da M si abbassa il perpendicolo MS sopra GO, la forza GM resta risoluta nella forza verticale GS , e nella orizzontale SM , e quest' ultima , per V analogia BG : GF ; : GM : MS , risulta GF = - — -7 . P, per r appunto come prima . Facendo lo stesso BG colla GN, si trova per la spinta orizzontale contro C ver- GF so Ctt lo stesso valore -p7^ • ^ ' ^o sforzo verticale GS contra V arpione superiore B , per 1' analogia BG . BF : : BF GM : GS , si scopre = ^rr . P; e così la spmta verticale FG contro l'arpione inferiore C trovasi = -^^ • P. Sommando BF FC poi queste due pressioni verticali -g^ . P , -gTj- • P ne ri- sulta la pressione totale P del peso della Porta,. jSoc.Ita.L To/?L. V/I7. /O.J33. 3. 1 E p K B 'tf 7- 1 G ...r M:.'... ;S -.N . d ■- ■ TT 1 > 1 L 5 c ) 'lui r U9 E' cosa degna di considerazione , che le pressioni ver- ticali contro ^li arpioni B , C sono in ragion diretta delle distanze BF, CF dal punto F, che corrisponde al centro di graviti G della Porta; che è appunto il contrario di ciò, che avverrebbe , qualora la retta BC invece di essere verti- cale fosse orizzontale , essendo in tal caso le dette pressio- ni in ragion reciproca di tali distanze. S ; 140 SULLA MACCHINA A SPECCHI DI BUFFON, E SULLA LUCE , CHE DA UNO SPECCHIO PIANO CIRCOLARE VIENE RIPERCOSSA SOPRA UNO SPAZIO CIRCOLARE DATO. Di Gregorio Fontana . Ricevuta li 14. Fruttidoro^ An. Vi. (31. Agosto 1798.) INgccrposa quanto mai dir si possa , e dciivafa d:ille più sottili e giudiziose considerazioni sulla luce riflc<;sa , è 1^ invenzione della macchina a specchi per ardere ed abbru- ciare i corpi a grandi distnnze , ideata ed eseguita dal Buf- fon verso la metà de] corrente secolo- Consiste questa , co- me può ledersi nelle Memorie dell' Accademia delle Scien- ze di Parigi per 1' anno 1747., in 168. specchi piani di ve- tro a foglia metallica , alti sei pollici , larghi otto , ognuno de' quali è mobile di per se indipendentemente dagli altri . N;l totale la macchina è la'-ga sette piedi , ed alta otto . Nel primo esperimento eseguito ai 23. Marzo 1747. quando la macchina non era ancora nel perfetto suo com- pimento , e non avea Li più esatta situazione verso i ra^gi sobri , Buffon accese con 40. specchi una tavola di faggio incatramata in distanza di 66, piedi . Ai 4. Aprile intorno alle ore u. di mattina , ad un sole debole, egli produsse con 154. specchi alla distanza di 150. piedi un tal calore, che in meno di due minuti una tavola incatramata cominciò a dar fumo , ed aveLbc sicu- ramente preso fuoco , se il sole non si fosse improvvisa- mente nascosto . Ai IO. Aprile, in un sole chiaro , con 128. specchi fu quasi instantaneamente fatta ardere una tavola incatramata di abete alla distanza di 150. piedi. Alia distanza dì 20. piedi un gran fiasco di stagno con 4J. specchi, e dei piccoli pezzi d' argento con 117. spec- chi furono r uno e gli altri liquefatti , ed una lamiera di latta divenne rovente . I comuni spccclii ustorj, cioè sferico - concavi , sono 141 affatto insufficienti per bruciare a grandi distanze ; la loro grandezza per produr quest' effetto , dovrebbe essere im- mensa , e sarebbe estremamente difficile, per non dire im- possibile di dar loro esattamente la curvatura qua^' insensi- bile, che dovrebbero avere. Ma havvi anche un'altra ra- gione, che li rcnder.ebbe totalmente inutili, quand' :fnco si potesse trovar il modo di lavorarli colla maggior esattezza e precisione possibile. Per calcolare la forza d'uno specchio concavo , è un grand' errore delia comune degli Ottici quello di considerare soltanto que' raggi , che vengono da un solo punto del Sole , cioè dal suo centro , i quali poi come provenienti da uno stesso punto si riguardano giusta- mente come paralleli . Il corpo solare occupa nel cielo uro spazio della lar- ghezza di circa 32. minuti, ovvero il diametro del disco del sole si vede da noi sotto un angolo di 32. minuti'. I raggi , che partono dalle due estremità del diametro e ca- dono sullo stesso punto dello specchio y non sono altrimen- ti t'-a loro paralleli, ma sono gli uni agli altri inclinati sot- to r angolo di poco più d' un mezzo grado ; per conse- guenza, dopo essere dallo specchio riflessi, invece di rac- cogliersi in un medesimo punto , vanno tra loro scostando- si, e dive'-gcndo d' un angolo eguale: e questa è la ragio- ne, per cui il foco d* uno specchio concavo un poco gran, de non è un punto fisico , m-i ^^^ sempre una certa esten- sione sensibile . L' immagine del sole nel foco dello spec- chio occupar dee uno spazio , il cui diametro è la corda d' un angolo di 32. minuti , che ha il vertice nello spec- chio . Fin t.into che il foco dello specchio non è che ad una mediocre distanza , questa divergenza dei raggi è mi- nore della convero^enza che dà lo-o lo specchio , e però essendo il foco molto men largo di lui , i raggi vi sono bastantemente condensati e raccolti per poter ardere e bru- ciare (//) . Ma se si accresce la distanza del foco , allora (a) Da questa rlivergenza de' ra;^- specchio piano, la qnale ad una pi riflessi da uno stesso punto del- piccola distanza è della stessa fi- lo specchio, e provenienti dalle gura dello specchio , diventa , sco- dile estremità del dianietro solare standosene, sempre vie meno si- si ricava la ra°ione, per cui l' im- mila allo specchio, e finisce con magine del sole ripercossa da uno essere perfettamente rotonda, qua» J42 diventando più scngibile la divergenza de' raggi , viene a indebolirsi la forza del foco i per modo che se si suppo- nesse questo collocato ad una tal distanza , che il diametro dello specchio fosse veduto da questo luogo sotto un an- golo di 32. minuti, e la convergenza data ai raggi dallo specchio fosse quindi uguale alla divergenza cagionata dalla larghezza del diametro del sole, il foco in tal supposto non farebbe maggior effetto che se ricevesse i raggi da uno lunque esser possa la figara dello specchio. „ Uno specchio piano quadrato ( dice ingegnosaHiente nel- la citata Memoria il Buffon) d'un mezzo piede , esposto ai raggi del sole, formerà un' immagine qua- drata (li sei pollici, allorché si ri- ceverà questa immagine ad una piccola distanza dallo specchio , come di alcuni piedi . Allontanan- dosi poco a poco , vedesi l' imma- gine crescere, poi difformarsi, in- fine ritondarsi , e rimanere roton- da sempre ingrandendosi a misu- ra , che ella dallo specchio si al- lontana. Questa immagine è com- posta di tanti dischi del sole , quanti vi sono punti fisici nella superficie riflettente-, il punto del mezzo forma un' immagine del di- sco; i punti vicini ne formano al- tre simili e della stessa grandezza, le quali sopravanzano un poco il disco del mezzo. Lo stesso accade di tutti gli altri punti; e 1' imma- gine è composta d' un' infinità di dischi , che sormontandosi resolar- mente, e anticipando circolarmen- te gli uni sugli altri formano l'im- magine riflessa , che ha il punto del mezzo dello specchio per cen- tro . Se si riceve l'immagine com- posta di tutti questi dischi ad una piccola distanza, allora l'estensio- ne, che essi occupano, non essen- do che un poco più grande di quella dello specchio, questa im- magine è della stessa figura e pres- so a poco della stessa estensióne dello specchio . Se lo specchio e quadrato, l'immagine è quadrata; se lo specchio è triangolare, 1' im- magine è triangolare . Ma quando si riceve 1' immagine ad uiia gran- de distanza dallo specchio , dove r estensione, che occupano i di- schi , è molto maggiore di quella dello specchio , 1' immagine non conserva più la figura quadrata, o triangolare dello specchio, ma ella diventa necessariamente circolare . E per trovare il punto di distan- za, dove l'immagine perde la sua figura quadrata , basta cercare a qual distanza lo specchio ci com- parisce sotto un angolo uguale a quello, che forma il corpo del so- le a' nostri occhi, cioè sotto un angolo d' un mezzo grado , o di 31. minuti : questa distanzi sarà quella , dove 1' immagine perderà la sua figura quadrata, e diverrà rotonda; perocché i dischi avendo sempre per diametro una Imea uguale alla corda dell' arco circola- re , che inisura un angolo di 31. minuti , si troverà con questa re- gola, che uno specchio quadrato di sei pollici perde la sua figura quadrata alla distanza di circa 60. piedi , e che uno speccliio d' un piede in quadrato non la perde che a fio. piedi all' incirca, e così degli altri „ . M3 specchio piano. Qiunfo dunque e maggiore la distanza fo- cale , tanto pure è magjfio'-e 1' estensione del foco , ossia lo spazio incetidiarìo o focale , che occupano dopo la rifles- sione d^llo specchio concavo i laggi provenienti da tutti i punti del disco del sote . Il semidiametro d' un tal foco, ovvero dell' immagine del sole in esso formata trovasi im- mediatamente con moltiplicare la distanza focale per la tan« gente del semidiametro apparente del sole ; così che poya la distanza focale = A , si ha pel semidiametro del foco l'espressione A t^njr. i5' , ovvero A all' incirca. ' *= 216 Essendo per tanto i rag^i , che procedono da tutto il disco del sole , riuniti e raccolti così dalie lenti che ói^M specchi anche più perfetti non già in un punto, ma in un' estensione contenente 1*" immagine solare , cioè in uno spa- I zio circolare avente per diametro — — ■ della distanza focale , 1 Co di qui ne deriva , che per ottener da uno specchio la stes- sa forza d' illuminare o di ardere in una grande distanza che si- ha da un altro in una distanza minore , è necessario accrescere la superficie del primo sopra quella del secondo nella stessa proporzione y in cui 1' ampiezza del suo foco o circolo iucendiaifo cresce sopra 1' ampiezza del foco di questo secondo. Per camion d' esempio il grande speci hio dell' Accademia di Pari'^i, che ha tre piedi di corda o diamet'-o , e che ha la forza di fonder 1' oro ha un foco o spazio incendiario grande in circa quattro linee . Se si vo- lesse fare uno specchio , il quale a 240. piedi di distanza , dove il foco è un poco più grande di due pied' , produ- cesse un effetto uguale, bisognerebbe dargli 116, piedi di corda , perchè la larghezza di 4. linee di foco nello spec- chio dell' Accademia sta alla lirghczza di due piedi di fo- co in quest' altro , come appunto tre piedi di corda in quel- lo a ii6. piedi di corda in questo. Il Buffon con un car- tone applicatovi restrinse la larghezza di quello specchio si- no ai cinque pollici , cioè alla sola grandezza necessaria per accendere il legno secco . Ma uno specchio , che dovesse far quest' effetto alla distanza di 240. piedi , aver dovreb- be , dice Buffon, la larghezza di 30. piedi, o piuttosto (do- 144 veva egli dire ) di 33. piedi j avver^nachè in distanza di 240 240. piedi il diametro del foco è = — —piedi, che sta al . 1&8 4 diametro di 4. linee, o di piedi come 80. sta ali* uni- 144 tà j e però la larghezza o il diametro dello specchio sarà 80. volte cinque pollici , ossia 400. pollici , vale a dire I Si — piedi . S La semplice esposizione di questa teoria basta per con- vincere, che le curve, di qualunque specie esser possano, sarebbero in vano impiegate, e si sperimenterebbero ineffi- caci, qualora si volesse col loro mezzo ardere, e bruciar di lontano . Il diametro del foco di tutti questi specchi cur- vi di qualchcsiasi configurazione non può mai esser più pic- colo della corda dell' arco di 32. minuti; dal che inferisce Buffon , che lo specchio concavo il più perfetto , d'un dia- metro uguale a questa corda , non farebbe mai il doppio dell' effetto d' uno specchio piano della stessa superficie ; e se il diametro di questo specchio curvo fosse minore di questa corda, farebbe poco più che uno specchio piano di ugual superficie. Tutio ciò indusse facilmente II Buffon a rinunzia- re air idea di poter bruciar di lontaao col mezzo degli specchi curvi di qualsisia forma ; e quindi si rivolse agli specchi piani , dall' unione de' quali opportunamente insie- me disposti e combinati egli immaginò di conseguire il suo intento . Ideò a tal uopo una macchina per far coincidere al medesimo punto le immagini del sole riflesse da un gran numero di specchi piani di cui era composta , ben convin- to che questo mezzo era il solo per poter riuscire nel suo disegno . Ma le considerazioni da lui fatte sulT ampiezza del fo- co di qualunque specchio in una gran lontananza, resero dubbioso il Buffon anche intorno alla possibilità della sua idea di bruciare in gran distanza col mezzo degli specchi piani combinati, a motivo appunto della enorme estensione, eh' egli avrebbe dovuto dare alla sua unione di specchi pia- ni per poter produrre della fiamma in uno spazio si largo co- me 145 me è quello àc\ foco d'uno specchio qualunque in un?, gran- de distanza . E.jli t'ondava i suoi dubbj sul seguente discol- ie ; ,, Supponiamo} die' egli , che la distanza, alla quale io voglio bruciare sia di 240. piedi i io veggo chiaramente, che il fojo del mio specchio non può aver meno di due piedi di diametro in questa distanza : qual sarà dunque l' esten- sione , che io saio obblij^ato di dare alla mia unione di specclii piani per eccitar della fiamma in uno spazio focale si grande? tale estensione poteva essere tanto grande, che la cosa sarebbe stata impraticabile nelT esecuzione ; impe- rocché paragonando il diametro del foco al diametro dello specchio , ne' migliori specciii di riflessione che noi abbia- mo , per esempio collo specchio dell' Accademia , io avcra osservato che il diametro di questo specchio , che è di tre piedi, era cento e otto volte più grande del diametro del suo fo;;o, che ha sol quattro linee i ed io ne conchiude- va, che per brucare con egual forza a r.40. piedi, sareb!)e stato necessario, ciie il mio sistema di specchi avesse avu- to 116. piedi di diametro, giacché il foco aveva due pie- di; ora uno specchio di 2i5. piedi di diametro era sicura- mente una cosa impossibile „ . Ma in mezzo a questi dubbi e incertezze riflettè poscia con singoiar finezza e sagacità il Buffon , che uno spazio focale più largo dovca far maggior effetto che un altro più ristretto , posta un' uguale densità dei rag^i solari ; e ciò perchè il calore si coìnunica e diffonde da 'una parte all' al- tra contigua , e si disperde per così dire- anche aJIor quan- do viene applicato continuamente sullo stesso punto. Se per esempio ( so/giugne il lodato Autore) si fa cadere il foce d' uìi vetro ardente sul centro d' uno scudo , e questo foco non abbia che una lìnea di diametro , il calore , che esso produce sul centro dello scudo, si disperde e si estende nel volume inte- ro dello scudo , // quale si riscalda sino alla sua circonferenza • e in conseguenza tutto quel calore , che è dapprima impiegato covtro il centro dello scud'), non vi si arresta\ e jion può pro- durre un effetto così grande come se vi si ferr>7asse totalmente. Ma se invece d' un foco d' una linea, che' cade sul mezzo dd~ lo scudo , SJ fa cadere sullo scudo intero un fnco d' uguale in- tensità , tuttf le parti dello scudo essendo allora lingualmente riscaldate , non solo non vi ha perdita di calore come per U Tom. Vili. T 1^6 avetnti , ma vi hn per V apporto un guadagno ed aumento di calore ^ perchè il punto di mezzo profittando del calore degli al- tri punti che lo-- circondano , lo scudo verrà fuso in questo ca- so , laddove nel primo non sarà che leggermente riscaldato . \J esperienza venne all' appoggio di questo fino ed acu- to pensamento di BuiFon . Egli prese degli specchi di me- tallo di fochi differenti in ampiezza, e paragonando l'azio- ne dei diversi fochi sopra le stesse materie combustibili , ri- trovò , che ad eguale intensità di luce i fochi grandi fanno costantemente molto maggior effetto che i piccoli , e que- sto stesso egli potè verificare anche nei vetri di refrazionc. Un vetro ardente di 32. pollici di diametro ha il suo foco di 8. linee di larghezza alla distanza di 6. piedi , e questo foco fonde il rame in meno d'un minuto. Preso un altro vetro di 32. linee di diametro » e di due terzi di linea di foco , questo alla distanza di 6. pollici non solo non arri- vò a fondere in egual tempo il rame, ad onta della stessa intensità della luce nell'uno e nell'altro foco, ma non pò» tè ncppur comunicargli un caior mediocre - Cosiffatte sperienze convinsero il Buffon , che la mac- chini a specchi , che e^^li si era p-oposto di congegnare , poteva esser mzxv grande ed estesa di quel , che il calcolo sembrava per.nettcre . Volle tentarne 1' esecuzione ; e vi riuscì felicemente • Il Klu^el nella sua bella traduzione alemanna della Sto- ria inglese dell' Ottica del Dott. Priestley , arricchita da lui di dotte interessantissime aggiunte, parlando in una di que- ste aggiunte della scoperta di Buffon relativa alla macchina a specchi , fa opportunamente osservare , che avendo Buf- fon pe' suoi paragoni e calcoli numerici ben sovente biso- gno di sapere la densità della luce nel foco di un doto specchio sferico , è obbligato di ricorrere ogni volta all' es- perienza per mezzo de' suoi spccciii combinati. Per evitare r inconveniente di dover tutte le volte , per giugnere a tal cognizione, ripetere un esperimento, sempre molesto e dif- ficile neir esecuzione , il Klugel propone una regola teori- ca , che con estrema facilità e semplicità dà la den'^ità del- la luce nel foco di qualunque specchio sferico concavo. La regola è questa : Si prenda la cinquantesima quarta parte della distanza focale ; se ne faccia il quadrato , e con esso sì \ M7 elivida il quadrato della corda dello specchio ; sì rKoltìjilìcìii il quoziente fer quattro ; e si avrà il numero , che esprime quan- te volte la luce raccolta nel foco dello specchio è pia densa che la luce semplice del Sole , prescindendo dalla perdita fatta nel- la riflessione. Cosi per cagion d'esempio nel summentovato specchio dell' Accademia di Parigi , che ha tre piedi di cor- da, e parimenti tre piedi di distanza focaie, ossia io8. volte la larghezza del foco che è di quattro linee , trovasi la densità della luce nel suo foco essere 11664. volte maggio- re di quella della semplice luce solare , La giustezza di questa regola, di cui il Klugel non dà la dimostrazione , si prova faciJmente col seguente discor- so : la semplice luce solare diffusa per tutta la superficie con- cava dello specchio incendiario viene condensata nella piccola immagine del Sole , che si raccoglie nel foco , e ne occupa r estensione , vale a dire la luce rimandata dallo specchio si porta ad occupare uno spazio circolare , che iia per sc- I midiametro -A, come ;;ubìam già veduto, posto A per la 216 ^ distanza focale del dato specchio . E poiché la densità della luce è in ragione inversa della superfìcie irradiata, sarà quindi la densità della luce solare semplice che cade sullo specchio, alla densità della luce raccolta nel foco, come il cerchio del I diametro — -A alla superfìcie dello specchio, la quale, in 108 ^ -1 j quanto riceve la luce solare, dee considerarsi come un piano circolare , che ha per diametro la corda D dello specchio (b). T 2 ci) Si noti qui un errore di mol- ti , i quali per ritrovare la quanti- tà della luce solare rimandata da uno specchio sferico concavo, e di- retta al suo foco , posta da banda quella, che si perde nella riflessio- ne, prescrivono di moltiplicare tut- to il disco del sole non già per l'area dell'apertura dello specchio; ma per la superficie riflettente con- cava del medesimo . Se lo specchio è un picciol segmento d' una sfera assai grande , allora la regola non discorda sensibilmente dalla vera, perchè la superficie concava dello specchio per poco non si confon- de col cerchio della sua apertura : ma negli altri casi il divario può esser grandissimo; e se Io specchio è un intero emisfero , la regola dà un risultato due volte maggiore del giusto . 148 a) '■ D*, ovvero di(— A) : 4D" ; e quindi la luce nel foco c'ello specchio -è- niìi densa della luce semplice ■ — - vcite ; che cr.i da dimostrarsi. (—A) \H / . Qiìssta regola- vale anche per le lenti ustorie , se si prescinde dalle aberrazioni de' raggi diversamente colorati , e si piglia D pel diametro dell' apertura della lente. Anclie la figura sferica così nelle lenti che negli specchi produce un piccolissimo errore chiamato errore della sfericit:"! , per cui i raggi stessi paralleli , o provenienti da uno stcsJO punto del disco solare incontrane, rifranti o rifessi, in pun- ti un tantino discosti ì' asse della lente e dello specchio. Ma questa specie di aberrazione è troppo piccola per inva- lidare la regola proposta . Da tal regola intanto si conosce tostamente, che T ef- fetto di ardere , o riscaldare , o illuminare è t:'nro maggio- re , quanto sono maggiori le superficie , ossia i quadrati delle larghezze o aperture dee li specchi e delle lenti, e qu:'n- ro sono minori i quadrati delie loro distanze focali ; talmente che sotto un'ugual curvatura ed ugual larghezza lo specchio opera quattro volte più gagliardamente delia lente, perchè ha soltanto la metà della distanza focale di questa , po'^ta da parte la perdita di luce nel riflettersi, e nel rifrangersi. SI pretende fondar questa rego- la sul seguente discorso : ogni pun- to della superficie concava dello spec- chic riceve i raggi da tutto il disco del Sole, e li riflette in un cono lu- minoso , che nella sua base rappresen- ta l' immagine del disco . Tanti son dunque i dischi riflessi dallo spec- chio , quanti seno i punti riflettenti della sua superficie ; e però il pro- dotto di questa pel disco dà la co- pia di luce riverberata. Ma è cosa della maggior eviden- za , che la superficie concava dello specchio non rice/e né più, ne meno di que' soli rag^i , cui am- mette r apertura del medesimo, e tanti sono i coni luminosi, o i di- schi riflessi quanti precisamente sono i punti del cerchio di questa apertura . Di che consegue , che non la superficie concava, ma il cerchio dell' apertura dello spec- cliio convien moltiplicare pel di- sco del sole, per ottenere la quaa- tità di luce che rien rimandata. ( 149 Alla bella invenzione dello specchio composto del Buf- fon , per essere vie maggiormente nobilitata e resa più in- teressante , mancava solo che un qualche illustre Geome- tra vi applicasse il calcolo, e con un' analisi rigorosa ne dc- termina3<;e la preci a quantità degli effetti , ed i loro rap- porti. C'ò appunto imprese ed eseguì il celebre Courtivron in un' eccellente Memoria inserita insieme con quella del Buifon nel volume de!!' Accademia dell' anno stesso 1747., la quale egli poi riprodusse colle stesse parole in fondo al suo quanto breve tanto sublime Trattato di Ottica pubbli- cato, senza nom; in Parigi nel 17.5 2. Q_iesto profondo Geo- metra paragona quivi col mezzo d' un analisi la più fina e delicata l' crTctto d' uno specchio incendirvrio composto di specchi piani coli' eterto d' uno specchio perfettamente sferico , sd a q lest' oggetto egli determina la quantità di luce, che ognuno degli specchi piani rimanda sulla medesi- ma estensione occupata da! foco dello specchio sferico por- tato alla stessa distanza . La sua M:moria è certamente una delle più belJe applicazioni , che siano m^i state fatte del Calcolo integrale ad un qualche punto di Fisica: ma è pur forza confess:;re, che per 1' affeirtata brevità, per la stroz- zatura del. raziocinio , e per l'^-nissione delle prove riguar- danti le cose più essenziali e più bisognose di dimostrazio- ne , e final ncnte per tre errori connessi dall' Autore nel ^ passare ai risultiti , ed alle applicazioni del suo calcolo , la detta Memoria riejce d' un' intollerabile oscurità e difiicol- tà ancìic ai Geometri più esercitati . Trattandosi d' un problema totalmente nuovo nell' Ot- tica, ed interessante per la sua finezza e singolarità, e per la sottigliezza delle indagini die conducono alla soluzione , ho creduto non inutil fatica quella di trattarlo di nuovo dopo il Courtivron , e di liberarlo da quelle spine e diffi- coltà , che s' incontrano ad ogni passo nella soluzione da esso recata nella citata Memoria . Cdcando la stessa strada da lui tenuta , io mi studierò di render tutto lucido e fa- cile , e di mettere la sua Memoria alla portata ed intelli- genza di qualunque Geometra , che conosca soltanto gli clementi dell' Ottica, e del Calcolo Integrale. Dietro le traccie della soluzione del problema, data da quest' Auto- re, io ne rischiarerò i passi implicati ed oscuri, rec:;ndo le IJO prove delle cose da esso assunte e non dimostrate , ed as^- giungcrò in fine le mie riflessioni relative al soggetto in quistione. Ecco per tanto il PROBLEMA. Dato uno spacchio piano circolare qualunque ( Fig-. i. ) TAR , esposto perpendicolarmente all' azione dei raggi del So- le , ed un piano circolare FG , parallelo allo specchio , e posto a qualsivoglia distanza da quello ^ e supposta tale la loro si- tuazione , che siano paralleli al disco del sole SNHN immen- samente lontano , e perpendicolari al raggio diretto solare CBA , che congiunge i tre rispettivi centri, del disco , del pia- no , e dello specchio ; si domanda la quantità dt luce riflessa , èhe riceve dallo specchio TR // Jfiano FG d' un dato semidia- metro BF. Imraaginiimo , che sia tolto lo specchio circolare TR , e rimanga nel luogo da esso occupato il foro circolare TR circoscritto da un margine proprio • Egli è evidente , che se da tutti i punti del lembo SNHN del Sole partono dei r-^gg' > i quali vengono a raiferc Torlo dell' apertura circo- lare TR, si avrà un cono luminoso TLR , colla base nel foro, e coir apice in L sul prolungamento dell' asse co- mune CA , che passa pei centri del disco solare , del pia- no da illuminarsi, e del foro • L' angolo TLR di questo cono sarà di 32. minuti, qual è 1' angolo, sotto cui com- parisce il diametro del Solej'ed il cono conterrà tutti i rag- gi , che il disco intero del Sole tramanda al foro TR , e comprenderà quello spazio che di li dal foro viene illuminato dall' intero disco solare . In qualunque luogo di questo co- no sia r occhio situato , esso vede sempre per 1' apertura tutto il disco solare ; ma per poco che 1' occhio esca fuo- ri del cono , il margine dell' apertura gli cuopre e nasconde una parte del disco . Se per esempio T occhio è collocato in Q^ fuori del cono luminoso TLR, e si prende Q_ per vertice d'un cono TQR avente per base il foro TR , ed un tal cono vicn prolungato sino al disco del Sole, onde abbiasi il cono XQV colla base XNVN situata nel piano stesso del disco solare SNHN ; è cosa di per se evidente , clic 1* occhio in Q. non può vedere se non se la parte XNHN del disco solare , la quale viene da esso ragliata per rincontro della base XNVN del cono predetto; e l'al- tra parte SNXN del disco rimane «IT occhio stesso affatto invisibile. E' altresì chiaro, che l'occhio allontanandosi sempre più dal cono , arriverà in fine a perdere totalmente di vi'^ta il disco del Sole- Da ciò segue immediatamente , che se alla distanza del punto Q_ dall' asse AL del cono si concepisce una coro- na circolare , avente per semidiametro la detta distanza , e l:i larghezza infinitamente piccola , ciascun punto Q_ di quena corona viene illuminato dalla parte XNHN del disco solare . E così segando con un piano pcrpcndico- l:ire all' asse AL il cono TLR , e fuori della sezio- ne circolare fatta nel cono immaginando nel piano stesso secante un' infiniti di tali corone elementari formanti una corona di larghezza qualunque finita , ogni punto di una qualunque di tali co-one elementari sarà irradiato da una parte del disco solire , la quale viene determinata* come si è fatto pel punto Q,- L'intensità della luce in ciascheduna di queste corone elementari sarà differente , come e differen- te la parte del disco solare, da cui viene illuminata; e nel- la sola sezione circolare fatta nel cono dal piano segante l'intensità della luce sarà dippertutto la stessa, perchè ogni punto di quella sezione riceve i raggi da tutto il disco del Sole . Si torni a chiudere V apertura circolare TR collo spec- chio piano della stessa figura e grandezza : e gli stessi fe- nomeni qui annoverati avranno luogo egualmente che pri- ma," la sola diifercnza sarà, che il cono luminoso TLR, e la penombra, che lo accompagnava in quelle corone este- riori , si cangerà nel cono inverso TIR perfettamente ugua- le e simile , formato dai raggi riflessi dallo specchio , ed accompagnato dalla sua penombra esteriore . L' uguaglianza dei due coni deriva da quella degli angoli d' incidenza , e di ri!ìe>sione ; perocché 1' angolo d' incidenza fatto dal rag- gio ST, e dal prolungamento del semidiametro AT dello specchio , ovvero 1' angolo opposto LTA dovendo essere uguale all' angolo di riflessione ITA, ne viene in conse- guenza, che ne' due triangoli LAT , TAI rettangoli in A , 15 2 ed aventi il lato comune AT Kor.o ugunli pnche le ìpote- nii-^s LT , TI, cioè ugurJi i Liti dei due coni retti TLR , TIR, e perciò uguali e simili i coni medesimi. Si sedili il cono di riflessione TIR perpctidicolarmenie all'asse Al con un piano circolare indefinito FG concentri- co alla sezione fatta EBe-, e la corona esteriore FCEe si di- vida in un numero infinito di corone infinitesime eieinentari Vip . Queste saranno illuminate dalla penombra, cioè da una parte soltanto del disco del Sole, mentre la sezione circo- lare EBJene da tutto il disco del Sole, come abbiamo mostrato, se il pia- no FG si trova fra lo specchio TR e il punto I; o da un cerchio intero tagliato entro il disco (come faremo vedere), se il piano FG rispetto allo specchio è situato di là dal punto I ; risultano perciò due casi essenzialmente disinti del del problema , che esamineremo paititamcnte 1' un dopo I' nitro. CASO I. Qitatido il piano da illuminarsi FG si trova fra lo specchio ed il punto I. Fig. i. Pongasi nel cono TLR, ovvero TIR il semidiametro della hase AT^r , la sua altezza AI=:^, e la distanza del a piano FG dallo specchio TR , cioè la retta BA=: — , Così ' in pure si faccia il semidiametro del disco del Sole =:R , la superficie intera del disco =D i e sia t : i la ragione, che ha la circonferenza del cerchio al diametro . Ciò posto , e cliiamato x il semidiametro BP delli corona infinitesima cir- coiire Vip , sarà evidentemente 1' area di questa corona ^^iTTvdx- Qi.iesta poi moltiplicata per lo spazio NXNH, dal quale viene unitbrmemente illuminata, xiarà la quantità di luce , clìe ne riceve • Ma per aver questo spazio , è d' uopo d' incominciare dal ritrovare il centro e il semidia- metro del cerchio XNV . Un tal centro O si trova con prolungare QA sino al disco del Sole , e il semidiametro OX si determina nel modo seguente : Nel cono SLH noi a R abbiamo TA : AL ; : CS ; CL , ovvero r ; ^ : : R : = CL, rtR '^ e quindi AC=YZ=CL — AL= ^, e QZ = QYH-YZ a aK *' — - -\ a. Nel cono poi QJXVR si ha QY : TA : : QZ : OX , cioè _ ; ^ ; ; — -4- a : r-\-KR—mr=OX ; t/2 m r e perchè in confronto di wR svanisce h quantità r — «?/•, nasce perciò OX=>»R . Inoltre l'analogia QY : YA : : QZ : ZO, ov- a a aK wFjv vero — : A? : : — H a : x 4 nix dà ZO— Jc - nx m m r r ■ rnKx H -^ — > e per essere ZC- YAr=BP=A: , ne verrà CO = 70 7r— "'^^ _ '^^^ ^^ ^^— n>x~ per V estrema picciolezza r r di fKX in confronto dell'altro termine. Tor^o Vili. V *54 Abbasso dal punto N, dove il cerchio XNVN taglia il disco del Sole, la perpendicolare NK sul diarrietro solare SH , e faccio NK=t ; onde sarà CK = ^/(CS' — NK^) = ^(R^ — z*) , ed SK = R4-v'(R* — ;l^) , e quindi //S K z.dz = -■ ^ j- . Con ciò r elemento del se^^mento circolare NSNK, che è zNK.^SK , risulta = ; ed inte- V(R^-^^J grando ofFrcsi il segmento stesso NSNK espresso dall' inte- ra z ~dz Cosi nel cercliio NXNV , che ha per raggio OX^= m?^, ed OK=/(OX^— NK')-v/(«!2'R-— O, si avrà XK-OX — OK=;z?R — -^{m^K^ — z,^) , e 1' elemento del segmento cir- colare NXNK sarà 2NK . «'XK = — — i^,^— — ; e pcr- r z-dz. >/(»^ R — 2. ) ciò sarà NXNK =: 2\^ — Levando questo see- mento dal precedente, rc<:rj lo spazio curvilineo NXNSi=2l— -j — 2\ ^ ,„, 1-, e tolto que- sto spazio da tutto il disco solare NSNH = D resta NXNH=D— 2\ ■■- 2^-— ip. i-, che è quel- la parte del disco, la qunle illumina la ccona elementare P// . Perlocchè moltiplicando P// per NXNH , il prodotto ^ , , C z^dz C z'dz 2.D.d.- 4xW. \^ -,^j^- + 4 - . ^ .3 ^^^ —.- esprimerà la quantità di luce ricevuta dalla corona ; ed in- tegrando questa espressione si otterrà la quantità di luce sparsa su tutta la corona, che ha per larghezza PE . 0:a il detto inte^^rale si presenta sotto la ferma seguen- ce: C^J .D.-_.„j-^^-+,.^-^^- + S Z'dz r x'z'dz secondo , e il quarto termine non abbisognano di ulteriore riduzione , essendo manifesto il loro rispettivo \'alore ; ma il terzo, ed ultimo che comprendono sotto i segni d'inte- grazione le due variabili insieme J' , z, , csij^ono una ridu- zione indispensabile per poter determinare il loro valore. A tal effetto elimino x dai detti due termini , e vi sosti, tuisco il suo valore dato per z. , che si ricava dall' essere mKx CO^OK— CK , cioè =y/(«2'R^_z')— v/(R'— z'), e X'^- rò ;i-— — ^ (/(wz'Pv^—z.')— y'(R*— z,^A ; che dà, quadran- So>.r'ti!Ìto questo valore , risultano i predetti due termini R^_,^^_ 2y'(«,^R^_a.v(R --"0-v;^^^~:~ • / y {J7Z Iv — S In questa equazione il primo termine .del secondo mem- / »i'R,^ — z* \ brolner essere a/(»2^R* — z') == ^ ,„; — ) si riduce al \ y/{m K — z ) / 2n-'-' ("/(;»*+ i)R*zVz, 2z.Vz seguente : --^^^[-—^ _^-^-^ y^R^z^ "^ 2z,Vz. — 2r/2'R^Z.Vz,\ - ) : e il secondo termine dello stesso v(;;/R*-z^) ) ' R 2 -Z membro, a motivo di \/iK^ — z')= -—— —, si converte in r)R'zVz 2zVz. 2zVz — 2R'zVzv^ 'R^— ^ "~ 7(^^''-^^)^ 7(R'— ^') ^' e in conseguenza 1' equazione si ridurrì a questa: :7rr' f/ (»^^+3)R^zVz (3;«^+i)R^zVzs «/ R\) \ y(R^— !6') ^^BJ^^~ ) V 2 155 -23- \ I tpz3~TT C^) • Ma integrando per parti si ha — 3 1 ~77 — 2^C~Z"iT» ^ trasponendo quest'ultimo termine. '^ '^.^) di vide;,c]o per 4> nnscej^^;— ^^ =- ^ ^3^/(^,.kz_^.3 H 7;2"R^ I— — ;— - — — ; e quindi per la stessa ragione .«^R' J V/(;./R^~I^) " '^z^) ) - "^Tr" V2^V(R'- 2:^) •' sostituendo questo valore nell' equazione f5) essa si can- già in 2^1 — — ztt \ = 2 5!-/- ^(^S/(R'- ^') - 5:^/(;;^^R^ — r )) nV \ l ; T> i r: T, — ,„ ,"~ ) • Il secondo membro di quest.1 equazione posto pel suo equivalente nel!' integrale CA) sopra trovato dà allo stesso integrale quest' altra Ibr- IS7 -7Ìj^*V(I^'— Z') — ^'/('«'R*— 2^')) ' ^ PO-chè abbiamo dianzi trovato x — ^U{m'-K^—7l)~y/(^^—Ti'-y), ovve- y>7Kx n y/cR"— z')— v'(>» R'— 2')= , il predetto intc- jv,-:ile si trasforma in ttD.v* — ^r' (NSNK — NXNK) -f- a-'-^.NSNK — — -.NXNK 5 h Cost. ; e que- ^xo e-prime la quantità di liìte difTusn sulla corona circola- re della larghezza EP . Per determinare la Costante dell' in- tegrazione osservo » ch'c la quantità di luce ossia T inte- grale svani'^ce in E, che è il principio della corona, ed al- lora ;f=BE, il punto Q_cade sulla retta LS , i punti N, X cadono sul punto S, e consej^uentcmcnte svanisce NK, ossia Z, e svaniscono in ieme i segmenti circolari NXNK, NSNK . A/remo dunque Cosr. = — ;rD • BE'; e perciò la predetta quantitì di luce sarà espressa aaila formob (^-r^ — -^x^)- NSNK — ( — ^ -TrrA . NXNK . -—^ttDx'— ^D . BE^ la quale, per esse-e — ^-r' • (NSNK — N X N K) + ttDjc» = TTK- . (NSNH-NSNK+NXNK)=y.v^. NXNH , si con- verte in 5r r' . N X N H-f ^rr^ N S N K — -^ . N X N K — iTtrx NK3 . — ^T-D.BE". Ma D^NSNH=NSNK-f-NKNH== in L>b 1 NSNKH-NXNH— NXNK ; e perciò ^ . N X N K = IT' yr^ "^r — ^D — — . NSNK -NXNH; dunque sostituendo m' w m questo valore, la detta formola sari (C) ( -^k" — r) • ^ m J NXNH-+- ~ (m'-T) .NSNK ^— . _^^D-^D . BE', ed esprimer.^! la qnantità di luce, che irradia la men- tovata corona circolare . Che se, come porta la figura, il piano illuminato FG si troverà situato fra lo specchio TR , ed il punto I , si otterrà V illuminazione di tutto il piano ?pB con ap-^iu- gnere alla tbrmola_(C) la quantità xD.B.E% che rappresen- ta la luce , da cui viene irradiato il cerchio del semidia- metro BE , ed in tal caso la copia di luce sparsa su tutto il piano PpB viene rappresentata dalla formola CDJ (jx^- IL.) . NXNH-^- ^ (n2'-i^ . NSNK — 77rrx ^ NK^ 7ry^ Se si vuole presentemente parajronare V effetto d' uno specchio piano con quello .d' uno specchio sferico concavo della stessa grande77a , il cui foco sia situato nel centro del cerchio illuminato FG , è d'uopo riflettere, che T estensione del foco di questo specchio deve essere un cerchio, il cui diametro guardato dall' estremità dell' asse dello specchio sottende un angolo di 32. minuti, cioè uguale all'angolo sot- to CU] si vede ì\ diametro del Sole-' siccome poi 1' angolo AIT e di 16. mmuti, cioè la met'i dell'angolo mentovato, che ha il vertice in A, eia base nel piano FG, la similitudine de' due triangoli rettangoli , che ne ri'-ultano, mostra , che deve stare Al ad Ab, come sta il semidiametro dell'apertura n^—i) . NSNK ^ h D ] TF D • ^ ^ NjNK- (F) m m m C^d Si avvc-ta per tanto, che essendosi supposto, che lo spazio illuminato sul piano FG sia quello stesso , che vie- ne occupato dal foco delio specchio concavo , in tale ipo- tesi il centro del cerchio XNV deve cascare in H : avve- gnaché se si assume a cagion d' esempio , che BP sia il se- midiam^etro di quel foco, e quindi sia veduto da A sotto un an<^oÌo di 16. minuti , guidata la retta Q.A anche il suo uguale YQ_A sar"! di 16. minuti , e conscguentemente ugua- le all' angolo ALR ; e però la retta Q^A sarà parallela td LR , e prolungata inconfcrà il disco del sole nello stesso punto H , dove lo incònfa h LR : dunque sarà H il ccn- fo di quel cerchio XNV , che forma la base del cono TQ_R nrolungaro sino al di. co del Sole , da cui taglia U parte ad entrambi comune XNHN . Il semidiametro poi del detto cerchio XNV si è gii dimostrato uguale al prodotto del numero m nel semidiametro R del disco del sole, cioè = ;« R . Col mezzo delle precedenti determinazioni potremo sempre al bisogno avere in numeri il rapporto cercato dell effetto dello specchio concavo a quello dello specchio pia- no ugalmcnte largo . i6o Esempio primo . Si supponga, che il foco dello specchio concavo sia nella punta I del cono TIR, e che ivi pure sia collocato il piano FG , che dee ricevere I' immagine del sole . In gucsto caso si avrà AB = AI, cioè —~a, e quindi >k=i : m j 1 r ~ , ^p • ^ RD onde la formola (F) si trasmuta in-=r ,-777-, = D — 2NK^ ~ RD— 2.NK3 57-R' — B — ta a-R^— 2.NK^ Il cerchio XNV diventa in questo supposto uguale al disco del sole, ed avendo il suo centro in H sulla circon- fercnza del disco , ne ta.^lia visibilmente 1' arco HN di 60. gradi. E' dunque NK=R scn. do», ed NK^^R' (scn. ^0° )5 , e fattane la sostituzione nella predetta formola, essa diven- ?■_____ — ^ a- _ 3>i4 77— 2(sen. 5o°;5 l l ~~ ì ,~ 1^^^,-1,10 4 4 4 3,14314 = = . Dunque in questo taso V effetto dello 1,84 184 specchio concavo sarà sempre all' eifetto dello specchio pia- no nella ragione di 314 a 184, ovvero di 5 a 3 con pic- ciol divario. Scolio. Courtivron , che adduce 1' Esempio precedente , dà allo specchio concavo la corda d' un piede , e quin- di ne inferisce, che nelle accennate circostanze l'effetto del- lo spicchio piano sarà a quello dello specchio concavo come 184 « 314 7iella distanza di circa 50, piedi. Ma in realtà questa distanza anziché di 50. deve essere di 108. piedi: av- vegnaché , supponendosi nell' apice I del cono di riflessione HIT il foco dello specchio concavo , ed essendo V angolo HIT di 32. minuti, egli è evidente , che la distanza AI sarà uguale a 108. volte la corda TH , e se questa è d' un piede, sarà quella di piedi 108. Esem- i6i Esempio Secondo . Sia ora il piano FG, e quindi anche il foco dello spec- chio concavo situato nel punto di mezzo di AI , cosicché rf AI I AB = — = sia = — AI, e però m^^z; in questo supposte m m 1 il semidiametro del cerchio XNV trovasi =»?R =2 R , cioè HN^^HS. Di qui è manifesto, che sparisce cosi V ordina- ta NK , come lo spazio circolare NSNK. Dunque la for- mola (P) , che rappresenta il rapporto degli effetti de' due specchi di ugual larghezza concavo , e piano , si cangia in -- — = ra^ = 4 i che dà a divedere, come 1' effetto dello specchio concavo è in questo caso quattro volte tanto quan- to quello del piano . Ciò altronde si dimostra dall' essere il diametro del fo- co la metà del diametro dell' apertura dello specchio , co- me si è supposto essere la distanza focale AB la metà di AI; dal che viene, che la luce nello spazio focale è densa quattro volte tanto quanto la luce semplice del Sole , che va a cadc'-e sullo specciiio concavo . Ma anche la luce re- flessa dallo specchio piano nello spazio occupato dal foco del concavo è in questo caso ugualmente densa che la sem- plice luce solare , perchè quello spazio focale in quest' esempio resta tutto compreso dentro il cono di riflessione TIR , e però ogni suo punto riceve la luce da tutto il di- sco del Sole ," onde la misura di essa luce si ha con molti- plicare lo spazio focale illuminato per tutto il disco del lSoIc , come per appunto si ha la misura della luce semplice rsolare , che illumina uno spazio dato. Da ciò dunque si scorge , che 1' eflfetto dello specchio concavo nel presente • supposto esser dee quadruplo di quello dello specchio [piano . Esempio Terzo . Fncci;imo il supposto generale, che la distanza AB del [piano FG dallo specchio TR sia comunque minore della metà dell' asse AI del cono di riflessione , per modo che Tomo Vili. X ¥ m sia comunque maggiore di 2., allora il scmidìametr» HN =: wz R del cerchio XNV verrà ad esser maggiore del diametro HS del disco del Sole. Conseguentemente anche in questo supposto svaniscono V ordinata NK , e il seg- mento circolare NSNK ; e la ragione degli effetti prodotti dai due specchi, concavo e piano, viene espressa da tn^T) : D, ovvero di m'' : i , che è la ragione del quadrato delT asse AI del cono di riflessione al quadrato della distanza focale AB dello specchio concavo , ovverarnente la ragione de.l quadrato delia corda dello specchio al quadrato del diame- tro del foco . Si dimostra questo stesso indipendentemente da ogni trasformazione della formola (F) con un raziocinio affatto simile a quello dclT Esempio precedente, che perciò trala- sciamo . Scolio. Courtivron dopo aver errato nel primo Esempio, segui- ta a sbagliare più gravemente nel secondo e nel terzo , ne'qua- I I . lì assume r^ =^ — , ed »^ = — , cioè AB = 2 AL ed AB=:^ AI, supponendo così, che la distanza ce! piano illuninato FG dallo srecchio sia ma^o^iore dell' asse AI; e con tutto ciò si vale, anche per questa ipotesi, della foimola (f), la qua- le non è giusta né esatta , se non nelT ipotesi opposta che la detta distanza del piano FG sia minore di AI, ed ha bi- sogno di essere in parte cambiata e modificata per adattarsi all' altra ipotesi , come vedremo più appresso . Nessun con- to adunque può farsi de' risultati del calcolo di quest' Au- tore .. Efewpio Qiiarto .. Si fàccia ora 1' ipotesi , che il piano da illuminarsi FG sia distante dallo specchio TR per più della metà dell' as- se AI 5 ma meno però di tutto l'asse AI , e in conseguen- za sia »? minore di 2 , e maggiore di i , cioè contenuto fra ' liiniti 2 , ed i . Prendo per tanto mz=— , ed ho nel cerchio XNV il semidiametro HN=:imR = ~R, e quindi- Ho 4 2R 8 8 $ 1 \ R R ; NK = ^ ^ R'— - R^ j = y y ^3 . Essendo dunque CK , coseno deli' arco NS , l'ottava parte del raggio, sarà V ar- co NS di 82". Il' con pociiissimo divario; e però 1' arco stesso NS = IJ43437RW» ed il settore CNSN=:NS. CN = 1,43437 R'- Si sottragga da questo settore il triangolo NCN = CK.NK = J^RV^3=|^RV7 = 4'''^^575R^ = Oj i5527R^; onde resterà il segmento NSNK = i,279icR*<, T , xT,^, 6:.RV^i 189RV7 2NK' 189RV7 Inoltre NK' = — ——. = j e —_.;=. 1_' 8^ 512 CS 255 = 1,95331 R\ Con ciò la formola ( f } diventa w'tt W^-I, 27910 (;«*—i)— 1,95331 , « Il 148^52 ' 'J the mo- 3>i4i59 + ^ -WiT^io— ^'9533^ stra , che la proporzione degli effetti dei due specchi con- cavo e piano è presso a poco quella di 2827 : 1115 , e con- seguentemente r effetto dello specchio concavo vale un po- co più di due volte e mezzo 1' effetto del piano di ugual larghezza Scolio. 2 Poiché in questo Esempio si è supposto AB = — AI, sarà anche il diametro del foco dello specchio concavo due \ terzi della sua corda TR , e conseguentemente la densità della luce raccolta dallo specchio concavo nel suo foco X 2 fu) Vedi le Tavole Trigonome- 174. Berlia 1778 triche del Schulz Tom. II. p. 267. 1^4 equivalere a due volte e un quarto la densità della luce semplice solare . Ma da ciò non viene punto , come a pri- ma vista potrebbe sembrare , che lo specchio concavo fac- cia due volte e un quarto quanto lo specchio piano di ugual larghezza. L' illegittimità di questa conseguenza, che pure potrebbe imporre a molti , deriva dall' essere in questo ca- so lo spazio focale dello specchio più largo che non è la sezione corrispondente del cono di riflessione ITR ; e quin- di la corona di questo spazio , che sporge fuori del cono , riceve in ognuno de* suoi punti i raggi riflettuti dillo spec- chio piano , i quali provengono non già da tutto il disco del Sale , ma soltanto da uno de* suoi segmenti , spettando alla sola parte del foco , la quale coincide colla sezione del cono o e contenuta dentro il medesimo , la proprietà di ricevere dal riverbero dello specchio piano i raggi di tutto il disco solare . CASO SECONDO. Oliando ti pano da JllumiKarsì FG è collocato rispetto allo specillo di là del ^unto I. Fig. Il- Passiamo ora alla seconda parte del Problema , nella quale il piano illuminato FG non si suppone più collocato fra Io specchio TR , e T apice Idei cono di riflessione, co- me nella prima parte, ma al di là del punto I in distanza dallo specchio, maggiore dell' asse AI. Si concepisca indefinitamente prolungato oltre il suo vertice I il cono di riflessione TIR, sicché na+ca il cono coniugato ed opposto tir; così pure il cono TLR forma- to dai raggi diretti s'immagini indefinitamente estendersi al di là del suo apice L , e generare il cono coniugato ed in- verso DL«. Se si prendono in questi due coni parallelamente al disco del Sole , cioè perpendicolarmente al loro asse co- mune , due sezioni uguali ed ugualmente distanti dai loro rispettivi vertici L, I, e sìa D // la sezione fatta nel cono superiore,- egli è manifesto, che la sezione Da' riceverà dnl Sole quella stessa quantità di luce diretta che riceve di luce r-ftessa dallo specchio piano TR la sezione corrispon- dente del cono t\r ^ posta in non cale la perdita indeter- I I55 minabile fatta nella riflessione. Ora ciascun punto della sc- lionc D d viene illuminato non già da tutto il disco del Sole, ma da una parte di lui, U quale è un cerchio, il cui semidiametro sta a quello del disco come Tasse AL del cono diretto alla distanza AM dello specchio dalla sezione . Per dimostrar questo, si prenda nella sezione un punto qualunque U , e sia esso la sommità di un cono , il quale abbia per base TR , e sia prolungato sino al Sole , dove taglia nel disco solare un cerchio , tutto rinchiuso nello stesso disco. Facciasi questo cerchio = f ; e preso in detta sezione il punto M , estremo dell' asse LM , per sommità d' un altro cono avente per base TR , e prolungato sino al Sole, anche questo cono taglia nel disco del Sole un cer- chio interno, che supporremo = w . Quaesti due cerchi esser debbono ugu;ili , cioè

    , co- me MA ad MAC: ma i triangoli simili danno UA:UA^:' MA: MAC; dunque AT ha la stessa ragione ai semidia- metri dei due cerchi ip , w j dunque (p=:w- Il semidiametro del cerchio m, e il semidiametro CS del disco solare sot- tendono il primo in M , T altro in L due piccioli angoli CMT, CLSj- e conseguentemente i detti semidiametri sono tra loro presso a poco in ragion composta di MC : LC (che per r immensa distanza del Sole è ragione di uguaglianza ), e degli angoli stessi AMT : ALT , e questi avendo la stessa sottesa AT sono a un dipresso per la loro picciolezza in ragione inversa dei lati, cioè AMT : ALT : : AL : AM ; ond' è il semidiametro del cerchio w, oppure del cerchio f al se- midiametro del disco solare come è AL ad AM . Di qut si scorge, che ciascun punto della sezione D Per determinare la quantità di luce, che riceve la corona elementare P // » prendo in essa un punto qualunque P , e da questo meno al piano, che passa per lo specchio RT , la perpendicolare PY, cui prolungo fino in Q_ raddoppiando la sua lunghezza . Considero Q_come la som.mità di un cono , che ha per ha- se lo specchio TR, e prolungato sino al disco del Sole SNHN segna sul piano del disco la base circolare XNVN , e ta- glia dallo stesso disco la parte XNHN. Chiesta parte XNHN è visibilmente quella , che illumina con raggi diretti il pun- to Q^ per r apertura fatta in TR ; e per neces-^aria conse- guenza essa illumina con raggi riflessi il punto P mediante lo specchio TPv ; e cosi c]uest^o stesso spazio XNHN illu- minando qualunque altro punto della corona elementare P//, si ottcirrà V illuminazione di lei, o la copia della luce sparsa sulla medesima con moltiplicare lo spazio illu- minante XNHN per la corona illuminata P // . Conduco nel disco solare le stesse linee in questa se- conda Figura , come si è fatto nella prima . Osservo , che la parte XNHN dello stes<^o di'ìco è uguale al cerchio XNVN, meno ii segmento KNVN di esso cerchio, più il segmento KNHN del disco. Dunque la quantità di luce ri- mandata dallo specchio piano TR sulla corona elementare Vlf avrà per misura il prodotto PZ/.XNHN =: i^rxdx .(XNVN— KNVN+KNHN). Ora per ciò che si è dirr.o- strato precedentemente, il semidiametro ON del cerchio XNVN è=:wR , e quindi il cerchio stesso XNVN = ^-«^^R' = C zVz «2'D; inoltre il segmento KNVN =2 \ -,. ,„' r , ed il J v/C'^'R'-z-) segmento KNHN = 2\-7-?ri t" • Perlocchè la quan- tua di luce della corona elementare P // risulta = / l6^ rm^ .D ./;. -f- 4 . ^^J)^--^:^- ^ - ^--^-^^JI^F (G) . L' integrale di questa formola (G) preso fra i limiti E,P dà la quantità di luce diffusa su tutta la corona della larghez- za EP. Chiesto integrale viene munifestamente espresso dalla ■^'''\TU^'^'~) "'"J^^^R^O^^^- Si trova con^e Sostituisco questo valore di jf* nei due ultimi termini della formola (H), ed ho ..(j_^^__ _3-___-) ^ -^Y /z, (R _. ) _ -_3 -^7^-.^- ;»■>•' r zVz 4;r^i r ^ Ir~J 7^'rC:^^j"'"'^^^"J^'^^/^"^'^^~^')' e sostituendo »?' 4;7->' nel termine integrale moltiplicato perY/(R^— z') il valore di R^ 2^ questo fattore cioè — -— ~ , e parimente nell' altro ter- mine integrale moltiplicato per ^/(^«^R^ — z") il valore ~7^^^\ZI^\ ' ^ facendo la riduzione , ci si presenta 2 7r VJvC^rR^— z'; J^/(R»_i^j ~ 1(58 .... . -, „ . . 1/' r(i^f^±R')2''^z r(«2^R'-t-3R^)zVx\ ■y' /f zVz f zVz \ ^^ ... ( \ l — . ) . Ma abbiamo ?ia rato precedentemente \-7-5T n = — — 2'v/(R» — 2*) J/CR — 2 ; 4 a tro- ^ RM — ^. R^ITd» ns e così pure r zVr j;7[^^R"^i:^ 4 Ja/CR— 2') J^(«2^R^— z^) — -zV('«*R'-^2:')+— m'K^X . f„^^ — r.i dunque sosti- tuendo avremo , , (J^-^-^___^ _ ^-^^^^^-^^j _ ja-r* / f (j^^+R^zV^ r(;;/R^^-3R^)Zj/2 ■^■^VJ "To^R^— z^ ) J 7(R^— z'") 2V(»^^R^ — 2") — 2'v''(R* — 2*) ) • Fatta la sostituzione di que- sto valore nella formola (i/), essa si cangia in quest' altra \J/CR'— z ) J /(«^'K'— z -; J irr^ /C R'zVz f/^^RV/Zz , , l^KòTU^"^^) -JTcR^^^)-^^'^^""''-'^ ^ - zV(R* — ^* 0 ( ^) ' '* ^uale coir aggiunta della opportuna Costante rappresenta la quantità di luce , che riceve dallo specchio TR la corona indefinita della larghezza EP . Abbiamo già veduto essere m^TrT)x^=7rX^ . XNVN ; NK; i6g NK; CQ- — -rrCK— CK=v/(CM»--NK^)—/(ON*— r NK')=/(R' — Z^) — /(»2*R* — z") . Fatte per tanto queste so- stituzioni nella precedente forinola (/) ; essa diventa TTx^ . (XNVN+KMHN— KNVN)H . (KNVN — - m^ . KNHN ) — • \- Cost. , la quale , per essere XNVN-|-KNHN_KNVN=NXNH , e KNVN=NVNH-4- NHNK , si riduce a quest' altra r;c'.NXNHH ^ NVNH-h — _(i — »z*)NHNK T^ -\- Cost. i e questa poi, a m m Co motivo di NVNH = XNVN — NXNH = 3rW2'R*— NXNH=: »z^ D — NVNH , si converte nella seguente ; (^;v' — ^). NXNH +-^ («?' D^-( !—;«'). NHNK ) — 7yrrx NKJ _ ^ , , . . -ir-; — h Cost. (L) . Se in questa formula si assume X=BE, essa deve annullarsi, perchè la corona illuminata comincia da E, ed ivi la sua illuminazione è niiH;'. . In ta-' le as-^unto il punto Q_ viene a cadere evidentemente sui la- to D L del cono DL//i e quindi il punto V cade sul pun- to H estremo del diametro del Sole , svanì "^ce il segmento NHNK, e r ordinata NK i e lo spazio NXNH si c:ingia nel cerchio ^=- m^ T) . Da ciò immediatamente si raccoglie nella formola (X) il vaioie della Cost. = — 5tr>«^ D . BE^. Ma questa stessei quantità ora tolta deve poi essere ;)ggiun- ta alla formola (i) per ottenere la misura dcir illuminazio- ne di tutto il piano ciicolare PB^, percliè il cerchio inte- riore concentrico EBi? riceve per appunto tanta luce, quan- ta è rappresentata dal prodotto del cerchio stesso x- B E neir ;'lt;o m^T) . Dunciiie la quantità di luce , che riflette lo specchio piano TR sul piano circolire indefinito PB^ / Trr^ \ viene espressa dalla forinola ( a-.r^- — r ). NXNH V m J 7tr^ r , ^ \ l-TFTX NK» \m^T>-\- (!-»/) . NHNK J — Tomo Vili. 1 , , . _ , ,_ ... , . . (M) IJO Che se ora , per instituire il confronto dell* effetto dello specchio piano con quello dello specchio concavo , faremo il supposto, che 1' indeterminata x sia = — , cioè uguale ( come abbiamo sopra mostrato ) al scmidiamctre del foco dello specchio sferico concavo collocato nel luo- go occupato dallo specchio piano ugualmente largo T L i r vedremo, fatto x= — , passare 1' espressione (M) alla for- ma più semplice — —i ;«'D+(i — ;«^).NHNK — ~7^-~ (^- Questa nuova espressione (A^) è dunque la misura della lu- ce j che dallo specchio piano T R riflettuta va ad occupare r nel ricino F G- un cerchio avente per semidiametro — • Ma ' ^ m la luce riflettuta dallo specchio concavo nel suo foco , cioè nel predetto cerchio è espressa , come abbiamo dianzi ve- duto , di ^"^D : dunque sta questa luce a quella come Trr^ /- 2.NKN jj-r'D ; -^T-r ;«'D + (i— «?7.NHNK ^^j ovvero come 2.NK^ Pi^^'D: «2'Dh (i— «?';.NHNK— -7^— j e la frazione ' NJvT (^) rappresenta in qual K?^D + (i—m^) . NHNK — il— ^ CS proporzione sta V effetto prodotto dallo specchio concavo air effetto dello specchio piano di ugual larghezza , come si domandava . E^emp. to Suppongo , che il piano da illuminar"si FG sia colloca- to ad una distanza AB dallo specchio' TR , la quale sia doppia di AI, e che però »? sia = — , e l'immagine del Sole nel foco dello specchio concavo sia doppia dell' aner- tura dello specchio . In tal supposto la frazione (O) si D trasforma in rj^3 (F) i e per assegna- D-+-3.NHNK— 8.-^ '• re il suo valore numerico , rifletto essersi già dimostra- to , che quando lo spazio da illuminarsi nel piano FG è uguale al foco dello specchio concavo , sul qual da- to è fondata la formola (0)j allora il centro O del cerchio XNVN casca sull' estremo H del diametro del disco sola- I re , ed il suo raggio HN si fa =: «zR := — R . Di qui ab- •'— R^ biamo HK = ^= "^^^ ■ =-| R; NK = v'(HN^— HK^; = 0,4841229 R, ed essendo questo il sero dell* arco HN , trovasi essere il detto arco di 28°. 57'. 18"., che espresso in p?rti dei rpgTìo dà HN = o, 505359 R . Quindi il settore NCNH = CN .NH = 0,505359 ." j ed il triangolo NCN = CK.NK= —.3,8729833 R' = 0,4236075 R"; e però 64 NHNK = NCNH — NCN = 0,08 1 75 2 R' i onde 3 . NHNK NK^ 15 = 0,245256 R^. Inoltre si ha 8.——- = — . 3,8729833R^ = o,90773oR' , e 0^=3,141593 R^j con'eguentemente il va- D lor numerico della formola zttft vedesi ^ NK^ D 4- 3. NHNK -8.— g- ^141593 3141593 _ 314 essere 3,141593+9,245256—0,907730 2479i'9 248 a un dipresso , il qual rapporto trovasi con picciol divario da Courtivron espresso 314 •' 247 — . Laonde sta T effetto » dello specchio concavo a quello dello specchio piano di ugual larghezza come 314:248. Y z l'JZ S e OLIO Neil* iporesi di questa seconda parte del Problema, che il piano da iiluminarsi FG sia collocato oltre il punto I, cioè ad una distanza AB dallo specchio TR, maggiore dell* asse AI del cono di riflessione , e che tal distanza AB sia la focale dello specchio concavo situato nel luogo stesso delio specchio piano TR ; ne viene in conseguenza , che il foco dello specchio concavo occupa sul piano TG uno spazio maggiore del cerchio EB?, ossia della sezione fatta dal piano FG nel cono inverso ri/ • C essere il semidiametro del predetto foco diametro BE del cerchio EB Suppongasi» come por- y 17S ta la Figura, AC b un assurdo niente minore del primo; oppure lo zero ugua- le alla quantità effettiva b caso che a=io , il che è pure ri- pugnante. 5. La ragione addotta da Frisi per convalidare la sua i-lS asserzione sembra affatto insussistente,' avvegnaché se sussi» ste la proporzione i '. a : : a : o ^ li qual si ricava dal pro- dotto o.a, dee sussistere ugualmente T altra i^ratuitament^ negata da Frisi i : y^-i : : o : o , sapendosi altronde che il o rapporto indeterminato- — uguaglia qualunque quantità, non esclusa la -quantità immaginaria. Ciò si dimostra immanti- « — '^ o nente gettando 1' occhio sulla frazione = — , nella oua- ^ I — I o ^ -le a significa qualsisia quantità cosi reale, che immaginaria: se di questa frazione si divide attu:ilmente il numeratore pel denominatore; si ottiene per quoto la qc-ntità k, e pc- o rò si ha — = « , valore indeterminatissimo, tanto reale quanto immaginario - 6. Meglio fondato e a prima vista perentorio è i' ar- gomento del Riccati , tratto dalla Concoide . Ma esaminato a dovere trovasi appoggiato ad un falso supposto , che il Polo della Concoide sia un punto affatto estraneo a questa , Curva , il quale non venga compreso , né rappresentato I dair equazione di lei • Si risponde per tanto , che il Polo di tal Curva è un punto appartetiente al sistema della me- desima , e che resta compreso ancor esso nelT equazione della Curva. Questo è uno di que' punti , che si chiamano eonjugati f i quali sebbene isolati e separati dai Contorno della Curva, a cui appartengono, formano però una parte essenziale di quella , in quanto che vengono regolati dalla stessa equazione , che esprime e caratterizza V intero siste- ma della Curva . Intorno a ciò è da vedersi la famosa /«- troduction à /' Analysi des Lignes Co urbe s algébriques di Ga- briele Cramcr, il quale al num. 174. Es. IV. dimostra in- dipendentemente dair espressione o.y/ — i , che il Polo della Concoide altro non è che un punto coniugato • A questo proposito non sarà inutile V avvertire, che fu una mera sottigliezza ed un puro giuoco d' ingegno quello di Jacopo Bernoulli, allorché nel Tomo II. delle sue onere pag. 540. considerando T ovale conjugata (Fig. 4.) ACBD, come dis- giunta insieme , e legata all' altra Curva FEG ( e lo stesso potrebbe dirsi de' punti coniugati ) avanzò quella strana e pa- 177 paradossa proposizione : Nec fthsiirdur» est , mram sa?:eìeniqiie numero magnitHcitnem in pliirihus locis discrstis Ò" separati! si- mili eX! Steve . Sic dtix Citrvx >ioH ohstante intervallo , quo di- rimHutHr , nonnumquam consti t min t unam eandemque numero Ciirvam ; qnalis est, qn£ exprimitur per aax — x^=^ayy . Q_'iiiidi meritamente il prelodato Cramer nella nota apposta a questa p'oposizione Bemoulliana soggiunge : Nollem ta- men inde concludere unam eandemque numero magnitudmem in plnribus locis dtscretis existere posse . Mam qui Citrvas ACBD, FEG , nnOin eaìidemqite numero curvam pronuuciat ^ éfuoniam una eademque aquatio utrtusque naturarci erpnmit , mihi viditur signum cum re significata confundere . 7- Una prova diretta del nostro assunto , che o.y' — i non sia altro, che il zero assoluto, ci viene porta dalla comune ei]uazione del cerchio _)i^=;^^ — jr^ , nella quale X è r ascissa computata dai centro , ed a il raggio . Se in essa si fa «r=o , che è quanto dire se si riduce il cerchio ad un solo punto: nasce y^^\/ — x''—x^/ — i, il che d:\ -a divedere, che r ordinata y è sempre immaginaria , 'quando 1' ascissa X è qualche cosa , e ciò è pienamente conforme al suppo- sto del cerchio descritto col raggio zero . Ch« se i<ì con- trario si prende Jf=o , allora è evidente , che non più im- maginaria, ma bensì uguale a zero dee risultare anche l'or- dinata^; e però in questo caso essendo y=^Cy/ — i , ne vie- ne in conseguenza, che o.y' — i=:o . 8. Altra prova dimostrativa del nostro assunto si trae 1 dall' equazione trascendente j= f — log. x ) , clic rappre- senta la Qurva campaniforme ( Fig- 5.) FBE dorata di due rami asintotici BF, BE, nella quale AB è l'asse delle ascis- se a: , e T asintoto SO normale ad AB è 1' asse delle ordi- nate y , e V intersezione A è 1' origine delle coordinate . L' andamento di questa Curva ci fa su[)ito conoscere , clie essa taglia in B ad angoli retti Tasse AB, prendendo AB=: jf:=i , ed allora diventa y—o . Ma in questo supposto di x=t r equazion della Curva si cangia in j=r — log.i ) I z Tomo Vili. Z 178 =z:y/ — o=:o.'/ — I. Dunque dovendo in B essere j|i=o , sarS conseguentemente anche o. ^' — i=o. 9. Ma una prova affatto decisiva e perentoria dell* nostra asserzione ci viene somministrata dall' equazione 5i=:;fy/ (fc^ — a' j 5 la quale appartiene ad una Curva di quart* ordine facilmente descrivibile per punti . Imperciocché se ponghiamo in essa equazione x=^o , ne risulta _)'=Oy/ — a'' ; e che questo valore Oy/—a^ sia effettivamente zero si di- mostra così: Tolta dalT equazione proposta 1^ irrazionalità, essa convertesi in quest' altra y^=x^ — a^x'^ , dalla quale si ottien subito X'=: — à^ in ■yj i — "''''^j) 3 ^ quindi x^= ± y/ ( — ci^ -h ^J {— ^"^ +jO ) ' Perlocchè posto x—o , si avrà ± y/ i— a^ ± y/ (— rf''+)/^ ) ) ~° >' ^ quadrando , -^ ^' ± / (^ a'-\-f ) =0 ^ ovvero i- «^ = :^ y' ^^ «'+/)i li, e quadrando di nuovo, — «'';= — a'^-S-'j ; e qumdi per ultimo 4 4-^ ji^=:o , cioè j/=o .. Dunque il valore di J^o/ — ''^ ^^'^ ^ ^^' tro 5 né altro può essere che lo zero assoluto ; come ci. siamo proposti di dimostrare.. I7P PROBLEMA ANALITICO DI Gregorio Fontana. Ricevuta lì 13. Fruttidoro Ah. VI. (31. Agosto 1798.) SE X esprime un Mugolo ^ ed a ^ b due qualunque costanti ; dico y che V equaziioyie sen.:c cos.jf = a cos.at H- h%c\\.x ha i quattro valori dell' nugolo x tali che la loro somma è sempre =1 it ( i-l-2'?^)i8o'' , essendo m qualunque numero in- tero . Dimostraz.- Si sa dall' Analisi delle funzioni circolari essere cos.jf = sen.x = 2 , , essendo e la tase de' logaritmi ipcr- 2v/— I belici . Sarà dunque T equazione sen.A* cos..y = ^cos.x-l- ^ sen.j; ridotta a quest' altra , rxJ — I — IX J — I e ' — e ' 4y'— I V-i _^ ,,— ^V'-i N /,r .V— I _ ,-V-i 2 V" 4v/— I ovvet-o 2^v/ — I — 2jrv/ — I / / xJ 1 , — xJ 1. e ^ — e V -- ^a^f — i{e ^ -\- e ^ ) + ■2.h{e ^ — e * ) j e trasponendo, e moltiplìcan- . ^xJ — I ... AxJ — I , , , i . ì,xJ — I do per e ^ abbiamo e^ ^ — (26-l-tfy/ — i)e^ * * -f- {ih — 2rfy/ — 1) e ^ — 1=0 . Laonde per la natura delle equazioni le quattro radici e * di questa equazio- ne sono tali , che il loro prodotto è --=. — i ; e però Z 2 i8o e ^/— * .e^'V-^ s ^"V— *=:/^-+-^'+-^"+^"')/— I = — t Mi è già noto altronde che e^^ ^ = cos. ip -+-scn. p/ — i . Dunque ^^,''^f ~^';,'"^ "^*^~' = cos. ( ;r+^'+y '+;,'" ) + sen. (jrH-Ar'+A:"+Ar"')./— i = — i. Q;Test' equazione fa :i un tratto conoscere , che dunque dev' esseve necessariamente sen. (jr-|-.r'+yH-jr"')=o, e cos. {x-^x'-\-x"-^x"')^= — i ; onde si ricava x-]rx'-\-x''-\-x'" = ± {i->rim) 180°. Il che ec- Scolto . Rifletto ora , che se i' equazione proposta t'osse sen. jr^cos. jf" ==/? sen. A-^-h^ cos.^vS questa mediante la pra- ticat» sostituzione si trasformerebbe nella seguente ^ — 77=1 ; ( 1 ; ,„X\/ — -I- — xJ — I p- xJ — I- , ^ — xJ — 1' a -< 77^. ) + '( ) ' e- supposti »/ , ;/ , ^, q interi affermativi si avrebbe I / mxJ — I im — ^)xJ — I , — e^ ' — _^ — e. ' 1 2. 3 -mx, ' "ICf 2- 3 _^ ^— «^/— r> _ a- , ^px^/—i(p—i)x^/—^ j~ (er-^ -p 2' \ 2 r/-r y Facendo 1*^ attuale moltlplicriione si troverà, che nel primo membro il termine deir esponente massimo positivo * ^ {m-\~n)x-J — I , ., . , e if^ ^ ^ , ed il termine del massimo esponente ne- gativo e e C'^+'^^^v ^ ^- perlocchè , indicando compun- ti i termini intcrmedj avremo = 1__A/V— ^ ± ^-/>V— I ") -i-_i-( ^^^^^-' -+- .-^^v/-^ ) ovvero ^^'«+''>/-r ± ,-('«+«)^v/-i ^ n^-x-n-q^^^_ ^^«,^^^^^/_i _^ ^_^^^_x^^ O-a moltiplico tutto per e^ -'■ V ' g^ ottengo 2(;»-|-«)^v' — ^ ■ ■ ' -f- I := ra-\-n—f , , ^m — ^ /w-h« — f ^ ( {•'>^+n-\-q)xy/ — r. 2 (V_r) h\e . . -f- Dalla forma di quest' equazione apparisce , che quando m 4-«>/, e parimente >^ , il prodotto di tutte le r;idici , cioè di tutti i 2w4-2» valori di e ^ ^ dee risultare =±i pre-^o col sc^no suo naturale , perchè il numero ir/2-\-in delle radici è pari. Perlocchè chiamando e ^ > ^ > e ^' , ec. que<;ti im-\~in valori , otterremo allora (X^X--\-x'' ...')J 1 _i T\ f ^ ' ^ ^•> \ e^ -* =±1. Dunque co<;. (atH-at +j^ ) H- sen. {x-\-x-\rx" ) ^J — x =± I ; e quindi sen. (x -f-.v'H-r" ) - o, e cos. (x-\-x'-\-x" .,,.) — ± x ; il che dì a divedere , clic qualora per 1' unit,\ abbia luogo i! segno sup£rioi-e , nasce j:H-;r'-4-;f" . . . = ± A 350' , essen- do X qualunque nunicio intero affermativo, incluso il zero; e quando vaglia il segno interiore , risulta x-\~x'-hx" = ±(i4-2A) 180°. Ecco dunque due interessanti ^ e singola- rissimi Teoremi nuovi: I. Data r equaz'one stn-x"" cos.x" ^= a sen.x'' -\- l'cos.x'', nella quale a , b sono dm costanti qualunque , m, n p, q sono numeri interi affermativi , ed m-^f2

    nctttva esset ^ altera negativa ^ omnino sim'lis est pronunciato ìlH '• ,, Ajsj te ^acidam Ro- mano-; vincere pos'je ,, - Sed quo artificio Vates Grecorutn ignorantiam snam te' gehavt , ilio Algebra de quxrentis ignorantia eum admontt ^ ds" studium rtri , de qua quxrit , accuratm; cognoscendx com- mendai . Hsc oracula non sunt A^ollinis Reges , (^ Vopdos fallenti! y sed cuhum duplicaudum imferantis . Tra gli Autori , che lianno trattato di questo Proble- ma , e che il Kaestner annovera,, quali sono Alhazeno , e Virellione ne' luoghi citati, Barrow Lect. Opt. IX-, Slusio, e Huygens Trans. ThiL n. g-j. e 98., e Hugenii Opera Astro- nomica ,. dicendo di non capere chi altri ne abbia scritto , tralascia uno de" più celebri, cioè V Hospital, il quale nel- la sua Anal. des ìnfin- petits §. 58. scioglie il seguente Pro- blema : Dato di pos'.-z.'one un Cerchio con due punti fuori dì esso : ritrovare nella sua circonferenz.d un putito tale , che la somma delle rette da esso^ condotte ai due punti dati sia la mì- nima possibile ; ed è poi- chiaro, che questo in altri termini non è altro ,, che i! Problema di Alhazeno . Anche Scherf- fer nelle sue //m/rz/o»/' 0^w/«f stampate ia Vienna nel 1775. scioglie nella Catottrica S. 81^ un tal Problema, anterior- mente al Kaestner , la cui Dissertazione è dell' anno Acca- demico 1116. y e di stampa 1778. iS4 ESAME E RETTIFICAZIONE DE' DIFETTI E PARA- LOGISMI, CHE S' INCONTRANO IN TUTTE LE DIMOSTRAZIONI DEL TEOREMA FON- DAMENTALE D' IDRAULICA. Di Gregorio Fontana. Ricevuta li 2p. Vendsmmiajo An. VÌI. ( 21. Ottobre 179?^ ) E' Noto aj^r Intelligenti, che il Problema di detern.ina- re la velocità, con cui esce J' acqin da un' apertura fatta nella base o nelle sponde d' un vaso , è il più com- plicato e difficile dell' Idraulica , e che una soluzione rigo- rosa , allorché la det^a apertura ha un sensibil rapporto all' ampiezza del vaso , si aspetta ancora da' Geometri , e ve— risimilmentc si aspetterà per molti Secoli. Nel solo caso, che il foro sia infinitamente piccolo per riguardo alla lar- ghezza del recipiente, si può dimostrare a rigore, cJie la detta velocità è uguale a quella , che acquista un grave <:a- dendo dall' altezza della colonna d' acqua soprastante all' orifizio. Ma qui e mestieri osservare (ciò che sembra sfug- gito a tutti quelli, che finora hanno scritto sull'Idraulica), che una siffatta dimostrazione è essenzialmente appoggiata al supposto , che la velocità finita , che in un tempo infi- nitamente piccolo si acquista dalla prima falda d' acqua im- minente all' orifizio in virtù della pressione della colonna soprastante, viene acquistata gradatamente e successivam.en- te nella durata di quel tempiciuolo infinitesimo per modo che essa incomincia dal zero , e crescendo di mano in ma- no uniformemente diventa finita alla fine del detto tempu- scolo . Se si abbandona questo supposto ^ e si vuole al con- trario , che la velocità sia tutta com.unicata alla prima fal- da dalla colonna soprastante nel principio del tempuscolo infinitesimo, e persista la stessa senza alcun aumento nella durata di quel tempuscolo, sicché la prima molecola del fluido neir uscir tutta dal foro si muova d' un moto uni- forme , ed impieghi in quest' uscita lo stesso infinitesimo tempuscolo che nell' ipotesi precedente , allora trovasi all' op- opposto la detta velocità uguale a quella d* un grnve che csde liberamente dalla metà soltanto dell' altezza del fluido sopra il lume del vaso . Per procedere colla debita esattezza in questa indagi- ne , b'sogna immaginare una gocciola, o molecola infinite- sima d' acqua di figura prismatica , la quale abbia per base r o'-ifizio infinitesimo del recipiente , ed un' altezza infini- tamente piccola . Q^iesta molecola per tutto quel tempic- ciuolo eli' essa mette ad uscire dal foro è incalzata e premu- ta costantemente dalla colonna verticale soprastante con una forza uguale ni peso di tal colonna . E poiché pel Lemma X. del Libro I. de' P-incipj di Newton, Spatia y qux. corpus arzente quacuvejue v' finita e/escribìt, sive vis illa determina- ta éf immntahilis sit , sive eadem continuo augeatur , vel continuo dnniniintur , sunt ipso motus inifio in duplicata ra- tione teniporum , quindi ne segue , che la detta molecola , per turco quel tempkciuolo che ella mette ad uscir tutta dil foro, cioè a percorrere uno spazio uguale alla sua infi- nitesima altezza, sì muove d' un moto uniformemente acce- lerato. Chiamisi pertanto C la velocità acquistata dalla mo- lecola alla fine del primo tempuscolo, ovvero appena usci- ta dal lume, ju l' altezza di lei, ossia lo spnzio da essa percorso, e la velocità, che nel detto tempu'^colo acquiste- rebbe la molecola, se cadesse liberamente in virtù del solo suo peso, « lo spazietto infinitesimo di second' ordine , da lei descritto in tal caduta , finalmente A \' altezza della co- lonna del fluido imminente al foro , e ?^ la velocità acqui- stata da un grave nella libera discesa da A. Abbiamo qui adunque due forze sollecitatrici costanti applicate alla me- desima massa , cioè alla molecola del fluido : la prima di queste forze è il peso delia colonna del fluido , che caccia la molecola fuori dell' orifizio , le imprime la velocità C nel primo istante, e le fa descrivere lo spazio ^a ; la se- conda è il peso della molecola stessa, in virtù del quale essa acquisterebbe cadendo liberamente la velocità f , e de- scriverebbe lo spazio &> in quelT istante . E siccome le for- ze costanti applicate alla medesima massa sono proporzio- nali alle velocità , che generano in essa in egual tempo , oppure agli spazj da lei percorsi in tal tempo , sarà perciò il pc^o della colonna al peso della molecola , ovvero T al- Tomo Vili. A a iS6 _ tczza di quella all'altezza di questa , cioè A : fx. come sta C : r, oppure come jw. •" w • Laonde essendo C : f : : A : fi : : u '• (*^i ne viene in conseguenza C:f:;y'A :: y/ a> ' Ma per le leggi della libera caduta de'gravi, sta ancora V.'f ." : / A : y/y. Dunque C : e : : V : e ; e quindi C =^ V, vale a dire la velo- cità j con cui esce dall' orifizio nel primo istante dei moto la prima falda del fluido , e uguale alla velocità finale d'un grave , che casca da tutta 1* altezza del fluido sopra 1' ori- fizio • Facciamo ora il supposto ^ che la gocciola d'acqua nel tempicciuolo , eh' ella impiega ad uscir tutta dal lume del vaso» si muova non pifi d' un moto equabilmente accele- rato , ma piuttosto uniforme ^ ricevendo nel principio de! tempicciuolo tutta la velocità che chiameremo G. In que- sto supposto 5 sussistendo come prima la proporzione tra le forze soUecitatrici A, /^ e le velocità momerrtanee G, f, non sussiste più la proporzione tra le détte forze, e gli spazj istantanei jw- , u ; avve:^nachè questi spazj, essendo bensì descritti nello stesso istante ambedue , ma il primo con moto uniforme , il secondo uniformemente accelcaro , non ten<^ono più fra loro la proporzione delle velocità G, e . Per ridu-li a questa proporzione, è d'uopo duplicare lo spazietro w , e prendere 2 6?; il^quale così rappresenta la velocità e acquistata alla fine del primo istante dilla mole- cola cadente per la sola sua gravità ,, giacché se si movesse la molecola con til velocità invariata e uniforme, descrive- rebbe nel detto istante uno spa7Ìo appunto doppio di pri- ma , ossia 2w. Avremo ora dunque, nell' ipotesi fatta del moto uniforme della gocciola nel valicar 1' orifizio , G:c::A: fi. '■■ fj.'- 2 (j; e conscguentemente G : e: :. ^/A : -^ìia. Chiamo v la velocità acquistata da un grave nella caduta libera dalla metà di A i e le leggi de' gravi cadenti mi of- y/A : y/ 2 a Dun- frono r analogia v :c : : •/ — A : i/ci>: o 2 que G : e : : V '• e . Dunque G = f , vale a dire la velocità , con cui la molecola d' acqua si scaglia dalla luce del reci- piente , e pari a quella che acquisterebbe cadendo liberamen- te non da tutta V altezza del fluido sopra V orifizio, ma soltanto dalia metà dell' altezza. 187 Potrebbe credersi per avventura , che qualora al suppo- sto del moto uniforme della molecola nelT attraversar T ori- fizio si congiungessc il supposto del moto pure uniforme del grave, nel primo istante della libera discesa, siccome è lecito supporre d* un moto istantaneo, e siccome qui sem- bra doversi supporre per V analogia delle forze sollecitatri- ci , il peso cioè della colonna del fluido , e il peso della molecola , delle quali se si immagina la prima operante per impulsi istantanei, interrotti dalla cessazion di azione per la dunta di o^^ni istante , dee supporsi ancor la seconda ope- rante d' egual maniera ; potrebbe , dico , credersi , che al- lora si ritrovasse la velocità della molecola uscente dal fo- ro, non più dovuta alla met.ì dell' altezza del fluido," ma bensì a tutta T altezza. Ma fatto sta, che anco supponen- dosi uniforme il moto d' un grave per tutto il primo istan- te della libera caduta dall' altezza w , la velocità dell' usci- ta dei fluido dall' orifizio , nell' ipotesi eh' essa rimanga co- stante per la durata dell' istante che impiega la prima mole- cola a fapassare 1' orifizio, si dimostra, come prima, es- ser dovuta alla metà dell'altezza del fluido- Imperocché sus- siste anc:ie in quest' altra ipotesi l'analogia G : e : : A : p : : |x : u, e però G : f ; : y^ A : / w ; ma per paragonare la velocità finale v del moto uniformemente accelerato per 1' altezza I — A colla velocità r del moto uniforme per w , insegna la dottrina del moto equabilmente accelerato , dover prendersi il doppio dello spazio scorso — A e dividersi pel tempo /• , in cui è stato percorso , con che bassi il valore di f = — , siccome si ha il valore di e nel moto uniforme con di- videre lo spazio semplice &; per l'istante dt , in cui viene ... w descritto , il che vale e = -7- ; Di qui adunque deriva de ^ ' V : e : : — '• j~ > e poiché sta manifestamente v : e : : t : dt ^ essendo nella libera di=-cesa de' gravi le velocità finali in ragione de tempi deco'-si , ne viene in conseguenza A a 2 t . ,» . r* : : A : 0^ ; e quindi f : f : : y' A : y/ ay i88 A ù) vie:'. — ■. — ) ovvero v V e Laonde essendo anche G :f : : y/ A ; ■y/c») si dedurre G : e: :v :e; e finalmente G =: f , vale a dire la velocità dell' uscita del fluido dal lume infinitamente piccolo del recipiente risulta uguale a quella d' un grave , che cade dulia sola metà dell' altezza del fluido soprastante . Il Cd- Bossut nella seconda edizione del ifSó. lìeì suo Trattato teorico e sprimentals d' Idrodinamica tìimotri'ndo ancor egli al §. ip;-, che la velocità dell' acqua uscente dal fojo infinitesimo ù' un vaso è dovuta a tutta L' altezza verticale del fluido sopra il fojo , adotta un princìpio , che a prima vista potrebbe far credere , che egli riguarda come uniforme il moto della prima molecola o falda del fluido nella durata dell' istante, in cui attraversa l'orifizio; d^T che poi nascerebbe una velocità , come abbiamo mostrato, dovuta alla sola metà della mentovata altezza . Egli chiama M la massa infinitesima di fluido , che la colonna soprast.'^.n- te ali' o -ifizio spreme nel primo istante fuori deli' orifizio ; m la missa ,. che in virtù del solo suo peso uscirebbe in d'etto istante dallo stesso orifizio j V la velocità della pri- ma massa in quell' istante ; v della seconda . Q^iindi osser- va , ciie le masse M , w? sono come i loro volumi, e que- sti come i prodotti dell' orifizio per le velocità V , f , e, ciò per un Teo"ema da esso precedentemente dimostrato, che // volu'yfìe di liquore , che si scarica da ufi vaso per un foro , è uguale al prodotto di questo foro per la linea , die rappresenta la velocità dell" efflusso- Ma siccome questo Teo- rema non può esser vero se non nel supposto che sia co- stante la velocità dell' efilusso j, sembra quindi che il Bos- sut riguardi come costante la velocità V per tutta la dura- ta del primo istante , in cui la ma<:sa M tragitta 1' orifizio . Ciò non pertanto le masse M , m indipendentemente dai predetto Teorema si dimostrano proporzionali alle rispetti- ve velocità V , 1/ : e infatti tali masse sono come le altez- ze dei prismi che elleno rappresentano , e queste altezze non son altro che gli spazj da esse scorsi nel primo istante dell efflusso, e questi spazj sono appunto come le velocità \ yV in tal istante generate.; avvegnaché» per la dottrina 189 delle forze accelcratrici , allorché due for7e costanti , co- munque tra loro diverse , producono due moti uniforme- mente accelerati , gli spazj trascorsi in egual tempo dal principio del moto sono tra loro come le velocità in tal tempo prodotte. E cosi sussiste in tutta la sua forza la di- mostrazione del Bossut 5. la quale come da esso appoggiata al prefato Teorema, poteva a primo aspetto sembrar vacil- la nte . Ma se la prima molecola del flui«lo cammina nelT at- traversar r orifizio coti moto uniformente accelerato duran- te il primo infinitesimo tempuscolo, ed acquista la velocità conveniente all' altezza del fluido nella fine di tal tempic- ciuolo ; tutte però le molecole susseguenti escono dall' orifi- zio con moto uniforme e con velocità costante competen- te alla detta altezza. Ciò si deduce immantinente dalla unio- ne e continuità della vena , che forma il fluido già scaturi- to dal foro , onde avviene , che ( supposto il vaso ad una co5t:!nte pienezza ) scorrendo la prima molecola nel secon- do istante colla velocità già acquistata uno spazio doppio di prima, cioè ?ju , la seconda molecola per non disgiu- gnersi d:iila prima ,. dee ancor essa in tal istante percorrere uniformemente lo stesso spazio 2[x colla velociti medesi- mi',, e conseguentemente attraversare il foro ( con che ella compie la prima metì di detto spazio ) con moto unifor- me , e con velocità dovuta all' altezza del fluido . Il che se vale delia seconda molecola , dee pure valere della terza , della quarta, e di tutte le susseguenti. E così apparisce con piena evidenza, che tutte le molecole, del fluido ad eccezione della prima escono dal foro infinitesimo del re- cipiente con moto uniforme, e con velocità costante gene- rata dalla libera caduta per tutta 1' altezza del fluido sopra il lume del vaso . Di qui poi ulteriormente deriva una conseguenza sin- golare e inaspettata , che la forza impiegata ad espellere il fluido dall' orifizio , passato il principio del moto , cioè il primo infinitesimo tempuscolo, si fa due volte più grande ed energica di quello che fosse nel primo istante del moto , e persiste poi tale in tutti i successivi istanti ^ supposto sempre , che il vaso sia mantenuto nella stessa pienezza . Ed in vero poiché nella prima molecola la base rivolta ali n 190 orifìzio trovasi, passato il secondo istante, come abbiam-o veduto, lontina ti;i!r oritÌKÌo per due volte la sua lunghez- zi, ossia per 2^, la continuità del fluido esige, che quest' intervallo sia nel detto istante riempiuto ed occupato da due molecole eguali alla prima . Dunque nel secondo istan- te non una sola , come nel primo , ma due molecole sono cacciate fuori dall' orifizio, e così due altre nel terrò istan- te, due altre nel quarto, e così sempre in tutti gli istanti successivi dopo il primo ; e tutte queste sono animate nell' attraversar 1' orifizio da quella stessa uniforme celerità , cbc acquista la prima nella durata del primo istante, e che cor- risponde air altezza del fluido . Per conseguenza se la for- za espellente del fluido nel principio del moto è, come ab- biamo mostrato , ugu:ile al peso d' una colonna di fluido , che ha per base V orifizio , e per altezza quella del fluido stesso ; la forza espellente dopo quel primo momento , co- me quella , che in ciascuno de' successivi eguali momenti imprime ad una doppia massa la medesima velocità , sarà accresciuta del doppio, cioè diverrà eguale al doppio peso della colonna , che sta a piombo sopra il foro ; giacché è noto dalla teoria delle forze acceleratrici, che due forze co- stanti, le quali in cgual tempo imprimono la stessa veloci- tà a due differenti masse, sono in proporzione delle mede- sime masse . Il Newton nella seconda edizione della sua grand' ope- ra de' Trinciai alla Prop. 16. Cor- 2. del Libro II. cambiò sentimento intorno alla misura della forza dell* acqua nell' uscire per le aperture de' vasi , avvegnaché laddove nella prima edizione egli aveala adottata eguale al peso d' una colonna d' acqua, che ha per base il foro e per altezza quella della superficie dell' acqua sopra il fo'-o , nella se- conda la pose al doppio maggiore , mettendola eguale al peso d'una colonna della stessa base, e di doppia altezza. Vis ( così egli si esprime ) , qna totus rtqitx exìUentis mo- tiis gene r art fotest , ae quali s est ponderi c^lnidrìcx columns.' aqu£ , citjus basis est foramen ^ àf ah'tudo ditela vasis. Mam tìqua exHiens , quo tempore hanc columnam aquat pendere suo ab altitudine vasis cadendo , velocitatem snam , qua ex Hit , neqnirere potest . Questa misura Newtoniana della forza espulsiva dell* acqua dalle luci dc'serbato; fu nel 1724. acremente combat- tuta dair imllora giovinetto , 1' immortai Daniele Beinoulli nelle sue Esercitr.z.'oriì M^itema-tlche , e dal dotto Matemati- co e Medico T.cnrino P.cr Antonio Michelotti nella pro- fonda opera sopra la se^urc.i.one de' fluidi del Cor^o Animale ^ ma fu nel tempo istesso validamente sostenuta , e vittoriosa- mente difesa dai celebri Jucopo Ju.-in , e Jacopo Riccati , i quali rimasero in questo aringo vincitori e padroni del cam- po . Infatti quattordici anni dopo > Daniele Bernoulli nella sua IJrodinamica ritrattò li sua opinione , e colT ingenuità propria de' grandi Uomini cedendo la palma al suo avver- sario R'ccati ,. confessò solennemente il suo abbaglio . ìsta leute'ìtia ( dice ejli :il §. 7. della Sezione 13. ) a me oUm , ^ ab al'is f:iit impugnata , ab aliis rursuf coufirmata ; nnnc autem , pfìstq.'iatn hanc aijuaruni motartim thcoriam meditatus fum , Ut Ita dirimsfida mthi viditur , /// , cum aqutt ad motnm tiniformeyn perve'ieriut , q'ix qtiidem liypothesis est Mewtotii , hmc rscte altitudine dupla vasis vis dia defluì at ar ; sed ab ini- tio flnx'is ^ ubi velocitas adhuc nulla est, vis simplici altitudini re^pondeat , moxque crescente velocitate , simul vis aquam ad effluxrum ammans crescat , C?' tandem ad eam ma?nitudinem ex- turgat , quam Me-Mtonus assignavit Ree te Riccatus^ cum quo m'hì de hoc arg/imentì res erat , interrogatus , unde vis illa diiplae aqnarum altitudini convejitens oriri possit , cum , obturato orificio , gutta eidem imminens vi simplicis altitudittis urgeri manifeste appareat , respondit , distinguenditm esse sta- tum quietis a statu motus . Questa nobile franchezza , onde quel Geometra immortale riconosce pubblicamente il suo fallo , e cede il campo al suo Illustre Avversario , ci richia- ma alla memoria queir altro grand' uomo dell' antichità , 1\ antesignano e 1' oracolo de' seguaci d' Esculapio , di cui ci narra Cornelio Celso {a) colla sua solita eleganza , e col suo gran senno , che , a suturis se deceptum esse , Hippoc ra- te s memoria prodidit , more s alice t magnar um Vi rerum , é!" fi- ductam magnarum rerum hahentium . Mam levia ingenia^ quia ì (a) De M;iicimL\h.YUl. Ciji. -^n ve all'esempio d' Ippocrate aggin- Veggasi a questo proposilo anche pne quello di Cicerone, e di altri Qiilaiiliano nel Lib. \U. Gap. 6. illustri Antichi, ed anche il suo delle sue Injtituzioni Oratorie, do- proprio. 192 vihil htthent , ;;/;'/'/ sibi tletrahnnt . Magno ingenìo , miiltitque ntliilomiiius liah:ttiro , cotive7iìt etiam simplex veri erroris con- fessio ; prxcipueque itt eo minìsterio , qtiod utiUtatis caussa posteris traditnr ; ne qui decifiantur eadem rc.tione , qua qms ante deceptris est . Il famoso Eustachio Manfredi pelT annotazione 4. al Capo I. del Trattato delia Natura de' Fiumi del Guglielmi- ni, partendo dal supposto, che la velocità deli"' acqua pro- rompente dal picciolissimo foro d' un vaso è dovuta all' al- tezza dell' acqua sopra il foro, e volendo provare, che la forza impiegata ad espellerla è il doppio peso delia colon- na , che ha per base T orifizio, e per altezza quella del 5uido , fa uso, con quella evidenza e chiarezza tanto sua propria, del seguente discorso^ ,, Farmi dunque, che, se la velocità dell* acqua all' uscire da un foro dipende dalla pressione, e se tal velocità è veramente eguale a quella d'un corpo solida disceso liberamente dalla quiete per uno spa- zio eguale all' altezza dell' acqua sopra il foro, la forza che s' impiega n-elT espellere 1' acqua dal foro predetto , non sia già eguale, ma doppia del peso delia colonna a' ac- qua, che sta sopra il foro. Per dimostrarlo, si consideri, che in un solido il quale comincj a discendere, tutto 1' ef- fetto istantaneo di quella forza che s' impiega nel muover- lo , consiste in quella quantità di moto infinitamente picco- la , che risulta dalla quantità finita della materia del solido moltiplicata nei grado di velocità infinitamente piccola im- pressogli in qyeii' istante dalla detta forza . Laddove nel fluido, che comincia ad uscire da un vaso, tutto 1' effetto istantaneo di quella forza , che si adopera nel muoverlo , è quella quantità di moto infinitamente piccola^ che nasce dalla quantità infinitamente piccola del fluido , che si espel- le, moltiplicata per quel grado finito di velocità che la det- ta forza gì' imprime. Dovendo dunque gli effetti istantanei adequati essere proporzionali alle loro cagioni , quando gl'istanti si prendono di durata eguale, la proporzione del detto moto istantaneo del solido al moto istantaneo del fluido ci mostrerà la proporzione delle forze , che li pro- ducono . Ora la detta proporzione de' moti istantanei è quella delle somme de' medesimi moti risultanti dopo un tempo qualunque eguale finito : imperocché ciascuna delie dct- IP3 dette for7C restando sempre la medesima , produce in ogni istante una quantiti di moto eguale a quella, che produsse nel primo istante, e però in tempo eguale si producono somme di moto proporzionali a que' primi moti istantanei. Prendendo adunque un tempo eguale finito, e per maggiore facilità scegliendo quello, in cui un corpo liberamente ca- dendo dalla quiete descrive tanto spazio , quanto l' altezza dell' acqua del vaso sopra il piano del foro ; è maTiifcsto clic la somma de' moti istantanei del solido , che noi cer- chiamo per tutto questo tempo , non è che il prodotto del* la quantit:\ della materia del solido per la somma di tutte le velocità momentanee da esso acquistate , cioè per la ve- locità totale, che il solido ha acquistato nel fine del detto tempo. Parimente la somma, che noi cerchiamo de' moti istantanei del fluido per lutto il medesimo tempo , non è che il prodotto della <]wantità della materia fluida uscita dal vaso nel detto tempo, per quel grado di velocità costante, con cui è uscita: Ma questa si suppone eguale alla detta velocità acquistata dal solido; dunque la forza, che s* im- piega nel muover il solido , starà alla forza , ch^; s' adope- ra ncll' espellere il fluido , come la quantità della materia del solido alla quantità della materia del fluido, che è usci- ta nel predetto tempo , cioè al doppio della colonna del fluido , che sta a piombo sopra il foro , o sia come il pe- so del solido al pe':o del doppio della colonna del fluido . Ma la forza che s' impiega nel muover il solido , è certa- mente eguale al peso, anzi è lo stesso peso del solido; dunque la forza che si esercita nelT espellere il fluido , è eguale al pe^'O del doppio della colonna del fluido ,,. Q^iesto lucidissimo raj^ionamento di Manfredi è stato più brevemente da alcuni Autori esposto nella lingua anali- tica e simbolica, ma per mancanza di certa necessaria pre- cisione e chiarezza ha fatto nascere degli equivoci nella mente de' Leggitori più attenti . Parmi , che con tutta la possibile evidenza possa enunziarsi così : Cercasi quel peso , il qu:>le uguaglia la forza^ esercitata nel cacciar fuori dell' orifizio l'acqua contenuta nel vaso. Chiamo M la massa grave dotata del peso ricercato; C la velocità costante, con cui r acqua esce dal foro, ed uguale pel supposto all' acqui- stata dalla massa M nella libera discesa per tutta 1' altezza Tomo Vili. Bb 194 del fluido sopra il detto foro; Q_ la quantità d' at:qua usci- ta dalla luce nel tempo di tale discesa . Per un isumte qua- lunque la forza motrice della massa M nella sua libei-a: ca- duta sarà = M^'C , e la forza motrice della massa a' acqua 97 ▼ic meno essere avvenuto , quant' è maggiore la copia de* metodi , a- gara inventati , per ritrovare e determinare gli elementi della rotazione : ma siami lecito dir francamente , dacché son io pure nel numero degli Autori de' metodi usciti a luce infìno ad ora; che niun ve n' ha il qual non sia manchev'ole e insufficiente : o perchè si confidano egual- mente di tutte le osservazioni : o perchè non chiamano a disamina 1' immobilità della macchia solare : o perchè final- mente non inchiudono tra le condizioni del problema , che il moto di rota-zione sfa proporzionale al tempo ; onde tut- ta la briga de' calcoli , fatti per gire in traccia degli altri elementi, si scorge poi vana, quando si cercano gli angoli al polo di rotazione, e si trovan discordi notabilmente dall' indicata proporzionalità . 3. Il solo metodo (a mia notizia) in cui si discute la bontà delle osservazioni, insieme con la immobilità della macchia, è quello di falsa posizione del Lalaizde . Egli pone a cimento le osservazioni tentando, se diano tutte un' egual dist'.nza della macchia dal polo di rotazione. Io poi m'ac- cingo ad esporre mezzi efficaci e nuovi , non che diretti e brevi , onde pria d' arriTìchiar fatica nell' indagare elementi , fare ottima scelta d'osservazioni, scandagliandole a un trat- to, così per rispetto all'egualità della latitudine eliografica o seienogi-afica , come eziandio per rispetto «Ila proporzio- ne tri il moto rotatorio ed il tempo. 4. Sia P" ( fig. 1.) il polo dell'equatore solare o luna- re; M la macchia, che quivi prima, indi in A, poscia in C fu osservata : e sia E il punto variabile sul globo solare o lunare , per cui deve intendersi trapassata la linea , che dal centro degli astri andava al polo celeste dell'eclittica nel ris- pettivo momento delle tre osservazioni . Si hanno xtr condi- zioni del problema: i°.PM=PA=PC; 2°. MPA : APC : : T:r, chiamando T il tempo scorso fra le osservazioni M , A ; /• quello fra k A , C • 5. Nel triangolo isoscele MPA la Trigonometria sferi- I r ca porge; sen. — MA = sen,AP sen. — MPA. E poiché si- ° 2 2 r I railmente sen. — AC = sen. AF sen. — APC ; sarà dunque ? ■> sen. — MPA : sen. — APC : : sen. — MA: sen, — AC. 2 2 2 2 Nominando r il tempo dell.i rotazione , e facendo icT }6o =2?, sta r : 2e : : T : MPA = • Per la stessa ra- 2ct *■ gione APC = Dunque y cT et I I (A) sen : sen. — : : sen. — MA : sen. — AC . r r z 2 6. In questa proporzione tant' ovvia (e per questo for- se non mai avvertita), la qual rinchiude visibilmente ambe le condizioni (4) del problema, nulla v' ha che sia ignoto per riguardo alla Luna , e nuli' altro che r per rispetto al Sole . Imperocché ne' triangoli MEA , AEC , si conoscono per osservazione gii angoli MEA, AEC, insieme coi lati che li comprendono , ME , AE , CE : sono dunque noti per computo facilmente anche i lati MA , AC . Degli elementi della rotazione solare . 7. Or facendomi a parlar primamente del Sole , dirò : che chi volesse trarre dalla proporzione (A) il valore di r, correrebbe rischio talvolta di ricercarlo indarno , e sovente d' esser gittato assai lungi dal vero , quando massim.e T sia di poco diverso da t ( che pur è quello che giova più a dar nel segno pegli altri elem.enti ) ; mentre più d' una vol- ta ho sperimentato , che piccoli errori d' osservazione ba- stano a far maggiore quel!' angolo , il qual corrisponde nel polo di rotazione al tempo minore . Più sicuro e troppo essenziale servigio può rendere 1' analogia (A^ , se ci con- tentiamo con essa esplorar la bontà delle osservazioni , a fine di non procedere al computo degli elementi , se non coli' opra di quelle , che sien fornite di malleveria sufficien- te , e reggano, a cosi dire, a martello. 8. In si fatt' uopo basta far uso d' un valor prossimo I di r, qual già si conosce esser quello di giorni 25 — : aven- do il Lalande ^ in una Memoria elaboratissima , che sta tra quelle dell'Accademia Parigina per Tanno 177*^ , ricavato 199 di molte comparazioni d\ ritorni d* una stessa macchia, r =: 25 giorni, io ore. Chiara cosa è, che il rapporto cT et de' seni di — , e di — , non riceve alterazione sensibile, r r da un error di qualche ora nel valore ipotetico di r; mas- sime se T" e ^ non siano minori ciascuno di tre o quattro giorni , la qual condizione vedremo poi quanto importi . Adunque la conoscenza esatta del vero valore di r non è necessaria per cimentare le osservazioni mediante la formula (A) . O quelle , che ad essa non sodisfano , son cattive ; o la macchia non è immobile : quindi è tempo perduto ado- prarle nel computo degll'elementi che suppongono T imm.o- bilità . 8. Di 50 osservazfoni di macchie solari , fatte da' più rinomati Astronomi , e sottomesse al criterio di quella for- mula , sole 12 hanno ottenuto la sua sanzione. Ne darò i risultamenri in questa Mem.oria . Intanto si osservi , che le osservazioni rigettate essendo più che il triplo delle am>mes- se , sarebbe stato pericoloro accettarle tutte senza dis?mina come buone , qualmente s' è fatto infino ad ora , e tran da tutte la quantità media degli elementi : poiché a stabilirla avrebbero avuto parte grandemente più le cattive delle buone • 9. Pofebbe alcuno obiettarmi , che il sodisfare alla proporzione (A) non è prova irrefragabile , che le osserva- zioni siano esenti d' errori ; mercechè questi potrebbero compensarsi : nel qual caso la sanzion della formula non toglierebbe che gli elementi ne fossero guasti • A ciò si risponde, che in paragone ap-li errori possibili, il numero di quelli che sarebbero atti a nascondersi mediante la com- pensazione, sarà sempre mienomo ; laddove egli è indubita- to , che le osservazioni o le iporesi non son buone , se al- la formula non sodisfino; e questa prova esclusiva è prezio- sa , quantunque V inversa inclusiva possa essere per avven- tura , un:i volta in mille, fallace. 10. L' analogia (A) , comecché semplicissima , può di leggieri diventar vie più semplice; qualora gli astronomi pi- glino cura di fare le osservazioni a distanze uguali di tem- po ; il che non è punto malagevole in cotal sorta . Allora 200 essendo T=:f , le osservazioni debbono concordare unica- mente con r equazione . 1 I sen. — MA =: sen. — AG 2 2 Avverto bensì , che quando la differenza da T a ? sia di qualche ora , non è d' arrischiarsi a ridurre le osservazioni ad eguali differenze di t«mpo , col mezzo di parti propor- zionali ; stante esser la relazione , tra il moto in ascensione retta veduto dalla Terra ed il moto in longitudine veduto dal centro del Sole, grandemente diversa, secondo che Ja macchia è vicina o lontana dal mezzo del disco • Non rin- cresca pertanto, nell' indicata circostanza, al zelante calcola- tgre attenersi alla formula (A) . 11. Che se un intervallo fosse doppio dell'altro: per esempio, 1=2/-; in simil caso sen. — = sen. = r r et et 2 sen. — COS. — , e per conseguenza (5) r r ^ sen. — MA et _ 1 COS. "~ , '' 2scn — -AC equazione, che dà immediatamente il valore di r; ma che non servendo a cribrar la bont^ì delle osservazioni , lo da- rebbe deformato dai loro errori , qua:ndo prima non sieno per legittime conosciute mediante V analogia (A) . 12. Espongo r equazione (ii), perchè m' è venuta alle mani; per altro stimo nocevole tanta diversità ne' tem- pi scorsi tra le osservazioni successive . La somma difficol- tà d' averle buone costrigne a molte avvertenze, e tutte importanti ; che ora anderò divisando . 13. Primieramente è opera gittata osservare una mac- chia solare avanti che sia lontana, in ascensione retta, dall' orlo onde spuntò , una quinta parte all' incirca del diame- tro . Quant* è maggiore V obliquità della superficie del di- sco , nella region della macchia , respettivamente al nostro raggio visuale , tanto ci appare più lento il moto rotatorio della macchia medesima ; laonde ogni tenue errore d' osser- vazione li genera gravi e gravissimi nel computo del sito elio- 201 eliocentrico di es«;a . S' arioge il travisamento di figura , nell:i macchia guardata così di sgiiembo, tal clie divien pu- ro caso colpirne il centro . Passano giorni 13 — circa tra 1' apparizione e la dispa- rizion d' una macchia . Sarà pertanto fatica vana osservarla prima del qu:'.rto giorno , o dopo il decimo • Molte osser- vazioni, non :hiuse fra questi limiti, ho sottoposto al cri- terio severo e giusto della formula (A): di niuna ho potu- to ottener perdono, e parecchie han prodotto risultamenti strani . 14. Secondariamente, la distanza del tempo, tra le os- servazioni consecutive , che voglionsi assumer ne' compu- ti , non dev' esser minore di giorni 3 ; né minore per con- ser^uente di 6 dalla prima air ultima . Senza questa avver- tenz:i il moto eliocentrico non è grande a bastanza per sop- po'-tar senza grave sconciatura i piccoli errori d' osserva- zione . 15. In terzo luogo, non è di lieve momento aspettare i tempi maggio'-mente propizj onde fare osservazioni di tanta difficoltà. Son dessi in Giugno e in Dicembre: poiché allora il luogo eliocentrico della Terra concorrendo, poco più poco meno , con quello del nodo deli' equator solare , ne nasce che il cam.minar delle macchie si mostra più incli- nato che mai all' eclittica , donde il cangiamento della de- clinazione riesce più rapido , e per conseguente 1' osserva- zion più sicura . 16. Q_iarto , si debbono prender di mira le macchie, le quali sono di più regolar figura, e ben terminate da orli taglienti . 17. Finalmente è mestieri ripetere ogni osservazione le otto e le dieci volte , a fin di pigliar dal composto di tut- te una quantità mezz;ina , espressa coi decimi del minuto secondo . A ciò porge comodo la lentezza apparente del n'.o'o rotatorio dei Soie, posto che ella è si fatta, che per IO e 12 minuti di temipo non è percettibile, nella distan- za in cui siamo, il mutamicnto di luogo delia macchia ne- gli spazj celesti . iS. Non ometto inoltre di suggerire un' avvertenz,!, che gli Os-crvart)ri non sogliono usare mettendo a luce le loro Tor^2. Vili. Ce 202 osservazioni di macchie, e che puote pur essere di momen- to ; cioè di far pubblica insieme la grandezza del diametro solare , quale apparisce nel cannocchiale di cui si son valsi nel farle • Non sono punto da trascurarsi le drfferenzc di questa misura da uno ad altro istromento : e senza cotal notizia le osserv:iziuni rimarranno infruttuose ,. tosto che i cilcolatori s' avvedano d' impiegar male il tempo nel com- putarle . 19. Che se fa bisogno d' una /grandissima anzi eminen- te accuratezza nelT osservatore, mal consi'^liato sarebbe poi quel calcolatore, il qual riputasse sempre impunita ogni negli- genza o pigrizia da parte sua • Qiaesto confesserò schietta- mente ; che avendo io calcolate in Parigi alcune osservazio- ni , fatte con V ultima diligenza dal rinomato astronomo Méchain , onde offrirmi cortesemente di che mettere a pro- va il mio Metodo per trovare gli elementi delia rotazione , pochi giorni prima prodotto all' Accademia delle Scienze , la qual nominò lui col Bailly per esminarlo ( Mémoires ^re^ sentés , Tom. X ) , non ho mai potuto accordarle ingieme , tanto che giudicando quasi impossibile farne di migliori , egli si distolse dal continuarle » Allora per computare le longitudini e le latitudini eliocentriche della m;!cchia m'era servito del metodo esposto dal Lalandi neiredizione secon- da della sua Astronomia (3141 a 3144). Ma ndcsso bat- tuta avendo la strada , indicatami dopo dal Lamhre , e che è stata poi anche quasi del tutto adottata dal Lalande nella terza edizione (3248 a 3251), son rimasto compreso da piacevole maraviglia , in veggendo che quelle stesse osser- vazioni poste allora in non cale, come fossero disadatte all' uopo ed imperfette , erano anzi in realtà le più esatte e concordi che avessi calcolato giammai: e che tutta la loro sfortuna era dipenduta dal metodo eh* io aveva seguito nel computare le longitudini eliocentriche , nelle quali gli errori ascendevano fino a 2° 50', sebbene le osservazioni godes- sero di tutte le avvertenze che ho divisate( 13 a 17 ). Or si noti , che questi errori sono de' minimi , in cui sono in- cappato nella comparazion dei due metodi : da poi che le piti volte , con altre osservazioni , passarono i tre , ed an- 203 che i quattro gradi, ed una montarono ai 7 — . Che se par- lassi di quelle, non racchiuse tra' limiti (13 a 17), avrei di che produr farfalloni persin di 14°. 20. Stiano pertanto in guardia gli astronomi a non con- cedere piena fiducia ai loro computi , quando non seguano la strada sicura ed esatta , che sono per indicare , ed alla quale ho dato la direzione più comoda che ho saputo , li- berando il calcolatore da ogni ragionamento, e da ogni con- siderazion di figura ; e lasciandogli solamente la cura d' os- servare con esattezza le regole de' segni positivo e negativo. 21. Ecco pertanto il Tipo del calcolo preliminare da farsi , per trar da una osservazione la longitudine e la lati- tudine eliocentriche giuste d' una macchia solare. Non do la dimostrazione delle seguenti formule, perchè ogni astro- nomo la ravvisa a primo sguardo, o può di leggieri, vo- lendo , raccapezzarla ne' luoghi del Lclande citati sopra . Siano «=: differenza de' passaggi , della macchia, e dell' orlo orientale o susseguente del Sole , ridotta in minuti e secondi dell' equatore- j8 ^= differenza di declinazione tra la macchia e 1' orlo boreale , y =: semidiametro del Sole , misurato nel cannocchial dell' Osservatore . ^ = semidiametro del Sole nelle tavole , scemato di 3" per r irradiazione . -ff r= angolo di posizione del Sole . o =: obbliquità dell'eclittica. Sarà ^ — y — «COS. deci. 0 Si muterinno i segni nel secondo membro, se fosse stato osservato 1' orlo precedente del Sole . Si muteranno i segni nel secondo membro, se fosse stato osservato 1' orlo australe del Sole. e e B tang.A= -7-; B = r- ; sen.C= — Ce 2 204 Se B è negativo, si faccia anche C negativo e < po\ tang. TT = COS. lon^it. 0 X ^^^^?.- ^ Se COS. long. 0 è negativo, si faccia anche t negativo e < 90' D = C— Ei E = A — a- sen.F = ser.D ser.E SeDoE siaquamiti negativa, F sarà pur negativo e < po'*. tang. G = tang. D cos. E L' arco E negativo non can^^Ia il segno di cos. E. Se D sia negativo, tang.D è negativa. Riescendo tang. G negativa , si faccia anche G negativo e < 90^ L' = 180° -4- long. 0 -h G = longit. eliocentrica del- la macchia D' = 90° — F = distanza delh macchia dal polo dell' eclittica . 22. Calcolate in questo modo tre osservazioni (14) del- la macchia, si avranno i valori di L', L", L"; D, D', D " . Allora è tempo di sottopor la bontà delle osservazioni al criterio della formula (A). A tal effetto è d' uopo compu- tare i valori di MA, AC (Fig. i) . Ecco la via più spedita, col mezzo delle formule ordinarie : osservando sempre le regole de' segni : e bastando nel seguente conteggio non trascurar le decine de' secondi . tang. I segmento = cos.(L" — L') t;7 ^• 12 32,2 ^• 0 49,4 J- n 33,^ ^• 0 29,4 /. II 5 7,6 a. 28. Gli errori di queste osservazioni, nella formula (A), sono : per le prime 0,002 ; per le seconde 0,0007 ; per le terze 0,003 '> per le quarte 0,0047. ^'J elementi ricavati , so- no poi come segue . 507 Osservatori. Nodo. Inclinazione. Rotazione. Declinaz. solare. Mess'er S'ii^^i' 6" i' 30" 25612'» 40' 18° 3' 30" B. Méchami.^ 8 11 19 7 50 45 25 14 20 12 43 o A. 2.* 8 12 53 6 10 40 25 18 24 15 52 20 B. Gagnoli 8 4 34 7 16 40 25 3 24 3 52 40 A. Medio 8» 12° 34' 6'^ 50' 25Si2''i2' 29. Sembrerà strano , che dopo le scrupolose avverten- ze tenute, e dopo il rio-oroso squittinio fttto di molte os- se-vazioni, e la sccltTi df poche come le più perfette e so- disfacenti , emerpnno differenze cotanto notabili negli ele- menti dedotti . Glie queste dipendano da variazioni fisiche neir inclinazione , o nel nodo, o nell'uniformità della rota- zione solare, non può né rr.en sospettarsi, poiché gl'inter- valli di tempo tra le osservazioni di macchie diverse son troppo brevi, e poiché le osservazioni del Mécliaìti di due macchie contemporanee , producono tuttavia , specialmente nell' inclinazione ,. 1* enorme divario di 1° 40' . Bisogna cre- der piuttosto , che queste macchie abbian sofferto de' can- giamenti da cui non sia stata turbata V ascensione retta so- lare i o pur che sia- scorso per avventura qualche error gra- ve nel registro delle differenze osservate di declin;)zione . Gomunque sia , la discordia che regna in questi elementi , lungi dal far ingiuria alle cautele da noi suggerite , strigne vie ma-^giormente a seguirle : poiché in tal guisa non si po- tendo incolpare d' un minimo che le osservazioni , né i cal- coli , sorgerà finalmente o la causa delie discrepanze , o la vera quantità degli elementi appoggiati a sufficiente nutnero di osservazioni concordi, ed esenti da ogni taccia. Utile stimerei del tutto, cogliere i casi di più macchie contem- poranee , e notabilmente distanti in declinazione. Tìegl't elementi della rotazione lunare . 30. Passando ora a parlare degli elementi della rotazion della luna, molte sono le diversità, relativamente a quelli del Sole , le quali chiedono d' esser considerate e trattate parti- colarmente . 20§ La prima parte della reffoh (13) sussiste. La (14) de- ve ampliarsi, non mai restringersi: mentre sarebbe bene, che r intervallo tra due osservazioni consecutive fosse di 7 in 8 dì . Li congiuntura più propizia è poi quando la luna è appresso a poco ne' suoi nodi . Alle regole ( 16 e 17 ) non v' è che mutare. E tanto basta aver detto, per riguar- do alle osservazioni. 31. Quanto ai computi poi fa mestieri di molte speciali regole. In primo luogo convien ridurre al parallelo vero la differenza de' passap^pi della macchi.! e dell'orlo lunare. Ne ho dato le formole , non che i precetti per applicarle senza abbaglio ( Trigonom. 823, 824, 825). Si avverta, nell'ul- tima di queste formule , che si deve adoprar la parallasse orizzontale in minuti , e sopprimere R' che per errore vi è posto : nella prima poi , che quando si osserva il prin-o orlo della luna , la macchia si deve considerare come una stella ; e quando si osserva il secondo , questo allora fa le veci della stella, e la macchia quelle della luna. 32. In secondo luogo fa d'uopo computare la longitu- dine e la latitudine apparenti della luna per il momento dell' osservazione . La via più spedita , a mio credere , per calcolare le parallassi, è quella del nonagesimo ; trattato pe- rò nel modo che segue, e che ho divisato in una Memo- ria , la quale ottenne il premio dall' Accademia di Coppena- ghen , ed è intitolata ( Méthode pour cnlculer les long'ttudes géografhiqites y etc. Verone 1789). Stimo ben farne qui la ri- petizione , onde porgere unito in una sola Memoria tutto ciò che bisogna ai calcolatori . Siano (il = obliquità apparente dell' eclittica . p = parallasse orizzontale della luna , per il luogo dell' osservazione . X = latitudine apparente della luna . h r=. ascensione retta 0 -f- tempo vero in parti dell* equatore . k -=■ altezza del polo — angolo della verticale . Si ha tang. »2 = cot.^ scn.A tt '=■ m -^ (à co<^. « COS. f = sen. « )( co%.m seH. 2C9 scn. / = tftnjr. » cot.ff' Si piglierà s ne' segni ascendenti , o vero ne' discendenti secondo che è sarà ne' primi, o negli ultimi. ti = long- C — ■•■ sen. ^ sen.(//-f-.xO y :=z p (co'^-q cos.Ty. — sen. ^ cofì.(«-{- — Ar)scn.?\.j Se >^ sia latitudine australe, sen. ^- sarà negativo. Nelle due equazioni , le quali contengono l' incognita anche nel secondo membro , convien fare un' ipotesi o due de! valore di essa . Longir. appar. C = '""§• vera -+- x Latit. appar. j =z ?v. = lat. v. dr y Il segno -Ir vale quando la latitudine vera è australe , il — quand'c boreale. Tutt" all' opposto , £||g»sia negativo. 33. Or sia A := longit. appar. della Luna « = differenza de' passaggi, della macchia, e dell* orlo orientale o susseguente della Luna , in mi- nuti e secondi dell' equatore • j3 '=^ differenza di declinaz- tra la macchia e Torlo boreale. ... ... ser.(»+A:) cos.A V =: semidiametro appar. =r semiaiam.veroX "";: ' ' ' sen.« COS. lat. v» jF :=. angolo di posizione della Luna . D' = distanza della macchia dal polo dell' eclittica . L' = longitudine selenocentrica della m^'cchia . £ = intervallo in minuti fra li due transiti della Luna pel meridiano , 1' antecedente ed il susseguente ali' osservazione . Sarà ^ = — •^ 1440 cos.declin. ^ b = (^ — a) co^.dechn. Si mutino i segni di (^ _-,.), quando sia stato osservato l'orlo precedente della Luna. e = y -- /3_ Si mutino i segni nel secondo rr.embro, quando sia itato osservato l'orlo australe della Luna. Tomo Vili. Dd ,IO tang. A B sen C = ~T~ e sen. A B r Se B è negativo^ ti faccia pur C negativo) e < 90'. tang. I. segmento =z. sen A '^ng. w II. segmento = go° :r A — I "e-^men'o I! segno superiore per la. latitudine torcale, l' inferiore per r australe , sen.I segmento tang. ^ = cot. A. Y -—'' sen. II '-e.^niento Se il Il^^pnento fosse nee^ativo, sT farà negatTvo il suo seno. Se tang. tt è negativa, i>t faccia pur " negativo e <. 90°. D-=G — B;, E - A — TT tang. I segmento =:^ sen. E fng.D II "e^mento =: 91° ^ ?v — I <^e'^'~^''rtn lì se^no superiore per la latitudine boreale, 1' inferlor per l'australe; perciocché Ja Luna in j.ititiidiiie ausuraie vede la Terra in latitudine ioreale ; e, viceversa .. -, ^ scr^I '^ei'irienro tang. G = cor. E V rr-- ' scr. Il se'3-n.enro Se ii II segmento è nefati'vo,. il suo seno sarà negativo. Se tang. G è negativa, si faccia pur G negativo e <; 9o^ cc^. II ■^e'jmen'o cos.D == cos.D Y COS. 1 segmentOi L = A + iSo° — G. 34. Per computare gli clementi delia rofz'on della Lu- na bastano veramente ( il che forse non Cu per anco avver- tito ). due sole osservazioni. Imperocché il tempo della ro- tazione essendo norissin-.o, siccome uguale pcfetramente a quello, della rivoluzione, cioè 278 7'' 4^' 5", ne viene che la grandezza delT angolo MPA ( fig. i ) è conosciuta esat- tamente ; e come la base MA si ricava (6, 22) dal trian- 211 golo MEA j co=;ì nel triangolo isoscele MPA avendosi scn. — MA sen.MP = , riesce tosto trovata la declina- sen MPA a zionc 'iclenop'rafica della macchia. Nel triangolo stesso MPA si cerchi un degli :in^oli alla base; la medesima cosa si fac- cia nel triangolo MEA: la differenza degli angoli trovati sarà EMP, o vero EAP • Allora quest' angolo e i lati che lo comprendono, serviranno a risolvere il triangolo EMP, od EAP, in cui EP è l'inclinazione che cercasi; e 1' ango- lo in E , con l'aggiunta o detrazione, secondo i casi, del- la longitudine della macchia in M o in A , porgerà la lon- gitudine del polo P, e per conseguenza quella del nodo, che ne differisce di 90°. 35. Ma con questo metodo non si discute la bontà delle o^iservnzioni , e si giugnerebbe speiiso a risultamenti lontani dal vero ed anche strani, attesa la picciolezza degli angoli di posizione, i quali esser possono gravemente de- formati dagli errori d' osservazione, e richiedono inoltre scrupolosissime ture nel computo , laonde non si guadagna in brevità. All'incontro se si abbiano più osservazioni, e pigliate a due a due diano tutte la stessa declinazione sele- nografica della macchia mediante l'equazione (34), allora si può adoperarle con fiducia per investigare gli elementi da qual metodo meglio piaccia ; a me sempre parendo il pili breve quel che ho indicato (24) . g5. Avvertasi che il nodo dell'equator lunare con l'e- clittica ha un moto retrogrado , affatto eguale a quello del nodo della Luna . E però qualunque strada si tenga ne' cal- coli (34, 35), è d'uopo ag;^iungere ad ogni longitudine della macchia, salvo la prima L' , il moto del nodo lunare nel tempo scorso dopo essa prima osservazione ; senza di che gli elementi riuscirebbero erronei . Il luogo poi del no- do equatorial della Luna, il qual si rinviene per simil gui- sa , è quel che compete al tempo in cui fu fatta la prima osservazione . 37. La perfetta eguaglianza della declinazione seleno- grafica, risultante da più osservazioni (35), è quasi impossi- Dd 2 212 Bile a conscg^itìrsi , poiché dipende da un'esattezza mate- matica , superiore alla finezza degl' istrumcnti e dei sensi . Adunque conyien perdonare qualche divario, proporzionai, per esempio, ad un errore di 12' al più in ogni longi- tudine . 38. Ho sottoposto ai metodi, sopra dichiarati, tre os- servazioni di Manilio, fatte dal Lalande ne' 15 , 20, 24 d'Ottobre 17(5^, e che sono riferite unitamente a molt' al- tre in una delle Memorie contenute nel Tomo dell' Accade- mia delle Scienze per l'anno 1764 ( p?g- 555)' Ho do- vuto abbandonare quella del dì 25 , trascelta con le due prime dal mentovato astronom.o , il qual ne' suoi computi impiegò ( pag. 5(55 ) inavvertitamente 1' angolo di posizione niagirior dei giusto quasi d'un grado; per averla io rico- nosciuta troppo discorde dalle altre . Ho trovato 1% Ottobre 6'-> J5' L' = 4' 17*" 2' 25", D' = 7^° 54' 34" 20 6 30 L" = ^ 22 25 29, D" = 75 22 5 24 5? o L"'=8i5 57 57. D"'= 74 30 39 Aumentando !a seconda e la terza longitudine col moto del nodo, corrispondente a' rispettivi intervalli di tempo dopo la prima osservazione , emergono L" = 65 22° 41' L'" = 8 17 27 Q:.indi ( fig. I ) MA = 6f 32' , AC =: 5 2" 44'. ^ S»oiQ4i5 Ora MPA = S-^o" X — '-Z~ = '?<5' i' ; e nella stes- 27, 3215 sa guisa APC =r 54° 5'. Tosto i) triangolo MPA mi ha dato AP ~ -if 5 , ed il triangolo APC m' ha dato AP := 77"^ 40' . I! divario è notabile : e pur non sorpassa i limiti degli errori quasi che inevitabili (J7) . Imperocché diminuendo di 11' cosi la prima come la terza lonj^itudire , ed aumentando la seconda di altrettanto, ho otrcnuto per valori di AP dai due triangoli, 76" n' 33", 76° n' u". 19- Non sono per altro d' avviso , che si cerchino gli elementi con la longitudini corrette degli ir': perciocché uè si può supporre infallibili le differenze di declinazione osseiv^atc , né salve le latitudini dal soffrire alcun poco de- 2M gli errori in ascensione retta . Bisti aver conosciuto , che la discordanza dì 2" 34' nel valor di AP non eccede i con- fini di qu-gli erro'-i d'osservazione cotanto tenui, che niun osscrvator può pretendere andarne esente • 40. Pertanto con le longitudini e le latitudini (38) , date dili* a?5ervaziorte , e co-rette soltanto col moto del nodo , ho rintracciato gli eleinenti battendo la strada ( Tri- gonom. 837), ed ho trovato il nodo dell' equatar lun^are con l'eclittica a 11' 29^ 52', cioè 13* 4(5' meno avanzato del luo^o medio del nodo dell'orbita lunare; l'inclinazione i^ 2d'j e U declinazion seienogralica di Manilio 14° 5'. DELLE DIFFERENZE FINITE NELLA TRIGONOMETRIA Di Antonio Gagnoli. Ricevuta lì 24. Nebbìajo An. VII. (14. Novembre 1798.) IL chiarissimo nostro fondatore ha pubblicato nel Tom. VII ( pag. 34*5 ) una Memoria, ove intese di porge- re mezzi nuovi, generali, ed utili j onde avere direttamen- te il valore esatto delle variazioni finite trigonometriche . Egli mi fece anche parte cortesemente del suo lavoro pri- ma di darlo alla stampa : ed io non lasciai di fargli capire , che nella Memoria di lui non è fatto alcun passo, okre ciò che sapeasi ab antico in Trigonometria • Ma la renitenza na- turale a rinunciare alle nostre fatiche , e 1' idea che ce ne dà r amor proprio più vantaggiosa ordinariamente del ve- ro , non permisero probabilmente eh' io fossi ascoltato • Per la qual cosa , trattandosi di materia , ove sembrami avere un diritto legittimo di paternità, mi lusingo non esser sog- getto a censura , se piglio a metter la verità sotto gli oc- chi del pubblico . Forse ciò ecciterà altri ingegni felici trovar veramente quello, che parmi sia stato indagato da Lorgna senza frutro , ed anzi con danno della scienza • Comincia V Autore nel §. III. ad esporre il suo me- todo , applicandolo ai casi d' un triangolo con due parti co- stanti. Dicasi, per esempio, ABC un triangolo rettiimeo, nel qual siano costanti il lato AB , e V angolo A ; e data la variazione del lato AC, si cerchi quella dell'angolo Cj in- tendendosi conosciute le tre mentovate parti del triangolo , AB, AC, A . Esprimendo per A AC la variazione data, per cTC la cercata; la formula, cui produce il Lorgna , è ^: è C = ang. tan?. C— r-r- . . ^ 7-) — ang.C -+- s s ^ AC± A AC — ABcos.A^ "^ Non è già che il secondo membro supponga note quattro parti del triangolo ; ma la prima operazione debb' essere di trovare 1' angolo C ; al qual fine V Autore premette la for- *'5 AB cen. A mula notissima tan?. C = -■ „ r-;^^ . Si rintraccia ^ AC — AB to'. A poi l' angolo variato (C Zf 'SC ) , mediante la formula ana- AiR sen.A loj:, , tang. ( C q: ^C ) = AC ± A AC - AB co.-l ' ^^" lor.i prendendo la differenza che passa tra ì' angolo C , e r angolo ( C ip ma sostanz.a . Posto una tal definizione , che non avrà chi benigna- mente non la ammetta , ne viene in conseguenra , che in vece di quattro soli Ventrìcoli ^ come gener.ilrnente anno fatto quasi tutti gli Anatomici, ne dobbiamo annoverare al- meno nove, perciocché nove sono le cavita piìi cospicue dalla natura costantemente scolpite nella midolla cerebrale : eccone r indicazióne in quelT ordine stesso , con cui si presentano air occhio degli osservatori , che notomizzano il cerebro dalla sua parte superiore alla inferio'-e, o base. Oltre a' due Ventricoli degli Emisferi , e a quello del tra- mezzo midollare de' Ventricoli stessi , due altri ne à la Co- lonna midollar centrale , cioè uno superiore , e uno inferiore . Il cervelletto ne comprende tre , uno superiore , e due inferiori . Uno poi ne presenta la jnidolla allungata . I due primi gli nominiamo Ventricoli ., destro e sinistro^ degli Emisferi del cerehro - II terzo , Ventricolo del tramcZ.Z.o midollare de' prece- denti . Il quarto , Ventricolo superiore della colonna midollar centrale del cerehro . lì quinto , Ventricolo inferiore della stessa colonna . Ec 2 2 20 Il sesto , Ventrìcolo suprìore del cervelletto . Il settimo, e l'ottavo, Ventricoli inferiori ^ destro e si- nistro , del cervelletto . Il nono , Ventricolo della midolla allungata . Poche parole basteranno per mettere qualunque Anato- mico al fatto della loro esistenza, del sito loro , e della lo- •'O capacità . i.° U indica2Ìonc de' Ventricoli, destro e sinistro, degli Emisferi del cerebro è affittto semplice per chi conosce i Ven- tricoli laterali y detti pur anco s/q/eriori tricorni, coma d' Am- mone . Sono i medesimi , e noi niente abbiamo da aeg'iin~ gere a quanto ne abbiamo pubblicato nella p;'rre 'ecorcia i eli* Encefalotomia nuova universalcTorino. Brioio MDCCLXXX. in 12. 2.° La rag-ion , che ci muove a non adofpr verino f'e' nomi antichi loro stari imposti, fi è, che àe' laterali ved-e- mo esservi anche quegli del cervelietto inCerif^rj ; superiori non lo sono "tempre , avendo :il loro livello il Ventricolo del tramezzo ; tricorni ^ e corna d' Amwone , sono accidenti, e bizz:rrie insigniiìcanti •" Al contrario 1' indicazion prccia ccl sito da' medesimi costantemente occupato , per via dei no- me , ci sembra cosa più comoda , ed utile per li principian- ti se non per li Mne-fi in Notomia . 3.° Il Ventricolo del tramezzo de' Ventricoli degli Emisfe- ri non si può veder bene, e distintamente, se pniria non -i sono aperti i medesimi Ventricoli . Alio-a si di^cuop-e t;tu']- mentc questo Ventricolo tra !c Lnwe di sosta':za midollare coperte d' epitelio esteriormente , di morbida lanugine ce::e- rogiiola interiormente , le quali discendono dnlla taccia inie- riore del Corpo calloso- di'-ettamente onp*^"^''' ^^ R^ff^t ^ ^'^"* gono a piantarsi nella faccia sunerio'-e della volta ri-Ìppxìo, e il tramezzo diceasi lucido, pretendendo di dar a Incido il si- gniiicsto di lasciar travedere come a traverso della carta or- dinaria In luce . 4-° I! Ventricolo superiore della colonna midollar centrale del cerebro si è quello, che gli Anatomici dicon terzo, abba- stanza noto per quanto essi ne scrivono , e per ciò che ne abbiamo pubblicato noi nell' Encefalotomia, parte seconda. 221 5-* TI Ventrìcolo hifsrtors della mtHis'tmd colonna è pro- fondamente ed ampiamente scolpito nel confluente de' due p-olun'anenti midollari del cc-ebro «^otto i due archi ante- riori d;l ^onte Varoltano , tri le papille midollari , e // pila- stro y che «;osticne i dae archi suddetti . A questo VentricO' lOf patcntissimo nella base del cercbro , io avea dato il no- me d' Antrt de' Nervi motori comuni degli occhi; e l' im- mo'-t'le Alberto Alkro applaudendo alla mia scoperta, volle aggiungere il mio nome a quello c'ell^ Antro , tome si può vedere ntlia j^-and' opera dell;' Talhrica ^ ed uso delle parti del corpo umano del medesimo Altero, Vo'.. Vili. psg. 334. 6.^ D'oorfro il Ventricolo superiore del cervelletto die- tro delle Eminenze qiiadrigemelle trai concorso superio-e del- le Braccia del cervelletto , e la Linguetta laminosa anteriore del Lobo centrale della faccia sripsrior del m'desimo . L' am- pia , e profonda concavità di questo Ventricolo e f'tta da quel velo midollare , che fu dallo Wieussens considerato , e descritto corre se fosse una gran valvnlti. Jel cervello^ ingan- nato d:iile false apparenze con cui quel velo si presenta ali* occhio dell' Anatomico nelle teste de' quadrupedi , come abbi mo c^irr o';rr;>ro nella nostra operetta =: Muova struttu- ra del cervello umano p?gg' 41. pagg- 102—108 , ec- , e nella Entefal. Universale parte terza , ammonendo i princi- pi tnti a non ridarsi troppo nel giudicar somiglianti molte co'^e osservabili neli' Encefalo de' quadrupedi , e le stesse osserva!)i|i -n niielio deil' uorro . 7.° I Ventricoli inferiori , destro e sinistro , del cervellet- to, che come i due p'-ecedenti non sono stati descritti da ve-uno , essendo vastfssimi , con somma facilità si trovano nella faccia inferiore del cervelletto ^ dirimpetto alla Midolla allungata. Sano infatti tra i Fiocchi laminosi, e le Tonsille, e r Ugola del cervelletto , parti , che si descrivon a lu'"go fieli' operetta citata a pagg. 65, 58, 59, e 60. Vendono in pa-te divisi i' un dall' altro per mc/zo di quel tubercolo la- tnirnsì , di cur si favella, ivi a p:ig. 61. 8.' Sono parti principali co'^'^ii.ue di questi due Ven- tricoli le Valvule semilunari midjllari del cervelletto , che vennero scoperte ne' Bruti , e come in questi le vide , di- segnare nelle Tavole,, che pubblicò il Tarin con i suoi Ad- versaria Anatomica prima ( pag. 8. Tab. II. ) . Noi le abbia- 22Z mo scoperte negli uomini, e quali sempre le scorgiamo, tali ampiamente le deferissimo nella nuova Espos^z.iOKe ec. pag^. 51,52,5^,54,(55 ec , nella Encefalotomia Universale Parte III. ; nel Trattato delle osserva^Joni in Chirurgia . To- rino . Briolo. 1784. Parte seconda da paj^. 70 a 74. ec. So- pra il qual argomento fa pure d' uopo di consultare la Fah- hrica , e /' uso delle parti del C um. dell' Allero in 8. Voi. Vili, pag. 125. ec ; la Antroptomia del lodato Tariti^ pag. 240, e la nostra Meuro ~ encefalotomia . Pavia. 1791. in 8.; fi- nalmente il quinto quaderno AtWz grandiose Tavole Anatomi' che del Vic-~d' Az.yr , in folio massimo, illuminate- 9.° Il Ventricolo della -midolla allungata si è quello , che gli antichi dicc.ino Calamus scriptorius ^ e i moderni ora Ventricolo del cervelletto , affatto erroneamente , ora quarta Ventricolo ■ Questione IL Qii.ile si è V ampiezza della cavità de' cinque Ventricoli novelli ? Dilucidazione . Sono per vcitTi così manifeste , ed apparenti le cavità di tutti que' Ventricoli, che ci cretiia- nio da costanti osservazioni Anatomiche, sempre ugual- mente felici neir esito , autorizzati ad aggiungerli al nu- mero de' già ricevuti : in fatti il più picciolo di tutti , che si è il Ventricolo del tramesto midollare ( Num. 3- ) , contiene una mandorla : il Ventricolo inferiore della colonna midollar centrale, o sia Antro de' nervi motori comuni degli occhi, ammette agevolmente l'estremità del pollice ( N. 5 .) . A riempiere il Ventricolo superiore del cervelletto ( Num. 5. ) non basta una fava; ed amendue i Ventricoli inferiori di que- sto ( Num. 7. ) possono nascondere due avellane , senia comprendersi neh' ampio seno , scolpito nella stessa midol- lare , che gli congiunge , dove Arat.z^o all' occhio diligen- tissimo del quale questo seno non è sfuggito, à osservato, che si potrebbe nasconder una noce, e lo nominò Cisterna, facendone un quinto Ventricolo , come vedremo tra breve . Questione III. Qual è la maniera più speditiva di scuo- prirgli ? Dilucidazione . Qiiestc operazioni non anno in se ve- runa difficoltà . 223 I.* Vo?Iinmo noi conoscer h sede , e T ampiezza del Ventricolo del tramezzo ( Niim. l- )^ Fitto il centro ovale ^ e aperto i Ventricoli degli Emisferi ( Nuin^ i- )> tenendo la faccia del teschio rivolta aJla destra , si solleva destramente r estremitìi anteriore del corp calloso col pollice e V indi- ce della sinistra, e con h destra si g^uida lo scalpello Ana- tomico di piatto sotto il corpo suddetto , e rasente 1' estre- miti superior del Tram:'ZX'> , nn là dove ia volta midollare si continua collo stesso corpo calloso posteriormente ; si rove- scia sul cervelletto il corpo calloso nclT accennata guisa sepa- rato dal Tra>ne-z.z.ì ■, che tosto fiacido si abbatte, levata la ten- sione ,, che dipendea dalla continuità con la faccia inferiore del corpo calloso; e mostra uni fessura tra due striscie ar- gentine midollari^ nella quale diretta d' inn;'n7Ì indietro, si insinua uno de' morsi acuti delle forcipi Anatomiche , colla man sinistra, con T altra la punta dello sc^'lnello di piatto, di modo che si scostino le due pagine midollari ^y che fanno le parer-', destra e sinistra, del Ventricolo . S«r sco- standole così vi si sotliassc in mezzo , si renderebbe tosto anche meglio manifesta 1' estensione orizzontale, e la pro- fondità verticale del suo seno, eh' è sempre bagnata d'una poca d* a.-qua bmiida , talvolta in maggior quantità raccol- ta , e on;lcTgianre sulla ficcia ru^erior della volta , nella parte anrerior inferiore del Ventricolo . 2.° Si tratta egli di dirsiostra-e il Ventricolo inferiore della colonna midoUar centrale (N.°5.).'' Si spogli tutto il ce-velio , il cervelletto, e la midolla allungata, estratti dal- la Calvaria , delle meningi tanto dura qu?nto pia, diligen- temente ; e si capovolga ci maniera , che la base dell' En- cefalo tutta rivolta in alro sia espo'ta alla vifta . Si o'^servi dov' è V Aja quadrata de' vervi ottici, e il Tonte del Varo- Ho , perchè il Ventricolo , di cui si tratta , è appunto tra queli' Aja , che conviene recidere longitudinalmente nel mezzo, e il margine anteriore del Fonte. Divisi, e scostati i nervi ottici apparisce meglio , dietro :''due candidi tube--- coletti detti le TapHle midollari, V imhuto rosseggiante della Gianduia pituitaria- -, immediatamente dietro ali' imhuto, fa i due cordoni avgentini de' nervi motori comuni degli ocelli , appare quell' Antro , dalle pareti de' quali prendon origire distinta e separata i Nervi suddetti , e questo è il Ventr'co- HA lo . AfHne di ravvisarne meglio la capacità , tenendo ferme coir indice della sinistra ic papille midolla'-i , si prema in- dietro col pollice della man destra il marp^ine nrtei-iore del ponte," indi scostati alquanto i nervi cetiom-zKiciuetici , o sia motori comuni degli occhi , col manico di due scalpelli si comprimano da' lati i due prolungamenti per la lun^hez?^ loro scanalati della colomia mìdollar centrale , vicino al con- fluente loro sotto i due archi anteriori del ponte , e si ve- drà quanta sia di questo considerabile Ventricolo J' ampiez- za, e la profondità, ammirando la lepgiadria , con cui il Pilastro del fonte stesso si caccia tra i due prolungamenti a guisa di conio , come due archi d' un ponte avvicinandosi fanno , appoggiandosi sopra il medesimo pilastro . 1° Che se si muovesse qualche dubbio circa all' esi- stenza del Ventricolo superiore del Cervelletto ( Num. per convincersene l' Anatomico sgombri via tutta la sostan- za cerebrale , eh' è al di sopra e al dinanzi de' Talami de* nervi ottici, recida pur in traverso i due terzi posteriori d' amendue gli emisferi del cervelietto per avere maggior libertà nel rimanente della preparazione. Spogli dilicatamen- te dalla Pia madre tutta la residua porzion anteriore supe- riore del Cervelletto; e cavi con pazienza l'abbondantissi- mo, e complicato Tlesso corioiddo, che sta profondamente im- merso tra i Foglietti laminosi del Lobo comune^ o centrale sw feri ore del cervelletto , e la Colonna mìdollar centrale del ce- rebro , che sostiene i Tubercoli quadrigemelli , cioè le Nati- che, e i Te'^ticoli , oltre al Velo ynidollare (ivi), detto da noi Tlesso del ventrìcolo superiore del cervelletto , ner diffe- renziarlo da quelli de' ventrìcoli degli emisferi del cerevro , e da due altri, che occupano V aja comune de' due ventricoli inferiori del cervelletto (numm. 3. 7. e 8.)- C^ò (arto, si discostino ad uno ad uno i Foglietti laminasi del Lobo comu- ne ^ o centrale suddetto dalla faccia posterior della Colonna mìdollar centrale , spingendoceli d' innanzi indietro , f n^hè si abbia scoperto la Linguetta lammosa , che nasconde il dia- fano Velo midollare poco fa mentovato. Si sollevi anche questa Linguetta, e si avrà chiarissima idea, e perfetta co- gnizione d'un Ventricolo^ che à più d' un pollice parigino di profondità (negli adulti), e più di sedici linee d'ampiez- za laterale . 4.* 4-* Sono poi diverse le maniere di preparar i Ventricoli ìnf Sfiori del Cervelletto ^ e V Aja comune a' medesimi .^ per far- ne luminosa ed istruttiva dimostrazione : ef;Ii è però giu- sto , che j:i renda T omaggio meritato a Giulio Cesare Aran- cio iMedico j Chirurgo, ed Anatomico Bolognese, posto che trovo nelle sue osservazioni Anatomiche V esposizion chiarissima di tutto quello , che potrei dir io , relat'vamen- te a questa Amministrazione Anatomica. Io non avea no'? tizia di ciò, che V Aranzio avea pubblicato fin dall'anno 1587. in Venezia, e che riferirò qui tradotto in vulgarc , allorché nel cranio d' una Puerpera ò scoperto i ì\uq Veti' tricoli , di cui si tratta; non conosceva né tampoco gli Ad' versarj Primi già citati del Tarin (num. 6,); la verità si è però, che chi congiungerà le parole dell' Aranzio con quel- le del Tarlfj , e ne contemplerà le Figure nella sua Tavola seconda , non potrà far di meno che non conosca esatta- mente queste essenziali cavità . 5.° L' Aranzio si è ben guardato dal confondere V Aja com/me a due ventricoli (stata da lui nominata Cisterna y e Qjiinto Ventricolo ) col Ventricolo della Midolla allungata , a cui lasciò il nome di Qjtarto Ventricolo , ma non conobbe le Valvule Semilunari ^ che formano due Ventricoli distinti, descritte due secoli dopo dal Tarin , che non fece caso ve- runo deir^y^ . E noi, nelle precedenti già citate operette Anatomiche , dell'^j^ , de' due Ventricoli , e di quella della midolla allungata ^ esattamente conosciuti abbiamo commesso r error di fare un Ventricolo solo , del qual errore qui fac- ciamo la debita emendazione, al che ci à stimrolato T esem- pio autorevolissimo dell' Aranzio ^ le parole genuinamente tradotte di cui sono le seguenti , tratte dal libro intito- lato = JULU CMS ARIS ARANTII Bononiensis _ &c. De „ Humano Foetu Liher éì'c Anatomicarum ohservationum. Li" „ ber ^c. Venetiis 1587. 4.° fagg. 48. 49. 50. = „ Mentre che 1' anno MDXXCI. io facea pubblica no- tomia d' un uomo , e d' una vergine zitella , fui così feli- ce , che ritrovai in quella parte , dove il cervelletto si con- giunge con la dorsal midolla , un seno , un grande Ventri- colo , o sia cavità , oltre a quella , che vi ci s' indicò da Galeno e da tutti gli altri, scolpita nel centro del cerveK letto medesimo; della qual cavità certamente mi sembra ne- Tomo Vili. Ff 2 25 cessario indicare qual sia il sito , e quali la figura , 1* am- piezza , r uso , e il metodo di dimostrarla . „ ,5 D' una cavità del cervelletto , che nominiamo Cisterna . „ ,, Alla base del terzo Ventricolo , al di sotto dell» gianduia pineale, dove si vedono i corpicciuoli detti le na- tiche divisi per via d' una superficiale fenditura , gli Ana- tomici stabiliscono il principio del quarto Ventricolo , che anno rasìomicrliato ad una penna apuzzata rer iscrivere . Questo però non sembra degno del nome di Ventricolo, se tutto ben si considera, perciocché sembra doversi considera- re piuttosto come un canale, o un acquidotto, che dal cen- tro del cerebro, cioè dal terzo Ventricolo, fral cervelletto e la stessa gii formata midolla spinale , discendendo , sia destinato a portare gli spiriti animali formati nel ce-veilo alla Cisterna , o seno di cui intendiamo di favellare ; a tal fine questa è scavata quasi nel centro del cervelletto , vale a dire nella parte più recondita del medesimo , non molto lontana dalla base del capo , e da quel foro deli' oc- cipite da cui esce la dorsal midolla. „ ,, Nd primo ingresso di questo nostro Ventricolo ,; con cui comunica il canale suddetto , s' innalza un corpic- ciuolo della grossezza , e della figura d' un mezzo cece , che sembra ivi posto alla custodia della mentovata caviti , eh' è molto diversa da tutti gli altri Ventricoli , essendone quasi sferica la figura sebbene la larghezza ne ecceda la lun- ghezza : in somma è quella forma che meglio corris ponce alla superficie del cervelletto istesso ; anzi sembra proprio doppia, è però indistinta. L'ampiezza poi n' è tile , che vi si può di leggieri nascondere dentro una noce ui n.e- diocre grossezza • ,, „ La dorsal midolla dilatata, incavata, quasi doppia , e semisferica , viene ad abbracciare questo medesimo Ventri- colo , mentre che si congiunge col cervelletto , e con esso si fa continua . „ ,, Finalmente io son d' avviso , che tutta 1* utilità del cervelletto consista in ciò , che per mezzo di questa cavi- ti scolpita nel suo centro , lo spirito animale formato ne* cinque Ventricoli , venga in esso alla maggior perfezione ridotto . „ 227 ,, In qual maniera si scuopra il seno del cervelletto . „ ,, Essendo nascosta questa cavità profondamente nella bì^e del cervelletto, difficilmente si potrà immaginare altro metodo di prepararla, affinchè si renda visibile, salvo che si cavi tutto il cervelletto , e la dorsal midolla che vi sta a;lÌ5si , e si collochi sOiira una tavola capovolto in guisa, che la midolla suddetta resti superiormente . Questa si spac- chi tutta p;r la sua lun-^hezzi , se ne scostino le parti late- rali divise , e senza di;ficultì veruna subito vedrassi quel tubercolo, che dicevamo essere preposto alla custodia del Ventricolo , e compariranne all' occhio tutta la cavità sot- toposta ; né v' abbisognerà altro taglio , perchè distraendo con ambedue le mani un po' poco le parti laterali del cer- velietto , si vedrà la grande estension in largo del seno , e si trarrà motivo di venerare la somma sapienza di DIO . ,, )j Se poi tu volessi conservar intiera la midolla , dividine soltanto dal cervelletto una delle parti laterali, o tutteddue, sicché possa piegarla verso il lato opposto, ovvero piegarla in basso, e ti riescirà di veder addentro nella sottoposta ca- viti , l'interior superficie della quale si è della medesima so- stanza , e dello stesso colore delle altre parti midollari . ,, 5, Tal è la prima maniera di taglio da me usata quan- do vidi la prima volta questa cavità : ma se taluno bramas- se di veder insieme il canale, che dal terzo Ventricolo gui- da discendendo alla Cisterna , lasci il cervelletto nel suo si- to , e spinga destramente giù tra i testicoli uno specillo fin- ché arrivi al tubercolo sovra nominato, per fare sulla sca- nalatura di quello un trglio , e con questo mezzo renderas- si palese la cavità , e '1 tubercolo che le sta alT ingresso . Sia però manifesto ad ognuno , che il primo metodo pro- posto da noi riescirà sempre più agevole a chi intraprende- rà la prima volta questa preparazione. ,, FìnquW^ranzio ; né io aggiungerò a'metodi suoi fuor- ché questo semplicissimo : si metta sulla tavola il cervellet- to con tutta la midolla allungata, e '1 ponte, rivolta in su; si sollevi con la man sinistra la midolla allungata tenendo im- mobile il cervelfetto con V altra ; e facendosi quella perpen- dicolare , si scostino con la destra le sponde della valletta finché si scuoprano le tonsille, e V ugola ( Num. 6. ). Al- lora sollevando maggiormente la midolla allungata , e sco- Ff 2 22S Stando le tonsille V una dall' altra, e premendo indietro e in basso i' ttgola , con le dita indice e mezzano della man destra , si vedrà distintamente il tubercolo laminoso ; solleva- to il quale, e compresso indietro solleverà seco il lembo libero bianco e pellucido delle valvul: semilunari ^ oltre alle quali apparirà I' Aja ad amendue > Fentricolì comune. QussTioNE IV. Posto r esistenza di tutte quelle parti del cervelietto, che in alcuni libri moderni si veggono men- tovate , quali sono i lohi ^ i lohetti , \ foglietti , le Ungnetts laminose ; le code ^ i fiocchi, le tonsille , \' ugola , il tubercolo anch'' esso laminoso; la piramide, le commessure , e la nume- rosissima, famiglia delle lamine , e i noccioli midollari , e i molteplici alberi della vita , che in quella picciola porzion del cerebro degli uomini e de* quadrupedi , si dicono com- presi e visibili , quale mai è egli la maniera più speditiva di vederne quelle tante cose, e di numerarne perfìn le la- mine , come si pretende essere stato fatto ? Dilucidazione. Egli è vero, che l'esistenza di queste parti tutte al presente non è più da rivocarsi in dubbio da chi à fior di senno ; ma è vero altresì , che si potrebbono trovare uomini impazienti , a cui rincrescesse 1' andar ten- tone cercando le cose di sopra mentovate , e che per non prendersi tal fatica , non volendo nemmeno confessar inge- nuamente che non sanno , potrebbono forse spacciarle per inezie ridicole, e chimere. Per cavargli da un tal pericolo tengano soltanto dietro alle poche parole seguenti , e scor- geranno quanto sia facile vedere tutte le p-arti suddette , e far esattissimo computo di quante lamine sogliono entrar nella composizione del cervelletto umano» !• Con sette taglj semplicissimi, in dieci minuti di tempo si può dimostrar tutto quello, che v' à di particola- re nel cervelletto umano , distinguerne V un dall' altro i lobi; separare di cadaun di questi i lobetti , i foglietti, le linguette, e le code laminose; contemplare gli uni doro gli altri i éue fiocchi , le due tonsille, V ugola , il tubercolo, la piramide, e le varie commessure ; numerarne* i noccioli midol- lari, e alberi della vita, e sopra questi contare ad una ad una le numerossime lamine , di maniera che fatta la prima enumerazione sopra un taglio verticale di cadaun albero se 229 ne possa veiifìcsr il numero sulln faccia corrispondente de! taglio stesso ; cosa comodissima per chi ama T esattezza e per convincere delle accennate, e promulgate verità i dub- biosi , gì' increduli, e gli ostinati. Ecco il nostro metodo. 2.° Separato il cervelletto da tutto il cervello e dalla midolla allungata, io taglio (per esempio) 1' emisfero destro a distanza uguale dal margine esterno, e dal raff'e , in gui- sa che il taglio riesca parallelo alla direzione obbliqua del margine suddetto, e le lamine, e i foglietti, e i lohetti tut- ti , e i lobi nel medesimo emisfero compresi , sopra , indie- tro, e sotto, sia tutto reciso in traverso dall'estremità an- teriore alla posteriore del cervelletto . Appare il nocciolo mi' dollare , o sia il grosso albero della vita (\\ quest' emifero , diviso verticalmente in due. Col favor di questa divisione mi riesce agevolissimo di numerar i lobi, i lobetti e \ foglietti di quest' emisfero sulla seziou verticale, che corrisponde al margine destro del cervelletto , sia che si cominci dal bas- so , e passando a ter.^o si venga all' alto , e si termini alle tmineKze quadrigemelle , sia che principiando dall' alto si proceda a tergo , e si venga a terminare alla midolla allnu' gata . 3°. Fissato il numero de' lobi , de' lobstti , e òt" fo- glietti laminosi , conto le lamine di cad^iun di questi discer- nibilissime per r eleganza della struttura loro , essendo oc- cupate nel centro da una lisca bianchissima di midollare , a cui dà maggior candore il fosco xerampelino della cortical abbondante, che investe ogni lisca .' Tvovo in questa faccia àeW albero 134. lische; segno dunque lamine AZ'." 134. Mi piac' egli di assicurarmi se sono tsnte realmente ? con- to quelle , che appariscono sull' altra faccia corrispondente dell' albera di quest' emisfero. 4-° Fo un altro taglio , che divide longitudinalmente dall' intervallo de' testicoli slla incavatura ^er^endicolar co- mune a tutti due gli emisferi del cervelletto il raffe nella faccia sunenore , le commessure laminose nella incavatura suddetta , la piramide, V u^ola , e il tubercolo laminoso , nella valletta , e metto allo scoperto il picciol nocciolo del raffe con 1' elegantissimo albero della vita , che vi è contenuto, <;onra una faccia del quale trovando cento no- vantaquattro lische schiettissime ; scrivo — lamine N° 194. 2^0 e mi confermo nella sicui-ezza , che vi ci à questo numero contando quelle della superricie corrispondènte dello s tess* albero . 5.° Taglio in terzo luogo 1' emisfero sinistro come ò fatto del destro ( N.° 2. ) , e trovo lische 13'^- j sicché di- co lamine N.^ '^Z^- \ 6° Ecco con quanta facilità ò già nel mio registro quattrocento s«^ssantaquattro lamine^ verificate sul medesimo cervelletto . 7." Replico 1' operazione sopra una , poi suU' alfa tonsilla recidendone in traverso i foglietti laminosi sicché ne apparisca il nocciolo^ o albero della vita di cadauna; e conto 28- lamine in una , 24. neW altra. 8." La sesta divisione de' foglietti nel fiocco destro mi dà quattordici lische argentine; quattordici pure me ne pre- senta il settimo taglio , che mette sotto gli occhi il koccÌo- letto ^ o arboscello del sinistro ^occo. 9.'^ Raccolgo la serie di tutti i numeri sovrascritti , e la somma delle lamine del cervelletto, che ò davanti, è 544. io.° Supponiamo adesso , che si desideri far separazione delle lamine della faccia superiore del medesimo , o d' un altro cervelletto , da quelle della faccia inferiore : in tal ca- so convien riflettere , che queste due faccie sono natural- mente separate per via d' un solco profondissimo , che da un fianco della colonna midollar centrale ali' altro , scorre sulle braccia del cervelletto , fino alla naturale profondissima separa- zione de' due lobi superiori posteriori dalli due posteriori infe- riori , passando per T incavatura per pendicolar comune ( N. 4. ) . ii.° Dunque tutte le lische argentine, che dal cervelletto segato orizzontalmente a seconda di questo solco , e per la midollare delle braccia del cervelletto fino alla colonna midol- lar centrale su per gli rami più g'ossi de' tre ;'lberi della vita mentovati ( Num. 2.3.4.5. ) si vedono sdir in alto, sono gì' indizj d'altrettante lamine ^ che spettano alia faccia superiore: tutte le altre, che sono dirette indietro, e in bisso , e quelle che vanno obbliquamente nelle tonsille , e ne fiocchi , si debbono annoverar come appartenenti alla fac- cia inferiore . Questione V. Non si avrebb* egli qualche vantagjyio per lo studio più facile, e i progressi della Notomia , quan- 23» do se ne adattassero rrcglio i nomi alle cose , delle quali debbon essere le rappresentazioni? Non saiebb' egli vantag- gioso, che almeno si togliessero gli equivoci grossolani, che nascono dall'erronea an;!tomica nomenclatura? In qual modo si potrebbon egli togliere? Dilucidazione . E* veramente cosa strana , che da tan- ti secoli ne' quali si è scritto di Notomia , e specialmente in questo nostro tanto inclinato alle novità , si abbiano la- sciati correre tanti nomi strani, falsamente applicati, e sor- genti d' erronee idee ! siano esempj di questa stravaganza al- cune parti tolte dai capo ," i.° Gli Avgolt Lamhdotdèi ; 2° Le Cellule Mastoidèe ; 3 .° Le sposisi Ttengo'dèe ; 4.° / Mii senti Stil'jjoidèi ; 6° I Musciili Incisivi , ec i.° Acciocché quelle rczioni degli ossi delle tempia, che si dicono angoli Lamhdoidèi ^ meritassero quest' epitteto av-ebbe convenuto , che t'ossero simili alla lettera che i Gre- ci dicono Lambda^ come è in qualche modo la sutura del cranio detta Lamhdoidèa . Però queste due produzioni osso- se non anno punto di somiglianza con questa Lettera ; e gli Anatomici si sono immaginati di mostrar cognizion di Lingua Greca nomin:indogli così , perchè si trovano in par- te impegnati nella sutura Lambdoidèu . Vogliamo noi levar l'equivoco, e indicar tale impegno? nominiamo questi ango- li Lamhdoidali . lo ciò nulla o'^tnnre amerei meglio abbreviar la cosa e dirgli =^ angoli ten^pnrali . 2.° Clìi si notrebne imma-^inare giammai , che si dasse- ro in na ura celi 'ile , c'oè cavernerte , spon^iosità , che aves- ser /igura di mammelle ì Eppure i vocaboli cellule mastoidèe signiricano cellule, che anno la figura di mammelle! E quest' erronea denomina/'one viene dall' e-sce queste cellule , ca- vernette, sponioità os^ose, contenute in quelle due apofi- si de^ii ossi delie Tempie, che per la somiglianza loro con le pa'ilie delie mammelle, furono con qualche ragione det- te Mas to' dèe . Leveremo anche ouesto e"rore ridicolo dando alle cell.tle stesse il nome di Mastoidali . 2^1 3". Le A^ofisl Vterigo'ìàès poi dell'osso sftnoìds , che tanto si rassomigliano alle ale d'un uccello quanto le gambe d'un elefante si rassomigliano alle ale d' un* aquila , riesco- no ancora più stravaganti; perchè non solamente anno un appellativo affatto contrario alla loro figura , ma sono 1' in- nocente cagione che quattro musculi per disgrazia loro at- taccati alle medesime apotìsi , prendon lo stravagantissimo appellativo di Pterìgoidèi esterni , e di Tterigoidèi interni . Ecco dunque sei parti malissimo nominate ; e le os- sose tanto più male quanto che io sfenoide à già quattro altre apofisi , che veramente son simili a quattro ale , onde meriterebbero i nomi di Macro-pterigoìdèe , e Micro-^terlgo't- dèe ^ se volessero appellarsi grecamente ; ma gli anatomici, che non capivano il valor del vocabolo fterjgoeides , alifor- mis, simile a nn ala^ dissero grandi ale, e picciole aie dello sfenoide, allorché trattarono delle v er Amante iiUfonni j e la- sciarono correre il termine ^terigoidèe quando indicarona le cruriformi , cioè simili alle due gambe d'un uccello volan- te, qual è realmente la figura dell'osso sfenoide. Concludiamo pertanto , che sarà ben fatto lasciar in possesso quest' osso delle quattro ale che à , e che per non attribuirgliene due a che non gli competono , per 1' er- ronea loro appellazione, e non privarlo delle gambe, di cui la natura V à fornito in tutte le calvarie umane , queste si potran nominare =: Apofisi Sceloidìs =. La qual voce ser- virà nobilmente a tor via la falsa idea relativa a musculi , che si attaccano alle suddette Apofisi Sceloidìe , non più no- minandogli jieerigo'dèì , ma piuttosto musculi S ce liei estertii ^ e Scelici interHi , vale a dire procedenti dalla porzion ester- na delle gambe dello sfenoide, e dalla loro porzione in- terna . 4.* Dunque perchè due museali , che vengono dall' Apofisi Stiloidca (cioè simile a una colonna) dell'osso delle tempie, e vanno all'osso Yoidèo , dovranno dirsi Stilojoi- dèi , come se fossero simili a una colonna , e alla lettera greca u? Da prenderne idea così falsa libereremo i giovani Anatomici se loro daremo il nome di StUojoidali y cioè ap- partenenti per gli attacchi loro alle apofisi StUoidèe , e all' osso Toidèo , che serve in parte di saldo sostegno alla ba- se d<:lla Lingua . S- ^3? 5-* Finalmente i musculi Incitivi non sono fatti per incidere , né per tagliare i perchè dunque diedersi loro da» ^li Anatomici questi nomi P Perchè s' attaccano agli Alveoli degli ossi Malari , che contengono i denti Incisivi? QLiesto motivo non basta per render plausibile una così falsa appel- lazione . Si nominin dunque Incisivali ^ e si rimuoveranno tali improprietà, che deturpano la Nomenclatura Anatomica. QuEs'TioNE VI. La Notomia, e la Fisiologia, si son cileno cosi poco avanzate da parecchi secoli a questa età , che non si sappia tuttavia cosa alcuna relativamente agli usi o proprj o relativi della Milza , del Timo , de' Reni suc- centuriati P Dilucidazione . i.** La Milz^a più volte al giorno alter- na il suo gonfiare e 1' impicciolirsi , co' riempimenti e co'' votimenti alternativi del Ventricolo ^ affin di preparare, per mez7o del raccoglimento di sangue più abbondante ne" mu- scosi, e fioccosi suoi vasi, e nella spugnosissima sua tessitu- r.T , il suco gastrico , di cui si fa tanto dispendio nel Ventri' colo per la concozione degli alimenti , e per la digestione . 2." E' cosa notissima , che la Milz^^ riceve il sangue dal ramo sinistro dell' Arteria Celiaca , e che questo ramo molto flessuoso nel suo tragitto, non senzi qualche disugu#- glianza nel suo calibro , che lo farebbe sovente giudicare in più luoghi aneurismatico , a cagion dell' ampiezza di tah disuguaglianze , se 1' attento esame dell' inter-no loro non ci avesse parecchie volte convinti, che non vi si contiene nulla di poliposo , di linfatico addensato , e se que' gozzi non avessero la stessa solidità di pareti, che à il ramo stes- so ne' siti dov* è ugualissimo. 3.° Ora quell'arrendevolissima tessitura della ikf/'/z.^ tut- ta , e quegli spazj di maggior capacità ne' vasi che le ap- partengono, è predisposta affinchè lo stesso viscere fossa senza disagio ricevere e contenere copia molto maggior di sangue, allorché il Ventricolo si va votando, e restringendo per servir alla concezione , e alla digestione de' cibi , per- ciocché allora i vasi Gastrici ( che si spiccan dallo stesso tronco accanto agli Selenici ^ proprio tra l'arteria selenica y e r epatica ) ripicp^ati in mille p-uisc , e in mille luoglii Tomo Vili. " G g 234 compressi , ricusano quel sangue , a cui nella dilatazion del Ventrìcolo danno adito liberissimo . 4.** Questo sangue s* insinua facilmente nella stessa Milza per la ragione addotta , e più ancora perchè impic- ciolitosi il Ventricolo , neir ipocondrio sinistro e ncll' epi- gastrio resta vuoto uno spazio considerabile, cioè propor- zionato alla distensione, a cui nelle frequenti sue pienezze suol essere esposto il Ventricolo . Li qual cosa è facile a capirsi se si considera , che V arteria selenica nasce accanto alla gastrica dalla celiaca , la quale non iscaricandosi nell' ultima per gli ostacoli invincibili , che incontra , dee neces- sariamente farlo neir altra , cioè nella splenica , giacché vi trova libero V ingresso , e facile il raccoglimento per 1' ar- rendevolezza della Milza ; e per gli spazj voti , che sono preparati per riceverlo . Quindi la Milza crescerà di volu- me , e r equilibrio nella pienezza degli ipocondrj sarà con- servato . 5.* Che se il Ventricolo si torni ad empiere d" alimen- ti , i vasi gastrici dispiegati , e liberati da ogni compressio- ne ed angustia , ammetteranno tutto quel sangue , che la celiaca è disposta a mandar in essi direttamente , e tutti j parieti di questo sacco ne saranno liberamente irrigati; anzi ì evasi brevi, che congiungono insieme il Ventricolo, e h Mil- za , dalla quale traggono origine, portano a quello il san- gue stato raccolto in questa , e preparato per concorrere al- la produzione del suco gastrico : conseguentencnte la Mrlza, sgombra di gran parte di quel sangue , che ccntenea pochi istanti prima , passato al Ventricolo per li vasi brevi , e non più fornitene tanto abbondantemente dalla sua arteria, cui la celiaca non è allora costretta di trasmetterne il di più , che non può esser ammesso dalla gastrica, la Milza, dico, diminuisce tanto di volume, che rcn par p"ù quella. ^•* Queste fasi sono facilissime a verificarsi , come ab- biamo fatto noi più volte, ne' cani, ne' porci, ne' gatti, e ne' porcelletti d' india , sparati dopo il pasto , o dopo il digiuno . 7.° Si aggiunga la compressione della stessa Milza fatta dal Ventricolo ripieno , e gonfio , contro i parieti solidi dell' abdomine nelT ipocondrio sinistro , per la quale ne viene spremuto per così dire tutto quello, che à raccolto di fiui- 235 do in se nel tempo , che Io stesso Ventricolo si trovava ri- stretto , e raggrinzato . 8.° Cotati fasi anno luogo nell' uomo, e nell'animale sano quantunque volte sta lungo tempo senza cibo , e poi si ciba e mangia , alternativamente . 9.^ Negli Ammalati poi , arriva egli che la Milza gonfi morbosamente , e persista in questa sua tumidezza preterna- turale ? il Ventricolo stenta a riempirsi , mancando V appeti- to ; e se voracemente , e stoltamente 1' uomo si sforza d' em- pierlo , non si digerisce per difetto del suco gastrico ; ri- stretto morbosamente quel sacco , e durevolmente , la MH' %a per altrettanto tempo dura protuberante : Rigonfia egli per malattia , costantemente o temporaneamente , il Ventri- colo ? La Milza si trova costantemente, o per ore soltan- to impicciolita . io.° Egli è giusto, che qui si ricordi un'altro uso del- la Milztìy che fu con molto ingegno dedotto dalla stessa na- tura , sito , e relazion di queste parti dal mio valoroso pa- trioto il Dottor Caramelli da Martiniana luogo distinto nel Marchesato di Saluzzo, in Val di Po; uso che questo visce- re à comune col fegata nel sacco del Peritonèo ; co' Re Jit siic- centiiriati , e co' testicoli ne' lombi fuori del sacco suddetto , col Timo nel Torace de' feti : si tratta di conservare sempre ugualmente piene queste cavità principali, infino a tanto che altri organi , dalla natura collocati nella medesima cavità , che non avendo funzion manifesta nel feto , e dovendo averla importantissima negli animali viventi fuori dell' ute- ro , messi in giuoco le possano occupare , e tenerle con- venientemente distese. ii.° In alcuni luoghi questo riempimento è fatto dal tessuto cellulare più lasso , pieno di sierosità un po' poco densa , come appare nella testa de' feti fra le duplicature della dura madre , e le ossa , non solo a seconda del seno longitudina] superiore, e de' laterali, ma specialmente dalla base delle porzioni petrose delie ossa temporali a tutto il contorno , e il fondo delle fosse occipitali . 12°. La stessa cosa vediamo ne' Toraci de* medesimi feti tra le pagine del Mediastino , e meglio che altrove die- tro dello sterno i e negli abbozzati catini loro , che dicon- Gg2 si pelvi ossee da' Noromisti , per tutta la cavità inferiore da' medesimi circoscritta . 13.° L' accennato tessuto cellulare ne* bambini assotti- gliato insensibilmente per la compressione , che vi fa sopra il graduato riempimento degli organi , che crescono , si ri- duce a volume opportuno ne' fanciulli , purché il detto riempimento succeda , sia poi fatto dagli alimenti , sia da' sughi dalla massa dei sangue separati, ciò non importa al proposito nostro. 14-° Per quello però , che risguarda cadauno de' visce- ri poco fa mentovati , fin dal primo apparie i rudimenti deli' embrione , tutti quelli , che debbono rimaner voti , e dar corso neli' interno loro ad altre sostanze neli' adulto , sono forniti di cavità propria , questi per portar gli umori inquilini e congeniti , gli altri per contenere sostanze av- ventizie, ora pultacce 5 ora fluide, ora miste. 15.° Nella loro cavità poi, mentre che si considera nel feto , o non si contien nulla affatto , come sono le cellule adattate à ricever 1' aria ne' pulmoni , la Trachèa, i B on- chj ; o se contendono qualche cosa , questa è in quantità, molto minore nel feto, che nel nato j e tanto men di ciò, che avrà da contenervisi neli' adulto : del che abbiam chia- rissimo r esempio nel Ventricolo , e nelle intestina , quasi vote nel feto affinchè non si oppongano con la piere??.! , ed il volume loro , a' disegni dell' ARTEFICE INCREA- TO neiTeseguimento delle funzioni degli altri visceri conte- nuti nelle mentovate cavità . i^'° Queste 5 o sia i ventri quali sono il Torace , e r Abdomine , fa d' uopo che sicno dotati di capacità atta a contenere le medesime viscere , eziandio quando saranno piene di sostanze o congenite, o adventizif. laonde fa d'uo- po altresì , che alcune regioni determinate de' ventri nel fe- to sieno occupate da organi spongiosi , cavernosi , arrende- voli , acciocché facilmente , o data qualsivoglia minima pre- mitura il volume se ne diminuisca . 17.° Anzi v' à certi organi , che non possono rim.anec ospiti neir adulto di quelle cavità , che pur gli contenevan impunemente nel feto : tali sono i testicoli , che vengono spinti fuor deli' Abdomine tosto che i' animale viene col 237 parto liberato dalla vita parasitìca ^ che menava nella ma- trice . 18." Nel numero de' primi (i5.°). va collocato il Timo ^ che cede il suo luo^o a' pilmoni destinati a ricevere \' aria col distendimento delle cellule loro , per la respirazione : per la qiial cosa lo stesso Tima^ che nel feto occupa spaxio assai grande nel Torace , ivi è succulentissimo , in guisa però da ceder facilissimamente, e ridursi a tanto picciola cosa nel progresso del tempo , che quasi più non sia discer- nibile ne* ve>.chi . 19.° Non così molle, né arrendevole \\ fegato, che pure ne' feti empie tutta la ragion epigastrica, le ipocondriache , e la porzion principale della umbilìcale ,-e delle epicoliche, crescendo il bambino , manca poco che non venga limita- to nell' ipocond-io destro dalla graduata e frequente pie- nezza , e distensione fatta dal latte poppato, che occupa il Ventrioloy e lo fa gravitare sul fegato stesso: al che si ag- giungono gl'intestini pieni d'aria, di meconio , e poi d'ali- mento , e il mcseaterio , che va abbeverandosi di chilo .ib- bondante . 20.° La Milza però dotata di parenchima molto meno denso , cede molto più facilmente alla pression , che soffre da' can 'li ed organi predetti ; ma in ricompensa le è con- ce-^so dalla natura una facilità grandissima di tornarsi a in- tumidire per le cagioni, che abbiamo ricordato (2.J.4. 5.), purché il raggrinzamento del ventricolo le ne dia luogo • 21.° Per ciò che risguarda z'Reni me ceti furiati^ essi son posti nella parte più alta delle regioni Lombari , e col vo- lume loro occupan ne* feci lo spazio lasciato dal minimo vo- lume delle intestina ; le quali nel Neonato distese dal latte gli premono eoa tal costan7a , che coli' andare del tempo gli riducono a non nulla. Erano molto più spessi,, più am- pli , distesi da uno spazio interiore considerabile , pieno di su^^o fosco assai denso, e per mezzo delle arterie dette Capsrdarj (che o sono propagini delle arterie emulgentì ^ che son fropo le Renali , o nascono dall' Aorta imm.ediatamente prima delle emnlgenti) derivavano ù^ Reni la massima quan- tità del sangue, che dovrebbe portarsi a' Reni stessi. Nato il Bambino tutto cangia , e ciò che si portava a' succentu- riati prende la via de' Reni urinar; . 2^8 2 1.* Perciocché questi separano molto minor quantità d' orina nel feto umano , perchè sono a dir vero picciolis- simi in proporzione , e la struttura loro è tutta tubcrcolet- ti divisi da solchi profondissimi , sicché vi si contiene po- co di più che fascetti di tubolini sostenuti da cellulosa ro- busta , degeneranti in altrettante papille quanti sono i tuber- coli apparenti, inguainate ne* calici membranosi, che for- mano poi r unica, o moltefida pelvi, da cui si allungano verso la vescica urinaria gli Ureteri . 23." Abbiamo detto, che le casside soprarenali , ossia i Rem SHCcentiirlati ^ riempiono una parte dello spazio, che vien lasciato vacuo ne' feti dagl' intestini, i quali vi anno molto picciolo volume; e che distesi questi canali dal latte poppato dall'infante, dal peso, e dalla massa del mesente- rio accresciuti per lo chilo, che vi scorre, i Reni mccentU' rtatt vengono con tal forza e costanza compressi , che non possono più ammettere quella quantità di sangue arte- rioso , che prima del parto vi perveniva. In tal caso quel sangue dee per la via più diritta , e più breve prender cor- so alla vòlta àc' Reni per le emulgenti .^ e svilupparne i ca- nali aggomitolati, e dar a tutto il corpo di queste viscere quel pieno, e quel liscio, che realmente nell'adulto vi rav- visiamo . 24.° Alla mentovata, necessaria, maggior libertà dell'af- fluenza del sangue verso de' Reni , non contribuisce poco lo sgravio della vescica solito di farsi appena uscito dall' ute- ro il Bambino , tosto che la respirazione promuove i mo- vimenti del diaframma, e de' musculi abdominali , e fa , che tutte le viscere di tal cavità si comprimono scambievolmen- te . Votatasi la vescica , e datosi libero il corso ali' orin.', in essa per mezzo delle papille renali , e degli ureteri allo- ra sgombri ed aperti , si accresce la derivazion de! sangue arterioso per le arterie ermdgenti dalle capulari (ir.); e i Rem iiiccentHriatì ne vengono privi dell'umor, che gli ab- beverava, in quella proporzione in cui gli organi separato- ri delle orine di giorno in giorno vengonne fatti più do- viziosi . 25-° Ecco il motivo, per cui le stesse capsule soprare- naii in breve tempo si appiattiscono, inaridiscono, e le ca- vità loro a semplici , anguste fessure si riducono . 239 i6.* I testicoli (17.) appiattati ne' lombi mentre che il feto stava non respirante né poppante nell* utero , non sì tosto il costui ventre comincia a venir disteso dall' ali- mento novello, dall'aumento di volume e di peso di tan- ti visceri crescenti , e di tanti organi , che si sviluppano , sono spinti nelle custodie loro , ed ora più presto , ora più tardi, cacciati per gli anelli inguinali fuori dell' Abdomine , e precipitati nello scroto. 27.° Le quali cose succedendo in queste conformità, né potendo altramente accadere senza che la macchina umana grave disagio ne soffra , conchiuderemo esser ammirabile la semplicità con cui la natura tutte le cose dispone , e pre- para , perchè tutto nel microcosmo conseguisca V ottimo suo fine i il che quantunque ci sembri ottenersi diversamen- te ne' visceri diversi , e in questi più , in quegli altri men presto ed artificiosamente, ci sembra senza dubbio relativa- mente alla maniera diversa, con cui tali effetti vengono dal- la fiacca nostra mente conceniti , non già quali realmente sono, opere dcW ARTEFICE SUPREMO, appresso al QUA* LE tutte ab eterno ed eternamente nella stessa foggia esi- stono . 28.' Conseguentemente , posto da canto per ora il Ti- mo , e i Reni succeKturiati, delle varie utilità de' quali trat- teremo altra fiata in altr' opera , termineremo il nostro dis- corso ricordando , che dovendo la Milza servire alle alter- native ripienez7e deh' Abdomine nell' ipocondrio sinistio, per via del medesimo compendioso artifìcio , nelle sue mag- giori dilatazioni con'^erva , ritiene , e prepara dentro delle sue spuf^nosità , e delle miriadi di vasi flessuosi , ram/osissi- mi , flessibili , dilatabili , e delle muscose loro estremità , il sanj^ue idoneo a passare per via àt' vasi brevi neUa. tessitu- ra del Ventricolo spiegato dagli alimenti e disteso, e a con- tribuir alla secrezione del suco gastrico tanto utile alla di- gestione. Questione VII. Ne* tumori folicolati , che anno la ba- se molto pi j stretta del corpo , che sono penduli e per- ciò rimuovibili , ma che per la grossezza del picciuolo non ammettercbbono una sola Ugatura circolare senza pericolo , né si permetterebbe dalla pusillanimità dell'infermo di venir- 240 ne alla recisione immediata col ferro, la Chirurgia troycrcbb' ella qualche altra specie di ligatura che ne agevolasse la separazione? Dilucidazione . Pviesce in simili circostan7e comodissi- ma , ed utilissima la triplice ligatura a itie plinti soli y clic si fa nella maniera seguente . !• Per la cruna d' un ago piatto mediocremente curvo si passano due refi ^ uno bianco , ed uno rosso o d' altro colore, de' quali il branco, per esempio, sia più lungo il doppio dell* altro . 2. Collocato r infermo nella-situazion più comoda per lui , e per r operatore , questi solleva il tumore traendolo a se con la sinistra mano, per tenderne il picciuolo, e sco- starne la base dalle parti molli, e dure sottoposte: con la destra porta 1' ago in maniera, che la concavità ne sia occu- pata dal pollice , e la convessità appoggi come una penna da scrivere tra 1' indice e il terzo dito, lo porta, dico, con la punta nella faccia inferiore del picciuolo, a un terzo della sua estensione traversale, e lo trafora tutto dal ba^so air alto , sicché ne venga fuori dietro all' ago il quarto della lunghezza d' amendue i refi. l- Misura coli' occhio, oppure à segnato con inchio- stro il punto, che limita 1' altro terzo dell' estensione tra- versa del picciuolo , e cangiando la direzion della punta dell' ago , la porta direttamente dall' alto al basso nel sito divisato, sicché anche qui il refe passi dietro alla base del tumore, e venga a riuscire al basso: si disarma, e Vigo si depone . 4.° Abbiamo tutti quattro i capi de' refi pendenti a basso , e i due corpi in alto piegati in arco ; si taglia il bianco y posto eh' è il più lungo, con un colpo di forbici, e se ne lega separatamente con nodo stretto il terzo este- riore della radice del tumore : con gli altri due capi del rC' fé bianco se ne lega pure il terzo interiore . 5-" Resta il refe rosso con i due capi in basso, e con questi si lega strettamente il terzo di mezzo , che fa il cen- tro della radice del tumore , circondata dall' arco , che il corpo non reciso dello stesso refe fa in alto. 6.» 241 6.° Divise in questa msnicra le forze sopra parti di» ver!^c , e attenuate le resistenze» 1' operazione suol avere felice r e'^ito, senza recar accidenti molesti, e ottenersene Ja necrosi e la caduta del tumore molto prontamente. 7.° Secondo il sito poi . che occupa il tumore , i nodi si debbono far in sito differente. Per esempio; avendo noi dovuto estirpare una grossa ateroma pendente dall' estremi- tà del sopracciglio destro , fino alT armonia che congiun- se la porzion temporale della Zigoma alla Giogaie , e che nella porzione temporale della radice comprendeva il ramo temporale della carotide esterna, i nodi furono tre. Uno timbrali che comprendea V arteria ; e tra il refe ^ e la cu- te di questo , si pose un cilindretto di fannohno per rendere più cauta e più sicura questa Ugatura , che imporrava mol- to più dell' altre due a cagion deli' arteria suddetta. 8.** Il secondo nodo si fece in alto si di sopra delia estre- mità del sopracciglio , affinchè i capi del refe non pendesse- ro così facilmente sulle palpebre .5 e recassero incomodo ali' occhio: anzi que' capi si tennero sollevati sulla fronte con una lista di cerotto di ceru^a. 9° Il nodo Giogaie fu l' ultimo., e al basso, che com- prendendo la porzion centrale del picciuolo della ateroma, fu il primo a operarne ia desiderata separazione . io.° Si ebbe sommo riguardo a non urtare , né smuo- vere punto il nodo temporale , che caduto sei giorni dopo degli altri due, non fu seguito da emorragia; ma noi con- tinuammo per altri sei giorni a tenere compressa quella par- te con cGscinett! imbevuti d' olio di trementina coperti di due lastrine quadrate di spesso cartone , sostenuti con la fasciatura dell' imballatore, o sia nodosa^ n.° Da quest'esempio si ricaveranno agevolm.ente que' partiti più cauti e prudenziali", che la natura e il sito del tumore , e delle parti aggiacenti , suggeriranno di leggieri a chi esercita con fondamento e con p.enio la Chirurgica professione . Tomo mi. H h 24» SULLA DETERMINAZIONE A PRIORI DEL VALORE DELL'EQUAZIONE DEL TEMPO. Di Francisco Pizzi . Ricevuta li 8. Gkiacciajo Art. VII. ( 28. Hovemhre 1798. ) I. TLC. Lalands ha inserita una sua memoria in quelle A deir Accademia delle Scienze di Parigi per 1' Anno 1161 5 in cui ha voluto rilevare un errore commesso secon- do lui , dall' Insigne Astronomo La Caille nel convertire in tempo /' equazione del tem^o . 2. Ecco il passo citato dal Chiarissimi© la Lande, e che ha dato luo?o all' accennata mem ovvero <« i cioè T= ^ 7-3 2 60 j"-(A-a) . . . - z= 24"'+ (2); e 1 equazione dei tempo ,»'(A— ^) ,. . . j , V sarà additiva o sottrattiva secondo che A>orzionfi id Pd z6o -f- j- : P : : d-\- : -i dunque la diiFercnza tra le due 300 360 Vd sd (P~s)d ascensioni rette vere sarà DH —3 =Dh -— ; 360 36^ 3Ó0 se il nuovo meridiano è orientale , allora T ascensione retta vera del pianeta è minore di quella che corrisponde al me- Pd ridiano delle tavole della quantità -^ » e T ascensione rct- J^"^ sd ta vera del Sole è similmente minore della quantità . 360°' dunque la differenza delle due ascensioni rette vere sarà P// sd (y_P)^ 3Ó0 ^ 3Ó0 360 ° _ , a delle rad.c. delle equazioni lirterali di quinto prado : a darò questa, ed anche quella deJle radici delle equazioni litterah di sesto grado <. Siccome però anche nelle radici delle equazioni di ter- del f.'r^/'v^V-/''/"" ^''■"' '" ^""''^ "^^"^^"^i accagiona del caso trncì.abdej e di questa mancanza ne risentcno an- c^ie le equazioni di quarto grado ) premetterò un breve esa- rne ^d, _queste : Accennerò d' onde avvenga, che nel caso .rriduabile la formola Cardanica involva Ìi\alori immagi- n .,, che talvolta la rendono incomoda, e presso che in^u- lll'^ '^'M^'o ^ ^Uitsxo difetto con fòrmole trascendenti bensì, pero semplici e maneggiabili, tratte dai Coseni. T^.^SrHri.'^"''','"'^'^'"' '"" ^"'-^^ d^l Newton dette du Gua ^''■"°"^^" '^^ ^ -"«Pital, Cramer , Stirling, e „,lo^" appresso espongo nn nuovo metodo per trovare dei 1 1 2 2J* le suddette Curve Paraboliche. Trovate, ch° ebbi le mie formole m' accorsi , che combinano p'-ccisamente con quel- le del Newton, del Taylor, e dell* Eulero: Siccome però questi Autori anno battuto delle strade di grau lun^a diver- se dalla mia non anno essi veduto tutto quel buon u*:© di esse formole , che fortunatamente è toccato a me di sco- prire . Avendo così accostumato il Lettore alle dette Curve ^ vengo coi Capitolo quinto ed ultimo ad impiegar queste d' una maniera più complicata di prim?, per dare di nuovo la natura delle radici delle equa7:ioni litterali di quinto e di sesto grado, indipendentemente affatto dalle radici delle equa- zioni di terzo e di quarto grado, e dal caso irriducibile^ cosicché la cosa riesce più brigosa bensì , ma tutta pura- mente alpebraica .. Accenno sul fine come potrei dare ancora la natura del- le radici delle equazioni litterali di settimo e di ottavo grado, dal: che mi astengo giudicando miglior consiglio per tali equazioni il ridurle prima a numeri nei casi particolari^ ed applicandovi indi il nuovo metodo indicato per averne prossimamente quanto si vorrà le radici stesse. A P I T O t O I. Ali une cose (generali , 1. Abbiasi T equazione o = M -f- N a- -f- 0;f^-+- Pa-^ -F- Q^jf'' -h R a:' , ce. (A)^ nella quale ognuna delle costanti M,N,0, ec. possa essere positiva, o eguale al zero, o negativa . E si consideri questa equazione come un ca^o particolare dell' altra equazione jy r= M -+- N ;r H- O *•*-+- P Je' ec. (B) la quale quante volte y—.o diviene l'equazione A. 2. Della equazione B s' intenda descritta una C'i'va TREHLOQ^ ( fig. I.) che riesce del genere pamhnlico . L'as- se di questa Curva sia la SP , sulla quale le asci-^^c partano- dal punto A positivamente verso P . E5IÌ è manifeno , che qualora si avrà 1' ordinata y^=z o ( il che nella figura accade nei punti S, C, G,K,M, P, d' incontro dell' asse'tolia Cur- va ) si avrà il caso dell'equazione qualsja-i d^f o := M -*- N^ + O^' + Px^ ec. e che le ascisse AC, AG, AK, AM,,AP 233 saranno radici ffositive , e 1' altra AS sarà radice negativa della equazione data. 3. Si vede, che in Curve simili di equazioni di più ra- dici reali , ed ineguali si devono avere delle ordinate mas- sinne , come se ne mno nel ca^o della figura , le quali ter- minano ai vertici R, E, H, L, O, dove si sa, che dev'es- sere «^ = 0: E si vede ancora, che se le radici sono più di due si devono avere dei flessi contrarj, come se ne anno ai punti D, F,I, N, nei quali si sa, che de v" essere ^'!/y= o . 4. S^ pertanto si differenzierà Tequazione della Curva, e si farà dy = o, si troverà o = N-f- lOx -f- 3 Pjf^-h 4 Q_Jf^ ec inferio-e della data di un ?rado y e le cui radici nel caso della lì.'Tura sono le ascisse A^, A/», Aa, A^, AZ di altrettan- te ordinate massime, e di altrettanti vertici . E differenzian- do di nuovo ( presa dx costante ), e facendo = ;«''', sarà ordinata po'^^itiva ; il che ia vecere, che la Curva alla de<^tra , os<:ia dalla parte delle ascisse po- sitive, termina in un ramo PQ^ infinito rivolto all' insù, os- sia alla parte delle O'-dinate positive . 8. Se poi sarà la x negativa, come A//, ed infinita, si avrà pure jf^jr". Se inoltre i' esponente « sarà numero pari sarà j =: dT positiva , e perciò anche dalla parte si- nistra la Curva terminerà in un ramo infinito rivolto all' in- sù*: Ma se l'e5ponente n sarà nujnero dispari, essendo a: ne- gativa sarà y negativa ; ed in tal caso la Curva alla sirist-a finirà in un ramo infinito all' ingiù, ossia alla parte delle or- dinate negative. 9- Poiché la quantità M =: AB T abbiamo detta nega- tiva , e tutte Je ordinate ^ = M -+- N;r -i- Ox* , ec, se la M calerà per esempio per metà , ciò vorrà dire , che tutte le ordinate negative caleranno di quella metà , e che di altret- tanto cresceranno tutte le ordinate positive., il che è poi lo stesso che dire , ciie tutto 1' asse SAMP si abbasserà pa- rallelamente a se stesso con una discesa di quella rretà . Quindi se anzi il termine M di negativo divenga positivo , ed = rB, ciò importerà, che Tasse da SAP passi m ecm ^ co- sicché se sarà Ac :=^ qO l'asse toccherà la curva nel vertice O. Ed In questa discesa dell'asse Ja radice AM crescerà men- tre r altra AP calerà fino a coincidere ambe nella fola ra- dice cO ; e le radici AG, AK diverranno immagin;'rie , e le due AC positive, ed AS negativa, passeranno nelie <:h , ce negative ^ 10. Se la M ora = cB crescerà ancora di più in modo, che r asse abbassandosi non incontri più la Curva , tutte le radici della equazione riusciranno immaginarie^ Catitolo II. Radici della equazione x^ — l'i^'x z^ 2 /?* e =: o .. 11. Le esposte poche cose generali bastino per ora per far comprendere , che date le radici delle equazioni inferio- ri si può scoprire 1' andamento di tutta la Curva spettante alla equazione data , e la natura delle radici . Ora vengo al particolare delle equazioni di terzo grado, o sieno cubiclie, indagando le loro radici.. Qualunque di queste potrà sempre esser ridotta a qualcuna delle quattro seguenti x^ — la^x q: la^c =: o ^^ -h ^a'-x Zf 2r . Che se la e crescerà in ma- niera, che sia a =z e , la FG , eh' era =^ — r, sarà dive- nuta =10, e Tasse da HD sarà passato in GKL al contatto della curi'a nel vertice G, cosicché le due radici AI , AH caderanno ora ambe in KG, dove si avranno perciò due ra- dici negative eguali f-a di loro , che insieme devono esse- re eguali alla positiva KL, e siccome KG = AF = — ««(ii)» sarà KL =:: za . 13. Che se diverrà a< c^ in luogo della FG = a — e positiva avremo una MG =: « — e negativa , e ciò importe- rà che Tasse siasi alzato come in MNP, nel qual caso non si avrà , che un solo incontro dell' asse colla curva co- me in P, e non si avrà,, che una sola radice reale, come NP , che sarà positiva. 2-3^ J4* Se i''3sse da HAD sì fosse anzi abbassato come fino in dah ^ al punto a (^cIovcat^o) corrisponderetbe un* ordinata tfB positiva, ed apparterrebbe questo caso all'equa- zione x^ — 3«^Ar -h 2fl^c=:o , e le sue radici sarebbero le due ah ^ al positive, e la terzi ad negativa. Ed abbassandosi ancora T asse come fino in XVc , non si avrebbe più che una sola radice reiile VX, che è negativa. 15. Per avere analiticamente le radici della prima equa- zione x^ — l'f^x — 2rt^c = o(A) il Cardano suppone in pri- mo Juogo la jr = /--l-2, onde si ha /^ + 3 Zf ^ -f- 3 2,V + z.* • — 3^*/- — 3/z^z — 2«^c = o (C) . Poi fi l' altra i[ otesi di lX.t^ -j- 32.^/- — la^t — grt'z =: o (D), il ch€ è poi lo stesso, che supporre tz. — ^^ =: o , giacché que"to è ap- punto ciò, che ri ulta dividendo D per 3^ -h 3^ , Si ha (t^ . ^ • perciò cosi z = — • Sottraendo poi D da C rinanc t^ -\- z} — 2rfV = o, cioè (sostituendo il valore della z rer?) ** — 2rf*c/'H-a*— o, ed in conseguenza t^ — fl^c±«*^/(_c^ — tf^), e t^=^\/fa^c di a^ y/i^^ — ^"^ ) ) • ^ perchè x è ancora z = — colla stessa regola si trova z. = J/l'Z^flhrt^y (c^ — '*^)ì* i5. Per togliere l'ambiguità dei segni prefissi ai vinco- li radicali si osservi, che essendo /z = a^ dev'essere ancora V^fa\ . . . a\/(c' — a'))X i/[a\ . . . a^ ^ {c^ — a^ )\ = a^ , I il che si ottiene allora solaniente quando posto _, r = l/^(tfV + «^ ;/(<:*•— «')'\ si mcttaz^j/ftfV — «%/(<:* — -2')) I o vice-versa. Dunque x :=: f -\- z =:[//' a^c -\- a^ ^^ (e'' — a^)\ fl ■+- y(a^c — a^-^{c'^ — ^*))è radice cardanica della equazio- ne A (15). I 17. Si divìda ora la data equazione A per x — (a + z), e si arriverà al residuo {t -^ z,y — ^a'' {t -'r x,) — 2tfV, il quale, perchè t -\- z, ^^ x , non sarà che la data equazione, e perciò sarà =0; onde il quoziente, il quale è *■* + (r -4- Zj X + (f + z.)* — 3f% i suddetti valori delle x\ x' y x'" perchè comprendono la quantità ■/(£"* — «*) anno 1' aspetto d' immaginar) , dove che siamo certi che appun» to nello stesso caso di f T equazione ha tre radici rea- li, giacché abbiamo veduto al n. ii-, che quando «>-r r ass€ cade come in HAD tra il vertice G ed il punto B, cosicché si inno una radice reale positiva AD, e due reali negative AI, AH. E^li è questo il cosi detto Caso irridtc cibile^ che multorum torsit ingeniti. E d'onde deriva code- sta irregolarità? Eccolo. Abbiamo veduto al n. ij- come il Cardano fa le due ipotesi, una della x = /H-z, e l'altra di tZ, — tf*=:o, ossia /!; = «*. Finché tfCj le due ipotesi sono realmente in- compossibili, perchè allora posto x^=^t-{-z, non potrà esse- re /z = /7*, ma sarà sempre /Z<c non possono stare insieme le due ipotesi fatte al n.15., di Ar = .c ^ da due ipotesi realmente incon^!- possibili , non è meraviglia che tale formola esibisca delle radici sotto un aspetto impossibile ed immaginario, in tempo che tutte e tre le radici della equazione cubica sono reali. 20. Piacque codesta Formola , utile soltanto pel caso di « f , quasi due secoli, cioè fino a! 173S. , quando Nicole (Memorie dell* Accademia di Parigi ) mostrò la maniera di ridurla ad una serie libera da termini immaginar). Ma di una tal serie non si è trovata la somma, onde il valore da essa risultante della radice cercata sarà un valore soltanto prossimo ; e r averlo di una prossimità conveniente costa la non lieve fatica di calcolare un buon numero di term.ini della serie y particolarmente quando ci accostiamo al caso di a^=-c^iy nel quale la serie perchè s'accosta ad esser parallela ( si veda lo Scritto del Ch» Lorgna de Casu irreductibili ) divie- ne presso che inutile per la molta fatica in calcolare un numero sempre maggiore di termini affine di ottenere una sufficiente approssimazione. Per la qual cosa sembra molto meglio allora il ricorrere ai Coseni , nella naniera che ven- go ad esporre » con che si anno delle formole bensì anch* esse d'approssimazione, ma ciie però sono assai semplici» e- maneggiabili . ZI. Alla corda AB ( fig. ^.) di un arco circob.re AFB &ia Bormale il raggio GIF . Sieno eguali fra di loro le ^al- ^Ì9 tre tre corde AD, DE, EB. Sarà DE parallela alb AB. Sie- no condotti nitri due ra^^i CE , CB , e la EG sia normale »]la AB. Sia il raggio CE = 2/?; e Ja distanza CI della cor- da AB dal centro si dica ic; e si metta la CH ;= r . Sarà IB = y/(CB* _. CP) = v^(4«" — 4^ = Vf'^' — «■')= ^'^i ed HE = y'(CE* — CH") =v'(4rt^ — -r') = IG ; onde sarà GB = IH — IG = 2»2 — v/(4*' —x^), e sarà HI = CH — CI = jf — 2f = EG; ed EB = ED = 2 HE = 2^(4/?' — ,x') . Ma EB^ = EG^ -4- GB^ . Dunque i6a^ — 4^' ~ x^ — ^cx + 4£-* — 4w/(4«^ — at") -4- 4«^ — ;r^ , cioè *VC4^* — •*'^) = AT* — fAT — la'- . E quadrando, e riduccndo , x'' — icx^ — ja^jf^ -h 4'ìVa: -4-4«V = o ; e dividendo per x — ic si ha J.5 — ga^jr— 2tf*c = 0, della quale equazione si vede, che una radice è la CH = Jf coseno dell'arco FÉ. 22. La stessa corda AB divide tutta la periferia in due archi, uno minore AFB, e l'altro maggiore BNZA(fig.4.)' A questo maggiore s' intendano applicate pure tre corde eguali BN, NM, MA, delle quali la NM sarà parallela alla AB , onde il diametro FICZ normale alla AB sarà normale ancora alla MN . Si cerchi ora la CP • Essendosi detta CH = >;(fig. ^) sarà da dirsi la CP (%• 4.) = — .r, onde IP = IC 4- ci* = 2f — A- = BQ_ condotta parallela al diame- tro FZ. Sarà poi PN = v ( CN" — CP' ) =± ^/ {^a^ — x^y onde QjSI = PN — IB= ^(4*' — a-') — 2w«. E laBN = MN = 2PN = 2/(4«^ — x^) . Ma BN* = ± BQ^ + QN^ Dunque i6a^ — 4jf* = (ic — -*■)* -4- (\/(4^* — x^)— im \ , d'onde ricavasi x^ — 2^^x — 2«*c =0 come sopra; della qual equazione si vede, che un'altra radice è la CP= — x coseno dell' arco MZ. 23. Posta la corda AB come sopra, s' intendano ora le tre altre corde eguali fra di loro AR , RO , OB (fi?. 5.) dei tre archi eguali ABR, RZO, OAB . Anche la OR sa- rà parallela alla AB, e normale al diametro FIZ , cui sia parallela la BT ; e si cerchi la CV da dirsi pure = — x . Sarà IV = IC H- CV = 2f — X = BT. La VR = ^/(CR^ — CV) == ^/(^a'—x^) = OV; onde OB = OR = 2VR=2 /(4«*— ^')j ed OT = OV -4- IB = ^/(4«^ — x') -\- im . Ma OB^ — BT" -4- OT^ Dunque sarà i^a^ — 4.V' = (2f — x)' + Kk 2 2 4 e (^/(4«- — x^) — 2«?)*, d* onde ricavasi tuttora x^ — 3«*Jf ^- 2tó^f = o i della qual equazione si vede, che la terza ra- dice è la CV:= — X coseno dell'arco ZR. 24. Ora si dica ^ l'arco FB (fig-g.) deli' angolo FCB, che è noto per essere dato il raggio 2« , e la distanza CI = 2f della corda AB dal centro . Poiché FÉ = - «, sarà CH: = Ar = cos. -*'- (p . Poiché FB = ^, sari 1' arco AFB = 2(p ; e r arco BNMA ( fig. 4. ) = z6o° — 7^ . Ma ZN è U sesta parte di ENZA. DunqueCP= — a? = eos. — (360" — 2^1). 25. I tre archi eguali ABR, RZO, OFB ( h^. 5. ) sono tutta la periferia con 1' arco AFB , cioè sono ^60° -+- rp . Ma ZR è la metà di uno d' essi ^ Dunque è la sesta parte I della loro somma .Dunque CV = — x z:z cos- — (3^0° -h 2 ^ ) • 6 26. Pert:into le tre radici della equazione x^ — 3«*Jr — ìfi-c = o sono I X = cos. — 0 3 I X = — cos. — ( 3(5o° — 2^) 6 I' * = — 'COS. — (360° + 2r, cioè suppongono il caso hriducibUt . Negli altri casi poi o di a =: r , o di «c, saremo pure al caso irriducibile, ed al caso di abbiso5n;ire del ripiego dei coseni (20)» Per questo e da considerare, c'ie se nella equazione esaminata qui sopra x^ — ^a^x—ia^c^o in luop^o della x metteremo — jt, risulterà T altra equazione x^ — ^a^x-{~2a^c=zo , le cui radici perciò non saranno altro che le gii trovate della equazio" ne precedente,, però da prendersi col segno contrario. Con che restano esaurite tutte le radici della equazione duplice X* — la^x ^ la^c =0 proposta da principio al n. ix. jo. Resta da parlare adesso delle altre due equazioni x' -+- 3<»^x q;: ?tfV=r o , che colle altre due esaminate com- prendano tutti i casi delle equazioni cubiche . Esaminiamo prima la Jf^H-^rf^jf — za^c^zo, e consideriamola come caso particolare dell' equazione jf' -i- 3«*Jf — za^c= la^y ^ equazio- ne di una curva , il cui as^e sia DE ( fig. 5. ) colT origi- ne delle ir in D . Qiiando jf=:o, sarà la'^yzzz — 2«V , cioè jf. = — e. Presa pert'nto 1' ordinata DA = — e, sarà A un punto della curva. Facciasi /^ = o, ed in questa ipotesi si troverà jr* =r — a^ ; ed jf = ih (y/ — **), quantità immagina- ria . Dunque la curva non ha vertici • Facendo ddy =: o , si troverà ( presa dx costante ) óxdx'^ =: o y cioè r= o , Dun?- que la curva ha un flesso contrario in A, punto corrispon- dente alla X := o , L' esponente della equazione è dispari, onde la curva alla destra ascenderà , ed alla sinistra si ab- basserà (7,8) . Q^iindi r andamento della curva sarà come QAEH , il quale mostra che 1' equazione data ha una so- la radice reale DE , che è positiva . ji. Per trovare la DE analiticamente si metta jf= rH-2, ed' operando come ai n. ij e i<5 , si avrà DE = x = V' (^a'c -h /»V(f' + «*)) -i-V(^a^c— a^y/(c^ -4- «»)) . L' in- dagine dell' espressione delle altre due radici è inutile per- chè sono imma la quale ridotta opportunamente diviene 6 . . . . 9«'''' — 3^** — 4f* H -h lau^ -f- = o . Per togliere il se- 4 condo termine si faccia «* = x — «• Sostituendo si ricaverà là'x.-\-lhx. ai — ^ak — ^c"- X) _ —o (B) . 4 4 a^-^k ■ — a^ -{- sah — 4 quando sia «?>« (i8j25). Col capitolo precedente potremo sempre tro- vare il valore o i valori della z, per avere quello di «* =: 2 — a^ ed ancora della «, die sostftuiti nelle formolc del n. 34 ci daranno finalmente i valori delia x, in a e e * Capitolo TV. Matura delle radici delle equazioni liteerali di quinto e dì sesto grado . ARTicotoI. Natura delle radici delle equazioni litterali di quinto grado . 57- In questi due artìcoli farò uso di equazioni man- carti del termine penultimo , giacché questo si può sem- pre togliere. Basta togliere prima il secondo termine, e poi mettere 1* incognita eguale all' ultimo termine diviso per una nuova incognita . Sia pertanto proposta 1' equazione x^ — Jtfjr'' -4- ^ex^ — "^hx^ -f- ; =r X = o . Sia X =:jr equazio- ne di una curva dell' asse AQ^ ( fi?. 7. ) coli* origine delle jf in A • Fatta jr=:o sarà jf = / . Presa perciò un' ordinata AB = /', sarà B un punto della curva. Fatta //y =: o, si avrà x'' — ^ax^ -h 7,cx^ — rlx — o , cioè x= o , ed x^ — 4*7^:* -4- ^cx — 2/i=:T^=o. Dunque al punto B sta un vertice del- la curva. L' equazione T =0 può avere una sola radice, e può averne tre. Si suppongano tre, e tutte positive, e siano le AM, AO, AQ» che saranno ascisse di altrettanti Ver- 244 tici . Poiché codeste tre ascisse, o radici, si ssnno trova- re, le inrenderò sostituite ognuna di esse successivamente in X =j> in luogo della Xi e così si avranno le corrispon- denti ordinate, le quali ;iano per esempio MD, OF, QH. Qi-iindi r andamento della curva sarà come KBDFHI; Nel caso della figura si ha una sola radice reale AK , eh' è ne- gativa . Se i calando divenisse = BE, si dovrà concepire Tas- se in CER , e si avranno una radice negativa EC , e due EN , ER positive.. E se ; calando vieppiù civcri^se come BT, si avranno cinque radici reali, una negativa TS, e cuat- tro positive TV, T/, Trf, Tf. E se i divenisse come Be, si avranno una radice r^alc negativa ed ^ e due f ositive //, em . 38. Che se r equazione cubica T rr o non avrà che una radice reale positiva , ciò vorrà dire , che oltre il ver- tice B non ve ne sarà che un altro , come D , e la curva della fig. 7 si trasformerà nella curva della fig. 8 ; nel qual caso se 1' asse sarà in KM si avrà una sola radice ne^ativ» AK ; e se 1' asse sarà in CEN si avranno tre radici rcaii , due rxositive EG, EN , ed una negativa EC 39. Troppo lungo sarebbe tener qui dietro a tutte le combinazioni possibili dei segni , e dei rapporti delle co- stanti fra di loro , cosa non difficile da. eseguirsi da ognu- no nei casi particolari . Articolo II. KctturM delle radici delle jeqitazioni iitterali di sesto grado . 40. L' equazione data sia x^ + óax"" + 6cx^ -+- f/jc' -f- éig-jf ^ -h /z =: D = o mancante del termine penultimo (37)., nella quale ognuna delle ^ie,ffgyh può essere positiva, o negativa. Si dica D =jf equazione di una curva dell' asse SP ( fig. I. ) coir origine delle jc in Z. Fatta x=-o si ha y=:.h. Sia questa negativa, e ad essa si prenda eguale la ZR . Fatta dy — o sarà x'' H- ^ax^ -+■ ^cx^ + :?/jc* + 2£x = o , cioè « == o , ed ;?'• -4- 5<7«' H- 41-^;* -f- ^fx -i- 2^ = E = o . Dunque in R si ha un vertice . Se le radici della equazio- ne E =0 sono tutte reali e positivo, queste siano come le Zgy Z/, Z*, Z^, e saranno ascisse di altrettanti vertici . Da- ^45 Dite le radici delle equazioni cubiche (ì6) si anno anche le r.Hdici della e(iu:uione biquadratica E — o . Si sGStuisca pertanto ognuna di esse successivamente in D =3 j in luogo della Xi e così si avranno le corrispondenti ordinate, le quali siano per esempio ^E,/H, //L, ^^O . Qiiindi l'andamen- to della curva sarà come SREHLOQ.. Così crescendo o ealando la ZR , si potrà sapere se V asse si alzi sopra L o sopra E, oppure se si abbassi sotto il vertice H , sotto il vertice O, sotto il vertice R; con che si saprà sempre quante siano le radici reali positive, e negative. Se l'equa- zione biquadratica E s o non avesse che due radici reali , la curva oltre il vertice R ne avrebbe altri due soli, conc E, H ; e r equazione data non potrebbe avere più di quat- tro radici reali. E se 1' equazione E« o avesse tutte le radici immaginarie , la curva avrebbe il solo vertice R, e r equazione data non potrebbe avere che due radici reali; e potrebbe averle essa pure tutte immaginarie nel caso di ft positiva . 41. Chi avesse la curiosità di avere la natura delle ra- dici delle equazioni litterali di quinto, e di sesto grado in- dipendentemente dal caso irriducibile, e senza il bisogno di ricorrere ai coseni , passi al n. 107 , e segg. Capitolo V. Muovo metodo per le radici prossime delle equwz^ioni Mumeriche dt qnalHìique grado . 42. Per una più facile esposizione ed intelligenza del metodo, comincierò dalle equazioni di secondo grado • Per- tanto sia x"^ — IX -\- 10 sr Z S o . Si consideri al solito que- sta come caso particolare della equazione Z =: ^ di una cur- va , il cui asse sia AQ_( fig. 9 ) coli' origine delle ascisse se in A . Fatta X zi o si ha jy " io . Dunque al punto A dove AT — o, si alzi un' ordinata AB— io, e sarà B un [Un- to della curva. Differenziando sarà 2xdx — jdx ZZ dy ; q 7 quando ^x gente DF =: -r— , cosicché AF = AD — DF = jr -r" X* — ^10 = ^^;; — ( posto ;¥= 5,2 ) = 5,01 t7tf -4- = C terX.^ »»• ix 7 mite più vicino alla radice AP. 4(5, Fer avere un quarta limite' D con un conteggia 247 mino bborioso, in vece di valermi della precisa ascissa AF trovata = 5,01 1 75 -f-, mi vaJerò di ira altr" ascissa alquan- to più discosta dalla radice, ma espressa con meno cifre, com' è laA/=5,02. Alzata 1' ordinata /G , e tirata la tan- gente G», ho la sottangcnte /«, la quale, posta x = A/, è -n — ; onde perchè Aa = A/ — fu , avremo anche qui X — — ; — = £=( per essere ae= U02 ) 5,0001 -\- = A» i^y -'.X — 7 = D quarto limite assai prossimo al valore preciso della ra- dice AP s 5 ; al quale si vede , che ci potremo accostare semnre più quanto si volesse con un quinto limiti E^ con un sesto limite Fy ec 47. Se invece di eleggere l'ascissa x—é per primo li- mite A, avessi eletto un altr' ascissa 5; = 4 pure maggiore della Aj-, poiché questa mi dà _y = — 2, mi sarei accorto con questo solo, che ^ = 4 è un ascissa come la AK, che è minore della AP, ed alla quale appunto compete un' or- dinata negativa, come la KL . Dandosi questo caso s'in- tenda condotta la tangente del punto L, e questa sia la yt'x LV , cosicché avremo la sottangente KV=: — -7— (col se- gno negativo perchè qui al crescere dell' ascissa 1' ordinata cala). Qiiindi allorché j In fatti alcrebraicamenrc si trova >: = — J ± 2 , cioè .r = — I = AC , ed .v == — 5 = AE . Ma fingiamo di non saper questo , e si cerchi la radice AE col metodo nuovo . Per questo si elegga per frimo limite A una qual- che ascissa del ramo FEG, che sia perciò maggiore della AD trovata = — 3, e la eletta sia x -^^ — 4- Poiché con questa si trova /= — 3, si viene a sapere che a: =: — 4 è un ascissa come AP , perchè vi corrisponde un' ordinata negativa come la PQ_. Tirata la tangente QN , avremo la yi^x sottangente PN =: — — - — (negativa perchè PQ_ decresce ), y ydx onde AN = AP 4- PN ^;iff — - — = (sostituendo oppor- tunamcnte ) = — ■i,-; = -B secondo limite > 55- Si conducano l'ordinata NG , e la tangente Gì. _. ydx y^-x Oliando X — AN , sarà NI = — r— , ed AI = a: — -7 — = = ( giacché *: = — 5,5 ) — 55O5 = C ter%o limite . Pji si tirino l'ordinata IK , e la tangente KL , e colla stes- sa regola avremo AL =: — 5,0006= D quarto limne . \6. Per 1' altra radice AC si elegga per p-imo limite A un' ascissa del ramo FCB , cioè che sia minore della AD trovata = — 3; e codesta sia l'ascissa «■ = — 2, colla qua- k si trova/ = — 3, onde la «• ^= — 2 è come la AR , giacché vi compete un' ordinata negativa come la RS. Ti- y^x rata la tangente ST, avremo RT (posta x = AR ) = — 7— , ydx x'' ^ -^ onde AT = x — = = ( giacché a: = — 2 ) dy 1x^6 "" — Q,5 =z £ secondo limite. Indi tirata l'ordinata TV, e la ydx tang^ente VZ , quando :v = AT avremo TZ = — —^ ( col segno — per la decrescenza della TV ) , onde AZ = AT ydx x^ — 5 -+- TZ = ^ — = = ( poiché AT = — 0,5 ) dy 2x-\-6 = 0)9J = C terz.0 lìmite . 57. Passo a qualche equazione cub'ca. Sia 3^ — 6x'^ — JJC -f- j,4 ^= Z =: o . Fingiamo di non sa^^ere , the le raaici 250 sono 3,i . Qiiando x = A«, avremo un = ydx ydx -j— , ed Ah —X j- =H = ( poiché x = 6,6) 6,111 quarto limite D. E dicendo D = 6,1 si ha un quinto li- mite £■ =: ^,004 , ec 25» 59- Il fi»»} lìrnifr A per la radice AH sia un ascis- sa del ramo IH , cioè maggiore della AK trovata := 2 — 1/7 = — 0,64 -4- . L' ascissa eletta sia ;tf = — • 2 . Con questa si trova ^ =40. Dunque la ;c = — 2 è come la Aa , cui compete appunto un'ordinata positiva «^ • Con- dotta Fa tangente t/j se ^ =: A^, sarà <:/:=: r-,ondeAA=: X — —J-— H = (giacché x = — 2) = — 3,48 -\- :=. B secotidi l'tm'te . In luogo di B si prenda Ac = — ^,5 e condotta Tordi- y 'x nata r/> , e la tangente pi ^ quando x = A/, sarà ci = onde A/ =: X — — j- = H = ( perchè x= — 3,5)= — 3,05, tetz.'y limite C della radice AH. do. Si voglia in fine la radice intermedia AR . Il primo limite A per questa sia AM ascissa del flesso contrario tro- vata = 2 . Perciò da L sia condotta la tangente LQ^. Qiian- / ^X yJx do X — AM, sarà M^ = — -^ — » ed Kq — x — =H= ( giacché ac = 2 ) = 2,95 secondo limite B. E fatto B' = 2,94 si troverà un terz.'J limite C = 2,999 + assai prossi- mo alla precisa radice = 3 ► Si vede, che la stessa formola H = jf/x ix"- — i-x — 9 de(Jt)tta (j7) dall' altra x — —7 — , e dall' equazione data, serve per trovare tutti i limiti B,C, D, E, ec di ognuna delle tre radici , dipendendo soltanto dalla scielta del primo limite Ay che tutti gli altri da esso derivanti convergano a quella delle tre radici, che si cerca. Q^'indi è, che codesta formola H io la chiamo formala dei limiti delle radici di questa equazione x^ — óx'' — 9^7+54 = 0; come chiamo formola dei limiti anche le altie due , cioè la tro- vata ai n. 45 , e la trovata al n. 54 , derivanti 1' una 2^ + 5 ^^^ e r altra parimente dalla formola te — , e dalla equa- zione rispettiva data, le quali due formole anno appunto 251 servito pei limiti delle rndici di quelle equazioni date, giu- sta il metodo spiegato fin qui, e ch'io continuerò a spiega- re vieppiù. 6i. Prenderò in esame ancora 1' equazione cubica ;^3 ìX-{- — = Z=:o. Non ho bisogno di liberare l'equa- ^ 4 zione dalle frazioni. Sia EAD ( fig. 12) T asse delia curva della equazione Z=j' coir origine delle x in A . Q^iando a: = o abbiamo ;-=: — =: AB . DifFerenziando avremo 4 dy = ^x'^dx — idx; t ddj/ ^ { presa dx costante) 6xdx^. Qiian- ^o dy — o abbiamo X' = ± i, cioè «: — 1 = AI, ed :v = — i = AM, ascisse di due vertici • Fatta a: = AI = i abbiamo/» = — — = IG; e facendo x— AM --= — i, abbiamo 7= 3,25 = 4 MF . L' esponente dell' equazione è dispari. Dunque (2,8) r andamento della curva sarà come EFGH , onde si scorge, che si anno tre radici reali AD, AC, AE . 6i. Come nei casi precedenti, così in questo (ed in tutti gli altri consimili ) conducendo delle tangenti colla re- jdx gola data si arriverà alla formola x -j— 1 t-olla quale, e colla equazione data si ottiene la formola dei limiti , la qua- 4 . 2.t' 1,25 le qui riesce H = "^^^i _ ^ = ^^v^— T ' ^'° P°sto si voglia la radice AD . Poiché AI = i , si elegga per /rA mo limite A un' ascissa maggiore della AI, e questa sia la 5f=2. Sostituendo in H si avrà B := i , 638-+- • Invece di B prendo B' = ;v^=i,54, e sostituendo pu'e in H si avrà C= iA9- Invece di C si prenda C' = a; = 1,5 i e si avrà Z) = I , 466 -|- , ec 6^. Indi si voglia la AE . Poiché AM = — i, si rrenda per primo limite -<^ rasciss;ìAr= — 2 . Sostituendo in H {61) sihaJS = — i>9i^ -+-• Invece di 5 si prenda £'=^— i, 92 = x, e sostituendo in H si ha C = — 1, 911 +, ec 64. Volendo in fine Tà radice intermedia AC, si ricorra pel primo limite A anche qui come al n. 59, all'ascissa del fies- 2S3 fìc^-.o contrarlo che deve trovnrfi tra i due vertici G, ed F. B.:sta mettere ^^ = 0, con ciie si ha 6xdx^'=-o (61), cioè ar = o . Dunque il flesso contrario qui cade in B, la cui ascissa è x =: o ; e perciò nella tbrmola H dei limiti per a- vere B si metterà ^r = o , e così si ha B =0, 4i<5j e fatta B'= X =0,4, e sostituendo in H si ha il terzo limite C = o, 445 ; e D ( operando a dovere ) =0,445, valore prossimo del- la AC 65. Si è perciò fovato prossimamente AD = i,4<55-j- , AC = 0,445 -4- , ed AE := — 1,911-!-; il che combina col- la regola, che quando ]' equazione data è mancante del se- condo termine , h somma delle radici positive eguaglia la somma delle negative • 66. Sa ora 1' equazione di quarto grado x'* — 6x'' -\- ^x — I = Z =: o , e sia PAE ( fig. 13. ) l'asse della curVa dell' equazione Z =/? *-oll' origine delle x in A. Fatta X = o, si ha/ = — I =; AH . Differenziando abbiamo /^ ■= (^.v' )t^'x ^x"^ — ^X^ -h I — I JX-h •)) • dx , onde X ; — =: ; (H) for- rf^/ 4.v^ — i2ArH-5 mola dei limiti . Quando ^ = o, si ha Tequazione x^ — ^x -[- — =: o , le cui radici si sono trovate al n. 65 tutte reali. 4 Dunque la curva ha tre vertici corrispondenti uno all'ascis- sa AV= 1,455 (55), un altro all'ascissa AK=: 0,445, ed un altro ail' ascissa AL = — ijP'i • Sostituiti questi valori in Z == /, si trova ^ = VT =: — Ij946, edj' =: KS = o,o-j6^ ed / ^= LR = — 19,130. A'^^<,nungendo la consider.izione , che 1' esponente dea' cijuazione è un numero pari (7,8), si cono^'ccrà , che la curva deve avere un andamento come QRSTG , e che si anno quattro radici reali come AE, AC, AB, AO. 57. Poiché il ^rimo limite A della radice AE dev' es- sere magf^iore della AV trovata = 1,^66 (66), sia que- sto r ascissa jf = 2 . Sostituendo nella tbrmola H (55) si trova 5= 1,92^; e mettendo B' = 1,93 si ha C = 1,913 poco diverso da! precedente: Dunque prossimo alla radice, 68. Per 1' altra radice estrema AO convien eleggere per frimo limite A un' ascissa maggiore della AL trovata = — 1)911 {66'). Dunque si elegga ;c = — 3. Sostituendo Tomo Vili. M m 2S4 in H si trova 5 = — ^jS^J. ; e supponendo £' = — 2,84 st iia C = — 2,812 ; e supponendo C = — 2,82 si ha D = — 2,8ir . 69. Restano le due radici intermedie AC,AB • Per que- ste per ^irir/20 limite A si può prendere V ascissa dei rispet- tivi flessi contiarj . Per trovar questi si faccia di^y =Oj e si trovevì ( diiferenziando la proposta equazione due volte) 2*'*^ — 12 =1 o , onde'» =: ±: i ; e prendendo AD = ^ :=i ed AM = ^ = — r , saranno AD,AM ascisse di due flessi con- trari, alle quali corrispondono le ordinate DI = — i, ed MN = — n. Pertanto volendo la radice AC, si metta per j^nmo limite ^ la *• =: i =: AD ascissa del punto I , dal quile va spiccata la prima delle tangenti da condursi giusta il metodo;, e dalla sostituzione della stessa «•=: r nella for- m^ola H dei limiti si avrà B =^0.66; e supponendo 5 =: 0,7 colla stessa formoli H si trova C =:o,5oi, e supponendo C' = 0,5 si ha D =: 0,57; e supponendo D' = 0,58 si avrà ^ = "^>57J poco diverso dal limite precedente o, 577 ^ e per- ciò prossimo alla radice. 70. Per avere la radice AB, per le cose dette si potreb- be assumere per primo limite l'ascissa AM= — ii del fles- so contrario. Siccome però qui abbiamo l'altro punto H della curva noto , e più vicino al punto B , sarà più van- taggioso 1' intendere spiccata la prima tangente dal punto H (44»-l7),. del quale 1' ascissa è X = o , nel qual caso la formola H dei limiti diviene — = 0,2 =: B secondo limite^. 5 col quale si trova C =0,29; e poi D = 0,319 + ; e sup- ponendo D=ro,32 , si ha £=0,323. 71. Abbiamo adunque le tre radici positive AE = 1,913 , AC=:: 0,575, ed AB — 0,3:3, delle quali la somma 2,811 si trova uguale alla radice negativa AO trovata — 2,8rr; il che ( trattandosi di un' equazione mancante del secondo termine ) è una conferii)?, della prossimità dei/trovati valo- ri ai giusti valori delie radici . 71. Intanto si noti . Nel caso del n* 45 , e seguenti si vede , che a un limite AK ( fig. 9. ) minore della radice AP deve succedere un limite AV maggiore del suo prece- dente AK; e che a un limite AQ^m.aggiore della radice AP deve, succedere un limite AD minare del suo precedente AQ_» E lo ste<;so si dica dei limiti della rndiceAMj gi:icchè al li- mite AH< AM succede il limite AN maggiore del suo pre- cedente ; ed al limite AR maggiore della radice succede un limite AH minore del suo pi-ecedcnte AR . Qiiindi si va a comprendere la proposizione inversa: cioè che se in ognu- no dei detti due casi vedrò che a un limite N ne succe- da un maggiore , potrò argomentare che N è minore della radice; e viceversa se ad un limite M ne succeda un minore, potrò dire che M è maggiore della radice. E questo stes- so si troverà verificarsi tanto nei casi delle fìg. 11,12^13,14, che in tutti gli altri casi analoghi • 73. Si venga adesso ali* equazione di quinto grado Jf5— iOAr'+i2 i-.r^_.j;-f- — = T=o. SiaNAH(fig.i4) 2 5 r asse della curva dell' equazione D = 7. Quando *r =0, sa- rà a: = — = AB =: Oyó . Differenziando abbiamo 4/ (= 5-'^'' — 3C51:* -f- 25;^ — 5) dxi onde qui *r )dx AiX^ — 20A:' -1-12- x^ — 0,5 _ — i (H) formola dei limiti di quc- 5^^ — l^x^ -h 25A: — 5 sta equazione. Odiando dyz=:o i,\ ha l'equazione x'' — 6x^-\- %x — i = o, le cui radici già trovate, e che si vedono al n. 71, sono le a^^cisse dei vertici di questa curva. Perciò se si prenderà AM =: 1,913 , AZ:= O5575 5 ^ -^^ == <^>3'3 > ed AD = — 2,811, e si sostuiscano questi valori tolti dal fi. 71. nella equazione T =7, si troverà prima ^ = • — 7,608 = MS ; poi j' = 0,019 = ZQ^; poi j' =0,044 = Gì ; e poi ^ = 38,71 = DX, onde si avranno i punti SjQjIjX di quat- tro vertici . S' aggiunga la considerazione che 1' equazione è di grado dispari (7,8); e si vedrà , che T andamento del- la curva dev' essere come NXIOSH , e che ri devono ave- re cinque radici reali , quattro positive AH,AE,AC,AK, ed una negativa AN . 74. Si cerchi in primo luogo la radice estrema AH . Poiché il primo limite A dev' essere un' ascissa k maggiore éella AM trovata = i,9i<5, cioè quasi 2, mettiamo codesta M m 2 r^6 X = 3 . Sostituendo in H avremo B= 2,5j . In luogo di B si metta B' =: 2,5, e si trova C =r 2,42 -+- . In luogo di C si metta C i^ 2,4, e si avrà D=: 2,358 . In luo"o di D si metta D'r=2,3 5, e si avrà £'=2,355. Poiché £>D'si ve- de (72) che D è minore della radice AH, e che è come Ae , cosicché dovendo essere E come A^ ne viene, che la radice AH sta fra il 2,35, ed il 2,355 . 75. Se si cercherà V altra radice estrema AN, si dovrà prendere per ^rlmo limite A un" ascissa x maggiore della AD trovata = — ^3811, che è poco meno del — 3. Assu- mo perciò A^=^x^=^ — 4, con che trovo B = — 3)7<5. In luogo di B si metta £' = — 3,7, e si avrà C — 3,707. E poiché C E, ne vi. ne pel n. 72 che 0,55 è m.irore della, radice i e col discorso dei n. 74,75 si trova che la radice AE sta fra il 0,650, ed il 0,55 2 . 78. Volendo la radice AC , si prenda per ^rinio i-mite A r ascissa x^= AP = 0,446, o piuttosto si metti' ^ = 0,45, e sostituendo in H (73), si avrà 5=: 0,479. In luogo oi B si metta 5' = 0,48 , e si avrà C=ro,48i. Q^'esto piccolo aumento di C sovra B' mostra, che C è prossimo alia ra- dice . 2J7 79- Per fine si cerchi la radice AK. Se l'origine delle ascisse fosse come in T, per le cose dette per primo limi' te A si dovrebbe prendere 1' ascissa TL del flesso contrario V . Ma perchè abbiamo il comodo del punto A noto più vicino al punto K, che il punto L, potremo mettere con vantaggio per primo limite A \' a'icissa del punto A; cioè per avere \ì secondo limite B potremo mettere nella formo- la H dei limiti 1' ascissa x del punto A , cioè a: := o , con o,5 che avremo B =: — := 0,112. E mettendo nella stessa formola H la x^=o,iz avremo C=: 0,187. Tentiamo met- tendo C" = o,2 in luo^o di C, e avremo D = 0,217, valo- re prossimo della radice AK . 80. Abbiamo adunque prossimamente AH = 23353; ^^ ■=. 0,5; I , AC = 0,481 5 AK = 0,217 , ed AN = — 3j703' 81. Cerchiamo ancora le radici di un'equazione di sesto , i8 20 erado , e questa sia x — 15^:'* -t- f{x^ — i-^x H x — — = Z = o. Si consideri questa al solito come caso particolare della equazione Z=^ di una curva dell'" asse SAP (tìg. i.) colT ori- 20 gine delle ascisse in A. Qiiando a: = o, sarà y =^ AB =: — — . 18 Differenziando si ha /A» = (6x^ — 6ox^-\- 7 5 a:' — l<^x-\ ) dx ; 5 e dily = (30^:^ — iSoAT^ — ijor — 30) . dx'' ( presa ^x costante). ydr Sostituiti nella formola x — —5 — i valori delle j,^, si ha la , 20 5A-'* — 45^-" -h 5ca:3 _ ij^r^-}- — formola dei limiti (H) = 22. 18 <5.v> — 6ox^ -1-75^^ — Z°x -\ 82. Optando <^ = o si ha l'equazione x' — lox^-f- i 2,5^:* ■ — 5^-f- 0,6 = 0, le cui radici già trovate (80) sono le ascis- se di tanti vertici della curva . Prese pertanto Af = 2)353 C^°)> A» = 0,65 1, A^= 0,481, Ag = 0,2 17, ed AZ = — 3 5703 > e ^o- stituiti questi valori in Z =^, avremo le ordinate ^ =: — 39,24 — qO; y =0,697= «Lij( = — 0,001 =/H ; ji= 0,045 = ^E; ed/ = — 1530 = ZR, che terminano ai vertici 0,L,H,E,R , 258 S' aggiunga, che 1' esponente dell* equazione è pari^ onde la curva va a terminare in due rami estremi infiniti alT in- sù (7>8) > e si vedrai, che T andamento della curva dev'es- sere come TilEHLOQ^; e che si devono avere cinque ra- dici reali positive , come APjAM,AK,AG,AC, ed una reale negativa., come AS . 83. E quando fl'^ =0, avremo*;'* — (^x^ — 5«f — 1=0, le cui radici già trovate (71) saranno ascisse oi tanti flessi conrrarj della curva . Si prendano pertanto A« = i>9i3 (71)5 A&=: 0,575 , Arf = 0,323 , ed AV = — 2,811. Con questi valori sostituiti nella equazione Z =^ potrei avere le cor- rispondenti ordinate 2N , &I, f =10,57 ^i poco minore dell' ascissa del flesso contrario^ I. Ed jf = 0,32 sia la »: da pren- dersi per primo limite per la radice AG , giacché A« = 0,323 . E per trovare la radice AC , si metta il primo limite A =: X =0 (70). 86. Con tai primi limiti, e colla formola H dei limiti successivi B,C,Dj ec j e col metodo abbastanza spiegato si calcoleranno i valori prossimi di tutte e sei le radici della data equazione, ed a queste ci potremo accostare quanto si vorrà. Di un Asse molte vicino d un vertice . S7. A un vertice di una delle curve contemplate, co- me al vertice D ( fig. 15 ) cada molto vicino 1' asse, né sappiasi bene, se questo cada sopra D, come ME, oppure sotto , come AB i e siasi trovato il valore prossimo dell' ascissa ME , o AB del vertice , e questo valore prossimo 259 sì dica Q_. Se al vaJorc Q^ corrisponderà un' ordinata posi- tiva, sarà questo il caso dell' asse in AC, e della Q^come r ascissa AR dell' ordinata RG positiva , e così saremo cer- ti dell' esistenza delle due radici reali AI, AC . 8J. Mi se al valore Q_ corrisponderà un'ordinata nega- tiva, ci troveremo nell'incertezza se questo caso sia quello dell' asse in ME, e dell' ascissa Q_come MF dell' ordinata neg-ntiva FG , oppure se sia il caso dell' asse in ABC, e della Q_ come la AH ascissa dell'ordinata HK parimente negativa, 89. Per tof^lierci da questa perplessità, si prenda Q_ per primo limite, e con questo , e colla formola dei limiti s'in- daghi un secondo limite B ; indi con questo si trovi un terzo limite C, e poi un quarto ec. Se saremo nel caso del- le coordinate MFjFG dico , che si arriverà a un limite mi- nore del suo precedente . Imperocché esposto questo caso più in grande nella fig. i<5, nella . quale le lettere M,FjG, esprimono i medesimi punti che nella fig. 15 , se s' inten- dano condotte giusta il metodo la tangente GL , 1' ordina- ta LN , la tangente NO , 1* ordinata OP, la tangente PQ^j ec. ; si vede , che col limite MF trovo il limite maggiore ML , e che con questo può essere, che ne trovi un altro anche maggiore MO ; ma si vede ancora, che devo poi trovarne uno MQ. minore del suo precedente; indizio cer- to, che r asse è come in MO sopra il vertice, e che ali* equazione mancano due radici reali . Lo stesso verrebbe in- dicato quando si rilevasse , che una sottangente LO fosse maggiore della sua precedente FL , o che un' ordinata OP fosse ma^CTJore della sua precedente LN . 90. Un' altra maniera per iscoprire in tal caso il vero è la seguente , che è affatto diretta , e potrà servire ancora per altre viste. Ritorno all' equazione x'* — éx''-\-^X — i = Z=o del n. 66, dove, posto Z=:/, equazione di una curva deli' asse OAE coli' origine delle x in A, si è trova- to , che r andamento della curva è come QRSTG ( fig. 13,17), essendo AH — — i . Si consideri ora la AH variabile, e si denomini z- Crescendo la AH , o sia la 2, 1' asse si alze- rà , e calando la z 1' asse si abbasserà . Si cerchi quanto debba crescere la HA perche 1' asse passi in DS al conrat- to della curva al vertice S , e quanto debba calare perchè i6o r a-^se passi o in FT ?1 contatto in T , o in IR al contat- to in R . Et^Ii è manifesto , che in ognuno di questi tre casi si dovrà avere al vertice toccato J' = o , ed a un tem- po stesso sarà /^ = o . Ora in luogo ci Z =^ avremo X"* — ^X^ -+- 55f -h z.'=/ , onde la prima iporesi di/ = o darà x'^ — 6x^4- 5X -1- Z, = o (A), e T altra ipotesi di ^ = o darà 4^^ -^ 1 2 X H- 5 = o (B) . ; pi. Dalle due equazioni A,B, si elimini la x; il cbe si può ottenere nella seguente maniera . Dalla equazione B ab- I 2 .r — 5 biamo x^ =: ■ (C) ; e moltiplicando in x abbiamo 4 i2jf^ — 5a; ^ . , A 1 1 • ancora x^ = • Ma dalla equazione A abbiamo 4 I 2X^ ^ X ;»•''= 6x^ — 5,Y — z- Dunque '■ — = <5x* — 5.Y — z- ; 4 15X -i- 42 d'onde si ricava x' = (D) ; onde si ha ancora 1^^'^^Z.v iix—^ A' ^ ■ ^- - vi = =: C= , d onde si trova X — 12 4 76 X — 4ZAr — 15 i')X-\- 4Z. . z=D := ; «<£on che si trova x = 15 12 6o-\-2oz. , <5oA:H-2fZY ■- -(E); onde sarà ancora at = — = D 6^ — -162 ^ 6g — iLZ. = ; e così si trova un altro valore della x = 12 ^4Z' — 2 7■=■ — i = HA=:NM, si trova h^=.i valore positivos sarà que- sto come r ordinata Mf ; il che mostra precisamente che l'asse MAE cade sotto D, e perciò sotto il vertice S; per- chè se cadesse sopra D, il valore della u si sarebbe trovato negativo come quello di un' ordinata gq . 94. Non è adunque possibile, che le due radici AB, AC quantunque vicinissime al vertice , mi abbiano a sfu'^gire • 95. Vede ognuno, che i principj esposti sono applica- bili a tutte le equazioni numeriche di qualunque grado , e che in conseguenza come ho trovato con essi prossimamen- te tutte quante le radici delle equazioni portate fin qui in esempio dal terzo al sesto grado , così si deve poter trova- re coi medesimi principj le radici prossime di equazioni nu- Tomo Vili. Nn 2(?2 meriche di qualunque grado» senza il pericolo che me ne sfugga copia alcuna . CAriTOLO VI. Confronto di questo metodo con quello di altri Autori , ^6. In addietro, data in x un'equazione numerica Z=o libera da frazioni, per avere dei limiti vicini alle sue radici ricorrevasi al temperamento di mettere Z=:j, e di sosti- tuire in luogo dell* incognita x successivamente i numeri della serie naturale o, i, 2, 3 ec, notando i valori così risul- tanti della j» . Dove tai valori si cangiavano di positivi in negativi, o al contrario, s'inferiva, com'è noto, che una radice irrazionale positiva stava fra quei due numeri ( come fra due limiti ) dai quali erano risultati i due valori della y di segno contrario • Lo stesso si praticò per le radici nega- tive, fatta la sostituzione dei numeri o, — i,— 2,— 3 ce. Che se l'equazione data avea dei coefficienti frazionar), pri- ma di tutto la trasformavano in un' altra libera dalle frazio- ni , trattando indi questa nella maniera indicata. 97. Il ritrovare tai limiti fu creduto allora indispensa- bile per potere con essi passare con altri metodi ad un' ulte- riore approssimazione ad ogni radice . Ma si conobbe , che nelle equazioni di alto grado , e con coefficienti di più ci- fre , tutte quelle sostituzioni divenivano assai laboriose ed incomode . Per questo il Lagny ( Memorie di Parigi per l'anno 1722) si distinse, perchè accorciò di molto il lavoro con un metodo, il quale per altro non lascia tuttavia d'esse- re talvolta assai brigoso. Per vedere questo si prenda la mia « 18 20 equazione (81) x — l'^x* -\- l'^x^ — l'^x'' -\ x =0. S 79 Richiede anche il Lagny, che si liberi l'equazione dalle fra- • • A ^ te noni. A questo fine convicn mettere x^=. = , 5-79 395 con che l'equazione cangiasi nella seguente /" — 'S-(395)''^* -H25 • (395)'^'— 15 -(SPS)'''-!- 18 • 79'(395)' ?— (393)' • 100 = 0. L'ultimo termine riesce di 16. cifre. Perchè l' espo- inente dell' equazione è il 6y conviene in secondo luogo so- 253 stituire alla t sette numeri successivamente presi uno dopo V ;iltro nella serie dei numeri naturnli, come sarebbero i nu- meri — 3, — 2, — I, o, I, 2,3- Dei sette numeri così risultanti convien prendere le differenze prime, seconde, terze, quar- te, quinte, e seste. Queste ultime saranno costanti. Allo- ra convien estendere la serie delle differenze quinte da una parte , e dall' altra . Indi successivamente sono da estendersi le altre serie delle differenze quarte , terze , e seconde , per potere così estendere in fine anche la- serie dei numeri tro- vati da principio , fin dove si vedrà che i termini vanno a cambiarsi di positivi in negativi, o al contrario, giacché appunto dove si anno dei cambiamenti di segno si anno i cercati limiti vicini alle radici . Con questo solo ogni Ana- lista va a stancarsi assai più , che col mio metodo . 98. Ma vi è anche di più, e non poco . Siccome que- sto metodo soggiace al pericolo , che qualche copia di ra- dici non si manTfesti e sfugga, il de la Grange prescrisse un rimedio molto ingegnoso negli anni 1770, 1771 , cornc dagli Atti di Berlino. Lo indicherò con un esempio dei più semplici. L'equazione data sia x^ — -jx — 7 = 0. Questa dev'essere trasformata in un'altra, mettendo x -h a in luogo della ar, onde si abbia 3^:' + ^ajr H- «^ — 7 = o • Poi ^^ queste due equazioni convien eliminare la x, con che si otterrà «* — 42//'* + 441»* — 49 = 0, equazione, che deve pure essere trasformata con mettere a* = — , e così si ha ' ■ J j^ — gy -+- tlL. — i_ = o . Si deve poi in luogo della y 49 49 sostituire successivamente i , 2 , 3 , ec. Si trova , che la radice positiva maggiore di questa equazione sta fra 1' 8 , ed il 9 . La radice quadrata di codesto numero 9 è 3 i per la qual cosa si dovrà mettere X =: — , con che si ha 3 %^ — 53Z — 189=0. Questa era la preparazione da farsi anche nella mia equazione del n. 81 dopo di averla libera- ta dalle frazioni, e prima di trovare le indicate serie, per poter esser certi di trovare dei limiti di tutte le radici po- sitive . Altrettanto poi rimane da farsi per le radici negati- ve avendo messo — x in luogo della x- Nn 2 26'4 99. Solamente dopo una tanta fatica sì ha creduto fino^ ra vi potesse esser luogo di passare ad altri metodi , che portino ad un?, ulteriore approssimazione alle radici, giac- ché tutti questi metodi, che indicherò, supponevano ti'ovati i limiti suddetti , Tra questi metodi giusta lo stesso de la Grange il p'^à seguitato era quello del Newton » L' esporrò con un esempio. Sia l'equazione x' — ■/,x — 20 = 0. Sieno già trovati i limiti delle sue radici; ed uno di essi si dica p. Mette egli x=^p-\-Z, e fa la sostituzii^ne, trascurando tut- ti i termini che contengono la z. elevata a qu'lche pode- stà, giacche posta f valore prossimo alla radice, la 2. riesce — />' -I- 3/» + 20 una quantità piccola. Cosi trova z = r — , if -+- 2-0 quantità da aggiungersi alla ^, per avere^ + z=: — j valore vicino alia radice x più delia sola /> . Qiiesto nuovo valore si metta in luogo della ^ , ed operando come sopra si arriverà ad un altro valore anche più vicino alla radice , e così di seguito . 100. Venne in appresso il Taylor , col suo metodo , che poi si risolve in quello del Newton . Si cerchi la x dcir anzidetta equazione jc' — ^x — 20 = o (A) • A queno fine mette x = p -\- z . Sarà perciò X >■ f , e sostituendo la f in A in luogo della :v , non si potrà avere zero, ma sarà }^ — ÌF — 20 =j; . Posta indi dp costante, trova ^y^^ if ^f dy tfdy — 3^^/ * tioè 3/ — 3 =^ - , ddj = Ópdp% onde sf - 7^ , i^y = óif , onde i = — — - . 6dp' 101. Ora in A in luogo delia x si metta /> -f 2 , e si avrì (/ H- z.)' — j .{p-^-z.) — 20 =; o , ossia f -+- ì,f X. + 3/x' -h z' — if — jz — 20 = o, oppure f — 3/ — ^° -H 2. . ( 3?^ — 3 ) -f- Z^ . ^Z» -h z' . I = o , e per ultimo zdy zCdd/ 7} . d^y 4" 2^^ 6df 102. Qi^ìì il T.iyior suppone esso pure trovaro con qualche metodo un limite, o valore /> vicino alla radice Xy cosicché per essere x=}-hz, sia 2 una quantità piccola ^ 2 _^ {f-^y- dy (/- x>Kd^y b.h3ce (A) o =y + — ^-- + —^— -h —^^-3— ec. dove f'x è costante . Poi al Cap. IX- passa a considc- • rare la / nun più come precisa radice, ma come una quan- tici assai prossima ad una radice, nel qual caso/ — x riesce di un valore molto piccolo - Per questo la formola A di- viene secondo T Eulero una serie così convergente , che tutti i termini doro il secondo sono trascurabili . Così ri- {f—x).dy y(ìx cava Q^=y-\ , , ossia f=:jr ; — formola simile dx ■' ày ytfp alla 2 — — -^ del Taylor - 104. Dissi che il metodo del Taylor si risolve in qucl- ydp lo del Newton. Infatti la trovata formola generale^ — -3 — , sostituiti i valori della jr, e della dy dedotti dall' equazio- ne p^ — ip — 20 = jy, si converte ncU' altra particolare 2/-' -f- 20 forse non avvertita da altri trovata al n- 579 col metodo del Newton ; cosa 26d loj. Trovato , eh' ebbi le mie formole col metodo delle tangenti delle curve Paraboliche , m' accorsi che des- se formole combinano precisamente con quelle del Newton, del Taylor , e dell' Eulero • Infatti la mia formola generale X — —, — è simile alla p ; — . E considerata al solito l'equazione data x^ — ^x — 20 = 0 un caso particolare dell* altra x^ — Sx — 20 :=j», si trova che la mia formola si con- ja;' -+- 20 verte in questo caso nella seguente j • — ■ affatto simi- ^x 5 2p^ -h 20 le alla r trovata qui sopra . 106. Ognuno vede però, che i suddetti Autori sono arrivati alle loro conseguenze con principj di gran lunga di- versi dai miei , onde non dee recar meraviglia , che essi non sieno giunti a scoprire di esse tutto quel buon uso , eh' è riuscito a me di trovare attesi i principj da me for- tunatamente coltivati . Mettevano essi per base fondamenta- le dei loro discorsi , che fossero prima trovati dei limiti assai vicini ad ogni radice , e per questo motivo erano ne- cessarie per essi le tante operazioni da me accennate ai n. 97,98 , e delle quali pel mio metodo vedo di non averne mai il bisogno . Spessissimo io posso assumere per primo limite un'ascissa molto maggiore della radice. Il bisogno di liberare 1' equazione data dalle frazioni io non 1' ho . Non abbisogno di trasformazioni, né di eliminazioni (Sp) > Per avere il primo limite di ogni radice a me basta trovare i valori prossimi delle ascisse dei vertici estremi , e delle ascis- se dei flessi contrari della curva cprrispondente , cosicché per avere le due radici estreme AP,AS ( fig. i ) dell* equa- zione X — I5*^''> ce del n. 81 mi basta sapere prossima- mente le due ascisse A^, Aydci vertici estremi 0,R, giacché ogni ascissa maggiore della Af mi serve per primo limite della radice AP ; come ogni ascissa maggiore della Af mi può essere primo limite della radice AS . E per le radici intermedie AM,AK,AG io prendo per primo limite le ascis- -se prossime dei flessi contrarj N,/',F . Non dissimulerò già , che anche il trovare tai valori prossimi col mio metodo costa una fatica non tenue . Dessa però è quella , che vi 2^7 vuole per le operazioni da me prescritte dal n. 61 al n. 8(5, che sono tutte ovvie, ed eseguibili da ogni Analista forni- to di qualche pazienza , e fatti bene i conti si troveranno sensibilmente al di sotto di quelle , che importano i precet- ti del Lagny , e del de la Grange » Non devo tacere , che 1' Eulero nel sito citato passa a considerare la x come funzione della/, e presa dy costan- , j>dx y^ ddx y' d>x te esibisce 1 altra formola / = ;c ; 1 < — pr- dy idj 6dH* yU^y J ^ J ^ -4- -j-r ec. (B) da esso valutata preferibile alla prima A, scmpreche alla x si sostuisca un valore prossimo alla radice cercata . Ma a me non riesce tale . Sia 1' equazione dello stesso Eulero x^ -\- ix — 2 = 0. Facendo x^ — ix — 2=/ <^dx rx^ -h 2 si trova X — ^ — = — 7 • Assumo per primo limite A dy ^x -t- 2 l'ascissa jf= i, e trovo il secondo limite £ = 0,77; ed in- di trovo il terzo limite C= 0,77091 ; e poi tosto il quar- to limite 0=0,770915997, eh' è il valore stesso trovato dall' Eulero con un travaglio senza dubbio maggiore. Dirò qui come dall'equazione x^ — 3-^H = 0 por- 4 tata in esempio al n. 6j io abbia dedotto le altre di grado di mano in mano superiori portate pure in esempio ai n. d5,73,8i, tali che differenziate e ridotte al zero restitui- scono la sui precedente . Ecco . Moltiplicando in dxj ho S ^^ Zx^ % x^dx — ZX^dx H dx ; integro , ed ho — 1 x > _ 4 424 Moltiplico in 4 , ed ho x^ — 6x^ -\- "^x , ed aggiunto ad ar- bitrio— I , fo jr* — 6x^-\-%x — 1=0 equazione del n. 66. Di nuovo moltiplico in dx ^ ed ho x'^ dx — 6x'' dx -^ ^xdx — dx i ed integrando e moltiplicando in 5 , ed aggiun- 3 I 3 gendo ad arbitrio, — fo x'* — iOAr^-f-12 — x* — 5^-H — ^^°» equazione del n. 71 . Moltiplico pure in dx , ed ottengo x^^X — lox^x -V- I 2 — xVjf — ixdx -{ dx i ed integrando , 25 fa' 26% 20 Ì.KJ e moltiplicando in ó, ed a? 'giungendo ad arbitrio , fo i8 20 79 V* — lix"^ -X. iKx^ — iSJf^H X = 0 equazione del n. 8r. S 79 Volendo passare all'esempio di una equazione di setti- mo grado avrei moltiplicato in dx , con che avrei avuto x^dx — i^x^dx ec , ed integrando, e moltiplicando in 7, ed aggiungendo w, avrei ottenuto x'' — 2ix' H- 4i— x* — }fx^ _i_ 12 — ;e*— \-fa~oi e così di seguito. 3' j 79 VIL Articolo I. Matura delle radici delle equaziion't Utteral't dì quinto grada indipendentemente dal cciso irriducibile . 107. Soddisfo ora alla promessa fatta al n. 41. Si ab- bia l'equazione x^ — ^cx^-i-^cx' j/zX-' -+-/ = X = o man- , cante del termine penultimo (37J. Si metta X=;' equazione di una curva dell' asse AQ_( fig. 18. ) coli' origine delle X in A. Fatto x=o sarà _ji = / = AB; e sarà B un punto della curva . E perchè facendo dy ~ o si ha x"* — ^ax^ -f- ^cx^ — ihx = o, ossia jT = o, ed *r^ — /^ax^ -f- ^cx — 2A = B =0, ne viene, che un vertice corrisponde all' ascissa x = o, cierè" che avvi un vertice in B; e che aJtri tre vertici cor- rispondono a' tre ascisse, come AMjAOjAC^ prese eguali alle tre radici della equazione B == o , eh' io sunpon.?o tut- te reali. Le ordinate corrispondenti siano le MD,OF,QH, nel qual caso 1' andamento della curva ( avendo anche ri- flesso ai n. 7,8 ) sarà come KBDFHI . 108. In luogo della ;:=AB mettiamo la variabile z. Allora invece di X =/ avremo x'' — ')3N. I due valori della z sa- M+v(Nr-3N) . ranno reali, e sarà z. = — =: Là ascissa del Tomo FUI. Oo 270 vertice f; e z=^ z= E^ , ascissa del ver- tice e. 113. Ora se la /' data sari\ maggiore della EA, e se inoltre sostituendo t in luogo della z. sarà u positiva, que- sto mostrerà , che quest' ordinata termina al ramo Ya; e che in conseguenza appartiene ad un' ascissa z>EY, e che per- ciò nel caso della iì^sura T asse cade sotto H . E se essen- do / > E/i sarà u ne:^ativa , questa terminerà ali' arco y Y , e 1' asse starà fra H , e D . E se essendo i tra Eh , eu Eg sarà » negativa , ciò vorrà dire , che 1' ordinata » termina all' arco Z/, e che anche in questo caso 1' asse cade fra H , e D . E se essendo / tra E /^ , ed E^ sarà » positiva , r ordinata u terminerà all' arco Z^, e T asse cadrà tra D, ed E . E se essendo /' minore della E^ la » sia positiva , questa terminerà all' arco EV , ed anche in questo caso r asse cade fra D , ed E . Ed essendo i minore della Eg se sarà u negativa , 1' asse cadrà fra E , e B . 114. Ognuno vede facilmente, che se 1' asse è sopra F le radici reali sono due positive , ed una negativa ; e se r asse è fra E, e D sono quattro positive, ed una negati- va; se e fra D , ed H sono due positive, ed una negati- va ; e se in fine 1' asse è sotto H non v' ha , che una ra- dice reale, eh' è negativa. Articolo II. Matura delle radici delle equazioni litterali di sesto grado indipendentemente dal caso irriducibile . 115. Si abbia l'equazione jr" — 6ax'' -\- 6cx^ — ófr^ -+- 6hx^ — /■ zr Z := o mancante del termine penultimo (37). Sarà questo un caso particolare della equazione Z =^j di una curva, il cui asse sia ALP ( fig. 19 ) coli' origine del- le X in A. Facendo ^ = 0, abbiamo at' — -^ax"^ -\- ^cx^ — - ifx^ -4- 2hx = o , cioè r = o , ed Jf"' — ^ax^ H- 4fX* — -^fx +• ih = T z=: o ; il che vuol dire, che un caso della dy ^^ o cade dove jf = o , e che perciò fatta a' = o , la corrisron- dente ascissa AB=:; — / termina a un vertice in B ; e che 271 se r equazione T = o Iia tutte e quattro le sue rndici rea- li, come AL,AM,AN,AO, a ognuna di queste corrispon- derà un vertice j i quali se le ordinate saranno con.e le LR,MS,NT,OV, si troveranno ai punti R,S,T,V, e così avremo (7,8) 1' andamento della curva QJBRSTVP. 116. In luo^o della costante — /' mettiamo la variabile 2-, e cerchiamo cosa dovrà essere la 2 perchè l'asse tocchi uno dei quattro vertici . Al punto del contatto si avrà a un tempo stesso 7 = 0, e dy ^ o . Dalle due equazioni co- sì risultanti si elimini la x (90 > ^ ^^ arriverà ad un' equa- zione di quarto grado z."* ~\- Mx) -1~ Nz.^-f- Oz.H-Q.= H = o. 117. Se sostituendo la ^' in luogo della z., riuscirà H = o, si avrà 1' asse ad uno dei quattro vertici , nel qual caso r equazione sarà deprimibile di due gradi, com' è noto. Cile se non si otterrà Z =: o , il contatto non vi sarà , ed in tal caso è da cercarsi se 1' asse nel ca^o della figura stia sopra R , o fra R , e T , o fra T , ed V ; o fra V ed S ; o fra S , e B ; o sotto B . 118. A questo fine si metta H (ii5) = /• i e per un qualche punto C dell' asse AP passi normalmente una inde- finita ECk , e dal punto B della curva corri-rondente all' ascissa X = o si conduca parallela all' as'^e la BE ; e si n-et- ta EGa secondo asse di un' altra curva dhgfe deìla equazio- ne H = /• coli' origine delle ascisse * in E positive verso F, e negative verso n; e colle ordinate po-^itive alla destra dciT asse. Dai vertici R,T,V,S s' intendano condotte le Rtf,To,Vf,Só parallele alla AP . Sarà 'Ea la z del primo asse in a R al contatto del vertice R ; e la Eo sarà la z del contatto in T; e la Ec la 2 del contatto in V , e la E^ la % del contatto in S; nei quali casi si deve avere / = o . Dunque devono essere le Ei?,Eo,Ef,E6 le radici dell' equa- zione H=o, e la curva della equazione H =r /• deve pas- sare pei punti a,o,cJj , nei quali dev' essere ^ = o. E per- chè r equazione H ;= /^ è di quarto grado , cioè di un espo- nente pari (7,8), la curva deve avere a opni esfcmo un ra- mo infinito , come l/d, ae, ambi alla destra dell' asse , ossia dalla parte delle ordinate positive. Tutto questo fa, che r andamento della cu-va riufcir debba come ef,7hd ^ con un flesso contrario nell' arco _^ , come in /', ed un altio nell' arco gh , come in t . Oo 2 t 271 119. Pei- trovare le ascisse di essi flessi contrarj, basta: mettere ddt^^^o^ perchè così ( per essere H = /• equazione di quarto grado ) si avrà un' equnzione in z. di secondo gra- do, là quale somministrerà le due ascisse E^, Er. Se al va- lore dell' ascissa maggiore E^ corrisponder.! un'ordinata , negativa , ed al valore dell' ascissa minore Er corrisponderà una t positiva, queste t saranno come \q pi , rt . 120. Pertanto se (stando qui al caso della fi?. 19) la — i della equazione data sarà m/inore della trovata Er, e la t sarà positiva, ed insieme decrescente, cioè se sarà — /"< Er , e /• positiva, de negativa , l' asse starà sotto /" , ossia sotto S . E se essendo — ?'< Er, ed insieme t positiva, e i^t positiva, i' asse starà fra r , ed r. E se essendo — i fra Er , ed Ejf , ed inoltre t positiva, 1' asse si troverà fra r, ed a . E se essendo — i fra Er, ed E/ sia inoltre f negati- va, Tasse starà fra 0, e />. E se — /' > E^ , e /■ negativa» i' asse starà fra p ed a . È se — ;> E/, ed insieme t po- sitiva. Tasse starà sopra a. 121. Perciò stando al caso della figura noi potremo di- re se T asse delia curva principale QBÌISTVP si trovi sot- ^° jt^ '^'°^ 5 otto S; oppure fra ^, e r, cioè fra S, ed V ; oppuVe fra r ed 0, cioè fra V, e T; oppure fra 0, ed /?, cioè fra T ed R ; oppure sopra rf, cioè sopra R. Le radici reali del primo caso sono una positiva , ed una nerativ^ ; pel secondo caso tre positive , ed una negativa ; del terzo caso cinque positive ed una negativa ; del quarto caso tre posi- tive ed una negativa ; e del quinto caso una positiva , ed una negativa . 122. Con questo metodo, e contando ancora sulle ra- dici delle equazioni cubiche e biquadratiche (26) , potrei dare anche la natura delle radici delle equazioni litterali di settimo , e di ottavo grado ; ma me ne sono astenuto es- sendo di parere , che trattandosi di problemi ad equazioni alte, torni meglio il ridurre T equazione a numeri nei casi particolari, ed attenersi al metodo esposto fino al n. 9J. Lhr hai Tom. VUI m. %i%. ^.'^ ^ — ^/T^? — Si ^ N H Fy.l). Fy- S. ' XLij, _JS] Il r 8 Tav VJJI óoc Ital. Tom. Vm ìQ %i%. fa- S Z V E ^ '^^^Mll'^^"'' L^À e Fui. 2. V w t /t %^. .../• if..../* B F^.7. 1 dy'\ ^ /« s/ T iv -/ì N^ / c/ E V. r ^ \k /r V /K A » « ( > Q. /^o. 8. Il -^ SI r n Joc. Ita/: Tarn. Vili, figa. A 72,. Tcuv. JX. J^c. ItaL Taim^ yjJI.jmn.ù.'lZ. 2 73 LA MALATTIA TREDECENNALE D'ELIO ARISTIDE ADRIANEO SOFISTA. Di Vincenzo Malacarne. Ricevuta li 19. Ghiacciaja Anno VII. {g. Dicembre 1798.) E Lio Aristide Adrianeo passò gli anni piCi belli della sua vit.i in peregrinazioni, fra le quali, dnllo Jehhe e dal Cesarotti ridotte alle giu-^t' epoche loro, merimn riflessione, relativ unente all'uso medico, quelle, a cui egli stesso di- cea d' e";sere stato indotto da qualche Deità , per lo corso <3e* tredici anni , che durò la sua malattia . Q_iesta ebhe principio Tanno censessanta dell' era vul- gare, trentunesimo e trentaduesimo di sua età: comprende una lunga serie di mali di rimedj d* operazioni , di peregri- naiioni ora continue or interrotte, di trasporti qua e W per mutar aria, di cangiamenti n .tto e d'astinenze, di bagni e di lavature frequentissime ora calde or temperate ora fredde ora diacciate , d' illutazioni termali ora tiepide ora ferventi ora lunghe ora brevi , di bevande e passate d'ac- que or semplici or acidule ora sulfu'-ee . Ciò posto si com- prende agevolmente da chi è dell' Arte, che tutta questa farragine di cose doveva esser accompagnata preceduta o seguita da strane alternative di purgagioni , di sudori , di vo:niti , d'astinenze, di ristori, di salassi, di scarificazioni, di freghe, d' embocazioni , d'unture, e di cento altre spe- cie di martorizzimenti . Se prendiimo cadauna delle operazioni , cadauno de* pre- sidj , de' medicamenti mentovati in astratto, non v' à dub- bio che tutti anno luogo , ben distinto e ben giusto , nella classe de' mezzi attivi , di cui ci serviamo in medicina e in Chirurgia contro di molte infermità malattie ed incomodi , a cui l'umanità è sottoposta: è certo altresì che in qualche ostinata ipocondria, in qualche alFezion nevosa, negli iste- rismi complicati, pur troppo si presentano, un giorno o r altro , indicazioni opposte e in apparenza contradittorie . Che suol egli fare in casi consimili un medico debole , di 274 pocA esperienza? sorpreso dnll' a<^pefto imponente de' sinto- mi , che preval-^ono e colpiscon la sua fantasia forse piCi che non quella dell' infermo , egli batte (come suol dirsi) la campagna, e si lascia strascinar a concedere, a prescriver pozioni, estratti, pillole, elettuarj , eli'^iri , eteri, lavande, fornente, freghe, clisteri, empiastri : non la perdonerà a salassi a vemose a vesicatorj i ricorrerà eziandio a setoni a cauterj . Vedendo che '1 mal insiste , cangierà metodo e re- gola nel vitto e negli csercizj • Non guadagnando nulla con tutto ciò, farà che l'infermo ricorra, adesso all'acque ter- mali , adesso alle acidule or nostrali ora straniere , ed esau- sta così tutta la suppelletile medica chirurgica spargirica far'^ maceutica , e l'empirica e l'alchimistica, di cui è fornito il suo cervello, e quello delle donnicciuole, de'ciurmadori che mai non mancano , permetterà che vengano m campo quan- ti ceroti sparadrapi oij balsami tinture sughi cataplasmi suf- fumigi ^ vapori '^anno suggerire le officiose Guardadonne , gli sfaccendati Visitatori , gli scaltri Parasiti , ec. lutpn- to passa r età critica dell' infermo , nato a cuoprirsi di vesti più di quel che potea portare : e Filostra' to suo discepolo, che lo vide in tale stato, disse, cl^e j-o- vente gli ^remavano i nervi con somma violenzn , e allor n era pili tormentoso lo strangolamento . Dal conco'so di tutte que- ste notizie , e dall' accennar che fa Aristide copiosi sudori succedenti a' freddi intensi , a' tremori e alle convulsioni suddette, non saremmo noi indotti a giudicar, che il mor- bo principale del sofista in tal caso fosse una febbre inter- mittente ostinatissima-, come soglion essere quelle che at- taccano i cachetici ^ accompagnata da sintomi nervosi, quali pur troppo sovente se ne soffrono tra noi ? Allora veramen- te i rimedi termali non riescon utili , eccetto quando il fo- mite della febbre consiste x\q\\' ostniz^ion di qaalche viscera , su cui si possa far giuocare la Docciatura e la Illutazione; ciò lo dico ammaestrato dall' esperienza: né la storia del morbo Aristide» s'oppone a questo mio giudizio, poiché non se ne trasse alcun sollievo . Alle Terme Smirnèe , nella somma prostrazion di for- ze , nel sommo abbattimento del suo spirito , ne' sopori , ne' subdelirj e vaneggiamenti cagionati dalle febbri, egli era ben naturale che sembrasse ad Aristide di sognare , d' aver delle visioni : e siccome quando mancano gli ajuti natu>-ali uom ricorre volentieri a' sovranaturali , e sogna ciò che de- sidera , e desiderando gli par di sognare il conseguimento \) 283 della CO";» desiderati, o i mezzi di conseguirla j così non è impossibile , elie a lui paresse di veder in sogno Esculapioy nume fautor della medicina, e propizio agli ammalati. Escu- la^io dunque gli si presenta , e qunntunque allora 1' inverno fosse nel maggior suo rigore, gli comandi che vada per le strade a pie nudi. Poco dopo Iside, anch' essa deità pre- posta alla nosrr' Arte , g\' impone di ritornarsene alla cit- tà , ne' suburbi di cui er.in le Terme , e di sacrihcarle un' oca . C.ie Aristide facesse questo sacrifizio non v' é ma- le , ma a quelT ordine crudele d' Escnla^'io nissun medico avrebbe dato a' nostri giorni la su;i approvazione • Aristide per altro ubbidisce i e non solo non migliora; anzi per ^ut- to il rimanente dell' anno è così malandato , che non può più attendere in verun modo ad alcuna delle sofistiche esercitazioni . Gii convenia per altro nel \6t partir da Smirne , do- ve né l'aria né le terme gli conferivano punto, sognò mul- to a proposito ; ed Escula^io , niente affatto vergognoso d' aver fatto peggiorar il suo devoto , siccome presiedeva non solo alle Terme Smirnèe , ma eziandio a quelle famose di Pjrgamo in compagnia di Tele sforo y V invitò alle Perga- mene ; ed Aristide sul principio della prim.;ivera vi si recò . La prima ope'-azione, che fece il Nume tutelare fu di fargli comprare il sitco del Balsamo stato in 'degnato a' Mini- stri di quelle terme da Telesforo . Egli era ben giusto che si cominciasse dall' esitar quella derrata, di cui la bottega abbondava e'^clusivamente . Dopo gii fu ordinato di ripigliar gli studj e le dispute sofistiche , la qual circostanza e' istruisce dei buon tfictto della primavera, del viaggio, della mutazion d'aria, e di-l- la gioventù , che tinto possono contro le febbri intermit- tenti e /' ipocondria . Pergamo in A^ia era una città popolatissima , dove l'ar- rivo d' un sofista gran viaggiatore , adorno di cognizioni pe- reg'ine , e colà invitato da' Numi tutelari del paese , il tutto an?iv;ipatamentc promulgato da' Ministri di queste deità , dovea far una grande sensazione su tutte le persone colte , e su quelle più numerose e più rumorose, che anno pre- tensione alla cultura, alla dottrina, alle scienze. Gli stessi Ministri promulgaron pure, che il novell' ospite per coman- 284 do ò' Escnlapìo doveva aprirvi Scuola: ed ecco Aristide alla vigiii.i di nrsi un noire assai più illusrre - Sulle prime il nostro sofista fìnse di provar qualche dif- ficultà ad ubbidire , perchè dicea parergli di non poter an- cora respirare: tutt;ivia dopo di qualche pruova sentissi a declamare con maggior lena. Anche la declamazione da' Me- dici si tiene in conto d' esercizio salutare per chi sa adat- tarvisi . Il fatto sta , eh' egli continuò tutto il resto dell' anno , e con tanto apphiuso ( essendosi avvezzato a falò talvolta all' improvviso ) che Tardalo suo amico , e giudice competente (secondo il parer à' Aristide ) nelle cose dell' eloquenza , ebbe a dire stupefatto =: Divina quàdam sorte „ Aristidem in morbum incidisse , ut cum deo versatus » 5, hoc acciperet incrementum. = Tutto il second' anno del morbo si passò assai meglio, toltane di tratt' in tratto qualche oppression di petto , ed altri incomoducci simili a que' di certe belle ma leziose donne i che da questi traggon motivo di parlar di se stes- se, della dilicatezza loro, e dello sfiguramento, che preten- dono derivarne, affinchè i cortigiani vi si oppongano civil- mente , e ne ricordino k grazie , la venustà . Per dir il vero al nostro sofista sovrabbondaviino così fatte leziosità ; perciocché essendone stato , e di soverchia filauzia tacciato, non solo scherzosamente da parecchi disce- poli , ma poi anche assai mordacemente da non so chi , egli spiegò la sua eloquenza per far la propria apologia in tuono ora patetico ora molto risentito dirr^ostrando questo esser un vezzo di quasi tutti gli Scrittori più celebri di tutti i secoli ; vezzo da condonarsi molto ptìi largamente a Lui , eli era sì buono e sì dotto ; anzi da solennemente approvarsi ^ stante che non parlava mai se non per ubbidire alle deità , che aveano contratto fratellanza con esso , dacché per le sue gra- vi e continove e portentose indisposizioni aveane eccitato la commiserazione , ed egli avea posto in ^sse tutta la tua fidu- cia . Così Aristide sapea destramente far saltar fuori un in- comodo quando gli parca buono , e metter in ballo una deità qu;mdo gli sembrava meglio ; e da' Ministri di queste farsi comandar cose eh' egli avea già preparato j farsi pro- nosticar onori eh' egli arnbiva , per predispo-re gli animi delle persone, in mano delle quali stava il conferirgli, a suo van- 18; vnntagvn'oj e servirsi dell' Asiatica sua giandiloqucnza , di quel tuono ammaliatole, che aveano que* furbacchiotti de' sofisti antichi , ed anno eziandio in buon dato i sofisti mo- derni , quando torna lor acconcio lo spacciarsi per inspira- ti, e mostrarsi sentimentali. Udiamolo , nelle Orazioni a Bacco , e & Minerva : ,, si „ faccia pur davvero quanto nel sogno mi è stato promes- 5, so E tu , diva Minerva , siccome nelle altre co- ), se mi rendi felice per me, e grazioso altrui, così assi- „ stimi in questo mio ragionamento , e in guisa degna di „ te fa che si veririchi , quanto da te mi venne presentato j, ne' sogni . «' Altrove si esprime cosi: ,,Tu poi fa ch'io conseguisca „ quanto v' à di più grande di più onorifico , siccome nel 5, sogno mi ài promesso : fa che amendue gli Imperadori ,, Ce'm sul soglio romano Marcanrelio Antonino^ e Lucio „ Vero), fa ch'io ottenga gli onori che m* ai pronostita- „ to ,' e che tanto il mio stile , quanto le pruove e gli ar- „ go'Tienti della mia orazione riescano esimj e sublimi . =; U-iiamolo ancora per pochi istanti , e poi giudichere- mo , se moki de' mali da Aristide con tanta energia e in tanti luoghi dell'opere sue descritti, non erano, come di- cesi vulgarmente , al suo comando . ,, Ma io , negli atroci ,, mali ond' è tormentato il mio corpo, non ricorro vil- ,, mente a supplicare i Medici (quantunque non mi msti- 3, cherebbono Medici prestantissimi , che sono anche amici „ miei), ma immediatamente mi rivolgo ad Esculapo , ed 5, egli mi risana". Potremo noi fsr di meno, al leggere queste e innumerabiii altre frasi similmente suonanti, di rav- visare qu:into Aristide amava di darsi rumoroso vanto di avere intrinsichezza e confidenza con gli Iddii ? M'immagino però, ch« le cose accennate A-isride rron le avrà né dette né scritte tutte in pubblico, e tanto meno nello stesso tempo che pretendeva essergli accadute i le avrà esposte molto tempo dopo, dopo qualche lu'tro, come se le avesse pubblicate nelle sue dispute nelle sue orazioni, in Pergamo, nel tempio à' Esculapo , e altrove, sotto la tura teomedica del medesimo ; sognando e raccontanro le visio- ni avute, annunto come quindici secoli dopo fece in Italia il f:imo<;o Girolamo Cardano y uomo dottissimo più assai Tomo Vili. Q^q 28(5 A' Aristide ^ più diserto e più puramente eloquente del sofi- sta , ma affatto simile a lui nell'amor proprio, nella vana- glori:i 5 neir entusiasmo , nel fanatismo j nella pazzia de' so- gna e delle visioni, e nel racconto de'proprj mali scrupolo- so minuto 5 cento volte appassionatissimamente ripetuto • Il sofista Asiatico avrebb' egli per avventura servito di modello al Medico Lombardo ? Il Cardano aveva una im- mensa erudizione , e gii Scrittori Greci gli avea tutti a rr:e- nadito,. né gli saranno state incognite le produzioni à' Ari- stide ^ a pascersi delle quali l'intelletto suo avrà provato un sommo gusto ,. atteso V analogia de' loro sensi esterni ed interni .... Sebbene io porto opinione , che nascano di secolo in secolo ne' vari paesi nlel mondo, siccome mostri nella stessa strana guisa figurati e costrutti nella specie uma- na ; così' portenti e stravaganze nella facoltà degli intelletti d' alcuni individui , e nella maniera di percepire , di accoz- zare, di rappresentare alti'ui col discorso gli og^^etti e i pro- dotti della fantasia loro,, affatto singolari; in somma uomi- ni coniati dalla natura alla stessa foggia in quanto ali' ester- no a! materiale, ma in quanto all' intellettuile al fantastico e all'espressivo strasordinariamente diversi dagli altri; del che non ci mancano esempj nelle storie generali e parti- colari .. , Come il Cardano al principio del secolo XVI. , così Aristide ver>o il fine del secondo ripetea tratto t-iuto le co- se stesse, che ora le Muse, ora Minerva, or Esentarlo ;;li aveano detto, e fitto ben addentro nella memoria ,. n.as. ima- mente al finir del second' anno , e sul principio del terzo della malattia ,, che fu il censessantesimo secondo - Era egli tuttavia in Pergamo colla respiVazicne pngu- stiata, quando gli fu recato la nuova,, che certi Mi^j a na- no armata si erano impossessati d' un suo podere e etto il Lafieo, di cui erasi fatto acquisto da'' parenti g Aristide, per lui mentr' egli se n' andava peregiinando per 1' H^if^o .. Qj-iesto sì fu motivo plausibile di farlo sognare, e ci fame aggravar la malattia > Esculapo accorse, e g.i agevoiò li corrispondenza con Giuliano proconsole deli' Asia , a cui presentandosi da parte del Nume, ne fu con ogni cortesia ben accolto .. Da Giuliano, dissi, eh' era ipocondri'co an- cor esso , che facea profession ancor esso di sognare e d' aver 287 delle visioni, e pizzicava ancor e^so un cotal poco V estro animato!- de' sofisti - Un altro sogno 1' assicurò , che Esculapio gli maneggia- va il favore dell' altro proconsole nominato Adi-inno; me- diante la protezion de' quali due autorevoli magistrati effet- tivamente riebbe il suo podere . Ma non la salute i per la qual cosa al principio del terz' anno Esculafio lo spedì a Chio perchè là facesse una purga ; a tal fine passò per Ismirne , dove tutti gli Smir- niotti rimasero attoniti per lo suo arrivo improviso , e do- lenti per la sua troppo breve dimora . Di là, nel mare, tra Clazomène e Pocèa , soffri una- bo-asca e corse rischio di perire , se non che quelT Esciila- fìo-, che lo assisteva indefessamente, lo salvò anche da tal peicolo, e in sogno gii comandò di trattenersi alquanto in Focèa , donde lo indirizzò poi a Chio prescrivendogli l'uso del Latte, e facendo la stessa notte miracolo amente parto- rire la pecora d' un certo Ruffo, perchè Aristide trovasse Latte fresco fresco , mentre che in tutta 1' isola di Chio non se ne sarebbe trovato una misera gocciola se si avesse voluto pagarla un tesoro .... Mira caso stupendo , ca^o degno d' aver luogo più volte nelle Orazioni , negli Inni , ne' Sacri Strmom d' Aristide onde se ne conservi eterna me- moria . Ciò appunto à fatto il nostro solista, anno fatto i chiosatori delle sue opere, e fo ancor io volentieri, aftin- ché se.npre maggior gloria ne ridondi e onore ad Esciila- fio , e ricorderò questo fatto qualunque volta dovrò pariar del Latte . Tra in Chio e in Tocìa ^ il nostro peregrino soggiornò fino a Decembre, e prese le acque in una certa villa detta Gennaide prima che alla metà delT inverno fosse da Escrila- f'o rich'am^to a Smirne- Qui ebbe quel famoso sogno, in cui Escidafio mede-imo e Apollo Clario gli dissero, che Se- rapide ( cioè Tintone ) avendolo già conservato in vita i ti e anni passati nella malattia, egli { Apollo ) gliei' avrebbe custodita per dieci anni avvenire, ne' quali doveva esserne ancora torirentato : sogno , del quale ( passati ì tredici an- ni ) fece poi menzione in più orc'zioni , e srec'?lrrcnte in quel Sacro Sermone , che tratta deii' oracolo de' giorni ; dove si sforza ui provare ciie per tutto quel tempo la sua vita J fu conservata da Esculapio-y contradicendo in certo modo al vaticinio o all' oracolo d' JpolUnc Ciarlo . Dalle acque di dmiaide Esctdafto lo ricondusse a Sm'tr' ne e gli prescrisse di bagnarsi in quel fiume detto Melete ,. che passa per la Città : comando a cui 1' infermo tosto ub- bidì quantunque fosse a mezzo verno , in giornate rigidis- sime per lo vento settentrional che soffiava, e per lo diac- cio che tutto copriva . . . . E qual fu l'effetto di cotcsta bagnatura ? . . . . I| povero Aristide tutto il primo quadri- mestre dell' anno i5^ , lo consumò tra catarri assai gravi ( com' egli dice neli' oracolo di' giorni ) ed angine, con tu- mori^ in gola,, e calori ardenti giù per le fauci eia trachèa; di più Io stomaco n* era in pessimo stato. Mali, che io tennero inoperoso e confinato in casa tutta 1' estate. Ritorniamo dunque a Pergamo^ gli disse in sogno il suo Libeatore; ed egli o bene o male ritornovvi , e prese .-'1- ioggio in casa ùcW Edituo , o chiavare del Tempio à' Esch- la^ioy dove in un altro sogno ali fu sug'^erito di farsi ca- vare fino a cento libbre di' sangue . . . Ser Esctilapo ì per mia fé questo è un salasso ben generoso! Diise in suo cuore il povero infermo , il qua] se"si fosse ricordato, che tra due Numi gli aveano promesso di tenerlo in vita per dieci' anni , avrebbe senza dubbio fatto il sacrificio generoso del- le cento, libbre di sangue , che la fiducia in Esculapio ne esi- geva : però allora si credette dispensato dalla cieca ubbi- dienza letterale ; e siccome se avesse ubbidito puntualmente , non. avrebbe più avuto bisogno d' altra cura ; così pventlo interpretato più discretamente il voler del suo curatore , la malattia pertinacemente durò. Si fece nulla ostanfe punger k vena cosi spesso , che ci assicura egli , i Gastaldi del Tempio e tutti i Ministri essersene maravigliati, giurando, che mai non avean veduto uomo così sovente s;'.lassato quanto Aristide . iJue o tre giorni dopo sua deità gli ot-dinò ancora un altra cavata di sangue alla fronte ( verrà ben sovente arer- feasi dagli antichi e da' moderni nelle pa/z'e, perciò adatta- tissima al bisogno del nostro sofista), e volle che gli fosse comp:igno, nel farsi fare- tal operazione, Sedato ^&x\zkot Romano, cjie allora per il mai de' nen i si trovava pure in iergamo. Tra queste, evacuazioni Esculapio comandò ad «^ 289 Ar'tst'tie che si ba'^nasse nelle acque del CaUo , fiume , che scorre vicino a quella Città , e deposto le vesti di lana e le fascie con le quali teneva ravvolte le membra , si met- tesse in cammino alla volta di Smime ancor un tratto • Do- crle il sofista si spogliò, fece il bagno nel Caìco y e andos- sene n Smirne . Ivi quantunque fosse al principio dell' inverno , non mostrò ripugnania a bagnarsi nelle acque freddissime , che da' tetti scorrevano per le Terme ne' giorni piovosi, e nel- la liquefazione della neve e del ghiaccio ." tanta era la sua fiducii nell'esecuzione di quanto gli veniva dal Nume pre- scritto. Fiducia,, che gli riuscì vana anche allora, anzi dan- nosa; ma coraggi/}, Aristide; ad Efculapio non mancano mez- %i termini : tu vedi che la terza bagnatura ti fa peggiorare ; adagiati sul Lettisternio , e il Marne ti consolerà . Di fatti gli fu comand'to in sogno di ripartir subito ?lla volta di Pergamo , ed Aristide prese quivi la quarta bagnatura . L' inverno era gii molto avanzato , e il sofista si tro- vava in tale stato di macilenza , che da molto tempo non avea più potuto mostrarsi in pubblico : e sì T Esculapio Vergameno coerente a' principi di quello di Smirne gli ave- va ordinato anch'esso di lavarsi nel fiume, che scorrea per quella C'tt.ì . Per d:ire maggior solennità alla sua condiscen- denza, sendo freddissima la giornata egli alberi tatti bianchi per la brina , il nostro matto se ne uscì di Pergamo accom- pagnato da una tu-ba di scioperati , che si rallegrano allor- ché persona con la presenza ed applauso far che altri dia in più straae pizzie , s' incnmmiinò placidamente per la via H'pponia , finché giunse alla sponda del fiume Selino , in sito dove 1' acque non n' erano ancor mescolate con quel- le delia C'ctì , e vi s' immerse : della qual sua nuova pro- dezza informando poi ne' Sermoni il pubblico , egli dice che quel fiume strascinava giù ( per la ridondanza delle sue onde accesciuta moltissimo dallo sfacimento delle nevi ) scissi d' enorme grossezza e peso , e che questi gli si ag- giravano intorna senza offenderlo come se fossero leggeris- sime frondi • Ut' altra volta T operazione fu più discreta; Esculapio gli ingiunse di montar in vettura , e co'rere lunghesso il Sciino fin oltre alle mura delia Città . Tutto questo però 290 non impedì , che anche al princìpio dell' anno ccnsessante- simo quarto il povero sofista non fosse costretto di giace- re , quanto T inverno fu lungo, per estrema debolezia j e a ristorarlo alquanto vogliam aver obblig:'zione a sua deità, che gli abbia prescritto in sogno, e indotto ( anche in so- gno ) Filadelfo Neocoro a prescrivergli a nome suo il Suryo d' assenzio da bere mescolato con aceto , per due giorni . 'Aristide vi si adattò , e tanto ne bebbe ( lo confessa egli stesso ) che mai uomo al mondo ne ù inghiottito sì gran- de quantità. E cosi fanno i par.zi ; danno negli eccessi eziandio quando si appigliano a cose , le quali ( come que- sto egregio medicamento ) potrebbon arrecar loro notabile vantaggio, usandone con moderazione • Chiesto farmaco è molto attivo : io ne fo adoperar so- vente da* miei ammalati, quando la digestion n' è perturba- ta per debolezza , per abondan/a di pituita nelle prime stra- de, e quando v' è da temere che scarseggin soverchio le orine , e nascano ristagni di sieri . Nel caso del nostro Re- tore dovea riescire , come di fatto riesci utile . Sentendosi però egli meglio, poco mancò che un altro sogno ruinasse tutto, poiché gli fu imposto di recarsi ad Elèn ^ e colà ba- gnarsi in mare. Ciò doveva essere verso il fin deli' inverno, dicendo lo sciaurato, che Aquilone soffiava con tal veemen- za da costringerlo a cuoprirsi molto più quando uscì dall' acqua . Qualche giorno dopoi fattosi ugnere e sfeghiare allo scoperto nel recinto del tempio d' Escula^io Tergameno , si lavò tosto in quel sacro Pozzo, in laucazion cel qiiaie à un' orazione , da cui si ricava quanto ne fossero salutifere a tutti, e specialmente a Lui, le acque, del pari in lavacro che in bevanda. All'equinozio di primavera, stagione in cui gli uorrini si lillutavano col fango cavato da quel Pozzo, in onor d' Esculapio , Aristide che mai nulla non facea sen7a T es- presso comando cel rurr.e proprio se ne astenne , tanto gli era scrupoloso , tanto gli piacea di far al rovescio di tutta la gente sensata ; sul proposito della qual astinenza egli c'informa che l'aria era molto calda: ma .... stiamo attenti di gr.izia . . . dopo alcuni di s' intorbida il tempo , l'atmosfera si fa procellosa, 1' impetuoso Borea si fa pa- r 291 drone di tutto il vasto cnmpo de' cieli, e par che più aspro più crudele che mai retroceda l'inverno • Ecco il momento a propoM"ro : Esculnpo non lo perde, no- Comanda al suo devoto di cuoprirsi di fango al sacro Pozzo , poi di lavar- visi , e nella notte susseguente d* aspergersi nuovamente di fango , e correr irt tal arnese a tutta lena d' intorno al tem- pio tre volte <■ La vogliamo noi più stravagante ! Aggiungasi che tosto dopo gli fu di nuovo prescritto la stes-a follia , essendo ancora = Borear immensus is^ fri- gni ìmmensum . ■=: Non racconta però il so/ista gli efìetti di tante stranezze : e avvegnaché in tutto il rimanente di quell' anno taccia qual ne fosse la sanità , essendo cer- to eh' e' non fece nulla per ì' oratorii né per la lettera- tu -a , convien supporre che non sieno strrti troppo felici • Anzi dubito molto che ne abbia guadagnato le febbri inter- mittenti , com' era naturale che succedesse , e che sua deità gli abbia (come fece) ingiunto di sopportar il male, che pcò non individua, sin a nuovo avvi'^o. Qiiesto dubbio mi si conferma nell' animo al leggere nel suo Catalogo delle Lozioni, che al fin di quell'anno e al principio del 165 soggiornando egli in Pergamo, queste febbri, gli si esacer- barono per più di quar.inta giorni ," dopo la qual penitenza l'inve-no essendo freddissimo, il ghiaccio densissimo, rigi- dissima la bufferà = Escnlapo ( dice Aristide ) mi comandò „ che mi cuonri^si di fango , e me ne stassi tri'nquilio a ,, seJee nell' Ajla del Ginnasio» Né merita minor ammira-^ „ zione ,, che non ostante quaranta giorni e più di febbre , „ e che il porto e il lido fossero congelati, per quel eh' indicava il ma- Ekatico , il medesimo mio Servatore Es- cula^io mi ordinò di vestire soltanto una leggier tonachet- „ ta ui lino, balzar con questa sola indosso dal letto, e an- ,> darmene aila fonte ch'é fuori della città a lavarmi ". Vagliamo alfe pruove della pazzia del nostro Eroe ? Notiamo , qnal era il suo costume ogni verno , e imparia- molo da Lui . i.'^ se n' andava perp^etuamente attorno a pie nudi . 2.'^ si corcava dormiva e sognava in qualsivoglia par- te del tem'i^.io . 3.'* ben sovente adagi:iva-i alla bella stelli , dovunque 5jli parca buono , anche nelle strade che guidava- no al tempio, e tanto più volentieri quando splendea la Luna. 4.* ci comunica poi > in ordine alle lavature e a' co- 292 , mandi ^' Escidapo, la scjjuente relazion generale. „ Non la „ finirei mai se pretendessi di numerar ad una ad una le 5, Lozioni statemi ingiunte, or ne' fonti or ne' fiumi or „ nel mare, avanti e dopo di tutte le cose narrate sin qui, „ tanto allor eh' eravamo in Elèa quanto a Smirne : per „ la qual cosa mi astengo dall' indicar le stagioni , e le cir- ,, costanze, in cui tutte queste Lozioni sono state fatte . " Nel primo Sermone sacro fa una specie di Diano per due mesi d'inverno, e dice che già da cinque anni continui e alcuni mesi erasi astenuto dal Bagno , fuorché V inverna quando Esculapio gli ave a prescritto che si lavasse ne' fiumi , nel mare ^ o ne' j/ozzi . Aggiunge inoltre, che già per due anni e circa due mesi avea fatto frequentissim' uso degli eme- tici 5 contemporaneamente impiegando clisteri e salassi infiniti , cibandosi parchissimamente , né mai se non se indotto dal- la pura necessità ... metodo analogo in gran parte a quello, che il Carteromaco dice impiegatosi a far tornar il senno ad Orlando paladino , e che sarebbe stato meglio applicato ad Aristide , se fin da principio gli si fosse impiegato addosso in tutta la sua estensione. Nel medesimo ^y\ mo Sermone racconta d* un Toro, che Io avea urtato sotto il ginocchio destro , e cagionatagli una contusione , che gli fu aperta con lo scalpello da Teodoto per purgarla dal sangue , che vi era stagnante i il qual ta- glio essendo stato seguito da suppurazione ( come dovca succedere) egli ne rimproverava Teodoto come cagion dell' ulcera^ che ne derivò. Qiiesta dovett' esser di poca durata, poiché Aristide mai più non ne fece altra menzione . L' /«- visione fatta da Teodoto in tal caso è tuttavia raccomandata da' migliori maestri dell'Arte, quando la rieokizicnc del san- gue travasato tentata con gli opportuni rimedj non è sta- ta possibile. Del resto, se non v' à esagerazione in quanto al numero de' salassi de' cristeri e de' \cn itivi, e in ordine alla rigorosa dieta , la medicatura ci' Aristide in questa par- te non fu punto contro.ia alla buona ragione, m^ai non oc- correndo d' empier più dell' assoluto bisogno un corpo , la costituzion del quale esige tante così valide evacuazioni, e per tante vie , se non vuoisi vederlo a diventar maniaco o a dar in frenesia . Aveva intanto fatto strepito grande la malattia d' Ari- sti- tt'telt per la stnv.T.c^nnza con cui e^^o la condiva , r,i.i in fat- ti sia in parole ; e il nome del nostro ammalato da tutti coloro, che frequentavan le Terme e peregrinavano a' Poz- zi a' Fonti a' Templi sacri, era portato insieme con la no- tizia del suo ingegno e della sua facondia, per l'Asia, per l'Europa, e specialmente nella Grecia e nelT Italia. Egli avea contratto conoscenza e famigliarità con Uomini ricchi, potenti , dotti , ipocondriaci , con i quali era facile eh' egli simpatizzasse, per quel tuono patetico, per quelle maniere sentimentali, che sogliono avere coloro, che soffrono, o che voglion far creder altrui di soffrire, che àn bisogno d'esser compatiti, e bramano molte amicizie, appunto qua! era Aristide . Non vi à circostanza , che favorisca maggior- mente così fatti legami, e anche cordiali, tenaci. Le malat- tie rendon tenero il cuore, e questa tenerezza lo fa suscet- tibile di commiserazione di pietà, e questa è il gradino più prossimo per arrivare all' Amicizia • Fra le malattie poi le croniche sono attissime a dar luogo a queste soavi passioni, perchè danno più ampio adito alla riflessione sul ben che ci r<;ca la compagnia d' uomini , clie ci compiangono ci assi- stono , di persone che stanno lungo t^mpo con noi : cosa , che so per esperienza nascere più sovente alle Terme, che in nissun altro luogo i a quelle d' Atjut avendo io contrat- to amicizie utilissime con Persone d' altissima sfera , che non si sono cancellate mai più, né si cancelleranno che alle ceneri - Alcuni de' conoscenti ed amici d'Aristide es=:endo già, o venendo poi collocati in cariche cospicue ed importanti , contribuirono ad accrescerne la riputazione e giovaron a migliorarne la condizione , il che fu la vera panacèa a cui dobbiamo la sua gucrigione i mentre che i Ministri de' Tem- pli e delle Terme appresso al Popolo innalzavanlo a' cieli come un amico prediletto degli iddii . Leggasi il (\u^rto Sacro sermone , e si vedranno gli onori, ch'egli assicura d'avere riscosso da parecchi Proconsoli dell' Asia ; parla ivi del suo novello viaggio a Smirne , e del suo ritorno a Pergamo in- vitato dal proconsole Qjiadrato ^ e chiamatovi da Esctilapo^ eh* egli sovente non appellava più che suo Servatore . Qiie- sta novella chiamata la ebbe in sogno mentre che si trova- va nel suo podere vicino a Smirne , donde predicando « Tom« Vili. Rr Z94 quc' cittadini gli arcva indotti a fabbricar quel famoso tem- pio vicino al mare, al porto esteriore, tra questo e la mon- tagna , in onor dei suo Esculapio. Di tal sontuoso ediricio parla Tantan'ta nel II. libro De Corinthiacis . cap. 16. Arìsti- ds ne fu creato Sacerdote , onore eh' egli ricusò ( quantun- que ne fosse stato avidissimo , e 1' avesse destram.ente cer- cato), perche vagheggiava una carica più lucrosa e più bril- lante , sotto il preresto di non poterlo accettare pria d'aver- ne il consenso de! suo Servatore . Tal carica era 1' Asiarca- to , cioè il Sacerdozio generale di tutta l'Asia. Ecco, dove andavano a parare tutti gli ossequj d' Aristide , e la fratel- lanza sua con Esculapio e le nltre Deità ; tutte le mn'Iattie , e i sogni , e le visioni , e le medicatu'-e , e i raggiri . Ora sappiasi, che egli ne fu investito dal Proconsole, eie vi ag- giunse il Tontifcato di Smirne, dove Aristide si portò. Vo- lubilissimo però, ovvero oppresso dal non preveduto peso de due impieghi, al che non era avvezzo né apparecchiato, il sofista cercò d' esserne sgravato , e a tal fine tornò a Per- gamo residenza del Proconsole Qriadrato , facendo precorrer voce, che vi era mandato da Esculapio: V affar però della dimessione restò sospeso per qu'nro egli ne dice, onde gli convenne ripigliar la strada di Smirne ; di là si portò alla patria , e vi passò in buona salute il rimanente dell' anno sognando a suo beneplacito . Sicché siamo sforzati di con- cludere , che r avidità decrji onori , la gloria di conseguirgli con solennità, le distrazioni che portano simili cirtostarze, fecero dimenticar le malattie al nostro protagonista. Ne vo- gliamo poi una novella prova irrefragabile? Tosto che fu senza impiego e che si trovò abbandonato a se stesso , ec- colo di nuovo bersagliato da ma!;mni, e peggio che mai . Cosi accadde l'anno 166, trentottesimo dell'età à' Ari- stide e settimo della sua malattia. Lo principiò privatamen- te in patria , e ivi cominciò a lagnarsi di sconcerti di sto- maco . Per verità chi, com'egli, non avea fatto altro po- chi mesi prima se non se usar emetici , non poteva goder d un ventricolo at'o a celebrar quietamente le sue funzioni, comunque vi potesse influir Esculapio. Ripigliati i soliti di- sordini se ne perturbò maggiormente la concezione, e il nostro cronico immaginario, o diciamolo volontario, dice eh era costretto dalla debolezza a vegliar tutta la notte. ^ti' 295 e a sooDortar 1' intensissimo freddo de' due più rigidi mesi di queir inverno in tonachetra di lino .... V era egli ca- so , eli' ei potesse sudare? Si lagnava di questo difetto di sudore il pazzarello , e stupiva d' un tal fenomeno , che si rallentava soltanto nell'atto del lavarsi! Dovea stupir d'es- sere ancora in vita dando con tanta ostinazione in operazio- ni da vero frenetico • Il singoiar di questa storia si è , che ad onta della dociliti ed ubbidienza da Lui professata a' cen- ni d' Esculiifio , racconta che quantunque il bagnarsi gli fos- se proibito dal nume , che in vece gli raccomandava di sol- lecitar il vomito , ej^li tuttavia si bagnava . Come conciliar tante stravaganze , anzi per dir meglio , come si può egli prestar fe.le a scritti pieni di tante stranezze e contradizio- ni ? Il suo Diario comincia dal quinto giorno di Gennajo , essendo probabile, che si riferisca a quest'anno, in cui eb- be a fare spiritar i medici, i chirurghi, e quanti ministri aveva il suo Servaton per la cura di quella gonfiezza , che vien detta mal a proposito ulcera da' traduttori . Il corso e l'esito di tal cura meritan la nostra attenzione , per li rap- porti imnediari con 1' arte chirurgica , che mi è sembrato di scuoprirvi , uno degli oggetti principali del presente la- voro . ,, Esculapio qualche tempo prima (sono parole é' Art' sfide ) mi avea raccomandato che mi guardassi dall' idropi- sia , ed avendomi prescritto diverse medicine , vi aggiunse r uso degli stivaletti o coturni , di cui si servono i Sacer- doti Egiziani. Qriando noi gli sembrò necessario di chiamar la flussione alle parti inferiori del mio corpo , vi eccitò senza veruna cagion manifesta un' apostema , che da princi- pio era di mediocre grandezza : ma in breve tempo il tu- more crebbe a dismisura, occupò 1' anguinaia, e tutte le altre membra vicine gonfiarono con gravissimi dolori e feb- bri gagliarde , che duraron parecchi giorni . " ,, A quest'epoca i Medici alternativamente gridavano, alcuni che conveniva spaccare 1' ascesso col ferro i altri che bisognava aprirlo col fuoco ; chi proponea questo chi quest' altro unguento , empiastro , linimento ; e tutti temevano eh' io sarei caduto nella consunzione per la sovrabbondsnza della suppurazione , che vi si sarebbe accumulata se avessi differito più a lungo • Esculapo contradiceva a tutti quanti Rr 2 2^6 i mezzi mentovati, e mi comandtva d'aver pazienta, e che mi tenessi caro il mio tumore. " V'era c^li da bilanciar nella scelta fra i diversi suggerimenti de' Medici , e il parer d' Esculapio ? ,, Il tumor si nilar^ava (contìnua 1' ammalato), e mi dava terribili angosce. Gii amici ammiravan la mia costan- za . I famigliari mi derideano come troppo corrivo a dar retta a' sogni . Altri m' accusavan d'ostinazione, altri di vi- gliaccheria, come uomo che non avessi coraggio ci adattar- mi alle operazioni , che giudicavano indispensabili , o che mancassi di confidenza ne* rimedj sperincntati che mi ve- rnano proposti • Efcula^io insistea raccomand;!ndomi di sop- portar tal e qual era il mio male, predicendomi che l'apo- stema quando fosse arrivata a segno di sfogarsi in alto , io ne sa=-ei guerito . Mi siisurrava altresì all'orecchio, che tut- ti i Medici da' quali io era attorniato non sapean le vie per cui la materia morbosa si sarebbe a suo tempo evacuata." ,, Mi accaddero poi cose stupende i quattro mesi , che persistetti nel medesimo incomodo stato . Il capo e il petto eran liberi, ond' erami permesso di goder la compagnia de' Pirsona^gi principali della G-ecia , che vcnian a visitarmi ogni dì ," e a profittar delle dispute e delle Lezioni, ch'io dava dal letto. Esculapo non cessava d'ordinarmi varie co- se , fra le quali non son da tacersi : la corsa che feci d' in- verno a pie nudi; e le diverse gite a cavallo che mi riusci- ron sommamente faticose : e il tragitto in barca daii' una all' altra c-tremità del porto mentre che il mar si trovava più agitato da' venti, e mettea in grave rischio le ravi nel medesimo porto ancorate . Qriesto passaggio mi venne im- posto affinchè sull' altra spia.^gia mi cibassi di mici e di ghiande, finché mi avesser eccitato il vomito ; e per dir il vero ne fui egregiamente purgato , appunto mentre che la malattia locale era nel movimento suo più impetuoso , e la gonfiezza arrivava fino all'umbilico. " „ Allora il mio Sarvatorc apparve in sogno a me e a Zosimo mio balio, e c'insegnò la manipolazion d'un medi- camento , gì' ingredienti del quale mi son fuggiti dalla me- moria (fatalità ! perciocché di quegli, e delie dosi loro ap- punto era il più importante , che Aristide si ricordasse e lo scrivesse),, sovvienmi per altro, che v'entrava il sak . Mk I 297 lavai con quel medicamento , e ìmmcdiata;nentc il tumore si aprì, e se ne dissipò la ma^^ior pnrtc , di maniera che il giorno dopoi gli amici miei n' cran lietissimi, sebbene i fa- migliari diffidassero, sospettando male dell'esito d* uno scio- glimento così considcr.'ibile e repentino • I Medici cessaron di rimproverarmi; e le anime buone laudarono la providen- za divina , ben comprendendo che vi era del sovranaturalc in ciò, che mi risanava. " Rim.inea il voto là, donde le materie aveano sgombra- to , e Aristrdt narra , che i medici titubavano intorno alla scelta de' mezzi atti a riempirlo. I più giudicavan necessa- rio un taglio se il foinice avea da prender aderenza all' op- posto pariete del vacuo , e 1* infermo si s.M-cbbe forse alla line adattato a simil operazione, se sua deità non gliel' aves- se espressamente proibito. ,, Però ( die' egli ) la materia nel tumore essendo copiosissima , e la cute vedendosi estre- mamente assottigiiata , feci uso di uovo in linimento , e ri- dussi tutte le parti a segno che veruno , pochi giorni do- po , non avrebbe più conosciuto quale ne fosse stata la goniìa : tanto ogni cosa si trovò ridotta al naturale ! " Dopo il racconto trascritto sin qui d' un tumor lento venuto per buona sorte, quantunque tardi, a suppurazione per le forze della natura accresciuta dal moto, dal vomito, dagli stimolanti, e da qualche linimento incisivo, Aristide parla di nuovi sogni relativi alla malattia , alla convalescen- za , alla ricaduta, e alla morte del medico Zosimo suo ba- lio, durante le quali vicende egli fu sorpreso da un deli- quio e da couvulsioni universali, contro di cui il suo Sir- vatore voleva opporre un cristerio (ammiriamo 1' imj-ort;in- za delle notizie , che sovente dà nelle sue opere il famoso Sofista Ailrianèt ì) ma Zosimo .^ eh' era ancor vivente , ne temeva gli effetti, riflettendo che per la debolezza e la ma- cilenza, in cui era il suo allievo, ne avria potuto correr qualche pericolo nell'atto dell'operazione", tuttavia l'insi- stenza à' Aristide fu tale, che Zosimo contro sua voglia gliel' impose , e ne fu tosto mirabile il buon effetto . A que- sto volle Escfilapio che subito si aggiujjnesse 1' uso de' Le- gumi agresti per alimento , da cui rianimata la concezione presto si riebbero dal nostr' ammalato le forze . Al fin dell' anno Aristide portossi ad Alessandria d' E- gitto , donde dopo varie fatiche si restituì alla patria ; vi prese le acque per costume , e ritornò a Pergamo in buona salute , la qual non fu durevole se abbiam da creder a Lui. Sarebbe un abusar soverchio della pazienza de' Leggitori , se volessi continuar a presentare tutto quello, che il sofista va ripetendo ed aggiungendo , de' suoi malanni , e delle sue pazze medicature , specialmente ne' Scrmo7ii sacri . Farmi , che il metodo fin qui tenuto sia il più conveniente per lo scopo nostro i e debbo confessare , che mi à costato fatica non indifferente il confronto, che ho dovuto far d'ogni passo della traduzion latina della citata edizione d' Oxfordia col testo greco , perchè in ordine a' termini medici tecnici e a' chirurgici , gli è appena credibile il numero degli sba- gli presi , che mutano il senso , e gettano in confusione chi non à la flemma d' usare 1' accennata avvertenza . Di più lo stesso Aristide racconta le stesse cose tre cinque otto volte in luoghi digerenti, e sempre varia qualche cosa, ag- giunge o ommette qualche circostanza, il che rende sempre più imbrogliato T affare, e mostra la probabilità che la mag- gior parte de' suoi racconti sieno appunto sogni e iole, spacciate anni ed anni dopo l'epoca a i le hssa , quando forse non si avrebbe più trovato il modo di verificarle . Proseguiamo ad ogni modo . L' anno Vili, dal princi- pio del Morbo , che fu il 67. del secolo II- , Aristide narra che fu costretto di nuovamente prender le acque trovanGosi disoccupato in patria j perchè avea le fauci così spesso as- salite da infiammazioni, che tratto tratto si dovea salassare. Esculapo gliel ordinava ed egli docile ubbidiva : né frappo- se un istante d' indugio al cenno che gli venne fatto di la- varsi di bel nuovo , e d' ungersi tosto il collo con olio di cinnamomo fresco pestato , e di partirsene immediatamente non si sa per dove. Eccolo in viaggio . Fa duecento qua- ranta stadj a dispetto del calor eccessivo della stagione, sen- za timor che si tornino ad infiammar le fauci , e protesta di non avervi sofferto alterazion , né sete n aggior di quel- la , che sente chiunque appena uscito dei Bagno , si ritira alla propria casa . Poco dopo Escula^io lo spedi a bere le acque fredde : e così lo regolò alternativamente per 1' ordinario corso di tali medicature . 299 Da Pergamo sognò , e fece un altro viaggio a Lebed» per assaggiar anche di quelle acque stategli ordinnte in un Consulto formale, a cui intervennero Esculapio^ Tele sforo ^ e tfttt , cioè la dea della salute , e dice che allora si trovava egli in così meschino stato , che non potea più reg<^ersi in piedi né star coricato pochi minuti, dopo innumerahilt salassi a* quali si era sottomesso . Sul proposto di questi nuovi salassi racconta , eh' era allor in Vergamo Satyro celebre medico e sofista , il quale temendone ( e con ragione ) la dissoluzion totale degli umo- ri se il nostro pazzo avesse continuato a farsi cavar il san- gue con frequenza così smoderata , gli proibì che non se ne facesse altri , e gli suggerì un cataplasma da cuoprirsene lo stomaco e gì' ipocondrj . Il consiglio di Satyro fu prudentissimo , e ali' ascen- dente di cotestui sopra la fantasia stravolta A' Aristide siam debitori della conservazion de' giorni di quest' infelice mar- tire dell' ambizione, o del fanatismo, se il ver ci narrò, che ne sarebbono stati fuor di dubbio per inanizione abbre- viati e per esaurimento . Lo confessa egli stesso , che non ostante la sua condiscendenza a suggerimenti del medico so- fista , temea di non giunger vivo a Lehedo quando mosse a quella volta . Giuntovi ebbe bisogno di continua diligente assistenza, tanto sentiasi rifinito i e perchè avea tutte le fauci esulce- rate non potea fare se non se limitatissim' uso di quell' ac- que , delle quali Vansania favella come di Bagni maravigi io- si e prodigiosamente salutiferi . Appena se n' era intavolato la medicatura, l'incostan- tissimo sofista venne in ardenza di portarsi a Colofóne ■, 'xo\ pretesto di consultarsi con Sfolline Clario già veduto altre volte in sogno, posto che Lehedo era sol distante 120 stadi da Colofóne ; ebbe però la precauzione di mandare Zosimo a interrogar quell' oracolo sulT utilità sperabile da così fatto viaggio . La risposta fu , che la sanità à' Aristide dipendea to- talmente da Esctilapio Tergamtno : Laonde frenossi per questa volta il suo entusiasmo viaggiatore , terminò la sua passata d' acqua in Lehedo , e ritornò a Smirne ^ indi a Vergamo poi di nuovo alla patria j del che veniamo istrutti nel Sermone Sa- cro V. con la seguente narrazione. ,, Era d'estate, e il mio JOO sromnco ir. pessimo stato mi oipìonava continua sete : un sudor colliquativo fìnia di consumarmi ; in fatti cran neces- sarie due o tre persone per sostenermi quando era indispen- sabile che uscissi per qualche momento del letto : ciò nul- la ostante il mio Sirvatore mi comandò di partir immedia- tamente da Smirne^ ed io tosto m'avviai alla volta di fer- iamo y dove arrivai il terzo giorno pensando di dovervi ui- morar qualche tempo . Eppure appena addormentato mi so- gnai o la stessa sera., o al più tardi il primo o il secondo giorno , di dovermi rim.ctter in cammino e tornar alla pa- tria , dove giunsi due o tre giorni dopo; volu al Tempio di Giove Olimpeno ; sacrificai , e tosto mi restituii alla ca- sa paterna . " Da questi imbrogli di Zosimo morto, e Zosimo vivo, da queste incertezze di giorni, e d' andari, e veniri , ni par di capire, che Aristide scrivesse i suoi Sacri Sermoni molto tempo dopo di que' tempi ne' quali volei far creder altrui essergli accaduto le cose strane, che narra; e noti esser ep-Ji persuaso o almeno ben certo delle cose che in que' sermoni affastellava. La sete inesplebile , che dice d' aver patito mentre eh' era nello stato deplorabile che descrive , era un effetto del sudor continuo , che lo esiccava ( sempre a condizion , che la cosa sia stata ) : né il ventricolo potea far le sue funzioni, mentre che il sistema cutaneo e il gutturale n' era- no in disordine. La difficultà potria cader suU' indicazione de' viaggi intrapresi in tale stato : e la medicina con le sue osservazioni viene in appoggio anche in questa specie di me- dicatura, i moti e le circostanze de' viaggi potendo benissi- mo metter in equilibrio il sistema gastrico e il cutaneo, che sono continuazione uno dell' altro , precisamente per mezzo del sistema gutturale • Oltre a ciò 1' urto dell' aria sulla superfìcie del corpo e su i pulmoni , nelle vicende de* viaggi rapidi e lunghi (fatti con prudenza e cautela, non da forsennato , come gli facea Aristide ) è capace di produrre su i corpi deboli, e su i nervi degli ipocondriaci cangia- menti molto vantaggiosi . L' esito anche questa volta fu ben avventuroso, e Aristide ^ che d' allor in poi menò vita più riposata , corresse la sua ambizione , e tenne il suo spirito e r immaginazione in tension meno laboriosa, ebbe giorni da da molto men gravi incomodi funestati • S'cchè à potuto a suo beli' agio intraprender il viaggio di Ciz.>co nell' estate dell* istess' anno , sebben fosjc ancor soggetto a veglie, e la concozion entro del suo ventricolo non si compisse che nel giro di ventiquattr' ore. Il viaggio di Ciztco gli fu suggerito in un sogno a casa sua, come narra nel quinto Sacro Sermone ; e non si trattava di meno, che di 440 stauj di cammino. Del suo ritorno poi , comandato in sogno da Esculapio , egli parla come di cosa molto lieta, che gii destò i' estro poetico, e l'eccitò a far versi ne' bagni in lode de' medesimi, dopo d'aver pas- sato una sol notte nella sua villa. Nil 168. so?nò di dover tornare a Smirne da bel prin- cipio: sognò che Filumena figlia della sua Nutrice era gra- vemente inferma: sognò eh' era morta: sognò. . .( o que- sti è marchiana davvero ! ) sognò che se avesse pregato Escnlitpio di farla risuscitare aiiin eh' egli la potesse veder almeno una volta ancora, l'avrebbe ottenuto; pregò; Escw la^ìa risuscitò la F'lumen:i , Aristide s'ebbe campo di rive- de-la , e la Fiiumena tornò a morirsene! S-i giorni dopo di questo miracolo, a foria o' in'opnarsi e d'ubbidir a' sogni , il nostro sognatore arrivò a Vergamo. Vi si trattenne ÌJ pri- mo mese deli' anno , e i sogni iu spinser di nuovo a Smir' »e y dove gli accadde quella gioiosa fajcenduola del sohsta Egiziano, in confronto dtl qu?le epli (che vi arrivò impro- visamente spintovi da un sogno ) ebbe una tal folla di udi- tori , che nella gran sala tra 1' uno e 1' alt'o si avrebbe po- tuto a malo stento cacciar la mano; e 1' alfo ali' incon- tro, che aveva affisso gi' inviti a' luoghi pubblici soliti tre giorni prima , vi ebbe appena diciassette persone in tutto • Poco tempo dipoi un sogno lo determinò di andare ad Efeso pjr esservi incoronato come Atleta : se ciò è , dove- va aver acquistato gran forza, gran sanità, gran robustez- za! li che non so come conciliare con gli eterni piagnistei, che se ne leggono di corpo logoro, di membra sdrucite, in tutti i suoi opuscoli; la sua modestia però non gli per- mise d' informarci come V andò , e parla soltanto del suo ritorno a Smirne ^ della sua disputa o sia tenzone col custo- de della Curia , e della durazione sforzata degli applausi » Toma Vili. Ss eh' e^li si dovette assorbire fin quasi a notte : sciroppi ga- gliardissimi contr' ogni male . Assai più specifico fu però contro que' d' Aristide V ele- zion , che ne fu fatta , a Coattore o sia Trefetto , dal Pro- console dell' Asia Volhone . Fu pure Legato \ cariche esila- ranti e capaci di dissipar le maninconie degli stessi EracUtì , di restituir la sanità agli spedali e a' lazzaretti medesimi : eppure non bastarono a fissar la volubilità del sofista , il qua! ben tosto se ne annojò , cercò d' esserne liberato, e lo fu . Nuova inazione influì nuovam.ente sul rrorale, e poi sul fisico del pove-o Aristide.^ che narra gì' incomodi suoi averlo tormentato anche 1' anno cento sessanta nove rren- tre che stava inoperoso in patria ; dicendo egli { nel Sac^o Sermone IV ) che quando si trovava vicino al Temipio di Giove Olimpeno , poco dopo il solstizio d'inverno, correva r anno decimo della sua malattia, e uno spettro gli si ac- costò, e gli disse: „ Ebbi anch' io la stessa malattia, che „ ài tu : arrivato al decim' anno mi recai nello stesso luo- „ go dov' era stato assalito da quella, per comando ò' Esc»' ,5 la^.'o y e là ò ricuperato la salute ". Giura Aristide che non sol gli parve di udir tali parole , ma che le vide pure scritte: e possiamo giurarlo anche noi, posciachè le i scrit- te egli . Consecutivamiente a quel nuovo portento si trasferì al fiume Ese^o e a quelle Terme ,. dove era stato invaso dal- cronichismo , parte umorale parte fantasti\;o , intorno a cui ci siamo trattenuti fin o!a . Andò poi al Tempio d' Esctdapo Temanevo ,. dove si consacrò tutto al suo Servitore , scrivendo molti cantici in sua lode jjieutre che sedea sul carro : molti pur ne scrisse in lode dell' E se pò , delle Ninfe, di Diana Termense ^ o sia Ar^ temi preside alle Terme , supplicando tutta questa Gerarcliia mitologica di liberarlo finalmente da' trojipo lunghi n.ali suoi , e di restituirlo al suo primiero vigore . Per caparra di questa grazia Esculepio VematieHO lo trattenne alcuni gior- ni a sognare, e lo purgò più volte per vomito: poscia lo mandò all' Esepo vietandogli di lavarvisi , e prescrivendogli' altro tenor di vita , e cibi ogni giorno diversi ; ed egli si purgava con certe leggi nel fiame stossQ e a. casa si prova- cava iJ vomito .. I T'c o <]iiTittro giorni dopo udì una voce, cIìO gli dis- Fe ,, Trato è finito , convien ritornarsene " e si svegliò. Da quel momento sappiamo da lui medesimo , che migliorò costantemente ; che nacquero mutazioni salutari in tutto il suo corpo ; che acquistò attitudine a cibarsi come fa un sano, e a reg(,^er alle vicende dell' atm.ostera , e a lunghe pe- regrinazioni, al pari di qualunque persona robustissima. Al- lora il suo individuo si sgravò di tutti gli umori superflui; se ne ripulì tutta la superficie del corpo ; tutte le flussioni ir' regolari , e anomale si dissiparono , e il moto del sangue nel- le vene e V azion de' nervi per le memhr/t si ridussero allo stato naturale. Ristabilita la digestione, gli fu permesso di ripigliar liberamente in casa e in pubblico gli esercizj della sua professione. In risguardo all' anno 170 nelle opere d' Aristide ab.- biamo sol qualche cenno di così lunga malattia, eh' egli considerava anco-- come presente, per dar un pop' iù di pa- tetico a' suoi Discorsi. Tal si è la menzion de' favori innu- txerabili ricevuti dal suo Servatore nell' Orazione per la Fri- Ktazìa dell' Asia pretesa contemporaneamente dalle tre città Pergamo , Efeso , e Smirne . Tali quelle in onor di Bacco , d' Ercole , degli Asclepiadei ^ e del Foz^zo d' Escula^jio , di cui e aita le virtù medicinali, descrive le delizie, numera le centinaia di volte , che ne à beuto , che se n' era lava- to , e che ne avea sul suo corpo il Sacro Fango . Al fin di qucU' anno, e al principio del 171 si la™ò di qualche at- tacco , e racconta die per ordine d' Escttlapio andò di nuo- vo a Cizico, donde fu dal medesimo ( sempre in sogno ) richiamato alla patria, per sacrificar di nuovo a Giove Olim- pio , confessando intanto che il suo corpo era in nigli-orc stato molto più di quello che gli fosse accaduto mai dacch' erasi ammalato ; perciochè mentre soggiornava in Cizico , € per sei Mesi dopo il suo ripatriamento , egli // alzava di buon mattino ogni di , face a lunghe passeggiate , e le ripe tea più volte alla giornata^ mangiava con appetito .... in somma era robustissimo , e quasi interamente risanato . Con tutto- ciò ( oh vedi caducità delle umane cose! ) p^oco tempo do- po stette male parecchi giorni, ma Esculapio prodigiosamen- te lo risanò . ,, Era d' autunno ( die' egli ) soffiava la tra- tnoutana ; sognai j e tosto dopo feci una corsa di dieci stadj S s 2 ?04 ■ sino al fiume scorr etite pr la vHla d'i mia residenza ; mi tuf- fai issofatto lieW acqua , e fui Fuerito . " Riavutosi da questo male con un metodo così strano di cura, la durò fino a mezzo il verno, in cui, assalito da qualche nuovo incomodo , Escula^io gli prescriT^e uT?a cer- ta dieta , che lo ridusse anche questa fiata a segno di po- ter viu^^iar in Grecia a Efidauro , per colà rin.^raziar il suo Servatore y e successivamente far qualche soggiorno in Atene . Da' Critici, e da' Biografi migliori si è fissato all'anno censessantadue , eh' era il 4:5 , e 44 dell' età d' Aristide il termine della famosa tredecennale sua malattia , statogli pro- nosticato dall'Oracolo, come si è detto a suo luogo, e da lui nelle sue tante opere tante volte e tante, e con tan- te parole , e con tanto divcr";e frasi e circostanze diverse ricordata e descritta. A quest'epoca egli, dopo d' aver ri- conosciuto da Esculapo la sua total gnerigione ^ anzi la con- servazion miracolosa di cadaun giorno della sua vta ^ sog- giunge, che , spirato il tempo predetto dall' C»acolo, nel 173 a mezzo l'estate si sparse la peste, e nella sua villa vicino a Smirne perde quasi rutti i servi e gli armenti, e ne fu attaccato anch' egli con violenza tale , che i Mecici l'avcan abbandonato, e condannato fra pochi momenti ai sepolcro . Ad onta di pronostico sì de^i'^ivo gli apparve Esctilaj)!o, e poco dopo Minerva con l' Egida, ^mpio com'era stata scolpta in Atene da Fidia , e questa lo confortò , e dal- la morte lo pveservò . Si pose in vettura, e si fece trasportar a Smirne (allo- ra forse non erano ancor in u<;o le savie regole di precau- zione in tempo di peste , che s' impie^:!ro da i prudenti ed oculati Governi nostri , o per Aristide si fece una perico- losissima eccezione alle medesime ) sebbene corresse ris- chio per viaggio : là sì riebbe alquanto , non però dalla febbre, che non l'abbandonò prima che il più caro di tut- ti i suoi Alunni ne fosse vittima : ed è srato p'-ecisamente osservato dal nostro sofista , che ne fu libero affatto sol i» quel giorno ^ che l'Alunno morì. Con questo volendo e?li di- re, che il destino volea Aristide; Esculapio , e Minerva tanto fecero, che costui ne fu preservato , ma in sua vece gli fu rapito da morte V Alunno il più caro 1 305 Non terremo più dietro ormai a questa , e ad altre cir- costanze niente affatto luminose per la pratica delU medici- na . Un solo passo tratto dalle sue opere basti per provar l'avanzato fin da principio da me del suo carattere tutto consistente in oraoalio , e pazzia . Io lo trascrivo dall' Ora- zione in Laude iV Esculapio scritta ( per quel che pare ) nell' ultimo periodo del viver suo . Dopo di avervi ripetuto , che più e più volte era stato risuscitato dal suo Servatore , parla de' paesi , dove fu magnificamente ricevuto , e da ve- ro pazzo glorioso sotffjiunge ,, Li omnes excedit delicias , ,, quod alias possim Europse, & A':ia: urbes commemorare, „ in quibus versatus fueram , quaeque mihi tamquam de „ suis commodis sint congratulatae • Imo nec Civitas , nec „ H >!Tio privatus , nec Magistratus quisquam fuit quin me „ ( notisi bene ) quin me magnis sit amplexatus encomiis „ nostquam mecum ve! tantillum csset versarus {oh caro'.). „ Miximum vero in his est quod etiam in Divorum Impe- „ ratorum tantam tamiliaritatem venerim , & proeter episto- „ la-um commercium , co'-am insis maximo cum applausu „ dixerim {oh quanto me lo godo ! ) , nec apud illos tantum, ,, sed etiam apud Reginas & totam rep^iam Familiam . " Nj vogliamo" di più ? Dv)po una pruova così autentica , saravvi ancor veru- no , che dubiti della cagion principale , e delle accessorie svelate da noi, di tutte le stranezze, delle finzioni, de' col- pi di fantasia tari ita, e delle vere malattie, che troviam re- gistrate nelle opere à' Aristide? Ciò che di buono per la cognizion delle malittie ostinate e ribelli , v' abbiam incon- trato ; ciò che d'utile alla medicina, e alla chirurgia v'ab- b'am potuto ravvisare, quantunque affogato in diluvi! di parole e di circostanze straniere; tutto m'industriai di pre- senta'-lo ingenuamente . Sia gentilezza dei Leggitori il giu- dicar dell'esito del mio per me piacevolissimo lavoro, e basti é' Aristide quanto n'abbiamo raccolto fin qui. Non esiston documenti donde cavar 1' anno preciso dell' età , a cui egli è giunto ; sembra tuttavia potersi dedurre dalla vi- ta , che era solito di menare , che non può esser giunto a tarda vecchi:(ja , benché siasi moderato e abbia tenuto una condotta meno stravagante verso i cinqunnt' anni . Era an- cor vivo nel centottanta, ma non ne sappiamo di più, Fi' 3o5 lonmto , e Damlafio hioj^rafì suoi n&n avendocene lasciato nuila di certo . Concludiamo pertanto , che se costui non avrà fatto giudizio irivecchiando , Esculafio non avrà poi sempre voluto multiplicar i' miracoli per libera'lo da' funesti effetti delle sue paziie : onde EHo Aristide Adrianèo dopo d* avere per sua ventura potuto narrarci ja singoiar malat- tia de' tredici anni , sarà non ancor sessagenario caduto vit- tima del suo temperamento ipocondriaco , della sua boria , delia sua incostanza j e delle sue stranezze . 3^7 riflessioni sopra l' integrazione delle eq:jazioni lineari a due variabili Di Sebastiano Canterzani Ricevuta li 3. Messidoro anno VI. fu. Giug>20 1798. J IL celebre Eulero nel §. 854. del secondo volume del suo Calcolo Integrale propone un metodo per integrare T e- quazion lineare di second' ordine ddy-\-Vdy{Ix-^-(^'fdx^^z^y^dx^y il qu:'.l consiste nel supporre dy^tydx-\-udx . Avendo volu- to provare se coìla mede^^ma sostituzione si possa tentare r integrazione delle equazioni lineari di qualunque ordine comprese ^otto la torma venerale _ Vdy Qddy Rd^y Sd^y Td"-'j Vd"y ^"^y ^"77 + ~lu~^ ~d^~^~dlF"' "^~l^-^~^~Tx^' dove P, Q, R, S . . - • T, V, X sono funzioni date di x , ho avuto occa:ione di fare alcune osservazioni che verrò qui brevemente esponendo . Siccome t , u sono due nuove variabili , t dx vuol";! €0':t3nte, così colla so'^tituzione dei valori d] dy, ddy, d^y . . .d"y provenienti dall' accennata suppo*izione\si otterrà un' equa- zione , che avrà due classi di termini , perchè gli uni saran moltiplicati \^tr y ì gli altri non conterranno in verun mo- do jr . Poiché dunque delle nuove due variabili tiH una è arbitraria , potrà volersi che ella sia tale , che renda eguale a zero h somma di tutti que' termini , che sono moltiplicati per jf . Così sparirà affatto j», e si avranno le due equazioni dt ■ìtdt ddt (I.) o = I -+- p. + ac^'H-^) + R('' + ir "^ "^^ ót^dt idt^ c,tddt d^t dte tdie iitdt ddu (ir.)x=p»4-CL("+^j) + ^i''"+~+—. +77) t^dti tddtt studt idtdn ìnddr dhi 3o8 la prima delle quali non cono<^ce altre variabili che x,f; onde trovata che siasi una funzione di x, la quale ne sia un integrale particolare , se la medesima funzione di x si sostituirà in luogo di e nella seconda equazione , indi sì troverà un'altra funzione di x, che sia un integrale partico- lare di questa seconda equazione , si avrà un integrai par- ticolare deir equazione proposta col porre in vece di / , e di u le corrispondenti due funzioni di x nella formala y=eJ''''\e — J"'''udx , che nasce dalla supposizione //y = /Jì/at ^- fidx . E' chiaro, che le due equazioni (I-)» (U-) sono dell' ordine « — i, perchè li proposta è dell^ ordine ?/, e nel run- posto valor di dy^:tydx-\-ttdx non s'incontra né dt ^ né du . dz, E' chiaro ancora, che f;»cer,do /= — j- 1* equazione (I.) si zdx muta in quest'altra ?dz. Qjdz Rd^z Sd^z, (III.)o=. + -^ + -^.- + -^- + ^ Td"~'z Vd"z ^ , -i- — > „-[- -f- ~J~n'~' '^'"'^ ^ ' equazione stessa propo- sta, in cui sia X=o , ed è una di quelle equazioni, alle quali è noto che se soddisfanno gì' integrali prirti^olari z,:=pr, x^cp'x, Z'^(p"j', &c. , soddisfa pur anche 1' integrale zzr«.,pr-f /3.^ r+y.(p' jr+ &c. , che consiste nella somma di quegl' integrali pa-ticolari moltiplicati ciascuno per una co- stante arbitraria . Finalmente è chiaro , che da che si sarà posto in vece di t un valore dato per a-, che sia un inte- grai particolare dell' equazione (I.) , 1' equazione (II.) prende la forma d' equazion lineare, poiché può essa scriversi così rdt ndt 7,ddt _ i,dt d/i ddii H-(Q.+ R^ + S(^' +-—) +.&c.)^ + (R + S^ + éTf.)-^ d^u , dit ddu d^u + (S -f- &c.) -j-j -f- &c.; dove le quantità u^-r , -t-t-, -j-j , &c. sono moltiplicate per altrettante funzioni di jr, di modo ta- le 309 le che dividendo tutta T equazione pel coefficiente \ii a , ri- sulta un' equazione della natura medesima della proposta, e dell* ordine prossimamente inferiore. Supposto che si sieno trovati « valori di z , che sicno integrali particolari dell'equazione (III.) 3 si avranno, median- te r equazione af = —7-, « valori di ?, che sodisfaranno aW zcix equazione (!.)• Si rappresentino questi « valori di t per t', t ', t"\ &c. Sostituendoli un dopo V altro nell* equazione (II.) , si avranno « equazioni dell' ordine » — 1 tra « ed jf . Si deno- ti per u un valor di « , che soddisfaccia alla prima di tali equazioni . In qualunque maniera sia egli questo valore » funzione di t\ XjPjQ^RjS, &c., saravvi ancora un valore «" espresso per una siuiii funzione di /ÓXjPjQ^RjS , &.c. , che sodiif^iri alia seconda eijuazione ; ed un terzo valore »'" esTe;so per una simil funzione di f", X,P,Q^5R,S, &c. , che soJJi^farì alla terza equazione i e così via discorrendo. Q_iì tonvien notare, che mettendo successivamente nel- fix i J,ix la formola yr=:^e \t iidx i diversi valori di /■, e i loro corrispondenti valori di u , gì* integrali particolari dell' equa- zion proposta, che di mano in mano così si ricavano, non diiferiscono tra di loro se non per la diversa costante arbi- traria, che a volta per volta può aggiungersi ali* integrale espresso perj^ iidx . La verità di questa proposizione può facilmente rilevarsi per poco che si rifletti su la natu- ra della cosa stessa. Pure giova dimostrarla: al qual effet- to premetto che se t' indichi uno dei valori di /■, che sod- disfanno all' equazione (I.) , e t" un altro i e si denoti per n il valor di «, che soddisfa all' equazione (H-), quando si è in essa posto t' in vece di t \ t^ /»" quello che le sod- disfa , quando vi si è posto /', sarà (IV.) — ---tu' —t''u -\-^ T^-^^j • dx dx (t — r )ax Imperocché differenziando , e sostituendo in luogo di du'—du' . ... — -j il suo valore , indi dividendo per dx , si avrà T0mo Vili. Tt ? IO ddu" Ma' «j^ __ a^' H£_ t"iti TP- dx"- '" dx dx dx dx (t'u"—t"u\dt'—dt") {u"—H)iddt—ddt") ^ A A- e \ il i_i_^ i-^ 1. e tornando a dif- {f'—e")dx [t' — f")dx dtt" — du' ferenziare , e a sostituir in luogo di : il suo va- dx dhi" dht' lore , indi a divider tutto per dx , si avrà — * dx^ dx' uddt' u'ddt" t'ddu" e"ddii' rdiì-dt' idu dt" dx' ■ dx' ' dx' dx' dx' dx' {t'dit'—t'dtiXdt'—df) i{t' u"—t" i{){ddt'—ddt") {t—t' )dx' (t — f")dx' (_u"—7i')(f'dt"—f"dt'Xd/-'—df") {n"—u){dh'—dh") . . d^u" d^u e proseguendo così a cavare i valori di . ^- TT ' ^ d''H" d^U „ . ■^ ■ A- • — &c. , se SI sostuiscano, questi valori di dx^ dx" dtf" dn ddii" ddii ~d7~"lx'' ~dF'~~d^ &c. ,, neir equazione dtì' alt „ , ,,, „ t'^n'- t"dj{" t'dit ut dt" ru'dt ddu" ddu^ dx dx dx dx. . dx' dx t"'dit" t"dH t ddu" t'ddu ^-S(/'v_.v + -^ Y^'^-ZT' 17'' ^t"u"dt" ■^t'u'dt' \du"dt" idu'dt lu'ddt" -+- dx • dx dx' dx' Xu'ddt' d^u" dhi' . — • ^ ^~T1 TT ^ "^ ^^* ' '^ quale altro non e che l'equazione (II-) » i" cui si sono messi per t ed » i valori #', a' corrispondentisi , sottratta dalli stessa equazione^ su sostituiti che sieno in essa per jr ed « ì valori pwt corris- pondcntisi f", «"5 nasce un'equazione, che moltiplicata che /'— /" éft' dt" ' sia per — ■ è o — ?(t'—t") + Q(/' — t"^ -f- -7 -7- ) It'dt 1t"dt" ddt ddt" dx dx dx^ dx^ 6tdt ót'dt" xdt'^ 7dtr"' dx dx dx^ dx'' o,tddt A,t"ddt" dh' dh" -^ —x--~d;^-^7^-i7^-^^'-' '* ^"^'^ ^^"'v ■zione è verissima consistendo essa nella differenza tra due equazioni verissime , quali sono le due , che risultano met- tendo successivamente nel!' equazione (I.) in luogo -di /■ i suoi due valori /',/'• Ciò premesso è evidente, che sussistendo V equazione (IV.) sussisterà ancora „ „ du'—du' , „ {„"—u'){di'—dt") dx , {t — t)dx e divìdendo per t' — /', indi moltiplicando per ■ onde si avri j!, ix ^ -^ft f' //' (B+Vf u'dx) = Uunqiie i due integrali particolari ottenuti, Tuno cof prende» re per f ed « i valori corrispondentisi t\ «', V Ax.ro col prendere gli altri valori pure corrispondentisi /', a", non possono differire tra di loro che per la costante arbitraria aggiunta A, o E; di modo tale che se queste costanti si fac- ciano =0 , gì' integrali sono affatto identici , come quei che u" — u riescono ciascuno eguale alla stessa quantità - — -rr • Non è però che non giovi conoscere gli « valori di ty che soddisfanno air equazione (I.), e che denotiamo per /j /■", /■'", &c. . Poiché sostituendoli un dopo V altro nell'' equazione (II.)'? ^"'^' sommando tutti i secondi n:embri del- le equazioni che risultano , e mettendo questa somma egua- le alla funzione X j che costituisce il primo membro dell* equazione proposta , onde abbiasi V equazione (V.) X = nVii -+- Q{u{t -4- i" -+- f" -1- &c.) + ^) (, die u (e" + /"^ -I- r'"* + &c. ) + (f' H- r" + / " H- &c. ) ^ d^'-+-dt"-{-dt"'-+-&:c. fiddu\ „, ^ „ ,„ „,, . ^ "1-2 « C ^ ) + -^j-l-S/K(/'3-hf"5-f-/"5+&C.) dx ddn —{t"-^t"'-\-r^-^&Lc.)j^-\- {t' -\- 1" 4-/-'" _i-&c.) -J-: l!ir^t'dt'->rt"dt"-irt"'dr-^&(.c.') ldH{dt' -^dt" -^dt'" ^^z^^ Tx ' ^ dx^ 3'J ^11 — + _) + &c.i se ,1 valor di //> che è integrai particolare di quest'equazione, si sostì- ftidx i •—Jl'dx tuirà nella formola seguente j = e (A+Ji? fidx) 4- ft'lix C—fix f,„.ix e [tinix - e (Bh-J(? «fl';v)-|-e (C+Je Wx)+&c., si avrà in questa formola l'integrale dell'equazione propo- sta , il quale sarà completo j perchè le costanti arbitrane A,B5C,&c. saranno appunto tante, quant' è l'ordine dell equazione . Infatti posta questa formola , e facen^do per maggior C—f4x C—f.ix comodo A -j-J? udx=.YL'f B -t- j? udx = K , C—f< nix C + Jf udx =K"', e così via discorrendo, onde sia ^l-ix f' 'ix ft.nix e dK' = e d&" = e dK"\ &c. = ndx , si avrà fc'ix ft'Jx Jtii'dx • y ~e K' 4- e K" -\- e K,'" + &c^ /« /("'•» Jsudx Jfiidx ■4- —e /'K' 4- * t"Yi" -\- I ;"'K"'-h &C.4-»». dx ddi f'" dt> , f""' ,.^ . dr" , „„ _^ ftinix r H jjdll e (/■'"* + -i-) K"H-&c.-!- ; dx "^ njjl Jttt (t'iiiX 1f"'df"' ddt" ^fjL-^^jL.) K" -f- i (/.'"> 4- iV^ + ^) K'" ^ dx' '^x dx- 2dt '\- &c. 4- « (^' 4- r'" 4- ir"' + ^^- "^ -^ 314 idi" làt" -, , , -r , -r, o V ^« , »<^'^« H- ___+_-_ &c.) H- it' H- ^' -4-/ questa, come si è notato di sopra, veste la forma di equazion lineare delT ordine « — i similissima alla proposta , e può p€r conseguenza trattarsi come la propo- sta supponendo dur=^prtdx -j- qdx ; il che facendosi di mino in mano per le nuove equazioni , alle quali successivamen- te si giunge , finalmente s' arriverà ad un' equazione finita del genere di quelle , che sono rappresentate dall' equazio- ne (I.), ed insieme ad un'altra pure finita del genere di quel- le , che sono rappresentate dall' equazione (II-) j la prima delle quali sarà o = i -4- -r ^T,^' ^7^- -^^, — J—T^ « ^ ^^^^^ r+V(X-i-x -t-x -+-&..) sarà X =^ Vr pos-to che l'ultima supposizione sia stata dK ^=- ^Kdx -\- rdxy e che X', X", X'", &c. sieno funzioni di x, che rispettivamente abbian soddisfatto alle successive equ.izio- ni (I.) , alle quali si giunse di mano in mano nella serie del- le integrazioni , di modo che 1' ultima di queste quan- tità X', X", X'", &c. , che si può indicare per X , sia T »-"' — m — — — y — A. — j\ — A. ....... — iV « Facilmente si vede , che per tal modo si riuscirà ad avere fK'dxCf(K"~-X)dx rf^X"'—X")dx C y := <• \e ^^ J^ dx J . ^ . . . . r/(x'-x'~")r'A: r/-xv^x \e dxj e -^ dx , dove incontrandosi « integrali indicati col segno V , vi sarà luogo all' addizio- ne di a costanti arbitrarie , e così s* avrà 1* integrale com- pleto . E' chiaro che questa condotta di calcolo non portereb- be^ che si dovesse mai cercare 1* integrale di veruna delle successive equazioni rappresentate dall' equazione (II-) ; e basterebbe soltanto cercar d' avere un integrale particolare di ciascuna delie successive equazioni rappresentate dall' equazione (I.), cioè X' per la prima, X" per la seconda, &c> Ma- 3n Ma lo stesso vanrs^nio si può avere .irclie usando del primo metodo , potendosi tar a meno d' investigare la fun- zione di X valore di u , che sia integrale particolare dell' equazione (V.). Poiché sicno indicate per z' , z.", z. " , &c. le « fimzioni di x , che sono gi* integiali particolari dell' e- quazione (IH.), le quali, com'è manifesto., sono pure gl'integrali particolari dell' equazione proposta , ove sia X=o; e come si accennò da principio avr-assi z. — Az' -f- Bs" -1- Cz.'" -4- &.C. , essendo A, B, C, &c. altrettante co- ^^ stanti arbitrarie. Siccome si fece generalmente f = — — , ^ zdx * ftt/x ft'dx ft'dx ft"(lx onde (f = Z"} così sarà e ^Z'', ^ ==■* j ^ '^^ 5^ » ftdx ^ — ^t'dx &c.; e però l'integrai generale _j» = <■ (A-f-^ adx) ft"dx ^— ft'dx fi"dx ^—[t"'dx -\- e (B-+-1 udx)^e (C+U udx)^ &c. che ottiensi con quel primo metodo, può mettersi arche Cudx Cudx sotto quest* altra forma^ = z,'(A + \ — —) -h z-' ( B -f- 1 — —) H- s"'(CH-I^) -4- &c., o sia y— K% -^l^z" -+- Cz'" ntidx ,, Cudx , ,C'"^^ •4- &c- 4- X l — ■ l-Z' \ — -, — l-z- \-^7r-f-&c. Ora indi- cando il differenziale col segno . . . . , ^ gQ, Del Hatro Orientale. DìLuigiPalcani.. . . . . . ^ . . . -]~j. Osservazioni Elettrico - Atmo tf eriche e Barometriche in- sieme paragonate . Di Giuseppe Maria Giovene ..... 8j. Dell' Acco^ftamento d' una Cantaride fon un Elatere. Di P I E T R O R O S S I . Ilp. So^ra alcune particolarità poncerneìiti la Gravità ter- restre . Di Gregorio Fontana . 124. Sopra la pressione delle Torte contro i loro Arpioni . Di Gregorio FoNTA ma , . ijj. Sulla Macchina a Specchj di Buffon , e sulla Luce , che da uno Specchio pano drcolare viene ripercossa sopra uno Spazio circolare dato . Di Gregorio Fontana. - 140. Sopra la pretesa distinzione fra il Hulla reale e il Nulla immaginano • Di Greco RIO Fontana.. . , . . . . 1 74, Esame e rettificazione de' difetti e paralogismi che s' in- contrano in tutte le dimostrazioni del Teorema fonda- mentale d' Idraulica . Di Gregorio Fontana 184. Degli Elementi saettanti alla Teoria della Kotazione So- lare e Lunare . Di AntonioCagnoli , , . . 195. Delle Differenze finite /iella Trigonometria. Di Antonio Gagnoli 214. P Qjicstioui Anatomiche , Fisiologiche , e Chirurgiche dilu- cidate , Da Vincenzo MALACARNE 2 19. Sulla Determi}2azw)!e a p-tori del valore deW Equazione del Temfo . DìFrancesco Pezzi.. . . . . . . .242. Natura delle Radici delle Equa%ioni Litterali di quieto e sesto grado. E nuovo Metodo per le Radici prossime delle Equazioni numeriche di qualunque grado . Di Teodoro BoNATi., ^^ii (N. B. Il numero delle pagine giunto alla 249, per errore di stampa torna indietro replicando la 229, e prosegue poi sempre sul piano di questa seconda replicazione.} La Malattia Tredecennale d' Elio Aristide Adrianeo Sa- fista . Di Vincenzo Malacarne . . . . . . . 273. Riflessioni sopra l' Integrazione delle Equazioni Lineari a due Variabili , Di Sebastiano Canterzani 307. Le Tavole delle Figure appartenenti a questa prima Parte sono dal N.'* I. al IX. inclusive; e ciascuna d'esse por- ta in fronte il numero della pagina, alla quale deve esser posta dirimpetto . Il Ritratto poi del Cav. Lorgna pongasi in faccia alla pri- ma pagina del suo Elogio , segnata col Num. I. ME. Nella Parte prima del Tomo Vili. ERRORI ^ORRE.ZIONI. 2 2r.p/ 2 2. cer villo -cer velie t te Zgi.p." 14. sposisi Jì^ofisi tll. 2." 22. /i<. ZR 116. 2/ 1^. perchè x è anco- jìcrchè è ancora 4>«^/ a^ fl^ ra a = ■ t = t xlf 238. 2." 20, Piacque Giacque . 2^9. 2.' IO. 4c* — 4^/ . . . . . 4f'H-4;// 243. 1." 5- _4c^ H-4^' 255- 14. D=jr T=^ 25- ^=38571 _y = 1 50,03 255. 29. A^, A/ Aqy AZ 267. 12. — rx -r 2;r 259. 4- dell:! ;r della z, 6. — Mz;" -f-Mi'- 270. n- EV A,tddt A,tddt 307. 25. dx' dx' 312. 4- tidx ndht 4idx nd^H 3'3- I. dx^ dxi mM0^^^^: