^. )!/<: A MEMORIE DI 3IATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE TOMO X PARTE L ^<^7)s;%^ MODENA PRESSO LA SOCIETÀ TIPOGRAFICA M D C C C I I I. m STATUTO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE . I. J-Ja Società Italiana delle Scienze è composta di quaranta Socj attuali, tutti Italiani, di merito maturo e per opere date in luce ed applaudite riconosciuto. II. La scienza della natura è il grande oggetto , in cui la Società Italiana si propone di versare . Pubblicherà per- tanto , sotto il titolo di Memorie di Matematica e di Fisica, le produzioni di chiunque de' Socj vorrà render pubblico ne- gli Atti Sociali il frutto de' proprj studj . III. De' quaranta Membri uno sarà Presidente della So- cietà , e la presidenza durerà sei anni . IV. Avrà la Società un Segretario, ed un Vice- Segre- tario Amministratore . Il primo sarà partecipe di tutte le fa- coltà dei tjuaranta , benché non fosse uno d' essi ; ed avrà cHritto , non obbligo, di presentar Memorie da inserii'si negli Atti . Il secondo terrà il maneggio economico . V: §. I. Altra Clas?'- vi aviù di .<=5ocj Ji:iiienti , in nume- ro indeterminato . Essa è preparata a chiunque dei quaran- ta , o per età avanzata, o per abituale mancanza di salute, o per altro motivo , non producesse verun suo lavoro in tre consecutivi tomi delle Memorie Sociali : e questi si conteran- no dal tomo VIII. in poi j cioè dopo V accettazione del pre- sente Statuto . $i a. Ma se un Socio attuale passasse negli Emeriti do- po aver posto otto ]\Temorie ne' tomi Sociali, in tal caso se- guiterà a godere , quantunque Emerito , tutte le prerogative di Attuale . S- 3. Che se un Socio Emerito ponga Memorie in tre tomi consecutivi , sarà restituito nel ruolo degli Attuali . a a VI. i.v Statuto VI. Un'altra Classe, parimente indeterminata, compren- derà i Socj Onorar|. A questa saranno ascritti, pravio l'assen- so di ventuno almeno dei quaranta, i compilatori, eletti dal Presidente, degli elogj de' Socj attuali defunti. Inoltre esso Presidente potrà aggregare a q^uesta classe ,, nel suo sessen- nio , dbe Soggetti , non più , che avessero operato cosa a prò della Società , onde meritassero d' esserne onorati parti- colarmente . Vii. Ed altra Classe avi'à finalmente il titolo di Socj Stranieri , stabilita per distinguere ed onorare il merito neii« Scienze in qualunque parte fuori d' Italia . Sarà composta di dodici Soggetti, a ciascun de' quali verrà esibito in dono un esemplare d' ogni volume , che uscirà in luce , delle Me- jaorie Sociali . Vili, Le aggregazioni alle classi de' Socj attuali e de- gli stranieri , si faranno nel modo seguente . Per ogni posto che rimanga vacante , dovi*à il Presidente , col mezzo del Se- gretario, proporre sei nomi a ciascuno de' Socj attuali, il qual farà scelta d' uno , e lo indicherà per lettera al Segretario . Quel de' sei che entro il termine di due mesi dalla propo- sta, avrà più suffragi, s' intenderà aggregato , e la Compa- gnia sarà fatta opportunamente consapevole deli' acquistato Cooperatore . IX. Air elezione del Presidente saranno invitati li Socj attuali con una lettera circolare del Segretario , al quale osiiuno di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da se eletto a Presidente: e la pluralità de' voti, che arriveran- no al Segretario dentro il termine di du« mesi dopo la data del circolare invito, determinerà l'elezione , che dovrà esser dal Segretario annunziata ai Membri votanti . X. Ciaschedun dei quaranta ha facoltà d' inserire negli Atti una scoperta utile , un' importante produzione , anche di persona non aggregata , ma Italiana , purché se ne faccia mallevadore egli stesso, come di cosa propria, inverso la Compagnia XI, D E E, L A—S O a I K T A^. V Xr. Di qu^ti Autori non Socj dovrà il Pres-ldente ag- giungere i nomi , st-gnati con astPiisco , ai sei che presenta- , il tenor dell' articolo Vili, per relezio.ie d'un Socio atlaa- le. Bensì questa iiotnina cesserà, dopo fatta sci volte, con- tate dalla pubblicazione d' cgni Memoria . XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne' vo- lumi della Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e in carattere chiaro . Il Segretario dovrà apporvi la data del ri- cajjito , acciocché sieno stampate con essa in fronte e per Gf- dine di tempo . Gbe se I' opera sia voluminosa , può 1' Au- tore distribuirla in due o più parti pe'torai susseguenti . XIII. Tutto ciò ck' è destinato pegli Attr dcv' esser nuovo ,. inedito, importante, ed analogo all' indole scientift- ca di questi volumi, che non ammette sfoggio d'erudizione, né moltitudine di note e di citazioni . XIV. I fogli stampati di ciascun volume non dovranno eccedere i! numero di cento . Le Memorie soprabbondanti resteranno in deposito pel temo susseguente , o saranno re- stituite agli Autori che^ie dimandassero . Bensì , nel caso di soprabbondanza , le Dissertazioni degli Autori non Socj do- vranno cedere il luogo a quelle de' Socj-. XV. La Società non si fa rispcnsabiie delle opere pub" blicate negli Atti. Ogr.; Autore dev' esser mallevadore delle cose proprie , come se le pubblicasse appartatamente . XVI. Non permette peraltro la Società le invettive per- sonali , e n- anche le critiche non misurate: sopra di che veglierà il Segretario , e ne farà inteso il Presidente per un acconcio provvedimento . XVII. Il Socio attuale , Autore d' una Memoria o d' un Elogio, avrà in dono cinquanta esemplari della sua produ- zione, con frontispizio apposito, e con la numerazion delle pagine ed il registro ricominciati . Ad ogni altro Autore sa- ranno corrisposte dodici copie . Qualunque Autore ne deside- rasse di più, non sarà aggravato d' alcuna spesa per conto della cemposizion tipografica ,. XVIII. VI Statuto XVIII. Neil' atto di queste spedizioni sarà trasmesso al Socj , che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimo- strazione stampata dal numero de' suffragj toccati ad ogni Candidato , senza il nome però de' votanti , e così ancora i conti stampati dell'Amministrazione tenuta dal Vice- Segreta- rio Amministratore durante il biennio precorso . XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in do- no un esemplare d' ogni volume delle Memorie sociali ^ che andrà successivamente uscendo alla luce . XX. I doveri del Presidente , oltre i già mentovati , so- no : mantener i' osservanza dello Statuto, eleggere il Segre- tario ed il Vice - Segretario , qualunque volta sia di bisogno, avere in governo e cura ogn' interesse della Società , rive- dere , almeno una volta all' anno , i conti dell' Amministra- zione del Vice - Segretario , alla validità de' quali fa d' uopo l'approvazione e sottoscrizione di mano propria del Presidente; e ragguagliar finalmente il Successore dello stato degli affari nell' atto di rinunziargli 1' Uffizio . XXI. Dopo il Presidente, il Segretario è la persona pro- priamente deputata a mantener corrispondenza con tutti i Membri della Società, e quasi centro, ove debbono metter cape tutte le relazioni Sociali . Egli invia le patenti d' ag- gregazione ; presiede alla stampa , xil «orrettori di quella , ed all' incision delle tavole; prende cura delle spedizioni , e d'ogn' altro interesse della Società ; sempre però con T ap- provazione del Presidente . Egli deve pure tener registro d' ogni atto che importi ; custodire i voti de' Socj per le ele- zioni , manifestandogli al Presidente ad ogni richiesta ; e fi- nalmente eseguir tutto ciò , che ne' precedenti articoli gli è addossato . XXII. Sono institujti due premj , consistenti ciascuno in una medaglia d' oro del valor di zecchini sessanta , coniata con relative iscrizioni , Questi premj apparterranno agli Au- tori delle due Memorie piìi utili d'ogni Tomo; 1' una di Ma- tematica pura o mista ^ l' altra di Fisica non matematica . La D E L L A S O e I E T a". "VH La collazione si farà come segue . Si dividerà la Compa^mia in due classi: T una di Matematici; l'altra di Fidici. Ciascu- no de' Socj attuali manderà al Segretario i suo voto, con cui dichiarerà , quale delle Memorie sopra argomenti della sua classe (sia di Socj o di non Socj) giulica degna del pre- mio , escluse le proprie . La Memoria, che avrà più voti fa- vorevoli, in ciascuna classe, sarà la premiata. In caso di parità di voti si dividerà il premio . Per V esecuzione del presente articolo , ogni Socio attuale riceverà in dono un esemplare di ciascun tomo , che gli sarà trasmesso con la maggior prontezza possibile dopo terminata la stampa . Allo spirare di quattro mesi , successivi alla data di queste spedi- zioni , si pubblicherà il risultamento dei voti per li due pre- mj , né saranno d' alcun valore i voti che pervenissero po- steriormente . Gli Autori perfine , quando massime 1' argo- mento possa essere incerto o promiscuo , dichiareranno , spe- dendo le loro Memorie , a qual Classe intendano attribuirle . XXIIL A compensazion delle spese , che incontrano i So- cj ne' porti di lettere per cagion della Società, ogni anno nel mese di ottobre saranno imbossolati li nomi de' Socj attuali , che avranno corrisposto a tutte le lettere del Pipsldeute e del Segretario nel roiou dell' anno antecedente ; e ne saran- no tratti a sorte sei , ciascun de' quali avrà diritto di esige- re zecchini tre dalla cassa della Società . XXIV. 5- I- Ogni volta, che la forza pecuniaria della stessa Società lo consenta , si esporranno programmi al con- corso pubblico. Risoluto ciò dal Presidente, il Segretario in- viterà li Socj attuali a proporre argomenti . Questi esser do- vranno , o Fisici , o Matematici , o Fisico-Matematici , o in qualunque modo giovevoli a queste scienze; e sempre appli- cabili ad utile general dell' Italia . Il Segretario li manderà stampati a ciascun Socio , pretermettendo quelli che uscisse- ro dalle condizioni or prescritte . Ogni Socio spedirà al Se- gretario il proprio suffragio per la scelta dell' argomento , e dichiarerà insieme qual premio reputi conveniente e qual tem- po A 1 4 1 S T A V U T O po alla fa-citura e presentazione delle Memorie . Quel tema , cife avrà più suffragi , sarà adottato : nel caso di parità di voti , deciderà la sorte . 5. a. Tosto si comunicherà alia Compagnia V argomento coronato, ed il numero de' suffragi riscossi da ogni argomen- to . Neil' atto stesso sarà richiesto ciascheduri Socio attuale di Rominarne tre ( di qualunque Classe , purché Italiani , e di- moranti attualmente in Italia ) ;, quelli cioè , che ciascuno , osservato il quesito , stimerà più adattati a giudicar le Me- morie che compariranno al concorso . Quei tre , ne' quali concorrerà maggior numero di suffragi ( !'• uguaglianza rimova- si con la sorte ) , s' inlejideranno destinati a pronunziare il giudizio . 5- 3. Nelle occasioni statuite sopra , saranno come non fatte le risposte de' Socj , qualor non giungano al Segretario dentro quaranta giorni dalla data della rispettiva circolare di lui . 5. 4- ^' nome de' Giudici eletti rimarrà a soia notizia del Presidente e del Segretario : se non che ciascun di quel- li sarà fatto consapevole della propria destinazione, con di- vieto di concorrere al programma e di manifestarla a chic- chessia : niun di loro saprà i suoi CuUcghl . Se qualcun ri- cusasse , sarà sostituito il prossimo inferiore in quantità di voti . Ogni Giudice riceverà , dopo pronunziato il giudizio , un decente compenso dell' esclusion dal concorso . 5. 5. Il Presidente, considerati i pareri de' Socj, lo sta- to economico della Società , e 1' importanza di moItipHcare i programmi , stabilirà la grandezza del premio , ed il termine da assegnarsi al concorso . Sarà tosto promulgato il proble- ma per tutta Italia . Ogni Italiano , anche Socio , potrà con- correre : rimangono esclusi li soli tre Giudici . Le Memorie dovranno essere inedite , scritte in lingua Italiana, e perve- nute nelle mani del Segretario entro il termine prescritto dal programma : il nome degli Autori sarà occulto ; ogni Me- moria porterà in fronte un motto, e sarà accompagnata da un DellaSocieta'. IX un biglietto suggellato , contrassegnato al di fuori dal mede- simo motto 5 e contenente , al di dentro in maniera occultis- sima , nome , cognome , patria , domicilio e profession dell' Autore. Il mancare a qualunque delle antecedenti condizioni fa perdere il premio . 5. 6. Tosto che il concorso sia chiuso , il Presidente . veduto il numero e l'estensione delle Memorie, definirà il tempo, entro il quale ogni Giudice dovrà pronunziare il giu- dizio . Allora il Segretario trasmetterà le Memorie , tutte uni- tCj ad uno de' Giudici : da cui restituite che siano , e notificato il proprio giudizio al Segretario , saranno da questo fatte per- venire ad altro Giudice; quindi con le regole stesse al terzo. Ogni Memoria coronata da un Giudice, sarà stampata, col nome dell'Autore . Il premio sarà dato a quella Memoria, che ven- ga coronata da tre, o da due Giudici. Se tutti e tre li giu- dizj fossero discordi , si dividerà il premio fra le tre Memo- rie coronate. Lo stesso si farà tra due coronate, qualora un Giudice negasse il premio a tutte le Memorie , e gli altri due non fossero concordi . Che se fossero due li giudizj di negativa generale del premio , in tal caso il terzo giudizio non sarà di alcun valore : si notificherà alla compagnia l'esi- to del giudizio e si passerà alla pubblicazione di nuovo pro- grainiiia , coi metodi stabiliti sopra . §. 7. Ma quando sia conferito il premio , il Segretario annun2ierà prontamente ai Socj ed a tutta 1' Italia il nome degli Autori delle Memorie coronate , indicando quello cui spetta il premio . Esse Memorie saranno stampate senza in- dugio ; se ne spedirà un esemplare ad ogni Socio , 13 della propria a ciascun degli Autori coronati, 38 di più al pre- miato : i rimanenti si esporranno a vendita pubblica . Tomo X. 1) CA- CATALOGO DE' MEMBRI COMPONENTI LA SOCIETÀ' ITALIANA DELLE SCIENZE . Presidente . ANTONIO GAGNOLI Professore delle Matematiche sublimi nella Scuola militare . Modena . Socj attuali . AMORETTI ( abate Carlo ) Bibliotecario nell* Ambrosiana . Milano . BONATI ( Teodoro ) Professore d' Idrostatica nel Liceo. Ferrara . CALDANI ( Leopoldo Marcantonio ) Professore primario di Medicina teorica e pratica nell' Università. Padova- CALUSO ( abate Tommaso Valperga ) Professore di Lingue orientali , di Critica e di Cronologia neli' Ateneo Naziona- le . Torino . CANTERZANI ( Sebastiano ) Professore di Fisica generale neir Università e Presidente dell' Istituto . Bologna . CESARIS (*) ( abate Angelo) Astronomo nell' Osservatorio di Brera . Milano . CHIMINELLO ( abnte Vincenzo) Professore di Astronomia neir Università . Padova . COS- (*) Questo Socio non è passato negli Emeriti , a cagion di 650 sue osservazioni di sieDe, che fan- no parte del Catalogo di Gagnoli (pst^. ^^i); operazione di tanta importanza e fatica, che ben può tener luogo di tjualchesiasi Me- moria . Catalogo della Società' . xr COSSALI ( P. Pietro ) Clierico Regolare , Professore di Astro- nomia, di Meteorologia e d'Idraulica nel!' Università . Parma. DELANGES ( Paolo ) . Milano . FABBRONI (Giovanni) Professore On. nell'Università di Pisa , Sottodirettore e Soprantendente all' amministrazione del Reale Gabinetto Fisico . Firenze . FERRONI (Pietro) Matematico Regio e Professore di Mate- matica nell'Università di Pisa. Firenze. FÒRTIS ( abate Alberto ) Prefetto della Biblioteca e Segreta- rio dell'Istituto Nazionale, Bologna. FOSSOMBRONI ( Cav. Vittorio ) Consigliere di Stato . Fi- renze . GIOBERT (Antonio) Professore di Economia rurale, d'Arti e Manifatture nell' Ateneo Nazionale . Torino . GIOVENE (Giuseppe Maria) Canonico Arciprete. Molfetta. MAIRONI DAPONTE ( Giovanni ) Professore di Storia Natu- rale e Reggente nel Liceo . Bergamo . MALACARNE ( Vincenzo ) Professore primario dì Chirurgia teorica e pratica nell' Università . Padova . MALFATTI ( Gianfrancesco ) Professore emerito del Liceo. Ferrara . MARINO ( Giannantonio ) Soprantendente alla Medicina, alla Chliurgia , ed alla Farmacia dello Spedale Nazionale . Savigliano . MASCAGNI ( Paolo ) Professore di Notomia nel Regio Arci- spedale . Firenze . MOROZZO ( Carlo Lodovico ) . Torino . MOSCATI ( Pietro ) Consultore di Stato . Milano : PAOLI ( Pietro ) Professore delle Matematiche sublimi nell' Università . Pisa . VEZZI (Francesco) Professore di Matematica nell' Universi- tà . Genova . PINI (P. Ermenegildo) Cherico Regolare di S. Paolo, Pro- fessore di Storia Naturale e Delegato alle Miniere. Milano. RACAGNI (P. Giuseppe Maria) Cherico Regolare di S. Pao- Ij a lo , 3ta Catalogo Io , Professore di Fisica nel Ginnasio Nazionale di Brera • Milano . ROSSI ( Pietro ) Professore di Storia Naturale nell' Universi- tà . Pisa . RUFFINI ( Paolo ) Professore di Geometria e di Analisi nel Liceo . Modena . SLOP (Giuseppe de Cadenberg) Professore di Astronomia neli' Università . Pisa . SOAVE ( P. Francesco ) Cherico Regolare Somasco , Diretto- re degli Studj nel Collegio Nazionale . 31odena . VASSALLI-EANDI ( Antonmaria ) Professore di Fisica speri- mentale neir Ateneo . Torino . ZEVIANI ( Gianverardo ) Protomedico di Sanità . Verona . Socj Emeriti . GOTUNIO ( Domenico ) Professore di Notomia nell' Universi- tà . Napoli . FONTANA ( Gay. Felice ) Direttore del R. Gabinetto Fisico . Firenze . FONTANA ( Gregorio ) Professore di Matematica superiore neir Università di Pavia e Membro dei Corpo Legislativo della Repubblica Italiana . Milano. FONTANA (P. Mariano) Glierico Regolare di S. Paolo, Pro- fessore di Matematica nell' Università . Pavia . FRANCESCHINIS (conte abate Francescomaria ) . Vienna . LAGRANGE ( Lodovico ) . Parigi . LANDRIANI ( Cav. Marsilio) . Vienna. ORI ANI (abate Barnaba) Astronomo nell' Osserratorio di Brera . Milano . ROSA (Michele) Professore emerito nel Liceo di Modena. Rìmìni . SALADINI (abate Girolamo) Professore del Calcolo sublime nell' Università . Bologna . SALIMBENI ( Leonardo ) Gapobrigata del Genio . Mantova . SA- Della Sooieta'- xiii SALUZZO ( Giuseppe Angelo ) . Torino . SCARPA ( Antonio ) Professore di Notomia e di Chirurgia pratica nell' Università . Pavia . STRATIGO (Simone) Professore di Fisica nell' Università ; Pavia . VAIRO ( Giuseppe ) Professore di Chimica nell' Università . Napoli . VENTURI ( Giamhatista ) Professore di Fìsica generale nell' Università di Pavia e Ministro della P\.epubblica Italiana presso l'Elvetica. Berna - VOLTA ( Alessandro ) Professore di Fisica sperimentale nell* Università . Pavia . Socj Onorar j . DELBENE ( Benedetto ) Segretario perpetuo dell' Accademia di Agricoltura , Commercio ed Arti . Verona . FABRONI ( Monsig. Angelo ) Priore nell' inclito Ordine di S. Stefano in Toscana e Provveditore dell* Università . Pisa . PINDEMONTE ( Cav. Ippolito). Venezia. POZZETTI (P. Pompilio) Cherico Regolare delle Scuole pie, Bibliotecario Pubblico e Professore straordinario di Storia nel Liceo . Modena . i ROSSI { Luigi ) Capo di divisione del Ministero dell' Interno nel dipartimento della pubblica istruzione, ed Ispettor ge- nerale alla medesima . Milano . VIVORIO ( abate Agostino ) . Vicenza , Socj stranieri, ACHARD . Berlino , BANCKS . Londra . CHAPTAL. Parif^i. DELAMBRE . Parigi . KER3- XIV Catalogo della Società'. HERSCHEL . Londra . LALANDE . Parigi . LAPLACE . Parigi . MASKELYNE . Londra . NARVOYZ. Vilna. PALLAS . Pietroburgo , PRIESTLEY . Londra . SENEBIER. Ginevra. Segretario . P. POMPILIO POZZETTI suddetto . 3Iodena : Vice-Segretario Amministratore . ANTONIO LOMBARDI , Bibliotecario Pubblico ed Aggiunto al Professore delle Matematiche sublimi nella Scuola mili- tare . Modena . ANNA- XV ANNALI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE CONTINUATI Da Pompilio Pozzetti Consegnati il cTi la. Luglio i8o3. 38. r ra quindici temi , parte di Fisica , parte di Matemati- ca , proposti dai Socj al concorso pubblico , essi preferirono 1 seguenti . IN MATEIMATIGA. Esporre il metodo più breve , cioè men faticoso , per tro- var le radici numeticlie di un'equazione di qualunque grado, IN FISICA. Quali sono i prìncipi componenti V aria atmosferica ? DìmosiraiU con dirette sperienze analiticìie e sintetiche . 39. De" quali problemi si riputò difTerir la promulgazio- ne ; dacché pervenne al Presidente Antonio Gagnoli lettera del Consigliere Ministro per gli affari interni sotto il dodici giugno mille ottocento due , che , oltre Io stabilire la sede della Società nostra in Verona , chiamava i Quaranta ad espri- mere il lor sentimento , riguardo alla concentrazione della Compagnia coli' Accademia economica di quella Città ^ e ri- guardo alla persona che dee esercitar le incombenze di Se- grelario. Indirizzò dunque il Presidente ai Socj una sua enci- clica, nella quale informandoli sulla natura dei due mento- vati quesiti , coachiudeva coll'animarli a dichiarar liberamen- te , XVI Annali te , se credesser giovevole all' Istituto nostro 1' incorporarlo air Accademia medesima di Verona , ed inoltre il far sì clic in avvenire il Segretario dell' una fosse costantemente il Se- gretario dell' altro . 4o. Intanto aveva il Presidente ordinato che la stampa in Modena del tomo decimo venisse tosto sospesa, ed aveva comunicata al Ministro dell'Interno somigliante sua disposizio- ne. Ma questi riflettendo che la nostra Società rimianeva ino- perosa per quel tratto di tempo in cui attendevansi le rispo- ste dei Colleghi ai divisati punti, e che la pubblicazione del sopraddetto volume era soverchio ritardata, quando per effet- tuarla si aspettasse la traslazione della sede in Verona ; abili- tò con sua lettera de' tredici luglio sussecutivo il Presiden- te stesso a compiere in Modena , come fecesi e come fu ai Socj partecipato , V intrapresa edizione , 4f. In corrispondenza di ciò, si vide, sei giorni dipoi , impresso e divolgato quindi per tutta Italia , il programma contenente i due riferiti problemi sotto le appresso condizio- ni . / concorrenti a questi premj ( d' una medaglia d' oro del valore di zecchini sessanta per quel dì Matematica , e d' una medaglia d' oro del valore di zecchini novanta per l'altro di Fisica ) dovranno far giungere le loro Memorie al Segretario della Società dimorante in Modena, prima che spiri un anno dopo la data di questo programma . Ogni Bletnoria porterà in fronte un motto e sarà accompagnata da un biglietto sug- gellato , contraddistinto al di fuori col medesimo motto , e contenente al di dentro , in maniera occultissima , nome , co~ gnome , patria , domicilio e profession deW Autore . Ogni Ita- liano j Socio o non Socio , potrà concorrere : rimangono esclu- si li soli destinati ad esser Giudici, per quel problema in cui debbono proferir sentenza . Le Memorie dovranno essere inedi- te e scritte in lingua italiana. Le dissertazioni coronate saran- 710 impresse col nome degli Autori . I biglietti suggellali, art- nessi alle altre , si daranno alle fiamme con pubblica forma- lità senza aprirli , subito dopo raccolti ì giudizj . lu occasio- ne / Della Società'. xvii ne (li spedirsi , indi a tre giorni , ai Quaranta il suddetto avviso, fuiono essi, mediante foglio circoiare del Segretario, eccitati alla nomina di tre Socj tolti indistintamente dalle classi dei Membri attuali, onorarj ed emeriti per aggiudicare il premio di Matematica , e d' altrettanti per sentenziar su qutdlo di Fisica , giusta 1' articolo XXIV del nostro regola- mento . 4a. Ai Colleghi si era già dal Segretario annunziato, die la pluralità dei loro voti aveva ammesso novellamente GIAN- NANTONIO CHAPTAL , Ministro agli affari interni della Re- pubblica Franzese, nella schiera dei Socj esteri allora manche- vole d'un Soggetto per l'accaduta morte di Saussure . Quell' insigne Chimico espresse al Segretario stesso la propria gra- titudine in conseguenza di tale aggregazione, a questo modo. Paris ^ le 14 Fructidor ( i Settembre i8oa ) an. io ck la Republìcjue Francalse , line et iiulivisible . Le Ministre de V Interieur au Citoyen Pompilio Pozzetti Secrétaire de la Sociétc Italienne des Sciences de Modene . J' accepte avec un vif ìntéret , Citoyen , le ti tre d'Associé. étranger que la Société Italienne des Sciences a hien voiiln me conférer , et Je vous prie de lui offrir mes remercimens, et la sincère expression de rna reconnoissance . Mes occupations actuelles ?ie me permettront pas , sans doute , de coopérer cutant que je le voudrais , aux travaux de la Société ; mais elle u' en doit pas étre moins convaincue du plaisir que j'aurai à étre informe de ses succès . A grcez en particulier, Citoyen , mes temoignages d' esti- me et de devoùement . CHAPTAL . 43- L' Istituto nazionale di Parigi trasmise in dono alla Società nostra i nove Volumi, finora esciti in luce, deìie sue Memorie . Ed il Socio Malacarne dedicolle i suoi Ricordi dell' Anatomia Chirurgica spettanti alle braccia ed alle gam- be impressi a Padova, con queste parole a foggia di epgrale : Tomo X. e " la XVIII Annali La Società Italiana Delle Scienze jéccolga questo Volume Di Ricordi Anatomici e Chirurgici In pegno dello zelo inalterabile Che Io Socio Veterano Impiegherò a onor della medesima . 44- Sul cominciar del settembre decorso , i Socj attuali scelsero dal loro grembo i sei giudici delle dissertazioni che arriveranno circa i quesiti sì di Matematica sì di Fisica ri- portati sopra al numero 4^ > osservatesi rigorosamente le cau- tele e le regole intorno i medesimi prescritte dall' Articolo XXIV del nostro Statuto • 45. Mancato di vita il Socio straniero Campomanes fuv- vi colle solite formalità sostituito il Segretario dell' Istituto nazionale di Parigi GIAMBATTISTA GIUSEPPE DELAM- JiRE , da cui perciò il Segretario nostro ricevette poscia la se- guente lettera . Paris le ì5 Brumaire Àn. XI ( 6 Novembre i8c2 ) /. B. J. D clamóre Au Citoyen Pompilio Pozzetti Bihliothécaire nationul et Secrétaire de la Società Italìenne des Sciences . J'ai lù, Citoyen, avec la sensibili té la plus vìve la Let~ tre par laquelle vous m' annoncez mon aggrégatìon à la Société Italienne des Sciences . La maniere toni ohligeante dont vous rn apprenez cette heureuse nouvelle ajoute encore au plaisir que me cause une nomination qui me jìatte d' autant plus que je n osois pas méme y aspirer . Si je ne vous en ai pas témoì- gné ma reconoissance aussi tòt que Je Faurois voulu , je vous prie de ne V at tribù er qua des embarras si multiplìés , qu il s" est écoulé aS jours ehtre celai oh j'ai commencé ma lettre à notre clter President le Citoyen Gagnoli , et celui où j'ai pù la terminer. Je pars demain pour une tournée qui ne durerà guè- re moins de dix mais , et dont Vobjct est l'établissement des Lycées. Ce voyage finirà par Turln. Jc visiterai les six dépar- ^ te- D E I. L A S O e I E T a'. XIX temens ìtalìens qui formoicnt la 27' division militaire et qui viennent d'étre réiinis à la France. Je me rapprocherai de vos frontieres , et qui saii méme s'il me sera permìs de voir la Bépublique Italicnne . Je trouverai du moins une occasion de inhabituer à parler votre lavane . Il y a plus de trentc ans quelle fait rnes délices et qii'avant d'étre en état de lire les ouvrages des Savam qui depiiis Galilée jusquà nos jours ont illustre l'Italie , je goutois uvee iransport les heantés de V Ariosto et du Tasse . Blaìs jamais je n avois trouvé V occa- sion de parler ou d'écrìre dans cette langue sì douce &\. si mu- sicale. J' aurvis besoin de V uhondance qui en faìt un des ca- Tactcres distinctifs pour rous exprimer tous les sentimens que j'éprouve en cette occasion . Mais f y suis encore trop inlia- bile . Excusez donc si je me home en ce moment à vous of- frir cette expression foible et imparfaite de ma gratitude éter- nelle pour le titre qui vient de rnètre conferò , et qui m' auto- rise à me dire avec tout V attachement possihle Votre Confrère DELAMBRE . 46. Della citata lettera di questo celebre Astronomo al nostro Gagnoli , giova qui registrare le seguenti parole che ridondano in somma gloria della Società di cui scriviamo . Je ne puis vous exprimer combien je suis reconoissant de V honneur que vient de me conférer la Société Italìenne en m'admettant au ncmhre de ses Membres . La càlébrìté de ceux qu'il m'est pcrmis desormais de nommer mes Confréres , la maniere dont ih dorment leurs suffrages , et les choix qu'ils ont faits jusqu'icì pour leurs associés étrangers^ toutes ccs considerations me font attacher le plus grand prix au titre dont ils viennent de me décorer. Paris le aa Vendémìaire Jn. XI. ( 14 Ottobre looa. ) 47- Siccome poi in un col novembre del mille ottocen-> to due terminava il sessennio della presidenza a vant32::iio del nostro Corpo scientifico degnamente sostenuta dal prelo- dato Gagnoli j cosi il Segretario non lasciò scorrere la metà e a del XX A rj N A L I del settembre deìl' anno niedesimo scnz^ ricordare ai Qr^a- ranta di eleggere, secondo gli articoli ìli e EC dcTIó Statu- to , dentro lo spazio di due sussecutivi mesi , uno dal loro novero alla carica sovraccennata . 48. Congiunta alla predetta lettera una sua ne diresse agU Accademici il Gagnoli , nella quale pregavali in primo luogo , a non collocare nella intimata nomina le mire sopra di lui ; significava loro^secondariamente, che Pompilio Pozzetti, autore dell'elogio di Giuseppe Olivi , era stato dalla concorde volon- tà dei Colleghi ascritto al ruolo degli Onorar] . 49- In questo mezzo il Preside raunò i pareri dei Socj concernenti le interroirazioni avanzate loro cella sua enciclica de' cinque Luglio qui al numero 89 rammemorata . Di treu- xaqvaattro che risposero , ventuno spiegarono contrarietà alla progettata unione della Società Italiana delle Scienze coli' Accademia economica di Verona , desiderando quella indipen- dente e libera conformein avanti . Quanto all'esser sempre Se- gretario della Società nostra il Segretario di quella Accade- mia , venticinque apparvero i dissenzienti , poiché quasi tutti bramarono illeso l'articolo XX dello Statuto, che rimette la scelta del Segretario all'arbitrio del nostro Capo . E ben tredi- ci Individui manifestarono timori di scioglimento della Socie- tà. Correndo il dì vigesimo quarto di ottobre. Gagnoli man- dò al Governo di Milano le correlative lettere de' Membri , assoggettandole in originale alle Superiori considerazioni , sic- come aveali prevenuti che sarebbesi da lui , a scarico delia propria imparzialità, eseguito. 5o. Nella mattina penultima dell'anzidetto mese, diedesi^ coli' usitato metodo adempimento all' articolo XXIII dello Statuto , e la sorte volle compensati per le spese incontrate nel carteggio i Socj Francesco Soave , Pietro Ferroni , Pietro Paoli, Simone StraticOj Giuseppe Maria Glovene, Paolo De- langes . 5i. Spirati nel giorno dieci novembre i mesi quattro, in- giunti per la dispensazione dei premj ^ alle due Memorie, l'uaa . . " ■ di D s L L A Società'. xxi di Matematica, 1' altra di Fisica stampate nel IX tomo, si veiHH,' al liconoscimento delle lettere e delle schede dei Socj diligenti a proferir lor giudizio sulle credute più meritevoli del- la corona . Nel primo argomento prevalsero i sunrasrj favore- voli alla produzione di Paolo Riiffini intitolata : della soluzio- ne delle equazioni algebratche determinats di ^rado superiore al quarto . Nella provincia della Fisica , la palma stette pel lavoro di Vittorio Fossoinbroni iscritto : della resistenza e dell' urto de' fluidi . Ad ametidue è stata immantinente conferito il premio del valore di sessanta zecchini assegnato,_da!le no- stre costituzioni . 5a. Giunto, col fine del proìslrno passato novembre, il termine della sessennal presidenza di Cannoli , fu la Società renduta consapevole che questi , malgrado le palesate reni- tenze, era stato a gran pluralità di voti confermato nell'ono- revole uffizio . Lieto il Segretario di simile avvenimento co- tanto prop'zio al bene della nostra Istituzione , lo notificò subito al Soggetto di sì luminoso consenso , ma ne ebbe da Lui questa replica dispiacevole . Modena li 3o Novembre i8o3. Antonio Cag?iolì Presidente della Società Italiana delle Scienze all' egregio Socio il P. Pompilio Pozzetti delle Scuola Pie Segretario della medesima . Non poteva il vostro foglio arrecarmi con frasi più lu- singhiere V onorevole annunzio del consenso di a8 Socj ad (Icisgernii Presidente per un altro sessennio . Confesso cìie questo pegno d' approvazione al mio passato contegno mi pe- netra al cuore , e vincerebbe le già spiegate mie renitenze , se le occupazioni mie presenti lasciassero luogo , senza manife- sto sacrifizio della salute , a sostener col dovuto zelo le fun- zioni ogni giorno più laboriose della presidenza • Io vi prego pertanto a passar le mie scuse le più ferventi agli egregj e Tupettabili Socj , e ad invitarli tantosto alla nomina d' altro Sog- XXII Annali Soggetto , deatro il termine che è prescritto dalV articolo IX dello Statuto . ^' Nel medesimo tempo comunicherete loro il Decreto del Governo nato in considerazione delle risposte di ^ssi alla mia circolare 5 Luglio , attenendovi alle commissioni relative , che vi trasmetto , del Blinistro deVÙ Interno , le quali metterete poi a notizia del nuovo Presidente come prima sia eletto, on- de possa perfezionarne V esecuzione . Osserveranno per certo con soddisfazione quanto peso abbia ciato il Governo ai senti- menti che in quelle risposte hanno espresso poco meno che unanimi . Prima die spiri col giorno d' oggi il sessennio della mia presidenza , esaurisco la facoltà che /tz' imparte V articolo VI dello Statuto , eleggendo per Socio onorario il Cittadino Lui- gi Rossi , Ispettor generale alla pubblica istruzione , del cui valore nella greca e nelV italiana Letteratura sono pubblici esimj saggi , "^^ specialmente per aver operato più cose a prò della nastra Società in diverse occorrenze importanti . Ritirandomi oggi da ogni ulterlor funzione di Presidente , rimangono in voi naturalmente , siccome sarebbe in caso di morte del Presidente , le facoltà di agire e di risolvere in ogni occorrenza urgente , e di incontrare le spese ordinarle e neces- sarie pel servigio della Società infino all' elezione del mio Successore . Termino ri n graffiandovi della cooperazìon vostra dillg^erv- tissima , cui non saprei esaltare abbastanza , negli affari del- la Società. Non diversa testimonianza debbo rendere al Vice^ Serrrctario Jlniininistra,tore Lombardi . Raccomando ad en- trambl la celere prosecuzione del tomo X. E vi prego gradir le proteste della perfetta mia stima . Gagnoli '^ 53. D£LiiA Società. xxiii 53. Il decreto di GovernòTpoco sopra da Gagnoli accen- nato , che il Vice- Presidente della Repubblica Italiana passò nel dì ventitre dello stesso novembre al Ministro della me- desima per gli affari interni, è così concepito. A tenore del disposto dal Fondatore (Anton-Mario Loriana), la Società Ita- liana risiede in Verona. Ele<^s,e il sito Precidente , questi il Segretario nel modo praticato , e conserva il rapporto preesi' stente colla Società Agraria per V economico . 54- Stante la rinunzia antecedente del Socio Gagnoli convenne ripeter l'invito per la scelta d'altro Preside \ ma compiuti, nel dì trenta gennajo dell'anno corrente, i prefiisi due mesi posteriori alla diramazione dell* invito medesimo, si ravvisò, nel limitato numero di risposte giunte in tempo de- bito, incertezza e disciepanza tale di voleri che la sola- mag- giorità di voti quattro cospirò in tre Soggetti , né vi ebbe chi ottenesse la preminenza dalle nostre leggi richiesta . La Società restava dunque tuttora acefala, e iacea mestieri pro- cedere ad una terza nomina . 55. In questo mentre, era stato agevole al Segretario lo scoprire nelle lettere dei Colleghi un certo dispiacimento de- rivante dalie novità or ora introdotte nella Compagnia, la quale d'altronde pareva esser nel colmo dL'Iia sua attività e della sua rinomanza . Aveva egli inoltre compreso , rincrescer generalmente che la sede della Società distaccata fosse dal Presidente , giacché sebbene lo Statuto lasci hbera ai Quaran- ta la scelta di lui ovunque Ei soggiorni, essi ciò noti ostan- te hanno eletto sempre iìnoia , cioè nel defunto Lcrgna e nel vivente Gagnoli, un Mendjio abitante dov'era la sede, e que- sta poi, o ha seguito il Presidente, o- pò Ab. Peiiizzari sopra i Logaritmi de' numeri negativi-. Ivi T. XVI. Lettera III. e IV. del Sig. Conte Giordano Riccati al Sig. Conte Girolamo Fenaroli^ in cui supponendosi una pesi- im applicata al punto medio di una corda, si deterinina, la- sciata che sia in libertà , il tempo impiegato a passare dalla prima ,posÌEÌone alla curva isocrona bilanciata, o semplice di un ventre solo , ovvero composta delle due semplici d' un solo ventre , e di tre . Ivi T. XVIII. num. Vili. pag. a36. Notizie di Monsignore Agostino Stefflini Vescovo di Spi- ga, e Vicario Apostolico negli Stati dell' Eleltor Palatitio del Reno , del March, di Brandeburgo , e dei Prìncipi di BruE- swich , compilate dal Sig. Conte Giordano Riccati . Sta nel T. XXXIII. della nuova Raccolta Galogeriana . Del Guono falso . Dissertazione Acustico-Ptiatematica del Sig. Conte Giordano Riccati. Prodromo dell' Ei2ciclopedia Ita' liana pag. 96. 1779- Del moto di discesa, « di ascendimento dei corpi soli- di immersi ne' tnezzi fluidi. DissertaEione Fisico - Matema- tica . È inserita nel T. IV. della E.accoìta Ferrarese d' opu- scoli . Venezia 1780. nella Stamperia Coleti pag. i. Dei due generi di resistenze , che nascono dalla inerzia della materia, e ritardano il moto dei corpi solidi dentro dei mezzi fluidi . Ivi Tom. V. ,NUj0- Di GlOllDANO RlGGTATf. XX X£ Nuova maniera di costruire le Scale elittiche. Nella N. R. Caiogcriana T. XXXV. Aiiaotazioiii del Sig- Conte Giordano P«.iccati alla lettera del Sig. Co. Jacopo Riccati suo Padre sopra la trisezione de-, gli aa>goli • Prefazione agW Elementi di Architettura del Sig. France- sco Maria Preti . In Yeuczia 1780. Presso Giovanni Catti . Questi elementi sono per la. massima parte lavoro del Riccati. Della Figura , e dello stìancamento degli archi . Disser- tazione Fis-ico-Matematica del S'g. Coiifcs Giordano R'ccati . Sta nel T. XX. pag. ì^()- del nuovo Giornale d' Italia. Mo- dena. . Esame del Sistema Musico di M. Rameau . Dissertazione acustico-raatematica del Sig. Conte Giordano Pviccati . Ivi T. XXI.. Esame del Sistema Blusico del' Sig. Giuseppe Tartini . Dissertazione acustico-raatematica del Sig. Conte Giordano Riccati . Ivi T. XXII. pag. i6g. Estratto degli Elementi di Arcliitettura del Signore Fran- cesco Maria Preti . Ivi T. XXII. Riflessioni sopra il Libro primo della Scienza Teorica della moderila Musica del P. Francescantonio Valotti M. C. Maestro dì Cappella nella Basilica di S. Antonio di Padova. Ivi T. XXIII. Del moto d' un Corpo discendente lungo un lato retto d'un triangolo materiale, che può camminare liberamente so- pra un piano parallelo , o inclinato all'orizzonte . Dissertazio- ni quattro Fisico -Matematiche del Sig. Conte Giordano Ric- cati . Sono inserite ne' tomi IX. ^ X. , XII. e XVI. della Raccolta Ferrarese d' Opuscoli . Delia risoluzione Cardanica dell' equazioni del terzo gra- do . Dissertazione Analitica. Trovasi nel T. XXIV. pag. 170. del Giornale dei Letterati d' Italia . Delle vibrazioni sonore dei Cilindri. Dissertazione Acu- stico-Matematica del Sig. Conte Giordano Riccati stampata liti XXXII Catalogo delle Opere nel Tom. I. pag. 444' delle Memorie di Matematica e di Fi- sica di questa Società . Verona . Lettera al Sig. Ab. Giuseppe Contarelli intorno alle ri- flessioni spilla verità di alcuni paradossi analitici creduti co- munemente paralogismi . Vedi il T. XXVIII. pag. aSó. del Giornale di Modena . Lettere due del Conte Giordano Riccati all' ornatissimo Padre Don Francesco Maria Franceschinis Barnabita . Si tro- vano nel fine della Dissertazione dello stesso Francescbinis , la quale è intitolata: della tensione delle Funi. Bassano 1784- . : . Del centro di Oscillazione. Dissertazione Fisico -Mate- matica T. XXXIII. pag. 140. del Giornale di Modena . Del centro di Oscillazione. Dissertazione II. Ivi T. XXXIV. Delle vibrazioni del Tamburo. Dissertazione Fisico -Ma- tematica del Sig. Conte Giordano P\.iccati . Nel T. I. de' Sag- gi scientifici , e letterarj dell' Accademia di Padova 1 786. pag. 419. Della figura del gorgo ^ che la natura forma in un va- so cilindrico ripieno di acqua , nel centro del di cui fondo sia aperto un foro circolare , del Conte Giordano Riccati . È inserita nel T. III. delle Memorie di Matematica, e di Fisica di questa Società. Verona 178S. p. aSS. Lettere due al dottissimo Padre D. Giovenale Sacchi Professore di Eloquenza nel Collegio Imperiai di Milano so- pra i Duetti dell' Kandel , e del Bonocini, T. XXXVI. del Giornale di Modena . Della maniera di costruire le cupole. E nel Voi. XL. del Giornale dei Lett. d'Italia Voi. XL. Lettera al Sig. Giambattista Bortolani Professore di Cem- balo, e di Contrappunto. T. XIX. della Raccolta Ferrarese di Opuscoli. Venezia 1787. pag. lag. Problema . Determinare il massimo allungamento , che il peso d' un pendolo produce nella corda a cui è attaccato . T. Dr Giordano Riccati . xxxiit T. IV. delle JMemorie di Matematica , e di Fisica di questa So- cietà . Verona 1788. pag. 81. Della forza viva di alcuni Corpi , che ruotolano sopra un piano, oppure girano movendosi ancora, se così piace, per una direzione orizzontale . Ivi pag. 96. Teorema . Il nulla immaginario non si deve confondere col reale . Ivi pag. 116. i\gginnta alla Dissertazione della figura , e dello sfianca- mento degli Archi del Sig. Conte Giordano Riccati . È inse- rita nel Giornale di Modena T. XL. pag. 167. anno 1709. Lettera I. e li. intorno al Risorgimento della musica , airornatissimo P. D. Giuvenale Sacchi Professore d' Eloquen- za nel Collegio Imperiale di Milano. Giornale di Modena, T. XLI. Vita dell'architetto Francesco M. Preti . In Padova, nella Stamperia del Seminario. Trovasi nell'Enciclopedia Voi. Archi- tettura . Della Costruzione , e quadratura di alcune volte e lunu- le . Leggesi nel Voi. V. degli Atti di questa Società, pag. 48 Molte cose inedite (*) lasciò il Riccati, le quali sono aa- rioverate dal P. Federici Domenicano nel suo Commentario , sopra la Vita, e gli Studi del Co. Giordano Riccati nob. Tri- vigiano. Venezia nella Stamperia Coieti 1790. (*) Fra i Blanuscrìtti di questa pubblica Biblioteca di Modena esistono cento cinque Lettere autografe inedite di GIOR- DANO RICCATI al fu Mate Giuseppe ContarelU in- torno varj argomenti di Matematica assai importanti . Nota del Segretario Pozzetti . Tomo X, e ER- XXXIY ERRORI Pag. Lin. H 1 1 arco i8 6 que 2[ 3i oc rèe 46 6 segni sul 3o a 5 e 5o ultira. intero 55 IO pressare f)£ i5 forza 94 ^4 fosse 95 - ulti ai. ammetterla 96 a6 anno ioa 5 r anno ii3 £6 ohe IH 35 tirare i3o ultim. rena i38 20 ancorché QO perche 26 poiché ;4o 20 poiché 141 19 e 2,0 perche 14^ Sa. perche Memoria Fortis Lapeyronse 176 21 pariiretica i8i 3 i diomorfi aio 3i Messieur aii penult. instruits ultim. à a^a 29 a luì 33i penult. Ranciata^ 400 '9 osservò 694 so 35 y 751 23 riiioscere CORREZIONI ano quel or ré e segni neri sul è antero preparare forse forse omraetterla anno r anno che tirate regna ancorché perchè poiché poiché perchè perchè De Lapeyrouse porfìretica idiomorfì Monsìeur instruites a lui a Ranciata j osservo 35 V riconoscere I J^J^ J^.J^ J>lk,J^ ^i^.Jftt^^ifilhJ^ *»^oo^ ^^jj^ J^ '*^'^^kf' ^ì3^'"ìfef '*s^^^^^' •*tìir'ìft?'s«itìir""ife(i» •«sy'n&j' **j^'^^ ""1^ MEMORIE D I MATEMATICA E DI FISICA. SULL' ESOFAGO , SULLE INTESTINA E SOPRA ALCUNE VALVULE DEL TUBO ALIMENTARE DISSERTAZIONE PATOLOGICA E ANATOMICA Di Vincenzo Malacarne Ricevuta il dì i Agosto i8or. (i) INTRODUZIONE. J\ Clihurghi è necessario un libro , dove sian registrate le cose da non farsi neW Arte nostra , quantunque ne sembri Tnanifesta , palpabilissima V indicazione , se si desidera , che da noi si schivi il pericolo pur troppo frequente d' intrapren- der operazioni , d' aver eseguite le quali , ancorché con tutta Tomo X. A l'esat- ti; Secondo l'ordine di questa data, la presente dissertazione a- vrebbe dovuto stamparsi nel tomo iX ^ ma il Socio Malacarne , che al medesimo aveva già dato due suoi lavori, concedette spontanea- mente al Segretario la facoltà di riservare questa Memoria al tomo X , per dar luogo alle produzioni d' altri Sor) nel precedente . Notx dd segretario Poiietti. a Sull' Esofago ec. r esattezza possibile , abbiamo poi motivo di pentirci , ma inutilmente . Se però fessevi mai chi pretendesse di porne in dubbio la necessità sia qui citato al tribunale dell' espe- rienza , e siamo siculi , che cangierà d' opinione , e per lo bene dell' umanità languente inculcherà egli stesso che ven- ga compilato , e ammonirà tutti i Chirurghi pratici amici suoi ad arricchir tal libro Con generosa schiettezza, e render sovente partecipe il Pubblico delle osservazioni relative per mezzo della stampa» 10 tengo non già il libro stampato , ma uno zibaldone di questa qualità , che vo accrescendo da trenta e più anni a questa parte , né mi contento di rileggerlo sovente ; soa disposto (sebben contro il mio stesso amor proprio) di comuni- car a chicchessia tutte le osservazioni di tal genere , che vi si contengono : anzi perchè ognuno giudichi la purità della mia intenzione , per provar come tali ossei-vazioui mettono ia chiaro maravigliosamente il teorema suddetto, presento qui due storie tratte a sorte dal mio zibaldone , checché sia per ridondarne a mia confusione . In queste si narrano due gua- rigioni felici operate dalla natura benefica nell' atto eh' io stava già per fare operazioni di somma delicatezza , per le quali non si avrebbe al certo ottenuto , né così pronto , né così pieno effetto, se pur non sarebbono stati ruinati gli in- fermi , de' quali si tratta , irreparabilmente . Sono poi molto singolari per la varietà e l' importanza de' fenomeni, che pre- sentano, degne perciò dell'attenzione de' pratici ^ non meno che de' principianti : per la qual cosa ne prenderemo anche molto volentieri argomento d' offerir loro il risultato de' no-» stri lavori anatomici , già accennati all' Accademia di Pado- va nel 1793 , su gli organi, che dalle malattie, oggetti delle presenti osservazioni , furono più gravemente intaccati . 11 maninconico , il tetro della narraziou de' mali si dis- siperà nel momento che s' intenderà , la natura avergli quasi da se sola superati, e ci sentiremo ristorare dalla rallegrante idea della mulliplicità degli ajuti , che quest' amorosa madre sa Di Vincenzo Malacaune . 3 sa metter in opera non di rado quando il caso sembra piìi disperato , e già stanno in pronto arruotati gli strumenti della chirurgia . Tal idea consolante farà , che il numero migliore de' nostri Colleghi accoglierà con aggradimento l'es- posizione d' alcuna tra quelle innumerabili cose , che per la maestria della composizione loro^ semplice insieme e adattata agli usi a cui son destinate , si conciliano appresso di molti eziandio assai meno filosofi, concetto e ammirazione. Farà pure , che al proseguimento in tali fatiche , in grazia della sublimità dell' aieornento , e dalla coitese loro approvazione Yemamo incoraggiati, La prima delle osservazioni patologiche prescelta a tema del discorso presente s' aggira sulV infiammazione gangrenosa dell' esofago , e della trachea in una Donna padovana . La seconda sulla gaiigrena (V un intestino cicatrizzato , che due anni dopo si riprodusse per la presenza d' un cor" pò straniero y in un Fanciullo. Con le anatomiche metteremo in chiara luce la vera struttura della tunica detta carnosa » o musculare tanto dell' esofago, quanto delle intestina, in primo luogo; In secondo luogo esporremo il numero , il sito , e la struttura d' alcune valvule non ancora state descritte, che da noi s'incontrarono in due ccrcopitecJà , in una cinocefala ^ e in una foca . OSSERVAZIONE PRIMA TATOLOGICA DELLA ESOFAGO - TRACHEITIDE CANCRENOSA . TOGNINA SCANFERLA d' anni trentaquattro circa, moglie delF industrioso scultore in legno , die abita alle Boccalerie vecchie in questa città di Padova , poi hi passi distante dalla mia casa, mi fece chiamare a se li i5 ott.bre dell' anno 1795, supponendo d' avere già da due giorni un osso piantato nella gola , per espellere o inghiottir il quale , avea già tentato e fatto tentar da altro Ciiiiurgo diversi mezzi senza sollievo . La trovai col viso gonfio , accese , con A a gli 4 Sull' Esofago ec. gli occhi prominenti , lagriniosi , convulsi , con le palpebre inferiori ^ e la sommità delle giiancie , livide , fredde , col collo tumido ad ogni contatto doloroso, caldo ^ ma pallido come edematoso , con la respirazione affannosa , stertorosa , calda , fetente , con polsi affatto irregolari . Premeva in quel momento più d' ogni altro esame quel delle fauci, e della faringe; ne mi riesci malagevole a veder tumide , livide in gola le tonsille ; pendula , gonfia , sporca r ugola ; fecciose , ineguali , irritatissime le pareti della fa- ringe , in fondo alla quale penetrando con 1' occhio , e più basso ancora col dito avvezzo a tali esplorazioni , non incon- trai fuorché scabre fessure ulcerose , ed afte sordide : laon- de non è da stupire se l' inferma lagnavasi di sensazion mo- lesta in quelle parti come se vi fosse fitto un corpo stranie- ro e ne impedisse la deglutizione . Essa m'indicava , come il sito dov'era piantato un osso^ la parte sinistra dell' esofago corrispondente alla cartilagine cricoidea , sotto il margine inferior sinistro dello scudo cai'- tilaginoso detto ne' maschi Pomo di Adamo . Spinsi per- tanto fin laggiù r indice destro , e con diligenza esamina- to anche al di fuori quel lato del collo , restai convinto , ch'ivi non s'era fitto corpo duro veruno; fiitte conseguente- mente le debile interrogazioni , ed esaminato a varie riprese il polso , che andava cangiando di tenore a misura che mi riesciva d' incoracoiar la donna assicurandola che non sa- rebbe morta soffocata dall' osso , che assolutamente non v' era , e trovandolo teso , duro , pieno , con carni calde _, rampe e confusioni al capo , assoluta impossibilità d' in- ghiottire senza raccapriccio e fremito universale convulsi- vo ; e la donna allattando , benché in istato di salute così deplorabile, mi bambino grasso e ben nutrito, d' un anno e più , consigliai che s' astenesse immediatamente dall' allat- tamento ; e siccome 1' applicazion delle sanguisughe al collo incontrava ripugnanza invincibile nell' inferma , prescrissi to- sto un salasso dalla mano , che recò pronto sollievo , tanto nell' Di Vincenzo malacarne . 5 nell* universale quanto nel locale , e in ispecie rendendo raen tormentoso 1' inghiottire . Fu però di breve durata , e nel termine di dodici ore si dovette aprir la \ cna del piede se si volle recare qualche calma al dolor insolTiibile, che si era risveo-liato giù nelle fauci , che si stendea per tutto il collo crudehssimarnente^ all'orecchia e al mento di quel lato, ogni volta che la saliva , o qualche cucchiarin di miei rosato stemperato nel biodo insulso , o nell' acqua d' orzo , si volca mandar giù . Sicché riesclvano impraticabili larghe bevande, e conve- liia contentarsi di colutorj , e gargarismi i più innocenti ; far che r inferma tenesse in bocca midolla di pane immollata neir acqua d'orzo suddetta con latte, e sciroppo diamoron, e raccomandarle 5 che spremendola ccn la lingua s'industrias- se di farne scorrer giù insensibilmente quel che potca , poco importando se ciò riescisse meglio a caldo o a freddo . La incoraggiai però a lavarsi sovente il palato con acqua d' or- zo e ossimiele animato con alcune goccie di spirito di ve- triolo , dal che trasse ricreazione e vantaggio . Al collo feci applicar più volte al dì un cataplasma di pane e cipolle cotte a putrilagine nel latte . Dopo il breve lucido intervallo di sedici ore dall' ultimo salasso , in cui V ini'erma , per nostro consiglio , ricorse agli ajuti spirituali somministrati dalla pietà della nostra santa Religione, successe una sera torbidissima, e una notte in cui tutto si esacerbò crudelmente e con tal pertinacia , che dopo quaraiitott' ore d' assoluto digiuno ( se non possono tenera' in conto di nutrimento i clisteri d' acqua d' orzo e brodo im- posti tre volte al di), di smanie , di veglia, d" ansietà , e d' atrocissimo dolore specialmente al sito già sopra indicato dell' esofago , e della trachèa , poi a tutto il collo , all' orec- chio , alla faccia, la donna peidette affatto la voce ; e 1' ar- ticolazion delle parole non era che xin fremito roco, profon- do , spiacevole . L' anelito era sibilante . Si vedea continuo spurgo d'acerrima sanie dalle fauci perla bocca, e dalla tra-, chèa 6 Sull' Esofago ce. chèa ( però .senza tosse, clie forse non si sarebbe sofferta senza convulsioni ) die portandosi alle laljbra scorticò e palato e lingua, e fin le laijbra stesse, menando un fetor pestilente, r orrida sensazion del quale anche dalla infelice ammalata si espriniea con fremiti , scuotimenti convulsivi del capo , di tutt' i museali della faccia , e con cenni tali delle mani , e divincolamenti di tutto il corpo, che niuoveano a pietà. Questi muovimenti ne agitavan orrendamente i labbri e le ale del naso , che in breve tempo si caricaron pure di pu- etule gangrenose . Oserò dire , che tali muovimenti veramente convulsivi ad ogni tentativo d' inghiottire non erano punto diversi da que' degli idrofobi per la morsura di can rabbioso ; e siccom* erano frequentissimi, cosi sembrava che ad ogni momento dovessero con istrozzar l' ammalata por fine a si tormentosa tra.o;edia . Al mattino del quarto giorno dalla mia prima visita tro- vai meno irregolari, men depressi i polsi, dopo che mi era riescito di far inghiottire tre pillole argentate , composte d'estratto di china, d'oppio del Beaumé , e di confezione alchermes , a notte avanzata , e tre altre all' alba : e se il freddo delle estremità, il torbido, l'appannato degli occhi, il livido della cute al viso, accompagnato da palpabile enfisema, da cui era pur occupato il collo, dalla nuca alla scapala si- nistra e dalle palpebre infei'iori alle clavicule , mi dovean recar inquietudine e spavento , manifestando non solamente la corruzion delle materie, che faceano la cagione congiunta del tumore al collo , ma eziandio la screpolatura gangrenosa delle parti molli della trachèa , onde potersi spander 1' aria respii'ata universalmente per tutta la cellulosa del corpo : da altro canto mi lasciava concepir qualche speranza un senso di mollezza profondamente spongiosa accompagnata da dolor sempre più acuto , e pungente nel sito mentovato del collo . Questo dolore e questo senso di mollezza spugnosa mi era stato insegnato dalla siierienza di sei lustri doversi in si- mi- Di Vincenzo Malacarne . 7 xnili circostanze prendere per indizio di suppurazione anche intorno a isole di sostanza reramente gangrenosa : qui però s' avea ragion di temere che o la gangrena , o la suppura- zion natavi dintorno, scavando più profondamente , corrodes- se r esofao-o e la trachèa, nella quale prorompendo solTo- casse r ammalata . Tutte queste riflessioni mi tentavano di far in quel sito imm.ediataniente col gamautte un apertura per dar almeno ancor qualche ora di respiro alla morihonda , se non per sal- varne la vita . Però la profondità a cui &' avrla dovuto far penetrare lo strumento fra parti di tanta importanza e deli- catezza , e il sospetto ragionevole , che il cattivo esito , pur troppo probabile della mia operazione in tanta debolezza , saria stato attribuito a me solo, mi determinò a cercar d' at- trarre maggiormente le marcie alla superfìcie , e assicurato- mi dell'esistenza, e quantità delle medesime, fare un taglio più cauto , che dasse luogo a evacuazione se non più van- taggiosa , almcn più evidente ed atta a favorir la mia giusti- ficazione . Poco tempo restava a perdere in ritardi ; per la qual co- sa applicai un largo pezzo di lardo rancido sul sito predetto del collo , eh' era veramente il fuoco del morbo ; cuoprii tutta la regioa vicina del collo col cataplasma suddetto , ag- giungendovi lo zafferano ; questo fu rinnovato ott' ore dopo . Per bevanda, o dirò meglio per collutorio, ordinammo il sie- ro di latte, e un tuorlo d'uova fresco battuto con lo zucche- ro, e cotto nell' ottimo vin di cipro come si fa Io zambajò- ne , per .lambitivo . Con questi mezzi sperava io la mattina prossima di fare quella oncotomia , e avendo meco tutto 1' apparecchio in pronto, levai via il cataplasma per esaminar meglio con le dita lo stato del centro , e de' contorni del tumore , il che facendo , sentimmo uno scroscio , e l' inferma dando indizi d' un ribrezzo , d' uq orrore inesprimibile , costretta a spur- garsi cacciò con tosse fuori della trachèa per la bocca molta se- 8 Sull' Esofago ce. sanie calda , corrosiva , fetidissima , indi alcuni cucchiarì di sierosità con piccioli fiocchi di materia giallognola , anclie non insistendo la tosse . Per questa evacuazioiie venne meno r ondeggiante elasticità del tumore alla sommità lateral sini- stra esteriore del collo. Rinnovai la com{)ressione col pollice sulla parte del tu- more , che si era depressa e ammollita, e nuova sierosità purulenta saniosa fioccosa continuò a scaturir dalia trachea , e a spurgarsi per la Locca , non senza notabile sollievo suc- cessivo deir ammalala : per la qual cosa desistei dalla preme- ditata incisione, da cui il meno che si avesse a paventare si era una fistula schifosa da durar chi sa fin a quando ^ per la quale i liquidi e i solidi trangugiati avrebbono sgorgato ; e forse paggio sarebbe accaduto , posta la penetrazion della fistula nella medesima trachèa . A buon conto le materie avevan aperto quell'altra stra- da o buona o cattiva ^ ed io fscendo provare alla Scanferla d' inghiottire alcuni cucchiari di siero tiepido di latte inter- polatamente, ebbi la consolazion di vederne i due primi sorsi V'eramente i-ngìiiottiti ; ma il terzo disceso nell' esofago di là penetrò nel vacuo dell' ascesso che se ne gonfiò , dond(^ grorgogliando sotto la pression delle mie dita passò nella tra- chea , cagionò irritazione e tosse , finalmente regurgitò iti bocca , e ne fu sputato traendo seco diversi fiocchi di mace- ra membrana . Confesso ch« questi fenomeni punto non mi tranquil- lizzarono sull'avvenire dell'ammalata, che anzi mi presenta- rono all'animo inquieto molte cose, delle quali se ne avess' io eseguito alcuna , forse per lo mio zelo sarebbe perita . La debolezza estrema in cui 1' avea ridotta il mal gravissimo , e la lunga astinenea , fece che non mutai nulla in ordine a' medicamenti e alle applicazioni topiche ; prescrissi quattr* oncie di gelatina tremula con brodo di pollo consumato , e le j^iJlole sovraccennate , e il solito clistere . Alla sera, 1' ardor delle fauci, le ambasce, il senso di sof- Di Vincenzo SIalacaune . 9 soffocazione , il fetor del fiato si accrebbero alquanto con polsi minuti -, irrcgolarissimi e frequenti orripilazioni: la fac- cia divenne più livida ^ il collo più tumido, più elastico; cose che mi fecero temer imminente uno scomponimento gangrenoso , e dal m'cdesimo effiìtti i più funesti . Feci tosto far la tintura acrpiosa della corteccia peruviana j e giacché era disceso nel v«Mitricol-o il siero di latte , eh' era grandemente amato e desiderato dall' inferma , lo mescolai con quella tin- tura tiepida j e la feci mandar giù e lavarsene sovente le fauci e la bocca affin di portarne via parte del lezzo , che ammorbava chi le stava in faccia . Non furono fraudate le nostre speranze , e la deglutizion ebbe luogo : allora sgom- brai con le solite compressioni dalle marcie fetide corrosive il seno , ch-e si votò poi anche della bollitura di china con gorgoglio dalla trachèa : riadattai col cataplasma il lardo sul collo , e mi allontanai da quella meschina col batticuore e r inquietueno ardente, il vi»o meno ponlio, men livido, T occliio più brillante, in:i quieto, l'alito p>;r Li bocca e per le narici meno fetente > in sommai la vita ri- acquistata ci consolarono : mi »A'rettai d' esaminare il collo , dove cominciai a fcuoprire qualche traccia de' imiM-oli sotlu la pelle men tumida, meno abl>everata; vi - fago un senso di lacerazìon tormento*o , che riferivasi con freddo alla nuca , alle vertebre cervicali , e sopra tutto ne molestava l't: ' • sinistro. La comp;. ,.>,.-: fece sprizzar che se inghiottin mentre eh' io tene^ compresso il fondo esterior del seno col pollice, no:i - '■•■tv:» nir;* ■ - ' seno, e nulla passava a gorgogliar nc" ira ; o$- 'le , che ripetuta a vicen- da m' indusse a mtitar registro ; tanto più , che le oiie com- pressioni più non producean molestia • '^ . Ap|>1icji ' • ■ al c^'' • lo al s' no due spessi pii;. . 'li di n ^^ i nel bianco d* uovo sbattuto , gli avvalorai con due coM;inetti graduati , che sostenni con opportuna fasciatura. Feci inghiottir la tin- tura di china , e l' inferni.! non $* avvide che lo?se nnto ve- runa alterariotie al collo ; le raccomandai sopra tutto di ta- cere , e di premersi con una mano il sito offeso ogni volta che le occorresse d'inghiottire; «golai le dosi della tintura, del siero della gelatina, dello zamhajòne pel rimanente della giorniita e per la no*- » te. Kinnovossi la str, : i a<:ion esterna e interna il pior- no dopo, e le C9SC contiouaro:>'v> a raiglionu- ueiruuivei > Di \'iNi'.aNao M.viAcvttNK. ii mi ili taut* in tanto si risvrjjliava ancora irritaslon luoU ^ti*- hiina alla traohiM , alla f;K»iitlo, nece9sit;\ in(jnietanto tli «pui- j,'u- lo lanci , «lai cho liirun eccitati unovi dolori alla iin^a , all'owci'liia siiiislra , t» »inalclip inonientanoo srnso di sdIVo-. cagiono; toin^ a farsi pu//-olei>to il liato o sttntoroso . L' in- fiMiua , o il marito ortnU'vano nnn*to trllotto di iiacclàozza con- vidsivo per diletto di l>aHtantrt juitriiucnto ; io porù temeva di (inuloìjo riniasngUo del noccinolo del tnuìor antico , e di- latto »l collo rra nato nnovo inarcamento . Ad o;j:nì modo accordai un jhS [liii ili j;i"latiiia , tuorli «l' uovo smaltiti nel luodo , e pan trito , »eu:«a permoltevo die si dimouticawo la tintura di iliina . La notte In ìni|nieta ; all'aurora però dopo la dose dei» la tii\tnra tiepi viliijen largo dr' medesimi , però più saldo di libre o di lilamenti che mi sembrò appartenere alla [larte posteriore della trachea , A (pu'sta t>spid>ioue siuneilette (piasi subito intiera calma , e la ])onna si umstrò conlentis>tima d* aver cacciato i'uuri quello che dicesi ila' Padovani cao tUl male . Si ristabili la deglutizione , sì vene innoceute la re?pira- HÌoop , HI lixvbiurò la vece, eh' era stata lìn qui o nulla o lunchi.tsnna o stertoroia ; (pu-sta pejò , volendo la Donna pai^ lar molto e al/arno il tuono , continuò per tio nuMÌ e piiN do|)o la gneri^iot» perfetta u farsi cupa, e a nascerlio stira- menti dolorosi alla nuca e scrosci nella ormc pareva indicato)' rrescìndiamo dalla cicatrice sompre di*^nstosa allo donne sopra tutto al collo o ul viso, che cosa di listulos»>, o d* rntisematico lum sarebbeai prodotto? Disturbata dallo sua mire la natura chi sa so non aviia rivolto lo bue forze a danno dell* iiifemu y li '^ chi aT la Sull' Esofago ec. clii sa se le mie operazioni^, o irritando parti già tormentosis- sime non avrcbboii eccitato infiammazion funesta , o eva- cuando umori utili , e debilitando i solidi, l'energia de' qua- li era necessaria per promuover le separazioni, che seguiro- no , chi sa se la gangrena non si sarebbe inoltrata a segno d' uccidere la donna ? Senz' alcun dubbio poi F aria , le mar- cie , gli alimenti avrebbono preso la via dell' ascesso , che avremmo reso fistuloso col taglio al collo , nel qual caso chi mai avrebbe potuto nulla promettere circa la di lei gueri- gione ? Concluderemo dunque in caso di questa natura il mi- glior partito essere non far operazione cerusìca veruna sehhea possa sembrar indicata; e questa esser appunto degna d'aver luogo nel Libro delle cose da non farsi in Chirurgia . OSSERVAZIONE TATOLOGICA SECONDA DELLA ENTERITIDE CANCRENOSA RINOVATASI PER LA PRESENZA DI UN CORPO STRANIERO . A un ragazzo di nobil casato^ d'età di nove anni s'era gangrenata all' anguinaja un' ernia intestinale portata dalle fascie , e la buona sorte mi avea secondato a segno di ve- dermelo guarito perfettamente dopo che con le materie in- testinali n' erano usciti vari Lumbrici dalla screpolatura : né alla perfezion della cicatrice s' era opposto l' impossibilità di tenerlo nella dieta convenevole ; perciocché la condiscenden- za importuna e crudele d' una vecchia zia gli accordava ad ogni gemito, ad ogni contorsione, pane, frutta d'ogni sorte, dolci _, confetti , ed altri alimenti di simil sorte . L' età , la buona costituzion del fanciullo superarono, con qnesto gravis- simo , ogni altr" ostacolo^, ma non poterono far sì , che 1' an- gustiato calibro dell' intestino riacquistasse nel sito della ci- catrice l' ampiezza a cui ne giungevano con l' età le parti vicine . Avvenne perciò , che due anni dopo il giovinetto si co- mi u- Di Vincenzo Malacarne. i3 mmelt> a sentire svogliato, perdette l'appetito, l'allegria, il sonno , e nel termine di due giorni lu sorpreso da colica orribile. All'incrudelir di questa gonfiò l'abdomine, e s'in- duri- stranamente ; scoppiavon vomiti di materie porrine , e intestinali considerale vuigarmeate come fecali : si chiude l'ano ostinatamente ; sopravventie il singhiozzo; poche orine S-' evacuarono , prima bihose , poi laterizie, anzi rosse: s'ao- cese fel^bre gagliarda con durezza , frequenza, concentranien- to de' polsi ,. yaneggiamenti , e fuialmente vero smanioso de- lirio . Stette così due giorni fra le mani delle donne , che da prima con imture , con fornente j con beveroni lo marloria- zarono ; e quando Dio volle , credendo che il fanciullo fos- se stato avvelenato- ricorsero a uno zio , eh' era medico , il quale inquieto , irabrogliatissimo anch' esso , vedendo la gra- vezza e r ostinazion della malattia, chiamò in consulto i suoi collfghi , che ordinarono diverse cose y cristierl e bagni sei> za prò . Intanto si era svegliato un dolor pungitivo al sita dell' antica piaga all' anguinaja destra , e vi s' era elevato un tumor durissimo con grave infiammazione interiia : per la qual cosa fui dal Medico suddetto richiesto d' esaminar e de- cidere qual fosse la natura di mala così recondito- e cora- pllcato . JMai più nan me ne saria caduto In sospetto la vera ca- gione . Dopo un esame serio dissi che v' era una bubonoce- le immobile incapace allora di dar luogO' a nissuna operazio- ne, perchè l' infiammazion era già troppo i-noltrata . Restrinsi censeguentemente la medicatura locale a fomente di malva e camomilla , e ad untui-a d' olio rosato omfacino tiepido sa tutto il ventre. La sera poi , essendo io men- occupata nella novità deirl'ì oggetti e nella dignità d' una consulta formale , rimosso il fomento emolliente mi accorsi della cicatrice antica , eh' era lividastra e splendente, ne richiamai alla memoria la cagio- ne , e comijQciai a dubitare , che in quel!' angustia del bti>- del- i/j. Dell' Enteritidk ec. dello sì fossero arrestate insensibilmente materie alimentari fibrose , terrestri , e ammucchiate a segno , che al fin aves- ser otturato il canale . Otturamento , che non avendo potuto vincersi co' rimedi fin allor adopratl , non ci lasciava luogo a speiar molto circa alla vita del fanciullo . M' andava io per verità immaginando una sci-epolatura , o spontanea , come più di sedici volte mi era già accaduto d' osservare [}) , o fatta da me, cui mediante fosse per otte- nersi il riaprimento del tubo intestinale quando se ne foss' evacuato la cagione congiunta dell' otturazione e del tumo- re . Pensava a stabilirvi un arco artificiale sospettando che tutta r antica cicatrice gangrenata, e felicemente separatasi, non si fosse più potuta rigenerar intieramente , e ricordava già pezzi di spugna preparata muniti di filo per introdargli , senza rischio che si smarrissero nella fistula , nelle bocche del canale per dilatarle abbastanza . Già tutto il resto rie- sciva in apparenza inutile , e al quarto giorno il fanciullo ebbe un insulto di spasmo di convulsion si feroce , che a mezza mattina ritornando a visitarlo, tutti credemmo di per- derlo . Il polso era minutissimo, frequentissimo, intermitten- te , il vomito continuo anche senza sforzi ; dopo la convul- sione cadeva in estrema languidezza, in deliquj con sudori freddi sparsi a gocciolette ; gli occhi, la faccia, il color del- le labbra, il tumor livido del ventre , Io squallor di tutto il corpo indicavano im cadavero , se di tratt' in tratto a mo- strar ancor vivo l'infermo non si fossero mosse violente scosse di singhiozzo , e non se ne fosser udite le strida e i gemiti . Die- (i) In quattordici anni passati al- lo Speda! maggiore di Saa Giovan- ni in Torino, mi è accaduto di ve- derne buon numero , delle quali tengo le storie, e le aperture de' cadaveri , registrate in un' operetta, che potrà forse un dì vedere la lu- ce . Dirò qui intanto , che fra gli infermi guariti , si può dir rialla na- tura, di simili screpolature d'ernie, fu singoiar il caso d' un folle , che nel breve termine di due anni, ebbe screpolata dalla gangrena dell' inte- stino amendue le anguinaie, e ne guarì perfettamente. Di Vincenzo Malacarne. l5 Diedi un'occhiata all'anguinaja , e trovai molto più inar- cato il tumore, su cui facendo strisciar quanto più soavemen- te poteva il dito , v' incontrai una punta solida molto acuta , il leggier urto contro la quale fece alzar un grido acutissimo, e piegar convulsivamente al fanciullo le coscie e le gambe . Ciò non ostante volli ritoccar que Mto , e assicurarmi dell' esistenza di tal corpo ; anzi vi guidai sopra il dito del proto- medico , e dello zio, e del padre stesso dell' infermo . Convinto ognuno di tal cosa fecimo avvicinar un lume , per favor del quale veddimo intorno alla punterella suddetta non affatto immobile un cercliio biancastro e molle , dal centro di cui a' fianchi del corpo solido ^ che sentlasi pro- fondamente incastrato nel centro del tumore ^ scaturiva non so che di purulento . Tal corpo fu giudicato una squama d' osso inghiottito dal ragazzo , ed io più non riflettendo al pessimo stato dell' infermo , tutto mi rallegrai , e proposi con gran fiducia co- me unico riparo alla morte imminente l' estrazion di quel corpo straniero , o morboso , mediante la dilatazion del fo- rellino fitto dalla punta del medesimo . Io ne avea già 1' as- senso del Medico della cura , e i congiunti animavano il pa- dre titubante a permetter 1' operazione , per cui erano già pronti gli istrumentij e allestito l'apparecchio, quando la zia sgridando il padre , e noi , si pose tra me e il ragazzo, protestando che mai non l'avrebbero separata dal nipote già troppo tormentato senza che lo facessimo soffrir di più co' ferri , accelerandogli barbaramente la morte . Io penso positivamente , che queste opposizioni insupe- rabili della zia furono la salute dell'infermo, perchè qualun- que taglio su quel tumore avrebbe recato macro^ior danno sciogliendo quelle aderenze dell' intestino col peritonèo , eh' erano state fabbricate dalla natura benefica ; o ne sarebber almeno state disturbate quelle nuove conglutinazioni ormai più necessarie , posto che parte delle antiche contrattesi eziandio con le sostanze contigue , si doveau distruggere per la- ró^- D£L!/ 'ENTERrnDi, ec. lasciar libei'O il varco all' uscita dal ventre di ciò , cne -s'era presentato all' angLiiiiaja . Ma quando si è principiante , sen- za quel fondo di sperienza , di riflessione , di pratica , di prudenza , eli' è indispensabile a chi vuole con altrui van- tagi^iio e propria laude esercitar la chirurgia ^ molte volte ne' casi ambigui si va pur troppo con soverchia franchezza , fletta, e temerità , né si cura il parer de' più sperimentati ; e per orgoglio riprensibile ci ci-ediam abbastanza istrutti e capaci per cavarci da noi soli di qualunque imbroglio . Cosi sarebbe avvenuto a me, che ora avrei forse da rimproverar- mi la morte di quel giovinetto, se il padre, che molto in me confidava , intimorito tuttavia , e persuaso da' clamori della parente non cangiava di parere , e non cedeva a quell' istin- to , a quel muovimento naturale di pietà , di compassione C'he ci fa aborrire e schivar tutto quel che può recar dolore a' nostri congiunti, e metter in più grave rischio la vita lo- ro : tanto più poi se trattasi de' propri figli . Quel cerchietto purulento s' accrebbe , il forelllno si di- latò spontaneamente ; e la sera del quinto giorno quel corpo acuto si vedea piramidale uscirne per lo tratto di due linee; di modo che se prima a ogni minimo toccarne la punta il fanciullo dava in ispasmo terribile, allora potei farlo vacillar e muovere in guisa da comprendere , che la massa n' era as- sai voluminosa , e che si stendea obbliquamente dal centro della cicatrice antica verso 1' anello inguinale del muscolo obbliquo esterno in alto , e in dentro . Procurai con le mollette di ghermirlo , ma le morse loro per farlo s' avrebbono dovuto dilatar tanto , che non fu permesso di spingerle abbastanza, atteso il gran dolore, che risvegliavano: né si poteva comprendere ancora che cosa fos- se , perdi' era involto in fiocchi di cellulosa fradiccia , e co- perto di mucosità purulenta fetente . L' infermo non potea soffrirvi sopra né cataplasma , né pannilini inzuppati in de- cozioni moUitive , che fosser pesanti ; sicché v' applicai due faldeliine sottili spalmate in balsamo deli" Arcèo , e tuorlo d' uovo , soveute rinoyato . La Di Yjkcenzo Malacause . J7 La sera del sesto jriorno i dolori , le smanie erano all' eccesso, e parea che il nieschinello s'avesse da lacerar l' an- guinaja con le ugiie . Al tentativo che si fece con l' estremi- la più acuta della spatula di smuovere quel corpo su cui chi diceva una cosa , chi un' altra senza che veruno abbiane in- .dovinato la vera natura, 1' iufertno diede involontariamente in un tal premito fortemente gemendo j che Io fece sbucar fuori lanciandovi dietro una quantità prodigiosa di materie di varia consistenza, di color filiginoso j rossigno , marcia, argento vi- TO, grummi fetidi d'escrementi, senza una stilla di sangue. A tale sbocco, dal qviale fummo tutti sorpresi improvvi- samente, cadde il fanciullo in fredda sincope, a scanso de'fu- nesti effetti della quale, il mezzo più pronto , che mi sovven- ne , fa otturar con un viluppo de' cenci eh' io ayea in ma- no l'apertura all' anguinaja , onde frenar l'impetuoso sgorgo del rimanente , di cui era pieno il ventre , ed impedir cosi r inanizione . Né lo riaprii salvo dopo che furono ricuperati i sensi , al che contribuirono alcune cucchiarate della mistu- ra consistente in acqua di ciriegie nere e confezion giacin- tina, gli spruzzi d' acqua nel viso , i vapori d' acque odoro- se , e dell' aceto alle narici , e altri simili ajuti sovente dal- le donne impiegati con sollecitudine maggiore di quel che occorre . Cessato il premito convulsivo domato dalla sincope, ri- mossi adagio il turacciolo , e ncn arrestai più lo sfogo delle materie scaturenti dalla piaga . Fino alle due della notte fummo occupati a deviarle tol mezzo d' un canale di taroc- chi verso un catino . Allora essendo maravigliosamente dimi- nuito il tunior dell' abdomine , avendo cessato lo sgoi-go , si cuopri tutta 1' anguinaja con faldelle intrise in un linimento composto di miei rosato , un terzo d' olio d' ipericon , e un sesto d' olio di trementina ; si continuò a fomentar 1' abdo- mine con pannilini tiepidi inzuppati nell' olio rosato omfa- cino . Mentre da me s' avea la dovuta cara del fanciullo lan- Tomo X. C iruen- l8 Dell' ENTEraxiDE ec> guente , altri ugualmente solleciti che avrei potuto esserlo io stesso, diedersi a esaminare il corpo cagion di tanti mali, e fu generale lo stupore allo scuoprir che questo era un nocciolo assai grosso di pesca stato dal fanciullo inghiottita diciotto giorni prima, senza che mai ne avesse fatta parola per timo- re d' essere per 1' avvenire privato di tali frutti . Era tutto investito di materia purulenta , e quando fu pulito dalle immondezze , che ne riempivana gli anfratti , si vide che non aveva sofferta veruna alterazione da' sughi digestivi . Quella notte 1' infermo dormi pochissimo j tuttavia il di seguente fu quasi senza febbre ^ ma languidissimo; evacuò molte orine ; si sentì appetito, e gli si dieder oltre a varj cucchiari di gelatina alcuni sorsi di pan trito , che si ripete- rono la sera desiderati avidissimamente dall' infermo j a cui s' imposero pure due piccioli cristieri ordinar] , I Ragazzi sono presto in tuono , e il passo dalle fauci della morte a uno stato plausibile per essi è brevissimo, fa- cilissimo : il tumore del ventre svanì presta afìàtto , conti- nuando a colare per 1' anguinaja materie fecciose e sciolte fino al ventesimo terzo giorno : intanto si riacquistarono le forze , e 1' umor gajo . Non si dlmenticaron le minestre di semolina , le polentine tenere, la gelatina: al diciottesimo dì si riaprirono per V ano Y uscita feccie figurate non comprese le altre , che veniau fuori con i due cristieri che si usavano o^wì dì , uno di brodo e tuorli d' uovo , e uno emolliente . La piaga fistulosa in capo al mese si trovò chiusa affat- to senz' altro rimedia che il mescuglio accennato , a cui si lurrogò prima il balsamo dell' Arcèo , poi 1' unguento di ce- russa , r empiastro diapalma , e le compresse inzuppate nel vino acciajato : né mai più , eh' io sappia , quel giovine si lagnò in quella parte d' incomodo veruno. Dunque 1' intestino può rimaner angusto dove si è fatto aderente per T ernia inguinale gangi'enata , e per certe altie cagioni simili da noi osservate , né possono insorgere i sinto- mi orribili , che abbiamo descritto , se pur non ne muojono gli Di Vincenzo Malacarne. If) gli infermi , come accennarono , il mio maestro AMBROGIO BERTRANDI Arcliiatro di Torino nel suo Trattato de Tu- mori, e il DE-LA-PEYROJNIE nel Tomo 1 dell' Accade- mia Chirurgica di Parigi , oltre a ciò , che la pratica pur troppo fr< ([ueutementc ci dimostra . Per verità qualuntjue materia s' arresta nel luogo di tali stringimenti di cali- bro , ancorché fossero flati , distese le parti contigue , gli spasmi , che si produrranno , e gli sforzi , che per passar ol- tre le materie stesse ognor vie più accumulatesi faranno, che tutto concorrerà a distender 1' intestino di modo , che sendo assai più deboli alla line si straccieranno dalla gangrena ma- cerate e corrotte , Di questo pericolo si dehhon avvisare gh infermi affin- chè schivin ogn' intemperanza , non abusino di cibi flatnlen- ti , duri , ligamentosi , tendinosi , né difficili ad esser mace- rati e digeriti , se non voglion esporsi alle miserie pur ora descritte, e alla più tormentosa morte. Da questa osservazione altresì , lo ridico d' ottimo gra- do , avvisati esser dobbiamo noi cerusici di rifletter ben be- ne a tutte le circostanze anatomiche e fisiologiche delle par- ti prima di ceder agli inviti di qualsivoglia indicazione anche più manifesta , non già per diventar paurosi e timidi , ma per esser cauti e circospetti nelle nostre operazioni sulle intestina ( e su qualunque viscere ed organo cavo ) in tal guisa alterate, dove ogni deyiazion delle forze della natura è per riescir fatale all' infermo , dovendo , o suolendo la me- desima impiegarle tutte con parca attività sorprendente all' espulsione de' corpi tanto stranieri , quanto morbosi accumu- latisi nella porzion del canale confinante coti quel sito , che n' è , o strozzato , o solamente otturato . La sperienza insegnerà altrui , come à insegnato molte volte a me , che tal accumulazione di materie intestinali , ali- mentari, medicamentose, in tutte le ernie strozzatfe, a dispet- to della più rigorosa dieta , arriva a distender la porzion del canale superiore alla strozzatura assai più di quello, che ba- G a ste- 20 Dell' Enteriti ds ec. stereLb'e per contener quattro , sei , e fin dieci libare d' ac- qua nello spazio d' un piede , e poco più di lunghezza , co- inè ò potuto in alcuni cadaveri dimostrare . Non è questo il luogo da spiegare come tali distensiom delle tuniche degli intestini s' oppongono alla riduzione deli' ernie antiche ^ incallite sotto e sopra il sito della strozzatura, sia che s'abbia impiegato il taglio, o soltanto le mani, per- chè mi preme di non ritardar piìi oltre la breve esposizione di quanto la Notomia più diligente di varj esofagi e intesti- * 3ii sì naturali , ehe morbosi , o macerati a bello studio , rai à manifestato intorno alla costante loi-o &trattura . OSSERVAZIONI ANATOMICHE. SULLA STRUTTURA DELLA TUNICA MUSCULARE DELL' ESOFAGO, E DELLE INTESTINA DEGLI UOMINI, E D' ALTRI A-NIMALI ~ Nelle opere piii insignì; degli Anatomici antichi ^ e- mo- derni che per diligenza e accuratezza si acquistarono a buon diritto pregio e credito maggiore , dovunque si tratta di que' visceri , ed organi cavi , che per la multìplicità delle membrane , o tuniche concorrenti a fori«argli , vengon detti membranosi , si vede con molte figure in rame rappresenta- to, e 3i legge ripetuto con molta serietà, ecn molta costan- za ed uniformità d' espressi&ni , ehe sono composti di quat- tro tuniche, delle quali La esterna dicono cormtne ^ ceììulare y o membranosa: La seconda vasculare , nella quale certuni fan pur entra- re uno strato di gfendule, e la dicono perciò tunica glandu- losa , o glandulare : La ierza musculare ; e questa la troviamo nelle stesse opere qua e là distinta ora in due soli , ora in più strati , o piani di fibre , i' esterior de' quali descritto dagli uni come longitudinale in risguardo aJla direzion che suppongono nelle fibre di cui pretendono , eh' e composto , e T interiore cir- co* Di Vincenzo Malacarne. 21 colare , 2:U altri al contrario tendono come circolare 1' ester- 110 , e come longitudinale 1' interiore . E quegli che s' im- maginarono in questa tunica altri strati, gli pretendono qua- le obbiiquo discendente, e quale ascendente, altri ne sup- pongono uno spirale . La quarta tunica la dicono nc-'csa, schietta e pura ap- presso alcuni ; appresso altri fornita di glandule e di vasi ; appresso molti poi tappezzata al di dentro d' ima sostanza detta villosa , o vellutata , della quale non manca chi à fat- to una quinta tunica , e chi ne à costituito la (juarta , con- siderando la nervea come un accessorio estrinseco della vel- lutata e viceversa . Tutte le mentovate tuniche poi ce le rappresentano co- me incollate, penetrate, e in ogni loro porzioncella rivestite d' un tessuto celhdare finissimo, arrendevole, abbondante. Tali sono , secondo il parer comune, le arterie, le vene, tali le pelvi de' reni , gli ureteri , e la vescica ; tali la cistifel- lea , e i condotti epatico, cistico, e coledoco ^ tali finalmen- te V esofago , il ventricolo , le intestina . A questo riguardo è facile dimostrare con 1' esperienza , che in fatto d' anatomia non è mai gettato il tempo, che s' impiega a verificar le cose date per incontrastabili dalla maggior parte de' Trattatisti, perciocché sendom' io appli- cato all' esame della struttura : prima Della Dura-madre , e della Pia-madre , del cervello , e del cervelletto , in occasion eh' ebbi a trattare ora con feli- ce ora con infausto esito ferite al capo, idrocefali, encefa- litidi e parencefalitidi , letarghi , e simili ; successivamente . Delle arterie, delle vene, de' vasi linfatici, dopo anea- lisme , varici , idatidi , emorragie , flussi , ocrèe : Del cuore , delle oi-ecchiette , e delle valvule auricula- il , e arteriali , dopo palpitazioni , sincopi , asfixie , ec. Degli organi uropoietici, parenchimatosi e membranosi , cioè de' reni , delle pelvi, degli ureteri, della vescica , deli' uretra j della prostata ec. De- ■Sta Sulla struttura della tunica ec. Degli organi genitali femminini, dopo le multiplici malat- tie alle quali vanno soggetti ; mi lusingo , che sia nota al Pubblico la differenza da me trovata dal detto al fatto del- le pi ime nella Encefalotomìa ^ e nella Neurencefalotomia , ne' Tentativi su i gozzi e sulla stupidità , cioè sul cretinis- mo ; -delie seconde nella Litiasi delle Valvule del cuore , e nel Trattato delle osservazioni in Chirurgia, specialmente nel secondo volume.; delle altre, nelle Memorie della nostra Società Italiana delle Scienze, -né" Commentar] Aq\ BRERA, dove ne ò trattato diffusamente . La stessa diligenza adopraiido intorno alla matrice , alle trombe Faloppiane , alla vagina , diedi notizia dell' osservatovi , differente da ciò che vulgarmentes se ne scrivea , nel libretto della Esplorazione . Intorno alle parti cartilaginose , e membranose della Trachèa più e più volte da me notomizzata in Animali di specie diversa non che negli Uomini , dissi 1' occorrente nel Voi. IV. delle ci- tate Memorie della nostra Società. Ora mi rivolgo di nuovo, giacché le due malattie descritte me ne presentan iavorevo-» le r occasione , alla disamina dell' esofago, e degli intestini tanto degli uomini , quanto de' buoi , de' capretti , de' cani, e di varj grossi uccelli, e trovo (come ò detto del 1795 all' Accademia Padovana d' aver trovato anche prima di quell* epoca ) nella porzion delle tuniche loro evidentemente fibro' sa la medesima disposizione , la stessa tessitura eh' era stata da me ravvisata e ripetutamente dimostrata in cadaun or- gano , anzi in cadauna porzione dell' organo medesimo , in diversi individui della medesima specie. Prescinderò qui dall' esposizione di quanto vidi costante- mente nelle altre tuniche de' canali , di cui prendo a descri- vere soltanto la fibrosa , o carnosa , o muscolare , eh' altrui piaccia di nominarla , supponendo universalmente noto quel , che circa alle fibre, agli stami, alle lamine, alle cellule ec. di tutte le sostanze organiche del cor()r> degli animali abbiam pubblicato nelle Prime linee della Chirurgia . OS- Di Vincenzo Malacarne . a3 OSSERVAZIONI ANATOMICHE S E Z I 0 N E r„ SULLO ESOFAGO UMANO. I. L' esofaga spogliato, delle sue membrane, o tuniche esteriori presenta all' occhio dell'Anatomico un largo e lun- go tubo composto di fascj di fibre obbliquamente longitudi- nali rosse , apparentemente carnose , che dal termine infe- rior dell'imbuto musculare detto .Faringe, si stende giìi pel torace fino al diaframma j. sotto il quale st continua con la sostanza del ventricolo, in cui si apre concorrendoi a formar» ne l'orifizio sinistro detto il Cardia „. a. Nessun fiiscio però- delle suddette fibre arriva al terzO' della lunghezza del tubo, o sia esofago intiero , e tanto me- no veiana delle fibre , o nastri di fibre musculari : ciò nulla ostante il piano di que' fasci ^ che forma lo strato> esteriore della tunica nuisGularCj non. resta difettoso,, né mancante, poiché dove cominciano due fasci ,, due nastri a impicciolir- si , a scostarsi , a divergere , ivi compare un. altro fascio fra quc^due , die ingrossando per le fibre 3. i nastrolini, le fila che va ricevendo da quelli, e da altri vicini,, gli immedesi- ma in; sestesso , e vicendevolmente ne somministra de' suoi da ogni lato ad altri e vicini, e lontani, dal che deriva con una sottigliezza comodissima, la saldezza maggiore dell' in- treccio , 3. Considerandone la faccia esteriore si vede ogni fascio a forza di gettar fibre, rami, barbe , o altri fasciolini in al- to al basso, da' lati , e indentro, fatto qualche tragitto pro- porzionato in estensione longitudinale alla statura dell' ani- male , si attenua,, si assottiglia, si appiattisce, e dando for- za e grossezza ad altri fasci col proprio distruggiraento , sva» nisce • 4. ^4 Bullo Esofago umako . 4- Gli altri fascj della stessa superficie suKscono la me- desima sorte senza che v' abbia necessità in uno d' esser, si- ,mile in direzion , né in numero delle proprie radici , delie proprie diramazioni , né in estension , riè in ispessezza a veru- no de' suoi vicini . 5. Così nascendo fascj e fibre dagli interstizj delle altre fibre , degli altri fascj ^ si forma una tunica d'un piano con- tinuo , connesso , cadauna poi-zioii della quale si trova con- nessa , intrecciata , innestata con le altre porzioni dello stes- so piano , o strato superiori , laterali , inferiori , sovrapposte, sottoposte , per un numero indefinito dì fila e di fibre , che se ne spiccano nella stessa maniera che ne riceve per ogni verso da fascj aggiacenti, la maggior massa de' quali serba la dii-ezlone obbliquamente longitudinale ; il che vien dimo- strato anche dalle rugosità di tutto il tubo, che conservano visibilmente la detta direzione . 6. In tal guisa con ammirabile semplicità di mezzo , per la retCj che ne risulta, vien dato passaggio alla cellulosa , a' vasi , a' nervi , a condotti di specie diversa , per gli inter- Stizj risultanti dagli andamenti svariati , e dall' intreccio di quelle fibre, di que' fasciolini subalterni ; ognun de' quali di- vien anche fascio talvolta allargandosi e ingrossando per l'in- tervento d' altre fibre , d' altri fascetti ; e gettando anch' esso alle vicine parti barbe , fila , rami , lastre ramose , filamen- tose , con uniformità stupenda nella propria varietà tenace- mente vi si congiunge . • 7. Nel cardia, eh' è F orificio superiore del ventricolo, e il termine inferior dell'esofago, tutto ciò che v' à di fi- broso apparentemente nuiscnlare si confonde, s'intreccia più intimamente, più inestricabilmente, appena qualche lastra fibrosa , filamentosa fuggendo alla confusion comune per ispandeisi a foggia di ventaglio, o di zampa d'oca, o delle dita della mano allargata, sulle vicine parti del ventricolo. Le altre ivi si nascondono in densa cellulosa fra n^rvi , va- si , e glandule , non jxitno che fra altre lastre qui musculari, là Di Vincenzo I^lALACAnNE . 2.5 là quasi ligamentose , altrove tenclinose , specialmente quel- le , che vi fornisce lo stesso diaframma . 8. Con un taglio longitudinale fatto destramente dalla faringe al cardia , si scuopre una lastra di bianca cellulosa , che separa lo strato fibroso sin ora descritto da un altro pia- no pur fibroso , e musculare , o carnoso anch' esso detto da- gli Anatomici sfrato circolare a cagione dell'andamento, che parve loro di ravvisare nelle fibre che lo compongono . g. Qui parimente tutto consiste in alcune brevi lische traverse , che ramose , e barbate a' lati , in alto , in basso , indentro , s' intrecciano con le vicine , ora gettandosi nelle più prossime j ora jjrocedendo più oltie cruà sotto . là sopra di queste ^ per innestarsi in altre più lontane , o immedesi- marsi negli strati più interni . 10. Ivi , siccome alcune propaginl delle più superficiali passan obbliquamente a dar principio ad altre lische traver- se ramose ancor esse ; così a vicenda la superficie ne riceve di quelle , che provengono dalle più profonde e dalle interiori . 11. Quest'irregolare alternativa è pur anco visibile qua, e là nel piano longitudinale , meno però frequente . la. Non mi è stato mai possibile di svolgere e separar netto e schietto senza dover tagliare , o lacerar nulla per la lunghezza dell'esofago un fascio largo due lineCj lungo l'equi- valente a un quarto della suddetta lunghezza ; tanto meno ciò riesce possibile trattandosi d' una fibra , e tanto meno ancora se se ne volesse svolger un filo di otto linee . i3. Lo stesso debbo dire del piano traversale, dove, ben lungi da incontrare un sol filo ^ che faccia if giro del tubo, mai non ne ò veduto, che si stenda circolarmente per un quarto solo della sezione traversa del tubo . l4- Dunque tanto lo strato longitudinale , quanto il tra- verso della tunica detta musculare dell' esofago , sono in- trecci maravigliosamente costrutti d' espansioni , di rami , di iicsti reciprochi e vicendevoli , che forman reti , e maglie sovraposte le une all' altre , attissime a produrre gli effetti Tomo X. D del- g6 Sullo Esofago umano . delia deglutizione degli alimenti , a regger agli urti de' corpi solidi , e alle distensioni possibili di quel!' importantissimo canale , di cui mi pare che avrò detto abbastanza se aggiun- gerò , che i5. Alcuni Anatomici avendo rovesciato l'esofago d'ani- mali piccioli , e avendone veduto il tubo fatto dalle tuniche sottoposte alla musculare , e ad esse molto lassamente con- giunto per mezzo di cellulosa arrendevolissima , tutto eleva- zioni , e solchi longitudinali , anche queste elevazioni presero per uno strato di fibre longitudinali . OSSERVAZIONE SOPRA UNA MARTORE . 16. Mentre io trascrivo questo paragrafo, ò sotto gli occhi l'esofago, il ventricolo j e tutto l'intestin duodeno, d' una di quelle martore che olezzano il muschio , i quali tubi , ed organi sono spaccati per la lunghezza loro ; e gli osservo ricchissimi di cosi fatte elevazioni , e solchi paralel- li , longitudinali, continui dalla sommità dell' esofago , per lo cardia nel ventricolo, e continue ma assai più grosse le elevazioni e più rilevate dal ventricolo per lo piloro giù neir intestin duodeno , dove si tornano a assottigliare : ma scorgo che queste eminenze son fatte veramente dalla tunica vellutata, dalla nervea , e da un tessuto simile alla cute umana macerata , incollata allo strato muscnlar interiore per cellulosa rilassata , anche là dove si fornian due cerchi ten- dineoligamentosi , uno al cardia, e uno al piloro, da'seli strati confusissimi della musculosa e traila tunica esterior comune de' canali medesimi, struttina più volte . incontrata ne' quadrupedi più voraci e avidi di cibo animale . OS- Di Vincenzo Malacarne. a? OSSERVAZIONI ANATOMICHE SEZIONE IL SULLA STRUTTURA DELLA TUNICA MUSCULARE DEL- LE INTESTINA , DELLE VALVULE LORO E DI QUELLE DEL VENTRICOLO DEGLI UOMINI E DI ALTRI ANIMALI . j. 0' sciolto dalla tunica esteriore diversi pezzi d' Inte- stini umani tanto sottili, quanto crassi, e il colon dalle ti e fascia ligamentose, che l'imbriglian tutto per la sua lunghezza; così spogliati gli ò sottomessi a macerazione ora più lunga ora più hieve, quando nell' acqua fredda, quando nella bollente, or nella posca , or neir aceto \ e fui convinto, che la bolli- tura in questi ultimi liquori dà loro solidità maggiore , ne rende più facile a distinguer la tessitura della tunica fibro- sa , massimamente se si fa in posca carica e austera . a. Alcune preparazioni mi riesciron meglio , e le osser- vazioni relative più appaganti , facendole sulF intcstin duo- deno ., pricliè l'immersione de' canali coledoco, e pancrea- tico fra le tuniche del medesimo, oLbliqua com'è, ne ren- de più manifesta la disposizion delle fibre che vi sono più cospicue e numerose , e ne agevola lo svolgimento . 3. L' ileon in poca distanza dal cieco mi diede anche maggior agevolezza a scuoprirle . 4- Non cosi il cieco , uè per così lunghi tratti il colon quantunque spogliati de' ligamenti suddetti, del che rendiam ragione a suo luogo . 5. Sul retto non diciam nulla adesso, perchè le particola- rità osservatevi fan l'argomento d'altro lavoro diretto a fia diverso dal presente^ e non meno utile e nuovo. 6. Non v'è fibra per notabile tratto longitudinale in tutte le intestina tenui , che separar si possa dallo strato D a vtil- aJ? Sulla struttura della tunica ec. viilgarmente detto traversale , come si separano 1* un dall' al- tro nel modo indicato da noi nell' esofago (oss. preced. 5-8.) • anzi se qualclic lisca sottile ^ o breve fascio diretto per lun- go mai vi si ravvisasse ( ne eccettuo 1' intestin retto , e il colon ne' suoi ligamenti ) questi son così tenui e incostanti , cìic non danno luogo neppur a conghìetturare di potervegli scuoprire con 1' ajuto delle lenti e de' microscopi . 7. Né punto favoriscono la supposiijione di tale strato longitudinale quelle rughe longitudinali _, che abbiam notato nell" intestin duodeno spaccato della martordla ( oss. prec. 5- x5. ) e negli intestini intieri d'altri animati subito uccisi, ancor caldi e dotati del moto peristaltico , posto eh' ò ve- duto più volte che rovesciandone subito un lungo pezzo , e lasciandolo in libertà mentre che dura tuttavia il moto sud- detto , diventa anche questo rugoso per la sua lunghezza : eppure nessuno oggimai sarà per dire , che setto lo strato circolare nascosta sotto il longitudinale , ve n' à un altro pur longitudinale . 8. Distrugge poi totalmente opinion così fatta l'osser- vare che , rimossa la tunica esteriore comune^ o membrano- sa , produzione del peritoneo , o del mesenterio , non occor- re mai di levar via inilla di rauscularCj affinchè si renda vi- sibile in tvitta la sua estensione lo strato traversale , che sebben è molto sottile , pure si discerne , e sì conosce age- volmente costrutto, e ordito nella stessa maniera che quello . dell' esofago (oss. preced. ) . 9. S' aggiunga ,, che gonfiando col fiato il pezrzo d' inte- stina, di cui si vuol dimostrare la tunica musculare , e fat- to il taglio superficiale per lungo, opportuno a liberarlo dal- la tunica comune , si sogliono beasi lasciare strisele traver- sali su!!a superfìcie interiore della tunica comune , ma non vi se n incontra giammai ombra di longitudinali . 19. La stessa cosa si vede nello spogliar della vellutata e della nevvea 1' intestino gonfiato dopo d' averlo rovesciatOj e impiegandovi attorno il metodo suddetto . II. Di Vincenzo Malacarne. 29 11. L' Infiammazion degli intestini siccome rende più ap- parente la struttura , e 1' intreccio di tutto le tuniche loro , cosi fa della musculare ; in fatti svela egregiamente quello dello strato traverso ; conseguentemente svelerebbe pur quel- lo del longitudinale se vi fosse davvero ; e clie vuol dire , che questo non vi si è manifestato n ai ns' dieci cadaveri di strozzati da coliche, da ernie gangrenatesi , da ferite d'inte- stini , ne'^ quali ù avuto la comodità di ricercarlo con tutta la diligenza possibile ? 12. Sei di questi aveano in se tutti gli effetti funesti della strozzatura dell' ernia , e tutto V abdomine teso presen- tava r enteritide a diversi gradi d'intensità per tratti assai lunghi del canale , anche lontano dallo strangolamento . In tutti però il risultato delle nostre osservazioni fu uniforme in tutti gli intestini a quello , che mi diedero le fatte suU' esofago per ciò , che spetta al piano traversale sìa che ?i esaminasse di fuori indentro, cioè suir intestino collocato na- turalmente , o di dentro in fuori , vale a dire sulT intestino rovesciato di modo che presentasse la tunica veUutata . i3. Avendo trovato piìi volte qualche difficoltà nello svolgere le membrane componenti il tubo intestinale tanto tenue, quanto crasso de' buoi, delle capre, delle pecore, de' grossi cani appena uccisi, senz'altra preparazione, m'in- dussi a cuocerne lunghi pezzi nell'acqua ora pura, o mesco- lata col vino, o con l'aceto. Quantunque diventassero più cariacei , più tegnenti , più duri i pezzi cotti , questo mezzo mi agevolò V esame dandomi beli' agio a tome via la tuni- ca esteriore, e a rilevar le particolarità della disposizlon del- le fibre della muscuìare, purché mi affrettassi a farlo mentre i pezzi erano ancor umidi : perciocché allora meno untuosi tibbidivan meglio atte dita, alle mollette anatomiche, e alla punta della lancetta , che soglio adoperare più volentieri che non gli scalpelli anatomici , che non sono molto sottili , in simili delicate prepai azioni . i4- Sempre trovai poche , 0 nlìsuna lastra considerabile di 3o Sulla struttura della tunica ec. di fibre longitudinali, anche brevissime; nessuna affatto lun- ga un pollice . i5. Niun fascio, niutta lastra fibrosa; anzi niun filo tra- versale mai ò potuto separare dalle altre lastre per quattro linee sole senza tagliarne , o stracciarne altre , o qualche propagine loro . Anche nel bue ogn' una di queste è molto sottile e minuta ; e scorrendo in traverso getta qua e là fi- luzzi , fibrille tenuissime , solite di cacciarsi tra le vicine , d' innestarvisi intanto che se ne distrugge j se ne perde il ceppo . 16. Buon numero di fili ramosi radunati insieme qua o là, rappresenta una lastra, un fascio cospicuo che scopre un certo spazio in traverso ; ma distendendone noi , allargando- ne con delicatezza il piano , su cui si trova senza romper nulla , i fili se ne scostano^ e lascian vedere fia gli intersti- zi loro le barbe , le radici , e quello , che pareva un corjjo solo , e lungo , si manifesta come un vero aggregato di filuz- zi a barbe in mille guise fra se intrecciati a vicenda, e con i filuzzi e le lastre vicine svariatamente congiunti . 17. Scostando un di que' fasci filamentosi dagli altri e cacciandovi sotto con destrezza la punta , e la spalla della lancetta per un de' lati , riesce , egli è vero , di farvi fare qualche strada in traverso: ma ben tosto si sente la resisten- za ^e' fili subalterni , de' raniicelli , delle barbe tanto del fa- sciò scostato , quanto de' vicini', e de' sottoposti, onde non è possibile proceder oltre senza distruggerli . 18. Egli è certo altresì, che distruggendo tutte le dette barbe, rami^ e radici, si potrebbe a spira, o anche in gi- ro , separar dalle altre tante lische da farne un cerchio , da averne un anello : in fatti con tal precauzione ottenuto ne ò più d'uno . Ma ciò nulla ostante, che cosa ne derivò egli per dimostrar la circolarità delle fibre musculari in questi cana- li ? Nulla . La minima distensione in traverso , da^ lati delle mentovate lische formanti 1' anello , il minimo scostamento loro in direzione obbliqua , presenta ali' occhio una selva di SCO- Dr Vincenzo Malacarne. Si scomuzzoli recisi ; e V anello largo qualtro linee alla perife- ria vi si riduce a una peluria, di cui non v'è esen:ipiOj che itn filo , non che una fibra, si stenda in traverso pel tratto di mezzo pollice . 19. Sebben queste lische sembrino con ogni fascetto di fibre procedere distintamente per la periferìa dell' anello in traverso , e conservar la direzione come per compiere il cir- colo j tuttavia quando se ne solleva una porzioncella per se- pararla dalle altre concentriche, se ne vedon le fibre a brevi distanze spiccarsene oLbliquamente , inserirsi negli strati ag- giacenti , sollevarsene, e trarsene dietro lastre più o meno grandi . Cosa indicante , che le prime sono destinate a far- ne parte , o a oltrepassarle per impiantarsi in altre ,più pro- fonde , e lontane . 20. Altre poi si sottraggono facilmente alle vicine j e con le tronche lor estremità danno indizio d' essere state mozze nel taglio comune traversale . ai. Un altro fenomeno degno di riflessicne presentano i pezzi più gonfi d' intestino, ed è , che facendo un taglio longitudinale per recidere soltanto qualche tenue strato lar- go tre linee , e separandolo sia a destra , sia a sinistra da' concentrici sottoposti , e da' laterali a segno di poterne con le mollette, 0 con la punta delle dita ghermir tanto che ba- sta ; se per ottenerne la separazion circolare tenendo fermo l'intestino, qua stracciandosi le sole barbe sottoposte il pez- zo si andava allargando in alto, in basso, e rinforzandosi , e ingrossando a danno degli strati concentrici più profondi , e interiori, di modo che ne rimanean totalmente nude, e sco- perte le tuniche interne per lo spazio di sette , d' otto , e fi- no d' undici linee . 22. Là in vece di proceder in traverso la division si fi- cca obbliquamente curva , flessuosa , e serpeggiante ora pri- ma in alto , indi in giù , or al ctintrario : e divenendo fila- mentosa , tutto il lembo assottigliatosi , quasi senza che si lucesse sforzo , o violenza, si separava . a3. 3a Sulla stiiuttìuea della tunica ec. a3. Altrove dopo notabilmente allargatosi il lemto , sì divideva in due o più code , o corna : e mentre che una di queste se ne ingrossava salendo , o discendendo , si appiatti- va, e si profondava , l'altra produceva altre suddivisioni di- suguali , irregolari , curve , obblique , serpeggianti anch' es- se , e tutto terminava in cinque , in sei , in più o meno sco- inuzzoli attenuatissimi, o ingrossando si cacciava fra gli stra- ti vicini di maniera che non potea separarsene senza taglio , uè svolgersi senza molte lacerazioni . 24. Né si potean evitare queste j* a dispetto di tutta la diligenza e la destrezza impiegata ; né mai abbiam' incon- trato lastra spessa o sottile , che abbia fatto il giro del cali- bro intestinale , e che non abbia presentato i fenomeni fin ora descritti . ii5. Rovesciati gli intestini ^ e spogliati delle tuniche in- teriori per metter a nudo la faccia interna della fibrosa ( nel che s' incontra maggior difficoltà che nel separarne le tuni- che esteriori ) ripigliando gli stessi metodi , e usando le me- desime attenzioni ottenemmo gli stessi risultati , eccettuato qualche maggior obbliquità notata nel corso delle fibre , delle lische subalterne , e maggior tenuità ne' filuzzi , nelle barbe , 1' andamento delle quali suol l'iescire alquanto più serpentino . a6. Mai non mi sono accorto d' alcun divario prenden- do a separar gli strati concentrici dal basso all' alto , o vi- ceversa , dalla destra alla sinistra , o al contrario ; sia che ì' intestino fosse nel suo stato naturale , sia che 1' avessi ro- vesciato . 27. Qualche volta ò veduto filamenti, anzi nastri di fi- li , che sembravano paralleli nel corso loro , spiccarsi da un fascio , da una lastra , passare obbliquamente sotto il fascio vicino in avanti , o indietro , in su o in giù , senza contrar- re aderenza, e ripassar sopra il terzo fascio successivo per innestarsi o in esso, o nel susseguente anche più lontano dal- la origine de' fili suddetti j e quest' innesto farsi qui al di fuo- Di Vincenzo Malacarne . 33 fuori , altrove alla faccia interna , là a' margini della lastra , rimanendo i fili uniti , o separandosi per innestarsi in luoghi separati , e distinti . a8. Ne' fasci retrogradi, ne' filamenti, o fibre che cir- condino altri fasci ( uniformemente a ciò che i nervi rccciir- rentì o retrogradi fanno dall' arteria aorta , e dalla succla- via ) per ritornar nel sito donde sono partiti , o nel primo fascio , non mi si offrirono all' occhio giammai . Si osserva- no bensì qua e là fasci e fibre , che scostandosi danno pas- saggio ad altri fili, fibre, e fascctti , poi tornano a congiun- gersi con la lastra da cui si erano scostate , come le fibre del musculo perforato del CASSERIO , o coraco- bracciale danno passaggio al nervo perforante nel braccio, o come i tendini del musculo sublime si fendono per dar passaggio a quelli del profondo tanto nelle mani quanto ne' piedi ec. ec. aQ. Non mancano attortigliamenti di varie fila , o fibre simili a que' degli orli de' canestri di vimini , de' cestelli , delle cappelline di paglia , che come altrettanti spaghetti s' aggirano a spira sopra il medesimo asse ; questo però non si estende per lungo tratto in traverso nelle intestina, sebben neir esofago scorre per ispazio più considerabile , e sempre con quelle ramosità , barbe , comunicazioni , ed intrecci , che abbiamo descritto nelle osservazioni precedenti suU' esofago umano ( 85. 3. 4- 5. ) . 3o. Neil' esame dell' intestino cieco più che verun al- tro ( se prescindiamo da' casi d' ernie strozzate ) sottoposto a dilatazioni stravaganti , ostinate , cagioni di sintomi inco- modissimi nelle isteriche , e negli ipocondriaci , abbiamo in- contrato confusione grandissima di fibre, di fasci, di lastre : fili e ramosità dirette per ogni verso, abbarbicate, e com- plicate ne rendono sommamente intricata la tessitura , e in- descrivibile la disposizion delle porzioni diverse della tunica fibrosa. Perciocché l'inserzion, e le labbra in quasi tutti gli animali di specie diversa differenti dell' apertura dell' ilepn in questo sacco ,6 1' emersione del colon ; qui 1' appendice Tomo X.N £ ver- 34 Sulla struttura della tunica ec, vermiforme ; là quella specie di lumaca , che ne tiene il luogo; in tutti il principio de' tre lig^menti pel cui mezzo il colon è increspato , e ridotto in cellule e gozzi di varia ca- pacità , e dì numero assai glande , tutto nella dissecazione genera confusion , e imbroglio : ma tutto concorre a dimo- strar evidentemente , che non vi si dà fibra circolave che iaccia il giro del sacco , e tanto meno fibra longitudinale , che ne misuri tutta 1' altezza . 3 r . Lo stesso dobbiamo confessare per riguardo al co- lon , il quale benché spogliato de' ligamenti suddetti , e di- strutta così la quantità delle valvule , delle piegature , de' gozzi che dall' abbreviamento di tutto il tratto del canal , che si è imbrigliato si vedono risultare, ciò non ostante nel sito dov' erano queste , e i ligamenti , la struttura della tu- nica fibrosa è intrecciata , all' occhio nostro debil e infermo imbrogliata, affatto lontana da ogni apparenza, che fibra né circolare , né spirale , che circondi tutto il tubo per un giro solo , v' abbia luogo . 3a. O' esaminato con tutta la diligenza possibile diversi intestini ciechi, e diveisi colon d" animali di classi, e di specie diverse , e le porzioni vicine dell' ileon , dove in di- verse Scimmie, e in una grande Foca ò ravvisato il mecca- nismo particolare , di cui la natura si vale per trattenere il passao<'^io troppo rapido delie materie chimacee da questo in quelli , non meno che per impedire il regurgito delle fecali dal colon nell' ileon . I pezzi anatomici preparati di mia ma- no 2;li ò presentati que' di due Scimmie dissecate da me con 1' assistenza de' due celebri naturalisti SPIRITO GIOR- NA matematico , e architetto civile e militai-e insigne pie- montese , e GIUSEPPE GIORNA figlio del prelodato, en- tomologo illastre , 1' anno MDCCLXXXVI. nel mese di Feb- brajo, e di Maggio in Torino, alla R. Accademia delle Scien- ze Torinese due anni dopo , cioè del MDGGLXXXVIII. (i) . 33. (i) Oltre al cenno , che negli ^ttl della R. Me. delle Scitn^ie dì Di Vincenzo I\iai.acaf.ne . 35 33. Quelli di due altre Scimmie dissecate con i lodati Glorila e con un Ufficiale Russo per nome Bacouìiin appli- cato air Ambascleria Imperlale della Corte di Pietroburgo a Torino nel mese di Decembre del MDCCLXXXVIII, presen- tati con figure , e con le opportune descrizioni alla REG. CESAREA ACCADEMIA MEDICO -CHIRURGICA GIU- SEPPINA DI VIENNA, dalla Real Cittadella di Torino , della quale e della stessa Città io era Chirurgo Maggiore li III. delle Calende di Giugno MDCCLXXXIX. (i) . E a del- Torino si e dato di queste no- stre osservazioni , che però non sono state ancora stampate , e a quello, che ne diedero i Compila- tori del domale ScieHtifico-Letterario pur di Torino , mi piace di recar in questo Jnogo quanto la preloda- ta ^ccidemia rolle che me ne fos- se scritto dal suo Segretario perpe- tuo per mano del suo Aggiunto . =: Certipto io sottoscritco , eh; mW „ ^dunani^a della R. accademia del- j, le Sciente de' 15. Maggio 1788. „ avendo il Sig. BRUGNOME letto )> '^ ^''Sl'"^Z^'° ^' '""> Scritto al suo „ esame commesso sopra il ventricolo ,, d'una scimia coduta, presentato all' j, accademia dal sig. yiMCENZO j, M^L^C^RNE insieme col ventri- „ colo stesso da lui preparato, nel ,, quale si veggono due singolari val- „ vule , l' una al Cardia , V altra. ,, al Piloro ; e tomprovandosi dal „ drtto ragguaglio la novità , e l'im- 5, portan:^a dell' osserva:^ione , si è „ fatta- lettura dello scritto stesso dal „ Sig. M^LAC^RNE , e si è ddi- ,, berato à' inserirlo ne' volumi Acci' „ demici, con la riseìva però di co- j, municare alt' autore il desiderio co- „ mune, che sia da lui e xr atteri ^^^a- „ ta con segni sufficienti la specie di j, Cercopiteco , 0 Scimia coduta , in „ cui ha rinvenuto le accennate par- „ ti, e che faccia avvertire trovarsi „ simili vdviile di alcuni autori „ descritte , nel coniglio , nella lepre, „ nel porco ec. , ed esistere anche ndl' „ uomo la ter^a di lui notata , cioè „ la pili picciola , posta sul princi- ., fio del duodeno. — PROSPERO ,, BALBO Segretario aggiunto . — Era già passato troppo tempo dal dì ch'io avea dissecato quel Cerco- piteco, perchè mi potessi ricordar de', segni caratteristici -della specie alla qual si apparteneva, desiderati dall' Accademia; ne io mai ardisco d'ar- rischiar nulla in fatto di Storia na- turale se non ne sono ben certo . Non ne potei ragguagliar I' Acca- demia, e lo scritto non si stampò, (t) Anche da questa R. Ces. AG- CADEMIAebbi il seguente riscontro 36 Sulla struttura della tunica ec. OSSERVAZIONI SOPRA DUE CERCOPITECHI, 34. n risnltato di tutte le osservazioni predette fu- il se- guente . I. Spaccato il ventricolo de' Cercopitechi verticalmenta nel mezzo tra il cardia, e il piloro, affinchè tutta la superfi- cie interior del medesimo riescisse più agevole ad esaminar- si , onde le cose notabili da osservarsi in esso per ogni ver- so nello stato naturale si presentasser all' occhio , si trovò la parte sinistra più ampia , divisa dalla destra per mezzo d' uno stringimento degno di considerazione . IL Da tale stringimento , o strozzatura , la parto de- stra s' incurva in alto, e vi fa un gozzo distinto per via d'un' altra strozzatura , minor della prima ; successivamente s-i va rendendo più ang;u":ta, e termina al piloro, che ne apre la comunicazione artificiosa con l'intestin duodeno . III. Siccome allorché consideravamo ii ventricolo intiero nel cadavere supino di questi animali , benché poco o nulla di tlelle ulteriori osservazioni fatte da ine intorno agli stessi organi, e al- le vcilvuU ddl' lleon , e dd cieca di cui qui favelliamo . Eccolo — . „ Vienna, li 15. Mir^p C79f- Qià „ imito trovr/à F. S. illustrissima la „ descri. cynocephalo , sed ro-' „ sfrcr prodiictiore , colore pallidi ore . Non miscetur curri Syl- ,, vano . Ungites omnes rotundati ^ io trovo in quella , di cui ò trattato fin ora due caratteri diversi dall' INUO , nel- la coda , e nello ugno ; perchè la nostra à una plcciola co- detta coperta di peli , pendente dall' estremità dell' osso sa- cro , lunga nove linee, grossa cinque, composta di tre ci- lindretti mobilmente articolati, mezz'osso, mezzo cartilagi- ne, congiunti per ligamenti, e musculetti in helT ordine dis- posti j che aveano i loro tendini in giù . La forma delle un- ghie poi n' è assai differente , poiché la nostra le à nere , bislunghe , e tutte molto convesse , tranne quelle di quattra pollici , che sono appianate . OSSERVAZIONI SOPRA UNA FOCA . 35. Nella Foca piirc l'organizzazione delle parti fin ora descritte del tubo a-limentare è cosi speciosa , ed elegante- mente adattata a' bisogni di quell'animale, per necessità vo- racissimo quando trova ond' empiersi il ventre , a cagion de' digiuni lunghissimi a cui è soggetto , atteso la natura de' mari, e delle terre j eh' è destinato ad abitare a vicenda ; ed è così particolare , e fin ora ( per quanto io mi sappia ) così poco conosciuta , che non posso non far cosa grata al Pidjblico diindone qui il breve transunto da una descrizion generala di tutto il corpo j relativo all' oggetto delle attuali nostre ricerche , paragonando le dimensioni della nostra con Jc lasciateci dal Sig. I>E-BUFFON (i) . I. (ij liìst. N^turelU rol. SUI. & Fol. XXnu 4^ Sulla struttura della tunica ec. I. Da quanto ò potuto comprendere alla lettura di que* molti naturalisti , eli e delle Foche anno scritto, la iiotomiz- zata da me fu di quelle, che Io STELLERÒ (i) à collocata fra le mezzane nella distinzione , che ne à fatto in tre va- rietà , (a) perch' era appunto di mezzana taglia ^ e di pelle macchiata di piccioli segni sul bigio come le tigri ; ne dò le dimensioni principali delle parti esteriori più rimarcabili del corpo prendendo la cosa più in grande di ciò , che à preso GIO. LEPECHIN nella sLorìa delle Foche stampata ne' Co- nientarj dell' Accademia di Pietroburgo (3) descrivendo la Foca Oceanica , e la Leporina , perchè non mi sembra suf- ficiente a caratterizzar la nostra (4) • Io ne lasciai la spoglia, e tutta la parte principale del muso co' denti e le narici al Museo di Storia Naturale di Pavia li 6. Gennajo JIDCGXCI; le viscere principali , e specialmente 1' esofago , il ventrico- lo, e tutto r intestino preparati , al Museo di Fisica anima- le della medesima Università , riserbate per me tutte le ossa rimanenti , e specialmente quelle del cranio . NELLA FOCA DI PARIGI H NELLA FOCA DI PAVIA II. Lunghezza del corpo <3al labbro superiore all' estre- mità della coda passando per il dorso Piedi 3. pollici 3. linee 6. |1 Piedi 5. pollici 3. linee o. dal labbro inferiore all'ano passando per il ventre a. 8. o. 11 4- ^' 9* dall' \ (\) l^ova Commentari a Reg. ^c. Titropolitame Tom. IL pag. 187. (i) Lo stesso Autore De Bestiis Harinis pag. 290. (l) Pane I. pag. 177. An. 1777. (i) Gli Autori, che ò consultato, e fatto consultare se Tedeschi O- Jandesi , o Inglesi , sono ALBINO Beri) Sigfs. — B^RTOLhVO Tommaso — CR^MTZ — DE FILLEHEWE — VU VIKNOT — CEGER — GOTE^AU — H^LLEN — tì^ARTM^NN — H^9EO — HONOW — KMELF — KNUTBERG — KULM — L^MORIER — LEPFCHIN — JHEN.ANDER — . OL^FSENSIUS — P^RSON— POfJ- TOPJDJ.NUS — PORTAI — SCHE- L.AMUMER — SEVERINO Murcaure- Ho — STELLERUS, i TISOl^ Edoif' da . Di Vin'cenzo Malacarne. 47 NELLA FOCA DI PARIGI || NELLA FOCA DI PAVIA dair estremità del muso alla nucca . o. 6. 3. Il o. g. 8. da una commessura de' labbri all'altra o. 9> o. (I I. o. 3. alla estremiti ilei muso O» 6. O. Il O. IO. o, apertura della bocca o. 5. 8. Il o. rj^ a. distanza fra le due nari esterne o. o. 3h-i:3. Il o. o. 5. distanza fra l'estremità del muso, e Tangolo anteriore , o interna dell' occhio o. ^ 3. 3. Il o.. 3. 7. distanza fra l'angolo, e^^teruo dell' occhio , e T orecchia , clie nella nostra consisteva in una picciolissima apertura ae- milunare coperta di folti , grossi , e lunghi peli ^' o.. II. Il o. I. 3.. dall' un canto di cadaun occhio all'altro ''• o. 9. [I o. r. 2. circonferenza della testa presa di sopra delle orecchie °* I- 7- Il o. a. 6. lunghezza del collo ^' , 4- o. II o, 6. o. circonferenza del torace sotto le ascelle '- _ 6. o. Il a. 3. o. circonferenza del tronco sopra delle anche ^' 4' o. Il r. 9. 5^ lunghezza della coda ^' 3. 4. Il o. 3. 6. circonferenza della coda alla base °- 3. 4. Il 0. 6. o. nella Pavese era fatta a foggia di lingua, e avea di lar- ghezza alla base j| o. a. 2, di. spessezza JJ o. i. o. NEL- 4^ Sulla struttuiw della tiukica ce. NELLA FOCA DI PARIGI |1 NELLA FOCA DI PAVIA lungliezza della zampa atìleiicre , -dal pugno all' estre- mità delle unghie o. 4- ^- Il <3' 7, ^» circonferenza del pugno ©. 5. 6. Il o. 6. 8» circonferenza del metacarpo 0. 6. 6. Il o. 6. S. lunghezza del piede dal calcagno alla estremità delle unghie O. 9. O. Il O. II. •. circonferenza del metatarso o. 6. o. Il 0. 7. 8. lunghezza delle unghie maggiori . e. o. lo-t-i : 3. Il o. I. S. Iarghtz?;a delle unghie alla base o. e. a-hi'.a,. Il 0. 4- ^° lunghezza della zampa anteriore da! gomito all'estremità del pollice delle zampe da- vanti nella Foca Pavese o. ro. a. ^elF angolo superior della seapula al pollice I. 8. o. lunghezza dal ginocchio alla estre- mità del piede i. 4* ^' dall' estremità dell' uno a quella dell' altro pollice delle zampe anteriori delle zampe posteriori lunghezza della fossa che compren- de la vulva , e r ano larghezza della stessa fossa lunghezza del perinèo dalla vulva all' orifizio della va- gina dall' angolo inferior delle scapa- le alla cresta degli ili! -fi. 7- 6. I. II. 6. 0. a. 4. 0. 1. 0. 0. 0. a. o. &, 5. ni. Di Vincenzo Malacaunb . 49 III. Affinchè poi se ne ricavi meglio il carattere , sog- giungo alcune notizie relative a' denti , e alla bocca delia nostra Foca . I denti «he in fatti anno tutti del canino , sono però divisi- bili in quattro incisivi per mascella , due di mezzo acuti^ome i nostri canini ; due laterali j che nella mala sono assai più grossi, e larghi , e più appiattiti che non i corrispondenti della mascella . in quattro canini , due per lato superiori , e due per lato in- feriori . I primi più vicini agli incisivi sono simili alle zanne de' Leopardi ; i seguenti son veri canini , In venti molari j dieci per mascella , cinque a destra, e cin- que a sinistra . I cinque della mala occupano per cadaun lato j o.. a. o. que' della mascella , o. a. a. I canini superiori, o molari anteriori ^ sono convergenti, e lunghi o. I. o. I canini inferiori o mascellari anteriori sono divergenti e lunghi o. o. 6. entrano fra i superiori , o molari , le punte de' quali lasciati di «pazio o. I. 6. quelle de'mascellari, o inferiori o. l. 3. sporgono infuori o. o. 6. dagli altri , che affettano di serbar la stessa linea . I due di me'zro però de' molari inferiori convergono par cacciarsi fra i due molari di mezzo superiori da cadaun iato , e sono i più piccioli, i più brevi 5 e cresciuti più indentro verso la lingua . Ogni dente molare à una faccia cbbliqua , che dal di dentro infuori ne occupa la faccia posteriore ; la quale sostiene tre punte al davanti , una piccola , interna , anteriore ; ima di mezzo, larga di base , acuta in punta quasi di dia- mante , larga o. o. 4* uncinata addentro 5 lunga o. o. 3, Temo X. G la So Sulla struttura ©ella tunica ec. 4 la terza esteriore , di mediocre grossezza , con la base ricur- va intorno alla mezzana . La larghezza delle braccia della mascella , eh' è robustissima con alveoli profondi , è di o. 3. 3. IV. Tutta la bocca di bel color incarnato fuorché a' mar- gini delle labbra per qualche tratto indentro colorato a bru- no e a macchiette bigie ; le gingive robuste : la lingua bifida in punta pel tratto di o. o. 4- triangolare sottile , lunga o. 5. o. larga alla base o. 3. e. alla punta o. o. q. lateralmente alla base in distanza o. 4- 4- dalla punta j à due fosse roton- de , larghe o» »• o. profonde o. 7. o. occupate da due folicoli glandulari , spremendo i quali esce un umor giallastro mucoso . L' apertura di tali fosse è obbli- qua allo indietro, in sii. I folicoli, che ne occupano il fon- do sono rossi, incarnati, semilunari, convessi in alto, con- cavi addietro , e in basso . La faccia inferiore della lingua , dal freno alla punta è libera pel tratto di o. a. o. più libera obbliquaniente a' lati per o. 4- 4' la spessezza del corpo della lingua è o. I . o. V. La lunghexza dell' Esofago robu- sto, e arrendevole, e i. g. o. la larghezza sotto della faringe o. a. o. verso il cardia o. i. 0. Al cardia non v'è che un leggier risalto fra il pariete inter- no sinistro dell' esofago , e la grossa estremità sinistra inter- na del ventricolo . VI. Questo sacco è semilunarc , robustissimo , lungo dall'alto al basso a. 3. 9. luno-hezza della grande curvatufa i. 8. 8. à di diametro intero posteriore a destra o. 5. 6. dia- Di Vincenzo Malacarne. 5i cliametro alla picciola curvatura (i) o. 3. 3. la curvatura a destra , the al di fuori à di diametro verticale o. 5. 3. interiormente non ne à che o. 8. 3. essendo la cavità del ventricolo ristretta per una grande doppiatura a foggia di valvula seniilunare con le corna in giù , lunghe o. 3. o. distanza della punta d'un corno dall'altra o. a. 8. profondità del seno fra le corna o. i. 6. Il lembo libero di questa valvula in basso è o. i . io. VII. Si apre il ventrieolo nel piloro mediante un foro, che è nella sommità del prolungamento verticale contro il pariete sinistro di quella porzione del sacco , e vi à una valvula insigne orizzontale al lembo fisso destro , che sale obbliquamente un pò pò a sinistra , quasi ovale , col mag- gior diametro d'avanti indietro, dov' è mancante per lasciar la comunicazione fra il ventricolo , e un picciol sacco , cui mediante si apre poi nell' intestin ^odeno . Vili. Questo sacco è lungo largo IX. La valvula suddetta è lunga larga r apertura a sinistra , e a tergo n'è larga ed à le corna rivolte allo indietro . X. Tra questa valvula e l'intestino vi à un seno bis- lungo , il pariete inferior del quale è fatto dalla valvula sud- detta , e gli altri parieti dal prolungamento delle tuniche co- muni al ventricolo, e all' intestin duodeno, in cui mette foce dopo il corso di o. i. 3. si piega poi al davanti, ed incontra XI. Una nuova valvula semilunare con le corna volte obbliquamente al davanti e in basso ^ riducendo il diariie- G a tro o. I. 3. o. I. o. o. I. 6. o. I. o. o. o. 6. (0 Questa finisce con una curva- ta il collo de! 1' oca , e fa un arco, tura verso il piloro, che rappresea- insieme col piloro, di sette pollici. 5 a Sulla struttura della tunica ec. tro deir intestino a sole o. o. 3. vale a dire alla metà soltanto del diametro , che à 1' apertu- ra gasti-iea del seno (X) , intanto che 1' intestin medesimo vi t; largo o. o. 9. XII. Se considerassimo la positura del ventricolo , delle %'alvule , de' sacchi , e del seno fin or descritti nella Foca come nell'uomo, diremmo, che l'alimento disceso nel ven- tricolo per arrivar al piloro deve riascendere quasi verti- calmente o. 7, o. portarsi a tergo per entrare dal piloro nel sacco , e scorrer innanzi j e a destra ; discendere successivamente nel sacco (Vili). o. r. 8. per imboccar l' apertura del duodeno ^ empierne il seno (X) , di là nuovamente ascendere e. 2. o. a destra , e obbliquamente indietro per proseguire il suo cor- so verso le altre intestina : il che darebbe luo2:o a diverse riflessioni fisiologiche molto speciose sulla natura della con- cozion degli alimenti in cotesti anfibii : ma il corpo delie Foche 5 tranne la sommità del petto, e la testa, ò quasi sempre orizzontale : la qual considerazione chiaro si vede quanto renda diversa la direzione di tutti questi vóti , e ostacoli al progresso degli alimenti , e quanto dimostri erro- nee tutte le ipotesi 5 che vi si stabilifebbono sopra. Prescin- diamone adunque , e continuiamo le nostre ricerche anato- miche senz' altra applicazion delle medesime ad usi, che posson esser equivochi . XIII. Come il ventricolo è di color biancastro traente al giallo chiaro , così le intestina , neppur eccettuato il co- lon , che suol esser ordinariamente fiasco , è in quel sito, che corrisponde alla cisliTelIea tinto di verdegiallo intenso . I^on ne ò misurato la lunghezza de' tenui , perchè volendo conserv^arne tutta la matassa nello stato men disordinato , che mi fiasse possibile dalla faringe all'ano, rispettando il mesereon , e il mesocolon , non ò rilevato se non che la lunghezza dell'intestino cieco è o. i. 3. 1 a G. O. 6. I. 8. 0. 0. I. n O. 9- 6. Q. a. 6. Di Vincenzo Malacarne . 53 ];i larghezza , e il diametro anteroposteriorc o. i. /^. non à appendice vermiforme, e fa un gozzo protuberante fuori della linea dell' ileon li colon è lungo e il diametro de' suol gozzi maggiori L' intestino retto è lungo larijo vicino all' ano Xiy. La comunicazione dell' ileon col cieco è doppia ^ cioè 1' estremità dell' ileon si caccia dietro , e sotto al cieco obbliqtuamente la guisa , che nell' unirvisi si allarga e si al- lunga formando come la faccia convessa d' un cuccliiaro , largo o. o. 7. Nel traforarlo fa ana piega semilunare assai distinta con le corna, volte addietro per quel verso dove inclina la maggior capacità del cieco , occupandone tal piega , o valvula , il pariete anteriore . XV. Il lembo libero , e fiottante di questa valvula la- scia una apertura , che mette ■ in un sacco , del quale la larghezza è 0, o. 9. formato d^lla continuazione dell' ileon , e da una larga piega •traversale , ovale delle tuniche intericri del cieco , le quali poco più basso fanno XVI. Un'altra valvula rotonda applicata^ orizzontalmentuuw*WB*'-"^"JmM|(WE Ai »* f^a^.J^. Fyi ^-■^•^^^/^-<^.. «i,.,i»««»"'««'"'"" /, ^■Joc./tr^/.TX/; 6o. X L.£ y-/'. /i Fyf ^/or. /,.,/. TX./>. 6o. Joc Jùcd TJCy» n ciascheduno de' suoi più minuti filamenti , e ramificazioni . Non è più ignoto agli Anatomici recenti che succedano tal volta delle Apoplessie puramente nervose , così dette an- co dal Borsieri (i) , dal Zuliaui , e prima di questi daRo stesso Ballonio , citato ancora dal IMorgagni (2), nelle quali appunto non si riscontra nella viscera del cervello , e nelle sue fr) Bursenu*. Med. Praft. Voi. V. cap. 4. ie ^poplrxìa nervosa . (1) Ballon. |]b. \. con'?. 7r. t; post tUTtfici gravissimaqiK ab affeclo terebro sympcomtit.i , migno medico- rum dedccore stepe capita baminitm mribo eapitìs consumtorum aperti fx- se, in quiuus nihìl commemorai/He rf- pcrtum. est , ciim alioquin Mtdiats aut ^popkxiam , aut ^bscessum, aut simile quii refsTtuM iri profundis-' sss. 7© SuPRA LA Cecità' ec. sue appartenenze alcuna lesione , e che succedono per quan- to sembra , per istriiigimento soltanto de' nervi , o vogliam dire per una mancanza di quelle eondizioni necessarie alla naturale ecoHoniia del cervello , quantunque non si sappia per anco , e quali sieno , e come agiscano . Ciò però che forma a mio giudizio un nodo ancor più difficile da sciorsi si è 1' osservare , come date le diverse non mai abbastanza intese individuali disposizioni, o idiosin-' eresìe de' corpi viventi animali, alle volte una piccola causa, o stimolo morboso applicato al sistema nervoso, eccita in esso delle terribili inaudite commozioni anco mortali ; ed al- tre fiate delle violenze esterne delle più gravi , e più poten- ti non eccitano in esso , che debolissimi effetti . Abbiamo diffatto delle osservazioni di ferite con perdita , ed effusione di una buona parte dello stesso cervello , che furono condotte felicemente a guarigione, senza che ne se- guissero irritamenti gravissimi agli stessi nervi (:) ; e negli Atti della Accademia di Parigi si riscontrano due casi, uno dello strappamento , ed avulsione totale di un braccio in un fanciullo cagionatogli da una ruota di carrozza corrente , e l'altro di una gamba parimenti strappata del tutto, e distac- cata dal corpo ad un mugnajo dalla ruota di un molino , con la relativa violentissima divulsione dei grossi nervi , e vasi degli arti strappati dal loro tronco, senza che ne sieno seguite mortali convulsioni , od emorragie ; ma anzi col ri- stabilimento in salute delle persone in cosi fatto modo mal concie, e mutilate (a) . Ma (i) Petri Marchetti Observ. Chi- prei^sìone degli stessi mestrui , o rurg. Ob. XI. dei locch; con pericolo della vita ; (z) Gli stessi effluvi odorosi i più quando in altre differenti circostan- deliciosi applicati alle narici in una ze applicati, riuscirebbero indiffe- donna menstruante , o puerpera, o remi, ed anzi piuttosto piacevoli, isterica , vi possono eccitare tal volta e graditi. delle più fiere convulsioni j la so^^ Di Jacopo Penada . 71 Ma qui finalmente è tempo , che ritornando sul nostro senticrc , col fiuto anatomico, e con una dimostrazione poco meri che palmare , io faccia rimarcare quali sieno realmente quelle propagini nervee , le quali nel caso nostro irritate , o compresse particolarmente ahbiano ] otuto , se mal non mi avviso , eccitare lo strano fenomeno ('ella temporanea cecità di (jueir occhio , per effetto della già indicata contusione . • È noto abbastanza agli Anatomici _, ed io stesso ho ris- contrato le molte , e molte volte seguendo con anatomica diligenza la distribuzione che tiene ne' suoi estremi filamen- ti il nervo così detto sopra orbitale , o vogliam dire Oftal" ml'O , che è appunto il primo ramo del quinto pajo ; è no- to io dico, che qnestl filamenti del nervo indicato, dopo di aver percorso il muscolo frontale , scorrono fino sopra il mar- gine del muscolo temporale disperdendosi sopra la sua faccia esterna con moltissime ramificazioni ; e di più è noto pari- menti che alle estremità di questi filamenti del sopra orbita- le già indicato vi corrispondono , e quasi si anastoniizzano pa- h^semente alla sede stessa del muscolo temporale moltissi- mi filamenti del nervo cosi detto piccolo simpatico , prove- niente da un ramo della porzion dura del nervo acustico, e del ramo Vìdiano del quinto pajo , il quale dopo di essere uscito dall'acquedotto del Falloppio, scorrendo posteriormen- te ed anteriormente all' orecchio , si porta allo stesso musco- lo temporale, ed ivi forma delle elegantissime reticelle ner- vose unitamente coli' anzi detto sopraorbitale . Ora se cosi è la cosa , io son d' avviso , che la contu- sione sofferta da quella giovine al muscolo temporale , aven- do ofleso , ed accasciato nelle sue estreme ramificazioni il nervo sopraorbitale , si sia comunicato al bulbo dell' occhio stesso corrispondente un certo tal quale irritamento , e mec- canico disordine j in grazia del quale ne sia poi avvenuta la temporanea , e sintomatica cecità dell' occhio stesso . Non già che io pensi spargersi le ramificazioni del ner- vo sopraorbitale iìqIIq interne parti del bulbo ; ma siccome la 7^ Sop?.A LA Cecità' ec. la sanità perfetta di quest' organo ^ ed il libero esercizio del- le sue funzioni moltissimo dipende dalla integriti delle parti che Io attorniano \ così sapendo noi per certo , che il ramo sopraorbitale ^ come dimostrò il celebre Ziaii , si distribuisce con moltissime ramificazioni nell'orbita, ne viene pales inestesi ; fab- bricandosi in tal guisa nelT animo un Mcuido , che nulla non ha di comune con quello j di che i sensi e' ijjformano . Io non mi opporrò a questi tali ; ma bene avvertirò cke proba- bilmente le cosiffatte idee , giuste che sieno ella o no , esca- no della sfera, entro cui debbe restringersi il Meccanico. La discussione di queste idee appartiene propriamente ai C03- raologisti , e ai Metafisici , ai quali io accordo d' intertener- sene a loro grand' agio , e renderle oggetto delle intermina- bili loro dispute. Non sono già i corpi ^ de' quali si occupa il Meccanico , un aggregato di iJonadi Leibniziane o Bosca- vichiane •, ma sibbene di particelle o coerenti o contigue. Ei non compone la materia di elementi immateriali . Ei sL vede disdetto di spogliare i corpi di certe proprietà, eh' «i ravvisa come essenziali' ai medesimi ; e che ponno agevolmen- te ridursi a quattro; estensione; impenetrabilità; mobilità; inerzia: giacché le forse stesse, delle quali pur sembra, che tanta parte a se rivolgano degli studii del Meccanico , ei 3Ì dichiara contento di conoscerle non tanto nell' essenza loro, quanto negli effetti , che ne derivano . S.'* Siccome presso alcuni col giugnere ad una stessa conchiusione per diverse strade ottiensi più agevolmente di persuaderli , non mi sia disdetto di mostrare di volo , come la comune Teoria delle forze prementi, o, come sogliono appellarsi, acceleratriei cospiri ad assicurarne, che la velo- cità può in certi casi, e poste le condizioni accennate nascer finita; spegnersi in un attimo; soffrire in somma cambiamen- ti finiti a un tempo e istantanei. La compressibilità de' cor- pi 86 Considerazioni ec. pi condotti neir urto ad agir gli uni su ^li altri , permetta che si possa alla spiegazione de' fenomeni della collisione ap- plicar la Teoria delle forze pi'ementi. Di ciò tutti si mostran persuasi , e in questa persuasione -anzi -alcuni sonosi ingegna- ti di valersene ^U' uopo di decidere una celebre controver- sia ^ -quella cioè, per cui si disputa j se la forza della per- cossa tolleri di essere confrontata colle pressioni; nel che non so se r esito abbia sempre corrisposto -ai loro sforzi ; di al- cuni almeno ne dubito , e fra gli altri di quelli , pe' quali Eustachio Zanetti si accinse a comporre e toglier di mezzo la controversia . Ma non occorre frappor digressioni e perder di vista lo scopo ; a cui però restringendomi io osservo che la forza motrice , di cui nel primo istante dell^ urto può e debbe concepirsi animata la particella minima del corpo ui- tato , è senza dubbio rappresentata ed espressa dalla quanti- tà finita di movimento posseduto dall'impellente . Attesa la -coerenza delle parti di questo l'intero suo ìmpeto in quell' istante si raccoglie e radunasi sulla particella "urtata , che conseguentemente, come è detto^ potrà concepirsi animata da una forza motrice finita . Questa divisa per la massa mini- ma , e che può aversi in conto d' infinitesima della particel- la ci offrirà la misura della forza acceleratrice -, la qual po- trà aversi in conto d'infinita ; Tale a dire sarà tale, che cb- me se ritenendo la stessa energia potesse proseguire a spin- gere la particella per un tempo finito, come che brevissimo, le imprimerebbe una velocità infinita , così nelF agire su di essa per un tempo infinitesimo , ossìa in un istante le impri- merà una finita velocità . Lungi dunque che siavi luogo a Stupire, che la velocità in certe circostanze, e poste le con- dizioni omai più volte mentovate possa tutt" all' improvviso nascer finita , si scorge , che ciò e conforme alle teorie co- munemente adottate , e può acconciamente interpretarsi co' principii di queste . ().° E qui confesso che non posso resistere al desiderio, che mi prende, di aprire un campo anche alquanto più este- so Di Michele Araldi. 87 so alle presenti considerazioni . Se, non che uguale al deside- rio è per lo meno il ribrezzo, che provo,, nelL' accostarmi a un luogo frequentato assai , ma celebre a un tempo per più di un naufragio soflerto da uomini , che pur a scorrerlo feli- cemente possedevano in grado eminente le condizioni tutte , di cui mi riconosco mancante . Si tratterebbe di arrestarsi per poco sopra di un punto d' Idrodinamica , e di decidere tìno a qnal segno, la Legge di continuità si asscggetti e gover- ni il movimento de' fluidi ; e quali confini anche in essa sia lecito di assegnarle . 1 Meccanici si mostran disposti ad accor- darle sul detto movimento un dominio illimitato . Quegli , che fra tutti i Matematici viventi ha il diritto di parlare a nome degli altri, il Chiarissimo Lagrangia, questa Fenice degli ingegni italiani, dice apertamente nella sua meravigliosa Mec- canica analitica , e nel dirlo, bea si scorge che intende di af- fermar cosà posta fuori d' ogni controversia , che non è leci- to ai fluidi di concepire tutt' all' improvviso, e in un istante una finita velocità . Poi forse a questi tempi ninno si trove- rà, che metta seriamente in dubbio la ragionevolezza de' mo- livi , da cui fu indotto Giovanni BernulU a immaginare quel famoso suo gorgo, che per tutto dove mi fluido si muove passando da un canale più largo in un più stretto , ei conce- pisce formarsi spontaneamente , e costringere il fluido , che gli si affaccia e lo trascorre ad affiettarsi successivamente e per gradi , e senza che in simile incontro segua niun salto offensivo delia Legge di continuità . Oserò io fissare per un momento lo sguardo e 1' attenzione su questo gorgo ? E per- chè no? perchè se un argomento sì grave non è disdetto, uno scherzo temerò io di rimanere travvcho e assorbito , e irgo- jato da un gorgo , che in ultimo V Autor suo m' insegna po- ter' essere di una profondità infinitesima? Arrestiamoci su quest' ultima spontanea confessione di Giovanni Bernulli , che nel farla e nel trarne alcune giustissime conseguenze for- se non ha posto mente a tutte quelle, che per simil modo da essa derivano . IO." 88 CoNsiiìrRAZi-o-^i -ec IO." Intorno a che st*bbei)e io avessi divisato di Mon in- gombrare questo discorso di formoie algeibraiche , veggo che a motivo di cliiarezza non pnoso dispensarmi dal recare alme- no quella, con cui dal Bcruulli si esprime la forza nìctrice totale richiesta a spingere il fluido attraverso tutto il gorgo , e ad obbligarlo ad affrettarsi e ad escire dal gorgo stesso con una velocità per una differenza finita diversa da quella , che possedeva neU' affacciarvisi . Se, supponendo che un fluido passi da un recipiente cilindrico in un tuho più stretto e pa- vimenti cilindrilo, si chiami h V ampiezza del recipiente, m quella del tabo , u la velocità dei fluido lungo il tulio stes- so , e conseguentemente — — quella aggiore su gli oggetti , che ho presi a discutere . Ricoaoòco la differenza , che passa fra i due casi recati; ma in questa stessa differenza io ravviso una ulteriore conferma della opinione da me prodotta ; per cui oso credere che in un fluido per una forza motrice finita della classe delle prementi possa sorgere una velocità finiia a uu tempo, e a tutto rigore istantanea , purché 1' energia intera della forza motrice si raduni sur una porzione di flui- do sì esile che il cambiamento simultaneo della quantità del movimento possa aversi in conto di minimo e infinitesimo . Nel conflitto do' corpi solidi la particella minima del corpo urtato nell'istante stessa, che l'impellente giugna a contat- to con essa, cedendo , e concependo una velocità finita non resiste già all'urto colla, sua semplicg massa ed inerzia. Ezaa resiste oltreacciò perchè trovasi nel corpo congiunta ad altie per una forza di coesione tale , che , permettendole di cede- te e al corpo di costiparsi , oppone tuttavia una notabile po- sitiva resistenza , la quale anzi cresce a misura che inoltran- dosi le particelle il corpo vieppiù si costipa : malgrado ciò sorge in essa nel primo istante una velocità fluita ; qual non è però a stupire che a- produrla richieggasi 1' intervento- di una forza della specie di quelle , che diconsi vive ben diver- se dalle semplici pressioHi, delle quali ben si scorge, ch& in questo incontro di gran lunga non basterebbero all'uopo, finché fosser finite . La cosa passa assai diversamente ael movimento de' fluidi -, e attenendoci al caso proposto , la mi- nima porzione , o sezione di fluido , che si presenta al ras- saggio del Canale più la^go nel pm stretto, in cui è pronta ad g4 Considerazioni ec. ad entrare, può concepirsi picciola oltre ogni limite, e in- finitesima ; giacché il fluido è divisibile e anzi attualmente diviso oltre ogni limite : niuna resistenza può pure opporle il fluido anteriore ; giacché questo le fiigge avariti «cn (^lid- ia stessa velocità , con cui essa è disposta , e mira ad inse- guirlo . D'altra parte su questa stessa infinitesima sezione di fluido trovasi senza dubbio raccolta una forza motrice finita . Qual repugnanza dunque ha che questa forza basti a scagliar- la , e ad imprimerle in un' attimo un nuovo grado finito di velocità , ossia a far nascere in essa un cambiamento di ve- locità finito a un tempo e istantaneo ? 14.° Benché dell'attitudine di una forza premente ad imprimere improvvisamente ad ima particella , o sezione mi- nima fluida una velocità finita io mi trovo in gudo di ad- durre un'altra prova , che mi sembra robusta assai, e di cui mi lusingo che non sembrerà dispregevole a veruno ;, che si faccia a er cui mi è sfuggita posta in dubbio la realità del gorgo beniuUiaRO rimarrcblje efposto ad eccezioni e criti- che ragione-v'oli . iG." Mi credo dnnque tenuto a dichiarare che non sono g,Hi io alieno dall' ammettere per tutto dove i fluidi pa'^saiio da un Canale largo in \m più stretto 1' esistenza reale di un gorgo . Annuneio solo i motivi , che mi trattengono dall' ain- mt^-ter l'origine da BernuUi assegnatagli . Ntn sono convinto, eli' esso demi dai bisogno di non offendere la legge di conti- l'.uità ; dalla supposta impossibilitù ne' fluidi a concepire ve- locità , o camlrtamenti di velocità finiti a un teiir^)0 e istan- tanei . Sussista pure il gorgo, io non rifiuto di ammetterlo- Se fossi cesi ardito di farlo lemcrti che alcmii mi gì facesse- ro incontro e pretendessero di conviiìceiTiicj.e col fatto e col- la sperienza alla mano . Io in somma non solo non nfìuto , rna ini diclriaro disposto ad anirnstterlo . Né per questo, se Kii fosse chiesto come io ne iuterpetri l'origine, e quale spie- gazione io sostituisca a <{uella del Bernulli , mi crederei te- nuto a farlo, e neanche a tentarlo . Koa ho un'occhio acu- to aLbastaiiza , onde disceriiere cpjali modificazioni precisa- inente indur debba irei movimento de' fluidi la ciicostanza , in cui trovansi , di dover passare dal largo allo stretto . Sa ch'essi anno una massima attitudine a cedere ad ogni mi- nima cagione , che miri a torcergli dalla lor direzione , Chi ea eh' essi attorno al passaggio non si conformino in guisa che r.e sorga un gorgo , perchè con tale soccorse liescono essi , obbedendo alle sante , ed eteri>e e inviolabili leiTgi della Natura a concepire e a mantenere in se stessi raccolta la massima quantità del movimento, cui tendono ad itnprimer loro le forze , clie ad essi sovrastanno e gli spingo- no . Benché parmi oltracciò di scorgere attraverso il bnjo e la nebbia , in cui sono immersi gli o^'getti , su i quab oso te- Di J^Iichet.e Araldi . 97 tener fiso lo sguardo , che la formazione di una specie di gor- go nelle adj.icenze del passaggio del fluido dal largo allo stretto è forte e senza forse inevitabile . Quella minima e Joltiii.-sinia sezione di fluido , ehe trovandosi nel confili mu- tuo del recipiente largo e del tubo stretto si allaccia ali* ajiertura di quest' ultimo , e ne adegua l' ampiezza , potrebbe a motivo della forza motrice finita , di cui è animata , con- cepir tostamente e in un attimo, e senza positiva offesa della legge di continuità , un incremento finito di velocità . Wa se ciò non le è vietato da detta legge , le è vietato dal- le circostanze, in cui trovasi. Non potrebb' essa , giunta a quelle strette affrettarsi in un attimo senza eh' essa si stac- casse dalla sezione , che la insegue , senza che seguisse dis- continuità , qual non è possibile che soppravvenga , nel cor- so del fluido . Vuol dire che quella stessa forza motrice > che basterebbe ad imprimere a quella minima sezione un subito aumento finito di velocità , si rivolgerà a far nascere una specie di gorgo , lungo il quale potrà il fluido affrettarsi con una certa regolarità , e che potrà e dovrà anzi nascere in quel luogo , perchè per l' una parte non manca al fluido r attitudine a conformarvisi , e per l' altra la forza , che gli sta sopra , debbe senza dubbio produrre tutto il suo massi- mo effetto. In tal guisa , se non sono ingannato, ogni miste- ro svanisce, e rimane a un tempo con qualche maggior pre- cisione interpetiato e fissato 1' influsso , che in questo incon- tro compete al principio della continuità . E a ciò si restrin- gono le idee, che nell'aspetto di mere congetture, mi tro- verei in grado di proporre intorno a un oggetto , rapporto al quale protesto che l' entrare in più minute ed esatte deter- minazioni non è impresa per me . 17.'' Per un motivo conforme sento c^ie dovrei astener- mi dall' aggiugnere un' altra considerazione , che pur mi è offerta dall' affinità dell' argomento , sopra un altro punto d' Idrodinamica assai nobile, e renduto anzi celebre dal nu- mero e dalla celebrità de' Matematici insigni , che sonosi. di Tomo X. N C5- g8 Considerazioni ec. esso occupati . Intendo quella particolaiità , che ci si presen- ta in qualunque getto di un fluido, il quale sgorghi da un Taso, per cui questo getto sulle prime si assottiglia sensibil- mente giungendo assai presto al suo massimo restringimento. Di questo assottigliamento scoperto prima di tutti e misurato dal Newton, qual direm noi che ne -ia l'origine e il modo, con cui si forma ? Lurido Io stesso, e fino al luogo del mas- simo restringnnento il fluido aff\ettasi certamente ognora più, conformando inversamente la sua velocità al successivo sce- mamento delle sezioni , cui attraversa . D' altra parte il flui- do trovasi in preda soltanto dell' impeto concepito nell' atto di uscir del foro; né ninna nuova forza acceleratrice può in- tervenire in quel breve tratto ad affrettarlo sensibilmente . Se non erro , il Paradosso si dilegua riflettendo che le par- ticelle fluide si presentano al foro, e all' uscita quali piìi quali meno obliquamente; che però nell'atto stesso che pon- no esse concepirsi animate dalla stessa assoluta velocità, noti tendono tutte egualmente a scostarsi dal foro . A motivo di questa loro vana obli({uità non ponno esse non agir le ime sulle altre , e non torcersi ed isviarsi scambievolmente dal lor cammino . Seguirà ciò senza che ne sofista niun sensibil discapito la loro assoluta velocità ; giacché attesa 1' attitudi- ne somma del fluido a cedere ad ogni minimo urto, e la somma pieghevolezza de' fili sottilissimi, ch'esse formano, ca- dauna trovasi nel caso di un corpo qualunque , di cui è no- to che costretto a cangiar direzione nello scorrere lungo un canale curvilineo, non perde per questo velocità. Esse ver- ranno soltanto piegate , e ridotte a muoversi parallelamente air asse della vena , nella direzione della quale conseguente- mente esse si aflTretteranno , e la vena- a proporzione si as- sottiglierà , finché , condotte le particelle tutte a muoversi nella stessa direzione , cessi essa congiuntamente di più re- stringersi . In tal guisa io m' ingegno di rendere a me stesso ragione di questo fenomeno. 18." Tornando ora alio scopo mio principale prima eli' io ri- Di IMicHELE Araldi . (jq risolva di congedarmi da Giovanni Bernnlli, vogliono pure ' qualche attenzione da me le ragioni tratte dalla Metafisica , ajipoggiato alle quali per poco Ei senza assegnarle verun con- fine non dichiara la legge di continuità sovrana ed arbitra della xMeccanica . Ho manifestata una certa alienazione da questa specie di prove rendutemi sospette dalla fiicilità , con cui parnii che si possa abusarne . Convengo tuttavia eh' esse qualche fiata meritano di essere ascoltate ; che 1' accingersi a spogliar la Meccanica della parte sua Metafisica sarebbe lo stesso che il larle il troppo grave sfregio ; che il degradarla e invilirla, massime a questi tempi, ne' quali si opina co- munemente che le Scienze tutte mettano foce nel gran Ma- re dt Ha Mctafi^ica , da cui tutte pure ottengano sostegno e alimento; ne'quali fin le Matematiche pure agognano ad avere lina parte metafisica , che al presente tiene anzi a se rivolte le più sollecite premure de' loro coltivatori . Di tutto ciò io di buon grado convengo ; ma perchè temo di afircntare il Liijo e il \òto de' campi della ]\ietafisica , se Giovanni Ber- nulli fosse fra i vivi , mi restringerei a chiedergli , se a pa- rer suo la legge di continuità sia primitiva, oppiuttosto se- condaria , subalterna ? Mi spiego . Chi non sa , che per una legge della Natura , di cui non si può concepire che niun' altia esista piìt generale e autorevole, ogni movimento, e ogni cambiamento di movimento nel nascere è proporzionale alla forza, che lo fa nascere; eh' esso è doppio, se la forza è doppia; triplo, se tripla . Direra noi che la Natura dopo di aver promulgata questa legge, abbia creduto bene di raf- forzarla e puntellarla col promulgare quella anche dell^ con- tinuità ? O non piuttosto concepiremo che quest' ultima de- rivi dalla prima? sia in essa rinchiusa? Quest'u'timo concet- to sembra assai pii^ ragionevole . Ove però esso si ammetta , si vede subito, che la legge di continuità non potrà avere un dominio e un influsso più esteso di quello , che compor- ta la lepge , da cui deriva , per modo che , se rimanendo i cambiamenti del movimento intero, ossia delle sue quantità N a prò- 100 Considerazioni ec. proporzionali alle forze , avv^enga che i simultanei camLIa- inenti delia velocitai resultino istantanei a un tempo e finiti, Ja legge di continuità non potrà impedirlo ; o a meglio dire essi saranno conformi ai diritti reali di cruesta Legse interpre- tata a dovere . Né temo che Bernulli tragga avanti e mi avver- ta, che assolutamente la Natura non tollera verun salto; che l'.on può supporsi eh' essa balzi da uno stato ad un altro op- posto , dalla quiete per mò di esempio al moto, senza scor- rere per tutti i gradi interposti ; poiché in tale ipotesi con-, verrebbe supporre che uno stato rimanesse distrutto senza che la Natura sapesse a quale nuovo stato determinarsi ; senza che le si offrisse ragion ninna, onde scegliere piuttosto l'uno che r altro . A questa istanza , che per vero dire è 1' Achil- le di Giovanni Bernulli ;, più d' una risposta mi si presenta . Veggo che in essa si parla dello stato de' corpi , e non di mere velocità : però non iscorgo in essa i caratteri di una vera opposizione . Poi testo che si prova che un istantaneo iìnito cambiamento di velocità può non esser disgiunto da cambiamento minimo della quantità del movimento , ossia dello stato del corpo ; e che di qucst' ultimo si assegna la l'orza capace di produrlo, peixhè temerem noi che la Natura rimanga indecisa ? che non sappia determinarsi ? Per ultimo, fce non mi si vieta di aj^rire liberamente il mio interno, con- fesso che un discorso , in cui della Natura si dice , che , se non procedesse per gradi , rimarrebbe iiresoluta ; non sapreb- be a qual partito appigliarsi , un discorso tale , dico , davve- ro che mi sembra un pò troppo vago , troppo opportuno a schiuder 1' ingresso in ^leccanica all' inesattezza , e al Las- sismo ; troppo conforme a quella maniera di ragionare , che trasse già in tanti abbagli Cartesio; poco degno in una paro- la di un Giovanni Bernulli ; del quale d' altronde so che quando occorre, sa mostrarsi non meno sommo Geometra, che severissimo e acutissimo Loico , e con eguale destrezza ma- neo'fia il calcolo e le armi piìi fine e più risplendenti della Dialettica ; di che iacoutro prove per tutto nello òue Opere, e mas- Di MiGUELE Araldi. loi massime laddove ei combatte vittoriosamente le poco mecca- niche Teorie , a cui appoggia il suo Saggio di Nautica il Franzese Renna . Ma di ciò basti , e anello troppo , giacché è ornai tempo di chiudere una discussione, la quale temo Ibrtemente che della prolissità , a cui sono trascorso , non presenti una bastevol difesa nello scopo , che mi sono in es- .- 1 proposto; e cui oltracciò a me non appartiene di dir* te io abbia raggiunto . Dovrei ora rivolgermi ad un oggetto più serio . 19.' Intorno a che confesso che mi è sfuggito posto alla testa di questo Scritto un annunzio alquanto ambizioso ; e che non mi trovo in istato di aggiugner cosa che di gran lunga corrisponda alla pretensione, che nell'annunzio stesso sem- bra rinchiusa . In fatti mi è passato per 1' animo di cangiar- lo ; nò mi sono risoluto a lasciarlo che per la persuasione , in cui sono, che chi conosce queste materie , e sa di quan- ta nebbia e di quante insormontabili difficoltà sia tùtt' ali' intorno cinta la Meccanica animale, sarà disposto a contentar- si di poco . Questi pure , comechè non ne abbia egli mestie- ri , mi permetterà di arrestarmi un momento ad avvertire e a deplorare un errore gravissimo invalso quasi comunemente intorno all' influsso su i corpi vivi delle leggi della ÌMeccani- cu . In esso non avvi già luogo a temere che inciampar pos- sano quelli , che questa Scienza conoscono profondamente j ma questi son pochi a fronte di quelli senza numero , che o nulla , o poco e superficialmente conoscendola sono agevol- mente travolti nell'inganno gravissimo, di cui parlo, e per cui moltissimi opinano che il dominio e governo delle leg- gi meccaniche non sia così esteso e assoluto su i corpi vivi, come sul resto delia materia priva di vita . Quanti al presen- te non s' incontrano , che per nebbiosa che siasi anche per confcssion loro l'idea che si formano della vJtalità, afferma- no non pertanto eh' essa non sempre ascolta il freno di quel- le leggi , e a tratto a tratto ci presenta fenomeni che ce lo attcstano ? Io non entrerò di propoilto in lizza con questi ta- IC2, Considerazioni ec. tali; almeno al presente . Contento del suffragio, che spero non mi manchi , degli intendenti , quest' opinione sarà sem- pre per me una veri Resia pressocchè indegna di essere com- battuta . Al più al piìi , affin di non parere scortese ^erso quelli, che l'anno adottata, rifiutando di tratteneimi con essi un momento, io chiederò loro se immaginano che ne' corpi vivi possa in qualche caso venij- meno l' Assioma , per cui colla massima evidenza si scorge che due forze eguali e direttamente opposte si fanno equilibrio ? Or sappiano che qualunque offesa ne' corpi vivi ricevesseio le leggi meccani- che, questa ferirebbe direttamente qnell' Assioma , da cui come dal primo Anello tutta pende l' indissolubil catena del- le verità meccaniche. Chiederei loro eziandio se sappiano che Alfonso Borelli con molta sagacità , e qualche fiata con molta felicità è riuscito a spiegar la Meccanica di parecchie azioni proprie degli Animali . Essi me 1' accorderanno senz' altro . Or' io insisto e passo a chiedere se immaginano che la Natura abbia create e costrutte JMacchine , clie quando ob- bediscano alle leggi meccaniche , e quando no ; che rappor- to a certe azioni si conformino , e rapporto a certe altre discordino da dette leggi ? Eii che dalle mani e dalle fabbri- che della Natura non escono produzioni sì eterogenee , biz- zarre, mostruose . Le si farebbe un insulto al solo pensarlo. Tutto ili essa e sempre si fa in numero, peso, e misura . 20. ° Egli è il vero che raro assai riesce di applicare util- mente alla spiegazione de' fenomeni animali i meri principii della Meccanica; ma di questa difficoltà per solito insormon- tabile vuoisi accagionare la mancanza di molte notizie , di molti dati richiesti all' uopo . Né ciò è vero soltanto ; ma vuoisi confessare eziandio , che di quando in quando ci si offrono ne' corpi vivi Fenomeni , de' quali sembra che ven- gano diametralmente a contrasto co' detti principii. In siffat- to incontro lungi d' immaginare che questi ne ricevano la più lieve offesa , si debbe credere fermamente che apparente già soltanto 1' opposizione e non reale . Su questo proposito non Di Michele Arat.di . IOj non so sp la modestia , che pei- tanti titoli deh!)' essermi raccomandata, mi permetta di addurre un fatto mio proprio. Chieggo licenza di farlo . Neil' economia animale non sarà forse sì facile d'assegnare un fetiomeno , che apparentemen- te più si opponga alle leggi Idrauliche, quanto quella parti- colarità del movimento del sangue a estataci dall'osservazio- ne, per cui questo fluido viaggiando nelle arterie entro uà alveo , che diviene ognora più ampio , e anzi a misura che le arterie stesse si diramano e congiuntamente si moltiplica- no all'eccesso, diviene enormemente più ampio, soffre per vero dire rilardamento , ma non tale , che di gran lunga cor- risponda all'aumento dell'alveo. Lo stesso dicasi del sangue venoso , che nel suo viaggio verso i tronchi e il cuore si af- fretta bensì, ma non al srgno che gl'incrementi di velocità corrispondano di gran lunga al reale restringimento del siste- ma venoso . Pare iu somma che il sangue non ascolti la leff- gè idraulica, la quale impone ai fluidi nel muoversi entro un alveo qualunque a conformare inversamente la loro velo- cità all'anqjiezza dt-lle sezioni, cui successivamente attraver- sano . Questo Paradosso , questo scoglio, intorno a cui molti craiisi travagliati indarno , io mi lusingo di averlo rimosso ; di aver messo d'accordo il fatto e il testimonio dell' espe- rienza colle leggi idrauliche ; e mostrando congiimtamente il vero uso delle così dette Anastomosi de" vasi , di aver recato alla dottrina del circolo del sangue, dì cui esso arrestava i progressi, qual. he non dispregevoi vantaggio. E questa lusin- ga in me si avvalora pel suffragio fìivorevole, di cui Mate- matici di prim' ordine anno onorato l'Opuscolo da me pub- hlicato su questo proposito nella E.accoIta Milanese. Per al- tro non intendo giù io di recar questo fatto in prova di una T(>si , che non ne abbisogna; giacché, per valermi delle es- pressioni da me usate ne 11' Opuscolo pur' ora citato , le leggi della Meccanica sono di una verità assoluta ed eterna, e ab- bracciano ogni maniera di corpi ; ninno eccettuato ; non quel- li uh anche , su i quali agissero per avventura gli stessi pu- io4 Considerazioni ec. puri e sciolti e liberi spiriti . Aggiungo , e mi fiJo di essere inteso e approvato da quelli , che anno diritto d' interporre il loro giudizio su queste materie , aggiungo , dico , che in ognuna delle naturali Scienze, senza eccettuare la Fisica ani- male, niun fenomeno è spiegato compiutamente, e qualun- que spiegazione se ne rechi , non ne è d^ssa che un abbozzo e uno schizzo ; finché non sopravvenga il Meccanico , a cui solo appartiene di compierla ed esaurirla ; per modo che questi solo , se oso cobì esprimermi , è il vero ed unico In- terpetre e Sacerdote della natura . 2i.° Fissato dunque irrevocabilmente questo punto, la Memoria presente nell' inoltrarsi verso il suo termine vorreb- be pure satisfare in qualclie picciola parte agli obblighi ira- postile dal titolo posto alla fronte della medesima . Intorno a che , giacch' essa ha versato principalmente sopra la legge di continuità , conforme assai al suo scopo sembra il chiede- re in qual guisa questa stessa legge sussista ne' corpi vivi , e fino a qual segno, e con quale estensione e dentro a quali confini ne governi i movimenti . La quistione non sembra in tutto frivola e priva di fondamento. Perchè in moltissimi in- contri massime de' movimenti volontarii si avvera ch'essi nel nascere , nel cessare , nel risorgere , nel succedersi , nell' av- vicendarsi , si mosti-ano rapidi e pronti quanto è mestieri , perchè la loro prontezza adegui quella , che tante fiate ac- compagna le determinazioni della volontà ; alle quali se man- cano forse i caratteri , -sembra che spesso assai non man- chino le sembianze d'improvvise e istantanee. Anche di que- sti movimenti affermerem noi eh' essi osservano puntualmen-' te la legge di continuità ? Confesso che sono assai disposto a crederlo , sebbene mi trovi pur costretto a confessare che la loro somma rapidità, e la loro.o apparente o reale istantanei- tà appartiene in essi visibilmente a cambiamenti non solo fi- niti, ma spesso notabili e insigni della quantità del movimen- to . In mezzo al bujo , che ci vieta di separare ciò , che realmente è istantaneo e indivisibile da ciò , che il senso di- chia- I _ Di Michele Araldi. ìoó cliiaia tale , mentre uv.W atto stesso ci mancano i mcz;:i , on- de avvedersi delle illusioni e delle fallacie del senso , parmi di travedere con bastevol chiarezza , che la subitaneità de' movimenti animuli può conciliarsi cella legge di continuità , che forse ne rimane soltanto un tal poco modificata, ma sen- za eh' essa ne soffia niun reale discapito . 22." Io per vero dire non so , nò mi curo di sapere in qual modo la volontà tenga in sua balìa , e a suo talento regga que"" principii attivi , coli' intervento de' quali essa fa sorgere ne' corpi vivi tanti e si rapidi e si svariati movionen- ti . Folta eziandio in sommo grado è la nebbia , che mi tie- ne nascosti questi stessi piincipii . Di essi , giacché sono sta- to si mal' accorto che ho posto il piede in un luogo sì tene- broso, oserei dire soltanto, che io in essi riconosco una gran- de e indicibile energia ; eh' io li concepisco distribuiti per entro i corpi vivi in guisa che questa loro sorprendente ener- gia trovasi in essi imbrigliata, vincolata, o a meglio dire modilicata in mille guise e diretta dal Meccanismo sublime e ineffabile , con cui sono essi questi corpi nel loro tutto e in cadauna delle loro anche più picciole parti architettati e costrutti ; che di questi principii pur sembra che nell' inter- no de' cojpi abbiano a soggetto e a sede immediata le parti iiervee e le muscolose , che meglio delle altre per quanto sembia, posseggono ne' loro stami le condizioni necessarie alt* uopo di rendere manifesta 1' energia singolare di questi stes- si piincipii ; e che per ultimo debbono essi concepirsi per tal modo e con tale intimità applicati alle fibre pur" or men- tovate , che queste ne sieno in tutte le loro più minute par- ti o attorniate, o penetrate e imbevute . Questo concetto , che mi sono formato nell'animo, del grande Agente e dell' inunediata cagione de' movimenti animali è forse , qual 1' ho esposto, soveichio generale, e quasi astratto : ma io mi atten- go a queste generalità , perchè mi preme di non contaminare , fuori che il meno che sia possibile , di congetture uno scrit- to , che col proporsi di versare sopra un argomento apparte- Tomo X. O nen- ic6 Considerazioni ec. nenie alla severa Meccanica , si è pur proposto di prendersi il meno che sia possibile simili licenze . Questo stesso con- cetto mi assiste alquanto nell'uopo di rispondere alla diman- da , che non ha guari mi sono fiitta . Adottandolo parnii di comprendere come un Agente dotato di straordinaria attivi- tà , e applicato alle particelle tutte più minute , a tutti per cosi dire i punti fisici delle fibre animali , ove per qualsiasi . motivo j come per qualche sbilancio, che gli sopravvenga j concepisca un subito impeto , predar possa e debba in un attimo , in un pressoché indivisibile istante ne' punti e nelle minime particelle coiTÌspondenti un cambiamento notabile . Grande ne è 1' energia e le particelle son minime . C altra parte trovasi esso per ogni dove e cosi estesamente distribui- to , per entro ai corpi vivi , che con bastevoi chiarezza si scorge come pel concorso simultaneo degli accennati cambia- menti , possono questi riunirsi e prorompere in un solo mo- vimento totale , in cui alla notabil grandezza si accoppj una somma e pressocchè istantanea prontezza ; e parimenti si ve- de come a questo altri per simil modo succeder possano non men notabili ed egualmente pure pronti e improvvisi ; senza che la legge di continuità debba soffrirne la più lieve ombra di offesa . 23.° Ma nell" occuparmi di questo grande fenomeno mi si para d' avanti un altro Pioblema di Meccanica animale di più arduo anche e malagevole rischiaramento . Intendo il Problema, che già tempo propose Alfonso Borelli; cercando;, come accada che i muscoli possano qualche fiata vincer l'e- sistenae^ sollevar pesi, che basterebbero a lacerarli se doves- sero sostenergli fuori dello stato di azione . A cagion d' esem- pio un violentissimo sforzo de' muscoli della gamba è giunto qualche fiata a stracciare il tendine di Achille , malgrado la somma robustezza di questo , per cui a lacerarlo ricliipggx)nsi pesi enormi , a sostenere i quali senza lacerazione non regge- rebbero fuori dello stato di azione i muscoli mentovati . II Borelli è contento d' invitar' altri a sciogliere questo Proble- ma , Di Michele Arai ni . IC7 jna-, e si astiene dal pur tentarlo. Io, clie non posso imitar- lo in altro , ne imiterò la modestia ; e mi restringerò nel ri- proporlo, e nel por termine a un tempo a questa Memoria, a manifestare una mia lusinga . Confesso die nutro un' assai viva speranza die sia ornai vicino e maturo Io scoprimento di alcuno di que' gran dati, senza de' quali non è lecito di accostarsi alla discussione della \)ìù parte de' Problemi di Mec- canica animale . Questo scoprimento io me lo prometto e r aspetto dal raro valore e dagli sforzi incessanti di quel pro- de Fisico , die presso noi con tanta sagacità e zelo , e for- tuna coltiva la Teoria elettrica; di cui può dirsi, che ornai è divenuta il campo e il patrimonio della sua gloria, intan- to che gli ha meritato, per quanto sento, da un altro cele- bre Fisico straniero , a cui mi giova far' eco , il nome di Newton della elettricità, bene infatti dovutogli dopo le tante e si belle scoperte dell' Elettroforo , del Condensatore ; della positiva Elettricità delle Nuvole , degli Elettrometri , e degli Elettroscopii comparabili ; per tacer di quelle anche più no- bili , per cui sembra di' ei sia giunto ad afferrare il bandolo de' sorprendenti Fenomeni galvaniani . Armato Egli di un nuovo poderoso strumento , di cui tutta a lui pure V inven- zione è dovuta , confido eh' ei vorrà rivolgerlo a rischiarare que' luoghi soprattutto della Teoria elettrica, pe' quali questa confina e s' innanella colla fisica animale ; e eh' ei riuscirà a metterci in mano alcuna di quelle chiavi , che sole , per quanto pare , ponno dischiuderci i più riposti misteri dell' economia de' viventi . Ei senza dubbio non ha mestieri per parte di veruno né di stimoli , né di conforti : pur se la mia fioca voce può giugnere fino a lui, lo prego a non adontarsi della sicurtà , che oso prendermi , d' informarlo d' un deside- rio e di una lusinga, che mi è con altri comune . O a DE- lOO DE' PRONOSTICI RAGIONATI DELLE ANNATE E DELLE STAGIONI MEMORIA Di Giuseppe Maria Giovene Ricevuta il cTi i?> Dicembre i8or. Nam et in universiim ita natura datum est , nt in ra- tione quadam reciprocatio , et veluti refluxio in his omnibus fieri videatur . Theoplirastus de ventis . O e 1' umana previdenza potesse stendere le sue mire fino a potere, se non con una assoluta certezza, con una qualche sorta di probabilità ' almeno , pronosticare e presagire V in- dole delle annate e delle stagioni avvenire , sarebbe ed uti- le ed importante cosa senza dubbio , e vantaggio grande ne ridonderebbe, come per l'agricoltura ed il commercio^ co- sì per le altre faccende della vita. Ma- pure disgraziatamen- te quantunque gli uomini abbiano sempre aspirato ad un ta- le intento , e mille vie abbian calcato , mille mezzi impiega- ti in tutte r età , ed in tutti li tempi : quantunque nel prossimo passato secolo siansi tanto moltiplicate , ed estese le osservazioni meteorologiche , ed agrarie insieme ; e dirò ancora, quantunque l'Astronomia abbia fatti tanti progressi, quanti ognuno sa : non ostante si può dire , che noi siamo dove erano li nostri Avi , e sembra , che li Fisici non abbia- no fatto tutti gli sforzi possibili per fondare sodi , e ragio- nevoli principi! da poter pronosticare di buon senno , e fa- ce n- Di Giuseppe Maria Giovene . 109 cenJo uso della ragione , le annate , e le stagioni , e la lo- ro indole meteorologica ; onde quest' arte , se così può diroi , è rimessa in braccio ad una specie di cicco empirismo . Il defunto cel. Sig. Abate Toaldo fu il primo , per cpianto io sappia , almeno in Italia , a portar;; una fiaccola in questo bujo, e ad introdurre una specie di mgionevolezza in fatto di pronostici , e le di lui opere contengono mire estese ed eccellenti in questo genere . È ben vero però che egli sem- bra essersi unicamente ristretto alla pronosticazione dipen- dente dalla teoria degli influssi lunari su le meteore , teo- ria , alla quale egli diede tutta la maggiore estensione possi- bile ^ e la quale appoggiò il più sodamente, che uoni potes- se . E quei suoi , pelò noti già agli antichi , cicli , che a di lui pensare portano una ricorrenza di anni e stagioni si- mili , non sono che applicazioni della teoria degli influssi lunari , Comunque sia però : dall'^ e[X)ca de' libri del Sig. Toaldo in qua si è incominciato a presagire in fatto d' indo- le di anni e di stagioni con una certa ragionevolezza, e dietro ad una teoria , qualunque ella sia , certamente fonda- ta e non dispregievole . Il cel. Sig. Sennebier si è occupa- to ancora di -pronostici meteorologici , de' quali per akio non ò potuto vedere , che una parte , e quelli sono quasic- chò di wxì di per 1' altro, e molto ristretti per una data re- gione, oltre r esser molti di quei pronostici appoggiati a ra- gioni ipotetiche. Ed in questo genere di presagi, dirò cosi_, del giorno , gli antichi ci anno dato delle assai buone cose ancora. GESÙ' CRISTO istesso N. S. non isdegnò di addurrro alcuni, e quasicchè direi, sanzionarli colla sua autorità. Tali sono quel che trovasi = Matth. 16. Facto vespere dicitis , se- rcnuin erìt , rubìcundum est eaim coelum , et mane , hodìe teifi" pcstas , rutilat eidin triste coelum: E Lucse 12.. v. 54- Cimi vidcrltis niibeìn venientem ab occas/i , statini dicitis , nimbus veiiit j et ita fit («) . Ma per ciò che è degli anticipati pro no- (à) Se Dio mi concederà salute , ed ozio , vorrò dare un di , o l' aliro Ilo De' PKOKOSTiCl CAGIONATI CO. nostici non de' giorni, e delle settimane, ma de' mesi, del- le stagioni , e degli anni io non so che alcuno siasene seria- mente e di huon giudizio occnpato , trattone il già detto Sìg. Abate Toaldo . Fu forse disgrazia per la Scienza meteo- rologica , che la di lui teoria su gli influssi lunari , sul- la quale è fondato il suo metodo di pronosticare , venisse da' sommi uomini attaccata. Egli più, e forse unicamente, intento a difenderla ed a confermarla , ed a corredarla di luiovi fatti e di nuove ragioni non curò altro , e lasciò di spinger più oltre li grandi principii , che si trovano qua e là sparsi nelle di lui opere {b) . Già io non intendo in me- noma parte fare onta al metodo di pronosticare col mezzo de' cicli , e non posso abbastanza lodare quell' utile almanac- co , col quale regolava il pubblico il Sig. Abate Toaldo pri- ma , oggi il regola il di lui degno Nipote Sig. Abate Chimi- iiello. Diano pure, come sicuramente danno quei cicli una qualche probabilità sali' indole delle annate e stagioni futu- re : ma non potnbbero altre probabilità coadunarsi a quelle ? Non potrebbe tentarsi un' altra via per pronosticare ancora con ragionevolezza , e per principii di buon senso ? Questo è ciò che io tenterò in questo scritto . Quello intanto^ che suole screditare li jjronostici, e che a mio credei-e à fatto paura ai Fisici per azzardarsi in fatto di pi'esagi ^ si è che la maggior parte degli uomini va cer- ca n- una mn corologìa sopra del nuovo Te- stamento Per darla del vecchio , e così di tutta la Mibbia non sono spalle le mie, ma pur vorrei , che qualcuno si caricasse di questo in- teressante oggetto . (6) Quanto in questa Memoria dirò non saiì se non uno sviluppo di quello , che io accennai sempli- cemente nel mio Discorso meteo- rologico Campestre pel 1789 inòeri- to negli opuscoli di Milano To- mo Xtil. Il fu Sig. Abate Toal- do in un picciolo discorso intitola- to CongetrU'-e su le stagieni , che tro- vasi dietro al Giornale ^stro-A'eteo- rologico del 1791 si compiacque tra- scrivere il pezio del discorso, che conteneva un tal cenno , e certa- mente per l'amicizia, che avea per me , lodarne , ed approvarne li principii . Dj Giuseppe ]\rAiiiA Giovene . Ili cando certezza e sicurezza là, dove nò certezza, né sicu- rezza può darsi . Non già , che per le l<'ggi della natura cer- tezza non vi sia , ma perchè noi non coiiosciarno ancora , e probabilmente non conosceremo giammai tutte le cause, che concorrono a formare 1' indole intera degli anni e delle sta- gioni , e quando anche tutte le conoscessimo sarebbe ben dif- fìcile, per non dire impossibile, al corto intendimento uma- no averle tutte presenti , e tutte sottoporle a calcolo , a tut- te assegnarne il valore di effetto , e di tutte conoscerne il risultato nel loro reciproco conflitto . Intanto , se mai acca- da , che un pronostico vada fallito , il Fisico che à avuto r ardimento di annunziarlo , divicn 1' oggetto de' cac hinni , e delle derisioni . IMa fino a quando ci faremo noi dominare dai giudizii degli sciocchi? In tali materie l'uom saggio dee conten- tarsi di probabilità, e di probabilità per conseguenza talvolta soggetta a fallire. E non è poi vero, che tutta la vita umana si regola colle probabilità? E chi semina , e chi pianta , e chi coltiva, e ehi commercia, non semina, non pianta, non commercia colla certezza assoluta ., ma con probabilità sola di riuscirvi . Nessun però deride il Coltivatore , perchè siano andate a vuoto le sue speranze , e nessun beflfeggia il nego- ziante , il quale abbia fatto un'ottima» e ben calcolata spe- colazione , se poi per impreviste cause sia andato a male . Si aggiunge a ciò , che siccome il Mondo trovasi inondato di Pronostici , di Calendari , Jlmanaccìd ec. opere queste di ciarlatani, ed impostori ^ cosi il Fisico si rende vergogna di niischiarvisi , temendo non sia confuso nella folla. Ma sde- gneià alcuno di fare il Medico, perchè vi sia una turba d'im- postori , di saltimbanchi , e di scioccbi segretisti ? Potrebb' essere anzi , che se li Fisici si applicassero un poco più su questo oggetto importante , e dassero fuori delle cose ragio- nevoli , e di buon senso, una volta, o l'altra cessasse questa infame e vergognosa folla di libercoli, li quali non servono, che a mantenere la stupidezza e i' errore , e sempreppiù a propagarlo . Fri- ÌÌ2, De' PUONOsTICI KAGICNATI CC. Prima però di esporre il principio di ragione su del qua- le io credo dgver poggiare li pronostici meteorologici , biso- gna j che io risponda ad una obbiezione j che ragionando io di tali materie, spesso mi è stata fatta; la quale porta a di- re , che il pronosticare le annate , e le stagioni sia cosa im- possibile , perchè da Dio autore della natura voluta al gene- re vuTiano per lo suo bene nascosta , e che quando fosse pur possibile sarebbe dannosa cosa e pericolosa . E che sarebbe Kiai, mi si diceva, se si potesse prevedere, che un anno fos- se per essere infertile ? E chi vorrebbe seminare , chi pian- tare , chi affaccendarsi sollecito a spargere spese e sudori sulle campagne? Che se si spargesse di ciò una sola voce, basterebbe questa per far venire una carestia . Questa obbie- zione però è più speciosa , che soda . E cosa molto facile » e specialmente in molte regioni , ove le viti si potano in un dato modo, il pronosticare, e pronosticano in fatti li con- tadini, qual vendemmia debba aspettarsi nell'anno appresso, se scarsa , o n]>erto$a . Nondimeno non accade giammai , che prevedendosi scarsa _, il coltivatore abbandoni la sua vigna. Dalla previdenza egli non ne ricava , se non una certa rego- la per sistemare le spese, e per dare alla sua vigna una cer- ta cultura piuttosto, che un'altra. L'uomo anche sicuro di un'annata men fertile sempre spera tirarne le spese ed un qualche guadagno , se non tale , che lo metta in agio e co- modo , almeno che lo faccia tirare innanzi a vivere . JMa fi- nalmente questa obbiezione poggia su di un falso supposto . E chi pretende mai pronosticar con certezza ? Si tratta solo di probabilità più,, o meno forti, e le probabilità non posso- no dare per loro natura se non regolamenti ragionevoli di condotta . Che se poi li presagi si travolgano , e di essi si abusi, chi vorrà esservi responsabile, dopo che si sa non es- servi cosa alcuna buona, di cui l'uomo non possa malamente servirsi , o anche abusarne ? Ma io non intendo farla lunga , e però senz'altro aggiungere entro nella cosa. PRIN- Di Giuseppe Maria GiCvenb . jl3 rrjNCirio fondamentale de' pronostici . Per potere il più ordinatamente che io possa esprimere le mie idee piemetterò due, che dir si potrebbero Postulati, e li tjiiali sono sicuro , che niun uomo di buon senso vorrà negare : proporrò indi il mio principio , e tìnalmente ne da- rò come una spezie di dimostrazione . I.° Ogni clima, ogni tratto di paese à una temperatura media . Per ogni paese secondo la varia altezza del suolo sul livello del mare vi è un' altezza media del Mercurio nel Ba- rcmetro . Ogni regione à una misura media d'acqua, che scende giù dal Cielo in pioggia, neve, o grandine , siccome ogni regione à un dato numero medio di giorni di Sole, nu- volosi , piovosi , nevosi ec. È questa una legge , che a se stessa à prescritto la natura, o vogliam meglio dire, è questo mi effetto costante delle invariabili leggi alla natura delie co- se dal Creatore di essa prescritte . Sale , e discende a ca<^ioa di esempio il Mercurio nel Termometro in Milano, in Moì- fetta , in Altamura di Puglia , in Teramo di A])iuzzo , in Ariano del Principato ultra , ed a chi non riflette sembrano irregolari , e senza legge i suoi movimenti ; ma pure non è così . Sale , e discende è pur vero , ed ora più , ora meno , ora lentamente, ed ora bruscamente, ma la legge della na- tura il forza dirò così, ed il rattiene , perchè non esca da 'alcuni limiti , e ehe si aggiri sempre intorno ad un punto . Al far de' conti finché la salita , e la discesa devono trovarsi al medio in Milano di io. 4- j in Molfetta di i3 : -^^ , in Al- ' lOO tamura di o : — • , in Teramo di io : -^- , in Ariano di o -^- fi") ; -' lOO lOO lOO ^ ' ed è questo 1' etletto costante delle cause alternanti si , ma Tomo X. P sem- (c) To ò compiacenza di far co- la loro indole meteorologica, BOiccre paesi finora sconosciuti per IIJJ. Dh.' PllONOsnCI RAGlCNATI CC. sempre le istesse , le quali agiscono sulla temperatura di tali luoghi : ò un anno piovoso più , un altro meno , in un an- no sembra il Cielo di bronzo , ed in un altro ogni nuvola si scioglie in acqua, che allaga le campagne. Questo apparente capriccio delie nuLi però è circoscritto da una legge , che in Molfetta di Puglia sul lido del mare dove scrivo, per ulti- mazione di conti la pioggia media sia , e deblia essere di 19. a. o. , in Ariano posto sulla cima di un alto Monte ele- vato sul livello del mare per circa 449 Tese , sia , e debba essere di aq. 7. 4- » in Teramo dell'Abruzzo elevato per cir- ca ICO. Tese suU^ istesso livello del mare , sia, e debba es- sere di aa. 6. 5., in Altamura elevato sul mare per laco piedi sia, e debba essere di aa. a. r. II." Questo medio, questo punto, o che voglia anche dir- si centro, intorno a cui la natura forza a rivolgersi gli affari meteorologici può essere , ed è in fatti noto dalle osservazio-, iiij e quanto questa è per più lunga serie di anni continuata, tanto questo medio è più esatto, tanto questo punto , o cen- tro è con più precisione determinato . Grazie alla diffusione delle osservazioni meteorologiche , e grazie alle cure di tan- te Società 5 e di tanti particolari osservatori , che vi si sono applicati, ed in ispecialità della Società meteorologica-Palatì- iia , sono ben pochi quei paesi , e quelle regioni delle quali non si conoscono li medii più , o meno esatti per il Termo- metro , per il Barometro , per la pioggia , e cosi per le altre meteorologiche . Ciò intanto premesso , eccomi a dichiarare il mio principio . Se a causa di esempio, avvenga, che gli Astronomi di Brera trovino, che per un anno, due, tre, quattro, cin- que , o più anni ancora sia stato il Termometro in ultimo risultato sutto del medio già da essi antecedentemente cono- sciuto ; io dico , che con un grado , due , tre , quattro , cin- que, o più gradi ancora di probabilità essi potranno predire, che negli anni avvenire il risultato del Termometro si dovrà trovare sopra il medio , lorchè in altri equivalenti termini è l'isLcs- Di Giuseppe Maria Ciovene . Ii5 ristesso, clie dire, negli anni avvenire vi sarà esuberanza di caldo. Se io avessi trovato in Molfetta , per particolariz- zare un altro esempio , in Novembre , il cui medio per la pioggia è di a. 4- 4- P^i" "»' anno qual fu il 1787. aver pio- vuto 6. o. g., per un secondo anno qual fu il 1788 ; 4. a. q., per un terzo anno qual fu il 1799- aver piovuto a. 11. 5., avrei potuto con quattro gladi di probabilità pronosticare, che negli anni avvenire la pioggia in Novembre avrebbe do- vuta essere scarsa , ed il mio pronostico si sarebbe avverato, poiché negli anni 1791, 1792, 1793, 1794 piovve assai me- no del medio in quel mese. Così sono oramai quattro anni cioè 1798. 1709. 1800. 1801. dacché piove in questo mese meno del medio; vi è ragione da credere, che pioveià più in appresso . E questo dunque il mio principio . Se vi è stato un più vi dovrà essere un meno, e se vi è stato un meno vi dovrà essere un più, e quanto maggiore è stato il più, tanto mag- giore ragione vi è , che vi sarà appresso un meno , quanto più forte è stato il meno ^ tanto più forte ragione vi è, che vi sarà appresso un più. Se vi è stato un sopra nel Barome- tro, nel Termometro ec. ^ dovrà esservi un sotto, e se vi è stato un sotto vi dovrà essere un sopra , e quanto sarà stato più forte il sotto , o il sopra , tanto più forte ragione vi è che vi sarà un sopra , o un sotto . Io ne do subito in poche parole la dimostrazione , e sa- rà come quella , che li Geometri chiamano per assurdo . Se così non fosse per accadere, il medio non sarebbe più medio, e per dirla in altri equivalenti termini , la legge della natu- ra non sarebbe più legge della ratura , la qual cosa vede ognuno j quanto sia assinda . In fatti se la pioggia del No- vembre in Mclfetta essendo stata per uno , due , tre ,. quat- tro , e dicasi anche dieci anni assai più di 2. 4- 4*5 pjose- guisse gli anni avvenire ad essere àncora maggiore, ne se"-ui- rebbe, che il medio della pioggia di quel mese non sarebLe P a più Il6 De' PRONOSTICI RAOIO!!ifA.TI 60. più a. 4' 4- k' l'RONOSTlCI RAGIONATI CC. rato da lunghe serie di osservazioni è un in circa di cui de- von sempre rivolgersi gli effetti meteorologici ; siccome dico, che per un dieci, un venti, un trent'anni non si camLi il clima, e non si alteri notabilmente la meteorologia di una regione . APPLICAZIONE PRATICA DEL PRINCIPIO DI SOPRA ESPOSTO . E questo a mio credere il vantaggio del metodo , che per pronosticare ragionevolmente io propongo , che egìi non poggia su veruna ipotesi , su veruna spiegazione . Le ipotesi si edificano , e si distrasj^chio successivamente , alle antiche 66 ne sostituiscono nuove , purché poi queste cedano il loro luogo ad altre . Ogni di si discoprono nuove cause , e nuove maniere di agire , ed effetti nuovi di cause conosciute , le quali inducono nuove spiegazioni . Ma la natura non può non andare in regola, non può mentire a se stessa, e su questo principio, che può dirsi metafisico, è fondato il metodo, che io propongo . Sia qualunque la causa , o le cause , che fanno montare , e scendere il mercurio nel Barometro , siano qual- sivogliano le cagioni formatrici , accumulatrici delle nuhi , e delle piogge , il metodo rimane sempre lo stesso . E ancora un vantaggio di questo metodo, eh' ei non sia ristretto ai particolari luoghi , o regioni, egli è applicabile a tutti li luo- ghi , e tutti li climi , È però ad avvertire , che io non pretendo già potersi dal Meteorologista picnosticare , che nel giorno tale abhia a piovere, ed in tal' altro abbia ad infuriare il vento in tem- pesta , Saggiamente , ed elegantemente disse Plinio ('/) Non ad d'ies utìque praefinitos expectari tempestatimi vadìmoma . È pur vero che ciò ia alcuni non ordinarii casi possa farsi eoa ragionevolezza , cioè con qualche sorta di probabilità appog- gia n- 1 (d) Hist. Nat. Uh. IV. Gap. i, i9 nuvolosi. Ss io trovas- si dunque che per due, ere, quat- tro , o anche più anni quel giorno sia stato sereno in Padova, potrei scommettere dieci, quindici, venti, venticinque contr'unoche nell'anno venturo sarà giorno coperto. Al con- trario il giorno 29 Settembre è uno de' giorni più sereni di tutto 1' an- no per quella Città, ed in 61 an- ni per 54 è staio sereno, per it piovoso, per 16 nuvoloso 5 se dun- que per uno, due, tre, o più anni sia stato piovoso, potrò scommetter bene che nell' anno avvenire debba esser sereno. I20 Db' rROKOSTJCI HAGIONATI CC. natura in circostanze di poter predire per legge di compen- sazione la tale indole futura della stagione , dell' anno , del mese , egli si volgerà ad esaminare se un ciclo , o più cicli concorrano a dare 1' istessa indicazione, e quando ciò sia, egli potrà con maggior sicuiezza avanzare li suoi presagi . Cosi pur vorrei , che il Meteorologista prima di dar fuo- ri li suoi pronostici avesse cura di riflettere a tutto quello , che può o confermarli , o distruggerli . Un esempio spieghe- rà meglio la cosa . La legge di sopra esposta di compensazio- ne sul Termometro portando , a cagioii di esempio , a presa- gire con qualche probabilità, che Testate avvenire debba es- ser calda, esamino li cicli di 4? di 8, di 1 8 anni, e trovo, che portano ali' istessa indicazione . Passo a vedere a che porti la legge di compensazione del Barometro, e trovo, che porti a dover esser basso, che vai quanto dire, che vi deb- ba essere predominio di venti austiali , predominio, che trovo ancoia indicato dalla legge del riflusso. Osservo pari- mente , che la primavera che la precede , è stata ed è so- leggiata con pochi giorni nuvolosi , e non con numerose piog- ge. In tal caso io scommetterò cento contro uno, che l'esta- te debba esser calda . Ma se la primavera corra coverta , ed umida , cosicché il Sole poco possa scaldar la tei ra , se la legge del riflusso porta a venti stttentrionali , l'indicazione prima del Termometro resterà poco più , poco meno oscura- ta . Intendo ben io , che per poter fare tutti questi riflessi bisogna essere molto vicino alla stagione , la di cui indole vuoisi indovinare : ma appunto io vorrei, che ugualmente, che gli Almanacchi annuali , s' inducessero ancora gli Alma- nacchi delle stagioni , e de' mesi . Ma di ciò sarà meglio dir- ne appresso , giacché potendo , e forse anche dovendo aver qui fine la presente Memoria, penso fare alcune particolari avvertenze, e ciò non già, che io volessi esaurire l'oggetto, che sarebbe vasto , ma per passarvi di sopra superficial- mente . BE' Di CiurEprE Maria Giovene , lai DE' PRONOSTICI DEL BAROMETRO . Se la meteorologia avesse due, o tre altri istrumenti sl- mili al Barometro , starei per dire , che il pronosticare sa- rebbe un mestiere troppo facile , e li pronostici avrebbeio più che probabilità . Non vi è perciò istromento , che piìi del Barometro debbasi studiare da chi voglia pronosticare ra- gionevolmente . La legge della compensazione è dal Barome- tro più che osservata , e non solamente le salite si compen- sano colle discese j ed a vicenda, ma ordinariamente si com- pensano con eguale grado di velocità, cosicché ad una lenta discesa corrisponda una lenta salita , e ad una violenta sali- ta corrisponda una rapida discesa. E siccome l'altezza, e la Lassezza del Barometro è legata non solamente con li venti , cosicché sotto al dominio de' venti dal Sud , o intorno sia basso, e sotto ai venti dal Nord, o intorno (/) sia alto; ma Tomo X. Q è le- (f) Sembrerà forse strano , che io dica avere il Barometro il suo me- ridiano , e forse coincidere questo co! meridiano magnetico; ma subi- to, che mi sarò spiegato forse vi si troverà del buon senso . O' det- to, che li venti, li quali spirano dal Nord, o all'intorno fanno al- zare il Barometro . Dicono l' istes- 10 con me tutti li fisici ; ma io os- servo almeno in Puglia questo *//' intorno estendersi più dalla parte dell' Ovvest, meno dalla parte dell' Est. Similmente avendo detto insie- me con tutti gli osservatori li ven- ti dal Sud , o all' intorno far ab- bassare il mercurio , rifletto, che questo all' intorno stendesi meno dal- la parte dell' Ovvest, più dalla par- te dell'Est . La linea, che tajlia a perpendicolo 1' altra , che si può concepire tirata da punto a punto de' venti, che fanno alzare, o ab- bassare il Barometro, e suppo.n.i vera la mia osservazione, questo me- ridiano viene a declinare alcun po- co all' Ovvest, come appunto de- clina il meridiano magnetico . So che alcuni fisici dicono il contra- rio; cioè stendersi dalla parte dell' Est maggiormente li venti , che fan- no alzare il Barometro , e citerò a cagion di onore il Si^. de Lue ( Reckrches sur les modifications dt l' ^tmosphcre Par. ^. Ch-'p. IX niim. 710.) Ma rifletto, che il meri- 122 De' pronostici ragionati ec. è legata altresì collo stato dell' Atmosfera , ed abbia questa disposizione al nuvoloso , piovoso , nevoso, essendo il Barome- tro basso , abbia poi al contrario disposizione al sereno , al secco j al belio, essendo il Barometro alto : quindi avviene, che il pronostico dello stato del Baroni^ro porti seco il pre- sagio de' venti , e delle disposizioni dell'Atmosfera, e delle principali meteore, che interessano l'Agricoltura. Quindi ini fermerò alcun poco di più nel dare avvertimenti su le osser- vazioni del Barometro , e trascurerò qualche altra cosa , ov- vero vi scorrerò sopra leggermente , perchè non cresca so- verchiamente questa Memoria . Compensa senza dubbio il Barometro se stesso , e la leg- ge di compensazione è universale nella natura ; ma se noi ci ostineremo a calcolar per mesi, ed anni, come ordinariamen- te suol farsi , scomparirà da' nostri occhi la legge di com- pensazione e nel Barometro , ed in qualunque oggetto me- teorologico . Noi dobbiamo andar appresso alla natura , e non tagliarla, o arrestarla a mezzo corso. Accadeià talora, che a mezzo mese, piìi, o meno, ii Barometro dopo essere stato al basso tenda all' alto , e cosi prosiegua fino sd una porzio- ne dell'altro mese, dopo il qual tempo potrà forse accade- re, che tenda di nuovo al basso. Intanto se si calcola il prodotto del Barometro di c[i;esli mesi si troverà , che sia stato presso a poco intorno al medio , e cosi nissun prono- stico potrà tirarsene. Ma se in vece si poniia mente non all' arbitrario de' mesi , bensì al fatto di es?cre stato per venti , trenta , quaranta giorni , o anche più il mercurio assai sopra il medio , allora potrà benissimo pronosticarsi la sua caduta fu- diano magnetico ron è in tutti i io ò osservato, ed osservo in una luoghi delia terra parallelo a se regione sgombra affatto da Monti, stesso, e potrebbe del Barometro ed in faccia ad un mare libero, essere l'istesso, ma il Sig. de Lue, Comunque la cosa sia, è questa una e qualche altro fisico anno osserva- osservazione, che io lascio al caso, to in mezio ai monti , li quali fan- e la quale merita di essere o con- no caaibiare direzione ai venti, ed fermata, o smentita. Di CiusEPPE Maria Giovene . 12.3 fiitma . Da ciò avviene , che quando si mette occhio su li calcoli delle tavole harometriclic distribuite per mesi , come suol farsi , uon si vegga o niente affatto, o poco la legge di compensazione osservata . Cosi a cagion d' esempio se si pren- dono i medii deir Ottobre , e del JSovembre del corrente an- no 1801. si avranno per il primo 28. 2.. ■ — , e per il se- condo 28. 3, Sl^ , e così r Ottobre si sarà mantenuto per il 100 medio , ed il Novembre si sarà poco discostato . Ma se poi si prendono 3o giorni, cioè dal dì aS. Ottobre al dì 2,1. Novembre inclusivamente, si avrà per medio 20. 3. >-- che 100 è una quantità di molto superiore al medio. E ciii in tal caso non avrebbe pronosticato futura molta depressione dt^l mercurio nel Barometro ? E così è stato , e calcolandosi dal dì 21. Novembre al dì a3. Decembre, si à per medio 28. 0. -- ICO quantità altrettanto sotto, quanto l'altra fu sopra il medio. La Natura non vuole essere soggetta alle nostre divisioni , e là bisogna , che noi facciam punto , ove essa lo fa . Così ac- cade talora che ima larga pioggia avvenuta nel primo , se- condo , o terzo dì ci un mese, o ne' primi giorni di una stagione faccia apparire su le tavole piovoso , o almeno non asciutto quel mese, quella stagione, mentre quella pio"^i;ia sarà stata una conseguenza dell' indole piovosa della stagio- ne , e del mese antecedente . E però non da tavole calcui i- te debbansi li pronostici tirare , sibbene dallo studio esatto delli giornali , e dalla osservazione della natura , e la sagaci- tà del Meteorologista sarà riposta nel mettere a credito , o debito di chi conviene le meteore accadute . E ciò mi conduce a dare un altro avvertimento su del quale ò in altra occasione insistito , e questo è il non badar- si tanto all'altez/i, o bassezza del Barometro, ma bensì al- la tendenza , e dirò così al conato del mercurio . Accade in Q 2 un 124 ^^' PRONOSTICI KAGIONATI eC. un periodo di tempo , che il Barometro scenda frequente- mente al basso j ma nel discendere par che sempre si sforzi a salire , o realmente in mezzo alla discesa istessa salendo alcun poco , ovvero spesso spesso rialzandosi , e facendosi convessa la colonna del Mercurio . In tal caso io lo avrò come Barometro ascendente , a cui poi debba corrispondere un periodo contrario , in cui mostrerà sforzo per discendere , o discendendo alcun poco in mezzo alla salita , ovvero inca- vandosi la superficie del Mercurio spesso spesso nel salire . E per dir qualche altra cosa analoga , ove si vede in qual- che epoca di tempo spesso piovere , o piovigginare , e qua- lunque nube sciogliersi in acqua , a dispetto di una picciola somma di pioggia, che si troverà nel calcolo, vorrà quella tale epoca chiamarsi piovosa , e vorrà presagirsi un' epoca dell'indole contraria nell'avvenire, siccome non vorrà ba- darsi ad un rovescio , o due di pioggia nato da un fortuito accoppiamento di nubi, o da contrarietà di due venti, se poi nel resto l' indole della stagione sia stata asciutta , e sian passate , e ripassate nubi gravide , e minaccianti senza dai» goccia di pioggia . Dirò in una parola , che non tanto vuoisi spiare li fatti , quanto la intenzione , e gli sforzi della natura . Li calcoli ordinarii dunque spesso e' ingannano , e per tal motivo , e perchè le lunghe filze de' numeri se sono buo- ne per li pazienti calcolatori , diventano poi nojose, e spa- ventano gli ordinarii Leggitori , ò da qualche tempo imma- ginato, e per mia particolar instruzione ho preso a segnare il cammino del Barometro in un certo modo , che il rappre- senta convenevolmente ; ed è forse questo il luogo proprio di descrivere questo mio particolar metodo . Alcuni àn cre- duto poter segnare il cammino del Barometro con una curva strisciantesi tra linee parallele tirare dalle divisioni decimali della scala barometrica . Senza dubbio questa maniera à il vantaggio di rappresentare convenevolmente il cammino del Barometro , e trovasi usata negli atti della Società meteoro- lo^ico-Palatina . Trovasi ancora negli stessi atti usata dal Gel. Sig. Di Giuseppe Maria Giovene . Ii5 Sii;'. Ab. Ghimiiiello 1' altro metodo assai miiiliore di scenario con una curva tirata per gli apici delle ordinate ad angolo retto ad una linea indicante il medio . Nondimeno sembrami potersi rendere la cosa più semplice , più istruttiva , più im- ponente alla fantasia , e di aspetto meno scientifico ^ e forse alcun poco elegante ; loccliè per il comune degli uomini è da ricercarsi ancora , e forse col tempo conducente a qual- « he nuova scoperta . Ecco la maniera , che io soglio usare . Prendo un pezzo di carta per musica a cinque righe , e pri- ma di tutto nella riga di mezzo vi situo come una specie di chiave , giacche in quella riga andando segnato il medio del Barometro , che suppongo ritrovato per il dato luogo dalle an- tecedenti osservazioni j diventa quella come chiave di ogni comparazione . Quindi assegnando ad ogni tuono mezza linea di variazione del Mercurio^ segno al di sopra della chiave con note a coda in gin li rialzamenti del Barometro sopra il me- dio, siccome poi segno al di sotto della chiave con note a coda in su gli abbassamenti sotto al medio, di modo che co- me ò detto, ogni tuono corrisponda a mezza linea di salita, o discesa , Il giro di 2,4 ore chiude la battuta . Ora ognun vede, che così usando le note ed i segni della musica , io posso esprimere air occhio più cose , e senza confusione . Posso esprimere le variazioni minori , o maggiori di mezza linea colli bemolli e colli diesis , e le convessità , e le con- cavità della estremità superiore della colonna del mercurio colle picciole notarelle , che diconsi di appoggiatura ; e pos- so non la variazione soltanto esprimere , ma la velocità an- cora con cui le variazioni si fanno , segnando quelle a corso ordinario con semicrome , quelle a corso lento con semimini- me ^ o anche minime, e quelle a corso veloce con crome. Ed ha ancora un altro vantaggio questo metodo , che essen- do le note , le quali non àii bisogno di righe aggiunte , im- dici , con queste si hanno già cinque linee, e mezza, quan- tità tra la quale ne' nostri climi sogliono limitarsi le variazio- ni ordinariissime ; cosicché quando un veda note più alte , o più isi6 De' pronostici ragionati t:c. più basse già intende , che si va al più o meno straordina- rio . Che se si vogliano poi comparare le variazioni Larome- triche di varii luoghi si scrivono le note sotto V istessa bat- tuta , come . si usa scrivere li concerti di varii istromenti di musica, avvertendo sempre di metter 'e chiavi de' varii Barometri^ giacché senza le chiavi ^ o sia senza li medii ogni comparazione divicn fliliace, ed erronea. Un esemplare, che unisco a questa Memoria metterà sotto 1' occhio la cosa . DE' PRONOSTICI DEL TERMOMETRO . Dacché si è scoverto il calore proprio di una regione qualunque essere il risultato delle latitudini, ossia distanza di quella dall'Equatore, come ancora dalla sua elevazione sopra il livello del mare, e dippiù essere il caler medio di un paese eguale a quel fisso , e perpetuo , e costante , che si trova nelle viscere del sottoposto suolo , poco meno ; gra- zie alle fatiche de' Sigg. Kirwan , Mayer , e Saussure non si ha bisogno di Termometro per. sapere il calor medio di un luogo, se non si voglia portare l'esattezza per alcuni deci- mali di più , o di meno dipendente tal differenza da cause accidentali , e locali . Tanto più dunque è a conchiudersi , che sia pure una state più calda, un'altra meno, un in- verno freddissimo , un altro ancor freddo ; si deve essere sempre là, cioè al medio, che è costante ugualmente che costante è la latitudine , e 1' elevazione sul livello del mare. Addiviene per( io come ne' calcoli di aritmetica, che sapen- dosi la somma di dieci partite per esempio , e sapendosi il valore di nove di esse, è facile indovinare il valere d'ella decima partita . E' ben vero , che un momentaneo aspro freddo , un colpo di caldo urente può nuocere ai prodotti della campagna , ed io confesso volontieri essere mollo diffi- cile , se non anche impossibile prevedere lungo tempo in- nanzi tali fortuiti accidenti . ]\Ia quello , che forma F indole di una stagione , e che per conseguenza influisce ordirìaiia- men- Di Giuseppe JI/.ria Gjovhke . laj mente su le cose di campagna non è già un giorno di gran caldo, o un i)ajo di giorni di gran freddo , ma bensì l'azio- ne continuata consistente dell' uno , o del'altio. Quest'azio- ne lenta ma continuata agisce sordamente, ma efficacemen- te , e determina il maggior , o minor vigore delia vegetazio- ne, e la maggior , o la minor attitudine jjlla fruttificazione: che se si rifletta la differenza di un solo grado nel calor medio di un anno per un dato luogo portar 1' istesso efi'et- to , che se la latitudine di quel luogo per quell' anno fosse cambiata di circa tre gradi , ovvero , che si fosse quel dato luogo elevato di laS tese, si comprenderà facilmente quanto influir debba sulla vegetazione la differenza di un sol grado nella temperatura media di un anno. Se però non è possi- bile , o almeno non facile pronosticare un colpo di caldo , un colpo di freddo, un colpo di vento urente , è ben possi- bile di poter pronosticare con fondamento di ragione, se un anno abbia ad inclinar al caldo , ovvero al contrario , e se una stagione abbia ad essere calda , o fredda , e tale previ- denza importa molto all'Agricoltura. E per dare alcune av- vertenze su tal soggetto dirò essere stata antica osservazione, di cui fa menzione Plinio , (g) tempestates ardores suos habe- re quadrinis annìs .... octonis vero aligeri easdem , la qua- le espressione altro a mio parere non significa traducendola in linguaggio meteorologico , se non , che la natura in ogni quarto anno , o al più tardi nell' ottavo ritorna dalle sue de- viazioni in regola , e con un colpo ardito si mette in equili- brio . E' vero , che Plinio vi mescola in ciò la Luna-, ed era in quel tempo la moda di render ragione de' fatti di quag- giù colli pianeti , e colle stelle . Ma tanto io non credo es- sere questo quarto anno un periodo dipendente da influssi degli astri , quanto non credo essere propriamente un perio- do quello della decima onda , che sia la massima , ma so- venti volte , e sempre intorno la decima , cosi io non penso as- (g) Hlst. Natur. Lib. XVIII. crp. 25. I2.'ò De' pronostici ragionati ec. assolutamente ad ogni quai-to anno compensarsi le stagioni , e gli anni tra loro , ma spesso nel quarto , e dopo il quar- to . Ma senza entrare in ulteriori discussioni tenghiamoci al- la osservazione . Se per due , o tre anni , o molto più se per quattro siasi avuta a .cagìon di esempio una state fresca , aspettatevi nel quarto , o nel quinto anno una state calda , e molto più è da aspettarsi una state calda , se per quattro , cinque , sei , e sette anni siasi avuta fresca . Così tra li quattro , e gli otto anni aspettasi un inverno alcun poco più freddo . Se si dia una passaggiera occhiata alla bella tavola del Termometro per Milano dal 1768 al 1794 data dal Gel. Sig. Reggio j si vedrà pure in ogni quarto anno ad un dipres- so un certo sbalzo in più o in meno , e pure è queiia tavo- la calcolata per anni , e mesi , divisione questa , come sopra ò osservato per il Barometro , la quale fa scomparire ogni compensazione . Io non vorrei cessare dal ripetere , che non tanto è da badarsi agli anni, o ai mesi, che sono opera no- stra , quanto ai periodi della natura , ossia a quei periodi , che serba attualmente la natura . Intanto la compensazione , a cui la teoria generalmente ci porta j è senza epoca di tem- po, o di quanto pare , che 1' antica osservazione la fissi ad ogni quarto , quinto , o al più ad ogni ottavo anno . Se dunque il Meteorologista rifletta un grado di più , o di meno nella somma del Termometro influire moltissimo suir indole di un tempo qualunque , e su la vegetazione di quel tempo , se sappia discernere li periodi della natura , e quando a cagion di esempio s' incominci dalla natura la pri- mavera , quando si finisca ^ e s' incomincia la state , e cosi via via (A) , se si tenga alla osservazione del quarto anno, o al più dell'ottavo intesa nella maniera j che di sopra ù espo- sta , (h) Ordinariamente la natura in- pressione . Questo colpo ardito è dica il principio vero di una sta- massimamente osservabile nel Ter- gione con uà colpo ardito , dirò mometro. così, del quale resta ferma 1' ini- Di GiusErrE Mauia Ciovene . I2.g sta j potrà benissimo colla teoria delle compensazioni trovar bastanti fondiimenti da dar fuori pronostici abbastanza ragio- nevoli , e molti potrà ricavarne dalle osservazioni del Termo- metro . Io f[iii non posso fare a meno di non riportare quan- to scrisse il Sig. Ab. Toaldo ne' numeri aag , e a3o della Meteorologia applicata aW Ar^ricoltura , e colle quasi stesse parole ripetuto dal Gel. Sig. Senebier = Un Autunno umi- „ do con un inverno dolce è seguitato ordinariamente da ,, una Primavera asciutta , e fredda , come all' opposto , se „ l'inverno è asciutto, la Primavera sarà umida j ad una „ Primavera , e ad una Estate umida succede un Autunno „ sereno , ed a un Autunno sereno una Primavera umida ; „ in una parola le stagioni si alternano , e si compensano . DE' PRONOSTICI DE' VENTI . Se un principio , a cesi dire , metafisico ci conduce per le altre meteore alla legge di compensazione di essa , per li Venti vi è ancora dippiù un principio fisico , e questo è , che al flusso dell' aria da un punto dell' Orizzonte all' altro debba necessariamente corrispondere in appresso un riflusso del punto contrario . Non è già mia intenzione parbr di ven- ti , in generale , e per tutta la faccia della Tevra , ma sol- tanto dare un cenno per il mio oggetto , e de'venti de'nostri climi . E riguardando questi , la lunga osservazione mi à in- segnato non esservi flusso, e riflusso dall'Occidente all'Orien- te , e dall' Oriente alTOccidente j ma bensì esservi costjntp, e fermo dal Nord al Sud , e da questo a quello : dal che re viene conseguenza da' venti dall' Ovvest, o dall' Est non potersi trarre pronostico alcuno per ragion di flusso , e riflus- so , bensì da un predominio di vento dal Sud , o dal Nord potersi presagire ini predominio contrario . Che se voglia be- ne riflettersi su le osservazioni, dovrà dirsi due essere li ven- ti generali , estesi , e forse non dirò male , appellandoli Cos- mici de' nostri climi , il Nord , cioè , ed il Sud più , o me- Do declinanti , e tutti gli altri venti non essere se non o cor- J'omo X, R leu- l3o Dje' pronostici RAClOlfATX cc. renti laterali di aria, o venti locali, e di particolari circo- stanze delle regioni (a), e per dirla in brève li venti de'no- stri climi sono venti per Latitudine , come quei della Zona compresa tra li Tropici , venti per Longitudine , onde sembra presso di noi li venti non essere , che un gioco di rovescia- mento scambievole dell' Atmosfera da' Tropici al Polo , e dal Polo a' Tropici , mentre tra li Tropici stessi corre 1' aria co- me in circolo per la Longitudine terrestre . Sarebbe un non finirla m£^i , e certamente non proprio per la brevità di que- sta jMemoria lo estendere fin dove va esteso questo colpo di occhio generale su li venti . Eccomi al mio oggetto . Vi è già un compenso generale dal Sud al Nord , e dal Nord al Sud . Se dall' Equinozio di Primavera o quello di Autunno vi è ordinariamente dal Nord un flusso , al Sud per il contrario dall' Equinozio di Autunno a quello di Pri- mavera suole esservi un contrario riflusso dal Sud al Nord (Z») , non (a) Nella Puglia dall' Equinozio di Primavera a quello di Autunno dominano li venti regolari dall' Ov- vc5t alla mattina, dall' Est alla se- ra, mentre nell'alto dell'Atmosfe- ra, ed alla sera, ed alla mattina, e sempre corrono le nubi dall' Ov- vest all' Est , onde in Puglia del vento dall'Est in estate dicesi quel- lo , che del Cecia dicevano i Gre- ci , come riporta Teofrasto. Cacciai tni'm solus ad se nubes agìt , quod & in proverbio est , sic ad se trahens velut Caecias nubes. Intanto sull'Ap- pennino spira costante il Nord . Che se è costante l'Owest nell'al- to dell'Atmosfera della Puglia, que- sta non è che una espansione, o corrente laterale , che voglia dirsi del vento stesso del Nord, che re- ni sali ' Appennino . (b) Senza questa importante os- servazione sarebbe cosa non così facile a concepirsi , come in tanta abbondanza di vapori , che si alza- no dalla nostra terra, e dai nostri mari ne' forti calori della State si mantenga il cielo bello, e sereno | e come al contrario in inverno , quando è assai scarsa 1' evaporazio- ne, si à il cielo spesso , e quasi sempre coverto di nubi , e tanta quantità di pioggia ne discenda . Ma la provida natura à sistemato i che nella State li vapori, che si al- zano dalle nostre regioni trasporta- ti dalla corrente, che allora domi- na dal Nord al Sud , vadano alla Zona torrida , e che al contrario nell'inverno li vapori, che si alza- no dalle regioni , e dai mari di Di Giuseppe Maria Giovbne . i3i non ostante però questa compensazione ■ generale vi sono an- cora -delle compensazioni particolari , ed altre compensazioni finalmente , che potrebbero dirsi momentanee . Se per un mese, ovvero meglio per una stagione vi sia stato predomi- nio (li venti dal Sud , e intorno , per 1' altro mese , o stagione vi dovrà essere un contrario predominio di venti dal Sud ; è ben facile di ciò concepirne la ragion fisica senza es- servi bisogno di esporla. Così nell' anno presente 1801 aven- do nel Luglio straordinariamente dominato li venti dal Sud, era ben naturale il pensare , che vi dovesse in appresso es- sere un contrario riflusso dal Nord , e così è avvenuto nell' Agosto . E neir anno i8co. non essendosi pressoccliè sentiti dopo l'Equinozio di Autunno li soliti venti del Sud, io pre- d'Sài , che sarebbero venuti nell' inverno , e che lo avrebbe- ro reso tepido , e cosi avvenne . Gli antichi ancora conosce- vano questo flusso , e riflusso dall' Aquilone all' Austro _, e dall' Austro all'Aquilone , e pare che avessero avuta l'idea, dove fossero , come io ho detto , li veri venti estesi ge- nerali de' nostri Climi Nord , e Sud , come apparisce da Ari- stoti'le , e da Teofrasto , il qual' ultimo nel Libro de ventis à le seguenti notabili parole „ Ut Austro ea Aquiloni : magai j, enim hi sunt , et plurimum temporis spirant, quod pluti- „ nuis conipellatur aer ad meridiem , et septemptrionem , „ quae loca a latore sunt Orientis , et Occidentis , qua sol j, pernieat „ Ma lasciando una tale discussione dirò , che il Meteorologista molto probabili , e certamente ragionevoli pro- nostici potrà tirare dalle osservazioni delle costituzioni Borea- le, ed Australe. Quanto 'maggiore sia stato il predominio dell' uno , tanto maggiore dovrà essere in seguito il predomi- R a nio quella Zona siano nell' inverno por- circolo nella natura , tutto è com- lati nella massa della nostra Atmos- penso . Quante altre riflessioni su fera dalla corrente allora dominan- questo oggetto ! Ma bi-ogna pure te dal Sud al Nord . Così tutto è per la brevità sopprimerle . *' i3a De' PRONOsTicr ragionati ec. nio dell' altro , quanto più lungo sia stato il periodo dell* uno , tanto più lungo il periodo dell' altro . Osservi molto , stia alla Legge di compensazione , e di riflusso , e potrà così pronosticare de" venti avvenire con molta probabilità , Il pro- nostico poi de' venti lo condurrà ai pronostici dell' indole piovosa j umida, o secca , calda , o fredda, di una data sta- gione , giacché à pur noto la costituzione meteorologica esse- re ordinariamente osservata dalla costituzione de' venti . DE' PRONOSTICI DELLA FERTILITÀ' , O INFERTILITA* DELLE ANNATE . Io lascio molto indietro, e scorro leggermente su gli og- getti sempre dubbio ; dalla pronosticazione delle meteore di un anno, o di una stagione si può benissimo passare a pre- iagire della fertilità , o infertilità di quell' anno , di quella stagione , nel che il Meteorologista à bisogno assoluto di unire alla cognizione meteorologica le cognizioni ancora astro- nomiche . Ma oltre a ciò vi sono degli altri fonti, da' quali attinger pronostici sulla fertilità , o sterilità delle campagne , e questi fonti ancora sorgono in qualche modo dal grande principio della compensazione . In dieci anni vi à un anno di raccolta pessima , due di mediocre , e scarsa , due di abbondante , e cinque di ordina- ria . Ecco r osservazione de' più valenti osservatori in Astro- nomia . Dopo una raccolta abbondante sperarne un' altra si- mile raccolta immediatamente seguente è pazzia, siccome spe- rare una raccolta ordinaria almeno , e buona dopo una catti- N^ Ta è ragionevolezza ; che se sono precedute due. di scarsa, è più che ragionevole sperar un' abbondante raccolta , massi- mamente , quando li pronostici delle meteore si mostrano fa- vorevoli alle campagne . L' alternativa più o meno lunga del- la fatica , e del riposo, dell' abbondanza, e delta scarsezza, iiori è una Legge che si osserva da alcune piante solamente, e da alcune terre, ma è Legge universale di tutte le piante, e sic- h Di GmsKPPE Maria Giovene . i33 e siccome di tutte le piante, cosi di tutte le meteore, e di tutte le terre ancora . Può bene 1' Uomo cogli suoi sforzi , con li concimi , col taglio , con raddoppiata coltura opporsi in qualche modo , e fino ad un certo segno agli effetti di questa Legge , ma non può intieramente cassarla , ed abrogar- la . La fertilità di im anno diviene , ed è veramente princi- })Io dell'infertilità del seguente , e la sterilità di un terzo an- no diviene^ ed è sorgente feconda dell'abbondanza del quar- to : la terra col produrre certamente dà , e tanto meno pos- siede da poter dare , quanto più à dato , e tanto più serba in massa da poter dare, quanto meno à dato. E' vero però, clie se la terra resta esausta , o quasi esausta di principii per un genere di prodotti , non resta esausta per un altro gene- re , ed è questa cosa rlsaputissima da tutti gli Agricoltori , quindi è , che anni fertili generalmente iu ogni genere di prodotti , ed ancors. generalmente sterili in ogni cosà , o non possono accadere, o non ordinariamente al certo . Quindi li pronostici generali sulla fertilità , o infertilità delle annata saranno sempre sciocchi , quando non se ne determini il ge- nere de' prodotti . E' ben vero però , che questo naturale , e facile prono- stico tirato dalle infertilità , o fertilità antecedenti può esse- re , dirò cosi , perturbato dalla influenza delle meteore più , o meno favorevoli , o nocive ; ma chi suole pronosticare dee metter tutto a calcolo , come gli Astronomi , li quali oltre al calcolare il moto proprio del Pianeta , anno bisogno anco- ra di calcolare le forze perturbatrici risultanti dall' attrazio- ne degli altri Pianeti . Essi a forza di pronostici trovati poi erronei sono arrivati a calcolar tutto , e pronosticar con più precisione . Tal dovrebb' essere de' ]\Jeteorologisti . Democri- to il quale non ostante la bella , ed abbondante fioritura de- gli ulivi fece incetto di olii, che per la speranza di ottimo ricolto erano a basso prezzo , dovè pronosticare , che la fio- ritura sarebbe andata a male non certamente dalle stelle j come facilmente per vanità , ed orgoglio filosofico se ne van- tò , l34 De' PRONOST.'CI RAGIONATI CC. tò , ma dall' aver veduto , che dovea venire , e già si avvi- cinava a venire una Primavera umida, piovosa, nebbiosa, la quale dovea far abortire gei mi deboli nati da Madri spossa- te colla fertilità dell' anno antecedente . O' veduto mille vol- te la più bella fioritura essere andata a male non per altra ragione, se non perchè quei fiori erano stati gli sforzi di una larga pioggia , o di un calore avanzato , sforzi , che si son dovuti rimanere abortiti , mentre il comune della gente ne à data tutta la colpa alla nebbia , al Sole , alla rugiada , ed a "che so io altro di simile . Già gli alberi de' giardini ^ e le vi- ti con li loro bottoni , e con li loro tralci indicano fino dall' Autunno antecedente quale intenzione abbiano per l'a-nno se- guente . Oltredicchè basta osservare il vigore , e 1' abito , di- ciam così , pletorico degli alberi per poter predire cosa abbia ad essere nel seguente anno : oiid' è che se Talete fece , chs la gente inarcasse le ciglia per la meraviglia di aver lui sa- puto presagire un' abbondante raccolta di olio, io immagino, che ciò, fosse addivenuto , perche avere un occhio nel paese de' ciechi è pure la gran cosa , e tanto piìi immagino così , quanto che tutti questi prodigiosi presagi si trovan latti sull' ulivo, a conto del qual albero è ben facile il presagire. E poiché dalla mattina si conosce , come suol dirsi il buon gior- no , li cereali ancora nell' ultimo Autunno mostrano bastan- temente quali vogliano essere , e lo mostrano ancora le altre erbe , e piante con generi . Che però quando un calcolatore alla osservazione delle cose della campagna vi unisce la pre- visione più , o meno probabile delle meteore favorevoli , o no , e più , o meno alla vegetazione in generale , ed alla na- tura particolare di ciascuna pianta , potrà molto ragionata- mente della fertilità, o sterdità di un anno pronosticare. Teofrasto già disse , ed il di lui detto è passato per le boc- che di tutti , che annns fnictìficat , non terra ; ma io direi , che fruttifica 1' anno , e fruttifica ancor la terra , e fruttifica la terra nel modo , che di sopra ò accennato \ e quell' annus è piuttosto r anno antecedente , o almeno lo è nella massi- ma Di Giuseppe Mapja Giovene . l35 ma parte, se si voglia far astrazione da'venti, fortuiti acciden- ti, die possono portar morte alle più belle speranze . N»U' Autunno , quando gli alberi si spogliano delle loro foglie , e quando la natura si ammanta di lutto, e di oscurità, allora appunto essa travaglia per preparare la vegetazione futura • Li pastori , e quella classe di gente , che vede , ed osserva , e sente molto , e pensa poco , e poco è distratta , si accor- gono bene nell' Autunno quale annata si prepari per l' avve- nire . Dal portamento dell' erbe, dal loro maggiore, o minor vigore , dalla copia pii^i , o meno grande , che ne venga fuo- ri , e dall'essere più, o meno sostanziose per gli animali, che se ne nutriscono , essi sono in istato di presagire qual cosa prometta la terra , ed a che sia avviata la natura . Co- si è stato ancora osservato dagli Agricoltori , per dirlo di pas- saggio, che quando gli alberi si spogliano tardi delle loro fo- glie , allora è da aspettarsi una invernata aspra . Bisognereb- be dunque per pronosticare , e ragionatamente pronosticare , ed ultimamente , non tenersi soltanto ai calcoli , ed ai nume- ri , ma alla osservazione , ed alla calcolazione delle cose me- teorologiche unirvi ancora V osservazione della campagna, ed accumulare il più possibile di probabilità su li pronostici. CONCLUSIONE. Sarebbe dunque senza dubbio utilissima cosa per 1' agri- coltura , per la navigazione , per il commercio , e per mille altre faccende dell'umana vita , lo aversi pronostici ragionevo- li su la futura sorte , ed indole e delle annate , e delle sta- gioni , e de' mesi : ma non è poi il così fattamente pronosti- care cosa impossibile . È bensì cosa difficile , e la quale ha bisogno di molta vigilanza , ed attenzione , poiché lo avere massa di osservazioni , e tuttavia osservare non basta , ma bisogna ancora aver molti riguardi , ed a tutto riflettere , e tutto chiamare a calcolo . Opportunamente avvertì Columel- la l36 De' TROKOSTlCr RAGIONATI CC. la (a) , e discorrendo , qual debba essere un ottimo Agricol- tore , disse qual dovea essere un Meteorologista , die voles- se utilmente per 1' agricoltura prcnosticare . ,, Coeli , et an- „ ni praesentes mores intueatur , ncque enim semper eum- _,j dem , velut ex piaescripto, habituni gerunt, nec omnibus ,, annis eodem vultu venit aestas , aut hiems , nec pluyiuni ,, semper est ver ^ aut humidus autunnus , quae piaenoscere „ sine lumina animi , et sine exquisitissimis disciplinis nou ,, quemquam posse crediderim „ . Se io avessi avuto maggiori talenti , die non ò , avrei detto cose migliori , e se avessi voluto distendermi, avrei fatto un Libro, e non una breve Memoria . Ma finalmente il Mondo possiede massa immensa di osservazioni meteorologidie , ed altro non bisognerebbe , che mettere a profitto quelle che vi sono , e lare ancora un passo innanzi . Perchè non si potrebbe col tempo predire un* annata sterile , o una stagione piovosa , se non come sì pre- dice ima Ecclisse , almen come si predice il litorno di una Cometa? Ma l'Astronomia è nata pressocchè col Mondo, e la Meteorologìa vera è nata jeri . Sono centiiiaja di anni dacdiè gli Astronomi predicono, e li Meteorologisti si può diie che non si siano provati ancora a predire. Che se li primi Astro- nomi presero grossi sbagli nel predire, grandi sbagli prende- ran forse ancora li ^Meteorologisti , e se servirono gli sbagli stessi a far sì che non più gli Astronomi, o meno sbagliasse- ro in seguito, serviranno gli sbagli stessi ai Meteorologisti per rettificare li loro metodi, e lì loro calcoli . Sebbene 1' Astro- nomìa à da per tutto magnifici Osservatorii con grandi spese costrutti , ed à luogo , e sito proprio , ed opportuno , la Me- teorologia non à Osservatorìi , che meritino il nome dì Osser- vatorii , ed io non potrei contare per Osservatorìi , se non quelli eretti nella campagna . L' Astronomia à Ttlescopii per andar guardando il cielo , e Quadranti a pendoli per mi- surare . La Meteorologìa à soli stromenti per misurare , e sì trascura di andar col Cannocchiale vedendo la terra, le (4) CoUim. de R. K. Praef. ± J'oc.Jtcd.T. X.p.lì?. :a: :ac 4«h ^ 5 à . 1. 1 li h 1 h'ft iX £2r ±3 iS 3 ^ b«> JH i^ ^ 15? -20 2jt 22, 20 Z.'f, Iccu. V. ^ •i 1 » • 3s <_y<3<:. Jtcìi. T. JK.. n. lìy. ~JK^ ^^\ 'M 4^ ^ -n- 4 5 a i -4 fe^^W^^ "^1 'l' -i^ \ ^^ ^ k^^ ^1^ 9 io LL L% J^3 iS T^rw 4 ^ mJ_ift- i^ 17 i8 3^ ^3 2Lk Ezaii t _£1 S£ ±p 20 2rl 22, 2,3 ^rf- 2S 2,6 2,7 Di Giuseppe Maria GijVei^e . iSj le campagne, e le piatile, che la vestano. Finalmente se r Astronomia à molti Professozi , e pochi dilettanti , semljra all' incontro , rlie la Meteorologia abbia pochi Professori , e molti dilettanti . Ma pure la vera Astronomia fece cadere r Astrologia , e questa si è procurato un asilo ne' lunaij , ed almanacchi a titoli stravaganti, e fastosi. Pare, che deb- ba toccare alla Meteorologia di cacciarla di là , e cacciar con essa il ciarlatanismo, 1' ignoranza, e l'errore. Mettano dun- que li dotti Meteorologisti , che pur vi sono in varie regio- ni , mano all' opera . Non paie però , che possano bastare all'uopo lunarii annuali; bisognerà, che ve ne siano per cia- scuna stagione, ed anche per ogni mese. Diano questi, e quelli conto al pubblico di ciò che è stato in fatto di me- teore , e di campagna , e diano li pronostici di ciò , che ra- gionevolmente si creda dover appresso succedere. Il cammino del Barometro segnato come un pezzo di musica, li venti se- gnati in una sfera, che dicesi a due circoli, neir esterno de* quali sianvi notati li numeri medii, nell' interno li numeri eflettivi de' venti , che avran soffiato in quell' anno, in quel- la stagione di cui si dà conto, onde possa conoscersi fino a qual punto abbiano deviato dalla regola, e così ancora qual- che altro ornamento di eleganza congiunta ad es])ressioni di cose, faran che tali preziosi libretti, o fogli passino anche nelle mani della gente , che ama più veder coli' occhio, che pensare , e contemplare colla mente . Nelle cose grandemen- te utili il solo tentare è grande gloria . Tomo X-. S ESPE- i38 ESPERIENZE ED OSSERVAZIONI SOPRA LA DIREZIO- NE DELLA PLUMULA E DELLA RADICULA NELLE SEMENZE CHE GERMOGLIANO Di Gioachino Carradori Presentate da Pompilio Pozzetti il dì io. Dicembre 1801. \^ ual è la causa nella germinazione delle semenze dell' uni- versale tendenza della Pluinula , o Fusto verso il cielo , e della Radìcula verso la terra ? Benché Dodart , De la Hire , ed Hales ec. fra gli antichi, Du Hamel, Bonnet , e Lainarck fra i moderni ahhiano fatte inolte osservazioni , e studiato molto per spiegare questo fenomeno , non ostante , al parer di Senebier {a) , ai nostri giorni se ne sa il medesimo che ai tempi di Dodart che 1' osservò il primo , e che come tutti gli altri, in vece d'una spiegazione produsse una insuffi- ciente ipotesi . Dodart credè , che questo fenomeno fosse prodotto dall' azione del Sole, che attirasse la plumula ; ma ciò non sussi- ste , perche la plumula si solleva verso il cielo ancorché i semi si trovino nella pii'i profonda oscurità . De la Hire immaginò che il sugo nutritivo che riempie le radici, e che è il piìi grossolano, le forzasse a portarsi all' ingiù, mentre il sugo nutritivo della plumula, che è in for- ma di vapore e in conseguenza il più leggiero , la forzasse a sollevarsi in aria; ma 1' ipotesi è smentita dal fatto, poiché non si dà questa distinzione di sughi nutritivi nelle piante . Lamarck ha inventata un' altra ipotesi che non è più felice della sopra indicata. Egli ha detto, che la radicula in cui suppone i vasi più dilatati che nella plumula , agisce per [a) Physiologle Vegetale. Encyclop. Method. ... . Di Gioachino Carradori. ì'à() per unn forzn di succhiamento sulla pluninla , e che median- te <]uesto siic( hianiento si ricurva, e si dirige verso la sorgen- te d( 1 sugo, il di cui movimento si fa di hasso in alto, co- me di tutti i vapori. Così per l'azione del sugo ascendente, che dalla terra passa alla radicula , viene a correggersi qua- lunciue viziosa situazione del piccolo fusto , o plumuia (Z*) . Io poi non ho preteso d'arrivare a spiegare questo feno- iiieno , nò con flitti , nò con ipotesi , ma solo ho voluto ris- contrare per mezzo delle seguenti semplicissime esperieiTze , se vi sono cause esterne , che agiscano sopra la direzione del- la plumuia, e della radicula, perche è stato da molti credu- to che si dovesse ripetere, o dal calor della terra, o dalla di lei freschezza , o umidità , o dalla luce . ESP. I Io misi nel Settembre delle semenze di fava Vida Far ha a germogliare in un vaso di gran superficie con tanta" ac- qua , the hastasse appunto per ricuoprirle . Queste le avea tutte collocate sul fondo del vaso a giacere per il lato pia- no, o sia per quel lato, che è parallelo alla radicula. Dopo che ebbero germogliato di qualche tempo ; osservai , che in nessuna delle semenze si era la radicula mantenuta parallela al lato su cui giaceva il seme respettivo sul fondo del va- so j e in consegii.enza parallela all'orizzonte , ma si era pie- gata verso d' esso , o sia verso la terra con delle curvature jjiut tosto ardite . Essendo questi semi circondati dall' acqua , egli è chia- ro che e la temperatura ^ e I' umidità doveano essere uni- formi intorno ad essi . Dunque la direzione della radicula verso la terra non può ripetersi né dal calore j o fieschezza, o umidità della medesima . S a ESP. {*) Phyiio. Veg. Germination, e Direction dea tiges . ìT^ i^o Esperienze , ed osservazioni ec. ESP. II Attaccai un seme di fava per mezzo della cera molle al fondo d'un vaso verticalmente col germe ali' insù, e vi ver- sai poi tanta acqua , che si livellasse col detto germe ; que- sto si sviluppò , e crebbe , e la radicula dopo varie curvatu- re si piegò finalmente all' ingiù , e andò a immergersi nell' acqua , benché mediante la positura del seme fosse indirizza- ta verso il cielo . Per altro osservai , che si piegò per il la- to opposto alla luce . ESP. Ili Un altro seme di fava messo nell' Istessa positura a germogliare , ma in modo che la radicula avesse di faccia la luce , essa come nell' antecedente esperienza si piegò per r ingiù , ma più sollecitamente , ma si piegò per quel lato , da cui veniva la luce. Dunque la radicala non si piega verso la terra perche ella aborrisca la luce , e voglia nascondersi , poiché si vede che gli è iadiiTerente il piegarsi o verso la luce o contro la luce . ESP. IV In un piccolo vaso pieno di buona e fresca terra feci i:na fossetta assai profonda , ma larga poche linee , o sia mezzo pollice in circa ; e poi in un lato di questa poche li- nee sotto la superficie della terra piantai orizzontalmente un scine di fava, che già avea cominciato a germogliare, e lo piantai in modo , che la radicula rimanesse fuori della terra nel cavo della fossa. La detta radicula crebbe, e s' allungò notabilmente , ma si curvò immediatamente per F ingiù se- condo la direzione della fossa . Quando piantai il detto se- me , dalla radicula al lato opposto della fossetta vi era la di- stan- Di Gioachino Cahradori. i4r stanza di due linee scarse, e poco ci volea perchè la radicu- l;i .TlIiiDgandosi orizzoutalmpnte guadagnasse terra ^ non ostan- te ella si curvò , e ricusando di far questo pìccolo tiatto si diresse piuttosto per 1' ingiù per impiantarsi nella terra , benché assai più lontana . Di più , nel portarsi per la fossa camminando all' ingiùj poco ci volea in una fossa così stretta tal che la radicula toccava quasi i Iati della fossa , poco , dico , ci volea , torcendo o a destra , o a sinistra , per un piccolo tratto a impiantarsi nf;i!a terra : non ostante tanta comodità ella volle fare un viaggio d' un pollice e mezzo in circa per 1' ingiù per arrivare alla terra , piuttosto che tor- cere orizzontalmente . Dunque si vede che la radicula non ha ^ dirò così ^ nes- sxuia sensihilità per la terra, per quanto le sia prossima, ov- vero , che la terra non ha azione nessuna o influsso sopra la radicula , né la richiama mediante la forza d' alcune sen- sibili o insensibili qualità , anche nella più piccola distanza. E neppure si può dire , che la radicula , quando è voltata veiso il cielo , si pieghi verso la terra , perche senta in cer- to modo di dove viene l' azione vegetativa ; perche nel no- stro caso l' azione vegetativa , che veniva da un lato avereb- be dovuto far piegare la radicula per quel lato medesimo, per dove era piantato il seme , e di dove si propagava la forza di vegetazione . L' istesso fu pienamente confermato da quest" altre espe- rienze . ESP. V Introdussi un seme di fava germogliante, e a cui spun- tava già la radicula , per parte , o sia per canto nella solita fossetta dell' Esp. IV , in modo che con le due superficie piane combaciava esattamente coi lati o pareti d' essa fossa , e mediante questo contatto si manteneva la vegetazione . Lo collocai con la radicula all' ingiù , e questa mediante una tal positura restava nel mezzo della fossetta . Là radicula in bre- ve iA.2 Esperienze , ed osservazioni ec. ve tempo sì prolunjijò approfondandosi , ma sempre si man- tenne nel mezzo della fossetta senza torcere per nessun la- to , e afferrar la terra , ma così seguitò a prolungaisi iinche non arrivò al fondo del vaso . ESP. VI Accomodai im altro seme di fava pur esso germogliante nella medesima fossetta nell' istessa maniera , ma lo ficcai più a fondo , di modo che con 1' estremità opposta al germe restava quasi al pari della terra , ed ivi poi lo ricuo{)prsi con altra terra ; cosi il detto seme restava a contatto della terra dalla parte di sopra, e dai lati o superficie piane. Nuii ostante la radicirla si diresse sempre per 1' ingiù per il vuo- to della fossa , né si voltò mai ad afferrare terreno verso nes- suno di quei lati , dai quali riceveva il nutrimento mediaa- te i lobi j o Cotiledoni . ESP. VII Io rinchiusi della buona , e fresca terra in un cartoccio fatto a forma di cilindro di grossa carta , e poi in una delle sue estremità vi piantai un seme di fava già sviluppato con ]a radicula all' ingiù , quindi raccomai-.data ad un filo l'estre- mità opposta di detto cartoccio , io sospesi in alto : in que- sto modo la radicula era voltata all' ingiù , o sia verso la terra , e si trovava circondata dall' aria , e la plumula era voltata all' insù , o sia verso il cielo , e si trovava sepolta nella terra . Dopo io ebbi 1' avvertenza d" inviluppare questo cilindro in un tubo di carta ^ acciò l'azione essiccatrice dell' aria aperta non danneggiasse la radicula . Lo tenni cosi pa- recchi giorni annaffiandolo ogni giorno , perche non avesse a languire la vegetazione , e riscontrai che la radicula non ostante che si trovasse nell'aria andò sempre crescendo, e si allungò per due pollici in circa in una direzione poco me- no Di Gioachino Carraboiii. i4^ no che perpendicolare all' orizzonte , né mal si torse o si piegò per 1' insù , in somma non dette mai segno di volere mutare direzione per portarsi in traccia della terra che le restava di sopra , e che di lì per mezzo dei Cotiledoni 1' ali- mentava . Qualche giorno provai ancora a tenerla scoperta toglien- dole il cilindro che 1' involgeva , per vedere se 1' azion del- la luce producesse in lei mutazione nessuna , e tenni ancora aperta la finestra , vicino a cui ella era situata . Ella però non mostrò d' aborrirla con sfuggirla voltandosi altrove , e cercando di nascondersi , in somma non mostrò turbamento nessuno, ma prosegui il suo cammino per l' istessa direzione. Dunque la radicula ad onta ancora delle più sfavorevoli circostanze ha una manifesta propensione d' andare all' ingiù , o sia verso la terra . ESP. Vili E al contrario mostra una dichiarata renitenza di portar- si air insù ad onta delle più favorevoli circostanze. Messi nella solita fossetta dell' Esp. IV un seme di fa- va , a cui spuntava la radicula , e lo messi />&/• canto con la radicula voltata all' insù , ma molto a fondo , tal che la ra- dicula sarà stata circa ad un pollice al di sotto della superfi- cie della terra , dopo io ricuopersi la fossa li appunto, ove era sepolto il seme di fava con uno strato di terra^ molle ; per altro procurai che la terra non toccasse la radicula , la quale, come si è detto, guardava il cielo. Il seme, come era di ragione, seguitò a germogliare, e la radicula venne in- nanzi , ma bruscamente si curvò a destra senza curarsi di sa- lire per afferrar la terra, che le soprastava, e si portò rapi- damente all' inoiù a cercare il fondo del vaso rasentando le pareti della fossa. Lo strato di terra soprapposto, e che gli era quasi a contatto , e gli offeriva il più comodo asilo , non fu capace di distogliere la radicula dalla sua naturale tendenza per 1' ingiù . ESP. l44 EsriìUIENZE , ED OSSIERVAZIONI CC. ESP. IX Io presi clue semi di fava , ai quali era già spuntata la radicula , e gli piantai nella base , o estieniità dei Gilinuro pieno di terra della VII Esp. con la radicula all' insù , La piantala d' ambedue seguitò a crescere in tutte le sue parvi , ma trovai con mia sorpresa, che la radicula ad onta della buona terra , in cui era piantata , non si era non solo estesa per l' insù, e neppure lateralmente, ma si era curvata im- mediatamente all' ingiù;, e non avca avuto riguardo, per se- guitare la sua direzione , di escir fuori parecchie linee dalla terra , ed esporsi all' aria . Tanto è ostinata 1' avversione della radicula di portarsi all' insù , e dichiaiata la tendenza della medesima di portarsi air ingiù a qualunque costo . Da un numero poi ben grande d'esperienze ho rilevato,, che la radii;ula nel piegarsi per andare all' ingiù non ha dile- zione costante, ma si j-'iega per quella parte , che gli è piìi comoda per voltarsi all' ingiù ^ e per cui non può essere d' impaccio alla scarcerazione della jilumula, o d' impedi- mento ^ che salti all' aria. Finalmente rapporto alla direzione della plumula , o fu- sto delle piante delle semenze germoglianti vi sono V espe- rienze dell' Hunter (fi), che dimostrano ad evidenza, che el- la prende una tal direzione indipendentemente dall' azione dell' aria , e della luce . Dopo avere egli seminato alcuni semi di fava in un vaso , lo rovesciò . Le plantule coi loro fusti o pluniule si diressero per 1' insù , non ostante che il fondo del vaso fos- se difeso dal contatto immediaio dell' aria, e della luce con molta diligenza , e che la bocca d'esso, che guardava il ter- re- na; Decade Philosophlci. Di Gioachino Caueadori . i4^ reno , fosse illuminata da degli specchi . Io ripetei V esperi- mento con lo stesso successo . Dunque sulla tendenza della plumula verso il cielo , o della radicula verso la terra nelle semenze che germoglia- no , ncn ha influsso , per quanto portano V esperienze fia qi.ì a tal fine istituite , nessuna delle cause che noi cono- sciamo . Dunque bisogna stare al fatto, e riguardare il fe- nomeno come una legge della natura , che ha per principio la forza germinatrice , che ella ha accordato alle semenze . Tomo X. T DOP- }f 146 DOPPIA IRIDE A ROVESCIO E IN CONTATTO, Fenomeno osservato ai aa. di Luglio 1798 in Pianezze di Marostica . MEMORIA Di Vincenzio Chimimello Ricevuta il dì a8 Blaggio i8oa . Un Lrillante fenomeno nell'aria, il qual fece meraviglioso spettacolo , fu veduto dai colli Maiosticensi in villa di Pia- nezze nel di aa di Luglio 1 798 alle ore 6 della sera . Era questo fenomeno una doppia Ii-ide , non già Iride delle solite a due archi concentrici , ma Iride raddoppiata a rovescio , cioè v'era una seconda Iride sovrapposta alla prima, ed in contatto con due archi parimente concentrici , volta vertical- mente all' insù , in modo che le due Iridi parevano due pa- rabole che si toccano nel vertice alla parte convessa . Il Sig. Abbate Giuseppe Toaldo mio Cugino , Nipote del celebre fu Professore, avendola osservata bene, me la riferì con tutte le sue circostanze . L'Iride primaria era luminosissima, la rovesciata secon- daria un pò languida ; in quel giorno 1' atmosfera era stata in tumulto , ed anzi poco prima della comparsa del fenome- 1 no avea balenato e piovuto , e nel tempo stesso che si ve- deva la doppia Iride tuonava in qualche parte, e in vicinan- za di qu(^sto fenomeno vi erano dense nubi estese orizzontal- mente , come una tenda . Questo fenomeno pertanto parendomi degno di registro e di riflesso per la sua singolarità , e non so se anche novi- tà , volli accertarmi se d' altri un siuiile in qualche tempo ne sia stato osservato. Neil' Di Vincenzio Chimunello . 147 Neir Enciclopedia ( d' Iverdon ) all' articolo Arc-en-Ciel si accenna il feiiompiio assai raro di tre archi in uno stesso tempo osservato dalT Hallejo nel \(h)V> , e cosi l'altro raris- simo di quattro archi , qual Vitellione dice di aver veduto essendo in Padova , fenomeno niente impossibile , dicono gli Enciclopedisti , quantunque Vicomontano sostenga il contra- rio . Rapporto poi all' Iride rovesciata t' è un paragrafo , in cui si parla di fenomeno come veduto; si fa la quistione, « se ne dà la spiegazione in questi termini : per qual ragione r Arco in Ciclo comparisce alle volte rovesciato ? Se il Sole ( risposta ) essendo elevato ó^i gradi e 4^^ minuti , e li suoi raggi cadano sopra la superficie di qualche lago spazioso , m . mezzo di cui trovisi lo spettatore , e nello stesso tempo pio- va , li raggi riflettendosi nelle goccie di pioggia produrranno r efl'etto medesimo, come se il Sole fosse sotto l'orizzonte, e li raggi venissero da basso in alto ; così la superficie del cono , sopra cui le goccie colorate devono essere collocate , sarà tutto affatto sopia la superficie della Terra . Ora in que- sto caso, se la parte superiore è coperta da nubi, e non vi sia che la parte inferiore sopra cui cadono le goccie di pioggia , r arco sarà rovesciato . Così li dotti Enciclopedisti . JMa tale spiegazione s' è na- turale nel supposto caso , non peiò fa a proposito nel caso nostro , essendo il Sole a quoll' ora 5 gradi circa , sopra r orizzonte , né laghi essendovi in quel paese . Dirò poi , che data la elevazione del Sole 341^0 pur 4^ gradi , supposto un lago in cui trovisi lo spettatore , potrà bensì vedere una ' seconda Iride rovesciata , ma non a contatto colla prima ; imperciocché l'angolo di riflessione essendo sempre uguale all'angolo d'incidenza, l'Iride rovesciata comparirà in faccia al Sole alla elevazione di 4' 5 o 4^ gradi , ma 1' Iride diret- ta , elFetto immediato del Sole dovendo essere a 90 gradi di distanza, comparirà alla elevazione di 4°' j> o 49 gradi: onde tali due Iridi non si toccheranno, ma taglierannosi in distan- za dai l(i;o vertici . Affinchè le Iridi per l' eifetto d' un Ingo T a poi- 148 DoPPiA laiDE A ROVESCIO cc. possano comparire a contatto , Lisogna che il Sole sia eleva- to 45 gradi sopra F orizzonte ; fuori di questo caso non si toccheranno mai , ma o saranno tra se distanti come due opposte Iperbole ^ o si taglieranno , come dicevo . Il Siff. Abbate Assemani ins!£rne Professore di Linirue _ c c o Orientali in questo Vescovile Seminario, saputo da me que- sto fenomeno , lo comunicò all' Eminentissimo Sig. Cardinale Stefano Borgia, e l'illustre dottissimo Porporato gli disse di aver veduto un' Iride rovesciata , ma in circostanze che sono appunto simili alle avvertite nell' Enciclopedia , e l' Iride ro- vesciata non era a contatto . Ola comunque sia della novità , o non novità del feno- meno ( e certo non sarà nuovo perchè dipende da cause ri- correnti , pioggia , nubi , Sole ec. ) si tratta di darne la spie- gazione 5 perchè sembra che le spiegazioni date non possa- fio applicarvisi . Io per me penso che si debba ripeterlo dall^ qualità , e posizione delle nubi contigue alla nube pio- vosa , sotto cui comparisce 1' Iride primaria , e questo non può essere , che un effetto di riflessione dalle nubi stesse . Che le nubi conghiacciate , e cristallizzate riflettano le immagini dei corpi luminosi , questo è notissimo ; né i Pare- lii o finti Soli prevengono d' altra causa ; ma sono capaci di riflettere le immagini dei corpi e luminosi ed opachi , anche le nubi non ccnghiacciate se molto vaporose , e dense ; prò-, va n' è tra varj esempj quello celebre degli Accademici Fran- cesi , li quali nelle Alpi del Perù levando il Sole , videro in una nube opposta ciascuno la propria immagine circondata da un cerchio lucido come di una gloria , cui però chiama- rono la loro beatificazione , o apoteosi . Nò mancano esempj tra noi; e. gr. in Agosto del 1776 un dotto dilettante svdla cima di Ardosa , montagna sopra Bassano a Levante , avendo in faccia una nube poco distante, rimirò in essa la propria immagine come riflessa da uno specchio ; io medesimo in una notte caliginosissima dalla camera della Meridiana di quest'Osservatorio ch'era i'iuininata, aperta una fenesti-a per guai- b Di Vincenzio Chimi.nello . l49 guardar fuori , vidi nella nebbia 1' immagine mia distinta- mente . Dunque le nubi aggliiacciate non sol > , m' anche le va- porose e dense riflettono le immagini. Perchè dunque un'Iri- de rovesciata a contatto sopra la primaria non potrà essere la immagine riflettuta sìalle nubi ? Come questo possa farsi , un semplice volgare sperimento lo spiega . Se voi prendete imo specchio grande , e lo applichiate oriazontalmente alla testa di una statua , o al vertice di una colonna, o di altro corpo ritto , e vi poniate sotto , vedrete la immagine di que- sti 0";oetti rovesciata verticalmente a contatto , in modo che parerà il vertice dell' immagine rovesciata toccare il vertice della statua , o della colonna . Se dunque vi sia una nube distesa orizzontalmente , co- me tenda, molto vaporosa e densa, contigua alla nube piovo- sa sotto cui sta l'Iride primaria, tal nube riceverà T imma- gine rovescia , e noi che vi siamo sotto , o in non grande distanza , onde per 1' angolo della visione poter discernere la superficie orizzontale di essa, vedremo le due Iridi opposte a contatto l'ima all'altra verticalmente, e così potè esser© come pare dal fenomeno sovra esposto , qual non saprei spie- gare diversamente , OPPO- i5o OPPOSIZIONI DI MARTE osservate Da Vincenzio Chiminello Ricevute il dì 2,8 alaggio i8oa. 1790 i4Ft'bbrajo. Appulsi al Murale di «del Cancro lo^ó^ò^a t.v.x jj^j. ^j declinazione del lembo di Marte 11 4^55,5 /dal lemb.sup. 6' i6'ia",6 B. li> di « del Cancro io 48 i5 ,a N del lembo di Marte i i 87 ag,4 ^ 6 aS 8, 6 14 Febb. A. R. di Marte dedotta da« 144° 3i' as", 6 . Deci. 18° 55' 3a",5 B. i5 144 611,1 19 a 'j.u,S Corrispondenti Longit. geoc. 4' ao" 33' 18 ",6 . Lat. geoc. 4° 3o' 4?' I^ B. 4 20 9 a, I 4 3o 2,0, a Movimento retrogr. 04 16, 5 19^0 Long, vera del Sole il dì 14 all' istante dell' Appulso secondo le Tavole di Lalande io' a6* 3a' a8"j6 Longitudine di Marte tolta la nutazione io"^4» e la aberrazione 4 5^ 4 ^^ ^^ 4->^ Distanza dalla passata opposizione 5 59 24,4 Istante della opposizione per il moto composto del Sole e retrogrado di Marte io Febbrajo ó** 5' 29" t. v. nel qnal istante per le stesse Tav. Long, del Sole io' aa° i5'53",6 onde la J^ongitudine eliocentrica di Marte 4 aa i5 53,6 la sua Latitudine geocentrica osservata 4 3i 8, a B. sua Longitudine per le Tavole 4 ^-a i5 5i,4 sua Latitudine geocentrica 4 3a 9, 7 error delle Tavole in Longitudine — a, a in Latitudine -f- 1^5 1792 Di Vincenzio CniayNELLO . i5i 1 79a . 1 6 Marzo Appulso al Murale di^deirHydra S»* o5'33",r.\ diff. di Declin. del lembo di Marte la i ag, o/de lembosup. 1° 4^' ai", 5 A. 17 di ^ 8 5i 55, 8\ del lembo di Marte 11 56 aa, a/ i 87 8^3 A.R.appar. di^. iSi" 6' i3",25.D d. G°43'48",75 . Seraid. di Marte n",2.S A. R. App. di Marte 177' 42' 22",o . Deci. 4" 58' 8 ",7 B. 177 ao 3 ,4 5 6 29, a Long. geoc. 5' a5° 54' 57",3 . Lat. geoc 3° 38' 48 ',6 B. 5 s5 3i i3, 5 3 37 33, 7 i6 Marzo Long, di Marte 5' aS" 54' 5 7", 3 Aberrazione • — 4 ' ^^ Nutazione —0,7 Long. corr. 5 aS 54 5a , 5 in quell'istante Longit. del Sole per le Tavole 11' 27* 5' 54", o Longit. di Marte 5 aS 54 52,6 Distanza dalla opposizione 1 11 1,4 Movimento orario del Sole a' a8",93 Movimento or. retrogrado di Marte 58 ^97 MoTÌmento composto 3 27 , g Oj^posizione di Marte il dì i5 Marzo a iS** 3i' 45",5 t. v., o pure i5h 40' 28 ",4 t. m., nel qual istante la Longitudine del Sole 1 1' 26" i5' c",3 o sia la longitudine eliocentrica di Marte 5 26 i5 o,3 e per il suo moto 5 26 1 5 1.8 la Latitudine geocentrica osservata 3 39 52,a5 eliocentrica i a7 ao, i la Longitudine eliocentrica per le Tavole 5 a6 i5 ic^ 5 la Latitudine eliocentrica i a7 8;,5 errore delle Tavole in Longitudine ■+- 9,5 in Latitudine — 1 1 ,6 1794 10 2, Opposizioni di JMaute 17(j4 • ^3 Aprile . Appulso al Murale di «della Vergine 1 1'^ 7' 4'5 'jSNdiff. di Declinaz. del lembo di Marte 12, 3 9 jO' dellembo sup. 1° ^^ ti()" ,1 K. 26 di « IO 56 3ij8\ di Marte 11 47 3*05^' 1 28 49,3 Semidiametro di Marte i5",3 A. R. dedotta da « 212° 29' 3'V53 . Declinazione 1 1° 49 28",67 ^* 211 22 3[ .78 II 33 48,27 corrispond. Long. geoc. 7' 4° 20' a",9 Latit. geoc. i''i3'23" ,6 B. 7 3 i3 2^ 2 164 Movimento diurno del Sole 58' 19" Movimento diurno retr. di Marte 22 2,4 3 Movimento composto 1° 20 Longitudine di Marte 23 Aprile Aberrazione Nutazione 21 "4 7' 4° 20' 2",9 — . 4-0 + 10,4 Longitudine corretta nello stesso istante Long, del Sole per le Tavole De Lambie I 3 56 58,3 distanza dalla Opposizione 23 11,0 Opposizione il di 23 d'Aprile i8''58'35",6 t.v. nel qual istante la Long, del Sole per le T. De Lambre 1 ' 4° ^3' 49' 3 e però la Longitudine eliocentrica di Marte 7 4 '3 49-3 é la sua Latitudine geocentrica i i 2 40 5 i B. per le Tavole Delandiane Longitudine di Marte 7 4 i4 ^'° Latitudine geocentrica i 1246-7 Error delle Tavole in Longitudlue ~\- 16,7 in Latitudine _ -V- 6,6 CON- I oo CONGETTURE SULV AZIONE DEL MERCURIO VIVO NEL VOLVOLO, E SULLA NATURA DEL SUGO GASTRICO S Di Pietro Moscati Ricevute il cTi 2. Jc^osto i8oa. Olivo assai poco e rapidamente , perchè il dovere d' Acca- deaiico e la costituzione della Società mi vi obbligano per non perder 1' onore d' esser Meniliro attivo d' una Società che onora me , V Italia e le Scienze . Le softerte disastrose vicende per ventisette mesi , le successive mie occupazioni dirette dalla intenzione e buona volontà se non dall' effetto al vantaggio della mia Patria, mi anno fin' ora impedito di riprendere quelli studj che anno fatta la principale occnpa- zioue di quasi tutta la mia vita . Non darò quindi una Me- moria completa sopra l' importante argomento , che mi sono proposto qui di accennare piuttosto che di trattare, per man- canza di tempo . Dopo aver lette le singolari esperienze del mio celebre collega ed amico Spallanzani , ebbi sempre molta curiosità ùi conoscere la natura del sugo gastrico , e la credetti non co- nosciuta anche dopo gli ingegnosi tentativi di due pure miei colleglli di molta fama, i Professori Carminati e Brugnatelli . 11 sugo gastrico produce effetti notabili esternamente applica- to tanto solo sulle piaglie, quanto come veicolo d' al ire so- stanze medicamentose secondo le belle sperienze indicate pri- ma dal Dottor Chiaienti , ed ampliate in seguito da altri ce- lebri medici italiani {a). Esso scompone non per azione mec- Tomo X. V ca- ffi) Veggasi il dotto trattato dell* fessore che ha supplito con deco- esimio Dottor Brera, intitolato Ana- ro e profitto delli scolari, si è gè n- iripsologia , ossia Dottrina delle fri- tilmente prestato a cooperare alle z'cni Pavia 1799. Tomi i in 8." medesime esperienze. Qt:esio assai abile e laborioso Pro- l54 Congetture sull' azione ec. eatiica , ma come dissolvente tutte le sostanze nutrienti ; es- so attacca i metalli anche i più indissolubili ; eppure né dal- le sue qualità sensibili di odore ^ sapore , risultò in esso alcun principio abbastanza attivo, che fosse capace secondo le teo- rie conosciute da pochi anni addietro di produrre questi ef- fetti . Vi dee dunque essere , diss' io , qualche elemento fu- gace combinato con una base analoga a quella della saliva, che agisca con tutta la sua efficacia nel ventricolo del vivo animale e svapori o in tutto , o in parte , quando o il sugo gastrico s' estrae dal suo naturale recipiente durante la vita dell' animale , o si estrae dall' animale già morto . Ora mentre che andavo meco medesimo pensando al mo- do di verificare o distruggere la mia induzione, ni' accadde d' esser chiamato presso un ammalato di un volvolo dispera- to, per vincere il quale s'erano posti in pratica tutti i presi- dj dell' arte eccettuato il mercurio vivo dato a generosa do- se , siccome trovasi da alcuni pratici prescritto . Convinto dal fatto , che nulla aveva giovato fra i riniedj altronde indicatis- simi e che l'ammalato andava a perire , acconsentii all'uso del mercurio vivo . Ne furono date subito due dramme , e poi altre due dopo due ore; ed altre due dopo altrettanto tempo. L' ammalato cominciò a troVarsi sollevato e si calmò il vo- mito dopo la piima dose ; cessò questo alla seconda e non molte ore dopo la terza trovossi dalla debolezza in poi poco meno che ristabilito. Era antica e ricevuta opinione che il mercurio vivo agisse in questo caso pel proprio peso , ed a questa cagione in fatti fu attriliuito e dai medici e dalli astan- ti il salutevole effetto in questo caso. Tale teoria però non mi poteva persuadere^ si perchè avevo veduto il principio del vantaggio dopo due dramme, ed il vantaggio notabilissimo do- po mezz' oncia ; come ancora perchè la somma fluidità e di- visibilità di questo fluido semimetallo non permette, che la di lui azione di gravità possa farsi in massa sopra qualche circo- scritta parte de' mobili molli e cedenti intestini . Sospettai dunque che 1' azione calmante di esso dovesse in casi simili di- Di PjETno Moscati. i5-5 dipendere da tutt' altra cagione per lo addietro non bene co- nosciuta, e mi proposi di a[)profondir meglio la cosa alla pri- ma occasione che mi si presentasse . Mi si offerse di fatti cir- ca ad un anno dopo un simil caso ; io consigliai collo stesso salutare effetto lo stesso rimedio ; ma volli attentamente os- servare nelle prime scariche che l'ammalato faceva, che cosa vi si contenesse , e che cosa accadesse dell' ingojato mercu- rio ; se questo cioè fosse reso per 1' ano ; se fosse riassorbito dai vasi assorbenti , di che vi sono esempj nelle storie medi- che, essendosene trovato persino nella diploe delle ossa; o qual altro fenomeno accadesse . Quand' ecco che nelle prime icariche che l'ammalato fece dopo cessato il vomito e scom- parsi quasi i sititomi tutti del volvolo, osservai una quantità notabile di mercurio ossidato e ridotto in polvere cenerina simi- le a quella , che si ottiene colla lunga agitazione del mercu- rio neir acqua . Argomentai quindi facilmente che non pel proprio peso agito avesse il mercurio , ma che convertendosi in ossido mercuriale egli avesse abbandonato il suo idrogene , alla virtù stupefaciente del quale si doveva attribuire il rila- sciamento delio spasmo intestinale e quindi il riportato van- taggio . E dico alla forza stupefaciente dell' idrogeno , perchè molti medici convengono in oggi che la proprietà calmante generalmente riconosciuta nel liquore anodino dell'Off'mann , e nell'etere vitriolico che ne forma la base, si dee all' idro2''- no , perchè questa volatile sostanza eh' è fluida nella nostja comune temperatura atmosferica , si converte in gas idrogeno elastico alla temperatura interna dell' Uomo, ed è in questo caso che l'etere prima fluido stimolante diventa gaz o vapore anodino . Ammessa questa ipotesi che non è senza fondamento, ginc- chè in fine il mercurio ossidandosi aveva giovato e tolto lo spas- mo produttore del volvolo, rimaneva a sapere come si fosse nel- lo stomaco e canale intestinale ossidato il mercurio. Per 1' azio- ne d'jigfMiti esterni nò, perchè F ammalato non riteneva nul- la di ciij che inghiottiva . Per l' azione di sostanze alimenla- / V '?. ri-e l36 Congetture sull' azione ec. rie preesistenti nello stort)aco uguiltnente nò , perchè da al- cuni giorni r ammalato non poteva prendere nulla ed aveva sempre im romito frequente : dunque per 1' azione de' sughi gastrici o intestinali . Per verificare questa mia induzione pre- si qualche oncia di mercurio vivo e fatto ammazzare un vi- tello j ne feci estrar suhito il primo ventricolo ed introdottovi il mercurio ne feci legare ambi gli orificj strettamente . In capo a dodici ore si trovò il mercurio in molta parte ossida- to , colla più grande verisimiglianza ch'esso sia stato ossidalo dal sugo gastrico . Egli divenne quindi secondo me assai pro- Labile che il sugo orastrico da un' abbondanza in esso conte- nula d' ossigeno ritragga tutta la sua forza dissolvente , e sic- come r ossiffeno avrà maeeiore affinità con molte sostanze animali e vegetabili^ di quello ne abbia col sugo gastrico col quale esso è stato forzatamente confinato dall' azione vitale ; dall' altra parte 1' idrogeno può forse combinarsi col sugo ga- strico mentr' esso si spoglia dell' ossigeno e neutralizzarlo , può accadere che nel saturarsi dell' uno e nel somministrar l'altro principio alle materie ingeste nel ventricolo, se ne co- minci e promova la decomposizione . Né ci dee imbarazzare la provenienza dell'ossigeno per combinarsi col sugo gastrico, perchè dalle recenti ormai sicure sperienze sappiamo che os- sigeno in copia entra in noi per mezzo della respirazione, ed altronde noi fin' ora non sapevamo con chiarezza come quest' ossigeno si disperda, e qual uso preciso abbia oltre il polmone nella animale economia. Se io dovessi qui azzaidare un'ipotesi, direi che uno delli usi notabili dell' ossigeno si è questo di couiJjinarsi colla saliva e principalmente coi sughi gastrici e pancreatico quasi per eccesso , e cosi comunicar loro una fa- cf'ìià dissolvente delle sostanze nutrienti a segno, che quando manca allo stomaco materia da scomporre neh' animale vi- vente, nel quale continova la separazione del sugo gastrico ^ esso attacca lo stesso ventricolo siccome à osservato il cele- bre Hunter . Le vicende italiche di questi ultimi tempi e più partico- lar- Di Pietro Moscat: . IÓ7 lannente le mie mi anno impedito di poter intraprendere ini a serie d' esperienze the confermassero i miei sospetti ; ne ò però fatta qualcuna che concilia ad essi qualche verisimiglian- za . Egli è noto a tutti che 1' abbondanza del sugo gastrico nel ventricolo vuoto è una delle principali cause di quell' in- comodo senso che chiamasi fame , e co poteva ih Ha mia ipotesi accadere per lo stimolo di esso ridondante d'ossigeno. O' dunque voluto provare F efietto dell' ossigeno injettato a larga dose nello stomaco d' un animale . Fattami quindi pire- parare una grande vescica piena di ossigeno dall' espeito e dotto Chimico JMantegazza di Pavia Speziale normale di quel- la Università j la injettai nello stomaco d' un capretto che pure non era digiuno . Il primo effetto che ne osservai fu quello di vedere che andò subito a cercare nuovamente dell' erba da mangiare , Ripetuta la stessa prova più d' una volta produsse lo stesso effetto , né altro incomodo consecutivo n' ebbe 1' animale , sebbene fosse stato più volte sottoposto alla injezione assai copiosa di questo gaz , che ò in seguito riconosciuto essere uno stimolante non solo dello stomaco 5 ma ancora delle altre parti del canale intestinale . Egli era conosciuto dai medici inglesi fino pochi anni dopo la scoperta del gaz carbonico allora chiamato aiia fina, che r injettarla nell' intestino retto era assai vantaggioso nel- le lunghe diarree e dissenterie , ed io stesso lo aveva esperi- mcntato dji che ne ebbi notizia , più d' una volta con suc- cesso . Essendomi nel corso della mia pratica capitata qual- che diarrea colliquativa , le dejezioni della quale erano assai fetide 5 volli esperimentare la injezione del gaz ossigeno coli' idea^ che potesse moderando la putrefazione delle materie con- tenute nel retto intestino^ diminuire le frequeriti e fetidissime dejezioni . Lo provai , e 1' effrtto fu contrario all'aspettazio- ne j poiché diminuì bensì il fetore delle scariche , ma esso divennero più frequenti con tenesmo più risentito, il che non fu effetto di cemplice eventualità , poiché 1' ò ripetuto più d' una volta sempre col medesimo risultato . Quan- l58 Congetture sull' azione ec. Quanto però questi pochi esperimenti dimostrano che r ossigeno è uno stimolante , altrettanto rendono poco pro- babile l'opinione di quelli altronde rispettabili medici, che in questi ultimi tempi anno ad esso voluto attribuire anche in piccolissima dose un' azione efficacissima sulla economia ani- male, "opinando ciré il pochissimo ossigeno delle calci mercu- riali e di piccole dosi d' acido sulfurico nitrico o muriatico sia r agente della guarigione del mal venereo . Di fatti se un animale senza incomodo può tollerare varj pollici cubici d'ossigeno injettato nello stomaco ad un tratto, ed è da cre- dere che r uomo lo tollererebbe ugualmente se 1' uomo lo tollera in molta copia injettato nell' intestino retto , come mai una tenue quantità svolta lentamente dalla decomposi- zione di poca calce metallica o da pochissimo acido diluito, potrà produrre tanta immutazione da yincere una lue vene- rea confermata ? Sebbene però io non inclini ad attribuire tanta efficacia air ossigeno , io credo però che esso ugualmente che l' idro- geno ed il gas carbonico abbiano molta influenza nella eco- nomia animale , e mi fa molta maraviglia come non si sia fin' ora tentata di essi l'applicazione come rimedj, immedia-< tamente sullo stomaco cominciando a conoscerne bene prima, gli effetti sugli animali . Già al polmone è stato applicato il gas ossigeno ; si è sperimentata 1' azione del gas idrogeno (//) , air intestino retto è stato applicato con vantaggio il gas car- bonico, e perchè non si potrebbe alio stomaco? D:.lle sperienze sopra indicate egli appare che esso può injettarsi senza alcun pe- ci) Veggasi la opera di Beddoes Rosser , e l'opuscolo del sopracci- intiiolata ~ ConsiJeratioi;s on the tato Dottor Brera — Osservazlcni medicai use and on the production e Sperienie sull' uso dell' arie nie- cf fjctitions airs. Pan. 1 by Tho- fit'che inspirate nella tisi polmona- mis Keddoes . Pait. II by lames le . Pavia 1793. 8.' Watt 8.^ Knaol by Bolgin and Di Pietro Moscati. i59 pericolo . Perchè dunque non se ne potrebbe usare nelle de- bolezze abituali di stomaco , nelle inappetenze e dovunque si riconosce una inerzia de' sughi gastrici ? Non è egli presumi- bile che r injezione dell' ossigeno nello stomaco potesse esse- re giovevole nelle ind'gestioni cagionate da troppa copia di cibi , che la deficienza o inefficacia de' sughi gastrici non ba- stò a decomporre ? Se esso agisse secondo la mia ipotesi , il residuo de' cibi indigesti si decomporrebl^e , e se agisse come stimolante potrebb' esso diventare un Emetico innocente. Egli è oggi mai certo che alcuni di questi gas entrano nella composizione delli umori ed anche de' solidi animali . Egli è certo che nell'animale ancora vivente si svolgono nelle cavi- tà animali , anche nel ventricolo di animali appena morti , e nel duodeno io ò riscontrato molte volte del gas carbonico poco meno che puro : negli intestini crassi del gas idrogeno anche in copia , quindi 1' applicazione diversa in diversi casi di queste sostanze aeri fo imi potrebbe correggere que' mali , che possono provenire dalla mancanza o disproporzione d' al- cuno di essi . Sono questi tentativi che i colti Medici nostri forniti delle migliori teorie, e resi prudenti da una pratica ra- ^gionata potrebbero fare a prò della umanità ed a maggiore avanzamento dell' arte (*) . O" detto che alcuni gas si svol- gono nella cavità dell' animale vivente ed ò citato il ventri- colo e gli intestini ; ma non son queste le sole cavità animali dove si svolgono i gas . Neil' utero stesso femminile vivente se ne svolge anche in copia, siccome apparila da un caso sin- golarissimo che qui credo a proposito di riferire , e dedurlo a pubblica notizia giacché io non ne conosco uno simile nellu Storie mediche. Esso è accaduto in Castehiùovo delle bocche di (*) VtggauM le interessami os- Pavia, ed uno de' più valerti chi- servazioni sali' ossigeno del citta- mici d' Italia principalmente per dino Francesco MarabtIH, ora capo ciò che risgusrda 1' applicazione Speziale dello Spedale civico di della Chiaiica alla Medicina. iCp Coisr.ElTUKE SUi.I,' AZIGME CC. èli Cattaro alcuni anni sono, e mi fu raccontalo dal Chirurgo Gcracuchi di quel paese uomo assai diligente ed instruito , cli'i non avrebbe altronde potuto mrntire per alcuno spirilo di sistema, perchè riguardava il fatto come una maraviglia del- la quale , ignorando le teorie dei gas , non seppe mai nem- meno immaginarne la spiegazione . Una partoriente sana altronde e giunta al termine della gravidanza fu sorpresa dai soliti dolori , dai quali fu travaglia- ta senza effetto almeno per tre giorni , dopo il qual tempo cominciarono a rallentarsi , e vi succedette uno spossamento ta'e di forze che faceva dubitare della vita della misera don- na. Chiamato in questa estremità il Chiiurgo trovò che l'im- pedimento nasceva dalla viziosa posizione del feto , e che altro mez.~o non v' era per salvare la donna che tentare il rivolgi- mento del feto . Lo stato dubbio dell' ammalata lo indusse a chiamare il Medico, in consulto col quale convenutasi la ne- cessità di questo compenso ^ il Chiiurgo si accinse alia opera- zione , mentre il Medico postato dietro di lui teneva in ma- no un lume, poiché era notte . Trovò molta difficoltà a pe- netrare neir orificio dell' utero eh' era assai ristretto e cor- rugato forse dal lungo spasimo antecedente; pure con pazien- za e destrezza riesci a penetrarvi , ed appena fu egli colla ma- no nell'utero che ne esci in molta copia un vapore, che con sibilo estinse la non vicina candela e tutto si acc<>fe in un globo di fuoco che subito si estlnse . Egli è facile qui 1' im- maginare la sorpresa e dirò anche lo spaverito dei due pro- fessori per la inaspettata novità di si strano fenomeno , tanto più eh' essi erano ben lontani dal comprenderne la ragione . Ciò non ostante l'abile e fermo Chirurgo non si smani affat- 1') e ripresa pochissimo dopo la operazione la compì facilmen- te, salvando la donna ed estraendo un feto morto e poco me- no che imputridito . Oia dopo le conosciute teorie dei gas egli è chiaro che v' era in quell' iitei'O una raccolta di gas idrogeno ; che 1' apertura fatta dalla mano uniia all'irritazio- ne ch'essa produsse nello ttaiico ed indL])()lito utero, ne pre- mo s- Di PacTiiO Moscati. jCr mossero la rapida uscita con sibilo : e che la distanza cl-e passava tra le pnrti genitali delia donna e la non molto vi- cina candela , diede luogo al miscuglio dell" idrogeno uscito dair utero coli' ai-ia atmosferica , in modo da produrne la simultanea infiammazione . Ma r azione dei diversi gas tanto come agenti della eco- nomia sana animale quanto come cagioni d' effetti morbosi, non è ancora abbastanza conosciuta in medicina, perchè non si sono fatte osservazioni abbastanza esatte sull' indole delle sostanze aeriformi, che producono le timpanitidi , gli enfisemi, ed alcune volte distendono prodigiosamente tutto il lunghis- simo tratto' degli intestini in alcuni cadaveri ancora recenti . E queste impor.'^anti osservazioni che amplieranno i confini deli' arte e gioveranno alla umanità , egli è da credersi che le avremo fra non molto tempo dai nostri giovain medici che forniti delie migliori teorie , illuminati dalle Scienze adjutri- ci , ajutati da copiosi e ben diretti mezzi onde esercitarsi nella parte pratica, sorgono a speranza della patria e vantag- gio della languente umanità . Tomo X. X %0- SOPRA I DENTI FOSSILI DI UN ELEFANTE TROVATO NELLE VICINANZE DI ROMA MEMORIA Di Carlo Lodovico Morozzo Ricevuta il d'i k) Jgosto i8oa. ^ Ai 0 dato nel Giornale di Fisica di Parigi una corta notizia di uno Scheletro di un grosso animale , che si trovò nel me- se di Aprile 1803. in una collina poco distante da Roma fuo- ri della porta del popolo , mentre si faceva uno scassato per piantare delle viti novelle. Egli fu veramente un gran danno, che quei villani, che lavoravano non si avvedessero , che rovinavano uno de' più belli pezzi di Storia naturale , e solo la scoperta di ossa di smisurata grandezza , che nel romper il terreno avevano in {tarte fracassati , li fece accorgere che in quel sito giaceva qualche grand' animale sepolto . Io corsi a vedere queste ossa , le quali trovai la più gran parte infrante, oltre di che molte si sfarinarono, quan- do furono esposte all' aria aperta . Per altro ritrovai un osso del femore intiero alla sommità da poterne misurare la cir- conferenza j la quale trovai di piedi due , e pollici 4* Pari- gini Oltre le ossa raccolte ho trovato dei denti , cioè porzio- ni del mascellare , che avevano da sei pollici in sette d' al- tezza , e da quattro pollici di lunghezza . Molti altri ne rac- colsi pure di simile altezza , ma meno larghi . Tutto mi dava a credere , che lo Scheletro trovato ap- partenesse ad un Elefante » ma non osai sul principio di as- si- Di Carlo Lodovico Morozzo . 1 0 J sicurarlo decisiv:inieiite . Nuove ricerche mi fecero scoprire dei pezzi d'avorio, cioè della porzione delle difese, e l'esa- me più attento , che portai scpra quei gran pezzi di dente dei quali feci acquisto (*) mi convinsero appartenere essi ad un vero Elefante • Quel dente , e quelle ossa di si smisurata grandezza di- mostrano , che r animale , al quale spettavano doveva essere di una prodigiosa mole , e più del doppio dei più grandi Ele- fanti dell'Asia , di quelle razze in somma , che in oggi si so- no perdute . I più celebri Naturalisti hanno molto parlato di varj E lefanti fossili , e della sorprendente grossezza delle loro ossa ritrovate nelle diverse parti del globo, ma in più gran quan- tità neir America Settentrionale , e nella Siberia . La nostra Italia ne conta pure parecchj trovati , sia lungo il Pò , che lungo l'Arno, ed in Roma stessa questo non è il primo esem- pio ; poiché in una collina vicina a quella , dove si trovò questo Scheletro , il Duca della Rochefaucaut in compagnia del Sig. Demaretz dell' Accademia delle Scienze di Parigi ri- trovarono ( mi pare nelF anno i^SS ) una difesa di Elefan- te , clie ora esiste nel Gabinetto di Parigi , e della quale si è calcolata la lunghezza ( se fosse stata intiera ) a piedi io. di ParÌ2;i . Noi ignoriamo le epoche delle grandi vicissitudini , che il nostro globo ha sofferto . I Naturalisti non hanno mancato anche sopra di ciò d'immaginare de' sistemi per ispiegare co- me vengano a trovarsi sepolte in molti luoghi , e nel Nord particolarmente le spoglie di questi grandi animali . Io mi contenterò solo di presentar loro la situazione , e di descri- Tere li strati del terreno , in cui fu ritrovato questo Schele- tro , desiderando che possa loro somministrare qualche schia- rimento . X a La (•) Pesavano questi frammenti più di aj. libbre. J 04 SoPKA I DENTI F09SÌ1.I CC. La direzione, in cui giaceva era prossimamente dal Nord al Sud, ed alla piofondità di cinque in sei palmi Romani. Posava sopra imo strato di materie volcaniche leggiere ag- gregate , poco tenaci fra loro , era una spezie di pozzolana indurita, nella quale si vedono sparsi molti leuciti . La tcria poi, che ricopriva quest'animale era di natura calcarla mista con poca terra vegetale , che il detrito delle piante coltivate per tanti secoli aveva prodotto . La poca profondità , alla quale è stato trovato questo Sche- letro somministra una nuova prova in favore di alcuni celebri Naturalisti , li quali hanno osservato , che li Quadrupedi pe- trificati , e sepolti nella terra non lo sono che a piccole al- tezze , quando all' incontro le spoglie de' Cetacei si trovano sempre a grandi profondità . Dopo questo corto epilogo passerò all' oggetto essenziale della presente Memoria , cioè ad esaminare alcune particola- rità, che r attento esame dei denti mi f;ce scoprire. Io osservai , che nel dente fossile si riconoscono all' oc- chio due sostanze fra loro diverse ; V una è bianchissima , poco dura, opaca come l' argilla, che si attacca alla lingua, l'altra semitrasparente, più dura, lucida, di colo; giallogno- lo, che rasserabra ad una sostanza cornea, che attraversa dal l'ondo del dente fino alla superficie supcriore . Quésta sostanza cornea alcune volte attraversa la sostan- zia bianca in forma tubulare di a. linee fino a a — di diame- li troj altre volte si trova a lamine di sei linee sino al pollice, e mezzo di larghezza, e di una linea circa di spessezza . Ven- gono poi a terminare si questi cannelli, che le lamine nella parte superiore del dente, formando alcuni ranghi di denti m- castrati nella sostanza bianca, ma colia diirereiiza, che i can- nelli terminano in denti rotondi di due a tre linee di diame- tro e le lamine vengono a formare dei denti ovali , o bis- iunirhi , che hanno sino a 8. linee di lunghezza . Nel pezzo " ài Di Carlo IjODovico BIojiozzo . ifj3 di dente del quale io do la figura, pajono consumati qualclie poco , sebbene siano ancora più preeminenti della materia bianca ; ciò clic si potrebbe forse attribuire all' età avanzata di quest'animale , ma non formano verun disegno losangato , come si osserva nel dente m.ascellare degli Elefanti AlFiicaui. Per ben comprendere questa particolarità nel dente ma- scellare deli' Elefante fossile ronvien sapere , che 1' Elefante non ha che un dente mascellare per parte , sia nella mandi- bola superiore, sia nell' inferiore, che questi nel fianco han- no diverse solcature , le quali al primo aspetto rassembrano alle divisioni dei denti, ma non sono realmente divisi, e for- mano un solo dente lungo . Sebbene il Sig. Daubentoii ne dia un disegno assai esatto, egli non parla però delle diversità di quelle due sostanze di cui è composto il dente , ìa più du- ra delle quali resta più elevata della jdìù tenera . Ho avuta la fortuna di poter esaminare sopra un teschio d' Elefante d' Affrica , che fra tante rarità possiede il Sicnor Principe Borghese nella sua villa , e che gentilmente mi ha permesso di esaminare , e di farvi tutte le osservazioni , che io desiderava . Ho verificato , clie questo Elefante non ha che un solo dente mascellare per parte, tanto nella mandibola superiore, quanto inferiore , che questi avevano nove solcature nella maiidibola superiore^ che otto solo se ne contavano nelFinfe- viore ; la lunghezza totale di questo dente era di pollici un- dici parigini circa, la larghezza di pollici tre a. linee, 1' al- tezza j o sia la 2)rofondità di questo dente pollici 3. /\. lin. , di cui solo un pollice e 6. linee sono visibili ^ il restante essendo incastrato nell' osso della mandibola. Avea distintamente due sostan-^e, 1' una più tenera , che è bianca , che forma il fondo o lo smalto del dente è la più colorita , e lucida , cioè la cornea forma una specie di dise- gno losangato sulla parte superiore del dente . Esaminati coi reagenti chimici questi denti, sia il na- turale j sia il fossile, ecco i l'isultati . Nel j66 Sopra i denti fossili ec. Nel naturale gli acidi minerali fecero pochissima effer- vescenza sopra la parte bianca , e nulla affatto sopra la so- stanza cornea . Nel fossile poi , sebbene piccolissima effervescenza aves- sero fatto gli acidi sopra il pezzo intiere nella parte bianca ^ quando questa sostanza fu ridotta in polvere fece allora som- ma effervescenza , massime col muriatico . Nessuno però de- gli acidi attaccò la parte cornea quando era ben separata dal- la parte bianca . Si doveva credere , che questi denti fossili oltre a materia calcare ed argillosa ^ contenessero ancora dell' acido fosforico^ come Fourcroy assicura che il Big. Berniard ne ha ottenuto , Ma per avere i veri princlpj costituenti era necessario di farne una esatta analisi chimica , la quale fin ora non è sta- ta intrapresa , e le mie circostanze non permettendomi di ese- guirla io stesso, ho perciò pregato il Dottor Morecchinì Pro- fessore di Chimica nella Sapienza di Roma , che alia Scienza Medica unisce lo studio della Fisica , e della Chimica, e dai lumi del quale il Governo ha più d' una volta ritirato gran- di vantaggi . L' intraprese dunque nel laboratorio della Sa- pienza , e siccome quest' analisi presenta de' fatti interessan- ti e nuovi , spero che i coltivatori di queste Scienze la vedranno con piacere . ANALISI CHIMICA DEL DENTE FOSSILE FATTA DAL DOTTOR MORECCHINÌ. I 1 breve tempo che ho avuto per fare V analisi del dente molare fossile di Elefante trovato nelle vicinanze di Roma , nou Di Cahi.o LcDuvico MokOzzo . 167 non mi ha permesso di eseguirla con quella precisione , ciie si esige oggidì nelle ricerche chimiche. Ad ogni modo, a ri- serva del calcolo delle quantità , mi lusingo di non aver omesso niente di tutto ciò , eh' era necessario per conoscere almeno il numero , e la qualità dei principj immediati di questa sostanza animale . Fra i risultati di quest'analisi vi è qualche cosa di nuo- vo , e di piccante , eh' esige un lavoro più esatto del quale io m' incarico hen volentieri , tanto per ubbidire ad un Per- sonaggio così stimabile com' ella è , quanto ancora per sod- disfare la mia curiosità , ed il desiderio , che ho d' istruirmi . Ometto tutto ciò , che riguarda le proprietà Fisiche del- lo smalto, e della sostanza ossea di questo dente , poiché El- la le ha già rilevate nella sua Memoria . Passo dunque subi- to all' analisi chimica . I." Dopo essersi separato colla maggior possibile diligen- za lo snìalto dalla parte ossea, furono separatamente polveriz- zate ambedue queste sostanze in quantità di qualche oncia per servirsene nelle sperienze , che vado a riferire . ' a.° L' una , g Y altra sostanza racchiusa in dose di sei dramme dentro una piccola storta , e tenute per tre ore al piìi violento fuoco, che la storta potesse sopportare senza fonder- si , non soffrì alcun cangiamento , e non somministrò che po- che goccie di vm flemma insipido di un leggiero odore ani- male . Il peso di ciascuna non diminuì che di un denaro cir- ca per questa operazione . 3." Poste a bollire per uno spazio di tempo eguale nell' accjua distillata diminuirono ancora di 3o. grani circa . 4-" L' acqua ridotta coli' evaporazione a picciolissima quantità si è trovata colorita da una sostanza animale estrat- tiva , che non gli comunicava verun sapor sensibile , fuor- ché il fatuo della colla , o gelatina , e di fatti come que- sta , si diseccava all' aria e sì ridiscioglieva nell'acqua . 5.° L' acqua nella quale avea bollito lo smalto trattata in vasi separati coli' acido solforico , col muriato di barite , e col 1^68 SCPHA I DENTI FOSSILI CC. e col nitrato di argento , non ha esibito con questi reattivr verun cangiamento , fuori che un piccolo intorbidamento coli' ultimo dovuto alla precipitazione del metallo per mezzo della sostanza animale = Non vi erano dunque né sali muriatici , né solforici. Per lo contrario l'acqua, nella quale aveva bol- lito la parte ossea trattata allo stesso modo , ha indicato , seb- bene leggiermente j 1' uno^ e 1' altro acido . 6." Finalmente i residui di queste ebollizioni diseccati , e poi esposti in due crogiuoli al fuoco di una fucina sino a clie i crogiuoli stessi non cominciassero a fondersi , non su- birono che un' altra jDiccola perdita di peso , e la parte ossea un leggiero colora3Taento in rosso pallido . Del resto non pro- varono nò fusione né rammollimento . 7.* Una dramma di ciascuna delle due sostanze fu trat- tata con acido solforico concentrato. Ambedue fecero una vi- va effervescenza per lo sprigionamento di una gran quantità di fluidi aerifoimi , una parte uè' quali fu riconosciuta per gas acido carbonico j e 1' altra per fluorico = Lo smalto special- mente sprigionò una quantità non piccola di quest' ultimo , che corrose il vase di vetro adoperato nella sperienza , e ri- formò coli' acqua di calce il fluato dotato di tutte le pro- prietà dello spato fluoro naturale , di cui si fece un' analisi di paragone . 8.° L' acido muriatico concentrato svolge parimenti dal- lo smalto i suddetti due gas = E da notarsi però , che tan- to r acido solforico , quanto il muriatico non svolgono sensi- bilmente r acido fluorico dalla jjolvere di smalto , se non quando sono molto concentrati . Sembra dunque , che 1' ac- qua, che li diluisce ritenga il gas acido j almeno per la mag- gior parte. Di fatti una soluzione di fluato di calce in acido muriatico non molto concentrato^ precipitata col carbonato di potassa ha dato un precipitato misto di fluato , e di carbona- to di calce , come ha indicato F acido acetoso , che ne ha sciolto una parte con eflervescenza , ed ha lasciata i' altra indisciolta . Di Cakj.o Lo!iov!Ga M o rozzo . iOq 9.° L' atido solforico dopo aver svolto (a) ì gas acidi carbcnico , e fluorico, ed aver formato con la base di questi acidi del yczzo setoso , messo in eccesso scioglie una parte della medesima , e decompone parzialmente anche il solfato di calce j del quale sembra esistere una piccola parte nello smalto . Per lo che il liquido filtrato si trova composto di acidi solforico , e fosforico , che tengono in dissoluzione del solfato, e del foslato di calce . IO." L' evaporazione di questo liquido,, che ha deposto continuamente del solfato di calce , e che ha somministrato in ultimo delle traccie di vetro fosforico ha dato la prova delle sostanze disciolte nell' acido solforico . ii.° Il residuo dello smalto trattato con acido solforico era composto di soUiito , e di fosfato di calce . Il primo si riconobbe al solfuro di calce ^ che somministrò, dopo esser stato trattato col carbone in un crogiuolo ad un fuoco inten- so . L' altro rimase indecomposto , e fu facile il riconoscerlo per questa stessa circostanza . la." La forza j con cui lo smalto aderisce, e si attacca alla lingua mi fece sospettare della presenza dell' allumina , la quale unitamente alla calce formasse la base dei tre aci- di, che si rinvengono in questa sostanza. Siccome però coli' aggiunta della potassa non mi è rinscito di ottenere dei cri- stalli ottaedri di allume nelle soluzioni solforiche dello smal- to , e siccome non ho avuto il tempo di ripetere e variare le spcrienze j che possono scoprire la presenza di questa ter- ra , perciò mi riserbo di fare iu seguito dei nuovi tentativi , che mettano perfettamente in chiaro questo punto di analisi . iS."' Da ciò, che precede s' intende perchè gli acidi ni- trico e muriatico sciolgano intieramente lo sm.alto ^ e perchè i carbonati alcalini precipitino queste soluzioni presso a po- co nel loro stato primitivo j meno una certa quantità di ilua- Toip.o X. Y to (H) S 7- 170 iSoFl;4 1 DENTI FOfSlH CC. to di calce, e quella quantità di solfato j che si è decompo- sta per cedere secondo le leggi dell' affinità , e delle masse una porzione di acido fosforico all' alcali aggiunto , e di ba- se calcarea all' acido della soluzione . i4-° È dunque provato , ciie lo smalto è composto di fluato , e carbonato di calce con una piccola porzione di fos- fato , forse di allumina , e finalmente di jDOca gelatina ani- male . i5.° La parte ossea è stata assoggettata alle stesse espe- rienze dello smalto . È stata trattata anch' essa cogli acidi minerali concentrati , i quali ne hanno svolto sensibilmente del gas acido carbonico , ed anche del gas acido fluorico (a) . È da riflettersi però , che la parte ossea non si era potuta intieramente sf parare dallo smalto, e che questo rimase ade- rente specialmente alla faccia scabrosa delle lamine ossee . Pnò sospettarsi dunque , che il gas acido fluorico provenisse anche in queste sperienze dallo smalto tanto più verisimil- rnente , che la sua quantità , sebbene non dosata , fu però certamente molto minore di quella , che si ottenne dal solo smalto . i6.° Del resto si riconobbe nella parte ossea una quan- tità molto maggiore di fosfato di calce , ed il liquido com- posto di acido solforico , e fosforico messo a nudo dal pri- mo , ( che unitamente tenevano in soluzione del solfato e fosfato in calte ) somministrò un vetro fosforico molto più abbondante di quello, che si oltenne dallo smalto. 17.' Risulta da questi pochi tentativi, che la parte os-. sea sia formata in gran parte di fosfato , di una certa quan- tità di carbonato di calce , e di sostanza gelatinosa animale . Nel momento che stavo per spedire questo mio picciol la- . (a) §. 7- Di C.aii.o Lodovico IMoiiozzo . 171 lavoro alle stampe mi è capitata la Memoria , che il Citta* iliuo Cuvior ha dato nel 2." volume delle Memorie dell' Isti- tuto di Parigi sopra le diverse specie di Elefanti viventi , e fossili , e mi sono compiaciuto di tjovare , che aveva questo dotto Naturalista osservato le due sostanze distinte nei den- ti deiili Elefanti , siccome li avevo io riconosciuto . Osservai pure le stesse differenze fra i denti degli Ele- fanti Aiìricani, ed i nostri fossili, che si rapprossimano mag- giormente a quelli dell' Asia {a). Non avrà discaro, io spero questo dotto Naturalista di vedere le mie fiirure , che hanno sicuramente il merito della precisione , come pure di vedere 1' analisi chimica di que- ste sostanze _, che per quanto io sappia non si è intrapresa da nessuno . SPIEGAZIONE DELLE FIGURE . Fìg. I ." Dente mascellare della mandibola superiore di un Eleflmte AfTricano, nel quale si osserva il disegno losan- gato della sostanza ossea. La sua lunghezza è pollici 11. scar- si , in larghezza poli. 3. lin. 2.; la profondità poli. 3. lin. i. Fig. a.^ Lo stesso dente veduto di fianco . Fig. 3." Frammento di dente mascellare fossile di poli. 7. circa d' altezza, e di peso libbie 5. oncie 5. Si osservano tre solcature intiere , ed alla parte superiore la sostanza cor- nea forma\due langhi di denti . Fig. 4-" Parte supeiiore dello stesso dente ^ nella quale si scorgono più distintamente li due ordini dei denti , li uni rotondi prodotti da cannelli , e li altri losanguti , che sono formati nelle lamine . Y a SO- {a) Dal che si scorge che Topi- partenere a quelli, che Annibale Dione di alcuni, che pretendono, condusse colla sua armata, è di- che le spoglie degli Elefanti , che mostrata affatto falsa da queste os- si litrovano in Italia possano ap- servazionl di fatto. 173 SOPRA LE PRETESE OSSA D' ANOIALI TERRESTPJ SILICEE DEL MONT-PERDU NEGLI ALTI PIRENEI RIFLESSIONI Di Alberto Fortis Ricevute il dì i8 Settembre i8oa. .ri. vendo io, non ha guari, annunziato con asseveranza e precisione in una lunga lettera all' illustre Amico De la Me- therie , (a) la mia sino ad ora ferma opinione della non esi- stenza d' ossa d' animali terrestri petrificate negli strati cal- car] d' antichissima , e primitiva formazione marina , come soa quelli che costituiscono 1' ossatura delle Alpi , dell' Apeii- nino longitudinale j e di tutta la gran catena che attraversa in varj sensi 1' Europa , non potrei senza incontrare la giu- sta taccia d' inconseguenza , o di debolezza mostrar d' igno- rare la Memoria, che il Cittadino Picot Lapeyronse, Membro dell'Istituto Nazionale di Parigi, ha ultimamente pubblica- ta [b) sopra di alcune credute ossa di quadrupedi terrestri , tjovate presso le più alte vette de' Pirenei in istato di pe- trificazione silicea , e annidate in istrati d' antichissima de- posizione marina . L' autorità d'un Naturalista così giustamente celebre ha di già fatto che parecchi altri , senza mostrarne il menomo dubbio ) abbiano ammesso i' esistenza de' tetrapodoliti terre- stri , (a) V. Journal de Fhysqiie. Più- (.h) Journal de Thyu'que. PJuvIose^ viose An. IX. An. Vili. • Xv ..//,// r. X. /J.172. Full Tao.K/. ^/oc Jfi//. T X. p.±72. Di Alekkto Foi'.Tis . 178 stri j giacenti confusameiile fra varie spezie di corpi mai ini lapiddatti , e componenti strati calcar] alpini, eh' è quanto dire di riinotissima origine . Siccome 1' ammeilere por veio un cotal fatto dee necessariamente condurre i geologi a con- clusioni mal appoggiate, e feconde d'errori, io mi sono cre- duto non solo in diritto, ma in dovere di esaminarlo , senza derogare al rispetto e alla stima eh' io ho pel Cittadino Pi- cot Lapeyronse . Io non sono stato in persona al Mont-Perdu : ma per quanto risguarda 1' oggetto cui prendo in esame , da chi me- glio si può aver contezza de' caratteri litologici di quelle al- ture che dal medesimo Lapeyronse? Non farò che riferire la descrizione generale eh' egli ne dà^ perchè la credo esatta ; come riferirò i tratti particolari, che risguardano il fenome- no delle pretese ossa di quadrupedi tei-restri cambiate in fo- caja, perchè mi sembrano distruggerlo nel tempo medesimo, in cui 1' intenzione dell' Autore tende a stabilirlo . „ La porzione più centrale , e più alta de' Pirenei , da 5, cui sorge il Mont-Perdu, è, dice 1' illustre Crittografo, 5, di formazion secondaria , è visibilmente formata dalle ac- „ que del mare che in quell' epoca eran di già popolate di famiglie d'animali acquatici, come abitati da gran qua- drupedi eiano i continenti " Vi si trovano le ossa lapidefatte giacenti fra un' immensa quantità di testacei ail' elevazione di 1781. tese sopra 1' attuai livello del ma- re . Ognuno riconosce al primo vederle i testacei , non me- no che i rottami lapidefatti delle madrepore : ma non co- „ sì i frammenti degli ossami de' quadrupedi . , . . " Non tutti gli amatori di curiosità naturali sono abbastanza dotti in anatomia \ e quindi avvenne che parecchi di codesti abbia- no avuto fra le mani alcuni pezzi degli osteoliti silicei ^ dei quali si tratta, senza riconoscerne 1' origine, o la natura, e che altri si sieno ostinati a sostenere eh' erano soltanto ra- mificazioni mutilate di grandi madrepoie arborescenti . Il Cittadino Ficot-Lapeyronse, '• per convincere irresistibilmen- te 174 Sopra le pretese ossa ec. te gli increduli , " ha fatto rlisegnare, e colorire al natura- le due di codesti frammenti d'ossa , che , a di lui jDarere , pre- sentano caratteri cotanto sensibili , e conservano tuttavia co- sì perfettamente la loro originaria forma essenziale , che "■ „ non rimarrà oggimai pretesto veruno ai più restii di ne- 5, game 1' organizzazione primitiva. " Nò al Cittadino Pi- cot-Lapeyronse , né a veruno de' due suoi compagni nell' aspro viaggio è però riuscito di trovare alle basi del cono di JMont-Peidu ossami interi ; quasi tutti quelli che vi poterono raccogliere , sono frammenti cilindrici , a' quali costantemen- te mancano gli acetaboli, o estremità, e che quindi non pon- no essere determinati con esatta precisione : ma il Profes- sore di Tarbes sostiene ciò non pertanto " ehe quando uno ,, sia anche mediocremente istruito in Anatomia non potrà „ mai prendeili in iscambio co' lavori de' polipi . '•' Lo spac- 5, cato di codesti osteoliti , die' egli , fa così precisamente ,, vedere le pareti ossee ; le due linee parallele della loro 5, grossezza sono sì fortemente marcate; la loro sostanza spu- „ gnosa è rimasta in sì perfetto grado di conservazione ; le cavità ne rimangono così libere , che fa d' uopo a chi ri- 5, cusa di riconoscerle chiudere gli occhi all'evidenza ...'''■ ,, La loro sostanza ossea è mai semjwe cambiata in ple- ,, tra silicea ora più, ora meno compatta. " „ Codeste ossa ( è sempre il Cittadino Ficot Lapeyron- 5, se che parla ) offrono luia singolarità, degna d' esseve rile- „ vata , benché sembri inesplicabile . Quasi tutti i loro frag- j, menti sono troncati a liscio , e non a scheggie o irrego- 5, larmente ; le superficie tronche delle fratture annunziano j, quasi 1' efietto d' uno stromento tagliente che. avesse ngi- :,, to sop-a le ossa, mentre l'animale, a cui appartenevauOp „ trovavasi ancora in vita . „ Ed ecco le osservazioni , per le quali 1' illustre France- se si lusinga d' aver provato , e messo fuor d' ogni dubbio che trovansi realmente al Mont-Perdu tetrapodoliti terrestri mescolati con corpi marini anch' essi lapidefatti . Gli aniira- li. 3} K Di ALnEKTo FoiiTis . I 75 li , de' quali le ossa , eli cui si tratta eran parti , se dobbia- mo stare a quanto risulta da que' pezzi eh' egli ha fatto di- segnare , non avrebbono appartenuto a belve di straordinaria statura , §. a.° Egli è per avventura un mal vezzo V nfiettare in- credulità quantun([ue volte vieu fatto un racconto di qualche fenomeno che si allontani dall' ordinario corso della natura : ma , dall' altra parte, quel piegar in silenzio dinanzi all'au- torità mette a repentaglio soventi volte il buon senso . Io porto opinione che non si debba avere soverchia fretta di da- re il proprio assenso a cosa che abbia di che giustificar l'esi- tanza ; anche dopo d' aver proposto de' dubbj , non può egli un galantuomo convenire d' averne avute soddisfacenti rispo- ste ? Io ho fatto chiedere pel corso di un anno e più trovan- domi a Parigi , e ò poi chiesto di viva voce la soddisfazione di poter esaminare un buon numero d' esemplari dei pretesi tetrapodoliti terrestri "del Mont-Perdu . La facilità di confrontar- li cogli scheletri , clie si conservano nelle sale dell'Anatomia al Giardino Nazionale delle Piante, la bontà, ed amicizia di cui mi onora il dotto, e acutissimo Professore Cuvier me ne accrescevano la pi-emura . Io avrei veduto cogli occhi di co- desto sommo uomo , e sarei stato certo di ben vedere le ras- somiglianze o dissomiglianze fra le ossa di quadrupede in ista- to naturale, e le pretese lapidefatte . Ma le mie istanze, riu- scirono quasi a vuoto , poiché solo due o tre piccioli fram- menti potei finalmente averne sotto agli occhi presso il Pro- fessore Fauja di S. Fond , e codesti trovaronsi a parer d' en- trambi cosi mal caratterizzati , che ne divenne superfluo il progettato confronto . Il Cittadino Picot li fece pero disegna- re ed incidere come provanti la sua asserzione ; ed eccone la copia fedelissima ( Tav. YH . ) , per cui verranno difiicil- mente ricordati gli osteoliti agli occhi de' Naturalisti Italiani, die pur son da éwe secoli avvezzi a vederne e a determi- narne . Non avendo potuto esaminare a piacer mio una quantità di jp6 eli codeste pretese ossa pioporzionata all' importanza del sub- Lietto 5 io mi rivolsi a ricercare nelle circostanze delia espo- sizione medesima del fatto quei caratteri, che, trovandovisi, potevano renderlo sicuro , ed importante , e mancandovi , doveano renderlo nullo . Se i miei scrupoli servissero anche solamente a determinare i Naturalisti , che d' ora innanzi ti porteranno al Mont-Perdu , ad essere un poco più esatti nel- le osservazioni, e precisi nelle relazioni loro io mi lubinghe- rci d' aver reso servigio ad essi, e alla scienza . Il Cittadino Picot Lapeyronse ammette 1' opinione di Dolomieu su 1' antico stato della gran massa, i di cui resi- dui costituiscono le Alpi , i Pirenei, gli Apennini , le Mon- tagne della Dalmazia , Busnia , Servia , Bulgaria , ec. ec. , egli tiene per fermo che una serie successiva di strati calca- rj deposti nel corso di chi sa quanti mai secoli ) , e di panchina conchifera , de' quali cia- scun Quadrupede somministra un numero considerabile , non si lasciarono trovare dai tre indagatori de' fossili del Mont- Perdu . Io so bene che questo non è più che un argomento negativo : ma dove le ricerche dilijrenti di tre valentuomini non anno potuto rinvenir vestigio di denti j io non posso darmi a credere che sieno state riconosciute vere ossa di quadrupedi , ed in copia considerabile . 3.^ La descrizione dataci di codesti pretesi frammenti di tetrapodoliti è cosi mancante di precisione , che non si può a meno di stupire in leggendo nella Memoria del Citta- dino Picot Lapeyronse l' asserzione positiva, ch^ essi hanno conservato i caratteri esterni , ed interni della configurazione , Clel- ia) L, e. p. 81. dalle petraje d' Andris o di Mi- (b) Il mio egregio amico, e col- nervino, in cui si riconosce nn lega D. Giuseppe Maria Giovane dente di quadrupede. Io ò fatto Vicario Generale di Molfetta , mi omaggio di esso pezzo ali' il!u-;tre ha ultimamente ceduto un pezzo Professor Guvier, tanto bmemeri- di tufo conchifero , proveaiente to della Osteologia fossile . Di Alberto Foktis . i7<) ossa. Fa ancora più meraviglia il trovarvi detto che " „ la loro sostanza spugnosa è rimasta intatta , e che " poco „ dopo soggiunga : <' la cavità medullare vi è o interamente „ libera, o ripiena di pietra calco - argilloso - micacea , . . • „ rilevando che codesti frammenti hanno quasi tutti il ta- j, glio liscio, e netto (in vece d'averlo aspro, ed ineguale, ,, qual converrebbesi ed è naturale alle ossa ) come se uno „ stromento taglientissimo vibrato con forza le avesse cosi „ troncate mentre 1' animale trovavasi ancora vivo [a) Esist* egli veramente uno stromento da taglio capace di troncar a netto senza scheggiature , né ineguaglianze le ossa tubolo- se , contro delle quali venisse da una robusta mano vibra- to ? Per ifpiegare il fenomeno di codesta troncatura , sem- bra che il Cittadino Picot - Lapeyronse sia tentato di sos- pettare che v' avessero de' coltelli alT epoca rimotissima del- la deposizione degli strati marini del Mont-Perdu ; lo che è un pò più difficile ancora da provare che 1' esistenza de' te- trapodoliti terrestri a cosi considerabile altezza . 4.° La sostanza di codeste ossa , che il N. A. trova sempre convertita in focaja ora più ora meno resiniforme , 5, e che morde 1' acciajo . " lo ho veduto bensì, e individuatamente in Toscana, de' veri osteoliti silicei, che appartennero a belve di gigan- tesca statura : ma sino ad ora ne io ò , uè altri eh' io sap- pia ha veduto tetrapodoliti silicei resinifonni . La cosa non è dimostrativamente^mpossibile ; sarebbe però stato d' uopo , che , per darle un grado di probabilità , il Citt.' P. L. aves- se potuto addurne qualche esempio di agevole verificazione . 5.° Io sarei stato in gran sospetto di aver il torto, eri- gendomi in censore d' una novità appoggiata da un uomo d' autorità rispettabile nelle cose attinenti alla Storia natu- rale sotterranea , se non mi avesse dato coraggio il saper che Z a non (4) L. e. p. 8^ i8o Sopra, le pretese ossa co. non sono il solo fra '1 popolo di Naturalisti che siasi mostra- to difficile in questa occasione . Il Citt** P. L. ingenuamente annunzia egli stesso , che molti Naturalisti , ed anche distin- ti per dottrina , non hanno liconosciuto per ossa lapidefatte le concrezioni silicee del Mont-Perdu ; e soggiunge che altri le credettero rami , e tronchi di mad reperiti ; accusando la mancanza delle necessarie cognizioni anatomiche come cagio- ne del dissenso non meno che dell' ipotesi di codesti refrat- tarj . Io non mi fermerò a rilevare la contraddizione palpabile fra la dottrina accordata dal Citt.° Picot Lapeyronse ai Na- turalisti dissenzienti , e la cosi crassa ignoranza loro in fatto à' anatomia . Dirò solamente a consolazione 'mia , e de* com- pagni ^ che fra i non persuasi de' tetrapodoliti Pirenaici deve contarsi anche il principe degli Anatomici comparativi , il chiaro Professore Cuvier, che in un' Opera apposita, di cui si sta seriamente occupando , raccoglie tutti i monumenti re- lativi alle antiche spezie de' quadrupedi delle quali vannosi trovando sepolte le reliquie nelle concrezioni lapidose strati- ficate, o nelle deposizioni argillose^ arenarie, conchifere., ce. , che le acque d' antichi mari abbandonarono in epoche da noi rimotissime e fra loro diverse . 6.* La configurazione tubolosa è frequentissima da in- contrarsi nelle selci focaje sparse copiosamente fra 1' arene , e fra le terre marnose . I contorni di Parigi medesimo ne somministrano frequentissimi esempi ; ed io ne ò raccolto be- ne spesso passeggiando per le tranquilla campagne di Neau- phle nel Dipartimento di Scine e Oise , (Tassai più csteifor- mi che le figurate del Cittadino Picot Lapeyronse , perchè non di raro anche un' ajjparenza d' acetabolo presentano all' osservatore . Furon eglino adunque codesti frammenti tubu- losi originariamente madrepore ramose ? Generalmente par- lando, esse non conservano vestigi di tessitura celliiliosa : ma gli esemplari , ne' quali di siftatta tessitura rimangono trac- cie riconoscibili non sono rarissimi ; io ne ho veduto secrna- tamente pai-ecchj presso il mio Amico Faujas di S. Fond , Pro- Di Alberto Fortis . iBi Professore di Geologia al Giardino Nazionale (31 P.irigi . E forse malasievol cosa il render ragione della obliterazione to- tale delle cellule che generalmente si osserva nelle fiìcaje tu- bulose , come Io è il renderla dell' assoluta mancanza di ve- stio;i dell' organizzazione testacea che forma il quasi costante carattere delle focaje. Io ò raccolto nelle mie passeggiate di Neauphle de' pezzi sommamente istruitivi su di questo par- ticolare ;, la scala de' quali incominciava dallo stato calcarlo della pietra conchifera, e finiva allo stato di focaja assoluta- mente priva d' ogni indizio di testacei . Le replicate osserva- zioni mi hanno disposto a sospicare che il passaggio del car- bonato di calce alla silice , e da codesta all' argilla si faccia continuamente per 1' azione di un fluido non per anche co- nosciuto , e che sarà difficilmente assoggettabile a sperimen- ti . Mi è sembrato di vedere , che incominci ad operare r obliterazione delle traccie di corpi organici alla superficie de' pezzi erratici , e che progressivamente per una spezie di particolar fusione , e rinipastamento le faccia sparire anche dall' interior delle pietre . Della troncatura a netto , e di superficie levigata , che nelle ossa è quasi impossibile ad ottenersi , son ovvj gli esem- pj ne' coralli j e nelle madrepore, cui strappano dalle caver- nose rupi subacquee gli ordigni de' Corallaj . Più frequenti ancora sono gli esempj di obliterazione d' ogni indizio di struttura cellulare nelle madreporiti lapidcfatte . Io ne cono- sco un ammasso a Montegalda, fra Padova, e Vicenza, in cui è stata scavata una grotta . Tutte le madieporiti vi sono compresse , rotte in pezzi di non più che due o tre pollici di lunghezza , troncate a netto , e senza il menomo vestigio dell' originaria loro tessitura. Cosi troncate a netto sono per lo più anche quelle singolari madreporiti tubulose di Monte Viale nel Vicentino , che percosse con un pezzo di ferro mandano odor di tartufi . 7.° Tutto concorre per mio avviso a render probabile che il Citt.° Picot Lapeyronse, e i suoi due valorosi compa- gni 1(5^ SoPHA Le riitTE-sE ossa ec. gni si eieno lasciati un pò troppo trasportare dall' amore del maraviglioso, prendendo per ossa di quadrupedi tenestri tron- chi accidentalmente i diomoifi, o forse fiammcDti di madie- poriti cambiate in focaja senza conserrare veruna traccia di tessitura cellulosa . Ognuno sa , che di grandi ossami di qua- drupedi si trovano nelle gessaje di Moiilmatre , in Siberia , dn varj luoghi della Germania e d' Italia ; ma nessuno di co- desti luoghi appartiene alla catena alpina calcaria d'antichis- sima formazione j che dà bensì talvolta reliquie d' anhbj mo- struosi, di quadrupedi riconosciutamente terrestri non mai. Io porto opinione che troppa distanza sia corsa fra le diver- so epoche che si denno assegnare alla formazione delle Monta- gne , secondo la diversa loro situazione, e costituzione, per- chè si possa aver lusinga di trovar vestigj d' animali abitan- ti di terre asciutte ne' loro strati , forse di secoli e secoli anteriori alle grand'Isole, e a' Continenti, l'esistenza dc'qua- li mi sembra difficile da stabilire per quell'epoca rimota, in cui il livello del mare trovavasi dieci o undici mila piedi pia alto che ora non è . PRIN- f^y,,, It„/'r.x.^:-tC.^j.jé'a. -'j^ j83 PRINCIPI DI STATICA PER I TETTI, PER I PONTI E PER LE VOLTE Di Paolo Delanges Ricevati il di 24 Jgosto i8oa. INTRODUZIONE. y^ uantunque possa sembrare il presente soggetto di non diflì- cile accesso, esso però si annovera tra i più agitati da'Geome- tri nel secolo decorso . Vi fu chi non ebbe riguardo a dire „ n'est il pas surprenant que tandis que nous calculons les forces nécessaires à rétenir dans leurs orbites des masses ini- meiises qui circulent dans les Cieux bien au dessus de nos tètes , n'ayons pas encore calculé éxactément ce qu'il faut opposer pour que la cbarpente de nos niaisons ne renverse les supports , et proscrir entiérement le tatónement dans la coiistruction de nos combles ordiiiaires? „ Con non minore filosofica franchezza si disse inoltre ,, È cosa a dir vero umi- liante , che un problema semplicissimo quale è quello di ri- trovare la spinta d'una stanga o verga appoggiata ad un mu- ro sia stato e sia tutta via pietra d' inciampo per parecchi Geometri di prima sfibra ec. „ Due principj furono posti in uso , cioè quello della composizione e della risoluzione delle forze , e 1' altro delle velocità virtuali ossia delle azioni , né era da dubitarsi che dall' applicazione di essi sortir dovesse- ro risultati discordi fra loro , ed in conseguenza dubbj ed iiicerti : eppure cosi nacque di fatto j come ora è necessario a vedersi . AR- 184 Pkincipj di Statica, ec. ARTICOLO I. Soluzioni col principio della composizione e della risoluzione delle forze , Prendasi in considerazione il problema elementare in siffatta indagine , e sia AB ( Fig. I. ) una verga pesante in- clinata tra il piano orizzontale BD ed il verticale AD; si cerca lo sforzo che eseicita alla sua estremità B , e quindi lo sforzo orizzontale coli cui , facendo astrazione d'ogni resi- stenza di attrito , tende a strisciare e distendersi sul piano orizzontale BD per la nota legge de' gravi . I.* Dal centro di gravita C della verga A B si conduca la verticale CF , che s'incontri in F coli' orizzontale AF mena- ta dal punto A , e congiunta la BF si compia il parallelo- grammo FGGH. Quindi prodotta BF in I j sicché BI sia uguale ad F G , si conduca la perpendicolare I E al piano orizzontale D B . Rappresentando C F il peso P della verga , sarà F G lo sforzo di essa alla sua estremità B , ed essendo BI uguale ad FG, sarà BE lo sforzo orizzontale con cui cer- ca di strisciare lungo il piano orizzontale DB ( Couplet. Hisi. de l'Jcad. de France an. ijSi , e L. Saliuibeni . Società Ita- liana tom. 4- ) • 11/ Risoluto il peso o la forza totale CF ( Fig. II. ) della verga AB nello sforzo CG perpendicolare, e nel GF parallelo ad essa , dividasi CG ne' due A/ V> g in ragione recìproca delle distanze AC CB . Condotta fr perpendicolare all' oriz- zontale AC ,, s' impiegherà fr a premere verticalmente il piano AD , e sarà Ar la forza orizzontale con cui è premuto in Di Paolo Delanges . Iu5 in A . ,j Fatta poi B^ in direzione della verga eguale a GF, si compia il parallelogrammo B I , e si conduca la perpendi- colare lE ,, e sarà la forza lE premente verticalmente il piano orizzontale B D , e B E la forza orizzontale intesa a spinjiere l'ostacolo al punto B. j, ( Lorgoa . Saggi di Statica e Mec- canica j)ag. 1- ) • IH." Lo stesso Autore quando due sono le veighe ugnali in opposizione, come dimostra la Fig. III., divisa la forza GG nelle due , coinè s' è detto , ^1/, Bg , ed essendo yìh quella che appartiene al punto A per parte della verga A L , tirata r orizzontiilc Ihfe , e compiuto il parallelog^rammo IhrS. , po- ne Vìb eguale alla somma delie FG Al ; e cosi mediante il parallelogranuno Bglb determina la pressione verticale lE nel punto B, e lo sforzo orizzontale BE che esercita la vejga AB nel punto medesimo . IV.' „ Si risolva la forza verticale CF (Fig. IV.) nella orizzon- tale CG , e nella CH . La forza CH si impiega a premere il punto B in direzione della verga, e viene rappresentata da BQ =^ C H . Si abbassi la verticale PQ , nasce dalla forza BQ Ja spinta orizzontale BP . La forza poi orizzbntale CG trasferisce BG in A la spinta orizzontale AS = —r . CG , ed in B , BO ~ A li A C . CG . Laonde la spinta orizzontale in B, sarà BP — BO • „ A B ( P. Gregorio Fontana . Società Italiana tom. Ili . Pùcerche analitiche sopra diversi soggetti . ) Altra soluzione propose lo stesso Autore , mediante la somma d' una serie , ma che , come venne dimostrato dal Salimbeni ( luogo citato ) porta un risultamento eguale a quello della precedente . Non con- vitiie inoltre nelle due seguenti soluzioni V. e VI., sebbe- ne j come egli osservò , conformi a quanto ritrovano Gio. Tomo X. A a Ber- i85 Principi di Statica ee. BernoullI ( opere toni. 4- p- 189. ) , e Kaestener nella sua Memoria Tigni ad parietem inclinati reperire jpressiones { Ai- ti dell' Acc. di Erfurt. an. 1778. ) V/ La forza CF della verga ( Fig. V. ) si risolva nella FG perpendicolare e nella CG in direzione di essa . Si dirida la FG nelle due kf , Bg in reciproca ragione delle distanze AC CG , e fatta Bè in direzione della verga uguale a CG, sia BI la forza equivalente alle due Bg Bb . Menata la perpendico- lare lE , sarà lE la pressione che esercita la verga nel pun- to B sul piano orizzontale BD , e BE la spinta orizzontale ec. VI.' 'Divisa la forza verticale CF della verga {V\g. VI.) nel- le due A/ Bg pure verticali ed applicate alle sue estremità A B in reciproca ragione delle distanze AG CB , si cali la perpendicolare /G , e sarà la forza Kf risoluta nella G/ o AH noimale alla verga nel punto A, e nella AG in direzio- no di essa . Si faccia BI uguale alla AG, e si abbassi la per- pendicolare lE; sarà BE la spinta orizzontale al punto B ec. VII.^ Risoluta la forza CF della verga AB ( Fig. VII. ) nella perpendicolare CG e nella GF parallela ad essa , si porti GF o CH in BI sulla direzione della verga medesima , e calata la perpendicolare lE , sarà BE la spinta orizzontale al punto B. ( Krafft. tom. 4. novi comm. Accad. Scient. Imperìalis Pe~ tropolitanae . ad anninn 17.52. 1753. ) La soluzione del P. Frisi {Instìtiizioni di Meccanica ec. Milano 1787. pag. 64. ) è conforme intieramente alia riferi- ta di Krafft che senza ragione ha creduto di dichiararla di- fettiva . Aìl- Di Paolo Delanges. 187 ARTICOLO II. Soluzione col principio citile azioni , L' Abate Mascheroni ( nuove ricerche suW equilibrio del' le volte. Bergamo, anno 1785. ) usando di siffatto pvincipio diede la seguente soluzione . „ Se la verga AB ( Fig. Vili. ) che in G porta il peso G , possa coli' estremità A scorrere la linea perpendicolare AF , mentre coli' estremità B scorre l'orizzontale BF , e BFP sia una corda , che scorrendo sulla carrucola F porta un pe- so P , trovare la ragione delle due forze . Il peso G si porti in g intanto che A si porta in « ^ B si porta in /y , e P in /» , sarà Bó = Pp . Alle linee ab Bb si tirino le parallele aY BV^, si tirino le perpendicolari G n gin, e l'orizzontale gy . Essendo b a ■=■ BA , anche BV sarà uguale a BA , e tirando la AV 1' angolo BAV" sarà retto . Sa- ranno dunque simili i due triangoli A«V, BFA, e sarà /^P wP.BF C = £.B = aV ): «A = AF:BF; «A = \ ^ . Ora Gre — ^ A r AF.BG aY.bg (AF — aA)BG ___ ,^gm- -^-~ = ~ . Sarà dua- aA.BG jpP.BF.BG que Gy=.Gn- gm = -^^— = ^^^^^^ ' e la P F ve ragione de' pesi P . »P : G. G v- = P : G. — rr"— r— = P ; ° ^ ^ ^ A F . B A G. — - . Dunque la spinta orizzontale in B = G. . ,, A F ^ ^ A F ' ARTICOLO III. Risultamenti delle riferite soluzioni. Chiamando la lunghezza della verga ( Fig. VII. ) AB = a. Aa a la i88 Pkikcipj di Statica ec. la porte AC '=■ b , V angolo d' inclinazione col piano oriz- zontale ABD =1 ^, il raggio n i , ed il peso totale di essa rappresentato dalla C F = /> : si ricava che. le soluzioni I. 111. e IV. derivate dal principio della composizione e delia risoluzione delle forze ( Art. I. ) , non meno che la soluzio- ne fondata sul principio delle azioni ( Art. II. ) , danno es- pressa la spinta orizzontale air estiemità B della verga dalla formula (A) . / [a — b) COS.© \ p ( ^ ^^ ) ( A ) ■^ \ a . sen.9 / ' Delle altre poi dedotte dal principio djglla composizione e della risoluzione delle forze , si rileva che le soluzioni IL V. e VI. ( Art. I. ) somministrano nella formula (B) il valo- re della spinta ricercata . — [a — b) ( sen.(p cos.(p ) . , . . (B) E finalmente la VII. colla formula (C) p. sen.tp C0S.9 (C) I due valori somministrati dalle formale (A) (B) dipen- dono , e dall'angolo ABD d' inclinazione che ha la verga AB fui piano orizzontale, e dalla situazione insieme del suo cen- tro di gravità C . Il valore dato dalla terza (C) non dipende che dall' angolo predetto . Mentre poi la formula (A) dimo- stra che la spinta orizzontale della verga alla sua estremità B è nulla nello stato verticale, e va crescendo fino a che diventa infinita ridotta orizzontale ; le altre due formule (B) (C) fanno scorgere che nulla è tale spinta in ambedue le po- sizioni della voga verticale ed orizzontale . Le soluzioni pertanto finora proposte del problema in questione riduconsi a tre , e siccome la ricercata spinta oriz- zontale viene diversamente determinata da esse , egli è evi- dente che o una soltanto deve esser vera, oppure che tutte e tre conducono in errore . Comunque sia passerò presente- mente ad esporre una nuova soluzione che con esaltezza sod- dis- .1 Di Paolo Delanoes. i8f) disili nlle due condizioni insieme, j)roprie ed essenziali del problema , la prima cioè che nulla è la spinta della verga tanto se insiste perpendicolarmente, o se giace distesa sul piano orizzontale , e la seconda che il suo valore dipender deve e dall' angolo d' inclinazione che fa col- piano orizzon- tale , e dalla situazione del suo Cinro di gravità . ARTICOLO IV. Soluzione del problema foìidamentale pel calcola della spìnta de tetti , de' ponti , e delle volte. LEMMA Se da qualsivoglia punto E ( Fig. IX. ) della curva el- littica AEDB s' inclini la EF uguale al semiasse coniugato CD , che concorra col trasverso B A , prolungato se abbiso- gna , nel punto F •, dico che prolungata FÉ finché concorra col semiconjugato CD , anche esso prolungato se occorre , in C •, sarà V intercetta EG usuale al semitrasverso AC . Imperocché si conducano dal punto E le EH EK ordi- nate agli assi AB CD . Pertanto essendo come il quadrato dell' ordinata KE al- la differenza de' quadrati delle DC CK, così il quadrato del- la AG al quadrato della CD , e le DC CK sono uguali alle FÉ EH, r una all'altra; sarà dunque come il quadrato del- la KE alla differenza de'quadrati delle FÉ EH, cioè il qua- drato della FH, cosi il quadrato della AG al quadrato della CD.: ma come il quadrato della KE al quadrato della FH , così il quadrato' della GÈ al quadrato della EF r dunque il quadrato della G E al quadrato della EF, così il quadrato della AC al quadrato della CD; il quadrato poi della EF è tignale al quadrato della CD ; quindi il quadrato della GÈ è nguiile al quadrato della AG , e perciò la G E è uguale alla AC ; il ciie ec. Si- loe Principi di Statica ec. Similmente, se da qualsivoglia punto E ( Fig. X. ) del- la circonferenza del semicerchio AEDB s'inclini la EF ugua- le al raggio CA che concorra col diametro BA, prolungato se abbisogna , nel punto F , e si prolunghi la FÉ fincliè concorra col raggio CD perpendicolare al diametro BA , an- che esso prolungato se occorre in G , si dimostrerà 1' inter- cetta EG uguale al raggio C A . PROBLEMA r. Sia AB ( Fig. XI. ) una verga pesante da tenersi sotto un dato angolo d' inclinazione ABD in equilibrio poggiando coli' estremità B sul piano orizzontale BD, e coli' altra estre- mità A contro il piano verticale AD : si cerca lo sforzo oriz- zontale ossia la resistenza orizzontale da applicarsi in B, lo sforzo che esercita in A contro il piano verticale AD , e co- me sia sostenuto il peso totale della verga . Il centro di gravità della verga AB cada nel punto C , per la legge de' gravi , astraendo dall' attrito ^ se fosse lascia- ta libera a se stessa , striscierebbe radendo coli' estremità A il piano verticale AD, e coli' altra estremità B il piano oriz- zontale BD accostando sempre più ad esso il centro di gra- vità C. Quindi, per il Lemma, descritta 1' Ellis i FCE di cui il semiasse trasverso FD sia uguale al segamento CA del- la verga; ed il semiconjugato DE all' altro BG , nel predet- to strisciamento percorrerà il centro di gravità G l' arco el- littico CF . Posto ciò condotta al punto G la tangente GII alF ellissi , egli è manifesto che volendosi rattenere la verga AB nell' angolo ABD in equilibrio, il suo peso raccolto in G agirà come se poggiato fosse sul plano inclinato CH'. Ora tirata la normale GN, e rappresentando la perpen- dicolare CO il peso della verga, com[)iuto il parallelogrammo C/iGra , pel noto principio di-lla composizione e della risolu- zione delle forze , al peso GG della verga equivaleranno le due forze C/i C/i 1' una all' altra perpendicolare . Gli e.nr( Iti per- i: Di Paolo Delanoes . 191 pertanto di queste due forze dovendo essere reagiti ne^ pun- ti B A, e non reagendo i piani BD AD che in direzione ad essi perpendicolare : divisa dunque la forza Ch nella vertica- le hm e neir orizzontale C/w, ovvero fatta BL parallela ed uguale a Ch , sicché la perpendicol n e L M sia uguale alla hm, e r orizzontale BM alla Cm , sarà Cm o BM la spinta orizzontale che esercita la verga in B , ed hm o L5I la par- te del suo peso che per conto della forza Ch agisce perpen- dicolarmente su! punto B : così divisa la forza Gre nell' oriz- zontale Gre nella verticale nr , la prima sarà reagita nel punto A dal piano verticale AD, e la seconda dal piano orizzontale BD nel punto B : dunque BM o Cni sarà lo sfor- mo orizzontale o la forza da impiegarsi in B per ritenere in equilibrio la verga AB, Gr uguale alla stessa Cm sarà lo sforzo che esercita in A contro il piano verticale AD, e le forze verticali LM o hm ed nr , che insieme prese uguaglia- no il peso CG della verga , saranno sostenute in B dal pia- no orizzontale BD . Il che ec. PROBLEMA IL Determinare il valore analitico della spinta orizzontale esercitata da una tlata verga AB ( Fig. XI. ) , dato 1' ango- lo d' inclinazione ABD che fa col piano orizzontale BD, e poggiando coir altra sua estremità A al piano verticale AD . Sia il segamento AG della verga , o il semiasse trasver- so DF = m , l'altro BG , o il semiconjugato DE = n , l'an- o-olo d' inclinazione ABD = (p , il seno tutto = /■ , ed il peso ti della verga AB = /' • E poiché il triangolo ChG è slmile al triangolo CHG, COSI è manifesto che indicando CH in vece di CG il peso della verga, gli sfoizi Ch, AG saranno rappresentati dalle CG GH . Ciò posto avremo dal triangolo BCG le due analogie r : s.cìì.Cp = « : C G r : cos.cp = /i : B G e pe- iga PiuNCirj DI Statica ec. n . sen Cd n . co H- 77Z*. sen/cp) . Per il problema antecedente denotando CH , come s' è supposto il peso p della verga AB , si ha che la cg\hg spinta orizzontale- al punto V> h, p . -=rrj — -p,^ '■ dunque latte le convenienti sostituzioni, la formula (D) darà il valore d"! la ricercata spinta orizzontale BAI . / rnn . sen.tp . cos.<ìi \ p . ( —, ^, -~ ) . . . . (V) Il che ec. Scolio . Per confrontare il valore som-ministrato dalla nostra for- mula (D) con quelli che danno le surriferite lurmnìe (A) (B) (C) ( Art. 111. ) , si faccia in -\- n ■=^ a , m '=^ b , e perciò 71 -jrz a — b , e sì cangerà la formula (D) nella (E) dotata delle stesse denominazioni colle tre suddette / (a — b ) b ■ sen/o . co^/p -v ^ \ b.^ sen.^q: -^ ^a- b)\ cos/"^ / " ' ' ' '^'^^ cui manifestamente somministra in generale un valore diffe- rente de' tre che danno le accennate formule per la spinta ricercata , eccettuato il caso che il centro di gravità fosse nella metà della lunghezza della verga , poiché allora essen- do è = — j si tram.uterà la formula (A) in (A') cos.cp 3 . sen.<^ (A') la I Di Paolo Delances. sen.

= — <^5 allora mentre la nostra formula (E) soui- a ministra pel valore della spinta orizzontale -r P i ^^ [^) ^^ il I , -rr p -, la (C) -^ p , e la (C) — p . E da osservarsi in fine che la nostra formula (D) ovvero (E) , a differenza delle altre , esattamente soddisfa alle condizioni essenziali del j^roLlema già avvertite ( Art. IH. ) . COROLLARI. Presa in considerazione la formula (D) oppure V equiva- lente (E) , si ricava . Tomo X. R h L o 1C)4 Principi di Statica ce. I.° Che sotto un dato angolo d'inclinazione facendo i=o, ovvero a — ^ = o , cioè supponendo che il centro di gravità della verga cada o in una o nell' altra sua estremità , risul- ta nulla la spinta orizzontale : di modo che ha luogo un pun- to nella verga in cui cadendo il centro di gravità , esercite- rà nel dato angolo d' inclinazione la massima spinta , II.° E che supposta costante la situazione del centro di gravità , diventa nulla la spinta orizzontale della verga nelle posizioni verticale ed orizzontale , cioè supponendo cos.^p^o, ovvero sen.!|> =: o : e quindi ne segue che esser vi dee l' an- golo d' inclinazione in cui nella data posizione dei centro di gravità la verga eserciterà la spinta massima . PROBLEMA IH. Dato r angolo d' inclinazione ABD ( Fig. XI. ) , trovare il segamento AC, cioè il punto ove cadendo il centro di gra- vità C della verga, massima sia la spinta orizzontale all'estre- mità B . Si differenzi '^ formula (E) ( Prob. II. Scolio) esprimen- te il valor generale di tale spinta , posta variabile la quanti- tà Z» , che dinota il segamento AG da trovarsi , e riguardan- do come quantità costanti la a lunghezza della verga, ed il seno e coseno dell'angolo d'inclinazione ABD cdi piatto oriz- zontale . Operando in seguito secondo il calcolò de' massimi e minimi j si perverrà a scoprire il valore ricercato di AG AG = b = sen.9 -1-COS.9 Il che ec. COROLLARIO. Risulta dalla ritrovata formula che crescendo V anaolo d' inclinazione della verga per la spinta massima j, il sega- mento AC diventa minore , cioè il centro di gravità C si v.c- co- Di Paolo Delanges . igS costa verso 1' estremità A , e viceversa climlnueTidosI s' acco- sta verso l'estremità B . Cosi , a cagioii d' esempio, se l'an- golo d' inclinazione è semiretto, cioè sia sen.(p ~ cos.(fi, si ha la massima spinta orizzontale essendo b ■= — ^ cioè caden- do il centro di gravità della verga nella metà della lunghez- za ; se di 60°, sicché sen.i^ = — v/ 3 e cos.cjJ = — , la mas- sima spinta accade essendo il segamento AC = b = — r= ; e se fosse di 3o°, e perciò sen.ffi = — , e co3./ 3 + I _ a ^ ,,, , — . Per avere inoltre il valore della massima spin- a ^ ta per esempio nel caso dell' angolo semirette , nella for- mula generale ( E ) ( Pruhlcina III. Scolio ) si faccia • 1 - • . • f{a~-b)bs. sen. 03 ~ COS. =: — , si trova il valore ricercato =z — p^ Nella stessa posto b minore o maggiore di — ^ si otterrà sem- Ut pie un valor minore di — /> • PROBLEMA IV. Dato il centro di gravità C ( Fig. XI. ), ossia il sega- fi b a men- in6 Principi di Statica ec. mento AC nella verga AB , trovare V angolo d' inclinazione A E D col piano orizzontale in cui massima è la spinta all^ estremità B . Tenute le solite denominazioni , sia A D = .r , il raggio TX — r . e si avrà dell' angolo ricercato il sen.^ = —, ed il cos.i^ = ■ . Surrogando questi valori nella formu- Co la ( E ) ( Prob. II. Scolio ) , si otterrà la seguente espres- sione pel valore della spinta orizzontale al punto B ( a — h ) h -^ j/(fljl£VL. a^ [a — by -\- ax" {^'iib — a) •DIfFerenziando e spiruendo le regole del calcolo de'massimi e minimi , si scoprirà il valore del seno dell' angolo ricercato rappresentato dall' altezza AD X _ ay (^(^_^y_^^^(,,_^,); Il che ec. COROI^LARIO. E facile a dimostrai'si che diminuendosi la quantità h , cioè che quanto più si accosta il centro di gravità C all' e- stremità A , cresce il valore dell' altezza AD , cioè 1' angolo d' inclinazione della verga col piano orizzontale per la mas- sima spinta , e viceversa . Il che è conforme a quanto s' è conchiuso nell' antecedente Corollario ( Prob. III. ) . Caden- do il centro di gravità C nella metà della lunghezza della ver2;a AB , onde sia Z* = — :> si ha x zz rr ; cioè che mas- sima è la spinta orizzontale essendo semiretto l'angolo di in- clinazione ABD, vale a dire che la spinta della ver^a in ta- le supposizione sari sempre maggiore di quella che esercite- rebbe, se inclinata fosse in angolo maggiore o minore del pre- det- Di Paolo Delances. 197 detto ; il che pure è conforme al coiicliiuso nel Corollario acceanato . PROBLEMA V. Siano in un piano verticale le due verghe ugnali AB, Kb ugualmente inclinate sul piano orizzontale B Z» trovare le spinte orizzontali alle estremità B Z» ( Fig. Xlll. ) , e le forze che agiscono nel punto della loro unione A . Su{)ponendosi uguali le verghe AB Aè, i loro centri di gravità G e saranno situati ad uguali distanze dalle rispetti- ve loro estremità . E poiché se fossero in libertà le verghe , discenderebbero strisciando ugualmente colle estremità B b sul piano orizzontale , mentre il punto di loro unione A di- sc nderehbe per la verticale AD; cosi descritta l'Ellissi FCEc/", di cui il semiasse trasverso FD sia uguale al sega- mento AC, ed il semiconjngato DC all'altro BG , nello stes- so tempo ( Lemma ) i loro centri di gravità G e percorre- ranno gli uguali ardii ellittici G F , cf . Quindi è manifesto che r una e 1' altra verga fa le veci di jMano verticale , e perciò che ogn' una di esse agisce come se posta fosse tra un piano orizzontale ed uno verticale . Ritrovati adunque .( Prob. L ) gli uguali sforzi orizzontali BM AR che esercita la verga AB alle sue estremità A B in istato di equilibrio, e così gli uguali fra se ed ai primi, bm, Ar esercitati dall' altra ugual verga A^, si avranno le spinte orizzontali BM bni che esercitano le due verghe insieme combinate sul piano orizzontale , ed ancora gli sforzi uguali e direttamente cen- trar] AR Ar con cui vicendevolmente si premono nel punto di loro unione A . Il che ec. PROBLEMA VL Alle due uguali verghe AB EF ugualmente inclinate sul piniio orizzontale sia soprnpposta la terza orizzontale AE, Bicf.hf insieme rappresentino gli assi di tre travi : si cercano le 19^ PitiNcipj DI Statica ec. le spinte orizzontali alle estremità B F ^ etl in conseguenza le fuize opposte che le verghe BA EF esercitano contro la verga AE secondo la sua direzione orizzontale ( Fig. XIV. ) . E poiché, non essendovi ostacoli alle estremità B F, striscierebbero le verghe AB EF sul piano orizzontale, e la verga AE , posto che il suo centro di gravità P sia nella me- tà della lunghezza , discenderebbe mantenendosi parallela a sé stessa, obbligando le estremità A E delle BA EF a di- scendere per le verticali AD E H ; è manifesto che i centri di gravità delle due verghe inclinate BA EF percorreranno nello stesso tempo archi ellittici ( Lemma ) , ed il centro di gravità P del 14 orizzontale AE discenderà per la verticale PQ . Ora siccome in istato di equilibrio il peso della verga AE è sostenuto metà per parte alle estremità A E dalle verghe BA EF ; così sia Aa la metà sostenuta dalla veri>.a AB , ed essendo C il sua centro di gravità, e denotando Ce il suo peso j si divida il segamento AC in reciproca ragione delle forze Aa Ce nel punto G , e le azioni di esse sulla verga AB, applicate ne^ punti A C, equivaleranno all' azione del- la Gg uguale alla somma loro applicata al punto G . Quindi ( Prob. I. ) considerandosi la verga A B appoggiata ad un piano orizzontale e ad un verticale, e caricata nel punto G dd peso Cg, si determinerà la sua spinta orizzontale al pun- to B , e 1' ugnale al punto A in direzione della verga oriz- zontale AE . Le stesse spinte verranno esercitate pure dall' altra ugual verga EF ugualmente inclinata . Il che ec. Scolio . Se quattro sono le verghe uguali AB BC AE EF consi- derate per gli assi di quattro uguali travi combinati e dispo- sti , come suol praticarsi per costruire i tetti alla Mansarda ( Fig. XV. ) , e le due superiori BA AE sieno legate insie- me mediante la catena orizzontale BE o LR ; in tal caso le verghe inferiori BG EF sono aggravate dalle superiori come se Di Paolo Delanges . 199 se ad esse poggiata fosse la verga orizzontale BE dotata del proprio peso o della LIl , e d«!Ie due B A A E, e perciò la soluzione del problema si riduce a quella dell' antecedente . Ma se le superiori verghe BA AE non sono legate scambie- volmente , come s' è detto, e soltanto connesse colle estre- mità B E delle inferiori BG EF^, in guisa di non recare im- pedimento alla naturale tendenza di tutte e quatt.o insieme; allora si osserva esperimentando , cJie lasciando libera l'azio- i:e ad esse, mentre il punto A discende per la verticale AD, le due verghe dalla stessa pai te AB BC, dovendosi intende- re lo stesso per le altre due AE EF, passano successivamen- te , strisciando la BC sul j)iano orizzontale DG, nelle posi- zioni ahc àb'c ec. , distendendosi, in fine la AB sul piano orizzontale in DG , e la BG in GII . Per risolvere adunque in tale ipotesi il problema, secondo i nostri principj , e de- terminare, senza alterare la propria sua condizione, gli sfor- zi che in istato di equilibrio accadono in G , in B , ed in A , dovendosi sostenere già il peso insieme delle due verghe AB BG dal piano orizzontale D G nel punto G , bisogna co- noscere la curva BZ'Z^'G che descrive il punto B, la curva LZ/ M che descrive il centro di gravità L della verga AB passando dalla posizione AB nelle ab ab' ec. fino alla oriz- zontale DG , e quindi la curva Sss'O che descrive il centro di gravità S della verga BG, passando dalla posizione BG nelle bc b' e re. fino all' orizzontale G H . JMerio intralciata è la soluzione del problema in cui si suppone che alla verga inferiore EC ( Fig. XVI. ) sia impe- dito lo strisciamento orizzontale in G, e soltanto possa girar- si intorno al punto medesimo come centro del cerchio iBH descritto col raggio GB , restando allora da conoscere la sola curva L/m descritta dal centro di gravità L della versa su- periorc AB supposta passata dalla prima iiosizione AB nelle > ab ec. , per farsi quindi a scoprire gli sforzi esercitati dalle due verghe AB BG ne' punti G B ed A . Si può anzi in pra- tica supporre che il movimento della verga superiore A B si iac- aoo Principi di Statica ec. faccia come se strisciasse coli' estremità A pel piano vertica- le AD, e coir altra estremità B pel piano inclinato BR per- pendicolare alla verga inferiore BG ; il che è tanto p'.ù d'am- mettersi quanto minore è l'angolo ABE . Che se la verga inferiore BG fosse verticale^ come l'as- se d'un pilastro ( Fig. XVII. ) che cedendo alla spinta d' im tetto sovrapposto e indicato dall' altra verga superiore AB, si dovesse girare intorno al punto G della base , e descrives- se coir altra estremità B 1' arco di cere' 'o BO :, scoperta la curva Lm che in siffatto movimento descriverebbe il centro di gravità L della verga AB , 'e conducendo ad essa al pun- to L la tangente LH e la normale LN , e denotando la ver- ticale LG il peso della verga AB, si compirà il parallelo- giammo L/iG«. Quindi menando ììb uguale e parallela a l^h , ed Aa uguale e p;;rallela ad L/i ^ e calate le perpendicolari bc ad alle orizzontali Bc Ad; sarà Bc lo sforzo orizzontale che esercita il tetto in B contro il pilastro , e Ad 1' uguale sforzo orizzontale che esercita in A o contro nn muro verti- cale AD o contro 1' opposta metà di esso , e 1' intero peso LG agirà in direzione verticale sullo stesso pilastro , e così potrà deternnnarsi la sua grossezza per l' equilibrio tra esso e lo sforzo con cui il tetto tende a capovolgerlo. In pratica potendosi supporre che il movimento della verga AB succeda come se poggiata fosse al piano verticale AD e sulf orizzon- tale EBc , singolaiinente qualora ncn vi sia differenza nota- bile tra la lunghezza AB del tetto e la sua larghezza BE , la curva Lw diverrà prossimamente un arco ellittico , e la so- luzione del pioblema dipenderà da quella del problema I. Cosi 5 chiamandosi dagli Architetti propriamente tetto al- la j\Iansarda quello che sia quasi piano nel colmo , e quasi a piombo da' lati, come è dimostrato per metà dalla Figura XVllI. , fatta DG uguale a BA , e DM ugual ad AL, essen- do L il centro di gravità della verga A B , che si suppone cadere nella metà della sua lunghezza, e condotte le BG LM , ed abbassate le ]ierpendicolari BN Lm , diventano nell' ipo- I ì Di Paolo Delakoes . aoi ipotesi suddetta trascurabili gli angoli GBN Mhm. Laonde supposte in libero movimento le verghe AB BG può ammet- tersi che la verga A B discenda parallelamente a se stessa e in direzione orizzontale , cioè che il suo centro di gravità L proceda per la verticale Lm, e che la BC mentre striscia coir estremità C nel piano orizzontale DG , discenda coli' al- tra estremità B per la verticale BN , e perciò in tale manie- ra di tetti possono iCfleterminarsi gli sforzi in C , B , ed A , quanto alla pratica , come sonosi determinati que' di tre ver- ghe ( Piob. VI. )-, colla diilerenza che in questo caso la ver- ga BG è gravata in B dell' intero peso della verga AB . CONGLUSIONE. Mentre da ciò che s' è dimostrato apparisce che convie- ne conoscere primieramente la linea che descrive il centro di gravità delia verga , per applicare con esattezza il principio della composizione e della risoluzione delle forze alla soluzio- ne del problema in questione -, si dimostrerà ora insufficiente essere tuttavia 1' altro principio delle azioni applicandolo co- me suol farsi alla soluzione del problema medesimo . Sia AB ( Fig. XIX. ) la verga appoggiata al piano verti- cale DE ed al piano orizzontale BD, ed FCE 1' ellissi per cui tende a discendere il suo centro di gravità G . Si ponga D G = -r 5 AB ~a,AG~Z',il peso della verga = /» , e si avrà ( Prob. I. ) espresso il valore della spinta orizzon- tale al punto B dalla formuia ( F ) formula identica colla (E) ( Prob. II. Scolio ) , surrogando in '^ b . . b Ungo (T X .j — . COS.9 , ed in luogo di -^'^ ( b^ — at* ) , — .sen.<^, come risulta tirando CR parallela a DG , e chiamando al so- lito l'angolo d'inclinazione ABD ossia ACPi = ({) ^ ed il rag- Tomo X. Ce gio ioa Principi di Statica ec. gio = r. Posto ciò per ritrovare presentemente col principio delle azioni la spinta medesima , si supponga strisciata la ver- ga AB iti ab , sicché il centro di gravità C abbia percorso r infinitesimo arco ellittico Ce, e condotte le ordinate CG , cg e r orizzontale ai , sia come prima AB zz a , AC =■ b , D G ~ X , e sia poi C G =: j , sarà (a — br(b''-x') = b^-y' V equazione all' Ellissi F G Ef; e si avrà inoltre gO n cn=: (a — b ) X d X dx, Cn - ^ dy = -^-—-^—- , ed 7 = ( ì V* ( ^* — x^ ) . Supponendo pertanto doversi impe- dire lo strisciamento della verga AB da un peso S sospeso ad un filo orizzontale raccomandato all' estremità B e clie passi sopra una girella affissa in D , è necessario per deter- minare secondo il principio delle azioni il peso 8 equiva- lente alla ricercata spinta orizzontale , conoscere lo spaziet- to B ^ che percorre 1' estremità B della verga nello stesso tempuscolo che il suo centro di gravità C percorre l' archet- to Ce, e che discende per lo spazlctto verticale Gre; es- sendo però DB = x -+- \/ i ( a — by — J* ) 5 sarà differen- y dy ziando il ricercato spazietto B ^ = dx — —-, r-r -7- : ^ ^[^a — bf — Y^) quindi per l'equilibrio tra l'azicne della verga AB e la reazio- ne del peso S si avrà F equazione da cui, fatte le debite surrogazioni ^ si ricava il valore della spinta orizzontale all' estremità B della versa , cioè _ / {a — b^x \ ^ -P\ a^b^-^x^') ) valore differente del somministrato dalla superior formula (F) derivata dall' applicazione del principio delia composizione e della risoluzione delle forze secondo i nuovi puncipj, e iden- ti- Di Paoto Delangfs . ao3 tiro col rappresentato dalla fermala (A) (Art. III.) risultante dalla comune applicazione del principio predetto e di quello delle azioni, che non soddisfa alle naturali condizioni del pro- l)lema già indicate ( Art. III. ) . Per applicare il principio delle azioni al problema , coe- rentemente a' nuovi principj , bisogna ricercare in vece il pe- so S ( Fig. XX.) capace a tènere in equilibrio la verga AB, il quale mediante un filo sia raccomandato al suo centro di gravità G , e passi sopra la' girella R , sicché agisca in dire- zione della tangente CH . Il peso così ritrovato equivalerà al- lo sforzo che esercita la verga contro il piano orizzontale ia B secondo la direzione CH , e perù indicando 1' archetto C e il detto peso , indicherà cn la ricercata spinta orizzontale in B. Passando al, calcolo e tenute le solite denominazioni, sic- come supposto un minimo movimento nella verga AB, mentre il suo centro di gravità G discende per lo spazietto verticale C/i, il pfso S ascende per uno spazio verticale uguale all' archetto QtC, cosi pel principio delle azioni si avrà l'equazione / ""■ ci Y \ cioè il peso S rr /> f ■■ , . ^ -r-^, J . Posto che l'archet- to Ce rappresenti il peso stesso , si avrà; instltuendo come (-~- d y \ ri — ~~7T; ) '• / — d X d Y \ p ! — — r -^ ) che esprimerà la spinta orizzontale della ■* \ a X -\- dy / ^ verga nel punto B, nella quale espressione sostituito il valo- re di dy per dx ricavato dall' equazione all' Ellissi F C Ey' si ottiene / [a — h)h.x.^{V — x'') \ pel valore della spinta ricercata, identico col superiore (F) ri- sultato dalla nuova applicazione del principio della composi- zione e della risoluzione delle forze . Ce a Io Qo4 Principi di Statica ec. Io non intendo di aver indicate se non che le prime tracce di applicazione de' principi esposti, onde usare con si- curezza li comunemente noti della composizione e della riso- luzione delle forze , e delle minime azioni negli argomenti fisico - matematici , e di pervenii'e nella particolare indagi- ne presa in considerazione in questa mia Memoria alla so- luzione de' problemi più complicati e conducenti ad iscoprire la legge e la misura degli sforzi ne' diversi punti d' un arco e d' una volta : ricerca che meritò finora F occupazione de' Geometri , e che alla civile Architettura miassimamente im- porta . AIEÌ- r ^oc. •St:ai. TX. in ,204,. Fy./II. ..r e FyJF. lì H F^r/i. y E B// y^ *" Fcn.lX. J a Taa rin. iJoc. SazL TX. p.2aS. Fy./II. E B, Fy.U, A r-.C e/ ^^ ' '.'G eb/"^ F •*¥.^3 i> EB/ ^^:^ F^.rii. E tv F,y.riii. b B //y./A^ 'Jac. Jtal. T. X . p.loU. Tau.JX. •^oc- .ythe egli difiìcoltà al- cuna di rispondermi quanto qui vado a trascrivere esattameti- te (a). „ Avant de finir rette lettre j'ai voulu relire celles , ,, que j'ai recues l'année dernlere sur les Jumarts , persuade j, que je vous fi^rois plaisir de vous en donner des extraits . ,, La première étoit d^un jeune Officier de mes Parents au ,, service du Roi de Sardaigne , que j'avois prie de prendrp j, des informations sur les Jumarts . Cet Officier très-estima- ,, hle, et qui à heaucoup cultivé sa raìson, étoit très-propre ^, a s'acquititr bien de ma cotnmission . Il s'étoit adressé au jj mieux , en s'adressant à Mr. le Marquis Brezé Inspccteur ,) general des Haras du B.oi , et que cet empiei mettoit bien „ à portée de fiiire des recherches sur le sujet , dont il s'agit . „ Il en a fait, et elles n'ont pas eu le succés dtsiré . Moii j, Parent ajoutoit ce qui suit, sous la date du 6 Janvier 1786. „ Enfin Monsieur Brezé eut la curiosile de fiiire lui niè- 33 me dans ses Haras quelques cxpériences pour tàcher de ,) vérificr la possibilité de la generation de cette singuliére Tomo X, E e 3, espé- (a) La sincerità, che alcuni Let- ìn una grandisFima Città Capitale terati spurij direbbero bonomia , 1' unione di un Toro con una Ca- dell* amico Bonnet è tanto da io- valla, che riuscì dopo molte e dirsi , quanto e da biasimarsi il molte prove d fficilissiman^ente , e silen7,io meco tenuto su questo che fu infeconda. Questa notizia mi stesso argomento da un altro chia- venne dal nobilissimo Cavaliere, rissimo am.ico mio; il quale non che si prestò coli' autorità e colla lece mai sapermi di aver tentato borsa a tali prove. ai8 Memohia sulla pretesa esistenza ec. „ espéce de Mulets ; il fit repeter quatre fois en sa présen- ,, ce l'essai de l'accouplement d'un fort Etalon avec une Va- „ che , et deux fois celui du Taureau avec la Jument , y j, employant toutes les précautioiis isnaginables saiis pou- „ voir jamais obtenir que l'introdiiction se fit de la part cles ,, Màles : il jugea méme le succés absolument impossible j, quant à la fécondation de la Vache par rj\iie, ou le Che- „ vai ; cenx-ci , vu la position du membre dans le moment 5, de l'erection , ne pouvant en aucune manière , ni naturel- 3, lement , ni par force ^ enfiler la Matrice de la Vache , „ dont l'orifice est presque horizontal . A' l'égard du secoud ,, essai , quoi que la Jument ne voulut jamais souffrir le ,j Taureau, le rébutant par des ruades , le Marquis Brezé y, n'oseroit pas affiimer que le succe's ne fut possible en mul- jj tipliant les tentatives , sourtout si l'on substituoit à la ,, Jument l'Anesse, qui seroit peut-étre plus docile , et dont 5, les organes de la generation sont d'ailleurs rnieus propor- „ ticne's à la longueur du membre du Taureau : mais ^ sup- „ pose qu'on put reussir, il est persuade que cet accouple- 5, ment seroit infructueux, si l'on considere , dit il, la gran- j, de inegalite' qu'il y a entre l'Ane ou le Cheval et le Tau- j, reau pour la durée du coit ; celui ci , l'entiere introdu- ,, ction e'tant faite , consomme l'acte et se retire , trouvant j, sans doute les méraes dìspositions dans la femelle, la fc- ,, condation s'en suit : mais on a tout lieu de croire , qu'na j, Seul jet , pour ainsi dire , ne sufiiroit pas à la Jument ou „ à l'Anesse , si on en juge du moins par la maniere dont ,5 se comportent leurs INIàles avec elles .... Enfin le ]Mar- „ quis Brezé ne doute pas que les animaux qu'on a lui ,, montre's aux Valle'es-Cfl) sous le nom de Jumarts , et celui ,, qu'avoit le Cardinal de Lances , ne soient des Aiies un peu „ dif~ (a) Si osservi come si accordino menti , e colle notizie venutemi queste espressioni co' miei pensa- dall' amico Sig. Somis. Di Leopoldo Marcantonio Caldaki . a 19 f, dijférents des autres , ou des Mulets provenants du Cheval „ et de rjlnesse ; et en admettant , dit il, tjue leur origine „ soit tclle qii'oii Ta crue jusqu'à present , le commerce de j, deux espc'ces aux quelles 011 l'attribue n'est probablernent ,, p:is lihie et naturel , mais force , et par conséquent la 5, iiais§ance de ces auimaux dans les Pays où ils se trouvent „ dcvroit étre d'autant nioiiis equivoque qu'elle pourroit j, passer pour une espe'ce de prodiga : d'ailleurs il ne trouve j, pas leur conformation aussi caracterisc'e et distincte de cel- „ le dos ]\Iulets ordinaires , qu'elle serubleroit devoir Tètre ,, provenants dVspe'ces si difFerentes. ,, Vouà voyjz , mon celebre Confrere , que le Marquis ,, Brtzé ne croir pas plus que vous à l'existence des Jn- ,, niarts {a) . Soii jugement est de poids ; car c'est un Hom- ,, me très-c'claire' en plus d'un geme , et que ses connois- ,, sances ont lait agreger à la Societé Ptoyale des Sciences j, de Turin . Un de mes aniis , qui s'est entretenu derniere- ,, nient avec lui à Turin , m'a dit qn'il persistoit à nier „ l'exiàtence des Jumarts. Voila dono uae nouvelle autorité, „ que vous pouve'z opposer à celle de feu Messieur Bourge- >■) fiiN qui croyoit à l'existence des Jumarts conime à la „ sienne propre . Je ne vais pas à beaucoup pre's aussi loia ,, que lui ; et je me borne à dire, qu'il ne me paroit point ,, du tout dernontié par les exjDeriences f'aites jusqu'à pre- „ $ent_, qn'il ne puisse exister des Jumarts. Une seule expe- „ rience bien faite et affirmalive , [b) suffiroit ici pour infirmer E e a < j) les {u\ Giova qui il ripetere eh' io rono mai sempre contrari all' or- rori ho gianimai negata 1' esisten- dine di natura, alla ragione, all' za di quelli animali , che da talu- esperienza. ni chiamansi Ciitmerri o Giumarrì . (b) Ma nella materia di cui si Ho soltanto negato ci e siano frut- tratta possono darsi sperienie me- lo delli tante volte nominati ac- glio fatte, oltre qnelle colequa- coppiamenti; li tonali mi sembra- li si ottenne l'accoppiamento? aao Memoria sulla pketesa esistenza ec. ,, les resultats de cent experiences négatives . Celle que j, Monsieur Bourgelat avoit tentce avec son Etalon Navarrin „ et un Vache semble bieti affiimative ; mais elle laisse enco- „ re quelque chose à de'sirer . Io non ho alcuna notizia di questa sperienza fatta dal Sig. Bourgelat : in quell' opere sue che da me si conosco- no io non la ho ritrovata . Essa dunque è riferita in qual- che altra opera sua, o avvisò di questa sperienza il Sig. Bon- net con lettera particolare. Ma quale ch'essa siasi, dovreb- be quindi prestarsi tutta la fede ad uno Scrittore , che per aver veduta ed esaminata una creduta Giumerra , vecchia d' anni 87 , la quale non potè sapersi da qual utero uscita fosse, protestò non di meno di credere aW esistenza di siffat- ti animali quanto alla sua propria ? Comunque però di ciò sia , a me sembra che , se negative quanto all'effetto deside- rato, affermative certamente (almeno quanto all'accoppiamen- to avvegnaché forzato ) siano quelle che si fecero per ordine della Maestà di Carlo Emmanuele terzo Re di Sardegna ; siccome nel senso medesimo affermativa si è quella del fu Sig. Conte di Buffon [a], il quale ci narra come una Cavalla ed un Toro in mezzo a forti amori reciproci , essendosi ac- coppiati più volte nel /giro di molti anni, nessun frutto ot- tennero dai loro amori . Storia è questa cui presterei ogni credenza , se li forti amori reciproci di animali tanto fra di loro differenti fossero stati veramente osservati dallo stesso Sig. di Buffon . Imperciocché , siccome ho già detto ed ac- corda pure il dotto Sig. Marchese di Bieze' , questa spezie di accoppiamento non si può ottenere che con violenza, e dopo molto stento ed artifizio ; per la qual cosa sembra as- solutamente contrario alle leggi , ed all' ordine di natura . Siami permessa da' miei Leggitori una breve riflessione ancora su di questo argomento , pria di por termine a que- sta mia qualunque Memoria. La Giumarra, e gli altri Giu- mar- (rt) Supplem. Tom. III. Di Leopoldo Marcantonio Caldani . aai mirri anatomizziti dal fu Sig. Bourgeiat , iiiiuio eccettuato siccome per le loro descrizioni è manifesto , avevano le vi- scere e le altre parti quasi tutte simili appuntino a quel- le de' Cavalli , tranne la milza e la lingua che si dicono bovine ; quasi c!ie un pò di minor grosseiiza sovra lunghezza lUì pò maggiore , e un poco di lunghezza o larghezza più estesa in parti , che variano per dimensioiie secondo 1' età , il volume del corpo, e secondo altre cagioni, anche negli Individui delia stessa spezie, costituir potessero un carattere o una differenza specifica ed essenziale . Tuttavia dall' indicata similitudine si dedusse , almeno implicitamente , che que' Giumerri erano frutti dell' accoppiamento fra la Cavalla ed il Toro . Ecco la mia riflessione : si è creduto e scritto che tre fossero le spezie de' Giumerri , asserendosi che nascevano non solo dalla congiunzione venerea della Cavalla col Toro , ma sihhene dalla Vacca unita allo Stallone , e dal commer- cio del Toro coli' Asina . Si legge che i visceri erano caval- lini, e quindi dovea mancare nel loro fegato, come ai Ca- valli ed agli Asini , ma non già ai Tori , la borsetta del fie- le . Dunque una sola sarpbbe la spezie de' Cium arri . Si assi- cura inoltre da quelli che li ammettono , che questi animali sono molto più piccoli de' Muli propriamente detti. Ma que- sti son figlj di C.ivalla, e crescono almeno quanto la Madre. Perchè dunque i Giumerri usciti parte dall'utero di Cavalla, parte da quello dì Vacca , che non sono certamente piccioli quadrupedi , non crescono in altezza più di un Asinelio co- mune ? Io non saprei in questo caso accordare un fatto , che sembra generalmente costante ; quello cioè della maggiore somiglianza de' Figli colla Madre , clie col Padre loro . Ma si ponga fine a questo cicaleccio . Se il difetto da me rilevato della più essenziale e necessaria circostanza nel- le relazioni che sino ad ora si avevano suU' origine ed esi- stenza de' Giumarri ; se la critica che ho creduto meritarsi p'M- altra parte siflfitte relazioni ; se le notizie ricevute da' dotti e s'uegiudicati Amici intorno a tali quadrupedi ; se le sperieti- ze asa Memoria sulla pretesa esistenza ec. Be tentate, e difficilissimamente , sono riuscite inutili; per- chè gli accoppiamenti riuscirono infecondi ; se le osservazio- ni mie intorno ai Muletti paragonate colle descrizioni di Cm- marri ; se tuUe queste cose, io dico, siano tali da contliiu- dere che tali bestie di bastardigia cotanto singolare non esi- stono , e inettamente si conl'ondono co' Muli che nascono dall'unione dell'Asina col Cavallo, e che vengono chiamati da' nostri Villici Bosniuli, o Muletti per comparazione co' Mu- li ordmarj : Muletti che possono avere , ed lianno in fatti qualche varittà accidentale fra di loro, siccome 1' hanno gli Asini non n>eno che i Cavalli non solo di climi diversi , ma sibbene ancora dello stesso Paese , della rriia! verità ognuno può assicurarsi ; ovvero se alcuni tra quelli siano Asini de- lormi, ed io abb^a falsamente ragionato, e peggio osservato, spetta ad altri il deciderlo . CU- aa3 CURA FELICE DI UN UOMO MOTISO DA UN CANE CERTAMENTE RAlililOSO M E M ORIA Di GlAMVERARDO ZeVIANI Ricevuta li a Ottobre i8oa. -Lj i cani, dice Valesco , sono fra gli animali i più sagaci: soii intendono il loro nome ; amano i loro padroni ; tu»lo- discono la loro casa; si lasciano scorticare volentieri per sal- vare la vita loro; gli accompagnano alla caccia; non gli ab- bandonano bencbè morti ; e sembra che non possano vivere senza dell' uom* . Qneste bestie , disse Aristotile , patiscono una sorte di ral)bia , per cui s'infuriano, e si avventano coi morsi ad ogni altro animale ; e all' uomo stesso non perdo- nano . Così leggo io questo passo di Aristotele per le ragio- ni che qui in fine addurrò. Conducendo qualche volta que- sto morso ad una fatale , miserabile malattia , sono quindi gli uomini stati sempre solleciti ad indagarne preservativi ri- medj e curativi, i quali qualche volta giovando, qualche al- tra no, sempre nuovi se ne sono proposti : e col passare de* secoli si è moltiplicato all' infinito il lor numero . Sinché verso la metà del secolo ultimamente passato , si è dai sag- gi conosciuta e confessata la loro insufficienza comprovata tioppo ornai da replicate osservazioni . Ces remédes tant vari' ics ne soni pas cfficaces pour la plupart , tanto dovè affer- mare in Francia l'Ermanno, dopo trattati molti infermi per lo spazio di 44 anni . In Germania il Lindern , Autr)re del- la bella Opera Tedesca intitolata : Haupt Schlustel aller und jedcr krankheiten , con suo rammarico dovè confessare che di molti arrabbiati da lui medicati con gran cura coi più ac- cre- £^4 CuiTA FELICE DJ UN UoMO MORSO éc. ereditati specifici , non è arrivato a salvarne pur uno . In Italia fa raccapriccio il leggere a questo proposito un tratto del Cocchi nel suo famoso libro Dei bagni di Pisa . L' in" certezza , die' egli , de' metodi proposti dai più valenti Mae- stri per dileguare questo terribile veleno , nasce dalC essersi pienamente osservato in Firenze , che d" alcuni che furono inorsi dal medesimo cane , nel medesimo tempo , altri periro- no idrofobi , benché curati con le diverse invenzioni d' ogni genere , ed altri non ne sentirono danno veruno fuor della semplice lacerazione fatta dal dente , benché restassero per accidente intatti da qualunque medica , o prestigiosa fattura . Questo veleno ha la proprietà di parecchie altre malat- tie ; di stare occulto per settimane e mesi nel corpo , senza dar segno di se stesso j e poi dar fuori inaspettatamente , ed uccidere in pochi giorni : non de repente morbi hominihus acce.dunt , sed paulatim collecti acervatim apparent , notoUo Ippocrate . Qualunque volta si manifesta ed uccide fa indu- bitata fede della inutilità de' rimedj praticati per impedirlo ; ma qualunque Tolta dopo il morso non succede agli uomini verun male, questo non fa fede del valore de' rimedj presta» ti per impedirlo . Perchè il più delle volte anche senza ve- run rimedio praticato gli uomini morsi da' cani non patisco- no male veruno , oltre a quanto comporta una semplice fe- rita , o piccola o grande che sia. Li cani non hanno altr' ar- me per' loro difesa che il morso. Morso clie sia per acciden- te un uomo , tosto si tiene il cane per rabbioso ; e si grida dal popolo date al cane di' è rabbioso ; e ccu sassi , e con spade, e con schioppi^ e con bastoni, si mette in fuga, e si perseguita da per tutto , e si ammazza . Tutti coloro che in questa pugna vengono morsi , si stimano morsi da cane rabbioso, e si mettono in cura, e tutti felicemente si risana- no di un male che non avevano , uè erano per avere , e prendono credito di valorosi tutti quei rimedj che da diversi Medici, dalle donne j da' ciarlatani loro furono prescritti. Se pur non avviene cpianto qui è avvenuto ad un Gentiluomo , che Di GlAMVERARt-O ZeVIANI . 22-5 che sul dubbio di essere morso da un cane sì o no rabbioso ," lui rimedio ha praticato , per cui morì prima di essere idro-^ fobo . Gli furono prescritte per bocca le cantaridi, e gli so- pravvenne ben presto un piscia sangue , con una infiamma- zione forte di vescica, che lo portò all'altro mondo senza verun seano di rabbia. Oltre a ciò anche de' morsi da' cani veramente rabbiosi , pochi accolgono dentro di se il veleno a segno di restarne offesi . Tiensi comunemente che stia ap- piattato rpiesto veleno dentro la bava de' cani ; onde avvie- ne sovente , quel che avvien delle vipere che lo hanno rac- colto alle radici dei denti, dalle quali ne' primi morsi s' im- piega, e per conseguenza gli ultimi restano innocenti, per- chè privi di umidità . Può esser diretto il morso in parte del corpo ben vestita e difesa, sicché ancorché trapassi il dente, e la ferita se ne apra , pur resta innocente per restare es- clusa la bava ritenuta nei vestimenti . Può darsi una ferita di dente molto acuto , sicché col dente il veleno non pene- tri . Può darsi una ferita troppo ampia e come da taglio, in cui il sangue che ne sgorga copioso seco fuor porti il veleno intiuio . Può darsi una temperatura tale di umori, o per dir meglio una morbosità, per cui il veleno resti estinto, e non prenda ; come corpi si danno a cui non si attacca la rogna , la peste, il vajuolo", il morbo gallico . In tutti questi casi si flnnio onore senza merito i rimedj praticati ; e s' imbroglia il vero col falso: e di cotali istorie fallaci è ripiena la stoiia medica del veleno dei cani . L' epoca del mercurio comune- mente usato è da pochi anni in (pia; e in tanto numero di fatti non sicuri , merita che sia riferta ogni istoria , che per accidente sia corredata da tali circostanze, che segnino un morbo certo , e una certa felice riuscita de! rimedio usato . Tale è il caso che io sono per narrare . Antonio Perotti giovane robusto e sano , domestico del Cittadino Giovantii Busti , agli undici di Settembre dell' an- Iio 1778, nella villa di Arcole fu morsicato in una mano da un cane rabbioso . Ne riportò nel dorso e nella pulma della , Juino X. F f ma- aa6 Cura, felice di uji tJoMa morso eo. mano undici ferite , profonde in parte , in parte superficiali . Per queste in seguito se gli fece tumido e dolente il braccio. Quattro giorni dopo venne in Città , e cercò il mio consi- glio , Interrogatolo delie circostanze , mi disse che il cane era domestico di un pescatore , che ia quella mattina eh' era in dì di festa , il suo padrone noi volle condurre seco alla Chiesa, e che lo rinserrò in casa in luogo chiuso da \xn rastrello di legno . Che andato Antonio a visitare il pa- drone, pose la mano entro il rastrello per aprirlo ed entrare in casa ; che in quell' alto fu morso dal cane , il quale quin- di uscito fuori si avventò a degli animali ch'erano in corte, per la qual causa fu tosto ammazzato . Che tornato a casa il padrone, rilevato l'intravvenuto accidente, assicurò che il suo cane non era rabbioso , ma solo mal contento ed ira- to , per essere stato contro il consueto chiuso in casa, ed impedito di seguire il padrone . Che il padrone istesso nel volerlo chiudere era stato morso in una mano , di che mo- sUava una non lieve ferita . Avutane questa relazione dissi ad Antonio per acquetare il suo animo molto afflitto e con- turbato , che stesse di buona voglia ; mentre si avevano evi- denti ragioni per credere che il cane non fosse infetto di r.iLbia . Che non ostante a maggior sicurezza si poteva in- traprendere qualche cura preservativa . Gli prescrissi a tal fine una conveniente dose di unguento mercuriale ; e fatta una missione di sangue , che si rinvenne molto atro e consi- stente , si cominciò tosto ad vmgere la parte offesa con una dramma di unguento. Così si replicò ogni giorno 1' unzione, sempre diretta alla mano, ed al braccio, dove se erano, era- tio appiattati i principi del moibo . Nel tempo medesimo fe- ci ingollare un boccone di cassia con entro pochi granelli di mercurio dolce ogni giorno , inviluppato nell' ostia , perchè nel passare non offendesse la gola . Cresciutane la dose dell' unguento, ^1 quarto giorno incominriò una lieve salivazio- ne ; scemò quindi il dolore , e la gonfiezza del braccio ; e le più grandi delle ferite della mano si riapersero, e gettarono co- Di ClANVERAKnO ZlCVIANI . a.o.'j copiosa materia. Fatta più copiosa la salivazione, lasciai il mercurio tlolce, e consumate due once di unguento, sosten- ni Ja salivazione con una dramma di esso; finché spontanea- mente cessò dopo quindici giorni della sua comparsa , e si cliiusero le aperte piaghe . In quel tempo chiamato Antonio alla villa con forti minaccie dal suo padrone , interruppe la cura che io avrei voluto per ahjuaiiti giorni prorogata . Gli ricordai qualche altro giorno di ritiro , e di esatto governo . Visse dappoi sano , e tutt' ora si mantiene , quando il pesca- tore morì idrofobo . Oltre alla morte di rabbia succeduta all'infelice pescatore padrone del cane tre mesi dopo che fu morso , la quale certifica che anch' egli era infetto, uno dei più certi indizj drlla rabbia de' cani si è quello che arrivino a raord( re il propiio padrone. Questo caso però è raro; perchè i cani to- sto che sono rabbiosi fuggono dalla prepria casa ed errano va- gabondi . In questa maniera moii un certo Baldo Giurecon- sulto per riferto del Mattioli . Questo nome e questo ufìizio hanno ingannati gli Scrittori , che senza altro badare hanno creduto che questa disavventura sia avvenuta al famoso Bal- do degli Ubaldi Perugino , quando questo visse due secoli pri- ma , e non mori in Trento come scrive il Mattioli , ma in Pavia, dove anche al dì d'oggi vedesi il suo sepolcro nella Chiesa di S. Francesco . Fu pazzo il nostro pescatore a credere che il suo cane non fosse rabbioso , ma solo mal contento per non averlo egli condotto in Chiesa in dì di festa . Più devoto ( se cesi dir lice e conviensi ) fu un cagnolino di un Frate Agostinia- no, che lo condusse in Cbiesa nei dì pasquali, e seco il te- neva ed accarezzava nel tempo che udiva le confessioni ; e in quel sito e tempo stesso lo morse nelle guancie e nei lab- bii , del qual morso morinne idrofobo . Il fatto è rilerto al libro decimo delle Opere del Foresto , al quale questo rino- mato Autore fu presente , e con tutta la esattezza lo descri- ve. Merita di esser letto nell'Autore, essendo da molti lifer- F f a lo a2.8 Cura felice di un Uo:'/io korso ec. to mozzo e contrafatto . Più foitunnto fu qui in Verona po- chi anni sono un altro Frate Agostiniano, il quale seco ave- va una vezzosa cagiiolina , e divenne rabbiosa . Laonde in un dì caldo di Agosto , nel mentre che il Religioso osservava sul letto il meriggio, tentò di fuggire e fuggi. Uscì dal coti- vento il buon Frate , e così mezzo vestito coni' era , le ten- ne dietro per la via del corso verso la piazza gridando Lilla ^ maledetta Lilla. Fu creduto impazzito ^ e non si sa cosa sia avvenuto della cagnuola , Forsecliè in un corpo giovane , robusto e sano , le sole forze naturali avranno potuto nel Perotti distruggere il prin- cipio morboso, e impedire il pessimo fine della idrofobia? Morbus se ipsiim sanai , dice il Boeravio . Questo può esser vero in molte specie di malattie , ma non in questa . Nelle febbri, nelle infiammazioni, nei dolori, nelle convulsioni molto opera la natura per liberarsi dalle cause morbose che li producono : ma ne' morbi pestilenti e contagiosi tutto al- trimenti addiviene, che senza 1' ajuto de' riinedj ^ mal grado le attive forze naturali , il male sempre più si accresce di giorno in giorno , sino a guastare gli umori e distiiiggere la fermezza delle parti solide . E quanto più robusti sono gli uomini j tanto più facilmente e più presto ne restano offesi . Per questo gli uomini più vecchj ed infermi sono i più pre- servati in tempo di peste . E in questa ultima peste de'buoi, ho veduto io in una stalla una vecchia escarnata vacca sana ed allegra in compagnia di sei giovani buoi , tutti morti di peste . Mal s' appose il Cocchi , quando pensò che quei, Firentini morsi dal cane rabbioso che non curati guariro- no , quando i curati sono morti , sieno guariti per le sole forze naturali non frastornate da rimedj . Non era in questi penetrato il veleno per qualcuna delle molte ragioni che ab- biamo addotte. Però non dà luogo a pensare che la robustez- za e giovinezza dei nostro Perotti 1' abbian salvato dal risen- tire i datuii di un morso avvelenato . I! cane in quei giorni non aveva morsicate altre persone o ani- . Dx GlANVERARnO ZeVIANI . \ S,i<) o animali . La piccola ed unica ferita del suo padrone , nella stessa mattina avvenuta non può aver consunta tutta la hrua venefica del cane ; onde siano restate senza facoltà di nuoce- re le posteriori ferite avventate al Perotti . Le ferite del Perotti erano molte e moltiformi . Non danno però a credere che o per troppa loro angustia non ab- biano infettato il sangue ; o per troppa ampiezza il sangue sgorgato con impeto abbia in:; mediatamente fuori asportato il veleno . Le ferite del Perotti erano tutte in parte nuda , e non è luogo a pensare che la bocca avvelenata del cane sia re- stata imprigionata nei panni , senza penetrare nel sangue . La mano in cui sta l'organo, del tatto, e che è capace di tanti e così diversi movimenti , è dotata di molti nervi . Il solo pollice contiene più nervi, che 1' iutiera viscera del polmone . Se è vero come i più pensano , che il veleno dei cani sia diretto ad offendere il sistema nervoso più tosto che il sangue e gli altri umori , non è da sperare che tante feri- te nella mano restar potessero innocenti . Per tutte queste ragioni la morte successa dappoi al mi- sero incauto pescatore certifica che anche il Perotti era toc- co dal veleno del cane . Non fa ostacolo che il pescatore sia morto tre mesi do- po il tempo in cui fu ferito - È errore del volgo fatto pale- se da cento osservazioni , il credere ristretto il termine ai soli quaranta giorni . Tarda alle volte a spiegarsi la idrofobia dopo il morso per mesi e mesi . È certo che il Pescatore non fu morso in questo inter- vallo di tre mesi da altro cane, o da bestia altra a cai que- sta seconda volta attribuire la sua morte , e non alla prima : onde il Perotti in tal caso non fosse stato tocco esso pure la prima volta dal veleno del cane . Forsechè morì il pescatore per accidente di altra malat- tia , in cui non avea colpa il velen del cane che lo morse ? Vid il suo male fatale ha avuti tutti li caratteri dei veleno rab- ftSo Cura felice di un UoìMO morso ec. rabbioso . Fu colto d' improvviso da malinconia e da fnro- re : poco dopo febbricitò idrofobo, eh' è quanto dire nell'or- jore dell'acqua, e in tre giorni morì. Io so, ed bollo vedu- to in pratica che per effetto di maligna febbre , naturalmen- te e senza previo morso di animali , -finiscono alcuni la loro vita col delirio e colla idrofobia . Ma questo di rado avvie- ne , e più lungo corso di malattia precede il termine fatale . Forsechè la continua quotidiana apprensione di dover morire rabbioso dopo il morso de! cane , ha effettuati i sin- tomi della rabbia in un male accidentale di febbre per altra ragion nata ? Ma il Pescatore non apprese mai la sua circo- stanzi perigliosa : sempi'e si tenne sicuro ; e beffavasi del Perotti , come avesse intrapresa uha cura inutilmente senza bisogno veruno. Né egli stesso per questa sua sicurezza vol- le intraprendere cura di sorte alcuna . Quel che si t^me in- traviene, dicesi per proverbio; 1' anno scorso fu morsa una fanciulla da un cane forestiero , che passò per la sua coite e fuggi . Questa giovane, essendo studiosa, si fece portare il libro del Tissotti, e leggeva di e notte il capitolo che tratta delia rabbia de' cani . Di giorno in giorno pareva ad essa di sentire in se a spiegaisi li sintomi accennati nel libro . A tanto venne che cominciò a farneticare e a dare in istranie convulsioni , e a tenersi per tocca dal veleno e per morta . In tale stato mandò suo padre da me per consiglio . Vidi io che il male sarebbe tornato in nulla ; mentre avea tutti i segni di fantasia alterata senza morbo . Non ostante per ac- quetarla in qualche modo la misi in una lieve cuia mercu- riale ; facendola assicurare che con essa sarebbe salva . Cosi fu infatti che tutto cessò brevemente . Potrebbe alcuno se- gnare questo fatto per dimostrare l'efficacia del mercurio an- che a rabbia spiegata : ma io lo conto per nulla ; e lo rilego alia massa dannata di tanti sciocchi avvenimenti prodotti da- gli Scrittori in questa malattia con detrimento e confusione del vero , Non usò il Perotti dal mercurio infuori altra sorte di ri- me- Di GlANVERARDO ZlVIANI. il3l medio ; dunque al mercurio si de^ attribuire la felice sua sal- vazione. Non usò alla parte morta verun lavaniento , verun succiamcnto , veruna ventosa , verun fuoco attuale o vesci- catorio, veruna dilatazione delle piaghe, dun(jue al mercurio si deve attribuire la felice sua salvazione . Benedetto sia il giorno e il m'.se e V anno , in cui vi n- ne in pensiero a Pietro Desault Francese di far prova del mercurio nella cura della rabbia de' cani , se mai consistesse essa in un velcn animato . L'effetto corrispose fortunatamente in pratica; e ne publicò una dissertazione all'anno i^SS. del passato secolo. È vero che molto prima all' anno 1696. usci alla luce un' Operetta di certo Giovanni Ravellv , intitolata : ,, Traité de la maladie de la Rage ", in cui parla dell'uso inter- no del mercurio per la guarigione della rabbia : opinione ri- prodotta poco dopo all'anno 1699. da Daniello Taury, e do- po ancora nel 1715. M. Astrue sostenne una tesi, in cui lo stesso si affermava . Restarono però occulte e non osservate quelle loro produzioni come chinasriche e puramente con- ghietturali . Ma messo alla pratica dal rinomato M. di Sau- vages il pensiero del Desault , così ben corrispose , che non dubitò il S-ìuvages di suggerire tal cura, rispondendo al pro- blema in allora proposto da Tolosa , e ne riportò il premio . S' aggiunse che poco dopo uscirono i Commentar] agli aforis- mi del Boeravio del famoso Vanswieten, per i quali si fé no- to e comune anche in Italia 1' uso del mercurio a preserva- zione della idrofobia negli uomini morsi da' cani . Al giorno d' oggi essendo per forza di replicati sperimenti discesi i Me- dici più nemici della teoria de' vermi pestilenziali e conta- giosi , a confessare che il mercurio è il principale ed unico rimedio contro la rabbia de' cani, resta superfluo intertener- si a cercare, se il pensiero de'vermi che ha indotto il Desault a farne la prova , sia o no da ammettersi per ragionevole e giusto. La questione non si determinerà mai, sinché per r una parte non si vedranno cogli occhi questi vermi , che fal.-LUueute l' Ettmullero asserisce veduti da Avicenna , e per 1' al- 2 5a Cura felice ni un Uomo morso ec. l'altra non si sappia additare in Natura una operazione che 2:)ar«'n:gi la generazione^ con cui spiegare i principali fenome- iii della fecondità o diffusione de' contagi in certe malattie. Perchè la rahbia qualche volta anticipa a dar fuori pii- ma dei quaranta giorni dopo del morso , ho io sempre usato ad accoppiare 1' uso interno del mercurio a'T esterno . Coa ciò mi e sempre felicemente riuscito di evitare I' inconve- niente che qualche volta nasce , di vedere 1' uso del mercu- rio insufficiente a prevenirla . APPENDICE. Finito questo , resta a dire sul testo di Aristotile , il quale eccettua 1' uomo dal restare offi-so dalla rabbia de' ca- ni : testo che ha dato sempre grande aUlire ai curiosi e dotti ingegni per essere dalla quotidiana esperienza convinto di falsità e di errore . Galeno , Scrittore Greco peritissimo de* libri di Aristotile , sessanta volte da Ini nominato , or con somma lode, or correggendo qualche suo sbaglio, non fa pa- rola di questo testo di Aristotile: segno evidente che nel Gre- co originale non sta errore. Non poteva taccine Galeno, se vi fosse , perchè errore affatto contrariante il sentimento del- lo stesso Galeno; che la rabbia de' cani passa nelle altre be- stie da essi morse , e nel!' uomo più facd mente • Ecco il te- sto di Galeno : qiiuni reliqnoruin animalimn nullum rahic ca~ pìatur , solus canìs eo affectu corrij/itur : atque tanta fit in ipso hiunorum corniptìo , ut solnni ejus sputitm si hunianiiin. corpus contigerit , rahiem excitare possit . de loc. alF. lib. i. cap. 5. Non so la cagione perchè questo testo si adduca da alcun de' nostri per mostrar Galeno involto nel!' error di Ari- stotile , di credere eccettuato 1' uomo dal contrarre la rabbia de' cani, come a questi soli propria : quando nello stesso ca- pitolo Aristotile la fa comttne anche ai Camelli . Dunque per- chè non si può negare 1' errore , né attribuirlo ad Aristotile, resta a cercarlo nel latino , come leggesi tradotto da Teodoro Ga- Di GlAISVEfiARDO ZeVIANI . 233 Gaza , al comiuclamento del secolo decimo sesto . Caries tri- bus laborant vitiis : rabie , angina , podagra . Facit rabies fu" rorem ; &. qiiae momorderint omnia rabiunt , excepto ìiomine , Inlereiint canes hoc morbo , ò. quae morsa sitnt , excepto ìio- mine . Per averne il senso giusto e diritto, manca qui aiTex- cejjto (se pur di questo termine vogliasi usare) tutte due le volte la negativa non . Altrimenti contiene una imjlicazione indegna del Maestro di color che sanno . Perciocché se non manca la prima volta , e 1' uomo è esente dal concepire la rabbia dai cani , come avrebbe in secondo luogo affermato Aristotile , che ne nmojono gli altri animali , e 1' uomo no . Quando 1' uomo non la concepisce , che occorreva dire che non ne muore? dicendo non ne muore, suppone che la con- cepisca . A questo non fu badato da veruno degli Scrittori ; che tutti sono solleciti e intenti a salvare il testo latino , e a coprire V errore a cui mena . Quindi alcuni ardiscono di di- re che ni tempi di Aristotile veramente fosse così, che il veleno della rabb/a de' cani non passasse ad offendere l' uo- mo . Altri hanno il coraggio di dire che anche a' tempi no- stri cosi sia ; e che quel male che si crede provenire dal morso dei cani , è un puro effetto di fantasia alterata , ap- p irtenente alla mania . Altri per non contrastare con la ve- rità palese del fatto, e non incolpare Aristotile, stimano me- glio il dire che il testo Greco sia corrotto e'viziato. 11 Fra- castoro ha battuta una via di mezzo con cui si gloria di aver colpito nel segno, col dire che essendo V unnio di un naturale più mansueto delle bestie _, resta poco offeso dalla rabbia de" cani come conti-aria al suo temp< ramento : e po- co offeso a sereno di non meritare di essere confusa col mal peggiore che ne incontrano le bestie . Questa sua sp'egazione tanto importa- quanto è il dire, che gli uomini due mille anni fa erano mansueti : e in questi tempi quando veggiamo infierire la rabbia al par delle bestie nello stesso uomo, siano gli uomini tutti divenuti feroci e bestiali . 11 Leonice- no ha creduto di porre fine a (picsta controversia col solo Tomo X. G g cam- 234 Cura felice di un Uomo morso ec. cambiare due di quattro lettere dell' avverbio 7rXt]y , nel testo Greco . L' avverbio ttXi'v sia cambiato con 1' avverbio ^rp/V e tutto è aggiustato secondo lui : perchè quando il primo ecce, zìone , il secondo porta aumento • Accordo io che lo scoglio dove ha rotto il Traduttore Gaza , occasione della grande controversia , è F avverbio TTXtiir ; ma asserisco costantemente che il difetto sta nella traduzione;, e non nel Greco . Di tre- dici diverse significazioni dell' avverbio 7rXrii>, che gli assegna- no i Grammatici , niuna se ne trova che parli di eccezione : excepto Jiomine . Fu arbitrio del Gaza usar di questo termi- ne . Congiunto col genitivo , come è qui TrXrtv «V^paVa » cor- risponde esattamente al latino /'/•ce^er. Praeter è amfibologi- co , chp or esclude, or aggiunge : di che sono gli esempj nel Vocabolario nostro , di Cicerone, e di Plauto. In questa ambiguità doveva il Gaza attenersi a quella significazione che seconda^ e non a quella che contraria la verità del fatto. O almeno tener dovea la paróla praeter de' Latini , e lasciar ad altri la briga d' interpretarla . Senonchè ho io altre prove dove fu r avverbio ■nxfiv tradotto per massimamente : e que- sto fu fatto dai Settanta che lessero il Greco del libro dei Re . « TTUpvXctyfAiM Tct TTdtS'dpta eìa-i ttKìì) Òtto ywcuKog : si pueri ìnundi siuit maxime a muUeribus , A che si accosta un passo di Erodiano ^A)/V a,7reif>oi/ fjict;^% kuÌ ttÓvjov : ( ordinò un eser- cito ) composto massimamente di soldati invalidi e indisci- plinati . Superfluo è 1' aggiungere che l'avverbio Trpìy sostituito al TrXriy dal Leoniceno , essendo avverbio di tempo ^ e non di convenienza , non fa ài proposito nostro . ME- a35 MEMORIA SOPRA UN PROBLEMA STEREOTOMICO Di Gianfrancesco Malfatti Ricevuta il cTi 4- Ottobre 1802,. xJ ato un Prisma retto triangolare di qualunque materia co- me di marmo , cavare da esso tre Cilindri dell' altezza del Prisma e della maggior grossezza possibile correspettivameute, e ili conseguenza col minor avanzo possibile di materia avuto riguardo alla voluta grossezza . Vi sono in Geometria alcuni problemi ^ la soluzione ana- litica de' quali non si può presentare senza tedio del lettore attesa la lunghezza e l' improbità de' calcoli ^ ai quali ha do- vuto soggiacere il Geometra nella soluzione del suo proble- nia j laddove dopo aver conosciuto il vero risultato, conver- tendo V analisi in sintesi simbolica , ed il problema in teo- rema , succede parecchie volte che si possa per una via più agevole e piana dare di esso una comoda dimostrazione . Di questa specie è V enunziato Problema che mi fu proposto non ha guari, e che mi parve sul principio di facile soluzio- ne 5 osservando che esso ridlicevasi alla inscrizione di tre cir- coli nei due triangoli delle basi parallele del Prisma , cosic- ché ciascun de' circoli toccasse gli altri due ed insieme due lati del triangolo . Intrapresa per tanto la soluzione di questo secondo Problema , mi vidi contro ogni mia aspet- tazione ingolfato in prolissi calcoli e scabrose formole, atte n stancar la pazienza d' un nomo meno di me ostinato . Su- perata però la difficoltà e avuti de' risultati assai semplici , tentai , cangiando il Problema in Teorema , di aprirmi una Gg a via 236 SoPHA UN PllOBI.ET.TA StEKEOT? JITICO . ^ via più comoda per la dimostrazione; ed ecco come vi son riuscito . Il triangolo proposto sia ABV: divido per metà gli an- goli di questo triangolo colle rette AC,BC,VG. È noto che G è il centro di un circolo inscritto al triangolo che sup- pongo abbia i punti di contatto in I, L, M, cosicché diventi- no i raggi CI, CL ,CM ai lati perpendicolari. Essendo gli angoli attorno al punto C eguali a quattro retti, sarà la somma degli angoli AGI, BCI , VCL eguale a due retti . Iri oltre diventa AI tangente dell' angolo AGI, BI tangente dell'angolo BCI ^ e finalmente VL tangente dell'angolo LGV •, e siccome V angolo LGV è eguale a due retti meno la som- ma degli angoli AGI , BGI , chiamato il raggio Gì del circolo inscrittone, la tangente AI = 5 , l'altra tangente BI = i^, e la terza VL — « , le dottrine Trigonometriche ci sommini- r"" {s -^ t) strano 1' espressione di (i) n zz — . Da tale Teorema risulta r'^ { s -ì- t) = stzi — r^ u , cioè r'' ( s -\- t -]- u ) — s fu t onde 5 poiché s -h t ^ u è eguale alla metà del perimetro stn del-triangoloj sarà s -\- i -\- u ~ — j- (-) • Dal Teorema Tri- onometrico enunziato discendono più corollari . Nel preceden- b ter{i). Passando ai quadrati nasce — r— : ;•'' s'- H- 2;'' st -t- r'' t"- ar'^st-hrW- e quindi r" + —r—, r — = r'' -t- k^., ovvero ì^ s^ t^ — %t'^ st -\- f -\- t'' s^ -\- o.r'' st -^r r t" — r"- - {st — r^) u"- = T Tm '■= e quindi v//-*H-ii^ r- -^ , ossia ,//-'-+- j*Xv/''-l-^= (3 • st — r * r ^ ' Es- ^Dl GlANFRANCESnO MaI.FATTI . 287 Essendo {s + ty = ■.- , ovvero s^+e ~ ^ / 1 r — 25?^ ei levi da una parte e dall'altra il quadrato z/^, e nasce ^ . , (st-r'yu' ^ s't'u' fistia Zi* — 2.st — li^ '■, finalmente dopo le riduzioni (4) i^-^ t^ — «^ ~ 5— T— — 2.st . Se si prende per date le tan- genti s , Il , e si vogli r espressione di t per s ^ u , basterà nella formola (i) cauiiiare 11 ìiì t e t in u . Cosi se si voo-lia- no date le tangenti t, u coli' espressione di s per t , u, nel- la suddetta formola (i) si farà il cangiamento reciproco di s m u , onde avremo t = — ; s — 7—; egual con- versione di simboli si faccia nelle formole de' numeri (3), (4), e risulterà !5),^/?T?. V'^^^" = (^"-^') V r' -^- t' J.1 5 {tu — r') y/r^ (fi) //••-}- Zi". y/r*+,t' r= ^ -'-i ; e praticando gli stessi cangiamenti nella formola (4)5 avremo (7) . i" + «^ — e ~ — - — a j Zi ; (8) . t"- + zi^ — j* = . — 2,tu . Premessi questi risultati trigonometrici , suppongo che AP ~ m, BQ = il , VR = p siano le porzioni nei due lati AC;, AV dalli estremi delle quali P, Q, R, eccitate le per- I pendicolari PK, QO, PlS, che incontrano le linee AC, BC, ve ne' punti K, O, S^ determinino i raggi PK = t, QO ^=/5 P>.S ~ z dei circoli che si toccano soddisfacendo alle proposte condizioni del Problema. Si congiungano i pun- ti K , O cella retta KOj e dal punto O sino al raggio KB si guidi ON parallela al lato AB . È chiaro dover esscie KO egua- aSu SìjpaA UN PKOSLEMA Stereotomico . eguale alla somma de' raggi KP, OQ, ossia KO = a; -f- j. In oltre diventa KN eguale alla differenza de' medesimi rag- gi K P , CQ , cioè K N =^ X — j . Egli è forza pertanto che sia ON = z^xy, perchè la somma de' quadrati KN, ON si fa eguale al quadrato dì x -+- y , cioè eguale al quadrato di KO . Ma perchè ON è eguale a PQ, e PQ è eguale ad AB meno AV meno BQ , ossia eguale ad AI più BI meno AP meno BQ , eguale s -)- t — m — n, dovrà valere questa prima e(iuazione(a) 2.^,-' xy '= s -\- t — tu — ?i. Con costru- zioni simili, combinando i cerchj de' raggi KP, RS, e cosi i cerchj de'raggj OQ , RS , troveremo dover valere queste due altre equazioni . (b) 2.^'xz:=s-\-u — m — p . [e) 2,^ y z~ i -\- u — n — p . Ora io dico che se faremo {d) 2.m=s-\-t'-t-u — r -+■ /? + ^^ — y/ r' ->r f- — vV~n7^ . [e) 2.71— s -[- t-\-u — r + 'J~?~^^t'' — y/r^ -\- s'- — -y/ r^ -4- u""' ifl ^p = s-+-t-{-u — r-h v/'r" -f- u^ — v/ /•" -H ^* — v^ '•' -H t^ , sarà soddisfatto pienamente alle tre suddette equazioni {a),(Z/),(c). Cominciamo dal verificare coi nostri valori la prima equazione ( a ) , si uniscano insieme i due valori di m e di n, e risulta 2.m -{- 2.n ~ 2s ■+■ 2.t ■+- 2.11 — ar — n y^ r^ -\- u^ 3 ovvero m + n~s-hi-^u— r— y'/-* -l- u"- , e quindi s -i- t — m — n—r — w-4- ^/r^ -f- u'- . Con simile discorso provere- mo risultare dai nostri valori s-\-u — ??i—p = r—t-i-^r*'^t'', t-\-u — n — p — r — s-\- y/r^ -\- s^ . Nei valori aim,n in- , . S t li vece ui s -^r t -}- li porremo 1' equivalente — — ( a ) , e per comodo fatto '--^ _ r= A, y~7=S, ^7T? =r,^~^:^Y> diventa 3,m~ A — Y -^ S — T , 2.n- A —Y — (S — T ) . Si moltiplichino insieme queste due equazioni, e avremo A m ri ~('A-Vr-(S~T)^ = A^+Y*-S^-r-aAV+-aST. I pri- Di GlANFKANCESCO MaLFATTI.' sBc) i primi quattro termini costituiscono la parte razionale dell' equazione, gli altri due la parte irrazionale. Rimessi pertan- to nella prima i valori di A, V, S, T, ci nasce A* -+- V^ — s^ t^ il'- 2.S tu , ^ , , , , , /•■' s^ t^ n"- 2.S fu , , , s^ /* u'^ ^st u* ,4 ;• /■» r 2.rstu-h tsfu^-hur^si st ^ , x\ aj?(4) =: 1 = pr(— a«r + azi +2/). La parte irrazionale colla introduzione de' valori di A , S , T diventa {2.stti-\-ìr) ^?~^^+o.^T+7\ >^7T7- -{—^stu-^^r) a[st — 7' ) >^/r'■ + u'- __ (—s.stu-\r2.rst) ^/r- H- u' + -^^ ~ (3) = -p: y/r'^u' r' ó^r^mn Quindi nasce , moltiplicando 1' equazione per — ; ^^ arM+ flit* -i- 27-* ( — 2.u-Arir) ^/r* -H m* = \{r—ii) + v''"^-^"* ) • Ma sta AI : IC : : AP : PK ; BI : IC : : BQ : QO ; ovvero anali- rm rn ticamente ^ : r : : m : .r = ; t w : :n:y "=■ — , che dà r^ mn /^r^ mn xy=- — —, e 4rx= — . Sarà quindi 4xy=( r-M+v/Z-t-i^* V^ e perciò a ^/ x/ ~ r — « H- ^/r^ -i-w* ■=. s -^ t — m — n . Il che si dovea dimostrare . Passiamo ora a verificare che coi posti valori si ottien 1' equazione 2. y/ x z ^=. s -\- u — m — p . Essendo 2. m :=z 0. p = s -\- t -\- u — r -{-y/ r'- -\- u"- — 2/ 7' -H i* — y/ r^ ~{- 1'^ , sarà 2TO H- sp = 2^ H- 2^ -h azi — ar — y//-^ -r i^ cioè in -{-p = 5-4"/'4-ZA — r — y/r^-l-it^, e però s -{- u — ??i — p = r — t •+- ^/ /"* 4- i* = 2. y/ X z . Per provare anche la verità di que- sta equazione, servendosi de' superiori simboli majusccii, sa- a^o SoriiA UN problema Sterbotomico . sarà ararrA+S— T — V, sp ~ A -4-V— S — T cioè ; am - A •- T -I- S — V , 2/; = A — T — ( S — V ). Colla molti- piicazione si ottiene ^mp — A^ 4- T^ — S*. — V — aAT -+- aSV S* t^ U* 2, S t II ■u = 2, st u s^ e n"- v/ ?■' -h i' + 1^ ■ + « /;- / 2. s t u \ 4- 2 5 Zi (7)— f — -p— _|.. arj — (2^ + ar) /t-^* -i- /^^"^ = il^ (r— ^ + / r' + z^ ) , da cui 4 '"* m p SI cava j II = A^" — y — v/ r^ -i- t' ) Cloe S,y/x z =r r — t -\- ^ r'^ -\- 1'- =: s -\- p — x — z . In sinill maniera ragionando , coli' uso dei valori A\ n , p ritroveremo verificarsi la terza equazione a / J ^ — '^ — s -\- ^ r^ -\- s* . La pratica poi per determinare la grandezza delle quantità hV , BQ, VR che rendono noti i ragi^i dei circoli ricer- cati del Problema , è agevolissima . Imperciocché essendo zm-^ s + t-\-u — r-\- y/ 7-* -H s^ — y/ r'- -\- Z* — •/ ^* + ''% ove s -\~ t -{- u rappresenta il semiperimetro del triangolo, e segnato con X il punto dove il cerchio inscritto al trian- g( 1 ) taglia la secante AC, siccome si fa AX = y^r^ -t- ^^ — r, alla retta AB prodotta verso B per compiere il semiperime- tro si aggiunga Banz;, e di più tìè = AX; tutta la Ab si fa eguale a s -^ t -\- u — t + y/'^H-^* . Dalla A è si levi la somma delle due secanti BG , VC = Z^E , egli è chiaro essere A E = 2 77Z , onde divisa essa per metà in P , e da P sino alla secante AG innalzata la perpendicolare PK , questo è il rag- gio del primo circolo richiesto dal problema che tocca i due lati del triangolo . Con eiruale facilità determineremo il ni";- gio Di GiANFiiAsrcESco Malfatti . 241 gio QO e la retta BQ . Perchè essendo a,n — s-hi-\-u — r -f- ^,/ r'- -\- 1"" — //-^H-J* — y'r'H-ii*, se alla BA prodot- ta v&rso A aggiungeremo A e = ii , e inoltre e il =^ By :=z ■^ Ì-* ■+■ i^ — r, indi leveremo da tutta la dU la somma dello due secanti AC, VC , die sia dF , sarà BF = 2, ri , e divisa essa per metà in Q , e alzata da Q sino alla secante BG la normale QO , questa sarà il raggio del circolo che toc- ca i due lati del triangolo AB , BV , e il primo circolo che ha il centro in K . Poiché 2p—s-ht+u—r -4- /r* -+- ii'' — y/r -+- j* — y^r* -+- ^% prodotta la VA dalla parte di A si prenda Ae=^t e si ag- giunga e/=VZ onde ahbiasi Yf = s-ht-\-u — r-^^/r^ -\- 11^ . Da questa si levi /G eguale alle due secanti A C , B C Si divida VG per metà in P», , sino alla VC si alzi la perpendi- colare RS; il cerchio descritto col centro S e col raggio SR toccherà i due lati AV ^ VB , e gli altri due circoli che han- no i centri in K , O . La facilità di questa pratica ci compensa bastantemente d(;lla fatica sofferta nel tener dietrq ad una non l^reve dimo- strazione de' nostri tre teoremi , la quale per altro colT ajuto delle dottrine trigonometriche in confronto della soluzione per la via ordinaria analitica del nostro Problema , ci ha di molto appianata la strada . Se il triangolo AVB è isoscele, si fa chiaro riuscire eguali i cerchj alla base, che anno i centri in K, O, e che la retta KO diventa parallela ad AB , essendo il loro contat- to in L ove la OK taglia la VI, che dal vertice V si cala normale alla base . Per determinare la grandezza di questi rag- gi eguali, gi'idata la secante AG al centro del circolo in- scritto, si divida per metà l'angolo retto AIC che incontra in K la A C . Da questo punto calo la perpendicolare K 1' su la base AB-, e questo è il raggio d' un de' due cerchi eguali. Perchè condotte le altre normali KT , KL alle rette AV 5 VI, l'eguaglianza degli angoli KIP, KIL rende eguali Tomo X. lì h le 243' Sopra un problema stereotomico . le rette KP , KL ; e perchè è diviso rangole A per metà colla retta AC, si fan pure eguali le rette KP , KT , oncle il cerchio descritto col centro K e col raggio KP tocca i due lati AV, AB De' puuti T , P , e la retta AI in L, la quale prodotta in O cosicché sia LO = LK , diventa O il centro dell'altro cerchio eguale che tocca il primo in L , e insieme i due lati AB, BV . Determinaremo poi il terzo cerchio colla 3'egola generale. Producasi dalla parte di A la BA, e si pren- da AF = AI cui si aggiunga FG ~ VZ intercetta tra il ver- tice V e il cerchio inscritto al triangolo . Da tutta la GV si levi GH =: alia doppia secante AC , e divisa per metà in R la residua HVj s'alzi su d'essa la normale RS sino alla VI, e diventa S il centro ed SR il raggio del terzo cerchio che soddisfa alla condizione del Problema • Se . il triangolo è equilatero la pratica per la soluzione del problema, riuscendo eguali tutti e tre i cerchi j è agevo- li-.iima : si divida per metà tutti gli angoli del triangolo colle rette AC , BC , VG che concorrono nel centro del cerchio iiiscritto . La retta V C si produca fino alla base in !_, e si prenda IS=:AI , poi col centro in C col raggio CS si descri- va un circolo ciie taglia le rette dividenti ne'punti K, O; sa- ranno S, K, O i centri dei circoli eguali ricercati , onde ab- bassate da questi punti le normali su i lati si determineran- no j punti di contatto R , T , P ^ Q , M , Z dei cerchj coi lati del triangolo, e resterà a provarsi che si tocchino tra lo- ro, e che le rette SK , KO, SO sono il doppio del raggio RS. Questa pratica semplicissima nel triangolo equilatero è del Cittadino Luigi Gozzi mio scolax'o e giova-ne molto dedito agli studj , e di molta aspettativa per le facoltà matemati- clie, ed idrostatiche alle (|uali si è applicato. Eccone la di- mostrazione. Per l'eguaglianza degli angoli AVC, VAC es- sendo eguali i lati AC, YC, e per la costruzione eguali pur i raggi CS, CK, sarà CK parallela ad AV; si produca essa sino alla base in N, e poIa , che mi re- sta in esso da desiderare , è che non tema tanto i pericoli d' una modesta ipotesi in Fisica, e che unisca agli altri suoi pregj anche quello di essere discreto giudice deiie intenzioni degli Autori . SULL' 249 SULL' EQUAZIONI A DIFFERENZE PARZIALI M E M 0 R I A Di Pietro Paoli ^ Ricevuta il dì a8 Ottobre 1802. T Ra tutti quei , che si sono occupati nella intrgrazione dell' equazioni a differenze parziali del second' ordine tra tre variiiijili , si è paiticolarniente distinto il sommo Geometra Laplace, il quale mi sembra clie abbia portata questa ricer- ca al jiiù alto grado di perfezione , di cui essa è capace . Data r equazione generale d'z d^z d^z àz dz (A --,4-«-— - + ^-— H-y--+ J^-+ X --<- T =: o, dx dxdy dy ' dx dy ove « , /3 . . . A e T sono funzioni di x ed / , egli in primo luogo la riduce alla forma più semplice d^ z dz dz B) ----- ^m~--\-n—T + lz-\-r-o introducendo in luogo di x ed y due nuove variabili w e ^, che sono funzioni di quelle, e con un metodo elegantìs>inio esposto nelle Memorie dell' Accademia delie Scienze di Pari- gi dell'anno 1770 ne determina l'integrale, quando è possi- bile in termini finiti . Ma nelle susseguenti Memorie dell' an- no 1779. ripiglia a considerare quei casi, ne' quali non può esprimersi l' integrale in termini finiti avuto liguaido alle sole variabili della equazione proposta , ed introducendo nel calcolo una nuova variabile giunge in questi pure a rappre- sentare r integrale della proposta in termini finiti , ma per mezzo di formolo integrali definite ., che si devono cioè pren- dere relativamente alla variabile introdotta , e dentro certi limiti . Tomo X. I i Tut- 25o Sull' equazioni ce. Tutta questa Teoria è appoggiata alla trasformazione del- la equazione (A) nella (B) , e cessa perciò di aver luogo, quando questa trasformazione non può eseguirsi . Nei casi , ne' quali ciò succede , la proposta è sempre riducibile alla forma e Laplace esaminando questa equazione asserisce che, eccet- tuato il caso di i^^o , essa non è suscettibile d'integrale completo j né pure espresso per una serie infinita. La dimo- strazione , che egli ne dà , dipende dalla forma z = R -I- A ^ (yx) + A'/./^ f (,j) + A"/* dfi^(p (fi) + &c. che assegna al valere di s , supponendo nulla una delle fun- zioni arbitrarie ; e vien da lui evidentemente provato , che z non può avere una tal forma, né pure per una serie infi- nita . Ma è egli dimostrato , che il valor di z^ quando è possibile, debba sempre avere questa forma? Laplace ha di- mostrato , che sì può sempre riduri'e ad una tal forma il va- lore di z , allorché è espresso in termini finiti j ma i suoi ragionamenti non sono applicabili al caso , in cui è rappre- sentato da una serie infinita . Posto ciò, invece della forma precedente, che progre- disce per gli integrali della funzione arbitraria , la qual for- ma non è la sola necessaria, prendiamone un'altra, che proceda per i differenziali della medesima funzione , qual' è la seguente s = R + A 95 (^) + A' h A" -~ + &c. e applicandovi il discorso di Laplace vedremo, che e'Sso non ha alcuna forza per provarne 1' impossibilità , anzi ci persua- deremo che è sempre possibile, qualunque valore si dia alla quantità fx , che è una funzione determinata di x e di / . Questa riflessione fu da me parecchi anni indietro comuni- cata per lettera privata all'illustre Geometra Lacroix , come può Di PjETiio Paoli . aS i può vedersi a pag. 5So del terzo Tomo del di lui Trattato di Calcolo Differenziale ed Integrale . In questa Memoria non prenderò a considerare 1' equa- zione (C) nella sua generalità , giacché non potrei che dimo- strare la possibilità del di lei integiale completo per serie, ma non assegnarlo, e mi limiterò al caso più semplice, in cui T = o, ed i coefficienti y , S, e (^ son costanti. Laplace persuaso della impossibilità di esprimerne l'integrale comple- to anche per una serie infinita, si rivolge ad esporre un me- todo semplicissimo per trovarne una infinità d' integrali par- ticolari . Io ne cercherò l'integrale completo per serie con due diversi metodi j il primo dei quali ci mostrerà un nuo- vo uso di queir equazioni a difl^erenze miste finite e infini- tesime , la teoria delle quali ho procurato di promuovere nel Tomo VIII. della nostra Società . I . Sia dunque jjroposto di trovar per serie 1' integrale , completo della equazione d^z d z ^dz ove j/ , cT e (j sono quantità costanti . Ponghiamo is = A^ (p . j + A, 03' H- A^ ®" + A3 (p'" -+■ &c., ove A" , A , etc. sono funzioni di x da determinarsi , (p .y d rp . y ,, dp' una funzione arbitraria di y cp' =. — , ip ~ -- — , &c. , dy ' dy e sostituendo questo valore di z nella proposta avremo E siccome cp .y è una funzione arbitraria , dovranno svanire I i a se- a5a Sui.l' equazioni oc. separatamente i coefficienti di (p . j , ip' , (p" , &c. , onde avremo per determinare A,, Aj , &c. 1' equazioni <■> ^/ + '- 77 ^- ^ ^- = " ^'A, dA, -— + ^^ +^-^" -/A, = o r/^A, dA, ~dT + > "77 + M, - cT A. = o, e generalmente a. Tutto adunque dipende dalla integrazione di quésta equazione , die è a differenze parziali finite ed infinitamen- te piccole. L'integrale di essa è il seguente Ap~i^ /" f dx^ e'^-'^'PdxPF.x, ove e è la base dei logaritmi iperbolici ^ a e b sono le radi- ci della equazione i^-hy,t-+-^=^o. (Si veda una mia Memoria nel T. Vili, della Società Italiana a pag. 62Ó. ) Per determinare la funzione aibitraria F.x si osservi ^ che si può soddisfare alla equazione (1) con prendere 7\g ~ e** . Pertanto , posta jj II o , sarà A„ = e"'' = e"'' e^^""^'' F.x, e quindi F .X - e"-^' . Ora /^ dJ e'^"^^* = , ove {a-b/ trascuro le funzioni arbitrarie dì p , perchè non ho bisogno , ,. , P e"' P d.l Cile di un valore particolare di A . Sarà dunque A — „ P ^ P [a-hf hj,^ L. ( -i -+-C ~ + c^^-i . (a-i/^i .a.../; ''^ ...(/;-i) '" i • . . (y^-^) 3. Per determinare le quantità Ci.p,Cj,p, tScc. sostituia- mo il valore di A nella o«uazioiie ia) , e riflettendo che a* ~ry a -\- p ;= G, e j/ — — a — bj posto a — b = e, troveremo Ce .4 Di PlETUO Paoli , <^C,>4 . + ^c.,,^,= 0 ^C.., -t-.^ '''..,-*- ^«.?+i "^ e generalmente (a) cC^ , , + cC H-:,.+ C 17' I - V e^A fivr*»rY a53 , = o B — B = I t,p 4- 1 l,/> {a} B. ,--B, =B .• L' integrale di questa equazione è B =z 2 '. '^ (y; + ;•) , ove la caratteristica 2 denota la somma presa per rapporto a. p; e per determinare la funzione ■*!'" ponendo 7 = 1 troveremo B ,,p^,- B,^= I =2 vF(^+2 )-2 >F (;.-}-i ) = >I^(;.+ i ). Sarà pertanto B , ::=2'1F(;74-I)=:2^I, cioè B ^p{p-i)...{p-r-i-i) , ^ /;(/7-i)...(/7-r-^a) f, p ~ r+i " j . 2, r ' ,^, I . a . . . . ( ;• — i ) pip — i)...{p — r-f-3) _ Si»- I . a (r — a ) ''s»"> e postovi p -\- r — i in luogo di p b = hi-' ', ^ »',/' I . a r ^f 1 . a . . . . ( r — 1 ) H-D (ji+lr ')■■■■(/- H-^ ^o «,' I . a ( r — a ; '^'' Se sostituiamo questo valore nella equazione («") , vedremo che tutte le funzioni D , D , &c. sono costanti . Sarà dunque '•=/' (— f^'vi . a . . . ?• I .a ... . (/•— i) / 4. Ora io osservo , che senza nulla togliere alla genera- lità si può dare quakinquì valore determinato alle costanti D' , D", &c. Infatti sostituendo in A il valore di C ^, e p f->V la- u54 Sull' equazioni ec. lasciando queste costanti sotto una forma indeterminala avremo (b) z-e^'^ y K-^A— T- ^ -^ T—) ^ + ^^J Se poi diamo un valore particolare alle costanti , se per esempio le ponghiamo tutte eguali a zero ; troveremo l -+- — ( ^ -+- - ) 9 -f- &c. ) Questi due valori di z sono egualmente generali ; poiché sen- za accrescere la generalità del secondo vi si può mettere

rr—2).. . (p-^i ) ^"7? " {—^y^ I • a r + J," iP + r-,)...__(j,^^ . . . + D <" ) , i.a (/• — A ) y' e facendo r ~ p C C - ' /"n" (^/^— 0 (a/^ — a).. ■( 7^-4-1 ) f^f ( — e )H I .:, (P -^^ 4- D'" ^-f- '■ y- -f -f B'^n-, i.a { p — 6 ) J onde, perche svaaisca G cjuiilunque sia/?, converrà clic sia- Di Pietro Paoli. 255 siano eguali a zero tutte le costanti D", D"'...D'^^ Sarà per- tanto r,f (_-,-)' ——-777- 7— > e perciò ^'% jc' j> — I x^-* cfV I .^ -p e • i (^ _ I ^ ( /7 -- a ) ( /; + I ) x-f-^"- -\- i.ac* " !....(/? — a) I . a . 3 e * r . . . (y^ _ 3 ) • • • • _^ I . (a;7— a)(a/> — 3).. . (/; + i ) ^ jc I. a. ...(/' — ijc''"' I 6. Se invece di prendere A^ = e"' avessimo posto Ap=: e*'', che è un altro integrale particolare della equazio- ne (i), saremmo giunti similmente ad un' altra serie s z= B„ * . 7 + B, ^' -1- B, ^" + Bj ^'" H- &c. ed è chiaro che il valore trovato di A si cangerà in quello di B , solo che vi si muti a \n b , e b in a, e per conse- guenza e in — e. Onde finalmente £ = A^ -t- A^ ree"-' + K ^* «"^ + &c. la qual sene si può mettere sotto la forma d . e"^ d" . e'^ .-A.c->+A.-^-^A.-^^ + &c. Ora siccome questo valore di z soddisfa alla proposta , fatta- ne la sostituzione in essa dovranno svanire separatamente i coefficienti di e'" , — ; , ~ , &c. a motivo di re qua- dy tìy '■ lunque . Quindi, se in luogo di e"-* ponghiamo una qua- lunque funzione arbitraria di y , cioè (p . y ^ svaniranno egualmente dopo la sostituzione i coefficienti di d . 0 . y d* (p .y c5-y, ; — '— t , ■ ,"■• ,- ecc. , che sono quelli stessi di '^ - dy dy ^ d . c"^ d' .£"■'„ . r ■ e"-* j , , -— , (xc. Dunque soddisfarà alla proposta dy dy ^ ^ la serie z =: A^ gj ./ -h A, <^' H- A^ ^" -4- A, (j5" -f- ^c. , e siccome due serie si ottengono per e"" , due simili valori si avranno per s , e la loro somma, comprendendo due fun- zioni arbitrarie, sarà l'integrale completo della pi-oposta . Parrebbe a prima vista , clic invece di prendere dalla cqua/;ione (e) il valore di in per re, fosse più senq}li.je di prender quello di n piM' m . Ma siccome non si avn-bbe che una serie sola per esprimere il valore di e"^ , iicn si otter- Tomo X, K k reb- o58 Sull' equazioni ec. rebbe in tal modo, che un integrale particolare della propo- sta, perchè comprenderebbe ima sola funzione arbitraria. IO. Al compimento di questo metodo , che è stato eia accennato da Condoi'cet , si .richiede V evoluzione in serie delia quantità e""' in tal modo eseguita , che ci Faccia cono- scere il valore e^nerale di A . Tra le varie maniere eoa le quali potrebbe ciò conseguirsi , la piìì semplice mi sem- };ra la seguente . Tutto si riduce a trovare il valore di ■" rT 3 allorché /z = o , aiacchè è noto esser ciue- I . 2. . . . .p CUI/ ° ^ sto equivalente al termine A . Ora j se osserviamo che P 1 equazione (e) ci da ■-' ■' ""' — ^ y d IL 2.111 -f dp ' ' dn ' 2.m H- y d} . e""" _ ^^ ^ ( __£. aAT N — g"^ J*3 [ _4_ __ \ dn^ ' \ (a/Zi 4- )/)' (2/?^ + J')* (aw 4-^)5 7 &c. Onde , se facciamo 2 /« + y ~ a , in modo che sia d «. dm acT — - — ~ 3 = , sarà in generale ' d ri d ri et de e"" f\f x^~"^ x^~^ X \ Di qui , posto j!7 4- I in luogo di p , si deduce Ma si può in altro modo ottenere il valoie di ■ ^_; — CI 11 differenziando 1' equazione {e) per rapporto ad n , dal che resulta (e'") Di Pietro Paoli. ujq Dunque paragonando le due equazioni (e") e (e") otterremo ' e generalmente li' integrale di ([uesta equazione è "'P I . il . . . . /- '>»• I . a . . . (/•— i) -+- . . . H- D , 1.2... (r—ù,) '.'■ o sojlltuendo questo valore nella equazione (d) troveremo , clu; le tiiiizioni D ^ D , &c. devono essere quantità co- 1,1" i,r -1 ; tanti . Per determinare queste costanti osservo , che il valore fF . e "" te') di — ; — z — "^on contiene alcun termine senza x ; onde dovrà svanire il valore di C , quando r=p . Ma, posto r=p , è f. r» (V^-^K^P-^) ■ • • ^ j^ n idilli} • • • 4 , p, p,p ' I . a . . . (p—i) * I . a . . (/?— a) P qumdi , acciò questa quantità si annulli , qualunque sia p , I conviene che svaniscano tutte le costanti D, , D^, &c. Ce- d^" . e"" terminata coii la quantità ; — t- avremo il valore di J\^ se la divìderemo per 1.2.3.../?, e faremo poi n=o, cioè m=-a^ o m =: b ; ciaswhio di questi valori di m ce ne dà K k 2 uno ) 2.bo Sui^l' KQ'jA.z(OJfi ec. uno per A , ed essi si accordano con quelli j che abbiamo trovati cali' altro metodo . .- II. Il caso di fl ~ Z' ci presenta il medesimo iticoave- nientCj osservato al n.® 7., poiché l'equazione (e) , che al- lora diventa (e) {m — aY ■ — (f 7i ~ o non ci permette di svolgere il valore di é'" per le potenze intere di n : ma usando un partico'lare artifizio potr&nio giun- gere anche in que&to caso al valore completo di z . Inflit- ti prendendo dalia equazione (e) il valore di nz avremo >?i = a± y ìli- , e quindi z — e = caic+«yiì>'" -f- &'c. , ove Aq , Aj , &c. sono funzioni deterniinate Ai u , e sosti- tuiamo questo valore in luogo di s, troveremo tra le quantità A^, , Aj , A4 , &c. le medesime relazioni , che esisto.. o tra le quantità A^, A3 , A5 , &c. ; end' e facile vedere che potre- mo dare a z la forma seguente z = A^ (^ . ^ ^ A, ^" + A^ q)'« -t- A3 5un conto gradita, se in un argomento intralciato clie raccliiude elementi non ben S'curi , e che sliigge le aiti consuete dell'algebra, sviluppi i pensieri bre- vemente accennati dal Sig. Euler , e gli vada di mano in mano confrontando co' ripieghi , e co' risultati , che sono esposti nella Memoria sovraccennata ^ in cui trattai di que- sto argomento . il lesto deli' Autore si espone in lingua la- tina y come egli lo scrisse . PROBLEIMA Sit Globi aereostatici radius = a , et pondus M , erltque 4 ' ejus volumeu = -::; vrcà , •denotante tt peripheriam circuii ;, cnjus diameter =: i . Sit altitudo columnae aereae = ^ = 24CCO ped. circiter, et si ponamus Globum pervenisse ad al- X titudineni ( fig. i ) AJI = a-3 erit pressio aeris = e (1). Sit celeritas Globi in puncto M ~ « , &. pondus Globi 7r (l'I aerei = N , ob superficiem JEmispIiaerii = , erit resi- . . 11 11 7T aa "^ 3 N li u stentia in hoc puncto M = • • = -7^ — • , 4g ^ 4 3 ^« 4S à ^" denotante g altitudinem lapsus gravium uno minuto secun- do (II). . Principia Mechanica suppeditant hanc aequationem o.uau ~ — — — . P, existente dx elemento altitudinis Mw, &. P vi sollicitante ^ quae componitur ex pressione aeris , Tomo X. LI pon- a66 Riflessioni ec. pendere globi j & resistentia , itaut sit P = Ne X — '^~' • /> ,T ' ^ '•> vinde fit a udu =. oa "té — M X 3 N 7/ ?i 7. M \ 8ffl 4g sive a Zi J u ~ a; /Ne yt 3N «z^ "^^ e- N X , ent a; a; aiidu -\- — .une dx-zz Azd.!\ A e — i ) , oa '^ \ / . . , . 8 fl quatioms integrale , posito - — =: b ent 0 A cujus ae- X X iLue ■=. Kùfgdx f X — I — ~7~ ) ^ ' quod ita repraesentetur " 1 X X ri. fX — I x\ ófXsr ~i — /^7\g\edx [^ — — X J ~ ~7~ \ ^ ^^ ^ f~~ ^ ) ' X _ (X— I )^ 1 — existente f'. S' . Est vero \edx{f— x) = X 1 Hb+f){e^ ~ i) — b uue^' =^-^±Ub+f){e'^^ „0-e^]und ti, \- e X . Ergo / X I e fit li 11 zz Di Girolamo Saladini . 267 X UH = — -~ (^-H/)(i — e )~~ •*■ fiuae expresslo determiiiat celeritatem Globi in quavis altitudine ( III ) . Pro determinanda altitudine maxima , ad quam globus per- tingeie potest, statuatur celeritas u, ejusque quadratum un e\a- uescere in puncto H j ponaturque altitudoAH = Aj quae igitur X definitur aequatione {b-{-f) fi— e ^ j — h =■ o , ex h qua fit Z.+/ = Ì____-._J _ si^ f- ?ib, erit b+f = {n-h 1 )b, &. quia A prae b est numems valde nia- h h gnus, Sina sensibili errore statui poterit e — i = e , quo facto erit b ■+/— ^ ( « -i- i ) = /i ; idcoque altitudo maxima AH = /-(«-h i); ubi notatur esse b = - — , & ;z = 3(X— i)^ re ascensus aequatio iidx ^=. dt praebet V = «^ I — ^ X \h\i — e )— Af, denotante dt elementum temporis . Erit igitur dt Y — — - — = 1 b Lia erit- itó8 Riflessioni ec. eritque integrando t = i r-Xi C — a y' A — ;<; j V >t 1/ A / — X . . I "<^ } V^ V^^'' — ^ yj h —- X j; unde colligrtur tempus 5/ /.■ h / l/ h — x \ ascensus per spatimii A M = . — r ( i — i — -, 1, f/ k h " Ci tempus totius ascefisus erit , . Pro determlnanda altitudine ea F j ubi celeritas est niaxima erit X d . L { b -\- f ) \ I. — e ) — aj, .= o; ideocpie X X àx ~~~l n ^-^f ^ T ( ^ ~^f) ^ ^: d X ■, unde nt — - — = e . Conse- qaenter x = bl {b -\- f) — hlb =::■ h l { n ->r- i ) . Krgo AF ~ bl{ìi-\- \). Hoc valore m expressione celeritatis snb- àX'^bhr r —ln-\-\\ stituto erit iiii — -—^ — (/i-f- A\}~- ) — ^('J+ A • — /(/i+i) I ^^^/,j Est vero e = -; ideoque zìm~-^-— \ri — /(fZ-j-i)]'r ergo celeritas maxima in F erit 2 ^ j — ì- [n — / (n -+• i )], si ve /e ,]/ Xng ^ , - 2.o\ — j ob numerura n value magnnm- k Sit a =■ io ped., A — 5, erit b^=ì6, tj ~ 1200; unde ilt altitudo maxima A H = 19200 ped. , altitudo celeritati maximae respondens AF = 112 ped. , celeritas maxima 64 imo minuto secundo , & tempus ascensus io 82" . AN- Di Girolamo Salabini . ^69 ANNOTAZIONI ( I ) Comecché la Legge delle densità degli strati aerei dell' atmosfera caiisatri da' pesi coinpriinenti non sia ancora se discorrasi di tutta 1' altezza atmoserica , posta nel lume che si desidera, uè esente sia da gravissime difficoltà; ita- peitanto l'esperienze le più esatte ci assicurano, che dalla supeificie della Terra all'altezza di qualche miglio valga la ra- gion sem^iiice de' pesi comprimenti , prescindendo da qualclve akerazione , non già grande , alle volte indotta dal vario gra- do di calore che domina in diverse altezze: deducesi da ciò agevolmente , che le altezze atmosferiche sieno pioporzionaU alle differenze de' logaritmi de' numeri, che esprimono la den- sità dell' aria alla superficie della Terra , e la densità alk data altezza ; a queste densità corrispondono le pressioni deli' atmosfera sopraincombente, a cui le altezze del mercurio nel Barometro si proporzionano ; quindi saranno altresì le al- tezze atmosferiche proporzionali alla differenza de' logaritmi delle due sovraccennate pressioni , o delle due indicate al- tezze barometriche . Se si chiami perciò la densità dell' aria vicino Terra == o , e la densità variabile di qualunque altez- za — / A za^:* se si disegni per A 5 S'iià quantità costante; per la qual cosa se esperimentando troveremo in una altezza cognita, che diremo =■ s , la differenza de' logaritmi iper- bolici delie due altezze barometriche alla superficie della Terra una, V altra alla data altezza s, nominando questa la — ìM seconda altezza barometrica A', otterremo l'equazione la — /A , . s v//, 7A\ r^ = , da CUI X = —I X [la — Za ) . Cerne X ia — 4<:i questa equazione discenda dalla condizione , che la densità dell' aria iu varie altezze atmosferiche seguiti la ragione sera- pU- ayo E.IFLESS10NI CC. plice de' pesi comprimenti , je, stato da lioi esposto liella ci- tata Memoria sulla salita delle Macchine aereostatiche, che trovasi nel Tomo precedente degli Atti della R. Accademia di s a X Napoli. Si faccia , r— — k, saràL-r- = — ionde^r: ^ , la — l A A fi — X — X ae ; e posta a = i ; nasce A = e , espressione della densità dell' aria, o dell'altezza barometrica, o della pres- sione atUiOsferica nell'altezza ;i: dataci dal Sig. Eulero. Sia A' = a — I e sia ^ numero intiero molto grande , . a diccT che la — la — i = L sia prossimamente eguale u — X ad — . Imperciocché abbiamo f Compendio di Analisi Tomo a *■ ..° Lib. t.» Gap. 7.^ ]Ly = . [^^ + ^(7^-7 ^ + — ( — ) ec. : onde sostituendo in luogo d' r j 5\jH-i/J' a— 1 ° otterremo L = 2. \ 1" T ( — J + Ti ) ^^- h a — I L aa ó \2fl/ 5\'2.a~hi^ J e perchè si suppone a numero grande , si potrà disprezzare r unità in paragone di 2.a , come ancora i seguenti termini della serie in confronto del primo ; dunque avremo prossima- a 1 . s mente L = — : e peiciò k := r riT' = ci s . a — I a ^ ! La — L/\ Nella sovraccennata Memoria reco un esattissimo, e celel^ra- tissimo esperimento fatto da M. De — Lue alle radici del monte Suleva . AH' altezza di piedi parigini 74 » 9*^^ '^ mer- curio nel Barometro calò precisamente una linea, quando al- le radici del monte conservava V altezza di pollici 29 , ossia di linee 848. , sarà pertanto in questo caso a = 848 ed s = 74 5 980. piedi parigini; onde sarà a s =z 2600C piedi parigi- ni , che costituiranno il valore di k . Poiché 1 : a : : s : a s ; OS- Dr Girolamo Saladini . 27 i ossia iinq lìnea a trecento quarantotto , ccroe 74? 9*^2, jiie- di parigini a aócco piedi della stessa iriiiura ; sarà questa r altezza di tutta 1' atmosfera , se fosse densa , come la co- lonna aerea di 74, 982, piedi, cioè se l'atmosfera aerea con- servasse fino alla più aita regione la densitì , che ha vicino Terra; E questo si è il senso, credo io, in cui il Sig. Eu- lero dice j, S'it altìtudo colnmnae aereae = /; j che egli fissa di 24000 piedi , e che noi fissiamo di piedi parigini aóooo . Se i piedi 2.4oc'<^ fossero Renani , di cui si serve il Ch. A. nella sua Meccanica, allora l'altezza da lui stabilita sarebbe minore della nostra anche per questo capo nella ragione di s loco : ic35 . Adoj-)erando a dirittura la formola = t~}w ^ Li a ^ Li A senza modificazioni ^ l'esperienza di M. De— Lue dà simil- mente il coefficiente k — 260GO piedi parigini , come sopra . Il Sig. Abate Frisi Matematico illustre nelle Memorie Enciclopediche di Bologna dell'anno 1783. N." 38. ripoita un' esperienza solenne fatta in Milano . Al piano della Città il mercurio nel Barometro si manteneva a pollici 27, ii _; all' altezza di braccia 126 Milanesi il mercurio calò li- nce 3— . Adunque se linee tre e un quinto d'altezza baro- metrica corrispondono a 126 braccia Milanesi di colonna aerea vicino Terra; pollici 27, n Z , ossia linee 335 — porteran- no braccia Milanesi iSigS-i di colonna aerea della stessa den- sità; e perchè il braccio Milanese è — prossimamente del piede parigino; quindi braccia iSigS ^ milanesi danno pie- 2 di parigini 24000 per il nostro coefficiente k . Se ci ser- s viremo della formola -; — -, , a dirittura troveremo gli stes- aya Riflessioni ec. stessi piedr 24000 ; onde adoperando l'unoj o l'altro meto- do torna al medesimo . Dalle Tavole del Sig. Lambert , e del P. Gregorio Fon- tana deduco il coefficiente k siinilmente di a4ooo piedi pa- rigini ; ma da quelle del Sig. Bonguer sopra 1' altezza de* monti Peruviani rilevasi questo coefficiente maggiore de' pie- di aóooo. Ora io dico , che il diverso valore di k non può avere origine dalla diversa gravità specifica del mercurio . Sia l'al- tezza del mercurio al livello del Mare =a, e la gravità spe- cifica di ciuesto a quella d' un altro sia com« i : n ; doven- do essere 1' altezze di due cilindri di mercurio di diversa gravità specifica , e equiponderanti, reciproche alle specifiche gravità;, sarà — V altezza del secondo mercurio ; e se un ci- lindretto del primo mercurio abbia per altezza una linea , che chiamo =ij l'altezza del cilindretto del secondo mer- curio equiponderante sarà — . Se dunque il cilindi-etto del primo mercurio d' vma linea d'altezza si equilibra con una colonna aerea = s , colla stessa si equilibrerà il cilindret- to del secondo mercurio dell' altezza .— -, onde sarà n ^:— : : i : a: : s : a s =■ k , come nell' ipotesi del primo n ' n mercurio . La varietà adunque , che si osserva nel coefficiente k non può derivare che dalla diversa densità, e dalla maggio- re o minore elasticità della colonna s, originate dal diverso stato dell'atmosfera, delle quali cose troppo lungo riuscirebbe qui un rigoroso esame . Se amiamo adunque d' attenerci ad un medio, non ci dobbiamo a mio giudizio scostare molto da' piedi parigini 260C0 pel coefficiente k. (Il) Convengono li Meccanici „ che la resistenza assolu- ta , Di GlROLATIO SaLAHINI • 2^3 ta , elle soffre una superficie piana tutta inunersa in un flui- d-o , per cui viaggi con direzione a se stessa perpendicolare, eguagli il peso d' un solido, che abbia per base la superfi- cie anzidetta , e che sia della stessa densità del fluido ; ma lìon couvengoi^o circa l'altezza, che a questo solido si dee assegnare; alcuni certamente dottissimi, tra' quali il Ch. A., vogliono clie eguagli 1' altezza , da cui dee scendere un gra- ve, perchè quella velocità ac^juisti che ha la superficie viag- giante, altri siuiilmente dottissimi la stnhiliscuno doppia. Nei ci siamo uniti a'secondi in vigore d' vuia dimostrazione che rechiamo neUa nostra Memoria , e che viene confenuata da- gli esperimenti esattissimi del SIg. Bossut, il quale rigetta l'opinione de' primi come affatto erronea; chiamata pertan- to la velocità dt-lla superficie , ossia lo spazio percorso in ini secondo = z/ , e 1' altezza per cui un grave scende in ini secondo = g-, onde sia la velocità acquistata da uir gra- ve in un secondo =r a g , dovendo essere per le leggi del Galileo 4 gg^ •"" '•' g all'altezza della velocità u acquistata da un grave ; sarà questa = - — ; e perciò l'altezza del nostro solido sarà ' secondo il Sig. Eulero ; e secondo noi sarà — — • 4S _ -^S Se una superficie che sia in quiete , venga percossa da un fluido con direzione ad essa perpendicolare , la pres- sion nata da tal percussione , e che soflTre la superficie si misura nella stessa maniera ; poiché questi due casi si con- siderano da' Meccanici come lo stesso . Abbiamo inoltre , che la percussione perpendicolare con- tro la superficie dell'Emisfero ( fig. a) TRK quando sup- pongasi stesa in un piano, sia quadrupla di quella, che realmente sofTre una sfera investita dallo stesso fluido in cui sia immersa , e perciò poste tutte le altre cose le stesse , la resistenza che soffre una sfera che viaggia per un flui- do, è eguale a quella che soffrirebbe la metà del circolo Tomo X. M m mas- 374 Riflessioni ec. massimo della sfera , se viaggiasse per lo stesso fluido' colla stessa celerità , e con direzione a se medesima normale . Da- rò di ciò una breve dimostrazione analitica . La direzione d<'l moto della sfera sia da C verso R . Il latercolo infiilite- simo A M della periferia del circolo massimo T R K soffre lina resistenza che , in confionto di quella che soffrireb- be , se perpendicolarmente percuotesse il fluido , vieu dimi- luiita per tre capi nella stessa ragion del seno tutto al seno d( ir angtjlo d'inclinazione ]M A O fatto dal latercolo MA C( sia quella, che lia l'aria prossima alla superficie della Terra, X cioè quando sia .r = o . Essendo e 1' espressione inde- terminata della densità , come sopra abbiamo veduto ; sarà X O X — — • «— I— I ■ _^ 1. h li H Ne '' , ^ 1 j •*- e = I : e : : : che sarà la densità 4 4 all' altezza — x ; dunque finalmente 1' espressione della resl- X 3N uu k , ., stanza indeterrnmata sarà -rr— Y Y e • Sesfuendò li a a ^^ 4g' ^ ^ nostro metodo il cilindro ossia la resistenza si esprime per cioè t^e quinti plìì grande dà quella del Sig. Eulero . (Ili) La gravità alla superficie della Terra è l'unità de^ Meccanici , a cui l'altre forze acceleratrici paragonano. Es- u n 2.n aa N X ^s 5 4 1 1^^ <3 ; I Di Girolamo Saladini . 27-7 Essa viene espressa con quella celerità , che arquiita un gra- ve liberamente cadendo vicino Terra in un secondo , os=ia poi doppio di quello spazio percorso da ni grave liberamen- te scendendo verso Terra in un secoiKJo , cbe si sa essere trenta piedi parigini e due pollici; 2g disegnerà un tale spa- zio , cioè la misura della gravità v r no la superficie della Terra . Se dunque la gravità si dica = i , e qualunque for- za = P ; sarà ag^P la velocità' acquistata da uii C'or[w in un secondo sollecitato dalla forza P -, ossia saia 2gP il doppio spazio di quello , per cui la forza P sollecita il corpo in un secondo ; sarà pertanto 2gP 1' espressione della forza P con- frontata colla gravità vicino la superficie della Terra . Ora abbiamo dalle stesse leggi Galileane , che la forza accelera- trice' moltiplicata nel differenziale dello spazio percorso in vi- gore d'essa dal corpo, sia proporzionale alla massa moltipll- cata nella metà del diiferenziale del quadrato della celerità y sarà perciò, chiamata la massa M j 2, g T d x — Muda; e 4o ^ '^^ — ^ Muda , come pone il Ch. A. L'Equazione differenziale a cui giunge il Sig. Eulero è fa X X seguente 2, udii + ~j— r C . L' integrazione adunque della presente eqtiazione differenziale dipende dall' integrazio- ne drlla formola — -— ; ii che avvenne anche a noi , come / r Yedf'si nella nostra Memoria; ivi osservammo che fin ora gli Algebristi non sanno ricavare profitto da questa fiirmola a motivo delle quantità infinite , che racchiude il suo integra- le ; onde fummo costretti a trascurare de' termini per rende- re l'equazione di qualche utilità. Diiir integrale , che dà il Sig. Eu'ero rilevasi, che an- che egli abbia trascurato alcune quaiuiià , che procureremo X di rintracciare. La quantità esponenziale e , come dimo- strasi nel Compendio d' Analisi Tomo a." ( n. 7 ) si scioglie X e X in questa serie i — . -. 4- - — _ ec. ; se dunque sia k numero molto grande in paragone di x, sarà e = i — -7 prossimamente , anzi quando na bisogno si potrà X disprezzare --< al confronto dell' unità; con questi principii X r equazione differenziale 2,udu -+■ -- uudx e = 4gdx i « Di Girolamo Saladini . 279 X àf ^ a X \\ e — ì J SI potrà ridurre prossimamente a I r/r quale integro cosi; fo uu=- zt ; onà^. ù.udii Zi zdt -\-tdz\ xdx e sostituendo zdt + t dz r=. à^g.\dx — 4^^ — 7~ 4g''^^ tzdx tzdx . tìf.v — . Supponjro — — ; = tdz , onde sia — — 7— X dz ~"d> , . j. .. 7 = , e 2 = e i sarà in conseguenza di ciò z d t '=^ z X xdx , , , 1 r Xr\ b 4^x1 X — 41 A -y 4g^^ , e di = 4gdx{^X — i — —J « 5 jf onde t-hC = liue -f-C = S-iS'^^^ (h — i 7- ^ b e » che è rinte;2;rale del CU. A. b ^ . . 1 X X Integrando attualmente sarà uue -\- G ■= 4'^^be — X X b A^^-^h f ,\b , 4 g ^ e — '. i X — b ) e , e posto u zz o , quando 4 g A /v* sia X — o sarà C = ^A^Z* — 4g^+ V. ? O"*^^ /*/ A'?\ / A'' ^A\ ^" +45-^^ (a - I -^J = 4gZ.^A - I — ~ + — ) , e posto— ^ k^f sarà ?^zi - f-^r^-XC/^OC'"^ ^ ) ~~ '''l appunto come il Sig. Eulero. Ognu- ago RiFLEfsioKi ec. ognuno comprende , che questa equazione al)]->ia soltan- to luogo , e unicamente per una certa tal quale appnissima- zioue , quando T alte/za x sia assai picciola per riguardo a k; ina se x sia considerabile , allora si potrà con fondamento dubitare delle conseguenze, che indi si deducono. Ed in lat- ti nell' esempio che egli rtca , ritrova di piedi 1 1 a 1' altezza dove termina l'accelerazione, e la massima celerità, che ivi ha il globo porta 64 piedi per secondo; se ora le formo- le da noi stabilite nella citata Memoria si conformino ne' coefficienti a quelle del Sig. Eulero , cioè se si faccia I aC . . — = ;t = 24000 piedi, e non a 26000; e -— si trasmuti in ~ , come ancora -7— in -—rr, la nostra forinola dell al- 2 U 2U tezza per la massima celerilà —' L — ■ —- —- da 1 e ì TI U — III 1 — -- L /c /e ni piedi i36 che è maggiore quasi d'un sesto di quella del Sig. Eulero. Si noti, che in questa formola na h lo stesso deìr N , ed m dell' M del Sig. Eulero, ed il /; =: i5oo. La formola poi nostia della massima celerilà è \/na - m i/N — M ,,. N ^ , I =: I ; ma abbiamo — ir a = 5 ; dun- ' ga ì ga M N 4N 4 4 aa que M — -^ , e perciò N — M — -:— = ~ X^ X~ X^T^^'^ piedi cubici d' aria della densità z: 1 ; ga zz — — — jiiedi cubici d' aria della stessa densità , dunque = 384o , t/iui — m ^ ■ V V ' 1 1 %' e , =: Zi = oa piedi lineari per la velocita massi- \ ga ma , che è minore di due piedi di quella del Sig. Eulero . Se Di Girolamo Saladini . 281 Se in picciole altezze i risultati del Sig. Eulero non di- feriscono gran fatto da' nostri , il contrario avviene quando si tratti di altezze maggiori , e non disprezzabili al paragone di k ~ a4oco piedi . Si vegga ciò nella altezza massima a cui giunge il glo- bo. Secondo la determina il Gli. A. essa è di piedi 19200 ; la \ ri a nostra formola per questa altezza è — L , e sostituendo e III N le specie drl Sig. Eulero si trasmuterà in /; L rj ^ ossia pel suo esempio, piedi 24*^00 X L.5 . Essendo il logaritmo iper- bolico di 5 =; I , 609487 ; fatta la moltiplicazione nascono piedi 39000 in circa per la massima altezza , cioè più del doppio dell' Euleriana . Né tampoco il risultato del Sig. Eulero si può concilia- re co' suoi stessi principii co' quali s' accorda benissimo il nostro. Avvegnaché non havvi dubbio alcuno, che il glf;bo noti debba sulire almeno a quella altezza , in cui la gravità specifica dell' aria e la sua si eguagliano ; né più basso po- trebbe fermarsi sicuramente . Essendo pertanto IN il peso del globo se fosse tutto d' aria , come quella alla superficie del- la Terra , ed M il peso del globo, e supponendo il Sig. Eule- N ro A = -rr- =5, sarà M un quinto d' N, cioè sarà la gra- vilà specifica del globo un quinto della gravità specifica dell' aria vicino Terra ; dunque dovià indubitatamente il glo])o giungere all' altezza, dove 1' aria sia cijique volte più rara X di quella alla superficie terrestre. Denotando e la pres- sione dell' atmosfera all' altezza x , come pone il Sig. Eule- ro , ed essendo le densità aeree proporzionali alle pressioni , X sarà nel presente caso e '^ rr — per la massima altezza ; Tomo X. N n e ri- a8ii Riflessioni ec. e risoluta V equazione si ritrova essa = kl s = 89000 in circa, come trovammo col uostio metodo. N E^fli è per altro vero , che se il numero >i — -— sia di poco maggiore dell' unità, vale a dire se i! glubo pesi poco meno d' un egual volume di quell' aria , che abbiamo pros- sima alla Terra ; in tal caso la formala nostra può riiursi prossimamente a quella del Sig. Eulero ; imperciocché ridot- ta la nostra formola a A' L X , servendoci cioè delle specie del Sig. Eulero , e fatto A = i H- w _, disegnauJo w una Z' A — I picciola frazione : dovendo essere L A = a Y V ' + ^ ' ^^ \ A -h I — — ( 1-4 ( I . . . ì fitta la sostituzio- 'ie avremo L A = 2.[ ! { — ^ ) H- -t( ) • • • • ) =: w per essere to quantità assai picciola ; onde /e L A = w k prossimamente . Ora abbiamo la formola del Sig Eulero per la massima altezza ~ / -{- Z» =: — k + Z* , la quale, A se sia A = r 4- w , si trasmuta in ^ k -\- b prossimamente j e perchè b è numero picciolissimo in riguardo a k, perciò f -^ b non differisce molto da u' k . Neil' esempio della nostra Meinor"a abbiamo N = 4^^, M = 007, onde A = 7, — - ~ i + ; e perciò u? — "6 116 .... -5,, — , e w ^ = -:-— Y aiccc ~ 8000 pedi in circa : e 007 0Ò7 ^^ • ^ 453 k L -5- — dà piedi 7C00 in circa . che possedeva l' aurea chiave per soluzioni sì fat- te , pubblicò negli atti stessi, non più che due mesi dopo, cioè nel Luglio , d' essere penetrato al conoscimento della natura della Curva ; jiiaceigli però di concedere agli altri lo spazio di un anno, teruiinato il quale, se ninno aggiunto vi fosse , Fenduto avrebbe palese il suo ritrovamento . Il felice successo degli studj di Leibniz incitò , ed incoraggi i due fratelli Bernoi;lli a quella impresa che dianzi atterriti gli aveva; e V uno e 1' altro, prima che spiiasse il prescrit- to termine , riuscirono al bramato scioglimento . Ma le generali dottrine del Leibniz e dei Bernoulli non tastavano all' affare della Frankliniana armatura del Duomo di Milano ; facea mestieri discendere a ccnsiderazioni più af- fini alla pratica . L' unione di queste con le teorie astratte svolte ed estese per tutti i lati, compose all' Ab. Gianeìla la materia di un volumetto, che 1' anno 1775 diede in lu- ce; e che quantunque di due parti forr.ito , sn'la tensione delle funi 1' una , 1' altra sulla natura e sulle affezioni tut- te della Catenaria, an.ò ciò non dimeno intitolar semplice- niente De Funìum. Tensione. E caginne , penso, si fu il vo- ler prendere il titolo dall' oggetto piincijiale dell'opera, che era di determinare le azioni di una catena contro i ]>unti di SOS- t Di Pjetro Cossali . a.V)j sospensione ; eli mo?l rato già essi-ndo da Giovanni BeTioulU cpp.rlamente , clic tali azioni ^lUa fune o catena ABC con- tro i punti A, C, ( fig. i ■' ) sono le stesse, che quelle che contro i punti medesimi esercitere])be un peso P uguale a quello della fune o catena , sospeso dall' angolo D dei due iiii supposti non gravi, AD, CD prodotti sino a con^corso dalle dinzioni dei due estremi elementi della fune ; ed evidente d' altro cauto essendo , che queste azioni si ugua- gliano alle tensioni dei fili per mezzo delle quali il peso agisce . Il problema per tanto di determinare le tensioni nei due fili AD , CD cagionate dal peso P sospeso dall' angolo loro D , quello si è con cui 1' Ab. Gianella dà principio al suo lavoro . Trattasi di risolvere V azione naturale del peso P giusta la retta verticale D P in due che agiscano nelle diie- '/iuui dei fili AD , CD , e li tendano . Giov. Bernoulli nella XXXVI delle sue Lezioni Matematiche De methodo integra- iuun alùsque contenute nel tom. 3.° delle sue opere , stimò di poter annoverare tal problema tra le cose da presupporsi ali' investigazione della curva catenaria, ed in brevi parole se ne spedì con dire : che il peso P sostentato dai due fili , qualunque sia 1' angolo del concorso loro , spiega la sua for- za contra i punti A, G con tal proporzione, che la potenza requisita in A sta alla potenza requisita in C, come recipro- camente ( prolungata iii E la verticale PD ) il seno dell' an- gelo CDE al seno dell' angolo ADE , ed il peso sostentato P air una od all' altra potenza, come il seno di tutto l'angolo ADC al seno dell' uno o dell' altro angolo alternamente alla potenza posto e chiude cosi . ììoc in quavìs Statica demon- stratur . Non già, che in ogni libro di Statica di quei dì ri- soluto si trovasse in pi'opj espressi termini il problema di che si tratta ; dir volle, che 1' assegnata proporzione delle azioni dal peso P risultanti nei fili , e nei punti di sospen- si(uie A , C , era una conseguenza sì naturale ed evidente del general teorema della risoluzione di una forza in qualua- que 288 Su LA TEKSIOKB DELLE FUNI èc. qiie libro di Statica insegnato, clie aver potevasi come insie- me insegnata, e dimostrata. JDi fatto, giusta 1' accennato general teorema , per determinar in due azioni dal peso P risultanti nelle direzioni dv-i due fili AD , CD , altro non si ha a fare ( espressa per una determinata retta verticale qur.l DR la naturale azione del peso P ) clie costruire intorno ad essa un p ualellogrammo ^ due lati del quale sieno nelle di- rezioni dei due fili AD, CD, ciò che si olrerrà prolungando essi fili in Q j S , e poi dal punto R menando RH , PtK pa- ralelle alle direzioni A Q , C S dei fili . Il paralellogiammo DHRK è il paralelicgrammo di risoluzione della forza del pe- so P espressa per D R ; D K è 1' azione per essa risultante lungo il filo AD , e nel punto A ; D H T azione risultante lungo il filo CD , e nel punto G . Per natura del paralello- grammo il lato DK ~ HR , e nel triangolo DHR i lati sono , come i seni degli angoli a Inro opposti ^ e di più 1' angolo HDR = EDC, 1' angolo HRD = RDK = ADE , e V ango- lo DHR = iV>c — ADC, e sen.DHR =' seu. ADC : onde raccogliendo tutto ne segue P sen.CDE sen.ADG P sen. ADE DH ~ ten-. del filo CD = t-tttt- • sen. A U Li Questa risoluzione della gravità di P , questa determina- zione delle due tensioni dei fili per giudizio di Giovanni JJer- noulli sì immediatamente . e rhiaramente presentata dal gene- ral teorema di risoluzione delle forze da non aver bisogno di particolare dimostrazione, siccome fu dai matematici a pie- ni voti adottata , così dall' Ab. Gianeila pur ancbe posta venne a base di tutto il suo trattato . Ma di suo proposito essendo , die non contento della generica determinazione del- le formule esprimenti le tensioni dei due fili, passasse ad esa- minarne i vaìj casi , nel discorrere per diversi supposti dell* angolo filare ADC , si finse anche quello che codesto ango- lo fosse uguale a due retti , rimanendo il filo teso in linea di- DK = tens. del filo AD = Di Pietro Cossai.i . ' 2P9 diritta tra i punti A, C senza soffrire dal peso P inflessione Aeiuna. lu tale supposto essendo 1' angolo ADC umiliale a due retti , e conseguentemente il suo seno = o , le tensioni dei fili AD, CD dalle formole esibite sono Psen.CDE ^. P sen ADE Tcns. di AD = . . .Tens, di CD = o / o cioè ambedue riescono infinite . L'Ab. Ciancila dedusse quin- ci essere ripugnante il supposto di un filo disteso fra due punti ni perfetta linea retta _, non potendo darsi un filo infi- nitamente teso : hiiic fi ut filimi nullum affixum cluolus punctìs congnicre iinqiiam possit cimi recta Inter ca ducta , cimi filum iiulliirn infinite intendi possit . Ben altra conseguenza ne tirò i' Ab. Frisi: imputando a colpa della Bernoulliana risoluzione l'assurdo risultato d'una tensione infinita , pensò clie per toglierlo era mestieri dar di falce alla radice , rigettando 1' addotta risoluzione ; ed a piegare e vincere gli animi preoccupati a di lei favore prese ad assegnarne a difetto il non porgere 1' ultima risoluzione della forza del peso P , tale porgendola soltanto le rette dal punto P cadenti perpendicolarmente sulle direzioni dei fili nei punti m , n non già le oblique RH, RK . E di questo modo si apri tutt' insieme la via a nuova risoluzione . Vuole egli dunf[ue , che esprimendo DR la forza verticale del peso P, la retta DN determinata sulla direzione del filo AD per la perpendicolare PiN esprima la tensione di esso filo AD j e la retta DM sulla direzione del filo CD determinata per la perpendicolare PtM la tensione del filo CD . Laonde essendo nel triangolo DR.N , 1' atigolo r«JJN = ADE , ed essendo per natura di esso triangolo rettangolo i : DP». : : cos. PDN : DN ne segue , sostituendo P a DR , ed ADE a PDN , DN z^ tens. del filo AD ~ P cos. ADE , e similmente DM — tens. del filo CD = P cos. CDE . Queste sono le formole delle tensioni che alle BernouIIÌane comunemente adottate ma a suo giudizio erronee, contrap- Toino X' Oc pò- aUG Su T.A TENSIONE DELLE FONI CC. pone il Frisi nel Gap. IV dell' Arcliitettura Statica, clie for- nia il libro secondo delle sue Instltuzionì per gli Architetti , e per gli Ingegneri . Sfiiggesi di fatto per mezzo di queste formole il parados- so della tensione infinita nel caso, che il filo ADC stia in perfetta linea retta disteso tra i punti AC, non avendo in esse luogo 1' angolo filare^ o sia dei due fili tra loro ADC. Ma ciò stesso non deve egli render le formole medesime sos- pette di difetto, mancando d' inchiudere un elemento che intuitivamente si concepisce sì essenziale? Ad esame della lor verità, dall' estremo del filo ADC in perfetta linea retta ditìteso tra i punti A, C, o $ia dell'angolo ADC ~ i8o, get- tiamoci all' altro estremo dei punti A, C infinitamente fatti l'uno all'altro vicini, e dell' angolo in conseguenza ADC con- dotto all' evanescenza , e con esso vieppiù le parti sue , gli angoli ADE, CDE . In tal supposto divenendo cos. ADE ~ i, COS. CDE — I, sarà la tensione del filo AD n P, e del pa- ri la tensione del filo CD = Pj ed in conseguenza la somma delle due tensioni — P-i-P = 2,P, ciò che a prima vista si conosce falso e ripugnante, intendendo ognuno ad eviden- za, che nel caso in cui i fili AD, CD si portino a contatto, sì che ciascuno penda in retta verticale, cadaun viene stira- to con una forza uguale alla metà del peso P ; ed è impossi- bile che il peso P nella direzione della sua gravità eserciti una forza , o somma di forze a se doppia . Questo si enor- me effetto che nell' esposto estremo caso si dispiega , an- nuncia che nella novella risoluzione in generale il peso P è due volte adoperato, e risoluto . E che sia così , basta un pò di attenzione a convincersene ocularmente . Vien adope- rato tutto e risoluto una volta , quando condotta sopra AQ la perpendicolare RN si risolve nelle due forze RN, DN ; e vien tutto adoperato e risoluto una seconda volta , allorché condotta sulla CS la perpendicolare RM si risolve nelle due fcirze PiM, DM . Li due triangoli r».DN , RMD non apparten- gono al medesimo paralellogranuno \ che tale non è lo spa- zio Di Pietro Cosìali . 29 i zio RMDN ; ma sono mela di due paralellogrammi diverse : il triangolo RMD del paralellograninio RMUD, ed il triango- lo RDN del paralellogrammo RNTD . Delle quattro forze RN , ND, RM , MD dalla doppia risoluzione del peso P ri- cavate tjon è tenuto conto, che delle due ND , MD , le al- tre due FtN , RM son lasciate di vista , e rimangono perdu- te. La perdita di queste nasconde, dirò così, il vizio del raddoppiato uso dell' intero peso P, sino che seno esse di qualche grandezza j ma il vizio esce all'aperto, e si dà mani- l'estamente a vedere , allorché ristretti via via gli angoli RDN, RDM fino ad annullarsi, elleno pure clie ne sono i seni , vanno al nulla , Fatte avea queste riflessioni, allora quando l'Autore mi mandò in dono il prirììo volume delle sue opere in tre rac- colte , che di fresco era uscito in Ilice l'anno ijSi. E sic- come nel secondo dovevano contenersi le sue dottrine di Meccanica ; così , dovere stimandolo di quella amicizia che accordalo mi aveva , non tardai ad avvertirlo suU' effVtto delle sue formole delle tensioni nel caso, che approssimati a combaciamento i fili AD, CD svaniscono gli angoli di es- si con la verticale intermedia e tra di loro, lasciando a lui stesso il penetrare dal mostruoso effetto alla viziosa cagióne. Bli rispose egli che nel volume , di cui si era cominciata r impressione , ritoccata avendo la materia , veduto avrei trattato il caso e sciolto 1' obbietto . Io intanto ho data ese- cuzione all'idea, che già concepito aveva di sottoporre al giudizio irrefragabile dell' esperienza le tensioni delle funi. Vo a descrivere il modo . APPARECCHIO ESPERIMENTALE . Sono F, F due tavole perpendicolarmente stanti sul pa- vimento mercè 1' essere ciascheduna inchiodata a squadra ad un [)P2zo di tavola giacente sul pavimento stesso , e V essere r angolo di tale squadra rassodato per mezzo di due triango- 0 o a li ret- ■2^2, Su LA TEN3IOME DELLE FUNI CC. li rettangoli di legno inchiodati con i' uno de' cateti dietro la tavola verticale ^ con 1' altro sul pezzo orizzontale verso i lembi delle larghezze dell' una , e dell' altro . GH , IK sono due liste di legno della grossezza di linee 8 strette contro le tavole F , F con viti segnate U , i maschi delle quali insi- nuati per fori delle tavole , e poi dello liste ricevuti sono e tirati dalle rispettive femmine al di dietro . In simil modo alle liste GH , IK affisse stanno a destra ed a sinistra le due tavole Lj L, le due M^ M, e le due N, N . Si mostrano nelle liste GH, IK verso il mezzo loro due buchi rotondi, ed altri in convenienti distanze concepir se ne debbono di qua e di là , sotto le tavole coperti , per poter trasportare le stesso tavole tutte verso il centro della figura conservando tra tavola e tavola , e a destra ed a sinistra , gli intervalli che nella figura appariscono , che sono tutti di linee 6 . Ser- vono questi intervalli per fermare perpendicolarmente al pia- no verticale della figura e per conseguenza in direzione oriz- zontale i braccj ab, i due ed, i due ef, che sono pezzi di legno di noce, grossi un pollice e mezzo in quadro, forniti di una coda a vite maschio , la quale inserita all' altezza che piace, nell'intervallo fra tavola e tavola, è presa al di là delle tavole dalla sua vite femmina , col giro della quale il pezzo di legno vien premuto contro le tavole , e costituito all' angolo retto sul piano loro . Li due braccj segnati ab portano due rotelle del diame- tro di pollici 4— . Sono cavate da una lastra di ottone di una linea di grossezza , descrivendo due cerchj concentrici con la differenza di lin. i — ne' raggj , ed un altro piccolo di sole linee a di raggio , dividendo quinci 1' aja in sei set- te ri ^ e votando questi dalla circonferenza larga linea i — sino al cerchietto di linee a di raggio , con lasciar tra setto- re ^ Di PiKTRO CossALi . a.f)3 re e settore una listorella d' ottone a forma di raggio , del- la larghezza di una linea . Neil' esterno della circonferenza si è scavato in giro un canaletto profondo e largo -^ di li- nea . Nel centro del cercliietto , cenilo pur della rotella , si è piantato il perno d' acciajo di una linea di diametro nel mezzo, ma terminante in acutissime punte. Queste mettono in due forellini aperti nelle due gambe volte all' insù d' una molla di ottone , la cui parte di mezzo a squadra con le due gambe, sta fermata con vite sulla faccia superiore del braccio ab alla distanza di pollici 4 ^^^ piano verticale delle tavole. Mercè la diligenza nello scegliere una lastra di otto- ne , che fosse in sua estensione la più omogenea ed equa- bile , mercè 1' esattezza in disegnare le parti da tagliar via e da lasciare, mercè la perizia dell' artefice in tutto il lavo- ro, e massimamente nel giusto irapiantamento del perno, e la sua industria e pazieiiza in riparare con saggi e leggieri tocchi di lima a quella qualunque eterogeneità , o differenza di grussezza , o densità, di cui ninna lamina va senza, le due rotelle riuscite sono in tutto il giro loro sì ben contrap- pesate , che stanno in ogni punto , sebbene d' altro canto , e per la loro leggerezza e per 1' acutezza delle punte del perno sieno insieme mobilissime . I due braccj notati ef sostengono due uguali bilancette delle migliori , che cpmunemente si usino a pesar oro . Il filo g a cui la bilancetta è appesa , passa per un piccolissimo buco attraverso il braccio in distanza di pollici 4 t'al piano verticale della figura , e salito sopra il braccio si stende pel tratto di pol- lici a — lungh'esso in una linea segnata nel mezzo , poi per altro forelHno discende con la parte h, alla quale attaccando il peso p uguale o di poco maggiore del peso della bilancetta , si ottengono ad un tempo due beneficj : l' uno di sostenere la bilancetta: l' altro di avere un filo a piombo, per giudicare nell' aQ4 'Su LA TEMSIONK DELLE FUNI CC. nell' esperienza, quando il filo g resti perpendicolare, e quando sia tirato fuori di tal situazione . Chiamo interni il braccetto di ciascuna bilancetta , e r occhietto suo , e lo scudetto appeso ^ che guardano verso il centro dtila figura ; ed esterni il braccetto , 1' occhietto , e lo scudetto , che mirano al di fuori . Aijli occhietti interni è attaccato il filo ADG che gravato in D del peso P serve ad esperi uien tare sulle tensioni . Due sono gli effetti del pe- so P : l' uno di tirare le bilancette verso il centro della fi- gura , 1' una verso 1' altra ^ e per conseguenza i fili g fuori del perpendicolo ; V altro d' inclinare le bilancette medesi- me , abbassando i loro braccetti interni . Per contrariare il primo efìetto si aggruppano agli occhietti esterni delle bilan- cette i lili k , si fanno passare sopra le rotelle , e giù cade- re in /, ed alla estremità loro si sospende uno scudino m che si carica poi a poco a poco del convenienti" peso. A distrug- gere il secondo effetto bisogna caricare gli scudetti delle bi- lancette esterni . Allora le due azioni del peso P dall' una , e dall' altra parte saranno equilibrate dal peso degli scudini 772, e loro carichi, e dai contrappesi posti negli scudetti esterni delle bilancette, quando i fili g- che sostengono le bi- lancette si troveranno in esatto perpendicolo , il che sarà qualora traguardando con un sol occhio posto di qua dei fili a piombo h, si vedranno quelli in preciso riscontro con que- sti ; ed i fili A , e i punti inferiori dei due occhietti ester- ni a cui essi attaccati sono , ed i jjunti inferiori insieme dei due occhietti interni ai quali è attaccato il filo ADC sie- no tutti nella medesima retta orizzontale . Ad esame di ciò impiantati sono fra la seconda , e terza tavola a destra ed a sinistra i due braccj ed. Su di ciuesti stendeva im rigone di roce grosso linee quattordici per ogni lato , e con la somma diligenza tirato in linea retta ; a ridurlo orizzontale mi vale- va di un livelletlo dilicatissimo a bolla d' aria posato nel mezzo , alzando ed abbassando negli intervalli fra tavola e tavola 5 ne' quali inseriti sono i braccj , sinché la ovale bol- la Di Pietro Cossali . 295 la d' aria fosse perfettamente urli' aja della sua dissi d' ot- tone alla metà del livelietto ; e la superficie supeiiore del ri- gone fosse ad un tempo all' altezza dei fili k . A misurare l' angolo filare ADGj e gli angoli dell' uno e dell' altro filo con la verticale ai.-ata dal punto D , aveva apparecciiiata la tavola QR perpendicolarmente impiantata su d' uno scanno avente per piedi le quattro viti notate vj ed alla sommità della quale aperto nel mezzo un huco , e quin- di tragittato un cordoncino, sospesa aveva all' un degli estre- mi , cioè di qua una piastra circolare d' ottone del diametro di poi. 14. lin. IO, che è un beir Astrolabio, ed al raggio di pollici 6 ha una divisione in gradi assai esatta ; all' altro estremo di là della tavola un sufficiente contrappeso. Volen- do avere anche i minuti primi di cinque in cinque fatto ave- va lavorare un Nonio adatto in un seiimento di ottone , comprendente l'estensione di undici gradi , ma divisa in par- ti dodici . Moveva in qua, in là lo scanno, e maneggiava le viti di esso V , ed abbassava od alzava la piastra circolare , sino a tanto che si combinasse , che il filo D P tenuto a perpendicolo dal peso P riscontrasse tutt' insieme un altro fi- lo a piombo sospeso alla parte posteriore della tavola e ca- dente giù lungo il mezzo della fenditura ST, ed il raggio pu- re a perpendicolo DB della piastra circolare ; e che la pun- ta D dell'angolo filare coincidesse col punto di centro di es- sa piastra . Due modi aveva in pronto a variare , comunque piace- vami r angolo filare ADC : il primo prendendo vui filo pii!i corto o più lungo , e alzando od abbassando la piastra cir- colare , il secondo trasportando verso il mezzo le tavole tut- te , e ristringendo tutta la figura . Le due tavole s» gnate U non sono , che im sussidio a maggior precauzione con dare all' apparecchio maggior liase $ul terreno , ed impedire qualunque piegamento del medesi- mo nel mezzo , facendolo posare su i bracci segnati n r . ESPE- 2()6 Su LA TENSIONE DELLE FUNI CC. ^' ESPERIENZE. Descritto 1' apparecchio , ed il modo insieme di far le esperienze veniamo all' esposizione di esse , ed al calcolo lo- ro , e confronto con la Bernoulliana teoria , e con la Frisia- na . Chiamerò stiramento orizzontale quello , che trae la bi- lancetta verso il mazzo dell' apparecchio , di modo che il fi- lo g che la sostiene , esca dal perpendicolo e dal riscontro col filo a piombo Ji , divergendo da esso verso l' interno del- la figura . Cìnamevb stiramento verticale quello, che fa inclinare al basso il braccetto interno della bilancetta con lo scudetto appeso . Blisura del primo è il peso dello scudino in unitamente . a quello, di cui fa mestieri caricarlo per richiamare la bi- lancetta alla sua debita situazione, cioè il giudice di essa ed il filo g a preciso riscontro col filo a piombo h . Misura del secondo è il quanto di peso convicn porre nello scudetto della bilancetta esterno . È chiaro , che se ( fig. a ) CL sia la direzione del filo CD, e la retta orizzontale C Y esprima lo stiramento orizzon- tale, e là retta verticale YZ rappresenti il verticale: la ten- sione del filo, e l'azione nella direzion di esso sul punto G dee valutarsi per la retta CZ , che per essere ipotenusa del triangolo rettangolo CYZ , è = f/ (cT^ H- ìz" ) . Laon- de per avere in peso la tensione del filo , quale la esperien- za la dimostra , e che perciò dirò Esperimentale , biso^nprà fare i quadrati dei pesi in numero di giani esprimenti gli stiramenti orizzontale , e verticale , e datila somma di tali quadrati estrarle la radice . Il filo adoperato nelle esperienze era un sotti! filo di seta. Distingueiò coll'appellazione del filo destro la sua par- te DC posta a mano destra , di stiramento verticale destro il suo stiiamento verticale,, di stiramento orizzontale destro il Di Pietro Cossali . ìì(j7 il suo stiramento orizzontale . Ed all' opposto alla parte del filo AD situata a mano sinistra darò il nome di filo sinistro, e di stiramenti sinistri ai suol stiramenti verticale , ed oriz- zontale . Chiamo in fine angolo filare l'angolo ADC tra le due parti del filo . ESPERIENZA I. jld angolo filare ottusìssimo diviso quasi ugualmente» Poso tendente P--- ---=: Grani ... 80 . Stiramento Verticale destro - - - = Grani ... 3a . Stiramento Orizzontale destro - = Grani . . . 3i i ^ 5 , Stiramento Verticale sinistro - - = Grani ... 35 . Stiramento Orizzontale sinistro - = Giani . . . 3i5 j 5 . Ang. del filo destro con la Verticale = o3.' a5' Seno di esso = 9934062 Complemento del medesimo - - = 6".' 35' Seno di questo n 1146482 Ang. del filo sinistro con la. Verticale ~ 82,.° Seno di esso = 9902680 Complemento del medesimo - - r= 8." Seno di questo = 1391731 Angolo filare -------= 165." a5' Seno di esso = seno i4.°35' = 2517879 . Tensione del filo destro . Esperimentale = ^/(Si^ -4- 3 1 1 ^5^) =: Grani . . . 3 1 3,i BernouUiana = 8c Y -^?^V.— = Grani ... 3 14,6. Diff. H- i,5 ^^ 2517079 Frisiana = 80X0, 1 146482 = Grani ... 9,2. Diff.-3o3^9 Tomo X. Pp Tenr aoS Su LA TENSIONE DEIXE FUNI CC. Tensione del filo sinistro . Esperimentale =:j/(^*-l- 3 1 5,5 ) — Crani ... 3j 74 BernouUiana = BoY-^r— o — = Grani. . . 3 19,6. Diff.-+- a, 2 /^ 3517879 Frisiana = GoXoj 1391 781 = Grani .. . iiji.DifF. — 3o6j3 ESPERIENZA II. Ad angolo filare molto ottuso diviso alquanto disugualmente. Peso tendente - ------= Grani ... 96. Stiiamento Verticale destro - - - = Grani . . . 40. Stiramento Orizzontale destro - - = Grani... i59,5 Stiramento Verticale sinistro - - - = Grani . . . 56. Stiramento Orizzontale sinistro - - = Grani .. .i6a,5 Ang. del filo destro colla Verticale - = 76.° 5o' Seno di esso = 9737116. Complemento del medesimo - - = iS.** io' Seno di questo = 2377844- An£. del filo sinistro con la Verticale = 70." io' Seno di esso r= 9406835. Complemento del medesimo - - ~ 19.° 5o' Seno di questo = 33g3853. Angolo filare -.------= 147.'* Seno di esso = seno 33.° = 5446390. Tensione del filo destro . Esperimentale = [/(4 o H- 109,5 ) = Granì . . . 164,4- 9Ìo6835 ^ . ^, „ ^.^ BernouUiana = 96 Y Ì/tt-^ = Grani . . . 160,8. Djff. -f- 1,4 ^ ^^ 5446-'9o Frisiana = 96X0,3277844= Grani . . . ai.g. DifF. — 143,3 Tea- Di PiETRO COSSALI . 3.C)() Tensione del filo sinistro .' Esperimentale = l/(5b ^4- ib2,5 ) = Crani ... 171^8 Bernoulliana = 96X~'4,^^-T-— =Grani . ... 171,6. DifF. — o.a '5446^90 ' Frisiana = ()GXc,àòija853 - Grani . . . 32,6. DifF. — i39,a ESPERIENZA III. uéd angolo filare alquanto ottuso diviso ugualmente. Peso tendente ----.-_ = Grani . . . 294. Stiramento Verticale, e destro, e sinistro = Grani • . . i5oy5 Stiramento Orizzontale, e destro, e sinistro = Grani . . . ai 5,5 Angolo di ciascun filo con la Verticale - - r: 56.° Seno di esso ~ 8290876 Complemento dtl medesimo - - - - - = 34. Seno di questo ~ 5591929 Angolo filare - .--._.-__== 112. Seno di esso = seno 68." ~ 9271839. Tensione del filo e destro e sinistro • Esperimentale = [/"( 1 3o* + 2 1 5,5 ) n Grani . . . 262,5 Bernoulliana = 294Y — — = Crani . . . 262,8. Diff.-h o,3 ■^"^'92718.59 Frisiana = 294X,05559i929~ Grani. ,. i64,4-^^^^- — 9^^^ o « Pp a ESPE- 300 Su" LA TENSIONE DELLE 5UNI eC. E S P E R I E N Z A IV. Ad angolo filare alquanto ottuso diviso alquanto disugualmente . Peso tendente --------= Grani ... 42. Stiramento Verticale destro - - - =: Grani-.. .16, Stiramento Orizzontale destro - - ~ Grani... 25. 5 Stiramento Verticale sinistro - - •=. Grani... 2.5. Stiramento Orizsontale sinistro - - ~ Grani ... 2.6. 5. Ang. del filo destro con !a Verticale ~ 57.° ao' Seno di esso ~ 84182.49 Complemento del medesimo - - - =: 32.!* Ì!f> Seno di questo n 5097507 Ang. del filo sinistro con la Verticale = 44-° ^^' Seno di esso = 7000093 Complemento del medesimo - - - =: 4-'- ^o Seno di questo = 7i3a5o5 Angolo filare - - __---= lOi. 5o Seno di esso — seno 78.° io.' = 9787483 Tensione del filo destro . Esperimentale = j/i^'^^ 4- a6^') = Grani . . . 3o.a 7000.093 _, . o T\-eT Bernoulliana = 43Y-^— --^5- = Grani . . . 30 . . . Diff. — • o,a ^ ^ 9787433 Frisiana =.4^X0,5397507 =^ Grani . . . a^jò. Djfì. — 7,(3 Tensione del fido sinistro . Esperimentale = |/(~* 4- 2.òy) ) ~ Grani . . , 36.,4 84loa4Q ^ . „r T^-rr * BernouUiana = 43X -hr-Jo-T- = C"*^"» • ' • 36,i ■ Din- — '0,3 ^ ^ 9787483 Frisiana = 42,Xo,7i3i5o5 = Grani . . . 3o . . DifF. — 6,4 ESPE- :=z Grani . . 43- =:^ Grani . . . 16,5 rz: Grani . • i9v5 — Grani . . 25,S — Grani . , . . IO. Di PlETKO C0i2AlA . Sol ESPERIENZA V. yfd angolo filare un po'" minor del retto disugualmente: divìso . Peso tendente - - - - - Stiramento Verticale destro - - Stiramento Orizzontale destro - Stiramento Verticale sinistro - Stiramento Orizzontale sinistro - Ang. del filo destro con la Verticale = 5o.° 55" Seno di esso = 7762298 Complemento del medesimo - - - ~ 39." 5' Seno di questo = 63o45oo Ang. del filo sinistro con la Verticale = 87.° 5' Seno di esso = 6029760 Complemento del medesimo - - - n: Sa."* 55' Seno di questo = 7977593 Angolo filare ---------= 88.*" Seno di esso = 9993908. Tensione del filo destro » Esperiméntale = J/(ib,5 -4-19,5 j = Grani . . . 25,5 Bernoulliana = 42 X p—^ — Grani .. . a5,3. Diff. + o^Sa ^ '9993908 Frisi ana = i^^^ofò^où^oo ~ Grani ... 20,5. Diff. -i- i Tensione del filo sinistro . Esperiméntale — p (aSjS -+-19 ) n Grani . . . 3i,8 7706298 Bernoulliana = 42 X ó"^ - Grani . . . 82,6 Diff. + 0,8 Frisiana S 42 Xoj7977593 s Grani ... 33,5. Diff. -f- 1,7 ESPE- 3oii Su LA TENSIOiSE DELLE FUNI CC. ESPERIENZA VI. Jd angolo filare alquanto sotto il retto dìsugualmento diviso. Peso tendente -------;3 Grani ... 421 Stiramento Verticale destro - " - ;=i Grani ... 16, Stiramento Orizzontale d( stro - - — Grani... lò Stiramento Verticale sinistro - - z: Grani . . . a5 Stiramento Orizzontale sinistro - ;=; Grani . . , iG Ang. del filo destro con la Verticale — 45''* Seno di esso — 7071068 Complemento del medesimo - - :r! ^5.'* Seno di questo — 7071068 Ang. del filo sinistro con la Verticale— 3i.° 55' Seno di esso r: 5286853 Complemento del medesimo - - - ^ 58.° 5' Seno di questo = 8488189 Angolo filare --------- = 76.** 55' , 5 ,5 . 5 Tensione del filo destro Esperlmentale — V{i6 -\~ ib^S )=Grani . . . 22,9 ^ 5286853 Bernoulliana = 42X — ; — > — =^ Grani , . . 22,8. DifF. — o^i Frisiana 9740419 i!^2){o,'jcY 1168 — Granì . . . 29,7. Diff. H- 6^8 Tensione del filo sinistro . Esperimentale ~ J' (^2^, j -+- iC».,j j~Grani ... Sc^S 7071068 Bernoulliana = A^yi- = Grani . . 974^4 '0 Frisiana ~ 4^X<^>^4^^*39 = Grani . . 3o,5.DifF.4-o,a 35,6. Diff. -(-5,3 ESPE- Di Pietro Cossali . 3o3 ESPERIENZA VII. jid angolo filare acuto divìso molto disugualmente . Peso tendente -----= ni:.:, j 294 200 45,5 67. 53,5 o Stiramento Verticale destro = Grani , Stiramento Orizzontale destro = Grani Stiramento Verticale sinistro = Grani Stiramento Orizzontale sinistro = Grani Ang. del filo destro con la Verticale ^- = i3.° Seno di esso = 2249511 Complemento del medesimo - - - = 77.** Seno di questo rz 9743701 Ang. del filo sinistro con la Verticale = 38.° Seno di esso = 6i566i5 Complemento del medesimo - - - -mSa.* Seno di questo ~ 7880107. Angolo filare --- --. --= Si. Seno di esso =: 7771460. Tensione del filo destro Esperìm3ntale = 1/(230 -4-46^5 )=Grani . . . 284^4 BernouUiana = 2q4y r- = Grani . . . a33j3. Diff. — r, i 777'46o Frisiana = 294Xo;,97437oi = Grani . . . 286,5. DifF.+5a,i Tensione del filo sinistro . Esperimentale = K (67*H-53.,5 ) ~ Grani . . . 85,7 2f2495ll . „ BernouUiana = 2q4X 7>~= Grani . . . o.-),i. Din. — 0,0 777 '460 Frisiana = 294Xo^78ooi07=Grani. . .231,7. Diff. H-ig6,6 ESPE- ^4 ESPERIENZAVIII. .Ad angolo filare più acuto ugualmente diviso • Peso tendente --------=: Grani . . . 294 Stiramento Verticale, e destro^ e sinistro = Grani .. . i47j5 Stiramento Orizzontale, e destro, e sinistro = Grani . . . 50j5 Ang. di ciascun filo con la verticale - - "19* Seno di esso = 3a5568a Complemento del medesimo - - - - - = 71.° Seno di questo = 94-55 1 85 "* Angolo filare ----- _-- -=33 Seno di esso =: 6i566i5 Tensione del filo , e destro , e sinistro . , Esperimentale = l/( 147,5 H-5o,5 ) = Grani ... i55,9 325568a Bernoulliana = 294 X , .... , — Grani . . . i55,6. DifF.-o 3 -^^ ^ 6i5òòi5 Frisiana = 5294X0,9455 1 85 ~ Grani .. .Q78. DifF.+ iaa ESPERIENZA IX. Ad angolo filare assai acuto ugualmente divìso . Peso tendente -------- = Grani . . . 294 Stiramento Verticale, e destro, e sinistro = Grani . . . 148 Stiramento Orizzontale, e destro, e sinistro ~ Grani . . . 26,5 Ans;. di ciascun filo con la Verticale - = io.°5': Seno di esso = 1750808 Complemento del medesimo - - - - = 79.''55' Seno di questo zr 9845541 Angolo filare -_-. -- »-=: ao"°io' Seno di esso =: 34475^^ Ten- ■ Di PitTRO COSSALI . 3c5 Tensione del filo ^ e destro^ e sinistro. Esperjnicntale = |/(i4ÌJ -l-2(),.o ) n Grani. . . i5o,3 i75c8o3 Bernoulliana = 204 Y ■— — - — — Grani . . . i4Q)3 . Diff. — i -^^ ' .344702,2 ^^ Frisiana = 294X 0}9^4''^54i = Grani .. .289,4 • t)iiT'-4-i 39;, i Le differenze delle tensioni giusta la dottrina Frisiana dalle esperimentali sono sì grandi ed enormi , che non si può non giudicarla apertamente condannata dall' esperienza , del pari che dalla ragione . E si piccole per V opposto sono le differenze dello tensioni per la Bernoulliana teoria calco- late dalle esperimentali , che e la esperienza conferma la teoi'Ia , e la teoria prova Y accuratezza dell' esperienza . Così a favor dell' una, e coiilro V altra persuaso , o convinto ho ricevuto il 2..'^ volume delle Opere del Frisi . Pure siccome promesso egli aveva , che trovato vi avrei lo scioglimento dell' ohhietto propostogli , spettante il caso in cui , accostati a toccamento i due fili , le tensioni che riuscir dehbono uguali ciascuna alla metà del peso tendente, riescono secondo i principi di lui uguali ciascheduna a tutto t' intero peso ; così non ho potuto non sentirmi da curiosità sollecitato a leggere la novella spiegazione . Ecco per tanto tutto ciò , che egli dice j cangiando solo le lettere delle ret- te per acconciare il detto alla nostra figura i." , si angulus acutus A D C successive , &. per gr^adus omnes minuatur , ac dcnìqiie rectìs AD , CD conpuentibas evanescat , aequales de- vmni fieni D R , D ]\I , D N , et qua vi D M sive D R furtis C D tcndctur , ea ctiani siinul tendetur funis AD, ù. si funes ex pluribus ftlìs componantur , vis tensionis in filo unoquoqne habebitur , vini D R per numerum filoriim qui binos simili funes À.Ti , CD componiint dividendo . Riconosce cioè egli qual conseguenza necessariamente scendente dal suo metodo di determinare le tensioni delle due funi , che nel Tomo JT. - Q — P : ed altrettanto dir si deve dei fili 4 . componenti la fune CD, supponendo che siano pur quattro. D'altro canto per ciò che soggiunge, dividendo il peso P per gli otto fiii componenti le due funi insieme , risulta a tensione di ciascun filo tT P • ^^^ ^i ha di peggio ; poiché, se ivi sì rimonti a rileggere il piantamento delle generali formolo, vi si trova, confrontando con quelle stabilite nelle sopraccitate sue Istituzioni, indotto un cangiamento che non si può salvare da errore . Imperciocché laddove colà stabi- lisce la tensione della fune C D =; P cos. GD£, quivi la pianta = P =— ^r = P . cos. CDR; nel che fare è raanife- ^ , D M \ sto 5 che egli suppone cos.CDE f rr y— rr- ) = cos.CDR, ciò che è falsissimo, essendo cos.CDR = cos. ( ioo° — CDE) = — cos.CDE; ed il simil fa rispetto alla fune AD, mutan- do la formola della sua tensione P. cos. ADE in P.coà.ADR. Codeste nuove formole P.cos.CDR, P. cos. ADR nel caso di coincider le funi CD , AD con la verticale DE , e di esser per conseguenza gli angoli CDR, ADR n 180°, darebbero a ragione di cos. 180 = — i , le tensioni di ciascuna fune =5 — P: » Di Pietro Coìsali . Soj = — P : assurdo tanto maggiore , e più enorme del primo , quanto che all'assurdo dt-lla quantità P aggiunge l'altro di qualità di tension negativa, vale dire di rilassamento nelle funi gravate dal peso tendente P . Or poiché consultata, e la ragione, e l'esperienza, sic- come abhandonar è mestieri la Frisiana , cosi fa d' uopo ab- bracciare la teoria Bernoulliana , sarà pregio dell' opera il rischiararla e purgarla d'ogni accusa. Si è veduto sopra, come nel caso dall' Ab. Gianella finto , che la fune carica- ta del peso P si mantenga tra i due punti A ^ G distesa in linea retta , senza nulla piegarsi in due , le formolo Berncul- liane esprimenti le tensioni dall'una, e dall'altra parte del- la fune diventano infinite. Questo è un paradosso, ed il Frisi lo sentenziò un assurdo . Ma, quanto a me pare, il parados- so, o l' assurdo dipende dal modo di concepire. Se si con- cepisca che il peso P produca esso dall' una , e dall' altra paite della fune una tensione infinita, egli si è questo un paradosso non solo , ma veracemente un assurdo , anzi un assurdo triplice . Poiché in primo luogo assurdo si è , che la finita gravità del peso P produca un' azione infinita , e non una sola ma due, cioè ima tensione a destia , un'altra a sinistra infinita. In secondo luogo, perchè si è una contraddi- zione , che il peso medesimo P a])bia valore a produrre tali azioni, e tensioni infinite senza valore a cagionare nella fu- ne la menoma inflessione . Perchè in terzo luogo senza in- flessione di sorta veruna non ha luogo 1' idea di tensione , in cambio di essa subentrando quella sola che si avrebbe d' una verga inflessibile , o rigida appoggiata su i due punti A, C, alla quale appendendo il peso P, o questo, se fosse- ro essi punti uno dell' altro più alto , scenderebbe allo in giù per la verga medesima sino al punto più basso ; od es- sendo i punti di appoggio ugualmente alti , e la verga oriz- zontale , altro il peso P non farebbe che premer essa verga , e i due punti di appoggio verso terra , non mai stirare la veiga stessa nella sua linea . Ed egli è appunto sostituetido Q q a co- ScS Su LA TENSIOME DEL£E FUNI eC, codesta itlea , che svanisce ogni assurdo, ogni paradosso. Cioè l'infinita tensione perde ogni reale ed a[jparcnte ripu- gnanza , se concepiseasì , non già come un prodotto del peso P^ ma sibbene come una ([ualità , the impiieitatnenle nella tìsne si presuppone nel suppor, ckc ad onta della for^a del peso P non riceva ìa menoma inlìessione, nt>u altrimenti che se fos- se una verga della somma rigidità, ed inflessibilità assoluta. Di fatto tcnsicne infinita co-mprende l' idea d' iaipossibilità di icUerior tensione, e questa importa impossibiliti d^ inflessio- Tie , o di nascimento di qualsiasi piccolissimo angolo per for- ila di un peso qualunque, cosi che la fune supposta infinita- mente tesa deve ugualmente che nna rigidissima verga , o portare conservandosi in perfettissima linea retta, il peso^ o scavezzarsi. In somma le formolo Bernoulliane nel caso finto presentano un infinito , perchè il supposto del caso stesso lo involge. E con tutta verità d'ir si può , che traspor- tate sono, fuori della propiia sfera, fuori del fondamento pi^o- pvio , e della propria teoria; poiehè il fondamento loro è ì' angolo nella fune piegata in due, il quale vien. tolto dal supposto di essa fune in linea retta inflessibilmente distesa; e la teoria loro consiste nel risolvere la forza del peso F nelle sue azioni per le direzioni delle due parti della fiuie , compiendo il paralellogramrao, di cui esse direziojfi son lati, e la direzion verticale della gravità del peso è diagonale^, della quale teoria ogni concetto resta escluso dal supposto ; perchè > ne si può intendere che Ui fo:'za del jjeso- verticale agisca in direzione ad eSsa perpendicolarej ffttal-tjT orizzontale della fu- ne , né si ha più immagine di paralellogrammo da compieie ^ Purgata la Bernouliiaua teoria dall' accusa di condur- re ad un infinito misterioso, anzi assurdo , dovere si è pur- garla eziandio dall' altra accusa che il Frisi le appone , e stima di (jviella prima cagione, di difetto cioè nella fonda- menta! risoluzione, non essendo portata all'ultimo suo gra- do. Scrive egli nel 2.° tomo della nuova raccolta delle sue Opere sotto il teor. 3.'' pag. 2,1. Qui duarum funium tensio' neni Di Pi&i'RO CossALi . 3o9 ncm ex soHs rectìs RH , RK ( Fig. 3. ) metirl voluerunt inge- nlosi aucthores mìnime advertcnint quod , cum proposìtae vis cujusvìs quantìtatcrn , direction enupie data aliqiia recta exjni~ viendo , acqui poUentes sìnt binae vires binìs latcribus paralcl- logramnti cuJusvis expressdc , quod rectam illam pio diagona- li habeat , nunqaam ultima est resohitio , nisi cum, arigu.his rcsolutarum virìuin est rectus , quodquc in casa anguli HDIC acuti ex vi DH , qua funis CD tenditur , semper aliqua ha' .betur portìo DG, qune simili ad tendendum funem AD im- penditur ; iti casu autL'ni auguli ottusi quae vis ad unum teiìr dendum funem. impendilur , ea sui portione aliqua simul im- penditur ad funem aliuni rdaxandum . Se con tale avverti- mento ha inteso 1' autore a dimostrare , che promovendo la BernoulHana risoluzione della forza DIl nelle due DH , DK , per recarla a suo tsn-mine colla risoluzion seconda di DII in HG j DG , e di DK in KL^ DL , essa BeriiouU'iana risolu- zione giugnc in ulcirao a coincider con la sua , essendo , attesa 1' uguaglianza dei due triangoli HDG^ RKNj DG=:KN,'e dei due KSD, RHM, DL= HM e perciò DK -+- DG = DN, DH --H DL - DM: se questo è stato del Frisi l' intendimento , io rilletto che sciolta la forza DH nelle due HG , DG , e la DK nelle due KL , DL , se ado- perar si vogliano le due DG , DL , fa insieme mestieri far uso delle due HG , KL , e non più delle DH :, DK , onde non hanno luogo le addizioni DK -f- DG , DH -+- DL . Ma qual ragione poi di codesta nuova risoluzione dalle forze DH , DK per mettere in computo la cospirazione , o contra- sto loro , ed il reciproco aumento o diminoimento , se tale considerazione è già compresa nella diversità della diagonale del paralellogrammo per esse dato a compiere ? Si osservi di grazia che acuto essendo l' angolo HDK di risoluzione , o sia delle due direzioni , nelle quali la forza DR scioglier si de- ve , essa diagonale DR è rapporto ai lati DH , DK piìi lun- ga , che nel caso di essere 1' angolo di risoluzione HDK ret- to, ed all'opposto piìi corta che in questo , nel caso di es- se- 3 IO Su LA. TEXilONE r>ELI.E FUNI CC. sere l' angolo HDK ottuso : e perchè ciò ? Appunto per la cospirazione , e mutuo vantaggio delle due forze nel primo caso, e pel contrasto e reciproco detrimento nel terzo . La Bernoulliana risoluzione adunque non ha verun bisogno di altra nuova risoluzione 3 ed è in se stessa completa , e senza ulterior passo al suo ultimo punto . Il Frisi ha confuso in- sieme due casi , o problemi : distinguiamoli , e finiamo di di- lucidare a fondo questa materia . Quando data la direzione e quantità di una forza come DR , sia data un'altra sola di- rezione ad angolo con essa come DS , lungo la quale cer- chisi la di lei azione non vi ha dvdjbio che per aver que- sta in giusto valore, senza difetto, od eccesso, devesi dal punto R sulla DS condurre la perpendicolare RM , perdio ogni altra retta da R. tirata sulla D3 comprenderebbe , se- condo l'angolo o acuto ol ottuso, una forza cospirante, o contraria a quella segnata sopra DS , e che le si dovrebbe con altra risoluzione aggiugsere , o detrarre . Cosi snpponem- do che D S sia un piano inclinato , e si cerchi là forza con la quale un corpo per la gravità DR discenderà al lun- go di esso , condotta la perpendicolare RM , resta determi- nata in DM la gravità relativa cagionante la discesa , impie- gandosi l'altra lorza RM nella pressione del piano. Ma allor- ché data la direzione e quantità di una forza DR, sono da- te dal punto D due direzioni una di qua , una di là , se- condo le quali si brama sapere le sue simultanee azioni , la risoluzione non è ella segnata dai dati stessi ? E che altro si , ha a fare , che compiere il paralellogrammo ? Se , non essen- do r angolo retto, ma acuto, od ottuso, si dovesse prima computare l'influenza di una direzione su l'altra per mezzo della perpendicolare da quella su questa calata , il simile far si dovrebbe nella composizione, cioè quando date le due forze DH , DK , si tratta di determinare la forza composta DR , il che numo dirà, essendo contrario alla dimostrata teoria della semplice costruzione del paralellogrammo, e tor- nando inutile il computo di tale influenza reciproca, siccome coiu- Di Pietro Cossali; Sii compresa nella strutlura del paralellogrammo stessa, nella proporzione cioè dei Iati le componenti forze rappresentanti, e della diagonale dall' acuto , od ottuso ìor angolo tirata , e rappresentante la l'orza composta . Il Frisi dunque coli' ani- mo (isso alla risoluzione per mezzo di perpendicolare, lascian- do la via semplice che era del so , si appigliò ad una complicata fuori del caso ; fece due volte uso dell' in- tera forza del peso , in luogo d' un solo paralellogram- mo ne sognò due diversi tu due triangoli loro metà , e con- fuse i valori di due azioni del peso P separatamente risultan- ti con quelli delle due azioni, che risultar debbono simulta- neamente . Di fatto ( fig. 3. ) D^I è l' azione che dal peso P risulta nella direzione DS risolvendosi tutto solamente rap- porto al piano DS; e DN è fazione che da esso peso P ri- sulta nella direzione DQ risolvendoci tutto solamente, e se- paratamente rapporto al piano DQ . Ma chi si persuaderà mai che cotali azioni DM , DN risultanti disgiuntamente da tutto il peso P essere possano le stesse , che le due azioni congiunte risultanti da esso P risoluto ad un tempo rispetto ad ambedue le rette DS, DQ? Reca certamente maraviglia che al Frisi nascosto siasi il gran salto , che vi ha dalle une alle altre; e maraviglia ancor maggiore arreca, che quegli, che alla Bernoulliana risoluzione porgente a dirittura le due azioni simultanee e congiunte obbiettò il difetto di non cal- colare nel caso dell' aiiirolo od acuto , od ottuso fra loro r influenza dell' una sull' altra , faccia poscia il passaggio da due azioni disgiunte provenienti da due risoluzioni separate e diverse , a due azioni congiunte dovute ad una risoluzion semplice, senza computare l'alterazione dell'una per l'altra nel passare dalla disgiunzione alla congiunzione , e simulta- neità . Chi volesse effettuar questo computo dovrebbe insie- me mettere a conto le due forze RM , RN lasciate di vista dal Frisi ; ed ecco qual complicata via di risoluzioni sopra risoluzioni, e ciò che è j)eggio , senza speranza di buon ter- mine per V errore a princìpio della via commesso , in porre due 3ia due volte a calcolo e due volte sciogliere il j^eso intero P . Ma qui appunto iti animo mi si desta di tentare , se prendendo ad analizzare una sola delle due risoluzioni dtl Frisi riesca di condurla alla BernouUiana risoluzione . Mi ap- piglio alla risoluzione da lui fatta per mezzo della perpendi- colare KM j e dal triangolo RMD compio ( fig. 4*) '^ para- IcUogrammo IIBIDU ; sciolgo indi la forza DU = E.M , cala- ta dal punto U sulla fune AD prolungata in DQ la perpen- dicolare Uà, nelle due forze U«, Ha. Sciolgo di nuovo la forza U a , per mezzo della perpendicolare dal punto a calata su di UR paralella alla direzione DM della fune CD , nel- le «iue \ib, ab-, dal punto b calando la perpendicolare b e r, sciolgo ab nelle due ac , be', dal punto e calando la perpendicolare ed sciolgo bc nelle due bel, ed; dal punto d calando la perpendicolare de , sciolgo ed nelle due ce, de. Dal punto e... Coniprendesi <^ià chiaro, che cosi proseguendo all' infinito per via di perpendicolari sì alterna- tivamente calate sulla retta DQ e sulla UR, la serie delle parti Da, a e ed... esaurisce la retta DK, e la serie delle \] b , b d . . . esaurisce la retta UK . Per conseguenza la som- ma delle forze che risulta nella direzione DQ della fune AD , e che esibisce la sua tensione , è = DK j e la somma delle forze, che risulta secondo UK, a diminuire la forza per essa espressa , o sia la forza DM , è = UK ; onde UR riducesi a KPi , o sia DM a DH ; cioè la tensione della fune CD altra non è che DH . Ed ecco come lungi dal poter es- sere la BernouUiana risoluzione incolpata di non esser V ulti- ma , e di aver bisogno di ulterior operazione , ella è anzi il termine a cui va a mettere il metodo del Frisi ristretto all' una sua metà , cioè all' una delle due sepaiate risoluzioni , e promosso all' infinito . A non lasciare nell' argomento oscu- rezza veruna prima di abbandonarlo , rischiarerò l' uso delle P.sen.CDE P.sen.ADE formole delle due tensioni , rvTT;" i ' t^Ttt nel ca- sca.AD G sen.ADC so ■^oc. .fral. T.Jf. f>c^. 3j3. T^Ajcni. ■yoc Jral. T.Jf. yag. 3/3. lì. o e 7) ° >J'ca/a di' Pie~ ; il caso fisicamente non può a rigo- O re veiificarsi , ma solamente gli angoli divenir possono pic- colissimi . I due CDE, ADE saranno tra loro uguali j e l'an- golo ADG sarà di ciascun di loro doj)pio . Or si sa che i scrìi dei piccoli angoli sono tra loro nella ragione degli ango- li medesimi ; dunque cliiamato z il seno dell' angolo CDE , e parimenti di ADE, sarà il seno dell'angolo ADG =: as e conseguentemente i valori delle due forniole saranno V z i . — = '- P , siccome ragion vuole che siano . Trattando la a s a, ^ cosa geometricamente , è chiaro stare T uguaglianza degli an- goli EDGj ADE, e per conseguenza nell'angolo ADG il va- lor doppio di ciascun di loro, onde le formole si riducono , , P.àeii.CDE ambedue a p^TTF • -^ determinare il valore di questa scn -Qt vj u Ili frazione nel supposto che essendo CDE = o , divenga ella — , si prenda , giusta la re^rola che nel calcolo differenziale e ° s'insegna , il differenziale del numeratore, ed il differenziale del denominatore , e si avjù P.^/sen.CDE P../CDEcos GDE P.cos.CDE ^sen.aCuE aJ.CDEcos.iiCDE acos.aGDE ' che fatto I CDEz:o, per essere cos.o zr i, termina in — P. '■ 2, Mi lusingo di aver pienamente dilucidata per la via di riflessioni , ed inconcussamente assodata per ([uelia dell'espe- rienza la primitiva Bernoulliana teoria sulle tensioni delle fu- ni , ed abbattuta per ambedue i modi la novella del Frisi , traendo dalle accuse di lui contro quella tanti lumi a favor di essa quante armi contro la sua . Tomo X. Rr RI- 3i4 RICERCHE SULLA QUINA (i) Di Giovanni Fabbroni Ricevute il dì io. Novembre i8oa. j\ ndò soggetto a successive crisi il credito di diversi Medi'- cinali , ed ebbevi quasi una specie di moda anco nel!' uso di alcuni proclaffiati specifici: i.'' o perche tali effettivamen- te non erano ; a.° o perchè i mal pratici , né bene , ne op- portunamente li amministrarono ; 3.° o perchè ne fu inco- fctante e varia la preparazione ; 4-° ^ perchè finalmente , diverse materie di diversa efficacia e virtù , passarono nelle farmacopee sotto 1' istesso nome . Tale fu la sorte delle preparazioni antimoniali e mer- curiali ; tale quella dell' Oppio , della Ipecacoana , della Si- maruba , della Quina , e di Eltri non meno efficaci ed eroi- ci medicamenti . Era in uso la Quina nel Perii presso gli Aborigeni , quando fu invasa dagli Europei, che nuove malattie e nuo- vi rimedj ne riportarono , ma la portentosa guarigione della Vice Regina Contessa Cinchon operata da questa scorza , e l'attività dei Gesuiti che ne assicurarono, e propalarono r efficacia in Europa , le dettero una estesissima e rapida celebrità ; e mentre passò nelle nostre officine col nome volgare del paese (a) , i Botanici genericamente le consacra- ro- (i) Prescelgo di adoprare 1* orf o- o naturale del Perii significa pro- grafia Spagnuola, perchè toglie l'è- priamente Tunica, o scorza. Con qnivoco cui la J'alima è soggetta tfuesto nome chiamano i loro man- (z) Quina nella Lin^a Quinciaa telii i Peruani . Di Giovanni Fabbroni . 3ia rono quello della Vice Regina , che ne fece solenne ed utile sperimento . Cresce 1' ottima Qalna a mezza costa sulla montacrna di Cajama nelle vicinanze di Loliba (3) ad una altezza Barome- trica di 2 1,66, giammai nella pianura, né ad elevazioni mag- giori , alle quali ( come tra noi fanno i Castagni ai Faggi ed agli Abeti) cede il luogo ad altra specie di Quina di scorza bianca, e di diversa efficacia . Sembra cbe per mera individuale varietà, al dire di La Condamine, si trovino colà scorze di una stessa Qniiia , il cui interno colore alquanto gialleggia, ed altre più rosseg- gianti cbe avevan grido di maggior virtù . Crebbe rapidamente V uso e la richiesta di questo pre- zioso specifico in Europa ; e tale ne fu il consumo , che al tempo del citato dotto Accademico , già non più esistevano piante annose di Quina ; e poche o rare erano anco le gio- vini nel Perù: quindi l'allettamento al guadagno risveglian- do siccome suole la malafede , fece che due diverse scorze non molto in apparenza dissimili furono unite, e sostituite alla vera Quina, che sotto il nome di Cascara di Lohha spe- divasi dal Panama , o si adoperava in paese . Ecco la cagio- ne per cui avvenne , che non corrisposero sempre alla fidu- cia gli effetti . Cadde anzi in non meritato discredito questa droga in Europa e nella stessa America , ove vaij casi fu- nesti la fecero riguardare come sospetta ben presto , e giun- sero poi sino al segno di farla avere in orrore . Ciò non ostante , enumerandosi di quando in quando dei casi di esi- to inequivocamente felice , si continuò a prescriverla , attri- buendo la inefficacia, la dubbiezza, o i tristi effi-tti alla ma- la qualità eventuale della scorza, piuttosto che alla specifica diversità della medesima . La Spagna prese a cuore non tan- to il credito di un utile commercio delle sue colonie j quan- K r a to {l) Loia, e Loxa scrivono gli Spa- gutturale ci rappresenta il suono di gnuolij ma la loro pronunziaiione Lohha. 3i6 Ricerche sulla Q'jina to forse i! vantaggio del genere umano ; e con noLlIe impe- gno creò una Deputazione d' nomini dotti ed espressamente destinati a invigilare su tuie oggetto . Tardi conobbero i Botanici quei vegetabili dai quali de- rivano le droghe medicinali ; e tardissimo ebbero chiare e sicure nozioni sulla Quina. Giunsero essi finalmente a rico- noscere per le sopraindicate premure del Governo Spagnuo- lo , che varie specie esistevano del gen-ere Quina, o Gincho- na , conforme ad essi piacqu'e chiamarlo . I celebri Botanici l'iuiz e Pavoa ne descrissero varie specie Pernane nella loro (^fuinologia . Il dotto , e benemerito Mutis accertò che se ne ritrovava in altri luoghi tropici dell'America; e fu accolta con giusto applauso crnelhi , che più delle altre gialleggiando fu spedita da Santa Fé ^ e ricevtita in commercio col nome di Quina gialla , e che distintamente , cerne quella del Perii, si prescrive con successo alla cura delle periodiclie febbri in- termittenti Questo uomo riflessivo e sagace passò a Santa Fò nel 1761. come direttore delie spedizioni della Quina ivi crescente . Egli incominciò sin da quel!' epoca una serie di esperimenti sulla medesima , ed ebbe la sorte di veder coro- nate le sue fatiche , dileguando per tal mezzo diverse ende- miche malattie. Setto specie diverse di Quina, o del genere Cincona potette enumerare in quel Piagno , delle quali , sole quattro sono le ofTicinali , cioè quelle che come tali sono ri- conosciute sin ora, e le vuole naturalmente distinte dalle al- tre por la villosità delle corolle . Sono di color diverso in- ternamente le scorze di queste quattro specie di Quina ; e si possono dire, anzi si dicono in commercio. Rossa, Ran- clata. Gialla , Bianca , non per assoluto colore , ma per reci- proca comparazione . Non meno dei colori parvero differenti le facoltà medicinali di ciascuna specie , e questo fn cagio- ne che continuasse il discredito ed il sospetto , perchè pro- miscuamente si adopravano ad un uso medesimo dagli impe- riti , mentre ad usi diversi parevano assegnate dalla natura . La prima specie di Quina , nella quale si riconobbe la prò- Di Giovanni Fabbroni . oij prodigiosa virtù (lì troncare sicuramente le intermittenti , fu la così detta Gialla comunemente, che pare dover essere la Naranjada degli Spagnuoli . Questa specie è per natura ra- rissima , non trovandosene j al dire del Jlutis, appena una pianta sopra ogni mille delie altre specie riunite ; ed essa è la Quina direttamente , o per eccellenza febrifuga , che am- ministrata In dose di due sole dramme (secondo l'asserzione del prelodato Mutis ) avanti l'accesso. Io impedisce qJasi per incantesimo , agendo , Goiifornie egli aflerma, e coeren- temente alle osservazioni di Morton , sul sistema nervoso . Si conobbe in seguita la Quina rossa , clie fu accolta con entusiasmo , perchè sentivasi dotata al gusto di maggio- Te astringenza e di maggiore amarezza , presagio di superio- re efficacia presso gli uomini ns-eu riflessivi . Ma 1' uso ne fu seguito da nausee disgustose, vomiti crudeli, coliche insop- portabili , od altri effetti che divennero anco funesti atrli in- fermi di complessione ardente , biliosa , e di rigida fibra , i • quali per lo meno restarono sempre disposti a ostruzioni , itterizie, idropisie , reumatismi. Queste qualità perniciose la avrebbero fatta bandire per sempre dall' uso medico , se Rushwort non le avesse riconosciuto una potentissima virtù antisettica comprovata da febei esperienze, sino ad impedi- re e domare la cangrena istessa . Nella quantità di questa specie di Quina fu bastantemente generosa la Natura , tro- vandosi es5a con egual copia delle più abbondanti . La Quina Cannellata , che è la Quina Amarilla degli Spagnuoli, giunse opportuna, secondo le espressioni di An- tonio Zea , a sostenere il credito della Quina Ranciata di cui partecipa la qualità in qualche parte , e partecipa pure di quelle della Rossa , essendo inoltre anco purgativa . La Quina Bianca fu sperimentata utilissima da Mutis e per tale confermata da Clarke , che la rinvenne dotata di importanti facoltà saponacee, attivissime per agire sul siste- ma slandolare . Testimone , come io dovrei esserlo , degli effetti or lo- de- 3l8 PuCEECHS SULLA QaiNA devcli , or disgustosi , che la Quina indiscriminatamrnte for- nita dal commercio produsse sopra due a me care Persone , fui naturalmente incitato ad informarmi delle diverse specie e diverse proprietà medicinali di questa droga , non meno che delle diverse sue preparazioni , e componenti . Questa sola circostanza, e non altra mai poteva rendermi scusabile neir ardire di volger la mente ad un soggetto sì maestrevol- mente trattato dal dottissimo Consigliere di Stato Fourcroy , cui devo e professo riconoscenza , e rispetto . Io non ebbi altra veduta (he la m'a particolare istruzione ; e se oso pas- sare al Pubblico quelle comunque imperfette nozioni , che ne raccolsi , non è che per il desiderio di soddisfare ad un dovere accademico nella scarsità del tempo , che avanza alla varia natura delle attuali mie occupazioni . Spero adunque indulgenza verso le tenui nuovità che sarò in grado di ag- giungere al soggetto che tratto , e ne proseguo coraggiosa- mente la esposizione. Ecco primieramente quali sono i caratteri materialmen- te distintivi di ciascheduna specie di Quina officinale , quali si leggono in circa , nella ]\Iemoria del Botanico della spe- dizione di Santa Fé , Francesco Antonio Zea , d' appresso ai celebrato Mutis Direttore della medesima . Quina Di Giovanni Fabbroni 819 Quina Rossa Sp.'ign. Roxa . Inj^r. Red. Faccia interna della Scorza . Color rossiccio . Polverizzata mantiene il suo colore . Jnfiis. Acquosa a freddo densa di color rosseg. che poco spumeggia ed è anco acida . Sopore amaro comune alle al- tre specie, ma più debole, austero . Cagiona costrizio- ne notabile alla lingua, lab- bra , palato . Proprietà Astringente . Antisettica . Policresta . Muscolare . Febrifug. indirette Agisce sulle cagioni oc- casionali . Non impedisce l'acces- so febrile come la seguente . Ranciata volgarin. Culla Spagn. Naranjadu Ing. Yellow . Gialla cupa . Cresce colore . tenue gialleg. idem. Amaro comune, molto aromatico non produce costrizio- ne . Balsamica . Antipiretica . Antidota . Nervosa . Febrifuga direttamente . Agisce sulla cagione pre- disponente . Non ammette associazione di alcun purgante . Occorrono 36o. p. d' acqua Occorrono 240- P» grado non la scioglie: la scioglie bensì bclleiido ;, e se ne ha sciolta una ventiquat- tresima parte mediante il calore , non la deposita per laffred- da- 3a'Ó RlCER-CìIE SULLA QuiKA damento: l'acqua di calce atiusa alla infusione produce un precipitato rosso, come ocra di ferro ;, indissolubile anco a grande dose di acqua , e agli alcali fissi , ma perfettamente solubile all'Alcoole. Facendo bollire una dramma delia materia depositata dai decotti con otto once di acqua di calce, ella diventa insolu- bile all' acqua , ma non già all' Alcoole . Continuando ad eva- porare il fluido delle decozioni , si deposero ancora due on- ce , e due dramme della stessa sostanza . Se quando la de- posizione di questa è cessata si affunde una doppia dose di Alcoole , se ne vede separare una oncia di materia bianca- stra manifestamente muccosa , che è una vera mucillaggine. Ponendo sedici once di Alcoole sulle once sette e dramme due della materia in questione , se ne scioglie il totale, ec- cetto tre dramme di polvere rossa. Per la evaporazione spon- tanea dell' Alcoole si deposita una dramma di molecole gial- le di apparenza salina, solubile, ma in poca dose all'acqua calda ed agli alcali caustici . Essendo stata lavata la suddet- ta polvere con otto once d' acqua , ella ha perduto una dram- raa di mucillaggine . Aggiungendo alla soluzione alcoolica ima doppia dose di acqua , se ne separa lentamente una materia fioccosa , che nuota presso la superficie del liquore nella materia vegeto- animale , o glutinosa . Evaporato il liquore ha lasciato un re- siduo eguale a once 7. e 44- S'- Dunque rrna libbra di tal Quina di S. Domingo si trova aver ceduto alla decozione cinque sostanze diverse , del se- guente carattere, e proporzioni, cioè: once 7. dramme a. di una sostanza resinoestrattiva , solubile all' acqua calda , e all'alcali; insolubile alla fredda, all'Alcool, ed agli acidi ; che oftìe ammoniaca alla distillazione , e che è di sapore amarissimo . Oncia I. dr. r. di mucillaggine. Dramme a. di polvere rossa solubile agli alcali , ma non all'Alcoole, e all'acqua, che non è liquefattibile al calore, e che Di Giovanni Fabbroni . 3^9 e die si unisce air ossigeno . La materia solubile tli questa 7 ^° j- ... Quina che ne forma i — , contiene per -^ di un principio 9 7^ che si unisce all' acido muriatico ossigenato , e prende colo- re di gomningotta, separandosi dui liquore . Questa materia in tale stato si fonde e riducesi in una massa duttile , b'>l' Icndo nell'ac(]ua in cui non si discioglie : è solubile bensì agli alcali ; non lo è all' Alcool di 26 gradi , ma lo è com- pletamente quando sia di gradi Sq. Ciò che resta nel liquo- re non è più di sapore amaro , ma acerbo . Asserisce Fourcroy che quella materia la quale si asso- miglia al Rpsinocstrattivo di Kouclle toglie potentemente 1' os- sigeno dall' acido muriatico ossigenato , e si cambia con esso in materia colorata rossa : con una maggior dose di ossige- ii'i passa allo stato di vera resina gialla : adunque conclude che r ossigeue aggiunto alla sostanza resinoestrattiva la priva della sua solubilità , e del suo sapore . La combustione di 9 once 56 grani di estratto della Quina di S. Domingo non ha lasciato che due dramme di cenere . Da questa si separarono 84 gr. di creta , 12 grani di solfato di potassa, 3o di muriato di potassa , e io di po- tassa pura . Trascureremo i resultati ofTeiti da questa Quina secon- do r antico imperfettissimo modo di analisi , perchè pajono poco adattati a dar lume sulle proprietà specifiche della Quina in genere . La infusione della Quina rossa del Perù , quantunque quasi non acquisti colore di diversi giorni , pure os?er\ ò Fourcroy che ha un acido tanto manifesto da arrossare la carta turchina , oltre la comune facoltà di precipitare i' ac- qua di calce . Il solfato di ferro non si annerisce con essa ■; la calce triturata con la polvere di questa Quina , ne svi- luppa odore di ammoniaca . Pochi grani ài-\ suo peso perde alla infusione la Quina del Perù , mentre quella di S. Do- Tomo X. T t min- 33o Ricerche sulla QyiNA mingo ne cede, conforme abbiamo veduto una quarta parte. Il suo decotto prende un colore rosso ranciato diafano , die intorbidasi per raffreddamento . Evaporandolo se ne vede se- parare alcuni corpi resistenti di diverse figure ; e la materia colorante si depone in color di marrone per la maggior par- te . Condensato il liquore in estratto, e riunito a quello del- le precedenti materie , si trova che sino ad una sedicesima parte sono state le sostanze disciolte dall' acqua calda . Una oncia di questa Quina dette 38 grani di polvere rossa alla evaporazione delle decozioni , la quale era di sa- pore amaro , ma più astringente di quella di S. Domingo , non dissolubile all' acqua calda , né all' Alcoole . Una mezza oncia di acqua fredda ne ha separato un acido manifesto al- le tinture turchine; il quale i .° anneriva il solfato di ferro; a." non turbava la barite ; 3/ precipitava abbondantemente r acqua di calce . Il precipitato era bianco giallastro , ma non inverdiva come quello , che con la calce fariiìa 1' acido gallico . Fourcroy lo dichiara acido citrico , e quindi ne vie- ne che questo precipitato altro non sia che citrato di calce , modificato dall' acido malico , e che passa anco all' acetico nella operazione . Fra gli altri principi manifestamente contenuti in que- sta Quina rossa ^ vi è il muriato di ammoniaca , ed il mu- riato di calce , che non esistono nella Quina di S. Domingo, come pure 1' acido malico , o citrico sopravvertito . È osservabile ancora che nelle analisi di questa Quina non si separò né gomma , né glutine , né materia di appa- renza salina, né la polvere colorata insolubile,, che si tro- varono nella Quina di S. Domingo . Questa Quina Peruana esaurita così dall'acqua bollente fu trattata con i a once di Alcoole, il quale bollendo ne estrasse a4 grani di materia rossa, o principio colorante, qaasi resi- lioestrattivo , che non più si imisce all' acqua . E quantun- que r azione successiva dell' Alcoole, e dell' acqua non abbia- no estratto da questa Quina che 62 grani , pare il residuo era Di Giovanni FAnBRONi . 33 1 era calato 72. Questo non era che una materia legnosa in pro- 7 porzione di ~ del totale , simile a quello della Lase legnosa della Quina di S. Domingo, e forse ad ogni e qualunque altro vegetabile . Non vi si è riscontrato seguo di fosfato calcarlo , di cui si trovò qualche atomo nella Quina di S. Domingo , ma vi si è trovato bensì qualche traccia di Magnesia , che in quella non esisteva . La differenza più rimarcabile tra queste due specie di Quina si è nella quantità della parte solubile > che è otto volte maggiore in quella di S. Domingo , che nella Rossa del Perii . Mever esaminò la Quina Gialla (jaune) che sarà certa- mente la Ranciata di Zea , e la trovò formata di materia estrattiva, di materia gommosa, di alcali, e di fibra le- gnosa . Nel Tomo XIII des Annales de Chymie vien riferito con le segueati espressioni , che Meyer e Kesteleyen — ont exa- j, mine presqu'au mème tems le Quina jaune; & que le re- „ suliat de leur analise s'est trouve' fort different ; ce qui ,, prouve que la qualité de ce lemede n'est pas deja trop ,, constante — ; ciò può esser ben vero circa alle dosi; e ibrse dovevasi dire , che non fu identico il soggetto delle es- perienze loro . Comparve in seguito altra analisi :=; du meilleur Quin- fjuìna =: fatta da Bartholdi (5) che dovrassi intendere della Ranciata j dalla quale analisi resultò che l'acqua bollente estrasse da un' oncia di tal Quina i materiali seguenti . Tt a Nl- (j) Ann. Ghym. T. XVI. 33a Ricerche sulla Quina Nitrato di potassa ao grani Muriato di calce 6 di Magnesia 4 di Allumina 1,-5 Mucillaggine 6o Polvere rossastra 4o e adunque il re&Iduo dovette essere 444')'5 L' autore, di questa analisi è nno dì quelli , che crede derivare la virtù tonica e febrifuga della Quina dall' acido gallico, del quale suppone la esistenza, non ostante che Fourcroy non ne abbia trovato ombra nella Quina di S. Do- mingo , né nella Quina rossa del Perù . Pensa questo Cliimico che le indicate due sorti di Qui- na non differiscano nelle loro chimiche propriet;\ che por una diversa dose d' ossigene ingrediente ; e che una maggior dose di questo principio aggiunta cAV estratto della Quina di S.Domingo possa renderlar simile a quella del Perù , conside- rando che neir estratto consista la sua virtù . =: Do tous Ics ,, principes (Egli dice) qui ont e'té extraits de ces deux ecor- j, ces, il n'y a que la substance resinoextractive, amere. Se „ astringente , dissoluble dans l'eaa boulliante , qui nous pa- 5, roisse avoir les proprietés tonique & febbrifuge ... Il n'y ,, a donc vraiment que la matière extracto-resiaeuse qui puis- „ se étre regardée comme active dans le Quinquina (e se con questo indica le materie die solubili sono all'acqua e aW Alcoole , la sua espressione non può essere più felice) . Mais „ les proprietés que nous avons decouvertes dans- ce principe „ immediata & les alterations dont cetta matière peu connue 5, jusqu'ici nous a parn snsceptibìe , suiv;Tnt les proportions ,, d'oxigène qu'eUe contieni naturetlement daus cette ecoice ,, plus ou moins agée &c., ou qu'elle absorbe avec une sorte ,, cV avidità ^endarìt Va maceration, l'infusion Sic, peuvent jet- „ ter le plus grand jour sur l'administration de cette ecorce,' ,, soit en substance , soit en decoction Scc. — Poiché Fourcroy suppone più ossigene nella materia da lui Di Giovanni FAcnnONi . 333 lui detta estrattoresitiosa esistente nella Qulna del Perù, che in quella di S. Domingo, venne fatto di concludere che in grazia di tal doso di ossigene fosse la prima men molesta al- lo stomaco e più antifebiile . Quindi Reich (6) che dalla soprabbondanza dell' azoto nell' amrnosfera dedusse dover esser questo il principio irri- tante, stimolante positivo, e l'ossigeno al contrario il tem- perante negativo, argumentò die 1' ossigene (5- XLVII ) de- ve essere =: il solo rimedio contro la febbre stato di malattia che nasce da una mancanza assoluta , o relativa di ossigene =: ed opportunamente profittando del pensiero di Fourcroy addusse in esempio che la forza antifebrile del- la Quiiia dal suppostovi abbondante ossigene derivi . È iimegabile che gli acidi sono amministrati , conforme già li sapeva e lo dice Reich, con utilità manifesta in molte febbri . Ma se 1' ossigene fosse il principio febrifugo antidoto delle intermittenti , 1' acqua ossigenata , il muriate ossigena- to di potassa sarebbero in quei casi il febrifugo per eccellen- za ; e non si sa che fin ora abbiano avuto effetto immedia- to e assoluto contro i periodici accessi ^ conforme sempre lo ebbe la vera Quina . Se la materia estrattiva della Quina derivasse la sua ef- ficacia dall' ossigene ^ sarebbe in nostra mano l'aumentarla a piacere ; e più efficace troveremmo 1' estratto secco , il de- cotto , che la infusione e la Quina in sostanza , perchè più pregni di ossigene , il che manifestamente si contraddice dal- la esperienza . La natura sembra indicarci al contrario che in un assor- bimento di ossigene in gran parte consiste la facoltà febri- fuga della Quina , mostrandocela tanto avida di tal principio . Lo (6) L' Italia deve I' opera di que- ni di "orna che I' ha arricchita dì Sto Antere sulla. Febbre, sulla R^b- utili note, ed osservazioni impor- 5/.1 ce. al benemerito Dottor Flaia- tanti, 334 Ricerche sulla Quima Lo stesso Fouicrov dice drlla Quina in sostanza :=; Il est ,, d'obseivatiou que lorsque ce medicamerit passe , i! agit „ beaucoup mieux de cette manière que soiis une autre forme; „ noiis crovons que la raisori de cettc superieurité d'action ,, depend de ce que la substanre extracto-resineuse du Quiu- i, quina est pure, & sans alter.itioii, & de ce que iip; pouvant 5, pas absorber d'oxigèiie dans Ics premières voies oìf elle est f, extraite par les sucs de restoinac & des intestins, elle y ,, conserve, & y porte toute l'energie qui la distingue. Ainsi, j, lorsnu'on a à traiter dcspersonnes robustes, le raisonnement „ appuyé de nos experieuces, & d'acorJ avec les observations *, rnedicales doit engager les medecins à l'administrer en sub- 3, stanco Dopo di ciò , e dopo i precedenti rilieyi , 3, non potremmo concepire la speranza s d'obtenir tous les „ efFets de cette ecorce en employant la n.atiere brune &' „ ductile qui se depose par le refroidissement de sa deco- ction .... — né che aggiungendo ossigene alla Quina di S. Domingo possa darglisi la stessa facoltà antiperiodica clic in quella di Loliha si riconosce . L' assorbimento dell' ossigene sino a certo grado rende insolubili le parti estiail)ili della Quina ; ed abbiamo veduto questa scorza si sitibonda di tal principio, che lo imbeve nelT atto della sola meccanica pol- veiizzazione , ed allora offre ai mestrui una minore quantità di estratto . Tutto concorre a far credere che in questa sua singoiar proprietà forse consista il principale strumento per il quale può opporsi efficacemente al ritorno delle febbri . Molti fatti che or non giova discutere , provano che r ossigene potentemente agisce sulla fibra nervosa , che ec- cita , che esalta la sensibilità degli oigani , mentre induce fiacchezza nelle fibre muscolari. Girtanner già opinò che tina maggiore, o minore irri- tabilità dipende dall' accutiuilamento , o difetto di ossigene nelle fibre motrici. Se cagioni esterne dispongono il nucca- nismo animale ad assorbire, cumulare, e introdurre nel san- gue una soverchia quantità di tal principio irritante j o per i prò- Di Giovanni Fabbroni . 335 processi chimici che si effettuano nel sacco e tubo alimen- tare , o in quelli che si accompliscoiio nel sistema glandola- re , o finalmente in quelli che dipendono dalla azione galva- nica dei nervi, crescerà su questi, sul cuore, sulle tuniciie 3ei vasi lo stimolo ; né cesserà sin che V ossigene ridondante non sia consumato dalla combustione dell' occorrente carbo- nio, che in forma di aeracido carlionico (7) viene espulso dal corpo, o per quella d'altrettanto idrogene , che vien scaccia- to con esso , o convertito in acqua semplice e innocua ; quindi la celerità per lo stimolo ; quindi forse il calore pro- porzionato alla combustione . Sembra che in questi casi si ef- fettui una qualche disossigenazione del ferro contenuto nel sangue , per il colore più fosco che ordinariamente questo li- quido assume; nelle febbri inflammatorie al contrario , il san- gue sempre accendesi di colore , ed è egli che Sembra essere il soggetto della combustione . re? Si sa che tutte le sostanze^ che hanno affinità con l'os- sigena scemano di capacità per il calorico , a misura che più o meno ossigene hanno imbevuto e contengono . Quell' ossi- do qualunque sia ( forse il marziale nel caso delle intermit- tenti ) , che per una ignota azione dell' organismo animale perde 1' ossigene in noi , acquista capacità altrettanto mag- giore per il calorico; proporzionalmente ne assorbe una quan- tità di quello , il quale pressoechè libero vaga nel corpo ani- male ; ed allora di sensibile divenendo esso latente , cessa come calore di esistere , e produce quel sentimento di fred- do che precede di qualche istante la febbre . Tosto segue l'associazione deìF ossigene col carbonio; quindi la produ- zione di una nuova materia stimolante , che si diffonde nel circolo , ed il conseguente sviluppo di calore . Potrebbesi for- se congetturare che in questo fenomeno si effettuasse un ba- ratto di base nei principi ^^^ sangue per una chimica affini- tà . Né sarebbe difficile il rendersene ragione , senza ricorre- am ,.■,—■■ ■ . , I ■ ■ ■ ■ ■ ■ ■ J (7) Cosi piaccml più toscanamen- te chiamare il gaz acido carbonico. 336 RlGERCHE SULLA QuiNA re alle antiche ed assurde afliiiilà reciproche . Le quantità del- la materia non vengono e jnninemente considerate nelle clu- iniche operazioiii ; eppure il lumero delie molecole molto contribuisce agli effetti loro. Se due fluidi capaci dì un da- to punto di reciproca saturazione siano insieme uniti , quello cl'.e trovasi in quantità maggiore sarà sempre il solvente , o r attivo. L' acqua j per modo di eseiripio , non scioglie che una decima parte di etere sulfuiiro ; tutto ciò che di questo fluido è al di là di tale proporzione resta distiatamente so- prannuotante non conihinatOj e la colonna deli.' ar-qua trova- si accresciuta in altezza : se poi V etere sta in quantità mol- to più grande dell' acqua, è la colonna di qji;' !'• nn di questa che vedesi aumentata . Nel primo caso è i' acqua che scioglie l'etere; nel secondo è T etei^^ che scioglie l'ac- qua. Lo stesso fenomeno ha luogo tialla Nofta . e ì Ete- re ; trall'Alcoole ed alcuni olj essenziali, e tia . .li itltra cop- pia di cose suscettibili di un dato termine di satUKizione . Si sa che ogni poro della cute umana è una fonte peren- ne d' aeridrogeno-carbonico (u) . Se una subitanea alterazio- ne , o per freddo, o per altro mezzo qualunque ne impedi- sce r escita , r acido carbonico ineoato, 1' idrogeno, il car« bollico specialmente è rispinto nel sangue : la sua quantità accresciuta non serba più quella armonica proporzione che ia avanti aveva con 1' ossido rosso del ferro tingente il sangue: la sua forza attrattiva j)er 1' ossigene , aumentata in propor- zione del numero delle molecole, vince quella del ferro, e lo disosiigena parzialmente . La capacità del ferro disossidato si fa nmasiiore verso il calorico , ed assorbendone sino da CD quell' istante fa provare una orripilazione , che ciascuno esprime per rappresura . Se la quantità del caibonio riper- cusso è piccola j termina la sua combustione con quel solo atto ; se è maggiore , la combustione proporzionatamente si pro- (8) Gaz idrogene carbonato. Di Giovanni Fabbroni . 337 protrae , e costituisce la febbre efimera ; se è più conside- rabile induce la debolezza dej;U organi, addensa la linfa, die inteijionendosi diminuisce i contatti dei nervi , i quali , gal- vanicamente agendo , possono esser disposti a separare una maggiore quantità di ossigene , conforme fanno i fili metalli- ci comunicanti ne'i tubi d' acqua . Ridonda tanto qualche volta r ossigene , da reagire sul!' albume, e sulla parte fi- brosa del sangue sino a coagolarla in solide membrane , con- forme vide seguire Blumenbach in alcuni pleuritici , e con- forme altri videro evacuar sfilacci di membrana per secesso, per la via dell'urine, e per la espettorazione. Anco le ostru- zioni dei crandi visceri setiibiano di?porre T oraanismo a in- durre una maggiore quantità di ossigene nella economia ; e sono perciò cagione di intermittenti , come lo è 1' avere il corpo per qualche tempo immerso nell' aeridrogeno carbona- to , terribile veleno che si svolge dalle materie putride , e dalle acque stagnanti . Tutte queste febbri sono vinte repen- tinameiite , senza crise apparente nelle secrezioni , o escre- zioni , dall' uso della Quina in specie ; e vengono anco do- mate alla lunga dalle sostanze , che acquistarono il nome di tonici in medicina . I tonici sono tali forse , perchè assorbendo 1' ossigene dalla economia animale ne impediscono la diffusione e l'azio- ne , e dispongono gli organi a non se|iararne : co?i si trova che sono toniche tutte le sostanze avide di tal principio , e capaci di indurre la preindicata disposizione . Il ferro corro- bora perchè si ossigena: il vino corrobora perchè si ossigena. Tutti i tonici sarebbero anco febrifughi , se oltre la facoltà d' imbever l' ossigene avessero anco quella d'impedirne la ulteriore separazione , o non fossero dotati di qualità speci- fiche perniciose talvolta. Quindi è che 1' antimon'io doma in alcuni casi le febbri ; quindi è che gli Indiani adoprano util- mente l'arsenico contro le intermittenti . ^ En appliquant un astringent à une fibre animale, dice Girtanner (dans un re- lachenicnt cause vraisemblablement par accumul-ation d'oxi- Tomo X. V V ,5 gè- 338 E.ICERCHE SULLA QuiNA ,, gène ,- qui diminue son ton , & le rend sensible aiix nioin- jj dres stimulus) il assorbera l'excedeiit de son oxigène,ou le ,, principe irrilable & lui cederà de son carbon . Par là les „ molecules de la partie malade seront plus rapprochéeS;, & le ., ton naturel retabli „. L'efif.^tto della varia distanza delle mo- lecole non può esser meglio spiegato di quello che abbia fat- to r acuto , e riflessivo Fisiologo Dott. Gallini nelle sue ope- re fisiologiche e patologiche . È riconosciuta la facoltà di attrarre potentemente 1' cs- sigene in alcuni dei componenti delle diverse Quine officina- li ; quindi sono tutte toniche , ed indirettamente febrifughe . La sola Qnina Ranciata eminentemente ( e la gialla ancora in considerabile grado) possiede l'altro principio, che neces- sarissimo sembra per dare agli organi la proprietà di impedire la separazione dell' ossigene dall'ossido animale cui sta natu- ralmente unito j, e quindi impedisce efficacemente ed istan- taneamente l'accesso. Da questa unione di principi soltanto dipende che sia direttamente febrifiiga . Se ciò non fosse , avremmo una sostanza sommamente avida di ossigene nel manganese metallo, o regolo di maisganese , che potremmo pensare di sostituire alla Quina . Questa scorza preziosa ha ima potente azione sulle sostanze animali , che si esercita si- multaneamente , per quanto pare , per mezzo di alcuni suoi principj i quali si fissano sulle medesime . Istituii varie es- perienze per meglio determinare la natura loro sulla Quina Ranciata j che nelle nostre farmacie comunemente si trova, o che per tale vien reputata ; e potei compararle con alcune mostre di Quina Rossa , e Ranciata che i miei amici mi pro- curarono dal commercio di Genova , e con la vera Qui- na Gialla, o Cannellata di Lobha , che potei ottenere dal- lo Speziale della Real Corte , e che io vidi per la prima volta . Siccome può esservi equivoco , o dubbiezza sulla attri- buzione dei nomi desunti dalla semplice apj^arenza esterna , cosi per farmi un paragone imperfetto sì , ma sufficiente a 'it Di Giovanni Fabbroni . 55() trasmettere una idea dei distintivi colori , presi ad imitarli con droghe sufficientemente costanti , e sicuramente comuni a tuite le farmacie . Imtai peilettamente il tuono della Quina Rossa del commercio polverizzata, vmendo le seguenti polveri in date dosi cioè ; Nero di fumo grani 0,875 Commagotta ... i3 Sangue di drago . 3i La Ranciata , volgarmente chiamata Gialla ^ con Nero di fumo grani o,5 Gommagotta ... ao Sangue di drago . 09,5 Licopodio . . . a6 La Quina Cannellata di Lohha Nero di fumo grani o,5 Gommagotta ... a6 Sangue di drago . 3o Licopodio , . • 56, Per esplorare la rispettiva attrazione di queste specie di Quina per 1' ossigene comparativamente tra loro, e con altre sostanze vegetabili unii in vasi perfettamente simili una dramma di ciascuna specie polverizzata, ed una oncia di aci- do nitrico bianco a 35 gradi del pesa liquori di Beaumé , e con un sensibilissimo termometro il cui bulbo aveva ap- pena tre linee di diametro , notai il successivo sviluppo del calore ; ed eccone il resultato nella seguente tavola . Vv a Si 3tio Ricerche sulla Quina Si deJuce da queste osservazioni i .° che la vera Quina Gialla, o piuttosto Cannellata di Lohlia ha una attrazione maggiore delle altre congeneri per 1' ossigena , come lo indi- ca la quantità e speditezza del calore prodotto . a.° Che la Quina Ptanciata è pari alla Rossa in questa pote- stà , ma è più di essa pronta all' effetto , quanto è jjìù tarda della vera Lohha . 3.° Che la Quina Bianca piìi si scalda che le due suddette , ma più tardi della Rossa giunge al suo massimo calore. 4.° Che della stessa Quina Ranciata la prima che si polve- rizza sotto al pestello j che è di color più acceso, e che pri- ma passa per il setaccio, meno rapidamente decompone l'aci- do nitrico di quello che faccia il restante che si attenua con difficoltà mairgiofe • 5.° La Quassia e 1' Angustura sono meno attive di tali spe- cie di Quina ed anco della reputata falsa , ma più della Co- lumha ; e la Quassia è più tarda nell' effetto di quello che lo sia r Angustura . Qualche utile lume si trae da ciò sulla polverizzazione della Quina che vuoisi amministrare ; e semhra che si possa formare anco un utile criterio per assicurarsi della bontà d' una data Quina , che più inerte sarà , se per varietà spe- cifica, per lunga esposizione all'aria ec. avrà già attratto successivamente 1' ossigene , o che sia da altrs sostanze adul- terata ; poiché mostrerà il grado della sua efficacia con la più o meno pronta produzione di maggiore o minor calore . Posi ad asciugare a lenissimo calore , o del sole estivo , o di piccolissimo fuoco le tazze, e le materie servite alla precedente esperienza ; ed allor quando erano prossime air asciugamento , segui in una notte ( il calore ambiente essen- do 12 ) una volatilizzazione di sale ammoniaco nella Quina Rossa , che trovai sublimato in eleganti penne tutto attorno il lembo della tazza. Da questo fenomeno conclusi che l'aci- do nitrico da me in quella dose , ed in quella concentrazio- ne adoperato , erasi totalmente decomposto o svaporato . Il co- Quantità del calore prc Qulna Rossa Ranciata Gialla di Lohha 1 Bianca Rana prim falsa dopo 1 minuti gradi I a4 2-5 3o 24 r a 26 28 3i,5 27 3 3 23 3o 34 29 4 4 29 3i 3o 5 5 3o 3o 3i 6 6 29 32,5 3^ 7 7 3i 28 32 8 27 3i 01,5 7.5 9 29 27 8 IO IX 28 8,5 la 9 ]3 .8 H 27 7 i5 1 3o .6,5 Giunsero al massimo calore dopo minuti 7 la Rossa . 4 Ranciata 3 Gialla . . 6 Bianca . . 6 Ranciata prir 4 Ranciata secc 5 Angustura . 1 Goiumba 7 Quassia . . 4 Querce . 8 Galla . . . IO Licoperdo . 7 Lauroceraso la Quina falsa Quantità del calore prodotto per la decomposizione dell'Acido Nitrico dalle qui sottonotate sostanze. La Temperatura dell'Ambiente era gr. i8 R. pag. 340. Qiiina Rossa Ranciata Gialla di Lohha Bianca Raii prim; dopo minuti gradi I 24 a5 3o 24 a 26 28 3 1,5 27 3 23 3o 34 29 4 29 3f 3o 5 3o 3o 3i 6 29 32,5 3j 7 3i 28 32 8 27 3i 3i,5 9 29 27 IO 1 1 28 13, i3 '4 27 i5 3o 1 I Ranciata ' Angustura prima farina ultim. farina Columba Giunsero al massimo calore dopo minuti 7 la Rossa 4 Ranciata 3 Gialla Quassia | Scorza di Querce Il massimo calore fu gradi 3i 3i 34 6 Bianca 33 6 Ranciata prima far 3l 4 Ranciata seconda far 34 5 Angustura 25 1 Colnmba 20 7 Quassia . j5 4 Querce a3 8 Galla 24 IO Licopcrdo 27 7 Lauroceraso 26 la Quina falsa , • 29 25 24 24 ao 21 22 22,5 23 23 23 23 Galla 20 2[ 22 22,5 23 24 23 22 Licoperdo I Foglie | Qnina Lauroceraso repnt. falsa 25 26 27 26,5 26 25 25 '9 22 23 24 25 25 25,5 26 26 26 23 24 25 26 27 27,5 28 28,5 29 28 27 36,5 Di Giovanni Fabdkoni . 341 color giallo , più 0 meii dorato , assunto dalla polvere della Quina aggluliuata , mi dimostrò secondo le belle osserva- zioni di Fourcroy , che quella di lei materia sitibonda di os- sigene erasi sopraossigenata , perchè dal color castagno , e ^llo stato di insolubilità della prima ossigenazione era pas- sata al rosso j al porporino, e fina' n ente al giallo dorato, che indica la saturazione , e che la rende solubile all' Alcoo- le . A questo mestruo adunque la sottoposi , immaginando di meglio rilevar 1' esistenza di alcuni dei suoi principj compo- nenti , che mi era parso di travedere nei lavori dei precitati Chimici, e che non furono particolarmente individuati. La osservazione del n.° 14 mi aveva già fatto supporre nella Quina la esistenza della materia vegetoanimale ; e la elaborata analisi di Fourcroy pienamente la assicuiò di poi , Newman ed altri vi rinvennero la materia gommosa ac- certata da Fourcroy , Bartholdi ec. L' Amaro vi fu riconosciuto per la sensazione da tutti , senza che ancora ne fosse indicata la sede _, o la natura . L' Acido gallico vi fu indiziato dalle esperienze di Per- cival , di Fourcroy , ed asserito esistervi da Bartholdi , ma non trovato poi da Fourcroy suddetto . Il Tanno ancora pareva che dovesse esservi in copia , secondo 1' effetto che producevano i reagenti adoprati da Perei vai , e da Fourcroy . L' Arona , e qualche poco d' olio volatile ancora vi fu annunziato da Percival sunnominato . La materia resiniforme che si colora e si separa per r azione dell' aria , fu da Percival , da Newman , e Beaumé avvertita , e calcolata in Seguito da Fourcroy . I pochi sali fissi , le terre assorbenti vi furono ricono- sciute da Percival, determinate in peso e carattere da Four- eroy -, il quale pensò che la calce vi esistesse in stato cau- stico , o puro . E finalmente F ultimo componente della Quina j, la sua parte legnosa fu manifesta a chiunque . Era 34^ Pi.lCEUCH£ SULLA Qu'INA Era naturale il pensare che 1' azione dell' acido nitrico doveva alterare diverse di quelle sostanze componenti la Qni- na a£;2;iun2:endo o to^iliendo elementi . Posto egli adunque in azione in dose ottocupla , alla densità di gr. 35 dell'Areometro di Beaumé, si produsse una considerabile effervescenza e 1' avvertito calore , cui seguì lo sviluppo (da una dramma di Quina Ranciata del Commercio) di poli. cub. 3i di fluido aeriforme che era un mescolo di Aernitroso , Aeracido carbonico , ed Aerazoto . Terminata r azione manifesta , si pose la materia in vaso aperto al soie estivo , agitandola di quando in quando : ella si asciu- gò j e restò in glomeri aridi ^ di un bel colore ranciato chia- roj e priva di acido nitrico tra il terzo e il quarto giorno . In simili prove fatte in stagione men calda , la Quina ossige- nata fu tenuta ad un calore interrotto tra i trenta ed i qua- ranta gradi, sinché 1' acido ^ e V umido ne fosse intieramen- te dissipato. La materia bruna, resiniforme, sommamente ossidata, era ridotta gialla e solubile all' Alcoole ed all' ac- qua . La mucillaggine fu cambiata in acido ossalico , o sue prossime modificazioni. La materia vegetoanimale, che a me pare di dover chiamare Fermento , era decomposta , e come tale distrutta. 1' Aroma tenuissimo fu dissipato dal calore, o denaturato dall' acido . Il poco olio essenziale , o si dileguò , o restò fissato dall' ossigeno , e confuso probabilmente con un olio grasso, simile all'olio d' oliva rancido o ossigenato: r apparente taimo , ed il principio amaro, restarono non alterati . Avendo affuso alla suddetta materia arida successive por- zioni di Alcoole a gradi 07, 2.0, ne trasse questo una bella tintura dorata, pungente, acida, amara, che tingeva molto in giallo indelebile 1' avorio ^ le penne, la pelle umana ec. Le prime affusioni dopo 1' evapf-razione spontanea permisero la separazione di alcuni cristalli di acido vegetabile: il solfato di ferro non dette cenno di pronta variazione unendovi questa tintura. La soluzione di colla alcoolica vi si turbò, separan- do- Di Giovi\MNi Fabbroni . 343 dosi dal liquido in fiocchetti biancastri . Il carbonato di ammo- niaca vi produsse una precipitazione, che in seguito ridisciolse . Niente di più occorreva per dichiarare la presenza del tanno, questo ne pareva il criterio , o Io era ahneno il muriato di stagno ; ma non si provò tal reiigente perchè sapevasi infido nelle resinose soluzioni . Evaporando questa tintura vi si ve- devano vagare alcune gocciolette d' olio ; e finalmente restò dopo la evaporazione una n^ateria di colore e consistenza di persicato , con odore d' olio d' uliva rancido , amara alle fauci , pungente , e acida , che dal sole estivo fu addensata in consistenza tale da cedere , ma non da attaccarsi al dito che la premeva . L' acqua fredda ne sciolse la materia ama- ra , gialla, la quale, perchè pare di suo proprio genere, mi piace di chiamar Piera , lasciando intatta una sostanza che per la consistenza, e colore somiglia al burro delle no- ci moscade , ma sempre con odore di olio rancido e vec- chio . Bollendo questa materia nell' acqua , ella vi si disciol- se quasi in totalità , intorbidandosi per raffreddamento , e ridivenendo limpida col calore . Pareva adunque che vi esi- stesse il così detto tanno unitamente alla parte oleosa. Il li- quore anco in questo stato fortemente tingeva in color giallo le sostanze animali , carattere distintivo della materia amara o della Piera estratta dalle carni per opra deiracido ni- trico, conforme ritrovò Welter e riferì per esso il celebratis- simo Guyton all'Istituto nazionale in Parigi. Si separò anco frattanto una materia apparentemente res'miforme rossa . In essa erasi fissato, per quanto pare', quel!' olio che erasi la- sciato travedere a principio , e forse anco una porzione di estrattivo . Fu sottoposto a concentrazione il liquido restante, il quale , di torbo che era , divenne limpido , di color rosso , e sofiTri finalmente di esser ridotto in sfato di denso estratto, quasi non appicante alle mani . Avendo affuso Alcoole a que- sta materia , ne disciolse gran parte colorandosi in rosso , e contraendo un sapore amaro , austero, ed al solito sempre tin^-ente molto in 2;iallo le sostanze animali . Boi- 344 Ricerche sulla Quina Bollendo nell' Alcoole la materia resini/orme sopraccen- nata se ne sciolse il totale , lasciando un qualche tenue re- siduo . La soluzione depositavasi per raffieddamento in mo- do analogo al tanno . Questo residuo si trovò dissolubile all' ammoniaca , cui dette un color rosso , e non restò che poca materia terrosa indisciolta . Ravviso in tal sostanza la parie colorante della Quina, che è molto analoga per i suoi carat- teri alle materie coloranti tintorie, e specialmente a quella del vino, in quanto che i .° si precipita spontaneamente in pellicole, e dalla infusione acquosa di Quina , e dalla Quina vinificata : 2.° è insolubile all'acqua fredda e calda , e all' air Alcoole : 3.° è soprassaturablle d' ossigene , e quindi so- lubile all' acido nitrico ; ma ne differisce in quanto che po- co resiste all' azione decolorante dell' acido muriatico ossige- nato , e facilmente si decolora dall' acido snifuroso , o dall' istesso vapore dello zolfo acceso . Piacemi in contemplazione di tali caratteri di distinguerla col nome di Resinoide. La parte legnósa della Quina già spossata dall' Alcoole si pose a bollir nell'acqua^ la quale ne fu alquanto colora- ta 5 ma non ne concepì amarezza , manifestando ciò non ostante una sensazione in qualche modo offensiva alle fau- ci . Svaporandosi al fuoco questa decozione , gettò a galla luia crosta carbonosa ; e nel resto formò una pnlta densetta, non senza apparente acidità e astringenza, che potè asciu- garsi in forma di estratto secco ^ non deliquescente , e che niostravasi nei caratteri del cosi declo modernamente estrat- tivo , sul quale il celebre Parmentier ci ha detto importan- tissime cose . ■ La nuda filna legnosa residua, incupita alquanto sul precedente biondo colore, e tendente al verde, si trovò pe- sare un poco più di una quinta parte del primitivo peso , benché dovesse contenere , oltre altri sali , la calce unitasi all'acido ossalico nell'atto stesso della di lui formazione. Ad una f[uantità della suddetta tintura alcoolica aggiun- si una quantità d' acqua , la quale produsse una precipita- zio- Di Giovanni FAnnnoNi . 3^^ zione . L' ac({ua ne restò aiiiara , e gialla , e forse perchè trrn)po debole , non sembrò turbare il muriato di stagno , né subito precipitò la colia , sebbene dopo qualche tempo si mostrasse questa torbiccia . Separai per evaporazione la ma- teria amara , la Piera , che potè ridursi a consistenza di denso miele . Affondendo a questa una piccola dose di acqua fredda non se ne sciolse il totale . La soluzione era amarissi- nia, piecipitava la colia e lo stagno , il quale era poi nuo- vamente solubile all' acido nitrico : ninna alterazione da que- sta soluzione si recò al muriato d' oro o di rame , nel qual carattere somiglia la materia amara che Chenevix estrasse dal caffè verde ; tingea in giallo le dita , carattere della Piera; ed il residuo esposto con acqua ad un calore di cir- ca Co gradi (somigliando al tanno) si sciolse quasi che in- tieramente . Sopra simil dose e qualità di Quina , egualmente- ossige- nata dall' acido nitrico, procedei primierame,nte affondendo acqua , e non Alcoole in ripetute volte . Le piime àffusio- ni manifestamente acide , abbandonate a spontanea evapora- zione mostrarono acido ossalico in bei cristalli , lasciando in- dietro un estratto bruno solubile all' Alcoole. Le altre lo- zioni non acide rappigliavano prontamente la colla ^ e tur- bavano il muriato di stagno . L' Alcoole trasse dal residuo delie lozioni acquose una materia, che condensata a consistenza di jiillole, e poi bol- lita nell'acqua separò dell'olio, che parve di due qualità ^ cioè leggiera, e soprannuotante 1' una, grave 1' altra e gia- cente al fondo dell'acqua, ma rancido nel totale, purigen- tissirno al velo palatino . Yidesi anco separata una porzione di Rasiaride in colore castagno rosso, che bollito in retti- ficato Alcoole vi si sciolse , lasciando tenue residuo terroso . Nell'acqua restò una sostanza gialla amara, quella ch'io chiamai per disti-azione Piera pocanzi . Il legno inerte , insi- pido, insolubile restò, anco in questo caso, del peso poco più della quinta parte del totale : Tomo X. Xx cioè 346 Ricerche sulla Quina cioè ao^ 83 le parti solubili all' acqjta . . . ya, a8 le parti solubili all' Alcoole ... 6,89. Traile parti solubili all' ac({ua è da contarsi 5, 5 di acido os- salico; ed il restante è estrattivo non decomposto, e Piera. Traile parti solubili all' Alcoole devesi contemplare V olio pei» 2,77 , Resinoide 1,73 , ed altra Piera per 3j8a estratta in seguito . Dagli esami fatti fin qui, e da altri, e da me, restano riconosciute nella Quina le seguenti sostanze separabili di- stintamente i.° Una Mucillaggine , forse insipida, solubile all' acqua pura , decomponibile dalla fermentazione . a.° Fermento solubile all' Alcoole, separabile dall'acqua, decomponibile alla fermentazione . Z.° Estrattivo acidetto , astringente solubile all' Alcoole ed all' acqua . 4-° Resinoide avidissima di ossigene , insolubile all' Al- coole ed all'acqua, quando è a certo grado di ossige- nazione . 5." Calce , e Magnesia unita all' acido malico , e car- bonico . 6." Jcido vegetabile , probabilmente in istato d' acid» malico . 7.° Olio essenziale reso solubile forse dall' estrattivo . 8.° Olio iinguinoso , che unito alla Piera, al Resinoide, all' Estrattivo , all' Ossigene è reso solubile ai diversi me- strui . 9.° Aroma fugacissimo di sua propria specie . IO." Fibra legnosa nuda , ulteriormente decomponibile in acido ossalico ec. 1 1 . Acido vegetabile in vario stato , o in vaiùo modo di combinazione . Pare che tutte , o quasi tutte queste sostanze si trovino in maggiore , o minor dose nella infusione acquosa , che si ^ pre- Di Giovanni Faiìbjioni . 347 prppara nelle farmacie , o che siano astratte dalla Quina in SOaluiiza nel luho aliirientaie. Erasi parlato della esistenza dell'acido gallico nella Qui- na ; ed avevasi Jiiogo di sii[)porvi quella del tanno . Sapevasi che la infusione di Quina ohbediva alla azione di diversi reagenti, formando un precipitato rossastro all'unio- ne della calce, o verde nero con quella di solfato di ferro . Ma non per ciò si potè verificare con tali mezzi ^ né con quello della macerazione, o distillazione la presenza dell'acido galli- co, confoine si jjresumeva . Fourcrov affrettò la separazio- ne del Resinoide per mezzo dell' ossigene ; ed io, d'appresso a (juei molti indizj della esistenza del tanno , adoprai la so- luzione di niuriato di stagno, e la soluzione di colla (essen- done questi , per quanto sinor si sappia , i separanti esclu- sivi ) e nd ottenni manifeste non solo , ma ahhondantissinie precipitazioni , per le quali ogni ragione cotisigliava a con- cludere , che il tanno unicamente ne fosse l' operatore . JMa che cosa è poi il tanno ? questo è quel che non pare che sappiasi ben chiaramente ancora . Dubiterei che questo esse- re nuovo e singolare altro sostanzialmente non fosse se n '& o;i la Piera, o parte amara, combinata col fermento, coli* estrattivo , e coli' olio , giacché peide o muta le proprietà attribuite al tanno a forma che tali sostanze abbandona , o racchiude . Il crfiè verde in fatti non dette a Chenevix che una modificazione di Piera , amara al gusto , precipitan- te il muriato di stagno, ma che non turba nò la colla ^ né il. rame, né l'oro ec. ec, mentre il cafiè tostato, nel quale il fuoco aveva operato una segregazione dell' olio specifico , che ablvindonando i suoi ricettacoli , le sue combinazioni , potè unirsi alla Piera , dette tutti quelli inequivoci segni , per i quali presumevasi caratterizzare il tanno . Ma questa questione ci devierebbe per la sua importanza dall' oggetto ])ielìsso , e adunque lasciandola ad altro tempo e ad altre mani , proseguiremo ad occuparci ancora della Quina . Non è la parte inerte della Quina quella che pili ninri- X X li ta 348 Ricerche sulla. Quina ta la nnsfra curiosità , la nostra attenzione ; ma Io è bensì la sua pa)te attiva e solubile ; ed in special nioJo lo sono i snoi più abbondanti e più singolari principj , poiché in essi è che ravvisar si dee la sua utile proprietà . Persuaso della relativa inerzia del decotto e degli estratti , presi ad esa- minarne più specialmente le semplici infusioni . Precipitai adunque con inuriata di stagno la infusione di un' oncia di Quina Ranciata del commercio tenuta per due giorni in 48 parti d'acqua alla temperatura di 18 gradi. Raccolsi prosciu- gai , e pesai il precipitato , che passai in seguito alla verifi- cazione \ e dal peso del metallo desunsi quello del precipi- tante in dose di grani Sg.S per oncia di Quina infusa ; pro- vaixil sxio efletto anco sopra varj altri metalli , e fra questi 1' oro , che venne precipitato in gran parte col suo splendo- re metallico , conforme il tanno suol fare . Ma poiché diver- se sostanze potevano aver concorso aUa indicata precipitazio- ne , feci altra simile infusione , aggiungend&ti simultanea- Miente due once di caitapecora tagliata in piccoli pezzi : la cavai dopo due giorni dal liquido j la trovai colorita in rosa secca -y ed avendola dovutamente asciugata la confrontai col contrappeso di altra simile cartapecora per scansare di porre a calcolo la facoltà igrometrica , e la trovai aumentata di gr. 36 5 il che non molto differisce dal peso sopraitórcato . Posi tale cartapecora in iniusione nel solito Alco&le per due £;iorni , il quale poi decantato limpido e svaporato , lasciò un residuo giallo , trasparentissimo , senza averla perciò sen- sibilmente scolorita . Aveva essa adunque attratto , oltre il principio solubile all' Alcoole , anco il Resinoide colorante , che 1' Alcoole non gli ritolse . Le cartapecore dopo la infu- sione a freddo dell' Alcoole ^ non si trovarono aumentate che di soli 4 grani per la materia colorante . Lavato con poca acqua fredda il residuo della suddetta evaporazione , lo trovai amaro , capace di precipitare il fer- ro in giallo ocraceo : i muriati di stagno e rame appena fe- cero cenno di intorbidare. Era -questa una speciale modifi- ca- Di Giovanni Faberoni . 349 e azione clellr. Piera , forse nel suo maggior grado di purità. Provai r effetto della infusione cui la cartapecora aveva tolto 1' indicato principio , e ne ebbi i risultati seguenti : Col nuuiato di rame : niente . Di stagno : lo intorbida un poco , ' biancheggiando , e l'acido nitrico Io schiarisce. Acetato di piombo: precipitato abbondante, rossastro, non grave . Nitrato di argento : precipitato rossastro pila cupo , e più grave . Solfato di ferro : inverdisce , precipita in nerastro . Muriato d'oro : fa un'ombra di ossiilo giallo. Muriate di platino : produce un precipitato color mat- tone . Eravi adunque ancora un principio ^ che aveva afTinltà superiore per separare dai loro mestrui alcune sostanze me- talliche , e molto simile a quella del tanno , o dell'acido gallico 5 dai quali per altro differiva perchè non turbava il muriato di rame e d' oro , e può dirsi nemmeno quello di stagno . Più si avvicinava all' acido gallico, che al tanno, senza essere nò 1' una .nò l'altra cosa, per la precipitazione del pionìbo in rossastro , e del ferro in verde nereggiante e pressoché nero. Questo principio è quell' istesso il quale pressoché scolorato, e carico di amarezza produsse nelle pre- cedenti esperienze un consimil fenomeno, facendo egualmen- te verde la soluzione di solfato di ferro , e cagionandovi cu- pa precipitazione . Questa è quella sostanza che a me parve di chiamar Piera , conforme dissi ; la quantità del precipita- to mi svelò la quantità di tal principio in nuova dose di cir- ca altri 12 giani per oncia . Restava da accertare l'esistenza, e quantità del Fermen- to. Fourcroy, conforme abbiamo veduta, lo separò affonden- do acqua alla tintura alcoolica dei principj della Quina . A me parve di precedere per una via meii diretta , ma forse non meu sicura. E da osservarsi che questa materia sembra esi- 55o Ricerche sulla Quina esistere più specialmente nelle fibre più dure, in quelle che nien facilmente si polverizzano ; giacché tra due eguali infu- sioni , r una di Quiiia sottilmente polverizzata, 1' altra sem- plicemente contusa, questa manifestò sviluppo di bolle d'aria, e fermentazione molto avanti the 1' altra ne desse il più te- nue accenno . Si sa che il Fermento unito a proporzionata dose di zucchero incipiente o fDnnato , gli presta del carbonio, dell' azoto , gli toglie dell' ossigene , e stabilisce un nuovo ordine ed assestamento di composizioni , per il quale si svolge aera- cido caiboiiicoj e calorico, e vien disposto il li([Uore a for- nire Alcoole alla distillazione. Mi costa da replicate esperien- ze che la decomposizione della materia zuccherina è pro- porzionale sempre alla quantità del fermento ; e che pro- porzionale pure alla effettuata decomposizione è la produ- zione dell' Alcoole . Conobbi che dall' Alcoole prodotto si può arguire la quantità dello zucchero esistente , o de- composto , e quindi concluderne quella del fermento decom- ponente . Si conosceva già nella Quina una naturale disposizione a fermentare : Mutis aveva asserito che la Quina unita allo zucchero si vinificava ; ed aveva dato varie ricette per for- iDarne una util Cervogia da usarsi nel regime pofilattico , e nei casi ove non abl)isogna tutto il vigor del rimedio. Egli credè che la fermentazione fossa anzi il miglior mezzo per estrarre dalla Quina tutta la sostanza attiva, e medicinale: questo fu un nuovo incentivo per me per tentarne la prova, tanto più che il relatore Zea asserisce di aver veduto I' esi- to corrispondente alla speianza. zz La Quina fermentala ( Egli dice ) non è ingnita agli Infermi , facilmente si dige- risce , e ritiene tutta la sua virtù zr . Seguendo appunto le indicazioni di Mutis , posi al prin- cipiar del Marzo in un gran vaso di cristallo, con tappo si- mile leggermente appoggiato le seguenti cose , essendo r ambiente a gr. 8. del termometro di Reaumur : cioè; Ac- Di Giovanni Fabduoni . 85 i Acqua 90 Zucchero 83 Quiiia poi. la . h' areometro immerso nel liquore segnava 1' i i ." gra- do . Restò tranquillo il mescolo sin che 1' ambiente giunse a gr. 11.5 ed allora con una lenta ed interrotta fermentazione incominciò a prendere odor viiioso; né terminò di accennare il suo movimento intestino , S'i non alla metà dell' Agosto , allor che 1" ambiente era giunto a gradi 2.?r. Il pesa liquori immersovi segnava il nono grado . La Quina essendo stata in fina polvere , non era facile decantar chiaro il liquore ; fu adunque filtrato per carta : il colore era simile a quello del vino di Frontignano ^ 1' odore era quel dell' aroma della Quina , e di una estrema amaFez- za . Ciò che della Quina restò sul filtro , manteneva il suo odore, e molto sapore amaro. Riscontrandone il peso si trovò essere 0^74^ • Dunque la perdita delle parti solubili fu di una quarta parte del suo peso primitivo. Cede questa scorza alla fer- mentazione assai più di quello che avrebbe fatto ad una di quel- le molto pili brevi infusioni, che si preparano nelle farmacie . Sottomessa a distillazione lentissima una quantità del suddetto liquor fermentato , ne passò una debolissima acqua- vita , dutata dell' odore suo proprio e comune, niente aven- do portato seco dell' aroma, e dell'olio essenziale della Qui- na, che pur discende alle distillazioni delle semplici infusio- ni acquose . L' olio abbisognerà forse di un maggior calore di quello debolissimo che io adoprai , per essere esaltato in vapore; e l'aroma aveva forse sofferta una nuova combina- zione , ovvero fu decomposto in questa circostanza da qnel comunque tenue calore. Cosi pensa nel suo eccellente Essai sur le vin il dotto ed incomparabile Ministro delT interno Chaptal nostro Socio , cui la Chiniica e specialmente la Chi- mica opificiaria ha delle obbligazioni importanti, ^e numerose. Quando niun cenno più di Alcoole distillava, esplorai col pesa liquori la quantità di Alcoole conceiitratOj che era nell* ac- 353 Ricerche sulla Qcjina. acquavlta ottenuta dalla Qiiiua vinificata; e, sesuendo le joiopoizioni indicate da Lavoisier ;, trovai che eia restato fi , 06 di Zucchero indeconiposto ; e ne conclusi che la Qui- na non conteneva o cedeva che ocoi8 di Fermento. Il liquore restante si trovò aver separata una quantità di P\.esinoide , che si aumentò bollendo . Il residuo siropposo dopo la distillazione fu ridotto ad una consistenza di catra- me bene asciutto : in tale stato pesava 0^807 , accennando vui' ombra di mascherata dolcezza , mostravasi molto amaro , ed anco acido al gusto : aveva 1' odore del sugo ispessito delle pere cotte al forno; non attirava punto la umidità dell' pria. Questo siroppo cosi asciutto, tutto solubile nell' Alcoo- le , eccettuatone una piccola parte terrosa , conteneva ; zuc- chero indecomposto 00206 Acido pomico e acetico OC022, Tanno 4'^o Calce ...... i5o Magnesia 5o Estrattivo, e acqua . 1979 Da cento parti di tal liquore vinoso La fermentazione ne tolse aeracido carbonico 00024© La distillazione permise di ritirarne Alcoole 006820 Il calore ne separò di Resinoide 000 100 d' acqua ogooSS e ne restò siroppo asciutto 002807 Sottoposto questo siroppo asciutto alla azione dell' acido ni- trico , non vi manifestò apparente azione a freddo ; ma aju- tato dal calore vi fece una effervescenza fuiiosa , agendo particolarmente sidla restante parte saccarina . Ripetute affusioni di quest'acido decolorarono il compo- sto , che formò molti cristalli di acido ossalico . Riaddensato di poi si trovò egualmente solubile alTAlcoole , e questa so- luzione non parve turbare né la soluzione di stagno , né quel- la di colla. L' aggiunta di una quantità di acqua fece nui- tar Di GiovAKh'i Fabiìroni . 35S tar carattere all' acido vegetabile contenutovi , ed il liquore depose dell' ossalato di calce . Mi servi di riprova per accertar la dose del fermento nella stessa sorta di Quina un consimile sperimento eh' io feci in altra occasione, preparando un mosto con i materiali seguenti : Acqua ICO Zucchero aS Quina polv. 4 • Eravi un atomo più di Quina di quella che occorresse per introdurvi la proporzionata dose Ji fermento , secondo le so- pràvvertite considerazioni : 1' atmosfera era a gr. ir . Dopo tre giorni incominciò la fermentazione; dopo altri tre, o quattro aveva manifestissimo odore vinoso ; era coperto il li- q'.iore di molta schiuma rossastra a quell' epoca r^ ed al ter- mine di 3o giorni dal principio della fermentazione , ogni movimento era finito, sebbene esistesse ancora uno' strato d' aeracidd carbonico alla superficie del liquore . Ne risultò un liquore limpido, leggiero ^ spiritoso, aniarissimo , del co- lore del vin di Cipro , con aroma di Quina . La quantità dell' Alcoole ottenuta alla distillazione assicurò che tutto quanto lo Zucchero fu decomposto . Altra quantità di simil mosto feci con la differenza sol- tanto di usare non già Quina in polvere , ma semplicemente acciaccata : l'areometro che vi segnava io gradi a principio, ne segnava la — dopo il terzo giorno: grosse e frequenti bolle vedevansi sviluppare dallo strato inferiore della Quina, da quella , cioè che più aveva resistito al pestello , e che pare , come altrove indicammo , la sede ^ più speciale del fé rmento . Io aveva in altra vinificazione supplito artificialmente al difetto del fermento contenuto nella Quina, aggiugnendo con ottimo resultato una • dose di Lievito di Birra . Essendo Tomo X, Yy l' am- 354 Ricerche sulla Quina r ambiente presso al a4° g^'^do , feci un mosto con i mate- riali seguenti : Acqua ga Zucchero c88 Quiua 01 che conteneva fermento coi 8 Lievito di Birra in pasta ooiaS che conteneva acqua 00078 fermento arido . . oooSa . . . ooo5 Il liquore incominciò presto il movimento di fermenta- zione ; dopo il nono giorno già indicava il grado 8 all'areo- metro j otto giorni dopo il grado 5 . Dopo altri due giorni il grado 4 — essendo il Termometro a 20 ; e spirati altri 14 giorni terminò la fermentazione del liquore, che riesci mol- to vinoso e spiritoso . Per pura curiosità di comparazione feci un mosto con Acqua ■ . . . . 90 Zucchero c88 Lievito in pasta 0070 Il Termometro era a 24; e 1' areometro indicava 1 1 . Nel se- condo giorno incominciò una fermentazione più vivace di quella dei due precedenti mosti . Ciò dà luogo a sospettare che un qualche principio della Quina abbia forza da diminui- re i fenomeni visibili della fermentnzione , ovvero che mol- ta difficoltà incontri a separarsi il di lei naturale fermento . Ebbi anco occasione di preparare ciò che Zea dice cer- vogia profilatica di Mutis, e la feci con le seguenti materie: Acqua .... 100 Zucchero . . . a5 Lievito in pasta 2,0 Que- Quina .... .1,5 Cannella . . . .0,75 Noce moscata . . 0 , la Di Giovanni Fabbroni • 355 Questo mosto fatto mentre il Termometro era a a5. inco- minciò subito una vivace fermentazione . Dopo due giorni si cuopri di schiuma densa di Lievito molto alta, di grosse bol- le , e si fece torbidissimo nella sua massa . L' odore ne riesci molto spiritoso; e lo sviluppo dell' aeracido carbonico fu co- piosissimo . Otto giorni dopo si vedeva un sedimento al fon- do ; il liquore mantenevasi torbo , e sempre coperto da mol- ta schiuma . Ciò non ostante , introducendo un lume nel va- so , si vide che non pivi sviluppavasi aeracido carbonico ; ed il fluido vinificato fu filtrato per carta , e conservato in boc- ce con turaccioli di cristallo per 1' uso . L' oggetto medicinale instigava ad accertare se queste vinificazioni della Quina portavano realmente seco , e con- servavano i piincipj efficaci di questa scorza . Il dubbio non ostanti le autorità era ragionevole e giusto . Beaunié aveva sentenziato che — la fermentation , dont le propre est de ,, changer la nature du moust, change aussi celle des dro- 5, gues qu'on y soumet, au point que les purgatifs les plus „ violens conservent à peine quelques proprietés laxatives . — Percival ha sospettato che alle proprietà portentose del- la Quina contribuisca 1' aroma suo sottilissimo : Fourcroy la fissa con molta ragione nel suo più abbondante principio , che r epoca soltanto delle sue analisi non fece che lo chia- masse tanno. Il comune dei Medici situa l'attività nell'ama- jo : altri in quel principio che turba , e precipita il solfato di ferro. A Beaumé ed a me ancora parve , che gran parte nella virtù febrifnga abbia quella sostanza sitibonda d' ossige- ne , che essendo saturata di esso si produce in aspetto re- siniforme . Tutti questi utili principj si trovano nel vino di Quina, come nella sua infusione ed anco in maggior dose , confer- me abbiamo veduto. L'esistenza dell'aroma è manifesta alle narici ; l'amaro al gusto . Il suo più abbondante principio, il creduto tanno viene assicurato dalla precipitazione copiosa che vi produce il muriato di stagno, e la soluzione di colla. Y y a II 356 Ricerche sulla Quina. Il solfato di ferro attesta l'esistenza di quel principio, che ne separa il metallo . La materia resinifoime vi esiste in molta dose ( — — della Quina ) e pochissimo ossigenata , polche vedesi separare in color quasi nero , o per V azione del ca- lore , o per il contatto dell' aria . I sali e le terre sono in sì piccola dose da non attribuir loro molta efficacia ; e que- ste ultime in specie si sono manifestamente ritrovate nel vi- no . Se qualcosa manca nella Quina vinificata, è i.° La mu- cillaggine probabilmente inerte ; a.'* il fermento , che per quanto siasi amministrato vttilmente in Inghilterra , pure non costa che sia direttamente febrifugo; ambedue queste sostan- ze furono sicuramente cerne tali distrutte : 3.° 1' olio fisso che rinvenriimo nella Quina in sostanza, non si manifestò nemmeno nelle sue infusioni : 4-"* l' olio essenziale che non comparve alla distillazione , par decomposto o singolai-men- te snervato. Se questo, non ostante la sua piccolissima dose quasi imponderabile, debbasi considerare con Percival come singolarmente antifebrile , allora è certo che 1' efficacia delia Quina vinificata deve esser molto più fiacca , e debole della Quina infusa anzi della Quina in sostanza . E questo un pun- to che meriterebbe di essere schiarito e verificato coli' espe- rienza . Chiunque conosce i portentosi , e terribili effetti che può produrre una sola goccia d'olio volatile di Lauroceraso, quando appena tocca la cvite interna , o le carni nude, non sarà lontano di molta efficacia attribuire all' olio essenziale della Quina ; ed allora vieppiù sarà convinto della necessità di amministrarla in sostanza , evitando sempre le infusioni calde , ancor più i decotti , e più ancora gli estratti secchi , preparazioni tutte che tendono a dissiparlo, e ad ossigena- re fino al punto di assoluta inerzia il principio resinoide , che attivissimo sembra per la sua somma avidità, per l'at- trarre che fa ed appropriarsi 1' ossigeno . Non par più dubbio per noi dopo ciò che abbiamo vedu- to Ui Giovanni Fabbroni . 007 to , che molti dei principj della Quina sì denaturano, o mal si cedono agli usuali rtagpnti ;, Acqua Alcoole ec. ; e nella incertezza in cui ci troviamo della vera s de della sua effi- cacia , e del vero principio febrifugo , siamo consigliati ad amministrarla , sempre che si possa , in sostanza . Un esperi- mento che con tale veduta tentai , mi assicurò del vantag- gio che dovevasene aspettare. Feci separate infusioni biduali acquose di Quina , in una delle quali aggiunsi il suo duplo di sugo gastrico sin dai primo momento ; all' altra ve lo aggiunsi dipoi filtrata . La prima restò alquanto torbiccia ; la seconda si intorbidò un poco neir atto della nuova unione , e depositò dei fioo chetti di uno splendente rosso in dose di — della Quina . Filtrata questa divenne simile in apparenza ad una infusione di Tè : posta ad un calore di 60 gradi prese un colore rosso opaco j fece una pellicola che schiumata e seccata pesò t— . L' estratto rimanente alla evaporazione dette all' AI- 3 5 coole -r-. 1 lasciando sul filtro ►--- , sempre relatiyaHiente al 36 144 peso primitivo della Quina . Anco r altra infusione fatta col sugo gastrico , tosto che fu sottoposta al calore prese 1' istesso aspetto , colorandosi come la precedente . L' estratto fu — , dal quale V acqua tol- se —' , l'Alcoole >-— • , né lasciò indisciolto che ■— di ma- 7» '44 144 teria terrosa . Questa tintura alcoolica concentrata precipi- tava il mariato di stagno, e la soluzione di colla. La Quina infusa senza il sugo gastrico cede i3,8 per V' cento al mestruo acquoso : quella infusa col sugo gastrico dette ao,8 per cento , e quindi circa un terzo di piri . Par- mi rimarcabile per le vedute mediche questa circostanza , per- 358 Ricerche sulla Quina. perchè dà luogo primieramente ad osservare , che la presen- za del sugo gastrico nello stomaco toglie alla Quina una mol- to superiore quantità di materie solubili , di quello che ella ceda ìh egual tempo alla pura infusione acquosa . Altra os- servazione dee farsi ed è, che il sugo gastrico, siccome ab- biam veduto, fornisce ossigene al Resinoide della Quina-, coagolandolo in bel rosso vivace; e la sua poca colla forma una qualche combinazione con una parte del cosi detto tan- no . Forse adunque la prima azione della Quina si porta alla correzione dello stesso sugo gastrico , destinato come solvente , a predisporre i materiali contenuti nello stomaco , onde penetrare utilmente nella economia animale . Asciugai la soluzione alcoolica , vi affusi qualche poca di acqua fredda , alla quale il così detto tanno non è quasi solubile; e ne ebbi una tintura salina, amarissima, non aci- da , non alcalina , che non turbava il muriato di stagno , né la soluzione di colla, ma che cagionava un precipitato verde nero al solfato di ferro , il quale , se eravi un tenue ecces- so di acido , tosto si riscioglieva . Questo è quel principio eh' io chiamai Piera : esso è che nelle infusioni acquose di Quina inverdisce , e precipita il solfato di ferro : sostanza molto analoga a quella che Chenevix trasse dal caffè verde , eccettuata la sua nota affinità con lo stagno ; proveniente senz' altro dalla unione di più principi • Terminato che ebbi di lavare la soluzione alcoolica , riunii le soluzioni lim- pide e senza colore , le quali svaporate al fuoco in piccol ^vaso, dettero un residuo d' apparenza gommosa trasparente e giallastro . La parte che restò indisciolta nell'acqua, fu nuovamen- te disciolta dall' Alcoole, che ne fece una tintura gialladora- ta j cupa, amara, con sapore di Quina, veramente resinosa, accensibile alla fiamma , e precipitabile dall' acqua in colore leggiermente giallo rosaceo . Asciugata di nuovo e sottopo- sta all'acqua, questa ne contrasse qualche sapore amaro, e r Alcoole ripetutamente la sciolse . La Di Giovanni Fabbroni . 55g La materia che restò insoluta ai due reagenti , era di colore nerastro : fu sottoposta all' azione dell' acido nitrico , che la disciolse in fluido omogeneo , oscuro > che venne de- colorato allatto coir ajuto del calore . Astrattone V acido re- stò una massa estrattiloime gialla, che l'acqua facilmente e parzialmente disciolse hoUendo , e si impregnò di un' altra tenue dose di amara Piera . Il restante insolubile , sottopo- sto all' Alcoole bollente vi rimase egualmente indisciolto . Porrò fine alla narrativa poco ordinata delle specola- zioni , che ho fatto per mia privata istruzione sulla Quina , dalle quali per altro , se non mi inganno , è risultata una qualche cognizione di piìj sulla esistenza di sostanze sinora inavvertite in questa scorza famosa; forse qualche lume mag- giore sulle sue parti attive , non meno che sulla inefficacia relativa di alcune sue preparazioni ; e finalmente 1' appoggio di una probabilità di esito migliore nella sua amministrazio- ne in sostanza . Noi dobbiam dire , col dotto Francesco An- tonio Zea che ... — todo en està materia ha sido confu- 5, sion y sombras , vicissitudes y contradiciones . . . Tantos „ trabajos no bastàron à rectificar la pràctica que aun en el ,, dia no es menos empirica que à los principios , ni menos „ aventurada el puncto principal , que era escu- „ drinnar el mlsterio de los effectos, para corregir su incon- 5, stancia , se bacia cada dia mas obscuro por los mismos „ medioSj que se empleaban para esclarecerlo . — A me non riuscì di dilucidare il segreto principio dal qual dipende la virtù febrifuga della Quina : né oserei dichiarare che come semplice congettura , il pensiero che esposi circa alla sua azione suU' organismo vitale . Vedo che la sostanza animale anco priva di vita , è sitibonda di ossigene : vedo che le pel- li giungono al segno di decomporre per proprietà insita anco l'acqua istessa , decomponendosi esse pure. Vedo che essen- do esse infuse insieme con la Quina , attraggono principi da questa, coi quali intimamente combinandosi, perdono l'affi- nità che han coli' ossigene , e resistono alla naturale scompo- si- 36o PtlCERCHE SULLA QuiNA. sizione cui sono essenzialmente disposte . Questa azione me- ramente di chimica affinità, non può esser diversa oprando sul corpo vivo . Ella si esercita sulla vasta estensione del tubo alimentare , i cui vasi moltiplici avanzano in numero quelli della superficie esterna, ed i copiosi filamenti nervei, e vasi assorbenti che vi mettono foce , sembrano destinati a sentirne le prime impressioni , e diffonderle quasi con elet- trica rapidità a tutto quanto il sistema animale . Renderà servig;io grande alla medicina chiunque con ulteriori ricerche determini la sostanza, che :=; por encanto y a golpe segaro, come dice Mutis , debella le febbri intermittenti , rende la Quina Raticiata (9) direttamente febrifuga , e ne fa — un, g, poderoso calmante de orden superiora y propriamente un „ antidoto . "^ so- (9) Vedasi ciò che i celebri Mur- la Quìna Gialla di Sasta Fc. %VJt Asti, e Carminati scrissero sul- 36 1 SOPRA / VER3n PESTILENZIALI DEI BUOI MEMORIA Di GiANVEaARDO Zeviani Ricevuta il di aa. Novembre i8oa. JLi opinione che tutte Is pestilenti malattie provengano da in- setti o altri vivi animali , benché sia stata combattuta da in- superabili difficoltà , e quindi dai Dotti FUosofi sia sempre stata vilipesa e derisa , torna sempre di tratto in tratto a comparire ardita nel campo . Essendo essa fondata nella ir- refragabile autorità delle sagre carte , come queste in tutù i secoli furono e saranno mai sempre lette e riverite , sarà pure vma tale opinione indelebile nelle menti degli uomini . Leggesi neir Esodo che volendo Iddio castigare il suo popo- lo, servissi di rane , di mosche, di cavallette , di zenzare ^ rese col loro moltiplicato numero nocevoli e incomode alla vita dell' uomo . Per la stessa ragione dalla stessa causa si son derivate le stesse pestilenze , che di tratto in tratto in- sorgono a devastare le bestie maggiori. Sono ornai sette anni che la misera Italia, e qualcuna delle vicine nazioni son tra- vagliate di una di queste pesti , che va desolando le nostre campagne del più utile degli animali , eh' è il line . Aven- do io come Medico di sanità avuta occasione di osservare per molti anni gli andamenti di questa peste in vaij tratti del territorio Veronese, in varie stagioni, in stalle isolate di Buoi , in stalle dall' altra poco distanti , di Vacche infette j Tomo X. Zz o an- r^ 36a Sopra, i vermi pestilenziali ec. o ancora illese, provveduto a sufficienza dì cognizioni, ed ar- mato di nuovi arnesi ardisco di comparire in campo , a ri- produrre nuovamente l'opinione de' vermi pestilenziali; mas- simamente facendoli autori della peste de' Buoi . Di anale spezie e quali siano questi vermi ' discordano gli Autori nel contrassegnarli. Vogliono altri che sia il Bupreste , altri le zenzare , altri i v£rmetti che nuotano nel sangue. // Bupreste ammazza Buoi . Il Bupreste , dice Plinio , è un animale raro in Italia , simìlissimo allo scarafaggio dai piedi lunghi. Sta nascosto neir erba aspettando di nuocere al Bue che lo divora con r erba e ne resta tocco nel fegato, tanto che ne muore . Correndo nell' anno 1712. la mortalità de' Buoi nelle terre di Roma , lui dotto Giureconsulto presentossi al Papa , seco portando un libro sotto 1' ascella . „ Beatissimo Padre , diss' „ egli, ho trovato io per la Diograzia ne' libri legali, ([udi ,, sia la causa della presente mortalità degli animali Bovini . Chi porgerà^ dice la legge, il Bupreste con intenzione di at' tossicare un. uomo , sarà punito capitalmente a tenore della legge Cornelia • ,, Li Professori di Medicina se non sapesse- „ ro trovare il rimedio contraveleno, lo troveranno indicato ,, nel Tiraquello . ,, Una simile proposizione fu fatta nel tempo stesso da altri Legglsti in Padova ali" uffizio di sani- tà . Facile cosa era il rispondere che una sì fatta bestia da alcuno non fu veduta giammai nei nostri paesi . Che tanta strage de' Buoi non può esser nata per causa di un animale estrinseco grande e visibile , da ninno veduto giammai . Che la legge probabilmente intendeva per esso la cantaride , no- cevole e venefica agli Uomini , e non ai Buoi . Delia qual legge però altro non è da credersi che fosse il sentimento , se non questo : pena alla vita a chi porge veleno ad un Uomo . Le Di ClANVEUARDO ZeVIANI . 263 Le zcnzare . Fra i castighi che mandò Iddio a Faraone si nominano nelle Scritture sacre le cinifi, e si nota che queste noceva- no egualmente agli Uomini che ai Giumenti : &. facf.i sunt sciniplies in liomìnibus &. in jumcntìs . Exod. cap. 8. Igno- randosi precisamente qual spezie di animali siano le cinifi , non trovandosi questo vocabolo presso i Greci, e soltanto in Virgilio , ma in un senso non competente al nostro propo- sito , incanaque menta Clnìpìdi toìident liirci : ed in Ovidio per significare un fiume di Moscovla, arbitraro- no i Commentatori a dir che fossero le zenzare . Laonde Vi- truvio e Columella e Palladio passarono a dire che la peste de' Buoi provenga dalle zenzare • L' Autore del Lessico me- dico poco studioso delle sacre carte fa autore 1' Elmonzio di aver creduto che trovisi nell' Esodo il passo da noi ac- cennato delle cinifi : quasiché così veramente non fosse . Co.ne le zenzare tragirono la loro origine e nascita dalle na- ludi 5 mettendo le ova o i vermiccini dai quali si suscita- no nelle acque palustri , come osservato hanno i Naturali- sti » derivarono i nominati Autori e molti altri dopo di es- si , dalle paludi le pesti de' Buoi . Ma se osservisi che il piiuio de' castighi per commuovere 1' ostinato Faraone fu per via di moltiplicate rane tratte dalle acque e dalle paludi do- ve naturalmente stanno, non è da credere che fossero zen- zare queir altro dopo sotto il nome di cinifi ; perchè questo fu tratto dalla polvere dove le zenzare naturalmente non stanno . Per la qual cosa io sono inclinato a credere che sot- to il nome di cinifi intender debbansi quelle botticine che si trovano nella polvere delle essiccate pozzanghere, e alla nuo- va pioggia saltellano , le quali dal volgo si credono allora na- te e dal cielo cadute . Possono queste chiamarsi feccia del Zza pan- 364 Sopra i vermi pestilenziam ec. palitano , col nome poco dissimile caenìfex . Se non che da quanto segue immediatamente nell' Esodo , chiaramente ap- pare che queste cinifì non erano sufficienti a produr peste , né erano bestiole volatili, stantechè a queste seguì un altro castigo di cguì genere di mosche , a cui appartengono le zenzare . E dopo ancora alle mosche sopravvenne nn altro castigo : la peste de' Buoi e degli altri Giumenti . La quale dunque prima per effetto delle cinifi e delle mosche non era . / VenniceUì del sanme . O Sul finire del secolo antepassato Artsoechero e Leuve- noecluo coli' uso reltìficato de' microscopi hanno avuto la felicità di riconoscere li primi rudimenti dell' Uomo in una moltitudine infinita di piccolissimi vermi natanti dentro il seme de' padri . Su questo esempio passarono a cercar den- tro il sangue i suoi minimi componenti principi ; e videro con istupore essere esso composto e pieno d' innumerabili globetti sparsi nella parte sua più sottile ed acquidosa , ca- paci questi di essere divisi in altri minori : per to che si do- vettero supporre varie suddivisioni di canati per contenerli e distribuirli, messa tutta sotto sopra la medica Fisiologia. So- pravvenne pochi anni dopo una fiera quasi universale peste de' Buoi , e venne in talento a qualche cnriogo di osservare col microscopio se vermi fossero nel sangue degli animali tocchi di peste . In un tempo istesso fra' nostri s' incontraro- no due raggnardevoli Uomini , uno in Brescia , 1' altro in Pa- dova nella medesima ricerca. Fa in Brescia il Bono con r assistenza e presenza del Roncalli : fu in Padova il Vallis- neri . Ambedue Tennero ad asserire costantemente che il san- gue de' Buoi appestati' era pieno di vermini . 11 Lancisio in Roma , amico che era del Vallisneri , jion ebbe corag-gio di opporsi alla sua asserzione : solo disse che in questo non prendeva partito , perchè non aveva avuto incontro di assi- curarsene con la propria veduta . Sinché alla metà del pas- sa- Di Gianveraedo Zeviani . 365 sato sècolo sorsero instancabili osservatoli della natura , non avvezzi a giurare in verba magisiri , i quali con mij^liori e più raffinati strumenti scopersero essere una mera illusione de' vetri li pretesi vivi se-moventi vermicelli spermatici , e svanì in conseofuenza 1' altra credenza de' vermicelli pesti- lenziali de' Buoi, A segno tale eh' il Roncalli ritrattossene spontaneamente nella sua grande opera della Medicina di Europa . Il Sauvages non ha trovato vermi nel sangue de' Buoi appestati , benché diligentemente li abbia cercati . Io stesso nella peste de' Buoi dell'anno 1783. e nella corrente, non ho potuto rinvenirne alcuno giammai , per quante voUe, e in qualunque tempo di malattia li abbia indagati . Come siasi in questa parte ingannato il Vallisneri a dire costante- mente di averli veduti , noi saprei dire ; e noi crederei , se noi vedessi incannato del pari nell' aver asserito d' aver ve- duti i vermicelli spermatici , che al di d' oggi tutti sanno che non sono . L' errore può esser nato per 1' illusione del microscopio da lui usato ; del quale egli stesso esagerò l'inì- perfezione j e la difficoltà di praticarlo . I vermi pestilenziali veri . Al Dicembre dell'anno 1790. dai luoghi vicini dov' era sparsa , inoltrossi la pestilenza de' Buoi ad infestare le stalle di Vacche, che unite erano nell'ampia pratena de'Sagramo- si nella villa di Zevio . Fui io dalla Veneta Autorità coman- dato ad attendere alla cura , e ad impedire la dilatazione di questa terribile malattia . Quattordici chiusi un dall' altro poco distanti si trovavano in quel sito , contenenti poco me- no di un centinaio di bestie per cadauno . Uno di questi ch'usi , a riserva di tre o quattro individui , era del tutto dal morbo in pochi giorni distrutto . Due erano nell'attuali- tà di malattia . Una quarta mandra al primo sospetto della inoltratasi pestilenza furtivamente fuggi ; e trapassato il vicino fiume Adige rifugiossi nella villa di Montorio . Jla qui 366 Sopra i vermi testilenziali ec. qui pure pochi giorni dopo manifestossi il morbo ; e quasi tutta per esso fu del pari distiutta la mandra . Alcune di queste Vacche della medesima stalla benché infette , restaro- no per più di superstiti alla fierezza del morbo ; e tardi una dopo r altra travagliate dalla tosse e dalla diarrea , tabide e consunte perivano . Dovendosi per legge alla morte di ca- daune di esse ricominciare i giorni prescritti del sequestro, fece istanza il Padrone , che tutte , ridotte a cinque fossero ammazzate e sepolte. Il mio Collega Dottor Dal Bene ed io con alcuni ministri Ofifiziali fummo destinati alla compassio- nevole tragedia. Questo fu il giorno in cui la prima volta per accidente fummo accorti dei vermi che sono per descri- vere . Tagliuzzando uno e poi 1' altro i fegati di queste be- stie ammazzate , un de' ministri si accorse che alcuni minu- ti dopo certi come grumi di sangue camminavano a lento passo su la superfizie del tagliuzzato fegato . Fummo certi allora che questi eran vermi; e tutti gli altri fegati di ognu- na eran pieni internamente di erosioni e di grotte , di cro- ste , e di ascesseti , con qualcheduno di questi vermi den- tro appiattato . Alla grandezza , alla figura , al colore rappre- sentavano esattamente un grano di caffè abbrustolito ; ed al camminare sporgevano in fuori un bianco capo^ che poi ri- tiravano e nascondevano . Menavano un odor forte aromati- co alquanto ingrato : tantoché messine otto o dieci in un quadruplicato cartoccio per trasferirli in mia casa, per molti giorni mi hanno infettato della lor puzza la saccoccia. Giun- to alla casa , mia prima cura fu di guazzarli nell' acqua per pulirli. Ed ecco una innaspettata metamorfosi; diedi cimici che mostravano di essere diventano come pesci . Tanto si allargano e prolungano che acquistano la figura del pesce *narino , da noi detto sfoglio . E pajono amfibj , perchè con i lembi raggrinzati camminano, o con gli stessi distesi nell' acqua mostrano di galleggiare . Non si muovono in essa , ma stanno col corpo ripiegato a foggia di biscia , con la testa all' insù , e con la coda toccanti il fondo dell' ampolla in cui eran I Di Gianveuardo Zeviani • S67 eran chiusi. Hanno un canale che si estende dalla testa alla coda , e manda tra via lateralmente molti rami ; ed è facil-' mente visibile, perchè pieno di materia colorata, onde è da credersi il canale degli alimenti . La loro sostanza e colore son simili a quelli delle lumache . ."-chiacciati fra due verri si prolungano al capo ed alia coda , alquanto mutando di lor lìgura , ac([uistando quella di una foglia di pesco . Neil' ac- qua si sono conservati intatti per molti mesi . Spiegati nell' accjua , di un grano di caffè a cui somigliavano, tanto si di- latano e prolniigano che arrivano alla lunghezza di once una e mezza, e s'allargano ad once una del nostro piede, che' per poco supera il- piede di Parigi . Quante Vacche e Buoi si sono notomizzati dopo questa scoperta morti di peste , tutti ne avcano nei loro fegati; e qualcuno ne avea molti nella vescichetta del fiele , negli stomachi e negli intestini . Questi sono i vermi pestilenziali de' Buoi . Ma prima di filo- sofare come e quanti sian tali , è bene che siamo corredati di altre notizie , che servir possono di fondam.ento alle no- sti-e conghietture . Di quattordici chiusi in quei prati disposti, l'uno all'al- tro un mezzo miglio distanti , nno era in quel tempo fuggi- to , com' è detto ; uno era totalmente nel suo sito distrutto ; uno vicino ad essere anch' esso distrutto ; un altro in qual- che sospetto di male incominciato. Esaminai il sito infelice, in cui ammassate e ristrette si trovavano insieme tante be- stie , veduti i varj sintomi , e l'aspetto vario della loro in- fezione , il progresso celere sino al totale esterminio in po- chi giorni di quasi tutti gli individui , conobbi nissun rime- dio poter far argine al male ; e tutta la sollecitudine dover- si avere d' impedire il suo avanzamento e la sua dilatazioue agli altri troppo vicini casali. Manifestato questo mio pensa- mento al Podestà Friuli che volle esser presente alla prima mia visita , diede oj)era con la sua autorità , onde fossero raddoppiate le guardie, e custodite gelosamente le doppie barricate che separavano le infette mandre dalle ancor sane, mi- 368 SoPftA 1 VERMI PESTILENZIALI 60. minacciando ai Capì di Comune di farli prigioni , se non in- tendevano con maggior 'solleritLidine del passato a questa im- portante operazione . Così lu fatto ; e così di quattordici chiusi uno all' altro vicini , dappoiché quattro eran periti di peste , gli altri dieci si sono felicemente preservati , senza che un solo animale sia peiitOj né abbia dato segno di es- sere infetto . Modo di procedere della malattia. Nelle stalle di Vacche , dove moke e insieme unite , e in luogo basso e angusto stanno raccolte , entrata che sia la malattia,, a tutte si propaga quasi in un tempo, e tutte quasi le uccide in pochi giorni . Nelle stalle de' Buoi un do- po l'altro con qualche intervallo di tempo gli assale, essen- do d'ordinario più ampie e comode^ e non in tanto nume- ro i Buerchè ignorando che pur alcuno li vide nel- le passate pestilenze , non hanno saputo ricercarli con atten- zione , senza di che passano sconosciuti e creduti grumi di sangue quagliato e corrotto. IMa se ricercati si trovano ne' fegati del Bue , saranno vermi soliti e naturali proprj del Bue non mai offensivi dei Buoi , e cagioni della lor peste ? Questa opposizione in appa- renza sì formidabile, è anzi una delle più forti prove della verità ed esistenza de' vermi pestilenziali . È certo e prova- to che la peste de' Buoi è un mal contagioso , che dal solo Bue ad altro Bue si propaga, e ne' soli Buoi si ritiene, sen- za passar mai ad oft'endere altra sorte di animale : dunque ]a sua materia sta nej Bue , ed è propria del Bue . Osserva- te nel libro del Betti , intitolato la Riica de' Meli una peste «Ile occupa e distrugge un intiero filare di poxjii, lasciando i pe- 3^4 Sopra i vermi pestilenziali ec. peri , e gli altri frutti intatti . Da che proviene tal peste ? da un insetto che passa in farfalla , naturale e proprio del pomo . I latri insetti comuni , che pur tanti si danno , qua e là trapassano a pascersi , e non giungono mai a far morire lina pianta . Molte malattie per estrinseche cagioni patisce il Bue , ma la peste desolatrice proviene per intrinseca cagione solo ad esso propria . Ma se naturali sono de' Buci , e in se stessi hanno il contagioso veleno questi vermi ; perchè non sono perpetue più o meno le loro pesti : e qual hisogno hanno queste per esser prodotte , che Buoi forestieri vengano da lontani pae- si ad eflettuaile? Se diamo una occhiata a quante pesti sì sono effettuate nel passato secolo , cominciando dall' anno 171 I. sino a quest' ultimo, troveremo di tutte Autori fe- deli contemporanei che harmo assicurato ne' loro libri , esse- re esse provenute da Buoi forestieri , e di rpiest' ultima ab- biamo qui in Verona lettere ulììziali del vigilantissimo Ma- gistrato di Venezia, che ne avvertono aver essa avuto prin- cipio alla Fiera di Piazzola , dove erano in vendita alcuni Buoi del Levante. Dal Levante, dice Plinio, provien ogni pe- ste . Le vere pesti ne' Buoi nostrali per se stesse non suc- cedono mai , perchè rari sono a vedersi ne' loro fegati i ver- mi ; e que' pochi che pur vi sono, benché siano figurati al modo di quelli che si trovano molti in bestie appestate, pur sono molto minori , e però incapaci di prodiu- peste . S' ag- giunge che sotto un medesimo genere possoh essere alcune spezie velenose , altre no . Vediamo le mandre di Vacche ve- nir sempre inseguite nel loro stare , e nel loro mutar di si- to , da una schiera di uccelletti ( per questo da noi detti Bovarini ) che attendono a visitare il loro sterco, per cibar- si ghiotti di que' vermi che tramandano . Segno è questo che questi /vermi non hanno in se stessi veleno . ML son fatto portare in mia casa parecrhj bernoccoli cavati dai fegati di Buoi macellati in tempo di peste , ma non infetti . Spaccati , ho trovato ia molti di essi i nostri vermi ; ma tutti della raz- Di GlANVERARDO ZevJANI . 37-5 razza do'' piccoli , non rannicchiati in grumo ma distesi in fo- gliuzza : segno pur evidente che son questi di una spezie di- versa dai maggiori , che nel tempo stesso si trovavano dentro le bestie infette di peste . Il Bidloo vide , descrisse e dipin- se i nostri vermi , ma perchè li vide in tempo che non in- fieriva la peste de' Buoi, vide i piccoli puramente, e ne dà mia figura in tavola di rame , ingrandita col microscopio; la quale così ingrandita viene esattamente a pareggiare la 2;ran- dezza naturale non ingrandita de' nostri maggiori , veduti da noi in bestie appestate . Se non che per illusione del mi- croscopio , disegnò nel verme due canali che discendono dalla testa alla coda , quando ne hanno uno solo . Tanto avvenne a Pietro Borelli , che fuori del tempo di peste in- contratosi a ralfigurare ne' fegati di Bue i nostri piccoli ver- ini esclamò estatico per stupore : Res lincusque inaudita et certo stupenda est , naturacqiie lusus , vcl providentiae ejiis- xhm admirandum nrgnmentum . Ceti , seu halenimorpha ani- ìnalia in sanguine liuìnano , tamquam in rubro oceano , na- tunt ; et quemadmodum muscilionibus elepliantoruni probosci- des Deus concessit , sic istis siphoncs retro capita ad sangui- nem eructandu'm tamquani balcnis non denegavit : cucurbitae semen , vel myrtlii fulium aemulantur ; venis etiani scatenò ita dispositìs ut nervos foliorum referant . In tempo di peste così parlasi di questi vermi nel libro dell' Hastfer „ . Nelle vene del fegato gli evi producono del- „ le sanguettole sang-sue's, di color di caffè, piatte, punti- j, ve da due capi, capaci di allungarsi un pollice, e di rac- „ corciarsi e stringersi compilate e raddoppiate „ . Queste sono proprietà del nostro verme maggiore . Nelle note del Bourgelat al Barberete si legge osservato , che in tempo di peste negli infetti „ era la vescica del fiele pesante tre lib- bre , con dentro lifjuido come urina . In molti , stoma- 5> co ed intestini ripieni di vermini che ancor viveano iieir aprirli . Eranvi eziandio ne' vasi sanguigni ( correggi biliari ) certi insetti , che furono detti passerini a causa J5 il ì> del- 876 Sopra r vermi pestilenziali ec. j, della lor figura simile a quella di un tal pesce „ . Questi pure significano i nostri vermi, in tempo di peste veduti senza microscopio della grandezza lor naturale . Ma se i vermi forestieri e per la loro quantità, e per la grandezza loro , o facoltà che abbiano di nuocere , posso- no entrati ne' Buoi nostrali intlur peste ; questa peste sarà ne' Buoi forestieri ne' quali allignano , perpetua ; e verranno a struggersi le loro razze : le quali anzi si sa come moltipli- cano , a segno di supplire alla nostra deficienza . Appunto è cosi, come si è rilevato dai Condottieri di cotali Buoi fore- stieri . Ma non fa colà molta strage la peste , come non la fa qui tra noi nelle ampie e comode stalle de' Buoi : dove penetrata che sia , non così presto da uno all' altro Bue si comunica, né tutti in un tempo gli uccide, come nelle an- guste stalle delle Vacche ; dà luogo ai rimedj , e una gran parte risana : stantechè errano que'Buoi liberi, e un dall'al- tro divisi in quelle immense boscaglie, da dove si ricavano. Leggesi anche in alcuni libri di Viiiggiatcri che in que' pae- si certa erba cresce , conosciuta ed eletta dai Buoi , qualora 6Ì sentono tormentati dai vermi . Affi rmano qui pure i no- stri Villani che i Buoi quando si sentono molestati dai ver- mi , mangiano il ranuncolo pratense , che vale ad ucciderli . Ma almeno la peste ai nostri Buoi da i forestieri comu- nicata , rimarrà fra noi perpetua, dove mancano o non son note ai Buoi quell' erbe salutari che la impediscono o fra- stornano ? Probabilmente così avverrebbe, se questa peste non fosse dovunque al suo comparire se(|uestiata in stretti confini j e con la uccisione , o con la morte de' Buoi infatti non venisse distrutta anche la 'razza de' vermi pestiferi die stanno con essa . Di questo abbiamo un tristo esempio in questa ultima pestilenza ; che nel tumulto di una lunga osti- nata guerra che ha travagliata la misera Italia , calpestate e derise le più rispeltabi i 1 J?gi di sanità, infranti li necessa- ri sequestri , ancor vige dopo sette anni in qualche angolo la peste de' Buoi : che in pochi mesi dopo la sua comparsa, per Di GlANVF.RAllDO ZeVIANI . ^"^^ per la vigilanza degli Uffizi di sanità tvovavasi quasi del tut- to estinta . Preservazione dei sani • La necessità in cui trovasi la Lombardia nostra di Buoi da macello , chiama indispensabilmente a noi gran numero ogni anno di Buoi dal Levante , dove snprabbondano . Siam quindi sempre in pericolo che da questi diftondasi con ver- mi loro ordinar] la peste lor propria . A questo pericolo non può fare ostacolo se non la suprema Autorità col procurare una maggior sussistenza alla benemerita spezie Bovina . Per va- rie maniere secondo le varie circostanze si può questo ottenere in varj paesi. Fra noi ad maiius est quod utile est. Lo ster- minato numero de' campi vallivi che occupano il nostro di- stretto, capaci di essere ridotti a coltura con dar scolo alle ritenute acque stagnanti vei'so del mare, ridotti che siano al solo uso di prato sono bastanti al nostro bisogno . Gli Uiiì- 7] di sanità avvisati della sopravvegnenza de' Bovi forestie- ri , manderanno al confine del loro distretto un ministro fe- dele che con uomini e canetti raccolgano tra via tutto lo sterco che i Bovi tramandano, per sepellirlo di tratto in tiat- to in profonde buche da cingersi con siepe , perchè Buoi non possano accostarvisi : tenendo sempre in mente che in quello sterco solamente sta il micidiale deposito del veleno che può indur peste ne' Buoi nostrali. Questo già è prescrit- to e lodevolmente si pratica . Ma. si pratica solamente in tempo che la peste si è in qualche sito spiegata , quando più non giova a preservarsene . Spiegata che sia in qualche tratto del distretto la peste , si guarderanno i Villani di volge- re a quella parte i loro Buoi, ad ogni maniera tenendoli ar- mati tra via con graticci, o musuliere, con entro erbe odo- rose , che frastornino 1' odore dell' infetto sterco che s' in- contrasse , tanto amato da' Buoi . Ogni altra cura di buon governo è superflua a far che non s' infettino ove sia il pe- ricolo: che anzi si è in pratica osservato che i Buoi più ve- Tonio X. Bbb gè- 870 Sopra i vermi pestilenziali ec. geli e ben pasciuti sono i più sottoposti ad incontrare il mor- Lo , e a perire . Un accorto Villano salvò i suoi Buoi dalla vicina infezione con introdurre dentro i! naso e la bocca di essi due volte al giorno una mistura di aglio ed aceto ^ affer- mando non altro essere il loro morbo , che uà vero Catarro Russo . Comunque sia di ciò, la sede del morbo prima so- no le cavità interne della bocca e del naso . Da queste par- ti si propaga e cb'scende il morbo ad infettare le viscere del petto e del basso ventre . Il non dividere questi periodi , produce il disordine che guidati dalla spesso infedele osser- vazione interna de' cadaveri che ti'ova orrende stragi , si ab- bandona per disperato il movbo , che forse sarebbe cessato al principio ad una cura diretta alle parti primariamente of- fese . Indicazioni per la cura . La prima e principale indicazione per la cura del mor- bo è qrxHa di rimediare ai vermi, che non cessano di spar- gere negli umori e nelle viscere il rio veleno, di lacerare il fegato nel sito interno, e d' infettare il fiele, con rendere idropica la sua vescichetta . Nel tempo istesso è da rimedia- re alla bocca e alla gola , se siano intaccate di pustule o di erosioni. Se mostri in seguito l' offesa del polmone ;, è da opporsi alla peripneumonia , Se ne patisce il tratto intestina- le , sarà necessario por rimedio alla dissenteria . La febbre se è mediocre è da negligersi , se troppo forte da moderarsi , se troppo piccola da accrescersi : essendo per se stessa un moto salutare , diretto dalla natura all' esterminio delle ca- gioni morbifiche . In fine sarà d' uopo rimediare agli ascessi del fegato j e del polmone. Cura de' vermi . Bisogna procedere con metodo nella cura dei vermi; bi- sognando che questa sia diretta da due intenzioni j una all' al- Di Gjanvtraudo ZeviakÌ". 879 altra coutrai-ianti . Una è quella di allettare i vermi e cal- jiiarli; l'altra quella di far loro guerra e distenniriarll vivi e morti fuori del corpo . Dee precedere la prima alla seconda nel caso nostro j dove trattasi de' vermi del fegato; con quel- la si allettano a sortire del fegato , dove poi sono a portata di essere perseguitati dai rimedj che gli uccidono e discaccia- no . All' opposito perseguitati dai rimeJj di primo lancio , e quelli che son sparsi negli stomachi e negli intestini si cac- ciano dentro il fegato, naturale loro albergo, e quelli che vi son dentro piìi si internano sentendo la vicina forza del loro nemico. I riiiiedj che gli allettano sono i dolcificanti e i blan- di nutrienti . La manna _, il zucchero , il miele , il siero di latte, l'acqua farinosa. Quegli che gli uccidono sono i pur- gativi, gli amari, i salini, gli oliosi , i mercuriali . L' aloe, la scammonea, la gialappa , la coloquintide, il riobarbaro , la corallina, la grazicla , l' assenze, il seme santo , la sena, il tartaro , il sale di vitriuolo , il sale amaro , detto d' In- ghilterra . Nelle Vacche, dov'il male è più precipitoso, con- vien accelerare la cura : ne' Buoi procedere più lentamente . Le dosi di questi rimedj tanto semplici che composti devono essere doppie di quanto si usa nell' uomo . Del Salasso , Il salasso è sempre nocevole in un mal verminoso pe- stilente che porta ad offendere il sistema nervoso , a cor- rompere gli umori , a sfracellare le parti ferme ; e da uno all^ altro giorno ad una mortale debilità . In qualche caso solamente, di fiero attacco di testa , di gola, di polmone , minaccianti la vita prima del termine consueto , si potrà far- ne un discreto uso ne' soli primi giorni del male . Qui bene spesso verificandosi che non si muore di malattia , ma per gli effetti della malattia ; come pensava che sempre fosse r OfFmauno . Bbb a Cu- 380 Sopra i VEnr^i pestilenziali ec. Cura della Scheranzia , Alcuni Autori , cui è toccato vedere coi proprj occhi nella peste de' Buoi le cavità interne del naso intaccate , e la Locca tutta internamente , e la lingua e le fauci infiam- mate ed esulcerate , hanno creduto che la scheranzia sia il mal primario e principale , da cui in seguito ogni altro ma- le del Bue dipenda e derivi . Il rifiuto del ciho e della be- vanda, la perdita della ruminazione, la difficoltà d' inghiot- tire, che dal principio del male si manifestano, significano le parti della bocca e della gola impedite ed offese . Se a tal segno lo siano , che non riesca a qualunque arte di cor- no , di spugna, di schizzetto, di bottiglia introdur ahmenti e rimedj , sarà necessità aprir tosto le vene della lingvja e del collo . E in seguito mattina e sera stropicciare la lingua e la bocca con 1' accennata mistura -di aceto , aglio , e sale, tenendo ad ogni ora ammorbidite le fauci con la decozione di semi di lino , e fiori di sambuco , o col siero di latte rad- dolcito col miele . Gioveranno a questo uopo le fomentazio- ni tiepide al collo , ed apvir anche ivi il setaccio > Cura lìdia Vulmorda . Questa si argomenta dalla febbre acuta e continua , pre- ceduta da rigori di freddo , accompagnata da r>iordace calo- re , da difficoltà di respiro, da tosse assidua e secca, dal batter dei fianchi , dal non poter riposare né dall' uno nò dall'altro dei lati. Qui son da reiterare i salassi al petto per moderare 1' eccessivo calore che porta alla presta cangrena il polmone . Il siero bollito con malva ed edera terrestre , r idromele , 1' acqua nitrata ^ le emulsioni , V olio di nian- dorle dolci , gioveranno a questo fine . Se sia impedito V in- ghiottire, si terrà avanti la bocca una simile decozione, ac- ciocché se ne tragga col respiro al polmone il vapore , Cu- Di Gianverardo Zìlviani . 3tl Cura della Dissenterìa . Alla dissenteria , se sia accompagnata da dolori di coli- ca , gioverà 1' olio di semi di lino , introducendone anche per lavativo j unitamente all' a< qua di crusca. Se superato il male acuto , restasse viva dopo di esso » gioverà la triaca e l' acqua di teda , o la siniaruba . Se le emorroidi si mo- strino ijifiammate e livide , sarà bene introdurre latte o bu- tiro , co;i rosso d' ovo e miele rosato. Cura della Febbre . Alla invasione della venefica materia alla testa^ alla go- la } al polmone , agli inteatini , agU umori circolanti , succe- de ben presto la febbre preceduta da rigeri di freddo . La forza maggiore o minore di questa , spiegato il calore , si giudicherà dalla frequenza maggiore o minore delle battute del polso . Ne' Buoi sani il polso batte vicino a 38. volte al minuto . In una febbre mediocre batte poco più di 5o. vol- te ; in IU13 febbre acuta e forte arriva a battere go. volte per minuto . Si sente a battere il polso nella mascella poste- riore j neir arteria temporale, nella articolazione dello stin- co con la pastoja , tra il tendine flessore e 1' osso . La feb- bre in circostanza di peste in vario aspetto si presenta da un giorno all' altro , da uno all' altro individuo . Or sembra convulsiva, or infiammatoria, or periodica, or proporziona- ta , or cangrenosa , or dissenterica . I nostri antichi maestri per non errare la chiamavano col nome di pestilente sempli- cemente , che tutte le altre sue apparenze abbraccia e con- tiene . Convulsiva appare , quando patisce il sistema nervo- so per l'attacco di testa . Al dì d'oggi dicesi nervosa. L'in- fiammatoria succede al forte attacco principalmente della go- la , e del polmone . La periodica è figlia dell' attacco del fe- gato, e delle altre viscere del basso ventre. La proporziona- ta 38a Sopra i vermi pestilenziali ec. ta è una complicazione della infiammatoria con la periodica: e succede qualora è infiammato il polmone , ed il fegato in- sieme . Quando le infiammazioni passano alla cangrena , na- sce la cangrenosa . La dissenterica succede al terzo o quarto giorno, quando per il fiele guastato j e per l' irritamento de' nervi patiscono di erosione gli intestini e si sfracellano . In questa confusione di cose , progredendo col passare dei gior- ni , per la mancanza del cibo , per la veemenza de' sintomi , per r abuso de' rimedj evacuanti, una debilità estrema nell' animale , è- da fuggirsi il trar sangue nuovamente . E per quanto si può son da continuare i sieri, le farinate, l'emul- sioni, i meliti , gii oliosi ;, i nitiati, i cristieri . Questo si fa •in una febbre ardita e forte . Passato il furore del morbo , se con la vita rimane una febbre di lunga durala , che abbia regolati periodi di terzana o quartana , si potrà pensare all' uso della China , da qualche Autore lodata in ogni tempo di malattia 5 da noi provata inutile anzi dannosa. Come sempre inutili e dannosi si sono provati in ogni tempo e circostanza di male i rimedj stimolanti, focosi, alessifarmaci , che si or- dinano comunemente dai Maniscalchi . Mal si avvisa chiun- que crede di fare ostacolo alla debilità con questa classe di rimedj , che ne accrescono la rea cagione . Quanto più cogli eccitanti si esacerba il morbo acuto , tanto è piìi presta a succedere la debilità che toglie di vita i Buoi appestati . Tren- ta otto Buoi a Pragagìani erano intaccati di peste . Furono medicati da un Maniscalco forestiere secondo i precetti di un moderno Autore , con vino schietto e pepe in gran quan- tità e replicatamente fra il giorno ; e quasi tutti son morti . All' ÌRContro altri Buoi poco distanti sono felicemente gua- riti con rimedj contro ai vermi e con la cassia . Cura degli ascessi del Polmone e del Fegato . Se coir uso de' rimedj rinfrescativi , e contro ai vermi riesca di temperare le infiammazioni ^ e di sterminare i ver- mi , Di GlANVERARDO ZlìVIANI . 3(.)3 mi , il male diverrà cronico , passando la infiammazione alla suppnrazione , in luogo doUaì minacciata cangrena . L' esetn- pio lo abbiamo nelle cinque Vacche convalescenti che noto- mizzate hanno dato occasione al presente scritto . Avevano queste , olt»;e ad un residuo di vermi j intaccato il polmone di ascessi , e stessamente il fegnto : segno evidente che nei decorso male queste due viscere erano principalmente offese ed infiammate. Questo doppio intacco lo abbiamo spiegato dal veleu pestilente , che in parte discende al polmone per la trachea , in parte si rivolge al ventre basso per la via, dell'esofago . I blandi saponacei, le decozioni dell'erbe pet- torali , le decozioni delle cinque radici aperitive coli' ossime- le scillitico, una lunga acqua di teda ^ possono ajutare la rl- soluzion de' tubercoli , la derivazione della materia puru- lenta alla via delle orine . la cicatrizzazione delle aperte piaghe . Uccisione de primi infetti superflua . Continuo fiarro culpam compesce priusquam Dira per incautum serpant contagia vulgus . Così cantò Virgilio : e di questo parei'e fa pure il Lau- cisio all'anno 17 12,. Nihil aut facilius , aut certius expedl' tiusque ìllatae jam pestis esse remedium video , quam si sta- tim ah ìnitio iiifirmae animantes explosis globulis interfician- tur ( Op. tom. 2. pag. 820.) . In una peste dell'anno 1708. Giovanni Bianchi di Rimini suggerì di far ammazzare tutti i Buoi ammalati che erano nelle contrade infette ; ed insieme tutti gli altri che nelle stalle con questi si ritrovavano . Trenta anni dopo fu ripiodotta questa opinionfr da un Vete- rinario Francese Bourgelat : come questa risoluzione non esclude la necessità di un rigoroso sequestro del hioco in- fetto ;, e come questo solo senza cotale massacro è bastante a fare che il male non si propaghi ai luoghi vicini , resta superfluo 1' adottare questa massima sì precipitosa e crude- le. 3o4 Sopra i vermi pestilsnziali ec. le , che toglie di vita anche una buona parte de' Buoi , che quantunque Infetti sarebbon guariti . L' uso delle carni di questi animali sospetti o intaccati non è da credere tanto innocente , quanto si stima da alcuni che asseriscono di averne molti mangiato senza danno . O dura mesfiorum illa : questo può essere avvenuto in qualche rustico avvezzo a ci- bi grossolani e duri : ma nelle persone gentili e dilicate non può che nuocere una carne che presto dopo la uccisione s' annerisce e puzza . Una pelle ho veduto io , tratta di fresco da un Bue da molti giorni guarito dalla peste : questa in tempo di fitto inverno distesa all' aria aperta , molto bene difesa con cenere , cotanto era putida e stomachevole che meritava di essere sepellita . Levati dai luoghi infetti e Idi- strutti in attimo i Buoi , resta nel nostro sistema da evitarsi il contagio immediatamente più che dai loro corpi , prove- niente dallo sterco, in cui annidano i vermi pestilenziali , e molti dì si richieggono prima che restino privi i tristi ger- mi di efficacia , quando non avvenga che il calore del Sole , la pioggia , il diaccio , non ajutino la loro presta dissoluzio- ne . Non è sperabile che dopo la uccisione di tutti i Buoi sos- petti e ancor sani , vogliano i Villici spontaneamente incon- trare un odiato sequestno , non ordinato dai non consapevoli Uffizj di sanità ; onde rimane vivo il pericolo che altri Buoi non entrino a pascolare nei luoghi infetti , e non ritraggano dalle fecce de' primi non ancora consumate e distrntte qualche restante seminio , che torni a suscitare la creduta estinta malattia . ^ LET-