S (/p A MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XIX. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATKA. MODENA PRESSO LA SOCIETÀ TIPOGRAFICA MDCCCXXI. n , .i:■ir^J:::rr:.u. v: r . MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XIX. . FASCICOLO PRIMO DELLE MEMORIE DI MATEMATICA «^ ^'. INDICE DELLE COSE CONTENUTE NEI FASCICOLI I.° e II.» DELLE MEMORIE DI MATEMATICA DEL TOMO XIX. N otizie risguaidanti la vita e studj del Dott. GIO- VACCHINO CARRADORI scritte dal Sig. GIU- SEPPE RADDI Pag. I. Elogio Storico di PIETRO RUBINI scritto dal Signor Prof. ANGELO PEZZANA ix. Vita ed Elogio di ANTONIO MANZONI scritti dal Sig. Dott. GIOVAMBATTISTA ZOPPI li. Elogio del Professor PAOLO RUFFINI Presidente del- la Società Italiana delle Scienze scritto dal Sig. Prof. GIUSEPPE BIANCHI. lxxxv. Elogio di PIETRO COSSALI scritto dal Sig. Ab. Pro- fessore GIUSEPPE AVANZINI. cxi. Sull'equilibrio delle curve a doppia curvatura rigide ec. Memoria del Sig. Prof. ANTONIO BORDONI. i. Risoluzione dell' Equazione generale completa di se- condo grado a tre indeterminate, Memoria del Sig. Ingegnere GEMINIANO POLETTI. 3o. Analisi Geometrica dell' Ariete Idraulico, Memoria del Sig. Prof. GIUSEPPE VENTUROLI. 6a. Dimostrazione di alcune formole generali della Lettera Domenicale per qualunque anno innanzi , e dopo la riforma del Calendario Gregoriano, Memoria del Sig. GIUSEPPE CALANDRELLI Astron. 97. Memoria sopra un Cannocchiale iconantidiptico del Sig. Prof GIO. BATTISTA AMICI. 11 3. Memoria sulla costruzione di un Cannocchiale Acroma- tico senza lenti eseguito con un sol mezzo relrin- gente, DELLO STESSO. lai. Sopra il movimento di un punto materiale attratto da due centri fissi, l'uno di questi essendo supposto infinitamente lontano, Memoria del Sig. GIOVAN- NI PLANA Astronomo. i38. Sull'equilibrio astratto delle Volte, Memoria del Sig. Prof. ANTONIO BORDONI. i55. Saggio dell' aurea sintesi Greco-Italica presa in esem- pio da uno dei Mss. Geometrici inediti del Ma- tematico Vincenzo Vìvìanì., Memoria del Sig. Ma- tematico PIETRO FERRONI. 187. dx Sopra la integrazione della formola 7;^ , Memoria del Sig. Prof. GIULIANO FRULLANI. aa3. Sulle funzioni generatrici Memoria I. del Sig. MAR- CHESE LUIGI RANGONI. 241. Memoria II. 65g. Osservazioni intorno all' Ecclise solare del giorno 7. Settembre dell'anno i8ao. del Sig. Professor GIO- VANNI SANTINI. 3o8. Nuovo metodo per misurare la velocità delle acque che scorrono pe' fiumi del Sig. INGEGNER GEMI- NIANO POLETTI. 33o. Brevissimo cenno Geometrico sopra alcune linee cur- ve dipendenti dalle sezioni coniche del Sig. Mate- matico PIETRO FERRONI. 877. Sopra un Problema dei Signori Daniele BernouUi e De la Grange, Memoria, del Sig. CONTE PIETRO AB- BATI MARESCOTTI 385. Illustrazione di un antico Documento relativo all' ori- ginario rapporto tra le acque dell' Arno e quel- le della Chiana, Memoria del Sig. CONTE VIT- TORIO FOSSOMBRONI. . . 48i- Sulla stereometria, Memoria del Prof. Sig. ANTONIO MARIA BORDONI. 627. Riflessioni sul moto permanente delFatxjua ne'Canali oriz- zontali, Memoria del Sig. Prof. GIORGIO BIDONE. 567. Sul moto dell'acqua nei Canali, Memoria del Sig. OT- TAVIANO FABRIZIO MOSSOTTI. 616. /youc '/■(j/j?vtic^/u//o L afra/ff y/ '^UAif - Oui^eu^ tt^- fi^tU/.'^'f^l^^lo' < NOTIZIE RISGUARDANTI LA VITA E STUDI DEL DOTTORE GIOVACCHINO CARRADORI SCRITTE DAL SIG. PROFESSOR GIUSEPPE RADDI Ricevute li 3. Giugno i8ao. R 1 acque Glovacchino Carradori ai 7 di Giugno dell' Anno 1758 da poveri ma onesti Genitori. Studiò le umane lettere nel Seminario di Prato, ed apprese nel Collegio Ci- cognini della stessa Città le prime nozioni della Filosofia. Ottenne quindi il posto nel R. Collegio Ferdinando di Pisa, ove si applicò con ardore allo studio della medicina , di quelT Arte salutare , a cui il suo gran genio era non solamente portato per le cognizioni che in essa si richiedono , ma Io era ancor più , e senza comparazione per V utilità di cui es- sa può essere all' Umanità , ciò che dovrebbe esser sempre Io scopo principale del Medico . Non contento il Carradori di limitare il suo sapere, e di approfondirsi in una sola parte della sapienza umana^ con pari ardore si dedicò ancora allo studio delle Scienze natu- rali j per le quali era trasportato da un genio particolare : osservava e studiava tutto ciò che poteva meritare li si'uar- di d'un Uomo, che sa ove dirigerli, conoscendo egli bene qual vantaggio ne arrechi il tempo bene impiegato , e qua- le al contrario sia lo svantaggio per coloro , che lo perdono in un colpevole ozio . Licenziato Dottore , fu dal Professore della Pisana Uni- versità Pignotti incoraggito o piuttosto stimolato a coltivare lo studio della Fisica , e da esso venne presentato nella Rea- le Accademia Economico -Agraria dei Georgofili di Firenze Tomo XIX. a II al grande ed immortai PIETRO LEOPOLDO ,\n aWora Re- gnante , come un Giovine di belle speranze . Studiò la Me- dicina pratica in Firenze sotto la scorta del celebre Dotto- re Alessandro Bicchierai , di quel grand* Uomo , che ad una somma dottrina riuniva aricora la più matura esperienza in questa difficile Arte,eladi cui memoria rimarrà eternamen- te cara alla sua Patria, e ai suoi Concittadini. Ben presto fu il Carradori chiamato a cuoprire la Cat- tedra di Filosofia nel Seminario di Pistoja , e fu allora, che esso pubblicò la sua prima opera intitolata = la Teorìa del Calore =, ove si fece conoscere egualmente dotto, che eru- dito , e dove si mostrò altresì afflitto alieno da quei difetti , che d' ordinario occupano lo spirito di coloro che dal volgo vengono spesse volte distinti col nome di sapienti . Siccome egli era d' un temperamento assai dolce , ed a- mava la tranquillità, quindi è che insorte delle turbolenze fra il Vescovo ed il Clero, egli abbandonò la Cattedra, si restituì in Prato , e il Sig. Carlo Mannucci , Uomo illustre per i suoi natali, ma più di tutto per dottrina, e per il suo amore alle Scienze gli offrì una ospitale accoglienza in una sua deliziosa Villa prossima alla Città, e gli somministrò i mez- zi di spaziare nei suoi studi coli' uso della sua scelta Biblio- teca. Frutto di tali occupazioni furono le Memorie , che fin d' allora dt^tte alla luce in Agraria , e che gli meritarono di esser proclamato Accademico dei Georgofili . Non lasciò per questo di dedicarsi principalmente all'esercizio della Medici- na, e nel 1796. ebbe la prima condotta in Prato sua Patria. La stima eh' ei tosto si acquistò per la sua profonda dottrina j e per 1' instancabile zelo, eh' ei mostrava nella cura dei suoi malati, gli fece anche meritare la considerazione del R. Governo Toscano, il quale , allorché nel 1800. soprav- venne in Toscana 1' Epizootìa bovina, che spiegò i suoi mag- giori progressi nelle Tenute annesse alla Real Villa del Pog- gio-a-Cajano, e nel resto della campagna Pratese , incaricò il Carradori di prender cognizione di questa malattia deva- Ili statrlce del bestiame , e di praticare i mezzi i più opportu- ni per arrestarla . In questa circostanza spiegò il Carradori tutto l'impegno e attività, e rese poi conto al Governo, ed al Pubblico delle sue osservazioni e sperimenti per mezzo della sua Istoria della Epìzootia pubblicata colle stampe in Firenze nel successivo Anno 1801. Non ostante la continua occupazione in cui lo teneva l'esercizio della Medicina, non tralasciò mai di esercitare il suo ingegno nello studio della Fisica , della Chimica e della Storia naturale, producendo i risultati delle sue ingegnose osservazioni e scoperte colle Memorie spedite alle più illu- stri Accademie d'Italia. Il Programma proposto sul modo di render fertili i terreni gli po;-se occasione di scrivere la sua bella Memoria sulla Fertilità della terra, c\ìq meritò il pre- mio della R. Accademia dei Georgofili, e che successiva- mente aumentata , ed illustrata dall' Autore nelle diverse e- dizioni che in breve spazio di tempo ne furon fatte in To- scana e al di fuori , prese il carattere di un' Opera classica. Moltissime altre Memorie furono dal Carradori inviate all' Accademia del Georgofili sopra alcune singolari proprietà e malattìe delle piante , che gli procurarono una quantità di medaglie, e ricompense d' onore. Le relazioni del Carrado- ri non furono ristrette alla Toscana unicamente . Le stje cor- rispondenze con Spallanzani , con Brugnatelli , con Filippo Re , con Senebier, e con molti altri Uomini sommi d' Italia , e di là dai Monti, la corrispondenza colle principali , e più illustri Accademie fece comparire nei Giornali ed Annali chi- mici di Milano e di Pavia , fra gli Opuscoli scelti , e nella Biblioteca britannica le ingegnose Memorie del Caff&dori so- pra i Sughi gastrici, sul Fosforo delle Lucciole, sull' attra- zione di superficie , sull'Elettricismo, sulla virtù antiodontal- gica di varii insetti , sulla respirazione delle Rane , sulT ir- ritabilità animale e vegetabile, sulla trasformazione del No- stoc , sul sonno e su varie malattìe delle Piante, come pure sulla cultura di esse, di quella parte della Botanica, alla IV quale sarebbe ornai tempo che vi si pensasse tanto , quanto si pensò fin' ora alla nomenclatura . La famosa scoperta della Vaccina occupò seriamente 1' at- tenziojie del Carradori , che volle colla più grande accurates- za e circospezione verificare V utilità di questo ritrovato . Convinto d'un tale preservativo non lasciò di raccomandarlo cogli scritti, combattendo le opposizioni, che dall' ignoran- za, e dall'errore si affacciavano contro una tale scoperta. Ad escludere ogni ombra di dubbio si procurò espressamen- te il Virus vaccino dal celebre Medico Sacco di Milano, ne fece V inoculazione al suo primo in allora unico Figlio, e quindi lo sottopose pubblicamente alla controprova. Le di lui premure per la pratica della Vaccinazione nella Città e campagna di Prato furono apprezzate dal R Governo tosca- no , che in ricompensa ascrisse il Carradori fra i Professori onorarj dell' Università di Pisa con una pensione annua so- pra gli Spedali di Prato. Quasi tutte le Accademie d' Italia si fecero premura di ascrivere il Carradori nel numero dei loro Soci, inviandogli ciascuna il suo Diploma . Neil' Anno iSi6 fu eletto a plura- lità di Voti uno dei Quaranta della Società Italiana delle Scienze in luogo del defunto Cav. Amoretti. L? scoperta del Galvanismo , che fece tanto strepito nel- r Europa , richiamò costantemente l'attenzione del Carrado- ri , come uomo intento sempre all' osservazione in tutte le branche delle Scienze Fisiche e naturali : insorta la gran contesa fra Volta -e Galvani , seguitò con spirito imparziale i resultati, che 1' uno e l' altro ottennero in favore del pro- prio assunto. Si dette premura di verificarli per mezzo di re- plicate esperienze, e si mise in grado di pronunziare un giudizio su questa gran lite . Resultato del suo studio, e del suo instancabile spirito di osservazione fu la Storia del Gal- vanismo pubblicata nel 1817, che il Carradori, malgrado r atrocità dt'l suo male , condusse ad ottimo fine , e nella quale maestrevolmente dimostrò e sostenne esser l' Elettricis- V mo di Galvani la stessa cosa che il fluido elettrico univer- sale . Tormentato il Carradori da una fierissima malattìa , a- vrebbe egli dovuto pensare a riguardarsi nell' avvenire per il vantaggio della sua Famiglia, eh' ei mai cessava d' amare te- neramente ; ma come eseguire questo dovere ? come resiste- re a mille cose che si oiFrivano , e che forzavano i suoi sguar- di e le sue ricerche a volgersi verso di loro ? come ricusar- gli le sue veglie? Non ostante lo stato penoso di sua salu- te non trascurò egli di meditare sulle febbri , che si molti- plicarono nel 1817. conosciute sotto nome di Tifo , manife- stando la sua opinione con una lettera diretta al celebre Professore Tomrnasini, e pubblicata colle stampe; e al tem- po istesso pose mano ad altre Memorie in Fisica , e in Chi- mica , che la violenza del male sempre crescente non gli per- mise di terminare - Esercitò la Medicina In Prato come Medico condotto por il corso di anni venticinque . Amò sopra tutto i metodi sem- plici ; fu nemico dei sistemi , e il suo principale scopo fu quello d' attenersi sempre all' osservazione sul carattere del- le malattie , e sul temperamento dei malati , facendo sem- pre la più rigida ricerca delle cause dei naturali fenomeni accompagnata da una fedele e sincera esposizione dei fatti , per cui si distinse il Carradori dal volgo dei medicanti, non sottoponendo giammai i malati all' azione di medicamenti violenti j né al pericolo di tentativi dubbiosi ed incerti. Lungi dall' essere il Carradori di quella sorte di Dotti, la di cui Dottrina consiste piìi nell' esser loro stato mal a pro- posito concesso un certo credito , di quello che lo sieno essi veramente, e che ordinariamente si fanno titolo d'un sape- re incomprensibile e visionario, era egli modesto fors' anche di troppo j non fu mai sollecito di estendere la celebrità del suo nome j e non si curò neppure di conservare la sua cor- rispondenza con i più grandi Uomini d'Italia, che sarebbe stata per esso un monumento perenne di vera gloria . Egli VI era altresì semplice, affabile e sempre eguale con ognuno. L' invidia non la conobbe giammai , poiché essa non è pro- pria che delle anime basse e volgari, le quali non son ca- paci d'inalzar se stesse, che sull'annichilamento degl'altri. In tutto il corso della sua vita , e neppure nella pri- ma gioventìi, non vi fu intervallo, in cui possa dirsi, che il Carradori abbia amato la dissipazione . Le feste, lì spet- tacoli , i divertimenti , quantunque sovente degni di curio- sità , non ebbero mai per esso alcuna attrattiva ; tutto il tem- po, ove la sua professione non lo riteneva occupato , lo im- piegava a studiare . La di lui condotta fu costantemente ir- reprensibile ; egli fu buon Padre, buon Marito e buon Cit- tadino . Come medico non abbandonò mai il suo sistema d'os- servazione, ed accoppiò costantemente alla più profonda dot- trina una circospezione , ed una prudenza non ordinaria . Il suo male durò per tre anni . Una continua oscillazio- ne nel ventricolo formò il di lui più grande spasimo , e lo tenne per si lungo tempo in uno stato veramente compassio- nevole . Mori di anni sessanta . La sezione del cadavere pro- vò , che la di lui malattia consisteva in una flogosi quasi gangrenosa del ventricolo, e fece riscontrare un vizio nell' orecchietta e ventricolo destro del cuore , cagionato forse dallo stato di violenza , e di agitazione del malato per si lun- go tempo. Fu sepolto nel Chiostro di S. Francesco di Prato, ed una lapide in marmo attesta i di lui meriti . La perdita di quest' Uomo fu di dolore per tutti i buoni . La Patria rico- noscente volle attestare il suo cordoglio nei funerali , che furono fatti con pompa straordinaria a spese degl' amici , e in tale circostanza il Popolo tutto concorse a spargere delle lagrime di gratitudine sulla tomba di un Cittadino , che aveva beneficato i suoi simili , e reso illustre il Paese , che gli dette i natali . VII CATALOGO delle Opere e Memorie del Dottore Gìovacchino Carradori. N. lei Tomo XIII. della Società Italiana delle Scienze. I. Del principio dolce degli Olj. Modena i8o5. 2,. Esperienze sopra delia Plumula e della Radicula. 3. Lettera sopra la Virtù antiodontalgica di più Insetti . Prato 1793. 4. Esperienze, ed osservazioni sulla respirazione delle Rane. 5. Istoria della Epizootìa Bovina , che regnò nel 1800. Fi- renze 1801. 6. Lettere sopra 1' Elettricità Animale. Firenze 1793. Nel Tomo 35 della Biblioteca britannica anno 1807. 7. Relazione d'un Viaggio per propagare la Vaccinazione. Nel Tomo Vili. num. 24. del Giornale de' Letterati di Pisa anno 1808. 8. Ricerche ed osservazioni su quella malattia del Gran turco detta Carbone. Nel num. 4- del quarto trimestre del 1818. dell' I. e R. Accademia dei Georgotìli di Firenze. 9. Osservazioni sui Movimenti spontanei del Lupino. Nel num. 4 del quarto trimestre del 1818. dell'I, è R. Accademia dei Georgofili di Firenze. 10. Parallelo fra 1' irritabilità degi' Animali e quella de' Ve- getabili. 11. Della Fertilità della Terra. Firenze 1816. la. Osservazioni sugi' Organi assorbenti delle Piante. i3. Riflessioni sull'Opera postuma di Spallanzani. vili Nel Tomo XII. degl' Atti della Società Italiana delie Scienze, e nel n.° 9. del Giornale d'Agricoltura di Milano anno 1808. 14. Sperienze e Osservazioni sopra l'irritabilità della Lattuga. a 5. Teoria del Calore. Prato 1787. 16. Sulla Vitalità delle Piante. Milano 1807. e 1817. 17. Degl'Organi assorbenti delle Radici delle Piante. 18. Opuscolo sul fluido elettrico, e sul Galvanismo. Firenze 181 7. ig. Opuscolo sulle malattie delle Piante. ao. — — — sul fonno delle Piante ai. sul Fosforo delle Lucciole. a2. Memoria sulla trasforuiazione del Nostoc. Prato 1797. Nel Tomo XVIII. degl'Atti della Società Italiana. a3. Della Contrattilità dei Vegetabili. Nel Giornale di Pisa. a4. Memoria sull' irritabilità della Cicerbita. Nel Tomo XVIII. degl' Atti della Società Italiana delle Scienze. ^5. Esperienze ed Osservazioni suIT imbiancamento dell'Olio. '\ V ■' . .1 • '■ • ''//^•/'('/■>''^''' ''' IX ELOGIO STORICO DI PIETRO RUBINI PARMIGIANO SCRITTO DAL SIC. PROFESSOR ANGELO PEZZANA Bibliotecario Ducale in Parma Ricevuto adì 28. Maggio i8ai. u, n filosofo assai celebrato dell'ultima età usava dire, che per solito a' Principi si tributano lodi molto più duran- te il viver loro, che dopo trapassati ; ma che i cultori delle Scienze per converso hanno tutt' altra sorte . Sinché questi han fiato di vita o sono sferzati dalla critica, o sprofondati nell' obblio secondo che si levano ad altezza di grido, o ri- mangono radendo il suolo tra i moltissimi : rna non sì pre- sto han mosso l'ultimo soffio che li odi levati a cielo; e non raramente avviene 1' ombra d' uno scrittore illustre sia incensata dalle stesse penne che il vilipesero vivente, e che sembrano dannate dal fato a disonorare se medesime sì colla satira e sì coli' encomio. Uno sciame di Accademie , del quale è inondata Euro- pa , e che strappa tanti uomini allo stato senza che li acqui- stino le lettere, ha reso comuni ì panegirici funebri . I più smilzi letterati da che son descritti nel ruolo d' alcuna di queste Società assicurano alla propria Memoria una picciola apoteosi di vero tanto oscura quanto fu tenebrosa la loro vita . Ma l'uomo ch'io imprendo ad encomiare per comanda- mento di una delle più grandi ragunanze scientifiche d' Ita- lia, nella quale fu sì degnamente noverato, l'uomo con cui Tomo XIX. b a gran ventura ho comune il natio loco , levossi anche in vita a tanta sublimità di fama , che quasi stette muta a lim- petto di lui la critica mordace e scurrile, e che, raro ad avvenire , il suo panegirico tramuterassi frequentissimo in istoria . So che le mie laudazioni non possono aumentare la gloria di questo grand'uomo; ma se non hanno possanza alcuna per colui al quale son volte , divengon bisogno per colui che le scrive . E se dirassi che a cotant' uomo meno indegno panegi- rista add inevasi , risponderò del si ; ma che non ebbi poten- za di oppor rihuto all' onorevole comando. Anzi a non rifiu- tare strignevami imperiosa la mia ammirazione inverso lui ; e dirò poi, che sulla tomba dell'uomo celebre non altrimen- ti che sugli altari non vi ha mano o cuore che non abbia ugual diritto di offerire fiori ed omaggi ; che 1' ammirazione non dissimile dagli altri affetti cerca di diffondersi , e che colui che n' è compreso, non misurando l'intervallo che lo separa dall' ammirato , non adonta di consacrare alla Memo- ria di lui un tributo volgare ed inutile. Persuaso che la for- za del sentimento ne renda legittima 1' espressione , io oso adunque offerirgli, ultimo dono di amico dolentissimo, que- sto elogio che ne sarebbe degno, se per laudare in conve- nevol modo un tanto sapiente bastasse il sentire la grandez- za della sua perdita . Non però questo encomio scompagnerassi dal santo ve- ro . Collocato \\\ certa guisa fra il secolo in cui vivo e la po- sterità , non posso sdimenticare che parlo di persona non più esistente a generazioni che esisteran lungamente , al cospet- to delle quali diverrei colpevole affievolendo la verità che debb' essere il fondamento del mio dire . Da questo mio dire emergerà infine come un uomo ve- racemente modesto pervenisse alla più alta meta del suo cor- so per cammino tanto più onorato quanto meno battuto , e di sì ardua uscita . Il più delle volte dassi principio agli elogi degli estinti dal gloriare le loro prosapie . A me parve ognora essere ini- \ xt prendimento assai più travaglioso il creare la propria nobil- tà , che lo ereditarla . Pertinace usci d' uno schiavo ( uè pren- dea vergogna di narrarlo egli stesso ) . Pertinace fu elevato allo Imperio del mondo per le sue virtù militari . Pietro Rubii.'i nacque in Parma a di 24- *^' Agosto nel- l'anno 1760 da Antonio fabbro-ferraio (i) e da Margherita Provinciali. In condizione meno umile non è maraviglia che i genitori procaccino una compiuta istruzione scientifica alla loro prole; e le più fiate ciò è conseguenza di abitudine, di calcolo, o di imitazione; „ E ciò che fa la prima , e 1' altre fanno „ . Nel caso presente non è così; e gran riconoscenza debbe aversi al padre di Rubini, che, sebben ripugnante e a di- spetto di contraria fortuna , non si rimanesse dallo allevarlo per le Scienze . Primo fra i più lodati nelle scuole grammaticali, conser- vò questo primato anche nelle filosofiche ; e in tutte era mo- stro a dito per sottile intendimento ^ per diligenza, per sano costume . Però in quella età che appo gli uomini comuni non è che un ordito di debolezze , di passioni e d' errori , mani- festossi in lui anima vigorosa, ingegno sublime , e prepoten- te affetto a' buoni studj : affetto dominatore di tutta la sua vita, e soggiogatore d'ogni altro. Uscito de' filosofici insegnamenti , spontaneo e dopo ma- tura diliberazioiie scelse di correr la via della medicina. Con- tro la quale scelta lungamente stettesi avverso il buon geni- tore che spronavalo all' ancudine avita , siccome quegli che temeva , a quanto sembra, di non poter trarre a compimen- to la sua educazione per la strettezza dello avere . Se non (i) Àntooio Rubini sopran nomato il Tedesco era assai esperto nella lin- gua Tedesca, e servi come interpre- te (li essa neir Ospedale maggiore di Parma, e presso gli Anziani di que- sto Comune durante la guerra degli anni 1746 e seguenti. Era uomo di molto ingegno , ma neghittoso nel- r arte propria, lo che iacea, le cose sue andassero più sempre a povertà. XII che le preghiere dell' amorosa moglie , ed i consigli de' fa- migliari il rimossero alla perfine dall' aspro proponimento (a). D' allora Rubini consacrò intera la sua vita alle mediche di- scipline fuor solamente che non disgiugneva da esse quella sobria applicazione alle buone lettere ^ che senza nuocere alla gravità delle prime, ne raddolcisce e rattempera la severita- de (3), Compiutone il corso, la corona di lauro, di che se- condo r usanza gli fu cinta la fronte nella Università di Par- ma, sarebbe entrata bastevol mallevadore de' suoi progressi, se meno agevole ne fosse stato a que' tempi il conseguimen- to . Michele Girardi , professore di Anatomia in questo Stu- dio, ne rendette più sicuro conto colla veritiera orazione che pronunziò in sua lode nel giorno stesso in cui gli fu dato r Gnor della laurea, sesto d'Agosto del 1782. Dalla Università passò tosto a mandare ad effetto le ben apprese teorie, nel maggiore Spedale . Ivi stette due anni qual medico assistente ordinario , e tre altri come straordi- nario 5 nel qual tempo cimentossi ancora alla pratica di Cit- tà sotto la scorta del Dottore Serafino Gambara valentissimo medico pratico. Né interruppe questo suo esercizio che per trasferirsi nel comune di Compiano a sostener la vece del medico di quel Tenere . In tanta estimazione venne colà su , e in tanto affetto degli abitanti j che il voller poscia fermamente a loro medi- co nell'anno 1788: e già già di buon grado era per trasfe- (a) Il rinomato chimico Lelio Gui- detti padre del Cliiarissimo nostro professore di Chimica, e il dottor Cor- nelio Muzzi, che furono i principa- li soccorritori delia giovinezza di Pie- tro Rubini , rimossero dal proposito il suo genitore . È da notarsi che questi cotanto eravi deliberato, che finitosi dal figlio alcuni anni prima il corso de' rettorici studj, lo costrin- se ne' conseguitanti mesi di vacanza a lavorar di sua arte sull'ancudine. Superato questo ostacolo si esigè da Pietro che alla Farmacia anziché al- la Medicina si desse interamente, ma la costante sua ripugnanza liberollo da questa seconda opposizione. (3) Apparò anche le lingue fran- cese ed inglese a gran prò de' suc- cessivi suoi viaggi. xm lire colà sua stanza e la famiglluola , quando un regal cen- no venne a sospenderne la dipartenza (4)- Il Conte Giusep- pe Carnuti Archiatro del Duca , siccome colui , che a que' tempi era assai adentro nell' animo di questo , avea ottenu- to, cosa allora inusitata fra noi, che si inviassero a spese dello stato alcuni giovani medici di ben promettenti speran- ze ad udire le lezioni de' più famigerati lettori di medicina nelle straniere Università : e conosciuto lo eccellente inge- gno di Rubini designollo a compagno di altro giovine medi- co (5) ( a cui il Conte Carnuti era stretto per vincoli di na- tura ) pel quale avea pure ottenuto dal Principe che viag- giasse a quello scopo medesimo. Fu provveduto in una al so- stentamento de' genitori di Rubini . Egli partì da Parma nel dì 3o di Novembre dell' anno antidetto e trasferissi all' Università di Pavia (6) . Colà inse- gnava a que' dì la Clinica medica uno de' restauratori di que- sto principal ramo dell'arte salutare in Italia , il celebre Pie- tro Frank. Bene , o lettore, avviserai qual tesoro d'insegna- menti traesse Rubini da cotanto sapiente . Ritornato in Parma nel vegnente Agosto j in sul comin- ciar di Novembre del 1709 per lo malagevole cammino di Genova , nella quale Città dimorò alcun giorno, volse i pas- si col solito compagno a Mompellieri, ed in quella famosa scuola di medicina , che aveva poc' anzi purificata e propa- gata la dottrina di Staahl , si stette sino al mese di Agosto dell'anno 1790 , e si convinse come i più decantati suoi pro- fessori calcassero vie opposte fra loro nel metodo di curare le malattie . £ paragonando i loro dettami con quelli dello (4) Al rapo di quel comune die- de per lettere manifesti segni della dispiacenza sua del non poter man- dare ad effetto il gradito convegno. (5) 11 dottor Luigi Borani, sveglia- tissimo ingegno , successo al Conte Carnuti nella cattedra di Chimica, e morto nel fior dell' età senza dar principio alle sue lezioni. (5) Ivi arrivò nel di primo di Gen- najo del 1789. XIV Studio di Pavia, potè sin d' allora considerar I' arte sua con quella saggia diffidenza eh' egli serbò sino allo stremo dei viver suo , e che raro è scompagnata da' medici piìi profon- di . Di questa diffidenza emerse fors' anco la risposta da lui data a chi pezza fa veniale interrogando , se alcuno de' suoi figli fosse iuclinevole agli studj medici . E f u : „ Dio ne li „ tenga lontani ,, . Di là passò air Università di Lione per istruirsi preci- puamente della medicina pratica di Vitet (7) . Ottenuta dal suo Principe facultà di trasferirsi in Edim- hurgOj parte da Lione il di 29 Giugno del 1791, trapassa le roinoreggianti Metropoli di Francia e d'Inghilterra (8), ove soffermasi sol quanto è d' uopo per conoscere i principali se- guaci d' Esculapio^ le Biblioteche e gli Ospedali , e giugno all' ultimo nella capitale della Scozia il di primo di Settem- bre . Ivi soggiorna più dì mezzo un anno , e non perde fru- sto di tempo : né passa dì che tu noi vegga nnll' Università prestare avido orecchio agl'insegnamenti di que' celehratissi- mi professori Monro , Duncan, Black, Rotheram , Hamilton, Home, Gregory (9); e negli spedali interrogarne e Chirurgi (7) In alcune lettere scritte da Lin- ne al dottor Jacopo Tommasini dà buon conto de' più illustri medici di quella città , gli dice che visita ogni giorno gli spedali, a che la chi- Tnrgia evv'i ancor più fiorente della medicina. Non sembrò ditatto ch'e- gli per rispetto a questa trovasse co- là pascolo ris])0ndente alle sue bra- me, poiché scriveva al Conte Carnuti pochi mesi dopo il suo arrivo, che vi era rimasto abbastanza, e chiedeva- gli, ove dot>esse passare il verno. Non pertanto rimasevi sino a' dì 29 di Giugno dell'anno seguente^ forse per indugio nel ricevere le aspettate ri- sposte da Parma in que' tempi tra- vagliosissimi per la Francia. (8) Arrivò in Parigi a' 5 di Luglio e partinne a' 7 per Londra, ove giun- se a' i5. e rimase sino a' a8. In questo viaggio non ebbe a compagno il dottor Borani, che mal temperato a sanità aveva dovuto ritornare in Parma nel precedente anno. (g) Insegnavano a que' di in E- dimburgo Monro - Anatomia e Fisiologia, Duncan - Medicina teorica, filack - - Chimica , supplito di frequente per cagio- nevole salute da Rot- heram allievo di Berg- mann e Scheele, XV e astanti e serventi ed infermi e quanti valgono con ogni minimo che ad accrescere il tesoro di dottrina che viene ac- cumulando da recare in patria. Non isdimentica le scuole di botanica e di storia naturale . Dall'Università e dagli speda- li affretta di andare alle biblioteche e alle case dei dotti , e da un monte di libri sconosciuti o mal noti o non trovabili in Italia estrae nuove rici;hezze da aggiugnere a quelle pri- me . Insaziabile di conoscere la verità , dovunque egli passa a tutti ne chiede, e quasi la persegue di luogo in luogo. In una parola ; sembra ch'egli voglia interrogare tutt' in un fia- to ogni cosa da cui cavar possa istruzione , ed abbracciare quasi tutti i dominj della scienza della natura . Colà , come in ogni altra regione che percorre, osserva pria d'ogni altra cosa non già qual metodo sia in voga ^ imperocché ben sa- pea che nel fatto della medicina ciò che ha nome di meto- do non è soventi volte che un complesso poco metodico di sistemi e di vane applicazioni ; ma quali sostanze medicinali sieno usitate nel curare le malattie . Con uguali intendimenti ^ io credo^ ragguagliato ogni co- sa , visitarono le più eulte provincie dell' antico mondo i due principi della medicina, Ippocrate e Galeno^ duranti le loro famose peregrinazioni (io) . Hamilton - Ostetricia, Home Materia Medica, Gregory ( figlio del celebre e cele- bre egli stesso) Medi- cina pratica e Clinica, (i e) Seguendo l'esempio di questi sovrani intelletti, e di tanti altri me- dici suljlimi di tutte le età, Rubini viaggiò per manifesto convincimento dell'utilità che alla sua scienza sopra tutto appunto deriva dal viaggiare. E si inviscerato fu, anche dopo, que- sto suo convincimento , cho ne fece subbietto una eloquentissima orazio- ne pel dottorato di Stefano Fortis avvenuto anrii assai di poi lu sua ri- tornata da Edimburgo . ivi novera ancora parecchi scrittori, il Conrigio B^rtolini, Rdraazzini , Vigaruux ecc. ne' libri de' quali sumina peregrina- tionis ad medicinam utilitas mirifice cumprobatur. Jndi recando in campo le obbiezioni che si fanno a questa utilità^ fra le quali colloca ultima : bastare al medico i patrj ospedali , et lectulum aegrotantis utiliaimum omnium librum; prorompe con enfa- si: sed qualem, per deos, librum! oh- scurum. nempe, difficilem, involutum , quem videas quotidie a centenis ho- XVI Non vanno inosservati a que' ciotti Scozzesi tanta dili- genza tanto sapere tanto studio e tanto acutissimo ingegno, e reputando essi a ventura lo annoverarlo fra i membri ono- rar] della loro Società Medico-chirurgica^ tale appunto il no- mano, che di più non consente la sua forestieria (i i). La pri- ma fu questa delle molte somiglievoli onorificenze a lui com- partite dalia dotta Europa . E di tanto signorile suppellettile onusto abbandona que- gl' isolani e valicata la Manica ritorna a Parigi , ove a sof- fermarsi lo stringe necessità di rintegrare la persona alquan- to inferma (la) . Verso il mezzo di Maggio del 1792 a salu- te restaurata partì di colà , e per la via di Torino ritornò in Patria fra gli abbracciamenti e il tripudiare de' suoi e degli amici nel seguente Giugno. mìnìliis evolvi, quam levi, heu, cum emolumento, quam gravi cum discri- mine! Dopo che conchiude: Quanto ìtaque non erit utilius in gravihus hisce tenebris plures diversarum re— gionum sagnces medicos praeeuntes cernere, eorum sequi tentamma, eorum vestigiis inhacrere. Le quali ultime parole pajonmi venire a conferma di quella sua saggia diffidenza di cui nar- rai più sopra. Ed in sul cominciare di questa orazione avea detto : Dulcis itinerum meorum optimi Principis jussu in eumdem finem olim suscep- torum recordatio animo . . . meo sur- rexit , meque ita compleeit , commo- vit , rapuit , ut nullum ad hujusce juvenis laudationem , ad ejus meri- torum probationem validiu: momen- tum haberi posse persuaserit. (li) E fama che al conseguimen- to di tanto onore influisse ancora la particolarità che son per narrare. As- sistendo un di alla lezione del pro- fessore di clinica- chirurgica, al qua- le Rubini era sconosciuto, fu richie- sto da quello del come avrebbe ese- guita r operazione chirurgica della quale trattavasi allora allora. La sua risposta piacque per sì fatta manie- ra al professore, che fecegli offerire il coltello anatomico perchè la ese- guisse egli stesso. Lo che rifiutando Rubini, siccome quegli che non era che semplice medico , il professore diede di piglio al coltello ed ese- guilla secondo il metodo proposto da Rubini medesimo . L' effetto sì ac- coclciamente rispose allo scopo, che il Chirurgo Scozzese maravigliato con- fortò istantemente il Medico Parmi- giano , secondo mi fu raccontato , a scrivere una dissertazloncella su que- sto fatto . È pur voce ch'ei la scri- vesse. Le quali cose dan pegna ddl quanto egli valesse anche per rispet- to alla cliirurgia. (la) Benché infermo fu costietto nella trambusta di rivoluzione in cui era allora il Reame di Francia , e specialmente Parigi , a fare la sen- tinella per giorni parecchi. xvn Ma di si lunghe fatiche, e delle dovizie recate da lui a questa sua patria venne a raccorre il premio nella universi- tà nostra ove fu istituita la prima volta , per lui , la catte- dra di Clinica medica, e conferitagli definitamente il giorno decimo ottavo di Giugno dell' anno 1794 (i3), dopo che, quasi a pubblico esperimento . ebbe nel tempo di mezzo di- spiegata nel maggiore spedale la ricchezza del suo sapere al letto degT infermi (i4) • Imperocché al riaprirsi degli studj nel 1792 ivi appunto avea incominciate le sue lezioni, nelle quali ben corrispose l'effetto all'espettazìone. Gran frequen- za di uditori faceavi decoroso adornamento . Né solo adole- scenza ; ma provetti e dotti, e stranieri e tutti plaudenti (i 5). (13) Pria del suo ritorno aven avu- to promessa che appena giunto in Parma gli sarebbe stata conferita qnella Cattedra ; ma non si manten- ne, e sembra che se ne andasse in- dugiando 1' esecuzione, perchè si re- putasse ancor troppo giovane per tan- to incarico, quantunque in fatto gli fosse ordinato di adempirne le incum- benze nell'anno stesso della sua tor- nata. Doleasi forte Rubini dello in- dugio e della scarsa rimunerazione ^ e sì aveane 1' animo inamarito , che quasi era per accettare le seconde of- ferte de'Compianesi che ardentemen- te il desideravano . Dall' aprimento degli studj dell'anno 1793 sino al giorno 18 di Giugno del 1794 adem- pì adunque ai doveri di professore di Clinica senza averne il titolo. (14) Fu in questo tempo di mezzoi che pel suo ardore di osservare , inci- dendo col coltello anatomico un cada- \ere di persona morta per cancrena, si feri l'indice della sinistra mano, che restonne storpiato per sempre . Stette lungamente infermo di questa Tomo XIX, ferita. Allora visitollo il Conte Carnu- ti, il quale sendo di cuor generoso, deposte dell' animo alcune amarezze inverso Rubini, siccome avea sapu- to essere questi in grande strettezza di danaro, destramente senza eh' e' se n'addesse, ne frappose agli ori- glieri un ricco viluppo. (i5) Il celebre dottor Giovanni Ra- sori scriveva a Rubini a dì 29 Aprile '793.' „ . ■ ■ nuove di voi . . . che mi :, riescirono gratissime , perchè ina- ,, spettate e sincerissime, trattandosi ;, di una persona la quale non sapeva ,, che avessi con voi particolare a- ., raicizia, furono quelle datemi da ,, un Medico Siciliano, già mio ami- „ co in Firenze, ed il quale passan- „ do per Parma vi ha sentito con ,, somma sommissima soddisfazione ,, nella vostra Clinica. Me ne parlò ,, pubblicamente nella stamperia di „ Comino. Gli lasciai terminare i vo- „ stri elogi a me tanto cari , e poi j, mi scoprii per vostro intimo ami- ^, co . Se vi dicessi che vi ha senti- ,, to assai più volentieri che non hn C X VI ri Frequenza e plauso che non discontinuaron poscia sinché , spiacevole a ricordarsi ! dopo molta stagione cessò ii farle . Non giova indagar qui le cagioni di questo cessare, che tan- to grave fu più . quanto era prima maggiore la universale utilità . Tolti gl'impedimenti aveale poi ricominciate con fe- sta pubblica r ultimo anno di sua vita . La storia dell' arte salutare dimostra ad evidenza che una sola scuola clinica debitamente fatta assai più dì luce spande sugli studj medici che multitudine di altre scuole, ove si descrivono lungamente e spesso oscuramente, oggetti r immagine de' quali senza il soccorso della facultà visiva , non trapela abbastanza limpida insino all'anima per le sole vie dell' orecchio . Molti che furono suoi uditori j ora medici provetti e chia- ri , mei narravano più volte : tanto era 1' ordine , tanto lo splendore delle lezioni di Rubini, che si scolpivano intere intere nelle menti loro sì che lunga pezza appresso avrebbo- no potuto ripeterle quasi verbo a verbo . Di qui ha principio la sua celebrità . Il buon successo fu cote al suo ingegno, e lunge dal riposare sulle prime pal- me ei si diede con più vigorìa e senza distrazioni a' suoi stu- dj prediletti che doveano preparargli un sì glorioso avveni- re . Sin da'primi anni la medicina erasi a lui presentata co- me la scienza che considera la natura ne' rispetti i più uti- li , e scorgendo egli le multipiici relazioni di questa scienza colle altre che le prestan lume, a tutte attinse con tale riu- scita che non è concessa che a' più sottili e pronti intellet- ti . L' esperienza e 1' osservazione , succedute per gran pri- vilegio della nostra età alle sterili speculazioni precedenti , erano i suoi duci nel consultare la natura, e spaziando pe' campi, già allargati a que' dì, delle fisiche discipline, gran j, sentito . . . non crederei per que- 1 ., «letto di voi. ,, 3, sto di dire il maggior bene che ha j XIX tesoro ne traeva di dottrina -per le future sue opere . Ordine e costanza imperturbata appunto nello studiar la natura , e neir osservare , ecco il segreto che il levò in tanta rinoman- za (i6) . Di questa divinità, che appellasi natura, sembra essservi nn piccini numero d' uomini a cui sia dato di sor- prendere gli arcani . Altri attribuisce questo sovrano privi- legio all'acutezza del loro ingegno ed altri alla loro fortuna. Io per contrario opino, precipuamente acquistarsi per la co- stanza dell'osservare e dello studio, fuor della quale non è durevole alcuna fama • I tesori delT esperienza e del pensie- ro rassembrano a quelli che il terreno rinserra nel suo grem- bo . Non li discuopri che in grande profondità ; e giù giù è d' uopo tu scavi assai , pria di giugnere a quelle sicure vene che sono la più nobile mercede della fatica e dell' industria. A fior di terra non iscopri che pietre o metalli ingannevoli, di cui l'infingardaggine si contenta ed il falso gusto si addobba. Di colui che attinge il suo sapere alla fonte dell' osservazio- ne dirai a buon dritto che quanto sa è veramente suo . Tu noi trovi giammai esitante nel risponderti : in mille svariate guise interpreta e scolpisce i proprj pensamenti colla parola , e lo scorrer limpido di questa nasce dall'abbondanza del te- soro mentale. Oppongli ostacoli; di più ricchezza fa pompa; ringagliardisce nel combattere , e I' interesse che suscita ne* circostanti raddoppia per la sicurezza che in lui ritrovi . E tale era Rubini , o eh' egli discutendo quistione dubbiosa si argomentasse di dar giusto valore con severa critica alle te- stimonianze ed ai fatti messi in campo; o che tenendo ra- gionamento de' suoi viaggi ti ponesse sott' occhio ciò che a- veva osservato in prò dell' arte e gli ostacoli che incessan- temente si oppongono a' suoi progressi; o che ti venisse nar- (i6) L' epigrafe ch'egli collocò in fronte alla sua dissertazione che ot- tenne il premio dalla Società Italia- na sembra venir confermando in gran parte questa mia opinione. Eccola: ., Quae in natura eximie possimi ac ,, poUent sunt ordo, prosecutio, se- „ ries, vicissitudo artificiosa. ,, \x rando qualche ingiustizia dell' opinione, di quella opinione che talvolta sorella della fortuna l'uno solleva a cielo men- tre nabissa 1' altro con iniqua bilancia . Ora se a me delle mediche discipline interamente igna- ro si addimandi qual fosse 1' opinare del mio lodato intorno al famoso Riformatore Scozzese di ch'egli a grand' agio avea potuto conoscere la dottrina e la fama in Edimburgo, rispon- derò colle parole stesse di quell' altro onore vivente della nostra patria , Jacopo Toramasini , che pur da me interroga- to di ciò veniami ponendo sott' occhi le lettere dell' illustre defunto che a lui dal bel mezzo della Scozia scriveva negli anni 1791 e 1792: ,, benché pria di ritornare da Edimbur- j, go si fosse mostrato ( in quelle lettere ) ripugnante dall' 5, adottare la dottrina Browniana (17), pure determinato per (17) Questa ripugnanza emerge an- che da alcune lettere del dottor Gio- vanni Rasori a Rubini. In quella del 3. Aprile 1793 risponsiva ad una di questo, nella quale richiestone dice- va la propria opinione intorno alla dottrina Browniana, dopo aver rice- vuta la versione fatta da Rasori del Compendio ecc. , scriveagli: ,, A que- „ sto proposito mi risovviene che „ nella vostra lettera mostrate di es- ,, sere ancora molto incredulo , e ,, avrete perciò delle buone ragioni. ,, Il dovere dell' amicizia vuole che „ me le esponiate ecc. „ In altre è accennato che Rubini proponeva- si di scrivergli parecchie lettere An- tibrowniane . Alle quali soUecitara- lo Rasori; e spronavate anche a pub- blicarle colle proprie risposte (V.la lettera del primo Luglio lygS, e le seguenti presso gli Eredi di Rubi- ni ) . Ma Rubini cautamente non si lasciò indurre a scriverle. Di fat- to il di 3. Agosto del 1793 replica- va Rasori da Milano: ,, Ma e que- „ ste cento lettere Antibrownianc ,, son elleno ite ne' campi della lu- „ na?,. Ecco le parole di Rubini ( estratte dalla sua lettera del di 7. Gennajo 1792 a Toramasini ) circa gli Elementi di Medicina di Brown: ,, Del resto il valore intrinseco del- ,, r Opera non è massimo. Brown era ,, un medico ardito, quasi sempre ,, ubbriaco, che è stato buona par- ,, te di tempo in prigione pei debi- ,, ti, e che dotato d'una immagina- ,, zione capricciosa e fantastica, tro- ,, vandosi in quel momento in cui, ,, avendo GuUen scossa una folla di „ pregiudizj e di errori, la medici- ,, na era in una specie di crisi, scel- ,, se fra la folla di materiali disper- ,, si e sconnessi i più facili a com- ,, binarsi, e negando con una ardi- ,j tezza da ciarlatano tutti i fatti che „ non entrano nel suo sistema, fon- ,, dò una Teoria, che non è semplice ,, se non se perchè è povera di fat- XXI j, avventura dal vedere gli Elementi, di medicina ed il Com- 5, pendìo di Brown pubblicati per ogni dove , commentati „ con onore , accolti in quasi tutta la Germania e già adot- ,, tati anche in Italia da professori di molta fama , si deter- j, minò a ponderarli nuovamente „ . E qui narravami 1' il- lustre mio amico , com'egli stesso addottorato da pochi anni gli fosse compagno in si fatto esame , e come in rileggendo insieme quegli Elementi pubblicati in latino dal cel. Mosca- ti , Rubini soleva dirgli : a misura che si procede nella lei- tura di quest' opera si sciolgono quelle difficoltà che dappri- ma pareano inesplicabili . Indi soggiugneva il primo : „ se 5, Rubini per quella saggia prudenza che resse ogni suo pas- „ so nella via della medicina andò a rilento o avverso nell' „ adottare tutte le parti della dottrina di Brown , o se ne 5, rifiutò alcune 3 pare non pertanto ch'egli riconoscesse uti- 3, li almeno le fondamenta generali di quella dell' eccitamen- j, lo, se nella sua scuola clinica ne seguì i principj come e- 5j nierge dalle sue lezioni raccolte da' suoi discepoli e dalle ,, storie mediche che facea compilare al letto degli infermi. j, E quantunque scorgesse i voti e le mende della dottrina j, di Brown , pure nella classificazione delle malattie , nell' j, idea delle due diatesi stenìca ed astenica , ed in quella 5, della debolezza indiretta fu Browniano „ (i8) . ,, ti. Non so se venendo in Italia , j, ne porterò meco una copia, giac- „ che 1' ho letto una volta, né cre- j, do che mi prenderò il pensiero di „ leggerlo più. Non nego per que- „ sto , che non contenga qualche „ buona idea. „ (i8) Questa sentenza del professor Tommasini consonasi a quella che diede già l'Istituto nazionale Italiano delle Scienze sin nell' anno i8o5 in- torno alla dissertazione di Rubini sopra la maniera meglio atta ad im- pedir la recidiva delle febbri perio- diche già troncate col mezzo della chinachina, coronata dalla Società I- taliana delle Scienze. Veggasi il to- mo XII delle Memorie dell' accen- nata Società in fronte del quale ne stanno gli annali. Ivi a facce XVIII. e segg. si dà ragguaglio del premio riportato da Rubini , ed è inserita una lettera del segretario dell' Isti- tuto predetto, Michele Araldi, nel- la quale tributandosi encomj a que- sta dissertazione, dicesi però che 1' I- XXII Satisfatto di questa risposta pareami del pari notizia de- gna del presente elogio il dire quali fossero i pensamenti del stituto vi ha trovato per entro una certa condiscendenza a sacrificare al- la Moda , e ad adottare non che il Neologismo, ma forse anche in parte le idee di un famoso Novatore di questi tempi. Nonostante ciò sopgingnesi tosto : ma non pertanto, dalla solidità del- le massime a cui appoggia i precet- ti e i ripari per lui opposti alle re- cidive delle febbri intermittenti , si raccoglie palesemente, che quel fon- do di saper vero ed attinto a fonti più pure, di cui si mostra d' altron- de provveduto gli è di una bastevol difesa contro i prestigi, co' quali i si- stematici per solito turbano e peri- colano le scienze che vantami di as- ' sodare. Anche i compilatori del giorna- le intitolato Bibliothéque Medicale , nel commendare alcune ol)hiezioni fatte all' opera di Rubini intorno la febbre gialla da G. B. Michel in li- ne del primo estratto che ne diede nella Biblioteca stessa ( N." 4'- T. i4- Novembre 1806 ), reputarono Ru- bini seguace della dottrina di Brown. Vedi ivi la Note des Rédacteurs. La- font Gouzi , medico di Tolosa, che voltò in Francese^ e corredò di no- te la tanto lodata dissertazione pre- detta sulle febbri periodiche, allorché partecipavagli nel dì aS Marzo 1806 d' avere incominciata questa versio- ne, diceagli : quehjue antipathie qu' on ait en France pour Ics écrits de r école Broivnienne, j' ai tout lieu de croire que le moire sera requ avec ap- plaudissem ent. Il sigLafont Gouzi era uno de'più caldi propagatori della dot- trina 2?ro(r;ì(a«a nelle Gallio, e car- teggiò lungamente con Rubini. Dopo la pubblicazione di questa versione scrisse a quest' ultimo, che il Jour- nal de Médecine, Chirurgie et Phar- macie de Paris compilato da Gorvi- sart, Leroux et Boyer nel dar conto favorevole di questa dissertazione fi- niva col dire : Cet ouvrage , qui est purement écrit , et auquel le tradu- cteur a ajouté un assez grand nombre de notes, qui servent à confirmer ou à développer le texte, rarement à con- tredire les opinions de V auteur, se- ra lu sans doute avec empressement par les admirateurs de Broivn , et ( ce qui en fait mieux V èloge ) sera goùté des vrais observateurs, ennemis de tout syst'eme exclusif en médecine. Anclie il giornale di medicina di Montpellier compilato da Bauraez par- lava con lode di questa dissertazione dans luquelle, dicea, onfait une heu- reuse exicnsion des principes Broar- niens. Ma il Sig. Sedillot per lo con- trario le si levò contro; però Lafont scriveva a Rubini a' di ag. Febbra- jo 1808. Lorsqae vous m'aurez fait V honneur de m' envoyer la réponse que vous vous proposez de f aire à vos Critiques, je prendrai à mon tour la piume pour repousser les attaques virulentes de Sedillot Rédacteur da Journal de Médecine de Paris et pour refuter ses asseriions- Ignoro se questa risposta a' suoi critici uscisse mai dalla penna di Rubini. Del resto questa bella dissertazio- ne non fu solo coronata dalla Socie- tà Italiana, ma dal plauso universa- le de' medici Europei. xxia mio encomiato circa la nuova dottrina medica Italiana. Ma qui ancora stavami contraria la mia ignoranza nel tener ra- gione di si fatte cose , e novellamente ebbi ricorso al primo sovvenitore . E a qual altro più acconcio all' uopo avrei po- tuto averlo , fuorché ad uno de' principalissimi spositori ed ampliatori di questa dottrina , a colui che in più parti di essa si è già levato all'altezza dell'invenzione? Ed egli per gran cortesia veniamì rispondendo in questa sentenza: „ Non „ può dirsi che Rubini fosse interamente avverso alla nuo- „ va dottrina; imperocché i .° egli era solidist i , come lo , sono i seguaci di questa, allora quando considerava le al- , terazioni degli umori^non negate da alcuno, come un ef- fetto dell'alterazione de' solidi ^ o dell'eccitamento: 2,.° „ adottava la dottrina Browniana dell' eccitamento stesso , o „ della vita : 3.° adottava le due diatesi stenica ed asteni- ca che forman pure le basi precipue della dottrina odier- „ na : 4-° ammetteva^ ed anzi illustrò più che altri lo stato 5, morboso d' irritazione , che è ammesso anche dai moder- 5, ni, e che è cosa affatto diversa, come sosteneva egli stes- j, so, dalle due diatesi stenica ed astenica. Ed il come egli ,, concordasse in questi punti colla nuova dottrina si scorge 5, dalle sue lezioni cliniche che van manuscritte per le ma- j, ni di molti suoi alunni , e dalle opere da lui pubblicate . 5, Valga per tutte la sua dissertazione premiata dalla Socie- 5, tà Italiana delle Scienze (19), nella quale riduce le febbri 5, intermittenti a tre classi, stenica, astenica, e d' irritazio- j, ne , non potendosi quest' ultima né per le cause che la ,, producono, né pei rimedj che la domano, confondere col- „ le due precedenti „ , „ Opinava diversamente dai sostenitori della dottrina 0- „ dierna ne' due punti che seguono: i.° in quel terzo stato 5, morboso, detto d' irritazione , egli ravvisava i caratteri (19) Vedi la Nota precedente. XXIV „ d' una terra diatesi, mentre la massima parte dei moder- „ ni, in ciò seguaci di Brown, riducono l'irritazione ad una 55 località, perchè tolta la causa locale irritante tutti i feno- 5, meni morbosi di disturbo irritativo si dileguano, o almeno ,, cominciano a dileguarsi senza che la malattia faccia , sicu- 55 raraente , alcun corso posteriore, e senza che abbia un „ incremento pur posteriore alla sottrazion della causa , co- 5, me Io hanno le malattie di diatesi: i " molti rimedj rico- „ nosciuti dai moderni come atti a frenare positivamente Io ,5 stimolo morboso ed a moderare o togliere la diatesi steni- „ ca o flogistica 5 erano riguardati da Rubini come semplice- ,j mente irritanti , i quali per una contro-irritazione correg- 5, gesserò gli effetti della irritazione morbosa (ao) ,, . A confermare le cose sovra dette per rispetto alla con- formità di alcuni principj della dottrina di Rubini colla nuo- va Italiana viene anche il suo metodo curativo della febbre petecchiale dell'anno 1817 pienamente antiflogistico (p^x) , come quello che fu pubblicato in Bologna da Tommasini , e come V altro del chiarissimo protomedico Aglietti in Vene- zia . E vienci pure , ahi dolorosa rimembranza ! la cura che ultimamente prescrisse, ma troppo tardi, a se stesso nella mortifera sua infermità . Del resto una non avvi , pur mei diceva il Clinico di Bologna, delle dotte, acutissime, ed elaborate sue disserta- zioni sparse nelle Mem. della Soc. Ital. delle Scienze, nel Giorn. della Soc. Med. Chir. di Parma, e nella Biblioteca Italiana {22,), che non abbia l'impronta de* suoi principi del- (20) Questa quistioneè stata ampia- mente discussa dal Prof. Tommasini. (21) E qui e poscia io gioverom- mi delle parole stesse che fra i me- dici moderni hanno acquistata cit- tadinanza, a eansare qualunque equi- voco in eh' io non medico potrei a- »evolmente avvenirmi. (aa) Il catalogo di tutte queste dissertazioni, come delle altre opere pubblicate o inedite di Rubini , sta a' piedi di questo elogio . E come fossero le pubblicate accolte con am- mirazione da' principali medici e chi- rurgi d' Italia lo annunciano le scrit- ture di questi . Ed anche le lettere XXV Ja terza diatesi irritativa. M.A l'opera in cui mirabilmente è svolto il Riibiniaiio concepimento dell' irritazione è quella oh' egli intitolò Riflessioni sulle Febbri chiamate gialle e sui contagi in genere impressa in Parma nel i8o5 (a3) . Ivi egli schiera tutti i fenomeni della febbre gialla Americana, della petecchiale e del tifo sotto il vessillo di un irritamento pro- dotto e mantenuto da un principio straniero, ovvero dal miasma generatore di cotali febbri . I propugnatori della nuo- va dottrina per Io contrario, abbencliè consentano che nel- le febbri contagiose 1' azione primaria morbosa proceda dal potere irritante della contagione , pensano però^ che all' a- zione irritante di cotesto principio straniero succeda presta- mente un processo flogistico il quale esiga, entro certi limi- ti, quel genere di cura antiflogistica che vuoisi adoperare nelle altre malattie ingenerate da infiammazione (24) . Meno è discorde Rubini da essi nelle sue riputatissime Riflessioni sulla malattia comunemente denominata Crup, In quest'opera che è un giudizioso e laboriosissimo compendio di quasi tutti gli scritti di autori di diverse nazioni e de' loro giudizj su questa precipitosa e stranissima malattia, se ne trai ciò in cui egli attiensi alla sua teoria dell' irritazione l'opinare di lui è conforme a quello de' moderni scrittori in buon dato da essi a lui indiritte, tra le quali per brevità non rammen- terò che quelle di Scarpa , Rasori , Morigi j Brera , Jacopi , Valli , Gel- metti, de Matthaeis. (28) Magistrale giudizio pronunciò di questa importantissima opera quel grande Italiano di Antonio Scarpa in una lettera famigliare ad un altro no- stro celebre concittadino il dottore Nicola Morigi, Ispettore generale de- gli spedali , giudizio che giova qui ri- ferire; „ Ho letto il libro di Rubi- „ ni e mi è piaciuto assai. Vi regna ;, dapertutto un giusto criterio, un' Torno XIX. ,, analisi esatta . I principj da esso ,, stabiliti sui caratteii de' miasmi ), contagiosi sono certi ; quindi egli ;, ha preso il filo maestro che lo do- ,, vea condurre a determinare con ), sicurezza la vera indole della fcb- ,, bre gialla. È un tifo contagioso in ,, una parola non essenzialmente dis- ,, simile dal carcerario ecCi ,, ( let del giorno 2. di settembre i8o5. ). (24) Più d' ogni altro ha illustra- to alla distesa questo principio il co- rifeo di que' propugnatori nella sua opera Sulla febbre di Livorno del i8o4-, sulla febbre gialla Amerìc- ecc. (1 XXVI intorno questa malattia, poiché e 1' uno e gli altri l'hanno come infiammatoria, ed anzi egli tiene , che derivi da proces- so d' infiammazione la membrana crupale clie si forma nel terzo stadio , e da cui dipende il maggior numero delle mor- ti per rituramento della trachea o per soffocazione . Da tutte le quali cose a me è paruto poter conchiude- re che avendo Rubini cribrate con quella sua profonda in- telligenza, e quella egregia costanza le svariate opinioni de- gli antichi e de' recenti medici, e degli uni e degli altri sce- verati con esimio criterio i falsi da' sani dettami, comunque si dichiarasse, e fosse anco, avverso a tutti i sistemi come fonte d'errore all'incauta giovinezza, e spesso fatali all'u- mana razza ; pure non isdegnasse , da quel saggio eh' egli era, di abbracciare la parte sana di questi ove reputasse po- ter essa giovare al perfezionamento di quella dottrina che gli parve la più sicura (a5) . (25) DI questa mia particolare opi- nione intorno a lui sarebbe per avven- tura venuto a conferma un lavoro eh' egli stara preparando sulle nnilti- plici quiétioni , che con varia fortuna e soventi volte con aspro battagliare si Tanno agitando ne' campi della mo- derna medicina . Sollecitato da un medico amico suo a scrivergli a dilun- go intorno alcune di coleste quistio- aii, rispondeagli verso il novembre del i8i8. scusandosi della cortezza delle risposte colle molte faccende e col- r ampiezza dell' argunjento , e sog- giugnendo: j, Se la questione cades- ,, se su d' un punto, presto rispon- ,, derei ; ma mille sono i punti di ,, disputa, e questi per la strana e ,, contorta logica di molti fra i di- „ sputanti, sono anche ditScili a trat- ,, tarsi , e non una lettera , ma mi ,, couvercebbe scrivere uu volume ,, per ispiegarmi . Siccome però al- ,, tri miei amici vanno facendomi pur „ delle inchieste su ciò, io sto pre- „ parando, ne'ritagli di tempo, qual- ,j che materiale per contentare gli a- „ miei deiideroii dì sapere coni' io la „ penso ,, . Forse a questi materiali ( se non ai cenni che porrò qui sotto ) appar- teneva la seguente noterella scritta di fresco da lui sur un pezzolino di carta: „ Si lasci l'entusiasmo a' Poe- „ ti ed ai Pittori, a coloro che 1' ar- ,, ti e le scienze trattano che appar- ,, tengono all'immaginazione. La me- „ dicina deve esser munita di una j, logica severa. Questa oppor devo n una barriera insormontabile ad o- ,, gn! principio straniera: non si a- ,, dotti un fatto che non sia tale. ,, Ntni si generalizzi un fatto, se ciò ,, nou urdiaauu i fatti stessi ■ Noa xxvn Nell'anno 1804 si istituì in Parma un' Accademia coU' 5, si deduca dal fatto conseguenza ,, elle non ne scenda senza riparo . j, Non si attribuiscano effetti a cau- ,, se non sue. Altrimenti farem quel- ,, lo che si è sempre fatto, passerem ,, d' errore in errore, di sistema in „ sistema „ . Aggiugnerò qui alcuni cenni in- torno a' due Sistemi Sroiniiano e del ContTOstìmolo , che Rubini diede a' suoi scolari nell' Introduzione alle le- zioni cliniche ricominciate due mesi prima della sua morte . Li trascrivo parola per parola come li leggo in quella Introduzione appena sbozzata e quindi non ancora da lui corretta. 3, La prima rosa che logicamente „ couvien fare pria di adottare un „ sistema si è di ben comprenderlo. ,, Ora si è ben compreso il Brow-» ,, niano e il Rasoriano sistema? ,, ), Combattere un sistema che non si „ conosce è tanto antilogico come ,, r abbracciarlo ,,. ^, Io non dovrei parlarvi di me. „ Ma lo ricerca il conto eh' io de- „ vo di me al pubblico , e 1' onore „ della nostra Università. Io fui det- „ to Browniano , io fui detto Con— .; trostimolista ,, . ,, Son lungi dal meritare la tac- ,, eia una e 1' altra ( cosi ) quando j, s'introdusse Brown, vedasi Raso- ,, ri nella sua dedica, vedasi ciò che ,) scrissi sulle intermittenti e Dati- „ sca. ( così ). I miei scolari lo san- ai no- >> ,, Sulla teoria del Controstimolo è „ ben lungi eh' io abbia mostrato d' a- „ derirvi. Veggasi ciò che ho scritto. » Chi mi conosce da vicino lo sa ,,. j, Lungi da me eh' io predichi „ 1' attaccamento alle antiche dot- ,, trine, lungi eh' io rigetti le nuove ,, scoperte. Io non odio e non con- „ danno che il fanatismo con cui si ,, abbraccia un nuovo sistema senz.l ,, depurarne le basi, senza analizzar- ,, ne con severa logica i principi, ,, senza fissar con invariabile preci- ,, sione il valore de' termini eh' ea- ,. so introduce „ . „ La logica severa prescrive in ^, questa indagine del vero tre co— ,, se . Non adottar voci o termini „ nuovi senza ben conoscerne il ve- ,, ro e preciso significato, a." Non „ ammetter fatti che non sieno pre- „ cisamente tali- 3." Non generaliz- ,, zar fatti che semplici sono, ed in- ,, dividuali o particolari ,, . ,, La negligenza di questi tre prin- ,, cipj è comune a coloro che si la- ,, scian guidare dall' entusiasmo, ed „ è la sorgente di massimi errori. I „ nuovi sistemi accolti non eolla logi- „ ca, ma coU'entusiasmo, ci porgo- ,, no esempj numerosi e recenti di „ siifatti inconvenienti ,,,■ ., Brown fondò il suo sistema sullo ,, stimolo e sull'eccitabilità. Il primo „ scopo dovea essere di bene ed in- „ variabilmente definire il senso da „ attaccarsi alla parola 5/wjo/o, quel- ,, lo della parola eccitabilità; e quin- ,, di nascendone una terza parola ,, eccitamento , di essa pure dovea ,, darsene il significato preciso. Qne- ,, sto !• ciò eh' egli non fece ,, . ,, I focosi seguaci suoi non cura- 5, ronsi di meglio intendere le pa- ,, role fondamentali, né di fis-iare le „ idee corrispondenti. Mi sarebbe fa- 5, cile il dimostrarvi coli' analisi de' AXVIII appellazione di Società Medico Cliiruigica (a6) . Ef;li ne fu uno de' principali fondatori, prima Segretario, indi Presiden- te . Ed anco uno de' principali a promovere e compilare il Giornale di questa Società, per entro al quale sì trovano sue scritture in buon dato . Né è da preterire eli' egli fu an- cora de' trenta autori dell'altra Società del Gabinetto Lette- rario Parmense , ora così fiorente da noverare censessanta Sozj o presso: e che poi la presedette nell'anno i8i5. Le cose da me narrate sin qui sole basterebbono a di- ,, loro scritti tal verità, Altro non „ fecero essi che confusamente gri- ,, dare coli' effervescenza dell' entii- ;, siasmo,clie i soli principi di Brown ,, erano i veri^ che la sola Eccita- j, bilità era 1' unico principio di vi- j, ta , che la vita stava nell' eccita- j, mento, che tutto era stimolo, che ,, questi principi riducevano la me- ,; dicina a vera scienza „ . j, L' incertezza , il vacillamento e ,, la confusione de' principi Brow- j, niani dovevan necessariamente in- ,, fluire sul sistema nuovo che a quel- 5, lo ( dosi ) si volea sostituire. Ra- ,, sori in pronunciando la parola con- ,, trostimolo non intese da principio ., che di proporre una raudiKcazione ,, del sistema di Brown in quanto ,, che avendo Brown detto che tut- ,, to agiva stimolando, egli sostenne ,, che v' eran sostanze che agivano ,, in un' altra' maniera diversa, an- ,, zi contraria, cioè, diss' egli con- ,, trostimolando. Risultava da ciò che ,, da' suoi premurosi seguaci non po- ,, tevasi intender bene la parola con- j, trostimolo, se non era fissata l' i- „ dea di stimolo, non potevasi de- j, finire come agivano i Controsti- „ molanti, se non si era d' accordo „ del come agivano gli stimolanti . ,, Or che sì fece per ciò? Si senti ,, all'intorno gridar Controstimolo, ,, Controstimolanti, Diatesi di Con- ,, trostimolo, e di Stimolo i ma in- „ vano r esaminator imparziale e ,, freddo cercò fin qui di compren- ,, dere ciò che sotto queste parole si ,, doveva sottintendere. „ (26) 1 primi impulsi per la fon- dazione di quest' Accademia furono dati dall' Amministratore generale francese Sig. Moreau de S.' Méry; ma i principali suoi autori e sostenitori iurono Rubini, Tommasini e il dot- tor Giuseppe Ambri. N'ebbe la pre- sidenza , sinché sopravvisse , il vec- chio protomedico Serafino Dentoni , ne fu fatto Segretario con pienezza di suftVagi Rubini, ed elettone vi- ce-segretario Tommasini. Questi due ed Ambri furon pure i proraovitori, i compilatori, gl'imprenditori del gior- nale di questa Società, di cui si pub- blicarono quindici volumi in 8." dall' anno 1806. al 1816. Negli ultimi anni per la morte di Ambri e per la par- tenza di Tommasini , tutto il carico della compilazione restò a Rubini. Egli fu proclamato Presidente per- petuo della Società a di 19. Dicem- bre del 1816. I regolamenti di que- st.i furono opera sua. XXIX mostrare quanto operosi t'ossero i tuoi giorni , o celebratissi- mo estinto ! ma poiché natura privilegiato ti avftva cotanto, tutte queste cose eran poco a riempiere que' tuoi dì : poco sarebbe stato il giovare la tua patria e le mediche discipline della tua voce e de' tuoi scritti , se all' umanità sofferente non fossi stato largo de' tuoi passi, della tua mano , del tuo senno . E quanto , e come tu il sia stato, alto il grida tut- tora per le nostre case, e per quelle delle circostanti Itali- che Provincie 1' universal desiderio di te , che venti mesi d'irreparabile orbezza punto non menomarono! Già vedemmo come , prima d'intraprendere i suoi viag- gi, dopo alcuni anni di esercizio nello spedale, benché in frescliiaajma giovinezza egli fosse , la fama e 1' esperimento del suo pratico valore avessero spinto gli abitatori di Com- piano ad affidargli spontanei le loro vite . Ritornato da Edim- burgo ripigliò tosto in Parma lo esercizio dell'arte sua e que- sto congiunse coli' altro tanto suo operare in sin che visse . Grave e verace nel contegno sin da que' primi istanti , non fu veduto giammai imitare que' medici che ancor ricoperti del- la polvere delle scuole fanno ogni lor possa, perchè tu li creda da insopportabili faccende oppressati , ed or cammi- nano solennemente e a lunghi passi, or frettevoli attraversa- no le piazze e i trivii piìx popolosi della città facendo sem- bianti di essere chiamati a guarir moribondi . Essa acquistò di corto assai rino- manza anche fuori d' Italia , e mol- ti dotti medici cercarono di esservi aggregati. Tra quali per brevità non rammenterò che i Signori Saissy, e Balme segretario generale della So- cietà di medicina di Lione. E qui da uotarsi che Rubini es- sendo in Edimburgo scriveva a Tom- masini a' 19. Novembre 1791: „ Che ,, bella cosa sarebbe mai una So- j, cietà di medicina in Parma , in „ cui con amichevole spirito i no- ,, stri dottissimi pratici spendesse- j, ro di tempo in tempo un'ora, „ comunicandosi a vicenda le loro „ idee ... la facoltà medica acqui- ,, sterebbe la stima del paese , ed 3, un lustro presso i forestieri .... _,, saran questi miei desiderj sempre ,, vani ,,? Tredici anni dopo si man- darono ad effetto i suoi lunghi voti. XXX Anche cresciuto in celebrità si mostrava cosi semplice e tanto poco sollecito di sé, che il Pubblico ben rimunerol- lo della sua modestia non discontinuandogli giammai , ciò che suol ricusare si di frequente, quella somma considerazione, che solo il vero merito è sicuro di ottenere. E fuori e in patria questa estimazione divenne a poco a poco universale, e le genti facean ragione appunto a' suoi meriti come se già ei fosse stato fra gli estinti . Imperocché è privilegio degli uomini grandi soltanto lo acquistare una gran fama ed il conservarla . Ed allora si videro molte delle principali Accademie d'Italia e più d'una d' oltramonti , già ammiratrici delle prime sue opere , fare a gara nello aggregarselo (0,7) . Dalle (27) Do il novero a me noto sin qui dpUe Accademie a cui fu ascrit- to Rubini, ed anco delle cariche di lui, in ordine di tempi. I ." Nell'anno lyQi- verso il No- vembre fu aggregato , come si dis- se , alla Socie.tà medico - chirurgica di Edimburgo ; a.° Nel 1806. a'di io. Novembre^ alla Società Medica di Bologna, co- me Sozio Corrispondente ; 3.° Nel 1807.3' 19 di Aprile, alla Società Italiana delle Scienze, (jnal Sozio ordinario attuale ; 4-° Neil' anno stesso a' 3o. Lu- glio , alla Classe di scienze esatte e naturali dell' Accademia Italiana , come Sozio cooperatore ; 5.° Nell'anno medesimo a' 7. Di- cembre, alla Facoltà medico - chi- rurgica Lucchese, come Corrispon- dente ; 6." Nel i8c8. nel di primo di Set- tembre, alla Società Medica Vene- ta , qual Socio esterno ; 7." Nel 1809. a" 7. Novembre, all' Accademia degli ardenti di Viterbo, qual Corrispondente ; 8." Nel 1810. a' 7. Marzo , alla Società Fiorentina de'Georgofili,(\\x?A. Corrispondente ; 9.° Nel i8ia. a quella di Medi- cina di Lione, come Corrispondente • I0.° Nel 1816. a'a6. di Giugno all' Accademia Parmense delle Belle arti, qual Accademico d'onore; it.° Neil' anno stesso a' 7. di Settembre alla Società di Medicina di Marsiglia , comu Corrisponden- te ; la." E lì' 19. Dicembre fu creato Presidente perpetuo della Società me- dico-cliirur^ca di Parma di cui era stato Segretiirio sin dalla fondazione, come ho detto nella nota precedente. iS." Nel 1818. a' 3o. di Ottobre fu ascritto alla Società R. Borboni- ca di Napoli , come Socio estero. 14." Nel 1794- a' 18. Giugno fu XXXI quali io rammento specialmente la Società Italiana c/elle Scienze, siccome quella che ebbe tanta parte negli affetti suoi, e che plaudente accolse ne' proprj Atti parecchie dis- sertazioni di lui , ed in cortissimo volger di tempo un' altra ne coronò, e lui aggiunse al numero de' suoi Sozj principali. Più celebri Università il chiamarono nel loro seno ; ma egli prepose ognora quella della sua patria; che la carità della patria stette sempre in cima de'suoi pensieri . DI fatto qual godimento è da compararsi a quello che un cittadino prova fra le patrie mura, allora quando è conscio della esti- mazione della sua Città, e sovra ogni cosa allorché sa dì es- sere utile a' suoi paesani. Restò dunque in mezzo a quest' ampia famiglia volgendo nella pace que' giorni che per av- ventura qualche gelosa gara avrebbe potuto altrove empire di amaritudini . Tante onorificenze e tanta pubblica reputazione non me- nomavano punto la sua modestia , erano anzi sprone a mag- giore imprendere, e quasi preludio di ciò che non provoca- ta gli venia preparando fortuna in mezzo a bellici rivolgi- menti . Le vicende dell' anno quartodecimo della presente età mutarono il politico reggimento di queste contrade, le qua- li, da provincia che erano di vastissimo impero, ritornarono nominato Professore di ClinÌLa-medi- ca, come si è detto ; i5.° Nel i8o^. a' 22 Settembre fu Membro del Consij>lio generale di questa Città ; 16." Nel 1804. a' a8 Aprile, del- la Commissione centrale di benefi- cenza ; 17.° Nel j8o5. del Comitato cen- trale di vaccina; indi Presidente a' i3. Dicembre; 18.° Nel 181 1. a' 27. Giugno fu uno dell' uffizio de' giurali medici ( e creatone vice-presidente a' 14. Ottobre del 1814. ). 19'. Nell'anno stesso , medico con- sulente della Soc. della Carità ma- terna. 20." Nel 1814. a' 2- Novembre , Preside della Facultà Medica iiell' Università degli studj. ai." Nel 1816. a' i5. Maggio Pro- tomedico, e a'io Luglio Medico Con- sultore della Ducul Corte , come si (brà in appressa. XXXII a Ducato ^ come ne' tre secoli andati . L' Arciducessa Maria Luigia d'Austria per somma ventura nostra venne a pigliar- ne il freno ; e fu allora che questa augusta Donnaj fatta con- sapevole delle esimie virtù di Rubini , dall' altezza del suo trono { io io il vidi e l'udii! ), circondata da tutto lo splen- dore del Corteggio , e presente l'Università degli Studj, vol- se lo sguardo a lui , ed accoltolo a parole di grandissimo o- nore Io elevò alla carica di Protomedico . Così fu visto Ru- bini salire alla maggiore altezza della sua carriera mondo da maneggi e da supplicazioni (a8) . La gioja universale fece tal plauso a questa nominazio- ne, che, s' ei ne fosse stato nien degno^ creduto avrebbe di meritarla . „ O virtù ! dunque non è sempre vero che tu sia „ perseguitata sulla terra ! . . . Alcuna volta vengon dunque ,, le onorificenze in cerca di te , e rabbellano la tua sempli- ,, ce modestia ! ,-, Anche in questo novello suo stato ebbe per miseranda cagione a dar testimonianza luminosa di quella sua rara ca- rità di patria. Uscente l'anno mille ottocento e sedici co- minciava incrudelire fra noi la febbre petecchiale che da qualche tempo mieteva tante vite per le Italiche regioni. Prov- vidi Maestrati da regale munificenza sorretti curarono che a modo di provvisione si creasse un nuovo spedale lungi un trar d'arco dalla Città. Imperocché i pubblici erano ahi! troppo angusti al multiplicare continovo de' miseri compresi da quella infermità . A lui principalmente , e a due zelan- tissimi Cavalieri (29) ne confidarono il reggimento. Venturo- (28) Il decreto sovrano di questa nomina ha la data del d'i i5. Mag- gio dell'anno 1816. Lu parole di quella Maestà furono pronunciate nel di precedente , clie fu quello in cui r Università giurò dinanzi a Lei i comandamenti dell' imperio. Men- tre egli era qui innalzato a quella caricarla scolaresca di Pavia facea vo- ti, perchè passasse colà ad assumere l'insegnamento della Clinica medica. A' 10. Luglio dell' anno stesso fu anche nominato 31 cdioo -Consultore della Diical Corte con ispeciale di- ploma di Sua Maestà. (ag) Gli egregi Signori Marchesi XXXIII se oltra ogni credere furono le loro cure, che più lieve non poteva pssere il numero de' malati che non ne uscisse risa- nato e benedicente . Il terrore che questo morbo aveva po- sto nelle nostre contrade fu dissipato per gran parte dall'av- viso rassicurante eh' egli pubblicò, e dalla buona riuscita del metodo di cura da lui proposto e fatto pure di comune diritto colle stampe . Alcuno penserà per avventura che Rubini ricco di tan- ta sapienza , elevato a tanta sommità , circondato da tante cure non avesse più campo o volere d' istruirsi delie opere che comparivano alla luce di dì in dì sopra la scienza sua o quelle che le fan corredo . Inganno ! Egli non solo era prov- visto At^^ Giornali che ne davano ampia contezza, e scorre- vali avidamente, ma trasferivasi non rare volte in questo stesso santuario dell'umano sapere (3o) nel quale io sto ver- gando queste mie povere pagine , per investigare quelli che a lui mancavano, e per chiedermi ragguaglio delle opere più frescamente uscite in luce . Ed ansioso ascoltava quel poco in ch'io poteva appagarlo, e faceane tesoro, perchè non adontava giammai di trarre anche da chi era da tanto meno di lui ciò che potesse accrescere la propria istruzione . Por- geva così un bello esempio a coloro che consumano l'ultima metà della loro vita nulla operando , il poco che fecero lo- dando, ciò che gli altri fanno, senza pietà biasimando ^ e ponendo ogni loro gloria nel tentar di distruggere quella de' loro colleghi , nello affliggerli e nel distraili da' loro utili travagli . E quante volte fra i dolci amichevoli parlari noi vidi io dolentissimo del non poter qui venire con più frequentazio- ne;, e satisfare a volontà le domande che gli andavan facen- do di sue scritture alcuni Compilatori di Giornali Italiani Domenico Manara , e Cesare Tasso- | Maestà. ni Estense , Ciamlierlano di Sua j (3o) La Ducale Biblioteca di Parma. Tomo XIX. e XXXIV ( a' quali non pertanto conceclevane alcuna ) ; e del non trovare istante per dar forma di opera alle restanti preziose notazioni (Si) fatte ne' passati tempi , o che veniva facendo quando lo ingegno dettava ! A misurare la grandezza della perdita dell'illustre ch'io piango uopo sarebbe che i miei leggitori meco entrassero nel- lo scrittojo di lui, ed ivi assisi fra le sue carte percorressero in quelle notazioni gli ultimi suoi pensamenti, e da ciò che a mala pena avea sbozzato argomentassero di ciò che rima- nevagli a dire . . . . Si : circondato da questi preziosi avanzi della sua dottrina più d'una fiata mi augurai di assembrarvi tutti intorno a me, voi che mi fate onore di vostra lettura^ e dirvi : venite . . .vedete, imparate quanto costi un poco di gloria, e da quel che rimane quanto abbiamo perduto! Ammirossi fin qui nel mio lodato la eccellenza dello Scrittore , e quella del medico . E per occasione toccai al- quanto della sua modestia . Ora è mestieri ritoccare di que- sta , dire del suo carattere e mostrar lui posto in società si come medico , si come uomo , sì come padre di famiglia . Rubini usava le grandi virtù e grandi cose operava sen- za fasto e coli' antica semplicità^, ben dissimile da coloro che ne fanno di picciolissime e vituperevoli con orgoglio. E chi ignora che la vera grandezza sta appunto nella semplicitade ? Ma questa bella virtù non è più reditaggio della nostra età ; ne si contempla ormai che nelle imagini de' nostri antenati. Che se pure le era avanzato un asilo in mezzo a noi tu lo trovavi nella casa di Lui. Ivi tripudiava tra la decente fruga- lità e la domestica pace , le quali vegliavano d' ogni tempo ad allontanarne la caterva de' vizj che è spalliere del lusso . Ivi riposava sui sentimenti più soavi della natura. A questa modesta semplicità punto non nuoceva la gravità del suo contegno , non da artifizio , ma generata da natura e forse (3i) Gran cumulo di note ha la- | spesso poneva fra libri su' quali me- sciate su piccioli frusti Ai carta, che 1 ditava. XXXV accresciuta dal suono alquanto cupo della voce e dalla non superfluità del parlare . Lo che da taluno non rettamente fu creduto difetto di affabilità; che per Io contrario era socievole assai , e di maniere decorose e rassicuranti nel ministerio dell' arte sua (3a). Dicano tutti coloro che andavano a lui per in- fermità ^ con quanta amorevolezza li accogliesse, o eh' ei fosser ricoperti di bisso, o di poverissime vestimenta . E come li con fortasse e dolcemente li soccorresse de' suoi consigli. Se penetri adunque nell' interno di quella sua casa, no- bile spettacolo e commovente ti si para dinanzi . Figlio, ma- rito, padre virtuoso adempisce a questi sacri doveri come si narra de' Patriarchi . Venera e vuole sieno venerate dagli al- tri le domestiche virtù ne' genitori (33), le riceve in dote dalle due consorti , le insegna egli stesso col proprio esem- pio a' suoi figli. Tu vedi questa semplice ed esemplare fa- miglia stretta ne' più dolci nodi trapassare giorni deliziosi , sotto l'usbergo di non severa ma inalterabile disciplina, nel- la pace nella concordia nella virtù. Lui vedi circondato del- la sua giovinetta prole foggiarne le anime ancor tenere alla religione, alla morale, alle buone lettere, stringerla fra le sue biaccia , bagnarla di lagrime affettuose e additarle an- cora le vie dell' onore e della rinomanza . E comporre dol- cemente le puerili discordie ; alternare con mirabile vicenda gli scherzi innocenti e i giuochi fanciulleschi ai primi rudi- menti della geografia, della storia, della fisica; soddisfare ad ogni inchiesta ancor soverchia, e ridir le cose già dette sen- za dar segno di noia, e condir gli atti di severità con balsa- (Sa) Ciò è SI vero, che guadagna- vasi agevolmente anche la confiden- za del gentil sesso il quale ama s' in- terroghi la natura senza sollevare il velo dell' onestà, e senza ne trepidi il pudore. (33) Onorò per singoiar modo i «noi genitori , e sinché vissero ebbe per essi la più rispettosa sommessio- ne : e vissero lungamente. Nella lo- ro vecchiezza raddoppiò le cure fi- gliali. Anche provetto amava di udi- re i loro consigli , e seguirli, e ad- ditare ai loro nipoti la veneranda lo- ro canutezza. XXXVI rno di paterna amorevolezza . Assente solo un di dalla cara famiglia, li vedi al ritorno, que' suoi teneri figli, in sulle so- glie affollarsi tutti festosi intorno alle sue ginocchia, e pre- merai e lanciarsi a gara per esser primi ad ottenere il paterno amplesso . Come uscirai da questo commovente spettacolo senza gridare: Qui qnì s'impara a non vergognarsi d'esser uomo ! Questo amore di famiglia spignevalo a curare egli stesso non poche minutezze della domestica economia, che non le reputava già indegne d' uomo consecrato agli studj. Compar- titore avvedutissimo del suo tempo ( privilegio di pochi! ), anche a queste trovava ora, siccome non mancavagli all'edu- cazione de' figli. Una eletta raccolta di libri dà ancora mal- leveria del suo gusto si nelle scienze e si nelle lettere , co- me la dà del suo amore per le arti una collezione di buoni dipinti e d'intagli in rame. Amava pur assai la poesia e la- scionne alcun saggio inedito fra le sue scritture . La musica {34) ed il Teatro comico erano anche suoi frequenti sollievi alla diurna stanchezza^ e siccome d'ambo conoscea pur assai, cosi vi poneva tanta attenzione, ove ciò che si rappresenta- va ne fosse degno, da adirarsi con chi veniala interrompen- do . Di questa sua ira innocente fui testimonio ( non colpe- vole ) io stesso più d' una volta. Non ostante che fosse desiderato e festeggiato da grandi e potenti^ fuori della sua famiglia non gustava veraci dolcezze che infra gli amici. Imperocché la sua modestia era sincera, ed amava sopra ogni cosa la quiete e l'ugualità. La sua amicizia era verace , non già di quelle tumultuose che abbisognano di scop- pio e di agitazione, ma sì dell' altre che hanno piìi sembianza di felicità che di passione , e 1' incanto di cui s' insinua a poco a poco ne' cuori, ed aumenta coll'abitudine . Quindi non disamò la moderata giocondità de' conviti in amichevoli brigate. (34) In una orazione pel dottora- to di Ferdinando Piceni trattò dell' utilità della musica non tanta elo- quenza e con SI eletta erudizione, da dimostrare quanto finamente inten- desse anche qucat' arte. XXXVII Raro oppouevasi all' opinare altrui , né gli altrui difetti metteva giammai in ischerzo. Casti e verecondi furono in ogni età i suoi detti. Parlava sempre riguardosamente de' suoi Col- leghi , e udivalo io stesso talvolta encomiarne alcuno che a tutti non parca levato in fama. Dal che forse derivò minor caterva d' invidiosi si alzasse contro lui. Dico minore, che da si fatta peste non andò immune né pur esso ... E si dovrà sempre pronunziare questa abbominevole parola d'invidia al- lorché favellasi d' uomini egregi ! Morbo vile e feroce, comu- ne a tutte le età e a tutti i paesi tu se' 1' avvilimento del- l' umana razza ! La sua benignità facea eh' ai non odiasse negli uomini né pure la malvagità ed i vizj , benché giustizia fosse la gui- da d' ogni sua azione, né alcun vizio il contaminasse. „ Si ,5 rammentava, ( dirollo colle parole di un eloquentissimo mio „ amico) si rammentava, cred' io , di quel Trasea Peto che j, ne' tempi Neroniani, cioè in tempi scelleratissimi, fu san- „ tissimo senatore, solito a dire: chi odia i vizj odia gli uo- „ mini. Tanto è proprio della virtù una certa benigna man- ,, suetudine verso i difetti dell' umana condizione ,,. Richiesto diffondeva liberalmente la sua vasta dottrina . Non curava d' indagare o d'ascoltare i fatti altrui (*), perchè era solito custodire i proprj. Doleasi soventi volte di non poter fare per la sua patria tutto quel bene che avea nel pensiero. Sotto sembianze alquanto austere il suo carattere era dolce e tranquillo, perchè aveva riflettuto intorno a' proprj dove- ri e non torceva un passo dal sentiere della virtù. La sua immaginazione non era ardita^raa sicura, misurata. (*) Ma se. pervenuti come che fos- se a sua saputa , poteano recar nocu- mento ad alcuno, procacciava d' im- pedire l'effetto. Un illustre mio ami- co elevato di fresco da' proprj meriti a' Vescovadi di Savona e Noli facea- mi noto a questi ultimi di, che parec- chi anni sono, Rubini adoperò ogni suo potere , perchè non si stampasse una Scrittura di autore estinto , non faooreuole alla S. Sede. Txxvin simile a placido fiume che abbraccia lentamente gran vastità di paese . Ancor giovine avea la calma della vecchiezza , e sembra- va da lungo tempo avvezzo allo spettacolo delle umane vicende. Negli ultimi anni del viver suo avea preso amore alle faccende campestri^ e la cultura di due poderetti, frutto de" suoi sudori , era talvolta graditissimo ristoro alle sue gravi fatiche, ed alle perturbazioni delia vita. Però delle cose rusti- che amava di ragionare anche meco ogni volta eh' egli me- co si trovava . Non han cari i campi che le anime dolci e tranquille. L' avaro^ l'ambizioso, l'uomo soggiogato dalle pas- sioni non s' accorgono se la natura sia ricca o feconda^ se il cielo sia puro, se i fiori spandano intorno un soave olezzo. Ma infra tante sue doti eh' io venni rammemorando si- no a quest' ora ancor non dissi di quella maravigliosa sua be- neficenza che a tutte l'altre sta sopra. Maravigliosa, perchè quasi ignorossi fin ch'ebbe la persona viva. Né di quella io seppi che pochi di appresso la sua morte in quello stesso Scrittojo in cui, o Leggitori, avrei voluto adunarvi a contem- plare gli avanzi della sua dottrina. Ivi dalla desolata vedova e da' lagrimosi figliuoli, che pur l'ignoravano lui vivo, udii com' egli fosse largo a' miseri non solo delle sue cure qual medico, ma di caritevoli soccorrimenti senza eh' altri il sa- pesse, da que' miseri stessi in fuori. Da' quali rifiutava insino le parole di gratitudine , perchè nel sovvenire agi' indigenti null'altro tenea di fare che un atto di giustizia. Né fu sciol- ta la loro voce a propalare il beneficio occulto, se non dopo egli fu spento, per iscoppio di animo riconoscente. E ben chia- ro si appalesa che a quelle cure ed a que' soccorsi da nuli' altro era spinto che dalla pietà di animo beneficente, impe- rocché non eran questi i mezzi di salire a dignità. È vero non essere giammai più onorevole il ministerio di un medico che allora quando si esercita nella dimora an- gusta e mal sana del povero. Ne' vasti palagi e fra le gran- dezze questo nobile uffizio veste le sembianze, o apparenti o reali , dell' interesse . Ma dalle case del misero stan lungi i XXXJX protettori e !a cupidità: qui non è rinomanza : qui tutto ta- ce 5 meno il dolore che le fa risonare de' suoi singhiozzi : qui è pur possihil cosa il fare opere buone: qui l'uomo può soccorrer 1' uomo senza testimonj: qui la verace beneficenza, e la tenera pietà hanno alzato il loro trono: qui sei certo di trovar lagrime da rasciugare, e sventure da compiangere . E qui appunto quante volte non avresti ritrovato Rubini . . ! E quante volte non avrà egli detto in cuor suo al terminar del giorno „ feci ogni mia possa per sollevare la povertà dalla 5, fame e dal dolore ; dolci saranno i miei sonni , poiché ho ,, sparsa la calma nel seno dello sventurato „. Rubini passava dal Ietto del povero a quello del ricco, e da questo a quello de' grandi ; vale a dire conobbe ogni genere di miserie; ma non obbliò giammai, che solo in mez- zo ai poveri accumulò il tesoro di esperienza e di sapere che possedeva. Ammogliato erasi la prima volta nell'anno 1794- a sag- gia , avvenevole e gentilesca fanciulla (35) che dalla cruda nemica di ogni essere creato gli fu tolta dopo due olimpiadi. N' ebbe tre figli : unico rimane Giovanni , al quale pose af- fetto più che di padre, se àvvene da cui questo sia vinto. E il meritò per mirabile figliai tenerezza , per sommessio- ne , per bontà di costume e per amore a' buoni studj (36) . La tenera età di quello, altre domestiche circostanze, e le qualità laudevoli di Maddalena Tagliavini fecero che poco appresso si rimaritasse con lei (37). Dalla quale gli furono procreati sette figliuoli , di cui restano cinque (38) . Il mag- giore di questi giovinetto di promettente svegliatissima indo- le già mandò lampi di facile poetare, benché appena aggiunga (35) Maria Amalia Savazzini. (36) L' Augusta Duchessa nostra norainollo Studente di Bibliografia in questa Ducale Biblioteca un me- se dopo la morte dell' illustre geni- tore di lui. Questi aveane più volte a me dimostrato vivissimo desiderio. (37) A di 7. Novembre del 1802. (38) L'ultimo era lattante allora quando restò orbo del padre. XL il quinto decimo anno . Il diciassettesimo volgeva da che nel- la massima conjugal tenerezza e nella più perfettissima con- cordia vivea Rubini con questa amorosa compagna allora quan- do .. . Ahi Vedova desolata ! ahi misera Prole ! . . . deh ! perdono s'io pel tristissimo tenore del mio uffizio riapro l'acerba mal chiusa piaga del vostro cuore! Gessate il pianto, e rammen- tate che „ la pompa funebre dell' uomo giusto è il trionfo „ della virtù che ritorna al cospetto dell'Essere supremo „. Ne' primi giorni del mese di Aprile del passato anno ammalò Rubini di grave supposta infreddatura, che per alcu- ni intervalli di mendace miglioiamento gli concesse qualche settimana dopo di trasferirsi al Magistrato degli studj , nel quale presedeva alla medica Facultà. Io il visitai per 1' ulti- ma volta , ahi crudo ricordo ! la sera stessa del dì eh' erasi trasferito colà^ ed egli narravami appunto il perchè* del suo uscire, il procedimento della sua malattia ^ e la speranza di vicina intera salute. La quale speranza viene a raffermare il detto di alcuni medici, ch'egli da prima ravvisata ben non a- vesse l'indole della sua infermità, che fatalmente sviluppossi cosi lenta in incendimento di pulmone ( detto con greco voca- bolo Per//77zew/?2o/iìfl ) da velare la verità a lui veggentissimo . E fama vi avesse fin da prinf.ipio chi il consigliasse a far- si trar sangue, ed egli non reputando allora necessario que- sto rimedio non lo adottasse, che quando l' infiammagione di quell' organo vitale era innoltrata cotanto da non potersi più infrenare coi soccorsi dell' arte . Fatto poi accorto che ogni speranza di vita era spenta, dicealo egli stesso con imper- turbata fermezza a' circostanti; ed il ripetea due ore prima di morire al suo diletto figlio Giovanni che pur confortavalo, secondo il desiderio ardentissimo , a pensieri di guarigione. E per converso confortava lui novellamente a calcare le sante vie dell' onore e della virtù, e a sostenere da forte si grande disavventura. O egregio estinto , se minore fosse stata la tua modestia, ben potevi dirgli allora: XLI „ Bisce, piier, virtutem ex rae, verumque laborem ! j. Passò di questa vita nell'ora sesta dopo il meriggio del giorno quintodecimo di Maggio (Sg). Serbò 1' interezza della niente sin che respirò, e quando dal battere dell'arteria s' av- vide com'era presso l'ultimo istante , già ristorato d'ogni divino soccorrimento, a questo punto fatale si apprestò col- la calma dell' uom giusto. Avvezzo da quarant' anni a medi- tare sulla natura, avea imparato a conoscerne le leggi , ed a sottomettervisi . Questa calma del momento estremo fu co- (89) Fu sotterrato nella cliiesa par- rocchiale di S. Bartolommeo nel d'i 17. Assistettero alle esequie mesiis- sime r intera Università ed il Pro- tomedìcato. Il valente professore di anatomia , poscia successore di luj nella Scuola Clinica, Dottore Anto- nio Azzali , trapassato pur esso ( a di 18. Aprile del 1820. ) recitò in quel lugubre apparato una breve ma verace orazione funebre; ed il eh. Padre Abate Don Ramiro Tonani scrisse in sua lode la seguente iscri- zione: HONOBI • ET ■ VIRTUTI . TETRI ■ BUBIHII PIIILOS • MED • CUM • PRIMIS . ILI.U6TBIS ACADEMIAE • ITALICAE SOCIETATIE ■ ITAL • SCIENTIARUM HEAP • ET . FLOBEBT ■ rEOPrO* I AflN SOCIETATIB • MEDICIS ' VEN • BOKON • LUCEN- MAS8ILIEN • LUGDUNEN • ALIISQ. MERITISSIMO • ADSCRIPTI IK ■ PATRIA ■ DOCTOniS CLIUICES PRAESIDIS • MEDICE3 . IN . ATHEWAEO ET ■ SOCIET • MED ■ CHIBURGICAE BEI . MEDICAE ■ TOTA M . LUDOVICA E Alle ■ D IDEKTIDEM ■ EVOCATI PIETATE . MODESTIA ■ CANDORE ■ ANIMI IN • VOBIS O ■ C1VE6 ■ HOSPITESVE CELEBRIS • PBOBATI ■ UTILITATI ■ OMNIUM . FACTI HEU6 ■ AD • PAREMTALIA AD . FBECES. DITIONE . PRAEF . M • AD ■ CURATIOKES Anche il benemerito Segretario del Protomedicato , Sig. Dottor Uberto Bettoli scrisse un'orazion funebre in morte di Rubini. E tacendo di tanti altri encoinj da- Tomo XIX. ti a questo grand' uomo in que' dì, veggansi quelli clie dalla Cattedra gli tributò l'illustre Tomniasini , inseriti nella Gazzetta di Bologna, e ripetuti a facce 196. di quella di Panna, iSig. XLII mune a parecchi medici insigni. In sirnil punto diceva Huntcì al suo amico De Combe : ,, Così potessi sostener la penna , ,, come scriverei quanto sia facile e dolce il morire ,, ; ed Haller al Sig. Rosselet: ,, Amico mio, l'arteria non batte più ,,. Il grand' uomo morente è cosa augusta e miranda : a misura che si stacca dalla terra sembra vestire qualche parte di quel- la natura divina in cui va a tramutarsi. Poche ore prima della sua morte Rubini avea dettata e sottoscritta colla propria mano compassionevolissima epistola ad illustre dama (4o) che il maggior posto d'onore tenea pres- so la Maestà di MARIA LUIGIA, affinchè alla clemenza di questa accomandasse la propria famiglia, ed in ispezieltà il suo Giovanni (41). Del resto Rubini morì nella commovente semplicità d'un padre di famiglia, circondato da' suoi e dagli amici, e bagna- to dal loro pianto. Conscio dell' indole virtuosa della cara pro- le discese nel sepolcro con tranquillità, ed i suoi occhi vi- cini a chiudersi eternamente non versarono che lagrime di tenerezza e di commiato. Rubini ebbe alta e proporzionata persona , occhio viva- ce, breve la fronte , neri e folti capellatura e sopraccigli. Io che consonando colla brunezza del volto e colla gravità del conte2;no accresceva la severità de' lineamenti . Toccossi già come non pertanto fosse di dolci maniere e cortesi. Nemico d' ogni mollezza o pompa vestiva pulitamente ma con som- ma modestia. La sua vita e la sua morte furon degne I' una dell' al- tra. La mo) Durante la malattia quest Augusta Principessa volle per gran degnazione inviare ,, alla casa di Ru- „ bini il primo medico di Sua Cor- ), te il Gli. Sig. Dottor Luigi Frank j, per avere direttamente ntiove del- >, l'ammalato „ . Vedi Gazzetta di Parjna , 1819. tacciata lò^. ALI 11 no 1819. fu giorno di lutlo per ogni ordine della Città no- stra ; imperocché la morte dell'uomo illustre e benefico è pub- blico infortunio. E tanto piìi amara fu questa perdita, quan- to era manco da aspettarsi in tale verdezza di virilità (4^) • Le madri di famiglia, gli amici, i poveri bagnarono di molto pianto la sua tomba ; e qualche fiore vi sparsero i pò* ti. Decoroso, non superbo, è il monimento di che copriro- no le sue ceneri la vt^dova ed i figli, ma già s' avanzò la po- sterità ad erigerne uno più maestoso e più durevole sulla ba- se della sua fama e delle sue operej „ Quod nec imber edax, aut Aquilo impotens i, Possit diruere, aut innuraerabilis „ Annorum series, et fuga temporum ,,. E dell' altro tacerò , pure trionfatore de' secoli , che da se stesso erasi innalzato ne' cuori e nella venerazione de' suoi concittadini. Ecco i veraci monumenti: gli altri sono quasi interamente „ il patrimonio dell' amor proprio de' viventi ai quali addi- ,, tano nello specchio del futuro le speranze de' gran nomi „ e gli omaggi di che è larga la posterità. „ Questo ufficio estremo io rendeva al trapassato mio ami- co, uscente l'anno i8ao (43)- (4*) Mori ci" anni 58 , mesi otto , e giorni 21. Però rorreggasi la Gaz- zetta d) Parma dell'anno l8i9,che a facce 164 col. I." lin. 4-" e 5." di- ce che non aveva compiuto V anno sessantesimo di sua vita , ed a facce 196. col. a^'cheviiit. annos. LVIII. Mens. III. Dies IX. (43) A dii dirà essere le presenti lodi di Pietro Knbini maggiori del vero risponderò: buuo quelle clie in ogni angolo della sua città si odono anche oggidì nelle bocche de' gran- di, de' ricchi , de' poveri , d'ogni or- dine di cittadini j e che da questo centro allargandosi intorno intomu come onde , si ripetono per le re- stanti Italiane città, e in altre Eu- ropee. Per giudicare degli uomini bi- sogna consultare la fama , credere alla fama e non ad alcuni uomini > imperocché questi possono ed ingan- nare ed ingannarsi : ma nissuiio in- gannò una generazione intera , eil una intera generazione non ingannò giammai alcuno .... talcsque nos crede, qualis fama cujusque est. Huic aiires, huic oculos intende : ne respe- xerié clandestìnas existimationes, nul- lisqne miigis, qnam audientlbus, in- XLIV OPERE DI PIETRO RUBINI I. SulC attività della Datiseli cannahìna di Linneo con- tro le febbri intermittenti ( 1794). Questa dissertazioncella sta a facce 45i. e seguenti del t. 7.° delle Meniorie della Società Italiana delle Scienze. Ivi per equivoco Piubini fu detto Professore di Chimica in vece di Clinica: equivoco che fu copiato dal Giorn. della letter. ital. t. 5.° facciata ii6g. ( Mantova ), ove si dà un cenno con lode di quest'opuscolo; da quello r/e' Letterati., t. loOj fac- ciata ao. ( Pisa ); e dalie Mein. per seru. alla stor. Letter. e civ. Gennajo 1796. facciata 35. (Venezia). II. SulV azione specìfica della chinachina sulle vìe uri- narie ( 1799. ). Sta a facce 665 e seguenti del t. 8.'' delle mentovate Mem. della Soc. Ital. ecc. III. Dissertazione sopra la maniera meglio atta ad im- pedir la ree- diva delle febbri periodiche già troncate col mez- zo della chinachina , coronata dalla Società Italiana delle Scienze. In 4-'^ Blodena , i8o5 presso la Società Tipografica, Vi sta in fronte l'estratto degli atti della Società Italiana, il quale prova come fosse premiata ad unanimità di suffragi , bencliè segreti. Fu ristampata dal Piatti in Firenze nell' an- no stesso; ed anche nel tomo 3." del Nuovo Giorn. dei Let- terati in Pisa; nel voi. i .° delle Effemeridi chini, med. ( se- sidìantes susurros. Melius omnibus f quam singulis creditiir. Singuli enim declpere , et decipì posmnt ; nemo omnes , neminem omnes fefellerunt, ( Plin. Paneg. Trai. Gap. 6a. ) Non ignoro che il cel. Thomas soleva di- re , la lode essere il più delle Tol- te un commercio di menzogne stabi- lito per convenzione e pel bisogno che ha r uno di piacere all' altro. Ma quando questa lode, io soggiungo, si coraparte a carriera finita , ad un illustre estinto da cui o per cui nul- la può sperare il lodatore, e del qua- le è censore l'ui^iiverso e giudice la posterità, allora, se non piglio erro, non è che 1' omaggio offerto dall' ammirazione alla virtù , e si con- verte in uno de' più grandi trovati umani. Tale fu la mia ventura nel- lo assumere il tristissimo incarico che mi fu imposto. XLV mestre II. facciata i33. e segg.', e :ioi. e segg. ) ; ed in Mi- lano con note di G. P. presso Agnello Nobile, in 8.° Ne ten- ue ricordo in Padova il Giorn . della Leti . Ital . &\\ai face. 184. del t. 8.°j e fu tradotta in Francese con note da Lafont Gon- zi. Paris, 1807. in 8.'^ IV. Riflessioni sulle febbri chiamate gialle e sui conta- gi in genere, Parma, presso Litigi Mussi , i8o5, in 8." Ne fu inserito con molti encomj un estratto del dottor Giuli nei- r accennato Nuovo Giorn. di Pisa (t.4-°)5Uno nelle Effem. chimico-mecl. ( semestre II. face. 188. e sègg. del t. a." i8o5): ed un altro critico nel voi. a.° del Giorn. della Nuova doti. Med. hai. Bologna, 1819. Un importante estratto ne diede pure nella Bibliothéque Medicale ( IV. Ann.N.°4i.T. XIV. e N." 44. T. XV. ) il medico Francese G. B. Michel. Nel 1808 se ne faceva una traduzione in Germania, come si scorge da una lettera del eh. professor Brera a Rubini del di 3i. Di- cembre di quell'anno. V. Giornale della Società medico - chirurgica di Parma Tomi XV in 8." 1806- 1816. Molte dissertazioni e storie di malattìe egli inseri in questo giornale di cui fu uno de' tre compilatori ne' primi anni, ed il solo negli ultimi per la mor- te del Dott. Arabri, e per la partenza del Prof. Tommasini , come si disse alla nota a6. Queste storie e dissertazioni hanno i titoli che seguono: I ." Storia di due zampilli di saliva che scaturivano al disotto della lingua. a." Storia dell' ottalmia che ha regnato epidemica in Par~ ma dal mese dì Febbrajo sino al C Aprile del 1806, e pensie- ri su Ila stessa. 3.° Storia d' un vìzio organico intestinale terminato in un morbo nero. Sono inserite nel i ." voi. a facce 26, gS, e 161, e segg. 4. Breve cenno dei tentativi sino ad ora istituiti siili' ef- ficacia del Carbone vegetabile polverizzato nelle ulceri di varia natura. XLVI 5.° Caso di febbre perniciosa accompagnata da sintorni sempre varianti. Vedi il a.° voi. a f. 3. e 12,6. 6." Storia d' una febbre intermittente accompagnata da un ordine insolito di sintomi. V^di il t." 3.0 f. 8. 7.° Sulla forza meravigliosa colla quale si espande il tes- suto cellulare. 8." Storie di tumori ai popliti. 9.° Sulla diagnosi della vera scelotirbe di Galeno. IO." Storia di una singolare affezione del Diaframma. Vedi il t.° 4.° a f. 14, 95, ao5. e 241. 1 1 .° Storia d' una febbre anomala accompagnata da un forte fetore di cipolla. la. Storia di due malattie trattate colV applicazione e- sterna dell' Arsenico. Vedi il t.° 5.° a f. 161, e a55. i3.° Storia d' un tumor addominale. Vedi il t.° 6." a f. 65. i4- Sull' utilità dell' infusione della digitale purpurea L. nel trattamento delle emorroidi. i5.° Storia di alcune straordinarie produzioni organiche. V. il t." 7.° f. 95. e a4i. i6.° Sull' ipotesi Darwiniana che riguarda il senso pro- prio del calore. V. il t.°8.° f. 17. 17.° Storia di un' Atresia, e d'una Mestruazione straor- dinaria. V. il t.° IO.' f. 36. 18." Storia d' una Dispnea consensuale, con alcune rifles- sioni sulla teoria dell' Irritazione. V. il t." ii.° f. ii3. 19.° Osservazioni in risposta al prof. Termanini sopra V accennata storia di un' Atresia. Queste osservazioni sono precedute da una lettera del XLVII prof. Terrnaniui di Bol<»gna al prof. Ti>inmasini sopra la sto- ria medesima V. il t." 12.° f. g4- ^^ questo giornale fu fatta menzione a f. 748. col." i ." del Moniteur universel i8i3,ed ivi erroneamente si disse , che si pubblicava da quattro an- ni, mentre doveasi dire da sette circa. Molte lodi vi si die- dero a Rubini. Nella Notìce histor. et hibliogr. des journauv publìés aie premier Janvier lì'ai , che sta in fronte al t." 3.° delle Ta- blettes universelles pubblicate dal Sig. Gouriet , a f. XXVII , si parla del nostro Giornale come se fosse ancora continua- to, mentre l'ultimo tomo uscì nell'anno 1816. né comparve poscia proseguimento di sorta. VI. Pensieri sulla varia origine e natura de' corpi cal- colosi che vengono talvolta espulsi dal tubo gastrico. Questa dissertazione è inserita nel t.° 14.° Parte 2. delle Mem. del- la Soc. Ital. delle Scienze, a f. 5g. (1809), e trovasi anche a parte colla data di Verona 1808 in 4-° È lodata a f. 2.5. del t.°4o- del Giorn. dell' Ital Lett. (Padova). VII. Storia di un Diabete guarito colf oppio, e riflessio- ni sulla forma e sulV indole di questa malattia. E inserita nel t." i5.° Parte II. delie predette Memorie a f. 20 , e se ne diede un estratto a f. 28 e segg. nel t. 'òx." del detto Giorn. dell' hai. Lett. Vili. Riflessioni sulla malattia comunemente denomina- ta Crup. Parma, presso Giuseppe Paganino, 1818^ in 8.° È assai iodata a f. 1278 del Giornale Italiano, Milano 181 3, e a f. 523 del t.° 4-° del Giorn. di Medicina pratica del pro- fessore Brera. IX. Discours sur les progrés de la vaccine dans le Dépar- tement du Taro en 1812. Questo breve ma eloquente discor- so è inserito a f. g. e segg. dflla Notice sur les progrés de la vaccine dans le Dèpart. du Taro ecc. Parme 181 3, in 8." chez Joseph Paganino. X. Storia di una singolare metastasi. V. a f. 2.54 e 3G7 del t.° i .» della Biblioteca Italiana 1816. XhVIlI Di quest' opuscolo si tirarono esemplari a pjile colia data Milano coi tipi di Giovanni Pirotta^ 1816, in 8.° N. B. Ciò che leggesi a f. 184. e i35 racchiuso tra virgolette ,, nel a." voi. della Biblioteca stessa intorno all'opera del Dott. Bucel- lati V essenza delle malattie ecc., è di Rubini. XI. Le considerazioni sulla febbre petecchiale che do- minava in Parma sul principio del 1817, inserite nel N." 12.° della Gazzetta di questa città nell'anno stesso, e l'Istruzio- ne pel metodo curativo di questa febbre^ pubblicata nel Mar- zo dell'anno medesimo, sono suo lavoro. E le une e l'altra furono ristampate a f. 3ii e segg. del voi. ii.° del Giorn. di Medicina pratica del Cav. V. L. Brera. XII. Storia di una pulsazione a' precordj da causa in- solita. Sta a f. 2,35 e segg. del Tomo ia.° della Bibl. Ital. Se ne tirarono esemplari a parte colle note tipografiche, 3Ii- lano , presso la direzione del Giornale^ in 8.° Ne diede po- scia un estratto il Dott. Carlo Speranza negli Annali Univer- sali di Medicina del Dott. Oniodei ì^." 3o. 1819. OPERE INEDITE CHE STANNO PRESSO GLI EREDI. I. Lezioni di Clinica Medica. Ne lasciò dieci fascicoli co' titoli seguenti i." Febbri; 2.° Infiammazioni; ■ -' 3.° Miasmi; 4.° Esantemi; S."" Profluvi; .■ 6.° Neurosi; 7.° Cachessie ; 8.° Impetigini; XLIX g .° Locali ; 10." Ritenzioni. A questi dieci fascicoli se ne possono aggiugnere due altri intitolati. Triplice base della medicina, ed Introduzioni, le quali sono appunto le introduzioni a ciascun anno del cor- so di Clinica. Sarebbe d' uopo che un valente nied'co ponesse queste cose in ordine rigoroso, e collocasse a' loro luoghi le note che su fogli o frusti di carta volanti vi si trovano per entro; indi ne facesse bello e desideratissimo dono alle scienze me- diche . Le Lezioni, come si notò, vanno anche manuscritte per le mani di parecchi suoi discepoli. IL De stndiorum commodìs atqiie periculis Oratio. Questa è l'Orazione inaugurale eh' egli recitò al cospet- to dell' Università il dì i6. Novembre per 1' apertura degli studj dell' anno 1795. Trattò questo argomento, come il dovea un medico, vale a dire limitossi a parlare de' vantaggi e de'pe- ricoli fisici che vanno di compagnia con una vita studiosa; e con eloquenti ed eruditi modi diede per essa eccellenti precetti. in. Orazioni per Lauree. Dodici se ne rinvennero fra le sue carte. IV. Regolamento della Società Medico-Chirurgica Par- mense . V. Dìscours sur les progrès de la vaccine dans le Dépar- tement du Taro . Questi discorsi precedettero quello che è posto sopra fra le opere a stampa, al N.° IX, e spettano agli anni i8ic. e 1811. VI. Del Tifo . Quest' opera che fu da lui incominciata allorché incrudeliva fra noi il Tifo del 181 7, è ben lungi dal- l'essere compita. Egli non ne lasciò che uno sbozzo di ven- tinove facce, oltre molte note che sembrano ad essa concer- nenti. Accennerò la divisione degli articoli di queste poche pagine. Tomo XIX. g Art. Art. Art. Art. Art. Art, Art. I ° Il Tifo non é febbre nervosa. a.° — — non è febbre putrida. 3.° — — non è febbre gastrica. 4.° — — non è febbre verminosa. 5.° — — non è febbre petecchiale. 6." — — non è febbre. 7.° — — non è flogosi encefalica. In altri frammenti dell' opera stessa dice: Il tifo non è ipostenico. — — non è iperstenico. VII. Storia di uno strano sonno morboso. nella Biblioteca Italiana. Vili. Storia di malattie. È un Voi. in foglio piccolo do- ve sono scritte di sua mano le storie delle principali malat- tie curate da lui. Sarà inserita jY ( Penelope. Cantata di pochi versi. l Sonetti. Ne ho veduti due o tre fra le sue carte. 7 ANTOXKJ MAxVZONI LI VITA ED ELOGIO DI ANTONIO MANZONI CHIRURGO VERONESE CHE FU DEI QUARANTA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE Scritti DAL DOTTOR GIOVAMBATISTA ZOPPI PROTOMEDICO MUNICIPALE DELLA REGIA CITTA DI VERONA Mrnico dell'Imperiai, Regio Liceo Convitto^ Accademico Filarmowic» Ricevuto adì ii. Settembre i8ao. „ Ipsa quidem vìrtus sibìmet pulcherrìma merces. „ Sii. Italie. Oe il vivo e giusto desiderio di ricordare a tutti qual' uo- mo si fosse Antonio Manzoni, e M piacere di acquistargli per questa via ammiratori delle virtù sue, e del valore, non mi rincorasse alcun poco Io spirito abbattuto dalla perdita di un tale, e tanto amico; non io certamente avrei lena bastevole da mettermi a recitare la storia de' fatti di luì , ed alcune cose toccare a laude de' molti suoi meriti ; tanto è il rammarico, ch'io sento all'anima, vieppiù accresciuto dalla pietà e dal- le querele della comune nostra patria, della filosofica, e me- dica Repubblica, e direi quasi, dell'Italia tutta, che lo ave- va in somma reverenza ed estimazione. Ma chi son io , che narri le laudi di lui, e le sue virtudi, e le maravigliose co- se, che fece ? Per certo confesso, ch'io non sono oratore, né sentomi sufficiente a portare, ed a fornir quest'uffizio. E non- dimeno sento che del tutto non posso tacere : tante ragioni tir ho io, che a parlar ini confortano. L' amicizia Iuns;amente, e strettamente avuta con Lui mi mostra troppo debito questo cambio da rendere alla sua memoria: mi sprona anche il san- to dovere di riconoscenza per la sapientissima Società Italia- na delle scienze, che me volle in fra tutti, per la scarsezza dello ingegno, per le soverchie occupazioni, per la non trop- po ferma salute, il meno adatto di tutti, eleggere a laudato- re di un suo si benemerito sozio. Finalmente mi spinge a par- lare il medesimo dolor mio, che certamente avrà uno sfogo dilettevole, e dolce nel ricordar le azioni onorevoli del caro amicOj e cosi farlo quasi rivivere a consolazion mia, e di tan- ti amici , che mi domandano questo dovere . Il che tuttavia prego mi vaglia a scusare la povertà del mio dire, che ani- mo addolorato mal può servire agli adornamenti dell'eloquen- za: a me si conviene il verso di Dante: „ Parlare^ e lagrìmar m' udrete insieme ,, Antonio fu figliuolo di Carlo Manzoni, e di Bona Ragaz- zoni: nacque in Verona il dì quindici del mese di Settembre l'anno mille settecenquarantacinque. Essendo Antonio anco- ra fanciullo fu messo alla scuola di un precettore che non era troppo felice nell' insegnare; il perchè, sebbene di sotti- le intendimento, egli nulla imparò . Fu poi mandato al Ca- stello d' Diasi del contado di Verona al Prete Paolo Morini , esperto grammatico, e peritissimo delle Latine lettere, il qua- le, come r ebbe conosciuto di sottile intendimento, e di buo- no ingegno fornito, vi si mise attorno con si speziai cura, e cosi bene lo ammaestrò , che riusci in breve tempo meravi- glioso scolare, Antonio intanto per li primi elementi ch'egli aveva avuti buoni in fanciullezza, tornato in Verona, fu de' più valenti scolari , che usassero alle scuole de* Padri della compagnia di Gesù, e divenne perfetto nella grammatica, nella rettorica, nella dialettica, e nella Filosofìa. E venne in tanta e- stimazione presso que' Padri, che avrebbero voluto, che egli si mettesse nella lor Società. Ma Antonio non sentivasi punto da LUI Dio chiamato a vita d' ordine religioso. Non era suo padre troppo agiato di beni di fortuna : e pertanto fu d' uopo ad Antonio prendere un'arte, che Io fornisse del bisognevole per la vita . E sentendosi meglio, clie ad altra ^ acconcio alle libe- rali discipline , infra queste elesse la chirurgia : e fu buona ventura, come piacque a Dio, per la patria sua, conciossia- chè le abbisognasse in quel tempo un assai perito maestro in un' arte cotanto necessaria , e sì salutare. Ebbe maestro Antonio Monterossi padre di Pietro, chi- rurgo, Dottore in medicina, peritissimo nella Notomia , che pubblicamente insegnò nel civico Spedale , coetaneo del no- stro Manzoni j al quale visse sempre legato in somma intrin- sechezza d' amor cordiale , come a tal uomo, che lo valeva ; essendo fornito di molta dottrina, d'aurei costumi, di puris- sima religione . Egli morì otto giorni dopo di Lui; quasi co- me non volesse più sopravvivere al caro amico . Era allora Antonio Monterossi chirurgo dello Spedai militare , e di quel- lo degli illegittimi, onde ebbe il Manzoni via assai facile , e presta d' impratichirsi dell' arte sua ; anzi , essendo egli fin da giovane assai religioso, godea sommamente , notando quan- to maravigliosa , e bella fosse I' opera di Dio , e della natu- ra nel corpo dell' uomo ; ammaestrando così insieme se stes- so in ciò , che meglio desiderava ; ed altresì crescendo nella conoscenza di Dio ; di che lo studio suo senza intervallo era sempre nella notomia. E fu certamente mirabile cosa, ch'e- gli da per se solo, paragonando con lungo studio ciò, che nei libri dei maestri dell'arte leggeva, con quello più evidente, che notava cogli occhi medesimi sui morti corpi , ne riuscis- se tanto perfetto anatomico , quanto egli fu . Nel che egli potè ben soddisfare al suo ardentissiaio desiderio di imparar sempre più : conciossiacchè egli soleva starsi fitto nel suo scrittojo tutto solo gli interi giorni meditando, e contemplan- do le azioni , e le relazioni , che hanno le viscere le une colle altre ,ei muscoli, e i nervi, e i vasi maggiori coi mi- nori, e tutto ciò alla fine, che nell'umano corpo maraviglio- samente si contiene , e gli uffizi , e le forze ài ciascuna sua parte, e '1 collegamento di tutte insieme. Fatta conserva cosi nella mente di queste tanto utili cognizioni dell' arte sua ^ si conventò in chirurgia, secondo la costumanza di qua' tempi , nell' Università di Padova il giorno dieci Marzo dell' anno raillesettecensessantacinque , essendo egli d' anni venti non ancora compiuti ; nella quale Università alcun tempo ri- manendosi, si proccacciò molti dotti amici, fra i quali il grande anatomico Giovambatista Morgagni, del quale sopra tutti fu altissimo ammiratore . Addiviene le più delle volte , die ottenuta da alcuni la laurea dottorale , giurata da quel dì innanzi grande inimici- zia ai libri, ed allo studio, passano gli interi giorni ozian- do , e raccogliendo le novelle delle Città ed anche sedendo prò tribunali a tener ragione de' fatti altrui, e spezialmente a riveder i conti , e lacerar la fama de' vecchi medici , e de' chirurghi „ Giudicando da lunge mille miglia ,, Con la veduta corta d' una spanna ; ma non fu del novero di questi scioperati il Manzoni , che desideroso di se stesso sempre più alluminare , ebbe quasi ad intisichire sui libri , acquistandosi per fino ( colpa le troppo continuate meditazioni sui libri ) una molesta infermitade ipocondriaca . S' era dì già innamorato dell' opera del Mor- gagni de causis , et sedìbiis morboriwi 'per anatomen iiidaga- tis , e tutta se la converse in sugo, ed in sangue, adope- randosi con tutto Io studio di Lui seguitare, e la sua dottri- na imitare. E s'esercitava del pari negli altri classici auto- ri , ed antichi , e moderni , de' quali fu pratichissimo , e in- di ne trasse con lunghi studj quelle moltiplici cognizioni, eh' egli sparse abbondevohnente nelle opere sue . Né legge- va egli correndo le cose, né tutto alla cieca non credeva ciò , che trovava negli scrittori , ben sapendo il detto aureo di Cicerone nel libro primo dell'oratore, che ,, omnium bo- „ narum ajtium scriptores, et doctores , et legendi , et per- LV „ volutandi , et exercltationis causa Jaiidandi , interpretandij „ corrigendi, vituperandi, refellendi ; disputandumque de „ orani re in contrarias partes, et quidquid erit in quaque j, re , quod probabile videri possit , eliciendum , atque di- ,, cendum j, e perciò leggeva meditando^ e con giusta logi- ca , e sagace critica distingueva il vero grano dal loglio. Fu il dotto medico , e critico Lionardo Targa , che pri- ma lo conoscesse , e conciossiachè non fosse troppo cortese , né prodigo altrui di lodi, nulladimeno senza fine lo commpn- dava . Divulgatasi per le lodi di un tanto uomo la fama del nuovo chirurgo Manzoni , fu fatto richiedere da illustri , e gentili uomini a curare implicate malattie, e tanto chiara- mente, e per eccellenza le conobbe, le distinse, e le curò, che ne tornò sommo vantaggio agli infermi , ed a lui gran- dissimo onore; e non andò guari di tempo, che quasi niuna grave malattia venisse curata, ch'egli non fosse dimandato di suo consiglio. Ascoltava la leggenda spiegata dal chirur- go , che avea presa la cura , con grande raccoglimento , e talvolta con somma pacienza . Rispondeva, ragionando sopra i veri principii , senza recar noja all' ammalato con inutili teorie ( come che troppo bene 1' avesse potuto fare , per ac- cattar fama di dotto ) , appoggiato alle dritte osservazioni , e senza alcuno spirito di sistema, volendo piuttosto, che ogni ammalato, secondo le circostanze, fosse un sistema per Lui. Parlava il suo volgare idioma , senza nuovi, o strani vocabo- li , reconditi , e misteriosi , e- vie meno con Greci , o Arabi- ci , o Barbari 5, Nomi da fare spiritare i cani, ,, come scrive in una lettera il Redi , ed era in cotal guisa da tutti inteso , ed ammirato . Non dava troppo il guasto agli alberelli degli Speziali ; anzi usava medicine semplici , come richiede la semplice natura, e le più adatte a questa , bene ammaestrato dal dotto Bacone di Verulamio , che ,. non fin- „ gendum , aut excogitandum , sed inveniendum quid natu- „ ra faciat, aut ferat. „ Non voleva soprastare, o signoreg- LV£ giare in alcuno , bastando Ini d' aver detto i! suo giudicio , secondo che migliore il reputava , e più utile al suo cliente. Accadde, che venuto essendo di li da monti in Verona un naaestro di chirurgia, riputato, secondo l'usanza, da tut- ti sovr' ogni altro medico ; e volendo questi tagliare Io scir- ro in una mammella di una nobilissima Matrona; e mandato prima per il Manzoni , che si voleva nuovo consiglio da lui ( come che prima veduta l'aveva); egli disaminate tutte le buone ragioni prò e contra giudicò, che non fosse da veni- re al taglio; asseverando con qualche maggior fondamento di sicurezza , che l'inferma morrebbe innanzi tempo , anzi assai tosto . Ma elle furono parole : perchè si volle far l' operazio- ne : sembrava quasi essa condotta a buon fine di guarigione , quando rincrudita la piaga , e fatta gangrena , rapidamente la donna morì . Quell' oltramontano ebbe poscia in tanto o- nore il Manzoni ^ che scontrandolo per via gli diceva ogni volta reverentemente : „ Vous etez 1' Hyppocrate de Verone .,, Né perciò si levava mai in superbia per arroganza con- tro alcuno ; solo fu rigido contro l'ignorante per zelo dell' arte sua ^ mal sofFerendo, che un medico, ed un chirurgo fosse tanto poco alluminato di ciò, che necessariamente do- veva sapere: il che senza infamia della profession sua, e danno altrui . alcuna volta gravissimo, non potea intervenire. Fu assaissimo cauto , e prudente ne' suoi pronostici ; e ben- sì confortava l'ammalato, e lo ricreava con racconti, e mot- ti piacevoli , secondo che gli dava una sua certa naturai pron- tezza, e vivacità, in guisa, ch'era da tutti desiderato; con- ciossiachè i suoi ammalati fossero per avventura più amici di Lui , che clienti. E si potrebbe dire da taluno , Lui non essere stato del tutto grande maestro dell' arte sua , perchè non esercitò la mano operatrice nel taglio , che porta il mal della pietra , e nello illuminare i ciechi dove si pucte. Ma è da por mente , che ciò non fu per sua colpa, ma della fortuna soltanto. Im- perocché non essendo il padre suo troppo agiato di beni di LVIJ fortuna, non potè farlo ammaestrare nelle Università ; e non v'era in Verona chi a ciò sapesse addestargli la mano. Ma nella teoria di queste parti della chirurgia egli fu per altro così sperto e profondo ( avendone acquistato grandi cognizio- ni collo studio, e coli' osservazione ) che ne' dubbi casi si voleva consiglio da Lui j ed il suo consiglio veniva, le più delle volte , ricevuto sopra quello degli altri . Fu sommo nell'arte dell'allevare i parti, la quale pub- blicamente , per tant' anni nel civico Spedale insegnò , leg- gendo nello incominciamento delle scuole ogni anno un dot- tissimo ragionamento sopra questa materia, ad udire il quale accorrevano tutti i sapienti della Città con grandissimo dilet- to , ed ammirazione . Quest'arte, si può dire , che fu tutta sua , perchè ne sapeva di questa tanto eccellentemente , quant' altri mai . Ed avvegnaché nell' esercizio di questa ogni maggior circonspezione sia necessaria , e v' abbisogni un sot- tilissimo accorgimento, e prudenza, egli l'ebbe oltramodo grandissima : conciossiachè nelle più dubbie , e pericolose circostanze j prima di mettere la mano all'opera, ne chie- deva consiglio a quelli, che avevano maggior voce di sapien- za in siffatto mestiere . Ed infatti quante mogli non salvò egli ai mariti ! Quanti portati alle tenere madri ! Era assai dolce cosa il sentirsi dir di frequente , e nelle strade, e nel- le casCj e ne' palagi, o dalle madri, o da fanciulletti da Lui serbati in vita : io vìvo per voi . Non è nulladimeno , eh' io creda , né voglia dire per istrabocchevole affezion d' amici- zia, tutte le operazioni essere a lui con felicissimo esito riu- scite. Imperocché , se pur in alcuna cosa o la mano, o l'arte gli fosse fallita ; ovvero la gravezza del male vinti- avesse gli argomenti della sua provvidenza , non è da far meraviglia di una cosa eh' a tutti gli umani provvedimenti è comune; né ciò punto scema del merito , e valor suo : perchè messe a com- parazione di alcune poche tutte le altre tante, le quali l' o- pera sua condusse ad esito felicissimo , non potrebbe questo difetto di nulla oscurare la fama di Lui. Oltradichè , dov'è Tomo XIX. h i.vni quell' uomo , che in un' arte di tonghiettura , nella quale tante s' incontiaiio circostanze imprevvedute, e talora non superabili ostacoli , possa dire : io non ho errato ? I Mori- ceau , i Levret, i Smellié , i Stein , i Deventer, i Baudalo- que, i Briininghausen , non furono sempre avventuratissimi. Fu per altro grande teorico , e sommo pratico in quest' arte, il cui consiglio , e 1' opera desidererà lungamente Ve- rona . Quantunque di tutte le arti , dica Esiodo, che ,, figulus figulo invidet, faber Fabro ,, sembra nulladimeno esser l'in- vidia un morbo, che più s'appicca a coloro che sono pro- fessori di una liberal disciplina. Fu il Manzoni invidiato da molti 5 ma egli non portò invidia ad alcuno, né eziandio ne' primi suoi anni di gioventù; anzi se qualche collega suo be- ne riusciva in qualche chirurgica faccenda ^ ne godeva egli, e lo commendava ; e come colui, che aveva grande zelo del- l' arte , metteva a suo prò anche le osservazioni altrui . Fu sempre nimico de' litigi j e perciò non ne moveva giammai; e se tentato avesse alcuno per avventura d' affrontarlo , fa- cendo mostra di non intenderlo, o di non curarsene, rintuz- zava così generosamente l'orgoglio dell'afifrontatore . Ebbe in grande reverenza i suoi maggiori , e se pur s' accorgeva, eh' escissero dalla dritta via , non li corregeva però con impu- denza ; solamente , aspettando il buon destro, diceva soltan- to ciò, eh' a lui paresse meglio da fare. Né fu mai suo co- stume di cacciarsi di soppiatto nelle case dei malati^ che fos- sero in cura ad altro medico: anzi montava in ira, s'altri fatto r avesse con disonore dell' arte sua. Frequentavano di buon mattino, e dopo il mezzo giorno la casa del Manzoni e poveri , e doviziosi ; e ognuno eh' a lui veniva per qualun- que bisogno, partivasene consolato ; perchè dolce, e benigno in parlare, sebbene stanco talora , ed affaticato, con grande amorevlezza tutti ascoltava , ed a tutti porgeva refrigerio . Ed è pur meraviglia, che a lui tanto di tempo sopravvan- zasse da studiare, e meditare, e stendere poi sulla carta a piò degli altri , quello, che aveva colle sue osservazioni rac- colto , il che nella seconda parte si farà manifesto. Ippocrate , Paolo da Egina , Aezio , Dodoneo , Foresti , Amato Lusitano j Sidenamio, Beninvieni ^ Benevoli , Lorenzo Nannoni 5 Morgagni, e tant' altri , per non farne leggenda di tutti, i quali in ogni secolo, dopo Ippocrate fiorirono, si diedero tutti , lasciato il sottilizzare , all' osservazione in o- pera di medicina. Se i medici tutti ^ ad imitazione di que- sti grand' uomini , invece di secondare il soverchio ingegno , e la fantasia ne' ritrovamenti di fantastici sistemi: se invece di cangiare il nome ai vocaboli confermati dalla venerata antichità : se invece di ricercare dalla terra , dagli animali , dai vegetabili specifici medicamenti, e venenosi ^ che si van- no, quanto la moda istessa ^ cangiando: se invece di attiz- zare il fuoco alle pentole , ed ai chimici crogiuoli , avessero servato, io dico, i medici modo^, e temperamento in queste ricerche; e perfettamente ammaestrati nella Notomia ^ nella Fisiologia, nella Patologia , e nelle altre parti, che più da vicino risguardano la medicina j, o che alla medicina medesi- ma appartengono, si fossero invece dati più addentro nell' osservazione , e tenuto avessero ben attenta la mente ^ e Io intelletto alla disamina dei fenomeni proprii di ciasclieduna malattia ;, bene, e rettamente distinguendo l' une , dall'altre, avrebbe la medicina fatto già quei progressi nel conoscere le malattie, nel prognosticarne , e nel curarle, che non ha fino ad ora fatto , come avrebbe dovuto . A questa sentenza , quanto necessaria, altrettanto utile, s' attenne Antonio Manzoni ; il quale rifrenando la mente dalle sottigliezze , e sofisticherie , a che poteva tirarlo l' in- gegno suo fervido, e sottile, abbracc andò per altro tutti quei nuovi , e semplici ritrovamenti, che più gli sembravano det- tati dalla dritta ragione , in particolar modo però si diede alle osservazioni .E, oltre di ciò, istrutto com'era delle co- se tutte Anatomiche, Fisiologiche .^ e Patologiche, stava egli «empre osservando i naturali andamenti , e quelle vie , che tenea la natura ottima curatrice dei mali, ed egli pure que- sta sulle sue orme si mtttea seguitando ; e se per avventu- ra veduto avesse, ch'ella fosse uscita di strada, cercava in dolce modo di darle la volta, e condurla colà donde da pri- ma s' era sviata . Con questo mezzo arrivò egli ad un tal grado di scienza , e di cognizioni dell' arte sua , che potè francamente dire con Baglivio: ,, vera dico, expertus dicOj sancteque affirmo. ,;, Ma per poterlo dire a tutta ragione 5, Multa tulit , fecitque .... sudavit , et alsit „ Non perdonò mai a se stesso nel visitare a un bisogno due, e le tre volte il giorno i suoi malati, sofferendo con som- ma pacienza i cocenti raggi del Sole , e le dirotte piog- gie , e colle gelate nevi il rigidissimo freddo, e di giorno, e di notte . Quanti volumi dei maestri dell' arte non isvolse egli ( singolarmente ne' difficili casi , e pericolosi , che gli venivano a mano ) per ritrovare ([ nelle verità , o per farne comparazione di ciò, ch'egli veduto aveva , e che al presen- te caso gli fossero potute giovare ! Ma il suo primo consiglie- re, e maestro era il Principe degli Anatomici Giovambatista Morgagni, col quale le intere notti vegghiava, allora che dub- bio gli fosse nato in qualche più malagevole scontro delT arte sua ; e non v' era linea in tutte le opere sue, di cui non ne sapesse render ragione . Se 1' eruditissime storie del Morgagni, e i suoi ricordi anatomici, se le sue lettere, se i suoi consigli , se i suoi tutti ragionamenti dirlo potessero ; direbbono non essere passato giorno , in cui non istesse il Manzoni con loro a maturo consiglio , ed in ragionati collo- quj . Quante veglie, quante meditazioni , quante sagge criti- che riflessioni ! Era anche profondo in quello , che scritto avevano gli antichi maestri, dalle quali fonti bevuto avea tanta scienza il Morgagni medesimo . Ne confrontava i testi, ne rotava le circostanze , metteva a comparazione storia a storia, interpretava quello, che sembrava meno chiaro, né lasciava mai di leggere, se prima non avesse chiaramente com- preso ciò , che stava riposto nella mente istessa del dotto LXI scrittore . Se, saputo avesse , che un qualche nuovo libro , anche d'Oltramonti ^ fosse uscito di chiara fama di scienza^ e di dottrina, impaziente scriveva per possederlo, né s'acque- tava giammai , se Ietto non 1' avesse , e ben meditato . Era sua (ura l'averne molti e antichi ^ e moderni, e latini, ed italiani , e francesi , ma non per lasciarli polverosi a vana pompa di una copiosa libreria^ ma per leggerli, ruminarli ^ e neir anima ricevere le loro dottrine , e trarne quindi le utili cognizioni, che in quella sua arte così varia .ed oscura gli sarebbono potute venire al bisogno . Col fino suo intendi- mento , colla sottile perspicacia , colla saggia critica , scelse sempre le gemme sparse qua e là in quegli aurei codici ; 'Ielle quali opportunamente, ed utilmente arricchiva le sue dottrine ne' ragionamenti , ovver ne' consigli , e se ne giova- va neir esercizio dell' arte. Ora collo studio, col lungo eser- cizio , colle moltiplici sezioni anatomiche, avendo fatta una bastevole raccolta d' osservazioni patologiche, vulle farne u- tilità la prima volta alla medica Repubblica , dandole alla luce r anno mille settecento novantacinque colle stampe de- gli eredi Moroni , denominate da Lui : Observationes patho- logicae auctore Antonio Manzoni . Questo libro è scritto in lingua latina , ed elegantemen- te scritto, sì che si puote emulare al latino Ippocrate , e far arrossire insieme alcuni medici , che bruttano vituperevol- mente le loro ricette di sconci solecismi . La proprietà dello stile storico j la sceltezza, e purità de' vocaboli , il bel co- strutto, e la precisione unitamente alla chiarezza, ci fanno conoscere, che fu peritissimo della lingua del secolo d'Au- gusto. Compartì in dodici capitoli questo libro, e diede il nome al primo dei vìzii delVorinare. Questo capitolo è com- preso in dieci osservazioni; ed avvegnaché tutte utilissime , nulladimeno quella è in ispezieltà di Maria Galvani , perchè fa chiaro conoscere , quanto i medici , e sapienti, ed addot- trinati si possino ingannare nell' arte nostra , e come talora guardar non si possano dagli artificii de' malati medesimi . LXII Dalla comparazione delle tre storie del dottissimo Medico Giovanni Verardo Zeviani , e dalla storia anatomica del Man- zoni, ben si conosce ad evidenza , che in Maria Galvani si sono ingannati per trenta tre anni i medici., avendo essa ( qual che fosse la cagione, ed il fine) data loro c^gìon di credere, eh' ella non orinasse: quando d'altra parte la storia anatomica del Manzoni dimostra chiaramente , che agli organi, che se- paravano, contenevano, e cacciavano la orine , nulla manca- va,, sicché la Galvani , come qualunque altra, il dovette aver fatto . Quanta utilità non reca alle mediche osservazioni que- sta accurata disamina, che fece il Manzoni sul cadavere del- la Galvani ! Non crederebbero forse ora anche i men creduli medici ( se non era il Manzoni a trarli di quest' inganno ) che Maria Galvani non avesse eseguito questa funzione corporale per trenta tre anni ? e che il vomito avesse sopperito a que- sto naturale bisogno ? E taluno già 1' ha creduto , come se né lagna il Manzoni in una storia del secondo libro delle sue osservazioni patologiche ; e 1' ha creduto sopra le storie del Zeviani ; il quale per un certo naturai suo amore ad ogni cosa, che avesse del maraviglioso , se l'ha creduta; ed in- serita per ben due volte nel suo libro del Flato , e negli atti della Società Italiana delle Scienze, tacendo il nome del- l'incisore anatomico; raa conoscerà questi d'essere stato in- gannato , se leggerà la storia veridica dell'iincisore Manzoni. Questa donna fantasticale sempre misteriosa, voleva pure anch' essa, che le fosse creduto , facendo ( come pare ) maravigliosa pompa di questa stravagante sua malattia applaudendo a se stessa ( per femminil leggerezza ) d'aver grande nominanza sul- le storie mediche , e negli atti delle Accademie; come accad- de a me stesso, sebbene assai giovane medico, con grande meraviglia d'ascoltare^ quantunque io non l'abbia creduto. Appresso il detto Capitolo viene il secondo delle malat- tie delle ossa, ed è tutto in altre cinque osservazioni diviso. È fra l'altre utilissima quella, che per quanto si ricordi, non fu osservata da nessun dotto scrittore^ lo staccamento, o al- LXIIl Jontanatnento ( diastasi detto dai Greci ) delle vertebre del collo ; malattia cosi rara , che non viddero mai i grandi in- dagatori anatomici Petit, Lieuteaud^ Morgagni. Fa alcune sag- ge riflessioni nella seconda di qnesto capitolo sopra questo fatto; eh' essendo stato rachitico un Cavaliere in sua fanciul- lezza, e credutone ben guarito, gli sì rinnovò la malattia nel- la vecchiaja ; e gli fu trovata colla sezione Anatomica ( oltre quel più, che si legge nella storia) la sostanza delle coste, che rassomigliava al tessuto carnoso, come quello, che le più volte si ritrova nelle ossa rese molli dei rachitici ; lo che puo- te alluminare i medici , quanto in alcune croniche malattie importi il ricercare diligentemente dei morbi sofferti nella puerizia, e nella fanciullezza. Seguitano tre altre osservazioni nei capitoli terzo, e quar- to ; la prima d'uno sformato tumore tagliato nel collo solle- citamente, secondo l'avviso del Morgagni: le due seconde della felicissima guarigione dell' idrocele radicalmente curato; essendo già noto, che senza questa cura radicale, è l'idroce- le malattia non così facile a curarsi. Tre sono le osservazio- ni del quinto capitolo, che appartengono ai vizii della testa. Le due prime dimostrano quanto astruse sieno le cause del- le Cefalee, contando la storia di due scirri del cervello. Me- rita la terza d'essere ben considerata, che descrive la ghian- dola pituitaria degenerata in polipo scirroso nel cervello del dottor di legge Vincenzo Cristalli. Chi detto avrebbe mai, che dopo tanta serie di malori ; che dopo una lunga cura, e tormentosa; che dopo il consiglio di tanti medici, resa si fos- se poliposa la ghiandola pituitaria ? e che tanti morbi della medesima specie si fossero nella testa ingenerati ? Occulta sa- rebbe ancora la causa di questa malattia , se 1' accurato in- dagatore, ed osservatore Manzoni colla sezione anatomica co- nosciuta non I' avesse, e descritta per aggiungere cognizioni alle mediche storie , e nel medesimo tempo metter in guar- dia i medici, che sospettino in sì fatte malattie di somiglian- ti cagioni. E da questa osservazione vengano una volta alla LXIV fine ammaestrati i medici, ed i chirurghi, che nelle ostinatis- sime croniche malattie, da causa incognita provegnenti, non si dee così molestare, e indurre soverchia nausea all'infermo con replicati moltiplici argomenti interni , ed esterni ; essen- dosi veduto nella storia di Vincenzo Cristani, che il male cor- reva a maggior precipizio , quanto più si voleva curare. Avessi io pure forza bastevole per gridare ad alta voce contro que' medici , e chirurghi , che senza il necessario avvedimento , per volersi mostrare grandi conoscitori in medicina , danno il sacco , in qualunque malattia , alle spezierie , e sfracella- no lo stomaco de' malati , " senza osservare, dice la facoltà di medicina in Parigi nel codice Farmaceutico scritto in lingua latina, e reso volgare da due valent' uomini Veronesi, le j), leggi dell'animale Economia, delle quali ogni uomo sag- ,5 gio dee studiare i fenomeni; ed alle quali opporsi, o dis- ,5 prezzarle è certo indizio di giovanile presunzione , o di „ vituperevole ignoranza . ,, Negli altri sette capitoli si leggono quindici bellissime osservazioni , e sulla gravidanza ,e sul parto male avventurato , sulla sifilide, sur una ferita del collo, sul taglio del cancro, sulla lesione della voce, e sopra varie altre strane malattie, cose tutte maravigliose , ed utilissime . La dottrina, l'erudi- zione, le sagge riflessioni, la chiarezza, la critica prudente, e giusta , pruovano ad evidenza quanto dotto , e grande os- servatore fosse Antonio Manzoni nell' arte sua , e che le ben fondate osservazioni in medicina sono quelle, che ponno sol- tanto formare il medico , ed il chirurgo utile a' suoi simili . Furono le osservazioni patologiche del nostro Manzoni accolte da tutti i dotti con grande ammirazione , e sommo diletto; e ne diedero certa testimonianza le lettere onorevo- lissime a lui scritte da tutti gli amici suoi , e da altri scien- ziati uomini, che vollero ( presa cagione da ciò ) legarsi in amicizia con Lui. Si dica, per nominarne alcuno, del dotto anatomico , e fisiologo M. A. Leopoldo Caldani col nipote suo Floriano 5 ch'emula alia gloria del Zio; di Camillo Bo- LXV nioli, di Pietro Sograffi, di Vincenzo Malacarne amicissimo suo; dei due Giovambatista Paletta, e Monteggia, di Sonsy, e del grande Antonio Scarpa , del quale il solo notne è una grandissima laude . A questi riputatissimi amici , collo scorrere del tempo, altri se ne aggiunsero; ed Aglietti Consigliere, Valeriano Brera , Fanzago, Donato, Ruggieri , Professori tutti dottissimi dell'arte nostra salutare . Crebbe intanto si altamente , ed onorevolmente la fama di Lui , che non v' avea forastiere o medico , o chirurgo d'alta nominanza , che non volesse visitarlo; né altresì giun- geva nella Città illustre personaggio, o nobile uomo, e gen- tile , eh' essendo afflitto da qualche infermitado, non volesse consiglio (la Lui ; e molti in vero studio da dottissimi Pro- fessori mandati , p«T averne da Lui le più adatte medicine a' lor mali . Cosi bene intanto per ogni dove si sparge fama del suo sapere j e della sua perizia , che per mezzo di lettere da Città , e castelli anche lontani, egli era richiesto del suo consiglio. E tale, e tanta era la coaiune buona opinione di Lui, che a Verona veniva per fino portata invidia, che pos- sedesse un uomo di tanto ingegno , e di tanta , e sì grande dottrina . Al qual proposito è da notare ( cosa al Manzoni orrevolissiraa ) eh' egli avvegnaché montato in si fatta esti- mazione, non negò mai, né altrui fece caro dell'opera sua; conducendosi nelle ville , e ne' castelli del contado , da chiun- que, povero, o dovizioso, fosse egli chiamato. Né sdegnò mai d'ammaestrare i giovani, com' altri fanno, o per invidia, o per alterezza : anzi gli instruiva cortesemente , con loro comunicando tutte le cognizioni da sé con tanto studio , e con si lunga sperienza acquistate : e gli allettava allo stu- dio, ed allo esercitarsi, desiderando che dopo di Lui rima- nessero degli uomini bene addottrinati , che potessero essere utili alla patria , come infatti sono alcuni , che assai onora- no il nome suo . Verona che tanto lo apprezzava , conobbe ancora quan- to pgh meritasse , e per fargliene quella migliore testimo- Tomo XIX. i LXVI niaiiza , clic per Lei si poteva, lo scrisse con onorevole ele- zione , ed accolse fra i sozi dell' Accademia d' agricoltura , arti 5 e commercio . Fu eletto parecchie volte dalla medesi- ma a dare giudizio di opere all' Accademia presentate , e ad attribuire il premio a quelle, che ne fossero reputate fra 1' al- tre le più meritevoli . Fece alcuni estratti di memorie , ma con somma sottigliezza, ed avvedutezza, in particolar manie- ra di quella sulla stravagante malattia di Aristide Terdeci- niano di Vincenzo Malacarne; che pubblicamente recitò il Manzoni ai sozi dell' Accademia con somma soddisfazione lo- ro ed applauso . Quanto non fu egli utile altresì nelle biso- gna dell' ufficio di Sanità ! diede sempre utilissimi consigli , e prestò la sua mano ancora nelle sezioni de' cadaveri più difficili, ed importanti. Fu sommamente prudente nel giudi- care de' sospetti di veleno altrui dato , seguendo le traccio di Paolo Zacchia , e del Morgagni , come fu egualmente in tante altre gelosissime materie , che importavano la buona fama altrui , e il decoro d' onorate famiglie . E quantunque per le soverchie fatiche , per 1 disagi del- le stagioni , e per lo continuo studio talvolta infermasse o di febbre catarrale , o d' altro malore ; sì grandemente era reputato il suo consiglio, che da mattina a sera era circondato il suo letto da clienti , che ne chiedevano soccorso; a' quali non ricusò mai di cortesemente rispondere , e di sovvenire . Quante volte, non essendo anche ben riavuto da qualche suo male, usciva di casa così ammalazzato per essere all' ajuto delle donne nel pericolo, o ne' dolori del parto, o per qualche al- tro caso si grave, che il suo consiglio, o l'opera ci fosse bi- sognata ! Se dai familiari suoi, che tanto lo amavano, veni- va talora rimproverato, o confortato di risparmiarsi, risponde- va ; Chi cerca di me , sta peggio di me . Ricoverata affatto la sanità , ritornava di tratto alle usate faccende , ai suoi studii , alle sue osservazioni, che sopra ogn' altra cosa gli stavano a cuore . Ed infatti nell' anno mille ottocento nove diede di queste alla luce in lingua latina il secondo libro colle Lxvir medesime stampe degli Eredi Moroiii , e v1 pose il titolo: Antonìì Manzoni Veronensìs Observatìonum Patitolo gìcarum liber alter. È questo Libro dedicato al celebre Antonio Scar- pa Professore in Pavia, come cosa di sua ragione; concios- siacliè laudando egli sommamente le prime , assai caldamen- te l'avesse confortato, di apparecchiamele pubblicarne dell' altre . Lo stimolo di questo grande maestro è una lode di tal fatta pel nostro Manzoni , che maggiore non potrebbesi da nessuno desiderar, né sperare. Sono divise in quattordici capitoli , ne' quali si raccon- tano moltissime istorie di malattie , e d' incisioni anatomiche. A me non sarà possibile il descriverle tutte in questo bre- ve, e semplice elogio , e porle in bella « e chiara mostra ; ma se la mia narrazione è tronca^ ed abbreviata, chi vorrà saperne più, legga in queste piìi pienamente, e conoscerà ben di leggeri , come sommo sia l' ingegno , quanta la pers- picacia , e la diligenza nell' osservare , e la dirittura nel sag- giamente conghietturare del nostro Autore . Ma per farne un qualche cenno, e per invitare altrui a leggere, e ad ammi- rare insieme le altre , dirò pure di una. Quanto è mai nuo- va quella del femore fesso da causa interna senza carie del- l'osso ! Ben s'intende dall'esattissima storia, quante abbia fatte indagini , e conghietture il Manzoni nel corso di que- sta malattia ( sì accuratamente da Lui dichiarata ) ; ma che r incisione anatomica ha dimostrate non vere. Lo che pruo- va la difficoltà, e l'oscurità di quest'arte . Confessa egli ingenuamente, che non si può intendere, né spiegare, co- me, e donde sia proceduto quel cotale vizio nell'osso. Due cause per altro ne sospetta con tutta prudenza; la prima , che il midollo del medesimo , eh' era fuori dello stato natu- rale, sia stato la primaria causa della fenditura dell'osso; e tanto più , perchè il periostio non era così sconformato da poterlo credere effetto di tale causa. La seconda, che il fe- more siasi così repentinamente rigonfiato, perchè la superior parte della scissura, che si fece nella parte anteriore del fé- LXVIII more j si aprisse novellamente, e che perciò la superiore e- streniilà dell' anterior parte repentinamente , e dal restante osso siasi divisa , e così rigonfiata la carne. Resta, die' egli , per altro ancora a trovare da qual veleno sia stato gnasto , e corrotto il midollo , e per questa corruzione conseguitata tanta fessura nell' osso, nel quale, diligentemente esamina- to , non si ritrovò alcun vizio manifesto. Volle darne ancora un' effigie dell' osso medesimo nel line dell' opera ; concios- siacliè nessuno ^ per quanto siasi ricercato^ descrisse mai una storia della fenditura dell'osso senza carie, e senza gonfiez- za del medesimo . Sono degne poi di singolare ammirazione , e laude le osservazioni sopra il cancro dei testicoli, dell'in- testino colon, quella della spina dorsale, delle ossa rotte, dei veleni , della gravidanza fatta nella tuba ; ed in fine tut- te le altre che mossero avidamente altrui ad essere lette, ed ammirate. E tanto piacquero all'amico suo Vincenzo Ma- lacarne Professore nell' Università di Padova, die volle ren- derle volgari con alcuni bellissimi , e chiarissimi aforismi co- là stampati . Sono queste, come tutte l'altre mediche osservazioni, di grande utilità a' medici , ed ai chirurghi , i quali ben disa- minando i fenomeni in simili malattie, possono con quest' a- juto facilmente e conoscerle, e pronosticarne, e quando si possa, ancora curarle con somma lode. Ma per ciò ottenere, ci bisogna studio, ed amore dell'arte, e non sordido inte- resse; ci vuol desiderio, e studio d'ammaestrarsi per essere utili agli altri, e guardarsi ben dall' invidia, e dalla super- bia ^ e dalla misera presunzione figlia dell' ignoranza, di si- gnoreggiare sopra gli altri. Non è forse premio bastevole per un onorato medico, e chirurgo il fare delle utili scoperte, e l'erudire la mente di utilissime cognizioni? Ed oltre a questo il piacere d' aver fatto profitto , e salvati i nostri si- mili da gravissimi mali ? Con si fatti mezzi ottenne il Man- zoni sopra gli altri il primato, senza vituperevolmente cer- carlo; e non vi fu che qualche ignorante , aizzato dalle vo- ' IXIX ci di qualche scioperato, e vii laudatore ^ ch'abbia tentato Lui di rapirglielo j collo spacciare nuove teorie, nuove paro- le, nuovi sistemi, nuovi medicamenti , dispregiando per fino le osservazioni , riputandole vane, ed inutili. Ma sono tra- scorsi, la mercè di Dio, que' tempi della medica impostura, e della cieca credulità ai cerretani . La virtù , ed il merito non ponno lungamente starsene na- scosti, ed obbliati. Il dottissimo consesso dei quaranta della So- cietà Italiana delle Scienze, conosce, per mio avviso ;, chi li possedè in sommo grado: imperocché non dà luogo fra'suoi sozj, se non a quelli, che sono veramente dotti, e scienziati . E ne fanno pruova tutti quelli grandi uomini^, chiarissimi per i lo- ro scritti, che furono scelti in quel novero per lo passato, e quelli che presentemente onorano la Società medesima . Fu adunque da questa conosciuta la virtù del Manzoni, e insie- me onorata ; perchè fra tanti viventi illustri Italiani, fu pre- scelto una volta quel vero scienziato a compierne il novero. Qual gloria non fu allora per il Manzoni;, e per la Patria no- stra ? Verona debbe essere gratissima a quest' uomo , che le accrebbe ancora un tanto pregio, d'avere un suo figlio scrit- to in quella nobilissima Società . Per rispondere ben tosto a si caro onore , ed insieme al dovere, mandò il Manzoni alla medesima una Memoria, che fu inserita negli atti di Lei nel Tomo decimosettimo . Fu questa chiamata. Alcune pratiche considerazioni sul- V inchiodamento della testa del feto nella pelici , e sull' uso della Forcipe: Essa merita ogni lode per la sua utilità. Pre- messe alcune generali considerazioni suU' invenzione della Forcipe dell'immortale Andrea Levrct , fra le molte, che dopo quella, da' moderni furon trovate, sembra al Manzoni, che sia di molto maggior pregio, quella di Pean , eh' è una correzione delia Forcipe del Levret ; e tanto più che il ce- lebre Baudeloque 1' ha sempre, usata in fra tutte nella sua pratica, aggiungenrlo per altro, che viene assaissimo pregia- ta eziaiiflio quella dei Professore in Gottinga Osiander . De- I.XX sidera che sieno fatte esperienze su quella ancora del Pro- fessore Assalini , che sembra, dice egli , un composto tratto dalle correzioni delle Forcipi di Osiander , di Thenance , e di Brunningliausen ultimamente corretta . Il Manzoni scelse per altro nella sua pratica quella di Brùnninghausen di pri- ma correzione , come quella , eh' è a lui riuscita troppo me- glio della Forcipe del Levret , in quaranta operazioni, ch'e- gli ha eseguite . Racconta di alcuni casi con questo strumen- to cosi felicemente succeduti d' inchiodamento della testa del feto nella pelvi, e ne spiega il modo con sottil distinzione. Non niega , ingenuo come sempre fu , in alcuni avergli det- to male la prova: ma, descrittane la storia , rimette al giu- dicio de' Lettori il diffinire , se ciò sia avvenuto per difetto dello stromentOjSe per imperizia dell'operatore, o per altre vere cagioni da pochi conosciute , e eh' egli ha tentato in questa Memoria di dimostrare ad evidenza, e che ognuno leggendo potrà facilmente discernere, e secondo esse giudi- care. Rammenta ancora altri casi poco fortunati, e successi o per tardanza , o per imperizia , o per poco studio, ed igno- ranza de' chirurghi . Egli ammaestra in seguito utilissimamente i chirurghi delle condizioni, che si richieggono per dover venire all'uso della Forcipe, e come, e quando acconciamente si debba usa- re, e come si possano superare gli ostacoli tutti, che pur trop- po s' incontrano; e fa menzione in appresso di nove casi do- ve gli tornò vana questa pruova ; conciossiachè si fosse pre- sentata la testa all' ingresso del bacino in trista posizione . Conchiude alla fine , che quantunque si narrino molti esem- pi di operazioni eseguite felicemente , egli è però da pigliar in ognuna grande sospetto, che o per poca conoscenza del- l'arte, o per poca esattezza nell' osservare siasi creduto ciò, che non era; avendo forse procacciato cotali operatori, con esagerare la difficoltà, d'acquistarsi molta lode in un non dif- ficile sperimento. Da questi saggi ammaestramenti ne tornino più cauti gli operatori, e non osino di porsi a tanto cimen- LXXI to, se forniti non sieuo di quelle tutte cognizioni , che si ri- chieggono in un'opera di tanto risico, ed importanza; e ne di- mandino prima l'altrui consiglio; e si rammentino quelli che la reputano cosa da poco, che per la loro ignoranza , ed ar- dire, o temerità, cimenterehboiio barbaramente la vita delle madri, e de' portati. „ . . . quaeque ipse miserrima vidi ; „ Quamquam animus merainisse horret, luctuque refugit. Non è meno utile l'altra Memoria , che ha inserito nel Tomo decimo ottavo della stessa Società Italiana delle Scien- ze , cui diede questo titolo : Considerazioni sugli aneurismi . Storia, e guarigione di un aneurisma venereo. Si conosce an- che in queste la molta scienza, che possedeva delle malattie organiche , e quanta utilità apportino le incisioni anatomi- che sui cadaveri. Che se il fatto alcun tempo dopo mostrò non essere perfettamente guarita dell' aneurisma quella per- sona di cui egli scrisse la storia , si sappia , che allora per qualche tempo ne dava vista per forma , da poter ingan- nare un maestro di quella fatta il quale, se oggi, per lo ben nostro vivesse , indubitatamente il confesserebbe egli medesi- mo, rivocando il suo detto , tanto s' era il Manzoni mostrato sempre più amico del vero, che di se medesimo, e delle pro- prie opinioni. Fra gli infiniti volumi scritti da' medici, e da chirurghi su tutte le malattie , mancava ancora un compiuto trattato della malattia del cancro dell'utero. Questa terribile malattia fu niente, o poco conosciuta dagli antichi. Se ne vede in es- si appena una qualche traccia; e perciò fa d'uopo il dire, o che fosse in que' tempi un male rarissimo , o che per man- canza di cognizioni ostetricie poco da loro si conoscesse. Ne scrissero i primi Aezio , e Paolo con molta aggiustatezza , e poi per alcuni secoli se ne tacque. Puzos^ed Astruc ne dis- sero il più , che poterono , ma tutti e due imperfettamente, e con poca esattezza . Quindi veggendo la necessità , che fosse più conosciuto, e governato al possibile questo crude- LX.Xll lissimo morbo , l' Imperiai Regia Accademia Gioseffina di Vienna pubblicò un Tema, proponendone un largo premio a clii meglio in un ragionamento ne avesse scritto . Prevenuto aveva il Manzoni il saggio divisamento di quest'Accademia, conoscendone egli pure la necessità, ed aveva già quasi com- piuta una dissertazione sul cancro dell' utero in lingua vol- gare; che poscia mandò, ripulita che l'ebbe , a quel dotto consesso . Ma il Manzoni non avea ben posto mente alle condizioni aggiunte al Tema ; cioè , che doveva la disserta- zione essere scritta in lingua latina, ed anche la mandò tar- di; onde gli fu rimandata con un'amplissima lettera , che gli fa sommissimo onore mostrandogli grande dispiacenza di non poterla accettare , come quella, che meglio dell'altre parlava nella proposta malattia . Egli adunque la fece pubblica colle stampe degli Eredi Moroni l'anno mille ottocento undici in Verona, e la diede in dono all'amicissimo suo Vincenzo Ma»- lacarne Professore nell'Università di Padova. Di questo Ragionamento sarebbono a dire di molte co- se , e di grandi, per farlo conoscere altrui, e per dimostra- re eziandio la dottrina, e le cognizioni, che aveva il Man- zoni in si fatta malattia ; ma dovendomi io contenere ne'ter- mini di un semplice estratto ^ ne dirò nulladimeno il meglio, e più brevemente, che per me si potrà, reputandomi dover fare altrui gratissima cosa , e rendere sommo onore a Lui , che tanto perfettamente ne scrisse . Dimostrato j ch'ebbe il Manzoni, nulla , o poco avere scritto gli antichi di questa malattia . e qualche cosa , ma imperfettamente , i moderni ; ed altri essersi data la briga di applicarvi venenosi medicamenti per distruggerlo ; senza es- porre la storia , e le cause di sì orribile morbo, estima ne- cessario di farsi un' idea chiara;, e giusta dell' utero, e della forma sua , e postura nello stato naturale , per poterlo poi riconoscere morboso, e quanto importi la pratica manuale dell'esplorazione. Ora per rendere agevole la cognizione di tale malattia , descrive fìsiologioamente la struttura dell' ute- Lxxni IO , e la relazione di questo colle altre parti del coipo pBr mezzo de' nervi , de' quali è fornito abbondevolrnente , cotn' altresì di vasi arteriosi, venosi, e linfatici. Ciò premesso saga- cemente ricerca quali parti deli' utero vadano più soggette al cancro; ed è suo avviso p«r la lunga pratica { accordandosi col Monteggia , e coli' Osiander ) che ne siano 1' orificio , ed il collo; avvegnaché il Morgagni ^ ed altri siano in questo parere , che ne vada soggetto più frequentemente anche il corpo dell'utero istesso ; avendolo essi osservato nell'interna sua cavità talvolta corroso da alcuna ulcera maligna , o ri- dotto in scirro tutto esso corpo dell' utero ; Io che sembra sia avvenuto, dice il Manzoni , per effetto di veleno; che l'osservazione anatomica ha dimostrato propagarsi non solo al corpo dell'utero, ma alle trombe eziandio del Falloppio , all' ovaje , a tutti i legamenti , al retto intestino, ed al col- lo della vescica . Non niega per altro , che siensi trovati tu- mori duri, e voluminosi nell'utero delle donne, ma dice, non seguitarne perciò, che fossero cancri legittimi; impe- rocché durarono molti, e molti anni senza nocumento veru- no; e s' avvalora questa opinione da un caso di una donna , a cui s' é trovato nell' incisione anatomica un "rosso tumore proveniente dal fondo dell' utero , ch'ella s'ebbe per lo spa- zio di sedici anni; e d'alcuni altri casi ancora, che fanno pruova esservi dei tumori , che s'assomigliano ai cancri, ma che per le circostanze bene esaminate dal perito patolo- go, ed anatomico pure non sono; ma che possono tirare in errore, come hanno fatto dottissimi medici, ed anatomici, i quali hanno giudicato taluna donna viziata di un tumore nel- l'utero; quando il mentito male non era poi, che 1' eflVtto di un isterismo 5 o di riscaldameuto , o d'altro malore non canceroso , o maligno . Possono in oltre essere ingannati i meno accorti, ed attenti, per la somiglianza di alcuni segni col cancro, quando l'utero venga tratto fuori dalla natura! sua posizione , che chiamasi antiversione, e retroversione del- l' utero , la quale nella sua pratica il Manzoni non ebbe a Tomo XIX. k LXXIV conoscere se non se imperfetta . Né lo scolamento continuo - di copioso umore sanioso , e fetente dalla vagina è sempre segno certo di maligna piaga dell' utero , come lo pruova con nn taglio anatomico, che fece in una donna, e lo dimostra ancora colla patologia , e coli' autorità di Giovanni Astrile nel libro dei mali delle donne; e quindi saggiamente con- chiude 5 eh' è assai raro il cancro del corpo dell'utero; e che r utero istesso soggetto a tanti altri malori di un gene- re diverso dal cancro , pnote ingannare chi venga talvolta condotto a giudicarne non dalla vera pratica , ma dall' arbi- traria immaginazione . Taccio per amore di brevità di narrare alcune sagge ri- flessioni le quali da chi vorrà si potranno leggere per agio , e ricorderò piuttosto i segni diligentemente, e con tutta e- sattezza raccolti dal Manzoni per conoscere, quando sia la donna viziata di (|uesta tristissima malattia . Nel suo inco- minciamento è assai difficile a conoscere il cancro; ed altret' tanto è difficile a curarsi , allora che si è già reso manifesto; ed e in errore chi crede, ch'esso incominci al modo degli altri cancri . La scrupolosa esplorazione ha fatto conoscere , che incomincia le piìi volte da un bitorzoletto, o porro assai minore di una lente , che viene sul collo dell' utero , che non è né duro, né aspro, né scuro : il quale crescendo, ora rapidamente, ora lentamente, abbraccia tutto il collo istesso in forma d'anello; ed arrivato a certa grandezza, offenden- do invade 1' orificio dell' utero , che a poco a poco s' apre ? e si allarga , ed il» suo orlo diviene aspro, ed ineguale, do- lente al tocco , e che altresì toccato manda sangue da qual- che punto . Nel suo principio non trattiene , né altera il cor- so dei mestrui , che si vanno poi sconciando in seguito , e ne nascono talvolta perdite di sangue strabocchevoli . In al- cune donne, e più frequentemente, s'indura l'orificio, ed il collo dell' utero s' ingrossa , si fa bernoccoluto , si ricon- centra, come fa il cappezzolo , nel cancro dfUe mamm<'lle : le quali alterazioni morbifere recano alla donna una sensibì* Je molestia verso l'ano, e sembra ad essa patir frequente bisogno di scaricare il ventre; il che tuttavia facendo , non ne sente verun giovamento . Giunte le donne al compimento del periodo de' loro me- strui 5 veggon nulladinieno a stillare dalla vagina aloune goc- ciole sanguigne, le quali però sono rneschiate ad un umore sanioso, lo che è sempre d' infelice e tristo augurio. Questo fenomeno per altro non è sempre costante , perchè non lo vide in tre donne il Manzoni , ed in un' altra il Morgagni . Sono questi i segni primaticci, e piìi diffìcili a far conosce- re il cancro dell'utero; e gli altri che ne vanno succeden- do, come i dolori acutissimi, la febbre etica, il dimagrimen- to del corpo, e la consunzione , il reumatismo artritico ^ la diarrea colliquativa , la sanie che scola continuamente , sono ben facili d' essere conosciuti da! chirurgo il più zotico , ed ignorante . Narra a questo termine il Manzoni la storia di un cancro dell' utero , che non compiè , come negli altri , r ordinario suo corso , quantunque avesse a manifestarsi in- cominciato coi soliti fenomeni di questa malattia : ma l'inci- sione anatomica fatta alla presenza di molti spettatori , di medici , e di chirurghi ha dimostrato , che troppo era tale : I' utero canceroso fu conservato dal Manzoni , e fatto deli- neare in rame , e riposto nel fine dei suo ragionamento ; e ben lo fece a ragione , perchè si voleva mantenere , che la malattia di questa donna non fosse il cancro dell' utero ; e per erudire insieme i meno pratici, che suole questo mor- bo in diverse forme ingenerarsi , e con diverso modo mani- festare se stesso, e con diverso ordine il suo andamento con- tinuare . Dimostrati i fenomeni , che ponno insegnare , come si conosca 1' utero canceroso nel suo principio ^ nei progressi , e nella fine; disamina egli le cause che ponno ingenerarlo ; e con prudente critica ne rifiuta parecchie : come , esempli- grazia , eh' esso venga dalla cessazione de' sangui mestrui ; provando col celebre Quesiiay^ pochissime essere quelle don- LXX\ l ne , che vadano soggette a questo male per quella ragione , ed in quel periodo ; e che maggiore è il novero di quelle , che per altre cagioni quivi addotte ne sono assalite j e che ne sono egualmente di quelle , che non hanno ancora com- piuto questo termine; e le cittadine più ancora , che le don- ne di villa , nelle quali il caso avviene rarissimo , sebbene compiano queste , come le altre il periodo de' loro santini mestrui . Riconosce intanto per vera causa 1' artritide , ed il reumatismo cagionati dall'impedita insensibile traspirazione, la quale causa molto più s' accresce dalla pessima costuman- za di non coprire le membra, le mammelle ^ ed il dorso ; affrontandosi queste spartane eziandio con gli stridori del rigido verno : vizio abbominevole introdotto nelle colte per- sone , eh' espongono il corpo loro all' incostanza delle stagio- ni , perchè cosi porta la moda , o piuttosto l'ambizione a cui sacrificano l'onore e la pudicizia. Altre cause poi egli accen- na, e fra queste l' abbominevole strumento da provocare l'a- borto; le amniacature, o per l'estrazione delle secondine, o fatte dai pessarii, come crede il Morgagni, e talvolta ancora le injezioni troppo astringenti pei- sopprimere i fiori bianchi ; eia sifilide, avvegnaché per questa ne succeda assai di rado. Esposte così le cause , che 1' una o 1' altra possono in- generare gli infarcimenti , e gli ingorghi maligni alla bocca, od al collo della matrice, egli ricerca l'indole, e la natura di quest'umor velenoso; ma nulla più di questo si può sa- pere, se non se, esser lui di natura distruggitrice , ed in- domabile . La sola varietà di tante opinioni di tanti dotti indagatori , che ne scrissero poco concordemente , dimostra , che non s'è ancora dato sicuro giudizio sulT indole di code- sto veleno . E fuvvi chi disse , essere questa materia d' aci- da natura, e chi d'alcalina, ed altri composta d'acido, e d' alcalino ; e dissero gli antichi , che fosse atra bile effer- vescente , e degenerata nell' umor melancolico , e si tenn9 questa opinione da Aezio, fino a Boerave . Non è avviso al Manzoni , che sia questo male ereditario, e adduce delle bei- LXXVJl le congliietture , e ragioni per comprovarlo , e move ezian- dìo la quistione , se sia contagioso, o no . Egli mostra dubi- tare , eh' egli lo possa essere assolutamente ; ma dice , che per altro questo veleno da chicchessia assorbito , può conta- minare almeno gli umori , e communicare altrui delle triste disposizioni, che sentano della natura di questo male j e sem- bra, che con alcuni fatti voglia provarlo , che per amore di brevità lascio di raccontare . Chi è atto a conoscere un male, dice Ippocrate^ è atto a guarirlo, e si vuole intendere di quelli, che sono sanabili . Chi era più atto a conoscere il cancro dell' utero dopo tante osservazioni , che fosse il Manzoni \ e pure quanti ne ha egli guarito? Nessuno. Misera condizione dell'arte nostra! v'ha certe malattie, le quali sebbene per i loro fenomeni sieno di- stinte, e conosciute dagli accurati osservatorij non ponno tut- tavia essere guarite, perchè non se ne conosce l'indole, e la natura del veleno, che le produce^ e le ingenera, e perchè né eziandio per abbattimento, non venne mai guarito dall'ar- te . Tale è il cancro dell' utero. Fu per altro sempre cercato di medicarlo, e di guarirlo: e moltiplici sono i rimedii , che ne furono usati, ma tutti in vanoj come accuratamente tutti gli ricorda il Manzoni. Gli antichi, dice egli, secondo la loro teoria, purgavano la bile ; successe a questo metodo quello d' usare il muriato mercuriale dolce; a questo, quello delle fregagioni mercuria- li sempre inutili , e perniziose : e se talvolta furono cantate le lodi di questo rimedio, dice il Manzoni col Richter , non dover essere stati veri scirri, o cancri occulti legittimi quel- li, che furono risanati. E in oltre commendatissimo il caute- rio alle cosce; il salasso una volta il mese, da altri due vol- te l'anno, e v' ba chi vuole, che l' inferma si purghi soven- ti volte ; ma conchiude col Morgagni, che questi presidii del- l'arte sono valevoli talvolta a ritardare il progresso del ma- le^ ma non giammai ad estinguerlo perfettamente. Delle malattie , delle quali non è conosciuta la causa, si Lxxvni ricercano, e si propongono sempre nuovi rimedii , e specifi- ci , come nella tosse convulsiva , e nelle febbri terzane , ed in più altri malori ; e cosi i medici si diedero tutti a ricer- care nuovi medicamenti pel cancro dell' utero ; e ( quello eh' è maraviglioso assai ) ad immaginarne per fino di quelli , che valessero a guarire il cancro manifesto , ed esulcerato, seb- bene, per la lunga esperienza si sappia, che con qualsivoglia rimedio non sia stato guarito mai alcuno, che fosse vero can- cro. Lambergen vuole, che si possa guarire coli' Atropa bel- la donna del Linneo ( solaniim furìosum, solarium lethale del Clusio 5 e del Lobelio); e Vandermond lo crede rimedio al- meno calmante , e palliativo . Sauvages mette per sicuro ri- medio r estratto delle foglie del jusquiamo bianco ( hiosciainiis alùus); e Gilibert afferma d'aver conosciuto un chirurgo, che guariva le ulcere cancerose coli' estratto d' uva d' Ame- rica { phitolacca decendra Liniiei); ed Enrico Langio coi se- mi di finocchio acquatico [ phelandriiuìi aquaticum Liiinei). Diedero altri la palma al gaz acido carbonico, altri al succo di Carota ( Daucus carota ), altri alla vermicolare ( sedum acre Linnei ) altri alla jacea officinale ( herba triiiitas degli Italia- ni, Viola trìcolor del Linneo ), altri all' acido prussico per in- jezione, ed altri finalmente all' estratto della grande cicuta { conium maculatum Linnei ). Ma com'è, dice il Manzoni, che questi rimedii, creduti tanto salutari , messi alla pruova non rispondano mai dell'effetto promesso? Anzi tornino le più vol- te dannosi? Conchiude, o che le storie non furono sincere , o che non furono veri cancri quelli , che si vollero guariti con questi millantati argomenti. Ma se dunque o sono inutili, o dannosi tutti questi ri- medii, si potrebbe, ricerca il Manzoni, fare il taglio del can- cro dell'utero, come di quello delle poppe? Astruc decise ne- gativamente. Ma il dotto Monteggia lo propose, e saviamen- te disse, che il tentarlo sarebbe azzardoso^ e dubbioso-^ di ta- gliare , cioè, traversalmente tutta la bocca dt^ll' utero cance- roso sporgente nella vagina . L' opera del Monteggia fu tra 1 IXXIX dotta in lingua Tedesca, e pubblicata in Vienna 1' anno mil- le ottocento e quattro . Intanto si seppe in Italia per mezzo di un estratto di una memoria letta alla Pieale Società di Gottinga^, che il celebre Professore Osiander aveva tagliati no- ve uteri cancerosi, com'ei dice, felicemente . La cosa è as- sai maravigliosa , dice il Manzoni, ma non sembra, che 1' ab- biano creduta i dotti chirurghi Tedeschi ; perchè dalla Im- periale e Reale Accademia Gioseffina di Vienna in Austria non sarebJ)e stato pubblicato il Tema sull' argomento del cancro , e sulla incisione del medesimo, se le guarigioni fat- te dal Signor Osiander con questo mezzo fossero state cre- dute. Confessa egli stesso il Monteggia gli esiti poco felici , ch'ebbero le legature del collo dell' utero. Ora non negando il Manzoni la possibilità dell'operazione, annovera i perico- li, le circostanze, le circospczioni che si dovrebbero avere; e converrebbe, che dottissimi uomini facessero severa critica alle nove operazioni del Signor Osiander, che promise di far le pubbliche colle stampe, ma che per altro tuttavia vengo- no desiderate. Se dunque, non v' ha rimedio certo, se non è ancora de- ciso, che si possa tentare la recisione del collo dell'utero can- ceroso, or che si deve dunque fare ? Si calmino almeno, di- ce il Manzoni, i crudeli fenomeni, e tormentosi di questo mor- bo. L' oppio , e le sue preparazioni introdotte nel!' ano rie- scono a tal uopo utilissime, e particolarmente se si usino in sulla sera per calmare nelle ore notturne gli acutissimi do- lori. Alle menorragie, che vanno succedendo a queste infeli- ci addolorate, torna utile la posca fredda ricevuta nei panno- lini applicati al ventre, e talvolta ancora il ghiaccio involto nei medesimi; e se per avventura succedmo le sincopi, è mol- to confortativa 1' acqua spiritosa di cannella . Si tengano la- vate, e nette le parti imbrattate di fetida sanie, che cola dal- l'utero, colle decozioni di crusca, di foglie di malva stillate a pio-Tgia letitaniPiite per non irritarle . Con questo metodo dal Manzoni sperimentato è scemato il dolore all' inferme , e LXXX possono pii\ lungamente vivere, e meno tormentate. Egli con- chiude alla fine il suo ragionamento col vivo desiderio , ohe con un metodo di vita più morigerato, onesto, e semplice pos- sine le donne campare da una sì crudel malattia resasi og- gimmai troppo frequente. E se il suo ragionamento non puo- te riuscire a salvare le donne viziate dal cancro dell' utero , sarà utilissimo almeno, perchè ne possine evitare le cause; e per questa via ne vengano impediti , o snervati i crudeli effetti : ed altresì acciocché i chirurghi possano più agevol- mente conoscerlOjO pronosticarne con loro onore, senza met- tere per mala giunta alla tortura quelle infelici, ponendo sossopra le Spezierie . Un altro ragionamento aveva egli scritto sulla degluti- zione per rendere chiare alcune idee del Morgagni , ed os- servazioni , e manifestare insieme la sua opinione che voleva render pubhiica colle stampe ; ma divenuto già debile , ed infievolito dalie lunghe fatiche , e dagli assidui studiì ; anzi di tratto in tratto infermando con minaccia di emiplegia , non ha potuto far questa utilità alla patria , ed al mondo , né soddisfare al suo desiderio. Ed infatti nel mese di Settem- bre dell' anno ottocento diciannove fu colto nuovamente da febbre , e stupore della persona ; dai quali fenomeni dopo alcuni giorni alquanto riavuto, dava le più belle speranze di vicina salute ; ma il giorno undici del mese di Ottobre fu assalito da una febbre carotica, che nel giorno diciotto del mese istesso lo rapì alla desolata famiglia , e dolente , agli amici, alla patria , ed a tutta la medica Repubblica, che lo piange , e lo ricorderà mai sempre con sommo desiderio , e dolore . Ora si vuol dire una qualche cosa della sua vita civile, e come sia stato ottimo padre di famiglia . Menò in moglie in età d' anni vent' otto Angela Bellavita di onesta famiglia Veronese , stata già moglie di Antonio Silvetti , còlla quale visse forse trenta sei anni senza litigi , eh' egli sommamente abborriva . Di lei ebbe varii figliuoli, de' quali sopravvissero LXXXI tre , Teresa , Luigi , e Francesco . Non risparmiò mai spesa veruna per civilmente , ed onestamente educarli ; e scelse in particolar modo valenti precettori , che guidar li potessero per la via della virtù , e della dottrina . Di che non ebbe a pentirsi , perchè corrisposero questi collo studio ai deside- rii ed alle speranze del padre , ed alla perizia , e diligenza de^ loro institutori . Fu molto commendabile il Manzoni; imperocché senza fon.- di paternij ha potuto colla sola arte sua , e voluto fare ai suoi figliuoli quei benefizii , che l'onorato padre di famiglia cerca sempre di fare: lasciando loro un sufficiente patrimonio, né già per qut'sto usò in casa men che orrevole trattamento. Fu beneficentissimo co' fratelli suoi, e parenti ; ma in particolar modo co' poverelli, essendo stato sempre liberale, e limosinie- ro. E posso io renderne testimonianza, meglio d' ogn' altro, perchè lo vidi , oltre al prestar V opera gratuita con somma carità a' poveri infermi , a sovvenirli anche ne' loro bisogni generosam.ente; e ben mi ricorda ancora con somma tenerez- za, che avendolo io chiamato a consiglio per una malattia di un vecchio assai povero, e da lui prima, e da me conosciuto ricco; e veggendo, eh' io secondo le mie forze cercava di soc- correrlo, volle con nobile gara dividere meco il merito della cura, e del sovvenimento. Non chiedeva mai la mercede del- l' opere sue , se non venisse a lui offerta , né la ricusava se troppo scarsa; né essendogli frodata ingiustamente da alcuno, il citò mai in giudizio ; e gli doleva, s'altri fatto l'avesse con disonore dell'arte sua. Era lepido ne' familiari discorsi, affa- bile, e manieroso; e sebbene ( come porta l'arte nostra ) egli si trovasse spesso a' pericolosi cimenti ; congiunse però mai sempre colla piacevolezza un contegno sì onesto, e grave, che dando altrui sicurtà, non mettea però a risico l'altrui, né la propria coscienza. Colle vergini innocenti, e colle pudiche ma- trone portavasi in modo, che la loro pudicizia, e l'onore ne rimaneva sempre sicuro. Di che tutti, e tutte aveano in lui piena fede , a Ini ne' piìi teneri e gelosi fatti a sicurtà com- Toino XIX. I Lxxxir mettendosi. Seppe con queste maniere^ talvolta non conosciu- te, essere il dolce amico di tutte le famiglie, delie quali era segretario j e consigliere. Osservava lealmente il secreto in quelle cose massiaiamente, che risguardano la buona fama, e r onore altrui, conservando in questa guisa la perfetta pace dei conjugati . Fu sempre perfetto Cristiano , e Cattolico ; e singolarmente nelle passate procelle , nelle quali la fede di Lui si mantenne immobile nella santa Religione, e nella so- da pietà, per forma, che di Lui nella sua patria non fu mai ombra di sinistro sospetto. Nell'ultimo tempo, che il piìi del giorno passava in casa, lesse con infinito piacere la vita di Ge- sù Cristo scritta dal suo amico Don Antonio Cesari . Final- mente neir ultima malattia , che il teneva assopito, riscosso un poco ; essendogli dal Confessore proposto di ricevere gli ultimi Sagramenti, mostrò col volto rasserenato non pur d'es- serne contento, ma di desiderarlo eziandio: e li ricevette con animo tranquillo, e religioso, con edificazione, e consolazione delia famiglia, e di tutti. Amici ebbe molti, ed in ìspezieltà i dotti, scienziati, e uomini di lettere della Città nostra ; e per dirne alcuno, Lio- nardo Targa sommo medico, e grande critico dei libri di me- dicina di Aulo Cornelio Celso; Benedetto del Bene, che fu ancora suo condiscepolo, e s'amarono mai sempre teneramen- te; i Preti Luigi Girolamo Trevisani prefetto degli studj nel Seminario Vescovile , Antonio Cesari grande Filologo, Anto- nio Zamboni provveditore nell'Imperiale Regio Liceo convit- to. Santi Fontana, Giovambatista Frisoni, Antonio Benoni ora Canonico Teologo in Mantova, e tanti altri , che tutti fanno onore a questa mia patria. Io pure fui nel novero di questi, avvegnaché non sia né dotto, né scienziato ; ma convien dire che per la simiglianza dell' arte, e de' miei pensieri co' suoi m'abbia voluto così stretto a sé come fummo, per lo spazio di trent'anni, in tenera amicizia. Ora, ecco fornito verso di te, dolce antico, il povero uffizio dell' amor mio , e della osservanza . Ed or di te che LXXXIII lui resta ? La tua pietà il tuo esempio, ed i tuoi hetiefizii . Che lesta insieme agli altri ? L' opere sue , e le azioni ono- rate . Voglia pur Dio , che la fiorente studiosa gioventìi del- l' arte nostra voglia specchiarsi in questo vivo modello , e seguire con passo sicuro le tracce del suo magistero; aman- dosi scambievolmente, fuggendo le discordie, ed i litigi, atten- dendo alio studio lunge dai partiti , e da' perniciosi sistemi, seguendo anzi le osservazioni , precipuo fondamento , e sicu- ro dell' arte nostra , con tutte le altre cose , che la possono render più ntile a' prossimi nostri; mostrandosi aliena dal soz- zo interesse; che se da tutti dee esser fuggito, vuol essere troppo pili da' Professori di una liberal disciplina. Che se ciò mi verrà fatto ; potrò in questi ultimi anni della misera vita mia lietamente cantare col nostro Cesari nel fine dei suo Capitolo sopra il Giuoco; Già '1 sessagesimo anno ornai m' è corso , Fra mille mali della vita acerba ; Pur dirò , lieti giorni aver trascorso. Se a veder tanto bene il Ciel mi serba. 1 ( /) ar/ r ■ ^ /Y:uafW//^ (/r// Non ho voluto proferir io giudizio sulla principale sco- perta del Modenese Analista nella Dottrina dell' equazioni. Dopo la ricordata pubblicazion dell' opuscolo il celeberrimo Paoli (g) , del quale il suffi-agio pareggia l' unanime voto dei (9) Dalia gentilezza dell' egregio | Sig. Avvocato Luigi Ruffini , Fratello Scritto dal Prof. Bianchi xcvii valenti , si die convinto della Insolubilità. Odasi il Magistrini nell'Elogio di Lagrange (ic>), che di equazioni parlando, ri- serba al Ruffini la gloria di aver raggiunto in questa parte la meta. Interroghiamo altri Matematici, e fia gli stranieri ne dirà il Cauchy (ii) che il titolo dell' equazioni aggregava il Ruffini a' Geometri corrispondenti della Real Accademia Pari- gina delle Scienze. Ne dirà il Segretario della Società Reale di Londra Tommaso Young (12) che favorevole all' Insolubili- tà si è pure il voto individuale de' Brittanici Ingegni. So che la Commissione accademica dei Lagrange ,Lacroix e Legendre di pronunziar s' astenne intorno alla dimostrazion del Profes- sor IModanese ; ma so ancora che di que' giorni comparso non ei'a l'opuscolo dianzi celebrato; e non ripugna l'osservare, che sebbene il Sig. Delambre (i3) interpreti graziosamente il silenzio dell'Accademia, non è si grave in simili casi il dritto d'infallibilità per un Tribunale, che la ragion matema- tica abbia a restarne per non emesso giudizio debilitata. Ora di tante cose ribocca il mio soggetto che mi astringe a tralasciarne di molte. Non v' incresca quindi eh' io taccia di quella Memoria elaboratissima intesa a sciogliere le equa- zioni particolari di superior grado, nella quale i criterii e le norme si fermarono , quando a riconoscere se la proposta e- quazione si possa di grado abbassare^ quando per eseguire la soluzione possibile riconosciuta; non meraviglia perciò che ve- nisse meritata di premio dall' italiana Società delle Scienze . ed Erede del nostro ProfeSBore, essen- domi stato conceduto di vedere il car- teggio che ebbero col Professore mede- simo alcuni grandi ucraini, io ne ho approfittato per citarne opportunamen- te le lettere. Lettera alRuffini a^ Giugno iSiA. (ik) Opusc. Scientifici di Bologna Fascic. XIV. pag. io3. (il) Lett. al Ruffini ao Sett. l8ai. (12) Lett. al Ruffini 17. Marzo. 1814. „ Les particuliers , quiontvu vo- tre Memoire , en ont étè tres satisfaits > et Ì8 sont d'avis que Vous avez reussi a démontrer ce que Vous vous étes pro- pose d' établir „ parole del Seg.» del- la Società Reale. (i3) Lett. al R. 18 Maggio iSir. xcvm Elogio pel Prof. Ruffini E trapasserò pure la Memoria, che Opera più presto si direb- be , e degna estimata della massima Corona dalla Società me- desima , sulla determinazion delle radici di tutte le equazioni numeriche per modo approssimativo ; argomento di vigilie ai J^ewton , ai BernouUi , ai Simpson , agli Euleri , e sopra gli altri al Lagrange che metodo elegantissimo ne propose perfe- zionato dal Ruffini nella speditezza delle pratiche operazioni, e per 1' immediata espression decimale delle radici, e pel di- minuito numero de' tentativi , e pel rapido crescere de' coeffi- cienti, onde più prontamente si trascurino i termini ulterio- ri. Né anche vi parlerò dell'Algebra elementare coli' Appendice dal Paoli (i 4) riputata nella scelta , nell' ordine , nel dimostra- tivo rigore pregevolissima , per cui sentenziò ben condotti gli elementi di una Facoltà allora solo che a comporli s' adopra- no uomini grandi . Per le quali cose incontrastabil si rende aver giovato il Ruffini all' Analisi non tanto negativamente, scornando nell' equazioni i limiti certi di suo dominio, quanto altresì col promoverne i luminosi positivi avanzamenti. Né a ciò si restrinse il suo acume ; perocché divenuto familiare colle verità del calcolo , queste il prodigioso poter loro gli dispiegarono e a mieter palme lo scorsero ne' campi della Geometria, finitime Scienze, sendo l'Algebra una scritta Geo- metria, e la Geometria un' Algebra figurata. (i5) La Quadratura del Circolo, che a se mi chiama , é uno di que' Problemi, i quali a guisa di perigliosi scogli s'incon- trano nelle matematiche. Ben veggenti alcuni spiriti s'accin- sero benefici a sgombrar V illusione, e il Gregory, il Newton, il Saurin ed altri dimostrarono il Problema di non fattibile risolvimento. Parve nuUadimeno al D'Alembert che privo il Newtoniano Teorema di esattezza rigettar se ne dovesse la con- seguenza. In questo arringo di antiche e rinascenti dispute en- tra il Ruffini, ne instituisce i processi , d' ineluttabili prove (i4)Lett. al R. 7. Settembre. 1809. | (i5) Bailly. Hist.de 1' astron. mod. T. III. pag. i38. . Scritto dal Prof. Bianchi xcix afforza la proposizione di Newton , al D' Alembert risponde , r obbjezion dissipandone del confronto fra il circolo e la ci- cloide, fra il Problema della Quadratura e quello della trise- zion deir angolo rettilineo, e simile a regal fiume che la fer- tilità diffonde a più terre e provincie^ stende la dimostrazio- ne della intentabile quadratura a intiere famiglie di curve , nelle quali 1' AppoUoniana Iperbola comprendesi; il perchè im- possibile poi bassi a riguardare eziandio la rettificazione della Apolloniana Parabola. E qual impresa più ampia e malagevole non attende il nostro Analista ? Per algebrico impensato concetto di Cartesio sembrarono le curve moltiplicare e una specie offerire di geometrico Uni- verso (i6). Il bisogno quindi sentito di una Classificazione , si mise a stabilirne i caratteri quel Genio che involò il segTCto alla Natura nel meccanico principio delle Curve celesti, e no- verò Egli poscia le curve a semplice curvatura del terz' ordine. Ma le difficoltà per ordini più elevati aumentano in corrispon- denza degli analitici ostacoli a superarsi maggiori nello sciorre le rispettive equazioni. Cramer ed Eulero finalmente le diffini- tive proprietà ravvisano nelle curve di quart' ordine, parlano del loro numero ; né altro osando, si trovano oltre a ciò di- scordi ne' risultamenti. Chi pertanto intrepido cimenterà sé stesso nello spinoso labirinto di calcoli pressoché immensi? Chi la paziente disamina sosterrà della general equazione a due variabili che ogni curva piana rappresenta, ed escluderà, stranieri alla immediata quistione, 1' analitico paralellogrammo di Newton e il triangolo algebrico dell' Ab. de Gua ? Chi per tal esame la via si aprirà a conoscere le riposte affezioni delle curve a distanze infinite, e forse nella obbliquità o nel para- lellismo de' diametri delle assintotiche Iperbole o Parabole ad- diterà il criterio, onde senza equivoco appropriare la classi- ficazione a tutti gli ordini delle curve, e farà palese ad un (i6) Bailly. Hijt. da 1' astron. moder. T. III. pag. 187. e Elogio del Prof. Ruffini tempo la ragione della differenza fra Cramer ed Eulero ? Non altri che il Ruffini, nella cui vasta men*e si raccoglieva l'ar- chetipa idea dell' esimio lavoro^ che morte a troncar venne allora che l'utilissimo discioglimento da ognuno si affrettava. Il quale deplorabil caso non tolse al nostro Paolo di vivere chiaro per questa non meno che per l'altre sue opere, le qua- li porgeranno per avventura ferace materia di più sublimi quistioni, e fors' anco di più famosi scovrimenti. Siccome poi nella dovizia del sapere, nell' amor dell'or- dine, neir osservanza del linguaggio riseggono le qualità ec- cellenti ad apprendere altrui le matematiche, non si dee chie- dere quanto fosse per pubblico insegnamento benemerito il nostro Collega. Ne rispondono per me i lodati elementi dell' Algebra e delle sue applicazioni, gl'inediti Scritti di Geome- tria , il profitto di que'discepoli che avrebbero accresciuto lu- stro alla pacifica scienza calcolatrice , ove le marziali cure non fossero insorte , e voi ne rispondete per me , pregiati Giovani , che alla istruzione di tanto Maestro grati ascrivete il filosofico Lauro che vi adorna . Aggiugnerò solamente che ridonato il Ruffini alla Cattedra d' Istituzioni analitiche quel- la pure gli si commise di calcolo sublime, e che divenuto in appresso Professore di Matematica applicata ^ all' epoca auspi- catissima del reduce Estense Reg-gimento venne su questa ultima Cattedra dalla Sovrana Fiducia confermato qual lume di nostra Università rifiorente. Non meno è nota 1' estimazione in che lui tennero Uo- mini preclarissimi , e prova ne danno i sinceri tributi di un Gregorio Fontana ^ di un Saladini^ di un Cossali , di un Can- terzani , di un Pasquich (17), e di un Europeo Ingegno so- brio di lodi^ equo in pronunziarle (18). Potrei dire che un Guglielmini e un Venturoli consultano il Ruffini ;, e se ne chiamano riconoscenti (19); Quegli per alcune annotazioni ad 1 (17) Lettere diverse al R. j Art. anon. (18) Bibliot.ital. T. I.pag. 227-28. I (19) Lettere dei nominati al fi. Scritto dal Prof. Bianchi ci un suo opuscolo; questi per copia di sussidi! nell'Opera che principalmente illustra il suo nome. Bensì rammenterò il giu- dizio di bennato Spirito in accreditato Giornale fintosi pelle- grino, che d' un rapido pensiero discorrendo l' Italia saluta in suo passaggio T indefesso Piazzi _, il celebre Pergola, il ri- nomato Paoli j il valoroso Magistrini e dopo avere, secondan- do i moti di pietà , sparso di alcun fiore 1' avello del Bona- ti , ad ammirar viene fra noi , grande nell' analisi , il Rufli- ni (20). Al grido delle quali testimonianze ammutolisca quella vo- ce, non so se maligna o invidiosa, che tacciava il Ruffini di non uscire giammai dell'equazioni. Qualora si consideri, com' è pur forza , 1' immensità delle Matematiche , chi non avvisa ri- cercarsi continuo studio , lungo vivere , attivo genio a colti- var di quelle ogni ramo e a primeggiarne in uno de' più ar- dui e de' meno illustrati ? Chi vorrà quindi scemar lode al Ruf- fìni che versato in tutte le parti della scienza , in una si trat- tenne e i brevi giorni vi consacrò a ritrarne, quasi da ine- sausta miniera , tesori insperati ? Così anzi prescrive saggia economia che le scientifiche occupazioni distribuisce , e ap- pena si eccettuano un Newton , un Eulero, un Lagrange relati- vamente ai progressi dell'intera Matematica, e quanto a tutte insieme le Scienze del solo Leibnitz affermar si potrà ch'Ei le facesse progredire , que' Romani emulando forti a reggere dai lor cocchi fin otto cavalli di fronte (ai). Sebbene, oltre il titolo di Geometra, quelli altresì al nostro Paolo si addi- cono di profondo Metafisico e di Medico insigne. Gli eccessi opposti adontano del pari e pregiudicano la Filosofia; e se in obbrobrio e scapito della ragione ridondò al- tre volte il servaggio che le imposero il Peripato e la Stoa^ uno smodato abuso di hbertà non le cagionò di recente mino- (ao) Bibliot. ital. T. XVII. pag. 109-10. (21) Fonteiielle. Elog. de Leibnitz. Tomo XIX. i cu Elogio del Prof. Ruffini ri mali. Quello stesso abuso terribile , che di mina minaccia le morali Repubbliche, di scompigliar anco s' attenta l' intel- lettuale imperio della verità, quando meglio non si dica il pri- mo di questi effetti essere del secondo luttuosa conseguenza. Nemica la verità delle scolastiche l'orme e delle dialettiche sottigliezze impone contuttociò sovrane leggi , cui non è sen- za gi-ave perturbazione l' infrangere. Da questo Codice vene- rando d' incorrotti dettami non dipartendosi in sue specola- zioni la solitaria Metafisica, esatta definisce, dimostra severa, legittima deduce j raggiunge il certo , il dubbio risolve, ap- palesa il falso e procacciasi tuttora l' intimo altrui convinci- mento. Non tenni , o Signori , cosi vago il discorso che non mirassi al Rulfini , e men rendono chiara fede l' opuscolo sul- la Immaterialità dell' anima, e le critiche Riflessioni sopra il saggio filosofico intorno alle probabilità del celebre Sig. La- place. E qual aberramento e qual più informe congerie di as- surdità che il sensorio e le contrattili fibre nel sistema dell' in- glese materialista Zoonomo Erasmo Darwin ? Come di paralo- gismo non vien egli tratto in paralogismo vituperevolmente il Francese Geometra ne' suoi Calcoli di probabilità a morali og- getti applicati ? Frutti d' abusata libertà nell' esercizio della ragione per tacer della radice più infetta che lo stesso abu- so alimenta. Quali non sono per lo incontro i trionfi della ret- ta Metafisica e nel Teorema della spiritualità delf essere in- telligente, e nella vigorosa confutazione del Darwiniano siste- ma , e nelle irrefragabili considerazioni sulla libertà dell' ani- ma, sul divino attributo di Provvidenza^ e sulle asseveranze de' testimonii ai paralogismi opposte del Laplace ? E chi fu nel- le accennate pugne 1' Eroe , cui fra 'l plauso fregiò due volte di singolare Corona il Gerarca del Vaticano , se non il Ruffi- ni? Avvezzo Egli alla forza della metafisica ne' concetti dell' analisi matematica e sentitone il bisogno ne' degeneri tempi , se ne armò a difesa del vero, quasi d'egida invulnerabile. Per r altra parte , benché a me non s' appartenga asse- gnar intrinseca misura al medico sapere di Paoloj non pertan- Scritto dal Prof. Bianchi cut to all' inabilità mia copiosi fatti suppliscono , li quali a niuno fra noi è lecito d' ignorare. Impercioccliè ricorda la nostra U- niversità eh' Ella Dottore acclamoUo in Medicina , graduando- lo a un tempo nella superior Cliirurgia, e ricorda col senti- mento generoso della propria gloria il prezioso dono a lei fatto nel Professor di Clinica medica e di pratica medicina dal sag- gio consiglio dell'eccelso Principe. Noi tutti ricordiamo quan- ta fosse la Real confidenza e l'amore verso il Ruffini che del titolo il volle onorato di special medico dell' augusta Fami- glia. Ricorda per ultimo ogni ceto di Cittadini che dove un qualche morbo infierisse fra le nostre mura, all'ippocratico soc- corrimento Lui si chiedeva , o si bramavano almeno i suoi con- sigli . E ben gli acquistarono medico-letteraria celebrità al- cuni scritti , de' quali uno , già di pubblica ragione, s'intitola „ Memoria sul Tifo contagioso „ e degli altri, s' attende , con desiderio non minore di comune vantaggio , la postuma luce. Se non che un pi-ecipuo carattere di sapienza commen- dar si debbe ne' ministri dell'arte salutare. Medico il Ruffini^ matematico e metafisico sentia meglio che altri tanto esser lun- gi la Terapeutica dall'assoluta certezza, quanto che lo scopo di sue indagini, comecché plausibilissimo, del continuo con- traddice ad un vero irrevocabile, la nostra mortai condizione. Quindi alle speranze dell' egra Umanità e allo studio di con- fortarla quella fiducia rimane di risultamento che sulla osser- vazione riposa e sulla sperienza. Il nostro Clinico non rico- nobbe altre Guide e alieno sempre da una foggia di Cartesia- nismo, non so per qual fato, intrusa nelle Scuole mediche , abbracciò tal genere di Newtonianismo che, non travisato da larve , cauto procede , e fermo a non dipartirsi da quanto intenda per indagar la causa di ciò che vede, docile per r opposto si diparte da quanto vede per assegnar la cagione di ciò che intende. (%x) (aa) Fontenelle. Elog. de Newton. civ Elogio del Prof. Ruffini Né opinò Egli diversamente per altri bizzarri sistemi di assurde novità, come a dire i lucidi vantati deliri! dell'ani- mai magnetismo , romanzi d' una filosofia d' oltremonte , che inestricabile ne' suoi raziocinii dovea condursi al vaneggiamen- to nello spiegare i fenomeni della natura. No , non partecipa- no i sommi uomini ad una credulità , che talvolta si estende oltre il volgo ; e così Leibnitz in lettera al Magliabecchi ne- gò i divinatori! prestigi di certa rabdomanzia , nulla mosso che il portento vantasse autorità di persona e presenza di testi- monio. (28) Pertanto riunendo al centro le sparse fila di mia Orazio- ne, come , ripiglio, non si onorerà qual sapiente e perciò qual filosofo il Ruffini , grande fra Geometri , profondo fra Metafi- sici, riputato fra Medici, ognora intento a scuoprire il vero, a soiTeggerlo di prove e a sceverarlo da eiTore ? Per le qua- li sue doti gareggiarono cospicue italiche accademie nell' as- sociarselo ; e a dire delle principali , se lo ascrisse quella di Religion cattolica in Roma , il noverò fra suoi 1' italiano Isti- tuto , e in epoca anteriore sen' era fatta lieta la Società dei Quaranta , lieta maggiormente quando a suo Presidente lo e- lesse , e confortata poi , non ha guari, nella elezion di un Suc- cessore (a4) che allo splendore dell' animo e de' talenti più d' appresso le aggiugne quello del Trono che la protegge. Quantunque , a ben riflettere , la sapienza è piccola par- te della filosofia , e qualora cessi l' encomio di quella, appe- na la lode di questa prese il coniinciamento ; stantechè la Fi- losofia, per continuare con Tullio, (aS) non solo dell'ottimo è la cognizione quanto altresì l'esercizio. Infatti come la fe- licità, cui per ingenito impulso l'uomo aspira, è premio di virtìi e morale scopo di filosofia, così troverai detto a ragio- (aS) Leibn. Oper. omn. T. V. pag. 106. EpUt. XVIII. ad Magliab. (24) S. E. il Sig. Marchese Luigi Raogoni Ministro di Economia e di pubblica fstrnzione , attuale meritisgi— ino Preeidente delia Soc. Ital. delle Se ec. ec. (35) Cic. De Orat. 1. a. Scritto dal Prof. Bianchi cv ne non darsi filosofia^ senza virtù^ ne'virtù senza filosofia (a6). E che il Raffini abbiasi a chiamar Filosofo in qut;sto senso oh ! quanti ne sono i titoli oh' io non potrei col discorso tutti a- deauare e meno descrivere ! cittadino , voi lo vedeste model- lo nella riverente osservanza delle leggi e nello zelo operoso del pubblico bene : suddito , vi die V esempio dell' ossequio, deli' amore , della fedeltà: scienziato, sembrava non esserlo per modestia, per giusto sentire dell' altrui merito , per nullo sprez- zo d'ogni persona, per abbonimento all' acre letteraria emu- lazione : Medico , accorreva sollecito al letto del dolore e nel palagio e nel tugurio, accompagnandolo a quest' ultimo lar- ghezza di beneficenza, e inestimabil cambio riportandone, il pianto della gioja e le benedizioni dell' alleviata mendicità : Professore 3 a ninno mancò dei doveri nel Portico e nella Scuo- la, e inspirar seppe di sé ne' giovanili animi confidenza da ve- nerazion temperata : Parente , Collega e amico ei fu la delizia e il desiderio degli amici , de' colleghi , de' parenti , e cara parte de' loro affetti portò con seco in separarsene. Non m' in- ganno ; una lagrima spunta in più d' un ciglio , e palpita più d' un cuore commosso alle tenere rimembranze. Ma poiché tante s'adunarono in Paolo particolari virtù che il favellare d'ognuna mi divietano, la debita lode almeno se ne compendii osservando che la virtù verace in sé tutte le accoglie , e che , ricco della somma , adorno perciò delle sin- gole compariva il Ruffini. Se quindi ne alletti interrogare i ge- nerici lineamenti della virtù ;, in lui per agevol modo si rav- viseranno. Un animo egli ebbe che il meglio non riconosce ed approva che per conformarvi il sistema non interrotto delle proprie azioni. Ed è cosi appunto che non misurandosi la vir- tù da' suoi sforzi ; (27) bensì da quanto nella via del retto e (26),, Nam nec Philosophia sine | tem esse sine studio sui potest ; nec vir- \irtute est , nec sine Philosophia virtus 1 tutisstudium sine ipsa ,, Seneca Epist. 89. est ; Philosophia stuJium virtutis est , (27) Pascal. Pensèes chap. XXIX. •ed per ipsam virtutem , nec virtus au- | §. 34. evi Elogio del Prof. Ruffini dell'onesto Ella pratica d' ordinario j irreprensibile può van- tarsi. Mirabile nel Ruffini il buon uso del tempo, unico pos- sedimento dell'uomo nella natura, ed ei neppur dissiponne i minimi intervalli, che altri vorrebbero inevitabilmente perduti a ricreazion dello spirito. Ed è così ancora che la sublime vir- tù neir uso eccellente di sue facoltà instancabile si adopra; il perchè tornami dolce ripetere che in Paolo i pregi conven- nero di vero Filosofo. Rimane però che del massimo di tai pregi si ragioni , man- cando il quale non dassi vera sapienza, virtù vera, e quin- di né anche vera Filosofia; intendo la pietà. E certamente duo- po è si conchiuda con Tullio , (2,8) che distrutte santità di co- stumi e religione , perturbamento orribile ne conseguita , es- tinguendosi colla pietà la buona fede , la società dell' uman genere e delle virtù eccellentissima , la Giustizia. Come inol- tre 1' uomo , di materia bruta composto e dotato di organica vita, privo nulladimeno sarebbe di sua immortale grandezza senza il raggio spiratogli in volto dal divin Creatore, cosi non avrebbe in se Filosofia che stupida materia nella sapienza e meccanica vita nella virtù , quando non V animasse l' etei'na particola ragionevole, la Religione. E qual esempio non offre di se stesso in questa veduta il Ruffini , del quale può dirsi che fu perfetto Cristiano perchè vero Filosofo , e perfetto Fi- losofo percliè vero Cristiano ? Né in lui distinguevi sapienza e virtù da Religione , conciossiachè se coli' intendimento ei ri- volgevasi alla verità, e con volere costante il bene seguiva, in lui tali potenze sempre anelavano all' Obbietto infinito di entram- be. La grata memoria di sua pietà edificante vive cosi che mi risparmia il penelleggiarne i singolari tratti, perchè pubblici (a8) ,, cum qua ( parla della pie- | ad?ersu8 Deos sublata , fides etiam et tà ) simul et sanctitatem et religio- 1 societas humani generis et , una excel- nem tolli necesse est : quibus subljtis perturbatio vitae sequitur et magna coafu9Ìo. Atque baud scio , an pietate lentissima Virtus , justitia toUatur „ Gic. de Nat. Deor. 1. a. Scritto dal Prof. Bianchi cvii in molta parte e quotidiani. Sebbene , Ei medesimo fra noi si perpetuò in quella soave preghiera , onde assistere degnamente alla Vittima Eucaristica, monumento di pura divozione arden- tissima , ove la beli' Anima , che il dettò , la propria immagi- ne , quasi in terso cristallo , v' impresse. Giunta a questo passo 1' Orazion mia, mentre gli enco- mii del Ruffini ceder doviebbe ad una sacra e ben più copio- sa eloquenza , cerca essa invece , bramosa di venerarlo , il ve- ro Filosofo cui descrisse , ed ahi ! che ovunque giri lo sguar- do quaggiìi noi ritrova. Sconsolata rammenta il tristissimo gior- no decimo di Maggio di quest' anno 1822,. che a tutti i voti lo rapì , e querelasi che sì celere un tal giorno spuntasse , e ac- cusa di sua ferita un tal anno : giorno che spogliò Filosofia di uno de' suoi ragguardevoli ornamenti: anno che lascia mie- tute le vite più care alle scienze e alle arti , le quali vesti- te a gramaglia vanno per Europa lamentose chiamando a no- me r Ipparco francese , (29) 1' annoverese Galileo (3o), il Fi- dia italiano. (3l) Se non che giova il confortarsi e trarre argomento di ma- gnanima emulazione dai trionfi delia pietà e del sapere. Vi torni quindi alla mente per la perdita di Paolo e il lutto d' o- gni ordine di Cittadini , e la pompa del Feretro affettuosa e magnifica , e la funebre laudazione. Che resta dunque se non che sorga il marmoreo desiderato monumento, il quale con patria festività s' intitoli = al vero Filosofo = ? Quivi accan- to all' urna mediti sapienza un volume vergato colle cifre più arcane di Dioianto , come in sulla Neva per Eulero (Sa) guar- da pensosa Geometria le sublimi forinole degli astri : quivi a duolo atteggiata serbi virtù nel duolo stesso amabilità e can- dore : e Religione, lasciata quivi cadere sul marmo l'adora- bile benda , volgasi con sue luci divine al cielo e le venga $ul labbro il sorriso. (ag) Delambro. (3i) Canova. (3oJ Hersi-liel. (3a) Acc. des Scien. Elogo d'Euler. CVIII ELENCO delle Opere del defunto Professore Paolo Piuffini cronologicamente disposte. Ruffini Professor Paolo . Teoria generale delle equazioni , in cui si dimostra impossìbile la soluzione algebraìca delle equa- zioni generali di grado superiore al quarto. Bologna 1 790. 8." tomi II. { Tom. IX. p. 44- ) delle Memorie della Società Italiana delle Scienze. Della soluzione delle equazioni algebraiche de- terminate particolari di grado superiore al quarto 1802,. pre~ miata dalla Società suddetta. ( Tomo suddetto pag. 52,7. ) Riflessioni intorno alla ret- tificazione ed alla quadratura del circolo. ( Tomo X. parte II. delle Memorie della suddetta Socie- tà ) . Della insolubilità delle equazioni algebraiche generali di grado superiore al quarto, e lettera Abati, i8o.3. Memoria sopra la determinazione delle radici nelle equa- zioni numeriche di qualunque grado, 4-'^ Modena appresso la Società Tipografica i8o4:, coronata dalla Società Italiana. (Tom. XII. delle Memorie suddette pag. ai3. ) Risposta ai dubbii propostigli dal Socio Gian Francesco Malfatti sopra la insolubilità algebraìca delle equazioni dì grado superiore al quarto i8o5. (Ivi pag. Sai. ) Riflessioni di P. R. intorno al metodo, proposto dal consocio Blalfatti G. F. per la soluzione del- le equazioni di 5.° grado. Della immaterialità dell' anima, 8.° Modena, Soliani 1806. ( Memorie dell' Istituto Nazionale Italiano Tom. I. p. II. pag. 433- ) DMa insolubilità delle equazioni algebraiche ge- nerali dì grado superiore al quarto qualunque metodo si ado- peri algebraìco esso siasi, o trascendentale. Algebra, e sua appendice, 8.° Modena 1807 e i8o8j Tomi IL, appresso la Società Tipografica. . . ,. ^.., CIX (Tom. XIII. Società Italiana parte I. pag. aga. ) Alcune proprietà generali delle funzioni. 1807. ( Toni. XVI. suddetta pag. 873. par. I. ) Di un nuovo metodo generale di estrarre le radici numeriche. (...) Appendice alla suddetta WLemoria, 181 3. Riflessioni intorno alla 'soluzione delle equazioni algebrai- che generali. Opuscolo. 4-" Modena 181 3- appresso la Società Tipografica. ( Tom. XVIII. della Società suddetta parte fisica fascico- lo II. pag. 35o. ) Memoria del tifo contagioso, i8ao. ( parte Mateni. pag. 56. Fascic. I. ) Intorno al metodo generale proposto dal Signor Hoéne Wronski onde ri- solvere le equazioni di tutti i gradi. ( Tom. stesso fascio. I. di Matematica pag. 69. aóg. ) Opu- scolo I. e II. della classificazione delle curve algebraiche a semplice curvatura. Riflessioni critiche sopra il Saggio filosofico intorno alle probabilità del Sig. Conte La-Place , 8." Modena appresso la Società Tipografica i8ai. Elogio di Berengario da Carpi recitato nella Chiesa di S. Carlo r anno 1798. stampato nel T. III. dei Fasti Lette- rarii delle Città di Modena e Reggio, Modena i8a4. SCRITTI INEDITI. Maccliina atta a contenere le fratture obblique del femo- re in modo d' impedire V accorciamento della coscia. Proprietà delle radici della unità in una Memoria presen- tata al R. C. Istituto di Scienze, Lettere^ ed Arti. (i). Memoria sui razzi alla Congreve. 3Iemoria sulla definizione della vita di Brown stampata neir Amico d' Italia , giornale di Torino nel Quaderno di Di- cembre i8aa. , • . . L . (i) Questa Memoria vedrà presto la luce fra quelle dell' Istituto suddetto. Tomo XIX. p ex Simile sul problema medico = Determinare, se le idee „ che si danno nelle moderne scuole mediche della eccitahi~ „ lità , e dell' eccitamento sian bastantemente esatte e pre- ,, cise ; e in caso che non lo siano, determinare quali varia- „ zioni debbano farsi rapporto sì a quella , die a questo , e ,, dedurre quindi , quali sono le idee precise , che dobbiamo „ formare della diatesi sì iperstenica , che ipostenica , della ,, irritazione, degli stimoli , dei controstimoli , e delle poten- „ ze irritative. ,, Memoria sul principio delle aree , lavoro compito poco prima dell' ultima malattia. Accademie , alle quali fu ascrìtto ; . il Professor Paolo Raffini. ,; , , .,\C., .V.. - .■■ Data delle •,;:, N ci\v:A''. "■•"■'- '■■'\ ■',"•;■■' l' Patenti Accademia dei Dissonanti in Mo- dena, che nel 1817 prese il no- -'*' ''' " -'>'i' .. medi Accademia di Scienze Let- tere, ed Arti. 5. luglio 1791- Società Italiana delle Scienze. „ 1801. Accademia Italiana di Siena. ,., ib. aprile i8oa. Istituto di Bologna. „ 7. agosto. 1802,. Istituto Arazionale Italiano, di cui fu membro pensionano. ,, 6. aprile i8o3. Accademia di Religione Cattolica in Roma. „ 16. genn. i8c6. ■ '"''* Accademia de'' Filareti, Venezia ,, 2.^. mag. 1806. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, Firenze. „ 26. aprile 1808. ' " /. R. Accademia di Padova. „ 2.0. marzo iSi^. ^" Società Reale Borbonica, Napoli. 2,0. giugn. 1818. — - R. Accademia Lucchese. „ 2.0. marzo i8ig. ^ z^-^PaZiz^- <:Lyc^fat'^fic ^c ^:tr ss^ //■^ i-i-iur ■jÓcCuic naryp fn l'<-yt>/ta e/'ZO. C/ffU/." o //'4A'. r^^^ /^^X- ^y^^r/f^f^ii' f/ ^iO. r^/iiw/l'l' CXI ELOGIO D I PIETRO GOSSALI 8 e K I T T 0 DAL SOCIO AB. GIUSEPPE AVANZINI Ricevuto li 3o. Dicembre i8ia. lietro Cessali, Membro del C. R. Istituto,, uno dei quaran- ta della Società Italiana delle Scienze , Professore di Calcolo Sublime nella I. R. Università di Padova, e Socio delle più Illustri Accademie d' Italia, nacque in Verona nel di 29. Giu- gno del 174^. del Conte Benassù, e della Contessa Laura Mal- mignati. Egli intraprese i primi studj nelle Scuole de' PP. Gesuiti di S. Sebastiano, e furono sì rapidi i suoi avanzamen- ti nelle belle lettere , che il suo P. Istitutore volle che da suoi condiscepoli fossero celebrati con poetiche composizioni, e da loro recitate alla sua presenza. Nella Scuola di Filosofia trovò già inoltrato 1' insegnamento , e terminati i due primi Libri d'Euclide; ma egli apprese questi da se solo, raggiunse, e sorpassò i suoi compagni con maraviglia de' suoi Maestri. Chiamato dalla sua vocazione a ritirarsi dal Secolo , e a farsi claustrale, egli andò tra i Gesuiti in Novellara, ai quali la fama de' suoi Talenti facea già presagire, che divenuto sa- rebbe uno dei più chiari ornamenti di quella dotta Compa- gnia ; né egli avrebbe certo deluse le loro speranze , se am- malatosi gravemente pel troppo fervore col quale si diede a tutte le pratiche del Noviziato , non avesse dovuto ritornare alla casa paterna . In questo tempo alzava gran fama di sa- pere un Chierico Regolai-e Teatino che in Verona insegnava Filosofia in S. Maria della Chiara. Riavutosi alquanto il Cos- sali, e stimolato continuamente dalla passione di questa Scien- cxii Elogio di Pietro Cossali za andò a compierne il corso sotto la direzione di qnel va- lentissimo Padre. Con Lui egli scorse il libro sulla forza dell' umano intelletto^ e sul diritto uso nella ricerca della verità del Volfio, la sua Ontologia, Cosmologia, Psicologia razionale ed empirica, la Teologia naturale, la Fisica Astronomica, e sì profondamente ne apprese le Dottrine, eh' egli appena giun- to alla età di i8, anni per tre giorni consecutivi difese in Latino con ammirazione di tutti la intera Astronomia, e non poche scelte Tesi tratte dalle altre opere di quel diligente laborioso, e dotto Autore. Nel tempo di questi studj il Giovine Cossali ebbe occa- sione di conoscere le discipline dell' Istituto Teatino, né sem- brandogli, siccome quelle de' Gesuiti, sì contrarie nella loro esatta osservanza alla sua salute assecondando 1' impulso del- la sua vocazione al chiostro , si fece Teatino. Nel tempo del suo Noviziato in Milano si applicò indefessamente allo studio della Sacra Eloquenza, della Teologia , delle Matematiche , e della Fisica, essendo pur servir Dio 1' attendere alla coltura ed al perfezionamento di quelle Scienze , che guidando alla spiegazione dei maravigliosi fenomeni della Natura , vagliono non poco ad ingrandire l' idea che noi ci formiamo dell' On- nipotente Creatore. Il primo saggio de' suoi profitti nella Sacra Eloquenza fu la Novena del Natale eh' egli predicò in Como con molta lo- de dei dotti che 1' ascoltarono. Compiuto il suo Noviziato, e solennizzati i suoi Voti , gli fu concesso, com' egli bramava, di rivedere lo Stato Veneto. Fornito, siccome egli era, di tante cognizioni, e ansioso di ac- cumularne di nuove, era ben ragionevole eh' egli indirizzasse i suoi passi alla Città sede e maestra di tutte le discipline. In Padova pure per dovere del proprio Istituto fece con mol- ta lode la Novena del Natale, ed il nome acquistatosi di va- lente Orator Sacro lo recò a celebrare con orazione panegiri- ca le lodi della Beata Beatrice d' Este , Orazione che non a torto fu stimata degna della pubblica luce. Scritto dal Socio Ad. Giuseppe Avanzini cxiii Si dotto egli si dimostrò pure -negli studj Teologici^ che non ancor giunto all' età dei 2,3. anni fu invitato a salire la Cattedra di jus Canonico in quella cel. Università , e farsi compagno degli Stellini, dei Poleni, e dei Morgagni , i quali allora con tanto applauso dei Dotti Nazionali, e Stranieri fa- cevano rjsplendere quella scuola. Ma tanto onorevole invito, e le istanze affettuose e pressanti di molti dotti amici non poterono lusingare l'amor proprio del nostro Cossali, e tener- lo dal ricusare quella Cattedra , onde dedicarsi più intensa- mente air esercizio dei propri ufficj di Teatino, ed allo stu- dio, che andava in esso divenendo passione, delle Matemati- che, e della Fisica. Nel 1778. si trasferì a Verona invitatovi da quei PP. , Teatini a predicare nella propria Chiesa per tutto quel!' an- no. Air insegnamento delle Divine Dottrine congiunse quello della Filosofia ai suoi Novizzi, e della Fisica sperimentale ai suoi Concittadini non perdendo però mai di mira il suo stu- dio favorito delle Matematiche. Il primo frutto di questi suoi studj si fu la composizio- ne di un picciolo libretto stampato in Venezia del 1779. de- dicato al Veneto Ammiraglio Angelo Emo. L'importanza, e la difficoltà dell' argomento non farà riputar disdicevole, che un libretto di poche pagine sia dedicato all'Espugnatore di Susa, di Biserta, e di Sfax. Trattasi in esso di un paradosso anali- tico per risolvere il quale si esercitarono indarno , ma con molta lode dei loro acuti ingegni , i più celebri matematici dei due passati secoli . Nella risoluzione , come si sa, delle equazioni di 3." grado prive del secondo termine, mediante lo spezzamento della proposta in due equazioni, si ottengono in alcuni casi le tre radici sotto la forma immaginaria quand' esse sono tutte reali incommensurabili ed ineguali. Nel suo Opuscoletto il Cossali fa vedere che da quanto scrisse Carda- no nel Cap. I. della sua Regula Allza, le tre radici immagi- narie nascono perchè dagli analisti posteriori si è usato ma- lamente di quel spezzamento estendendolo oltre il caso, ed cxiY ELOcro DI Pietro Cos?ali il limite assegnato dalla natura . Poco dopo 1' Accademia di Padova diede al Cossali occasione di continuare le sue inda- gini sullo stesso argomento. Propose ella pel concorso al Pre- mio del 1787 „ di dimostrare se sia assolutamente impossibile ,, di liberare dalle quantità immaginarie sotto le quali nel sud- j, detto caso ci si presentano le tre radici della Equazione di „ 3." grado quando sono reali. „ Travagliato il Cossali da grave malattia non ebbe tempo di raccogliere i suoi pensieri su que- sta ricerca , e di concorrere al premio . Non essendosi però da nessuno de' concorrenti quello ottenuto, e riputando egli utili le cose da lui frattanto escogitate, e estese, le pubblicò nell'Anno 1782. in una sua Dissertazione, ch'egli in quali- tà di Lettore diresse all' Accademia stessa. In essa inclina il Cossali per ingegnosi ragionamenti alla comune opinione del- l' assoluta impossibilità a cagione del solito spezzamento , e di ciascuno degli altri possibili a farsi. ' < Contrarlo alla comune opinione generale si dichiarò il cel. Ab. Nicolai Professore ed Accademico di Padova in suo voluminoso Opuscolo pubblicato nel 178.3. Esaminate le ra- gioni sulle quali è fondata quella comune credenza , si avvisò che la questione non richiedeva meno che V esame imparzia- le ^ e severo dei primi fondamentali principj analitici , abbrac- ciati da tutti senza esitanza , e riserva. Da questo esame par- ve al Nicolai di potere inferire la falsità dei comuni principj sugli Immaginar], sopra le Equazioni, e sul Calcolo differen- ziale ; e dai nuovi eh' egli sostituì come più giusti inferisce la possibilità della soluzione del caso in questione. L'Opera del Nicolai diede al Cossali l' occasione di compor- re un altro lavoro intitolato Lettere Apologetiche Critiche inse- rite nel cosi detto Giornale dai Confini d'Italia per l'anno 1788, e seguenti. L' oggetto di queste lettere è di porre nel più chiaro lume la giustezza, e la verità dei principj combattuti, e messi in dubbio dal Nicolai , e di mostrare la insussisteo- za dei nuovi da lui sostituiti e delle sue nuove soluzioni del caso irreducibile. Ma a tal uopo conobbe il Cossali necessaria Scritto dax^ Socio Ah. Giuseppe Avanzini cxv un' altra ricerca. Il Nicolai , reca ad esempio della giustezza de' suoi principi una equazione del d'Alembert, da lui stes- so e dagli altri matematici tenuta per vera , e legittima quan- tunque sembrino derivare da essa dei paradossi. In una let- tera scritta ai 9. Luglio del 178.3. dal Cossali al d'Alembert ed inserita dappoi nel Tomo IX. delle Memorie della Società Ita- liana delle Scienze egli spiega i paradossi della misteriosa equa- zione Alembertiana ; e fa veder per tal mezzo, che le Dot- trine inferite dal Nicolai nascono dal aver egli dato alla Equa- zione medesima un senso , e dal farne ad essa un' applicazio- ne non conveniente. Nel 1784. pubblicò il Cossali la sua eccellente Dissertazio- ne suir Equilibrio esterno, ed interno delle Macchine Aereosta- tiche. Chiama egli equilibrio esterno 1' eguaglianza fra il pe- so della Macchina e il peso di un eguale volume d' aria con- siderato ad un' altezza indeterminata dalla superficie terre- stre; per equilibrio interno intende 1' eguaglianza tra la for- za del fluido elastico racchiuso nel globo , e la coerenza del- le molecole del suo proprio integumento. Il Cossali determi- na r espressione algebrica dell' uno , e dell' altro equilibrio , e con la formola del •.''stabilisce la grandezza del globo, per- chè s' innalzi a qualsiasi altezza , e con la formola dell' altro ritrova 1' altezza , alla quale può il globo inalzarsi senza il pe- ricolo di scoppiare per lo sforzo del fluido elastico che lo riem- pie. A queste belle ricerche aggiungono non piccolo pregio le sottili sperienze fatte dall' Autore per discoprire , o per ren- dere più esatti alcuni rapporti che entrano nelle formole del- l' Equilibrio non ancor conosciuti , o ridotti dai Fisici alla pre- cisione dalle qualità delle loro applicazioni richiesta. Nel 1785. trasmise il Cossali agli Autori degli Opuscoli scelti di Milano uno scritto sopra il limite comunemente non avvertito della consueta regola di doppia falsa posizione. In- segna in esso nuove regole pei casi posti fuori di tal limite , ed un facile artifizio propone per trasformar questi casi, e per *PPOgD'^'"'i ^'^ regola comunemente ricevuta. cxvi Elogio di Pietro Cossali Avvenne circa questo tempo che il cel. Lorgna pubbli- cò le sue indagini sul calcolo integrale divise in undici pro- posizioni. Il Giornalista di Pisa ne censurò la terza, e la quin- ta risguardanti la integrazione delle equazioni lineari a coef- ficienti tanto variabili che costanti. La censura del Giornali- sta accese tra lui ed il Lorgna vive questioni. Il Cossali pre- se il partito del giornalista , per cui poi altra vivissima lite insulse tra il Cossali , e il Lorgna , la quale non si estinse che all' apparire nel 1786. 1787. di due Opuscoli del Cossa- li intitolati il primo , la Controversia analitica tra il cav. Lorgna, e il Giornalista di Pisa decisa col fatto , 1' alti'o in- titolato: Confronti a pubblico lume ^ ec. Tali infatti sono i ragionamenti , e le prove recate dal Cossali in favore del Gior- nalista , che il Lorgna già ricco abbastanza di dottrina , e di fama per altre sue opere potè al Cossali accordare la vittoria. A questi lavori algebrici , e fisici del nostro Accademi- co tributarono molta lode chiarissimi Matematici d' Italia , e di Francia. L' Ambasciatore a Parigi del Duca di Parma Don Ferdinando I. testimonio degli encomj fatti al Cossali dai Dot- ti di quella ingegnosa nazione ne informò il Principe , il qua- le per pi'ova dei meriti ai posti di pubblica istruzione altra norma non credendo più sicura che l'alta generale riputazio- ne degli uomini, nominoUo nel 1787. alla Cattedra di Fisica teorica, e nel i7C)i, a quella di Astronomia, Meteorologia e Idraulica nella sua fiorente Università. Colla assiduità, e su- blimità dell' insegnamento di quelle scienze il Cossali corri- spose pienamente alla fiducia del Principe , e i suoi Discepoli corrisposero col loro profitto alle premure del Precettore , il quale si studiava , che quelle tenere piante , alla sua cura af- fidate , crescessero vigorosi sostegni della Patria, e dello Stato. Ma 1' Uomo consacrato alla coltura delle Scienze , e del- le Arti è risponsabile alla Ptepubblica Letteraria di tutto quan- to il bene eh' egli può fare , e tutti gli istanti della sua vita esser debbono inqiiegati nel promoverlo , ed ampliarlo. II Cos- sali soddisfece pienamente a tanto dovere. Negli intervalli del Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxvu tempo lasciati dalla scuola, e dalle pubbliche , e private com- missioni si occupò indefessamente, e senza interruzione nel comporre ed ordinare un'Opera divisa in due grandi volumi , e intitolata: Origine , trasporto in Italia, e primi progressi in essa dell' algebra, istoria critica di nuove analitiche , e meta- fisiche disquisizioni arrichita. Ella è dedicata al suo Principe mecenate , il quale volle che a carico del suo tesoro ne fos- se fatta una splendida e ricca edizione. Il primo volume uscì alla luce nel 1798 , 1' altro nel 1797. Alla storia dei lavori scientifici del Cossali mancherebbe la parte più luminosa , e istruttiva, se colla necessaria ampiezza non si esponessero la novità , e r importanza degli argomenti , e i malagevoli , e la- boriosi studj , che a ben trattarli dovette intraprendere , e la ricca messe di verità e di scoperte che ne raccolse. Che l'algebra fosse prima coltivata iu Grecia, e poscia in Arabia era un punto d'Istoria, nel quale tutti unanima- mente concordavano gli storici; ma intorno alla sua origine si neir una come nell'altra Nazione, erano divise ed oppo- ste le opinioni. Dell'algebra greca taluni credevano inventore Diofanto(i), mentre altri pronunziarono francamente (2) non potersi ciò dimostrare . Dell' algebra Arabica pretendevasi da parecclij (3) eh' essa traesse 1' origine dalla Greca , alcuni al- tri ripetevan la dall' Arabia stessa (4), altri dall'Indie (5). Nel- la parte , che spetta all' origine dell' algebra imprende il Cos- sali a esaminare quale di queste opinioni sia da abbracciarsi , e quale altra ad esse da preferirsi se non come la vera , al- meno come la più verosimile, e meglio fondata. V'uolsi dell' algebra Greca inventore Diofanto , perchè Diofanto in alcuni luoghi della sua Opera parla il linguaggio di uu uomo che espone cose nuove, e sconosciute , e non ci- ta mai verun Matematico; si perchè da' Greci posteriori, e da- (i) Andres. . teca Arabica de Filosofi, Andrei, (a) Montucla. 1 (4) Frate Luca. (3) L'Autore anonimo della Biblio- • (5) Leonardo Pisano» Tomo XIX. a cxviii Elogio di Pietro Cossali gli Arabi non citasi , che Diofanto , e perchè il Bachetto il più dotto, e profondo interprete di Diofanto lo chiama padre ottimo e prestantissimo della logistica. II Cossali esaminò diligentemente 1' Opera di Diofanto, e il modoj e il linguaggio che tiene nella esposizione delle due analisi determinata, e indeterminata delle equazioni di primo e secondo grado, e tutte trascorse le Storie Greche ed Arabe nelle quali o potevasi, o parlar doveasi di Diofanto. Da questo faticosissimo studio egli venne a raccogliere: che Diofanto può diisi inventore della sola analisi indeterminata, perchè in que- sta sola Diofanto parla e ragiona siccome uno che inventa cose nuove, e disconosciute ; che da' Greci non si è parlato prima di Snida di Diofanto , e Snida né chiaramente né di- stintamente ne parla ; che dal solo Abulfaraggio si parla di Diofanto, ma traendo tutto da Snida ; e finalmente che il no- me di padre ottimo, e prestantissimo della logistica, dato da Bachetto a Diofanto^ intender si dee nel largo senso del piìx antico maestro a noi rimasto e conosciuto. Se Diofanto non è l' inventore che della sola analisi in- determinata delle equazioni di primo , e secondo grado \ per la ricerca dell' origine più verosimile dell' algebra Greca bi- sognava dunque fondatamente stabilire chi poi fosse, o dir si potesse r inventore dell' analisi determinata. Il Cossali ravvi- sando nei dati 58, 5g, d'Euclide sotto forma Geometrica l'ar- te della risoluzione delle equazioni di secondo grado , e nei dati 84 , 85. scorgendo due delle applicazioni di essa anche presso di noi ordinarie^ non riputò mal fondata la conghiet- tura : che la soluzione delle equazioni dei primi due gradi tragga 1' origine dal trasporto , clie nello spazio de' secoli scorsi da Euclide a Diofanto, abbia fatto taluno dalla Geome- tria air Aritmetica i dati 58, 59, e che Diofanto abbia forse posta in chiaro ed ampliata d' alcun poco l' analisi di quelle equazioni. Vuoisi r algebra Araba originaria dalla Grecia , perchè r anonimo Egiziano autore della Biblioteca ylrabica de' Filo- Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxix sofi, il Libro più antico, che ci dia tracce relative all' origi- ne dell'algebra fra gli Arabi asserì che: quanti Arabi di Al- gebra scrìssero^ sui fondamenti di Diofanto insistettero. All' esame di t[uest' asserzione il nostro Istorico si avvi- sò di doveie per maggiore chiarezza e precisione premettere in che veramente consistesse V algebra Arabaj e da chi sia- si coltivata, insegnata, e promossa. Di tali materie si parla nella stessa Biblioteca Arabica de' Filosofi, neir Arabico-Hyspanica del Casiri, nella Storia delle Dinastie dell' Abulfaraggio, nella Geografia, e Storia del Cazui- neo, e in altre non poche opere di antichi, e moderni accre- ditati Scrittori. Considerati dal nostro storico, e discussi con fina critica tutti i passi di queste opere a quegli argomenti relativi, separati i dubbj, e gli improbabili, e i contradditorj dai ben comprovati, e dai più ragionevoli. Egli stabilisce co- me un punto d' Istoria, sul quale non può cader dubbio al- cuno: i.° Che l'algebra Araba ripartita era in tre parti. Neil' Analisi delle equazioni di primo, e secondo grado , e queste adornate, e munite di Euclidee dimostrazioni. 2,." Nella scala de' gradi, e nella soluzione delle equa- zioni pure di que' gradi superiori, che per ripetuta elevazio- ne quadrata e cubica si generano. 3." Nel trasferimento a determinata forma quadrata , o cubica degli incogniti polinomj all' idea di una equazione completa di 3.° grado, e nello scioglimento di essa, e di al- tre equazioni cubiche, o complete, o imperfette. 4-° Che Moamad-ben-Musa-Khuaresmita fu il primo a in- segnare agli Arabi la prima parte a un di presso nel tempo del Kaliffo Haroun, cioè nei primi lustri del Secolo IX. e che i successori di Moamad si rivolsero alle altre due parti. Da questi preliminari il nostro Istorico passa a mostrare insostenibile 1' asserzione dell' anonimo Egiziano: i.° Perchè Moamad-ben-Musa non poteva aver trattala prima parte da Diofanto per esser difficile , se non pure im- cxx Elogio di Pietro Cossali possibile cir egli alzato siasi a intendere le sottigliezze di Dio- fanto, né trarre dai primi libri 1' arte algebraica per la solu- zione delle equazioni di primo giado, e in seguito con penetra- zione maggiore raccogliere l'analisi delle equazioni di secondo grado, senza invilupparsi e perdersi nelle astruse contempla- zioni dei più reconditi rapporti de' numeri, e negli infiniti spa- zj dei problemi indeterminati , ove frequentemente si smarrì lo Xilandro, e talvolta il Vieta , ed eziandio il Bachetto . 2.° Perchè nemmeno i successori di Moamad potevano da Diofanto avere appresa la seconda parte, perchè la Scala de' gradi fondamento primario , e forse unicO;, è per ogni verso di natura, di principj, e di progresso, differente presso gli Ara- bi e presso Diofanto ; perchè nelF algebra Araba non si fa uso degli astratti simboli ^ e Diofanto si serve di un simbolo astratto per significare il numero sconosciuto , e di un altro a indicare il menoj e che la terza parte soltanto esser pote- va, se non in tutto in parte almeno, cavata da Diofanto, per- chè nel tempo in cui si coltivò erasi già Diofanto introdotto in Arabia, coraentato, e illustrato. Vuoisi l'algebra Araba originaria dall'Arabia stessa, per- chè Frate Luca lo disse, dall'Indie, perchè lo asserì Leonar- do di Pisa; e perchè dall'Indie si è trasportata agli Arabi per le mani de' Persi. Il nostro accademico ci fa osservare che solamente per incidenza^ e indeterminatamente chiama Frate Luca gli Ara- bi dell' algebra primi inventori; che Leonardo di Pisa si ap- poggia ad una semplice asserzione sprovveduta di prove , e che non è vero altrimenti che dall' Indie siasi trasportata in Arabia per le mani de' Persi. Dimostrata, per le dette prove, la insussistenza delle di- verse opinioni intorno all'origine dell'algebra Araba il nostro Storico propone la propria se non come dimostrativamente vera, la meglio fondata, e la più ragionevole . Questa è che l'algebra sia dall'Indie agli Arabi derivata per le mani di Moamad-ben-Musa. Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxi i.° Perchè, se come egli mostrò, Moamad-ben-Musa non apprese dai Greci V analisi delle equazioni di primo, e secon- do grado, o la inventò egli stesso, o la imparò dagl' Indiani. a.° Perchè delle due conseguenze tener deesi più ragio- nevole la seconda , essendo che dall' opera dello stesso Moa- mad e da quanto ne scrissero gli storici, nessun lume trape- la intorno al merito di sua invenzione; per lo contrario assi- curandoci la Storia che Moamad era un Matematico di una regione all' India vicina, perito nell' Indiana lingua , amante delle Indiane opere, le quali egli traduce, emenda, compen- dia, e adorna; che l'algebra presso gli Arabi non era che un Membro dell' aritmetica , o della logistica ; che un libro di Logistica Indiano tradusse Moamad, libro prestante, nel qua- le spicca r acutezza, e 1' ingegno degli Indiani per le precla- re loro invenzioni ; parve al nostro Istorico ben ragionevole, che quel libro esser dovesse 1' analisi aritmetica delle equa- zioni di primo e seconde grado, e che il più bello degli or- namenti de' quali è fregiato, stato sia di corredare di Eucli- dee dimostrazioni le regole. Che r analisi Arimetica delle equazioni del i.», e 2..° grado sia stata dall' Arabia trasportata in Europa , era altro punto di Storia da tutti generalmente gli Istorici abbracciato. Ma da chi siasi trasportata, in qual tempo, in quali Città pri- ma, e in quali altre dappoi siasi diffusa, e per opera di chi, erano molti, e diversi i pareri. Di due cel. Istorici uno (r) con molta prudenza, e quasi per conghiettura, l'altro (2) franca- mente, e senza esitanza dichiarò che dai Mori, e dagli Ara- bi si trasferi in Ispagna, e dalla Spagna si diffuse pel resto dell'Europa, chi disse prima in Inghilterra, poi in Italia, al- tri dissero (3) credersi quasi generalmente portata da Leonardo di Pisa in Italia nel cominciare del Secolo XV. (4); che il pri- (i) Andies. I (3) Montucla. (a) Gua-de-Mdlves. | (4) Boisat. cxxii Elogio di Pietro Cossali mo a far conoscere l'algebra in Italia fu Guglielmo de Lunis (i). Nella parte che spetta al trasporto dell' algebra in Ita- lia assume il Cossali l'intralciatissimo esame di queste opinioni. A istituirlo con fondamento di verità ricorse ai Codici , e ai molti libri che ne parlarono. Dall'accuratissimo studio de- gli uni , e degli altri ne inferi come altrettante verità di fat- to : che Leonardo di Pisa trasportò 1' analisi delle equazioni di primo , e secondo grado dall' Arabia in Toscana nell' entra- re del Secolo XIII : che Leonardo di Pisa fu il primo a in- segnarlo in Pisa ; che da Pisa se ne diffuse la coltura , e l' in- segnamento prima per le altre Città della Toscana per opera di Guglielmo de Lunis, di Rafaello Canacci, di Paolo , di Da- gomari di Prato , di Pietro della Francesca , indi in Venezia insegnata dalle pubbliche Cattedre da Paolo della Pergola , e da Domenico Bragadini , dappoi pel resto d' Italia , ove ne di- venne comune lo studio sotto i varj nomi di Arte della cosa, di Arte d' algebra ed Aniulcabala ; di Pratica speculativa , di Arte maggiore, e che finalmente con queste impronte Italia- ne trascorse i confini d' Italia e per T Europa si dilatò. Ma il merito degli Italiani non si restrigne all'aver eglino portata l'algebra dall' Arabia in Italia e ad averla prima d' ogni altra nazione Europea coltivata , e insegnata. Gli Italiani furo- no anche i primi ad arrichirla di nuove scoperte e ad esten- derla oltre que' confini che aveva in Arabia , e manteneva in Italia , quando vi fu recata dal suo Leonardo. I Matematici Ita- liani , che tanto di lei meritarono sono lo stesso Leonardo di Pisa , Luca Paccioli del Borgo di S. Sepolcro , Scipione Fer- reo Bolognese , Tartaglia Bresciano , Cardano Milanese , Lodo- vico Ferrari , e Bombelli pure di Bologna. Nella parte spet- tante ai primi progressi imprende il Cossali a mostrare che a nessun di loro si è resa dagli scrittori la dovuta giustizia, e a porre nel più chiaro e pieno lume la vera, e compiuta storia dei loro analitici ritrovati. (i) Canacci. ■ ,■ ' • - Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxiii Di Leonardo di Pisa si disse (i) che niente aggiunse al- l' analisi Araba delle equazioni di primo e secondo grado. Il Cessali esaminò 1' analisi Araba e quella di Leonardo contenuta nel suo Abacco composto nell' anno laoo. Nel con- fronto dell' una con 1' altra ci mostra non esservi ragione alcuna da dubitare che non abbia Leonardo all'analisi Araba aggiunto la scoperta delle due radici delle equazioni di secondo grado , e percliè Moamad-ben-musa primo Maestro tra gli Arabi ne ha dimostrata una sola , e perchè in alcun modo non può saper- si se dimostrato le abbiano i successori di Moamad fino a Leo- nardo, quando per lo contrario Leonardo chiaramente dichia- ra che in una delle equazioni di grado secondo (*) due sono i valori dell'incognita, e prendendo in doppio senso il radi- cale rispetto ad essa equazione suggerisce di lar lo stesso nel- lo scioglimento delle altre. Di Leonardo si disse in oltre \ che le sue dottrine sui nu- meri quadrati egU tolse tutte da Diofanto. (2) Il Libro dei numeri quadrati di Leonardo andò disper- so, o perduto, o sepolto in qualche Biblioteca, eie dottri- ne , eh' esso contiene non si trovano che nell' algebra di Fra- te liUca , due secoli e mezzo dopo composta, senza ordine e oscuramente esposte , non poche senza dimostrazioni , o con dimostrazioni assai difettose. Il Cossali ce le presenta tutte chiaramente e con precisione dimostrate , e poste in quell'or- dine, che le intrinseche qualità loro gli fecero scoprir neces- sarie ad agevolarne possibilmente il comprendimento. Dalle opere di Diofanto, e de' suoi interpreti e commentatori rac- colse ancora il Cossali le Dottrine sui numeri quadrati del Gre- co analista, quelle vi aggiunse non osservate da Bachetto , né coltivate dai posteriori analisti, e neppure dall' Eulero né dal La Grange, e quelle arrichisce d'illustrazioni, e di prò-, ve eh' egli osservò o non bene, o per nessun modo dimostra- <'' ^"««"'- I (a) Xilandro. (•) X' -(- « -Zzpx cxxiv Elogio di Pietro Cossali te. Nei due Quadri che offre il Cossali delle Dottrine di Leo- nardo, e di Diotanto egli ci fa vedere : non potersi in alcun modo non che con fondamento d' indubitate prove asserire , che tutte le Dottrine di Leonardo sieno quelle di Diofanto, perchè invece di scorgervi quella rassomiglianza che essere vi dovrebbe tra 1' Originale , e la Copia , grande è la diversità che vi si ravvisa \ perchè non vi si osservano che tre que- stioni a Diofanto, e a Leonardo comuni, e non senza qualche diversità, perchè Diofanto scioglie molti elegantissimi, e sotti- lissimi Problemi da Leonardo non tocchi , e reciprocamente Leonardo ne tratta alcuni di singolare beltà e finezza, che in Diofanto , od almeno nelle opere che di lui ci restano , non si ritrovano; perchè le maniere in generale di Leonar- do nella soluzione de' Problemi sono diverse da quelle di Diofanto; e perchè finalmente Leonardo non poteva neppure aver veduto uè nella Greca, ne nella originai lingua, né neir Araba versione , né nelle dimostrazioni di Moamad Albu- ziani r opera di Diofanto. Vogliono che neppur Frate Luca, come Leonardo, abbia nulla aggiunto all'analisi Araba delle equazioni di i .», e a." grado^ e che soltanto egli abbia accennato a tentone delle soluzioni particolari delle equazioni di terzo grado dichiaran- do impossibile una regola certa, e generale (i). II nostro Cos- sali consultò r algebra di Frate Luca , vincendo intrepida- mente le quasi insormontabili difficoltà che a ben intenderla essa presenta per certi segni, e vocaboli e riduzioni affatto ignote ed annunziate con un linguaggio tenebrosissimo , e per le aWebriche operazioni talvolta mozze , talvolta devianti dal giusto cammino, e terminanti a scopo diverso. Per mezzo di questo faticosissimo studio , il nostro Storico ci fa sapere : che Frate Luca fu il primo a insegnare la soluzione delle equa- zioni derivative di secondo grado : il primo a scoprire la so- luzione delle equazioni derivative di 4.» grado (2) potersi ot- (1) Andree, Montucla, Bossut. 1 (a) ^^'"^^^^'"^n =; o. Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxv tenere col mezzo dello scioglimento della equazione del se- condo : il primo ad applicar questo metodo al caso che il grado della derivativa sia eguale a a ;, o ad altra potenza qua- lunque di 2 : che il metodo di Frate Luca per estrarre in tal caso la radice quadrata di un binomio, odi un reciso (i), è sì naturale, sì legittimo, sì teiice , che la moderna analisi sdegnar non dovrebbe di abbracciarlo : che Frate Luca di- chiaro veramente impossibile a sciogliersi due equazioni di 3." grado (2) , ma solamente per rispetto alle cognizioni d' allo- ra , non già perchè egli credesse essenzialmente impossibile una regola generale : che Frate Luca trattò , e sciolse prematura- mente un' equazione di 4° grado completa (3) : eh' egli ha parimente sciolte equazioni esponenziali^ né delle semplici solamente nelle quali la incognita sta com' esponente (4), ma di quelle ancora , nelle quali la incognita sta come fattore insieme , e come coefficiente (5). Le soluzioni particolari delle equazioni di 3.° grado tro- vate a tentone da Luca de Burgo prepararono a Scipione FeiTeo la scoperta delle soluzioni generali. Ma gli storici non convengono intorno al numero , né intorno alle qualità delle equazioni. Vogliono alcuni che due ne abbia egli sciolto (6), altri una sola. Nessuna opera, o scritto lasciò Scipion Ferreo. Di lui^ e de' suoi ritrovati parlarono solamente il Tartaglia , e il Carda- no, e da quanto essi ne scrissero il nostro Storico raccolse : che Scipion Ferreo una sola equazione sciolse mancante del secondo termine (7) senza però palesarne la dimostrazione, e confidandone la sola regola al suo discepolo del Fiore. (0 T ^-^iX^S":?", chiamavasi allora binomio , e =t? = l/i (2) Quali jono f x* — g x =: n ; Tomo XIX. (3) x*-t-mx^-+-j>x'-t-qx—n=:o. (4) /= b. (5) xa z=.b. (6) Wallie. ■ • (7) Della forma x^-*-j>x:^. r cxxvi Elogio di Pietro Cossali Molto più innanzi andò in queste ricerche il Tartaglia . Egli sciolse la equazione di Scipione Ferreo, ed altre due mancanti pure del secondo termine (i), ma si vuole che il merito della scoperta sia dovuto al Cardano , perchè egli ne ha corredato di dimostrazioni le regole (2,). In più luoghi del Generale Trattato sui numeri e misu- re pubblicato dal Tartaglia nel i556j egli dichiara di aver pure quelle regole dimostrate, ma come dimostrate le abbia non poteva inferirsi , che da qualche asserzione sparsa qua , e là nel Generale Trattato^ e da alcuni Teoremi ch'egli as- serisce di avere inventati a dimostrazione delle regole stesse. Il Cossali supplendo coli' acuto suo ingegno a questi tronchi e imperfetti materiali da quelle asserzioni, e da quei Teo- remi maestrevolmente deduce ; aver Tartaglia considerato: i.° Che la soluzione in generale delle equazioni di 3.° gra- do consistere dovea nella ricerca di un binomio iri'azionale. a." Che per riguardo alla prima equazione (3) il primo membro essendo eguale ad una quantità razionale , sostituito in esso in luogo della incognita il binomio irrazionale , il membro trasformato esser dovea pure eguale ad una quanti- tà razionale : 3.° Che ciò non poteva verificarsi senza che il binomio non fosse eguale alla differenza delle radici cubiche di due quan- tità indeterminate , e la equazione spezzabile in due , delle quali la prima consistesse nella differenza flelle radici cubi- che delle due indeterminate eguale al 4-'' termine; e la se- conda fosse il prodotto delle due indeterminate eguale al cu- bo della terza parte del coefficiente , del quale è fornita la incognita contenuta nel terzo termine : 4*' Che da questi principj il Tartaglia inferì che per sciogliere la prima equazione por si dovea la ricercata radice eguale alla differenza dei cubi di due incognite , e sostituire (i) Della forma a;'=:/*-(-y; x*-*-qz:px. | (3) x ^ -i- p -v ^ q. (a) Montucla. l : j f:) Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxvii i valori di queste desunti dalle due suddette equazioni. La quale regola è appunto quella del Tartaglia osservata nello scioglimento della prima equazione. Quanto allo scioglimento della seconda il nostro Storico fa vedere : che Tartaglia osservò dover valere la regola , che vale per lo scioglimento della prima camhiando soltanto nella somma la differenza delle radici cu- biche delle indeterminate. Rispetto alla terza equazione Tar- taglia dichiara , eh' essa si scioglie colla seconda , se ben si guardi eh' esse sono per natura quasi congiunte . Ma come per questo congiungimento di natura abbia il Tartaglia sciol- ta la terza equazione argomentare non si può, se non da questo : cioè che per quella congiunzione di natura la radi- ce della 3." equazione involgendo , siccome osservò Cardano, la radice della seconda , abbia il Tartaglia sostituito nella es- pressione di quella il valore della radice di questa già ritrova- to colla prima regola. ' Assicurata in tal modo al Tartaglia la gloria della sco- perta restava al nostro Isterico a vendicarlo di un' altra im- putazione ingiusta egualmente quanto la prima . Si disse di lui (i) che oltre le tre equazioni mancanti del secondo ter- mine egli ne sciolse tre prive del 3.°; ma che il merito an- che di queste soluzioni deesi al Cardano , perchè egli fu il primo a trovarle ^ e a dimostrarne le regole. Nel Generale Trattato sui Numeri e Misure il Tartaglia fedelmente racconta le sue analitiche scoperte , ed in qual tempo , e per quali ragioni e in quali occasioni le fece. II Cessali ne espone pure con fedeltà tutta la Storia , e in es- sa ci fa conoscere non potersi in alcun modo rivocare in dub- bio ; che Taitaglia , non già Cardano , fu il primo a trovare lo scioglimento di quelle equazioni nell' occasione di una sfida eh' egli ebbe col Bresciano Tonino de Loi^ e che il me- todo da Tartaglia immaginato si fu di privarle del secondo termine , e ridurle così alla forma delle tre prime , e colle (i) Moiitucla. cxxviii Elogio di Pietro CosSali regole per lo scioglimento di queste pervenire alla soluzione di quelle ; e che finalmente alla soluzione delie sei di 3." grado Tartaglia aggiunse la soluzione di tre altre del sesto (i). Ma non solamente si fece al Cardano il torto di attri- buirgli scoperte non sue , che si giunse perfino ad accusar quelle a lui veramente dovute d' imperfezioni e di errori, e a tacer d' altre molte che tanto lo onoiano e per la loro im- portanza, e per la sottigliezza, e l'attività del suo ingegno. Si asserì che Cardano sia stato il primo a scoprire 1' a- nalitico paradosso sul caso irreducihile , ma che poi esitò se la quantità rappresentata per la forinola Tartagliana fosse o no reale quantunque contaminata d' immaginar], o significas- se o no nella equazione una assoluta impossibilità di radi- ce (a). Vuoisi , che Cardano abbia veduto un poco più ad- dentro nella natura delle equazioni , ma che siasi ristretto a distinguere le radici , tacendo poi sopra 1' uso delle negative da lui probabilmente riguardate come inutili (3) . Finalmente si crede che il Cardano siasi ingannato per riguardo a quel- le equazioni che haimo più radici reali , e fornite del mede- simo segno per non avere distinte le radici reali (4) • A isti- tuire fondatamente l'esame di queste asserzioni era dunque necessario di consultare 1' ylrte magna del Cardano pubblica- ta neir anno i545. , e il suo libretto de Regula Aliza; ope- re che tutti racchiudono i suoi lavori analitici. La oscurità del linguaggio nel quale sono scritte, la moltitudine così gran- de di errori , e di numeri nei calcoli e lettere, sì nelle figu- re, come nelle relative dimostrazioni, e il tanto disordine, e la sì strana sconnessione di piincipj , e di ragionamenti stan- carono per tal modo la pazienza del nostro Istorico , che fu più volte tentato di abbandonarne l' esame. Invaghito però , siccome egli dice, dello splendore che gli traluceva dei teo- remi, e degli artifizj e confortato dalla importanza , e dalla (i) Dtlla foima x^ -^ f x^ Z=. g , (e) Montucla. (3) Montucla. (4) Montucla. Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxix utilità del lavoro perseverò intrepidamente nell' ardua im- presa, e dividendo a piccole parti il tempo, e la fatica, giun- se finalmente a conoscere in tutta quanta la loro estensione e la loro sublimità i ritrovati , e le scoperte dello strano ed acuto analista milanese. Frutto di questa Erculea fatica si fu il potere per essa evidentemente dimostrare : esser elleno quel- le scoperte ben più luminose , e piìi estese ed assai meno im- perfette di quello che si vogliono dal Montucla. Il Gossali di- mostra che il Cardano oltre il merito di avere scoperto 1' a- nalitico paradosso del caso irreducibile , ha pur quello di ave- re tentato ogni via per discoprirne la causa , ed i mezzi per evitarlo : che il Cardano ben lontano dal dubitare che gli im- maginar] significassero o no un' assoluta impossibilità di qua- lunque reale radice , conobbe che la etjuazione gode di tre ra- dici reali e diseguali, e le determinò nel caso di tutte tre ra- zionali , od una razionale , e due della forma di un reciso : che il Cardano sciolse ancora sette equazioni di 3.° grado fornite insieme del secondo e del terzo termine , e in tutte le forme tranne quella in cui la sonnna di tutti i termini fosse eguale a zero: che oltre le regole generali per risolvere le equazioni di terzo grado il Cardano ne insegnò parecchie di scioglimen- ti speciali tratti dai modi della struttura loro , dalla compo- sizione dei coefficienti dei termini ignoti , o dal termine no- to , e dai ra| porti degli uni con 1' altro : che il Cardano do- po di avere distinte le radici, ben lontano dal non parlar del- le negative perchè egli le riguardasse come inutili , dichiarò che nelle equazioni a due incognite la radice negativa corris- ponde al valore di una delle incognite stesse , e nelle equa- zioni ad una incognita sola le radici negative usar non si deo- no quando il Problema esige soltanto una soluzione : che fal- so è del pari non avere il Cardano considerato nelle equazioni e distinte le radici eguali e fornite del medesimo segno , im- perciocché in una equazione (i) egli chiaramente distinse le (i) x' =: la X — i6. cxxx Elogio di Pietro Cossau due radici eguali e positive -+- a ^ -+- a. Finalmente fa vede- re il Cossali che a questi soli non si restringono i ritrovati del Cardano intorno alla natura delle equazioni. I bei Teore- mi : che un' equazione è divisibile per x^m essendo :^m una quantità la quale verifichi 1' equazione : che il coefficiente del secondo termine dell' equazione è eguale in grandezza alla som- ma di tutte le di lei radici : che 1' ultimo noto termine del- la equazione è il prodotto di tutte insieme moltiplicate : che un' equazione di grado pari , o non ha radice alcuna reale , o ne ha un numero parij che per l'opposto una qualunque e- quazione di grado dispari ha per lo meno una radice reale , e se di piìi le ha sempre in numero dispari : che esser vi pos- sono tante radici positive in una equazione quante si trovano variazioni dei segni -H, o — , tante negative quante volte si trovano li due segni -<- , o ^ i due segni — die 1' uno 1' altro si seguano , tutti io dissi , questi , ed altri Teoremi furono dal Cardano veduti , e dimostrati per riguardo alle equazioni di terzo grado , e a quelle del secondo , e del 4-° derivative di un grado qualunque : né dee tacersi per ultimo che il Carda- no s' innalzò fino alla sublime Teorica dei massimi, quattro bei problemi sciogliendo ad essa spettanti. Non meno ingiusti di quello che furono col Tartaglia , e col Cardano si mostrarono gli Storici verso Lodovico Ferrari , e Bombelli. Del Ferrari si disse ., eh' egli fu il primo a sciogliere le equazioni di 4-° grado mancanti del secondo, e del terzo tex- mine , ma che nessuna ne sciolse dotata del secondo (i) e del Bombelli si asserì eh' egli sciolse soltanto le equazioni del se- condo termine fornite, (a) . Da ciò che scrisse Cardano nell'^r^e magna intorno ai ritrovati del Ferrari e da quanto de' suoi proprj espose il Bom- belli nella sua algebra impressa nell' anno 1579. concluse il Cossali che al Ferrari è dovuto il merito della soluzione del- (i) Walli8, Gua-tle-Malves, Mon- 1 (a) Giia-de-Malves, Montucls. tucla. I Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxxi le equazioni di 4° grado fornite del secondo termine ^ e di quelle ancora del terzo; che Bombelli diede 1' ultimo compi- mento alla risoluzione di quelle equazioni sciogliendo del pari le equazioni trinomie e quadrinoinie , e tutti i casi di cias- cuna classe partitamente. Del Bombelli si disse ancora (i) eh' egli fu il primo a pre- sentare il calcolo dei radicali, e a far entrare nei calcoli le ra- dici immaginarie. Il nostro Storico ci fa osservare , che Leonardo di Pis^ , secoli quasi quattro avanti il Bombelli nel suo abacco mano- scritto fece soggetto del cap. i4- la dottrina del calcolo dei ra- dicali semplici , e composti ; che negli stampati volumi di Fra- te Luca , del Tartaglia , e del Cardano si veggono lunghi tratti su tale argomento ; che in quei trattati si veggono non so- lo le regole tutte che oggi di si prescrivono per operar su di essi 5 ma qualche regola inoltre che con discapito della pra- tica si è lasciata cadere in obblivione ; che il Bombelli non fe- ce che delie leggiere aggiunte a quello che fecero i suoi pre- decessori non scevre neppure di qualche errore ; che rispet- to alle radici immaginarie il Bombelli ha veramente diritto a illustre lode, ma che il primo a pensarvi e ad operar su di esse fu il Cardano, eseguendone le operazioni principali del- la moltiplica : che piantate da Bombelli le regole della mol- tiplica con passo franco si estese per ogni altro modo di o- perare sopra radici immaginarie , ad esse trasportando quan- ti mai artifizi si usano , e si usavano già nel calcolo delle ra- dici reali ; che il Bombelli si occupò massimamente sulle ra- dici immaginarie cubiche universali, applicando loro con gran- de copia di esempi qualunque operazione di calcolo , la mol- tiplica , la divisione , la riduzione di somma e di sottrazione , V elevazione a potenza , e 1' effettive estrazioni di radici ; che finalmente al Bombelli debbe 1' analisi 1' aver posto sott' oc- (i) Gua-de-Malves. ■ cxxxir Elogio di Pietro Cossali chio la realtà della formola Taitagliana nei suo intero ad on- ta delle parti separatamente immaginarie. 1 La diligente, ed accurata lettura, e lo studio profondo delle opere di questi nostri primi analisti Italiani fecero al nostro Isterico scoprire altre gravi ingiustizie ad essi fatte da- gli Storici suoi predecessori, togliendo loro il merito di bel- le scoperte , o ad altri attribuendo quelle dovute agli Italia- ni , o d' altre tacendo che per la loro elevatezza , ed impor- tanza di molto Gnor li ricolmano. Si disse che nessuno dei nostri primi analisti scopri 1' ar- te della risoluzione delle equazioni di sesto grado fornite del 3.°, del 4.% e del 5." termine, (i) ; :. Che il Vieta fu il primo a scoprire il legame delle equa- zioni di 3." grado mancanti del secondo termine con quelle che rhanno, il primo a far uso delle trasformazioni , il primo a ricorrere alle approssimazioni, e ad applicar l'Algebra alla Geo- metria, e a costruire geometricamente il valore ritrovato nel- la risoluzione dei Problemi, (a) 11 nostro Storico ci mostra^ che il Cardano alle tante sue belle scoperte analitiche aggiunse anche quella della soluzio- ne delle equazioni di sesto grado fornite del 3.°, del 4-° 5 e del 5." termine. Che il legame tra le equazioni prive del secondo termi- ne con quelle di esso fornite scintillò , siccome egli dice , al- la mente di Tartaglia nell'anno i54i , e con pieno fulgore splendette all' intelletto di Cardano ^ ed a pubblica luce pro- dusse nell'anno i545. naìV Arte magna. Che non già il Vieta ma il Tartaglia , e il Cardano furo- no i primi a scoprir l' arte di trasformar 1' equazioni , che il Tartaglia trasformò 1' equazione di 3." grado priva del terzo termine in altra priva del secondo ; che il Cardano insegnò quattro differenti specie di trasformazioni applicandole alle equazioni di secondo grado , a quelle del terzo , alle trinomie (i) MoDtucla. (a) Wallis, Gua-de-Malves , Montucla. Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxxiu cubiche , alle trinomie quadrato-quadrate , alle trinomie di 5.° grado , e infine alle quadrinomie del 4-° Che non già il Vieta ma il Cardano fu il primo a ricor- rere alle approssimazioni : eh' egli trovò per approssimazione quanto vuoisi maggiore, la radice irrazionale di una equazio- ne di terzo e quarto grado fosse pur essa di tutti i termini fornita. . '.r-->i. ' Che non già il Vieta ma Frate Luca e il Tartaglia furo- no i primi ad applicar 1' algebra alla geometria. Frate Luca con molte dozzine di Problemi applicò l'analisi non solo di se- condo grado , ma la derivativa del 4-° ^d ogni specie di fi- gure rettilinee , ed al cerchio , e trenta Problemi geometri- ci sciolse il Tartaglia tra i quali alcuni di Frate Luca a mag- giore estensione recati, e in oltre uno egli ne sciolse algebra- icamente poi geometricamente ne costrusse 1' equazione fina- le , e Cardano con l' intersecazione di una parabola e di un' i- perbola costrusse 1' equazione di terzo grado mancante del 3.° termine , nella quale la somma del primo e del quarto fos- se al secondo termine eguale. Dagli Storici non si fece alcun cenno del merito dei pri- mi analisti Italiani in riguardo alle operazioni sopra i segni del più, e del meno; Frate Luca superò in queste ricerche lo stes- so Diofanto , e i suoi interpreti. Il Greco analista considerò la quantità negativa in istato complesso , e dimostrò le rego- le della moltiplica del meno pel più, e del meno pel meno, e i suoi scoliasti Planude e Xilandro ne dimostrarono le re- gole geometricamente. L' analista Italiano considerò il meno su ambidue gli sta- ti complesso e semplice , e in ambidue questi stati dimostrò le regole per la moltiplica del più nel meno, e del meno iii più geometricamente , ed algebraicamente. Dalle regole per la moltiplica Frate Luca dedusse le regole per la divisione , om- messe da Diofanto e dai suoi scoliasti , e passa dappoi a quel- le della sottrazione, le quali dichiara minutamente distinguen- do dodici casi. Tomo XIX. s cxxxiv Elogio di Pietro Cossali Dagli Storici non si fa menzione alcuna nemmeno delle industrie usate dai primi analisti Italiani per abbassare alla sfera delle loro analisi i problemi a piimo aspetto appartenenti a sfera più alta, e il nostro Storico ci fa vedere che Leonardo di Pisa usò r industria chiamata di posizione eguale e della più facile ed elegante di posizione recante a frazioni recipro- che ; che il Cardano distinse , e adoperò le due regole d' aggre- gato , tratta la seconda da un frammento di Frate Luca , in- ventò la posizione per plus , et minus , proporzionata, la po- sizione di regresso , la posizione indeterminatamente accresciu- ta, o indeterminatamente scemata , la posizione incrociata , la quadrata la dipendente ; e ciò che più rileva , queste indu- strie contengono il germe del gran metodo delle indeterminate. Fra le tante , e si luminose scoperte d' algebra dei primi analisti Italiani, non si parla pure dagli storici dei vari me- todi di eliminazione da loro adoperati. Frate Luca usò il me- todo di trasporto per la eliminazione delle incognite nelle e- quazioni di i ." grado , nei casi non più difficili e talvolta per fino nei più complicati mentalmente eseguendo le relative o- perazioni. Il Cardano insegnò questo metodo , e con elegante speditezza ne fece uso nelle equazioni di secondo grado. Per le equazioni di jjrimo grado Egli insegna il metodo di para- gone , e quello di eguagliamento di termini con la moltipli- ca reciproca delle equazioni dei termini medesimi. A questi aggiunse il Cardano un metodo elegantissimo , il quale ad equazioni di qualunque grado a qualunque numero d' incoo^nite può estendersi , purché queste sieno in continua proporzione geometrica , e sieno le equazioni omogenee , me- todo preferibile a qualunque dei metodi moderni ove può u- sarsi ( I ) ■ Al Buteone , ed al Vieta si atrribuisce tutta la gloria del- la grande scoperta dell' analisi speciosa , e nessuna parte se (i) Cardano lo ebbe da Gabriele degli Amatori^ e questi da Frate Luca. Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxxv ne dà agli Italiani quantunque gli Italiani ne abbiano al Vieta preparata la via , e i materiali. Nella risoluzione de' Proble- mi Leonardo di Pisa usa di un metodo che può chiamarsi una specie di analisi speciosa lineare. Frate Luca fece il primo pas- so da questa speciosa analisi lineare verso la speciosa lettera- le valendosi delle lettere iniziali delle parole, ed esprimendo con lettere , non già a linee congiunte , ma astratte , le po- tenze, i mobili, e le velocità. Il Tartaglia insegnar volendo a trovar quanti numeri semplici si vogliono in qualunque siasi data proporzione , rappresenta per a , Z» li due numeri della da- ta proporzione j e successivamente per e , d , e ^ f i nume- ri della continua proporzione senza aggiugnere a quelle let- tere alcuna linea , ma ad esse medesime 1' immediato , e inte- ro ufficio assegnando di rappresentare in modo astratto i nu- meri. Tracce inoltre di letterale analisi più chiare impresse il Cardano. ì^eWArte magna veggonsi quattro questioni, nelle quali le due quantità incognite sono astrattamente segnate per a,b ^ ed i loro quadrati, e cubi per altre lettere. Nel li- bro de Regula aliza egli in un indagine sua esprime quattro quantità incognite per quattro lettere ; ivi pure esprime il Car- dano il numero ultimo termine dell' equazione di 3.° grado , per la lettera u, e altrove lo esprime per la lettera k , g nella regola proposta nella sua Arte magna, e da lui chiama- ta regola del modo , si ravvisa per fino lo spirito della specio- sa analisi : Che mancava ormai più , conchiude il nostro Sto- rico, che passare dal particolare al generale, piantar un sistema di regolato e universale calcolo per letterali espressioni , e as- tratti segni i più semplici ? Tale è in compendio la Storia dell' algebra del Cossali. Le disquisizioni di cui volle arrichirla si aggirano principal- mente: suir origine^ e sugli inventori dei segni adoperati og- gidì nelle analitiche operazioni: sulla moltiplica delle quanti- tà negative, e sulle opinioni del Cardano, del Wolfio , del "Venini, del Reim, dell'Agnesi, di Vincenzo Riccati, del Wallis dell' Alembert intorno ai loro prodotti: sulle idee ed espre*- cxxxvi Elogio di Pietro Cossali sioni degli antichi , e dei moderni analisti intorno alle omo- geneità di grado nelle equazioni. Sulle difficoltà mosse dagli antichi, e dai moderni intorno al significato delle potenze su- periori al Cuboj massime nelle equazioni riferite a geometria; sopra le tante e diverse definizioni delle quantità positive, e negative in istato composto, e in istato semplice; sopra l'ori- ginale significato, ed uffizio dell' algebra; sopra un' Problema di analisi indeterminata ; sui vari metodi di eliminazione , e sopra il componimento di un nuovo ; e finalmente sui pos- sibili modi di spezzamento della formola Tartagliana . An- che nelle disquisizioni si appalesa la grande sagacità , la di- ligenza, e l' acume del loro Autore, né vi manca mai la utile novità. La Storia dell'algebra non tardò molto ad esser letta di qua, e di là da' monti, ed a riscuotere grandi applausi. L'I- stituto nazionale d' Italia , e di Francia , eh' è quanto dire i dotti più celebri delle due Nazioni, per la voce de' loro Se- gretarii la dichiararono una Opera, in cui risplende per tutto il grande sapere, la vasta erudizione , la critica luminosa , il giudizio severo, a tal che per le notizie autentiche, e pelle- grine, e tratte dall' obblivione, ove giacevano sepolte, l'Auto- re può aspirare, al vanto dei discopritori del vero. Ma la par- te più bella dell' Elogio della Storia del Cossali, vogliam dire la esposizione delle utilità eh' ella produsse , non può atten- dersi , che dal tempo. Le astruse , e sublimi discussioni iste- riche , metafisiche , algebraiche , nelle quali l' Autore a ben trattare l'ampio suo tema fu costretto a impegnarsi in quasi ogni proposito, rendono la sua Storia un' Opera da non poter leggersi né intendersi , se non da quei pochi , che nei loro studi si propongono la ricerca dell' utile , e della verità . Ad agevolarne , e a renderne comune la lettura sarebbe duopo un compendio dell' Opera , facile , e piano. Possa il saggio im- perfetto che io qui ne offersi animar l' algebrista passionato per la scienza sublime ch'egli coltiva, e per 1' onor naziona- le , ed estenderlo , e perfezionarlo. Rendutasi per tal mezzo Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxxxvn generale , e comune la cognizione di quella Storia non si ve- drebbero più, siccome ancor si veggono dopo ventiquattro anni corsi della pubblicazione di quel' Opera , nelle opere ele- mentari , e nelle scuole d'analisi insegnati gli errori delle vec- chie storie , taciuti i nomi dei benemeriti Italiani discoprito- ri delle principali analitiche dottrine^, ed attribuirsi agli stra- nieri i ritrovati algebrici ai nostri dovuti. A questi ultimi al- lora , ed alla verità tributato verrebbe il meritato onore e quin- di sarebbe compiuto 1' Elogio della Storia del nostro Accade- mico. Chi non ignorasse il tempo e le fatiche , che spendere dovea il Cossali nel comporre, ed ordinar la sua Storia, fareb- be certamente le maraviglie , eh' egli non ancor giunto al ter- mine di essa aver potesse comodo , e lena d' intraprendere un altro lavoro importante , e molto applaudito , ed istruttivo. Egli compose dal 1791 , fino al 1804 le Effemeridi Astronomi- che per la latitudine , e longitudine di Parma. In queste egli non si restrinse a predire , e a determinare il tempo della ap- parizione , e della durata degli svariati fenomeni che il Cie- lo presenta ogni giorno agli occhi di tutti ; ma volle pur an- co di essi , e di quelli pure che solo coi più squisiti stromen- ti , e colla assiduità degli osservatori più diligenti si disco- prirono , darne una spiegazione atta ad essere intesa da mol- ti , cioè non solo da chiunque è fornito delle elementari co- gnizioni geometriche , ma in qualche modo da tutti , aciocchè tutti imparino , egli dice , quanto ne sono capaci ad inten- dere^ quella lingua colla quale i Cieli narrano le glorie dell'On- nipossente. Nella spiegazione di quei fenomeni, e nell' adattarla al comune intendimento mostra il Cossali una tale estensione di dottrine Astronomiche e tanta sagacità , che un cel. Astrono- mo giunse a chiamarlo Signore del Cielo. Ma d' altri ancora importanti , ed utili argomenti gli piac- que adornare le sue Effemeridi. In quella dell' anno 1798. descrive una sfera armillare eh' egli immaginò più facile , più cxxxviii Elogio di Pietro Cossali accurata , più dilettevole , e proficua per 1' insegnamento del- la posizione^ e del moto degli astri. Nella Effemeride del i8o3. il Cossali espone, confronta, discute le molte osservazioni, combinazioni , ipotesi , correzio- ni , calcoli dei cel. Astronomi Piazzi , ed Olbers per determi- nare le orbite , la luce , e la grandezza dei nuovi pianeti Ce- rere, e Pallade da loro scoperti , e per molti penosissimi cal- coli segnando i gradi , ed i limiti di certezza entro i quali fi- no a tutto il i8oa. tener poteansi quelle ricerche. Egli aprì agli Astronomi e agevolò il cammino da battersi per ridur- le nel più breve tempo , e colla massima esattezza alla lo- ro perfezione. Finalmente nell' Effemeride per l'anno 1804. egli discute la questione insoi'ta tra quelli , i quali credeva- no che l'Ecclissi prenunciato pel giorno 1 1. Febbrajo del 1804, del quale il massimo colmo per Parma esser dovea pei suoi calcoli di 11.^ digiti, avesse a portar tetra notte. Alcuni Ec- clissl accaddero già di quasi eguale ed anche di maggiore gran- dezza , ma deirEcclissi soltanto osservato in Marly dal Cassi- ni nel di 3. Maggio del lyiS. si notò il grado di oscurità. Es- sa fu tale che nel suo colmo si viddero svolazzar pipistrelli^ e alcuni uccelli cercar ritiro non altrimenti se principiar do- vesse la notte ;, e Venere inoltre si vidde ad occhio nudo, e debolmente Mercurio. Pure da ciò non potevasi giustamente inferire , che eguale effetto produr dovesse V Ecclissi predet- ta pel di ir. Febbrajo 18043 quantunque di poco minore es- ser dovesse di quello osservato in Marly. All' occhio astrono- mico del nostro Accademico nessuna isfuggì di quelle molte circostanze, per le quali due Ecclissi, comunque di eguale grandezza, produr non potrebbero tuttavia eguale oscurità. Egli comprese che a determinare i gradi di oscurità di tali Ecclis- si era d uopo investigare la forza della rimanente luce residua , che questo era un Problema, del quale gli astronomi calco- latori di Ecclissi non si erano giammai occupati; che più di astronomia un Problema egli era di alta Geometria e di otti- ca sublime ; che neppure le opere più sottili , ed elevate a lui Scritto dal Socio Ah. Giuseppe Avanzini cxxxix note di queste due scienze il comprendono, che un tale Pro- blema obbliga a nulla meno che a computare la luce da una qualunque particella della superficie dell' Emisfero solare ema- nante , e raccogliere in una somma le luci tutte delle infi- nite particelle costituenti l' intero solare emisfero , di poi un simile calcolo istituire per quella porzione di esso serrata tra un arco del lembo , ed una curva di doppia curvatura sopra la superficie dell' emisfero descritta. Malgrado di tante diffi- coltà il Cessali si accinse alla risoluzione del Problema , pian- tò le formole generali , ed applicandole si al futuro ecclissi per Parma, come all' ecclissi succeduto a Marly, trovò la for- za d' illuminazione della parte scoperta dell' emisfero solare nel colmo dell' Ecclissi di Marly , alla forza d' illuminazione della jiarte scoperta nel colmo dell' Ecclissi di Parma nella proporzione di iioa io5, conchiuse che quando il Cielo fos- se egualmente sereno si avrebbe in Parma nel colmo dell' Ec- clissi un grado di oscurità anzi che nò maggiore di quello , che si ebbe in Marly, non già la tetra notte ^ siccome alcu- ni eransi dati a credere. Nel posto di Professore d' Idraulica e nelle relative com- missioni eh' ebbe il Gossali dal Sovrano, dal Pubblico, e dai particolari egli si palesò anche valentissimo Idraulico , sicco- me ne fanno fede gii scrittti o inediti , o stampati eh' egli ste- se intorno alle commissioni medesime. Nell'anno 1802. Parma avendo perduto il suo Duca Fer- dinando I. Borbone , entrò ad amministrare quegli stati Mo- reau — de — Saint Mery ^ già da due anni Ambasciatore della Repubblica Francese a quella Corte. Grande estimatore , sic- come egli era del Cessali , lo volle mantenere nelle Cattedre che con tanto onore della Parmense Università occupava già da i5. anni. Tuttavia mal soffrendo il Cessali la perdita del Principe suo protettore ed amico, e le molestie che le pro- prie opinioni , e il franco , e leale suo carattere gli procac- ciarono , risolse di abbandonare quegli impieghi , e quella Cit- tà, e nel i8o5. ritornò alla sua Verona. CXL Elogio di Pietro Cossali Questa illustre sua Patria, sempre intesa ad onorare il merito de' propri figli , e perfezionare i suoi Ietterai] Istitu- ti , elesse il Cossali Professore di matematiche sublimi nel suo fiorente Liceo , e consultore Idraulico nel magistrato , che pre- siedeva al Governo dei fiumi , e de' canali del suo Territorio. Neil' anno susseguente fu dal Governo Italico nominato Ispet- tore Generale d' acque e strade, incarico che per la divisa^ e per le insegne ch'egli avrebbe dovuto vestire non fu da lui riputato conveniente al suo carattere di Sacerdote e di Tea- tino. Assunse invece l'altro egualmente importante, e lumi- noso , al quale dal governo Italico fu pure nell' anno stesso nominato , cioè quello della Commissione Idraulica composta di sette membri ordinata dall' Imperator Napoleone per 1' esa- me da istituirsi in Padova dei progetti fino a quel tempo pro- posti senza effetto sul regolamento del fiume Brenta. Egli as- sistette col suo zelo , e colle sue Idrauliche cognizioni senza interruzione, quantunque convalescente di grave malattia a tut- te le adunanze destinate all' esame di quei progetti^ e corag- giosamente intraprese le visite al Brenta , e ai fiumi che col Brenta aver potevano relazione; assistette alle livellazioni, e a tutte le operazioni e osservazioni necessarie per venire a un ben fondato esame. Pure di tante fatiche del Cossali , e de' suoi colleghi , non si potè cogliere il frutto per quelle cau- se , che sarebbe inutile il rammentare. Nello stesso anno 1806. l'Imperatore Napoleone chiamò il Cossali alla Cattedra di calcolo sublime nella Università di Padova , né in questo posto fu minore lo zelo di lui pei pro- gressi della sua favorita analisi e per 1' onore della Universi- tà ; oltre le non interrotte lezioni , che con molto profitto dei giovani allievi egli diede recitò dalla Cattedra parecchi di- scorsi diretti a destare negli animi degli ascoltatori stima, e rispetto per le matematiche Scienze eh' ei professava. Tra quei dotti discorsi nella Storia dei suoi studj rammentare si deb- bono gli Elogi , che nei giorni solenni della Università re- citò dello Stellini , del Poleni , e del Lagrange. Obbediente al Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxli . precetto , che gli Elogi dei Letterati , e dei Dotti esser deb- bono la storia delle loro Opere , l'esposizione ragionata ch'egli fece di quelle dei tre sommi uomini, mostrò quanto fosse il Cossali ricco di sapere in Metafisica, in Morale, in Fisica ^ in Idraulica, in Nautica, in Archittetura nella Critica; e quan- to finalmente fiisse istrutto delle tante sublimi scoperte ma- tematiche che si grandemente onorano il secolo decimo ot- tavo. Nel 1808. L'Accademia di Scienze ^ Lettere, ed Arti di Padova nominò il Cossali uno dei suoi trenta socj attivi , e nel 181 I. r Imperatore Napoleone entrare il fece tra i sessan- ta membri pensionati del Nazionale Istituto Italiano. Air Accademia recitò parecchie dissertazioni tutte piene del suo zelo rivolto a togliere gli errori , ed accrescere il nu- mero delle utili , e importanti verità . Tale fra le altre è quel- la sopra la natura delle equazioni che 1' Accademia inseri nel primo Tomo dei suoi nuovi Saggi scientifici , e lettererj. Dopo di aver messo nel loro pieno lume i già noti principi della metafisica di quella Teorica , gli adopera il Cossali a dimostra- re la fallacela di alcune Dottrine , che intorno alle equazio- ni pubblicarono i celebri matematici Frisi, e Nicolai. Adorno dei pregi di utile erudizione e dottrina è pure il discorso recitato in una delle adunanze dell' Istituto che pubblicollo nel secondo Volume delle sue nuove Memorie. In quel discorso vedesi chiaramente che i tre grandiosi penelli sulla riva di Piacenza non sono idea del solo Guglielmini e né tampoco sono tutti di cotto, siccome credeva il cel. Fri- si ^ ma bensì proposti come riparo alle corrosioni del Pò dai Gesuita Macrini e dal Guglielmini, e fabbricati di prismi di smalto fatto di ghiaja e di calcina viva. Scorgesi ancora non esser possibile od almeno utile il progetto del Lorgna di ri- condurre il Pò nella Trebbia e finalmente si vede che la por- tata del Pò in un anno trovata dal Cossali di piedi cubici Pa- rigini a, 842549, oi.5a4T deesi ritener più sicura ed esatta della portata di piedi cubici Parigini i , a68855 , 646947 cal- Tomo XIX. t cxLii Elogio di Pietro Cossali colata dal Padre Riccioli , ed abbracciata dal Buffon nel com- putare la quantità d' acqua che 1' Oceano riceve dai fiumi , e pili accurata anche di quella di piedi cubici Parigini 2,, 384708, IC18Ó6 rinvenuta dal cel. Zendrini. Fino dall' anno 1793. fu il Cossali eletto ad uno dei Qua- ranta Membri della Società Italiana delle Scienze; ed in mez- zo ai gravissimi incarichi da lui sostenuti in Parma, in Ve- rona , ed in Padova seppe pur corrispondere generosamente ai doveri che quella Società impone ai suoi membri ; tra qua- li essendovi pur l' obbligo di trasmetterle almeno ad ogni quattro di que' volumi che essa va pubblicando , qualche lavoro rivolto all' ingrandimento, ed alla perfezione della Fi- sica, e delle Matematiche, il Cossali non ne lasciava uscire quasi nessun volume , che non fosse de' suoi lavori arrichito. Il Tomo X. (1802) contiene la sua bella Dissertazione so- pra la tensione delle funi . Il Leibnizio , e i due grandi Ber- iioulli Giacomo e Giovanni avevano già col soccorso del cal- colo infinitesimale da quello inventato e da questi promos- so ed ampliato , determinata la natura della Curva , nella quale si conforma una catena , od una fune appesa nelle sue estremità a due punti fissi , e dal primo erasi calcolato anche lo sforzo della catena contro i due punti di sospensione ; ma da altro cel. Matematico, 1' Ab. Frisi fu accusato d' imperfe- zione e di errore il valore della spinta ritrovato da Giovan- ni, e ad esso sostituito un altro che il Frisi medesimo pre- tese per pili esatto. Nella sua scrittura il Cossali dilucida pienamente per via di riflessioni 3 e fermamente assoda per via di sperimenti la Bernoulliana Teorica , ed abbatte per ambidue i modi quella recata dal Frisi , traendo perfino dal- le censure di lui molte ragioni a favore della prima. Nel Tomo XIII. (1806) ha del Cossali la dotta disquizio- ne matematica sulla opinione delle pioggie de* sassi dai vul- cani lunari. Dappoiché il sommo Geometra de-la-Place pro- nunciò essere fiiscamente possibile, che i vulcani lunari slan- cino sassi fino alla terra, molti cel. Fisici, e Matematici opina- Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxliu rono , clie la causa, e 1' origine della caduta de' sassi per T at- mosfera terrestre , osservata già dalla piii rimota antichità , e pienamente verificata nei nostri tempi , si dovesse appunto at- tribuire ai vulcani della Luna, il celebratissimo Fisico Vau- quelin tra gli altri , dopo di avere esaminate le estrinseche qualità, e con sottile analisi rintracciati i componenti dei sas- si caduti nei contorni dell'Aquila in Francia, dichiarò 1' opi- nione, che li fa venire dalla Luna per lo meno irra^nonevo- le , e se non possano darsene prove dirette non potersi nem- meno opporre in contrario un ben fondato ragionamento. L' e- same di questi giudizj del Vauquelin impegnò il talento in- vestigatore del nostro Accademico, ma per istituirlo sopra Luo- ni principi egli conobbe necessario il valutar prima la velo- cità colla quale il vulcano lunare dovrebbe lanciare il sasso , onde giunger potesse fino alla terra ; la velocità che avreb- be il sasso arrivato alla superficie terrestre , e finalmente il tempo che il sasso impiegherebbe nel trascorrere lo spazio dal- la Luna alla terra. Nella sua disquisizione matematica presenta il Cossali le soluzioni dei tre Problemi , le quali per la maggior preci- sione del metodo, e la ragionevolezza delle ipotesi a cui egli è pur forza ricorrere in si fatte investigazioni , considerar si vorranno più sicure , ed esatte di quelle che prima erano sta- te date dai cel. Matematici Olbers , Poisson , Biot , e da un Geometra Inglese. Solamente confesseremo che la risoluzio- ne del tempo recata dal nostro Cossali fu vinta nell' elegan- za da quella del Poisson. Il Poisson integrando col breve ed elegante metodo delle trascendenti circolari l'equazione diflfe- renziale del tempo giunse per cammino brevissimo alla deter- minazione del tempo medesimo. La brevità stessa ottener po- teva il Cossali integrando col metodo delle trascendenti e- littiche r equazione differenziale suddetta , ma avendo egli vo- luto integrarla sviluppandola in serie, s'immerse in un cal- colo scabrosissimo , ed oltre modo prolisso . Ciò però non gU tolse di pervenire ad un risultato presso che eguale a quel- . cxLiv Elogio di Pietro Cossali lo a cui giunse il Poisson. Oltre di che dal calcolo del Cos- sali trar si possono nuove prove della sua sagacità per gli in- gegnosi tentativi , e pei sottili artifizj , eh' egli impiegò onde giungere per la via eh' egli tenne alla integrazione . Poteva spiccale del pari 1' ingegno del nostro Autore nella seconda parte della sua dissertazione , voglio dire nell' applicazione dei suoi Problemi all'esame della opinione del Vauquehn. Ma sia che occupato fosse in ricerche da lui credute di maggiore importanza , sia che le spiegazioni date da poi dai cel. Fisici del fenomeno delle pietre cadenti , sembrate gli fossero ba- stanti ad abbattere 1' opinione del Vauquelin ; egli è certo che il Cossali non ritornò più su questo argomento. Nel Tomo XV. (i8og) egli pubblicò due Dissertazioni. Tratta la prima dei Barometri Luminosi . Con nuovi accuratis- simi sperimenti il Cossali assicura la giustezza della opinione da tutti i moderni fisici ricevuta, che gli sprizzi di luce slan- ciantisi dal Barometro , massimamente dalla sua parte supe- riore ^ quando all'oscuro si scuote, sono una cosa stessa del- la luce Elettrica scoppiata dallo stropiccio che la contro il vetro il Mercurio oscillante. A rendere vieppiìi utili que' suoi sperimenti egli passa a mostrare , come per essi render si pos- sano più giuste, e più generali le regole suggerite dai Fisici per giudicare della perfezione , o imperfezione de' Barometri. La seconda Dissertazione è intitolata : Indagini per sot- tomettere a calcolo il Barometro nelle diverse sue forme, nel- le sue dipendenze , e nei suoi usi. Nessuno aveva ancora de- terminate le formole del movimento delle due superficie su- periore , ed inferiore del mercurio nel Barometro diritto , e in- flesso Torricelliano, qualunque siasi la figura e grandezza del vaso. Il Cossali ivi stabilisce quelle formole, le quali con- ducono direttamente alla cognizione della figura , e grandez- za tra le più picciole , colle quali deesi costruire il vaso , e a quale distanza dal fondo del vaso nel Barometro diritto es- ser debba immerso il cannello , affinchè avuto riguardo così elle differenti pressioni atmosferiche , come al variar del calore Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxlv si possa , nel misurare V altezza della colonna mercuriale ^ non tener conto dell' alzamento , o abbassamento della superficie del Mercurio in ciascuno dei due vasi. A questa ricerca altra ne aggiunse il Cossali d' un' argomento , che dovrà certo te- nersi di maggiore importanza. Non si può , come è noto , de- terminare r altezza del Mercurio dovuta alla sola pressione del- l' atmosfera se non si sa quanto dall' altezza osservata si deb- ba sottrarre , o ad essa aggiungere per cagione della diversità del caldo e del freddo. A tale oggetto da celebri Fisici s' isti- tuirono diverse sperienze. Muschembroeck^ Boerhaave , Marti- ne, Cristine, Schucburg, Lorgna, e il Padre da S. Martino determinando il dilatamento di un dato volume di Mercurio per un dato grado di calore ; il Deluc ponendo il Barometro in un Gabinetto a due diverse temperature ; e finalmente il Professor Carbois , Gaux , Rocheblare immergendo il Barome- tro nel ghiaccio fondentesi , poscia nell' acqua bollente. Esaminate accuratamente dal nostro Accademico queste sperienze non seppe trovarne alcuna , la quale lasciar non do- vesse qualche dubbio intorno alla esattezza de' loro risulta- menti. Quelle di i.° genere per non essersi in esse considerata la pressione dell'aria atmosferica fuor che nelle sperienze del Lorgna, e del P. da S. Martino^ ma senza avvertire che farsi dovevano sotto la stessa pressione atmosferica ; 1' esperienze del secondo genere, perchè quantunque istituite dal De-Luc sotto la stessa pressione di 27. pollici, porgono risultamenti assai discordi da quelli di altre sperienze dallo stesso De-Luc eseguite; quelle infine del 3.°, perchè s'ignorano affatto le circostanze e le condizioni nelle quali furono fatte dal Car- bois, e dal Gaux, e perchè quelle del Rocheblare discordano dalle sperienze del De-Luc, del Lorgna, e del P. da S.Martino- Ad ottenere malgrado di questi difetti conclusioni alle verità più conformi, il Cossali ridusse sotto la stessa pressio- ne le sperienze dei due Fisici Italiani , e ritrovò che la va- riazione barometrica di 2,7. pollici dallo zero ai gradi 80. es- cxLvi Elooio di Pietro Cossali gere dovrebbe di linee 5,i3iia7 per l'esperienze del Lorgna, di linee, 5,105767. per quelle del P. da S. Martino. Temendo poi che i risiiitainenti delle sperienze del De- Luc non concordassero con quelli d' altre sue proprie , per- chè r aria del Gabinetto nel quale si fecero non avesse liber- tà sufficiente di espandersi per 1' aumentato calore , le volle il Cossali ripetere per ben due volte con finestre aperte , e in stanza più ampia, e rinveiuie la variazione barometrica di 117. pollici ascendente a linee 5, 1749B salendo il Termometro dai gradi i4- fino ai Sg. e di linee 5,10417. salendo dai gra- di 12 -^, fino ai 44* Convinto finalmente il nostro Accademico, che la discre- panza delle sperienze di Rocheblare da quelle del De-Luc , del Lorgna e del P. da S. Martino attribuire si dovesse ad alcuni intrinseci difetti degli artifici usati dal Roclieblare, egli SUggeri un nuovo metodo d'istituirle, il (juale levando il di- fetto del metodo di Rocheblare sperar si potesse fondatamen- te di ottenere risultati più sicuri, ed esatti. Il Cossali corona la sua Dissertazione con una formola al- gebrica, dalla quale, data la variazione cagionata nella colon- na del Mercurio dalla temperatura del ghiaccio all'acqua bol- lente sotto la pressione atmosferica di 27. pollici , possa in- ferirsi quella per ogni temperatura e sotto qualunque pres- sione. Nel Tomo XVI. trovansi altre due Dissertazioni del no- stro Accademico. La prima intitolata Dei baratti mercantili ridotti, e dimostrati per Algebra. Quaranta otto di questi Pro- blemi furono trattati nella Somma di Frate Luca, e quaran- tatre dal Tartaglia con dati particolari e numerici . Avendo- li il Cossali risolti tutti con simboli algebrici, si accorse che il principio fondamentale per sciogliere il Problema dei ba- ratti consisteva in due e([uazioni eh' egli determina , e chia- ma la prima di corcanti., l'altra di baratto. Con queste due equazioni risolve undici Problemi sui baratti, e per esse di- Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxlvii mostra la fallacia di alcune soluzioni di Frate Luca , e del Tartaglia. La seconda Dissertazione è intitolata : Disquisizioni sui varj metodi di eliminazione con il componimento di un nuovo . Ella è la stessa di quella che abbiamo accennata nella espo- sizione della storia dell'algebra. Piacque certamente al Cossa- li di vederla ristampata negli atti della Società Italiana delle Scienze onde renderne più generale la lettura meritevole, come ella è , pei tanti pregi che 1' adornano^ di andare nel le mani di tutti. Dopo Frate Luca e il Cardano ci lasciarono metodi di eliminazione il Newton, 1' Eulero, il Bezout, il D'Alembert, il Cramer il De-La-Grange . Quelli dei quattro primi sopra lo- dati Geometri portano l' equazione finale di eliminamento elevata oltre il dovere per cagione di certi l'attori, che ne alterano , ed aumentano il grado. Il metodo che gode il pregio di andare immune di fat- tori altrettanti è quello che chiamasi di prodotto , del quale Eulero piantò i fondamenti , e che Cramer, e la Grange han- no a mijilior condizione elevato. Ma il Cramer fece desidera- ci re una generale dimostrazione del suo calcolo, e il La Gran- ge assoggettò il suo alle differenze infinitesime, e ai logarit- mi. Nella sua Dissertazione il Cessali si accinge a perfeziona- re il metodo dell' Eulero , e del Cramer formando un solo composto dei metodi d' ainbidue. A ciò si fa strada coi bei Teo- remi del Newton , e del Waring sopra la relazione delle va- rie funzioni delle radici coi coefficienti delle equazioni, sup- plisce alle mancanze del metodo dell' Eulero , rende generale quello del Cramer, semplifica il calcolo del La-Grange trasfe- rendolo dalla dipendenza delle infinitesime differenze, e dei logaritmi alla unica dipendenza dei suddetti Teoremi. 11 XVII. Tomo (i8i4) contiene una soluzione del nostro Accademico del problema della capacità della Botte, più ge- nerale di quella che diedero prima di lui i cel. Matematici Italiani che su questo argomento si occuparono. cxLviii Elogio di Pietro Cossali Il Tomo XVIII (i8i5) offre altri due scritti nel primo dei quali il Cossali esamina , illustra e corregge le sperienze con cui i cel. Fisici Camus , Changeux , Marat , Landriani , e Mo- scati tentarono di determinare le variazioni che nel Baro- metro può cagionare la elettricità. Nel secondo dimostra, co- me seguendo i principi coi quali il cel. Astronomo Antonio Gagnoli fu il primo ad assegnare direttamente nelle orbite elittiche i luoghi delle stazioni , sciogliere si potea l' altro più universale delle geometriche apparenze. Tale è la storia comujique informe, e imperfetta dei la- vori scientifici del Cossali. L' esposizione in piosa, e in ver- si di alcuni suoi pensieri sopra parecchi argomenti d'arti, d' Istoria, di Erudizione^ di Morale, e di Fisica era il solazzo eh' egli prendeva in mezzo a tante fatiche. Alcuni di questi pensieri viddero la pubblica luce per impulso de' suoi amici. Tra questi vuoisi annoverare una lettera al cel. Cav. Ippolito Pindemonte sul bello, un discorso sopra un passo degli Asolani del Bembo, un picciolo opuscolo sulla confusione di due cel- lani Arabi in un solo •, e parecchi sonetti sopia argomenti fi- sici , sacri, e morali. La forte conqilessione del Cossali poteva serbarlo ad al- ili lavori ; ma i tanti già fatti , e la intensione di mente , e r ardoi ^ con cui vi si applicava, e le gravi malattie le quali a quando a quando lo affligevano, debilitarono il suo tempe- ramento sì fattamente da non poter più resistere agli assalti, che davagli al petto un umore gottoso , che egli portò fino dalla nascita. Egli sentì il pericolo che lo minacciava; chie- se i soccorsi della Religione , e li ricevette colla presenza di spirito j e colla tranquillità del buon cristiano e del saggio. Noi lo perdemmo il dì ao. Dicembre del i8i.5. nella età di circa sessanta sette anni. Le sue spoglie mortali furono portate con modesta pompa alla Chiesa degli Ogni Santi accompagnate dai Sacerdoti di quella Parrocchia, dai Professori, e dagli Alun- ni dell' I. R. Università , e la mesta funzione si chiuse con ima orazione funebre recitata , conforme V uso , da un Pro- Scritto dal Socio Ab. Giuseppe Avanzini cxlix fessore della facoltà Matematica (a) . Le novelle pubbliche annunciarono la morte del Cossali come una grave perdita per le scienze , e per le Accademie che lo ebbero a socio , e compagno. Tutti i Dotti la ricordarono con trista commozione^ e ram- marico. Dolente sopra tutti Verona che lo vide nascere , e lo nudrì nei primi studj , ed emula a un tempo delle Greche antiche Città nell' onorare , e perpetuare il nome dei preclari suoi Cittadini , volle innalzato al Cossali un monumento che (a) Il Sig. Dott. Gio. Farini. Alla Porta maggiore del Tempio leggevasi la se- guente Epigrafe composta dal chiar. Sig. Professore Floriano Caldani. PETRO . COSSALIO . V. G. DOMO . VERONA INTER . CLER . REG . THEAT . SACERDOTI SACRIS . CONCIONIBVS . PER . ITALIAM . PROBATISSIMO QVI . ACERRIMO . INGENIO . FIRMO . ANIMO OMNIGENA . ERVDITIONE . PRAESTANS HYDRAVLIGAM . ASTRORVM . ET . METEOR . DOCTRINAM IN . PARMENSI . VNIVERSITATE SVBLIMIOREM . MATHESIN . IN . PATRIA DEIN . IN . ARCHIGYMNASIO . PATAVINO PVBLICE . TRADIDIT . EDITIS . SCRIPTIS . EXPLaNAVIT SODALIS . REG . INSTITVTI . ITALICI xl . VIR . SOCIETATIS . ITALICAE . SCTENTIARVM IMPIGER . VIXIT . ANNOS . LXVII. DECESSIT . XIII . KAL . JANVAR . ANNO . MDGGCSV. DIE . TRIGESIMA , AB . EXGESSV . EIVS MOESTISSIMI . NEPOTES PATRVO . OPTIMO . FVNVS . INSTAVRANT. Tomo XIX. CL Elogio di Pietro Cossali tramandasse a posteri la sua immagine, e la memoria delle virtù del suo ingegno, (b) Era il Cossali di alta e ben proporzionata statura. Tut- to robusto e distinto dal comune degli uomini nella fronte spaziosa , e sporta sensibilmente in fuori. La sua fisonornia ora lieta ed aggradevole , or grave e pensosa^ e qualche volta me- lanconica , ma sempre espressiva. Forte , e immaginoso il suo stile , ma perchè troppo fervido non di rado inesatto. Nelle conversazioni ameno e vivace, quantunque abi- tuato a studj profondi e severi , istintivo per la grande sua lettura de' libri d' ogni argomento , e per la sua vasta memo- ria. Si esprimeva bene , raccontava con precisione , e rapidi- tà. Franco con tutti , semplice e dignitoso coi grandi e coi Principi co' quali ebbe a parlare. Libero da ogni invidia enco- miava gli uomini di vero merito fossero anche vivi , e vicini , fossero pure suoi Colleghi nelle Università , o nelle Accade- mie. Era passionato sì vivamente pei grand' uomini che cele- brava , e SI ansiosamente desideroso di trasfonderne la stima , e r ammirazione nella mente e nel cuore de' suoi Uditori , che nella lettura de' suoi discorsi Accademici e negli Elogj piglia- va alle volte un' enfasi tale da risentirsene spesso la sua sa- lute. Fornito di squisita sensibilità j e tenero sopra modo del (b) Gli fu nella Chiesa di S. Anastasia collocato per decreta della Città di Verona un Busto sotto il ijuale si legge questa Iscrizione. PETRO . COSSALIO THIEN . ORD . SACERD. IN. SOC. ITAL. XL. VIR. ET. R. SCIENT. INST. ADLECTO MATHEMATICIS . DISCIPLINIS . ADPRIME . CLARO QVAS . VERONAE . PARMAE . ET . PATAVJ MAGNA . SVI . NOMINIS . LAVDE . APVD . ITALOS . EXTEROSQ. PVBLICE . PROFESSVS . EST HERMAN . PATRIA . LVGENS . POS . B. M. AETERNVM . IN . CIVES . VIRTVTIS . EXEMPLVM VIX . ANN, LXVII P. M, OB. A. S. MDCCCXV. Scritto dai. Socio Ab. G/useppe Avanzini cli giusto , del verOj del bello, parve a taluni eh' egli non sem- pre osservasse nel difenderli quella moderazione , tanto rac- comandata dalla presente nostra sociale urbanità , e dalla tol- leranza letteraria , le quali però sovente altro non sono che una dissimulazione viziosa. Giusto egli stesso, grato, benefico in tutta la sua vita lasciò alla sua famiglia la discreta sostan- za acquistata coi risparmj del superfluo, e col tesoro della temperanza. Air egregio suo Discepolo Floriano Pasetti lasciò della sua ricca, e varia Biblioteca quella porzione, sopra ogni altra copiosa , che comprendeva i libri di Matematica , Fisica , ed Astronomia \ 1' altra ordinò che fosse distribuita ai paren- ti ed agli amici ; né de' poveri si scordò , quantunque in vi- ta da lui continuamente soccorsi. I suoi parenti , gli amici , ed i poveri , e tutte le anime gentili , amanti delle lettere , e delle virtù , e della verace gloria d'Italia serberanno viva mai sempre la memoria di Pietro Cossali. ■a:.. ' ' - 1 1 f I . ' ■ . , ; ■ ; i I J . ■. . ; ; ; i ■ I •, ', . .•Ai-.:: :. ì Oli . i l'i ly. i .):i'-)j.i r.L U .' MEMORIE D I MATEMATICA SULL' EQUILIBRIO DELLE CURVE A DOPPIA CURVATURA RIGIDE , OVVERO COMPLETAMENTE O SOLO IN PARTE ELASTICHE. MEMORIA DEL PROFESSORE ANTONIO BORDONI Ricevuta adì aa. Maggio 1818. I movimenti relativi , che possono avere luogo fra le parti di una curva a doppia curvatura , richieggono un' allungamento od un' accorciamento degli elementi di essa , od una aumen- tazione o diminuzione degli angoli di contingenza compresi fra i suoi elementi consecutivi, ovvero una simile variazione de- gli angoli diedri dei prossimi piani osculatori, o due o tutte insieme queste tre variazioni; dimò che, se saranno invariabi- li gii elementi della curva e con essi anche i due angoli an- zidetti ossia le due sue flessioni, la curva si potrà porre ben- sì in pili luoghi dello spazio, ma essa avrà sempre la mede- sima figura . Applicando opportunamente delle forze ad una curva fi- sica , si possono produrre delle variazioni sì nei suoi elementi che nelle sue flessioni ; e producendo effettivamente queste variazioni in siffatte linee, si sente una resistenza ossia una forza naturale , che si oppone ad esse variazioni , la qua- Tomo XIX. I a Sui.i.' Equilibkio delle Curve eo. le resistenza dicesi comunemente elasticità della curva . I meccanici suppongono questa resistenza costituita di tre parti distinte, cioè della parte proveniente dalla varia- zione dei soli elementi della curva, e delle due che proven- gono dalle variazioni delle due flessioni di essa; e chiamano particolarmente, tensione la prima di queste parti, elasticità la seconda , che è prodotta dalla aumentazione o diminuzio- ne naturale della prima flessione ossia degli angoli della con- tingenza ordinaria; torsione dicono la terza, la quale nasce dalla variazione della seconda flessione ossia degli angoli com- presi fra i consecutivi piani osculatori . Sebbene le tre variazioni anzidette abbiano luogo gene- ralmente in tutte le curve fìsiche alle quali sianvi applicate delle forze , non ostante, in molte occasioni interessa anche la cognizione di ciò, che avviene o può avvenire nello stato di equilibrio di quelle curve, la cui figura è supposta affatto affatto invariabile, le quali si dicono per questo curve rigide; come elastiche completamente si dicono quelle, nelle quali possono avere luogo le variazioni suddette , ed elastiche solo in parte le altre . Nelle curve rigide, per tensione , elasticità , e torsione si intendono gli sforzi , che le forze esteriori fanno per va- riare, benché in vano, gli elementi della curva o le due sue flessioni . a. Le cose principali, che si hanno di mira nell'equilibrio delle curve a doppia curvatura , sono, le forze esteriori, la tensione , la elasticità , la torsione , e le equazioni di esse curve ; cosicché tutti i dati delle quistioni relative allo sta- to di equilibrio delle curve consistono in alcune di queste cose ed i quesiti nelle altre. E di fatto, la qtiistione prin- cipale per le curve rigide è quella , nella quale sono cono- sciute le forze esteriori e le equazioni della curva in una data posizione, e si dimandano la tensione , la elasticità, la Del PiioFEsiORE Antonio Bokdoa'i 3- torsione, e con esse anco le due equazioni individuate della medesima linea nello stato di equilibrio; e per le elastiche completamente è quella, in cui sono date le forze esteriori, le leggi della tensione, della elasticità, e delia torsione, e si cercano le equdzioni rappresentanti la curva nel suo stato o posizione di equilibrio, ed i valori delle medesime tre for- ze interiori, cioè della tensione, della elasticità, e della tor- sione . Anzi , la soluzione completa di qualunque quistione relativa all' equilibrio delle curve a doppia curvatura richie- de generalmente la conoscenza delle medesime tre equazioni indefinite, nelle quali , come si vedrà , vi sono le forze este- riori , le interiori ossia la tensione , la elasticità , e la torsio- ne , e con esse anco le coordinate della cui-va . Lagrange , nella sua Meccanica Analitica , parlando del- l' equilibrio delle curve rigide , trova tre equazioni indefini- te fra le forze esteriori, le coordinate della curva e tre altre quantità , le quali quantità sono le grandezze di tre forze , che , agendo secondo determinate direzioni, equivalgono allo sforzo che fanno le forze esteriori per cambiare la figura al- la curva stessa; ma cavando i valori di queste quantità dal- le medesime tre equazioni di Lagrange , si trova che due di esse sono infinite . Il Sig. Binet Jacques , il primo che dilucidò questo pas- so della Meccanica di Lagrange , con una Memoria inserita nel tomo decimo del giornale della scuola politecnica di Fran- cia , scrivendo altrimenti la invariabilità della curva , trovò tre altre equazioni indefinite , nelle quali vi sono oltre le forze esteriori e le coordinate della curva, tre nuove quanti- tà atte a misurare, una la vera tensione , l'altra la elastici- tà , e la terza la torsione ; e desunse anche da queste equa- zioni quella espressione delle forze esteriori, che rappresen- ta la torsione ; ma per rispetto alla tensione ed alla elastici- tà dichiarò , che „ On ne parvient aux valeurs générales de tension et d'élasticité que par des calculs pénibles, dont les résultats paraissent fort compliqués ,,. 4 SuLi.' Equilibrio delle Curve ec. In questa breve Memoria , nella quale si parla dell' e- quilihrio delle curve a doppia curvatura siano rigide , o sia- no elastiche completamente o solo in parte , si troveranno tre equazioni indefinite fra le coordinate della curva nella posizione di equilibrio , le forze esteriori ;, la tensione , la elasticità , e la torsione , colle quali si otterranno con faci- lità , mediante alcuni stratagemmi , queste ultime tre quan- tità , cioè la tensione, la elasticità, ed anche la torsione es- presse tutte colle forze esteriori e le coordinate della curva nella posizione di equilibrio di esso , 3. Denominerò x ,y, z le tre coordinate rettangole di un punto qualunque della curva in equilibrio; s l'arco ed m la massa corrispondente ; de , differenziale della quantità va- riabile e , V angolo di contingenza delia stessa curva cioè 1' angolo acuto compreso fra 1' elemento ds ed il suo seguen- te ; di, diflerenziale di un'altra quantità variabile i, 1' an- golo acuto compreso fra due prossimi piani osculatori della medesima curva, vale a dire l'angolo compreso fra i due pia- ni osculatori che passano , uno per 1' elemento ds ed il suo seguente, e l'altro per quest' ultimo medesimo elemento e pel seguente di esso: più prevengo, che , dicendo tangente, piano osculatore della curva , intenderò sempre , se non avvertirò altrimenti , quella tangente , quel piano osculatore corrispon- denti al punto le cui ordinate sono x, y, z. Qualunque sia la curva , cioè sia dessa elastica comple- tamente o solo in parte, ovvero rigida, chiamerò A, ^i , | le tre forze equivalenti immediatamente alle tre differenti ela- sticità od invariabilità dei differenziali ds, de, di ; cioè chia- merò /l la tensione, jx la elasticità, e ^ la torsione: e sup- porrò ciascuna forza esteriore ed applicata alla curva, de- composta in tre parallele ai tre assi delle coordinate e ten- denti a diminuire le coordinate stesse; e nominerò X la som- ma di quelle fra queste componenti , le quali oltre di esse- Del Professore Aajoniu Bordoj«i ■> re parallele all' asse delle a-, provengono dalla scomposizio- ne delle singole forze esteriori agenti sul punto a cui cor- rispondono le coordinate x , y , z ; ed Y ^ e Z le analoghe somme per quelle parallele agli assi delle altre ordinate 7,2. 4- Prescindendo dalle forze particolari , che possono essere applicate ai termini della curva , la somma dei momenti vir- tuali delle forze agenti sulla intera curva, sarà l' integrale definito del polinomio differenziale ( X$x ■+■ Yd/ ■+- Zdz ) dm H- Kdds -h yidde -l- Iddi esteso tra i limiti indicati dai termini stessi della curva. Quin- di, ponendo in questo polinomio in vece dei differenziali (/^, de , di le loro espressioni formate coi differenziali delle coor- dinate x,y,z^ e facendo sparire i differenziali delle variazioni ex, dy , àz da sotto il segno integrale, ed eguagliando a zero separatamente i coefficienti delle variazioni medesime rimaste sotto il segno integrale ^ si avranno j per le regole di Lagran- ge , le tre equazioni esprimenti le proprietà o relazioni che dovranno avere le forze colle coordinate della curva , affinchè non abbiano luogo movimenti relativi fra le parti delia curva stessa: come annullando gli altri termini cioè quelli che non saranno più affetti dal segno integrale , si avranno le relazio- ni necessarie fra le forze , acciocché non vi siano movimenti comuni a tutte le parti della curva medesima. 5. Le espressioni dei difTerenziali ds , de, di formate colle coordinate x,y.z sono le seguenti 1/ dx^'-^dy^-^-dz^ , j^ i/" d^x^^dy^-^d'z^'—d^s^ , (dxd\y~d'xd/i'-i.{dzd'x—d''zdry-y-{dfd^z—d'ydz)' la prima di queste espressioni trovasi esposta e dimostrata in 6 Sull' Equiliuiuo delle Curve ec. quasi tutti i trattati di calcolo differenziale e integrale ; e la seconda in molte opere , e dimostrata rigorosamente nel to- mo sedicesimo di questa Società delle Scienze: la terza poi non è così comune , si può vedere però anch' essa dimostra- ta coi principi Leibniziani nella sopra citata memoria del Sig. Binet . Io approffitterò di questa occasione per pubblicare di essa la dimostrazione seguente, la quale è affatto simile a quella che diedi per la seconda nel tomo anzidetto di questa Società. Scriverò /', z', y" ec. in vece di ^ J j , r£j, l^j , ec. e nominerò/?', q', r le coordinate rettangole del piano, die passa per 1' origine delle coordinate parallelamente al piano osculatore della curva. L' equazione di questo piano , che passa per 1' origine delle coordinate, sarà p'-i-mq'-i-nr'=o , posto ^,/_j)y = w , e — ^,^„^.„^, = n ; giacché i parametri wt , re di questo piano debbono essere eguali agli analoghi del piano osculatore parallelo ad esso. Così, denominando /?, q, r le coordinate rettangole del- la retta, che passa per 1' origine delle coordinate, ed è per- pendicolare al piano anzidetto, le sue equazioni saranno /7 = Mr , ^ = Nr ; purché i parametri M , N siano desunti dalle due equazioni M« = I , N« = m. Queste ultime due equazioni danno M =— , ed N = — ; e però sarà M = .^l^^,edN=-l,. Quindi le equazioni della retta anzidetta saranno le due seguenti, Del PnoFESsoiiE A.vtonio Bordoni 7 Ora, gli angoli compresi fra i piani osculatori della cur- va^ eguagliano evidentemente quelli compresi dai loro paralleli passanti per I' origine delle coordinate , e gli angoli compresi da questi eguagliano quelli formati dalle rette perpendicolari adessi loro; adunque gli angoli compresi dai piani osculatori saranno anch' essi eguali a quelli compresi da queste medesime rette. Ma tutte le rette espresse dalle equazioni , che si ot- tengono , variando la a: nelle ultime due equazioni, sono nel- la superficie conica espressa dall' equazione , la quale si ot- terrebbe, eliminando la medesima x dalle stesse due ultime equazioni ; quindi 1' angolo i sarà eguale anche all' arco del- la sezione fatta a questa superficie conica dalla superficie sfe- rica avente il centro nella origine delle coordinate e per rag- gio l'unità trigonometrica. Vale a dire, sarà i eguale all'ar- co della curva espressa dalle tre equazioni. ,v„r/ „,"-' P= '^~y r. q=-'y,r,p^-^q^-^r^=i ovvero dalle seguenti loro equivalenti yz"-y"z' z" dove a è posta per semplicità in vece di e p , q , tà r rappresentano ora le tre coordinate rettangole della sezione medesima. E-;>"(£)-=(*)--(gy^(i:)', ed i valori anzi-trovati delle coordinate p, q, r dando dx f a.'\dx j » ' 8 Sull' Equilibrio delle Curve ec. - aa (I) [yy"^z"z"'^{yz"-y'z') (jV"-y"z')] ovvero a^ feV = (/'^-f- z"'-hy" s" — aj' j'V z"-h z'>"= ) x ( y- ^_ s'"- _H /=» z"'^ _« a/y " 2' z'" -+- z'^ y "» ) _ (yy^z"z"'-i-y'^z"z"'-^z'yy"—yy"z'z'—yy"z'z" ^ , per essere a"^ =y"^-i- z"''-i- {y'z" — jV )*, e però anche — ì =: y y -\-z z -^{y z — •/ z)(yz — ■/ z ) . Sviluppando il prodotto ed il quadrato ancora indicati nella espressione di a^ l~\ , e facendo le riduzioni, si troverà a't I — I = ( 1-4-7 -^ z ){y z — a/z/z-Hz^s ) , L ldi\ lds\ I ri III .'!'„'' \a ossia a4^_j = ^- j {y z -y zf; e conseguentemente si avrà (di\ _ Lh\ y"z"'-y"'z" \Tx) — \dxj >'--^z'"-^(rV'-7'V)» vale a dire la derivata dell' angolo i presa rispetto alla va- riabile X. 7- Se la variabile principale ^ in vece di essere la x, sarà un' altra qualunque , per esempio t , dalla espressione trova- ta della |ii| si desumerà quella della |-t^| , moltiplicando per l'j^i ciò che si otterrà , sostituendo nella medesima /£z \ (É^\ _ (£i\ l^\ lh\ \dx^)\dx^f \dxi)\dx^) \dl^} ~^ \1^) "^ [ [di) \d^) ~~ [fx) \d^} J anzi-trovata in luogo delle quantità Del Professore Antonio Bordoni 9 ^ (£).(l)- (£)•(&).- ordinatamente le seguenti nelle quali si è scritto x , y\ z\ x\ /", ec. in vece di (t)-(i).(s).($).{5).- Le sostituzioni qui indicate danno le (juantità eguali rispettivamente alle seguenti -1^ {x'fz'"^z'x"y"'-^yz"x"'—x'z"y"'—yx'z"'—z'y"x" ) , ^ i^ix'y'-xyf^ ix'z"-x"^ r-^ {y'z"-y"z' )^) , e per tanto sarà \di) ~~ \dt) (T'y'—x"y')^-*-(i'z"—x''z'Y-i-(y'z"—y"z'f equazione che equivale , siccome è noto , a quest' altra 7. 7 did'-r,l'^z-i.dzd''xd^y-i^dYd^zd^x—dxd^zi^y—dyd'xd^z—dzd'yd^x «-^ (clxd''y—d'-xdyY-^(,dxd^z—d''xdzY-^(dyd^z—d''ydzf che è appunto quella , che si voleva dimostrare. Siccome le espressioni dei differenziali ds , de , di sono visibilmente formate similmente dalle variabili x^ y , z; cosi dai risultamenti , che si otteranno da essi differenziali ope- rando per una di queste variabili , si potranno avere imme- diatamente e con grandissima facilità quelli, che si otterreb- bero facendo delle operazioni analoghe per un' altra delle me- desime tre variabili. Appoggiato a questa semplicissima osser-. Tomo XIX. a 'o Sull' Equilteiuo delle Curve eo. vazione 5 nei calcoli seguenti , i quali si dovrebbero eseguire similmente per tutte tre le coordinate, avrò riguardo per ora alla variazione della sola x , indi dai risultamenti che trove- rò , dedurrò gli analoghi risultamenti per le altre due coor- dinate / 5 Z. 9- Essendo deh = }? ddx = - ddx, sarà fXdds =/A f^ ddx ; e però /Àdds — À^£ dx — fSxd '"^'^ ds Cosi , posto i/d"" x^ -t- d"-/^ -+■ d'z'^ — t/^ò-" = r , per essere dde ^ — ^ §d^x T^ §d's — y dds, si avrà ras ras a s fl^dde = f 'fdll d^dx -ftÉli M^s - /if dds , ossia UMe =/^; d^Bx -h/( d 'i^' - ^ i^ ) J dSx-^ ^§dx; e però la parte di f^idde, che rimarrà sotto il segno inte- grale , risulterà icrit£^^d tÈL'± -d'ìfdl^\dx; I ras di ds rds I ' e r altra , cioè quella portata fuori del medesimo segno sarà IO. Ponendo d^yd?z — d^zd^y=a^dzd^y — dyd^z^b, dyd'z — dzdy-=c , ed osservando, che {dxd'y — d^xdy )^ -¥- (dxd z — d^xdzY -i-(dyd'z—dydz)'' è eguale a {>rx'-^d'y-t'd^z^—d''s')ds^ ossia , j / . > 7- adx-t-bd'r-*-cd^x . a de"" .ds'i, si avrà di = ; e però ^ 7. a3dx-t-h8d'x-i-c8d^x 2", e". Egli è facile a comprendersi , per quello che si è detto nel paragrafo ottavo , che le due equazioni , che si otterreb- bero facendo per le variazioni delle ordinate y, z, ciò che si è fatto estesamente per quella della x , sarebbero le se- guenti Ydm — <^ / ;i ^ H- A> -H BV/^ -H C'^ ■+- Udì -h EVZ^I Zdm — dlp^ 1^ -H A'>-H B"^^-H C"|-HD'VZ?-f- E'W^I Le tre equazioni indefinite \dm — d l À-^-+- A{j. ■+- BdfjL ■CI -Ddt, D'dl ■ -Ed^l E\n Zdm dz = o. = o. -= o. ■^ o. = o. _ j ^ ;i |! ^_ A'Vi-+- BV/Ì-+- C"|-h D" dl-^E" d'-l le quali rappresentano in tutta la generalità la linea elastica od una proprietà che ha luogo nello stato di equilibrio qua- lunque sia la natura della linea medesima, sono quelle dalle quali desuraterò i valori richiesti delle tre forze interiori À, {x, |. Del Profes-ìore Antonio Bordoni i3 i3. Prima di incominciare le operazioni colle quali determi- nerò le quantità À, ^i , l , esporrò qui alcune proprietà del- le funzioni a, b, e, a! , b\ ec. ed altre delle A^ B^ G, Dj Ej A', B', ec. di cui mi valgo in essa determinazione. Ponendo nelle equazioni, che qui seguono , in vece del"» le funzioni a, b , c^ a\ b\ ec. ciò che esso rappresentano, facilmente si verifica , che hanno luogo le proprietà scritte al- gebraicamente colle equazioni medesime , cioè che cdx -H c'dy -H e" eh = o ; bdx ■+■ b'dy H- e" dz = o ; a'dy ■+- a"dz — bd^'x — cd^x = o ; dc= — b , de = — b' , de" = — b"; (cdy — c'd''x)dz-+-{e"d"-x~cd^z)dy-^{c'd'-z—c"dy)dx=—m''ds''; db .dx ■+- db', dy -+- db" . dz=. — adx — a'dy — a'dz. Essendo, come si vede qui sopra, de=. — b, e però ^ _ ^ A _H ff 1 = fr^ _ 3^J-L -H ed' - , e m m m, m, m m -4-2f/ - = H acf/ — , sarà m m m m OT m m \ t"^ ds r' ds ds I -^^{d^x-'id^s)d^i,eD:=-'^^.edl^^^ {d^x-'£ d^s) di , 4. 9 Sostituendo nei due trinomj Adx -h A' dy -^ A"dz Bdx-+-B' dy-\-B" dz , in luogo delle funzioni A, A', A", B, B', B' i loro valori , ed osservando , che si ha dxd'x -+- dydy ■+- dzd^'z = dsd^'s , e ^^d^-^^d^-^^-^d^-d^ =--, 05 Tdi ds Tds ds rds rds ds ]4 Sull'Equilibrio delle Cuuve ec. facilmente si verifica essere tanto Adx -\- A'dy -\- A."dz = o , quanto Bdx -+- B'dy ■+. B"dz = o . Così per essere dr j d'-r dy j d'y dz j d'z » d^s i ds r'- ds T^ ds r-* r" ds^ e stante l'ultima relazione delle a, a', a', h ^ V , b" trovata nell'antecedente paragrafo, essendo — - I db .dx-¥-db' .dy-\-db" .dz )-+-—( adx-\-a' dy-^a" dz \ -.= — I adx -(- ddy -i- a" dz I , il trinomio Cdx -^ G dy -\- G" dz sarà eguale a — idì-\ ladx-^a'dy-\-a"dz\os%\3L a — i adx-\-a dy-i-a" dz — indi i, cioè sarà anche Odx -+- CV/y -f- C"<^z = n , essendo twJì = adx •+• bd'^x ■+• cd^x , epperò adx -t- adx -¥■ d'dz — nuli = ddy -H a" Jz — bd^x — ccPx , quantità che si annulla per la terza equazione esposta nel pa- ragrafo antecedente. Similmente ;, Ddx -i-D'dy-i-D"dz eguagliando [ bdx ■+■ b'dy ■+■ b"dz j -H a I cdx ■+■ c'dy -+- c"dz j ■+• ~ I dxd'x ■+■ dyd^y -+■ dzd'^z — dsd^s i , sarà pure , per le due prime equazioni del medesimo para- grafo precedente^ Ddx ■+- D'dy ■+■ 'D"dz = o . In ultimo facilissimamente si verifica ancora, che è Edx ■+- E'dy -+■ E"dz = o per la stessa prima equazione anzi-citata. Ciò premesso , passo a determinare le quantità À , ^u , ^, ed incomincio dalla prima , cioè dalla À . Del Professoue Antomo Bordoni io Integrando le tre equazioni indefinite -^dm — ^ ( ;i J H- A,u -H B^/^ -+- CI -f- D^/| -(- E J^l ì = o, Y^m — ^ ( A J -f- A'^ -4- B' J^t -H- CI -+- D' J| -H E'^^l ) = o , Z^w — d ( /l J^A>-hB"J^h-C"|-hD"J|-j-E'VÌ^| ) = o trovate nel paragrafo dodicesimo, si hanno le seguenti \dm — A^£ — A^ — Bd{j, — C| — Dd^ — Ed^^ = o, Ydm _ ^ !^ _ A> - B'dn — CI — D'J| — EVr|= o dz fzdm -^À~— A'> - B'd^ — CI - D'VI - E' J^|= o le tre costanti introdotte dalie tre integrazioni si suppongo- no contenute rispettivamente negli integrali fXdm , J Xdm , fZdm solamente indicati. i6. Ora qtipste ultime tre equazioni si moltiplichino rispet- tivamente per -T^ , /, 5^ , e si faccia la somma d<"lle tre ri- ^ ds ds ds suitanti , e si otterà una equazione, che si ridurrà alla se- guente sen)plicissima ■£ 1 Xdm-+- £■ /Ydm-h ^ 1 Zdm — /l = o, per essere Aàx -¥- k'dy -i- A'Wz = o, Bdx -H V>dy -f- B"dz = o , Q.dx -1- C'tì?/ -1- CVz = o , Ddx -t- D 'dr) di -+- (E^y— E'^:v) d^l , come facilissimamente si verifica col soccorso delle relazioni dc^ — b, de ■= — b' esposte al paragrafo tredicesimo. Facendo, per la prima e terza, e per la seconda e ter- za delle medesime tre equazioni del penultimo paragrafo due operazioni affatto simili a quelle fatto dianzi per le pri- me due di esse, cioè eliminando la /l , ed integrando le ri- sultanti, si ottengono queste altre due equazioni zfXdm — xfZdm-^-f{xZ — Xz)dm -H c'ub dy i- c"dx — cdz ,4. rds ds m ' ' yfZdm—LfXdm^r{zX—Zy) dm -^ cu, dx <■ c'dz — c"dy ,j. ras ds ^ m Del Professore Antonio Bordoni 17 le costanti portate dalle tre integrazioni qui eseguite, si sup- pongono contenute nelle tre nuove espressioni f{y\—Xx)dm, f(xZ—^z)dm, f{zX—Zy)dm, cioè una nella prima, un'altra nella seconda, e la terza nel- 1* ultima . In fine si faccia zfYdm—yfZdm—f{zX—Zy) dm=:L, xfZdm — zfXdm — /(xZ — Xz) dm = M , yfXdm — xfXdm — f{yX — Xx)dm = N, ed ì tre integrali trovati diverranno Le dx ^ e'iJz — c"d'y -ic. rds ^ ds m ' ' Ne". dz <■ cdy — c'dx 75. rds " ds ni ^ 18. Ora si pon^a , pure per semplicità l/\{dxdy — d^xdy)''-^-(dxd'z—d^xdz)^-^{dyd''z—dydzy]ossi3.rd^=0, e si moltiplichino ordinatamente per - , — , — le ultime tre equazioni trovate qui sopra , e sommìnsi le tre risultanti, e 9Ì otterrà una equazione , nella quale i coefficenti delle quantità ^, ^, d^ visibilmente saranno -^ {c»-t-c'^-Hc"^), - ^^(cdx-H:'dy+c"dz) , - ~- {c'dz-d'dy) - ^ (c'dx-cdy) - -^ (c"dx-^cdz) , il primo dei quali è evidentemente eguale ad uno, il seconda a zero per 1' equazione prima esposta al paragrafo tredicesi- mo , ed il terzo identicamente nullo . Quindi la equazione risultante dalla detta addizione si ridurrà alla seguente Tomo XIX. 3 i8 Sull'Equilibrio delle Curve ec. ^L-+- — M-t-- N — w = o, dalla quale si ha immediatamente *■ o o a cioè il valore della ^ elasticità . 19. Finalmente, per determinare il valore della |, si molti- plichino le stesse tre ultime equazioni del paragrafo penulti- mo rispettivamente per 'J'^i -f > j" "> ® ^^ sommino qui pure le tre risultanti , ed avrassi per essere , stante 1' equazione prima del tredicesimo para- grafo già più volte citato, cdx -1- cdy ->i- e "dz = o , ed evidentemente dx^->t-dy^->e-dz'^ = ds'^ , e nulla la quantità — {c'dz — c"dy)dx — [c"dx — cdz)dy — [cdy — cdx)dz . Quindi ^=^Lh-^M-h?N, cioè il valore della | tor- as ds ds ^ sione in quistione. Se in questo valore della | si pone in luogo delle L, M, N ciò che esse rappresentano ^ si ha un' espressione per la Etessa I, alla quale si può dare con facilità la forma seguente tÉII^J'xdm ■+- ZÉZZltJ^Zdm h- y±=^ f^dni -f- ^'J[yZ-.^z)dm^ %f{z^-Zx)d,n^ '£ f{xX-Xy)dni che è quello del Signor Binet, di cui si è parlato nel para- grafo secondo. Differenziando il valore della | , ed osservando, che Del Professore Antonio Boedoni 19 si ha T' "> come si è già detto, i coseni degli angoli fatti dalla tangente con quelle rette ri- spetto cui le somme dei momenti sono L, M, N, sarà as di as la somma dei momenti delle forze suddette rispetto della tan- gente. ^ 23. II,. • d s jdx d s rdy ds j dz n Ultimo , Siccome d--, " t^ 5 "-r •> sono ' T ds r ds T ds i coseni degli angoli compresi fra il raggio di curvatura del- la linea in equilibrio e le rette rispetto delle quali i momen- ti delle forze esteriori sono L,M,N,così la somma dei mo- menti delle medesime forze rispetto della normale di cui è parte il raggio di curvatura stesso sarà evidentemente r\ ds di ds f 24. Quindi, stante i valori delle A, ^, ? trovati ai paragra- fi sedicesimo, diciassettesimo, e diciannovesimo, concludiamo, che nello stato di equilibrio , la forza A eguaglia la somma di quelle componenti di tutte le forze esteriori agenti sulla massa m , che sono parallele alla tangente; ^ la somma dei momenti delle stesse forze esteriori rispetto alla retta, che passa pel punto a cui corrispondono le coordinate x, y^ z ed è perpendicolare al piano osculatore; in fine che la | e- guaglia la somma dei momenti delle medesime forze relativa- mente alla tangente. Come, pel valore di d^ esposto alla fi- ne del medesimo paragrafo diciannovesimo, sarà d^ la Del Professore Antonio Bobponi 21 somma dei momenti rispetto della normale in cui cade quel raggio di curvatura della curva in equilibrio , il quale passa pel punto corrispondente alle coordinate x , y ^ z. Fra le infinite rette che possano passare pel punto a cui corrispondono le coordinate :);, j, 2, quella intorno della quale le forze esteriori applicate alla massa m, produrranno il mas- simo momento , farà cogli assi delle coordinate degli angoli *■ cui coseni saranno rispettivamente L M N l/(L'-i-M"-f-N') ' (/(L'-t-M^-t-N') ' |/(L-'-t-M^-4-N») e colle rette intorno delle quali i momenti sono eguali a^a,^, -d^, farà degli angoli i coseni dei quali saranno ? > ed il massimo momento stesso sarà eguale a l/(L»-4-M^-4-N=^) ossia a ,/( ^"-<-^^-t- i^ ^T^- ), siccome facilmente si comprende colla teorica della composi- zione dei momenti . Quindi la massima resistenza necessaria che dovranno opporre le parti della curva nel punto corri- spondente alle coordinate x, y,z, affinchè essa non si spez- zi in esso punto, dovrà esser quella, la quale si oppone alla rotazione , che potrebbe aver luogo intorno alla retta qui de- terminata. a6. Le tre equazioni , che formano lo scopo principale dei paragrafi anzi-citati e che equivalgono alle prime tre del pa- ragrafo quindicesimo, si possono trovare anche, senza ricor- rere al principio fecondissimo delle velocità virtuali di Gio- 2i Sull' Equilibrio delle Curve éc. vanni BtinuIIi ovvero allo equivalente degli indeterminati di Poinsot e riprodotto dal Magistrini, usando cioè immediata- mente il principio della composizione delle forze. Consideriamo la curva nel suo stato di equilibrio , e co- me composta di due porzioni, cioè della porzione m e del- l'altra; e supponiamo queste parti ambedue rigide, più la seconda immobile , ossia fìssa nello spazio. La natura del sistema costituito dai punti della curva è tale , che i movimenti possibili , onde alterare le distanze della sua parte dall'altra parte, sono, o di moversi parallelamente alla retta tangente , o di rotare intorno di questa medesima retta , ovvero intorno alla retta che passa pel punto a cui corrispondono le stesse coordinate or, /, z ed è perpendicolare al piano osculatore; quindi impediti questi tre movimenti la prima parte di essa curva non si potrà uè avvicinare né al- lontanare dalla seconda , cioè saranno impediti i movimenti relativi fra le parti della curva stessa. Ma la parte ni della cur- va è spinta parallelamente alla tangente da una forza eguale a a rotare intorno a questa medesima retta con un momento eguale a £. L -H -^' M -H - N, o o o ed intorno la detta retta perpendicolare al piano osculatore col momento £f L -+- 1^' M H- f^ N; ds ds ds ' adunque , se /l esprimerà la tensione della curva nello stato di equilibrio , ^ la forza che si opporrà alla rotazione intor- no la detta retta perpendicolare al piano osculatore cioè la elasticità, e | quella forza, che impedisce la lotazione intor- no la tangente cioè la torsione, sarà A = 'ify^dm^ ìpdm ^ g/z dm , Del Professore Antonio Bordoni ^3 • n i.t « ' ds ds ds le quali relazioni sono visibilmente quelle trovate sopra col principio delle velocità virtuali. Ora passo a considerare i termini , che sono fuori del se- gno integrale, cioè quelli che si riferiscono ai termini della curva in equilibrio, e dai quali si deducono le relazioni, che debbono avere le forze, affinchè non abbiano luogo movimen- ti comuni. Quelli provenienti dalla variazione della x sono, come abbiamo veduto ai paragrafi nono e decimo, — (B^ -H FI -1- E^l) ddx -t- EW^x , ove F = D — ^-L; m e però pel paragrafo undecimo i termini analoghi provenien- ti dalle variazioni delle j, z saranno ( ;i f-^ -+- A> ^ B'^^ -4- CI -I- D'^l -^ E'd'^ \ dy - ( B> -H F'I -H EVI ) ddy -+- E'I^^-y , . ( ;i g -H. A> H- h"dii H- C"| + D VI -f. E'V/^I ) dz — { BV -H F'I -+- EVI ) ddz -+- E"|^^^z: F', F" hanno colla F relazioni simili a quelle, che hanno B', B" colla B. a8. •Se la curva sarà interamente libera , rimarranno indeter- minate tutte le variazioni dx, dy, dz, ddx, ddy, ddz, dd^x. 2.4 Sull'Equilibrio delle Curve ec. ddy , (fJ^z tanto al principio quanto al fine dell'integrale; e peròj affinchè spariscano i termini anzi-esposti , dovranno essere nulle tutte le quantità À, ^, d^ , |, à^, d'^l sì al principio che al fine del medesimo integrale. Se la prima e- stremità sarà fissa , a questa medesima estremità saranno nul- le le variazioni dx , dy , dz , epperò spariranno i termini mol- tiplicati per esse; quindi l'annullamento dei termini relativi a questa estremità richiederà solamente quello delle fi , J| , 5. Così, se alla prima estremità della curva fosse individua- to anco il luogo geometrico della tangente corrispondente, dalle anzidette espressioni sparirebbero anche $dx , §dy, 8dz; e però a questa estremità si annullarebbe solamente la 5^ in ultimo, se la curva avrà fisse ambedue le estremità, saran- no nulle sì all' una ohe all'altra le tre quantità (i , ^, d^ per la indeterminazione delle variazioni ddx , ò'dy , ddz , dd^x , dd'^y, dd^z ad ambedue le medesime estremità. Così , se alle estremità delia curva vi fossero applicate delle forze particolari , o le estremità medesime dovessero mo- versi in superficie o linee date, sommando i momenti virtua- li di queste forze esteriori o di questi ostacoli coi termini ri- inasti fuori del segno integrale, e sopra esposti, e trattando r equazione risultante , come se rappresentasse un equilibrio particolare a questi punti , si avrebbero anco in questi casi , le proprietà delle quantità /i , ^ , | , ai termini stessi. 29. Colle proprietà qui accennate delle quantità À, (X •> |, ^ ■> — ^ l-'- > — ^ ^ ' momenti analoghi rispetto delle altre due rette parallele rispettivamen- te agli assi delle y,ze che passano pel punto a cui corri- spondono le coordinate or ,j, z. Quindi^ affinchè la prima par- te della curva non concepisca vermi movimento di rotazione intorno al punto corrispondente alle stesse coordinate x ,y, 2 , dovranno sussistere contemporaneamente le tre equazioni seguenti Le dx t. W— T-? = 0, Ne" dz fc u. — -r I = o : m ~ ds a8 , Sull' Equilibrio delle Curve ec. nelle quali, ponendo in luogo delle L, M, ed N ciò, che esse rappresentano, si ottengono le suddette di Poisson. Prescindendo dalia tensione della curva in equilibrio , i rapporti , che ha la quistione trattata da Poisson con quella trattata da noi superiormente, sono i seguenti. Egli suppone tacitamente che , la prima parte della curva possa concepi- re qualunque movimento di rotazione intorno al punto a cui corrispondono le coordinate x,y, z, per cui la natura del sistema costituito dalla curva non rende impossibile verun mo- vimento di rotazione intorno al punto stesso: noi invece ab- biamo tacitamente supposto impossibile , che la prima parte rotasse intorno al raggio di curvatura corrispondente al me- desimo punto dato dalle coordinate x,y, z, movimento, il quale se accadesse , farebbe cambiare natura al sistema , ren- dendo la linea discontinua ; onde pel nostro equilibrio non fa d'uopo, che le forze esteriori applicate alla prima parte ab- biano la proprietà necessaria per impedire insieme agli altri movimenti anche questo . essendo desso impossibile per la na- tura medesima del sistema. All' opposto, per Poisson , le for- ze esteriori debbono avere tali relazioni d' impedire insieme agli altri movimenti anche quest'ultimo, vale a dire, oltre le relazioni esposte pel caso nòstro, esse dovranno avere quel- la , che è necessaria per 1' annullamento della somma dei lo- ro momenti rispetto della retta nella quale cade il raggio di curvatura . Tutte queste proprietà o relazioni sono appunto espresse dalle tre equazioni anzi-esposte . Di fatto, si moltiplichino esse separatamente per e e' e" dx dy dz i dx ; dy J dz _ e si sommino fra loro ^ le tre risultanti dalla prima di queste operazioni, le tre risultanti dalla seconda, e le tre provenien- ti dall'ultima^ e si avranno le tre equazioni seguenti -IL -4- - M-t--N — ^ = 0, o a a ^ Del Professore Antonio Bordoni ag ds di di di di di precisamente equivalenti a quelle di Poisson dalle quali si sono desunte. Le prime due di queste ultime equazioni sono visibil- mente le stesse nostre esposte ai paragrafi diciottesimo , di- ciannovesimo , ed esprimono che non vi sarà movimento di rotazione né intorno la tangente né intorno alla nota retta perpendicolare al piano osculatore; e la terza esprime eviden- temente , per quello che si è detto al paragrafo vigesimoter- zo , che è nulla la somma dei momenti delle forze esteriori , rispetto della retta nella quale cade il raggio di curvatura della linea in equilibrio. Nella ipotesi di Poisson, stante l' ultima equazione espo- sta e ciò che si è trovato alla fine del paragrafo diciannove- simo , sarà fi?| = o ; cioè costante la torsione: proprietà sin- golarissima dimostrata altrimenti dallo stesso Poisson. 00 RISOLUZIONE DELL'EQUAZIONE GENERALE COMPLETA DI SECONDO GRADO A TRE INDETERMINATE MEMORIA DI GEMINIANO POLETTI PHESEKTATA DAL SIG. CONTE GIOVANNI PARADISI SOCIO nel dì il 7. Gennajo 1819. ED APPBOVATA DAL SOCIO SIG. PROFESSOR BORDONI X ra gì' industriosi cultori della scienza de' numeri occupa altissimo seggio 1' immortale Lagrange. Questo sublime spiri- to con acute viste, con ingegtiosi artifizii, con dirette dimo- strazioni cotanto arricchì una parte di questo vastissimo caiii- pOj che proseguendola a coltivare dura cosa non sarebbe rac- corre in essa nuovi frutti. E in vero assaissimo mi hanno gio- vato e le sottili cjuistioni intorno varie proprietà de' numeri da lui disputate, e le profonde disquisizioni da lui fatte sovra le equazioni indeterminate di secondo grado, per giugnere alla soluzione dell' equazione generale completa parimente di secondo grado a tre indeterminate. Risoluzione che non pri- va di novità estimo, e la quale è scopo de' ragionamenti, e calcoli che passo ad esporre. 5. I . L' equazione generale completa di secondo grado a tre indeterminate, mentre si voglia risolverla in numeri ra- zionali , si può ridurre ad una fot ma più semplice . Di Gè mini a no Poletti 3r L' enunciata equazione è (H) au^-hbuv-+-cv'^-i-du'+-ev-¥-fw''-hgvw-i-huw-i-iw-i-k,= o esprimendo i coefficienti a,b,c, ec.k numeri interi, ed « , V, w le tre indeterminate. Risolta per u si troverà ù.au-ir-bv-\-hw-\-d=i/\(bv-Jr-hw-\-df — ^a[cv'^-^ev -\-fw''-^gvw-^iw-¥-k)] ove le u,v, w dovendo rappresentare numeri razionali è me- stieri , che la quantità sotto il vincolo radicale (bv-i-hiv-i-d)^ — 4a{cv''-^ev-+-fw''-^-gvw-i-iw-i-k)=:{b'' — ^ac)v'^-+-2.{bk — 2.ag)vw -^2,{bd — 2fle)f-4-(/i'^ — ^af)w^-^2.{hd — 2.ai)w-i-d^ — /^ak sia un numero quadrato. Chiamato adunque questo 2*, e fat- to per abbreviazione b'' — ^ac =a a bh — Q.ag = /? bd — 2ae = y h- — 4af= d hd — Q.ai = e d'' — ^ak =

y; ed quel- lo fra z , / ; talché sia x = ar^j^ , j = «/{,) , z= ^^(,) » ^=^''(1) • Sostituiti questi valori delle a?,/, z, ^ nelle due ultime equa- zioni , avremo 3 2, % a a . (i) esprimono due numeri primi tra loro , e me- desimamente lo dinotano z,. , fij) • Inoltre dovendo essere ■^ , jr due numeri interi; per ciò;, fatto s =■ q'^s , s^d^'s", si otterranno le equazioni (0 {^) (3) r ultima delle quali ci mostra che o'^ debb' essere divisore esatto di 6 V . Ora né o , né alcuno de' suoi divisori seiu- l)iici , i quali diremo o' , o" , al" ec. , può dividere 6 . Im- perciocché vogliasi 6 = [IO , ovvero 6 = (l'o' ec. si avranno le equazioni X = ojt;(,) , r = 07(,) , z = ^«Z(,) , t = ^of(,) X — o'o"o"'....x^^^,y = o'o"o"'....y^^^ , z = ^V«(,), t = ^'o'f^^^i le quali tantosto ci appalesano chele x,y,z, t non sarebbero prime tra loro; il che è contro la supposizione . Onde con- chiudesi che se debb' essere s un intero , converrà che o" divida esattamente /. Poniamo adunque 5" = o V" , l'equa- X (i) a -t- Aj ■.s' 9. 2 = s" s - e's" 36 Risoluzione dell' Equazione Generale ec. zloiie (3) ci darà s' = d^'s'", e le equazioni (i) , (2) addlve- ranno a (4) a; -+-A/ =0V 2. (5) z -f-C^ =aV. (0 (0 Dal che apertamente si comprende, che la soluzione della proposta ha nelle equazioni (4), (5) i suoi fondamenti . Ma si osservi che ciascuno dei numeri d, s'" , d\ O's'" dev' essere divisore esatto di x -+- Ar : e che trovato s" dalla (4) , V equazione (5) ci presenta da cercare soltanto le indeter- minate 2: , , t.^. , o , essendo i numeri o , o^ fattori di a, Ct . Le quali osservazioni ci scuoprono , che si la soluzione della (4) , come quella della (5) hanno base in al- cuni principi sviluppati dal celeberrimo Legendre nella sua Opera Essai sur la théorie des nomhres; principi in massima parte ricavati dalle investigazioni numeriche del sommo La- grange . E perchè giova ch'essi siano conosciuti , acciò che chiare appariscano le predette soluzioni , per questo ci av- visiamo semplicemente rammentarli , il leggitore potendo al- l' uopo ricorrere alle Opere dei due sullodati Geometri ^ quan- tunque volte amasse apprenderne le loro dimostrazioni . §. 8. Qualunque divisore della formola z^ -+- aP , nella quale z ^t esprimono due numeri primi tra loro, ed a di- nota un numero intero positivo o negativo , può essere rap- presentato dalla formola quadrativa py"" -\- iqy't -+- rt^ , i cui numeri p^ q^ r sono dati dalla seguente equazione <*) Legendre. Essai sur la théor. dee nomb. (i36)j (i37) Ed. i.» Di Gè miniano Poletti 37 Dal rinomato Lagratìge si è poi dimostrato (*) che la formola indeterminata 7;/'^ -t- a^/jV -1- r^^' può essere trasfor- mata in un'altra simigliante , nella quale il coefficiente 2/7 riducesi ad aver valore minore di ciascuno de' coefficienti estremi p,r, quando avvenisse mai ch'esso li eccedesse, senza che per ciò rimanga distrutta 1' equazione di condizio- ne rp — q^ ■= a . Per lo che eseguita che sia 1' enunciata ri- duzione si conchiude (**) . I ." Che ogni divisore dell' espressione z^-ir-at^, mentre sia rt>-o, può essere rappresentato dalla formola />y* -I- aqy'y" ■+- ry"^ : avendosi rp — q^ = a , 2.g r ^ ìb P= 95 r= IO y? = 45 , r = a 3.° Sia q z= ù, . sorgerà y7r = 93, il qual numero non è de- componibile in due fattori >■ 4 • 4.° Sia q = 3 , sarà pr = q8 ; e perciò p = ^ ì r = 14 • 5.° Sia q^4 » si avrà pr = io5 , numero che non contiene fattori > 8. 6° Sia q -jz: 5 , si otterrà pr = 114? dal qual numero non si può ricavare alcun fattore > io . Adunque disegnati i chiesti divisori colle lettere A'^ B', C ec.^ saranno A' =7" -4-897"» B'=37'» _H 27'/' -4- 307"» C = 5/^ -+- z/y" -H 1 87"" D' = 6/' -4- 27-7" -+- 1 57"" E' = 97'" _Ha77"-H icy"^ F' = 4^7'^ -t- 2/7" -4- 2y"^ E di qui si conchiude che la forDiola s* -f- 89^* ha sette di- visori quadrativi . Di G f m I n I a n o P o l e t t r ?0 §. IO. Altre proprietà concernenti li divisori quadrativi della f'ormola 2* -t- rtf "^ sono state poste in lume dal Legen- drè nella citata Opera , alla quale può opportunamente ri- portarsi cliiunriue ami esserne pienamente istruito . Soltan- to avvertiremo che per li casi delle particolari soluzioni del- ie equazioni, le quali è scopo nostro lo svolgere, potran- no essere utili le tavole che il prelodato Autore ha compila- te, che contengono i divisori quadrativi della formola t^zìzcu^, quando e rappresenta un numero né quadrato né divisibile per alcun quadrato, le quali si trovano inserite alia fine di essa Opera , essendo contraddistinte coi numeri III , IV , V , VI (*) . 5. rr. Oltre il metodo semplicemente enunciato (5-^' ) di trovare i divisori quadrativi della formola z' -^z at^ ^ aper- tamente vedesi j eh' è mestieri per la risoluzione delle equa- zioni (4), (5), ( 5. 7 ) conoscer eziandio quello ^ mediante il quale si determinano i divisori quadrativi della medesin)a formola, che includono il prodotto di parecchi divisori simil- mente quadrativi ; il perchè indicheremo la soluzione dei due seguenti probleini relativi ai detti divisori (**). I." Dell'espressione 2^-t-a^^ dati i due divisori quadrativi A = p y'^ -t- 2.qy' y" ■+■ ry"'^ = pyi -H a^j./. -t- /-j, , trovare il divisore quadrativo del prodotto AA'. Si avrà AA' =pp Y^ -^ 27Ì YY' -1- t//Y'^ , essendo Y = (y rtny")(7,'- n'j." ) ± ^z j"/." T=:{py -H qy")y:' ^Z {pW -t- q'y,")y"; e determinandosi le quantità n , n\

V',)'-f-«(.rj."-f-x':y")' Ora nella quantità ;ra;' — a/'y", sostituiti i valori delle x, x\ e quello di a = rjj — q^ si otterrà AA' = (/^/'/x' -t- <77>," -)- ^7,7" H- ryy,)^ -(- fl( 7/",- j,y')% che è il cercato prodotto. 5. la. Da ciò che si è detto nel §• precedente non è disagevole lo scorgere , come si debba procedere qualora ab- biasi da determinare il quadrato di un dato divisore quadrati- vo. Perciocché in questo caso A' diventa identico a A ; onde avrassi pure una sola forma, perchè avendosi 7*71" — ^7,7"=o, r ultimo valore di A A' del 5- precedente non serba più la forma quadrativa . §. i3. In generale, siccome può esprimersi il prodotto dì due dati divisori quadrativi uguali o disuguali con una for- mola della medesima natura , la quale è parimente un divisor quadrativo, cosi ne segue , che si potrà eziandio trovare un divisore quadrativo eguale al prodotto di parecchi altri divi- sori quadrativi. E se trattasi soltanto della forma de' prodot- ti , si potranno questi determinare facilmente senza darci bri- ga di cercare il valore delle indeterminate inclusevi : il che rende il problema assai più semplice , attesoché basta opera- re sopra i coefficienti, i quali offrono un numero limitato di combinazioni. Disegnati poi colle lettere A'j B', C, ....i differenti di- visori quadrativi pertinenti a una data forraola z^-f-a^", e de- terminate , col mezzo del metodo sopra enunciato, le formole rispondenti ai diversi prodotti A'A', A'B', A'C',,-..; B'B', B'C'...., se rinvengasi il prodotto A'B' di forma eguale a C, e quello di A' C sì della forma D'^ come della forma E', si scriverà A'B' •= C, A'C = j g, ; e lo stesso sarà notato per gli altri Tomo XIX. 6 4a Risoluzione dell'Equazione Genehale ec. prodotti. Essendo determinati i prodotti concernenti le com- binazioni a due a due , col mezzo di essi si ricaveranno quel- li , che spettano aWa combinazioni a tre a tre, e così di se- guito . E qui avvei'tiremo che l'espressione B' B' è diversa da B'^. Peroccliè colla piima dinotiamo il prodotto di due simi- li divisori quadrativi avente soltanto le indeterminate diverse, e rolla seconda rappresentiamo il quadrato del divisore B', e conseguentemente abbiamo i due fattori B'j B' identici tanto ne' coeflicienti , quanto nelle indeterminate . Sovra di che rammenteremo di nuovo che B'^ è suscettibile di una sola forma, e B' B' ne può acquistar due. Premesse le sopraddette cose intorno ai divisori quadra- tivi della formoia z^ -^- ai^ ^ passeremo col ^occorso di esse a condurre in pieno lume le risoluzioni delle equazioni (4) e (5) . 5. i4> Risolvere in numeri interi l' equazione «2 e" (4) X H-A/ = 6's essendo A un numero intero . Egli è maniftjsto che avremo risoluta 1' equazione pro- posta, qualora saremo giunti ad esprimere le :i: ,7 ^ » ^' •*" in funzioni intere d' indeterminate independenti . Il che sa- rà da noi fatto nel seguente modo . Primamente si determinino tutti li divisori quadrativi del- a a la formoia a; -hAk col metodo indicato nel ^.8; e dicansi (i) (i) ^ A', B',C', D', .... Dappoi a cagione che il secondo membro del- la proposta rappresenta il prodotto del quadrato dell' inde- terminata d per r altra indeterminata /', si cerchino ( §.' II, 12,, i3 ) i prodotti ch'esprimono tutte le possibili com- binazioni A'*A', A"B',....;B'^A', B'^B',... ;C"A'.... Ciò trovato, a a si segnino quelli che hanno la forma x -t-Ay :è chiaro ^ ^ (i) (0 che quanti saranno essi prodotti altrettante soluzioni si otter- ranno della data equazione. In seguito si uguagli ciascuno dei Di Geminiamo Poletti 4-^ marcati prodotti al primo membro della proposta. Da siffatte equazioni si ricaveranno i valori delle .((,) , y(,) in funzione delle indeterminate indipendenti inchiuse nei suddetti prodotti . I quali uguagliando eziandio 0^y" manifestamente scorgesi , che i loro divisori semplici quadrativi esprimeranno rispondente- mente i valori delle 0, /'; e quindi anche le 6, s" saranno funzioni delle sopraddette indeterminate indipendenti . E in tal guisa rimane sciolta la (4), la quale soluzione schiariremo più sotto con un esempio. 5. 1 5. In adesso denominati D, D ,D ec. i valori della/", (') (2) che si ritraggono colla risoluzione dell'antecedente problema, e sostituiti questi valori nella equazione (5) si otterranno le equazioni z -f- Cf =Do^, 2 , -(- C/ = D a% z h- (0 (I) (i) (0 (I) ' (1) C? , = D o^ ec. , le quali saranno tante , quanti sono i valori (i; (2) che può acquistare la ;'" . Da qui poi apertamente scorgesi , che per ottenere la soluzione di queste ultime equazioni , baste- rà mostrare come se ne sciolga una qualunque ; stantechè sono tutte della medesima forma : il che tosto passiamo a fare . 5- 16. Risolvere in numeri interi l'equazione (6) z" H-C/ =00=", essendo C, D due numeri interi . Poiché z, .•, t sono numeri primi tra loro (5. 7.); perciò lo dovranno altresì essere/? . ? D : come apertamente vedesi . Quindi si potranno sempre determinare due numeri re ,/• ta- li, d'aversi z =nt -^Dr. Ora sostituito nell'equazione pro- posta il valore di z , si otterrà fi) (^)'; . . arai r-t-Dr^'iso^, dove essendo t , D due numeri primi tra se , dovrà essere 44 Risoluzione dell' Equazione Geneiiale ec. u'''~i-C Jivisiblle esattamente per D: per tanto posto 7i^-i~C=Dr/i , si avrà (7) mt, , -^2.nt r-+-Dr^ = o (i) (1) la qual equazione ha il secondo membro privo del fattore 00- btante D. E perchè hassi n^ — Dm = — C , ne segue che il primo membro deli' equazione (7) è un divisore quadrativo a .a della lormola z -^Ct (^.8), Altronde chiaramente vedesi, ciie si avranno da risolvere tante equazioni (7), quanti saranno i valori di n che rendono — — = m numero intero : 1 quali valori sono compresi tra 0:,e-+- — D, siccome è noto dalla risoluzione dell' equazione di secondo grado a due indeterminate. Che se niuno dei va- lori di n soddisferà la predetta condizione, allora si conchiu- derà essere la proposta insolubile. Ma supponiamo che si sieno trovati due valori di ra, n, che verifichino la condizione —^—=:m numero intero; e di- cansi ìi^k. L'equazione da risolversi sarà a (8) ht -^2.kt r-+-Dr» = «», (0 ('J il cui primo membro rappresenta un divisore quadrativo del- a *a la formola z -4- C , come già è detto. Laonde per iscio- (i) .(').. . glierla si cerchino dapprima tutti i divisori quadrativi della forinola z -t- C, (€.8), e si disegnino colle A ,B ,C ec. (I) (i) ^ ■^ " " i' i' I Dappoi si trovino i prodotti che rispondono ai quadrati A , I a a B , C , ec. (5' ^i^ 12) , e si notino quelli che risultano della stessa forma del primo membro della proposta . Fatto ciò j si uguagli ciascuno di siffatti prodotti ad esso primo a membro ht -i- 2kt r -ì- Dr^ , e sì paragonino tra loro i pri- Di G e 31 I n I a n o P 0 l e t t I 4'^ mi coi secondi membri delle equazioni risultanti. Da questo confronto si ricaveranno per t , t dei valori espressi dalle (\) indeterminate indipendenti comprese nei mentovati prodotti dei divisori quadrativi ; i quali valori soddisferanno appunto allo scioglimento della proposta equazione . Ma anclie questa soluzione sarà da noi posta in maggiore lume con un esempio, che qui sotto esporremo. 5. 17. Ora tutta si scuopre la soluzione della (I) . Gon- ciossiachè vedemmo eh' essa dipendeva dalla determinazione delle X . y , z t .0 ,d soggette alle condizioni espres- se dalle equazioni (4) e (5) , le quali abbiamo apptinto risolu- te nei 5-' 14 ' ^^ '^ precedente. 5. 18. Ma a vie meglio chiarire le soluzioni dei proble- mi sviluppati in essi paragrafi, proponiamoci di risolvere in numeri interi la seguente equazione x^ -)- 89 j* = z'' -^ àf\ f , Abbiamo k = 2>(), G = 4i:i e la proposta rimane decom- posta nelle altre due equazioni (5. 7. ) a _ a „^ (4)' X -H897 =Q (5)' z ^à,\ t' =o's"'. (I) ^ (I) Ora vediamo come si risolva la (4) ., e poscia scioglieremo la (5)' . Si determinino tutti i divisori quadrativi della formola ^ o * .... •a-' -^ 897 . Essi di già si trovarono nel 5- 9 5 e sono i seguenti A'= y" -+-89/" B' = 3/" -I- ajy -H 30/"^ G' = 5r" -Ha/'y-i- 187"^ D'=:67'" -t.27'7"-+- 157"=' E' = 97'^ ^ayy'-\- 107"" F' = 457" -j- 27'7" -H- a/'" G'= 7y--H67>"-H 147"^ Indi si cerchino i quadrati di questi divisori , adoperando 46 RisotuztONE dell'Equazione Generale ec. il metodo sopraccennato nel 5- ii •> dietro l'osservazione fat- ta nel 5. la; e ci risulterà A"'= A', B'^= E', C'^=C', D"=E', E'^=C'j F"^=A' ,G"^=:F'. La rifleissione pure flitta nel § i3 ci fa discernere^ che le formolo esposte nel citato §. 11 danno ezian- dio i valori de' prodotti A"B', A'"C', ec. B"B', B"C',....; C"D'.... Quindi eseguiti a questo effetto gli opportuni calcoli, troveremo A"A' = A' B'^A' = E' C'-A' = C D'^A'=E' E'^A'=C' F'U'zzA' G''A'=: H' A'^B' =z F' B-B'= l C-B-= J' D"B'=:S,?! F'-'R' — S F"B' =z F' G'^B'=:D' A''C'z=D' B-c'=j ^; C''C'=:j '^, D'^C'=j ^, E'"C'= ^, F"C' = D' G''C'=E' A'-'D' = G' B-^B'=sj; G'^D'=|^: D-D-)g; E'^B'=jj; F'^D'=G' G'^D' = B' A"E' =z C B'=E'=jA; G-E'=j ^; D'^E-!c' E-E'= e; F'"E' = C' G'"E'=C' A'^F = B' B'^F' = C C'F' = E' D"F'=C' E'^F' = E' P^F' = B' G"F'=A' A"G'= E' B-G'= J', C-G'zzj^; D-G'=jg F'G' = E G"G'=G' I quali risultati ci scuoprono quelle combinazioni , che produ- cono la forma A'. E siccome queste si riducono alle sette seguen- ti A'^ A', B'^E', C"C',D'^E', E'^C, F'^A'.eG'^F'; cosi siani autoriz- zati a conchiudere , che altrettante sono le soluzioni della (4)' • Per mettere poi in chiaro i valori che appartengono alle a:,,) , y.. , 6 , s" , sviluppiamo una delle predette risolu- zioni . Scelgasi quella corrispondente alla combinazione B'^E'. Avendosi adunque B"E' = &' s'", vale a dire B'=d , E'=/-"', sarà e = 3/" -+- av'y" ■+■ 307" 2j.y." +- lO/i 101 , 5 —qy,- Inoltre essendo B"'= E'^ ne verrà e^ = qY^ -^ aYY' - il secondo membro della qual equazione, come si è asserito, è stato determinato colle formole del 5- 11 ? avendo in vista che i divisori esprimenti d erano identici j onde avremo Di Gè miniano Poletti 4? Y =/" — 1 oy"\ T = 6// -+. iiy"\ In adesso se moltiplicasi il valore di 0* per quello di 5'", sicco- a _ 3 me il prodotto debb' essere della forma x -+■ 8qr , così si ricaverà (5-ii-n-°n quando AA' ha la forma di z'^-i-at'^) 6's'"= (9Ì>,'-+-Y7," .-f-y>/ -t- ioYy,")=' -H 89 (¥/,"- ¥>,')*. Quindi confrontato il secondo membro di questa equazione col primo della (4)', si otterrà .Tj,j = 9Y// H- Yj." -i- Y// -^- loYy," ossia io(6y7"-H V)/i" 7(,) = (y=--io7-)j/'-(67y'-H2y-)y. Ora facciamo 7' = o , /"= r , come pure per maggior spedi- tezza j,' = o, 7," = I 5 risulterà d = 3o , 5'"= io , x^^^^ = io , 7(,) = -io. Passiamo adesso alla soluzione dell'equazione (5)'. Poiché bassi s" := IO 5 la (5)' diventerà 2 a (6)' z -¥- ÀI t = 100^ 5 la quale si converte nell'altra (5. 16.) (7)' mt -+- an^,. rn- lor* = 0* , (!) («) ' essendo z^^^ = nt^^^ -+- Dr, ^-7^ =/w • Pertanto fatto re=r!z(i,a,3, 455),il valore di n = 3 , darà /re = 5 j e quindi si avrà da risolvere l'equazione (8)' Zt"^ ■+■ 6/f(,) r -H lor' = 0=^ , il cui primo membro esprime un divisore quadratfvo della formola z -4- A^t (5. 16 ) . Ma sono i suoi fattori qua- drativi (§.8) 48 Risoluzione dell' Equazione Generale ec. A, = z' -+- ac'z" -H 4a3"" B. =22'^ -(-222" -Hai z"" e, = Sz'^^ózV'-H los"' D. = 3s'*H-azV'-H i4z"" E, = 62'* -1- az'z" -<- 7z'" ; per conseguente si otterranno gli altri risultati ( 5-' n 5 la ) A," = A , B.^ = A: , C.^ = B. , D,^ = G. , E/ = G, . Dal che scuopiesi, cli'essendo il primo membro dell' ultima equa- zione della forma Gì , per ciò sarà essa suscettibile di due soluzioni , secondochè si porrà o := Di , a = Ei . Teniamo ad- dietro alla prima , e facciamo a = Sz'' -H zz'z" -t- 142"» , con le formole del §. 11 si troverà o^ = 5Y" H- 6YZ -+- ioZ% dov' è I = — S -4-422 -HOZ Z = z -H azz — ùfZ Perciò avremo ^„)=-z'^-h42V'+6z"^ r = z'^ -4- az'z" - 4z"^ : ed inoltre ^(.) =3^(1) -l-ior. In adesso se poniamo z=i, 2"=a, otterremo « = 63 , t^^^ =3i z^ V •= — 17, valori, che verificano la (5)' . Ma abbiamo ( S- 7- ) conseguentemente pel caso sviluppato traesi a; = 63o ,7= — 63o ,z = — 5iOjf = 93o. I quali valori sostituiti nella proposta rendono il primo mem- bro identico al secondo . Con calcoli analoghi potremo ottenere i valori delle D I G E M I N I A N O P O L E T T I 49 X , y , z 5 t , che danno tutte le altre soluzioni di cui la proposta è suscettibile . Così rimane risoluta anche con esempio l'equazione (I). Ora vediamo come si debba procedere per isciogliere la stes- sa equazione , dato che il primo termine del secondo mem- bro abbia coefficiente . 5. 19. Risolvere in numeri interi l'equazione (li) x^ -^ Aj^ = ^z^ -H C*% esprimendo ar, j, z , ^ numeri primi tra loro, ed A, B,C nu- meri interi dati non divisibili per quadrati . Dalla data equazione si trae l'altra essendo 2' = B^, C(,) = BC . E fatto a;^ -4- Ax= = j , si ottiene ^'^ -»- C(,)** = Bj . Nominato poi o il massimo comun divisore tra x ., y ; e d quello tra z, t, pongasi X = ox^^^ , y = a/,,) , z ' = ez^^^ , t = Ot^^^^ . Inoltre fatto ^■=y, ^ = 5", facilmente si comprende che s' sarà numero intero, e che Io sarà parimente s" , attesoché B non è divisibile per numero quadrato . Quindi avremo a a X ^ -\- ky ■= s' (0 (I) (i) Y ultima delle quali equazioni per le stesse ragioni addotte nel §. 7j ci fa conoscere che ^ è un numero intero . Per tan- to chiamato esso /', si otterranno le equazioni Tomo XIX. 7 So Risoluzione dell' Equazione Generale ec. (io) z^ -4- C / =BoV". ^ ' (I) ^') (0 Ma posciacliè 1' equazione (9) ha la medesima forma di quella che trattammo nel 5- '4 '■> P^*" conseguenza potre- mo risolverla collo stesso metodo , approfittando eziandio delle tavole compilate da Legendie già menzionate nel 5- 'o, per essere A non divisibile per numero quadrato. Sciolta così la (q) dicansi D , D , ec. i valori pertinenti alla s'": è pale- se che avremo a risolvere successivamente le equaziom z^ , -f- C t"" = BD a" = B IO- (11)^/ H- G t* =BD a" = B o» (I) (I) (I) (=■) (a) dov' è B, , = BD , B = BD , ec. ed esprimono le z , t numeri primi tra loro. Ora vediamo come il metodo espo- sto nel §. 16 valga eziandio a sciogliere la prima delle pre- cedenti equazioni, giacché all'uopo potremo medesimamen- te operare sovra ciascuna delle altre. La condizione or ora dichiarata che sieno le z , t numeri primi tra se , conduce a conchiudere t^J^ primo a B(,) : come non è malagevole il comprendere . Laonde esi- steranno sempre dei valori per le due indeterminate re, r, che soddisfaranno all' equazione (la) Z(,j =«?(,) -4- B(., r. Sostituito questo valore nella prima delle (11), si otterrà V B(,, / (t) (•) fi) Ma t, , B sono numeri primi tra loro; dunque dovrà esse- fi) (•) ' ^ . ' ^ , Di Gemini a no Poletti Si re n" H-C(,) divisibile per B(,) : e fatto " ^ "'•' =z m, si avrà (i3) mt -h 2.nt i,\ r -»- B r*= o^ . Risultamento che ci mostra, essere il primo membro divisore sa quadrativo della formola z ■+- G t , perchè bassi di'" =— C(.) (s-o)- Pure è manifesto che si avranno a risolvere tante equa- zioni (i3), quanti saranno i valori di n, che rendono ^ "'*' numero intero ; i quali valori sono compresi tra o jB -H — B(,) . Supponiamo che siansi trovati due valori f, g risponden- ti ai numeri m , n , che avverino la condizione "-^ ''- = m numero intero : in questo caso l'equazione da risolversi sarà ft^ -\-^gt r -f- B r^ = o'*, ■' (•) ^ («) (•) eli' è della stessa forma della (8). Onde se per iscioglierla si segua il metodo esposto nel 5- 16, basterà : i .° trovare tut- a 2 ti ì divisori quadrativi della formola z -^Gt , che dise- ^ (I) (0 gneremo colle A, , B, , C, , ( §. 8 ) : 2,." cercare col metodo succennato nei §,' 11, 12, i quadrati A , B , C ec- •* III' e 3.° contrassegnare tutte quelle formole , le quali sa- ranno risultate di forma simile alla ft -h agf r-f-B r"* Ciò fatto ponendo ciascuna delle notate formole uguale al primo membro dell' ultima equazione , giugnererao ad espri- mere le ? , r, o, con indeterminate independente \, e quin- (1) di mediante l'equazione (12) anche la z In adesso riflettendo che è ^ = -^ , chiaro apparisce che èa. RrsoLuzioNE dell' Equazfone Generale ec. i valori delle x, y, z, t, che verificano la (II), sono Box , Bqr(,j > 0S(,), B^/jjj . Ma col risolvere l'equazione (9) abbiamo determinati i valori delle a-, , , r , 0 , e collo scioeliere (i) •'(i)' o r equazione (io) abbiamo trovati i valori delle z , t , o ; _ (i) (I) perciò rimane completamente risoluta la data equazione (II). Vuoisi pure osservare , che la condizione di essere C non divisibile per alcun numero quadrato diverso dall' unità ci autorizza di moltiplicare la proposta equazione (II) pel coef- ficiente C, invece di moltiplicarla per B: ed i casi particola- ri ci appaleseranno a quale di essi coefficienti dovremo dare la preferenza . 5. 2,0. Ptisolvere in numeri raz'onali 1' equazione (III) x'^ = A/^ -H B::^ -I- G , disegnando x, / , z le indeterminate , ed A ^ B , G numeri interi dati . Tantosto veJesi che la soluzione di questa equazione si ricava da quanto è stato ragionato e calcolato nei 5-* 5 e precedente . §. ai.Niun ostacolo parimente s'incontrerà, alloraquan- do si vorrà risolvere in numeri razionili l'equ:izione comple- ta generale di secondo grado a tre indeterminate . Imperoc- ché chiaramente si scorge , che per ottenere siffatta risolu- zione non si avrà a far altro, che seguire i ragionamenti ed i calcoli esposti ne' ^.' 1 , 3 , 5 e 19, 5. aa. Sin qui ci siamo condotti discutendo la soluzione in numeri razionali dell' equazione x^ = Aj" -H B:;^ -H G . Ora passeremo ad investigare come si possa risolvere essa e- quazione in numeri interi^ giacché è da questa soluzione, che vedremo potersi dedurre 1' altra pure in numeri interi della equazione generale completa di secondo grado a tre indeter- minate . Ma innanzi ogni altra cosa fia bene dimostrare la seguente proposizione . Dr Geminiano Poletti 53 5. aS. L' equazione indeterminata x^^ = A/^-l- B5" -t- C , ove A , B , G sono numeri interi dati , al pari di quella di secondo grado a due indeterminate , ammette la soluzione in numeri interi di tante differenti equazioni della stessa for- ma , quanti sono i divisori quadrati del coefficiente C, e do- ve in ciascuna le tre indeterminate rappresentano numeri primi fra loro . Infatti dicasi d il massimo comun divisore tra x,y, z , sicché abbiasi x = dx\ y ■= dy , z= dz' , si otterrà il primo mèmbro della qual equazione esprime un numero intero , e conseguentemente fa di mestieri che lo rappresen- ti altresì il secondo . Pertanto fatto C = ^^G' , ne verrà x-' = Ay" M- B2'* -+- C , dove x', y, z' sono numeri primi fra se . Ponendo adunque successivamente d'^ uguale ai divisori quadrati di G , rimane palese che si avranno tante equazioni della stessa forma della data, quanti sono i divisori quadrati di G, e che le indetermi- nate contenutevi esprimeranno numeri primi fra loro . Fermato questo , vuoisi inoltre mostrare , come si risol- va r equazione a;= = A/^ -1- Bz^ H- G in un caso particolare: poiché facendo ciò, siamo d'avviso, che ci riuscirà più age- vole il mettere in chiaro la soluzione generale di essa equa- zione . 5 24* Risolvere in numeri interi 1' equazione (IV) x'' = Ay^ -i-Bz^-hC , <]ove sono x,y, z numeri primi fra loro, i coefficienti A^ B, G numeri interi, ed A divisore di B , o viceversa B di A . Disegnato con o il massimo comun divisore tra y, z, e posto (i4) y = oy', z = az' , otterremo 54 Risoluzione dell* Equazione Generale ec. ■p essendo Q = - numero intero • Inoltre facciamo (,S) y^^Qz" = t, avremo (i6) a;^ — C = Ao^T, dove tantosto vedesi , che a'' non può uguagliare i divisori qua- drati di C , per esprimere x , y, z numeri primi tra se ; e che x^ — C debb' essere divisibile esattamente per A . Pertanto si cerchino i valori interi sì positivi come negativi della ar, che rendono — ^ — numero intero, i quali j come sì è già altra volta rammentato, sono compresi tra Oj e-j-^A. Succeden- do che non n'esista alcuno che avveri essa condizione, con- chiuderemo non potersi risolvere la (IV) : e trovandone uno o pili , procederemo oltre calcolando nel seguente modo . Dicansi a, a", a", ec. i trovati valori della x,e pongasi A q"'-C A a'"— C = P' = P" pr" saranno P', P", P"', ec. numeri interi positivi o negativi . Tro- vati poi tutti li divisori quadrati di ciascuno dei numeri P'^ P", P'", ec, e denominati/"'^, g'^, h'^, ec. i divisori qua- drati di P' ;/'^ g"\ h"\ ec. quelli di P" ; /'"% g"'\ h"'\ ec. gli altri di P'", e cosi in seguito; potremo fare P'=/V^ = g>'^ = AV^ = ec. P"=/">" =g"v" =A".y -ec. I a a P"'=/"'y "^ _ g'"y'= h"'Y'^ — ec . ? dove y , jh j, p'^ , ec, /' , p"^ , p'\^, e.c.,p"'^,p"'^,p"'^,ec., ec. Di Gemini a no Poliìtti 55 saranno numeri interi positivi o negativi. Ora polche bassi dalla (i6) T»— G a - a t y A agevolmente vedesi , che il secondo membro di questa ulti- ma equazione dovrà uguagliare i valori di P', ?",?'", ec. On- de si avrà o^r =rp\ = g'v; = A'>3 = ec. or = f"^p\=g"^p"^ = h"^p"^ = ec. oz=f p =g p =h p =ec. Dal che risulta «=/', g-, k', ec.,/", g", h", ec.,/'", g"', h"\ ec, ec. ^=/ 5/ ^/, ree.,/' ,y' ,/' ,ec.,/" ,/' ,/', ec.,ec. Sostituiti poi questi valori di t di mano in mano nell' equa- zione (iS) si otterranno le equazioni / y- ^Qz'^ =p'^ , y= 4- Qz'^ =/.; , y^ -»- Qz^ =p\ , ec. (17) ? y^ ^_Q2-^y^ , y- _^ Q^'. =y'^, y- + Q2'- =^" ec. le quali potremo sciogliere col metodo insegnatoci da La- grange (*) . Trovati adunque i valori della x dipendentemente d^Ua condizione — — numero intero;, indi quelli di o mediante i divisori quadrati dei numeri P', P", P'", ec, e per ultimo quel- li di y, z risolvendo le ultime equazioni (17) ; resteranno al- tresì determinati i valori delle/ , s mediante le equazioni (i4)' Ma dilucidiamo anche questa soluzione con un esempio. (*) Menj. de Berlin, an. 1767. 56 Risoluzione dell'Equazione Generale ec. 5. a5. Sia proposta da risolversi in numeri interi l'e- quazione x"" = ri/^ — 332* — 217, dove ir è divisore di 33. Poiché il numero 217 non ha alcun fattore che sia qua- drato ^tranne l'unità, potremo sciogliere 1' equazione pro- posta riguardando x,y, z numeri primi tra loro. Avendo 00 adunque Q = = — 3, le equazioni (i5), (16) addiverranno y^ — 3z'- = t x^ -4- ai7 = I la^T, essendo y=zK)y\ z = oz'. Si cerchino adesso i numeri x, che rendono ^ '♦•'^'7, numero intero, si troverà per a: il numero 5. Quindi sarà P'=2,2,, il qual numero non avendo alcun fatto- re quadrato infuori dell'unità, hassi P'= i''. aa = o°tr ; onde si ritrae a ^ i , t ^ aa , i quali risultati ci danno la prima delle (17) y^_33'* = aa. Ora risolta questa ultima equazione col noto metodo, trove- remo che la soddisfanno y = 7 , z' = 3 ; e perciò avremo ar = 5,/=7,z = 3. 5- ^6- Passiamo adesso a risolvere in numeri interi l'e- quazione (V) x^~ = Aj" ^Bz'-hC, dove X, y , z esprìmono numeri primi fra loro , ed i coeffi- cienti A, B, C al solito numeri interi. Si trovi il massimo comun divisore di A, B, che diremo F , talché sia A =: FM , B=FN: inoltre si nomini qui pure o il massimo comun divisore tra y, z, e facciasi (18) Y = oy , z = oz. Sostituiti questi valori di A , B, e delle x, y nell'equazione ^V) , sorgerà ' x^ — C = F«* ( My'^ -+- Ns'" ) , Di Gè miniano Poletti 57 dove M, N sono numeri primi fra loro , ed è ancora 7' primo a z . Ora se poniamo (19) M/'" -H N^'" = t', si avrà (f2o) ar^" — C = Fcj't', nella quale equazione tosto vedesi , che debb' essere ~ numero intero . Laonde col cognito metodo si trovino tutti i valori della x ( dato che n' esistano ), j quali rendono x^ — G divisibile esattamente per F . Di poi seguendo le traccia de' calcoli esposti per la risoluzione della (16) (5- 24)5 si de- terminino i valori che competono sì ad o come a %' . Appres- so chiamati questi ultimi n , 71", n"\ ec. , ì quali come si è veduto nel §. a4 ponno essere positivi o negativi , si sosti- tuiscano nella (19), e si otterranno le equazioni (21) ( My"-i-N2'^ = ;r"', che, come immediatamente si scorge, sono tutte della mede- sima forma . Perlocchè basterà mostrare come si trasformi la prima di esse in altra equazione pure di secondo grado, e la cui risoluzione si possa immediatamente dedurre da cogni- to metodo. A tal effetto si trovi il massimo comun divisore tra M, it\ e chiamato G, facciasi M ^ GM , it'=iG7t . Collocati questi valori nella prima delle equazioni (21), e divisa per G , si otterrà G^ ^^t^, ove si è messo il doppio segno a n , perchè , come si è det- to , it' può essere positivo ovvero negativo . Ma abbiamo già osservato che M , N sono numeri primi fra se , per conse- Tomo XIX. 8 58 Risoluzione dell' Equazione Generale ec. gnente z dovrà essere divisibile esattamente prtr G . Per- tanto si faccia e per piìi brevità posto NG = N , 1' ultima equazione colla sostituzione di questi valori addiverrà M y" -4- N s" = =!= ;r ,: li I , • nella quale y\ z" sono primi fra loro, altramente non Io sa- rebbero y z': come pure M , ii essendo primi tra se, ne segue che M è primo a qualsiasi fattore A\ n .Le quali condizio- ni ci conducono a conchiudere z" primo a k : perciocché se questo si negasse, le y, z" dovrebbero avere un massimo co- Diun divisore; il che non è. Quindi si potranno sempre de- terminare per le due indeterminate re, s'" de' valori in nu- meri interi , che verifichino 1' equazione (23) y'z=nz"^n z'" : il qnal valore della y' messo nell' ultima equazione ci darà / M,.--4-N.. \ „. _^ ^^ ^^„ ^,„ _^ jvi ^ 2-.. _ -t I. V 'T, / I li Ma poscia che si è provato che z", n esprimono numeri primi fra loro , per conseguenza — '" "^ ' dovrà essere numero in- tero, la quale quantità possiamo altresì ridurre a maggiore semplicità . Infatti, siccome M , jr sono numeri primi tra loro, co- I t sì sarà sempre possibile trovare due numeri /l , 2; , che sod- disfacciano air equazione M k — 71 v=.i. Ora moltiplicando 'il per X r espressione — '" "^ '-, e mettendo ;r v H- i alla vece ' ' 'Ti I di M/l, la formula precedente si convertirà nell'altra ?.n''-\- "lilL" . Il qual risultamento ci manifesta, che la questione Di Gemini a no Poletti 5g di cercare dei numeri interi n, clie rendano — -" "^ ' nume- ro intero, si riduce a trovare medesimamente dei numeri in- teri per n , che dieno «"^ -+- N u divisibile esattamente per 71 , i quali presi si positivamente come negativamente sono contenuti fra o , e H — - tt . Posto adunque eh' esistano dei valori interi di n , che ... ... Il j. • . M,fi'-4-N, ]. . 1 sostituiti nella divisione — ' : dieno un quoto esatto, che nomineremo H, ed inoltre fatto aM n=K, M ;t =L, l'ul- I I z ' tima equazione diventerà (24) Hz"' -t- liz" z"' -+- Ls'"' = =i= I ; alla quale potremo applicare il metodo di Lagrange (*), tan- to per iscoprire se sia solubile, quanto, nel caso dei sì, per determinare i valori delle z", z"'. Egli è pure facile compren- dere , che tante saranno le equazioni (24) che dovremo risol- vere 5 quanti sono i numeri interi n che soddisfanno alia con- dizione di rendere — '- '- numero intero. Risolute pertanto le equazioni (24), e trovati così i va- lori delle z", z'"; le equazioni (aS), (22) ci daranno quelli di y, z' : fd essendosi pure ottenuti colla soluzione della (20) i valori delle x, o; mediante le equazioni (18) si avranno su- bito i valori delle y, 2 ; ed in tal modo resterà sciolta l'e- quazione (V) 5. 27. Illustriamo la soluzione esposta nel §. anteceden- te proponendoci di risolvere in numeri interi 1' equazione x'^ = 65y'^ — 1 823=* — 69 . Abbiamo A = 65, B = — 182, C=— 69; onde ne vie- ne F= i3, M = 5 ^ N =— i4; e le equazioni (19), (20) diventano -^ (') Mem. de Beujin. an. 1768. 6o Risoluzione dell' Equazione Generale ce. 5y^ — i4s'^ = z' ^^ -f- 69 = iSa'^r'. Ora fra i numeri che rendono ^"t ? numero intero , havvi « = 3; perciò risulta 0=1 , T'=:;r'=6. Divenendo adunque la prima delle equazioni (21) sorge G= i, M =:5,;r =6; cosicché avendosi dalla (aa) II * ' si conchiude che la s' è identica alla s". Altronde 1' equazio- ne (28) risulta y = Tza" ^- 63'". Trovato poi che il valore re = a , ci dà "'""' ^- = i , ne vie- ne H=i,K = 20^ L = 3o ; e quindi l'equazione (a4) diventa z"^ -H aos V" ■+■ 3o2"'^ = I . Per isciogliere poi questa equazione si faccia ^f _ tu K'» Z =: U — ICZ , e messovi questo valore si convertirà nell' altra a ^ rna , « 7OZ = I , la quale ammette una infinità di soluzioni (*), ed una sene ha, come tosto si vede, facendo u= i , z"'=o. Per il che ricavasi 2' = i , y' = a; e quindi risulta x = 3, j = a, s = I . Altre soluzioni sì avranno della data equazione , tro- vando altri valori delle a, z"'. 5. a8. Ora non troveremo alcuna difficoltà nel risolvere in numeri interi 1' equazione (VI) x' = Ay^ ■+. Bz" -H C, A, B, C essendo numeri interi dati quaisivogliano . Poiché apertamente si scorge, che la soluzione di questa equazione è tutta riposta in ciò che ahbiamo detto ne' 5- 2,3 e a6. (*) Legendre Op. cit. (3a), Di Geminiano Poletti 6i 5- 29 . Per ultimo , si osservi l' equazione (;r) ottenuta dalla trasformazione della (H) ( §. i ), e si vedrà eh' è della medesima forma della (VI) ; cosicché si potrà risolvere in nu- meri interi col metodo mostrato nel § antecedente . Da qui poi, e dalle condizioni che abbiamo dichiarate nel 5- 2, si ha la risoluzione in numeri interi dell'equazione generale com- pleta di secondo grado a tre indeterminate. 6a ANALISI GEOMETRICA Dell' A 11 lETE Idraulico MEMORIA DEL SIC. PROFESSOR GIUSEPPE VENTUROLI Ricevuta adì ao Aprile 1820. ARTICOLO I. Nozioni Preliminari. I. JL^appoichè 1' insigne geometra Cav.Brunacci con dotta e laboriosa opera ha riceroato le leggi r ndc dX ■ -"YT- • E perche — =__ , sarà ancora udu= — ~ ''±— Sostituendo questo valore nell' equazione , e poscia integrando avremo (a) p = Cost. _ X -H ^ /"^ - ^ ^ ' ■' gdt J Y sg-Y* Ci conviene ora determinar la costante. Dicasi H la pres- sione che aggrava la superficie dell'acqua del vaso, o la se- zione suprema EE^, l'ampiezza della qual sezione sia =8. Dicasi parimente I la pressione sulla sezione infima del vaso ee l'am- piezza della qual sezione sia =: s . Dicasi finalmente 1' altezza AR dell' acqua nel vaso= A . È manifesto che quando X=A , ed Y = S , sarà jf? = H ; e dove X = o , ed Y =s , sarà p= I. Onde se col simbolo S si denoti 1' integrale definito f preso per l'intero tratto del vaso, avremo dall' equazione (a) que- ste due , jv , » H = Cost. - A -t--^ 2 Ì2L _ ^ JL gdt Y ag S^. I = Cost.-^4 ag !'■ . \ e Fom r , / P 1/ J 1 Del Sic. Phof. Giuseppe Venturoli 65 onde (a) H - 1 = - A -H -^ 2 -^ -i- — ( - - - j . Ora passiamo a determinare nella stessa guisa il moto del- l' acqua per entro il tubo. Consideriamo lo strato Nra com- preso tra due sezioni vicinissime NN , nn ; sia ii la velocità di questo strato dopo il tempo ^, e sia/; la pressione sulla sezione l^ìi,p-^-dp la pressione sulla sezione anteriore nn. Dirasi la lunghezza AN = >i , e l'ascissa verticale AQ = x appartenente alla sezione ISN, e sia l'ampiezza di questa sezione =x. La forza che sollecita lo strato ^nsarà g/dx — gydp; ma questa trova contrasto dalla resistenza delle pareti del tubo . Se questa forza ritardatrice si chiami gR , sarà gKydX la forza motrice che dovrà levarsi da quella che abbiamo du detta pocanzi. Sarà dunque gydx — gydp — gKydÀ=ydX ~;o df dX . Sia per essere u ■= -r ì sarà ' dt gdp = gdx — gB.dÀ — udii. E perchè abbiamo come sopra u =2 — , ed udu =z ^~ " "3 -'^, sostituendo questo valore ^ e poscia integrando , ritroveremo (^) ,, = Cost.^:. -fRdX --^/f - "^ i. . Alla determinazione della costante si procede come dian- zi. Abbiamo già chiamata I la pressione che ha luogo nella sezione ee , o sia nella prima sezione FF del tubo^ l'ampiez- za della qual sezione FF faremo =7». Dicasi K la pressione che ha luogo nella sezione ultima o sia nella luce ff^ V am- piezza della qual luce abbiamo già chiamata = n . Dicasi fi- nalmente l'altezza verticale del tubo AB = B . E manifesto che dove x = o ed y z= m , sarà /?= I ; e dove x = B , ed yz=n^ sarà/7 = K. Onde ricaveremo dall'equazione (/?) que- ste due Tomo XIX, 9 66 Analisi Geometrica ec. I = Gost - :il£l . JL. K = Cost.-»-B- S.R^A- i^i S. ^ - i! gdt y 2g e quindi (b) I_K=-B-+-2.R^A-H-^S. -H-'^/-. ~). ^ ' gdt y ù.g \ n' '"■ / Finalmente sommando le due equazioni (a), (b) avremo per la soluzione del proposto Problema l' equazione (P) H-K-+-A-+-B = 2.R^>^-(-^; (s.^-t-2.^^) n^c^ / I I r I \ 5. Se il vaso è prismatico o cilindrico, sarà 2. — = —; e se il tubo esso pure è cilindrico, e la sua lunghezza =/, sarà 2. — = — . Abbiamo ancora pei tubi cilindrici K-=nc''-hvCj essendo {i e v due coefficienti costanti. Avviene assai volte che V ampiezza del vaso è grandissi- ma in paragone di quella del tubo, e che l'altezza del vaso è per contrario piccolissima rispetto della lunghezza del tubo. Ed allora potrà sprezzarsi -^ a fronte di —, e potrà trascurar- si la frazione ^ in confronto delle altre alle quali va unita . E se l'origine del tubo sarà congiunta col vaso per via d'un imbuto conico che tolga la contrazion della vena, dovremo fare 5 = w. - In questi supposti che tutti si avverano nelle applicazio*- ni che siara per fare, l'equazione (P) del Problema si ridu- ce alla (Q) H-K-f.A + B=^/c^-H.Zc-+-^-f-:-^. Se il tubo è orizzontale, faremo B=o ; se fosse acclive, faremmo B negativo. Ed in generale il quadrinomio H — K-nA-t-B Del Sic. Pkof. Giuseppe Venti/roli 67 rappresenta 1' altezza verticale della prima sezione EE sopra r ultima ff, con di più l' eccesso della pressione che aggrava la prima j sopra la pressione che aggrava l'ultima. 6. L'equazione (Q) ci darà a conoscere la velocità del- l'efflusso, o sia il vaso inesausto, o vada per l'efflusso vo- tandosi . Se il vaso è inesausto , A è costante , onde senza più integrando 1' equazione (Q) ne avremo e espresso per t. 7. Che se il vaso per l'efflusso si vota, dovremo avver- tire che quant' acqua nel tempetto dt scaturisce fuori del tubo, altrettanto spazio rimane voto alla sommità del vaso. Ma il volumetto dell' acqua uscita fuori del tubo nel tempet- to dt è z=incdt ^ e Io spazio che resta voto alla sommità del vaso è = — Sf/A. Avremo dunque ncdt =: — S^^A. Sostituf'n- do il valore del dt preso di qui nella equazióne (Q) essa diviene ' gmoaA ag Integrando questa equazione , avremo e espresso per A ; ed appresso 1' altra equazione ncdt ■=■ — SfZA ne darà e espresso per t . 8. Ma queste cose meglio s'intenderanno colle applicazioni che ne faremo . Intanto non lascierò di aggiungere che se dal primo tubo 1' acqua passasse in un secondo , e per la luce di questo si scaricasse, supposti i tubi cilindrici, si determi- nerebbe reflusso coli' equazione seguente, nella quale abbia- mo segnato con lettere accentate le quantità che al secondo tubo appartengono H - K + A+ B-hB'= ( ^Z+^7')c»-^- ( vl^'t )c H-^ (^ -4- ^) "+■ -Tf ^ i" ~" S^ "*■ «» "~ m' "^ n!- "^y • E r equazione sarebbe compagna per un maggior numero di tubi . 68 Analisi Geometrica ec. A R T I G O L 0 I I. Movimento delV acqua nel Condotto. 9. Problema II. Stando aperta la valvola di fermata , determinare la velocità dell' eflusso . Noi qui supporremo il condotto orizzontale , onde sarà B=o. Supporremo anche il recipiente mantenuto pieno ad una costante altezza a , onde faremo A := a . E perchè le sezioni estreme non soffron altra pressione fuorché quella dell' atmosfera ad entrambe comune, sarà H = K , e il qua- drinomio H — K -+- A -H B si riduce ad essere = a . Quindi r equazione (Q) darà pel nostro problema a = ale -*- vie H n-i-~ ' Si ponga per brevità L' equazione diventerà dt = — ^ — - a — oc — yc^ e dovrà integrarsi in guisa che ^ = 0 renda c = o . L'inte- grazione è facile a compiersi colle note regole , e se per maggior compendio scriveremo - ■+- j-^ ■= h^ , ne avremo j ^ i. s ^=ÌW— ^ • -^ ; oppure e e cosi a qualunque tèmpo conosceremo la ricercata velocità dell' efflusso , IO. Fatto t =z co , viene c = k . Questo è dunque un limite al quale continuamente s accosta la velocità (l»^ll' efflusso , senza però arrivarvi giammai . Bea è vero che do- Del Sic. Prof. Giuseppe Venturolì 69 pò breve tempo essa vi si avvicina in modo che il divario è impercettibile. E però questa può aversi per la velocità mas- sima e finale dell' acqua effluente . II. All'incontro sin tanto che t è piccolissimo, viene e = at. Il che si troverà svolgendo in serie gli esponenzia- li e trascurando le potenze di t . Lo stesso può derivarsi eziandio dall' equazione differenziale , riflettendo che allora anche e sarà piccolissima , e i termini ^/c% vie , — potranno sprezzarsi in confronto di a, il che riduce 1' equazione dif- ferenziale a questa, de = adt . Dunque la velocità dell' acqua nel condotto sul princi- pio dell' efflusso sarà = £■ . af , ossia = •—. Da che si ve- de che il movimento iniziale della colonna d'acqua che riem- pie il condotto , è un moto equabilmente accelerato dalla forza costante ^ . la. Problema III. Determinare la dispersione dell' ac- qua per la valvola di fermata . Sia D la quantità d' acqua che sgorga dal lume n nel tempo t . Sarà dD = nodi , o sia ( n.° 9 ) . JT\ ncdc ^■^ = a-6c-yc' e quest'equazione dovrà integrarsi cosi che t^o renda D= o. Conservando le stesse abbreviature del problema ante- cedente, riuscirà D =.>g. -^^^ - 4Ì^Log.'_If . '-T J r . h-t- _ h — — e 3.y zy E poiché quest'ultimo Logaritmo si è trovato di sopra ( n." ()) = 2./iyt 3 sarà in altro modo D = - Log.. nSt s-y o a—6c—yc' 2.y Che se vogliasi la dispersione D interamente espressa pe! 70 Analisi Geometrica ec. tempo, converrà anche nel primo termine in luogo della ve- locità e introdurre il suo valore ( n.° 9 ) espresso per i , ed avremo . D = ;Lo,.i[(;,.l)/".(„-l)e-""]-^ onde sapremo quant' acqua in un dato tempo si disperda. ARTICOLO III. Passaggio dell' acqua dal Condotto nella Campana. i3. Problema IV. Data la velocità dell' acqua nel con- dotto al momento del colpo, determinare la velocità colla quale 1' acqua entrerà nella campana . Muovasi una massa M d'acqua in un vaso cilindrico con velocità w; onde se quest'acqua ha sfogo per un pertugio, di cui sia l'area 1^, e sìa m la sezione del cilindro, sarà la ve- locità dell' efflusso =— . Stando così le cose, ponghiamo che una massa II con velocità V venga d' improvviso a percuo- tere la massa corrente . È certo per le leggi dinamiche che questa massa prenderà per 1' urto la velocità -j^_^jyj- 5 e che la velocità dell' efflusso diventerà subitamente ^ . ■ j^^j^^ • Accade appunto una simil cosa entro il condotto dell' Ariete nel chiudersi la valvola di fermata . Sia in quel mo- mento la velocità dell' efflusso = e , sia (^ 1' apertura della valvola di salita , e sia a quella picciola porzione della lun- ghezza del condotto , che sottostà ad essa valvola . Egli è manifesto che nel momento del colpo una colonna d' acqua di massa = mi , correndo con velocità = — incontra una massa = ma, corrente anch'essa con pari velocità = — . Se questa massa ma potesse proseguire il suo cammino , non vi Del Sic. Prof. Giuseppe Venturoli 7r sarebbe percossa; ma poiché trovasi d'improvviso arrestata,: e non lia sfogo se non che per l'apertura (p, ella ne uscirà , ne ne mi . — -t- m o . — per le cose dette colla velocità ~ . 1 ^, vale a di- V ml-t-mo re colla velocità —. Se dunque dicasi C la velocità colla quale r acqua entrerà nella campana al momento del colpo , avre- mo C = — . Il che era da trovarsi . 14. Passiamo ora ad esplorare il moto dell' acqua che cominciando con questa celerità iniziale C, prosiegue ad in- fluire nella campana . Si oppone all'influsso l'elasticità o sia la pressione dell'aria che nella campana si chiude. Il valor di questa pressione dipende dall' altezza dell'acqua che ivi ristagna. Se quest' altezza fosse precisamente a tal segno, che la pressione dell' aria rinchiusa equilibrasse I3 colonna d' acqua elevata nel cannello , detta b l' altezza verticale d' esso cannello , la pressione dell' aria rinchiusa si esprime- rebbe per b, ed il valore del quadrinomio H — K-I-A-+-B { n.*^ 5 ) sarebbe a — b . Ma se l'altezza dell'acqua nella campana sarà maggiore o minore dell'indicato segno, che da qui avanti chiamerò segno d' equilibrio , allora la pressione dell'aria rinchiusa sarà mag- giore o minore di b. Pongasi 1' altezza iniziale dell' acqua nella campana alquanto maggiore del segno d' equilibrio , e sia r eccesso = i . Supponendo quest'altezza i assai piccola, potremo assumere che l'incremento dell'elasticità dell' aria sia proporzionale ad i, e così esprìmere l'elasticità dell'aria compressa per b -i- ki , essendo k un coefficiente costante , che si determinerà dalla nota forma e grandezza della cam- pana . Avremo allora il quadrinomio H — K-4-A-i-B=a — b Ai . Così sarà nel principio dell' influsso. Ora dopo scorso il tempo t sia entrata nella campana la quantità d' acqua = « , e sia N la sezione della campana verso il luogo dove arriva il livello dell'acqua; sarà ^ l'alzamento del livello operato 72i Analisi Geometrica ec. nel tempo i, nel quale per conseguente l'altezza i sarà di- venuta i-Hj|-. Avremo dunque dopo il tempo t il quadrino- mio H — K-l-A-t-B=a — b — ki — j^' . Ciò premesso, vengliiamo al seguente i5. Problema V. Data la velocità iniziale dell'influsso, determinare la velocità dopo qualsivoglia tempo . Essendo per le cose dette H— K-i^A-HB=a — b—ki—^ , r equazione (Q) applicata al nostro Problema, sarà a^b- ki - ^= file ^vlc-^ ^'l -t- ;-^ o sia perchè dq = (pcdt , a^b- ki ~'^ = ^a^ -t- vie -+- f^'f- -H '- . '^ *• gmdq ^g Questa dovrà integrarsi per modo che riesca q =: e quando e = C; e ne avremo il valore di q espresso per e . Poscia 1' al- tra equazione dq = (pcdt integrata cosi che t=:o renda c=C, ne darà la velocità dell' influsso a qualunque tempo . i6. Ma r equazione del numero precedente non è inte- grabile in termini finiti , a cagion del termine vie . Se non che d' ordinario r altezza ^ a cui si solleva l'acqua per mez- zo dell' Ariete è così grande che a fronte di essa ponno si- curamente sprezzarsi i termini ^/c^ , vie , — . Ed allora 1' e- quazione ridotta alla N gindii s'integra senza la menoma difficoltà, e somministra l'equa- zione finita {b-^ki — a)q-\--^-=z^ . . * ' ■' aP» m 2,g Sarà più comodo se invece della velocità e colla quale !' acqua trapassa la valvola di salita , mettasi la velocità u colla quale 1' acqua nello stesso tempo decorre per il con- Del Sig. Prof. Giuseppe Venturoli ^3 dotto; e così invece della velocità iniziale C dèi passaggio per la valvola, mettasi la velocità iniziale U dell'acqua nel condotto j vale a dire quella velocità che ha l'acqua nel con- dotto allorché si serra la valvola d'arresto. Poiché le sezio- ni sono sempre reciproche alle velocità abbiamo e = -j- j e C=^ , onde r equazion precedente diventa 17. Facendo u -^ o , avremo l'intera quantità delP ac- qua che s' introdurrà nella campana . La quale se dicasi Q , si determinerà per 1' equazione quadratica E perchè nel primo membro il secondo teimine è sempre assai piccolo in riguardo al primo, potrà sempre tenersi per valor prossimo e poco maggiore del vero Q = 2f;(A-l-^i — a) 18. Se sarà j = — "^ 5 '' equazione quadratica darà pre- cisamente Q=- 2g(b—a) Adunque in questo caso la Q è quarta proporzionale do- pò è — ** ? ^ 5 fid ^l >' onde come sta l'altezza a cui vuol sollevarsi 1* acqua sopra il livello del recipiente all' altezza dovuta alla velocità dell'acqua nel condotto al momento del colpo, cosi sta la quantità dell'acqua che riempie il condot- to alla quantità dell' acqua che verrà per quel colpo solle- * vata . 19. Noi vedremo fra poco che questo valore di Q è il maggiore a cui possa ascender giammai la quantità dell' in- flusso. Ma egli è facile lo assicurarsene sin d' ora mercé il Tomo XIX. IO 74 Analisi G e o m e t.r i c a ec. principio della conservazione delle forze vive . Il prodotto della mole mi che riempie il condotto per 1' altezza — dovu- ta alla sua velocità , esprime la forza viva guadagnata dall' acqua nel suo discorso per il condotto . Il prodotto Q(^ — a) esprime la forza viva necessaria a sollevare la mole Q all' al- tezza verticale b — a. Dunque se tutta la forza viva dell'ac- qua del condotto s' adoperasse nel sollevare la mole Q, né parte alcuna se ne distraesse o nel vincere le resistenze o in altro effetto straniero , dovrebbe essere per 1' appunto Q.{b — a) = ml.— . Ed appunto dalla conservazione delle forze vive ricavò il Sig. Mongolfier ( V . Journal de l' Ecole Polytech. Culi. 14.) la proporzione del numero precedente, che egli stabilisce per regola onde trovare il massimo della quantità d' acqua che l'Ariete può sollevare in un colpo. Giusta, come vediamo, è la regola , e mostreremo a suo luogo in qual modo debba- no disporsi le parti dell' Ariete , per avvicinarsi quanto più presso si può a questo limite . 20. Problema VI. Determinare il tempo dell'influsso . Abbiamo l'equazione dq ■= T. Ed allora pel tempo 0=^^-1 l'acqua della campana refluirà nel condotto per l'aperta val- vola , e trovando chiusa r animella di fermata j ricorrerà ver- so la sorgente. Questo moto retrogrado che incomincia mentre la valvo- la di salita è tuttora aperta , non cessa già in istanti al chiu- dersi di quella , ma dura ancor tanto tempo quanto si richie- de perchè la velocità conceputa rimanga estinta dal contra- sto che vi oppone la pressione del recipiente. In queste due differenti epoche il riflusso dell'acqua si fa con diverse leg- gi, e nei due seguenti Problemi additeremo le equazioni che le determinano. 3i. Problema IX. Determinare il moto refluo dell'acqua nel condotto, mentre la valvola di salita è tuttora aperta. Dicasi r V alzamento che 1' influsso ha prodotto nel li- vello dell'acqua entro la campana. L'elasticità dell'aria com- pressa dopo l'influsso si esprime { n.° i4 ) per l'altezza b-i-ki-i-kr. Spinta da questa pressione l'acqua s'incammi- na retrograda pel condotto vincendo la pressione dell'acqua del recipiente rappresentata dall' altezza a . Sarà dunque il quadrinomio H — K-+- A-i-B = b-t- ki -i- kr — a, e chiaman- do e la velocità dell' acqua nel condotto dopo il tempo t l'e- quazione (Q) diverrà pel nostro Problema , , . , ,2 , IJc . e* »n' 1} -^ ki -¥■ kr — « = ale -+- vie -I j — h — . — rr Del Sic. Pkof. Giuseppe Venturoli Si Questa dovrebbe integrarsi per modo che /=o rendesse c-=o; ed essendo in tutto simile all'equazione del Problema II. il va- lore di e espresso in t sarebbe delia stessa forma ritrovata nel n." 9. colla sola diversità de' coefficienti. Ma senza integrare quest' equazione , se osserveremo che la durata di questo riflusso è brevissima , troveremo come al n.° II , che il moto retrogrado della colonna può aversi per un moto uniformemente accelerato dalla forza costante ~- {b -i-ki -^kr — a). E però nel momento in cui la valvo- la di salita si chiude, la velocità dell' acqua retrograda nel condotto si troverà essere =g— { b -+- ki -i- kr — a). 3a. Problema X. Determinare il moto refluo dell'acqua nel condotto, dopo chiusa la valvola di salita. Chiusa la valvola, e tolta la comunicazione colla colon- na ascendente, il quadrinomio H — K-hA-hB si riduce to- sto ad essere =: — a. E 1' equazione dcterminatrice del mo- to diventa — a=: UIC ■+■ vie H T- -I • . ■^ gdt ig E questa dovrebbe integrarsi in guisa che ^ = o desse a c= g -j- {b -i- ki-+- kr — a). Ma noi potremo fuggir la fatica di questa integrazione considerando che per la picciolezza di e ì termini moltiplica- ti per e potranno sprezzarsi , e ridursi 1' equazione a questa — ^^^TdT'^ onde segue che dopo chiusa la valvola di salita, il moto retrogrado delia colonna può aversi per un moto equabilmente ritardato , essendo la forza ritardatrice ^ , e la velocità iniziale g -| {b -i- ki •+- kr — a). Dicasi 0 la durata di questo riflusso. Sarà dunque Tomo XIX. II 8a Analisi Geometuica ec. r\ /) b-t-ki-i-kr—a ' a 33. Egli è appunto in quest'intervallo di tempo, che si fa luogo al riaprirsi della valvola di fermata. Certamente que- sta valvola non può riaprirsi mentre sta aperta la valvola di salita ; poiché allora T acqui s' appoggia con molta forza al dorso della valvola di fermata ^ e vi esercita contro una pres- sione rappresentata dall'altezza della colonna ascendente. Ma tosto che rimane interrotta la comunicazione colla colonna ascendente, questa pressione cessa di subito, e l'acqua del condotto , che allora corre retrograda , non può far forza con- tro la valvola . 34. Le cose sin qui dimostrate ci danno ornai un assai chiara idea delle oscillazioni ond' è agitata la colonna d' ac- qua che riempie il condotto dell'Ariete. Essa da prima inco- mincia a portarsi verso lo sbocco ed il suo moto sul princi- pio è uniformemente accelerato dalla forza ^, ma nel pro- gresso r accelerazione si diminuisce e il moto tende verso l'uniformità. Chiusa la valvola d'arresto, il moto della co- lonna si fa ritardato, e il ritardo è sempre maggiore , poiché la forza ritardatrice va crescendo, mentre l'acqua introdotta nella campana ne va comprimendo 1' aria rinchiusa. Al moto diretto della colonna succede immediatamente il moto retrogrado della medesima verso la sorgente. Pel tempo 6 nel quale rimane tuttavia aperta la valvola di sali- ta, questo moto può aversi per equabilmente accelerato dal- la forza ~ { b -+■ /à -i- kr — a); poi pel tempo 0 dopo chiusa quella valvola, diviene presso a poco uniformemente ritarda- to dalla forza ~ . 35. Si osservi ancora come il tempo nel quale sta aper- ta la valvola di salita , si rompone di di)e ; 1' uno é il tem- po T dell' influsso , 1' altro è il tempo 6 nel quale prende origine ed accrescimento il moto refluo deli' acqua nel con- DuL Sic. Prof. Giuseppe Veniuholi 83 dotto. Noi abbiamo determinato il valore di T nel n.^ai , e quello di 6 nel n.° 3i. Similmente il tempo nel quale sta aperta la valvola di fermata , di due intervalli è composto ; 1' uno è il tempo 0 nel quale declina e si spegne il moto retroi;rado , 1' altro è il tempo t nel quale ricomincia il moto diretto e 1' acqua per la valvola si disperde . Il tempo 0 si dttermina prossi- mamente per r equazione del n.° Sa ^ ed il tempo t per quella del n .° 24- Di questi quattro tempi si compone la durata intera del colpo =f-^-T-^-0-^-0. ARTICOLOVI. Salita delV acqua per il cannello . 36. Quello che avviene nel condotto dell' Ariete dopo terminato l'influsso dell'acqua nella campana, lo abbiam di- chiarato neir Articolo precedente : vediamo ora quel che av- venga nella campana stessa e nel cannello. E già è manife- sto che r acqua della campana cacciata dalla pressione della sovrastante aria discenderà , ed inalzerà la colonna che riem- pie il tubo montante. Dicasi, come prima r l'alzamento che l'influsso produsse nel livello dell'acqua entro la campana; e dopo il tempo t siasi abbassato questo livello per l'altezza 2. Conservando le denominazioni già stabilite l'elasticità del- l'aria compressa sarà nel principio z= b -i- k (i-+-r); e dopo il tempo t sarei := b •+• k { i -i- r — z) . E cosi considerando l'ef- flusso che si fa dalla campana per la bocca superiore del can- nello, sarà per quest'efflusso il quadrinomio H — K-(-A-i-B=: /(/-t-r — z). Ciò premesso , prendiamo a sciogliere il seguente. 87. Problema XI. Determinare la velocità dell' acqua che ascende per il cannello. Sia À, la lunghezza del cannello ,/" la sua sezione o am- plt'zza che noi supporremo uniforme , N la sezione della cam- 84 Analisi Geometrica ec. pana intorno al sito dove arriva il livello dell' acqua ; e sia- no ^', V i coefficienti della resistenza d' attrito appropriati all'ampiezza del cannello. Essendo ( n," 36 ) H— K-4-A-4-B= A(i-Hr — z), l'equazione (Q) diverrà pel nostro Problema V I n t/ -r-j. ' cosicché I' acqua della Del Sig. PiioF. Giuseppe Ventuuoli 07 campana abbia tempo di scendere sino alla maggiore bassez- za , allora dovrà essere Nr = 2N ( i -è- r) onde i = ^ r, ossia i = ^^ . Pertanto in quest' ipotesi avrà luogo quel caso speciale dei quale abbiamo distintamen- te parlato nei n/ 18. e 2,2. , mostrando come in tal caso la. quantità e la durata dell' influsso si esprimono con queste due semplicissime formole 43. E qui ci si palesa ancora come ed in qual senso sia vero quello che allora affermammo (n.ig), cioè che il so- praddetto valore di Q esprime la maggior quantità d'acqua che l'Ariete possa sollevare in un colpo. Infatti è chiaro pel n.° \É{. che tanto maggiore sarà Q, quanto sarà minore i . Ora il piìi picciolo valore che possa darsi all' ì è appunto questo z = — — r . Poiché se si des- se all' i un valor negativo più grande di — /• , sarebbe ìN (/_)_ r) < N/-. Dunque l'acqua espulsa sarebbe meno del- la introdotta ( n.° 4^ ) e non sarebbe permanente il lavoro dell'Ariete. Ora quando i = — — r, ne viene appunto ( n.° 18 ) 0=— -y— . Onesto adunque è il massimo valore di Q per ^ 2.g(b—a) ^ • l'Ariete ridotta a stabii periodo. Che se per qualche artifi- zio si rendesse i minore dell' indioato limite, si avrebbe in- vero pel primo colpo un influsso Q maggiore dell'anzidetto, ma nel secondo colpo comincierebbe a scemare, ed in breve sarebbe ridotto al limite pocanzi disegnato. OS Analisi Geometrica ec. ARTICOLO VII. Portata dell' Ariete idraulico. 44« Problema XII. Date le misure dell'Ariete, e 1' al- tezza costante del serbatojo che lo alimenta , ritrovare quan- to durerà ciascun colpo , quant' acqua sarà innalzata , e quan- ta dispersa . Sono quantità Incognite da determinarsi queste otto : 1° il tempo t e 2,.° la quantità D della dispersione, 3." la velocità U che ha l'acqua nel condotto quando si chiude la valvola di fermata , 4-" l' altezza i che determina lo stato dell'aria nella campana al principio dell' influsso , 5.° la quan- tità Q e 6.° la durata T dell' influsso, 7.° il tempo d che corre tra il termine dell'influsso e il chiudersi della valvola dr salita, 8.° finalmente il tempo © che corre tra il chiuder- si della valvola di salita e il principio della dispersione. Non metto per incognito l' alzamento r essendo palese- mente r= — . Neppur metto per incognita la durata intera del colpo, essendo questa =^-4-T-t-tì-+-0. Ora per determinare le otto incognite abbiamo per l'ap- punto queste otto equazioni ' aL i6R5 3 Log. 3M« 8R? i-+-e a (I) G=^-M^-if^Log. -^^:^— (n.-M) e giova avvertire che per lo più il fattore ^^ riuscirà co- sì grande da potersi con sicurezza trascurare l'esponenziale a fronte dell' unità j ed allora quest' equazione riducesi alla più semplice G="^-M^-H-lfÌLog. a . Del Sic. Prof. Giuseppe Venturoli 89 (II) D=iLog._^lL_j 2 ^(n =,..); i termini moltiplicati per /? sono d' ordinario cosi piccoli a fronte; de' loro compagni, che per 1' uso pratico nulla nuoce r ometterli , e fare hyt —hyt D = - Log. a,hyt (III) U = "" ^^i (n.'Q.) (n-+- —)e -+- A ossia pili semplicemente , giusta 1' osservazione fatta pocanzi nhyt Il nk e — I m a.hyt e -+- I OV) Q= -SzT, ("•"^7-) ag{b-t-ki — a) W g{b-*-ki—af (V) T= ;j,-S_, (n.-.i.) (VII) 0 = 0 .t^'-:^- (n.°32.) (Vili) f -H0= ^ ^X Arc.cos. À^ ( n.o 4a. ) . Abbiamo adunque altrettante equazioni in termini finiti, quan- te sono le incognite ; e non è punto difficile il determinar queste, ajutandosi all'uopo colle false posizioni. 45. Circa l'ottava equazione è da avvertire che secondo le cose dette di sopra ( n." 42^ ) l'Are, cos. ^-^ non può in quest' equazione ricevere altro valore se non quello compre- so fra o e jr ; onde qualora riuscisse ^ -4- 0 > ;r 1/ — ^ , in- vece di quest'equazione (Vili) dovremmo porre quest'altra Tomo XIX. la 9*» Analisi G e o m e t a i g a ec. i zs — j r; ed insieme le equazioni (IV) e (V) si cambiano in queste più semplici (n.° 18. e aa. ) Q = S^S)" ' "^ =-^y 4Ó. Se il serbatojo dell' Ariete non fosse in realtà ine- sausto, siccome lo abbiamo sino ad ora immaginato, ma fos- se alimentato da una sorgente della quale si conoscesse la portata , avremmo una condizione di più, necessaria a veri- ficarsi affincbè tal sorgente possa mantenere il serbatojo ad un costante livello. Per esprimere questa condizione , dicasi A la portata della sorgente, o sia la quantità d'acqua clie in i"ella versa nel serbatojo, e sarà A(^-HT-t-^-i-0) la quan- tità che ella vi versa durante un colpo dell' Ariete . Ma nel tempo d'un colpo l'Ariete tra l'acqua elevata e la dispersa consuma una quantità d' acqua = Q -i- D . Convien dunque che sia Q -H D non maggiore di A{t -^T -hd-i-Q); altrimen- ti la sorgente non basterà al consumo e l'acqua andrà man- cando nel serbatojo. E però i valori dedotti dalle otto equa- zioni del n." 44- dovranno di più soddisfare a questa nona condizione Qh-D< A( ^-f.T-^-a-^-e). ARTICOLO Vili. Della più vantaggiosa disposizione dell' Ariete . 47. Dalle nostre formole si raccolgono assai facilmente alcune utili regole per la soluzione di questo Problema: Da- ta l'altezza costante dell' acqua nel serbatojo, e la portata della sorgente che lo mantiene, data la lunghezza e il diametro del condotto , le aperture delle valvole, e finalmente l'altez- za a cui vuol sollevarsi l'ac(|ua; regolare il gioco delle val- vole stesse, e determinar le misure della campana e del can- nello in guisa che si ottenga dall'Ariete la portata massima. 4S- Regola I. Per avere la portata massima si ricerca Del Sic. Pkof. Giuseppe Ventukoli 91 che quando si chiude la valvola di fermata, la velocità del- l' eflusso sia prossimamente i quattro quinti della velocità mas- sima (n.°io.) che può concepire l'acqua effluente. Dim. Poiché l'Ariete nel tempo d'un colpo, vale a di- re nel tempo ^-hT-<-0-H0 solleva la quantità d'accjua Q, egli è chiaro che la sua portata, cioè la quantità d' acqua sollevata in i"sarà t^—j—q- Ma il numeratore Q è prossi- niamente = — " ^._ ( n." 17.), e il denominatore può ri- stringersi a ?, giacché gli altri intervalli di tempo ponno ridur- si brevissimi rispetto al tempo della dispersione . Trattasi adunque di render massima la formola - ^^ ,. — - . Abbiamo dall'equazione (III) ( n.°44- ) piossimamente U = — . e -i-i, Posto questo valore nella formola precedente , e tralasciato il coefficiente costante, resterà la funzione^ — ; ^daren- zhyt dersi massima. Faccio e =z, ed uguaglio a zero il diffe- renziale della formola r— I — — 1 ì ne viene l' equazion tra- log.z \ Z-t- I / scendente z"^ =4z log. z-H i , alla quale soddisfa z = 8,8aa6. Dunque sarà e =8, 82.26, ed U = — ' ^'3^^^ , ossia prossi- mamente U = -i"— . Tale essendo la velocità dell' acqua nel condotto, quella dell'efflusso per la valvola n sarà per con- seguente = -|- A, onde ec. 49. Adunque il tempo della dispersione sì avrà dall' equa- zione e s= 8, 80.2.6. che dà t = -'^. aAy ga Analisi Geometrica ce. La quantità poi della dispersione si calcola per via del- hyt l'equazione (II), nella quale ponendo per e il suo valore |/8,8aa6, la dispersione riesce prossimamente = — . 5o. Ora dovrà regolarsi la valvola di fermata a modo che la dispersione duri per appunto quel tempo t che abbiamo pocanzi determinato. Per lo che si porrà questo valore di t nell' equazione (I) ; nella quale rimanendo indeterminata la G che esprime il gioco della valvola , il suo raggio R , e la sua gravità specifica è , basterà combinare questi elementi in ma- niera che l'equazione ne resti verificata. Ed allora il valore di ^ e quello di U riusciranno tali, quali alla portata massi- ma si richieggono. Qui si noti come nell' equazione (I) non ha luogo né l'altezza b, né la lunghezza /l del cannello. Quindi acconcia una volta a dovere la valvola di fermata , essa servirà ugual- mente hene a qualunque altezza voglia l'acqua sollevarsi. 5i. Regola II. Per avere la portata massima ricercasi in secondo luogo che sia i = — —r. Vale a dire che nel raomen- to in cui s'apre la valvola di salita, l'acqua nella campana si trovi tanto al di sotto del segno d' equilibrio ( n.° 14. ) quanto si rialza per 1' influsso al di sopra di esso segno. Dim. Per accrescere quanto si può l'influsso Q conviene (n.''43.) diminuire al possibile l'altezza z. Ma il minimo va- lore dell'i è per appunto ^r Dunque ec. 5a. Ci assicureremo dell' adempimento di questa Regola se determineremo le misure della campana e del cannello in guisa che n 1/ -^ riesca minore del valore di t trovato di e saremo sicuri (n.° ó^S.) che nell'intervallo tra due conse- cutivi influssi r acqua della campana ha tempo di compiere Del Sic. Prof. Giuseppe Vknturoli g3 la sua intera discesa , e farsi r = — - r. 53. Adempiuta che sia questa regola, avremo ( n.° 45. ) ^ _ mlV^ ■p__iU_ V — 2g{b—a) ' g(l>-a) e poiché ( n.o 48. ) U = 4 • -^ 5 riuscirà ^ i6 n'^lh^ T:=— "^^ ^ 25 * ù.gm{b—a) ' 5 ' gm{b—a) 54. Regola III. Finalmente per la portata massima si richiede che sia0 = |/ -^^. Vale a dire che dopo chiusa y gxo—i) la valvola di salita, il riflusso dell'acqua nel condotto conti- nui per tanto tempo, né più né meno, quanto ci vuole a riaprirsi la valvola di fermata. Infatti se il riflusso finisse prima che la valvola di fer- mata avesse potuto riaprirsi ^ egli é chiaro che l'acqua del condotto ripigliando corso verso la valvola, le impedirebbe il riaprirsi. E se per lo contrario il riflusso durasse più che non dura il riaprirsi della valvola, quel soprappiù sarebbe in pura perdita , e allungherebbe il tempo del colpo senza au- mentare la quantità dell' influsso , onde la portata ricevereb- be discapito . 55. Si ottiene questa condizione col regolare acconcia- mente la valvola di salita. Abbiamo dalle equazioni (VI) e (VII) ^ b-t-ki-t-kr—a / / aG'S' m | " T^a \ y iw^) ■" ^ / • "_ j , e né verrà 1' e- quazione g'S'-i) bH-ki-*-kr^a y g{S—i) ' Tutti gli elementi che costituiscono il secondo membro sono già determinati dalle due Regole precedenti. Rimanendo per- tanto indeterminato il gioco G', ed il peso specifico §' della t)4 Analisi Geometrica ec. valvola di salita , basterà combinare questi due elementi in modo che ne resti avverata 1' equazione. Abbiamo di sopra ritrovato ( n." 5o. ) che la valvola di fermata conveniente a un dato Ariete si ritnane la stessa, a qualunque altezza vogliasi I' acqua innalzare. Non è già lo stesso della valvola di salita. Quanto piìx alto dovrà 1' acqua salire, tanto piìj picciola dovrà riuscire 1/ '^^,_ - , e però tanto maggior peso e tanto minore respiro converrà darsi al- la valvola. 56. Sodisfatto che siasi a questa terza regola , egli è per le nostre formole manifesto che si avrà 57. Regola IV. Il limite della portata che può aversi dall' Ariete è da questa formola espresso o, 2755 nh. r~ ■ Infatti la portata ^_^^_^^_^^ , ove si pongano i valori di Q , di j^, e di T-H0-+-8 che abbiamo ritrovati ( n.' 49 5 ^3 , 56.) convenire alla portata massima , diviene 16 n'^lh^ 25 2.gm{b — a) ^''77 Ora se nel denominatore si tralasciano i due radicali , la som- ma de' quali nel caso nostro è picciolissima a fronte del pri- mo termine, avremo per l'appunto, fatte le riduzioni, la formola o, ^7^^nh. ~^, che sarà alquanto maggiore della reale portata ^ e ne rappresenterà il limite. 58. Essendo nel caso della portata massima ( n." 53. ) Q =4 • -^^ ■> e ( n.^ig.) D =- , fattele riduzioni si troverà. Del Sic. Prof. Giuseppe Venturou *j^ì E tal sarà la proporzione dell' acqua elevata alla dispersa , nel caso della portata massima. 59. Vagliono le regole sin qui prescritte quando il ser- hatojo dell'Ariete sia inesauribile , 0 indefinita sia la portata della sorgente che lo mantiene. Ma questa portata A potrebbe essere cosi scarsa ,che non bastasse a fornire tant' acqua quan- ta può smaltirne l'Ariete nel caso della portata m.issima. Il che si conoscerà , quando fosse per riuscirne Q-i-D>A(i?-)-T-i-0-)-0) contro l'osservanza indicata al n.° 4^'- "" t'*' ^^^^o sarà d'uopo limitare a più breve tempo la dispersione , né potrà aspettar- si, che l'acqua del condotto arrivi ai quattro quinti della ve- locità massima. Ed ecco in qual modo parmi che si possa de- terminare il limite di questa velocità. Poiché dev'essere tutt' al più Q -t- D = A ( i^-f-TH-^-4-0 ) , e poiché la portata dell'Ariete risulta tanto maggiore quan- to più s'abbreviano i tempi 6,0 del riflusso, si avrebbe la portata massima se potesse farsi 0 ond' anche Q = o, e quin- di Q -I- D = A ( ^-H T ). Adunque potrà quest'equazione ser- virci a determinare il limite di # ^ e per consf*guenza di U . Ma se in luogo di Q, D e T vi mettiamo 1 loro valori espressi per t ne uscirà un' equazion trascendente assai com- plicata . Per agevolare la ricerca di quel valore di t che le soddisfa , gioverà esprimere in serie date per U le quantità ^ , Q 5 D , T. E già quando si faccia giusta la seconda Rego- la z = --/•, abbiamo Q = ——^ , T = -^^— ^. Le quantità ^ e D ponno anch' esse facilmente esprimersi con serie coiiver- genti date per U, buttando in serie i loro valori dati agli articoli 9. e la, ed in luogo di e ponendovi — — . Se ci fer- miamo ne' primi termini di queste serie avremo D = '"^^^ s.ga ■> ; =: — . E surrogati questi valori, l'equazione del limite da> 69 Analisi Geometrica ec. rà U= -^ . Quando dunque codesto limite U = -^ riesce TO'* m minore dell' altro ( n°4o-) ^ = 4 .""5 ^g'' ^ ^' primo che noi dovremo attenerci . E quindi panni di poter dedurre la seguente. 60. Regola V. Se sarà A < ^nh, il limite a cui dovrà fermarsi la velocità dell'acqua del condotto al momento del colpo , sarà prossimamente dato dalla forraola U=— . 61. li qui si conoscerà il tempo della dispersione, me- ''■*- — diante la formola ^=-7- Log 1 . Converrà poi prendere h-: t alcun poco maggiore di questo limite, affinchè gl'inter- valli 6 e Q del riflusso riescano maggiori di zero , com' è necessario ( n.° 3o .) perchè possa riaprirsi la valvola di fer- mata , e continuarsi lo spontaneo gioco dell' Ariete . Deter- minato il tempo ti regoleremo la valvola di fermata nel mo- do già insegnato al n.° 5o. Per quel che appartiene alla seconda Regola , qui pure dovrà procurarsi /•:= — — r; il che si otterrà come sopra ( n.° Sa.) coli' assegnare alla campana od al cannello le mi- sure a CIÒ convenienti. Finahriente per ciò che riguarda la valvola di salita, ab- biamo nel caso presente l' equazione Q-l-D = A(f-+-T-f-0-l-0) nella quale porremo i valori di é? e di 0 che dalle equazio- •1 1-1 / aO'S* ni (VI) e (VII) SI raccolgono , e separeremo il radicale 1/ ^^^i—^y che inchiude il gioco G' e il peso specifico ò' della valvola . Si dovranno adunque combinare questi elementi in modo , che il sopraddetto radicale ottenga il valore per quest'equa- zione determinato . 97 DIMOSTRAZIONE DI ALCUNE FORMOLE GENERALI DELLA LETTERA DOMENICALE PER QUALUNQUE ANNO INNANZI , O DOPO LA RIFORMA DEL CALENDARIO GREGORIANO MEMORIA DEL Signor GIUSEPPE CALANDRELLI ASTRONOMO Ricevuta adì a5. Agosto 1820. ,.N, lel primo anno dell'Era cristiana fu la lettera dome- nicale B . Nel iSSa anno della riforma del Calendario era la lettera domenicale G, e siccome il di 5. Ottobre per la cor- rezione medesima si disse i5, ed al medesimo giorno 5. nel- la distribuzione delle lettere fatta per tutti i giorni dell' an- no gli corrisponde la lettera E , quindi il giorno 5. era ve- nerdì, ed il giorno 7 domenica . Essendosi dunque detto il giorno 5. giorno i5, il giorno i5. a cui compete A divenne ve- nerdì ed il giorno 17. a cui compete C divenne domenica . il. Si distribuiscano le lettere domenicali secondo il loro ordine j e queste indicate siano drilli numeri superiori^ ch'es- primono il loro luogo diretto. i ■> a , 3 , 4. 5,6,7 A, B, C, D, E, F, G, a* 5 1-, 7'' 6-, 5- , 4-, 3- Essendo le lettere ordinate col loro ordine diritto dal primo di Gennajo colla lettera A , e così ripetute di sette in sette Tomo XIX. i3 n8 DiMOSTKAZIONE DI ALCUNE FORMOLE CC. in tutti ì consecutivi giorni dell'anno comune, composto di giorni 365 , è quindi evidente , che 1' ultimo di del primo anno , ossia il 3i. Dicembre ha la medesima lettera A. Qua- luiHjue anno dunque comune se incomincia in qualunque fe- ria delle sette , termina nella medesima feria , ed il venien- te anno incomincia colla feria susseguente . Da ciò deriva , che le lettere domenicali, le quali sono notate col ordine na- turale, e diretto in tutti li giorni, prendono un ordine re- trogrado di anno in anno. Se dunque, non considerando che gli anni comuni nel primo anno fu la lettera domenicale B, nel secondo fu A, nel terzo G, nel quarto F, nel quinto E, nel sesto D^ e nel settimo G. Ricominciò quindi il periodo secondo settenario retrogrado, ed a questo fine si sono nota- ti i numeri puntati \' , a*, 3", 4*5 5', 6', 7* ; sarebbero per- ciò le retrogradazioni che nell'Era cristiana incominciano da B tante, quanti sono gli anni comuni che si numerarono nel- r Era medesima. Ma ogni quarto anno essendo bisesto, rag- giunta di un giorno, che si fa nel mese di Febbrajo dà una retrogradazione nella lettera domenicale, poiché al giorno che si aggiugne, non corrisponde alcuna lettera. Cosi nel quar- to anno per la retrogradazione successiva la lettera domeni- cale F, dopo l'aggiunto giorno afj. Febbrajo retrogradò e di- venne E . 3. È evidente dunque, che le retrogradazioni nelle let- tere domenicali sono tante quanti sono gli anni, e quan- ti sono i bisesti decorsi i quali sono tanti quanto è il quo- to che nasce dividendo il numero degli anni per 4- Cosi per esempio nell' anno 1818. il numero de' bisestili sarà il quoto che risulta dividendo ^-^, e che può rappresentarsi ^ come usa il Sig. Cav. Delambre per ('-j-). ; intendendo con questa espressione il numero intero o quoto ^ non avendo ri- guardo al residuo . ' ' . 4. Dalla proposta serie di lettere si rileva che allorché Del Sic. Giuseppe Calandrelli 99 le semplici retrogradazioni dopo un numero qualunque di settenari completi sono z«ro^ questo necessariamente cade ^jel numero settenario completo 7' . Similmente si conosce, che il numero retrogrado i" viene dopo il settenario completo 7*, ed il a- similmente viene dopo lo stesso numero retrogrado settenario 7". Quando dunque le residuali retrogradazioni sia- no o', i',2.-; possono considerarsi come 7'-i-o-, 7-4-1^ 7--H2," . Al contrario i numeri retrogradi 3', 4") 5-, ó" precedendo il prossimo settenario 7- dovranno considerarsi come sono . Po- sto ciò se a qualunque numero r« trogrado si aggiunga il nu- mero corrispondente nella serie diretta delle lettere domeni- cali s'otterrà sempre un numr.ro costante io, essendo evi- dentemente nella proposta serie 3--H7 , 4'~^^^ 5--h5, 6--i-4j. 7"_f_o-)-3, 7'->-i"-i-a, 7-)-a*-Hi = IO . Questo numero costante varia , variando la disposizione delli nun-eri retrogradi , ed essendo sette le lettere domenicali , sette diversi numeri co- stanti possono ottenersi e questi sono 1^, i3, m, 11, io, 9,8. Così se i numeri retrogradi fossero disposti nel modo seguente I, a, 3, 4, 5, 6,7. A, B, C, D, E,F,G. 7-, 6-, 5-, 4', 3-, a-, 1- il numero costante diviene 8 . 5. Premesse queste cose, si proponga la primiera dispo- sizione delli numeri retrogradi , come fu nel primo anno del- l'Era cristiana. Si chiami H il numero degli anni trascorsi, i quali si considerino primieramente tutti comuni , e sarà I — I il numero intero delli settenarj retrogradi . Sarà simil- mente (- ) ? ossia il residuo della divisione , che rappresen- terà le retrogradazioni trascorse dall'ultimo settenario compi- to . Quando dunque la lettera domenicale corrispondente si chiami L, sarà (4) (— ) -t-L= lo^edLrsio — i — l . Si 31 con- 100 DiMOSTRZIONE DI ALCUNE FORMOLE èc. siderino ora i bisesti trascorsi, e sarà (-7-). il numero es- primente i già passati bisesti , alli quali , come si è rilevato {2.), altrettante retrogadazioni corrispondono nelle lettere do- menicali . Il numero dunque intero delle retrogradazioni sa- rà H-H | — I ; ed | VT/A il numero delle retrogradazioni re- siduali dopo r ultimo settenario completo , e quindi 6. Come si è osservato, nel i582, la lettera domenicale fu G= 7. Essendo H= i58a, sarà / j\ = SgSjcd /^~^(à)ì) ^\7^) ^ ^ ■ Q"'"*^' •'-'= IO — 3 = 7= G. Questa forraola può servire dal principio dell'Era cristiana al dì 4 Ottobre iSSa; sottraendo però 7 ogni qual volta / liZiJ siac, r, 2-;(4). Allorché nel iSSa. il dì 5. Ottobre fu detto i5 , furono nel tempo stesso soppressi io giorni . Ciò fu fatto perchè i bi- sesti fin' a qiiell* epoca aveano formato dieci giorni di più del dovere per ritenere l'equinozio nel dì 2,1 Marzo . Accaduta dunque la riforma vennero espresse le retrogradazioni per H -H (^V - IO ; onde L = io - /^^f klL^ \ = io _ o — 7 = 3 =C (4)5 come realmente fu la lettera domenicale nel j58a. 17. Ottobre. La medesima formola ha servito fino al 1699 . Il 1700 , essendo ogni secolo divisibile per 4? do- vea essere bisestile , ma per la riforma i tre secoli dopo il 1600 sono comuni , ed il quarto secolo , cioè il 2000 sarà bisestile ; quindi i tre secoli susseguenti al acoo comuni, ed Del Sic. Giuseppe Calanduelli loi Il quarto bisestile e cosi in seguito. Nell'anno dunque 1700 le retrogradazioni diminuirono di tanto quanto erano i seco- li trascorsi meno 16 secoli . Cosi nel 1700 le retrogradazioni diminuirono di 17 — ló = i , nel looo di 18 — 16 := a, nel 1900 di 19 — 16 = 3, nel 2000 di ao — 16=4. Ma ogni quarto secolo è bisesto ; dunque le retrogradazioni diminuite per e- sempio di ac — 16 = 4 debbono aumentarsi di uno, ossia di ^-^^1= I . Stando a queste regole si dica K un numero qualunque di secoli, che per altro minori non siano del decimo sesto secolo e sarà L=io — 1 4 ' ^ ' 4^1 . Dovendo essere L positivo, e non potendo superare il 6 dovrebbe .■r..^ J.o-H^(^).-o-(K-.6)^C^),),) .( ^ l Diviene così la formola molto complicata, ma è facile ridurla a maggior semplicità . In questa frazione il valore di L deve essere positivo e minore di 7 . Si prenda dunque a conside- rare la /C-(-).v frazione simile I 1 — I nella quale sia 1' indica- to residuo positivo. Il 7. potrà contenersi in D un dato qua- lunque numero n di volte , rimanendo il residuo (-) . Es- sendo dunque n zero, 0 qualunque intero numero, sarà D=«7-f- {^j, e — (|-J^ =__D H-re7. Dunque /^ — {j)r\ — - — I r, residuo positivo . Sarà dunque similmente il va- 1 •.• j-T /'^-H-(r)-^^°-i6H-iW-5^-»-4-f-/i7, lore positivo di L = I "^^^ liii.__ _\ 103 Dimostrazione di alcune formole ec. ^ ^8-H-(a^K-(|).^,.7 , ^ ,-H-("-)^^K-(i)_^„, Rappresentando L positivo il residuo della divisione, sarà quin- di la quantità i — H — I't) -t-K — (-tJ ■+■ 'j n — L esat- tamente divisibile per 7 . Se dunque alla quantità medesima si aggiunga un multiplo qualunque di 7. sarà sempre la quan- tità divisibile esattamente per 7. Si rifletta ora, che | — | ^ uguale all' intero H meno il residuo , ossia — i-r\ diviso tut- to per 4- Sara dunque \t). = ^— ^ — , e similmente sa- rà (-1 = — — e quindi H — I — I sempre esattamen- te divisibile per 7, come suo multiplo . Sarà dunque i—H-iiiAiJjL^K— (JS), -»- » 7 — L esattamente divl- _7H-t-7(ÌÌ\ sibile per 7 . Si aggiunga ora primieramente . — multiplo di 7, e quindi anche 3H — ''(7) similmente mul- tiplo di 7 , e ne risulterà i — 3H-f-a Ivi -f- 3H — 3 I-- 1 -1- K — ("TI. -4-7/2. — L esattamente divisibile per 7. Si aggiun- ga finalmente 71- ) e si sottragga 7^7 ambedue multipli di 7 e si avrà i -4-21-tI -+-4 y:^] -^ ^^""(t) ~~ ^ esatta- mente divisibile per 7 . La natura dunque della semplice Del Sic. Giuseppe Calandrelli io3 divisione dimostra essere il resiJuo positivo / I -i-^(-) -4-4 Z'—) -H K — (t) \ L = ( lAIl lllL llllj. Servirà questa formola della lettera domenicale per un dato qualunque anno dopo la riforma ^ e se ne può fare uso , applicandola alla tanto nota forinola del Ch. Dottor Gauss risguardante la Pasqua . Se si prenda la lettera domenicale innanzi la riforma si tro- va L=io — I ) (5), ed il calcolo ora usato da- ra i-'=i ^ — — I • i>'a da determuiarsi la let- tera domenicale del 1818 , sarà H=i8i8, | — | == 4^4 5 _(/_i6)=- (18-16)= -ai dunque L=io-(^) =z 10 — 6 = 4 = D. T f , T /H4-('i) -io-(K-i6) 7. La lormola L =: 10 — l 1— li I dal 1700 servirà a tutto il 1999 in cui si trova L= io — /£4S5\ r= IO — o=:io — 7. = 3 = 0 (4). Nel acce bisognerà introdur- re r ultimo termine {"^^r^). = (^^j^). = i, e sarà L=io — |!Ì_Zi = IO — 2, — 7=i=A (4). Può sembrare che la for- mola sia molto composta j potendosi rendere più semplice si rispetto agi' anni prima della riforma come a quelli posterio- ri (6). Si è creduto però bene di rappresentare in una mede- sima formola la lettera domenicale per qualunque anno an- teriore ,0 posteriore alla riforma. Prova di ciò può essere per esempio l'erudita ricerca, che si fa, se sia stata sempre co- stumanza della Chiesa ordinare i Vescovi in giorno di dome- nica. Il dotto Cardinal Noris rileva da un codice vaticano se- termini , onde sia L: io4 Dimostrazione or alcune foumole ec. gnato 44^5 che Menna G. P. fu fatto Vescovo il dì i3. Mar- zo dopo il Consolato, che di nuovo prese Paolino Juniore . Dalli fiisti di Vittorio Aquitano si sa , che ciò fu nell' anno 536 , poiché Paolino prese il Consolato nel 534, ^ quindi nel- li due susseguenti anni tenne il Consolato d'Occidente. Dun- que il Consolato di nuovo preso da Paolino cade nel 536 anno bisestile . Si prendano dunque nella fornr»oia i soli due primi IO — 5 = E. Fu dunque E la lettera domenicale. Ma il di i3. Marzo ha per lettera B. Dunque Menna fu ordinato Ve- scovo nel giovedì i3. Marzo An. 536. 8. Si è osservato che diversi numeri costanti possono ot- tenersi dalla diversa combinazione delii numeri esprimenti le retrogradazioni semplici (4). Queste diverse combinazioni ap- partengono alli diversi anni dell' Era cristiana ed innanzi la medesima , e da queste diverse combinazioni possono ottener- si diverse formole atte tutte a determinare la lettera dome- nicale. . . Era Cristiana. ANNO I. '■ ■ I 2, A B 3 4 C D 5 E 6 F 7 G a- r 7- 6- 5- 4- 3- ANNO II. ■ - ANNO HI. I a 3 4 5 6 A B C D E F 1- 7" 6- 5- 4- 3- 7 G a" I A 7- a B 6- 3 C 5- 4 D 4- 5 6 E F 3- a- ANNO VI. I a 3 4 5 '^ 7 A B C D E F G 3- a* I- 7' 6- 5' 4' ANNO IX. I a 3 4 5 ^7 A B C D E F G 6' 5" 4' 3' 2.' 1" 7' Del Sic. Giuseffe Calandrelli •IO 5 Innanzi V Era cristiana. ANNO I. 1 a 3 4 5 6 7 A B C D E F G 3- a- I- 7' ò- 5- 4" ANNO III. I ia 3 4 ^ 6 7 A B G D E F G 5- 4' 3- a- V 1' 6- ANNO V. 1234^67 A B C D E F G v 7* 6* 5- 4' 3" ^' ANNO II. I a 3 4 5 6 A B G D E F 4" 3- a- 1- 7' 6- 7 G 5- ANNO IV. I 234^67 A B G D E F G 7" ò" 5" 4' 3* a' 1" ANNO IX. 1234^67 A B C D E F G 6" 5- 4' 3- a* r 7* Paragonanclo queste diverse combinazioni con quella dell' an- no primo dell'Era si rileva , che in quelle dell'Era medesi- ma I' r esprimente la prima semplice retrogradazione diviene retrogrado per quanti sono gli anni dopo il primo trascorsi , e quanti i bisesti. Così per esempio nell'An. VI. 1' i* rispet- to al primo anno è retrogrado di sei giorni quanti per appun- to sono i cincjue anni dopo il primo ed un bisesto trascorso. Nelle combinazioni poi innanzi l'Era 1' r esprimente la sem- plice retrogradazione procede direttamente secondo 1' ordine delle lettere per quanti sono gli anni antecedenti , e quanti j bisesti. Così nella combinazione dell'anno IX. 1' v rispetto alla combinazione dell'anno primo dell'Era, tiene nelle let- tere domenicali il luogo undecimo quanti appunto sono gl'an- ni nove antecedenti , più i due bisesti . Da qualunque dun- que delle sei combinazioni dell'Era volendo andare all'anno primo, sarà necessario sottrarre dalle retrogradazioni dell'an- no e bisesti dati tante retrogradazioni quante ne dà la com- Tomo XIX. 14 I06 DlWOiTRAZlONE DI ALCUNE FORMOLE CC . binazione die si prende. Al contrario da qualunque delle sei combinazioni innanzi l'Era volendo andare all'anno primo del- l'Era , sarà necessario aggiugnere tante retrogradazioni a quel- le , che si hanno dall' anno dato e bisesti , quanti ne dà la combinazione, che si prende. Fermo rimanendo quanto si è detto (4)j i numeri costanti per l'annoi. II. III. ec. dell' Era sono IO, 9>8, i3, la, ir, i4- Similmente innanzi I' Era i numeri costanti degli anni I. II. III. IV. ec. sono ii, 12, i3, 8,9, i4- questi sono i medesimi numeri costanti indicati (4). g. È ben chiaro , che questi diversi numeri costanti , pur- ché s'osservi quanto si è rilevato (4), possono dare altrettan- te formole per la lettera domenicale. Si scelga per esempio fra tutte queste diverse combinazioni quella dell' anno nono innanzi, e dopo l'Era. In queste due combinazioni il nume- ro costante è 14. Siccome poi l'i* nella combinazione dell'an- no IX. innanzi l'Era è diretto nell'ordine delle lettere di iij quindi per andare all'anno primo dell'Era bisogna aggiugne- re li. retrogradazioni (8). Al contrario nell'anno IX. dell'Era r r presenta 10. retrogradazioni già fatte le quali bisogna sot- trarre per andare all'anno primo (8). Siano per brevità i ter- mini dopo la riforma /—io— (K— i6)-t- ( ~' ). j = — A, e sarà espresso il numero totale delle retrogradazioni per H-( ^ ).r :; - A, onde L=,4-( — ^i^V^-;^ ), . Ma togliendo, o aggiungendo un settenario nel numerato- re della frazione il residuo è sempre lo stesso . Dunque ,= i4-( ^Af^ 1- Nella L::^ii [ ^^ ''■ 1 j . Nella medesima maniera si operi in tutte le diverse combinazioni le quali hanno un medesimo numero costante. Negli anni dunque diversi dell'Era, ed innanzi 1' Era IV. e IH'; V. e II'; VI. e I'; I; II. e V; III. e IV' ; i quali hanno per numero costante (8) i3 , la , ii , io, 9 , 8 sarà, pel me- Del Sic. Giuseppe CAtANDKELLi 107 io^o ora usato j il numero totale delle retrogradazioni espres- so par H^(l)^t J-A,H^(^), ^ -A,H-.(!i)_ Z\-l Si troverà dunque. An. III. L= 8-( ^""f'' " J An. IV'. An. II. L= 9-( ^^^\~ '- l An. V . H-h(^) -a . An. I. L=io-( lii: j^ An. I An. VI. L=ii-( UtzJ. J^ An. I' ,..(H5pzi,, An. V. L = 12 — ( llZi ) An. Il h-h(|)'--^-a, An. IV.L = i3-( ^^'\~^ )^ An. IH' H + (!i) -*-^-A, An. IX.L = i4-( ^^^^- ì An. IX'. Sembrerà che tredici diverse formole possano dare la lettera domenicale L. Quando dunque tutte queste formole apparen- temente diverse si trattino col metodo usato (6) tutte si ri- ducono all' identica formota 10. Dalla diversa disposizione delli numeri retrogradi di- pendono evidentemente le diverse formole della lettera do- menicale. Per dimostrare sempre più questa verità , si distri- 108 DiMOsTHAZrONE DI ALCUNE FORMOLE CC. buiscano le lettere domenicali nella seguente maniera corri- spondente air anno primo dell' Era. Periodo I. incom- Periodo I. completo pleto I a I 2. 34567 I A B A B C D E F G A 2.- :• 9-8- 7- 6- 5- 4- 3- i6- 7- 6- 5- 4- 3- 2.- V r 2.- a* a- 2- a- a- a* a--i-7,a- Periodo II. completo a 3 4 567 B C D E F G i5- i4' i3* la" ir io* 6- 5- 4' 3- a- !• -(-7,a--i-7,a'-H7,a--H7,2--4-7,a"-t-7' Il primo periodo si dice incompleto come formato dalle so- le lettere domenicali B, A . Si dice I , II j IH, ec. periodo completo perchè composto da tutte le sette lettere domenica- li, alle quali, incominciando da A corrispondono i numeri I, aj3,4i5,6,7, e le retrogradazioni semplici incomincian- do in G dall' i- , crescono fino al 7 in A. Ciò posto le retro- gradazioni complete in qualunque periodo completo altro non sonoj che le retrogradazioni passate piìi le retrogradazioni sem- plici del periodo completo, che si prende a considerare. Così nella disposizione fatta le retrogradazioni passate del periodo incompleto sono a', e quindi a"H-i% a-i-a", a'-l-3', a'-»-4% a'-i-5', a"-)-6", a'-)-7", danno le retrogradazioni del periodo I. completo, e sono 3'^ 4'^ •^' ■> 6", 7", 8', 9 . Similmente nel periodo secondo completo le retrogradazioni passate sono a*-i-7', e quindi 2.--i-'j'~^^'> 2--i-7'-+-a-, a--)-7.-t-3- , a--i-7'-»-4' , a'-i-7"-»-5", a'-i-7*-H6', a'-K7'-4-7' danno le retrogradazioni del medesimo periodo, e sono io", ir, la , i3'. i4', i5", i6*. Costantemente in qualunque periodo completo le retrograda- zioni semplici pili il numero corrispondente alla lettera dome- nicale dà 8=r-i-7, a'-*-6, 3 -f-5 ec. Dunque se le retrogra- dazioni passate genericamente si dicano R, sarà in qualunque periodo completo espressa per R-t-8 =: R-t-i-f-7 = R-Ha-)-6T= R-l-3-1-5. ec. la somma di una qualunque retrogradazione esi- stente nel medesimo periodo più il numero della lettera dome- nicale corrispondente. Così nel periodo I. completo essendo le retrogradazioni passate R=a", sarà a"-+-r-H7 = 3'-+-7 =4'-<-6= 5'-»-5 = ò'-h4= 7-1-3 = 8' -Ha = g'-j-i . Similmente nel periodo Del Sic. Giuseppe Calandrelli 109 II. completo essendo P>.=:2"-i-7", sarà a'-+-i'-t-7*-t-7= io'-H7 = ii--)-6 =: ia--+-5 = i3--i-4= i4'-h3= i5--i-a= i6-i~i. Nel pe- riodo III. completo sarà R=2*-(-7"-i-7', onde 2-(-i"-i-7'-i-7--+-7= i7*-(-7=i8-i-6 = ig'-f-5 = ao--4-4 = 2,i'-+-3 = a2'-(-2 = 23--i-i. E perciò evidente, che una qualunque retrogradazione esisten- te nel periodo I. completo sarà espressa per 2,-+-i-i-7. ^^' perio- do II. completo per 2-i-i-H2,X7- Nel periodo III. per 2-f-i-(-3X7> nel IV. per 2-<-n-4X7:> ® così successivamente. Se dunque qualunque periodo completo si dica I, II, III, IV_, o generi- camente n, sarà una qualunque retrogradazione esistente in questo medesimo periodo generico n espressa per 7/2-1-2,-1-1. Ma le retrogradazioni esistenti in qualunque periodo prima della riforma sono espresse per H-f-I — 1 (5), e dopo la ri- forma si esprimono per H -4- (5Ì-|. — io — (S— 16) -4-( -^~'^ ) (6) . Dunque chiamando L il numero della lettera domenica- le , sarà generalmente 7:ì-h3 :;:=Z,-^ H -h|-| — 10— (K— 16 ) "*~("^^)i' ® 1"'"^' i^=7«-+-3-Hio— (H-+-/^y_(K— 16) Ponendo poi il settenario completo 7 nel valore delle unità dell' indeterminata n, sarà Z,=7«-h6— | H -t-(— ) _(K_i6) -^ V~T~/i / ■ ^"^®*^ ^ *' '«^entica equazione del Sig. Cav. Dclambre [a), dimostrata ora con maggior precisione ed evi- denza . Può qui rilevarsi , che se le combinazioni degli anni dell'Era, ed innanzi l'Era volessero disporsi come è qui di- sposta la combinazione dell'anno I. dell'Era, sarebbe in que- sto caso nel periodo I. incompleto dell'anno I , II , III, IV, (a) Connais. des tems 181^. pag. 3o7. I IO DlMOSTHAZlONE DI ALCUNE FORMOLE 60. V. VL IX, dell'Era (8) R=2, R=:,, R=o, R=5,R=4,R=3, R = 6. Negli anni poi ]', II', III', IV', Y, IX' innanzi l'Era sarebbe (8) R=3, R=4, R=5, R=o, R=i , R=6. Proceden- do dunque nella maniera medesima , e per brevità ponendo ^_,o_(K-.i6)H-(-^j. )=-A sarà ( 8. 9. ) L=7«-j-3 — L=7n-4-i — L=7«-f-6 — L=7«-t-5 — L=7«-i-4 — L=7re — („^(l)_,-A (H + (a)_S-A (h^(L)_6-A (h^(ìì)-3-A L=7/i-f-4 — L=7n-4-5 — L=7«-i-6— L=7rt-t-i — L=7»-t-a— L=7» — (h + (!ì)^+,_A (hh.(ìì)^+.-A {h+(1)^^s_a (h^(1)_^6-A ("-^(").*4-A ir. Potranno sembrare diverse queste formole; se però 8i rifletta, le formole dell'anno II, III, IV, V, VI, IX, del- l'Era sono identiche colla medesima formola dell'anno I. Le formole poi dell' anno I', II', IH', innanzi 1' Era sono identi- che colla formola dell'anno I. dell'Era e le tre ultime formo- le dell' anno IV', V, IX' sono identiche colla medesima for- mola L = 7« — 4 — (^ ■*" (~) — ^ ) • Tutte dunque le pos- sibili formole alla maniera usata dal Sig. Cav. Delambre sì riducono a due, é sono L=7«^ — IH-Hi — 1 — Al. Que- ste due formole poi possono sempre ridursi alla medesima del Cav. Delambre L=7ra-t-6-H— (l). -h K — 16 - (^^ V . 12. La formola medesima del Sig. Delambre può anche facilmente dedursi dalla nostra formola Del Sic. Giuseppe Calatstdrelli iii L =io-( \^ .-L^-A)^ (6). Per bre- vita il numeratore della frazione si dica B, onde sia Lrsio — (-) . Essendo I — I. un numero qualunque intero, si dica questo numero ^i. Dalia pura ed elementare aritmeti- ca si sa, che il quoto numero intero raultiplìcato pel diviso- re, più il residuo dà il dividendo. Sarà dunque 7ra-+- I — i =B e 7« — B= — I— j . Sostituendo ora il valore di B si trova L=io-H 7/i - (h -H (5.y_io-(K-i 6)-t-(ii=iiV)=7H.3-4-7-t-S ^-7„_(h-h(1)^-(K-i6)+(1^).)= 7«^7h-7^6 - (h-+- (^). - ( K - i6 ) -4- (-—-). ) . Finalmente, come si è fatto superiormente (9) ponendo li due settenarj completi 7 -+- 7 nel valore delle unità indeterminate di n si otterrà i3. Un metodo consimile usato nelle nostre sette formo- le (9) ci conduce a dimostrare le formole (io) per altra via già dimostrate. Si prenda per esempio la nostra formola ul- tima. L=i4— ( ili! 1 j . Si dica B il nume- ratore della frazione, onde sia L= i4 — (— ) . Sarà dunque (-ri. un numero qualunque intero il quale prima della ri- forma ed essendo H minore di 3 sarà zero, e divenendo Hr=3, potrà essere zero, o anche uno. Si dica questo ninnerò n, ed atteso il principio ora esposto sarà 7« — B= — ( — I . Sosti- tuendo dunque si trova L=i4-H7«—/H-»-lyy ^ ^ —A J = iiOr Di Mosrn AZIONE di alcune formole ec. 7raH-7-4-7]^ — |H-i-|— V— A J; ossia (9. la.) Yn^ —I H-t- |— I — Al =L. Qualunque altra delle nostre for- mole (g) si vogli esperiraentare , tutte uniformemente , collo stesso metodo ora usato danno L=7«-f-3 — I H-h j — j — Al. 14. Quando non si volesse attendere che ad una formo- ìa la quale dal 1600 dasse per qualunque anno susseguente la lettera domenicale, questa diviene semplicissima e dopo un periodo di 4^0 anni tornano le lettere domenicali a prende- re il medesimo ordine. L'anno 1600 fu bisesto , e le due let- tere domenicali furono B^A (6). Nel primo anno dopo il 1600 fu G la lettera domenicale, e 1' ordine delie lettere corrispon- de all'anno III. dell'Era (8) del quale è data la formola del- la lettera domenicale (9). Da questo primo anno contando gl'anni susseguenti^ si tenga fermo, che tre secoli ccnsecU' tivi sono sempre comuni, ed il quarto bisesto. Si dica dun- que H' un' anno qualunque dopo il 1600, ed S' esprima il nu- mero de' secoli^ che contiene 1' anno dato H'. Sarà dunque (8. 9. ) L = 8 — ( iii^ iiA) . Sia da determi- narsi la lettera domenicale dell'anno 1818 SaràH'=ai8'; ("-)^ = 54, S'=.;(f)^=c.D.,„,ueL=8-(^),. = 8 — 4=4 = JD. Questa formola dimostra, che per ogni periodo di anni 4*^^' dopo il 1600 ritorna il medesimo perio- do delle lettere domenicali . Cosi essendo H' ed S' zero sarà L = 8 — 7=i=A; come già fu nel 1600 bisestile ; posto H'=4cf'^ ^^^^ ^^^'^ ^^- s^*"^ S'=4? ^5 '2, ec. e quindi ritor- nando il secolo bisestile ritorna pur anche L=8 — 7=i=A. 1 1-3 MEMORIA SOPRA UN CANNOCCHIALE I C 0 N A N T I D I P T I C 0 DEL SIGNOR PROFESSORE GIO. BATTISTA AMICI Ricevuta adì ag . Marzo 1 8a r . Il Sig. Jeaurat nel 1778. concepì 1' idea di un nuovo can- nocchiale rappresentante nel campo di vista due immagini di un oggetto una diritta, e l'altra rovesciata. Egli fece os- servare fin d' allora che la costruzione di questo istrumen- to cui fu dato il nome d' iconantidiptico avrebbe potuto offrire alla Astronomia pratica i vantaggi di determinare con maggior precisione il passaggio di un astro al meridiano, e di escludere i fili nel fuoco dell' oculare coi quali si colli- ma ad un qualunque oggetto celeste. Scorgendosi infatti con questo mezzo due immagini contrapposte di una medesima stella, r una pel moto diurno attraversante il campo da de- stra a sinistra , e I' altra da sinistra a destra , il punto del loro concorso avrebbe stabilito la posizione dell' asse del cannocchiale, ed il momento dell'incontro delle due imma- gini, ossia il tempo del passaggio per l'asse si sarebbe me- glio determinato, che dall' appulso a un filo solo degli ordi- nar] strumenti de'passaggi. Imperocché la velocità rispettiva delle immagini, che si movono in contrario senso, è dop- pia della velocità assoluta di una sola immagine che suc- cessivamente si accosta ad un filo immobile del microme- tro. L' apparente utilità che quindi si attendeva dal nuovo istrumento fece che altri Ottici, e Matematici distinti si oc- cupassero dell' invenzione del Sig. Jeaurat o per migliorare la forma del cannocchiale che egli aveva proposto , o per Tomo XIX. i5 I i4 Memoria sopra un Cannocchiale Iccnantidiptico determinare colla teoria l' effetto di cui fosse suscettibile. Kratzensleiii , Eulero, Boscowich trattarono quasi contem- poraneamente questo soggetto, ed esibirono varie combina- zioni di lenti atte tutte a produrre la doppia immagine ri- chiesta. Alla costruzione di Jeaurat consistente in un sem- plice oculare combinato con un ampio obbiettivo forato in centro, onde vedere 1' immagine rovescia , e combinato nel tempo stesso con due minori obbiettivi , onde formare coi raggi attraversanti il foro I' immagine diritta , fu sostituito da Kratzenstein un obbiettivo non forato per 1' immagine capovolta, e due obbiettivi più piccoli interni per ottenere r immagine nella sua situazione naturale da contemplarsi poi con un oculare comune. Così sembrò ad Eulero di semplificare il cannocchiale adoperando un obbiettivo, e tre oculari per raddrizzar 1' og- getto e per capovolgerlo usando di due oculari , de' quali uno forato. Niuna però di queste combinazioni fu riconosciuta esen- te di considerabili difetti; e l'Abbate Boscowich fece osser- vare col soccorso del calcolo che un cannocchiale iccnanti- diptico a tre obbiettivi acromatici produce un effetto molto minore di quello di un cannocchiale comune , che sia lun- go la metà di esso. Per la qual cosa il vantaggio dovuto al doppio movimento in direzione contraria delle due immagi- ni può del pari ottenersi, ed anche con miglior successo, adoperando un cannocchiale ordinario con amplificazione dop- pia o più che doppia, della quale sarebbe suscettibile aven- do una lunghezza eguale a quella dell' iconantidiptico. E<^li inoltre avverti che i fili si rendono indispensabili nell'uso anche del nuovo istrumento : poiché l' incontro del- le due immagini di una stella non potendo che effettuarsi nell'asse del cannocchiale, ossia nel centro del campo del- l' oculare ben regolato , se le immagini coli' ajuto di un fi- lo non si facessero percorrere il diametro di questo campo, non si riescirebbe mai ad ottenere 1' incontro delle medesi^ Del Sic. Prof. Gio. Battista Amici il 5 me. Esse passerebbero 1' una sopra l' altra camminando per due corde parallele. Che se il corpo celeste avesse un esten- sione sensibile, si giugnerebbe con sicurezza a procurare il contatto de' diametri orizzontali delie due immagini, allor- quando solamente queste si trovassero racchiuse da due fili paralleli orizzontali ed equidistanti dal centro del campo. Tutte queste imperfezioni palesate da un ottico di tan- ta celebrità contribuirono forse a porre in dimenticanza l'i- dea di Jeaurat, e a dichiarare l' istrumento iconantidiptico di niun vantaggio nell'Astronomia. Ed è in vero fuor di ogni dubbio che non potendosi sopprimere i fili di direzione, viene a mancare all' istrumen- to il bellissimo pregio di cui V inventore credeva d' averlo fornito, e che poteva solo renderlo utile nelle osservazioni del cielo. Esaminando io però alcuni anni sono questo medesimo soggetto, mi accorsi ben tosto che una parte delle imperfe- zioni poteva togliersi sostituendo alle lenti gli specchj di metallo , e che un telescopio catadiottrico ordinario si sa- rebbe convertito con facilità in iconantidiptico senza sce- mare la forza di lui amplificante. Le condizioni alle quali converrebbe soddisfare per ot- tener un buon effetto nel tubo iconantidiptico sono: l'egua- glianza d' ingrandimento nelle due immagini : che queste si dipingano nel medesimo piano e precisamente nel fuoco del- l' oculare comune per vederle contemporaneamente: che siano formate dal concorso di un' eguale quantità di raggi per avere la medesima chiarezza: e che infine l'aberrazione de' raggi sia in ognuna la stessa per ottenere l'eguaglianza di distinzione. Ora tutto ciò viene adempito di leggieri col disporre tra gli specchj di un telescopio Gregoriano un mez- zo specchietto convesso per modo che in un tubo soJo ab- biasi riunita la costruzione di Gregory affine di mostrare gli oggetti diritti , e quella di Cassegrain per presentarli capo- volti. Il6 Memoria sopra un Cannocchiale Iconantidiptico Ma poiché il peso de' telescopi catodiottiici , e il faci- le sconcerto cui vanno soggetti, impediscono di applicarli con profitto a macchine graduate, abbandonai questo pen- siero, tanto più che con tal mezzo non avrei potuto non am- mettere r uso de' fili. Rivolte quindi le mie ricerche a cannocchiali diottrici, mi riusci di trovar modo di renderli con singolare sempli- cità iconantidiptici ed esenti da tutte quelle imperfezioni del- le quali di sopra si è ragionato. La lusinga per tanto che il nuovo cannocchiale al presente stato ridotto possa essere di qualche giovamento alla scienza, mi ha mosso a farne pub- blica la costruzione. Il raddoppiamento delle immagini in contraria posizio- ne situate non dipende da alcun particolare obbiettivo od oculare. Le sole lenti che entrano nella formazione del co- mune cannocchiale terrestre coli' aggiunta di un prismetto di vetro isoscele rettangolo o semplicemente isoscele, avente po- che linee di larghezza costituiscono tutta la nuova macchina. Si sa dalla Catottrica che un raggio di luce cessa di es- sere riflesso da uno specchio piano allorché l' angolo d' in- cidenza arriva a novanta gradi ; e che perciò ne deriva l'im- possibilità di vedere per riflessione un oggetto situato nel prolungamento del piano riflettente. Egli é pur anche a tut- ti noto non potersi per. raggi ripercossi scorgere un oggetto che si trovi al disotto del piano riflettente medesimo. Que- sti ostacoli però vengono tolti se invece di uno specchio si fa uso di un prisma isoscele di vetro nella cui faccia disu- guale si eseguisca internamente la riflessione. Col favore del piegamento all'entrata nella prima faccia del prisma i raggi paralleli al piano riflettente, e quelli an- che che hanno una discreta obbliquità verso la parte rove- scia del piano stesso si inclinano sul medesimo , in modo da poter subire la riflessione dopo la quale escono di bel nuo- vo rifrangendosi in contrario senso, per cui si corregge 1' ef- fetto anche di dispersione che su di essi era stato prodot- Del Sic. Prof, Gio. Battista Amjci ìi'j to. Un prisma quindi di questa specie è atto a mostrare di- stintamente un oggetto per riflessione, sebbene 1' occliio e l'oggetto si trovino nella direzione del piano riflettente o al di sotto del piano medesimo. È da questa proprietà che io ho tratto profitto per la costruzione del presente cannoc- chiale iconantidiptico, e per quella di diversi strumenti che formeranno il soggetto d' altre memorie. Io colloco nel fuo- co posteriore dell' oculare più prossimo all'obbiettivo un pic- colo prisma di vetro isoscele rettangolo, in modo che il suo piano opposto all'angolo retto si trovi nell'asse del cannoc- chiale, e che i suoi due angoli refringenti segliino perpendi- colarmente r asse stesso . In questa situazione è evidente che esso divide per mezzo ciascun fascio di raggi paralleli appartenenti ai diversi punti dell'oggetto e fa subire ai me- desimi una riflessione (i). La parte quindi di luce non in- tercetta dal prisma, che è quanto dire, la tramandata dalla metà dell' obbiettivo , passando pei seguenti oculari del co- (i) Il prisma situato in questo mo- do fa uscire paralleli all'asse del can- nocchiale que' raggi che prima erano paralleli all' asse stesso, ma li traspor- ta alcun poco verso il suo angolo retto, per cui dopo la riflessione e le rifra- zioni non camminano più per il pro- lungamento delle direzioni precedenti- Questo allontanamento de' raggi dall'as- se sarebbe pregiudicevole ogni qualvol- ta la pupilla non potesse tutti abbrac- ciarli, unitamente agli altri fasci lumi- nosi che escono dagli oculari senza es- sere stati riflessi. Quantunque però col regolare opportunamente i fuochi e le distanze delle lenti oculari si potesse togliere il suddetto inconveniente, che avrebbe soltanto luogo nei piccoli in- grandimenti, pure più semplicemente si evita, disponendo il prisma in ma- niera che il raggio costituente 1' asso del cannocchiale tagli i lati uguali della base triangolare del medesimo prisma parallelamente al lato disugua- le del triangolo ed a tale distanza, che supponendolo rifratto da uno de' due lati uguali dovesse riflettersi nel pun- to di mezzo del terzo lato. In tal si- tuazione che facilmente si trova col calcolo o coir esperimento, il pennello ottico riflesso non si scosta dall'altro non riflesso. È poi d' avvertirsi che se si vuole assoluta uguaglianza di splen- dore nelle due immagini di un ogget- to, conviene che il prisma intercetti un poco più della metà de' fasci lumino- si per compensare la piccolissima per- dita di luce nel passaggio pel prisma. Ii8 Memoria sopra un CANNOCcHiAtE Iconantidiptico mune cannocchiale terrestre, mostra all'osservatore l'ogget- to diritto; e l'altra metà per essere stata riflessa nell'inter- no del prisma fa vedere l'oggetto rovesciato. In uno stesso campo adunque coli' apparecchio descritto si possono con- templale due immagini contrapposte di un oggetto senza pun- to diminuire la bontà del cannocchiale . E poiché il rove- sciamento si f;i soltanto per un verso , cioè nel senso del- la riflessione , il contatto delle due immagini non ha luogo come neir antico cannocchiale iconantidiptico nel centro del campo , ma può effettuarsi in tutti i punti di un diametro del campo medesimo. Questa particolare circostanza ci per- mette di poter osservare le altezze o i passaggi di un astro senza il soccorso de' fili, lo che deve tenersi per pregevolis- simo vantaggio , se si considera che con questo mezzo si possono determinare le posizioni di tutti que' corpi celesti, j quali per la debolezza della loro luce sfuggono alla vi-sta ogni qual volta si cerca d' illuminare i fili. Egli è ben ve- ro che le immagini separate non risplendono che pel con- corso della metà de' raggi trasmessi dall' obbietivo, indebo- liti ancor qualche poco dall'interposizione del prisma, e dal maggior numero d'oculari del cannocchiale terrestre in con- fronto dell'astronomico, ma questa perdita sulla visibilità deir oggetto influisce assai meno che l'introduzione di un lume estraneo per iscorgere i sottilissimi fili nei cannocchia- li comuni. D' altronde nell' istante della soprapposizione delle imma- gini di una stella che è poi il punto interessante, tutta la forza del cannocchiale rimane in azione. Quantunque però gli ordinar] fili siano infruttuosi nelle osservazioni dei corpi di languida luce, io non pretendo di escluderli affatto dal tubo iconantidiptico. Vi sono delle cir- costanze nelle quali è utile il loro uso, e 1' istrumento che io propongo, unisce il doppio vantaggio U poter in un istan- te cambiarsi da cannocchiale iconantidiptico in cannocchia- le ordinario astronomico, e viceversa senza che ne venga Del Sic. Prof. Gio. Battista Amici i fO benché menomamente turbata la rettiiìcazione della maocliiiia. In un istrumento de' passaggi con micrometro a cin- que fili verticali ed uno orizzontale ben rettificati, se si to- glie l'oculare astronomico, e vi si sostituisca il sistema de- gli oculari terrestri contenenti il prisma che ho descritto , esso si trasforma in icouantidiptico, e la rettificazione del- l'istrumento rimane intatta, se con combinati movimenti ro- tatorio ed orizzontale si porla il tubo degli oculari presso il micrometro, in modo che le doppie immagini de' fili coinci- dano tra loro, cioè che il primo filo verticale si adossi al quinto il secondo al terzo ed il medio si soprapponga a se stesso. In questo processo si riconoscerà ancora se i fili ver- ticali siano ee[uidistanti dal medio, ed il cannocchiale iconan- tidiptico non sarà privo del vantaggio di poter prendere l'appulso delle immagini, anche sopra i diversi fili del mi- crometro. Così un circolo meridiano avente un filo vertica- le e due orizzontali pochi minuti secondi distanti tra loro per comprendere in mezzo la stella , si cangerà nello stes- so modo in iconantidiptico, addattandovi il sopraddetto tubo in maniera che le doppie immagini dei due fili orizzontali coincidano. Ed io son di parere che la più grande utilità del principio della duplicazione delle immagini si abbia appun- to nella sua applicazione al circolo meridiano. Imperocché V altezza dell' astro può meglio giudicarsi per ragione del doppio movimento delle immagini ; ed il contatto di queste o la soprapposizione delle medesime si può esaminare du- rante tutto il tempo del loro transito attraverso il campo di visione senza 1' ajuto di filo alcuno. Un'altra interessan- te proprietà del nuovo tubo iconantidiptico consiste poi nel poter vedere distintamente fton esso gli oggetti celesti ed una mira meridiana discretamente vicina, senza che ne venga sconcerto nella rettificazione dell' istrumento. Ciò in- fatti si ottiene col muovere soltanto longitudinalmente le due lenti oculari più prossime all'occhio, o col cambiarle in altre due di diverso foco, imperocché questa mutazione non no Memoria sopra un Cannocchiale Iconantidiptico altera la posizione della linea in cui si deve fare il concor- so delle due immagini dell' oggetto. Tutti questi pregi pc^rtanto se non m'inganno, raccoman- dano r uso del nuovo istrumento ed ispirano qualche fidu- cia che esso possa essere dagli Astronomi osservatori favo- revolmente accolto. lai MEMORIA SULLA COSTRUZIONE DI UN CANNOCCHIALE ACROMATICO SENZA LENTI ESEGUITO CON UN SOL MEZZO REFRINGENTE DEL Signor Professore GIO. BATTISTA AMICI Ricevuta adì i4- Maggio i8ai. Jli noto ai Fisici che guardando un oggetto attraverso un prisma si scorgono le sue dimensioni nel senso del piano di rifrazione diversamente alterate secondo che le faccie del prisma, ruotando intorno l'asse suo, variamente s'inclinano davanti 1' occhio. Col principio che il seno dell'angolo d'incidenza sta al seno dell' angolo di rifrazione in un rapporto costante è fa- cile il dimostrare che indipendentemente anche dalla dis- persione de' colori, l'oggetto guardato attraverso un prisma deve vedersi dilatato , e tanto maggiormente quanto è più grande la deviazione de' raggi prodotta dalla faccia posterio- re del prisma stesso in confronto dell' altra prodotta dalla sua faccia anteriore . E che al contrario l'oggetto deve mo- strarsi tanto più contratto o ristretto, sempre però per un sol verso, quanto è maggiore la deviazione nella prima fac- cia riguardo a quella della seconda . Quindi nel solo caso dell' uguaglianza d' inclinazione de' raggi nell' entrata , ed uscita dal prisma ossia nel caso della minima rifrazione del- l'immagine, r oggetto di piccola estensione non deve sen- sibilmente cambiare nelle sue forme. Partendo io da questo fatto mi è riuscito di determina- re una semplicissima combinazione di prismi tutti dello stes- so vetro, dalla quale nel mentre ottiensi l'ingrandimento d' un oggetto come da un cannocchiale , si escludono pure i colori dell'iride, che toglierebbero la distinzione dell'im- Tomo XIX. 16 122 Memoria SULLA COSTRUZIONE DI UN Cannocchiale ec. magine. Di questa combinazione di prismi ^ e di varie altre migliori suggeritemi da una nuova proprietà della luce ri- fratta , che in appresso esporrò , il presente mio scritto è destinato a dar breve conto. Ma per comprendere meglio la costruzione del nuovo e più semplice istrumento , e per fissare le idee , noi sup- porremo che attraverso di un prisma avente l'asse disposto verticalmente si guardi un oggetto di forma quadrata situa- to con due suoi lati paralleli all' asse predetto. Egli è ma- nifesto che se il tagliente del prisma venga rivolto verso r oggetto quadrato , nel qual caso la deviazione de' raggi si fa maggiore nell'uscita del prisma che nell' entrata, l'ogget- to stesso apparirà dilatato nella direzione orizzontale; ed il quadrato acquisterà la forma di un rettangolo. Frattanto se si prende un secondo prisma della stessa sostans^a del pre- Cedente, e di un egual angolo refringente, disponendolo die- tro il primo con il suo asse parallelo ai Iati orizzontali del quadrato, e girandolo intorno all' asse medesimo , onde la quantità di sua rifrazione riesca eguale a quella del primo prisma , è parimente manifesto che col dilatare esso 1' og- getto nella sola direzione verticale, trasformerà il rettango- lo di nuovo in un quadrato , il quale però apparirà all' ou- chioj che guarda attraverso il sistema prismatico, sotto un angolo maggiore dì quello sotteso dall' oggetto stesso vedu- to direttamente. Con tutto che però la disposizione indicata de' prismi sia atta a piodurre l' ingrandimento dell' oggetto, pure niun vantaggio ne deriverebbe se non si trovasse mezzo di to- gliere i colori , che in virtù delle rifrazioni de' due prismi sono dispersi nella direzione della diagonale del quadrato , e rendono cosi le parti di lui totalmente indistinte. Or nien- te è più agevole di tale correzione . Imperocché se si con- sidera che uno spettro colorato di una data grandezza può essere prodotto in due maniere diverse cioè , o col ruotare intorno 1' asse un prisma di piccolo angolo per accrescere Del Sic. Prof. Gio. Battista Amici ia3 la di lui rifrazione ; oppure col fare un prisma della stessa sostanza con un angolo refringente maggiore, sarà facile ( la- sciando a parte la prima maniera che varierebbe le forme dell' immagine ) di determinare la grandezza dell' ango- lo da darsi a un terzo prisma , affinchè colla sua minima rifrazione produca uno spettro colorato della stessa lunghez- za di quello che si ottiene dalla combinazione de' due pris- mi sopra indicati. Se questo terzo prisma adunque si pone dietro i due primi in modo che la di lui rifrazione si effet- tui nel senso della diagonale del quadrato, ed in direzione opposta alla rifrazione de' medesimi, esso correggerà la disper- sione de' colori senza deformare 1' oggetto ingrandito ; di mo- do che il sistema di questi tre soli prismi costituirà un can- nocchiale acromatico eseguito con un sol mezzo refringente. La grandezza degli angoli de' primi due prismi è arbi- traria, ma riesce più vantaggioso il prendere assai piccoli que- sti angoli, poiché si ottiene dai medesimi con minori colori un maggior ingrandimento dell' oggetto; e non fa d'uopo d' accrescere di troppo 1' angolo del terzo prisma che deve correggere i colori stessi. Se 1' angolo poi del terzo prisma non fosse giustamente regolato per produrre nella sua mini- ma rifrazione uno spettro colorato, come quello risultante dalla combinazione de' due primi prismi , 1' oggetto ingran- dito e reso acromatico riescirebbe deforme,, ed invece di un quadrato si avrebbe 1' immagine di un rombo. Questa defor- mità però potrebbe in pratica togliersi col variare l'inclina- zione rispettiva dei due primi prismi, dal che per altro ne risulterebbe un diverso ingrandimento. In un sistema di prismi di Crownglass aventi i primi un angolo di 6° i5' ed il terzo un angolo di 28° la' ho otte- nuto r amplificazione di due volte circa. L' unione de' tre prismi fatta nel modo che ho esposto non è in vero la più favorevole a formare un cannocchiale acromatico , essa non è nemmeno la prima idea che mi si sia presentata intorno questo soggetto; ma contuttociò mi è ia4 Memoria sulla costruzione di un Cannocchiale ec. sembrato conveniente di parlarne avanti delle altre combi- nazioni che ho immaginate , a motivo della sua maggiore semplicità, come pure per essere essa appoggiata a principj abbastanza noti sulla rifrazione, e dispersione de' colori. La costruzione migliore di un cannocchiale prismatico esige per lo meno quattro prismi; ma perchè si concepisca il modo con cui dalla loro disposizione si forma 1' acroma- tismo, è necessario che io dia contezza di una proprietà del- la luce rifratta , la quale per quanto so, non è stata da al- cuno presa in considerazione. Si è ritenuto sin qui dai Fisici che la dispersione dei colori sia costante in uno stesso mezzo refringente , ossia che a pari rifrazioni attraverso la medesima sostanza cor- rispondano pari dispersioni . Questa è una delle leggi fon- damentali su cui si appoggiano le teorie de' più celebri Ma- tematici sui cannocchiali acromatici, e dalla quale si è giu- dicato impossibile di torcere la luce per rifrazione senza de- comporla , usando in qualunque modo di una sola sostanza trasparente. Io però ho trovato che la dispersione prodotta da più di una rifrazione non è altrimenti costante, ma va- ria secondo le varie inclinazioni del raggio incidente sulla faccia di un prisma. Un raggio di luce può cadere ed uscire da un prisma facendo angoli eguali sulle faccie del medesimo. In tal si- tuazione si sa che la rifrazione totale è un minimum^ e che tutt' altro raggio incidente inclinato rispetto al precedente più verso il tagliente del prisma o più verso la base, soffre una maggior deviazione . Ora una serie di esperimenti che ho instituiti mi dimostra la non conosciuta proprietà , che se il raggio incidente piega verso il tagliente (a) di un pris- (a\ L' inclinazione verso il taglien- te o verso la base, quando non si av- verta in contrario, è sempre riferita al raggio che soffrirebbe la minima deviaziona attraversando un prisma. Del Sm. Prof. Gio. Battista Amici laó ma, la dispersione è maggiore di quella che si ottiene gi- rando lo stesso prisma per avere la medesima rifrazione to- tale, ma col raggio incidente piegato verso la base. Ciò poi che sembra più singolare si è, che il raggio usci- to da un primo prisma acquista tal modificazione da cam- biare in un modo affatto opposto la proprietà indicata. Poi- ché succede che ricevendosi in un secondo prisma il raggio uscito dal primo, la dispersione de' colori è più grande quan- do il raggio incidente sia piegato verso la base del secondo prisma , e riesce men grande in parità di rifrazione se il rag- gio incidente pieghi verso il tagliente. Questa nuova legge intorno la diversa rifrangibilità de' raggi colorati può con altri termini essere annunziata cosi. In eguali deviazioni dello spettro prodotte da disuguali deviazioni de' raggi sulle due faccia d'un prisma, gli spazj co- lorati sono maggiori quando è più grande la deviazione sul- la faccia posteriore in confronto dell' anteriore , e ciò sol- tanto nel caso in cui il raggio incidente non abbia sofferto prima alcuna rifrazione . Che se il raggio incidente è stato prima rifratto da un prisma^ allora in eguali deviazioni del- lo spettro prodotte da disuguali deviazioni sulle due faccie dell'ultimo prisma gli spazj colorati sono minori, quando è più grande la deviazione sulla faccia posteriore in confron- to dell' anteriore. Tutto ciò è il risultato de' seguenti esperimenti che possono essere facilmente ripetuti da chiunque possegga una serie di ben lavorati prismi. Esperimento I. Un prisma di Crownglass d'Inghilterra di ao° 6' posto verso l' oggetto col raggio incidente egualmente inclinato dell'emergente sui piani di rifrazione, viene corretto dai colori con un prisma di vetro da specchj di Francia di 6° 1 5' posto verso l'occhio, quando il raggio incidente in ; esso si trova inclinato verso la di lui base : la rifrazione attraverso i due prismi è zero, ossia i due prismi danno ri- frazioni uguali . L'oggetto reso acromatico si vede contratto. laó BIemoria sulla costruzione di un Cannocchiale ec. II. Gli stessi prismi . Raggio incidente nel primo incli- nato verso la sua base è corretto cadendo nel secondo più inclinato verso la base di questo. La rifrazione è maggiore nel primo prisma . L' oggetto è contratto. III. Gli stessi prismi cambiati di posto, cioè messo ver- so r oggetto quello che stava prima presso 1' occhio. Rag- gio incidente inclinato verso il tagliente del primo prisma è corretto cadendo nel secondo prisma con incidenza egua- le all' emergenza. La rifrazione totale è nulla. L'oggetto si vede dilatato. IV. Gli stessi prismi. Raggio incidente ancor più incli- nato verso il tagliente del primo è corretto incontrando il secondo con maggior inclinazione verso il suo tagliente. La rifrazione è maggiore nel secondo prisma. L' ogget- to è dilatato. V. Un prisma di vetro bianco di Venezia di a8° la' col- locato verso r oggetto con un prisma di Crownglass d' In- ghilterra di 20" 6' posto verso 1' occhio tolgono i colori^ quan- do l'incidenza eguaglia l'emergenza nel prisma di vetro di Venezia, e che il raggio incidente nel secondo prisma pie- ghi verso la sua base. La rifrazione rimane allora maggiore nel primo prisma, e 1' oggetto è contratto. I colori possono anche distruggersi lasciando immobile il primo prisma , e ruotando il secondo in modo che il rag- gio in esso incidente pieghi verso il tagliente. In questo ca- so la rifrazione è maggiore nell' ultimo prisma , e l' oggetto si vede dilatato. Invertendo i prismi si ha correzione , tanto cadendo il raggio nel primo prisma inclinato verso la base , come an- che cadendo inclinato verso il tagliente, purché nel secondo prisma 1' incidenza eguagli l' emergenza. Nel primo caso la rifrazione è maggiore nel prisma verso l'oggetto che si ve- de contratto. Nel secondo caso la rifrazione è maggiore nel prisma verso l' occhio per cui l' oggetto rimane dilatato. Del. Sic. Prof. Gio. Battista Amici 127 VI. Prisma di vetro di Venezia di a8° la' con prisma di vetro da specchj di Francia di 10° 42''; il primo essendo verso l'oggetto con incidenza eguale all'emergenza, viene corretto dal secondo cadendo in esso il raggio inclinato ver- so la base. L' oggetto rimane contratto, e la rifrazione più grande è nel primo prisma. VII. Un prisma di Crownglass d' Inghilterra di 20° 6' con uno pure di Crownglass d'Inghilterra di 10° 4^''; il pii- mo essendo dalla parte dell'oggetto col raggio incidente egual- mente inclinato dell' emergente si correggono in due manie- re cioè, o col rendere il raggio incidente nel secondo prisma inclinato verso la base, oppure col far che sia piegato verso il tagliente. Nel primo caso la rifrazione è maggiore nel pris- ma esterno, e l'oggetto è ristretto. Nel secondo caso la ri- frazione è più grande nel prisma interno, e l'oggetto si vede dilatato. VIII. Un prisma di Flintglass di io' 18' con un prisma di Crownglass di Francia di io" 42'' si correggono quando il primo, trovandosi dalla parte dell' oggetto, con incidenza e- guale all'emergenza si riceve sul secondo prisma il raggio inclinato verso la sua base, oppure inclinato verso il suo ver- tice. In queste due correzioni diverse le rifrazioni sono sem- pre maggiori nel secondo prisma di vetro; ma di queste ri- frazioni è più grande quella che si ottiene quando il rag- gio incidente piega verso il tagliente. Nella prima correzione l' oggetto è contratto; nella se- conda è dilatato. IX. Un prisma di Flintglass di 44° '6' s' corregge con altro di Flintglass di a4* la' dando il primo la sua rifrazio- ne minima, e piegando il raggio incidente verso la base del secondo prisma prossimo all' occhio. La rifrazione è maggio- re nel primo prisma, e l'oggetto rimane contratto. X. In due prismi eguali della stessa sostanza qualun- que, il raggio incidente inclinato verso la base del primo si corregge incontrando il secondo con incidenza pure verso la 128 Memoria sulla costruzione di un Cannocchiale ec. base di questo. La rifrazione è maggiore nel primo prisma. L'oggetto è contratto. Restando il primo prisma immobile come sopra, se si in- clini il secondo in modo di produrre la stessa rifrazione, ma col raggio incidente in esso inclinato verso il di lui taglien- te, la dispersione di questo secondo prisma diventa minore. XI. Con gli stessi prismi uguali e di eguale sostanza, il raggio incidente inclinato verso il tagliente del primo pris- ma si corregge nel secondo, quando il raggio in esso inci- dente inclina pure verso il di lui tagliente; 1' oggetto è di- latato, e la rifrazione è maggiore nel secondo prisma. Restando immobile il primo prisma e piegando il se- condo affinchè il raggio in esso incidente inclini verso la sua basej a pari rifrazioni nelle due diverse posizioni la di lui dispersione è maggiore. XII. Prismi come sopra. Raggio incidente inclinato co- me r emergente nel primo prisma non si corregge col se- condo volendosi rifrazione da qualunque parte. XIII. In due prismi eguali sempre della stessa sostan- za, ad incidenze eguali dalla parte de' taglienti de' medesi- mi il raggio sorte colorato e la dispersione è maggiore nel prisma verso 1' oggetto il quale è dilatato. XIV. In due prismi eguali di egual vetro ad incidenze uguali dalla parte delle basi de' medesimi, il raggio sorte co- lorato, e la dispersione è maggiore nel secondo prisma cioè quello verso l'occhio. h' oggetto è contratto. ' Da questi esperimenti or ben si può comprendere co- me con una sola coppia di prismi di sostanze diverse, op- pure della stessa sostan/.a si ottenga e dilatazione dell' im- magine di un oggetto, e acromatismo insieme. Se si uniscono ad angolo due prismi eguali e dello stes- so vetro, in modo che il tagliente dell'uno corrisponda alla base dell' altro come si vede nella fig. i . , questi ruotati con- venientemente intorno all'asse comune A mostreranno, all'os- Del. Sic. Prof. Gio. Battista Amici 129 servatore che guarda in M, 1' oggetto O portato in P, ed ivi dilatato e reso acromatico in conformità dell' esperimento XI Prendendo ora un altra coppia di prismi uguali ai pre- cedenti ed egualmente uniti^ se si disporranno dietro i primi in croce, cioè in maniera da produrre la dilatazione dell'im- magine nel senso normale alla prima, si avrà dall'aggregato di questi quattro prismi l'amplificazione senza colori dell' og- getto osservato. Da qui si ravvisa che la presente costruzione è assai più vantaggiosa di quella che dissi effettuarsi con tre soli prismi. Imperocché nella prima maniera la dilatazione, ossia ingran- dimento dell'immagine per un sol verso, si ottiene da un unico prisma nel quale la rifrazione si fa maggiore nella fac- cia posteriore; ma nella seconda maniera l' ingrandimento li- neare risulta dalla somma delle dilatazioni di due prismi, in entramhi i quali Ja deviazione de' raggi si fa maggiore nel- la faccia posteriore. La variazione poi dell' ingrandimento in questo genere di cannocchiali dipende dalla variazione dell' angolo RAS il quale quanto è piìi piccolo tanto minore ingrandimento produce. Fino dal i8i5.io ho fatto costruire cannocchiali di que- sta specie con prismi di grandi e di piccoli angoli, da' quali tutti ho ottenuto un ottimo effetto. Uno di questi lungo me- no di un pollice e largo mezzo pollice eseguito con prismet- ti di vetro di Francia di 45° ha tanta distinzione, o precisio- ne de' contorni dell' immagine , che supera in forza i più per- fetti cannocchiali da Teatro acromatici. Anche con sei prismi si può formare l' istrumento gua- dagnando in potere amplificante sopra il cannocchiale a quat- tro prismi. L'artifizio per ingrandire anche in questo è ana- logo al precedente. Non occorrono che due sistemi di prismi uguali che dilatino, e rendino acromatici gli oggetti. La dis- posizione di uno di questi due sistemi è rappresentata nella fig. a. I due primi prismi GHF, EDF assieme uniti sotto un angolo conveniente EFG dehbono ruotarsi intorno 1' asse F Tomo XIX. 17 1 3o Mkmokia SULLA COSTRUZIONE DI UN Cannocchiale ec. finché l'oggetto O attraverso i due prismi si veda in Q ove prevalga la rifrazione, e la dispersione del prisma EDF. Quin- di col terzo prisma ABC con incidenza verso il tagliente si corregga la dispersione medesima , e per mezzo ai tre prismi l'immagine Q già dilatata tornerà verso O ancor piìi dilatata, perchè le deviazioni de' raggi nei tre prismi sono tutte mag- giori nelle loro faccie posteriori. Otto prismi uguali ingrandiscono ancora di più . Il loro ingrandimento lineare corrisponde al quadrato dell'ingrandi- mento lineare di un cannocchiale a quattro piismi . Inoltre hanno la particolarità di mostrare 1' oggetto amplificato nel suo posto reale . Nella fig. 3. si vede uno dei due sistemi uguali composto di quattro prismi che dilata 1' oggetto O senza spostarlo. I due primi prismi A, B sono assieme com- binati come quelli della fig. i. e nella stessa guisa sono riu- niti gli altri due C, D, ma colla differenza che questi ultimi sono rivolti in senso opposto, per modo che se dall' una cop- pia si ottiene trasporto dell'oggetto da sinistra a destra, dal- l'altra coppia il cambiamento si fa da destra a sinistra. Ma coir accrescere di troppo il numero de' prismi si per- de in chiarezza ed in campo ciò, che si acquista in forza am- plificante, onde non è da confidarsi che con questo artificio si possa giugnere ad un considerabile ingrandimento . A tal uopo sarebbe necessario di formare delle lenti acromatiche la costruzione delle quali però si mostra possibile, poiché con una sola sostanza refringente io ho potuto formare de' prismi perfettamente acromatici . Ma siccome per ognuno di questi occorrono quattro prismi semplici, cosi in corrispondenza per una lente obbiettiva acromatica si esigerebbero quattro lenti del medesimo vetro. La composizione di questi nuovi prismi acromatici non liescirà malagevole a comprendersi dopo tuttocciò che fin ora è stato esposto ; anzi la sola figura 4- basterà a darne una chiara idea. In essa si vedono due prismi uguali A, B, uni- ti assieme come si avverti nella fig. i . i t' vai quanto dire il raggio incidente sia piegato verso la base del prisma, e 1' ipotesi di iH-/73;=H(5^— /z")'-f-a(5— ^)(/— A^) il quale risultato si accorda con quello dell' Autore: accordo che nasce, siccome è evidente, dall' aver Lagrange distrutto r errore dell' equazione B^=:C/i'^ collo scrivere — CA^ in luogo di — B^ nel polinomio in s; con che viene a restituirsi il ter- mine — Q.h^ , che era stato da lui tralasciato nelle formole della pagina 1 13. II. Ciò posto, facciasi per più semplicità: E = — HM — CA"_B7i'; Q'= Hm4 _,_ (a _^)a3 -I- Ci*^ _ h\a —p)u -h E; e sarà _f?L = ^ l/'Q l/Q' r equazione differenziale dell' orbita. i4o Sopra il movimento di un punto materiale ec. Suppongasi primieramente grandissima la distanza h de* due centri di azione, e cerchiamo in tale ipotesi il primo ter- mine della soluzione. Ella è cosa evidente, che in questo pri- mo termine consisterà la soluzione esatta del caso, in cui sup- pongasi h = s. Secondo una formola della pagina in. noi abbiamo: ma 2=rsen.»// : dunque trascurando i termini divisi per A, avremo semplicemente q = h — z. Sostituendo questo valore nelle equazioni s ■= r-^ q , u = r — q, e facendo per brevità x' =1 r -h z ; y = r — z, avremo: 5 = 7' -H A ; u ■=: x' — k . X.= -^ dove si ha : l/Q l/Q' Q' = H{a;'-/i)4-H (a-p) {x'-hf-^C[x'-hf-h\a-p)[x'-h) -»- E. III. Per determinare le costanti arbitrarie , supponghia- jno che siano X ■= a ^ y ■=■ a , z-=- a le coordinate del punto all'origine del movimento, e sia «; la velocità d' impulsione a questo istante, secondo una direzio- ne, la quale faccia cogli assi dell« coordinate gli angoli t\ f", «'", cosicché sia ^=ucos.£', ^=DCOs.e", ^,=t'cos.e'". dt dt dt Siccome poi si ha rdr = xdx ■+■ ydy -H zàz-^ se faremo g=l/a'*-+-«"^-t-a""', avremo, quando f = o, ÌL—^{ a'cos.e' -+- a'cos.e" -H «'"cos.c"' ) = m^ dt s ^ chiamando, per maggior semplicità m il valore iniziala di — . Se si denota per / il valor iniziale di q, V equazione q r=A— 3, dà/=/i — ci". La medesima equazione qz=.h^z dà ^ =— 4^; chiamando adunque n il valore iniziale di ^ Del Sic Giovanni Plana i4' avremo per V istante, in cui ^=:Oj^ = n = — ycos.e'"; ed è manifesto, che al medesimo istante sarà:. s=h-^k, «= — h-i-k'^ facendo k = g — a"'j A' = g -t- a'". Ora se si faccia m -¥- n= m, m — ii-= n^\ è chiaro, che le equazioni (e) della pagina ii3. danno il seguente doppio valore per la costante arbitraria E: -i- h^'la -ì- j?) (k -^ h) ; E =-^ [{k^hY-{k'-hYY—tì{k'—h)'^^{a-p){k'-hf-Cik'-hY ^ h^{a — p) {k' — h) . Facendo ^ = o nell'equazione {l>) della pagina 112. si trova: L' equazione della forza viva posta alla pagina 109. dà 4 ^e a/ • Vi. Sostituendo la prima espressione di E nel polino- mio Q e la seconda in Q', avremo: Q = H [ (y'-^hY- [k-^hf] ^- {a-^-p)[{y^hf-{k^hf] -+- C [ {^'-t- hf— {k -i-hy- ] — h-(a -^p) {y— k ) + ~^[{k-^hf-{k'-hT]- Q' = H [ {x'-hY-{k:-hY] -i-{a-.p) [ {x'-hY—{k'-hy] -+-. C[(x'- ìiY — {k'-hy] — h\a — p) [x' — k') ■^ ^[{f^^hy-{k'-hYY. Quindi sostituendo per G il suo valore e facendo per brevità: M=^é- {{f^-^hY-{k:-hYY-^g'nn{h-d'%y'-^hY-{k^hY] , si otterrà: Q=M-f-H[(y-t-A)^-(^H-A)4-2(g^H-/-^) [ (y'^hY-ik-^hY'A i4a Sopra il movimento di un punto mateuiale ec. +j.[(7W.)^^(^-f-A)'-/r(y_;t)-i.(3/-H-g^-A'-)[(y-t-/,)^_(^-H/i)^]]. Se da questa espressione si elimini H , e si faccia y = ^, otterrassi un risultato di questa forma: Q = M -+- ^ N H- aR -t-y R', nel quale si è fatto : -s ^s - ^^[(7'-4-/^)-(^-H/0^]> R'=- i^-i {or -+- g^-A^) [ (7'+ hr -(k^ hf ] Prima d' andar più oltre noi osserveremo doversi riguardare come finita la quantità p'-=z ^ , quantunque / sia infinita ; imperciocché 1' attrazione p , la quale supponesi aver luogo all' unità di distanza vuoisi riguardare come infinita, se si vo- glia che questo centro d' azione esercitar possa una forza fi- nita e costante alla distanza infinita^ che peryviene designata. Del rimanente chiara cosa è doversi avere questo caso come identico con quello di una forza costante p\ la quale agirebbe sempre secondo una medesima direzione parallela all'asse delle coordinate z. V. Sviluppando il valore di N, ed ordinando il risultato per rapporto alle potenze di A, si troverà: N = o M -4- o A3 -H A' A" -t- A" A -)- A'", ove si è fatto per brevità: A'=4(y--F)-H8a'"(y-/:); A" = 4(7'3_ k^)^ó,a"\y'^ - k^) - 4(g^ + a'"^) {y- k ) ; A"'= (y4_^4)_3(g-H_a"")(/"-^') ( , Ordinando parimente per rapporto alle potenze di h la par- *■; te della espressione di R, la quale vien dopo il tern»ine — —, si troverà essere eguale a Del Sic. Giovanni Plana i43 essere eguale a ch^ ■+- B'A' -f- B"h -+■ B'": facendo : B'=i.(iH-^"){y~/t); Quindi ne segue , che avremo: N_ R = — - -H B'h'' 4- B"A -+- B" Se adesso facciamo : C = B'— - ; C" = B" — — ; G" = B" A"' 5 3^ ag 2^ avremo : R = Q'h^ -+- C"A -¥- C", e G'=-^^(/^-F) + a(i--f^ )(/-/:); G"'=~ (y^-M)+ (/'^-/c')- 7 ( g- ^ ) (/"-^^) • VI. Sviluppiamo di presente 1' espressione di R'. Sicco- me si ha : si troverà in primo luogo: R' = _/N ovvero, riducendo : l44 SOPKA IL MOVIMENTO DI UN PUNTO MATERIALE €C. fn rO./r^-»-A'A^-f-A[2(y3_/t3)_a(g.^_3^'-)(y_^)J 1 e sostituendo per N il suo valore, si avrà: e restituendo h — al" in luogo di /, si otterrà: R' = D7i" H- D7i -H D'", facendo per maggior semplicità: D"' = ^(y4_M)-H«-.(y3_A3)_-^(g=_^-)(y^_F). Per dare alla funzione M la medesima forma^ noi faremo: E" = gmn [ (jK"-A")-2a'"(7'-A) ]-h Zlf ( ^ -»-/;') ; ed avremo: M = E7i^ -H E"A -+- E'". • VII. Raccogliendo ora le varie parti, avremo Q = G'A^ -H G"A -+- G'" ; essendo : G' = E' -+- 4 v'^K -)- aC' -+-»' D'; 4 G" = E" -4- 4 ?;^A" -4- aC" ■^p D"; 4 • . G"' = E"' -f 4 t)=A"'-HaC'"-+-/>'D"'. 4 Sostituendo nell' espressione di G' i valori precedenti di E', A'j C', D', si troverà, che ponendo per semplificare: p'"= 2gmn -h a?; V"-t- - (g-«"') -+-/( g' - a'"' ), sì ha : Del Sic. Giovanni Plana i4^ a'=-p'{y'^-k')-^p"{r-k')^p"{y-k). Questa espressione è visibilmente divisibile per y'— /;; se dun- que faremo: ^'^p"-.p'k; P"=p"'-^p"k-p'k\ avremo : G' = {y-k){-p'y^-^-P'y-hfi"). vili. Passiamo ora ad occuparci della espressione di Q'. Ponendo : M'= ^ [i/c-^h)''-{k'-hy-]-^gmn{h-a"')[{x'-kT-{k'-hr], e facendo Q' = M' -+- 4 «^N'-4- «R —p'K' è facile il vedere , che è : -i-f^[(x' — hf-{k'-k)^—h'(x' — k')]; e che per avere i valori di N' e R , basta cangiare nelle es- pressioni corrispondenti di N, R /' in :>;', A in — h , k in k', e a'" ìli —a'", cosicché facendo: N' = A' /i^-A" k-hA'" , III X R = C /i* — C" A -t- C" II I I SI avrà : A' =4 {x'^ — k'^)— Sa"{x' —k*), A" = i{x'' - k")- 4«"'(^'^ _ k'-)- 4(g^ -»- a'"^) {x' - k% C", =- j (a:'3-;l'3)+(3-l- ^ ) (;.-_yt-)_(g- ^\^-k') _r/f» Inutile forse non sarà l'avvertire, essersi cangiato a'" in — a' Tomo XIX. 19 i46 Sopra il movimento di un punto MATEaiALE ec. per distrarre il cangiamento di segno, che avrebbe subito il secondo termine del valore di /"" = F — a/ia"'-<-a"'% scrivendo — h per h il quale secondo termine non dee congiar di segno nel passare da Q a Q'. E ora palese, che si ha: « ^ ^l-/46a'V-'t")-Hafg=^-j-3a"'-)(:c'^>t'j]-f-(g^-t-3a"'*)(t'--/t'^)J f_xà^li\x'—K)-\-h\—(){oò^—K-)—\a:'\x'—h:)\ l "^ ^ l -4-//[a(a:'3-A'3)-H6a"'(:c'-— A'^)]-aa'"(x'3— ^'3) J ' Avremo adunque dopo le riduzioni: ^'"""l-t-A'",— aa"'(x'^— A'5)-H(g'H-3a"'^)(x'*-.A'^) J e sostituendo li — a' in luogo di y troveremo: R' =:D' A^ — D" A-t-D'" II 1 T dove D' = - - A" ^(^'3_;t'3)- (g°-H3«-")(x'— ^') ; ovvero: D" = - f (x'4_/l'4)H_^ (g^^_3a"-^){x'^-/t'^)-Ha"'(g^- d-^x'-h!); D"'^ = ^ (x'4_/t'4)_Ha"'^(x'3_ A'3) -H ^ (g^-ffl"") (x"-/t"-). Ben si può vedere , che questi valori nascono dai loro cor- rispondenti D', D", D'" per mezzo di que'cangiamenti stessi , che sonosi fatti per ottenere A,', A,", ec. Ma siccome ciò non è del tutto evidente, abbiamo perciò scelto di farne il calco- io diretto. Ponendo. Del Sic. Giovanni Plana i47 E' = — agmn [x — A' ) > E" =gmn.[{x"-—k'-)-^^a'"{x'—k'}]-h -^ (^ -+- k') ; E"' = — gmna"\x'^—k'^) -h ^ ( ^^ - k'^) ; si avrà : M' = E' h^ -ì- E" h -h E"' • IX. Pviunendo insieme ie varie jtarti, avremo. Q' = F'h^ -^- F"h H- f '", dove si fa ; F' = E' H- -1. z,- A' -H aC — p'D I 4 I I 9 4 . I ^ X F" = E" —J.v^A"~aC" -Ho'D". I 4 I I '^ I» F"'=E"' ^- 4- u=^A'" -i-aC" —p'D'" . I 4 I I -^ I Sostituendo in F' in luogo di E' , A', ec. i loro valori, si troverà : F' =/(a;'3 — k'^)-^p"{x'' - k'-)—p"'{x' -k'); facendo p'^ = agw/i -F aw'a'" — °^ (g -+- a'") -+-/?'(g^ — a'* ) . Essendo questa epressione di F' divisibile per x' — A', abbiamo: F' = {x' — k')( p'x'^ -+• ^'x' ^ 0"J essendo p'^ =p'k' -^p"; (3"^ =p'k" -^/k' —p'\ X. Dietro ai risultati precedenti, l'equazione differenzia- le dell'orbita diviene: dy' _ dx' t/G'A*-i-G"/»-(-G"' i/F'A'-(-F"/j-t-F"' * E quindi chiaro^ che se si suppone /i=:co, questa equazio- ne si riduce a >'3 -f- pj" -H p"y -t- s ■•, . F'= p'x^-^px'—p"'x'-h^. Raccogliendo le equazioni , le quali contengono la solu- zione del caso, che noi abbiam preso a considerare, si avrà: (2) dt=^^ H- -^^; (3) ,/^ = ^iVE^ ^ ;{fK2 . XI. Chi leggerà 1' articolo XIV. della Memoria di Lagrange inserita nel Tomo IV. delle antiche memorie dell'Accademia di Torino, vedrà, come egli abbia tenuto un'altra via per ridur- re le formolo generali in modo conveniente da esser addatta- te a questo caso particolare . Nel paragonare gli ultimi suoi risultati con quelli, che noi abbiamo or or trovato, noi ci maravigliammo di vedere , che quelli erano da' nostri essen- zialmente diversi . E dopo un attento esame ci accorgemmo , esserne cagione una innavvertenza commessa da questo gran- de Geometra. Ecco in che essa consista. l5o Sopra il movimento di un punto materiale ec. Secondo le denominazioni dell* Autore ( vedi p. aia. ai3. ) , si ha ; c^4 H_ Mp^ -4- D/7^ — mfy -+- E = C ^4 _H N^3 _^_ p^^ _ ^j-^^ -t- E = —f\'^-f){v-^v'f^v"p)^e-^e'f^£"f--^e"'p -H£"/4+£y 5 . Lagrange , dopo d'avere sviluppato la prima di queste due equazioni, dice, che basta per avere il corrispondente risul- tato dato dalla seconda, scrivere — /"in luogo diy, e Q in ve- ce di P, V per f.L , v per fi', v" per f^i" . Ora non è chi non vegga che non e permesso il solo cangiamento di /" in — f, poiché i termini y'f, v'f^ d'f, s'f, e"'f^, e"f^ conservano il me- desimo segno in ambedue le equazioni. Converrà adunque per non commetter l'errore in cui si cadrebbe coli' operare in sif- fatta maniera, dopo avere scritto — /"in luogo di y, cangiar inoltre il segno delle lettere y' , v\ ò\ e', e'", e'". Così operan- do si troverà, che li coefficienti di f^,f^-,f^ sono ancora iden- ticamente nulli nel polinomio in q, cosa che non avverreb- be, se i soli cangiamenti da Lagrange indicati si facessero. Fatta questa correzione, si troverà, che i polinomj di terzo grado in Q e P si accordano con quelli , che furono da noi designati per F' e G'. La via che noi seguita abbiamo per giungere alle espres- sioni di G', F', ha questo vantaggio, eh' essa ci dà questi poli- nomj decomposti in due fattori; e ciò molto .più facile ren- de la riduzione di queste forinole differenziali alle trascen- denti ellittiche . XII. Facciasi per brevità: q = ^'~ /^'^ -H I^>'^"; q' = - ^' - /^'; - 4/^'; e SI avrà Del Sic. Giovanni Plana i5i I/G' i/y- -ki/{p—2.i/y)(2.p'y—q) Se ora faremo: -h'^/[ip'x'—p'){3^p'x'—q') i/y—k = -^y'; onde y/x-k' = l. X" y = AH--Ly- x' = k'^^x"^: troveremo : ti\/Jj^" dx' __ at/;>' rfx" ponendo; per semplificare: d ■=. p — 2,p'k ; ì = a/y'A;' — />'; & = 2/>'/t — ^ ; z' = a^'^' — ^' . Ciò posto., le equazioni riferite alla fine del N." X. si cangieranno nelle segu»^nti : (,)• '-^ (a)' dtz (3)' de- z^. XIV. Non crediamo non dover terminare questa Memo- ria senza osservare, che rimane ancora a desiderarsi una so- luzione diretta di questo problema ^ la quale venga dedotta dalle equazioni differenziali del secondo ordine, che a quello appartengono. Queste equazioni, se si consideri per maggior semplicità il caso dell'orbita piana, sono della forma seguente: nelle quali r'^ ■=. x^ -^ y^ . Quantunque molto semplici esse pa- cano , gravi difficoltà s' incontrano tuttavia , quando altri in- traprenda di dedurre da quelle immediatamente li risultati , che col metodo precedente noi abbiamo ottenuti. Se fingasi che la forza costante B venga decomposta in due forze uguali, l'una diretta versoli centro della forza A, r altra diretta verso un altro centro fisso, che sia dal primo Del Sic. Giovanni Plana 1^3 lontana di una distanza arbitraria /a presa sopra l'asse delle a;, egli è facile di ridurre la quistione al caso di due forze diret- te verso due centri fissi, col fare nelle forrnole generali del- la Meccanica analitica R = — ay .r-+- J ; Q=:2.y.q. Ma ben presto altri s'accorgerà, che questi valori di R e Q non sono tali, che si possa ottenere 1 integrale corrisponden- te a quello, che viene designato per {b) alla pagina iia. Im- perciocché, eseguendo il calcolo ^ si troverà: ^ 3y/( q- — r^){d.q ^H- T),-t- yQ = o . ■ ■ I . • i ■■ t ■ per essere a! a-\-b' ^-k-d y-=^{~\ =: i. Cosi moltiplicando le itesse tre equazioni ordinatamente per a, b, e ed unendo le risultanti si ha la semplicissima . , : i' -4- cQ = o , stante che a^ -+- Z** -i- e" = i , ad -\- bb' -\- ed ■=.0 \ oltre di aa H- ^/? -I- cy = o. Similmente comhinando la prima alla seconda, e la pri- i Del Sic. Prof. Antonio Bordoni i63 ma alla terza delle medesirae tre equazioni in modo da eli- minare la quantità (vT), , si ottengono due equazioni, dalle quali eliminando la t' risulta la seguente [ {by—c^)a-h{afi—ba)b'-h{ac—ay)c]t—Q{ba—a^)=c , ovvero t l^l ■+■ mQ = o , dove sì intenda colla m il coseno dell' angolo compreso fra r asse delle z e la normale in M della superficie , e colla ^ V angolo che dovrebbe descrivere il piano toccante la super- ficie conica lungo la CM per passare ad essere toccante la medesima superficie lungo la BG , senza cessare di essere toccante . Ora sostituendo nella equazione ^' -1- cQ = o in luogo della t' il suo valore cavato dall' ultima equazione trovata, se ne avrà un'altra in Q-,Q\ la quale integrata da- rà il valore di Q, che posto nell'equazione darà la t; ed entrambi i valori delle t, Q sostituiti nella somministreranno quello della (vT)^ , e però anco il valore della T. Per trovare il valore della A grossezza della Volta , si eguaglierà il valore della Q trovato nel modo anzi indicato a quello della Q medesima formato colla A, che si desume fa- cilmente dal corollario secondo della proposizione dodicesima della Memoria sul parallelismo citata superiormente. Non isviluppo le operazioni qui indicate, perchè ci occor- rerà di svilupparne delle similissime, quando si parlerà delle Volte le cui superficie interne sono sviluppabili. i64 Sull'equilibrio astratto delle Volte Delle Volte di rotazione. Incomincieiò dal parlare di fiuelle Volte di rotazione, ch« hanno l'asse orizzontale; e per semplicità supporrò l'asse del- le .r ntllo stesso asse di rotazione della superficie interna della Volta. La superficie interna della Volta sia espressa da BFMG. . (fig.3.);due suoi prossimi meridiani dalle linee CM.. ,DH.., e due prossimi paralleli dalle FM . . , GL . . ; e sia BF quel suo meridiano che è nel piano degli assi delle x, z. Condncansi i raggi PF, PM del parallelo FM ..; e deno- minisi u r angolo FPM , p il raggio del parallelo FM . . , s l'arco CM del meridiano GM . . ; v l'ordinata OP, t la pres- sione che soffre il punto M secondo la toccante in M del- l' arco FM, e T quella che esso soffre secondo la toccante in M della GM; e con Qdudv si esprima il peso del cuneo cor- rispondente al quadrilatero rettangolo MLNH. Essendo la pressione t equivalente alle due tcos. u , — t sen. n dirette secondo gli assi delle O/, Oz; e la T equi- valente alle tre — , -'^' sen.z^, — ^ COS. u dirette rispettivamente le ultime due secondo gli assi stessi delle /,z, e la prima secondo quello delle x; il cuneo aven- te per peso Qdudv, in virtìi delle pressioni t, T sarà sogget- to secondo i prolungamenti degli assi Ox, Oj, Oz rispettiva- mente alle azioni delle pressioni o forze — I_I^ j dvdu, — .? {t cos.u)'dvdu — (-7^') sen. u dudv, s^t san. u)' dvdu — (-7^') cos. u.dudv; 1,, e per tanto nello stato di equilibrio avranno luogo le tre equazioni seguenti (-I^l) =o,,(.cos..y-^(l^} sen.u = 0 , Del Sic. Pkof. Antonio Bohdoni iCS s^ [t sen. u)'— /^l COS. ?« — Q = o. Stante la prima delle tre equazioni qui trovate le altre. due. si riducono alle s {t cos .u) H ^ sen . w = o , 5, {t sen. «)' ^^ cos.Ji — Q=o, dalle quali eliminando la T si ottiene la s^t — inserì. i{=c, ossia t =- . Così eliminando la t' dalle ultime due medesime equa- zioni, o dalle loro equivalenti t' cos.u — tsen.u-\ ^ t' sen .u-i-t cos .u ^C'^ cos .u — — Q = o sì trova t ^^ ^Qcos.Ji = o, la quale dà /=T ^^," -4- 1 Qcos.z^; e però ^'= -% T'-+— ^^^Q'~ i!^ Q. Questo valore della ^' posto nell'altra equazione sf' — Qsen.zi=:o ottenuta mediante la prima eliminazione anzi eseguita som- ministra la ■£^ T'-+= Q'cos M — aQsen . m = o ovvero O'— atang.?<. Qn C£ìì- T' = o , colla quale si fa dipendere il valore della Q da quello della T. Ma l'equazione l—^l =: o dà T =^—f{u)^ ove (p{u) espri- me una funzione arbitraria della ii ; adunque si avrà Q'- atang.z^.Q -t- -^'l- ^{u) = o, la quale integrata somministra lOò Sull'equilibrio astraito delle Volte dove il'{v) esprime un'altra funzione arbitraria. Ponendo i valori trovati delle T, Q nella espressione _Tp£^ _f- V££Lii, che rappresenta la i, si avrà Ora che sono determinate le pressioni i^, T e la Q pas- so a determinare la A grossezza della Volta, cioè ad espri- merla,colie stesse quantità colle quali è formato il valore del Q sopra esposto. Dalla proposizione tredicesima della stessa Memoria sul- le parallele citata sopra , ritenuto qui pure il peso specifico della Volta costante ed espresso dalla unità, si ha ^ \ ar aR 3rR f 3 dove r = /9J,edR = -'— ; e conseauentemeute avrà luogo r equazione seguente ^.^ ( 4^{v)-p,f^{u)cos.udu ) =. ( A-^fl-^ f 1 ^ ^) ovvero ^3-1- 1 (R^r)A'-(-3RrA— -^^ / ip(v)~pf(p{u)cos.udu\=o colla quale si potrà determinare la A grossezza cercata. La maniera più semplice ed anco più naturale per de- terminare le funzioni = ri tang.M -t- cos u dove ip{v) esprime una funzione arbitraria della v; e per tan- to sarà anco , ìf, v)^rfTJli. J cos.u Così per essere r un raggio di curvatura delia superfìcie interna della Volta espresso colla R l' altro, risulterà e conseguentemente avrassi l' equazione (A A» A A' \ rp^ é{v)-t-rfTdu ar 2R 3rR I ° cos. u ovvero la seguente A3-H 1 (R_Hr)A^-H3rRA- -^ (;T tang.uH- ^^^^^^g^) = o colla quale si potrà determinare la A grossezza della Volta, quando si conosceranno le funzioni (p{u), ip{v). Per esempio, se ad m = o, ed -^ =0 corrispondesseA=/?2 costante e T fosse eguale a zero, si avrebbe rÀ l m-i- ^^\=ìp{v) ove À esprime quella funzione della v che rappresenta la EG raggio di curvatura della ACD ;e per conseguenza 1' equazio- ne da cui desumere la grossezza A per un punto qualunque della Volta sarebbe in questo caso A^-H- (R-f-r)A»-4-3/-RA- ^^^-'^'^f'^ -o; a ^ ' a.s COS. w dove si può osservare che la 5 eguaglia À-¥-rsen.u. Se la linea generatrice della Volta annulare in vece di es- sere una circonferenza fosse una linea qualunque amb ( fig. 5 ), Tomo XIX. aa l 'JO SuLl' equilibrio ASTaATTO DELLE VoLTE la quale si movesse come sopra la circonferenza , e cVie^ la linea ACD (fig.4) fosse percorsa da un dato punto del pia- no di essa generatrice; e rappresentata colla def \a sua svi- luppata piana , colla bhn una orizzontale, colla me il raggio di curvatura corrispondente al punto m qualunque, e chia- mato r questo raggio ossia la me, ed u l'angolo go° — mhb cioè l'angolo che fa la me coli' asse delle z, e ritenute per le altre quantità le denominazioni già usate sopra, si trove- rebbero facilmente per lo stato di equilibrio, le tre equazioni (^iios.«)'cos.'y— (;Tsen.t>)^=: o, (^fcos.T^)' sen .u -t- ('•Tcos.iy),= o, (^5sen .v)' — Q =: o , lo quali danno , T^ = o , ovvero T = ^(m) funzione arbitraria d' u come sopra, Q = rTtang.M-i- ^'-^-^'fj^". ecc. ecc. vale a dire risultamentl affatto simili a quelli trovati supe- riormente pe caso d' r costante. Le due funzioni ' «4* Tlìjl' = c>J- (j)'m, . .4- ■ — O ^' ^» y' 1 Uj sì ottiene la rT *Q*4 = ■ o. Così moltiplicandole ordinatamente per c,m^n e sommando qui pure le risultatiti, ed osservando che oltre le condizioni dianzi esposte hanno iuoi;ò anco le c^ -^ tu' -^ n' = 1 , ce, -t- 7nm, -t- »«, = o , sì trova la equazione "■('(■ -7)H('(?)'-'"(?)'*''(?)>"'5="- Le due equazioni qui trovate danno i valori di rT' ^' I f t i-H— )) ì quali sostituiti nella terza delle suddette t equazioni, ovvero nella sua equivalente ' ., ,T' i-H,T (£)■* „p' ( * ( ■ * {^) ) .- .^' ( . + -;) ..+ Q=c somministraito la , ^ p re Del S(g. PkOf. Antonio Bordoni 173 E per tanto le tre prime ceduazioni sopra trovate equivalgo- no alle tre seguenti r^'T ■+- tp'Q = o, le quali si possono combinare in modo di ottenerne una, nel- la quale vi sia una sola delle tre funzioni T ,?, Q colle sue derivate. Per esempio, ponendo nelle prime due in luogo del- la Q il suo valore tratto dalla terza, e poscia ponendo in quel- la risultante dalla seconda in vece della t il suo valore de- sunto da quella risultante dalla prima, si otterrà un^ equazio- ne nella quale vi sarà la T e le sue derivate T', T^ , T', , la quale darà il valore della T, che sostituito nella prima delle tre ultime esposte darà la Q , e questo valore insieme a quello della stessa T posto nella terza somministrerà la t. Finalme te si osservi che per la proposizione tredicesi- ma della Memoria sopra citata si ha ^ y ar 2R SrR f p dove R=/9-Hr; e conseguentemente eguagliando questo valore della Q a quello della Q stessa trovato come si è detto sopra, si avrà una equazione colla quale si potrà determinare la gros- sezza della Volta corrispondente ad un punto qualunque del- la sua superficie interna. La determinazione della A grossezza si potrà anco ridur- re alla integrazione di quella equazione, che si avrebbe so- stituendo i valori della Q e delle sue derivate nella equazio- ne risultante dalla eliminazione delle due funzioni arbitrarie, e della costante contenute nella espressione della Q medesima : questo metodo però riescirà generalmente più difhcile e com- plicato dell' altro qui indicato. 174 Sull'equilibrio astratto delle Volte Le costanti e funzioni arbitrarie introdotte dalle integra' zioni sopra indicate ed occorrenti per le determinazioni delle t, T, Q, A si potranno determinare facilmente^ quando si co- nosceranno alcuni valori opportuni delle ^^ T, A medesime; come si è detto e fatto p«"r altre Volte superiormente. Non espongo le equazioni che si debbono verificare nel- lo stato di equilibrio di una Volta annulare qualunque, ed analoghe a quelle esposte superiormente pel caso che la li- nea generatrice sia una circonferenza , perchè la loro deter- minazione non presenta nessuna diffi(oltà, se si eccettua la prolissità di calcolo, dopo ciò che abbiamo detto sopra. Delle Volte che hanno per ìntrodos una superficie sviluppabile qualunque. Sebbene poche siano le Volte che abbiano le superficie interne sviluppabili, le quali non siano cilindriche o coniche, nulladimeno voglio esporre per esse ciò che ho esposto per le altre , affinchè si vegga meglio V estensione ohe si può da- re a questa materia mediante i principj ammessi in questa Memoria. La curva ACE ( fig. 7. ) esprima lo spigolo di regresso della superficie interna della Volta; le rette CM . ., DH . . due sue prossime caratteristiche; le FM.., GL . .due altre linee prossime fra loro situate in essa superficie e fra quelle che sono perpendicolari alle caratteristiche: le quattro linee CM . . , DH . . , FM . .j GL . . saranno altrettante linee di curvatura della superficie interna della Volta. Si chiami t la pressione che soffre il punto M secondo la toccante in M della linea FM, T quella che soffre secondo la CM, a, /?, y i coseni de- gli angoli che fa la t cogli assi delle x, /, z; a, Z», e quelli degli angoli che fa la T coi medesimi assi ; du V angolo di contingenzi dello spigolo di regresso, v la CM, e secondo il solito Qdudv esprima il peso del cuneo che insiste sul qua- drilatero rettangolo MLNH. r Del SiG. Prof. Antonio Bordoni 175 SI decompongano le t,T in tre parallele agli assi delle ar, /, z, e si avranno le at, §t , yt ; al, bT , ci ■■) e però il cuneo anzidetto in virtù delle pressioni t.H sarà soggetto se- condo i prolungamenti degli medesimi Ox,0/, Oz alle forze. — [at)'dudv — a{vT),dudv , — {^t)dudv — b{vT), dudv , — {yt)'dudv — c{vT\dudv ; e pertanto, siccome il cuneo stesso è soggetto secondo l'as- se delle z anco alla forza — Qdudv , avranno luogo le tre equazioni {aty^a{vTl = o, (/?/)' -H%T)=o, le quali equivalgono a tre altre semplicissime, che sì posso- no desumere da esse^ come segue. Si moltiplichino le esposte equazioni rispettivamente per a, /?, y, e si sommino le tre risultanti; ed avrassi la t'-+-yQ = o, per essere a'-t-/?'*-Hj''^= i , «a'H-^/3'-t-y/=o, aa-hb^-i-cy=o. Si moltiplichino le medesime tre equazioni rispettiva- mente per a, è , Cj e si uniscano fra loro le risultanti ; e si avrà la {aa'-i-bfi'-h cy']t ■+■ {vTl-hcQ = o, ossia ?—(yT), — cQ = o , per essere aa-i-b^'-¥-cy'=z—aa — 0b'—yc, ed «=: ^3 b ■=■ j- ., ma l'arco AGj e pf^rò per la proposizione sesta della citata Memoria sulle linee e superfìcie parallele. ditidi\ 176 Sull' equilibrio astratto delle Volte In terzo luogo si combini la prima alla seconda, e la pri- ma stessa alia terza delie medesime tre equazioni in modo da eliminare (vT\, e si avranno le due {ab — a^)t' -\- {ba — aff)t = o , ' (ac — ay)t' ■+■ [co! — a/)^ — aQ = o , dalle quali eliminando la t' si ottiene la sola [{^c—by)o:-h{aY—ca)^'-^{ba—a^)y'\t-\-{ba—a^)Q,=:o, ovvero {ha' -+- m^' -+- ny')t -f- « Q .= o , dove le h^ m, n esprimano i coseni degli angoli che fa la ret- ta perpendicolare al piano osculatore allo spigolo di regresso in C coi prolungamenti degli assi delle x^ /, 2. Ma per essere 7 dyiPz—dzdy dzd^x—dxi^z dxà^y—dyd^x "■ dlld? ' '"— dui? ' ^ — IZd? risulta — ah' — ^>n' — yn' eguale ad {dxdyd^z-hdzd'^xd^y-i-dyd^zd^x—dxd^zd^y — dyd^xd^z — dzd^yc^x) cioè alla derivata rispetto alla u dell' angolo compreso fra i consecutivi piani osculatori dello spigolo di regresso della su- perfìcie interna della Volta, come si può vedere nella Memo- ria sull' equilibrio delle curve elastiche inserita nell' ultimo tomo della stessa Società Italiana ; così chiamato ì quest' an- golo, sarà — aK — ^nì — yn' , ovvero Aa' -t- m^'-¥-ny' = 1 ^ 1 ; adunque si avrà 17,} ^ "■ dHd? V — o^ ossia tdi •+■ Q -^ d~ := o dove la variabile principale sia la u. Vale a dire le tre equazio- ni trovate superiormente saranno equivalenti alle tre seguenti Del Sic. Pkof. Antonio BoRboisr 17^ d ^ \duj ds^ du, ^ ' colle quali si potranno determinare con facilità le funzioni t T , Q. Difatto colle prime due si possono determinare facil- mente le t, Q, ed in seguito colla terza la T. Determinata la Q si potrà costituire 1' equazione da cui desumere la A grossezza, essendo pel corollario della propo- sizione tredicesima della Memoria sulle linee e superficie pa- rallele Q=(A-+--^) MG, dove la R esprima il raggio finito di curvatura corrisponden- te al punto M della superficie interna della Volta. Non parlo della maniera di determinare le due funzioni arbitrarie delle 11, v che introdurrebbero le due equazioni ad integrarsi per avere le t, Q, T, perchè basta ciò che ho detto per le altre specie di Volte; e passo in vece a parlare dell' equilibrio di una Volta qualunque. Di una Volta qualunque. Siano rappresentate colle TM . .,TH .. (fig. 8.) due pros- sime linee entrambe della massima o della minima curvatura delia superficie interna della Volta, e colle ^M . . , th . . due invece della minima o della massima curvatura; e coi punti G, G, A, E le proiezioni sul piano delle x , y ò\ quelli che sono comuni alle linee TM . . , TH . . , ^M . . , f L . . ed alle DT .. , D* . . sezioni fatte alla superficie medesima dai piani verticali delle ordinate y, z, x, z. E facile il concepire che le tre coordinate del punto M Tomo XIX. a3 1 78 Soll' equilibrio as bratto uelll Volte saranno funzioni delle OA, OC i per cui posto OA = w , OC = u , sarà x= et e la seconda alle -»- yQ = o. Combinando poi la prima alla seconda e la prima alla terza delle medesime tre equazioni in modo da eliminare (T^'), si hanno le due (a/9— èa)(M,)'-l-;i,(^a'— a^ così si esprimano i coseni degli angoli che fanno le f, T co- gli assi delle solite .r, j, z colle a, b, e- a, ^, y ; e gli archi mk . ., me . . colle xj , ti. E si ritengano per le x, y, z. A, v^ u, r, B.,f, (pi rp, Q, ^j À, i significati sopra stabiliti ; e si tro- verà la distanza dalla superficie MHNL al centro di gravità del cuneo corrispondente eguale a (I A- A' A' At \ / A A» A" A' \ 3 or ÒR 4rll f \ 2r aR 3rR I ossia (6Rr-i-4A(r-i-R)-+-3A^)A: 2(6Rr-H3A(r-HR)-l-aA') ; e però chiamate p, q, s le coordinate di esso centro e paral- lele alle X, y, z, si avrà dove D è posta per la distanza anzi trovata. Se fosse conosciuta la A, eliminando da queste tre equa- zioni le u, u si avrebbe in p, y, s l'equazione della super- ficie, che è il luogo geometrico dei centri di gravità dei cu- nei della Volta, cioè l'equazione fra le coordinate rettangole della superficie d' equilibrio attuale. Così, se nelle medesime tre equazioni si considererà u costante ed w variabile, esse ap- parterranno alla linea km . ., e se si considererà u costante e V variabile, esprimeranno in vece la linea em . . . Ragionando come si è fatto nella ipotesi che la superfi- cie di equilibrio fosse la interna della Volta si trovano le equazioni 182. Sull'equilibrio astratto delle Volte (a^;rJ'-+-(aTsir')=o, (Z'^;rj'-)-(/JTo'),=o, (c^;r,)'-t-(7TCT'),-f-0=o; ed e, b^ e esprimono i coseni degli angoli fatti cogli assi del- le X ,y^ z dalla retta comune ai due piani espressi dalle equazioni xp^-^yqr^zs^o, {s',i—,/s,)x-^(p's—s'p,) Y-\-{qp—p'q)z—0 ; eA a , ^ , y quelli fatti cogli stessi assi da quella comune ai piani aventi per equazioni xp'-¥-yq'-^Zs'=0, {s'q—q's)x-^ [p's—^'p)y^{q'p—p'q)z—o: nelle prime due di queste equazioni le x, y, z esprimono le coordinate rettangole dei due piani rappresentati da esse, e nelle ultime esse rappresentano le coordinate analoghe dei piani espressi da queste medesime; e le condizioni alle qua- li si potranno appoggiare le riduzioni delle equazioni prove- nienti dalle medesime tre equazioni esposte sono quelle rap- presentate dalle a' _t- ^.=^ -4- c^» = I , a'' -H /?* -1- y* = r e dalle derivate di queste rispetto alle variabili indipenden- ti v^ u. Osservazione a." Nelle cose esposte ho supposto tacita- mente che la gravità fosse la sola forza attiva agente sulle parti della Volta, e che la Volta stessa fosse di densità uni- forme \ è però agevole il fare considerazioni simili pel caso che altre forze qualsivogliono siano quelle agenti sui punti della materia della Volta , e che essa sia a densità variabile, purché siano note le leggi sì delle une che dell' altra di ques- te quantità. Osservazione 3." Nelle intavolazioni delie quistioni supe- riormente trattate ho fatto uso degli ordinar] .principi del cal- colo differenziale Leibniziano, ora qui tratterò una quistione analoga mediante i principj del calcolo delle derivate , onde indicare la strada che potrà seguire chi volesse dimostrare tutto ciò che si è fatto in questa Memoria col metodo delle derivate medesime ; e perchè questa indicazione riesca più interessante, dimostrerò le ordinarie equazioni, che hanno luo- Dei, Sic. Piiok. Antonio Cordoni i83 go nello stato di equilibrio delle. Volte di rotazione aventi r asse verticale , e di cui ogni loro punto è animato da due forze , r una verticale e 1' altra diretta verso lo stesso asse della Volta. OARC (fig.9. ) esprima una quarta parte della superfi- cie interna della Volta , OB il suo asse , OR , OS due suoi meridiani; EMN . ., PLH . . due suoi paralleli qualsivogliono ; BA, BR, BS, BL altrettanti raggi della circonferenza ARSC, ed EF, MF due del parallelo EMN... Si fissino per assi delle x, y^ z rispettivamente le rette OBx, O/, Os, dove la 0/ sia situata nel piano di ABO; e si chiami x V ordinata OF, u la FM, s l'arco MO , l l'angolo ABR, V{x, I) o semplicemente P la forza che anima il punto M dall'alto in basso parallelamente alla Ox , Q( r, |) o Q quella che anima lo stesso punto M secondo la MF •■, x-\-(o V ordinata secondo Ox del punto L del parallelo PL . .; ^H-a l'angolo ABS , ossia a 1' RBS j in fine si chiamino ^ , T le pressioni sofferte dallo stesso punto M ^ la prima secondo la tangente in M del meridiano OM . . , e 1' altra secondo la toc- cante in M medesimo dell' arco EM. Essendo P(a:, |), P{a:-+-o,|), V(x,Ì,-^a), P(a;-f-a,|-i-a ) le forze che animano i punti M, L, Nj H parallelamente alle x, ed aa. «/-4-A l'area del quadrilatero MNHL, dove la 5' è posta secondo il solito in luogo di (7^)5 ed A è una funzione d'o ed «j dove questi aumenti hanno almeno tre dimensioni e di cui sono determinabili facilmente i limiti; la forza totale ani- mante il quadrilatero MNHL in virtù delle forze analoghe alla P sarà la seguente (oa.Vus -i- B , dove la B ha delle proprietà analoghe alle anzidette della A. Così per essere — quella componente della pressione f, che agisce verticalmente, ed au l'arco MN^Ia pressione sofferta dal quadrilatero MNHL verticalmente dall'alto in basso sarà j84 Sull'equilibrio astratto delle Volte a — -+- C, e quella dal basso in alto a ^ -H G -H ao V-;^/ -+- D, dove le Cj D sono quantità anch'esse analoghe alle A, B5 e però il medesimo quadrilatero MNHL soflVirà una pressio- ne dal basso in alto verticalmente espressa da j ut ao ilf) + D. Ma questa pressione è equilibrata dalle forze analoghe alla P che agiscono sul quadrilatero MNHL; adunque avrà luogo 1' equazione roa. Pus' -+- B = ao \-^ — / •+• D. Ut Quindi si avrà la Pus' := y-^J • Facilmente si dimostra che gli effetti delle forze Q sul quadrilatero MNHL agenti parallelamente agli assi delle /, z e secondo i loro prolungamenti sono espressi, il primo da — aoQus'cos.^ — E, e il secondo da — aaQus'sen.^ — F, ove le E, F sono quantità analoghe alle A, B, ecc. Così es- sendo -^cos.?,-^ sen.| le due componenti della t parai- lele ed a seconda degli assi delle/, s, il quadrilatero MNHL soffrirà parallelamente a questi medesimi assi le pressioni ( tua' . j tua' -^j— / cos.l— -G , —ao \—j^ -/sen ,|— H, dove le G^ H sono ecc., ed u' è posta in vece di 1^1 . Similmente per essere la pressione T equivalente alle due — Tsen.?, Tcos.| dirette parallelamente ed a seconda del- le /, z, il quadrilatero medesimo MNHL in virtù delle pres- Del. PiioF. Antonio Bordoni iS<> «ioni analoghe alla T sarà soggetto secondo le stesse y, z al- le azioni delle forze dove le M, N sono anch'esse quantità analoghe alle A, B, ecc. Riunendo le cose qui esposte si comprenderà che nello stato di equilibrio del quadrilatero MNHL debbono sussiste- re anco le due equazioni — aoQu/cos.| — E — ao y—ji — |cos.|— G-t-ao I — —^ ì j'-t-M=o, 7 tuv! — aoQ«/sen.|— F— ao I- ^J jsen.^— H— aol — jr~) ■*' — N=o, indipendentemente dagli aumenti indeterminati a , o , e pe- rò sarà Q' ^, t . l iì-tuu':i'\ t , / dTsen.l\ «5cos.?-H ^_^_ j cos.l-i [—zr-) =''' Q«ysen.|-H(i^') sen.|-H5'(^°^)=o. Moltiplicando la prima di queste ultime due equazioni per sen. ^ , e la seconda per cos.|, e sottraendo l' una dal- l' altra delle risultanti , si ha un' equazione la quale si riduce alla l-^T-) = o; e conseguentemente le medesime due ultime equazioni qui trovate equivarranno alle due (dT \ r\ ' / '^ tuu'-.s' \ -rr „ Quindi nello stato di equilibrio della Volta in quistione avran- no luogo le tre equazioni seguenti ro , fd.tu:^'\ ( dT\ La seconda di queste equazioni insegna che la pressione T per uno stesso parallelo qualsivoglia è costante. Tomo XIX. 24 i86 Sull'equilibrio astkatto delle Volte Nella ipotesi di T=o, che è generalmente ammessa dai Trattatisti di meccanica , queste tre ultime equazioni si ri- ducono alle dne sole seguenti (/l.ut:s'\ p , / d.rm'l:s'\ , r\ ' ^ le quali somministrano le notissime dxfQuds-t-dyJPuds=c, d.nt-¥-(}udu—?udx=c . Osservazione 4" Nelle ricerche fatte in questa Memoria ho supposto conosciuta la superficie interna della Volta, ed ho determinata la grossezza corrispondente non che le pres- sioni che hanno luogo secondo le linee di curvatura della stessa superficie interna nello stato di equilibrio della Volta, e non mi sono occupato delle quistioni reciproche, cioè del- la determinazione della stessa superficie interna ; non voglio però ommettere di far osservare che colle equazioni esposte non riesce difficile anco quest' altra ricerca, purché siano da- te sufficienti e coerenti proprietà sì della grossezza che del- le pressioni che debbono aver luogo. Osservazione 5." In fine potrei anco mostrare come tutte le prime equazioni esposte per ogni specie di Volta si posso- no desumere dal principio delle velocità virtuali , e propria- mente partendo da ciò che dice Lagrange ne! paragrafo se- condo della sezione quinta della prima parte della sua mec- canica analitica; ma siccome, stante le cose esposte, questa nuova applicazione di questo principio riescirà facile a chi conoscerà 1' uso fatto di esso dal Sig. Cav. Cisa di Cresi per dimostrare le equazioni relative all' equilibrio delle superficie elastiche già dimostrate altrimenti dai cek;bre Poisson , così ia credo di poterla qui ommettere. ■ j.ìO r'it Jt '^c.ooA.a 7?c Je di Gravità ) del Centro delle medie di- stanze dall'Asse di Direzione, ideato dal divino Archimede. Chiaro si renderà dal Compendio, che segue , quanto a mal- grado che poco siavi o nulla di nuovo in avanzamento degli artifici speculativi , conducenti a via piìi rintracciare e sco- prire verità sconosciute, con le XXXII. Proposizioni, e Corol- lari, e Monizioni, e Scogli ^*^' Libro primo e Appendice^ che s'aggirano intorno a Linee e Superficie piane, e diLlia dirsi 1' istesso delle XIX. ed annessi consimili del Libro se- condo, l'oggetto de' quali si è d'estendere le ricerche medesi- me alle Superficie curve ed ai Solidi e loro Frusti rotondi ; pur tuttavia di tanta grazia, raffinamento, e venustà qui apparisce la Sintesi impiegata dal Geometra Fiorentino ( cosi nomina- to per antonomasia il secondo dopo di Paolo dell' Abbaco o Dagomari da Prato ) che d' assai vince il modo adoprato da lui nelle due dottissime „ Divinazioni „sopr' Apollonio e Ari- 6tèo,e nel medesimo tema non ammettono comparazione con Oltramontani lavori presso a poco contemporanei , non ec- cettuata la celebre „ Stereometria „ di Keplero . Più che ca- tena d'esilissime maglie , o sopraffino serico drappo, ed anzi rassomiglianza alle filigrane, alle trine, ai ricami sul fondo di squisito tessuto direi la serie naturalmente progressiva, fluida , e continuata come spontanea di sorìte in sorìte del suo Discorso, sempre crescente di pregio, senza sforzo, sen- za pause j senza lacune, con digressioni infrequenti, ma tut- te a proposito per illustrazione o augumento della nobiltà del subietto. Si appoggia l'Opera all'unità d'un Principio, tratto dalla VI. Proposizione del II. dei Tetragonisniici dell' Autore medesimo; ed è sì acconciamente scelto e preposto che agli Ingegni inventivi o creatoli addita incontinente le Di Pietro F e r u o n i hjS Prove di tutti i derivatine consecutivi Teoremi e Problemi, poiché assume a grado a grado dalla mente perspicacissima del Viviani diversi aspetti e differ«ntissime forme, ed empie mercè di queste un Volume . In somma eli' è una di quelle tante produzioni sublimi nate in Italia alTetà felice del Tor- ricelli, di cui basta leggere poche righe de Dimensione Para- bolae^ de Solido Hyperbolico acuto, de Cycloide , de Cochlea ( MDCXLIV.) onde rimanere incantato dal fiore delia giocon- da e ricca sua Sintesi, imitata dall' emulo e geloso suo Con- discepolo . PRINCIPIO UNICO. „ L'area d'ogni Settore centrale d'Iperbola conica o EI- j, lisse ( compreso anche il Circolo ) , divisa egualmente da j, uno de' suoi trasversi diametri, e supposta grave e librata ,, intorno al diametro conjugato, equipondera all'area di quel ,5 Triangolo rettilineo centrale dal lato opposto dell' istesso ,, diametro di librazione, il qual Triangolo abbia per base ,, quella poizion di tangente staccata dal vertice del trasver- „ so , e determinata nella sua lunghezza dalle due parallele j, al trasverso medesimo condotte dai punti estremi dei Rag- ,, gj circoscriventi insieme coli' Arco il Settore „ . ( Vedansi le Figure r, a. alle lettere ABCD e LEM. Si tace della Parabola ApoUoniana poiché ella é il limite del- la Famiglia delle Ellissi , e per esserne il termine ultimo le si applica colle debite modificazioni la stessa Teoria ; ed è perciò che a difi'erenza delle due altre Sezioni del Cono si riduce a (Quadrato.) Da questo sol fonte si diramano facili e naturali le Pro- posizioni del Libro pi imo j che ora trascelgo come le meno ■ovvie e più astruse e men idonee a trattarsi senza il presidio della possente ageometrica Analisi de' Moderni. i. Dunque il Centro di gravità F dell'area d'ogni Set- tore taglia talmente il suo intermedio semidiametro che già DR a BF come il iesquialtero della stess'^rea a quella del qua- ^19*^ Saggio dell' aukj;a Sintesi ec. ■trilatero ( saliente ) ABCD : così vale del Centro di' gravità R dell'opposto Settore integrante, cui ABCI è il quadrilatero ascritto ( rientrante ) . 2. Preso perciò un Settor Circolare, o minore o maggiore del Semicircolo, vien diviso 1' interm*>dio semidiametro, come sopra, dal Ci'ntro di gravità nella ragione dell'Arco al subses.- quialtero della sua Corda; lo che non ha luogo nelle due Co- liche in generale, perchè la rettificaziùneA^W l^eìho\a. e del- l'Ellisse da tutt' altro dipende che dalla sua quadratura; la quale scamhievole dipendenza all' incontro è propria del Circolo. 3. Sapendosi altronde colla Dottrina delle Coniche deter- minar di leggieri un Settore ellittico analogo ( salvo gli archi ) ad un circolare in tutti i rapporti, i due loro Centri di gra- vità divideranno proporzionalmente il semidiametro del primo, comunque diverso dai semiassi, ed il ragorio dell' altro; a segno che, senza più pensare a quell'area e qtiadrilatero del N.° i , si sustituiranno l'arco e la corda del N.° a. susseguente: le aree di questi Sf'ttori analoghi sono sempre proporzionali all' in- tero delle resppttive Figure; utilissima deduzione. 4- Piemesso ( Fig. 3. ) in qualità di Le(nma cogli aggiun- ti suoi Corollari , che il momento della t;uigente GF, in due parti eguali divisa dal contatto C colla Circoiifrrenza d' un Circolo, pareggia il wowe/z^o dell' altra tangente IH, non di- visa ancor essa pel mezzo in A suo contatto, poiché la pri- ma in ischiancio, la seconda parallela all'asse di lihrazione BS, e che il momento della tangente GF a quel della corda ]ML sta come i respettivi quadrati delle loro lunghezze men- tr' equiponderano riferite alla detta Libra le aree dei due Triangoli FEG, HEI quando \ momenti dell'aree dei due si- mili FEG, LEM han la ragione dei cubi delle respettive pa- rallele lor basi, e generalizzite con tutta destrezza tali pro- prietà identiche ( Fig. \. ) a' Poligoni regolari d'ogni sorte circoscritti ed inscritti, si passa a concludere 1' equiponderan- za dell'arco (Fig. 5.) LCM tramezzo ai Poligoni colla retta tangente HI, e del Settore LEMC all'opposto Triangolo cosi D I P I E T K O P E R R O W'I 197 librato HEI ; e provando ora il Metodo delle esaustìonì o de' lìmiti, ora il Cavaleriano dall' A. detto aureo, ^\ termina col -bel Teorema dell'essere il Centro di gravità dell' Arco d' un C/ircolo in quel punto del Raggio di mezzo ( dal colmo o po- lo al centro ), che lo spartisce { Fig. 6. ) di maniera, che sia BD a DE come 1' Arco alla sua Corda o Sottesa , o come il Settore al proprio Quadrilatero inscritto, o come il Settore al Triangolo inscritto nel caso del Semicircolo, cioè la Semicir- conferenza al Diametro. 5. Di qui procede la CirconFerenza del Circolo pari alla -terza continua geometrica proporzionale dopo la distanza dal Centro di figura del Centro di gravità della Semicirconferen- za { cadente nel punto mirabile della Quadratrice del Greco Dinostrato o Diocie, punto c'hiamatosi falsamente da Montucia a pag ICO del Tomo li. V origine della Curva come se non proseguisse colla stessa organica legge pai sotto) e il Diame- tro, ovvero il Quadrante alla terza proporzionale dopo la di* stanza medesima e il Raggio, come ancora qualunque siasi Arco di Circolo eguale alla quarta proporzionale dopo quella distan- za, il raggio, e la corda, e viceversa ; d'onde il Triangolo ed il Quadrato eguale al Settore ed al Circolo intero ( armonia., fraternità, rispondenza espressa e particolarizzata in più mo- di quasi gareggiandosi l'uno l'altro per l'eleganza - ^zc con- jurant arnicè •): di qui a Corda eguale all'Arco interno con- centrico del Settore, condotto pel Centro di gravità , e per- ciò i -due interni Archi concentrici^ varj di raggio, attinenti a due Settori di complemento del Circolo intero eguali tra lo- ro, avendo essi comune la Corda; e posto che fossero ciasche- duno Semicirconferenza del medesimo Cerchio, l'unica inter- na Circonferenza concentrica doppia del Diametro di quel Cer- chio: di qui il Centn» di gravità di tutto il Perimetro d' un Semicircolo situato sul R iggio perp^^tidicolare al Diametro, ma in tal punto , che lo divida , partendo dal vertice , come la Semicirconferenza al Diam^'tro; il Cr^ntro di gravità nella frec- cia {sagitta) d'un Arco è situato nel taglio di essa, contan- lyP» Saggio deli/ aurea Sintesi ec. ilo d:\\ colino ossia andandosi dritto verso del centro, che la divida nella ragione della differenza tra l'Arco e la Corda alla differenza tra quest' ultima e la cjuarta proporzionale geome- trica dopo la distanza del centro dell'Arco da (|uclIo di gra- vità, il catèto, e la corda , laonde il taglio riesce nel Raggio rispetto alla Semiperiferia come la differenza tra essa e il dia- metro a questo diametro: di qui finalmente spigolando rincon- trasi or qua or là qualche seme o fiore caduto nella prima Raccolta di tanta messe, come, a modo d'esempio, che il Cen- tro di gravrtà F dell' Arco ABC divide talmente la freccia BE nella ragion del Rettangolo ( Fig. 7.) della somma del- le tangenti AG, GC nella differenza tra l'arco e la corda al Rettangolo della corda AG nella differenza tra la somma del- le tangenti estreme e l'Arco interposto; ed oltre a ciò, che FD fra i due Centri a DE ha 1' istesso rapporto di AG ad AB, ossia del Bilineo AGC all'Arco frapposto: né manca tam- poco di qualche sapore geometrico la nuova general Propor- zione scoperta risguardante all'Arco d'un Circolo (Fig. 8.), cioè, posto D il Centro di figura, E quello di gravità o Cen- tro delle distanze dall'ipotetica Libra, BE : EG : : ABC - AC: quarta proporzionale dopo ED, DG, AC; laonde nel Semicir- colo la quarta proporzionale annullandosi come DG, torna in chiave il detto di sopra BE' : E'D : : A'BC — A'C : A'C, dedot- to adesso come mera specialità da un generale Teorema. 6. Assuefatto Viviani sin dalla prima sua giovinezza a geometrizzar con gli Antichi si provò ancora a sciogliere , e secondo lui vi riuscì, in siffatta materia, che aveva tra ma- fìo, da ogni vincolo di dipendenza dal Tetragonismo dell'aree delle Coniche l' argomento da lui qui trattato ; ed intanto fe- ce un passo più ardito , e fu quello di chiamare a soccoreo gli Indivisibili (MDCXXIX.) mediante il sagacissimo divisa- niento. segnato nella 9." Figura, di far dipendere dai Centri di gravità E, I de' simili Archi concentrici, in cui si vuole che si risolva il Settore ABCD , e dal Centro di gravità co- nosciuto L del Triangolo analogo in tutte le sue parti com- Di Pietro T* e r r o n i ii 99 parative MBN ({uello dell'area del Settore, che si ricerca, e coincide nella Libra BD maravigliosamente coli' ultimo. Gio- va qnindi all' A. considerar l'accidente del Centro di gravità posto. Nell'Isoscele a punto fer- mo e nell'altro ad archi scemi ( Fig. i5 ) il Centro di gra- vità N prende i tre quarti della distanza cognita DM del Centro di gravità M dell'Arco esteriore dal Nodo, e divide in mezzo MO; che però nel vero Archimedèo { non Proculia- 710 come piaceva dirlo a Vieta), ossia di tre Semiperiferìe, tutta la Freccia BD sarebbe a DN nella ragione della Semicir- conferenza esteriore ABC a tre quarte parti di AC sua Cor- da o Diametro . Non ha bisogno di prova che quanto s' as- petta all' Arbèlo scaleno, o semicircolare o scemo, il Centro di gravità N del Perimetro sia nell'uno e nell'altro sulla li- nea del maggior sesto o rigoglio dell' Arco massimo o ester- no, e come si verifica degli equicruri divida in mezzo la ret- ta OM determinata dal punto d'incontro della Retta IL con- dotta dai Centri di gravità dei due disuguali Archi minori qual linea di congiunzione. Indi passando a notare il Centro di gravità della Superficie d' un Arbèlo, pieno o scemo, pur- ché equicrure, esso riposa nel punto N' lontano dal Nodo D quanto importa sulla Freccia la parte della medesima conta- ta dal Nodo stesso, che sia sesquialtera della distanza del centro di gravità del maggior Semicircolo dal Nodo soprac- citato . D' onde nasce la conseguenza veramente inaspettata , che con qualche ragione dir potrebbesi un Paradosso, vale a dire che se l'y^r^èZo sia lo schietto isoscele d'Archimede, cir- coscritto da tre Semiperiferie circolari , combinano allora nel medesimo punto o coincidono i due Centri di gravità della Superficie dell' Jrbèlo e della Semicirconferenza o suo filo e taglio esteriore. In fine 1' A. risolve il Problema di ricavare da qualunque dato Segmento scemo di Cerchio Arbèlo sì fat- to, alla Superficie del quale abbia l'Area di quel Segmento un' assegnata qualsivoglia ragione di maggiore ìnugualità, pur- ché sotto la dupla, eh' é il Limite o- il Maximum , qual si verifica nell' Arbèlo equicrure . Di Pietro Ferkoni flo3 Or s'apre alla vista uno spettacolo del tutto nuovo d'in- finito novero A\4rhèU equicruri, non solo nel loro intero per- fettamente quadrabili^ ma divisibili ancora in altri innumerevo- li, capaci ciascuno di geometrica quadratura . Viviani imita in questa novità d'argomento l' istesso destro, l' arte medesi- raaj che adoperò nel far nascere dalla sua primaria Volta-a- vela quadratile o Fiorentina , cavata dall' Emisferica , altre Volte o Cupole secondarie, terminate tutte da altrettante Spi- rali sferiche , già avvertite e misurate da Pappo . E difatti V Arbèlo massimo o pieno circondato da quattro eguali Qua- dranti ( Fig. i6. ) ha un'Area pari a quella del Rombo-Qua- drato circoscritto dalle lor corde, ed il nodo o /;ec/«cc/o il più basso possibile: ciascun Arbèlo secondario, segnato con Archi sempre del medesimo Raggio, i cui Centri posano su i due Quadranti de! ripetuto inferior Semicerchio, il Nodo sale sempre più in su lungo la Freccia e finisce nel Centro del gran Circolo quando s'intersecano a sesto-acuto, o in guisa d'Arco Teutonico, i due Quadranti scambievolmente rovesci , e n'esce 1' ultimo ^rZ'èZo a quattro uguali Sestanti, eh' è quel- lo unico chiamato suo dal Vieta ; ciascuno di tali Arbèlì, di- ceva, equivale in Area al Rombo-obbliquo chiuso dalle quat- tro corde degli Archi proprj , ovvero alla metà del rispettivo Rettangolo, di cui la Corda sia base, altezza la Freccia. Os- servabile altresì sembra la prerogativa di tutti gli Arbèli di simil genesi e forma, cioè d'essere il perimetro cumulato del- le sue gambe eguale al perimetro scempio della sua base , si come avviene, a malgrado dell'assai diversa configurazione, negli Isosceli Archimedèi e a lor simiglianti. Non difficile è poi a concepirsi la seconda particolarità che ognuno dei nuo- vi Arbèli si scinda in altri Arbèli senza numero storti o sca- leni, i quali hanno i lor nodi sull'una o l'altra delle due gambe del massimo Arbèlo , il perimetro esterno uguale al- l' interno, e la Superficie che agguaglia l' Area del Romboi- de, i cui lati sono le Corde degli Archi opposti. Si fa manifesto dallo scrupoloso contegno da Viviani te- ao4 Saggio dell'aurea Sintesi ec. Huto neli' attribuir puntualmente ai Matematici predecessori o coetanei i loro particolari ritrovamenti , quanto faccia me- stiere essere in giorno con aver sempre presente la Storia del progredimento delle Scienze naturali e severe. Subitochè venis- se posta in osservanza perpetua tal Massima da tutti i Cul- tori delle medesime Discipline, non si sarebbe dato per aned- doto nuovo essere la Famigliar Curva proteiforme del Gre- gory ristessa della Cassiniana di Malfatti j dell'Isocrona di Bonati , e della Lemniscata di Bernoulli e Fagnani ( eh' ei volle incisa sul suo Sepolcro ) dal Saladini nel MDCCGIV tra le 3, Memorie „ della Parte II. del Tomo I. pag. 4^ ^^^ I"" stituto d'Italia quando nel MDCCXCII. s'era letta tal inti- ma cognazione nell'Opera De Calcalo Integralium Exercitatio Matliematica ( pag. 2,o6j ov' è ancora aggiunta una Spirica); né Pollini né Belli avrebbero tolta, il primo nel „ Catechis- mo Agrario „ non ha guari stampato l'unica e vera manie- ra di Piantagione regolare in esagoni al Tomo VI. degli „ At- ti „ de' GeorgoHIi di Firenze { pag. 2,5g, ediz. del MDCCCI ) senza citarlo, 1' altro nel Volume IX. de' Fisiocritici ( pag. 255. ediz. del MDCCCVIII. ) all' Opera Magnitudinum Ex- ponentialium ec. MDCCLXXXII 1' originai disviluppamento delle Potestà trascendenti od esponenziali. Anacronismo o ta- cito plagio parimente sarebbe quello di non accordare a Vil- lalpando nei suoi ,, Commentai] j, al Profeta Ezechiele ove illustra il famoso Tempio alzato in Gerusalemme dal Re Sa- lomone, o a Grieubergero la prima descrizione di quella Cur- va , che più s' avvicini alla naturai Sezione dell' Uovo , ma d'ascriverla a sé o a Teofilo Bruni, il quale avanti d'ogni altro, dedottala dall' Istrumento di Platone o di Diocle a squa- dre scorrenti per isciogliere il Problema di Delo, la divulgò nella Parte seconda ( MDCXXXI ) della sua „ Armonia Astro- nomica e Geometrica ,, scoprendone alcune delle di lei proprie- tà singolari, perocché oltre ad essere la Mediatrice, cosi no- minata come idonea a trovare due Medie proporzionali , ha 1' Ordinata massima eccentrica, o il colmo ed auge della Curva Di Pietro Fekroni '-1c<3 fuor del suo mezzo, come nel mio Lemnisco o Galano^ una del- le tre proj ezionì ortografiche e segnatamente trascurata del- la Volta-a-vela alla Fiorentina, ma non già la falsa quadra- tura da lui pretesa nel ITI. Teorema , laonde dette campo a Viviani d' assegnare in calce della „ Continuazione del Dipor- to Geometrico „ ( MDGLXXVI. ) tra i Modi varj ec. della Ricerca delle due Medie e delia Trisezione dell'Angolo ( pag, a8i. Fig. X.) il rapporto da Bruni negletto della maggior lunghezza alla maggior larghezza di i6a6|/3, ed allo Scrit- tore dell' Opera sopraccitata Z?e Ca/cM^o Integralium ec. d'ab- breviarne assai I' Equazione caratteristica , « dimostrare ad un tempo ( pag. 178-79) che l'Area di questa Foglia od Ova- le è -^ d^l circoscritto Circolo genitore. Giacché ho di passaggio rammentato pocanzi quell' Opu- scolo di Viviani intitolato il/ofi?i t^." Più: sarà ancora F il Centro di gravità della Super- ficie intera di esso Settore ; cosicché coincidano in uno i due Centri di gravità del contenuto e del continente. 7.° A malgrado d'essere isoperimetri i due spartimenti del Settore proposto, non son però uguali di mole: il Segmento sferico al Cono collegato con lui sta come i3 a la, e come i3; ia5 rispetto a tutta la Sfera. 8° Né tra gì' innumerevoli Settori minori dell'Emisfero alcun altro vi potrà essere, il quale abbia riuniti in un pun- to solo i due Centri di gravità nei Numeri 5.° e 6." divisati, che sia Centro del Cerchio ivi indicato. g.° Finalmente in riguardo ai Settori più piccoli dell'E- misfero, ma raen d' un quinto di tutta la Sfera, la Superficie sferica è sempre minor della Conica; e viceversa maggiore se più d'un quinto, che tra il più e 'I meno diviene il limite unico dell' uguaglianza. Se dunque nei Settori minori della quinta parte della Sfera sì il Centro di gravità del Volume sì quello del suo Contorno sta sotto il Centro F della Base circolare, comune al Segmento ed al Cono, verso del vertice A , ed al contra- rio nei maggiori sta sopra F verso di C ossia del polo, evvi luogo a questa Domanda . Ci sarebb' egli mai nella Sfera al- tro Settore, della cui Solidità e Superficie amendue i Centri "di gravità riducansiad unico e medesimo punto contuttoché questo non sia, come nel subquintuplo, il centro del Circolo base comune, che giunge insieme il Segmento e il Settore? Sì ; il diciassettesimo della Sfera ( suhseptemdecuplo ), che tro- Di Pietro Feruoni ^'^ vasi agevolmente prendendo CF, in iscambio di —, — del- l' Asse CA ; divisione , che non ha certo le stesse difficoltà come quelle per inscrivere un Poligono regolare di diciassette lati nel Cerchio mediante l'ingegnosissimo ritrovato di Gauss. Sono peraltro di minor numero a paragon del subquin- tuplo e meno vistose le proprietà^ che a questo Settore, unico anch' esso nella sua prima qualificazione seguente, competono. i.° Della sua Mole e della sua Veste il Centro di gravi- tà cade in un punto comune sull'Asse, ed è quel punto^che divide l'Asse del Settore dal vertice al ^oZo come iaa5(in ragione duplasuperbiparzientequinta all'antica), a differenza del superior Numero quinto. a.° In questo caso la Superficie conica del Settore dop- pia è della sferica^a differenza del superiore secondo Numero. 3. Sta il Settore al suo Cono come 289 324*^; il Seg- mento al Cono come 49 a 240 ; il Segmento medesimo , o Lente piano-convessa a tutta la Sf^ra come 49 a 49' 3' rela- zioni tutte razionali , e Corpi tutti in fra loro commensu- rabili . Arròge che in ultimo caldo il Viviani de' suoi peregrini concetti, e fatto lieto ed ardito a motivo di cotante e sì fe- licemente riuscite invenzioni somministrategli dalla ben con- dotta sua Sintesi, interrogò, sempre impaziente di cose nuo- ve, sé stesso dicendo: Avrebbevi forse nell'immenso numero dei taglj possibili d' una Sfera qual<:he Settore più grande dell' Etriisfero , della cui Veste il Centro di gravità cadesse nel Centro istesso di gravità e di figura di tutta intera la Sfera? Eccolo (Fig. 22. ); l' ho trovato: per mezzo della tan- gente DF = —3— si faccia BL sesquìaltera di LA: il Perimetro, che ricinge tutto il Settore BCOEQAB , ha di certo il suo Centro di gravità in B, Centro di tutta la Sfera e per con- torno e per mole ; ed è questo il Settor unico si fattamen- te distìnto. 2i4 Sagg;o oell' aukea Sintesi ec. Non parrebbe che dovess' esser , come tentandola per prova ella è, più scabrosa in un Cono retto simil ricerca de' due Centri di gravità della total Superficie e della intera So- lidità riuniti in un punto. Pure un Cono retto ^ il cui lato sia triplo del raggio della sua base ( e dee dirsi 1' istesso d' una cjualunque Piramide poligona regolare quando il catèto o apotèma della faccia-triangolo sia triplo del catèto del poli- gono-base ) è, sebben unico tra tutti i possibili, quello, che sod- disfa a tale inchiesta . Imperocché nello Spaccato o Profilo segnatosi colla sS." Figura, prendendo DE quarta parte, DF terza dell'Asse BD , il primo punto E mostra il Centro di gravità del Cono, F dt^lla sola convessa sua superficie^ D quel- lo della piana sua base , terza parte della Superficie conves- sa ; laonde DE essendo tripla di EF { due Bracci di Lieva al- l'inverso), e perciò pareggiandosi i due momenti della Su- perficie conica e della Base, si bilanciano in E come tutto il Cono 7\BG: e di questa coincidenza d'entrambi i Centri la Ste- reometria universale , oltre a molti altri solidi che dà in esem- pio, cioè le Forme parallelogramme, prismatiche, cilindriche, Sferiche, sferoidali, e tutti quei Poliedri regolarmente o si- metricamente ordinati , i quali si generassero dalla ruotazio- ne di Poligoni adscritti, inscritti, o circoscritti al Circolo, al- l'Ellisse, ec. intorno ad Assi comuni , appresenta ancora in aggiunta Modelli di Corpi appuntati o di desinenza diversa pili o men cuspidati o a meglio dir rotondati ai termini de' proprj Assi, a differenza dei Settori e dei Coni testé contem- plati. Rispetto a questi ultimi merita d' essere esposta all'oc- chio geometrico l'altra notevole circostanza, che ciascun di loro secandosi con un Piano GH parallelo alla Base AC, il quale passi per E, punto d'union dei due Centri restano proporzionalmente divise la Mole e la Veste tutta del Cono nella ragione medesima , ed appunto nella numerica del 87 al 27; il primo numero o antecedente rappresenta il Tronco in- feriore, ed il conseguente la superior parte, eh' è acuminata e finisce nell'apice. Difatto ABC :GBH ( nel Solido ):: 64 .-27. Di Pietro F e ii r o n i a i 5 Dunque intanto AGHG : GBH : : 07 : 2.^. E rispetto alla Superficie si ha ABC : GBH : : 16: 9, AGHG : GBH : : 7 :9,ed AGHC-f-AC: GBH: : '2. y : () : : ■i'j : 0,7 , vale a dir come so- pra . Glii ulteriormente cercasse qual sia il Centro di gravi- tà della Superficie totale , unita cioè alla convessa la piana d'un Cono retto, lo troverebbe nel punto, dove l'Asse ri- manga diviso (contando dalla sua cima) come due Lati del Cono con tre Raggi della sua Base a un solo Lato. Ove più brillano, a mio sentimento, la forza e vivezza del così giovin com'era Viviani { quinqiie superiora haec tan- tum, et quidetn insignia Theoremata, a me vigesimum quar- tuni circìter aetatis annum agente repertà , ac demonstrata, multìsque postnwdum curn Amicis communicata, pag. 3i. del n. Libro del MS. ) si fa palese in alcune Proposizioni som- marie concernenti i MAXIMA de' CONTINUI VARIABILI, difHcultosi a determinarsi mediante la Sintesi, quantuncjue facili a trattarsi da Hudde e Schooten in poi all' Analisi al- gebrica. Ma avanti di farne parola giova di finir la Teoria dei Centri di gravità applicata nell'ultimo Esempio al Quadran- te solido.d'una Sfera, terminato da due Seniicircoli massimi disposti ad angolo retto, che torna a' dir circoscritto nel re- sto dalla quarta parte di tutta la sferica Superficie. Si desi- dera il Centro di gravità non dell' intera sua Veste, ma del solo Quarto di sferica Superficie convessa, che gli appartiene? Viviani risponde. ., Se tu tagli 1' Asse del Solido ( eh' è il Rag- ,, gio dividente per metà quel Quadrante di Circolo massi- „ mo, il quale divide il quarto della Superficie sferica in due „ Triangoli sferici equilateri o trirettangoli ) di tal maniera „ che tutto alla parte sua voltata verso del centro stia come „ la Diagonale al Lato di qualunque Quadrato; ivi appunti- „ no sta il Centro da te bramato; o segnalo con più agio nel „ punto di bisezione della Corda deli' accennato Quadrante „ di Circolo „ . E dove è riposto 1' altro Centro di gravità della Mole dentro delT intera Veste compresa ? „ Dee allor ai6 Saggio dell'aurea Sintesi ec. ,, farsi il taglio del Raggio stesso centrale nel modo ciie se- „ gue , cioè ancor qui tutto ed una sua parte ìncommensu- „ rabilì ( come fu innanzi 1/2: i ), ma con divisione men sem- ,, plice, perchè dipendente da ^/3a, e sempre però dall' istes- fi so Quadrato. — ,, Taglisi il solito Raggio centrale talmen- j, te che tutto al suo segmento verso del centro stia come 5, la Diagonale medesima d' un Quadrato a tre quarte parti ,5 del Lato suo proprio, cioè [/a : — equivalente a i/Sa : 3 „ avvertita di sopra . Lo che si dimostra anco in una seconda maniera colla serie di sfoglie di Superficie curve concentri- che nel Quadrante^ e di Circoli paralleli iti un Cono analo- go, preso qual termine di paragone. Celebratissima è stata, malgrado che nei suoi più cos- picui particolari poco conosciuta o men voluta conoscersi dagli Scrittori oltre 1' Alpi ed il Mare, quella parte di Storia della Geometria, coltivata e promossa molto più in là del sapere dei Greci a noi pervenuto , spezialmente in Firenze all' età felice di Torricelli. In tempo che gli Eruditi e Gram- matici di primo grido s' intertenevano e disputavano di Lin- gue dotte, ed altri di loro interpetravana a gara o* volgariz- zavano i Classici Greci e Latini, e comentavano ancora le Pro- se e le Rime dei Fondatori del Volgare Idioma , laddove gli ultimi di grado e di stima si vantavan del novero ben con- tato dei versi di tutta l'ILtADE^ ( 1 5788 ), alcuni attendeva- no ad ispiegar io perchè in certe Colonne Milliarie della Da- cia antica, alzatevi da Trajano o in quel torno, ossia Panno- nia, Transilvania, Vallacchia, Moldavia presso le foci dell' I- strOj il segno 53 trovatovi inciso valesse il M Romano , e co- me il ^ per Centurione o Centuria v'abbia il significato me- desimo della Sigla o Cifra A de' Greci , e molti più diletta- vansi di cose frivole o di vane o allegoriche ed alle volte superstiziose quistioni , Evangelista Torricelli nato in Piancal- doli il MDCVIII., vivuto soli XXXIX. anni, era già l'Archi- mede dell' Etrusca Romagna, non ostante ch'egli sempre ag- Di P I e t u o F f n n 0 n I ài 7 gradisse di nominarsi Faentino perocché suole amarsi qual Patria il Paese non suo , dove la fanciullezza e 1' adolescen- za siansi educate nei Rudimenti dell' Arti e dell' amena Let- teratura. Tra le preziose ^ ed ancora inedite di lui Produzio- ni, dal MDCXLVII. in poi o per imperizia o per gelosia o per invidia o più presto indifferenza o dimenticanza lasciate fuor della stampa se ne ravvisan parecchie di Trovamenti così luminosi che il modo eccellente, il filo sottilissimo del discorso, l'ordine lucido del ragionamento sintetico, e ad un tempo stesso la rara concisione , la singolarità e semplicità delle Prove, alla pari, se non ancor più, delle sue Opere impresse nel MDCXLIV. , comparirebbero , riportate all' e- poca in cui furono scritte, portento d'ingegno a quei me- desimi Analisti sommi, pe' i quali usando dell' Algoritmo analitico sarebbe scherzo e quisquilia inventare, risolvere, e dimostrare si fatti Teoremi e Problemi. Mersenno, Niceron, Fermat , Roberval tra i Francesi, Wallis e forse Barrow In- glesi lo laudavano a cielo, e si giovavano della franca eoniu- nicazione amichevole di alcuni de' suoi più consumati peur sieri. Una scelta di questi spedita ai Matematici Oltramon- tani circa al MDCXL. e divisa in LIV. Proposizioni si con- tiene in un suo Racconto , rimaso sempre segreto sino alla pubblicazione della di lui Vita Latina citata di sopra , po- stovi intero com' ultima Nota , ed a cui Perelli assistè con- frontandolo esattamente coli' autografo del Codice allor Pala- tino. Contemporanee ai suoi studj e lavori diottrici ed all' invenzion del Barometro insiem col Viviani, la quale in ad- dietro voleva togliersegli da Pascal , ed or dal contesto di due Lettere del Bàliani anteriori , ove dice aver egli posto a cavalcioni d' un Monte un Sifone sperimentale ( T. II. p. 106. Tav. Vili. Fig. VI. „ Memorie e Lettere inedite finora e di- sperse di Galileo Galilei,, MDCCGXXI ) , il Valentuomo as- serisce essere state le proprie speculazioni sopra i Classimi e Minimi, ed intorno ai Solidi Vasiformi o Bicchieri Geometrici di varie foggio , dei quali si parla nella Prefazion d'un Filolo» Tomo XIX. 28 ai8 Saggio dell* aurea SrNTEsr ec. go alle „ Lezioni Accademiche „ innanzi allegate ; coli' ei> ror grave però che un gambo di questo o quel Vaso fosse a guisa di Solido infinito Jperholìco-acuto in vece di Parabo- lico. Imitatore Viviani e Collega di Studio del Torricelli se- gui le sue orme nella stessa spinosi carriera ; ed aveva in- tenzione di produrre alla luce più di trenta anni dopo del Condiscepolo nel Libro IL dei Centrobarìci i V. tra i prin- cipali Trovati , collocandoli in mezzo ai Teoremi XVI. e XVII: imperocché (egli scrive ) ea nemo, quod scìam ante nos de- texerat , ob ìd fortasse quod nec eadem ante nos pergiiiren- da suscepent ; ben sicuro, che si quìs horum. demonstratìo- nes desideret , eas sìbi facile comparabit , sic certior jam fa' ctus de ventate hujusmodi Conclusionum . All' occasione in somma del Centro di gravità di tutta la Superficie, e di quello di tutta la Mole d' un Cono retto, concorrenti in un medesimo punto qualora il Lato del Cono sia triplo del Raggio della sua Base, spingendo la considerazione più oltre si rinvennero da Viviani le Verità , che adesso non in lettera , ma in sentimento trascrivo . I. Quel Cono or or rammentato è il Maximum di Vo- lume o Capacità a confronto di tutti gì' innumerevoli suoi isoperimetri . II. Tra i Bicchieri Conici, Cyathi , ( in passato di mo- da), eh' abbiano eguali le sole Superficie curve, esteriori o interiori, il Maximum di contenenza si è quello, nel quale la Potenza o Quadrato del Lato sia triplo del Quadrato del Raggio del Circolo ossia Bocca del Vaso . III. Dei Bicchieri Cilindrici ( presentemente in usanza alle Mense ) , i quali abbiano eguali le Superficie curve uni- tamente alle Basi uniche, il pregio del Blaximum di Capa- cità fra questi Cilindri aperti tocca a quello , dove il Lato s' agguagli al Raggio della propria sua Base. IV. Maximum di vuoto interno egli e poi privilegio tra ì Cilindri chiusi, in totalità isoperimetri, di quell' unico, il cui Lato sia doppio del Raggio della circolare sua Base . Di Pietro Ferroni aig V. Archimede avendo provato, che dalle Tazze o Bacini figurati a Callotte rovescie di Sfera, ed eguah di Superficie curva convessa , sia il Maximum di vano o capacità 1' Emis- ferico , a supplimento di questa Dottrina si dimostra egual- mente, che tra le Porzioni sferiche i^o/^enVwef re, contato an- cora il Coperchio della lor Bocca, conviene il Maximum a tutta intera la Sfera . Risulta adunque dal brevissimo cenno, che qui piacque a Viviani di dare ai Geometri qual frutto prematuro de' suoi avanzamenti in esaminar le affezioni delle Grandezze varia- bili nella lor dimensione, quanto presto giunger dovesse, siccome fu , a vaticinare il contenuto nel V. Libro delle Co- niche d'Apollonio, che sapevasi secondo Pappo ed Eutocio, anibidue Scoliasti, esser dell' istessa materia scientifica da esso ]ui coltivata : e per consenso dei Matematici tutti lo indovinò di maggior momento, e in alcune parti piìi profondo del Testo medesimo tradotto dall' Arabo mediante un incompiuto Co- tlice Mediceo dal Maronita Abramo Eccliellense colla scorta d'Alfonso Borelli, ad eccezione delle perpendicolari o wiraime rette da punti fuori dell'Asse di quelle Curve; mìnime dipen- denti in genere dalle Evolute, e non omesse in particolare dal Geometra di Perge in Cilicia . Mentre che Viviani occupavasi di queste non ordinarie investigazioni Geometriche , e stendeva e comunicava agli Amici i suoi ritrovati con quel discorso , che copioso ma non ridondante nulla lasciava a desiderare perchè al Leggitore non facesse mestiere ricorrere ad altri, onde capire i di lui insegnamenti, Torricelli era mancato di vita , poco dipoi Ca- valieri morto , e Ricci da Innocenzo XL elevato alia Porpo- ra , e s' erano consegnate sotto sigillo in sustituzion dei due ultimi da Ferdinando IL a Viviani tutte le Carte legate e volanti , che Torricelli innanzi della metà del Secolo , in cui fioriva , ai primi due aveva lasciate raccomandando loro la pena di sceverarle , ordinarle , e se ve ne fossero state de- gne , produr queste sole tostamente alla pubblica luce. L'È- aac Saggio Sull' aurea Sintesi ec. secutore testamentario Lodovico Serenai, l'Erede Panzaninì, il Gran Duca sollecitarono spesso, ma sempre indarno, Vivianl a non privar la Repubblica Letteraria di cotal tesoro, che di- vulgato subito in tempo avrebbe onorata di più la Toscana per l'anticipazione di molte Scoperte quindi dischiuse in sul cadere del Secolo XVIL mercè della chiave valevolissima del Calcolo differenziale e integrale . Contenevano alcuni di quei Foglj rnanuscritti Ricerche in parte consimili alle premesse Centroharìche Vivianèe ; e presero da questa simiglianza di subjetti motivo di sospettare intorno alia vera causa della detta disoibifante tardanza i mal sofferenti la segnalata re- putazion del Viviani, tra i quali nominatamente Magliabechi e Borelli . Nel preallegato Volume delle Fabroniane Vite Lati- ne il Biografo franco scrive in qua (re) gerenda t ardii as ^ et procrastinatio illius ( Vincentii Viviani ) fuit odiosa (pag. 366.); ed altrove ( pag. 3ar. ) a simulatione et astutia non semper aliena natura Viviani, et artes Magliabechìi et Bo- rellii, qui quae erant in iis invidiosa, turbulentis consiliis in- 'vidiossima faciebant ; ed in ultimo (Sa^) vuole che le Opere del Viviani siano Scripta piena querelammo et insolentis e- tiam ostentationis . Quando tutto ciò , che viene apposto al grand' Uomo ^ del quale si parla , fosse nella sua pienezza in- dubitato difatto , porterebbe a far nascere il dubbio ( e fu questa per avventura la mira de' suoi detrattori ) ch'ei si giovasse dei MSS. Torricelliani affidatigli, né mai s'induces- se perciò a renderli di ragion pubblica colla stampa. Ma d'altra parte quei MSS. ;, che il Gran Duca Leopoldo si com- piacque concedermi di consultare agiatamente da cima a fon- do in tempo d' ozio domestico, e dei quali e di tutte le loc particolarità ho dato più speciale e minuto ragguaglio nelle precitate ANNOTAZIONI, cui richiama il mio Supplemento alla Dottrina Torricelliana sopra te Coclee , hanno pochissi- me cose riguardanti ai Centri di gravità, e diversissime tut- te dalle esposte di sopra {Racconto c.° ai N.' IX. X. XXIX. XLVII, XLIX. L. LIV. ) ; Viviani cita Torricelli ove occor- Di Pietro Ferhoni aat re ( pag.* i4- ec. del Libro II. ); nei Centrobarici di Viviani manca il Centro del Segmento solido della Sfera ed il suo coincidente accennato in quello d' un tal Conoide Iperboli- co ( prova di che mi riuscì di supplire nell' Articolo iv. a pag. 5i - 5a, Fig."* g. del Supplemento testé ricordato ), ed era la gioja da più apprezzarsi per adornarsene ; il fiore , il sublime della Statica metafisica , e dell' uso o sua applica- zione al Continuo colla maggior finezza e sagacità Torricelli avealo già divulgato nell' Operetta De dimensione Parabo- lae ; e finalmente intorno ai Massimi e Minimi tiitt' altro ha Viviani di (juel che leggesi nello Scritto inedito ( N.^ XXV. XXVI. XXVII. dell' istesso Racconto ) sino al MDCGLXXVIII. sull' istesso argomento considerato da Torricelli. Concludo , all' effetto di togliere ogni suspizione di pla- gio, o scoperto o larvato^ che dalle bozze in picciole Sche- de del Carteggio autografo del Viviani al Cancellier Serenai si appalesano due osservabili circostanze. La prima si è che quando nel MDCLXX. , o in quel torno, ei preparavasi a dispor tutto per dar 1' ultima mano non tanto alla riordina- zione de' suoi quanto degli altrui MSS. perchè fossero in grado d' andar sotto il torchio corretti e limati , fu tratte- nuto dal debito d' esser presente per pubblico incarico a di- rigere la riedificazione del Ponte, detto di Riboccai ura, s\i\- r Ombron di Pistoja , e dell' altro minore per trapassare il contiguo Torrente Arzana , centinato a Cicloide in onoranza del Lincèo suo Maestro, e ad allontanare oltracciò l' Ombro- ne istesso dal piede della Collina , eh' e' corrodeva , su cui maestosa risiede la Regia Villa del Poggio- a-Cajano , coli' a- prire al Fiume nelle opposte Prata un nuov' Alveo , e fab- bricarvi un Ponte murato a squadra della corrente dell' ac- qua, ed in dirittura dello Stradone arborato, che fa capo a quelle ampie Cascine ; progetto da me ripetuto dopo la ro- vina accaduta di un' innalzatovi moderno Ponte di legno . Consiste la circostanza seconda nel ricavarsi dalla lettura del- le Cartuccie medesime che Viviani avesse in animo di pub- ^2a Saggio dell' auhea Sintesi ec- blicare insieme le sue colle Opere postume del Torricelli , e massimamente quella De terehratìone SoUdorum ^ la quale s' aggira sulla misura in ispeoie dei Corpi rotondi antiulari ( come in seguito e in altra favorevole congiuntura forse po- trò darne cenno), di mi egli largì solamente e fece pubbli- co nel MDCXCII. r Aenìgma Geometricum relativo alla nuo- va Cupola , con quattr' Occlij d' un favoloso Tempio alla Geometria consecrato, die mosse cotanto rumore , ed altret- tanto credito accrebbe a Viviani presso i Matematici di tut- ta Europa, non esclusi i Frariresi ( Montucla I. o. a p." 94- del Tomo II. Fig." 3i. Tav." III. ), parchi sempre in lau- dare, e spezialmente Scrittori d'Italia, ancor quando eli' era Terra de' vivi , e non quale si degnano adesso di prover- biarla Terra de' morti. J'^aJc. _l f^'^oy^e^n.pa. .pa^. : aa3 SOPRA LA INTEGRAZIONE DELLA FORMULA dx ( ì -t-2,q X cos.Cp •+- g'^ x'^ )"~' I TRA 1 LIMITI X = O, X-= , E TUA I LIMITI X = O , O" = I . MEMORIA DI GIULIANO FRULLANI P. PROF. DELLE MATEMATICHE SUPERIORI NELL'UNIVERSITÀ DI PISA Ricevuta il giorno 4- Febbrajo 1818. Presentata DAL SOCIO SIG. PIETRO PAOLI ED APTBOVATA DAL SIGNOR PRESIDENTE RUFFINI i la le numerose ricerche da Etiler intraprese sopra gli integrali tlrfiniti, non mi è avvenuto di trovar completamen- te trattata la formula /. dx integrando tra i limiti x = 0, x=. — . Nel caso di n nume- ro intero questa formula può integrarsi anche indefinitamen- te con un processo di calcolo che la riduce a dipendere dal- l' integrale fi '■ ( i-»-ayicos. jì-»-3*x')"' »_a\.— a iia4 SOPKA LA INTEGRAZIONE DELLA FoRMULA il quale pure dipenderà da una simil formula dell'ordine n — 3, e così gradatamente discendendo giungeremo alla formula la più semplice di questa specie dx A i-+-ayrcos.^-t-9*x' la quale può completamente integrarsi. Ma quelle riduzioni che Giovanni Bernoulli, ed Euier posero in uso, non rende- ranno in generale piìi semplice la formula proposta se ?i è frazionario , o comunque . Con tutto ciò da quelle riduzioni si può trarre un partito, ed è di formare con il lor mezzo una equazione differenziale da cui la proposta formula dipen- da , e questa Equazione ridotta molto semplice per l'evane- scenza di alcuni termini ai limiti x = o, a: = ' , rappresen- terà la formula stessa presa tra quei limiti. Per tanto la in- tegrazione darà il valore cercato , o espresso in un numero finito di termini conosciuti , come quando sarà n intero, o lo farà dipendere da una trascendente irreducibile, o primitiva come per esempio quando n sarà frazionario . Ed in questo caso ancora I' indole della proposta funzione sarà determina- ta. In questa breve Memoria mi propongo di dare un'anali- si completa di questa funzione, di cui anche esporrò qualche uso nella dottrina delle serie per alcuni casi particolari del- l'esponente il. I. Sia data pertanto la funzione _ r dr •^ y (i-i-3,gxcos.(p-i-i/''x^y~' che debba integrarsi tra i limiti x = o, ^ =—. Differenzian- do rapporto a (p , avremo I dr f" rdx Dalle riduzioni che fanno dipendere i' ordine n dall' or- dine n — 1 nella formula Di Giuliano Frullani aa5 xdx h abbiamo (*) come è facile il verificare. / xdx {i-t-sqcoi.(f) (i-t-aqxcos.cp-^-q'x^)" a(n— i)y''sen.*,^(i-i-2jxco8'^-»-5"a;»)'«-' dx (M) _±n-ì)cos^ r 2(/i— i)jsen. (p J ( (i-l-2ya-cos.(?i-«-5"x")" Il termine libero dal segno d' integrazione può mettersi sot- to la forma I —(qcos.tp-^ — ) [I n—a. an— 3 1"— » i—n . n—i , n — i 1 X -4-2jco3.(pa: -»- q^x 1 È manifesto ora che acciò questo termine non divenga infi- nito quando x = ~ , conviene che sia re>a (**); ed ammessa questa supposizione^esso svanirà al limite x^= — . Al limite poi a? = o , diverrà 3,{n—iìq'6eiì.

a.{n—\)q.^^(pj (i-t-aj^cos.^-t-j'*'')'*"' Ma abbiamo supposto tra quei limiti stessi dx y ' J («-»-*' a ^;ttni*-i e ne abbiamo dedotto ( ♦) Euler Instit. Cale. Integ. T. i . §. Sg. (**) È chiaro che il nostro termi- ne non diverrehhe infinito ancor che ciò ho preso n>2 perchè , come ve- dremo, la determina/.ione dell'arbitra- ria esige questa condizione , acciò la proposta formula non divenga ::: 00 ti a i prescritti limiti Tomo XIX. ag fosse n > solamente. Con tutto 2 aa6 Sopra la integrazione della Formula I ày r xir^ Quindi sostituendo, ottenenio anche I dy I (afi— 3i os.^ ciò è, moltiplicando per a(« — i) ^sen.i^ S = -hr -(a«-3) ^^^ y . d(p yseii.^ ^ ' seni;} ■> Equazione lineare del primo ordine. Integrandola , avremo G-H-L/,/^.sen.(^ ). 1 J ì E quindi ancora ——ara— 3 ^ ——ara — 4 jKsen.i^ = e -f-~ / É?<^sen.<^ Se in questa Equazione faremo ^ = o , si troverà che l' ar- ^— ara — 4 bitraria C deve esser nulla ; infatti la formula fd(psfn.(p svanisce se (^=0; come è facile il convincersene, rammentan- dosi che re>a {*), e che si ha %tn.(5:=(5 2^ H ^—r — ec. ' ' a.3 a.3.4-5 D' altronde , quando

a. Se fosse <2 sa- formula proposta avrebbe essa pure un ara — 4 j valore infinito. rèbbe/(/^. 8en..ji =: 00: Sarebbe quin- Di Giuliano Frullami 227 Onde apparisce che la formula proposta dipende dall' inte- — — 2,n — 4 graie indefinito fd(p.sen.

m sen . (p d(p ed il termine qualunque A dalla Equazione a -m st u.(p. COS. a(p.d(p purché in ambi i casi si estendano gli integrali tra i limiti ^ = 0, . Queste Equazioni equivalgono manifestamente alle seguenti : '^■^^f sen. (p. seti. a(p.d(p:= — / sen. l4-"'l_cos .ò(p—ec. . 1 f^^t^li Di Giuliano Frullani a3i , __ a 4 I cos.a^ cos.41^ cos.6(jl Come altrove ho dimostrato. , ^ ^ - ^„«.*^, — .-,^. ^^„.6(fi COS. Olii , ^ E se vorremo poi il valore di fsen.(p d(p preso in modo che svanisca quando (^=0, lo avremo integrando la ottenu- — — m ta espressione di sen. J (i-Hayjrcos.?ì-f-y^a;")"-' Suppongasi ora _ r d_x_ ■^ J (l-t-2,qxcos.(p-t-q^x')''~' Quindi dedurremo I dy /^ xdx 2.()i—i)qsen.(j> d(p J (i-t-ayxccs.yl-t-j^ar")"- * Sostituendo ora questi valori nell'Equazione ottenuta, si avrà moltiplicando tutto per 2.{n — i)qs*:n.(p dy I ! '^'^r-'^'f^ (ara— 3) '^"^■^.y . ri^ qien.(f qì&n.(p(\-\-2.qcos.((i-*-q^)'' ' ^ sen..^ ■ Equazione lineare del primo ordine. Integrandola, si avrà Questo sarà dunque il valore della funzione y-^^_^^^^^^J^^^^,^,^„_. presa tra i limiti x=o , X'^i. Determineremo facilmente la indeterminata C osservando che supposto « > 2, , nel caso di (pz=o svanisce la quantità I I sen . (35 — ■ — .^ , „_. I (m onde nella Equazione ottenuta moltiplicando tutto per Di Giuliano Frullani 233 —un— 3 sen.i^ , ed osservando che nel caso di ^ = o si ha tra i dati limiti r troveremo, sostituendo, C = o. Sarà dunque finalmente f £f _i_ /ìsen T - i.-^?coB.^)sen.^ y^ J {i-i-2qxcos.