//^2 /l MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE TOMO XII P A R T E II CONTENENTE LE MEMORIE DI FJSICA . MODENA PRESSO LA SOCIETÀ TIPOGRAFICA M D C C C V. INDICE DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTA SECONDA PARTE . w sservazionL anatomico- patologiclie , Memoria di Fl.ORIANO CALDANI. pag-i Spericiize ed osservazioni sopra T irritabilità della lattu- ga „ con delle riflessioni generali snli' irritabilità de' Vegetabili; di GlOACHiNO GARìIADORI presentata da Antonio Cagnoii. . 'o Saggio di S[>Iancnografia ed encefalotomia della Foca ; di VINCENZO MALACARN li. ^ Analisi dello smalto di un dente fossile di elefante e dei denti umani. Memoria di DOMENICO MORICHINI , presi-ntata da Gioachino l'essati . . 1^ Dell' Attiazione rli superficie. Memoria di GIOACHI- NO Ci^RRADOKI , presentata da Pompilio Pozzetti . fig Prospetto comparato della pioggia della Paglia, esibito da GIUSEPPI^ MARIA GK-'VENE . 1 13 Brevp considerazioni di LEOPOLDO MARCANTONIO Caldani intorno a quella crudele malattia che chia- masi Canchero. 12,7 Osservazioni anatomiche di VINCENZO MALACARNE in conferma d' una pronosizione circa all' origine de' Mostri pubblicata dal medesimo nel Tomo IX di queste Memorie. 164 SuU' epilessia e suo rimedio , Memoria di GIANVERAR- DO Zh:viANi. 179 Elatena , o Abiesino , Bevanda vinosa, indicata da GIO- VANNI FABBRONI ai Montagnoli ed ai Maremmani d' Italia . 1 95 5Ie- Memoria intorno ad una specie singolare dì quella malat- tia che si cliiama Clwléra tnoibiis o setnpIiceriK lite Cho- léra,àì LEOPOLDO MAllCANTONIO CALDANI . pag. 204 Saggio di Nosologia vegetabile , di FILIPPO BE , presen- tato da Pierantonio Bondioli . aaS Ricerche di P. A. BONDIOLI sopra le forme particolari delle malattie univcisali. a56 Correzioni e Giunte fatte da DOMENICO MORICHINI alla sua Memoria qui stampata a pag. ^"^ e ^'"S&- ' pie- sentate da Gioachino Pessuti . 368 Scigli Animali Fossili , Memoria geologica di ERMENE- GILDO PINI. 270 Sojira un nuovo laboratorio di salina a fuoco , Memoria di DOMENICO RANALDI . 33o Sopra una straordinaria aflTezione verminosa , Memoria di GIAMBATISTA DALL' OLIO, presentata da Pompilio Pozzeiti . 347 ME- • •••«£■. S»»»"*_ MEMORIE D I MATEMATICA INTORNO ALL' INCURVAZIONE DE' SOLIDI Di Paolo Delanges Ricevuta il dì 14 Giugno 1804 ." Jr lomossa da Galileo la teoria rifalla rPTn'tpiTza <3e' solirli fitti ad una parete o sostenuti in uno o più punti, il Viviani ed il Gran- di hanno il merito di averla coltivata, e di avere segnatamente determinate le figure di cui deggiono essere dotati i solidi , sic- ché sporgendo da un mux'O con V asse orizzontale , o essendo so- stenuti verticalmente, la resistenza allo spezzamento d'ogni lo- ro sezione verticale nel primo caso , ed orizzontale nel secondo , sia in equilibrio col peso della porzione anteriore di essi, e di cui la stessa sezione ne è la base . L' indagine però a cui io mi rivolgo presentemente , repu- tandola di qualche utilità nelle pratiche, si è di determinare la figura propria ad impedire la incurvazione de' solidi derivante dal loro peso . Il legname per esempio è da riporsi nella classe de' solidi in- torno a' quali intendo di ragionare. Non v'ha nessuno cui non abbia osservato incurvarsi le travi, quantunque d'uniforme gros- Tomo XII. A sez- fi Intorno all' incurvazione de' solidi sczza, sostenute nel mezzo o nelle sue estremità in direzione oriz- zontale od obbliqua ; il che se avviene dal rilassamento delle fi- bre , di cui , secondo i Botanici , sono le piante tessute , tale ri- lassazione però può dipendere non solo dal passare 1' atmosfera dallo stato umido al secco, allungandosi il legno nel primo caso, ed accorciandosi o strignendosi nel secondo, ma anche nella con- templata circostanza massimamente dal non essere abbastanza ro- buste e legate le predette fibre in guisa da resistere in linea ret- ta , vincendo con V adesione loro reciproca le parti più vicine agli appoggi il maggior momento delle più lontane. In tale ricerca pertanto io assumo che i solidi di cui si deg- giono determinare le figure, perchè risultino incurvabili dal pro- prio peso, debbano avere due piani opposti uguali e paralleli se-- condo la loro lunghezza, e che in conseguenza si possa conside- rarli sotto una sezione parallela a detti piani senza tener conto della larghezza o grossezza loro; ed inoltre che nella stessa specie sieno di egual densità in tutti i suoi elementi , di modo che rap- presentando ADCB ( Fig. I. ) la sezione di un solido parallela a* piani opposti sostenuto ne' punti E,F, la base di tal sezione, cioè la retta AEFB possa riguardarsi come un vette caricato in ogni suo punto G d' un peso proporzionale alla corrispondente sezio- ne verticale GH . TEOREMA. Se nel vette retto ACB (Fig. II ) in cui ì gravi H, G sono la equilibrio intorno al centro di moto C , si supponga che la retta BG esprima il grave G , e quindi fra gli assintoti DG Cb' com- prendenti r angolo retto DCZ/' sia descritta l'iperbole equilatera EGg" : dico che qualunque ordinata b'g' esprime il grave che do- vrebbe essere sospeso nel punto b', in luogo del G sospeso al pun- to B per mantenere costantemente nel vette ACb' il primo equi- librio . Imperciocché essendo uguali i rettangoli delle CB, BG, Cb, bg, Cb', bg' ec. ; ed è il rettangolo della CB in un peso proporzionale alla BG uguale al momento del grave H : sarà dunque anche il rei- Di Paolo Delanoe» . 3 rettangolo della Cb in un grave proporzionale all' ordinata bg , o della Gb' in un grave proporzionale all' ordinata b'g ec. eguale sempre al momento dello stesso grave G . Il che ec. PROBLEMA I. Trovare la sezione d'un solido sostenuto nella metà della sua lunghezza AB (Fig. III.), che sia pel proprio peso in ogni sua par- te incurvabile . Rappresentino le rette uguali AH, BG ordinate alla retta ACB le uguali sezioni verticali che il solido da costruirsi dee avere nelle sue estremità , e innalzata dal punto d' appoggio C la per- pendicolare CD , negli assintoti AC, CD si descriva 1' iperbole H/i/j', e negli assintoti BC, CD 1' eguale iperbole Ggg', la prima che passi pel punto H e la seconda pel punto G : dico che il solido di cui una sezione secondo la sua lunghezza è compresa dalle ret- te HA , ACB , BG e dalle due uguali iperbole Uhh' , Ggg', che dalia parte D si prolunga all' infinito , sempre più assottigliando- si, è il solido ricercato . Imperocché esyspnrlo il rottangulu delle HA , AC uguale al ret- tangolo delle GB, BC, e l' iperbola tìhh' la scala de' pesi del brac- cio AC , e r iperbole Ggg' la scala de' pesi del braccio BC nello stesso vette ACB ( Teorema ); sarà il rettangolo di qualunque sezione verticale nella parte del solido sul braccio AC nella ris- pettiva distanza dal centro di moto C, uguale al rettangolo di qualunque altra sezione verticale nell' altra parte del solido suU' altro braccio AC nella respettiva distanza dal centro medesimo : dunque il solido di cui una sezione secondo la sua lunghezza è compresa dalle rette HA,ACB,BG edalle due uguali iperbole HA/i', Ggg' sostenuto sulla metà della base in C , avrà tutti i suoi ele- menti in equilibrio fra di se , ed in conseguenza sarà dal proprio peso incurvabile . Il che ec. A a CO- 4 Intorno all' incurvazione de' solidi COROLLA RJ. I. E manifesto che capovolgendosi il ritrovato solido HAG BGD in posizione verticale (Fig. IV.) sopra un appoggio o fonda- mento in D , saranno stessamente riguardo al proprio peso le sue parti HACD, CBCD incurvabili . II. Se fosse confitta la metà DCBG colla sezione CD in una parete verticale, resisterebbe pure essa all' incurvazione : e qui è da osservarsi che per risultare il predetto solido tale che il suo momento, o quello d'ogni sua parte BcEG pareggi la resistenza allo spezzamento della respettiva sezione CD, o cE, dovrebbe es- sere conterminato, in luogo dell'arco iperbolico DeG, dall'arco parabolico DEB a cui sia tangente l'orizzontale GB . PROBLEMA IL Determinare la sezione di un solido incurvabile dal suo pe- so , essendo sostenuto da due appoggi A, B nelle estremità della sua base orizzoiilalc AB (fig. V.). Sia la lunghezza del solido AB = « , la grossezza che dee a- vere in un dato punto C , cioè la verticale CD =/» , quella in un altro qualsivoglia punto Z*, cioè bl-=y ; sia poi la data distanza BC = m , sarà AC= a— m , e sia per ultimo 1' ascissa BZ» = j; , e sarà Kb = a — x . Considerando pertanto la base AB del solido AH//D/gGBA da determinarsi, come un vette caricato di pesi proporzionali alle sezioni DC, Ih ec. , è manifesto, che, perchè sia incurvabile dal proprio peso, immaginandosi un minimo rilassamento o incurva- mento in esso, dovranno i momenti del peso in h di qualsivoglia sezione bl rappresentato da/, riguardo agli appoggi A, B, pareg- giare i momenti del peso in C della data sezione DC rappresentato da/7 riguardo agli stessi sostegni A,B: mape'principj della stati- ca de'solidi il momento della parte del peso / che gravita sul sos- te- Di Paolo Delanges 5 tegno A è ^ ( rt — .r ) , che è uguale al momento d i quella che gra- vita sul sostegno B, cioè /^mTW.^r ; e cosi il momento della parte del peso/? che gravita sul sostegno A è — ( a — va ) , che è uguale al momento di quella che gravita sul sostegno B cioè i j p.m\ quindi perchè il solido ricercato AH/zD/gGBiV sostenuto nelle e- stremitàA, B sia incurvabile dal proprio peso, dovrà essere con- terminata la sua sezione verticale secondo la sua lunghezza dalla curva ìiQlg delF equazione (A) x)-[a — X ) = mp (a — m) (A) Il che ec, COROLLARI. I. Avendosi dall' equazione (A) mp{a — m) •' x{a — .T) è manifesto che se ^ = o, ovvero x—a, sarà j = co : dunque le estreme sezioni verticali AH, BG del solido incurvabile sono as- sintoti della curva fiDlg da cui è conterminato, producendosi nelle estremità A, B all'infinito . n. E poiché dalla stessa equazione (A) si ha [a — x)x : [a — m)ni ■=.p :y ne risulta, che le sezioni verticali i/, CD del solido incurvabile sono in reciproca ragione de' rettangoli de' respettivi segamenti A^, ìB, AC, GB della base AB, e che in conseguenza la minima sezione verticale corrisponde alla metà della stessa base . III. La scoperta curva AD/gche costituisce il solido AHADgGB incurvabile dal proprio peso è quella medesima con cui Vìvìanì determinò la scala delle resistenze respettive delle sezioni in C,è ec. d'un solido cilindrico o prismatico forzato alla rottura da pesi pendenti alle sue estremità A, B, e sostenuta o in C , o in b ec. , rappresentando le ordinate CD, hi ec. le resistenze delle stesse se- zioni. Quindi ne segue la facile descrizione per punti della cur- va- 6 Intorno all' incurvazione de' solidi va //D/^, poiché costruita sulla base AB col vertice in D la para- Loia ADLB , sarà sempre bh a CD, cosi CD a bl. IV. Se finalmente il determinato solido di cui HABGDH ( fig. VI. ) è la sezione verticale secondo la sua lunghezza conter- minata dalle verticali AH, BG, dall' orizzontale AB e dalla sun- nominata curva HDG , sia retto sopra sostegni o fondamenti in H e G, rimarrà egualmente esso quanto al suo peso incurvabile . PROBLEMAIII. Determinare la figura della sezione verticale secondo la lun- ghezza d'un solido incui-vabile, di cui la base AB sostenuta alle estremità A, B ( fig. VII. ) è inclinata all'orizzontale BE nell'an- golo dato ABE . Si supponga come innanzi che sia data la grossezza indica- ta dalla verticale DC , che dee avere il ricercato solido in un da- to punto C , e da qualsivoglia altro punto b si conduca la vertica- le Z»/; e menate le //•, DR perpendicolari alla base AB, le orizzon- tali BE Al' incontrino le verticali DC , Ib prolungate quanto oc- corre, ne' punti ò', e, c',^'. È evidente che presa al solito la base AB per un vette cari- cato in ogni suo punto come ne'C , b di pesi proporzionali alle se- zioni verticali DC, Ib, verrà gravata soltanto ne'suoi punti da for- ze o pesi agenti in direzione ad essa perpendicolare e proporzio- nali alle normali DR, Ir, venendo sostenute le forze RC, rb , che colle dette DR , Ir equivalgono alle verticali DC , Ib dal sostegno inferiore B. Siccome però i triangoli Irb, DRC, Dbb', DCc, AZ'Z», Ac'C sono simili fra di loro ; cosi la stessa equazione (A) scoperta nell' ante- cedente problema determina pure anche in questo caso la curva da cui dee essere conterminata la sezione del solido incurvabile ricercato colla differenza che le coordinate Bb , bl saranno incli- nate neir angolo dato ABE . Il che ec. SCO- JfKMOHwV DI MATKMAT f„c7raJ.T.KILr>.rf. Fy.S. A. d H 1 ' c ~^~^^~-\ a . L- b ToAj.T. MEAIQHIA PI MATEMAT. Jnc/raJ.T.XILp.f. Di Paolo Delanges . 7 SCOLIO. Benché siasi veduto che le figure de' solidi incurvabili dal proprio peso vadino in parte conterminate da linee infinite, qua- lora sieno retti su d' uno o più punti della loro base piana : nondi- meno nelle pratiche, nel primo caso, il solido può essere dotato della figura dimostrata dalla sezione ABGg/iH , cioè avere le due porzioni AahH , Z/BgG (fig. Vili.) estreme conterminate da rette linee, e da linee iperboliche essendo rettangolare la porzione di mezzo abj^h in cui è pili difficile l'incurvazione; e nel secondo la figura dimostrata dalla sezione ABGgDAH (fig. IX.) , cioè avere le parti estreme AaAH, BZ'gG rettangolari, ed essere la parte di mezzo conterminata dalle rette ha, ah, hg e dalla porzione di cur- va hD^ dell'equazione (A) surriferita. Ad un solido in fine con- fitto con una estremità ad una muraglia converrebbe la figura* prismatica rappresentata dalla sezione CDEHFG (fig. X.) conter- minata dalle rette GF, GC CD, DE, e dall'arco iperbolico EHF . SUL SUL CALCOLO DELLE FUNZIONI RAZIONALI DELLE RADICI DI UNA DATA EQUAZIONE QUALUNQUE ALGEBRAICA DETERMINATA Dotate della forma f{x\ x\ x" , .... ,»;('«) ) MEMORIA Di Pietro Abbati Modenese Presentata da Paolo Ruffini lì 17 Luglio i8c4. D J-^ ata una qualunque equazione finita, intiera, e razionale x'" -A- Ax"'-' + Bx"'-'- + + V = o. le di cui radici sieno designate mediante le x\ x'\ x", ec. , ar^'"^ , siccome per la determinazione dei coefficienti di una sua trasfor- mata qualunque , rendesi necessaria la determinazione del valore /"ir' " ■'" ^("*) \ J V'' ^ X ^ X , , X I cioè una funzione delle stesse r', x'\ x"\ ec. x^"^' tale per la forma, che resti sempre invariabile ad ogni loro permutazione; cosi per facilitarne la pratica ò creduto conveniente di accennar brevemente alcune regole per giungere alla determinazione del valore r.-r" x" x^ .r' X col mezzo dell' altro 2x' , che già sappiamo rinvenire mediante i coefficienti della data equazione, (i) PRO- (i) Non à guari leggendo per caso il primo ed unico tomo della Società di Mantova , vidi una elegantissima di- mostrazione del Sig. Paoli di una for- inola del Sig. Eduardo Waring con cui «ella sua Miscellanea Analytica avea già prima d' ora indicata la soluzione del nostro problema . Ora siccome la dimo- strazione del Sig. Paoli poggia in gran parte sulla integrazione delle equazio»- ni a differenze finite parziali , e può d'altronde riuscire di qualche vantag- gio il conoscere delle regole per giunge- re alla soluzione dello stesso problema _, Di Pietro Abbati • 9 PROBLEMA. Esprimere col mezzo del generale valore 'Ex quello di una qualunque funzione razionale delle x', x\ ec. dotata della forma A^.=^\ ^■^'"^) ossia quello di 2 K X X X senza che perciò si ronda necessaria la determinazione di '^x'^ a^^ 2.x-"'x".i^ec. Alla soluzione del proposto problema premetto i.° che il va- lore di una qualunque funzione razionale delle x\ x\ ec. dotata della forma f(x, x'\ a;^'"^) (S 3. Ruffini Teor. Equaz."*')* potrà generalmente ridursi all'altro Sm n p u •Aj lA/ tAy •■••••iX ^ imperciocché se la data funzione sia razionale, ed intiera, la cosa è chiara per se medesima ^ che se essa fosse fratta, dopo di averla ridotta allo stesso denoiuiuaiore, ed ai minimi termini, la chia- T' . merci ^ ed in tale circostanza le T' , V sarebbero entrambe fun- zioni intiere, e razionali delle x\ x", ec. dotate della forma ri j fi jn / \ 5 5 5 ' H ) e però ec. Che le T', V siano entrambe funzioni delle x\ x'\ ec. della forma testé enunciata , si deduce dal considerare che in caso diverso, supposta la T' cangiarsi alle permutazioni fra le x\x",, ec. nelle T", T" , ec. e cosi la V rispettivamente nelle V", V", ec. sarà sempre vero, che rrr, = ec. Tomo XII. B Ora lo qHali sieno puramente fondate snlle nozioni che a noi fornisce la semplice Teoria delle Equazioni, così ò stimato non del tutto inutile la presente Me- moria . IO Sul Calcolo delle Funzioni ec. Ora le T', V sono prime fra loro, dunqlie saranno le T", T'", ec. multiple di T', e le V", V", ec. corrispondentemente equimul- tiple di V; sarà per es." T" = XT', V" = XV'; ma le T ", V" altro non sono in sostanza se non che le rispettive T', V nelle quali siasi esegaùta una data permutazione fra le x\x", ec, dunque per la stessa ragione che la T', in quanto alla forma, non à verun comun divisore con V, la T"in quanto alla forma non avrà divisor comune con la V", e però X=: i; dond;; T'= T", V' = V";ecosìT'=:T" = T'" = ec., V' = V" = V"' = ec. 2.° Che non mi sia disdetto di chiamar funzione, o valore del I .° ordine il seguente 2^'", del secondo ordine l'altro 1.x"' x", ec. , ed in ge^ierale funzione, o valore dell'ordine ^^^^f^o j^ X X X^ X^ X allorché il numero delle m-> ra, p-, q, ec, u-=(ji.\ così di chiamar termini di una sola dimensione i seguenti S^x"*, ^a", ec, di due dimensioni gli altri 'S.x'". 2^;", 'S.x'"'^"^ di tre dimensioni gli altri ^x'\'^x". 2:r^ ^x"". ^x"-^e^ '^x'"^"^''; ec, ec, e premetto altre- sì nei termini di più dimensioni la distinzione di due sorta di fat- tori, chiamando semplici, o della prima specie i fattori di una so- la dimensione come 2x"', 2jr", ec, composti, o della specie secon- da i fattori della forma ^x'"'^"; 2x"'"^""^^ ec Tutto ciò premesso io rifletto che giungeremo senz'altro alla soluzione del nostro prohlema, qualora ci sia dato di stabilire le regole per la forma, segno , e coefficiente di ciascun termine del valore in quistione . Quanto alla forma dei termini egli è chiaro che questa può di- versificare in più modi avuto riguardo i." al numero delle di- mensioni, a." al numero dei fattori, 3.° loro specie, 4-° ^h^ ^^"" verse combinazioni delle m, n,p, ec. nei fattori stessi. Osservando le formole (H) :^x"'x"=^x".'Sx'"—i:x"''^" (I) -^x'"x"xf=^x^.^x"'x"—^x''x'"-^^—:^x"'x'''^f (K) _^ Dr Pietro Abbati . t i (K) ^o; X ^'^a:'=— j-'.-^.i; .x- ^c'^ — -ijc x^:c ^—2,x x'^x ^-■^x x x ec. ec. (L) S^t-^xV x"=^x'\^x"'x''x^ —^x'x'' X — ^x x^ X — ^x X X — ec. ( Ruffini Teoria Equazioni i°, 2°, 3", 4°, 5 41 ) , con la scorta delle nostre definizioni, e sul riflesso che i valori corrispondenti a ^ x"' x""^^ ^^x" x"^^ possono ottenersi da quello con cui viene espresso l'altro 'Zjc'"x" collocando rispettivamente in iuogo delle re, m, le n-^p^ m-\-p\ clie i vaioli corrispondenti alle 2x'"a;''a,-^-^% ^x"'x^x"^\^x"x^x^^'^ possono ottenersi da quello con cui si esprime T altro Sx" x V collocando rispettivamente in luogo delle/;, n , ni le/7+y , n-\-q , m-\-q^ ec. non sarà punto dif- ficile di veder la ragione della seguente REGOLA I. „ Tutti i termini del nostro valore saranno di ju dimensioni, 5, e però la diversità, che in quanto alla forma potrà incontrarsi „ passando dall'uno all'altro? dipenderà o dal numero, e specie 5, dei fattori, o dalla diversa combinazione delle w, /2, /?, ec. nei „ fattori stessi ,, . Considerando poscia nelle suesposte forinole che il valore '^x'"x" dell' ordine secondo ci viene espresso col mezzo di due ter- mini formati l'uno da due fattori , 1' altro da uno solo; che però il valore '^x'"x"x'' dell'ordine terzo, qualora siasi prima ridotto ad es- sere espresso mediante il generale valore 2x di i.° ordine, sarà un aggregato di varii termini parte dei quali saranno formati di tre fattori, parte di due, e parte di un solo, che però ec, ec, chiara vedremo la ragione della seguente REGOLA IL „ Nel richiesto valore alcuni termini saranno formati di /x 5, fattori, altri di ^ — i , altri di ^ — 2, ec, ed in generale formati B a 5, da IO Sul Calcolo delle Funzioni ec. „ ibrmati da un numero |x — ì; di fattori essendo i=o , 1,2,3, 5, ec. , jM I ,, Nel valore per es. di ^x"'x"x''x''x'x' ove ^=6, alcuni teamini saranno composti di sei fattori come lo è altri di cinque come il termine Xx"'.Xx".Xx''.'£x''.Sv"^\ altri di quattro come i termini ^x"-.'Sx".:ExP.'^x^^--^', 'Ex'"Xx"Xx^^''Xx''^% ■ altri di tre ec. ec. Chiamo X ^ il complesso dei termini formati da un numero di fattori = ju,, X '* '' il complesso dei termini formati da un nu- mero di fattori = |M — i ; ec. , ed in generale X'^ il complesso dei termini formati da un numero di fattori = u — v ; in questa supposizione è chiaro, die la soluzione del problema dipenderà dallo stabilire un metodo generale per la determinazione della auantitàX^'^"''^ . Dico termini fra loro simili nel complesso X^'~ quelli clie vengono formati da un egual numero di fattori della prima, e da un egual numero di fattori della seconda specie, essendo questi rispettivamente dotati delle stesse dimensioni , dissimili poscia chiamo/r + er.. Trattasi ora di determinare il numero delle Xi ' , ec. non che i termini ciie le compongono . Quan- Di Pietro Abbati . i3 Quanto al numero delle Xi ''*''''' , ec. io rifletto, che posto t=o , siccome in tal caso la forma dei termini composti di fx fat- tori non può mai supporsi diversa dalla seguente ^X '-^X .^X^ ^X , cosi per la ( regola a. ) precedente un tal termine dovrà sempie rinvenirsi fra quelli , che andiamo cercando. Essendo poi la v di- versa dallo zero, cioè :!=: i, a, 3, ec, in tale ipotesi prima di stabilire le regole generali per la determinazione del numero del- le \i^~'\ ec. e della forma comune ai loro termini rispettivi, prendiamo un esempio onde facilitarne 1' intelligenza, e farne nel tempo stesso vedere una chiara dimostrazione . Sia dunque ju, = 6 , j- = ii 5 così che del valore j^ JU tÀi (4/ vL vv dC dell'oi'dine sesto si cerchi il numero delle Xi'", X2.''", ec, ec. e la forma comune ai loro termini . In tal caso io osservo che il termine ^x"'.-£x".'^x^.'^x'-^'^' dovrà certamente rinvenirsi nell'espressione del nostro valore, mentre in caso diverso essendo per la formola (L) ^x"'x"xfx''x'-x-:^:Sx'.'^x"-x"xrx''x'-^x'"x"x^x'x'-^'—Xx'"x''xP.i'x'-^'—(^C- ed essendo 'Slx"'x"a.^x^x''^' = al valore con cui viene espressala- "^ x"" x" x^ x'' x' purché in essa in luogo di r costantemente si collo- chi r-\-s, ne verrehhe, che nemmeno il termine potesse far parte del valore S;f'"Ar"jf^.v*Ar'', e per una ragione af- fatto simile ne verrebbe che il termine ^x'".'^x''.'Ex^.^x' dovesse escludersi dall' espressione del valore di 'Zx'" v" x^ x'' ; ma ciò sarebbe contrario alla ( regola n. ) ; dunque ec. Nello stesso modo si dimostra che il termine dovrà certamente ritrovarsi nell'espressione del valore in quistio- ne, d'onde concluderemo che due saranno le somme dei termini simili composti di quattro fattori nel dato valore 2x'"x"x^x'^x'x' per cui faremo X'^ = Xi'^4-Xa"' chia- i4 Sul Calcolo delle Funzioni ec. cliiaiiiando per es. Xi" la somma dei terinini di forma simili al primo Sj:"'.Sr".2;Ar^.i:A:?+'-*-', ed Xa'Ma somma dei termini di forma simili al secondo Sv"'.Xr".Xx^'^\T:x:'''^'. Generalizzando col pensiero il discorso fatto nell' esempio precedente, facilmente vedremo come in qualunque ipotesi delle fi, f> sarà sempre vero, che i." per la determinazione del numero delle Xi ** ', ec. si potrà stabilire la seguente R E G 0 L A 1 1 1. „ Determinate tutte le soluzioni sostanzialmente diverse di ^5 cui è suscettibile il problema : dividere il numero intero (x in „ fj( — f parti intiere non< i, (i) facciasi il numero delle Xi '^ j 5, ec. uguale a quello delle anzidette soluzioni v . Nell'es. precedente ove ^^ = 6, i; = a abbiamo X'^ = Xi'"-f- Xa'" giacché in due soli modi puossi dividere il numero 6 in quattro parti intiere non <: i ; primo facendo tre delle anzidette parti u- guali ciascuna all'unità, e la rimanente uguale a tre. Secondo fa- cendo due delle parti stesse uguali all'unità, e le rimanenti ugua- li ciascuna a due. a.° Che per la determinazione della forma comune dei ter- mini delle rispettive somme Xi '^^ , ec. si potrà stabilii-e la REGOLA IV. La forma comune ai termini delle somme X i ** . ec. si «po- (i) Per conoscere a colpo cV occhio il numero delle soluzioni di «ui è suscet- tibile l'indicato proHeraa, si consulti il capo XVI àeW Introductìo in Analysim infinitorum dej Signor Euler ^ dal quale sarà facile di rilevare il modo di conti- nuare quanto si voglia la tabella citata al §.° 3i8, e col soccorso di lei ottenere qt.anto si desidera . Di Pietro A guati . < l5 „ potrà determinare col prendere, come per modulo, per ciascu- „ na Xi '^~''\ ec. una diversa soluzione del problema citato alla ,, ( prec. regola 3. ), e coi lare in quella la forma comune ai suoi ,, termini composta di tanti fattori della prima specie, quante so- „ no in questa le parti uguali all' unità, e cosi di tanti fattori ,, della specie seconda di due, tre, ec. dimensioni, quante sono „ nella citata soluzione le paiti uguali al due, tre, ec. „ Determinate le forme dei termini delle rispettive somme Xi "'^ ec. 5 osserviamo in esse cosa nasca dalla permutazione delle m.,n,jy,--.-u fra loro . A tale effetto presa per es. la forma 2r'^2A^"■^^.S.*•^■^-^2.r'■^- • • • • -^ " vedo che permutando fra loro reciprocamente le due lettere n , j(? , o le due q , r avremo . ^x"'Xx"^^.X'c'^''.Tx' ■ u 5 vedo che lo stesso succede permutando fra loro reciprocamente i due fattori Sr"+^ Xx^'^\ onde :Ex'".'Sx"^i'.'^x''-*-''.^^'-^---^"' = -Sx"'.'Sx^'^'.^x"'^^.1.x"^ ■*-" ec. ^finalmente osservo, che saranno uguali tutti i valori nati dal- le possibili permutazioni delle s, t ^ «fra loro. Ora sicco- me per mezzo di opportuni coefficienti numerici ;possiamo sem- pre unire assieme i termini uguali , e siccome possiamo qui rino- vare il discorso poc'anzi fatto per istabilire la regola 3.*, e sap- piamo d' altronde che il valore in quistione esser deve una fun- zione delle Jc', y, ec. x^"'' della forma f{x;x",x'\...x^'''^y, così non tenendo conto se non se dei generalmente disuguali pei* la loro determinazione stabiliremo la seguente REGOLA V. „ Facciansi nelle rispettive forme dei termini componenti „ le somme Xi^'^~'^ , ec. tutte le possibili permutazioni delle ^ „ let- (A) 16 Sul 'Calcolo delle Funzioni ee. ,5 lettere m, n, p^ ec. u capaci di darci dei risultati generalineu- 5, te disuguali , e questi scrivausi 1' uu dietro 1' altro col segno -+■ P, fra due parentesi „ , Se, volendo esser certi di non aver omessa qualche permuta- zione si addomandasse il preciso numero degli indicati risultati , in tal caso chiamate «, è, ec, g delle (i -~v parti intiere del nu- mero fx le diverse dall'unità , se con le «, f^, y, ec. esprimeremo il rispettivo numero di quelle che fra le indicate quantità assie- me si uguagliano, e supporremo a-fZ'H-c-t~....+g = /i, dalla teoria delle comhinazioni è chiaro che l'otterremo espresso dalla formola ^(^— ') (f — a) (j;^.-;, + 1) i.2.3...a.i.a.3.iJ..t...i.a.3..g.i.3.3....a.i.i2.3../f... Dunque nell'es. preparatorio alla regola 3.", essendo per la forma dei termini componenti la somma Xi'", ^ = 6,o = A = 3,ft,^, > ., , 6.5.4 ec. =; I j sarà il loro numero = ^ = 20 , e saranno I . a . o 'S:x"'.^x"Xx'.^x''^'-^' , 2jf".2A:".2Ar'.SAr^+?^-' 'Ex"'Xx^Xx''Xx"'^'-^' , ^x'".'^xfXx\'^x"^'-^' 'Ex'^.'^xfXx'Xx"'^''^' , '2v'"Xx''Xx'.'^x"'^^-^' ' ^x'^Xx^Xx^Xx^'-^f^' , ^x'^Xx'Xx'Xx-^^^'^ ^x"Xx^XxlXx"'^'^' , •Sx"XxfXx'Xx'"+''-^' ^r"Xx''Xx'Xx"'-^''+' , :^x"Xx'Xx''Xx'"-^'''^' '^x"Xx''Xx'Xx'"-^f^' , '2x"Xx'Xx'Xx"'^f^'> ^x^Xx'iXx'Xx'"'^"-^' , 'Ex^Xx'>Xx'Xx"''^"^' '^xi'Xx'Xx'.X r"-^""^^ , ^x''Xx'Xx'Xx"'-^'''^f . Determinati in tal modo i termini del nostro valore egli è chiaro , che alla completa soluzione del nostro prohlema altro piìi non resta se non se di stahilire le regole onde conoscere i segni, e i coefficienti dei medesimi . / Pre- Di Pietro Abbati . i f Presa in maturo esaiiin la formola (L) ove il valore •^ m II p u dell' ordine f^esimo ci viene espresso col mezzo di tanti valori tut- ti dell' ordine {f* — \)esìmo presi negativamente a riserva d' un so- lo preso col proprio segno , e moltiplicato per un altro valore dell' ordine primo, sarà facile di rilevare, fatto ju,=/x — i , che se ri- guardo ai termini della somma X^'*~*' si verifichi generalmente la regola, che essendo v pari abbiano essi il segno -\- , ed essendo v disparì abbiano il segno — , una tal regola dovrà eziandio verifi- carsi per rapporto ai termini della somma X'"" ; imperciocché quanto ai valori dell'ordine (m, — i)esimo, ossia dell' ordine ^(?«/?zo, ì quali nella equazione (L) costituiscono fuor del primo tutti i termini del suo secondo membro, egli è chiaro, per la fatta sup- posizione, che ponendo fx — i in luogo di fji.' nella somma generale X ' , avremo i termini della somma X '^ "' dotati di segno -+- allor che /sia pari, e dotati di segno — allorché / sia dispa- ri , ossia dotati di segno -f- allorché j-'-f- 1 sia dispari , e vice ver- sa di segno — allorché ^'-h- i sia pari; fatto ora i-+-i=ii sarà e siccome per la formola (L) tutti ì termini dell'ordine fx'esìmo da noi considerati si devono prendere col segno cangiato, cosi si ve- de che ec. Per ciò poi che riguarda il primo termine del secondo membro dell' equazione (L) , essendo questi un prodotto formato di due valori uno del primo, l'altro dell'ordine y.' esimo da pren- dersi col proprio segno, ne viene , che siccome per la fatta sup- posizione, posto p. — I in luogo di ju.' nella somma generale X**"'^ abbiamo i termini tutti della somma x^'*"'"'^ dotati di segno po- sitivo 0 negativo, secondo che pari o dispari sarà il numero »>', così in grazia delle definizioni date aggiungendo il fattore di x.° ordine avremo i termini espressi dalla somma generale X^~~' '~*'^ dotati di segno +,0 — secondo che sarà pari o dispari il numero i'' Torìio XII. C OS- i8 Sul Calcolo delle Funzioni ec ossia il numero (— i + i — p'); dunque supposto ( — i + i — v'):= — 1> si vede che ec. Ora supposto jj.'^i abbiamo il valor generale di i.° ordine dunque fatto col pensiero di mano in mano ft=2, 3 , 4 5 ^<^' ^^^^ facile di rilevare rapporto ai segni la seguente REGOLA VI. „ Il complesso X '^""^ ossia tutti i termini formati di (ju,— r) fat- „ tori avranno il segno positivo, o negativo secohdo che il niime- „ ro y sarà jjari o dispari „ . Dunque nell'esempio preparatorio alla (reg.* 3."), in cui ju,=:6, »=:2, tutti i termini del complesso X'", ossia delle due somme Xi'", Xa'" saranno affetti del segno -4- . Finalmente per rapporto ai coefficienti io rifletto, che tutti i termini simili saranno necessariamente dotati dello stesso coef- ficiente, mentre in caso diverso non potendo il valore rinvenuto, eeneralmente parlando, addivenire una funzione delle radici del- la data equazione della forma r/ I '• VI ("^A J \ OC ff X •) OC mf * X ì non sarebbe capace di esprimere quello di ^x-'x-x'' x'=f{t\ x\ x\ .... x^'")) . Dunque tanto i segni quanto i coefficienti dovranno appor- si alle somme Xi , Xa , ec. , ed ecco il motivo per cui alla ( Re- gola V ) abbiamo suggerito di collocare i rispettivi loro termini fra mezzo a due parentesi F un dietro l' altro col segno H- . Ciò posto , siccome alla spedita comprension delle cose me- glio giovan gli esempi di tutti i discorsi astratti e generali , co- si chiamati Gì, Ca, C3, ec. i rispettivi coefficienti delle somme ((X — V- ( —p) (u—y) ' Xi , Xa , X3 , ec, prima di stabilire la regola generale per la loro determinazione , osserviamo alcuni casi particolari sia pex ia- Di Pietro Abbati . "9 facilitare l' intelligenza della nominata regola , sia per farne nel tempo stesso travedere una esatta dimostrazione. Sia dunc^ue che del valore ^x"" x" x^ x' .1' x' vogliansi determinare i rispettivi coefficienti dei termini dotati delle forme 1/ Sx"'. 2x". ^x^. ^x". 2x'. ^x', 3." ^x"'-^"-^^. S.i*-^'-^' . In tal caso per ciò che concerne quelli della prima fra le in- dicate forme , osser\ ata la formola (L) , ossia F equazione , :^x'"x"x'x^x'x' = :Ex'.Tx"'x''.Jx'x'- ^x^'x^x^x^x-'-^'—^x-x^x^x^x"^' —^x'"x"x'x'x^^'—^x"'x''xfx'x'-^'-'^x'"x"xi'x''x'-^', sarà facile di rilevare che essi formeranno parte del solo valore ^^ X • ^•" tnj tAj tAj tAf tAy • Ora dalla stessa formola (L) abbiamo '^x'^x'x^x^x' = '^x'.^x"-x"x<'x'' — Sx"xPx''x'"^' — ec ; Dunque i termini dotati della forma da noi su2:)posta saranno uguali al prodotto di So;' per una parte del solo valore ^x''.'^x"'x"x^x''. Proseguendo in tal guisa giungeremo finalmente alla determina- zione del richiesto coefficiente , il quale sarà = i . Cosi dalla stessa formola (L) , e dal valore testé rinvenuto di 'Ex"'x"x^x''x'x' io vedo che i termini dotati della seconda forma formeranno parte dei soli 'Tr'"r" ì'^ r' iP^' 'S.r'" v" rf y" v'''^' 'Sr'" f" yf ■r'f y''^' ^■" vt/ ». Ora queste quantità come è chiaro si possono immediatamente ottenere dal valore con cui viene espressa la ^ x"" x" x^ x'' x' , collo- candovi rispettivamente in luogo delle ^, q^ r, le/>+j, q-^s, r-^s; dunque chiamato C il coefficiente del termine dotato della forma Sx"'. ^x\ Sx^^'^' nel valore di 'Sx'"x"x^x''x' , siccome sono fra loro uguali i termini avremo il richiesto coefficiente uguale a 3C' = (4— i)C' e a Nel- 20 Sul Calcolo delle Funzioni ec Nella stessa maniera proveremo , che il coefficiente C dei termine dotato della forma nel valore di ^^^'"^"•^^■«^•i''' sarà uguale a (3— i)C"=(4-i.)C" essendo C" il coefficiente del termine dotato della forma nel valore di Sx™ x" x^ x'' . Cosi finalmente proveremo che C" = (a- i)C"' = (4- ?.)C'" essendo C " il coefficiente del termine dotato della forma ^x"". ^x". ^x^ neir espressione del valore di 'Sx'"x"x''. Ora dall' es.prec. sappia- mo che C"=i ; dunque avremo ' (4-i)C'=(4_i)(4_^)C"=(4_i)(4-i.)(4-3)C'"=(4-i)(4-2)(4~3] per la richiesta espressione del nostro coefficiente . Dai precedenti esempj sarà facile di rilevare che il coeffi- ciente dei termini dotati della terza forma da noi proposta sarà = {3-i.)(3_a)(3-,)(3-a). Veduto il modo onde determinare il rispettivo coefficiente dei tei-mini dotati delle tre forme da noi supposte , cerchiamo ora come si possa determinar tpello di un termine dotalo della forma generale 2j..--<-«+--+- • • • -^ "^''^Sx"^''^"- • • "^"^^^ Sa:^^-?'"^ • • • -^^''^ di un dato valoi-e dell'ordine ixeslmo, nella supposizione cioè che a + lj -hc-hec. =jw. Presa in tal caso l' ecpiazione ( forinola L ) ^x"x'"...:."^'^J....x'''^- : =^x-'''>^x''x- . . .x-'^'^'^.'.A . . J'\ . . ,,-ec.-ec. 2-;rV. . . x"'^'^ x'x^ x^~'' x^^"^ Di Pjetao Abbati . ai _^ I li [b) I ut (a — 1) li . (a) — Sa-V. . . x" x"'x"' x"" '.r '"-*■"' I /i (b) I II i» „{a' — i) '•), (a) _^ ^ 1 " n^ ' .,"' y.'" „'" >y ' 'h'^m^ ' ^■^ £mX X < ■ • X • • • • • A X X 1 • • «-V X — ec. ec. primieramente io rifletto che se le <«, Z» , e , ec. sono tutte = i , sarà facile di dimostrare in una maniera affatto simile a quella indicata nel i.° esempio precedente, come in tal caso il richie- slro coefficiente sarà =: i . Che se poi 2,.° tutte, o porzione delle a, b, e, ec. fossero > i; supposto in primo luogo « > i, facilmente si vede che il nostro termine non potrà mai far parte se non se degli {a — i) valori dell' ordine (f« — i)esimo II (b) ,, III («— i) < , (^) ' X X * * I X *'-»XX**t'X X _, I II (b) I HI (a — i) 'I ^ (a) ^x'-x". . .x" . . . . x"'x'" x"' 'x'"-^'"' ec. ec. Ora questi valori possono sempre ottenersi da quello , con cui viene espresso 1' altro generale dell' ordine (^t — i)edinQ ' " («■"') i '„' „(*) I II (a^-i") . purché in esso in luogo delle m^ m, ec. m venghnio rispet- I (o) « [a) [<^—A ("> tivamente collocate le m-\-m , m-\-m , ec. m A- m Dunque chiamato C il coefficiente del termine dotato della forma > . li Ili (''— )2 ' 'i^^ . . -h>^ neir espressione testé indicata è chiaro che l'addomandato coef- ficiente sarà = [a — i) C . Nello stesso modo vedremo che essendo C"= al coefficiente del termine dotato della forma M-^)^ «V-V -^o^^' neir espressione del valor generale dell' ordine {/^—o^esirno 2.2, Sul Calcolo delle Funzioni ec. :^^''V- . . . ^^-^^V- . . . . :.''^'^^ Nello stesso modo , ec. ec. , e finalmente vedremo che ove C '^ '' esprime il coefficiente del termine dotato della forma v^."'_ ■s:^"+'''-H . • • -1-"C^) neir espressione del valore generale dell'ordine (« — a+i)eslmo ^ ' ' " (i) -^X X X . . . X Proseguendo col medesimo raziocinio nella supposizione di i> i, in quella di c>i , ec. e finalmente di g>i , vedremo che l'addo- mandato coefficiente verrà espresso dalla formola {a—i){a-fi) ..... (i)(Z,_i)(i_a) (i)(e_i)(c_2) . essendo ^(a-.+b-i+.c.^g-i^ez.) il coefficiente del termine dotato della forma ^J". -Ex", ^x^ neir espressione del valor generale dell' ordine (ju, — a-\-i — b-\- I — —g-^i)esimo 'Ex"x"x'' Ora per la prima precedente riflessione p,(a— i-l-S— i-f ec.-l-^— i) __ Dunque per la determinazione del richiesto coefficiente stahilire- REGOLA VII. mo la seguente „ Essendo la formola (A) 1' espressione del numero dei ter- 5, mini generalmente disuguali componenti una data somma „ Xi''*~''\ ec. avremo la formola (B) „ (a-i)(a-a) . . . {i){b-i){b-^). . . (i) . . . (g-i)te-i^) • • • (0 „ per Di Pietro Abbati . 2 3 „ per r espressione generale del suo coefficiente ; determinere- „ mo cioè il coefficiente di una data somma Xi'^""', ec. osser- „ vando la forma comune ai suoi termini , e deducendolo in „ modo speciale dal numero delle dimensioni dei fattori della ,, seconda specie di cui sarà dessa composta, avuto però riguar- „ do, che se questi mancassero, in tal caso il coefficiente cercato Dalle regole fin qui stabilite sarà facile , data una qualunque -^X X X^ , , , X per es, la ^ v*" ^-^ yyP -^ --^ ' ^■■' tAy «X- *^ lA' ÌA/ tA^ di determinarne il valore espresso per mezzo dell' altro generale di i." ordine "^x , costruendo all' uopo una tabella simile alla se- guente , nella quale appunto ó cercato di epilogare le regole stesse . OP- H OPPOSIZIONE D'URANO OSSERVATA NEL 1795. Da Giuseppe Slop de Cademberg Ricevuta il dì ig. Luglio 1804. X 1 cielo costantemente coperto non lasciò vedere Urano al quadrante murale che il dì 3 Marzo, cioè dodici giorni dopo se- guita l'opposizione ; vi fu dunque osservato in quella notte e nel- la susseguente insieme con il Cuor del Leone , i di cui luoghi ap- parenti tratti da differenti cataloghi sono qui esposti per il gior- no 3 dell' istesso mese. E necessario avvertile che si è tenuto conto della diminuzione annua o", 4' in ascension retta, che il Maskelyne dà a questa stella nella spiegazione delle tavole pre- messa al suo primo volume d'osservazioni astronomiche, e dell' annuo accrescimento o" , 3i in declinazione datogli da la Lande nella connoissance des temps del 1796, correzioni che nascono dal moto proprio di questa stella. Nel nostro calcolo ci siamo ser- viti dei luoghi dedotti dal Catalogo di Maskelyne . Dal Catalogo delle stelle zodiacali di Mayer . a del Leone, Ascensione retta - - - - 4' ^9° ^.i' Sg" , 9 Declinazione Boreale - - - - o ja S7 5a,3 Dal Catalogo di Bradley . « del Leone , Ascensione retta - - - - 4^9 ai 44'^ Declinazione Boreale ---- oii57 5i,3 Dal Catalogo di La Calile delle Stelle zodiacali . (X. del Leone , Ascensione retta ---- 4 219 ai 4^ 56 Declinazione Boreale - - - - o la 67 67 , 6 Dal Catalogo di Maskelyne . « del Leone, Ascensione retta --- - 4 2,9 ai 4^ »2, Declinazione Boreale ---- oia'57 46->6 Il . Da CiUiEPrii Slop de CAOEMBEnò' aS Il di 3 Marzo t. m. ore 1 1 a5' ag". Differenza osservata fra Urano e cr del Leone . Ih Ascensione retta ------ +0' In Declinazione --.-----— o L'istessa corretta dalla refrazione - - — o Luoghi apparenti d'Urano . Ascension retta ---_-_. «5 (Declinazione Boreale ----- - - o (Longitudine ----_--__5 ^ Latitudine Boreale ------ -o Aberrazione in longitudine - - _ - _ © Nutazione in longitudine . - _ - -f- o Longitudine vera d'Urano ----- 5 Longitudine geocentrica dedotta dalle tavole del Ch. Lambre ----.. _. 5 Latitudine geocentrica Boreale - - - - o Differenza di quelle tavole dall' osservazione nella longitudine ------ -__o Differenza nella latitudine - - _ _ — o Il di 4 Marzo t. m. ore 11. ai' a4' Differenza osservata fra Urano e 0- del Leone . Neil' Ascension retta ---- - . +0 Nella Declinazione ------- — o L' istessa corretta dalla refrazione - - — o Luoghi apparenti d* Urano . • Ascensione retta 5 jDeclinazione Boreale ------- o [Longitudine ----__-_ _ . 5 Latitudine Boreale ---.--.. © Aberrazione in longitudine - - - - — © Nutazione in longitudine - - - . - -{^ o Longitudine vera d' Urano ----- 5 Longitudine secondo le tavole - - - - 5 Latitudine Boreale ------- © Tomo XII. D 3» 38' 57", 4 0 57 53, 0 0 57 44. 3 3 0 37» 6 1 1 59 5a . , 3 0 39 a8, 0 0 47 53, 5 0 0 14, 9 0 e i3. 5 0 39 a6 , 6 0 39 19, »9 0 47 Sa, , 0 0 0 6, 7 0 0 1 , 5 3 36 34, 6 0 56 54, 0 0 56 55, 3 2 58 i4o 8 la 0 5., 3 0 36 56, 5 0 47 59, I 0 0 4, 8 0 0 i3, 5 0 36 55 , a 0 36 47. 9 0 47 5. , 8 . Dif- a6 Opposizione ec. Differenza delle tavole dalFosservazione nella longitudine ------- — o' o" o' 7", 3 DifFerenza nella latitudine ---- — o 007,8 Da tutto questo risulta la differenza media in longitudine — 7", o, ed in latitudine — 4', 4' q"ali differenze si avranno as- sumendo la longitudine osservata per il di 3. Marzo 5' 0° 89' 28' , 3 e la lalitudlne floreale 4? 56", 4- La longitudine del Sole dedotta dalle tavole di Lambre era in quel tempo 1 1' iS" 28' a", a, onde col moto relativo del Sole da Urano era già stato descritto un ar- co di gradi la 43' 33", 9 dopo dell'opposizione apparente . Quest' arco secondo il moto geocentrico d' Urano di 3a' 8", 6 e del Sole ia° II' a5", 4 ricavati, ambedue dalle tavole del Lambre fra il 3. Marzo ore 1 1 a5' a9", e il 19. Febbrajo ore 7 57' 84" di tempci me- dio vien descritto in giorni la ore 8 a 7' 58", onde l'opposizione apparente seguì il 19. Febbrajo a ore 7 67' 86" di tempo medio , per il qual tempo si ha dalle tavole la longitudine del Sole li' 1° II' 86", 8, e per ciò la longitudine geocentrica d'Urano 5' 1° 1 1' 36 ", 8, quale corretta dalle due equazioni (i) — a", o . . . . (a) -f- i', I, dà la longitudine eliocentrica dell' istesso pianeta 5- 1° II' 85", 9. Per il tempo dell'opposizione si deduce la latitudine geocen- trica osservata 47 58", 3 alla quale corrisponde la latitudine elio- centrica boreale 45 a3'', o . Dalle tavole del Ch. Lambre si hanno la longitudine eliocen- trica 5' i" II' aq ' , o, e la latitudine boreale 45' 18', 8 , perciò la differenza di quelle tavole dall' osservazione era nella longi- tudine eliocentrica — 6', 9, e nella latitudine - 4' 5 2,, OP- (i) Oljservatioiies Syclernni liajiita; Pi- • (2) Novi Pianeta observatioiios & theo- sis ab an. 1774- ad an. 1778. p. 122. j ria pag. 16. et 17. 27 OPPOSIZIONE D' URANO OSSERVATA NEL 1 796. Da Giuseppe Slop de Cademberg , Memoria ricevuta il dì sto Ottobre 1804. U rano fu veduto al quadrante murale il a6. Febbrajo colla stel- la e , ed il di 27. colle stelle ^ e ;j(^ del Leone , i luoghi apparenti delle quali sono qui descritti per il di 2,6. Nei nostri calcoli abbia- mo fatto uso di quelli dedotti dal Catalogo di Bradley perle stel- le j» e ;)(^ , di quelle di Mayer per la stella e. Dal catalogo delle stelle zodiacali di Mayer. 2 yo del Leone, Ascensione retta ----- 5' 5"3i' 5",7 Declinazione Boreale - - - - - oioììi 3,3 e del Leone, Ascensione retta - - - - -- 5 12, 3246,9 Declinazione Boreale - - - - - o 71129,0 p^ del Leone , Ascensione retta - - - - - 5 i3 3745, 7 Declinazione Boreale ---- - 08264»^ Dal Catalogo di Bradley . jo del Leone , Ascensione retta - - - -- 55317,7 Declinazione Boreale - - - - - 01021 2,1 e del Leone , Ascensione retta - - -" - - 5 12 3247,2 Declinazione Boreale --- - - 071133,7 p^; del Leone , Ascensione retta - - - - - 5i3 37 44,i Declinazione Boreale --- -_ 08 26 6 2 Dal Catalogo delle stelle zodiacali di La Caille . p del Leone, Ascensione retta - - - - - 55 3o58,7 Declinazione Boreale - - - - - 0102111,0 e del Leone, Ascensione retta - - - - - 5 12 32 40, 6 Declinazione Boreale - ---_ o 711 39,3 5^ del Leone, Ascensione retta - - - - - 5i337 4o,i Declinazione Boreale - - - - - 08 26 11, 8 Il dì 26. Febbrajo t. m. ore 12 6' 5" Differenza osservata fra Urano, e la stella e del Leone . N«ir.Ascension retta - - - - - - - — o4 34 4<^57 Nella Declinazione - - - -.- - - - +02 55 43, i D 2 L' istes- 2.tV Opposizione ce. L'istessa corretta dalla retrazione - - - -\- o' 2.° Bo ^6" ,() Luoghi aj'parenti d' Urano . /'Ascension retta --------- - 5 7 58 6, a ; Declinazione Boreale ---- - -- - 010715,9 )Longitudine - -- -------- 55 5^2,3,6 -.Latitudine Boreale -------- . o 048 4*^), 3 Aberrazione nella Longitudine - - - - — o o oi5,, 4 Nutazione nella Longitudine - - - - - -}-oo ci6., o Longitudine vera d' Urano - ----- 55 5a 24, a Long. geoc. ricavata dalle tavole del Cli. Lambre 5 5 Sa 4^5 ^ Latitudine Boreale --------- 00 4^ 32,, 2, Differ. di quelle tavole dall' osserv. nella Long. +0 o o 18, b Differenza nella Latitudine - -- - - — 0008. ^i II di 2,7 Febbraio t. m. ore la i' 57" . Differenza osservata fra Urano e p del Leone. Nell'Ascensione retta - - - - - - - +0 2243^,7 In Declinazione - - - - - - - - - — 0012 45, 6 L' istessa corretta dalla refrazione - - - — 001245,9 Luoghi apparenti d'Urano . 7\scensione retta - --- ___-_ 575 5 4^^ 4 Declinazione Boreale - - - - -- - - 010 81 6, 2 Longitudine ----------- 55 49 4^' ^ V Latitudine Boreale - - - - - - - - - 00484I56 Aberrazione nella Longitudine - - - - — 0001 5, 4 Nutazione ----------- +000 16,0 Longitudine vera d' Urano ------ 5 5 49 4^' 6 Long, geocentrica dedotta dalle tavole di Lambre 5 5 5o 5,7 Latitudine Boreale ------- - - 00 48 34, 3 Differ. fra le tavole e l'osservazione nella Long. + 0 o o 17, i Differenza nella latitudine ----- - — 0007, 3 Il dì 27. Febbrajo t. m. ore 12 i' 57" . Differenza osservata fra Urano , e ^ del Leone . Neil' Ascension retta ------ -- — o54i ^7, t Nella Declinazione ----------t-014^6, o L' istessa corretta dalla refrazione - - - - +c 142, 8, 6 Luo- Da Giuseppe Slop uè Capembekg 29 Luoglii aijparenti d' Urano . Ascensione l'etta --..---_. -5' 7°55"47", o ) Declinazione Boreale - -.- -----010 81 4, 8 ^Longitudine ------ 5 5 49 54, 6 Latitudine Boreale --------- 00 4^ 44^ - Longitudine corretta dall' Aberrazione e dalla Nu- tazione, ossia Longitudine vera d'Urano - 5 5 4955,2 Differenza fra le tavole di Lambre nella Loniri- tudine - ------- - --i-oooio,5 Differenza nella Latitudine -- - - - - — o 009,9 Si Ila dunque la differenza media fra le tavole e l'osservazio- ne riguardo alla longitudine ■+■ 1 5", 4 5 ed alla latitudine — 8", 4? quali differenze si avranno per l' osservazione del a6 Febbrajo, assumendo per quel giorno la longitudine apparente osservata 5' 5° Sa' 2,6", 8 , e la latitudine 48' 4<^' "5 6 . Le Tavole danno per quel tempo la longitudine del sole i5' 8° 9' i4", 6, onde col mo- to relativo del Sole da Urano era stato descritto allora un arco di gradi 2 16' 47"7 8 dopo dell'opposizione . Quest' arco secondo il moto del sole di gradi a 1 1' a8", 5 , e di Urano 5' 54' , 6 dedotti dalle tavole del Gli. Lambre fra il a4 Febbrajo ore 7 /\.2,' 8", e il a6 ore la 6' 5" vien descritto in a gior- ni ore 4 i5' 19 ", e perciò l'opposizione apparente era seguita il a4 Febbrajo ore 7 5o' 46" di tempo medio, per il qual tempo si ha dalle tavole la longitudine del sole 1 1' 5° 58' 7", 9, onde la longi- tudine geocentrica d' Urano era 5' 5° 58', 7" , 9 quale corretta dalle due equazioni -+ o", 6 -\- i", i ci darà la longitudine eliocentrica 5' 5° 58' 9", 6. La latitudine geocentrica osservata che per il a6. Febbrajo si assunse di 48' 4*^ 5 ^ P^i" ^' tempo dell' opposizione doveva essere 48' ^n" , 4 ■> ^1''^ quale corrisponde la latitudine eliocentrica 46' 44", a. Le tavole danno la longitudine eliocentrica 5' 5° 58' a3", 6 , e la latitudine 45 , 56", 5, onde la loro differenza dall'osservazio- ne era nella longitudine eliocentrica -+■ i4 '5 o , e nella latitudine - 7", 7 ., ^^'- 3o OPPOSIZIONE D' URANO OSSERVATA NEL 1 797. Da Giuseppe Slop Memoria ricevuta il dì 26 Ottobre 1804. Urano fu osservato al Quadrante Murale ne' giorni a6 e a8 Feb- brajo , a e 3 Marzo insieme colle stelle del Leone jo, ^ e ,tta ------ - -- 5i2 36 39,a Declinazione Boreale --------0816 20, 8 Longitudine - .- - - - -----510 48 53, 6 Latitudine Boreale co 48 55, i Preso un medio fra le tre osservazioni si avrà La longitudine apparente d'Urano - - - 5io4^ 59, 6 La 3a OrposiziojSE ec. La latitudine Boreale ------- o' 0*4?'' 57", 4 Abenazione in Longitudine -- - - • — oooi5j4 J^utazione ---------- +00016,8 Longitudine vera d'Urano ---- - -5 io 49 ijO Longitudine geocentrica d' Urano calcolata per ristesso tempo dalle Tavole del Ch. De Lam- ]iie ------ _-.- - -5io48 56,3 Latitudine Boreale --.--- - - 00 4^ 53, 3 Differenza di quelle tavole dall'osservazione per la longitudine -------- — 00 04'? Dififerenza per la latitudine ----- — 00 o ^ , l 11 di 28. Febbrajo t. m. ore la i3' ^4''. Differenza osservata fra Urano e 0- del Leone. Neil' Ascensione retta ---. - - — o5 8a5,6 Nella Declinazione ------ - 4-01 io 3, o La stessa corretta dalla re frazione --- -+-01 io 459 Luoghi apparenti d' Urano . Ascensione retta -------- - SiaSi 44' 7 (Declinazione Boreale --. - --- o8i8a5,7 (Longitudine ------- - - - 5104^37, 5 «Latitudine Boreale --- ---. - 004^ 56, 6 Aberrazione in longitudine - - - - — oooi5,4 Nutazione --------- - -+-000 16, 8 Longitudine vera d' Urano . - - - - - 5 io 4-3 38, 9 Longitudine geocentrica dedotta dalle tavole dei DeLambre -------- - 5io43 4''^ Latitudine Boreale ----- - - - 00 48 53, 5 Differenza fra le stesse tavole e l'osservazione per la longitudine ------- -4-0002,9 Differenza per la latitudine - - - - — ooo3,i Il di a INIarzo t. m. ore la 5' i3". Differenza osservata fra Urano e ap del Leone, per la longitudine - - ----- 4-06 55 8,9 Per la latitudine -------- — .oaoiS,^ li istessa corretta dalla refrazione - - - — o a 018,7 Luo- T5i Giuseppe ?lo> de Cademberc. 33 Luoghi appaienti d'Urano. ^Ascensione retta .-----_- . 5' i a" 2,6' 57", a ^Declinazione Boreale ----- - - o8aoa6,9 ^Longitudine ------- - - - 5io38a8,a Latitudine Boreale ---- --_ -004915» Il di 2 Marzo t. m. ore 12, 5' 1 3' . Differenza osservata fra Urano e r del Leone. Per l'Ascensione retta - - - - - - — o 5 iS l'j , 2. Per la Declinazione ---■ -- - -f-o 1 12. 3,i La stessa corretta dalla refrazione - - - H-o iia 5,o Luoghi apparenti d'Urano . Ascensione retta --------- 5 la 2,6 53 , 4 ^Declinazione Boreale - - ----- 082025,8 ^Longitudine ------- - - - 5io38a5,a [Latitudine Boreale ------ - - 00 48 58, 7 Preso il medio fra le due osservazioni si avrà Longitudine apparente d'Urano - - - - 5 io 38 26 , 7 Latitudine Boreale ------- - 00 48 59,9 Aherrazione in longitudine ------0 o oi5,4 Nutazione ----..---- H-o 0016,8 Longitudine vera d'Urano ------ 5 io 38 28 , i Longitudine geocentrica calcolata dalle tavole di De Lainbre --------- 5 io 38 27 ^i Latitudine Boreale ------- - o 0 48 53, 5 Diftcìenza delle tavole nella longitudine — 000 i , • '©'■-"""'•^ ^ ^ ■^ j 7 Differenza nella latitudine ----- — 0006,4 Il di 3 Marzo t. m. ore la i' 8". Differenza osservata fra Urano e ap del Leone . Neil' Ascensione retta -+-06 52 38,© Nella Declinazione ---- _ .- — o i59i5,3 La stessa corretta dalla refrazione - - - — o i 59 18, 3 Luoghi apparenti d' Urano . ^ Ascensione retta ---._-._ -5ia24 3i,3 \ Declinazione Boreale - - - ----08 21 27, 3 ^Longitudine - - - 5 io 35 5i, 7 (Longitudine Boreale --- ---^-00492,3 Tomo XII. E ' 11 '34 Opposizione ee. Il dì 3 Marzo tempo medio ore 12 i' 8". Differenza osservata fra Urano e ;)^ del Leone Neil' Ascension retta ------- — o' Nella Declinazione - ----____o L'istessa corretta dalla refrazione -, - — o Luoghi apparenti d' Urano . Ascensione retta --..__ . . -5 'Declinazione Boreale ------- -o 'Longitudine ------- _ - -5 '•Latitudine Boreale ----- - _ -o Il di 3 Marzo tempo medio ore la i' 8". Differenza osservata fra Urano e r del Leone . Per l'Ascension retta ------- — o Per la Declinazione ----- - - +0 L' istessa corretta dalla refrazione - - - H- o Luoghi apparenti d' Urano . /Ascensione retta ---- .-- . -5 ÌDeclinazione Boreale ----__--o ^Longitudine ------ - _ _ -5 ^Latitudine Boreale ------ . -o Preso il medio fra le tre osservazioni si avrà Longitudine apparente d' Urano - - - - 5 Latitudine Boreale --.-_ - _-o Aberrazione nella Longitudine ----- o Nutazione ------__ _ -_|_o Longitudine vera d' Urano ------ 5 Longitudine geocentrica ricavata dalle Tavole di De Lambre --------5 Latitudine Boreale ------- -o Differenza fra le tavole e 1' osservazione nella longitudine - --_..- - — o Differenza nella latitudine - - - - - — o Le stelle 2,p e -^q del Leone, non essendosi potute vedere in tutte le notti, come si è fatto della stella o-, e le posizioni del pia- neta che dalle stesse si ricavano, trovandosi differenti , per ave- re 1 'i3 56" ■1 I 0 4 ^4 "9 0 4 a5, 0 la a4 35, 0 8 21 23, I IO 35 56, 7 0 48 59, 8 5 i5 4-5, 5 I i3 3, 6 1 i3 5, 6 la •24 a5 a 8 ai a6. 4 IO 35 46, 5 0 48 59, a IO 35 5r, 6 0 49 0, 4 0 0 .5, 3 0 0 16, 3 IO 35 53, I IO 35 Si, 0 0 48 53, 5 0 0 2, I 0 0 6, 9 Di Giuseppe Slop de Cademberg . 35 re II giusto medio delle differenze di ciascliedun giorno fra le tavole e r osservazione, bisognerà trovare questo medio per o- gnuna delle due stelle , e servendosene pei giorni in cui le stesse non si osservarono, trovare la differenza media che si avrebbe avuta in quei giorni , se fossero state osservate . Le diff"erenze che nei giorni a6 Febbrajo, a e 3 Marzo si de- ducono dalla stella a. p nelle longitudini vere fra l'osservazione e le tavole erano — 5", o ... — a' ., 5 . . . . — a", a , delle quali la inedia è — 3", a, e quelle che si ricavano dalla stella -^ nei giorni a6 Febbzajo e 3 Marzo si hanno — io", 4 • ■ • — 7 "j a? di cui la media è — 8", 8 . Così nelle latitudini le stesse dilTerenzesi avranno dalla stel- la 2p, — 6 ', 8 . . . . — 7", 7 . . . . — 8' , 8 , delle quali la media è ■ — 7 ', 8, e dalla stella ;j^, — i ", 6 . . . — 6", 3 e la media — 4">^' Aggiungendo per il dì a8 Febbrajo alle longitudini e latitudini calcolate dalle tavole queste rispettive differenze m,edie, si avrà la longitudine vera che in quel giorno si sarebbe avuta dalla stel- la 2p, 5' io''43'45",o, e dalla stella x . 5' io" 43' 5o", 6, e la latitudine 49 i", 3 . . . 48' 5 7", S , onde la differenza media fra le tavole e l' osservazione sarebbe stata Io stesso giorno per la longi- tudine vera — 3", o, e per la latitudine — 5", o . Così il a Mar- zo aggiungendo alla longitudine presa dalle tavole 8", 8 ed alla latitudine 4' oO, la longitudine vera d'Urano che si avrebbe avuta lo stesso giorno dalla stella ^ , sarà 5' 10° 38' 35 "^ 9 , e la latitu- dine 48' 57' 5, onde la differenza media di quel giorno fra le ta- vole e r osservazione sarà per la longitudine vera — 3", 6 ^ e per la latitudine — 5' , 6 . Prendendo ora per il a8 Febbrajo e a Marzo queste differen- ze così corrette , si avrà per tutti quattro i giorni delle osservazio- ni la diff"erenza media fra le tavole e 1' osservazione nella longitu- dine vera — 3", 4, e nella latitudine — 5 ,4 quali differenze per- chè si trovino nell' osservazione del a8 Febbrajo, la più vicina all'opposizione, bisognerà supporre la longitudine apparente os- servata in quel giorno 5' 10° 43' 4^' .fi, e la latitudine 48' 58",9. La longitudine del sole dedotta dalle tavole si ha lo stesso E a gior- 36 Opposizioni!) ee. giorno II' io" 55' 44' j 3, onde allora era stato descritto col mo- to relativo d' Urano dal Sole un arco di la' o", 5 dopo dell'oppo- sizione. Quest'arco per il moto del Sole di i5' a", a e del Pianeta 3y", 4 calcolati dalle tavole per il a8 Febbrajo fra le ore 6. 1 3' a4'', e le ore la i3' a4" fu percorso in ore 4 35' a8", il qual tempo sot- tratto dal momento dell' osservazione dà il momento dell'opposi- zione apparente il a8 Febbrajo tempo medio ore 7 37' 56". La lon- gitudine del Sole si ha per quel tempo dalle tavole 11' io" 44' i3", 9 dalla quale si deduce la longitudine geocentrica d' Uiano 5' IG* 44' i3';,9, che corretta dalle due equazioni + i", 3 -+- 1", 1 dà la longitudine eliocentrica 5'io°44 ' ^^ '5 S . La latitudine geocentrica per il momento dell'opposizione si ha dall' osservazione 48' 58", 9 alla quale corrisponde la latitudi- ne eliocentrica 46' 19 ", 6 . Le tavole del Ch. Delambre danno per lo stesso momento la longitudine eliocentrica d'Urano 5' io" 44' 12;" , t e la latitudine 46' 14", 5, onde la loro differenza dall' osservazione era nella longitudine elioceutiica — 4", a, e nella, latitudiiie — 5", i . OS» OSSERVAZIONI ED ELEMENTI DEL NOVISSIMO PIANETA GIUNONE SCOPERTO DA HAPtDING A LILIENTHAL Trasmessi alla Società Da Giuseppe Sl©p E ricevuti il dì a5 del i8o5. Osservazioni di Harding . 37 1804 T". medio a A. retta D. Australe Lilientìinl apparente apparente Settem. 5 uh 12' ^5" 1° 5i' 5i' 0'^ II' 26" 6 11 26 48 I 44 2.1 0 24 8 Osservazi( ini di Olbers . 1804 T°. medio a A. retta D. Australe Bremen apparente apparente Settem. 7 1(1 87 2 1 I 36 56 0 36 9 8 811 20 I 29 37 0 47 19 9 IC IO 48 5o 8 .5 6 I 2© 38 I i3 4 i 0 5o I 1 1 56 1 1 IO 34 3 I 3 39 I 25 41 ja ir 18 82 0 54 5 I 39 4 i3 8 54 0 0 46 3 I 5o 5o 14 8 24 44 0 37 7 . i5 IO 54 28 0 i>6 40 2 18 5 17 IO 2.3 9 0 7 25 : : : 2 44 3a 18 8 38 17 359 58 47 2 56 5i ai 8 3c 54 359 :>8 5a 3 36 54 fli IO q 32 359 28 9 3 37 46 a3 i3 2-5 57 35o 6 18 4 6 37 24 8 27 37 358 58 t4 4 77 2 25 8 4i 38 358 48 i3 4 3o 54 2^7 q 35 I :^58 i7 33 4 57 Sa 28 8 i3 \/\ 358 18 I 3 5 IO 4 3o 8 3 19 357 ^8 3i 5 36 a Ottob. 3 7 43 0 357 29 48 6 i3 57 6 9 59 47 357 I 58 6 5i 3i 7 II 4' 2Q 356 52 5a 7 4 21 9 8 I 38 356 37 41 7 25 IO Osser- 38 Elementi ed Osservazioni ee. Osservazioni d' Oriani 1804 T''. medio Asc. retta Deci. Ausi. a JMilano apparente appar. Settein. 27 ji''27'45" 358" 26' 54' 4"jo'^7" 28 1 1 33 9 358 16 52 5 II 45 2.) li 18 33 358 6 54 5 24 i5 3o Ottob. 4 5 II i3 58 IO 55 44 10 5 ( i3 357 57 5 307 19 18 357 IO 26 5 07 4a 6 27 44 6 39 55 6 7 IO 46 4^ IO 4^ J^ 357 I 39 356 53 12 6 5i 36 7 3 23 Osservazioni di Maskelyne 1804 T°. medio a Greenwich Asc. retta apjiarente Deci. Aust. appar. Settem. 25 ag 1 1 36 5o II 18 27 Osservazi 358 4<> 48 358 6 5a oni di Zach . 4 .12 1/8 5 24 57 1804 T°. medio a Seeberg Asc. retta appar Deci. Aust. appar. Ottoi). 1 0 12 20 ai IO 28 àu IO 20 0 9 45 34 9 47 22 556 29 14 356 4 43 355 u9 Sa 355 aò 0 7 3b 5i 7 58 26 9 i3 I 9 ao 53 Elementi di Gauss Epoca 1804 Settembre 3o a o*" tem med. in Seeberg ai° 17' 47" Moto medio diurno ----- 836", 89 Afelio - - - aSi" 38' i" Eccentricità ---.----o, 254964 Logaritmo del semiasse - - - - e, 4'^-255 Nodo 170° 46' 4t" ^ Jnclinazione --..---- ia°i9' 43" Da Giuseppe Slop de Cadembkbc 39 i8c4 Sett. l'ò 14 i5 18 20 a3 aS a5 a7 aS aq 3o Ott. 2 4 5 6 Asc. retta calcolata secondo questi elementi o o o o 359 359 ^5g 359 358 358 358 358 357 357 357 357 357 44 50", o 35 4^ , 9 26 19 , 8 78,0 57 20 37 39 7 17 7 3 46 45 26 56 16 58 6 48 57 18 38 6 19 34 IO 37 I 52, 9 o 4 o 8 9 7 o a 4 8 3 8 Deci. Austr. calcolata 52' 5 18 45 58 25 5 5 3a 58 1 1 a5 5 37 6 a b 27 6 39 0 5x 37", 6 40,3 48,6 18,8 38,7 24 ' 7 36,5 55 , o 41.4 43.7 4., , ò ^' ' 7 5o , 4 5o , 7 40 , a 43,7 35 5 6 Differenza dall'osserv. Osserva- tori Zac! — o' ,4|-i- e" 6 4-1 ,<: -h 4 ,8 -e ,2 4-10 ,1 — o ,1 — 5 ,7 -HO ,4 4- 7 ,8 . . . +21 a 4-2 ,5 4- a ,c + 3 ,3 H- 8 ,0 — 2 ,1 f-- i 3 ,2 — D , — I 2 jO —7 ,9 I- 5 ,5 4,3 +-15 ,c 8 ,5 ^ 6 ,7 — 9 ,b 4- o ,2 — 4 '7 -^ I v5 -4 ,2 4- 3 .8 -3 ,5J4- 3 ,3 — iiiirck Hardt Maskelyiie Zach Maskelyne Zach P^ 4« RICERCHE Di Giuseppe Piazzi Su la parallasse annua di alcune delle principali fisse Pàcevute il dì 2,9 del i8o5 . 1 i moto della terra intorno al Sole obbligò Copernico a supporre le fisse ad una prodigiosa immensa distanza da noi . In quei primi tempi del rinascimento dell'Astronomia egli non era possibile pro- nunziare, se , e quai limiti si dovessero assegnare a questa ipotesi. Come però si migliorarono gli stromenti ^ due uomini sommi , Hook e Flamsteed, si proposerodi discutere questo punto,e stabi- lire, se realmente il rapporto tra l'asse dell' orbita terrestre , e r intervallo die lo disgiunge dalle stelle, sia superiore ad ogni misura , oppure sì picciolo, clie non si possa riconoscere, clie col mezzo di delicatissime osservazioni. Si fecero essi dunque ad e- saminare alcune delle principali fisse, nelle quali più agevolmen- te e più sicuramente si potessero distinguere le ineguaglianze , alle quali per avventura andasser soggette nel giro dell' anno , e dalle quali si potesse giudicare della loro distanza . Scelse Hook y del Dragone, stella che passando pel zenit del luogo in cui egli osservava , non poteva presentare alcuna difficoltà per parte del- la rifrazione: Flamstedio segui la Polare, in cui la variazione an- nua doveva offrirsi in tutta la sua assoluta grandezza . L' uno e l'altro concbiusero per l'esistenza di una parallasse; ma le osser- vazioni del primo rron furono compite, uè abbastanza sicure; e quelle del secondo indicavano bensì una variazione annua , ma contraria alle leggi della parallasse. Questi primi tentativi furono ben tosto seguiti da altri, nei quali nome immortale acquistossi il J^radley. Provveduto egli di un eccellente settore verticale, e for- ni- Di Giuseppe Piazzi . 4^ nilo di somma sagacità iieir arte di osservare non meno che in quella di combinare, se non decise la questione, giunse però colla grande scoperta , primo dell'aberrazione, indi della nutazione a togliere le principali difficoltà , che ne avrebbero per sempre im- pedito lo scioglimento . E veramente allora soltanto si fu in grado di riconoscere la parallasse delle fìsse, sempre che sia di tale grandezza, che si possa rejjdere a noi sensibile. Della qual cosa lo stesso Bradiey ne diede una prova in y del Dragone, le di cui osservazioni spogliate essendo dagli effetti dell' aberrazione e nutazione, abbastanza indicavano, che la parallasse di questa stella , se pure ne avcA^a, non poteva essere maggiore di o ', 5 , quantità che non può misurarsi ancora . Sul di lui esempio altri si lecero ad esaminare altre stelle , e Sirio in particolare , come quella, che per la sua gran luce si crede a noi più vicina. Quanto però si tentò , ad altio non valse che a promovere dei dubbj , e niente si ottenne di positivo e soddisfacente. Prevalse quindi ge- neralmente tra gli Astronomi l'opinione, che le stelle o non ah- l)iano parallasse, o la medesima sia cosi picciola, che nello stato attuale dell'Astronomia strumentale ci manchino i mezzi per di- scojirirla. A me stesso, pieno ancora di questa opinione, non cad- de nell'animo mai , sino a due anni addietro, di rivolgere le mie osservazioni a simile ricerca. Ma nel i8oa avendo insieme raccol- te tutte le declinazioni della Lira, osservate nello spazio di dieci anni, ed in tempi diversi degli anni medesimi, vi notai delle differenze , le quali, comunque picciole, non lasciarono di farmi pensare che forse potessero essere cagionate dalla parallasse . E ciò tanto maggiormente, che non essendo questa stella, che mez- zo grado distante dal zenit, né le rifrazioni , né la dilatazione del metallo possono viziare le osservazioni . Mi proposi pertanto di seguitamente esaminarla ne'tempi più opportuni, ed insieme con efsa alcune altre delle principali, cioè la Capra, Aldebaram , Procione, Sirio, Arturo, ed Atair . Le osservazioni in vero non mi sono sempre riuscite felicemente: sono state talora impedite e talora interrotte dall' incostanza del cielo , né sempre pioseguite con eguale impegno^ sul timore che le rifrazioni fossero periende- Tomo XIL F re 42, R I e E 11 e H E re inutile ogni mio sforzo. Mi lusingo, pur nondimeno, clie possi- no esse sparger qualche liane su di un argomento ornai interamen- te abbandonato dagli Astronomi . Ma se niente potrà conchiuder- si , resterà almeno provato ciò che sino a questo punto, forse con troppa facilità , si è supposto . E perchè delle mie congetture si possa giudicare con fondamento , darò per ciascuna stella le os- servazioni coi risultati che ne ho dedotti; dispensandomi però dal presentare il calcolo, che nel dubbio, ciascuno poti-à verifica- re , purché si valga delle mie rifrazioni , e delle tavole del Mez- ger per la nutazione ed aberrazione . Mi varrò ancora delle decli- nazioni da me osservate prima del 1802,, e che trovausi nell' aji- pendice al Catalogo , omettendo le osservazioni a fine di non ren- dere questa memoria di soverchio prolissa . Calcolo del tempo della parallasse in declinazione . \ Per noi la parallasse delle fisse è propriamente in latitudine, ma dessa non si osserva , e vi si sostituisce 1' altra in declinazio- ne per poi col calcolo risalire a quella. I tempi di queste due pa- rallassi non sono i medesimi, ed ove per la prima si hanno imme- diatamente dalle longitudini delle stelle, per la seconda convie- ne ricorrere al calcolo, il quale per altro è semplice e breve . Giunta la terra in quel punto dell' orbita sua, in cui il raggio vi- suale dell' osservatore è perpendicolare al ceichio di declinazio- ne della stella, dee essa apparire nel luogo istesso, in cui verreb- be osservata dal Sole . Ora quest' arco perpendicolare al cerchio di declinazione facendo col cerchio di latitudine un angolo ugua- le al complemento dell'angolo di posizione; nel triangolo ret- tangolo formato dalla latitudine, dalla declinazione ;, e dall' arto dell' Ecclitica compreso tra la perpendicolare ed il cerchio di latitudine , tosto si trova l'arco intercetto, la di cui tangente è sempie uguale alla cotangente dell'angolo di posizione moltipli^ cata pel seno della latitudine. Se pertanto quest' arco si aggiun- ga Di Giuseppe Viazzi . , 4^ ga osottiagga dalla longitudine della stella, a norma che la terra secondo l'ordine dei segni è più o meno avanzata della stella, si avrà il luogo della terra, in cui la parallasse è o. Al medesimo ag- giunti tre^segni , si avrà 1' altro in cui è massima o minima; sarà massima, se il raggio allontana l'astro dall' equatore, e minima se r avvicina . Finalmente sottratti sei segni dai luoghi della terra si avranno quei del Sole, che daranno i tempi corrispondenti alle diverse parallassi . S- ^• Aldebaram . Cadono le diverse parallassi di questa stella , la massima ai 3c Luglio, ai 27 Gennajo la minima, ed ai a8 Aprile e 2,8 Otto- bre le due e. Le mie osservazioni dal 1791 al 1801 , i distinti ri- sultati delle quali sono riportati neir appendice al Catalogo (pag. 4)j sono state fatte quasi precisamente nei tempi delle parallassi massima e minima. Se pertanto si trascuri il risultato del 1791 » che non dipende che da due sole osservazioni , e similmente non sì considerino gli altri due del 1796 e 1797 per le ragioni altrove spiegate, tutti quei di Gennajo e Dicembre prossimamente con- vengono nel dare la medesima differenza in declinazione con quei di Luglio f 79?: lo che è confermato ancora da altre 7 osservazio- ni di Gennaro 1804 • 1793.. dai i2,7Genn, ai 6 Febb....oss.6 . j6.4-38,2...iooo...i6. 5.43ji 1800 . . dai 2,0 Genn. ai 6 Febb 5... ^.^"ò^o 5.43,o I ... dai 9 ai 26 Dicembre .... 7... 5.49>4 5.4ii3 4... dai 19 ai 3i Gennajo 7... 6.i5,4 5.4-^^o Medio , che corrisponde alla parallasse minima i6.5.42.-,6 IMa da 1 1 osservazioni dai a ai 17 Luglio 1798 , si ha 5 4^59 quindi la declinazione di Luglio non essendo lontana dalla mas- sima che di 20 giorni, sembra qui indicata una parallasse di i", 5 ciróa . Come però in Luglio non è più stata osservata questa stel- la, debbonsi aspettare nuove osservazioni, le quali confermino o distruggano questo primo risultato . Soggiugnerò qui le osserva- F a zio- 44 Rice K CHE zioni di Gennajo 1804, e darò in seguito le altre, clie mi propon- go di l'are in Gennajo e Lnglio dell'anno prossimo venturo Giorni di Gen. najo i;ìo4 Caro- metix) Terni ti Inte- riore ome- 0 este- riore Posizio ne del Cer- chio Distanze osservate dal zenit di Aldeba- rain Ven- ti Stato del Cielo 19 i 0,04 e- bo,o 5 0,0 1* 22" o'it)",c S.O Cielo lucido, aere iimido ai 00,008 60, a 53,7 D 1 1 59 48 ,0 N.E Cielo bello , acre rigido a3 3o,o5o Sq,5 53,4 I 20 0 9 ,0 NO Cielo misto, aere umido a4 3c,o3o 58,7 5 1,0 D 21 5946 ,5 S.O Cielo bello 23 ^9,874 58,2 52,7 I 22 0 12 ,0 S.O Ciflo nebbioso 3o 30,070 62,2 H,7 D a I 59 46 ,r so Cielo bello 3i 3o,r20 60,7 5 0,2 I 22 010 ,5 0 Cielo lucido * La lettera I ( inverso ) indica le divisioni rivolte à Ponente, D ( diretto ) ,le indica rivolte a Levante . - §. 3. Capra . Avendo paragonate le mie osservazioni di questa stella degli anni 1 792 , 1 794 , r8a3 , riportate alle pag. 5076 deFT appendi- ce, mi parve ravvisarvi qualche indizio di una variazione annua. Determinati pertanto i tempi delle parallassi , minima ( 24 Mag- gio ), massima ( aS Novembre ) , o. (27 Agosto e 23 Febbraro ), non ho trascurato di tentare le opportune osservazioni, dalle qua- li non sono punto confermati i miei primi dubbj, siccome dalle os- servazioni medesime che soggiungo si renderà chiaro Giorni Di G lUSEPPE Pia A ZZI 4-5 Giorni del Mese Baro- metro Te ri t Inte- riore iionu; ro Este- riore Posizio ne del - Cer- chio Distanze osserva- te della Ca pra dal zenit Ven- ti Stato del Cielo iSoò N0V.28 29,996 60,3 5i,8 D 7<'4o' 5",5 0 Cielo nebbioso 29 29,i{34 61,2 58,o I 40 17 ,5 s.o Cielo nnvoloso Die. 18 29,870 62,0 53,8 D 40 () ,0 0 Cielo bello tf) 29,850 63,o 62,4 I 40 22 ,0 so Cielo nebbioso fi IOO_j. Feb.aS 3o,o58 02,5 42,9 - I 4o 35 ,0:: so Cielo coperto 24 29,8 IC' 52,2 5 1,0 D 40 ) I ,0 NO Cielo coperto 2.'-. 29,592 J2j2 5 0,8 I 40 3o 5O NO torte Cielo coperto 27 29 960 4S.7 43,0 I 40 29 ,5 N.O Cielo quasi oscuro a8 29,830 49,6 47'5 D 40 12 ,0 0 Cielo bello Mar. 1 29,550 54,3 00,3 I 40 3o ,0 N Cielo nuvoloso M ^ 29,730 j3,o 52,8 D 401 3 ,5 N. Cielo pieno di nuvole Mag.iìQ 29,912 73,5 73,2 D 40 t ,5 S.O Cielo nebbioso 3o -.9,880 74,1 73,3 I 40 a3 ,0 SO Cielo bello, aere fosco", 3i 29,900 74,0 -3 0 D 39 59 ,0 S 0 Cielo bello Giù. I 29,91274,2 73,5 I 402.3 ,5: E Cielo nebbioso, aei-e fosco 3 29,960 74,2 73,2 I 40 24 .0 S.O Cielo bello, aere netto 43o,co8 74.' 72.Y D 40 0 ,0 S.0( Cielo bello, aere netto 5 -^0,090 75,0 74.5 I 40 25 ,0 S.O Cielo beilo, aere netto 6 -io, ego 76,8 76,3 D 39 59 ,0 E Cielo nebbioso, aere net. Risultati . rda'i i.'^ai i3Apr. vicino alla j3g3)parall.min. " oss. 4... 45".46'. 5S", 64 . . i8c4 . . 4.5".46'.58",3 V^ai 28N0V. ai 19. Die. \ parallasse massima ■>0 , 0-3 . . 4 . . . . 46. l8o4 \ ^^' ^4 Fe'ib. ai 4 Marzo, parallasse o . . . oss. 6 . . ( dai 26 Maggio ai 6 Giugno, parali, minima ... 7 . . 46. 57 ,7 46. 58 ,3 46. 07 56 non sembra quindi che la Capra possa avere una parallasse n?ag- gioredi 1", e questa medesima, se è possibile riconoscerla nello stato attuale dell' Astronomia, ciò non sarà concesso che all' Os- ser- 46 Ricerche servatorio di Slilano, al zenit del quale passa questa stella, e che è provveduto di un eccellente settore verticale , e di un gran qua- drante murale , opera dell' immortale Artefice Ramsden . §• 4. Sirio . Giacomo Cassini osservò questa stella nei diversi periodi del- le sue variazioni annue, e ne conchiuse una parallasse di 6" . Dal- le osservazioni di La Calile al Capo sarebbe di 4', ma da altre fat- te in Parigi con maggior agio e in m:ìggior numero non ne risulta alcuna. Altre osservazioni tentate in Inghilterra sono similmente riuscite infruttuose . E veramente se la parallasse di Sirio non è maggiore di ^', è ben difficile che dalle due, massima e minima, niente con sicurezza si possa stabilire in Europa. Sirio ha 16° di declinazione Australe , e le due parallassi cadono nei Solstizj . La minima, che corrisponde ai 27 Givigno si osserva verso mezzodì , la massima ai aò Dicembre dopo mezza notte . La coirezione del- le rifrazioni medie sarà dunque generalmente sottrattiva per la prima, additiva per la seconda, e massima nell' uno e nelF altro caso . Quindi , se il modulo della correzione non è esatto, allonta- nerà o avvicinerà i due risultati del doppio del suo errore, e la parallasse non si potrà riconoscere . Ora il modulo del Maskely- ne, di cui generalmente ^algonsi gli Astronomi, da me si è sem- pre trovato un pò più picciolo di quanto le osservazioni sembrano richiederlo: le distanze dal vertice quando passano li 5o°, e sono osservate in tempi, nei quali i termometri sono sopra gli 80°, e la loro differenza è oltre li 5 in 6° , il più delle volte non si possono uguagliare senza siqiporre una correzione maggiore di quella che si ha dalla tavola o modulo. Le declinazioni di Giugno saranno dunque un poco maggiori del giusto, e un poco minori quelle di Dicembre ; V effetto della parallasse si confonderà colì'imperfetta correzione delle rifrazioni. Si aggiunga che Sirio di giorno .e principalmente verso mezzodì è assai tremolo , per lo che ciesce un Di Giuseppe Piazzi . , 4? un poco difficile il porlo sotto il filo ; e di notte tanta è la sua lu- ce jche talora con difficolta si può distingue; e il filo . Ma usando somma diligenza, e moltiplicando le osservazioni si può riparare a questi inconvenienti, ma non così a ciò che ri^guarda le rifrazio- ni . Questa materia non è ancora beffstabilita , né oserei dire quando sarà per esserlo, richiedendo gran numero di osservazioni, squisitezza di stromenti, e perspicacia d'ingegno. Perlaqual cosa ameWeinbra, che il solo mezzo che ci resti, egli sia di paragonare tra di esse la parallasse massima e o , come quelle che si osserva- no essendo la temperatura più uniforme, e le correzioni delle ri- frazioni più picciole. Si lia il vantaggio ancoi'a che nelle paral- lassi o, le quali cadono in TMarzo ed in Settembre, le osservazioni facendosi verso le sei della mattina, e verso le sei della sera, Tae- re è più puro, e la stella meno tremola. E se ciò si può general- mente stabihre per tutti gli ossérvatorj di Europa, rispetto a que- sto di Palermo non può esservi dubbio. Poiché, i° nella state spi- rano per lo più i mezzidì e sirocchi, i quali, come altrove ho fat- to osservare, diminuiscono le rifrazioni , indipendentemente dal- lo stato del Barometro e termoinetro . ii° Nella state il termome- tro di Farenheit verso mezzodì sale a 80° e 85°, e iiell' inverno non discende okre li 54, e spesso rimane trali 56''e6o° . 3" In Mar- zo il grado del termometro poco differisce da quello di Dicem- bre. Sono dunque le osservazioni, che corrispondono alle paral- lassi o e massima, le meno soggette ad errore. Queste pertanto a- vendo io replicatamente osservate , ritrovo una parallasse di 4' circa ; quanto appunto fu ti ovato da La Calile al Capo, per mez- zo delle parallassi massima e minima, sulle quali la difìerenza delle rifrazioni non poteva cagionare un errore sensìbile , essen- do la distanza di Sirio dal vertice di soli 18" . Quantunque però io niudichinon doversi tener conto della j)arallasie minima, non ho trascurato di osservarla, ed essa ha confermati i miei dubbj , siccome si scorgerà dalle osservazioni e risultati che bieguono . Giorni ^i l e E 11. H E Giorni del Mese i8oJ Terinoaic- PoMzio- JJistanze Baro- tro iii del osserva- Ven- metro Inte- Este Cer- te di Sirio ti Stato del Cielo riore li ore chio da] zeiii t Sott. i8 29,8.50 70v8 69,7 D 54" 32' 4 ',0 S.O Cielo nebbioso IQ 29,866 :5,8 74.0 I 3a 41 ,5 N.O Pieno dì nuvole 20 29,880 75,<: 71,0 D 82 i5 ,0 S.O Nebbioso 2.3 29,896 7^,2 ò3,f I 32 38 .5 N.O Nuvoloso 2.^ 29,752 08,0 60,8 D 82 12 ,0 N.O Quasi coperto 28 1804 Mar. 5 29,806 b8,.. 00,2 1 82 39 ,0 S.O Bello 1 2g,.'54c 54,2 4"'.7 I 33 5 .0 N Cielo lucido, aere umido 6 29,670 56.0 OD, -5 D 3244 ,0 N.O Cielo nuvoloso IO 29.84< 06,0 47v5 I 33 2 -O N.E Cielo bello i(j 29,8.52 55,4 4<).'^ D 3a ^% ,c 0 Lucido . 18 29,68c 56,8 55„6 I 33 5 ,5 N.E Bello 19 29,652 Ó7.5 58,3 D 32 44 ,5 S.O i'orte Ciclo misto di nuv. e neb. ac 29,728 62,2 61,0 I 33 5 ,5 S.O forte Cielo pieno di nuvo. e neb. 21 29„6.3c 64,2 60, ò D 82 43 ,0 E Cielo bello, aere umido 22 29,6.31 H,5 62,0 I 33 6 iO SO Cielo nebbioso 24 29,646 o ó 27 18 »7 27 18 ,,7 8 27 19 .7 27 if) ■n 6 27 a3 ,7 " 27 23 -7 16" ^7' 27 27 23' 18 19 sa ,8 ^7 Dai 18 ai 24 Marzo .... Dai 27 Giugno alli 8 Luglio Dai le ai 19 Dicembre . . Medio delle tre parallassi massime Medio delle due o Parallasse minima -Dalle osservazioni di Giugno e Dicembre non si ha che 3' ,5 di differenza , onde queste eccedono quelle . La Caille a Parigi tro- vò il conti'ario , le prime cioè maggiori di 2' V5 delle seconde : la qual cosa dimostra assai chiaramente la picciolezza del modulo per la correzione delle rifrazioni . A Parigi ove le distanze dal Zenit sono dieci gradi maggiori che a Palermo , vi produsse un errore assai mao«iore . La Caille notò in margine alle sue osser- vazioni , che per uguagliarle doveansi aumentare le rifrazioni di - ; perchè le mie di estate fossero maggiori di quanto richiede la supposta parallasse, si dovrebbe aumentare il modulo di o",o5; aumento per verità troppo forte, nò mai indicato dalle osserva- zioni . Ma se a questa considerazione si aggiunga 1' altra della na- tura dei venti, i quali spirarono in quasi tutt' i giorni delle osser* vazioni, e che per lo più furono australi, e talora assai gagliar- di 5 forse non si troverà tanto difficile , che queste due cause in- Tom. XII. G sie- So Ricerche sieme abbiano cagionato un errore di 4". I» ogni maniera da tut- to ciò sembrami che si possa ben conchiudere, che se la parallas- se di 4" non è pienamente sicura , non lascia però di essere leci- to probabile . $.5, Procione . Dal 1802 ai 1004 bo tentato di osservare questa stella in tut- ti i diversi periodi della sua parallasse, ma non sempre sono stato secondato dal Cielo . Verso la parallasse minima , che cade ai lò Dicembre , nfi è riuscito di fare parecchie osservazioni, e pa- recchie nei tempi della parallasse zero, che corrisponde ai 14 Marzo e 16 Settembre j ma non più di due in Giugno , mese in cui succede la massima , e queste disgiunte per sette giorni po- co sicure , e da non tenersene conto . Nientedimeno le due zero e minima sembrano assai chiaramente indicarne una abbastanza sensibile , siccome si potrà scorgere dalle osservazioni , che sie- guono Gior- Di Giuseppe Piazzi • Si Giorni del Baro- metro Terni tr fnte ome- 0 Este- Posizio- ne del Cer- Distanze osservate di Procione Ven- ti Stato del Cielo Mese riore riore chio al Zenit i8c5 Sett. I 29. 76,3 76,0 I 32"a3' i",o 0 Cielo pieno di nuvole 4 29,781 7.5,2 74v5 D 22 4'3 5C s.o bello 5 3o,ci5 76,2 76,0 I 22 59 ,0 0 nuvoloso 6 3o,c63 74.7 71,6 D aa 4^ ,0 N.E con grosse nuvole 7 29,978 73,5 70,5 I a3 a ,5 S.O bello 8 29,996 74^0 72,0 D aa 89 ,5 s.o bello IO 3o,o84 73,8 7a,o D aa 42 ,8 so bello 1 1 29,988 74.1 71,0 I a3 I ,c s.o bello la 29,762 76,0 74,8 D aa 4' -jO S.E bello i3 i9,85a 76,8 73,8 I 2.3 I j5 S.O bello ^9 29,874 75,9 74.0 I 23 3 ,0 N.O pieno di nuvole ao 29,880 72,2 iM D 22 41 5C S.O coperto di nebbia i8o4- Marz. 5 29,540 54,2 46,5 I 3a°a3'i5",o N Cielo lucido 6 29,680 5 6,0 53,0 D 22 58 50 N.O nuvoloso i5 29,840 56,o 46,0 I 23 13 5O N.E bello i6 29,85o 55.9 48>a D aa 56 ,5 0 lucido Giu.i5 29 772 78.0 74' 7 I a3 i5 ,5 N.E Cielo bello , aere netto aa 30,042 76,5 74'ó D aa 54 }0 N.E Cielo bello , aere netto Die. IO 29,884 60,0 53,6 I a3 16 ,0 E Cielo coperto di densa neb. aere grosso e umido 12 29,762 60, 0 52,3 D aS 6 ,0 S.O Cielo lucido , aere netto i4 29,730 59,3 57,2 I 23 18 5O N.O Cielo misto-vario , aere netto ma agitato 17 29,620 35,4 52,6 D aS 3 ,c 0 Cielo bello , aere puro e netto e quieto 19 29,662 59,8 57,5 I a3 19 ,c S.O Cielo coperto di neb., aere denso, ma poco umido Ri- Sa R I G E R e H Risultati 1802 Dai aS Nov. ai 3i Die oss. 7 . i8c3 Dal i°ai 2,0 Settembre la. Dai 5 ai I ó Marzo 4 • Dai IO ai 19 Dicembre 5 . IVIedio delle due parallassi 5'*43'ao",4.i8o4.5''43'3",a . 43 14, 7 . . . 43 6 ,0 43 8, o . . . 43 a ,0 43 5,4 Minima 43 5 7",o5 43' 43 4 5^0 Delle 34 osservazioni riportate nell'appendice al Catalogo pag. 8g non ho considerate che le sole di Dicembre iSoa, le altre tutte essendo verso la parallasse zero di Marzo . Ma se le medesime si riducano ai i5 di detto mese , supposta la parallasse di 3 ", si tro- verà il loro medio prossimamente uguale all' altro , che danno le osservazioni susseguenti , corrispondenti allo stesso tempo , ^. 6 Arturo Questa stella è stata replicatamente osservata in poca distan- za dalle parallassi ma,ssima , e minima, la prima delle quali cade ai 24 alaggio j e la seconda ai 24 Novembre . Ma generalmente le osservazioni tutte non indicano alcuna parallasse sensibile, co- munque il movimento proprio di due secondi circa per anno possa sembrare un non picciolo indizio del contrario . Gioì- Di Giuseppe Piazzi • 53 Giorni del Baro- metro Ten. t Inte- lome- 0 Este- Posizio- ne del Cer- Distanze osservate di Arturo Ven- ti 1 Stato del Cielo Mese riore riore chio dal Zenit i8o3 iVIaf'. DO ■3o>oSo 72.5 66.0 I i7"54'o",o S.O Cielo bello 3i :i9,98o 73,8 67.4 D 53 40 ,5 E bello Giù. I 29,964 74.8 u8,3 I 53 58 ,5 E bello 2 3o,ooo 74>a 68,5 D 5341 ,c E bello \ 3 29 ,924 75,4 68,7 I 53 58 ,5 E bello 4 29,870 78,8 74.4 D 53 40 ,c S.E bello Die. 6 29,606 55,1 5 1,8 I 54 10 ,5 N.O nuvoloso IC 29.900 5o.,a 48,0 D 53 58 jO 0 nuvoloso ja 29,840 54. a 53,0 I 54 i3 ,0 S.O pieno di nuvole i8 29,840 60,3 56,3 D 54 0 ,5 0 bello 19 29,872 61,5 60,6 I 54 x3 ,0 s coperto di nebbia i8o4 Mag. IV 29,856 68,6 60,0 r 54 17 ,5 0 Cielo lucido 5 aere netto 1 1 29,876 69,0 60.2 D 54 0 ,0 S.O Cielo bello , aere nmido 12 29,740 71,0 67,3 I 54 17 ,5 s.s.o forte Cielo bello, aere fosco e secco i3 29,860 7x,8 60,2 D 54 2 .0 S.O Cielo lucido j, aere netto 4 29.910 69,6 62,2 I 54 18,0 S.O Cielo belìo, aere netto i5 29,896 69,5 6©,n D 54 I ,0 s.o Cielo nebbioso j aere umi- a5 29,820 71:5 65,5 I 5417*5 S.O do G^eloneb.jaere assai umid. a6 29 ,842 73,0 66,7 D 53 56 ,0 S.O Cielo beilo , aere umido e netto 27 29,854 73,3 67,2 I 54 19,0 S.O Cielo bello , aere fosco u- mido e caldo 29 29,908 74,0 68,5 D 53 57 jC S.O Cielo bello, aere umido e caldo 3c 29,900 74.5 67.7 I 54 19 ,c S.O Cielo bello , aere netto Die. 4 3o,o84 53,8 48,5 I 54 28 ,0 0 Cielo nebbioso ^ aere netto 7 29,422 39,5 5g,% D 54 16 ,3 3.8.0 Cielo bello , aere un pò fo- sco ma quieto 1792 54 RlCEECHB Risultati 1793 Dai 7 ai 18 Maggio os. g ao'ió'aS'^S 1793 ao°i6 4 ?5 Parallasse minima 1793 Dagli 8 ai 17 Dicemb. 7 . . 16 ,4 7 . • 16 4 »7 Parallasse massima j 3^3 ^ Dai 3o Maggio ai 4 Giugno os. 6 iiCiaSi ,4 P^^^^ll^sse massima \ Dai 6 ai 19 Dicembre 5 ia5o ,8 Parallasse minima jg^^jDai IO ai 3o Maggio os. 11 ao la 34 ,3 Parallasse massima I Ai 4 e 7 Dicembre a la 3a ,0 Parallasse minima Le osservazioni del 1 804 potrebbero dar luogo a dubitare di qualche parallasse : come però quelle di Dicembre non sono che due , ed i termometri differiscono di 8°, ed i Barometri di 0,6 di polìice, non si può farne alcun caso : e tanto più, che quando la • differenza tra le due parallassi massima e minima non giunge al- \ meno a tre secondi , col mio cerchio niente ardisco decidere . S- 7. Wega Da sei osservazioni dai 6 ai 16 Giugno 1791 comparate con 4 dai a Gennajo ai 9 Febbrajo 1 79a , le quali si possono vedere nel primo volume della Specola Astronomica, (pag. 64, e se- guenti ) si ha per differenza 3"^ per cui la declinazione dedotta dalle prime è maggiore dell' altra, che si ha dalle seconde . Ri- ducendo quindi le une e le altre supposta la parallasse di a'', ai tempi della parallasse massima e minima , delle quali la prima è ai a7 Giugno, e la seconda ai a7 Dicembre, la loro differenza ri- sulta di 4" circa. Le medesime osservazioni di Gennajo 1792 comparate con altre cinque dello stesso anno dai i5 ai 19 Giu- gno danno prossimamente la stessa differenza . Dal i79aal i8ca questa stella non è stata osservata, che in Luglio degli anni 1793 e 1794» e le declinazioni che ne ho conchiuso non sono piena- mente d' accordo colle precedenti . Per la qual cosa mi proposi di tentare nuove osservazioni , e da Giugno i8o3 a Dicembre 1804 j intervallo, nel quale due volte cade la parallasse massima, e due Dr Giuseppe Piazzi . 55 e due la minima, osservai ciascuna volta e Tuna e l'altra il più di- ligentemente che mi fosse possibile . Le osservazioni del i8o3, e le altre di Gennajo e Giugno ioo4 confermarono la sospettata parallasse di a"j ed io quasi non sapeva più dubitarne . Siccome però trattavasi di una quantità sì picciola, mi feci a riandare tut- te le possibili cause , che mai per avventura potessero cagionare qualche errore ; ed una, su cui per verità non mi era mai caduto alcun dubbio , mi parve che meritasse di esser presa in conside- razione. Le divisioni del Cerchio sono illuminate da un rifletto- re , che in tempo di notte riceve la luce da una lanterna , e in tempo di giorno da una finestra, che giace quasi nella direzione del meridiano . Quando le distanze che si osservano sono un po' lontane dal Zenit^ la luce della finestra cade direttamente sul ri- flettore, senza incontrare alcun ostacolo, ma al Zenit o in poca di- stanza dal medesimo, viene essa impedita dal telescopio, né può riceversi dal riflettore che obliquamente^ e talora con difficoltà si giunge a rendere le divisioni chiare e distinte . Le osservazioni pertanto di Dicembre e Gennajo essendo in tempo di giorno, ed avendo io sempre lette le distanze colla sola luce della finestra, mi venne in pensiero, che la luce obliqua potesse indurre qualche pa- rallasse sulle divisioni, e renderne viziosa la lettura. Non lasciai di tentare ben tosto varj saggi, i quali confermarono pur troppo i miei dubbj : poiché sebbene talora il micrometro segnasse lo stes- so secondo , e parte di secondo , o mi valessi della luce della fine- stra, o facessi uso della lanterna j il più delle volte però la lettura colla luce della finestra non corrispondeva all' altra; anzi alcuna volta variava , variando le inclinazioni e posizioni del riflettore . Per la qual cosa nelle osservazioni di Dicembre 1804 non volli altrimenti valermi della luce della finestra , ma di quella bensì della lanterna, sulla quale non può cadere alcuna incertezza , po- tendosi ricevere dal riflettore nella maniera , che più conviene . Da queste osservazioni pertanto si ha la medesima declinazione a un di presso , che generalmente ho sempre trovato colle ossei- vazioni di Giugno e Luglio . Quantunque però venga quindi a to- gliersi quasi intieramente ogni sospetto di parallasse sensibile , non 56 Pv . I e E R e H E non credo , che si debbano dell' intutto rigettare le osservazioni che sembrano indicarla; ma che convenga istituirne delle nuo- ve : e ciò tanto maggiormente , che le ultime sono state fatte es- sendo l'aere nebbioso, agitato dai venti , e la stella sempre tre- mola . ! Giorni del 3Iese i8o G iu Baro- metro Termome- tro Inte ri ore Este- riore Posizio- ne del Cer- chio 2729,97073,3 30100,00077,0 "' -"70,5 77^8 77.4 8,2 i"l 2, 3 4 5 6 7 8 29,958 :9,95c 3o,o5o 3o,i3o 3o,o5c 29,876 29,744 a9,85c _, 29,962 IO 3o,o2cl79,2 17 129,798180,6 64,5 68,0 67,0 69,5 o, o 09, 2 78,5 70, e 78,-0 72, 5 79,4 72, 6 l79>o Ott 19 2,0 2.1 2,2 a3 . 8 9 IO 19,820 80,4 2,9,83480,2 29,890 3g,02C SojOio 29,712 29,420 81,0 80,8 80,2 73,8 76,5 71,5 75, 0 71, 8 73, o 7^» , 74.5 74>5 75, o 74>5 72, 3 76,8 12 i3 14 29,920 3o,iio oo,c4c 29,62072,464, 6 II 29,90070,2 70,5 (SS, 5 , . 63^7 68:,ol67;, o 67,0162, 7 D I D I D I D I I D I D I D I D I D I D D I I D I Distanze osserva- te di Wega Zenit dal ,0 ,5 >o >o ,5 ,5 ^2940 29 3a 29 5o 29 33 2948 29 33 ,5 29 47 ag 33 29 32 ,0 29 54 ,0 ag 34 ,0 ag 53 ,5 ag 34 ,0 ag 56 ,0 ag 3o ,0 ag 57 ,0 ag 30 ,0 ag 07 ,0 ag44 50:: 3o i3 j5 3o 14 5O ag 3g ,5 ag 3g ,5 3o 14 ,0 I 29 39 ,5 Yen ti Stato del Cielo Cielo coperto nebbioso lucido bello pieno di nebbia quasi bello bello bello S S.O s.o so s s.o s.o o S E inebbioso E S.O s.o N.O S.O N.E SO so s.o s.o s.o fortis, N.O fortis. N.O N.E N.E N.E nuvoloso bello bello pieno di nuvole bello nuvoloso lucido lucido lucido quasi tutto coperto quasi tutto coperto no di nuvole pie pieno di nuvole bello lucido bello 1804 Di Giuseppe Ptazzi . 5? Giorni Baro- Termome- Posizio- Distanze del metro ti In te 0 Este- ne del Cer- osservate di Wega Ven- ti Stato del Cielo Mese fiore ri ore chio dal Zenit 1Ò04 S.Ó , Cen. 9 29,9.50 09,1 56, 0 D o-'aq^S,©" quasi coperto li. oc,oi8 56,0 58, b I 29 24 5O 0 bello i3 3o.o8c 57,5 60, 2 D 29 45 5O s.o nuvoloso '4 3o,oic 09,3 o3,, 4 I 29 24 -'^ s.o nuvoloso Giii.aS 30,0 3 a 70^0 78, 0 D 3957 ,5 so Cielo lucido, aere netto ab 3ojo3o 78,0 70, 0 I 29 34 30 E Cielo lucido 07 29,916 79=0 0 72, D D 29 56 ,0 SE C'iplo Lello, aere secco e denso P-O 29.784. 82,0 74.6 I 29 35 ,0 S Forte Cielo bello aere Fosco 3o 29,926 82,2 765 7 D 29 56 ,5 S.O Cielo bello, aere Fosco Lug. I 29,940 80,1 77> 2 I 2933 ,5 s.o Cielo bello . 2 Hc,o8c 81,2 7». 9 D 29 53 ,0 s.o bello, aere netto 3 2g,qoo 83,o 00, 0 I 29 35 50 s.o lucido i ^ 29,780 85, r 80, 6 D 29 59 .e S.E bello 29,874 8 3,0 82, 5 1 29 36 50 S.O lucido 6 29,876 82,4 73,6 D 3o e 50 SO lucido {dìc. 17 •29,620 54.5 54,5 I 29 42 ,5 N.O Cielo bello, aere netto 19 29,706 60,0 b3, 5 D 3o 0 ,0 0 Cielo nebbioso, aere fosco 20 29,590 Ò04 65,2 I 29 43 50 S.O Cielo misto aere fosco neb., e agi- tato Cielo nuvoloso , aere denso e fosco ai 29,358 63,8 67,6 D 29 59 ,0 s.s.o 2.1 29,490 Ó2,8 66, 5 D 29 59 ,0 3. s.o Cielo nebbioso, aere denso e cal- mo , r orizzonte ingombro il ^4 29,668 6r,c 60, 6 I 29 40 5O 0 Cielo bello, aere un pò fosco - 37 a9,64c 61,7 69, 6 D 29 56 ,5 s.s.o forte Cielo nebbioso, aere fosco 28 29,540 64,9 70, 2 I 29 39 ,5 J.S..0 Forte Cielo nebbioso,aere fosco e agitato 1 29 2g,75o 65, e 66,2 D 29 58 ,0 SO Cielo nebbioso aere, fosco^grosso, e umido . Tomo XII, H Ri- 58 Ricerche Risultati Dai 3o Giugno ai i o Luglio i8o3 )°^®*^ ^ 38° 36' 3 r, a i8o4 . . 38° 36' 34", i... Par. massima Dagli 8 ai i4 ^Ottobre oss. ..^...Só.ag, 6 36.3a,5 ...Parali, o (Dai 9 ai i4Geiin. 0SS....4. • • 36 So, 8. ..Par. minima 1004/ Dai a5 Giugno \\ì 5Lug. ... IO 36 35, I ...Par. massima Dai 1 7 ai 29 Dicem. oss. ... 9 36 35 , i . ■ . Par. minima Giorni Di Gii jsEPPE Piazzi . S9 S- 8. Atair Giorni r Baro- termome- tro rosizio- 1 1 Distanze Ven- del ., r. ' nte- Este- ne del Cer- osservate di Atair Stato del Cielo Mese metro I •iore 1 ioi-e chio dal Zenit ti Lug. 1 7 ^9,790 80, 8 72,0 I 29°44'5o", 0 N.O Cielo nuvoloso 19 29,812 80,2 72,5 D 44 ^9 •> 0 S.O bello 2 e 29,820 805O 72,3 I 44 48 , 0 N.E pieno di nuvole ai 29,900 80,8 73,0 D 44 3o ,c S.O lucido 2.2. ^9,998 80,2 72,5 I 44 48 , 0 S.O Incido 2.3 29,980 79>8 72,0 D 44 ^8 , 5 S.O lucido 0 ^ i 29,912 80,0 77'^ I 44 46 , e E lucido 28 29,914 83,7 79,0 D 44 28 , 0 S.E nebbioso 29 29,952 o3j8 70,0 I 4448,0 N.O 3Ìeno di nuvole Agos. 1 29.950 81, q 77«8 D 44 27 i e E bello 2. 29,900 82,0 75,5 I 4443,0 N.E bello 3 29,916 81,5 77'^ D 44 3o , 0 E bello 4 29,998 3o,o5o 82,0 57,3 76,0 58,5 I I 44 47 , 0 4451 ,5 S.O E bello nebbioso i8c4 Gen.ao 24 3o,o5c 57,0 57.4 D 44 ^3 , 0 N.E bello ao 29,930 63,5 67,5 I 44 5o , 0 S.O quasi oscuro 29 3o,o5c 61,8 59,6 D 44 2.6 , 0 S.O 'ortiSE. pieno di nuvole 3c 3o,i32 6c,2 58,5 I 44 5i,3 S.O bello 3i 3o,oi6 58,0 58,5 D 44 22, , 0 0 lucido Ago.iS ^9,8 16 82,0 76,0 I 44 34 , 0 S.O Cielo lucido, aere netto 14 29,836 82,1 75,0 D 44 10,0 S.O Cielo bello, aere un pò fosco i5 29,916 B2,7 73,8 I 44 36 , e N.E Cielo bello, aere un pò fosco 16 39,926 82,6 74,6 D W 10,0 N.E Cielo bello, aere fosco 17 29,834 83,0 74,5 I 44 33 , 5 N.E Cielo bello, aere qu.isl netto Die. 19 29,690 60,2 61, e 61,7 I D 44 27 , 5 0 Cielo nebbioso, aere fosco eum. M .29,64^ 62,0 44 14 , 5 0 ' ' 2929,770 65,0 67,2 I 44 3o , 0 e r\ Cielo nebbioso, aere fojco, den- ^ ' so e umido . 1 forte Ri' -\ 6o Ricerche Risultati . . Non cadono queste osservazioni nei tempi precisamente , ai quali corrispondono le parallassi massima e minima ; ma non ne sono insieme così lontane, che non si possa riconoscere, so que- sta stella abtia o non abbia parallasse sensibile . Dalle osservazioni del i8c3 ridotte al i8c4, le quali non sono distanti dalla parallasse massima , { che ca- de ai 2,8 Giugno ) che di 22, giorni, si ha . . . i8c4 ... 8'.ai'.4o"j8 Dalle altre di Gennajo, distanti dalla mini- ma (che succede ai 28 Dicembre) di un mese circa . . . ai.43o7 Da quelle di Agosto vicine poco meno del- le prime alla parallasse massima 2I.42' 52. Finalmente dalle osservazioni di Dicembre 1804 • • • 21.43^5 Le picciole differenze, che si hanno da questi diversi risultati Jion indicano affatto parallasse alcuna, essendo anzi contrarie al- 1 le leggi delia medesima ; e quindi da attribuirsi agli errori proba- I bili delle osservazioni . S- 9- Oltre le stelle sin qui esaminate, altre similmente meritano di esser prese in considerazione , e principalmente Rigel , Anta- res, Deneb, e Fomalhaiit. Ma intorno ad esse non ho intrapre- so ricerca alcuna . Generalmente le osservazioni di giorno riesco- no in questo Clima piuttosto difficili, e divengono maggiormen- te quando sono legate a certi tempi . Rari qui sono i giorni , nei quali l'aere sia perfettamente puro e serenò : è per lo più ingom- bro di un leggierissimo velo di nebbia , che se non impedisce del '• tutto di vedere le stelle di prima e seconda grandezza, e quelle di terza vicine al zenit, le rende però cosi deboli e sbiadate, che non è agevole osservarle cop precisione . Per questa ragione prin- cipalmente le osservazioni discusse in questa memoria non sono né nel numero né nei tempi, che avrebbero potuto condurre a risultati sicuri i e per questa ragione medesima m' èj più vòlte • - " ■ ■ ca- • Di Giuseppe Piazzi . 6 1 caduto neir animo di abbandonare per sempre simile genere di ricercke- Né cei"tameiite le avrei proseguite, se Aldebaram , Si- rio, Procione, e Wega non mi avessero presentati sufficienti in- dizj di una parallasse abbastanza sensibile per potersi osservare . Quest' indizj medesimi, e tuttavia sussistono, e non sono per av- ventura spregevoli : per lo che di queste quattro stelle , e non più;, continuerò le osservazioni col maggiore zelo, cogliendo tutt' i momenti più favorevoli, e persistendo nel travaglio oltre quei termini , che in un cielo migliore sarebbe necessario. Se intorno ad esse potrò cosa alcuna stabilire con sicurezza e precisione , mi farò allora ad esaminarne le conseguenze, ed oserò proporre qualche mia congettura , ^che ardita ed immatura potrebbe pre- sentemente sembrare . SUP- 6a SUPPLEMENTO Di Giu3eppk Piazzi ALLA MEMORIA DEL MEDESIMO SULL' OBBLIQUITA' DELL' ECLITTICA Ricevuto il dì ag del i8o5 . XLl ssendomi proposto nella Memoria suU' Obbliquità dell' Eclìt- tica inserita nel tomo XI pag. 4^6 della nostra Società, di stabili- re quest' elemento con la maggiore precisione e sicurezza, non contento di un decennio di osservazioni mie proprie , vollf gio- varmi ancora di quelle di Greenwich . Ma non picciola fu la mia sorpresa , quando tra i risultati di esse ed i miei m'avvenni in una differenza di 4' circa . Esaminai onde ciò potesse nascere, e dopo varie ricerche mi parve averne trovata certa quale spiega- zione ^ che indicai nell' accennata Memoria, senza però rimaner- ne pienamente soddisfatto . Volli quindi scriverne allo stesso Dot- tor Maskelyne, il quale usando meco della gentilezza che gli è sì propria, in data dei ag Gennajo 1804 nii replicò ,, Per determi- 5, nare 1' errore della linea di collimazione impiegai nel 1787 le „ distanze dal zenit delle stelle ai piedi dei Gemelli . Ho ricono- „ sciuto in seguito che questo metodo non è il più sicuro, e che „ conviene assai meglio contentarsi de' risultati delle stelle vici- ,, ne al zenit. Da i5 osservazioni pertanto di y Dragone si ha „ -+- 1", 6 in luogo di +6", che aveva trovato colle stelle ai pie- „ di dei Gemelli ... Questa correzione di -\- i",6 , dalla parte del 5, Sud è per le osservazioni del 1787 al 1799, per le altre dal „ 1800 al i8o3 è + o", 9 ,, Impiegando questa nuova correzio- ne di + i", 6 in vece di + 6", che introdussi nel primo calcolo del- Di Giuseppe Piazzi . 63 delle osservazioni dal 1 790 al i 799 , svanisce quasi intieramente la dilFerenza tra le due oLbliquità ; si ritiova un poco maggiore colle altre degli anni susseguenti 1800, 1801 , iBoaj ma il me- dio di tutte risulta prossimamente lo stesso di quello che si è da me stabilito . Prima però di mostrare un tale accordo, gioverà ri- portare le mie osservazioni solstiziali di quest'anno 1804, le qua- li essendo state fatte colla più scrupolosa diligenza, ed in nume- ro maggiore che non abbia usato negli anni precedenti , sembra- no meritare una maggiore fiducia . SulF esempio di altri Astrono- mi potrei contentarmi di dare i soli risultati, ma t a creder mio, le osservazioni semplici e genuine sono la cosa più interessante e preziosa, che possa presentare un Astronomo . S. ^: Solstizii del 1804 osservati nella Specola di Palermo . Gicrni del Mese Baro- Termometrol o \ i-t fri 9B: ;^ c me- tro 0 -1 --* 3. -1 0 Ó 0 p- Distanza osservato d;tl Zenit Giù- 2 7 8 9 ICi II 12 i3 •f '7 18 32 23 24 25 2b a 29,912 119, 9 6( 3o,oo8 "So, ego So.ooo 29,884 9,85c 9,93c 9,968 29.900 29,900 292862 29,790 29,800 29,930 3 0,043 3o,o3c 29.976 3o,oo8 ?c.c5o 74' 74. 74. 75. 76, 77 > 79 , 80, 8., 3i, 79 > 77. 6, 76, 7''. -6, 6, 7?, 78, 78, del lembo inferiore del Sole del lembo superiore del Sole Circostanze delle osservazioni ò^io'jo 6 2 24 5 55 35 ,5 5 4** '6 ,0 5 42 18 , 5 35 55 ,5 5 3o 38 ,0 5 25 i ,5 5 20 3-j ,0 5 1549 )0 5 13 II ,0 5 8 17 jO 5 5 26, e 5 ■ 2 • 3 ,5 4 58 19 ,c 4 5624,5 4 5442 ■<■• 4 5446,5 4 56 9 ,<' 4 67 3 ,0 4 5917, 5 I o 5 .5"38'34",t i5 3o 36 ,5 i5 23 5i ,5 i5 16 3? ,c i5 io36 i5 411 r4 53 57 ,0 14 53 20 ,5 14 48 56,0 '4 44'o,o 14 4" ^7 '"^ ■ 4 36 36 ,0 i4 33 45 ,0 14 3o 3i ,0 14 26 38 jO 4 M47 '° 4 23 1 ,0 14 23 i3 ,c 14 24 25 ,5 14 ^5 27 ,0 4 27 35 ,0 14 ag 2,3 ,0 Dabbia E S.O S.O S.O E S.O S.O E E E E S.O N.E N.E S.O E N.E S.O N.E S.O SO E Stato del Cielo e dell' aria Cielo nebbioso, aere fosco C. bello, aere un poco fosco Cielo neb. , aere fosco, e uni. Cielo bello, acre netto C. neb. , aere fosco e secco Cielo bello, aere netto C. bello, aere netto e caldo C. neb. , aere caldo e denso C. bello, aere fosco e caldo C. cop. di n. , ae. caldis- e sof. C. cop. di neb., ae. cai. e um Che!., ae. fos.,l'ori^. ingom C. neb., aere pieno di vapor C. bello, aere limpido C. neb. , aere fosco ed umido G. neb. , aere fosco, ed umido C. bèllo, aere quasi nrtto Cielo nebbioso , aere fosco Cielo bello, aere netto C. neb. , aere fosco e denso Cielo l)ello, aere fosco Cielo Lello, acre fosco H B UPPLE MENTO Giorni Baro- Tormometro! 0 Distanze osservato 1 Circostanze delle 1 del me- 3 ri- 0 0 9s. e z dal 2 del lembo. enit del lembo Stato del Cielo Mese tro hi. •~t ^ t inferiore superiore del Sole e deli' aria 0' 0" ó 0* P-' 0 del Sole osservazioni Giù. 28 ^9,8Ja 81 , 3 81, 3 I li" 'ù'bi",ii i4<'3.o/.8'.5 S.E C iiello, acre 3eceo e denso 39 29,740 3i , 6 84, 0 D 1 5 6 33 j5 14 3457^5 S.E forte- S.O , C. beli, aere denso e agitato 3c 29,926 82 , 2 ■76, 7 I l5 IO 23 >ó 14 3843 ,5 Cielo bello, aere fosco Liig. ) ^9,94" 80 , I 77, a D i5 1344 ,c 14 42 6 ,0 s.o Cielo bello ^ SojoOo 80 , 3 78, 6 T i5 18 19 ,5 14 4640,5 S.O CÌ.3I0 beHo, aere netto 3 ^9,900 83 , 0 82, 5 D i5 3 35 ,5 14 5o55 ,0 s.o Cielo bello, aere fosco 4 29,79.1 85, 2 85, 2 I i5 2757 .5 14 56 19 ,5 s.s.o Cielo nebbioso, aere fojco 5 ig.guc 84,2 80 , e 83, 5 D :5 33 3 > l5 ! 26 ,0 S.E C. bello, aere fosco e caldo 6 ai), ilo 6 80, e I i5 29 16 ,5 i5 7 33,0 s.o Cielo lucido, aere netto 7 a9,83o 83, 2 85, 2 D i5 45 2 ^.5 i5 j3 22 ,5 s.o Cielo lucido, aere netto è a9,7«3 85, 2 85, 0 I i5 5a I 0 i5 20 17 ,0 s.o Cielo liici'lo, aere netto 9 29. (io 6 85 , 2 84, 0 D .5 58 37 .0 i5 27 0 ,0 so Cielo lucido, aere netto IO 29.946 83 j 0 59, 3 81, 2 58,2 I I Io 6 22, 0 60 2967 ,0 i5 3445 ,0 59 57 17 ,0 Sole mal- so N.O Cielo lucido, aere netto Cielo misto, aere netto Die. à terminato 5 3o,c5o 54 , . 5i, 5 D 60 4549,5 60 i3 IO ^5 Apjienavi- sibile 0 C. cop. di nelibia, aere um. 6 29,730 57= 4 63, 0 I 60 53 3 1 ,5 60 20 IO ,0 Tremolo e fi.imniegg. s.o fortis. Cicl-D coperto, aere abitato 8 29,430 60 , 0 63, 0 D 61 6 37 jC 60 34 0 30 Fiamme- giante S.O G. misto, .lere fosco, e-denso 9 29,480 53., 5 58, e I 6i ia54,5 60 40 18 ,5 Appena vi- siliile S.S.E C. cop ,aer. fosco den. e um. IO 09,800 59, S 63, 0 D 61 18 12 ,C 60 45 36 ,0 E C. misto, aere PE PiAzzT , Risultati delle precedenti osservazioni . 6S T'orno Xll. Solstizio Estivo Medii Solstizio Iemale Giorni Obbl igni- Giorni Obbjiqui- del mese ta appa- rente ^ del mese tà appa- rente Gin. 2.— 3 2^:i8'4",4 Medio dei risultati estivi L>ic.3— 5 23°27'49"58 3-4 20 %, I 23" 28' i",4i 5- 6 27 46 ,c 4- 5 5- 6 6- 7 28 3, 3 28 4,3 28 2, 7 Nutazione — 5,58 6— 8 8- 9 9 — 10 27 5i ,0 27 55 ,1 27 54 ,2 1804 Obbl. media 23.27 55,83 Medio dei risultati iemali 7- 8 8- 9 9 — 10 lo— I J 28 4, 3 28 5,0 28 3, I 28 1,7 23 27 53, 09 Nutazione — 4> -^^ !0— M I j — 13 i3— 14 i4-i5 27 52,7 2751 ,7 27 52 ,8 2,7 54 -,7 Obbl. media ... ab 27 48, 77 II — 12 28 2, 7 i5 — 17 27 55 ,5 12— l3 a8 e, 7 17—18 27 54 ,0 i3-i4 2758, t» ^ 18—19 27 55 ,2. i4-l5 28 I, 6 19—20 £.7 49 ,9 j5 — 17 28 I, 7 ^ ao — 21 27 53 ,7 17—18 27 58, 6 21—22 27 53 ,c lo — 2a 27 58, 2 22 — a3 27 53 ,4 23 — 23 28 I, 0 23 — 24 27 53 ,6 23 — 24 28 1,8 24 — 2,6 37 54 ,4 24—25 28 I, 7 26 — 27 37 5o ,4 2.5 — 26 28 0, 0 27 — 28 27 54 ,8 26 — 27 28 I, 0 a8 —29 37524 27 -2U 28 I, 3 28—29 28 1,9 1 29—30 28 0, 6 . LugSo — I 28 2, 0 I 2 28 I, 5 2- 3 28 2s 1 3-4 28 2, 2 - 4- 5 27 59,4 5— 6 2757,7 6- 7 2759,8 7- 8 28 I, 5 8- 9 28 0,6 .. 9-if 27 58, 8 S- 4- ^^ S U P P L li M E N X O eC. §•4- ObMiquità media pel 1 800 Obbliqultà media dalle osservazioni del 1791 al i8o3...i8oo...3^.7'57" i8o4, ridotta colla diminuzione annua di o, 4^ • • • • Dalle osservazioni di Greenwich dal 179C al 1799» supposto 1 ei- ^^ lore della linea di collimazione -\- i'\ 6 .....■■•• • • • • Dalle osservazioni di Greenwich degli anuL ,800-1801-180^ pel i8oa . . 2.3.1.7.55,6, ridotta colla diminuzione annua • ^ Medio pel 1800 .....,..^3.2757 L 5. Confronta delle due oBbliquità estiva e jemale osservate nel 1804 (S- 3) Di 7" la prima è maggiore della seconda, quanto a un di presso ho trovato cogli altri Solstizj , ma un poco più di ciò., che da gran tempo altrove generalmente si osserva. Nella mia memo- ria^sopraccilata mi sono studiato di ripetere la spiegazione di que- sto fatto dalle variazioni, che nelle diverse stagioni dell anno succedono nell'Atmosfera , e le quali alterano le rifrazioni , senza che venga a cambiarsi lo stato del Barometro e del Termometio, soli mezzi sin' ora praticati per correggerle . Ma è egli poi vera- mente così? e non potrebbe piuttosto provenire questa difterenza dair essere costantemente le rifrazioni in tempo di giorno mag- giori che in tempo di notte, malgrado che il Barometro conservi t stessa altezza, ed il Termometro indichi lo stesso grado di ca- lore, come taluno ha pensato? o sarebbe mai la luce colare dota- la di una maggiore rifrangibilità della luce delle stelle .'' Egli è certo che le rifrazioni medie non sono dedotte che dalle osserva- zioni delle stelle . Da parecchie mie osservazioni di Sirio fatte In Marzo, essen- i Di Giuseppe Piazzi . 67 io il Sole 1 5* sotto r orizzonte si ha lo stesso risultato , che dan- no piìi altre fatte in Settembre , ^ià nato il Sole . ( Prendo questi due termini, perchè verso i medesimi corrisponde la parallas- se o di questa stella ) . Similmente per Rigel ho trovato la stessa declinazione cojì con osservazioni fatte in Luglio poco dopo mez- zodì , come con altre in Gennajo verso mezzanotte. Più altre stel- le osservate di giorno e di notte, sebbene non egualmente lonta- ne dal zenit che Sirio e Rigel , provano la medesima cosa . Non ho quindi alcun indizio, onde sospettare che rispetto alle stelle, siano le rifrazioni maggiori in tempo di giorno che in tempo di notte, come in seguito si scorgerà più chiaramente . Pare quindi a me, che indipendentemente dalle indicazioni del Barometro e del Termometro, né la stagione, né il tempo , (sia di notte, sia di giorno) almeno sino a 64° dal vertice, possano -in- durre variazioni molto sensibili nelle rifrazioni; tolto il caso in cui il Termometro segni più di 80" , o spirino gagliardi venti di scirocco o mezzodì. Per la qual cosa non veggo altra causa, dalla quale ragionevolmente ripetere la diflerenza delle dueobbliquità, se non se una maggiore rifiangibilità nella luce solare. Nella mia prima Memoria aveva provato , che la differenza delle due obbli- quità non poteva farsi dipendere dalle rifrazioni medie del Brad- iey, credute dal Sig. De-La-Lande troppo picciole: rimane quest' asserzione nella sua piena forza, ma non è così di quanto ivi sog- giugneva su 1' azione dei diversi stati dell'Atmosfera. L' umidi- tà, i venti , il fluido elettrico e le altre sostanze, delle quali l'aere è sempre impregnato , possono mutare le rifrazioni ; ma il loro effetto deesi proporzionalmente manifestare su tutt' i raggi di lu- ce , che per esso trascorrono , e nel risultato medio di un gran numero di osservazioni non cagionerà mai che ben picciole dif- ferenze j siccome in appresso m' ingegnerò dimostrare . Questo mio pensiero sulla refrangibilità della luce solare , nato dal confronto delle osservazioni del Sole e di Antares , non so se con favore sarà da coloro accolto , i quali, con scrupolosa diligenza raccogliendo, ed a parte a parte esaminando tutte le cagioni, che influiscono o possono influire sulle rifrazioni, danno I a gran 68 S u p p L E M E N T 0 ec . gran peso ed estensione all'incertezza loro, e per essa vogliono spiegare la differenza delle due obbliquità. Noi non conosciamo, egli è vero, che imperiettamente le leggi che siegue il calore alle diverse distanze dalla superficie della terra; ignoriamo, presfeo- ehc intieramente , come si dilìbiida 1' umidità nei diversi stati ,e àtrati diversi dell'Atmosfera ; non sappiamo similmente quale in- iluenza possono avere le tante specie di sostanze aeriformi sulla forza rifrattiva deli' aria; e sono ia fine cento altre cose che lion sappiamo . Ma questa ignoranza nostra non c'impedisce d' inve- stigare coir osservazione per uno stato medio dell' atmosfera i li- miti della risultante di tutti questi elementi, e di ben altri mol- ti , se mai vi sono. All' orizzonte e in poca distanza dal medesi- mo , sebbene e lo stato dei cielo, e la tenq>eratm'a dell' aria non presentino cambiamenti considerevoli, le rifrazioni pur nondi- meno osservandosi generalmente molto ineguali , i limiti dell'inr- certezza saranno sempre assai estesi, e quindi di niun' uso. Da 84° dal vertice salendo alle akre minori distanze non s'incontra- iio le medesime diflBcoltà; ma né a questo grado, (. che è la nvas- sima distanza a cui posso osservare a cagione dei monti, che giac- ciono- nella direzione del meridiano) né agli altri sino a 80° io ho ancora osservazioni , sulle quali possa sicuramente contare . A 80° le declinazioni di A della Nave e di ^. t e^.a d«lla Scorpione iioii offuono differenze maggiori di 4"- (Questa differenza e le al- tre elle sieguono, si possono vedere nelSiqjplemento al mio cata- logo ) . A 78° e 77° da A e ^ della Nave non si ha più di 3" . A 70" e ùcf da: w della Nave e Fomalhaut , 3" , 5 . A 67° da e Can Mag-giore ed i dell' Idra^ a", 5 . A 64" da cT Can Maggiore e da Antares-, a". A 6^° da a Corvo , i". A 60" da /Scorpione, 1" . Questi risultati sono confermati da più altri dipendenti da os- seivazioni posteriori alla pubblicazione del mio Cataloga» e nei quali, non avendo preso in considerazione che le sole tentate , non. spirandone venti gagliardi, né segnando il Termometro più di 80°, meritano una maggiore confidenza. A ^i^utto ciò se si aggiun- ga che nelle riferite differenze sono compresi ancora gli errori inevitabili così dell' osservazione carne delio Stromenlo; agevol' men- Di Giuseppe Viazh ■ 69 .mente si scorgerà, e che la risultante di tante ìcggi ed influssi > che noi non sappiamo , e per cui si fa sì gran rumore , è in fine una ben picciola cosa ; e che non si può in verun modo da ciò che si osserva all' orizzonte, o due in tre gi;adi sopra lo stesso , argo- mentare di quello che accade, 0 può accadere nelle regioni supe- riori dell'Atmosfera. Le sole osservazioni possono decidere un tari genere di questioni, ed un buono stromento nelle mani di un buon osservatore coglierà sempre meglio nel vero, che le teo- rie di tutt' i Geometri, e di tult' i Fisici. Che se dalle osservazio- ni dei Cassini e di qualche altro Astronomo si raccolgono conse- guenze diverse dalle mìe, mi si permetta che francamente dica , chele medesime si debbono piuttosto attribuire all'imperfezione degli Stromenti de' cjuali si sono serviti , che all' incostanza ed irregolarità delle rifrazioni. Raccogliendo pertanto dal sin qui es- posto ciò che risguarda il punto di cui si tratta, non credo andar lontano dal vero, se a 64° stabilisco di 2." i limiti dell' incertez- za : limiti tra i quali non può certamente restringersi la differen- za di 7' in 8" da me osservata tra le due obbliqnità estiva e je- male . Non dee quindi parere tanto strana la congettura , che, se non tutta, parte almeno di questa differenza provenga da una maggiore refrangibilità nella luce solare • La quale maggiore re- frangibilità possiam ancora rilevarla dalle circostanze diverse(ri- spetto a noi ) della luce del Sole, e delle stelle. Sebbene la luce del Sole impieghi 8' circa a venire a noi, nientedimeno, conside- rate le distanze nelle quali noi siamo cosi dal Sole come dalle Stel- le; la propagazione della luce solare si piò riguardare come istan- tanea , e in tempo quella delle stelle . Ma i sette raggi onde risul- ta la Iricé, non essendo tutti egualmente refrangibili, non avran- no tampoco una medesima velocità. Della luce delie stelle non verranno dunque a noi che i più fertile che meno differiscono in refrangibilità: gli altri, quando essi pur vi giungano, non potran- no né far parte coi primi, né cagionare sulla retina alcuna im- pressione distinta , ma si confonderanno coll'azzun-o del Cielo. Oltrecché non è del tutto improbabile che, attesa l' immensa te- ;TOÌtà loro, e l'immenso spazio che debbono trascorrere, ( che non 70 Supplemento ec. non possiamo supporre vuoto aflatto di qualsisia altro fluido , co- munque si voglia sottilissimo ), una porzione delle particelle più rifrangibili realmente si disperda, né giunga sino a noi, né forse sinodi confini del nostro Sistema. La rifrangibilità media della luce delle stelle par dunque possa dirsi minore della rifrangibili- tà media della luce Solai-e . Ma un'altra difficoltà voglio qui pre- venire, che forse potrebbe farmisi non senza qualche apparenza di fondamento. La differenza massima dei diversi risultati dell' obbliquità jemale da me sopra riportati giugnendo sino a i a", co- me si può egli pensare a rendere ragione di soli cinque in sei, per cui l'obbliquità estiva eccede la ieniale?Non basta ciòadimostra- re la ineguaglianza ed incertezza delle rifrazioni, e quindi la ca- gione vera della differenza delle due obbliquità? La differenza dei diversi risultati dell'obbliquità non proviene essa certamente dall' incostanza delle rifrazioni; ma bensì dalla difficoltà di porre esat- tamente il lembo del Sole { non sempre ben ternainato , talora tremolo, talora fiammeggiante, e talora tra le nuvole ) in contatto del filo orizzontale , E veramente tra i risultati dell' obbliquità estiva la differenza massima è di 6", i quali a i3" dal vertice non si possono in verun modo rifondere neli' ineguaglianza delle rifrazioni. Né dee far peso che questa differenza sia di soli sei. secondi, mentre l'altra giunge a 12". Neil' inverno i bordi del Sole sono generalmente sempre più incerti che nella state. Per altro di ventuno risultati dell' obbliquità jemale quattro soli presentano sì gran discordanza; gli altri diecisette non difierisco- no tra di essi che di due circa, siccome il maggior numero di quei di estate . Se pertanto la luce solare è più rifrangibile della luce delle stelle, nello stabilire l'obbliquità dell'Ecclitica, sia con gli solsti- zj estivi sia colli jemali ;, converrà sempre tener conto di questo nuovo elemento . Egli é perciò necessario conoscerne esattamen- te la sua quantità; né si potrà giugnere a ciò, se prima non si sappia con precisione la differenza tra le due obbliquità, estiva e jemale . I Sigg. Slop e Chiminello con le loro osservazioni han- no ritrovato 4'? La Lande a Parigi ^''j dai solstizj di Greenwich dal Di GiusjrrpE Piazzi . 71 dal 1790 al 1799 , prendendo il medio ^ si ha 5" , dal miei final- mente 8". La maggiore di queste differenze si è la mia, la quale eccede di 3" quella di Greenwicli . Ciò mi ha fatto più volte pen- sare, che l'altezza del Polo da me stabilita nel 1791 di 38° 6' 44''50 fosse per avventura più esatta dell' altra, che su juiove osserva- zioni adottai nel 1798 di 38° 6' 4S' 3 5 . Ho esaminato osservazio- ni e calcoli, e tutto pesato, non mi è sembrato che vi fosse luogo a nuove correzioni . Nel che sono stato confermato dalle distanze dal zenit di y Dragone osservate , a Greenwich nel 1 8oa e iSo3 , che nel passato Agosto si compiacque comunicarmi il Dott. Mas- Iveline. Dalle medesime comparate colle mie fatte in diversi tem- pi, e replicate nel 18045 risulta la differenza in Latitudine dei due osservatorj 13** 2.1' 54''5 54 , quantità che aggiunta a 38" 6' 45", 5 dà esattamente la latitudine staJjilita per Greenwich. Per la qual cosa sebbene impiegando la latitudine del i 791 5 la differenza delle due obbii(juità non verrebbe che di 5" , e sareb- be quindi di accordo colle osservazioni di Greenwich, e colle mie-, sostituendo air altezza del Polo le distanze dal vertice di Antares, e da esse deducendone l'obbliquità : tuttavia su questo semplice e solo argomento non sarò mai per toccare ad un ele- mento sì essenziale, e basato su tante osservazioni . Un maggior numero di solstizj osservati in più luoghi con molta diligenza, e ben discussi , potrà in line determinare con sufficiente sicurezza, la differenza di rifrazione cagionata dalla maggiore rifrangibilità della luce Solare. Il medio dei risultati sopra riferiti è di 6 ',*he ridotto all' orizzonte darebbe per differenza massima u." circa . Ma per ora ci basti sapere , che non possiamo valerci che delle sole osservazioni estive per istabilire 1' obbliquità sulle quali la diversa rifrangibilità nort può induire, ch^ uà picciolissimo er- rore . OP- 7^ OPPOSIZIONI DI GIOVE OSSERVATE Da Vincenzo Chiminello Ricevute il dì 19 Febbrajo i8o5. I Appulsi al Murale Differ. di Declinazione dal lembo superiore 1790 li Feb. di«del Cancro, io** 5a' 6"^ a, t. v.] « r, fon dellembodiGiove. la o 87 , a y ^^ 7 ^ « lior. i5 di « del Cancro. io 4^16,8 ] k r 1 del lembo di Giove. II 56 14,6 ] ^Z^i'O 16 di a del Cancro. 10 44^45^ ] SS P del lembo di Giove. 11 5i 53,5 ] ' A.R.med. di«nclCat.laCaille i3i°44' 58",8 A. R. App. i3i*45' 28", ai Declinazione media la 89 45 ) ' Deci. App. la 89 3i ,58 e quindi aii4Feb.Lon. geoc.diGiove4'^b° 16' 3ò",4. Lat. geoc 1° la' i5",\5Bor. aii5 4 ^6 8 4,9 I la 5 ,9 movira. retr. B Si , 5. Diff. di Deci. 9" ,9 14 Long, veradel Sole nell'istante dell'os. per le nove Tav. la Lande i o'a6°38'4 1 ", i Long, di Giove -^ nut. 10", c4, e — 1' aber. 1 1", 00 4 ^^^ '^ i5 .36i Distanza dalla opposizione già passata I7'a5",74r ]\['n imento del Sole dall' osser. dei 14 a quella dei i5 J° o' aa ", o IMovimento retrogrado di Giove 8 3i ,5o Movimento composto i 0 53,50 Tempo corrispondente alla distanza dalla opposizione ó*" S' 11", 9 onde l'istante dell'opposizione nel giorno 14 S*" 57' a5", 8 nel quale istante la Long, vera del Sole per dette Tav. • io' a6° 18' a4", 7 o sia lons- seoc. , ed elioe. di Giove 4 2.6 18 ai , 7 e la sua osservata latitudine geoc. i la io , o li. La longitudine di Giove per dette Tavole 4 2,6 17 4<3 » 5 La latitudine geocentrica i 1 1 4° > o \ L' errore dunque delle Tavole in longitudine — 44"5 2.inlatit. — 38 , o . IL Di Vincenzo Chiminello . 7'^ 1 1. Jppulsi al Murale . Dijf. di Deci, dal ktnbo suptr^ 1791. 16 Marzo: di |3 della Verg. Il'' 53' 8", 0 t. v. ] ^ ^ j^ 3 ^ del lembo di Giove. la 3 a8 , i ] 17 di|3 II 49 40,0 ] o 6 o, a del lembo di Giove 11 Scj 3i , i • j lA.R. media di (3 nel Cat. la Caille 174° S7' 5",i. Deci, a" 56' 43", 9 B. Abberrazione -I- 1 8 ,4 — 7 > 9 A. R. apparente 17457 a3 , 5 Deci. app.a°5t>' 3b", o OmmctLo la nutazione quasi conrane a |i e Giove. Or il semidiametro appar. di Giove essendo ai", 8 risulta , che r A. R. di Giove osservato ai 16 fu 177° 33' ia",a. La Deci, a" 47' i", 9BJ ai 17 177 aS 56 , o a 5o 14 > o "e le corrispondenti longit. geoc 5' a6° 38"5a", o. Lat.geoc. i* 34' 4^"> ^ 5 26 3o 55 , 7 i 34 5i , a ionde il movimento retrog. di Giove 7 56 ,3. Diretto a , 9 16 Long, di Giove 5' a6° 38' 5a",o. Long, del Sole allora per le noviss. Tav. de la Lande 1 1' a6° ao' 5a", 4 Nat. — 6,7 Aberr. — 11,0 Long, di Giove corretta 5' a6° 38' 34",3 Long, di Giove cor. 5' ab" 38' 34', 3 Distanza dall' opp. 17 4i 0 9» Mov. orar, di Giove in long, ig'jg del Sole a' a9",o, co'quali il composto a' 48"»9, e fatta la canonica analog. risulta che l'istante dell'opp. fu ai 1 6 Mar. a i S** ao' So", 6, |t. V., nel qual istante la longitud. del Sole per le Tav-suddette i V aó" 36' ag' , 3, o sia la Long. el. di Giove osservata 5 a6 36 ag , 3, e la Long, di Giove calcolata per le stesse- 5 a6_ 37 9,3, onde r error delle Tavole in Longitudine -h 40 , o ; la latitudine poi eliocentrica osservata conci, dalla geoc. 1° 17' 34", 7 calcolata ^ i 17 i4 , 6 e però 1' èrror delle Tavole in latitudine — ao , i IH. ! Appuhì al Murale Differ. dì Deci, dal lembo super. ! 1794, 16 Aprile: dia della Verg. Il'' 3i' Sa", a t. V. 1 o ,/„ ,u del lembo di Giove ^ 5748,0 , j ^ '7 4' ,4B. I - Tom. XII. K di 74 Opposizioni di Giove -2c di oc ^7 ^ . I ] I 28 36 o. del lembo di Giove j\i 2 , ^ ] ' * Nei gioì ni precedenti alli 16, e ao per il nuvolo, eie pioggie non fu possibile osservar Giove ;. nondimeno concludo la opposi- zione come segue i dedotto, e supposto il semidiametro di Giove ai", o , e conclusa dal Cat. De la Caille l' A- R. e Declin, media di a , risulta della stessa Tapp. Ascension Retta. 198° 34'34"5 4'^^^^- 10°^ 4' ^9 j^ e di Giove i." A. R. aoS° 4'56", 3.Decl.8°4ò' 58",7A. a.* ao4 35 59 , o 8 36 4 ^ e le longitudini 6' a6° a6' aS", 7 . Latit. 1^ 3i' 58", a B. 6 a5 56 1 1 , 6 i 3i 49 5 3 , quindi il movim. orar. retr. di Giove risulta 18", g5; del Sole tra il di 1 5 5 e il 1 6 fu a' a6", 5 , onde il composto a' 4^ ' » 4^ • Ai 16 Long, di Giove 6' aó" 26' aS", 7 . Long, del Sole per le Ta- vole noviss. de la Lande o' 37" 36' ao", 8 Aberr. — 11 ,0 Nut. — 3 Long. di Giove 6 a6 a6 1 , 7 Long. corr. 6' a6° a6' 1 1" , 7 Dist. deilopposiz. i 10 9 , i Il che tutto supposto , concludesi che la Opposizione accade ai i5 di Aprile a io** 01' aa",4 t. v. , o pure ic'' 3i' a", 6 t. m. , nel quale istante la longitudine del Sole per le novissime Tavo- la de la Lande ----.-_-- o' aó" 34' i6",8, cioè la long, geoc^ , ed elioc. di Giove os- servata a sei segni distante - - - - 6 a6 34 16, 8^ e per il suo proprio moto - - ~ - - - 6 a6 34 a6, 4 i ia long, di Giove calcolata secondo le det- te Tavole - _.-_-.»._ 6 a6 34 4r, 5,, e quindi l'error delle Tavole in longitud. i" ■+■ a4, 5 af -f- 14, 9 La latitudine geocentrica osservata ~ - i 3a 0,57 calcolata - - 1 3r 54,70 error delle Tavole in latitudine - - ~ — 5,87 IV. Di Vincenzo Chiminello . 7-5 IV. Appiihi al Murale Dìffer. di Deci, dal lembo super. 1793 1 5 Mag. dell' ,; dello Libbra 1 1** 57' 87 ",6t.v.l ^o ■ ^. ^ g' del 1. cii Giove " la 8 i5 ,0 J ^ ' 17 dell' M della Libbra 11 49 4" '7 1 3a Ai 8 dell, di Giove 11 Sg 19 ,7 J 18 dell' )j della Libbra 11 4544,1 1 33 52, ,q dell, di Giove 11 54 5o ,5 J aa dell'), della Libbra 11 394^ ,^ 1 4o 34 ,5 del 1. di Giove 1 1 36 '47 j5 . J . Per r A. R. e Declinazione presa dal Catalogo de la Gaille, e ri- dotta all' apparente proviene 17 Maggio Long. geoc. di Giove 7' aó" 58' 57".46 Latit. geoc. i" 4' ^^"^1^ ^ 18 7 a6 5r aa ,79 t 4 ^ ^?^ , movimento retrogrado 7 34 ,67 37 ,04 Aberr. — i i,qo Long, di Giove dei 17 corretta diviene 7' aG" 58' 5o"j44 Nat. -+- . 3,98 Long, del Sole in quell' istante per le Diil'. ~ 7,oa noviss. Tavole de la Lande ...... i 27 a3 2 ,70, onde la distanza dall' opposizione già passata 2.^ 12, ,00. Il mov. orar, di Giove osservat. 19 ',01, del Sole perle Tav. a'a4",a composto a'43",ai, e quindi alla distanza a4' i a", 3o corrispondendo S** 53' 56",- a si conclude, che la opposizione di Giove fu ai 17 maggio a S** 1*27", 5 t.m..: nel qual istante la long, del Sole per dette Tavole fu cioè la long. geoc. , ed elioc. di Giove osservata . e per il suo proprio moto , la long, poi di Giove calcolata per le stesse Tavole . la latit. geoc. per la osservazione e la corrispondente latitudine elioc la latitudine elioc- calcolata Sicché l' error delle Tavole in longitudine si è . . in latitudine . . . , 1' af i' 39", 3. 7 27 .1 39 , 3, 7 a7 I 39 , 6; 7 a7 I 57. 3 I 4 56, 7 > 0 5a 44,54 0 5a 3 . ,60 H- 17 = .So — 40 V. ,94 76 Opposizioni di Giove I794' ^9 V. Jppulsì al Murale D Giugno dell, di Giove 12.^ 0' i6",5 t. v. "1 di fi del Sagittario 1 1 7 0 ,4 J Iffer. (li Deci, dal lembo super. a? 5' a5",3 A. 20 del 1. di Giove 1 1 55 35 ,7 1 di ^ del Sagittario la a 5i ,1 J a 5 a4 5O ilX dell, di Giove 11 So 53. .a 1 di ju, del Sagittario 11 58 4^54 J a 5 24 j6 a3 del 1. di Giove i j 41 40 ,4 1 di (i del Sagittario 1 1 5o 38 ,4 J a 5 a3 ,9 Per 1' A. R. e Declinazione di ,« del Sagittario presa dal Catalogo de la Caille riidtìtta all' apparente risulta di Giove ai 19 Long. Geoc, a' 28° 47' 4^'j9 • Latit. o i5 53.6 B. ai ao a 28 4° 3r ,9 o i5 5o,4 movimento retr. 7 i5 ^c 5^, a ; la long, poi del 19 coir, dall' aberr. — 1 1",© , e Nut. + io",o risulta . 8' 28" 4/ 46", 7 Jono^. del Sole per leTav. noviss. de la Lande in quell'istante a 28 43 3/ ,5 Distanza dall' opposizione ^ o 415,2; •movim. orario del Sole a' 23", os. di Giove retr. i8",a, composto 2'4i ',2; temjio corrispondente alla distanza dalla opposizione i** 34' 59"53, tempo della osservazione dei 19 . . : . la o 16 ,5 « però r istante della opposizione i3 55 i5 ,8 t. v., •nel quale lalong. os. di Giove per il suo moto . 8'a8''47' ^ ? ''9 • '^t- geo. os. o"i 5'53",4 la long. cale, per leTav. DeLambre . 8 28 48 i3 .7. lat. calcol. 016 9 ,0 eri 'or delle Tavole in longitudine -t- 55 ,8 , in latit. -\- i5 " ■ VI, Jlppuls'i al Murale Differ. di Deci, dal lembo super. 1795. a4.t-iiglio di ;r del Sagittario IO 41 8,4 t-v.! ^ 4 i4 n B . del I. di Giove la 3 ia,6 J t- ^'J * a5 di 3- del Sagittario io 37 m^6 1 dell.diGiove 11 58 43,0 J ^ ^ ^^'7 a6 di »^ del Sagittario 10 33 16 8 1 dell, di Giove li 54 i5,5 j ^ » 3r,5 2.8 di 57- del Sagittario 10 aS a5,5 1 r/- o^ ^ dell, di Giove n 4^ ^.0,5 J A. R. Di Vincenzo Chiminello. 77 A. R. di ^ Catal. Vollastons , mecl. a84° a4' S",a . Deci. ai° icj'.'ìq",^ Aberr. -f- ao,i — a ,2 Nut. — 16,0 — a ,9 Asc. R. apparente a»4 24 9,3 . Deci. app. ai 19 54,4 Ora il semidiametro di Giove trovandosi a3",55 , r A. R. ai 3.5 ne risulta " 804" 5o' 44",65 . La Deci. ao° 18' l'.aS'A , ai 26. 3o4 4^ 3a ,85 . ao 19 4^ A^ le corrispondenti long. app. io' a° 24' aa",5 Latit. 0° à^o 27", 6 IO a 16 aS ,9 o 40 a5 , 3 il movimento retrogr. 7 53 ,6 ^ •> ^ e quindi la long, dei a5 colla Nut.-4-i4",7, ed aberr. -11,0 diviene 10' a** a4' 26'',a, la long, del Sole in quell' istante per le noviss. Tav. de la Lande 4 ^ ^*^ "^7 •'^ e la distanza dalla opposizione ... ; ab 3x ,Oj Ciò posto , il movijnento orario retrog. di Giove essendo 19' ,8';qtiello del Sole a' a3",5, e il composto a' 43",3 , alla distanza della opposizione corrispondo- - no g** 44' 38", a, e però l'opposizione ai a5 Luglio fu a a*" 14' 4 '5^ t. v. , nel qual istante la long, di Giove ai segni Aa\ Sole osservata fu io' a° 27' 39"j3 Lalongit. calcolata per le suddette Tavole io a a7 5c ,4 La corrispondente iatft. geoc. osservata » o 4*^ ^^ »^ -^' calcolata ... : o 4° 210 ,4 i quindi r error delle Tavole in longitudine . -. -h 1 1 ', i in latitudine , . . , . —8,1 X ;8 SCHIARIMENTI INTORNO A* PRINCIPJ D' ANTEPORSI NELL' APPLICA- ZIONE DE' COMUNEMENTE NOTI ALLA SOLU- ZIONE DE' PROBLEMI MECCANICI . Di Paolo Delan&es Ricevuti il di 4 Maggio i8o5 , .^. I. T rattando io de' Principi di Statica per i tetti,' peri ponti e per le volte nel Tomo XI degli Atti della nostra Società , feci cono- scere principalmente, che per conseguire T esatta soluzione de' problemi statici elementari risguardanti gli accennati soggetti , mediante i noti principj della composizione e della risoluzione delle forze , e delle minime azioni, o velocità virtuali, forz' è pri- mieramente di non ammettere nessuna attività ne' punti o soste- gni d appoggio , non essendo essi atti che a resistere alle forze per- pendicolari a' piani in cui consìstono ; ed in secondo luogo di rile- vare la linea che descrìverebbe il centro di gravità cV una verga pesante; o le linee che descriverebbero i centri di gravità di più, ver- ghe combinate insieme in data posizione ^ se concesso fosse ad esse un Ubero movimento : onde non solo ottenere l'esatta loro soluzio- ne, ma eziandio scoprire la naturale e completa economia o di- stribuzione di tutte le forze componenti il proposto sistema. .S- n- La presente soluzione clic potrebbe proporsi per un caso del problema elementare da me discusso nella citata mia Memoria mi eccitò alla compilazione di questa . Sia Di Pàolo Delanges . ito, Sia AB ( Fig. I. Tav. I. ) una verga inflessibile e senza gra- vità , nelV estremità A siavi attaccato un. corpo pesante raccolto nel punto A . Se la verga vien posta fra due piani DV, DR uno orizzontale e V altro verticale colla inclinazione AYm = (p j sarà la spinta orizzontale nel punto B = P. cot.Cp^ Quindi puà aggiungersi . Ora secondo Delanges questa sarebbe = o ( Tom. cit..pag^ 194. corolla I. ) ; dunque la sua dimostrazione è erronea - Ora io passerò primieramente a dimostrare le assurdità della proposta soluzione, e po-cia dimostrerò , come, nel contemplato caso particolarej il risultato dedotto dalla formola generale ap» poggiata alla mia teoria non è altrimenti erroneoj ina anzi con- forme a' principj elementari della geometria . Essendo , posto il raggio = i , sen. (p: cos.ffi' = i : cot. ^^ sarà cot. 9 = S£!_*: dunque la spintaorizzontale, secondo la riferita soluzione, sarà presentata egualmente dalla formola P. — — . . , . . . (Y); vale a dire che denotando AF (Fig. IL Tav. I. ) il peso raccolto nel punto A, condotta l'orizzontale FC, e descritto il pa- rallelogrammo ACFG , dovrebbe dividersi la forza AC in direzio- ne della verga nella verticale CH e nella orizzontale AH eguale a CF, per avere in questa la ricercata spinta orizzontale all' estre- mità B espressa dalla formola (Y) . Se pertanto s'^ intendesse che F esposta soluzione dovesse va- lere egualmente se attaccato' fosse il corpo pesante in qualsivo- glia altro punto C della verga , si avrebbe allora proposto una so- luzione più imperfetta di tutte le soluzioni pel passato conosciu- te; avvegnaché, come io dimostra ( Tom. cit. pag. 188. ) com- prenderebbe essa insieme i due difetti a cui quelle soggiacciono, cioè quello di dare il valore della ricercata spinta senza veruna relazione alla posizione del punto, a cui è attaccato il corpo pe^ sante all' immaginata verga ìtiflessibile e senza gravità^ e di dar- lo &Ó S e H 1 A R I M E N T I eC. io infinito nella posizione orizzontale. Che se in fine si ammet- tesse, che negli altri punti, eccettuato quello della sua estremi- tà A , T azione del corpo pesante dipender dovesse dalla ragione de' segamenti BC, CA , allora nient« di nuovo si avrebbe scoper- to, e non si avrebbe che ripetuta V antica soluzione di Couplet , di cui (pag. cit. ) io ne rappresento il generale risultato nella formola (A), e faccio osservare che conduce essa pure al secondo sopraccennato assurdo . Ma 'qui può rispondersi 1° Che anche nella mia soluzione supposto il corpo nella metà della lunghezza della verga , si ottie- ne la spinta orizzontale ^=p.sen.Cp.cos.<^, che non contiene più né a né b. li." Che intorno al paradosso risultante dall' antica for- inola di Couplet nel caso di . IL' 5, p[a — a)cos.9 :=yx sen.^j:'; dalle qualijcacciandoy, si avrà to- „ sto j!7( a — x) COS. ^ = ^'11^' * , e quindi (a — x) cos.^cp = „a;seo.*$. Di Paolo Dei^anges . 87 „ X sen.^cp, e per ultimo x=:a cos.*

, coaver- tendosi la trovata forinola in VB=

.^►r » e l'o- rizzontale Cr=jp.-^, 5. XVIII. Si passi ora a risolvere il proposto problema dirigendone la soluzione co' nostri principi ( 5- 1 ) • Sia come antecedentemen- te la verga AB ( Fig. XVJI. Tav. Ili ) quadrupla della distanza EO 5 e la sua inclinazione sia tale cTie l'ascissa 01 sia doppia di OE ; per il che essendo OE = b, sarà 01 =2-^ , BO = ^ b , AO == '^ bj AI = -^by/i , e BE = ■3-/7. E poiché 1' ascissa 01 è maggiore dell' ascissa 00 della massima ordinata GZ , essendo 2.^ > 1/ a^ b — i, cioè per essere nell' assunto esempio a = é^h^ 3/— 2 J > txh t/ 3 — b \ così è manifesto che l' estremità A della verga nella data inclinazione si troverà nell' arco ZAH della cur- va Di Paolo Delange&. g5 va che descriverebbe se non le fosse impedito, come supponiamo, il moto , e che però mentre tende coli' estremità A a discendere per l'arco AH, cioè nel primo istante per la tangente AF^coll'al- tra estremità B tende ad ascendere da B verso D . Posto ciò, sia in- dicato da Al il peso P, e condotta la tangente AF , si costruiscano il parallelogrammo Ax 1/, ed i rettangoli Axy Af. Delle due forze pertanto Ax, A/nelle c£uali sì è risoluta la AI,, la sola A/è quella che viene reagita dal muro al punto B : imperocché delle due for- ze AR Au in cui questa risolvesi, la prima orizzontale AR, stante la predetta tendenza della verga , spinge il muro perpendicolar- mente alla sua superficie da B in r , e la seconda verticale Au lo spinge verticalmente da B inD, che sono le due uniche direzioni uelmuro, conformato come si è supposto, perle quali spinto può ecpiilibrare le forze contro di esso dirette eoa la sua reazione.. Delle due forze poi AS , Am in cui s' è risoluta la forza Ax , ten- dendo la prima orizzontale AS a distaccare 1' estremità B della verga dal muro , diventa nullo il suo effetta ed insieme quello delia verticale A /;ì contro il muro medeaimo. E poiché nello sta- to di equilibrio 1' appoggio O dee sostenere la pressione dell' in- tero peso P , o dell' equivalente forza Al (S- Xill } cosi ne segue che mentre la forza AR spinge orizzontalmente il muro in B, tie- ne in equilibrio anche la forza AS , e che la forza Au che lo spìn- ge verticalmente gravita, con la Am eguali insieme alla AI;, suir appoggio O. Per determinare poi le quantità della forza ver- ticale e della orizzontale in \i; dall' equazione alla curva (^.XIV) siricavilasottangenteFi =^'^ è , e sarà la tangente AF =s r-^ v^3oi : quindi per la somiglianza de' triangoli FOA ^Flf^, - si avrà A/=: ~^- y/'io \ \ ed instituendo come AI ad A/, cosi p a forza A/j s ara la forza A/=^ . ' _ , e finalmente per la so- 2,. 3* . V 7 miglianza de' tiiangoli FAI» FA« si scopre la forza A w =p • v , e la ^6 SCHIAHIMENTI e^". 3a forjsa fu ovvero AR = jy . i-3i_ = jj . —-^^ •' »"» tali for- aa . V 7 zo agiscono all' estremità A del vette BOà in cui OA è doppia di BO : dunque la forza di reazione verticale e he esercita il muro nel punto B è ;» . " ,6 la forza di reazione orizzontale/? .— — : — i ; ■■^ ■' i6 ' ib Surrogando nella forinola generale esprimente la forza verticale esercitata dalla verga al punto B comunque inclinata, e derivan- te dalla soluzione ottenuta del problema col jjrincipio delle ve- locità virtuali i( 5. XV ) , surrogando , dico , ai» in luogo d'x , e 4& hi vece di a per applicarla al caso particolare preso in considera- zione , si trova come innanzi che la forza verticale in B è pure II costantemente j} ' ^ - $. XIX. Gioverà a confermare là verità dell' esporta soluzione nelP accennato caso , l' imprendere di determinare,Ia forza orizzonta- le che spinge il murò in B essendo inclinata la verga AB ( Fig. XVlil Tav. Ili ) al punto A della massima ordinata AG , ed in cui la tangente SAR è orizzontale . Si sa che essendo OE = b , ed AB = 4^ 5 sarà OG = aZ» i~/ a — b ^ ovvero posto 1/ a=9, OG =ais — ^,BO— -^, AO-^ e?-^^BE=. 1/(4 — qj'), p ? ? ed AG = (^•^-^)V(4-y ' . E poiché condotta GR parallela alla verga, cioè risoluta la forza AG nelle AO , AR , la forza AR , che corrisponde alla A/( Fig. XVI Tav. II ) , essendo orizzontale non può somministrare veruna forza verticale , cosi la sola forza AR dovrà essere reagita dal muro in B : e per essere la forza AR = p il — ^* 7/* A— i /"> ^^^^ ^^ quarto proporzionale alle BO OA ed alla forza AR , cioè p (^,t JT^J la forza orizzontale , os- eia a Di Paolo Delanges . 97 siala reazione che esercita il muro nel punto B; valore, che egualmente in tale inclinazione della verga , si ottiene dall' espressione yo • -g^, di cui 1' esattezza si è già dimostrata ($.XII). Conseguentemente la forza AO, che può risolversi nell'orizzon- tale AS eguale e contraria alla AR e nella verticale AG, non ser- ve che a far conoscere che 1' intera forza AG o il pesoP è soste- nuto dair appoggio O . S- XX. Confrontando pertanto le forze o reazioni del muro all' estremità B delia verga lunga ed inclinata , come si è supposto, P • '4 ,/' • ^^ 7 { 5. XVII ) ottenute dall' applicazione al proble- ma de' noti principi meccanici , colle forze o reazioni p . ^ t p ■ --• ^ • V 7 determinate colla nostra soluzione ( 5- XVIJI ) , non sussiste più r identità di risuitato, come nel caso in cui la ver- ga è inclinata sotto l' angolo di equilibrio ( §• XVI )\ ma mentre è la forza verticale p .— maggiore della» . — , l' orizzontale! 6 V 7 ^ minore della » . ^ ■ ^ ■ v 7 , Conosciuta la ragione dell* identità di risultato nella suddetta inclinazione, resta presente- mente per condurre a termine 1' intrapresa analisi di questo problema, dimostrare donde dipenda la diversità di risultati nelle altre inclinazioni della verga medesima . Suppongasi che all'estremità B della verga AB { Fig. XIX. Tav. Ili ) non esista il muro verticale i è indubitato, che in tale supposizione, fatto ntorno AF esprimente il peso P , il rettangolo Gf e posta BN eguale ad AG e Br parallela alla A/ quarta proporzionale alle BO, OA, A/, e compiuto il rettangolo Bw, nella diagonale Bm si avrà la direzione e la quantità della forza necessaria all' equilibrio Tom. XII. N del- ^8 Schiarimenti della verga AB; poiché equivalendo alla Bm le due BN, B,-- la pri- ma EN essendo eguale e contraria alla AG, impedisce alla verga di strisciare sulT appoggio O , e la Br avendo alla A/ la ragione re- ciproca delle distanze BO^OA, impedirà il moto rotatorio intorno air appoggio medesimo : cosi risoluta la forza Br nella verticale BC e neir orizzontale BZ», dipenderà l'equilibrio della verga dal- le tre forze BN,BC,B^; ma essendo appunto le forze BC, BZ>le de- terminate nella soluzione del problema {^. XVII. Fig. XVI. Tav. II.) della verga fronteggiata contro il muro verticale DC : dunque s'è supposto che in quella circostanza il muro potesse esercitare una forza BN eguale e contraria alla GA, il che non può atten- dersi dall' inerzia del muro , ma solamente da una forza attiva del valore e della direzione di Bm . Non è dunque eiTonea quel- la soluzione se non in quanto non vale per la condizione che la verga sia inclinata ad un resistente muro verticale , e si è risolu- to un problema diverso dal proposto, ed è in ciò che consiste la diversità de' surriferiti risultati . Nel problema dunque del mu- ro, dall'intiera forza Bm necessaria all'equilibrio della verga deg- giono risultare le forze eseicitate dalla stessa contro di esso nel punto B : di modo che prodotta B/n in d e presa Bd eguale a Bm, compiendo il rettangolo Bd, sarà BD (Fig. XVI. Tav. II.) la forza verticale che soffre il muro nel punto B, e B6 T orizzontale . Per determinare i valori di tali forze si conducano le orizzontali rC, mz]f e la verticale rn ; e sarà mz = Bb, e Bs = BD : essendo po- scia BN = ^ . ^, e Br = ^ . -y/ '^ , si avrà Bm = -r- ^/ 3o i , e la forza Bm =p . ^ ' '"°' . Inoltre per la somiglianza de' triangoli BCr, AOF, si ricaverà BC=b. l^ , Cr = Z^ . ^ , e per la somi- gìianza de' triangoli rnmi AOF, rn = h -JjLl , ed mn = è . |. ; e perciò B^ = è •" " ^^ 5 ed mz = è . g-'; e finalmente instltuendo Bm ^oc.-Jta/. T. 7JI./, .<)CJ MEMORIE DI ÌLATEMTICA c/o^.7C .^ y ^ : valori identici a' ricavati dalla soluzione del problema colla nostra teo- ria ( 5- XVIII. ) ; il che avviene, come è facile a dimostrarsi , per risultare la forza Bm parallela ed uguale alla doppia A/ ( Fig. XVII. Tav. Ili ) . Dall' esposta analisi pertanto concludesi che la generale soluzione del problema conseguita col combinare i due indicati principj ( S- I ) co' noti principi meccanici a differenza di quella che si ottiene colla semplice applicazione di essi , con- duce insieme : i.° a scoprire le direzioni per cui moverebbesi la verga nelle inclinazioni maggiori e minori di quella dell' equili- brio , jì.° a determinare la naturale direzione , e 1' esatta distri- buzione di tutte le forze sì contro il muro che suU' appoggio 0 esercitate dal peso P alla oua oetrcmltà attaccato , 3." e per ulti- mo ci salva dal pericolo di risolvere in vece del proposto un altro problema , come s' è superiormente dimostrato . AP- APPENDICE Di GlANFaANGESCO Malpatti AL PROBLEMA DELLE PRESSIONI Ricevuta il dì 9 J/cg'gfo 180S . D= ai Canoni del mio Tentativo sulle pressioni stampato nella Parte seconda del Tomo ottavo delle Memorie della Società Italia- tna delle Scienze risulta , ove considerava le pressioni che sciTra- Tio gli appdggj posti agli angoli d' un triangolo, da un peso collo- cato m qualche punto delia sua aja; quando riducevami alla ipo- tesi dei trasporto degli appoggj , e del peso in un sol lato di que- sto triangolo, onde si avesse un vette rettilineo di tre fulcri col peso posto tra due nella stessa retta; che modificando le gemcraìi rorinole alia supprtsizi'''rìR di tal cangiamento, restano fli'^trihuite le pressioni nate dal peso ai soli «lue appuggj che ad esso piìi si avviciuano , dall'- una, e dall' altra parte, restando senza pressio- ne alcuna il terzo appoggio più lontano. Ora avendo io trcrvato per quel che sembra, una maniera di dimostrare direttamen- te la verità di tal proposizione, conducendo all'assurdo la distri- buzione delle pressioni in tal caso a tutti e tre gli appoggj , ha creduto Lene di aggiungere a quel mio scritto questa breve Me- jìjoria, la quale quando io mal non mi apponga nel mio razioci- nio , presentando un perfetto consenso del teorema presente col risultato pei Canoni di quella mia ipotesi, può servire a darle una maggior forza di probabilità e renderla ai Geometri più accette- vole e grata . Sia il piano orizzontale , e triangolare posto su i tre appoggj, A, B, E (intendendo già che il piano sia rigido senza massa e sen- za gravità ) ; e il peso situato in P. Per trovar le pressioni che si diramano ai punti A,B,E, faccio uso del metodo dei momenti dai meccanici con tutta l'evidenza dimostrato ; e a tal uopo prendcU' do ì Di Gianfuaiccesc.o Malfatti. joi do per primo asse di rotazione il lato BE dello stesso triangolo , su d' esso faccio cadere le normaU AG , ?D; e chiamate le inco- gnite pressioni, di A, a; ; di B ,/ ; e di E ,20, e inoltre fatta AG=^;, PD =p , ho a un tratto la prima equazione dei momenti ; qx-?,/^ chiamato il peso P . Il nuovo asse di rotazione , a cui riferiamo !e pressioni, sia 1' istessa linea PD protratta indefinitamente, alla quale dal punto A si guida la AF parallela al lato opposto BE : denominata pertanto la BG = « , la CD = Z; e la DE = e , poiché AF — DC, i momenti delle pressioni rispetto a questo nuovo as- se ci somministrano la seconda equazione bx-+-y.a -^ b = e z ; e poiché la somma delle tre pressioni dev' essere uguale al peso P , avrem pronta la terza equazione , x -'r 7 -4- z = P . Essendo x=~, sostituito tal valore; nella seconda equazione e nella ter- za , colla opportuna disposizione dei termini nasce ; u -ì- b.y — cz — rfii. e poi V -h z = ^^^^ • Si adoperi presentemente in que- ste -due equazioni H noto metodo della eliminazione, e si ha z = p.qy— ,.fl^-f iq _ __ 7.0,1— ed— bd^ ^ queste sono le tre pressioni di valor cognito sostenute dagli appoggj A, B, E . Assumo ora un' ipotesi , che siano mohili il peso P e l'appog- gio A, e diriggano il loro movimento per le perpendicolari , PD , AG, cominciando con velocità proporzionali agli spazj da scorrer- si , cioè proporzionali alle stesse peqiendicolari , e colla legge di resistenze che indentrano alle stesse velocità propofzidnalli. Ognun vede che con tali dati devono arrivare il peso P e l'appoggio A nel- lo steeso tempo al lato BE, dove restano afiatto estinte le loro ve- locità, e per tal modo viene a formarsi un vette rettilineo a tre ftdcri , col peso po?to tra i due C , E : dal pnnto A per il' peso P si conduca la linea AP , che prolungata incontra il lato BE in Q , e dentro l'angolo AQB si guidi a piacere una retta che seghi ìe nor- mali AC,FDne'punti O,/? . Eglièchiaro che le porzioni P^, AO, sono proporzionali alle intere normali DP, GA; siccome il son pure le residue D/;,GO, laonde quando nei movimento fatto col- la ioa - Appendice la prescritta legge l' appoggio A sarà arrivato in quel punto 0, il peso P avrà scorso con moto isocrono lo spazio P/?, e in tal situa- zione che per cagione del movimento progressivo si può conside- rar -come variabile, dobbiam cercare quali siano le pressioni dira- mate dal peso P nella situazione di p , all' appoggio A nella situa- zione 0, e agli altri appoggj immobili B, E. Ciò si ottiene facil- mente conducendo da O una parallela a BE, die incontra la ret- ta DF nel punto S • Qui pure, chiamata OC = t ; poiché sta AC : PD : : OC :/'D, sarà q : d : : t : pD = ; onde presi pel- assi di rotazione gli stessi che prima, e le nuov« pressioni in O , B, E chiamate x,y' , z' ; per la legge dei momenti, sarà x't = — , p j ossia a:' = — >^ però la pressione in O è la stessa che la pres- sione in A . Rivolgendoci ora ai momenti riferiti al secondo asse di rotazione FD , avremo:»:' nella distanza OS , ossia x'b -4- y'.a H- Z» = z'e ; ma sc'b = xb , sarà pertanto xb -\- y\a -+- i» =r se, e poiché deve essere ancora x' -'r y'-'rz' = p^ sarà anche x-^y'-\-z'=.V; e per mezzo delle due equazioni ritrovati i valori di /'e di z' si troveranno essi identici coi valori -di jk* di z . il perchè in qualunque punto si trovino contemporaneamente j r appoggio mobile A e il peso P , quando essi si muovono colla prescritta legge, le pressioni distribuite dal peso Pai fulcro mobi- le, e ai fulcri immobili, resteranno sempre invariate j e conse- guentemente anche quando saranno arrivati , A in C , P in D > non devono aver sofferto alcuna alterazione, ed ivi sta tutto in quiete. Questa conseguenza a cui ci riduce il raziocinio ed il calcolo si dimostra facilmente assurda. Imperciocché se noi supponiamo che l'appoggio mobile A sia collocato a maggior distanza dalla BE in H di quella che aveva in A, e si concepisca muoversi verso C con una velocità proporzionale alla distaiiza HC, nel mentre che P, che non ha cangiata la prima sua situazione , si muove con velocità proporzionale alla sua distanza PQ, egli è certo che incontrando ambi- Di Gianfrancesco Malfatti. io3 ambidue la stessa legge di resistenza j che abbsam posta nel pri- mo casQ, arriveranno contemporaneamente a poggiarsi sulla ret- ta BE ; e siccome il valore delle prime pressioni in H , B , E riman sempre il medesimo per tutte le situazioni analoghe dei punti mobili H, P, tal sarà pure quando pervenuti alla quiete si trove- ran posti sullo stesso vette BE e negli stessi primi punti C , D . Se per tanto si chiama HG = r, e a; la pressione in H, per la leg- ge dei momenti avremo rx = Td e quindi x =■ ^ -le altre pres- sioni poi in B e in E non varieranno dalle trovate nella prima ipotesi , che per il cangiamento che in esse induce la introduzio- ne del simbolo /-invece del simbolo ^ , e poiché la pressione in C = -p diventa minore della pressione - , essendo r maggiore di y , ecco che adattato il raziocinio superiore, avremo nel caso di un vette retto dove tutto è in quiete^ e dove sono sempre man- tenute le medesime distanze degli appoggj fra loro, e di ciascun degli appoggi dal punto dove è collocato il peso, ora pressioni maggiori ed ora pressioni minori , le quali varieranno anche ali* infinito se si suppongono variati i punti dai quali l'appoggio mobi- le comincia il suo moto . A questo patentissimo assurdo noi arri- viamo, se non si stabilisce una legge di natura la quale riduca tut- to al ragionevole, e al vero, senza dar di cozzo in simili assurdità. O io vado errato, o questa legge da sostituirsi è assai semplice e chiara . Essa consiste, a parer mio , nel principio : che collocato un peso sopra un piano orizzontale sostenuto da più appoggj , cer-, chi la natura di diramare ad essi le sue pressioni per linea retta e che, quando non incontri in tali rette modo di fermare la sua pres- sione, perchè cerca essa di fare il più prestoche sia possibile il suo equilibrio , effettivamente le tramandi con certe determiniate mo- dificazioni che emanano dalie rispettive situazioni che hanno fra loro gli appoggj e il peso agli stessi appoggj j ladi IO:, li e D Q !•; ."^ >-\ -^ ^ A P /^ o / ^ rnT \ A F ^ y 1 Di Gianfuancesco Malfatti. J^^ sioui negli appoggi P^^^^ vicini . In queste ultime espressioni resta totalmente eliminato ii simbolo «7; il che vuol dire che da qualun- que punto A o più alto o più basso s' intenda cominciare il mo- vimento del fuicro mobile A, nel momento dell' arrivo al punto C le pressioni risultanti in C e in E saranno sempre indipendenti dall' altezza (/ e veramente determinate dalle sole distanze CD , DE . Essendo da ultimo chiaro , che ciò che si è detto pel vette rettilineo di tre appoggj , si può applicare ugualmente a un vette rettilineo di quattro, cinque, e in generale di qualunque numero di appoggi ' concluderemo che in tali casi sol quei due che sono dall'una e dall' altra parte i più vicini al peso, sosterran le pres- sioni che da esso si distribuiscono, egli altri non sentiranno pres- sione alcuna . Ko sujjposto turbato il movimento di P e di A da una resisten- za che gli faccia nel medesimo tempo arrivare ai punti C,D senza velocità alcuna, per conformarmi alP idea che un si fa del vette retto caricato d' un peso , e corredato di più appoggi , dove non considera nessun moto preesistente , e nessuna estinzione del me- desimo . Ma se anche si ammétta la ipotesi del moto equabile in A e in P colle velocità proporzionali alle rispettive distanze , col nostro principio si troverà salvata la legge del vette^ ancorché neli' appulso vivano le stesse velocità. Tomo XIL O PA- ic6 PARALELLI E PRINCIPIO UNICO E SEMPLICE DELLE DUE TRIGONOMETRIE Di Pietro Ferroni Ricevuti il dì i6 Maggio i8o5 . v-/ ornala Trigonometria rettilinea è un derivato agevolissimo della sferica, così quest' ultima apertamente nasce dalla contem- plazione d'un solo caso paiticolare delle Piramidi tetraèdre, o per dir meglio dei Triangoli piramidali (i) • Mentre difatto si conce- pisca tal Piramide triangolare che sia iscrittibile dentro d' un Co- no retto e colla cima comune , i tre supremi angoli rettilinei del- le tre faccie circoscriventi e componenti 1' angolo solido della ci- ma predetta vengono misurati o rappresentati dai, tre lati d' un Triangolo sferico, e le mutue inclinazioni delle tre faccie medesi- me sono i tre angoli piani dell' immaginato Triangolo . L' origine vera e naturale perciò delle proprietà dei Triangoli e Poligoni «ferici (e, per semplice corollario , dei rettilinei ), , da cui dipen- de la loro congrua risoluzione, deve a ragione desumersi dalla na- tura geometrica di quelle speciali Piramidi. Siffatta sorgei^e, seb- bene avvertita da molti, non ispiegata né estesa abbastanza, come facilmente potevasi, per quanto io sappia, da alcuno, rende tosto non solo contezza mercè delle Proposizioni elementari antichissi- me intorno gli angoli solidi (2), perchè i lati d'un Triangolo o Poli- gono sferico convesso presi insieme sieno sempre minori d'un' in- tera circonferenza di Circolo massimo della Sfera, ma con egual lume discopre le due di giànote ed uniche formule fondamentali trigonometriche, binomia e trìnoniia^ le quali (come insegnarono primi Mauduit, Euler , e Degna (3) ) in ogni combinazione possi- bile de'VI. elementi danno l'analisi de' Triangoli sferici obliquan- goli , e di cui sono una conseguenza immediata le speciali bino- mie concernenti i rettangoli. E tutti quanti quei paragoni elegan- tis- Di Pietro Ferroni . 107 tisslrai, che massimamente negli ultimi anni Legendre, Deiam- bre, e Lagrange hanno rilevato in proposito de' Triangoli sferici o finiti o infinitesimi riportati ai rettilinei loro corrispondenti (4), insieme con varj dei paralelli meno conosciuti o men ovvj , sono altrettante derivazioni facili dai Principio medesimo comparativo dei divisati Triangoli piramidali e Prismi retti dotati della stessa base ma d' altezza infinita . Anzi quella nascosa ellildcità ( se può cosi nominarsi ) che disvelò non ha guari Goudin nell' equazioni generali trìnomie della Trigonometria sferica (5), rice- ve la sua etiologia o spiegazione diretta dal fondamento geome- trico delle rammentate Piramidi, a differenza delle moltiplici analogie o derivative o sussidiarie ( tra le quali le rinomate di Napier o Neper), che si risolvono in artificj di calcolo più o meu composti , onde le formule primigenie così trasformate si renda- no adattabili e pronte all' uso comodo dei logaritmi . Mio proponimento è pertanto quello di richiamare ad un Principio solo 1' una e l'altra Trigonometria, e mostrarne , se non la smarrita, almen 1' obbliata provenienza comune. Il Principio geometrico , in qualità di causa prima , debb' essere generalissi- mo; e mal s' apporrebbe chi cominciasse l' assunto dai Triangoli rettangoli per quindi scendere mediante loro all' analisi degli obliquangoli, o dalla Trigonometria rettilinea colf ajuto della medesima passasse alla sferica, coni' è V usanza nei corsi ordina- rj : Non bisogna confondere la Sintesi didascalica, che dimostra i Teoremi e costruisce i Problemi andando gradatamente dal sem- plice al composto , colla Trigonometria filosofica e comparativa, alla quale s'aspetta per avventura di seguitare il metodo inverso, e far partire da un tronco primario tutte le ramificazioni diverse che compongon l'insieme di questa Scienza. Se poi alla Geome- tria elementare de' Greci s' unisca il facile ritrovato del Girard o del Cavalieri (6) risguardante l'area di qualunquesiasi Triango- lo sferico, nuli' altro fa di mestieri per arrivare allo scioglimen- to di tutti i Triangoli data la conoscenza sola di III. de' \I. loro elementi, e per rintracciarne eziandio le varie appartenenze e misure d' ogni maniera . Imperciocché tocca all'Algebra , e prin- O a ci- it8 Paralelli e principio unico ec. cipalmente a quella parte di calcolo che considera le /«/z:/on/ del CircolOj l'incarico di stabilire sopra il suggerito saldissimo fonda- mento l'edifizio intero trigonometrico, spartirlo^ decorarlo, noLi- litarlo^ ed osservare le regole di simetria, comodo, e convenienza, onde appresentarlo in ciascuna parte dicevole al fine ed allo sco- po propostosi dall' architetto nell' ideato disegno. Ora Gjuesto è r iifficio meramente subalterno e non mai etiologieo della Scien- za, come lo sarebbe di pari se dopo avutosi 1' accorgimento di fa- xe scaturir dalla Retta Tlperbola, e dalla Periferìa circolare F El- lissi ch'ha per suo ultimo /imi^e la Parabola, si ricavassero cpiin- di mediante il soccorso più o meno ingegnoso dell'Aritmetica universale le più astruse recondite proprietà delle Coniche {7) . Contuttociò quantunque volte l' argomento' eh' io tratto jai' aprirà il campo a parlar brevemente d' alcuni dei prineip] se- condar] trigonometrici e delle lore piùo meno pregievoli deriva?? zioni, c|uali si leggoi>Oj per taeer d'altri, nei Trattati diMauper- tuis , Lagrive, Gagnoli, Carnet, ec. (8), o in alcuni articoli dell' Enciclopedìa metodica, o nella Cristallografia d'Haùy (g) massi- me pel modo più acconcio di considerare gli angoli solidi o piani, e ricavarne le rispettive misure, noii lascierò, senza citazioni spe- ciali, d'aggiungere all' uopo le mie riflessioni indirizzate soltan- to a mostrare 9 la più chiara origine di certe formule che sono più in uso nella Teoria de' TriaMgoli, o lasemplifieaaione d' altre espressioni della Lingua del calcolo, e» le conseguenze dedotta dalla. comparazione delle medesime, o finalmente preordinate a spiegare come mai si conciliino ed anzi siano precisamente equi- valenti quelle regole classiche della Dottrina Sferica in apparen- za discrepanti e eh' avi ebber sembiante d' antinomìe . Frattanto seguitando il costume degli Analisti , i III. angolis d'ogni Triangolo o sferico o rettilineo verranno intesi sotto A, B^ C, mentre a, b., e rappresenterannorispettivaiuente i III. lati ai medesimi opposti . TEOREMA h In una Piramide triangolare iscritta 0 iscrittibile dentro d'un Co- Di PiETKa FEunoni . 109. Cono retto aLase circolare e d'apice comune, soyi sempre^ropor- ziog^ali alle aree delle tre faccie equicmri situate intorno la cima tanto i j^Tìz degli angoli delle medesime a, b^ e, attorno della cima predetta, quanto i seni degli angoli opposti A,B>C delle tre faecie suddette ; il che vale a dire i seni dei primi angoli co.- stanteiuente proporzionali ai seni degli ultimi , p viceversa . Perocché i.° in sì fatte Piramidi (Fig.* i.) essendo, per ipc tesi, eguali fra loro i tre lati o spigoli DG, DE, DF, le aree del:- le tre faccie triangolari equicruri GDE, EDF^FDG hanno la pro- porzione medesima delle perpendicolari condotte dai punti E.^F, G, vertici dei tre angoli della base GEF , sopra i lati predetti DG, DE, DF; e queste perpendicolari, in virtù dì definizioni, tengono la ragione istessa dei seni degli angoli prenominati GDE, EDF^ FDG circoscriventi la punta dell' angolo solido D . Oltre di che in a." luogo , se ( per esempio ) dal vertice E d' uno degli arrgoli della base GEF conducasi EO normale al piano del- la faccia opposta FDG, e dal punto d' incontro ossia piede Ola perpendicolare 01 a DG e l'altra OP a DF, insegnano gli EtevieU' ti d'Euclide (ro)che condotte le rette EI, EP, son esse altresì rispettivamente perpendicolari su i lati o spigoli DG, DF ; e per- ciò EIO, EPO ( o in altri casi i loi'o conseguenti ) sono gli angoli piani delle due faccie FDG, DGE, e dell'altra coppia GFD, FDE, EO EO 1 seni dei quali due angoli sfanno tia loro come ^ : —^ : : EP : EI :: /e/io EDF : seno EDG. Così proverebbesi nel paragone degli altri . Corollario I. Si verifica fn tutte le Piramidi triangolari Fistesso Principio elegante geometrico, perché, qualunque elle sieno, vi si possono sempre segnare su i loro spìgoli, o prolungati o troncati, tre punti egualmente ( o poco o molto) distanti dal vertice, rima- nendo così sempre fermi i tre angoli intorno alla cima e quelli de' piani delle tre faccie che finiscon neli' apice della Piramide . Corol- 110 Pakalelli e principio unico ec. Corollario II. - Dalla considerazione adunque d' un Triangolo piramidale nasce naturalmente ( previa la sola impreteribile definizione dei seni) il Teorema cattolico della Trigonometria sferica^ cioè -^f = ' o ben. A "SenlT ~ ^''"^ 5 che come equazione hìnomìa s' applica subito ai logaritmi , racchiude la proprietà de' Triangoli equicruri ossia dell' eguaglianaa degli angoli opposti ai lati eguali, ed è in sostan- za il gradii Canone negli scaleni, dei seni de' iati proporzionali ai seni degli angoli opposti , che i Geometri han finadora dedotto o a rovescio da separare i Triangoli obliquangoli in due rettangoli sussidiar] i o con somma finezza di studio dalla teoria delleyM/ìaio- ni simetriche , mercè della quale le due fondamentali Formule trigonometriche ( Teor. I. e II. seg. ) si convertono in una so- la (ii). Corollario III. Il Teorema cattolico pe' i Triangoli sferici obliquangoli som- ministra adesso come suo particolare il subalterno per i rettan- goli, Cloe, posto A 1 angolo retto , ben. a = — j^ = g^^ e cosi degli altri : equazione binomia derivativa che abbraccia sempre però ( compreso 1' angolo retto ) IV. soli de' VI. elementi del Triangolo, ed a paragone della sua generatrice è ancora più ac- concia all' uso immediato delle Tavole logaritmiche . Corollario IV. Se in vece d'una, due faccie della Piramide si dispongano col pian della terza in maniera che formin due angoli retti , ciò non puote accadere giammai, conforme insegnano gli Elementi (12) , senza che un delli spigoli della Piramide istessa sia perpendicolare ad Di Pietro Feuroni . ni ad un tempo su i due rimanenti, eh' è quanto dire se non quan- do sien retti i due angoli al vertice di due de' Triangoli . Mentre poi tutte tre le faccie siano perpendicolari vicendevolmente tra loro lo saranno eziandio per la medesima ragione i tre spigoli. Ed ecco r origine de' Triangoli sierici equicruri ^ireWango/i a due quadranti, o trirettangoli necessariamente equilateri perchè a tre quadranti . Corollario V» Ricavasi oltre di ciò da un Teorema, elementare d'Euclide (i 3) che i tre angoli piani .delle faccie d'una Piramide triangolare presi insieme superan sempre il valor di quelli della sua base ; e dalla natura della Piramide istessa si fa manifesto che mentre s' annulli la di lei altezza DQ , ed il Triangolo piramidale si con- verta perciò in Triangolo piano ^ ossia il Triangolo sferico in Emisfero del raggio QE, l'altro limite della, somma dei tre ango- li è di sei angoli retti: così che tra II. e VI. retti venga ad esser sempre compreso il valor coacervato dei IIL angoli di qualun- que siasi Triangolo sferico • Corollario VI. Anco a si fatto limite del decremento possibile della Piramide trasmutatasi nel Triangolo rettilineo GEF, o del Triangolo sfe- rico trasformatosi nelP emisferica Superficie e terminato dalla circonferenza del Circolo massimo circoscritto al primo Triango- lo, appartiene quella medesima legge stabilita dal precedente Teorema; ed è che sebbene evanescenti o nascenti o per dir me- glio nulli i seni dei tre angoli in E, F, G ( ciascheduno di i8o° ) formati dagli archi circolari o lati di questo limite estremo de' Triangoli sferici, contuttociò sieno d' essi malgrado la lor nullità proporzionali alle faccie opposte, o sivvero ( come nel celebre Teorema statico o centrobarico dei tre appoggi (i4) ) proporzio- nali alle aree dei Triangoli rettilinei FOG,QGE,EQF giacenti nel medesimo piano, o ai seni degli opposti angoli al centx-o Q che fa la Ila, Paraleuli e puiNCirio umco ec. ia vece di vertice in quest' ultima comLiuaiioiis o accidente del- la Piramide . Corollario VII. Havvi r altro limite per il contrario dell' accrescimento in- definito dell' altezza della Piramide, ed allora questa si cambia in un Prisma retto triangolare d' altezza infinita avente per base il Triangolo inscritto GEF: da siflTatto Prisma deriva la proprietà concernente i Triangoli rettilinei, cioè dei seni degli àngoli E, F, G , formati dalle tre iaccie , proporzionali alle faccie medesime rettangolari opposte infinite, le quali stanno fra loro come le ba- si 0 lati opposti FG, CE, EF; il che è quanto dire , con maggior compendio , ^^ = ^-^ = ^^ negli obbliquangoli ( scaleni , equicruri, equilateri ) , ed a = g^^ = g-^ nei rettangoli 5 né manca di far conoscere ancora qui , come sopi-a, la semplice Geo- metria, che tra i seni^ quantunque nulli (o da considerarsi per ta- " li in confronto del raggio infinito ) , dei tre angoli delli spìgoli equidistanti o non-concorrenti passavi l' istessa proporzionalità pari a quella dei tre Iati opposti finiti FG, GÈ, EF; né tampoco lascia di suggerire che unico essendo il caso dell' altezza QD in- finita per ogni Triangolo piramidale, unica e ferma altresì deb- ba essere la trasformazione di ciascun Triangolo sferico nel suo specifico Triangolo rettilineo 5 i cui tre angoli componendo sem- pre il valor di due retti ( vedasi lo Scolio seguente) , sarà questo il lìmite sempre e limite costantemente inferiore, dopo del qua- le principia tosto a ricrescere sino a VI. retti il valor della som- ma àe^ì angoli d'un qualunque Triangolo sferico (Coro/.V. ) ; in che consiste la differenza potissima ed insieme 1' anello d' unio- tie delle due divisate categorie di Triangoli sferici e rettilinei . Corollario Vili. Tra le varietà infinite delli sferici obbliquangoli uha si conta as- Di \ Pietro FnRROwr . 1 1 3 assai degna d' osservazione speciale , come distìnta dai più va-' leiiti Geometri y e quella si è d'un Triangolo sferico divi-ibile in due equicruri o isosceli a pari del rettilineo ortogonio . Li vera e lucida origin sua rilevasi tosto con tutta evidenza dal Triangolo piramidale, la cui faccia ( Fig.* a." ) FDG passi per un dei dia- metri innuraerabili del Circolo sottoposto ; poiché comunque s'inclinino 1' altre due, vien sempre il primo ad essere separato da un jjiano secante centrale D£Q in due Triangoli equicruri pi- ramidali GDEQ, FDEQ^ ove ( atteso l'evidente situazione eurit- mica d' ognuna delle faccio eguali delle due Piramidi parziarie attorno lo spigolo o altezza DQ ) è Faiigolo piano delle due faccie QGd/gDE eguale a quello delle due QDE, DEG , e 1' altro del- le faccie QDF,DFE eguale al correspettivo delle due FDE,DEQ rimanenti. Da ciò risulta 1' angolo (sempre ottuso sino a II. retti) contenuto dalle due faccie GDE, DEF eguale alla somma degli angoli intorno aili spigoli restanti DG,DF, come nel Prisma retto triangolai-e ortogonio , superiore suo limite ; un maximum V area del Triangolo sferico di due lati dati attorno E , non altrimente che quella del rettilineo rettangolo limite ; massime Y aree dei Poligoni sferici isoperimetri ( e perciò le solidità dei settori poli- goni o Piramidi sferiche, le grandezze degli Angoli solidi, ec.) mentre si verifichino le condizioni medesime, le quali hanno luo- go pe'i rettilinei; inscrittibile la serie immensadei primi Triango- li ottusangoli sferici , tutti diversi di forma su differenti Sfere se- condo il più o meno dell'altezza DQ, come l'altro lor limite rettili- neo rettangolo, dentro del medesimo Semicircolo, il cui centro co- stante Q. Di qui si deriva eziandio la formula nota Ben. ^ =Sen.^ + Sen.^'i (dedotta da (aSen.)^ ^ « = ( ^ Sen.)' ^ 5 + (a Sen.)'i e, ossia Cord. '«=: Cord. *(?> -1- Cord.*c), non meno che comparisce palpabilmente l'estremo inferior Zf;«/Ye del Triangolo sferico dell' istess' indole , quando D cada in Q, trasformantesi in un Fuso eguale al quarto della superficie della Sfera del raggio minimo QG, cioè in questo caso pareggiante il valore assoluto medesi- Tomo XII. P mo ii4 Paralelli e nuNCiPio unico ec. mo dell' area dell' altro Fuso compreso tra il prolungamento del suoi lati, e V istesso valor i elativo ( oltre la comun somma di IV. retti ) dell'area di ciascheduno dei complementi integrali dei Fu- si provenienti dalla protrazione dei lati di tutti gli altri suddivi- sati Triangoli sferici posti o descritti su varie Sfere . Corollario IX. I Gioverà molto alla pratica della classazione de' Polièdri cri- stallini o salini ( suddivisibili generalmente in Piramidi triango- lari equicruri ), quando non fossero di figura regolare (i5) o Pris- mi retti, i cui angoli piani sarebber gF istessi dei , rettilinei delle lor basi , misurarne da prima con tutta agevolezza mediante una scala o goniometro di facile concepimento i tre angoli rettilinei intorno del vertice ed un solo degli angoli p'iani delie tre faccie ; giacche cosi, pel CoroU. II. ", conseguirebbonsi le misui-e relative dell' aree delle faccie medesime insieme coli' assolute degli an- goli caratteristici rimanenti, conforme esigono il metodo ed or- dine adoperato dai recenziori Naturalisti . SCOLIO. Oltre della verità geometrica nitidissima riguardante la som- ma degli angoli d'un Triangolo rettilineo, e quindi di qualunque siasi rettilinea Figura ch'abbia i suoi angoli tutti salienti o parte salienti, e nel rimanente rientranti, di nuli' altro ha bisogno l'A- nalisi trigonometrica eccetto che della Teoria elementare de' Triangoli simili, come quella dalla quale dipende la prova del Teorema universale àaWIjwtcnusa, che dicesi Pitagorico, avven- gachè la Critica dotta lo suggerisca anteriore d' assai all' età in cui fiori il Filosofo rinomatissimo , institutore della Scuola Itali- ca di Crotone . Il rapporto -r^—- = ^ ' ■=■ g-^, nei Triangoli ■^ *■ ben. A ben.U Sen.C ° ret- Di PiETno Ferroni . Ii5 rettilinei ognun vede (Fig. i ) esser espresso da j— = a GQ os- sia al diametro del Circolo circoscritto al Triangolo , e vale a di- re (i6) al prodotto dei tre lati dell' istesso Triangolo diviso pel doppio della sua area S, cioè=;,^— ^, espressione parimente geo- metrica del rammentato diametro ; dalla simetrlca forma della qiial' espressione rispetto a ciascuno dei lati a ,b ^,c apparisce in conferma r identità di quei tre rapporti. E come ja proprietà del Triangolo l'ettilineo ortogonio è conseguenza dell' affezione generalissima (della quale gli antichi non n' ebbero accorgimen- to (17) ) spettante al Triangolo piramidale trìrcttangolo ( CoroU. IV ) , d' onde nasce la dimensione analitica di tutte le Superficie possibili; così queir ultima formula è inerente nell'altra più uni- versale che riguarda ogni Triangolo piramidale a faccie equicru- ri Perocché ?^^ — ^^"'^ — '^'""'^ — Sen.«.Sen.^..Sen.c / ^ Il . reroccne ^^,^^— ~-.^ — ^^^^ -^ ^ posta i la solidità del Triangolo ) = 6i" (nominata P la soli- dità del Prisma egualmente alto) = ^"'^ ; formula ana- loga, sìmetrìca anch'essa, e che non finora appieno considerata si Sen.fl.Spn.J.Sen.e aS converte manifestamente nell' altra proporzionale = •^^5 come sopra. Consimile /?ara/eZ/o scaturisce altresì dal ^ paragone che voglia farsi della solidità di quel Triangolo pirami- dale equicrure colla solidità del Prisma dell' istessa base ed al- tezza , quando questa diventi infinita . Difatto --, (/5 /Sen.u-i-lt-i-c.Se-a.a-^-b — c.Setia-i-c — //.Sen.c-i-h~a t 7 2 = -• 1/ -^— ~ ^ — J supponendo a lo spigolo o lato ; e perciò Pj ^ j, /Sen.a-f-i-f-cSen.fl-j-* — c.Sen.a-f-r — A.Sen.c-f-A — a 1/ a a a 2 ' o siv- Ii6 PaKALELLI e PRINCtì-IO UNICO CC. Q . //^.Sen.a-fi+'^.(f.Sen.fl-t-t— c.rf.Seu.a-fc— J.i^.Sen.c-t-J — ai o sivvero & — 1/ l — 1 = JLt/ia^t^.c.)(u-{-b~-c){a^c—L]ic-i-b~-a) , ch'è k foimula nota ( e poco analoga alla celebi'e di Lhuillier Tang. i- S ec. (io)) deU' area cl*ogni Triangolo rettilineo (senz' analogia o paralello vero adat- tabile all'altra non ridotta Xang. - ec. confrontata da Lagrange a { r 9) in proposito dell' area 2 del Triangolo sferico ) , dalla quale ricavansi tosto i due raggi del Circolo eircoscritto ed iscritto , presupposta la conoscenza dei soli lati . Conseguenza del medesimo nesso tra quei Triangoli pirami- dali ed i rettilinei lor lìmiti è la comunione degli istessi attributi d'eguaglianza o identità, quando questi si partono dal gran prìn^ €Ìpio intuitivo di soprapposizione e combaciamento . Gli anti- chi Scrittori e Greci ed Arabi Sphaericorum n' lianno diffusa- mente parlato ; ma non posso concorrere nel sentimento dei mo- derni Geometri , dove trattando dei Triangoli sferici sìrnetiici ( Fig. 3 ) giudicarono che ivi mancasse , per la prova dell' egua- glianza , F appoggia della coincidenza, quale compete visibil- mente , rivoltandoli , ai Triangoli rettilinei . Perchè rivoltati di pari gli sfèrici ( siccome altrove ho notato (20) ) , e posto e fatto passeggiare il convesso dell' uno sull'omologo convesso dell' àltio o il concavo sopra il concavo , tutti i punti degli archi respetti- varnente eguali di CerchJ massimi innutnerabili segnati nell'area del primo caderanno un su F altro e conibinerannosi insieme per soprapposizione successiva (egualmente evidente come la simultanea ) qual' odo di ruota su quello di ruota eguale, d' onde nasce il coinbaciaviento di tutte le parti o elementi^ e delle super- ficie intere comprese tra i eontorui medesimi dei due Triangoli . Né mi peisuade tampoco la differenza, che la massima par- te dei Trigonon^etri i-ncon-trano- ogni volta che scendono alla so- luzione del caso o modo di rintracciare i tre lati di un Triangolo conosciuti i tre angoli, chiamando il Problema, indeterminato nei Di Pietro Ferhoni- 117 nei rettilinei e viceversa determinato nei sferici . Egli è questo per il contrario suscettibile di soluzioni infinite , cioè ti' una se- rie di Triangoli innumerabili .. tutti tra loro slmiii , si negli uni, come negli altri; e siiTatto caso in entrambi determina solamen- te la specie e non mai la grandezza di quel Triangolo o sferico o rettilineo . Gli archi difatti del Triangolo sferico , che ne risul- tano , espressi in gradi , minuti^ ec. , sono , anco sopra una me- desima Sfera (quantunque non sembri andarne sempre d' accor- do Legendre (ai)^) grandezze relative e non assolute , ed appar- tengon di più ad innumerevoli Sfere , tutte diverse di raggio, co- me relativi son parimente i valori tavolari dei tre seni degli an- goli opposti, che somministrano i rapporti dei lati d' ianumera- biii Triangoli rettilinei della medesima specie. Si direbbe con più precisione che tagliata la Piramide della Fig. i., o il di lei -prolungamento mediante un piano paralello alla base , tutti gli innumerevoli Triangoli piramidali equicruri , che ne nascereb- bero 5 e le loro basi o linciti 0 basi de Prismi respettivi, rappre- sentassero i primi gli innumerabili Triangoli sferici simili , le se- conde gì' innumerabili rettilinei parimente simili , cioè non di- versi se non se di grandezza; la quale diveisità non può mai perquotere gli angoli o lineari o piani o solidi, perchè apparten- gono alla situazione , ma i soli Iati o spigoli o faccie e lor dipen- denze, che unicamente si riferiscono alla grandezza delle figure e dei figurati . ' E- qui mi piace riflettere che nella serie infinita dei Triango* li simili o dati di specie, posto che ancora, indipendentemente dalle Piramidi, si volessero considerare i rettilinei sulle superfì- cie delle Sfere, vi sarebbero sempre due differenti maniere d'ima- ginarli : la prima come infinitesimi di data specie sopra una Sfe- jafi/ìita ; la seconda come finiti di data specie sopra una St'era di raggio infinito . Ora imaginandoli della prima maniera, è facile accoigevsi come 1' avea di quel Triangolo differenzia/e pe' i ritro- vati Cavaferiani essendo eguale alla sufierficie d' un Semifuso sferico A H-E-+ C^ — aD ( nominato D un angolo retto) , e doven- do ad un tempo considerarsi qnal limite od elemento della super- fìcie Ilo Paualelli e principio unico ec. ficje d' ogni finito Triangolo sferico , somministri subito A+B-f- C— aD=o , cioè A-i-B+G=-iD; ch'è appunto la proprietà carat- teristica dei Triangoli rettilinei a differenza degli sferici , e dall' infinitesimo , di qualunque specie esso sia , trasportasi subito al finito suo simile , considerandolo nella seconda maniera sopra la sferica Superficie infinita . Coli' area di quel Hrìangolo-limite combina mirabilmente la formula dell' area del Triangolo sferico a ben. — . Sen. >--. oen. —' 3 a a Se 11.'^ stabilita da Lagrange , come 1' altra del- la solidità della corrispondente Piramide equicrure centrale a Sen. •- . Sen. >— . Oen. •— '^ '^ ^ (aa) : perocché la prima ( $ distanza dalpo- STang.'t Io del Circolo circoscritto , il cui raggio Sen. 4> = T , diventando (a b e \ ^ . _ . — 1 (a h e \ I — I ' M-l ■ I — ■ I ...^ . — . ^- V. „.ii ... °' - — — = i . filf., renden- 3 Sen.4> >i i,T dosi manifesto in tal caso Cos.$ = i , altezza della divisata Pira- mide . E la metamorfosi del Triangolo sferico nei rettilineo ele- mentare ( e finiti suoi simili) scuopresi chiaramente dalla versio- ne della volgar formula simetrìca ( Corollarj II. e VII. ) ^'^" " = aTang.$.Cos..^.Cos.Ì:.Cos..Ì = a.^^"-^ .Cos. ° .Cos. £.Cos.^ = a a a Cos.* 2 a a ( nel limite ) — . i . i . i :=:aT =— ^ , come ho provato di sopra . Del resto può adesso con tutta verità assicurarsi i ° che in virtù delle definizioni ordinarie ed indispensabili delle Linee tri- gonometriche non v' ha formula resolutiva dei Triangoli sferici e rettilinei, la quale non possa esprimersi con un' equazione com- posta di cognite e soli seni e coseni ( o soli coseni) mercè del Teo- re- Di Pietro Fekroni . 119 rema dell' Ipotenusa^ ossia de' Triangoli equiangoli o simili; a.° che tutte le conversioni delle poche formule primitive in altre più comode equipollenti^ o son risultanze di sostituzioni adopra- te e condotte a hne per mero meccanismo di calcolo , o più pre- sto s' appoggiano all' unica ricerca del seno della somma o diffe- renza di due angoli, la quale , anco senza dcdurla dai Triangoli •simili, dipende da un Teorema elementare del Quadrilatero o Te- tragono inscritto dentro d' un Circolo (a3) , che per il meno ri- sale sino all' epoca di Tolomeo , Geografo e Astronomo di Ales- sandria d' Egitto , o meglio (2,4) dal Corollario VII. antecedente e dalla prova poco innanzi motivata , ed a mio parere semplicis- sima e nuova , delia somma degli angoli di un Triangolo rettili- neo eguale sempre a due retti . TEOREMA IL Come da considerar le due rette EP , EX ( Fig. i.) nacque r Equazione binomia trigonometrica ; così dalla considerazione delle altre due OP , 01 nasce V universale trinomia^ che sola ab- braccia tutta intera 1' analisi d' ambedue le Trigonometrie . Ed in vero ripreso il solito Triangolo piramidale equicrure, avente per limite il rettilineo, argumentasi dalle cose già dette e dalla definizione de'seniec. essere OP=EP.Cos.C=//.Sen.Z» Cos.C, non meno che 01 = EI.Cos.B = J.Sen.c.Cos.B . Ma visibil- mente nel limite ( cioè quando la Piramide diventi Prisma ) OPh-OI = FG, ch'è quanto dire, d.Sen.b.Co&.G-h d.Sen.c.Cos B z=^ d.Sen.a , ovvero Sen.a =: Sen.^.Cos.C + Sen.c.Cos.B . Ecco dunque frattanto \a. forma della cercata Equazione trinornia tra V. ( e non più IV. ) elementi . AH' effetto di generalizzarla ed estenderla a tutti i casì^ salvo la forma oramai trovata, vi si debbono aggiungere coefficienti in coseni [Scoi. prec. ) a due qua- I lunque dei termini suoi ; poiché tornerebbe 1' istesso, come l'Al- I . gebra o Aritmetica insegna , aggiungendoli a tutti tre , dei quali è composta . Evvi però una condizione immancabile da satiafa- J re , che come criterio o riscontro di verità , all' Analista dee ser- vi- i . ,, gnap fARALELLI E rillNCTPIO VmCO GC. vire di guida nell'assegnazione &{iecifica de' coefficienti predetti . Quella si è che la formula universale fa di mestieii che combini coir altra particolare , cui condurrebbe per rapporto al Trian- golo equicrure - piramidale rettangolo . Ora ( Cos./'')Sen.a = (Gos.fl)Sen.^.Cos.C-hSen.c.Co8.B, posto il caso di B angolo retto , cambiasi e videntemejite in^"V^*=Cos.C;CÌoè IìHL^-Cos C, o sivv^i'o I rGos.G r :Targ.i: Tang.« ; il che è come scrivere EP : PO = EM : GM (perchè allora il punto O cade in G) : : Tang. EDM : Tang. GDM ossia Tang. b : Tang.a . Rimane perciòal pa- ragone verificata appieno la formula che investigavasi , e nella qual si concentrano tutta la Scienza e la prutica irigonomeirica . Corollario I. Da quest' unica Equazione classica tra V. elementi concer- Mente i Triangoli piramidali o sferici obliquangoli si deducono , Riediantc il Calcolo delle sostituzioni e col soccorso dell' Equa- zione binomia somministrata dal I. Teorema, altre tre composte di IV. elementi , le quali in sostanza iiisiemementc colla ritrova- ta son una (aS) . I. Cos.è Sena .= Cosa Sen.^Cos.C -i- Sen.c Cos-B II. Cos.c=Sen.i Sen.a Cos.C -|~ Cos.^ Cos. a III. Got.b Sen.fl = Cot.B Sen.C -H Cos.a Cos.C IV. CosC = — Cos.B Cos.A. + Sen.B Sen.ACos.c . E r ultima coincide colla seconda [ data da De Gua come cardi- ne o Iberno di tutta la Trigonometria (a6) ] mutando soltanto gli archi o lati in angoli di supplemento ( misurati da archi ancor dessi ) , e viceversa , per mezzo de' Triangoli sferici supplementi o polari i di tal maniera che cosi sviluppate non son altro che so- le III. Equazioni fondamentali trinomie tra V.o IV. elementi co- munque disposti d'un Triangolo sferico obliquangolo, nelle quat- tro cova\V\na.z\o\ì'\ varie tra le ^z//«^ic/, che apparterrebbero in ge- nerale a tutti i quadernari possibili di sei parti integranti, le qua- li Di Pietro Fnnuoirr . i a i li combinate a quaderne conducono allo scioglimento de' VI. ca- si proponibili alla sagacità del Geometra . Corollario II. Nascono da quelle tre Formule [ giacche la IV. , come s' è detto , è una replica inutile per la Trigonometria rettilinea, ove dati due , non che tre angoli , vien subito dato dalle Tavole de' ^c'/zi anco il rapporto dei lati [Scoi, preced.) ] le III. analoghe pa- rimente frino/raie velative ai Prismi-Zimini o ai Triangoli rettili- nei \ ed abbracciando V. elementi per ciascheduna sono , a parer di Garnot (2,7), la chiave di tutti quattro i casi possibili deil'o/iis- lisi degli obliquangoli . Anzi non altramente che nei Triangoli pi- ramidali le tre si riducono ad una; ed è quella OP^-0^=FG di già prenotata ( Dimostraz. del Teor. IL ), che si può dire la sola ge~ neratrìce di tutte, compresa come limitenella. I. del Corollario precorso sul punto od istante deli' evanescenza degli angoli a , b della divisata Pii-amide. Imperciocché si consegui«cein tal circo- fetanza, a motivo di Sen\wo«i' • ir Ma anche la II. Equazione de' Triangoli sferici , come de- rivata dalla I. ( Corol. I. ) , conduce a quelle particolari atte- nenti ai Triangoli rettilinei . Cercando difatto il limite di Cos.c=: Sen.è Sen.fi Cos.G -h Cos. ^ Cos. a , avremo tosto I - ':^=il,aCos.C + (i — ^^\ ( I -.0 , ovvero i - '^ = ha Cos.G -t- I — -*^— "^ ,cioè aZ'aCos.C=Z'^H-a* — e*; Equa- a a zione fondamentale trigonometrica tra IV. elementi , che appog- giata ad un Teorema d' Euclide (a8) è 1' unica base di tutta la Trigonometria rettilinea , ed acgjuista per ìs. permutazione le tre speciali forme seguenti I.» a.ba Cos.C = Z»' + a" — e* ^ II." aicCo3.A = é*-l-cV— a' III.' aac Cos.B = a' + e» — ^'^ Sornmate queste /orme speciali a due per due, procedono l'Equa- zioni a V. eleménti del Corollario passatoj così che tanto Fune che r altre respettivamente si copiano , e mostrano chiara la loro origine comune . Per esempio la I.* colla III.* fan nascere %a ( iCos.C -f- cCos-B) = 2«* , o sivvero £>Cos.C -f cCosB =■ a ; e P istcsso delle rimanenti intravviene . In proposito poi del si- gnificato della IH." Equazione del Coroll. I. , da verificarsi come limite anch' essa ne' Triangoli rettilinei , giova brevemente av- vertire, che Cot.èSeno =^ Cot.BSen.C -f- Cos. a Cos. C allora trasmutasi in " = S^ Sen.G -\-l i—€\ Cos.C, cioè t Sen.B è Sen.B \ a/ ' i, = Cos.B Sen.C + Cos-C Sen.B —«I Cos.C Sen.B = Sen.{B + C). . a — "^ Cos.G Sen.B = Sen ( i8o° — B— C) — ""i! Cos.C Sen.B = Sen. ' ' ' Di Pietro Ferroni . •"■'■ *ir^B Sen.A — ~ Cos. Li ben B , onde proviene per limite ultirao t Sen.B = Sen.A 3 o 3Ìvvero % = ^!l£ , che riconduce in circo- » b boa.a Io mirabilmente d' accordo 1' Equazione binomia già nota del Corollario VII. del I. Teorema [colla permuta delle specie, suddi- visibile in III. fra IV. elementi) , e manifesta ad un tempo eh' ■eli' era , com' è difatti (39) , contenuta virtualmente nella IH. generate predetta . Corollario lY. Le IV. Formule del Corollario I. ( ossia 1' unica universale ) somministrano facilmente l'Equazioni binomie per 1' analisi de* Triangoli sferici ortogonj e lor dipendenti , cioè isosceli ^ aventi un Iato eguale a un quadrante^ o la somma di due latiagguaglian- tesi ad una semicirconferenza , o ciò eh' è l'istesso, quella degli angoli opposti pari a due retti (3o), come dall' altre del Corolla- rio II. si derivano le binomie pe' i rettangoli rettilinei . Cosi i VI. casi della risoluzione de' Triangoli rettangoli sferici dipendono- dall' adoprare le sei consecutive Equazioni . i." Posto B angolo retto, si cambiala I. in ^^ = f^Cos.C, ° bea.»- Sen.a ,;? cioè, Cot.b=. Cot-a Cos.C ; a.° Posto C. angolo retto, si cambia la IL in C03 e = Cos.J Cos. a; 3.° Posto C angolo retto, si cambia la III. in Got.B=:Cot.^ Sen.aj 4.° Posto G angolo retto, si cambia la IV- in Sen.B Sen.A Cos.C = Cos.BCós. A, ossia, Cos.c— Cot.B Cot.A; S.° Posto B ( ovvero A ) angolo retto , si cambia l' istessa IV. ia Cos.C = Sen. A Cos.c, ovvero, = Sen. B Cos. e ; 6." Posto B angolo retto, e combinata la i.' colla 5.' s'ottiene Cot. b=. Cot. a Sen.A Cos.c, ossia, g^= g^ • Sen- A Cos.c, S7 Sen.a Cos.J Sen. a . • . > j 11 « 1 _ en. b = T, r — 7— r; — = « — -. in virtù della a. , che Cos. a ben. A Cos. e Oeii.A ' riconduce a quella del Corollario III." del I.° Teorema , 1' avva- Q a lo- ia4 Paualelli e PRiMCjtwo vìtìao ec. lora ad un tempo , e dimostra d' essere intimamente racchiùsa rieli' espressione generica trovata pe '1 mezzo dei presente Teore- TMa ll.° E queste VI. Formule, tutte binomie, ognun vede che sono acconcie a subire immediatamente il computo logaritmico . Corollario V. Molto più agevole è la dedazione delle regole particolari pe' i IV. casi diversi àtìV analisi de' Triangoli rettilinei pari- mente ortogonj da ciascuna delie III. Formule generali del Co- rollario II." Conciossiachè j .° Se B sia un angolo retto, la I." trasmutasi in a = /> cos. C . a." Nella medesima ipotesi, a motivo di G -+- A = 90°, la I.* con- vertesi in a = i? i:ea. A ( Coroll. VII." ) . 3.° Fatto r istesso supposto, e licavato dalla III,* b = ^òZTk'' P^^ Tiene dall' ultima a —e J^^ = e Tang. A . 4.** E finalmente nell' istessa supposizione , e per il motivo non ha guari accennato , a — e Cot. G : Equazioni tutte binomie^ che del pari derlvercbLonsi da quelle del CotoUano IIL", e si risolvono senz' altro presidio coi logaritmi . Corollario Vf, Delle due coppie di rette del Triangolo piramidale e del ret- tilineo 3UO limile , cioè EP, EI considerate nel Teorema 1° , ed OP, 01 coHtemplate in questo II.*, l'appoggio unico o tronco co- mune, da cui si partono, è 1' altra retta EO perpendicolare al piano della faccia della Piramide opposta ad E, oiàia FDG , e quindi al lato FG dopo cambiatasi la detta Piramide in Prisma . Or questa retta EO è molto significativa per rapporto sdVanalisi praticata de'Triangoli obliquangoli si sferici che rettilinei, quan- tunque proceda direttamente, come abbiam visto, dall' elemen- iar Geometria. Lnperoccliò il pian del Triangolo DEO taglia vi- si- ,30 odBii Pìeieo.Fexironi ìJAji.'^ laS »ii)ihnente il Triangolo piramidale equicruie oLIiquangolo ( o siv- vero lo sferico ) in due parziaij Tdangoli piramidali equicruri rettangoli; e nel limite la retta EO taglia perpendicolarmente il lato FG , e divide perciò il Triangolo rettilineo ( o Prisma retto ) obbliquangolo in due parziarj rettangoli . Di qui prendono origi- ne la soluzione indiretta degli obliquangoli collo spartirli in ret- tangoli , la dipendenza dei primi dagli ultimi per mezzo d'un an- golo di soccorso o sussidiar io e dello spartimento in due segmen* ti dai lato opposto, quantunque volte fia d' uopo prolungalo a proposito , e finalmente la riduzione delle formule trigonomctri- clie a due simultanee ^i«omie , adattabili al maneggio dei /oga- ritmì . E che sja cosi, vien ciò confermato mirabilmente dall'ac- cordo del calcolo di Lagrange (3 1 ) coli' analogia discoperta nel passato Scolio dell'aree dei Triangoli sferici e rettilinei. Difatto la normale EO = a 1/ ( -^V~ ~~; — ^ — ■ 1 — )nei rettrfinej, a per li Elementi ; laonde in virtù del paralallo provato, il seno EO deli' arco perpendicolar negli sferici (rimontando dai limite) //(Sen.q-t-^-fc) (Sen.g-)-6 — e) (Sen a-Kc — h) (3en.c-f-^ — a) \ 3 = as/ (a a J a ~~t . COmC S '^ ^ ~- éen. a ' ' • .^;!.:pr avvera arrivandovi per altro rnetodo , E non che ^ par niello sm- sista nei soli Triangoli ortogonj , s' estende egualmente ai^Trape- zj birettangoli e sferici e rettilinei , perchè il limite dell' espres- sione analitica dell' area 2 d'un. Trapezio sferico, cioè Tang. H z= Sen-j-.Tan.- diventa ~—^ -^ a ovveroSssìilp:. Aper ; * * -7—* ..lq.ri.'5fJ-HOJ * cos.^ ; ■ ■ ■ l'area d' un Trapezio infinitesimo retti] ineo; eh' è quanto dire ristessa Formula rappresenterà i' area d' un Trapezio simile fini- to hirettang'ilo rettilineo, e l'Agrimensura sf'^rica di tutti i Poli- goni segnati sopr' una Sfera sarà in perfetta armonia colla pia- na. Anzi in quei pochi casi ^ ne" quali V anàlisi logaritmica dei Triangoli si conseguisce selnz'arco o angola sussidla.no, le dtie Ile' ia6 Paualelu e- principio unico ec. gole rinomate di Neper, che vi conducono ( V altre due rimanen- ti non essendo che repliche delle prime tradotte ai Triangoli po- lari ) , sono strettamente connesse col Teorema notissimo elenieii- jTare Euclidèo (02) delle secanti d'una circonferenza di Circolo , dipendente dai Triangoli simili, o se si faccia a meno di loro, dal Coroll. VII." del L* Teorema; stante che Tang. ^^. Tang.-S = ■Cos. ^^^^, e Tang. -^^. Tàng. '^ = Sen.— ^ danno insiem com- Cos.il! ' \ Sen,2±Ì biuate,Tang.^ : Tang. ^-=^: : Sen. 'à± X Cos. 2=1; Sen. t^ yCos.^^ •, laonde nel lìmite o Triangolo rettilineo, infinitesimo (perciò ancora neljinito sno simile) Tang.-^ ; Tang.-^^--^4~X' :-j—)(.J, ossia «-h^:a— -3 ::Tang.-^: Tang. "J", cn' è il vero inodello originale o prototipo geometrico delle poscia scoperte Formule Neperiane. K per non tornare a discorrere questo argu- mento, osservo che sparisce nei rettilinei Tang— , ed i V. ele- menti sferici si riducono a IV. perchè ciati A e B , il terz' angolo C è allor sempre noto, essendo eguale 180° — A — B, né vi può essere in conseguenza mai luogo a farne soggetto di particolar ri- cerca analitica. Lo confermano infatti le medesime espressioni di Neper: imperocché la I." si cambia in Tang. -^ . Tang. - = -=15 cioè 1 ang. — = Cot. — ^ , onde procede = go , e quindi Tang. tlS X Cot. ^' = 2=Ì , cioè Tang. à±3 2, Tang. ; : a-\- b : a — b , come sopra. Di più nel Problema di rintracciare qualunque degli angoli d'un Triangolo sferico eretti- li- Di • Pietro- Ferùoni-.' 127 lineo , di cui diansi i tre lati , anco più chiaro si manifesta il jja- ìulello delle due Formule conducenti al valore dell' angolo ìnco- gra/Vo A, essendo che Tang.^= / Scn. "-±Ì:i2.Sen — *-±.' diven- a a t-f-<4-a v; l" en. -—- .ben. 2. .ta appunto nel limite Tang. ^ =|/ig^,:^J,coerentemen. te alla conosciuta espressione analitica derivata da ed applicabile ai logaritmi (33) ; Sen.i. A Cos.. -A Corollario VII. Cliiunque rifletta alla varia composizione di tutte le prece- denti Formule universali e particolari, ne ricaverà tosto il crite- rio per saper distinguere i caii^ nei t[uali V analisi de' Triangoli o sferici o rettilinei porti , o portar po-sa se certe condizioni spe- ciali manchìn nei dati , ad una doppia soluzione ; e questo acca- de tutte le volte che 1* elemento incognito , 0 angolo o lato eh' ei sia , dipenda da un seno , e non da altra funzione , come coseno , tangente, cotangente , ec- , la quale inveiva linee trigonometri- che, cambianti segno per rapporto agli arìgpWoXdiùsìipplementa- ri . Le medesime Formule insegnano quali sien anco ica^ip com- binazioni non ammissibili , ossiano di soluzione impossìbile in Trigonometria; e possono facilmente riscontrarsi nel I.° Capitolo della precitata jMenwrìa le belle e istruttive Tavole combinatorie di Goudin, compilate da lui a sì fatto proposito. Quella incertez- za però che contengono le dne soluzioni , vien tolta o dai dati del Problema da scic gliersi, o dalle elementari proprietà dei Trian- goli relative alle concomitanti specie dei lati e degli angoli. E ta- luna volta anche i seni^ per dipendenza dai dati, importan uni- ca soluzione ; come sarebbe tra 1' altre 1' elegantissima Formula dell' area S 'di nn triangolo retàiineo, non dimostrata da Legen- drc J"-i8 Pakalelli e principio t/Nico ec. dre (34), e eh' io provo nel modo seguente. Perchè S = - (a*— Z**). gen.A y..n.B ^ T istcssa cosa chc l (a ■+■ l) (a — b) ^""-^ '"^"^ = ,^ (SenA^S.n.B)(SenA-S.n.B) ^^ ^^^^jj ^^^ ^^^ j T^Orc^n^ ) = %. Seri. (A — BJ . ' / i ai ''-^ì^"sr = a^,'^* ((i-^Cos..A)-(.->s..B )) &en.(A— B) ' zzz -ab (- Cos aA ^ Cos.aB) - - a^ V , „, = Sen.(A— B; ~ i. oè.Sen.(A+B)=i. aè.Sen.(i8o'' -(A-t-B) ) = '-ab, Sen. C , eh' è appunto la superficie triangolare derivata dalla conoscenza dei due lati e dell' angolo contenuto • Corollario VIIL Segue presso a poco l' Istesso nella Formula celebrai issi ma trigonometrica, mercè di cui, indipendentemente dalle Regole analoghe alle iVe/7 ^ motivo di A = 180° -- ( B + C ), si converte in ^.Sen.G Di Pietko FEunoNr . 121) hSen.C-hcSen.C Cos. (B+C)=cGos. C Sen.(B-t-C), cioè iSen.G =^c(Cos C Scn.(B 4 C)-Sen.C. Cos.(B-l-C) ) = e Seri. ( (B-^C)— C) I = cScu.B ; ina ninno ha fino ad ora provato eh' essa conduca al- l Ja medesima conclusione dell' allogata nel precedente Corollario TI.% 0 sivvero3H-c : b-^c: : Tang. ^±^ — Cot.- : Tan-r.?=5 eh' è quanto dire Tang. -^=*-j-f . Cot. ^. Ciò tuttavia si dimo- stra colla massima facilità, ed è uno dei molti esempj d'espressioni analitiche di sembianza affatto diversa, avvenga che sostanzial- mente le stesse . Perocché Tang.C = Tang. / ^^^^ _£i:£l\ — •^)Tang^^_^.c.Sen.l^ _ ac.Sen/5±£'Co3. (1±£> -fe)Tang.^<-^'~ Cos.i5±Ì"ìz,+c)Cos7l5±cr;(^_.)Sen.^"l±l> ù-\-0 b+c+{b—c)Sen.' ^ttB Co?/ ^i±£) (E-f-C) (E+C) ac.Sen. ■■ - Cos. ^ :ic.Sen.(2±£^Cos. 15±£l _ cgpn.fB+C) cSon.A. (B4-C) „ , (B+C)\""^+<;<-'^s.tlJ+C) — è-cCoi.A , !« -Sen.' ^'+c/cos.* conseguenza di B -+- C -1- A = i8o' ( 5<:oZ/o preced. ) ; d' onde ricavasi un nuovo riessa , inosservato sino al presente dagli Ana- listi e senza dipendenza alcuna dai Triangoli simiH ( Coroll, V. ), tra la Geometria elementare ed i IV. Canoni Neperìaid • Scolio . Quantunque volte piacesse dedm-re il passato Teorema II. ° e tutti i suoi Corollarj dal Triangolo piramidale equicrure col non Tomo XII. R pren- i3o Paralelli e piuNcino UNICO ec prendere a scorta 1' analogìa nò tampoco la dottrina del limiti » potrebbe farsi ciò agevolmente, adattando il discorso geometrico allo sviluppo in piano dell' angolo solido al vertice della Pirami- de , disegnato da Legendre nella Figura 198 della Tavola IX. de' di lui divulgati Elementi di Ceo/ne^ria. Conciossiachè , se nel Quadrilatero, in A, G birettangolo, SAOG imagineremo da A condotta una normale sopra SC , ed altra sopra CO, si vedrà su- tito colla definizione sola dei seni ec, che SG = SA. Cos. CSA -h Arkc nc\ jAO-^ p, £C— SA.Cos.CSA _ SC SAp, AO.Sen.CSA, onde^=Cos.C= AB'.Sen.CfeA =W-^'-^''^-^^^ A^^ "IT g^ ben.CSA Cos.CSB'— Ccs.ASB'Cos.CSA Cos.r— Cos.oCos.J , ^ . i^ . ,,„.^ i„ = ^- ^eo.c — 7^^^ = — s i — ; ; c tale e appunto Ja Sen.ASB-Sen.GSA beti.aSen.i " ^ ' seconda Fc/rmula o Equazione cattolica riportata nel Corollario I." prossimo antecedente , sìmetrìca rapporto agli angoli a, h^ ed oltrediciò complessiva e chiave unica di tutta la Trigonometria , sebben qui riprodotta da un Principio sì facile e luminoso , com' è quello della linea retta SG eguale insieme alle due di lei parti integranti . Erano di già cognite ( ed ognuno se lo rammenta ) ai Geo- metri deir antichità più rimota entrambe le affezioni di qualun- qaesiasi Triangolo rettilineo,che consistono i;.ell' incontrarsi in un punto comtme ( centro del Circolo inscritto nel i.* caso e di gra- vità nel secondo) le tre rette partite dai vertici degli angoli e di- videnti per metà i tre angoli medesimi del Triangolo, come al- tresì le tre dividenti nel mezzo i suoi lati opposti. Altrove ho provato sinteticamente (05) (con assai maggior brevità e senz'aja- to di Triangoli simili o proporzioni, conforme taluni avean fat- to (36) ) che concorrono ancora in un punto medesimo le tre ret- te condotte perpendicolarm.ente dalle cime degli angoli su i lati opposti ; intorno alle quali rimane sin qui mancante di prova di- retta il bel Teorema datoci da Garnot (87), della somma cioè del- le tre rette, che dall' ultimo punto vadano agli apici di tutti gli angoli j eguale alla somma dei due diametri del Circolo inscritto e -» Di Pietro Ferront . 1 3 f e circoscritto al Triangolo. Ma gettando rocchio sulla Figura 5/ e rammemorandosi le più ovvie Proposizioni della Geometria eie- meritare , abbiamo in primo luogo da queste che le tre perpendi- colari intere AL,BN, CM sono tra loro nella ragione inversa dei lati BC , CA, AB, ai quali appartengono ; come pure eguali infra loro i tre rettangoli AD. DL, BD.DN, CD. DM; quelli di ciasche- dun binarlo intorno agli angoli BA.AM, CA.AN , ec. , e perciò i seguenti AM, AN in ragion reciproca dei lati cui spettano; eguali gli angoU ABN, ACM delle perpendicolari coi lati, ec. , ec. ( veri- tà tutte evidenti , sebbene da niuno affacciate , che defivan dall' area triangolare e dagli angoli retti in L , N ^ M immediatamen- te); ed abbiamo oltrecciò la verificazione facile del Teorema allor quando il Triangolo fosse equilatero , ed il punto di concorso D centro comune di grandezza e dell' inscritta e circoscritta con- centrica circolare Circonferenza, stante che in sì fatto particolare DAh-DC = diametro del Circolo circoscritto, e DB=2,DL = dia- metro del Circolo inscritto. Di pari accade nell' ortogonio equi- crurc , ov' eccentriche sono^ come in tutti gli altri Triangoli fuo- ri dell'equilatero, l'inscritta e circoscritta Periferìa, e le tre distan- ze riduconsi a due ( poiché la terza AD s'annichila in A): infatti sappiamo dagli Elementi che diviso per metà 1' angolo ABC me- diante BO , la quale incontri l'altezza AS in O, e da questo punto condottaOT normale adAB, si ha BA=BT+TA=BTH-T0=SB-4- OS, cioè BA -f- AC (che soii le due sole distanze residue BM,CN) = aSB -f- aOS , ossia alla somma dei due preaccennati diametri . Più di lontano si stacca la dimostrazione del Teorema medesimo per tutti i Triangoli in genere, colla diversità procedente dal- la nota correlazione delle Figure tra gli ortogonj ed ambligonj , mentre negli ultimi la somma delle tre rette indicate , a motivo dei negativi, cangiasi in differenza fra la somma di due e la re- stante, come disposta in direzione contraria rispetto a quella degli acutangoli. Le tre normali suddividono il Triangolo BAC in tre Quadrilateri InrettangoVi. Uno di questi AMDN ha per Iati intor- no all'angolo A i due segmenti AM , AN , cioè , b Cos. A , e Cos. A ; laonde, in virtù d' una Proposizione elementare (38), la diagonale R a AD l3i pARALEI-tl E rRlNCiriO UNICO CC. . T~. /i*Cos.*A-i-c*Cos *A.— aAcCos.SA Cos. A /,, , , „ . AD = y s^Za = s^j,/ ^ + c'-a^cGos.A e= — ^ . Cos. A ( oppure a Cot.A ) , per gli elementi geometri- ci (89) . Dunque valendo V istesso discorso in rapporto agli altri due Quadrilateri BMDL , CNDL, ricavasi DA -h DB -v- DC = ^-V.Cos.A-1-r-^.Cos.B-f-;^ . Cos.C, ovvero ( Coroll. VII." del Teorema I." ) ^^ ( Cos.A-1-Cos.B+Cos.C ), ossia [Sco- ilo dell." Teor." ), posto R il raggio del Circolo circoscritto al Triangolo, aR ( Cos.AH-Cos-B-f-Cos.C) : Formula elegantissima e nuova da aggiungersi alle già conosciute trigonometriche . Ora (40) Cos,A+Cos.B+C„..C=(^^±^) H-(il^)+(£±^) ^ ìia^-^lic^—b^->rah^-^ac'^—aìJrca^^-ch'-—ci ag^c-f(ì-^c— o)('a+c— »Vo-ft— e) — ^ "^ aabo —*"*"§:' segnando r lì raggio del Circolo inscritto (4i) . Quindi è che DA4-DB4-DC=aR / i-4-fr J c=2R-l-a.r, quanto appunto mi proponeva mostrare; e si consegui- sce di più per ogni Triangolo rettilineo ( salvo i segni ) il precla- ro Teorema non avvertito che ,, Il raggio del Circolo inscritto ai 5j raggio dell' inscritto sta sempre come il seno-tutto alla diffe- „ renza tra la sorrtma de' coseni dei suoi tre angoli ed il medesi- „ mo seno-tutto , „ Giova adesso d' aggiungere l' illustrazione di quella Formu- la celebre che determina 1' area 2 di qnalunque Triangolo sferi- co j conoscendone due lati a ,b , e l'angolo C dai medesimi con- tenuto; poiché per mezzo di lei si deducon di nuovo colla massi- ma facilità fecondissimi risultati d' analogia manifesta tra i Triangolrsferici e rettilinei . Dessa Formula, ben diversa dall'al- tra accennata nello Scolio del I.° Teorema , è così concepita Cot.— 2^=Cot. ^fl.Cot.— ^-i-Cos.G. Spicca ancor quivi con tutto ciò Di Pietro Feruoni . i35 ciò luminosamente il limite della Formula trasportata a rappresen- tare la superficie del Triangolo sferico infinitesimo, cioè (per lo Sco- lio pred." ) del Triangolo simile rettilineo^«ifo; essendo che allora Cos.- =Cos.'^ a. Cos. ^b -{- -^^^ si muta nell'espressione ^ = Sen.? Sen.i a Sen.- h Sen.G T ■ T ■ "HCOS. C =:ì ab ^ ni' ' \ 1- 7 .V 1. „oJ,5 -—.Sen.G ^ inviitudifljO evanescenti) \ ed è Sen.G quanto dire 2 = - • Sen.C, come insegnano gli Elementi, e s'è già visto nel Corollario VII. antecedente. Né havvi discrepanza veru- na tra la detta Formula universale e l'altra dimostrata da Lagrange con tutta chiarezza ^^"S- 2 =a,/sen.(f±^±£^Sen.^^=±tl)Sen.^"-^^-^^Sen.i=f±S. i-f-Cos.a-t-Cos.i+Cos.c imperciocché facilmente si prova mediante il calcolo di Legen- dje (4a) che rovesciando la prima e cambiandola in - j — Cot.-2 ^Tang. - 2 , procede l' ultima puntualmente , e con mirabile ac- cordo quelle àne frasi analitiche appariscono ad evidenza, come non di rado intravviene , equipollenti o sinonime . TEOREMA IH. Si vuol dimostrare che tutta la Trigonometria ( posto il rag- gio = I ) concentrasi in un' Equazione trìnomìa semplicissima di questa/orwa Cos.^ ± g Sen.z ip ^ = o, e che siiFatta Equazione, non meno che il di lei scioglimento hanno per loro propria ed in- tima etiologìa r Ellissi conica o Apolloniaua . A senso dello Scolio antecedente 1' Equazione unica tra IV. elementi, dalla quale tutto il resto dipende, è Cos c = Gos.o Cos. è -h Cos.CSen.a Sen.^. Ma se facciasi Z'=; (direi l'ist esso àia), quel- l34 Paralelli e principio unico ec. 11 T , r> . Cos.C Spn.a ^ Cose quella diventa Los.z H 7- . sen.s— — — • =0, ossia, qua n- do c< fl, trovato con una prima analogìa trasportabile in logar'U-' mica Cos.jS = tt^ , e per mezzo d' una seconda consimile Cos. a ' *• Cos.C.Tang.a=Tang. Z;, ovvero, mentre c>a, trovata Sec.j5:=jj^j si conseguìsce tosto la ridotta Cos.z H- Tang. ) ,*; ' Sen.s — g°^'' ) ^ =0. Varrebbe lo stesso il rispetto all'altra Equazione supplementare ch'è replì ca della prima,Cos-G= -Cos. ACos.B+Cos.c Sen .ASen .B ( Corollario I.° del Teorema 1I.° ), solo che si facessero, come sopra,B=s, e l'Equazioni sussidiarie ^^-^=g°l') ^, Cos. e. Tang. A = Tang.Z;, onde convertirla in Cos.s — Tang.) ^' Sen.s -+- ^°^- ) § = o , Né meno agevole è il modo di trasmutare la III. , cioè Cot.è Sen. a =; Cot.B Sen.G -+- Cos. a Cos. C : perchè posto C~ z, e fatta Cot. b Tang.a = g- ) § , J^= Tang./i, s' ottiene Gos.sH-Tang. ) ^' Sen.z — g°J' )(3 = e, coincidente rapporto ai sc^ni con quella esposta in principio. E quando nell' ultima si no- minasse fl= r, egli è manifesto egualmente che mediante le due Formule ausiliari -gj^ ~ Tang./^,Cot.BTang.C= f°^=; ) ,5, nasce- rebbe Cos.z — Tang. ) I ' Sen.z+ g°'' ) j3 = o ^ analoga quanto ai segni all' Equazione seconda . Ora , mercè le cose premesse , queste IV. Equazioni sono, i.° unica per la forma; 2,° due per la combinazione dei segni; 3.° quattro guardando, oltr' i segni , al valore dell' ultimo termine ^se coseno o secante , cioè se m.inore o maggiore delViinità o raggio trigonometrico; 4* finalmente han- no tutte per limite il caso di /3 =: go°, cioè del terzo termine = i « ossia ( Corollario 11.° seg. ) de' Triangoli equicruri o isosceli . Ecco dunque»!' Equazioni predette riconcentrate , cui tutta riducesi ( secondo Goudin ) la sferica Trigonometria . 1/ Di Pietro Feiironi . l3S 1/ Cos.z + Tang.A; Sen.s — Cos.^ = o IL' Cos.z + Tang.^' Sen.2 — Sec /3 = o III.' Cos.z — Tang.yt Sen.z -h Cos.|3 = o IV.' Cos.z — Tang.A'Sen.;^ H- Sec.(3 = o Dimostriamole adesso ( ciò che non- ha fatto l'Autor Francese) in^ sieme colle lor sussidiarie inerenti alla locale proprietà dell' Ellig- si riportata ad entrambi i suoi fochi ed alle laterali tangenti, e proviamone oltrediciò dipendente la soluzione dagli angoli o ar- chi correspettivi della circonferenza del Circolo eccentrico o circo- scritto, come nel famoso Problema di Kepler . E non potrebbe mai essere diversamente subito che tanto i piani in cui sono le rette EP, EO, ed EI, EO considerate nel Teorema 1° , quanto gli stessi delle rette combinate OP, PE, ed Of, JE , d'onde nacque il Teore- ma II, °, vengono ad essere inclinati rapporto al pian della base, e perciò genererebbero Ellissi tagliando il Cono circoscritto alTrian- golo piramidale equicrure, quando questo fosse ancora rettangolo ( posto che cadesse O in F o G ) , mentre all' incontro trasforma- tosi quel Triangolo piramidale in Prisma retto, e lo sferico in ret- tilineo, lEUissi conica diventerebbe Circolo circoscritto all'istes- so Triangolo rettilineo, limite delli sferici, tutto allora giacente in un piano ; e da tal connessione del Circolo col Triangolo ret- tilineo sogliono ricavarsi i metodi ordinar] per dimostrare F ana- lisi dei rettilinei Triangoli d'ogni maniera . Sia dunque ( Fig.* 6 ) la Semiellissi conico-cilìndrica BKGF circoscritta dalla circolare Semicirconferenza generatrice BHF, e siil perimetro della prima preso a piacimento qualunque punto K , e condotta la tangente della Curva IKL , che incontri in A il protratto «j^e trasverso o maggiore FB, nel qu'^le vengan segnati i due fochi G, E qnde abbiasi l' eccentricità intera (che Goudin chiama mezza ) CD= DE = Cos.|3 riportata a DB = CG= DH == GÈ = DF — DL ^^ DI (per la costruzit)ne e gli Elementi coni- ci ) = I rng-^io trigonometrico, e perciò il semiasse co\ì]yìpito o minore DG= Sen.|3, l'angolo GCL) = GED = (3, mentre i due raggi vettori sono CK, EK , 1' uno e V altr' angolo KCF, KEF = z ( valpr duplice ) T angolo FAI = A , l' angolo CKA = EK1 = ^' j co- io6 Paralelli e rniNciPio unico ec. come Uovo supplementi, in virtù dello Comchn, insegnano le me- desime esser CL, EI perpendicolari alla tangente IKLA^ esser DL paralella al raggio vettore EK, siccome DlaCK, e per conseguen- za KCF = 3 = IDF, KEF =.z' ~ LDF, GKE = z' — z= IDL, e finalmente, menate KV normale all' Ellissi e DPT alla tangente , ^ = CKV = EKV = LDP = IDP, conforme rilevasi dagli Ele- menti testé rammentati . Costruita così la Figura ^ immediatamente ne nascono VII. Equazioni speciali . DiiFatti condotte zìVasse maggiore le perpendicolari IQ, LS, e tenute ferme le denominazioni di sopra, ognun vede che stante Tang./c = 2ML = £Hi , Sen.s = IQ = LS , Cos.s = DQ = DS ( senz' attendere per ora al segno sottintesovi (43) ), proceda JDQ4-j;.IQ mO-^OE Cos.s+Tan.A Sen.s=DB ^ = DB J^^TJ^c , per cau- DS4-JJ.LS (D5H-C-S sa dei Triangoli, AIE , ALC entrambi ortogonj, ch'è quanto scra- n , rr 7 e ( Cos.S-hCos.S+Cos./B • V vere Cos.z + Tang.A Sen.s =■ ) r^ , n n a > cioè ^ (Cos.sH-Gos.:3— Gos.p I." Cos.s — Tang.^ Sen.s -4- Cos./3 = o, ossia prendendo col suo vero segno del coseno ( sin qui contemplato nel supplemento angolare di ;3 ) l' angolo s . Cos.0 H- Tang./ù Sen.z — Cos.jS = o; e passando neìl' una « nell' altra al supplemento di Z; , Cos.z H- Tang.-l Sen.s -\- Cos-(J = o Cos.z — Tang.A Sen.z — Cos./3 =o ; le quali due ultime E- quazioni ( accennate e non scritte da Goudin (44) ) altro non so- no in sostanza fuorché la replica delle due prime . Ma quando in vece dell' angolo k sostituiscasi K nell' Equa- zioni di già stabilite, cioè si surroghi all'angolo della tangente col maggior asse quello della medesima col raggio vettore , la figura ed indole dei Triangoli mostrano k-=z z — hi . Quindi n' avviene ( operando sulla seconda Formula, perché s'è pocanzi veduto es- se- Di Pietro FkiiRoni . iSj ser ella la matrics ài tutte ) Cos z -h Tang. { s — K ) Sen.z — Cos./i= o , ovvero Cos.s -t- ^rTfàng.zT^us.f j Sen.s — Cos /? = o, cioè Cos. 5 -4- Tang./ù' Sen.a — Tang.é'Sen.;?? + J"^^ Cos.^ — Tang./t' ^j^^ . Cos.|3 ;= o , eh' è quanto scrivere Cos.*^ + Sen.*2 — ( Cos.s -1- Tang./ù' Sen.z ) Gos.|3 = o , ossia,- j;,775- ( Cos.s + Tan2:.-l'Sen.c) Cos.i'3=o, e finalmente C-os.sH-Tang./c'Sen.^— -i— = 0,(1' onde derivano la 11/ Cos.z -h Tang.A'Sen.z — Sec.jS = o, e le conseguenti o ìdentifiche pe' i supplementi di z , A' C0S..3 — Tang. A' Sen.z 4- Sec.jS ^=. 0 C0S.3 -i- Tang. A' Sen.z -\- Sec.|3 = o Cos.z — Tang.^' Sen z — Sec.S = o . È ancora più agevole la prova delle bìnomie- ausiliari^ com- AI . IP pillatili per logaritmi. ImpTerciocchè Cos, A;: Cos/v';: ^ : ^ : : ÌD = GÈ :^^ = DE : : I : Cos./3j laonde III." Cos.|3 Cos.i^ — Cos./l' = o. Di più, introducendo l'arco o angolo (p àeW Eccentrico astro- nomico-KcpIeriano, cioè BDR, abbiamo Sen./w Sen k':: DI : DA ( Coroll. VII." del 1° Teorema ) : : DB : DA : : DO : DB ( per le Conic/te ) : : Cos.

^ ma mediante il nesso somministrato dalla III/ Equa- zione . La familiar conoscenza della Curva ellittica non lascia dubbio svdla corrispondenza d' un valor unito sì à\k, come di K ai due di z\ né manca tampoco di suggerire i/che la IH." preac- cennata Equazione Gos jS Cos./cGos.A;'.assume Idi forma di Cos./3 = Cos.k = Cos. {z — k) , ovvero di Gos.j3 Gos.{z—k') = Cos.k', d'on- de procedono le dipendenze scambievoli delle W. funzioni indi- cate e vicendevolmente connesse « determinabili ; 2,.° che la V.' e VI." Equazioni ti^sforraansi in Cot Y^ j = ^^ , Cot. (~) =:Ii^ , e vale a dire Cot. {'J±^\ : Cot. C-^\ : : Sen. (3 Sen. *: Tang. jS Tang. $ : : Cos. f3 Cos. * : i'-, S.** che nella L'Equazione cattolica V arco o angolo/;, la cui funzione è coefficiente del se- condo termine , pareggia sempre la semidiffertnza delle due radi- _ c/', e lì viceversa la semisomma nt\ coefficiente ^éi secondo termi-' ne della 11/ Equazione. S a CO- i4o Paualelli e rciNcirio unico ec« COROLLARIO II. Mentre la I.* Equazione Cosz-t-Tang./;: Sen.s -~ Cos /3 = o a motivo di ^ = o , s' appi-esentasse nella seguente maniera Cos.s H- Tang.A Sen.^ = i , e perciò combinasse colla li.', perchè al- lora anco Sec 0 = i , onde acquistassero entrambe la forma Tane./ ,,=-i- — ^- = Cosec.s — Cot.« = Tans. -z, ed in con- ^ ( /e ben.- *^ a ' segnenza k = A' = ^ , cioè 2' = o , si fatto lìmite , nel quale concorrono e s'immedesimano le due Equazioni cattoliche., e non ammettono fuor d'una sola /-(Xrfice, svanendo l'altra , coincide per la costruzione di quella col mutamento dell'Ellissi scalena in Parabola Apolloniana . Allora difatti DG = Sen /3 s' annulla in paragone di DB = i ; rimane un soìfoco C, e 1' altro a cagione dell'immensa eccentricità si perde nell'infinito; uno degli ango- li d' un raggio vettore coli' asse, cui è paralello, viene ad essere ì rifinì te si Ttw , e l'altro diventa sempre doppio dell' angolo form.ato dalla tangente coWcsseeial secondo raggio vettore colla tangen- te medesima o dal primo con essa, come apparasi dalle Coniche . Quest' affinità trigonometrica della Parabola, un dei limiti dell' illlissi il qual fraternizza colla Linea retta ov' egualmente Sen.jS = O5 Ccs-(^= I , si verifica tutte le volte che nella Trigonome- tria Sferica accade il particolare della soluzione od analisi d' un Triangolo equicrure o isoscele ( divisibile in due ortogonj identi- fìci 5 o parte integrante d'uno spicchio { fuseau ) sferico intero insieme con altro equicrure) conforme rilevasi dai preliminari del leorema poco innanzi provato ^^^ = i , •^— ^ = i , Cot.£.Tang.a=3^ = i. Got.B Tang.G = IiIiE^= 1, stando gli scaleni racchiusi- entro della Formula generale . CO- Di PiiìTKO Feuhoni . 14 1 COROLLARIO IIL Altro limite della serie-infinita dell' Ellissi scalene , o medio termine tra le allungate e le compresse^ è anche il Circolo o Ellis- si equilatera . Questo avviene allor quando i Aixe fochi si confon- dono in uno col centro; si soprappongono i due raggi vettori ed i due angoli eguali 3,2' ; diventano Gos /3 ossia 1' eccentricità = o , Sen.|3 =z I , Sec.j3 = co ; e la prima Equazione cattolica prende la semplicissima forma binomìa di Cos. 3 -f- Tang./t Sen.z = o , cioè — Tang.z = Cot./c , ossia — Tang (RDF) = Tang. (RD A) = Cot (RAD); lo che vuole apertamente significare DR A angolo ret- to, siccome abbiamo dagli Elementi. A tale accidente conduce o il Triangolo sferico che sia rettangolo , o quello eh' abbia un de' suoi lati eguale al quadrante ( il quale si scioglie in simil manie- ra , avendo per supplementare o polare un rettangolo ): ed è ve- ramente mirabile, oltre al àriterio che così se n' acquTsta, la connessione grafica dei Triangoli rettangoli sferici (e loro dipen- denti quaflrantali , isosceli , o che avesser la somma di due lati eguale alla semicirconferenza d' un Circolo, o di due angoli pari a due retti ) co' i rettangoli rettilinei, non meno che la concordia delle ultime Formule colle da prima mostrate . Conciossiachè es- sendo in questo caso e =: 90", e Tang.X; = Tang.cz Cos.G ^ per le denominazioni assunte in principio del passato Teorema , avre- mo — Tang.3= — Tang.^ = -^ % — rr- ; ovvero— Cos. G=Cot. a. Coti, cioè, nel Triangolo /'o/a/'i» rettangolo, — Cos.{i8o° — c) = Cot {180° — A)Cot.(i8o° — B), ch'è come dire Cos.c=Cot.A. CotlS, conforme porta il Num.* 4" del C'oTO//ano IV.' del IL^ Teorema . Parimente accade rispetto alla IIL* Equazione Cos.s — Tang.i^ Sen.z -- o, ( l'ang (RDA ) = Cot. (RAD) ) , dove, stante X = B , e Tang. /e = Cos. e- ì'aag.A, e C angolo retto, abbiamo Tan£;.B=: i , vale a dire Cos. e = Cot. B Cot. A, come so- pra, e come debb'essere in un Triangolo immediatamente crto- go- f4a PaRALELLI E PRINCIPIO tTNICO gonio . Riconduce altresì alle di già ritrovate espressioni analiti- che anco la seconda ipotesi relativa alla I." Equazione ^ e sem- pre appoggiata, come tutte Taltre, al Triangolo rettilineo orto- gonio DRA; perocché Cos z-l- Tang.^Sen.s = o in questa sup- posizione, clie stabilisce s= C, Tang./c = q^ \ » Cot.^.Tang.a t= o = ,^^"'^, cioè b= 90°, reca il caso d'un altro Triangolo sfe- rico ad un tempo avente per lato un quadrante, e lo abbraccia col mezzodì — Tan2;.C= Cos. a. Tane:. B, ossia ^ — Cos.a == I^"^ ?. = Cot.B.Tang.C, siccome conformemente deducasi dall'Equa- zione Jll." del Corollario 1° del II. ° Teorema ( ove Cot.b = Cot. ( go" ) = o ) , e dal Triangolo polare corrispondente . In ulti- ino , mentre pongasi ^ = a, Cot.B.Tang.C= o, cioè B = 90°, Tang.A= — -,. proviene rispetto a si fatto Triangolo sferico ed or- togonio 1 iLquazione binomia r = Xjot.a = - — r. j concordan- ° -1 ben. a CosC ' te appieno colla i .' del Corollario IV. ° del divisato Teorema . Quanto poi all' altra ipotesi di Sec-|3 = 00 , cioè, nelle IV. sop- presse Equazioni , di 7^^ = oo , -^ =co , Cot.Z'.Tang a = co t ■>■ ■'■ Los a Cos.a c ' Col B.Tang.C = «5 , che torna a scrivere a = go° , A = 90° , a = 90" , C = 90°, dessa non fa che ripetere sopra /7,A la i .' e a." delle passate combinazioni sopra e, C, la ò.' sopr' a in vece di 5 , e la 4 " su C in cambio di B, e ciò sempre a proposito de' soliti Triangoli sferici rettangoli o quadrantali . Procedono facilmente dall'Equazioni cattoliche nei detti casi Tang./;' =: 00 , e vale a di- re k' =9o°=DRA angolo-retto ( il che richiama all' istesso Trian- golo rettilineo rettangolo ), ovvero Tang..:: =: oo , ossia z = 90° e A = o ( eh' è il limite del rammentato ortogonio Triangolo retti- lineo) . Nella prima supposizione Tang./c' = Cos CTang.^z rac- chiude ristessa ipotesi .di a = go°, come Tang.^' = Cos.c.Tang. A som- Di PiETKO Ferroni - 143 somministra A = ad un angolo retto, Tang.A' = ^^ dà «=90", e finalmente Tang.^' = (3^-^; suggerisce C =ad un. angolo retto : tutto in corrispondenza precisa alle di già fatte preparazioni ipo- tetiche . E neir altra supposizione avverrebbe b = 90", B = 90', a = go% C = 90°; là quale combinata insiem colla prima reca i Triangoli sferici birettangoli o biquaclrantali, di cui. sono un ca- .*o particolare i jf7-/>c//a/7go/i, o triquadrantali, ottava parte di tutta la Sferica superficie o quarta di quella dell' Emisfero ► COROLLARIO IV. Ma, per compimento di questo Saggio di Trigonometria Sferico- conica^ quali nascose combinazioni e rapporti colla teoria dei Triangoli averebbe mai il cambiamento dell' Ellissi in Iper-. boia , dopo esauriti già quelli del Circolo e della Parabola? Ognu- no conosce la metamorfosi dell'Ellissi in Iperbola, e sa l' intima cognazione che passa tra queste due Curve congeneri . Prima as- sai di Carnot , colla guida dell* unica relazione ìmmaginaricL v/ -H I : y/ — i (cioè del trasmutamento o passaggio dàlia Tr'go- nometria circolare all' iperbolica , ossia della variazione di Cos.*|2 = I — Sen//S in Cos.'|2 = i — [Sen .?>^/'^f = i -\- Sen.'(3) asse- gnai la maniera di trasportare F espressioni i/i^egra/i Euleriane degli archi d'uà' Ellissi agli omologhi dell' Iperbola (4q)5 ed ora manca sol di provare nell'unione o sistema di questa ultima Cur- va ad assi eguali col Circolo la proprietà elegantissima ( Fig." 7. ) consistente neir esser tale e sì stretta la connessione tra l'Ellissi e l' Iperbola entì:a.nìh& equilatera ^ che condotta qualunquesiasi secante FMN dal comun vertice F e le due corde dall' altra BM , BN, con più le perpendicolari MA, NT alscconà^asse, provengano sempre .«i/?2j7i i due Trapezj birettangoli BMAD,BNTD, sebbene peri' inversione solita subcotitrarj . A fine di ciò dimostrare stac- chisi dal vei-tice Bla normale all' aj.sff o la comun tangente BY, Oli- j44 Paualelu e PRiNCirro unico ec. onde l'angolo MBYsi mnnifesta eguale a MFB, come lo è paii- mcnte }3N^ per causa di FA: AN: AB -ri , ed in conseguenza an- co NBC Dunque non solamente NBM è eempre diviso nel mez- zo da BY, e si ha in coni caso BM:BN:;MU;UN nel sistema , ma oltracciò, mentre nel Circolo si verifica MFB =go° — MBF, vale l' inverso nell' Ipeibola conica o sivvero NFB — NBF — 90°; e mentre nel primo FM : MB : FU - FM 7^ , all' incontro nell' al- tra si ha FN : NB : FN — FU -H , strettissime analogie. E proce- dendo più avanti, MBD = 90"— MBY -ì)o°— BNA = BNT ; laonde ancora BMA --= NBD . Finalmente , in virtù del Triangoli siniili , BJI : BN : : Br : BA : : MF : NA : : FF-FA, che torna a di- re FF : FB : FA aroionìcamente proporzionali ( come altresì FM, FU, FN ) ossia (5c) DF:DB:DA -H , e quindi BM;BxN:;BD : DA=. NT; di modo che vien così stabilita senz' alcun dubbio la ram- mentata s'nniUtndìne . Se poi colla dottrina conica si ponga men- te all' angolo 1: che fa la tangente lateial dell' Iperbola col suo asse primario, egli è facilissimo intendere eh' esso non mai dir Tenti minore dèi semiancjolo «^^m/c/ifco: Io che esclude Tansr./t iieir Iperbola dall' universalità delia Trigonometria, né la rende dicevole 0 acconcia a tal' uso: come eziandio si rileva dal parago- ne delle due /occ/i Equazioni riportate all' uno od all'altro de' fochi, Rae.° vett. = _f — i— ( posto a W semiasse-trasverso , e r eccentricità ) , ove nell' Ellissi il numeratore è positivo, ueli' ]perbo!a negativo (ch'è quanto dire ìinmaginario il semiasse-con- jugato ), ed il denominatore nella seconda puote annullarsi , e difatto e' annulla quando Cos.ì; = — ^^ , ossia venendo ad essere il raggio paralello all' asintoto, o all' estrema tangente dell' ulti- ma Curva . Corollario V. Tornando all' Ellissi, a2:evolraente s'affaccia di subito 1' an- golo /; eguale al complemento di latitudine geografica nel meridia- no Di Pietro FERROirr . i^S no d' uno Sferoide compresso; ben differente deWUovo. alia qua- le più presto s' assimila lo Sferoide oblongato (5j) . Quindi e che le prime Formule trigonometriche superiori potrebbero scriver- si parimenti con surrogare alla Tang. k la Cot. L , mentre inten- dasi per questa sigla la distanza dall' Equatore o 1' angolo conte- nuto tra r asse e la normale alla Curva . Delambre col solo ele~ mento della latitudine ( dopo Maupertuis , &c. ) , quando sia co- gnita 1' ecce/j^ric/Và d' un' Ellissi , assegna espressioni forbite e abbondevoli , onde rintracciarne le rimanenti misure . È osser- vabile tra le alive formule quella sommamente elegante, che si riferisce al raggio del Circolo osculatore , cioè "di — (i— e ){i — e Sen.^L) ^ , da cui poscia 1' Autore ricava la novissima serie per rettificare l'Ellissi conica . Nò puote sopra ciò cader dubbio tostochè gli Elementi ci avvisano dh : i : : dA. : Rag- gio osculatore negli archi simili circolari. E presone il limite per la parabola d' Apollonio , chiamando D ìa distanza del foco dal di lei vertice principale, il raggio osculatore si rappresenta da aP aP _ _ ^ pgj, motiyo di I — e*=(i+e)(i —e)— -2.1)^ (i— Sen.^L)^ (Cof.^L)"» non meno che di c^=i^ Subito che viene il ce«fro assorbito di là dal confine assegnato alle grandezze ^ni^e . Corollario VI. Applicate r espressioni medesime del passato Teorema a£ Triangoli rettilinei , stante che Cos.z nel limite = i — ^ , men- tre ad un tempo Sen.z=3 , quelle Equazioni Hon conservano al- lora più la sembianza di trigonometriche del primo grado , ma d' analitiche del second' ordine , e sono difatto ( Coroll. III. del II. Teorema) uniformi sAV universale z* — a«Cos.C.z-f-(a* — c^)=o, che colla sussidiaria in essa compresa (Sa), di cui parla il Corol- lario VII. del Teorema I, , o con pari altro artificio (53) si scioglie per mezzo di logaritmi . Ed è qui da riflettersi che se una qua- Tomo XI L T luii- 146 Paralelli e principio unico ec- lunque delle Equazioni del precorso Teorema si Sviluppasse me- diante Cos. z= y/i — 'àen.^z , o viceversa , acquisterebbe consi- milmente la forma medesima di quadratica , come per esempio, Cos.z -J- Tang.A Sen.2 — Cos./3 = o cambierebbesi allora nella seguente Sen.'^— a /ifllgi^^ìsen. 2 — g4|[ = e, cioè Sen.^z — Sen.^/c Cos.|3 Sen.s — Cos/A Sen.'(3 = o . Non diversamente avverrebbe dell' Equazione classica generale ACos.s-|-BSen.z H- C = 0 , che ridiicesi alla più semplice Cos.z + A'Sen.z + B'=:o : imperciocché, sostituiti i valori noti trigonometrici ^ ne risulta Cos.* t -4- a A'Cos. t Sen. t — San.* ^ 4- B' = o; e scambievol- mente da un'Equazione di quest'' ultima forma ( come avverte Goudin ) si può sempre discendere di pari alla prima , e risolver- la coir istessa Teorica dell' Ellissi . Corollario VII. Dipende dalla medesima Equazione fondamentale, e n' è anzi un caso più semplice { Coroll. III. dell'ultimo Teorema) la ricerca della parallassi d' altezza nella Sferica Astronomia , co- noscendosi 1' orizzontale unitamente all' altezza apparente o ve- ra àeW yJstro, e non attendendo alla picciola aberrazione dalla sfericità della Terra, di cui Borda sopra ogni altro Geometra ha dato esatta contezza (54)- Basta sol rammentarsi, che posta w la parallassi orizontale , Il l'altezza vera^ li! V apparente , 2 la pa- rallassi d'altezza si ha Sen.i;=:Sen.T Cos./t', mentre d' altra par- te li'=.h—z^ d' onde nasce una facilissima sostituzione e adattata al computo logaritmico . SCOLIO. A tutta la Scienza trigonometrica cosi concentrata dee far corona il Teorema prestantissimo di Legendre , annunziato da que- Di Pietro Fcreoni . 147 questi nel M. DCO, LXXXVII. (55) e quasi contemporaneamen- te provato in sul finire del Secolo scorso XVIII. ° da esso , da Delambre , e Lagrange (56) . „ Un Triangolo sferico picciolis- „ simo può considerarsi a tutti i riguardi com' eguale a un „ Triangolo rettilineo , eh' abbia i lati dell' istessa lunghezza „ di quelli del primo, e ciascuno degli angoli minore d'ognu- 5, no del primo di quanto importa la terza parte dell' ecces- ,, so dei tre su due retti , e vale a dire il terzo dell' area co- „ mune ad entrambi i Triangoli comparati „ ( Scolio del I. Teo- rema ) . Ecco la Proposizione da dimostrarsi , eh' è d' utilità im- pareggiabile nella Geodesia teorico-pratica, e massime nelle ope- razioni delicatissime delle misure geografiche degli archi de'Me- ridiani , e perciò di tutto il Sistema metrico universale appresen- tatoci dalla Natura , I prelodati Analisti 1' han ricavata da quel- le Formule-/i/?2i^i , intorno alle quali s' aggira il Corollario III. del II. Teorema: Legendre ha quindi lasciato il suo primo meto- do attenendosi a quel di Lagrange , avvengachè fosse non meno facile e chiaro dedurle dall' espressione flSen.B = èSen.(B-i-C) — ^Z'Cos.C Sen.B ; dove si rende osservabile che se il Triangolo-/i- mite fosse rettangolo in G , avrebbesi aSen.B = èCos.B , cioè £,= Tang.B, come nella Trigonometria Rettilinea; e puote ogni a Triangolo considerarsi unione o complesso di due ortogonj • Ma in generale quella espressione analitica ridotta all' equipollente ( H--Cos.C)aSen.B=:Z'Sen.(B4-C) manifesta con tutta evi- denza che la quantità, per cui differisce nel primo suo nascimen- to o neir ultimo suo decremento {Scolio suddetto) il Tiiangolo sferico dal rettilineo , è di due gradi inferiore rispetto all' evane- scente grandezza dei lati dell' uno o dell' altro Triangolo ; di tal maniera che torna l'istesso a distribuirla (senza poter mai temer- ne errore del primo grado in linea d' approssimazione ) o egual- mente o disegualmente su ciascheduno degli angoli. Da questo jiflesso havvi dunque ragion d' inferirne che posto 6 1' eccesso della somma degli angoli A,B,G d'un picciol Triangolo sferico • T a so- 14^ Paralelli e principio unico ec. sopra due retti, o ciò eh' è il medesimo, 1' area (di second^ ordine \ dello sferico o rettilineo di lati respettivamente eguali, gli ango- a B B li del rettilineo equivalente debbano essere A — ^jB— •^,G — g-, e che dipenda dall' istésso principio la soluzione eziandio dì quei finiti Triangoli sfei'ici, i quali abbiano due piccolissimi angoli acuti , perchè diventa piccolissimo allora in tutti i suoi tre lati il supplemento allo spicchio sferico del Triangolo polare corre- spettivo . Aveva a buon diritto avvisato nella soggetta materia Lagran- ge (07) che „ Dans l'Analyse, la pcrfection consiste à n' emplo- j, yer que le moindre nombre possible de principcs , & à fairè ,, sortir de co:?, principe s toutes les vérités qu'ils peuvent renfer- ,, mer, par la seule force de l'Analyse,,. Poco dopo parlando Lacroix del metodo più istruttivo , che doverebbe adoprarsi nel- le matematiche Discipline , passa a dire (58) ., En general , il „ semble que Ics Sciences physìco-mathématiques doivent tou- 5, jonrs se ramener à un Probième unique d'Analyse ou de Géo- 5, métrie,5. Vi sono di fatto in ogni Facoltà del sapere umano al- cune eminenti Proposizioni^ stabilite e dimostrate le quali 0 col- la ragione o coli' esperienza, tutte le verità che rimangono, altro non sano fuori ehe quelle medesime espresse sotto diversi voca- boli , più o meno trasposte o variamente applicate. L*istrumen- ta del Calcolo serve sovente di valevolissimo ajuto al corto in- tendimento dell' uomo ; ma non di rado intravviene che da sem- plicissime speculazioni sintetiche sorgano sottilissimi risultati . Chi è 5 per esempio , che esercitatosi al raziocinio immantinenti non giunga ad iscorgere come la frazione continua quasi para- Iella o per dir meglio asintotica ^ m-t-i— .ra ni4" 1 ■ — ™ m-j-i — ec. in infinito abbia per suo valor limite V unità, e come dei due suoi valori diversi , elie somministra 1' Equazione resolntiva X Di Pietro Ferroni . lAq X = m-^i-x •> cioè-^Ji dz ^ , il valore m sia estraneo all' as- sunto , ed inerente soltanto alla immancabile ed individua veri- ficazione analitica di m = - J^_ '■, uguagliandosi per 1' istesso motivo i due valori o radici i neirunico caso della /razione con-^ tìnita speciale a— .£ 2 — I 2. —> ec. in infinito protratta . E coli' istessa evidenza si fa palese V istesso limite i spettante all' altra Serie-infinita 7?j-t-l — m' nì-i-i—m' ni-i-i—m~ to""h-i— ec. j sebbene in questa sotto la medesima forma , ma non periodica come la prima , le grandezze m, m',m",m"\m"", ec. diventassero , viavia crescendo , inasse- gnabili ed infinite : impeixiocchè qualunque di loro si rendesse infinita , vien ad essere indubitata 1' eguaglianza J^^ = i j d' onde risalendo quant' occorresse di grado in grado, risultereb- be sempre alla fine ^^ ™__^ = i . Havvi in un Libro elementare pochissimo cognito (Sg) il bel Teorema aritmetico (ma però senza prova) che j, La somrna di n quadrati dei numeri naturali s'usua.' glia al doppio della somma di « numeri triangolari meno l'ultimo triangolare , e la somma di n cubi pareggia il quadrato dell' ul- timo numero triangolare „ dalla qual proposizione nacquero appunto sul principio del Secolo XVII. ° nelF Italia le famose For- mule Cavaleriane conducenti alla quadratura delle Parabole . Ora ognuno di per se concepisce che a X"^""^!"""^^^ ~ ^7^ = iSo Paralelli e principio unico ec. ^i.3/\3 / 1.3.3 i.a.iJ chiarezza egli vede che ( -^— — I r — ^ H H -— , » ^1.3/ 4 ^a'* espressione dataci dall' ordinario metodo delle jomwe delle po~ teme numeriche, incominciando da i e non da o la Serie (60) . Io feci in altro luogo osservare (61) che la cubatura esatta e geo- metrica d' una porzione di sfera conseguivasi mercè d' una sinte' si agevolissima e scevra d'alcun ricorso al Calcolo infinitesimale^ diversamente dalla più semplice delle due maniere adoprate da Bossut nel Paragrafo II. àeW Jppendice aii recentissimi suoi Trat- tati d'Analisi differenziale e integrale . Sfuggi a sagacissimo Au- tore (62) un' espression discordante dal puro e terso linguaggio geometrico là dove scrisse , trattando delle irregolarità AqWq pa- rallassi astronomiche , esservi quella tra l' altre „ la quale di- ,, pende à^AXo. figura sferoidale del nostro Globo . „ Dalembert nell' Enciclopedia metodica avendo in veduta la generalizzazio- jie dell' integrale ^x^dx = -^^qr; \~ C anco pel caso òì m =. m-f r m-t-i — I 5 comincia da far riflettere che — r^ in quella ipo- tesi particolare diventa .^, laonde colla i?{?go/<2 Bernoulliana va- riandosi V esponente m, ottiene la Formula dm— ^-j£ -, e perciò neir indicata supposizione L:»; — Le, o sivvero Lar-I-C ; mentre senza l'ajuto indiretto della detta Regola ho altrove mo- strato (63) che si giunge immediatamente al medesimo fine . So- novi alcuni che han giudicatoy^/jo l'accorgimento analitico di Dalembert per arrivare all' integrazione dell'Equazioni differen- ziali di prim' ordine o lineari: a me pare che j se pur siavi difet- to , esso consista non già nel principio , coerente a mio senso col- la familiar dottrina de' limiti 3 ma piuttosto nell' espressione B Di Pietro Ferroni . iSi B + Bn, come quella che stante n infinitesimo , debba supporre infinito B affinchè Bn = C s' ottenga finito ; quando per il con- trario e nelle Serie ricorrenti e nel Calcolo delle differenze si evi- ta ciò seguitando r altro artificio fi?ire^^o, avanti di tutti intro- dotto dal prefato Bossut. Non è tampoco, giusta il mio sentimen- to , concludente e piena la prova che ad un' Equazione biqua- dratica universale a:''H-B;c*-l-C.r+D=o, mancante del secondo termine, spettino IV. mtìJ^ci tutte reali, se s' abbiano a un tem- po verificate le due condizioni Bo (cioè j?ositivo) , o tutte IV. imaginarie, se manchi alcuna delle due condizioni medesime ( che lasciano sempre libei'o il segno e valore di C ) , qualora non si ricorra a dedurla dall' Equa- zione cubica ausiliaria z^-^ 2.^z'--\- {& — 4^)2 — C* = o dov'è pfer lo meno una radice z reale e positiva , e dal valor derivato di. = ±^±|/(_eli£:^/£!±£i±S!=4B)), il ^,ale evidentemente dimostra la verità delle predette due condizioni simultanee e immancabili . Quello in somma, che in tutte le Scienze esatte ha da pren- dersi singolarmente di mira , si è la lucida derivazione da pochi ed inconcussi /r/raci/y delle verità ormai conosciute, e dell' altre molte che anoora ignoriamo esservi incluse o connesse ; perchè r eccellenza e chiarezza del metodo somministran la via più fa- cile e piana per giungere alle scoperte j e solo allora la mente umana potrebbe dirsi in tutta l'estensione del termine possedi- trice del vero sapere . Colla Formula unica del Binomio di New- ton si conseguiscono le differenze e i differenziali di tutte le Fan' zioni analitiche : per mezzo dei differenziali o de' limiti si scuo- prono facilmente gli elementi, variazioni, e progressi d'ogni grandezza j né sono i due opposti confini dell' infinito ed infini- tesimo se non che i punti estremi , trascendenti il nostro conce- pimento , ai quali può sempre accostarsi quantunque piaccia una grandezza finita , senza toccarli giammai e molto meu trapassar- • li . Non è dunque altro che 1' espressione d' un Numero inasse- gna- i5a Paralellt e phincipio unico ec. gaabile , a motivo della sua immensa grandezza, la Serie-infini- ta/>flra^e//rt i + i-+-iH-H-i-Fi + i-+- ec. = jtr,= i-j come si ri- leva da mantenersi l' istessa i + i + i+i-l-i-f-i + i-4- ^aggiun- gendovi r ultimo avanzo , e dal diventare m-\-m^m-^m-Vm-\- 7;^ 4-w-i- ec. = w {1-1-1-4-1 + 1 + 1 + 14-1+ ec.)=:m l-L|= ^ = Jli, conformemente alle regole di proporzione . Ben lontana perciò quella Serie da meritare il predicato ài falsa , come mo- derni Analisti han pensato (64)5 eli' è anzi il prototipo dell' infini- ta divisibilità di qualunque siasi grandezza considerata in astrat- to , siccome fu concepita dai primi Filosofi della Grecia. Niuna difficoltà poi s' incontra nel render ragione d' una conseguenza legittima , che ha ricavata Legendre (65) dalla Serie-infinita di Lambert (66) Tcmg. x = 9 — ec. tutte le volte che facciasi xr=n! semicirconferenza d'un Circolo'del raggio i : perocché in questo caso speciale non può^a mendi non essere — - o =: t , cioè o = 3 — ■^ ~ 7 — B-^ ZL.ec. in infinito 9- Tutta la Teoria finalmente delle così dette Funzioni simetriche , tanto feconda quant' è nelle Matematiche in generale ed in ispe- cie nella Trigonometria analitica e nella Dottrina dell' Equazio- ni, si riduce a una facile applicazione di quel Principio sommo e intuitivo che i Metafisici appellano Ragion sufficiente , come non mancano d' accennarlo in più luoghi gì' Illustratori degli Elementi d'Algebra di Clairaut (67) . In proposito dei quali Ele- menti giova qui d'avvertire che le due equazioni ivi date dappri- ma 3a'-'i-2,pa+q=o , aa' +/>«*— 7=0 , come aventi un divisore co- Dr Pietro FjÈRRONr. l53 comune qualora 1' Equazione cubica x^ -\-px* -hqx-hr=.c abbia tlue eguali radici rt, conducono al risultato medesimo delle altre somministrate dipoi 'òa''-\-2,pa-\-q —e ^ a' 'rpa''-\-qa-+ r-=o , per- chè dalla seconda delle due prime ottenendosi r=z2.a^ -\-pa^ , e questo valore sostituendolo nella quarta, procede 3a'-}-2.pa^-hqa, cioè 3a^-i-2,pa-\-q , come sopra . E le ingegnosissime specula- zioni di Landen , mercè delle quali 1' Algebra dt:^ finiti ha som- mamente estesi i suoi antichi confini, sono appoggiate in ultima analisi alla determinazione del valor vaco e indeterminato — , ~ o che potrebb' anco servire di scorta onde to-Iiere dalla classe del- le Sene infinite ^ che portano a\ falso, V elegantissime trigono/ne' trìche (68) A = I — Cos.A — i Cos.'A — i Cos.'A — ec = o , ò 40 A = r — Cot.A -4- k Cot.^A — i Got.'A + ec. = o , posto A un arco qualunque di circolare periferia; Serie che Jeaurat pubblicò con molt' altre nel declinare del Secolo scorso . Tomo XII. V AN- i54 Paralelli e principio unico ec. ANNOTAZIONI ALL'ANTECEDENTE MEMORIA. (i) :=; Journal Polytecliniqiie, oh Biil- letin du travail fait à 1' Ecole centrale des Travaux publics, public parie Con- seil d'Instruction & AchninUtration de cètte Ecole. Premier Cahier. Blois de Germinai. A Paris, de l' Imprimerle de la Répiibliqnc. An. III. p; Vedasi alla pag. I 1' Articolo 5feVeoto;nic> scritto da iilonge, e segnatamente tra i Problemi consecutivi di Geometrie deicriptke il 12 ""•' a pag. i3. (j) t^ Euclidis JElementa eie. r! Lib. XI. Frop. XXI. (3) P3 Principes d'Astronomie Sjilicri- que^-on Traile complet de Trigonometrie Spliériqite etc. Par M. Mauduit , Prole?- seurde Mathéraatitpvìs. A Paris. Chez H. L.Guerin&L.'F.Delatoiiretc. M. DCC. LXV. S Cliap. IV. Uè la résolution analxtìque oa algebrique des Trìangles Sphcriques nel. Prob. 111. Scliolie §. 219. pag. 116. Probi. VI. §. aa3. pagg- 119- ao-2i , Probi. VII. §. 22/}. pagg. 121-2», Probi. IX. Premier Scholie pagg. 124- 20.-,, Acta Academiae Scientiarum Im- perialis Fetropolitanae, prò Anno M. ■ DCC. LXXIX. Pars prior. Petropoli , Typis Academiae Scicutlarum. M. DCC. LXXXII. ,,dopo l'Istoria al Titola Ma- themaiica p ig. 72. Trigonometria Sphae- rica univenu ey primis princlfùs brefi- ter et dilucida derivata. Ahclore. L. Eu- lero { in 5S- ^^ sino alla pag. 86. incl. , Tab. I. Figg. "7. 8. ) . Vedansi spezial- mente i §§. 4- 5- 9- P^gg- 74"^"7' "^ "^^'' ultima il §. 12. Cum igitur tota Trigo- nometria Sphaerica tribus aequationibus supra invcntis inrtitatur &c., e pe' i lo- garitmi il 5. 19. pag. 80. ) - j, Histoire de l'Académie Royale des Sciences. An- née MDCC. LXXXIII.avec les Méraoi- res de Matbématique & de Pbysique pour la méme Année &c. A Pari^, de rimprlmerie Royale, MDCCLXXXVT. „ dopo V Histoire alla pag. 29». Trigono- metrie Sphériqite , déduitetrès-brièvement b- comptétement de la seule solution al- gcbrique du plus simple de ses Problémes ginéraux , au moyen des diverse: trans- furmations dant les rapports des sinus &• cosinus , tangentes &■ cotangéntes , si- cantes &• cosecante! d'un méme Are ou d'un méme Angle pian , rendent cette so- lution susceptible, &• comprenant quel- ques Formules &• Ohservalions qu oiz croit utiles &• neuves. Par M. l'Abbi De Gua ,, . (Si riscontrino il Problénie unique alla pag. 3o3. , la Fig. i. della Pianelle IV. , i VII. Corollarj sino a pag. 3i8. incl. , gli altri sino al XIII. ed al- la pag. 335. incl. , e finalmente. le III. Observations générales dalla pag. sud- detta alla 343. incl. eli' è il termine della Memoria ) . (4) a Eléments de Geometrie , avec des Notes ; par M. Legendre Membre de 1' Inititut National de France , et de la Société Royale de Londre 8. Cinquiéme Edition . A Pari^ , Rue de Thionville , N.° 116. , chez Firmin Didot &c. An XII. ( 1804. ) Traité de Trigonometrie dalla pag 328. sino alla .^23. , diviso in C. X. §§. — ■ „ Méthodes analytiques pour la détermination d' un Are du Mé- ridien; par J. B. J. Delambre , Mem- bre de rinstitut National et du Bu-» reali des Longitndes , l'un des doivs 1 Ajtronouies char^és de la mejure de- I Di Pietro l'Arr, comprls ontre Dunlcerque et Bar- celonne : précédécs d'un Mémoire sur le méme sujet, par A. M. Legendre &c. De r Impiimerie de Chapelet. A Paris , chez Diiprat &c. , quai des Augustins , près le Pont-Neuf. An VII. „ - „ Jour- nal de r Ecole Polyteclinique , cu Bul- letin du Travail fait à cette Ecole ; pu- blié par le Conseil d'Instiuction & Ad- JnTnistration de cet Etablisseraent . Si- xiérae Cahier. Tome II. A Paris, de r Imprimerle de la Rcpubiique . Tiier- rnidor An VII. ,, segnatamente alla pag. 270. Solutions de quelques Problèmts relatifi aux Triangles sphériques , avec une analjse complète de ces Triangles . Par J . L. Lagrange sino incl. alla pag. £96. , la qual Memoria è distinta in a8. paragrafi . (5) S5 Mémoire sur les usages de l'El- lipse dana la Trigonometrie Sphérique . Par le Citoyen Goudin . A Paris , chez P.égent et Bernard, quai des Augustins^ N.» 37. L'An V-179'7. „ ( Chapitre II. alla pag. 18. e segg. ) . (0) s Inrention noiivelle en Algebre. Amsterdam, BI. DC. XXIX. „ Brochu- re, in oggi rarissima , d' Albert Girard Saniiélois ( cioè di Saint- Michel , San- Mihel o S.imitìl en Barrois ) , consi- stente nel dar la misura degli An°-oli- solidi mediante l' arco dei Triangoli - sferici; un Esemplar della rpiale tro- vasi nella Biblioteca dei Re di Fran- cia . . — Vedansi in oltre la Nota (33) de' miei Pensieri Geometrici nel Tomo X. di questa Raccolta alla pag. 6-3. e la pre- citata Opera di Mauduit (Nota (3) ) al Capo V. Tdv. III. Fig. 33., dopo la V. Sezione ed il IV. Esempio, nel J. 298. pag, 168-69. °v' è Problénie al termine dell' istesso Capitolo , intitolato ( J. 247. FEtlROm . l55 pag. ,43. ) Des Analogie! différentielles des Triangles sphériques &■ reotìlìgnet quelconqaes . (7) 3 Mio MS. diviso in IV. Libri o Sezioni , e tuttavia inedito, sebben Io adoperi come Prelezione sintetica uni- versale delle curve o Linee di seeond' ordine . (8) 1= Oeuvres de M. De Maupertnis," Nùuvelle Edition corrigée & augmentée. A Lyon, chez Jean-Marie Bruyset , Li- braij-e , grand Bue Merciere, au Soleil. M. me. LVI. Tome quatrième. Astro- nomie N antique, ou Siemens d' Astro- nomie, tant pour un Observaioire fixe , que pour un Olservatoire mobile. Im- primé au Louvre en M. DCC. XLIII. et en M. DCC. LI. , dalla pag. 95. alla 186. inclusivamente . ,, — „ Manuel Trigonométrique de M. l'Abbé De la Gnve . ,, ~ „ Trigonometria Piana e Sferica di Antonio Gagnoli; Edizione seconda notabilmente ampliata . In Bo- logna , peri Fratelli Masi e Comp. Mi DCCG. IV. ,, — „ De la Corrélation des Figures de Geometrie. Par L. N. M. Car- net, Membre de l'Institut National. De' r Imprimerie de Crapelet. A Paris , chez Duprat, Lihraire pour les Mathémati- ques , quai des Augustins . An IX — 1801. „ V.- ' " (9) K Encyclopédie Méthodique „ ^ Mathématìques — , par MINI, d' Alem- bert,- l'Abbé Bossut , de la Land- , le Jlarquis de Condorcet , Charles, etc TomelIL A Paris, chez Panckoucke etc. M. DCC. LXXV. „ ( Vedasi Sinus ( Geometrie ) dalla pag. 87. Col. a. sino alla pag. 53. a. Col. incl. — „ Traité de Mineralogie; par le Citoyen Haùy, Mem- bre de l'Institut National des Scien- ces Si ArtSj et Conservateur des Colle- V 3 iS6 Paralelli e principio unico ec. ctloiis Mineralogiques de l'Ecole des Mines. Publié par le Conseil des Mines etc. De rlmprimerie de Delance . A Pa- ris j chez Louis Libraire , Rue de Savo- ye, N." 12. An X (iSoi) ,, . Vedasi specialmente il Capo II." ) . (io) Prop. XI. Lib. XI. (li) Legendre Traile de Trigonome- trie precitato , al §. LXXVII. pajg. 389-90. — Lagrange nella Dissertazione accennata dalli Nota (4) j al $• i5. pagg. a8i-8;2. confrontato col J. 3. pagg. 271- 72. (12) Euclidis &-C. Pivop. IV. Lib. XI. (i3) Elementa Geometriae Lib. I. Prop. XXI. (14) Vulnrae X. di questa Racrolta al- la p. 571. oVè il Corollario VI. del Teo- rema dell' Articolo I. de' miei Principi della Meccaìiica richiamati alla massima semplicità ed evidenza . ( Fig. 64. ) . (ló) s Essai d'une Théorie sur la Struciure des Cristanx, appliijuée à plu- sieurs genres de substances cristallisées; par Jl. l'Abbé Haiiy, del'Académie Ro- yale des Sciences , Professeur d' Huma- nités dans l'UniversIté de Paris. A Pa- ris, M. DCC. LXXXIV. „ — „ Journal de r Ecole Polyteclinique &c. Tome III. ,, — ,, Eléments de Geometrie &c. par A. M. Legendre etc. ,j Appcndix aux Livres VI. et VII. Les Poljédrcs reguliers. Pruposition UT. Problérae, al- le pag. 236-y — ( Goniométre di Qaran- geau negli „ Elementi di Gbimica „ del Brugnatelli ) . (16) Legendre 1. e. Livre III. Corol- lario della Prop. XXXII. alla pag. 92. , Fi». 104. della Tavola V. (17) Vedasi \oScolio del Teorema dell' Articolo 1. ( Fig. 63. ) dei Princìpi del- la Meccaìiica sopraccitati ( Nota (14) ) i alla pag. 684. {iH)^ NoieX. degli „ Elcments de Geometrie ., di Legendre, in fondi) del Problema I. pag. 3^0. Cette Formule trèi-élégante est due à Simon Lhuillìer . (19) Memoria citata nella Nota (4) , al 5- >o. pagg. ^77-73. (20) Si riscontri il Proemio dei di già rammentati Principi della Meccanica &-C. , alla pag. 481. (21) Basta confrontare lo ScoZie della Prop. XVIII. alle pagg. 217- 18. del Li- bro VII. degli ,, Elementi di Geome- tria ,, di Legendre colla Note (i) ia principio del suo Traile de Triganomé- trie alla pag. 828. (22) Memoria Trigonometrica precita- ta, e nominatamente nel 5. 7. alle pag^. 274-75. (23) r: Claudli Ptolemaei Peluslensis Alexandrini omnia quae e.xtant Opera , praeter Gcographiam , &c. Basileae . Ili Officina Henrlilii Eetri, Mense Martio , M. D. LI. ,, Ma^nae Compositionis CI. Ptolemaei Alexandrini Libri ( XIII. ) à Georgia Trapezuntio è Graeco cernersi „ ed ivi alla pag. 7. Lib. I. Caput IX. Uè quant itale rectarum lincarum , quae in, Circulo perducuntur , ed il Teorema (colle Auitiiio/ies G aurici) , ed il Testo e Figura in legno alla pag. g. Col. i. e 2. Si Quadrilaterum inscripium Circulo à-c. — Carnet Op. cit. ( Nota (S) ) Pro- blémc II. 5. 137. alle pagg. 95-96-97. ,, Traeer une Flgvire qui represente les prinripaux rapporta existans entre les sinus & cosinus de deux angles propose»,' les sinus & cosinus deleur somme, & les sinus & cosinus de leur diiTérence ,, dal 5. 127. al 141-, e dalla p. 84 a loi. incl. Di Pietro (24) Veclasi la preritata Trigonometria di Gagnoli al Capo III. p'igS- '6-17. 5§. 88-89. Figg. a-3. cl(;lla Tav. I. , e Capo IV. 5i- 93-100. ilici, dalla pag. 18. alla 19. (a5) Lagrange nella prelodata Memo- ria ai 5§. 14 i5. 16. 17. ed allo pagg Ì180-81-83-83 . — Legendre Trìgonome- tri- ec. , §. LXXX. pag. 3gi. e seguenti. (26) Si riscontri alla pag. 3o3. e segg. la Memoria citata nell' antecedente (3) h'ola . (27) Correlation des Figurcs &c. Pro- Lléme HI. dal S- 14^. al 1 65. e dalla pag. 101. alla 117. inclusivamente . ,, Tronver les rapports existans entre Ics còtés c. Lib. VII. allo Scholie della Prop XV. pag. 2 1 5., e Tratte de Trigonome- trie nella Remorque dopo il VI. Cus, 5- LXXIV. p.ig 386. (3i) Pissertazione Trigonoinetrira pre- citata, nel 5. 11. p. 279. ov'è la Formu- la Sin. J=_i Sin a (82) Eìrrrjenta Geometriae, Lib. III. Prop XXXV J. e suo Corollario . (33) Legendre Traile de Trigonome- trie,l\'. Cas, $. LVII. 372-73-74. (3 ) Memoria citata nella iVo'a (41 , ed ivi Méthode pour déterminer la lon- giteur eracte du qnart du Méridien &c. Ifoti III, a pag. a. , , Du Calcili des Ferroni . l57 Triangles „ segnatamente alla pag. i3. , e iodot.tì , che si oUengmio con moltipllcare il riprodoito m."'"" dì ciascuna risolvente di una data equazione , per la somma de rijjrodot' ti Dell'Abate Pietro Fkanc'hini . 101 ^l yi, ùmidi tutte le altre risolventi della medesima (i) Soluzione . Posto 4- b^ia" -^ e' -\- d" . . .-{-k") \^_. 4- e'" [a" 4-- // H-^r ...-}- k') \ m,n ec. ce. J dove a, &, e ec. A, sono le risolventi della proposta . risulta come si sa/ =-././-/ ro,rj ir. n m-\-n Facciasi o?(^,'"c'' -+- b'-c'" -4- Z-^^r -1- b"d" ec.) ^i -h Z.^(a"'c'" -1- a' e" -4- a'V" 4- a"d'" ec ) j_ _ -- -f- c'(«"à" + ah" -f- a"t/" H- ad" ec.) [ m,n,j, ec. ec. J e siccome r / / = a"'^-"(^''' 4- cM- ^'^ . . . -i- /v0 1 ' " " '' _^ i,-+''(a^ + c^ 4- d^ ...^ I^) ' • - • (^' è la penulti- ^^ *• r ma risolvente ) ( ec. ec. 4- ar'^f{b" -V- e" -\' d" . . . -V- k") ' -\- b^-^'ia" ^- c'-^d" . . . + k") . ec ec. f -I- Ai^-^^ia" + ^" H- t" . . . 4- i 1 ") J 4- a"'*"^(Z/" -t- e"' 4- ^i'" . . . -f- i") 4- Z'"-^^(a"' 4- e" + ^^ . . . -f- «t"") ec. ec. To/Ko A'//. X ■ kr) ji) Chiamo risolvente la radice di un' «(juazione , e riprodotto la potenza di una quantità . Questi vocaboli £;^o più espressivi : il primo £i distingue meglio ililla radice di una quantità , ed il' se- tondo esclude un Tocaholo semibarba- ro . II celebre Lagrange con cui tenni proposito sul birogno di alcune varia- zioni nella nomenclatura dell' Algebra , approvò le due precedenti , ed alcun» altre eli" esporrò in breve in uà corso di Alcebra, l6a Si propongono de' nuovi metodi ec. -h a''{b'"c'' + b"c" -^ b^d" -f- b'd'" ec ) ■« -f- hf{a'"c" -!- a' e"' + a'^d" -h a" J" ec) ec. ec. -t- ^'(0"/*" -h oTb'" -f c"^" + a-'J" ec .) ^ H- (a'"-^"+^ + i-'+'+i' 4- c'"^''^'P"ec.) J avveitenclo che le cinque precedenti classi di termini sono res- pettivaniente uguali ad / , /-/ ;/ r-s -j f -f j -j m-rTi p m-\-n-\-p m-^p n m-i-n+p n-^p m m-i-K-\-p mjTi.p m-+-n-\-p si dedurrà ///=/ f+s fA-f f-'rs [-:.[ -^f m n p rr.-^n p m-\-p n Tt-{-p m n-^-p n m-+r.-^p Tn,n,p e però m,n,p m n p m+n p m-^p n. rf^p m fn+n^-p Ma// =/ 4-/ ni n Tn,n m-{-n ff =f -^/ . ri m-i-p fijni'j-p m-hn-^p ff =f +/ m n-i-p m,n+p nz-j-n+p dunque / =f f —f _/ m;ri.p m.n p m,yi-^p n,m-{-p Nella Stessa maniera si trova r ////-/ //-/ //--/ .// -^ ] m ìì p II p-hj '"■ " "-+-7 "^ p n^-i-ij >i p I / ^rj-l/- -//)/ Mf -ff)f +(/ -//)/ L = m.n,p,q J P->rq P !, p m^n.p-i-q m:p,n-hq ' n,p.m-^q In generale , senza ricorrere a delle nuove notazioni come altri ha fatto , si ha !// — / -/ / ^^ 6i m,rì,pjq...f rn,n,p...':,-\-a i/iin,p...y-i-a m,n,p,q...y^(f;i, \-f -/ -/ m,nyp..y\-p,p-{-x> m,p,q...j,-pjn-l'a n,p,q...y ,v.-^-ji 3." Dell' Abate Pietuo Franchini . i63 3." Problema . Trasformare un' equazione in un' altra, le di cui risolventi sieno le somme a due per due di quelle della pro- posta . Soluzione . Essendo x" — px""^ -\- qx"'~* ^c--=c 1' equazione propo- sta j il grado della trasformata è = "IxHUll ^ e posto ■'"^'"^- =«» essa può mettersi sotto la forma seguente : y" — p y'~' H- q f~* — r' y""^ ec. = o . Facciasi ^ ì=a-\-b-^-a-\'C ec.-f-é-l-rec. Tz=('J+^)'-f-(^+c)'ec.-l-(^» + f)'ee. ec. ec. ec- e si avrà T. = {m—i)p)=z[m—\)s^ T^ =('7z— i)((2*-i-^'ec.)+a(aó4-^C€C.H-i'cec.)=(/7Z--3)>'^-4- iq = {m-^^]s -\- -' s Tj = [m—i){a?-\-P ec.)+3(tì'3-4-a*c€c.4-&*c-ec.H-rtè*H-nc' ec-h&c* ec.) = [m—i){a}-^hi ec.)-h3(a+.ó ec.)^^*-^.^' ec)-3,[a?^W ec.) T = {m — i){a^-f-Z'* Gc)-\-Ma}h^-a?c ec.4-&'c ec.-!-a£''-f-ac' ec-ì- &c' ec.) -l-6(a'Z»*4- H- a''c ec. + è'*c ec. -4- ah*" ec ) -f- ic{a3Z»^ -{-a'c* ec.H-i'c* ec.-!-a*Z>'ec.) = (/ra— i){o' -\- V* ec.) -f-5(a+^ec.)(a^-f-è'*ec.)— 5(a' + «5'' ec.)+io(a*-+-Z'* ec.){a'-}-i' ce ) — -ic(a'4-i»5 ec.) = [pi—\)s -+-5j^ .y — Is^ A- los^ s^ — ics =i{rn— i6)s^ -{-5s s^-\-ios J, . T^ = (w— i)(a*-i-A*ec.)4-6(fi'Z>+o'cec.H-iS(aU'ec.+^Vec.4-a*i* ec) 4-ao(a'Z-3 ec.+Z-'c» ec.)=(w-i)(^/+i'* ec.)4-6(«-|-è ec.)(a«-l-i« ec.) X a — i64 Si fropongono de' nuovi metodi ec. - 6(«*+è*ec.)-f I ^a^-^b'ec.){a*-\-b'ec.)~ 1 5(a'+b'ec.) 20 a In generale 3^- {t(l^-l]'2lJ. + 1 a Jau— I T = (m- 2.U, I . a . 3 . . . . y Yn ' "u+l Ma T^ =jj', T=p"' — sLq\ Tg = p^ — 3/>y-t-3/,ec. i dunque j}' z=.[m — i)* r' — -'-3 I (m — 3 rn-^- a ) 5 — "òinz— Zm)s $ ->r^{m—^)s.^ \ ec. ec. ec. L' esposta soluzione ha il pregio di condurre alla formola generale di T ; di dare immediatamente p\ q, ec. espressi per delie funzioni abbastanza comode, quali sono s , s ec, e di es- sere analoga alla nota soluzione del problema in cui si cerca , di trasformare un' equazione in nn' altra , le di cui risolventi sieno le differenze di quelle delia proposta . (a) 4-" (3) Nota dell' Autore sopraggiunta : Abbiamo recentemente riscontrato nel- la Nota Illalla Risoluzione delle Equa- voni Numeriche di Lagrange , wi' ele- gantissima dimoatraiione generale della Ibrraola di T , tanto nel caso delle dif- m ferenze, che delle somme a due per due delle risolventi. Delu Abate PiET^ao Franchini 1 i65 4.^ Problema. Si dimanda sen.(a±Z') e cos.(«r?:À) , espressi entrambi per li seni e coseni di a, ^ , Soluzione . Qualunque debba essere 1' espressione ricbiesta, è chiaro i.' di' ella debb' essere lineare 5 a." che non dee conte- nere alcun termine, della forma. iuiii {iena ten.bcot.a cu». A seri.'a ec.) qualunque sia il numero de' fattori del denominatore, perchè in una delle ipotesi , a=o , a=ioc.°, A=o , ^=100.°, il termine di cui si tratta diviene infinito- 3." che ogni termine dell' espres- sione di sen.(tì±^) debb' essere affetto da funz.sen.a,o da funz. sen.Z», o da funz. (sen.asen.^), perchè la supposizione di <2=o . e i=o , fa svanire sen {a'ÌLh\ . Ciò posto, 1' unica forma che può darsi a sen.(tìtH-3) è r Asen a-4-Bsen.J l . . . . M) , . .9en.(a+^)=' i ....... . («) -\-l- I Csen.*aH-Dsen.*è-|-Esen.a sen.i-f Fsen.ocos.^ I -f-Gsen.^» cos a^-Hsen.aco3.a4-Isen.^'cos.*...(:3) ^k'- rP^^"-*** cos.5i-l-Qsen.^/5>cos.a-)-P'sen.acos.'6 \ -\- Q'sen.Acos.*a -f-P"sen. e sen. è l -+- Q'sèn.'Z'sen.a + Tsen.'« . . . . ec. «e. ec. ec. dove R è il raggio := i . Quando ^=0 si ha sen.(a-+-^) -sen.a ; e quando c=o,sen.(a-|-^) = sen.^ . La prima ipotesi dà C=o, ed H=:o; la seconda D=o , 1=0 \ ed entrambe P— o , Q— e , T=:o . Dunque 1' espressione (M) dee ridursi a Asen.a-f Bsen.3 .<■....,..... b') (N) . . .%^u.{a-\-h)=^^ ■ rg\ Escn.asen.3-f-Fsen.<3C0s.3-t-Gsen,^ccs. (-) (/3) -Ì2:*P'8en.acos.**-|- Qsen.è cos.'a-t- P'sen.'asen.è I -f-Q sen.'isen.a (-,\ ec. ec. ec. Ma quando 0=100." risulta sen.(<5H-Z»)=:cos.i, e l' espressione (N) diviene sen.(tìH-i) =r A-I-(B4 | -4- J) sen.i-hFcos.è n- ^» (P'cos.*Z.-t-Q"sen.*^)-4- ec. dunque A=:c, B+E-+-P"==c, F==t, P'=o, Q"^o e però ~(P) itjG Si piioi'ONGONO de' nuovi metodi «c. 1 ) \ (r) . . . sen.(a4-M + j,^(Q'sen.^.co3.^^+P"sen.*^cos.i,j l -{- ec. ec. Quando ^=ioo.° deesi avere sen.{a+b]=cos.a, e perchèresprcs- sione (P) 5Ì cangia in • ne segue B=o,E=o,G=i,Q'=X),P"=o. . Combinando i risultati delle ipotesi precedenti , siccome sva- niscono tutti i termini della serie (y) e 4elle susseguenti , si può concludere sen.{a-f^) = ^(sen.acos.*+sen.Z.cos.a) . . - (A) , quindi cos.(a+^')[=/(i'Sen.»(a+^)W[i--(sen.*acos.-è--asea.acos.aX sen.è cos.t-+-sen.*£' cos.*ù)1 e posto i-cos/a per sen/a , i-scn.'a per cos. u , cos(a-f-Z>)=±'s(cos.flcps.£— sen.rtsen3) . . • • (B) • Siccome sen.-l.= -.en.& e cos. -,i=C03.i. , ponendo - h per h in (A), (B) si ottiene sen.(a-A) = sen.« cos. J — sen.J cos.a cos. («—/') = ±(cos.a cos.A+sen.a sen.^*) : dunque sen.(a±:^') =sen.acos.-& ±:sen.^' cos.a cos.ra+^)=±(cos.a cosi'^lsen.osen.J) No inon onosciamo veruna soluzione del problema precedente d.e "ia puramente algebrica . e non dipenda dalla -«luzion de angoli; risoluzione che assolutamente appartiene ali ultinia par"^ella Trigonometria . La soluzione eh' è stata derivata dall , „. • dx . ^1 =0 non può essere integrale dell* equazione ^^^^ H- yt'-/*) di alcun uso . t +ni; ^Vi#» «ii fl-(-* + c= aoo.% 5." Essendo a, &, e, tre angoli tali che ^i^ fl^-»J- risulta: sen.a cos e -^ sen.ccos.aI=sen.(a + e)] = Scn.Z^ , qumdi 8en.& — cos.a8en.c = sen.acos.c. g. Dell'Abate Pietro Franchini. 167 Si lia pui'C cos.acos.c — sen.asen e [=cos{aH-c)] = — cos.^ , e perciò cos.a cos.c-f-cos L = sen.a $en.c ► Dividendo il primo de' risultati precedenti pel secondo ne pro- cos a coi.c-^-cot.b Viene — : — =tan.c» Ben. t— co». a teu.c Nell'ipotesi che sia a-f-5 -+- ^ = 200." sussìste T equazione sen.'é — sen.*c= sen.(A + c)sen.(è — e) . Infatti ponendo» a per b-'rc l'equazione precedente diviene 5eni'(sen.i> — sen.a cos.c)=:sen.c(sen.c— sen.a cos.^) j ma sen.acos.c = sen.£> — cos.tìsen.c sen.a coi.b = sen.c — cos.asen.A- dunque ec, jSieuo due angoli B , e, tali che b-\-c <&oo.°y esienoa:,/,,, i rispettivi complementi di by e . Si avrà ,r = ico.° — b y, )■■=■ 100.* — e, e però/— «=&— e ; e se ^>ioo'';j-J-x=i — cj dunque b — c=/qiar . Si ha parimente x+ a:= ico." — (i+c) j quindi 7 4 a; è il supplemento di è+c, ed-(jy f :r) il complemen- to di- {b-\-e) ; perciò sen. -(è-t-r):=cos. -(y + x),e tan.-(^-4-c)=. l'cot. ^{y-\-x) . I risultati di queito paragrafo ci saranno utili . Accenniamo di passaggio che dalle note formoledi sen.rza COS. na , può dedursi la seguente formola generale sen.nacos.na=/isen.a — ~{^n/^ — i)sea.'a 4- -JL_(4.-i'__j)(4^»_g)sen/a~ -3^5x7 (K" i)(4'»'— 9)(4^i*— a5)sen/fl ec la di cui legge è manifesta ; e che mediante F equazioni sen .fl =. asen . ^a COS.. -a a a sen.aa = asen.flcos.a , » 33 8en.3a = asen. -a cos. —a 2, a. sen.na = asen. -a cos*— a a a sen» i6u Si PiioroKGOKO de' nuovi metodi (JC- li r sen.a-f 8en.aa-|-sen.3«ec. =aCot.^a si ottiene sen. -a cos. -a+sen.a coe.a+sen -a co8.-«+3en.aacos.aa ec. ec. = -rcot —a . 4 Si Passiamo adesso a mostrare die la risolnzione de' triangoii presa in tutta la sua estensione , può derivarsi per analisi dal ri- sultato del seguente problema semplicissimo . 6. Problema. Si dimanda il rapporto che i seni degli angoli di un triangolo rettilineo hanno coi lati opposti . Soluzione. Premessa la formazione analitica deHe Tavole, si vede che il seno di un angolo vien espresso in parti del raggio, e che variando questi, non l'angolo, il seno d£ie comprendere lo stesso numero di parti del raggio . Sieno A. B, C, i lati di un triangolo , a, hy e gli ang;oli respettivamente opposti , e pongasi a-= ICO." i A 11 li o A{=sen.ioo."=:r) : ][3{=:seni' neVripot. tlel lag.r) ::R : sen -è, neir ipot. del raggio tabulare R ; ovvero A( ipoten. ) : B { cateto ) : : R : seni». Si C9 ncepisca un secondo triangolo rettangolo, avente il cateto B comune col triangolo precedente, ed il secondo cateto C'sul prolungamento del cateto C . Chiamando A l' ipotenusa dei se- condo triangolo , e 6' 1' angolo compreso fra i lati A', C, si avrà A' : B : : R : sen.^>'; dunque Asen.i = A'seni»' . . • (Dj e perciò i seni degli angoli starno come i lati opposti . La formola (D) risolve un triangolo i.° quando si hanno due lati ed un angolo opposto ad uno di essi ; a." quando si ha un lato e due angoli . 7.° L' equazioni B sen.a=: Asen.^», Csen.a = A sen. e danno (B -(- C)sen.a = A (sen.^-4-sen.c) (B — C)sen.o= A (sen. è — sen.c) e quindi i B-+-C seii7;-f «en.c '^ a' ^ ' yg\ B— G sen. è — sen. e i ,, Dell' Abate Pietro Fkanchini . 169 forinola che risolve im triangolo quando si conoscono due lati e V angolo compreso: essa però lo risolve anche in due altii casi che derivano dal precedente, cioè i." quando si hanno due lati e la somma o la differenza degli angoli opposti ; a " quando si han- no due angoli e la somma 0 la differenza de' lati opposti. Volendo immediatamente uno de^li angoli b , e ^ dicaci B : G : : sen.è : sen. [aoo.° — (a-H^)] cioè B : G : : sen. è .: sen. («-+-/') e si avrà V'(2'-+-C^-.:;B.Ccos.c) Deducendo cos.^», si trova tan.è=_L!£Ilf- = —l^ilf " — B.cos.a 57 • — " I B iJ COS. a formola in altra fruisa ottenuta dal Chiarissimo Professor Casfiio- li, e che dà un secondo angolo, se abbiasi un angolo ed il rappor- to de' lati che lo comprendono . Può dunque costruirsi per mezzo di essa un triangolo simile al triangolo proposto ^ Fatto a ^-- i — C^ — G'^ ( == r) , quindi B'-C ^(B-hCkb-C) ^ ^ ^^.^o t^^ per ^^—.-r^Per^J-t»— ^' — T^T^ sena ^ " se se la perpendicolare S cade fuori del triangolo, è A=B—<^' e però _ JB-^CP-C) Aserv^f-£) d^^n B' ± C = ^!£ILfci) . •" ^^^ 15'— u' sena ^ sen.a Se fl= 100.° è sempre A=B'4-C' , e si ha B'— C = Asen.(Z^— e); duu- (o) Evvl chi ha ottenute le formole (K) coi lumi dell' applicazione dell' Al- gebra alla Geometria, supponendo note le coordinate de' vertici del triangolo , e perciò nota la risoluzione de' triangoli rettangoli, operazione molto prolissa e non adattabile alla Trigonometria : altri le ha trovate mediante la proprietà di un triangolo ohhliquangolo ABC , che sia cioè AB^=aC^-(-'Ì^'±^^- CD, operazione che richiede V abbassamento di una perpendicolare CD , e che trop- po dipende dalla Geometria : altri le ha rintracciate col soccorso di alcune pre- parazioni sintetiche , mediante la pro- prietp r-iio hunno le seganti del circolo,' condotte da uno stesso punto esterno. Niuno poi , per quanto io sappia , ha fatto delle formole (K) quell' uso am- plissimo che delle medesime si può fare, come si vedrà in appresso . Dell' Abate Pietro FRANCHmr . 171 dunque stA l'ipotenusa al raggio^ come la differenza di seminenr ti al seno della differenza degli angoli acuti. io.° Facendo girare la retta / intorno al vertice a , finché giunga al punto di mezzo del lato A , risulta il semmenio maggio- re/, diviene j — •/'=/'} il minore x diviene x-\-p=Ji' e si ha, chia- mando y la retta in cui si cangia la «T, (S' •.^' : : sen.Z» : sen.x'; ^' : C : : sen.c : sen.y') . -.(Q); ma B'=C': dunque sen.;»;' : sen.j' : : sen.b : sen e : : B ; C e però B+C:B — C::sen.yH-sen.a;';sen.7' — sen.«'::tan. ^(7 '-h a: '):tan. -(/'_, v')- quindi tan. ^ (/— a:') = tan. ■^(/'H-.t')|^ , formola che dà i semmenti x', y'- per mezzo dell' angolo diviso a e de' lati che lo comprendono . 1 Si ha pure tan. -(/— .x') = tan. ^y-{-x') '"" ^ , laonde i tan. ~-{b-j.c) semmenti si ottengono per mezzo de' soli angoli . Quest' ultima formola ci dà un teorema elegante ed è r r>Ke ee dividesi un an- golo a di un triangolo , con una retta tendente alla metà del la- ' lo opposto A 3 sta la tangente della semisomma degli angoli h e adiacenti ad A , alla tangente della seniidifferenza de' medesimi angoli^ come la tangente della semisomma de"" semmenti dell' an- golo ar sta alla tangente della seniidifferenza degli stessi sem- menti . 1 1 ." Facendo girare come sopra la retta ? finché giunga a di- videre in mezzo fangolo a, risulta x'=x' e le proporzioni (Q) danno A tan. — (b—c) B': C'::sen.^':sen.c; quindi B'— G'= 7 = è^^z:^ . tal). a(*-+0 La proporzione precedente dà pure B'sen.c = C sen.^ ; ma B'=Ah:C': dunque C = ^'^"^ e B' = — -i^SHii- Le p) oporzioni (Q) danno parimente y a tan. ì^'^ Si tropongono de' nuovi metom ec. stra ì semmentiy, a?', qualunque sia il rapporto dato de' sernmen- ti B', C; e che somministra B', C, qualunque sia il rapporto da- to de' semmenti ;!;'j/'. Ella serve dunque a generalizzare il pro- blema del n.° 10.°. 12,.° Sommando a due per due 1' equazioni (K) ( n.°8.'') e togliendo i fattori comuni si ha f C — A cos.è — B cos.ffl = o (A) . . . •{ A — C cos.è — Bcosc=:o |_ B — G cos.a — A cos.c = o equazioni importantissime nella soluzione de' problemi relativi alla risoluzione de' triangoli piani . Se a=ioo." esse divengono r C — Acos.è = o (0 • ♦ . J A — Ccos.b — Bcos.c = o [ B — Acos.c ^^ o e riescono coraodisslme quando si tratta di triangoli rettangoli . iS." La prima e la terza insegnano che l' ipotenusa sta ad un cateto , come il raggio al seno dell' angolo opposto al cateto . Posto sen.c per cos.è , e divisa la prima per la terza , si ha tan.c = - » formoìa che riconduce al teorema posto sul fine del n. "7. "Essa insegna j.°a trovare la perpendicolare «T, quandosi co- nosce il lato A su cui cade, e gli angoli ad esso adiacenti , b , e; 3." a trovare il rapporto de' semmenti B ,G' per mezzo de' soli an- goli Z», e. Si hanno infatti te proporzioni B' : cT : : I : tan.i> ; A — F{= C) : cT : : r r tan.c , da cui (T = - — ; : e B : L. : : tan.c : tan.t» .Se a = 1 00. si ha tan.6 -t- tang.c S" — ^^ ; poi B' : C : : I : tan .*£', e se B'> G' risulta i > tan.Z» , è<5o.*' e b^^ = tan. <~c a. e se ^= 100." danno B = seii.a — COS. a B = sen.«-(-cos.(J ®en.(f — 5o. j^3 ^en.(i--<-So. jy 3 . • (v) 17." Problema . Dato un angolo b , il lato opposto B ed Arj:C=w, risolvere il triangolo . 1 Soluzione . Siccome fra i dati del problema v' è im solo an- | gelo h , giova impiegare per maggior semplicità la prima deli' equazioni (A) . Posto per A , 7?z et G essa dà C = l(qzm ±V^^^'~"'^'^'"'-^'^V formola che altri ottenne colla combinazione di undici formole particolari, non tutte semplici . A Sehz= ioc.° si ha C — ±2±^^£^i!z!l , formola che scioglie I il problema III del n.' i4- ^^ conoscesi A-\-C = m, convien prendere m positivo , ed in questo caso i dati del problema equi- valgono al perimetro, 1' angolo Z>, ed il lato B . Alla formola m±i/ ^—n I SI riduce la risoluzione di un |/ I — cos o J o , di cui venga dato un angolo è, il perimetro mela, su- perficie «' , perché può trovarsene il lato B ( Newton Arith. Univ. prob. Vili). Quest' ultimo problema può sciogliersi però anche più generalmente, iiell' ipotesi cioè che si cerchi un lato qualunque . Infatti dall' equazioni (k) o (h) si possono eliminare due lati mediante l'equazioni m=A-l-B-4-G , re*=— ^ — ^^^ -Il Sig. Gagnoli { Soc. Jtal. t. VII.) ha sciolto il problema di Newton colla massima semplicità per mezzo di un artifizio ingegnoso . 18." Problema • È dato un angolo è, un lato adiacente A e B =C=/7i . Soluzione . Po- C= i triango ■ Dell' Abate Pietro Franchini • l ^5 Posto VI it G per B nelle fbrmole [h) esse divengono C — Acos.Z» — {/» i^ C) cos.a = o A — G cos.b — (w rt C) COS. e = o «z di C — Gcos.a — A . cos.c=o Eliminato cos.c dall' ultime due, si ottiene A^— A.G cos.Z» = (w±C)' — (/n ± C)C cos.fl ^ quindi COS. a = ■ ^,. ,. '— la prima equazione (li) diviene G"^— aA.Ccos /&+A*--(/ra±C)'=o, cioè A' — :iA.Ccos.6 — m* t; am C=o ; onde K^—n, z formola altrimenti ottenuta dal Sig. Gagnoli ( 3f emoria ci f afa ) . Essa diviene G = ^^~'^- se è = loo.'* . e risolve il probi. IV del ig.° Problema. Risolvere un triangolo di cui sono dati gli angoli ed il perimetro m . Soluzione . Essendo C=??z— A— B,r equazioni (A) divengono 7n — A— B — A cos.è— Bcos.a = o A — (m — A — B)cos.è — Bcosc = o B— (/72 — A — B)co3.a — Acos.c:=o « JUalla tersa ti = ;_^^^_ ^ ■ , onde la prima si cangia in m ___ A __ /Aros.C-f-fm — \)cos n\ /Aros.c-4-(m— A)ros.a\ y i-|-(oà.a /"~* "" l i-i-coi.a |COS.a=-( Quindi A = 7n spn^.a l-t-oos.c-f co».i^i-t-cus.aj-^co3.a(cos e -cosa) m seti *a „ „ Questa formola si ottien subito con un facile artiHzio componen. d<. cioè le ragioni , A : sen a : : B : sen ^ : : G : sen.c, ma la no- stra soluzione e più analitica, il nostio metodo uniforme . Se 176 St propongono be' nuovi metodi ec. Se a = 100.^ risulta V ipotenusa A = — ~ ; , forinola che scioglie il problema V del n,° i4' ao ° Problema . Sono dati i» , B ed - = m . Soluzione . Posto mC per A la prima dell' equazioni {k) dà C = .7, ^ , e se*== ioo.% G £=— -— — r. • Avendo B, a ed j^m^ la seconda equazione (A) dà G= — 7^^i_,| cos.a qi v//m*— ^ea/^ e se a = 100.% C = ± — -^ — . , 2 1 .• Problema . Sono dati B, ^ ed A G^m . Soluzione. La prima equazione (X) dà C = y/ r m cos * + 1* ± i/l—m^$en^ò 4- m cos.b . B' + ^^) ! e £6 6 = 100. , C =:^^ ^ — -. a Con diverso metodo il Sig. Cagnuli ha tiovaio 2,2." Problema . Dati A, B, ed azfb = m, trovar gli angoli . Soluzione. Posto a:=m'^b nell'equazioni {//), si ha eliminan- do cos. e dall' ultime due , A*-!— A.C cos.^ = B* — B Ccos.(a«±6); Hia la prima dà C = A cos.^ -+• B cos.(w It b) ; dunque A.sen.* = Bsen.(/«±Z.) e però sen.è = ^^t,^^JZl.m^-&i) ' Sovente riesce più comodo servirsi della formala (D) n.° 6.° in vece dell' equazioni (A) » (A) . a3.° Problema . È data la perpendicolare /, la differenza (^ de' semmenti della base , e la somma o la differenza m de' lati, dal cui angolo scende la perpendicolare . Soluzione. Sia B il lato minore, il semmento minore B', ,e r angolo acuto adiacente al secondo semmento C {:= B' -H /u) . Sic- Dell' Abate Pietro FflANCffiNi . 177 Siccome (n". 6.°) B :/:: i :sen.è = — ,£ /?z±B : / : : I : sen.c = — ^^ fte segue /(^ S I \ cos.a— sen. compi. ■> seri. compi./? sen.« sen.,? ^' cos.compUcos.corapl.^ =cot.«cot./3l 'r-— ; i) formola più comoda . Isen. compi. I sen.compl ^ ì '■ 37. Iscrivendo in un circolo ciascuno de'due triangoli prece- denti, siccome B > B', e G >G'5 il circolo circoscritto al triangolo projettato è maggiore, perciò T arco che misura - è minore dell' arco (*) Alcuni dettagli sono diretti a com- pletare il presente articolo trigonome- trico, ed a renderlo adottabile, con qiial- clie modificazione, in un corso analitico di Trigonometria rettilinea Di Pietro Franchini . 179 arco che misura * ; dunque a < a-. Se un lato dell' angolo a sup- pongasi orizzontale, uno degli angoli «,(S, per esempio «,è= 100.°, quindi cos .a: =:2_£2L2 , ma R>sen.)3i dunque a; > a. Se o = 100.° neir ipotesi precedente, risulta cos.a; = o = cos-.a e però a;=a; ma se a= 100.° senza che ninno de' lati B, C sia orizzontale, si fa cos.ax= — cot.a cot./3, onde x > 100." lo che corrisponde a ciò che si è provato qui sopra . aB. Sieno a'b'.^ ac\ b'c', tre archi descritti col centro in a ( n.° 26 ), e con un raggio = i , sulle rispettive facce della pira- mide triangolare, i cui arresti sono i lati B, C , D. Essendo a b' la misura dell' angolo a, dd la misura dell'angolo « , e b'd la mi- sura dell' angolo /3 , se pongasi db' = C , de = B , oc = A-, a mo- ti vo che i' angolo x è uguale all' angolo sferico h'cd che chiame- ' 1 r -l I r\ ■%• • t COS. e COS. A COS. B li remo e, la lormola (/) diviene cos.c = .en.Asen.B — cos.C=:cos.Acos.B+cos.c'sen.Asen.Bj Nello stesso modo si ottiene cos.B=cos-Acos.C-fcos.Z/'sen.Bsen.GS... (u) cos.A=:cos.Bcos.G-f-co3.a'sen.Bsen>C^ formole da cui tutta e facilmente deriva la risoluzione de' trian- goli sferici, com' è stato dimostrato dall' Eulero ( Pietroh. 1779 ). La forinola (/) può riguardarsi come un anello intermedio che amisce la Trisionomctria rettilinea colla sferica . ag. Condotti dal centro a della sfera , cui spettano i lati del triangolo sferico db'c' , ì raggi aa', ab', ad , se per un punto d di un arresto oc della piramide db' da si fa passare un piano norma- le, 1' angolo e" della sezione triangolare rettilinea equivale all' angolo diedro delle facce dad ^ b'ad e però all'angolo e'; ciascu- no degli altri due angoli b" , d' della medesima sezione è mino- re del rispettivo angolo diedro e però del rispettivo angolo sferico b', d ; dunque a -\- b' -\- d > 200.° Cosi non evvi bisogno ui ricorrere al triangolo supplementario supponendo un vertice , per esempio b\ polo di dd , e però a', d retti ; se diminuiscesi b' oltre ogni limite risulta d H- b' -\- d = aoo.° più un infinitesimo Za di j8o Si propongono dk' nuovi metodi ec dì grado : tal è dunque il minimo limite della somma degli angg-» li di un triangolo sferico . Con questo ci sembra di aver liberate ambedue le Trigono- ^netiie da ogni deviazione sintetica , e di aver soddisfatto alle più delicate ricerche della Trigonometria rettilinea, con quella pron- tezza e facilità che propria è sol dell' Analisi . 3o. Riassu.mendo la considerazione de' triangoli piani , ci proponiamo d' investigarne le variazioni per mezzo delle solite formole (//) . Un triangolo può variare in tre modi I. rimanendo costanti due elementi. II. rimanendo costante un elemento. 111. variando tutti gU elementi . Nella prima ipotesi conviene considerar tre casi e sono, i.° che resti invariato un angolo a ed un lato adiacente C ; a-° un angolo a ed il lato opposto A ; 3.° che resti- no invariati B, G. Se restano invariati due angoli e però anche il terzo 5 il triangolo variato è simile al proposto, e le variazioni deiati proporzionali, ai lati stessi . In ogni caso il problema si ri- duce a trovare l'espressione più semplice de' rapporti delle varia- zioni ignote , o queste sieno finite o differenziali , variazioni che non dcbbon esser m.ai più di tre . Premettiamo le formole eh' es- primono le variazioni finite di sen. , cos. , tan. , cot. , seg., coseg. In virtù delle notissime forniole i — cos.x=: asen.* -.Vjasen.-.r Y COS. -^ a;=sen..r si ha «r.sen..r=sen.(.a;+/x)— sen.x = sen. a; (cos./x — I ì -i- cos.xSen.Jx = — a.sen.^-cTiC sen. a; -\- cos..r sen.tT^c = asen, l-St cos. [x -^ - A sen j'c . . sen. (e— iTc) sen. (c—ic)^ ('*/ e perchè A : A -f- J^A : : sen .e : sen. (e — Jt) Posto nella prima delle (r) «TB preso dalla terza si ha BAcos a[cos.r-h'5cos.r)-l-Acos.«Jbos.c=-(A/oos.a-(-J'A(cos.'?'-f-c'cos I') ] onde JA = r-i^ r-i 7-,— ^ r =1 "• cit. 1 COS.a(, cuo.c -t- J^coi.c) -f COS.// -+- l'cua.i ^ ^' / __ A( «en. (e — y'' ) — sen. e ) A { sen. ( e -^ S'c) — sen. e) AJ fen.c '~~ Dr Pietro Franchini . io5 i>Bcos. (c-t— /•*) /C = i— COS. (b'—^Jl') tan. i. J'ctan.(J-l-i^i) Mcot. ( e — - J^J) Mcot.( J+ i J"*) I a ' a 3 a tan.- lt=: j — aA — M aA— M tan.(c— - W) I sen. — ' ìb li II aBsen. -^facos. (e ■ Ib) aCsen. — Ì"ncos.(&-4 W) JA — aA aÀ — i A au sen. •— fa sen J-Ar= aB sen. — ('"fl sen. (e — — .Ti) iCsen.— ìa sen. ( a-!- ^i^i) a 1 , , I .. COS. — i J* COS. — • ib Se un elemento solo ose ninno è costante, purché si abbia- no le variazioni di due elementi nel primo caso , e di tre nel se- condo , si ottengono con egual facilità i rapporti delle variazioni non conosciute. 37. Problema. Si dimanda l'angolo BCA (Fig. I.), il cui vertice è nel centro C della base mnro di un campanile la di cui croce fu osservata dal punto A , per lo che si ebbe 1' angolo ridotto BAC- Soluz. Si scelga un punto e snlla retta AC, dal quale si pos- sano traguardare le stazioni A,B. Misurata Ae si hanno ttitti gli elementi del triangolo BAe in cui si suppone dato AB. Per mezzo di Qe e degli angoli CeB, cBC si calcoli eC = /Ae, e posto AB=C , _ , . , « i'Bsen. (e — , <^e=«, d^é^»C ,d-f-?>, d—f' :=■§>' e si otterrà «X -(- ot^y — é'z = A ] .V Dalla primate = ~°''^' " , e dalla seconda che diviene /5A -I- ( «|3' - a'/3 )y H- ( /Se" _ a/' ) s = «B, y = ^^'^S^^^ quindi. = '^--^f-^'^. Pongasi S^/ = »■' S^,?/ = A'i |3'A - .'B = B" , ^V- ./■■ = A" e si ritrarrà x =: A's -4- B", y = A'z H- B' . Sostituiti questi valori nella prima dell' equazioni (r) e fatto A"* -f- A'^ -4- 1 =C, aA 'B" 4- sAB' — dSil' — d'A' = D ^ B'" -4- B'* — ^B" — dB' ^d'^a A a a = 3 88 Sì PROPONGONO DE'' NUOVI METODI ec. = E , si ottiene Cz^-hBz + E = o onde z = — £ÈVÌ2!=i^- p y = A'F 4- B', ^ == A"F -H B" . Se i punti M', M", M'" sono nel piano delle x,y, si ha 2=0, ;3"=:o,z"' = o j quindi e"= o,/" = o, perciò «"=o,(3" = o, e finalmente A' = o, A" = 0, laonde C=i,D = Oj z = ±y'E, y=B' ,x= B". L' ingegnosissima soluzione diLagrange è molto laboriosa ed astrusa, perchè non vi si fa passare alcun piano coordinato per uno de' punti M', M", M'"; e perchè x,y, z vi si esprimono per a .^b^c^G per i lati del triangolo M' M" M" . 40. Problema . Per un punto dato in un piano far passare una retta che faccia un dato angolo con una retta data nel piano stesso. Soluzione . Sia y = ax -^ h l'equazione della retta data, oc la tangente dell' angolo, x\y' le coordinate del punto, ed/ — /' = «' [x — X ) sarà 1' equazione della retta richiesta; ma la tan- gente dell' angolo che fanno tra loro le rette/ = ax -\- b, y=a'x 'ir \y '— ax le , , dunque — - — : = a. e peto a = ; dunque / — /' = —'"' ( ^ — :c' ) è l' equazione desiderata . Se la retta debba condursi per^pendicolarmente alla retta da- ta, si ha « = co e però/ — /' = — •" ( -^ — x'), e posto/' -4- - = />'_,/=. — " X -\- b'. Al problema precedente può ricondur- si quest'altro . 41. Problema. Per un punto dato nello spazio far passare una retta , che formi un angolo assegnato con una retta, data pu- re nello spazio . Soluzione 1." La retta cercata dovendo essere nel pia- no che passa pel punto dato e perla retta data, se x',y, z' sieno le coordinate del punto, ed Ax -f- B/ -f- Gs -h D = o 1' e- quazione del piano, si ha l'equazione Ax' -t- B/' --.- Cz' -h D= o, 6i determinino due punii della retta data per inezzo delle sue equa- Di Pietro Frakchini • 189 equazioni .r:^a'z~\-Oi',y-^b'z+fi', e ne sicno .i",/'', z", x"',y"', z" le coordinate . Avendosi l' equazioni, Ax -+• Bj' H- Cz -1- D = 0 ^ Ax" ~h By" M- a^" + D" = o , Ax'" H- B/'" H- Cz'" H- D = o il piano espresso dall'equazione A;c + B/ + C2H-D = o, è de- terminato . Il punto e la retta si rapportino a due assi rettangola- ri presi nel piano stesso , ed il problema sarà ricondotto al prece- dente. Soluzione 2." Essendo x =■ az,x=b2., l'equazioni della retta dimandata, siccome questa dee incontrare la retta data , si ha (a - a') = (3' ( b—b') «' e quindi ^= ^"""^j'^^'"'- Ora l'equa- zione del problema, chiamando y il coseno dell'angolo assegnato, « V(i-fa4tw^+l"+^") = 5-' ^""1"« P°**^ l'espressione di b si ha , •^au^n-^.'fir(a^a') ^ equazio- ne di a." grado per rapporto ad a , e che somministra due valori j)er b, e due rette per la soluzione del problema . Se la retta cercata debb' essere perpendicolare, si ha j, = o , edi -^aa + bb' = oimab= lfJ=Ll)^l±Ìil'; dunque i -+- aa'-i- L' equazioni delle due rette danno per le coordinate dell' incon- tro, z = , , y =i ; , X = r e poi ,- = -, + p cioè {b — b' ) a.' ■=.[a — a )jv', che è la nota condizione dell' in- contro. La lunghezza della retta che sotto l' angolo assegnato uni- sce il punto dato colla retta proposta è ^=i/[(.-i.-=')'+(s-/)V(^-^'n Dell' ifjo Si propongono de' Nuovr metodi ec Dell' esposto problema non conosciamo altra soluzione clie quella del Proli^ss. Monge; dessa per altro è soverchiamente operosa , e si rìierisce al solo caso, in cui la retta richiesta debb'essere perpen- dicolare alla retta data. 4-*. Problema Per una retta data nello spazio condurre un piano che faccia con un dato piano un angolo assegnato. Soluz Posta l'origine de' piani coordinati nel punto in cui la retta incontra il piano dato, sia 2=A'j:^ B'/ l'equazione del piano" dato, 2=A"j; -f- li'y r equazione del piano lichiesto, ed x=.az^ yt=.bz^ V equazioni della retta .' Essendo a', /' , z\ le coordinate del suo punto d' incontro , e j. il coseno dell' angolo assegnato, si ha z' = A'V -h B'-y , y = y.A'>^i>^4'^viA''-^i>-"-f) ^ ^^ 'I"^'^^ due valori per A", B ' . Se la retta è nel piano dato, posta l'origine in un punto del- la medesima ', si ha per essa la sola equazione 3c=az\, quindi i = A '.r + By e però y=.x '^Z- • Con questo 1' equazione del piano richiesto è -= A"x -f- B"x ii=^, cioè B"(i-flA')z=B'(i— «A") , a equazione che combinata con >»'= y ^A'»^B'■'-n)v^A"2-^B^•^+l) ^^ ^ due valori per A'', B". Accenno per ultimo il seguente Teorema . Un angolo solido di n facce è determinato quan- do sono dati i suoi n angoli piani ed re — 3 de' suoi angoli die- dri . 43. Sino ad ora la risoluzione analitica de' poligoni si è fatta dipendere dai teoremi seguenti A sen a + B sen {a' -\- b') -\~ C sen.(a' -4- Z-' -4- e) ... . ■. H- W sen. (a -f- ^' -+- e' . . • -)- \v ) = o f , . . (Kì A cosa' -+- B cos'. {a'-hb') 4- C cos. { a' -^ b' -^ e) . , . ( •+ W cos. («' -l- Z/' H- e' . . . -4- w ) = o / dora A, B, C ... W sono i lati del poligono, ed a, h\ e . . . w so- no Di Pietro Fhanchini . 191 no gli angoli esterni , tali che d sia compreso fra il lato A ed il prolungamento del lato B; V fra il lato B ed il prolungamento del lato C, ec. ; e si è creduto di facilitarne l'applicazione , deducen- done due equazioni ausiliari, che trattandosi de' quadrilateri sono D'= A*H-B'h- CVaABcos. è + 2A'Ccos.{è'-i- e') -HaBC cos.c'= o D» -hC^ -1- 2CDcos.^ = A* + B*-4- aABcos.è' le quali per altro , né si derivano con semplicità , né si applicano coMiodaniente. Noi passiamo a dimostrare che i soli teoremi (K) , purché si riducano ad una forma opportuna, bastano per ottene- re in una maniera semplicissima la risoluzione di cui si tratta . Per li quadrilateri i teoremi (K) divengono A sen.a' -+- Bsen.(a' -t- ^') -f- C sen.{ri' + è' -h e' ) = o A cos.a' H- B cos. (a -+- è') -h G cos {à -\- V -\- d ) ■=. o e perchè a' + è' -h e =400.'^ — d y possono ridursi alla forma seguente A sen.a' -t- Bsen (a' -4- V ) — Gsen J' = o A cos. a' -H B cos. (o' -h A' ) 4- G cos. J' -f- D = o Si moltiplichi la prima di quest'equazioni per cos. a', la seconda per sen.a', e sottraendo il primo prodotto dal secondo si avrà — B sen.è' -(- C sen. (a -+- '+ Asen..' -h b ,.n.r.' ->. ^' ) ) ^ Probi, a." Dati a', b\ d' ed A, B, trovare G , D . Soluz. Dalla prima G = ■^^^, ■ , e dalla seconda D=: i^^i Si raoPONcoNO de' nuovi metodi ec. D = f B sen.^*'-[A sen.a' + B sf^n.{a'+b') ] r"-^J^+£} 1 ; sen.a' . Proti. 3.° Dato l'angolo è, gli angoli a, e, retti ed ilati A^ B che comprendono F angolo ù , trovare i lati C, D. Soluz. Si ha b' = 2.00° —ò ya'=z 10.0°, e' — 100% i/' = 4oo° — - ( 200° -H // ) = ftoo^ —b' — h. Punc^ue r equazioni (M) divengono A + Bsen. (3oo° — è) — Csen.^.= e D + Csen. ( loc'-t-Z») — B sen. ( 200"— Z' ) =: o . , A — B cos.è — Csen.^ = o D -h C cos.^ — B sen. è = o Dalla prima C = - 7en.r"' ' ^ V^^'"^ '^'^'^'^ seconda D = Bsen & ~ 7 /a — B ros.J \ B — A cosi u ii , \ 7^^ — / ~ T^b — • ^' problema precedente e stato sciolto da Legendre ( Elem. de Géom. Note V.) col soccorso di una costruzione geometrica , adattata al caso che sia b < 5o°. I teoremi (K) per li poligoni di cinque lati , posto a -}- b' -f- e' -f d' =400° — e' y sono A sen.a" + Bsen.fa + //) H- C scn. {a' + Z»' H- e') — D sen. e — o A cos. a' + B cos {a -+-/*') + C cos. {a' -h b' -+- e') -+■ D cos.e' -I- E s= o e tolta la prima equaziofie moltiplicata per cos.«, dalla seconda moltiplicata per sen.a', divengono A sen.a + Bsen.(a' +/*')-+- G san ( a' -f- &' H- e' ) — Dsen»e'=:o E sen.a' H- D sen.( a' -i- d') —C sen. {b' -h e' ) — B sen. è' = o Per gli esagoni trovansi nello stesso modo 1' equazioni Asen.tì'-l-Bsen.(a'-+-A')-+-Csen.(a'4-Z''-f-£')4-Dsen.(a'-f-,^'-f-c'4-fi?')-Esen./a:jj Fsen a-hEien.{a'-i-f)-Dsen.{b'-^c'-hd')^C-en.{b'-hc') - B-en.^'=o In generale, operando su i teoremi (K) senza procedere per in- duzione, se i lati sieno A, B, C, D ... U, V, W, e gli angoli esterni corrispondenti a, b\ c\d' ...u^v, w, si hanno i teoremi che seguono A8en.a'-4-Bsen.{a'-l-«'')-l-Csen.(a'H-£»'-t-c')...-4-Usen.(a'-|-^''t-c'-h^/' ...4-u)— V-.en.W=o .W6en.a+V»en.{a'-i-w)...-4-D«en.(è'-4-c'-4-J') — Csen.(i»'-l-c') — B.sen.^' = e U Articolo precedente potrebb' estendersi molto piìi , deri- vati- Di Pietro Franchini. 19^ vàndo dai due teoremi ridotti molte delle formole proposte sen- za dimostrazione dal Prof. Mascheroni ( ProWémi/^er g/i ^gri- mensori) e da lui ottenute col soccorso di particolari metodi geo- metrici . Tomo XII- Bb SAG- 194 SAGGIO DI CALENDARIO PERPETUO DELLE UMANE NATIVITÀ RICAVATO DA PIÙ' REGISTRI m ANNI LX. CON RELATIVE RICERCHE, E RIFLESSIONI Dì Vincenzo Chiminello Ricevuto il dì 2,7 Giugno i8o5 . Uà una mera curiosità ebbe origine la costruzione laboriosa di queste mie Tavole, argomento non alieno dal Matematico, e conveniente al Fisico, Medico specialmente, o Meteorlsta . La circostanza , che 1' abitazione mia trovisi rimpetto ad una Chie- sa Parrochiale non distante che poche pertiche, fu occasione da qualche tempo , che rimarcassi un' alternativa di frequenza, e di pausa di nascite della specie nostra; io vedeva, per esempio, dalle finestre delle mie stanze nelle ore di svagamento, e veggo pure presentemente in tutto l'anno, o mi viene riferito, portar- si al Sacro Fonte in un solo giorno tre o quattro bambini , altret- tanti nel seguente giorno , o così, a un dipresso, nel corso di sei 0 sette giorni consecutivi , e di poi cessare o rallentarsi notabil- mente cotale frequenza, e dopo un mese, o anche piìi , periodi- camente, e similmente rinnovarsi. Dubitando peraltro , se così fatta alternativa possa essere casuale, e particolare di questo luo- go proveniente da indeterminabile combinazione di cause mora- li, e fisiche, diversa in diversi luoghi , temporaria , o perpetua , ricercai primieramente alcuni degni Parrochi di questa Città , se ciò accade nelle loro Parrocchie, e da essi intesi, che avevano con- fusamente osservato sempre una cosa simile; secondariamente in tempo di vacanze, per la cortesia di alcuni Parrochi miei amici avendo avuto comodo di scorrere li Registri Battesimali trovai , che sebbene in detti luoghi nascite succedevano in ciascuna set- ti- Di Vincenzo Chiminello . ig-S timnna fieli' anno, il maggior numero però s'accumulava in cer- ti giorni, e certe settimane , poi cessava, e ritornava con notabi- le pei'iodo più, o meno lungo ; e ciò eh' è osservabile , in tutti i luoghi negli stessi tempi . Certo adunque , o almeno molto pro- babilmente assicurato della cosa , mi venne voglia di conoscere, qualsia la progressione media delle nascite, o sia delle genera- zioni nella specie nostra nel corso di tutto l'anno, e quali possano essere in natura l'esterne cause generali delle alternative, ed ine- guaglianze di tal progressione; e quindi ho risoluto di procacciar- mi un sufficiente numero di Registri Battesimali, per lo spoglio dei quali comporre mi Calendario perpetuo simile a quello delle annuali Meteore composto dal celebre Toaldo inserito nella sua Meteorologìa applicata all' Agricoltura , e poi riformato nel gior- nale-Astrometeorologico 1776. Fui però qualche tempo indeciso sulla scelta dei Registri, se doveva prenderli da una sola Città popolata, o da' più luoghi sparsi in diversi Territorj ; ma riflettendo , che in una Città per le cause morali di coltura, di vizio, e di povertà il progresso na- turale della generazione può venire qualche poco modificato, ho creduto meglio dovermeli procurare da' luoghi esterni , popolati però alcuni e quasi urbani di Territorj diversi, che dà un numero medio di nascite annuo la^o 4 in una popolazione qual notai di 3o mila , circa , da che si ar- guisce, che in parità di circostanze, se la popolazione fosse di un milione nascerebbero annualmente 40666 , e se di dieci milioni 406660 , dei quali però secondo le copiose Tavole eli Vitalità del celebre Toaldo, come Egli le chiama invece che di Mortalità , resterebbe un terzo soltanto, anzi meno . vivente alT età d' anni ao, dei quali dopo la probabile sopravvivenza media, tra campa- gna, monte, e Città non è che di anni 38, mesi 4 circa. Tan- ta è la mortalità del genere umano dalla nascita sino agli anni 20 ! Per dimiiHÙre tanta mortalità, come al Medico spetta di sug- gerire le fisiche previdenze, così all'Aritmetico Politico spetterà di suggerire quelle di morale governo. Secondariamente altro og- getto di considerazione Politica si è la notabile discrepanza di nascite tra i maschj, e le femine nate in anni 60 ; la somma del- le femine si è oSSaq, quella dei maschj 37695 , onde viene la generale proporzione di 100 : 106, ossia l'eccesso di 6 maschj so- pra ICO di femine. Da questo risultato si conosce , che la poliga- mia simultanea proibita dalla Religione lo è pure intrinsecamen- te vietata dalla natura, e che quel poco di celibato , che fra noi si osserva negli uomini non è tanto biasimevole, come d' alcuni lo si vuol fare, e si deve nella detta discrepanza piuttosto ricono- scere una superiore disposizione, affinciiè un piccolo numero d'uomini disimpegnato, e libero serva meglio nel Santo Ministe- rio della Religione, e nella Milizia . È vero peraltro, che, sebbc'!- ne in generale nascano maschj più che femine, nella massa co- mune però dei viventi trovasi maggior numero di donne, che di uomini, ma 1' eccesso, esaminando le citate Tavole del Toaldo , si vede , eh' è di donne adulte di età superiore alla media, le qua- li Di Vincenzo Chiminello . 199 li già potevano aver preso stato matrimoniale, e figliato j e se al- cune pochissime non lo presero , il loi'o celibato ormai è cosa indifferente alla Società, e perciò la Cattolica Disciplina non ha motivo sufficiente dì cambiar Leggi , né i celibi Laici , purché non viziosi , di cambiare il loro stato. Piuttosto , parlando poli- ticamente, un tal eccesso posteriore di donne proverebbe, che lo Stato Monastico di questo sesso nelle condizioni civili sarebbe più lodevole nelle vedove adulte, che nelle nubili giovani. Ma di riflessioni politiche per me basti. Farò piuttosto, come saprò, più di riflessioni fisiche . Osservo primieramente, che la serie dei la medj delle mag- giori somme totali secondo l'ordine dei mpsi notati inferiormen- te giunta al massimo nel colmo deli' estate, indi si abbassa sino a tutto l'Inverno, e poi risorge in Primavera similmente, come fa la vegetazione, dal che pare, clie la generazione generalmente cresca , e cali periodicamente secondo l' aumento , e decremento del calore atmosferico. Di fatto dalla somma dei ja termini di detta serie il medio che si ricava, è aco, 87 --, il quale molto si approssima al medio di Ottobre ao i , 98 , mese in cui dopo la metà s'incontra il più costantemente il calor medio dell'anno: e unen- do a parte li medj dei sei mesi dall'equinozio d' Autunno a quel- lo di Primavera, e li medj degli altri sei mesi vengono le som- me, 1095, 35, e i3i5, 1^-, le quali stanno quasi, come 47: 53 pro- porzione generale , come osservò il Toaldo ( Sagg. Meteor. ?• 7 ) del calore d'inverno a quello di Estate. La sola discrepanza, che si scorge tra il progiesso della generazione, e il progresso del ca- Jore si è, che sebbene la generazione proceda con certa unifor- mità . ed il suo massimo arrivi in Luglio , mese del maggior cal- do atmosferico , la sua diminuzione però da qiiesto mese si pro- lunga oltre Gennajo , mese del minor caldo , o sia del più gran freddo , ed arriva sino a Marzo ; ma di tal discrepanza si può ren- derne la ragione , e mi pare così . Primo : anche nell'ordine della generazione animale, come negli altri ordini naturali , per legge d" inerzia 1' effetto dovrà con- 200 S A C G I O ce. continuare a climinulrsi qualche temj>o dopo che ha finito la di- minuzione della causa; secondo: se il calore atmosterico, quan- do eccede la misura media , è , come pare, un forte stimolo alla generazione; quando è minore, e più eh' è minore, o sia cangia- to in freddo, rinvigorisce le fibre animali, e per questa causa il vigor della generazione deve qualche poco sostenersi nei mesi freddi : terzo fra la gente di Villa, sopra cui si estende la maggior parte dei miei Registri, in quei mesi cessano dalle maggiori fa- tiche, ed anche per questo gli Individui allora sono più robusti : quarto finalmente da Gennajo sino a due terzi di Ft-bbrajo , al qual termine si estende ( in complesso di molti anni ) la durata media del Carnovale, v' è nei paesi di Villa il maggior numero di Matrimoni novelli, e quindi il luimeru dei concepimenti al- quanto maggiore di quello sarebbe . V Ma di più , che il calor atmosferico sia una causa dominante progressiva , e costante delle generazioni nella specie umana, lo provano li seguenti confronti . Sommando a parte tutti li nati della prima metà di Aprile , o sia di Luglio secondo 1" ordine dei mesi inferiori , e tutti quelli della seconda metà, trovo li primi 368o , e li secondi 3578, e i giorni del maggior caldo dell' anno sono quelli della prima metà di Luglio; il caldo di Ottobre è il medio , circa, di tutto l' anno, e in questo mese la generazione, come sopra notai, è nel suo medio vigore . Resta però ancora da spiegarsi nella sopra notata discrepan- za dei tre mfesi la maggiore anomalia del mese di Marzo, in cui sebbene il calore alquanto si sviluppi, la generazione non risorge, ma è la più debole; ed ecco quello, che mi pare . La macchina animale . che fu prima rinforzata dal freddo, e per cui si sosterv- iie un poco il vigor della generazione , allo sviluppo del tenue caldo di Marzo si rilassa , e tal grado di caldo non supplendo col suo eccitamento a quanto essa perde di forza, non può esaltare li di lei principi generativi. In oltre è d'avvertirsi, come in tal mese ripigliando i villici le maggiori fatiche, le fibre delle loro macchine tanto più s' indeboliscono . Così è generalmente, come apparisce della generazione eoa- si- Di Vincenzo Chiminello • ao i sjderata sommariamente di mese in mese; ma nei tempi inter- medj il ricorrimento dei notabili suoi aumenti non procede uni- formemente, ma in certo modo ondeggiando similmente, come l'ineguale alternativa delle annuali IMeteore atmosferiche, ed anzi tanto segue 1' ordine di tal' alternativa, che, supposta la inedia durata della gravidanza di nove lunazioni, piuttosto che di nove mesi solari, siccome pensano le mammane, ed alcuni Medici, trovo che i concepimenti siccome sono cosi vicini ai giorni di pic- cole, mediocri, o grandi Meteore di qualche sorta, che non si può non riconoscerne nelle stesse, cioè neh' azione, che le produce , o le promuove, del fuoco elettrico allora più copioso la comune causa , azione che tanto bene si manifesta anche negli altri ani- mali allora più commossi , che in altri tempi , siccome osserva il divino Virgilio ( I. Georg ) . ; Tum liquidas corvi presso ter gutture voces Aut quatuor ingeminant, et saepe cubilibus altis Nescio qua praeter solitum dulcedinc laeti Inter se foiiis strepitante juvat inibribus actis Progeniem parvam, dulcesque revisere nidos . Haud equidem credo, quia sit divinitns illis Ingenium , aut rerum fato prudentia major . Venim ubi tcmpestas, et coeli mobilis humor Mutavere vias , et Jupiter humidus austris Densat, erant quae rara modo , et quae densa relaxat; Vertuntur species animorum , et pectora motus . Nunc alios , alios dura nubila ventus agebat Concipiunt . Hinc ille avium concentus in agris Et laetae pecudes, et ovante^ gutture corvi . Per esempio in Gennajo la maggior somma dei nati trovasi nel giorno 17,6 seguono due altre somme maggiori del medio notato a piedi di pagina 187 ^ 87, e nove mesi prima cioè in Aprile, come si vede nel Calendario Meteorologico riformato del Toaldo (Giornal. Astroraeteor. 1776 ) i giorni dal 17 sino alla fi- ne sono pericolosi per li temporali; in Febbrajo dai 14 sino ai ai A' è una serie di somme maggiori, e in Maggio s' incontrano gior- Tomo XII. ^^ Ce ni aoa Saggio ec, ni temporaleschi specialmente il 17,6 18 , poi il a4, e il 2,5 ; in Marzo superiori notabilmente al medio dei nati sono le somme dei giorni 1 1 , i4j i5, e a5 , e in Giugno gioi-ni pericolosi per le gragnuole notati sono dal i3 al 17, e parimente pericolosi sono i tre ultimi giorni \ in Aprile i nati dei ao,2,i , aa di molto ecce- dono il numero medio, e in Luglio i giorni ao , ai , aa sono tor- bidi, e pericolosi , e frapposti 4 giorni belli ritornano giorni di temporali , o di vento . In somma scorrendo tutto il mio Calenda- rio trovo, che alle maggiori somme dei nati di certi giorni v' è ,' nove mesi addietro o solari , o lunari, 0 luni-solari, per lo più una corrispondenza di meteore di qualche sorta . Pare dunque , che non altra possa essere la causa generale dell' alternativa del mag- gior numero delle nascite , o sia dei concepimenti . Passo ad un' altra ricerca . La somma dei maschj alla fine d* ogni mese risulta , come notai da principio , maggiore sempre della somma delle femine ; ma pure vi sarebbero mesi , e giorni , nei quali la natura propen- de sopra la proporzione media a generazione più di femine diedi maschj ? Nel da me composto Calendario veramente se ne scor- gono . Ricavata la proporzione media dei maschj alle femine , e lasciata negli originali numeri , sta come io3 , 53 : 97, 84-5 la difi'erenza è di 6 , come notai superiormente ; e con questa scor- rendo li medj dei mesi a piedi di pagina si vedono propendenti alle femincj Dicembre, Gennajo, Febbrajo, Maggio, Giugno, Agosto, ma più di tutti Dicembre , e degli altri Febbrajo . Ciò stando, sembra, che non si possa ripeterlo, che dall' indole dif^ ferente dei detti mesi più turbolenti degli altri . Dicembre cer- tamente è al sommo caliginoso, nevoso molto , piovoso ancora , brumoso ; del pari quasi caliginoso , e nevoso, ventoso , freddissi- mo è Gennajo; Febbrajo per lo più è tutto di mal tempo, cioè ne- voso, e piovoso a vicenda; Maggio è il più piovoso di tutti (alme- no Io era sino a 40 anni fa ) con frequenza di temporali ; Giugno meno piovoso si , ma ugnala-ente temporalesco, e grandinante j Agosto è per lo più il mese dei più forti turbini . In Di Vincenzo Chiminello . Sio3 In particolare poi quanto ai giorni più fecondi di fertiine, che di maschj veggo , che parecchj ce ne sono non solo nei mesi pro- pendenti a questo sesso, m'ancora nei mesi ritenuti , e quello che mi pare osservabile si è, che nove mesi solari, o lunari avan- ti le nascite, ma piuttosto lunai'i, come vedremo più sotto , ai giorni feminini, come in totalità ai mesi che vi propendono, cor- rispondono generalmente le meteore più grandi ^ o più insigni , quantunque la somma totale dei nati maschj, e femine insieme sia per lo più in detti giorni minore, cosa che si rimarca anche , quando nelle maggiori nascite d'arabi li sessi insieme v'entra un eccesso di femine sopra i maschj , o parità, p piccola differenza in numero dai medesimi . Noterò alcuni di tali giorni, e per non tediare , uno soltanto , due , o tre d' ogni mese . In Gennajo il giorno 18 dà la nascita di 1 19 femine, e di 99 maschj solamente, mentre il medio di femine di tutto il mese è 90, e quello di inaschj 97; e ritrocedendo ad Aprile al principio del novemestre Luni-solare trovo nel Calendario Meteoiolo2Ìco il giorno 2,0 piovosissimo, e se il periodo fosse piuttosto Xiuuare v' è il ii5 giorno oscuro , e piovoso coi seguenti soggetti a tempo- rali , e tempeste. Nel giorno aò di Febbrajo le fe^nine nate .sono 1 24 5 e superano di 35 li maschj , li superano anche di 1 o nel dì precedente, e sono quasi in parità nel dì a quello anteriore; e in Maggio tanto intorno al principio del supposto periodo , quanto dalla line ascendendo sino al giorno 2,5 trovo notati giorni sog- getti alle tempeste più degli altri , «pecialmente il a5> 11 giorno 9 di JNIarzo dà femine i2^, masch) solo 109 , ed abbondanti di femine, cioè o con eccesso sopra i maschj , o in parità, sono li giorni 21 , aa , a4 t. ^5 ; e scorgo in Giugno corrispondenti al principio dei nove mesi lunari tre giorni intorno S. Pietro pericK)- losi per le gragnuole, e prima il giorno ai cori'ispondente al prin- cipio di nove mesi solari pericoloso similmente . Di Aprile il gior- no 39 dà femine 141 •> che sono 35 più che i maschj , e il giorno 3o dà pai'ità -, e trovo in prossima corrispondenza di nove mesi solari li giorni da n'j a 3i Xuglio temporaleschi , o ventosi , spe- cialmente il a8 , e in prossima corrispondenza di 9 mesi lunari C e a tro- fìo4 Saggio ec. trovo il giorno 3 ci' Agosto notato oscuro , soggetto a temporali , e in maggiore corrispondenza li giorni 6,07 ancora temporale- schi . Il giorno 6 di Maggio dà femine 34sopr^ 97 masch], e sono in parità li maschj, e l'emine ne'due giorni precedenti ; e in Ago- sto in corrispondenza di nove mesi solari li giorni 6, e 7 sono tem- poraleschi , e in corrispondenza di nove lunari , il giorno 140 brutto , soggetto a temporali, il i5 piovoso, e si noti in mese per lo più asciutto . Di Giugno il giorno 4 dà 2.0 femine sopra 96 ma- schj, il precedente ne dà 14 sopra 108, il seguente due più che in parità ; e ritrocedendo a Settembre inese per lo più bello sino all' Equinozio , al principio di nove mesi Luni-solari s' incontra l'ottavo giorno notato sciroccale, e il seguente ventoso . Nel gior- no 2,5 di Luglio le femine sono 19 sopra 98 maschj , il 24 die- de parità , 4 di più il a3, e parità il 2.2; e in Ottobre in cor- rispondenza a nove mesi Luni-solari il giorno a8 è piovoso mo 1- to , il 2,9 caliginoso^ in corrispondenza a nove solari li giorni aa , a3j 24 pi'O'^^^^osi 5 e in corrispondenza a nove Lunari il di a di Novembre piovoso , e ventoso insieme. Di Agosto il giorno 1 1 dà femine i5 sopra 92, maschj , il 1 3 ne dà i5 ancora sopra 80 ; e il principio di nove mesi Luni-solari intorno il di i5 di Novembre cade in giorrn piovosi molto , e inclinanti alla neve , di nove so- lari intorno il di io cade in giorni caliginosi , e di nove lunari ■intorno il 20 in giorni piovosi, o nevosi , o procellosi . Il giorno 3 di Settembre dà femine 2.1 sopra 86 maschj , il a ne diede 8 so- pra 90 5 e il 4 dà parità ; e in corrispondenza di nove mesi Luni- solari trovasi intorno li 8 Dicembre la neve cominciare a farsi frequente , e regnare ancor più le nebbie , e in corrispondenza di nove solari il giorno 2 piovoso molto, il 4 parimenti , e più sotto in corrispondenza di 9 lunari giorni caliginosi . Ottobre ha il giorno 2 1 abbondante di 24 femine sopra 84 maschj , e i due precedenti di 18 , ed 8 ; e di Gennajo intorno il giorno 24 , prin- cipio di nove mesi Luni-solari sono notati sette giorni oscuri , o nevosi, o ver>tosi , ocahginosi , fra' quali viene a comprendersi anche il principio dei nove mesi puramente Lunari , e il giorno 16 che sarebbe il principio , circa, di nove mesi solari , è notato ca- i Di Vincenzo Chiminello . ao5 caliginosissimo, e ventoso . Il giorno 2 di Novembre dà feioine ig sopra 87 maschj , il giorno i , e il 3 dà parità ; e in Febbrajo il giorno , intorno cui sai-ebbe il principio dei nove mesi Luni- solari, è notato caliginoso, e cattivo, e in corrispondenza di no- ve solari il principio cade fra li primi quattro giorni marcati co- me cattivi , specialmente il 3 , e in corrispondenza di nove luna- ri cade il loro principio tra il la , e il i3 , li quali sono nevosi • Finalmente Dicembre ha il giorno 5, che dà femlne 12, sopra maschj 8a, il giorno 6 che dà parità; e ritrocedendo al princi- pio di nove mesi Luni-solari s' incontrano in Marzo giorni incli- nanti alla neve li IO, II, 12 , e il 12, specialmente procelloso 5 poco avanti sarebbe il principio dei nove mesi solari , e comin- ciano allora i venti , poco dopo sarebbe il principio dei nove lu- nari, e ritornano ancora giorni tristi, coperti, e più ventosi. Pa- recchi altri giorni poi abbondanti di nascite feminili comparisco-" no nel mio Calendario , ed a tutti , nove mesi prima, corrispon- dono giorni sempre di meteore distinte , ma al maggior numero meteore le più forti , ed estese , come notai superiormente . In fatti sembra , che siccome il Filosofo, quando in riscaldo trova- si , ed in sconcerto delle sue idee , teorie concepisce incomplete, e confuse, così la natura nelle maggiori turbolenze dell' Atmosfe- ra per troppa effervescenza seguire non possa nella generazione la legge della proporzione media , e però ordisca maggior nume- ro d' imperfetti individui , che di perfetti. Terminerò la Memo- ria con ini problema , e sia questa l' ultima ricerca . Essendo dato il giorno di natività , e supposto come noto il giorno di concepimento , trovare la prossimamente vera durata media della gravidanza . Questa durata per un numero di molte prove sembra sco- pribile . Già nei giorni del mio Calendario .come si osserva, ai più grandi numeri di nascite in totalità, ed agli eccessi di femi- ne sopra i maschj, nove mesi addietro corrispondono insigni me- teore, o giorni oscuri , e turbolenti . Suppongo dunque per da- to concesso interinalmente, che la gravidanza compiasi tra il fine di nove mesi lunari , e il fine di nove solari , e nel mio Calenda- rio 206 Saggio ce. rio segno dì ogni mese quell'uno, o più gioini disgregati, ne^jua- li o è maggiore il numero delle nascite in totalità , o è maggiore r eccesso delle feniine sopra i maschi , e se vi sono più giorni di questa sorta 1' uno all'altro successivi, ne segno il giorno cen- trale ; ciò fatto nel Calendario Meteorologico Toaldiano tra li principi dei due periodi novemestri solare , e lunare , che sono tra se distanti, in numero rotondo, giorni 9, segno il giorno della maggiore meteora, 0 il giorno centrale , se più giorni di seguito vi sono procellosi, o torbidi , e se dentro non vi trovo tal gior- no, fuori segno quello di meteora , eh' è contiguo all'uno, o all' altro principio . Raccolgo poi tutti gl'intervalli , quali siensi, che trovo tra li segnati giorni di nascita , e supposto concepimento , li dispongo in colonna, e li trovo al numero di 34, e latta la somma viene im numero di giorni goSS , che diviso per 34 dà giorni a6ò , ore 6 , minuti 2,1 , g sareJjhe questa la durata me- dia della gravidanza. La somma di nove Lunazioni medie dà giorni a65 , ore 18, non contando li minuti ; chi avrebbe credulo trovarsi tanta pros- ai mità ? Ma la prossimità sarà in fatto maggiore , perchè comu- lAemente li Registri dei Battesimi ( certo nelle Ville) «ono poste- riori alle nascite , 1' istante delle quali non suolsi indicare ; e se di tutti li Registri suppongasi un ritardo medio di ore 12 , la conclusa durata della gravidanza si pareggia bene con la som- ma di nove Lunazioni . Per li risultati di anni 5r con 3a inter- valli aveva prima trovato giorni iiGS me ao , che per la detrazio- ne di ore la qui considerate resterebbe minore di quasi mezza giornata di nove Lunazioni . La Tavola dei sopraindicati inter- valli segue dopo il Calendario. Questo è il poco che mi parve dover notare , e riflettere so- pra i risultati , -che ricavai . Il Fisiologo mi perdoni , se osai en- trare in ricerche di suo diritto ; vi entrai come Aritmetico . e Meteorista . Se pertanto vengano trovate buone le mie ricerche , sarò maggiormente contento di aver contribuito alla scienza fisi- ca deir uomo per la costruzione del calendario in Italia 1' unico , credo di questo genere , e lavoro più esteso in risultati generali ^ e di- Di Vincenzo Chiminello 207 e distinti di quanto porge oltre monti con osservazioni di soli an- ni 14 il Sig. Vargentin in una memoria del 1772. ailaR. Accade- mia delle Scienze di Stockolm ► N. B.^ Nei medj delle Tavole seguenti si sono trascurate le fra- zioni , aggiungendo un^ unità , quando la frazione eccedeva, la metà d' un intiero » GEN- ao8 ACCIO ec. GENNAIO FEBBRAIO MARZO Masclij tVminp Somma Maschi Femine Somma Maschj Femìne Somma I lyj 90 182 ii5 85 aoo ioa lOI 20 3 a 88 77 * j65 ii5 loó aai 116 117 a33 3 84 72 i56 1.4 i37 a5i nò II 1 aa7 -4 7' 70 141 107 87 194 119 120 a3g 5 7M 74 i53 107 7Ò i83 log 108 217 6 toa 9c 192 93 85 178 laé no aSÓ 7 J04 80 184 92 83 .75 128 98 aaó 8 93 81 • 174 107 97 ao4 I IO 1C7 ai7 9 95 77 172 it8 go ao8 109 ia4 a33 IO 77 92 169 I la 119 a3i ioa 117 aig 1 1 ICO 97 197 85 107 iga laa i3o aSa la 84 98 i8a 116 loq ia6 117 lai 238 i3 iia 96 ac8 100 97 197 1 10 1 12 aaa i4 ii5 7a 187 143 97 340 i34 lao 254 i5 io3 ICO ao3 ioa 107 arg 118 ia3 241 i6 96 90 186 118 lao a38 1.6 109 aj5 17 119 106 aa5 ii3 108 aar ii5 ic4 2ig iH 99 119 ai8 100 1 IO aio 107 93 200 19 100 ic8 ao8 Ilo lOI ai I 127 99 226 ao 85 85 170 108 II 1 arg ia7 120 247 21 .14 84 198 118 ria a3o io4 120 2^4 2,a 98 99 197 107 reo ac>7 .04 122 226 a3 90 73 i63 117 94 ai I ia5 117 a4a a4 104 96 aoo 117 r.4 a3r 118 117 a35 a5 io3 100 ao3 lai i3i a5a i33 lag aóa aó ria 96 ao8 89 ia4 ai3 i35 95 a3o 27 101 ri5 ai6 85 83 r68 lag ii5 a44 a8 89 8q 178 109 118 347 log ia3 a3a ag 95 88 i83 a8 a4 5a 1 1 1 ioa 2l3 3o 106 88 194 Som me Me djdi 137 i la a4g 3i ic8 104 aia gio mi 28 137 94 a3i Somma 3oi8 ao86 58a4 3o38 2908 5q46 3672 3490 7i6a Medj 97 91 188 109 104 aia 118 ii3 a3i Di Vincenzo Chiminetxo fiOf APRILE MAGGIO GIUGNO Maschi Femine Somma Masclij 'emine 3orama Maselij "emine somma I 129 i34 a(.3 i33 122 255 108 100 208 a 128 i34 aOa 129 i35 264 107 lOI ao8 3 I IO 118 228 134 127 261 108 122 23o 4 189 J02 241 102 lOI 203 96 116 212 5 114 i3o a44 104 ic5 209 96 98 194 6 IP.5 100 225 97 lar 218 124 99 223 7 Io<) i3i 240 128 116 244 IC9 97 206 8 125 1 1 1 236 120 121 241 95 93 188 9 i39 116 255 i33 i37 270 101 108 209 IO 129 120 24() 14. 125 or, 6 98 99 197 1 1 12 0 129 202 i3i 125 2S6 I IO 9Ó 206 la 97 117 2,4 120 129 252 99 io5 ao4 j3 14Ò ia5 271 i3i lOI aSa 118 116 a34 i4 Ì2C) I II 240 123 98 221 laS 97 220 i5 i36 124 260 120 ii5 235 127 QO 217 i6 106 I la ai8 i33 i36 269 i38 86 224 i? 98 i3o 228 ■ 129 • 107 236 109 109 ai8 i8 iSc) IC2 a4i 107 119 226 IC9 98 ao7 '9 ii3 93 ac6 126 ia5 25 I 127 ICO 227 ao iSa 119 371 121 io4 2a5 109 100 209 ai i3i i38 aòg 124 96 220 io3 qS 198 aa i3i 123 a54 124 120 244 io5 9-^ 198 a3 ia6 95 aai 94 122 216 98 92 190 a4 i 12 ii3 225 ii5 109 224 1 10 99 209 a5 i3G 99 235 98 IC2 aoo 90 102 192 a6 143 117 25o 117 io3 220 100 96 196 27 123 97 220 116 1 1 I 227 97 86 i83 28 1 12 ic8 220 107 102 2C9 94 106 200 29 109 141 25o 1,4 IC2 216 119 i3i a5o 3o ■ 127 ia8 255 ia3 88 21 1 io3 94 197 3i ii3 no 223 Somme 3736 3517 7253 8710 3534 7M4 323o 3c.i4 6254 aoo Medj 125 1 17 242 120 114 234 108 lOI 1 Olii 0 XI /. D d aio Saggio ec. LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE Masclij remine Somma Masclij Fomiiie Somma Maschi Feraint- Collima I 90 79 169 ii5 104 219 109 8c) 198 a lao 88 2C8 1 12 I IO 222 90 98 188 3 ic8 ic6 2.4 120 86 206 86 107 i()3 4 80 Q2 181 100 io3 ao3 100 lOI 201 5 Ilo 84 2f 0 q8 I IO ao8 78 87 i65 0 io5 90 195 95 83 178 9' 102 293 7 79 <|8 177 ii5 108 aaS io3 96 199 8 91 86 •77 ic3 87 190 99 92 IQl 9 IO! H i85 109 109 218 96 102 198 IO 1.4 1 12 226 116 lOO 216 88 91 179 ir 114 8^1 200 92 107 199 93 86 179 la ll'à 116 a34 ii5 95 aio 96 111 207 i3 io3 88 191 80 95 175 ic4 98 202 i4 i3i 97 228 102 80 182 98 98 196 i5 120 95 2l5 127 97 224 89 102 I9J i6 106 I la ai8 ii3 104 ar7 88 75 ib3 J7 118 109 227 100 8b 186 109 IO [ 210 i8 1 1 1 9' 202 89 82 171 ia5 80 2] I 19 90 108 207 108 86 194 9' 1 10 201 ac 116 98 214 107 JOO 207 9b lùT 197 ai lOo 99 207 90 95 i85 i i I 98 209 aa 100 100 200 116 93 209 102 84 186 23 J IO 1.4 224 102 95 IQ7 io5 114 219 a4 84 85 169 137 104 241 Ica 1(3 2c5 a5 98 117 2l5 90 97 )87 97 i;9 .86 ab 108 ICO 208 91 89 180 93 io3 ic,6 ay 100 74 174 98 9' 189 k8 9' '99 aa 97 96 193 1 12 (CO 212 97 100 M)7 29 95 97 192 97 8(. 177 1 1' q6 2c6 3o ic6 88 194 «)8 9! 180 9' 97 188 3i 117 09 2I(> 88 « 9 .87 Somme 3372 2988 6260 3225 2966 6191 2945 2908 5883 Medj to6 q6 202 104 q6 200 <)8 9" 198 Di V'incenso Chiminhllo . aii ■ OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE Mascli Femine Somma Masclij Femine Somma Masch Femint Somma I 117 96 ao7 91 95 186 100 90 190 1^ a 95 99 '94 87 106 193 68 69 137 l 3 116 93 a 09 86 88 174 66 7' 137 4 90 85 ,75 75 84 ,59 57 68 J25 5 9' 89 180 96 86 i8a 8a 94 176 6 IVO 76 176 91 77 168 ' 59 60 119 7 95 98 193 89 ioa 191 77 64 141 3 f)q 117 ai6 94 77 171 69 73 i4a 9 84 8a i6ò 97 81 178 76 64 140 IO 8 a 85 1Ó7 io3 106 ac9 74 49 ia3 1 1 79 88 167 9J 80 171 78 78 i56 la 79 80 iSg ioa 77 179 68 59 ia7 i3 1 1 1 7a 18.J 98 67 i65 76 7a 148 i4 9-5 95 190 lOI 86 187 76 68 m4 i5 90 0^ 177 78 90 168 61 71 i3a i6 lOÒ 8a 85 77 i6a 75 55 i3o i? lOI 84 i85 8c ,63 58 63 lai i8 95 9' i8ò 97 81 178 74 43 117 '9 93 lOI 194 9' 98 i8q 65 74 139 ao 89 107 196 7f 7a 143 75 6a 137 ai 84 108 Hja 9' 8a 173 74 67 141 a 2 90 8a i7a 75 78 i53 7^ 67 139 a3 lOI 87 188 70 73 i5a 1)2. 78 170 a4 87 104 igi 65 81 i46 84 68 lòa a5 100 9a 192 74 7^ ,46 64 53 J17 a6 I la 86 iq8 86 66 i5a 95 79 174 a? 9' 6? i5a 91 7a i63 8a 70 i5a a8 98 1 1 1 ao9 86 80 16Ò 79 81 160 ag 8r 90 170 5q 7:2 i3i 73 65 i38 3o 104 q8 aoa 85 87 173 69 49 118 3i 88 00 157 70 6<; i39 Somme a93f) ^795 5734 i5q4 ^476 . )070 : Ì288 i ioti3 '■ |38i Medi 95 90 18"- 1 86 83 1^9 74 68 •41 Dd a m» AGGIO ec. Supposto giorno di Dato giorno Intervallo coticepimento di Natività - Uà a3 Aprile a i5 Gennajo giorni aòo 7 Maggio 3 Febbrajo 371 a5 Maggio- i5 P'ebbrajo a66 ■: Giugno a5 Febbrajo aóg 8 Giugno a Marzo a66 9 Giugno 4 Marzo a67 2,1 Giugno 14 jMarzo aò6 3 Luglio aS i\Iaizo a7i 1 1 Luglio I Aprile a64 2o Luglio 3 3 Aprile 367 a/ Luglio 2[ Aprile a68 3 Agosto 26 Aprile a66 7 Agosto a IMaggio a68 17 Agosto IO Maggio a66 19 Agosto i6 Maggio 370 8 Settembre 3 Giugno a68 a 3 Setteuìbie 13 Giugno a63 6 Ottobre 0 ag Giugno a66 la Ottobre 3 Luglio a64 a3 Ottobre la Luglio aOa 23 Ottobre i5 Luglio 265 a Novembre a3 Luglio a63 6 Novembre a Agosto aÓQ IO Novembre 7 Agosto 370 ao Novembre i5 Agosto a68 a Dicembre a4 Agosto a65 3 Gennajo a3 Settembre a63 14 Gennajo 3 Ottobre aóa ai Gennajo 8 Ottobre a6o 3 Feljbrajo a8 Ottobre a67 17 Febbrajo 10 Novembre a66 3-5 Febbraio 19 Novembre 267 IO Marza I Dicembre 266 t Api-ile 23 Dicembre a66 Somma gior ni 9053 Medio gioì •ni 266 6'' ai' "" >^ a 1 3 B. I S P O S T A Di Paolo Ruffini AI DUBBJ PROPOSTIGLI DAL SOCIO GIÀ N-F R A N C E S C O MALFATTI SOPRA LA INSOLUBILITÀ' ALGEBRAICA DELL' EQUAZIONI DI GRADO SUPERIORE AL QUARTO. Ricevuta il di 2,7 Giugno i8o5 . J^opo di avere esposto un metodo generale ( T." 4° Accad. di Siena ) onde tentare la soluzione di tutte le Equazioni algebrai- clie , e dopo di avere con questo sciolte non solo le Equazioni generali de' primi tre gradi, ma alcune eziandio delle Equazioni particolari di grado 5* , avea ben diritto l' illustre Geometra il Sig. Professore Gian-Francesco Malfatti di cercare lo scioglimen- to di alcuni suoi dubbj ( T.° XI. Soc. Ital. delle Scienze ) sopra un Teorema, che impossi bil dichiara la soluzione algebraica del- le Equazioni generali di grado superiore al 4° • Io poi , il quale con fermezza asserisco una tale impossibilità, ed a cui gì' indi- cati dubbj vengono dal Chiarissimo Autore indirizzati , era in debito di risolverli, e di confermare così viemaggiormente la mia Proposizione. Nella presente Memoria avendo io adunque procu- rato di soddisfare a questo mio dovere , desidero di esservi riu- scito , e di avere in tal guisa corrisposto all' onorevole invito deir Egregio Socio il Sig. Malfatti . A lui fi"attanto protesto fino da questo punto i sentimenti più vivi di gratitudine sì per la compiacenza , che Egli ha avuta di chiedere a me la soluzione de' suoi dubbj , sì perle cortesi espressioni , con cui nel tempo Stesso mi onora , espressioni , eh' io , sapendo pur bene di non lueritare , riconosco siccome un puro tratto di animo gentile , e pie- 1 ai4 Risposta ai dubbi PROPOSTr ec. pieno di degnazione , sì finalmente perchè mi lusingo , che la risposta a tali difficoltà , e lo scioglimento di altre , che io stesso in conseguenza di sua domanda sonomi proposto ..possa spargere più chiara luce su di questa Proposizione, e farne meglio j e più generalmente conoscere la verità , PARTE!. Risposta ai Duhbj del Sìg. Blalfatti . Prima di prendere ad esaminare gli accennati duhhj siami permesso indicar brevemente il metodo , ed i principii , per cui giungo a dimostrare l' insolubilità algebraica delle Equazioni ge- nerali di erado non inferiore al 5." 1. Esposte da prima nel ( Gap. 5." della mia Teor. delle E' quazioni ) le sublimi riflessioni, che il sommo Geometra Lagran- ge propone raj)porto alle Trasformate algebraiche ( Rèflex, sur la Résolut. algébr. desÉquat. Memoir. de Berlin, pour fan 1 771), ed esposto quindi il suo metodo generale , onde scuoprire a prio- ri il loi'o grado , trovare il valoie dei coefficienti , ed eseguire co- sì una Trasformazione algebraica qualunque, propongo nel ( Gap. 8.° della stessa Teor.) la soluzione , che Io stesso Ghiarissimo La- grange nella citata Memoria ci dà dell'importantissimo Problema: dati i valori diversi di una funzione algeJjraica tra le ladici della Equazione proposta , determinare dipendentemente da essi i va- lori corrispondenti di un' altra funzione delle radici medesime . 2. In seguito considerando la soluzione algebraica di una Equazione generale determinata di un grado qualunque, dico nel ( n.° 227 della Teor. delle Equazioni) con Lagrangc ( Rèflex. €tc. Sect. 4* "•" ^^ ) 5 che questa soluzione , non potendosi otte- nere immediatamente, deve cercarsi , riducendo l'Equazion data ad un' abradi grado inferiore, o dello stesso grado, di cui ci sia nota la soluzione , e dalle radici della quale possiamo in seguito determinare le radici della proposta . Riflettendo poscia , che questa sola osservazione non è generale abbastanza j affine di tut- te 'Di Paolo R u f f i n r. 2i5 tutte comprendere le strade, che ci posson condurre alla i^nlu- zione algebraica di una data Equazione, n<'i ( n ' ll5, 26 della mia Memor. sopra la insoluh. delle Equazioni ec. Soc. Ital. Tom. X ) aggiungo quanto segue „ Data a risolversi un'Equazione algebraica determinata . , , (F) x" -+- Ax'"-' -h Bx"'~' H- ec. + V=o , 5j o questa è tale che può immediatamente ridursi alla forma „ (V) {v + Z/) (x-'"-^' + ex-™"* + dx"'"^ + ec. ) = o „ oppure all' altra „ (VI) (x- -+-„)- _H ^ = o , 5, in cui a, b^ e, dy ec siano funzioni razionali dei coefficien- ,, ti delia (F) , o non è capace di simile riduzione . ]NeI- 5, la prima di queste ipotesi potremo sempre avere im- 5, mediatamente uno dei valori della x soltanto con la divi- ,, sione, o con X estrazione della radice mesi ir a ; poiché, 5, eseguita questa operazione, e trasportati i termini cogni- „ ti nel secondo membro, sarà nel primo caso x'= — b ;e nel 5, secondo x = — « -t- 1/ — b . Ora, prescindendo dàll'in- „ dicato trasporto de' termini cogniti, osservo, che tra le sei operazioni algebrai "he altra non ve n' ha, che pratica- ta su di un' Equazione (F) possa da se sola darci imme- diatamente un valore della x , se non la divisione , e 55 „ 1' estrazione della radice , poiché per queste sole f espo- ,, nente della x può diventar minore ; e osservo inoltre, „ ciie la divisione , e V estrazione della radice non possono „ immediatamente aver luogo sulla (F), e darci inunedia- 5, tamente la x al grado i.° . se non quando essa (F) à cor- 55 rispondentemente una delle forme (V), (VJ) . Dunque 5, neir ipotesi seconda , mentre cioè la (F) non può tosto „ ridursi alla forma (V) , oppurre alla (VI) , non potremo „ avere alcuno dei valori della:»;, se non che riducendo la 5, (F) ad altra Equazione, la quale abbia per incognita la x j, medesima , od altra lettera , e la quale sappia risolversi > 5, e possa in seguito colle sue radici sonimiuisuare im me- dia- ai 6 Risposta ai dubbj ec. ,, diatameiite , o mediatamente alcune , o tutte le radici ., della proposta . ^ ,, Sia „ (VII) a" + Mz"-' + N2"~* + ec. = 0 „ r Equazione , a cui supponghiamo in questa seconda ìpo- „ tesi, che venga ridotta la (F), e dalle cui radici ottenute ,, possansi in seguito dedurre i valori della x . Questa (VII) 5, o è capace essa pure di ricevere giusta il ( n.° prec. ) una „ delle forme (V) , (VI) , o non lo è ; se lo è , otterremo im- j, mediatamente , nella maniera indicata uno dei valori „ della s ; e se non lo è , per avere un simil valore, conver- }, rà trasformare la (VII) in uu' altra 5, (Vili) yF + Py''-' + Qyt-' + ec. - O , „ le cui radici determinate ci possano somministrare le ra- „ dici della (VII). Rinuovo sulla (Vili) lo stesso discorso, ,, e se questa Equazione può acquistare una delle solite for- „ me (V) , (VI) , allora avremo tostamente il valore di una ,, delle sue radici , se no , per ottenerlo converrà ridurre ,, tale Equazione ad un' altra . ,, (IX) m' H- Rm»~' -+- Su^~'- + ec. = o , 5, dalle radici della quale possansi ricavare i valori della ?/ . „ Lo stesso si dice della (IX), e di tutte le altre Equazioni, ,, che possonsi ottenere successivamente . j. Quindi si vede che , qualunque siasi la (F) , se essa non ha „ una delle forme (V) , (VI), e se d' altronde è capace di so- „ luzione , converrà necessariamente , che sia riducibile ad 5, altre Equazioni (VII), (Vili), (IX) , ec l'ultima delle quali „ sia capace di l'icevere una delle forme accennate : se ciò „ non fosse , dovremmo continuare la serie delle Trasfor- „ mate (VII), (Vili), (IX), ec. all' infinito , e mai non giun- „ geremmo ad ottenere un valore algebraico determinato , „ per mezzo dei quale si possa poscia scuoprire , ascenden- „ do, qualcuna delle radici della (IX), della (Vili), della „ (VII) , e finalmente della (F) . 3. Stabilisco così il principio fondamentale ^ acni deve ne- ces- DiPaolgRuffini. 217 cessariamen-te appoggiarsi qualunque metodo rapace di sommi- nistrare la soluzione algeLraica di un' Equazione data . Mei ( Gap. 12.° Teor. delle Equazioni ) ccnsideio la soluzione delle Equazioni algebraiclie generali di 3.°, e 4-' grado , e riguardo a quella di 3.° ritrovo da prima con Lagrange a priori potersi essa Lenissimo ridurre ad un' Equazione di 3.° grado ( prec. 1°) ; de- termino quindi attualmente una tale Efpjazione , e chiamata es- sa 7^ -f- S/ H- T = o ( n." a3o. Teor. delle Eqnaz. ) , osservo non potersi dalle sue radici/',/" dedurre immediatamente i valori delle radici della Equazione proposta . In conseguenza di ciò ri- cerco dalle /',,/" i valoridi un'altra funzione Z radice di un'Equa- zione Z' — M=o avente il solo primo, ed ultimo termine, e dai tre valori della Z, che per la natura dell'Equazione Z^ — M=:o posson- 6Ì sempre detenninai-e , dtduconsi attualmente i valoxù delle tre radici richieste . Rapporto alla Equazlon generale di 4 ° grado truovasi nel ( n.° 2,46. Teor. delle Equaz. ) parimenti a priori , che può essa ridursi ad una trasformata di 3." grado/' -H S/^ -+- Tj -f- V = o n " 247' Teor. delle Equaz.), e da uno qualsivoglia dei valori del- la/ nel (n. 348. Teor. delle Equazioni) si vede potersi determi- nare le radici della Equazione data a due a due , e ciò per essere il suo esponente 4 numero composto . 4- Dalle Equazioni di 3.°, e 4-" giado passo a considerare le Equazioni algebraiche generali in primo luoj;o di quinto , e po- scia di un grado qualunque (Gap. 1 3.° Teor. delle Equaz., Mem. delia Insolub. delle Equaz. ec.T. X.Soc. Ital. delle Scienze ), e ri- guardo alla Equazione di 5.° nel ( n.° 3o. Mem. ) mi esprimo co- me segue ,, Essendo questa generale, e però prescindendo da ,, qualunque valore particolare, e da qualunque particolare rap- „ porto fra le sue radici , non potrà ricevere secondo il ( n." 2. ) j, né r una né 1' altra delle forme (V) , (VI) , né potrà avere al- „ cun fattore razionale, e però non ne potremo a\ere 1 1 soluzio- ,, ne, se non che dipendentemente da una trasformata, dalle cui 5, radici possansi ricavare i valori della x , Tale trasformata ven- „ ga rappresentata dalla (VII) . ., Tomo XII. E e Es- 2i8 Risposta ai dubbj proposti ec. Essendo in questa (VII) \a.z quella funzione dipctidentemen- te dalla quale deggiono immediatamente determinarsi le radici della Equazione data; nei ( n. 3i , 3a Memor. ) dimostro, che r esponente n di tal trasformata deve necessariamente esser mul- tiplo, od uguale al cinque, e quindi , che potrà rappresentarsi con la (X) ^5*_^Mz5*-"'-f Nz''~^ + ec.=7 0 , e in conseguenza dei ( n. 24? ao. Mem. ) asserisco nel ( n,° 33. Mem. ) che questa (X) non è suscettibile giusta il ( n." a. ) nò del- la forma (V), né dell' altra (VI). Dunque per determinare, aggiun- go nel ( n.° 34- Mem. ) , „ il valore della funzione z, converrà ri- ,, durre la (X) ad altra Equazione , di cui conoscasi la soluzione, „ e dalle cui radici possansi dedurre Is ladici delia (X). Sia la ,, (Vili) questa nuova Equazione. Essendo la j funzione delle j, z , z" ,ec. , e le z\z", ec. funzioni delle x', x", ec. , saia anco- ,, ra la/ funzione delle x',x", ec. „ . Ora distinguo il caso, in cui r esponente/^ della (Vili) , per la natura della funzione / , risulta multiplo del cinque, dall' altro in cui non risulta tale; e nel pri- mo di questi casi rifletto (cit.° n." 34- Mem.) , ch^ ciò stesso , che si dice della (VII), ossia della (X) , si applica eziandio alla (Vili) e però quella difficoltà medesima , che incontrasi nella determi- nazione della 2 , incontrandosi ancora nella ricerca della j, la considerazione di questo caso osservo che diviene inutile . 5. Che se lay è tale , che l' esponente/? non risulti multiplo di 5; dovendo sempre essere j9< 6, oppure > 5, comincio dal supporre nel (n.° 36. Mem.)/? < 6, e però nel caso presente < 5. Ora qualui.que traformata abbiasi dalla Equazione generale .^'+ Ax'^-h ec. = o, le cui radici siano i valori diversi di una funzione delle .r', x'\ ec. x™ algebraica , e razionale , e il cui esponente sia <5; tale trasformata, dissi, pel (n.° j 4- Mera., n." 276. Teor.) non può mai superare il grado 2..° Ciò dunque essendo , considerata nella (Vili) laj funzione algebraica, e razionale delle x'.jf'..%'',ec. giacché se si ponesse irrazionale , questa supposizione pei (n . 244» 187, i53 Teor.) non farebbe, che rendere la trasformata corris- pon- j DiPaoloRuffini 219 pomlonte di un grado troppo alto ^ essa (Vili), per la ipotesi d'ij) <: 5 , dovrà diventare . (XI) jK^ -+- P/ 4- Q = o , oppure j -(- P = o . Considerando in seguito nel ( n.° 87 Mem ) la prima di que- ste Equazioni „ Dai due valori ,;, , io dico ,, delia/ quelli devon- „ si dedurre della 2; ma 5k ci esprime il numero totale di que- . 5K „ sti ultimi , onde tra essi — devon dipendere da /', ed altrettan- j, ti day. Dunque non essendo il 5 divisibile per a esattamen- te, e dovendo essere — numero intero, ne viene , che supposto K 55 ^ = A , dovremo, nel cercare ^' dajy' , necessariamente cade- j, re in un' Equazione di grado multiplo del 5, e che chiamerò 3, 5/i . Sia »> (XII) z -\- gz "~^ + ec. = o ;, tale Equazione: le sue radici saranno i valori della z corrispon- 3, denti ady, edi coefficienti g, ec. saranno funzioni razionali di ,5 essa/'. ,, Avvertasi, che in questo caso nella Equazione (X) si considerano attualmente contenuti tutti i valori della ^ corris- pondenti ad y, ed insieme tutti i coirispoudenti ad/', siano i primi tra questi uguali , o siano disuguali dai secondi . 6. „ Determinati „ aggiungo nel {n° 38.Mem. )„ col 3, mezzo della j i coefficienti g , ec, rifletto , che i modi diver- ,, si, con cui dalla (XII) può in seguito ottenei'si il valore^', sono 5, I ." Immediatamente, volendosi , che la (XII) abbia, se è „ possibile, secondo il (n.° a5. ) una delle forme (V), (VI) . ,, 2,.° Mediatamente, essendo la (XII) riducibile ad una ter- ,, za Equazione , dalla quale ricavisi poscia immediatamente il valore z' . ,, 3.° In fine, perchè si voglia, che la terza Equazione, a „ cui riducesi la (Xll) , non possa darci il valore di z , che col „ mezzo di riduzioni ulteriori . ,, 7. Per questa determinazione della z., comincio fra gli espo- E a sti 2.10 Risposta ai dubbj PROroSTi ec. sii tve mezzi a considerare il a.°, e poiché per questo 2." la Equa- zione (Xll) deve ridursi ad un' altra, la quale ci somministri im- mediatamente il valore z' , rifletto, che quest' altra Equazione , acciocché dia immediatamente il valor, che si cerca, dovrà avc- ie per incognita la z medesima , ed avere una delle forme (V) , ^VI). Ciò- essendo, suppongo in primo luogo, che l'Equazione, a culla (Xll) verrà ridotta, ahhia la forma (VI), cioè sia della for- ma [z +■ ay — M = 0 . In tale ipotesi col mezzo dei ( n. ^9 , 40 , 41,4^. Moni. ) dimostro, che il coefficiente M della supposta {z + ay — M = o , dovendo dipendere dai coefficienti g , ec del- la (Xll), e però dalla radice y' della prima delle Equazioni (XI) { n.° 5 ) , non si può in modo alcuno ottenere , se non risolven- do un'Equazione M ' H- ec. = o priva sì delFuna, che dell'altra delle solite forme (V), (VI) , e priva pei ( n. 45 , 2,8. Meni. ) di qualunque fattore , i cui coefficienti vogliansi funzioni razionali de' coefficienti suoi , nella quale deve essere i= r , oppure = 2, (n." 41. Mem. ) Ora nei (n. 43, 44' 4^- Meni.) si dimostra, che, volendosi la precedente M^' ec. = o ridurre ad altra Equ azio- ne N' -V- ec. = o, o ad altre quante si vogliano Equazioni suc- cessive N^'-f- ec. = o , P''H- ec. = o, ec. , queste risultano sem- pre o insolubili , o inutili alla determinazione dei valori di M . Dunque trovandosi c[uesto coefficiente M indeterminaLile ( n," 47. Mem. ), sarà in questo primo caso indeterminabile l'Equa- zione (z -h ay — M = o, a cui si vuole, che venga ridotta la ^XIl). Nel ( 1." jì.° 4^. Mem. ) osservo poi ^ che 1' indicato coef- dficiente M non può nemmeno determinarsi , allorquando si vo- glia, che la trasformata della (X) ( n. 4? S- ) s'^, la seconda delle Equazioni (XI), cioè la j -+- F = o . 8. Nel ( 2..° n.° 46. Mem. ) suppongo nella Equazione (VII!) j[7 > 5, e prosieguo, dicendo „ Essa (Vili) pei (n 34, aa, a8 ,, Mem.) non può avere né Funa, né l'altra delle forme (V), (VI), 3, né può avere fattore razionale ( n." a8. Meni ) . Dunque affin- ,, che possa ottenei'sene la soluzione, converrà ridurla all'altra „ (IX) , dalle cui radici si possano ricavare i valori della j ,, . Ora DipAOLoRuFPiwi. 23 r Ora se si vuole nella (IX) F esponente 7 < 5 , dimostro, che dai valori della u non possonsi ottenere quei della/, e se si vuole q non < 5 , per ottenere i valori della u , è necessario ricorrere ad una quarta Equazione , sulla quale applicansi gli stessi discorsi , che sonosi fatti sulle (Vili), (IX) , e cosi in progresso. Dunque per quanto si progredisca avanti la serie delle trasformate (VII) , (Vili) , (IX) , ec. , avendo sempre luogo le stesse conseguenze , concludo nel (n."47- Mem. ) essere sempre impossibde la deter- minazione atgebraica del coefficiente M nella [z -f-o)^ — M =: o . 9. Mediante in seguito i ( n. 48 , 4-^ Mem. ) dimostro cbs qualunque altro dei mezzi accennati nel ( n.° 6 ) si scelga per la determinazione della z dalla (XII) , sempre succede, che desso o non può aver luogo, o diviene inutile. Dunque qualunque sup- posizione si faccia, r algebraica determinazione della z dalla y nou può mai ottenersi , né mediatamente, né immediatamente ( n.° 48. Mem. ) . 10. In conseguenza di tutto questo asserisco finalmente nel (n." 49- Mem. ) , che un'Equazione generale di 5° grado è incapa- ce di soluzione algebraica . Difatti non possiamo, io dico , determinare il valore delle sue radici , se non determinando prima il valore di una loro fun- zione z (n." 4) radice della Equazione (X) . Ora i valori di questa z non possono pel ( n.°4) litrovarsi se non mediante le radici di lui'altra trasformata , che ho supposto essere la (Vili), e le radi- ci di questa (VIT) pei ( n. 4) 8 ) non sono determinabili se non nel caso, in cui il suo esponente/? sia < 5 , e quindi , per quanto si è detto nel (n " 5.) , in cui abbiasi p non > a . Dunque la deter- minazione della z nella (X) non potrà cercarsi se non dipendente- mente da una quantità /' i-adice di una delle Equazioni (XI). Ma i valori della z dipendenti dal valore j' sono necessariamen- te fra loro diversi a cinque a 'inque ( n.° 5) Dunque nel cercare dipendentemente da questo/' somiglianti valori, dovremo neces- sariamente cadere in Equazioni della forma ( s -l- « )' — M = o, ossia Z' - M = o, fatto s -+- a = Z ( n " .^8. Mem- ), oppure del- la torma «^' -f- g^ '"" -i- ec . =: o (comprendendosi in tali forme ezian- 2 il 2 PvISPOSTA AI DUnBJ l'IlOrOSTI CG. eziandio la Equazione ( N + a)^'' — T = o, ossia, fatto (N+«) = y , la Equazione Y^ — T = o, e 1' altra N^'' 4- oN^^"" -+- ec. = o del ( n." 43. Mem.) ) . Ora rajqiorto alle Ec[nazioni della pri- ma forma abbiam dimostrata sempre impossibile la determina- zione del coefficiente M (n." 7.) j e riguardo alle Equazioni della seconda forma abbiara dimostrata sempre impossibile la determi- nazione della incognita { n.** 9. ) . Dunque risultando sempre im- possibile determinare il valore della finizione z, dovremo pel ( n.^ 4- ) necessariamente concludere , essere eziandio impossi- bile la determinazione algebraica delle x', x", x"\ x""^ x'" . II. Nei precedenti ( n. 4 5 ec. 10.) ho esposto il metodo 5 e le proposizioni , col mezzo delle quali dimostro la impossibilità della soluzione algebraica della Equazione generale di 5° grado nella Memoria sovracitata : non sono diverse le Proposizioni prin- cipali ( n. 276. , ec. a83. Teor. ) , che pruovano l' impossibilità medesima nella mia Teoria delle Equazioni: ma simili proposi- zioni vengono nella Memoria dimostrate dipendentemente da' i-a- ziocinii, i quali e sono più semplici, eaion esigono , siccome quelli della Teoria (n. 2,71 , 270. Teor.) , certe operazioni attuali. Inoltre nella Memoria, qualunque fosse il grado delle trasforma- te, non si è mai perduto di vista quanto per tutta esattezza si è indicato nel prec. { n." 2. ) , ossia nei ( n. aS , 26. Mem. ) ; e nel {n.° 28. Mem.) dimostrasi , per la generalità dell'Equazione pro- posta non potere una trasformata qualsivoglia avere giammai al- cun fattore , i coefficienti del quale siano funzioni razionali de' coefficienti proprj . Tanto poi nella Memoria , come m^lla Teoria le dimostrazioni appoggiansi tutte alle proposizioni ; 1° che le ra- dici della trasformata sono necessariamente funzioni delle radici della Equazione proposta j e però che chiamate x', x" , x'" , ec. le radici di questa, ed j l'incognita di quella, deve essere y =f{x') {x") (x'") ...(n." 88. Teor., 1° Intr. Mem.);2'' che posta la/(,t') (r") {x") .... pei ( n. 241, 157, i58 Teor., 3.° Intr. Mem. ) raziona- le , la nostra trasformata ha necessariamente tante radici fra lor differenti j quanto è il numero dei risultati di valore tra loro di- ver- Di Paolo RuFFiNi. 22.3 verso , che nascono dalla /(a;') [x") {x'") .... per tutte le possibi- li permutazioni fra le x\ x", oc" . ec. ( n. 92 , 99 Teor. ) j e 5.° che non può ottenersi soluzione algebraica di un'Equazione generale qualsivoglia, se non seguendo o direttamente, o indirettamente il metodo accennato nel ( n.° aay. Teor. ) , e a tutto rigore 1' ac- cennato nei ( n. a5, 2,6. Meni. ). Ognuno poi- può agevolmente vedere da se medesimo, che i raziocinii, i quali dimostrano tanto le proposizioni esposte nei precedenti ( n. 4> ec io. ) , come le altre, che a queste servono di base, prescindono pienamente tanto nella Memoria , come nella Teoria da qualunque argomen- to di analogia con le Equazioni di grado inferiore al quinto, ed ognuno finalmente può veder da se stesso, che, eccettuato il radi- cai quinto da anteporsi alle radici dell' Equazione Z' — M=o, in ^: = \/^ cui dico essere Z' = |/ M, non determino mai , né considero In alcun modo né nella Teoria, né nella Memoria, quali specie di radicali possansi, osi debbano contenere nei valori delle radici si della Equazion data, che delle trasformate, allorché tali valo- ri vogliansi espressi per quantità note ; e ciò perché in tutti i miei discorsi non riguardo le radici della data , che come deter- minabili unicamente da quelle di una trasformata, e non riguar- do le radici delle trasformate, che nell' aspetto di funzioni delle radici della proposta . 12. Nulla dirò sopra la insolubilità algebraica delle Equa- zioni di grado superiore al 5" , si perché le proposizioni, di cui nella Parte seconda della Memoria mi servo a dimostrarla , quan- tunque prescindano da qualsivoglia argotiiento di analogia con le Equa/ioni di grado inferiore , pure non sono essenzialmente di- verse dalle proposizioni , che servonmi a dimostrare la insolubili- tà della Equazione generale di grado 5° , sì perché il Chiarissimo Sig. Prcfessor Malfatti non muove, rappo)to ad esse, dubbio ve- runo, e p'.isserò (•iuttoito ad indicar brevemente quanto contien- ci nella sua Memoria ( Tom XI. Soc. Ital. delle Scien. ). ed a ris- pondere in seguilo ai dubbj , clie in (juesta vengon proposti . i3. Dimostrate Egli nella citata Memoria alcune proprietà del- 2^- Risposta ai dubbi Piiorosri ec. dtìlle radici della unità (T.XI. Soc. Ital.pag. 58o., ec. 538.), sulle quali verrà luogo altra volta di fare qualche riflessione, espone, introducendo alcune picciole diftereiize non essenziali, l'eleg.inte ^ suo metodo generale , onde sciogliere le Equazioni, che già pub- | Llicò Egli stesso nel Tomo 4° dell'Accademia di Siena; ed ottenu- ta con tal metodo la soluzione delle Equazioni generali di a° , di 3°, e di 4° grado ( pag. SSg. ec. Sga. ) , lo applica in seguito alla E<{uazione di 5° (pag. Sga. ec.) . Osservato , che da questa ultima ottienesi col suo metodo una trasformata , che Egli chiama risol- vente^ di 6° grado (pag. Sgó, 6oa.) , soggiunge {pag. 6o3.), clie col medesimo artifizio da questa prima risolventedi 6° una seconda se ne li trae di grado ao°riducibile tostoad un'Equazione digrado io", e da tale Equazione osserva potersene in egual modo ricavare una risolvente terza ^ quindi una quarta, ec. Applica Egli frattanto il suo metodo alia soluzione dell'Equazione particolare x'' + 5. ax* -\- 5*. a* = o (pag. 599. ), e indicato derivarsi da essa ujia risol- vente ^6 5'.a'^3 4.'3^,_r;4_2«_i. 5^,.55.a'»=:o ( pag. 602. ), la quale è fornita del fattor razionale e -1- 5. a* ( pag. 604 ), col mezzo del valore — 5.a^, che ottienesi da simil fattore, accenna nella (pag. 606.) ricavarsi la radice x = |/ a* — y 2.^—y a'*. Divisa poscia per s -1- 5. a* la precedente Equazione s* — S^a'z* H- ec. = e , e ridotta essa cosi ad un' altra di 5° grado , indica (pag. 6o5.) ottenersi da questa pure una risolvente dotata di una radice razionale, e col mezzo di questa radice determinarsi un al- tro valor della z, cioè il valore 5 = a*— a y a — a*|/ a' — 1 1 .a |/ a^ + 7.a (/ a'' . Se la s* — 5Va' s' -t- ec. = o , riflette Egli finalmente (pag. 6o5. ) , non fosse stata divisa per z -h 5 a*, ma si fosse trattata col solito metodo , ne sarebbe venuta nna terza risolvente, dalla cui radice ottenuta in conseguenza di un fattor razionale, sarebbesi in fine ricavato lo stesso precedente va- lore z = a* — a^ |/ a — ec. 14. Di Paolo Ruffini. 220 i4- Mentre!' ili usti-e nostro Autore espone , ed oppìlca all' Equazione a:' + 5.2z' -I- 5*. a* = o il suo metodo, e mentre eseguisce , oppure accenna semplicemente le corrispondenti ope- razioni, espone eziandio i suoi dubbj rapporta alla impossibilità di sciogliere algebraicamente la Equazione generale di 5" grado . Tutti questi dubbj poi riguardano unicamente o i radicali , che jjossonsi contenere nelle quantità, che si cercano (pag. SgG, 597. 598, 6o3, Ó04) ; o i fattori razionali, che possono essere nelle suc- cessive risolv^enti, e la continuazione delle risolventi jnedesirae ( pag. 589 , 59-6 5 597 , 6o3, 6c6 5 607. ); 0 finalmente una certa analogia fra le Equazioni di 5° , e quelle di grado inferiore, da cui Egli dice essere io stato guidato ne' miei discorsi ( pag. 5gG , 597,598). Dopo di avere lo nei precedenti ( n. a, ec. n- ) rias- sunte, ed accennate le proposizioni, per cui vengo a dimostrare r insolubilità algebraica della Equazione generale di 5" grado ; ora sarà necessario, che esponga specificamente le sovi'aindicate difficoltà del Sig. Malfatti, onde tra queste, e le mie osservazio- ni possa agevolmente instituirsi il dovuto confronto .' 1 5. Cominciando pertanto dai dubbj , che da lui si promuo- vono sopra i radicali, chepossonsicontenere nelle quantità da de- terminarsi , e sopra la supposta analogia , veggo, che Egli , dopo di aver fatto , giusta il suo metodo x-\-fin+f^p-¥f^q'\-f'^n=Oj in cuiy rappresenta una delle radici 5' immaginarie della unità ( pag. SgS ) , dopo di avere inseguito ritrovato , che in conse- guenza df Ila supposizione dy mn^= g E= y3 — \/^ K a i/a. 17. ,, Egli è ben vero, che la nostra risolvente di 6" grado ,, non può ammettere un divisor razionale di grado duodecimo ,, al 6° superiore; ma perché non potrebbe egli trovarsi un simil „ divisore razionale nella risolvente della nostra Equazione di „ 6° grado , che diventerebbe la seconda risolvente della nostra 5, proposta di quinto ; e non trovandosi in questa, perchè, pas- 5, sando alla terza risolvente, non potrebbe aver luogo in essa j, un simil divisore , e lo stesso dicasi delle risolventi ulteriori ; ,, cosicché , ritrovato finalmente tal diviiore razionale, e ascen- _,, dendo di mano in mano sino alla prima risolvente di 6 grado , 5> SI Di Paolo RuFFiNi. 2.17 „ si possa realmente ottenere il valore di^ „ (cjiù si sostituisce la nuova incognita Zj e ciò per la ipotesi, che fa il nostro Autore nel citato n.° XIV. della sua Memoria Accademia di Siena, di a5 ng = z -^ 5a'' — r^ ) „ che, non sia altro , che funzione di radici 5, contenenti sotto di se altre funzioni di radici inferiori? E ciò 5, sempre supposto, che fosse necessario sotto alle radici quinte „ dei A'alori-di m,n,p, /] aver funzioni di radici quarte . j8. ., In secondoiuogo non so vedere dalla risoluzione del- ,> le Equazioni inferiori al quinto un' analogia cosi imperiosa. che mi costringa ad ammettere tale necessità; piima, perchè „ troppo pochi sono i gradi inferiori dai Geometri risoluti ; poi ., perchè anche nelle Equazioni di 4° ahhiamo veduto, che ef- , fettivamente la loro generale risolvente è un' Equazione di ò" , grado, ciascuna delle cui sei diverse radici è idonea a dare il , valor del primo fattore x -]- m -\- r -\- n dell' Equazione di 4" grado . Questo è il nostro secondo dubhio promosso sulla di- „ inostrazione del Socio Ruffini . 19. ,, Io non so vedere difficoltà alcuna uel concepire , che „ nel valore di 7n = [/ F- possano aver luogo funzioni di radici 55 seste, perchè derivate da Equazioni particolari , e non da ,, Equazioni generali di sesto gi-ado, le quali radici seste com- j, prendano anche sotto di se funzioni di radici inferiori ,, e per pruovare questa sua proposizione adduce il Socio Maliatti r esempio delle Equazioni biquadratiche, nelle radici delle qua- li esistono funzioni di radici terze , e di radici seconde vincolate sotto i primi indici di radici quarte , e inseguito nella ( pag. 599. ) riporta la sovraesposta Equazione particolare .x' -1- b.ux^ + 5^a* = o, nella risolvente;;'' — 5'. a'^^-hec. =0 della qua- le ( n.° i3 ) ti'ovando per radice il valore 3 = a' — 3^ [/ 2. — ec. (cit-^n. i3 ), col sostituirsi di tal valore della s, la quantità m diverrà, soggiunge Egli nella (pag.6o4) j, eguale a y di funzio- F f 2, ,. ni a|/ di aiB Risposta ai dubbi proposti ec. „ ni ili altre radici quinte, le quali nel nostro caso nor^ ricevono ,, sotto di se né indici di radici quarte, nò di terze^ né di secou- „ de. Lo stesso si dee concludere per gli altri valori di n, p^ tj^ e ,, ciò non ostante se libereremo datrl' irrazionali 1' Equazione 35 x+m-^n H-/7-+-^ = o, verranno talmente cambiate tra loro, „ combinate, e attemperate le funzioni di radici quinte coni- „ prese sotto l'indite primo di radice quinta, che da ultimo non ., risulterà, che l'Equazione proposta 4' + S.ax^ + 5'. a'=: o, ,, né vi sarà alcun pericolo, che tali funzioni di radici quinte 5, comprese sotto il primo vincolo di radice quinta facciano j, ascendere T Equazione ìnx a grado più alto del quinto . 01- j, treciò servendoci del sovraesposto valore di z,o valendoci di , j ciaàc-uiTo degli altri cinque, che abbraccia la risolvente in ;: di j, 6° grado, sempre ci ridun-emo allo stesso fattore x -\- m -\- n -{- j, p-^q=o della proposta nostra Equazione . ,,, E se ciò accade , , iinalmentc Egli dice ( pag. Sgg. ), „ in nn' Equazione particola- 5, re, sembra che il buon raziocinio a più forte ragione ciò esiga ;, in un' Equazione generale ; e siccome per la generale essendo ,, di 6" grado la risolvente, deve aver luogo la radice sesta , si ., rende chiaro, che sotto alla radice quinta avremo funzioni di 5 radice sesta , che comprendono sotto di se funzioni di radici j, quinte, riuscendo nel nostro caso particolare podestà seste j, perfette quelle funzioni, che si truovano sotto F indice di ra- 3, dice SQsta, onde non appariscono altro che funzioni di radici „ quinte . ao. Concederò di buon grado al Sig. Professore Malfatti cioc- ché Egli dice nel ( n.° 16. ), concederò pur anche nel ( n.' 19- ) » i che il valore di w =: |/ ¥z potrebbe contenere funzioni di radi- ci seste, mentre però la z fosse determinabile, e concessogli ugualmente, quanto nel (cit-^n." 19.) dice Egli rapporto all' Equazione particolare portata ad esempio , ed al valore z = a* — v^ a — te. , non posso poi accordarmi seco lui su quanto nel numero medesimo si conclude . Imperciocché, se operando sopra di Di Paolo RuFFiNr. ì%^ di nn* Equazione generale , ottienesi un certo risultato, o se acca- de una certa combinazione tra i suoi coefficienti , o tra le sue ra- ^ dici, comprendendosi da questa generale tutte le rispettive Equa- zioni particolari ^ potrà certamente concludersi, che, prescin- dendo da alcune sj>eciali modificazioni , lo stesso risultato , o la combinazione medesima debbe aver luogo eziandio in una qua- lunque di queste particolari Equazioni; ma allorché il risultato supposto, o la supposta combinazione succede viceversa nell'ope- rare su di una data Equazione particolare , non veggo come si possa esigerlo stesso nella corrispondente generale . Alcune pro- prietà della data Equazione particolare ponno essere a lei specia- li in modo , che non appartengano punto alle altre Equazioni particolari dello stesso genere ; e ciò essendo , è chiaro , che simi- li proprietà non potranno appartenere neppure all' Equazione generale . Dunque se il risultato , o la combinazione supposta proviene nella data Equazione particolare in conseguenza delle indicate proprietà speciali, esso, od essa non potrà punto acca- dere nella Equazione generale . Di questo medesimo sentimento dimostrasi però Io stesso Sig. Malfatti nella ( pag. S89. )j ove dice,, le Equazioni particolari di qualunque grado possono avere „ delle proprietà non comuni alle Equazioni generiche del me- ,, desinio grado , come quella di avere un divisore razionale jf di grado inferiore , che le generiche non potranno mai avere, 5, e così dicasi di altre proprietà . ,, Nell'esempio del Sig. Malfatti la risolvente z^ — 5'. a' 3' -}- ce. = o {n° i3.) ha per proprietà a lei speciale il fattore z-i-S.a'^, e in conseguenza di questo, tal risolvente, riducendosi ad un' y Equazione in z di 5° grado , ci somministra poi ^ =ì: a* — 2.^\/ 2, — ec ( n.° i3. ); ma un fattor razionale manca in tante altre ri- solventi dello stesso genere, e manca nella risolvente generale (n.° II. ) Dunque dalla sola osservazione del precedente valore z = a* V — a' |/ a — ec non sarà lecito rapporto alla risolvente genera- le concludere, che abbia essa radici di forma simile alla indica- ta , a3o PuSPOSTA AI DUDBJ PROPOSTI CC. ta , e che abbia radici , nella espiession delle quali sotto la |/ coutengansi dei radicali quinti. Come potrà poi dirsi , che nel nostro caso particolare non appariscano altro, che funzioni di ra- dici quinte, perchè riescono podestà seste perfette quelle funzio- ni ^ che si truovano sotto l' indice di radice sesta ? L'equazione, V che ci somministra l'espressione z=a*-- 2.^ y 2, — ec non è già un' Equazione propriamente di 6" grado, ma è un'Equazione di grado 5°, quella cioè, a cui la s* — 5'. a' z^ -\- ec. ;= o si riduce con la divisione per s + 5,a* . ai.- Se r illustre Socio Malfatti non sa vedere tra 1' Equazio- ne di 5° grado, e quelle di grado inferiore 1' analogia che accen- na nel { n." i8 ) ; io aggiungo di più, che qualunque analogia ap- parisca . non sarà mai lecito in conseguenza di questa sola asseri- re r insolubilità della Equazion genei'ale di 5° grado; come non è lecito a cagion d'esempio asserirne viceversa la solubilità, sola- mente perchè con i metodi de'Sigg. Eulero, e Bezout, e Malfatti una supposizion medesima ci può pojtare tanto nella Equazione di o" come in quelle di 3% e di 4" ^i delle trasformate tutte di 6" grado : ma se tale è il mio sentimento, come lo è difatti, e se i ra- ziocinii , che applico alla Equazione dì 5*grado ( Teor. delle Equaz. , Mera. T.° X della Soc. It.) (preced. n a, ec. 11 .) riguardano tuj;- ti in primo luogo l'Equazione algebraica generale di grado m , quindi la generale di grado 5°, e nulla le altre; come può mai dir- si, che nelle mie conclusioni , o ne' miei discorsi sia stato guida- to dall'analogia con le Equazioni di grado inferiore ( n." j 5. ) , e muoversi qual dubbio alle mie asserzioni un dubbio , che riguar- da l'analogia (n." 18. )? È vero, che nel ( Gap. ia° Teor. delle Eq. ) sonosi applicati i principi fondamentali alla soluzione delle Fqua- zioni di 3" e di 4" grado ; ma ciò si è fatto puramente , affin di mo- strare la generalità di questi principii, far vedere , che tutù i metodi di soluzione <2 7^^.si'er/ori dipendono infine da' principj medesimi, e farci così strada a cercare la soluzione delle Equa- zioni di grado supeiùore . aa. Di Paolo R.uffinI' a3i aa. Quanto il Chiarissimo Sig. Malfatti espone nei prece- denti ( n. i6 ec. 19 ) , vedesi, che lo espom; affiri di obbiettare a ciò , che Egli nel (n.*^ i5. ) asserisce, essersi da me pronunciato , e da cui ligli dice , che io dt-duco la impossibilità di sciogliere la Equazione generale di 5° grado ; ma percorrendo tutti i discor- si, che Taccio io tanto nella Teoria , come nella Memoria, onde determinare (juesta impossibilità ( preced. n. a , ec. 11.), e pa- ragonando essi con quanto si dice nel citato ( n;° i5. ) volersi da V me rapporto alle funzioni di |/ , e da me concludersi rapporto alle pretese tre radici uguali nella risolvente di 6" grado, confes- so , clic non so truovare qual sa tra gì' indicati discorsi quello , che possa aver indotto 1' illustre Malfatti ad attribuirmi quanto nel citato ( n.° i5. ) si contiene. Ciò non ostante, siccome parlo di Equazioni , alle quali deve ridursi la proposta di 5° grado, on- de risolversi , e siccome considero la riduzione nel ( i" n.° a8o Teor ) dell' Equazione in M di la ' grado , ed accenno nel (5° n.° a8o. Teor ) la riduzione dell' Equazione in N di grado ò", ad un alti-a di 4" grado; sarebbe egli mai , che il nostro Autore, consi- derando come cosa identica il dire una quantità dipende da un' Equazione di 4° grado, e il dire una quantità è necessariamente 4/ funzione di |/ , abbia dall' uno „ o dall' altro dei citati ( 1° 1 5' n.° ii8o. Teor.) dedotto pretendersi da me essenzialmente esisten- 4/ 5 / ti le funzioni di y sotto alla J/ del valore di in [n° 1 5. ) ? Se mai ciò fosse, prego l'illustre Sncio ad oservare, che, mentre considero la riduzione dell' Equazione ii; M , e accenno quella dell' altra in IN ( i% 5° n ° a8o. Teor- ) ad un' Equazione di 4" gra- do , non dico già, che non possansi ottenere i valori rispettiva- mente della M, e della N senza una tal riduzione: dico so amen- te, che la M , la quale dipende da un' Equazione di ia°, e la N, che dipende da una di 6° grado .. non possono determinarsi, se non ridaceiido tali Equazioni ad altre , di cui conoscasi la soluzione. Ora tra le Equazioni , che sanno sciogliersi , avvi quella di 4" gra- aSa Risposta ia ducbt proposti «C. grado; diuique nel dimostiare l'indeterminazione delle accennate quantità, conveniva considerare questa riduzione della corrispon- dente Equazione in M , od N ad altra di grado 4° • Nel tempo medesimo j>erò ,e nella medesima maniera ho considerata ( 1° , ec. 5° n ." aUo. Teor. ) eziandio la riduzione della stessa Equazione in M, ed ]N ad un'altra di 3° , e la riduzione ad una di 2^, e la ridu- zione jjersino ad una di primo grado; e confesso , cbe non veggo j 5 / come possa aver lasciato luogo a credere, clie sotto la y del va- . V ■ loro di m 'pretenda doversi contenere funzioni di y piuttosto . . . y . die funzioni di y . Riferendo jCome si jè detto finora , gì' indi- cati radicali alle rispettive Equazioni , a me sembra manifesto , elle ne' miei raziocinii vengono quefiti ad esser tutti considerati egualmente, e chop come pretendo non potersi nel valore di m 5 / 3 / sotto la y contenere la y '■> ^^si pretendo non potervi esistere 4/ nemmeno la |/ . Finora ho concesso all'egregio Socio Malfatti, che una quan- tità , la quale dipenda da un'Equazione di 2°, o di 3°, o di 4° gi"^- do contenga nella sua espressione il radicale corrispondente ; ma 4/ concedere non gli posso , ,, cbe tutte le forme di funzioni di y „ debbano essere comprese in un' Equazione di 4° grado razio- ,j naie ,, ( n° iS. ) , mentre col nome di forma intendasi un es- pressione, nella quale si contengano le accennate funzioni, co- me sarebbe per esempio la precedente y 3 ^—y 2, j/'i (n ° 1 6 .) , e molto meno posso concedergli, che questa proposizione siasi da m^ein alcun modo pronunziata, e supposta . Mentre ho supposto di ridurre la data Equazione di 5° grado , o le Equazioni sovraci- tate in M , ed N ad altre di 4% o di 3" , o di 2." grado , non 1' ho già supposto in conseguenza della proposizion precedente, ma . l'ho 1 Di Paolo RurPiwr. 233 Y lio supposto soltanto , oode scuoprire, se le incognite di tali E- £juazioui sono, o no algebjaicamente determiiiabili . Riti-ovato , che tutte le trasformate, mediate esse siansi , od immediate, della data Kquazione generale di 5° grado sono od in- solubili, o inutili alla mediata, od immediata determinazione della .X (n.ii,cc. IO.); quindi concludo essere impossibile lo scioglimen- to algebraico di tale Equazione. Ciò dunque essendo , non veg- go , come mai il Sig. Malfatti possa dire nel cit.° { n.° 1 5. ) , che io ,, concludo , che la data risolvente di 6° grado debba avere tre „ radici uguali, la cpial cosa non verificandosi nella generale ri- esci venie, giudico impossibile la risoluzione generale delle E- „ quazioui di 5° grado- „ Converrà .dire , che io abbia mancato nelle mie espressioni della dovuta chiai'ezza, e die abbia forse indotti così i leggitori ad una folsa interpretazione ; ma per amo- re <1 ella verità non jjosso dispensarmi dal protestare, che tanto nella Teoria, come nella Memoria non saprei determinare, quale delle mie espressioni possa aver dato luogo a tale equivoco, e che d' altronde non ho avuta giammai intenzione di asserire , né ho ifiammai immaginate 6° grado le pi ecedenti nella risolvente di tre radici uguali, concludendo io l'insolubilità della Equazione generale di 5" grado per tutt' altra cagione ( n.° io.), che per quella , che dal Sig. Malfatti viene indicata ( n.° iS. ). 2,3. Neil' assegnare la dimostrazione di questo Teorema , ho 5 y già avvertito (n.° 1 1), che , eccettuata la i / M , non considero punto la natura degli altri radicali , che potrebbero contenersi nelle radici delle trasformate, e nei valori della x, allorquando simili radici, e simili valori fossero determinabili; ora però ri- fletto , che la considerazione di questi radicali può somministrar- ci ossa pure'un mezzo , onde pruovare la verità del Teorema me- desimo: ma riseibandonii ad eseguir ciò suU' ultimo, prenderemo presentemente ad esaminare quei dubbj ( n,° 14 ) , che rimango- no tuttora a considerarsi , quei dubbj cioè^ i quali riguardano i fattori razionali , che possono contenersi nelle successive risol- yenti ^ e la continuazione delle risolventi medesime . Iconio XII- G g -24. / fl34 Risposta ai dubbj proposti ec 24. Nel precedente (u.° 17 ) vengono in parte espresse que- ste ultime difficoltà dell' Egregio Socio Malfatti , e vengono in seguito ripetute in generale nella (pag. 6o3. Tom. XI Soc. Ital. ) ; ove indicata la prima sua risolvente 2" — aM^"* — ec. =0, che avea già specificamente determinata nel (n.° XIV Meni. Mal- fatti Tom. 4.° Accad. di Siena) „ soggiunge immediatamente, „ „ nella quale manca il secondo termine, e i simboli tra loro in- „ dipendenti non sono , che quattro , il che la esclude dal nu- ,, mero delle generiche , », e la mette nella classe delle Equa- ., zioni particolari di 6.° grado; dal che viene avvertito il Geo- „ metra di cercare prima di tutto, se tale Equazione accetti qualche divisor razionale di grado inferiore. Al caso che ciò non succeda , panni , che non si debba concludere essere irre- , solubile la proposta di 5." grado , ma che si deggia passare alla risolvente di tale Equazione di 6.", „ e il divisore potrebbe j, in questa trovarsi ; rimarrebbe con ciò risoluta Y Equazione ,, della prima risolvente, e conseguentemente l'Equazione pro- ,5 posta di 5." grado . Non potendosi nemmeno in quest' ultima „ rinvenire tal divisore, e perchè sarò io costretto a giudi- j, care impossibile la ricercata soluzione , senza V esame previo „ delle ulterioi-i risolventi , che divengono poi la terza , la quar- 5, ta , ec. risolvente della proposta Equazione ? ,, Onde avvalorare la sua difficoltà considera qui F illustre Autore ( pag. 6o3 , 6045 t>o5 ) le risolventi , che nascono dalla Equazione particolare a;' + 5 . 2.r H- 5* . a* = o , e col metodo \ precedente nella guisa indicata sul fine del ( n.° i3 ) accenna ri- truovarsi attualmente il più volte esposto valore z = 2,* — ^'l/ ^* — ^^- •> radice della risolvente prima (n.* 1 3) . 2,5. Dopo la considerazione di questo caso particolare, ag- giunge nuovamente il Sig. Malfatti ( pag. 606 ) . ,, egli è però 9 „ che per una generale Equazione in x di quinto grado , man- ,, cando tal divisore nella prima risolvente, sono obbligato a cer- ,, carne qualcuno nelle risolventi ulteriori, le quali son tutte „ Equazioni particolari , e non generali , né da quest' obbligo ,, mi Di Paolo Rufpini. a35 ,, mi truovo disimpegnato ^ se non nel caso , che siami solida- ,, mente dimostrata l' impossibilità di trovare tal divisore „ ; e finalmente conclude non sembrargli alla dimostrazione del no- stro Teorema argomento sufficiente la necessità delle tre radici uguali nella prima risolvente in z di 6.° grado, e sembrargli, che la dimostrazione istessa sarebbe stata più irresistibile , se si fosse raggirata sulla impossibilità di truovare non solo nella pri- ma risolvente in ;z, ma nemmeno nelle risolventi ulteriori un divisore di grado al 5.° inferiore . a6. Nulla dirò rapporto a quanto ripetesi nel ( n.° prec. ) delle pretese tre radici uguali , poiché ne ho già parlato a suffi- cienza sul finire del ( n." aa. ) ; riguardo poi alla continuazione delle risolventi indicata nei precedenti ( n.> 17 , a4) j sembra- mi , che venga tolto qualunque dubbio da quanto è detto nei ( n.i a, 7, 8 ) . Rapporto finalmente ai fattori razionali , che pos- sono contenersi in queste successive risolventi , e in generale in tutte le trasformate successive , i dubbj dell' Egregio Socio Mal- fatti meritano alcune riflessioni , 27. Supponghianio, che dall'Equazione generale (F) ( n° a. ) deducasi una prima trasformata, o risolvente , e tale sia la (VII) . Ciò fatto osservo in primo luogo , che nel ( n." aS Mem. sopra la Insolub. ec. T. X. Soc. Ital. ) si dimostra , che il primo membro della (VI') non può avere alcun fattore, i coefficienti del quale siano funzioni razionali de' coefficienti pioprj ; ma possiam dire in egual modo, che non può neppure contenerne alcuno, i coeffi- cienti del quale siano funzioni razionali dei coefficienti della (F) ? Si certamente -, e quel discorso medesimo, che nel citato (n." a8 Mem.) ci pruo\ala prima di queste proposizioni, ci dimostra ezian- dio la seconda ; avvertendo però, che in questo secondo caso, vo- lendosi i cbefficienti a,ec.t, u del fattore z' +az''~'-i-ec. -\-tz-v-u supposto nel (n."a8Mem.) funzioni razionali dei coefficienti della (F) , ciascuno di essi deve considerarsi , siccome funzione delle x' , x" , x" , ec. , e funzione per la generalità della stessa (F), tale che non cambierà di valore , qualunque permutazione G 2 a ese- a36 Risposta ai dubbi proposti ce. esegaiscasi fra le .e', x',x"\ ec medesime,, e quindi nemmeno per la permutazione, onde dalla z producesi la s^'' ''(n ° a3 :Mcm ) . Egli è anzi propriamente da questa proposizione secon- da , che dipende il non potersi dalla (VII), acquistare , corno ò indicato sul fine dello stesso ( a. 20 Meni. ) , la forma (V) . Che se la data Equazione (F) sia particolare j allora la (VII) potrebbe bellissimo contenere un fattore z -f- a- H- ec. -h ^- H- z/ , i coefficienti del quale siano fiìnzioni raziona- li o de' coefficienti proprj , o de' coefficienti della proposta , po- tendo inalloranon aver più luogo il raziocinio del (n/ a8 Mem.) . Quando di fatti il primo membro della s»"-}- az -f- ec. --\- tz -\- 11=0 ivi supposta, di cui z\ z", ec. z^"^ son le radici > vuoisi di- visore del primo membro della (VII), essendo l'Equazione (F) generale ; ciascuna allora delle quantità z" -f- az" ' H- ec. -+- tz\ z"- -f- az'"-\ --{- ec. -h tz", ec. z^''' -^ az^"^'"' -A- ec . -h i z^'^ non potrà evidentemente essere di valore uguale al valore di —u, quando, collocati invece de' coefficienti aec. i^u, ed invece delle radici z', z", ec. z^'''' i loro valori espressi per le x\ x", x"\ ec, non risulti eziandio di forma uguale alla forma dello stesso — u; ma. nel caso d-lla Equazione (F) particolare, da ciascheduna delle indicate quantità z" -h 2""^ -+- ec> + tz\ z" H- az"''~^ -f- ec. -i- tz", ec. .s^'''''-4-«z-''''''~^-hec. -f- tz^''^ potrebbe in conseguenza del valore particolare delle x\x",x"',ec. aversi un valore = — z/, quantunque, eseguita la precedente sostituzione delle x-',.r", x'", ec. , ciascheduna di simili quantità divenga funzione di forma diversa dalla forma , che acquista il coefficiente — zz ( n ' gS, 96 Teor. delle Equazioni ) . Ora il discorso del ( n." 28 Mem. ) esige necessariamente , che le esposte funzioni non possano esse- re = — rz , quando non ne siano uguali eziandio nella forma . Dunque ec. Da quanto abbiamo oi'a detto , vedesi , che può benissimo esistere , come esiste di fatti , un fattor razionale nella prima ri- sol- Di Paolo Ruffini. 207 solvente della Equazione a;'-i-5.2,ji'-f-5*.a^=o ( n-" i3 ), e nelle prime di tante altre Equazioni particolari, senza che perciò abLra esso mai luogo nella prima trast'orinata di un' E(jiiaz one generi- ca. Eglièda simil fattore, che la precedente x^ + ò.ù.x ^-5' a'=o riceve soluzione, quantunque sia insolubile la generale di 5. "gra- do: e così alcune delle Equazioni , le quali nella Memoria sopra la soluzione delle Equazioni particolari , che è inserita nel ( To- nio IX della Soc. Ital ) sono considerate come insolubili^ in quan- tochè non sono riducibili a trasformate di grado al loro inferio- re , potranno , in conseguenza di vni simil fattore esistente nelle trasformate medesime , realmente ammettere soluz.one . 2,8. Ritenendo la (F) Equazion generale; vogliasi trasforma- re la precedente (VII) in un'altra Equazione con l'incognita j . Poiché le radici di una qualsivoglia trasformata sono funzioni delle radici della Equazione, da cui deriva; ne viene, che i valori y'->y "•>/"' ri ec- ? ossia le radici della Equazione in/, dovranno es- sere funzioni delle radici della (VII) , ossia delle s', z", z'" , ec. ; ma queste z, z", z"\ ec. sono per la ragione medesima funzioni delle x', x", x"\ ec ; dunque funzioni di queste x\ x", x"\ ec. saranno ancora le/',/",/", ec Supposto pertanto la radice per esempio /' ==/(c') (z") (2"') . . ., pongansi invece delle z\z\ z"\ ec. i loro valori espressi per le x\ x", x'", ec. , e s' indichi per (P'{x'){x")(k"') . . . la funzione, che perciò risulta =/' . Ciò fatto, osservo , che posso determinare l' Equazione , da cui dipende questa/' in due maniere, i." ceicando dalla (F) immediatamen- te la trasformata in / = o,'(j:')(.r)(x") . . . .; 2." cercando noa immediatamente dalla (F) , ma dalla (VII) la trasformata in y zz f^^z')[z '){z") .... il primo di questi metodi quello si è , che deve sempre, ed unicamente considerarsi tanto nella mia Me- moria , che nella Teoria delle Equazioni j siccome apparisce dai ( n.' 34? ^9-> 43 > ec. Mem. , n.*' i8o Teor. ) , e riducendosi per es- so una trasformata seconda ad essere prima , cioè ad essere una trasformata dedotta immediatamente dalla (F) ; ne segue , che anderà essa pure soggetta al Teorema del (n." 28 Mem. Tom. X. Soc. Ital.) . e quindi non potrà contenere alcun divisore, i coef- a 33 Risposta ai dubbi proposti ec. ficienti del quale siano funzioni razionali de' coefficienti pi-oprj, o dei coefficienti della proposta ( n.° 2,7 ) . Sia f'[y) =0 1 Equa- zione in j/= (^\x){x") [x" ) .... ottenutasi con questo primo me- todo . 29. Deduciamo ora dalla (VII) I' Equazione in / considera- ta , giusta la seconda maniera , =f{z)[z"){z") .... Chiamata F (j) la trasformata, che quindi risulta , osservo in primo luogo , che tutte le radici della/'(j) := o ( n.° prec.) devono essere radi- ci eziandio della V{y) =■ o . Imperciocché, se non lo fossero , es- sendo già tale la/' ( n." prec. ) , e per conseguenza avendosi già dalle/'(j) j F(7) il comun fattore j—j' , con la ricerca del mas- simo divisor comune fra le stesse/'(j) , F (j) , sì troverehhe esi- stere nella /'(/) un divisore, i coefficienti del quale sarebbero funzioni razionali de' suoi coefficienti contro del ( n." prec. ) 30. Pei principi fondamentali delle trasformazioni (Gap. 5.° Teor.) nascendo i valori j",j"',ec. tutti dal primo/==/'(z')(s'")(z" ) . . . per tutte le permutazioni fra le z , z\ z"\ ec,, ed essendo- si la F(/) =0 ( n." prec. ) dedotta immediatamente dalla (VII) , tutti questi j',y',y", ec. saranno necessariamente radici di essa F(/) = o . Ridotte ora tutte le quantità y\y', y"\ ec ad essere giusta il ( n.° a8 ) , espresse per mezzo delle x, x" , x"' , ec. , fis- siamo primieramente 1' attenzione sopra le due y' , y" • Avendosi già 7'= (^'{x){x"){x"') . . . . , osservo , se la funzione , a cui si uguaglia lay, altro non sia , se non che uno dei risultati, i qua- li nascono dalla (!;;'{x'){x"){x") = j per le permutazioni fra le x\ x", x"\ ec. , oppure se sia una funzione, la quale non po- tendo nascere dalla Qf'{x)[x")[x") .... per alcuna permutazione, sia diversa da tutti i risultati medesimi . Nel primo di questi ca- si la/" pel principio delle trasformazioni sarà, ugualmente che la /', radice della/'(y) = o ( n." a8 ) ; ma non lo sarà nel caso se- condo . Poiché in questo secondo caso la funzione =/" è di una forma, comunque siasi, diversa dalla forma della (^' [x')[x")[x"') . . . suppongasiy'— (?3"(x')(j;")(;i;"') .... con l'incognita/ si cerchi dalla (F) immediatamente T Equazione che ha questa funzione ultima per radice, e si denomini essa/"(/)=o . Ciocché nei ( n.' 28, 119 ) ab- Di Paolo Ruffini. aBg aLbiarn detto della /'(v) = o, vedesi, che si dice egualmente di questa/" (/) = o , e vedasi inoltre , clie le f'{y)=o , /'{}') ~ o non possono avere radice alcuna comune , perciiè se ne avesse- ro , con la ricerca del massimo comun divisore , si troverebbe che amendue le/' (/),/"(/) conterrebbero , contro del ( n.° 28 ) , un fattor razionale . 3i. Quanto abbiamo ora detto della/" si applica eguahnen- te alle altre radici 7", 7'", ec. della F(>) = o ( n.° 29 ) . Imper- ciocché ogniqualvolta queste/ '",7"', ec. espresse per le x\x\ x" , ec. ( n. a8 ) non sono che tanti risultati provenienti dalle y - q:'(x')(r ')(r ")..., f =!ì^" [x'){x"){k"') . . . ( n.' a8, 3o ) in con- seguenza di permutazioni fra le x', x ., x'", ec. ; esse 7"', 7'", ec. non saranno evidentemente che tante radici delle rispettive Equa- zioni/(7)=o. /"(7) = o . Che se queste 7"', 7'™, ec. siano funzio- ni delle x' , x" , x'" , ec. tali , che derivar non possano dalle 7' = (^■(x'){x"){x"') . . . , y"=(p"{»;')(x"}{x"') per alcuna delle permutazioni fra le stesse x\ x", x'\ ec; allora supposta, come si è fatto nel (n.°prec.) rapporto alla/",, Ì3iy"—Cp"'{x'}{x"){x"') . . . , \a y" ^=(d"'(x){x' )[x"') . . . . ec. , cercherò immediatamente dalla (F) le Equazioni in/, che hanno per radici queste funzioni fra loro diverse ; e ci verranno in corrispondenza altrettante Equa- zioni , che dirò/'"(/)=Oj/"(/)=o, ec, rapporto ad una qualun- que delle quali paragonata con le altre, e con le/(/) -o,/'(/)=Oj F(/) = o si verificheià evidentemente quanto nei precedenti ( n.* 28 , 29 , 3c ) aLbiam detto delle/' (;) ) = o /"() ) = o . Si.. 11 primo membro della F(/) = o nelle supposizioni de* pi-ecedenti ( n.' a8, 29, 3o, 3i ) altro non essendo , che il pro- dotto degli altri primi membri f (j)^ f'(y), /"'{/}, f""(y) ec, i qua- li tutti sono razionali; ne segue , che, allorquando dedurre si vo- glia non immediatamente dalla (F) . ma dalla (Vi!) una trasfor- mata; che abbia per radice una (unzione y =f{z ){z")( z" ) .....; l'Equazione, che «e risulta potrà benissimo contenere tanti fat- tori razionali ; ma la F(/) che è appunto questa Eqnazion risulta- ta dalla (VII) { n. 29) pei precedenti (n.'28,ec. 3i ) non può contenere altri fattori razionali fuorché i sovraindicat* 24-" RXSPOSTA AI DUBBJ mOPOSTI CC . /(/)-/"()''),/"<;■), ec. provenienti tutti dal cercare immecliata- niente dalla (F) le E(|;]azioui , che hanno per radici le corrispon- denti Ainzioni r='^{x'){x"){x"') , j = (p"{x')(x"){x"') , y = cp"'(.r')(.t;")(r"') . . . . , ec^ e queste Equazioni quelle sono, sul- le quali unicamente vertono, come si è notato nel (n.° a8 ) , i raziocinii , e le conclusioni riguardanti 1' irreeolubilità della Equazione di 5.° grado tanto nella Teoria, come nella Memoria . Dunque allorquando nella (F)si ha nz—6, e nella ('VII) «> a , es- sendosi esse pei (n.' 34,'«ec. 4o Mem., n." 380, ec a83 Teor.,prec. 11." IO ) ritrovate sempre od insolubili , od inutili alla determina- zione della incognita nella (VII) ; ne segue , che njun vantaggio può mai risultare alla soluzione della Equazione generica di 5.* grado dai fattori razionali , che possono esistere nella seconda ri- solvente, 0 trasformata F(j)r=c. Ora quei discorsi medesimi, che abbiamo presentemente eseguiti ( n ' 2,8, ec. ) sopra di questa se- conda , è chiaro, che hanno luogo eziandio sopra una risol- vente terza, sopra una quarta, ec. ; pei'chè, mentre si voglia u =f(y')(y")(y"') .... col porre invece delle/',/",/'", ec. i loro valori espressi per le x\ x", x'", ec, , le radici u', u\ u", ec. di- vengono tante funzioni esse pure delle x\ x" ^ x'" , ec. determina- bili solamente pei tante Equazioni , i cui primi membri sono co- me i precedenti /'(/),/ '{/)■, /"(/), ec, , privi di fattori razionali , e le quali sono in egual modo od insolubilii, od inutil allo scuo- primento della x . Dunque i divisori comm.ensurabili, che posso- no esistere in quante si vogliono risolventi ulteriori, e che real- mente possonvi esistere soltanto, mentre tali risolventi vengano determinate col a.° dei nietodi accennati nel ( n.° ao ) , saranno tutti inutili alia determinazione mediata , o immediata della x nella Et£uazione generale (F), mentre 1' esponente di questa (F) pongasi = 5 . 33. Da quanto si è detto nei precedenti ( n.' a6, ec. 32 ) m risposta alle difficoltà enunciate nei ( n.' a4, a5 ), e da quanto si è detto nei ( n."' ao, ai, aa) in risposta ai ( n.' 14, ec. 19 ) tutti mi lusingo , che vengano dissipati i dubbj , che il Chiarissimo Socio >IaU'atti si è compiaciuto promuovermi . Affine però di soddisfar pie- Di Paolo RuFFiNi. 24' pienamente a quanto Egli , sul finire della «uà Memoria , con termini veramente a me troppo onorevoli, e dettati soltanto dal- la sua gentilezza si degna richiedermi, veggomi in dovere , pri- ma di terminare questo mio scritto, di sciogliere qualche altro dubhio , che insorger ]>otrebbe a taluno sopra l' insolubilità del- la Equazione generale di 5.° grado . P A R T E II. Risoluzione di alcuni a/lri dubbj riguardanti V Insolubilità algehraica della Equazione generale di grado 5° . 34. Nella Memoria riguardante questo Teorema si è dimo- strato (n.' ai,ii2, 2,4, 33, 35, 4'? ec. Mem.), che, posta una fun- zione fra le x' , x", x'", ec. razionale (n.° 11), ed avente in conse- guenza delle permutazioni un numero, che dirò/7>3 di valori j tra loro diversi , F Equazione di grado /?, da cui tal funzione di- pende, non può giammai acquistare la forma (VI) ( n.° 2, ), men- tre nella Equazione generale (F) abbiasi ot=5. Nessuna pe rtanto delie precedenti Equazioni /'(/)=o,/'(j):=:o, /"'{)) = f , fc- (n. 28, 29, 3i) potrà avere tal forma, mentre il rispettivo esponente sia >. a: ma quantunque ciò si verifichi in queste Equazioni , non potrebbe poi darsi, che non si verificasse nella F(r)=o, Equazio- ne formata dal loro prodotto (n." 3a), e che però quest'ultima po- tesse avere la forma [y-^-aY -{- h ■= o, essendo a, b funzioni razio- nali de' coefficienti della (F) , ossia funzioni della forma Funz. C x',x' ,x"\ ec. ), (n.' 3 , 3i , loi , io5 Teor. ) ? Ecco un dubbio, che credo necessario risolvere , poiché un simile caso non è contemplato nella Memoria, e d'altronde potendosi sempre dalla (^y-inri)^ + b = c ottenere per Io meno un valore/' •, da questo ^ se fosse possibile, e mentre una delle/'(j)=:o,/'(j)=o./"'(j)- c,ec. avesse il suo esponente > 3. potrebbe ricavarsi o mediatamente, o immediatamente il valore della x nella (F) . Supposto pertanto, che l' esponente di una delle /'(/) -o, f"{y) = o , /'"(.)) = o 3 ec. sia > a , e supposto , se è possi- Tomo'xil. Hh bi- a42' Risposta ai dubbj proposti ec. bile , che la F(v)=:o nata dalla moltiplicazione fra loro di quer ste Equazioni acquisti la Torma {y -\- ay -{- b = o ^ facciamo j -j- a=Q, la F(>) = o diverrà perciò Q^+^==o. Ritenuto che sia giusta i (n.i a8, 3o, 5 1) y=(e'{x'){x"){x'''){x'^){x''), y"=(p"{.v){x') {^"'l{x"'){x'') , y" = :'){^'"){.x:"')(x''){x'") , ec. risultandoci Q' = (f'{x'){x"){x''){x-%r-) -a = a. Avendosi pertanto Q" i=a" Q'i, è chiaro, che se la Q'i risulti = Q', risulterà ancora la Q"i = Q", se la Q'ì diviene disuguale dalla Q', diverrà ancora la Q"i diifereiite dalla Q "; e cosi vicever- sa Di Paolo Rupfitii. a43 sala Q'i risulterà uguale 5 o disuguale dalla Q' , secondocliè si vuole j che la Q"i divenga uguale, o disuguale dalla Q" . Ma ciò stesso j che si è ora detto rapporto alla Q" paragonata con la Q' nella Q"=x"'Q' , dicesi egualmente rapporto alle Q'", Q'^ ec. pa- ragonate ciascuna con la Q' nelle rispettive Equazioni Q'" = 1t ut a," Q', Q'^ =z a." Q\ ec. Dunque tutte quelle permutazioni fra le x'y x\ x'", x'", x'", le quali non cangiano il valore della Q', non cangiandolo neppure in ciascheduna delle Q'", Q'", ec. , e quelle permutazioni , le quali producono valore diverso nella prima di queste funzioni, producendolo diverso eziandio in ciascheduna delle altre •, ne segue, che chiamato g il numero dei valori diffe- renti, che per tutte le possibili permutazioni fra le x\x",x"\x'^,x''' ottengonsi dalla Q' compresa la Q' medesima , di numero g saran- no ancora tutti i valori diversi , che per tutte queste permuta- zioni, proJuconsi da ciascuna delle Q",Q"'iQ'^} ec. compresavi là stessa Q", oppure Q'", oppure Q'", ec. 35. Dunque tutte le Equazioni/ (Q — fi)=o ,/"(Q — (ì)=o , f"'iQ — a)=.o, ec. equivalenti alle altre /'(>)=: o ,/"(/) = o, /'(/)= o , ec. ( n." 34 ) avranno il medesimo esponente g ; ma i valori della Q, che sono composti da tutte insieme le/'{Q — a)=o, f"{Q — o)=o,/"'(Q— tì)=o,ec. devon tutti essere contenuti nel- la Q' -I- ^=0 ( n." 34. ) } e per ipotesi fatta nello stesso ( n.** 34 ) r esponente d'una delle/(j)=o,/''(j) = c,y'"(7) = 0 , ec. deve essere >. 2, . Dunque supposto jy = gk , la. Q^ -+- b = e si lidurrà alla Q^ -5-^ = 0, in cui sarà h un numero intero , e positi- vo, e sarà g > a , onde pel ( n.*' 1^. Mem. ) g non < 5. 36 II precedente numero h deve essere >■ a . I.* Se si volesse/i=i la Q'-\-b=o divenuta Q^-\-h=o tutti uni- camente conterrebbe i g diversi A-alori, che per tutte le permuta- zioni fra le x.,x',x"\x'^,v" ottengonsi dalla Q' (n.° 34), e per con- seguenza non sarebbe già il prodotto delle varie Equazioni f(Q—a)=c,f"{Q — tì)=o,ec. (n. prec.); ma soltanto una delle medesime; oi'ai è una funzione della forma funz. {x\x".,x"'ìx".,x'^) Hh 2 ed 244 Risposta ai dubbj proposti ec. eà è g>3. (n.° 35) . Dunque, essendo quest' Equazione Q^+b=o impossibile ( n.' ai, aa, a4 Mem. ), sarà ancora impossibile , che abbiasi h=i . 2." Vogliasi h=2, e la Q'' -+- b=o divenga perciò Q^^ 4- h=.o. Chiamati in questa ipotesi Q'i, Q'a, Q'3, ec. Q'(^) i valori diver- si deriv^ati per tutte le permutazioni fra le x\ x", x"\ x'", x'^ nella funzione Q', e Q"i, Q'a, Q"3 ec. Q"(g) i derivati nel modo istes- 60 dalla Q", cosicché le prime tra queste quantità siano le ra- dici della /(Q — a)=o , e le seconde le radici della f"{Q—a) = e, «sservo che la precedente Q*° -H b = o non può essere che il prodotto di due sole delle Equazioni /'(Q — a) = g , f"{Q — a) -=o , f"'{Q — a) = o , ec, e che per conseguenza , suppo- sto Q^"^' +^=/'(Q-fl)X/"(Q—«)=05 i valori Q'i,Q'a, Q'3, ec. <3(ì:) , Q"ijQ"a, Q"35 ec. Q"(ì;) tutte saranno le radici di essa Q " H- b=c. Ciò posto, moltiplichiamo la radice Q'i successivamente per Je potenze «, «*, «', ec, «(ag — i), a^° = i della x supposta nel (n." 34 ) ; per la natura della Equazione Q^^ -i- b = 0 , tutte do- ^^ranno quindi successivamente prodursi le sue radici . Ora es- sendo g non <5 (n." 35)^ e però ag non < lo^ ed essendo la x quale F abbiam supposta nel citato (n." 34)' io dico, che il pro- dotto xQ'i niuna può uguagliare delle quantità Q'a, Q'3, ec. •<3'(g) , e ciò si dimostra con un discorso perfettamente uguale a -quello del ( n." ai Mem. ) , avvertendo , che , a cagione di ag non < lo, tal discorso ha luogo eziandio, allorquando nella per- jnutazione semplice di 1.°, o semplice di-a.° genere (8.°Intr. Mem.), per cui si pretende , che la aQ'i nasca dalla Q'i, vuoisi , che tut- te restino implicate le radici x', x'\ x"\ x", x". Dunque non po- tendo questa quantità «Q'i essere uguale, che ad una delle Q"i, Q"2y Q"3, ec. ^\^^ supponghiarao Q"i=«Q'i, dovrà quindi essere pel (- h . 34 ) Q"i =aQ'K fT'a = ^.Q'a, Q''3 — (>;Q'3, ec, e in generale Q"(«) = #:Q'(?j) , essendo n non > g - Si Di Paolo Ruffini. 24 Si moTtiplichi presentem&nt# la Q', per «*; il prodotto «'Q'i, ninno potrà uguagliare dei risultali, i quali piovengono dalla Q" ; imperciocché se si volesse «'Q'i=Q"(/z) , avendosi, per quan- to abbiam ora detto, Q' {n)=xQ'[ìi) , ne verrebbe «*Q'i = aQ'i'i) , e però Q'('/) = txQ'i, il che abbiam veduto non poter essere . Sia adunque «^Q' i=Q'2 . Moltiplicando la Q'i pera', il risultato «*Q'i non potrà es- sere uguale ad alcuno di quelli che nascono dalla Q', perchè se si volesse x^Q' i =Q'(n); avendosi già «*Q'i=Q'2,i si ritrarrebbe Q'{n)=xQ'-2, il che nuovamente, per quanto si è detto di sopra , è impossibile . Abbiasi pertanto «^Q'i =Q"ii . Col moltiplicare la solita Q'i per a"*, ne verrà il prodot- to «''Q'i , il quale a ninna può uguagliarsi delle radici della f"{Q — a) =iO : perchè se fosse ì:^Q' i =Q"[n) ; a cagione di Q"{n\ = x Q'{n), si avrebbea''Q'i=«Q'(«) , e però Q'{n) = ^Q'i, il che si è ora veduto non poter succedeie . Pongasi perciò a^Q'i -— Q'3. Proseguendo nella stessa maniera , si truova , che nessuno dei prodotti «'Q'i, «''Q'i, <^^Q'i, ec. può essere uguale ad alcuna delle radici della/'(Q — fì)=c , e nessuno degli altri «*Q'i, «.^Q'i, a'°Q'i, ec. può uguagliare alcuna delle radici della /"(Q — a) = o, e che perciò potremo sempre supporre a'Q'i ^Q"3 , «'Q'i = Q"4, ^'Q' I = Q"5, ec. *'Q' i = Q'4, «'Q' 1 = Q'b , ec In conseguenza di questo tutte le radici della Q~° -4- Z* = 0 si comprenderanno nelle due serie. Q'a=:a'Q'i,Q3=«^Q',^Q'4=^*Q'i,Q'5=«8Q'i,ecQ'fe)=*''^^'~'^Q'l=*°^Q'n Q'i = «Q'i, Q"a=z3Q'i, O 3=*5Q' . , Q"4=^.'Q i, ec. Q"(g)= «""^"'Q'' contenendosi nella prima le radici della/ (Q- a) =0 , e nella seconda le radici della/" ( Q — a ) = 0 . Facciamo «*=|3, e nella «^° — t = o facciamo ii^ = l ; tale Equazione diverrà tg — 1 = 0, e le qwantità ^ = «% f3* = «4 , §i = x\ ec. (5° =r a:''^ saranno tutte le sue radici, perchè per la natura della x ( it° 34. ) le «% «% «*, ec, «''=, e però le |3, |S% /S^ 5 ec. 246 Risposta ai dubbi proposti ec. ce. p^sono tutte fra lor disiigua^ , e ci verrà Q'a = ,'3Q'i , Q'3 = /3'Q',Q'4 = j3'Q'i,ec.Q(g) = (^^~'Q'i,Q'i = l3«Q'i . Ora perla natura della t^ — i=o abbiamo la somma semplice delle (i',p%/3', ec. j2^ , la somma de' loro arpbi , de' loro terni , delle quaderne e in line la somma de' loro prodotti, a g — ^ ^ S — ' uguale allo zero. Dunque verilicandosi ciò ancora nelle quantità Q'i , Q'3 , Q4 6'^- Q (d) ' Q^ 5 ^^^ segue ievidentemente , che l'Equazione f {(^ — « ) = o dovrà avere la forma Q^ — V =:o , in cui V= ± Q' Q'ii Q o . . . Q (g) j ma essendo il prodotto Q'i Q'a Q'3 . . . Q (g) funzione della forma funz.'^ [^x\x'\ x"\ x'^^x") { n.° loS-Teor), ed essendo g > a ( n.° 35 ) , è impossibile, che la/' (Q — tì) = o abbia questa forma Q^ — V = o ( n. ai , aa , a4. JMem. ) . Dun- que sarà ancora impossibile, che nel nvunero j) =i gJi abbiasi 7i = a; e per conseguenza dovrà essere A > a. 37. Nella Q^'' + Z^ = o ( n." 35 ) pongasi Q^ = R, ne verrà 'Kh-\-b — c . Essendo Q^ e però il, funzione delle x\x'.,x"'.x''", x' ( n." 34 ) 5 espressa per R tuia delle radici della R H- Z» = o , e quindi supposto R' = ij>' [x) [x") {x'") (.1'") (x") , esservo tosto, che le h radici della R ~f- Z» =: o non possono essere i soli diversi ri- sultati, che provengono per tutte le permutazioni fra le x , x" , ec. , x'" dalla sola funzione ■/ (.t: ) (r") ( v ) (x'^j {x'") = R' , perchè inallora 1' Equazione W' -h ù — e a. cagione di // > a ( n." prec. ) (pei n. ai » aa , a4' Mem.) sarebbe assurda . Pongasi pertanto R" = $" {x') {x") (x'") (x'^) (x-), R'" =4.'" (x') (x") (x'") (x'') (.,*), ec, e siano radici della R -f- è =r o i valori diversi , che per le indi- cate permutazioni ottengonsi da queste varie funzioni R', R' . R'", ec; chiamato/ il numero de'valori provenienti dalla R', come nei precedenti ( n. 34, 35 ) si dimostra, che di numero z sono ancora tutti i valori diversi, che provengono da ciascuna delle altre R", R"'j ec. , e però, che chiamato k il numero delle R', R", R' ec, avremo h — ìk, onde la R ' 4- Z* =: o diventerà R ' + b = c. 38, Di Paolo Ruffini. a47 38 Posto nella Q" == R il valore R' invece di R, sia la Q'i ( n- " 36 ) radice della Equazione Q^ = R' . Eseguiscasi tanto nella Q' [ , come nella R' una delle permutazioni fra le x', x'\ ec. ^c'", e siippoiighiamo , che per tale permutazione la R'sI conservì la me- desima , e che la Q'i acquisti un valore diverso , che dirò Q'(a) . In questa ipotesi io dico, che la quantità Q (a) sarà essa pure radi- ce della Equazione Q^ = R' . Poiché per la generalità dell' Equazione (F) Paltra Q'i^=R deve verificarsi indipendentemente da qualunque valore , e da qualunque rapporto particolare fra le x' , x\ x"\ x'", x^y ne viene che per tutte quelle permutazioni fra le stesse x\x'\ ec. x^ , sot- to cui la funzione R' conserva il proprio valore , dovrà conservar- lo eziandio la Q'i^; ma per la permutazione, onde dalla Q i pro- ducesi la Q'{n) , la R' per la ipotesi non cambia valore; dunque per la permutazione medesima non dovià cangiarlo neppure la Q'i° , e per conseguenza avremo Q'i^=: Q'^{u) , perchè questa Q'^(fl) essendo la potenza gesima della Q'{o), come la Q'i^ è la ge- siina della Q'i , è appunto quel risultato , che ottiensi dalla Q'i ^ per r indicata permutazione . Dunque avendosi Q'i^= R', sarà ancora Q'i^{a) = R' , e però la Q'(a) radice della Q' = R' . Dun- que ec 39. Neir esponente della Equazione R"^ H- 3 = o ( n.° 37) deve essere il numero ; > 2 . i." Sia , se è possibile , ; — i . Esprimendosi da questo ì il numero dei valori diversi, che per tutte le permutazioni frale x\x\x"\x"',x'' provengono dalla K'=z:\'\y]{x" ][x"'){x'yx ) (n.°37), ne segue , che net caso presente volendosi i= 1 . e però un solo essendo il valore della R , essa R' per tutte le accennate permu- tazioni si conserverà sempre la medesima , e sarà quindi una fun- zione della forma <:>' ( ', x'\ x"\ x'\ j" ) ( n." 3. Teor. ). Dunque conservando essa R'il proprio valore per tutte quelle permutazio- ni , 24S Risposta ai dubbj ruoroSTi ec ni, per cui dalla Q'i nascono le Q'a, Q'3, ec. Q'{g) ( n." 36 ) , ri- tenuta , come nel ( n." piec. ) , radice della Q^ == R la Q' i , per lo stesso ( n." prec. ) dovranno essere radici della medesima 0^=R' ancora tutte le altre quantità Q'a, Q 3 ., ec. Q'(^) , ma per la na- tura della R' =: $'(x', x", ec. x") , e per essere g- > 3 è imp^)ssil)i- le, che tutte queste quantità Q'i , Q a , Q'3 ec. Q'{g) siano radici dell' accennata Q^ = R' ( n. ai , aa , 2,4. Mem. ) . Dunque sarà ancora impossibile, che abbiasi j = j . a.° Vogliasi i = a, e siano R'i , R'a i due soli valori diver- si ^ che per tutte le permutazioni fra le x' , af' , ec. x'" acquista la R'. Dai ( n. 40 , io Mem. ) è facile a vedersi, che sarà R'i = ' (x") {x'){x"') (x^) (a;"),e che questi due valori coiTÌspondono ai due y\y" del ( n.° Sb. Mem. ) . Pon- gasi ora R'i invece della R' , e sia Q'i radice della Equazione Q°:=:R'i . Essendo due soli i valori provenienti dalla R'; una me- tà dei risultati , che per tutte le permutazioni fra le x\ x", ec. x'" ìiascono dalla Q dovrà corrispondere al primo di questi due valo- ri, cioè ad R'j , e l" altra metà al secondo R'a . Ciò posto, io dico , che nel caso presente uno qualunque de' risultati della Q' , il quale appartenga alla prima delie indicate metà deve essere disuguale da uno qualsivoglia appartenente alla metà seconda. Difatti se accadesse una tale eguaglianza; dipen- dendo essa necessariamente dalla forma della funzione Q', anciie tutti gli altri risultati della metà prima sarebbero in corrisponden- za uguali agli altri della metà seconda (n.° 47- Teor.);e però tutti ì valori tra loro diversi della Q', cioè tutte le quantità Q'i . Q'a . Q'3,ec. Q'(g),(a°n.° 3t>.), corrispondendo ugualmente alla R'i , come alla R'a , si otterrebbero coll'eseguire semplicemente sulla Q' =(p (x') {x") {x'") (x"^') (x') tutte quelle permutazioni, per cui la R'i conserva il proprio valore . Dunque essendo per ipotesi la Q'i radice della Q^ = Pt'i , tali pel (n.° 38) sarebbero ancora tut- te le altre Q'a , Q'3, ec. Q(g) ; ma ciò pei ( n. 4i , 24 Mem. ) è impossibile . Dunque sarà ancora impossibile, che uno dei risul- ta- Di Paoio Ruffiwi. a49 tati della Q' contenuti nella prima metà corrlsporidente ad R'i sia uguale ad uno dei contenuti «eli' altra metà conispondente ad R'-2 . In conseguenza di ciò dovendo una metà di tutti i valori fra lor disuguali (a.° n.° 36) Q'i, Q'a, Q'3 ec, Q'(g) corrispondere ad R'i , e r altra metà ad R'iz , il loro numero g sarà pari, e quindi supposto g-=z2.i ,e supposto, che Q'i , 0:2, , Q'.i, ec. Q' [l) siano ì ' valori della Q' corrispondenti ad R'r , che Q'( Z -h i ), i,Q'(/H- 2, ), Q { / + 3 ) ec. Q' (i/) siano i corrispondenti ad R'a , le prime tra queste quantità saranno radici della Q^::=R'i, ossia della Q^ =^ R'i , e le seconde delia Q^ = R'fi . Avendosi poi g > a ( n.° 35 ) , sarà / > I , e però / non < 5 ( 7° Intr. , n.° ^o- Mem. ) . Poiché la Q~ = R'i contiene un numero 2/ di radici, essa ne conterrà delle altre oltre le precedenti Qi,Q'3,Q3, ec. Q' (/); ma per quanto abbiara detto , tali non ponno essere le Q' ( Z-i- 1 ) ^ Q'(Z-+-a) , Q'(^4-3) , ec. Q'(2/), e tutte le radici della Q'^'^R'i de- vono evidentemente esser tanti valori delle Q, ossia devono esse- re tante radici della Q'' -f- Z* = o (n.° 34) • Supposto adunque che ne sia radice la Q"i (2,° n.°36. ), e chiamate Q"i , Q"a, Q"3 , ce. Q"(/) quelle tra le Q"i,Q"2, Q"3, ec. Q"(g) = Q"(aZ) , che coi'- rispondono ad R'i, esse pure pel (n.° 58) saranno tutte radici del- la Q'^ = R' I ; e tutte per conseguenza le radici di questa Equazio- ne veiTanno comprese nelle due serie Q'i, Q'2, Q'3,ec. Q'(/), Q"i,Q"a,Q"3,ec.Q"(/). Avendosi l non < 5 , e però 2/ non < io , un discorso perfet- tamente uguale a quello del ( 2° n. 36 ) ha luogo sopra queste ra- dici, e sopra 1' Equazione Q'^ — R'i =0. Dunque qui pure si troverà , che le Q' f , Q'2 , Q'3 , ec. Q'(/) deggiono essere radici di un' Equazione Q^ — V = o, in cui V = ±Q'i Q'2 Q'3 .... Q'(/) » Aiguaglia una funzione delle x\ x'\ ec. A-'^.la quale corrisponden- temente al valore R'x non ha che un solo valore; ma tale Equa- Tomo XII. li zio- a5o Risposta ai dubbi proposti ec. zione Q — V = o dotata di queste proprietà a cagione di / non < 5 pei ( n. 41 5 ^4 Mem. ) è impossibile . Dunque sarà ancora impossibile , che nell' esponente ìk abbiasi i = 2, e per conse- guenza dovrà essere i > a • 40. Poiché nella R^ -+- ZJ= 0 abbiamo i > a ( n.° prec. ) , come nella Q° ' + ^ = o avevamo g > a ( n.° 35 ) , e poiché que- ste due Equazioni sono di forma perfettamente simile, ne segue, che Cui discorso medesimo , mediante il quale si è nel ( n.° 36 ) dimostrato dovere nella O^' H- £< = o essere A > a , si dimostre- rà ancora, che nella R' -1- è = o si ha necessariamente A; > a . 4 f • Supposto pertanto R = S , ed ottenuta la S -h ^ = o , come nei ( n. 37 , 3g , 40 ) vedremo che anche l'esponente k de- ve essere un composto di due fattori , ciascuno dei quali sia > a . Chiamati questi «7, r, onde k=. qr^ e nella S + Z* = o , ossia S^' -+- Z* = o fatto giusta il metodo precedente S^ = T, né verrà T' -f- ^ = o Equazione, nella quale si troverà egualmente dover esser 1' esponente /• composto di altri due fattori , che dirò s ^ t ^ onde r^=st^ ciascheduno de' quali sarà > a. In egual modo sup- posto T= U, l'Equazione T" -f- h = osi ridurrà alla U'-f b=Oy e l'esponente t sarà esso pure il prodotto di due fattori, ciascu- no de' quali supera il a . Cosi proseguendo all' infinito , v edesi , che si viene a formare una serie infinita di Equazioni Q^-f-Z' = o, R^i -+- Z* = o, S^ + Z'=:o,T'' + ^ = o,U'"-f-Z» = o, ec. ,in cui avendosi p r^ gh , A = ik , k-=. qr ^v=-st ^ ec. , ed essendo cia- scuno dei fattori g, i , a , la serie de- gli esponenti /?, A, k ■, r, t ^ ec. sarà costantemente decrescente, cosicché p:>h:>k'>r>t>' ec. , e ciasche.-hmo di essi sarà nu- mero composto . Ora essendo/? numero finito ( n.° 84 ), l'esisten- za di questa serie infinita di esponenti e impossibile , perchè col progredire innanzi tal serie, é chiaro, che giunger si deve neces- sariamente ad un esponente il qual sia numero primo . Dunque sarà ancora impossibile la corrisi^ondente sovraindicata serie d' Equa- Di Paolo R u f ?• i w r. aSi d' Equazioni , e quindi impossibile la Q^ -h Z» = o : ma essendo assurda questa Q^ -f- ò = o , è assurda eziandio la (jK-i-a)^ -t-6'=0 ( n. 34 ) • Dunque allorquando la F (x) sia il prodotto di quante- •sivogliono finizioni/' (y) -/"(j),/'" (7) , ec. , e mentre il grado di una di queste sia > a ( n.° 34 )» è impossibile, che la F(7) = o sia della forma {y -\- ay -h b= 0. 42, . Se manchi la condizione , che il grado d' una delley (y) = o ,/ " (7) r:^ o ./"' (j) =: o , ec. sia > 2 ; allora tutte queste E- quazioni avranno il grado i , oppure a ( n. 34» 35 ) , e risultando il numero g= i oppure = a, non avranno più luogo i precedenti discorsi , e potrà benissimo darsi , che la F{y) — o acquisti la for- ma (y -i-a y-h ò = o; ma si rifletta , che questo caso non appor- ta vantaggio alcuno alla soluzione della supposta (F) . Se la y' può attualmente determinarsi dalla {y -{- ay -}- b =0, poteva già anche determinarsi nel caso presente dalla/' (j) = o , non supe- randosi da questa Equazione il grado a", e d' altronde questa y' non avendo per tutte le permutazioni fra le x' , x" , x'" , x" , x^ y che uno , odue soli valori, non è punto opportuna per la soluzio- ne della Equazion generale di 5° grado ( n. À^,, ec. io ) . 43. I discorsi de' precedenti ( n. 33, ec. 4-2) non esigono punto che la F(j) = o sia la trasformata in 7 =/(- ) (-s") (^ ) • • ■ del ( n." 29. ) dedotta dalla (VII) : in essi la Y{y) = o si considera come un' Equazione risultata dal moltiplicare fra loro quante si vogliono Equazioni /'(j) = o , /" (;•) = o ,/'" f j) = o , ec. aventi per incognite delle funzioni, qualunque esse siausi, delle x', x' , ec. , x^ . Dunque quanto si è concluso nei precedenti ( n. 4' 5 4^ ) è sempre vero, qualunque siano le Equazioni f (j) =0, /"(j) /"(jyj = o, ec. componenti la FCj) = o . 44- Vogliasi, che una per lo meno delle/' (/) = o,/" (7) = 0,/" (jy) =0, ec. per esempio la / (7) = o contenga non già tutti, s'ccome ne' ( n. prec' ) , i valori diversi , che per tutte le permutazioni fra le a', a;", ec x" derivano dalla / = ^' (x') (.r") (r") (x'") {x") ( n." 28 ), ma solamente, e precisamente quel- la metà de' medesimi, che corrisponde al primo de' due valori 4>' (x') (x") (a:"') (.1'") [f], 0^' (.»■') (.1:') [x) [x") [x') supp.sti nel Ila (a" n." 09 ) fiSa Risposta ai dubbj puoposti ec. ( a° n. 39 ) rispettivamente = R'i , R.'^. Potrà ess»in questa Ipo- tesi la precedente F{y) = o acquistare la forma {y-hay -+-ù — o? Rispondo , che se il grado della /' (j) = o , e però il numero elei valori della / ora supposti sia > i , ciò non è punto possi- bile . Chiamato difatti g questo numero , e ritenuta la supposi- zione di jK" -4- « = Q ( n ° 34 ) , onde le precedenti Equazioni in y xiducansi. come nel citato ( n.° 34. ), ad essere espresse per la Q , con dei discorsi perfettamente uguali a quelli de' ( n. 34, 35 ) sL vedrà , che ancora nel caso presente le Q", Q'", ec. conservano, e cambiano il proprio valore per quelle stesse permutazioni, per cui ]o conserva , e cambia la Q' , e che per conseguenza il grado di ciascuna delle /'(Q — a) = o ,f" (Q—a) = o,/'" (Q — a) = o , ec. <; = g, e ciascuna di esse contiene per radici solamente quei ri- sultati delle rispettive funzioni Q', Q", Q'", ec. , che corrispondo- no al primo valore ' (x) (x ) [e'") [x'") {x'") . Ora chiamati, come nel (a° n." 3ó) Q' i , Q'a , Q'3 , ec. Q' (g) le radici della /' (Q - a)=o., -ciascuno dei coetficienti di questa Equazione essendo una funzio- ne della forma funz.' ( Q'i , Q'a , Q'3 , ec Q' (g) ) { n. io5, 3. Teor . ) , conserva il proprio valore , tanto per quelle perrnutazio- Tii fra le x', oc' , ec. x^^ sotto cui conservano il proprio le Q'i, Q'a, <^'3 ec, ^(g\ ; come per quelle altre, sotto cui esse Q'i ,Q'a, Q'3, ec Q'(g) cangiansi fia di loro, e lo stesso dicesi pur anche dei coefficienti di tutte le altre Equazioni f"(Q — a) = o,/ "(Q — a ) = oec. Dunque ciascuno ditali coefficienti, e però anche il coef- iìciente b nella Q^ -\-,b = o, non cambierù punto valore per tutte queste permutazioni, per cui non lo cambia la $' ( t') (x") (t'") {^'") (t."), ed avrà per conseguenza corrispondentemente a que- sta funzione un solo valorej e potendone aver un altro corrispon- d'/nteraente alla ^' (x') [x') {x") {x'") (x'^'), il prima di questi" sarà quello , che è contenuto nella precedente Q'' -t- ^ = o . Ciò posto , e chiamato h il numero delle Q', Q' , Q ", ec. sa- rà, come nel ( n." 35 ) ,// = gh , e ridottasi la Q'' -\~ b = o alla Q^''* _}_ i> rr o , io dico primieramente , che deve essere à > i ; perchè se /osse h= i la Cy ■{• l? =0 diverrebbe Q= + ^ = o , e i ■ que- Di Paolo Ruffini. 353 questa è un'Equazione, la quale peressere g > l , e quindi pei ( n. 4i > ^4- Mein. ) con un dibcoiso pertettaiueute simile a quello del ( i" n." 36 ) si trova impossibile . Facciasi Q^ = R, onde si abbia R' -+- ^ = o. Essendo /i>i, con un discorso uguale a quello del ( n ° 07 ) vedremo, cbe in conseguenza dei ( n. 41 , 24 Mom. ) la R' -+- è = o non può ave- re p^^r radici i.soli risultati, che da una sola funzione R. provengo- no per tutte le permutazioni fra le x\ x' , x'" ec. x' corrisponden- ti alla 4)' (r')(t") {x" ) {x''") (-t") , e che deve aveie per radici i risultati differenti , che per le permutazioni medesime nascono da più funzioni diverse R', R", R'" ec. Chiamato adunquc/til nu- mero di tutte queste R , R", R " ec. , ed i il numero dei risultati diversi, che corrispondentemente alla . i : perchè se .fosse i = I , la R avendo allora per tutte le permutazioni fra le x', x", ec. -t' un solo valore corrispondente alla<ì)'(^') [x") (i'") (v'") [x^)'-, r Equazione Q^= R', come nel ( i'' n.° Sg ) pel ( n.° 33 ) , e pei / ( n. 41 ? 24 Mem. ) si troverebbe assurda . Come si è presentemente trovato, che nella Q^' + i =0 , a cagione di g^ > i , deve essr-re ancora /?>i : così nella R' + £>= o vedesi , che essendo / > 1 deve eziandio risultare k >. i . Facciasi R' =: S , e dalla R'* -f- Z/ = o ottenuta la S^-4-Z;=o , si applichi a questa, ed all' esponente /. (juanto si è detto rappor- to alla R -I- Z* ::=o, ed all' esj onente A; vedremo quindi dover essere anche k un numero romjiosto di altri due. che , com^» nel ( n.° 41 ) , dirò ^ , r , e dover essere r/ > i , r > i . Col siipporre S^=T ridotta la S -^ ì> — o alla T'-4- /■ = 0 , si troverà parimen- ti dover essere r uguale ad vx\ [u-odotto st , in cui s > i , ^ > 1 ; e così in progresso . Dunque eziandio nel caso presente nascerà una serie di Equazioni Q' -h ^i- = o, R'' + Z- = o , S* 4- Z» — o , T' + b =-0 , a54 Risposta ai dubbj proposti ec Z> = o , ec. , la quale , essendoy; = gh , h = ik , k = qr, ec. , ecl es- sendo tutti i numeri g, i , >7 ec. A , ^, r, ec. > i, potrà protraersi all'infinito, ed in cui gli esponenti /?, /i, A;, r, ec.anderan sempre decrescendo . e dovranii' essere tanti numeri composti -, ma es- sendo/» numero finito, una tal serie di Equazioni, come abbiamo osservato nel {n° ^i.)^ è impossibile . Dunque sarà irtìpossibile ancora nella ipotesi del ( n." pres. ) , che la F(>) = o acquisti la forma [y -h a'f -\- b =z e \, mentre però si abbia g > i . Se sia g- = I , allora potrà succedere, clic la precedente 7{y) = o acquisti la forma (/-+-« )^ h- Z; =o; ma le ragioni stesse , che abbiamo esposte nel ( n.*'4^. ), ci mostrano, che una tal for- ma nel caso di g= i è affatto inutile per la risoluzione della (F) . 45. Questa Equazione F (j) = o se deve esser priva della forma [y-+-aY-\-b^=-o{ n." 44)? "on potrebbe poi avere un qualche fattore, i coefficienti del quale siano funzioni razionali de' coefficienti proprj o dei coefficienti della data o della prece- dente funzione ^' ( r) [x") [x") [x ") ^r")", e dal quale possa in se- guito ricavarsi un valore della j atto immediatamente, o media- tamente allo scioglimento della (F)? Rispondo, che nò. Difatti la F(j) = o, si truova con i discorsi stessi (de'n. 29, ec. 3i ) non avere altri fattori , i coefficienti de' quali siano funzioni razio- nali de' coefficienti proprj, o di quelli della (F) , o della ) =:c,f'{y)=of (x)— o, ec. , dalle quali è composta: ma le radici di queste /"'(/) = e, f" (y)= o ,/" (r) = o , ec tanto dalla Teoria delle Equazioni , quanto dalla Memoria sopra la Insolubilità, e dai precedenti ( n. 5 , ec io , 44) 4'^) ^^- sappiamo essere o in- determinabili, o inutili alla soluzione della (F) . Dunque ec. 40. Da quanto viene concluso; e asserito nei (n 4' ■> 4^' 4^) vedesi che resta pienamente sciolta la difficoltà che ci siamo pro- posta nel (n.° 3.i), e ciò qualunque siansi le trasformate/' (/) = o , f'{y)^of"(y)=:c, ec. (n.° 48), dalla cui moltiplicazione risulta la Fij) = o; anzi dal ( n." 44 ) *^ vede, che la difficoltà medesin)a ri- mane sciolta eziandio nel caso, in cui si voglia , che la r(i) = o contenga per fattori quelle parti delle trasformate , che corris- pon- Di Paolo Ruffini. aSS pondono alla *' {x') (x") {x'") {x'") {x") , parti, le quali pei (n. a8o, i5o , i47 Teor. n. 87, 41 Mena.) sono sempre determinabi- li . Dal ( 11." 45) poi apparisce , che neppure in quest' ultima sup- posizione dalla F'(/).-=o possono aversi dei fattori opportuni, on- de scuoprire nella (F) immediatamente,© mediatamente i valori della X . 47. Nel (n.° 241 Teor.), e nel ( 3." Intr. della Mera.) ho det- to, che la funzione fra le x'y x'' , x'", x'^, x^, la quale è raiice di una di quelle trasformate , che deggiono immediatamente , o media- tamente servire alla soluzione della (F) , può sempre supporsi ra- zionale ; perchè se si supponesse irrazionale , 1 ." la trasformata corrispondente per questa irrazionalità s' innalzerebbe maggior- mente di grado ( n' a4f , i36 Mem. ) , e quindi si renderebbe più difficile a risoUerni ; 2.** dallo stato d' irrazionalità della suppo- sta funzione pel (n.° i58Teor. ) non si^trae vantaggio alcuno so- pra di una funzione simile razionale, mentre da tal funzione vo- gliansi determinare i valori della a; nella (F), o quelli di un' altra finizione delle x' y x'\'x"' , z"" y x" . Supposte le due y = 'o' ( c')(r"){r"')(.r"')(«''), z =f'{x'{x"){jc':'){ "'){x^) funzioni simi- li ( n.° 4 Teor. ) , tali cioè, che per quelle permutazioni medesi- me fra le x', x",x' ', x"", x^, per cui la / conserva o cangia il pro- prio valore , lo conservi ancora, o cambi in corrispondenza la z\ e supposta la/' irrazionale , e razionale la 2', la trasformata pri- mieramente in/ sarà di un grado più alto di quello della trasfor- mata \n z ,e secondariamente nel cercare dalla z' il vaKae della X , o quello di una terza funzione u =F'(,)) , se cadiamo in un* Equazione di grado per esenqno ^ , si caderà eziandio in un' E- quazione dello stesso grado q , mentre questo valor della x , o questa funzione ?/ si ricerchi dalla r' . Egli è peiciò, clT.e tanto nella Teoria . come nella Memoria non si sono, uìppoito alla so- luzione delle Equazioni, considerate puiilo !e tr&sl'irmate, che hanno per radici delle funzioni delle x',x" ec. .;" ii nazionali : ma quantunque il grado delTEqnazione in ji= '(.v')( / );.. "'i(r ")(.t'"), essendo questa funzione irrazionale, sia troppo aho, non potreb- be tale equazione acquistare la solita forma {y-ì ay + ù=:o , od aSó Risposta ai dubbi proposti ec. od avere un fattore determinabile, da cui possa ricavarsi vm va- lore della j opportuno immediatamente, o mediatamente allo sciogiiineuto della (F) ? Quantunque , nel cercare dalla y il va- lore di una funzione zi, cadasi ia un' Equazione di grado q trop- po alto, non potrebbe darsi , che anche in rjuesta Equazione in M fosse determinabile un fattore atto alla soluzione della (F), o che fosse essa riducibile alla forma (w -\- af -{- b^=^c? Ecco altri due dub]»j , cui è necessario risolvere . 48. Supposta pertanto ìa y=(p(x'){x")(x"'){x"'){x'") irrazionale, dal (n." iù5 Teor. ) sappiamo , che la varietà de' suoi valori di- pende da due ragioni , dalle permutazioni cioè , che possonsi fare tra le x\ x", ec. x", e dalla irrazionalità della funzione . Tenia- ino conto in primo luogo dei valori di\ersi , che dipendono da qiiest' ultima ragione , e chiamati y =^

" {x'){x"){x"'){x'^){x'") , e cosi in progresso , e sia finalmente F{y) = o F Equazione , che tutti insieme riunisce i valori della/ . Questa F(/) =0 equiva- rrà evidentemente al prodotto di tutte le f'{y) = c,f"{y) := o , /'(7) = o,ec. 49- È facile a vedersi , che i discorsi tutti , e però tutti i Teoremi, che sonosi esposti tanto nel Capo i3" della Teoria , co- me nella Memoria rapporto ai risultati provenienti da una data fan- Di Paolo RurriNr. a57 fiinzion razionale per tutte le permutazioni fra le x , x\ .r'", ec, si verilìcano eziandio , allorché la funzione data sia irrazionale , purciiè in qnest' ultima ipotesi si conservi nella data funzione costante il valore , e la combinazione dei radicali , che vi si con- tengono . Dunque neppure ti-a le Equazioai/'(y) = o,/"(v)=o, f"\)) = o , ec. del ( n.° prec. ) alcuna ve ne potrà essere, la qua- le , mentre abbia l'esponente > x , possa acquistate la forma (/ -\- ay -+- Z» ==: o { n.' aa , 21 5 24. Meni. ) , o la quale contenga al- cun fattore , i cui coefficenti siano funzioni razionali de' coeffi' centi proprj, 0 dei coefficenti della datagli." au Meni. , prec. c.°a7) . Ora queste/'(7),jr"(/)., /■'(y), ec. sono evidentemente tante funzioni, 1' una delle quali non proviene dalf altra per delle per- mutazioni fra le x\ x", ec. x'" . Dunque i raziocinii de' ( n.' ag, ec. 4^ ) } a cagione di quanto abbiam detto poc' anzi, applicansi tutti eziandio alla F(/)=:o del { n.° prec.) , giacché questa F(j) =0 proviene essa pure, siccome F altra dei ( n.'ag , 43 ) dal prodotto delle indicate /'(7)=o, /"(j) = o, /'''(7)=o, ec. , e per conseguenza neppure essa F(y)=o potrà acquistare la for- ma (/ -f-fl)^ H-i»^:: o, né potrà avere, alcun fattore diverso dai f'iy) ìf"{y)^f''{y) ■> ^c- i coefficenti del quale siano funzioni razio- nali dei coetììcenti della proposta, o de' coefficenti proprj . 5o. Rapporto ora alla seconda delle difficoltà proposte nel (n." 4? ) ' osservo , che volendo attualmente da un valore della y' determinare il valore di una funzione u , razionale essa siasi , o irrazionale, conviene ritrovare primieramente questo valor del- la y ; ma siinil valore non è mai determinabile , se non quando la corrispondente Cp' {x'){x"){x"'){x''"){x'") abbia per tutte le permuta- zioni fra le x', x'\ec.x'" uno,o due soli valori (n.°i4 Mem., n.°a76 , Teor. , prec. n.° 5 ) . Supposto adunque , che la /' abbia dipen- dentemente dalle permutazioni questo solo, o questi due soli va- lori , poiché esso nel primo caso è della forma né può ac- quistare la forma («-J-a)^ +è=o, mentre nel primo degli ac- cennati casi abbiasi ^ > a , e nel secondo ^ > i . La supposizione di ^ = a nel primo caso ,.e quella ài q::= i nel caso secondo sap- piamo essere inutili allo scioglimento della (F) (n '42., 44) • La soluzione dei dubbj proposti nel (n.° 4?) ottienesi adun- que nella guisa medesima , con cui nei ( n.' prec. ) sonosi sciolte le difficoltà esposte nei ( n.' a45 33, 44) • 5 1 . Tanto nella Teoria , come nella Memoria ho considera- to , che i valori della x nella (F) si ricerchino immediatamente dai valori di una sola funzione Z ( n.' 280, aSa Teor. ) , oppure z ( n.° 3o Mem. ) ; ma se in tale ipotesi questi valori della x non sono determinabili, come si è già dimostrato, non potrebbero poi esserlo , mentre si cerchino dipendentemente da due , o più fun- vAonì combinate fra di loro in un qualche determinato modo , qualunque esso siasi ? Per rispondere a simile dubbio, posto (p{x){x"){x"')[x'^){x'^):=z, (f'(x')(r")(x"')(r'^)(^') = «, (^"{x'){x"){x"){x"'){x'')=y, ec , suppon- ghiamo di cercare \a.x dal!s quantità z, //, 7, ec, e di ottenere quindi la Equazione/(x)(3)(z<)(x) . . . . = e. Ora , o si vuole , che ciascuna delle 2, ii-,y, ec. conservi il proprio valore per tutte le permutazioni semplici di i ° genere ( n.' a56, 267 Teor., 6." Intr. Mem.), che possonsi eseguire fra tutte e cinque le a.'jx",^;'",.^'*?^''; o si vuole , che qualcuna delle stesse funzioni , per esempio la Ut cambi di valore per una delle permutazioni indicate Nel secon- do di questi casi la u avendo un numero di valori tra loro diver- si non < 5 ( n.° aóa Teor. , n.° 4 Mem. ), dipenderà da un' Equa- zio- 1 Di Paolo Ruffini» aSg zione di grado non minore del 5.°, della quale, come apparisce da (fuanto si è detto nei ( n.' prec' ), non si può ottenere la solu- zione. Nel caso primo poi col discorso medesimo del(n.°3iMem.), si vede, che dai valori delle z,u,y, ec. combinate , comunque vogliasi , fra di loro tutte dipendono in egual modo le x\x'\x"', x'",x", cerchinsi esse da tali valori ad una , ad una^ oppure a due a due, oppure a tre, a tre, ec. Dunque norj potendo queste ra- dici , che essere comprese tutte , e in egual modo nella sola y(«)(^) (//)(/) . . . . = o , tale Equazione sarà di quinto grado , ed auzi sarà identica con la data . Dunque per ottenere i valori del- la X in questo caso , converrebbe cadere a dovere infine risolvere la sfessa Equazione proposta, e quindi le z, u,y, ec. dive rrebhe- ro inutili . Dunque tanto nel primo, come nel secondo degli ac- cennati casi la moltiplicità delle funzioni insiem combinate nul- la giova alla risoluzione della Equazione data di 5.° grado. 5i. Quantunque non possa F Equazione generale di 5.* gra- do ridursi mai ad altra Equazione , che si sappia risolvere, e dal- le cui radici sappiansi poi dedurre immediatamente, o mediata- mente le radici della proposta ; non potrebbe egli darsi , che in- dipendentemente da qualunque trasformazione si potesse sup- porre , od immaginare , anche all' ^zzardo , una quantità , od espressione algebraica , la quale sostituita in luogo della x faces- se verificare 1' Equazione data ? Rispondo che no, e lo dimostro . Poiché 1' accennata quan- tità . od espressione algebraica , la quale si vuole radice della da- ta Equazione di 5.* grado , può , mentre esista , essere formata di diversi termini -, chiamati questi P,Q,R, ec.,supponghiamo. se è possibile., x'= P H~ Q -4- R + ec. Dovendo la x', e però i termini P,Q,R, ec. essere evidentemente funzioni degli AjBjC, ec. coef- ficeuti della data Equazione (F) , in cui w = 5 , ■=z\/ b, in i.° Comincio dal supporre P = |/ Z*, in cui p sia numero intero, e la // sia funzione razionale degli A,B C, ec. In questa ipotesi si collochino nella ù invece dei coefficenti A , B, C , ec. . K k a i lo- 200 Risposta ai dubbi piiaposTi ec. i loro valori espressi per le x\. .e", -r"', r'", x" ; \3i\/ b Jivente- rà perciò una funzione delie a.', v", ;r"', x''", x", che cliiamerò ^1^'X-^')(i-'''XO('-1'0'i^l^P = K ^ =^M('^'')(^''l(-**'ino e se tal funzione risulta irrazionale, patendo corrispondentemente ai diversi valori , e alle combinazioni diverse dei radicali acquista,- re forme diverse, esprimiamo tali forme, come nel (n." 48) per le ec. In una qualsivoglia di queste funzioni , per esempio nella prima '^'(x'){x"){x"')(x""'i(,x'") eseguiscansi tutte le permutazioni fra le x' , x'\ x'" - x'%x'" : sotto simile operazione iodico, che la

"{x'){x"){x"')(x"')ix'') , della ^"'{x')(.v'0(^"7 (-v'")(:c") j ec. Dunque non potendo ciascuna di qireste funzioni ac- tjuistare per le permutazioni tutte fra le x\x'\ ec. x'", che uno , o due soli valori differenti tra loro , esse medejsime , e però la P dovranno in questi prima ipotesi non cambiar mai di valore , qualunque permutazione semplice di i.^' genere (6.° Int. Mem.) eàeguiscasi Tra tutte e cinque insieme le x'y x", ec. x^. 2 .° Vogliasi P = J/ ( <3 + |/ Z» ) , in cui q sia numero in- V tero, la y h sia quale 1' abbiamo supposta nel ( prec t ' ) , e la a sia una funzione razionale dei coefficenti A, B, G ec. della (F). Sostituiti qui pure invece degli Aj B, C. ec. i loro valori espressi per Di Paolo Ruffini. 26 1 per le x , x" , ec. x^ ^ \^ a diveri-à evidenterneirte una fuiiziortQ della forma fuiiz. { x\ x\ :r'", jr", :t;" }, conservandosi s-inprs la medesima sotto tutte le permutazioni fra le x\ x\ ec. x". Fat- ta poi la stessa sostituzione nella [/ Z» , se que-ta diviene una funzione irrazionale delle or', x\ ec. a" , prendo uno de' suoi va- lori (^' [x^{x"){x'"){x%x^, '?"(^')(:r")(x"')(r"){^l, a:''^'(xl{.r")(/")(.t-) (c^) , ec. supposti nel ( prec. 1° ) per esempio il primo, e avremo a -\- y b := funzione ( x', x", x'", .r'*, x'" ) -\- ha i due (p' Ix') {x"){x'") [x"") (.r*), (^"') (r') (x") C prec. 1° ) , e sìsiV (a+ y b ) = [/ e — y\ funz. (*•' , x" , x'" , x'" , x" ) -y- (o' {x'\{x"){r"){x"')[r\) = F(r'>(r",(r"')(A:''')(r'). Potendo di nuovo U¥{x'){x'%x-"'){x")[x") 1/ risultare dipendentemente dalla |/ una funzione irrazionale; de- notati q;ii pure, mentre ciò succeda, siccome nel ( prec. 1° ) , con tanti apici sovraposti alla F i valori diversi, che per tale irra- zionalità provengono dalla F (f')(r'')(«"')(sf"')(v'') j prendiaraa une qualunque di essi, per esempio il valore F'iJf'){Y")(jf"')(r"');'Ar'"), Ora anche in questa funzione F" (r')(v")(>-"')(v"')(«*) io dico, che tutte le permutazioni fra le r' , x" . ec x" non possono mai pro- diuTe, che uno, o due soli valari differenti tra loro . Impercioc- ché aóo, Risposta ai cubbj proposti ec. ^hè mentre si I.a |/ ò=^'{x',x'\x"\x'''x'") , risultando e = funz. {x\x' x"',x'\x')-^p'{x'){x"){x"'){x")(x'"), questa e conserverà sem- pre i] proprio V aiore qualunque permutazione si faccia tra le x'j x"y ec. x"; e per conseguenza quello stesso, che nel (prec. i°) si è detto, €si è concluso della J/ b, dicesi qui purr^e si conclude della y e. Quando poi la }/ b ha ì due valori (p' {x') {x") {x'") {x") {x") , (p' {x") (x) {x'"} {x'") (x") ; supposto allora [/ c = z,e formata 1' ,E- quazione s'= e, i valori della F' (x) (x") {x") {x"") {x") corrispon- denti alla 4>'(.r') (x") (■*■'") {x'^) {x") , e però alla e' esisteranno nella s' = e' , e gli altri corrispondenti alla 9' {x") {x) {x'") (x''") (x'") , e però alla e" si conteranno nella z'' = e" (n° 38) ; ma egli è impos- ribile, che in un' Equazione della forma z'' = e una qualunque delle sue radici e però la F'{x') {x") (x'") {x'^) (x"") abbia perle per- mutazioni tutte fra le x\ x'', x"\ ec.x'" più di un valore ( n. 4' ? a,4 Mem. , prec. n. 49 , 5o ) . Dunque avendo la F' {x') [x") [x'") {x'") '^x^) corrispondentemente a\\si '"), F'" (x) {x") {x") {x^} (x'j , ec. ne segue che ancora quando si ab- <1/P/ bia P=:|/ (a -hy b) , essa P ridotta a forma di funzione delle x\x'\ ec. x'" conserverà sempre il proprio valore , qualunque per- mutazione semplice di 1° genere facciasi fra tutte e cinque le x' x", ec. x"" . 3" Suppongansi quante, e quali si vogliono funzioni razionali dei Di Paolo Ruffini» a65 del coefficienti A, B, C, ec , che denomino «, ai, /ìa,ec. , è Zr , ^2, ec, e supposto, che e ci rappiesenti una funzione razionale quale si vogha delle [/ by ^x,|/ Zfi, ec. a, tìi, «a, ec, es- sendo/?,/?i, /72, ec tanti numeri Interi, abbiasi P = |/ e, essen- do anclie q numero intero . Col discorso istesso del ( piCC. i" ) si p/ py py truova, che ciascuna di queste y b , y bi , y ba.^ (c. è fun- py zione delle x, x", ec. :(■% quale ne è la [/ b colà supporta. Dun- que 5 rinovato il raziocinio del (prec a"), troveremo, che qui pu- re la P = [/ e ridotta a forma di funzione delle x' , x" , ec x'" è tale, che ciascuno de'suoi valori dipendenti dalla irrazionalità (se mai risulta irrazionale) deve, siccome la F' (x) (u ) (x"')x"") (x') del ( prec. 3°) , acquistare sotto tutte le pennutazioni uno , o due soli valori differenti fra loio, e per conseguenza che ancora in y questo caso la P =|/ e deve, qualunque permutazione sempli- ce di i" genere facciasi fra futte le x'j a", ec, x'" conservarsi sem- pre la medesima . Se nel (precedente i») si vogMalaC^ {x) {x") {x'") {x'") {x'') Y = yb razionale , e cosi se razionale si voglia nel ( prec. a" ) la F (r') {x") {x") (ar") (x") =y (a-{'\/ b), e razionale la fun- y zione delle x', x\ ec. x'" .a. cui si uguagl'a la [/ e del ( prec. 3° ); vedesi agevolmente, che i discorsi fatti sin' ora hanno sempre luogo egualmente , ed anzi , che riescendo essi piìi semplici, con facil tà maggiore si giunge sempre alle medesime conclusioni. 4° Oltre la r del ( prec. 3 ) si formino quante altre funzioni si vogliono razionali di alcune, o di tutte le precedenti quantità vy py py Cjai,aa,ec., y b , y bi , y Ja, ec, e denominate queste CI, 264 Risposta ai duubd proposti e«. .CI , ra, €C. , e ritenuti sempre interi gf indici Je'raclirali^si esprima con la lettera fi una qualunque lun^'ione razionale delle f/ v'/ p-y 1/ qy 'ly fi, fli, aa. ec. \/ b , y bi , y b^ , ec. [/ e , y ci ,y co., ec. e sia P =|/ d . Sostituiti in luogo di tutte le quantità , che formano la d i rispettiva! valori espressi per le x\ x" 5 ec. x"" ^ poi- ché ciascheduna delle funzioni, che quindi risultano , non può per tutte le permutazioni Ira le x\ x" ,ec. x'" acquistare che uno, o due soli valori tra loro diversi ( prec 1", 2°, 3° ), tale sarà anco- ra la funzione , a cui corrispondentemente diviene uguale la i , y bs.. ec. y e r / y CI i y ca , ec. J/ J, y di,y d2., ec.y e, V -e \ 62,, ec. ; e cosà" in progresso . Ora con la lettera P viene rappresentato per Ipotesi un solo termine l'unzione algebraica eie' coefficienti A, B, C, ec. , e cosi con ciascheduna delle altre Q, R , ec Dunque questo termine P, e quindi ciascheduno degli altri Q, R, ec. , dovendo, qualunque esso siasi, uguagliarsi sempre ad una delie quantità supposte ne' { prec. i° ec. 5" ), ad una cioè delle quantità, che sonasi espresse p/ q/ r / 5 / t yr con le a, y br, y e, y d, y e, y g, ec, ne segue, che ciascuno de'medesimi P, Q, R, ec. sarà sempre tale, che, collocati in luogo de''coefficiejiti A, B, C, ec i loro valori -espressi per le x', x"i ec x" , diverrà sempre una funzione ^ la quale, qualunque permutazione semplice di genere 1° si eseguisca fra tutte queste x'i x", ec. x"", non cambierà mai di valore . Ciò posto , ed eseguite attualmente invece de' coefficienti A, B, C, ec. le sostituzioni ora indicate suppongasi , che risulti P = $ I {x) (x") (x'") (x-) (r") , Q = 4. lì (x-) (->) (x'") {x'n (x-), R = 4,3 (y) {x") {x'") (x'") (x-') , ec. ; l'Equazione x' = P -h Q + R H- ec. supposta a principio del presente numero diventerà perciò x' = 'ì>i {x') {x") {X-) {x'^) (x") -+-4)a (x') (x") (x"') (x'^) (>) -+- *3 (x') (x") (x'") (x'^) (x^) + ec, e però a cagione di x' = x' + o ( x" -h x" -^ x'"-{- x" ) avremo x' H- o ( x" -+- x" -+- x" -+- x" ) = cti (.') (.")x") {-t-'l (-^1 H- la (x') (-t-") {x'") (x'^)(x^) -\- 3 (x'") (x') (x') (x") (r"') -+- ec. .t;- _f- o ( ..' 4- x" -t-x'" +x'^ ) = 4>i (x^) (x') (x") (x'") (x'') -i- <ì>a (i-) (x') (x") (x"') (x'^) H-.I.3 (x") (x') (x") (x'") (x'") -^ ec. ; ma, per quanto si è dimostrato ne' ( prec. i° ec. S'' ), abbiamo ancora 4'j(x')(x")(x'")(x'^)(x^) = * i(x")(x"')(x'')(r")(x) = * i(x"')(x'^)(x'0(a;')(x") = * I (x'^j (x^) (x')(x") (x'") i=*i {x") (x') (x") (x'") (x'"), e pari- menti sono uguali fra loro i cinque risultati, che abbiam denota- ti con la *a, i cinque denotati con la * 3, e cosi di seguito, Dun- que nelle precedenti cinque Equazioni risultando i secondi mem- bri j tutti uguali fra loro^ tali dovranno essere fra loro anche i primi j e per conseguenza avremo x' = x" = x'" = x'" = x" ; ma egli è un assurdo , che le cinque radici di un' Equazione generi- ca di 5" grado, siano uguali fra loro: dunque sarà assurda anco- ra la supposta Equazione x' = P -|- Q H- Pt -I- ec. ;, e sarà per con- seguenza impossibile, che possa mai truovarsi , anche all'azzar- do, una quantità, od espressione algebraica , la qual sia radice di ini' Equazione di 5° grado generale . 53. Quanto abbiam dimostrato, e concluso nel precedente ( n " 5a. ) vedesi , che non solo scioglie la obbiezione ivi fatta , ma inoltre serve a pruovare l' Insolubilità della Equazione gene- rale di grado 5°, introducendo^ come si è avvertito nel ( n.° a3 ), la considerazione dei radicali, che dovrebbero contenersi nel va- lore delia x', e finalmente costituisce un discorso, per cui si di- mostra la Insolubilità medesima indipendentemente dalla consi- de- Di Paolo Ruffini. 267 aerazione delle trasformate j 0 risolventi successive, e dei loro fattori . Se vogliansi proporre deidubbj simili ai precedenti rappor- to alla Insolubilità aigebraica delle Equazioni generali di grado superiore al 5"; si potranno essi in conseguenza de' (n.° aS.Mem., prec. n.° 2,7, n. 64, 65 ^ 66. Mem. ) lisolv-ere con i raziocinii me- desimi de' ( n.' prec.^ ). Lia TEO- A 268 TEORIA E CALCOLO DI [if Di Tommaso Valperga - Caluso Ricevuti il di a8 Giugno ]8b5 I I fu nostro Socio Lorenzo Masclieroni , le eui lodi si possono legge- re nel Volume precedente di questa nostra Società, si è partico- larmente segnalato nelle sue sottili, e difficili ricerche relative a f dz \y ^ j ' edr al Capo IV , Sezione I , Voi. I del Calcolo Integrale di Eulero , Ma neppur egli vi ha scorto ciò ch« ( assai meno diffici- le ) a me pare più soddisfacente . Pertanto ad esporlo sia HFAGQ la cui-va, le cui ascisse ( r = OP ) sono i logaritmi naturali delle ordinate ( z =FQ ) ed OA = i , L fi "^ zclx Avendo 2=e'', dz^e' dx=zdx, fatto y — \ ,— ^ , ho dy=i , e Jlog.2 -^ X dx: dy : : X : z. Ma in ogni curva è la sottangente 5 s= •^, Duri- que dx '. dy : : s -.y : : x '-z sarà una proprietà della curva , la cui equazione differenziale è dy = j^; e la tangerrtea qualunque suo punto sarà parallela alla retta condotta da O , origine delle X, al punto j dove la logaritmica taglia 1' ordinata . Ora poniamo che dal lato OL dei logaritmi negativi co- mincino j, e dx insieme con 2 — e quando r = — co . Avremo a concepire dx, e dz po&itivi , mentre nasce .s positivo, e scema x zilr negativo , e perciò dy = ^^— , ed/ hanno a venir negativi finché le fluenti pervengano a a: =: 0 , z=OA . Quindi tagliando x=.0]L, cadrà EG =; y dal Iato opposto ad EF =z z, e sarà la tangente SG parallela ad OF . Ed è chiaro che quanto più E si piglia lontano da O , tanto più'SCjBma r angolo EOE senza che OF cada su OL finché non si con- / Di Tommaso Valperga-Caluso • 269 concppisca x: = o ^ x= — co • Dunque la stessa retta LO sarà il limite afttesi, a cui si accosta all' infinito la posizione della tan- gente SG, la quale fatto z=o dovrà coincideie con LO, che perciò avendosi a riputare tangente alla curva GK quando x ■=■ — 00 ^ ne sarà un assintoto . Vero è che l'equazione esige solo che sia allora la tangente pa- rallela ad OL ; ma la distanza fra le due sarebbe una costante K , che conviene annullare ponendo 1' asse della logaritmica suU' as- sintoto di GK per avere le semplici fluenti/ , e non/' =7-+ K . Essendo § \ X X XX X &iQ. \, Poiché supponendovi x un numero intiero , si vede subito elle la serie non converge che per il numero di termini n-=x . li termine n-\- \ è uguale al precedente , che chiamerò P , e i se^ guenti Q , R, ócc. la cui somma, a cominciare da esso termine 7ì 4- 1 , sarà P 4 ■- P -<- i^^ Q + i^R -4- &c. =: co , sempre >= X ^ X ' sr olle, essendo x positivo, è P positivo, e non vengono i termini alternando coi segni + ,e — . Però mi maraviglio che non siasi pensato a ricorrere al notis- simo teorema di Taylor , per cui dati due valori corrispondenti «, |3 di Xy j, determinando/? = ^,^==^ ,7- = '^,i = ^, &c. al valore , che hanno quando a; = «,/ =i Z^? si ha, in corris- pondenza di X =■ oc H-v57 = /2+/7p-+-^ H- -^ -4- -i^ 4- &c. Noi abbiamo generalmente --^ = — . Dunque quando x dir dxi Di Tommaso VALPEncA-CAi-Uso. ^7^ £r _ / JL — A 4- — ìe% r= /— _ A H- 4) / e cogi conti- dxi \ i- a'- .ri y ' ^ « a^ «^ / ' nuanclo trovasi ^= (— — 4: -^ 4 — 4) ^^ ^"^ è &cile prose- guire il calcolo degli altri fattori t ^u, &.c. all'infinito , osservan- do die i numeratori del coefficiente di r'" sono m termini della se- rie I — (ra— 1) 4-(a'z — j)(w— 2) — {m—i){fn~2.}{m-S)-^&c.; della quale il termine m -^ 1 è zero. Così posto « = I , si trova p-= e ^ q ■=■ o -, r::=e, s = ^e. t = qe, e segiiendo gli altri fattori — 44' "^ ^^^ ' — it>54 ; + 14833 ; — 133496; -H &c. tutti moltiijlicanti e , mentre f3 = o , si avrà7= e (, Jf -4- ^ _ -ili + ^ - -^^ -^ &c.) e ri- •^ l 2.0 ^.o.A 3.rf.4--T 2.3.4.J.0 y dotti i termini all' esprcssion più semplice y zzz e \t>^-\- — i'' — la 4° 180 ' 1008 2240 61840 453600 / onde fatto f = ± —, trovo/ = — o, 27230 6ioaG6 quando x =■—, e/:= 0,27226 o463ai quando a; = i, i .Ho calcolato il prece- dente valore dijynegativo^ perchè in gran parte uno stesso calcolo serve per li due. Ma a proseguire quello dei positivi, dove è il pre- - 1 gio dell'opera, facciasi « =y , onde jo = -g-, q =z — e &c. jk= (^ 5 e facilmente e moltiplicando il modulo 0,434^9 44^ '9 ^^ ^^- P^^ ^ j o aggiungendovi il quinto per averne il logaritmo Briggiano, col quale in fine delle tavole di Gardiner , di Callet, e altre si ha facil mezzo di trovare il Numero e ^ = S , 320i 17 &c. anche fi- Tomo XII, M m "o 274 Teoria e Calcolo ec no alla diciannovesima decimale. Che però non v'è difficoltà, fat- 6 to y = ± — , ad avere i due valori die l 4- v -h -^ h ^""^ IO ' \ 6 a.d6 23 jc8 — &c. J de' quali il negativo sottratto da j3 dee dare lo stesso va- lore già trovato di/ corrispondente a a- = i , i . Dunque aggiun- gendolo a detto valore di j = o , 27^2604 etc. si avrà ^ , che è il 6 6 valore di jr quando x = — . Quindi aggiungendo a P l'altre dei due valori di e ^ /-f ,> + t^, + 4^ — &<=• ) che si ha fat- l 0 j.oo a. 0.100 / tovi y = —, si otterrà quello dijyquandajf=r, 3; e proseguendo si avranno a pajo a pajo i valori di jk di decimale in decimale di x all'infinito. E la serie sempre più convergendo, è chiaro che si po- trebbero facilmente dare esatti anche a quindici cifre i trecento , chesonodaA'=rr fino a ;e=30 5S= 106 86474 58 15^4 -y? coi quali sarebbe agevole di avere il valore di 7, o sia il logologaritmo di qualunque Numero anche oltre alquanto-ai dieci milioni di milio- ni . Poiché dato il Numero se ne trova il logaritmo naturale, che non può differire più di un ventesimo dal pi'ossimo nei trecento,, il quale fatto = x, ed il suo Numero = |3, i'<— renderà la serie convergentissima a detenninar il logologaritmo, che si domanda» A dar perù buon saggio della serie con minor calcolo, ripre- so il supposto di « = I , in cui fra tutti i casi di bisogno della serie n' è menoma la convergenza , avendo y= e {v^ -+• J. v^ — Li-'' -\- ^ v' — ec.) facciamovi j> =± -, onde y=.± L ± t — _f_ 40 a 3 48 jga _^ £1 ^_ iig _j_ 53e io3g -4- aiTQ e 16687 e _,_ — laSo nòno 1^9024 bfòAAo 26542080 404486400 vale a dire e moltiplicato per la differenza , o la somma di Di TommalO Vali'erga-Caluso . 270 .o,Sooo.oooo o,oao83333 0^0023437.5 0,00041078 ■0,00007984 o,oo52c333 0,00095486 0,000 [7962, 0,00003593 contentandoci di questi termini , ne abbiamo !a differenza 0,51729 clic moltiplicata per e dà il valore di j = 1,40614 quando X- = ?-,clasorama — X),53oo5 , che dà /=:■ — 1,44^82, quando x ■=■ ^ :, mentre con questo valore

  • e però meno di ^^ del corrispondente in quel primo supposto. Onde si scorge quanto già più la serie converga. E però nel calcolo i Mm 2 so- .5__ ajó Teoria e Calcolo ec. soli primi otto termini i. r H- i v* 4- i, ».' 4- ^y'' -f- -L- v' -1- / + ~ c^ — —li — y* da moltiplicarsi per e* per avere 6760 57O0 64.3120 1 i i 7 — |3 + eMli/-+ i-i/^ + ec. ) e facendo ;- = ± ^ , trovo do- versi moltiplicar e* per 0,2068474 » se j; è positivo , e per — 0,2287023 , se negativo. Quindi trovo j=f3-^- 3,1 19524 , ed 7=/3 — 1,0529415 ed aggiungendo 1^652941 al logaritmo già trovato corrispondente a a- = z. ho (3=3,05910 = y quando jr = 2, edj = 5,i7863 quando a= a,5 . (I 2 y^ "^ 27' '6'~'"a'7'2l~^ri lao "•" 343 ■ 72o-t~ 243 ■5040"'" 7i9"4c3ao ~^ ^<^- f c fattovi y = ± i, ho i due valori j = /3 -4- SjgjoaS , ed 7 = (j — 3,880072 , e quindi (3 = 8,05870 = j quando a; = 3 , ed jz= 12,02893 quando x =■ 3,5 . Con che piarendomi non po- ter rimanere dubbio, o difficoltà nel calcolo de' logologaritmi , non porterò più oltre gli esempj ; bastando anche per far concet- to del progresso de' termini di tal funzione sopratrascendentale la seguente tavoletta Logaritmi Numeri Logologaritmi 0,5 1,5487252 — 1,44090 I 2,7182818 0 1,5 44816891 1.406 16 2 7,3890561 3,05910 2,5 12,1824939 5,17863 3 20,0855369 8,05870 3.5 0 '> r" r' DO,I I04[)20 12,02093 OS- • ^77 SULL' EFFLUSSO PEI TUBI ADDIZIONALI MEMORIA Di Giuseppe Venturoli . Ricevuta li 2,9 Giugno i8o5. ■ §. L -l rima il chiarissimo Poleni nell' elegante opuscolo de Casfellìs, poscia il Sig. Michelotti, e l'Ab. Bossut si diedero a rintracciare per via d'esperienze come s'alteri la velocità dell' efflusso , e la portata d' una luce per l'apposizione d' una doccia, o tubo come dicono addizionale . I risultati de' loro esperimenti si ristringono a' seguenti fenomeni, dei quali è la cognizione utilissima . i° Un breve tubo cilindrico apposto ad una luce scolpita in lastra sottile diminuisce notabilmente la velocità dell'efflusso; ma insieme ne accresce notabilmente la portata . a." Scema la velocità nella ragione di io;8 prossimamente ; ossia di 1:1/ ^ ; cosicché non più è dovuta all'altezza dell' ac- qua sopra del foro, ma soltanto ai due terzi di quell'altezza . La portata poi cresce nella ragione di io ; i3 prossimamente . 3.° Variando le altezze dell' acqua sopra d'una stessa luce munita dello stesso tubo, le velocità e le portate variano come le radici delle altezze . S- n. Quanto pìri costanti sono, e quanto megho avverati cotesti fenomeni, tanto più sarebbe desiderabile di poter trarne dai noti principi della Meccanica de' fluidi una spiegazione adeguata. Nel che io non so se alcuno degli Scrittori d'idraulica siasi adoperato con successo . I più si rivolgono alla contrazione della vena sgor- gante fl^S Sull' efflusso pei tubi addizionali gante dalla luce del vaso, la qual contrazione per rapposlzione del tul'o secondo aicuni ( i ) vien tolta, secondo altri (a) soltanto scema- ta E questi spiegano bensi In cjualche modo l'accrescimento del- la portata , ma non spiegano in modo alcuno lo scemam,ento del- la velocità . Oltre di che rimarrebbe tuttavia a sapere , come e perchè resti la contrazione alterata per l'aggiunta del tubo . 11 nostro Consocio Sig. Venturi ( ') ha ultimamente cercato di ridurre i fenomeni de' tubi addizionali ad un altro fenomeno più generale, cui diede il nome di comunicazione laterale del movimento ne'fluidi . Ma <|uand',ancl]e codesta riduzione non in- contri difficoltà , resterà sempre da render ragione di questa stes- sa comunicazione del moto laterale : senza di che non potranno aversi per ispiegati i fenomeni che ne dipendano . Forse disanimato da tali difficoltà ebbe a dire il Sig. Vince (4) che r applicazione de' principj e delle Leggi meccaniche al moto de' fluidi o è cosa del tutto vana , ed è mera casualità , se r esperienza consente talvolta colla teoria , o certamente di mol- te limitazioni abbisogna, e di molte avvertenze sino a quest' ora sconosciute . Ma egli è pur certo che T esperienza non può dalla Teoria discordar mai , se non forse perchè s' ignori o si tralasci nel calco- lo alcun elemento che v' abbia sensibile influenza: quindi non è fuor di speranza che un più attento esame di tutti gli accidenti che accompagnano l'eflussoda'tubi addizionali possa appressarne alla spiegazione ricercata . Ho tentata quesfa indagine non senza lusinga di trarne anche dei lumi sull' efflusso pe' tubi conici, del- le cui leggi quelle poche sperienze che abbiamo da Poleni e da Venturi non ne istruiscono quanto basta . Dalle quali leggi di- pendendo il conoscer la forma più vantaggiosa degl'incili , e de- gli (l) D. BernouUi Hydrodyn. pag. 63 . (a) Bossut Hydrodyn. ( edit. de 1771 ) Tom. II. pag. 53, 54. (3) Recherches experinj. sur le prin- cipe de la communlcation laterale du mouvement dans les fluides . P.Tris, 1 797' (4) Phil. Transactions ■ ^795. Part. I. Dx Giuseppe Ventukoli - 279 gli erai&sarj , delle bocche di derivazione, o discolo , ognun vede che questa ricerca è ben lungi dall' essere argomento di sterile curiosità » S. IIL Giacche intendiamo di richiamare i fenomeni de' tubi ad- dizionali alle note leggi dell' Idraulica , gioverà espone succinta- mente le formole della velocità e della pressione nelle acque cor- renti per vasi o tubi con moto lineare. Suppongo il moto già ren- duto permanente , ed il vaso alimentato da perenne influsso, on- de si mantenga a livello eostante. Si consideri una strato elemen- tare discosto dal livello del recipiente per T ascissa verticale x ; Sia/? la pressione su quello strato, v la velocità, s V altezza do- vuta a questa velocità-, la gravità acceleratrice esprimasi per r unità . Rappresentandosi adunque per Y unità la forza che sollecita io strato elementare , sarà ~ la parte di questa forza che impie- gasi nel produrre L'accelerazione, ed r — j^ l'altra parte che vieii distrutta, e che s' impiega nel premere . Ora la somma delle forze prementi, cominciando dal livello del recipiente , e stendendosi a tutta V altezza del vaso è nulla ; dovendo, siccome è noto , F intero sistema delle forze perdute equilibrarsi per se medesimo . La medesima somma estesa al trat- to indefinite ;i: rappresenta la pressione/?. Quindi il valore inte-^ ro dell' integrale \(lx l i — -^V, ossia dell' integrale \[dx — ds) { poiché -^ = Vy ed vdv = ds | dev' essere = o , ed il suo valore limifato al tratto x dev' essere = p . Or sia a V altezza verticale del vaso; P l" altezza che rappre- senta la pressione atmosferiea ; s l'altezza dovuta alla velocità nella superficie , ove x = o ; i" l' altezza dovuta alla velocità nel- la luce , ove jr = a . Il valore delP integrale /( dx — ds) per r in- f>8o Sull' efflusso pei tubi addizionali r intera altezza a sarà = « — /' + 5' ; e lo stesso valore per T al- tezza indefinita x sarà = P -f- a; ~- ^ -i- f ' . Quindi le due cedua- zioni o = « — s" + / p-=.Y -\- X — s -\- s le qnali due vaglion per una sola, giàccliò la prima è contenuta nella seconda . Per far uso di queste equazioni è d'uopo conoscere l'ampiez- ea delle sezioni suprema ed infima, e di <[uel]a intermedia per cui si ricerca la pressione. Allora siccome le altezze dovute alle velocità sono inversamente come i quadrati delle ampiezze delle sezioni, così delle tre lettere 5, s' , b" una sola sarà incognita , per esempio la s" . Questa si determina, mediante la prima equa- zione , e la seconda poi fa conoscere il valore della pressione . §• IV. Nulla è pili facile che 1' estendere queste formole al caso di due vasi fra loro comunicanti,: utile ricerca per determinare il moto ne' vasi interrotti da diafragmi . Si disegnino colle lettere grandi le quantità relative al vaso o tronco superiore » e colle picciolo quelle che appartengono al tronco inferiore. Sarà l' inte- ro valore dell' integrale / ff/X ~-dè)'\-f{dx — ds) eguale a zero ; ed il suo valore indefinito eguale a/» come sopra . Quindi nella stessa guisa otterremo le equazioni o = A— S"-+-S' /; = P4-A — S"-f-S' -\- a — s" -\- s -\- X — 5 -t- y Della stessa forma riuscirebbero le equazioni per tre vasi,,o per maggior numero . Se il tronco inferiore giaccia coli' asse orizzontale, le formo- le non richieggono altro cangiamento fuorché 1' annullare le al- tezze a ed :i: ; dovranno farsi negative, se il tronco inferiore sia volto verticalmente all' insù ; e si dovranno moltiplicare per C0S.9 1 Di Giuseppe Venturoli . 281 Cos. 1^ se esso tronco sia inclinato alla verticale coli' angolo 1) . Tutto ciò non ha diftìcoltà nessuna, S- V. Ma trattandosi di vasi interrotti, e discontinui non è da omettere un' avvertenza importante, senza della quale 1' espe- rienza non risponderà al calcolo colla bramata precisione . Ovun- que ha discontinuità di sezioni, ivi uno strato fluido della sezione più angusta spandendosi nella piìi ampia perde repentinamente im grado finito di velocità. Con ciò rimane elisa una sensibil parte della sua forza sollecitante, la quale impiegandosi nel pre- me; e il fluido sottoposto , deve accelerarne il movimento. L' efletto di questa press one addizionale può valutarsi a questo modo . La v-locità dell' acqua nel suo passaggio pel foro del diafragma è = y/iS" ; quella che ritiene nella sezione sottopo- s a è = y/is' . Quindi la velocità estinta è = y/aS" — \/2s' ; e la forza perduta dallo strato che nel tempetto di sottentra ad occu- pare la prima falda del tronco inferiore è =^ 1 y^aS" — /aj' \j^ ; ossia, poiché -^ = '^ns', è quella forza =. a/S"*' — ai' . Pertanto alle formole dell'articolo precedente che rappre- sentano la somma delle forze perdute dagli strati acquei, vuoisi aggiungere il binomio a/S" s' — 2/ . Colla qual correzione esse /S" "7" — ' o=^A-S"H-S' p = ?-{-A — S"'hS' ì f^. -+- fl — 5" -+ K/ ^ x — s -h Ks' \ ^^' e daranno per la velocità dell' efflusso un valore alquanto più grande . S- VI. Ben è vero che in pratica questo ac^celeramento mancherà Torno XI J. IN n qual- J i8a Sull' efflusso pei tubi addizionali qualche poco della misura che ne assegnano T equazioni prece- denti . Ed eccone la cagione . L' effetto dell' acqua affluente nell' affrettare il moto dell' acqua sottoposta dipende da quella parte della velocità dell'efflus- so che rimane di subito spenta , e si converte in forza premente . Or quando l'acqua entra nella sezione inferiore sbucando fuori da una sezione notabilmente più ristretta, quella velocità non rimane tutta estinta ad un tratto : parte se ne conserva, e jirodu- ce moti vorticosi ed irregolari nel fluido sottoposto; e questa par- te non contribuisce punto a premerlo , ed accelerarne il corso re- golare. Quanta parte della velocità vada così a disperdersi nel produr questi movimenti parziali , qual ne sia la natura e l'effet- to nel ritardare l'efflusso, non sembra veramente potersi determi- nare per la teoria , trattandosi di movimenti complicatissimi : la sola sperienza potrebbe istruircene . Daniello BernouUi non curò di calcolare l' effetto dell'efflus- so, nella persuasione che per lo più vada smarrito quasi del tut- to pel motivo ora accennato , totumque ìmpendì in motiini ali- quem excitandum intestinum , qui inox absorhetur sine alio ef- fectu (i). Riconosce per altro che in certi casi quest' effetto può esser molto valutabile, e poca parte se ne perde : sed siforamen (del diafragma) rationem hahuerit ad amplitudineni tubi , velati ut y/'a ad i , vel ut 3. ad 1, aut circiter major paullulurn erit motus quam qui ex ista hypotìiesi sequitur , tjuiu tane notabìlem ìmpetam. fa~ ciunt aquae ìrruentest necis omnis per rei naturam perditiir (a) . Frattanto all' uopo nostro giova avvertire alle cose sin qui notate, onde non avere a maravigliarci , se il valore della veloci- tà deli' efflusso calcolato dalle equazioni (E) si trovasse mai pec- care alquanto in eccesso . S- VII, Ma egli è ornai tempo di considerare lo sbocco dell' acqua dal (i) Hydrodyn. pag. l45; | (aj Ihid. pag. lòi i Di Giuseppe' Ventuholi . 2 83 dal limie d' un vaso munito di tubo addizionalo. E qui prima d' ogni altra cosa assumo che dentro il tubo e precisamente alla sua imboccatura la vena che sgorga dal vaso si contrae né più né meno di quello che fa quando sbocca neir aria libera . Né mi ri- move r opinione di quelli , i quali hanno creduto ( §• I ) che per r apposizione del tubo la contrazione dell'acqua sboccante fuori del vaso venga tolta, o scemata . Giacché né essi arrecano veruna ragione del loro sentimento , ed anzi la ragione e V esperienza concorrono a mostrarne il contrario . Egli è pur certo clie le particelle d' acqua s' afFacciano alla bocca del vaso con direzioni oblique, e convergenti tra loro, ten- dendo a formare la sezione angusta della vena contratta • Ora la resistenza che provano dall' acqua che riempie il tubo non può deviarle sensibilmente; paichè hanno velocità considerabile , e r acqua del tubo movendosi essa pure, e sottraendosi al loro im- peto non può opporvi notabile resistenza. Ond' é palese sussiste- re la contrazione nell'internode' tubi egualmente che negli sboc- chi liberi con nessuna o pochissima differenza . Una sperienza del Sig. Venturi (i) ne porge un altro argo- mento assai concludente. Al lume d' un vaso adattò egli un tubo cilindrico avente alla sua origine una strozzatura che ne ristrin- geva l'ampiezza nella proporzione dell'area del foro alla vena con- tratta; ed osservò quant' acqua uscisse in un dato tempo . Levò indi quella strozzatura , e trovò uscire nel medesimo tempo la medesima quantità d' acqua. Da che si deduce che la contraziou della vena produce naturalmente nell'imboccatura de' tubi lo stes- so ingombro , che vi produrrebbe un diafragma forato nel mezzo con un pertugio eguale all'area della vena contratta. Può dunque il sistema formato dal vaso e dal tubo apposto riguardarsi come interrotto da un diafragma. E saranno applicabi- li a questo sistema le equazioni (E) . Se ne traggono le due Pro- posizioni seguenti, le quali comprendono l'intera Teoria dell'ef- flusso pe' tubi addizionali . Nn a svili. (i) L. e. pag. lOj Ji ( a84 SuiL* EFFLCSSO PEI TUBI ADDIZIONALI S- vili. Proposizione I. Sia A l'altezza verticale del vaso; a quella del tubo; r ampiezza della luce del vaso = n ; quella della bocca esterna del tubo = g. Dico che T altezza 5" dovuta alla velocità dell' efflusso per la bocca del tubo, sarà prossimamente espressa dalla forinola seguente y._ ilt-f Riprendasi la prima delle equazioni (E) che è o = A — S" H- S' -H o __ 5" -f- Ks' Dicasi X il rapporto della vena contratta all'area del foro; sarà «n la sezione del diafragma cui figuriamo apposto all'imboccatura del tubo. Essendo poi le altezze 5 reciproche de'quadrati delle se- zioni , ed essendo la sezion del vaso amplissima in confronto di quelle del tubo, avremo Sostituiti questi valori, e fatte le opportune riduzioni , troviamo Ora a = o , 6 prossimamente , e però ^-1 — 1 1 = A. Dunque etc S- IX. Scema dunque la velocità dell' efflusso per l'apposizione del tubo , né corrisponde mai all' intera altezza del recipiente . I tu- bi divergenti la sminuiscono più che non fanno i convergenti . Ne' Di Giuseppe Venturoli» a85 Ne' tubi cilindrici riesce j" = ^ ( A + a) . Questo valore eccede soltanto di ^ quello indicato dalle sperienze , il qual è ( 5- I ) •y" = -j ( A -H a ) . Del quale eccesso non vuol farsi alcun conto , e perchè è picciolissimo , e perchè già ne abbiamo pendu- to ragione (5 Vi ) . Cangiandosi le altezze A + a, le velocità dell'efflusso varia- no come le radici di quelle altezze; il che pure è conforme alle sperienze ( §. I ) . Conosciuta 1' altezza s" si conoscerà ancor la portata , o sìa l'erogazione dell'acqua nel tempo t la quale è espressa da gt'/a.s"; e paragonando questa formola colle note formole che danno la portata delle semplici luci , si vedrà se il tubo avvantaggi o nò la portata , e di quanto l'avvantaggi . Per tal modo si troverà che sotto una pari altezza A -ha, il tubo convergente comincia ad accrescere la portata della luce j cosi tosto che l'ampiezza dell'esterna bocca diviene eguale ai due terzi dell' ampiezza della luce del vaso. Indi quanto meno con- verge il tubo , tanto maggior si ha vantaggio j e facendosi il tubo cilindrico, la portata della nuda luce sta a quella della luce arma- ta come IO : i3 poco più; e facendosi divergente, la portata cre- sce anche di più , e segue crescendo a misura della divergenza del tubo, per sin che 1' acqua può seguirne le pareti, ed empierne tutta la capacità. S- XI. La formola s" = ■ — risponde assai bene, siccome IH--^ 4 abbiam visto, alle sperienze delle doccie cilindriche. Ove si vo- glia 2^6 Sull' efflusso pei tubi addizionali glia farne prova sulle doccie coniche, convien por mente alla contrazione cui va soggetta la vena allo sgorgare per la bocca del- la doccia. N' è cagione 1' obbliquità colla quale s' afTacciano le particelle allo sbocco, secondando l'andamento de' lati del tubo; obbliquità atta a produrre una qualche contrazione della ve- na air uscire da' tubi convergenti , e per l' opposto una dilatazio- ne ne' divergenti . Tenendo conto di questa alterazione, e sosti- tuendo nel calcolo all' ampiezza dello sbocco del tubo la sezione della vena contratta o dilatala ^ crederei che le sperienze fatte con doccie coniche dovessero corrisponder cosi bene alla forino- la, come le cilindriche . Di che mi assicurano i seguenti esempj . S- XII. Sono veramente poche le sperienze che abbiamo di questo genere, e poco precise descrizioni ce ne lasciarono gli Sperimen- tatori . Quelle per esempio di Poleni sulle doccie convergenti (j) abbenchè fatte in grande, appena ponno servire, sì per la gros- solana misura dei diametri delle vene ristrette, come per nota- Ì)il vizio dell'apparato , del quale non si può dubitare, attesa la discordanza delle sue sperienze da quelle dell' Ab. Bossut (a) . Schiveremo quanto si può questi inconvenienti col paragonare fra loro i risultati delle due sperienze fatte nelle circostanze le più diverse . Sboccava r acqua orizzontalmente sotto l'altezza costante di lin a56. Nel primo esperimento (3) essendo il diametro all' origine del tubo lin. 33, il diametro allo sbocco Hn. 26 , il diame- tro della vena contratta lin. 2,5; uscirono pollici cubici 73o35 in 177". Nel secondo esperimento (4) essendo il diametro all' origi- ne lin. I :8, il diametro allo sbocco lin. 26 come prima, il dia- metro della vena contratta lin. a3, 5 uscì la stessa acqua in i85" . Ora (i) De Castellis Art. ag segg. {2) Bossut 1. e. Tom. II. pag. 67. (3) De Castellis Art. 3i . (4) Ibid. Art. 33 . Di Giuseppe Ventuiioli . aS^ Ora uscendo la stessa quantità d' acqua per diverse sezioni in tempi diversi , le altezze dovute alla velocità dell'efflusso deg- gion essere in ragione inversa de'quadrati delle sezioni, ed inver- sa de' quadrati de' tempi. Perciò il rapporto tra V altezza dovuta alla velocità dell' efflusso nel secondo esperimento, e l'altezza si- mile nel primo esperimento fu (j|-c) (~^) = i> ^7 • Veggìamo ora quale riesca questo rapporto giusta la formola /' = ; T . Viene pel primo esperimento /' = aaa, 6 e I -+-^ . ^ 9 n* pel secondo s" = a55, 8a; onde risulta il rapporto ^— i_f = i,i5 con tenuissimo divario dal valore che ne ha mostrato 1' espe- rienza . ,» Facciamo anche una prova sulle doccia divergenti; e sia una speiienza di Daniello Bernoulli , che è la settima della Sezione IV della sua Idrodinamica. Sotto l'altezza di lin. 1 66 1' acqua usciva per un tubetto orizzontale, di lati divergenti , essendo il diametro all' origine lin. 5 ed all' esterna bocca lin. 6,5 . Si co- nobbe la velocità dell' efflusso misurando 1' ampiezza del getto parabolico, e trovossi dovuta all'altezza di lin. 58 ali incirca . La vena si allargava allo sbocco, e Bernoulli rilevò il diametro del massimo allargamento , non già coli' attuale misura, troppo soggetta ad errore , ma con altro ingegnoso e sicuro artificio . Era questo diametro di lin. 6, 9 . Quindi verrebbe per la nostra for- inola ^" — TTTTr^ = 63 , 5 con qualche eccesso sopra il valore mostrato dalla sperienza : ec- cesso assai lieve^ ed assai giustificato per quel che si disse al §. VI. S. XIII. 7( + ± - 9 4- ± e y a88 Sull' efflusso pei tubi addizionali . S- XIII. Proposizione IT. Rimanendo ferme le solite denominazioni , 91 cerchi la pressione^ in una sezion qualunque del tubo , d'am- piezza z , e lontana dalla sua origine per Fascissa verticaleAr. Sarà p-V + A + AT — {k + a) Prendasi la seconda delle equazioni (E) la quale è /7=P + A— fe"-+-S' •' -4- X -> i -h Ki' Or qui abbiano (§. VITI ) & _o, t) — ^,-r5 -f — p-5 "^ — „^ ' ^^ — ^^ Sostituiti questi valori; messo in luogo di «"il valor suo (5- Vili); e finalmente fatto « = o , ó esce il valore di p annunciato nella Proposizione . S- XIV. Moltissime conseguenze scendono da questa formola; ma per non divagar troppo , ci ri=tringcreiiio a notarne alcune concer- nenti i tubi orizzontali , pei quali essendo x= Q , a= e, riduce- si la foimola alla seguente S-+ ± 9 $- ± 9 I — ' > ovvero /» =: P -h A . i-^ Qui se il tubo è cilindrico ,vien/? = P . È dunque in tali tubi la spinta laterale dell'acqua costante , e per tutto uguale al- la pressione dell' atmosfera . Aperto un picciol pertugio ne' loro fianchi non ne uscirebbe punto d'acqua, né pur una bolla vi s'in- trodurrebbe dell'aria esterna. E ciò pienamente confermasi dall' aspe- Di Giuseppe VnxTUP.OLt . 289 esperienza, quando i tubi sien Lrevi , quali qui si supjjongo- 110 (1). Convieu però eccettuarne un picciol tratto in vicinanza dell' origine: poiché ivi formandosi la strozzatura in grazia della contrazione (§. VII) la sezion viva z riesce miirOre della sezione n 0 g del tubo , e la pressione divieii minore di P • E tale appunto la mostrano le sperienze (2) . Se il tubo e convergente , si ha/? maggiore di P . La pressio- ne sui lati è dunque maggiore d«lla pressione atmosferica , ed aprendovi un foro^ l'acqua ne uscirebbe . Non so che se ne sia falta la sperienza, ma 1' esito non n'è dubbio. Pel contrario ne' tubi * — a*/? -+- 4^* -h 4r% il che non può esse- re, perchè abbiam un sol termine moltiplicato per a, mentre ^li altri sono moltiplicati per il suo quadrato. Quindi affinchè possa ciò verificarsi fa d' uopo che sia n numero dispari, che esprimere- mo con ^m — I , e cangerassi allora la formola a« — i in quest' altra iV/z — 3 , la quale nella supposizione dei suddetti tre qua- drati ci presenta l'Equazione a^w— 3 = a*/;* — a'/;-1-i4-4'7*'+"4''% ossia a^w — a*=2'j3^— a'/?-+-2:*(/^-f aV*, che non porta ad alcun assurdo . Stendiamo ora la serie de' numeri dalla anzidetta for- inola originati col dare al simbolo 7« i valori successivi dei nu- meri naturali . Fatto w = i , si ha 4 — 3 = i ; se /?z = a , nasce 8 — 3 = 5 , e andando avanti risulta la serie aritmetica 1.5.9. '3. 17. ai. a5.a9.33. ec. Poiché nella serie de' numeri pari, entra anche il zero, sarà facile coli' aggiunta anche del qua- drato di questo zero, stabilire i tre quadrati, equivalenti a cias- cun nuuiero della serie, uno de' quali sia dispari e gli altri due pari . Per ognuno dei suddetti numeri, metto qui sotto la serie di tale spezzatura 1.1.1.9.9. ^ • 9 • 9 • 2.5 . ec. 0.4-4-4-4- 4- '6. 16. 4« o.o.4.o.4>i6. o. 4* 4- Si produca pur oltre la serie quanto piaccia e non si troverà numero in essa che non ammetta una simile spezzatura , anzi si dee riflettere che un qualche numero potendo essere in diverse maniere spezzato in tre quadrati, sempre un d'essi sarà dispari, e gli altri due pari. Non nasca dubbio, che la stessa formola a*/» — 3 accetti numeri che possano essere spezzati in tre quadrati dispari, perchè tale ipotesici conduce allo stesso assurdo , nelle conse- guenze di un numero pari-dispari uguale ad un aggregato di nu- meri pari-pari. Imperciocché supposte le ì-adici de' quadrati dis- pari ; a/; — I , ay — i , a/- — i ,potrebb' essere a*/« — 3:= a*/?* — a^/? -H I H- a^^'— a'(7 + i 4- aV^ — a*/- -f- i , ovvero colla traslazione delle tre unità , a*//2 — 6 = a^/>^ — -x^p -\- a^^* — -x^q -)- aV' — a*/-,- il che é impossibile , perché 6 è l' unico numero pari-dispari che abbiamo in quest' Equazione . Poi- Dr GiANFnANCEsèo Malfatti. 299 Poiché un numero dispari può anche ammettere la spezza- tura in tre quadrati dispari , conviene dar la fornioJa generale, che ahbracciu tutti questi numeri. Questa formola è a'/i — 5, dal- la quale nasce col dare a n i valori di i. a. 3. 4-5. 6 ec. la seguente serie 3. 1 1. 19.27. 35.43. 5 1.59.67. 75. 83 ec. cui corrisponde la se- guente de' tre quadrati dispari I . 9 . 9 . 25 . 25 . :i5 . 35^ . a5 . 49 • ^5 . 49 • ec. 1.1.9. ^ • 9 • 9 • 25 . 25 . 9 . a5 . 25 . i.i.i. I. I. 9. I. 9. 9. 25. 9. avvertendo qui pure che potendosi alcun di questi numeri spez- zare in tre quadrali diversi dei notati , saran sempre dispari i tre nuòvi quadrati . Poiché la forinola dei numeri che si spezzano in tre quadra- ti dispari è 2.^11 — 5 , se a^^giungo a questa forinola il (juadrato 4 e conseguentemente faccio la medesima aggiunta a ciascuno ter- no dei quadrati suddetti, la formola si cangia in a'/z — i , la serie de' numeri compresi da questa formola , cominciando dal mini- mo 0,7. i5 . 20 . 3i . 3g . 47 . 55 . 63 . 71 . 79 . 07 ec. , e tutti questi numeri non possono essere spezzati che in quattro quadra- ti , tre dispari e un pari che è sempre il 4? «ti ^cco qui sottoposta la serie delle S|>ezzature 1 .9 •9 • 25 . 25 . 25 .25 .25 , ■49 .25 . 49. ec. I . I .9 . X . 9.9, 25 . 25 . • 9' . 25 . 25. I . I . . I . I . 1.9. I . 9 • ■ 9 • ,25 • 9 • 4.4 •4- 4. 4. 4. 4- 4- 4- 4- Mi piace ancora di dimostrare ciò che superiormente ho det- to, non potersi spezzare in meno di quattro quadrati i numeri compresi dalla formola 2'/?. — i . Perchè essendo sempre Q.^n — i numero dispari è chiaro non poter essere i tre quadrati che o un dispari , e due pari , o tre dispari. Nel primo caso avendosi l'uni- tà nell'ultimo termine del dispari , e riuscen -+- 1 -+- a'5* — a*7 -+- i -+- aV* ~ aV -f- I ■+ aV^ — aV -I- i , nella quale come è chiaro il primo membro è la formola comprendente tutti i numeri pari-pari che nascono dal prodotto per quattro di tutti i numeri dispari. TselTEquazione superiore trasportate le quattro unità del secondo al primo membro, risulta a^«— a' = a*/>* — s.'^p -J- a*^* — 3*<7 H- a*r^ — a*/- -4- a"^* — a*if ovvero, a/7 — a^ — p* — /'-^-<7* — ^ ~^ ^^ — r + t^ — /, che non porta ad alcun as- surdo, perchè i termini nel secondo membro forman tre coppie necessariamente pari . La serie de' numeri pari che appartengono alla formola a'rt — a* è la seguente j 4''^'^t>.a8.3ó.44-52.t)o.68 ec. 3oa S A G e i o ce ec. , e la serie della spe:5zat ma secondo 1' ordine de' suddetti nu- meri è questa I . 9 . 9 . 9 . 9 . aS . aS . a5 . 2,5 , aS . ec. I . I . 9 . 9 . 9 . 9 . 9 . 25 . aS . a5 . 1.1.1.9.9.9.9.1.9,9. 1.1-1.1.9. I. 9. I. I. 9. La serie de' numeri della seconda classe , i quali restan tutti compresi nella formoia a^'^"'X a/i — i è quella di tutti gli altri numeri pari possibili. Ora la parte m deil' esponente a H- //i è un numero dispari , o un pari : se pari a*"*"" è sicuramen- te un quadrato : se dispari , il doppio d' un quadrato . Quan- do /tz è pari, la formola a/i — i essendo un numero dispari , potrà ciascun di questi numeri essere spezzato al piìi in quattro quadrati, onde anche i numeri a*"*"'". 3/1 — i riceveranno tale spez- zatura, che sarà determinata dalla appartenenza del numero dis- pari are — I all' una, o all'altra delle superiori formolc da noi no- tate per i numeri dispari . Oltre questa può avere anche i' altra spettante al numero dispari moltiplicato per quattro . Perchè es- sendo a^"*"''.2,re — I uguale a"'.4.a7i~i, potendosi il numero \.2.n — I spezzare in quattro quadrati dispari, poiché a™ è qua- drato, si avranno colla moltiplicazione, anche quattro nuovi quadrati pari nei quali potranno essere spezzati quei medesimi numeri . Se poi m è numero dispari si potrà sempre cangiare a*"*" "".a — i in quest' altra maniera a .a.a/i — i . Ma 2..%n — i rappresenta tutti i numeri pari-dispari, i quali si è veduto sopra , che sono spezzabili in tre quadrati. Quindi concluderemo che tutti i nu- meri che può dar la formola a^'^'".a« — i ove tn sia dispari sa- ranno spezzabili in tre quadrati . I numeri della formola a'/z — r , non essendo spezzabili che in quattro quadrati, se moltiplicheremo la formola per a*"*"", on- de nasca a^'*""'.(a-/z — 1), se l'esponente ra sarà dispari, equivalerà alla formola a^'^. a. (a'/2 — i) , e siccome i numeri a {a'/2 — i) san pari-dispari e perciò spezzabili in tre quadrati, essendo pure a ■' qua- Di GiANTRATuczsco BIalfatti . 3o3 quadrato , anche quelli della forinola a'"^'".(i'/i— i) potranno es- sere spezzati in tre quadrati . Ma se /« è numero pari , il molti- plicatore 3'"^" è un quadrato e a'/i — i abbraccia i numeri che vogliono la spezzatura di quattro quadrati; a tale spezzatura sa- rau pur soggetti^ quei della formola a."^"'.{2^n—i). Altri quattro quadrati pure degl' istessi numeri ai possono avere, cangiando prima la formola equivalentemente così a"*. 4-^''" — 1 , ove i nu- meri 4 i^^T—T divisi per quattro, lasciano un numero dispari di quoziente , e però divisibile , in quattro quadrati dispari , onde ciascun d' essi moltiplicato, per a" che è pur quadrato , ci risulteranno altri quadrati diversi dai precedenti. Con una sol formola perciò noi potremo raccogliere tutti quei numeri , i qua- li ne son quadrati , né spezzabili, o in due , o in tre quadrati , e non ricevono che la spezzatura di quattro. Questa è la formola a*'"~''.a*« — I , nella quale se m = i si ha la serie dei numeri dis- pari 7.1.5 a3. ec. , e se m è qualunque altro numero , i quattro quadrati che risultano, sono i quattro pari sopra mentovati . Tutti gli altri numeri che si sottraggono da quest'ultima formo- la, o son quadrati, o ammettono la spezzatura di due o di tre quadrati . Suppongasi per esemplo cTie un Generale avendo nella sua armala 4'5oo soldati, gli fosse opportuno, di dividerla in tre Battaglioni o falangi quadrate, e chiedesse ai suoi ingegneri le diverse maniere di ottenerle, per iscegli ere quella che fosse più al caso per le sue viste Militari. L' ingegnere interrogato, prima di tutto divide quante volte può il numero per quattro, e perii presente trova che basta una sola divisione e ne trae il quo- ziente 10875. Avanti di rintracciare questi quadrati cerca se il quesito è possibile, e sottomette il quoziente alla formola che esige i quattro quadrati. Per tal modo instituisce l'Equazione a'n — I = 10370 ovvero a^«= 10376. Ma poiché 10376, è divi- sibile per otto, cade que-to niimero sotto la necessaria spezza- tura dei quattro quadrati , e non può perciò il proposto nume- ro de' soldati essere di^iso in tre battaglioni quadrati. Un altro Generale che ha Sóooo uomini sotto il siw coman- do 3o4 Saggio ce. i da fa la stessa interrogazione, perle tre falangi al suo ingegnere, e questi riflettendo, che tal numero di soldati diviso per otto la- scia un quoziente dispari, equivalendo esso a, ^.2,.^Z'^o , poiché 4 è quadrato , e il numero 0,-4375 è pari-dispari conosce subito es- sere possibili i tre richiesti Battaglioniquadrati, le fronti dei qua- li devono essere, due un numero pari dispari, eia terza un nume- ro pari-pari. Si mette poi a cercare in quante maniere si possaspez- wire il numero a, 4375, iu tre quadrati ; ed avendo sotto gli occhj la serie de' quadrati dei numeri naturali che si trovano registrati in più libri d' aritmetica, e d' algebra, va a cercare il massimo quadrato dispari, prossimamente minore a questo numero; sot- trae da esso tal quadrato , e cerca se il residuo si possa spezzare in due, un dispari, ed un pari . Gaso che no prende in mano l'al- tjo quadrato dispari prossimameute minore del primo , ripete la stessa operazione , e ja stessa indagine andando avanti sin che il residno della sottrazione diventa mae;giore della metà del nu- mero Si. 4375 ; e quando in tutti questi residui ritrovatisi verifichi la condizione, che siano uguali alla somma di altri due quadrati, può notare tutte le diverse spezzature . Ma poiché i quadrati massimi potrebbero anche esser pari, assunto quel quadrato pari che è prossimamente minore del numero a.4375 , cerca il residuo ed esamina se questo sia divisibile in due quadrati dispari, cliegli darebbero la prima combinazione . In caso contrario coi quadra- ti pari prossimamente minori l'uno all' altro, va tentando , e no- tando i felici esiti sin che arriva a un residuo maggiore della unità del numero di cui cerca la spezzatura in tre quadrati , e la sua indagine resta espleta . Nel caso nostro tra le spezzature op- portune , troverebbe anche le seguenti , nelle quali non facciam die indicare il numero de" soldati che devono essere posti alla fronte di questi Battaglioni , cioè non notiamo che le radici di questi quadrati . j8b . 178 . 166 . iSo . j58 . i34 . i3o . ec. ao . 54 • 62, . 5o . 6 . i3o . 90 . a . io . 60 . 100 . ICO . la . 100 . Esaurita questa Teoria dei numeri intieri , e fatto vedere **" '" "*• non Di Gianfrancesco MalpaTTi . 3o5 non v' essere alcun numero ^ che non essendo di per se quadrato non possa spei^zarsi o in due , o in tre , o in quattro quadrati , non sarà molto difficile la soluzione di questo problema. Dato qualunque numero, ritrovare un quadrato , che molti- plicato per quel numero faccia un prodotto uguale a qual si vo- glia numero di quadrati . La soluzione di questo problema non è sempre possibile, e farem vedere quali sono le condizioni del da- to numero, che ne rendono possibile la soluzione . Alla soluzione di questo problema generale ci faranng strada i problemi subalterni, e più semplici, il piimo de'' quali è il se- guente : dato im numero, trovare un quadrato, che moltiplicato per quel numero, formi un prodotto eguale a due quadrati . Cer- cheremo innanzi a tutto quale condizione è necessario che si ve- rihchi in tal prodotto, affinchè rendasi possibile il problema. Sup- pongo, con tutta la generalità, espresse cosi le radici de' due ri- cercati quadrati; la prima, mp -{- nq; e la seconda jnq — np; nelle quali dando gli opportuni valori, ai quattro siml^oli m^n.p.q^ po- trò sempre avere due qualunque numeri intieri , un maggiore, e r altro minore, essendo anche intieri i simboli componenti le sudclette formole . Considerate queste come radici dei due qua- drati , uguali a un dato numero , la somma di questi due quadra- ti ci dà il risultato rn''-^n'' ./'^H-'/* 5 il quale mostra la forma che deve avere questo numero affinchè sia possibile la sua spezzatura in due quadrati . Deve perciò tal numero, essere divisibile in due fattoli ciascun de' quali possa essere spezzato in due quadra- ti . Ma siccome anche il zero può entrare nel numero di questi quadrati , fatto per esempio (7 = o , il risultato si cangia in wM^.y/ che dà eftettivamente due quadrati . Laonde per il pri- mo problema proposto , di trovare , dato un numero , un quadra- to che moltiplicato per il numero equivalga alla somma di due quadrati, potendo rappresentare con/?* -\- q^ il quadrato richie- sto, e con /«*-4-«* il dato numero, si rende necessario fuor del caso di ^ = o, che il quadrato che si cerca possa essere spezzabi- le in due quadrati , e cosi fuor del caso di « = o è j)ur necessario che anche il numero proposto possa spezzarsi in due quadrati . TotìiQ XIL Qq La 3o6 Saggio ec. La conseguenza di questo discorso è che trovandosi nella serie dei quadrati alcuni di essi spezzabili in due quadrati, e molti altri non spezzabili che in tre, per esempio />*-|-^*4-?-*, avremo bensì 1 due quadrati ricercati dal problema, sostituendo invece dei tre p' -h <7* -h r' r unico quadrato a cui essi sono uguali ; ma non po- tremo aver nuove coppie di quadrati , ove si voglia fare entrare in essi i simhoìi p, q, r. Al contrario poi se il quadrato ricer- cato può essere spezzabile in altri due come/»*+ q^, non solo ab- biamo i due quadrati dell' eguaglianza, quando si sostitiiisce in "vece di^^ -h q^ il quadrato unico che loro è uguale , ma ci nasco- "no altri quadrati, che traggono la loro origine da/? e da q^ che son le radici dei primi . Poiché m^ -H n^ vien da noi considerato co- •mt' il dato numero , si fa evidente, che se questo non fosse spez- zabile che in Ire quadrati, e non in due, il problema sarebbe im- possibile . Egli è dunque necessario per questo nostro problema che il dato numero o sia quadrato , o spezzabile in due quadrati . Sarà qulche volta facile il conoscere a un tratto che il dato nu- mero è divisibile per 3, o per 7 o per 1 1 , che si sa non esser nu- meri spezzabili in due quadrati, onde in tal caso se il numero è di molte figure, siam liberati dalla pena del fastidioso mefodo di cercare i quadrati prossimi, e possiam decidere sul momento r impossibilità del problema . Ciò premesso il problema de' due quadrati, chiamatole il nu- mero dato , si presenta algebraicamente con questa forma , K«* =/>* -^ ^*? nella quale sono incogniti i simboli, n ^ p ^ q; a perche K deve ammettere la sua spezzatura in due quadrati , chiameremo questi due quadrati noti, a'' ,b^ , e sarà cangiata la formola in quest'altra a^ n^ + b^ii^ •= p^ -\- q^ che disporremo pure in quest' altro modo, a^ n^ ^ q^=Lp^ — b'' a^ . L'artifizio semplice di cui mi valgo, per la soluzione di questo problema , insieme con altri che verranno consecutivamente, consiste nel ri- durre a rettangoli i binomj che sono in ambi i membri, intro- ducendo de' nuovi simboli arbitrar] perla riduzione di tali mem- bri ad eguali rettangoli . Esprimiamo pertanto il primo membro a/1* Di Gianfrancesco Malfatti . 807 a^a' — <7* in quest' altra maniera equivalente I """'^ ) S*^'^ + g(/ 5 ed espresso similmente T altro membro co\\V-^^7—\jp—fbii , si ha l'Equazione 1^^^^ ).§««-!- g^ = (^■^^j 7^ — /^« * tìella quale considerate come basi dei due rettangoli le espressioni °"~^ , ^^^-^ e come Iati le rimanenti, si devono instituire due altre equazioni, la prima che nasce dal fare uguali le basi , la secon- da dal fare i lati uguali. Col mezzo della prima troviamo p =■ — ~ — — , che fa essere il lato /> ■+■ fbn = ^ '—^ a S e facendo questo lato uguale a quello del rettangolo, nel secondo membro ci si presenta T equazione *-^ — - ^ "~-^ ^ = gan -f- gq ossiay^rt/z-h 2.fgbn — Pq = g^an -4- g^<] che portando 1 termini del q da una parte e quelli dell' n dall' altra diventa [f^a-\-tì.fgb ■ — g*«)/i=:( g*-t- b^)q . Essendo questa equazione di per se inde- terminata, per ragion delle due variabili n, q , sarebbe in arbi- trio del geometi'a, il dare a uno di questi simboli quel valore che più piacesse , rimanendo anche arbitrar] gli altri simboli f, g • Con ciòavrebbersi, generalmente parlando, dei quadrati fraziona- ri , che scioglierebbero il problema; ma siccome noi ci proponia- mo dei numeri interi ^ li aviemo sempre se faremo & > "on si A\3.n che valori di numeri interi. Per tal modo ci risulta n =ipA-g^ ^ q =/^<2 -+- '^fgb — .g^a — {P — g^)a •+- ^fg b , e sostituendo questi valori nel valore di p nasce p = ( g^ — f^)b ■+- afgd. Rifletteremo qui, che il primo mem- bro dell'equazione Kw'^ =/»*+^*, dopo il trovato valore di ;z , diventando equivalentemente (a'-t-Z'') . {/"'-^-g*)^, abbiamo infi- nite coppie di quadrati , se diamo ai simboli /, g, qualunque valore di numerò intero, e oltre questi anche gli altri infiniti Q q a qua- 3c8 Saggio ec. quadrati, che vengono formati, colle radici espresse dai valori d'i/?, q sopra trovati; e oltrecciò , dal calcolo che ahbiamo fatto risulta, che per avere questi ultimi infiniti quadrati, la radice n del primo vuol essere posta eguale alla somma di due quadrati . Noterem finalmente che se il dato numero K non riceve altra spezzatura che quella di tre quadrati come se fosse a* -f- h^ -he*, il Problema riesce impossibile, e che è necessario o che K sia per se quadrato, o almeno spezzabile in due quadrati : e nella sup- posizii ne che K siti quadrato , come a^ , potremo nelle nostre for- inole far Z':=-o, ed esse si cangioranno nelle seguenti n=f^-hg^ , F = 2/^a , fj = (/* — S') ^'■i tlovc fatto anche a = i risultano le stesse formole che si trovano in quasi tutti i libri elementari di algebra, sulla proprietà che devono avere tre numeri , affin- chè il quadrato d'un d' essi uguagli quello degli altri due, pro- prietà , che nella linea, appartiene al triangolo rettangolo . L' ordine naturale nella serie de' problemi simili al prece- dente , ci porta alla proposizione di quest' altro ; Dato un nume- ro , trovare un quadrato, che moltiplicato per quel numero sia uguale a tre quadrati ; il qual problema algebraicamente presen- tato, somministra l'Equazione K «*==/»' -4- «7^ H- r* ; essendo K il dato numero . Ora o esso numero K è pari-pari , o pari-dispa- ri , o dispari. Se è pari-pari, qualunque sia il quadrato moltipli- catore ., non i^otrà il prodotto essere uguale , che a tre quadrati pari ; in conseguenza , potran sempre dividersi i termini dell* Equazione per quattro , e questa divisione andrà tante volte re- plicata, quante volte i quozienti di K diviso per 4,i6,64., ec sian pari-pari ; finalmente ci ridurremo per necessità, o a un ulti- mo quoziente pari-dispari, o a un ultimo quoziente dispari. Cosi il quadrato moltiplicator di K , non può essere che un numero pari-pari , o un dispari ; e nel caso del pari- pari , torna in cam- po lo stesso discorso, che non può essere il mentovato prodotto , se non che' uguale a tre quadrati pari . Dal che risulta , che il nostro problema si riduce a uno di questi due ; dato un numero K pari dispari , trovare un quadrato dispari che moltiplicato per esso numero , dia un prodotto uguale a tre quadrati ; o sia a quest' Dr GlANFRANCEÌCO MALFATTI . SoQ quest' altro ; dato un numero dispari, trovare un quadrato dispa- ri , che moltiplicato per tal numero dia un prodotto uguale a tre quadrati . Considero quest'ultimo caso, e mi accingo a din)0- strare die se il dato numero K non è S| ezzabile nò in due , nò in tre quadrati , ma soltanto in quattro . il problema è impossi- bile . Abbiamo sopra fatto vedere che fuor dei numeri compre- si sotto la formola a^ra — I , i quali soli non son spezzabili nò in due , nò in tre quadrati, tutti gli altri dispari lo sono ; ecco per- tanto , la dimostrazione della impossibilità del problema, nel ca- so che K sia un di quei numeri , compresi dalla formola 2^«— l . La espressione algebraica del problema è K«*=/->'^-4-(7* + r'; e poi- ché- , si K che n essendo numeri dispari, i quadrati />*, (7', ;* non possono essere, che o tre dispaii , o ini disjiari, e due pari fatto generalmente K = 2}$ — i , ii=zìtn — i , p~it — r , q-=.-ì.ii — f , 7-r=ar — I , rEquazione diviene a'/«'.s— a'w5-+ a^j— :i'«^-l-a*w— i =2*i* — aV+i +-a^w* — 2*/i-}-i+aj^ — a 7-4-1 ; e portatele tre unità di questo nell'altro membro nasce ii'in^s ^''ins \ )ì}s— o^m.^ YO.^in—ùf = 4^' — 4'+ 4"* — ■47^-1-47^ — 4j ' e divisa f Equa- zione per quattro , ^^m^s — ^*rns + a.5 — m^ -\- m — i = t^ — t -\- II" — u +7* — /; ma il primo membro è necessaria- mente un numero dispari , perchè i tre termini primi son molti- plicati per a, i due avanti l'ultimo sono necessariamente un nu- mero pari , anche quando m si supponga dispari . e 1' ultimo cioè r unità è un dispari , mentre nell' altio membro ogni coppia t^ — 1 1 a* — u -, y^ — y non può essei'e che un numero pari . Dun- que è impossibile . che il suddetto sia uguale a tre quadrati dis- pari . Non può nemmen essere uguale a un quadrato dispari . e due pari ; imperciocché , fattoy7=2/ — 1 per il dispari , e q — 2.u^ r=i/ per i due pari , l' Equazione diventa a'///.f — aV??54a'.>— - a^'w' + %''m — ;=4 * - 4^^"^ ' ^ 4''*'^4y^ - ^ trasferita 1' unità di quest' ultimo membro nel primo, abbiamo a'///*i- — a'wjH-a*j — 2*772* -+- a*/;2 — a = 4^ 4'^ "^ 4''^ "+" 4/* > ove si vede che il primo membro è necessariamente un numero pari-dispari mentre l'altro è un numero pari-pari i e con ciò resta uni ver- sai- 3io Saggio ce. salinente dimostrata la impossibilità del problema , quando K sia un numero compreso dalla formola a'/i — i . Il caso del dato numero K pari-dispari , vien compreso nel problema di un numero K spezzabile , o in due , o in tre quadra- ti, porcile tutti i numeri pari-dispari , ammettono questa spez- zatura , come abbiamo altrove veduto . Dopo aver dimostrato essere impossibile la soluzione del problema espresso colla formola K«'=r//-I- ^ *-!-/* , o\e K non possa essere spezzato che in quattro quadrati , come avviene a tutti i numeri compresi nella formola a*"""^ (a'ra— i) , porre- mo in generale la seguente formola che il rende possibile , |a»_l_^»_l- c^)/z* =p'- -[-(]'■ -i-r^ . Lasciando la differenza di due qua- drati nel primo membro, e collocate le altre differenze di altri due quadrati nel secondo , seguendo un ordine simile per le tra- slazioni di tai quadrati , a quello da noi praticato nel precedente problema, daremo alla formola questo nuovo aspetto ; a^/t,^ — r* =q^-^b^n^ -\-p^ — c'/i* 5 o ridotte queste differenze a rettangoli (/3/z — r)[nn'^r)-==.{fi- bn){fi-^biì) ~\- [p—cn){p--Vcìi)\ i quai ret- tangoli 5 air introduzione dei simboli arbitrar] , equivalgono ai seguenti ; ^^{han-\-hr) =^±n [fq-^Jbn ) + ^^^' {.p + gai). Qui pure , come nell' altro problema , prese per basi le parti fra- zionarie di questi rettangoli , le faremo tra loro uguali , con- frontando r una e 1' altra base del secondo membro , coli' unica Lase del primo . Con ciò, principiando il confronto colla prima hase del secondo membro, abbiam 1' Equazione ^^^^ = ~X~' onde nasce g =^-2^ — ' " ; e colla sostituzione del valore di g neir espressione del lato corrispondente alla base assunta nel secondo membro, ci risulta^g +fbn = * '"'~^ !" — 2LL? ^,°j . i\ con- fronto della rimanente base colla prima, ci dà quest' altia Equa- zione , -t- = — ; — , onde si trae p = - -, — , e coli uso g h ^ h di tal valore nella formola ep+gcn , ci nasce il lato del secondo ret- Di Gianfrancesco Malfatti . 3 1 1 rettangolo uguale ^ an—ir^2.uicn_ ^^o^ q^^ perchè valga l'Equa- zione che fa essere un rettangolo uguale alla somma di due , poi- ché in tutti essi le basi sono uguali , fa d' uopo che la somma dei lati dei due rettangoli del secondo membro , sia uguale all' unico Iato, del rettangolo del primo; unite pertanto le due espres- sioui (i°), (2°) , risulta la nuova equazione /'a/i — /V + o.fh.ha ■^-g^an — g''r-^2.ghcn= li'an ^h^r ovvero [f^+g^—h'^)an-\- ifhlm ■+2,ghcn::^{b^-\-g'--+/i'^)r . Non cercando noi per il nostro proble- ma che i nurneii interi , faremo uguale a n,ìì coefficiente di r, ed ugnale a /il coefficiente di n; e con ciò avremo //=è*-<- g*-l-A*i r = {/'■-hg^-h/i^) a-h2fhò+-a.ghc; e finalmente colle sostituzio- ni di tai valori in quelli di ^, e di p sarà q ~{-~f^-A-g'' + h^)h-h-2.f/ia — 2.fgc; p —{f — g* + ^'^) c^'ìgha—^fgb. Se K non fosse spez- zabile che in due quadrati , basta far zero un dei tre simboli , e, ^, e, e abbiamo i valori modificati a questa ipotesi . Se il nu- mero dato K oltre essere spezzabile o in due o in tre quadrati è anch' esso quadrato , si potranno annullar due quadrati della ge- nerale espressione, come ^*, c% e le formole soffriranno quel can- giamento che spetta a tale ipotesi . Finalmente, se si vuol sciol- to il problema , trovare un quadrato uguale a tre quadrati ; fatto by e uguale a zero, e a=i^. avremo r,=.J^^ g*-+A*; j)-=.:igh. q=zQ,fIt. r=/*-t-g*— A* , e dati ai simboli/, g , A , tutti i valori interi pos- sibili , dei numeri naturali , avremo infiniti quadrati 11^ che sa- ranno uguali a tre quadrati . La soluzione di questo problema, dandoci n=f''-\-g^-\-h^^ in- chiude la condizione , che la radice n del quadrato cercato debba essere uguale a tre numeri quadrati ; il che potrebbe far credere , che fosse impossibile la sua soluzione in tutti quei quadrati n* che hanno per radice un numero non spezzabile che in qtiattro qua- drati , mentre qualunque sia il quadrato aa*, nato da tali numei'i, sempre il problema è solubile . Imperciorche tutti i numeri non spezzabili che in quattro quadrati restando compresi nella for- mola :i ■'~^ (z'/j— 1), ommettendo il quadrato moltiplicatore 3i2 Saggio ec. a° ""^j e considerando solo i dispari espressi da a'/z — i , prendia- mo il doppio di questi numeri, che ci viene somministrato dalla formola a"*/; — a, la quale come si è notato superiormente, non contiene che numeri spezzabili in tre quadrati , due dispari , e un pari . Ora se daremo ai tre simboli arbitrar] f , g-, h del no- stro problema dei tre quadrati i vaioli di due e prese le metàdi tutte queste radici avremo n—'j^p='Òc-\-3.a — 6/?; q=z — 2h-{-^a — 6c j r=6a-\-^b-^2.c \ e conseguentemente savi (a* f^* -he*) 49 uguale ai tre quadrati che nascono dai valori di j? , q, r; e\o stesso avverrà se faremo in generale due dei nume- f,g,h dispari , e 1' altro pari; prendendo questi numeri disnari nelle radici di quei quadrati nei quali si spezzano i numeri della formola a''rt— a , e lo stesso dicendo della radice coriispondente del quadrato pari , Tre classi pertanto di quadrati abbiamo che ci danno sciolto il problema dei tre fjuadratì L.i prima ren- de possibile la soluzione qualunque sia il quadrato /t* , perchè «*«*■+ Z**/z*-+-c*/2* costituiscono tre quadrati , e per questa non può essere zero alcun dei simboli «,è,c; la seconda ci vien data dalle nostre formole , per tutti quei quadrati «* la cui radi- ce n è spezzabile in tre quadrati potendo essere uguale a zero , o uno ,0 anche due dei simboli a , b ,c . La terza classe poi , pur data dalle nostre formole, è quella di quei tre quadrati pari che risultano uguali (a'-l-Z'^-l-c*)';* ; i quali divisi per quattro fanno essere la radice « spezzabile solamente in quattro quadrati. Poiché si è stabilito che qualunque numero intiero è spez- za- Di Gianpuancesco Malfatti . 3 1 3 zabilc al più in quattro quadrati , qualunque sia il numero dato K non vi snrà alcun caso in cui si renda impossibile la soluzio- ne di questo problema : Dato un numero K , trovare un quadra- to che moltiplicato per quel numero , faccia un prodotto uguale a quattro quadrati. L" espressione analitica generale di questo problema è la seguente; (a*-|-è^ + c*-|-^*) «* =/'*+5'*-l-r*-+-t*, nella quale, o uno, o due, o tre di quei quattro quadrati dati , posson essere uguali a zero . Richiamando alla mente , lo stesso artitìzio da noi adoperato ne' superiori problemi, trasformere- mo, colla introduzione dei simboli arbitrar], la nostra Equazione così ; ^.fl=n {ian+it) = ^1=^ (fr-^fl^n) + ^ {gg -^ gcn) + ^"~ ■ {hp — hdn) . Le parti frazionarie di questi prodotti siano le basi uguali dei quattro rettangoli , e le parti intere i loro la- ti . Ciascuna base del secondo membro si faccia uguale alla ba- se del pruno , e ci nascono le Equazioni r = ■' ^^-^ ^ q = 2 £ ; p = r-^^ — ; di qui nasce il lato appar- tenente al primo rettangolo del secondo membro uguale a paii—f^t-i^o.fibn . .^ j^^^ appartenente a quello che gli tien dietro uguale g^an—S'^t-^H":'^ . g II terzo lato del terzo rettangolo uguale .. . ili dovendo essere la somma di questi tre Iati , uguale al lato del rettangolo del primo membro ian -\-it ^ abbia- mo V Equazione (/' H- g' -h A^ — i^)afi -h ìw(fb + gc -h hd) — (f -+-g'^-\-h^-{-i^)t . Quindi fatto il coefficienle di t uguale ad «, e il coefficiente di n uguale a t , abbiamo « = i' + g^ + A* -f- i^ ; '^—f^+g^+li'—Ì^)a'\-2.i{fb-{-^c — hd) ; e colla sostituzione di tai valori in quello, dei rimanenti simboli r, q -, p -, si ottiene r = (g^-f-A^-f i^-/^)è V-^f(ia-^c—}uT) ; ^=:(/M A^-4-z---,^)c -f- %g{ia-fb—hr]) -^p-j.p^g^^ e—h:)dA-^h{-a-fh - gc) . Se il numero dato K è solo spezzabile in tre quadrati, ba- Tomo XII. Il r &te- 3i4 Saggio ec. sterà annullare uno dei simboli a^b^c^d, nelle nostre for- mole ; due se K non è spezzabile che in due quadrati, e final- mente tre se erso è un quadrato . Supposti pertanto // , e , ^ , uguali a zero , e <.=i , resta sciolto il problema di trovare un quadrato uguale a quattro quadrati ; e diventa /i =/* -h g* -j- /i* + i* ; p = ^hì ; q = agi j r — ^fi\ i^=/'-+-g*-l-/i* — i* . Venendo in questo problema il simbolo ra, espresso con quattro quadrati, non si dee credere, che i quadrati i quali han- no la radice componibile, o con due, o con tre soli quadrati, non possano mai rappresentare il nostro simbolo n , e rendano, in conseguenza , quei numeri fuori delle nostre formole, perchè tra i valori arbitrar] che dar si potranno ai quattro simboli f->^>h^ì, vi saran sempre quelli che costituiscono il doppio del valore di n , che supponesi non spezzabile in quattro quadrati . In tal maniera, con tale determinazione di valori si avranno quattro quadrati pari uguali al quadrato del doppio di quella ra- dice, e conseguentemente divisi tutti questi quadrati per quat- tro , si avranno anche i quattro quadrati che corrispondono a quello di n non spezzabile, che in due, o in tre quadrati, e qual- che volta quando il permettano i valori , e il numero de' noti simboli a, b, e, d, coli' annullamento di alcuno dei simboli arbi- tiarjy, g, /i, i, si potranno presentare i quattro quadrati , non ostante che la radice n non accetti la spezzatura di quattro qua- drati . Posto che le nostre formole per i quattro quadrati sono state disposte in modo , da rendere con poca riflessione conoscibile la legge , che dee valere per gli ulteriori problemi, simili ai pre- cedenti nei quali si domandassero prodotti di quadrati in dato numero uguaU a cinque , sei , o qualunque numero di quadrati credo oppoituno di notar qui le superiori formole per i due e i tre quadrati , con un ordine analogo a quello, che per i quattro abl)iam sopra osservato . Per il problema dei due quadrati espresso coli' equazione ; (^^'-+-^'')/^'— ,/>'-f-^S si è trovato; «=/'h- g' i !7=(y''--g')a-i-a/gè; /7 = (g^-/)é+2/ga. Or- Di Gunprancesco Malfatti. 3i5 Ordinate in simil maniera le formole del proLleina dei tre quadrati , abbiamo «=/'H-g*-i-/i'-, r={f'-\-g^ — ìi-)a-\-2^h{fb-^gr) ; Se si considera 1' andamento delle forinole , per i nostri tre problemi si vede che il valore -di n è sempre uguale alla somma del numero de' quadrati proposti dal problema . Rapporto agli altri simboli convien distinguere , dagli altri , qu<*llo che unica- mente si trasporta dal secondo membro al primo dell' Equazione, che per noi è sempre l'ultimo nell' ordine alfabetico n, p., q.. r, t ec. Il valore di quest' ultimo trasportato ha per primo termine il numero stosso dei quadrati che ha n-, ma i-endendosi negativo il quadrato del simbolo arbitrario , che compete alla base del ret- tangolo unico che è nel primo membro dell' Equazione, e questo aggregato di quadiati resta moltiplicato in a; onde per il pro- blema dei due quadrati , essendo q 1' ultimo simbolo cui compe- te il simbolo arbitrario g, sarà il primo termine del valore di -V" H- a"'x-"-^ xV + X V'^-t- x"'v'] ] : 5* pq = [ -Ex'-^ (/-+-/" ) ( a-V" H- a"'.r" + x^x" -+- x"x'^ -+- x'^x) -\- (j"+f ) ( x'x" 4- x"x'"+ x^'x^-^x'^x"-^ A.V)]: S\ Facciasi (VII) Di Paolo Piuffini . 3a5 ^^^^' xx'" + ;r"V -t- AT^y + x"x'' + x^'x' =i>. Essendo/ M- /^ +/^ H-/^ H- i = o, ahbiamoy' -t-/^=:— i — (f + y^) , e, per la mancanza del secondo termine nella (I) ab- biamo ^"jf* =: ioa { n." 35 Teor. ) . Dunque sostituendo , i due precedenti risultati diverranno mn=z[ loa — p + (+/ + /') C'^ — p)]: 5* pg=z[ica — 7r—{f'){7r-p)]:5\ Si moltiplichino ora insieme questi due valori , otterremo quindi mn/?q =. [looa^— ioa(,r+^)+;rp— (/■+/' +/'+/'H-2) (;r— jo)']: 5^; ma a-H-p= — Sa ,f^f''-{-p-^f'^-^- iz=q; dunque sarà rnnpq =. l5oa*— {tt^ -1-p') +-37/J; inoltre dalle funzioni (VII) deducesi T/j— S^^ar.i;4-y^;r";f"'+.r>";r"'N-j-';«-"''y'H-Ar'V"x^4- jr X X -\- X X X -^--x X X -f-.rx x -\- ec. onde , chiamata ^ la somma di tutti i termini x'x '^x " + ec. , che si contengono in :r'-t-p*, chiamata j; la somma de'terminia;'^x"x"' -+- ec. contenuti in jrp , ed essendo pei ( i''n.'^47> ^^ Teor. ) ^-. _ 2^'x2x^-2.t4 ^ v^^^ioa ^ 2^ = 5oa'-^oc , 2-rxA-ar =5c, per cui II i^.* +4 «"^-«^■^ = ^^ x^^ — S'^'^ _l_ /^'Sxxxx = 25a^-hBoc, ottienesi infine ^r'^ -\- p^ = aSa* -4- 3oc -4- aju, Tp = 5c -4- »-. Dun- que con la sostituzione il precedente prodotto mnpq diverrà = ( 1 5oa* — 2.5a^ — 3oc — 2(« -f- i '>c +- 3;;) : S"* , e però avremo mnpq — ( laSa* — i 5c -1- 3 ( ju, H- ?) — 5u ) : 5* . Ora abbiamo la somma u, + f = 5":^:^|^r , e pel ( n.'' 4^ , i° , a'^n.^ 4' reor ) abbiamo 2;r*;rf = Sr*2"r;r 2 v;(f' = 2 f^^^^ — 2?jf2jr3 f-Sv''. Dunque, es,sendo 2a;= o, 2j:r = — 5a , S-t* E= ioa , S.c''= 5oa* — aoc, ci verrà |it-h j= — aoc, e però mnpq ( ia5a* — ^Sc — 5 ): 5'*, ^ssia TO//;7y=[iar,a^-75c 5( i-'x"V-^;c'V"'.r"'H-;f' VV^^-y■•a:'V-^- Ciò 32,6 Riflessioni Ciò posto , poiché nel ( n.° X Metn. Malfatti Tom. 4" Accad. di Siena ) dal Chiarissiiuo Autore si fa mn =y , j>q = 71 , onde mnjyij = u/y e poiché nel ( n." XIV della stessa Mem ) ponesi z = a5/// — Sa' H- — , dovrà essere (Vili) z=^[aoc^3{x'x"'x'''A-x"x""j'"+x"'x""x''-^x"'x'"x'-\- a:VV'^-a-V''^^' + ^V'\T'-^a;'V'.r'''+.i''':i:"V'4-.T''.i'''\r') ]: i5 ; e questa sarà la funzione delle x' , .1" . ec. a'' , a cui si uguaglia r incognita z della trasformata , ossia risoh ente di 6° grado del Sig. Malfatti . Nel ( T.° XI Soc. Ital delle Scienze ) poi dediicesi da Lui attualmente simile trasfor.nata ( pag. 601 ) in un caso particolare, nel caso cioè, in cui jt' •+- S.a-t' -t- 5* a* = o è r Equazione data ( pag. 599 ) , ed invece di mn = y ponesi quivi mn = g( pag. SgS ) . 4. Essendo la data Equazione (I) generica, la z avrà esatta- mente tanti valori tra loro diversi , quanti sono i risultati tra loro diversi, che per tutte le permutazioni fra le x', x'\ ec. x'", otten- gonsi nella precedente (VII ) . Ora per determinare quanti siano questi risultati differenti fra loro, osservo, che tanto la » , come la p sono tali, che i loro vaioli (VII) manteiigonsi gli stessi sotto la permuta:^ione semplice di 1° genere, nella quale la x' cangiasi nella x" , la x" nella x'", la x" nella x" , la x'" nella x^" , e la x" nella x' . Dunque avendosi pel ( n." prec ) ity = mupq = i5' «* — (;* + jo*)-!- 3t/3, sotto simile permutazione non cambierà di valore neppure la //j, e perù nemmeno la z . 5. Ogniqualvolta una data funzioney(x')(:tr")(.f"')(x'^)():^), che dirò tf conserva il valor suo per l' indicata permutazione, possia- mo sempre con somma facilità determinare il grado della Equa- zione, da cui essa dipende, servendoci delle seguenti regole : i.° Eseguiscasi nella supposta t = /{■x'l(*'")ix"'){x"')(r") la permutazione reciproca tra le sole due .v'^ a. ",ed osservisi , se es- sa per questa permutazione , cambia, o no, di valore : se no, di- rò tosto che la Equazione in / è di primo grado ( n." 12 Mem. , i" n " 27 I Teor ) ; e che e certamente di grado superiore, se per si- mile permutazione la funzione cambia di valore . Di Paolo Ruffini • 8^7 a.* Succedendo quest'ultimo caso, permuto nella t la.r' nel- la x'\ la x" nella x'' , e la x" nella x . Se sotto tale operazione la t conserva il proprio valore , dirò , che 1' Erpiazione in ^ è di a° grado, e crie è di grado superiore , mentre lo cambia (n." 10 Mem.,3° n.°a7i Teor. ) 3." In questo caso secondo cangio la x' nella x"\ la x'" nella .t"" , la x"" nella x" , e la x" nella r', ed osservo, se il valore della funzione cang asi , 0 no : se no , 1' Equazione in t sari di ò° grado; se sì , di grado superiore {ù,° u.° ^o Mein.^ 8" n." 271 Teor. ) 4-° In questo caso ultimo permuto simultaneamente la x nel- la x" .^ e la x" nella x\ la x" nella x"\ la x" nella .t"; e dirò , che r Equazione in t è del duodecimo gi-ado se la t per tale permuta- zione conservasi la stessa (a," n." ^o Meni. , 8" n.'' 2.71 Teor. ); che se non si conserva , dirò fìualineute, che 1' Equazione in i è del a-i" gi-ado ( n "4^ Mem., n.° 271 Teor. ). b. Comprendendosi in queste regole tutti i casi possibili , riguardanti il grado, a cui può ascendale V Equazione avente l'incoguifa^ precedenteuiente supposta ( n." ^v Mrm. , n." 271 Teor. ), ne viene , che per determinare il grado della Equazione in z , non si dovrà che applicare ad essa le regole medesime . I.* Comincio perciò dal permutare nella (Vili) reciproca- mente la X nella ;i;", e veggo che il j)rimo termine xx"''x"' A\\ìq- r\e x'x^x" .Ova. prima di procedere innanzi, rifletto, che se la nostra funzione per tale permutazione non cangiasse, questo ter- niiue x"x'-x"' dovrebbe contenersi fra i termini della (Vili); ma realmente veggo , che non vi si contiene . Dunque , senza proce- dere innanzi , concluderò subito che la permutazione presente induce cambiamento nella (Vili), e però che l'Equazione in z è di un grado > i . 2. Eseguisco quindi la seconda delle permutazioni prece- denti, ed osservo, che per essa il primo termine r';r"\t"' di- venta x" x"^ X ■■t ma neppur questo x" x""' x' C(mtiensi nella (Vili) Dunque concluderò, come precedentemente, che l'Equa- zione in z supera eziandio il secondo grado . 3." Faccio la permutazione del ( 3" n.° prec. ) , e per essa veg- SaS ^ Riflessioni veggo, che il termine x x"* x" diviene x" x'^ x""; ma questo x'" x^ x'^ contiensi nella (Vili). Dunque rapporto a tale permu- tazione non potrò concludere , come rapporto alle due preceden- ti, e però la eseguirò sopra tutti i termini ; ma essa attualmente effettuata ci somministra dalla (V II) il risultato -[ioc+3{x"'x"x"-\- xx^^x'^^x V \,^ + x"x^'x'"-\-x^x""x' -f- x"'x""x''+x^x"x" ^x"x""x''-+x'''x^'x'-h x'x"'x'")]: i5 e questo è identico alla funzione{VIi]) Dunque per la regola sta- bilita nel ( 3° n.° prec. ) concluderò , che la Equazione in z è di .6" grado, come difatti ha determinato praticamente col mezzo di calcoli assai ingegnosi ( T." X!. Soc. liylidua d" ) : i 5 ; ec. z'"' = — ( 20C + 3u" ) : i5 , otterremo le sei funzioni , a cui si uguagliano le radici z', 2.", ec. z'"\ ponendo invece delle v\v'\ ec. v"' le precedenti rispettive funzioni . Se con queste v\ v", ec. v^' si formasse un' Equazione v^ + Mv^ -h Nu"* + ec. = o , i coeffi- cienti M, N, ec. essendo funzioni della forma f{ v\ v" , ec. v"' ) , sarebbero tuttti pel (n." io5 Teor. ) determinabili razionalmente con i coefficienti della data (I) . Paragonando i precedenti risultati (IX) con quelli della (Ta- vola VI. Teor. ) , avremo «' = ris." I°, v" = 3°, u"' = 4°, v'" = 2,°, v" =-(y', v'* = 5°. Coli' eseguire poi sn questi la permutazione semplice di 1° genere tra le radici dei primi quattro luoghi, che abbiamo accennata nel ( 3° n.°5 ) , e per cui la v' mantiene il proprio valore (3" n." 6), pel ( n.° 96 Teor. ) otterremo, parago- nando con i risultati della citata Tavola , v' = ris." i" = 9° = a4^ = I f, v' = 3° = io" = 23° = 14% v" = 4° =7° = 20°=i8% u'' = a°= ii°= oa°= jS», v" — 6°= 8*= 19°= 16°, V-"' - 5"= ìì" = ai"= i3°, e permutando finalmente in ciascuno di questi ultimi , giusta il ( n.° 4) l^^ radice, che occupa il primo luogo in quella del secon- Tomo XII. Tt do 33o Riflessioni do, la radice del secondo in quella del terzo, e così di seguito; pei cit. ( n ° 4 ) ' *^ ( "■° 96 Teor ) otterremo i venti risultati delle file 1', 9", 24", 17" nella Tavola tutti uguali fra loro; co9Ì uguali Ira loro i venti risultati delle linee 5", 10", aS', ì^" ; uguali tra loro gli esi stenti nelle linee 4% 7*5 20', iti" , e così in progresso . In conseguenza di simili osservazioni vedesi quali siano i ri- sultati , che, provenendo sotto le varie permutazioni fra le x', oc' , ec. x" dalla T',uguagliansi fra di loro, e quali siano tra lor disugua- li: dunque dalle osservazioni medesime conosceremo ancora qua- li tra i risultati provenienti'dalla s siano uguali tra loro, e quali no Da tutto insieme poi apparisce perchè la precedente Equaz. in u, e però l'altra in z del Sig. Malfatti risulti del grado 6", men- tre la trasformata de' Sigg. Eulero ,e Bezout diventava del a4° • La funzionerà cui si uguaglia 1' incognita della Equazione di 6° grado , che viene indicata dal Sig- Lagiange è la seguente . a [x'^(x-"a:* -h x'x'") + x"\x x" + x'^x'')-^-x"\x" x" -^ x' x") 4- . x^\ x'"x^ -4- x'x' )-^-x^^{ x'x'" + x"x"' ) ] -1- ^^ 3 [x'(x'"x''^+x""x'''')+x"{x"x"" + x""x'")+x"{x"'x""-^x"x'") -f- x"'{x""x''^ -4- x'x"')^ x^ x"x""-{-x"x"") ] ( n.' 74 Sect. 3.' Rèflex, ec. Accad. de Berlin pour Fan. 1771 ) ; ma pa- ragonando questa con la precedente funzione (Vili), esse truo- vansi tra lor differenti .■ dunque dalla risolvente attualmente de- terminata dal Sig. Malfatti ( n.° XIV. Meni. Malf. Tom. 4° Accad. di Siena ) diversa sarebbe quella , che , compiendo il calcolo (n.° 74 Sect. 3' Rèflex. ), avrebbe potuto determinare il Sig. Lagian- ge. La somiglianza però delle funzioni indicate (n." 3 Teor ) farà si pel ( n.° loo Sect. 4' Rèflex, ec. n." 144 Teor. delle Equaz ) , che da ciascuna delle radici della Equazione Malfatti può col mez- zo di una semplice Equazione lineare determinarsi ciascuna del- le radici nella Equazione Lagrange, e viceversa . Siccome poi possiamo sempre formare infinite funzioni simili alla (Vili) , ed alla (X); quindi ne viene , che la data Equazione di 5° grado po- trà sempre trasformarsi in infinite alti e tutte di grado 6°. Ciasche- duna però di queste Equazioni, siccome quella de' Siiig. Lagran- ge, e Malfatti j sarà inutile alla risoluzione della proposta, men- tre Di Paolo RuFFiitr . 53 1 tre sia essa generale . Che se , essendo l' Equazione data partico- lare , una qualunque di queste trasformate, inconseguenza del particolare valore, o rapporto fra le x\ ar", ec. x^ contenga uà divisor razionale, pel citato (n." loo Rèflex. ec.n.° i44Teor. delle Equaz. ) dovrà contenere un fattor razionale dello stesso grado eziandio ciascheduna delle altre; e però contenendolo ancora la risolvente del Sig. Malfatti, questa sola , essendo già determina- ta, potrà servirci, ogniqualvolta data una Equazione di 5° grado particolare, voglia scuoprirsi, se una sua risolvente di 6° conten- ga un fattor razionale , onde poi ricavarne la soluzione . Ho detto , onde ricavarne la soluzione \ perchè potremo sem- pre ottener questa, mentre in una qualsivoglia delle esposte ri- solventi venga a conoscersi una ladice . Chiamata difatti z tale radice, cerco da essa il valore della to', essendo la ni quella stes- sa , che abbiamo supposta nel ( n.° i ) . Poiché le z ^ irì* sono, per quanto si è detto precedentemente , due funzioni delle x , x" , ec. :r'" tali , che per la permutazione, che abbiamo accennata nel ( 3" n. 5 ), la prima di esse si conserva dello stesso valore , e la seconda si cambia, e tali, che per quelle fra tutte le altre permu- tazioni, sotto cui la.3' mantiene, o cangia il valor proprio, lo man- tiene corrispondentemente , o cangia eziandio la m' \ ne segue , che effettuando 1' indicata ricerca, caderemo per questa m' in un' Equazione di 4° grado , della quale è facile a vedersi dai va- lori (VI) , e dalla permutazione del cit." ( 3° n.° 5 ) , che saranno radici le quantità to',/?', q" ^ lì' . Supposti pertanto ottenuti at- tualmente i valori di queste quattro quantità, ne estraggo le ra- dici quinte, le sostituisco rispettivamente nelle Equazioni (II) , e si otterranno così i cinque richiesti valori della x . Nella Equazione .y' + 5.2A-' -f- 5\a^ = o del Sig. Malfatti (pag. 5gg T.° XI. Soc.Ital. delle Scienze) alcune circostanze par- ticolari facilitano assai di più il calcolo. Difatti contenendosi dal- la sua risolvente esposta nella ( pag. 6ca ) il fattor razionale z -f- 5.2,' , questo ci somministra s' = — 5 a*, e però u^~ , os-ia vg (n.° 3)=io; ma ii^^=-mrìpq . Dunque dovendo nel presente caso una delle quantità to, n^p,q essere = o j e semplificandosi T t a quin- 332i Riflessioni quiiRii assaissimo tanto le Equazioni supposte nella ( pag. SgS ) , come la Equazione in resistente nella ( png. boa ), non saremo più, per la determinazione delle w', «',^% q^ , necessitati di ca- dere nella sovraesposta Equazione di 4° grado . Dal paragone di- fatti della x'* -\- 5.2 r' -f- 5^. a* = 0 con la Equazione generale (1) avendosi a = — 2, Z'^o, c=:o, d = h^, q.% ed a cagione ài ug-=:zo avendosi dalla Equazione in /"(pag. 602) r= ± 4-5 pongasi in pri- mo luogo m=o, r= — 4' ^^ Equazioni della ( pag. 598 ) diver- ranno perciò u = — 2, ?= 4,7^7 = — 2,, n^jj = — 4? «^* = 4 5 e ottenendosi quindi con la semplice eliminazione Ti' = 2'*, /?' = — 2* j , q uguagliasi allo zero , mentre però, al- lorquando ponesi w, od rt =o, facciasi /■= — ^, e quando poiicsi p, ovvero 7 = 0, si faccia /• = 4 • Onde determinare la ragione di questo fenomeno, chiamo , per brevità di scrivere, P' il primo dei valori (XI), P' il secondo , ^ ec. , ed osservo, che ad eccezione della a;", la qual sola rappresen- ta un' espressione delle m, n., p, q mancante della/, cioè la ot H- /> -t- 7 -f- « ( n.° 1 ), le altre lettere x',x",x"\ x" per la forma de' valori (II) sono tutte tali, che da ciascuna delle medesime cias- cheduna può esprimersi delle radici P', P", P'", P" . Dunque, ri- * tenute le supposizioni del ( n." i ) , se vogliamo, che la x' rappre- senti la prima radice P', allora avremo m = o;ma se si vuole , che questa prima radice venga rappresentata dalla x" , o dalla x" , o dalla v'" ; in tali casi , mancando in essa P' il termine^ nel quale la supposta/è alla potenza prima, dovrà come apparisce dalle (II) essere rispettivamente q =: e , ovvero p= o , ovvero n = o; e per conseguenza ciascuna di queste supposizioni dovrà poterci somministrare la soluzion delta data . Passando alla considerazione della r, comincio dall' osserva- re , che ponendo nella (VI) i valori P', P"^ P'", P'", P" delle radi- ci j esse (VI) divengono m = - (f'P' +pP"-\-f '?'"-{'/?"'-}-?'') : 5, (XII) P =-{fr'+fP'^f^F^+fr^--p^) : 5 , ^ «7=-(/''P"-l-/3P"'-f/'P'4-/P'"-+P") : 5, ma per la forma delle (I!) quando //.=o, esser deve F=x\V"=x",V"'=x"' ,?'"=x'\?''=x'" , quando /?=o, esser deve P — r'" P"=Ar"',P"=a;",P' =z' ,P"=x' , quando^=o , esser deve P'z=.i"' .F'=x',V"=x"", P'^=z",P''=x'' , e quando ^=0, esser deve P=^",P"=^'",P' '=x\P'^=x"', P^=x% Dan- 334 RlFLESSIOWl Dunque col porre nelle (XII) invece della P', P"^ ec. le cor- rispondenti lettere x' , x'\ ec. le (XII) raedesirne quando w = o , divenendo m = — {px'-^fx"^fx"'-+fx"'-^x'') : 5 , p=-[fx"'-+px'^fx'^^fx"-^x-) : 5 , q= - [fx"^p.x'^-hPx'-hfx"-^x'') : n = — (fx'^^Px''-^fx' + fx' +X" ) quando ^=o , divenendo w= - (/4x"'H-/3a;"'+/V'-4-/r'-f AT-") q =— [px'"^fx' -^Px"'-^fx"-^x'' ) : n-— {fx'^-fix"-hf\x"'-hfx"''^x-" ) quando jwrro , divenendo 772 =— {fx"'+Px' -+-/'A:"'-h/x"H-^" ) p=z-- {fx'^-^px'"+f\x"-+-fx' + x^ ) ^ = — {Px--]-Px"-hPx"'-}-fx'^-i-x^ ) «=— (/'A:"+/V^+/';r'-+-A"'H-x" ) e quando ^=:o , divenendo m = — (fx"-hPx"'-i-rx'~^fx"'-ì-x^ ) ■■ p^- [px' '\-px"-¥-fx"'-i-fx"'-\-x^) : ^ = - (/V+/y"+/V'-+-/»;'H-:c' ) : 5 , n= _ {fx-"-^P x' ^px'^-^.fx'^x" ) : f» ; ne segue, che il passare dalla supposizione di m=o all' altra di 72=0 j e da quella di j'?=xo all' altra di ^=0 equivale all' eseguir- si nelle funzioni corrispondenti quella permutazione semplice di a.° genere fra le x',x'\x''' ,x''", per cui dalle m,p produconsi ri- spettivamente le n, q, ed il passare dalla ipotesi di t?? =0 all'al- tra di p, ovvero di q = o ^ e da quella di n = o all' altra di q, o di p=o equivale all' efl'ettuarsi quella permutazione sem- plice di genere 1 .° per cui dalla m producesi rispettivamente la p , oppure la 5^ , e dalla nla. q , ovvero ìa.p . Ciò posto, essendo evidentemente ancora la runa funzione delle x\ x'\ ec. x'" , eseguisco su di lei quella permutazione seni- pli- 5, :5, 5, 5, 5, 5, 5, 5, 5, 5, 5, 5, Di Paolo PtUFFiNi. 335 plice di i." genere , pei- cui dalla in producesl la/? , e ripetendo q uesta quanto si può , chiamo r' , r'\ r'", r'* i risultati che ne ven- gono : poiché abbiamo r =i m^ q -\- n^ p , ( pag. SgS ) , sarà j-'=m^q^n^p, r"=p'/n-^q''n, r"-=iìi^p-\-m^q^ 1'"=^^ n-¥ p'' in ^ ma coir eseguire su della r la permutazione , per cui dalla m risulta la q , cttcngonsi gli stessi quattro risultati . Dunque essendo r=r"\r"=r''"-, per queste due pei mutazioni la r non acquista che due soli valori differenti tra loro , cioè i due /, r" ; ora con la ])Cimutazione , per cui dalia m producesi la /?, e dalla p la q ^ dalla quantità r ■=. rri^ q -\- n' p si ottiene ti p -{- ni^q , e dalla r''=p'^in +-q'n si ricava q^nA-p^m . Dunque altro questi non es- sendo , che i risultati medesinii , da cui proA erigono; ne segue, che per tutte le permutazioni fra le x', a", ec. a'", per cui le pre- cedenti /77, n. p, q cambiansi fra di loro; la r non acquista tlie i due valori fra loro diversi r', r" . Dunque da tuttociò, che ab- Liam detto finora , 1 accogliendosi , che tanto /', cotne r" non cambiano di valore , mentre dalla ipotesi di /?,=o si passa alla ipotesi di n=:u , e da quella di //=o all' altra di ^=0, e che il va- lore r' cambiasi nell' altro / , mentre dalla supposizione di hi=o all' altra si passa di /?, ovvei'o di ^=0, e dalla supposizione di n = o all'altra si passa di q, ovvero di p = o\ concludere- mo r ° che, essendo / il valore della r, il quale corrispon- dentemente al caso di iì/=o serve alla determinazione delle x, x", ec. at". lo stesso r' servirà alla detei'rainazione medesima anche nel caso, in cui dalla m= o passiamo alla n=c; a." che quando dalla m=- passiamo alla p , od alla q=o per la indicata determinazione dovrà servire non più il valore r , ma V altro r"j 3.° che finalmente lo stesso r" dovrà servire , mentre dalla m=o si passa alla ^=0 . Tali sono le ragioni di quanto è accaduto nella soluzione della v' . 5 . 2,0; 4 5* . ■i'=o Se la data Equazione particolare sia differente da questa , ma però sia tale , che possa scuopriisi il valore della m , qualunque esso siasi , è facile il vedere , che hanno seinpre luogo la Stessa precedente analisi, e le medesime conclusioni . Se- 336 Riflessioni ec. Se r eqtiazione in r della ( pag. 6oa ) è attualmente di 3.' grado, ciò è, perchè contiene una radice estranea introdottasi per cagione del calcolo , come diffatti apparisce rapporto al va- lore zero della r , mentre ug=o , giacché questo valore non ser- ve punto allo scioglimento della data. I due valori finalmeute della r altro non sono, che i due r , t della ( pag. SgS ) . SAG- 337 SAGGIO Di Vittorio Fossombroni SOPRA IL MOTO DEGLI ANIMALI, E SOPRA I TRASPORTI Ricevuto li 10 Ottobre i8o5 . ARTICOLO!. 1. r r requentemente avviene, che gli oggetti più comuni non. sono i primi ad illustrarsi con i lumi delle Scienze, perchè le me- ditazioni dei Sapienti sono richiamate a preferenza verso i più complicati, ed imponenti fenomeni^ e perchè 1' amor proprio è meno lusingato dal meritare una riconoscenza incerta per chi providde alle giornaliere esigenze Sociali, che dall' eccitare un* ammirazione immancabile per chi superò delle straordinarie dif- iicoltà . a. Principiando da Aristotele, tutti i moltissimi Autori, che hanno scritto sul moto dei Quadrupedi, e segnatamente del Ca- vallo , che a contemplazione dei suoi utili servigj è preferito nel- le occasioni di maggior fatica, e pericolo, formano due partiti , uno dei cjuali sostiene, che il Cavallo muove prima le due gambe da una parte , e poi le due dall' altra ; e secondo 1' altro partito , muove una delle anteriori , e poi la posteriore diagonalmente op- posta; di maniera, che si criticano a vicenda ancora gli Artisti , che modellano, o disegnano questo animale con due gambe, o da una stessa parte , o diagonalmente sollevate . In una così lun- ga , e diffusa disparità d' opinione, che alcuni credono di com- porre contemplando piuttosto il trotto, che il passo, o piuttosto r ambio, che il galoppo ec. , sembrerà strano 1' asserire, che am- bidue i partiti hanno ragione. Ma pure questa e la verità , e non credo dover estendermi lungamente per dimostrarlo, giacché Tomo Xll. Vv ser- 338 Saggio ec. serve risvegliare l'attenzione sopra quattro punti disposti agli an- goli di un rettangolo, e che progredendo uno dopo 1' altro , con la condizione che ad uno davanti succeda uno di ({uelli didietro, e viceversa , non possono evitare di combinarsi nel moto , alter- nativamente , una volta in diagonale , e un' altra , dalla istessa parte \ di maniera che, quando un Cavallo cammina , se si prin- cipia a contare da un piede di dietro, si vedrà succedere quello davanti dalla medesima parte, e principiando a contare da un piede davanti, si vedrà succedergli quello di dietro diagonalmen- te opposto. Onde Paolo Uccello , contro di cui fu tanto scritto , e parlato , per il Cavallo dipinto nel Duomo di Firenze, con due piedi alzati dalla parte destra, ha egual ragione , che Giovanni Bologna , il quale modellò il suo di bronzo con due piedi alzati diagonalmente . 3. Può frattanto facilmente congetturarsi , che resta ancora non poco da speculare sopra l'analisi del moto degli animali , spe- cialmente se si considerino applicati loro dei pesi da sopportarsi, o da tirarsi strisciando sul suolo , e se si faccia attenzione alla necessità di computare 1' elaterio dei muscoli , e lo sfoi-zo esegui- bile senza defaticare l'animale a scapito della sua esistenza. Que- sta veduta è necessario, che non sia trascurata, mentre, per esempio, in una strada di montagna tre muli con un barotcio trasportano dooo libbre, e a soma ne porteranno f jrse i5uo; on- de si presenta subito una gran prevenzione in favore del Baroc- eio. Ma se occorra, che a soma i tre muli marcino spontaneamen- te , e fìa d' uopo stimolarli quando sono al Baroccio , ignorando quanto si attenti alla loro vitalità, e si riscontri poi { come in molti casi il fatto ha provato ) , che tre muli a soma seguitano a servire per io, o la anni, mentre destinati al Baroccio, dopo 3,04 annisi riducono quasi inservibili, converrà concludere, che il servizio ordinario in quella tale strada, esige piuttosto la soma, che i Carri . E qui si avverta, che non entrano in siffatti calcoli le urgenze straordinarie, e nemmeno certe commerciali circo- stanze, per le quali può metter conto sacrificare ogn' anno uà nu- Di ViTTonio FoMOMBROS'r . SSg numero dì Bestie da tiro^ per ottener maggiore sollecitudine nel trasporto delle merci . 4. D'appiesso queste considerazioni sembrami, che con- venga trattare la materia in questione , e per indicarne le trac- cle , principierò dall' analizzare il moto di progressione nella Macchina Umana, rimettendo al giudizio dei Dotti se tale argo- mento, sebbene in se stesso antichissimo, possa comparire affat- to nuovo . Suppongo un uomo caricato di un peso determinato , e che al centro di gravità della Macchina propria, e del predet- to peso ( che uniti insieme suppongo eguali alla massa X ), sia attaccata una corda eguale a b ,]a quale alla sua estremità abbia im altro corpo , che progredendo Tuomo, striscia sul piano in cui r uomo stesso cammina . 5. Ciò pubio , 033CIVO primieramente , che acciò il centro di gravità descrivesse un arco di cerchio, come alcuni credettero ) bisognerebbe, che la gamba , che spinge il corpo in avanti , re- stasse dì costante lunghezza; ma ciò non accade, perchè le giun- ture inferiori spiegandosi , rendono tale lunghezza variabile; e sebbene la variazione possa parer piccola rispetto all' alterazione della curva , non è però tale rispetto allo sforzo dei muscoli , che appunto in questa circostanza si presenta alla più esatta conside- razione, combinandosi colla gravità del corpo, e con gli estrìnseci aggravj, che vi si suppongono aggiunti . 6. Un altro accidente accompagna il passo dell' Uomo, ed è una osoìllazìone a dritta, e sinistra . secondo che il sinistro , o il destro piede si porta in avanti , e questo fa sì , che il centro dì gravità deve descrivere una curva a doppia curvatura, di cui nel modo seguente io trovo la determinazione . 7. Sia Z la distanza del centio di gravità dal punto del pie- de in cui si riunisce lo sforzo, che anima il passo, il qual passo sia principiato di maniera , che il centro dì gravità sia in un punto della curva corrispondente alle tre coordinate ortogonali x, s ,yf supponendo che le :r, 5, siano nel piano sopra cui l'uomo cam- mina , le y normali al piano medesimo, e l'origine, nel punto del piede in cui si riunisce lo sforzo , che anima il passo . Vv a 8. ^4'' Saggio ec« 8. Ciò posto avremo z = { a;*-f-j*-f-7* )^ , e 1' angolo, che fa z con il piano delle .r, s, avrà per seno ~; — : — — r , e per coseno -j— j— -^1 . E se si consideri come rettilinea la corda b, che cont^iunge il centro di gravità con il grave , che strisciando in terra , vien tirato dair uomo , l'angolo, che fa b con il piano suddetto delle j: , ^ , si potrà facilmente esprimere per mezzo del SUO seno , che sarà -j-, e del suo coseno , che sarà | ~^ J^ . g. È chiaro frattanto, che quando il corpo avrà percorso un elemento della curva, avrà parimente, nell'istante c?^, percorso dx con la celerità ~, ds con la celerità^, e dy con la celerità ÌL , ed in questa circostanza si accingerebbe a descrivere gli spa- zj d{oc-\-dx)^ f/{s-\-ds),d{y-hdy); ma è agitato, i" dalla gravità della massa X, che [)roduce in un istante dt la celerità /?J/ (espri- jnendo per/' la celerità, che nasce in un minuto secondo in vir- tù della gravità ), a" dalla forza ritardatrice del corpo attaccato alla corda b, e che farà nell'istante medesimo nascere la celerità B.dt , 0° dalla forza acceleratrice prodotta dallo spiegarsi , che fanno i muscoli nella direzione dì z, la qual forza produrrà nell' istante medesimo la celerità Qdt . 10. Ciò posto riportiamo tali celerità alle direzioni dei tre assi delle x,s, ed y , ed avremo primieramente />t/^ nel senso della r, supponendo per più semplicità il piano delle a*, ed 5 oriz- zontale . Si osservi però , che un piccolo ed ovvio cangiamento di calcolo basterà, per passare da questa ipotesi, a quella di una qualunque inclinazione. 11, La celerità Qdt, diretta secondo la lineai, si risolve evidentemente nelle tre -^ Qdt , -i- Qdt , — Qdt, le quali sono rispettivamente computate nella direzione delle/, delle s, e del- le ;c. Così pure la celerità Kt/ij nel senso della ^, equivale in com- Di Vittorio Fossombuoni. 341 complesso alla celerità ~ Rdt nella direzione delle/, alla cele- rità ^ Kdt nel senso delle s, ed alla celerità (''Iziùlf]^ Kdt nel- la direzione delle x . la. Quando pertanto il centro di gravità avrà percorso gli spazietti d/^ ds^ dx con le celerità J, ~, ~, tenderà a conti- nuare il suo moto , relativamente alle stesse tre direzioni . con le celerità espresse dalie tre formoie seguenti , nelle quali i termini affetti di R , e di /> , si trovano col segno — , perchè la loro in- fluenza è in diminuzione delle coordinate w ^ — z P^i * ds , sQfìt si'rit £f 4- -l2i* _ iJ^Zllnn^ Rdt : dt ~ b ma tali celerità debbono altronde essere egnali rispettivamente a ^JZpn , 'ìll:+±l , ''11^ , dunque avremo le tre equazioni (,) yj^ — ^J^ — pdt = d^£, (^) — 1 '^ dF ' le quali determinano la curva descritta in questo caso dal centro di gravità . i3 Che se la corda espressa con la lettera A, invece di esse- re di una costante lunghezza quando incontra il piano delle ^ x^ trovi una puleggia, passando per la quale penda verticalmente, e porti un grave, che venga ad essere elevato quando il centro di gravità progredisce, in tal caso la porz one di corda intercetta tra il piano s.tdJetto, e il centro di gravità, andrà crescendo men- tre il passo si compie j e saia costante la distanza tra la pule2o,ia , 342. Saggio ec. e il punto in cui il piano delle s y x y viene incontrato daU la linea z. . 14. Fatta tale distanza = ^7^ , si vedrà facilmente, che la porzione di corda intercetta tra il piano delle s , x, e il centro di t_ gravità sarà = [{x 4- w)'-f-7*-f- s^ Y '■> «"de l' angolo , che tale por- zione di corda fa con il piano delle y 3 s , avrà il seno = ■ 1: dunque la celerità Kdt computata nel senso del- lr-hm)B.dt ìex, sarà in questo caso = r, onde la curva del centro di gravità in questo caso verrà rappresentata dalle tre seguenti equazioni, nelle quali suppongo per maggior bi'evità (4) i^'-iH.'-M = <'g \^/ z r ■« - (5) s(ìdt s'Rdt j ds Z T dt (6) xQdt __ (y-\^m)'^dt ^ dx z r dt i5. Se , per facilitare, si prescinda dalla doppia curvatura ^ la determinazione della quale dipende da molti dettagli . che qui non hanno luogo , e facciasi ^ = o , e si restituiscano ad r .e z , i loro valori , la curva descritta dal centro di gravità nel piano ver- ticale delle x,y, sarà espressa, nel primo caso, dalle due seguen- ti equazioni (8) _Or^-M^^pdt = d'i,. e nel caso secondo dalle due (q) Qr^/f __ (.r-l-mlRrf< r=z d ~ (io) o>-^^ ^ Li££ ^^pdt^d%. 16. Si può notare di passaggio, che per questo secondo ca- .. . so Di Vittorio Fossombhoni . , 3^3 so riesce facile una prima integrazione , nella ipotesi di Q , ed R , costanti, mentre aggiungendo l'equazione {(,) moUipIicata per ^, alla (io) moltiplicata per 4^, si ottiene ^d—^ìf-dÌL '^ '■ dt dt dt dt Ut ^Q x£^+^^ __ R(£±:n)^-^ __^^^^ ^^^^ integrando '^-^Èt^ = Qi ^"^rT - R [/* + ( f H- m )^ f-py 4- Cost. 17. Si noti, che supponendo Q = o, le quattro equazioni (7) J (^) j (9) 5 ('c) si riducono alle seguenti 6"^ "■ ^^5?» e supponendo , che la corda abbia una direzione sempre tangen- te al latercolo della curva , è chiaro, che in questa ipotesi la cur- va descritta dal centro di gravità dee ridursi a quella dei proietti nei mezzi resistenti. Diffatto in ambidue i casi così succede , poi- ché se nelle due equazioni (7), ed (8) del primo caso, suppongasi il latercolo della curva = oTw , e per introdurre la condizione del- la tangente in vece di b si ponga (/*-+- ^^ )"== ^9 avremo ^p = - d'^,ed^+pde = ^d'^, che sono le note equazioni dei projetti nei mezzi resistenti ; e parimenti se nelle due Equazioni (9) , e ( te) si ponga m ■= ^ — a: , si riducono an- cor queste alle istesse due precitate equazioni . i8. Suppongasi =. « i' angolo j che fa la linea z con V x^ ed 344 Saggio ec. = /3 r angolo , che la corda fa eoa z\ avremo sen.( « — |3) =rZ. ,' (. 1 j .L / ■ * nel primo caso , e nel secondo sen.(«— (3) y ar-f- TO = , ,i j cos.(j£-— C)= r. Facendo tali sosti- tuzioni rispettivamente nelle equazioni (7) , ed (8) , e nelle (9) , e (io) , avremo due equazioni, che le rappresentano tutte e quat- tro , e comprendono tutti due i casi , e sono le seguenti (11) QJiCos.a — Rr/^Cos(«-0=jg (12) Qdt Sen.a — Rdt Sen.(«— |S) — pdt = ^^ J • 19, Tali ftqiiazioni annnnzinno un risultato importante . È chiaro che ( d -i! + d'^y è = alla forza acceleratrice corris- \ dt dt J pendente al latercolo r/w; ma prendendo il valore di tal forza dal- le due precedenti equazioni , si avrà una quantità riducibile al- la forma E ( F ~!-;7 Sen.(«— /3) — Q Cos.^f dt , in cui E , ed F non conterranno 1' arco /S , e sararnio comuni ad amhidue i casi ; ma per il primo caso quella quantità avrà un valore, e por il se- condo un altro ; dunque si vede facilmente quale ( a parità di tutte le altre circostanze ) la forza acceleratrice nel senso della curva descritta dal centro dì gravità risulta nel primo caso, e qua- le nel secondo, e clic jjcn^ìà a-v-onJo luogo lo oicsso sforzo nello strascicare, come nel primo caso, e tirare, come nel secondo, apparirà la maniera di applicare più vantaggiosamente la forza animale . ao. Si rilevi inoltre, che il valor generale dil d— — \- ^^--r'^ , cioè ^/[Q*-T-R'-+79'-l-aRpSen.(«— 13)— 2QR Cos.(2— aQ/? Sen «f presenta la soluzione di una questione agitata da Camus, Parent, e Deparcieux , il quale nel 1760 con una Memoria, che è negli Atti dell' Accademia di Parigi, sostenne, che im animale privo d Di ViTTonio FossoMBRONi . 345 ^ di gravità, non tirerebbe . Ora si faccia/? = o , ed avremo la for- za acceleratrice == dt ( Q*-1-R' — aRQ cosj^)^ , cioè sempre posi» tiva; ed in conseguenza la progressione del centro di gravità è indubitata, subito, che Q, ed R sieno tali da ammettere il rnovi- mento. Ciò si conferma ancora dalla prima equazione d~ = QdtCos.w—Rdt Cos.(a— /j), dovejw non è incluso, e dove il moto non può esser retrogrado , perchè R non agisce altro , che in caso di progredimento del centro . ai. Se nelle equazioni (1), (a), (3), facciasi R = o, cioè sup- pongasi, che l'uomo cammini senza ulteriore imbarazzo^ che quello del proprio peso, o di altro , che porti indosso , lo che fa variare il luogo del centro di gravità, in tal caso avremo le tre equazioni seguenti yQ'^t _ y^ jdy xQdt ^^ , i =; ^Z -7- , che esprimeranno la curva de- scritta dal centro di gravità . Ed è opportuno di osservare , che tali equazioni vagliono, non solo per la macchina umana, ma per qualunque altro animale ; avvertendo soltanto , che Z = ( a;* -H JK* -f- 5* )* invece di rappresentare la distanza del centro di gra- vità dal punto in cui si riunieoo lo eforzo del piede che anima il passo , deve generalmente rappresentare la distanza del centro di gravità da quel punto del piano delle x,s, che è incontrato dalla risultante degli sforzi, che fanno i piedi, che animano il passo dell' animale qualunque . aa. Moltiplicando queste equazioni rispettivamente per ^ , ~ , -^ , ed aggiungendole tutte insieme , avremo dt dt-^dt dt-^dt dt (,a^^>^.,.^i: ^^' Tomo XII. X X gran- 346 Saggio ec. grando, nella ipotesi di Q costante, Ìl!±i[!!+^'=Q(;K^-f/ + .r')^ ^— py 4- Cost. . Qualora si consideri clie 1' elaterio del muscoli deve essere meno energico, quando essi sono più spiegati, e vo- glia rappresentarsi questa ipotesi facendo Q =^ ( supposta m una costante da determinarsi ), la nostra equazione dipenderà dai logaritmi , mentre avremo, ^JL d^ -\-^^ à^ -V '^ ci ^^ z^ ° ' ^ dt dt dt Ut dt dt — p^TT-iipii ;?^/, ed integrando ^^^^, Log.{/ 4- i^ + x' ) +/•/ + Cost. = o . a3. Senza fermarsi ad analizzare i casi nei quali essendo Q funzione di 2*, l' equazione suddetta è integrabile, se chiamisi dtJ} 1' elemento della curva , avremo d avremo v^ = m Log.s* — a/^j H- Cost. Introducendo in queste , ed in analoghe equazioni , che possono stabilirsi , il peso dell' uomo , e quello della massa di cui vuol supporsi caricato, e le condizioni del moto a diritta, e sinistra corrispondente all' as- se delle s , si otterranno molti nuovi risultati di dettaglio relativi ài calcolo delle forze muscolari ; come esporrò in altra occasione , e come potrà verificare chiunque con <|ualche perizia di calcolo voglia anticipatamente occuparsene . 24. Ed in conferma di tale asserto finirò il presente artico- lo limitandomi ad osservare, che se nelle equazioni del €• ai fiic- ciasi 5 = 0, cioè si consideri il moto in un solo piano verticale , avremo la curva descritta dal centro di gravità espressa dalle due seguenti equazioni , yQdt j _jdr Di Vittorio Fossombroni . 347 T = ^ :;7 5 le quali fanno vedere che tal curva è Lea lon- tana dairessere una parabola; ipotesi, che d'appresso i principjdi M- Lambert deir Accademia di Berlino, è stata modernamente adottata, sebbene F equazione alla parabola sarebbe, con tali de- nominazioni 5 espressa da due equazioni ben differenti , cioè 7 dx ARTICOLO IL a5. Tutti quelli che hanno speculato sopra ì trasporti, in- contrarono tante difficoltà nei dettagli relativi al Carro , o altro Meccanismo, che sostiene la materia da trasportarsi, alla natura dell'animale, che vi si impiega , ed alia qualità della strada da percorrersi , che i risultati, comunque ingegnosi ed utili, non appartengono , che a certi casi determinati . 2.6. Ho creduto , che il miglior metodo per ottener qualche cosa di generale , fosse quello di paragonare nelle diverse circo- stanze la fatica , che sopporta il motore animale , e quindi senza imbarazzarsi di conoscere l' assoluto, tirar partito dai dati di re- lazione , come si vede dal Saggio , che mi son proposto di dare ia questo articolo . 27. Sia un piano orizzontale, all'estremità del qual sieno due pulegge A.B, (*) sopra le quali passa un filo PABM (che sup- pongo privo di gravità), le di cui porzioni AP, BM sono vertica- li, e la intermedia porzione AB orizzontale, e alle di cui estre- mità pendano due corpi eguali P, M . Un uomo , che in un • X X a puu- (') La figura , che facilita l'intelli- genza di questo e dei seguenti para- grafi, è stata omessa, perchè il Let- tore , volendo , può dietro il semplice eniinziato momentaneamente descriver- la . 348 Saggio ec. punto qualunque C del piano, prenda in mano 11 detto filo, senza levarlo dalla sua direzione, non può sentire impressione veruna di forza, per causa, che i due corpi si equilibrano vicendevolmente. 2,8- Astrazion fatta da qualunque attrito, o altra resistenza, se il corpo M venga levato di maniera, che non resti altro, che il corpo P con la porzione di filo PAC, in tal caso, acciò si conservi la quiete , l' uomo sentirà un' impressione equivalente a quella , die la gravità esercitava in ogni istante nel corpo M , cioè Mpdt ( supponendo p la celerità prodotta in un secondo minuto dalla gravità ) , e quindi Mpt in un determinato tempo t • 2,9. Ritornando al caso del 5. 17 , suppongasi , che mancan- do, come in quel caso, ogni resistenza per la parte della puleg- gia B, ve ne sia per parte dell' altra A ; allora 1' equilibrio sussi- sterà , sebbene si scemi il corpo M ; e se sia N la quantità di cui , salvo r equilibrio , si può diminuire il corpo M , 1' uomo contem- plato nel 5- 28, potrà, tenendo il filo in G, mantenere r equili- brio , non consumando durante il tempo t forza maggiore di do. Se poi nel caso del 5. 27 l'uomo che prende il filo nel punto C, senza alterare la direzione di esso, progredisca nel pia- no AB, e faccia per conseguenza scorrere il filo in maniera , che il corpo P salga in P' , e l'M scenda in M' in un tempo t , avrà es- so esercitato^ma determinata azione necessaria per trasportare in tal guisa se stesso da C in C . 3i. Nella mia Mcuioiia sul riincipio delle Velocità virtuali stampata nel 1796, oltre al dimostrare l' equazione dei momenti, trovai che tale equazione, non solo si verificava a difl'erenze in- finitesime, come era stata fino a quell' epoca adottata dai Geo- metri , ma ancora in molti casi a differenze finite. Questa equa- zione dei momenti a difl'erenze finite , fu riportata in segui- to dal celebre M. Prony con un Teorema eleganie da me de- dottone , nella sua Meccanica Filosofica „ in cui con somma sa- gacità perviene all' equazione dei momenti , senza la supposizio- ne del movimento da imprimersi al sistema. La suddetta mia equazione fa vedere, che vi e una classe di equilibrj, nella quale il Di Vittorio Fossombroni- 349 il sistema ^uò prendere posizioni comunque differenti , e le forze restare nondimeno in equilibrio . Si. Il sommo Geometra Sig. la Grange mi scrisse in proposito di quella mia opera = vòtre travati sur ce sujet a , outre son prO' pre mérìte , celai cV avo'ir fait éclore d'autres ouvragfs , . . . ed inoltre = vous observez avec raison qu ìly a des cas , où reqnutìon des vitessrs vìrtuelles a lieti aiissi par rupport aux dif- férences finies ; e c|uindi convenendo meco, che^=^ le sisteme alors en changeant de situation, ne cesse pas d'étre en equilibre = i si compiacque di assegnare il suo posto a questa nuova classe di equilibri da me trovata, soggiungendo die tali equilibrj poteva- no riguardarsi come se tenessero un medio = enire les equìUhres stubles , où le sistemo rév'ipìit dp. luì méine. à soa premier éiat lors- qii'il en est dérangé, et les equìlibres non stables , où le sistene une fois dérangé de son état d'equilibre^ tend à sen eloigner de plus en plus . 33. Appunto a questa terza classe di equilibrj scoperta, e provata con 1' equazione dei momenti a differenze finite , appar- tiene il caso contemplato nel 5- 3o , di maniera, che non resta dubbio, che allora combinandosi ( per modo di dire ) il moto, e recjnililiria, l'uomo , che passa da C in C', non altera il rispet- tivo equilibrio dei due corpi M , e P tra loro. Infatti essendo CG' =• PP' = AIM = u, avremo sempre Py — Mv = o , supponendo P = ìM, e ^^la velocità proporzionale agli spizj percorsi , che nel corpo P, che sale, deve computarsi con un segno diverso da quel- lo assegnato alla celerità eguale del corpo M , che scende . 34- Che se l'uomo si muova da Gin C' sul supposto del 5. a8 , cioè, che la porzione di filo CBM , ed il corpo M sieno dì- strutti, dovrà allora soffrire una impressione equivalente a quel- la . che soffriva il cnrpo M, il quale, oltre al moto vM durante il tempo ^, ha subito dalla gravità 1' impressione M/7?, e quindi l'uomo, prescindendo dallo sforzo necessario a portar'' la propria macchina , nell'andare da C in C . e e ndurre il corpo P in P' , avrà consumato una quantità di moto = Mpt -+- Mu. 35. Qualora, come nel (^. 27), la puleggia A produca una re- si- 35o Saggio ec. sistenza, la speculazione necessaria per valutare la foi-za dell' no- mo , che passa da C in C , diventa alquanto piìi complicata . In- fatti mentre all' uomo, che soltanto sostiene il corpo P , la resi- stenza è vantaggiosa , e riduce , come notammo , il suo sforzo ad ( M — N ) pt^ all' uomo che cammina , la resistenza divien noci- va, e con 1' istesso ragionamento si vedrà, che riduce 1' uomo in necessità di esercitare uno sforzo = ( M H- N ) /^^ -h ( M -h N ) u, nel portarsi da C in C , ed elevare P dal punto P all'altro P': ben inteso, che qui per brevità si fa una supposizione, che, adesso non vi è luogo a rettificare , e non può generalmente adottarsi , cioè che la resistenza sia eguale in un senso, e nell' altro , e che nell'atto di principiare il moto, e nella sua continuazione, sia sempre la stessa , che abbiamo r.Tppres«ntato pei N , ed inoltre , che si prescinde dallo sforzo necessario all' uomo per trasportare la propria macchina. ^6. In tale supposizione sembrami doversi così correggere la forniola del Sig. Bezout. Secondo i principj dati, ([uesto eccel- lente G.-ometra nel 2." volume della sua Meccanica , la sopranno- tata formola dovrebbe essere soltanto ( M -I- N )pt -f- M.v ; ma se- condo il raziocinio fin qui adottato si vede, che esistendo ambidue i corpi con la resistenza nella sola puleggia A, com^jiel 5 ^l-. ac- ciò sieno sul punto di muoversi , e di portarsi M in M', e P in P' , è necessario, che sia al corpo M aggiunto il corpo N. Se in que- sto stato di cose 1' uomo , che prertde il filo in C, passa in C , e P in P', ed M in M' (supposto sempre, che la resistenza resti eguale tanto nel moto, quanto nell'atto che il moto è per principiare) esercita una determinata azione; qualora si tolgano il filo, i cor- pi M , ed N, r uomo per andare da C in C, e portare P in P', do- vrà ancora subire una impressione eguale al moto consumato dai coipi M ed N j cioè (M+N)/?^ -f- ( M + N )u , come porta la no- stra forinola • 37. E quindi si deduce direttamente la prova di un effetto, che i Pratici conoscono, cioè la difficoltà, che si piova a fare , che i Cavalli attaccati ad un Carro, alla salita^ riprincipino il moto una volta, che si sono fermati . La forza necessaria per so- ste- . Di Vittorio Fossomeroni • 35 i stenere fermo fi Carro, sarà in ogni istante (5- 27) {M—'N)pdt; e quella necessaria per metterlo al punto del movimento pro- gressi vq, (M H- N)pik-^ onde la differenza tra il sostenere, e il muovere, è sN/j^/^ , e perciò quanto maggiori sono gli attriti del Carro , tanto si prova più facile sostenerl/O fermo in un piano in- clinato, e più difficile , metterlo in movimento all' insù ; e tutto indipendentemente dalla coesione , e dall'attrito maggiore nei primi istanti del moto . 38. Premesso tutto ciò, suppongasi un piano inclinato all' orizzonte dell' angolo w . Se sopra di esso sia situato un corpo P , la gravità farà sopra di questo in ogni istante l' impressione fjjdt Sen ct j e se il corpo P moltiplicato per m , rappresenti 1' attrito, e per n , la coesione , la formola esprimente il moto distrutto , e quello eccitato da un motore aniiiiale , che durante il tempo t faccia strisciare con la velocità v il corpo medesimo contio il senso della gravità per il detto piano , saia P/Ji Sen.w -\- { m -^- n ) ?pt -\- [m -^ n)Vv -\- Fu Sen w . 89. Quindi apparisce un' altra correzione da farsi alla for- inola di M. Bézout , la qual formola porterebbe 1' ultimo termi- ne , non Pt> sen. Ci', come in questa mia, ma semplicemente Pu . Infatti inerendo alla terza classe di equilibrj dedotta dalla mia equazione dei momenti a difl'eienze finite, suppongasi il corpo P sopra il preaccennato Piano inclinato , e so-tenuto da un filo , il qualf- diretto parallefamente al Piano, passi per una puleggia situata air estremità superiore del Piano stesso, e scenda vertical- mente, avendo alla sua estremità un corpo 11=1' sin '^J — [m + r>)Vi, r equilibrio sussisterà, giacche 1' attrito, la coesione ed ogni re- sistenza stanno a diminuire il corpo R , che impedisce al corpo P di scendere lungo il Piano inclinato. Ma se questo corpo R debba esser tale da mettere il corpo P nel punto di essere strasci- nato all' insù per il piano inclinato, converrà che il corpo R sia = P sen.w-4 [m-^ ti)? . Se in questo stato di cose un uomo pren- da il filo, e progredisca all'insù per il piano, esercitela una deter- minata azione, sempre supponendo rn ed n V istesse , quando il moto e per principiare , e quando è principiato . Ma se questo se- 35a S A G tsen.(^ -+{m~{-n)l'j?t -\- Fv sen.w -+(//z-t-//)Py , sebbene secondo i principj di M. fìczout , adattan- do le di lui denominazioni alle mie, sarebbe soltanto = P/;/sen.w -{-{m-i-fi)Ppt: + Pv[, lo che mi è sembrato pregio dell'opera di no- tare, giacché l'autorità di un così celebre Geometra potrebbe facilmente sedurre . 4o- Dimostrato in tal guisa ;, che la quantità di moto, che un animale , il quale nel tempo t , e con la celerità v, tira ali' insù per un piano inclinato all' ov'i7.7.nnfp <1©11' angolo w , un cor- po P, deve consumare , sia=:P/;?sen.w-f-(/zj-|-/?)Pyj>^-|-(/7t + «JPt> 4-Pysen.w, facilmente, con raziocinio analogo , si conclude ,che se il corpo P deva strisciare nel piano istesso dall' alto al basso , con r istessa celerità v, e nell' istesso tempo ?, la quantità di mo- to , che r uomo dovrà consumare attaccandosi al filo neli' istesso punto , savk = Ppts&ii..=zo , diventa =: (/«-+- n)P«±P/'^ , ove il eegno -+- vale per il paragone da farsi con una salita , e il segno •— per una scesa ; e se pongasi diverso il tempo , cioè = t' nel caso della strada orizzontale e facciasi il paragone tra le dna espressioni , avremo la lunghezza della strada orizzontale , e quella dell' inclinata , che V istesso animale può con l' istessa fa- tica , e con r istessa velocità percorrere tirando dietro a se il corpo P . 4'^- Ponendo coerentemente a tale ipotesi P/> # sen.w ± {m-\-n)Pft-\- {m+n)Pu± Pusen.u = ±{m-^ n)Vpt'-i-[tn'i'ii)?u y avremo t = -i- -' ^ / ~ , onde con 1 istessa fatica con cui r animale in questione percorre una salita inclinata dell' angolo w , e della lunghezza t , percorre una strada orizzontale della lunghezza P/'^^en..-f-(m4.^P/>^^P».en.^ ^ ^^jj j^,, j^^^za ■ , „ — ■ nel caso di una scesa egualmente m- — in-iomecchè parlando di Meccanica si ha sempre presente il pa- rallelogrammo, e la composizione delle forze , e del moto , prin- cipio importantissimo e a dimostrare il quale si sono anco mo- : +-f3) +- c—x cos.|S = [/6sen.(a!-l-/3) - xsen.|f] tang.> . E siccoa ■ questa E(iuazione deve sussistere indipeiidentemeute dal valore di taiig y, che può esser qualunque , dovranno aver luogo separataiueuie le due seguenti (i) b cos.{x-\-§) -h e = X cos ^ (•2) bsen.{ -{-(i) = jf sen.(5 . Ora se dalla equazione {2) , prendiamo*! valore di cosjS , cioè - — - "'''^. ^""''^'l , e Io sostituiamo nella (i) , otterremo , dopo aver tolto i radicali , b'- -}-c^ -i- 2,bc cos.{x4-P)=tx* , la quale equaBlon^ ci iDUBiict , olio 1q 1-ptta x devs essere in lun» ghezza eguale alla diagonale del parallelogrammo fatto sopra. ^, e e . E posto questo l' Efjuazione (2) c'insegna, che la linea X deve cadere sulla direzione della predetta diagonale . Per conse- guenza la risultante di due forze e rappres ntata dalla diagonale del parallelograrun;o costruito sulle loro direzioni. ^r- AVVISO Le figure delle Memorie Franchini^ Valperga-Caluso^ e Saladini tro vali- si riunite in una sola Tavola alla pagina 294. imm