^ lì^7 A E M O R I E DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE TOMO X FA II TE IL V^^,1^s»^ MODENA PRESSO LA SOCIETÀ TIPOGRAFICA M D C C C II I. / 385 LETTERA DI PIETRO ABBATI MODENESE Al Socio ^ PaoloRupfini Da questo Presentata il dì i(j. Decembre l8oa. X er formarmi un' idea distinta di ciò che à rapporto al gra- do d' uguaglianza nella (Z) f{x') [x") {x'') {x'") (.r/"'^ supposta invaiiabile ad una data permutazione, ho profittato del vostro suggerimento leggendo la Teoria dtUe Equazioni , e dal ^° 98. sono sbalzato al 256. e seguenti fino al 272. in- clusive , ove ò rimarcato essere tutto diretto al principal fi- ne di dimostrare j che qualunque siasi la funzione razionale (Z) f{x) (x") [x") (.:'«) (x") non potrà mai avere tanti valori uguali , che il numero dei disuguali rimanga minor di cinque, e maggior di due. Quanto alla dimostrazione che date deir indicato Teore- ma , ella è giustissima ; ciò non ostante voglio comunicarvi alcune riflessioni dirette a semplificarla , e renderla generale per una qualunque funzion razionale delle radici di un' E- quazione del grado mesìmo : le troverete qui sotto disposte alla meglio in un certo tal qual ordine. Intendo costantemente espressa con la lettera (Z) una funzione razionale delle m radici di un' Equazione del grado mesìmo indicata mediante la forma ( Z ) / {x') (r") (x") ix^^') e con la lettera (r) una funzione delle radici di un' Equa- zione di un dato grado . Tomo X. C e e 1 ." 386 Lettera I. Osservo , che se in una qualunque funzione (Z) si faccia il passaggio dalla generale espressione da cui viene in- dicata all' espressione concreta della medesima ^ sempre in ogni caso particolare si rileverà un modo di combinazione mediante il quale una radice si unisce alle altre; così un al- tro modo di combinazione con cui una diversa radice trovasi unita alle altre; così ec. Sia per esempio la funzione [z) f{x){.'-){.")=~-^"' neir esposta particolare, e concreta espressione della (z) si vede il modo di combinazione con cui la radice x si unisce alle altre due x" ^ x" ; il modo di combinazione con cui la radice x" trovasi unita alle due x\ x" ; e finalmente il mo- do di combinazione con cui la radice x" si unisce alle altre X , .r . a. Quando si dice clie la funzione ( Z ) è tale per la forma, che due o pili risultati nati da una data permutazio- ne fra le radici x , x\ x"\ x" , ec. x^"'' sono uguali, si intende, che il modo di combinazione con cui si uniscono le citate radici nella concreta espressione della funzione è tale , che permutandole a tenore delln nominata permutazio- ne , i risultati che ne provengono sono identici . Per esempio essendo la {z) f{x'){x"){x"')~x'x" — x",^ nella quale , permutando la x reciprocamente con la x" , si ottiene il risultato // / jii / // tl^ X X ""^^ X • — X X ^"^ ** , si intende che il modo di combinazione delle radici x', x", x"' nella concreta espressione della funzione è tale , che prati- cando la riferita permutazione i risultati che ne provengono sono identici . 3. Due cose si devofto dunque considerare in una qua- Uinque funzione (Z) . Primo le m radici dell'Equazione del gra- Di PiETiio Abbati . 'ò(.'>7 grado mesimo . Secondo i modi di combinazione con cui le uiie si uniscono alle altre nella concreta espressione della (Z). 4. Si comprenderà facilmente, che permutando in tut- te le maniere possibili le w radici fra loro nella generalo espressione della (Z) si otterrà un numero tt =^ i. 2.. 'i. . . . m di forme diverse, le quali saranno capaci di significare tutti i valori generalmente diversi della (Z) , qualora concepiti in astratto i varii modi di combinazione con cui le radici x' , x" , x" , ec. X trovansi unite nella concreta espressione di im parziale valore della funzione ^ vengano col pensiero fissa- ti costanti relativamente ai posti j, o caselle occupate dalle stesse radici nella surriferita espressione della (Z); onde al permutarsi di queste nelle -^ forme indicate semjire rimanga costante il rispettivo modo di combinazione con cui si unis- con fra loro la prima, seconda, ec. me si ma , cioè le radici, qualunque sisno , collocate alla prima j seconda, ec. mesima casella . Volendo per esempio espriinere generalmente i sei valo- ri della funzione {z\ f\x){x"){x") permutando le x , x" , sp" sotto il segno/ onde avere i.° / [x) {x) (x"') , a.° / {x") (x' ') {X) , 3.° / [x') {x) {x") , 4.° fix") {x) (x"), 5.°f{x') ix") (x) , 6." f (x") {x") (x), sarà necessario di fissare costante alla prima casella sotto il segno y il modo di combinazione, con cui la radice x' tro- vasi unita alle due jt-" , x'" nella concreta espressione di un dato valore della (z) ; cosi alla seconda casella fi^ssare il mo- do di combinazione con cui la radice x" trovasi unita alle due x' , x'" nell' espressione del suddetto valore ; ec. dun- que essendo il piiaio valore della (z) i.r/(Ar') (x") {x') = x' x" — x'" sarà per conseguenza a.° / (x) {x") (x) = x" x" — .r , 3." / (r'") (.r') [x") = X X — X , 4. f (x ) [x) (x ) ~ X X — X , ec. 5. Nel num. prcccdeiile , e nei susseguenti chiamo Ceca ])ri- 388 Lettera prima , seconJa ec. , casella , quella che rispettivamente tro- vasi prima, seconda, ec. partendosi dal segao / andando a destra . 6-. Si deduce dal ( n.° 4.) 1 ^ Che data la (Z) tale per la forma che siano ugnali due valori espressi dalle forme (A') , (A") delle tt indicate al ( n.° 4)' ^'^ ^'^ ^^^*^ notati i posti, o caselle donde par- tono, e quelle ove vanno a fermarsi le radici che si movo- D9 passando da (A') ad (A"), e dato il nome di permutazio- ne al risultato di tale osservazione , un qualunque altro va- lere della (Z) espresso da (B') sarà eguale ad un valore es- presso da (B"), se (B") nasca da (B') mediante la stessa per- mutazione con cui (A") si forma da (A') t ossia saranno (A')=(A"), (B) = (B"), ( per la supposizione e pel n." 4) se in (A') , (B') si moveranno in egual maniera le radici col- locate rispettivamente alla prima , seconda , ee. mesima ca- sella onde formare i corrispondenti valori (A") , (B") . Per esempio essendo (A) /(^')(*")(^"){^")(^')(0 •..(^^'"^) = (A' ') / {x") [x^) (^") [x] {x^) {X-) . {J'"') sarà (B') / (x") (x-) {x} (x") CX-) {xn (-r'-"') == (B') f(x'y (x"-) {x'^y {x") {x^} {x-') {x^'") . a.° Che nella precedente supposizione la (Z) avrà tanti valori' uguali quante forme diverse si ottengono rinnovando sopra (A") la permutazione che scorgesi fra (A') ed (A") , e continuando F operazione finché ritorni la prima forma (A') . Per esempio : dat^ essendo la (z) f(x) {x") (.r") (X-) {X-) t^le per la forma che sia (A')/(-^') (^■") (^"')_(^'1 i^"} = (A")/(x"') {x') {x^) {x^) (x") saranno uguali i cinque valori (A') Di PiETRO Abbati • 889 (A) f(x) ix") (x'') (x^) {x^) , (A") / {x") (x) C^') C^-") (.r') , (A") J\x'-)(x''){.n(x"}ix'). (A^) fix^)ix^}ix"){x'){x'"), (A') /(.r") {x-j (x) {x") (.r") . Così se per la forma della izyfix'){x"){x")ix'\ix'')(y'} siano uguali i due valori f{x) {x") {x") {x'V {x^)ivn =^ f{x') [x^] (x'} (x-j Or) (x") ve nn sarà un terzo f{x^) {,n [x] [x") {x") {x^ uguale ai due precedenti . 3.° Finalmente se la (Z) sia tale per la forma che sì uguaglino fra loro i valori (A') , (A") , (A'") , ec. espressi gè- neralmeate come al (n." 4) > ^" ^^^ ^^^^ notate tutte le jjermutazioni che scorgonsi paragonandoli due a due, e pra- ticate nel modo indicato al ( a.^ precedente ) sopra ciasche- duno, si otterrà un numero p, di valori della (Z), che chia- merò (A'), (A") , A'"), ee. (A ''') , i quali saranno tutti ugua- li fra loro ; continuando a notare tutte le permutazioni che scoi-gonsi paragonando due a due gli anzidetti jj. valori , e ad eseguirle sopra ciascheduno nel citato modo del ( a.° prece- dente ) ec. ; continuando ec, si giungerà finalmente ad otte- nere un numero p di valori della data {'^] y clic chiamerò (A'), (A"), (A"-), (A^^>) tutti ugaah fra loro , e tati che notate le permutazioni cho si incontrano paragonandoli due a due , e poscia eseguite sempre nel modo indicato sopra ciascheduno , mai si genere- rà un valore , il quale non sia compreso fra i medesimi , 7. Il numero p del ( 3.° n.° precedente ) chiamasi gra- do d" uguaglianza della funzione , giacché la medesima pel (§. 98 Teor. Equazioni ) aver deve tutti i suoi valori uo,iiali 2i p , a p ; (1)5 le permutazioni poi che si incontrano fia i ri- (i) Dietro i principii stabiliti si potrebbe dimostrare il Teorema dei ( 5S- 97 5 9^ Teoria Equazioni ) nel modo se- Sqo £ T T E E A risultati (A') , (A") , (A'") , (A^' ^) paragonati due a due trovansi mirabilmente riunite in una sola idea di per- mu- guerde . Espressi i tt valori della (Z) mediante le -n forme os- sìa generali valori indicati al ( n.^ 4); siano i p valori del ( 3/ n? 6 ; (A') , (A") . (A'") .... A^ ■> . . . (a"^) . . . A^^> ; in tal caso preso un valore fra i rimanenti jr — p della {Z) , e denominato (B') se ne otterranno altrettanti (B') , (D'),(D"). (D'^b ce. ec ec. ec. ec. e che per conseguenza la (Z) avrà i suol valori uguali a p . a p ed un numero — di valori disuguali. 3q^ Di Pietro Abbati . perciò essendo ( P ) , ( Q ) due degli- m risultati ottenuti nel modo superiormente iadicato , la radice collocata in (Q) alla casella (a) si troverà in (P) ad una casella (A) fra le rima- nenti {m — I ) . 10. Doli' inspezione degli m valori del ( n.° preceden- te ) e dal ( a. n." 6." ) si vedrà i.° Che se per la forma della (Z)^ dei riferiti ?ji valori sia il i.° = 2.", oppure = mesimo^ o finalmente se ne uguaglino, due successivi ; in tal caso saranno pure fra loro uguali tutti gli m valori suddetti . • 3.° Che essendo il i.° =: 3.°. se /«sarà un numero pa- ,..,.. . . . m 771 ri crii indicati valori s' uguaslieranno ad — ad — , ed essen- ° ° ^ a- a do m numero dispari s'uguaglieranno tutti fra loro. 11. Dunque , essendo ;7i = 3 , se de' tre valori /(^') (^") (^"') ,/(-v") {x'") (x'),f{x"') (x') (x") ottenuti nel modo indicato al ( n.° 9 ) due sono uguali , lo saranno tutti e tre ■> la. Confrontando due a due i cinque valori della. (z) f (x) {x") (x") (x"') (x^y ottenuti nel modo del ( n.° 9 )^ si conclude che saranno- ugua- li tutti e cinque , se la (z) sia tale per la forma che due qualunque dei medesimi siano uguali ( a. n." à°). (2) i3. (2.) Un discorso simile si può generalmente fare dei cin- que valori della (z) ottenuti mediante una qualunque permu- tazione semplice di primo genere fra tutte e cinque le x\ x\ ec. x"" ( numeri 2.5 'j , a6a Teoria Equaziorù ); se ne può ve- dere un esempio confrontando due a due ì cinque valori (^), (h!) , ec (K°) indicati al f 2, n.° 6° ) e si può , volendo^ ve- rificare la cosa in tutta la sua estensione uguagliando di ma- no in mano il risultato (K) f (x) (x") (x'') (x^) (x^) ad uno dei sei L E T T E R A 395 IO. Confrontando due a due i sei valori della (2) /(■*•') (-O (O indicati al ( n.'' 4- ) si vedrà pei ( n." 6 , 11 ) che sempre si avrà (A') / ix) {x") (x'-') = CA") / (x") {x') (X") oppure = (A'") / {x') {x'") {x") oppure = (A'') / (x") (x) (x) o finalmente = (A') / (x") (x"') (x) in ogni caso che per la forma della { z) si uguaglino due qualunque dei suoi sei valori . i4- Il discorso fatto ai (numeri 11, la, i3 ) può ap- plicarsi in generale ai risultati di una qualunque (Z) nati dal» le permutazioni di un numero di radici rispettivamente ugua- le , e nel modo indicato ai ( medesimi numeri ) ; ossia deri- vati da simili corrispondenti permutazioni ; dunque se nella (z) f{x) (X-) (x") (x^) (x^) sia il risultato/{x') (a:") {x") (x") {x") ~f{x"') {x") (r") {x') {x^) saranno fra loro uguali i tre Taloii E se la suddetta funiiione ( z ) sia tale per la forma che due dei sei valori nati dalle sole permutazioni delle tre radici collocate alle prime tre caselle siano uguali , sarà sempre (A)/(x') [x) (^") (--) K; -XA'')f{x') {x) {x"') {x'^) c^") oppure = (A'")y (x) (x".') (x") {x^) (x^) oppure = (A'^)fix-') (x") (x) (x^) (.r') o finalmente = CA")/(;f") {x"j (x) (r "; (a--") . i5. Supposto m>2., e la funzione (Z) tale per la for- ma che il suo grado d' nguaglianza j? sia almeno uguale ad Ddd a I. {^'■i)ff^"J{x"'){x^XxV(x'),{A'-a)f(x")(x^J(x'){x'')(x"), {A"3) f (x') (x^J (x) (x") (x^) rA"4; / (x') (x") (x^)(. ) (.'') (k"S)f(x") (X-) (x-) (x") (x). (^■^).f(x') (X-) (x'"-) (x')(x' ), e paragonando fra loro due a due i cinque valori , die nelle varie ipotesi si ugiiaglieranno in forza del dt° { 2.. n° b ) . 396 Di Pietro AsBATit • I. 3. 4- • • • JM, ossia che ella abbia due valori disuguali al più , io dico che la (Z) non cambierà valore alla permutazio- ne di tre sole radici fra loro, simile alla già indicata (n.°9). La cosa è chiara , mentre dei tre valori della (Z) nati 1' un dall' altro permutando tre sole radici nel modo indica- to ( n.° 9), due necessariamente dovranno uguagliarsi in forza della supposizione ^ e però tutti e tre (n.° precedente). 16. Data adunque la funzione (Z) tale per la forma co- me si è supposta al (n.** precedente) : io dico ì.° Che un qualunque risultato della (Z) per es. (R') sa- rà uguale ad altri risultati (R") , (R") , ec. nei quali una qualunque data fra le radici x' , x" , x" , ec. x^" trovisi ad una data casella qualunque sotto il segno/: eccone la ra- gione . Permutando tre sole~radici mediante la permutazione del ( n." 9 ) in tin qualunque risultato della (Z) non si alte- ra punto il suo valore ( n.* precedente ) , e si possono gene- rare i risultati (R') , (R") , ec. (R' ^), nei quali rispettivamen- te le radici x' , x" , x'" , ec. x"* trovinsi alla prima casella ; così i risultati (R^*""^'^) , (R''""^*^) , ee. (R^*"^) nei quali ris- pettivamente le x' 3 x" , ec. x^'"^ trovinsi alla seconda casel- la; cosi ec. dunque ec. a,." Che nel caso di m numero dìspari sarà iA')f{x)(x'%n){x-) (r") cioè sarà il i" = a" risultato del ( n.° g ) se w sia dispari , e sarà il 1" ~ 3° risultato ( n.° citato) se m sia pari; ed eccone la ragione . Pel ( n° precedente ) sarà nel caso di m, numero dispari . {A-)fix){x-)ix'"){x'yx^) . . . (x^'"^) =fix'){x"){x') (x'^) . . . (x^>) = /(x'lK'l(;r-)(x^)(:«0(^n---(^^"---'=/(^'')(^''')(^'')(^'')-.-(^'"'^)(^'>; e per lo stesso (n.** preced.) sarà nel caso di m numero pari L a t T E R A 397 {M) f{x){x"){x")(x^) . . . (x^"") ^f{x){x"'}{x^)rx"j{x^)... (x^'V^ f{x){x")ixn{x-}{X-){x"){xn . . . (X^"'^) := ... =f{xXx"Kx"') • • • (J'"'){X) -/(xnix'^ìCxn^c") . . . (^'"')(-^") = fix"'Kx'')!x^Kx^'{x'){x''") (x^'"\x") - -■ = /(0(^'")... (x^'"') (x) (x") . 17. n discorso fatto ai ( niim. i5 , 16) può applicarsi ai valori della (Z) nati dalle sole possibili permutazioni di n radici collocate In n caselle date , qualora la forma della (Z) si supponga tale, che fra questi il numero dei disuguali noa sia mai maggiore di due . 18. Chiamo (R) , (R"> , (R"') , ec. C^-^'^ un numero v di valori della (Z) presi fra gli i. a. 3 n nati dalla mede- sima permutando n radici a; ^ , x- ;, éc. x^ , x , ec. collocate alle date caselle (^7) , (/) , ec. (X) . . . (^) , ec. , e tali nel lor complesso che ognuna delle n date radici si trovi una volta almeno in ciascheduna delle n caselle date . 19. Se per la forma della (Z) siano uguali oltre ai f va- lori del ( numero precedente ) due altri valori (P) , (Q) tali j che passando dall' uno (P) all' altro (Q) una almeno delle n radici collocate in (P) alle caselle ((7), (r) , . . . (x) . . . {t) , ec. indicate al ( cit. n*"^ preced.) si porti in (Q) ad una delle rimanenti (m — ri) caselle; io dico, iti tal caso, che il grado d* uguaglianza p della (Z) non sarà mai minore di j;X('2-+-i). Qualunque sia la permutazione per cui dal risultato (P) si genera 1' altro (Q) , è evidente per la supposizione che generalmente parlando la radice collocata in (P) alla casella (A) fra le n date , andrà a collocarsi in ((^) alla casella x' fra le rimanenti (m — n) . Ora, per la supposizione del nu- mero precedente , fra i v valori (R) , (R") ec. (R^'^j ve ne sa- rà almeno un numero n che chiamerò (R') , (R") , (R") , . . . (R^ ) , nei quali rispettivamente alla casella (>) si trovino le n radici x^""^, a:'''^ a-W^ . . . a;^'". . . ec, Dun- 3g8 Di Pietro Abbati . Dunque praticando negli indicati risultati (R)^ (R") ec. (R, ') la permutazione supposta fra i due risultati uguali (P), (Q)^ la (Z) aYrà.almeno{/2H-j) valori uguali (R'),(R'i),(R'2), (R'3), ... (R' re) nei quali alle n date caselle prese in complesso inai si tro- verà la stessa combinazione di n date radici fla le m che compongono la funzione. Ma per la supposizione la (Z) è ta- le per la forma , che il risultato (R') ne uguaglia altri (v — i) fra gli I. a. 3. . . . n nati permutando nel medesimo in tutte le maniere possibili le sole n, radici collocate alle n da- te caselle ((7)5 (a), ec. Dunque fia gli i. a. 3 n va- lori che nascono da ciascun risultato (R'i), (R'a) , . . . (RVz) permutando in tutte le maniere possibili le sole e rispettive radici collocate nei medesimi alle n date caselle (q)^ (r) , ec. sempre un numero (i> — i) saranno corrispondentemente ugua- li ai detti risultati ( R' i ) , ( R' 2 ) , ec. ( R.' « ) . Ora (R') = (Ri ) := (R'a) z: ec. = (Ru) . Dunque !a ( Z ) avrà p valori uguali, e mai sarà /> < [ (v — i}{n,-{-i) 4-;zH-j]; cioè p non sarà minore di .i>\ {n-\-i) . Cd. d. 20. Nelle supposizioni del ( n.° precedente) se i due ri- sultati (P) j (Q) sono tali , che nel lor paragone si incontri un numero p, di radici ferme in altrettante caselle delle da- te { m — « ) ; ili tal caso la (Z) avrà p valori uguali presi'^ fra gli I. a. 3. ...... f wa — ^ ) nati dalle sole possibili permutazioni delle radici collocate alle date (w — ^) casel- le ^ e non sarà inai /'<>'X('^^~ ^)" ai. Dunque i.° Se la funzione (Z) sia tale per la forma che si abbiano i valori (A') = (A") , (B) = (B") , e che pa- ragonando (A') ad (A") si trovino ferme ( w — a ) radici in ( /ra — a ) caselle , e paragonando (B) a (B") si trovi smos- sa una radice da una delle precedenti ( m — a ) caselle da- te , restando ferme nelle rimanenti ( to — 3 ) altrettante date radici , in tal caso il grado p d' uguaglianza non sarà minore di i. a. 3. a.° Se oltre ai precedenti valori della (Z) sia (C) ~ (C") , e che Lettera 3()9 e che paragonando (C) a (G) si trovi smossa una radice da una delle- precedenti { m — 3 ) date caselle restando ferme nelle- rimanenti (m — 4) altrettante date radici ; in tal caso il grado d" uguaglianza /? mai sarà minore di r. a. 3. 4- 3." Se oltre alle precedenti copie di valori sia (D') =; (D") , e che paragonando (D'), a (D ; si trovi smossa una ra- dice da una delle precedenti (in — 4 ) <^ate caselle , e fer- me nelle rimanenti { rji — 5 ) altrettante date radici il gra- do jp d' uguaglianza non; sarà minore- di i. a. 3. 4* 5. 4-° Continuando il discorso , e giungendo ai due valori ngnah ( N ) = ( N" )■ nei cui paragone si incontri smossa una radice da una delle precedenti ( ni — n ~\- i )' date^ caselle , e ferme nelle rimanenti (m — -71 ) altrettante date radici; in tal caso if grado p d' uguaglianza non sarà minore di I. a. 3. ... re; ed essendo ?i^=m la funzione (Z) avrà la forma. aa. Supposta la (Z) tale per la forma , che due^ né più ,. né meno siano i suol valori disuguali ; questi si potranno sempre esprimere con le due forme (M) , (N) , nate- 1' una dall' altra mediante la sola reciproca permutazione di due ra- dici fra loro . (' numeri i5 , ar ) a3. Data la (Z) tale per la forma che due al plìi siano i valori disuguali fra gli r. a. 3. . . . . ( m — - i ) nati dal- le sole possibili permutazioni delle radici collocate in {m — i) caselle date ; e che due- valori (P) , (Q) degli m ottenuti co- me al ( n.° 9 ) siano, uguali ; io dico che in tal caso il gra- do d' uguaglianza p non sarà minore di i . 3. 4- • • . {fn — s) [m) ; e che però la^ (Z) avrà al più due valori disuguali.. Questa è una chiara conseguenza dei ( numeri 17,9,19) e del ( 5° 98 Teoria Equazioni, o nota (1) al n.° 7 ). a4- Premetto la considerazione che se una qualunque funzione (Z) aver deve un numero di valori disuguali <5, neces- sariamente di un numero uguale 0 maeaiore di 5 de' suoi valori. toa- 4cjo Di Pietro Abdati . tanti se ne dovranno uguagliare j che il numero dei disugua- li sempre rimanga minor di <:inque. 2-5. Dunque essendo la (Z) tale per la forma come si è sup- posta al (n.* precedente), ed essendo m uguale o maggiore di 5, dovranno iiguagliai-si almen-o due dei sei valori nati dalle sole possibili permutazioni delle tre radici collocate alle tre prime caselle , come pure dovranno uguagliarsi almeno due dei cin- que, sei, sette, ec. risultati che rispettivamente si ottengono Jjermutando le radici collocate alle prime cinque, sei, sette, ec. caselle nel modo indicato al ( n." g J a6. La (Z) , essendo m uguale , o maggiore di 5 , non potrà esser tale per la forma che il numero de' suoi valori disuguali sia < 5 , e > 2 . Dividerò la dimostrazione in due parti ; prima allorché sia TO = 5 ; seconda allorché w > 5 . Dim. I / Parte . Sia /« :=• 5 , e però la a. C. d. ci. Parte a." Sia m > 5 , ed in primo luogo 7rf=-C; così che si abbia la {z) f{x) (x") (x") (-0 {xn (x^ in tal caso dovranno uguagliarsi in modo i valori nati dalle sole Tomo X. E e e pos- C3j A questo solo caso sì poteva ridurre la dimostrazione dèlia presente prima parte riflettendo^ che nella nostra ipotesi do- rranno sempre uguagliarsi i due valori C^'j f C^0(-^~"JCx"'JO:'"JCx'"J , CAV fCx"j (x") CO (x") (xV giacché pel ( n." 24 , e no- ta (iij ) sì V uno che V altro deve essere uguale al risulta- to f Cx''J Cx) (x'V aV Cx'J . 4<-i Lettera possibili permutazioni delle radici x' , x" , x" , x"" , x* col- i locate alle cinque prime caselle, cFie il numero dei disan'ua- ]i rimanga < 5 . Ora facendo su tali valori il discorso fatto nella prima parte precedente, si proverà che la (;:) sarà una fnnzion tale per la forma , che due al più saratmo i valori disuguali nati dalle sole possibili permutazioni delle radici collocate alle prime cinque caselle . Ma nella nostra ipotesi pel ( n." aS ) dovranno uguagliarsi due risultati (P) , (Q) fra i sei , che si ottengono mediante la permutazione del (n.° 9); dunque pel ( n,'' 33 ) la data (z) non potrà avere se non che a! più due valori disuguali . Sia in secondo 1uoì»;o t?? ~ 7 e la {z) f (x') {x") {x"') ix'^) (x^) {.n (xn In tal caso fatto il discorso precedente sopra i valori ottenu- ti dalle sole permutazioni possibili delle prime sei radici fra loro , si vedrà che la fzj dovrà per la forma esser tale che due al più sieno i suoi valori disuguali nati dalle indicate permutazioni ; e quindi si vedrà pei ( numeri a.5 , a3 ) che la medesima dovendo avere meno di cinque valori disuguali, non ne potrà aver più di due . Continuando a fare un simile discorso nelle successive ipotesi di m ~ 8 ^ 9 , IO , ec, si vedrà in generale che in qualunque supposizione di m > 5 la funzione (Z) non potrà mai esser tale per la forma , che il numero de' suoi valori disuguali sia < 5 , e > 2. C d. d. Dunque la (Z) , essendo m uguale o maggiore di 5, non potrà esser tale per la forma che meno dì cinque , e più di due siano i suoi valori disuguali . G. d. d. 37. Accennerò di volo alcune verità , che possono de- dursi dai principii stabiliti di sopra : eccole . Essendo la (Z) tale per la forma , che risultino fra loro uguali i p valori del ( 3° n." 6. ) 5 '" *a' caso paragonando- li fra loro due a due , e deducendo nelle diverse supposizio- ni tutti i valori che dovranno quindi uguagliarsi a norma del ( a** n.° 6 ), se il rispettivo loro numero venga espresso dal- Di Piktko Abbati . 4^3 dalle lettere «, Z», e, d^ ec. io dico die j» sarà multiplo di fl , h , e , d ^ ec. Ottenuti tutti i valori, che dovranno uguagliarsi nella sup- posizione di (A') = (A") , siano questi di numero a compresi i due (A') j (A"); in tal caso siccome pel ( 3' n.'' 6 ) tali valori si devono rinvenire nei p dati , così si potrà conside- rare che vengano espressi dai primi a risultati nei p dati (A'), (A"),.. . (A^''^),(A^-+'^),.. .... .A^'^ Dunque sarà/» uguale, o maggiore di a\ ^q p'>a, in tal caso il valore (A ) dovrà uguagliarne altri (a— i) (i*^ n.° 6) ot- tenuti da (A ') mediante le rispettive permutazioni che scor- gonsi fra (A') ed (A") , (A") , ec. A^"^ ; ma tali valori saran- no compresi nei/? dati (3" n," 6) ; dunque sarà/» uguale o mag- giore di aa ; ma se fosse p^tia., replicato sul valore (A ) lo stesso discorso , si vedrà che sarà p uguale , o maggiore di 3 a, ed in questo ultimo caso replicato il discorso ec. , ec. si dovrà finalmente giungere ad avere /; = ««. Il raziocinio fatto intorno agli a valori ottenuti in forza del ( 2° n.° 6 ) dalla supposizione di (A') = (A") , si può fa- re egualmente dei b valori ottenuti ( a° n.° 6 ) supponen- do (A') ~ (A'") -, ec. e generalmente del rispettivo numero di valori, che in forza del citato ( a° n.° 6 ) si ottengono nelle diverse supposizioni di due valori uguali fra i p dati . Dunque p sarà multiplo dei numeri a, b, e, d^ ec. a8. Tre soli sono i modi con cui si possono movere quattro radici mediante una permutazione semplice del gene- re secondo , ossia movendole due a due reciprocamente , e simultaneamente . Per es. nel risultato (A') fix') (X-") (x") (x-) (x^) movendo le radici collocate alle prime quattro caselle nel modo citato , non si potrà mai formare se non che uno dei seguenti tre valori . Eee 2 ' 1° 4o4 Lettera i•V^0(^')(•^''')(O(^■'). ^-^ f(.^"')U"'){x)ix'){x''), 3°f{x'^)(x'-)(x"){x')(xn-_ 2,9. Se dei quattro valori compreso A' indicati al (n.'' pre- cedente) due sono uguali per la forma della (z) , in tal caso due soli saranao pure i valori che si uguaglieranno in forza del ( 2,"^ n-° 6. ) ; ma se tre dei citati valori fossero uguali, in tal caso lo saranno tutti e quattro . ( 3" n. 6 ) . 3a. Dimostrato nella prima parte ( nf a6 ) che il gra- da p d' uguaglianza nella (z) /(.V) {x") (x") (x^) (x^ non può mai essere uguale a 3o ^ o a 4° ? vediamo ora se possa essere uguale a i5. A tale effetto suppongo la (z.) ta- le per la forma che sia jp =: i5 ; in tal caso si dovranno ve- rificare le seguenti condizioni. 1/ Che nei quindici valori uguali stante V ipotesi mal si incontrerà costantemente ferma ad una data casella una delle cinque radici x' , x" , ec. x*, mentre nel caso i detti valori nati sarebbero, dalle sole possibili permutazioni di quat- tro radici collocate in quattro caselle date , cosa impossibi- le ( 5-° 98 Teor. Equazioni o nota CiJ §• 7-° ) y non potendD per una conseguenza dei {^^. citati ) dei 24 valori nati dalle riferite "permutazioni uguagliarsene fra loro se non se nume- ro p divisore esatto dell" altro i. 2,. 3. 4. a." Che si dovranno uguagliare almeno dae valori fra i a4 nati dafle sole possibili permutazioni di quattro radici col- locate in quattro caselle date . 3.* Che, chiamati (A), ( V) i due valori della (a." con- dizione precedente ) , questi non potranno mai esser tali che nel lor paragone s' incontrino smosse due sole , o tutte e quattro le date radici ; mentre in ambi i casi p non sarebbe uguale a i5 contro V ipotesi C numeri a." 6, 29 , 37 ^ , e f n.° 262, Teor. Equazioni J . 4." Che dei 24 valori nati dalle sole possibili permuta- zioni delle radici collocate alle prime quattro caselle , se ne dovranno uguagliare due fA'J, C-^"J tali, che nel lor para- go- ^ Di Pietro Abbati . ^o5 gor.e s' incontrino smosse tre sole radici ; Io stesso si dica dei 24 valori nati dalle sole possibili permutazioni di quattro radici collocate iu quattro caselle date qualunque T 2." , 3* condizione precedente J . Ora volendo adempiere alla condizione f 4-' preceden- te ) si uguaglieranuo fra lora i valori fA'^ , (^\'^ , fA"^ , fA"^, per cui stante i ( numeri ig, ao J si concluderà che la da- ta C~J sarà tale per la forma , che del 24 valori nati dalle sole possibili permutazioni delle radici collocate in quattro date ca&elle j dodici almeno saranno uguali C^J'ì ma per la i" ( con- (4) Psr la condizione l\* sarà iA')f(x) (x") (0(0(^"}=/(^")(^"')MM(^1 (.7 oppure =f(x') (.r"; (x") (x) (.t^) (2^) 0) ' oppure==f(r"'){r-)i>r}{x) (x^) (3') o finalmente =f[x') [x'") [x") {x') [x"") (4") e per la stessa condizione sarà (A) f ix) {x') {x"') {x'n (x^) ~ f(x] (r'") (x-") (x") (x^) (i'> oppure -f{x) [x") (.r-) (x-) (r") (2O (II) oppure =/ {> '; (^-) (.r'") (^ {x) (3') o finalmente = / {x) [x") {x""y(x'') {x"') (4') Ora combinando ciascuna equazione ( I ) , a ciaschedu' na ( II ) nascono sedici casi , dei quali basterà svilupparne tre soli per la jacile intelligenza degV altri. ì^ (A')/(r')(r')(y")(Ar-)(.v-) = (A") / {x')ix"){x){x^){x^) — [^") fi^'ì ("^ ') i^'") {^"Yix'") '« ial caso paragonando (A') ad i^") •> {-^ì «^ (A"') ^ si vedrà pei ( numeri 14, ig, 20 ) ch(y dovranno uguagliarsi almeno dodici valori dei 24 nati dalle sole possibili permutazioni delle radici collocate alle prime quattro caselle . 7 .° ( A')/(y) [x'') ix'") (.0 Go = iA")f(x') (x-") (x"xx) ro = (A'") f{x') (x") (.Y^)(jf'^) {x'), in tal caso essendo (A') = (A") pel ( 1° n." G ) sarà {A") ■= (A'") / (;r'") (.r'''; {x^) (.r') (,;") 4^6 Lettera ( condizione ) saranno uguali due valori della (z) (P) , (O) tali che nel lor paragone si moverà la radice collocata alla casella in cui sempre restava ferma una data radice nei do- dici prece ^^\ in tal caso non potrà es- sere uguale se non che a 60 , oppure a lao. Per la ( nota (i) ( al n." 'J ) p deve essere un divisore esatto di lao . Ora essendo per la supposizione /; > 24 ^i vede dal ( n.° 26 ) che necessariamente sarà uguale a bo , od a 120 , 3a. Se per la forma della precedente (2) p sia multiplo di 3 , e di 5 ; in tal caso sarà j?? =; 60 , od =: lao . Pel ( n. 3o ) mai sarà /> = i5; ma p deve essere un divisore esatto di 120 e multiplo insieme di 3 , e di 5 ; dun- que pel ( n.** 26 ) sarà /? = òo , od = lao . 33. Dunque se nella precedente {z) siano fra gli altri — ugua- e quindi paragonando (A') ad (A'") , (A") ad {M^) , si vedrà pei ( citati numeri 14, 19 j 20 ) che si dovranno nguagliare almeno dodici valori dei 24 nati dalle sole possibili permuta- zioni delle radici collocate alle quatti 0 caselle 1", 2", 3", 5', 3.° Combinando la quarta equazione (I) con la prima ( Il ) ; quesf uniio caso si può ridurre ad uno dei due prece- denti riflettendo , che per la ( condizione 4* ) sarà (A') /(x') {x") (a'") {x^) {x') =f{x") (x").ix^) [x) (X-) (n eppure =fix") {x") (x^) (x") (x) (2') (III) oppure :=f{x'^)ix"){x")(x^)(x) (3^) 0 finalmente =f(x') (x") (,r'^) (x") (x'") (4") e poscia combinando la 4' equazione (I) con ciascheduna del- le equazioni ( III ) . Di PiETRO Abbati . é^til Tiguali i Ire valori (A'), (A"), (A'"), e che nel paragone di due dei medesimi si incontri una permutazione fra tre radici e nel paragone del terzo rimanente ad uno dei due prece- denti si incontri una permutazione semplice di primo genere fra tutte e cinque le k.-) x'\ ec. x" '^ io tal caso sarà^ = 6o; od = I20 . Questa è una conseguenza dei ( numeri 27 , 3a ) 34- Dal ( n .° precedente ) facilmente si rileva che se per la forma della (s) sia il valore (A')/(:t') (x") (.r"') {x") {x-) uguale ai tre valori 1° , a"", 3° indicati al ( n.° 28 ) , e nel- lo stesso tempo uguale ad un altro valore (A") nel di cui paragone ad ( A' ) si incontri una permutazione semplice di primo genere fra le cinque x' , x" , ec. x" ., in tal caso sem- pre sarà p ■=. 60, od = lao . Qualunque sia la permutazione semplice di primo gene- re fra le x' , x" , ec. x* la quale incontrar si possa nel para- gone di (A') ad (A") sempre sarà (A') / ix) {x") (,'") {x^ (i-) = (Ai")f(,") (x'") {x^ (x^) (x) oppure rr (Aa")/(.Y") (x^) (.r) (x^) {x'") oppure -. (A3")/(x") {x^j {^') (r'") (.f'O oppure ~ {A4')fix') (x"'} (a') {x) {x'^) oppure = {A5')f(x") (x'^) (.r^) (or'") (x) o finalmente = {A6")f(x') (x") (x'") {x') (x") Paragonando ora ciascun risultato (Ai"), (Aa") , ec, (A6") a ciascun valore i^a", 3° del (n.°a8) si rileverà, alm'-no in uno dei rispettivi tre paragoni^ una permutazione in cui si mo- veranno tre sole radici ; dunque nella nostra supposizione p «ara multiplo di 3 , e di 5 { n.* 27 ) e però uguale a 60 , od a lao ( n.° 33 ) . 35. Se nella (Z) il grado d'uguaglianza/? = i. 3.4 w, cosi che due ne più, ne meno siano i suoi valori disucuali , in tal caso saranno sempre disuguali due valori della (Z) espressi dalle forme (A') , (A") nate T una dall'altra median- te una permutazione semplice del genere primo fra un nume- ro pari di radici . (§ 267. Teor. Equazioni) . Dal ^©3 L E T T E II A. Dal seguente «sempio sarà facile di rilevare il modo con cui generalmente dimostrar puossi 1' enunciata proposizione . _ Sia la (2) f{x') {x") (se'") {x"'} {x^} {x^ {x"") ed il suo grado d'uguaglianza jp = i. 3. 4. 5. 6. 7. ; in tal caso non potranno uguagliarsi i due valori (A')/(x')(x-'')(x''l(x--)(x-}(x'^)(.-%(A'7/(x''l(a--)(^'')(x-}(x')(a--) Stante V ipotesi, ed il ( n.** i5 ) (A') non cambia valore permutando tre radici nel modo del ( n.'* 9 ), dunque se in (A') si permutino le tre radici , ch-e numerando dal segno f andando a destra , sono le prime a muoversi nello stesso (A') onde formare (A") , si genererà il risultato (N') fix"-) (x') (x") (x'^) (X-) (X*') (x"") tale, che , stante il modo di sua formazione, e la natura della permutazione supposta fra (A'), ed (A"), si dovranno ritrovare nel paragone con (A") ferme due radici delle sei che movonsi fra (A') j ed (A") j e smosse le quattro pima- Benti . Così pel ( cit.° n. i5 ) (N) non cambia valore permu- tando tre radici nel modo del ( n.° q ) , e però movendo in (N) le radici jjrima^ quarta, quinta^ numerate non già dalla loro posizione , ma dall' ordine con cui smovonsi in (A) per la formazione di (A") , si genererà vin valore 6 il numero delle radici smosse median- te una permutazione semplice del genere primo fra (A'} , ed (A") ; in tal caso permutando nel valore (N") le tre radici pn- Di PiExno Abbati . 409 prima, sesta, settima smosse in (A') per la foimnzione di (A") si ottcrrel)l>e un risultato (N") — (N") -, da (N") si otterreb- be (N") movendo le radici prima, ottava, nona smosse sem- pre in (A') nella formazione d' (A") ec. , e finalmente un ri- sultato (N^'') = (N'f*"'^) = = (N') = C-V) > e tale che paragonato ad (A") , delle date ^n radici se ne trovereb- bero ferme a/z — 2, , e smosse reciprocamente le due rima- nenti , e quindi ec. 36. Se nelle stesse supposizioni della (Z) (n.° precedente) jn vece di 2« , il numero delle radici smosse mediante una permutazione semplice di primo genere nel paragone di (A') ad (A") fosse stato a/i+i ; in tal caso , come ben si vede j la forma (N ^^) sarebbe divenuta identica all' altra (A") , e si sare]>be quindi concluso essere (A) ~ (A") . 37. Se per la forma della (Z) i suoi tt valori espressi co- me al ( n.° 4 ) si riducano a due soli disuguali (M) / (.r') {x) (x'") [x^) {x""') (N) / (r") (x') {x") {X-) {^^) , ( n.» 2a ) ^ Si potrà colla scorta dei ( numeri 35 , 36 ) formare un cri- terio onde conoscere dei -tt — a rimanenti quali sieno gli uguali ad (M) , e quali gli uguali ad (N) . Ritorno al § 99 d' onde sono partito nella lettura del vostro Libro ; vi comuniclierò di mano in mano le riflessioni che mi sarà dato di fare sicuro che compatirete , e suppli- rete colla vostra penetrazione alle mie solite mancanze di precisione 5 e chiarezza . Amatemi , e credetemi ec. Modena 3o Settembre i8oa. Tomo X. Fff • DEL- 4io DELLA INSOLUBILITÀ' DELLE EQUAZIONI ALGEBRAI- CHE GENERALI DI GRADO SUPERIORE AL QUARTO MEMORIA Di Paolo Ruffini Presentata il di i%. Dicembre 1803 . J-i ingegnosissima precedente lettera scrittanni da Pietro Ab- bati mio amicissimo, e Personaggio di grandi talenti e di profonda penetrazione quella si è , che mi à eccitato a for- mare j e ad esporre al Pubblico una nuova Dimóstrnzione della insolubilità algebraica delle Equazioni generali di gra- do superiore al quarto. Mentre nel Capo iS." delia mia Teo- ria delie Equazioni ò esposta la Dimostrazione di questo im- portantissimo Teorema, ò indicate, per così dire, le tracce che ò tenute per iscuoprirlo , fissando V attenzione princi- palmente sulle Equazioni di 5." grado ; ma confessar deggio che i raziocinii a tal fine colà eseguiti , benché forse più di- retti , non sono i più fiicili, e che la Dimostrazione è bensì esattissima riguardo all' Equazione di 5."^ grado , ma tale non è rapporto a quelje di grado ulteriore . Non ogni volta che vien dato di dimostrare per la prima fiata un Teorema di difficile scuoprimènto . i discorsi che perciò si eseguiscono, sono i più semplici, e i più esatti , Nella Memoria presente procurerò di dimostrare la Proposizione medesima con razio- cinii meno astrusi , io spero , e forniti di tutto il rigore ; e considerata da prima l' Equazione generale di 5/ grado, pas- serò in seguito a provare con tutta esattezza impossibile la soluzione algebraica delle Equazioni generali di grado supe- riore al 5.° . Per Di Paolo Ruffini . 4' ^ Per ciò fare necessario mi sarà V appoggiarmi su varie Proposizioni esposte nella mia Teoria delle Equazioni ; ma per togliere al Lettore il pensiero di ricorrere ad essa , sia- mi permesso di qui accennarle . 1.° Le radici di una Trasformata sono funzioni delle ra- dici della Equazione data (n.® 88. Teor. delle Equaz. ) • a." Chiamata x" -+- A.v"'~' + ec. = o un'Equazione al- gebraica generale , ed 7" -f- M /"""' 4- ec. = o una sua Tras- formata , in cui y —f{x') {x") {x'") . . . (x'"^) ; se quest' ulti- ma funzione è algebraica e razionale, i coefficienti M, ec. saranno funzioni razionali degli altri A. ec. (n.* io5 Teor.) ( Lagrange n.^ 96. Reflex, sur la Resolut. algeLr. des Equat. Memoir. de Beri, pour l'An. 1771.) ; e i valori della / di- ( tvt\ pendendo tutti dalle permutazioni fi-a le x\ x'\ at" , ec. x ( n.° 92. Teor.), l'esponente 11 sarà eguale, o summultiplo di I. a. 3. . . 7?2 ( n.° 99. Teor. ) , ( Lagrange n.° 99. Reflex. ) 3.° Volendosi, cbe la j" . + ec. r: o ci esprima quel- la trasformata , pel cui mezzo si cerca la soluzione della :*;'" -}- ec. = o(n.* o.s.'j. Teor.), la y potrà sempre supporsi funzione delle x' , x" , x"' , ec. x algebraica , e razionale (n.° 241 Teor.). 4." Essendo 1' Equazione data x" -f- ec. = o generale , la sua Trasformata y" -+- ec. r: o ottenuta opportunamente avrà per radici solamente i valori tra loro diversi della fun- zione f{x'){x"){x"') . . . {x^"''*) (n."* io5 Teor.) , e quindi avrà tutte le radici diseeuali . 5.* Se uno dei risultati della funzione y—f{x'){x")(x"') ... {x^"") è di tal forma, cbe in conseguen- za di questa conservi il proprio valore per una permutazione fra le radici , cbe in esso occupano certi determinati luoghi; sotto la permutazione medesima fra le radici dei medesimi luoghi lo conserverà ancora qualunque altro dei risultati del- la / (n.° 98 Teor. ) , ( La'grange n.° 97. Reflex.) . Fff a 6.° 4ia Della insolubilità' delle equazioni ec. b° Chiamansi permutazioni semplici di i .^ genere quel- le , nelle qua'i non possono alcune delle radici, che vi sono comprese , cambiarsi fra loro separatamente dalie altre : tale è la permutazione di x' in x" , di x' in x'" j e di x" in x\ '1 '"2 ' '2 X X X per cui la — — -\ ; — 1 ~ mantisne il proprio valore, XXX Permutazioni poi semplici di a.® genere diconsi quelle , in cui mentre alcune delle radici che le formano , cambiansi fra loro , altre si cambian fia loro separatamente dalle pri- me : per tale permutazione conserva il valor jiroprio sotto- la contemporanea permutazione di x' in x"^ ^ e di x" in x" x -4- A-'"^ x"" -^ x^ ^ ^ la ~ 1 C v..^ aS?. Teor. } . XX 1° il numero di tutti i risultati , che nascono dalla y per una permutazione semplice di i.** genere ripetuta quan- to si può , uguaglia il numero delle radici , che entrano nel- la permutazione supposta ; e ciascuna di queste radici occu- pa in tali risultati una sola volta ciascuno dei luoghi appar- tenenti a simile permutazione ( nura. aóa , a63 Teor. ) . 8° In conseguenza della definizione del (6.° prec.) vede- si potersi dire che di due risultati della /(.r')(:>;")(.r"') . . . {x ) fra loro disuguali l'uno nasce sempre dall'altro per una per- mutazione semplice di i .** , o di 2.° genere. ().^ In conseguenza di una permutazione qualunque re- plicata sulla f {x'){x" }{x"') . . .fx* ) quanto si può , se quindi otterigansi p valori tra loro uguali per la forma , i valori tut- ti delia nostra funzione saranno per tale permutazione fra lo- ro uguali a p a p. (n.® 98. Teor.) (Lagrangen.^ 97. Reflex.) IO.'' Cercando il valore di una Funzione razionale y ^f[x'){x"){x"") . . . (.r '"^) dal valore t' di un' altra razionale t = (p (x'){x" )ix") ' ■ . (x ), caderemo per jy in un'Equazio- ne di tanto grado , quanti sono i valori della t uguali a. t' 1 cor- Di Paolo Roffini . /j.i3 corrispondentemente ai quali i valori della y sian fra loro diversi ; e i coefficienti della Equazione in y ottenuta saran- no funzioni razionali della t' ( a.° i5o. Teor. ) > ( Lagrange n." 102.. Reflex.)- PAR- 4i4 Della iksolubilita' belle equazioni ec. P J R T E PRIMA, DELLA INSOLUBILITÀ' DELLA EQUAZIONE GENERA- LE ALGEBRAICA DI GRADO 5.° i.° Supposte le cinque radici x , x" ^ x' ^ x" , x* , for- miamo con esse una funzione qualunque faccia tisi su di questa tutte le permutazioni possibili , che ri- guardano le prime quattro radici, lasciando sempre immobi- le la a;*, ed i i. a. 3. 4 ~ a4 risultati, che ne vengono, scrivansi nell' annessa Tavola in (B) per modo , che la pri- ma colonna verticale contenga i sei risultati , i quali nasco- no dalle permutazioni fra le prime radici x\ x" , x" , e le altre colonne contengano tutti gli altri risultati , e questi distribuiti per modo , che in ciascuna fila orizzontale esista- no quelli -, i quali provengono da cadaun risultato della pri- ma colonna , mentre si porti successivamente nel quarto luo- go la radice esistente nel primo : così il risultato 7.° nasce dal 1.** col portare la radice x nel quaito luogo; il i3.' proviene da! 7.° tragportando nel posto quarto la x" esisten- te nel primo luogo del risultato 7"^; e nel modo medesimo il risultato ig.° si forma dal iS.'* a. In tutti i risultati della prima colonna vedesi , che la x"" esiste nel qtiarto luogo , nei risultati della colonna se- conda esìste nel terzo , nel secondo in quei della terza , e nel primo in quei della quarta . Avvertiamo ora per sempre che , quando non si dica altro in contrario , la nostra funzione (A) supponesi algebrai- ca , e razionale (3.° Intr. ) , e avvertiamo che le nostre supposizioni , e considerazioni riguardano sempre la forma delle funzioni, e non mai il valore particolare delle radici Af', x" , x'" , x"" , x" , che le compongono. 3. Volendosi la funaione (A) tale, che in (B) il ris.* i.° ugua- Di Paolo Ruffini . ^i5 uguagli due dei tre risultati i3.**, la.**, 24.", i quali da lui nascono ppr le pei mutazioni semplici di a.® genere fra le x , x" , x" , x* ; io dico che dovrà ugu igliarli tutti e tre , e però avremo il ris.° i.** — i3.*> = la." =: 24."' . I.® Abbiasi il ris <> 1.» = iS.®, ed = ia.° . Dovendo \\ nsP la." f {^){-^')[x''"){x"')[x^) mantenere il proprio valore per la permutazione, onde dal i.** nasce il iS.** (5. Iiitr. ) , ne verrà il la." = f {%'') {x") {x") {x') [x-") — 24.''; ma iì I .* ~ la.* per la ipotesi . Dunc^ue sarà il i.® = i3.*^ = ra.'' = 34" . a* Sia il ris." i .^ — i3.°, ed =: 24.*» . Per 1' uguaglian- za del 1 * al 13." risulterà il 24.*» •= la.» (5° Intr.)- Dun- que ancora in questo caso avremo V indicata uguaglianza . 3.» Posto il ris.* I.** — la.*, ed = 24.® , per la prima di queste uguaglianze risulterà il 24.® = i3.*', e però ec. Dunque ec. 4- Se si voglia die la (A) abbia un numero < 6 di valori differenti fra loro; in (B) il ris.® i.® dovrà necessaria- mente conservare il proprio valore per una permutazione fra due , o fra tutte e tre le radici x , x" , x" . Consideriamo in (B) la prima colonna verticale <► In que^ sta contengonsi gli 1 . a. 3 = 6 risultati, che si formano per le perniutaziuni tutte fi a le sole x ,x" ,x"' . Ora questi sei risultati non possono essere tutti disuguali fra loro , per- chè altrimenti i valori della (A) fra loro differenti non sareb- hero ni< no di 6 . Dunque dovendo due di essi uguagliarsi fra loro, e tale uguaglianza non potendo succedere, che pej una permutazione fra due, o tutte e tre le radici x',x'\x"\ ne viene {>el (5° Intr.) che ancora il ris.** i.*", e per con- seguenza la funzione (A) dovrà conservare il proprio valore per la permutazione medesima . Dunque ec. 5. Se la nostra funzione (A) è tale, che conservi il proprio valore per due permutazioni semplici di i.** genere, Ciidanna fra tre delle prime quattro radici x' , x" , x" , a-"*, essa (A) noa potrà avere più di due valori disuguali, men- tre 4i(j Della insolubilità' delle equazioni ec. tre una delle radici appartenenti alla permutazione seconda sia diversa da quelìe, che appartengono alla prima. Suppcnghiaino primieramente ., che una delle supposte permutazioni riguardi le radici , che nella (A) occupano i pri- mi tre posti, onde in (B) si abbia il rls.° i.° = 3.'' , e che r altra riguardi le radici dei luoghi secondo, terzo , e quar- to per cui sia il ns.° i.** =8.° . In questa ipotesi la permu- tazione prima pel ( S.*' Intr. ) ci darà i risultati ì.° f(x') (x" ) (x"') (r-) (xn 3° f{x-) {x') (x) (x'") (xn 4.» ffx'y (x)(x')(x^)(x-) Tjguali fra loro . B^acciamo su ciascuno di questi la permuta- zione seconda , pel cit.° ( 5." Intr. ) ci verrà il'ris.» i-''f(x)(x")(x")(x")C)=:^.''f(x')(x"')(x'^)(x")(x^) il 3.» f(^")(x"')(x)(x-)(x;')= i-^°f(x')/x)(x-)(x"')(x-) ì\y f(x"){x)(x'){x'')r) = 1 1 .''f(x")(x")(x^)(x-)(x-) ; in seguito facciamo sopra i tre 8.° la." 1 1 .° la permutazione prima , e pel solito (5.° Intr. ) avremo il ris.° 8.° / Cx'Xx"Xx"'Kx"){x^) = i3.°/ C^"')(^"')(^')(^")(^') == ^d.lf{x'^) (x') (x") (t) (o ; il ia.°/(^-") U-') {^'"K^"') (O = i5.V (x) (X'') (x") ix") (x^) = 20.° / {x") {x") ix') (x") (a-) lo II." / {x'") {x') {x'^) {x) {x"") = i6.^ / {x") {x") (x'") {x) {x") — a4.° f (a;'*) {x") {x') {x) (x^) ; ma i risultati 8» , ia% n° , sono uguali ai i .° , 3."', 4-° ^ e questi uguali fra loro; dun- que esisterà uguaglianza fra tutti i risultati sin ad ora otte- nuti. Facendo sopra del a.° il discorso medesimo , e le stes- se opei-azioni , che abbiam fatte sopra del i ° , troveremo in egual modo divenire fra loro uguali i risultati a.°j 5.°, 6°, 7.', io.°, 9.°, i4-°5 17.°, i8.°, 31. °, 19.°, aa.°. Dunque avendosi (l)il ris.° 1.°= 3.» = 4.° = 8.°= 12.°= ii.°= i3.°= i5.°- 16." := a3.° = 20.° = 24.° il 2.° =^5.° = 6.° = 7.°=: io.° = 9.° = 14." = 17.° = i8.° = 21.° =: ig,° = 2,2,." , i risultati (B) saranno fra loro uguali a la a la, e per con- seguenza i valori della (A) tra loro disuguali in questo pri- mo caso non saranno più di due . Os- Di Paolo Ruffini . 4' 7 Osservando tutti i risultati, che nella presente ipotesi nati sono dal 1.°;, veggo che tra essi i tre 1.°, 0.°, 4." contengono tutti la x"" nel quarto luogo , perchè tal radice non viene compresa dalla prima permutazione , e veggo che per la nalura delle permutazioni semplici di i.° genere in ciascuno dei loro primi tre luoghi ciascuna conticnesi del- le x' , x' , r*', cosicché nel secondo luogo il risultato i ." contiene la x" , il 3.^ contirne la x'" , ed il 4° ^^ ■^' • Ora eseguendo sopra tpiesti risultati 1 .° , 3°, 4-** 1^ pernìu- tazione seconda, tKtila formazione dei risultati 8.°, iìì.**, iì.^, la radice, che occupava in quelli il luogo secondo, passa ad occupare in questi il luogo quarto , e la radice del quarto portasi nel terzo . Dunque il ris.'' 8.^ conterrà i>el luogo quarto la x" , e però n«i primi tre le .r' , x'" , x"'' ; il 12.° conterrà nel quarto la x"\e quindi t?ei primi tre le a:" , Jtr' , a" ^ ; lo ii.° avendo nel quarto la x' , nei primi tre contenà le x", x" , JT^; e finalmente il i ." avendo nel luogo quarto la x''' , e nei tre primi le x , x" , .1/ ', ne segue che fra tutte le combinazioni a tre a tre delle x , x" , x" , .r" una -ne esisterà nei primi tre posti del lis.'' 1.^, un'altra nei primi tre luoghi del ris.° 8.*^ , una terza nei tre posti primi del ris.*' 12.°, e r ultima nei primi tre luoghi del ris.' 11.*' Le radici dunque, che esistono nei primi tre luoghi di uno fra i risultati i.°, 0.°, ia.°, ii.^ essendo in complesso diverse dalle esistenti nei primi tre luoghi di un altro ; ne vie- ne evidentemente , che eseguendo su cadauno di questi 1 * , 8." , la.**, 1 1 .° la permutazione prima, si produrranno dodici risultati di forma diversa , i quali precedentemente abbiamo dimosti-ati tutti fra loro uguali, e tali sono gli indi- cati in (I) nella prima linea orizzontale. Supponghiamo ora , che la primi dtìlle permutazioni supposte invece delle x , x'\ x'" riguardi altre tre quali si vogliono delle x' , x" , x'" , x"" , e supporghiamo che lo stesso faccia pur anche ;, se cosi piace, la permutazione se- conda . In tale supposizione sempre troveremo che ottenuti Tomo X. Ggg dal 4i8 Della insolubilità' delle equazioni ec. dal primo i risultati, che dipendono dalla prima permutazio- ne, coli' eseguire su questi tre la permutazione seconda, po- tremo in ciascuno di essi far passare come precedentemente ad uno dei luoghi appartenenti alla permutazione prima , quella radice che prima non vi esisteva , e togliere con- temporaneamente da tai luoghi in uno dei risultati la pri- ma, in un altro la seconda, e nel terzo la terza delle radi- ci , che nel i .° risultato appartenevano alla prima permuta- zione . Dunque eziandio in questa seconda ipotesi avremo quattro risultati, compresovi il l.*^, i quali nei tre luoghi spettanti alla permutazione prima contengono le quattro corn- hinazioni a tre , a tre delle x' , x" j x'" , x"" , e però ese- guendo su di essi tale prima permutazione , ci verranno do- dici risultati di differente forma, e che, come precedente- mente , si trovano tutti uguali fra loro . Dunque in tutti i casi sarà vero , che eo. 6. Il Teorema medesimo si verifica ancora , se la prima permutazione restando semplice di i.° genere fra tre radici, la seconda sia semplice del genere 2." fra tutte e quattro le x' , x" , x'" , x"° . Imperciocché col mezzo della permutazio- ne seconda potremo ancora in questo caso nei tre risultati , che provengono in conseguenza della permutazione prima , togliere dai tre luoghi che le appartengono, tutte e tre le radici che vi esistevano , una per risultato , e in sua vece introdurvi la radice che non v'era compresa; e dipenden- temente da ciò avrà luogo lo stesso discorso del (n.° prec). 7. Paragonando fra loro in (I) due qualsivogliano dei risultati della prima linea , vedesi che imo nasce sempre dall'altro o per una permutazione semplice di i.^ genere fra tre delle x\ x" , x'" , x"" , o per una permutazione sempli- ce di genere a.** fra tutte e quattro le radici medesime . Per tal modo dal i .^ provengono i risultati 3.°, 4.", iS.'^ , 16.*, 8.", ii.°, a3.°, ac^ nella prima delle accennate manie- re, e gli altri iZ." . 12.°, ^4.^ piovengono nella maniera seconda . Paragonando poi il riàukato i.' con quelli della se- Di Paolo Ruffini . 41 q seconclii linea, verlesi , che fra questi i risultati 2.", 5.°, 6.°, i3.°, io.°,i2i-*' produconsi da esso per tante permutazioni fra due sole delle oc ^ x' , x" , x'" , e gli altri 14.^, 17.", 7.°, 9.°, 19.", 22.° ne vengon prodotfi per tante permutazioni semplici di i ." genere fra tutte e quattro queste radici. Qnindi ne segue: che qualunque siansi le due supposte per- mutazioni (numeri 5, 6) o sempHci entrambe di i ." genere fra tre delle x , ^•" , x'" , .r* , o semplice la prima di i." ge- nere fra tre, e scmphce la seconda di genere a.** fra tutte e quattro le radici medesime , i risultati , che in (B) divengo- no fra loro perciò uguali a dodici a dodici sono sempre gli stessi . 8. Supponghiamo che j fatte sopra della funzione (A) tutte le possibili permutazioni, degli i. a. 3. 4- ^ =: lao risultati che ne vengono , scrivansi nella Tavola annessa in (Cjl in una colonna verticale prima i 24, ciie nascono dalle permutazioni fra le prime quattro radici x , x\ x" , x^ , e gli altri si pongano poi in tante file orizzontali distribuiti por modoj che cadauna fila contenga i risultati, i quali pro- duconsi successivamente da ciascun teimine dulia colonna verticale , col trasportare la radice esistente nel primo all' ul- timo luogo . I 24 valori della prima colonna verticale in (C) altrd non sono, che i 24 della tavola (B) . Per maggiore brevità supporremo non esposte in (C) at- tualmente^ che le prime quattro file orizzontali e l'ultima; le altre le immagineremo facilmente . 9. Se la (A) mantiene il proprio valore sotto quella permutazione per cui dal i.° producesi in (C) il ris." 20.°; i valori di essa (A) tra lor differenti si ridurranno ai soli 24 della pi ima colonna . Tutti i risultati della secónda colonna nascono per la formazione della Tavola dai corrispondenti della prima per quella permutazione istessa , sotto cui il ris.° a5.° nasce dal 1.*^; i risultati della colonna terza produconsi nella maniera Ggg 2 , me- 4^0 DcLI.A insolubilità' DELLE EQUAZIONI eC. medesima da quei della seconda , e così in progresso . Dun- que in conseguenza del ris.° i.~a5.°, avendosi pel (5." Intr.) il 25.0 = 49°, il 49° = 73.", il 73.» = 97.° j ne verrà il 1.° = 2-5.° = 49° ^^ 73-° = 97-° j e ^^^ modo medesimo troveremo il 2,.° = aó." = So.** = 74.» — 98° , il 3." — 27.° = 5i * = 75° = 99° ec. Dunque tutti i risultati (C) uguaglian- dosi rispettivamente ai 24 della prima colonna 1.% 2.°^ 3.°, ec. ne viene , che questi ci esprimeranno i 24 valori disuguali della (C) , e però ec. Lo stesso si dice , se la (A) conservasi la medesima per quella permutazione, sotto cui dal ris.° i .° formasi il 49-° > oppure il 7 3." j oppure il 97.°, e la dimostrazione ne è sem- pre la stessa . IO. Supponghlamo che la (A) conser^d il proprio valo- re sotto due permutazioni, e supponghiamo che per la pri- ma di queste il ris* i.* uno ne uguagli di quelli della pri- ma fila orizzontale , e che la permutazione seconda semplice di I .° genere comprenda le radici dei primi tre luoghi. In tale ipotesi io dico che i valori della (A) fra lor differenti non potranno essere più di due , e tali saranno i due (II) 1 .° / ix'){x"Xx"}(x'^){x-) , 2.°/ (x%v'Xx")ix^Kx'') . Per la prima delle supposte permutazioni il ris.° 1." de- ve essere uguale ad uno dei seguenti 25.°, 49°-' 73*j 97° • dunque per questa permutazione i valori della (A) si riduco- no ai 24 delta prima colonna ( n ° 9. ) . Per la seconda di tali permutazioni il ris.° 20° non cambiasi di valore, men- tre si cambiano fra loro le x" , x'" , s-" ; e questo ris.° 20.° è non solo uguale, ma identico ed uno stesso col 1°, per- chè le supposte uguaglianze dipendono non dal valore par- ticolare delle radici, ma dalla forma della funzione ( n.° 2): dunque eziandio il ris." i .° si manterrà il medesimo, men- tre mutansi fra loro le x" , x" , jc"": ma lo stesso i .^ per la seconda permutazione supposta si mantiene ancora il me- desimo al permutarsi fra loro delle x\ x" , x" . Dunque con- serverà esso il proprio valore sotto due permutazioni riguar- dau- Di Paolo Roffini . 4^i danti cadauna tre delle quattro prime radici , la prima le \ X , x' , x" 1 la seconda le x" , x" ^ x'' . Ora i a4 valori della prima colonna in (C) altro non sono , che i a4 C^) > e per qneste ultime due permutazioni tutti i risultati (B) ri- duconsi ai due soli i.*", e a.^ fra l«r differenti (n.*' 5). Dunque agli slessi due soli i .** , 3.° verran ridotti eziandio i 24 r'^^^dtati della prima colonna in (C) , e i>erò tutti i 120 . Dunque ec. IX. Se la (A) è tale, else camliiandosì contemporanea- mente fra loro le x\ x\ e fra loro le x" , x'^ , o;^, ne venga il riso ..» f {.x\x)[x'-Xx''){x'') = / (x") (.^'X*-'") (^') (*'") ; io dico che dovrà essere il i.° / {X) (;.-") [x") (x^) (x^) ~ a.° / {x") (x) {x'") ix"') (x') . Avendosi il ris." i.° / (x) {x") (.r"j (r-) C^-) = a- f (A-") (.r) (.r") (x"») (v^> , col replicare la permutazione , per cui succede questa ugua- glianza , pel ( 5° Introd. ) otterremo / {x) [x!) C^-) (. ") C^'") = / (-^O i^') (*•") (r'") (.t") / Cr') (x") (x') (.r") (.;-) = / [x") (r') {x^) {x^} (x^) . _ Dunque quest" ultimo ris.'* essendo uguale al penultimo , ed il penultimo al supposto f {x") (x'){x"") (x'") {x'") , ne viene che a quest'ultimo, il quale non è che il s,° della Tavola (C) , sarà ancora uguale il i." f (x) (x") {x'") {x'"){x^) . la. Se la fnnzione (A) è di tal foi-ma, che in (G) ab- biasi il rjs." 1 ° uguale ad uno dei seguenti 2-5.°^ 49 ^j 73" , 97." 5 e che inoltre non cambii di valore, mentre si cainhiano reciprocamente fra loro due qualisivogliano delle radici , che occupano i primi tre luoghi , io dico che ia questa supposizione la (A) non avrà che un valor solo. Nel ris " I .° la permutazione seconda può aver luogo fra le a-', x" , oppure fra le x" , x" , oppure fra le x , x" . iP Cominciamo dal supporre il primo di questi tre ca- si , onde il ris ^ i ." / (r) (x") {x") {x") ^x") sia = 2 ''/CO {x) (r")^C) .v") . Pel (5.« Intr. ) il ris.*" a5.° non caaibierà di valore alla permutazione reciproca fra le X , 423 Della iksolubimta' delle eqiuzioni ec. x\x" \ ma questo aS.'^ per la supposizione, pel ( n.° 9. ), e per quanto abbiamo riflettuto nel ( n.° io) è non solo uguale, ma identico col ris.° i.° e però identico col a.". Dunque neppure questo a.^ si muterà di valore per la per- mutazione reciproca fra le x" , x"' , e però avremo il 2.° = / {x'Xx'){x")[x"'){ie) ; ma il a.° — iP . Dunque risultando il i ." f {x){x'){x"){x"'){x'') rzf {x"Xx'){x'){x"'){x') , ne segue clie la nostra funzione (A) mantiene il proprio va- lore non solo per la j^ermutazione , mide dal i .° formasi in (C) la prima fila orizzontale , ma lo conserva eziandio per la permutazione semplice di i.° genere fra le x , x" , x" ; in conseguenza adunque di questa proprietà i valori della (A) tra loro diversi si ridurranno ai soli i^ , e 2,^. ( n.^ io) : ma , per quanto abbiam supposto , deve aversi uguaglianza anche tra questi i.*'^ e 2.* . Dunque in ^questa prima sup- posizione la nostra funzione non avrà che un solo valore . a." La seconda permutazione riguardi nel ris.*' i .** le due radici x\ x" . In questa ipotesi il ris.* 97.*' pel (S.^Intr.) tion si cambierà alla permutazione fra le x , x" ; ma per le ragioni ora dette questo 97.° è identico col i."; dunque non cambiandosi neppure il ris* i .° per la permutazione fra x , x" , ne viene che questo secondo caso si ridurrà al (prec. i.°), e «però ancora nella presente supposizione la (A) non avrà, che un valor solo . "0° Siano x , x" le due radici che deggiono mutarsi fra loro nella permutazione seconda . Per questa avremo il ris.» 'ì!^f{x')(x"){x"'){x^]{x^) ~ f [x'"){x"){x'){x''){^^) -, ma pel (5.** Intr. ) la prima delle permutazioni supposte ci dà / {x"){x'){x){x'^){x') - f {x'){x){x'^){x-"){x"') ; dunque sarà eziandio il i.'> f (x'){x"){x"X-r""Kx'') = f (x")(x'Xx'''){x^){x"') , e per conseguenza esso i .° f (x) (,r") (x'") (V") (•*•'") •.=: / {x") (x') {x"') (;r*) (a*) (n." 11 ) . Dunque ancora in questo terzo caso , mantenendosi il ris." i ." dello stesso valore alla permutazione fra le x' , x" , la nostra (A) pel (prec. i .° ) sarà dotata di un valor solo . Dunque ec. i3. Di Paolo Ruffìni , Aa3 r3. Rappresentisi con la (D) r' H- A^-» 4- E.r» H- C^-' -4- Do; -4- E = o la forinola generale delle Equazioni algebraiche determinate di 5." grado , e con la (E) y" + ^\f-^ 4- -^f-^ _4_ Py«-3 + ec. H- V = o si rappresenti una sua trasformata , If^ radici della quale chia- mate y , /" , /'" , ec. siano funzioni ( i ." ìutr. ) algebraicìie razionali di tutte, o alcune delle x\ x'\ x'", x"^, x"", essendo queste le radici della (D) . Per la natura della trasformata i cocfruienti M, N, P ec. saranno tante funzioni comnjen- surabili dei coefficienti A, B, G ec. della (D) , e l'espo- nente n sai'à uguale j o summultiplo di i .2.3.4-5 = is.Q ( 2." Intr. ) . i4- Se nella (E) si vuole « < 5 j non potrà mai risulta- re n> Q. . Esprimasi in generale con la funzione (A) il valore del- la ^ , qualunque esso si voglia. Facendo su questa tutte le possibili permutazioni, i 120 risultati (G) che ne vengono , pel (2,.® Intr.), e per essere la (A) una funzione razionale (ii.prec. ), altro non sono che tutti i valori della/ una o ])iù volte ripetuti . Ora dovendo essere « < 5 , e quindi < 5 il numero dei valori della y fra lor differenti , osservo in primo luogo, che in CCj il ris." i." àev' essere = a5.°j poi- ché altrimenti pel f n." g ) i cinque risultati della prima fi- la orizzontale sarebbero tutti disuguali fra loro , e però non < 5 il numero dei valori della y fra loro diversi contro la ipotesi: osservo in oltre, che a cagione parimenti del nume- ro dei valori della/ < 5, pel (^ n.'' 4J 'o stesso ris" 1° deve necessariamente non cambiar di valore per la permuta- zione fra due, o tutte e tre le x' , x" , x'" . Dunque la no- stra fAj deve essere tale, che abbiasi il ris.^ 1° -aS."*, e che insieme mantenga il proprio valore per una permutazio- ne fia due , o tutte e tre le radici , che occupano i primi tre luoghi; ma se questo succede pei fnum io. laj ì lao risultati ( Cj rJJuconsi ad uno, oppure tutt' al più a due di- 4^4 Della ixsoiÒbiliì'a' delle eq-dazigni ec. diversi fra loro, cioè ai due ( il J . Dunque unOj op- pur due solamente potendo essere in corrispondenza i va^ lori diversi della y, ne segue clie i' esponente della TEJ , ossia «, mentre si vuol < 5 , deve risultare non > 2 e. d. d. i5. Se la Z' A ^ è tale , che mantenga il proprio valore per due permutazioni , la prima fra tutte e tre le radici dei primi tre luoghi , e la seconda fra tutte e tre quelle dei luo- ghi terzo j quarto, e quinto , io dico che i risultati della prima lixiea, orizzontale in ( Cj dovranno diven-re uguali fra loro. La prima delle permutazioni supposte ci dà rls.«" I ° / (xj Cx'J fx'J fx^J (x^) -fCx'J fr") fx'j fx'V ( ^^ ) La seconda f (x")(x" )(x )(x^}(x') = r^° fCx'Xx 'JC^VC 1(0 • Dunqu-e sarà il i.*^ = a5.° , e quindi pel ( n. 9." ) saranno fi-a loro uguali in (G) tutti i risultati della prima linea . 16. Supposta ^A^ funzion razionale àeWe x' , x'\ x" , x" a"* ^ vogliasi , che i cinque risultati delia prima linea in (CJ sia- no le radici di vm' Equazione 2} — M=o, cosicché si abbia rIIIjZ'= i.VG^')(^")C^-")C^"X-0, Z"=i5.V(-r")(:r"')(x"'K*'') (-^l ' Chiamata « una delle radici quinte immaginarie della unità , per le proprietà di somiglianti radici , supposto Z' =;|/m , avremo Z" — a.7J^ Z'" - «'Z', 71'' = a'Z', Z" = £i'Z' , e p-^rò (IV.) Z' = - Z", Z' = 4 Z'", Z' = —, Z"% Z' = 4 Z" . ossia a cagione di o(> ~ i , Z' = u''Z\ Z' = *^Z"', Z' = a'Z^ Z' = «Z"; e queste Z' , Z" , Z" , Z"", Z" saranno necessariamente disu- guali fra loro, tali fra loro essendo le «, «^ ,«',*'', ^ • 17. Se una delle Z' , Z'" , Z'", Z" conserva il proprio valore sotto una qualsiasi permutazione fra alcune o tutte le sue radici , per la permutazione medesima fra le medesime radici , Lench-r^ poste in luoghi diversi , non cambierà di va- lore neppure la Z' . Sup- Di Paolo Ruffini . 4^5 Siippongliiamo, che fra le supposteZ",Z"', Z"°,Z'" per esem- pio la Z"' mantenga il proprio valore per una pernnilH?ione qualunque per esempio per quella fra tutte e tre le a' , Jr"", x". Se > mentre si cangiano tra loro nell' accennata maniera le accennate x" , x-", x" ., non cangiasi la Z" ; è chiaro, che alla mutazione istessa fra le stesse x'" , x"* , x" non si cambierà neppure la quantità «^ Z'" , e però la Z = a' Z'" (ii.° prec. ) ; ma ciò stesso si dice, qualunque altro caso vo= glia supporsi . Dunque ec. i8. Se il coef. M della Z^ — M ZT o si vuol , che non. ahbia piìi di due valori tra lor disuguali , la radice Z' della supposta Equazione dovrà conservare il proprio valore per la permutazione fra tutt« e tre le x' , x" , x" . Avendosi M = Z' Z' Z" Z" Z" , "sarà M una funzione razionale delle x , x' , x'" , x" , x'" ; e poiché essa non à per la ipotesi più di due valori tra lor differenti , qin^sti pel (n.° 14) saranno quei, che corrispondono ai risultati (li). Posto adunque che la M abbia soltanto tai due valori , i va- lori della Z corrispondenti ;, e tra lor disuguali ve lesi , che saranno i soli dieci delle prime due file in ^C) . Ora suppon- ghiamo di permutare in Z'= i-" f{x)[x"){x"')\x"")[x'") la a;' in x'\ la x" in x" , e la x" in x : se non si vuole che sotto que- sto cambiamento la Z' conservi il valor proprio , il risultato f(x"){x"'){x')(x""){x'') , che ne viene, e che chiamerò Z"', do- vrà uguagliare uno dei nove valori Z", Z", ec. Z"", che resta- no della Z : se ciò non fosse, la Z avrebbe più di dieci va- lori diversi contro quel, che abbiamo detto. Uguaglisi per tanto in primo luogo il risultato Z'' ad una delle radici Z" , Z'" , Z"" , Z'" , per esempio alla Z"" ; quindi avremo Z" ~ 0} Z' {n.^ 16) . Rinoviamo sopra Z'" =f{x"){x'"){x){^''')[x'') il cambiamento medesimo di x in x" , di x" in x" ■, e di a: ' in .r', e chiamiamo Z"" il risultato / {x"'){x'){x"){x"^){x'") , che ne viene . Ora nella maniera istessa con cui da Z' è nato Z"' , cosi da Z"' è nato Z"" , ma dalla prima di queste operazio- ni ci è risultato per la ipotesi Z" = «' Z' ; duncjue la forma Tomo X. Hhh del- 426 Della insolubilità' delle equazioni ec. della TJ" essendo perfettamente simile a quella della Z' , dalia operazione seconda ci dovrà risultare Z"" ~ 0} Z"' . Ripetasi la permutazione medesima sopra di Z"' ~ / {x'") [x') [x") [x'^) {x'") : per la ragione ora accennata 11 risultato, che quindi producesi^ dovrà essere = «' Z"" ; ma tal risultato non è die / {x'](x"){r"'){x"")(x'") = Z' ; dunque sarà Z' ~ ot^ T/" . Oia dalle due equazioni Z'*,' ~ a' Z' , Z"" ■= «' Z"' si ricava Z"" = «* Z' . Dunque sostituendo, avremo Z' = a* Z' , e però , dividendo per Z' = «' Z' , avremo i r= a'' ; ma ciò è impossibile (n.° 16). Dunque sarà eziandio impossibile , che risulti Z"' ~ Z"". 2° Vogliasi , che la Z"' uguagli una delle altre radici Z^' , Z"', Z^", Z" , Z': in questa ipotesi o si vuole, che la Z"" sia uguale ad una delle Z" , Z" , Z", Z", 0 che sia uguale ad una delle Z"', Z'" ' , ec. Z* . Surrpda il primo di questi casi, e sia per esempio Z"" ,— Z" , e però Z"' =: «^ Z' ( n. 16) : rinovando sopra Z"" la stessa permutazione , per cui da Z' si è prodotta essa Z"" , e replicando il medesimo precedente raziocinio, vedre- mo dover risultare Z"' = ot^ Z"" , e così da Z"' doversi ot- tenere Z' ~ a* Z"' , onde con la sostituzione avremo Z' = 0-.* Z' , e pelò I =: a ; il che non può essere (n. 16) . Succeda il secondo degli accennati casi, e sia per esem- pio Z/' = Z"" ' , Z"" =. Z"'" . Lo stesso rapporto, che esiste fra le Z', Z", ec Z', esistendo ancora fra le Z"', Z" ', ec Z'', SI avrà Z. ■=: a. l. ^ l^ — cf. L , L, — a'Z.,Z, — o.^ Z ^ e però avremo Z'' " ~ « Z"" , onde a cagione di Z"" — Z'" ' , e di Z"" = Z"'" sarà Z'"' ~ a. Z""' . Ora col replicare la stessa permutazione , per cui da Z"' siamo passati alla Z'", e col ripetere il precedente discorso, ottienesi successivamen- te Z' =: a Z"", Z*' = aZ'. Dunque, col sostituire risultandoci Z^'zra'Z''. re verrà i — «^ il che nuovamente è un assurdo . Ora a qualunque altra delle Z" , ec. Z" vogliasi, che si uguagli nella prima delie esposte ipotesi la Z"' , e nel primo caso della ipotesi seconda la Z*" , e qualunque altre siansi nel Di Paolo Ruffini . A^rj nel caso secondo della seconda supposizione le due fra le Z''' , ce. Z', a cui voglionsi ugnali le Z", Z"" ; si-mpre eoa lo stesso raziocinio trovasi, che ne risulta l'assurdo di i — ad una delle « , «^ , a* , «^ , e ciò per essL-re il 5 numero pri- mo con il 3 , e perchè in fine sempre si ricava Z = cJ^ Z' , . oppure Z'' = a.^^ Z"' , in cui /? < 5 . Dunque non potendo la Z*' uguagliare veruna delle Z", Z" ec. Z', ne seguej che dovrà essere Z"' — Z ; e però ec. I.* Nella presente supposizione la Z' conserverà sempre il proprio valore, qnaluncjue siansi fra le a:', x' , x'", jr", x^ le tre radici , che vengon comprese nella supposta permuta- zione , e ciò si dimostra affatto, come precedentemente. 2.° Il Teorema medesimo è facile a vedersi , che si veri- fica eziandio , mentre si voglia , che i ris ' Z', Z ', Z", Z^, Z* radici della Z' — Miro nascan l'uno dall'altro per un' al- tra permutazione semplice di i.° genere fra tutte e cinque le oc^x', x'",x"",x" diversa dalla supposta nel (n.° i6) ; e (àò perchè anche in questo caso si verificano le Equazioni (IV). 19. Il coefficiente M della Z' — M = o deve avere un numero > a di valori disuguali fra loro. Se ciò si nega , lar Z' dovrà conservare il proprio valore per la permutazione fra tutte e tre le radici x , x' , x" ( n." prec. ) , e, ritenute le denominazioni precedenti, avre- mo Z' = Z" . In conseguenza di ciò la radice Z" = y (a:'") (ar"") (jr'") (jf) (jf") non cangeià di valore alla mutazio- ne fra le x"\ x'" x'' (5." Intr. ) ; ma se la Z" resta la me- desima pel cambiamento fra queste x'", x'', x" , pel cam- biamento fra le stesse x" , *■'" , x^ deve rimanere la mede- sinu^ anche la Z' ( n.° 17)- Dunque mantenendo la Z' il proprio valore eziandio per la permutazione fra le radici degli ultimi tre luoghi, per la permutazione istessa manterrà il pro- prio ancora la Z"' — f {x'\x""){x'){x''){x'^) (5.'' Intr. ), e pe- rò avremo Z" -f[x")[x'\x){x!''){x-^]^ =f {x"]\x"-){xyx-",{v) ; ma Z'*' = Z' ; dunque sarà ancora Z' ^= f {x"){x'''){x""){x'"){x') , e quindi Z' ~ Z" ( n.° 16) i ma pel citato (11.° 16) questo è H h h a im- 428 Della insolubilità' delle eqttazioni ec. iinpossibile .Dunque sarà ancora impossibile, che la nostra M non abbia un numero > 52, di valori disuguali . ao. Lo slesso coefficiente M della Z' — M=o avrà un numero maggiore di 5 di valori differenti fra loro . A cagione di essere M = Z' Z" Z " Z"" Tf, sarà M una fun« zione razionale delle x , x\ x"' , x"", x'", la quale conserva il proprio valore alla permutazione , per cui in (C) fomiansi i risultati della prima linea ; imperciocché per tale permuta- zione la Z' cambiasi nella Z" , la Z' nella Z" , la Z" nella 2.^ , la Z'" nella Z^ , e la Z'" nella Z', e al cambiamento re- ciproco fra queste Z', Z", Z"'j X"", Z" il prodotto Z' Z" Z'" Z * Z"' = M non cambiasi punto. Dunque i risultati, che nascono dalla M per tutte le permutazioni fra le x' , x" > eo. x" es- sendo tra loro uguali a 5 a 5 ( n." 9 ) , ne viene , che il numero ds' suoi valori diversi dovrà essere uguale , o sum- 1 2.0 multiplo di — r- = 9J[ , e però non = 5 ; ma lo stesso numero nou può uguagliare né il 3, né il 4 ( "•" '4)» e pel ( n.'' prec. ) de v'^ essere > a . Dunque ec. ai. L'Equazione da cui dipendono tutti i valori di M, non potrà essere della forma M' -h V = o . Supposto pel ( n.° prec. ) M rz 6? [x) (x") {x") (.r "") (.v"") , e cambiata in (C) la y in (p , poiché è questa una funzione, che mantiene il proprio valore per la pe'rmiitazrone , onde in (C) dal i.° si genera il ris.^ a5.° ( n.° prec), i differenti suoi valori pel (n.° 9) verranno tutti compresi tra i 24 della prima colonna verticale in (C) . Ora chiamiamo ot una delle radici peslme della uni- tà scelta opportunamente , affinchè le successive potenze a, a*, a' j a"*, ec. 5, e vengono tutti compesi tra i 24 della prima colonna in (C) i essa JM dovrà cambiar di valore per una , o più delle permutazioni , che far si ponno nella

4 3 perchè le sole x , x" , x" , x"" col candiiarsi fra loro ci danno in (C) i 24 risultati della prima colonna . Dun- que ancora il numero dei risultati M', M", M^ , SI ^, e pe- rò r esponente della « nell' equazione ottenuta i := «*, do- vi à non essere > 4 j '"^ P"l ( »•'' peej. ^ \ <. p : dun- que dovendo essere < p eziandio 1' esponente della a. nella 43o DìLLA insolubilità' delle equazioni ec. I = «♦, ne segue , che questa sarà uu' Equazione impos- sibile . a.° Cambisi la M di valore per una permutazione fra le X , x' y x"\ x"" semplice di a.' genere , e sia M' = 9 {x") (x'") (x) (x") (x'") . Qui pure a cagione di essere M" ~ xM' , ripetendo la stessa permutazione sulla M" , ne viene M' — ec M". Dunque col sostituire otterremo M' — «'M', e però i =: k'^ . In questo secondo caso il numero del risultati M' , M" deve essere sempre ~ a ; perchè sotto una pormutazio- ùe semplice di 2,.° genere , qualunque essa vogliasi , le X , x" , oc" , x'" nel cangiarsi fra loro contemporaneamente , non si possono prendere mai , che a due a due . Dunque r esponente di « nell' Equazione risultata essendo sempre = a, e però > ne viene, che anche questa i =• a* sarà un' Equazione assurda . Ora rifletto in generale , che qualunque siansi i due ri- sultati della <^{x') {x") (^x") (r*) (a'") tra lor differenti-, dai quali si rappresentano i due valori M' , M" = «M' , sempre può eseguirsi il discorso dei ( i.°j e a.° prec. ) , perchè nel passare dall' uno all' altro di essi à sempre luogo una per- mutazione fra alcune, o tutte le x > x" , x" , at * semplice di I .° , o di a." genere ( 8.° Intr. ) . Dunque risultandoci sempre in fine un' Equazione impossibile , ne segue, che sa- rà ancora impossibile 1' Equazione M'' 4- V = o . aa. L'Equazione^ da cui dipendono tutti i valori di una quantità Q , non può essere della forma Q*" -H V =^ o , men- tre essa Q sia una funzione delle x' , x" , ec. x" ^ la quale conservi il proprio valore per una permutazione semplice di l.° genere fra tutte e cinque queste radici, e mentre abbia- si /> > a . Fatto come nel ( n.° prec.) Q = (0 (,x'){x"){x"){x"'){x'') , si effettui su di questa funzione , e si replichi quanto si vuo- le, la permutazione ora supposta; quindi non verrà mai a prodursi alcuno dei risultati , che corrispondono in (C) ai a4 del- Di Paolo RamiMr . 4^1 della prima colonna verticale , perchè questi contengono tut- ti la x'' in fine , ed i quattro nati nel nostro caso dalhi ù;: {x) {x") {x'") [x"") {x") = Q' non ve la |()S^c)lO contenere ( 1.^ Intr. ) . Lo stesso succede in egual modo , mentre si effettui la nostra permutazione sopra qnaluniiue altro dei valori della Q, che corrispondono in (G) ai r . .'' a °, 'ò.°, 4-^^ ec. 2.^.^. Dunque 1' uguaglianza , che per 1' esposta permutazione suc- cede fra tutti i I20 vaioli delia Q, dovendo comprenderli a 5 a 5 , e dovendo quindi ridurre i valori tra loro diveisi I20 ^ , ad un numero uguale o summultiplo di — — = 2.^ , farà si, che tali valori diversi venan tutti compresi fra i a4 della prima colonna verticale . Ora , ciò essendo , e a cagione di /? >- a , essendo /? > 4 (n." 14)5 lo stesso raziocinio, e le sieste roi.st guenze , che nel {\\° prec.) àni;o avuto luogo sulla M, l'anno egualmen- te sulla Q . Dunque ec. a3. Supposta un' Equazione j' = Q, in cui Q possa avere uno , o più valori diversi, e di cui y' = f ix)[x' ){v"')[x""){x'') sia radice , io dico che chiamata y un' altra qualunque del- le sue radici , la j'"^ deve nascere dalla y' , per una per- mutazione semplice di J.** genere fra tutte e cinque le x' 3 x" ec. jf" . Se ciò si nega, suppongh^amo , che j*' proceda da y , cambiandosi contemporaneamente fra loro le x\ x'\ e fra loro le x"\ x'^x", cosicché si ahb\a/'''>-f(x"Xx'){x''')(;c"}(.r^;C.t'")(-r"'),y'^=/(^'}(--^')(-*^"')(-^-"'')f^')» 43a, Della insolubilità' delle equazioni ec. y"^^ =f(xXx")(x''Xx^){x'") , /^ ~f(x'Kx'){x^)ix")(r-^) , e si eseguisca qui pure il discorso de' (ii. i8j 21); vedesi, che, come SI a jK "= "^ J !. cosi deve essere ancora y = {a) U) (*> id) {b) 'e) ^ (d) > (>) »y \y^" = «/ , jK ' = a/ , 7 = «J > J = «75 e per conseguenza con la sostituzione successiva otterremo y ~ oc' y' , e pelò I =«, il che è impossibile . Ora qualun- que altra siasi la permutazione, per cui la j *'^ nasce dalla/', mentre questa non vogliasi semplice di i .° genere fra tutte le x' , x" ec. x'" , a cagione di essere il 5 numero primo , sempre ne viene la medesima conseguenza . Dunque ec. q4- Supposto neir Equazione razionale (E) ra = 5/?, iti cui J7 sia numero intero , e positivo , sarà impossibile , che essa (E) acquisti la forma /'^ -!- V n o . Facciamo y^ = Q ^ ne verrà Q^ -f- V = o . La ^ deve essere una funzione delle x , x" ec. x'" , che cambii di va- lore per la permutazione, onde in (C) dal i .° nasce il ris.** a5.° ; se ciò non fosse i risultati (G) , e però i valori delia y pel ( n.° 9) sarebbero uguali fra loro a 5 a 5^ e però di- 120 ventando n uguale , o summultiplo di — — rr 24 (n,® jS), o non sarebbe piìi n multiplo di 5, ossia =5/?. In conseguenza di ciò j io dico, che deve essere /? > 2 : imperciocché se si volesse /» = I ; allora i valori della y dovendo diventare sola- mente cinque, non potrebbero essere, che i cinque risultati della prima fila in (G) , e quindi sulla y^ -f- V = o si ap- plicherebbero gli stessi Teoremi de' ( n. 17, 18). Che se si voglia j» =: a ; chiamati in tal caso Q', Q" ec. Q'", y, y" ec. y'" i valori della Q , e della y corrispondenti ai ri- sultati delia prima fila in (G; , e Q"' , Q"" ec. Q", y'"\y'"' ec. 7* i corrispondenti ai risultati della fila seconda , dovrà essere Q' =: Q"; se ciò non si volesse diventando tutti fra loro di- suguali i risultati Q',Q",ec. Q* ( n.** 9), allora i diversi va- lori della Qj e però il numero p sarebbe > a contro ciò, che Di Paolo Rustistt . 43 3 che abbiamo supposto. Essendo adunque Q' =z Q" — j^c — Q", Q"' z= Q"" = ec. - Q' ( 11.0 9 ) , e pel ( i..° 1 1 ) dovendo ri- sultare Q' diverso da Q" , questi Q , Q" saranno le du« ra liei della Q* -4- V = o , e però avendosi Q' - |/^^ , Q"' - ì/~~V , la y -t- V = o si ridurrà alle due y^ — Q' = o, j^ — Q"' = o. Ma y , x' ec. 7" soni) i valori della y corrispondenti ai Q' = Q" ~ ec. r: Q* , ed y'"\ j"' , ec. y" i corrispondenti ai Q^' ~ Q" ' =: ec. = Q' . Durjqne i primi tra questi dovranno essere le radici della y^ — Q' =; o , ed i secondi le radici della y^ — Q"' = o . Dunque ancora sulla y^ — Q' =1 o applicandosi gli stessi Teoremi dei (numeri 17, 18), ne viene coirne nel ( n.° 19 ), che il numero dei valori della Q, e però il p dovrà essere > 2. Ora, ciò essendo, sopra della 0''-+- V = o à luogo il Teorema del ( n." ai ) , perchè la funzione Q pel ( n.° prec. ) deve conservare il proprio valore per una permutazione semplice di 1." genere fra tutte e cinque le x , x'\ ec. x'^ . Dunque risultando impossibile 1' Equazione della forma Q''-j-V = Oj sarà im-possibile ancora l'altra sup- posta y^^ -\- Y = o . Dal presente raziocinio si vede , clie in un' equazione y^ — Q~o, il numero dei valori della Q sempie dovrà es- sere > 2, qualunque siasi la permutazione senjplice di i.° genere fra tutte le x, x" , ec. x" ^ per cui- la y" nasce dalla y' ; e con raziocinio simile a quello del ( n.° 20 ) vedremo, che questo numero dei valori diversi della Q deve essere pur' anche > 5 . a5. Data a risolversi un'equazione algebraica determinata (F) ar^-f-Aa-""" -4 Bx"'~*4-ec. + V = 0, o questa è tale, che può immediatamente ridursi alia forma ( V ) {x-^b) (x""' -\- cx"'^' •Vdx"'~^ + ec. ) -0 , oppure all' altra (VI) ( X -4- a )" -f- ^ = o, -^ in cui e, è, e , che i." la Equazione, o le Equa- zioni, dalle quali dipendono, tro- vlnsi di grado minore di quello della proposta, o almeno scompo- nibili in altre di minor grado; i." dalle quali possan'.i in seguito de- durre i valori delle radici cercate. Appoggiati a questo principio jbbiamo nella Memoria sulla Ri- soluzione algebralca delle Equazio- ni particolari ( numeri iz. , io. e seguenti Tom. 9." Società Italiana ) considerato come indeterminabile il valore di quelle funzioni , Je quali dipendono da Equazioni ir- reducibili ad altre di grado infe- riore, e il grado delle quali sia non < m , essendo wt > 4 1' espo- nente dell'Equazioni date: ma tali Equazioni , quantunque di grado non ' H- Pj '"' -f- Qy '""' -4- ec. = o , le cui radici determinate ci possano somministrare le radici della (VII) . Rinuovo sulla (VIII) lo stesso discorso, e se que- sta Equazione può acquistare una delle solite forme (V), (VI), allora avremo tostamente il valore di una delle sue radici; se nò, per ottenerlo , converrà ridurre tale Equazione ad un'altra (IX) u" -+- Ru '"' + Su ''-'■ H- ec. = o , dalle radici della quale possansi ricavare i valori della u . Lo stesso si dice della (IX), e di tutte le altre Equazioni, che possonsi ottenere successivamente . Quindi si vede, che, qualunque siasi la (F), se essanoti I i i 2, à una 4^6 Della, insoesbilita' delle equazioni ec. à una delle forme (V) , (VI) , e se d' altronde è capace JI so- luziorie^, converrà necessariamente, che sia riducibile ad altre Equazioni (VIJ), (Vili) , (IX) , ec, 1' ultima delle quali sia capace di ricevere una delle forme accennate r se ciò non fosse, dovremmo continuare la serie delle trasformate (VII), (Vili), (IX) ec. all'intinito , e mai non giungeremmo ad otte- nere un valore algebraica determinato , per mezzo del quale si possa poscia scuoprire j ascendendo, qualcuna delle radici ddla (ÌX), delk (Vili) , della (VII), e finalmente delia (F)r . 27. Supponghiamo , che la (VII) &ia dotata di una delle indicate forme (V) , (VJ) , e che quiifdi si ricavi 3 = H. Di- visa tale Equazione pel binomio z — H , otterremo per qua- to uà' Equazione z"~' -4- ec. = o . Su di questa replicandosi gli stessi precedenti raziocini!, si vede, che non potremo ot- tenere qualche altro valore della z , se non mentre la s"'~* ■4- ec. =: o ed abbia per se medesima , o sia trasformabile in altra Equazione avente una delle solite forme, e lo stes- so si dice in seguito . a8. Supposta la (F) un'Equazione generale, il prìnio membro della (Vii) non può avere alcun fattore js' -h os '""*' H- ^z + u^ in cui r sia un numero intero < /z , e >• o , e r coelìf- cieiiti <2, ec. f, u siano funzioni razionali dei cofficienti M,N, ec". Essendo i coeficienti sì, ec. t , » funzioni razionali degli altri M, N, ec. dovranno per la generalità della (F), e quindi per la generalità degli stessi M, N, ec. , essere fun- zioni delle radici della (VII) tali, che non cambieran di va^ lore, qualunque permutazione si faccia tra le z,z\ec z. "^ , cosi chiamate le radici della (VII). Oìa con le prime r tra queste, cioè con le s', z" , ec. :: si rappresentino le radici della s'-f- flc '""' -4- ec. -4- ^c-t- « =0 : niuna di esse può es- ^jere uguale ad alcui>a delle restanti ;; ' ' , - "^ 9 ec. z'^^ , perchè si suppone , che la ( VII ) e per la natura delle tras- ibrmat* ( 4° latr. ), e per la generalità della ( F) non ab- bia Di Paolo Ruffini . ^Sj Lia per radici, che I valori della z ~f(x')(v") (x'") ....(x'*"^) tra loro diversi . Dunque nessuno di questi ultimi valori 2 ''"'"', ec. potendo essere radice della z' ■+- az*'~^ -4- ec H- f3 -f- w = o ; ne segue , che , se in luogo di z porrò la quantità z<'+') , il risultato 2^''+'> + a^^'+'-'-'-i-ec. -^^s^'"^'^ non potrà diventare ~ — « . Ora nascendo la z ' dalla s per una determinata permutazione fra le x\ z", x", ec. ,x, per la permutazione medesima nasce evidentemente ancora il risultato :s^'+'> -+-W'+'^— ' -+- ec. , + ^2^'+'^ dall' altro s '+Gs''~' -i- ec. -{- tz'. Dunque questa quantità s '-h cz"""* -H ec. -+- tz' , e quindi la — u , che I' uguaglia , sarà una funzione delle x , x" , x" , ec. , x , la quale per 1' indi- cata permutazione cambierà di valore ; ma ciò non può esse- re , perchè il coefficiente u deve conservare il proprio vaio- • i-v ( 9VÌ.\ re sotto quelle permutazioni fra le x , x" , ec. x , sotto cui lo conservano i coefficienti M, N ec. e questi nella sovraes- posta permutazione non cambian valore , perchè tanto la z come la s ' sono radici della (VII) . Dunque non potrà iieppur esseve , che ec '^ Dunque , mentre la (F) sia Equazione generale ^ è im- possibile, che una qualunque sua trasformata (VII), in cui 72 > I , sia capace giusta il ( n.° aS ) di ricevere la for- ma (V). ag. Noi non sappiamo risolvere le Equazioni algebraiche di forma diversa dalla (V) , (VI) , se non quando tali Equa- zioni siano di grado < 5 , o trasformabili in altre di grado parimenti < 5 , oppur dotate di una delle forme accennate . Dunque se nella (F) supposta non riducibile giusta il (n.® fiS) alle forme (V) , (VI) abbiamo m>^, non potremo mai ave- re la soluzione di tale Equazione , se non trasformandola o immediatamente , o mediatamente in im' altra di grado < 5 ^ 0 in 433 Dei:.!:>a insolubilità' delle equazioni ec. o in un' altra , che sia capace di ricevere nella solita nia- niera una delle indicate Ibrnie . 3o. Data sia a risolversi l'Equazione (D) . Essendo que- sta generale ( n.° i3 ) , e però prescindendo da qualunque valore particolare , e da qualunque particolare rapporto fra le sue radici , non potrà ricevere secondo il ( n." a5. ) né r una, né l'altra delle forme (V), (VI)^ né potrà avere al- cun fattore razionale , e però non ne potremo avere la solu- zione , se non che dipendentemente da una trasformata, dal- le cui radici possansi ricavare i valori della x • Tal tm^-for- niata verga rappresentata dalla (VII): pel ( i .*' Intr. ) dovrà essere z—f(x') (x") (x") {x") (x^) > e supposta questa pel [ ò." Intr. ) una funzione ^Igebraica razionale , i suoi valori di- versi dipenderanno dalla diversità dei risultati , che otten- gonsi per tutte le permutazioni fra le x' , x" , x" , x"" , x'° ( a.^ Intr. ) . 3i. Supposta la precedente z quella funzione, dipen- dentemente dalla quale deggiono immediatamente determinarsi i valori della x , e chiamati z\ z" ,z"', 2'", z" i valori diessa z cor- rispondenti ai cinque risultati , che nascono dalla z per una qualunque permutazione semplice di 1 ." genere fra tutte e cinque le x' , x" , x" , ^'^ , x^ ; io dico, che questi z ^ z' , ec. 2* deggiono essere tutti disuguali fra loro . Se ciò non fosse , posto per esempio z = z" , con ra- ziocinio perfettamente simile a quello del ( n.'' 9. ) , trove- remo , che a cagione di essere il 5 numero primo , deve ri- sultare z' := z' = z!" ~ 2"" i:r 2^ ( 5.° Intr. ) . Ora doven- do i valori della x dipendere da quelli della z , supposto , che le z . z" , ec. z" ci esprimano per esempio i cinque ri- sultati della prima fila in (C), e supposto che per esempio la X = X -\- G { X X X X ) dipenda da z , la ;f =: x -f; X XXX) dipenderà da z , la x x -h o (x x x x ) da z"\ la x'" = x'^ -4- o {x-" x' x" x" ) da z'% e, la x'' = x* •+- o {x' x' x" x"" ) da 2*. Dunque nella ricerca della x' dal- la a' , a cagione di essere z :=■ z" = ec == z'" , saremo pel ( IO.' Di Paolo Ruffini . A^q ( ìo.° Intr. ) necessariamente portati a dovere sciogliere una Equazione, di cui le x , x"j, ec. , x'" siano tutte radici , che è quanto dire a dovere sciogliere la stessa data Equazio- ne (D), ma ciò è quello, che non sappiamo, e che si do- manda j e lo stesso raziocinio per la natura delle permutazio- ni semplici di i.^ genere ( ó.*' , 7.^ Intr. ) à sempre luogo. Dunque ec. 33. Pertanto nella (VII) sarà 1' esponente n uguale o multiplo di 5 . Imperciocché se tale non fosse , risultando n lao • uguale o summultiplo di -7— = a4 ( a." Intr. ) , esistereb- be una permutazione , per cui I valori della z sarebbero tra loro uguali a cinque a cinque; ma essendo solamente cinque le radici x' , x' , ec. x'\ che compongono la funzione s, ed essendo il 5 numero primo _, tale uguaglianza non può succe- dere , che dipendentemente da una permutazione semplice di I.** genere fra tutte le x' , x" , ec. , x"" ■■, dunque per questa permutazione dovrebbe la z conservare il proprio valore , il che è contro del ( n.*' prec. ) . Supposto adunque n ~ 5k , la ( VII ) diverrà ( X ) ' z'^'~- Uz S"^-' -+- N^ J»^-* + ec. = o , e avremo 5k uguale, o sumnuiltiplo di 120, ed i coefficien- ti M , N , eC. funzioni razionali ( 2,.° Intr. ) degli altri A , B, ec. della (D). 33. La nostra trasformata (X) non è suscettibile giusta il ( n.'*> 25 J né della forma (V), né dell' altra (VI). Questa è una chiara conseguenza dei (numeri 24, 28). 34. Per determinare il valore della funzione z , conver- rà dunque ridurre la ( X ) ad altra Equazione, di cui cono- scasi la soluzione , e dalle cui radici possansi dedurre le radici della (X) (n." 29.). Sia la (Vili) questa nuova Equa- zione . Essendo la y funzione delle z \ z" ec. , e le s' , z" , ec. funzioni delle x\ x" , ec. ( i.** Intr. ), sarà ancora la y funzione delle x' , x'\ ec. Ora 0 questa y si vuole tale , che Cam- 44o Delia iusolubilita* delle equazioni ce. cambi di valore, qualunque permutazione semplice di i.'^ ge- nere si faccia fra tutte le x , x" , ec. , x" , oppure che lo conservi sotto qualcuna delle medesime . Nella prima di que- ste supposizioni ciò stesso , «he si dice d^i-Ua (VII ), ossia della (X) , applicandosi eziandio sulla (Vili) , ne viene , che quella medesima difficoltà , che incontrasi nella determina- zione della z, s'incontra ancora nella ricerca del valore del- la/, e però inutil diviene la considerazione di questo caso. Supponghiamo pertanto , che la y si conservi la stessa sotto qualcuna delle permutazioni ora indicate . Divenendo perciò i suoi valori tra loro uguali a cinque a cinque (7 °, g-', Intr. ) , r esponente p della (Vili) sarà uguale o sumniulti- 1 20 pio di — — = a4 9 e tra i risultati della prima colonna ver- o tlcale in (C) tutti verran compresi i valori disuguali tra loro della j , come sappiamo dalla dimostrazione del ( n.** 22,. ). 35. Sia /» > 2 , la (Vili) non potrà giusta il ( n "^ 2-5 ) acquistare né 1' una , né l'altra delle solite forme (V), (VI), Per riguardo alla forma ( V ) ciò non è che una conse- guenza del ( n " a8. ). Per riguardo poi alia (VI) se si vo- lesse la (VUI) riducibile alla (jy-+-a)''-f-è — e, suppo- sto j -H o = Q , ne verrebbe Q^ -^ b ^z o , in cui b per la ipotesi è funzione commensurabile dei coefficienti della (Vili), e però quantità razionale ; ma questa Q'' -4- è = o pel ( n.° 22 ) è un' Equazione impossibile . Dunque ec 36. Nella ( Vili ) presentemente supposta o si vuole » < 6 , oppure > 5 : cominciam dal supporre /? < 6 . Pei ( numeri 34, 14 ) "^^^ potendo in questo caso risultare p > 2 , la (Vili) diverrà (IX) 7^ -4- Py -f- Q = O , e supposto/ — €p' {x'){x') (x"')(x"" (x") , e cambiata nell'an- nessa Tavola in (B), e (G) la / in ec, , x^ corrispon- denti alle z , z" , ec. z^ . Fissiamo ora 1' attenzione sopra il caso presente, e dopo di esso faremo le nostre riflessioni so- pra degli altri . 89. Poiché la (z+c)^ — M = o proviene dalla (XII) ( n.** prec- ) , i diversi valori della M dipenderanno dai va- lori dei coefficienti g, ec. della (XII) ; ma questi g", ec, dipendono dalla y ( n.' 87 , 33. ) ; dunque dalla y di- penderanno eziandio i valoii della M: ora questa / à sola- mente i due valori y', y" . Dunque fra tutti i valori della M altri dipenderanno da y' , ed altri da y" . Cambiata pertanto in (B) , e in (C) la y in (pi giacché nel modo istesso , che si è indicato nel (n.** 2,0) , si trova che la M =: <^(,x')(x' Xx"')(x"'')(x'") è una funzione razionale, e per la dimostrazione del ( n.'^ 22. ) i 24 risultati della prima colonna in (C) , ossia i 24 (B) tutti ci rappresentano i valori di essa M una , o piìi volte replicati _, sì quelli che corrispondono ad y', come i dipendenti da j" ; ne viene che i primi tra questi, cioè quelli che procedono da. y' , saranno evidentemente i corrispondenti ai dodici della prima fila in (I) ( n." 5 ), e quelli che proce- dono da 7", saranno i coiTispondenti ai dodici della fila se- conda 40. Supposto , che Q ci esprima una funzione algebrai- ca razionale delle x' , x" , ec. , x'" , la quale non cambi di valore sotto una permutazione semplice di 1.* genere fra tutte e cinque queste radici j io dico che corrispondente- nieu- Di Paolo Ruffini . <^^3 niente ad j' il numero dei valori tra loro difFerentl di essa Q licn può essere che =12, oppure = 6 , oppure = i . Chiamiamo Q, Q'", Q", Q% Q" i risultati che provengono da Q' = F (.v) (r") (^x") {x'") (.1') per la permutazione sem- plice di i.° genere ora supposta . Essendo per la ipotesi Q' = Q" =. ec. = Q', tutti i valori della Q fra loro diver- si verranno compresi fra i 24 della prima colonna in (G) ( n.° aa. ) , e tra questi i dodici che corrispondono a quel- li della prima riga in (I) saranno i dipendenti da j' (n."' prec.) . Ora questi dodici valori della Q o voglionsi tutti disuguali fra loro, o nò; se si vogliono disuguali tutti, allora il la esprimendone il numero , il Teorema resterà provato nella prima sua parte. Che se tra di loro vuoisi che esista una qualche uguaglianza ; provenendo essi pel ( n.** 7. ) 1' uno dall' altro solamente o per una permutazione semplice di 1.° genere fra tre delle x , x" , x" , x" , o per una di gene- re a.*" fra tutte e quattro queste radici ; ne viene che Q' = F (x-) ( i , do- vremo necessariamente cadere in un' Equazione di 12,.", op- pur di 6." grado, che supporrò essere la Q ' -h ec. = o , in cui i ~ t , oppure zi 2 . Questa Equazione poi non è ca- pace di ricevere gmsta il ( n.* a5. ) né 1' una, né V altra delle forme (V) , (VI) ; come può fiicilniente vedersi per rap- porto alla prima (Vj con lo stesso raziocinio del ( lu" a8 ) e per 446 Della, insolubilij-a' delle equazioni ec. e per rapporto alla seconda (VI) , col supporre la Q'^' + ec, = o ridotta alla { Q -{- a f' -\- b' ■=^ o col fare Q 4- a n R , e con 1' eseguire sulla R * -4- ^' = o dei discorsi per- fettamente simili a quelli de' ( n.^ aa.^ ai ) . 4a. Venendo presentemente alla determinazione della M dipendentemente da y' ( n." 89 ); pei ( numeri 19 , 24, 39 5 40 , 41 ) saremo , in ciò fare , condotti ad uà' Equazio- ne M -I- ec. =x o , da cui non possiamo ottenere imme- diatamente alcun valore della M ( n.° a5 ) . Dunque per avere un simil valore 3 converrà procurar di lidurre questa M ' 4- ec. = o ad altra Equazione di soluzione cognita , e dalle cui radici sappiamo ricavare il valor delle sue . 43. Sia N' -4- ec. = e questa nuova Equazione, e sia N ~ ^' (j;') {x") {x") {x"^) (•*■"]• I suoi coefficienti sono fun- zioni razionali dei coefficienti della M H- ec. ~ o , poiché la N' -4- ec. = o non è di questa, che una trasformata ( a." Intr. ) : ma i coefficienti della M ' -H ec. = o sono funzio- ni razionali della y ( io.** Intr. ) . Dunque saranno fun- zioni razionali della stessa/' ancora i coefficienti della IN'-f- ec. =10, e quindi da questa /' dipenderanno le sue ra- dici N' , N " , ec. N ^' , dipendendo dall' altra y" le quanti- là N^'"^'^ , N'^"*"'^ , ec. , N'*^^ radici di un' altra Equazione simile alla supposta . O vogliamo che la N cambi valore, qualunque permu- tazione semplice di i.° genere si faccia fra tutte le x' , .r", ce., x" i o si vuole che rimanga la medesima sotto una di esse , \° Abbia luogo il secondo di questi cy^i . lutale ipotesi i valori della N corrispondenti ad y dipenderanno pei ( n.' 40, 4' ) ^^ "'^' Equazione N -H ^' ~ o , oppure da un'altra N"' -H ec. =; o non suscettibile giusta il ( n.° aS ) di Di Paolo Ruffini . AA-r di alcuna delle forme (V) , (VI) ; ma se la N dipende dalla N -4- Z'' = o , allora la difficoltà medesima che incontrata abbiamo , nel voler determinare la M dalla /' , s' incontra nel volerne la determinazione da N =: — Z»' ; e se la N di- pende dalla N -I- ec. ~ o , allora la stessa difficoltà che incontravaii a determinare dal a /' li M * s' incontra a de- terminarne la N . Dunque in «jues^o caso sarà inutile pel no- stro intento la ricerca di una nuova E(juazioue K^ + ec. = o. a.^ Mutisi la N di valore sotto tutte le indicate permu- tazioni . In questa supposizione , come nel ( n.® H-2 ) vedre- mo che r esponente della N^ -f- ec. ~ o sarà uguale o multiplo di 5 . Ciò essendo ^ suppongo q =: 5 h , e poiché col raziocinio del ( n° 28 ) si trova che la N^ -4- ec. =: o non può avere giusta il ( n.° 2,5 ) la forma (V), o vuoisi che essa abbia 1' altra ( N -I- a) ^ + T ~ o , oppure la terza N'* + aN^*"' -+- m^^~' + ec. = o . Nel primo di questi casi fatto (N + «) z: Y^ e ottenuta la Y' — T~ o, per la determinazione del coefficiente T , e quindi per quel- la della quantità Y, e della N^ come si vede dai ( n.* 58 , e seguenti), cadremo nella stessa difficoltà, che abbia- mo incontrata nel volere determinare il coefficiente M della Z^ — M = o . Che se l'Equazione in N è della forma N' -|- cN "* -4- ^N' * + ec. = o , non potremo avere alcun valore della N, che riducendo tale Equazione ad altra di so- luzione cognita , le cui radici ci possano servire alla deter- minazione di un simil valore ( n." 29 ) . — 44- Sia P' 4- ec. z: o questa nuova trasformata . Ciò stesso , che abbiamo detto della N^ -f- ec. = o ( n.' 43 ) , applicandosi egualmente alla P' H- ec. = o , ne viene che il suo grado, e però r dovrà essere = i oppure = 6/, op- pure = 5/, essendo / un numero intero, e positivo. Ora se /• = I , la P avendo allora un sol valore P' corrisponden- te \ 44^ Della insolubtlita' delie equazioni ec. , te ad y ; la stessa ditTcoltà , che ci si oppone* nel cercare i valori della N dipendentemente dalla y', ci si opporrà egual- mente nel cercarli dalla P' ; aia essi dalla y' non si possono tosto ottenere, perche le radici della ^'^ + «N^*-» _j_ ^,N"^~*' H- ec. = o dipendendo tutte egualmente dalla y , da essa y non ci possono venire somministrate, che tutte insieme raccolte in questa Equazione , la quale priva pel (a.° n.° prec.) di ambedue le forme (V) , (VI) non si può sciogliere imme- diatiimeiite . Dunque neppure dalla P' potranno tosto otte- Bersi gli indicati valori della N . ,_ Vogliasi /• = 6i , ovvero = 5/". In questi due casi , co- inè si è veduto non potersi tosto determinare alcun valore della N dipendentemente da y\ mentre nella N^ -+■ ec. = o abbiasi q = 6i, oppure =: Sh { n* 4' » 4'^ pres. ), co- sì egualmente si trova non potersi dalla stessa y' ricavare to- stamente alcun valore della P . Che se si voglia questa P' -!- ec. ^= o riducibile ad al- tra Equazione; applicandosi su quest' altra il raziocinio me- desimo , e replicandosi questo sempre successivamente ; ne segue che per iscuoprire il valore della M coefficiente del- la Z' — M= o ( n.** 38. ) in conseguenza della /', la de- terminazione delle quantità N , P^ ec. è inutile, eppure im- possibile . 45. Veggiamo se 1' Equazione M ' H- ec. = o oppure r altra W -\- ec. = o , o la terza P' -f- ec. n e , ec. sia riducibile ad altra , che abbia per incognita la stessa M , od N , o P, ec. , e che dotata di una delle forme (V), (VI) , op- pure di un grado < 5 ci possa pei ( n.' iS , ag ) som- ministrare con la sua soluzione il valore dell' incognita cor- rispondente. Sia N -h clN + ec. = o questa Eqn.i'ione* a cui supporremo ridursi la N' -I- ec. = o ; i suoi coefficien- ti ec. dipendendo dalla y'f come ne dipendono le quan- tità M, N, P, ec. , saran tali che su di loro avran lurgo i discorsi medesimi de' ( numeri precedenti ) e però dicendosi dei i Di Paolo RuFFiKrr . ^^t) del cofficientl e, ec. ciò stesso che abbiam detto della pre- cedente quantità P , ne segue che o sarà impossibile la lo' ro determinazione ; o se è [xissibile , siccome nelT unico ca- go , che abbiano per cadauno un sol valore corrispondente ad y ; allora dovendo essere tutti questi coefficienti e, ec, tante funzioni razionali della y\ con un raziocinio simile a quello del ( n.° a8. ) troveremo essere impossibile 1' esisten- za della N -+- eN ~ -4- ec. = o, il cui primo membro.non è in fine , che un fattoi'e del primo membro delia N' -+- ec. = o . 46. i.° Supponghiarao nella (Vili) /? = i . I vrlori det- la nostra M corrispondenti ai dodici risultati della prima fila in (I) essendo in numero di 6i disuguali fra loro (n.°4i), ne viene , che mentre vorrò cercare dipendentemente dalla y H- P n o un qualche valore della M, col ripetere gli slessi discorsi dei ( nnmeri 4^ i ^ seguenti ) giungeremo al- le medesime conseguenze de' ( numeri 4^ > ce. ,4-5 ) • I a.« Abbiasi nella (Vili) /; > 5 ( n « 36 ) . Essa (VITI) pei ( numeri 34 j aSj a8 ) jioa può avere né 1' una, né r altra delle forme (V), (VI), né può avere fattor raziona- le ( n." 28 ) . Dunque , affinchè possa ottenersene la solu- zione , converrà ridurla all' altra (IX;, dalle cui radici si possano ricavare i valori della y . Ora in questa (IX) suppo- sto pel ( n.° 34 ) P esponente g uguale , o summultiplo di 120 —r- = a4 , o si vuole esso < 6 , ovvero > 5 . Se sia 5 ; dicendosi su di es- sa ciò stesso, che abbiam detto presentemente su della (VIII)j in cui jo > 5 , ne verremo alla medesima conclusione » 47- Dunque , per quanto si progredisca avanti la serie delle trasformate (VII) 3 (Vili), (IX)^ ec. avendo sempre luo- go le stesse conseguenze de' ( n.' 44 ' 4^ ' 4^ ) ' conclude- remo essere impossibile la determinazione algebraica del coefficiente M nella 1} — ÌA. -=. o, e però nella (s + a)! _ M = o ( n.* 38 ) . 48. Riflettendo presentemente a tutti gli altri casij che ci siamo proposti nel ( n.*^ 38), osservisi, che questi si so- no tutti considerati sulla Equazione N^ -+- ec. = o del (n." 43), e che cangiata la N in s , 1' esponente q in hli , tutti perfettamente i discorsi , -che abbiam fatti sulla N^4-ec. Z:c, si fartno in egual maniera sulla z* -\- gz^ * -f- ec. = o . Dunque venendone le conseguenze medesime ^ concluderemo, che qualunque supposizione si faccia non può aversi la de- terminazione della z dalla j né mediatamente , né immedia- tamente . 40. Un' Equazione generale di 5.° grado (D) è incapace di soluzione algebraica . Pei ( n.' 3o , 3i , Sa ) non possiamo ottenere il valore delle x\ x" , ec. , .r" radici della (D) , se non determinando il valore di una loro funzione z radice della (X) . Ora que- sta z non si può determinare pei ( n.' 33 , 34 ) , che col mezzo di una quantità y' radice di una trasformata (XI) , op- pure 7 + P = o ( n.' 36, 45, 46 ■) , ed inoltre i valori di essa z dipendenti da y non possono , che essere insieme col- legati in Equazioni della forma ( z -jr a y — M ~ o , op- pa- Di Paolo Ruffini . ^5 1 pure della s'* -^ gz'^'~' -+- ec. = o ( n.' 38, 48, 43 ) . Duiioue nel primo eli questi casi essendo impossibile la de- termiiiazioTie del coefficiente M ( n.° 4? ) ' ^ ^^^ secondo impossibile la determinazione della z ( n." 4^ ) » ^^ viene che sarà ancora impossibile la determinazione ilelle x' , x" , ec. , x"" 3 e però ec. PARTE SECONDA Della Insolubilità delle Equazioni tutte algebraiche generali di grado superiore al 5° 5o. Sia la (F) un' Equazione algebraica generale , il cui esponente m sìa > 5 , e formata con le sue radici una fun- zione qualunque algebraica , e razionale (G) f{x)(x")(x"){x'^)(x^Xx:")(x-") .... (/"') , che pongo = Z , si scrivano nell' annessa Tavola in ( K ) ni due linee orizzontali tutti i risultati, che provengono succes- sivamente dalla (G) , e dall' altra funzione (II) /(^")(f ')(*''")(:t'")(^')(^-")(^'"') • . . • {■^^'") , col portare nell' ultimo luogo la radice esistente nel primo, e venendo così a formarsi in ciascuna riga un numero m di risultati ( 7.® Iiitr. ) , cadauno dei quali non è che un va- lore delia Z, chiamiamo quei della prima riga corrisponden- temente Z' , Z" , Z" , Z'", ec. , Z^ , e quei della secon- da Z "'-^'^ , Z^'"+^> , Z^""^'^ , Z"'^^\ ec. Z^*"^ . 5i. Nella ipotesi di Z' = Z' , come nel ( n." 9 ) si ri- trova, che risulta Z' = Z" = Z'" = Z" = ec. = z''"^ e però che per questa permutazione i valori della Z sono fra loro uguali ad m ad m ( 9.'^ Intr. ) . Nella ipotesi poi di m numero pari, e di Z' =• Z ", nella medesima guisa si ritrova dover essere Z' rr Z'" = Z" - ec. = Z^"'~'^ e Z" = Z'" L 1 1 a = Z" 45a Della insolubilità' delle equazioni ec. = Z'" = ec.= Z^"*' , e però i valori della Z uguali tra loro in m ad — ad — . a 2, 5a. Se la funzione Z conserva il proprio valore per tai> te permutazióni semplici di i.° genere fra tre radici, la pri- ma delle quali riguardi le radici de' posti i.°, a.° , e Z.' , la seconda le radici de' Inoglii a.° 3 3.° , 6^° ^ la terza le ra- dici de' luoghi 3.* , òf.'^ , 5." , e cosi di seguito fino al fine della funzione ; io dico che in questa ipotesi dovrà essere Z' = Z" , mentre m sia numero dispari, e sarà Z = Z'" , mentre m sia numero pari . 1.° Sia m numero dispari: per le successive ora suppo- ste permutazioni delle radici a tre a tre , la x nella Z' po- trà passare successivamente prima dopo le due x' , x\ poi dopo le due x" , a;'" , e così in progresso , conservandosi k x" immediatamente innanzi aJla x" , la x" innanzi alla x^ , tc>, e i risultati f[x) {x") (X ) (:.-) {x^ (a;-) (x^") . . . . ". (x^"^' ) , f{x') (;.'"). (a:") [x^) ( x ) (x^' ) {x^") ..... (x^"^), ec. , che ne nascono saranno tutti uguali fra loro , ed =: Z ( 5." Intr, ). Dunque a cagione di m numero dispari, es- sendo di numero pa.ri le radici x" , x'" , x"" , x'" ^ ec. , x ' ; ii risultato Z" altro non sarà, che V ultimo di quelli, che abbiamo ora determinati , col far passare oltre per ogni due radici la x"^ . Dunque avremo Z" ~ Z' . a.° Sia m numero pari , Per le stesse supposte permu- tazioni possiamo in Z' far passale contemporaneamente le x , x" nella rispettiva posizione in cui si trovano, al di là della x" , quindi al di là della a;", poscia al di là della x" , e così di seguito e ne verranno i risultati f[x") {x) {x') (x'ni^n (^"') {^■"') {~^^""), f{x') {X-) {x') {x") {x^) [x-") (^-") ..... (x^""), ec. r^ Di Paolo Rappiwr .■ 4S5 ' ec. tutti uguali fra loro , ed = Z' ; ma V ultimo di questi non è evidentemente che Z'" . Dunque sarà Z " =: Z' . 53. Ritenuta la supposizione del ( n.^ prec. ) , nei caso di m numero pan avremo il risultato Z — a . Se m e numero pan, in l. le radici x , x , x , :<•■", -v"', x"" , ec. x^*"^ degli ultimi m — i luoghi saran di numero dispari , e però col modo accennato nel ( i.° n.° prec. ) potremo far giungere la x all' ultimo luogo, e ci verrà per tal guisa il risultato /(.v") {x') ix") {X") (x^) (X-') C.t>') {xy, il quale per 1' ipotesi fatta sarà ~ Z "* ' , ma questo non è che il risultato Z" . Dunque sarà Z r= Z" . 54. I valori della Z differenti fra loro se -sono di un nn- mero < 5 ; essa Z dovrà conservare il valor proprio sotto le permutazioni tutte, che abbiamo supposte nel ( n." Sa. ). Consideriamo in primo luogo i 120 risultati che nascono dalla Z', effettuando in lei tutte le possibili permutazioni fra le cinque radici x' , x'\ x" , x' , a:". Poiché questi non sono , che i corrispondenti a quelli della Tavola (C) , come nei ( n.' i4> IO, 12,9, 5 ) facilmente si trova, che tra essi i risultati di valor differente , non potendo per la ipotesi essere piti di quattro, non potraUiio neppur essere più di due , e tali sa- ranno i due Z', Z*" ' corrispondenti in (C) ai due i.", a.°. Dunque la funzione Z' manterrà il proprio valore per la per- mutazione semplice di i." genere fra le x., at" , .r " , e per r altra fa le a*", x"" , x'" \ se ciò non fosse', se per una di tali permutazioni la Z' si cambiasse, allora tra questi primi lio i valori della Z tra loro diversi non sarebbero più due, ma tre contro del cit°. ( w.° 14 )• Consideriamo in seguito i lio risultati, che formaosi per tutte le permutazioni fra le seconde cinque radici a-", jf'" , a;'", x^ , x"' . Dovendo i valori della Z tra loro disuguali essere meno di cinque , ap- plicato su questi altri 120 risultati il discorso medesimo, che ab- 4-^4 Della insolubilità' delle equjìzioni ec. tìbbiam fatto sopra i lao primi nati dalle permutazioni fra le X ^ x\ x" , x'" , x^ , troveremo in egual modo pel ( n.'' 14 ) , che la Z' manterrà il proprio valoie per la permuta- zione semplice di ! ." genere fra le x" , x'" , x" , e per l'al- tra fra le at', at' , x"' . Facendo in terzo luogo il discorso istesso sopra dei 120 risultati , che provengono dalle permu- tazioni tutte fra le x"\ a;', x'^ , x''' , x'"" , se ne ricava la medesima conseguenza ; dunque la Z' non Gambiera di valo- re neppure per la permutazione semplice di 1 .^ genere fra le x'" , x'^ , x'" , e fra le .r" , x"' , x"" . Lo stesso si prosegue sempre a dire successivamente fino alle ultime cinque radici X , X ì oc , X , X ' . Dunque nella fatta supposizione conservando la Z il proprio valore per tante permutazioni semplici di i." genere, la prima tra le x , x'\ x" , la seconda tra le x" , x" , .r"" ^ la terza tra le x" , x'^ ■, a," , e cosi di seguito fino alla permutazione fra le ;t~*\ x""~ , X ' i & conservandolo dipendentemente dalla forma della fun- zione , perchè a cagione di essere V Equazione (F) generale ( n." 5o ) , prescindiamo da qualunque valore , o rapporto particolare fra le sue radici x\ x' , x'", ec. x"" ; ne segue che uno qualunque dei risultati Z' , Z" , Z'", ec. , e però la Z in generale manterrà il proprio valore per le permutazio- ni supposte nel ( n.° 52 ) . 55. Nella supposizione che i valori della Z disuguali fra loro siano di un numero r, se questo r è < 5 , non po- trà essere > a . (*) i." Co- C) Il presente Teorema è sta- grado 6.°, e nel ('n." 289 ) è sta- to da me esposto per riguardo to per analogia supposto rapporto alle Equazioni di j.'' grado nel ^.Ue Equazioni di grado ulteriore. ( n." 276. Teor. delle Eq.' ), nel Confessar deg?ìo però, che (juan- ( n." zSj Tror. ) e stato enuncia- tunque sia esatta la dimostrazione to relativamente alle Equazioni di del (" a-* ijó.), tale non è quel- Di Paolo Ruffini . A!^S 1.° Cominciamo nella nostra Z a supporre 777 = 6 . [^ questo caso aifin di avere tutti i i. a. 3. 4. 5. ó = ^-ao ri- su I- ia del e n.° i8y. ^; ed il primo a dimosirare con tutta esattezza un simil Teorema relativamente a tut- te le Equazioni è stato Pietro Ab- fcaii nel ( n.° i6 ) della Lettera precedente. Siami quivi permesso di porre alcune addizioni , e correzioni da farsi in varii numeri della mia Teo- ria delle Equazioni . Sul fine del Cn.' 2^4^ all'espres- sione -vedremo egualmente dover es- tere p~ nghi . . conviene aggiun- gere: „ mentre i numeri g, h, i ec. siano, presi a due a due, pri- mi fra loro ; che se due , o piti fra questi , per esempio i due ^, h anno un divisore comune, se sia ^ = rfc, h~rl, essendo r il loro massimo comun divisore, a!» lora risulterà p= nrklt... In ge- nerale il numero p deve sempre avere il minimo valore multiplo di cadauno de' numeri a,h,c, ec. „ Il Teorema del ( n.° 166 ) de- ve esprimersi , come segue . ,, Chiamato ^ il numero totale delle radici , che impiegansi in una da- ta permutazione formata di due sole componenti, per cui la y non cambia di valore , se questo q sia numero primo , la permutazione supposta non potrà essere sola- mente semplice del genere secon- do. „ Quindi nella dimostrazione deve togliersi la porzione. Nel mO' do is tesso, se tre, quattro, ec. sono le pnmHtav' — I, ec. le immaginarie, quindi chiamato m il grado dell' Equazione propo- m(m — 1 ) sta n — il grado del- la Equazione delle differenze, chia- mato p il numero delle radici rea- li in quella, e 2^ il numero delle immaginarie, cosicché m — p^ i a, dice che in questa dovranno aver- r/'-i) Si p radici reali positi- 45Ó Della iksolUbilita' delle equaziO'ki ec. sultati , che da essa provengono per tutte le permutazioni possibili fra le x 3 x" , x" 3 x , a;" j x'^\ è chiaro j che al- tro- ve, ^ reali negative, e iq(p + q — i) immaginarie . Esponendo queste osservazioni del celeberrimo Auto- re nella mia 1 eoria delle Eqiia- zior.j, asserisco lo stesso io pure nel ( n.** 191. ); ma però convie- ne riflettere al ca'^o considerato nelle stesse Addizioni ( Remarq. IV. ). Se in ccnseguenia di que- sto caso abbiasi per esempio la radi- ce 4=: a, oppure « =; y(n. 14, 15), «llcra il numero ^ delle radici rea- li negative nella Equazione delle differenze deve aumentarsi di x corrispondentemente alle radici — ,?•', — i/, oppure di 4 corrispon- dentemente alle- (j — f)%*-f/?- J'}*, -C,i + ^/,-(/j-|-f/. Che se si velia /S =; J" , allora resterà au- ù(p — l) mentato di 1 il numero 2 delle radici positive reali in cor- rispondenza dei risultati (a — >-)•, (« — > )'. Ora, mentre accada si- mile accidente , è facile a veder- si , che nella Equazione delle dif- ferenze il numero di quelle radi- ci immaginarie, le quali perciò di- vengono reali o positive, o nega- tive, è sempre pari: dunque chia- mato irli numero di queste ra- dici divenute reali positive, ly il ntimero delle diventate reali nega- tive, affine di esporre la prece- dente proposizione con tutta U generalità , sembra doversi dire, che nella Equazione delle differen- ze il numero delle radici reali po- smve uguaglia '-i-i -f- tri quello delle reali negative ugua- glia q ■+- 2/, e quello delle im- maginarie è =: iq(p-+- q — i) — i*" — i/, potendo questi nume- ri r, / uguagliare lo zero, ed es- serne maggiori . Supposta nel ( n." 137 Teor.- delle Eq.' ) l'Equazione x -i-Bx* -f-Cx-f- D — o, e chiamata y'' Q>»4- K/ + Sjr^-HTjr* +\'y-t-7j =: o la sua trasformata nelle dif- ferenze , espongo i valori de' coef- ficenti Q , R , ec. Z espressi per gli altri B, C, D: tali valori so- no qiie' medesimi , che espone Lagrange nell' indicata Memoria ( n.° 30 Remarq. Ili. ), avuto ri- guardo alla differenza dei segni tra le Equazioni da me suppo- ste, e le supposte dal Ch. Auto- re 5 ma questi non jono i giusti valori; essi vengono dall' immorta- le Làgrange corretti in parte nell aureo Libro ( De la RésoUii, des Di Paolo RuPFiKr . ^^5^ tre non «JoLLIam fare^ se non che scrivere nell' annessa Ta- vola in fine di tutti i risultati (C) la x'"' , e poscia su cias- cuno di essi eseguire la permutazione indicata nella Tavola nella prima linea di (K) . Ora volendosi a, ossia il numero dei valori diversi della Z < 5, gli accennati 120 risultati ■aventi la x""' in fine si riducono ai due soli i.*',3.° (n.° 14)» ossia ai due Z' , z'*"*" = Z""" . Dunque in conseguenza del cit.** ( n.** 14 ) i 720 valori della Z si riducono ai soli a . 6 = 12 delle due file (K) ; ma essendo r < 5 , pel ( n.' prec. ) la Z mantiene il proprio valore per le permutazioni supposte nel ( n.® 5a) , e in conseguenza di ciò per lo stes- so ( n.® Sa ), e per èssere m = 6 numero pari , abbiamo Z' = Z'", e pel ( n." 53 ) Z"" = Z". Dunque pel (n* 5i ) la Z' = Z" dandoci 'Z' = Z" =: Z" , Z" - Z" = Z" , Z"" = Z" = Z", Z""' — Z" = Z"" , per 1' altra Equazio- ne Z"' = Z" otterremo Z" = Z'" =■ Z"' = Z^" = Z" - Z"' , e cosi Z' = Z'" =: Z" — Z^" ^ Z' = Z'". Dunque i valo- ri della Z fra lor differenti saranno in fine due soli , cioè i due Z', Z" = Z"" , ossia in (K) i.% 2.^ . a.® Sia m ■=■ 1 . Per ottenere, tutti gli i. a. 3. 4- 5- 6. 7 = 5c4o risultati, che nascono dalla Z per le permutazioni fra le x , x" , ec. , x^" , non devesi che aggiungere la x"" ' sul fine di tutti i 720 risultati , che son provenuti da tutte le permutazioni fra le x , x" , ec. , x'*' , e poscia su ciasche- duno di questi eseguire le permutazioni della prima linea in Tomo X. M m m (K) . Equat. niimeriq. pag. 50 n.' 39 Tr: 173^+146^0 + 4880*—. Remarq. III. ): i valori veri pe- iiiD* tò, se non m'inganno, sono i se- V =: 4B* + 3 iB^D+ i 8B* C*— . guenti. 151 BD^ + i£« C* D Q = 8B Z= i(JB'*D-.4BJC»-'ij8B*D' + R=:iiB» + 8D. 144 BG*D — zy G*-^ ij(JDJ S =5 1.8B* -fr. i6BD-»-itfC» 458 Della insolubilità* delle equazioni ec, (K) . Ora per la ipotesi di r < 5 > i 720 risultati che anno la a"" in fine» si riducono pel ( prec. i.° ) ai due soli i.^ , e a." , ossia Z' , Z^"'"*"^ — Z"'" . Dunque per questo. ( prec. 1° ) ì 5o4o valori della Z vengono ridotti ai a. 7 = 14 ac- cennati in. (K). Ma a cagione di r < 5 , e di m ~ 7 nu- mero dispari pei tre ( n.' 54 , i-** Sa, 5r ) ci risulta Z' =r Z" — Z"' = Z'" = Z' = Z^' = Z"", Z'"'" = TI" ^Z' — Z"' = Z*" ~ Z""' =■ Z""" . Dunque ancora in questo caso i va- lori disuguali della Z saran. duo , cioè i due Z' , Z"" ,, ossia in (K) i.«, e 2.° &°. Facciasi m = 8. Formati tutti gli i.. a. ....... 8. ~ 4©3'ao risultati della Z. nel modo istesso^ che abbiamo in- dicato nei ( prec' i.'' , a.° ) , osservo che essendo r < 5, i 5o4o risultati aventi la x"'" in fine ridnconsi ai due soli j « , e 2.° , ossia Z' , Z^'"'^'^ — Z'^ ( prec. a.« ), e quindi lutti i 40820 ai 2.8 = 16 esposti in.(K). Ora per la ipote- si di r < 5 , di 77Z = 8 numero- pari, e quindi pei ( n.* 54? G.' 5a, 5r, 53 ), abbiam Z'' = Z'" = Z" = Z"" = Z" =:. Z!"' ~ Z'". Dunque ancor quivi due soli saranno i valori diver" si cioè in (K) i due \P y 2.° . 4.*' Se vogliasi m = 9, 11, i3, ec, col raziocinio del ( prec. 2.° ) , e se vogliasi /tz =: io , 12 , 14, ec. , col ra- ziocinio de' ( prec. i.°, 3.° ), sempre troveremo, che nel- la supposizione di r < 5 i valori della Z fra loro disuguali si ridurranno ai due soli 1.°, e 2.°, ossia (G) j (H). Dun- que ec. 56. Dunque rappresentandosi con la (E) del ( n.° i3 ) una trasformata qualunque della (F) ; pel { n."* prec. ) con-' eluderemo qui pure , siccome nel ( n.° i4 ), che, se si vuole r esponente della (E) cioè n < 5 , non potrà essere « > 2 . 57. Eseguita fu la funzione (G) una permutazione qua- lun- Di Paolo Ruffini . ^So lunque, e ripetuta questa quanto si può, ■se quindi nascono cinque risultati uè più , uè meno , tale permutazione non può essere che o semplice di i." genere fra «inque delle x , x" , x" , ec. , X , o semplice di genere 2.° fra dieci , oppur quindici j oppur venti ec. delle stesse radici , sotto cui muovansi «sse radici simultaneamente , e in corrispon- denza a due a due, oppure a tre a tre , oppure a quattro a quattro, ec, e questo è facile a dedursi dalla natura del- le permutazioni j e dall'essere il 5 un numero primo ( 6°, 7.' Intr. ) . 58. Volendosi la soluzione della ( F ) , sia z^f(x'y{x") {x") (x'") (x") (.x^) (x'") . . . (x''"^j la funzio- ne algebraica commensurabile { 3." Intr. ) , dipendentemen- te dalla quale si cerchi la determinazione immediata delle x' , x" , x"' j ec. , sr ( n.' ag. 3o ). Questa z dovrà essere una funzione , la quale cambi di valore ad una qualunque delle permutazioni considerate nel ( n.' prec. ) .• se ciò non fosse , se la z conservasse il suo valore sotto per esempio la permutazione, onde in (C) dal i.® producesi il ris.** aS." , allora per quanto si è detto nel ( n.** 3i ) , cercando da z il valore x , caderenimo necessariamente in un' Equazione , di cui essendo radici tutte le x' , x", x" ^ x""^ x'", non pos- siamo avere la soluzione { n.® 49 ) • Dunque l'Equazione in z dovrà essere di grado maggio- re del quarto , e tale supporremo essere la (VII) . 59. Nella ( VII ) i' esponente n deve essere multiplo di 5 . Il numero totale dei risultati uguali, o disuguali fra lo- ro, che nascono dalla z per tutte le possibili permutazioni fra le x , x" , x" , ec. , x^"' è = i. a. 3, , . . m ( a.° Intr.) , ed n uguaglia un tal numero diviso per un altro d ., indican- dosi con questo a quanti a quanti sono fra loro uguali gli M m m a espo- 460 Della insolhbjlita* i>elle equazioni eCi esposti r. a. 3 m risultati della z. Ora se n non «i vuole multiplo di 5 , questo 5 dovrà essere un fattore del numeio ti-, dunque fra tutte le permutazioni, le quali ren- dono i risultati di z tra loro uguali , una per lo meno \q ne sarà , che li rende fra loro uguali a 5 a 5 ; ma ciò pei { n.* 57, 58 ) non può essere . Dunque non potrà neppur essere che il 5 non divida esattamente il numero re , e pe- rò ec. Dunque supporremo re r: 5 K , in cui K sia numero intero , e positivo , e supporremo che 1' Equazione in z divenga la (X) ( n.*» 82. ) . 60. Supposta un' Equazione Z' — M = o, di cui Z' = ris.** 1.° ( n.° 5o ) sia radice , un' altra qualunque delle sue ra- dici , che chiamerò Z'"', non potrà provenire dalla Z' , che per una delle permutazioni esposte nel ( n." 57. ) . Poiché non vi sono che le indicate permutazioni del ( fi.°57 ), le quali possono produrre nella Z cinque risulta- ti di forma diversa né più , né meno j quivi avrà luogo la dimostrazione istessa del ( n.° aS ) , e però ec. 61. Effettuando con le prime radici x , x" , x", x'^, x" della Z' tutte le 120 permutazioni, e con i risultati che ne vengono, formata una tavola simile alla (C), suppongasi che la l!'^ del (n.°prec.) nasca da Z' per una permutazione sem- plice di i.*' genere fra queste prime cinque radici . In tale ipotesi si appHcheranno qui pure i Teoremi , e le dimostra- zioni dei ( n." i5 , i6 , 17 , 18 ), e pero verificandosi anco- ra quivi il Teorema del ( n.** 19 ), e la riflessione fatta sul fine del ( n.° a4 ) , ne segue che il coefficiente M della Z' — M =: o supposta nel ( n.° prec. ) dovrà avere tra i suoi risultati corrispondenti ai contenuti nella Tavola (G) un numero di valori > 2, , e questi esisteranno tra i 24 della prima colonna verticale . Facendo in seguito su tali valori una riflessione plena- men- Di Paolo Rai'PiNJ .t /^6i «dente simile à quella , che aLfeiamo fatta sul fine del { n.* 09 ), cangiati i valori /', y" colà esposti nei due (G) , (H) ( n.' 5o , 55 ) , e proseguendo dei raziocinii uguali a quelli dei (n.' 4^» ? 41 )-, iioveremo che fra gli accennati 34 valori della M i 6/ ( n." 40> ^''^ giusta il ( n.° 89 ) cornspon= dono ai risultato (G), ossia neil' annessa Tavola al i.*" in (K) j sono tutti fra loro disuguali. 62. Che se nella Z' — M = o la Z proveniente dalla Z' per una permutazione semplice di i.° genere fra tutte le x" , x'" , x"" , x^ , .T^', oppure fra le x" , x"" , x'" , x""' , x^" , oppure ec. : formata anche allora una Tavola simile alla (C) con i 120 risultati, che provengono dalle permutazioni tutte fra le radici corrispondenti x" ^ x"' , a,'", x" , a'"', ovvero x" , x''" , x" , a" , x^" , ovvero ec. , troveremo riguardo alia M sempre verificarsi quanto abbiamo poc' anzi asserito . Nasca finalmente la Z' dalla Z' per una permutazione semplice di 2.^ genere a nonna del ( n.° 57 ) , e succeda ciò cambiandosi contemporaneamente le a;', x'\ ec. , x nelle :t<*+'^ , x"'-^'\ ce. , :^''\ le .r^'^'\ x"^'\ ec. . x^''^ nelle ;.^**+'\ J^'-^'K ec, x^'^ le ;.^'^-»-'> , .^^*^+^\ ec. x'-^'' liHIe ,r^5*+0 ^ ^(i*+^), ec. , x^^^> , queste nelle x^'^^-^'\ ^iih+t) ^ ec. j x''''^^ , e queste ultime nelle x , x" , ec. , x ^^ . Chiamo 11 il complesso delle prime radici a', x"j ec. , x ^ u il complesso delle seconde x , x ', ec , Jf , e coiì di seguito : formata la funzione / ("') ("'■)("'") (un {un (x<^*-*-^) (-r'^-f-^') . . . . , CUI! 1 120 risultati, che nascono dal permutare in essa fra Icio soltanto le u , u" ., 11" , u^ , il"., faccio la solita Tavola corrispondente alla (C) ; e in conseguenza di questa ved ras- si , che anche in questo caso anno luogo rapporto alla il le piopnetà, esposte uel ( «.° 6i ) . 63. 462- Della insolubiuta' delle equazioni ce. 63. Dunque tra i precedenti "Yalori della M (0.^61 ,6a) i disuguali fra loro e corrispondenti giusta il ( n." 89 ) al primo dei ris.' (G), (H) non ponno mai essere di numero «C 6i in cui i = I , oppure n a ( n.° 4' )* * questi 6i valori vengono compresi tra i seguenti i . Tali 6i valori della Q vengono poi essi pure compresi tra i precedenti ( XIII ) , e deggiono non conservarsi gli stessi , mentre fra tre delle x\ x", x" x"* facciasi una qualunque permutazione semplice di i .'^ genere ( n.o 40 ). 64. Quella Equazione , che contiene tutti i valori della Q ( n.° prec. ) corrispondenti a (G) non può essere della forma ( Q -f- «')''-+- è' ~ o . Supposto ( Q + «' ) - R rz * -4- i' = o tutti i valori della R. corrispondenti a (G) ( n.° prec. ), è fiicile a vedersi, che , poste le R' , R *' radici della K^ -r- y = 0, tali saranno ancora tutte le (XIV) . Ora io dico , che il loro numero h deve essere < p . Chiamati difiìtti R'" , R^ i due risultati 3.<^ <))' (.r') ix") {x) {x") (0,") (;v^') . . . . . . {x^"''^) , 4.' ' = o , e però che avremo h < p. Che se si vuole essere R'" uno dei termini (XIV) , se si vuole per esempio Io stesso che R. ^ , allora dovendo nella permutazione, per cui si forma la serie (XIV) , entra- re le x' , x" , x" y Osservo se , mentre muovo nsi queste , restano ferme tutte le altre x"" , a;", a'"', ec. , x , oppure se si muovono in tutto, a in parte esse pure. N^l prim.o di questi casi i risultati (XIV) non saranno, che i tie Rj^'^R"'? € però avendosi A. ~ 3 sarà h < p ( n° prec. ) ► Nel ca- so secondo poi , mentre si passa da R' ad R,'" ossia ad R , cambiandosi le x , x" , x" fra loro , e ferme restando le x" , x^ , x" , ec, a.^'"^ e nel passare da R' ad R^"^ doven- dosi muovere non solo le x' , x" , x-'" , ma ancora alcune o- tutte le a'", x^ . a"', ec. , x , ne segue che la permuta- zione , onde R, nasce da R' non potrà già essere semplice di I.' genere, ma dovrà essere semplice di genere 2.'' (6.°, ^P Intr. ) , di cui la permutazione fra le x , x' , x" sarà una delle componenti : quindi in tutti i termini (XIV) le ra- dici x' , x" , x" non potranno occupare, che i posti primo , se- 464 Della insolobilita* delle eqttazioki ec. secondo , e terzo della funzione ( 6.° Intr. ) come di fatti si vede succedere , ponendo ad esempio R^'> = ^' (x'") {x) (x) Cx*; (x") (x") x^'"^ , e però R' = = 0?' (x") (X) (x") (x^) {x'^) (X-"') .... (x'"*^), R(*) = cp' (X") (x") (x) (xn ixn (a- ) . (x^"*), r(*> = q>' (^') (x") (x'") (x^) (x'-) (x^) (x'""), R^''^ z: q>' (*"') (x') (x") (x^) (x^) (x^) .... (;c^"'0, ec. R^-^ = cp- {x")ix"') (x) (x^) (x^) {x-') .... C^^"'), Ora sono radici della R '' -+- b' = o ancora i risultati R"" = 16.' (p' (x'ì (x-^) (x'") (x) (:.-) Cx") {x^'"\ R-" = a3.° <^' (x'-) {x') {x") {x") (x') (xn , i^^'"h { n.* preCf ) , perchè nati dalla R' per la permutazione sem- plice di I.' genere fra le tre *■' , x" , x'" ; ma in R*'"' la x, in R'*'" la x" occupano il luogo quarto . Dunque in niuno dei risultati (XIV) potendo nella nostra ipotesi le x\ .r", oc- cupare il luogo quarto , ne viene che i risultati R"' R*'*"' dovranno essere diversi da' tutti gli indicati ( XIV ) , e però nella loro serie non comprendendosi neppure in quest' ulti- mo caso tutte le radici della R^ -f- è' = o , ne segue che avremo sempre h ■< p . Ciò posto ritenghiamo per « il valore , che le abbiamo attribuito nel ( n." 21 ), e per la forma della R'' + ^' ::^ o facciamo R" ~ «R'j per le ragioni indicate nel cit.° ( n.*' ai, e n.° 18 ) dovrà essere R^*^ = «R'''\ R'^ =: «R^*\ ec. R"' = eiK^', K — « R^*\ e quindi con la sostituzione succes- siva risultandoci R' =: « R' , otterremo i = a ; ma essendo h < p . V Equazione 1 = « è impossibile , ed essendo la serie (XIV) considerata in generale, succede sempre quest* as- Di T/.OLO RuFFINt . /J.6S assurdo , rfiiaTunqne siasi la permutazione , onde Ve" pro- diircsi da R' . Dunque sarà ancora assurda ì' Equazione E/ -)_ è' = o , e però r altra { Q -\- a y -\- b' =^ o . Lo stesso si dimostra egualmente , se la Q conserva il proprio valore per una delle permutazioni considerate nel ( 11." 62, ^ j come ognuno può facilmente vedere da se mc- d'csiino . 65. Dunque non potrà essere della forma { M -f a Y -^- b' ~ o neppure 1' Equazione , che contiene tutti i valori della M corrispondenti come nel ( n." 63 / al risultato (G)\ e nella maniera medesima si ritrova , che 1' Equazione la quale contiene tutti insieme i valori diversi della M tanto i corrispondenti a ( G ) , come i corrispondenti ad ( H ) non può neppur essa avere la solita forma (Yl) . 66. L' Equazione ^X^ non può acquistare giusta il ( n.* a5 J la forma { z -\- a J — M — o . Se ciò fosse ^ supposto { z -^~ a ) =Z, ne verrebbe Z' — M = o in cui M avrebbe un valor solo ^n.' Sg , S2 Ji ma ciò non può essere ; perchè pel ( n.° 63 ) in un* Equa- zione della forma Z' — M r:i o il coefficiente M deve ave- re un numero di valori tra loro diversi non ■< 6i. Dun- que ec. 67. Né l'Equazione in z , né le altre in M^n.'63,65^ possono avere alcun faitore, i coefficienti -del quale siano fun- zioni razionali de' coefficienti propri! ; quindi sono incapaci di ricevere secondo il f n." 2.5 ) la forma (V~) \ e tutto ciò si dimostra come nel ( n.° 28 ) . 68. Nuli potendo pei ( \\} 66, 67, a5 ) ottenersi la so- luzione immediata della (\) , e pel ^11.° 58^ essendo questa necessaria per la determinazione delle x\ x' , ec. , jf""^ ; bi- sognerà a norma del ( n.*". 34 ) trasformare essa (\) in un' al^ra Equazione (W\\) ^ dalla cui soluzione possansi po- scia ricavare i valori delle z , s" , z" ^ ec. Ora o si vuole Tomo X. N n n 1' espo- 4''>6 Della insolubilità' delle equazioni ec. V esponente jy della { Ylll ) uguale o multiplo di 5, Oppure iioii si vuol tale ; ma nel primo di questi casi à luogo la ri- flessione medesima, che abbiam fatta sul fine del cit.° (ti" 34 J; dunque potrem trascurarlo; e fennandcct all'altro ca- so, cominciareni dal supporre p < 6. In tale supposizione pel ( n.° 55 J non potrà essere jp i>. 3 , e convertitasi quindi 1' Equazione (YlllJ nella ^XI^ { n.*^ 36 ^ , le sue radici y' , y" corrisponderanno alle due funzioni (G) , (H) , onde supporremo y' = (GJ, y" = ()à) . Per la stessa ragione poi, che abbiamo indicata nel^n.^S^^ dovendo i valori della :: che dipendono da y' essere di un r.umero uguale, o multiplo di 5 , supporremo che vengano essi tutti compresi nella Equazione (XllJ . 6g. L' Equazione ^XII^ non è suscettibile secondo il { n.** ao ) né della forma (V) , né della (VI) . Rapporto alla (V) ciò si dimostra come nel ( n.'' a8 ) , pf^r riguardo poi alla (VI), non avendo cadauno dei coefficien- ti ^ , ec. della (XII) che due valori disuguali corrispondenti ai due y , y" , ciò si dimostra in maniera affatto simile a quella del ( n.' 66 ) . Quindi per la determinazione della z dalla (XII) non po- tremo servirci che del 2,.° , oppure del 3.° fra i mezzi indi- cati nel ( n.° 38 ) . yo. Supposto un fattore della (XII") (XY) -' 4- az'~' -h bz'"-* + cz"^^ -^ ec. = o , in cui l sia un numero non divisibile esattamente per 5, ca- dauno dei coefficienti di questo per esempio il coefficiente a dovrà avere un numero di valori diversi uguale , o multiplo di 5. Chiamati a , a", ec, a"' i diversi valori di a, che di- pendono da y' ( n-° <^>^> )-> ^ ^'> ^'■> ^^•> ^ ' ^'' <^"' ^^•' ^ » ec. i valori corrispondenti degli altri coefficienti b, e, ec. , pon= Di Paolo Rurpisr . 467 pongansi essi successivamente nella (XV), si moltiplichino insieme i risultati z H_ c-J-i + ec. = o , ce. z' 4- a^^ z'"' 4- b'-^' ^"^ + c'^^ J"' -(- ec. = o , che ne vengono , e sia (XVI) s^^'^ -h Cz^'~' -f- ec. ~ o il prodotto . I coefficienti G , ec. delia ( XVI ) essondo fun- zioni commensurabili della y ( io.° Iiitr. ), ne saranno de- terminabili razionalmente . Effettuata simile determinazione » io dico, che la (XVI) dovrà essere' identica con la (XII); se ciò non fosse , poiché la (XII) , e la (XVI) anno delle radici comuni j tali essendo per lo meno le contenute nella (XV) , col trovare il massimo comun divisore tra i loro primi mem- liri , ne verrebbe una quantità z* -+- ec, i coefficienti della quale sarebbero funzioni razionali della /' , e che dividereb- be esattamente il primo membro di amendue le (XII), (XV) ; ma ciò non può essere , come può facilmente vedersi con raziocinio simile a quello del ( u.^ 28 ) ; dunque essendo la (XVI) identica con la (XII), avremo// = SA; ora / per la ipotesi non è divisibile per 5 , dunque dovendo esser tale il numero _/~, ne viene che ec. 71. Dunque per la determinazione della z sarà inutile il cercare un suo fattore (XV) , in cui l sia non divisibile per 5 . Imperciocché affin di ottenerlo, dovendosi determinare il valore di ciascun coefficiente a, i, e, ec. , dovremmo nella determinazione per esempio di a cadere in un' Equazione di grado f ugunle . o multiplo di 5 , la quale si dimostrerebbe , rome nel ( n.** 69 ) , non essere suscettibile giusta il ( n." 2.5 ) né dell' una né dell'altra delle forme (V), (VI); e per conseguenza s' incontrerebbe nella soluzione di questa una difficoltà simile a quella , che s' incontra nella soluzione del- la (XII) . Nona 72. 4fj8 Della insolubilità* delle equazioni ec. 72. Vogliasi il valore della z col a.'^ dei mezzi indicali nel ( n.° 38 ). Dovremo perciò determinare un fattore della ( XII ) , il cui esponente sia uguale, o multiplo di 5 ( n.^ 71 ) , e il fjuale per le ragioni esposte nei ( n.' 38, ii5 ) deve avere una delle forme ( V ) , ( VI ) ; ma con lo stesso discorso del ( n.° 28 ) si trova, che un tal fattore non può avere la prima di queste forme ; abbia dunque la seconda j e sia esso il seguente ( r^ + a' )" — M = o ; supposto {z-\- af—Z., ci verrà Z' — M = o. Ora corrispondentemente aà y' - (C) il coefficiente M di cresta Equazione à un numero di valo- ri non < 6i ( n.^ 63 ) , e tali valori pe' ( n.' o5, 65, 67) uon possono determinarsi dall' Equazione, che li contiene, né immediatamente , né col mezzo di un suo fattore suppo- sto secondo il ( n.° 67 ) . Dunque dovremo ridurre come nei ( n.' 42, 4^ ) questa Equazione in M ad un' altra, che supporrò.' essere la JN ^ -h ec. 73. Nascendo pel ( u.° 60 \ i valori Z' , Z" , ec. , Z' r uno dall' altro per una delle permutazioni del ( n.° 67 ), supponghiamo formata con le radici appartenenti a tale per- mutazione a norma dei ( n.' 61 , 62, ) una tavola simile al- la (C) , e cpiindi i valori della N esistenti in questa , e cor- rispondenti ad y' siano gli indicati in (X1I1> ( n." 63 ) . Ora o si vuole, che la N conservi il proprio valore per ima del- le permutazioni semplici di iP genere fra tutte e cinque le quantità , che sonosi mosse nella formaziov;e della supposta tavola ; o si vuole , che cambi sotto una di simili permuta- zioni . i.° Se la N mantiene il valor proprio per la permuta- zione indicata, allora i valori della N esistenti nella nostra Tavola essendosi ridotti a quelli della prima colonna vertica- le (ti.' 61 , 6ìì) , tra questi i corrispondenti ai (XIII) pe' ( 11.' 61 , 4' » 40 ) si riducono ad un solo, oppure a bi (n."63) disuguali fra loro : nel secondo di questi casi 1' Equazione in K cor- Di Paolo Roffimi . J^()j N conisponJentft ad /' risulterà di grado ncwi < 6i , e conia Ilei ( II.' u'ò , b^ ) si dimostra non poter essa avere ne la forma (V) , né la (VI) , né alcun fattore i cui coefficienti siano funzioni comtnensurabili dei proprii ; e nel primo tutti i valori della N sono fra loro uguali per lo meno a ài a 6i, onde cercando da uno di essi il valore della 51, caderemo per e&sa M in un' Equazione di grado non. < 6i , la quale eome nei ( n ^ 64 j 67 ) si trova non poter avere tue alcun fattore a ne-rma del cit.^ ( n.° 67 ) né secondo il ( n.° aS ) 1' lina , o l' altra delle forme (V) , (VJ) . Dunque per la de- terminazione della M , o delia N dipendentemente dalla )' verremo qui pure ad una conclusiane simile a qivella del ( 1.° n.° 43 > . a.° Mutisi la N dì valore sotto una delle permutazioni sovraccennate : in questa supposizione come nel ( 3.'' n.° /i3 ) riducendosr 1' Equazione in N alla (N-i-a)^ — L = o, e quindi col supporre ( N -h a ) = Y, alla T^ — L = o, oppure riducendosi alla K^' + ah'''~^ -\- Z'N^'"'* H- ec, = o, e trovandosi come nel ( n.° aS ) non potere l' Equazione in N avere alcun fattore ,. i coefficienti del quale siano funzioni razionali de' suoi , verremo alle medesime conseguenze del eit." ( 2.° n.° 40 ) , e del ( n.'" 45 } . Se vogliamo 1' Equazione in i\ ridursi ad un' altra P' -4- ec. =: o j e ad altre ulteriori , applicandosi quivi gli stessi discorsi dei { i.''44, 4> ) ne seguirà la conclusione medesima , e però diremo che qui pure la determinazione delle N, P, ec. in conseguenza della y' è impossibile, op>- pure inutile allo scuoprimento della M nella Z' — M ~ o. 73. II valore di questa M se si cerchi dipendentemente dalla 7 nella ipotesi del ( i.'', e 2..° n° 46^ ); con discorsi affatto simili a quelli del cit." ( n.° 46 ), ne troveremo an- che allora impossibile la determinazione , e però essendo sem- pre il coefficiente M della Z' — M = o, ossia della { z -{- a y — M = 0 indotenuiuabilo , coacludereaio esse- 5 le 47° Della, insolubilità' delle equazioni ec. re impossibile la soluzione del Problema propostoci nel ( n.o 7^ ) . Che se li valore della z. nella (XII) vogliasi col 3.** dei metodi del ( n.° 38 ) ; avendo luogo qui pure le riflessioni del ( n;° 4^ ) , avrà luogo pur anche la conseguenza mede- sima . 74- Dunque essendo sempre indeterminabile algebraica- mente il valore della z radice della (XII), dovrà essere im- possibile la soluzione algebraica della (X) ( n.° 68 ) . 75. La soluzione generale delle Equazioni algebraiche di grado superioi'e al 4-^ è sempre impossibile . Rapporto alle Equazioni di 5." grado ciò è stato dimo- strato nel ( n.° 49 ) • Riguardo poi alle Equazioni di grado ulteriore la verità di questo Teorema deducesi dall' osserva- re semplicemente j che per ia soluzione della (F) è necessa- rio di determinare il valore della z radice della (X) ( n.'58, 59 ^ 68 ) ; ma tale determinazione e impossibile (n.'prec). Dunque ec. RI- >") (X-) (x-') (*^'"~'>), I (^") (^^) (.:") (:.'") ..... (^(-)) ^^,.^ ^^,^^ (*") (a;'') (a:^) ^V ^ (x^'"-'^). Pag- 470 (B) i."/ (■'•■) ("-"^ ^•'''"^ ^•''"''' *■■"'•'' "■' -^ ^"-'^ (•^•"■) (^■■") f-^') ('") , i3.o / (X-) (x") (X) (x) r-r") , 19° / (*'") (V) (x) (:,"') (.v") , a.'/ix") (•»■■) (O (■'•■'°) ('") ' 8.V C^') (X-) (.v") (.r") (X-), 14.» f (X-) (x") {x") (.r) (a-), 20.° /(at") (x") (at) (.^"■) ^^^^ ^ 3.V(^") ('■') (^'') (■'^"'' (■'-"'')' 9-'/(^'") C^) (V«; (;r') (;,'), ,5." /(^') (•'-■"') (■^•") (^•■") (^"l' =^'-'' /(^'"^ (*■■> (^'") i^) (*"), 4.°/(*"') C^-') ('") (•'-■'"' <^''^' J°-°/(-'^') f'^") C^r") {x") (.r")., i6.° /(:r"3 ( x' ) (x'") {x) (.r"), aa." f(x^) C^'") [V) ( :c" ) (;>:'), 5.'f(x) (.«■"■) (V') (X-) C^"), lu" f(x"') {.,") (a-) (V) (a"), 17.» /(.r") U'") C^) fr") ( .r" ) , ^S.» / ( r" ) (y) (.r") (V') ( ;i- ) , 6-V(-i-'") (^'l (■<•■') f-^-'") (■^•°)' '^•'' /(•'■") C-^') (*■") (•^■■") (.t.-";, '8.' /(.r'> (.v") (;».•■") (a") (at"), 24.° /(.r'") (.v'") (.v") (x') ( at" ) . (C) I ■ I l-''f{x){x) {x") (V) [x^], 25." /(;.") {X-) (X-) (;r-) (x'), 4o.« f{x'') [x') (x^ (x) {x"), 73=. / ( x'" ) ( x" ) ( Ar' ) f^'') ( x'" ) , 97-V ( ■^" ) ( ■^' ) ( -i^") ( ^■" ) ( V) , i^.V(^-") (•»-■) (^-'l (V") (x"), aó.» /(,:■) (x'") (r'") (x"J (x"), Se" /(x"') (x") ( x" ) (x") (x'), 74.° / ( x" ) (a-") <.r")(.v') (;^'"), gS-" /(■'•■')( J^' ) ( •'^^ ) {^■") (a-'), 3.V(.v") (-v-) (x') (x'") (x-), ^1." fix-) (x) (x'') (x') (x"), 51." /(;«•■) (x") (x") (a:") (x"'), 75-' / { ■^"' ) (-»") (^") ( ^'" ) ( ^' ) , 99-' /( '^ )(•<•■") C *■'" ) (^')(.x'^), 4°/(^") ('■) (at") (x'){x''), 28." /(r) (x') (X-) (.v") (x"), 52." /(x"J (x'') (r') fx'") (x'J, 76.° /(x") (x") (x") (x') ( V' ) , loo.'/l'') (x") Cx'J(x") (x»), ec. j ec. , ec. j ec. , ec. , M-" /(^■'') (x"')(x') (X) (x"), 43.» /(.v") (x") (X) (x--) (r"), 72.° f(x") (x) (x-) (x") (X-). 96-' /C^') (v") (:c") (;."■) ( x" ) , lacVC*") ( *' ) (*"') (a:"J [x) . (K) _. - V" »•" /C') (*'■) (x'") (^■'')' (x-) (x"') (x"") (..>'), /(y') (x'") (X-) (;r'') (x") (x"") (x'°") ( v ) , /(V; (x"; ( v') (x-; (x°") C^'""; ( x' ) (;,■). f(x^) (x") (X-) (x'"') (x'"') (x') (x") (x"'), ec, /(x<"') (x) ( x" ) {x") (x") ( -r" ) ( at"' ) (x'"-';, a-" /(V') (X) (X-) (x") (X') (x") (x-) (x'""), /(x) (x") (X-) (X') C-v") {X-') (•^'"') ('"). /(.r") (■'•-"') C^") (•'^*) (•^■'"') . • • • • (■^■""') C-^-") (V), /(x") (x") (x") (x") (Af^"') (x") (x') (x"),ec., /(x""'j ( x" ) {x) {x") (x") (x") (x") ;.(/"'-''). 471 RICERCHE CHIMICO- ECONO MIC II E INTORNO ALLA SETA Di Gxannantonio Giobert Ricevute il dì ao Dicembre i8oa . JLi a seta presenta alla Chimica tre aosai interessanti pro- blemi . Il primo consiste nella filatura della medesima . Un altro nella maniera di operare la distruzione della materia colorante gialla che comunemente ne accompagna il glutine , o come si dice la vernice , conservando intatta e inalterata questa vernice medesima , cioè conservando alla seta la sua rigidezza , elasticità , e lucentezza naturale , o come volgarmente si dice la sua crudezza . Un tei'zo finalmente consiste nella maniera di togliere alla seta e la vernice, e la materia colorante, ma a separar- la con poco dispendio , e senza far uso del sapone , o delle sostanze alcaline , di cui è notissimo 1' uso , e conservando alla seta tutte le proprietà che le Arti ricercano in essa . A ciascuno in particolare di questi problemi hanno ap- plicato molti Chimici , e le nostre cognizioni si sono per mezzo delle loro ricerche considerabilmente avanzate . Ma in generale il risultato di esse, poco, anzi pochissimo soc- corso ha presentato alle arti . Per la qual cosa mi è sembra- to , che ulteriori ricerche potendo vie meglio illustrare que- sti argomenti , egli era uno speciale dovere degli Italiani Io applicarvisi . Molto imperfette sono ancora le esperienze che io ho intriprese intorno alla filatura della seta ; ma quelle che si agguano intorno all'arte di imbiancarki conservandone il cru- io , e che riguardano io scruJamento mi presentarono de' ri- sul- 47* RiGEncTiE cniiviico-EcONOMiCHE ec. sultati che mi scnibiano di qualche importanza ; io li sotto- metto al giudizio di una delle più liuornate Accademie , e riputerò non avere intieramente perduto il tempo se esse po- tranno meritare 1' approvazione de' miei colleghi . Dello imbiaìicanietìto della Seta conservandone la naturale crudezza . Questo problema intorno al quale fu eccitata l'attenzio- ne de' Chimici con rlcthi premj fu pienamente risolto dal celebre Baumé . Il suo metodo che fu lungamente un segreto è ora no- to a tutti , Esso consiste a in:imfrgere due volte la seta ia un liquore composto di 48 parti di alcool, ed una di acido muriatico preparato in una maniera particolare , cioè eoa estreme precauzioni perchè si ottenga affatto libero dal mi- nimo vestigio di acido nitrico . La maniera di ques-to Chimico riesce a meraviglia ; ma la operazione riesce assai dispendiosa . Essa riesce in oltre complicata e imbarazzante attese le grandi attenzioni nella preparazione dell' acido muriatico . E finalmente quando si versa il liquore accennato sopra la seta , esso veste pronta- mente un bel color verde, acquista una consistenza conside- revole , una specie di gelatina si vede formarsi all' intorno di ciascun filamento . Le quali circostanze annunziano che r azione del liquore in ben tutt' altro consiste , che in una semplice facoltà di mutarne il colore . La seta diminuisce considerabilmente di peso; conserva egli è vero gran parte delle proprietà , che la distinguono nello stato naturale , ma essa è lontana dal conservarle nel grado in cui la desiderano gli artisti per quelle nianifitture a cui la destinano . La dis- soluzione di una parte del glutine di essa , la quale forma la diminuzione de! peso, rende il metodo più dispendioso di quello che a prima vista non sembri , perciocché oltre alle spese necessarie alla operazione , questa diminuzione di peso è a Di Gian" Antonio Giobert . ^tS è a calcolarsi ;, perchè si tratta di sostanza che sostiene sem- pre un alto valore. In questo metodo finalmente io ho sem- pre osservato che la seta si irrigidisce , si arriccia, e che è jnolto difficile di otte«ei'»e l'imbiancamento uguale in tutto le parti . Bmgnatelli nel render conto ne' suoi gitjrnali del meto- do accennato del Chimico Parigino ha proposto -di sostituire all'acido muriatico ordinario, che prescrive Baumé , l'acido muriatico ossigenato . Alcuni anni prima il medesimo Chimi- co avea proposto 1' uso di quest' ultimo sotto forma di gaz , e puro ; cioè senza 1' associazione dell' Alcool . Il celebre Crell aveva prima di lui proposto 1' acido istesso in una - Kiersa nell'altro. &enza di questa attenzione l'acido muriati- co ossigenato inerente alla seta distruggerebbe nell' immer- gerla in esso una porzione del solforoso j e viceversa il sol- foroso, una porzione del muriatico ossigenato . Poiché egli è noto che questi due acidi si decompongono scambievolmente quando reagiscono insieme , cajigiandosi 1' uno in muriatico semplice , V altro in solforico . Ho fatto osservare che per imbiancare la seta è in- dispensabile di terminare le operazioni con una immersione nell'acido solforoso. Questa circostanza lascierà credere ad alcuno che la seta imbiancata in questa maniera non è atta alla tintura , poiché tra i tintori ne sono molti che credono the la seta la quale ha ricevuto il vapore delkj zolfo non sia più atta a ricevere alcun colore . Ma è questo uno de* tanti pregiudizj che sono comuni agli artisti . Osserverò che terminando le operazioni per l' immersione nell' acido muria- tico ossigenato si ottiene la seta di un bel giallo chiaro, non altrimenti distruggibile dal sapone come il giallo naturale della seta , e che coli' axzu-rro forma un bellissimo verde . Finalmente farò ancora osservare che 1' opinione de' tin- tori volendo j che sopra tutto alla tintura nera renda inabile la seta il vapore della solfo , o ciò che è lo stesso ^ V acido solforoso, con questa maniera di tintura la ho specialmente sperimentata col più felice successo . Ad ogni modo per al- tro siccome non presso tutti è la stessa la maniera di tinge- re in nero, accennerò quella che ho praticato, e tanto più volentieri il farò in quanto che questa maniera di tintura a differenza di tutte le altre oltre di un nero elegante sommi- nistra un nero che resiste all'azione degli acidi. Essa consta delle sostanze seguenti per^cento libbre di seta . Gal- »> 2J>. — 7Ì 8. 4, }> 4- 2. lì 3i. 4- il 4- a. 5» 4- 2. Di Gjan' Antonio Ciober* . 477 Calla Romana . . . Libre i6. 4' Legno Campecce Souiacco Legno giallo , . , i. Solfato di ferro . . . Solfato di Zinco - . . Solfato di Rame . . Intorno alle operazioni di tintura, non altrimenti si pro- cede che nelle altre maniere » ^ Dello scrudamento delta seta^ e del glutine della medesima . È noto a tutti che il glutine della seta è indissolubile nell'acqua, che lo dissolvono facilmente gli alcali ed il sa^- pone il quale si adopera comunemente nell' arte della tin- tura , Quanda per altro l' acqua si adop^^ra riscaldata a una temperatura un po' superiore a quella a cui bolle comune- mente , l'acqua dissolve una parte di glutine. E la seta che hi fa bollire in una storta con acqua si scruda considerabil- mente . Il Cittadino Coulonìb ha fatto vedere , che se si rin- chiude con acqua la seta in una pentola munita di. un co- perchio che chiuda assai strettamente , e formi così una spe- cie di iniperfetta macchina l'apiniana , la seta si scruda per- fettamente , e come quando si scruda con il sapone dimi- nuisce oltre un terzo di suo peso . IMa in questa maniera di scruda ment» della seta si è osservato , che la seta scrudata conserva una tinta gialla , a differenza di quella la quale si scruda con il sapone nella maniera comune, e che diventa bianchissima . Del quale fe- nomeno per render ragione si è dovuto formare l' ipotesi , che la nuteria colorante e il glutine sono nella seta due so- stanze diverse , che si possono separare l' una dall' altra ; che (^^8 Ricerche chimico-economiche ec. che 1' una e 1' altra dissolve bensì il sapone ; ma che quan* to all' acqua mentre dissolve il glutine quando è riscaldata a una multo elevata temperatura , essa non dispiega sopra la materia colorante alcuna azione dissolvente . Una sperienza semplicissima mi ha fatto conoscere che questa maniera di ragionare è assai lontana dal vero . Ho fatto bollire alla maniera di Coulomb della seta con acqua in una specie di marmitta Papiniana . La seta si scru- dò , lavata e seccata essa conservava una tinta di giallo, molto diversa per altro da quella che accompagnava la seta nel suo stato naturale . Ho preso l' acqua in cui aveva bollita la seta , e in cui per ciò stava disciolto il glutine della medesima, l'ho sva- porata lentamente a siccità per indi intraprendere sopra del glutine che era stato disciolto alcune sperienze . Fra le cose che ho potuto osservare , la prima quella si fu di vedere , che questo glutine il quale sintanto che è unito alla seta è indissolubile nell' acqua , lo era perfetta- mente e anco nell' acqua fredda . Nella reazione del glutine della seta con 1* acqua riscal- data ad una molto elevata temperatura , non è adunque ve- ro che abbia luogo una semplice dissoluzione ; poiché il glu- tine si modifica , poiché il glutine separato manifesta delle proprietà decisive , che da prima non possedeva . La seta che in questo metodo conserva una tinta di giallo diveniva bianchissima quando si macerava nell' acido solforoso il quale si cangiava in solforico . La tinta gialla di essa al contrario non solamente non distruggevasi coli' acido muriatico ossigenato , ciò che sarebbe accaduto se essa fosse dovuta alla materia colorante gialla , e naturale della seta , ma si faceva all' opposto più intensa . La spiegazione di questi fenomeni si trova assai naturale nella reazione della seta con l'acqua medesima . Egli è no- to che quando si fa bollire del legno j delle ossa nella mar- mit- Di Gian' Antonio G iobert . i^i7a mitta Papiniana , un circolo di fiamma azzurra si fa veder© all' intorno delle commessure del Digestore , la quale fiamma è sicuramente dovuta alla combustione di un gaz idrogeno , soniniinistrato dall'acqua che si scompone. Quando in luogo di legna, di os^: , si procede con seta, sebbene a una temperatura minore , la scomposizione dell' ac- qua ha luogo più facilmente ; 1' ossigeno di essa combinan- dosi col glutine della seta lo rende solubile ncll' acqua , nel- la maiiifia stessa, che lo stesso ossigeno rende solubile negli alcali, e anco nell'acqua il glutine vegetale delle piante da tiglio . Una parte dell' ossigeno istesso si combina colla seta , e la t.fige in giallo nella maniera stessa , che la tinge iti giallo r osjigerìo che. riceve dall' acido muriatico ossigeno, dal nitrico e dalla atmosfera stessa, poiché è ora notissimo che ingiallano molto tutte le stoffe di seta , e di lana , che si conservano all'aria , e che a tutte coli' acido solforoso si restituisce la primiera bianchezza . Questa maniera di rendere ragione dello scrudamento della seta per mezzo dell' acqua pura, e de' fenomeni che essa presenta, si è potuto conlermare ancora con un'altra sperieiiza . Io ho fatto macerare in acido muriatico ossieenato di- hingatiss-mo dt-lla seta, poi la ho sottomessa all' azione dis- solvente dell' acqua a differenti temperature ; e ho trovato che l'acqua riscaldata a una temperatura di 60 a So gradi scruda benissimo la seta cruda in proporzione della quantità di ossigeno che fu son\ministrato al elutine . Quando si tratta la seta con acido muriatico ossigenato , e successivamente con acido solforoso, e si ripetono due o tre volte le macerazioni alternativamente ; se la seta che in tale modo acquista una bianchezza considerevole si fa diffe- nre in acqua quasi bollente , si osserva che all' intorno di ciascun filamento si forma una nebbia gelatinosa , e una spuma bianca si raccoglie alla superficie del liquido. Pvij|3cteiido tre o quattro volte la macerazione ncli ad- dii 480 RrcERCiiE Chimico-economiche di , e la digestione nell' acqua bollente si ottiene perfetta- mente scrudata . <3uesta maniera di scrudamento è complicata di troppo , né io consiglierò di adottarla di preferenza alla maniera co- mune semplicissima con il sapone , e soprattutto aU' al- tra migliore ancora proposta da Chaptal con il vapore dt-U* acqua . Ma questo metodo di scrudamento può prestare de* grandi soccorsi all'altro di imbiancarla conservandone il cru- do , imperocché si può cosi ottenere bianca la seta , e con- servare tutta o poca , o quel grado che più aggrada nella sua crudezza ; ciò che può riuscire molto importante per molte manifatture j né si potrebbe ottenere colle altre nia- miere . I PRIN- 48 1 I PRINCIPI DELLA MECCANICA RIGHI AxMATI ALLA MASSIMA SEMPLICITÀ' ED EVIDENZA . RaCIONAMENTO di PiETRO FeRRONI Ricevuto il dì 27 Dicembre 1802. Juvat integros accedere fontes Atque haurire , ( Lucretius De Rer. Nat. Lib. I. vers. 926. ) J. utte le Scienze- speculative , perchè a ragione sì dicano esatte , dovrebbero avere nei principj loi'o fondamentali uu' evidenza intuitiva . Nulladinneno la Meccanica, che in astrat- to considera l'estensione impenetrabile, e perciò mobile, co- me la Geometria T estensione penetrabile e figurata , sono state per il passato e sono eziandio di presente due facoltà ben diverse in proposito della chiarezza ed aurea semplicità delie prove dei pochi teoremi iniziali , da cui respettiva- meiite dipendono . Nella Geometria tutto posa o posar po- trebbe sul combaciamento ossia identità sì di costruzione che di grandezza ( ammessa ancora compenetrabintà de' suoi Cor- pi ed angoli-solidi e la soprapposizione de' triangoli-sferici , o convessi e concavi , o conversi e convessi ) , non meno che sopra r evidente trasform izione o correlazione delle figure; ed applicandole 1' Algebra non havvi parimente alcun calco- lo , per quanto sublime esso sìa , che non si appoggi in ul- tima analisi alla trasformazione dell' espressioni speciose o al- la derivazione da limpidissime formule primitive. Per il con- trario le dimostrazioni dell' equilibrio , dalle quali in sostan- za hanno origine tutte le teorie più recondite sì della Stati- Tomo X, Ppp ca 482. I PRINCIPI CELLA MECCANICA CC. ca che della Dinamica, appariscono (ad eccezione di pochis- simi casi che pel motivo d' identità vanno in conto d'Assio- mi ) oscure , indirette , manchevoli , e nun conducenti a queir intima persuasione dell' animo eh' eccitar sogliono le Matematiche , e segnatamente 1' elementari . Se questa evi- denza , se questa facile e nitida concezione non fosse man- cata in chi apprendeva i rudimenti della Meccanici, non si sarebbe mai messa in questione o problema, come più volte si è fatto, (e Io rammenta in ultimo Foncenex) la necessità o contingibilità delle leggi dell'equilibrio o del moto , che immediatamente sieguono dalle prime posta che sia l' esisten- za della materia ; nessuno avendo mal dubitato ( purché non privo di senno )chf necessarie non fossero, siccome avverte Bailly , a riguardo dell'estensione e della grandezza in gene- re le verità geometriche ed analitiche . Quei fra i Geome- tri , che sovvertendo il naturai ordine delle idee presero m prestito, specialmente dalla Barclogia, le affezioni meccani- the de'corpi solidi, e le trasportarono alla ricerca delle pro- prietà delle figure geometriche, sono a parer mio reprensi- bili al pari degli altri , i quali come se disperassero di po- ter mai stabilir con saldezza i fondamenti della Meccanica senza disturb?re la filiazione o la sincera genealogia delle scienze, pretendono di ricavarne le prove dalla teorica delle funzioni . Manifestarono poi 1' impotenza in cui erano d' at- tingere alla pura sorgente le prime regole dell' equilibrio , quando i Matematici assunsero per principj della Stitica , non meno che della Dinamica, le conseguenze o vicine ore- mote , che nascevano dai presupposti principj medesimi ed erano per la più parte meramente geometriche , come mas- simi , minimi , conservazione dello stato del centro di gravi- tà , delle forze vive, dell' azione, de' momenti d' ineizia , proporzionalità delle aree a' tempi, ec. , non altrimenti che quando (diversamente dal metodo osservato da Monge che ne fece teoremi) intesero di spiegar l'equilibrio, o sivveio la quiete o riposo forzato attuale d' un sistema di corpi sal- le- b Di Pietro Ferboni . /|83 lecitati , immaginandolo rotto o disturbato per vìa di moto o velocità virtuale ; e peggio ancora abusarono , non che della Logica, della stessa Poesia metafisica, ricorrendo per render contezza della ragione dell'equilibrio e del movimen- to all' improprietà ( direi quasi temerità con Cartesio e Mai- ran ) delle cause-finali. Malgrado gli esempi di tanti uomini sommi, quanti da poi eh' è nata o risorta la Filosofia-naturale , o non si rivol- sero a scrivere le Istituzioni della Meccanica coli' ìstess' or- dine ^ precisione, facilità, chiarezza e rigore rei suoi princi- pj , come i Greci Elementi di Geometria , o lo tentarono in- vano , o solamente lo fecero in parte, abbandonando quindi il pensiero del rimanente , io reputo contuttociò che agevol- mente abbiasi modo di ben riescirvi ; e questo di subito si conseguisca con ampliare , ferma stante la stessa evidenza , il primo Postulato o per dir meglio indubitato Assioma , dal quale Archimede incomincia i suoi II. Libri degli equìponcle- ranti ( Jro^poVwj ) , o più testualmente desili eguali momenti de' corpi , anco senza !o stretto rapporto alla gravità , cui ebbe intenzione di limitarsi il Geometra di Siracusa ; essen- do queir unico fondan.ento , esteso quanto convenga, per tutti gli effetti valevole a scstenere colla massin a saldezza 1' edificio, che sopra vi s' innalzasse, della Mi ccanica-raziona- le . E se ciò ch'io penso su tale articolo ed t Lbi sempre presente sin da parecchi anni indietro , raccogliendolo ades- so , abbencliè delibato più clie compiuto in questo breve mio Scritto, s'uniformasse per avventura al sentimento, che ho in sommo pregio, dei valorosi Analisti viventi (ai quali, e massime a quello ,, che sopra gli altri com' Aquila vola ,, rimarrà nullameno tutto intero il merito raro eh' essi si so- no acquistato avanzando la scienza coli' ajnto de' nuovi cal- coli, e colle loro pellegrine speculazioni all'apice della sua gloria, sebbene fidatisi a dei principj poco lucili ed indiret- ti , mi per porre in sii uro e sottrarre da ogni dubbiezza è Stato poi necessario ritorcer cammino, e tentare di confermar- Ppp a li 4^4 ^ PRINCIPI DELLA MECSANJCA CC. li colle regole solite dell' equilibrio nel paralellogrammo del- le forze , nella leva , o nelle troclee composte ) , vorrà dire sì fatto consenso che agli Elementisti , che verranno dipoi, servir possa di guida e riforma ad un tempo il nuovo mio piano , air effetto di dilatare i coufitii purtroppo augusti dell' evidenza . Né sarebbe questa la prima volta che dopo d' es- sersi segnalati molti sagacissimi ingegni , chi in una chi in altra maniera ,, a riordinare secon.do le proprie vedute in cor- po di dottrina le Scienze esatte , lo che appartiene a dei Fi- losofi singolari e soli desini di saper togliere l' inutile ridon- danza, e sanare il difetto delle dimostrazioni meno severe ia- trodotte negli Elementi di qualunque siasi liberal disciplina, tornar si debba agli stessi principj lasciatici più di due mila anni fa dagli antichi ; di modo che , come finalmente ai di nostri Legendre ha ricalcato per la geometrica Sintesi il sen- tiero medesimo della Scuola celebre d'Alessandria, così an- cor io vada provandomi adesso a riedificaie la Statica sulla bilancia notissima d' Archimede, d'Aristotele o d'altri, che avanti di lui si saranno naturalmente occupati di render ragio- ne dell'equilibrio . Cresce tantopiù di valore il divisato priuci- pio della bilancia ossia vette di braccia eguali , in quanto che consideratolo come conviene, s'adatta altresì alla spiegazione evidente e spedita dell'equilibrio de' fluidi (e per conseguen- za secondo i ritrovati moderni eziandio dell' Idrodinamica ) ; laonde viene a cessare la, supposta difficoltà di conceoimento del livello d' un liquido in un sifone di vario calibro o dia- metro nei suoi due rami , il qual fenomeno da Stevino in poi è passato quasi sempre per maraviglia , e fin da princi- pio perciò ebbe il nome autorevole di paradosso idrostatico . Dei tre sommi-capi, ne' quali tutta si riconcentra la dottrina della Meccanica in generale , cioè I. 1' inerzia della materia , II, la leva , III. la composizione e consecutiva scambievole risoluzion delle forze , il primo ( avveiigachè Foncenex e Dalembert siansi proposti di dimostrarlo , come De Wolff si credette in dovere di provar gli assiomi sulla gran- Di PjETno FiiRRONr . 4^5 grandezza ) non lia per mio avviso nessun bisogno di piova , stante che incontanente egli nasce dulia proprietà unica pre- supposta nei corpi , vale a dire dall' impenetrabilità , che di sua natura e in virtù della stessa definizione , che suol pre- mettersi a tutti i Carsi elementari di quella scienza, è me- raniente passiva . E difatti non v' è chi non veda ( e l' istesso prelodato Analista Francese dovette alla fin confi?ssarlo ) eh' e' sarebbe incongjuo ed assurdo altrettanto lo scemarsi un corpo o accrescersi da se medesimo la velocità comuni- catagli , o cambiarsi la direzione del movimento ricevuto da causa esterna, duanto il darsi moto o to";lierselo da (Se stesso senza causa attiva nessuna ; non essendo ne potendo esser causa di questo effetto residente nella materia d'impenetra- bilità , la quale solamente esclude o impedisce nel mutuo concorso la coesistenza di due corpi in un luogo ( eh' è mo- tivo necessario, non di generazione accelerativa o ritardati- va , ma di comunicazione d'impulso, alla pari delle pressio- ni , tensioni di verghe o di fili , e simiglianti forze passive , come Fontaine ha il primo avvisato colla sua universal legge dinamica ) , e non passando dal più al meno differenza asso- luta, nò la modificazione d'un effetto dipendendo mai da una causa d'indole differente da quella, che sia valevole a generarlo . Ma dato ancora che la materia avesse inerenti alla sua natura, che tuttavia non lascia d' esser mistero pei pensatori , alcune occulte forze universali o particolari , qua- li sarebbero monadi , attrazione, repulsione , vitalità , eccita- bilità , elaterio, ed altre consimili, la Meccanica dee ricono- scerle se'mpre come se fossero forze attive separate ed estrin- seche; conciossiachè non considera qual sua imica base se non se r impenetrabilità de' corpi e per conseguente la loro mo- bilità : in questo non diversa dalla Geometria , che astraen- do da tutte le fisiche affezioni , solamente estesi gli presup- pone e perciò figurati , non altrimenti che i;na limitata por- zione di spazio o di vuoto . I due rimanenti principj sono di tal rnaniera collegati ia- 486 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. infra loro, che facendo ciipendeie il vette dal paralellogram- nio o triangolo delle forze, o più generalmente dalla macchina funiculare i o poligono statico situato nel medesimo piano o in piani diversi, con tutta facilità si potrebbero coacervale in un solo i com' adoprarono quasi ad un tempo Newton e Varignon , e ne furono con magnifici elogj dai Matematici di queir età e dai posteriori ancora ricompensati, avanti che questi si facessero accorti della lacuna die rimaneva nei fon- damenti della Meccanica 3 atteso la deficienza di prova inap- puntabile, e vittoriosa in proposito del teorema di Stevino sulle forze composte ^ per quanto pare dagli antichi non iirno- rato , e molti secoli dopo convalidato prima di tutti median- te una dimostrazione geometrico-analitica da Daniello Ber- nouUi . Se non che riflettendo all' ordin sintetico degli Ele- menti j che impone a chicchessìa di procedere immancabil- mente dalle nozioni semplici alle meno involute e quindi al- le più elaborate , e concatenarle a grado a grado per via, di lucido progredimento , sul modello unico somministratoci dal magistero della Geometria , che non discende già dai poligo- ni e poliedri ai triangoli e solidi tetragoni piramidali , o siv- vero dai generali a' particolari, ma piuttosto dagli ultimi sa- le ai primi , e d' altia parte ponendo mente che nulla in sostanza si giovò per sì fatto cammino alla scienza , col de- durre cioè dalle inflesse le leve diritte, o dal caso delle forze convergenti quello delle direzioni paralelle delle njedesime , mentre non era ancor dimostrato con tutto il rigore e sem- plicità l'equilibrio, o la risultante di due forze qu dunque fa- cienti angolo infra di loro , tornerà più in acconcio ( come desideiò Dalembert ) salvare insieme i precetti della Sintesi e quelli della chiarezza, non mai discordanti dalla naturale succcssion delle idee, e così lasciar fermi e sott(>porre al ci- mento d' un raziocinio facile e convincente , come se fossero indipendenti , entrambi i principj radicali della Meccanica , onde toglierne quindi il frutto solo d' una vicendevol con- ferma . Bea Di Pietro Ferroni . 487 Bptì lontano dall' ingolfarmi nell' abisso imnifìnso Jella Metafisica, Ja quale in Fisica noli dovrebbe comparire giam- inai, eccetto che per semprepiù rilevarne assurdità dt-U' ap- plicazione , vada dunque a fondare ( e stabilmente se noa ni' inganno ) tutta la Statica sulla generalizzazione della bi- lancia a due sole braccia , non menomandone in nessun con- to quella luminosa evidenza , mercè di cui sì dagli antichi che dai moderni , o sapienti o volgari , è sfuggita agli attac- chi di qualunque cavillo o sofisma di coloro, che alcuna vol- ta si attentarono indarno di minare i fon5Ìeme colP asse sempre fermo della piram-ide . E ' mente mutandosi per rapporto al principio d' identità , eh' è il R^ndamento dell' Assioma pre»- messo ( riconosciato per evidente nelle Bilancie similmente arcuate e malto più nelle inflesse dallo Scoliaste d'Archime^ de , e quindi da Fermat e Roberval precitato nelle circolari e angolari © nelle diritte anco a forze convergenti, e da I^ewton ove deduce da quelle !■' equi pond-rtì- nel Vette ) ,. sa- rebbe ora superfluo intrattenersi di più a ricordare le conse>- guenze necessarie mede&une della direzione della risultante, e dell' equilibrio delle eguali due forze parimente qui coaievof plate . COROLLARIO I V.- Evvj un' caso , rapporto a cui I' equilibrio nelle Bilan- ele asteroidi siegue senza- la solita risultante , e perciò senza carico o pressione sul punto d' appoggio ; quando cioè tutte le fòrze eguali tirano o pigiano ciascheduna secondo la dire- zione dei raggi , e in vece d'essere più o men cospiranti re»- lativamente alla normale inalzata dal centro sul piano d'ella Bilancia , giacciono in questo piano ed ivi sono in contrasto di tal maniera , che si distruggono* scambievolmente e s' eli- dono , onde la risultante viene a riguardo delta normale me- desima annichifatay e per virtù della sua nuU-ità , non meno che del contrasto suddetto , sussiste anco in questa supposi- zione ( Fig. 5.) il medesimo ger?erale equdibrio . Fatta l'ipo- tesi della trazione non v' ha dubbio che in sitnil caso tanto vai- Dj PiETIlO FeRRONI . Ag3 valgano i fili ^ quanto le verghe . Questo è un esemplo par- ticolare dell' equilibrio evidente d' un punto libero sollecita- to SI metricamente nel medesimo piano da quante forze mai vogliansi ( senza mescolanza nessuna di resistenze estrinse- che , veri appoggi, sostegni o altre simili lorze passive ), le di cui risultanti finalmente si riducano a soli' due , eguali e direttamente contrarie; come pel caso di tre forze simetriche Dalembert non mancò di riconoscerne V evidenza intuitiva . Del resto una Bilancia scempia con angoli di ico° è il pri- mo nio;lell(> speciale ( Fig. 6. ) d' equilibrio intuitivo, una trilula ( Fig. 7. ) con angoli di 120° somministra il tipo se- condo dell' equilibrio senza bisogno di vero punto d' appog- gio , intorno il quale più o meno elaborato tutta s' aggira e da' cui intera dipende ( come farà chiaro il li. Articolo ) la teoria del paralellogrammo delle forze conoposte. Se non che bilanciatesi così le forze pel mutuo contrasto subentra alio zero della risultante nella direzione della normale , o alla pressione annullata sopra il punto d' appoggio , lo stiramen- to o pigiatura massima da tante parti , quanti sono i raggi , del centro dell' asteroide, ossia nodo della regolar macchina funicolare o trattoria o torcularia o premente che debba dir- si . Né il caso particolare, di che si parla, dee credersi per avventura un' eccezione alla regola dell' universale Assioma . Perchè come nel limite prismatico della piramide ( Corei. I. ) la risultante culla sua massima attività nella perpendicolare , cioè con tutto intero lo sforzo suo carica il punto d' appog- gio , e njanca ogni sforzo contro del centro per le direzioni de' raggi , così viceversa nell' altro limite del piano a base asteroide manca di necessità la prima risultante normale , e tutta impiegasi l' energia , tutta la forza raggiante nel ceij- tro \ esistendo poi insieme e modificandosi a grado a grado si r uno che 1' altro sforzo nelle innumerevoli situazioni i:>- terinedie . ScO' i^94 ^ PniNCirj DELLA MECCANICA CC. Scollo . Varie ed a mio parere pregìevoli sono le osservazioni , che dopo lette le cose premesae bi afl'acciauo chiare alla men- te degli intendenti . I. L'Assioma unico antecedente, cui la Meccanica tut- ta è subordinata, poteva improntarsi con generalità maggio- re di quella, alla quale lo vediamo ristretto -, perchè a get- tare i Ibndarnenti della scienza cosi proposto eia ancora di troppo abbondevole . Per esempio se in vece d' un padiglio- ne regolare di linee rette immateriali, a un solo piano ossia ordin di forze, si fosse qu-^llo ideato a più ordini, purché in ogni ordine separataineijte dal valore dell' altre s' agguaglias- sero infra di loro tutte le forze predette ; se più padiglioni regolari diversi di grandezza e di forma si fossero soprapposti gli uni agii altri nel comun vertice, e tutti a più ordini di forze come sopra, ma eur tmicamente distribuiti infra loro ; se da alcuni o da tutti i tiranti ma in simetria, a uno o più ordi- ni ma con euritmia, si fossero diramate altre rette immate- riali , ed a questi ra.ni applicate delle nuove foize colie me- desime condizioni , e si fossero gli ultimi diramati simetrica- mente da capo ancor essi . e così senza fine ; in somma se la macchina simrtrica immateriale si iosse finta ( ma con geo- metrica perfezione ) verticillata, a lumiera scempia o fornita di più ordini di viticci , a pomo , a pina o embriciata , cini- rifdinie o squainmata , o in figura di solido rotondo intero, troncato, dititto , rovescio, scannellato, striato, o a foggia di boccie , di fiori scempi, composti, dop]!] , stradoppj, um- bellati , o uniti a dei flosculi con regolarità e simetria , co- me la Botanica gli presenta e la Natura e l'Arte gli inostra- no in modelli meno perfetti nelle selve, nei prati, ne' cam- pi , negli orti , e con più bizzaria nei giardini ; tutte queste infinite maniere di congegnar dei tiranti e delle forze in or- dini euritmici ed armoniosi , non meno che le lor projezioni va- ^ Di PiETRO FeRRONI . 4f)5 Yariamente raggiate e jamose , ossiaiio asteroidi doppie, stra- doppie , flosculose , o coinurique ma con siinetrico magistero d' ordito e trama composte, porterebbero all'equiUbrio . Im- perciocché la rìsidtanle di tutte le forze non potendo a me- no d'essere dfttriuinata e per conseguente unica, e d'altron- de la regolare ((lufigurazione < sigi'udo mercè del principio solito d.Ai^ identità^ ctie la risultante medesima si reterisca a tutti i tiranti egualmente ( come quella, di cui non v' è né sa concepir-i ragione di preferenza , ond' essa s' accosti più all'uno « bf all'altro ), la di lei direzione sarà evidentemen- te coinbaciante coli* asse dell' angolo-soliilo, che gode solo l di tal requii^ilo , o scempio o aggruppato eh' e' sia , e passe- rà pel punto d'appoggio o di sospensione. a. In oltre risalta, non che all' intelletto, agli occhi d'ognuno, che Varignon ponendo per base della sua Mecca' nica nuova la macchina funicolare piana , piuttosto che rap- presentarsela tutta giacente in. un piano , avrebbe satisfatto assai meglio all' evidente universalità del princìp-o , eh' egli assumeva, figurandola pìramidata o in angolo — solido regola- re . Né solo analoga alln Bilancia s nnpiice d' Archimede è la fnnirolare diiitta ( C< icl. IV. Fig. 6. ) coli' unica diffe- renza , the là agiscon le forze perpendic» laiiuente al tirante, qui livoltate ed in senso opposto nella medesima dilezione del filo ; ma e questa e quella sono strettamente congiunte col gran pr-ncipio della Dinamica, unico dotato del privile- gio dell' evidenza , siccome opinò Dalembert e non ha guari ha pensato Lagrange , cit è l' equilibrio di due identici para- Kllepipedi o sfere prementisi con forze eguali , ogni ragione mancando perchè nel conflitto delie medesime prevalesse una all'altra . E difatti questa pressione ( immaginando una ver- ga intermedia che non caiTiBia l* assunto ) è la trazione ro- vescia della funicolare bifida ( 1. e. ) o sivvero la Bilancia analoga Archimedea, e tanto ha d' affinità seco lei, che re- etando salda e inconcussa T istessa evidenza intuitiva, se più paralelicpipedi o sfere j o se più molecole ( lo che av« vie- 49^ I riUK'Cirj DELLA MECCANICA GC. viene de' fluidi supposti mobilissimi e perciò privi d' ogni coesione), premessero come in nna Bilancia raggiata { Corol. I. ), poliedra o sferica ( Num.° i. ), ossia nel modo gene- ralizzato da Darcy e Fourier , un regolar corpo centrale y parimente v' indurrebbero 1' equilibrio pel principio solito A^ indifferenza ^ che piacque così dilaniare ai Riccati per rap- porto a tutto un sistema ; il che nella cofriunicazione del mo- to per via d' impulso, e massimamente moltiplioe, ignorata dagli antichi, sbagliata da Cartesio, negletta da Galileo, po- sta in essere da Wren, Wallis ed Huygens poco men che ad un tempo , non v' ha chi non sappia essere della maggiore importanza. Bilancia ella è paiimente, e semplicissima d'Ar- chimede, r eguale altezza dellg due colonne di liquido omo- geneo in un sifone dello stesso uniforme calil)ro per tutto, e ricurvo in maniera da far angoli eguali con una faccia e celi' altra della sezione infima o base comune . Ma se tu , equili- brata da prima con pesi pari quella Bilancia , togliessi da un dei bacini porzione di peso, e contemporaneamente pigias- si con forza egualmente appunto al peso sottratto l'istesso ba- cino , o viceversa se tu aggiungessi altro peso ad un dei ba- cini sgravandolo o sorreggendolo d' altrettanto ad un tempo con una pressione di sotto in su , resterebbe disturbato per- ciò il primiero equilibrio? Nò certamente; e nò tampoco nei due parallelepipedi Alembertiani bilanciati pel mutuo contra- sto , subito che tu menomasti o accrescesti la massa d' uno di lorOj ricompensando il tolto con aumento di pigiatura sul resto nel primo caso , o rimediando con equipollente stiratu- ra opposta ( o pression negativa ) al superfluo aggiunto nelT altro, onde mantener 1' equilibrio tal qusl era in principio. Ora, se tu ben rifletti, il caso è questo del tuo sifone, taci- to a cono troncato rovescio , quanto a cono troncato diritto in un dei suoi bracci , rimanendo cilindrico 1' altio : peroc- ché nella prima ipotesi il di piii del liquido viene ad essere visibilmente sorretto dalle pareti del vaso , e nel secondo ( come avverte benissimo Atwood ) forzate le pareti istesse dal Di Pt.-Tno FiiURONr . 49 7 {lai carico reagiscono e pigiano altrettanto all' ingiù , quanto farebbe appuntino , se fosse in posto col di lei carico , la parte tolta o mancante di liquido . Avvengachè entrambi i casi si spieghino coli' istessa evidenza desunta dalla Bilancia , il primo ha appena svegliata 1' ammirazione dei Fisici , rnen- ti-e il secondo si legge sempre qualificato poco meno che dì miracolo , in grazia d' ima delle pur troppo frequenti coii- tradizioni dello spirito umano . Ricorrere per decifrarlo alle velocità virtuali , come il primo s' avvisò Galileo e ed il Greco dialetto dorico, nel quale scrisse Archimede, non essendovi ben conservato , ed avendo dovuto Torelli suo ultimo interpetre tramezzare ai due Libri quello del tetrago- nìsmo della Parabola onde meglio ordinarli , e d' altra parto sapendosi che dopo I' Arenario sieguono i due Libri sospetti de insidentihus hiunìdo , e i Lemmi non mai rinvenuti nell* originale idioma e solo tradotti dall'Arabo , e finalmente rac- contandoci Pappo , fiorito in Alessandria d' Egitto intorno a VI. secoli dopo Archimede medesimo, che l'intitolazione del- Rrr a la 5cO I PParJClPJ DELLA MECCANICA CC. la di lui Meccanica fosse anzi de Libra , ognun vede come ora sareblxì tempo perduto fermarsi fondatamente a discorre- re sopra un Testo meno sincero , perchè incerto e se non al- tio alterato, corrotto o rifuso, ed in ciò non diverso da quello de Spkaera &>. Cfllndro , pieno d'atticismi che addita- no lavoro esotico posteriore . 4. Per dare un saggio brevissimo della copia grande di conseguenze, che agevolmente derivano ààW identità dei rap- porti di tutte le parti della Bilancia , prescelgo alcuni pochi problemi relativi a diversi accidenti dell' equilibrio intuiti- vo . E primieramente non richiedeva lo sforzo dell' applica- zione del calcolo differenziale quel Problema facilissimo sciol- to dall' Hópital ( ed anco per via di principio ausiliario ) in proposito della situazione , ove ferraerebbesi un peso penden- le da una corda attaccata ad un punto fisso j ed avvolta a una troclea o puleggia , obbligata parimente da un filo a ri- maner sospesa e girar libera attorno dell' estremo immobile di questo filo come suo centro . Imperocché a motivo deli* evidente tension eguale della corda , da cui pende il peso in tutti i suoi punti , accade qui che la troclea venendo ab- bracciata da due forze eguali di direzioni convergenti , noi siamo nel proposito della troclea di Varignon o della Bilancia semplice infles-sa (Coroi. 111.), e perciò debbasi aver T equili- brio quando il filo , che sostiene la troclea , e stabilisce nel di lei centro il punto d' appoggio , faccia angoli pari colle due porzioni della corda stirata dal peso medesimo ; e deter- uiinar questo stato per un cammino anco molto più semplice del praticato da Varignon ( non avendo ora luogo il dubbio promosso da Dalembert , giacché bisezione dell' angolo e per- pendicolarità della risultante alla periferia deila troclea van- no in questa ipotesi insieme ) è Problema purissimo di Geo- metria . Mentre s'adoperi il calcolo dov' è inutile farne pom- pa , si contamina molto il suo pregio -, come avverrebbe di chi j per esempio, col fine d'insinuare nell'animo degli stu- diosi il poter supremo deli' Algebra , loro dicesse — „ Tro- ,3 va- i / ■ Di Pietro Ferroni • 5c i „ vate , se pur vi riesca , colia sola ordinaria Aritmetica un „ Numero tale, che il suo prodotto per 4? il suo quoziente 5, per 5 , ed il suo inoltiplicatore suddetto facciano insieme la — . j, — Posto che a questa disfida 1* Abbachista di su- „ bito replicasse — „ Io risolvo il quesito a nreraoria così ; 5, suppongo I il Numero domandato ; e dico i , senza 1' ag- -I .2! I . „ giunta del 4> darebbe — ■■, e perciò -^ ; i : : 3 — (ossia O ò 2à I r 1, 12, — meno 4 ) • a — ,, — ( ove non si fa uso che del- la regola del tre e àeWx falsa -j^osizione semplice ), non re- sterei))/ e^li umiliato da simile improvvisata per la pessima scelta àeW Esempio il vantatore poco avveduto della superio- rità dell' Analisi letterale ? Ed è appunto per sì fatta cagio- ne che i savj hanno scritto non doversi giammai la verità stessa magnìHcare più del giusto valore, come cpiella che al- lora deturpata da una vernice straniera perderebbe assai di suQu lustro nativo e vaghezza. In secondo luogo quel rinomato Problema , nella cui so- luzione errò Galileo e quindi Renan, siccome d' accordo av- vertirono Viviani, Ciò. Bernoulli , Perelli , ed ha per mira di determinare la situazione dell' equilibrio di tre pesi , uno si- tuato nel mezzo d' un filo che passi su due puleggie di li- vello, egli altri due eguali infra loio pendenti dalle porzioni libere del filo medesimo dopo accavalciatele troclee , i.mmaiv tinente palesa colla guida del solo principio d' identità che la direzione verticale o centripeta del peso intermedio dee divi- dere per metà 1' angolo formato dalle due pai ti eguali ed egualmente tese del filo che lo sostiene , sull' esempio della Bilancia inflessa ( Corei. III. ) testé mentovata . E quando tutti e tre i pesi fossero eguali , sarebbe il caso della Bilan^ eia trifida ( Corol. IV. ) , e l'equilibrio avrebbe luogo scen- dendo il peso intermedio di tanto , quanto importasse a far r a a- 5ca I PRINCIPJ DELLA MECCANICA «C. 1' angolo dei due tiranti d' un terzo di quattro retti ; alla determinazione del qua! punto s' arriva mediante una facilis- sima costruzione geometrica- Riconobbe questo istesso prin- cipio d' identità Dalembert ove ragiona dell' equilibrio d' un corpo infinitesimo o finito infilato in una corda slentata o fa- ciente sacca; uè potè a meno d'adoperario applicandolo an- cora al moto de'corpi solidi in genere Euler ne' suoi celebri Opuscoli , il quale dopo i primi passi poco avanti fatti da Koénig e Clairaut con tutto il successo, concorse seco lui ad unir la Dinamica in lega strettissima colla Statica , perchè quest' ultima scienza era l'unica da trattarsi colla Sintesi li- neare , e perciò sola coltivata ( come a proposito osservano lo Storico dell' Accademia delle Scienze di Parigi , parlando del metodo indiretto di Courtivron per cercare la combina- zione dell' equilibrio e di recente Fourier) dai Geometri an- tichi . Nasce dal principio medesimo, con iscemar di metà il peso intermedio, la semplicissima riduzione del caso di quei tre pesi al sistema di soli due discorrenti per delle linee a piombo ossiano perpendicolari all' orizzontale ; se non che ( come altrove dimostrerò ) la maniera ingegnosa j colla qua- le Perelli , in ciò non lodato , per quanto io lo giudichi lo- devolissimo , da nessuno de' suoi tre Elogisti , fece dipendere lo stato dell' equilibrio dall' Iperbola equilatera d' Apollo- xno, stando anco alla massima discesa del Centro di gravità, e vale a dire tralignando dall' evidenza ( avvengachè Lagran- ge abbia moltissimo semplificato questo principio indiretto , ristringendo la prova dell'altro delle velocità virtuali in ulti- ma analisi alla evidente secondo lui discesa massima d' un peso solo per determinare la posizione dell' equilibrio ) po- trebbe rendersi assai più corta e men lavorata ( Scolio del Teorema dell' Art I. ) con impiegare il metodo di Torricel- li . Ma tornando ai tre pesi , dalla considerazione de' quali combinata colle oscure e deboli traccie di Fracastorio e col- le lucidissime di Stevino ( comunque mancanti esse siano di rigorosa prova geometrica ) per rapporto a tre o più forze a pia- Di Pietro Ferroni . 5o3 piacimento disegnali , che per mezzo di corde si compongano in «-(|uilibrio , i M;itematici giunser dipoi a fissar la tedria della Catenaria , Lintearia , Velaria , Elastica , ed altre Cur- ve affini , non meno che delle Corde-vibranti , è falso quel che assicurano presso che tutti e con erma T Istoriografo del- le Matematiche , cioè essersi qui parimente ingannato Galileo assumendo la Catenaria coincidente colla Parabola conica , sebben essa dipenda per costruirsi dalla rettificazione di que- sta Curva . Fa molta specie che gli Italiani principalmente e Viviani medesimo prediletto discepolo di quel Filosofo linceo { al quale, copiando forse un passo inedito di Toricelli , piuttosto si dcbbe l'errore e la falsa dimostrazione appoggia- ta ad un paralogismo vistoso sopra i momenti de' corpi pen- denti da una Leva posante su due punti d' appoggio , ed al- le medie armoniche proporz'onali dagli antichi di già cono- sciute , ma prese in sinistro quanto alle loro costruzioni £le- ganti da Pappo ) non ben capissero il chiarissimo senso del testo de* Dialoghi di Galileo , e dal fondo del settentrione dovesse più d' un secolo dopo intenderne Krafft il letterale significato Toscano , e render giustizia all'Autore nei Commen- tari dell' Accademia di Pietroburgo . Vide ben Galileo , a torto accusato da Jungius e mal servito da Pardies e Lana , e lo conobbe per via di replicate esperienze cunducenti a fa- cilitare la pratica della Balistica, ( lo che non fece Girardo impegnatosi nel pretendere d'avere coi principj della Sparto- statica incontrata la prova della Catenaria perfettamente pa- rabolica ) vide, io ripeto , nn avvicinamento della Catenuz- za tesa a conformarsi in Parabola , siccome 1' Analisi stessa lo persuade . Imperciocché V equazione sua generale essendo d X r — — = I Sf/j, posta 8 funzione dell'arco, e nell ipotesi CI X s^ della Catena uniforme avendosi —r~ = — , e di più quasi s = / 5g4 I rRIKCirj DELLA JIECCAKICA CC, " b y s = — nella tensione molto avanzata della rae(I(-:sinia, s'ar- a riva all' equazione finale —: — x ~ y^ , che spetta appunto alla Parabola Apolloniana ; come altresì si deriverebbe dall' altra (Ix — — — — facendovi r' incomparabile ns- l/ia-yy^b' petto ad y, e convertendola in a'y = b'x — x^. Luogo geo- metrico che rimanda alla medesima conica Curva, m-entre si contin le x sulla linea retta che le serve di corda . Quanto ndunque dal Dialogo sopra i due massimi Sistemi del Biondo chiaro apparisce che Galileo non prendesse abbaglio suU' iso- cronismo de' pendoli oscillanti per archi diversi del medesi- mo Cerchio , altrettanto nulla avventurò che di vero ragio- nando di quella Curva eh' ei primo fu a ricercare, e ch'es- sendo la centina d'una Volta, per eccellenza è salita poi gi- gantesca a far vaga mostra di &e ( comunque ne scriva Frisi in contrario ) , forse senz' accorgimento di Michelangiolo , nella gran Cupola Vaticana , che non ha né Io sgarbo in ci- ma né tampoco la debolezza nei fianchi degli arciù Gotici o Tedeschi , ed alla pari delle Volte Moresche molto più svelta s' inalza di quella del Panteon o del secolo delle belle ar- ti di Roma a tempo d' Augusto . Nel medesimo equivoco di cogliere in error Galileo sono anco incorsi i Geometri , i quali han preteso trovarlo in fallo sulla figura del Solido d' egual resitenza , o hanno 1' un dietro 1' altro creduto che dov' egli nei Dialoghi precitati non facendo che paragonare letteralmente il tempo , per cui scorre un grave lungo d' un arco di Circolo , lo annunzia di durata brevissima , ma uni- camente a confronto della sottesa o di quante mai si vogliati sottese condotte fra i due estremi dell'arco medesimo^ e va- le r istesso come un' Oligocrona o Brachisto-crona relativa: perocché l'assoluta, per quanto nuova e difficile rassembras- se^ mi pare sciolta ayauti eh' ella fosse proposta ^ subito che Lei- Di Pietro Ferroni . So5 LeiLiiitz ebbe l'idea di conciliare ed emendare Descartes sulla spiegazion della causa della legge di Siiellio , pubblicata dal Vossio e rivendicata da Spleissio all' Olanda dopo confermata da Fermai, in proposito della strada clie tengono i raggi della luce refratta; al qual effetto, per dedurre il tempo minima del viaggio della luce medesima e decifrare il fenomeno ma- raviglioso delle velocità proporzionali alle resistenze, pare dal- la precisa e puntuale espressione tecn;ca del suo discorso che adoperasse ( senza citarla ) la dottrina classica del Cantelli , discepolo intimo di Galileo ( ed è 1' istessa in sostanza dell' ultimamente prodotta da Lorgna ) , cioè che nello stato per- manente de' Fiumi crescono tanto le loro medie velocità , quanto s' aumentano le resistenze ali' espansione o diffusio- ne dell' acqua, o quanto scemano le sezioni' Del resto in- torno la perspicacia somma, rigor geometrico nel dimos- trare tutte le volte eh' ei se n' assunse l' incarico , ed avve- dutezza non ordinaria nell' asserire di Galileo quando alcu- ro ne dubitasse, io son solito di contrapporgli 1' elegan- te speculazione, che pochissimi hanno notata ne' di lui Dialoghi mentovati sopra le due nuove Scienze , cioè del Moto locale e della Resistenza de' solidi ( non Moto locale e Balistica come hanno scritto taluni Biografi ) , concernente la Serie-infinita dei Numeri triangolari , dalla quale ripetuta con un sol passo anticipato , così , I , 3 , 6 , jo , i5 , ai , 28 , 36 , 4'5 ? 55 , ec. i , 3 , 6 , IO, 1 5 , ai, 28 , 36 , 45 , ec. nascono i quadrati di tutti i Numeri naturali , siccome som- mando l'altra Serie dei dispari 1 , 3, 5, 7,9, 11, i3, i5, 17, 19, ec. ad indici eguali: proprietà aritm^^tica singolaris- sima, che noi sappiamo ricavar facdmente dalle formule no- n^ -^n (n— iy-+-(n— i) n te H z: n = { r H- 2/z — i ) — = S(2ra — i), ma che a rilevarla in quella età non si aveva altro esempio fuor della serie-infinita quadrupla decre- Tomo X» S s s scen- So6 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. scente sommata da Archimede nella sua seconda maniera iru' meccanica d'assegnare la dimensione dell'area della Parabola . Raccogliendo difatti tutta la letterale esposizione del modo , con cui quel Linceo definisce le due divisate Serie de' Numeri triangolari t e quadrati q, appesi equidistanti sotto figura di lamine rettangolari a una Leva ^ si scorge subito comft essen- do é"^ - t^"-'' H- «, e ci"' = q^"-'^ 4. r 4- ( «- I ) fi , ne risulta é"^ + /"—> = t^"''^ -h n H- i^''-*>H- « — i = cioè fatto /"' r= é"'^ + é"-^'^, ne nasce r "^ = /""'> + n_ („_ , )2 coincidente con q"' rz q ""'' -\- i -\- { n — 1)2., conces- so che sia eguale il termine primo , siccome lo è , d'entram- be le Serie . Finalmente si fa manifesto che piacendo di considerare inversa la proposizione compresa nelT Assioma , viene ad es- ser chiaro egualmente in virti!i della solita evidente identità di rapporto ( Fig. i.) come una forza sola, la quale agisse per la direzione deli' asse J' luia Pirauiide regolare e sì co- municas^se , o premendo o siirando , ai venti tutti e tiranti jmmatericili di quella carcassa di padigl.cne, o appoggiata o sorretta itamobdminte in ciascun vertice angolare della sua base , ognuno di cjuesti appojrgi o so'slfgni supportar de^i^ia egital pressione o n i.simie , if. qualunque numero essi si fos- sero. L' iSlesso avveneiibe dello Biiaruie asteroidi (Coiol. i. Fig. a.) o sceuTpie o conquiste, quando runica forza, o pve- inpnte o siuaiite , si dirigesse pel centm e perpendicolain:.ei> te ai piano di loro , e gli appoggi o scstegni parimente in- capaci di cedere fossero collocati agli estremi di tutti i rag- gi. E sì fatto scompartimento o difiusior.F lateiale o rpggiati- te di fcrza j che nell'uno e nell'altro caso vien sempre a distribuii si con eguaglianza sopra tutti gli appoggi o sostegni, ed apre il campo di quella spinosa teoria , ad illuminare la quale entrarono i primi Euler e D-lembert , ed cggi e sog- gct- Di Pietro Fkrroni . 5cj getto di controversia dotta tra alcuni dei vivetitl Analisti (intorno di cui tornerò a far jiarola nell' Articolo I. Corol. VI. dopo il Teorema ) , quanto di sua natura porta seco la luce dell'evidenza intuitiva, d'altrettanto lascia molto a de- siderare e tien l' animo non poco sospeso nò pago appieno di se, quella diffusione eg,uale di forza su tutti gli innumere- voli punti d' una Leva diritta , che Hamilton prende in con- to di Postulato o Assioma per l' equilibrio , ed ha meritato 1' encomio dei Collettori degli Opuscoli

  • ei agisce ia e^. ual grado o solleciti un punta imm-^diatamente , o venga. la solle( ilazione comunque da vicino o da lontana per V in- tervento d' una linea retta corta, media, o luniia che le serva , dirò così , di veicolo . E questa illazione dedotta dal- 1) pred-tta Bilancia ( analoga all' ArcliimeJea , perchè dà r fijailibrio ancor ella , lo dà parimente senza rotazione , lo. dà per l' ist^ssa fondamento (V identità , lo dà pel motivo medesimo che la forza da un lato agisce come immediata- mente iti senso opposto contro dell' alrio, e rende immobi- li entrambi gli estremi della retta frapposta , o corta o lun- ga, purché nel mezzo divisa dal punto d' appoggio ), è della massima importanza per la Ponderarla ; eh' è quella partico- larità della Statica relativa alla gravità terrestre {pesanteur) 0 dei pesi in qualunque sito proporzionali alle masse, tea differente dalla gravitazioBe Q attrazione ^ C 0 P». 0 L L A R I 0 II- L'Ipotesi particolare considerata da Dalembert ( e quin- di da Euler , Mi'7zi , Bossnt , Salimbeni , Monge , ec. , non meno che dall' editore Italiana del Trattato di Statica del terzo dei Matematici prenominati, in qualità di risultato di forze o di corollario delle affezioni della Leva diritta dedot- ta dai loro principj ), quella cioè ( Fig. la. ) di due forze eguali , direttamente contrarie , e perpendicolarmente apjtli- ca- Sia I rr.jNcipj della keccaniCÌ ec. cate a una Leva , che non danno equivalente o risultante , s' accorda appieno col Lemma , e vuol dire che il punto di mezzo della Leva non è sollecitato, e la Leva libera, priva d' ogni moto progressivo , non farebbe che girare intorno il punto medesimo, che rimarrebbe immobile. E negativa la prova che Dalembert somministra di quel Teor^^ma prelimina- re ; né lascia d' esserlo parimente, e più prolissa e più ela- borata, r altra dell' equilibrio di quattro forze normali ed eguali ( Fig. i3.) , due per due in sensi opposti e ad inter- valli pari applicate a una Leva . Questo caso speciale sta in termini puntuali d'accordo colle condizioni de! Lemma, per- chè in virtù della simetrica o euritmica distribuzione delle quattro forze intorno il punto di mezzo G e de! conseguente contranniso la Leva AB, comunque prolungata verso D, E, non è in grado di concepire tampoco alcun moto di rotazio- ne ; laonde mercè del contiasto delle qu&ttro forze havvi luogo all' impedimento rotatorio della Bilancia , d' altronde libera, voluto dal Lemma, la qual Bilancia Alerabertiana non è in somma che un raddoppiamento dell' analoga Archi- medea simetricamente disposta , o sivvero nno dei tanti mo- di valevoli ad impedire per contracconato la rotazione,. Ma oltrediciò , per il Lemma , il punto di mezzo F resta immo- bile come l'altro G; laonde immobile anco riguardo a moto progressivo o di traslazione tutta intera la Leva diritta , che dee rimaner sempre ferma stando fermi due soli punti di lei, o vicini comunque o comunque lontani . COROLLARIO III. Tanto è vero che Maclaurin e Dalembert avessero i pri- mi tra i Geometri moderni V idea di rappresentarsi una Bi- lancia figurata nella maniera esposta dall'enunciato del Lem- ma , quanto che s' accostò molto ancor Huygens a conside- rarla circa un secolo avanti di loro: ma il Geometra Inglese non seppe conoscervi se non se 1' identità più vistosa per ris- Di PiETRO Ferroni . 5i3 rispetto al movimento solo di rotazione , mentre gli altri due pel contrario non vi scorsero punto il fondamento medesimo d' identità come nell'antichissima d'Archimede. La Bilancia Iliigeniana è confurmata come nella Figura 14. a doj)pia squadra o in zi.i^zag , di braccia estreme e di pesi eguali . Per l'identità rimane impedito il movimento di rotazione in- torno AB come unico asse , o attorno di AB ed insieme at- torno di G H normale al primo asse e nel medesimo piano, supponendola centrala e sorretta sopra due perni A , B , o ancora senza di questi appoggiata o sostenuta nel mezzo D . E per la medesima identità relativamente al punto di mezzo D ed agli estremi , tanto può il peso E contro di F , quanto viceversa F contro di E ; e perciò la Bilancia debb* essere in equilibrio come se rettilinea ella fosse o conforme al pimteggiato nella Figura. Anzi la Bilancia d' Huygens mo- stra di più che il peso E col suo braccio , e viceversa , sol- lecita in senso opposto ed agisce egualmente contro di F , e T! propaga e comunica la sua forza come se fosse in dirittu- ra nella Bilancia d' Archimede ( vedasi il punteggiato ) ; e ciò malgrado la distanza intermedia AB, comunque corta o lunga , che separa le due braccia , ed impedisce che siano in una linea retta continuata sull' esemplar dell' antica. Dalembftrt dipoi speculando sopra gli appoggi contestò 1' evidenza dell* istcssa Bilancia Hugeniana mercè il contranniso de' due oppo- sti momenti . Era dunque facile il passo a rappresentarsela senza perni o sostegni e come in aria tra due opposte forze eguali, le quali agissero ( Fig. i5.) su due altre rivolte fis- se a squadra , ed in virtù dell' identità ( parimente cosi ve- nendo impedita la rotazione ) rendessero immobile il punto intermedio D, e realizzassero ancora qui 1' equilibrio, che non mai può accadere , salvo che la forza a destra agisca sulla sinistra mediatamente coli' intermezzo della Leva infles- sa come se agisse immediatamente sopra di quella . Dunque anco nelle Leve in ìscempio , doppio, triplo , o comunque moltiplicato zigzag j a squadra o sottosquadra, purché in cr- Tomo X. Ttt di- 5l4 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. dine simetrico e opposto, essendovi luogo al solo moto pro- gressivo e restando impedito per alcuno dei modi spiegati il giratorio, la forza che prema o stiri un estremo, passerà in- tera air altro estremo come se vi si propagasse per la linea pili breve , qnal è la retta che vedesi punteggiata ; e ciò co- munque sia questa o corta o lunga , comunque lunga o cor^ ta la Leva vera intermedia , comunque lunghe , corte , mol- tiplici , e variamente angolate ma in correspettiva eguaglian- za le giunte o rivolte della medesima . Siamo sempre nel pretto caso d' applicarvi il principio d' identità ; e col molti- plicare o rimpicciolire in parte o in tutto le giunte , si po^ irebbe ridar la Bilancia eziandio a braccia miste o curve, si- mili , eguali , ma inverse , di doppia o semplice curvatura j ierme stanti per essa tutte le superiori affezioni . COROLLARIO IV. Raccolgo adesso tutti gli altri punti di somiglianza dell' antica e moderna Bilancia. i.° Riconoscono entrambe i me- desimi limiti : imperocché (^ Fig. i6. ) tanto la prima che la seconda, incominciandosi dallo stato delle direzioni delle for- ze normali alla versia e viemag£;iornlente crescendo gli an2;o- li ottusi ( Corol. II. dell' Assioma ) , termina nella verga ( o anche filo ) stirata in senso opposto da due forze eguali a" suoi estremi , mentre sminuendo via più gli angoli acuti ( 1. e. ) finisce colla verga rigida pigiata in direzione con- traria nelle due estremità da due forze pari , ed è questa in un caso e nell'altro la Bilancia scempia (Corol. IV. dell' As- sioma ) , la Bilancia della Natura , il germe in somma dell' evidenza dell'equilibrio (Num. a.° dello Scolio) sì nella Sta- tica come nella Dinamica . — 2.° In essi limiti il contra- sto delle due forze eguali elide ogni moto per identità di ragione , come a pari nelle due Bilancie enunciate , ciasche- dun punto della verga ( o filo ) dei limiti trovasi stretto o stirato da due forze eguali contrannitenti , e lo è parimente ili Di PiETRO Ferroni. 5i5 in arnendne le Bilancie : queste due forze di pressione o di- strazione in qualunque punto de' limiti ( non che nel solo di mezzo ) equivalgono alle due eguali estreme come nella Bilancia moderna ( Corol. I. ), e nell' antica quando disim- pegnato il sistema dal punto d' appoggio ( e ne vedremo il modo nel Corollario VI. seguente ) le venga tolta dall' arte ogni tendenza al moto di rotazione senza niente offendere il progressivo . — 3.° Per questa propagazione o comunicazione di forze intere o assolute in tutte e quattro le Bilancie non contribuiscono in vermi conto le distanze ossiano le maggio- ri o minori lunghezze delle verghe o dei fili , eh' è quanto dire non hanno nulla di modificato dalle- medesime o relati- vo . — 4'° Oltre di che nelle Bilancie inflesse ( non bifide ) e disposte in un piano perpendicolare a quello delle conside- rate di sopra ( Caroli. IH. dell' Assioma ) , di braccia egua- li ( Fig. 17. )» rigide, d'angolo invariabile non ostante qua- lunque sforzo , libere quanto a ricevere qualunque moto pro- gressivo , o di traslazione , ma incapaci ( o per contranniso o per alerà maniera ) di prestarsi al moto di rotazione , ac- cade 1' istesso appunto come nelle diritte . Abbiasi difatti io. A estremo del primo braccio una forza , che stiri o prema la rivolta o giunta perpendicolare al piano delle due braccia, della Bilancia piegata ( e sarebbe il medesimo di qualunque altra inclinazione , purché si conservasse il paralellismo alla direzione dell' altra ' foiza che siegue ) , e la stiri o prema nella dirittura della giunta predetta; si faccia così rapporto air altro estrenK) G , adattandovi forza eguale in senso oppo- sto alla prima, onde non siavi luogo che la Bilancia angola- re prenda mai movimento di rotazione. E evidente pel prin- cipio d' identità che il vertice dell' angolo B rimarrà tanto premuto o stirato per un verso in virtìi di A , quanto per r opposto in virtù di C ; e torna a dire stretto o distratto da due forze direttamente contrarie , immobile, e in equili- brio . Manca dunque ogni moto progressivo nella Bilancia ; manca quello di rotazione intorno ai punteggiati due assi T 1 1 a DE , 5l6 I PRINCIPJ CELLA MECCANICA CC. DE , FG , per 1' ipotesi fatta ; ed in conseguenza avviene 1' istesso come nella Bilancia moderna diritta . Da un estre- mo G all'altro A si comunica o si propaga piena ed intera la forza pel viaggio o intermezzo ilessilineo, corto o luogo, piCi o meno aperto , non altrimenti che pel diritto brevissimo punteggiato . Varrebbe altrettanto se non diritte fosser le braccia j ma entrambe curve, o miste, purché simili , egua- li, e similmente disposte; 1' identità per rapporto a B do- vendo procacciar sempre il resultato medesimo. Quindi è che se imitandosi la Bilancia Alembertiana sian quattro le forze simetiicamente applicate , tutte eguali infra loro^ le due su- periori erpiidistanti da B , le inferiori opposte di direzione rispetto alle prime, e diversamente ecpiidistanti da B ^ ne per contramiiso o altro modo abbiavi luogo alia rotazione intorno DE (giacché intorno FG, atteso Yidentità viene di sua natura impedita) vi sarà necessariamente equilibrio come nella Bilancia diritta, pel motivo che in ognuno de' bracci il punto di mezzo Oj O' resta privo di moto progressivo o di traslazione ( Lem- ma ) ; lo che porta alla quiete forzata tutto il sistema, e ciò indipendentemente dalle maggiori o minori lunghezze o dis- tanze. — 5." Finalmente si fa manifesto che se ai due pun- ti estremi delle braccia eguali della Bilancia inflessa sianvi due forze eguali , della medesima direzione , perpeiulici^lari al respettivo braccio , e paralelle o nello stesso piano, la lo- ro risultante per il principio d' identità debba giacere nel piano 5 che passi per la retta BH bisecante l' angolo e sia normale al piano della Bilancia ; essa debbe in virtù delT istes- so principio anco giacere nell' altro piano delle direzioni pa- ralelle delle due forze come nel Corollario li. dell' Assioma, imperciocché i due tiranti BA , BG ( o quanti altri mai ve ne fossero uniti a questi , purché nel medesimo piano ) es- sendo ciascuno perpendicolari alla direzione delle rispettive due forze , non possono avere alcuna azione o influenza per renderla obliqua o in qualsisia modo cambiarla di piano ( at- teso non esservi maggior ragione per deviarla da quel piano o in- Di Pietro Feruoni . 617 o inclinarla a destra piuttosto che a sinistra) : dunque la n- sultante dee combinare colla comune sezione di q.uesti due piani , cioè colla linea retta perpendicol re al piano della Bilancia , che passa per il punto di mezzo della retta coti- giungente i due punti estremi delle braccia della medesima, paraltìlla alla direzione delle forze , come se i due tiranti non esistessero ed in loro vece esistesse la verga AC punteg- giata ( ed m ciò equivalente ) d' una Bilancia diritta ossia Archimedea . Quest' ultima conseguenza è rilevantissima per condurre alia teoria della Leva . COROLLARIO V. Dalle riflessioni superioii raccogliesi facilmente còme spiegar V equilibrio , che l' esperienza dimostra nella Bilan- cia famosa di Roberval , la quale ha pesi eguali pendenti da braccia assai diseguali ed anco , se pur si voglia , situati da un lato solo ( Fjg. 18. ) e che nessuno , per quanto sia- mi noto, contando da Desaguliers ( che 1' esaminò senza no- me dell' Inventore e ne dimostrò 1' equipondio colle stesse parole di lui , vale a dire colla dottrina solita Cartesiana delle velocità virtuali ) è stato valevole a decifrare , non esclusi tampoco Parent e Dalemlx;rt che Io fece per mez- zo di replicata decomposizione di forze , dove ( rifletten- do maturamente alla cosa ) non eravi nessun motivo né na- turai modo di decomporle . Essendo fìssi i due bracci AC, ED, in A , B ( né importa che corrispondano ai punti di mezzo dei lati verticali del telajo paialellogrammo snodato nei quattro angoli , ma o sopra o sotto a piacimento o entram- bi o 1' uno e non l'altro, e ciascheduno a diseguali distan- ze, quando ciò si voglia, dagli angoli superiori o inferiori ) ed inchiodativi stabilmente , e perciò non potendo prestarsi giammai ad alcun movimento di rotazione, i due pesi o ro- maìii eguali pendenti si facciano comunque' scorrere lunjio «juci bracci , e si fermino in qualsisiu punto dei bracci stes- si , 5i8 I PRINCIPI CELLA MECCANICA CC. SÌ , esterni o interni , ora T uno , ora l' altro , ora entram- bi, e a disegnali distanze da A, Bj questo è il caso delle forze contemplate nel Corollario I. le quali agiscono ( e se n' accorse , senza Vederne bene il perchè , Roberval egli stesso ) piene ed intere su i punti A , B indipendentemente dalle distanze , o come se immediatamente agissero sopra i medesimi; il che coincide coli' equilibrio della Bilancia sem- plice Archimedea. Non altrimenti farebbe un Grave ( Fig. 19. ) che obbligato e stretto senza diminuzione di peso den- tro la guida d' un canal verticale levigatissimo portasse seco una riga qual coda al medesimo grave fissamente saldata , o in altro modo equipollente attaccata ; poiché questa o corta o lunga (purché rigida o incapace di flettere o di brandire) non essend' abile a concepir rotazione , comunicherebbe o propagherebbe ( Corol. e. ) 1' impressione di tutta la forza del Grave pendente nella guida , a distanza vicinissima , me- diocremente rimota, o lontanissima dal Grave predetto. Co- sì mentre una Vite masdiia (Fig. 20.) sena per mezze del- la sua femmina una lastra metallica o d'altra materia consi- derata rigida e ferma , questa preme il sottoposto corpo egual- mente in Aj A', A", ec. , a qualunque distanza dalla Vite medesima piaccia di collocarlo. Il Corollario I. lo prova; tutti gli Artefici il sanno maneggiando morse e stretto] , e Io sep- pero sempre per pratica ; e rinnuovare 1' esperimento è ope- ra di facilissima esecuzione . COROLLA RIOVI. Deriva dagli stessi prlncipj il Teorema , che può con ra- gione chiamarsi l'unico, a cui si riporta , al dire di Dalem- bert , la Statica tutta non che 1' intera Barologia ( Scolio dell' Assioma in calce ) , ed è che nella Bilancia antichissi- ma o d' Archimede il punto d' appoggio o sostegno , che ri- mane nel mezzo ed induce per identità 1' equilibrio , soppor- ta (non diversamente dalla Bilancia della Natuia, ov'è l'evi- den- Di Pietro Ferroni» 5 io denza intuitiva (Corol. IV. Num. a. ) ) la pressione d'ambe- due insieme le forze eguali , perpendicolari e paralelle , che agiscono sulle estremità delle braccia parimente eguali , ma di qualunque lunghezza , come se per quantità e posizione vi si concentrassero quelle due forze medesime ed immedia- tamente lo premessero o tirassero insieme. E vaglia il vero, se poste accanto ed a contatto libero sopra 1' appoggio im- mobile G ( Fig. ai. ) due delle verghe eguali e comunque lunghe , a forze pari nei punti estremi a quelle normali e paralelle infra loro , egli è fuori di dubbio che in questo si- stema sciolto , quando venisse per un dei modi già esposti impedito ogni moto di rotazione , 1' appoggio G risentirebbe una pressione eguale alla forza A ed un'altra pressione egua- le alla forza B ( Goroll. V. ) . Ora la maniera di togliere a tal sistema di forze la rotazione per contranniso ed identità ( Lemma ) è quella d' unir le verghe . saldarle o farle ste- reotipe in D , congiungendosi allora i due matematici punti in un solo . Dunque ec. Mentre si voglia paragonare questa semplicissima prova con quella ultimamente datane da Fou- rier , bensì piena d' ingegno , non dubito che gli amici dell' ordin sintetico non inclineranno a posporla subito che ella dipende da un bilanciamento d' unione di non meno di XIV forze ( tra le quali due doppie ) e da una Bilancia trifida , collegata piuttosto colla composizione e risoluzione delle po- tenze ( Articolo II. ) che colla Leva diritta . Solamente mi giova avvertire che tanto per la disposizione della figura , considerata come un Rombo piano materiale nel metodo di Fourier , quanto per 1' altra conformazione , in virtù di cui Darcy ha dimostrato il facii Teorema di Pemberton dei setto- ri-solidi proporzionali a' tempi , mentre un punto nella sua or- bita venga attratto verso due centri di forze ^ è stato sempre d' uopo ricorrere a quell' istesso principio di simetria , che a mio parere non ha nessun altro, il quale nell' evidenza , co[)ia di conseguenze e semplicità lo pareggi nella Geome- tria , ncir Anahsi , e nella Jleccanica . Si conferma il già prò- SaO I PRIRCIPJ DELLA MECCANICA eC. provato teorema dalla Figura i3. ( Corei!. II. ): perocché se le due forze superiori ( eguali alle inferiori e tra loro ) s' im- magini che via via s' avvicinino e finalmente si confondano in una nel punto medio C , vi sarà sempre equilibrio . Que- sta forza unica in G , che contrabbilancia le altre due rima- nenti , venendo ad esser composta di due eguali cospiran- ti sulla medesima retta , è evidente come i -f- i = 2 , che si fa doppia di ciascheduna dell' estreme ( e sempre doppia senza dipendenza dalle distanze ) , e eh' equivale alla som- ma delle due estreme suddette . Anzi può molto più esten- dersi questa verità interessante per tutta la Statica . Con- ciossiacchè ( Fig. aa. ) quando avessimo due forze a piaci- mento diverse , come due pesi B , G attaccati fissamente a due verghe di qualunque varia lunghezza o caudati , e posti in canale nella maniera descritta dal Corollario precedente , il punto d' appoggio 0 sostegno A sopporterebbe altresì con- centrata e riunita la gravità de' due pesi pendenti : di modo che se saldati i due bracci facessero equipondio i due pesi ( sebben questi e quelli fossero disegnali ( Teor. seg. ) ) , in tal caso , anco senza le guide o scanalature venendo impedi- ta per contranniso la rotazione , 1' appoggio A soffrirebbe concentrata in lui solo la forza dei bilanciati due pesi . Ar- chimede lo tacque-, Roberval lo suppose nella Bilancia; Gui- dubaldo fu il primo a notarlo chiaramente nel "Vette , e poi Varignon lo collocò infra i principj evidenti di Statica ; Ma- claurin lo pose come d' indubitata evidenza , né ( avvalorato dall' esempio d' Archimede, che forse altrove lo dimo^^trò ( Scolio dell'Assioma al Num. 3.), se puie è di lui, e non d' Herone d' Alessandria , V Opera attribuitagli De Libra ) ebbe mai in animo di darne prova : il caso inverso servt^ di regola per gli appoggi . Ecco il Teorema , dalla dimostrazio- ne del quale, stata da tutti i Scrittori della Meccanica ( non eccettuando Format e Maclaurin citato, tanto appassionati quant' essi furono per mantenere il rigore inconcusso della Sintesi degli antichi) o mal ideata o soltanto supposta come di ve- Di Pii-Tno FtnROKi • Sar velila d' cs]>ciirriza o negletta, e nxutaci il primo (dopo al- cuni tentativi fattine da Darcy ) alla sua maniera da Dalem- bert ( ved. nel Corol. II. ) , nasce direttamente la scienza del Centro di gravità o del Centro d" inerzia che vacillerebbe altrimenti come priva affatto di fotidametito teorico . Senza di questa prova ( die Monge in ultimo luogo , come avean fatto Varignou e Bossut , ha espiscata dall' Infinito, ma sup- ponendo conibacianti o coincidenti le paralelle ) non mai si saprebbe , che nel Centro di grandezza o di materia pesante d' un corpo omogeneo regolare o simetrico si accumula e si ristringe per equipollente la gravità proporzionale alla massa di tutte le paiti che lo compongono . Non si saprebbe tam- poco che addivenisse i' istesso anco di tutti i corpi irregola- ri o sistemi qualunque di punti supposti gravi , se prima *• non si fosse dedotto il Corollario presente , come quc Ilo da cui dipende tutta la teoria de' momenti . Un corpo regolare od irregolare altro Hon è ciie un complesso di bilancia sem- plici d' Archimede o di leve , i cui punti d' api)Oggio sono tutti infilati iieir asse, sul quale vengon così ad essere coa- cervate tutte le forze sostenute dagli appoggi medesimi , o quelle sivvero di tutti i punti pesanti . Ciò non è solamen- te verità d' esperienza, ma di rigorosa teoria; dalla quale necessità e non contingibilità del fenomeno fisico prende orì- gine appunto r esatta conispondenza del ritrovamento fatto della quadratura della Parabcla , sì da Archimede come da Guidubaldo, Luca Valerio, Galileo, Torricelli, Schooten e molti altri in diverse ingegnose maniere mediante i centri di gravità , colle dimostrazioni che parimente la stabiliscono , attinte dai princtpj astratti della infallibile Geometria . Di qui si ricava eziandio 1' origine vera del Centro di percussio- ne , non men che dell' altro che si nomina Centro spontaneo di rotazione considerato avanti di tutti da Giovanni Bernoul- li seniore, dipendenti ambidue dai momenti d' inerzia o an- golari velocità ; e si conosce di più perchè questi non ab- biano negli impulsi eccentrici luogo , tutte le volte che il mo- Tomo X. Y V V to Saa I PRINCIPJ DELLA MECCANICA 60. to rotatorio sia dalle circostanze impedito. Per esemplo ( Fig. 2,3. ) guidata nella caduta naturale tra due canali verticali , a stretta ma senza sofFregamento , una lamina o regolo rigi- do di qualsisia lunghezza^ gravato in mezzo da un peso, con qualunque punto A , B, C , ec. ei perquota nella discesa , perquoterà sempre colla pienezza ed integrità del proprio mo' mento , e la sua percossa eccentrica varrà pi'ecisaraente , e non meno , quanto la percossa centrale . Congegnata pari- mente una bilancia o verga comunque lunga e fornita di diJe pesi eguali agli estremi ( Fig. 24. ) j non altramente il punto d'appoggio , o sia nel mezzo A, o pongasi a destra in B, o a sinistra in C a piacimento , soffrirà sempre V istessa pressio- ne equivalente alla somma dei due pesi o al doppio d' un solo: imperciocché non potendo la verga prestarsi a niun moto di rotazione e libera essendo nel rimanente , torniamo al caso delle Figure ig. ( Coro!. V. ) e aa., cioè del Grave D caudato e dell' altro E similmente caudato , le code dei quali o più corte o più lunghe che siano, pigiano sempre con pari forza gli appoggi, B, A, G, ec, ed urtano perciò sempre in qualunque punto colla forza medesima di percos- sa , che in questo particolare equivale al prodotto del dop- pio della massa d' un Peso per la velocità concepita nella caduta . Intanto adunque negli urti v' ha luogo al Centro di percussione.) ov' è massimo (e combina col centro d'oscillazione neir ipotesi delia gravità terrestre ), perchè il moto, che sarebbe tutto progressivo e diffuso egualmente su tutti i pun- ti d' un Gorpo rigido , in virtù del punto fìsso o centro ob- bligato e della coerenza d' aggregazione delle molecole com- ponenti il medesimo non può a meno di cambiarsi in rotato- rio, e si modifica e si spartisce disegualmente a proporzione delle distanze dal centro , come fa la tendenza eguale di Gra- vità degli atomi integranti rispetto al Centro d' oscillazione . Cada una verga omogenea, paralellepipeda, pesante, rigida^ e libera affatto onde poter prestarsi ai due moti di traslazio- ne e di rotazione , diversissimi sempre e indipendenti fra loro : se Di Pietro Ferroni • SaS se urta nel mezzo , tutto è ben bilanciato air intorno ; pel contranniso non havvi luogo alla rotazione ; V impulso è pie- no ed intero : se poi urta fuori del mezzo ( non essendo mai tutta 1' impressione dell' urto istantanea, poiché in Natura non esistqno corpi perfettamente duri )j la reazione fa si che iieir istante pruno dell' urto la parte più lunga ( siccome vedremo , e Pappo istesso lo vide ( Corei. I. del Teorema dell' Art, II. ) ) sbilanci o preponderi ; gira allora tutta la verga pel principio d^ identità intorno il punto di mezzo ; sgrava 1' urto più o meno a proporzione dell' eccentricità del medesimo ; lo snerva , 1' indebolisce colla rotazion concepita in senso diametralmente contrario ; e qualche volta lo an- nienta se si combini 1' eguaglianza del movimento di trasla- zione , che aveva comune à tutti i suoi punti la verga, al giratorio che nasce. Ecco come dagli impulsi eccentrici prende nascita il Centro spontaneo di rotazione^ tostochè alla tenden- za al moto progressivo o all' attualità del medesimo ( che si mantiene l' istesso come se fosse centrale 1' impulso , giac- che il rotatorio facendosi intorno al centro , nulla aggiunge né toglie ( per V identità ) al progressivo sempre eguale ( Gorol. V. ) comunicatogli da una forza comunque vicina o lontana ) , evvi aggiunta e promiscuata i' altra del giratorio . Il giratorio unito al progressivo io accresce in alcuni punti, lo menoma in altri, e riduce ogni moto momentaneo del Corpo urtante od urtato a guisa di quello del Pendolo , o sivve^o girante difatto o come se girasse, a motivo dei due movimenti coacervati, intorno d' un centro o punto fìsso ed in quiete , posto ora dentro ora fuori del Corpo ( e parlan- dosi di spontaneo , sempre eccentrico per rapporto a quel della massa ) secondo le dififerenti combinazioni de' due mo- ti suddivisati. Quello che ho detto sin qui d' una verga, per applicarsi ad un Corpo di fi'gura qualunque o ad un Si- stema a piacimento dato di punti, si nella Dinamica celeste, come scrive Laplace , sì nella terrestre , non ha di mestieri che del sussidio dei Calcolo ; non altrimenti che 1' Alfabeto , V v V a se- 524 ^ PRINCIPI BELI.A MECCANICA CC. secondo i Greci , serviva solo d"" ajuto e non di tase al Di- scorso ( a}^i^iXoy^- Tpy(jiueso ) secon- dochò s' aumentavan di numero le successive diramazioni . Eppure r età di tal pratica è anteriore all^ Istoria , e supe^ ra di molti secoli anco quei tempi dell' iniziamento della cultura degli Ateniesi, quando p.ììpioi significava lecoo , fjLv;-.iQ,i infinito , e r fì allora conlrrmato come oo , era il ncm, plus ultra della numerazione , d' onde questa Nota o Sigla passò ad indicare il Mille o il cio , cosi figi^rato in antico t^fo , e poi M nella Ftoinana Paleografia bpidaria ed in quella del 5a6 I PRINCIPI DEI.LA MECCANICA CO. Medio-Evo. — Sul medesimo fondamento è portata la ragio- ne, per cui nelle troclee o puleggie-seniplici mobili, noil meno che nelle composte , dette Polispasti dai Meccanici Greci e Taglie infra noi ( Moiifies ) , un Peso pendente dal centro delle prime carichi della sua metà ciascheduna delle corde, che le sostengono, avvolte alla loro circonferenza ( ed Aristotele .stesso non tralasciò d' accennarlo mentre pur sia- no sue le Questioni Meccaniche ) , o di tal parte aliquota nelle seconde denominata dal numero delle corde qual ch'egli sia, purché le corde tutte predette «ian verticali o paralelle tra loro , e le Iroclee comunque diverse di grandezza o di raggio , siano concentriche o girino intorno ali' asse medesi- mo o siano in modo equivalente disposte. La combinazione speciale, di cui si parla, nient' altro ha di nuovo che d' es- sere una replica di Bilancia semplice coi replicati app02;gi eurìtmicamente distribuiti , come se n' accorse prima di tutti il prefato Guidubaldo di Monte-Baroccio ( discuopritore ezian- dio della proprietà ammirabile della Coclea-idratilica , in cui r acqua sale scendendo , avvisata senza citarlo da Bernoulli e da altri ) ; abbenchè il pensiero felice, che tutte le Mac- chine fossero veramente Bdancie ( Zlij-oV ) o Vetti ( MoxAc'j ) , provenga in ultima analisi , malgrado la confutazione di Va- rignon , da Aristotele summentovato . Ed altre disposizioni di puleggie e d' appoggi non sono in sostanza che la Macchina Chinese compendiata e ristretta , col'a medesima prcgression dupla decrescente che vi campeggia. Ma tanto Galileo, che gustò ed illustrò questa idea , quanto Lorenzini e Grandi che videro ( Figg. 27. aS. ) gli appoggi A, B d' una colonna o tonda o prismatica esser gravati della metà del suo peso ( il primo col metodo sagacissimo di quattro fili o sostegni , due de' quali raggruppati nel mezzo F, quasi anticipando (Corol. II. Fig. i3. ) il suggerimento di Dalembert , e F altro, che quindi ancora abbozzò la Macchina de' Chinesi , mediante l'immaginaria riduzione della forza del Peso, pari a quella con cui r Analista prelodato Francese e Farent ( Corol. V. ) iu- te n- Di Pietro Ferroni . 627 tendevano già di spiegare la Bilancia di Roberval ) fecero la supposizione gratuita ^ egualmente che Lahire, Varignon e tutti gii Autori di Meccaniche nuove , e dopo di loro Maclau- rin , Euler^ Foncenex , Hamilton, Lagrange ^ ec. , ( Scolio dell' Assioma Nmn. i\. , Corol. VI. del Lemma ) che le cor- de d' una troclea mobile o d' una taglia siano ciascuna egualmente tese ( ed il principio dell' ìVZe/2//7à lo convince ), e che la tensione d'ognuna di esse equivalga a tal parte del IVso attacato al centro , determinata dall' ixnità divisa pel numero dflie corde sostentatrici : e questo aveva bisogno di prova . Né mai la diedero alcuni se non se ritornando , co- me Carnot, al generale principio solito Aristotelico del pa- ragone delle velocità della potenza e del peso nelle Macchi- ne in moto ; eh' è uno stato ben differente da quello dell' equilibrio , giusta le osservazioni dei Numero a. dello Scolio citato . Tanto maggiorniente ciò meritava rign-osissima prova , in quanto che con ragguardevole perspicacia il divisato La- grange , perfezionando il lavoro tentato da Euler e seguitan- do le feconde idee di Carnot, avanzò tutti gli altri nel so- predificare recentemente a questo solo supposto ( il est visì- ble ) r intera dottrina dell' equilibrio derivala dalle formule note dei momenti ( ossia dalle forze nvoltiplicate per le te/o- cità virtuali ) conducenti a un massimo o un minimo . COROLLARIO VII L Accade più in grande 1' istesso nelle Bilancie asteroidi , veI-ifit;andosi in loro ( Fig. 29. ) che il punto d' appoggio o sostegno posto nel centro delle medesime soffre il carico di tutte insieme le forze eguali ^ paralelle e perpendicolari pre- menti o stiranti , situate agli estremi de' raggi , più o meno lunghi che siano , e lo soffre nella direzione suddt-tta delle forze parziali. Equilibiata com'è per evidenza intuitiva ogni Bilancia asteroide , qualunque numero eli' abbia di raggi ( Gurol. I. deli' Assioma )j e non potendo pel contranniso d' zV/f/i- 5?-S I rr.IK-CIPJ CELLA SIECCANICA CC . d' identità prestarsi a moto di rotazione per nessun verso , ragion vuole che la forza B situata all' estremo d' tin rag- gio si propaghi o comunichi intera ad A indipeiidentemeiì- te dalla distanza ( Goroliarj V. e VI. ): e lo stesso discorso adattandosi ad ognuno degli altri raggi , il centro A risente dunque altrettanto di pressione o tensione, cjuanto B + B' H- B" -f- B'' -h B" -f- B" + B^' -h ec. , paralellamente ai- la direzione comune a tutte le (orze parziali . Ora si manife- sta altresì j che posta una forza normale al piano dell' aste- roide nel centro , questa non solamente si diffonde con eon di rado in- travviene , che non ponendosi bene al fatto delle scoperte anteriori, o si dian come nuove alcune vecchie Teoriche, o apparendo mutate di fbrma o larvate non si riconoscano al- trimenti per queste . Bernard , per esempio , ha ragione quando sulla fede d' un Codice di Choaga Nasirodino Tusio Persiano , esistente nel Museo Mertonerse d' Oxford , d' on- de trasse le Tavole llcaniche da lui pubblicate della longitu- dine e latitudine delle Fisse verso il secolo IX., dice che gli Arabi furono i primi a servirsi, oltre delle Clepsidre idrauli- che , dell' isocronismo à' un Pendolo come acconcio piìi d' ogni altro istrumento ad assegnar la misura del tempo ; ma questa pratica essendo stata obliata dipoi , riman sempre ferma 1' originalità della fertilissima invenzione in onor dei Filosofo Fiorentino : ed ha poi torto Freret altrove aggiun- -gendo, che Riccioli avanti di tutti applicasse il Pendolo agli X X X a usi SSiJ, I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. usi astronomici, perochè Galileo già lo aveva indicato e pre- scelto per la ricerca delle longitudini in Mare nelle sue Me- 5morie agli Stati- Uniti d' Olanda. Chi dicesse, per altro esempio , che il centro spontaneo di rotazione del Corpo qua- lunque M ( Fig. 3i. ) si mantiene costantemente nel punto jìiedesimo C cambiando q>ianto si voglia la si:uazione del Corpo medesimo intorno il suo centro di gravità G, immobi- le nello spazio, e conservando la direzione ed eccentricità della prima o comunque diversa forza impellente per RS ; e chi oltrediciò soggiungesse , che dalla predetta forza e nella medesima dilezione, cioè paralella a RS , urtato 1' istesso Corpo ( situandolo ancora qui a piacitnento intorno del cen- tro di pravità ) nell' estremo C della coda rigida o leva , avrebbe S, primo punto dell' urto eccentrico, per nuovo centro spontaneo di rotazione ; avanzerebbe due proprietà ele- gantissime , e forse non avvertite da altri , ma prevenute in parte da Huygens quando ci mostrò la reciprocità de' due centri di sospensione e à' oscillazione , e nel resto conseguenze assai facili delle formule conosciute . Questa ultima riflessio- ne , per terzo e finale esempio , non sarebbe fuor di propo- sito a buon diritto farla ancora valere per quelli , i quali contemporanea m nte calcando quasi T istesso sentiero corres- sero e dunostrarouo la Serie-infinita assai convergente pub- blicata da Keil, a fine di rintracciare il logaritmo d' un nu- mero n, dati i due di » — i e /?- -h i e perciò la lor dif- ferenza-, il the viene ad essere un semplicissimo caso zh- bracciato infra i tanti dall' altra Serie prodotta nell'Introdu- zione alle Tavole matematiche A\. Sherwin illustrate da Clark, e relative aL(/»-4-y) — L/' 3 molto men ovvia dell'al- tra e per tal titolo più meritevole di commentano analitico . Né per vederlo fa di mestieri riprendere 1' argomento sin da lontano . Basti dire che o adoperata una Serie suppositi- zia o mediante 1' equipollenza ( che sono entrambi antichi , indiretti , ed agevoli metodi, cogniti fin dall'origine delle Serie } non si giunge per questo a i-icavarla direttamente dal iou- Di Pietro Ferroni . 533 fondo tleir Algebra ; siccome ha fatto di recente col metodo delle derivazioni Arbogast , magistralmente trattando e della nota Serie di Wallis per la quadratura del Cerchio e di „2 I ^ quella non meno comune L(i-f 5)= — ; — H- TTTTT r-H I r-i _f- — -4- ec. Se non che nella Teo- ria delle Derivazioni mi parrebbe accettabile il piano di at- tender più a conservare 1' analogia ed uniformità dtdla na- scita di funzione da altra funzione ; di modo che tanto per le algf braiche , quanto per le trascendenti , non ignorandosi che si possono esprimer tutte o sono espresse difatti e rap- presentate da formule ( ora di finito, ora d' infinito numero di termini ) composte di potenze o perfette o imperfette del- le variabili, V Analisi intera si delle differenze finite, piene o parziali, che delle infinitesime, dipendesse dal solo e chia- ro principio della diff renziazi>ne delle potenze y & si mante- nesse in proposito di questa e delle somme o integrali quel ìucid is ordo , che tanto piacque con ragione ad Orazio . Co- sì venendo al caso della funzione primitiva L (jc) ( suppongo logaritmo Neperiano, mal chiamato Iperbolico) e rappresentan- ; . . . x''^' . x° dola in sruisa di potenza, , cioè — — — — ossia — come la dà ^ ■' — i-f-i o direttamente 1' Analisi , conseguirebbesi subito , alla pari di tutte le altee potenze e colla stessa falsariga di calcolo sen- za ulteriori artificj h { x -\- i) — L(:i*) — e . x" '^ i G.C — i.x^ ^i' o.o — i.o — Q.x ^i^ o.o — I .e — 2.0 — "i.x" ''/■■* 1 . 1 — ■ . o.a 0.2..0 o.a.0.4 ì i' ■ i* i' -f- ec. = -+- j -H ec. Parimente ( la- X iix 4.1' 4.1'* sciando di dire delle funzioni e poaenziali , come quelle che sono più vietuàamente potenze ) ognun sa che cos. {x -h- i ) — COS. 534 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. — COS. (a;) = i ) — ^ a ' xJ — I . — X J l • — ) ; ed immantinente si scorge che quella differenza sviluppasi col principio solito delle poteìize nel modo seguente, conservata cliiarissirna la medesima origi- xie di tutte le funzioni derivate o successivi coefficienti dijfercn- X J I iJ I X u — I — i J I- • ,• ■ ^ /" -^ -+-g ^ .e "^ \ xiali^ cioè ( ) xJ — i , — xJ — I xJ—i —x^ — I - r -^^ \ = _. r ^' \i ^ il ^ ^ il v/— I -^ -^^^ _''^ i=t^^=T ^^-^ X J — I — xJ — l .4 ►f- ( ) — ec , dove la -primi' \ il y a. 0.4 tiva e le derivate espressioni procedono tutte palpabilmente secondo la medesima legge. Con questo mezzo la Dottrina delle Serie o delle Funzioni generate e generatrici s' inalza al segno dell'evidenza; e qualora si voglia portare allo schia- rimento non tanto delle Funzioni del Circolo e delle analo- ghe dell' Iperbola Apolloniana , quanto della Geometria ele- mentare e di tutte le coniche Curve , sul modello venutoci per retaggio da Archimede in proposito della misura della superficie della Parabola , come ha fatto Legendre a fin di determinare la dimensione della capacità o volume d' una Piramide , basta solamente esser cauti di non traviare chi legga collo scrivere a contrassenso la Serie è w ( i Di Pietro FEimoNi • 535 -^ (T=^? "^ (T^rj^r "^ ^'- ) ^"^"<^'«^^ ^' "«p« seri. verla i co (^ i -f- — yr" + — ^^ ~^ -^Tp— + ec.), onde aver per generatrice sua propria j-^ — e farsi — nell'ultimo limite di u , posta t la base, k l'altezza del o Prisma . Abbiamo contuttociò ricchezze immense nei Classici per non aver 1' obbligo d' introdur nella Sintesi con simi- li sussidj analitici : se talvolta intravenne che inopes nos copia fecit ■) di soventi ciò accadde perchè si giudicarono nuove certe Proposizioni geometriche pubblicate in iscrit- ti anco della maggiore celebrità ; infra le quah mi sovvengo- no adesso i bei Teoremi accennati nei Commentar] alla Sfe~ ra di Halhfax o Sacrobosco sopra i Poligoni regolari circo- scritti ed inscritti nel Circolo , uno de'qnali isoperimetro all' ultimo, ed il Problema che stabilisce la Periferia circolare come luo^o geometrico delle rette, che partendosi da due punti dati ed insiem concorrendo conservino 1' istessa ragione, che fu- rou quindi prodotti da Giacomo Gregorv e dal prelodato^ Le- genclre senza citare i Dialoghi di Galileo e le Opere di Fer- mai ove sono maestrevolmente trattati . la non dirò degli abbagli , in cui risicano di spesso incorrere gli Eruditi men- tre si recano a scrivere di Matematica . Fabricio infra "li al- tri moltissimi confonde nella sua Biblioteca Greca Isacco con Enrico Newton , abbenchè citi come letto da lui Telaboratis- siino Elogio del primo inserito da Fontenelle negli Atti dell* Accademia delle Scienze di Parigi , non meno che l'autorità di Rf-yneau , che potevano ben servirgli di scorta . Yossio suppone che Leonardo Fibonacci Pisana fiorisse verso il H. ecce. , e che i suoi Scritti sulP Algebra siano oggigior- no smarriti; quando altri Dizionarj , contando sopra la sua pa- rola , pretendono che V introduzione di questa Scienza in Euro- S36 I PIUNCIPJ DELLA MECCANICA CC. Europa avvenisse non prima del cadere del secolo XV. & tempo di Luca dal Borgo o da San Sepolcro . Bossut ( non Filologo ma Geometra addottrinato ) asserisce 1' istesso in sulla fede del Letterato Olandese ; mentre pur troppo si sa , che visse Leonardo sul principio del seculo Xlll. nell' età dell' Imperatore Federigo li., cui dedicò la sua Opera, che ancora uitera e ben custodita fa parte dei MSS. della Biblio- teca pubblica Fioientina . È da osservarsi piuttosto che nei Corsi elementari sia indispensabile specialmente la mass-ma accuratezza nel dar egempj delle Formule generali , ed esser certissimi della nuovità loro , quando avventurano gli Anali- sti di render pubbliche le proprie scoperte . Lecroix deduce dalla nota Serie-infinita pei logaritmi ^ cioè Izzr.^, le\ (^7— j r 3 I /3\^ garitmo-iperboUco del Numero 5 = a T "+" "3 \'Ty "^ (—) -\ (~) -l- ec I •> mentr' esso visibilmente ri- sulta ^[j-r'\ (I)' + y (I)' + ^ Gy -^ «'=• ]. Leggo che Trembley volendo spiegare un Paradosso ( com'ei lo chiama ) analitico , decanta per refrattarie e ribelli a cni metodo conosciuto d' integrazione diretta le due semplicissime Equazioni differenziali ^z:(i-f-ajx)z^ — — (i -{-a i X ) y \ & per farne credere la soverchia dx difficoltà d' integrarle , cita l' autorevole testimonianza del piincipe degli Analisti Lagrange . Eppure riscontrando 1' Au- torità , incontinenti si trova che Lagrange 8* esprìme al con- trario in cjuesti termini puntuali, parlando delle Equazioni me- Di Pietro Fertoni . Stjy medesime „ dont on saìt que les intégrales exactes & coin- plettes sont de la forme_)^ = A Sin { x -\- ì x'^ '\- a), z = A Gos. ( jc-f-i ;f* + a) „: ne valeva certamente la pena d' in- segnarne più di recente V integrazione , che si presenta subito dal confronto palpabile delle duo Eciuazioni differenziali col- le note flussioni trigonometriche d Siri(<}5jr) = d{(tx) Cos.('rr) , dOiOS. {<^x) = — d (: ) , vi sarà luogo a distniguere la dimostrazione in due parti . Veramente prova- to il Teorema nel caso unico delle forze e distanze commen- surabili , potremmo astenerci d'estender la prova all'altra ipo- tesi dell'incommensurabilità, seguitando l'esempio d'Huygens, Maclaurin, Darcy , Lagrange ec. , i quali tutti si sono in ciò diportati alla teoria oggimai comune de limiti , ch^. come può vedersi in Bossut, agevolmente generalizza le proprietà delle grandezze commensurabili , o rappresentabili per mezzo di numeri interi alle incommensurabili , a scanso del giro lun- ghissimo negativo adoperato da Euclide , dal Geometra di Si- racusa , ed in ultimo dal precitato Maclaurin . Ma mi ha ri- tenuto da seguitare si fatto contegno Io scrupolo d' Hamil- ton , il quale pare non abbia veduto quant' era facile escir d'impegno imitando il modello della Proposizione \U. del Libro 1. degli equiponderaati lasciatoci da Archimede . La di- Di Pietro FtRRONi . 54 1 dimostrazione, che annetto ,,d[eir ei|uiìibrIo nella Lr^va dirit- ta, e perciò dei momenti, unicarneiite suppone il Corolla- rio I. dell' Assioma verso la fine , che toma a dire il fonda- mento medesimo della Bilancia semplice Archimedea , più il Corollario IV. in calce , il Corollario VI. ed il principio del Corollario Vili, del Lemma, ch'hanno per base V identità , cui s'appoggia l' istessa Bilancia, di tal maniera che toltene tutte le illustrazioni, le quali cammin facendo sonosi aggiun- te di sopra a proporzione che l' argomento ce ne sommini- strava il proposito , dal solo Assioma quasi immediatamente dipenda la prova di questo Teorema e dalla Geometria ele- mentare , che posto queir Assioma signoreggia ed ha sempre signoreggiata tutta la Statica speculativa . De' Teoremi geo- metrici non farà di mestieri mettere in opera fuori che quel- li concernenti 1 regolari Poligoni imparilaterì ; giacché i pa^ rìlaterì , siccome è facile accorgersi , ci ricondurrebbero sem- pre senza far passo, più presto che al Vette, alla solita an- tica Bilancia di braccia eguali.) P A R T E I. Quando le forze e le distanze siano commensurabili . Incominciando dalla Bilancia trìfida, regolare, come più semplice dopo l' Archimedea , ed essendo questa ( Fig. 33. ) alla pari di tutte l'altre regolarmente raggiate che conside- reremo in appressa, delU classe delle asteroidi ( Coroll. I. dell'Assioma), tre forze eguali, normali al suo piano, e della medesima direzione , cìie la sollecitino in A , B , C , la tengono in equilibrio se sia appoggiata o sostenuta in I di lei centio . Ma le due forze che agiscono in B, G, hanno per propria risultante ed equivalente di paralellismo j quan- *tità e posizione la loro somma o il doppio di ciascheduna di loro nel punto medio D della retta BG (Coroll. IV. e VI. del Lemma }i ed abbiamo di più dal Corollario Vili, chs il fui- 543 I PRINCIPI DELXA MECCANICA CO. fulcro o ipomociio I sopporta una pressione equipollente alla somma delle tre forze ossia al triplo d' una delle medesime . Dunque è in equilibrio una Leva o Vette diritto AiD ogni vòlta che il fulcro sia in I , il braccio AI doppio di ID ( m virtù della natura puramente geometrica del Triangolo equi- latero , i cui lati passerebber pei punti A, B, G, accennati nella Figura ) ;, e viceversa in A solleciti la Forza F , iu D la Forza 2F , paralelle e normali alla Leva . E come si fa manifesto , che in questo primo e semplicissimo caso le for- ze si reciprocano colle distanze dall' ipomociio , cosi non è meno provato che questo soffra nella direzione medesima lino sforzo eguale a 3F=:F-|-iiF, o sivvero precisamente eguale alla somma delle due forze estreme • Quindi è che la Leva AID senza fulcro si manterrà eziandio in equilibrio con tre forze , che la sollecitino , ad essa normali e paralelle in- fra loro, cioè F in A , 3 F in I (direttamente contraria), 2F in D della medesima direzion della prima . E perchè manca altresì in questo caso ogni moto di traslazione e di rotazione, vorrà dire che F a tripla distanza da D faccia un' effetto equipollente a 3 F in distanza subtripla dal punto istesso , come aF in distanza da A rappresentata da 3 equi- valga a 3 F in distanza rappresentata da a e collimante al medesimo estremo . In conseguenza di che il Teorema frat- tanto viene ad essere dimostrato nella triplice combinazione possibile dei tre primi numeri naturali iea,ie3,ae3, reciprocandosi in tutte colle distanze le forze . Nella Bilancia asteroide quinquìfida ( Fig. 34.) col ful- cro centrale in I , sollecitata agli estremi di tutti i suoi rag- gi da cinque forze F normali al di lei piano , della medesi- ma direzione e valore, verificandosi 1' equilibrio ( Corol. I. dell'Assioma)^ le due forze eguali, che agiscono in B, Cj hanno per risultante, come sopra, aF in O punto medio di BG, e le altre due parimente eguali , che sollecitano i puti- ti G, E, per risultante aF in P punto medio di GÈ; mf^n- tre in virtù dell' istesso motivo la risultante di a F in P e di aF Di Pietro Fjìrroni . 548 aF iti 0 ( Coroll. IV. e VI. del Lemma ) opera in D punto medio di P O , che cade sopra il cateto • L' ipomoclio I è poi gravato ( Corol. Vili. ) da una forza equivalente a 5 F ; e sappiamo dalle proprietà elementari dsl Pentagono co- me Poligono regolare, che D I : I H : : IO : IG : : Triangolo IBO : IBG , e IH : I A : : IBG : I B A G Quadrilatero : laonde DI : lA : : IBO : IBAC : : IBO : alBA : : 1:4 ; eh' è quanto dire la Leva diritta con F in A, 4F in D, 5F in I fulcro sommi- nistra un altro caso dell' equili])rio , dove le Forze normali al Vette e paralelle infra loro sono nella ragione inversa dello ics|)ettive distanze dal punto d' appoggio, e si concentra in questo la somma F-h^^ delle hilanciate due forze estreme . Adunque conseguiremo tre nuovi casi d' equilibrio nel Vette , cioè F , 4f 3'^^ distanze 4? 1 dal fulcro intermedio, F, 5F alle distanze 5ji da D , e finalmente 4F,5F alle distanze 5j4 ^'^ •^ > fìg'iiatasi (come sopra) in I la forza 5F diret- tamente contraria alle altre due Fj4F "^^ sistema AID del- le bilanciate tre forze . Aggiungasi che dei dieci hinarj , cui si prestano i cinque numtn naturali i , a , 3, 4 , 5, essendone già verificati sei nella Leva , e vale a dire i , a ,, i , 3 j, a, 3 pel primo caso , i , 4 •>, ' •> 5 ,, 4 ■> 5 in virtù del presente, le quattro rimanenti combinazioni si riducono a tre, atteso che quella di 2,4 è T istessa di 1, a, come manifestamente si vede. E se 5 F si equilibra con F alle distanze i ,5, e F 5 con aF alle distanze 5 , ~ , anco 5F, aF alle distanze dal 5 a - fulcro I , — o sivvero 2, 5 formeranno equilibrio . Cosi a parimente 5F erniilibrandosi con F alle distanze dall' ipomo- 5 elio I ,5 , e F con 3 F alle distanze 5, -r; , ne seguirà 1' e- quilibiio di 5F, 3F quando le distanze si corrispondano nel- la ragione di i : -- = 3 ; 5 sua equipollente . Quanto poi ali* o ulti- 544 ^ PRlNCirj DELLA MECCANICA eC. • ultimo binario S , ^ , non ha nemmeno bisogno di prova ri- cavata da questo caso secondo , sabito die sapendosi da! pri- mo caso, che 3F,2,F producono 1' equiUbrio a a, 3 di res- 3 - pettiva distanza dal fulcro, come aF,4Fa3,— di distan- a za da esso, viene ad essere indubitato eziandio ì' equilibrio 3 di 3F,4F in distanza di a:— — A : 3 dal medesimo fulcro 2, sopraccitato , per la solita regola dell' egualità ordinata o delle ragioni composte . Passando a parlare dell' Asteroide septifida ( Fig. 35. ) con sette forze F agli estremi de' raggi , normali a ciasche- duno di loro , paralelle ed eguali , appoggiata al -centro I co- me fulcro, e perciò in equilibrio ( Corol. e. dfll' Assiema ), questo ipomoclio sofFiirà la pressione equipollente a 7F pel Corollario Vili, del Lemma . In oltre ìat-^ risultante delle due forze sollecitanti Z, C è aF concentrata in B punto medio, come quella delle altre due L , P in G punto parimente di bisezione (Corol. VI. del Lemma). Ma essendoché nei due Trian- goli identici BCM , GLN gh angoli BCM , GLN sono bise- . , .' , OM cati dai raggi CI , LI , e si ha immantinente B O = « RN GR n , n' avviene che aF in B con F in M abbiano a per risultante come sopra ( pel primo caso ) 3 F in O , e dall' altro lato 3F in R mercè dell' istessa ragione, eJ in conseguenza ( per il Corollario IV. del Lemma ) come ulti- ma risultante di quantità, direzione e paralellismo 6F in D sul cateto . Ora le proprielà semplicissime dell' Ettagono co- me Poligono regolare insegnano a suggerimento degli Elemen" ti- che DI : IH : : IO : TG : : Triangolo^ ì B O : IBG = a I B H , e IH : lA : : 2IBH : alBA ; e per conseguente DI : lA : : lBO:aIBA; cioè DI :IA: : lEO : aIBT-4- alTA : : IBO : alBO ^4IB0 :: 1:6; per essere AB tagliata in T dal raggio IB di tal modo, che AT Dr Pietro Feruoni , 54-5 AT = aTB ( come MB in O Jall' altro raggio IC ) a motivo dell'angolo AZB bisecato . Eccoci duiujue alia Leva AID , nella quale le foiee F,6F s'equilii)iano reciprocandosi le distanze loro 6,1 dal ipomoclio; ecco due Leve, dove Fj, 7F e 6F , 7F alle distanze dal luicro come 7:1 , come 7:6 somministrano r equiiibiio ; ecco finalmente , a scanso di replica delle evi- denti superiori avvertenze, dimostrato con tutta geometrica facilità r equilibrio per i ai binarj di forze rappresentate dai numeri naturali i , 2, i^ ^^ 5 , 6, 7, ogni volta che queste normali al Vette e paralelle infra loro agiscano a di- stanze inversamente propoizionali rispetto ad tóse dai punto d' appoggio . Culla medesima aurea semplicità, posto il caso d'un'^- steroide nonifida ( Fig. 36. ) , avremo evidentemente dal Co- rollaiio Vili, del Lemma la pressione in I di lei centro, ov'è il fulcro, eguale a 9F, e conforme portano i Curollarj L dell'Assioma, che ci assicura dell'equilibrio in questa Bilancia colle solite condizioni espresse dì sopra per rapporto alle for- ze sollecitanti, e IV. e VI. del Lemma di già più volte ac- cennati, non |x)trem dubitare che divisi per metà in E,K, V, X, i quattro lati immaginati ZB , QM , TL, GP , non siano le risultanti delle otto foize eguali ridotte a quattro, aF in E, iiF in K , aF in V , aF in X, e per l' istessa ragione, cumula- ta colle proprietà elementari dell' Enneagono in qualità di Poligono regolare, residuate in 4F che agiscono sopra O, e 4F fcopia S, cioè finalmente 8F sopra D ; di tal maniera che l'equilibrio si verifichi nella Leva AID appoggiata o sostenuta in I, e colle forze F in A, 8F in D paralelle , cusp raiiti e norma- li , situate alle estremità de'suoi bracci . Ma DI:1H::I0;IG:: BO ( Triangolo ) :IBG = alBH; e di più; come sop a , . lH:IA::aiBH:aIBA = alBM ; laonde ID:IA::lB0;i2lBM::a!B0 ossia IBOQ (Quadrilatero a quarto di Croce cavalleresca) :4lBM =r 8IBN , e vale a dire (in sequela della similitudine de'due Triangoli ortogonj QBN , JNIO pel motivo degli angoli acuti eguali in B , I , e per la proporzione geometrica , che ne Tomo X. Z z z de- 546 I PRINGIPJ DELLA MECCA.NICA CC. deriva , BQ : BN : : IN : IO , e fa eguali le aree IBOQ , IBN ) ID : lA : : IBN : 81BN : : i : 8, o sivvero in ragion recìproca delle rammentate due forze . Anco da si fatta combinazione di forze F in A , 9F in I, 8F in D , ricaviamo tré sistemi di- versi d' equilibrio nel Vette AID, e sempre colle distanze dal fulcro delle forze sollecitanti in proporzione reciproca del- le medesime; cioè ( oltre a F , 8F alle distanze dall' ipomo- elio come 8:1 ) F , 9F alle distanze 9 : i :, 8F , 9F alle di- stanze 9, 8 dal punto d' appofrgio . Dunque l'equilibrio nel- la Leva diritta , ferma stante la supposizione dell' enuncia- to , avrà luogo per le cose premesse in tutti i 36 binarj del- le nove prime cifre numeriche naturali. Egli è poi ben fa- cile di concepire , che i numeri di questi binarj sono i trlari' golari alternamente presi 3, 10, ai ^ 35, e così in infinito, 1 p n{n — I ) come lo persuade la nota formula In essendo il numero de' lati o degli angoli d' un Poligono ìmparilatero ) equipollente a -— , eh' è il numero triangolare dell' indice n — i pari , il quale salta sempre di due unità proce- dendo regolarmente alle ipotesi successive d' altri Poligoni o asteròidi , eh' hanno la moltitudine dei loro raggi corrispon- dente alla Serie dei numeri impari . Adesso che vedesi chiaramente segnata la traccia delle operazioni grafiche da effettuare a fin di raccogliere tutte le forze men una , e ridurle a sole due che sollecitino i punti estremi d' una Bilancia semplice Archimedea , delle quali la risultante dee fare equilibrio per evidenza coli' unica forza lasciata all' estremità del raggio ( /i — I ) F e distanze o bracci come n — i : i ; F , 7iF e bracci come re:i; [n — i)F,«F e distanze come n:n — i dall' ipomoclio o dal fulcro . E da ciò si rileva , che come nella Bilancia semplice d' Archimede , dove le braccia ' sono in rapporto d' egualità , a nulla monta che queste siano più o meno lunghe né per l'equilibrio né per la quantità della pressione concentrata nel fulcro, . non altrimenti accada in proposito delle Bilancie raggiate, rispetto alle quali l'equilibrio si conserva 1' istesso ed havvi lo stesso carico sull' ipninoi;lio intermedio comunque sian lunghi i raggi , purché mantenga- no infra di loro il rapporto medesimo , cioè il reciproco del- le forze. Né manca d' esser chiaro eziandio che se nell' ipo- moclio intermedio questo sopporta il carico della somma del- le due forze . nell' ipomoclio situato a un estremo del Vette la pressione equivalga alla differenza delle due foize opposte . Cosi nella combinazione dell' equilibrio di tre forze F , riY , {n — i)F, la media delle quali agisca in direzione contra- ria alla prima e alla terza, F a un estremo j dove colloche- rebbesi il fulcro, pareggia «F — [n — i )F, come non di- versamente 7iF'— F = (n — I ) F ponendosi all' altra estre- mità r ipomoclio. Tutte adunque le Asteroidi possibili impa- rilatere dell' indice p ( non escluso tampoco il limite loro, che sarebbe la Bilancia a numero infinito di raggi , corris- Z z z a pcn- S4S I PRINCIPI D£LLA MECCANICA CC. pendente ad un Poligono regolare ìmparìlatero , il quale si confondesse col Cerchio ed avesse per terna di forze, F all' estremo del raggio R, e» F nel centro^ ( os — i )F in di- R stanza dallo stesso centro o inoraoclio ) conducendo co i 1 / direttamente alla trìade solita delle forze F, (jt? — i)¥, pF facienti equilibrio in una Leva diritta colla medesima legge , e queste trìadi , combinatele nel modo premesso colle prece- denti , legandosi sempre talmente da formare una serie con- tinuata di casi diversi di Leve per ciaschedun dei binar j , che son di numero , relativi all' altra serie de' nu- I . 3 meri naturali r , 2 , 3 , 4? 5, 6, 7, 8, 9, . . . , ra^, . .. .,/?, . . ,, co , si può dir con ragione essersi pienamente provata la \. Par- fe del presente Teorema , Se non che volendolo dimostrare in ogni caso coll'^ applicarvi graficamente le solite proposizio- ni elementari attenenti a tìStti i Poligoni regolari , non fareb- be mai di mestieri sperimentarne individualmente 1' applica- zione a ciascuno. Imperciocché delle terne primitive, che costituiscon la Serie r,a,3ji,4»^5^^^j73 1,8, 9; I, IO, ri; I, 12, i3;. .. ., r, ^m , Q.m 4- i , ec. , dove i medi d' ogni trìade son tutti i numeri pari e gli ultimi dispari , si dovrebbero eccettuare le combinazioni spe- ciali di Leve derivate dalle più semplici precedenti senz'altro bisogno di prova . Per esempio dal caso i , 2 , 3 derivano air infinito le combinazioni nel Vette relative ai numeri in progressione geometrica i , 2 , 4> ^ > '6, 32 , 64, . . - •, a", ......... a* , non meno che i , "ò , g , 27 , 8 r , 24^ , 72Q ,...., 3", :, 3°° , che sono altrettante repli- che del primo caso: e l' istesso direbbesi di qualunque dei rimanenti ternarj . Può vedersi dalla Figura 37. con quanta elef^anza inscrivendo nel Triangolo equilatero dato ABC , via via in situazione contraria , altri Triangoli equilateri senza fine DFGjEKLjHNO jMQR, ec. , il Vette diritto AID sommini- stri Di Pietro Ferroni • 549 Stri 1' equilibrio non solo di F in A e aF in D , ma ancora i suoi derivati F in A, 4^ in E colle distanze da I, che so- no lA, lE = = ; F in A, 8F in H colle distanze a 4 lE ID lA ^ . , da I , che sono L\ , IH = = — — = -5— ; F in A , a 4 *^ IH 16 F in M colle distanze da I , che sono lA , IM — = ; F in A, Sa F in P colle distanze da I, che sono lA , IP 10 • I '^I I ^ . . r r, • := = -r— : e COSÌ m mlinito • L istessa conficrurazione a 3a per iscrizioni inverse 0 contrarie s' adatta a tutti gli altri Poligoni regolari imparilateri , Pentagono , Ettagono , Ennea- gniio , Undecagono j ec, d' onde deriverebbero, siccom' è manifesto, nuove geometriche progressioni, mercè delle qua- li le prove grafiche particolari suddette si restringerebbero a quei soli Poligoni , il cui numero dispari o indice denotante la moltitudine de' Iati fosse un numero primo . E quanto ad assegnare il carico ossia pressione del fulcro I in tutte le i-e- pliche o derivazioni accennate , questo immediatamente s' ot- tiene dal Corollario VI. del Lemma . Tuttavclta ella è di tanto interesse questa prima e fon- damentale verità della Statica , e dee comparire di tanta va- ghezza la maniera facile di ricavarla dalle elementari regole di Ccomctrla, che per togliere qualunque scrupolo che mai rimanesse , gioverà dimostrarla generalnieute ad un colpo so- lo con tni Teorema imiversale che abbracci I' intera famiirlia dei Poligoni imparilateri . Dopo fatto ciò vedrà ognuno , che qual eh' ella sia o 1' una o 1' altra delle combinazioni prima- rie d' una Leva diritta contenute nella formula del ternario grnerico i , ?z , re — i _, dove n è numero dispari , essa non rajipresenta in sostanza che un' Jsteroide in compendio , ran- ni e- 55o I PRTicciPJ DELLA MECCANICA CC nicchiata, avviluppata, sfigurata come gli Atiimal! o \e Piante nel germe loro o embrione : laonde dovrà cessare ogni mara- viglia di questo vantato mistero dell' equilibrio nel Vette, tosto che il medesimo Vette ( da cui poi nascono i derivati come conseguenze immediate ) si sviluppi difatto o si svolga in una Bilancia sciolta regolare , raggiata , eh' ha la stessa evidenza intuitiva delia semplice Archimedea. Al vedersi da- vanti agli occhi un di quei Vetti a braccia diseguali dirà chicchessia, distendendolo coli' immairinazione e ssromitandolo quanto convenga — : ,, Qui sta nascosta sotto cortina o larvata ., un'Asteroide di grado n; me la raffiguro di subito rafFazzo- ,5 n^ta e scoperta ; e mi rendo incontanenti ragione con tutta chiarezza , e senz' altro esame , della necessità eh eviden- za dell' equilibrio. ,., — E Io dirà con franchezza maggio- re, e più agevolmente riconoscerà nella Leva una raccorcia- ta e raggruppata Asteroide quando , come va a farsi ora pa- lese, un Vette diritto gli si presenterà in modo semplice non esser altro che l' insieme o 1' assembramento di molte Bìlan- cie o Libre d' Archimede, infilate tutte pel mezzo delle lor Inaccia Ossian verghe , le quali vanno a finire negli estremi di ciascun raggio "'f^' 6, 8, io, 12, 14, 16, ec. a seconda dei numeri puri, onde alla fine per via di consecutivi inedj aritmetici ( conforme ai casi speciali pre- messi ) cumularle tutte men una, _cioè {n — i )F , in quel punto , che giusta il vocabolo usato da Wallis e Leibnitz cbia- Di Pjetuo Ferhoni. 553 chiamano con ragione gii illuminati Meccanici del medio Arit' metico o Centro delle medie distanze, si conseguisce universal- mente, col tener conto dei Coseni positivi e negativi nel valuta- re quei medj , {«-i)F{ j ir F. lA , o siyvero {n — i)F. — — - n — I = F.IA, sempre positivo o piuttosto dalla parte contrarla di A per rapporto al centro I ; come in generale dovea dimo- strarsi . P A R T E I L Quando le forze e le distanze siano incommensurabili. Poche linee per gli intendenti concluderanno pienamen- te la prova . Abbiansi difatti due forze incommensurabili F' , F" sollecitanti ( Fig. 89. ) gli estremi A , B d' una Le- va diritta di arbitraria lunghezza, e sian tali che F': F": :IB: lA parimente incommensurabili , mentre agiscono quelle con di- rezioni normali alla medesima Leva e paralelle infra loro . Se si uieghi che in questo caso, mediante l'interposizion della Leva , la risultante delle due forze ( perpendicolare al Vette ancor essa ) passi pel fulcro I , onde siavi equilibrio , sarà necessario affermare , che una forza minore o maggiore di F ' produrrebbe equilibrio , mantenute le distanze medesime e r istesso ipomoclio . Facciasi la prima ipotesi della lorza mi- nore , che io segno F" — A . Egli è certo che si potrà sem- pre supporre, senz* alcun limite, una parte aliquota di F' sì piccola , chft servendosene a misurare F" , avanzi meno del- la differenza A » la quale intercede tra F" e F ' — A • Avre- mo perciò due forze commensurabili F' e F" — A -H IB a motivo che F" — A+J*: F' F":F >IA:IB, e vale a dire = lA ; IO < IB ; o sivvero la forza minore F" + J' applicata a distanza minore dall' ipomoclio IO starà con una forza maggiore F" H- A applicata a maggior distanza IB iti equilibrio. Il resultato d' entrambe le ipotesi è conseguentemente 1' istesso . Ma tal risultato è assurdo e impossibile. Conciossiachè ( Fig. 40. ) se nella Leva AIB potessero mai equilibrarsi F — A posta alla distanza minore AI dal fulcro e F alla distanza maggiore BI , ne verrebbe che la risultante loro passerebbe per I , e che ogni aumento comunque piccolo fatto alla forza F — A porterebbe la Leva a rompere o traboccare dalla parte di A , recando la risultali' te verso A ( Num. 3. dello Scolio dell' Assioma ) , e recan- dola via via p:ù vicina ad A , sempre per la causa medesi- ma , a proporzione che più crescesse la forza \ quando cre- sciuta finalmente di A si sa dal Corollario lì. dell' Assioma fondamentale , che la risultante di due forze eguali F :, F è dal lato opposto rispetto ad I , cioè passa pel punto O me- dio di AB^ e farebbe cosi sbilanciare la Leva dalla parte contraria . Dunque ec. ec. Né tampoco può cader dubbio in- torno la posizione della risultante delle due forze eguali F,F in A e B nella retta media COD perpendicolare alla Leva, sul motivo che questa non sia affatto libera , o non abbia , come prescrive il Corollario predetto, ipomoclio situato nel mezzo in O , ma laterale in I , e più vicino all' estremo A che all' opposto . Imperciocché , indipendentemente dal ful- cro j è facile immaginarsi la Leva 0 Bilancia AB caricata dal- le Di Pietro Ferrosi . 555 le due forze a' suoi punti estremi, libera n in aria, scender come dall'alto colla risultante intermedia COD, di posizione e grandezza sempre i' istessa , e venir finalmente ad applicar- si e posare suir ipomoclio I : mentre si rende allora eviden- te dalla parte di B la preponderanza o sbilancio . COROLLARIO I. Egli è perciò manifesto , che la scala delle forze ( Fig. 41. ) nel braccio indefinito IS della Leva diritta per bilan- ciare la forza data normale AX posta alla distanza Al dall' ipomoclio , sarà il ramo OZP d' un' Iperbola Apolloniana ri- portata agli H'-smtoti MN , TS, e che T altro ramo QR de- terminerà il luogo geometrico delle forze negative o solleci- tanti in direzione diametralmente contraria a quella della for- za positiva indicata da AX, per i casi delle Leve diritte d'al- tra specie ( o piuttosto varietà ) , nelle quali il fulcro I ven- ga situato all' estremo , o siano entrambe le forze disposte dalla medesima parte , cioè in uno stesso braccio , e facienti equilibrio . Così restan sempre , com' esser debbono , eguali i momenti nel Vette semplice dalle due parti AlC , AID , AlB , AIE , AÌF , ec. , o da una parte sola GL\ , HlA, AIA, KIA j LIAj ec. rispetto al braccio IT indefinito. COROLLARIO IL Anzi anco V egualità de' momenti nel Vette composto viene con tutta chiarezza suggerita di subito dalla Geometria elementare , Per esempio , nell' Asteroide pentagona della Fi- gura 04. dimostrasi immantinente rispetto alla Leva AlL, che F.Al -1- aF.IH = aF.IL : perocché ciò dipende da provare AI -\- IH = IL i e questa eguaglianza si conclude così dal- A a a a a le 556 I rniNcipj bella meccantca ec. le proprietà del Pentagono come Poligono regolare . Condot- te le rette BE , BL , ML, 1' ultima è paralella a BC per la .AI Lisezione di BE ed EC ; d' onde avviene che hIH:lL 5 Stando come la metà del Triangolo ABI , cioè BIO -f- HBI — HBOI :IBL, ed IBL risultando da IBM = HBI e da IML -h LEM , ossia IML -4- LCM = ILC = BIO , là ragione di HBOI a IBL viene ad essere di perfetta eguaglianza . Pari- mente neir Asteroide eptagona ( Fig. 35. ) e per rapporto air altra Leva composta AIQ agevolissimo è il modo di pro- lA var r equazione F.IA 4- aF.IKn aF.IX-f- aF.IQ , cioè — 4- IK = IX -H IQ corrispondente ai momenti . E difattl facili , nbbenchè nuove , istruzioni geometrico — trigonometriche ci aramaestrana in proposito della Poligonografia , che nel Tes- seradecagono ossia Rettilineo regolare di XIV lati il suo lato YM è paralello al diametro del Circolo circoscritto LI^ , sì ehe condotta MA equidistante da YI, viene a farsi MYIA un Paralellogranimo . Di più essendo eguali i due angoli IM<Ì>,I4'M in virtù del Triangolo equicrure MI , e tanto 1' uno che r altro pri all' angolo al centro dell' Eptagono , perchè mi- surati dalla metà dell' arco LNM , ed entrambi restando di- visi nel mezzo dalle rette MA- «l^FN, sarà IF = I A = YM , e FA a M* paralella . Preso adunque a piacimento in consi- derazione uno del due Triangoli identici ed identicamente divisi j ognun vede che M4> -H ol , cioè ( segnata Z0 para- lella al diametro AlY ) Z0 -j- $1 : $1 : YM; e che essendo «•^ YM . , . ,^ 10' IX = — - z: , viene a rendersi IX = .^ - — — ^— . In- di deriva , che avendosi la conosciuta elementare eguaglianza alY lY ciò Di Pjetro F£rroni . 55 7 ciò QY+aUV = QY+-^-. QY = -j^-4--^r-IX^ = 2(Ie-(-:©E) _IX» _--.,- - . , ,. . r' x — ^-X _ "YY" =^ ■^-'^ '■> laonde sapendosi per la resezio- ne di XQ in U , a motivo di quella di CM in A , essere aUV = XV — VQ , ne siegue IX n QY + XV — VQ , ed è lY U quanto dire IX -f- VQ z: XV -t- QY = — = — . Ma siccome , passando ai Triangoli compresi tra le due paralelle AI , Zo , AZI I0Y abbiamo h IZK =: IKZB = •+ IqV = IQ X H- V© Q lA + I©V = l0XH-l0Q, sarà ancora t-IK = IX H- IQ , cioè, secondo il già detto, F.IA-4- 2F.IK = 2F.IX + aF.IQ; equazione solita de' }nomenti parziali nel Vette . Con questo medesimo m-etodo procederebbesì all' Asteroide enneagona ed altre imparilatere regolari consecutive , se di già, indipenden- temente da farne una dimostrazione individuale, non la com- prendesse per tutte generalissima la Teoria, ancor essa sintC' tica, applicata di sopra alla Figura 38. avanti di raccogliere o coacervare i blnarj delL; forze parziali . Né può mancare di comparire singolarissima ed ammirabile la circostanza clie nella pura Geometria de' Poligoni , e massimamente della multìse- zìoìie degli angoli , si racchiudessero le proprietà tutte fonda- mentali dell' equilibrio , e che com' ho io altrove provate le novissime formule di Goudin mediante le note affezioni del- la conica Eìisse , per la nascosta elUttìcìtà delle quali la Trigonometria -sferica non era potuta mai giungere, sicco- me oggi è arrivata , a tutta la sua desiderevote semplicità e perfezione , non altrimenti ( contr' ogni credere ) la Poligo- nometria somministri le principali verità della Statica . Quin- di è che sull' indicazione chiarissima di Pappo d' Alessandria avendo Guidino dedotte dal centro delle medie distanze le di- 558 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. dimensioni delle supeificie e dei solidi, massime rotondi, che Leibnitz e Vari^non estesero ancora di più ai sj)azj curvilinei compresi fra le paralelle d' ogni maniera , non sarebbe mala- gevole impresa ( sebbene impropriata ) quella d' illustrare a vicenda e promuovere colle Leve composte la parte, che riinane ancora a scuoprire , della teoria de' Corpi Sferali dop<* Archimedea Torricelli, Parent , e Zanetti. Mi gio- va solo accennar di passaggio , per non andar troppo lontano dal presente argomento , qualche brevissima osser- vazione intorno alle Serie delle somme de' Coseni degli archi di Circolo procedenti in progressione aritmetica . ma- gistralmente trattate da Euler, Bossut , e Daniello Berno- ulli . La Somma , per esempio , di Cos.^ -f Co?,.2.q -\- Cos. 3^ -4- Gos.47 -H Cos.5^ -h 4- Cos. re/7, mentre n rap- presenti un numero ìmpariter-pari conforme ai casi di so- pra considerati ed espressi , e nq agguagli tutta la Perife- ria circolare , s' annulla \ convincendolo subito i' inscri- zion dei Poligono $ e confermandolo la Formula generale Cos.v(Sen.nfirH-Sen ('z-H i)^ — Sen.^?) . • , che allora si converte Oftn.ù.q CoaqYp . , , , in -r z: o , e niente pel nostro oggetto conclude . Ma Seu.2.q se n fosse impari, tenuta ferma la seconda supposizione, quella Somma diventa egualmente zero, e conclude per al- tro verso la stessa Equazione de' momenti , o sivvero che il doppio de' Coseni positivi , flSJjfci. ^"^li è il Raggio una sola volta contato , si fa pari ( mutato il segno ) al doppio de' ne- gativi, siccome apparisce delineandone la Figura. Alla mede- sima resultanza conduce la Somma de' Coseni d'archi proce- denti in progressione aritmetica saltuaria Cos.^ -H Cos.3^. ■+• Cos. 5^ -f- Gos.7^H- C0S.97 -+- -t- Cos.(2«— i)^, che piìx si approssima a quella impiegata nella prova del pre- cedente Teorema , ed anzi coincide con essa mantenendo- si Di PlETBO Fi-RRONI . 55() si le medesime supposizioni : imperciocché ben intavola- to e ridotto il general Termine sommatorìo , viene a farsi Cos.[^4-i.(«-i)2^]XSen.^[(,z-i)-h,]^^ _ Cos^Sen_^ _ """""" Sen.i Sen.^ ~~ a •' Sen.arif? i- , i » — i — o, ocra' esige appunto V egualità de momenti nella Leva composta. Una limitazione mi par che nasca da ciò relativamente alla Serie -infinita trigonometrica Cos.^ -H Cos.a^4- Cos.35'-f-Cos.4^H-Cos.55' -f- -t- Cos.n^ -+-.•. .H- Cos.co^r. che si vuol sempre = , ed in- torno alla quale adoperata da Lagrange mosse dei dubbj Da- lembert , e chiamò y//?/7e il modo intrapreso per dimostrarla di tal valore da Daniello Bernoulli colle regole della Proba- bilità e della Ragion-sufficiente : abuso , in cui cadde pari- mente dijjoi Beguelin , intraprendendo la prova d' un difficil Teorema di Fermai . Infatti se venga iscritto in un Circolo «n Poligono regolare di numero pari di lati , e suppongasi ca eguale a un multiplo di questo numero , e q eguale all' ar- co sotteso da uno de' lati, o se ancora il Poligono s' imma- gini pari-i nfinitilatero , non meno che eguale al numero de' lati o suo multiplo e ^ = — , ognun concepisce eviden- temente che in ambedue i casi ideati la Serie indicata ^ più I presto che — — , sia zero . COROLLARIO III. Parecchie e meti ovvie proprietà elegantissime de' Poli- goni regolari si raccolgono dalla dottrina premessa. Era noto agli antichi , che in un Triangolo qualunque s' incontravano in 56o I PRINCIPJ Er:LI.A MECCANICA CC. in- un punto comune, cioè nel centro di gravità, le tre ret- te condotte dai vertici degli angoli ai punti di bisezione' dei lati opposti ; laonde al solo equilatero credevasi che appartenesse insieme con ogni fiojce/e T intersezione in un medesimo pun- to delle tre normali , che scendessero parimente dagli angoli sopra ciascuno dei Iati . I moderni per via di deduzioni pro- lisse , e nominatamente la massima parte derivate dalle fuìi- zionì del Circolo, estesero anco quest'ultima affezione ai ret- tilinei Triangoli c., AI B CAI BG,AI B G, ec. , le quali in fi- gura d'ala o ventaglio hanno per limite da una parte la Leva diritta AID e dall'opposta due raggi infiniti I ^B;, I ^G^ purché non rigorosamente paralelli ( centra il solito immaginare d'alcu- ni Geometri , che gli prendono sempre per equidistanti sen- za distinzione di casi , mancando d' attendere alle condizioni particolari del Teorema o Problema, cui spettino), daranno altrettanti equipondj , aventi in I 1' ipomoclio comune . La ragione è chiarissima : perocché in virtù del premesso princi- pio d' identità , oltre di non potervi essere rotazione a mo- tivo del contranniso intorno AID , la risultante d' ogni bina- rio di forze FjF, che facciano eguali angoli con AID, do- vendo cader sopra ID, e pel Numero 5. del Corollario IV. e pel Gorollarlo VI. del Lemma la risultante medesima ope- rando in D come se quivi fosse iiF, slegue appunto 1' istes- so come nella regolare Asteroide , cioè d' aversi una Leva diritta d'un raggio doppio dell'altro. Ed ecco un Modello di Bllancie quante mai si vogliano a tre raggi , dove come nella semplice Archimedea, l'equilibrio è indipendente affatto dalla lunghezza dei tre raggi medesimi (Coroll. I. e V. del Lemma) , purché si salvi la sìmetria nella loro disposizione •, giacché ve ne son sempre due maggiori o minori di AI, ma eguali in- fra loro ad AI egualmente inclinati , le lunghezze dei quali procedono colla legge delle secanti à' un Quadrante di Gir- celo , ed hanno perciò ( in s-'iguito del Teorema Bernoullia- no , che agguaglia le secanti alle somme dt;ile tangenti degli archi 568 ,- I PRIIJCIPJ DELLA MECCANICA CO. archi e di quelle delle metà dei lor complementi ) un'analogia alle lunghezze contate dall' imo punto dello- Catenaria sem- plice, che procedono colla legge delle tangenti. Fermo stan- te l' equilibrio , ipomoclio, e tutte restando eguali infra lo- ro le forze , son suscettibili degli innumerevoli cambiamonti medesimi ancora in genere le Asteroidi o imparilatere o panlate- re qualora esse siano simetriche , e non si disturbino ma riman- gan gli istessi i punti medj dei bìnarj delle singole forze appajat- te ed a foggia di gioghi \Xuyòi} inhlate in un asse comune, senz' attendere per conto alcuno alla misura dei raggi . Così le Fi- gure 45. e 46. rappresentano delle asteroidi sinie-triche pen- tagone ed esagone lAHK'L'M', lAH' K"L"M ', ec. lAH'K'CL'M', IAH"K"CL"M", ec. ( valendo 1' istesso discorso rispetto a tutte le altre multiraggiate o poHfide), comunque spurj lastrema- ti , o eccedenti a confronto del regolare AHKLM, AHKGLM, ec. siano i Poligoni derivati AH KL M', AH 'K"L"M" , ec, AHK'CL'M', AH"K"CL"M", ec, i quali nascono ccngiungen- do gli estremi de' raggi, per quanto possano le loro Figure essere sghembe, irregolari, bizzarre, e com'è facile irfimagina- re a chi sia pratico delle trasformazioni geometriche , anco menomate d'un lato o due lati, intrecciate, caudate, e mi- ste d' angoli rientranti e salienti .Né v' è bisogno , a line di delinearle, d' altro artificio, se non che di mantenere sulle paralelle DE,FG, ec gli estremi de' raggi appajati , ed inclinarli egualmente ogni pajo all' asse o linea media AIC , perchè conservisi l'equilibrio sul fulcro I, e non siavi luogo veruno a rotazione o sbilancio mercè dell' euritmia o sime- tria delle nuove conformazioni, che finalmente si risolvono tutte in una Leva diritta composta , e seguono colle rispetti- ve lunghezze per ciascuna coppia di raggi quella medesima regola delle secanti , che nell' Asteroide trifida abbiamo già contemplata e definita di sopra . Non potrebbe tampoco con ragione appropriarsi alle Asteroidi derivate quella simiglianza ch'esprime il Poeta ;, Facies non omnibus una — Nec diversa tameti , qualem decet esse sororum ., . Imperciocché non solo le Dr Pietro FErvRONi • 069 le Figure simelriche , quali sarebbero quelle foggiate in mo- do di Crocia di Curve a sémplice curvatura rientranti in se stesse , o aperte , troncate , ec. , aventi però la linea media per asse ( Figg. 47. 4^. 49- ^^* ) sollecitate nelle cime di tutti gli angoli o nei loro lembi da forze eguali e perpendi- colari al piano delle medesime , per la cagione istessa parte- cipano della proprietà divisata o sivvero dell' equilibrio , ^x>- sate elle siano sul punto I come centro de' momenti o delle medie distanze dei Vette composto AIO, rappresentativo in ultima analisi di tutte insieme le forze per via di gioghi ac- copiate , ma quello eh' è più , si verifica 1' equilibrio medesi- mo anco nei Sistemi o Figure a contrassenso o subcontiaria- ntiente simetriche e non euritmiche; quali sarebbero, per esempio, la Pseudo-asteroide 5i. avvertita eziandio sagace- mente da IMonge ( d' onde nascono i Paralellogrammi obli- quangoli e quei Poligoni dai Geometri strettamente detti si- metrici ), la 5a. , la 53., ed infinite altre consimili situate nell' jstesso piano, il centro delle quali fosse le ad un tempo ipomoclio . Difatti abbenchè in questi casi per rendersi ragio- ne dell' equilibrio delle forze eguali sollecitanti gli estremi de' raggi o distribuite sugli orli di quelle Curve o rettilinee Figure perpendicolarmente ai lor piani , non si potesse qui rimontare alle vere regolari Asteroidi , di cui le passate com- binazioni son figlie j ora più ora meno travisate ed occulte, e sono in certa maniera calcate sul medesimo tipo^ <'òntuttociò eglino mostrano ad evidenza non esser altro che complessi riuniti in I comun centro , punto di bisezione , fulcro o ipo- moclio , di quante mai si vogliano Bilancio semplici d' Archi- mede disposte in fascj a doppio ventaglio , che separate e perciò eziandio cumulate debbono equilibrarsi infra loro . E siami permesso a questo proposito d' accennare , «he ben a ragione gli antichi denominassero Juga Bilancie si fatte , prendendone il primo modello dall'appaiamento de' Bovi ara- tori, e tutte le simili congiunzioni, o scempie come i Cun- jugi ^ le Sizigie , i Mesi sizi^i, la Libra celeste,, le due \ ec- Tomo X, C e e e chie 570 I PRINCIPI DELLA MECCANICA CO. cllie Chele della costellazione dello Scorpione, la Lira, ec. , o polijughe o polizighe come i Banchi de' rematori , le Ma- novelle dei porta-pesi o falangarj , le metaforizzassero qual esempio d' equipondio e concordia , ed all' incontro riservas- sero 1' epiteto d' azighe a tutte le innumerevoli e varie ri- manenti distribuzioni , che lion ammettano parità di carico , concorso eguale d' azione , naturale , primitivo ed evidente equilibrio . COROLLARIO VI. Ho già detto superiormente in più luoghi ( e massime in calce dello Scolio dell' Assioma e nei Corollarj VI. VII. e Vili, del Lemma ) , che la ricerca del carico degli appoggi riconosce gli stessi fondamenti e principj della Statica univer- sale . Tranne peiò le som/ne supposte delle pressioni de' pesi sul fulcro delle Bilancie e dei Vetti diritti e la distribuzione eguale delle forze ne' cordoni paralelli delle Troclee e dei Po- lispasti , più sentita che dimostrata dagli Antichi e da Galileo (Scolio e, , Coroll. VI. e VII. precedenti), Euler seniore fu il pri- mo degli Analisti moderni ad occuparsi di questa Teoria; e dopo di lui poco v' aggiunsero Dalembert e Bossut . Gli Atti della nostra Società Italiana della Scienze hanno il pregio ben meritato d'aver molto illustrata cotanto oscura e spinosa pro- vincia della Meccanica , Lontano da sciogliere generalmente il Problema ( lo che sarebbe ancora contrario al piano dell' argomento elementare propostomi , bea diverso da quello af- fatto didascalico incominciato da Salimbeni ) , non farò che affacciare ai Geometri alcune brevissime osservazioni . Pri- mieramente, pare indubitato ( come in generale asserisce De- langes ) , che se gli appoggi , di qualunque numero , siano de' punti collocati in un medesimo piano normale alla dire- zione dell' unica forza , la quale agisca nel centro delle me- die distanze del Sistema dei punti accennati , ognuno degli appoggi suddetti ( fossero ancora infiniti e componessero un prlo Di Pietro Terroni . oji otlo o lembo continualo ) sostenga l' istesso carico o pressio- ne , equivalente al submultiplo della forza denominato dal nu- ^ mero degli appoggi indicati . Risalendo ai secoli più rimoti troviamo , che questa verità fu sentita per esperienza dagli Abitatori Orientali fin dalla prima nascita della Statica; com- provandolo tanto ciò che si legge nel Corollario YII. ( Fig. 36. ) rammentato in proposito de' Chinesi ( i quali forse r ebber dai Tartari o dagli Indiani insieme coli' artificio di muover la Sedia gestatoria da loro stessi senz' ajuto di forza esteriore ) , quanto quello che lasciò scritto Aristotele , e dietro di lui Vitrnvio , Afranio , Grandi , Varignon , e molti altri , suir antica pratica delle Falangite o del portar pesi sugli omeri per via di stanghe o di vetti . E questa eguale distribuzione o diffusione della forza dipendendo nel caso , di cui si tratta , dal principio della Bilancia e della Leva , o semplice o ripetuta, che vuol dire dall' Assioma unico dell' asteroide o Libra raggiata, o sivvero dal fondamento A^ identità ( che nella soggetta materia è piaciuto eziandio d' introdurre a Llalfatti ) , come risulta dai miei riflessi testé citati, non bi- sogna abbandonar di leggieri sì fatta Regola classica mentre la forza non essendo più situata in quel centro , il Problema maneggiato con altri modi venga a manifestarsi indetermìna' io . Tanto maggiormente perchè riportati ai principj ordinar] della Leva i casi particolari di tre appoggi in Triangolo e di quattro in Romboide , colncidon con quelli le risultanze di quasi tutti i differenti metodi per risolverli . Difatti Bossut ha dimostrato ( né saprei farlo con più semplicità ed elegan- za ) quello che Euler provò dopo molti calcoli appoggiati so- pra un' ipotesi fisica , cioè , che stando ai principi soliti del- le Leve ( sebbene immaginate e non realmente esistenti ) i tre appoggi A,B,C si spartiscono la forza unica I di tal ma- niera , che la rata o tangente della pressione a ciasche- duno di loro spettante venga rappresentata dalle aree dei tre Triangoli parziali BIG , AIC , AIB , rappresentando I' area del Triangolo intero BAG tutta la forza piomente, la quale { sog- Cecca, giun- SjSi I PRINCIPI DELLA MECCANICA CC. giungo , avendolo omesso l' Autore ) portata in 0 centro del- le medie distanze sì del Triangolo stesso BAC , come dei tre punti isolati BjA,C per gli Elementi di Geometria , non può a meno di non distribuirsi in terzo con eguaglianza sopra gli (ippoggi medesimi j a motivo dell' egualità dei Triangoli, pa- ii ciascuno ad un terzo del totale ; conforme d' un' asteroi- de trifida equicrure ( Corol. V. precedente, Fig. 44* ) ho di già stabilito sul fondamento solo della Bilancia semplice Ar- chimedea . Così qualora le espressioni Euleriane dei carichi de' quattro appoggi in Romboide;, A,B,G,D, essendo la F /aBP aDQ \ F /aAP forza premente in I, cioè _(^-^ + -^-i j,- (^— + aCS Triangoli-rdtangoli simili. Se la dimensione della solidità de'Corpi cocleari co*ta dalle eleganti scoperte di Torricelli agguagliarsi a quella degli annuluri aj>pli- caiidovi gli indivisibili , e non cosi né questi né il Principio di Pappo riescono adattandoli all' investigazione delle lor super- ficie, egli è perchè, come Roccha il piimo ha provato, gli elementi delle Grandezze ed il centro delle medie distanze sono subordinati a una legge, che fissa un solo caso partico- lare nella Geometria dell'Infinito ossia nel Calcolo sommato- rio . E come tutto concilisi rettamente e cessi ogni meravi- glia r ho spiegato in un piccolo Saggio di Commentario _, dove trattando di ravvivare le Linee Sjùriche di Perseo, mal confuse da taluni colle Spirali di Cenone e dotate di pregie- ■volissime rarità , passo insieme ad interpetrare il significato smarrito dell' intitolazione fìVÙTo/Zoòs d'un' antichissima Ope- ra nominata da Pappo e perdura , il cui argomento , sbaglia- to da Hdlley e Fabricio , era d' approssimarsi assaissimo per via di numeri alla quadratura del Cerchio, e il qua! vocabo- lo Greco composto dimostro essere equipollente ad fì'jtJr sin- cope d' fì'xtV f ( Promptitudu ) con O ossia cfjiixpor segno nor- turale dei Circolo {Circuii) e /f oòs ^ genitivo di t-«j, che de- ri- 584 I TRINCIPJ DELLA MECCANICA PC, rivato dall' Ebraico o piuttosto Fenicio « ^.3 Bo (jSoo*) ag- giunge sempre, secondo i' Hcderico e il Or-ts^ro ed altri Eruditi iielie Lingue Orientali , come l-tr Tutòf I' idea di Grandezza ( Alagnìtudini'; ); e finisco col gt n "raiizzare i po- chissimi particolari delia misura assegnata da Perelli e da Frisi alle Superficie in foima di chiocciole e d' altre V3j;liis- sime sviluppabili ^ dipendenti massimami nt-- dalla considera- zione delle trombe d'alcune Scale a lumaca . Né di più del- la Sintesi pura geometrica abbisognano 1' ultime speculazio- ni , come quelle cbe dietro 1' idea d' un Anonimo negli /It- ti di Lipsia e di Bezout nel suo Corso si concludono ( quan- do non sian compianabili ) risolvendo 1^ 1 ro zone in pianet- ti paralello^rammici j i qaali nel 1 nguip'gio comune si direb- bero infinitesimi di second' ordine, geiiz 1 pufiTo ricorrere al- le Formule universali derivate dall' E jUa,^inni delle Superfi- cie medesime ; intorno al qual modo di contemplarle Monge e Tinseau specialmente si segnalarono . Ma queste egregie ricerche sono eziandio suscettibili d' ulteriore semplicità ; perchè si potrebbero immediatamente far nascere dai Teore- ma Pitagorico , con applicarlo nelle Istruzioni geometriche al Triangolo ortogonio solido , cioè alla metà d' un Paralellepi- pedo rettangolo , onde servirsene poi per la Dott ina delle projezìoni ortografiche, o sivveio per la Geometria ed Astro- nomia descrittive . Olfatti gettando l'occhio sopra un Paralel- lepipedo della qualità divinata ( Fig. 63. ), oltiie a vedersi chiaro che ( A^ADE )' = ( A \BG j^^-CADBC)" per l'eguaglianza delle altezze, e che parimente AE-=ED*4-DA* =.ED*-f-AB'-h BD* , che sono i quadrati delle projezìoni di AE paralelle ai tre assi AF , AB , AG scambievolmente normali, mentre si conducan di più la retta BO perpendicolare sopra DA^ e CO che per gli Elementi sarà ancor essa normale a DA , perchè CB è perpendicolare al pian sottoposto ABDG , si fa manife- sta nei tre Triangoli ACD , AED, ABD come insistenti sulla ba- se medesima AD la proporzione geometrica (A'^GD)^: (AAED)* = CAABC)*-r (AiJBC>'::GO* : CBS e l'altra (AACDj^i^A ABD)^: CO* Di P/etro FehrOni . SS5 CO^ : BO* , die torna a dire (AACD)' : (AABC)' 4- (ADBC)* H- (AABD)^ : : CO* : GB^-1-B0%«o sivvero in ragione d' egua- lifà ; cioè il Quadrato dell' area di qualunque siasi Tiiangolo rettilineo eguale sempre alla somma dei Quadrati delle tre aree dei Triangoli che determinano le projezioni di lui sopra tre piani mutuamente normali . Ogni faccia di Poliedro per- tanto ^ o qualunque Poligono o Curvilineo piano, ogni com- plesso di tali f'accie , o intero o troncato ^ potendosi scioglier difatti in triangoli finiti o immaginare sciolto in tnangoli infi- nitesimi , ne vien subito l'universal conclusione, che il qua- drato d' una Superficie di qnalsisia genere^ specie, come ciascuna defls sue parti o elementi , pareggi sempre la soni' ma de' quadrati delle tre projezioni suddette ; d.' onde deri- va quel Teorèma generale , in virtù di cui , dopo va- rj Lemmi perlopiii ricavati dalla Trigonometria-sferica nel modo ordinario, espressa che sia da dz =^ pdx -\- qrjy l'Equa- zione alla Superficie, l'espressione del suo elemento infinite- simo di secondo grado consiste in dxdy i^^-\-p^+({j •> cioè dxd/l/\ ^~^(~rj ~+" VT") Jj dovendo esser je? ~ F ((7) o viceversa , quando la misura loro dipenda da una pwjezìon sola , siccome accade delle compianabili , a paralello delle Coniche e Cilindriche rette . E quelle tre projezioni riprojet- tate a rovescio sul Piano di già projettato ricompongono con tutta evidenza questo Piano medesimo; lo che immantinente si concepisce nella Piramide triangolare ACDB , conduceudo da B una perpendicolare sul piano ACD , la quale col suo punto d' incontro vi segncià il vertice comune ai tre Trian- goli parziali di riprojezione integranti l'intero ^CD, e si ge- neralizza per il detto di sopra a tutte le aree delle Figure piane si rettilinee che curvilinee . Coli' istessa facilità sinte- tica si risolve il Problema dei tre Pesi come ho avvisato dopo il Numero 4« dello Scolio dell' Assioma . Imperciocché divi- Tomo X. E e e e sa- 586 I PRINCIPI DELLA MECCANICA CC^ sa in I (Fig. 64») l'orizzontale CD nella ragione inversa de' Pesi A, B , il Centro di gravità d' ambidue si troverà sem- pre ( comunque essi scorrano ) nella verticale indefinita IM , e sarà massima la sua discesa allora quando Z Q ~ TS : ZB : : S O : OZ , cioè BD : BG : : CI : ID : : B ; A , ossia ( raddoppiata la Figura ) quando aBD rappresenterà il Peso doppio intermedio e BG , BN. i due estremi eguali A,Hj e vale a dire subito che i tre Pesi A,H,2,B vengano ad esse- re proporzionali ai due lati BC,BN, ed alla diagonale 2BD del Rombo, la cui metà è il Triangolo CBN, come avviene nelle Corde tese, nei Condotti forzati, ec. , ia sequela di ciò che diremo nell' Articolo successivo del Paralellogrammo delle forze composte .. Questa legge però della discesa massi- ma del Centro di gravità , che in altri casi diventa poi mì- nima y e nella più parte nulla ^ non dee tampoco passarsi come fondamento universale dell' equilibrio . Lo ha saggia- mente avvertito Caraot , e soprattutto, la persuade il sapersi che nell' ipotesi stessa della gravità costante , mentre le sue direzioni andassero a un punto o a più punti ( come pur vanno sulla Terra ) , mancherebbe il Centro di gravità ; dal che molti si sono in varj tempi maravigliati , che l' uso- fat- tone nella Geometria da Archimede in poi nou ahbia porta- to al falso , annoverandolo fra i Paradossi . Avanti di Des- cartes , Roberval , e Pascal, di Fermat , Hiidden , e Schoo- ten , o almeno contemporaneamente ad alcuni di loro, era- ' no nati dei dubhj ( dopo un falso supposto di Guidubaldo ) tra i Filosofi della Toscana in proposito della mobilità o non - esistenza d' un Centro fisso d' equilìbrio nei Corpi gra- vi correspettiro allo stato vero della Gravità terrestre, e vennero in campo delle Quistioni epistolari curiose fra Torri- celli e .Ricci e Vivlani , di cui si conservano i monumenti . Se r Istoria delle Matematiche fosse più conosciuta e tratta- ta con maggior Critica, gli Italiani potrebbero flicilmente ri- vendicare a favore di Torricelli la prima idea di risolvere i Problemi Dinamici ccUegando le velocità virtuali colla mas- si- Di Pietro Férroni . S87 sima discesa del Centro di gravità , siccome egli fece , e poi Vanni, cercando il valore della Gravità relativa in un Piano declive ; la qual massima discesa venne più tardi presuppo- sta da Varignon , onde introdurla eziandio come Principio iiell' Idrostatica, Dalla vera Storia saprebbesij che dopo Ar- chimede, non a Perelli ( come qualche men informato Elogi- sta ha supposto ) , ma al Valerio , a Torricelli medesimo , a Lorenzini , allo Slusio si debbono le dimostrazioni eleganti delle misure non solo delle solidità degli interi e dei tronchi - di tutti i Conoidi e Sferoidi, come unitamente dei loro Cen- tri di uj-avità ; e che il Regioraontano (siccome altri ha pre- teso ) non è un Astronomo dell' Italia , essendo anzi sotto questo nome gentilizio inteso da tutti MuUero di Konigsbsrg ( Regius Mons ), Città primaria della Prussia- Reale , cioè la Patria medesimadel Filosofo Kant tra i moderni. Del rima- nente tornando a discorrere della Gravità terrestre, quanto egli è fuori d' ogni dubbiezza, che suppostala sempre dell' istessa efficacia a qualunque distanza dal centro , ove conver- gano le di lei direzioni , non vi sarebbe rigorosamente mai luogo nei Corpi ai Centro di gravità né al principio della sua massima discesa, eh' Euler infra gli altri notò come Fregola generale dell' equilibrio , altrettanto è falso che vi sarebbe allora quando la Gravità scemasse o crescesse in ragione in- versa delle distanze contate dal centro di diflnsione di que- sta Forza , avendo sol luogo mentr'essa all' incontro fosse in ragion diretta delle distanze medesime, siccome nella Fraura 05. m'accingo cogli Elementi a provare indipendentemente dal Calcolo differenziale e ^^al maximum .^ che Carnot pose in opera per dimostrarlo. Sia la Libra o Vette AB, agli estre- mi di cui vengano situate due molecule eguali di materia pe- sante secondo la legge indicata , stando in S il Centro di For- za . Essendoché dunque i Pesi respettivì di A,B sono come AS , BS , la Forza loro risultante verrà rappresentata dalla diagonale SX del Paralellogrammo SAXB ( vedasi 1' Articolo seg. ) , la quale dividendo per metà 1' altra AB in T deter- E e e e a ini- 5Su I PRINCIPI DELLA MECCANJGA CC. mina la Bilancia AB come nel caso delle due Forze paralelle ed eguali , ed in qualunque situazione della medesima più o meno inclinata rispetto a ST raggio medio; e conclude l' istes- so anco la prova ingegnosa datane da Torricelli , abbencliè ( stando almeno a ciò che Grandi riporta ) da lai presa in senso contrario. Suppongasi adesso in qualunque punto I del Joraccio TB una terza molecola eguale a ciascuna delle due prime ,. la cui forza di gravità in conseguenza vien espressa da IS , che combinata con SX dà per risultante SOP diago- isale di ISXP altro Paralellogrammo , cioè un Vette AB col fulcro in O, il braccio più lungo OA colla molecula A da lina parte , il piìi eorto OB con due molecule in I e B dall' opposta . Ora condotta ZT , la quale in virtù della bisezione delle due diagonali SX , XI è paralella a SI , abbiamo SI -rr aTZ, e perciò IO = aOT, AO— 2OT-AO— IO=OB.,Ghe vale a dire AO n 01 -H 0I> , o- sivvero eguali i momenti dall!, una e dall' altra parte dell' ipomocUo- O ossia Centro di gravità delle tre molecole A, I, B, come nella Leva ordinaria solleci- tata da forze paralelle ed eguali . Aggiungasi la quarta mole- euk C pari alle altre ed ancor essa pesante in ragione di SG sua distanza dal Centro comune ;' e coi due lati CS,SP de- scrivasi al solito il Paralellogrammo CSPR , la cui diagonale RVQS bisecherà in V la seconda diagonale PC , e rappresen- terà la nuova risultante di tutte e quattro le Forze suppo- ste , con Q nuovo punto d' appoggio • Cojidotta VZ e pio- luncata fino in H , questa VH non solamente sarà parahìia a CS mercè della bisezione simultanea delle diagonali PC, PS in V,Z, ma ancora alla medesima eguale , perche CSr: aVZ, e di più CS : ZH : : SI : ZT, ossia CS — aZH . Avremo dun- que CSHV Paralellogrammo ; laonde la di lui diagonale CH divisa in Q per metà, e perciò CQ' = QH . Ma CO :0H ::CS: Zn::a:i, o sivrero CO = aOH, e CO — OH = aO0= OH, ossia CO = 400 , CQ - 30Q , AQ = AO -H OQ rn ^01 + IB •4- 00 ( per le cose di già dimostrate ) ■= aO(> + aQI -f- IB -h OQ — 30Q + 2QI -i- IB = QG + Ql-f QB i cioè Q Cèntro di Di Pietro I'erroni . 58f) di gravità delle quattro niolecule , A nel braccio maggiore QA , e tre C,I,B nel minore QB del Vette AQB , ossia quello stesso che apparterreLloe all' ipotesi della Gravità co- stante inrlirizzuta ad un Centro infinitamente lontano . Segui- tando il disc*)rso inedi'simo di semplicissima Sintesi ognuno s' a(;cor;^erebb« ccuie d Liio. , ec. , sono eguali ai supplementi di BSI , ISG , ec. compresi infra le stes- se secanti: e parimente vedrehbesi , che con caricare ora r mio ora 1' altro braccio di Leva di nuove niolecule, ver- rebbe a concludersi in generale come quel medesimo punto ^ il quale sostenuto , sospeso , ec. , o colla sua massima possi- bil discesa verso il Centro de' gravi determina 1' equilibrio nella Libra, nel Vette^ o in qualunque Sistema di pesanti molecole (che finalmente è un ammassamento di Libre e di Vetti) posta r atitica supposizione d' Archimede sulla Gravi- tà terrestre, lo determina ancora sostituita l'ipotesi della Gra- vità diretta ad un Centro non-immensamente rimoto e pro- porzionale alle distanze dal comun Centro suddetto . E quan- to è lontano dal fatto della Natura, richiamato avanti d'ogni altro da Gilberto e Roberval aW attrazione della massa terre- stre , r antico supposto, altrettanto lo è 1' ultimo in Fisica avvengacbò adoperato da Herman , come quello che al più non vorrebbe secondo Newton , Maclaurin ed altri , se non se setto Terra ( o sferica o sferoidale eh' ella si fosse ) , o nel traforo centrale Maupertuislai]o, intorno a cui tanto lùsero Voltaire e Federico IL: quantunque , se fossero sopravvissuti di pochi anni, avrebbero forse (e chi mai potrebbe saperlo?) creduti pili singolari il Capitolo XIL del Tomo L ed il I. e III. del Tomo II. d'una moderna dubitativa agcomctrica Geogonia. Un altro Archimede, un altro Pappo coatuttociò, un altro Keple- ro 590 I PRINCIPI DELLA MECCANICA CO. ro o Guidino a questa ipotesi falsa di Gravità avreLber po- tuto appoggiare egualmente i Teoremi loro centrobarici , on- de coglierne per la Geometria il medesimo Irutto come dall' altra non meno falsa supposizione; e lo averebbero potuto . fare coJl' istessa applicazione felice, se qualche diversa legge ^ ipotetica di Gravità avesse portato a fissare un Centro di forze costante per ogni sito d' un Sistema di punti gravi , cioè un'eguaglianza j.erpetua di momenti contati col mezzo di perpendicolari e riferiti a tre assi o tre piani , e se questo Centro di forze noti fosse stato un accidente speciale di quel- le due sole ipotesi , come concentrasi la mutua Gravità nel- le Sfere , o piene o vuote , non altrimenti che quando essa agisca in ragion reciproca dei Quadrati delle distanze^ uè mai sotto reciproca diversa Funzione^ INulIa dunque prende real- mente la Geometria dalla Statica tutte le volte eh' ella mi- sura sotto apparenza di Gravità le Aree piane , le superficie e capacità de' Corpi rotondi : in sostanza non si fa altro pa- ragonando i jnotnenti , le lunghezze respettive de' Vetti , e le mutue distanze dei centri di pravità , fuorché assegnare i ìnedj aritmetici delle innumerevoli rette normali ad un asse, o delle peiiferie e de' circoli eh' anno i centri in tal asse '^ e sa ogiuino, che i medj aritmetici moltiplicati pel numero, qualunque ei sia , degli elementi delle Grandezze generatrici s' agguagliano alle somme o quantità generate , quaiid' anco non vi fosse mai stata Gravità nei Curpi naturali , o seguisse ( esistendo ) piuttosto questa c\iQ quella legge. Sarebbe fistes- so di chi dicesse ( Fig. 66. ) ,, Data una S([uadra CQG ed „ un punto O dentro lei , guidare per questo punto la retta 5, DOR ;, che sia la minima tra le possibili innumerabili, che „ tutte passando pel medesimo punto andassero a terminare „ sopra i due lati della Squadra suddetta „ e risolvesse il Problema mediante un peso P pendente da una verga non grave AB eguale alla perpendicolare OF , che appoggiata sul fulcro O e sdrucciolante senz' attrito contro QC si fermasse nella situazione BOA ; ed allora condotta 1' altra Dormale OK, Di Pietro Ferroni - 5oi OE , facendo ED = OB , asserisse esser la linea-retta DOR per D ed O Ja minima ricercata . Averebbe sciolta sicura- mente costui la Questione proposta , combinatL insieme i ri- trovamenti d'EuIer, Fontana j e Wentz : ma posto ancora che non si sapessero le leggi dell' equilibrio ^ o la materia non fosse dotata di gravità , non tornerebbe men vero che questo minimum restasse sempre il medesimo , e dipendesse soltanto dalla invenzione delle due medie geometriche pro- porzionali tra OE, OF , delle quali ED la prima, FR la se- conda . Così , pei* suggerirne altro esempio diverso dal Pro- blema Deliaco , Vincenzio Viviani avea preparato due Trat- tati geometrici sino del, M. DC. XLVilI.^ che quindi rifuse in età più provetta, ed. erano pronti alla stampa nel M.DCC.XV» come Opere postume di quel Siutetista eccellente Toscano . I) i:e possiedo presentemente gli Autografi intitolati Tetrago~ nismicorum. Libri II. — Centrobarycorum Librili.^ e non ave- rei mai mancato di pubblicarli se gli argomenti , intorno a cui si raggirano , fossero stati di tal natura da contribuire in qualche modo all'avanzamento delle Teorie matematiche. Non faccio parola del ter^o rispetto al quale ho parimente il MS. del medesimo Autore col titolo De Terebratione Solidorum, Liber nniciis , perche qiiantunque più voluminoso dei primi , s' occupa di trafori facilissimi di Solidi semplici interi o troncati rotondi, cioè Coni e Cilindri retti. Conoidi, Sferoi- di j compreso eziandio ( Prcp. ultima o 43. ) il Cilindroide iperbolico ( negletto da Archimede e considerato da Wallis , Wren e Parent ) , eh' egli chiama Anticonoidale HyperboU- Clini , come quelli i quali secondano la direzione precisa de' loro assi , e non hanno altra mira che 1' unica d' assegnar la ragione fra tutto il solido e 1' Anello che resta dopo il tra- foro : senza mai parlare di Superficie che ammetterebbero al- meno qualche dilficoltà nei Problemi , e senza tampoco ac- cennare ciò che assai tempo addietro meditando su queste perforazioni m' è occorso agevolmente scoprire in aumento delia celebre Volta a vela quadrahìle Ilorentina, ossia che,, ,., Se 5( jOa, I PRINCIPJ DELLA MEGC\HIC\ GC. j, Se il Cilindro-retto traforante la metà della Sfera aWia 3, per altezza il diametro della medesima, la parte di.Super- „ ficie cilindrica che riman fuori , s' agguaglia appunto alla sferica tolta ove nascono gli occhi della Vela „ tacendolo an- cora il Grandi ne' suoi Vivianèi . Ora quei due primi Trat- tati, i quali per i principi di Statica rimandano alle df-bniis- sime prove datene dal Cavalieri , "hanno in oggetto di deter- minare i Centri di gravità, onde col mezzo di questi conse- guire la quadratura del Circolo , e delle aree delle Coniche curve e loro porzioni , mentre quel Centro presuppone già , note le quadrature cercate ( Monitum dopo la Prop. XIII. Lib. I. Tetragonism. ) j o di confrontare i momenti di Spazj curvilinei da un lato e rettilinei dall' altro sul modello del Teorema di Pappo ( Scholiuni in seguito della Prop. VI. Lib. II. Op. e. ); o di quadrare per simil via' la Parabola in cin- que modi diversi da quello , che nel M. DG. LVIII. aveva prodotto r Autore nella sua Divinazione del Libro V. dei Conici d'Apollonio; o di considerare i perimetri o superficie de<^li Jrbèli { apjSnT^os ) quadrandone alcuni sì antichi che nuovi Tià misurati da Vieta , immaginandone altri di facilis- sima dimensione, ed assegnandone i Centri di gravità, come eziandio ,dei 3Ienisci (jj-nvicrKO? ) tanto d' Ippocrate , quanto dell' istesso Vieta e di Slusio ; o finalmente di stabilire ove cadano i detti Centri rispetto alle superficie e solidità delle Sfere , Settori e Segmenti sferici , Coni retti e respettive parti di essi . Tranne però qualche determinazione elementa- re di Quadrilateri minimi circoscrittibrli o Triangoli massimi iscrittFbili nelle Coniche, Q di qualche massimo Arbèlo den- tro una parte di Cerchio , o d' una Lunula ellittica agevol- mente* quadrabiie ( Scolio V. dopo la Prop. XXXI. Lib. I. Centrobar. ) a differenza della Ciclico-Parabolica contemplata da WolfF, o di Settori sferici e conici particolari , che go- dono del medesimo Centro di gravità sì per rapporto alla lo- ro veste che alla propria capacità ( Prop. XVI. Lib. IL Op. e. ) , o di Bicchieri massimi infra gli innumerevoli cilindrici co- Di Pietho Ferroni . 5 — "^ , non si mancherebbe di co- noscer tampoco la risultante pel caso che le due Forze agis- sero sotto d' un angolo pari alla somma $ + '^, o viceversa , permutata la combinazione, alla lor ^ij^e7-e;iz« . Imperciocché ( Fig. 73. ) posti entrambi ^angoli dati FAQ, DAB, e de- scritti i Rombi respettivi APQN , ADPB, colle diagonali AN, AP, e ripetuto dalla parte opposta il ter^o Rombo iden- tico al secondo ( come di sopra ) , cioè sulla sua diagonale omologa AQ, onde simetrizzarc al solito tutto 1' insieme, immantinenti si scorge e c'insegna la Geometria elementare , che BAC = PAQ — DAB^ angolo del quarto Rombo BACI, Torno X. G g g g e DAE 602, I PRINCIPI DSLLA MECCANICA eC, e DAE = PAQ 4- DAB ; e ci ammaestra di più, che dopo condotte le rette DE, BC , PQ a compimento della Figura , e dal punto B guidata la normale BS a PQ , non solamente DEjBC^PQ sono perpendicolari in O^M^, T ad AI, ma ol- tiediciò che BS = MT = AO atteso 1' identità de' Triangoli DAO , PBS per se stessa evidente. Quindi è, che la risultan- te delle quattro Forze AD, AB, AG, AE essendo per l' ipo- tesi quella di AP , AQ , e di queste due in virtù della stessa ipotesi sAT , me/itre dalia supposizione enunciata abbiamo altresì aAM per risultante delle due sole AB, AC, ne segue che la risultante delle due Forze eguali riraaneuti DA, AE sia 'z^ aAT — aAM = aMT = aBS = aAO , o sivvero alla diagonale del Rombo, i cui lati DA , AE , 1' angolo DAE ; eh' è quanto appunto cercavasi . Combinando questo Nume- ro col primo si conseguirebbe assai facilmente tutto ciò , die intorno ai Rombi fissarono i passati Analisti . Per esempio , dati i Rombi di 6o° , 3o° , 3o° , i quali spettano al Numero I . ed a questo , perchè 3o° ■=■ 6o° — 3o° , s' ottiene la risul- tante nella diagonale del Rombo di go° = 6o° •+• 3o° m 3. iao° , . . ,. 3.i20° j — , e mediante il citato Numero primo anco di — -— ; a* ^ a assegnati i Rombi di 90^ , 3o° , 6c° , rispetto ai quali 60" = 90'' — 3o^ , ne deriva quello di iSo" = 90° -H 60'^ , ossia 5.120° .^ . 5.iao° di 1 — j e perciò ancora di ;; — : laonde così proce- dendo senz' alcun limite verrebbero a discucprirsi le risul- tanti di due Forze eguali nei Rombi , che avessero i loro 7^-12,0^ angoli contenuti nella Formula generale ;; — , essendo p.ji numeri interi ( Teorema Alembertiano ) , non meno che le risultanti di -due Forze eguali nei Rombi , i cui angoli fosse- R . • . ro — ;; ( Teorema BernouUiano ) , significando colla Sigla R la misura dell' angolo-retto , ed aprendosi campo vastissimo a del- Di Pietro Eerroni . 6c3 a delle nuove combinazioni per mezzo dei Numeri antece- denti . — 4. Infra 1' altre conseguenze è notabile quella ( Fig. 74. ) , che conosciuta la risultante di due Forze egua- li AB, AG sotto qualunque siasi angolo-acuto, come BAC , rappresentata da A0=:2iAI diagonale del Rombo ABOC, ven- ea immediatamente a determinarsi anco la risultante delle medesime Forze disposte ad angolo-ottuso , che sia supple- mento della scmi-dijferenza tra 180° ed il primo . Dilatti condotta DAE perpendicolare ad AO, tagliate su quella AD , AE eguali ad AB, AC, e descritti i Rombi in simetrica situazione ( oh' è il fondamento saldo e fecondo di tutta la presente Teoria) ADPB , AEQG , colle diagonali loro respet- tive , le quali per geometrica necessità hanno gli estremi disposti sul prolungamento dell' altra diagonale del Rombo dato GB in PQ , vede ognuno che delle quattro eguali Forze AD, AB, AC, AE traenti il punto unico A la risultante Athh' esser i' istessa come delle due sole intermedie AB , AC , cioè aAI , perchè in A 5' clidon le due direttamente contrarie AD 5 AE ; il quale stato di riposo ( Corol. IV. dell' Assio- ma ) è r equilibrio intuitivo somministrato dalla Natura . Dunque anco la risultante d' entrambe le risultanti AP, AQ dovrà eguagliare aAI, cioè AO diagonale del Rombo APOQ , il cui angolo PAQ sempre ottuso , perchè eguale a DAC == BAE , ha la proprietà d' essere supplemeataf9 rispetto ali* acuto ABG=:AGB, o alla se/ni -dijferenza suddivisata . In conseguenza di che dimostrate per risultanti le sole diagona- li maggiori de' Rombi , senza bisogno d* altra prova speciale ne sorgono ancora le diagonali minori , siccome con altro metodo stabilì Bernoulli : ed unicamente nel caso che BAC fosse un angolo di 60^ , e venissero a farsi identici i tre Rombi ADPB , ABOC , ACQE , ed eguali le tre diagonali AP , AO , AQ , r angolo PAQ diventerebbe supplemento im- mediato di BAC, cioè avrebbe il valore di 12,0°; trovandoci allora ricondotti in conferma a quella medesima risultante Gggg 2 AO 6o4 I PRINCIPI DELLA MliCCANICA CC. AO nel Rombo APOQ> che dà l'evidenza dell'equilibrio , presa da Dalembert come base delle sue ingegnose dimostrazioni . , Scolio . Quello che tanto stette a cuore di Dalembert , di fonda- re cioè la composizione delle Forze sopra il principio della Leva diritta animata' da Forze paralelle , e non già questo sopra dell' altra secondo il costume invalso presso la massi- ma parte degli Scrittori di Cose Meccaniche ed in ispecis seguitato da Hamilton nei suoi Sàggi assai dopo la pubblica- 2-ione del Nuovo Progetto di Yarignon j oramai può dirsi quasi compiutole compiuto palpabilmente per via di trazioni propor- zionali a dei bracci di Leve sollecitati da una medesima For- za. Così potrem dire adesso con tutta la verità e col testimo'- iiio conforme de' sensi come nulla siavi in Meccanica, che a pretto ed attuai vette non rassomigli . Così quel compen- dioso e secondario Istrumento dinamico delle velocità virtua- li o iniziali , che nato in antico da picciol seme nel Vette , Terificato dipoi in altre Macchine semplici, e a grado a gra- do confermatosi nelle composte , s' inalzò rigoglioso sotto il magniiìco titolo d' Energia fino del M.. DGC. XVIL mercè di Giovanni Bernoulli seniore (vedasi Scolia dell' Assioma al Num. a. ) 5 e'^oi col nome'|>iù modesto ù.^ Azione o altro si*-- mile da Maupertuis y Euler , Koénig , Darcy venne introdot- to a signoreggiare in tutta la Scienza dell' equihbrio , ritorna naturalmente alla prima sorgente Aristotelica , dalla quale egli ebbe principio (1. c.)5 e si collega colla Regola classica del moto attuale , che dalia Scuola Peripatetica o senz' ac- co'rirersene o tacendolo attinsero^ insierae Descartes e Galileo » Quei tra- i moderni Meccanici , cui piacque per ispiegare V e- quilibrio di tre Forze di trazione concorrenti in un punto mediante un Jinto e vago picciolissirao moto o sbilancio, che avvenga nelle medesime (moto che comunque minimo o iiiaS' segnabile , Garnot ha saggiamente avvertito doversi immaginar I sena- Di Pietro Fekroni . 6c5 sempre soggetto alla condizione immancabile eli geometrico) ^ nel numero de' quali sull'esempio del precitato Bernoulli , che in linea di traslato meccanico decifrò un tal mezzo, e coli' altro de' momenti eguali per ottener 1' equilibrio le due Leggi primarie della Catottrica e della Diottrica ,'si distinsero Euler e Koénig, di già rammentati , assai prima di tutti i Geometri , vedreb- ber ora , se non m' inganno , con qualche sorte di compia- cenza immedcàimati i nuovi momenti da loro indotti sof.to differenti vocaboli nella Statica coi nisi veri e contrannìsì ( a.T/'/3.07«) di Bilancie o di Leve. Né potrebbe mai essere diveràaniente considerando (Fig. 75.), che la Leva medesi- ma AID, il cui braccio Al = 7i.IB , mentr' e viceversa il Peso G in A eguale a — del Peso D in B , somministra di subito r idea necessariamente associatavi j sebbene occulta , di trazione immediata come nell' equilibrio dinamico . Perchè se D viene obbligato al riposo in virtù del coiitranniso di C, converrà dire che D sia come un punto tirato da due Forze eguali e direttamente contrarie-, alla pari dell' equilibrio in- tuitivo della Natura, cioè che B naturalmente tirato per la direzione DE , artificialmente ad un tempo sia tirato a rovescio da Forza eguale per la direzione DF mercè di A e della Leva interposta; non altrimenti che accade nell* impulso immediato e diretto di due Masse di materia non- V M gravi animate da velocità a loro reciproche M . ^. *- .V, clie per 1' istesso motivo j^roducono 1' equilibrio , dipen- dente ancor esso ( giusta la dottrina di Dalembert ) da mv = mv , o sivvero dall' identità dinamica , o dal- la bilancia di due contrapposti identici movimenti reali . E tanto 9Ì fa maggiore o minore F opposta Forza traente per la direzione DF , quanto facendo scorrere in guisa di Proma- no il Contrappeso C, questo si discosti o s'accosti all' ipo- moclio I , dalla relativa situazione di cui il contrannìso , equi- 6o6 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA PC. equipollente a trazione rapporto a D , riceve la sua misura d'attività o d'energia. Una Macchina foroiiomica , che pre- sto esporrò verso il termine delio Scritto presente, illumine- rà meglio r immagine , che adesso ho abbozzata : impercioc- ché poco manca dopo la considerazione delle Forze composta nei Rombi a perfezionarne l' intera Teoria -, né d' altra nuo- vità in quest' ultima parte del mio lavoro posso mai ripromet- termi, in sequela delle soluzioni già datene da parecclù de' più accreditati Analisti , fuori di quella che vi campeggi sempre e risplenda un solo principio , cioè la Bilancia o 1' Equilibrio delia Natura, consistente nell'intuitiva elisione di due Forze eguali direttamente contrarie, sul modello del semplicissimo esempio , che in calce del Corollario antecedente si legge . Ognuno poi scorge , eh' io non potrei trar profitto dalle di- mostrazioni , che quasi tutti (non eccettuato il gran Newton) hanno date in proposito della risultante di due o più Forze , deducendola dal movimento composto di due o più altri mo- ti reali come se fossero sciolti ed indipendenti , e ripetendo per quest'oggetto 1' esempio vulgare della Mosca, della For- mica , della Nave , ec. , ossia la mobilità contemporanea del- la Riga , del Piano , del Bastimento , ec. , col moto sponta- neo ed indipendente o non collegato dell' Animale . Si fatta maniera confonde colla Foronomia la Dinamica, e T effetto colla sua causa . Conciossiachè composte in una le Forze si- multanee e legate infra loro , le quali agiscano sopra un pun- to, viene ad intendersi immantinenti come si debban com- porre parimente i due o più movimenti generati , che sono la conseguenza dell' impressione riunita di quelle Forze . Se per composizione di Forze si fosse^piuttosto dovuto intendere la composizione di due moti indipendenti (o reali o iniziali), questo Problema non solamente troverebbesi di già sciolto { non che da Aristotele e Gemino sulla testimonianza di Pro- clo, e presso a poco colla dimostrazione medesima datane da Varignon sulle traccie del Fracastorio ( ved. Scolio dell' Assio- ma al Num. 3.) , da Dalembert nel suo Trattato di Dinamica ed Di Pietro Ferroni . O07 ed avanti nell' Enciclopedia. , e da Torelli che in ultimo luo- go ha pensato di render chiaro e perfetto il decaduto meto- do originale in un suo hrevissimo Opuscolo ) da tutti i Geo- metri deJr antichità più rimota, come quelli che Io imma2;i- narono e contemplarono molto prima di Stevino e di Galileo ( ahbenchè opini in contrario Lagrange) suhito che con due movimenti diversi aprirono il campo alle generazioni delle Spirali, Qnadratrici , Concoidi, Cissoidi, Eliche cilindriche ed altre Curve , che dieder poi luogo alla nascita della Geo- metria del moto nel secolo XVII., intorno al qual nuovo ra- mo d' npplicazione della Meccanica alla Scienza delFEstensio- zie , massime per le tangenti ed in modo speciale delle Ci- cloidi di tutte le specie , si distinsero assai Roberval , Torri- celli , Viviani , Ceva , Grandi , ec. , ec. ed assai più lata- mente Newton e Maclaurin, fondandovi sopra il grand' edilì- zio delle flussioni . Circa di questo argomento sovvienimi d'aver tentato anni addietro d'indovinare come Perelli mo- strasse al primo invito del Radicati (per quanto Frisi rac- conta ) che quella Curva Bernoulliana , la quale ha per tan- genti (Fig. 76.) le innumerevoli linee-rette, sempre però deli' istessa Lunghezza FG , DE , BG , ec, , comprese fra i Iati d'una squadra ossia d'un angolo retto UAL, fosse por- zione d' un' Epicicloide algebraica { avvegnaché difatti noi sia, ma piuttosto d' Ipocicloide , e ciò cred' io per inavver- tenza del contatore), e tali in conseguenza che avesse, di comune ancora colle trascendenti , delle aree quadrahilì , e spettasse a quella rara famiglia di Curve , che si ri- generano e si propagano ora eguali ora simili mediante la loro evoluzione o sviluppo . Nel meditare sopra questa. Linea di sest' ordine 7 = r^f— .^TV. non oono- scinta per quella eh' eli' era nemmeno da Dalembert e da Charles, mi sono incontrato con un'analogia si toccante tra la detta Curva veramente Ipocicloidale, il Circolo, l'Ellisse co- 6o8 I rRINCirj DELLA MECCANICA CC. conica j e la Parabola d' Apollonio , che per quanto io l'aves- si riserbata a far parte del mio Diporto geometrico intor- no al vaghissimo Ponte ultimato nella mia Patria verso il M. D. LXIX. colla direzione e disegno dell'Ammannati , giac- ché il discorso ha portato di parlare di Linee generate per via di movimenti composti , torna in acconcio d' anticiparla come notizia dedicata a quei soli Geometri , i quali si dilet- tino della Sintesi , ed ai scarsi valorosi Ingegni che associno alla pratica delle Belle-Arti le teorie matematiche , e sappia- no con Quintiliano ( sebbcn ci lo scrivesse dell' Oratoria ) che non ohstant hae discìplinae per illas euntibus , sed circa ìllas haereritibus . A fine di mettere il leggitore sulla strada deir invenzione , faccio prima osservare nella Figura medesi- ma come la Curva MNIPQ , di qualunque natura essa sia , per la sìmetria della sua costruiiione rispetto ai due lati AH , AL dell' angolo-retto debbe avere un asse IO nella li- nea-retta AIO dividente in due parti eguali l' angolo suddi- visato , d'onde DIE tangente nel primario vertice I viene ad essere perpendicolare all' asse suddetto , e sono di più , tan- to AM ;, quanto AQ , le due estreme tangenti eguali infra lo- ro ed a FG, BC:, DE, = aAI , in virtù di DAE ortogonio ad un tempo ed equicrure Triangolo . Resta adunque la Cur- va contenuta tutta dentro un Quadrante di Circolo AMXQ , ì cui raggi estremi AM , AQ la circoscrivono e abbracciano come tangenti , mentre il di lei principal vertice I di tanto s' inalza sul punto X bisecante V arco MXQ dell' istesso Qua- AX , , drante in due Ottanti , quant' è XI = — cosi che descrit- to con tal diametro il Circolo IZXT , venga ad aver questo AX DE il suo ragfflo IR = RX = —- = -— , e perciò 1 intera Cir- e» 4 4 conferenza IZXT eguale a quella del Quadrante MXQ , e la Semicirconferenza IZX = MX Ottante del maggior CercLio ; e vale a dire girata questa senz' alcun strisciamento swWa. con- cavità XM all' indietro , il punto I arriverebbe esattamente in M Di PiicTiio Ferroni . 6c9 M dopo d'aver segnata la metà dell' Ipocicloide INM: lo che appartiene eziandio all' altra metà se si facesse girar per r avanti la Semicirconferenza ITX , onde descrivere tutta in- tera la Curva. Quindi è, che nei tre punti M, I, Q T Ipocicloi- de descritta corrisponde al Quesito, sì perchè DE eguale al- la data la tocca in I, sì perchè coni' è l' indole elementare di tutte le Ipocicloidi ( e generalmente delie Roulettes ) , le tan- genti in M e Q dovendo essere perpendicolari all'arco MXQ, SJi cui rivolgesi il Circolo generatore , combinan coi raggi MA , QA , ancor essi ciascuno eguali alla data . Ora facil- mente si scuopre valere la medesima proprietà per qualun- que tangente intermedia. Imperciocché disegnato 1' altro Qua- drante concentrico fìl^ normale all' altra S0 in virtù del Semicircoio predetto, sarà tangente in S dell' Ipocicloide medesima . Ma prolunga- ta questa tangente sino in Y e K , ed avendosi l'angolo cen- trale S r 0 quadruplo dell' angolo centrale corrispondente MAO , e perciò quello alla Circonferenza S'^^O^ aìAO =: Y A U^ -h ^ Y A per gli Elementi , cioè Y A ^ = "*" Y A , o sivvero A^K = •^Y , onde in vigore del Triangolo rettango- lo Y A K anco "^V K = ^K Y per gli~ stessi Elementi , ne sie- gue YK = aA'^P" = A0 = DE retta data . Anzi di qui agevol- mente ricavasi j guidata A A perpendicolare sopra YK ossia paralella a 03, che KD = Y3 pel motivo di ^A = '*Ì'S, at- teso V identità de' Triangoli subcontrarj A'^^A , 0^S, e di K*" — ^'■A = Y^t — ^S, laonde aggiunta A3, ancoSK=YA: ed inoltre sapendosi che YK: AK : KA ~ come Yls. : YA : YA i^, la tangente costante YK rimane talmente divisa nel punto di contatto S, che YK:AK:Y3.:^ e YK:YA:KS rr ; pro- prietà stabilita da Giovanni Bernoulli col soccorso del Calco- lo differenziale in proposito di questa Curva , non appresa ( secondo il Coccnato ) da lui per Ipocicloide . Ecco una Tomo X. Hhhh Cur- 6lO I PRINCIPI DELLA MECCANICA 60. Curva organicamente e con semplicissimo metodo costruibile, non conosciuta finadora , ch'io sappia , per Ipocicloide dai molti, che hanno trattato di simili generazioni di Linee, in- fra i quali , oltre ai Bernoulli e Radicati già detti , meritano distinta menzione Newton, Hópital , Parent , Lahire , Nicole , Maupertuis, Camus, Lacondamine, Mairan, Maclaurin , Suardi , ec, e dotata^ malgrado la semplicità somma della sua costru- zione^ d'affezioni e rapporti mirabili con altre Curve attenenti a specie grandemente diverse . La di lei intera Figura è quale si rappresenta dalle lettere lABGDEFG sotto il Numero 77., analoga in conseguenza all' evoluta d' una conica Ellisse . Se qualunque siasi normale alla Curva ( Fig. 76.) come S0 , prolunghisi in modo sino in H, che 0H = a0S o piuttosto SH : H0 stia in ragion sesqulaltera , viene ad essere H cen- tro del Circolo osculatore ; laonde l' evoluta di MIQ , è una slmile Ipocicloide descritta da un Circolo generatore di dop- pio diametro rispetto ad IX , girante dentro d' un Cerchio , il cui raggio A2=:oAX; V evoluta à.e\V evoluta un' Ipocicloi- de simile anch' essa generata da un Circolo di diametro qua- druplo di quello del primo generatore, ruotante dentro d'un altro di raggio quadruplo a paragone di AX ; e cosi conti- nuando sempre in progressione dupla crescente ( a" ) nasce- rebbero r evolute d' evolute d' evolute ec. costantemente Ipo- cicloidali senz' alcun limite in infinito . Sesquialtera precisa- mente del suo asse o diametro del genitore IX è la lunghez- za dell' Emipocicloide MNI , e perciò tripla appunto dell' istess' asse quella di MNIPQ intera Ipocicloide come tripla r area della Cicloide di quella del suo Circolo generatore : sesquialtero qualunque arco IS rispetto alla corda I^u, deter- minata mediante V intersezione dell' arco circolare SO con- centrico a MX colla Semicirconferenza del genitore situatola sull'a55e: tale il rapporto delle due Curve, una Quadrante di Circolo MXQ , l'altra Quadrante d' Ipocicloide MlQ , le quali racchiudono o circoscrivono 1' Occhio geometrico MXQIM, ' l'è la lunghezza o misura deli' orlo 0 perimetro della prima pai- pC" Di Pietro Feuroni . 6ri pclra 0 inferiore a quella del perimetro della seconda o supe- riore, sia come la periferia di qualunque Circolo al contorno d'un Eiagono regolare in esso iscritto o iscrittibile : dupla ses- quìaltera la ragione di tutta I' area dell' Occhio suddetto per rapporto all' altra del precitato Circolo genitore -, e lo spazio imgulare I^T detcrmiuato da IT Quadrante del genitore, Hv arco concentrico a MXQ, ed li» arco Ipocicloidale esattamente quadrahile, cioè sesquialtero anch' esso dell'area del Triangolo — IRT equicrure e ortogonio, o subsesquìterzo del Quadrato del raggio del Circolo generatore , o da capo sesquìaltera la somma delle due Ungule ( a destra e sinistra ) del Quadrato del raggio medesimo. Oltrediciò , mentre tutta la Curva ( Fig. 77. ) lABGDEFGI è sesquìaltera della somma dei due diametri tangenti ID, BF ( siccome avviene che sono rettìfi- cahili e le Cicloidi ordinane e le sferiche Epicicloidi) , ognu- no dei quattro Occhi , come IHBA , sia in ragione di 5:3 f rispetto aW area del Trilineo quadrantale IPBA ; e torna a dire lo spazio compreso dal doppio Arbèlo o Quadrilineo Ipo- cicloidale lABCDEFGIP è le tre ottave parti dell' area del Circolo IHBKDLFMI al Quadrilineo medesimo circoscritto : laddove il quadrato inscritto ACEG è sudduplo di quello del raggio PI o subquadruplo dell' altro Quadrato IBDF inscritto nel Cerchio . Di più quando piacesse di praticare 1' Ipocicloi- de predetta, venusta ed acconcia all' uopo com'è, per Archi di Ponti suir esempio della Trocoide comune , impiegata di- futti ed al sommo lodata a motivo del suo bel garbo da Vi- viani in ossequio di Galileo , ma che a differenza di questa , la quale s' alza ad angoli retti , nascerebbe dalle sue impo- stature ad angolo semiretto, non altrimenti che fanno ad an- goli obliqui o sottosquadra le Volte de' Ponti disegnate a por- zioni di Cerchio e preferite sopra d'ogni altra Linea, ed an- co agli Archi di tutto sesto dell'antica Architettura Romana, non meno che avanti che i Barbari la deturpassero nei bassi- tempi colle bruttezze Gotiche o piuttosto Germaniche , oltre d' aversi allora una Centina geometricamente rettificabile ed Il hhli a una 6l2 I PRIWCIPJ DELLA MECCANICA CC. una Volta quadrabile in mezza-botte schiacciata o Emicilin- dro-retto Ipocicloidale (eh' è privilegio di pochissime Curve), rendesi eziandio manifesto ( Fig. 76. ) che la di lui Corda BIAQ passerebbe un poco più alta del centro R del Circolo' l/T 3 genitore ( quanto appunto 1 — < -7- ) j e elle M Q : I A 1/7 (ossia la corda al rigoglio) : : a : i — ; — , o slvvero coijae a AX : XA o come il diametro di qualnnque Circolo al seno- verso d' un Ottante di esso ; eh' è ragione irrazionale , infe- riore ma vicina alla settupla della corda al rigoglio dell' Ar- co,, e adattatissima a un Ponte svelto, impostato sopra i suoi pie-diritti iti maniera da impedire con i ricaschi il minor va- no possibile pel passaggio libero delle piene d'un Fiume. }ì>elinear.e sì fatta centina o modine in pratica sarebbe opera molto facile, conducendo dentro d'un angolo retto molte rette YK , FG- , DE, BC , ec. , tutte della stessa lunghezza, egua- le a quella delle due esti-erne prese ad arbitrio AM, AQ , o sivvero facendo dentro quell' angolo passeggiare una riga ben dritta e fedele di data lunghezza , sempre appoggiata coi due punti estremi ai suoi Iati , e segnando lungo la costola o- taglio della medesima quante mai si vogliano rette col lapis- piombino ^ inchiostro o altro mezao colorante consimile; giac- ché queste c^l loro incontro, quante più fossero, tracciereb- bero un Poligono circoscritto air Ipocicloide, tantopiù pross^i- ino a combinare pel maggior numero de^ suoi lati col peri- metro della Curva inscritta , uel quale appunto terminereb- be , posto che si potesse costruire difatto un Poligono infini- •tilatero . E da ciò risalta mirabilmente la stretta corrispon- denza della speciale Ipocicloide , di cui si parla , colla Para- bola ApoUoniana (Fig. 70.); poiché si sa che ancor questa si può disegnare dentro d' un angolo MAQ mediante le rette FG,DE, BC , ec. , in modo tale guidate, che AF -t- AG :::: AD + AE = AB -\- AG ■= A3I = AQ ossia sempre costante j le Di PiETRo Ferroni . 6l3 le quali rette formano anch'esse colle mufue loro intersezio- ni un Poligono circoscritto alla Parabola MNIPQ col suo ver- tice in I punto medio di DE , o volendo che il vertice piìi o meno s' accosti all' impostatura M ( Fig. 79. ) , col divide- re in ragion reciproca per via di parti aliquote i due lati MA, AQ dell'angolo MAQ , e guidare le rette FG, DE, BC^ ec. , tutte tangenti della porzione della parabola iscritta , ed agevolmente cosi disegnabile MNIPQ mediante la proporzio- ne continua AQ : AG : AX ^H « l'altra AMrAFrAT^:, che fissa ogni punto N di contatto : lo che fu già dimostra- to , non da Torricelli e da Grandi nei loro MSS. lasciatici (com'è opinione d'alcuni), né da De la Hiie, clic per pro- vare sì fatto assunto d' agevolissima conclusione sintetica im- piegò l'Algebra e perfino la Regola nota de' massimi e mini- mi, né tampoco da Perelli (siccome altri s'indussero a giu- dicare ) , ma da Apollonio nella Proposizione XLI. ( Teore- ma 41 •) del Libro III. delle sue Coniche, ripetuta ancora magistralmente coi medesimi termini nella Proposizione XIV. del Libro V. da Simson . Quello poi, che dee più sorprende- re a mio sentimento gli amatori delle verità matematiche ^ si è che la retta costante BC ( Fig. 76. ) , la quale passeggia deatro i lati dell' angolo retto MAQ ed è sempre tangente dell' Ipocicloide suddivisata , fa parte del conosciuto Istru- mento o Compasso Ellìttico ( come può riscontrai'si in Stevi- no , Schooten e molti altri Scrittori d'organica Geometria); di modo che prolungata comunque , per esempio in U , o raccorciata , come in u, venga a segnare il Quadrante d' un' Ellisse conica ^U|3 , i cui semiassi, trasverso e conjiigato , A^ = BU , A|S = CU , ossia A(/ — Bu , A/3 = Cu : perocché condotta da U la retta Uy paralella ad Aij , e da A 1' altra Am a BU , sappiamo dagli Elementi dovere esser sen>pre Am = CU, cioè costante j laonde il punto m sulla cir- conferenza del Quadrante di Cerchio n m ^ , e di più Ujr :ym : : BU : A/re ( = A« = UC = AfS ) : : Aq : A/3 = A/?. ; proprietà cognita dell' Ellisse . Né qui finisce 1' analogia tra l'Ipo- 6l4 I PRINCIPI DELLA MECCANICA eC. l' Ipocicloide particolare segnata e 1' Ovale medesima Apollo- niana. Riluce questo ancor meglio e più interessante diventa avvertendosi come quel Compasso medesimo , il qual co' suoi punti innumerevoli, o dentro V angolo o fuor dell' angolo ret- to, va descrivendo i Quadranti d'infinite Ellissi, varie di pro- porzione e grandezza , e differisce dal Compasso del Circolo , perchè fermo a pari di esso nella misura cambia continua- mente di centro , e da quello generatore dell' antica Concoi- de j perchè cambiando alla pari di lui o di centro o di polo non muta eziandio di lunghezza, infra la serie immensa di tante Ellissi , ora allungate ed ora compresse , tra i limiti della retta QA come Ovale infinitamente oblongata e dell' altra AM come infinitamente schiacciata quanto alla sua parte interna BG , descrive col punto medio Y della por- zione costante BC rammentata un Quadrante di Circolo os- sia d' Elisse equilatera Q.Yl'^(p: generazione bizzarra e curio- sa si per il duplice moto di rotazione e traslazione della Ri- ga BC, che mirabilmente promiscuati fanno un viaggio com- posto come il facilissimo del Compasso ordinario AY' girante attorno di A , sì ancora attendendo alla stretta unione di questo Circolo generato dal punto , che biseca la retta BG , mentre dessa ad un tempo è sempre in contatto con una Curva parimente generata da un Cerchio di raggio sudduplo ruotante con movimento composto dentro d' un altro di rag- gio doppio rispetto al Quadrante indicato . Contuttociò , a parer mio , comparisce più degno d'esser notato con qualche specialità il particolare seguente , che consiste nell' osservare che ormai sapendosi dai Geometri come le Curve generate per evoluzione mediante un filo equivalendo alla loro gene- razione mediante una retta rigida d' invariata lunghezza, che senza d' alcun strisciamento o moto radente stia sempre in contatto coir evoluta, e d' akra parte non ignorandosi dopo i saggi somministratine dal prelodato Giovanni Bernoulli la generazìon delle Curve per via di solo movimento trattoria senza mistura di ruotamento , la nostra Ipocicloide presenti nel Di Pietro Fekroni . .6x5 nel generare V EHsse ( a differenza della sua vera evoluta ) composizione e mescolanza si fatta di rotazione e strisciamen- to ad un tempo della retta rigida generatr ce e tangente CB, che la di lei retrocessione , la quale è in aggiunta alla rotazio- ne e al contatto j sia tanta piecisamente , quanta la metà di lunghezza della retta medesima genitrice ; ond' avvenga che tra retrocessione e ruotamento in questa maniera composta di generar con due moti diversi un' Elisse per mezzo di spe- cial svolgimento quella ragione à^ egualità , che- sarebbevi tra l'evoluta solita QPINM ed il filoso la retta rigida stata sem- ine a contatto con essa, ricomparisca in qualità di ragion sesquìaltcra per rapporto alla tangente perpetua GB nel caso della particolare evoluzione ad un tempo e retrocessione ac- cennata ; cioè air occhio del Geometra comparisca di nuovo in proposito del movimento composto di cui parliamo , la medesima sesquialtera proporzione , la quale ha fatto così bella comparsa nelle surriferite Proposizioni . TEOREMA. Due tensioni o altre Foize simultanee comunque dise- gnali sollecitanti un punto dato , ed in quantità e direzione ìappresentate da due linee-rette disposte in qualunque ango- lo , sono equipollenti ad una tensione o Forza unica rappre- sentata parimente in quantità e direzione dalla diagonale di quel Paralellogrammo o dal terzo lato di quel Triangolo, che abbia per lati le due rette rappresentative, sotto l' istes- so angolo nel primo caso o suo supplemento nell'. altro j e passi pel punto indicato . ( Giò è r istesso che dire „ Tre Forze , le quali agisca- ,, no a un tempo contro d' un raeiesima punto , si fanno j, mutuamente equilibrio tosto che siano proporzionali , e si j, conformino nella lor posizione ai tre lati d' un qualun- „ que Triangolo rettilineo , e quando una sola di esse agisca j, in direzione diametralmente contraria a quella , che ne 55 l'ap- 6l6 I PRINCrPJ DELLA MECCANICA CC ,., rappresenta il valore „ . Tale è 1' esposizione geometrica , che primi ne fecero Guidubaldo e Stevirio , applicando que- sto Teorema fondamentale massimamente alla Spartostatica ossia Statica funìcularìa • E colla sua solita perspicacia Mon- ge in ultimo luogo ha posta saggiamente a prefitto questa conseguenza immediata del Teorema medesimo per dedurre dalla sola conoscenza della direzione della risultante di due Forze anco il valore della risultante predetta . Né importa soggiungere , che determinata tal risultante o composta di due date Forze componenti , ella po^a dipoi a piacimento ri- solversi o decomporsi in due altre Forze ^ colla sola condizio- ne che queste siano rappresentate di quantità e direzione da due rette- linee j le quali sian iati d' un Paralellogrammo o Triangolo, di cui la Forza unica data ^ che similmente rap- presentasi da una retta , tenga luogo di diagonale o di terzo lato : così che il Problema inverso ossia della decomposizione veno'a ad essere indeterminato a differenza del Problema di- retto 3 e quale appunto sarebbe quello inverso dell' equilibrio di tre Pesi sollecitanti una Leva essendone dato uno solo , e date le distanze dal fulcro . Non fa di mestieri tampoco notare come trovata la risultante di due Forze , coli' istesso procedere si trovi egualmente di tre , quattro , cinque ■, ec. , in qualunque numero , direzione, e grandezza esse siano . Ciò che piuttosto bisogna avvertire, si è la suddivisione (se non necessaria , almeno opportuna per la chiarezza ed egual condotta del metodo di dimostrare ) della prova seguente in due parti . ) PARTE I. Quando le direzioni delle due Forze siano ad angolo retto . Rappresentata nella Figura 80. due Forze di trazione dalle rette AB , AG , che faccian angolo retto BAG nel pun- to o vertice A , la Geometria ci assicura , che condotta r ipotenusa BG e bisecata in 1 5 viene ad essere la retta AI Di Pietro Ferroni . Ci 7 t=:IB = IG . Quindi è , che stando al nioflo indicato nel Co- rollario II. dell' ultimo Lemma ( un saggio del quale in pro- posito di Leve e Bilancie può riscontrarsi nei Scritti di Lo- reiizini , Grandi e Fontana ) , se intorno ad AB, AG come diagonali si descriveranno i due Rombi ADBI , AECI { cioè il medesimo Rombo , ma replicato e disposto attorno di I so- pra BC , prima col suo angolo ottuso AIB , poi coli' acu- to supplementare AIG = DAI ) , i due loro lati eguali AI coincideranno in un solo , mentre gli altri due AD, AE paii- mente eguali saranno a causa del paraleUismo all' istessa BIG nella medesima dirittura . Dunque pel Lemma saddetto la Forza solitaria AB equivalendo alle due combinate AD, AI , e 1' altra AG alle due AE , AI , e distruggendosi per evidenza intuitiva le due direttamente contrarie ed eguali AD , AE ( Corol. IV. dell' Assioma ) , la risultante delle quattro For- ze AD , AI , AE , AI , o sivvero delle due date AB , AG , vie- ne a residuarsi in AI -4- AI = 2AI , ossia nella diagonale AO del Rettangolo ABOG , siccome dovea dimostrarsi. , PARTE IL' Quando le direzioni delle due Forze siano ad angolo obliquo. Sono quattro i casi diversi qui rilevati dalla specialità delle Figure 81. 82,. 83. e 84. •> che per la corrispondenza delle me- desime lettere s'intendono tutti egualmente mediante l' istes- sa dimostrazione . Rappresentate al solito le Forze dalle due rette AB, AG, disposte ad angolo non-retto quanto alla res- pettiva lor direzione , e guidata BG che ne congiunga gli estremi , la Geometria suggerisce , che a fine di descrivere intorno AB ed AG come diagonali due Rettangoli , i quali abbian due lati AD , AE eguali nella medesima dirittura, é gli altri due AS ,AT giacenti sulla stessa retta , faccia d' uo- po bisecare in I la linea condotta BG, e segnare la diagonal- AIO del Paralellogrammo ABOG; perchè essendo identici allora Tomo X' li ii i due 6l8 I PRINCIPI DELLA. MECCANrCA 60. i due suLcontraij Triangoli ortogonj BIT.,CIS, ne segue TB=:SG (con di più TI=IS , 01— TI=OTz:ÌA— IS-AS) , e perciò anco- ra AD=AE nei due Rettangoli ADBT , AECS riferiti di so- pra. Ora in virtìi delta I. Parte di già dimostrata la, Forza AB equivale alle due AD, AT , e la Forza AG alle due AE,AS: dunque la risultante delle AB, AC sarà Y istessa di quella delle quattro Forze AD,AT, AE,AS; cioè distruggendosi AD,AE come direttamente contrarie ed eguali ( 1. e. ) , la risultante delle AB, AC si fa equipollente ad AT -+- AS = AT -i- TO = AO ( nelle Figg. 8 1 . 8i. ) , - AT— AS = AT — TOrrAO (nella Fig. BÌ"), = AT-I-o = A0 (nella Fig. 84. ov' accada che CAI sia un angolo retto) , eh' è quant» dire alla diaconale AO del Pai'alellogrammo generale suddi- visalo • COROLLARIO I, Facile è adesso In tutte non solo le regoTari Asteroidi ^ ma eziandio nelle Bilancia piramidate, semplici o doppie (vedansi l'Assioma , il suo Corollario I. , e lo Scolio al Nuin» I. ) > stabilire il valore della Forza risultante sull' ipomoclio, ogni volta che le singole eguali Forze di tensione o pressio- ne, in vece d' essere paralelle all' asse del Padiglione pira- midale , o perpendicolari al piano della Bilancia a stella ( giacché allora visibilmente , per le dimostrazioni datene ai luoghi opportuni ( Corollaij VI. VII. e Vili, del Lemma del I. Articolo , la risultante equivale alla somma di tutte le Forze ) , siano nel piano istesso dell' asse , ma facciano coi tiranti o coi raggi qualunque angolo, purché eguale e dalla medesima parte per ciascheduna . E difattì decomponendo ( Parte I. del precedente 'ì eorema ) ognuna delle Forze co- me diagonale d' un Rettangolo in due , una che passi pel fulcro^ r altra che sia a questa normale, tutte le prime per identità si distruggeranno insieme e faranno equilibrio, men- tre il cumulo delle seconde , equivalente al prodotto del nu- mero delle Forze pel valore del Coseno-retto dell' angolo , che Di PiETRO Ferhoni . 619 che la direzione d' ognuna fa coli' asse della Piranaide o col- la perpendicolare al piano dell' Asteroide ( posta la Forza ad ogni estremo di raggio o tirante rappresentata dal Seno- tut- to ) , determina la misura del carico sostenuto dal fulcro o ipomoclio della Bilancia . — Agevole parimente diventa mo- strar l'equilibrio in una Bilancia semplice ( Fig. 85. ) quando le dire7Ìoni delle due Forze eguali e paralelle sollecitanti gli estremi A,B non siano perpendicolari alla verga della Bilan- cia medesima , In questo caso , se il fulcro I sia fisso , ma tale che ammetta intorno di se la rotazione libera della verga „ o abbia sì fatto attrito non superabile dalla somma delle due Forze AS , BT , le quali agiscono nel medesimo senso e sono proporzionali ai Seni-retti degli angoli eguali OAP,QBR, che le direzioni delle date Forze fanno colla perpendicolare alla verga , è manift sto che succederà 1' equilibrio , perchè lo For^e normali AP, BR proporzionali ai Coseni-retti di det- ti airgoli ( risolute in Rettangoli , come sopra, le Forze in- tere paralelle AO,EQ ) vengono ad essere eguali ed a pari distanze dall' ipomoclio ; e la somma di quei due Coseni o il doppio d' un solo rajipresenta la risultante pressione nor- male sul fulcro . Adattasi , presupposte le condizioni medesi- me , quest' istesso discorso anco alle Bilancie composte^ tan- to a stella , quanto piramidali ; né conviene fermarsi di piìi su tutte le altre naturalissime conseguenze di simile catego- ria . — Anco le Leve , o diritte o curve o piegate , sopra i diversi punti delle quali agiscano delle Forze diseguali co- .munque e con direzione respettiva qualunque siasi, non am- mettono ulteriore difficoltà dopo la composizione per via di Paralellogramini ( Parte Ih del Teorema p. passato ) , onde determinarne i casi dell' equilibrio ed il carico del punto d' appoggio • Conciossiachè di Forza in Forza componendole insieme col metodo superiore , debbo la risultante di tutte necessariamente passare pel fulcro , all' effetto cbe si verifi- chi 1' equilibrio ; e la risultante anzidetta viene ad essere ia ogni caso proporzionale a quella retta che in ultimo la rap- ii i i a pre- 6iI0 I PRINCIPJ DELLA MECCANICA CC. presenti ( si riscontri 1' Esempio nello Scolio del Teorema tieli' Art. I- ) . — Anzi, siccome è chiarissimo che rappre- sentando una Forza mediante una retta , questa ( segui- tando le traccia elementari accennatene da Carnet) può ser- vir sempre di diagonale ad un Paralellogrammo , eh' abbia un de' suoi lati paralello ad un' altra retta data di posizio- ne, mentre il secondo lato può anch'esso far l'ufficio di dia- gonale d' un nuovo Paralellogrammo , eh' abbia i suoi lati paralelli re&pettivamente a due altre rette date di posizione , ognun vede che può risolversi o decomporsi qualunque Forza assegnata in tre Forze parziali, di direzioni ciascuna paralel- le a tre assi parimente assegnati , o ai tre lati d' un Para- lellepipedo retto od obliquo , i quali per maggior comodo è permesso supporli sempie scambievolmente normali infra lo- ro . Nascono appunto da questa generale decomposizione o ri- soluzione le VI» Equazioni vnjiversarli dell' equilibrio ; IIL cioè per la distruzione del niso al moto di traslazione per ogni verso ; ie III. rimanenti per V elisione dei momenti dì a-otazione parimente per ogni verso : e le III- prime ricomposte per via di Paralellogrammi o rettangoli (come nella Parte I. e li. poc' anzi provate ) , quando il Corpo rigido di qualunque forma e figura, sollecitato da qaante mai si vogliano Forzev, comunque diseguali ed in qualunque modo dirette , non fos- se libero e sciolto , farebbero eolla loro risultante conoscere la pressione g tensione sopportata dal punto d'appoggio, per cui j a scanso di meno semplicità , supporrebbesi che passas- sero i tre assi sunnominati . Quindi ne siegue , che il com-, pimento delia Statica ( e perciò ancora della Dinamica mer- cè del Principio di Fontaine , che precedette quello quasi sincrono di Dalembert), e vale a dire la determinazone del- lo stato di riposo d' un Solido, o libero o impedito, e ani- mato da qualsisia numero e qualità di Forze ^ riducibili tut- te all' effetto stesso delle trazioni , cioè lo scioglimento del Problema , che conta per Epoca 1' applicazione ad ogni Si- stema di punti coesi delle Regole solite d'equilibrio , e si co- nob- Di Pieteo Ferroni . 62.1 nobbe in prlndpio col nome di Precessione degli Equinoz} ( rispetto al quale Dalembert medesimo pretese il primato sopra Eulcr seniore , come in cambio che a Gian Alberto suo figlio son oggi d' accordo i Geometri , che debbasi a Segner la scoperta dei tre assi almeno , d' equilìbrio de' momenti , mutuamente normali in qualunque Corpo ) , dipenda senza il bisogno d' altro subalterno soccorso dalla sola Libra o Bilan- cia, o sivvero in termini puntuali dalla considerazione sepa- rata dei due movimenti di traslazione e rotazione , che tam- poco non isfuggì ai più antichi Scrittori della Meccanica ;, per quanto risulta da un passo celebre del Proemio al Libro Vili, di Pappo, interpetrato sulla lezione del Codice Vaticano. Tanto è ciò vero, che quei Matematici ^ come per esempio Laplace , i quali all' oggetto di determinare la legge dell' equilibrio nel Vette diritto V han fatta nascere dall' ipotesi fittizia d' un Yetie infinitamente-poco piegato , dovettero fi- nalmente appoggiarla , suU' esempio di Giovanni Bernoulli , ad un secondo principio , cioè alla composizione e decomposi- zione delle Forze; e gli altri che v'impiegarono, come in ul- timo Piony, le velocità virtuali, non poterono a meno di non ricavarne la prova del presupposto paralellogrammo o triango- lo delle Forze, sul modello istesso preso da Varignon per fondamento ( sebben debolmente assicurato e per Io più col viaggio solito della Formica ec.) dapprima della sua Memoria sopra le Troclee , dipoi del Progetto, e quindi della Nuova Meccanica. David Gregory, che tetitò di ridurre il Paralel- logrammo o Triangolo divisato all' istesso caso d' una Leva diritta sollecitata da due Forze convergenti , riesci a parer mio nel dare il saggio preliminare dell' eleganza e semplicità di quella dimostrazione usata molto dopo da lilonge ( vedasi il I. e. nel Corol. VI. del Lemma del J. Articolo) , il quale non presupponendo come il Geometra Inglese ( abbenchè adoperas- se ([uesta supijosizione tacita per assegnare dipoi la quantità della risultante ) che ognuna delle tre Forze facesse le veci d' jpcmoclio rispetto alle due iimanenti, Immaginò (Fig.8(>) che 1 Óaa I PRINCIPI DELT-A MECGA.NICA CC. che le due trazioni AB , AG fosser due Forze perpendicolari ai respettivi bracci IP, IO d'una Leva inflessa FIO , median- te r idea d' un arco annesso di troclea OD cambiata in di' Titta PID , così che l'equilibrio non mai potesse accadere se la direzione della terza Forza AI non tagliava in modo PID, che A C: AB : : IP : ID =:I0 , cioè ( io soggiungo ) che il Triangolo GAI = BAI , ossia BI ~ IG , o piuttosto se AI non combinava colla diagonale di quel Paralellogrammo , che avesse per lati AB^AG, o se condotta a seconda della Teo- rica d' Huygens la retta qualunque RS inclinata egualmente alle direzioni delle due Forze , dessa non si divideva in ma- niera nel punto I, che AG: AB :: RI : IS , onde conseguirne la posizione di AI risultante . - — Assai meno felice fu presso gli antichi ed alcuni de" moderni Meccanici la deduzione im- mediata del valore della Gravità relativa in un Piano decli- ve dai momenti del Vette . Pappo , scrittore del IV. secolo sotto Teodosio (avvengachè altri Storiografi meno critici sba- gliandolo per un ermetico lo faccian fiorire circa 1' anno DG.XXXVIII. ), il quale nell'ultimo Libro delle sue Colle- ziorii ha spiegato tutto quello che possedeva la Scuola cele- bre d'Alessandria in proposito delle Potenze meccaniche ^ die- de un falso rapporto della gravità assoluta alia relativa poteva subito scio- gliere in Paralellograramo o Triangolo , come nelle sue Tra- iettorie accadeva , la Forza intera di gravità , e conseguire- col mezzo di questa naturalissimo metodo l'avanzamento spe- dito dell' ultima parte, che rimaneva alla Statica, stretta- mente legata colla teoria della Vite e del Cuneo . Mentre ciò fosse avvenuto , non sarebbero forse insorte tante dubbiezze de' Cartesiani contro della composizione e risoluzion delle Forze; né Borelli e altri anonimi,, ripresi «otto cortina a ra- gione da Vaiignon , non averebbero equivocato su questo Teo- rema fecondo e importante della Meccanica, e tanto chiaro che Hamilton non ebbe nemmeno premura di darne pro- va , Forse Nuguet , (he cercò vilipendere il Progetto della nuova Meccanica di Variguoii , sarebbe rimasto in silenzio ; Richtero non sarebbe comparso \tì pubblico per essere viril- mente confutato da Zanotti e da altri ; e la Storia delle Ma- tematiche non conterebbe nei suoi Fasti polemici tante eristi- che esposizioni , quante si leggono sull'argomento de' momenti iei Gravi sopra un Pianò inclinata negli Scritti de' due Van- ni 624 I miNCIPJ DELLA MECCANICA CO. ni ( Gìovan Francesco e Giuseppe ), del Kochanski , Lelb- nitz , Giacomo Bernoulli , Paidies , Marchetti , Giordani , Tamburi , Porzio^ Grandi , Fromoiid , Riccati , ec. , i quali o con dei sottili sofismi , vituperati a ragione da Varignon , sesuitaroiio 1' error degli antichi considerando il Piano iiicli- nato per Vette , o con animosa parzialità han combattuto^ o con vigorosi argomenti han difeso la dottrina delle Forze composte, o tutto inieme l'edificio attaccato di fronte (mas- simamente ò:\\ penultimo dei rammentali ) della Meccanica razionale. Egli è poi di per se manifesto ^ che dalla decom- posizione della Forza di gravità , coacervata con qnalunqu'al- tia sollecitante un Corpo appoggiato in qualsisia numero di punti sopra più Piani inclinati o sopra una Superfii ie curva ( i cui piani tangenti subentrano ai primi ) nasce senz' alcu- na difficoltà , fuori che dell'Analisi , lo scioglimento del Pro- blema generale della pressione sopportata dagli appoggi, te- nendo feima la condizione della perpendicolarità su ciascun Piano , o attuale o tangente , della Forza parziale che passa pel centro delle medie distanze del Corpo e per ogni punto ò! appoggio , in a^jgiunta alle altre condizioni solite dell'equi- librio , ed applicandovi ( quando pur piaccia ) nel rimanente il metodo esposto dal Corollario VI. del Teorema dell' Arti- colo primo . COROLLARIO IL Sopra tutto però dalla maniera spiegata di considerar le trazioni associate ai momenti nel Vette si derivano ficil men- te come da vero lor fonte i Teoremi di già noti Hugeniani ( vedasi il Corollario I. premesso ) , ed i p'ù universali di questi , che contemplarono Lhuil'er, Carnot , e varj altri dietro le proprietà geometriche à&\ Poligoni rettilinei giacenti in uno o più piani , e presero origine dalle speculazioni sa- gaci di Roberval intorno alla Piramide statica. Primieramen- te attendendo alla Figura 87. si dimostra con più generalità di quello che si facesse nel particolare della 69. ( Corol I. del Di PlETHG FeRRONI . CiG del Lemma precedente^, che tre Forze in equilibno nel me- desimo piano rappresentate da AB,AG,AQ, son sempre ta- li che A punto o nodo, contro del quale esse agiscono ed i\i concorrendo si contrabbilanciano, è Centro di gravità dei tre punti B , C , Q ideati come tre eguali molecole gravi : imperocché dovendo essere AQ = AO diagonale del Paralel- logrammo ABOC e direttamente ad essa contraria , ognun vede che AQ = aAI mentre BG resta bisecata in 1 ; laonde A viene ad essere a un tempo Centro di gravità del Trian- golo BQC e delle medie distanze de' vertici B^Q ,G di tutti « tre gli angoli , che gli appartengono . Né difficoltà maggiore s' incontra , adoperando la Sintesi geometrica , per provare la stessa affezione relativa a quattro Forze traenti , disposte in piani diversi e tutte concorrenti in un punto , sollecitato dalle medesime in modo , che ne risulti equilibrio - Perchè se le quattro Forze AB, AG, AD, AQ ( Fig. 88,. ) s' equili- brano , congiunte le rette BC, CD , DB , QB , QG , QD , e for- mata così la Piramide triangolare BQGD , quando si divida DG nel mezzo in P , la risultante delle due Forze di trazio- ne ^ rappresentate da AG , AD , viene a farsi AR^aAP; e condotta BR e parimente questa bisecata in S , la risidlante di AB , Ali ( cioè di AG , AD , AB ) viene ad essere aAS e situata nel piano medesimo del Triangolo BAP . All' efl'rito dunque che la quarta , Forza rappresentata da AQ sia in equilibrio colle tre prime fino ad ora considerate , è di me- stieri che quella sia in dirittura di AS e passi per un punto OdiBP, la quale divide in due parti eguali il Triangolo CBD base della rammentata Piramide, ed è di più necessario che AQ = aAS ; laonde , siccome in virtù della bisezione avver- tita di AR, BR in P,S, guidando PS non può a meno d' es- sere paralella ad AB, abbiamo SO:AO::PS:AB::RP:RA::r :2 , o sivvero AS:AO::3:2 , e perciò 2AS = AQ;AO :: 6 : 2,:: 3 : i ; lo che vuol dire il punto o nodo A centro di gravità della Piramide triangolare BQGD , ossia centro delle medie distan- ze dei quattro vertici de' suoi angoli solidi B , Q , G , D , im- Tomo X. K k k k nia- 626 I PRINCIPI DEtLA MECCANICA CO. maginati come se fossero quattro eguali molecole gravi . Co- sì andando più avanti del ritrovato unico di Roberval , se quattro Forze di trazione rappresentate { Fig. 89. ) da AB , AGjAD, AE, stando i punti B , G^, D, E sì o nò in un me- desinfio piano, debbano essere bilanciate da una quinta For- za , proporzionale a una retta che parimente la rappresenti , ognun concepisce come dividendo per metà GB , ED , in P , R , e PR in O , questo punto O sarà centro di gravità dei quattro punti predetti ; ond' è che AI\I ~ aAP essendo ]a risultante di AB, AG, come AN=aAR l'altra di AE,AD, e dopo prolungata AO , che in virtù delle paralelle PR^MN dividerà MN in S per metà, scorgendosi che la risultante delle due risultanti pareggiar debbe aAS =: 4-^0 » ^i ^^- chia- ro I. che per il mutuo equilibrio la posizione della quinta Forza traente AQ abbia da essere nel prolungamento di AO dalla parte contraria rispetto ad A nodo o punto di comune -concorso ; a. che il valore di lei =: 4AO ; ed è quanto dire il punto A Centro delle medie distanze dei cinque punti B,G,DjEjQ nella circostanza deli' equilibrio . Goll'istessa geometrica semplicità s' arriverebbe a provare nella sua pie- nezza il Teorema universale lasciatoci senza dimostrazione da Huvgens; ma giova piuttosto di ricavarne la prova dalla ma- niera naturalissima , eh' ho usata nel Lemma di questo Ar- ticolo e nelle Figure 67. e 68. , di valutare cioè le trazioni òe' fili come identiche o equipollenti ai momenti ài braccia di Leve. Richiamando impertanto a sì fatto proposito tutto il già detto nei Gorollarj V. e VI. del Teorema dell' Articolo I. j, immaginiamo un Bilanciere a stella comunque irregolare ( Fig. 90. ), eh' abbia i suoi raggi a piacimento diseguali , ed 5 inegualmente disposti in un medesimo Piano orizzon- tale 3 o qualunque altro siasi , cui si supponga perpendicola- re la direzione delle Forze sollecitanti ; e sia oltrediciò il Bilanciere medesimo di tal sorta , che venendo quei raggi comunemente aggravati da Un Peso eguale nel loro estremo, s'equilibri sopra A suo unico punto d'ajyjjog^io • Egli è chia- ro Di Pietro Ferroni . 627 ro dalle cose oramai spiegate nei luoghi citati , clie in con- seguenza dell' accennato equilibrio il punto A debbe esser Centro delle medie distanze di tutti i punti o molecole con- siderate come egualmente gravi B,C,D,E,F,G,H,IjK, ec. , sebbene unendole per via di rette il contorno o peri- metro BCDEFGHIKB diventasse comunque sghembo , stor- to , bizzarro, misto d'angoli rientranti e salienti, in somma di qual che mai ella si fo^se arbitraria rettilinea figura ; esi- gendo cosi la legge invariabile dell' egualità àe'' momenti in- torno ai due assi , end' elidere i nisi o conati al movimento di rotazione , Ora se col mezzo di troclee il momento d'ogni braccio del Bilanciere , il qual momento è proporzionale e rappresentabile dalla lunghezza del medesimo braccio , si trasfonda intero in un filo paralello d' egual lunghezza , on- de tutti i fili concorrano superiormente nel nodo S, che as- suma le veci di A , e si sciolga ad un tratto la collegazione dei raggi del Bilanciere predetto, di modo che questi AB , AC , AD , AE , AF , AG , AH , AI , AK , a fine di lasciar agire Uberamente i momenti dei singoli Pesi pendenti , non faccia- no che posar sull' appoggio comune senz' alcuna comunica- zione infra loro , siamo allora nel caso della trasformazione del Bilanciere a stella in una Macchina funicularia raggiata» dove le Forze traenti il punto unico ossia nodo S hanno la stessa misura de'momenti anzidetti , rappresentata perciò dal- le respettive lunghezze dei fili soprapposti SB' , SC , SD' , SE' , SF' , SG' , SH' , Sr , SIC' , e sou come quelli in perfetto equilibrio. Dunque allor quando un numero qualunque siasi di Forze proporzionali a dei raggi , tutti giacenti in im pia-"' no , stirino o premano un punto o nodo di comune concorso e si facciano mutuamente equilibrio , quest' ultimo punto non può non essere il Centro di gravità o delle medie distane ze dei primi punti indicati : condizione immancabile onde a vicenda si contrabbilancino le multiplici Forze medesime , e producano quello stato , che dicesi di riposo coattivo . A questa Macchina appunto di facilissimo concepimento ed ese- K k k k a cu- 6a8 I PRINCIPI DELLA MECCANrCA CC. cuzioiie , eh' è ponderarla e spartostatica a un tempo , ed unisce insieme o immedesima leve e trazioni , momenti di Vette e di Forze composte , e quando pure si voglia identifi- ca nell' un caso e nell' altro le Velocità virtuali, io mira-- va nello Scolio dell' ultimo Lemma , ove promessi di deci- frarla . E mentre nell' eseguirla si congegnasse da bravi Ar- tisti in maniera , che non solamente gli angoli centrali in A e S potessero più o meno aprirsi , ed a talento portarsi più o meno indietro i Pesi eguali posti agli estremi de' raggi, ma sopra un asse verticale eziandio potessero muoversi i raggi eoi loro annessi, onde variare in cento modi diversi le situa- zioni dell'equilibrio, questa tal Macchina allora potrebbe con tutta ragione chiamarsi in un Museo di Fisica Sperimen- tale il vero Pancration, come quella su cui effettuar si po- trebbero col massimo compendio e chiarezza V Esperienze della Statica in genere; imperocché anco il Piano- inclinato ( e perciò la Vite ) ed il Cuneo si sostanziano nella misura d' altrettante tensioni di corde o di fili . Né al Geometra può mai costar pena l' argumentare dal sin qui detto come ideata quella universa! Macchinetta , si provi subito per qua- lunque Sistema di punti , situati anco fuori del medesimo Piano , il Teorema espresso di sopra ; e ciò in virtù delia so- lita egualità de^ momenti attorno a tre assi (come da prima intorno di due ) , conseguenza indispensabile e circostanza concomitante dell' equilibrio . Aggiungasi , che le trazioni o qualunque siano altre Forze essendosi poste in considerazione superiormente come generate e misurate per mezzo d' azio~ ni tutte infra loro eguali , ma sollecitanti perpendicolar- mente dei bracci di Leve proporzionali alle prime , ne deri- va tosto la prova della nota generale Equazione delle veloci- tà virtuali comunque espresse ?dp -+- Qdq -+- RJr -+- S^^ -f- Idt + ec. = 0 , F + P'-+- P"' H- P'^ -H P^ + ec. - P 1= o, p-y _4_ P"y'-f- P"'y"' + P'V" + PV + ec. — P/ = o , aVx ■+- bVy + cPi' + ec. ~ o ; poiché in sostanza questi mo- menti sono allora i medesimi degli antichissimi di già con- te m- / Di Pietro Ferfiowi . 629 templatl e dimostrati nel Vette . Non mancherò d' avvertire tampoco, che quando non avessi avuto, a riguardo dell' or- din sìidetico , r oggetto di sminuzzare nei suoi diversi acci- denti la Teoria delle Forze composte , io poteva per mezzo della Figura 91. immediatamente e direttamente ridurla ad una sola generale Proposizione : conciossiachè , se la trazione AB e Taltra AC sotto qualunque angolo sono la stessa cosa di due Forze F,F, eguali , perpendicolari , e paralelle, poste agli estremi de' bracci della Leva angolare BAC , la risultante di quelle due Forze i . debbe agire in I punto medio di BC ; a. ha da essere 2F ossia il doppio di valore d' una di loro ; ^. questo doppio non può a meno di corrispondere al brac- cio di Leva Al ; 4- ^ '^ risultante d' ambedue le tensioni viene a farsi così aF.AI=:F.AO , cioè in equilibrio con F.AO', posta AO' = AO diagonale del Paralellogrararao BACO, de- lineato nella Figura . COROLLARIO III. Che si compongano e risolvano i nisi simultanei alla ro- tazione dei Corpi rigidi intorno a due o più a.ssi nel medesi- mo modo e colT istessa legge di tutte le altre Forze consi- mili , le quali di qualunque indole siano e sotto ogni nome con cui siamo soliti d' appellarle , possono sempre ide?asi co- me se agissero per mezzo di fili e di pesi , egli è di così facile ed evidente divisamente , eh' io non so persuadermi né del dubbio , nel quale fosse già Dalembert a questo pro- posito presso la metà del secolo scorso , né tampoco che as- sai tardi fossero i primi a contemporaneamente accertarsene Frisi e Perelli . Difatti era di già noto a chiunque , che la misura del niso alla rotazione si rappresentava dalla velocità angolare V,u moltiplicata nella respettiva distanza dal pro- prio asse , come si ha dai momenti ( Scolio del Lemma deli' Articolo n. ) dell' antichissima Leva . Dunque all' effetto di generalmente applicare questo principio al caso presente posto nella Figura ga. , che uà Sistema di punti tenda insieme a ruo- 630 I PRINCIPJ DEI-LA MECCANICA CC. ruotare intorno dell' asse AB colla velocità angolare V per un versOj ed intorno di CD colla velocità angolare v per il senso medesimo o pel contrario, nel piano dei due assi ( i quali s'incontrano tutti nel centro delle medie distanze quando non attendesi al moto di traslazione ) e dentro dell' angolo DSB , o del supplementare ASD , vi debbe essere per neces- sità un punto O ( e dietro lui in virtù della Geometria ele- mentare tutta la retta ESOF ) , rispetto al quale i due nisi opposti ed in direzione diametralmente contraria ( perdio normale e 1' una e 1' altra all'istesso Piano ove sono le ret- te ASB^ESF,CSD ) mutuamente s' elidano; e sarà quello per cui , calate 01 , OG normali ai due assi , si verifichi V.OI = u.OG , eh' è appunto la Legge del Paralellogrammo ( ved. il precedente Corollario I. ) delle Forze composte . Se dunque ESF è il nuovo asse unico di rotazione , ognun vede che alzata ST perpendicolare al piano de' primi due assi , e presa ST eguale all' unità di raggio , che serve di modulo alle velocità giratorie , e condotta MSN normale ad ESF nel piano suddetto , e riportata sul piano istesso in projezione or- tografica non degradata a motiva del paralellismo de' piani, la velocità nuova e il viaggio del punto T , dovrà quello trovarsi nella direzione SX perpendicolare a SF \ cioè , gui- date SY perpendicolare a SB , SZ perpendicolare a SD , on- de nasce 1' angolo XSY = OSI, XSZ:=^OSG, e da un punto L di SX condotte LR, LP normali a SY, SZj verrà a formar- si il Quadrilatero RSPL simile e similmente disposto rispetto all'altro ISGO, ed in conseguenza LR:LP::Ol:OG::w:V::SZ:SY , che dimostra ad un tempo la direzione e valore di SX nuova •velocità rotatoria come diagonale ài ^ineì Paralellogrammo, il quale abbia le due rette già date SY , SZ per lati , richia- mando a tal uopo le superiori Teorie . Scolio finale . Farmi così d' avere appieno compiuto e col corredo di poche Proposizioni da scegliersi agevolmente come sole dice- vo- Di Pietro Ferroni . 63 1 voli air uso degli Elementi ( a differenza del complicato me- todo che si legge nelle Memorie di Landen ) 1' argomento propostomi , qual era quello di dimostrare , che la Meccani- ca potesse pretendere all' evidenza medesima , di cui gode la Geometria , nei suoi principi e nelle sue conseguenze . Bos- sut con ragione si espresse „ qu'on devroit faire tous ses ef- „ forts pour repaudre la plus vive lumière à l'entree des ,, Sciences , & pour en rappeler , autant qu'il est possible , „ les principes fondamentaux à l'uniformité ,, . E que- sto massimamente esigevalo la Scienza dell' equilibrio e del moto; giacché il Sistema deir Universo tion è a sentimento di Condillac j, qu'une heureuse application Aes principes plus simples de la Mc'chanique,,. Quanto egli è indubitato il con- cetto di VVolfF — theoria Staticae atqne Meclianicae apud ve~ teres fuit valde ìmperfecta — , non lascia però d' esser vera altrettanto la proposizione di Courtivron „ La Statique a e'té ,■) cultivée des les temps les plus reculés , & pourroit faire j,, quelqne pregrès avec la seide Geometrie des anciens „ . Non può negarsi all' Analisi ', eh' essa non abbia rischiarati molto i segreti 5 che la Natura nascondea nel suo seno^ qua- si prendendo a diletto ^ come disse Giovanni Bernoulli , d' operar sempre per via d' equilibrio , di centro di gravità , di momenti ^ e di vetti . Bisogna pur confessare ( lo avvisa Legendre ) che ,^ la consideration des Fonctions j, a éte' déjà employée avec succès pour la demonstratlon „ des principes fondamentaux de la Me'chanique ,, . Ma dall' altra parte Ddlembert ci ammaestra come ., En vain l'expe- „ rience nous instruira-t-e1le d'un_graud nombre de faits: des ,, verités de cette espece nous seront presqu'entierement „ inutiles , si nous ne nous appliquoiis avec soin à en trou- ,j ver la dependance mutuelle , à saisir autant qu'il est possl- ), ble , le trono prìncipal qui les unit , à decouvrir méme ,, par Icur mOyeu d'autres faits plus cachés , & qui sem- ), bloient se derober à nos recherches „ . Quest' istesso Geo- metra insieme e Filosofo aveva impiegata più volte la fecon- di- l 602, I PRINCIPI DELLA MECCANICA CC. dita ed influenza del Principio di simetria nella Statica , e r aveva perfino introdotta nella Dottrina delle refrazioni de' Corpi. Animato dal sno buon successo, e richiamandomi a memoria che tutti i monumenti dell' Antichità fino dai re- motissimi tempi Etruschi , o in Gemme o in Bronzi o in Bas- sirilievi o in Medaglie, rappresentavano insieme come sin- crone e combinate Bilaiicia e Stadera col fulcro o equipon- dio scorrevole, ora figurato in testina di Giunone, or di Giano 5 ora d' Ercole , or di Mercurio , Dei de' pesi , delle monete e commercio , per quanto abbiamo segnatamente da Plauto, Plutarco, Isidoro, e Ateneo, ed in oltre osservando che i vocaboli di libra, Trutina , Libella , Staterà, e gli altri Libripens , Ponderarius presso gli antichi Classici e Les- sicografi erano di sinonimia perfetta e s' intendevano sotto r istesso significato , mi venne fatto di ravvisare che Bilan- cia e Vette dovessero essere la cosa medesima , e che la scempia o a due sole braccia ( Libra naturale, nelT infanzia delle Società adoperata dall' uomo ad imitazione della rozza pratica primitiva di contrappcsare colle proprie mani due merci da permutarsi ) dovesse avere una rassomiglianza ed analogia , occulta sì, ma più ridondante ed estesa di quella, che comunemente si giudica, colla Leva. Una Lumiera pen- dente dalla soffitta del mio Gabinetto di studio , risvegliò le mie prime idee coli' accennaimi 1' esempio di Bilancia a più braccia , e mi diede ad un tempo il presentimento , che col- tivando p^ù di quello che s' era fatto fin qui la geometrica elementare Teoria de' Pctligoni regolari , fossero non che co- gnate ed affini , decisamente identiche Bilancie, Leve , e For- ze comunque coacervate e composte . Né per questo genuino racconto venga mai in mente a taluno , eh' io voglia parago- nare il mio caso alla lampana di Galileo, al pomo di New- ton , o alla podagra di Brown . Sebbene non possa mettersi in dubbio , che tutto il nostro sapere nuli* altro sia che un complesso in sostanza di Proposizioni identiche sotto diversa forma enunciate , contuttociò dubitando d' essere incorso an- co- I Di PiiLTRa FiiiiRONi . 633 co in qualclie mancamento ed inavvertenza nella gran co- pia delle applicazioni dirette e indirette de' miei principj , mi ricotiosco troppo inferiore ai sommi Genj testé mentovati per non dover anzi temere il giusto rimprovero Tu ne divlnam Aeneida tenta ? Sed longe sequere , 61. vestigia j?ronus adora . I Tomo X. LUI SUL 634- SUL PRETESO MODERNO RIPRISTINAMENTO DEL GENERE ENARMONICO DE' GRECI MEMORIA Di GlAMBATlSTA DaLl' OliO Presentata da POMPILIO POZZETTI Il dì 27. Dicembre 1802,. J-I Professore di cembalo e di corrtrappunto Giambatista Bor- tolani , scolare del conte Giordano Riccati , avendo veduto nella seconda parte d'un' aria del celebre Jomelli un passcx^. di cui non gli era riuscito di trovare la spiegazione nel trat- tato inedito di contrappunto dello stesso Riccati , ricorse al Maestro per istruzione . Soddisfece questi alla dimanda dello scolare con una specie d' esultanza credendo d' aver rilevato che era riuscito a Jomelli di trovare il modo di mettere magistralmente in pratica l'antico genere enarmonico de' Gre- ci . Espresse egli il suo sentimento in nna lettera inserita nel tomo decimonono della Raccolta Ferrarese di Opuscoli Scientifici e Letterarìi stampata in Venezia dal Coletl : e poi- ché Giordano Riccati è giudicato maestro sovrano di teoria musicale j il progresso delle Scienze , e il depuramento del- le umane cognizioni ricercano che dove abbia egli preso ab- baglio, se ne renda avvertito il pubblico, affinchè V autori- tà d' un uomo grande non tragga altrui in errore . Nella citata lettera , Riccati analizza il passo di Jomelli in questione , riportandone la sostanza in lettera e in cifre : per Di Giambatista Dall' Olio . 635 per maggior intelligenza delle quali io ho ridotto colla più scrupolosa esattezza e fedeltà in note cifrate j e in partitura il oasso medesimo «ella seguente maniera . II. ITI. I\( Y VI. VII. Vin. IX. X. XL ^ ^^m i ì i\^\4 -•e- 3 J|„jUlJ d^j^j^^ È f -* S i Sopra il suddetto riportato passo Puccati dice che Jomelli , dopo aver fatto transito al tuono 7it di terza minore ( subor- dinato al maggiore di mi bìmmolle ) al qual tuono di ut mi- nore appartengono i tre accordi marcati V, VI, e VII, ha fatto succedere a questo settimo accordo 1' altro marcato Vili, che Riccati chiama ignoto , e che, a sua asserzione , sembra a prima vista ripugnante ed assurdo. Egli, fatto ri- flettere che nei gravicembali un tasto solo serve al fa diesis ugualmente che ììI sol himmolle , asserisce che Jomelli ha bensì tenuto fermo il fa diesis in vece di servirsi del sol bimmolle, ma che in sostanza l'accordo marcato Vili si tras- forma in quello che io nell' esposta figura vi ho espresso al di sotto , e inarcato con asterisco , portante 1' accompagna- mento di terza maggiore , e di sesta superflua : e suggiuuge che un tal accompaonamento conviene al tuono minore di si biinmolle , e che deriva dal fondamentale mi di terza dimi- nuita , e quinta minore , che ha per base la quarta corda artificiale del detto tuono . Finalmente Riccati conchiude che Lilla per 636 Sul MOiiEr.NO ElPJllSTI^'A^,■IENTo ec. pei- aver JomelU sostituito 1' accordo marcato VII aìl' al- tro marcato Vili , ha dato i' esempio di un uso lecito del si- stema c/iurmonieo , e che a lui si debba la lode d'averlo sco- perto , e messo in pratica ma '^istruì mente . Il genere enarmo- nico non merita u,ri'emlìi.sipìie)tf'issfut(f\d&l contrappunto . Gli antichi Greci harniQ coaaiciutQ. ed- usalo un tal genere , che poscia è stato messo ìd aon, -èale per ior sua 'soverchia difficol- tà . Giudicano i moderu concordemente non adattabile V enar- monico alla nostra niusica , e qualche uso sforzato , che talvolta se ne incontra , è manifestamente Contrario alle leggi del con- trappunto , percliè contiene uif illecita modulazione da tuono a tuono , che non sono legati da vicendevole subordinazione. Il Signor Jomelli ha evitato questo scoglio , ed ha saputo congiungere V enarmonico colla retta modulazione da tuono a tuono mutuamente subordinati . Ora , siffatte asserzioni a me non sembrano ben fondate . Primieramente non parmi vero che 1' accordo marcato VII appartenga al tuono minore di ut: esso è anzi 1' accor- do di settima diminuita -, caratteristico del tuono minore di sol . In secondo luogo ^ sussiste bensì che nei cembali un mede- simo tasto sf-rve al fa diesis egualmente che al sol bimmolle ; ma ciò non produce ìa minima conseguenza nel presente ca- so^ perchè i violoncelli e i contrabbassi, che eseguiscono le pìrti basse nelle arie^ e di cui si servi Jomelli nel far ese- guire il passo in questione , non sono nella necessità di va- li rsi d' una sola e medesima voce per eseguire il fa diesis e ii sol bimmolle , attesocchè , per essere istromenti colle vo- ci mobili possono far sentire distintamente il fa diesis e il sol bimmoih , a. differenza del gravicembalo, che per avere le voci stabili , non può far sentire né I' ura né l'altra delle dette due voci nella loro giusta intonazione , ma è costretto a valersi per tutte e due d' un solo tasto , che non dà pre- cisamente la voce né del veio fa diesis , né del vero sol bimmolle . Jomelli poteva sostituire 1' accordo da me segna- to Di Giambatista Dall* Olio . 687 to con asterisco a quello che è marcato Vili, se ciò gli fosse stato iu piact^re ; ma si è voluto servire di /a diesis piuttosto che di sol bimmolle , ad effetto di conservare il conveniente h'gameuto d' amioriia , il quale j per esser uno de' principali precetti dfl toiitrappuiito , non gli poteva essere ignoto . Se egli avesse sostituito il sol bimuolle A fa diesis, come pre- t. -j! ^' \---^}^^;^.. A^;.-... —0;. A/-.-.:'.i....j..\..':-i- lo-ii. An -1691, ^enigma geometricum de mi- ro opificio testitudinis ( sic ) qua- drabilis hemisph arieti ) ( Chap. IV. p. 60. de testitudine quadrabili in proposito di Buffon^ ( Chap. VII. p. 11^. hn 1718. J. (e) Novi Commentarii ^cademice Scienti arum Imperi al is Tnropolitana . Tom. XIV. prò anno M. DGC. I.XiX. rnropoli, M.DCG. LXX. ( Par. I. ( Summariiira N. IV. p. i^. De For- rnulis integralibus duplicntis . ^ticto- re L. Eulero ( pp. 72 - 105 , e se- gnatamente p. 95. §. 3j. ove si di- ce Problema illud quondam famositm Florentinum etc. — p. 91?. §. 57; Tab. II. Fig. 7. „ Vela Fiorenti- na „ e più generalmente p. 97. §. 38. e p. lOf, §. 44. Tab. II. Fig. 9. — Hinc igitur snlutio Problema- tis Fiorentini generalissime adorna- bitur ~ ) . (/) Traile de Cai cui differentiel & de Calcul Integrai etc. ^ Paris, M.DCG XCVIII. ( Tome II. , e mas- simamente nelle Memorie che si leggono in fine ) ■ J o5i Di Pietro Ferroni . massima eleganza geometrica , si facesse ora dipendere da principi meu ovvj e familiari di quelli , sopra i quali s' ap- poirgia il Problema celebre Fiorentino, che unicamente sono i Teoremi antichissimi d' Archimede intorno alla Sfera e Ci- lindro insieme colla misura dell' Area Ciclocilindrica , asse- gnata avanti di tutti da P».obervaI sul principio del secolo XVII. , ed analoga all' Elica d' Archita Tarantino. E se la costruzione grafica di quella Vela ( avvengachè non accon- cia come la Vela architettonica antica a servir di Cupcla al- le Basiliche , Tempj , o Tribune , non tanto per essere il contorno superiore dei suoi quattro occhj o finestre eguale 61 di lunghezza ciascuno all' arco d' una metà di Semiellisse , ma piegato in doppia curvatura e perciò retto in falso su i piè-diritti o peducci , quanto ancora perchè di peggior garbo e apparenza degli Archi, i quali centra le regole d' Arte si sdrucissero nelle pareti d' una Piotonda , ognuno degli ocehj medesimi presenterebbesi storto , sghembo, e non-simetrico sulla corda o lato spettante al sottoposto Quadrato ) mercè della rara bellezza e semplicità , che seppe darle il Discepo- lo ultimo di Galileo, meritò tosto le lodi de' valorosi Anali- sti contemporanei Leibnitz (*) , Bernoulli (//) , Ciegory (i) , Wallis (/(•}, ec. , e venne quindi rammemorata come pregevo- N n n n a ' lis- (g) ^Ba Eruditorum Lipsia an- no M. DG. XGlI. pttblicati ( Con- ttm6iio Tcitudinis quadrabilis hemis- fhtericte =; ^uBore G. G. L. ) Meni, Jun. p. 175. > (h) Jacobi Bernoulli Basii. Open etc. Tom. I. ( Num Lll. ^inig- matis Fiorentini sotutiones varia in- finita;. Tab XX. p. 5iz._) — a6Ì(1 Erudiiorum Lips. anno M. DG.XGII. publicata f Mens. ^ug. p. 570. ) . (i) Philusopbical Trans aRions ec. Vol.XVni./orfk rcacM.DGXGiV. London , M. DC. XGV. Oìrì. 169 f. Num. 10^. §. VI p. i<;. Solatio Trobiematis Horentini de Testitudi- ne (sic) l^eli formi quadrabili a Di' vide Gregorio &■€ communicutì ) . (k) Thilos. TransaS. ec T. XVI- for the Tears i6<6 and 1687. Lon- don , M. DC. LXXXVIII. ) Aggiua- ta pel Gennaio 169 f. ) ( Niimb. 196. § n. pp. 584- 9i = Troble^ ma tlorentinum de mira Templi Te- studine quadr^bili a . . . . Johanne Wallis soUitum :z ) (Fjgg. 1. 1. j— . 6óa Pensieri Geometrici lissinia ed ammiranda ^ quantunque volte i Geometri ebber occasione d' estendere le loro speculazioni o sul modo di ta- gliar nei Conoidi ed altri Corpi rotondi parte di superficie egualmente quadroMle (/) , o sul metodo di tracciare una Vela sferica corredata d' occhj il cui orlo fosse geometrica» mente rettificabile , ragion voleva che la Vela Fiorentina , già nata assai prima dei nuovi Calcoli sotto gli auspici Me- dicei (w) , ricevesse dalla medesima Sintesi e nella Patria istes- De algebra Tra&atus historicuf &■ pra6licus &c. Joìnnnis W^llis &c. Opnum MathematicorKm yolufnen II, Qxom ^ nominatamente 291-91.; — Novi Commentarii ^cademix Scientiarum Imperiali! Petropolitana, Tomus XV. prò anno M.DGG. LXX. Petropo'i, m. DGC. LXXI. = De Curva refii- ficabili in Superficie sphxrica . ^uci. L. Eulero ~ ( pp. [95-2 c5 ) ( In- comincia if §. I. così. Occasione ma- gni illìus Problemitis F'.orentini Scc.)- Eossut, Essai sur l'His taire Src. Tom. II. e Période IV. Cbap. VII, pp. 115-17.). Di Pìetuo Ferroni • 653 ìstessa dell' Inventore il compimento lasciato manchevole da Viviani e da Grandi suo espositore ed interprete , in propo- sito della cubatura del di lei Tipo o Modello formatosi so- pra una Sfera . Mi propongo adunque di dimostrare il seguente TEOREMA. „ Traforata una Sfera perpendicolarmente al piano ,, d'uno de' suoi Cerchj massimi mediante due Cilindri- retti circolari eguali , di diametro pari al raggio della Sfera suddetta , in modo che a foggia di trapani passino i loro assi pe' punti di mezzo d' entrambi i raggi , i quali com- ,, pongono r intero diametro del Circolo massimo divisato , „ la porzione del Solido sferico che resta dopo di questa j, trapanatura , uguaglia appunto due none parti del Cubo „ circoscritto alla Sfera medesima „ . Sia un Quadrante dell' Emisfero cosi traforato ( Fig. i. ) OAXBZCYA dal Semicilindro BPOC , terminato quanto alla parte, che riinan dentro del Quadrante emisfericOj dal quar- to ( E' fjin il luogo d' osservare come nella seconda edizione dell' Histoire des Alathcmatiques di Mon- tucla , ove paria della quadratura delle parti di Lunula ( Problema facile, elementare, ed analogo in tutto alla l^ela Fiorentina, dì cai ci occupiamo), s'incontra un er- rore , non avvertito nelle correzio- ni, alla pag 1^5. e Fig. j. della Tav. 1. del Tomo I. ( Par. I. Lib. III. 5 XI. Les géomètres modrrnes &.C. ) sul proposito del Triangolo BiG , non esuale ( per ^uauto egli Io scriva eguale ) alla porzione di LunuLi GBF; secondochè agevol- mente rilevasi dai diveisi Autori, che n'han trattato, anco illustran- do gli Elementi d' Euclide, fra i quali Whiston, ec. , ed in ultinio dalla Lettera sopra varj aneddoti matematici inserita nel VII. Volu- me dflle Memorie di questa Socie- tà Italiana d-^lle Scienze ) . Vedasi tìnalmente la Dedicato- ria del Viviani al Gran Principe Ferdinando sì nell'Opera sua pre- citata clic in quella del Grandi ■ 654 Pensieri OEOiiETract to della Ciclocilindrica Robervalliana BLTQRG , comune se- zione d' ambedue i Solidi . Il Settore o Piramide sferica , eh' ha il suo vertice in O centro della Sfera , e per base la porzione di superficie BTQRCZB dov' è stato aperto l'occhio o finestra , più il Solido storto ed irregolare iti figura d' Un- gula accartocciata, che resta dietro di quella, ed ha per base il quarto preindicato della supeificie Ciclocilindrica BPOCRQB , son tutto ciò che vien tolto per costru- ;5Ìone dalla capacità dfrt Quadrante emisferico . Ma la mi- sura di quel Seltoie ( in cui solo si consuma e si perde , come vedremo , tutto quello che abbiavi d' irrazionale , tra- scendente , o connesso colla quadratura del Circolo ) essen- do equipollente al volume d' una Piramide di base doppia del Segmento circolare BZCVB per la proprietà della Vela, a e d'altezza eguale ad AO ^ viene a valere quanto i -— d'un Prisma-retto impostato sul detto Segmento , ed alto come il raggio medesimo AO della Sfera . Dunque essendo il Qua- _ a drante emisferico eguale ai -— del quarto di Cilindro circos- o critto all' Emisfero, defalcato il Settore predetto, restano a pel valore del Solido residuale i — del Prisma-retto , del o quale AO è 1' altezza , e la base BOC triangolo ortogonio - equicrure , cioè — del Cubo circoscritto al Quadrante e mis- ferico dato . Ora l'altro Solido conformato in Ungula avvolta si scioglie ancor esso facilmente in Piramidi tetragone di base col comun vertice in O centro dell'Emisfero, ciascuna delle quali , come HLOTE , riposa sopra il rettangolo elementare HLTE della superficie dell' Ungula, ed ha per altezza OF , normale condotta da 0 sulla tangente KEG della Semicircon- ferenza OPB , e vale a dire per la Geometria sul pian della base. Oltrediciò dagli Elementi sapendosi, che TE . EH =: BE . EH := SM . MN , ossia =0B. 13 in virtù deir Ungula se- mi- Di Pietro Ferroni . 655 miretta Cilindrica, e di più che OF ~ ■--;■ = -—— a motivo di GB : OE : OF -ff- , e della bisezione dell' angolo BOF fatta dalla corda OE e derivante dalla similitudine de' due trian- goli rettangoli BOE , OEF , ne risul a quella Piramide ele- OS' I raentare GB . IS . :: — jprjr = — . GS*.IS z: ( per le Geomeiri- o che Istituzioni) — della Piramide avente per base il Qua- drato del raggio della Sfera e per altezza il medesimo rag- gio , o sivvero n — .AG^ circoscritto al Quadrante dell' Emis- fero . Quindi è che detratto finalmente , come si è detto di sopra j questo — da — dell' istesso Cubo del raggio j il Solido rimasto intatto nel traforo del Quadrante emisferico diventa Ila — = — del detto Cubo ; laonde presi eli ottupli res- 099 pettivi , il Solido avanzato alla perforazione di tutta la Sfe- . . a ra s' e^iuanrlia ai — del Cubo dell' asse o diametro della me- desima . C 0 R G L L A R I 0 I. Dal mio metodo perciò si ricava j oltre d' un Solido nuovo geometricamente e uh abile ^ quale è quello attergato al Stttore sferico ATQRCDZBO e piegato da questa parte a ventaglio conico - concavo ( diversamente dai Corpi conside- rati da Pappo (a) della classe dei IlAexTow/^V {gauches) , rap- por- (a) CoUe&ion. Mathem. Lìb. IV. zlone dell' Angolo „ antiqui Geo^ Tropp. XXVlII.-XXlX. — C e se- metraScc.„P}sanri,m.D.LXXìi\UL gnatanieme dopo la Prop. XXX. — M, DC. U. p. 61. net Preliminare alla tnse- 656 Pensieri Geometrici porto a cui fu da Torelli ristabilita la versione del Testo Greco alterata da Commandino [b) ricavasi, dissi, che il Settore sferico avente per base la Vela Fiorentina sta al So- lido rimasto imperforato in ragion sesquiaitera , ossia come 3 a . . . . , . — : — 5 cioè come il Cilindro circoscritto alla Sfera inscrit- 9 9 ta, o come il Semicubo circoscrìtto al solido contenuto den- tro la Volta a schifo Romana , o il Cubo intero al doppio Solido della medesima Volta ; e V istesso s' applica ai du- pli • — Di piìi si deduce essere il Solido restato intatto nel- la trapanatura della Sfera a quel Solido nuovo in ragion du- pla , ossia come la superficie delia Vela al sottoposto Qua- drato non-icnografico che congiunge le quattro punte o rica- schi della medesima Vela, o come la superficie della Volta a schifo o del di carrozza alla sua icnografia o base quadra- ta , o come il Solido della Volta suddetta alla massima Pira- mide inscrittavi . -Parimente si fa manifesto, che il Paralel- lepipedo , la cui base fosse il detto Quadiato inscritto nel Circolo massimo della Sfera e 1' altezza^il diametro, stareb- be al Solido sferico imperforato come 9:4? cioè come il Co- no-retto equilatero circoscritto alla Sfera inscritta ; e si ve- rifica ancora 1' istesso quanto alle loro metà respettive . COROLLARIO IL Derivandosi immediatamente da un Teorema del Gran- di (e) che il Solido Cicloparabolico impostato sulla vera icnogra- fia della Vela Fiorentina, un elemento del quale è /ET^ceHL, equi- (b) Joseph! Torelli Veronensis Geo- Vaticano ) . metrica . yeronte , M. DCC. LXIX. (e) Geometrica demonstratìo Vivida ( PP- ^9-103. e nominatamente p. neorum Probkmatum' &c. ( Proposi- 96. alla variante 3. del Codice fio XXIX. p. i^^i- )• Di Pietro Ferroki . Ooj* A equivalga in volume a — — del Cubo del rnggio AO, vien quello ad essere nella ragion sesquiquinta di 6 : 5 al Solido restato intatto dopo tratorata la Sfera, e come 12: 5 al So- lido nuovo sopradescritto, eh' è porzione del primo alzata sulla Semicirconferenza medesima BPO , dotata dell' istesso vertice C , e limitata dall' istesso spigolo ( arréte ) o Curva ciclocilindrica BTQR.C . Dunque il Solido cicloparabolico ri- mane cosi diviso in due parti, che sono iielFaltra ragione di 7:5, entrambe geometricamente ciibabili come 1' intero , COROLLARIO IH. Siccome la Sfera secondo Archimede vai quanto un Ci- Ijndro eh' abbia per base -rr del Cerchio massimo e per al- tezza il diametro, laddove in virtù del Teorema premesso il Solido avanzato al taglio de' trapani s' è dimostrato eguale 2, al — dell' altro , la cui base sia il Quadrato circoscritte al 9 Circolo massimo e 1' altezza l' istesso diametro , ne nasce su- bito dal paragone di questi due Solidi la conseguenza , che la Sfera sta alla mole residua imperforata della medesima 2. „ . 2 . come -rr della Circonferenza circolare a — del Perimetro di ò 9 8 quel Quadrato ossiano — del Diametro, cioè come la Periferia a I — del suo Diametro . Dunque la parte di Sfera consumata dalla trapanatura è maggiore di quella che resta intatta, co- me asserì di passaggio Viviani ove scrisse ,, le due trafora- 3, zioni della Sfera le portan via maggior mole di quella che j, le rimane {d) ,, e Grandi provò mediante il Solido ciclopara- Tomo X. 0 o o o bo- — — — - (d) FcrmA:^ìone e misura dì tutti in calce ,, Anzi di più vi dico j Cicli ec. ( Problema sesto S- J- ^c. ,, ). G58 Pensieri Geometrici bolico summentovato (e) ; senza però che né V uno né 1' al- tro sapesse assegnare la vera ragione di maggiore inegualità tra la mole sottratta, e la rimanente nella Sfera intera come 4 4 nell'Emisfero e Quadrante j che or si sa essere di n 5- : — , indicando mercé di n:i la ragione costante della Semicir- conferenza circolare al suo Raggio , o di tutta una Circonfe- renza di Cerchio al proprio Diametro . COROLLARIO IV. Rimane impertanto di non-cubabìle o non- algebrico in tutta la capacità del Quadrante emisferico ( e presi i qua- drupli o gli ottupli , nel volume dell' Emisfero e dell' intera Sfera ) la sola Ungula eh' ha per base il Bilineo o Menisco cicloparabolico B^Z3Cr/c£'aB , contenuta fra due vesti o epidermidi , una porzione di Superficie sferica convessa , che chiude Vecchio della Vela ^ l'altra concava e parte della su- perficie d'un CiHndro- retto Parabolico, sopra cui si segnas- se dal punto O con un'apertura di Compasso eguale ad AO una Ciclocilindrica imitante quelle di Roberval sopra il Ci- lindro comune . Né malasrevole è il modo di rintracciarne la dimensione , dipendentemente però dalla quadratura del Cir- colo . Imperciocché all' eftetto di conseguirla vi sono due jiianiere diverse, che scambievolmente si servono di confer- ma . E difatti quella sottile Squamma o Valva conchiliforme geometrica o può considerarsi come 1' avanzo di mole del Quadrante emisferico dopo detrattone tutto ciò , che v' ab- biam riscontrato di perfettamente ciib abile ; ed allora sta al 2 / n I \ suddetto Quadrante (Teor. e Caroli. II.) come -r( — • — ) — a (f) Geometrica demonstratìo Vivia- XXX. e suoi Coroll. pp. iJJ-j^.^ neorum Problematum &c. CPropos. Di PiETuo Feeroni . 659 3 4 n n 22 n ^ . — — — : — : : — : -— • O piuttosto si consideri quella 9 la b b 45 6 * ^ Valva essere il resto del Settore sferico BTQRCDt^^I^BO {Teor.) tlopo toltagli la parte iiiaogiore del Solido cicloparabolico ( Corali. IL ); ed in tal caso la Valva medesima venendo I /ni I \ I 7 „ rappresentata da 2 ( — . )-: . sta allo stesso ^"^ \.2,2 2/d 4.0 rt 1 . n • 1, ,. n I 7 n n Quadrante emisferico nella raffione di = — r:-;-:: — ^ ° 0 3 45 6 6 22 n •^ — ; — come sopra . Laonde tagliando un Arco esegua- le alla differenza fra la terza parte del Quadrante C l>ia la base di raggio doppio EC'CDLP , ferme stanti le stes- se ordinate, ed il maximum al punto N^ dove AO=ONj EN END . , . = — r — 5 e AND Triangolo equilatero , ossia DN lato dei regolare Esagono inscritto . a. Dobbiamo a Pappo d^ Alessandria , vissuto imperando Teodosio il Grande , se noti la scoperta ( che potrebb' essere anco molto anteriore all'epoca delle sue Collezioni ) , la pri- ma notizia d' una parte geometricamente quadrabile di sferi- ca Superficie, come può riscontrarsi nella Proposizione XXX. Problema VII. del Libro IV. [ce) , determinata da una specie di Loxodromia o di Spirale sul Globo, in cui giacciono quei soli innumerevoli punti , ai quali corrisponda una longitudine sempre quadrupla della latitudine respettiva , Grandi , Her- inanno , e Montucla lo seppero : alto silenzio di ciò s' incon- tra presso il comun degli Istorici : non lo ebbe nemmen pre- sente il Viviani ; ma non pertanto fa di mestieri avvejtire ^ che la Medaglia coniatagli nel 1701. da Gio. Batista Fojr- gini , che volle eternare il nome di sì grand' Uomo, e ri- portata nel Museo Mazzuclielli , allacci un Epigrafe indu- bitatamente appoggiato ad un l'atto falso , dicendo di lui QUI (ce) Federici Comm.vidìni Urbina- tìs &c. Commentario in Libros oEla Mathjmatiarum Co UElionum ite. Ti- siuri M DG. 11. ( pp. 59. a tergo e 60.). Non è già la Prop. XXXII. come assicura'ono coli' Hermanno ( ved. 1. e. nella Nota (m) del Proemio ) altri Geometri , poiché questa ( Probi. Vili. p. 61. ) trat- ta della triseiione dell' angolo . — Bo'sut , Ess.ii d'Hìstoire &:c. Tom. I. Période 1. Chap. II. pp. 6^ - 66. ( Questo Storico fa fiorir Pappo a pag. 43. ueir anno 450. ed a p. 64. nel 38;. prima di Cristo).— Bistoire des Mathcmatiqucs Src, Par J. F. Montucla. U Paris, .An VII. ( Tom. I. Par. I. Liv, V. §. Vili. P- 333- ) Di Pietro Ferroni . 669 QUI PRIMUS A.SAL.M.D.C . IIIIL . ET SPHAERICAS SUPERFICIES NIL RECTI HABENTES WOTIS RECTAN- GULIS OSTENDIT AEQUAS . (dd) 3. Viene dipoi la quadratura geometrica della Ciclocilin- diica primaria di Roberval, e la misiiia deUe secondarie , di- segnate egualmente come le altre sulla superficie d' un Cilin- dro-retto , e mostrate eguali da lui {ee) ( non già da Lalove- ra nrl iò6o. (//) , per quanto lo affermasse Montucla (fg), uè da Pascal {hh) ) alla superficie d' un Cilindro obliquo o scaleno. Ora scoperta sì fatta per lo meno rimonta all' anno i6.j4- i^') ■> sebben pubblicata nel lógS. insieme con tutte le Opere postume del medesimo Autore . E la conformazione della metà di quella Curva primaria a doppia curvatura, cbc si descrive agevolmente col compasso a foggia d' un Cer- chio , non solo è l' istessa degli occhj della Vela Fiorentina , ma oltrediciò staccata la Superficie ciclocj^lindrica ( Fig. 3. ) dalla Circonferenza AIDH della base del Cilindro, ed applica- ta l fdd) Museum Ma'^uchdlÌMum , scu Numismati virorum dqHrina. prx- stantium , qua apud Jo Maiiam Co- mitem Ma:i:iuchdUu.m Brìxia s^rvan- ttir Sic. Tom. II. ^enctiis , M.DCG. LXIII. ( Tav. CXLV. Nuin, III. pp. 184- 8;. ;. (ee) Dìvers Ouvr^iges de Mathéma- tiiiut & de Physiqif. Par Messicurs de l'^cadémie R. dcs Sciences a Pa- ris, M.DG.XGHI. ( „ Traile des Indjvisibles ,, (pp, 113-zi 30 j) — Mcmoires de l' ^4cadémie R. des Sciences dcpuis t6Só. jusqu' à 1699. T. VI. ^ Pan's , M DCG XXX. ( pp. 193 -?iS). (ff) f'it'^'i*^ G:om;tria promota in septem de Cycloìde Lìbrìs. ToIe~ sa, M.DG. LX. ( Lib, 11. Prop. XXVI. Corol. IL ) (ss) Histoire des Mcthéraatiques Scc. ( prima Edizione ) ( Tom. II. Par IV. Lib. I. §. IX. pag. 56-7). (hhj Bossut , Essai sur l' Hist. gè' nér. des Msthém. Sic. Tom. I. Par. III. Cliap. II. pp. 503-4, in data del M DC. LIX, — Discours sur la vie cir ks ouvrages de Blaise Pascal ZI ivi = Tom. IL pp. 370-383. Montucla Hist. des Math. Tom, II. Par. IV. Lib. L p. 71. §. IX. (ii) Bossut, Fssai precitato, To- mo L, PericJo III., Capitolo 11., pagina 195. 670 Pensieri Geometiuci ia all' altra Semicirconferenza d' egual lunghezza ENDLP dell' Emicilindro corrispondente, s'identifica colla Serniellis- se dell' Ungula quadrabìle semiretta , non meno che la Su- perficie compresa o circoscritta dall' una trasformasi nell' Un- gulare terminata dalla seconda . Ha poi così stretto rapporto la Linea primaria Robervalliana con quella di Pappo del Kum. a., eh' ella determina i punti sopra una Sfera, la longitudine de" quali pareggi sempre la latitudine , come rile- YÒ Bernoulli neil' atto di sciogliere il Problema Fiorentino , e lo ha più stretto coli' Elica d' Archita del Num. i., per- chè sono le sue proprie ordinate inedie geometriche propor- zionali tra AB , BPi , e AB' , B' R' , ec. , ( o sivvero eguali a sq,s'q\ ec. ) siccome non isfuggì alla considerazione di Gre- gory : valendo l' istesso altresì per le secondarie quando le basi circolati de' Cilindri traforanti la Sfera avessero il loro diametro minore o^ maggiore del raggio della medesima; il che fu bene avvertito , non da Coursier (M) , ma da Gran- di (//) , e d' onde nascono le Cicloconiche combinanti colle Ciclocilindriche . Non è dunque vero , come Leibnitz (mw) , i Compilatori degli Atti dell'Accademia delle Scienze di Pa- rigi {nn) , De la Hire [00) , Krafft , il Pseudanonimo precita- to (kk) Opuseulum de se&ione super- ficiei sphan'ae per Supcrficiem spheri- (tm, cylindricam , conicam . Item Superficiei cylindric ed altri Scrittori asserirono ^ che la quadratura Ac\? Ungula e dipendenti Triangoli cilindrici , nelT intero e nelle parli , sia 1' opera di Pascal né tampoco di Gregorio da San Vincenzo {qq) , o di Wallis , o d' Ilalley , che 1' applicò il primo di tutti alla teoiia del Calore sfilare (/r) . Pascal ha però il merito pregievolissimo d' aver dedotto dalle Cicloci- lindriche di data anteriore le proprietà principali spettanti alle Cicloidi oblotigate o contratte, in aumento di quella della Cicloide comune, che Mersenno prendeva per un' EU lisse {ss) . Dalle di lui elahorate Proposizioni , venute a notizia del pubhiico nel iGSg. , si può salire con pura Sintesi fino alle ricerche profonde della determinazione del- le Formule degli Integrali dipendenti dalla rettificazione del- le Coniche Curve [tt). Tuttavia io non ho ravvisato nessun Isto- (pp) Commentarii ^cad Scient. Int' per. Tetropolitanie &:c. Tomus VI. ad annoi 1731-35, Feiropoli , M.DGC. XXXVIII. ( Classis prima continens Mathematica ) ( „ De Ungulis Cy- lindroruin varii generis . Auihore Georgio Wolffg. Krafft ,, pp. 13-27, §§. 19., Tabb. n. IH. Figg. S; — ^6iorum Erudit. quce Lips. public, Suppkm''ntii . Tomus IX. Lipsia , M.DGC. XXIX. (scaio II. p. 4^;. (qq) P. Gregorii a Satino Vincentio Opus geomctricum quadrature Circuii & Stiiionum Coni dcceìn Libri s com~ pYchensum ^ntucrpite, M.DC.XLVII. ( Tom. II. Lib. IX. P. III. Propp. 45; -40- 47 48, Par. IV. Prop. 76., pp. 991-91-93- loii ). (rr) Thilosopbical TransaUions &c. Voi. XVII. For the Year 1593. Lon- don., M. DC.XCIV. ( Nuni. 10;. Sept. 1593. 5- IX' P- 87^- » A Discoiirse concerning the propor- lional Heat of the Sun in ali La- titudes Scc. „ Fig. 8. 9. io. , e precisamente pp. 880-81 , Fig. 9. ) . (ss) Dimension dcs Lignes coarbcs de toutes Ics Rouhttes ( Ved. , Oeuvres de Blaise Pascal. A la Ha- ye , M. DGC. L.XXIX. „ Tom. V.- pag. 401. e segg. ) Lettera a' Fila- leti di Timauro untiate { Carlo Da- ti ) della vera Storia della Cicloide, e della famosissima £sperien:^a dell' ^rgcntovivo . Firenze, 1661. pag. 4. — . Mersenne , Traiti de l Har- monie univ er selle , Tom. IL rn537^ ( Latin. ) (tt) De Calculo Integr. Exercit, Mathcra. ( se&io ì. & II. ) Floren- tia , M. DCG. XGII. 672 Pensieri Geometrici Istorico Matematico , ch'abbia fatto cetino, come doveva , di quanto fossero da apprezzarsi queste speculazioni difFicultose per quell' età , e massime avendole derivate Pascal dall' im- mediata considerazione del Circolo e dell' Ellisse - cilindrica di Sereno [ini) o Clypearìs de' Geometri Greci, né < Ij' abbia mai motivata la maniera veramente oi4ginale, per mezzo di cui De la Hire nel 1692,. giunse a provare la quaiìrutura delle Ungule sì primarie che secondarie , non meno che la misura della superficie della Sfera , senza indivisibili , senza limili , senza infinitesimi , senza esaustioni (_vv) . Questo è un pezzo di Si^ntesi , che a parer mio non ha eguale in tut- ta la Geometria degli antichi e moderni; ed è tanto più da stimarsi in quanto che V istesso metodo si può applicare ad altre Ungule parimente quadr abili ^ cerne son tutte quelle elevate sopra Cilindri-retti , le basi de' quali girando intorno d' un asse genererebbero delle Superficie rotonde misurabili mediante 1' area d' «n Circolo , siccome accade , in seguito della scoperta fattane da Huygens nel lóSj. j dell' ordinario Paraboloide (;rjf) . 4. Alla dimensione di quelle parti di Superficie sferica, che (uìn) ^poHonii Terghi Conicorum Libri o5lo & Sereni ^ntissenis de seSlione Cylindri & Coni Libri duo, Oxonix, M. ncC. X. fvv) K émoires de l'^cadémie p.oyale des Sciences . Depuis 1666. jusqit'à 1699. Tome X. ^ Paris ^ M. DCC. XXX. ( „ Nouvelle mé- thode pour demorttrer le rapport de la superfìcie de la Sphcre avec la superficie de son plus grand Cercle Rrc. avec la quadrature de rOngle cylindrique Scc. „ ( CunCM sylindricus ) C pp. 104-109^. fxx) Cristiani Hugeniì Zulichi- 7KÌi , Constant F., Horologium Oscil- latorium , sive de mota pindulo. urti ad horologia aptato demcnstrationes geometrica. Parisiis ^ M DC.LXXIIF. ( Pars III. „ De Lìnearitin curvarum evolutione (&• dimensione „ pagg. 75-74-7'» ed ivi (7:) „ Lettera di Francesco Slusio ,, de' 14.. Di- cembre M.DG.LVtl. , eh' è lo stess' anno dell' invenzione e pubblica- zione dei nuovi Orologi o Crono- metri ( ved. pag. I, ^nnits agitur scxtHs decimus 5:c. ). Di Pietro Ferhoni . 678 che fiiió dal tempo di Menelao o dalla metà del I. secolo si dissero Triangoli e Poligoni sferici , arrivò primo con una Sintesi assai più facile dclPadoprata da Alberto Girardo (yy) il celebre Cavalieri {zz) { di cui si conobbe il modo in Ita- lia da Leibnitz {,u>w) , imitato di poi da Coursier (aaa), Wallis (bbù) t Lagny {ccc) , e da Bossut nel sivo Corso {ddd) ), così che né Bernoulli [eee) né altri debbano dirsene con ra- gione i veri d i scoprilo ri , quando poco avanti o all'occasione del Problema Fiorentino v' applicarono il Calcolo differenzia- le allora nascente. Fermat anticipò Barrow nell' idear la ma- niera di compianare la Superficie di qualunque Solido di ri- Tomo X. Q S ^ fj vo- (yy) Jnvention nouvelle en alge- bre. M. DC.XXlX. — Montucla, Hist. des Mathem. ^n. VII. ( Tom. II. Par. IV. Liv. 1 §. II, pag. 8. (^^ Direiìorium generale Urano- metricum. Bononix, M. DG. XXXII. ( Par. III. Gap. Vili, ^xioma 5. p. 3i(S-7 ). (ww) Nel 1. e. dalla Nota fg) del Proemio si legge ( pag. 17^. ) Triangulttm sphxriciira tribus circulis viagnis contentiti dudum dimensi sunt Geometra. (a.ìi) Glairaut , Des Epicycloides sphériques I. e. in calce pag. 194. <'Ved. Nota (mj ultima del Proe- mio. ) (bbb) Mechanica , sive de mottt Tran Jtiis geometricus {Par. II Ediz. del M.DC.LXX. , Gap. V. Prop. XXIV. ; . (cccj Hìstotre de l' ^cadémie des Sciences. .Année M.DCC XIV. avec Ics Mcmoires &c. .AYaris ,M.l^ Parent {ìihh) y e Senés (ii/) dimostrarono i Teoremi d' Huygens del i658. concernenti le Superficie dei due Sferoidi , e i due primi anco del Conoide Iperbolico d'Archimede, ma con un metodo assai complica- to e riducibile a molto maggiore semplicità, come ho tenta- to nei Perellìani . Mancava la considerazione del Cilindroide Iperbolico, che Archimede neglesse {kkk)-^ uè i primi a con- ' tem- (fff) Mortucla, Hìstohe des Ma- thém. Src. ( Tom. II. Par. IV. Liv. 11. § Vili p. 15 i. ) ne referisce la scoperta fatta dal primo all'an- no 1658. , mentre le „ Lezioni Geometriche „ unite alle XVIII. „ Ottiche , del secondo furono pub- blicate in Londra nel 1668-9. (i&S) Opera. Mathematica Scc l'olii- men i. pag. 5^1. (Traclatus efistola~ ris ad Kugenìum pp. <5^-5^ )• (hbh) Essais & Rechercks de Ma- thématiqKs & de Fhysique . Par M. Tarent &c. ^ Paris, M. DGG. Xllf. e Voi. III. Mémoire XXXI.,, Sup- plément sur la Geometrie, & sur Ja Statique d' Archimede „ pp, 486-500 ) (., Table, Ec'aircisse- mens, &Supplémfns„Nam.XXXl^ ( Piane. Z9 Prop. VI- ) (Hi) Histoire de iMadémìe R. des Sciences, ^nnée M. DGG. XIX. J.vec les Mcmoires S;c. ^ Parts , M. DCG. XXI. f — Nouvdìes ma- nieres de toiser les Voutes en Cui de Tom, OH en Dòme smbaussées & surbaissées , & les foutes en ^rc de Cloìtre &■ d'irete. Par M. Senés ( pp. 365-4(5., Planches 25-26-17, Figg. 53., e sopra tutto Problema L pp. 369-72. Piane. 25. Fig. 5., e Probi. II. pp. 375-79. Piane. 15. Fig. 8. — Histoire de l' ^cadémie &c. ^nnée M.DCC.XXxi. ^ Pa- ris^ M. DGG. XXIV. ( Mcmoires ) ( .Addition sur le Toisó des Voutes &c. Par AI. senés, pp. 356-76, Piane. 18., Figg. tp. ) entrambe spedite dalla Società R. di Mont- pellier } — Trattato della mi-ura delle Fabbriche ec. di Giuseppe Antonio A'berti „ . Venezia M.DGG. LVII. e Par. IN. Gap. XI. pp. 110-185-109) — ,„ Monconys, Vo- yages &c. „ De dimeiiendis Forni- cibus defussat's „ . (kkk) Difatti ^ntì Conoide Iper- bolico ^{n nominato questo Solido nuovo da Vincenzo Viviani ( Ved. Scolio accennato dalla Nota (d) pre- cedente. ) Di Pietro Ferroni . 675 teniplailo furono Wren (///) e Wallis {mmm) , come comune- mente gU Istorici insegnano j ma bensì Cavalieri nel i635. sotto nome di Tympamim Hyperholìcum {min) , cui , e non a Gre- gorio da San Vincenzo , si debbe eziandio la conversione del- la Spirale in Parabola (000) . V aggiunse Parent la misura della di lui Superficie {ppp) '• Cotes , oltre di questa, asse- gnò la dimensione dell' altra spettante al Solido Iperbolico - acuto considerato da Torricelli {qqq)' Ma quello ch'è ancor più valutabile , trovò l'istesso Parent uno Sferoide oblato o com- presso inscritto in un Cilindroide, le superficie d'entrambi i quali , si neir intero che nelle parti , s' adeguassero infra di loro {rrr) ( Problema tentato invano da Huygens {sss) ) come Q q q q a la (III) Fhilosophìcal Transaliions &rc. Num. 53. ror the Year M.DC.LXIX. Voi. IV. London, M.DCLXX. ( i^ Nov. Fig. Wrcns ìngin ) ( ^ de- scription of Dr. Cbristophor Wren' s £»gin, dcsìgned for Grinding hyper- bohcal class y as it was in a man- ncr promiscd numb. 48. pp. ^6i-6z) ( pp. io^9-(5o ) f ZI. Giugno ). (mmm) Ttferhanica, sive de mota Traa.geom (Pars. II. Prop. XXXIl.) M. DC.LXX. ( Opera Mathematica, Tom. I. Oxonix, M. DG.XCV. pp. 930 ^8 , F'ìi,. 715-148 ). (finn) Geometria Indivisibilibus continuorum nova quidam ratione promota K-c. Eononix, M.DC.XXXV. ( Lib. V. Teor. 29. Prop. 30. Coroli. n-zf pp. 75-77 )( Corol]. 25-17— pp. 77.79 ). (000) — Ivi =: Lih. Vi. Prop. IX p 13 e segg. — Montucla i\'c. r. IV. Uh. I. §. vr. p. 41. T. H. (fpp) Essiìs & Recb. &c. I\I.DGG. Xlll. Voi. IT. ( Manière très-simple de tailler les meules hyperboliqties etc. pp. (^45-61 ( d« 1 1 Jan. tjct. ) „ J' ajoàcerai seulem:nt ici &:c ,, p. i. Piane. 1:4. Figg. 1. 3. ) — Voi. III. Piane. 29., VI. Prop., p. 485., Figg. 5. 6. Stipi émcnt powr les surfaces des Sphcroides , des Co- noide!, & des Cyimdroides &c. (?f ?) ^armonia mensurarum &rc. „ Edidit «r auxit Rob. Sniiih, „ Can- tibr. M. DCC XXll.(p. ji.e p.9:i., colle Note di Smith alle pp. 107- 114 ). {rrr) Histoire de V ^cademie Ro~ yale des Sci nces &c. M. DCC. IX. ^ Paris, M DCC. XXXir. (Geo- metrie,, pp. 57-58. ) Mémoires al- le pp. 1 18. e seguenti ). (sss] Si riscontri ì'Horoll Oscillat. &e. , ove a pag -j6. evvi un Pro- blema jeu Cylind>ica &■ .Annutaria quinciuc tlibris comprehensa (L.b. IV. Prop. ■ a6. - Lil), j . Prop. i^. p. 121;. (Bbùb) PaalH Frisìì Operam To- mus primus Algebram , Geometriam , & .Analjticam continens . Mediolor- ni , M. DCa LXXXII. f Problema cxx. pp, 386-S7-8?, CGroii. il; — ■„ Giornale de' Letterati „ Tomo LUI. Pisa, M. DCC LXXXIV. (Let- tera del sig. .Ab ne frisi a Monsi- gnore angelo Fabroni pp. 44- 4^ J. (ecce) Prodi Diadocbì Lycii &c. Commentariui in primitm Elemento- rum Tiiclidis . Libri qualuof latine versi a Francisco Barocio. f'enetiis , M. D. LX (Lib. II. Gap. XI. pp. 64-(ì8-72, e Lib. IV. i'n princi- pio) — G. Cramer, JntroduBion. à l'.Analyse des lignes courbes .A'gé- hriques ^c. Genève, M. DCC. L. („ Pféfdce , pag. VI. sotto la de- 67B Pensieri Geometrici delle quali (forse la mirabìUs degli Antichi {dddd) ) ha la sua area tripla appunto di quella del Circolo inscritto come là Cicloide ordinaria o Galileana . QuelT Anello finalmente proposto da Parent come analogo al Cilindro e alla Sfera , perchè eguale in superficie e solidità si nell'intero che nelle parti alla Sfera inscritta (ecee), non è vero anello, ma por- zione di Sfera . Imperciocché ( Fig. 4") ^^^^ Anello vien ge- nerato dalla rotazione del Segmento quadrantale ASB intor- no dell'asse EF della gran sfera ESFT: laonde la sua super- ficie cilindrica interna nel tutto e nelle parti pareggia quel- la della piccola Sfera QP1.FM . e la solidità nel tutto e nelle parti quella dell'altra Sfera di diametro AB (pel Teorema notissimo Torricelliano {ffff) ) o sivvero della Sfira inscritta; mentre { soggiungo ) la superficie esterna del medesimo Anel- lo , parimente nel totale e nelle parti omologhe , sta all'in- terna ed a quella della Sfera inscritta come OA : OR ^ y^a : 1, eh' è quanto dire nella ragione costante Platonica della dia- gonale d' un Quadrato al suo Iato . OSSER- nàminazione falsa di Spirali) — Montucla, Hist. des Mathématiquct &c. An. VII. ( Tom. I. Par. I. Liv. V. §. V. p. 316. Fig. 77. Piane. X.; (dddi) Curvi ac Re5ìi proportìo a Biriholonuo Severo Triburgensi i\'c. pYomota Libris sex Patavii, M. DG, XXX. („ Prxfuìo ad Lìbrum V. > p. 173. Paradox£ Mendaus &c. ) — Tuppi Mcxandrini ColltSionum Ma- thtmaticarum Lìber IV. C dopo del- la proposizione XXX. pag. 61, ci- tata) (eeee) Essais & Rechcrchcs S:c, , M DGC. XIII. Tom. III. Me moire XXXI. (§. IO. pp. 5;^l■^^ Plan- che 50. Fig. Il) — : Mémoires de l'^cidémie Royule des Sciences . ^n- née M DCG. iy.. a Paris , M. DGG. XXX HI. ( Probléme géométrique &c. {1709. 23. Man) pp. 118-51, e segna'amenie Fig. ^4. ) (Jfff) Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiani . To- mo VII. Verona, M. DGC XGIV. („ Lettera sopra diversi Aneddoti matematici Src. „ pag. 319. — Nota (i) pag. 332.) ^^c SuilT.X.^.673. ry.n. B t -!X Fy.IV. ■M T {■. o^t J, 99 I 6 6, I 60 43 18 19, 99 14 5 , 0 8 7,5 i3 la -7 19. 9S I a 3.4 a8 38 5o 19 , g5 I 5 9 > 0 53 a4 49 J9' 94 I a 0, 7 bi 49 38* ig, 93 a 0,6 5 6 , 0 5a 47 39 jg, 8g 9 5, 8 6 3,7 3a 3(> 58 19, 09 5 5, 3 a, 0 -. 0 55 aò ig* 19, 86 a 0, 4 8 6 , 3 38 ai 35 .19, 84 I 4 6 , 0 73 53 0 DI 19 , 8a 4 5, 5 4 0.0 56 45 3 19, 76 i I 6, 8 6 7.5 i5 5i 37 ^9' 74 I a I , 5 39 59 9* 19 > 74 a a , 5 3 4o . 0 85 IO 3g 19 , bb 8 g, 5 - a 3, 0 59 37 5a* 19 , 65 a 1,3 3 4, 6 37 a4 4a ig , 63 I I aa ao II 19, 6a r 6 6, 9 3o 43 34* ig , 5i a 1.4 17 168, 8 88 4 a3 19 , 5o 19 18, 8 a I, 5 0 ^7 4a 19, 43 I 1 1 5a 55 19, 43 I a 1 , 5 46 IO 19 ig , 39 6 4.5 6 6,4 34 33 aS 19, 37 4 a, 5 a 3 , 0 ag I a6 ig , 3a I I ^ 19 58 0 ig , 3a i 6 6, 7 ab la a5* 19, i3 a 3, 5 5 10 ; 4 44 a8 34 19 , c8 8 7, ^ ogo C A T A L 0 G 0 Nomi delle stelle Gran- Ascensio- Aecc nsioni rette Varia- e delle dez- ni rette a I Gen tiajo zioni costellazioni . ze. in tempo -, j8co annue. 0. M. G. M. 5. Sec. 36 y}, di Cassiope 5 1 12, 18 0 I 6r,58 38 di Cassiope 6 I 17 19 8 a6 63,25 49 d' Andromeda 5.6 I 18 19 3a 40 50,87 4o h di Cassiope 6 I a3 ao 4a 1 la -67,75 101 de' Pesci 6.7 I a5 ai 16 a8 47» 70 So 0 d' Andromeda 6.5 I 3,5 ai 16 3a* Sa, i3 Si d'Andromeda 5.4 i 26 ai a6 Sa 53,97 Sa j^ d' Andromeda 6 I 28 ai Sa 36 52,99 4^ g di Cassiope 6 I a8 ai 54 54 66,06 104 de' Pesci 6.7 I ag aa 8 ao 47^7^ 53 T d' Andromeda 5 I ag aa la 18* Sa, 19 54 d' Ajidromeda 4 I 3i aa 48 4 55, og 46 d di Cassiope 6 I 4' a 5 10 i3 66, 70 5 -y d' Arif.te, mezzo 4 I 43 a5 38 38 48, Sr d' Andromeda 6 I 43 a5 47 5x 5a, 3o 6 ,/3 dell' Ariete 3 I 44 a5 54 i3 49» 'O 47 di Cassiope 5 I 46 26 24 16* 8a,7a 48 (? di Cassiope 5 1 46 ab a6 46* 70, 36 So / di Cassiope 4.5 I 47 ab 39 4a* 72,72 49 di Cassiope 6 I 47 a6 4. So 79' ^9 5a di Cassiope 7 I 48 a7 a 9* 64,55 5i di Cassiope 7 I 48 a7 4 57* 6-1, 16 57 y d' Andromeda a I Sa 27 55 14 S4, 17 54 di Cassiope 6.7 I Sa a8 a 14 72, 66 59 d'Ajidrom. la prec. 6 1 5y ag 4a 0 53, 73 55 di Cassiope 6.7 I 5g ag 44 44 67,83 8 cT del Triangolo 5 a 5 3i la 58 52,76 6a e d' Andromeda 6 2 6 3i 36 4» 56,98 9 / di Perseo 6 2 9 3a 7 43 61, IO 66 d' Andromeda 6.7 a i5 33 37 54 59,00 D 1 Antonio C AGNO L r . 697 Nnmc ■0, e diiTe- Deci inazioni Varia- Numero : e dilFe- rcniit ^ estreme boreali , ì zioni renze estreme delle osservazioni. I Gen najo I 800. annue. delle osservazioni N. 5ee. G. M. s. Sec. N. Sec. 2, a , a 67 4 5a + 19, 04 5 la , 5 2. 3 , o 69 i3 43* 18, 91 I II 6 , o 45 58 4 18, 86 7 3, 9 2. 21 , o 7a 0 5i 18. 74 a 0 , 2 9 6. 7 i3 38 5* 18, 65 A 3, 7 a 3,0 40 23 5a* 18, 65 I 3 6 , o 47 36 35 18, 64 4 IO , 0 2, 4.5 43 ai 46 18, 57 4 7. a I 69 36 17* 18, .57 [ 7 7,5 i3 i5 50 18, 54 3 I , 0 2 4, 5 39 33 24* 18 , 53 r II 6, o 49 40 36 18, 46 3 a , 9 9 i5 , a 67 41 39 18, la 4 7' I 4 4. 5 18 18 3i* 18, 04 3 4. 0 5 3. 7 3Ó 8 a8 18 , oa a 9, 7 3 7.5 19 49 ai 18 , 00 4 4j a 3 4. 5 76 18 33* 17, 93 I 2 3 , o 69 55 38* 17, 9a I 2, 6 , o 71 26 a9* 17, 89 I 2. 9, o 75 8 3a 17,88 IO 4>8 5 i3, 6 63 53 46* 17' 83 2 0, 9 2 o , 0 63 25 ló* 17. 83 a I , r ^7 7. 9 4' 21 46 17, 69 I a 6 , o 70 36 16 17, 67 4 7> 6 9 4. 5 38 5 i3* 17, 39 I 6 5 , a 65 34 4^ 17. 38 7 3 , 8 4 3 , o 33 18 6 17 , 12 3 3, 9 9 7.5 46 26 57 17 , o5 7 i3, 8 3 6 , o 54 55 ^9 16 , 96 I 8 8, a 49 40 I 16, 67 3 5, 4 Tomo X' Ttt t 6g8 C A T A LOG 0 Nomi delle stelle Gran- Ascensio- Ascensioni rette Varia- e delle dez- ni rette a I Genn ajo zioni costellazioni . ze . in < 'empo. 1800 annue ^ 0. M. G. M. S. Sec. 29 dell'Ariete 6.7 a aa 35 29 3o 48.87 3i dell'Ariete 5.6 a 26 36 a6 4 48,38 i3 ^ di Perseo 4 a 3i 37 39 ai* 59,70 38 dell'Ariete 7 a 34 38 3f 7 48,50 16 ^ I di Perseo 4-5 a 38 39 3o 0 55,71 18 T di Perseo 5.4 a 40 40 a 3o* 6a, 89 Del Cervo Lappone 7 a 4^ 40 a8 40 91,57 Del Cervo Lappone 6 a 43 40 4a 54 92,56 ai di Perseo 4-5 a 45 41 17 46 53, 9a 2.2. 3- di Perseo 4 a 46 41 3o ao 56,63 49 dell'Ariete 6 a 5o 4a 3a 9 5a,45 2.3 y.di Perseo 3 a 5o 4^ 36 5* 63, 74 93 della Balena 6 a 5a 4^ 58 38 46, 79 27 X di Perseo 4 a 56 44 0 53 59, 4a I della Giraffa in Ev. 5.4 3 3 45 38 49 765 5o 58 ^ dell' Ariete 5 3 3 45 5i aa 5i, a6 3a Z di Perseo 6 3 8 47 I 3a 59.41 33 9 61 19 4a IO , 06 I 3 5, a 47 53 1 1 9, f)9 a 6, 8 3 3.0 i5 7 55* 9, 35 3 0 , 3 Tttt a 700 C A T A L 0 G Nomi delle stelle Gran- Ascensio- e delle dez- ni rette costellazioni . ze . in tempo. 0. M. 44 dell' Elidano S 4 i8 a della Giraffa 5.6 4 M 49 deli' Eridano 5 4 ^7 I d'Orione 4 4 "^9 6 g d'^ Orione 6 8 z d'Orione 4 IO della Giraffa, doppia 4 7 e dell' Auriga 4 IO d'Orione 4 8 ^ dell'Auriga 4 9 dell' Auriga 5 IO ^ dell' Auriga 4 14 della Giraffa 5 LA CAPRA I i5 della Giraffa 6 16 della Giraffa 6 2,3 m d'Orione doppia 6 Seguente 24 (p dell' Auriga 5 ai della Giraffa 6.7 39 A d'Orione 4 47 w d' Orione 5 2,6 della Giraffa 5 ao' della Giraffa 6.7 ag della Giraffa 5.6 182, del Toro 4 58 a, d' Orione i 38 dell' Auriga 6 61 fi d'Orione 4 i jEf de' Gemelli 5 4 44 4 4^> 4 4« 4 48 4 49 4 4 4 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5 5r 53 55 2. 3. 6 la 4 aa 5 a4 5 aS 00 3o 34 37 44 49 5i 5a Ascensioni rette a I Gennajo 1800 . M. 33 s. 64 ói a 66 a 4^* 66 43 5i 69 44 46 4 43 70 55 ao* 70 57 34 71 a5 a6* 71 54 37* 72 a 5i* 7a 7 54 72 45 49* 73 73 7 39 ., 44 43^ 75 29 3 75 33 56 76 35 45* 78 4 ^^ 73 5 5* 78 36 I 80 a9 44* 81 I 53 8a 9 aa* 8a a4 57 8a a8 i3* 83 aa 57* 84 II II 86 5 7 87 i3 aa* 87 5o 38 87 59 a6* Varia- zioni annue . Sec. 46, 24 70, a8 46, la 48, la 49^65 4Ó.64 78,99 64,01 46041 6a, 37 69, 83 6a, 56 8a, 73 66, i5 76,83 76, 3a 47. 08 59, 33 8a, 77 49, 35 47,33 75,39 76,39 76,37 55, CI 4^,5a 64,58 49,34 54,55 D I A N T O m 1 0 Cagno L I . 701 Numero ; e d ine- Declinazioni Varia- Numero ; e diffe- renze estreme b oreali a zioni renze estreme delle Osservazioni i iCe nnajo iSoo. annue . delle Oiservazioai N. Sec. G. M. S. Sec. K. Sec. 7 4, 5 O 55 37* + 8, 59 0 a , 6 3 la , I 53 3 48 8, i3 I 3 a, a o 34 58* 7. 9^ 3 I, 0 3 6, 7 6 36 o* ò , 93 3 3, 0 3 4-. I II 5 II* 6, 55 3 4,0 3 I , 5 a 6 7* 6, 53 3 3 , 0 a 7 ■> o 6o 7 49 6, 39 7 7.5 4 i6, 9 43 3o 4i 6 , 23 4 0, 9 a a, g I a3 45* 6, 17 a I , 0 3 5 , a 4o 46 3* e, i5 3 a 5 0 5 9, 6 5r i8 34* 5, 94 3 5 5 a 3 5 , a 4o 56 47 5, 81 I 7 •4> 9 6a 25 38* 5 , 60 a 5 , 0 00 4S 46 4a 4 •. 5o 9 7. 8 3 IO, 4 5? 5a 56* 4' 99 3 6, 0 5 i3, a 5? IQ 58* 4, 64 3 5, 9 3 4,5 3 3 ao 20 23* 53* 4, i3 3 i j 0 4 4. 3 34 '7 34 8, 96 I 3 8, 8 6i 48 33 3 , 3o I 3 3, ò Q 4? IO 3 , la 3 7, a 4 ^,4 3 59 4"^ a , 77 3 a, 8 fi i5 , o 56 o 55* a, 65 3 5 , 0 4 O, 0 56 49 IO a , 63 I 4 i3, 3 56 5o 0 a , 3i I a I, 5 H 20 6* a , ra 3 '.4 3 9, o 7 21 25* I , 37 3 a, 0 3 I, 8 4a 58 49- 0, 97 0, 14. 8 5 3, 7 Q 38 1 1 0 , 75 I 3 i, 6 33 i5 45 0 , 70 3 3. 9 7oa Catalogo Nomi delle stelle Gran- Ascensio- Ascensioii rette Varia- e delle dez- ni rette a I Gennajo zioni costellazioni . ze . in tempo . iboo. annue . 0. M. G. M. s' Sec. 70 ^ d' Orione 4 6 1 90 8 a8 5i,o3 a del Lince 4 6 a 90 ag 37* 79, 35 5i di Cefeo in Evelio 4 6 3 90 38 IO 466, 93 7 )] de' Gemelli a. 3 6 3 90 41 56 54, a5 70 A I d' Orione 6 6 5 91 7 33 5o, 43 74 A a d' Orione 6 6 5 91 18 a 5o, 3i 46 dell' Auriga 5 6 9 9a ai 45 69, 25 2,3 della Giraffa in Ev . 6 6 IO 9a 57 53* i56,5a l3 (A de' Gemelli 3 6 II 92 4a 45 54,27 8 dei Liocorno 4 6 i3 93 17 a7 47.58 Sa dell* Auriga 5.6 6 aS 96 i3 9 6a, 68 55 di^ll' Auriga 5 6 ag 97 7 47 65, 6a 4a della Giraffa 4.5 6 3o 97 3o 16 q4, 5o a4 della Giraffa in Ev 5 6 01 97 40 ao* i33, a8 58 dell'Auriga 4 6 37 99 9 5* 63,74 60 dell' Auriga 6.7 6 39 99 5a sa* 6r,74 16 del Lince 6.5 ,6 43 100 44 54 65,84 a5 della Giraffa in Ev. 6 '6 45 lOI ai 49 199,94 41 de' Gemelli 6 6 4q ioa 1 1 ai 5i,68 63 dell' Auriga 4 6 58 104 a8 10 62, 00 ai del Liocorno 5.6 7 I io5 17 H 45,95 64 deir Auriga 5.6 7 4 106 I 35* 6a, 80 ao del Lince , doopia 6 7 7 106 43 38 69, ao 66 deir Auriga 5.6 7 IO 107 33 55 6a, 56 CASTORE i.a 7 aa no a7 la 57,81 70 de' Gemelli 5 7 aS III ao 53* 59, a3 4q della Giraffa 5 7 a8 I la 3 a8 82,84 PROCIONE i.a 7 aq Ila la 18 40,96 POLLUCE a 7 33 ii3 i5 47 55,18 83 qp de' Gemelli 5 7 41 ii5 18 3o 55, 27 kA D I A N IONIO Gagnoli. 703 Numero ; e diffe- Declinazioni Varia- Numero ; e diffe- renze estreme boreali a zioni renze estreme delle osservazioni. t G enriajo 1800 . annue . delle osservazioni N. Sec. G. M. S. Sec. N. Sec. 3 4,5 4 14 ag -h 0 , o5 a 0,4 I 59 3 40 0, 17 I I 87 16 43 — 0 , aa I 3 6 , 0 aa Sa 59 0, a4 4 4,^ a 3, 7 la 3ó 0 0, 40 I I la 18 40 0,45 I 3 5, a 49 aa aa* 0, 83 3 3, 0 4 Si , o 79 44 33 I , 04 I 2. i. 5 aa 36 II 0, 95 4 I, 6 2, 3,7 4 40 58* i j i5 3 i 5 9 3 3, 7 40 3 38 a, 17 X I 44 41 54 a. 49 a i3, 9 3 3 , o 67 46 aa* a 5 6a a 0, 0 2 17 , a 77 II 46* a, 63 a 0,0 4 5 , 0 4a 0 6 3, 18 I 4 3, a 38 40 3i 3,43 I ò i5 , 1 45 ao 9 3, 73 a 17, 6 I ba 44 5i* 3, 96 a 0 , 0 a. I, 5 16 ao 3i* 4> a3 a 0 , 0 a. a^ a 3y 37 35 5 , 00 I 3 9' 7 0 0 53 5 , a8 I 4 3, 9 4' 13 a6 5 , 53 a a , 0 3 7,5 5o 3u 37 5, 77 I 3, i>5 41 a 35 6 , c5 a 0 » 7 5 3,0 3a 18 43* 7 5 00 a 0 , 0 I 35 ^ a8 5o 7 ' 2^9 I 3 4,7 63 17 5a* 7 > 5a a 0 , 0 9 la , 0 5 43 39 8 , 5o I 4 4.5 a8 ù. 1 So* 7 ' 91 a 0 , 0 I ^7 16 19* 8, 56 a 0 j 0 V 7<^4 c A T A L 0 G O Nomi delle stelle Gran- Ascensio- AEConsicni rette Varia- e delle dez- ni rette a 1 Gennaio zioni costellazioni. ze. in ti mpo. 1800. annue. 0. M. G. BI. S. Scc. 6 p^ del Cancro s 7 Si 117 48 7 S$i So 2,7 del Lince 5 7 53 118 ao 7 6H, 55 14 -4/ a del Cancro 4 7 58 119 35 47 54.47 56 della GirafFa 6 7 59 iLg 43 0 77' 27 17 0 del Cancro 3.4 8 6 lai a4 5o 4«. «9 2,5 ^ a del Cancro 6 8 ^4 ia3 3? a4 5i> a6 33 K del Cancro 6.7 8 21 laS 16 So Sa, aS 4 7r 2, Orsa maggiore 6.5 8 a3 ia5 38 45* So, 84 34 del Lince. 6 8 a7 ia6 46 59 6a, 85 47 d del Cancro 4 8 33 ia8 19 3i* Si, 01 1 1 e dell'Idra 4 8 36 rag a 36 47^89 5 dell' Orsa maggiore 5.6 8 37 lag IO 55* 76,01 57 < a del Cancro 5.6 8 4a i3o 3o 3 55, ai 8 p dell'Orsa maggiore 5 8 44 i3r 4 io 84, o3 9 i dell'Orsa maggiore 3 8 45 i3i ai 36 625 39 la X dell'Orsa maggiore 3 8 So i3a a8 34 6a-, 3o 1 1 (T I idem 5.6 8 5i i3a 39 5* 81,79 76 X del Cancro 5 8 57 134 i3 aS 48, 85 16 e dell'Orsa maggiore 5 8 58 1.34 35 37 73, oa 38 del Lince 4 9 6 i36 35 i3 56,55 I del Dragone in Ev 5.4 9 7 i36 49 i3* 145, 7a a3 h dall'Orsa maggiore 4 9 i5 i38 53 5i 7a,83 a4 d dell'Orsa maggiore 4 9 17 ,.3g 7 38* 83,35 8 del Lioncello 5 9 19 i3g 49 5a 55, 3a a7 deli' Orsa maggiore 6.5 9 a4 141 5 53 87,50 I del Sestante 5 - 9 a7 i4i 39 ag 47,63 a del Sestante 5 9 a8 i4a 0 ai 47.4 44 del Lince 5.6 9 3a 143 3 So* 65, aa 14 de! Lioncello 6.7 9 34 143 37 34 58, 3 1 i5 del Lioncello 6.5 9 36 143 54 i5* 58,54 D 1 Anton io Gag N 0 L I . 7o5 Knir.o ro ; e dillb- Declinazioni "Varia- Knmcro; e dirte- reiizu estreme boreali ; 1 zioni reaze estreme delle i Dsscrvazioni. J Geiinajo 1800. annue. delle osservazioni, N. Sec. G. M. s. Scc. N. Sec. 3 6 , o a8 ao 07* 9, 34 a 0 , 0 3 3 , o 5a 4 9 9> 5o I 3 9, o aó 6 10* 9' 89 a I > 0 a I, 5 òo 58 3 9' 93 I 3 1,5 9 47 35* IO, 43 a I, 0 5 0, o ^7 4^ 44 il , 09 a 4.4 3 6 j o ai 6 35 11 , 56 a I , 6 I 65 0 35 II , 67 I 5 ^' 7 4b 3i a3 II > 99 I a t , 5 i8 5a 40 la, 4a 4 7.4 a 1,5 7 8 36 la, 61 a 7, 8 1 6a 41 43 la, 65 I 5 6 , o 3i 19 55 i3. 00 I a 7r5-= 68 ao 54* i3. i5 a 0 , 0 5 4, 5 48 49 0 i3. o3 a a , a 4 g, o 47 56 18 i3, 5i 3 6, 6 a a, 8 67 39 45 i3. 56 a 16, 5 a 0 , o 1 1 a8 I* i3, 96 a 3, 0 a 5 , a 6a 4 a 14. 06 r 3 3 5 0 37 00 a4 14, 54 a 14. 6 a 11,5 8a II 1 1 145 60 I 3 9 5 o 63 55 i3 i5. 09 I 3 7 ' 7 70 41 49 i5. 14 I a 3 , o 35 58 43 i5. 3o a 3, 4 3 9, o 73 8 59 i5, 58 I 3 I, 5 7 43 3a i5. 70 a la, 9 3 5,4 5 3a 54 i5, 78 I •' I 58 a i3 16, 00 I 5 3 , o 46 a i3 16. 09 I 1 46 56 5i 16, ao I Tomo X. V V V V yo6 C A T Nomi delle stelle Gran- e delle dez- costellazioni. ze. 29 0 dell'Orsa maggiore 4 24 (A <^^' Lione 3 Si dell'Orsa maggiore 5 29 delia Giraffa in Ev. 6.5 Sa dell^Orsa maggiore 5 aa del Lioncello 6.7 33 A dell'Orsa maggiore 3 a4 del Lioncello 6.5 oc della Giraffa in Ev. 6.5 Deir Orsa maggiore 5 aS del Lioncello 6 34 }j. dell'Orsa maggiore 3. a a3 del Sestante 5 29 del Lioncello 6 30 del Lioncello 5.6 3i del Lioncello 5 33 del Lioncello 4-'5 37 del Lioncello 5 38 del Lioncello 6 38 dell'Orsa maggiore 5 Della Giraff"a 6 4a del Lioncello 4-5 5i m del Lione 6 4a deirOrsa maggiore 5 46 del Lioncello 4''5 45 w dell'Orsa maggiore 5.6 57 Del Lione 6.7 5o a- dell' Orsa maggiore a 5a del Lioncello 6.7 5a xj/ dell' Orsa maggior 3 A I. O G O Ascenàio- ni rette in tempo. 0. M. 9 9 9 9 10 IO 10 10 IO 10 IO IO IO 10 IO IO IO IO IO IO IO IO ^7 43 58 3 4 5 5 5 IO 10 IO 1 1 14 4 IO 16 IO ao IO 37 IO a8 IO 28 34 35 36 39 4a 4a 46 IO 5i IO 56 IO 58 Ascensioni rette a I Gennajo G. 144 145 145 149 i5o i5o i5i i5i i5i 1800. M. 9 20 33 3i 49 53 14 16 18 34 18* 39 20 40* Varia- zioni annue. Sec. 66j 23 5i, 70 59.77 168, la 67,96 5o 5a, 14 5o 55,21 28 5i,43 5o i3i, 17 i5a aa 29* 67, 36 5a 53 4o 21 3a 54* 36 óa'' 46,47 5a, 5a 5aj i3 54 4 '^ ^^5 7^ 55 6 43 5i,5o 56 5i lo 5i,o6 56 54 57* 52,27 07 I 3a* 64, i3 58 58 58 59 60 60 61 6a 64 64 3i 40 54 40 3i 36 a8 48 4 35 47 38 5 3o IO 6 33 56 37 ai 36o^ 75 5o,44 48,56 58,17 50, 67 5a,4a 46, II 57,47 48,09 51,37 D I A K IONIO Cagno L I . 707 Kuino ro ; e dilTe- Declinazioni Varia- Kumerc ; e dilTe- lenze estreme lìorcali a zioni rtnze cstreme delle osservaiiioni. I Gen najo I 800. annue. delle OS servazioni N. Sec. G. M. s. Sec. N. Scc. I 59 58 I — • 16 , a3 I I ab 56 33 16, 47 I 3 5, a 5o 45 a3 16, 53 4 la, 5 a 9, o 85 i5 a 17, a5 a 5, 9 £& 3 , 9 6(3 5 49 17, 48 I 3 5, 7 3a a7 36 ^7 > 49 I a, 4,^ 43 54 a8 17, 55 I 2. I, 5 a9 4o 53 17. 55 I 3 aa , 5 83 33 45 17 , 57 I a. 6, 8 66 34 3 17. 74 I 4a 5o 55 17. 77 I 4^ 3o a 17 , 78 5 5, 9 3 4,5 3 17 40 ^7' 79 I !& 5, 4 3ó a6 a3 17, 93 I I 34 48 38 17, 93 2. IO, 8 3 3 , o 37 43 53 18 , 00 r 3 .7> 5 33 a3 58 18, 16 I 3 I , 5 33 0 5o 18,41 3 7.8 a, 3, 6 38 57 I 18, 43 a 1 , 0 a a, 9 66 45 a3 i3, 43 3 7. 5 I 88 40 II* 18, 63 a 0 , 0 7 3, 6 3i 44 7 18, 65 4 IO , 5 a 3 . o ^9 56 36 18, 68 I 4 7.5 6o aa 46 18, 77 8 i5 , 0 3 3, 0 35 17 a8 18, 87 3 14,5 9 4, o 44 i5 II 18, 88 I a I, 5 I ag 57 18, 98 a 7,4 5 i5 , o 6a 49 39 19, i3 a 3, a 4 5 , o a6 37 la 19, a6 a 0 a, 0 »7 4, o 45 34 54 • 19 , 3o 8 3, I V V V V a 700 (1 -4 A T A L 0 G 0 Nomi delle stelle gran- Ascensio- Asoensioai rette Varia- e delle dez- ni rette a I Gennajo zioni costellazioni. ze. ili tempo. i8qo. annue. 0. M. G. M. S. Sec. 54 p tleir Orsa maggior 4 I I 0 166 54 37* 49,02 Delia Giraffii 6 I I 17 169 18 18 73,14 I A del Dragone 4 II 19 169 5o 33 55, 88 86 del Lione 6 I I 20 170 0 3i 47-> 17 59 dell'Orsa maggiore 6 II 38 171 54 3i 48,73 60 dell'Orsa maggiore 6 I I 38 171 56 35 4q, 06 5 0 della Vergine 3 I 1 40 175 4 4 46, 75 64 y dell'Orsa maggiore 2, I I 43 17Ò 48 36 48,01 7 b della Vergine 6 I I 5o 177 35 28* 46,69 I Chioma di Berenice 7 I I 5i m 5a 16 46,30 Della Giraffa 6 I I 54 178 33 J7 54,83 Della Giraffa 6.7 la 2. 180 34 7 44.9^^ I de' Levrieri 6 12 5 181 1 1 20 45, 36 2 de' Levrieri 5 13 6 181 3o 56 4-5,47 De' Levrieri 6 12, 8 181 53 36 45, e a 7 h della Chioma di Ber. 5 12, 6 181 33 7* 45,69 lò e della Vergine 5 12, IO 183 3a So 45,87 Della Giraffa 6 12, 1 1 183 44 13* 33, ò3 4 de' Levrieri 6 12, i4 i83 38 54 44^79 Dell' Orsa minore 6 12. 14 i83 0 03 - 16, 14 6 de' Levrieri 5 13 16 i83 59 28 +44.76 j5 c della Chioma 4 13 17 184 4 16* 45,11 18 della Chioma 6 13 19 ,84 5i 34 45,14 74 dell'Orsa maggiore 5 13 31 i85 8 a8 4a, 90 ai g della Chioma 5 13 ai i85 i5 5* 45,06 26 della Chioma 5 13 29 187 17 ai 44,9' 76 dell' Orsa maggiore 6 13 33 188 1 1 0 DO 40, i3 IO de' Levrieri 5 13 36 ]88 53 38 43, 3 1 7 del Dragone 6.5 13 39 189 49 56 37,53 1 1 de' Levrieri 6 la 39 189 5i 49 4i,9i D I A N T 0 N I 0 Cagno L r . 709 Numero; e difie- Declinazioni Varia- Numero ; e diffe- renze estreme boreal i a zioni renze estreme delle osservazioni. I c rennaj ì 1800. annue. delle ossi>T\azioni N. Sec. G. M. s. Sec. N. Sec. 3 6 , O 34 I I i3 — 19 , So 4 0. 7 5 H-' 7 82 i3 28* 19, 68 a 0 j 0 4 12 , O 70 a5 56 19, 71 3 6, 7 7. a iQ 3o 4^ 19, 72 3 3 , 6 3 3, 8 44 44 0 19 , 82 4 I, 3 6 5, 1 47 56 35 19, 83 a i3 5 a II 7> o 2 53 3a* 19, 94 2 0 , 0 3 7, 5 54 48 aa 19, 96 2 14, a 3 7, 5 4 46 6 20 , 00 I 3 4.4 a3 la 46 ao , 01 a 0 , 9 a 3o , 0 86 41 43 ao , 02 5 la 5 2 3 21 , I 78 0 o 00 0 20 , oa I 3 3, 7 54 33 IO ao , oa I 4 3., i. 41 46 38 20 j 01 2 16, 7 I 54 18 4^ 20 j 01 I 3 3 , a aS 3 a6 20 , 01 I 4 5 , 5 4 o5 33 19, 99 a I , a I 87 3a Sa 19 , 98 a 0 , 3 a 4,8 43 3g IO 19 , 98 a 6 , 0 i 88 48 a7 19. 9S 3 12 , a 3 4. 5 40 7 46* 19, 97 a 0, 0 a a , 6 29 04 3o 19 , 96 I 3 4,4 a5 13 55 19, 94 I 3 3, 4 59 3o 17 19 , 94 3 i3, 5 3 8, 5 a5 40 3a 19, 93 I 3 5, 4 22 9 5i 19, 86 a » , 7 I 63 48 38 19 , 8a 3 IO, 8 3 4, 5 40 22 5 19. 79 I 3 12 , O 67 Sa 48 19, 73 I 3 3, 4 49 33 4j 19, 73 I 7IO (u A T A L 0 G 0 rJomi delle stelle Gran- Ascensio- A.?censIoni rette Varia- e delle dez- ni 1 rette a I Gennajo zioni costellazioni. ze. in temjjo, ] 800. annue. 0. M. G. M. S. Sec. 3/) 6p\\a. Chioma 4 12 43 iqo 5i 34 44,39 43 cT della Vergine 3 12 46 191 22, 54 45,63 3 del Dragone 6 12 47 i9t 5i 44 06,40 Si della Girafla in Ev. S 12 48 191 56 37* 2,95 La seguente 5 12 48 191 58 41* 2,95 g del Dragone 6.5 12 52 193 4 35 34,91 14 de' Levrieri 5 12 56 194 5 3i 42, aS 43 della Chioma 5 i3 3 195 38 3 42,96 60 7 2, 3,0 ^7 '7 4 i5 , 81 a 0, 6 I I '7 49 la i5, 56 a 1,8 3 3 , u ^9 56 a4 i5 , aa 4 6 5 0 7a 47 57 i5 , 06 4 14, 6 I 74 53 a5 14, 67 4 9, 3 I 4' i I i5 14 j 5o I 3 2 , O 48 a6 ao l45 33 5 i7> 8 I 48 55 33 14, 2,3 r I 74 39 36 :3, 75 3 aa , 4 4 4, 5 33 39 33 i3, a6 a 34,0 3 3 , o 38 5 4 i3, 07 I 4 IO 5 6 7a 33 3 i3 , 04 4 a8, 7 7a 3a 47 i3, 04 4 3a , 6 4 4, 6 ag 48 la la , 90 a 4, 4 5 a , o 59 40 i3 la, 84 7 rj r' IO , 0 a ò , 0 41 3i 19 la , 6a a 6, a 6 11,0 ^7 ^7 43 la, 06 f 3 3 , o 4 4, 5 7 59 a5 II , 71 I 3 IO , a 78 0 35 1 1 , 65 17 8, I 3 3 , o 18 46 4* 1 1 , 5o 3 a, 4 a a , 6 aò 4' aó II , 09 a e, I a 5, 9 36 17 a3 11 , ai I a 4, 5 43 40 39 IO , 91 B 7.8 3 la , I 38 3i 55 IO, 86 I a b, 1 78 a4 9 IO , 59 a3 11,0 I 18 2.a 5a IO , 58 I Tomo X' X X X X 7i4 C A T /^ l'o G a Nomi delle stelle Gran- Asceiis io- Ascensioni rette Varia- e delle dez- ni vette a I Gennajo zioni costellazioni • ze . in tempo . 1800 . annue. 0. M. G, M. S. Sec. 6 0 di Ercole 5 i5 57 a39 8 41* 27,76 1 1 (Ip di Ercole 4 16 a a4o 37 5* 28, 21 49 del Serpente 170- della Corona Dell' Orsa minore 6 6 16 16 4 7 a4o 5g a4i 47 40* 5i* 41,55 33, 88 6 16 IO a4a 36 1*- - 33, 04 5o 36 249 3 29* 42,9» 5 16 38 a49 a 9 0* 44> '0 18 g del Dragone 5> iG 40 9,49 53 4a* 5,68 47 k di Ercole 4.9 di Ercole a5 , di OBoco 5 16 4^ a5o 9 i3* 43,43 5 i^ 43 a5c 44 37* 40,76 4 16 45 aSi 8 II* 4^,43 2,7 X. di Ofioco 19 h del Dragone 4 16 43 a5a 3 a* 42,69 5 16 55 a53 44 35* 3, 90 61 e di Ercole 6 16 56 a54 5 0* 02, II aa i dell' Orsa minore 4 17 7 a56 4ì 3o* -98,83 67 TT di Ercole 3 17 8 aS? 1 14* + 3i, 21 aa ( del Dragone bò d'Ercole a 6 17 17 8 9 a57 3 a57 18 3o a3* a, 18 4a, II 70 di Ercole 7(3 X di Ercole 4 17 i3 a53 IO I 36, 93 4.5 17 23 aóo 40 1 1 36, 19 a7 / del Dragone 85 , di Ercole 5.4 17 33 a63 1 1 36 - 3,94 4 17 34 203 37 21 + 35, 26 Di Ercole . 5 17 35 260 43 8 34, b7 D X Antonio Cagno Numprn ; e difi'c- rpnzf estreme delle osservazioni. N. Sec. 2, 6 6 6 5 2 5 7 , 9, lo , 9 7 o 9 2, lÌLclina/ioni boreali a I Gennajo l8co. C. 46 45 i4 77 i\r. 35 4 19 S. 55 57 3i 3a i5 e Varia- zioni annue . L I Scc. — IO , 26 9 5 Sa 9> 71 9, 45 9, a4 715 Numero; e difTe- renze estreme delle osservazioni. N. ^7 9 I I ^4 Scc. IO, 8, 8 6 9» 7 45,6 5 5, 9 a 1,8 a 0,4 6 I e . a I do a aò 61 58 4a 19 4a 5i 8 14 5i a4 9, 09 f , 36 8 , a8 7, 85 I I 19 I 9 IO , 5 14 ' 7 a 5 6 6 6 o, 7 7, 8 4, o 6, 4 7. I 69 53 8 5 la 19 57 37 58 5 53 38 i3 la 7» 78 7> 54 7 j 16 7 j 01 0 j 00 2 4 I 3 o , 8 5 , 8 3,4 4. 5 6 6 6 4 7 IO IO , 7 5, 8 5, 3 8. 7 7 36 16 I 5 19 a5 IO 3o a7 q 4a a 65 a6 37 6, 80 6, 59 6, 48 6 , 17 $, 6a I I a a 3, 7 9> 4 16 , o 5 3 3 3 a 6 , 9 IO , 6 1.4 3 , o 3, 7 5 4^ ^7 oa ao 47 a 39 57 41 5 35 37 65 1 1 5, 47 4, 59 4» 49 4. 48 4, 40 a a I 6 I I, 8 i5 , 0 I 3 a 3 I I, 5 5 , 3 a4 4^' 35 a6 16 a3 63 i5 41 46 7 i5 a9 3i 14* X X X X a 4' IO 3 5 37 a , 3? a, a8 a, 19 I a I I 3 o, 7 7l6 e A T A I. O G 0 Nomi delle stelle Gran- Ascensio- Ascensioni retto V aria- e dello dez- ni rette a 1 Gennajo zioni costellazioni . ze. in tempo. 1 800 . a nuue , 0. M. G. M. S. Sec. 28 w del Dragone 4 17 00 00 064 32 33 - 5,58 8(x jj, di Ercole 3.4 ^7 39 a 64 39 34* + 35,41 3o del Dragone 6 17 44 a66 4 35 ai,zja 90 / di Ercole 6 17 47 a66 41 59 29, 14 91 fl di Ercole 4 17 49 a67 20 40* 3o, 7a 92, ^ di Ercole 4 17 5o 367 29 57* 34, 7a 3a ^ del Dragone J-4 ^7 5o 267 3i 0 i5, aS 33 y del Dragone "^ 17 5a 267 59 25 2C5 32 Di Ercole , precedente 6 ^7 53 268 19 21 32,83 Seguente 6 ^7 54 268 34 24=* = Sa, 79 34 -l- 2. del Dragone 6 17 59 269 40. 3 - i5, 74 99, b di Ercole 5 17 59 Sibg Si 34 + 34, la ic3 0 di Ercole 4 ly 0 269 56 7 34, 96 36 del Dragone 6 18 i3 273 1 1 9 4,34 40 del Dragone 5 18 i5 273 44 45 - 66, 98 41 del Dragone 5 18 i5 273 46 22 66,98 109 di Ercole 4 18 i5 273 47 3? + 37, 99 59- d del Serpente 6 18 17 274 14 40 45,91 39, b del Dragone 56 18 ai 275 14 47 i3, 17 44 X del Dragone 4.3 18 a5 a76 9 5 -^7' 77 Della Lira 5 18 29 277 19 17 + 32,89 a3 ^ dell' Orsa minore 3.4 18 37 279 9 29- -283,53 6 ^ della Lira 5 j8 38 279 28 ao + 3o, 8a III d^ Ercole 45 18 ?8 279 3a 5o 39, 54 34 dell' Orsa minore 6 18 44 281 3 5a- -320, 81 i3 TT della Lira r - ; ^:5 18 49 283 18 45 + 27, 25 !^o del Dragone 6 ' 18 53 283 IO 53 -27, 75 5a u del Dragone 4 18 57 284 1 1 55 10,54 53 del Dragone 5 ^9 8 286 53 lÓ + 16,99 a8 A deli' Aqniìsi 6 19 IO. 287 ÌjO 46 41,88 i :•: ;; D 1 A N T 0 N r 0 C A e N 0 L r. 717 Numero ; e diffe- Declinazioni Varia- Numero ; e (diffe- renzn estreme b creali a zioni renze estreme delle asservaziuiii. I G cnnajo tSoo. annue . delle osservazioni N. See. G. M. S. Sec. N. ■Scc. a 9. 7 G8 5o 49 - I , 89 I a, 4> 5 27 5o 45* I , 86 a I , 0 2. 6, 8 5o 49 53 1 , 41 4 7' 0 I 40 3 18 I , i5 I 2. 3 , o 37 17 5* 0, 93 a 0 , 0 a I, 5 ac) 16 43* 0, 88 a i, 5 I 56 54 3o 0,87 I 3 8, 8 5i 3i 3 0 , 70 4 3, 8 3 I, 5 33 i3 43* 0 , 59 3 1, 5 I 33 19 7* 0 , So 3 . 3 j 0 I 73 I iS 0 , la I S 6, 0 3o 3a 43 0 , o5 I 3 I, 5 a8 44 45 0 , oa 3 14. I 3 O 5 O 64 if> 55* -}- I , II 3 a, 8 I 79 57 25* I , 3i 4 1, 5 I 79 57 37* I, .^a I 3 6 , o ai 45 36 I, 33 I I 0 5 5 I , 40) 3 17. 7 2, i4' 7 58 4r 20 I , 83 a J 5 7 Si la , o 72 38 47 a, 14 I 3 6, 0 33 18 3o* a , 55 4 I , i a. a4, 0 86 33 45 3 , 18 I a 5, 9 37 24 21 3 , og a 8, 7 a a , a 17 58 16 3 , 3a a 3 , 5 2 i4S , 0 86 55 55* 3, 84 4 3- 7 ^ 6 , o 43 41 39^ 4' 27 12 95 ^ i 7'' 1 1 31 4, -^^ 3 6, 6 a 4, 5 71 I 4> 4, 91 3 4, a a a , a 56 3r aa 5, 85 a I, 6 a o , a la I a 6 , o3 a 12, 4 7i8 C A •VAI. 0 G 0 Komi delle stelle Gran- Ascensio- Ascei lEÌonJ rette Varia- e delle dez- ni rette a I Genn ajo zioni costellazioni . ze. in tempo. 1800 . annue . 0. M. G. M. S. Sec. 3i h dell'aquila 6 19 ]5 288 5i 23 42,09 a dei Cigno 5 6 '9 16 4 dei r Oca 6 19 '7 60 T del Dragone 4 19 19 a89 49 33 — i5, 60 58 TT del Dragone 4 J9 20 289 54 16 + 4' 95 7 dell'Oca 5.6 iq 21 7 del Cigno 6 '9 a3 38 tx dell' 7^q^iIa 4.5 '9 24 4 « della Saetta 5.6 19 28 292 3 38 40, 61 IO Q del Cigno 4 19 3i 292 46 3 24, la 6 /3 della Saetta 4 19 3a - 18 cT del Cigno 3 19 39 294 4<^ 45 a7'97 17 X del Cigno 5 19 -9 Ili della Volpe 5 J9 42 59 ^ dell' Aquila 5 19 45 -296 8 a3 43, 43 20 del Cigno 5 ^9 46 296 24 i5 22, 58 21 () del Cigno 4 19 49 33, 67 14 della Voipe 6 19 5i 63 r dell' Aquila 6 19 54 298 35 39 4-^,87 17 della Volpe 4 ^9 58 299 34 3o 38,53 65 del Dragone 6.5 ao 0 3oo I 14 10,29 nS b 2. del Cigno 5 20 a 3oc 29 5a* 33, 29 iq della Volpe 6 20 3 3oo 5i 24* 37,48 18 della Saetta 6 20 8 3oi 5a 59* 39, 4a 24 della Volpe 5 20 8 3oa 3 aa* 38, 08 3a del Cigno 5 20 9 oca rq 16 27,73 07 y del Cigno ^ 3 20 i5 3o3 45 4' Sa, 16 39 h del Cigno ' ' '6 ao 16 3o3 58 5* 3,3, 74 4 ^ del Delfino 5 20 a6 306 29 21 4S93 a 0 di Gefeo . 5 0.0 a6 3o6 33 4 i5, a6 D I A N T 0 N 1 0 C A e N ori. 719 Num ero ; e diffe- Declinazioni Varia- Num ero; e diffe- rcnzc estreme boreali a zioni renze estreme delle osì>crvazioni. I Gennajo 1800. annue.. delle osservazioai. N. Sec. G. M. S. Sec. N. Sec. 4 4, ^ I I 3i 6 + 6 , 47 I og 14 18 6 , 53 I ^9 25 6 6, 57 I 2, IO , 5 6, 78 3 9, 8 65 19 43 6, 82 I 19 5a 39 6, 90 r 5i 55 5 7, c6 I 6- 58 3 7, ao 2 i5 j I 4 4,5 16 I 36 7, 52 I 3 3, I 49 45 4a 7 5 7-5 8 10 , 1 17 I 26 7 , oa I 4 7, o 44 38 56 8 , 36 8 7, a-; 3.:; 16 28 8, 36 I •2,2 6 33 8, 65 I a a, 0 7 57 24. 8, 82 a 2, 3 3 9, 0 Sii 29 4 8, 90 4 14, 6 34 33 39- 9, i5 6 6, 3 aa 34 2 9, 20 2 0, 4 3 9» 7 6 43 27 9, 59 3 1 , 8 6 0, » 23 2, 5o 9, 88 3 3, 4 3 6 , o 64 4 i3 IO 5 02 3 7, 6 3 9, 2 36 i5 36 IO , o5 2 3, 6 3 3, 5 26 i3 19 IO, 27 3 8> 7 3 3, 7 £0 59 44 IO, 53 I 4 4,4 24 3 53 IO , 63 3 5, 9 2, a , o 47 6 22. IO-, 70 i3 IO, I 4 3 , o 09 0 ^7 ^7 11, 12 8 5 , a 5 ?■> 6 3i 33 1 1 n , 18 a 0, 3 3 1,5 3 1,5 6i 19 28 II , 92 4 i3, 3 yac C A T .\ L 0 G 0 Nomi delle stelle Gran- Ascensio- Ascensioni I-ette Varia- e delle dez- ni rette a I Gennajo zioni costellazioni. ze. in tempo. 1800 annue. 0. M. G. M. S. Sec. 6 (3 del Delfino 3 20 28 So 7 a ^7 41,08 2,7 della Volpe 5 ao 29 3o7 8 8* 38, 24 S 9 del Delfino 6 20 29 007 19 3o 42,39 48 del Cigno 6 20 29 307 20 53* •>6, 43 :29 della Volpe 5 20 3o 007 a 3 44* 39,99 73 del Dragone 5 20 34 3o8 3o r8* - 9,63 So X del Cigno i.a 20 35 3o8 38 5b* + 30,54 Si /t del Cigno 6.5 20 37 309 ai 6 37, 00 53 e del Cigno 3 20 38 309 3i 43* 3-5, 8 a 7.5 del Dragone 6.5 20 40 3io 3 ^* - 47, «4 3 M di Cefeo 4 20 4r 3io '7 59* + 18, 3a 3i r delia Volpe 65 20 44 3io 53 33 58 45 I del Cavallino 5 20 49 3.2 r6 IO* 45,03 5.8 4 dei Cigno 4 20 £.0 3ia aS 43 33, 36 7Ó del Dragone 5.6 20 5() 3i4 a 59 - — 53, 73 5 y del Cavallino 4 21 I 3i5 9 24. -f-43, 6a 65 T del Cigno 4.5 2,1 7 3i6 42 8 35, 5a 77 del Dragone 5 ai 9 0 017 18 3o - - 14, 39 67 cr del Cigno 4 21 IO 317 33 3i ■ -+-35, 14 66 V del Cigno 5 21 IO 3i7 aS 41 36,78 5 « di Cefèo 3 21 14 3i8 36 58 21,24 a /■ di Pegaso 4 21 21 3ao i3 26 40,57 7 di Cefèo 6 2,1 24 320 58 i5* 17,70 8 B di Cefèo 3 21 26 321 3o 24 1 2, 29 73 p del Cigno 4 31 26 021 36 44* 33,63 aS J dell'Aquario 6 21 29 322 ar 4 45, 67 8 £ di Pegaso 3 21 34 323 35 29* 44,07 80 7r I del Cigno 4 21 35 323 45 1 1 3i, 69 9 g di Pegaso 4 21 35 323 45 37 42, 45 li di Cefèo 5 2,1 39 3:^4 43 57 10,48 D 1 A N T 0 N r 0 V. A e N 0 L I . 721 Ntimcro ; e dilTe- Dee inazioni Varia- Numr ro ; e tVine- rcnzc estreme boreali a zioni renze estreme delle osservazioni . I Gennajo i 800. annue . «Ielle osservazioni . N. Scc. G. M. S. Sec. N. Sec. 3 4,5 5 5,6 a5 46 Sa -\ - 12 , 09 4 1> 7 3 9 > o la 37 24 la, 4 I 3 3, 4 3o 53 I la, 14 3 8, a 3 0,8 ao 3o 3o la , 16 I 5 i5, 3 74 i5 55 la, 4? 3 6, 8 5 I I , o 44 34 18 12, 5r 7 '^';^ 4 2' 7 29 59 53 12, 69 6 4, 3 3 4, o 33 i3 40 la, 74 a 0,0 3 i8, 5 8o 43 29 la, 89 I 5 8, o 6r 0 0 40 la, 95 a 6, I 4 a , o a6 21 29 i3 , IO 4 3, r j I , ó •* D 02 17 i3, 46 I 3 I, 3 4o 24 ai i3. So 4 4,6 3 a, 9 8i 46 43 i3, 9^ 4 3,3 a. 2 , 0 9 20 1 1 14, ao a 43 a 3 9 5 o 37 1 1 48 14. 57 a 4' 7 4 I , 6 77 18 37 14, 72 4 1.4 2, 4.5 14. 74 3 4. 5 34 4 I 14 > 74 I 5 8 , a 6i 44 23 i4, 98 2 0 , a 2. 6, 9 22 40 4* i5 , 39 3 0 , 3 4 8, 8 65 56 19 i5 , 55 3 2, 0 4 M ' ^ 69 4^ 1 1 i5, 67 I 2, 3 , o 44 42 49 i5 , 69 II 10^ I 4 2 , 6 1 21 IO i5, 85 3 9, 0 5 a, 8 8 57 55 16 , 12 I IO 9, a 5o IO 46 16, i5 a ^.4 3 a , 3 16 26 3 16, i5 a 0 , 3 I 70 23 34* 16 , 35 3 3, I Tomo X. Y yyy Nomi delle stella e delle GostellazionL a del Cigno 8r a- IO di Cefeo la di Cefèo i6 di Pegaso Di Cefèo , precedente ar di Pegaso i6 di Cefèo 17 5 di Cefèo aè Q di Pegaso 29 TT di Pegaso 21 ^ di Cefèo 22 A di Cefèo 24 di Cefèo 23 > di Cefèo 3i di Pegaso aS di Cefèo a della Lucertola 3 della Lucertola 5 della Lucertola 27 (T di Cefèo ; A T Gran- dez- ze. 5 5 6 6 6 5 5 5 4 4 4 6 5 4.5 4 6 5 4 5 4 A L O G O Ascensio- ni rette in tempo. O. M. 21 39 21 4^ 21 4^ ai 44 21 4-5 ai 54 21 5b ai 58 aa o aa I 7 della Lucertola 4 3a di Cefèo in Evelio 5 9 della Lucertola 4 Ao di Pegaso 6 3i di Cefèo 6 23 aa aa aa 22 22 aa aa 2a 4 5 6 8 la aa la aa i3 aa 16 aa ai aa aa a3 27 29 29 3i Ascensioni rette a I Gennajo 1800. G. M. S. 3a4 324 3a5 325 3a6 3a8 3a9 Sag 33o 33o 5i 55 a 3 59 19 aa 5 3o i 16 33a 333 333 335 335 335 336 337 337 337 1^ 18 o ag 4 41 4 o 34 34* 55 1 1 55 18 26 45 47 17 18 4 18 33o S9 33i 1 1 33i ag 3 33i 55 II 33a 55 II 45 5a 19 36 Varia- zioni annue. Sec. Sa, 97 25,85 26,43 40, 72 3o, 16 44, CI i3, f4 25, 43 45, o3 39,69 3o, 86 3o, 23 17» 67 3i, 94 44>4 28, 95 36, 75 34,99 37,07 3a, 93 5a* 36, 40 44 — 4^' ^^ 5o 4- 36, 56 la 43, 35 4a aS* ai, 70 44 1) di Pegaso '. 3 aa 34 48 (X di Pegaso 4 aa 40 34 di Cefèo in Evelio 6 aa 48 i 0 di Andromeda 3.4 aa 53 54 a. di Pegaso . a aa 55 338 a4 3i* 41, 83 340 5 27 341 58 IO 343 1 1 2* 343 4a 4* 44,53 4^j97 I, 07 4'"» '6 • D I A N TONIO Cagno L I . 7a3 Nuinoro ; e dillc- DeriiiMzioni Varia- NuTTierc ; e di(re- ronzL estreme ho reali a zioni ronze cstreme delle osservazioni. I Gerinajo i 800. autiue. delle 0 «servazioni. N. Sec. G. M. s. Sec, N. Sec. 4 3 , o 48 a3 i3 + 16, 37 la 16, 3 4 4. 3 60 la 14 16, 38 I à 9, o 59 46 II 16, 48 I . 3 a , 3 a4 Ò9 a4 16 , bo 3 1,8 6 7. 9 54 5x 41 16, 66 I 4 7, 3 IO a5 19 17, c5 3 la, 9 6 li, 7 7a i3 53 17, 18 I a a, 8 03 39 i5 17, a5 4 IO , 3 a a, a 5 i3 19 17, 35 a a , 6 3 3,4 3a la 9 17, 39 a 5, I 4 5, 6 57 i3 7 ■ 17, 5i I a 17, a 58 a5 5o* 17, 54 3 3, 6 3 0, 5 71 ai 33 17, 59 a 6, 6 a 4,5 5Ó 3 6 17, 67 E 4 6, 6 3 8, 9 61 48 i5 17, 83 a a, 7 a J > 9 45 3a 5 17, 87 II II , 3 3 I , a 5i i3 56 17, 98 I 3 3,0 46 41 16 18, 19 7 3, 9 3 I, 8 57 a3 40 18, ai 3 6, 3 3 5, 6 49 i5 ai 18, a6 5 5 , 0 I 85 5 36 18, 40 I 4 9 5 3 5o 3i 5 18, 47 4 3, 9 3 4,5 18 a9 aS* 18,47 3 I, 5 3 ò, 3 7a 36 a3 18, 5a a 0 , a 3 0, 4 ag IO 3i 18, 61 2. 5, 7 5 i3 , 0 a3 3a 53 18, 8a a 6, 3 a I, 3 8a 5 47 19, 04 a 6, I 5 5, 5 4' i5 ai 19' 17 7 7* ^ 4 b , 0 14 8 7 Yy 19 , aa y y a I * 7^4 Komi delle stelle e delle costellazioni. U A T Gran- dez- ze. 36 di Cefèo in Evelio 6.5 Di Cefèo 7 56 di Pegaso 5 6 di Andromeda 6 33 ^7- di Cefè-o 5.4 A L 0 G Ascensio- ni rette in tempo. O. 2,0, 22, 2.3 a 3 M. 55 56 I a Ascensioni rette a I Gennaj o 1800, M. s. G. 343 344 20 345 18 43 345 a 3 40 Varia- zioni annue-, Sec. 8—1, 3o 14 -\-ib, 83 45 43, 49 41, 3o a7>97 8 di Andromeda 34 o di Cefèo i3 d' Andromeda 71 j di Pegaso 72 di Pegaso 5 6.7 6 6 39 16 di Cefèo in Evelio 6 X di Andromeda 4 19 X di Andromeda 5 35 y di Cefèo 3 5 T di Cassiope 5.6 79 di Pegaso 8 (T di Casàiope 28 w de' Pesci 10 di Cassiope 1 1 |3 di Cas&iope 6 6 5 6 3.3 87 u di Pegaso 5 34 de' Pesci 6.5 aa di Andromeda 5 a3 a 3 o n a3 a3 a 3 a3 a3 a3 a4 a4 9 347 7 4o 41,01 IO 347 37 IO 35, 8a 18 349 aa So 4^> ^^4 a3 35o 5a 9 44? 7^ a4 35 1 o 4^ 44j ^^ a3 a8 3i 3i 37 35 1 53 59 35i 57 16 352 39 o 35a 48 56 354 20 7 a3 4-c 354 53 aa a3 49 357 i3 48* a3 49 357 i5 43 a3 56 359 a i4 a3 59 35g 38 38 3, 4a 43, IO 43, 53 35, 5o 4a, 84 45, 00 44, 59 45, 85 45, aS 45, 75 59 359 41 5 4-5? 91 o 359 56 3a ^5, 94 o 359 59 37* 4'^, 94 FINE .V '. D I A N T 0 N I C G A G N 0 t 1 . 7a5 Numero; e diffe- Declinazioni Va 'ia- Numero ; e diffe- renze estreme bc jreali a zioni renze Còtreme deUe osservazioni. X Gennajo 1800 . &uaue . delle osàervdzioni N. Scc. G. M. S. Sec. N. Scc. a 9 > 5 83 16 37 + 195 24 a IO , 5 4 la'. 9 79 16 i5 24 I •• 3 I » 7 a4 a3 a6* 19 28 3 0, 9 4 6, 9 4a a8 19 193 37 4 4, 7 3 o, 5 74 18 39 19' 38 I 5 la, 6 47 55 ag 19 , 5a i3 IO , a 4 6, I 67 I 17 19 = 56 a 12 , 0 6 II 5 a 4^ 48 ^7 19. 68 a 0 5 a a I > 8 ai a3 45 19 . 77 I 3 3, o 3o i3 H 19- . 7» I 5 la, 8 86 la 16 19 , 83 6 3, 3 a o, 7 45 aa 30 19. 83 4 1,6 a o, 5 43 i3 41 19. 86 a o> 7 3 ò, o 76 3o 55* 19 , 86 3 I , 0 a 3, o 57 33 ai ^9 , ga a I, 5 5 4> 0 27 43 47 19 .94 4 5 , 0 a 4, 2 54 38 3a 19 99 5 3,4 5 a, a 5 45 3o ao , 00 3 I » 9 a 6, o 63 4 5a 20 . ca 4 a , a 4 4> o 58 a 45* ao . oa a I , 0 3 a , I 17 5 54 20 , 02 a 4 5 9 a 5, 7 IO 1 59 ao , oa I 3 s. 6 44 57 3o ao . , oa 4 ^> 7 DEL CATALOGO, 72.6 POSIZIONE DI 28 Nomi delle Stelle Gran- e delle dez- costellazioni . ze , IO della Balena 14 l!ì Mayer 1-3 della Balena 68 o della Balena varian. KIGEL SIRIO hi d della Vergine i del Centauro SPIGA 5 6 del Centauro I 3 '> jf del Centauro 4 |3 del Lupo 3 5 « I del Capricorno 4 6 « a del Capricorno 3 9 /5 del Capricorno 3 a3 9 del Capricorno <2,a |3 dell' Aquario 40 y del Capricorno 49 ^ del Capricorno 34 « dell'Aquario 5 3 4 3 3 48 y dell'Aquario 3 Dell' Aquario 6 63 X dell' Aquario 5 73 A dell' Aquario 4 79 dell'Aq., Fomalhaut i.a 90 $) dell' Aquario 96 dell' Aquario 33 de' Pesci 5 5 5 Ascensio- ni rette in tempo . O. M. O 16 o à5 o 2.0 a 9 6 i3 i3 IO j3 20 20 ao ai ai ai 2,1 aa aa aa aa aa 36 o 9 i5 55 14 a3 14 40 7 7 IO 55 ai ag 36 54 II 14 27 4a 47 a3 4 a3 q a3 55 Ascensioni rette a I Gennajo 1800. G. M. S. 4 6 6 3a 5 a6 19 JO 57 44 18 44 76 i3 5a 99 5 o 194 54 a 197 ao 45* 1 48 4'J I ac8 44 II' 3 1 3 4° 7 3ao i5 3 3aa i4 44* 3a3 59 41* 328 5a a7 332 49 4"5 333 25 16 3 6 5o 56 340 32 3a 341 38 a5 345 59 19 347 i5 20 358 46 20 Varia- zioni annue . 45,91 45,88 45,87 45, ->a 43,06 39, 6a 46, 34 5o, 22 47' 19 5a,77 ai5 4^ 35* 56, 20 3oi 38 8* 49,91 Sci 44 4* 49,92 3ca aó 16* 5u, 61 5o, 65 47,68 49, 8a 49,55 45,91 46, 3 a 46,86 46,67 46,95 4<;, 83 46,55 46,4^ 45, 99 S T ELLE A U S T R A L L 727 Numerc ) ; e dilTe- Declinazioni Varia- Numero ; e diffew renze estreme auBtral: I a zioni renze estreme delle osservazioni. 1 G ennajo 1800. annue. delle osservazioni. N. ^cc. G. M. s. Sec. N. Sec. 6 4,5 I 9 a4 — ^9> 97 3 I, 8 3 4, 5 I 36 i3 19 90 3 a. 4 6 a, o I 36 la 19, 87 4 7,5 a I, 5 3 53 08 16 , 91 5 6. 4 a5 10 , a 8 fl6 a8* 4> 76 a 0 , 0 iS la, 4 i6 a7 4 + 4, 53 3 5, I 3 3 , 0 4 a8 a 19 , 35 3 6 , 0 a, a , o 35 38 55 10, II , a 0, 7 5 IO , 5 IO 6 42* ig , 00 a 0 , 0 a. a , a 35 aa a3 17, 56 4 6, a I 4i 16 7 16 , a5 4 6 , 0 4a 18 55 i5 , oa a 0, 9 3 4, 5 i3 6 48 — IO , 5o 3 a, 4 5 3 , o 4 5, 6 i5 a4 3 io, 74 I I i8 I 5* i3, 83 3 .0 , 5 3 I > 7 6 a6 a8 i5,4o 3 i> 4 3 3, I 17 33 17 i5 , 83 3 1,8 4 5 , o ^7 I aa 16 , ao 0 0 , I 6 9 5 o j 17 5 17 , i3 4 7. 3 3 3 , o a a3 20 17, 81 I 4 IO , 5 5 5o 5o 17 , 90 I 3 6 , o 5 i5 17* 18, 41 3 I , ^ 3 3 , o 8 33 17 18 , fì8 3 3, 4 4 7,4 3o 40 38 18, 81 I a a , 0 7 7 a4 19, 43 7 II, 4 a a, I 6 la 53 19 , 53 4 6, I I 6 49 33 ao , oa 4 a, 3 7^8 Declinazioni , per ordiSts , delle stelle boreali contenute NEL Catalogo , con lk eelaTivìì ascensioni bette in tempo . Declina- Ascensio- Det lina- Ascen io- Declina- Ascensio- zioni ni rette zioni ni rette zioni ni rette O' l' f l 7' 36' s6''4i' 14° 0' ac' a 5 5 ib 17 44 9 a7 5 Ib 4 i8 0 54 -7 19 45 8 a. aa 35 4^7 59 i5 37 8 aa 55 56 4 18 3 58 16 ob 14 6 I 1 2.1 ai a<) 5o ai 34 Si i3 ^9 H 4 48 9 i 0 ib ì5 8 4 a 3o IO 46 ao ai I '9 16 43 ^ 3r 16 la 38 5 5i 53 0 39 S 6 4 44 4a 16 48 16 a 19 a8 aò ib ai 47 5 a4 ai b49 54 1 1 4° 48 8 ó a6 ai' 35 3 i8 IO II 10 a 0 0 48 i3 40 2,0 5 12, a5 ai 54 17 I 19 3a 21 5 la 3o 16 45 6 a3 ^9 3a ac 49 3i 3 37 f7 14 3i 33 a 5a II 5 443 4a 8 14 4 <^ 5 a8 6 ■17 9 49 14 36 ii6 la IO la aa la 58 18 38 29 la 46 a8 8 57 18 19 I 43 41 6 i3 3r 19 i5 a3 iS 5a 46 1 1 5o 34 a a6 a9 aa 29 5 i3 aa 0 36 a 34 46 i5 40 aS 3 53 53 0 56 53 8 33 33 9 a8 la I 19 IO 19 ao 19 97 37 16 38 i4 3 ao 3i II ao 44 7 09 19 6 5 49 I 44 45 a3 49 aa 0 la 53 19 ai 6 la i3 la 36 6 5 56 14 4a 3a i3 8 37 ao ag ^7 10 36 a6. 4 39 E 3 12 e i4 58 I r 43 19 54 16 I ag ao 14 14 7 53 19 a4 a7 jS 3a 18 3 3 7 9 8 36 38 I a5 3i ao 3o 6 -' ai 5 44 55 ac a8 58 10 3i Catalogo per Declinazioni 729 Declina- Ascensio- zioni ni rette ai" 0' ao» 8' 7 8 ai H a3 a3 4^ 18 i5 aa 7 19 4a IO la ag ao 0 47 ao la 43 33 6 3 34 19 5r 36 6 ir 46 ai ai a3 3 19 58 9 4 a3 i3 II 5r 16 5 5a 33 aa 40 ai 4 ao 8 a3 aa 57 39 5 37 43 17 i3 59 ai 44 a5 3 la 6 i3 la 19 40 a 5o 41 la ai 47 ao a9 26 3 14 I 6 7 58 la I 9 i3 ao 3 16 17 a3 ai ao 44 37 IO 56 41 i5 41 Tomo X. Declina- Ascensio- zioni ni rette aó'S/ 9*41' a7 16 7 41 44 a3 4<5 5i 17 39 a8 ai 7 5i 3o 7 33 39 0 19 45 -i3 0 53 i3 3 29 I I I Ji aa 34 4 19 16 17 17 5o M la 17 3r ij 35 41 IO 5 0 4^ i5 19 00 0 ao 37 i3 a3 a4 33 17 59 37 14 26 44 0 5a 53 ao 29 3r 7 a 45 i5 14 a3 ao 8 42. 33 ao 16 44 IO 35 3a la aa I 19 7 aa a8 IO 4 37 0 a6 33 i IO a7 14 17 53 14 ao 38 Zzzz Declina- Ascensio- zioni ni retto 33° 16' IO* 39' 18 a 5 19 17 54 19 18 a9 a4 IO ao 40 i5 16 34 4 ai IO 1 1 II 8 18 5 14 a3 ló 7 33 0 59 34 19 49 .. ^9 IO i4 00 la 3 46 17 IO 4^ at) 7 a5 41 0 8 4a ró 56 -.. ^9 -9 19 56 8 I 43 IO i3 i-o 16 ao a ^7 i5 44 a6 IO 14 5a 0 1 1 5a la 56 3y 3 17 8 la ai 7 17 ^7 49 18 i5 3a a4 18 38 a5 0 46 a9 a 38 38 9 6 44 IO 16 73o Catalogo Declina- Ascensio- Declina- Ascer 1310- Declina- Ascensio- zioni ni rette zioni ni rette zioni ni rette 38' 5' 1« 59' 42< '5i' 16S 28' 47 ° 8' 3*29' 5 i5 17 59 5 49 3i 3 22 22, 0 3r 43 14 23 3i 37 i 26 3a i5 49 22 i 28 53 4 0 34 21 IO 3i 443 55 23 9 4i 6 39 39 12 4 56 8 5o Si a 46 4t 18 49 57 II 28 . ^7 IO 28 44 i5 48 48 22 2 3i 39 33 I 29 54 IO 5 23 21 39 37 20 t5 44 5 2 56 26 1457 38 6 58 i5 IO 42 49 8 45 59 0 39 29 I 1 1 56 14 59 40 3 ^7 47 34 20 35 49 8 3 IO 4 6 25 39 19 39 i5 aa a3 8 12 16 42 6 29 22 6 9 22 12 36 43 21 26 34 12 39 24 I 25 44 1 1 28 40 2 i5 24 20 5o 58 0 0 41 I 3i 4Ó 4 49 45 20 6 43 46 19 3i 57 4 53 23 23 28 So 3 i3 26 41 3 7 IO 28 16 2 ^7 21 35 1 1 14 54 32 22 i3 19 i3 40 i3 7 4 35 IO 58 3i 7 7 i5 22 53 47 5 a 3i 22 29 22 I 52 58 1 i3 44 i3 IO 0 01 i5 24 46 2 9 34 45 9 43 47 12 6 7 17 34 So 17 44 49 23 18 IO 0 58 Si 4 22 lÓ 56 3 32 27 2 6 19 4 5i 4^ 0 6 37 3i 8 27 3i 17 52 20 16 22 36 IO 57 55 19 23 28 23 I 41 22 21 56 2 40 3o JO IO 57 9 36 52 4 7 53 36 3 8 47 I 14 9 18 14 9 5i IO IO 6 20 9 29 19 46 PER Declinazioni 7^y De ri ina- Ascensio- Declina- Ascensio- Declina- Ascensio- zioni ni rette zioni ni rette zioni ni rette Sii" 43' a*5o' 59^40' i5*ai' 65° 35' 1^59' 48 0 a6 46 ai 4^' 56 ai 24 53 4 4a4 58 9 37 58 17 8 ao ib 3a 60 8 446 66 6 IO 3 a 5 0 ai la 2,1 40 3i la 47 56 i3 3a aS IO 39 34 IO IO 54 iQ la 0 43 0 i3 45 IO a8 33 la 5 58 7 59 67 I a3 IO 39 a 3 49 59 i3 ai 5 I la 48 II 43 61 4 ao 41 40 8 5i 5i ai 45 ao 3 59 41 la 5a 55 a 9 44 ai 14 4a I 41 55 a6 0 ag 48 aa la 46 6 3o 26 i3 39 49 5 aa 53 la 39 58 i3 16 So 0 2a 68 16 17 33 56 I 5 3o 58 16 ai a4 8 44 3 aa 8 6a 14 8 58 5i 17 38 aii i3 a6 19 ao 26 69 la ló a8 3i 19 8 aó 4 55 14 I 17 45 0 3? 4a 8 37 36 I a8 49 5 3Ò 5o IO 5i 41 ai a6 5o 5 34 63 5 a3 56 56 I 46 54 17 5o 18 7 a8 70 a4 ai 39 S7 i3 aa 4 a5 I 48 a6 II 19 ao 5 6 39 ai 58 36 i 5a a4 aa aa 4q la 33 4a 3 3o 33 a3 37 54 I 48 4a 9 17 53 5 a 55 9 i5 71 a 18 57 58 a 9 3a 64 4 ao 0 aa aa 6 3 a3 59 ao 18 i3 a6 I 47 a6 aa 5 54 3 3 7a I I a3 4' 18 ai 58 16 J^o I 17 59 59 4 6 a 65 I 8 a3 14 ai 56 3o la ai ao 19 ao 33 i5 17 38 0 45 a6 Z2 16 55 zza 33 j5 17 732, e. li. T A L eco PER Dì: " L I N AZIONI Declina- Ascensio- Declina- Ascensio- Declina- Ascensio- zioni ni 1 ■ette zioni ni 1 ette zioni ni rette 72" 36' 22, *3i' 76^ 35' 14^ 28' 82^45' 6*45' 39 18 25 77 12 6 3i 83 17 22 55 # 14 41 19 16 IO 34 IO 5 48 1445 19 21 9 84 3o 12 48 59 IQ 19 78 I i5 38 oc 12 48 73 9 9 24 24 i5 5a 85 6 22 27 54 0 33 29 14 IO II 0 44 74 <^ 2 4^ 33 12 2 i5 9 53 16 20 34 79 16 22 56 86 12 23 28 ^9 23 2 45 6 IO 34 18 37 2,1 2 43 57 18 i5 42 II 54 40 i5 6 58 18 i5 56 18 44 58 4 5i 80 43 20 40 87 17 6 3 75 9 I 47 81 47 20 56 33 12 14 :r 18 53 82 6 22 48 88 14 0 52 33 M 5 II 9 7 40 IO 34 76 18 1 46 i3 II 17 48 12 14 H i3 3i 21 ^7 Z SAG- 733 S A G G I SOPRA IL FLUIDO GALVANICO Di Anton Maria Vassalli-Eandi Ricevuto il cà 21 Blarzo i3o3» s- ^. Origline del Galvanismo.. J-J attribuire all' azione d' un fluido attivissimo i principali fenomeni della natura è cosa cotanto antica, che la sua Gli- cine è involta nelle tenebre dell' antichità . Sanconiatone at- tribuì ad un fluido sottile sparso per V aria la conservazione dell' Universo . Questo fluido , die secondo questo antichissi- mo Scrittore, unisce, e separa le cose naturali, è pur desso l'anima umana , Empedocle in Grecia, e Pitagora in Italia proposero un analogo sistema insegnando essere un fluido' sottile il motore universale della natura, o V anima del mon- do . S. Agostino medesimo assegnò il sentire, o la memoria delle bestie ad un fluido vitale formato dal sangue. Paracel- so 5 ed una folla di altri medici attribuirono tutte le malat- tie al difftto d'un fluido sottilissimo sparso attorno a tutti i corpi . /Finalmente lo stesso Newton nel libro 3.° dell' Ot- tica ascrisse ad un fluido sottilissimo , che penetra tutti i corpi , e sta nascosto sulla loro sostanza l' attrazione , e la coesione delle parti, la foraa attraente e ripulsiva dei corpi elettrici ; il' emanazione > la riflessione, e le altre proprietà della luca, le sensazioni, ed i movimenti degli animali, e dice mandarci soltanto le sperienze sufficienti per determina- re esattanvHite le leggi ,, secondo le qiiiili agisce questo flui- do . Y--4 Saggio sopra il fluido galvanico do . L' idea dunque di un fluido principale motore della na- tura si può dire essere stata in ogni tempo , o ciò si debba ripetere da[l' orgoglio dell' uomo , che mal sofFre il confessa- re l'ignoranza di molte cose, o da una tradizione , che su- però le catastrofi del nostro gloLo, o da qualunque altra ca- gione . La «[uestione fu soltanto riguardo alla natura di tale fluido. Essa fu creduta diversa nei varii tempi, e l'osserva- zione accidentale di alcuni fenomeni contribuì ancora a sta- bilire un'opinione di preferenza ad un'altra. Quindi l'Agen- te universale fu detto aereo , acqueo , igneo, magnetico, ora per significare essere desso della natura di tali corpi cono- sciuti , ora per analogia mancando le voci per esprimere es- seri nuovi , tanto più poco noti . Parecchie proprietà della calamita essendo conosciute, al fluido che le produce , o ad altro analogo furono particolarmente ascritti i principali fe- nomeni della natura •, anzi se leggiamo gli Scrittori della Fi- losofia corpusculare , del magnetismo, nella cognizione delle leftn del fluido magnetico consisteva la misteriosa scienza de- gli antichi Sacerdoti , ed. alla medesima erano appoggiati i Giudizj dì Dio, che dal iS." al iS." Secolo furono cotanto in uso per iscoprire per 1' azione del magnetismo universale gli occulti assassini , e s-crittori rinomati ispiegarono colie tì- siche leggi un tale barbaro sistema . Il fluido elettrico per le sue attrazioni , e ripulsioni , per la sua massima sottigliezza , ed attività fu da molti cre- duto l'anima universale della natura anche prima che si co- noscessero le principali leggi del medesimo ; ed una tale opi- nione cadde , e rinacque piìi volte all' occasione di qualche fenomeno particolare , o che colpì la fantasia di Scrittori di grido , che seppero ravvicinare i fatti dispersi , e per mezzo dell'elettricità rendere ragione di quanto ci presenta 1' uni- verso organico , ed inorganico . Ma questi parti dell' immagi- nazione ebbero la breve esistenza di quanto non è fondato su le invariabili leggi della natura , e nella loro caduta tras- sero pure seco loro nel disprezzo , e nell' oblio molte utili , ed Di Anton Maria VaSJalli-Eamoi . y35 ed importanti verità, delle quali si potrebbe tessere una se- rie scorrendo le opere di Teofrasto^ di Gilberto, di La Fer- riere, di Tressan , di Bertholoti , di Card ni , e degli altri elettricisti . I sistemi dimenticati lasciano sovente le loro traccie , e quasi direi i loio germi pronti a svilupparsi tosto che si presentino favorevoli circostanze*, ed è pure ad un tale germe che siamo debitori della scoperta del. fluido detto Gal- vanico, giacche il Professore Bolognese Luigi Galvani aven- do fisso nella sua niente essere l'elettricità animale il vinco- lo, che unisce l'anima al corpo, ed il mezzo onde T uno sull'altro agisce, quando la moglie gli fece osservare, che toccando con ferro i nervi di una rana di fresco uccisa, e posta in non grande distanza dal conduttore elettrico , si contrao-o-o- no i suoi muscoli nell' istante che si tirano le scintille dal conduttore, il Gel. Galvani in vece di vedere in questo feno- meno l'azione conosciuta dell'elettricità ordinaria sopra gli animali , poiché la rana tocca dall' atmosfera elettrica del conduttore perde l'elettricità naturale, che si diffonde nei corpi circostanti , e quando si estrae la scintilla dal condut- tore cessando la pressione dell' atmosfera elettrica , la rana trovandosi priva dell' elettricità naturale la attira dai corpi vicini , i quali se sono deferenti essa vi passa precipitosamen- te , onde la agita come ci convincono nulle altri fenomeni analoghi, se i corpi vicini sono coibenti, l'elettricità passa lentamente da questi nella rana, perciò essa non è scossa ; il Professore di Bologna in vece di questa quanto semplice altrettanto nota verità vide in tale fenomeno una conferma della sua teoria dell' elettricità animale, e variando in mol- te guise l'esperienza col concorso di parecchi t'ortunati acci- denti giunse ad ottenere le contrazioni musculari col solo contatto con un corpo deferente , dei nervi e dei muscoli di un animale recentemente ucciso , nel che gli giovò moltissi- mo r opera del suo degno Nipote Gioanni Aldini anch' esso Professore nell' Università di Bologna . 736 Salcio sopra il fluido galvanico DeW apparecchio Galvanico, o sia deir Elettro-motore. La teoria delle contrazioni musculari , che si eccitano toccando i nervi , ed i muscoli di un animale con un cor- po deferente dell' elettricità proposta dal Professore Galva- ni , appena pubblicata percorse tutta 1' Europa con la ra- pidità del lampo , ed in tutte le principali Città vi furo- no tosto diversi fisici che si occuparono delle sperienze Gal- vaniche variate in moltissime maniere . Parecchi Scritto- ri , come suole sempre accadei'e , negarono 1' onore della scoperta al Galvani, ritrovando descritti gli stessi, od analo- ghi fenomeni nei proprj, od altrui scritti: ma siccome non basta indicare una verità senza conoscerne le conseguenze , oppure queste accennare confusamente per essere riconosciu- to autore del sistema alla medesima da altri appoggiato ; co- sì il pubblico imparziale stupefatto di aver così tardi riflet- tutola fenomeni assai comuni, conservò al Galvani l' onore della scoperta per averne eccitata 1' attenzione , ed esposta chiaramente la teoria . Dalle sperienze furono dedotte varie modificazioni della spiegazione dei fenomeni proposta dai Galvani , ed alcuni ancora credettero essere dessa interamen- te ipotetica , potendosi render ragione dei medesimi senza ri- correre ad alcuna elettricità propria dell' animale . Tra que- sti si rese celebre pei suoi lavori il Pavese Professore Ales- sandro Volta 5 il quale convenne doversi ripetere le contra- zioni musculari dall' elettricità ; ma affermò , che questa non è punto animale bensì la comune messa in movimento dal contatto dei metalli , o di corpi irtegualmente deferenti dell' elettricità, onde le rane preparate non sono in questa teoria altro , che elettrometri più sensibili degli altri , perciò mossi dalla debolissima elettricità eccitata dal contatto di due cor- pi d' ineguale deferenza . Le opposizioni del Volta diedero luo- Dr Anton Maria Vassalli- Eandi . 7.37 luogo a diversi inteiossaiiti lavori di Galvani , e de' suoi se- guaci 5 e le opere di questi ad altri esperimenti del Volta . Intanto che diffondeva la sua opinione, ciascheduno meditava move sperienze onde confermarla , e dopo circa otto anni d' indefesso lavoro il Professore Volta considerando^ che sugli sperimenti sopra le rane havvi il contatto di due metalli ete- rogenei , e dell' umido animale , avendo già da qualche tem- po ottenuta elettricità sensibile nell' elettrometro col replica- to contatto di due lamine metalliche , immaginò di moltipli- care tali contatti per ottenere segni d' elettricità in elettro- metri meno sensibili , che le rane di fresco uccise . Nelle moltiplici sue sperienze avendo veduto, che il contatto del- lo zinco , e dell' argento eccitava maggiormente le contrazio- ni , e che esse erano risvegliate quando si bagnava 1' anima- le con acqua salsa , pensò di servirsi di tali metalli , e della soluzione di muriate di soda per formare il suo apparecchio . A tal fine fatto costrurre buon numero di lamine di zinco , ed ugual numero di lamine d' argento 3 e tutte piegate in arco le accollò due a due, vina di zinco ^ e T altra di argen- to ^ e le po5e in tante tazze in modo che gli estremi di cias- cun arco fossero in due tazze separate , e che tutte comuni- cassero per via degli archi metallici eccetto la prima, e l'ulti- ma tazza , che ricevono gli estremi di un arco solo . Ciò fatto empi le tazze colla soluzione di muriato di soda , indi toccò l'umido della prima, e dell'ultima tazza con le due mani contemporaneamente, ed ebbe una piccola scossa analoga a quelle, che fa sentire la torpedine viva quando si tocca. Dall' avere per maggior comodo disposte le tazze in giro chia- mò tale apparecchio a corona; dalla sensazione, che produ- ce lo disse torpillare, o torpedinoso , e dall'effetto, vai a dire dal mettere 1' elettricità in movimento ( secondo la sua teoria) lo nominò elettro-motore . Scoperto l'eccitamento del fluido detto galvanico (da chi die luogo ad immaginare l'ap- parecchio , che lo sviluppa con la scoperta delle contrazioni nelle rane ) per mezzo del contatto dei metalli eterogenei , Tomo X. A a a a a e di 1^38 Saggio sopra il fluido galvanico e di un corpo umido , fu facil cosa il inodificar Y apparec- chio , e l'esaminare 1' azione di tale fluido sopra i tre regni della natura . Si ridussero gli archi metallici in dischi , e si frapposero uguali dischi bagnati fra i medesimi per dare all' apparecchio la forma di cilindro , o di pila , che è più co- moda, si fissarono verticalmente nel piedestallo della pila tre cilindretti di vetro per sostenerla senza impedirne 1' azione , si fecero dischi di varia grandezza , e piattetti di varie figu- re ; si esperimentò il contatto dei diversi metalli , si frappo- sero dischi bagnati con varj liquori ; con soluzione di diversi sali , con gli umori animali , e vegetabili ; e si dedussero, pa- recchie verità importanti riguardo al miglior modo di costrurre 1' elettro-motore in oggi ridotto di facile trasporto, e di poca spesa, qual' è quello, che ho descritto nel foglio lai. del Gior- nale della 27. Divisione militare . Esso consiste in dischi di zinco , e di rame della grandezza di uno scudo, ed in dischi di lana alquanto più piccoli, in un piedestallo di legno, che racchiude tre libbre di piombo perchè abbia la necessaria sta- bilità con cilindretti di vetro mobili pel facile trasporto , ma tenuti in sesto da un disco di legno traforato in punti corris- pondenti ai tre fori del piedestallo nei quali s' infiggono , in conduttori di cordoncini d' oro , e d' argento , ed in tubi di cristallo chiusi da una parte con turacciolo di sovero pei quali passano fili d' oro , o di altri metalli eterogenei posti sempre alternativamente secondo lo stesso ordine , come sa- rebbe rame , lana ^ zinco , rame , lana , zinco , e cosi di se- guito , e bagnando la lana inacqua saturata di muriate d'am- moniaca si forma un elettro-motore , che presenta la scintil- la visibile anche a chiaro giorno , e gli effetti principali del fluido Galvanico tanto sopra i corpi organici , che sopra gli inorganici. Siccome l'effetto dell' elettro-motore dipende dal- la natura dei metalli eterogenei coi quali si forma , del li- quido , che loro si frappone , dal numero dei dischi , e dal- la loro grandezza , è chiaro che facendo uso di liquido piìi opportuno , dei metalli che 1' esperienza dimostrò più efficaci nel- Di Anton Maria Vassalli- E an di . y'^9 nella costruzione della pila duiido loro maggior estensione , e tnoltiplicaiiJo i dischi si hanno mafrgiori effetti; parimenti siccome dal numero dei dischi principalmente dipende la scossa , conviene far le pile alte anziché amp'e . Si evita poi la facilità a rovesciarle facendo piìi elettro-motori comuni- canti per via di conduttori metallici . I metalli , che Volta trovò più acconci a formare gli elettro-motori sono argento , rame , ferro , stagno , piombo , e zinco , e formando l' appa» recchio con due dei proprj metalli , quello che ritrovasi alla destra nella serie indicata si fa abbondante di fluido , e quel- lo della sinistra resta mancante . Così prendendo i due estre- mi , che sono quelli che presentano maggiori effetti , V ar- gento resta negativo , e lo zinco positivo . Laonde se la pila comincia in fondo per argento finirà in cima per zinco . La sua base sarà negativa, e la sommità positiva, vice versa se comincierà per zinco . Nelle sperienze sopra il fluido dell' elettro-motore , che stampai nel volume dell' Accademia delle Scienze di Torino, esaminai l'attività di diverse qualità d'ar- gento ridotto in pila con uguali dischi di zinco , e trovai , che 1" argento puro è meno atto che quello che contiene un decimo di lega , che è il più opportuno procurando una mag- giore ossidazione dello zinco , ed ossidandosi anche più T ar- gento misto . Provai pur anche che gli effetti della pila so- no sino ad un certo segno in ragione dell' ossidazione , quin- di 1' oro e la platina non sono opportuni come g'à osservò il Gel. Vauquelin. Dissi sino ad un certo segno, perchè se l'os- sidazione si faccia troppo precipitosamente, si disperde il flui- do menti e si forma l'apparecchio. Per la stessa ragione i li- quidi , che ossidano maggiormente i metalli ci procurano an- che un maggior effetto ; onde l'acqua saturata di muriato di soda, di muriato d'ammoniaca, d'acido sulfurico , nitri- co, ec. l'otina, e generalmente i liquidi animali, e vegeta- bili sono migliori , che 1' acqua pura per bagnare i dischi di lana o di cotone da frapporre a quelli di metallo ; le solu- zioni saline troppo concentrate non sono opportune perchè A a a a a a fan- 74o Saggio sopra il fluido galvanico fanno troppo celeremente 1' cssidazione . I liquidi , che non ossidano i metalli rendono inefficace la pila neli' esaminare gli effetti della quale, convien pure aver tiguardo alla sua azione come corpo deferente , tanto piìi se trattisi di anima- li di fresco uccisi , per non confondere 1' azione del Condut- tore con quella dell' elettro-motore . Ciaschedun componente dell' apparecchio in un trattato completo del fluido galvani- co può formar vin non breve articolo . Si fecero elettro-mo- tori portentosi pel numero , e per la grandezza dei dischi , si formarono questi con molti corfjì di varia natura , in ge- nerale non si considerarono abbastanza le condizioni necessa- lie per ottenere il massimo effetto dei corpi , che si trova- rono atti a formare l'apparecchio. Si formarono pile con un sol metallo servendosi di diversi liquidi ;, questi possono pu- re scambievolmente reagire , ed esternare il fluido senza il corso di alcun metallo ; io feci apparecchi combinando il car- bone ordinario, l'argilla ec. coi metalli; altri ne fecero com- binando diversi liquidi con carta , carbone , lana , e non vi ha dubbio , che si troveranno ancora altre combinazioni di vaij corpi atte a sviluppare il fluido galvanico . Qualora si vuol flir passare il fluido dell' elettro-motore per qualche corpo, una parte essenziale dell' apparecchio sono i condutto- ri . Se il fluido è debole , una piccolissima invisibile interru- zione in un conduttore basta a rattenerlo : dal che avvie- ne che r azione s' interrompe sovente , e si restituisce con un leggiero contatto dei conduttori o dell' apparecchio , per- chè tale contatto è sufficiente a cambiar la posizione di quel punto , che impediva il corso del fluido . Non di rado si at- tribuisce alla natura del corpo che serve di conduttore, ciò che non è dovuto che all' umido , od alla soluzione salina onde è coperto . I conduttori somministrano im facile meto- do di modificare l'azione di una jiila presentando un più, o meno libero passaggio al fluido , che si estrica . I metalli , e sulfuri metallici , i minerali , che contengono i metalli non ossidati, il caib^ne, i muscoli, e tutte le parti animali umi- de , Di Anton Maria Vassalli-Eandi . 741 de, le soluzioni saline, i liquidi animali, e vegetabili ec, sono conduttori del fluido galvanico , come dell' elettrico . Il vetro , la cera lacca , gli ossidi metallici , i sali secchi , il legno, le resine, gli olj ec. ne sono coibenti. Il galvanis- mo , che uccide un animale non supera 1' ostacolo , che è superato da una debole elettricità . Si desiderano ancora spe- rienze esatte per determinare i gradi di deferenza , e di coi- benza di vari corpi . Ilo fatto molte combinazioni di dischi di varia grandezza alternativamente ridotti in pila , e con diversi conduttori, l'azione di questa è molto più sensìbile, e costante , che quella dei dischi . In queste ricerche il gra- do della temperatura deesi pure segnare, avendo anche mol- ta influenza sopra gli effetti dell' elettro-motore . Confermata in mille guise l'azione prodigiosa di quest'apparecchio, di- versi fisici cercarono di togliere 1' onare della sua scoperta al Volta riducendolo al doppiatore di Bennet . Kon v'ha dub- bia , che Sulzer conobbe l' azione reciproca del piombo , e dell' argento , che Bennet fece sperienze , che più si apprcs- simarono alla formazione della pila , che altri dissero , che le contrazioni nelle rane sono prodotte dall' elettricità eccita- ta dal contatto dei metalli , ma nessuno prima del Volta for- mò 1' elettro-motore 5 onde ad esso dee spettare l'intera glo- ria dell'invenzione. Altrimenti la decomposizione dell'acqua, la teoria elettrica, quella dei coIgù, il sesso delle piante, e simili saranno cose note alla più remota antichità . Nelle con^hietture sopra V arte di tirare ì fulmini appo gli Antichi recai diverse testimonianze che sembrano provaie , che gli antichi conobbero la teoria elettrica quanto Franklin ; anche a S-3. 74^ Saggio sopra il fluido galvanico Della natura. , e delle proprietà del Fluido QalvamcQ . n Gel. Volta avendo immaginato l' elettro-motore per convincere, che il contatto dei metalli con un corpo luiudo è sufficiente a mettere in movimento l' elettricità ordinaria diiFusa in tutti i corpi ^ disse che il fluido che si estrica con tale apparecchio non è altro, che T elettricità dei cor- pi che lo componi;Oiio * Ed in vero esso è sottilissimo co- me il fuoco elettrico , è trasmesso , « respinto dai medesimi corpi ; condensato risplende corm; 1' elettricità : coni' essa os- sida i metalli , decompone F acqua nei due §az ossigeno ed idrogeno , scuote gli animali facendosi particolarmente eenti- re nelle articolazioni -, ha un sapore particolare , annulla il colore ceruleo vegetabile, e finalmente mostiasi nell'elettro- motore , nel quale si esamina il suo stato positivo o nega- tivo , ossia di condensazione o di rarefazione. Con tanti ar- gomenti di analogia parca , che nessuno potesse mettere in dubbio r identità dei due fluidi elettrico , e galvanico ; tut- tavia esaminando l'azione di questo sopra diversi corpi, da- gli effetti osservati parecchi Scrittori conchiusero essere il fluido galvanico positivo un acido , ed il fluido negativo un alcali , altri col Ritter dissero , che 1' acqua non si decompo- ne dal fluido galvanico uè positivo , uè negativo , ma che il positivo con un principio preso dall' acqua forma il gaz ossi- geno 5 ed il negativo con altro principio pieso dallo stesso liquido forma il gaz idrogeno; altri affermarono, che il flui- do galvanico decomponendo l'acqua vi toglie dalla parte po- sitiva r ossigeno lasciandovi l'idrogeno sovra^bbondante , e dalla parte negativa 1' idrogeno rimanendovi sovrabbondante l'ossigeno. Finalmente altri credettero, che il fluido galva- nico decompoaeudo 1' acqua presenti il gaz ossigeno tosto for- ma- Di Anton Maria VaSSalu-Eandi . 74^ inato , quando i metalli non sono ossidabili , e si serva del gas idrogeno per veicolo a portarsi all'altro filo metallico, la- sciandovi il gaz idrogeno alla superficie del filo mentre lo penetra. Se i metalli sono ossidabili, l'ossigeno nel separarsi dall' idroireno si fissa nel mtta'.lo . Mentre i fisici erano tutti intenti ad esaminare gli effetti del fluido galvanico , ed a norma de' fenomeni che presentavansi , ne immaginarono le spiegazioni con varie ipotesi particolarmente stabilite su la natura diversa del fluido galvanico positivo dal negativo , l'in- ventore dell' elettro- motore ripetea all' Istituto Nazionale di Francia le prove dei fi^ndamenti della sua teoria , mostrando che col contatto di due metalli eterogenei si eccita elettrici- tà sensibile nel!' elettrometro raccogliendola per via del con- densatore . In seguito a tali prove la maggior parte dei fisi- ci Italiani , e Francesi riconobbe V identità del fluido galva- nico ed elettrico , e quasi si riputò a vergogna il dubitar- ne, onde r elettro- motore si considerò una nuova macchina atta a mettere in movimento V elettricità ordinaria per via del contatto di metalli eterogenei , e di un corpo umido . Siccome però in fisica non già su 1' autorità , ma bensì su la natura deesi fondar un' opinione per giudicare &e il fluido galvanico non è diverso dall' elettrico , convien esaminarne e paragonarne i fenomeni. i." Porta;) io un nvtallo od altro corpo deferente in con- tatto dei nervi , e dei muscoli corrispondenti di una rana di fresca uccisa , si eccitano le contrazioni nei muscoli, e se la rana non è molto vivace, si hanno violenti e continuate con- trazioni, portando i muscoli in contatto dei nervi senza al- cun corso metallico, o di altro corpo deferente. Volta dice che tali contrazioni si deggiono ripetere dall'elettricità ordina- ria messa in movimento dal contatto di corpi dotati di capa- cità diversa per contenere 1' elettricità . Se ciò è , come mai non si evitano le contrazioni elettrizzando l'armatura dei ner- vi col fregim "nto di un cilindretto di vetro , o di cera lac- ca , e iieppure esistono le contrazioni toccando contempora- nea- 744 S/.CGIO SOPRA IL FIUIDO CALVAKICO neameiite i mascoli con un corpo deferente y anzi nemmeno elettrizzando contemporaneamente i nervi col vetro , ed i inuscoH colla cera lacca , o viceversa . In questo caso non vi lia dubbio , che esiste il flusso dell' elettricità ordinaria dai nervi ai muscoli , o viceversa secondo che si elettrizzano i nervi col vetro\, o colia cera lacca. Che questa elettricità è sensibilissima agli elettrometri senza l'ajuto di alcun condensa- tore ; e che essa è infinitamente più forte di quella , che si può eccitare col semplice contatto di corpi dotati di vario grado di deferenza ; oppure non si hanno alcune benché me- r.ome contrazioni , onde paie potersi ragionevolmente dubi- tare come dissi sin dal princìpio del I794- Physìca experì- mentalis Tom. 2,. non essere T elettricità ordinaria mossa dal contatto dei corpi , che eccita la contrazione . a.° L' elettricità blanda della macchina elettrica scorre con la celerità di mille piedi parigini per secondo nei fili metallici , di cinquecento piedi per secondo in una finricelia bagnata , e di circa cento piedi per secondo nella medesima funicella non bagnata ; laonde pare , che se il fluido galva- lùco fosse elettricità ordinaria, dovrebbe in un istante diffon- dersi p«r tutta la pila , ed equilibrarsi essendo essa ben piìi deferente della funicella bagnata j e se ad ogni momento si eccita nuova elettricità dal contatto , ad ogni momento do- vrebbe pur anco distribuirsi in ragione di capacità in tutte le parti deU' apparecchio, come 1' elettricità ordinaria si di- stribuisce in tutte le parti di un conduttore ; ma vediamo che ciò non succede , dunque possiamo sospettare , che I' e- lettricità dell' elettro-motore è diversa dall' elettricità ordina- ria , ohe si eccita col fregamento dei corpi coibenti , e che attirasi dall' atmosfera . Tale sospetto è pure confermato dal- la considerazione che l'umido, principale impedimento all' ottenere i fenomeni elettrici ordinarj , è la condizione neces- saria per avere quelli del galvanismo , e che cuniunque dis- perso per tntto l'apparecchio non ne impedisce l'azione se non è raccolto in liquido , che formi un conduttore tra tut- te -). Di Aktcn Mabja VASSAti-i-EANDi . 74.5 te le j/artl . Inoltre volendo far passare il corrente galvani- co in due tubi distinti pieni d' acqua alti otto pollici ciascu- no guerniti di filo di platina, ed immersi nello stesso bic- chiere, si vede, i." che il fluido impiega un tempo sensibile prima che si mostri al secondo filo comunicante col condut- tore negativo . 2,.° che tolto il conduttore positivo il filo ne- gativo continua per qualche tempo a somministrar 11 gaz idrogeno pel fluido, che dall'acqua continua a passarvi . L'e- lettricità all' opposto neir istante scorre per la medesima ; e tolta al filo in cui entra, nell'istante cessa nell'altro . Ben è vero , che in esperienze fatte sopra un filo metallico lunga cinquanta piedi, giudicai dalla sensazione del lampo negli oc- chi , che il fluido galvanico impiegasse un secondo a percor- rerlo, e che in altre sperienze sopra un filo mstallico lungo ducento piedi non jiotei ravvisare un tempo sensibile tra il contatto dell' estremo del filo alla sommità positiva di una pila di aS. coppie di dischi di rame , e zinco, e la sensazio- ne della scossa nel dito , che toccava 1' altro estremo del fi- lo metallico , mentre con 1' altra mano toccava la base della pila ; ma queste sperienze , che tendono ad identificare 1' e- lettricità ed il galvanismo , non distruggono le riflessioni ed esperienze contrarie . (*) 3." L' odore ed il sapore servono sovente a distin- guere i corpi 5 e le loro modificazioni , onde quando que- ste qualità sono sensibili nei corpi che si paragonano , non deggionsi certamente negligentare . Il liquido che si frap- Tomo X. Bbbbb po- ; rz (*) Per un filo metallico di mil- ta piedi di questo cordoncino d'oro le piedi parigini non solo le sca- (probabilmente per esser interrot- riche della boccia di Leyda , e le to il metallo in qualche punto), e scintille , ma ancora 1' elettricità conduttori di due piedi non agi- deli' atmosfera del conduttore pas- rono punto sul detto elettrometro, «ava liberamente ed attirava tosto sebbene dassero scosse insoffribili, r elettrometro d' Hauy. Il fluido che mi eccitarono male al capo, galvanico non paisò per cinquan- •j^ò Saggio sopua il fluido galvanico pone ai metalli eterogenei nella costruzione della pila, alte- ra r odore dei medesimi metalli , perciò 1' odore del fluido galvanico appare diverso nei varii elettro- motori ; e sebbe- ne alcuni , cui feci esaminar tal odore , V abbiano trovato ana- logo a quello del piombo pesto di fresco , tuttavia non ose- rei accordare un odore particolare al fluido dell' apparec- chio galvanico . AH' opposto 1' odore del fluido elettrico tan- to positivo, che negativo è sempre lo stesso analogo all' odo- re di fosforo j comunque si derivi per una sostanza animale, vegetabile ^ e minerale , oppure si elettrizzino tali corpi ne- gativamente , ed il proprio fuoco elettrico ordinario ad essi si trasmetta . Laonde V ordinaria elettricità è dotata di un odore particolare , che conservasi costantemente lo stesso , ed è sensibilissimo anche nella blanda elettricità artificiale , e neir elettricità delle nubi ; il fluido galvanico se è dotato di qualche odore , egli è cosi debole che a stento si distin- gue , ed è diverso da quello deir elettricità comune . 4'*' Il sapore acido fu una delle prime qualità conosciu- te del fluido galvanico , anzi Sulzer si serve di tale proprie- tà per ispiegare la varietà delle sensazioni , e del 1767. che pubblicò la sua Nouvelle Théorie des plaisìrs , reca com.e co- sa curiosa 1' esempio del saper acido eccitato dall' unione di due pezze, una d'argento , l'altra di piombo sovrapposte 1' una all' altra in modo , che i bordi formino un piano , cui si ac- costa la lingua per aver il saper analogo a quello di vetrio- lo di ferro , sapore , che non appartiene ad alcuna delle due pezze esaminate separatamente . Facendo uso di due dischi , uno d'argento, l'altro di zinco, e frapponendovi la lingua, il sapore acido che sentasi a ciascun contatto dei bordi dei due dischi, senibrami analogo a quello dell' acetosa. Appli- cando alla lingua il conduttore positivo, od il negativo di un elettro-motore che agisca assai fortemente , e toccando col dito bagnato 1' altro estremo della pila , si ha costante- mente il sapore acido troppo forte per dar una sensazione piacevole , ma sempre acido i come pure sentesi sempre pi- ca n- Dr Anton Maria Vassalu-Eandi . i\f caute astringente il sapore dell' elettricità ordinaria tanto po- sitiva , che negativa di qualunque natura animale , vegetabi- le, o minerale sia il conduttore, purché il sapore di que- sti non offuschi quello dell' elettricità . Laonde due fluidi galvanico , ed elettrico sono dotati ciascheduno di un sapore particolare costante nei medesimi , condensato e rarefatto; ma questo sapore è affatto diverso, essendo analogo a quello de- gli acidi il sapore del fluido galvanico, ed analogo a quello degli alcali il sapore del fluido elettrico ordinario . Siccome nel fluido galvanico , così nell' elettrico il sapere costante è pili , o meno intenso secondo la diversa intensità del fluido. 5." Esaminando i fenomeni della luce nel galvanismo, e nell' elettricità si scorgono pure differenze assai rimarche- voli. I corpi deferenti abbondanti d'elettricità mostrano al bujo stellette, o penicilli di luce a tutte le punte, che spor- gono secondo che sono negativamente, o positivamente elet- trizzati , e la boccia di Leyda caricata d' elettricità per 1' un- cino essendo isolata , e munita di due punte , 1' una all' unci- no r altra all' armatura esterna , mostra nelle tenebre il peni- cillo alla prima , e la stelletta all' altra punta . La pila del Volta carica a segno di uccider in pochi minuti rane, topi , passeri;, piccioni, comunque isolata o munita di punte ai suoi estremi j non mostra al bujo la menoma luce. Toccandone la parte superiore con una punta si veggono frequenti scintilluzze per lo più rossigne , vai a dire del colore dell' elettricità meno condensata ; un tubo di vetro fregato con lana , e seta pre- senta numerose scintille più bianchiccie cioè del colore dell' elettricità condensata , per la qual cosa si può affermare , che r elettricità debolissima risplende assai più , che il gal- vanismo fortissimo in paragone dell' elettricità di un tubo di vetro fregato, e die riguardo alla boccia di Leyda , alla qua- le si riferisce I' apparecchio galvanico , i fenomeni della lu- ce sono cotanto diversi , che non si possono punto para- gonare , 6.° Né minori sono le differenze, che presentano i due Bbhbb a flui- 74^ Saggio sopra il fluido galvanigo fluidi elettrico , e galvanico all' udito . Quando si carica un conduttore elettrico , se nel medesimo trovansi alcune pun- te , il fuoco che esce da queste , produce uno scoppiettio assai sensibile anche alla distanza di alcuni passi, un analo- go rumoretto si ha scorrendo il dito per un bastone di cera lacca , o per vin tubo di vetro ben fregato . Molte persone sentono lo scoppiettio dell' elettricità , che mostrasi in scin- tiUuzze al bujo quando si spogliano le loro vesti . • Le scroscianti scintili», che eccitansi sul dorso de' gatti per via del fregamento formano il divertimento de' ragazzi . In tutti questi casi 1' elettricità mostrasi ne' suoi effetti infinitamente piìi debole del fluido galvanico , che si ha da lìRa pila composta di 40. coppie di dischi di rame , e di zin- co della grandezza di uno scudo ; eppure comunque circon- data dì punti essa non presenta il menomo rumorio , anzi e così debole il rumore delle scintille che estraggonsi , cLf; molti le credono silenziose . Questa pila dicesl una boccia di Leyda di nuova specie , le scintille che estraggonsi sono adunque le scariche della boccia di Leyda ; ma queste sono risplendentissime e molto fragorose , quelle della pila mo- strano una debolissima luce , e sono quasi silenziose . Non parlo per ora degli effetti della pila, e della boccia di Leyda, che potrebbonsi dire inversamente corrispondenti al loro rumore , bastando avvertire che riguardo al rumore non differiscono meno, che riguardo all'odore, al sapore, ed alla luce* i due fluidi galvanico . ed elettrico. 7.'* Non maggiore analogia presentano questi due fluidi al tatto. L'elettricità tanto positiva, che negativa presenta al- la mano posta in qualche distanza dal corpo elettrico la sen- sazione di un venticello prodotto dal fluido che entra , o che ne esce; comunque si avvicini la mano all'elettro-moto- re, non si ha alcuna analoga sensazione, che anzi non si ha nemmeno alcuna sensazione all' apice della lingua portato in menoma distanza dall' estremo della-piia, quando ad esso si accosta per sentire il gusto del fluido galvanico. Le scintille elei- Di Anton Maiiia VaSSalu-Eandi . 749 elettriche scuotono di più , e presentano una sensazione me- no durevole ; diversa si è la scossa dell' elettro-motore , e quantunque più debole ne resta per più lungo tempo la sen- sazione , e chiunque non prevenuto la sensazione dei due fluidi paragona, vi riconosce una sensibilissima differenza. Laonde nessuno dei cinque organi dei sensi mostra la medesimezza dei due fluidi galvanico, ed elettrico ^ anzi per via di ciascheduno si riconosce in essi non piccola differenza . 8." Nelle sperienze , ed osservazioni sopra il fluido dell' elettro-motore stampate nel volume ultimo dell' Accademia delle Scienze di Torino dimostrai la differenza degli effetti dei fluidi galvanico, ed elettrico sopra i tre regni della na- tura , differenza cotanto grande , che senza la prevenzione dell' identità , e la cognizione di molte proprietà analoghe non si sarebbe sospettata la medesimezza di tali fluidi . Per concilia- re la forza straordinaria del galvanismo in paragone di quel- la dell' elettricità , Volta ricorre al continuo svolgimento del primo, che forma un'azione continuata, la quale, dice egli, supera nei suoi effetti una maggiore azione interrotta . Ma nella macchina elettrica di Nairne facendo comunicare il corpo coi due conduttori positivo, e negativo, si ha pari- menti la continuazione dell' azione , eppure i suoi effetti da me esaminati in compagnia del mio collega Rossi, ed in pre- senza di molte persone , non si trovarono maggiori di quelli delle altre macchine elettriche , ed infinitamente più deboli di quelli della pila, della quale i due conduttori positivo, e negativo rappresentano lo stato elettrico. Scaltre ragioni non mi dimostrassero la differenza dei due fluidi galvanico ed elettrico, spiegherei piuttosto la sua maggiore azione per via della sua tenuità, onde penetra maggiormente i corpi sui qua- li una maggior dose passa senza internarsi tanto , e le fortis- gimc scintille emularebbero in questa teoria gli effetti dell' elet- tro-motore per la tenue parte delle medesime , che esse dis- perdono all' intorno . Ma non è mio scopo il difendere la teoria del Volta, perciò ritorno agli argomenti , che si o])pongo» uo 7^0 Saggio sopra il fluido galva^iico. no alla medesima. L' esperietiza che parmi stabilire una differenza assoluta tra il fluido galvanico, e 1' elettrico si è^ che comunque sì elettrizzino positivamente, o negativamente gli estremi della pila, non se ne altera la sua azione^ mentre se i fenomeni della pila fossero dovuti all' elettricità ordina- ria , dovrebbero crescere quando si elettrizza posit'vamente r estremo positivo della pila , e diminuire quando esso si elettrizza negativamente , e viceversa , giacché è cosa fuori d' ogni dubbio, che le elettricità omologhe si rinforzano , e le contrarie si distruggono . g.° L' attività della fiamma per disperdere 1' elettricità presentandole ini libero passaggio nell' aria rarefatta è notis- sima , e ci serviamo della fiamma per attirare dall' atmosfe- ra r elettricità naturale , per togliere silenziosamente ad un corpo r elettricità onde abbonda . La fiamma posta tra' con- duttori della pila in modo, che gli lambisca amendue non altera punto la sua azione al di là della fiamma , la quale allora soltanto interrompe il corso del fluido quando abbrucia i fili conduttori perchè gli ossida , e per gli ossidi metallici non passa il galvanismo . Se il conduttore del fluido galvani- co sia abbruciato dalla fiamma solamente da una parte, il fluido continua a passare come se il conduttore fosse intatto . Analogo a quello della fiamma si è l' effetto del vacuo sopra i fenomeni elettrici, essi cessano perchè nel vuoto si disperde r elettricità, e secondo le sperienze dei celebri Biot , e Cuvier la pila nel vuoto agisce ugualmente che all' aria libera . 10.^ Finalmente 1' elettricità più debole si manifesta nel mio elettrometro a listerelle d' oro ( Mem. de I' Accademie de Turin Tom.V. Physicse Experim. Tom. a. ) senza il soc- corso del condensatore , e muove il mobilissimo elettrometro di Hauy . Il fluido d' una pila composta di quaranta coppie di dischi di rame, e zinco ^ e di quaranta dischi di lana ba- gnata nel muriato d' ammoniaca , fluido che uccide un pas- sero, un sorcio ec. in pochi minuti, che scuote dolorosamen- te, toccando gli estremi della pila colle dita bagnate, che pas- sa Di Antonio Maria Vassalli-Eandi . 75 1 sa per sei persone clie si toccano colle mani bagnate , que- sto fluido cotanto potente non muove punto V tlettrometro d' Hauy , ed appena è sensibile qualche volta nel mio ; ep- pure questo è mobile ad una settecentesima parte di grano di cera di Spagna raschiata sopra , e la sola compressione della cera lacca lo elettrizza in modo da attirar 1' elettrome- tro d' Hauy ; questi stromenti non sono mossi dai condutto- ri della suddetta pila , dunque il fluido che essa presenta è diverso dall' elettricità ordinaria . Per averne segni nei sud- detti elettrometri , cercai di raccogliere il fluido galvanico in disco di zinco armato di manico di cera lacca posto alla som- mità positiva della pila, ma nemmen con questo artifìcio potei ottenerli . A tutti i fenomeni sin qui narrati potrei agevolmen- te aggiungerne molti altri , che converrebbero ad un trattato del galvanismo; per un saggio sembranmi bastanti i riferiti per potere ragionevolmente mettere molto in dubbio la medesimezza dei due fluidi galvanico , ed elettrico , L' analogia , che essi presentano mi porta bensì a giudicarli rigagnoli separati della stessa sorgente , i quali per essere passati per terreni diversi hanno acquistate proprietà che gli distinguono interamente , sebbene ne mantengono alcune comuni . Come dissi nelle va- rie Memorie stampate sopra questo soggetto, io non amo di ri- xioscere nella natura una moltiplicità di principj ; quando con le modificazioni di un solo posso rendere ragione dei feno- meni ; perciò il calorico , il fuoco elettrico , il fluido galva- nico sono modificazioni dello stesso principio, al quale parmi pure potersi ridurre il magnetismo , le affinità , e 1' attrazio- ne universale . Ma ove gli manca la guida dell' esperienza , e dell' osservazione , il fisico entra nel regno de' sogni , che può bensì compiacere la fantasia , ma non mai accrescere la Scienza; perciò ricordando il* detto del Poeta, che secon- do il Redi tutto seppe , e di tutto seppe maravigliosamente scrivere . -------- s'egli erra , L' opinion mi disse de' mortali , •♦> Do- ^5a Sag&io sopea il fluido calvakìco Dove chiave del senso non disserra , Certo non ti dovrian punger gli strali D' ammirazione ornai ; poi dietro ai sensi Vedi che la ragione ha corte 1' ali . Lasciate le conghietture htorherò ai fatti esaminando alcuni effetti del fluido galvanico sopra i tre regni della^ natura . S-4- Deir azione del fluido galvanico sopra gli animali , e del suo uso medico . L' apparecchio detto galvanico preparato da poco tempo, se si tocchi colle dita bagnate contemporaneamente ai suoi estremi, fa sentire una scossa analoga bensì all'elettrica j ma da essa distintissima . Per mancanza di termini di paragone soven- ti si paraoonano le cose che hanno pochissimo rapporto . Chi senti la scossa della torpedine, a questa, anziché a quella della boccia di Leyda rapporta quella dell'elettro-motore, ed in vero essa è meno dolorosa nell' istante , ma lascia un certo torpo- re nelle dita, che non si sente dopo le scosse elettriche mol- to più forti ; se il corrente galvanico passi per gli occhi, per le orecchie, pel cervello, per gli intestini, le sue scosse sono molto più dolorose , ed anche pericolose . Facendole passare per la testa di un decapitato da un orecchio all' altro , dal cervello alle narici, alla lingua^ si eccitano nel capo convul- sioni spaventose , che non di rado presentano negli occhi , e nei muscoli del viso 1' aspetto di un uomo nell' eccesso dell' ira, facendolo passare per l'occhio separato, si vede restrin- gersi , o dilatarsi la pupilla . Facendo passare il corrente gal- vanico dalla midolla oblongat^ al diafframraa , si mettono in movimento i visceri contenuti nella cavità del petto ; Il cuo- re ricupera il suo movimento , e riempiendo le arterie di un liquido alla temperatura del sangue , rinascono le pul- saaioni . Facendo passtre il corrente galvanico dall' esofago all' Di Anton Marta Vaesalli-Eandi . 753 air intestino retto si rieccita il movimento peristaltico lungo il canale . Se un muscolo serva di conduttore, le contrazioni Jiel medesimo sono così forti , che si accorcia anche della metà . Facendo comunicare gli estremi di questo muscolo con la macchina e la catena isolati, mentre si eccita un'elet- tricità assai forte non succedono variazioni ; lasciando fisso un conduttore, comunicando od estraendo dall'altro estremo del muscolo scintille assai forti, le contrazioni appena egua- gliano la centesima parte di quelle, che si hanno col fluido galvanico . L' azione di questo fluido sopra gli animali viven- ti è più forte di quella che si ha sopra i cadaveri in ragione della maggiore vitalità, la quale vedesi pure contribuir^ assaissi- mo nei corpi estinti , essendo le loro contrazioni non solo in ragione del minor tempo che sono morti , ma ancora del vi- gore che avevano in vita , di modo che visitando prima del supplizio le vittime della giustizia , dal loro stato di salute , dalla lor forza d' animo, si presagisce la forza de' fenomeni galvanici che i loro corpi presenteranno . In un giovine ro- busto , e coraggioso le contrazioni furono cosi violenti , che il tronco si sollevò circa un palmo dalla tavola : ma appun- to la maggior forza , che manifesta V azione galvanica negli animali vivi la rende pericolosa , ed in vero passando dalia bocca all' ano il fluido di una mediocre pila, in breve tempo uccise un vecchio piccione , pel quale si erano fatte passare più scariche fulminanti del quadro Frankliniano , senza che un' ora dopo manifestasse il menomo male mangiando all'or- dinario . I passeri , le rane , i sorci sono in pochi istanti uc- I cisi da scosse della pila , che prese colle dita non oltre pas- ' sano la seconda articolazione . Laonde il fluido galvanico per la sua massima attività può somministrare un ottimo rimedio all' arte medica ; ma i rimedio da usarsi con tutte le cautele potando essere danno- ' gissimo .4Ilhi si diverte d'esperienze galvaniche, soventi pro- va un' agitazione, od irritazione universale, che gli toglie an- || che il dormire . I liquidi animali sono da questo fluido de- v'orno X. C e e e e com- 7S4 Saggio sopra il fluido galvanico composti, ónde il conduttore metallico che ia contatto dei medesimi si pone , si ossida come da un acido . M' accadde pure di produrre in una rana una forte timpanitide . Quindi è chiara la ragione delle alterazioni , che tal fluido produce neir economia animale » Se gravi malori , e la morte sono il risultato dell' abuso di tale fluido , guarigioni portentose so- no r effetto del ragionevole uso del medesimo . Le cure di sordi , ciechi ,. paralitici operatesi da due anni per mezzo dell' elettro- motore formerebbero non piccolo volume . Nel Saggio che stampai sopra l'uso medico dei fluidi galvanico ed elettrico , recai 1' esempio dì una gotta serena , e di una paralisi da me guarite j e dei sintomi caratteristici dell' idro- fobia svaniti con una sola galvanizzazione, somministrata dal celebre mio collega Francesco Rossi ad un uomo qualche tempo prima morsicato da un cane rabbioso . Dopo quel tem- po ebbi occasione dL operare parecchie altre cure ,. e di ve- derne altre operate dal suddetto mio collega , ma vidi pur anco altri danni cagionati dall' abuso del galvanismo , onde replicai l' avviso che già aveva dato sin dal principio della scoperta di questo fluido, di non adoperarlo che con grande cautela , tanto più in dosi abbondanti , applicando ad esso quanto Boeihaave ( Elem. Chemiae p. 3. proc. 198. ) disse di altro potentissima rimedio = mira praestat in multis mor- bis incurabilibus . At prudenter a prudente Medico ! Abstine si methodum nescis = Dai noti effetti è chiaro convenire il galvanismo nei morbi di languore e di ostruzioni , essere il medesimo dannoso in molte altre malattie , e doversi secon- do le varie circostanze somministrare in diversa dose , e re- plicatamente a diverse ore opportune . L' analogia dell' elettricità , e del galvanismo nell' esse- re trasmessi dai metalli , e dai corpi umidi ci somministra un metodo agevolissimo di amministrarlo nella dose deside- rata , servendosi di più , o meno buoni conduttori secondo che ma»"iore , o minore dose se ne vuole trasmettere ; al che aggiungendo ancora la resistenza, che prova questo flui- do Di Anton Mauta Vassalli-Eandi . ^55 do a penetrare nelle parti asciutte del corpo animale, si può ancora motiitìcare 1' azione bagnando più , o meno , e con acqua semplice, o salata le parti nelle quali si vuol far pas- sare . Conoscendo la natura del fluido galvanico , e lo stato degli animali ai quali si vuol amministrare , certf^ente sì possono ottenere effetti portentosi liberando anche dalla tom- ba persone , che per un' accidentale sospensione delle vitali funzioni morirebbero senza rajuto di un rimedio cosi possen- te ; come osservai succedere in animali aftogati , e suffocati collo stringimento della gola, e vidde il sopra lodato collega Rossi in animali ostixiati coi gaz non respirabili . In tutti questi casi il galvanismo somministrato per tempo restituì il vigore agli animali , ben inteso , che esso è inutile quando i loro corpi sono già cadaveri , nei quali si possono bensì ec- citare movimenti analoghi ai vitali , ma non si può dar loro la vita . Nei casi di morte apparente somministrando il flui- do galvanico conviene ricordarsi , che passando questo per gli organi principali uccide gli animali viventi , onde badare a non uccidere i semivivi col rimedio male applicato ; così volendo rieccitare i movimenti del cuore , giova far passare il corrente galvanico non già nell' organo medesimo , ma nelle parti vicine. DeW azione del fluido galvanico sopra i vegetabili » La decomposizione dell' acqua , che fu uno dei primi effetti conosciuti del fluido galvanico , e 1' analogia tra le piante e gli animali, dopo quanto accennai nel 5- anteceden- te assicura un' azione sensibile del fluido galvanico sopra ve- getabili , Ma sopra tale oggetto non occorre di servirsi d' in- duzioni , né di ragionamenti avendo sperienze dirette , che comprovano tale azione . Il Gel. mio collega Dottor Giulio la scorsa state mi invitò ad esaminar seco 1' azione dell'elet- tro-niotore sopra le piante dette sensitive . Egli aveva già C e e e e 2, al- 'P'SG Saggio sopra il fluido calvanicg alcuni anni avanti studiato particolarmente la tessitura di questi vegetabili per iscoprirne l'organo irritabile, che trovò essere un musculetto posto alla base del picciuolo delia foglia; servendosi di tale notizia si armarono i muscoli di varie spe- cie di s^sitive con listerelle sottilissime di foglia di stagno, le quali si estendevano a diversi rami . II giorno dopo verso il mezzo giorno essendo ben dilatate tutte le foglie^, si formò la pila con cinquanta scudi da cinque franchi , cinquanta ugnati dischi d' argento, e cinquanta dischi di cartone ba- gnati in acqua saturata di muriato di Soda , e facendo uso di sottilissimi cordoncini d' oro per tradurre il fluido galva- nico, se ne fece passare il corrente per le armature dei mu- scoli delle piante . Al principio non si ebbe alcun indizio di mutazione nelle medesime quantunque le scosse della pila: fossero assai fcrti, e pixi attive delle scintille elettriche, che fanno chiudere le fogfre delie sensitire; ma dopo parecchi minuti cominciarono a piegarsi le foglie più vicine al condut- tore positivo , indi successivamente le altre più ri mote , dì poi i rami, e gli ultimi movimenti si ebbero mezz'ora dopo. Avendo replicata diversi giorni 1' esperienza, e sopra varie specie di sensitive , e sopra le parti sessuali di altre piante, in ciascun giorno abbiamo sempre avuto simili risultati . II Dottore Giulio pubblicherà q^teste sperienze eor» tutti i de- tagli ; intanto avendole io comunicate ad un nostro consocio mi rispose , che Greve negli Annali d' Ustero avea pubblica- to esperienze sopra lo stesso soggetto , che però egli du- bita, che qualche azione meccanica abbia potuto produrre i movimenti da noi osservati nelle sensitive . Non mi riusci di avere il fascicolo XV. citatomi degli Annali d' Ustero , ma sono persuaso ch^ le mutazioni occorse nelle piante da noi esaminate non furono cagionate da alcuna azione meccanica. Giacché si usarono tutte le precauzioni per evitare tale dub- bio i.° Armando le piante da galvanizzare il giorno avanti con fogliette metalliche sottilissime. 2.° Servendosi di condut- tori leggici issiffii . e questi ancora appoggiati perchè non agis- se- Di Anton Maria Vassalli- Eandi . 7,57 sero con tutto il loro peso sopra la pianta . o.* Facendo- li comunicare con piccoli uncini sporgenti formati con le medesime listerelle di foglia metallica . 4.° Perchè aven- do posti gli estremi degli stessi conduttori separati dalla pila con la medesima delicatezza sopra alcune foglie , que- ste non si mossero . Inoltre i movimenti che succedono nelle sensitive per azione meccanica , si presentano tosto in seguito all' azione , quelli prodotti dal galvanismo , non si vedono che qualche tempo dopo, e successivamente nelle parti più lontane , la qual cosa mostra la successiva azione del fluido galvanico, il quale scorrendo più difficilmente per gli umori vegetabili che per gli animali , agisce più lenta- mente e meno in quelli , che in questi . Lo stesso Dottor Gjuxìo avendo in seguito provato a galvanizzare germi di gra- no posti sopra cottone umido osservò, che germogliarono, e crebbero più presto di altri germi posti nelle medesime circo- stanze ad eccezione della galvanizzazione . Sebbene questo fatto non sia che una conseguenza dell'azione del fluido galvanico sopra l'acqua , esso stabilisce però un altro punto d'analogia tra il fluido galvanico, e l'elettricità, la quale accelera sem- pre la vegetazione quando la sua azione non è impedita da un'atmosfera omologa, come dimostrai nelle sperienze stam- pate sopra questo soggetto. Alcuni tentativi faiti sopra 1' in- flusso galvanico su la germinazione , non mi diedero risultati abbastanza decisivi ; continuo ad occuparmene facendo il pa- ragone tra la germinazione , e lo svolgimento dei germi ani- mali . In fine di diversi paragrafi delle sopraccitate sperien- ze sopra il fluido dell' elettro-motore , ho aggiunto parecchie sperienze a farsi per conoscere vieppiù la natura di questo» fluido . Uno scritto ( che non potrebbe esser breve ) sopra quanto rimane a tentarla su tale soggetto sarebbe utilissimo, come pure una storia di questo ramo di fisica , che racco- gliesse per ordine di materie i fatti dispersi pubblicati in di- versi piesi , ed a diverse epoche . Già indicai altrove la di- versità, che osservai tra gli animali ucci&i dall' elettricità, e quel» ^58 Saggio sopra, il fluido galvakico e quelli uccisi dal fluido galvanico riguardo allo stato delle loro carni 4 il paragone degli effetti sulla putrefazione delle sostanze animali e v'egetabdi somministrerà pure nuovi argo- menti sul rapporto di questi due fluidi . Dell' azione del fluido galvanico sopra i corjn inorganici . Che il fluido galvanico passando traverso all' acqua la decomponga nell' uscire dal conduttore positivo, e mostri una sorgente di bollicine di gaz ossigeno, che si eleva dal filo metallico d' oro , o di platina , e nell' entrare I' altro filo metallico immerso nell' acqua ( che comunica col conduttore negativo ) presenti alla superficie di questo una sorgente di bollicine di gaz idrogeno , « cosa notissima , come pure che se i metalli onde sono composti i fili immersi nell' acqna so- no di facile ossidazione , non escluso 1' argento , il filo che comunica col conduttore positivo si ossida , e quello che co- munica col conduttore negativo presenta la suddetta sor- gente di gaz idrogeno. Laonde non vi ha dubbio, che il flui- do dell' elettro- motore decomponga l'acqua, giacché serven- dosi di fili d' oro puro , che passino pel medesimo turacciolo per immergersi nell' acqua, quando questi sono fuori della medesima interamente nel gaz formato, facendovi attraversare la scintilla elettrica si ha l'esplosione, e la riduzione di tut- to il gaz in acqua , ( per V ordinario i fili metallici restano lambenti r acqua , ed allora convien inclinare il tubo in mo- do , che V acqua non tocchi più i fili , perchè la scintilla passi pel gaz , ciò che si ottiene facilmente servendosi di tu- bi piegati in arco per far la decomposizione delt wqua . Al' lora si mettono alC inclinazione , che si desidera nelV arco dì legno che li sostiene . Quando rimangono goccie d' acqua ap- pese ai fili, continuando queste a decomporsi , il gaz si prò-' fonda più che ì fili.) Se poi i fili sono d'oro con lega, o di me- Di Anton Maria VaSSalli-Eandi . 709 metalli ossiJabili , allora il metallo ossidabile sL attrae T ossi- geno , e si co[)ie d' ossido , ed il carbonico del medesimo ga- ziticato si presenta sotto la forma di gaz acido carbonico , oppure si unisce alla calce sciolta nell'acqua e la precipita, quando si fa passare il fluido dell' elettro-motore per acqua di calce per mezzo di fili di metallo ossidabile immersi nel- la medesima . Allorché il gaz carbonico non è assorbito dal- la calce esso rimane dopo la combustione dei gaz . I feno- meni dell'ossidazione dei metalli nella decomposizione dell' acqua per via del fluido galvanico _, formerebbero un articolo assai lungo in un trattato del galvanismo, in un Saggio ba- sterà accennare, che l'ossido d' argento è bianco nell'atto della sua formazione , e tale si conserva al bujo , ma esso è colorato dalla luce ^ che in lagione dell'intensità lo fa pas- sare per tutte le tinte sino al nero oscuro, ed in questo Stato continuando V azione della luce solare diretta, si rivi- vifica l'argento lungo il tubo, e mostrasi in forma metalli- ca. L*^ ossido del rame riceve una tinta cerulea dal gaz car- bonico , che si forma nella sua ossidazione . Gli altri ossidi 6ono pure modificati , ed il platina medesimo esposto ad una lunga azione del fluido galvanico per decomporre l'acqua, si copre di una crosta sottile di ossido bianco , clie non cangia colore per l'impressione della luce> e le sue parti manten- gono un'adesione sufficiente a conservare la forma del filo dal quale si separarono. Il fluido, galvanico condensato ossia accresciuto per via di elettro-motoii composti di numerose coppie di dischi , oppure per mezzo di un minor numero di dischi di straordinaria grandezza, abbrucia tutti i corpi com- bustibili , i quali presentano nella combustione diversi feno- meni analoghi alla loro diversa natura * I colori, particolarmente l'azzurro vegetabile per la pro- prietà: di cangiarsi in rosso quando è tocco dagli acidi , ed in verde dagli alkali , furono pure sottoposti all' azione della .pila galvanica per esaminarne la natnra del fluido . Quaado si osservò il conduttore positivo tingere la tintura di elio- tro- 760 Saggio sopra il fluido galvakico tropio in rosso , o per meglio dir in giallo , ed il eondutLore negativo tingerla in verde , si giudicò essere il fluido galva- nico positivo un acido , ed il negativo un aìkali , nel che si avrebbe pure un nuovo argomento d" identità col fluido elet- trico già detto di tale natura da alcuni suoi effetti . In que- sti giudizj però non si è fatta la riflessione j che l'elettricità negativa non è punto diversa dalla positiva se non nella den- sità, spiegandosi per mezzo di un solo fluido tutti i fenome- ni, che si ripetono da due fluidi di natura diversa, che si di- mostrano non solo inutili , ma ancora insussistenti , e che ìi fluido negativo della pila è lo stesso , che passando in mag- gior copia in alcuni metalli si mostra positivo in questi se- condo la stessa teoria del Volta, e del Presidente deila So- cietà di Medicina di Lione Petétin . Laonde i diversi effetti del fluido positivo , e del negativo deggiensi attribuite aUa diversa azione dello stesso fluido condensato , o rarefatto , anziché alla diversa natura de' fluidi positivo e negativo , Avendo continuato per qualche tempo 1' esame dell' azio- ne del fluido galvanico sui colori mi si offersero alcuni fe- nomeni degni di attenz'one : immergendo i due conduttori nella tintura acquea ( la spiritosa non mi mostrò variazioni dall' azione del fluido galvanico ) di tornasole , si forma una materia tosto sotto la superficie , che pare albume biggio ce- ruleo, esso occupa gran parte della superficie del liquido. Fa- cendo decomporre la stessa tintura, contenuta in un tubo per via di fili di platina, si precipita in parte la materia coloran» te in forma di fiocchi tra i tubi, senza che la tintura mostri sensibile variazione eccetto nell' intensità . Ponendo una pic- cola dose di tintura in una barchetta di carbone, indi immer- sivi gli estremi dei conduttori deli' elettro-motore, si osserva formarsi vina schiuma bianchiccia attorno ai medesimi , la quale diventa rosacea alla circonferenza . Sovente presentasi più rosso di rosa attorno al conduttore negativo , che attor» no al positivo . Se vogliasi spiegar il rosso per via dell' ossi- geno j questo colora attorno al conduttore negativo ci mo- stra , Di Anton Marta Vassalm-Eandi . 76 1 etra , che esso è portato dal {laido galvanico proveniente dal conduttore positivo, e ci dà la ragione della riduzione tota- le del gaz in acqua, quando si fa la decomposizione di que- sta per vìa di fili d'oro puro, sebbene i gaz che presentansi ai due fili positivo, e negativo non siano nella proporzione ri- chiesta per la formazione dell'acqua. Raccogliendo i gaz in tubi separati gli trovai per lo più nella proporzione di cin- que d'ossigeno., e due d'idrogeno, mentre secondo il Lavoisier deggiono essere nella proporzione di 17. al 3. per formar l'ac- qua . Lasciando consumar tutto il liquido, qualche volta la schiuma del conduttore positivo resta di color giallo^ e quel- la del negativo di color verde chiaro; altre volte si distrug- ge il colore sotto il conduttore positivo , e si cangia in big- gio Sotto il negativo . Sottoponendo all' azione galvanica car- ta colorita in azzurro con colori vegetabili , essa non soffre variazione se è asciutta , se è stata bagnata prima di farvi passar il fluido della pila, comincia a venir gialla sotto il con- duttore positivo , indi il suo colore è distrutto affatto , e qualche volta verdeggia , altre volte gialleggia sotto il con- duttore negativo. M'accadde pur anco di vedere verdeggiare la carta azzurra sotto il conduttore positivo , altre volte in- giallita^ esponendola all' azione debolissima di un elettromoto- re , azione cotanto debole , che dovea riflettere per sentirne il gusto del fluido toccando la base della pila col dito bagna- to , e la sommità della medesima coli' apice della lingua. Anche 1' azione del fluido galvanico sui colori richiede un lungo discorso per essere esaminata ne' suoi detagli , e sui colori diversi, e di varia natura fissati sopra diversi corpi . Intanto l' ultima accennata osservazione conferma , che la differenza degli effetti del fluido positivo , e del negativo è prodotta dalla diversa intensità del medesimo fluido. Avendo sottoposto all' azione galvanica un pezzo di panno bagnato , e colorato di buona tinta azzurra , il colore fu distrutto sot- to amendue i conduttori, maggiormente però sotto il positivo Tomo X. Ddddd ove ^6a Satjgio sopra il fluido galvanico ove vedeasl una polvere bianca ^ cioè l'argilla dell' aliarne^ che servì alla tintura . Cruinskank, e Simon ottennero per mezzo del fluido dell' elettro-motore la decomposizione dell' acido sulfurico . Ser- vendosi di fili d' oro ebbero dal conduttore negativo il gaz idrogeno sulfurato , e la precipitazione dello zolfo . Sostituen- do fili di platina a quelli d'oro non ebbero che gaz idioge- no . Il filo d' oro comunicante col conduttore positivo fu corroso, e precipitò in oro di porpora. Lo stesso Cruinskank avendo esposta all'azione del fluido galvanico una soluzione di nitrato d'argento sovra saturata d'ammoniaca, per mezzo di fili d'oro ebbe dal conduttore negativo il precipitato d'ar- gento in istato metallico , dal conduttore positivo la preci- pitazione dell' argento fulminante di Berthollet . Lo stesso risultato ottenne dalla sola ammoniaca che decompose col fluido galvanico, servendosi di fili d' oroj e di platina; otten- ne pure la revivificazione degli ossidi metallici , e la decom- posizione di parecchi sali . Simon riempiendo due tubi nei quali penetravano fili d' oro , di acqua distillata , e facendo comunicare inferiormente questi tubi per mezzo di fibre musculari , ottenne nell' uno e nell' altro tubo bolle di gaz , che nel tubo comunicante col conduttore positivo avea l'odor dell' acido muriatico , e T oro fu alquanto corroso , e preci- pitato; nel tubo comunicante col conduttore negativo l'acqua sentiva l' ammoniaca . Con lo stesso apparato senza fibre musculari ottenne la sola ammoniaca dal conduttore negati- vo. Avendo io stesso sottoposto all'azione galvanica 1' alcool e l'acido nitrico, ne ottenni la decomposizione. La soluzione di muriate d' ammoniaca esposta all'azione galvanica per mezzo di fili d'oro, decompose questo metallo ossidandolo in nero dalla parte positiva, ed in giallo dalla parte negativa . In tutti questi fenomeni osservati da diversi autori succedo- no parecchie variazioni dovute alla diversa intensità del flui- do, i prodotti del quale essendo di natura opposta come l'aci- do e r alcali j apre un vasto campo a spiegare con pochi prin- Di Anton Maria Vassalli-Eandi . ij-óS principi diversamente soltanto modificati i fenomeni tutti del- la natura . Poiché essendo cosa dimostrata essere la medesi- ma elettricità, che condensata presentasi positiva, rarefatta si presenta negativa, e nella teoria ricevuta più comunemen- te non essendo altro il fluido dell' elettro- motore, che l'elet- tricità dei metalli rarefatta nell' argento, condensata nello zinco, è chiaro che ottenendosi effetti opposti dalla modifica- zione dello stesso fluido, molti altri coi pi che per h loro efletti credonsi di natura diversa, possono essere modificazio- ni diverse dello stesso principio . DelV uso del fluido galvanico nelle Scienze , e nelle arti . Nel 5- quarto già accennai 1' uso medico del galvanismo, che per la sua massima azione su gli animali viventi può presentare un utilissimo rimedio, ed un mezzo sicuro di co- noscere , se è veramente affatto estinta la vitalità in un cor- po, mettendone in azione gli ultimi residui insensibili agli al- tri stimoli , A questi usi già si pensò da parecchi , ma nes- suno che siami noto , osservando che tutti gli altri metalli somministrano abbondante gaz acido carbonico , quando ser- vono di conduttore per decomporre i' acqua per via del flui- do della pila del Volta, nessuno credo, ha immaginato di servirsi del fluido galvanico per conoscere se vi è lega nell' oro. È vero , che vi sono altri mezzi di conoscerla; ma è sempre utile averne uno di più , che qualche volta può anche riuscire più comodo : riguardo all' oro il fluido gal- vanico può pur anco somministrarcene lamelle , che diflì- cilmente si potrebbero ottenere ugualmente sottili con al- tro metodo; vai a dire separare le tenuissime lamelle d'oro, che sono sopra quelle d' argento dorato . Servendosi di que- ste dorate lamelle d'argento per decomporre 1' acqua, l'ar- gento si ossida , e cade rimanendo la lamina d' oro infinita- D d d d d 2, mea- ■TO-f. Saggio sopka il fluido galvanico mente più sottile di quella dei battilori, onde serviranno pe-r far elettro-metri, o ad altri usi. Sicco'me il fluido galvanico unito a diversi sali presenta varj gradi d'ossidazione dell'oro medesimo, anclie per questa proprietà può essere vantaggioso alle scienze j ed alle arti: esso servirà pariavente a procurar- si diversi ossidi degli altri metalli ; 1' uso grandissimo di queste arti basterebbe a stabilire 1' utilità del galvanismo nelle medesime. Le scienze Fisico- chimiche possono pu- le profittare non poco di tale proprietà , e più ancora del- la forza particolare , che ha il galvanismo di decompor- re i sali , forza per la quale si otterranno per mezzo di que- sto fluido diveròe decomposizioni _, che probabilmente non si sarebbero mai ottenute con altri mezzi . Nel §. antecedente abbiamo osservato essersi formati acidi , ed alcali co-I far pas- sare il fluido dell' elettro-motore per diversi corpi . L' appli- cazione di tal fluido all' rnvestigiizion della genesi di queste e di altre sostanze ,. che V esperienza soniministrerà , può' espandere la maggior kvce su le operazioni della natura , par- ticolarmente su le variazioni prodotte nei corpi dal calorico modificato in molte maniere . In oggi si conoscono molti effetti della luce , che si attribuivano ad altre cagioni , si possono per mezzo del flaido' galvanico scoprire nuove pro- prietà del calorico, dell'elettricità^ e di altri fluidi. L'azio- ne indicata superiormente del fluido della pila sopra i colori apre un vastissimo campo di ricerche utili alle scienze, ed alle arti . Sopra la medesima carta azzurra tinta con colori vegetabili, le impressioni del fluido galvanico, quelle del conduttore positivo ora furono assai diverse da quelle del conduttore negativo , ora furono affatto simili non variando che neir estensiane minore sotto il conduttore negativo , ora furono quasi inverse , cioè la carta si tinse in verde sotto ii conduttore positivo , e restò quasi inalterata sotto il negati- vo , questa sperienza confermando che il positivo , ed il ne- gativo non differiscono , che nel più, e nel meno; giacché eb- bi il verde dal positivo debolissimo, ciò è un nuovo ajgomen- to Pag. 705. Acido nitrico Ammoniaca Giallo chiaro Sbiadito tendente al violaceo Giallo rosa Biggio Rosso vivace Piccolissima variazione Finta cerulea Biggio giallognolo . nta violaceo-cerulea Verde più iritenso air intorno ita violacea Sbiadito rgio e color di rosa Sbiadito con contorno giallo intenso iio chiaro rparso di :ite di giallo oscu- ' , e verde Nessuna variazione Iridilo chiaro Ceruleo più intenso Azzurro Sbiadito • B ancor più chiaro Nessuna variazione iolaceo con macchia IVrpnnmiissima v.'irm'zinnft r;io rapidamente si chiudeva eoa r indicato cuscinetto j cessando 1' efflusso per L si rinovava il getto pel foro M , che ascendeva assai oltre il livello dei riservatojo . i8 Coàì seguitando ad aprire e chiudere a mano il tu- bo L, proseguiva l'efflusso per L, e il getto per M intermit- tente e alternativo, cessando uno quando incominciava l'al- tro , cosicché sempre cominciava il getto , quando il tubo L si chiudeva; e qui pure dentro i limiti delle nostre esperien- ze (14) accade, che il getto cresca, quando cresce l'altezza dell' acqua nel riservatojo, o- la lunghezza del tubo di con- dotta; ma inoltre per avere la massima altezza del getto, con- viene lasciare un certo intervallo di tempo tra li chiudimeri- ti successivi del tubo L; poiché se questi siano troppo cele- ri 7 il getto rimane sempre un poco più basso , 19.. Somiglianti fenomeni ci accadde pare di osservare in. un altro' n>odo-; poiché volendo provare gli effetti , che dall' ingrandimento della camera j o del tubo di condotta po- tevano provenire , con quattro assicelle insieme unite senza grande precisione si preparò un tubo prismatico lungo tre piedi , la di cui sezione era di pollici quadrati aS , e aven- do insinuato una delle sue estremità in un grande recipien- te , air altra si applicò una camera cubica parimenti di le- gno ^ che nella superficie superiore aveva un foro, e sul suo fondo un coscinetto a guisa di valvola mosso a mano, aven- do qui pure lasciato, che l'acqua dal recipiente scorresse pel tubo nella camera, tenendo chiusa l'apertura della superficie inferiore , 1' acqua sortendo al solilo dalla &uperioie arrivava quasi al livello del recipiente, prescindendo dalie poche pri- me gocce , che lo sorpassarono ; lasciando poi libera 1' aper- tura inferiore, sgorgavane V acqua senzadio quasi ne uscisse goccia dalla superiore , e ancora dalle commessure non trop- po esattamente connesse j ma al momento in cui si chiude- va Di PiNI E DI RaCACIII. 778 va r apertura inferiore, tosto il solito getto saliva dalla su- periore oltre al livello del reci[)iente . ao. Egli ò chiara, che questi esperimenti ( 16, 19 ) presentano una esatta imitazione dei primi fenomeni ( io , II, e 12 ) dell'ariete, e si possono chiamare analitici, per- chè ci forniscono un' analisi tanto sensibile di quella mac^ china j che quasi ne fanno svanire il meraviglioso; quindi noi chiameremo stromenti di paragone quelle camere di le- gno (19) e di latta (16), perchè infatti si vede, che per riguarda a quei primi fenomeni ciascuno di questi stromenti è un ahlx>zzo di un ariete, in cui il coscinetto fa le veci della valvola , e la mano fa le veci della molla che 1' apre e la chiude; e a compiere l'ariete, basterebbe che alla parte superiore di questi stromenti si pdattasse una valvola 1 ( fig, 9)^0 due , che facessero 1' uffizio di sostenere 1' acqua , che nei getti successivam'-nte si inalza , e inoltre una cam- pana XEY , che la contenesse, e la tranaatidasse pel foro E munito di uno sp'llo, o di un tubo. ai. In questa forma d'ariete, che ciascuno può ottene- re facilmente togliendo all' altro (4) il tubo Z Y ( fig. i ) ^ il getto , o il moto dell' accpua sortendo da E ( fìg. 9 ) rie- sce intermittente, e spguc solo ogui volta che si chiude la valvola M , come acraJe nelli Istromenti stessi di paragone ( 17, 19 ) . Ma l'ariete in quella forma si potrebbe chia» mare semplice in riguardo dell' altro (4) ■> che essendo muni- to del tubo YZ ( fij:. i ) è pili composto, e ancca potreb- be utilmente servire in tutti i casi, dove non si richiede che la salita dell' acqua sia continua. aa. Dalle esposte cose possono dedursi più consp^uen-» ze ; e la prima è, che la cagione per cui il getto fatto dall' ariete ascende oltre al livello del riservatojo (i 1), non è l'ur- to che la valvola MG aprendosi può dare contro l'acqua che le sovrasta; poiché in questo caso la massima altezza, e il massimo impeto si avrebbe, mentre quella valvola si apre j e in » 774 Sull' Ariete Idraulico e in vece non solo sottoponendo la mano alla valvola stessa neir ariete sì sente, ma molto pivi chiaramente nelli stro- menti di paragone (17,19) si vede che quell'impeto e qiiell' altezza succedono, mentre 1' apertura inferiore si chiude , sebbene in quelli stromenti ciò si facesse in modo , che r acqua sgorgante tagliavasi orizzontalmente , onde quella che rimaneva nella camera , dovesse sentire nissun urto ^ o solamente un urto leggerissimo, a3. La seconda conseguenza, che si può dedurre, è, che r aria che occupa la parte superiore (i3) della campana LZL' non è la causa efficiente e gli altri analo- ghi ^ che seguono nelli stromenti di paragono, finchò la lo- ro apertura inferiore è libera, dipendono dalle leggi della pressione, che esercita l'acqua, quando è in moto. Di que- ste già- si occuparono gli Scrittori d' Idraulica Daniele Bcr- noiilli (Nou. Comm. Pctrop. V. i r , e IV , hydr. sect. XII) Giovanni di lui padie (hydr. op. V. IV) D'' Alembert ( T 7- . de r Eq. ec. 1. 11. eh. 11.) e altri, dai quali presero alme- no le principali leggi Bossut (hydr. 11. part. eh. VI. sect. 11), e Prony (hydr. 5- SSy , e seg. ) . M.\ 1' egregio socio Gre- gorio Fontana nella Memoria sopra la pressione dell' acqua in moto contro i vasi e tubi pe' quali scorre , inserita nel voi. IX. della nostra Società ha trattato quel soggetto medesimo con la precisione e chiarezza , che in tutte le di lui opere si ammira, e non lascia più altro a desiderare. 33. E veramente da quelle leggi segue in primo luoco , che la pressione contro i lati dei tubi è nulla, se l'acqua vi scorre liberamente , e sorte da uu' apertura proporzionata ; quindi nelli Istromenti di paragone, finché l'apertura infe- riore resta libera, e presenta un libero sfogo all'acqua, l'uscita di questa dall'apertura superiore (17), e dagli altri fori nudi (37), o muniti di tubi (28) è nulla, o assolutamente tenuissima che proviene da qualche ritardo, che soffre l'acqua per le piegature, e per Io sfregamento dei tubi, come av- ..Tcmo X, Fffff ver- 77*^ Sull' Ariete Idraulico veite Damele BernouUi ( non. comin. Pefr. V. IV ) . 34. Appresso segue da quelle leggi , che l'acqua se non sorte dai tubi per una conveniente apertura , in proporzio- ne dell' impedimento che soffre , esercita una pressione la- terale, che sempre è minore dell'altra che produrrebbe, se sotto air altezza medesima fosse stagnante . Ma nell' ariete appunto accade, che l'apertura inferiore , sebbene la valvola sia alzata , non presenta all' ocqua un libero sfogo , il che è chiaro per se, e ciascuno potrà anche assicurarsene raccogliendo , e paragonando la quantità d' acqua , che in tempi, e circostanze eguali sortono dal tubo libeio , e dalla sola apertura della valvola; quindi nell' ariete, finché que- sta valvola resta aperta , qualche porzione d'acqua, ma sem- pre minore di quella, che alla pressione dell'acqua stagnan- te potrebbe corrispondere , si vede sortire dai fori laterali (27, 28) e anche dall' apertura superiore (11), se pure in questa non sia del tutto impedita dalle resistenze delle val- volette , e del tubo YZ . 35. Ad ogni modo è pur chiaro, che quando la valvola MG è aperta , tanto quelle valvolette , quanto questa valvo- la stessa dall'acqua, che scorre per sortire dalla di lei aper- tura , soffrono qualche pressione . Ora questa per necessaria condizione di costruzione deve esser tale, che basti per in- cominciare ad abbassare quella valvola MG per chiuderla vincendo la forza della sottopcsta molla , e senza di ciò il giuoco dell'ariete non potrebbe cominciare, e proseguire. 36. Nondimeno troverebbe non poca difficoltà chi si ac- cingesse a mostrare, che il moto dell'acqua pei tubi, o per r apertura della valvola , e gli indicati fenomeni dell' ariete corrispondono alle formolo, con le quali gli Scrittori d'Idrau- lica hanno espresso quel moto dell'acqua, o la pressione, che essa esercita essendo in moto , siccome per riguardo a questa ha fatto Daniele BernouUi (1. e.) co' suoi esperimen- ti ; poiché quelle formole suppoiifioiio nota la proporzione tra l'apertura libera, e la impedita, e BernouUi poteva tro- var- Di Pini e di Racagni . 779 vaila , perchè operava con aperture semplici e regolari ; ma iicll' ariete come calcolare 1' apertura , che lasciano le valvo- le massime avendo riguardo, che nella valvola del fendo l'acqua esce con più libertà dalla di lei parte anteriore, che dalla posteriore ? Quindi potrà forse sembrare migliore il consiglio di valersi di quelle formole per determinare l'aper- tura massimamente della valvola per mezzo della quantità d'acqua, che ne sorte in un dato tempo, o del moto, con cui per la sua pressione sorte dai fori nudi, o muniti di tu- bi ( 37 , a8 ) ; e poi di quella apertura si potrà valersi ad altri usi . 37. Ma questo metodo non potrà sempre con ogni sicu- rezza usarsi per trovare la pressione , che soffre la valvola MG quando è aperta, perchè siccome 1' acqua discendendo accorre da ogni parte per uscire , cosi quella valvola dee ben riceverne ancora qualche percossa , come indica Giovan- ni Bernoulli {Op. V. IV. p. 46.) , e noi diremo in seguito; e poi se quella valvola pesca nell'acqua (i5) , conviene mo- diiìcare quelle formole risguardando l' ariete a guisa di un vaso immerso in un altro , di che trattano Daniele Bernoulli (hydr. sect. VII.), D'Alembert ( Tr. &c. 1. 11. eh. IL), e altri. Se poi quella valvola è libera, conviene ancora mo- dificare quelle formole dipendentemente dalla pressione dell' aria, poiché l'acqua che cade con impeto, formando sotto alla valvola quasi un cilindro ripieno d' aria , secondo le os- servazioni degli Autori citati , e del Venturi nell' eccellente opuscolo sul moto laterale dei fluidi , imprime a questa un moto laterale per cui traendola seco non lascia , che possa tutta la sua pressione esercitare contro all' esteriore superfi- cie di quella valvola . 38. Finalmente tra 1 fenomeni descritti alcuni dipendo- no dall' azione , che esercitano i fluidi in moto , quando ven- gono arrestati. A noi niun Scrittore d' Idrodinamica è sovve- nuto, che ne abbia date le leggi distintamente , e soltanto ci è sembrato , che con questo caso qualche analogia avesse Fffffa quei- 7^0 Suj.l' Ariete Idrauj.ìco quello dei fluidi contenuti in vasi., ch(5 sono mossi, o f stor- namente percossi , di cui tratta Daniele BemoulU ( hydr. sect, XI ) seguito dal D' Ahmherb ( 1. e. ) , e iti parte dal Bossut (hydr. p. ii. sect. III.) . Forse gli Scrittori d'Idrau- lica non hanno di quella azione trattato separatamente , per- chè Iian creduto , che dipenda dalle stesse leggi della per- cossa ; siccome però ogni azione dei fluidi si riduce a pres- sione , pare che per riguardo all' ariete , e agli altri casi analoghi l' azione dell' acqua arrestata possa facilmente inten- dersi ancora , e determinarsi nel seguente modo . E da prin- cipio suppongasi il moto ridotto a stato permanente , e la massa dell' acqua divisa in tali strati , nei quali siano le ve- locità reciprocamente proporzionali alle loro aree , e se sia data la proporzione tra queste , e I' area dell' apertura della valvola , si potrà nell' ariete trovare la velocità in ciascuno di quei strati j determinando la velocità in qu&ÌIa apertura non solo dalla pressione calcolata lino all' altezza del riserva- tojo , ma ancora dal ritardamento , che l'acqua soffre per le resistenze nel tubo di condotta . 39. Conoscendo poi la velocità in tutti li strati si potrà pure trovare T impeto , con cui 1' acqua , che per la propria inerzia tende a moversi con l'acquistata velocità , opera con- tro qualunque strato^ o contro qualunque parte di uno stra- to che la precede, e da cui viene arrestata , non altri- menti che si trova la pressione, che l'acqua stagnante eser- cita contro un ostacolo che la impedisce dal cadere. Quell' impeto si può chiamare momento, perchè dipende dalla mas- sa insieme, e dalla velocità, sebbene non sempre corrisponda a tutta la massa; e facilmente si troverà, che quel momen- to crescerà sempre crescendo l' altezza dell' acqua nel riser- vatojo, e crescerà ancora crescendo la lunghezza del tubo di condotta fino ad un certo limite, oltre al quale diminuirà per ragione del decremento di velocità , che questo tubo pro- duce air uscita dalla valvola (33) 'j inoltre quel momento sa- rà maggiore nei luoghi, che sono più vicini alla valvola, e in Di Pini e di Ragagni . '/^ l in qualunque luogo non potrà mai non restare costante , se restino nieJcsinie le circostanze, e non essere maggiore della sola pressione che 1' acqua produrrebbe , se fosse stagnante . 40. Ora a noi pare evidente che nelT acqua , che era in moto, e viene arrestata, ciascun strato siccome soffro ;, così per ragione della fluidità debba in ogni direzione eser- citare una pressione eguale a quell'impeto, 0 momento; on- de in tutte le direzioni , dove si trovi una resistenza mino- re, dovrà seguirne il moto, che corrisponda all' eccesso di quel momento sopra questa resistenza ; quindi se i lati ab- biano qualche foro, 1' acqua ne uscirà con impeto eguale a quel momento, ed in ogni caso l'acqua dovrà soffrire un ri- gurgito , ossia moversi .contro alla precedente direzione , e retrocedere dentro del tubo , poiché quando i' acqua ha fi- nito il suo moto, la resistenza secondo quella direzione può solo corrispondere alla pressione , che 1' acqua arrestata pro- durrebbe essendo stagnante ^ laonde si trova minore del mo- mento (3g) . 41. Se noi conforme agli esperimenti di Ca72/07i ( Trans. Phil. V. L. iv. ) , di j4bìch^ e Zirnmernian (Veber die elast. des Wassers ) volessimo riguardare 1' acqua come compressibile/ e sebbene poco compressibile , come sommamente elastica . potremmo con facilità dimostrare la verità, e dar la ragione degli esposti principj ; imperocché allora è manifesto che nell'acqua, mentre è arrestata, ciascuno strato in ragion di quel momento (38) dell' acqua che lo insegue, cede e vie- ne compresso, e per la propria elasticità tende a rilasciarsi secondo ogni direzione , e realmente si rilascia in tutte le direzioni , dove trovi una resistenza minore , e perciò real- mente si rilascia sempre nella direzione contraria al moto precedente , dove l' acqua , consumato avejido il momento nel produrre la compressione , esercita una pressione mii;ore dell' elasticità. Ma ninno ci vorrà contendere, che noi di quella immagine ci serviamo almeno per dichiarare, come quei principj seguano dall' indole stessa dell' impeto , che 7na SuLL^ Ariete Idrat:mcò l'acqua arrestata tendendo a moversi per la propria inerzia esercita contro allo strato, che la impedisce; imperocché Gio- vanni Bernoulli ( cap. V. IV. p. 44^- ) ^^■^ g'^ ottimamente avvertito , che qualunque forza applicata ai fluidi si deve co- me un' fura elastica considerare , 421 • Adunque la pressione dell' acqua, che essendo in moto resta fermata , è la cagione che produce gli sprizzi e i getti , che si osservano generalmente , quando si apre la comunicazione col riservatojo ( io, 17, ig ), o che negli stromenti di paragone accadono per l'apertura superiore ( 17, 19 5 ) e pei fori laterali ( a6 , 37 , 28 ) , quando si chiude r apertura inferiore col coscinetto . Neil' ariete poi a misu- ra , che si chiude la valvola MG (35) , e una maggiore co- pia d' acqua viene arrestata , cresce ancora la di lei pressio- ne in ogni direzione , onde con moto accelerato quella val- vola si abbassa e chiude , e si aprono le vai velette H, H' , che per costruzione debbono resister meno di quella pressio- ne , e l'acqua passa dalla camera, nella campana, e sorte dagli altri fori ^ , « , A , ( 2.8 , 29 ) con impeto , che va sempre crescendo , e diviene massimo nell' atto stesso , in cui la valvola è chiusa ; quindi in tutti quei casi , 1' impeto dell'acqua, che si mette in moto ( i4-. 18 ) corrisponde al momento di quella , che è arrestata (Sg) , e perciò il get- to è sempre maggiore della pressione , che quest' acqua es- sendo stagnante potrebbe produrre , e cresce crescendo non solo r altezza dell' acqua nel riservatojo , ma ancora la lun- ghezza del tubo di condotta almeno dentro i limiti delle no- stre esperienze (r4) . 43. Similmente dalla pressione dell' acqua arrestata pro- viene il rigurgito, che al chiudersi dell'apertura inferiore si osserva tanto nelli stromenti di paragone, quanto neh' arie- te (3o) . E qui noi avvertiremo , che per una somigliante cagione ancora nelle chiuse , quando si serran i portoni , e vicino alle tortuose ripe, contro le quali urtano i fiumi, e nei tubi di ogni sorte 3 quando con chiavi , o altro mezzo si . . «I * chiu- Di PiNt K DI PtACAGSi . 783 chiudono , si vede l'acqua alzarài , e retrocedere sempre con impeto, che è sempre maggiore della seiupllce pressione, e corrisponde all' impeto dell' acqua , c!ie è arrestata . Quin- di per ispiegarsi quel rigurgito j e gli altri fenomeni posti al nuin. 4^' non è d'uopo ricorrere alla elasticità delle parti metalliche , onde sono le macchine co'iiposte ; e infatti noi non ci siamo accorti di alcuna variazione nei fenomeni dell' ariete , quando abbiamo vestita interiormente la camera di spugna , che ci è sembrata il corpo più atto ad introdurre una differenza più notabile di elasticità . 44- L' impeto con cui la valvola MG chiudendosi batte sui piano sottoposto , forma il colpo rumoroso (14) , il qua- le , se paresse molesto , si può togliere , o diminuire moltis- simo vestendo quel piano di una pelle a guisa di coscinetto. Anche quel colpo imprime a tutto f ariete un moto all' in- giù, che non si deve confondere con 1' altro assai più vigo- roso (14)5 <^^'^ imita quello dell'ariete militare. Questo sem- bra a noi 3 che provenga dalla reazione del rigurgito, o piut- tosto perchè la stessa pressione , per cui 1' acqua retrocede verso il riservatojo, spinge ancora le opposte pareti della ca» mera , e insieme nel corpo tutto della macchina le fa move- re in parte contraria non altrimenti , che l' azione stessa del fluido elastico svolto dalla polvere produce il getto delle pal- le , e la rinculata dei cannoni, l'ascesa dei razzi, e l'efflusso di sotto della materia accesa , anzi V azione stessa dell' acqua produce il getto, e la rinculata dei vasi liberi , sopra di che sono da vedere Daniele BernoiiUi ( hydr. sect. XIII. ) D'' Alembert ( Tr. etc. L III. eh. i. ) e altri; quindi pare, che la reazione dell' acqua, che passa dalla camera nella campana , debba in somigliante modo accrescere quel moto dell'ariete in giù; nondimeno questo è assai tenue, e si suo- le trascurare. 45. Né già sembrano a noi da seguitare quelli , i quali opinano , che 1' acqua caschi dal riservatojo pel tubo a gui- sa d' un corpo solido , e urtando contro alle pareti della ca- rne- 7^4 S'jll' AniE-rc Idraulico mera spinga innanzi 1' aiicte ; perchè se ciò fosse , il moto diretto dell'ariete succederebbe quando ìa valvola si apre, e r acqua cade, e non quando la valvola si chiude, e l'acqua è arrestata (i^) ; di che può ciascuno assicurarsi sottoponen- do a quella valvola la mano. Del resto è vero, che nell'arie- te l'acqua si può per moki riguardi paragonare ad un corpo solido, perchè come un corpo solido cade essa, e cadendo si occelera, e arrestata opera in ragione di momento (4o) , e dentro ai tubi si avanza , e retrocede , onde ancora nel suo moto imita 1' ariete militare, e senza sensibile difFerenza di tempo si chiude la valvola, e in tutta la lunghezza dei tubi 1' acqua sembra fermarsi , e sorte dai fori posti in diversi luoghi ec. , ma quel paragone non si può fare in tutti i ri- guardi , perchè allora non si potrebbe avere la pressione la- terale , che chiude la valvola, apre le valvolette, produce li getti ec., e la inesattezza de' risultati riuscirebbe molto mag- giore , se calcolando il moto dell' acqua , si trascuraasero le condizioni dipendenti dalla fluidità . 4.6. Mentre l'acqua retrocede, si move quasi come per un tubo libero , e perciò lateralmente esercita una tenue pressione (33), e l'efflusso pei fori laterali si rallenta moltis- simo, o vien meno ( 2,6 , a5 , a ) ; similmente nella came- ra allora l' acqua si diminuisce , perchè una porzione retro- cede pel tubo, e la pressione si indebolisce fimo a corrispon- dere all' altezza, che quell' acqua ha non fino al livello dt;l riservatojo , ma nella camera stessa , poiché l' acqua , che retrocede pel tubo, non può contro l' altra che r-mane nel- la cameia 5 esercitare pressione di sorte alcuna; e in fatti se fosse altrimenti , il getto pel foro t non potrebbe dopo il chiudimento della valvola tosto cessare (07) . 47. Quando adunque la pressione deh' acqua della ca- mera è divenuta minore dell' altra, che risulta dal peso del- le valvolette H,H', e dalla pressione che soffrono dall' ac- qua della campana, queste cominciano a cadere, e dimi- nuendosi sempre più quella pressione, con moto accelerato si chiù* Di Pjni e ih Racagiii . 7?'* chiudono , e cessa ogni passaggio di acqua dalla camera nel- la campana . Quando poi la pressione dell' acqua della came- ra insieme al peso della valvola MG è divenuta minore del- la forza della molla l, questa comincia a portare quella val- vola in su , e con moto accelerato la apre , imperocché nel- la costruzione dell' ariete 1' altezza della camera con i pesi delle valvole , e la forza della molla si debbono cosi dispor- re, che possano prestarsi a que' movimenti; quindi si vede che a spiegare questo aprimento della valvola , che si può dire spontaneo , ed è diverso dall' altro che si eseguisce ad arte (ii) , non basta dire come fa il Montucla ( hist. des Blath. V. III. ) , che si estingue la forza viva , per cui era stata chiusa , ma conviene provare che manca ogni altra pressione, che basterebbe a tenerla chiusa; perchè altrimen- ti potrebbe parere che cessando la forza viva, 1' ariete do- vesse riguardarsi come ridotto allo stato in cui era da prin- cipio , quando la sola pressione dell' acqua vinceva la forza della molla (3i) . 48. Il moto retrogrado nell' acqua cessa , quando tutta è estinta la reazione degli strati eguale al momento , con cui ciascuno era stato premuto (3g) . Allora 1' acqua ricomincia a cadere , e sgorgando dalla valvola che trova aperta , ac- quista un certo momento ; ma siccome quella valvola non presenta uno sfogo intieramente libero (34) , così V acqua con la pressione , che esercita in ragione dell' impedimento che soffre , comincia a chiuderla ; e poiché quella pressione in seguito cresce in ragione di quel momento che va per- dendo , cosi V acqua con moto accelerato chiude quella val- vola ; e in somigliante modo ancora apre le valvolette , e in parte passa dalla camera nella campana , e in parte ripiglia il moto retrogrado, e spinge inanzi l'ariete, e lascia poi che le valvolette si chiudano, e la valvola del fondo si apra; e così seguitano gli esposti fenomeni del giuoco dell' ariete , nel quale è manifesto che tra due colpì della valvola , o tra due getti intermittenti successivi dovrà passare il tempo Torno X. ^gg^S i»^- 736 Sull'Ariete Idraulico bastante per compiere quella specie di ondulazione , in cui r acqua cadendo acquista un certo inon>ento, e poi retroce- dendo lo perde-, laonde quel tempo sarà più breve, e i col- pi della valvola saranno più frequenti , dove quel momento è minore, cioè accorciando il tubo dentro un certo limi- te (4o) . 49. Affinchè 1' acqua cadendo possa acquistare il massi- mo momento , d' uopo è che passi una certa proporzione tra V altezza dell' acqua nel riservatojo , e le dimensioni dei tubi , r apertura della valvola , e la forza della molla ; im- perocché per esempio noi abbiamo provato , che diminuendo oltre alla metà l'apertura della valvola, il getto si diminuiva, e avendola ridotta ad una fessura di due linee in larghezza , il giuoco dell'ariete cessò intieramente; e negli stromenti di paragone , quando chiudevamo 1' apertura inferiore troppo presto, cosicché non lasciavasi all'acqua il tempo necessario per retrocedere , e acquistare il primiero momento , abbiamo osservato che il getto si teneva più basso . 50. Forse da qualche particolare condizione di quelle proporzioni accade , che alcune volte si veda l'ariete metter- si in giuoco da se , ossia che senza tener chiusa la valvola inferiore (ic) , aprendo la comunicazione col riservatojo si veda chiudersi quella valvola da se , e poi aprirsi seguitando così alternativamente i imperocché questo deve realmente ac- cadere ogni volta , che la pressione proveniente dalla prima acqua arrestata, che produce lo slancio delle prime goccie (4a) , basti ad abbassare e chiudere quella valvola . AH' op posto forse da qualche difetto in quelle proporzioni accade alcune volte , che il giuoco dell' ariete si fermi da se , sen- za che ne appaja ragione alcuna particolare ; il che nella no- stra macchina accadeva pur troppo di spesso , e la rendeva molto imperfetta. Ma forse a questo difetto contribuiva assai l'aria , che entrava per la valvola (i5), o qualche altra ana- loga cagione, poiché abbiamo pure osservato , che se quella valvola pescava nell' acqua , quei difetto era molto minore , 5i. • Di Pini e di Racagni . '^Q'j 5i. Ora dalla spiegazione data è chiaro, che il passaggio dell' acqua dalla camera nella campana è intermittente (i3, 4l , 4^ ) ; quindi se questa è tutta ripiena d^ acqua , ancora è intermittente il getto o il moto dell'acqua, che sorte da O (23); ma se la campana contiene dell'aria (i3), o succes- sivamente ne riceve qualche porzione (i5) , l' acqua che vi entra per le valvolette , impiega la propria pressione parte per spingere l' acqua nel tubo YZ , e parte nel comprimere queir aria, la quale in seguito dilatandosi preme essa pure r acqua rimasta nella campana , e ne spinge una porzione per quel tubo , ancora quando le valvolette sono chiuse . L' aria dunque nella campana dell' ariete Ta l' ufficio stesso come nella così detta Cassa d'aria di molte trombe; poiché rende continuo il getto , o il moto dell' acqua , che sorte per O, ma ne lascia l'impeto intermittente (i3), e lo rende an- che minore di quello , che senza quell' aria si avrebbe . Sa. Neir ariete dunque il getto in brevissimo tempo si riduce a quello stato , che corrisponde all' impeto , con cui è premuta 1' acqua dentro alla camera (4o), o è spinta den- tro alla campana {4a) , avuto riguardo agli ostacoli che de- ve superare per gli sfregamenti, per la resistenza dell'aria , e r azione vicendevole delle parti ; e si mantiene in quello stato , perchè quell' impeto e questi ostacoli rimangono co- stanti (39) . Ma per riguardo all' uso di inalzar 1' acqua ap- plicando al foro O un tubo (4) , pare che l'ariete non doves- se avere alcun limite, ma dovesse servire per portarla a quella altezza qualunque, a cui il tubo arrivasse; poiché pa- re, che la pressione dell' acqua della cameia corrispondente air impeto nominato di sopra operi a guisa di una percossa contro le valvolette , e ogni volta che il giuoco dell' ariete si ripete , debba sempre vincere la contraria pressione , che queste soffrono dal proprio peso, e dall' acqua della campa- na , e aprendole spingere una nuova porzione d' acqua nella campana , che maggiormente inalzi quella del tubo . 53. Nondimeno si avverta, che l'azione dell'acqua della Ggggg a ca- 788 Sull' Ariete Idraulico , camera contro le valvolette è sempre costante (33); e all'op- posto la pressione che quelle soffrono dall'acqua della caai- pana , va sempre crescendo a misura che V acqua si inalza nel tubo. Quindi le quantità d' acqua, che seguitando il giucco dell' ariete passano nella campana , sono decrescenti ; onde la somma loro , e perciò 1' altezza dell' acqua nel tubo può avere un limite che il calcolo determinerà , oltre al quale non possa almeno sensibilmente dentro un certo tem- po passare . Ma inoltre 1' impeto dell' acqua che cade, non si impiega tutto nell' aprire le valvolette ma ancora nel com- primerle insieme a tutte le parti interne della macchina ; e poi 1' acqua che entra nella campana per le valvolette , quando sono aperte , in parte ne sorte quando quelle si ab- bassano e chiudono ; e forse qualche parte ancora ne sorte mentre sono chiuse , perchè non si combaccino esattamente ; quindi potrà forse accadere , che 1' acqua nel tubo si accosti a quel limite ondeggiando, ma nemmeno vi possa arrivare o mantenervisi . 54- Per le due circostanze che abbiamo ultimaonente indicate, noi siamo ancora entrati iti sospetto, che se la pres- sione dell' acqua nella campana oltrepassi un certo segno , possa giuocando l'ariete, l'acqua da quella anzi cadere nella camera; e in fatti avendo dalla parte superiore eaipitc di ac- qua un tubo lungo Sa piedi applicato al foro O , e messo in giuoco l'ariete sotto l'altezza d'acqua nel riservatojo di pol- lici 2,0, e col tubo di condotta lungo pollici 8a, 5, abbiamo osservato che 1' acqua invece di uscire dal foro superiore si abbassava nel tubo , e seguitava ad abbassarsi , quantunque nuova acqua si infondesse superiormente ; onde fu manifesto non solo che nel nostro ariete , mentre giuocava , 1' acqua passava dalla campana nella camera , ma inoltre che il li- mite a cui si poteva nel tubo inalzar 1' acqua, non arriva- va a piedi Sa. E veramente avendone ridotta l'altezza a pie- di 17 sortinne una piccola quantità d' acqua irregolarmen- te a getti rari , e a piedi ai una quantità ancora mino- Di Pmi E DI RAG\cwr. 785 re 5 e con più irregolare intermittenza per modo, che allora non si poteva più fare della macchina alcun uso vantag- gioso . 55. Questo che si è detto dell' inalzamento dell' acqua in un tubo, vale pure per riguardo ad un aliro uso , a cui si potrebbe l'ariete destinare, che è quello di comprimere l'aria nella campana; imperocché egli è chiaro, che questa è sempre compressa in proporzione dell' altezza , a cui sale r acqua sortendo da 0 ; e se questo foro si tenga chiu- so esattamente , tutto V effetto deU^ acqua che giuocando r ariete entra nella campana , si ridtirrebbe a comprimere quell' aria ; il che si può riconoscere facilmente tenendo chiuso quel foro solo per qualche tempo ; poiché aprendolo si vede il getto salire oltre all' altezza solita in proporzione della maggiore forza, con cui l'aria si rilascia dalla compressione sofferta . Pare dunque che ancora per la compressione dell' aria debba neU' ariete esservi un certo limite ^ il quale nelì' ariete che serviva alle nostre esperienze , nemmeno arriva- va a comprimerla fino ad una atmosfera oltre allo stato na- turale . 56. Noi non abbiamo difficoltà di attribuire alle circo- stanze , e forse alle imperfezioni dell' ariete che adoperava- mo , se gli effetti da noi ottenuti ebbero un limite così ristretto, poiché abbiamo inteso , che Mongolfier operando con una mac- china molto più ferma con una caduta di io piedi , e con un tubo di condotta lungo 60 piedi e largo due pollici in diametro, ha po- tuto comprimere l'aria fino a 40 atmosfere ; quindi abbiamo desi- derato (3) di potere esperimentare altre macchine, e in altre circostanze per verificare le leggi dei fenomeni , che nella no- stra macchina abbiamo osservate , e confrontarle con le teorfe Idrauliche , dalle quali ci pare che dipendessero . Ad ogni modo noi non sapremmo dire, se nella macchina stessa di Mon^oljler, quando 1' aria era a quel segno compressa . aprendo il foro , V acqua sarebbe con una velocità uniforme montata a piedi 1^48 , che equivalgono a 3g. atmosfere^ sic- 79° Sull' Ariete Idhivulico siccoijie il Moìttucla sembra credere ( hist. des Math.V. m.). poiché UH tubo di tanta altezza , e della solidità bastante a vincere tanta pressione , non pare che potesse essere iual- zato, e fermato ai muri della casa del Mongalfier, che espe- rimentava nel suo giardino; e un getto. libero secondo le leg- gi abbastanza note non poteva saljr« ad un' altezza di 3a, piedi per ciascuna delle 89. atmosfere . ^7. Del resto se le idee da noi esposte sono giuste, egli è certo che la teorìa dei fenomeni <ìeH' ariete non sarà una delle meno composte e difficili dell' Idraulica , massimamen- te se vogliasi tener conto del tempo in cui quelli seguono, e delle resistenze che T acqua soflFre per gli sfregamenti , le piegature dei tubi , 0 altre cagioni . Ma lasciando ancora da parte ogni teoria a noi pare , che si possa facilmente de- terminare r effetto dell' ariete -, e paragonarlo eoa la forza che vi si impiega ^ o che si dovrebbe in qualche altra mac- china impiegare per Ottenere un effetto eguale ; poiché pre- scindendo dalla distanza tra il riservate jo e 1' ariete , a cui F acqua si porta , e dall' acqua che riempie il riservatojo e il tubo di condotta , 1' effetto delT ariete è di portare ad una certa altezza quella gola quantità di acqua, che sorte dal foro O ; e la forza che vi si impiega è quella, che si ri- chiede per portare all' altezza del riservatojo tutta i' acqua , •che gli si deve somministrare per mantenere in giuoco l'arie- te , ossia tutta V acqua che sorte dal foro O insieme , e dalla valvola .5 e poiché il tempo per ambedue è eguale , co- sì queir effetto cojne questa forza si potrà misurare col pro- dotto dell' acqua tiell' altezza corrispondente . ,58. Per esempio essendo 1' altezza dell' acq;ua nel riser- vatojo di pollici 22, col tubo di condotta lungo pollici 119, e linee a, dell' acqua che si somministrava, abbiamo rac- colto o, o38 col getto alto pollici 90 , 5 . L'effetto dunque era 38. 90 , S = 3439 , e la forza era rooo. aa = aaooo , cioè circa 6, 33a volte maggiore. Inoltre partendo dal cal- colo del Bossut ( hydr. 5* 4?^ )> secondo il quale col solito me- Di Pimi e di RaCacni. 791 nietodo d'ei sifoni un getto alto 5 piedi richiede V altezza di S pi-'sdJ , e I pollice nel riservatojo , e dalla teoria ( ivi 5* 459 ) , che le differenze tra le altezze dei getti , e dei riser- vatoi siano prossiuianiente come i quadrati delle altezze dei getti , si troverà che per avere il getto di pollici 90 , 5 , si richiede l' altezza del riservatojo di pollici 92 , 77S , e per- ciò , prescindendo dall' accana che riempie i tubi, si richie- de la forza bastante per p<)rtare a questa altezza quei 0,o33 di acqua , che sarebbe eguale a 3525 , 4^ , che è circa 6, 241 volte minore dell'altra icoo , aa richiesta per l'ariete. ■ S9. In un altro esperimento sotto all' altezza di pollici aa nel riservatojo col tubo di condotta lungo pollici 82 , 5 , e con un altro tubo applicato al foro 0 :, che arrivava aU* altezza di pollici 9Ó , abbiamo raccolto o , 091 dell' acqua , che si somministrava al riservatojo . Era dunque l' effetto gì. 96 == 8786 , e la forza che si impiegava icco , aa , che è circa a, 5i8 volle maggiore. E fa d'uopo avvertire , che in questo esperimento una circostanza era singolarmente fa- vorevole all' efletto dell' ariete , perchè 1' acqua che som- ministravasi al nservatojo, non scorreva semplicemente come in quel primo esperimento, ma cadeva da un'altezza conside- rabile ^ la ({uale se fosse valutata nel calcolo, reudereLbe la foiza molto maggiore. òo. Se nel paragonare 1' ariete con altre macchine vo- lesse tenersi conto della distanza, a cui quello trasporta Tao* qua, converrebbe in queste valutare la pendenza , che si do- vrebbe dare al tubo di condotta per vincerne le resistenze . Cosi valutando questa pendenza, come alcuni fanno, al de- cimo della lunghezza, se per esempio gli o, 091 di acqiaa del num. antecedente si portassero all' altezza e distanza medesima per mezzo di un sifone , come si dice a salto di gatto , al tubo di condotta lungo pollici 02 , 5 dovrebbe darsi la pendenza di pcUici 8 , aS , e quei o , 091 di acqua do- vrebbero in realtà portarsi all' altezza eli pollici 104. a5 , e dovrebbe impiegarsi la forza 9436, 76, che essend > solo 2 , 319 7ga SuLL^ Ariete Idraulico volte minore dell" altra aaooo richiesta per 1' ariete, rende- rebbe lo svantaggio di questo un pò minore di quello ^ che sì è trovato di sopra ; il quale svantaggio , valutando quella pendenza al nono, o airottavo della lunghezza, e accrescen- dola ancora per ragione delle resistenze , che 1' acqua potes- se soffrire nelle braccia verticali del sifone , si diminuirebbe di più , ma sarebbe tuttavia soverchio . 61. Conviene dire, che analoghi a questi siano stati i risultati , che usando il modello presentato da B'Iongolfier ot- tennero li Commissari dell' Instituto Nazionale di Parigi , che secondo il Monitore ( i4- Vendem. An. XI ) gli decre- tarono il premio di una medaglia , perchè in quella macchi- na riconobbero 1' utilità principale , e tutta propria di met- tere a profitto le piccole correnti , sulle quali non si potreb- be stabilire una macchina più grandiosa , qual sarebbe una ruota a cassetta; onde sembrano avere conosciuto, che se le circostanze permettano, e massime il corpo d' acqua sia ba- stante, quella macchina o altm simile debba trovarsi più vantaggiosa dell' ariete, sebbene questo non avendo vetti, o ruote, o pignoni, sia di una preparazione affatto semplice; altronde si vede^, che per ragione dei tubi, delle valvole, e della molla elastica quello non si può costruire facilmente che con piccole dimensioni, onde potrà essere messo, e man- tenuto in azione ancora dalle piccole correnti . 6a. L' ariete dunque avrà un uso più vantaggioso nei luoghi , dove scorrono limpidi e frequenti i rigagnoli con molta caduta, e 1' acqua che sortirebbe dalla valvola , si può ancora utilmente impiegare , e non sono di molta esten- sione i terreni che abbisognano d' irrigazione , siccome so- no i luoghi montuosi . In ciascun caso particolare non sarà difficile di trovare il modo per procurare il moto , e la ca- duta deir acqua che richiede V ariete ; ma soventi basterà collocare il tubo stesso di condotta in modo , che V acqua corrente vi possa entrare con impeto ; poiché sopra 1' estre- mità di un canale inclinato all' orizzonte per gradi y, 5 , a cui Di Pini e di PtACAONi. 798 cui r acqua era fornita da una tromba ordinarla , noi abbia- mo collocato un tubo lungo piedi 7 , che aveva annesso r ariete j che sporgeva in fuori del canale, e abbiamo osser- vato che 1^ acqua entrando in quel tubo Io manteneva ia giuoco. 63. In questi casi però conviene d^-terminare ia lunghez- za di quel tubo , perchè se prendasi troppo corto , V effetto non succede , o è troppo debole; e per lisp'armio di spesa si può usando l'ariete semplice, (ai) costruire la camera e il suo coperchio di qualche pietra facile a lavorarsi , e fare i tubi di legno , riservando il metallo per la campana , Is val- vole, e le altre parti , che servono al loro giuoco, o al le- gamento dei tubi con la camera ; ma si dovrà la maggior diligenza usare nell' adattamento delle molle , perchè ancora dopo di averla usata grandissima, si vedrà non di raro l'arie- te arrestato non solo per gli impedimenti , che alle molle ca- gionano i corpi estranei portati dall' acqua , ma ancora per le variazioni che quelle soffrono , senza che si possa bene conoscerne la cagione . 64. Ma r effetto dell' ariete non si potrebbe ancora ac- crescere per ritrarne un vantaggio , che s' accostasse di più alla forza, che vi si impiega? Siccome al tempo stesso 1' ac- qua sorte dal foro 0^ e da ogn" altro foro aperto sul tubo di condotta , e ancora da questo sale oltre al livello del ri- servatojo (^7) , perchè non si potrebbe allo stesso tempo raccogliere 1' acqua , che sorte da più fori ? E questa sicu- ramente avrebbe una maggior proporzione a tutta l'acqua, che si somministra al recipiente ; perchè 1' acqua che esce dagli altri fori oltre del principale O , non influisce sopra di quella , die va perduta sortendo dalla valvola . 65. Inoltre invece di frenare, come si suole, il moto diretto e retrogrado, in cui l'ariete si trova continuamen- te (14) * perchè non si potrebbe riguardarlo come un' altra potenza , e metterlo a profitto ? Noi in fatti per rendere quel moto più libero ed efficace , abbiamo reso snodato il tubo Tomo X. Hhhhh ver- ^94- Sull' Ariete Idraulico verticale fg ( fig. io.) connettendo la porzione e e' d'f con r altra gef per mezzo di un tubo di quojo cdfe niolto flessibile j e abbiamo tenuto il tubo di condotta Dm sospeso con fili applicati a diversi punti ; e avremmo anche potuto appoggiarlo sopra i rotoli, o cilindri ii mobili intorno al lo- ro asse . In tale disposizione 1' ariete ad ogni colpo percorre- va uno spazio di un quarto di pollice , onde poteva servire per ottenere un altro effetto , che a quel moto corrispondes- se . Per vederne l' esito lo abbiamo applicato allo stantufTo di una tromba idraulica nel seguente modo . 66. L'ariete è segnato dalle lettere F e dmH A con un tubo di condotta eg almeno di 7 piedi; nella direzione dell' asse di questo tubo è fissato sull' estremo della camera un tirante di ferro op , al quale è unito il manico Mp dello stantuffo, che pel moto dell'ariete deve moversi orizzontal- mente nel corpo di tromba ZPO/i' ; ed a questo è annessa una piccola tromba ordinaria, in cui I^ è la valvola di as- pirazione e LV la valvola di elevazione , alla quale è appli- cato il tubo VX , per cui ascender dee 1' acqua , quando es- sendone piene le canne , lo stantuffo è premuto fino in ZS . Il tubo d' aspirazione jy ? discende verso il fondo della cassa Q;trR'R, che riceve 1' acqua yy' , che esce dalla valvola che ha lo stelo K , quando è aperta . Lo stantuffo è dise- gnato in quella posizione che ha, quando per il colpo dell' ariete si è avanzato, e alloraquando questo torna in dietro, lo stantuffo giunge da MN alla posizione m' n ; onde si apre la valvola V rimanendo chiusa l'altra x\ Aprendosi la val- vola V ascende 1' acqua , che entra nel corpo ZSOP ; e so- pravenendo il colpo dell' ariete , questo spinge lo stantuffo , per l'azione del quale chiudesi la valvola V, e viene spin- ta l'acqua nel tubo d'ascensione VX. 67. Per avvantaggiare maggiormente della potenza gio- verà il fare lo stantuffo a regoli , quale già fu proposto dal P. Pini per la macchina da lui chiamata Pantaulo ; giacché in questo la resistenza degli sfregamenti è quasi nulla, e d' al- l' Di Pini e di RaCagni . 790 d' altronrle viene chiuso il passaggio all'acqua ; ond' è , che un simile ripiego è stato pure adattato dall' ingegnoso Cart- wrìgt nei miglioramenti da lui fatti alla macchina a fuoco (Journ. des arts An. X. ) • Cosi nello stesso ariete abbinato, ossia aumentato di una piccola tromba , si può avvantaggiare dell' acqua che va perduta uscendo per la valvola //', e al- zarne un'altra porzione, che sarà bene considerabile, poiché nei nostri esperimenti la sezioii'fe del corpo della piccola trom- ba era di i pollice quadrato, ed essendo il moto dello stan- tuffo come quello dell' ariete di un quarto di pollice , per- ciò l'acqua da esso elevata ad ogni colpo è di un quarto di pollice cubico. Se dunque i colpi dell'ariete per una media siano 60 per ogni minuto, in questo tempo si avrà l'eleva- zione di i5 pollici cubici d'acqua, che sicuramente darebbe- ro uu notabile accrescimento all' effetto dell'ariete. 68. Finalmente qimndo si voglia costruire 1 ariete , con- verrà adattare la solidità delle sue parti , e massimamente dei tubi e della camera in modo , che possano reggere alla forza , da cui sono distratte , e che come insegna il Bossut ( hydr. part. i. ch.i.) risulta dalla pressione, che soffrono corrispondentemente al momento , o all' impeto (4©) che esercita l'acqua, che era in moto, quando viene arrestata' chiudendosi la valvola ; laonde si troverebbe ingannato , chi a quel fine si valesse delle tavole , che si trovano presso di- versi Autori , e che sono calcolate per due casi dell' acqua stagnante , e dell' acqua in moto . Ma questa riflessione non deve ancora applicarsi a tutte le trombe , fontane , e altre macchine , nelle quali 1' acqua alternativamente si move, e viene arrestata, e a quelle an- cora , nelle quali 1' acqua è messa in moto da qualche po- tenza che la spiega ? E veramente per la ragione arrecata (4o) è manifesto , che in tutte le macchine , quando 1' acqua è arrestata, ciascun strato deve soffrire, e contro i lati eser- citare una pressione corrispondente all' impeto , o momento di quella , che lo inseguiva . Nelle macchine poi , dove 1' ac^ H h h h h a qua 'jc^S. S^jll' Ariete Idraulico' qua è spìnta da qualche potenza per e&erapio da un pistone^ siccome il moto non può in un istante comunicarsi da una all' altra sua estremità » ma successivamente si comunica da uno strato all' altro , così è chiaro che la potenza operando tutta immediatamente sul primo strato determina in questo tuia pressione corrispondente a se medesima, e che per ra- gione della fluidità quello strato esercita pure un' eguale pressione lateralmente ; sola dovrebbero eccettuarsi i casi del- la massima velocità, che impedisce l'azione laterale, come quaudo la palla trapassa la banderuola senza agitarla . 70. Il Bossiit (hydr. 11. part. eh. VI. sect. 11.) avver- te che i pratici sogliono tenere le grossezze dei tubi più for- ti di quel, ohe esiga la teoria da lui data, dove considera la pressione dell'acqua in moto; e poteva anche aggiugnere » che nondimeno quelli troppo soventi si rompono . Tra le ra- gioni però che egli in.dir.a., r\nn si tro-va quella che a noi pare principalisslma , e che nasce dalla pressioae molto mag- giore , che quei tubi debbono soffrire ogni volta , che 1' ac- qua mossa viene arrestata , o che V acqua quieta viene mes- sa in moto da qualche potenza ; e noi non dubitiamo che facendo- attenzione si troverà , che le rotture dei tubi seguo- ■ no generalmente in queste circostanze . Ma basti V avere in- dicate queste cose che per isvolgerle liwhiedeiebbeio uà lun- go trattato . DI' \ L Di PìNI e DX RaCAGNI . nn-7 DICHIARAZIONE DELLE FIGURE . fig. I. Sezione verticale pel mezza dell'ariete Idraulico. NXRR.3 camera , che termina in un tulio RR , il (niaìe si unisce con altri tubi R R'D'D'DD E FG ; essa è fat- ta di ottone . ESF Valvola , che si apre per mezzo di una lef^iera molla I rinchiusa nel tubetto eclcf attaccato al fonda STR; e che si chiude tirandola in giù colla mano ap- plicata al punto M . ST apertura sotto la valvola . Li ir hZ campana, che può essere o di rame, o anche di vetro, ed è connessa colla sottoposta camera. LL fondo della campana , o diafragma , in cui sono i fori 7- , /• di due valvolette H , H', che si chiudono pel proprio peso , e che si aprono dall' azione dell' acqua che è nella sottoposta camera . yZO tubo annesso al diafragma , nel quale è un foro y praticato in vicinanza del diafragma stesso , ed il qua- le !ia uscita nel punto 0 . KOKZ testa della campana fitta a vite nel contorno KK per apji'icarvi il cappelletto ( fig. 2 ) K'VK', in cui è un foro più piccolo V per formar un getto più elevato . fig. 3. Piantato del fondo ABefG della camera (fig. i ), il quale vi è applicato a vite . A'DBG, circolo col bordo dentato. x E'G'F'G' valvola . saTm apertura della valvola , in cui passano due tra- verse ST,am, nel mezzo delle quali è applicato il tubo nn corrispondente al tubo edcf (fig. i ) . fig- 4- Tubo , che si coiinete eoa altri , di lunghezza inde- terminata , •jCjti Sull'Ariete Idraulico iìg. 5. Vasca KLIH , al cui fondo è applicato il tubo dd , al quale si connettono gli altri tubi coli' ariete della fig. I. fi^.T.X.r>.'l(}i^- /f\ ri^.8. M M G B N IL ^J|T ^"J. ""A A X rtl' I is TT^ i' ^ S T^„. XTX. ^oc Jtcd.T.X.n.'Kj^' 799 OPPOSIZIONE D' URANO OSSERVATA NEL 1794 Da Ciiisepfb SlOp de Cadenbeug ■ Ricevuta il dì a3 Giugno i8o3. I l cleìo costantemente coperto di nuvoli non lasciò vedere il pianeta che sei giorni dopo seguita 1' opposizione . Noi V osser- vammo al Quadrante murale insieme con le stelle ?r e p del Leone i giorni ao e 24 Febbrajo . Nei calcoli di quest'opposizione ci siamo SCI viti Joì lut-gtii aj^ipaicilli ili dckic stelle dedotti dal Catalogo del Bradley, i quali si trovano qui descritti per il dì 24 dello stesso mese . Dal Catalogo delle stelle zodiacali di Mayer a- del Leone j Ascensione retta Declinazione Boreale . . . a a del Leone , Ascensione retta . . . Declinazione Boreale . . . Dal Catalogo del Bradley ar del Leone 3 Ascensione retta . Declinazione Boreale . . . p del Leone , Ascensione retta .... Declinazione Boreale Dal Catalogo di La Caille delle stelle zodiacali 7r del Leone , Ascensione retta .... Declinazione Boreale . , . f del L'eone^ Ascensione retta .... DeciinazioDe Boreale . . 4' aj.'^ao.' 0", a 0. 9. 1.04, 0 5. 5. ag. 36 , 4 0. 10. 21. 34^ 3 4. ay. 20. 4 1 a 0. 9. I 2Ó, 8 5. 5.29.38, a 0. IO. ai. 34 j X 4- 27. 20. 2 j 5 0. 9. 1.29, I 5. 5. 29. 35, I 0. 10.21.43, li 0 <*oo Opposizione d' Urano Il di 20 Febbrajo tempo medio ore 1 1 . 5o.' 20." Differenza osservata fra Urano e tt del Leone III Ascensione retta -ho.' i-'ao/Sii",! la declinazione . -4- o. 4. 3i. 8 , 3 L' istessa corretta dalla refrazione . .-ho. 4.81. 14, n Luoghi apparenti d" Urano rAscensione retta . . . . . . . . 4. 28.40.36, 4 I Declinazione Boreale , , o. i3.3a. 4i,3 j Longitudine 4- ^^- 9- ^4, 5 «^Latitudine Boreale o. 0.46 46, 7 Aberrazione in Longitudine ... . — o. o. 0. i5, i Nutazione in Longitudine . - . . , -h o. o. o. 9, 3 Longitudine vera d'Urano . . . . . 4. 26. 9. lo^, 7 Long. geoc. presa dalle Tav. del Ch. Lambre 4- ^^- 9 ^6 , 9 Latitudine geocentrica Boreale . . , . o. 0.46.55, i Errore delle stesse tavole nella T.ongitiifiinp; -h o. r. o. 8,2 Errore nella Latitudine H-- o. o. 0= o , 4 Il dì 24 Feb. tempo medio ore i r . 82.' 41" Differenza osservata fra Urano e p del Leone - In Ascension retta . — o. 6, 58. Sg , i In Declinazione -h o. 3. 14 38, 3 L' istessa corretta dalla rifrazione . . -h o. 3. 14-43» i Luoghi apparenti d' Urano rAscensione retta 4- ^.8. 3o. 89 , r •Declinazione Boreale o. i3. 36. 17, 2 j Longitudine 4- 2.5. Sg. 5, 5 -^Latitudine Boreale ....... .0. 0.46. 5a , o Aberrazione in Longitudine . . . . — o. o. o. i5 , o Nutazione in Longitudine -h o. o. o. 9,4 Longitudine vera d" Urano 4* 2,5.58.59, 9 Long. geoc. ricavata dalle Tav. del Ch. Lambre 4- 2.5. 59. 1 1 , 8 Latitudine geocentrica Boreale .... or 0.46.54, 3 Errore delle Tavole nella Longitudine . -ho. o. o. 11, 9 Errore nella Latitudine . . . . . • -h o. o. o. 3 , 3 L' errore medio delle tavole si trova dunc^ue nella lon- { Di Giuseppe Slop be Cadenbekc. Soi gitudine + io"jO, e nella latitudine 4- 5", 3 , quali errori si avranno neSl' osservazione del dì ao. Febbrajo assumendo la longitudine osservata in quel giorno ^.' 2,6." ().' aa", 7 , e la latitudine boreale ^ò.' 49''i 9- La longitudine del Sole si ha dalle Tavole del Gli. Larabre per il tempo di queir osser- vazione 1 1.' a.** 36.' 33", I , onde in quel tempo col moto re- lativo d' Urano dal Sole era stato già descritto un arco di 6." 27.' io", 4 dopo 1' opposizione. Quest'arco secondo il moto del sole dì 6-^ 12..' i5.", 7 , e queJlo d' Urano di 16.' 14^5 dedotti dalle Tavole del Ch. Lambre fra il 20. Febbrajo 11.°'- Se' ao", e il i4- dell' istesso mese ore 8. 0.' 8" di tempo medio , doveva descriversi in giorni 6, ore 3. jg.'So", onde V opposizione apparente d'Urano seguì il dì 14 Febbrajo tempo medio a ore 8.3o.'3o." La longitudine del Sole per questo tempo si ha dalle Tavole IO.' aó." aS.' 33", 9 , onde ia longitudine geocentrica apparen- te d' Urano era di 4.' 26.° a5.' 33 ', 9 , e facendo uso dell' equazioni (i) — 5", 7 (2) -j- i" , i , la longitudine eliocentrica vera 4-' -6.° 25/29"^. 3. La latitudine geocentrica osservata si deduce per l' istes- so tempo dell' opposizione 46-' 4^ '7^ ^^''"^ qual corrisponde la latitudine eliocentrica boreale 44- * 7 j 4 • Dalie Tavole del Gh. Lambre si ha per il momento dell'op- posizione la longitudine eliocentrica d'Urano 4-' ^6." 25.' 37"^ 7, e la latitudine jjoreale 44-' '7' '4' peiciò gli errori di quelle tavole erano nella longitudine eliocentrica -i- S ';, 4 5 e nella ìatitudiae ■+ 5" ^ 6 . Tomo X. liiii LET- (i) Observationes syderum habitse (2) Novi Pianeta observationes ei Pisisaban. i774.adan. 1778.P. IZ2. theoria pag. 16. et 17. do» LETTERA Di AiSTON Maria Vassalli- Eandi AL SOCIO STRANIERO GIOVANNI SENEBIER Ricevuta il dì i Luglio i8o3. Amico Caiisaimo Torino ai 5 Messifero anno XL* a4 Giugno i8o3. 1 dotti rimproveri , dei quali vi compiaceste onorarmi nella vostra lettera dei 9 Fiorile scorso , di non occuparmi a sta- bdire una teoria delia pila del Volta , della decomposizione dell'acqua, degli effetti del galvanismo sui corpi orii;anici , ed iuorffailicl , e dei suoi cfFcttl chimici , non huniio altra cau- sa , che la folla delle occupazioni , le quali mi hanno impe- dito di scrivervi , che io già da grati teiiipo mi occupiva di questi oggetti, e di pubblicare le mìe idee, e le mie spe- rienze relative ai medesimi , dei quali ho però già dato varj arcicoli nel Giornale della 27*"* Divisione Militare . Mi man- ca pur oggi il tempo d'estendermi, e altronde le vostre im- portanti questioni sono tali , a non poter essere discusse in una lettera ; mi restringerò dunque a pregarvi di scrivermi il vostro prezioso giud-z'o sulle h.isi delle soluzioni , e voi ve- drete nel prossimo 11° 4 de la Bibliotheque Italienne nella notizia delle mie pubbliche sp^rienze galvaniche , che i lavo- ri del Gomitato Galvanico di Torino non sono affatto scon- nessi . Per dò che riguarda la teoria della pila , io son costan- temente d' avviso, che il calorico, l'elettricità, e il galva- nismo ( come ho già detto o'^lle mie Experìences , et Obser- vutions sur le fluide de V Electro-moteiir de Volta ) siaiio II medesimo corpo bi diversamente modtiicato , che 1' uno si di» stin- Di Anton Maria Vassalli - Eandi . 8oS stingile perfettamente dall' altro ; mentre che essi conserva- no proprietà comuni . Questo fluido è sparso in tutti i corpi della natura in ragione della naturale loro capacità . I can- giamenti chimici , o '1 passaggio di una modifìcaz'oiie del fluido per un corpo , sono quelli che determinano le modi- ficazioni del fluido naturale che vi è contenuto. L'ossidazio- ne dei metalli, che fin dal principio di queste sperienze nell' anno 8° dissi esser la causa del galvanismo , 1' ossidazione dico dà all' accennato fluido generale la modificazione del galvanismo per via del cangiamento , che essa produce nel- la loro capacità . Questo cangiamento V ho dimostrato per rapporto all' elettricità fin dal 1790 nel S.'' Volume dell' Ac- cademia di Torino , e T ho ultimamente verificato in vaij metalli pesando le dosi necessarie di questi , e dei loro ossi- di , per avere i medesimi gradi d' elettricità elettroraetrica ; e non solamente ho confermato , che i metalli danno elettri- cità positiva , e i loro ossidi la danno negativa ; ma ancora che la differenza tra lo zinco p. e. ed il suo ossido è di tre quarti-, e quella tra il rame, ed il suo ossido è di cinque se- sti circa . Questa diversità nelle mutazioni di capacità è la causa dello sviluppo del fluido galvanico durante tutto il tempo della ossidazione dei metalli , ed il diverso grado di capacità nei diversi ossidi è la causa, che il fluido si ritrova più rarefatto in uno , che nell' altro estremo della pila . La maggiore , o minore diversità nella capacità dei noetalli e dei loro ossidi, rende i primi piìi o meno proprj allo svi- luppo del galvanismo . Tutti i corpi , i quali cangiano di capacità , purché sia- no ben disposti, sono proprj a formare apparecchi galvanici . La modificazione che il galvanismo produce sul fluido natu- rale dell'acqua, ne fa la decomposizione ; quindi i due gaz , la formazione dell'acido nitrico, e dell' ammoniaca, quando r atmosfera, o i corpi pei quali passa il galvanismo sommi- nistrano r azoto ; quindi la formazione dell' acido muriatico ossigenato , che dissolve 1' oro , quando il galvanismo agisce I i i i i a. so- 8o4 Lettera ec. sopra una dissoluzione di muriate d' ammoniaca ; quindi la revivilìcazione , e l'ossidazione dei metalli per T azione dell' idrogeno , e dell' ossigeno . Io ho dimostrato tutti questi ef- fetti chimici , e varj altri analoghi nel corso pubblico delle Sperienze fisiche . Essi vanno benissimo d' accordo colla so- vraesposta teoria , come pure la ricomposizione dell' acqua per via della combustione dei gaz, V azione del galvanismo sull'aria atmosferica, e sopra i gaz &c. La tendenza del gal- vanismo a ricuperare ciò che gli manca , per essere fluido naturale ; tendenza , per via della quale modifica il fluido naturale dei corpi , è la causa della sua azione sui corpi or- ganici, ed inorganici j nei quali , esercitando le affinità , che gli sono proprie , dà luogo all' azione di molte altre , come ho dissopra indicato . Per via della modificazione del fluido naturale delle sensitive ( m'wiosae ) il galvanismo agisce sul- le medesime . Dalln cinrlflpftn modificazinne ne segue , che esso uccide i germi delle piante, quando è alquanto forte, e ne accelera il primiero sviluppo , ma poi in seguito loro nuoce , quando è assai debole . Nella stessa maniera agisce sulli animali , modificandone il loro fluido vitale ; e quanto è utile in caso di accumulazione di eccitabilità, altrettanto è dannoso nelle affezioni steriche . Nel primo caso porta via la troppa vitalità , che opprime le forze ; nel secondo dimi- nuisce vieppiù la -vitalità già di troppo indebolita. Quindi ns nascono i felici esiti ottenuti nelT applicazione del galvanis- mo a diverse malattie, come pure i mali cagionati dallo stes- so fluido , mali che ho preveduto nel rapporto suU' uso di questo fluido in Medicina . Altrove ho annunziato il vafjtag- gio 5 che possono trarre dal galvanismo le scienze, e le arti. Vi scriverò altra volta le mie sperienze sulli animali , sui ve- getabili , e sui minerali , dalle quali ho tratti questi miei pensieri teorici . Sono coll^afe-più perfetta stima , considerazio- ne 3 ed amicizia ec. ''^ * "" ""'• '""^ ■■''■."■' I INDI DsHc cose contenute irò questo tomo, PARTE r. C Otatuto (lo-t!a Società Italiana delie Scienze. Pag Catalogo dei Socj . Annali della Società medesima , continuati da POMPI- LIO POZZETTI . Catalogo dt^lie opere dì GlOFtDANO RFCCÀTI per ser- vire di appendice all'elogio di lui pubblicato nel tomo autcucilcute . x,^,,,. Tavola degli Errori, e delle Correzioni. xxxiv. HI' XV. Sull'esofago, sulle intestina e sopra alcune valvo- le del tubo alimentare , dissertazione di VINCEN- ZO MALACARNE . pao-. I. Sopra la recita temporanea di un occhio , Memora di JACOPO PENADA presentata da Gianierardo Zevìanì. 6i. Ccnsiderazioni sopra l'estensione e i contini della leg- ge di continuità tanto nella Meccanica generale quanto nelTanimale, presentate da Pompilio Fozzet- ^i, di MICHELE ARALDI. ^5. De' pronostici ragionati delle annate e delle stagioni, di GIUSEPPE MARIA GIOVENE . ic8, Esperienze ed Osservazioni sopra la direzione della Plumula e della Radicula nelle semenze che germo- gliano, piesentate da Pompilio Fozzetii , di GIOA- CHINO CxVRRADORI . i38. Sopra So6 I N I> I e E Sopra una doppia Iride a rovescio e in contatto , Me- moria di VINCENZO CHJMINELLO . pag. 146. Opposizioni di Marte osservate dal MEDESIMO. i5o. Congetture sull'azione del Mercurio vivo nel volvolo e sulla natura del sugo gastrico ^ di PIETRO MOS- CATI. i53. Sopra i denti fossili di un Elefante trovato nelle vi- cinanze di Roma , Memoria, di CARLO LODOVICO MOROZZO . - i6a. Sopra le pretese ossa d' animali terrestri silicee del Mont-Perdu negli alti Pirenei, Riflessioni di ALBER- TO FORTIS. 172. Principj di Statica per i tetti , per i ponti, e per le volte, di PAOLO DELANGES. i83. Memoria sulla pretesa esistenza di alcuni quadrupedi detti Giumerii, r» flinmarri , rli I,F.OPQJLDO MAR- CANTONIO CALDANI, 2o5. Cura felice d'un Uomo morso da un cane certamente rabbioso, Memoria di GIANVERARDO ZEVIANl . aaS Memoria sopra un problema stereotomico , di GIAN- FRANCESCO MALFATTI . aSS. Brevi riflessioni alla critica del tentativo sul proble- ma delle pressioni , fatta dal Big. Paoli nel tomo IX di questa Società ; del MEDESIMO . ' 24'. Suir equazioni a differenze parziali , Memoria di PIE- TRO PAOLI . 349. Riflessioni circa la Memoria intorno la salita delle macchine aereostatiche nell' aria di Leonardo Eule- ro , fatte da GIROLAMO SALADINI . 264. Su la tensione delle funi , dilucidamenti teorici ed esperienze di PIETRO COSSALI . 285. Ricerche sulla Quina , di GIOVANNI FABBRONI . 014. Sopra i vermi pestilenziali de' Buoi , Memoria di GIANVERARDO ZEVIANl . 3bi. PAR- Delle cose contenute in questo tomo . 80^ PARTE IL Lettera d'i PIETRO ABBATI al Socio Paolo Ruffinl , presentata da questo. pag. 385. Della insoliibilaà delle equazioni l'draiche generali di grado superiore al quarto, Memoria di PAULO RUFFINI . 4-0, Ricerclirt GliiiTiico-economiche intorno alla seta, di GIANNANTONIO GIOBERT. pag. 471. I Priiicipj della Meccanica richiamati alla massima sem- plicità ed evidenza , Ragionamento di PIETRO FEKRONI. 4'3i. Sul preteso moJt^rno ripristinamento del jj^tiere enar- monico de' Greci , Memoria di GIAMBATISTA DALL'OLIO, presentata da Pompilio Pozzetti. 634» Memoria di ANTONIO LOMBAROf , presentata da Pompilio Pozzetti, sulla miglior formi da darsi ai ripari che si costruiscono ne' fiumi. C40. Pensieri geometrici di PIETRO FETtRONI. 64j. Osservazioni di CARLO AMORETTI sulle Angnllle . 67). Citalogo di Stelle Boreali ; di ANTONIO GAGNOLI. C87. S.iggio sopra il Fluido Galvanico, di ANTONMARIA VASSALLI E AN DI. 733. Memoria sull'Ariete Idraulico, di ERMENEGILDO PINI e di GIUSEl'PE MARIA RACAGNl . 76''). Opposizione d'Urano osservata nel 179^ da GIUSEP- PE SLOP DE C'iDENBEUG. 799. Lettera di ANTONMARIA VAS3ALLI-EANDI al So- cio Straniero Giovanni Senebier. Zoz, AVVISO AL LEGATORE. a prima Vaile termina alla pas,. 384, ^^ seconda co- ììiincia alla pag. 385 , e a questa si deve premettere il frontespizio della seconda Parte .