l ili^:^. A MEMORIE DELLA SOCIETÀ ILALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XX. FASCICOLO PRIMO DELLE MEMORIE DI FISICA. ! h l'i ¥t[ :* vl'_ 9. // /4 f \\ V -O!'^.!'' T'I ::!r;l>»i MEMORIE DI MATEMATICA E D I F I S I C A DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XX. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI FISICA. MODENA PRESSO LA TIPOGRAFIA CAMERALE MDCCCXXIX. Ì^A 3 j ì ^i w> ' A ì J A'i'l A'*A^r I.i ' ^' l'I :■ r "^ A ;. . : ' i INDICE DELLE COSE CONTENUTE NEL PRIMO FASCICOLO DELLE MEMORIE DI FISICA DEL TOMO XX. Ri .iflessioni sopra una malattia delle vie orinane os- servata da VINCENZO GAETANO MALACARNE Pag. i . Di alcuni pesci del mare di Puglia, Memoria dell'ARCI- PRETE GIUSEPPE MARIA GIOVENE ai. Supplemento i.° e a.° alla Memoria intitolata Critto- game Brasiliane inserita nel Tomo XIX. e tavole per servire di corredo alla medesima DI GIUSEP- PE RADDI 43. Sull'influenza del Magnetismo nelle chimiche combi- nazioni, sperienze del DOTTOR PIETRO CARPI 55. Considerazioni sullo stato attuale della Fisica del cor- po umano in opposizione ec.^Memoria del PROF. STEFANO GALLINI 81. Melastome Brasiliane di GIUSEPPE RADDI 11 1. Sopra un Galvanometro con nuove aggiunte, Memoria del CAV. LEOPOLDO NOBILI " 178. Sperienze sopra la bile. Memoria del PROFESSOR DO- MENICO MORICHINI 186. Circa la pretesa inutilità delle dottrine fisiologiche per la patologia ec. Memoria di STEFANO GALLINI ai3. Osservazioni intorno ad un particolare movimento prò- dotto dal calore ne' livelli a bolla d'aria, Memo- ria del DOTTOR GIUSEPPE BELLI aSa. Quadro nosografico clinico di generale risultamento . delle malattie trattate nella Clinica ec. di Pado- va dal PROFESSOR CONS J" VALERIANO LUI- GI BRERA a88. •ri, ,...> • -' .r-.i' MEMORIE D I FISICA RIFLESSIONI SOPRA UNA MALATTIA DELLE VIE ORINARIE OSSERVATA DA VINCENZO GAETANO MALACARNE MEDICO E CHIRURGO IN PADOVA MEMORIA Ricevuta li 7. Dicembre 182.4. Sic enim ignavia ipsa non dissimulata Uledicinam docehit) atque infellcibus periculis praeeuntibuSj clinica fuadamina jìrmiori talo resurgent, Roncalli Faiolino Historiae morboTwn 1741. Vi sono alcune malattie per loro natura così gravi, che eludono i più ben diretti tentativi dell' arte medica, per le profonde radici che hanno, per la inaccessibilità degli orga- ni affetti, per la inamovibilità delle cause, perchè preser- vano da morbi peggiori, perchè non ne siamo ancora arriva- ti a conoscere la intima essenza, o perchè ce ne è ancora ignoto il rimedio. Quelle degli organi uropojetici in quanto possono spet- tare alla viziata secrezione essendo quasi sempre effetto o sintomo di altri morbi , da essi assumono la maggiore o mi- Tomo XX. A a Riflessioni sovra una malattia ec. nore gravezza pronostica; ma in quanto alla viziata escre- zione o eliminazione della orina fuori dell'organo cavo in cui viene da' reni depositata, costituiscono sempre una malattia essenziale e grave, qualunque ne sia stata la causa, e ciò per r una o per 1" altia delle addotte ragioni. Di tatti se è della massima importanza nella animale economia la separazione dell'orina, e con essa di molte so- stanze la cui diinora nell' organismo è capace di disoidinar- iie notevolmente le funzioni , non lo è meno la eliminazio- ne assoluta e verificata precisamente a quegli intervalli, che dalla vicendevole relazione delle viscere e delle funzioni or- ganiche sono stati prefissi. E perciò appunto gioverebbe che r arte salutare possedesse mezzi pronti ed efficaci con cui repristinarle , quando all' opposto la dottrina de' morbi ori- nar] è ancora ben lontana da quel grado di perfezione che in vano si cerca ne' codici degli Osservatori , e tanto meno ne' trattati degli Institutori. Che se le osservazioni di Ippocrate il quale ci lasciò tre importanti aforismi sopra il presagio di tali morbi (") , e le indagini di Morgagni, di Hunter , di Desault , di Home e di molti altri sommi ingegni non vennero coronate da un risul- tamento cosi completo, non di meno rischiarando con la fa- ce della anatomia patologica alcuni punti, diedero luogo a più sane teorie, e vennero così a rettificarsi alcuni metodi curativi. (*) Ecco il tenore di questi aforiémi- Dà multo a temere la veiisica dura e do- lente, ma è segno mortifero se è ac- compagnata da febbre continua , essen- do che i dolori derivanti dalla vessica tono valevoli ad apportare la morte ;e il ventre non manda fuori in que- sto tempo , se non qualche poco di materia dura, e questo anche a for- za ... ei altrove^ guarisce costan- temente questa iiifeimità se l'orina sarà m irciosa , con sedimento bianco e leg- giero .... Nel terzo aforisma poi spie- ga ancora più tate pronostico. Se do- po una tale orina non si placherà il do- lore né sarà resa moibida la vessica, e la lebbre continua persisterà, tì è gran timore che ne' primi periodi del male r infermo se ne muojd. Del Pbof. Vincenzo Malacarne 3 Per le quali cose quegli ulteriori fatti che si vanno rac- cogliendo al letto dell'ainmalato, o nelle autopsie cadaveriche, debbono portarsi a comune notizia perchè paragonandoli ad altri consimili, ne può venire in chiaro una più plausibile spiegazione^ e può forse risultarne per la pratica (jualclie al- tro mezzo curativo o palliativo , onde porgere contorto alTin- fermo dalle più crudeli ed incessanti angoscie tormentato. Sembra che queste riflessioni abbiano indotto mio Padre ad inserire nel Tomo terzo degli Atti di questa Società stam- pato nell'anno 1786. le osservazioni sulla struttura e sulle malattie degli organi uropojetici, che fin dall'anno 1776. ave- va raccolte , e furono poi sanzionate anche dagli Inglesi os- servatori. Quel Sarcoma bifido segnato GH nelle sue Tavole i.", e a." da non confondersi col Trigono di Lieutaud ^ che non si vede se non nelle vessiche orinarie de' vecchi , ossia quel risalto circolare formato dal gonfiamento grassoso del contor- no inferiore del collo della vessica , che altro era esso mai , se non il lobo medio della prostata riconosciuto nelT anno 1807. dal Chiarissimo Everardo Home, e descritto nella se- conda figura della Tavola annessa al suo Trattato delle ma- lattie della prostata ( Traduzione del Dottor Calmi 8." Mila- no 1821.)? E queste istesse considerazioni mi indussero a pubblicare la seguente osservazione clinica desunta dal mio esercizio pratico in Padova per l'anno 182,1. Il Signor C. B. D. P. illustre Magistrato di questa città era da circa sei anni crucciato da tormentose ambasce ogni qual volta doveva espellere le orine, senza che di calcoli, di precedute affezzioni celtiche, psoriche, od altramente acqui- site o ereditarie vi fosse il menomo motivo di sospettare. Il temperamento di questo Signore era nervoso e sommamente irritabile benché in origine linfatico, con predominio epatico e per conseguenza irascibile anzi che nò, ed inchinevole alle ipocondriache affezzioni. Parecchi di que' Medici di questa città che godevano la maggiore estimazione^ intervennero con i loro consigli, e chi- 4 Riflessioni sopra una malattia ec. rurgiche operazioni a porgere ajuto a questo Signore infermo nelle sue aiijiustie, però sempre con poco o nessun sollievo. Pil- lole, polveri, decozioni, linimenti, empiastri, cataplasmi, fo- rnente, bagni, acque, tutto fu adoperato indarno, e invano si tentò con la siringa, con le candelette la via dell'uretra, che sempre si trovò chiusa ed inaccessibile tosto che si giungeva alla seconda curvatura, cioè la perineale di questo condotto. Annojato della malattia, e forse più de' dolorifici mezzi curativi a niun prò ridondanti, aveva già preso il suo parti- to di starsene col suo male alla discrezione del tempo e di qualche regola nel vitto: dico di qualche regola, perchè abi- tuato questo infermo a certi periodici insulti spasmodici insi- stenti per lo periodo di dodici, diciotto, ed anche ventiquattro ore, i quali non permettevano la necessaria regolarità nelle ore della veglia, del sonno, del cibo, della bevanda ec; ver- sava per conseguenza in un tenore di vita straordinario e biz- zarro, contribuendo forse anche a ciò una tal quale origina- lità di carattere inerente per avventuia alla condizione mo- bilissima de' suoi nervi, mantenuta ed aumentata dalla per- tinacia del morbo vessicale. Sopraggiunse frattanto un tumore orinoso al perineo, e minacciava di intercettarsi del tutto il corso delle orine che uscivano con un getto tenuissimo secondato da una siringa di gomma elastica del diametro appena di una penna di cor- vo, siringa che usava introdursi da se solo il Signore infermo, non più oltre della regione che noi diciamo il bulbo dell'ure- tra, che è quanto dire al di qua di tutti gli ostacoli a' qua- li non toccava né punto né poco. E siccome aveva fatto me- co negli anni addietro qualche cenno di questo suo male benché in via narrativa soltanto , gli venne in pensiero che potessi io dargli qualche utile suggerimento e volle che lo visitassi; ciò feci a' primi di Maggio dell' anno 1821. Son- data l'uretra la trovai tutta contratta e ristrettissima, e tan- to che furono d' uopo parecchi giorni di tentativi metodici e interpolati per oltrepassare quella contrattura dalla quale de- Del Prof. Vincenzo Malacarne 5 rivava quel tumore al perineo che in breve tempo passò a perfetta risoluzione. Avvertito da certa difficoltà ad espellere le feci ;, esplo- rai r intestino retto, e mi accorsi di un tumore duro e volu- minoso quanto un uovo di gallina , non mobile a' lati , ma alcun poco cedevole alla compressione, e sembrava fatto dal- la prostata j poiché nelle diverse fasi di ripienezza e di va- cuità della vessica non mutava mai di aspetto nò di volume. Adoperai tutte le industrie perchè ne' quotidiani speri- menti la siringa penetrasse piìi oltre, ma la progressiva dila- tazione del condotto orinario veniva troppo spesse volte in- terrotta dalla sopravvenienza di parosismi convulsivi, uè qua- li si doveva sospendere la introduzione delle minugie, di mo- do che non fu che al finir di Luglio che potei penetrare in vessica con una corda armonica di budello del diametro di una delle più grosse penne di piccione. Queste corde armoniche io le distaccava dal telajo de fabbricatori tagliandole di opportuna lunghezza bene stagio- nate ed asciutte , poi ne assottigliava una estremità fregan- dola con pietra pomice sopra una lastra di marmo si che riu- scisse levigata e sdrucciolevole; al momento di servirmene umettava con actfua la punta estrema, perchè non presentas- se asprezze ed irregolarità, ed unta la corda tutta con burro fresco, la introduceva con quelle avvertenze che dalle nota- te tortuosità dell' uretra mi erano state indicate . Allora co- minciarono ad uscire le orine con getto soddisfacente, si al- leviarono i dolori, cessarono i premiti, si dileguò il tumor interno che più non si sentiva nella esplorazione anale, e so- stituita alla minugia una siringa di gomma elastica, potè re- carsi il Signore infermo a godere 1' aria campestre ove il ri- poso dalle profonde meditazioni aimesse al suo luminoso im- piego, il moderato esercizio del corpo, e più di tutto la gio- conda prospettiva di un avvenire meno tormentoso, resero piìi brevi, più miti, e più rari gli insulti spasmodici, con sorpre- sa e letizia de' suoi congiunti ed amici. 6 Riflessioni sopra una malattia ec. Durante questa tregua lusinghiera di alcune settimane in cui stette il Signore interino a villeggiare, si introduceva da se stesso ima volta ogni cinque o sei giorni una delle candelet- te metalliche flessibili che si eseguiscono in Londra, delle quali aveva io provveduto il mio armamentario per farne op- portuno sperimento. Risulta dalle mie osservazioni che queste candelette me- talliche non vengono alterate dall' orina, non essendosi ossi- date benché le abbia conservate a bello studio immerse in questo fluido per più giorni al So.™" grado di calore: in se- condo luogo^ che attesa la loro levigatezza, non prende su di esse aderenza alcun sedimento orinoso al quale d' altronde non si fa luogo dovendosi estrarle dall'uretra per isgravar la vessica: in terzo luogo, che la pieghevolezza di quella lega me- tallica è assai bene conciliata con una 'solidità che ne agevo- la la introduzione anche ne' casi di tortuosità del condotto uretrale , per tumori o escrescenze che lo facciano per avven- tura dalla giusta direzione deviare, posto che il calor natu- rale della parte ne aumenta la flessibilità, e per poco che si usi di pazienza passa poi oltre I' istrumento senza portar le- sioni di sorte alcuna, ed anche senza indurre soverchia irri- tazione nell'uretra, concorrendovi forse qualche proprietà stu- pefaciente nel metallo , siccome è stato osservato nelle pre- parazioni saturnine. Ma quello così ridente stato di cose di cui faceva poc'anzi menzione, non ebbe quella durata che il Signor Infermo si prometteva, e che gli auguravano i Medi- ci a' quali non isfuggiva di mente la facilità delle recidive in queste malattie, e quanto queste recidive istesse siano più da temersi a misura che si rinnovellano. Il canale dell'uretra mantenevas'i mediocremente pervio attesa la costante e metodica introduzione della siringa cava, ma incominciarono a manifestarsi i sintomi del catarro nella ves- sica. Era costretto V infermo ad ubbidire immediatamente a' menomi conati espellenti l'orina; questi conati erano fre- quentissimi, e neppure la perdonavano al sonno notturno, che DiiL Prof. Vincenzo MalaCaiinl 7 ad ogni inezz' ora, poco più poco meno, gli conveniva porsi ad orinare ; qualche lancinazione o puntura acerba produce- vasi inopinatamente nella vcssica e presto cessava; nelle ori- ne dopo trascorse poche ore compariva un sedimento muco- so , bianco-giallognolo , talora rosseggiante , che in capo alle tre prime settimane del mese di Novembre iSan. si fé in quan- tità tale da occupare dopo la. ore di riposo la quarta parte della orina evacuata. La gracilità naturale dell'individuo pre- se l'aspetto tabido, dacché risvegliossi certa febbricciatola an- fimerina che distrusse l'appetito, e con esso le membra dell' in- ferino. il quale scorgendosi a così cattivo partito, interpellò i consigli di altri valenti medici e chirurghi, fra i quali avendo molta fiducia nella perizia e dottrina del Chiarissimo Profes- sore di questa Università il Signor Dottore Gaspare Fedrigo, desiderò che meco si unisse all' assistenza sua, ed in fatti si arrese egli alle esortazioni del Signore infermo, e mie; e andam- mo a gara nello studio de' fenomeni tormentosissimi che cruc- davano il Signore infermo, e nella scelta de' mezzi dietetici, farmaceutici e chirurgici ne' quali poteasi riporre qualche lu- singa di mitigazione o alleviamento, che eran pochi assai, giac- ché eravamo bersagliati come si suol dire tra Scilla e Cariddi, non permettendola àussistente affezzione spasmodica universale l'amministrazione di que' rimedj che la condizione patologica degli organi orinarj esigeva, e dovendosi perennemente milita- re con cento antipatie e fissazioni più o meno ragionevoli, che rendevano il nostro medicare disastroso e penoso al sommo. Negli ulteriori progressi del morbo vessicale benché i pre- miti fossero più fiequenti e durevoli, benché le lancinazioni fossero più desolanti , e il sedimento puriforxne delle orine si aumentasse in copia da occupar le due terze parti dell'oiina in capo a poche ore di tranquilla deposizione, benché ne emanasse un fetore ammoniacale insopportabile, e benché tra- scorressero le intere settimane senza intromission della sirin- ga o minugia, il canal uretrale non si restrinse mai, e da questo canto non ebbimo più motivi di inquietudine. 8 Riflessioni sopra una malattia ec. Frattanto si esaurirono di giorno in giorno le forze, il marasmo universah^ inaridì niise.ranienie le membra, così che a' primi del Dicembre morte amica pose fine a cosi lunga ed atroce malattia. Nelle conferenze die in vario epoche eransi tenute con i dottissimi Signori Medici Conegliani, Campana ed altri, io aveva esposto (juale idea mi era formata delle viziature esi- stenti negli organi uiopojetici, e mi sembrava di toccar con mano: i." due molto ritlessibili stringimenti dell'uretra con una escrescenza, ripiegatura, o risalto che ne ingombrasse l'intervallo nelle vicinanze della porzione membranosa di questo canale; a." la prostata distrutta in gran parte dalla sup- purazione: 3." le tonache- della vessica molto ingrossate; 4-° 'a capacità di questa viscera ristrettissima, e non atta a conte- nere più di qi^attr'once mediche d'acqua. Le quali cose pa- rendo che venissero confermate da sintomi che dinotavano i lenti passi della malattia verso il suo fine, io le ripeteva a' congiunti ed agli amici del Signore infermo, ogni qual volta le loro inchieste mi ponevano nella necessità di giustificare la poca efficacia de' medicamenti e l'imbarazzo mio Di tatti presi i dovuti concerti con la protomedicale sa- nitaria autorità, la autopsia cadaverica ratificò le prefate co- se come dalla annessa Tavola apparisce manifestamente. E veramente degna di osservazione la analogia che ha in inolti riguardi la malattia ora descritta con quella del Ca- saubono riferita dal de Mayerne medico del Re d' Inghilter- ra. Anche (juell' insigne filologo era d'abito di corpo graci- le, adusto, irritabilissimo, e talmente dedito alla vita seden- taria e conteiiqolativa, che non ìmpaUiiìt modo, sed pene ina- ruit chartis vegliando le intere notti ntì'llo studio: incominciò il suo male con ardore di orina, premiti, dolor al pube, pun- ture alla ghianda , calore molesto al dorso; si fecero poi le orine sedimentose, e deponevano tanta copia di luuco tena- ce, vitreo, puriforme , da occupare la metà della orina eva- cuata ; la uscita di questo muco difficilissima e sommatuente dolorifica era susseguita da una tregua de' sintomi per quaì- Del Pbof. Vincenzo Malacarne 9 che giorno: nel progresso del tempo si accese la febbre (jno- tidiana, si reso l'orina torbida, fetida, lisciviale, caldissima, con stitichezza delT alvo tale da uscirne a grande istento glebe dure come pomice^ e finalmente consunto e scarnificato dal- la febbre e dagli spasimi dopo un anno di atroci inasprimen- ti soccombette anch' esso in età di 56. anni. Nelle quali cose , quasi tutte coincide la malattia no- stra, consistendo le differenze principali i ." in ciò che nel Casaubono non fu mai eseguibile il cateterismo, e neppur dopo la sua morte; a." nella renella che separava spesse vol- te con le orine; 3." nella mancanza dell' affezione convulsi- va periodica nostra; e 4" finalmente ne' risultamenti della autopsìa cadaverica clie dimostrò ntd Casaubono, la prostata ingrandita per (juattro volte nella sua ordinaria grandezza, me- no inspessite le tonache della vessica ; un solo forame sboc- cante in vma appendice che era sola bensì, ma assai più grande; gli ureteri dilatati e ripieni di molta orina; il re- ne destro suppurato^ e la inserzione di entrambi gli ureteri nella vessica vera. IMentre nel nostro caso l' ingrossamento delle tonache della vessica è assai più riflessibile; l'ostacolo al cateterismo derivava dal risalto dell'orificio vessicale sen- za che la prostata fosse punto aumentata di volume; delle due appendici osservate da noi , la maggiore potrebbe appe- na contenere una noce; gli ureteri molto contratti, e pres- so che obliterati si inseriscono cadauno nell' appendice del suo lato, e i reni nel caso nostro non presentavano note- voli abnormità dallo stato sano. Quanto alla formazione di quella grande appendice, ma unica nella vessica del Casaubono, proponeva il Bowardio la sua opinione alla quale sembra che inclinassero i compilato- ri della Biblioteca Anatomica del Mangeto ( Tomo i." pag. 4c6. ), cioè che fosse questo un vizio di naturale conforma- zione lieve bensì nella prima età dell'Infermo, ma cresciu- to poi a quella enorme ampiezza per lo concorso delle cau- se inerenti alla vita sedentaria e contemplativa , che è quan- Torno XX. B 10 llu LliSSIUIsl bOlMlA UNA MALATTIA CC. to dire, alte ad accutimlare molta orina nella vessica, ed a tratteneivcla per lunglii intervalli di tempo. Non cosi il Mor- gagni ( Advers. anat. o. anìmad'^ers. 36. ) che ritiene questo per un effetto assolutamente morboso, cioè prodotto da di- latazioni, da smagliamenti simulanti ernie. E per verità se ci facciamo a considerare quelle enormi dilatazioni delle qua- li è suscettiva la vessica orinarla senza che punto se ne scon- certi la tessitura delle tonache, a segno di contenere oltre a 3o. libbre, e fino ad 80. come troviamo nel Bidlettin de la Societé Medicale d' emiilatìon poiir V année 1810. e nel libro VI. dell'opera De curandis homìnum inorhì^ di Pietro Frank; conviene credere che tali appendici si producano come le dilatazioni aneurismatiche delle arterie , ora per la esulcera- zione della tonaca interna in seguito ad un ascesso ira le tonache sue, ed ora per la spastica irregolare contrazione de' fascetti carnosi in due ordini stratificati sopra di essa, fra le digitazioni de' quali viene la medesima protrusa, e poi a po- co a poco distesa dalla orina, che ad ogni premito viene spui- ta con forza in quelle ri[)iegature che col tempo diventano piccole cistidi, come le vide il Morgagni nel cadavere di quello = strenuo quodani potatore ( loc. cìt. ) in quo ad sum- mani vesìcae partem duas a dextrìs subrotundas cellulas infe- rni, singulas cerasi majoris capaces ^ singulis orificiis lupini diametro cum vesica , cui parietum structura consimiles erant, comunicante s =1. Ma un'altra specie di cause atte a produr- re queste procidenze delle tuniche vessicali^ oltre a' premiti, ed alla iscuria, ce la somministra la infiammazione capace di ingenerare un ascesso Ira quelle tonache; siccome avvenne nell'anno 1796. in un vecchio che rimase vittima di un asces- so formatosi in tal guisa, e cresciuto al volume di un novo d'oca, comunicante con la prostata, e si apriva nelF ure- tra per una falsa strada praticata dal catetere, ad onta del- la quale porzion della marcia si aprì un altro varco nel fon- do superiore della vessica contigua al peritoneo, e si scaricò fatalmente nell' addome. Del Prof. Vincenzo Malacarne i i Come poi avvenga che in alcuni casi le tonache della vc'ssica invece di prestarsi alla dilatazione si facciano più den- se e spesse, sembra essere questo un tuodo particolare di ter- minazione del catarro vessicale. Compresa dalla flogosi la mem- brana interna della vessica se ne aumenta ne' vasellini e ne filamenti nervosi reticolati la reazione , intanto la distensione com[)iessiva delle tonache veste indole passiva , e tra la inerzia della tonaca fibromuscolosa e la compression die sofìre , si obliterano i suoi fascicoli cai'nosi , mentre gli strati celluiosi si abbeverano e divengono compatti e duri, e tumidi si che si impiccolisce la capacità della vessica, nella ([uale appena colarono alcune irocce da^li ureteri, tosto insorsiono involontari ed insuperabili premiti diretti a scaricarla; col progresso poi del tempo la consuetudine ottunde la irritabilità della to- naca interna, con che si calmano tem|)orariamente i piìi gra- vi accidenti pronti a risorgere clamorosamente tosto che il tempo, o i medicamenti abbiano richiamata in essa l'esaurita eccitabilità. Scema poi la capacità della vessica perchè si addensano gli strati componenti le tonache , perchè si paralizza propor- zionatamente la funzione de' reni , e perchè generalmente si gonfiano gli ureteri quantunque nel nostro caso siansi trova- ti assai contratti e pressoché oblitcìati. Inoltre è da consi- derarsi che attesa la frequenza dei premiti debbono a lungo andare stancarsi le potenze che mantengono chiuso l'orificio vessicale, dal che ne deriva un disequilibrio d'azione che eccede negli strati muscolosi del fondo dell' organo , i qua- li agglutinandosi in questo soverchiamente protratto stato di contrazione perdono la loro mobilità, e con l'intervento di nuova cellulare conformansi poi in un parenchima pseiido-or- ganico atto a degenerare in altre vegetazioni viziose , refrat- tarie e talvolta funestissime. Ebbi ancor io a meravigliarmi del lieve danno che sem- brava recare in alcuni altri individui quella copiosa separa- zione di muco con le orine per mesi, ed anni, ma se ram- la Riflessioni sopra una malattia ce. mentiamo col chiarissimo Professore Scavini quanto pronta- mente il tessuto ghiandoloso si risenta delle azioni che gli altri sistemi operano sopra di esso, sia nello stato sano, sia nel morboso, a segno tale che basta in alcuni casi la irri- tazione della superficie mucosa di qualche condotto escretorio di lina ghiandola, perchè simpaticamente aumentisi la energia vitale di questa e però se ne alteri in più o in meno la fun- zione, assentiremo agevolmente al mite pronostico del cel. Fiorani circa queste eliminazioni. A render i"agione delia frequenza di queste malattie nella virilità avanzata, quando cioè tutte le forze fisiche sono sul declinare , gioverà considerare i." La struttura ghiandolare del- la prostata , e le proprietà vitali inerenti al suo tessuto mol- le e polposo, che la rendono soggetta ad un processo infiam- matorio lento , ma facile a riaccendersi e che ne dispone il parenchima alle dei;enerazioni morbiiiche. a." Il modo con cui questo corpo ghiandoloso abbraccia perfettamente il col- lo della vessica e il principio dell'uretra con la sua base, e tocca la porzione membranosa dell'uretra con la sua punta, cosicché non si possono alteiare il volume e la densità di quello senza che si cangj la capacità e direzione di questa , dalle quali mutazioni derivano grandi ostacoli ora alla uscita ora alla ritenzione dell' orina. 3." La moltiplicità delle cause che possono indurre in questa ghiandola le mentovate alte- razioni : tali sono, lo stato vaiicoso de' suoi vasi, le concre- zioni calcolose, il consenso per irradiazione provvenuta da' reni,, dalla vescica., dall'uretra, le ilussioni emorroidali, gli ostacoli alle metodiche effusioni spermatiche , il priapismo, gli sforzi per contenereo slanciare l'orina; le metastasi erpetiche, psoriche , veneree, scrofolose ec. Il Craanen nell'anno i68g. , il Ruischio nel 1709. , il Van- rioorne nel iór>o,mio Padre nel 1776. il Ludwigio nel 1798. l'Home nel 1806; ed il Buffa nel 18:21 . descrissero casi pato- logici di incrassamento delle tonache nella vessica orinarla de- rivati dal catarro vessicale, dalla presenza di calcoli, o da Del Prof. Vincenzo Malacarne i3 metastasi scabbiosa o erpetica : ma di appendici o tuinoii erniosi della vessica pochi esempj se ne riscontrano presso gli scrittori di osservazioni chirurgiche. L' Eistero pubblicò nella Tavola Sa."" del suo Trattato di chirurgia una vessica con diverse appendici, o diverticoli com' esso li chiamava : il Meckel espone la storia di un tumore della vessica con istrangolamento che appariva allo esterno; Ridano Gior. vi- de una vessica divisa in due grandi cavità; e il Ludwigio descrisse nel 1767. due tumori al collo della vessica, cioè al- la imboccatura degli ureteri, ma erano steatomi o sarcomi non dissimili da que' che descrisse in precedenza il Morgagni, il Zuber e il Sandifort. Ora per dir una parola sul trattamento terapeutico che ho addottalo nel caso patologico da me descritto, mi limi- terò a soggiungere essere stato il medesimo diretto a tre principali scopi; 1 ." ripristinare e conservare le fòrze che in un soggetto sommamente gracile ed esaurito da frequenti parosismi convulsivi generali, forse più che dal morbo vessi- cale trovavansi in uno stato di deplorabile deperimento; a.° riordinare il sistema de' nervi per quanto lo comportava la già provetta età, e 1' abitudirje contratta alla periodica ri- correnza delle turbe nervose, che giunsero qualche volta ad alterare anche le facoltà morali ; 3.* ristabilire il corso del- le orine, unico mezzo dal quale si poteva sperare qualche miglioramento nella condizione patologica dell' organo conser- vatore dell' orina. Quindi usata la più scrupolosa attenzione nel governo dietetico quanto alla scelta e distribuzione de' cibi e delle bevande, bandito dietro il consiglio dell' HofFman- no il vino austero, se ne è concessa qualche dose di bianco ed alquanto dolce ; e quando le funzioni dello stomaco co- minciarono a patire qualche discapito , non riescendo effica- ci le incisioni amarognole subastringenti , si sperimentò il vino calibeato del quale faceva tanti encomi il Cirillo, il latte bollito co' fiori di camomilla preconizzato dal Foresto, le mucilagini di semi di psillio lodate dal SennertoJe emul- l4 KlI'(.E.i qual cosa dimo- stra essere un carattere costante. L'u- nita particolarità ci].! ò veduto in qnest' ultimo è stata quella di avere li pin- na dorsale di un bel giallo ranciato. 0' voluto poi che alcuni miei amici con- frontassero il pesce fresco colla figura dataci dal Lacepede, e non vi rassomi- glia per nulla, singolarmente la testa è difierentissima nel nostro. 0' volu- to ancora misurare il diametro^ ossia la doppiezza del pesce là dove era mag- giore , e l'ò troTata di quattro linee parigine. aS Di alcuni. i'Eici del m.ubhlicazione del Tomo sopra accennato, che riprendendo noi un giorno ad osservare di nuovo diversi esemplari della me- desima, fummo tanto felici di ritrovarne fra essi alcuni po- chi che ne erano provvisti, uno dei quali in istato di frutti- ficazione completa. REBOULLIJ maderensis: fronde dichotoma glaucescente, inferne ohscure violacea et transverse squamoso-ciliata, extre- niitatihus subemarginatis: fructibus numerosis epiphyllis. [Rad- di breve ossetvaz. sulV Isola di Madera ) v. T. il. fig. 7. Questa bella e singolare epatica ha le sue fiondi ramo- se, dicotome, quasi troncate o pochissimo smarginate all'estre- mità: sono esse alquanto concave, glaucesccnti e liscie ( mi- nutamente rugose sotto la lente ) nella pagina superiore, ed hanno i loro margini un poco ondulati e pavonazzi: nell'in- feriore sono interamente pavonazze come nel lato superiore dei margini, ma un pavonazzo un poco piìi intenso: sono al- tresì ricuoperte in tutta la loro lunghezza di squamme lan- ceolate e acuminate dello stesso colore, le quali, partendosi per la loro base dai due lati della costola che scorre luneo le fiondi medesime , si dirigono trasversalmente e alquanto obliquamente verso i margini, i quali, nelle estreme dirama- zioni, vengono oltrepassati dalle loro acute punte. La sua fruttificazione consiste in ricettacoli un poco carnosi ora quadrangolari ed ora triangolari , spesso con due e qualche volta tre dei loro angoli abortiti : in principio essi sono al- quanto convessi, dipoi, cioè dopo l'intero loro sviluppo, con- cavi, e finalmente divengono quasi globulari j si aprono lon- gitudinalmente negli angoli come nella Reboullìa hemisphae- rica { DJarchantia hemisphaerir.a Lin. ) e, come in quella, tro- vasi ni ciascheduna apertura una cassula ( sporangium ) tras- versalmente ovata e quasi sessile, che si rompe irregolarmen- Di Giuseppe Raddi 4^ te e longitudinalmente nel centro ripiena di spore rotonde, ferruginee, reticolato-areolate, aderenti ciascuna ad un gros- so ma breve filamento elastico ( elater ) l'atto a foggia di catenella. Questi ricettacoli sono altresì sostenuti da dei pe- dicelli alti quattro fino a cinque linee circa, i quali sortono da altrettante fossette che in copia trovansi situate nel mez- zo delle.frondi, specialmente lungo le loro diramazioni: ognu- na di queste fossette è internamente affatto circondata da due ranghi di lunghi cigli membranosi, reticolati e pavonaz- zij o piuttosto di color vinato, dei quali i più esterni un po- co più corti. L'organo maschile mi è ignoto. 3IARCHANTIA vittata: fronde ramoso-dichotoma, vitta longitudiuali atro-purpurea in medio notata j receptaculo ter- minali 7-10. radiato^ radiis teretibus. M. foliis in medio atris, et non tessellatls; capitulo stel- lato, radiis teretibus. 3Iich. N. pi. gen. p. 2,. Tab.\i. fig. 3. Frondi ramose, dicotome, un poco ondulate nei margini e con dei piccoli seni, sopra areolato-vessiculose, di un ver- de gajo con una fascia o vitta longitudinale nero-porporina e liscia, che scorre nel mezzo di esse dalla base fino all'estre- me loro diramazioni: nel lato inferiore delle medesime, e pre- cisamente presso il margine^ trovansi sparsamente situate del- le tenuissime squamine oblongate, ovate o quasi rotonde di varia grandezza, biancastre, trasparenti e reticolate. Ricettacoli stellati come nella BI. polymorpha Lin.; rag- gi in numero di sette fino a dieci. Ninna delle teche propa- ginifere indicate nella figura Micheliana sono state ritrovate, malgrado i molti individui da noi osservati. Ambedue queste elegantissime epatiche sono state da noi ritrovate in copia nell' Isola di Madera in occasione del nostro viaggio al Brasile , la prima sui vecchi ed umidi mu- ri, specialmente nelle loro fessure ; la seconda nelli stillicidj. CONFERVA lichenoides: articulata, ramosa; ramis alternis pellucidis dense implexis , articulis diametro triplo longiori- bus. V. la descrizione a pag. 48. del T. XIX. delle Memo- 4" Supplemento ec. rie di Fisica della Società Italiana delle Scienze, la fig. 6. della qui annessa Tavola IV. e la fig. i. della T. V. Goenogoniuiu Liiikii. Nees Hor. phys. berol. v. lao. t. XXFII. ?-ì t j r Abbiamo ripetutamente e il più accuratamente che ci è stato possibile esaminate le piccole patelle che spesso tro- vansi sparse ed impiantate su dei fascetti di rami incrocic- chiati della da noi descritta Conferva lichenoide , alla quale danno esse veramente l'aspetto d'un Lichene, e le abbia- mo ritrovate ( ben' inteso sempre nella nostra pianta ) esse- re dei veri funghi, che reputiamo dovere essi appartenere al genere Peziza, ma che lasceremo la cura di meglio giudicar- ne a chi più di noi è familiarizzato con questa specie di ve- getabili. Frattanto ne daremo qui appresso una brevissima e succinta descrizione. PEZIZA ambigua : parvula, sparsa vel subgregaria, sessi- lis, concava submarginata , carnea, demum plana convexaque , externe albida. v. T. V. fig. i. < Trovasi generalmente sparsa, qualche volta ancora in piccoli gruppetti, sopra la summentovata Conferva da noi ritrovata, piuttosto in copia, nelle vicinanze di Mandiocca nella Provincia o Capitanerìa di Rio-Janeiro. In principio el- la è concava , contornata da un piccolo margine , il quale SI oblitera interamente nel crescere , e allora il suo disco di- viene piano, dipoi assai convesso, e ahjuanto concavo infe- riormente, cioè nel lato esterno, ' 1' ■"! RETIGERUS: nuovo genere di fungo da noi così denomi- nato per avere egli il gambo , allor che è nel suo completo sviluppo , interamente circondato da una amplissima rete , nella quale trovasi come imprigionato. I suoi caratteri gene- rici sono : Pilfus hemisphaericus , concavus, demum dellexus : di- scus interius celluioso- reticulatus , membrana elastica conte- ctus, quae prae maturitate avellitur et cadit. Semina minutissima, numerosissima in vesiculis ( spov" Di Giuseppe Raddi 4? rangia ) nienibranosis quae cellularuni cavitatem replent., con- tenta. RETIGERUS dìmorphus : pileo hcmispliaerico concavo subobscuro, per maturitatem revoluto , stipite longitudinaliter inaequaliterque sulcato-lacunoso ampio reti cincto. v. T. VI. Questo singolarissimo, e straordinariamente curioso fungo fu da noi osservato e raccolto nell'Isola di Madera non lungi da Funchal Capitale della medesima. Il Phallus ìndusìatus de- scritto e figurato dal Sig. Ventenat in una sua dotta Disser- tazione sul genere Phallus inserita nel I. Volume delle Me- morie dell' Istituto nazionale delle Scienze e Arti di Parigi, sembra essere lo stesso fungo, osservato forse soltanto nel suo stato di deperimento , che quello il quale imprendiamo ora a descrivere. D'appresso il nostro individuo, sembra non oltrepassare l'altezza di due pollici e mezzo , e allor che è gio- vine , cioè avanti la sua perfetta maturità , presenta 1' aspet- to d' una Peziza gambata. In questo stato egli ha il Pileo o cappello emisferico j concavo, quasi liscio sì internamente che esternamente e un poco oscuro ; giunto però al suo per- fetto stato di maturità , cioè al completo suo sviluppo , ela- sticamente si stacca e cade dal suo disco o lato interno una membrana alquanto densa e quasi spugnosa della quale è co- perto, e allora il cappello suddetto si arrovescia, non senza qualche crepatura nel bordo , presenta una superficie ine- gualmente celluloso-reticolata , una larga apertura nel mezzo corrispondente al vuoto del gambo, e cosi il fungo presen- ta la forma , presso a poco , d' una specie di Phallus , co- me appunto è quello ancora descritto dal sopra mentovato Sig. Ventenat , dal quale il nostro differisce soltanto per la grandezza, e per l'ampiezza della rete che circonda il gam- bo. In ciascheduno degli alveoli, o cellule trovasi una ves- sichetta ( sporang'nmi ) membranosa che ne riempie la cavi- tà, e nella quale sono contenuti numerosissimi e minutissi- mi semi verdastri. Lo stipite o gambo è biancastro, vuoto. 4° Supplemento ec. longitudinalmente e irregolarmente solcato-lacunoso nella sua superficie , e circondato da un' ampia rete delio stesso colo- re a maglie ineguali, la quale fa le veci in un tempo e di volva j e di anello. Sembra che questa rete sia prima del suo sviluppo nascosta nei solchi e lacune summentovate, ciò che con nostro gran rincrescimento non abbiamo potuto verifica- re ^ stante che l'individuo qui descritto e da noi raccolto nello stato preciso in cui l'abbiamo rappresentato con la fig. 8. a. dell'annessa Tavola VI.", non fu subito da noi esami- nato sul posto, credendolo una Peziza , ma bensì involtato con cura in una carta e trasportato a bordo del Vascello per ivi esaminarlo con maggior comodo nell'indomani; ma quando aprimmo la carta entro la quale stava racchiuso questo fun- go, con non lieve sorpresa trovammo avere egli presa tutt* altra forma , che quella in cui 1' avevamo da prima osserva- to, quella cioè sotto la quale è rappresentato dalla Figura o, b. e. della sopra indicata Tavola. Egli è certo però, che quella specie di cercine frangiato , il quale il Sig. Ventenat dice riunire il gambo col cappello , non compariva nel no- stro fungo , poiché un organo di tal fatta non poteva sicu- ramente sfuggire alla nostra vista allor che da noi fu coUoc- cato entro la carta. , 1 I > i; : H;;> (,", 48 SUPPLEMENTO SECONDO ALLA MEMORIA CRITTOGAME BRASILIANE inserita nel precedente Volume XIX. Di Giuseppe Raddi U IDYMODON brasiliense , caule dense caespitoso ra- mosOj ramis elongatis, foliis lanceolato- subulatis adpressìs pi- lo albido subdenticulato terminatis, seta incurva, calyptra su- bulata dimidiata basi longe cibata, nob. Trovasi sulle Montagne prossime a Rio-Janeiro. È molto simile al Didymodon gracile- Hook exot. t. V.-, dal quale differisce unicamente per il suo caule costantemen- te ramoso , e per le sue sete o pedunculi incurvati , e non dritti , come nella specie Hookeriana , per cui le cassule o sporangi trovansi immersi entro le foglie pericheziali. I cigli altresì della calittra sono ogni cinque o sei avvicinati fra lo- ro di maniera a rappresentare al primo aspetto altrettanti gruppetti separati. ENDOCARPON pulchellum, tballo membranaceo-subfo- liaceo rimoso-areolato adpresso orbiculari convessiusculo lae- te viridi-luteo lucidissimo margine crenato-sublobato^ apothe- ciis atris. nob. Vid. tab. III. fig. 5. a. b. Bellissima e rarissima specie ritrovata sopra alcune fo- glie di una nuova specie di Solano ( Solanum argenteum. Danai ) che cresce nelle siepi attorno Rio-Janeiro. SUP- 49* SUPPLEMENTO ALLA SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III. Fig. 5. a. Eìidocarpon pulchellum rappresentato nella sua na- turale grandezza sopra una foglia del Solanum argeii' teum. b. Uno degl' individui espressi sopra la foglia suddet- ta. Ingrandito più del doppio. 49 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE (*) ■t^- »-••« ■ TAVOLAI." Fi''. I. a. FruUanla dichotoma di grandezza naturale. b. Porzione di ramoscello con calice ingrandito, e veduto dal lato suo superiore, e. Lo stesso veduto dal lato inferiore, con più la cassula. T A V 0 L A I L- ■ I. a. Schulthesia brasìlìensìs foem. di grandezza naturale. b. Porzione di ramo con calice e cassula ingran- dito, e veduto superiormente. e. Lo stesso veduto inferiormente. d. Una delle sue stipole laterali ingrandita. e. Altra stipola del rango di mezzo , parimente ingrandita. 2. a. Schulthesia brasìlìensìs mas. di grandezza naturale. b. Porzione di ran)o con spighetta , nelle di cui squamme o foglie florali so;io contenuti quei cor- piccioli carnosi e succulenti che costituiscono l'organo maschile di questa Pianta. 3. a. Frullania brasìlìensìs nella sua naturale grandezza. b. Porzione di ramo con calice ingrandito^ veduto superiormente, e. Lo stesso veduto inferiormente^ con più la cas- sula. 4. a. Frullanoìdes rìo-janeirensìs nella sua grandezza na- turale. (•) Per le specie non descritte in que- I Fificj della Società Italiana delle Scien- sto Supplemento vedasi la M'-moria in- I ze da pjg. 27. a 57. setita nel XIX. Tomo delle Munorle di ) Tomo XX. G 5o Supplemento ec. b. Porzione di ramo con calice ingrandito, veduto superiormente. e. Lo stesso con più il frutto o cassula , veduto inferiormente. d. Sezione orizzontale del calice, dove si osservano i quattro angoli che costituiscono il carattere principale di questo genere. Fig. 5. a. Frullanoìdes densi/olia rappresentata nella sua gran- dezza naturale. b. L'estremità d'un ramo biforcato, nella di cui bi- forcazione vedesi situato il calice , inij-randito sotto la lente. e. Lo stesso veduto dal lato inferiore con più la sua cassula. 6. a. Jungermannìa serpìllìfolìoides rappresentata nella sua naturale grandezza. b. Porzione di caule con sua fruttificazione, ingran- ... . dito e veduto inferiormente. 7. a. Jungermamiia brasiliensis di grandezza naturale. b. Porzione di caule con sue foglie , ingrandito e j veduto superiormente. e. Calice e foglie pericheziali ;, ingrandito sotto la lente. d. Stipola parimente ingrandita. 8. a. Lasia ortJiotrichoìdes rappresentata nella sua natu- rai orrandezza. b. Porzione di ramo con frutto ingrandito. e. Caliptra parimente ingrandita. d. Operculo ingrandito. e. Foglia ingrandita, veduta dal lato suo inferiore. 9. a. Schlotheimia vìticulosaneWs. sua naturale grandezza. b. Porzione di ramo con cassula ingrandito. e. Calittra parimente ingrandita. d. Operculo ingrandito. €■ Foglia ingrandita,, veduta dal lato superiore. Di GiuEEFrE Raddi Si TAVOLA III." Fig. 1. a. Opegrapha cymbiformis rap])iesentata neUa sua gran- dezza, naturale. b. Porzione della medesima ingrandita. e. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, molto più ingrandito. ■ a. a. Lecanora acervulata nella sua naturale grandezza. b. La medesima ingrandita. e. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, ancor più ingrandito. 3. a. Lecanora punicea di grandezza naturale. — ~ b. Porzione della medesima ingrandita. e. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, e molto più ingrandito. .1- TAVOLA I V." 1. a. Barrerà flavicans di grandezza naturale. b. Apotecj con porzione di tallo tagliati vertical- mente, ingranditi. . 0.. a. Barrerà exilis di grandezza naturale. b. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, ingrandito. .3. a. Verrucarìa gemmata di grandezza naturale. b. Porzione della medesima, ingrandita, e. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, molto più ingrandito. 4- ^* ^- Stereocaulon ramulosuin di grandezza naturale. b. Apotecio tagliato verticalmente, ingrandito. 5. a. Stìcta tomentosa di grandezza naturale. b. Apotecio con porzione di tallo tagliato vertical- mente, ingrandito. 6. a. a. Conferva. Uchenoides nella sua grandezza naturale. Sa Supplemento ec. h. Porzione di ramo ingrandito, rappresentato nel- la sua biforcazione. TAVOLA V.^ Fig. I. a. Pez'iza ambigua rappresentata di grandezza natu- rale, e sopra la medesima Conferva sulla quale trovasi, parimente di grandezza naturale. b. Porzioni di l'ascetti filamentosi della stessa Con- ferva, sui quali sono impiantati tre individui in- ■ livjiJiw l'J; granditi della suddetta Peziza, in tre diversi sta- ti d'accrescimento o sviluppo. 2. a. a. Tkelephora Pavonia veduta superiormente di grandezza naturale. b. Porzione della medesima veduta dal lato inferiore. 3. Clavaria furcata di grandezza naturale. 4- Thelephora Palmetto grandezza naturale. S. a. a. Ulva undulata grandezza naturale. TAVOLA V I.» , 1 .^..^ I. a. Marchantia cìienopoda foem. di grandezza naturale. b. Ricettacolo ingrandito, veduto in profilo. .jj. ijj e. Involucro o calice intero, ancor più ingrandito. d. Sezione verticale del medesimo in cui si osser- ., vano due perisporangi e loro respettivi sporangi, uno dei quali aperto , 1' altro al momento di i, :,,,- aprirsi, e ripieno di spore. e. Sommità di una diramazione della fronda in- '.,,,- grandita. .,. ; f. Forma delle areole e vessichette che si osserva- no sopra la pagina superiore delle fiondi molto più ingrandite. 3. a. Marchantia chenopoda mas. grandezza naturale. h. Ricettacolo ingrandito, veduto dal lato inferiore. Di Giuseppe Raddi 53 Fig. 3. a. Marchantìa papillata , brasiliensis mas. grandezza naturale, b. Ricettacolo ingrandito. e. Teca propaginifera ingrandita. d. Areole e vessichette che si osservano sopra la pagina superiore delle frondi, molto ingrandite. 4- ^- Marchantia papillata brasil. foein. di grandezza naturale. b. Ricettacolo ingrandito, veduto superiormente. e. Involucro o calice ancor più ingrandito. 5. a. Marchantia hirsuta^ mas. grandezza naturale. b. Ricettacolo ingrandito. e. Lo stesso tagliato verticalmente. 6. a. a. Viviania sinuata di grandezza naturale. b. Porzione di fronda ingrandita , con uno dei ca- lici esterni rovesciato in parte. 7. a. Reboullia maderensis grandezza naturale. b. Porzione di fronda ingrandita ^ veduta sujìerior- mente , con due delle fossette entro le quali è contenuta la fruttificazione prima del suo svi- luppo. e. La medesima veduta inferiormente. d. Ricettacolo triangolare, parimente ingrandito, il quale presenta uno de' suoi angoli aperto^ dove si vede la cassula o sporangio egualmente aper- to, ed i semi in esso contenuti. e. Sporangio o cassula con spore , separata dal ri- cettacolo, ingrandito come sopra. f. Spora assai più ingrandita. g. Uno dei cigli membranosi che internamente cir- condano le fossette sopra indicate, anch' esso in- grandito. 8. a. E.etigerits dimorphus nel suo primiero stato^ e nel- la sua naturai grandezjia. b. Lo stesso che presenta il pileo rovesciato^ e l,a 54 Supplemento ec. rete circondante il gambo, come appunto fu da noi ritrovato dopo il suo completo sviluppo. e. La membrana alquanto spugnosa ed elastica che ricuopriva le pareti della cavità del pileo , la quale dopo essersi staccata dal medesimo , si è contratta , ed ha presa la forma presso a poco d' un bicchiere. d. Porzione di pileo ingrandita per mostrare più distintamente gli alveoli rimasti scoperti dopo il distacco della summentovata membrana, in alcu- .»j ni dei quali si vedono ancora le vessichette se- minifere che ne riempiono le cavità. -lOi -l T- V.:>: ' •• -■. !^, -;■,>■; ) ' i f .'* •.:•.'• ■. 'r\.. . '■ , ■■ ,., 1 1 .....ji '.••'■ . 1 / ^ j :iiir'. •' fA I ', l'J' :i ...^....: MV il'); , ■ ■ "■; • ; J , : -. . • >. ■ i i ' ' '.;■ > ■ ! i • "r', r. :i y xx/^ajc.jiif 5SL.^z^V/„, ?, JC.^:. .-^.^ .-^ xx/; 'c^„^./v . '//....^ ,A tZ/>,-. CI ^■^, S*»t;*it.,'^p;; -y - V ^ ,'/ -.,-. /v e //^,„ ,/, ,_■/,/,, ^y/; w . e' A;. , -y/„/c/ ' Kx. ,.„„ /"y ■^-. 7' /// ^^/ -jy/ ' ..:• ,'• .'• •.. • ;• _lì3iu^ ' / // ,-. . /-,// ■-/ \v /y.r,7 5^ ^m"' "^ ~^y-^ /^ ^^ ' :L-. IT., /ù.. '^^•^'^:kv/,.. o5 SULL' INFLUENZA DEL MAGNETISMO NELLE CHIMICHE COMBINAZIONI SPERIENZE DEL DOTTOR PIETRO CARPI Professore d1 Mineralogia nell'Università della Sapienza Presentate adì \'i. Febhrajo 1826. DAL. SOCIO SIG. PROF. DOMENICO MORICHINI ED APPROVATE DAL SOCIO SIG. PROF. BARTOLOMMEO BARANI J? in dal momento, in cui il cel. Oersted fece conosce- re la grande influenza che gli apparati elettromotori eserci- tano sopra «ili aghi magnetici , la maggior parte dei Fisici ri- volsero la loro attenzione verso questo punto importante di Fisica , e non solo si affrettarono a ripetere le di lui sperien- ze , ma ne moltiplicarono i fatti, imaginarono nuove teorie per spiegarli, di maniera che dopo i lavori di Ampère di de la Rive , di Faraday , di Boisgiraud , di Biot , di Arago , di Davy, e di tanti altri illustri Fisici, si hanno i più forti aigomentL per credere, che l'elettrico ed il magnetico sieno un me»- desirno fluido, ossia che i fenomeni elettrici e magnetici dipendano da una medesima causa. Alcune sperienze pubbli- cate nel i8aa. [a) dal Sig. Murray Prof, di chimica a Edim- burgo sembravano presentare nuovi argomenti di analogia fra il magnetismo e l' elettricità , poiché dimostravano che il primo , come quest' ultima ha un' influenza sulle chimiche (a) V. BihUotheiiiie iiniiiirji.lle tnm. | seh metalliques pur V aimant par }, XIX. pjg. ^j. sur la decoirpoiition des | Murray. 56 Sull' Influenza del Magnetismo ec. combinazioni. Egli per mezzo di magneti o sbarre magnetiz- zate artificialmente era giunto ad ottenere la decomposizione di molti sali, come si ha con gli apparati elettromotori. Con- siderando però il modo , con cui hanno luogo le correnti e- lettriche in una magnete secondo la teoria di Ampère, non sapeva concepire come per mezzo di questa potessero otte- nersi effetti cliimici sui corpi : ma contro i fatti particolar- mente osservati da un chimico così distinto com'è il Prof". Mur- ray , era inutile t[ualunquc dubbio o raziocinio. Bisognava dunque ripetere le sperienze ad oggetto solo di vedere se mai qualche altra causa avesse potuto influire nella produ- zione del fenomeno. Questo è ciò che mi sono proposto di fare; ma prima di venire ad esporre i risultanicuti da me ottenuti, giova di richiamare alla memoria le sperienze prin- cipali del chimico di Edimburgo. i; Per mezzo di una magnete ha ridotto in poco tempo allo stato di mercurio liquido una soluzione di sopramuriato, b deuro-cloiuro di n.eicuiio. 11 liquido che sopranuotava non provò alcun' azione dalT albume delT uovo. a. Nello stesso modo ha ottenuto la decomposizione del nitro-muriato di platino con viva effervescenza, e con pro- duzione di schiuma visibilissima quando si guardava il liqui- do attraverso la luce. ,' 3. Un filo di acciajo di Olanda privo affatto di magnetis- ^nio fu immerso per i^. ore nel nitrato di argento senza provare alcun effetto. Lina porzione del medesimo filo disposta però in modo da renderlo congiuntivo fra i poli N. e S. di due calamite non tardò allora a coprirsi di cristalli di argento. 4- Una data porzione dello stesso filo di acciajo fu ta- gliata in due parti eguali; una di esse fu magnetizzata, ed ambedue furono immerse in una soluzione di nitrato di ar- gento. Quella magnetizzata si coprì di aigento alla superfi- cie, l'altra restò senz'azione. 5. Una sbarra magnetica anche coperta di vernice co- pale immersa in una soluzione di muriato di mercurio pro- dusse la rievivificazioiie di (j^uesto metallo. Del Dottor Pietro Carpi S7 6. Due sbarre magnetiche immerse per due giorni nell' acido fosforoso lo decom[)osero. Il polo Nord di una sembrò appena attaccato dall' acido ^ mentre il polo Sud dell'altra lo fu fino alla profondità di | di pollice, e la sua superfi- cie mostrò allora una struttura fascicolata. 7. Dopo avere immerso i due poli magnetici N. e S. di due sbarre nel nitrato di argento furono riuniti alla distan- za elica di un mezzo pollice dalle loro estriinità per mezzo di un filo di acciajo. Si vide formare un precipitato di cri- stalli di argento metallico vicino al filo congiuntivo; un pic- colissimo numero trovavasi al di sotto , e n' era ricoperto anche il filo congiuntivo medesimo. 8. Un filo di platino che non provava alcun cambiamen- to nel nitrato di argento fu posto come filo congiuntivo fra i poli di una calamita della forma di ferro di cavallo , la quale sosteneva il peso di io., libbre. Allorché fu immerso questo filo nel nitrato di argento, cambiò ben presto di co- lore, e dette segni di azione reciproca. 9. Una sbarra magnetizzata immersa in una soluzione di nitrato di argento, ha ricondotto quest' ultimo completamen- te allo stato metallico. 10. Allorché fu immersa la sbarra nel nitrato di argento^ li polo N. si copri al momento di pagliette lucenti di argen- to, che si aggruppaiono più abbondantemente intorno questo polo , che noi polo Sud. Tali pagliette cristalline sembravano dotate di una polarità evidente , ed erano sensibili all'azione di una lamina fina di acciajo, che vi si approssimava. I I . Ouando la magnete é immersa in una soluzione di muriato di mercurio , e che , mentre si effettua la decompo- sizione appariscono i globetti di mercurio , V azione è più intensa sugli angoli , ed alla base della sbana , e più pronta ed abbondante è la rievivificazione del mercurio in queste parti. Questi sono i fatti principali osservati dal Sig. Murray, passo ora alle mie sperienze. Tomo XX. H 58. Sull' Influenza del Magnetismo ec. Sospesi ad una colonnetta di legno una forte magnete , dai poli delia quale pendevano due fili di acciajo, le di cui estremità furono immerse a piccola distanza l' una dall'altra in una soluziune di deuto-cloruro di mercurio contenuto in un bicchiere. Dopo una mezz'ora vidi intorbidarsi la soluzio- ne. Esaminata nuovamente il terzo giorno trovai al fondo del bicchiere un precipitato bigio-gialiastro; i fili di acciajo era- no nelle loro estremirà in parte corrosi, e ricoperti dal me- desimo precipitato , in mezzo al quale si vedevano distinta- mente globetti di mercurio metallico. Una pellicola grigiastra galleggiava ancora alla superficie del liquido. Ripetei la stessa spcrienza nel modo medesimo sostituen- do alla soluzione del deuto-cloruro di mercurio quella di ni- trato di argento , ed avendo la cautela di coprire tutto l'ap- parato con carta nera affine di togliere qualunque influenza della luce solare. Dopo alcuni giorni ottenni la decomposi- zione del nitrato di argento , e trovai delle lamine splenden- ti di questo metallo parte depositate al fondo del bicchiere , e parte attaccate ai fili di acciajo. Le stesse sperienze con il medesimo apparato furono isti- tuite tanto col nitrato di argento, che col deuto-cloruro di mercurio^ mettendo fra le due estremità dei fili di accia- jo immersi nelle soluzioni un filo congiuntivo dello stesso metallo, e del medesimo diametio. Esposi ancora all' influenza di due magneti le soluzioni dei sali nominati, in modo che uno dei due fili di acciajo che vi erano immersi , partiva dal polo Nord di ima calami- ta, l'altro dal polo Sud dell'altra. Simili ai primi furono i risultamenti e conformi a quelli ottenuti dal Signor Murray. Ma neir istituire queste sperienze mi venne il sospetto che il ferro potesse avere qualche parte con la sua azione chimi- ca nella produzione del fenomeno , e per assicurarmi di ciò misi dentro due bicchieri quantità eguali delle medesime so- luzioni di nitrato di argento e di deuto-cloruro di mercurio, e v' immersi in ciascuna due fili di acciajo dello stesso dia- Del Dottou Pietro Carpi 5g metro di quelli delle sperieiize precedenti, e privi affatto di magnetismo. Le soluzioni s'intorbidarono egualmente, e quin- di si videro rievivificati il mercurio e l'argentò. Il ferro dun- que aveva certamente parte nella decomposizione del nitra- to di argento, e del deuto-cloruro di mercurio indipenden- temente dal magnetismo. Sebbene i medesimi effetti io mi dovessi aspettare dall' immersione orizzontale delle spranghe magnetiche dentro le soluzioni degli stessi sali , volli ciò non ostante ripetere le sperienze, come le aveva fatte il Sig. Murray, istituendone contemporaneamente delle altre comparative con spranghe di acciajo non magnetizzate. Presi una spranga di acciajo , che mi assicurai non avere alcuna proprietà magnetica , e la divisi in due porzioni eguali; una di queste la lasciai nel suo stato naturale, magnetizzai fortemente l'altra con una cala- mita , ed immersi ciascuna di esse in eguali quantità di ni- trato di argento. Lo stesso eseguii col deuto-cloruro di mer- curio. I fenomeni che io osservai furono i medesimi^ otten- ni lo stesso intorbidamento , e lo stesso precipitato ; l'argen- to ed il mercurio si trovarono egualmente rievivificati, Chia- ro risulta da queste sperienze che il ferro sia magnetizzato, sia non magnetizzato, ha un' azione chimica sopra i due sali nominati. Il magnetismo però ha alcuna parte nella decom- posizione di questi sali ? Per poter distinguere gli effetti do- vuti al ferro , e quelli dovuti al magnetismo bisognava esa- minare r azione dell' uno e dell' altro separatamente , e non si poteva giungere a questo scopo, se non col togliere il con- tatto immediato del ferro con le soluzioni saline , lasciando nello stesso tempo libera V azione al magnetismo. Sospesi a quest' effetto ad una colonnetta di legno una. calamita (a) come nelle prime sperienze , dai poli della quale (a) Due sono state le taagneti , Oi I ze , una è capace di sostenere un peso cui mi souo tarrito in queste sperien- I di /5, libbre , 1' altra di la. 6o SuLi/ Influenza pel Magnetismo ec. pendevano due fili di acciajo , le di cui estremità erano in- filate in dne tubi di vetro sottilissimo j, ed immerse a piccola distanza 1' una dall' altra in una soluzione di deuto-cloruro di mercurio. In questo modo, come si vede, era tolta qua- lunque azione chimica del ferro sulla soluzione, mentre li- beramente poteva esercitare la sua influenza il magnetismo anche attraverso un sottilissimo strato di vetro. Lasciai que- st' apparecchio in azione per qualche mese senza osservare nella soluzione il più piccolo cambiamento. Ripetei la mede- sima sperienza col nitrato di argento , e simile lu il risulta- lamento. Non intorbidamento, non precipiato, non rievivi- ficazione delle basi metal lidie dei sali , come si erano otte- nute nelle prime sperienze. Sottoposi alle stesse prove Face- tato di piombo ed il nitrato di rame , ed anche questi sa- li restarono indecomposti. Per rendere però più concludenti le mie sperienze con- veniva osservare se sh stessi effetti negativi si ottenevano coll'immersione orizzontale delle spranghe calamitate nelle me- desime soluzioni, sempre tenendo lontana Fazione chimica del ferro. Presi delle spranghe cilindriche di acciajo di una linea e più di diametro^ le magnetizzai fortemente con una ma- gnete , e le rinchiusi dentro tubi di vetro sottilissimo simi- le a quello con cui si fanno le candelette fosforiche , saldan- done 1' apertura alla lucerna. Io vidi che tali spranghe con- servavano perfettamente il magnetismo ancorché fossero ri- coperte da questo sottilissimo strato di vetro. Avendo a mia disposizione molte di queste spranghe magnetizzate e così preparate, potei moltiplicare le sperienze. Ne immersi infatti una orizzontalmente nella soluzione di deuto-cloruro di mer- curio , una seconda nella soluzione di nitrato d'argento, una terza nella soluzione di acetato di piombo , una quarta in quella di nitrato di rame, una ([uinta nel nitro-muriato di platino. Ne disposi anche molte insieme nelle medesime so- luzioni in modo che si toccassero con i poli contrarii , e la- Del Dottor Pietro Carpi 6i sciando le ultime due con le loro estremità distanti di poche linee l'uiia dall' altra. In tutte queste sperienze protratte an- cora per più mesi, non potei osservare né intorbidamento, nò precipitato , né rievivificazione delle basi metalliche , ux una parola non vi fu alcuna decomposizione. E per istituire sempre sperienze comparative colT acciajo non ricoperto dal vetro, misi contemporaneamente altre spranghe di questo me- tallo dello stesso diametro, e della stessa lunghezza in altret- tanti vasi che contenevano le soluzioni dei medesimi sali , i quali o più presto, o più tardi manifestarono segni di de- composizione. Ora quale sarà la conseguenza che dovrà dedursi da ta- li sperienze ? (.^he il ferro con la sua azione chimica è quel- lo che ha prodotto nei casi riferiti di sopra la decomposizio- ne dei sali metallici , e non il magnetismo , poiché tolto il contatto immediato del ferro con questi sali non si ha alcu- na decomposizione. I fatti pertanto osservati dal Sig. Mur- ray sono veri , e non poteva essere altrimenti , ma ciò eh' egli aveva attribuito al magnetismo, non era che l'eifetto dell' azione chimica del ferro. Non avendo dunque le magneti al- cun' influenza nelle chimiche combinazioni, sarà questa una prova per negare la grande analogia o vogliam dire 1' iden- tità , che viene riconosciuta oggidì da tutt' i fisici fra il flui- do elettrico, ed il magnetico ? Io sono di parere che non vi sia alcuno che possa crederlo ^ anzi i risultamenti delle mie sperienze sono una conferma del modo , con cui Ampère con- cepisce nelle magneti le correnti elettriche, e siccome diver- sa é la maniera, colla quale hanno luogo queste correnti nei differenti corpi , gli effetti ancora devono variare . Qual dif- ferenza infatti non ci presenta r elettricità galvanica, e quel- la sviluppata dalle macchine elettriche ordinarie nell' azione chimica sui corpi? Eppure non v' è alcun fisico, il quale non consideri questi due fkìidi come della medesima natura. E se la stessa elettricità comune ci presenta tanti fenomeni diversi , sviluppandosi essa p. e. ora per mezzo dello stropic- 6a Sull' Influenza del Magnetismo ec. ciamento , ora per mezzo del riscaldamento, ora passando li- beramente attraverso alcuni corpi, ora arrestandosi in altri, si dovrà perciò ammettere che in tutte queste circostanze agiscano altrettanti fluidi particolari ? I fatti finora osservati dai Fisici sono bastantemente numerosi per credere che 1' e- lettrico ed il magnetico sieno della medesima natura, ov- vero che i fenomeni elettrici e magnetici dipendano da una medesima causa , senza che si riconosca nelle magneti il po- tere di decomporre i corpi. 1 : ■ . G3 OSSERVAZIONI NATURALI FATTE all' isola DELL ELBA MEMORIA DEL DOTTOR PIETRO CARPI Professore di Mineralogia nell' Archiginnasio Romano Ricevuta adì i3. Luglio 1837. PRESENTATA DAL SOCIO SIC. PROF. DOMENICO MORICHINI APPROVATA DAL SOCIO SIC. PROF. BARTOLOMMEO BARANI Elba è fra le isole del mare Tirreno una delle più in- teressanti sia per la parte che ha avuto in ogni tempo nello vicende politiche d' Italia, sia per 1' abbondanza e la varietà de' suoi naturali prodotti. Molti Dotti infatti nel percorrere l'Italia non hanno tralasciato di visitare quest'isola, e varie notizie hanno pubblicato intorno la medesima , e particolar- mente sopra le sue ricche miniere di ferro. Fra questi meri- tano soprattutti di essere citati Tronsson du Coudrai (a) , le Gallois , Thièbaut (b) ed il nostro Ermenegildo Pini (e) . Un (a) Memoire de la mine de fer cry- stdllizée de l'ile d'Elbe par M.' Trons- lon du Coudrai : Journ. de phisique année 1774- (i) Voyage à l'ile d'Elbe par Arten- ne Thièbaut . Paria i8o3. (e) OsEervazioni mineralogiche sulla miniera di ferro di Kio ed altre parti dell' isola dell'Elba di Ermenegildo Pi- ni C. R. B. Milano preeso Giuseppe Marcili 1777. 64 Osservazioni Naturali ce. viaggio fiUto nou ha guari all'Elba mi ha presentato l'occa- sione di riunire alcune poche osservazioni, le quali potranno per avventura servire a spargere maggiori lumi sulla fìsica co- stituzione di quest' isola , e sulle sue relazioni con le altre parti d' Italia. L' Isola deir Elba era conosciuta dai Greci sotto il nome di Aetalia , e presso i Romani sotto quello di Ilua o Ih'a , da cui è venuta la denominazione di Elba dei moderni. È si- tuata, come a tutti è noto, nel Mediterraneo incontro il con- tinente Toscano, e precisamente alla città di Piombino, da cui è separata da un tramite di mare di io. miglia detto ca- nale di Piombino. Giace al 4^.° A di latitudine, ed al 28.°^ di longitudine. Stanno al Nord le isole di Capraja e della Gor- gona , all' Est gli scogli di Palmajola e di Cerboli , ed il lit- torale Toscano, al Sud, ed al Sud-Est le isole del Giglio , di Monte Cristo, e la Pianosa, ed all' Owest la Corsica. La sua figura è irregolare, presenta molti seni, e varie punte salien- ti, e due porti comodi e spaziosi, uno a Portoferrajo e 1' al- tro a Portolongone , ed ha 60. miglia toscane di circonferen- za. Il suo clima è assai temperato, poiché il caldo, ed il fred- do non vi sogliono essere eccessivi nò quanto all'intensità, né quanto alla durata. Se nell'inverno vi cade qualche poco di neve , non vi resta che breve tempo , e presto si fonde : le piogge vi sono ancora poco frequenti. Una prova della dol- cezza del clima se ne ha nel vedere vivere prosperamente ed allo scoperto gli aranci, ed ogni sorta di agrumi, i quali pro- ducono frutti maturi, e squisiti. L' aria è generalmente salu- bre, ma vi sono dei luoghi, dove le acque per alcuni venti contrarli non potendosi scaricare nel mare a cagione anche del poco pendio dei terreni, stagnano e rendono questi luo- ghi infetti nell'estate e facili a sviluppare le febbri di perio- do: tali sono a Campo, all'Acona, ed in qualche altra parte dell' isola. Si dice ancora che a Poggio, ed a Marciana domi- ni talvolta ora il vento del Sud e del sud-Est, ed ora il Li- beccio sud-owest, i quali venti sono molto incomodi per que- Dei. Dottor Pjetbo Carpi 65 gli abitanti. Non esistono lagliì nelT isola^ ma varie sorgenti di acqua dolce di un' eccellente qualità. Quelle dei paese di Rio sono rimarcabili per la loro bontà e per la loro al)bon- danza : oltrecchè servono come ac(|ua potabile, sono impie- gate ancora a fare agire molti molini prima di scaricarsi ai mare. Sebbene quest'acqua di Rio sia ottima a beveisi^ pu- re è stimata migliore { Pini ) quella di un altro fonte si- tuato sulla strada che da Rio conduce alla piccola chiesa di S. Catterina . In altri luoghi dell'isola scaturiscono diversi piccoli fonti di acqua più o meno buona. La cagione della mancanza di laghi e della poca quantità di acque proviene dalla piccolezza dell'isola, che nei suoi monti non può rac- cogliere molta copia di acque piovane, e dalla brevità del tempo che le nevi vi dimorano. Vogliono anzi alcuni che le- piogge, e le nevi non sieno sufficienti a somministrare quel- la quantità di acque che scaturisce dal fonte di Rio, per cui credono che una parte di queste acque provenga dalla Cor- sica per mezzo di canali sotterranei. Jla ninno ha calcolato la quantità di acqua che possono somministrare le piogge e le nevi , le quali cadono annualmente in tutta 1' estensione dell'isola , e 1' ha paragonata con quella che scaturisce dalle diverse fonti della medesima. Io non niego la possibilità di una comunicazione sotterranea fra la Corsica e 1' Elba , ma vxna tale opinione a dire il vero mi sembra molto strana con- siderando che fra queste due isole vi è una distanza di 4^. niÌ2:lia. Da alcune memorie storiche si sa che l' isola dell' Elba era abitata prima ancora della fondazione di Roma. Gli Etrus- chi furono i primi ad occuparla , e la loro popolazione non doveva essere in quell' epoca tanto scarsa , poiché sappiamo da Virgilio [a) che dette ad Enea 3oo. soldati scelti per com- battere Turno, e Silio italico ci là conoscere che dopo l'in- (fl) E..«idc lil). A. V. 173. Tomo XX. 66 Osservazioni Naturali ec . felice giornata della Trebbia somministrò come la Sicilia 3ooo combattenti, e molte armi ai consoli Romani (a). In oggi la sua popolazione è di circa la. mila abitanti. Sono essi gene- ralmente buoni , ospitali , e benché segregati dal Continente conservano tutta l'urbanità toscana, amano la fatica, sono por- tati per la caccia , e menano una vita attiva e frugale. Han- no i capelli neri , la pelle bruna e lo sguardo vivo e pene- trante. Il suolo dell' isola dell'Elba è quasi tutto montuoso ed ineguale; le poche pianure che vi si osservano sono nel ter- ritorio di Portoferrajo, e nelle vicinanze della città di Porto- longone: alla poca fertilità del suolo suppliscono gli abitanti con la loro industria, e profittano di quei spazii di terra do- ve la roccia si va decomponendo per fare le loro coltivazio- ni. II grano che si raccoglie nell'isola appena basta ai biso- gni di una quarta parte dell' anno : i legumi , come le erbe eduli sono ancora in piccola quantità. Gli olivi sono più ab- bondanti , e r olio che se ne ricava basta al consumo degli abitanti senza farlo venire dalla terra ferma. La vite vi pros- pera assai bene , ed è la pianta più coltivata dell' isola : si hanno varie specie di vini e tutti eccellenti , che formano luio dei principali rami del commercio della medesima. Oltre i vini ordinarli se ne fabbricano due particolari che sono il Vermont e V aleatico, i quali se non sono superiori, eguaglia- no quelli più squisiti della Toscana. Essendo l'isola scarsa di pascoli non ha che poco bestiame, e di una razza piccolissi- ma. Non vi esistono bestie feroci, né lupi, né volpi: v'erano dei cinghiali che sono stati distrutti da pochi anni. Il zoolo- go troverebbe nel genere degl'insetti di che esercitarsi, ed il botanico un abbondante numero di piante; ma io non ave- va né tempo, né cognizioni sufficienti per occnparrui di (jue- sti oggetti. ce? Il commercio dell'isola consiste nell' importazione da Li- (a) Di bellj Pu:i- lib. Vili. v. ói: Del Dottor Pietro Carpi 67 vovno e dalle Maremme dei grani , formaggi , bestiame , ed altri oggetti di prima necessità, ncU' esportazione del tonno, di cui si fa una gran pesca due volte all'anno, del vino, del sale, dell'aceto molto ricercato, e soprattutto della miniera del ferro. Non vi sono né fabbriche;, né manifatture, v'era- no una volta dei forni per la lavorazione del ferro che ora più non esistono per la mancafiza di legna. Ma passiamo a ciò che riguarda la mineralogia ^ e la geoguostica costituzio- ne di quest' isola. I minerali che si trovano in maggiore abbondanza all'El- ba, e che entrano nella costituzione fisica della medesima so- no il granito , lo schisto micaceo , lo schisto argilloso e tal- coso, la calcarla primitiva, la serpentina ed il terrò. II granito trovasi particolarmente al Sud, ed al Sud-Owest deir isola, si osserva a Marciana, al Monte Capanna, il qua- le secondo Thiebaut é formato intieramente di questa roccia, a Campo, a S. Ilario, a S. Pietro, al Seccheto, ed alla spiag- gia e punta de' cavoli. In questi ultimi luoghi che ho par- ticolarmente visitati si estende il granito lungo il mare per pili e più miglia, e dal pelo dell'acqua s'innalza fino alla ci- ma dei monti, che sono in questa parte dell'isola. Non è dis- posto in banchi, ma forma una massa continuata, come si os- serva nelle montagne di formazione primitiva. Non è rico- perto da alcuna roccia, e solo pochi arbusti e qualche liche- ne vi hanno allignato in quei punti , dove per 1' azione de- gli agenti esterni ha incominciato a subire un principio di disfacimento. Il granito del Seccheto, e della spiaggia e punta de' ca- voli ha un colore bianco-grigiastro con punti neri di mica, una grana in alcuni luoghi più n)inuta,.per cui lo direbbero gli scarpellini granitello^ in altri più grossa: le sue parti co- stituiive sono ora più strettamente unite , ora meno. Questa diversa conformazione, ed aggregazione di parti danno al gra- nito una differente durezza , una tinta più o meno bella, e lo rendono più o meno suscettibile di pulimento. Quello a 68' Osservazioni Naturali ec. grana grossa ha una durezza presso a poco simile al granito egizio, una tinta più piacevole alTocchio, e prende un puli- mento più perfetto di quello a grana minala. La più bella varietà è qnella situata nel luogo detto la valle biija distan- te dalia spiaggia del Secclieto circa \ di miglio. In alcuni luoghi ha lo stesso granito una tinta rossastra, ma questa sem- bra dipendere da un principio di decomposizione che ha avu- to luogo fino ad una certa profondità. Dai tagli fatti sul gra- nito del Seccheto e de' cavoli, da una quantità immensa di rottami che si vedono, e da alcuni lavori già abbozzati che tuttora vi sono, non si può dubitare che sia stata fatta in questa parte dell' isola una grande escavazione e lavorazione di questa pietra . Dalle memorie storiche si sa infatti che molte opere sono state costruite con questo granito dell'El- ba . Alcune colonne si vedono nel Duomo di Pisa, altre nel Battisterio di S. Giovanni in Firenze: una tazza di 35. brac- cia toscane di circonferenza fu collocata d' ordine del Gran Duca Cosimo Primo nella gran fontana centrale del Giardino detta dell'isola di Boboli nel 16 18. Esistono ancora alle cave quattro colonne già abbozzate e fusate, la più graude alta palmi 34. ^5 e del diametro di palmi 3 ^ , e la più piccola alta palmi 29. e del diametro di palmi 3. Contiene il granito di llampo tormaline nere, gialle, verdi, rosse, cristalli di granato, lamine esaedro, e gruppi emisferici di mica argentina, e color di rosa di quella varietà detta Lepido- lite ; nelle fenditure si osservano i più belli cristalli di leldis- pato di varie forme , e di quarzo , i quali qualche volta sono impiantati gli uni negli altri. Una serie numerosa di belle e scelte cristallizzazioni di tutte queste sostanze e di altre che si trovano patimenti all'isola, è stata recentemente descritta in un opuscolo dal Chiarissimo Sig. Prof. Ottaviano Targioni Toz- zetti con quella diligenza e precisione che lo distinguono [a)\ io non mi tratterò perciò più lungamente sulle medesime. (u) Muier;i'.l [i.irticolaii dcll'ifoUi dell' | Elb.i ntruvati n racro',!.. à\'A Si;;. Gio- Del Dottor Pietro Carpi 69 Li) scliisto micaceo, lo scliisto argilloso, e lo schisto tal- coso sono egualmente abbondanti all'isola dell'Elba. Forma- no queste rocce la parte predominante del Monte del Giove, e di tutto il lato orientale dell' isola compreso Ira la Marina di Rio, e la città di Portolongone ; si estendono ancora ver- so rOwestj e vanno a l'ormare quasi tutte le montagne che sono nel circondario di Portoferrajo. Queste tre rocce secon- do l'opinione ancora del cel. Charpentier possono considerar- si come semplici modificazioni di una sola ; è difficile infatti di poter determinare i limiti di ciascuna. ,, On observe ( di- ce questo geologo parlando di queste medesime rocce dei Pi- renei ) ordinaireqient un passage insensible de l'uiie de ces „ roches à l'autre non seulement entre plusieurs couches , j, mais aussi sur 1' etendue d'une inéme couclie (a) „ . D'Au- buisson ha fatto analoghe osservazioni alle Alpi , e nella de- scrizione interessante che ha dato del dipartimento della Doi- ra ( Anual des inines N." 172 ) dice che lo schisto argilloso e lo schisto talcoso non vi formano terreni separati^, ma fan- no parte d'una sola e medesima formazione. E subordinata a questo schisto la calcarla primitiva , la quale osservasi particolarmente nel lato orientale dell' isola. Trovasi in forma di banchi disposti per lo più paralellamen- te fra loro; in alcuni luoghi sono orizzontali, in altri più o meno inclinati all'orizzonte. I banchi si estendono per lun- ghi tratti di terreno, ed iu molte parti si presentano allo sco- perto o a poca profondità. Questa calcarla e per il suo tes- suto cristallino;, e per il pulimento che è suscettibile di pren- dere, costituisce uno dei più belli marmi conosciuti. Sei cave sono attualmente aperte nei banchi di questa calcarla^ le qua- li si trovano poco distanti F una dall'altra, e sono situate vanni Ammannati Tenente (lei RR. Cicridtdri del i ."" Reggimento Reale Ferdinando, descritti dal Prof. Dott. Ot- taviano Targioni Torictri. Firenze dai Torcili di Attilio Tofani i8a5. (a) Essai sur la costitution géogno- silque des Pyrénées Paris i8a3. pag. 187. 70 Osservazioni Naturali ec. all'Est dell'isola fra la marina di Rio, e la Città di Portolon- gone ili uno spazio di circa cinque miglia e mezza. Hanno preso queste cave la denominazione dai luoghi, dove sono sta- te istituite , e sono la cava di Porticciuolo , le due cave di Ortano , una detta Ottano alto^ l'altra Orlano basso, le due di Capo d'Arco e quella delle Cannelle. La cava di Porticciuolo è la piìi vicina alla marina di Rio: la distanza da questo villaggio non è che di un miglio. Il marmo è in forma di banchi paralelli fra loro, ed inclina- ti obliquamente verso il monte detto del Fico. Il colore è il bigio-biancastro che passa al bigio-verdognolo , presenta pe- rò delle liste o fasce di color verdastro più o meno cupo for- mate da straterelli di mica, per cui presenta una frattura ta- volare o schistosa nel senso di questi strati. Gli scarpellini lo chiamerebbero senza difficoltà col nome di cipollino . La sua grana è minuta, ha una durezza simile al cipollino anti- co, o al Caristio, ed è suscettibile di un bel pulimento. La strada che dalla cava di questo cipollino conduce al mare, è spaziosa e comoda per il trasporto dei massi anche di una grandezza considerabile, e non è piìi lunga di 84. per- tiche toscane. La situazione della spiaggia per l' Imbarco non può essere piìi favorevole, essendovi in questo luogo un seno di mare a guisa di un piccolo porto, da cui la spiaggia, e la cava han preso il nome di Porticciuolo. Le due cave dette di Ortano alto ed Ortano basso sono situate in una piccola valle di questo nome distante dalla marina di Rio circa due miglia ed un quarto. Entrando dal- la parte del mare in questa valle si vedono ambedue le ca- ve, vina situata a sinistra alle radici del Monte d'Arco, l'al- tra a destra sopra il poggio detto di Ortano. Quest' ultima trovasi all'altezza di circa 100. piedi dal piano della valle, ed alla distanza di \ di miglio dal mare. Il marmo vedesi al- la superficie del suolo per un tratto di circa 80. pertiche quadrate: i banchi del medesimo sono inclinati verso il mon- te, gli superiori più, gl'inferiori meno, e la maggior parte Del Dottor Pietro Carpi yr divisi ila loro. Nel lato sinistro della valle di Ortaro entran- do sempre dalla parte del mare, ed alle radici del Monte d' Arco è situata la cava detta di Ottano basso , perchè posta allo stesso livello della valle di questo nome. Dai frantumi o scaglie che sono in questa cava , e dalle impronte delle lorniclle che si vedono sopra gli strati di marmo, sembra non potersi dubitare che questa cava sia stata anticamente in at- tività. Il marmo si mostra superficiale per un tratto di ter- reno quasi quanto quello di Ortano alto. È egualmente in for- ma di banchi ma più uniti. L' escavazione di questo marmo è facile, egualmente che il trasporto dei massi al mare per la situazione della cava quasi al livello della valle di Ortano, e per la poca distanza dal mare. Da quest' ultima cava venendo nuovamente verso il ma- re la calcarla o il marmo scomparisce e non si vede che lo schisto micaceo intei'secato da qualche vena di quarzo. Si presenta però nuovamente sulla faccia orientale del Monte d'Arco all'altezza di loo. pertiche toscane, e da questo pun- to si estende fino alla sommità del monte. Due sono le cave aperte in questo luogo , le quali si chiamano cave di Capo d'Arco . Sono distanti 1' una dall' altra meno di aoo. braccia toscane^ e circa 3. miglia dalla marina di Rio. I banchi di marmo che si osservano in queste cave, alcuni sono orizzonta- li, altri più o meno inclinati verso il monte, e sono disposti paralellamente fra loro. V ha una strada spaziosa e comoda destinata al trasporto dei massi di marmo al mare la quale non è più lunga di i di miglio. Alla distanza di ^ di miglio è situata 1' altra cava detta delle Cannelle dal luogo che porta questo nome. E distante dal mare \ di miglio^ tre miglia e mezzo dalla marina di Rio, e due mifflia da Portolongone. Gli strati di marmo che si ve- dono anche alla superficie del terreno, sono egualmente dis- posti in linee paralelle fra loro , ma più obliqui e divisi di quelli delle altre cave. Il Tnarmo è più schistoso e presenta dellf» 7.onc,, o liste verdastre più abbondanti, e più vicine fra ^a Osservazioni Naturali ec. loro, per cui sebbene sia in ultima analisi della stessa natu- ra di quello delle cave di Ortano e di (^apo d'Arco, in que- sto luogo sembra essere un cipollino. La strada che da que- sta cava conduce al mare è lunga | di miglio, ha un giusto declivio, ed una larghezza sufficiente, per cui con facilità si possono trasportare i massi di qualunque grandezza. I marmi delle cave di Ortano alto e basso, di Capo d'Arco, e delle Cannelle sembrano essere tutti della medesi- ma qualità. 11 loro colore in fondo è bianco , ed in alcuni strati è anche candido come il più bel marmo statuario, ma questo colore nello stato attuale delle cave non è costante neppure in uno stesso masso; passa in alcuni j)unti al grigio, ed al verde, e questi colori sono disposti perloppiù in linee o zone paralelle più o meno vicine fra loro, ed alternano con gli strati perfettamente bianchi. Si osserva ancora che il mar- mo generalmente parlando quanto più è superficiale, tanto più è ripieno di queste liste o zone colorate, e che a misu- ra che s' interna nel monte ha un colore più bianco , e più uniforme. Il suo tessuto è lamellare o scaglioso simile al mar- mo parlo, la durezza però è un poco inferiore a questo mar- mo. Ha una frattura tavolare o schistosa particolarmente nel senso delle zone colorate , ed è suscettibile di prendere un bel pulimento. Sul medesimo lato orientale dell'isola, e precisamente poco sopra la Torre di Rio si trova quella sostanza conosciur ta oggidì sotto i nomi di lenite, llvaìte, e Lelicvrite da Le- lièvre che l'ha fatta conoscere la prima volta. Questo mine- rale esisteva già nella collezione di Rome de l'Isle acquista- ta poi da Gillet-Laumont, e da molto tempo nell' I. e R. Mu- seo di Fisica e Storia naturale di Firenze confuso con i così detti scorli. Fleriau de Bellevue l'aveva ancora riportato dall' Elba fin dal 1796; ma la conoscenza del medesimo, e la de- terminazione della sua vera natura è dovuta a Lelièvre, il quale lo raccolse esso stesso nel i8oa. Tornato egli a Parigi ne esaminò i caratteri; Cordier ne determinò le forme cri- Del DoTTon Pietro Carpi ^3 stalline, e Collet-Decotils ne intraprese l'analisi. Tutte que- ste notizie intorno il nuovo minerale furono riunite da Le- lièvre in una memoria che lesse all'Istituto nel iSoó^eche quindi fu pubblicata nel N." ii5. del giornale delle miniere. La Jenite trovasi ancora al Capo Calamita, ed è accompagna- ta da una sostanza di color verde scuro che sembra essere amfibola , ma che Cordier riguarda come una varietà di Pi- rossene. Può considerarsi la jenite come ima miniera di fer- ro; è composta infatti di 53. parti di ossido di ferro , 3. di ossido di manganese, a8. di silice, e \i. di calce, per cui Staiiy la distingue col nome di ferro silìceo-calcare. La serpentina osservasi in varii luoglii dell' isola : nelle vicinanze di Portoferrajo e di Portolongone , al Monte cala- mita^ a Marciana, e pnesso la piccola Chiesa di S. Catterina al Nord-Owest del villaggio di Ilio. In quest' ultimo luogo v'ha una cava aperta di questa pietra di cui ne ho osserva- to due varietà. Una di color verde cupo con macchie rossi- ne, l'altra egualmente di color verde con nuclei e vene bian- che di calce carbonata , contendono ancora dell' asbesto ver- dognolo, e del diallagio; sono ambedue suscettibili di un bel pulimento^ e s'impiegano come pietre da decorazione. Finalmente il ferro è quello che per la sua quantità, e per la sua qualità ha reso celebre fin dai tempi più antichi l'isola dell'Elba, e forma il prodotto più utile della medesi- ma. E tale è la ricchezza di questa miniera , che Plinio il giovane, Varrone , Strabone , ed altri hanno creduto perfino che il ferro si riproducesse a misura che veniva estratto. Vir- gilio stesso sembra entrare in quest' idea allorché parlando dell'Elba cosi si esprime. Insula inaxhaustis chalyhum generosa metalUs . ma grazie ai progressi delle scienze tali opinioni oggidì sono abbandonate. La miniera più ricca ch'è attualmente in attività, e quel- la che più facilmente ancora si lavora, è situata presso la marina di Rio sotto il monte detto del Giove. È disposta in Tomo XX. K 74 Osservazioni Naturali ec. banchi irregolari, e si estrae a cava aperta. La roccia su cui poggia la medesima è uno schisto talcoso che i minatori chia- mano bianchetto. Il suo colore è il bianco, il bianco-ciallas- tro, o il bianco-rossastro. Questa roccia nel decomporsi pas- sa allo stato d'una massa argillosa, o di un bolo che prende diversi colori, ed il quale trovasi unito alla pirite di ferro j ed al ferro oligisto. I luoghi dove si estrae la miniera di ferro sono detti Sanguinaccio, Pietamone, ed Antenna. Al Sanguinaccio il banco della miniera presenta fino a io. metri di spessezza. E composto di blocchi o nocciuoli di ferro oligisto molto compatto, il di cui volume varia da un piede cubico a quello d'una noce. Questi blocchi e questi nocciuo- li sono fra loro uniti, e mescolati a piccoli frammenti argil- losi della roccia detta bianchetto per mezzo della miniera di ferro terrosa e rossa, che sembra provenire da una ricompo- sizione del ferro oligisto antecedentemente alterato . I pezzi estratti da questa massa così stratificata sono ordinariamente ripieni di piccoli fori o canali tortuosi, i quali danno spesso passaggio all'aria, e sono interiormente tapezzati da un leg- gero intonaco nero e lucente. Il colore rosso di questa mi- niera e la proprietà di tingere le dita l'hanno fatta chiama- re sanguinaccio, nome che è stato dato anche alla cava. Pog- gia sopra il banco metallifero uno strato dell'altezza di 3 a 6. piedi formato da una crosta di ferro ossidalo di color bru- no-rossastro, e tutto bucherato, il quale vien detto cappellac- cio. Sopra questo , ed alla superficie del terreno si presenta uno strato presso a poco della medesima altezza di una ter- l'a rossa mescolata a piccole scaglie lucenti della miniera di ferro oligisto , e che contiene ancora delle piccole masse del- lo stesso ferro. Quando le acque piovane hanno lavato que- sto strato dal quale trasportano la terra , la cima del mon- te presenta l'aspetto d' una massa di ferro, Nella cava detta Pietamone la miniera è intieramente composta di ferro oligisto micaceo , che forma un banco, le Dll Dottor Pietro Carpi 75 di cui fenditure sono riempite di ocra gialla . Questo banco poggia sulla roccia detta bianchetto : V aspetto lucente della miniera 1' ha fatta chiamare vena lucciola. All' Antenna la miniera consiste in un ferro oligisto du- rissimo, molto compatto^ e d'un aspetto metallico lucente. Il banco sembra poggiare sulla medesima roccia bianchetto , e presenta una spessezza verticale di circa ac. metri : si ve- dono blocchi metalliferi confusamente mescolati a blocchi sterili ; il tutto è ricoperto da frammenti di rocce , e da una terra vegetale biancastra. La tenacità della miniera deir^«- tenna unita al suo aspetto metallico l'ha fatta chiamare dai ininatori vena ferrata : qualche volta perde il suo splendore ordinario, prende l'aspetto di un' ematite , ed allora si chia- ma vena cieca. Oltre le specie di miniera ferrifera che abbiamo accenna- te ve ne ha due altre che si raccolgono sulla spiaggia^ ma in quantità poco considerabile. Queste sono frantumi staccati dal- le onde del mare che agiscono sulle terre metallifere , di cui è ricoperta la spiaggia nelle vicinanze della miniera. Una di queste specie chiamata paletta è una sabbia finissima compo- sta di ferro oligisto micaceo, l'altra consiste in nuclei di fer- ro oligisto compatto , e si distingue col nome di ferrino. Queste diverse specie di miniera che possono conside- rarsi tutte come un ferro ossidato purissimo, contenendo fi- no a 65. per ice. di metallo sono indistintamente esitate per tutte le ferriere d'Italia, ad eccezione àeWa puletta , il cui smercio è poco considerabile, minore il prezzo , e l'uso limitato alle fonderie alla catalana. Le ferriere dello Stato Pontificio, del Genovesato, del Piemonte, del Regno di Na- poli , della Corsica, e soprattutto quelle di Cecina . e di Ful- lonica nella maremma Toscana si provvedono del ferro deir isola dell' Elba. Vi sono 3i. bastimenti che continuamente trasportano la vena di ferro dall' isola sul continente , e si fa ascendere la quantità che se n' estrae annualmente a circa 4i. millioni di libbre. 76 Osservazioni Natokali ec. Altri banchi di minerale ferrifero si osservano ancora . neirisola , uno di ferro oligisto compattissimo situato a Ter- ra-nera presso il Golfo di Portolongone in mezzo ad nna roc- cia di serpentina , ed un altro di ferro ossididato sul monte Calamita, ma le cave in attività non sono clie nei Inoghi accennati di sopra. Quest'ultima varietà di miniera di fer- ro è quella che trovasi spesso dotata più o meim energica- mente delle proprietà magnetiche, e che costituisce la ma- gnete , o la calamita , la quale ha dato il suo nome al mon- te ed al Capo dove essa si trova. Tutte qneste specie di miniera di ferro non si devono con- fondere con qiu^' bei saggi di ferro oligisto che presentano tutt'i colori dell' iride, che imitano così bene le tinte delle pietre preziose, e che tanto figurano nei gabinetti di Mineralo- gia. Sebbene questi saggi sieno conosciuti sotto la denominazio- ne di Miniera di ferro dell'isola deW Elba, non costituiscono la miniera utile di questo metallo , ma una semplice varietà che trovasi accidentalmente nelle antiche fenditure o cavi- tà, dove il ferro oligisto si presenta in giode in mezzo ad una roccia quarzosa e cristallina. :,'•':■ Dalle osservazioni pertanto che ho potuto fare in varii punti dell'isola, e da quelle istituite prima di me da altri Naturalisti a me sembra di non poter dubitare che il suolo dell' isola dell'Elba sia di formazione primitiva. È dunque pri- va di qualunque fondamento l'opinione avanzata da qualcuno che la medesima fosse di natura vulcanica. Io non so concepire come sia nata una tale opinione, poiché non appare alcun vesti- gio di cratère , né alcuna sostanza che possa dirsi alterata dal fuoco. La fisica costituzione dell' Elba è analoga a quella del Giglio che è stata con tanta diligenza esaminata dal celebre Brocchi [a). E lo stesso andamento nella distribuzione, e [a) Osservazioni naturali fatte al Promontorio Argentaro ad all' isola del Giglio Lett. 3.' Bibliot. Italiana. Del Dottor Pietro Carpi ^y successione delle rocce che questo Naturalista lia osservato fra la catena degli Appennini , i monti della maremma , e l'isola del Giglio , si osserva fra la medesima catena, i mon- ti della maremma, e l'isola dell'Elba. Non vi ò un passag- gio brusco e precipitato dal suolo secondario, dalla calcaria stratificata che costituisce la massa principale delle monta- gne appennine al suolo primitivo, al granito dell isola dell' Elba, ma fra queste due formazioni primitiva, e secondaria vi è interposta quella di transizione dei monti della marem- ma che sono incontro all' isola. Di non dissimile natura da quella dell' Elba , e del Giglio essendo forse le isole di Gia- nuti, di Monte Cristo ^ e la Pianosa, e primitiva essendo ancora la Corsica come ha dimostrato Gueymard (a) , si po- trebbero considerare tutte queste isole secondo 1' opinione del Brocchi (b) come brani di un terreno primitivo che in- nanzi che si fosse formato il letto del Mediterraneo , era in continuazione con quello delle alpi marittime. Cosi le rocce di transizione della costa , e della maremma Toscana si do- vranno riguardare come una dipendenza di quel terreno me- desimo , né si vorranno confondere con le secondarie degli Appennini, circostanza essenziale per chi voglia formarsi una giusta idea della fisica costituzione della nostra penisola. Al- tri però non hanno pensato così relativamente alla formazio- ne dell' Elba , e delle altre isole del Mediterraneo, Thiébaut p. e. crede piuttosto che l' Elba non abbia mai appartenuto al continente , ma che sia sorta dal fondo del Mediterraneo. ,5 II est possible ( così egli dice ) que l'ile d' Elbe comme ,, celle de Delos , où l'on voit encore les ruines d'un tempie ,, d'Apollon , soit sortie des gouffres de la mer, et se soit 5, élevée au niveau qu'elle présente aujourd' bui par suite (a) Sur la geologie et la mineralogie 1 des mines Tom. IX. i.*'et a.'' lirraison de l'ile de Corse ( extrait d'un voya- j 1824- P^S- '^3. gè fait dans cette ile en i8ao.) Annal: (b) Lett. citat. ^8 Osservazioni Naturali ec. „ d'un treniblement de terre, ou par consenso au mouvement j, convulsif excité par la fennentation des matieres inflam- „ mables qui se frayerent jadis un passage en brisant sans ordre „ les entrailles du Monte Rotondo ( en Corse ) , de Monte „ Aniiata, de Radicofani , et d'autres volnans étéints de la „ còte Etrusque : c'est ainsi que je serais tenté de croire „ que surgirent les hautes Pyrenées et les Andes etc. „ {a) . Se ciò si può dire con molta verosimiglianza delle isole vul- caniche, poiché ne abbiamo degli esenipj nell' isola di San- torino che apparve nell'Arcipelago nel 16.37. ed in quello di Ny-oas che si formò nel mare del Nord nel 1 784, sembra che non possa ammettersi che le isole di formazione primi- tiva abbiano avuto la medesima origine. Lo stesso Thièbaut pare che faccia in ultima analisi poco conto della sua opi- nione poiché soggiunge in appresso ( pag. 2,i2. ) „ mais ne „ conviendrait-il pas mieux de penser que cette ile à fait au- 5, tre fois partie du Continent italique, et qu'elle en à deta- 5, che par ces mémes secusses qui séparèrent jadis la Sicile du territoire de Reggio , les iles de l'Arcipel du Continent Indien, et l'Angleterre de Tancienne Caule, par ces affreux tremblements de terre qui secondés par les courans de la mer formèrent le detroit de Gilbraltar, le golfe Baltique^ rompirent le Bosphore de Thrace , et reuniront un jour la mer Rouge à la Mediterranée ? Senza ricorrere però ai terremuoti , o a qualche straordinario cataclismo, lo smembra- mento dal Continente del Giglio, dell'Elba, della Sicilia, e di tutte le isole del Mediteiraneo, può essere avvenuto dopo che la superficie del globo emerse dalle acque dell' Oceano universale. (a) pag. 20. e 21. op. cit. 79 NOTIZIA SOPRA L'ESISTENZA DELLA LITIA NELLA LEPIDOLITE DELl' ISOLA DELl' ELBA DEL DOTTOR PIETRO CARPI Professore di Mineralogia nell' Archiginnasio Romano Presentata adì l'ò. Luglio 1837. DAL SOCIO SIC. PROF. DOMENICO MORICHINI approvata DAL SOCIO SIC. PROF. BARTOLOMMEO BARANI JLia scoperta della Lltia fatta nel 1818. dal Arfwedson ris- vegliò fin dal primo momento rattenzione dei chimici sia per determinare i caratteri , e la natura di questo nuovo alcali , sia per conoscere in quali sostanze era il medesimo contenu- to. Lo stesso Arfwedson dopo averlo rinvenuto nella petali- te lo trovò ancora nel trifano, e nella tormalina veide detta Lepidolite cristallizzata. Berzelius l'ottenne dalla rubellite, e Wenz dalla Lepidolite di Rosena in Moravia. Fin qui era- no giunte le ricerche dei chimici , e non si sapeva se altri minerali lo contenessero. Erasi già annunziato da alcuni an- ni che all'isola dell'Elba nelle fenditure di alcuni graniti di Campo esisteva una varietà di mica, la quale per una certa analogia nel colore colla Lepidolite di Rosena in Moravia fu chiamata con lo stesso nome. Ma non essendo stata analiz- zata ignoravasi se contenesse come questa la Litia. Alcuni saggi di tale varietà di mica riportati da un viaggio fatto re- centemente all'Elba, mi hanno determinato ad intraprender- ne l'analisi onde ricercarvi l'esistenza del nuovo alcali. E per far ciò io profittai delia favorevole circostanza che il Sig. Pe- 8o Osservazioni ec. retti mio amico e collega doveva estrarre la Litia dalla Lepi- dolite di Moravia per servire ad una pubblica lezione speri- mentale di chimica del Sig. Prof. Morichini. Potei in questo modo e coli' opera sua eseguire l'analisi comparativa della Lepidolite di Moravia e di quella dell'Elba. I risultati delle nostre sperienze sono stati i seguenti. Da 3oo. grani di Le- pidolite di Rosena in Moravia noi abbiamo ottenuto grani i3. ^ di Litia pura , locchè equivale ad un quattro e mezzo per cento; e da aoo. grani di mica o di Lepidolite dell'Elba ab- biamo estratto grani i5. di Litia, che corrispondono a grani sette e mezzo per cento. Alla serie dunque dei minerali che racchiudono il nuovo alcali si deve aggiungere anche questa varietà di mica detta Lepidolite dell'Elba. I chimici Italiani potranno perciò procurarsi la Litia più facilmente da questo minerale senza ricorrere a quelli che si trovano in lontani paesi, e che sono per conseguenza più rari e più costosi. M , li:. . ;..;J i C"!;. 1 .' I . 8i CONSIDERAZIONI StfLLO STATO ATTUALE DELLA FISICA DEL CORPO UMANO IN OPPOSIZIONE AI NUOVI PillNCIPJ DI ANATOMIA FISIOLOGICA E DI FISIOLOGIA DELl' UOMO OPERA DEL PROFESSORE HENSZLER pubblicata in NORIMBERGA l' ANNO iSsS. MEMORIA DEL PROF. STEFANO GALLINI Ricevuta adì ìo. Luglio 1827. ; .. J-Ja fisica del corpo umano comunemente conosciuta sotto il nome di fisiologia fu portata allo stato di scienza dopo i primi passi fatti dall' Haller , de' quali egli ci ha da- ta una assai ampia esposizione nell'insigne sua Opera = Eie- menta physiologiae corporis fiumani = . Alla metà circa del secolo ultimamente scorso j, come il Vicqdazir ne' suoi discor- gi anatomici ha osservato ^ = Fatti numerosi, ragguagli precisi, conseguenze rapide, e soprattutto uno spirito di ricerca sin allora ignoto furono sostituiti a ragionamenti senza prove , ad opinioni straordinarie ^ a finzioni brillanti = . Alcuni ana- tomici e fisiologi esaminando in seguito e descrivendo sem- pre più esattamente 1' andamento particolare di tutti i vasi e di tutti i nervi mostrarono , e diedero occasione di sempre più confermare , che tutti i vasi e tutti i nervi concorrono a formare due differenti modi di unione e di mutua influen- za delle parti tutte componenti il corpo vimano , acciocché To?no XX. L 8a Considerazioni ce. tutte le parti o per mezzo de' loro vasi, o por mezzo dei loro nervi cospirino colle particolari loro Funzioni ad eseguire le operazioni animali meravigliose. Quantunque diffatti queste operazioni ci sorprendano per la infinitamente varia produ- zione di fenomeni che ce le fanno conoscere , pure ([uando sono esaminate nelTuomo stesso , tutte si riducono a due ge- nerali, o per dire con piìi precisione a due classi sole. L' una di esse classi risguarda la conservazione del corpo vivente e di tutte le sue parti nella normale loro composizione ed attivi- tà; e V altra risguarda la formazione delle serie di sensazio- ni, d'idee, di affezioni, e di determinazioni susseguite all' istante da corrispondenti serie di moti animali , che manife- stano le prime e che eseguiscono le determinazioni. Le funzioni che cospirano alla prima classe di operazio- ni animali consistono prima nel continuo assorbimento di molecole componenti alcuni corpi esterni o circostanti o in- trodotti , mutati ed alcuni convertiti in un fluido nelle ca- vità interne , e in secondo luogo consistono in ciò che le molecole assorbite e già composte da moltiplici elementi so- no spinte progressivamente per tutte le serie di vasi e cavi- tà costituenti una sola cavità continuata. Progredendo da tutte le parti al centro di questa cavità formata dalle cavi- tà del cuore, e subito alternativamente dalle cavità del cuo- re a tutte le parti soggiaciono ad alternative costanti mutazio- ni. In grazia di queste mutazioni le molecole assorbite si as- similano alle molecole, per così dire, primitive delle varie parti solide e fluide del corpo umano, e possono essere sostituite alle molecole che colle azioni della vita si separano conti- nuamente dal corpo stesso , e da ciascuna delle sue parti so- lide, e che separandosi lascierebbero alterata la composizio- ne e l'attività di esse parti , quando non fossero prontamen- te rimpiazzate da molecole simili . Le funzioni che cospira- no alla seconda classe di operazioni animali , consistono pri- ma di tutto nei continui e contemporanei urti che col nome particolare di impressioni, i corpi esterni o circostanti o in- Di Stefano Gali, INI 83 trodotti e circolanti nelle interne cavità fanno nel sito del corpo umano a cui le diriggono, e consistono in ciò che all' istante le impressioni da tutte le parti , ove sono fatte, pro- grediscono col mezzo di nervi al centro che questi fanno nella massa contenuta nella cavità del cranio, e proseguono allo stesso instante da esso centro per mezzo di altri nervi alle parti tutte che hanno inerente una di quelle gradazioni della vitalità conosciute sotto i nomi d'irritabilità, di con- trattilità e di turgescenza vitale. Le impressioni dei corpi esterni fatte contemporaneamente in tutte le parti designa- te col nome generale di organi del senso, nel riunirsi all' i- stante per mezzo dei nervi nel centro massimo del sistema nervoso , danno occasione alla facoltà ivi residente o all'ani- ma, a cui quella facoltà appartiene, di distinguerle dal va- rio numero, dalla varia forza, dalla varia direzione con cui vi arrivano , o pure dal vario modo con cui si compongono, si decompongono, e in nuovo ordine si compongono, accioc- ché l'uomo abbia corrispondenti sensazioni, o idee, o affe- zioni o determinazioni. E siccome le stesse impressioni, o co- me arrivano o come sono variate subito nel centro massimo, proseguono allo stesso instante per mezzo di altri nervi da esso centro a tutte le parti designate col nome generale di organi del moto, cosi danno esse allo stesso istante occasione alle gradazioni della vitalità inerente ad essi organi di pro- durre i moti animali che ne susseguitano con quella corris- pondenza e varietà per cui servono a manifestare le sensa- zioni, le idee, le affezioni e le determinazioni. Io potrei dire che sino dal momento in cui nel 1786. fui destinato professore in questa ora Imperiai Regia Uni- versità, abbia cercato di unire con certo ordine le osserva- zioni e le sperienze le quali condussero a queste deduzioni, e che le abbia in qualche modo accennate nella prima le- zione recitata e poco dopo pubblicata colla stampa. Ma pos- so certamente aggiungere, che nel = Saggio di osservazioni concernenti i nuovi progressi della fisica del corpo umano = 84 Considerazioni oc. pubblicato nel 179^- mi sia lusingato di averle abbastanza ordinatamente ed estesamente esposte, per far conoscere die l'insieme di tutti i vasi, e l'insieme di tutti i nervi costi- tuiscono due gran sistemi di parti nel corpo umano, o due diversi modi con cui esse parti colle particolari loro funzio- ni cospirano all' una ed all' altra delle due classi di opera- zioni animali. Ebbi certamente il conforto , pochi anni dopo > di sapere che quel mio Saggio sia stato tradotto in lingua tedesca dal Professor Althorf di Gottinga , come che in da- ta 2,4. Dicembre 1795. l'altro Professore Girtanner, che ne diede V eccitamento, me lo scrisse. Ebbi il conforto ancora di leggere alla pagina undecima della quarta parte del Ma- gazzino Enciclopedico pubblicato a Parigi nel 1796. che quel mio lavoro sia stato accolto favorevolmente pure in Francia. L'autore dell' articolo dopo avere esposti gli argomenti dei diversi capi di quel mio Saggio , aggiunse che per avere io raccolte alcune proposizioni da tutti i rami delle cognizioni recenti , e per avere stabilito con una nuova distribuzione le loro relazioni alla scienza dell' uomo fisico, pareva non lon- tana r epoca d' un gran cambiamento nel modo di studiare la fisiologia , di cui il traduttore dell' Enciclopedia metodica aveva aperte nuove strade, e date nuove traccio da seguire. A quell'epoca la scienza fisico-chimica, soprattutto in Fran- cia, aveva fatti tali progressi, che tutta l'attenzione dei Fi- sici era, per così dire, concentrata in quelli, e forse per que- sto l'autore del citato articolo non fece che rimarcare l'ap- plicazione che io aveva tentato di fare delle proposizioni chi- miche a fine di rendere ragione delle successive assimilazio- ni degli alimenti e dei fluidi animali circolanti nel corpo uma- no ; o in generale per render ragione delle funzioni cospirane ti alla prima classe di operazioni animali. Non tralasciò però di far sospettare che io poteva aver prese le traccie dal re- dattore dell'Enciclopedia metodica. L'autore di (juell' articolo non parlò di (fuanto aggiunsi circa al sistema nervoso, e circa all'influenza clie la dispo- Di StefanoGallini 85 sizione, e l'attività dei nervi e dei tessuti tutti costituenti essenzialmente il sistema nervoso, può avere per farci ren- der ragione delle funzioni cospiranti alla seconda classe di operazioni animali; forse perchè a quell'epoca gli Anatomi- ci Francesi non avevano sperienze ed osservazioni compara- tive sul!' anatomia e sulle azioni dei nervi. Ma quando nel principio del secolo presente i lavori di Bichat hanno con ap- posite dissezioni anatomiche confermata la proposizione dell' insieme che tutti i nervi fannOj e confermata l'utilità di con- siderare TefFetto della concentrazione di alcuni nervi nei gan- glj e di là nel cervello, e di altri nervi direttamente nel so- lo cervello , i Francesi si attribuirono il merito d'essere sta- ti i primi a dedurre e propagare quelle proposizioni che po- tevano servire a mostrare la cospirazione delle funzioni degli organi tutti per mezzo de' nervi alla seconda classe di ope- razioni animali. Il Bichat nel pubblicare nel 1 8oi . la sua ana- tomia generale, cominciò col dire che il suo lavoro non ave- va che il nome di comune con alcune idee pochi anni in- nanzi emesse sull'anatomia dei sistemi, e di averne dato un abbozzo nel suo trattato delle membrane, che Fanno prima aveva pubblicato. Quando però le mie circostanze mi per- misero di far ricordare nel 1807. con un nuovo saggio di os- servazioni quanto in questo proposito aveva dedotto nel 1791., e quando soprattutto nel i8io. ho pubblicato per la secon- do volta i = Nuovi Elementi della Fisica del corpo umano =, potei leggere nel fascicolo 34. del mese d'Aprile 1821. del giornale di Parigi faciente seguito al dizionario delle Scienze mediche , che il Sig. Virey dando qualche notizia di quest' opera , espose che io aveva seguitato bensì passo a passo i migliori Fisiologi Francesi , ma che nel trattare delle relazio- ni tra il sistema nervoso ganglionico o gran simpatico, ed il sistema nervoso cerebrale , e nello spiegare gli atti involon- tarj , volontarj ed instintivi, valendomi pure delle ultime idee esposte da Legallois, Weber e Broussais, aveva terminata l'o- pera con una parte la meglio sviluppata. Suppongo che ab- Sf) Considerazioni ec. bia detto la meglio sviluppata, perchè quanto alle dottrine chimiche, con cui io aveva tentato di definire in che con- sista la vitalità, e di render ragione delle pronte assimilazio- ni dejili alimenti e dei fluidi circolanti , eirli le dichiarò Ha- sardeuses , e cercò di far comparire imbarrazzata ed inintel- ligibile la mia definizione della vitalità. Finalmente quando nel principiare dell'anno 1824. ho pubblicato l'operetta la- tina col titolo di = Summa observationum anatomicarum ac physico-chimicarum , quae usque ab anno 1792. expositae praecurrerunt nova dementa physicae corporis Immani = eb- bi il confi)rto di leggere nell' articolo della Revue Encyclo- pédìque stampata a Parigi nel mese di Aprile i8a4-5 che quan- tunque il merito delle scoperte debbasi a quelli, che con ap- posite esperienze le resero dimostrate ed a portata di tutti , ed in questo caso ai Francesi, pure io poteva averle contem- poraneamente ed anche anteriormente presentite . Conviene soltanto, è scritto in quell'articolo, avvertire, come ha det- to Bacone, che in certi siane] dell'anima si può arrivare al- le pili alte verità, ma come si vede il Sole di mezzogiorno , un istante cioè, senza potervisi fissare. Quindi si prosieguo, = il Professore di Padova giudicherà per questa idea di Ba- cone circa alla sua situazione ed a quella degli autori, a la- to de' quali ha la nobile audacia di mettersi sans trop de presomption peut étre. Ma io non ho ora il progetto di mostrare se abbia sol- tanto presentite , o abbia bastantemente appoggiate ai fatti si- no dal 1792. le dottrine dei due sistemi vascolare e nervo- so, col mezzo delle quali la fisiologia ora può rendere ragio- ne del modo , e delle cause per cui gli organi tutti concor- rono colle loro funzioni all'una, e all'altra classe di opera- zioni animali. Mi ha indotto a ricordare tutto questo l'aver letto nel Bolletino universale delle scienze e delle industrie pubblicato in Parigi nell'anno i8a5. sotto la direzione del Ferusac, e nel tomo sesto sezione terza delle scienze medi- che, che il Dottore Henszler aveva pubblicato in quell'anno DiStefanoGallini 8^ a Norimberga un'opera in lingua tedesca col titolo := Nuo- vi principj di Anatomia fisiologica, e di fisiologia deli' uo- mo =. in essa l'autore risguarda la fisiologia come un edifi- zio ancora da costruire^ e che perciò non ha ancora potuto servire a una veia patologia. Il Dottore Henszler giudica che r imperfezione delle cognizioni sulle varie funzioni dei ner- vi e sulle ultime ramificazioni dei vasi sia la causa che ha impediti i pro.;ressi della fisiologia. Nella sua oj)era per quan- to apparisce dal Bollettino universale, l' Henszler si occupa soltanto del secondo di questi argomenti, e spera di ritrarre da suoi lavori utili risultamenti per la scienza. Nella memoria che ho letto all'Accademia di Padova nell' anno scorso i8a6. e che verrà inserita nel nuovo volume de' suoi Atti, io mi lusingo avere abbastanza mostrato che la fi- siologia sia arrivata a togliere l' imperfezione delle nostre co- gnizioni sul primo argomento. In quella memoria io ho espo- ste le verità a cui conduce il metodo analitico, tanto utile nelle scienze puramente fisiche , affinchè la fisiologia possa render ragione delle operazioni stesse dell'uomo morale senza attribuire ai nervi ed al cervello quelle facoltà che non hanno, e che non possono avere , e senza ricorrere a sentimenti morali innati, da'quali convenga partire usando il metodo sintetico. Per dimostrare adunque che la fisiologia non sia un' edifizio an- cora da costruire basterà esaminare, se quanto è stato detto circa al sistema vascolare ed alle ultime ramificazioni dei va- si prima che Henszler pubblicasse nel iB^r. i suoi = Nuovi principj d'anatomia fisiologica e di fisiologia dell'uomo =, la- sciava imperfette le nostre cognizioni , e se le nuove osser- vazioni e sperienze fatte da lui, e da altri valenti soggetti in questi ultimi anni le abbiano perfezionate. Io cercherò di mostrare che con queste nuove osservazioni ed esperienze in luogo di appoggiare le loro deduzioni si porta una confusio- ne su ciò che deve considerarsi posto fiiori d'ogni dubbio. Io [)rocuierò in seguito di accennare rapidamente che la fi- siologia allo stato 5 in cui fu portata prima di queste prete- 88 Considerazioni ec. se scoperte , somministra bastanti lumi per conoscere quando e come le funzioni degli organi cospirino ad eseguire normal- mente le operazioni animali della prima e della seconda clas- se, e per determinare in oltre le basi d' una vera patologia ed i mezzi di restituije gì' individui allo stato di salute. Io mi lusingo che combattendo le pretese scoperte di Henszler , potrò mostrare il torto che hanno alcuni valenti soggetti nel sostenere che le vene possano egualmente assorbire come ma- nifestano farlo i linfatici. Henszler dopo aver cercato di mostrare che i varj ce- lebri Anatomico-fisiologi pure recentissimi hanno lasciata in- decisa la questione suU' ultime ramificazioni dei vasi, riporta i risultamenti delle sue nuove osservazioni e sperienze nel seguente modo. Le arterie si convertono immediatamente in vene nelle parti tutte. Ciò hanno sempre dimostrato le injezio- ni fatte per le arterie , e le osservazioni microscopiche sulle parti diafane. Ma le injezioni fatte da lui e da altri mostra- no ancora che le arterie hanno gli stessi rapporti coi vasi lin- fatici , e le injezioni di Tiedmann e di Fohmann provano la continuità pure delle vene coi linfatici. Henszler ammette poi non solo estremità di linfatici libere , ma libere pure alcune estremità di vene ed alcune estremità di arterie, le une per assorbire i fluidi , le altre per emetterne. Egli pretende inol- tre che senza estremità libere di arterie non vi sarebbe nu- trizione , e che ovunque havvi bisogno di nutrizione, il san- gue stesso deve sortire da' suoi vasi. Aggiunge infine che l'in- spezione microscopica manifesta 1' esistenza di estremità li- bere di arterie , quando soprattutto si faccia una pressione grande che spinga con forza il sangne dai grossi tronchi ai minimi ed ultimi rami arteriosi. Io farò subito osservare che le injezioni fatte per le ar- terie , e le osservazioni microscopiche sulle parti diafane ave- vano dimostrato in tutte le parti animali la continuazione o anastomosi , come la chiamano , delle estremità arteriose col- le estremità venose, molto prima che i vasi linfatici fossero D 1 S T E F A N o Gallimi 8g scoperti , e molto prima che le cognizioni fisiro-cliimiche ma- nitestassero come dinante la vita alcuni principj componenti il sangue circolante potessero trapelare lateralmente dagli ultimi rametti arteriosi , nello stesso tempo che il sangue passa dalle vere estremità arteriose nelle continue estremità venose. Ma i Fisico-medici avevano osservato anche prima che alcuni umori animali durante la vita trapelano continuamente ed in tutte le parti dai vasi stessi sanguigni in cui circolano; e che pure continuamente o gli umori trapelati od altri applicati alla superficie del corpo esterno animale , alle supeitìcie delle sue interne cavità, e penetrati pure nelle cellule intime dei tessuti diversi, erano assorbiti e portati nuovamente in circolo. Non conoscendo però altri vasi che distribuissero i fluidi cir- colanti alle diverse parti se non se arterie , e non conoscendo altri vasi che dalle diverse parti potessero ricevere i fluidi per portarli in circolazione se non le vene, ammisero estremi- tà libere di arterie e di vene , benché non comparissero mai ai loro occhi libere né le estremità delle une né (juelle delle altre . Quando poi furono osservati alcuni vasellini linfatici, e prima di tutto quelli che diconsi chiliferi , si co- minciò a pensare che V assorbimento del chilo , e mancando questo, r assorbimento de' fluidi trapelati continuamente dal- la superficie interna degli intestini tenui fosse fatto dalle boc- cuccie di essi vasellini. Subito fu allora osservato che quan- do negli intestini tenui abbonda il chilo, i rametti ultimi di quei linfatici sono manifestamente ripieni , ed inoltre fu os- servato , che in grazia dell' interno rìstringimento e dilata- mento di essi vasi , il chilo entrato progredisce dai rami ai tronchi, ed è prontamente susseguitalo da nuovo chilo che penetra nell'istante che i rametti ultimi nuovamente si di- latano. Da quel momento fu stabilito che I' officio di assor- bire gli umori non era esclusivo delle vene clie potessero avere libere le loro estremità. Con tutta sicurezza l'assor- bimento del chilo e di altri umori fu attribuito ai soli lin- fatici chiliferi , i quali manifestavano avere le loro estremi- Tomo XX. M / 90 Considerazioni ec. tà o boccuccie esposte liberamente all' urto o contatto di essi umori. La contrattilità, e certo quella gradazione della vitalità che il ristringiniento di quei vasi alternato pronta- mente dal dilatamento dimostia essere inerente nei loro pa- reti , rende ragione della introduzione de' fluidi applicati ad esse boccuccie dilatate e stimolanti la loro forza vitale, onde metterla in azione; e rendi; inoltre ragione del progressivo movimento del chilo, o di altro fluido introdotto dai rami ai tronchi sempre maggiori iiell' alternativo pronto ristringimen- to. Io mi lusingo avere abbastanza provato che l'assorbimen- to dei linfatici non possa provenire dalla semplice attrazione capillare , in modo che i fluidi applicati alle boccuccie e in- trodotti in grazia della capillarità dei primi rametti disten- dano i vasi stessi j ed eccitino l'elasticità dei loro pareti ad alternativamente restringerli. Tutto dimostra che assorbono du- rante la vita per una forza vitale inerente ne' loro pareti , e quindi nelle stesse boccuccie loro, sia essa forza la grada- zione della vitalità che dicesi contrattilità, o sia quella che chiamasi turgescenza vitale. Qualunque siasi, facilmente si concepisce che nella dilatazione i fluidi applicati alle boc- cuccie devono introdursi, e nella prima susseguente con- ti'azione i fluidi introdotti sono spinti dalle estremità dei rami al sito ove questi unendosi con altri rami formano i tionchi. Ma la scoperta dei vasi linfatici chiliferi fu poco tempo dopo seguitata dalla osservazione di altri linfatici assorbenti i fluidi da altre cavità , e dalle cellule stesse intime di tutte le parti , i quali vasi coi loro tronchi si uniscono ai tronchi dei linfatici chiliferi per formare tronchi sempre maggiori. Le jnjezioni fatte dalle loro libere boccuccie verso i tronchi in cui i rametti primi si uniscono, fecero vedere subito ripieni del fluido injettato que' tronchi stessi, e tutti questi vasi manifestarono egualmente la pronta alternazione di dilata- mento e restringimento, prodotta indipendentemente dalla co- pia del fluido che dilati i vasi, e dalla elasticità che alter- Di Stefano Gallini 91 nativamente li ristringa. Diligenti osservazioni poi fatte in alcuni animali viventi sui vasellini linfalici provenienti da diverse cavità^ i quali si trovarono prontamente ripieni del fluido naturalmente applicato alla superficie interna di esse cavità; diligenti osservazioni simili fatte sui vasellini prove- nienti da cavità , in cui o per effetto di (jualclie lacerazione si era introdotto un fluido animale di altre cavità, o per arte si era versato un fluido estraneo, manifestarono sempre che i rametti primi dei vasellini linfatici, quando non sia cessata la vitalità loro inerente , sono sempre ripieni del flui- do , qualunque siasi, applicato alla superficie in cui hanno le loro boccuccie. Allora nacque la questione tra alcuni Ana- tomico-fisiologi, se r assorbimento de' fluidi dovesse essere attribuito soltanto ai vasi linfatici , ovvero se alcune vene ancora dovessero avere estremità libere per assoibire. Molti cauti, e tra questi Haller non osarono subito attribuire l'as- sorbimento ai soli vasi linfatici. Nel primo volume dell'Ope- ra = Elementa physiologiae corporis Immani = edizione di Losanna del 1757. alla pagina i54. egli scrisse = Si quis Glis- sonium secutus a venis hanc resorbtionem totarn ad vasa lymphatica transferre tentaverit , non absque faventibus ex- perimentis quae proxima sectione dicemus , respondebimus interim multo amplius resorbtionem patere , qnam venarum lymphaticarum imperium , et ibi peragi ubi numquam certa fide ejusmodi vasa ostensa sunt , uti in cerebro , in pleura , in peritonaeo ac in cute =: . In seguito però 1' applicazione de' fluidi , le frizioni fat- te con qualche sostanza alla cute, e gli effetti di essi fluidi o di essa sostanza manifestantisi prima di tutto nelle glando- lo linfatiche più prossime, nelle quali certo quei fluidi o quella sostanza non potevano essere portati a esercitare la loro azione se non per mezzo dei vasi linfatici , assicurarono che boccuccie libere di linfatici esistevano pure alla superfi- cie della cute stessa. Il pronto assorbimento degli umori che continuamente fluiscono dalla superficie interna della dura 92 Considerazioni ec. madre , della pleura , del pericardio , del peritoneo , i quali umori sono continuamente stillanti, ma nello stato di vita e di salute non crescono di quantità, ha resi manifesti i lin- fatici che li assorbono , e li portano ai tronchi ed alle glan- dule linfatiche vicine; e questo piii evidentemente allorquando per qualche circostanza gli umori sono raccolti in più copia del solito tra le contigue superficie di esse membrane. Il Mascagni finalmente ha benissimo injettati i vasi linfatici provenienti dall' intimo tessuto di nervi e del cervello stesso ,e mi sovviene essersi lagnato che in un articolo del giornale medico che si pubblicava allora a Venezia^ sia stato detto essere desidera- bile che altri ripetessero le stesse injezioni. 11 Giornalita ri- spettosamente rispose che non intendeva con questo negare il fattOj ma che essendo l'injezione da lui tentata di una estre- ma delicatezza, poteva indurre in qualche illusione anco i più esperti in questo genere di ricerche , e meritava d' es- sere più volte ripetuta. Io sono entrato in questa esposizio- ne delle progressive scoperte di vasi linfatici in tutte le par- ti del corpo animale, per assicurare che non furono precipi- tosamente supposti esistere ovunque. ;)i !■ j-'ulfrj Ma questa maggior conferma che le injezioni , e le os- servazioni davano sempre all' esistenza dei vasi linfatici as- sorbenti in tutti gli animali e in tutte le parti dell' animale, non potè persuadere alcuni Dotti , che l'assorbimento sia esclu- sivo dei vasi linfatici, e che le vene non possano egualmen- te assoibire. Sarebbe forse troppo lungo e fastidioso 1' es- porre quanto sia stato scritto anco recentemente da per- sone di grandissimo merito in Francia e in Italia, per conser- vare alle vene una parte di quest' officio d' assorbire. Io sa- rò forse stato preso per ostinato ed acciecato nell' insistere ad accordare ai soli linfatici esclusivamente 1' assorbimento. Io mi sono appoggiato alle osservazioni che ora assicurano esservi vasi linfatici in tutti gli animali, e in tutte le parti loro, ed essi soli che in molte parti manifestamente assorbo- no con le loro libere boccuccie , mentre non si sono mai Di Stefano Gallini c)3 vedute estremità libere di vene che assorbissero umori appli- cati soltanto alle boccuccie loro. Quello poi che mi fece tener fermo in questa opinione, fu l'osservare che i vasi lin- fatici prontamente assorbono, perchè i fluidi applicati al- le loro boccuccie servono di eccitamento alla vitalità ine- rente nei loro pareti e nelle loro boccuccie. Che se alcune estremità di vene potessero allo stesso modo riempirsi sen- za che una forza esterna impellente obblighi i fluidi ad in- tioduisi e a dilatare le loro boccuccie, esse differirebbero certo dalla natura di vene, e dovrebbero considerarsi va- si diversi. Sino dagli anni 1808., 1809. in cui ho pubblica- ta la prima edizione de' = Nuovi Elementi della Fisica del corpo umano = ho esposto alle pagine 38. 89. del secondo volume , che negli animali non vertebrati , i quali hanno un sangue che circola come sono i molluschi ed i vermi , non ù trovano i tronchi linfatici i quali si uniscano sempre tra bro per formar tronchi maggiori , per formare la così detta esterna lombare, e per terminare quasi tutti i condotti to- racici , come si osservano fare nelle stesse subdivisioni infe- riui dei vertebrati. In quelli invertebrati però , giusta 1' os- servazione del Cuvier i rami principali delle vene hanno un conlotto che si apre in esse, e eh' è il tronco di vari ra- meti assorbenti. Il Cuvier vuole che siano venette assor- bent , ma io scrissi sin d' allora che probabilmente sono ra- metti di linfatici , il cui tronco si apre immediatamente nel- le veie vicine. Io insistei , guidato sempre dall' osservare , che qaei rametti assorbenti dovevano avere inerente ne' loro pareti un qualche grado di vitalità, che certo le vene non hinnj. Ma conviene , mi pare , osservare 1' utilità dell' assorbi- rrento fatto da linfatici in tutte le parti del corpo animale ov; esistono ed assorbono certamente ,6 1' utilità del moto prtgressivo degli umori assorbiti che in questi vasi è sempre dai rami ai tronchi maggiori in cui i rami si uniscono sem- prepiù , sinché i tronchi ultimi si aprono nelle vene. Que- 94 Considerazioni ec. sto assorbimento, e questa direzione nel moto progressivo degli umori assorbiti servono a meraviglia per render ragio- ne della progressiva assimilazione del nuovo cbilo in linfa , e di quella linfa unita al sangue venoso in sangue arterioso. Il progresso de 'fluidi di diversa composizione per un canale sempre più convergente deve produrre la loro intima mistione e condensazione , acciocché gli elementi di molecole diverse esercitino la loro mutua affinità con quella maggiore inten- sione^ per cui devono tutti uniformemente distribuirsi e sa- turarsi costituendo in tal modo molecole sempre più omoge- nee. Avendo anzi osservato esservi numerosi linfatici nel tes- suto stesso dei polmoni, io bo fatto vedere sino dal 179»., che per quei linfatici poteva e doveva introdursi nel sistema vascolare 1' ossigeno dell' aria atmosferica ispirata , perchè insieme col calorico che può ritenere unito , si combina sot- to forma liquida con alcuni elementi trapelati da alcuni va- si sanguigni polmonari nel tempo della ispirazione. L' ossige- no cosi introdotto ed il calorico che ritiene, possono a pj- co a poco esercitare la loro affinità cogli altri elementi «ei fluidi diversi che incontrano nei tronchi linfatici maggifri , e quindi concorrere alla più perfetta assimilazione di essi tutti nella linfa , che costantemente si trova sola e la sessa nel condotto toracico ; e parimenti col mezzo di questp lin- fa r ossigeno dell' aria atmosferica ed il calorico del' os- sigeno stesso possono concorrere alla più perfetta con'crsio- ne del sangue venoso in arterioso. Ma i Fisico- cbimci so- prattutto Francesi a quel tempo giudicarono^ che l'oisigeno dell'aria atmosferica ispirata unitamente al calorico cLe può ritenere unito, s'introducano direttamente nei vasi sanguigni polmonali, e manifestino subito la loro influenza nel can- biare il sangue venoso che tale ancora si osserva nelle are- rie polmonali , in sangue arterioso che tale apparisce n Ile continue vene polmonali. Come supporre j dissi io sin d al- lora, che mentre l'estremità delle arterie polmonali ono sempre continue colle estremità delle vene , e mentr dal Di Stefano Galli NI gS sangue circolante per essi vasi polmonali molti elementi di quello premono contro la intt-rna superficie, e trapelano luc- ri e si trovano nell' aria espirata , 1' ossigeno ed il calorico suo die esistevano nell'aria ispirata, e che mancano certa- mente nell'aria espirata , possano introdursi nello stesso tem- po entro i medesimi vasi'/ Come supporre, aggiunsi allora j che 1' azione dell' ossigeno e del suo caloiico sul sangue ve- noso si manifesti al loro immediato introdursi , quando la conversione del sangue venoso in arterioso dev' essere la con- seufuenza dell' essersi distribuiti o saturati uniformemente con tutti gli elementi costituenti le molecole del sangue veno- so? Pare che agli esperimentatori basti potersi appoggiare a un fatto, senza bisogno di esaminarlo nelle diverse circostan- ze che possono condurre a differenti deduzioni. Per questo forse la tisiologia che esige una somma attenzione a moltipli- ci fatti contemporaneamente cospiranti a un risultamento, sem- brò e sembra oscura a taluni benché dotti e valentissimi, e per questo ad altri non apparisce chiara la sua utilità per la patologia o per la medicina pratica. Intanto al proposito dell' ossigeno e calorico introdotti nell' ispirazione entro il siste- ma vascolare per mezzo dei linfatici polmonali , io non posso omettere di manifestare la compiacenza che ebbi nel leggere ciò che r illustre Schreger Professore in Erlanga scrisse in una sua memoria diretta in forma di lettera al celebre Soem- niering sino dal 1799. Trovasi questa memoria pubblicata nel volume ottavo del Sylloge opusculorum editore l'illustre Bre- ra. In essa memoria che porta per titolo ^ De functione pla- centae uterinae = Schreger conferma che i vasi sanguigni del- la placenta non si anastomizzano coi vasi sanguigni dell'ute- ro, ma che i primi servono alla circolazione del sangue nel feto come appendici del sistema vascolare del medesimo, e che i secondi servono alla circolazione del sangue della ma- dre per l'utero. Mostra poi che vi sono vasi linfatici nella placenta , che assorbono l'umore albuminoso trapelante dagli ultimi rami arteriosi dell' uteroj e li portano ai tronchi linfa- 96 G O N S I U K R A Z I O N I eC. tici del feto per accrescere sempre più la copia de' suoi umo- ri circolanti, e in conseguenza la massa del suo sangue e de- gli umori nutricj, de' quali ha maggior bisogno a misura che si sviluppa. E per confermare poi che i soli linfatici assor- bono, aggiunse al proposito dell'ossigeno e del calorico dell' aria atmosferica, che concorrono nell'uomo già nato alle as- similazioni successive de' suoi fluidi circolanti = id omne quid- quid salutare spiritu haurimus vasis pulmonum absorbentibus suscipitur, et ipsi lymphae adjunctum in antico demum cor- dis sinu sanguinem init. Quod simile diidum ita scripseram , nunc postquam nuperrime a Gallino defensum lego, audacius scribo. = ; , ■ Le mie applicazioni di dottrine chimiche all'oggetto di render ragione delle successive assimilazioni degli alimenti e de' fluidi animali circolanti furono, come ho detto, giudica- te hazardeuses , e si vogliono più sicure le deduzioni imme- diatamente derivate da qualche fatto in confronto di quelle che esigono qualche ragionamento. Quindi si cercò pure re- centemente di dedurre una maniera, con cui l'ossigeno dell' aria atmosferica unitamente al suo calorico poteva penetrare entro i vasi sanguigni polmonari nell'atto della ispirazione. Altri fatti ancora si misero in campo per provare che con- venga ammettere l'assorbimento da alcune vene. L'umore che si trova ne' visibili linfatici, i quali devono essere almeno i tronchetti in cui i primi rami si sono uniti, è sempre bian- co e senza odore, quantunque in alcune cavità o cellule sia stato introdotto ed assorbito un umore colorato ed odoroso. L'odore degli asparagi non si sente nell'umore contenuto nei linfatici, e ricomparisce nell'oriiia. Dunque si disse subito che i liquori colorati ed odorosi devono essere assorbiti dalle ve- ne e portati in circolo colla massa del sangue, in cui già gli umori particolari non possono manifestare né odore né colo- re. Ma perchè non si dice piuttosto che la pronta mutua so- luzione dei diversi umori assorbiti da rami linfatici e porta- ti subito nei tronchi, faccia loro perdere le proprietà fisiche. Di Stefano Gallimi 97 e in (juesto caso il colore e l'udore; e che nella retrograda decoiii[)Osizione del sangue arteiioso alcuni elementi si se- parano di nuovo in ijnella proporzione per cui possono co- stituire molecole odorate, e colorate simili alle assorbite? Nel passaggio che fa pure il sangue arterioso dalle arterie nelle vene non ritorna esso venoso nel tempo stesso, che la- teralmente trapelano dagli ultimi rami arteriosi alcuni prin- cipi del sangue, che separati, o come dicono secreti, costi- tuiscono quegli umori nuicosi, e gelatinosi , albuminosi e si- mili che furono raccolti dai vasi linfatici e convertili in lin- fa, prima che questa si unisca al sangue venoso per rivivi- ficarlo in arterioso? Magendie fece legare a qualche animale il condotto toracico, ed osservò non ostante che il chilo fu assorbito e che V animale seguitò a nutrirsi . Le vene adun- que secondo lui hanno supplito alToffizio dei chilifeii, ed esi- stono in conseguenza estremità di vene libere con le quali assorbono. Non gli venne né meno il sospetto che alcuni tronchetti dei linfatici chiliferi si aprano direttamente nelle vene vicine, come già ho accennato doversi giudicare che si aprano direttamente negli animali delle classi inferiori, e come le nuove injezioni fatte ultimamente dal Professore Re- golo Lippi di Firenze successore al Mascagni hanno dimo- strato aprirsi pure nei vertebrati e nell' uomo ? Ma io ho detto forse troppo su questo assorbimento esclusivo dei lin- fatici. Henszler non solo vuole che si diano alcune estremità libere di vene le quali assorbano; egli pretende che alcune estremità di linfatici siano continue con estremità d'arterie, altre con estremità di vene per ricever da quelle e trasniet- ter a ([ueste i fluidi contenuti. Che alcuni rametti ultimi lin- fatici abbiano le loro boccuccie aperte nelle intime cellule di tutte le parti, e peiò in quelle ancora delle membrane costituenti i pareti delle arterie e delle vene, questo può es- ser facilmente confermato dalle injezioni fatte in essi linfa- tici , e di (juesto il Dottore Pietro Lupi Romano ha molto Tomo XX. N 98 Considerazioni ec. parlato nella sua opera pubblicata in Roma l'anno 1793., in cui esamina la teoria del Mascagni circa le secrezioni per po- ri inorganici^ e la sua storia dei vasi linfatici. Questi vasi pe- rò durando la vita e la sanità, non assorbono che quanto può trapelare dagli ultimi rami arteriosi continuati coi venosi e distribuiti per le stesse membrane, costituenti i pareti dei tronchi di arterie e di vene, e questi forse, cessata la vita, potrebbero ricever umori dalle injezioni stesse con cui sono riempiti le stesso arterie e vene più grosse. Per altro non sembrano questi i linfatici che Henszler vuole avere colle arterie e colle vene le stesse relazioni, che le arterie e le vene hanno tra esse. Pare che le injezioni citate da Hensz- ler. tanto fatte da lui che da Tiedmann e Fohmann mostri- no avere essi tutti considerati per linfatici alcuni rami arte- riosi continuati coi venosi , i quali distribuiti per alcune membrane bianche servono al circolo del sangue , ma d'un sangue le cui molecole non hainio gli elementi in quella pro- porzione da comparire di quel rosso che conservano nella mag- gior parte degli ultimi rami sanguigni. ; ,. La fisiologia ora dimostra chiaramente che il sangue ar- terioso spinto dal ventricolo posteriore del cuore nell' aorta, e distribuito a tutte le parti del corpo umano per le dirama- zioni di essa aorta , debba prontamente decomporsi ad ogni menomo ostacolo che incontra nel suo moto progressivo^ e che quindi ad ogni urto contro i pareti delle arterie nei siti ove i tronchi arteriosi si dividono in rami , il sangue deve progredire per diversi rami , ritenendo bensì 1' aspetto arte- rioso, ma avendo gli elementi in diversa proporzione in ogni diversa ramificazione. Da questo avviene come la fisiologia pure dimostra, che negli individui tutti della stessa spezie, e quindi in tutti gli uomini, gli elementi del sangue dagli ulti- mi rami arteriosi distribuiti in determinate diverse parti tra- pelino con una determinatamente diversa proporzione , e co- stituiscano ovunque sempre determinate secrezioni diverse. Non è perciò meraviglia che in alcune ultime diramazioni di- Di Stefano Gallini 99 stribuite per le membrane biancbe come sono la pleura, il peri- toneo ed altre, le molecole del sangue che per quelle circola non siano rosse, ma composte di elementi, che potendo pur trapelare in determinata proporzione costituiscono prontamente quei vapori gelatinosi , albuminosi o serosi , i quali devono di continuo e copiosamente rinnovarsi , ove sopra tutto le lami- ne di esse membrane sono contigue^ ma devono rimanere staccate. Nel tessuto di queste stesse membrane bianche sì sono trovati i linfatici che riassorbono gli umori e li traspor- tano dai rami ai tronchi loro maggiori o alle glandule con- globate, come fanno ovunque i linfatici, mentre le dirama- zioni de' vasi bianchi continuati colle arterie e colle vene so- no realmente vasi arteriosi continuati coi corrispondenti ve- nosi, e inservienti a far circolare il sangue pure per queste membrane, onde somministri sempre i principi alla nutrizio- ne ed alle secrezioni. Quando diffatti esso sangue nelle infiam- mazioni si distribuisce per entro quei vasi con maggior im- peto e in maggior copia, le sue molecole penetrano pure con- servando nei loro elementi la proporzione da cui dipende il colorito rosso , e vi sono poi altri esempj di arterie ultime continuate colle corrispondenti vene per cui il sangue cir- colante ha un colorito diverso dal rosso. Le osservazioni di Bichat e di Gauthier mostrarono certamente essere costitui- to lo stato intermedio tra la cuticola e la cute propriamen- te detta, da un aggregato di finissimi germoglj vascolari arte- riosi e venosi i quali da ogni lieve macerazione si convertono in un semplice muco ; e per verità quello stato fu considerato uno stato mucoso da Malpighi sino a questo tempo, e fu nomi- nato rete JMalpigliiano. Ma per quei rametti arteriosi continuati coi venosi circola un sangue, il quale nelle diverse razze degli uomini ha un colore diverso , che passa dal nero come tro- vasi negli Etiopi al candido che osservasi nei Caucaso-Euro- pei , e che è in conseguenza quel sangue che dà il colore diverso alla loro cute. Si può , è vero , dubitare se le estre- mità dei vasi secernenti , ove questi esistono, siano conti- ICO Considerazioni ec. glie o continue coi jjori , per cui alcuni principj del sangue arterioso per una pressione laterale trapelano dagli ultimi rami arteriosi, nello stesso tempo che il sangue passa dall' estre- mità arteriose nelle continue estremità delle vene. Ma oltre all' essere di poca entità il decidere se i secernenti siano contigui o continui coi pori esalanti , sempre è ceito che i secernenti non possono né devono esser piesi per linfatici. Il loro excretorio in cui i rami secernenti d' ogni organo particolare si uniscono, versa 1' umore secreto in qualche ca- vità pei varj usi a cui può servire nell'economia animale, mentre i linfatici dopo essersi uniti in tronchi , e dopo aver servito a convertire gli umori diversi assorbiti in uno sem- pre pili omogeneo , sempre più conveitibile cioè in linfa , si aprono nelle vene, acciocché la linfa concorra all'assimilazio- ne del sangue venoso in sangue arterioso. Henszler finalmente pretende che vi siano estremila li- bere di arterie , perchè spingendo con molta forza il san- gue dai tronchetti arteriosi agli ultimi rami il sangue stes- so trapela fuori. Pare che egli non abbia rifletluio, che quando nel corso ordinario della vita ah uni elementi delle molecole del sangue possono premendo contro la superficie interna dei tenui rametti arteriosi trapelare pei pori esalan- ti, le stesse molecole rosse del sangue debbano trapelare pei pori stessi, subiio che accresciuta la forza delT impulsione sia impossibile, che la maggior copia del sangue passi con egual celerità dalle eslremità arteiiose nelle continue estiemità ve- nose. Per la nutrizione intanto non è necessario come pre- tende Henszler, che il sangue arleiioso esca dalle arterie, mentre basta che i soli elementi del sangue trapelino in quel- la porporzione diversa, per cui versati nelle cellule intime formano i succhi nutricj addìittati alla composizione di cia- scuna parte , e questo è quello appunto che succede ovun- que. Del resto nel corso oidinario della vita il sangue stes- so trapela da alcuni rami ultimi arteiiosi pei pori esalanti, nel- lo stesso tempo che il restante sangue passa dall' estremità Di Stefano Gallini ioi delle arterie alle estremità delle vene corrispondenti. Questo cerianiente si osserva nelle infiammazioni ^ nelle quali il co- lorilo rosso non più manifesta la sola direzione dei vasi san- gui";ni, ma è diiluso uniformemente a tutto il tessuto inter- medio. Questa Irapelazione del sangue stesso pei pori , pei quali ordinariamenle non trapelano che alcuni elementi del sangue, nell' atto che esso progredisce per la maggior parte delle estremità arteriose alle venose , si osserva nelle donne quando la turgescenza vitale delle tonache dell'utero non è eccitata alT azione dallo stimolo del germe fecondato. Le donne che a differenza delle femmine degli animali vivipari sono atte alla generazione in tutti i tempi dell'anno, hanno più numerosi di queste i vasi sanguigni dell' utero, ed il sangue in questi vasi deve accorrere continuamente in copia sempre maggiore, acciocché quando restano gravide , esso possa accrescere progressivamente la temperatura dell' utero necessaria al progressivo sviluppo del feto nascente, e pos- sa lasciar trapelare in copia progressivamente maggiore quel fluido alhuminoso che i vasi linfatici della placenta assorbo- no, per convertirlo in umore nutricio del feto sempre più sviluppantesi. j\la quando le donne non sono gravide, e quan- do il germe fecondato disceso nell' utero non eccita la tur- gescenza delle membrane ad espandere e discostare tra loro le fibre, il sangue non può, proporzionatamente alla copia con cui vi accorre, dilatare o trovar dilatati i vasi sanguigni, e quindi di tiatto in tratto , cioè ogni quattro settimane circa- preme colle sue molecole talmente contro i pori pei quali trapelano i soli elementi che formano l'umor albuminoso, ed allora si forma un flusso sanguigno che dicesi nienstruo, e che dura finché i vasi ritornano al loro lume naturale. Su queste basi la fisiologia ora rende ragione delle funzioni del- l'utero nelle donne tanto in istato di gravidanza, che in quello di non gravidanza, dacché cominciano adessere atte a questa sino a che cessano di esserlo. Da quanto dunque finora ho detto, parmi provato che ioa CoNsiDEnAzioMi ec. prima dell' esperienze citate da Henszler erano ben fondate le nostre cognizioni su tutte le ultime ramificazioni vascola- ri , e che erano bene distinti i caratteri , e gli officj de' va- si linfatici, de' vasi sanguigni e di quelli che servono alle secrezioni. Si poterono certamente determinare le cause per cui gli umori animali circolano da tutte le parti del corpo alle cavità del cuore per mezzo dei linfatici, delle vene, ed alternativamente subito dalle cavità del cuore a tutte le par- ti per mezzo delle artei'ie , dei pori esalanti e dei vasi se- cernenti. Si poterono pure conoscere le cause per cui circo- lando si convertano costantemente nel primo caso da diver- si in uno sempre più composto ed omogeneo , e nel secon- do caso dall' omogeneo il più composto si risolvano nuova- mente in molti. La fisiologia ora dimostra che non il solo sangue rosso circola continuamente progredendo dai tronchi venosi agli arteriosi per le intermedie cavità del cuore , e passando dagli ultimi rami arteriosi nei continui rami veno- si in tutte le parti dai quali ritornano ai tronchi venosi ; la fisiologia dimostra ancora che tutta la massa degli umori ani- mali continuamente circola. I rami dei linfatici, e delle ve- ne che si riuniscono in tronchi sempre maggiori , e questi tutti nelle vene cave^ portano alle cavità del cuore tutti gli umori o assorbiti direttamente dai linfatici , o introdotti dal- le arterie nelle vene ; ed il sangue arterioso omogeneo com- posto dagli umori tutti portati alle cavità del cuore è subi- to slanciato da queste cavità nell' aorta , ed arrivando agli ultimi rami arteriosi distribuiti per tutte le parti , si de- compone nuovamente negli umori stessi da cui fu compo- sto . Neil' atto che dalle estremità arteriose il sangue pas- sa alle estremità venose esso è cambiato in venoso : ma allora molti de' suoi elementi premendo contro la super- ficie interna dei tenui rami arteriosi, trapelano fuori ovun- que in diversa proporzione, e costituiscono gli umori del- le secrezioni tutte o immediatamente , o dopo d' avere tra- versati i secernenti ove questi esistono. I linfatici poi pron- Di Stefano Gallini 1o3 tamente riassoibono la maggior parte di questi umori, co- me assorbono i nuovamente formati dagli alimenti per por- tarli nuovamente in circolo a convertirli in linfa, e poi in sangue arterioso . A questo modo il sangue stesso cambian- dosi alternativamente da arterioso in venoso e da venoso in arterioso, si conserva sempre nella dovuta quantità e com- posizione. Io non so dunque comprendere quali maggiori lumi pos- sano dedursi dal confondere i vasi linfatici assorbenti che si riuniscono sempre tra loro in tronchi maggiori e che si aprono nelle vene, coi vasi bianchi costituiti da alcuni ra- metti arteriosi continuati coi venosi, pei quali circola il san- gue stesso non però colorato. Molto meno comprendo 1' uti- lità di considerare per estremità libere di arterie quei pori o canaletti esalanti, pei quali le stesse molecole di sangue rosso possono in alcuni casi trapelare fuori de' vasi sangui- gni , nel tempo stesso che la sua onda susseguente spinge la precedente dalle vere estremità arteriose nelle continue estre- mità venose. Per assicurare poi che la fisiologia colle cogni- zioni che aveva prima delle pretese scoperte di Henszler, somministrava lumi per una vera patologia utile nella prati- ca medica , dirò che basta non pretendere di poter pianta- re una nuova dottrina medica partendo soltanto da qualche proposizione generale , o come dicono fondamentale. Io fino dall'anno 179Ó. in una Memoria poco dopo pubblicata = Suir abuso di alcune proposizioni per piantar nuovi sistemi di me- dicina pratica = ho cercato di combattere le dottrine medico - pratiche allora emesse dai fisico-chimici , e dai fisico-dinamici. Ho preso di mira pei primi la deduzione soprattutto che il cel. Lavoisier aveva fatto, distinguendo le malattie dette inter- ne, e appartenenti per la loro cura ai medici propriamente detti , in infianmiatorie ed in putride. Avendo il Lavoisier giudicato doversi le malattie infiammatorie alla preponderan- za d'ossigeno nella composizione del sangue, e le malattie putride alla preponderanza d' idrogeno e di carbonio , suppose io4 Considerazioni ec. che la cura dovesse servire a restituire prontamente quegli ele- menti alla normale proporzione. Ho preso di mira pei fisico dinamici il sistema di Brown, che tutto attribuiva alla forza degli agenti, che sotto il nome di stimoli eccitano a una azione più o meno valida del grado normale le forze della vita da lui designate sotto il solo nome di eccittabilità. Quin- di egli pretese che o sottraendo alcuni stimoli, e minoran- done almeno la forza, o aggiungendone ed accrescendo alme- no la forza , 1' eccitabilità doveva rimettersi alla sua azione normale da cui la salute deriva. È verissimo che la compo- sizione dei fluidi animali, e in conseguenza (juella de' solidi stessi deve conservarsi o restituirsi allo stato normale, accioc- ché l'individuo si conservi sano,o si rimetta dalle malattie. Ma que:.to non si può ottenere direttamente come il Lavoi- sier sembra voler suggerire ^ cioè coli' introdurre soltanto e col sottrarre gli elementi , che o sono deficienti o sono pre- ponderanti. Questo si ottiene col regolare l'azione delle forze concorrenti alle successive assimilazioni dei fluidi animali cii- colantij e quindi alla formazione dei succhi nutricj che ri- parano le perdite dei solidi stessi , acciocché questi pure sia- no conservati o restituiti alia normale composizione. E ve- rissimo ancora, che 1' azione or normale or innormale delle forze o della forza della vita conserva nel primo caso la sa- lute, produce nell'altro caso le malattie. Ma l'azione di es- se forze o di essa forza , non è in ragione soltanto della forza degli stimoli che la eccitano ad agire. La forza o le for- ze della vita acquistano gradi permanenti di maggior o minor energia, e le loro azioni sono in ragione composta e della for- za delle cause occasionali eccitanti, e dell'energia che le for- ze della vita ora hanno al grado normale, ora a un grado maggiore o minore del normale. La fisiologia poi è ora anivata a poter mostrare come si possa regolare 1' azione delle forze o della forza della vita, acciocché la stessa composizione dei fluidi e dei solidi, e la stessa gradazione della vitalità ineren- te nei solidi si conservi, o si restituisca all'energia normale. Di Stefano G a i, l i n i i o5 In varie occasioni ho accennati questi progressi e qua. ite utili applicazioni della fisiologia con quella maggior pre- cisione che mi fu possibile , e terminerò questa memoria coir esporre rapidamente quelle basi sicure che la fisiologia ora può prestare alla patologia, e quindi alla medicina pra- tica stessa per appoggiare le loro proposizioni . Volendo ap- plicare le nozioni fisiologiche a queste altre parti della me- dicina , conviene non solo conoscere ed aver presente la in- fluenza che il sistema vascolare ed il sistema nervoso hanno separatamente nelle funzioni, con cui tutti gli organi possono concorrere all' una o all' altra classe di operazioni animali Conviene conoscere ed aver presente ancora che l'uno, o r altro sistema hanno costantemente una mutua influenza per concoirere alla normalità od innormalità delle funzioni, che con maggior preponderanza soltanto derivano o dall'uno, o dall' altro sistema. Paragonando intanto i due sistemi tan- to nella loro composizione che nei loro effetti , vi si conosce una grande analogia. Nel sistema vascolare gli umori diversi da tutte le parti del corpo in cui si trovano , col mezzo di vasi convergenti sono riuniti e trasformati in uno sempre più omogeneo, finché arrivano al centro di esso sistema costituito dalle cavità del cuore, e subito da questo centro per mezzo di vasi divergenti , 1' umore ultimo più composto e più omo- geneo distribuendosi a tutte le parti si risolve di nuovo nei molti da cui per la maggior parte fu composto. Nel sistema nervoso tutti gli organi del senso, che generalmente presi esistono in tutte le parti, sono esposti a ricevere contempo- raneamente impressioni da diversi corpi esterni o circostanti introdotti e circolanti per le interne cavità. Queste impres- sioni sono all'istante tutte trasmesse, e come in una con- densate per mezzo de' filamenti nervosi che si uniscono in cordoni sempre più grossi sino al centro del sistema nervo- so, costituito nei vertebrati e soprattutto nell' uomo dalla massa rinchiusa nella cavità del cranio, e subito da questo centro per mezzo di altri cordoni nervosi , i quali si divido- Tomo XX. O lo6 Considerazioni ec. no in filamenti e disti ibuiscono questi a tutti gli organi del moto che generalmente presi si trovano ovunque ^ esse im- pressioni condensate in una progrediscono sino a questi orga- ni con una varietà di forza, per cui essi organi del moto sono eccitati all' azione corrispondentemente alla varietà delle impressioni ricevute dagli organi del senso e trasmes- se al centro del sistema nervoso, come se le stesse impres- sioni condensate in una si risolvessero per retrograda decom- posizione in molte. Pare dunque da tutto ciò che nel sistema vascolare succeda agli umori animali quello che nel sistema nervoso arriva alle impressioni. Ma il moto progressivo de' fluidi, e le successive loro assimilazioni possono manifesta- mente osservarsi , mentre la progressiva transmissione delle impressioni e le successive loro condensazioni e retrograde separazioni non possono essere dedotte se non dalla certezza, che i soli nervi hanno la capacità di trasmetterle all' istan- ie, e eh' essi nervi devono esser sani per poterle trasmettere sino al centro del sistema nervoso ove siede una facoltà, cioè l'anima, a cui appaitiene la facoltà di distinguerle nelle varie loro condensazioni e mutazioni , acciocché 1' uomo ab^ bia corrispondenti sensazioni , idee ^ affezioni e determinaziot ni che gli organi del moto prontamente possono manifestare od eseguire , quando alti i nervi sani possono far proseguire le stesse impressioni dal centro del sistema nervoso sino ad essi organi per eccitare all' azione la gradazione della vitali- tà loro inerente. Questi fatti certi equivalgono in questo ca- so alla testimonianza dei sensi circa il moto progressivo, e le assimilazioni dei fluidi. Un'altra analogia più importante per la patologia convien liconoscere nelle funzioni prodotte per j mezzo del sistema vascolare, ed in quelle prodotte col mez- zo del sistema nervoso. Consiste questa in ciò che le fun- ; zioni siano prodotte col mezzo dell'uno, o col mezzo dell' i altro sistema, hanno due cause contemporaneamente agenti ] che concorrono a produrle. L'una di queste cause è efiìcien- j te , r altra è occasionale . L' efficiente è senque una delle Di Stefano Gallici 107 gradazioni della vitalità inerente nei solidi ora conosciute sotto i nomi di sensibilità nei nervi , d' irritabilità nei mu- scoli, di contrattilità e di turgescenza vitale in alcune mem- brane, e in alcuni tratti del tessuto evidentemente celluio- so. L' occasionale poi è un' agente esterno qualunque , che o produce direttamente la sua impressione , o può col mez- zo della sensibilità dei nervi trasmetterla sino agli organi del moto generalmente considerati. Ma in un modo, o nell'altro essa causa occasionale serve soltanto ad eccitare all' azione o l'irritabilità, o la contrattilità , o la turgescenza vitale ine- rente in essi organi del moto. Questa divisione delle cause in efficienti ed in occasionali , basta a bene determinare le cause stesse morbose alle quali furono dati diversi nomi se- condo alcune circostanze in cui sono ora le efficienti , ora le occasionali. Le efficienti poi sono le sole interne^ perchè già consistono nelle gradazioni della vitalità inerente nei so- lidi che essenzialmente costituiscono il corpo animale . Le occasionali tutte devono considerarsi sempre esterne, giacché gli stessi fluidi circolanti^ i quali colla loro impressione ed urto eccitano all' azione le gradazioni della vitalità inerenti nei pareti dei vasi e cavità costituenti il sistema vascolare j sono sempre corpi esterni introdotti e mutati entro le cavi- tà interne, da cui i vasi linfatici ne assorbono le molecole le più assimilate, e le introducono nel sistema vascolare, per cui esse circolano , e circolando successivamente si assimila- no sempre più alle molecole stesse dei fluidi e solidi ani- mali. Ora è da osservarsi che gli agenti stessi che sono le cause occasionali delle funzioni del sistema vascolare , e che sono i fluidi animali circolanti . nell' atto che direttamente fanno impressione alle membrane in cui è inerente o 1' irri- tabilità ;, o la contrattilità, o la turgescenza vitale j, comuni- cano pure un'impressione ai filamenti nervosi , già distribui- ti in ogni parte del corpo, soprattutto umano; e che que- sta impressione viene trasmessa al centro del sistema nervo- Io8 Considerazioni ec. so , e di là a tutti gli organi del moto, unitamente a quelle che altri agenti esterni fanno contemporaneamente in tutti gli organi del senso, le quali non possono dar occasione all' azione di essi organi dei moto, quando non siano prima trasmesse e condensate sino al centro del sistema nervoso, e trasmesse subito da esso centro ^'Ai orfani del moto. Havvi quindi una differenza nelle azioni dei diversi orga- ni del moto , secondo che ricevono le impressioni dalle cau- se occasionali col mezzo soltanto dei nervi , ovvero e col mezzo dei nervi e direttamente. I moti dei primi organi com- pariscono per lo più corrispondenti e dipendenti da precedenti sensazioni, idee, e determinazioni, e diconsi volontarj, men- tre i moti dei secondi sembrano ordinariamente seguire ia ragione solo delle impressioni direttamente fatte , la quale ordinariamente è di maggiore forza delle impressioni trasmes- se contemporaneamente col mezzo dei nervi, e quindi essi moti diconsi involontarj. Sarebbe fuori di proposito il fare ora pompa di tutte le osservazioni e deduzioni che presentemente formano le basi su cui è costruito r edilìzio della fisiologia per servirmi dèli' espressione di Henszler. Ma da quanto ho accennato parmi apparire chiaramente, che le funzioni normali del sistema nervoso debbano influire nella normahtà delle funzioni del sistema vascolare. La normalità di queste dipende certo dal- la normale azione delle gradazioni della vitalità inerente nei pareti dei vasi e delle cavità costituenti il sistema vascolare, e la normale azione di queste gradazioni della vitalità non è solo in ragione della energia di esse gradazioni, ma in ra- gione ancora della forza normale delle impressioni e diretta- mente latte , e cont«;itiporanearnente trasmesse col mezzo dei nervi ai pareti stessi di quei vasi e cavità. Eguahnente poi le funzioni normali del sistema vascolare devono influire sul- la normalità delle funzioni del sistema nervoso , perchè dal- la normalità soltanto delle funzioni del sistema vascolare i fluidi nutrici che devono continuamente riparare le perdite Di Stefano G a l l i n i 109 dei solidi stessi, possono conservare questi nella normale composizione , e quindi nella normale energia della gradazio- ne della vitalità inerente in molti di essi. Le azioni poi di queste gradazioni della vitalità non sono soltanto in ragione della forza normale delle cause occasionali, ma in ragione deir energia di esse gradazioni. Quando fosse possibile mantenere o rimettere all'istante nel grado normale di forza tutte le impressioni , che o di- rettamente, o col mezzo dei nervi servono di cause occasio- nali alle azioni delle gradazioni della vitalità inerenti nei so- lidi tutti, r individuo potrebbe essere conservato sempre, o rimesso prontamente nel suo perfetto stato di salute. Le as- similazioni dei fluidi nutricj sarebbero sempre normali , e conserverebbero i solidi stessi nella normale composizione ^ o nella normale energia della vitalità loro inerente. Ma la forza delle cause occasionali, se non di tutte, almeno -di molte , è sempre varia , benché gli effetti non siano subito tali da far considerare l'individuo in istato di malattia. Sem- pre soltanto le assimilazioni de' fluidi nutricj devono o rima- nere alquanto al di sotto dell'assimilazione normale, o pro- gredire alquanto al di là del grado normale , e quindi le gra- dazioni della vitalità inerenti in essi solidi devono o perde- re alquanto dell'energia normale , o acquistarne una magf^io- re , e convertirsi in cause predisponenti, in diatesi, in con- dizioni patologiche, e servire in seguito a produrre più fa- cilmente le une piuttosto che le altre malattie. Queste allo- ra costituiscono le cosi dette malattie interne od universali, perchè sono manifestate più essenzialmente dalle alterate funzioni del sistema vascolare , e perchè concorrono ad alte- rare maggiormente queste funzioni le innormali impressioni de' fluidi circolanti, i quali operano nell'interno. In questi casi però per curare le malattie, non basta regolare la forza delle cause occasionali agenti suH' istante contemporaneamen- te , ed usare, come dicono, or gli eccitanti, or i deprimen- ti, ovvero or gli stimolanti, or i controstimolanti: e quan- Ilo GoNàlUEK AZIONI CC. tunque si osservi un andamento simile in queste malattie interne ed universali, non si deve, mi pare, considerarle tutte come infiammazioni della stessa natura, e curarle col- lo stesso metodo. Conviene piuttosto avere in mira di resti- tuire a poco a poco le funzioni del sistema vascolare allo stato normale , ora promovendo bensì l'assimilazione dei flui- di rimasti al grado minore del normale , ora moderandola ac- ciocché ritorni a poco a poco al suo grado normale: ma se- condo i casi conviene or impedire il nuovo assorbimento de' fluidi rimasti al di sotto del grado normale, ora promuovere r espulsione di quelli passati al di là del grado normale. Nella già citata memoria = Sull' abuso di alcune propo- sizioni per piantare nuovi sistemi di medicina pratica = ho scritto che quando Brown in luogo di eccitabilità mediocre- mente consumata, di eccitabilità accumulata, e di eccitabi- lità esausta avesse detto nutrizione in quantità e qualità o normale, o meno che normale, o più che normale, avrebbe meglio determinate le cause della salute, e delle due classi generali di malattie interne , ed avrebbe data una guida piìi sicura per istabilire i metodi convenienti di cura, Ma il ce- lebre medico seguace esatto allora del sistema di Brown giu- dicò, che io per comparire autore d'un nuovo sistema, ave- va sfigurato un poco il sistema di Brown sostituendo un'altra parola a quella di eccitabilità , e scegliendo a caso la paro- la nutrizione. Circa le proposizioni patologiche che possono essere dedotte dalle fisiologiche , e servire alla medicina pra- tica, mi lusingo aver altre volte parlato abbastanza , e ulti- mamente fijrse con maggior precisione nella memoria inserita tra quelle del volume XIX. della Società Italiana pubbli- cato nel 1825, in cui diedi ragguaglio di un'opera del Pro- fessore Amard di Lione sul metodo di studiare e di dirig- gersi in medicina. - iJsiilo ■ '^■- <'■ Ili MELASTOME BRASILIANE MEMORIA DI GIUSEPPE RADDI Ricevuta adi a^. Ottobre 1827. F, ra l'immenso numero di piante che hanno per Patria il Brasile , qnelle che appai tengono alla famiglia delle Melasto- nie moiitano certamente il primo rango, non tanto per le lo- ro eleganti torme, quanto ancora per la bellezza dei fiori di cui un gran numero di esse sono ornate. Trentotto differenti specie ne abbiamo osservate e raccolte nel breve soggiorno fatto in (juelie fertilissime ed amenissime contrade , delle quali sole tre erbacee ^ tutte le altre fruticose o arborescen- ti ^ e per la massima parte nuove alla scienza. Noi le divi- deremo in quattro gruppi ovvero generi, cioè: Bertolonìa , Rhexia , Melastoma e Leandro^ e di ciascuna specie in par- ticolare daremo qui una succinta descrizione. Il primo e l'ul- timo dei sopra indicati generi sono nuovi, e come tali li ab- biamo già annunziati in altra Memoria intitolata : Quaranta piante nuove del Brasile ec. inserita nel Tomo XVIII. degli Atti della Società Italiana delle Scienze an. i8ao. dove ab- biamo ancoi'a stabiliti i loro distintivi caratteri , i quali por- remo qui nuovamente sotto gì' occhi del Lettore , sebbe- ne con qualche piccola riforma , che accurate osservazio- ni fatte sopra un maggior numero di queste piante, ci han- no deciso di dover fare. AI nostro genere Leandra assocìe- remo tutte quelle specie appartenenti al genere Melastoma di Linneo, le quali offrono la costante caratteristica di ave- re i lobi o lacinie nelle quali è diviso il lembo del loro ca- lice, munite tutte sul loro dorso di altrettanti denti più o meno lunghi, ora compressi, ora rotondi, sia che essi si Ila M E I. A s T 0 M E Brasiliane trovino situati alla base ( e allora prendono 1' aspetto d' un doppio calice), alla metà, o presso la sommità delle mede- sime. Ciò che ancora distingue queste piante da (juelle alle quali abbiamo conservata la generica Linneana denominazio- ne di Melastoma è , che le loro bacche sono sempre molto succulenti e tutte mangiabili , mentre in quest' ultime lo sono generalmente pochissimo o punto : sono altresì tutte dei piccoli frutici, né mai pervengono all'altezza delle Me- lastome, e, come le Rhexiae , hanno quasi sempre le loro foglie superiormente coperte di verruche o papille più o meno grandi, terminate tutte da un pelo rigido e giallastro. In quanto alla Bertolonia , sebbene abbia essa molta analo- gia con le Rhexie,alle quali è piaciuto al Sig. Kunth asso- ciarla, tuttavia a noi sembra non dovere esitare a stabilir- ne un genere a parte , avuto riguardo alla singolare struttu- ra delle sue cassule, le quali, negl' individui da noi raccol- ti e che ora abbiamo sott' occhio, offrono tutte costantemen- te un certo corpo convesso e triangolare a angoli acutissi- mi, fissamente attaccato per il suo centro alla colonnetta o asse centrale , a cui non sapremmo qual altro nome dare se non che quello di coperchio ( operculum ), giacché ne fa almeno le veci, e, per poco che si allontanino i tre lobi che coronano la cassula dai quali egli é sopravvanzato, e fra i quali pure trovasi come immerso , allora si stacca subito da essi, restando però sempre fisso alla colonnetta, come appunto lo dimostra la Figura 2." g-. della qui annessa tavo- la VI. Nelle Rhexie le valve che formano le pareti delle lo- ro cassule, aderiscono immediatamente alla colonnetta, e al- lorquando longitudinalmente si aprono , si staccano nel tem- po stesso dalla medesima , ed essa rimane isolata senza che vi si scorga niun altro corpo aderente, ciò che non è assoluta- mente nella nostra Bertolonia, alla quale parrebbe doversi anche unire la Rhexia leuzeana del Sig. Kunth , per cui ab- biamo fatto le variazioni, che qui appresso si osserveranno a riguardo dei caratteri distintivi di questo novo genere. Di Giuseppe Raddi ii3 BERTOLONIA Characteres generici reformati. Calyx monopbyllus externe costato-foliaceus, persistens: annulus membranaceus ex sua fauce natus , ut in omnibus fere Melastomaceis. Corolla 5 - petala , subaequaHa , fauci calycis inter Jim- bum et meinbranain annularem inserta. Stamina decem decHnata , ibidem inserta. Ovarium bberum , triloculare : placentae tres columellae vel axi centrali adfixae , undique seminuliferae. Capsula triangularis , trivalvis, operculata , glabra, caly- ce persistente vestita -, limbo in tres lobos diviso , qui oper- culuin superant ; operculum ad columellam fìxum et persistens. Semina numerosa , angulato-cuneata , cura uno ex eorum angulis exterius protraete. '.-, BERTOLONIA /77/r//'Afle{/b/?a; foliis cordatis , alternis , glabris , 7 — 11 nerviis , subtus albido -argenteis, venoso -reti- culatis ; pedunculis terminalibus, ramoso-dicbotomis , floribus lateralibus terminalibusque , decaiidris. Tab. Vl.fig.a,. Bertolonia nymphaeifolia. Rad. 40. Piante nuove del Bra- sile , Mem. ins. nel T. XVllI. degV Atti della Soc. Italiana delle Scienze An. 1820. p. 384- Rhexia ( nympbaeifolia ) beibacea ; repens ; caule bre- vi, simplici; foliis cordato-suboibiculatis, undulato-crenulatis;, reticulato 9—11 nerviis, glabriusculis, subtus albidis; co- rynibis terminalibus ; floribus decandris; limbo calycis integro; capsulis apice trilobis. Kunth in Humb. Blelast.p. ì^o. t. 53. Pianta erbacea o semierbacea, a radice legnosa con di- ramazioni fibrosissime. Caule semplice quasi legnoso alla sua base alto circa un pollice e mezzo o poco più , glabro e asperso di minutissi- me glandule oscure. Tomo XX. P- I I :<. ]\:r E L A S T O JM E BRASILIANE Fo"'lif lungamente peziolate , costantemente e (lecita- mente alterne in tutti gì' individui da noi osservati , lato- cor- date , non di rado un poco allungate e ottuse all'apice, gla- bre in ambedue le superficie, la superiore di un verde ga- io, l'inferiore di un bianco argentino, e, per le loro dira- mazioni venose, fusco-reticolate : i nervi sono in numero di nove , raramente sette , con più due altri tenUissiini nervet- t1 niarginali , i quali si perdono col margine medesimo poco al di sopra della base, dalla quale tutti egualmente parto- no ; sono altresì dello stesso colore delle vene;, e gli uni e le altre aspersi, specialmente nei lati, di minutissime glan- dole con colori^ alcune delle quali si trovano anche, sebbe- ne radissime , sparse sopra la lamina della foglia medesima : il loro margine offre delle minutissime puntoline non distin- guibili a occhio nudo , assai rade , le quali sembrano essere altrettanti peli abortiti. La loro lunghezza è dai quattro ai sei pollici; la larghezza, negl'individui da noi osservati, non altrepassa i cinque pollici. I pezioli parimente, nei nostri esemplari non oltrepassano i tre pollici e mezzo : essi sono canalicolati nella lor faccia anteriore ;, un poco angolati nel- la posteriore , cibati alla loro base e coperti di minutissime glandole oscure. Peduncolo terminale, compresso-triquetro , ramoso-dico- tomo all' estremità , lungo circa dieci pollici , comprese le sue diramazioni , le quali esse pure sono triquetre e as- perse di glandole minutissime : a ogni divisione trovasi una minutissima brattea lineare e oscura non visibile senza il soc- corso della lente. I fiori si succedono l'uno dopo l'altro lun- go le diramazioni suddette , sempre però dall' istesso lato ; sono brevissimamente pedicellati^ e senza brattee alla loro base. Calice urceolato , glabro , asperso di glandule minutissi- me e oscure , con dieci costolette foUacee longitudinali , in- diviso e leggermente sinuato nel suo lembo : membrana an- nulare poco apparente, interissima, glabra e leggiermente ondulata. \ Di Giuseppe R A DUI ii5 Corolla: Petali cinque ovali, bianco- giallognoli muniti alla loro base d' una cortissima ma larga ungbietta , con la quale sono inseriti al lembo del calice , cioè ira il lembo me- desimo e la membrana annulare. Stami dieci un poco più lunghi dei petali: Filamenti piani, membranacei, glabri, con un nervo longitudinale nel mezzo di essi: Antere articolate, ondulato-plicate, attenuate e un poco curvate indietro verso la sommità, avente un fo- ro che comunica con i due lobi. Pistillo: ovajo supero, glabro, triangolare, con un orlo: prolungato e diviso in tre lobi rotondati alla sua sommità, stilo altrettanto lungo quanto li stami , glabro e assottigliato all'apice: stimma minutissimo, il quale non oltrepassa la grossezza dello stilo. '^ Frutto: Cassida triloculare, triquetra , liscia, con un lembo prolungato e diviso in tre lobi rotondati, che supera- no d'assai un corpo convesso e triangolare a angoli acutissi- mi, il quale trovasi nel mezzo fissato alla colonnetta o asse centrale e che io chiamerò col nome di operculo, giacché serve come di coperchio alla cassula medesima , sebbene ei sia molto sopravanzato dal lembo di quest' ultima , e vi ri- manga per così dire come infossato. Allor che la cassula tro- vasi nella sua piena maturità, i lobi del suo lembo si aprono un poco negl' angoli o per meglio dire si scostano dall'oper- culo per lasciare libera la sortita ai semi ivi contenuti, restan- do il medesimo quasi isolato e fisso : ognuna delle tre loggie ha una placenta ramosa e orizzontale fissata all'asse centrale, fra i cui rami stanno moltissimi e minutissimi semi cuneato- angolati, leggiermente crenati nei loro angoli, uno dei qua- li è alla sua base prolungato in fuori in guisa tale da rap- presentare presso a poco , quell' ossetto dell' organo dell' u- dito denominato V incudine. Questa bella pianta è stata da noi trovata negl' ombro- sissimi boschi delle montagne d' Estrella in vicinanza dei torrenti. il;6 Me E I. A ? r O JI E B a .' V S I L I A NE RHEXIA (i) Char. gen. Calyx inoiiophylIuSj pcrsistens; limbo 4 — ^ diviso. Corolla 4 — 5 petala subaequalia patentissima , fauci caly- cis inter limbuni et menibranam annularem inserta. Stamina 8. plerumque io. ibidem inserta. Ovariurn prorsus liberuni, a — 5 locularis ; placentae a — 5 ad columellam seu axem centralem adfixae. Capsula plus minus angulata vel striata , setosa , quae longitudinaliter in angulis seu striis aperitur. I . Con foglie a cinque nervi , compresi i marginali , che partono tutti ^a//a^a5e(Foliisquinquenerviis) (a,)- RHEXIA elliptica : ramulis tenuissimis, obsolete qua- drangularibus ; foliis petiolatis, ellipticis , 5 — nerviis, integer- rimis , supra minutissime verrucoso-strigosis, subtus piloso-se- riceis \ racemulis terminalibus ; floribus decandris ; caiyce ver- rucoso— strigoso, r^Z». I- fig- I. Arboscello di circa dieci in dodici piedi d'altezza, ramo- sissimo: le estreme diramazioni molto sottili, quasi quadran- golari , e sparse di peli rigidi color di ruggine verso la loro base. Foglie lunghe circa due pollici , ed uno larghe, peziola- te , ellittiche , spesso un poco appuntate in cima , interissi- nie nei margini , sopra asperse di minutissime verruche late- ralmente terminate in una punta rigida, sotto coperte di pe- (i) Seguendo il sistema s'ssiiale di Linneo , quatto genere dovreblie eiier trasportato alla decimi clacsu in rece dell' ottava , giacché la maggior parte delle specie appartenenti al mcdetiiao sano decandrie. (3) Nel deicrivere il numero dei ner- vi delle foglie di queste piante , in- tendiamo comprendervi tempre ancbe i marginali, i quali, d' ordinario, tono atìdi più lottili degl' altri. Di GiuseppeRaddi 117 li sefosi,con cinque nervi salienti longitudinali che partono tutti dalla base ^ dei quali i due marginali più sottili, e tut- ti ricuoperti interamente dalli stessi peli , ma più lunghi : i pezioli lunghi quattro linee circa , leggiermente solcati all'in- dentro , rotondati al di fuori , e affatto coperti di peli rigidi e ferruginei come i peduncoli. Fiori disposti in piccoli racemi all' estremità dei rami , con i rametti opposti, trifidi, angolati, e coperti anch'essi di peli rigidi e ierruginei. Alla base di ciaschedun fiore si trovano due brattee di figura ovale, internamente glabre, alquanto porporine e concave , esternamente convesse, asper- se di peli rigidi e giacenti, tutti diretti con le loro punte verso 'apice: esse cadono tosto che il fiore comincia a svilupparsi. Calice accampanato , esternamente asperso di verruche ^rminate ciascuna da un pelo rigidissimo , acuto e alquanto Qrvo , internamente glabro e dello stesso colore delle brat- ta; : il suo lembo, è diviso in cinque parti o lobi eguali, ciiati e un poco membranacei nei margini. I peli situati sul doso di questi lobi sono quasi del doppio più lunghi degl' altr '^orolla: Petali cinque ovati a rovescio o quasi rotondi, minutissimamente cibati attorno il margine , color di roga pieno endente al blu, lunghi un poco più d'un pollice e poco mno larghi , muniti alla loro base d' una piccola un- ghia , coi la quale sono inseriti al bordo del calice , cioè fra il lembo . ]a membrana annulare , e, come in tutte le altre specie di onesto genere, alterni con i suoi lobi. Stami d^ci un poco più corti dei petali , cinque alterni con i medesni, avendo tutti la stessa ìnsexzìoiìe : Filamenti compressi e g^bri: Antere lineari -lanceolate alla cui estre- mità è un ap.-tura o foro obliquo , che comunica con le due loggie , le uali in questa specie sono avvicinatissime. Sono altresì art^olate , come in quasi tutte le altre mcla- stomacee, e sovtjte accade che si disarticolano, ciò che le fa comparire com tagliate orizzontalmente. Il8 Melastome Brasiliane Pistillo: Un ovajo libero ^ superiormente angolato, co- perto di peli setosi e biancastri ;^uno stilo quasi quadrango- lare a angoli rotondati, curvo alia sonuìiità , glabro e della lunghezza circa delli stami ; uno stimma ottuso , e quadran- golare. Frutto: Cassula ovale a cinque loggie, un poco angola- ta e superiormente coperta di peli setosi e biancastri. Questo beli' arbusto 1' abbiamo ritrovato in copia nei boschi inondati in vicinanza del Rio-iìihumirium , non mol- to distante da Rio-Janeiro , sulla via che conduce alla Man- diocca , e a Minas Geraes. RHEXIA superba : foliis lanceolatis , integerrimis , sub- quinquenerviis , nervo marginali tenuissimo aut subnullo; fior? bus terminalibus plerumque solitariis , decandris; calycibià profunde quinquetìdus^ sericeo-argenteis, laciniis obtusissiirs bracteisque emarginatis caducis. tab. I. fig. \. Rhexia unillora. R.ad. 40. Piante nuove del Brasile. Ile- moria inserita nel T. Xl'III. degl' Atti della Società Ita.a- na delle Scienze pag. 388. e 889. Siccome tra le specie conosciute e descritte di qesto genere trovasene già una che porta la specifica denom'i^zio- ne di uniflora , cosi abbiamo ora stimato conveniente 1 cam- biar questa in quella di superba, come la più adttata a questa bellissima specie. •' ' • ■--,--' ' Albero di circa venti piedi d' altezza : rami roondi^ leg- giermente nodosi, e glabri , quasi quadrangolari e coperti di minutissimi peli giacenti all' estremità loro. Foglie lanceolate, interissime, alquanto a^^nuate alla basCj peziolate . con cinque nervi longitudinaN dei quali 1 due marginali sottilissimi e che si perdono fti il margine : la loro superficie superiore è aspersa di pelii'g'fl' 5 appressi e giallastri; 1' inferiore di minutissimi peli sericei ^ che il piti delle volte fa d' uopo il soccorso della lente per distin- guerli : la loro maggior lunghezza è di cica tre pollici; la larghezza circa dieci linee. I pezioli sono -anahcolati nel lo- D I G I U S E P P E R A e J5 I I I (j ro lato anteriore, convessi nel posteriore, e aspersi di mi- nuti peli setosi e appressi. Fiori molto grandi, quasi sempre solitar] , e situati all' estremità dei rami. Alla base di ciaschedun fiore si trovano quattro o sei brattee caduche , smarginate all' estremità loro , concave internamente, esternamente convesse, e con dei minutissimi peli sericei nel centro. Calice campanulato, esternamente sericeo-argenteo , in- ternamente glabro, con il lembo diviso in cinque lobi egua- li, altrettanto lunghi quanto il tubo o anche più, lineari, rotondati all'apice, i quali cadono il più delle volte prima dei petali. Corolla: Petali cinque color di rosa pieno, rotondati all' apice, contornati nel loro bordo di radi e minutissimi peli biancastri, muniti alla \oro base d'una piccola unghia gial- lognola, per la quale sono inseriti al bordo interno del calice. Siami dieci reclinati, più corti dei fetaìi: filamenti com- pressi, pelosi da un solo lato: Antere presso a poco simili a quelle della precedente specie, sebbene più grandi. Pistillo: Ovajo angolato e coperto di peli sericeo-argen- tini come il calice: stilo peloso per cinque sesti della sua lun- ghezza, curvato e glabro all' estremirà: stimma ottuso. > Frutto: Cassula ovale, a cinque loggie, io-angolare e in- teramente coperta di peli sericeo-argentini. Ritrovata nei boschi di 31andiocca presso le montagne d'Estrella, dove abbiamo osservato esser la medesima piutto- sto rara. RHEXIA estrellensìs: ramis subquadrangularibus, hirsu- tissimis; foliis oblongis, quinquenervis, superne papilloso-mu- ricatis , inferne serobiculatis, tomentoso-sericeis; paniculis ter- minalibus; floribus decandris ; calyce campanulato, setoso. Tab. L fig. 3. RHE. estrellensis. Rad. 4o. Piante nuove del Brasile ec. Atti della Soc. It. T. XVIIL p. 388. Piccolo ma beUissimo albero di circa venti piedi d' al- lao Mklastome Brasiliane tezza : i giovani rami quasi quadrangolari, a angoli rotondati , irsutissimi, glabri e rotondi allorché invecchiati. Foglie opposte, peziolate, allungate, alquanto ottuse all' estremità, interissime e coriacee: la superficie superiore inte- ramente coperta di verruche o papille poligone, glabre, ter- minate da un corto pelo rigidissimo, curvo e giallastro, che la rendono ruvidissima al tatto; la superficie inferiore è den- sissimamente coperta di peli setosi e stellati alla loro base , ed offre altrettante piccole cavità irregolarmente angolate quan- te sono le papille, alle quali esse corrispondono: i peli che ricuoprono i cinque nervi sono più lunghi, più rigidi e spar- si dalla metà in basso di minutissime punte rossastre. I pc- zioli lunghi circa otto linee, solcati nel lato inteino, roton- dati al di fuori, e coperti di peli simili a quelli dei nervi, ma più lunghi , e più grossi. Fiori disposti in pannocchie all'estremità dei rami , con rametti opposti in croce , sempre divisi in tre , irsutissimi e quadrangolari : ciaschedun fiore è sostenuto da un corto pe- dicello parimente irsuto, inviluppato da due brattee ovali o ovato-allungate , esteriormente setose, le quali cadono tosto che il fiore comincia a svilupparsi. Calice campaniforme, un poco ristretto alla base, setoso al di fuori , glabro e con una leggiera tinta porporina al di dentro: il suo lembo è diviso in cinque lobi eguali , lanceo- lati , acutissimi , che cadono subito che il frutto comincia a ingrossare. Corolla: Petali cinque poco più lunghi d'un pollice ^ larghi circa dieci linee, color di rosa pieno, ottusi, contoran- ti nel loro bordo di minutissimi peli bianchi, e muniti alla loro base d'una unghietta, con la quale sono inseriti al bor- do interno del calice. Stami dieci, aventi la stessa inserzione, un poco più cor- ti dei petali, con i quali cinque sono alterni: filamenti com- pressi , ricuoperti per due terzi della loro lunghezza di lunghi peli color vinato. Antere lineari-Ianceolate, attenuate e cur- Di Giuseppe Raddi Jtad vate alla base, terminate da una specie di becco che ha in cima un foro o apertura obbli({ua, la quale comunica con le due loggie. Pistillo: Ovaj'o libero, superiormente coperto di peli se- tosi: stilo filiforme, presso a poco della lunghezza delli sta- mi, alquanto curvato all'estremità e asperso di peli setosi si- mili a quelli situati sopra l'ovajo: stimma ottuso. Frutto: Cassala oblongata, a cinque loggie, ristretta e an- golata alla sommità , ed ivi soltanto coperta di peli setosi biancastri. Trovasi sulle Montagne d'Estrella nella Provincia o Ca- pitaneria di Rio-Janeiro. 2. Con foglie a cinque nervi, dei quali i quattro late- rali riuniti due per due alla loro base ( foliis conju- gato 5-nerviis) di maniera che sembrano non farne che due biforcati. RHEXIA formo si ssiìna: ramulis quadrangularibus, angu- lis alatis ; foliis oppositis, petiolatis, oblongis, acutis, integer- rimis , conjugato-qninquenerviis , superne verrucoso-strigosis , inferne piloso-sericeis; floribus terminalibus, decandris, ampie paniculatis. Rhexia alata. B.ad. Quaranta piante nuove del Brasile . 3Tem. inserita nel T. XflII. degl'Atti della Società Italiana delle Scienze pag. 887. RHEXIA ( Fontanesii ) ramulis quadrangularibus ;angulis alatis; foliis oblongis, acuiis, basi angustatis, integerrimis, quin- quenerviis , supra verrucoso-strigosis, subtus piloso-sericeis; corymbis terminalibus ; floribus decandris; calyce sericeo. Kuntli in llumb. Mei p. qS. #.36. Melastoma { granulosa); raniis marginato-tetragonis , fo- liis ovali lanceolatis longius acuminatis supra appressa hispi- dis lucidis , subtus pannoso-villosis , petalis obovato-oblongis, acumine brevi abrupto, filamentis superne longe laxeque la- natis. Don. in Hot. Reg. 671. — Sirns in Curt. Magas: LL 244'- Questa è la più bella di tutte le specie conosciute di Tomo XX. Q I ila IVI E L A 5 T o lìi E Brasiliane questo genere, non tanto per la bellezza ^ grandezza e quan- tità dei suoi fiori, quanto ancora per le sue bellissime fo- glie ; perciò sarebbe desiderabile che fosse adottata qnest' ultima nostra denominazione, come la più adattata, a pre- ferenza delle altre tre sopra indicate, sotto le quali fu già descritta. Trovasi in abbondanza al principio della montagna de- nominata il Corcoi'ado , e più ancora su quella detta dei Cap- puccini. I suoi rami sono terminati ciascuno da un' ampia pannocchia di fiori, che sovente giunge a più d'un piede di lunghezza , e quasi altrettanto larga. I calici sono perfetta- mente simili a quelli della precedente specie , e i lobi in cui è diviso il suo lembo, cadono come in quella, all'in- grossare del frutto : la superficie inferiore è ricuoperta dei medesimi peli , ma non offre però le stesse fossette. In quan- to al resto vedansi le descrizioni della sopra indicata Memo- ria , e quella dei Sig. Kunth nella monografia delle Melasto- me del Sig. Humboldt. B.HEXIA triflora : ramulis subquadrangularibus ; foliis lanceolatis , integerrimis , conjugato-quinquenerviis^ supra mi- nute verrucoso-strigosis ^ subtus piloso-sericeis ; pedunculis terminalibus trifloris ; floribus decandris ; calyce echinato. Tah. I. fig. 2. Frutice di cinque in sei piedi d'altezza, ramosissimo: rami divaricati j quasi quadrangolari, e coperti di peli setosi ferruginei all' estremità loro. Foglie peziolate , opposte ^ lanceolate, interissime^ supe- riormente coperte di minute verruche allungate, e termina- te lateralmente in una punta o pelo rigido, inferiormente peloso-sericee , giallognole , con cinque nervi longitudinali , dei quali i quattro laterali confluenti, cioè, riuniti per la loro base due per due , di maniera che sembrano non for- marne che due biforcati : i pezioli lunghi quattro in cinque linee , leggiermente scanalati all' indentro rotondati al di fuo- v\, e coperti delli stessi peli che i rami. Di Giuseppe Raddi laS Peduncoli terminali , triflori , coperti dei medesimi peli^ che i rami e i pezioli delle foglie: due brattee oblongate, peloso-sericee al di Inori, glabre e con una leggiera tinta porporina al di dentro, situate alla base di ciascliedua fiore, le quali lo involgono prima del suo sviluppo , e cadono dipoi. Calice brevemente campanulato, esternamente sparso di tubercoli terminati da un pelo rigidissimo, oncinato e gial- lastro; internamente glabro ;, e dello stesso colore della fac- cia interna delle brattee. I cinque lobi in cui è diviso il suo lembo , non cadono che quando il frutto è quasi pervenuto al suo stato di maturità. Corolla : Petali cinque quasi rotondi , lunghi circa quin- dici linee , e quasi quattordici larghi , rosso-cerulei , un po- chino attenuati alla base e terminati da una piccola unghiet- ta con la quale stanno attaccati al bordo del calice (i): il loro margine è contornato di minutissimi e radi peli termi- nati ciascuno da una specie di coppa glandolosa. Stami dieci più corti che la metà dei petali, e coni' es- si inseriti al bordo del calice , e cinque di essi alterni con i petali: Filamenti piani;, radamente aspersi di peli grossi, corti , terminati ciascuno da una glandola quasi rotonda : Antere simili a quelle della precedente specie , eccettuatone la grandezza, essendo in questa circa un terzo più piccole. Pistillo: Qvajo libero, superiormente coperto di lunghi peli setosi : stilo più corto delli stami, glabro , ingrossato e al- quanto curvo all' estremità : stimma ottuso. Frutto: Cassula a cinque loggie , altrettanto lunga quan- to il tubo del calice, ovale, superiormente coperta di lun- ghi peli setosi e rigidi. (■) In tutte le melastomacee, special- mente in quelle descritte nella presen- te Memoria , i petali sono sempre at- taceatl fra il bordo interno del calice e la membrana annulare del medesimo, e sempre alterni con i suoi lobi ^ e in numero eguale. Li stami hanno la stuE- sa inserzione, e sempre in doppio nu- mero. 124 M K L A s T o >j E Brasiliane Trovasi in varj luoghi j sempre però montuosi, della Provincia di Rio-Janeiro , particolarmente sulle montagne d' Estrella. o •• RHEXTA corymhosa: ramis teretibus ; foliis oblongis, acumir.atis , integerrimis , basi snbcordatis, petiolatis, supra minute verrucoso-strigosis , subtus piloso-sericeis ; corymbis terminalibus axillaribusque ; floribus decandris j calyce cam- panulato , sericeo. Tab.II.fig. i. Arbusto di circa dodici piedi d' altezza , ramosissimo : rametti lotondi , e coperti di peli setosi ferruginei verso la loro estremità. Foglie peziolate, opposte, oblongate^ acuminate, inte- rissime, un poco cordate alla base, lunghe dai tre pollici fino ai tre pollici e un terzo circa , e quattordici fino a se- dici linee larghe: la superficie superiore è aspersa di picco- le verruche allungate, terminate lateralmente, in una pun- ta rigida e giallastra; l'inferiore è coperta di peli setosi d'un giallo di zolfo, i quali alle volte sono radissimi. I pezioli so- no scanalati nel loro lato interno , convessi al di fuori e co- perti di peli simili a quelli della superficie inferiore delle foglie. Fiori disposti in corimbo alla sommità dei rami , ed an- che nelle ascelle delle loro ultime foglie : rametti bracciuti ovvero incrociati, un poco angolati, e aspersi di minuti pe- li cimili a quelli dei rami . Ciaschedun fiore è sostenuto da un brevissimo pedicello , alla cui base stanno due brattee allungate, acuminate, convesse e asperse di peli setosi al di fuori , glabre al di dentro , le quali cadono molto avanti lo sviluppo del fiore. i alice campanulato, con il tubo allungato , alquanto ri- stretto alla base, con una leggieri strozzatura sotto il lem- bo, verde e coperto di peli setosi al di fuori, glabro e un poco porporino al di dentro : il suo lembo è diviso in cin- que lobi lanceolati, acutissimi, i quali cadono tosto che il frutto comincia a ingrossarsi. Di Giuseppe RADDr ]a5 Corolla : Petali cinque obloiigati , ottusissiini , alle voltr un poco sinargitiati alla sommità, contornati nel loro margine di iiiinutissimi e radi peli bianchi, attenuati alla loro base, e muniti d'una piccola unghia, con la quale sono inseriti al bordo del calice: la luio lunghezza e di circa nove linee, e la larghezza mezzo pollice. Stami dieci , quasi altrettanto lunghi quanto i petali , e coni' essi inseriti al bordo del calice : Filamenti compressi , con dei peli glanduliferi ai loro lati , e precisamente verso la base dei medesimi : Antere come nelle precedenti specie. Pistillo : Ovaio libero , superiormente coperto di peli se- tosi : stilo filiforme, e un poco più lungo delli stami: stim- ma ottuso. Frutto: l'assilla a cinque loggie , che occupa, sia per r altezza come per la larghezza, tutta la cavità del tubo del calice, ristretta alla sommità, ed ivi soltanto coperta di peli setolosi. i. -Mt Trovasi con la R. elUptica nei boschi inondati nelle vi- cinanze del Bio-inhumiriwn. RHEXFi gracilis : caule simplici , herbaceo , erecto .^ gracili , tetragono , hispido ; toli's lanceolatis , acutis , bre- vissime petiolatis , conjugato-quinquenerviis, hispidis ; pedun- culis axillaribus terminalibusque trifloris; floribus decandris et dodecandris, calycis limbo persistente. Rh. {gracilis) caule herbaceo, erecto, gracili, tetrago- no, basi ramoso; toliis lanceolatis, acutis, basi cuneatis , quinqueneiviis , hispidis ; pedunculis axillaribus et terminali- bus , I — 3 floris, subracemosis ; floribus decandris; calyce sericeo-piloso. Kunth in Humb. Mei. IL p. i38. t. Sa,. Degli esemplari da noi raccolti e osservati nelle adia- cenze di Rio-Janeiro , dove questa specie è piuttosto comu- ne , ninno aveva lo stelo o caule ramoso alla base , ma ben- sì sempre semplicissimo ; i peduncoli costantemente triflori , e non di rado si trova sull' istesso individuo qualche fiore con sei petali , dodici stami e il lembo del calice diviso in laS Melastome Brasiliane sei lobi. Nel resto la nostra pianta combina esattamente con la descrizione data dal Sig. Kunth nella Monografia del Sig. Humboldt j ad eccezione delle Antere, le quali egli ci rap- presenta e descrive come troncate , ma che nell' esemplare fornitogli dal Sig. LangsdorflF devono sicuramente essersi di- sarticolate ^ poiché questo disarticolamento succede spesso nelle piante di questa famiglia , come 1' abbiamo anche fat- to osservare nella descrizione della nostra Rh. elliptìca. RHEXIA Sebastìanopolitana : annua, tota hirta ; caule ramoso, tetragono; ramuiis axiliaribus terminalibusque , di- chotomis; foliis ovatis ^ acutis, conjugato-quinquenerviis; flo- ribus octandris ; calycis limbo persistente. Tab. II. fig. 4- Annua. Caule eretto, alquanto ramoso , quadrangolare , con i lati un poco convessi : rametti assillari e terminali , egualmente quadrangolari e dicotomi. Foglie opposte, brevemente peziolate, ovate oppure ova- to-lanceolate , dentellate nei margini, conjugato-quinquener- vie : pezioli leggiermente solcati nel loro lato interno , convessi all' esterno , lunghi una linea e mezza fino a due e mezza. Fiori sostenuti da dei cortissimi peduncoli situati in nu- mero di tre in cima d'ogni estrema diramazione, ed uno nell' ascella di ciascheduna dicotomìa dei rametti o rami secon- dari ' dove si trovano esternamente due piccolissime brattee di figura simile a quella delle foglie del caule , sebbene un poco ottuse. Calice urceolato , ispido al di fuori , glabro e porporino al di dentro , con il lembo diviso in quattro lobi eguali mol- to acuti alla sommità loro , e persistenti. Corolla: Petali quattro eguali, oblongati , cibati^ ottu- 1 si, attenuati verso la base e muniti d'una unghietta con la ! quale stanno attaccati al bordo del calice; la loro lunghezza è dalle tre fino alle quattro linee ; la larghezza due linee e mezza circa. Stami otto della lunghezza dei petali : Filamenti un po- co compressi e nudi : Antere lanceolate . Di Giuseppe Radui ìù.^ Pistillo: Ocaj'o libero , superiormente coperto di peli se- tosi: stilo filiforme 5 e altrettanto lungo quanto li stami: stimma ottuso. Frutto: Cassala ovale, a quattro loggie, un poco più corta del tubo del calice , con pochi e radi peli setosi sulla sua sommità. Tutta la pianta , cioè , il caule con i suoi rami , le fo- glie , i peduncoli ed i calici sono interamente coperti di pe- li alquanto rigidi, e per la massima parte terminati da una piccola glandola rotonda , oppure ovale. Trovasi nelle vici- nanza di 5. Sebastiano , altrimenti detta Rio de Janeiro, do- ve è comunissima. R.HEXI1 herbacea : caule subramoso , tetragono ; angu- lis alato-ciliatis ; foliis oblongis vel ovato-oblongis , subconju- gato-quinquenerviis , serrulato-ciliatis , utrinque pilosiusculis , basi angustatis; corymbis axillaribus terminalibusque diclio- tomis ; floribus minutis , octandris , calycis tubo globoso. Tab. I. fig. 5. Annua. Caule radicante alla base , risorgente , quadrangolare , semplice , non di rado un poco ramoso e dicotomo : lungo i quattro angoli scorre una tenue membrana bordeggiata di pe- li articolati piuttosto lunghi , con le articolazioni rossastre. Foglie opposte , peziolate , ovali ovato-allungate , atte- nuate alla base , seghettate nei margini , con i denticelli ter- minati ciascuno da un pelo articolato , superiormente asper- se di peli simili-, inferiormente quasi glabre o con pochissi- mi peli aderenti soltanto ai cinque nervi longitudinali , dei quali i quattro laterali si riuniscono poco al di sopra della base della foglia medesima : pezioli lunghi tre fino a cinque linee , solcati anteriormente , posteriormente angolati e co- perti di peli , specialmente ai lati del solco, dove sono più lunghi, e più fitti. Fiori minutissimi in corimbi assillari , oppure terminali, a diramazioni dicotome , quadrangolari , con i loro angoli 128 Melastome Brasiliane alati. Alla base di ciascliedun fiore, egualmente che ad ogni dicoto.tila si trovano due minute brattee allungate , termina- te in cima da una acutissima punta , glabre e persistenti. Calice urceolato , con il tubo globoso, sparso di radissi- mi peli terminati da una piccolissima glandola, raramente glabro : il suo lembo è diviso ia quattro lacinie o piccoli lo- bi, glabri e persistenti. Corolla : Petali quattro eguali, biancastri, allungati, ot- tusi, attenuati verso la base, e brevemente onguicolati. Stami otto della lunghezza dei petali: Jntere obluugate, ottuse , con una larga e obliqua apertura alla loro sommità : Filamenti pochissimo o quasi punto compressi , e glabri. Pistillo : Ovaj'o libero, interamente glabro: stilo ingros- sato e curvo alla sommità : stimma ottuso. Frutto: Cassala a due loggie , globosa, interamente gla- bra : se7ni piutto.sto grandi comparativamente alla grandezza della Cassula , quasi in forma di rene, e con la superficie scabrisbima. Cresce nei prati e nei boschi inondati di Blandiocca , specialmente attorno i piccoli ruscelli. 3. Con. foglie a sette o più nervi ( Foliis polynerviis ), sempre compresi i marginali. PtHEXhl Langsdorjfiana : fiuticosa; ramis quadrangula- ribus , angulis alatis ; foliis oblongis , acutis , basi rotunda- tis , integerrimis , quinquenerviis , supra adpresso-pilosis, sub- tus piloso-sericeis ; paniculis terniinalibus floribus decandris ; calyce sericeo. Kunth in Humb. Melasi. II. p. i35. tab. 5i. Cresce questa bella melastomacea nei luoghi montuosi in vicinanza di P«,io-Janeiro, ed anche sulle montagne d' E- strella nella Capitaneria dello stesso nome, dove è assai più comune. Le sue foglie oltre i cinque nervi indicati dal Sig, Kunth ne hanno altri due marginali sottilissimi, i quali van- no a perdersi col margine medesimo prima di giungere alla metà della Foglia. Alla loro base sono spesso un poco inca- vate, e quasi cordate. Ci asterrenio da ogni ulteriore descri- Di Giuseppe Raddi i^'gi zione di questa pianta ^ giacché la medesima conviene esat- tamente con quella del sopra citato Sig. Kunth. RHEXIA heteromalla : li uticosa ; ramis quadrangulari- bus, angulis alatis; foliis petiolatis , cordato-ovatis , acutius- culis , integeirimis ^ superne sericeis^ inferne sericeo-tomen- tosis : paniculis terminalibus ; floribus decandris ^ calyce cla- vato , sericeo ; petalis obcordatis. Melastoma heteromalla. Don. Mscr. Curt. Boi. Mag. XLIX. «. a337. -' ! Piccolo, ma bellissimo frutice di circa tre piedi d'altez- za, pochissimo ramoso, con i rami quadrangolari, sericeo- tomentosi e gì' angoli leggiermente alati. Foglie brevemente peziolate , opposte , ovali , cordate al- la base , terminate da una breve punta , interissime , con sette nervi longitudinali , dei quali i due marginali molto più sottili degP ahri e vanno a perdersi col margine a un terzo della loro lunghezza dalla base : la superficie superiore è ver- dastra , coperta di peli setosi e distesi , marcata da delle li- nee o piuttosto piccoli solchi trasversali e paralleli fra un nervo e 1' altro corrispondenti ad altrettante vene o dirama- zioni dei nervi medesimi ; l'inferiore è affatto bianca o bian- co-argentina, mediante il denso tomento setoso di cui ella è coperta. La loro lunghezza è dai quattro pollici { le piìi pic- cole ) fino ai sette , e qualche volta anche sette e mezzo ; la larghezza dai tre pollici fino ai cinque e mezzo circa. I pe- zioli sono coperti dello stesso tomento che la parte inferiore della foglia; sono altresì scanalati nel davanti , convessi al di fuori , e lunghi dalle tre alle quattro linee. Fiori disposti in pannocchie terminali della lunghezza di più d' un piede , con i rami quadrangolari , tomentosi , e opposti in croce : ciaschedun fiore è sostenuto da un brevis- simo pedicello egualmente tomentoso , alla di cui base tro- vansi due piccole brattee allungate , acuminate, esternamen- te convesse e sericee , internamente glabre e rossastre le quali cadono appena che il fiore comincia a svilupparsi. Tomo XX R I 3o M E L A 3 T O M E BRASILIANE Calice oblongato , attenuato verso la base e quasi clava- to , sericco-argentino al . :; ■', •- • tt I . Con foglie a cinque nervi , che dei quattro laterali ì due più interni nascono al di sopra della base ( fo- liis triplinerviis ) e i due esterni , cioè i marginali sempre più sottili. • ' ' ;'■ ■ ■' 1 3a M E I. A S T O M E B n A S I I. l A N E 3IEL lSTO!\f.4 laevi<^ata: foliis iiitegerriniis , quiiujue- nerviis , ovato-oblongis , laeviusculis^ acuminatis, margine lae- vibus. Lui. Sp.pl. 559. — Sw. ohs. p. l'jd.-Wìlld. Sp.II.p. 69.3. — Pers. Syn. I. p.^i(y. Ritrovata sulle montagne d' Estrella. La membrana an- nulare clie circonda il bordo interno del calice è crenata ^ e glabra. 1 i < ■ - ■■ !> M EL/iSTO MA pendulìfolia : pube glomeriilosa , vix vi- sibili , pulverulenta : foliis peudulis^ ovali-lanceolatis , siibden- ticulatis, 5-neiviis: panicula terminali^, sessi'i , pyramidata; floribus decandris; calyce tubuloso , subintegro. Humb, Me- lasi. I. p. 79. tali. 35. Ritrovata sulla montagna detta dei Cappuccini prossima a Rio-Janeiro. La membrana annulare che internamente circon- da il Ijordo del suo calice è leggiermente sinuata e glabra. MELASTOMA mandioccana : foliis lato-oblongis , acu- minatis, integerrimis , triplinerviis , utrinque glabris , subtus nervis venisque atropurpureis ; racemo terminali , erecto \ floribus minutissimis 5 decandris; petalis obverse subcoidatis. Tab. VI. fig. ì. Arboscello di sei o sette piedi d' altezza , con i rami quadrangolari , coperti all'estremità loro di minutissime squam- me ferruginee. Foglie lunghe dalli otto pollici fino a un piede circa , larghe dai quattro ai sei pollici , opposte ,peziolate , oblongate, acuminate, interissime^ glabre in ambedue le superficie , sotto venoso-reticolate , con cinque nervi longitudinali , dei quali i tre di mezzo riuniti a due linee circa sopra la base. Questi nervi, come pure le vene tutte sono di un colore rosso-cu- tendente al nero , e bordeggiati nei loro lati da minutis- ■'0& pò tenaente ai nero , sime squamme ferruginee non visibili senza il soccorso della lente. I loro pezioli sono lunghi da un pollice circa fino a un pollice e mezzo , angolati al di fuori , un poco concavi nel lato interno , e , come i giovani rami , nero-porporini e co- perti di minute squamme ferruginee. Di Giuseppe Raddi 'i33 Racemi terminali , composti , eretti : rametti opposti in croce, quadrangolari, coperti di minute squamme stellate un poco giallognole. Fiori minutissimi, sessili ammucchiati in gruppetti rotondi portati sopra un piedicello comune e opposti j aventi alla loro base delle brattee allungate, ottu- se , lunghe quanto i calici, convesse e coperte in ambedue le superficie di squamme stellate simili a quelle che cuoprono i rametti, e i calici. Calice minutissimo, campanulato, cou il suo lembo di- viso in cinque piccoli lobi ottusi e semimembranosi : mem- brana annulare tenuissima, leggiermente sinuata e glabra. Corolla: Petali allungati, con un piccolo seno nella lo- ro sommità , bianco-giallognoli e altrettanto lunghi quanto il calice. ' Stami dieci più lunghi dei petali : Filamenti capillari e glabri • Antere più corte dei filamenti e pochissimo curvate . Pistillo: Ovajo per la metà aderente al calice, vale a dire a metà infero, ombilicato e asperso di pochissimi e mi- nutissimi peli stellati biancastri alla sua sommità : stilo della lunghezza delli stami, leggiermente ingrossato all'estremità : stimma, concavo con il bordo un poco arrovesciato in fuori. Frutto a noi incognito. Trovasi nei contorni di Mandiocca , terra che giace a pie delle Montagne d'Estrella; ove il Console generale di Russia a Rio-Janeiro Sig. Consigliere Cavaliere de Langsdorff possiede una vasta estensione di terreno unitamente ad un bellissimo casino di campagna , e dove 1' abbiamo osservato soltanto in fiore. MELASTOMA suaveolens : foliis triplinerviis, oblongis, acuminatis , basi angustatis, denticulatis , utrinque glabris; panicula terminali, divaricata; floribus decandris ; calycis lim- bo persistente, annulo membranaceo carente. Tab. IV. fig.^. Arbusto di circa sette in otto piedi d'altezza, con i gio- vani rami quasi quadrangolari , a angoli rotondati , coperti di minutissime squamme ferruginee. ' ''•* 1 34 B'I E L A s T 0 M E Brasiliane Foglie opposte, che vinix sempre più piccola, peziolate, oblongate , acmniiiate , un poco attenuate alla base, dentel- late nei margini, con i denti ottusi, glabre in ambedue le superficie, con cin(jue nervi longitudinali parimente glabri, dei quali i tre di mezzo riuniti a quattro linee circa dalla base, e sovente alterni: lunghezza dai cinque pollici ai sei e mezzo; larghezza due pollici fino a due e mezzo: pezioli lunghi cinque in sei linee circa , scanalati nel loro lato in- terno , rotondati all'esterno, e, come i giovani rami , coper- ti di minutissime squamine ferrugineo non distinguibili sen- za r ajuto della lente. Pannocchia terminale , con rami angolati , orizzontali e facienti angolo i-etto col peduncolo comune , coperti di mi- nute squamine stellate un poco biancastre, aventi ciascuno alla loro base una minutissima brattea quasi triangolare , ed esternamente convessa. Fiori minuti , sessili , con due minu- tissime brattee ancor più piccole delle precedenti situate al- la base di ciascheduno di essi : esalano un soave e gratissi- mo odore, particolarmente sulla sera, allora che i medesimi si aprono. '• ' " ' '' Calice campanulato, poco più d'una linea lungo, co- perto di minutissimi peli stellati biancastri , con il lembo leg- giermente sinuato , membranaceo e persistente : la membra- na annulare è sì tenue che sembra esserne privo. Corolla: Petali cinque, allungati, un poco smarginati all'apice, bianchi, e quasi altrettanto lunghi quanto il ca- lice. Stami dieci, il doppio più lunghi dei petali '.filamenti compressi, e glabri: antere un poco più corte dei filamen- ti , con due fori all' estremità corrispondenti alle due log- Pistillo: Ovajo per due terzi infero, ombilicato , glabro e angolato alla sommità : stilo lungo quanto li stami ingros- sato verso l' estremità e egualmente glabro : stimma alquan- to concavo. Di Giuseppe II a d d i i 3 5 Bacca minuta , 3 — 4'~"'ocu]are , marcata all' intorno del- la parte sua supcriore da dieci costolette longitudinali, corc- nata dal lembo del calice : v^iemi cuneato-angolati , gialli , ru. gulosi sotto la lente , e piuttosto grandi comparativamente alla grandezza della bacca. '• '• Trovasi come la precedente. BIEL^ISTOjMA hymenonervìa : raniis teretibus ; foliis ovato-oblongis , caudatis , basi acutiusculis , inaequaliter den- ticulatis , glaberrimis, triplinerviis, nervis basi membrana coa- litis ; paniculis terminalibus ; floribus decandris ebracteatis. Tah. IV. fig. 3. Arboscello di circa dodici piedi d'altezza: rami tereti , glabri , leggiermente striati e aspersi di minutissime squam- ine all' estremità loio. Foglie opposte, die una più piccola, l'altra più gran- de, peziolate , ovato-allungate , leggiermente attenuate alla base, terminate da una lunga punta, inegualmente e minu- tamente dentellate nei margini , un poco coriacee , glabre in ambedue le superfìcie, levigate nella superiore, con sot- to cinque nervi longitudinali egualmente glabri, dei quali i tre di mezzo sono riuniti alla loro base da una specie di membrana simile in colore, e quasi ancora in consistenza, alla lamina della foglia medesima, dalla quale però è affatto separata : la loro lunghezza è dai quattro fino ai cinque pol- lici circa , compresa la punta , che è lunga pivi d' un polli- ce, ed anche un pollice e mezzo; la largliezza dalle quat- tordici linee alle ventisei circa : i pezioli son lunghi quat- tro in cinque linee , sopra canalicolati , sotto convessi, stria- ti e coperti di minutissime squanime stellate biancastre o tendenti al giallognolo. Pannocchie terminali^ molto ramose, con i rami ango- lati e coperti di minutissime squamme stellate come i pezio- li delle foglie : fiori quasi sessili o sostenuti da un brevissi- mo peduncolo , situati tre per tre all' estremità di ciasche- dun rametto: mancano totalmente le brattee. '•l36 Mela STOME Brasiliane Calice campanulato, lungo una linea o poco più, striato al (li fuori, e coperto di squamme stellate biancastre più grandi di quelle dei pezioli e dei rami : il suo lembo è diviso in cin- que lobi, che hanno il loro margine un poco rimboccato in dentro , terminati da una punta quasi rotonda e acuta in cima , e che cadono subito che il germe ingrossa : membra- na annulare crenata e glabra. Corolla: Petali cinque allungati , ottusi , della lunghez- za presso a poco del calice , e bianchi. Stami dieci più lunghi dei ^etaW : Filamenti compressi j e glabri : Antere non articolate , leggiermente curvate indie- tro, le di cui loggie si aprono longitudinalmente dall'apice fino alla base. Pistillo: Ovajo quasi totalmente infero, un poco inca- vato alla sua sommità e glabro : stilo filiforme , dritto , leg- giermente angolato , glabro e più corto delli stami : stim,ma ottuso, e munito di glandole eccessivamente minute. Frutto: Bacca triloculare , piccolissima coronata dalla membrana annulare . Ritrovata sulla strada che conduce a Minas Geraes a tre leghe circa di distanza da Rio-Janeiro. a. Con foglie a cinque nervi, che partono tutti dalla , base ( foliis quinquenerviis ). MELASTOMA holosericea : foliis cordato-oblongis , in- tegris , quinquenerviis , supra lucidis, subtus tomentosis: ra- cemo composito : ramillis sessiliter secundilloris, recurvis : floribus decandris. Humb. Melast. I. pag. Sa. tab. a3. 24. — Pers. Syn. I. p. 471. - Willd. Sp. IL p. 583. Specie ritrovata nella Capitanerìa di Fernambucco dall* esimio Entomologo Sig. Swainson, e dal medesimo a noi co- municata al di lui ritorno a Rio-Janeiro. In quanto alla de- scrizione di questa pianta vedasi la Monografia del sopra citato Sig. Humboldt. I calici sembrano mancare dell'anello o mem- brana annulare, che circonda il bordo interno dei medesimi. MELASTOMA albicans : foliis ovato - oblongis , acumi- Di Giuseppe II addi r37 natis, basi rotundatis vel subcordatis , denticulatis ^ supra glaberrimis, subtus albido-toinentosis 3 quincjuenerviis ; race- mo terminali , floribus sessilibus , confertis , glomeratis , de- candris , rarissime octandris ; petaUs obverse et obUque sub- cordatis. Tab. IV. fig. a. M. albicans. Sw. FI. Imi. occ. a. p. 786..** Arboscello di circa dodici piedi d'altezza, ramosissimo: i giovani rami quasi angolati , alquanto tomentosi , biancastri o l'errugineo-chiari. Foglie opposte, peziolate, ovato-oblongate , acuminate, rotondate o quasi cordate alla base , denticolate nei margini sopra glabre , e di un bellissimo verde , sotto ricuoperte d' un leggiero tomento biancastro , con cinque nervi longitudi- nali ferrugineo-chiari che partono tutti dalla base : la loro lunghezza è dai tre pollici e mezzo fino ai cinque ; la larghezza dalle quindici linee ai due pollici circa. Pezioli anteriormente solcati, leggiermente angolati nel loro lato posteriore, lunghi otto in dieci linee circa e ferrugineo- to- mentosi. Questo tomento , egualmente che quello , il quale trovasi nelle altre parti di questa pianta è composto di fittis- simi peli stellati bianchi, e di squamme peltato-stellate, sti- pitate e bianche, una parte delle quali sono ferruginee. Racemi terminali, composti, eretti, con i rametti op- posti in croce , patentissimi , quadrangolari , tomentosi e fer- rugineo-chiari : fiori piccolissimi , disposti in densi glomeru- li o mucchietti rotondi, sessili, alla base dei quali si tro- vano delle piccolissime brattee lineari , ottuse e tomentose in ambedue le superficie. Calice minuto, campanulato , esternamente striato e tomentoso : lembo un poco curvato in dentro , con cinque seni leggiermente espressi, dai quali resultano altrettante minute crene, ciascuna delle quali ha sul dorso una picco- lissima gobba, e che cadono al crescere del frutto : mem- brana aiinulare leggiermente sinuata , e glabra. Corolla : Petali cinque più corti del calice , un poco Tojno XX. S I 38 M E L A S T O M E BRASILIANE obliquamente cordaLi a rovescio , leggiermente concavi ver- so la sommità, e giallognoli tendenti un poco al verdastro. Starni dieci , rarissimamente otto sullo stesso racemo o griìppolo , più lunghi dei Y>^iSiVy : filamenti piani verso la ba- se , glabri : antere quasi dritte , o leggiermente curvate in fuori, lunghe quanto i filamenti. Pistillo: ovajo per metà infero, con la sua sommità in forma di cono ottuso , glabra , marcata all' intorno da dieci solchi o piuttosto strie alquanto profonde : stilo leggiermen- te angolato, dritto, glabro .e molto più corto delli stami: stimma quasi piano , il quale non oltrepassa la grossezza della cima dello stilo. Frutto : Bacca triloculare , piccola e di forma globulare. Trovasi a pie del Corcovado, come pure sul cosi detto Monte dei Cappuccini , presso Rio-Janeiro. 3. Foglie con sette nervi ( Foliis 7— nerviis ) prove- • ' V nienti tutti dalla base. r.r:.-. MELASTOMA Fothergilla : foliis ovato-lanceolatis , acu- minatis ^ integerrimis , superne minutissime granulosis , in- ferne albido vel ferrugineo-tomentosis ; racemis terminalibus; fioribus decandris ; limbo calycis quinquedentato. M. foliis amplis, ovali-lanceolatis ovalibusque, sensim acuminatis , 5 — 7 — nerviis , subtus rufidulis : panicula ; ca- lyeibus decidue bibracteatis , subintegris, glabris : staminibus decem seu duodecim. Humb. Melasi. II. pag. 70,. tab. Sa. M. ( Tamonea ) foliis quinquenerviis oblongo-lanceolatis acutis integerrimis subtus tomentoso-incanis , racemis termi- nalibus compositis, racemulis brachiatis , pedunculis umbel- lulatis , bracteis geminis. Sw. FI. Ind. occ. a.p. 788. Prodr. 70. - Willd. Sp. II. p. 592. - Pers. Syn. I. p. 475. Fothergilla mirabilis. Aubl. gujan. I. p. 44'- t- 'Z^- Trovasi nei contorni di Rio-Janeiro. La superficie supe- riore delle sue foglie è finamente granellosa e glabra; l'in- feriore densamente coperta di minutissimi peli stellati e bian- castri nelle giovani foglie, ferruginei nelle vecchie. I calici Di Giuseppe P». ADDI iSg sono leggiermente striati al di fuori , e aspersi di peli o squani- nie stellate simili a quelle clie si trovano nella maggior par- te delie felci Americane, le quali poi cadono: la membra- na annulare clie circonda il bordo interno dei medesimi pre- senta delle sinuosità^ dalle quali resultano dieci brevissimi denti , ed è altresì contornata di peli fascicolati , compressi , bianco-argentini simili a quelli che si trovano sulla sommi- tà dell' Ovajo. MELASTOMA strangulata : ramis teretibus ferrugineo- tomentosis ; foliis oblongis , acuminatis , basi cordatis ., inae- qualiter denticulatis , 7 — nerviis , supra glabris , subtus sub- ferrugineo-tomentosis ; racemis terminalibus , compositis ^ ere- ctis ; floribus confertis , sessilibus, decandris aut dodecan- dris ; petalis purpurascentibus, externe albido-tomentosis , api- ce oblique emarginatis. Tah. IL fig. a. Arbusto di circa cinque piedi d' altezza^ con rami te- reti 5 ferrugineo-tomentosi. Foglie opposte , peziolate , oblongate , acuminate , ine- gualmente dentellate nei margini ^ con sette nervi longitu- dinali tutti provenienti dalla base, dei quali i quattro laterali prossimi al margine , paralleli fra loro e molto più sottili degl' altri tre: la superficie superici e è glabra, e di un bellissi- mo verde ; 1' inferiore venoso-reticolata , e coperta da un corto, ma denso tomento ferrugineo-cliiaro, oppure bianca- stro. La loro lunghezza è dai sette agli otto pollici; la lar- ghezza dai tre pollici ai tre e mezzo circa. I pezioli alquan- to concavi nel lato interno, rotondati all' esterno, dalle sei linee fino a un pollice lunghi , e ferrugineo-tomentosi come i rami. Racemi (Pannocchie?) terminali, composti, eretti: ra- mi brachiali, un poco angolati e ferrugineo-tomentosi. Fiori sessili, ammucchiati all'estremità dei rametti, inviluppati ciascuno da due brattee ovali, caduche, un poco rossastre e glabre internamente , tomentose e biancastre esternamen- te. l4o Mkl ASTOME Brasiliane Calice coperto da una densa e coita lanugine bianca* stra , leggiermente angolato e ristretto al di sotto del suo lembo. Questo è internamente coperto di peli setosi colore argentino, con cinque qualche volta sei denti eguali e per- sistenti , i quali dopo la caduta dei petali si accartocciano indentro. Corolla: cinque qualche volta sei petali oblongati , un poco convessi e tomentosi come il calice nella loro faccia esterna, glabri e porporini nell' interna , obliquamente smar- ginati nella sommità, un poco attenuati verso la base e muniti d' una piccola unghia con la quale sono inseriti al bordo del calice: la lunghezza è di circa due linee; la lar- ghezza poco pili d' una linea. Stami dieci, qualche volta dodici piìi lunghi della co- rolla , e coni' essa inseriti al bordo del calice , che cinque di essi alterni con i petali : Filamenti piani , più corti del- le antere e aspersi di lunghi peli setosi argentini simili a quelli del lato interno del lembo del calice : Antere lineari o lineari-lanceolate, articolate e curvate indentro a guisa di falce. Pistillo: Ovajo quasi interamente supero , coperto di lunghi peli setosi e argentini nella parte sua superiore: sti- lo più corto delli stami , leggiermente ingrossato e alquanto curvo alla sommità , radamente asperso di peli setosi simili a quelli dell' Ovajo verso la base : stimma leggiermente concavo. Frutto: Bacca internamente divisa in cinque loggie, e coronata dal lembo del calice che persiste. Specie piuttosto rara da noi ritrovata presso la pitto- resca montagna denominata Cavia situata a ponente di Rio- Janeiro. Di Giuseppe Raddi ■ t^i L E A N D R A Char. gener. reformati. Calyx monophyllus, campanulatus , persistens , cum lim- bo in 4 ti 5 vel 6 lobos diviso , cuni totidem dcntibus super eoruni dorsuin sitis modo apud basim , modo ad eorixmdem verticem. Corolla 4 — 6 — petala , aequaba j, lanceolata vel oblon- ga, fauci calycis inter^ limbum et menibranam annularem in- serta. Stamina 8 — la, plerumque declinata, ibidem inserta. Ovarìum calyci adiìatum vel magia minusve liberum , 3 — 5 - locuiare. Bacca 3 , 4 vel 5 - locularis , calyce persistente vestita. Semina numerosa , angulato-cuneata. I. Petali lanceolati. I. Foglie trinervie. LEANDB.A corcovadensis: ramis teretibus; foliis oppositis, petiolatis , lanceolatis 5 acutis^ integerrimis , trinerviis , supra verruculoso-strigosisjsubtus piloso-sericeis ; floribus axillaribus, sessilibus , dodecandris ; calyce sericeo-hirto ;, dentibus longis- simis. Tab. III. fig. 3. Arboscello di circa otto piedi d' altezza , con i giovani rami coperti di peli setosi , ferruginei e distesi. Foglie opposte , peziolate , lanceolate , acute , interissime, trinervie, lunghe tre pollici e mezzo fino a quattro, larghe mezzo pollice fin quasi otto linee : la lor faccia superiore è coperta di minute verruche angolate terminate da un pelo rigido e giallastro; l'inferiore è coperta di peli setosi e pal- lidi : i pezioli son lunghi dalle tre fino alle cinque linee , leggierissimamente scanalati nel lato anteriore , convessi nel lii^a MelastomeBrasiliane posteriore , e coperti di peli setosi appressi come i giovani rami. Fiorì assillari e quasi sessili in gruppetti di tre , quattro o cinque in ciascheduna ascella delle foglie , alla base dei quali trovansi delle ])rattee lanceolate .. esternamente coperte di lunghi peli setosi, internamente glabre. Tab. III. fig. a. Calice globoso , con il lembo dilatato, che presenta del- le leggieri sinuosità, dalle quali resultano sei ottusissimi an- goli , dai quali s' inalzano altrettante lunghissime punte o denti rotondi coperti di lunghi peli setosi, egualmente che tutta la parte esterna del calice : membrana annulare crena- ta, e glabra. Corolla : Petali sei ? lanceolati . Stami dodici ? Pistillo : Ooajo globoso , più che la metà infero , supe- riormente glabro. Ignoriamo lo stilo ed il suo stimma. Frutto : Bacca globulare , internamente divisa in tre log- gie e coronata dal lembo del calice : semi cuneato-angolati , e leggierisàimamente rugulosi osservati sotto la lente. Specie rarissima da noi trovata sul Corcoi>ado nel tempo appunto che la fioritura era passata , e per conseguenza era- no caduti i petali e li stami. Non fu che per accidente che potemmo osservare la figura dei petali da due o tre di essi che trovammo appiccicati alle foglie. 11 numero tanto dei pe- tali che delli stami Io abbiamo desunto dal numero dei den- ti del calice. ■ ^ . a. Foglie tripUnervle- ■ LEANDRA salici/olia: foliis lanceolatis , acuminatis , integerrimis , triplinerviis, supra glabriusculis , subtus pube- scentibus; racemulis axillaribus , paucifloris j floribus minu- tis, decandris; calyce campanulato hispido. Tao. III. fig. a. Arboscello simile al precedente, con i rami rotondi, di color violetto cupo , quasi quadrangolari all' estremità , co- perti di peli rigidi , orizzontali e rossastri. Di Giuseppe Raddi t43 Foglie opposte, peziolate , lanceolate, acuminate, inte- rissime , lunghe tre fino a quattro pollici circa, larghe cin- que fino a dieci linee, con cinque nervi longitudinali, dei quali i due marginali tenuissimi e partono dalla base, gli altri tre si riuniscono a una linea oppure una linea e mez- zo al di sopra della base : la faccia superiore è aspersa di radissimi e minutissimi peli giacenti non visibili senza il soc- corso d'una torte lente, eccettuato il nervo medio, il qua- le è interamente coperto di peli corti, setosi e giallastri; r inferiore è aspersa di peli piuttosto morbidi , alquanto ra- di e parimente giallastii. PezioU leggiermente solcati nel lo- ro lato interno, rotondati all' esterno e lunghi dalle tre alle sei linee circa. Racemi di pochi fiori e ascellari , non più lunghi d' un pollice , orizzontali , muniti alle loro divisioni di minutissime brattee lineari, acute in cima e coperte di peli iì^vA'\.:ì rametti si dividono in due , e, come pure il peduncolo comune , sono coperti di lunghi e rigidi peli ferruginei oppure rossastri : nel mezzo di ciascheduna divisione trovasi un fiore sessile. Calice campanulato, ispidissimo, un poco globoso alla base , con il lembo diviso in cinque lobi eguali , quasi eret- ti , ottusissimi, ognuno dei quali porta sul dorso vicino alla sua sommità un lungo dente , parimente ispido , compresso alla base, quasi rotondo all'estremità e curvato in fuori: questo lembo è, nel suo lato interno :, asperso di piccole squamme stellate , ed è altresì circondato alla sua base da una membrana annulare munita di dieci minutissimi denti, situati a distanze eguali , terminati ciascuno da un breve pe- lo biancastro. Corolla: Petali cinque lanceolati , acuminati, lunghi cir- ca una linea o più, e pallidi. Stami dieci altrettanto lunghi quanto i petali : Filamen- ti quasi della grossezza delle Antere, glabri e circa una mez- za linea lunghi : Antere della medesima lunghezza, dritte e ottusissime. . • ,')44 Melastome Brasiliane Pistillo : O^ajo per più di due terzi infero, un poco ri- stretto alla sua sommità , dove è contornato di peli piutto- sto lunghi e giallognoli ; Stilo più grosso nel mezzo che nel- le due estremità : Stimma quasi piano , che sopravanza di poco la grossezza dello stilo, ingombrato nel mezzo di minu- ti corpiccioli glandulosi :, sferici e giallastri. Frutto: Bacca quasi rotonda, triloculare e coronata dal lembo del calice che persiste. Trovasi come la precedente sul Corcovado , ma più fre- quentemente. LEANDRA hirta: raniis teretibus , hirtis ; foliis opposi- tis, oblongo- vel lato-lanceolatis j, acuminatis, crenulatis , ci- liatis , supra basin trinerviis vel triplinerviis, superne strigo- siusculis , inferne pilosis; racemis terminalibus ; floribus do- decandris , ebracteatis , pedunculis calycibusque hirtis. Tab. III. H' 4- L. hirta. Rad. òfO. Piante nuove del Brasile ec. T. XVIII. P- 387. Frutice di sei in sette piedi d' altezza : rami rotondi, co- perti di lunghi peli alquanto rigidi e giallognoli. Foglie opposte, peziolate , oblongo- lanceolate oppure lato-lanceolate, terminate da una lunga punta, crenulate, ciliate , superiormente asperse di minutissime e rade verru- che terminate ciascuna da un breve pelo rigido, raramente glabre, inferiormente asperse di peli un poco setosi e palli- di: la loro maggior lunghezza è di circa quattro pollici; la maggior larghezza sedici linee : i pezioli leggiermente solcati nella lor faccia anteriore, convessi nella posteriore, lunghi quasi mezzo pollice , coperti di peli rigidi e orizzontali, co- me i rami e i peduncoli. Ptacemi terminali , composti , eretti : rametti opposti in croce (brachiati), tereti, irti: fiori sessili in gruppetti di tre, quattro o cinque alla sommità di ciaschedun rametto : man- canza totale di brattee. Calice urceolato, globoso alla base , coperto di peli rigi- Di Giuseppe Raddi i4-^ di e bianchi, diviso nel suo lembo in sei lobi eguali, mem- branosi, pallidi, alquanto ottusi, cibati, ognuno dei quali ha sul dorso un piccolo dente compresso e coperto dei medesi- mi peli bianchi: membrana annulare sinuata e glabra. Corolla: Petali sei lineari-Ianceolati ^ acuminati j bianchi e della lunghezza del calice. i Starni dodici. Pistillo: Ovajo oblongato , quasi interamente supero, o almeno per quattro quinti e glabro: stilo . . . Flutto: Bacca triloculare , globosa , nerastra, e coronata dal lembo del calice , che vi persiste: Semi cuneato-angolati e ruirulosi. Trovasi alla Mandiocca sopra mentovata. LEANDRA involucrata: foliis lato-lanceolatis, utrinque at- tenuatis , acuminatis, subdenticulatisj superne papilluloso-stri- gosisj inferne levissime scrobiculatis , tomentoso-sericeis; ra- cemo terminali erecto , composito ; floribus capitatis magne bracteatis, dodecandris, rarissime decandris. Tab. III. fig. i. L. melastomoides. /latìf. Quaranta piante nuove del Brasile p. 386. Frutice di cinque in sei piedi d'altezza: rami tereti, den- samente coperti di rigidissimi peli alquanto curvi, acuti, gros- si alla base e color di seta cruda. Foglie opposte, che una di esse ordinariamente più pic- cola dell'altra, peziolate , lato-lanceolate, attenuate alla base egualmente che alla sommità , acuminate, inegualmente e mi- nutissimamente denticolate, cibate, sopra coperte di minute papille di grandezza ineguale , terminate ciascuna da un pelo rigido , curvo e parimente ineguale in lunghezza ; sotto pre- sentano altrettante minute fossette ineguali corrispondenti al- le suddette papille, sono densamente coperte di peli setosi più chiari dei sopra descritti, con tre nervi longitudinali che si riuniscono a cinque o sei linee al di sopra della base di maniera a rappresentare un sol nervo diviso in tre diramazio- ni, e due altri tenuissiiui situati presso il margine, che par- Tomo XX. T Ij:|.Ó I\T e t. a s t o ".r e B r a 3 r l i a n- e tono iinniediatamente dalla base: la lungliezza delle più gran- di è di circa sei pollici; la larghezza venti linee. I pezioli so- no leggiermente solcati nella lor faccia anteriore ^ interamen- te e densamente coperti di peli rigidi come i ramij e cinque in sei linee lunghi. Racemi terminali, eretti: rametti opposti in croce, un poco angolati totalmente coperti di peli rigidi come i rami e i pezioli delle foglie, divisi, alla loro sommità in altri tre bre- vissimi rametti^ dei quali quello di mezzo un .pochetto più lungo, e ognuno di essi sostiene un gruppetto di cinque o sei fiori sessili, inviluppati ciascuno da due brattee allunga- te, le quali sorpassano di poco la lunghezza del calice, irsu- te e convesse al di fuori, concave e glabre al di dentro. Que- sti tre gruppetti di fiori, che, per la brevità dei rameltini sui quali posano , sembrano non formarne che un solo , han- no pure alle loro divisioni due larghe brattee alquanto ris- trette alla base , lunghe quattro linee o poco più , larghe cir- ca tre linee verso la sommità ; quelle che sono alla base dei rametti primarj sono della lunghezza di mezzo pollice circa , strettissime, canalicolate e un poco recurve alla sommità. Calice campanulato col tubo un poco allungato , ester- namente coperto di lunghi peli sericei, con il lembo diviso in sei lobi allungati e acuminati, raramente cinque, ognuno dei quali ha sul dorso poco al di sopra della sua base un lun- go dente alquanto compresso e coperto di lunghi peli simili a quelli dei lobi medesimi: membrana annulare non apparen- te , anzi sen»bra mancare interamente. Corolla: Petali sei, raramente cinque, lineari-lanceolati, acuminati, lunghi due linee e mezzo, fino a tre. Stami quanti sono i petali , e più lunghi dei medesimi : Filamenti piani, membranacei, glabri e con un nervo che gli scorre longitudinalmente nel mezzo: Jntere un poco più cor- te dei filamenti, curvate indietro a guisa di falce, con un fo- ro in cima corrispondente alle due loggie. Pistillo: Ovajo supero , oblongato , c-e offre dieci o do- Di Giuseppe Raddi i47 dici angoli , sopra i quali sono impiantati dei lunghi e tìtti peli setosi non dissimili da quelli del calice , sebbene più cor- ti : Stilo filiforme, più sottile alla sommità, glabro e quasi sempre un poco curvo: Stimma ottuso, il quale non oltre- passa la grossezza dello stilo. Frutto: Bacca un poco ovale o quasi rotonda, cerulea, divisa internamente in quattro loggie e mangiabile. 3. Foglie quintuplinervìe. LE.4NDRA rubella: ramis teretibus , rubro-tomentosìs ; foliis ovato-lanceolatis , acuminatis, inaequaliter denticulatis, quintuplinerviis , superne verruculoso-strigosis , inferne seri- ceo-tomentosis; floribus axillaribus, glomeratis , subsessilibuSj decandris. Tab. IV. fig. i . VìccoXo frutice come le Leandre agrestis e fimbriata, i di cui giovani rami sono rotondi , tomentosi e rossastri. Foglie opposte, peziolate, ovato-lanceolate, attenuate al- la sommità e terminate in una acuta punta , irregolarmente dentellate nei margini , sopra asperse di minute verruchette terminate da un pelo setoso e rigido , sotto tomentoso-sericeCj con sette nervi longitudinali che si partono da tre diversi punti , dei quali i due marginali si perdono col margine stes- so prima d' arrivare alla metà della foglia ; sono coperti , egual- mente che il peziolo , di un tomento rosso simile a quello dei rami : le più grandi hanno circa quattro pollici di lun- ghezza, e due di larghezza: i pezioli sono leggiermente sol- cati nella parte anteriore, rotondati nella posteriore e lun- ghi dal mezzo pollice fin sopra al pollice. Fiori aggruppati nelle ascelle delle foglie , ora sessili ed ora brevissimamente pedunculati , aventi ciascuno alla loro base due minutissime brattee lineari-Ianceolate , esternamen- te sericee, internamente glabre e rossastre. Calice simile a quello della Leandra salicifolia , con la dfferenza però , che in questo i piccoli denticelli che offre l48 M E L A 5 T 0 IM E BRASILIANE la int'iiiliiana annulare sono terminali da due o tre minutis- simi peli , e mai da uno solo come in qiiella. Corolla: Petali cinque lanceolati , lunglii quanto il tubo del calice o poco piìi. Stami dieci della lunghezza dei petali : Filamenti poco più di mezza linea lunghi, glabri , e , comparativamente alla loro lunghezza , molto grossi : Antere della stessa lunghezza , dritte, ottusissime , con due fori alla sommità corrisponden- ti ai lobi delle medesime. Pistillo: Ovajo più della metà infero, un poco depres- so nella sua sommità e asperso di brevissimi peli biancastri; stilo filiforme , più lungo delli stami e glabro : stimma un poco allargato in disco piano. Frutto: Ìj«cc« globulare, interiormente divisa in cinque loggie , coronata dal lembo del cahce che persiste. Trovasi frequentemente nelle vicinanze di Rio-Janeiro, particolarmente sul monte detto dei Cappuccini. LEANDRA rateila (3. foliis amplioribus et [tenujoribus , floi'ibus omnibus pedunculatis , pedunculis subramosiusculis^ an distincta species ? „ Questa varietà sembra rarissima, avendola trovata una sol volta sul Corcovado , e aveva già sfiorito. Le foglie in questa sono più grandi e di lamina più sottile; i pezioli ancora molto più lunghi ; i fiori tutti sostenuti da dei pe- duncoli lunghi dalle tre linee fino al mezzo pollice , alcuni dei quali sono divisi alla loro sommità in due ramettini che sostengono ciascuno un sol fiore. LEANDPt/1 estrellensis : ramulis cruciatim compressis , tomentosis ; foliis lato-lanceolatis , acuminatis , subdenticula- tis , superne strigoso-sericeis , inferne stellulato-tomentosis fer- rugineisj quintuplinerviis ; petiolis compressis; racemo ter- minali, coniposiio , erecto; bracteis Unearibus , obtusis ; flo- ribus decandris ; petalis lanceolatis ; calyce campanulato to- mentoso. Tal. F. fig. 3. • Frutice di quattro in sei piedi d' altezza: rami decussa- Di Giuseppe Raddi ilf) tamente compressi, con un leggierissimo solco longitudinale nel mezzo del lato piano, oscuri , densamente coperti, verso la loro estremità , di corpiccioli glandulosi e ramosi , in par- te sessili e in parte pedicellati , i quali cadono all'invecchia- re dei rami medesimi. Foglie peziolate , opposte , lato-lanceolate , attenuate ver- so la sommità e terminate in una lunga punta, con dei mi- nuti denticelli attorno il margine pochissimo espressi, sopra densamente coperte di peli setosi e distesi , sotto di peli stel- lati ancor piìi fitti, con sette nervi longitudinali coperti dei medesimi corpiccioli glandulosi come nei giovani rami , i qua- li partono da tre diversi punti, e dei quali i due marginali vanno a perdersi col margine medesimo prima d'ariivure alla metà della foglia : la lunghezza è dai quattro fino ai cinque pollici o poco più ; la larghezza da un pollice e mezzo fino a due circa. I pezioli sono compressi nei lati a guisa di quel- li delle foglie del Yìo^^^o { Pop ulus Lìn. ), la cui compressio- ne coincide con quella dei rami , e coni' essi coperti di cor- piccioli glandulosi : la loro maggior lunghezza è di circa un pollice. Racemi terminali, composti, eretti: rametti opposti in" croce , e , egualmente che il peduncolo comune, compiessi e coperti dei sopra mentovati corpi glandulosi, con la diffe- renza che in questi , come pure nella parte esterna dei ca- lici, essi corpi sono prolungati in un lungo pelo più o me- no ramuloso, come lo è ancora lo stesso corpo di cui fanno parte e che ne forma la base. Alle divisioni di ciaschedun rametto evvi una brattea lineare , ottusa alla sua sommità , esternamente coperta dei sopra descritti peli , internamente glabra, concava e rossastra: la lunghezza di quelle situate al- la base delle prime diramazioni è di quattro linee circa; nel- le ultime una linea o poco più. I fiori sono quasi sessili , e generalmente in gruppetti di tre, quattro o cinque alla som- mità dei rametti: due minutissime brattee situate alla base di ciascuno di essi , le quali non differiscono dalle prime, che per essere acuminate, come anche per la loro piccolezza. l5o Melastome Brasiliane Calice campanulato, allungato, irsutissimo^ con il lembo diviso in cinque lobi sinuati e ondulati nel contorno, ognu- no dei quali ha sul suo dorso vicino alla sommità un corto dente compresso , alquanto ottuso in cima , alcune volte un poco acuto, e coperto dei medesimi peli ramosi, dei quali è esternamente ricuoperto il lobo medesimo : la parete interna del tubo offie dieci costolette longitudinali assai rilevate: la membrana annulare è bordeggiata da lunghi peli semplici si- mili nel colore agli esterni, ed offre delle leggieri sinuosità, dalle quali resultano dieci piccolissimi denti ottusi corrispon- denti alle sopra indicate costolette. Corolla: Petali cinque lanceolati, acuminati, finissima- mente dentellati nei margini e circa una linea lunghi, cièche forma la metà della lunghezza del calice. Stami dieci quasi il doppio più lunghi dei petali : fila- menti piani, glabri e altrettanto lunghi quanto le Antere: que- ste sono un poco curvate indietro , e terminate da due fori corrispondenti ai lobi delle medesime. Pistillo : Ovajo per due terzi supero , contornato nella sua sommità da lunghi peli ramosi simili a quelli della parte es- terna del calice: Stilo filiforme, più lungo delli stami e gla- bro: Stimma ottuso. ' i Frutto: Bacca triloculare , quasi ovale e coronata dal lem- bo del calice. Specie rarissima da noi trovata sulle montagne d'Estrel- la , donde la sua specifica denominazione. LEANDRA variabilis: foliis ovato-lanceolatis vel oblon- go-lanceolatis , acuminatis, subdenticulatis , superne strigosius- culis, interne villosis vel villoso-sericeis , quiutuplinerviis ; racemis terminalibus, pyramidatis, floribus decandris, raro do- decandris; calyce minuto breviter campanulato; staminibus brevissimis. Tab. V. fig. a. Frutice simile al precedente , i cui rami sono quadrango- lari air estremila , e coperti di peli ferruginei glandulosi e bre- vemente ramosi alla loro base. Di simili peli son coperti an- .._ Di Giuseppe IIaddi iSl' Cora i pezioli e i nervi delle foglie , come pure i peduncoli e i calici. " he foglie in alcuni individui sono ovato-lanceolate, in al- cuni altri allungate o Iato-lanceolate , attenuate verso la som- mità e terminate da una punta acutissima: la loro faccia su- periore è aspersa di minutissime e rade verruchette termina- te da un pelo cortissimo, rigido e giallastro ; rinferiore è co- perta di peli un poco setosi dello stesso colore , alcuni dei quali divisi alla loro base in due o tre diramazioni presso a poco eguali: la loro lunghezza è dai cinque pollici e mezzo ai nove e mezzo; la larghezza tre fino a sei pollici. I pezio- li sono compressi nei lati , leggiermente solcati nella lor fac- cia anteriore e lunghi circa un pollice fino a due. PMcemi terminali , composti , eretti , con i rami diver- genti e compresso-quadrangolari : alla base , e precisamente sotto ciascuna divisione trovasi una minuta brattea lineare, ottusa all'estremità, concava e glabra nella sua faccia inter- na, irsuta nell'esterna. F/ori minuti, sessilij disposti in grup- petti alla sommità dei rametti, aventi alla loro base delle brat- tee minutissime, lanceolate, quasi glabre in ambedue i lati e terminate da un pelo rigido e giallastro. Calice campanulato, non più lungo d'una linea, anzi il più delle volte più corto , ispido, con il suo lembo alquanto membranoso e diviso in cinque piccoli lobi, raramente sei, ognuno dei quali ha sul dorso ^ ora alla metà del lobo, ed ora alla sommità del medesimo , un dente quasi rotondo o pochissimo compresso verso la base , altrettanto lungo quan- to il tubo del calice e rivoltato sul medesimo: la membrana annulare offre dieci piccoli denti bordeggiati , egualmente che l'intera membrana, di peli glandulosi ed anche un poco ra- mosi alla loro base , presso a poco simili a quelli del lato esterno del calice medesimo. Corolla: Petali cinque minutissimi lanceolati j terminati da una lunga punta e biancastri. Stami dieci , raramente dodici , della lunghezza dei pe- 'Sa Melastome Brasiliane tali o poco più: Filamenti compressi, glabri e circa mezza li- nea luii";hi: Antere ottusissime , dritte e della medesima lun- c ghezza. Pistillo: Oi>ajo a metà infero, il quale presenta dieci strie ovvero angoli pochissimo pronunziati, lungo i quali sì osservano alcuni pochi peli biancastri e dritti: stilo piutto sto grosso comparativamente alla piccolezza del fiore, più sottile verso l'estremità e più lungo delli stami: stimma ot- tuso e glandoloso. Frutto: Bacca rotonda, triloculare , coronata dal lembo del calice che vi persiste. Ritrovata nei possessi del Console generale dì Russia a Rio-Janeiro Sig. Cav. de Langsdorff , luogo detto , la Man- diocca , presso le montagne d' Estrella. i j. .: 4- Foglie 7 — nervie. LEANDRA hirsutissima : foliis subcordatis, acuminatis, denticulatis , utrinque pilosis vel sericeo-pilosis , septemner- viis , petiolis ramisque hirsutissimis; racemo terminali, bra- chiate ; floribus decandris. Tah. V.fig. i. Piccolo Frutice simile alla L. agrestis , i di cui giovani rami sono quasi quadrangolari, e densissimamente irsuti. Foglie opposte, peziolate , un poco scavate alla base, denticolate, acuminate, sopra asperse di minutissime verru- chette terminate da un lungo pelo setoso , sotto egualmente coperte di peli setosi , con sette nervi longitudinali , che tut- ti partono egualmente dalla base, e dei quali i due margina- li molto più sottili degl' altri : la loro lunghezza è di sei in sette pollici ; la larghezza due e mezzo fino a tre pollici. Pezioli irsutissimi come i rami, alquanto concavi nella lor faccia anteriore, convessi nella posteriore e lunghi più d'un pollice. Ptacemi terminali, composti, eretti: rametti divergenti, quadrangolari, irsutissimi , avente ciascuno alla sua base una .._. D I G I U S E P P E R A D D I I 3 3 piccolissima brattea obloiigata, sovente leggiermente lacinia- ta ^ con le lacinie terminate da un Inngo pelo setoso simile a qnelli dei rametti: Fiori sessili, situati in numero di tre sulla sommità di ciaschedun ramettino , alla base dei quali trovansi delle minutissime brattee simili alle sopra descritte. Calice minuto^ urceolato , coperto di lunghi peli un po- co rigidi , alcuni dei quali terminati da luia piccola glandola ora rotonda ed ora oblongata : il suo lembo è brevissimo, ed ha delle sinuosità, dalle quali risultano cinque piccolissimi lobi, sul dorso dei quali sono altrettanti denti piuttosto cor- ti, compressi e coperti di peli simili agli altri : membrana annidare sinuata, e glabra. Corolla: Petali cinque lanceolati ^ acuminati , più lunghi del calice e biancastri. Stami dieci più corti dei petali : Filamenti compressi e glabri: ylntere oblongate , dritte e ottusissime. Pistillo: Ovajo quasi totalmente supero , un poco allun- gato e leggiermente angolato alla sommità , dove si trovano collocati in giro dieci peli gfanduliferi simili a quelli del ca- lice : Stilo filiforme, dritto e appuntato in cima: Stimma puntiforme. Frutto: Bacca internamente divisa in cinque loggie. Ritrovata sopra una delle montagne che costituiscono la così detta Serra de gV organi nella Provincia di Rio-Janeiro. II. Petali ovali oppure oblongati. I. Foglie triplinervie . ;) ,: ' I ' ■'! '■:•■• < • f LE ANDRA capillarìs : foliis oblongis utrinque attenua- tis, acuminatis , margine serrulato-ciliatis , supra glabris, sub- tus pubescentibus ; pednnculis capillaribus,axillaribus, dicho- tomis glaberrimis; floribus octandris; calyce hirto. Tab. V. fig. 6. Melastoma capillaris. Sw. FI. ind. ecc. a. p. 8ciì. prod. ^r. .Irbusto di tie o c[uattro piedi d'altezza, con rami tor- tuosi, tereti , sottili, glabri e di un bianco cenerino. Alla Tomo XX. V ' ] 54 M E L A S T 0 M E BRASILIANE caduta (Ielle veccliie foglie ne succedono dei rigonfiamenti simili ad altrettanti nodi o gobbe. Foglie o[)poste , peziolate , oblongate , serrulato - cibate, attenuate alla Jjase egualmente che alla loro sommità, ove terminano in una acuta punta, sopra glabre e di un verde tenero, sotto pallide e asperse di minuti peli membranosi bianchi e distesi, con cinque nervi longitudinali , dei quali i due marginali tenuissimi, e gli altri tre riuniti un poco al di sopra della base : la loro lungliezza è dai tre pollici fino a tre e mezzo ; la larghezza di circa un pollice. Pezìoli pro- londamente scanalati nella lor fliccia superiore , convessi nel- l'inferiore, glabri e circa tre linee lunghi. Peduncoli assillari , capillari , glabrissimi , ima volta o due dicotomi , quattro o cinque volte più lunghi dei pezioli del- le foglie, muniti alle loro divisioni di due minute brattee allungate , acuminate, concave , glabre e persistenti. Calice urceolato, minuto, sparso di peli rigidi alquanto radi, pallidi, terminati da una glandola allungata e gialla: lembo membranoso e pallido, diviso in quattro lobi eguali, sulla sommità dei quali si inalzano altrettanti lunghi e acu- ti denti quasi rotondi , dritti e glabri : membrana annidare leggermente sinuata, e glabra. : , i ,,,..,: \, Corolla e Stami a noi ignoti. Pistillo : Ovajo più che la metà infero , ristretto nella sua sommità a guisa di un cono troncato , attorno la quale oflre otto angoli acutissimi, glabro : stilo .... Frutto : Bacca triloculare , della grandezza d' un pisel- lo ordinario , di colore turchino tendente, al nero nella sua piena maturità , coronata dal lembo del calice che vi persi- ste, il quale anch'esso, unitamente ai quattro denti, pren- de lo stesso colore della bacca: essa è mangiabile, ed è as- sai gustosa al palato. LEANDPtA staminea: foliis ovatis , acutis , plerumque integerrimis , utrinque glabris triplinerviis , nervis venisque atro-purpureis ; racemis terminalibus, compositis , erectis ; fio- Di Giuseppe Raddi l'55 ribiis conl'ertis, sessilibus; calyce turbinato , striato ^ squainu- lis albidis densissime tecto. Tab. V. fig. 4- Melastoma ( staminea ) : laeviuscula , foliis ovatis , sub- acumiiiatis , iiitegerrimis ; nervis tuscis ; calyce turbinato^ stria- to. Lutn. Dici. Enc. IV. p. 53. Pers. Syn. I. p. 47^- Arbusto di cinque o sei piedi d'altezza: rametti roton- di , glabri e pavonazzi. Foglie opposte , peziolate , ovali, un poco acute in cima, interissime, raramente munite di piccolissimi denticelli nel loro margine , glabre in ambedue le superficie, dai quattro ai cinque pollici lunghe, circa due pollici e mezzo larghe, inferiormen- te marcate da cinque nervi longitudinali di color pavonazzo cupo , dei quali i tre di mezzo si riuniscono un poco al di so- pra della base : le vene trasversali e parallele fra esse situate fra un nervo e 1' altro sono pure dello stesso colore dei ner- vi, come lo sono egualmente i pezioli. Quest' ultimi sono un poco compressi nei lati , con un piccolissimo solco nella lor faccia anteriore , e lunghi dalle otto linee fin quasi un pollice. B.acemi terminali, composti, eretti, con il peduncolo comune quadrangolare , leggiermente solcato nei lati e dello stesso colore dei giovani rami : le sue diramazioni piuttosto corte, angolate, opposte in croce, brevemente divise in tre nella loro sommità , e quindi ancor più brevemente subdivi- se , sempre però in tre : la lunghezza di quest' ultime divi- sioni o rametti è da una fino a due linee , e ognuna sostie- ne tre fiori sessili , aventi alla loro base delle piccole brat- tee allungate , attenuate all' estremità e coperte al di fuori di minutissime squamme stellate e biancastre. • ' . Calice turbinato, longitudinalmente striato e coperto di squammette steilate come le brattee : lembo molto aperto e ampio, diviso in cincjue doppj lobi o denti, che gl'interni membranacei e rotondati alla sommità , gì' esterni più piccoli e di forma triangolare. Questa specie di doppio lembo si stac- ca interamente in ciro e cade tosto che il fruito comincia a ingrossare: membrana annidare integerrima e glabra. l56 M E L A s T o w E Brasiliane Corolla: Petali cinque allungati, un poco esternamente convessi verso T estremità ^ ottusi, ondulati attorno il margi- ne, un poco giallastri, finamente rugulosi al eli fuori allorché osservati sotto la lente , e coperti delle stesse squamme del calice prima delia loro apertura: la loro lunghezza è di circa cinque linee; la largliezza una linea e mezza o poco più. Stami dieci più lunghi della corolla: filaineiiti compres- si e nudi: Antere lineari, quasi altrettanto lunghe che i fila- menti , aventi alla loro sommità due fijri corrispondenti alle loro lo2:gie. Pistillo: Ovajo \yftv due terzi infero, cioè aderente al ca- lice, glabro, alquanto ristretto all'apice, dove offre dieci bre- vissime strie o piuttosto piccoli solchi: Stilo filiforme, glabro e presso a poco della lunghezza delli stami: Stimma leggier- mente concavo. Frutto: Bacca triloculare, rotonda e quasi nera nella sua piena maturità: Semi cuneato-angolati, lisci e giallognoli. Trovasi frequentemente nelle siepi, e sulle colline pros- sime a Rio- Janeiro. ' , •; 2. Foglie quinquenervie. LEANDPtA punicea: ramis dichotomis; foliis ovatis, acu- tis, subcarnosis , ciliatis , subtus petiolisque piloso-hirtis ; ra- ceniulis axillaribus, pedunculis calycibusque hirtis. Piccolo ma grazioso , fruticello di circa tre o quattro pie- di d'altezza, con rami piuttosto sottili, dicotomie nodosi. I giovani rami, la superficie inferiore delle foglie, i pezioli, i peduncoli e i calici sono aspersi di lunghi e radi peli al- quanto rigidi di colore rossastro. Tab. IL fi. 3. Foglie opposte peziolate , ovali , acutissime all' estremità loro, interissinie , cibate, un pochetto carnose, con cinque nervi longitudinali che partono tutti egualmente dalla base: la superficie superiore è interamente glabra; l'inferiore asper- sa di peli rigidi egualmente che i nervi: la loro lunghezza è B I Giuseppe R a d d i i'St da un pollice e mezzo fino a venti o ventidiie linee; la lar- ghezza circa dieci linee. I pezioli son coperti di peli simili ai sopra mentovati, sono altresì leggierissimanìente solcati nel- la lor faccia anteriore, rotondati nella posteriore e lunghi tre o quattro linee. Racemi semplici, assillari, più corti delle foglie e di po- chi fiori: rametti opposti, aspersi di lunghi peli rigidi^ oriz- zontali e rossastii, egualmente che il peduncolo comune. Alla sommità di ciascuno di essi è situato un unico fiore, rara- mente due sostenuti da dei brevissimi pedicelli, alla base dei quali trovansi due brattee lineari o lineari-lanceolate^ contor- nate nel loro margine di lunghi peli simili a quelli dei ra- metti e dei peduncoli. Calice con il tubo quasi globoso e ispido : il suo lembo è diviso in cinque lobi eguali, ognuno dei quali ha sul dor- so, e precisamente presso Tapice , una lunga punta o dente compresso e contornato nei lati di peli simili ai sopra de- scritti: membrana annidare con cinc|ue denti ottusi, e glabra. Corolla e Starni a noi ignoti. Pistillo: Ovajo cjuasi totalmente supero, con otto o die- ci lunghi peli sopra la sua sommità che circondano lo stilo: Stilo e Stimma parimente ignoti. Frutto: Bacca globosa , triloculare e di uu rosso molto acceso: Semi non angolati, semiovali, rugulosi e pallidi. Specie rarissima ritrovata sulle montagne ò'Estrella, do- ve l'abbiamo combinata soltanto con le bacche mature^ il di cui colore scarlatto faceva un bellissimo contrasto con il ver- de tenero delle sue foglie. 3. Foglie quintuplinervìe. LEANDPiA agrestis: hispida; foliis ovato-lanceolatis, acu- minatis , subdenticulatis , quintuplinerviis;, basi subcordatis ; panicula terminali, prò innovatione ramulornm laterali. Melastoma {agrestis) foliis ovato-oblongis, floribus albis l58 Melastome Brasiliane paniculatis. Alibi, gujan. I. p. 4^5 • tab. i66. Willd. Sp. II. 587. Pers. S/ii. I. 474- Piccolo frutice di circa tre piedi d' altezza , eoa i rami rotondi , oscuri e coperti di peli orizzontali , rigidi e ferrugi- nei. Ambedue le superficie delle foglie, i pezioli, i pedunco- li e i calici sono coperti dei medesimi peli. Il lembo del ca- lice è diviso in cinque lobi eguali e ottusi, ognuno dei qua- li ha, come la precedente, sul dorso, e precisamente presso l'apice, una lunga punta o dente rotondo, leggierissimamen- te solcato nel lato interno e sparso di lunghi peli simili a quelli che si osservano sul tubo del calice. La membrana an- nulare è un poco sinuata, e glabra. Il suo frutto è una bac- ca mangiabile, turchina e quasi tendente al nero nella sua perfetta maturità, divisa internamente in tre loggia , e coro- nata dal lembo del calice che vi persiste. Trovasi frequentemente con le tre seguenti specie ne dintorni di Rio-Janerio, sempre però nei luoghi montuosi. LEANDRA fimbriata: hirta ; foliis ovatis , acuminatis, crenulatis, subquintuplinerviis , basi subcardatis ; racemalis axillaribus pauciiloris ; floribus decandris, limbo calycis inter- ne fimbriato. Tab. V. fig. 5. Melastoma [pauciflora ) pilosa, foliis ovatis, subacumina- tis, crenulatis, quinquenerviis ; racemulis axillaribus termina- libusque paucifloris. Lamark Dictìon. encyclop. IV. pag. Sg. Pers. Srn. I. pag. 47^- . Piccolo Frutice simile al precedente, con i giovani rami rotondi e di color pavonazzo cupo. Tutta la pianta, cioè i rami, ambedue le superficie delle foglie, i pezioli, i pedun- coli e i calici sono aspersi di peli rigidi color di ruggine ; quelli dei rami sono rossastri e impiantati sopra una specie di bulbo o tubercolo, che rende la superficie scabrosa e ru- vida al tatto allor che i peli cadono. Foglie opposte^ peziolate, ovali, acuminate , crenulate e clliate nei margini , il più delle volte leggiermente scavate alla base, con sette nervi longitudinali , dei quali i marginali Di Giuseppe Raddi i5g tenuissiiìii, e i tre di mezzo riuniti circa una linea al di so- pra della base. Esse sono costantemente ineguali in grandez- za, cioè in ogni coppia una più grande, ed una più piccola, ciò che si osserva in cpiasi tutte le melastomacee: le più gran- di hanno quattro in cinque pollici circa di lunghezza, e due e mezzo fino a tre di larghezza ; le più piccole due pollici e mezzo fino a tre e mezzo di lunghezza, e venti linee fino a un pollice di larghezza . I pezioli sono solcati nel davanti , convessi nel di dietro e lunglii dalle tre alle otto linee. Racemi assillari, più corti dei pezioli delle maggiori fo- glie e composti di circa quindici o venti fiori: alla base dei rametti, e dei peduncoli si trovare delle j)iccc]issinie biattee allungate e quasi lineari bordeggiate di peli simili a quelli delle altre parti della pianta. Calice luceolato, ispido, superiormente alquanto dilatato in un lembo con cinque seni , dai quali residtano cinque bre- vissimi denti leggiermente espressi , ognuno dei quali ha sul dorso, come nella specie precedente^ una lunga punta roton- da, acuta, leggierissimamente solcata nel lato interno e if^pi- da: il bordo interno, cioè la membiana annuiate, la quale sem- bra derivare, come in tutte le piante di questa famiglia , da una tunica die riveste la parete interna del tubo del calice, in questa è divisa in tante lacinie diseguali più o uìeno pro- fonde e dritte a somiglianza del peristoma che si osserva nelle casside o sporangi di alcuni Muschi frondosi. Corolla: Petali cinque, oblongati, ottusi, lunghi presso a poco quanto il calice e rossastri. Stami dieci altrettanto lunghi quanto i petali o poco più: Filamenti compressi e nudi : Antere articolate , leggiermente curvate in fuori e il doppio più lunghe dei filamenti. Pistillo: Ovajo per più di due terzi supero, con dieci sol- chi all'intorno, glabro e ristretto alla sua sommità in una specie di collo allungato a guisa d' un collo di bottiglia, en- tro il cjuale rimane nascosto lo stilo per un terzo della sua lunghezza: Stilo leggierissimamente angolato e glabro: Stiin- 1 6o IM E L A S T O M E BRASILIANE ma depresso, il quale supera appena la grossezza dello stilo medesimo. Fratto: Bacca quasi rotonda e cerulea, la quale, gustan- dola, Ila un agrettiuo dolce assai grato al palato: Semi cunea- to-angolatij rugosi e color d' arancia . 4- Fos,lie 7 — nervie. LEONORA baliosa: t'oliis ovatis, subcordatis , acumina- tis, irregalariter denticulato-ciliatis , septeinnerviis, supra bul- loso-strigosls, subtus scroblculatis stellulato-tomentosis ; race- mulis terminalibus ax.illaribusque , tloribus decandris vel do- decandris. Melastoma ( bullosum ) foliis subcordato-oblongis quin- quenerviis, supra bullato-strigosis , subtus scrobieulatis stel- lulato-piabescentibus, raceniis terminalibus hirtis, calycis lim- bo quinquedeutatis, floribus decandris. Spreng. neue Entdeck •2.'"' band p. 172. 178. M. papillosa. Lam. Dici. Enc. IV. p. 18 ? Frutice ancor più piccolo dei due precedenti , i di cui rami sono rotondi, oscuri, e come i calici, i peduncoli, la superficie inferiore delle foglie e i pezioli , sono coperti di peli ferruginei stellati e stipitati fra i quali se ne trovano alcuni dei semplici e terminati da una glandola allungata. Foglie opposte, peziolate, di grandezza ineguale , ovali , lievemente scavate alla base , acuminate , inegualmente den- tellate nei margini , cibate , lunglie tre pollici fino a tre e mezzo circa, larghe un pollice e mezzo finn a due, con set- te nervi longitudinali che partono tutti dalla base , dei qua- li i due marginali sono tenuissiini : la superficie superiore è coperta di bolle 0 verruche quasi triangolari assai rilevate , terminate ciascuna da un lungo pelo rigido, alquanto curvo e giallastro; l'inferiore è densamente coperta di peli stellati, ed offre altrettante fossette corrispondenti alle bolle sopra mentovale, le quali in principio sono qandrangolari e circo- Di Giuseppe Pt ADDI l6i scritte dalle diramazioni delle vcne^ quindi internandosi di- vengono quasi rotonde. I pezìolì un poco concavi nel lato interno, convessi all' esterno e lunglii quattro in sei linee. Racemi assillar! e terminali , la metà più corti delle fo- glie , con rametti opposti e divisi seaq)re in tre, coperti di fitti peli stellati frammischiati da pochi peli semplici gianduii- feri , egualmente che il peduncolo comune: Fiorì un poco più piccoli che nella precedente specie, alla base dei quali trovansi due minutissime brattee lineari-lanceolate , glabre in ambedue le superficie e terminate da un lungo pelo. Calice globoso, tomentoso al di fuori, con il lendjo di- viso in cinque lobi rotondati , cibati e aventi sul loro dorso altrettante punte o denti rotondi sparsi di péli rigidi che sor- passano di poco la lunghezza dei lobi medesimi : iMenibrana annidare radamente cibata; cigli cortissimi e bianclii. Corolla: Fetali cinque ovali, quasi della lunghezza del calice , biancastri e con un piccol seno all' apice assai leg- gierissimamente espresso. Stami dieci , qualche volta dodici , altrettanto lunghi quanto i petali, e conressi incerili al bordo del calice: Fi- lamenti alquanto compressi, e glabri: ^intere ini poco più corte dei filamenti, dritte oppure leggiermente curvate in fuori alla loro sommità. Pistillo : Ovajo per tre quarti infero , rotondato e supe- riormente coperto di peli bianchi setosi ; 5///o filiforme, drit- to, glabro e della lungliezza delli stami; Stimma un poco allargato in un disco piano. Frutto: Bacca rotonda, interiormente divisa in cinque loggie e coronata dal lembo del calice, che vi persiste: Se- nii un poco angolati, rugosi e giallastri. LE ANDRA strigillosa: foliis ovato-oblongis , denticu- latis, 7 — nerviis , apice attenuatis, acuminatis , basi subcor- datis, supra verrucoso-strigosis , subtus reticnlatis stellulato- mentosis ; racemis axillaribus; florijjus decandris. Melastoma ( strigillosa ) foliis quinquenerviis subdenticu- Tomo XX. X iGa Mela STO ME Brasiliane hitis acuminatis , superne strigoso-pilosis , siibtus tomentosis, racomis axillaribus , tloribus petUcellatis coiifeitis. Su>. Prodr. ]>. 71. /'/. iiid. occid. -2. p. 7g3. JVilld. Sj?. IL jj. Sg^. Pers. Sjn. T. p. 475. . . Piccolo Frutice di tre in quattro piedi d' altezza , con i rami rotondi, e coperti di peli stellati pallidi, Irammiscliiati d'altri peli piii lunghi, semplici ^ glanduliferi e giallastri. I pezioli , i peduncoli e i calici sono egualmente coperti di si- mili peli. Foglie opposte, pcziolate , ovato-allungate denticolate, attenuate verso l'apice, acuminate , un poco scavate alla ba- se, con sette nervi longitudinali, dei quali i due marginali vanno a perdersi nello stesso margine poco al di sopra della base , cioè a un quarto , oppure un quinto della lunghezza della foglia : la superlicie superiore è coperta di verruche o papille angolate , terminate ciascuna da un pelo rigido alquan- to curvo e giallastro, e frammezzate da pochi e piccoli peli ramosi o stellati ; la superficie inferiore è densamente coper- ta di peli stellati , ed offre delle fossette corrispondenti alle suddette papille come nella specie precedente, ma molto meno profonde. La maggior lunghezza è di tre pollici e mez- zo , o poco più ; la maggior larghezza venti linee circa. I pezioli sembrano un poco compressi nei lati j la loro lunghez- za è di cinque o sei linee. Racemi assillari , lunghi due pollici e mezzo fino a tre, dritti in principio, dipoi alquanto curvi, poco ramosi, con i rametti opposti, ognuno dei quali porta sulla sua sommità tre fiori un poco grandetti , sessili e aventi ciascuno alla sua base due minute brattee lineari-lanceolate, cibate e con am- bedue lo superficie coperte dei soliti peli stellati : delle si- mili brattee trovansi ancora, sebbene un pochino più gran- di , alla base dei rametti , i quali , egualmente che il pedun- colo comune, sono quasi quadrangolari e irsutissimi. Calice campaniforme allungato e ispido, il di cui lembo e diviso in cinque lobi eguali alquanto profondi , ottusissimi, Di G I u s e r r i: li > d d i 1 63 ciliali , con la loro faccia interna , aspersa di minutissimi pe- li stellati : ognuno di qnesti lobi ha sul suo dorso una pun- ta o dente rotondo lungo una linea iin quasi a ima linea e mezza , un poco curva in dentro e coperto anch' esso di pe- li stellati e glanduliferi come tutta la parte esteiDa del ca- lice : Membrana annulare interissima e glabra. Corolla: Petali cinque allungati ^ ottusissimi , un poco pili corti del calice e di color violetto tendente al rosso. Stami dieci più lunghi dei petali : Filamenti leggierissi- mamente compressi verso la base , e glabri : Antere della medesima lunghezza dei filamenti , un poco curve in dentro^ articolate e gialle. Pistillo : Ovajo quasi inferamente infero^ ristretto alTa- pice e prolungato in un breve collo ^ sul di cui orlo trovan- si alcuni pochi e radi peli dritti terminati da una glandola allungata e giallastra : Stilo filiforme , dritto , glabro e piìi corto delli stami : Stimma un poco carnoso , il quale però non oltrepassa la grossezza dello stilo. Frutto: Bacca globosa ^ a cinque loggie ^ coronata dal lembo del calice , mangiabile e turchiniccia ; Semi cuneato- angolati , rugosi e color d' arancia chiaro. i64 Mklastoiie Brastliane INDICE Dei generi e delle specie contenute nella presente Memoria. Bretolonia nymphaeifolia. Leandra agrestls. Lullosa. capillaris. coi'covadensis. estrellensis. fimbriata . hirsutissima. Iiirta. involucrata. punicea. rubella. salicifolia. staniinea. strigillosa. vaiiabilis. Melastoma albicans. fothergilla. holoseiicea. hymenonervia. laevigata. maudioccana. Melastoma. pendulifolia. strangulata. suaveolens. Rhexia corymbosa. elliptica. estrellensis. fijrmosissima. gracilis. herbacea. heteromalla. liolosericea. — /?• langsdorffiana. sebastianopolitana. superba, triflora. _ Di Giuseppe PtADDr i65 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLAI. Fig. I. a. Bhexla eUiptica. b. Calice tagliato per d'avanti e spalancato per ren- der visibile il pistillo, ingrandito. e. Stame parimente ingrandito. ""■ 2. a. Rliexia triflora. b. Calice tagliato verticalmente per metà e suo pistil- lo j ingrandito, e. Stame ingrandito. d. Uno dei peli che si osservano attorno il margine dei petali, ingrandito. 3. a. Pihexia estrellensìs. -..v b. Brattea di grandezza naturale. e. Calice tagliato verticalmente per metà , ove si os- serva uno de' suoi lobi staccato ed il pistillo , ingrandito. d. Stame ingrandito. e. Porzione di lamina d' una foglia , ingrandita e ve- duta superiormente. f. Una delle papille o verruche che ricuoprono Ui su- peifìcie della suddetta porzione di foglia ancor più ingrandita. g. La stessa porzione dì foglia ingrandita veduta in- feriormente. h. Uno dei peli che ricuopi'ono i nervi della medesi- ma ancor più ingrandito. 4- ^- ribexia superba. b. Porzione di ramo legnoso nella sua naturale <;ros- sezza. e. Brattea rappresentata nella sua naturale grandezza. d. Calice ingrandito, diviso per metà, e veduto dal la- to esterno. I o6 fll E L A s T o ivi E Brasiliane Fig. 4' e- Lo stesso veduto dal lato interno, ove si osserva uno dei suoi lobi staccato, con più la cassala in esso contenuta, e alquanto aperta in uno dei suoi angoli. f. Stame ingrandito. .5. a. Rhexia lierbacea. b. Fiore ingrandito. e. Calice aperto con cassula, ingrandito. d. Pistillo più grande del naturale circa il doppio. , e. Stame ingrandito... ,., . TAVOLA II. Fig. i.a. Pihexia corymhosa. , ,j- b. Stame ingrandito. e. Pelo glanduloso del filamento assai più ingrandito. d. Calice verticalmente diviso per metà con pistillo , il tutto ingrandito ed il doppio. 1. a. a. Melastorna strangulata. b. Brattea di grandezza naturale. e. Calice di grandezza naturale. d. Sezione verticale del medesimo, ingrandito. e. Sezione orizzontale del germe assai più ingrandito. ., /. Petalo di grandezza naturale, veduto dal lato in- terno. ..;.: , g. Lo stesso ingrandito. , ... , , ,, h. Stame di grandezza natux'ale. i. Il medesimo ingrandito. .3. a. Leandra punicea. b. Calice tagliato verticalmente per metà, e in esso la cassula, ingrandito. .,, c. Seme assai più ingrandito. 4- ^- B-ltexla sebastianopoUtana. b. Stame rappresentato nella sua grandezza naturale. e. Il medesimo ingrandito. 'O Di Giuseppe Raddi J67 Fig. 4- ^^- Calice intero^ ingrandito. e. Lo stesso diviso verticalmente per metà all'ogget- to di far vedere il pistillo. /. Porzione di foglia ingrandita, veduta inferiormente. g. La medesima veduta dal lato suo superiore. T A V 0 L A I I L Fig. I. a. Leandra ìnvolucrata. h. Calice rappresentato nella sua naturale grandezza. e. Il medesimo ingrandito^ diviso perniata e veduto dal lato esterno. d. Ancora il medesimo , veduto dal lato interno per rendere ostensibile il pistillo in esso contenuto. e. Petalo di grandezza naturale. f. Lo stesso ingrandito. g. Stame di grandezza naturale. h. Il medesimo ingrandito. ì. Una delle brattee che si trovano di ciaschedun tìore, rappresentata nella sua grandezza naturale. k. Una delle due brattee, che si trovano situate alla base dei rametti terminali, e che gli servono come d' involucro ;, parimente rappresentata nella sua grandezza naturale. /. Porzione di foglia ingrandita, veduta dal lato in- feriore. , m. La medesima dal lato superiore. n. Una delle papille o verruche che ricuoprono la medesima , ancor più ingrandita. o. Sezione orizzontale della bacca ingrandita. ■j.. a. Leandra saUcifolìa. h. Petalo di grandezza naturale. e. Il medesimo ingrandito. d. Calice ingrandito, dal quale ne è stata tolta una porzione ad oggetto di render visibile il pistil- lo in esso contenuto. Fi£ 1 68 M £L A STO -ME BkaSILIANE is. (?. Calice intero parimente ingrandito. f. Membrana annulare ingrandita. g. Stame di grandezza naturale. h. Lo stesso ingrandito. 3. a. Leandra corcovadensis. h. Calice ingrandito ^ dal quale ne è slata tolta una porzione per rendere ostensibile l'ovajo in esso contenuto. e. Brattea di grandezza naturale. d. La medesima ingrandita. e. Una delle piccole verruche delle quali è coperta la pagina superiore delle foglie. f. Sezione orizzontale d'una bacca, ingrandita. g. Seme ancor più ingrandito.,, ^j ^'^.w'. .'. 4. CI- Leandra Iurta, b. Petalo di grandezza naturale. e. II medesimo ingrandito. d. Calice diviso quasi per metà , e assai ingrandito per render ben visibili i denti esterni situati alla base dei lobi, nei quali è diviso il lembo. e. Il medesimo veduto internamente. TAVOLA IV. Fig. r . a. Leandra ruhella. b. Brattea rappresentata nella sua grandezza naturale. e. La medesima ingrandita. d. Petalo nella naturale grandezza. e. Il medesimo ingrandito. f. Membrana annulare ingrandita. g. Sezione orizzontale d'una bacca ingrandita. h. Seme ancora più ingrandito. 3. a.''^Ielastoriia albìcans. ì>. Petalo di grandezza naturale, e. Lo stesso inirrandito. Di Giuseppe Raddi 169 Fig. a. d. Stame di grandezza naturale. e. Il medesimo ingrandito. f. Calice ingrandito, dal quale ne è stato tolto una porzione per render visibile il pistillo in esso contenuto. g. Brattea di grandezza naturale. h. La medesima ingrandita. ì. Bacca matura di grandezza naturale. k. Seme ingrandito. 3. a. Melastoma hymenonervia. h. Petalo di grandezza naturale. e. Il medesimo ingrandito. d. Slame di grandezza naturale. e. Lo stesso ingrandito. f. Calice rappresentato nella sua naturale grandezza. g. Il medesimo ingrandito, mancante d'una piccola porzione , che è stata tolta per rendere visibile il pìstollo in esso contenuto; vi si osserva altre- sì uno dei lobi, nei quali è diviso il lembo, staccato. h. Una delle squanime stellate , delle quali è esterior- mente coperto il calice suddetto, ingrandita. 4- ^- Melastoma suaveolens. b. Petalo di grandezza naturale, e. Lo stesso ingrandito. d. Stame di grandezza naturale: e. Il medesimo ingrandito. /. Calice di grandezza naturale. g. Il medesimo ingrandito, a cui se ne vede tolta una porzione per rendere visibile il pistillo in esso- contenuto. h. Uno dei peli stellati , dei quali è esternamente coperto il calice suddetto. ì. Bacca matura di grandezza natnrale. k. La medesima ingrandita. Tomo XX: Y ^7*' Melastomk Brasiliane Fig. 4- l- Seme di grandezza naturale. m. Il medesimo ingrandito. TAVOLA V. " I . a. Lcandra hirsutissiina. b. Petalo di grandezza naturale, e. Il medesimo ingrandito. d. Stame di grandezza naturale. e. Lo stesso ingrandito. /. Calice verticalmente tagliato per metà con entrori il pistillo, ingrandito. o,. a. Leandra variabilis. b. Petalo di grandezza naturale. e. Il medesimo ingrandito. .r iv^.!!' /U il .!> _. cÀh omcnc dt Trtàtca sJoc-aytuL ?Jm •XXLp'ljì TI 9.^ iXrjiiy ixtb .:)aJiucc^ '^ óZÌ ^:- e/. Vili qM ejn/rrc^ di 'Tltàtca Joc JtaL-'Vo'n ICL/oip.- TI g-eaJii. aV" ^rjiix*- i^ -JaJuecL t// ' J*3 ^^l^yD{'M/r^?W (li yieliCcL ^yccJàil tlcm XXy.i )J2, ^ ^^>V7l}c-Mc: >-tóax-/ <^('-'SlS. ?yc<< z/àil 'iJcin e %m^m^ f/i "-o/àtca cfc^cik/Ttm JQf^ ip C^nc d'Io/ cJKtl:fe,Jdo; PS'ii ■ <^' XI Q-'njemc?^ o/i o/ijica C-Zcc (^7Ì[t/^'^>fr7tl:^^L fm TIV 5^^ a/4' t/i.t' ^rmij.-.S^a^f/"*^^' ^>''''^'- o;^ a^o/fi^^ XX iyi'V.ni^^ Jiù eJa/ua£ a-V'-fll. C^ '-'té^»i47r^ aà ^^^tcct Jo<^<^6tt/!^, XX^i. ^72 X •■4 *» -^H GUdtu aò*- ciA>tì^il/C' -^/ii.eJaàùXL n£ a/ '^l^'/M^ ■^c^Jàt/:'jL,'iOi..>,lJZ. Tvi C.CaUi (iti" ^i/f^ti Ji/o.l^n/tui^ ^i:''òt^. SOPRA UN CALVA NOMETRO CON NUOVE AGGIUNTE MEMORIA DEL SIC. CAV. LEOPOLDO NOBILI PRESENTATA ^lli 3i. Luglio i8a6. DAL SIG. PROFESSOR GIUSEPPE TRAMONTINI SOCIO ED APPROVATA DAL SOCIO SIGNOR PROFESSOR GIOVANNI BATTISTA AMIGL J-J istromento che ho l'onore di presentare alla Società Italiana, è bensì costrutto sul principio del primo mio Gal- vanometrOj ma ne differisce poi per molte modificazioni ed aggiunte, le quali rendono l' istromento più sensibile per le ricerche delicate, più preciso negli esperimenti di misura, e più comodo in generale pei difi^erenti usi, a cui il Fisico lo destina ad ogni momento. Il numero e la qualità delle inno- y/SLZÌoni sono tali che danno alla macchina un aspetto intera- mente nuovo , non disgiunto forse da certa elciranza, dovuta del tutto all'abilità di chi ha combinato i diversi meccanis- mi (*). Da questo lato parnii che 1' opera lasci poco o nulla (*) Io deggio questa mai china alla | singolare compiacenza del Sig. Dottore 174 SopfL* UN Galvanometro ec. da desiderare: così fosse per riuscire egualmente utile onde meritare il j^uffragio dei Dotti a cui si preseriia. La /ig. I. rappreseira il galvaiiometro ridotto nelle sue dimensioni , e nioiiiato in tulle le sue parti a riserva degli aghi astatici che si ve^igouo sospesi in. alto in vece d'essere collocati al lor posto. •'! AAA , tavola sostenuta da tre viti che servono a livel- larla. BBB, orlo d'una scatola circolare, la quale passa attra- verso della tavola a cui è stabilmente fissata. Vedi lo spac- cato di questo pezzo nella fig. a. CGG, piatto d'ottone che gira sopra il perno della sca- tola dentro l'orlo BBB. Esso piatto copre tutto il voto del- la scatola, ed una piccola porzione del ripiano hb (Jìg" a. ) Questo ripiano è coperto da una striscia di panno verde. D, telajo del moltiplicatore coperto in gran parte dal circolo graduato EEE. FF, colonna che sostiene l'asta GG, da cui pendono gli aghi astatici su, u's. CVVVC, campana dì cristallo che copre l'istromento: es- sa poggia dentro un incavo praticato appresso all'odo del piatto. Se ne vede la sezione in e. e. della fig."* 3. spaccato di tutto il piatto. ; Gli aghi astatici vanno collocati in guisa che il superio- re destinato all'uffizio d'indice resti un tantino sollevato dal piano del circolo graduato, su cui dee girare liberamente. La distanza degli aghi va regolata per modo che mentre l'ago supeiiore si trova al suo posto, l'inferiore cada nel mezzo del telajo del moltiplicatore. S'introduce in questo luogo pas- sandolo per la fenditura romboidale fatta appositamente ae' •pezzi che ha da traversare. MiiigbKiti mio buun amico e concUtu- dniii. Egli 1' ha eseguita no' pochi mo' menti d ozio che gli concede 1' eaetcizio delU sua proleiuione , cirooitanza che accresce a un tempo e il pregio ilei la»«- ro e il debito della mia riconotceiua. Dbl C*v. Leopoldo Nobili lyS Perchè gli aghi siano nella giusta loro posizione, bisogna inoltre che il loro asse di rotazione passi esaltamente pei cen- tro del circolo EEE e che la loro direzione coincida con quel- la della linea dei o.° Per soddisfare alle condizioni accennate occorre innanzi tutto poter innalzare ed abbassare sino a un certo segno gli aghi astatici pendenti da un filo, che si presume già taglia- to prossimamente della lunghezza che conviene. Tali movi- menti d' alto in basso e viceversa si ottengono col girare la palla F': girando questo pezzo a dritta, l'asta s'innalza, gi- randolo a sinistra, l'asta s'abbassa (i). Per collocare l'asse di rotazione degli aghi nel centro del circolo graduato necessitano due movimenti, uno laterale , e l'altio longitudinale. Si consegue il primo girando la vite H (2); si consegue il secondo girando la vite K (3). ()) L'asta GG trntprta la p^lla, e pas- ta tlall'uii c. inteiiiamrnt'', per impedire all' atta di moverei niruldimentn allurrliè questa >' innalza o ei <<)itid$8a al gira- re della palla F'. Nella fig. 4. to- no ditegnati i pezzi tei itivi al mec- caniimo della palla : sono etsi dieputti gli uni al disotto degli altri , Eecun- do 1' ordine con cui vanno montati . Le viti e madreviti file ti corrispon- dono , tono Ridicale colle stesse let- tore. Il pez?o quadrangolare in cui ti per- de l'etlrtmità iiJetiore dell' ast.i GO , è legnato iu dd della fi^. 3. : si Essa a vite alla porzione di colonna che pat- ta al disotto del piritto CG. (a) il giuoco di questo meccanismo è tutto coperto dal piatto. 11 pezzo dd ( Bg. 3. ) riceve I appenilice ef la qua- le vi si fìssa d'intorno con una vice di pressione. L'appemlice è poi formata di una grossa 1 lera, e d'una specie d'a- nello ovale tagliato obbliqu^meiite in XX. La vite H è sostenuta inferioimen- te dalla liase d'un castelletto Ks^ito al piatto, e che è disegnato a paite m ZZ, Sulla Vite H scorre una madrevite guer- nita di due denti x', jr' , il primo de' quali è Idtlo per iscorrere lungo 1* in- taglio TX dell' anello ovale ; mentre l'altro y VH ]ier la guida yy d. 1 rt- stelletto ZZ. La colonna gira dentro la propria base. (3J Questo movimento s' intende al- la tuia ispezione dclU fig L'are» pqr J76 Sopra un Galvanometro ec. Il filo degli aghi astatici pende direttamente da un cap- pelletto conico a che porta un piccolo indice, ed è fatto per girare dentro allo scudetto bb. Questo circoletto è diviso di i5. in i5. , e spaccato, insieme colia palla che lo sostiene, nella direzione d'uno de' suoi raggi per dare passaggio al fi- lo di sospensione. Quest'appendice offre il mezzo di tener conto degli effetti dovuti alla torsione del filo, quando que- sti sieno tali da riuscire sensibili. Abbiam visto dove sono collocati i movimenti per ridur- re gli aghi astatici all'altezza conveniente, e nel giusto cen- tro del circolo graduato. Resta a vedere come i medesimi aghi si collochino sulla direzione della linea di o". Per avere que- sta coincidenza non credo che siasi usato finora altro meto- do che quello di girare a mano tutta la macchina sino a quel segno che conviene. Questa pratica va soggetta a troppi in- convenienti per essere tollerata in un istrumento che aspira a un certo grado di perfezione. Quello che stiamo descriven- do, non riceve a mano che il solo movimento necessario a ri- durre la linea centrale della tavola nella direzione del meri- diano magnetico. Si è a questo fine munita la tavola d' una piccola bussola LL , il cui ago è così distante da quelli del galvanometro, che quesii non ne risentono alcuna azione. Del rimanente la bussola non è fissata al piano della tavola : si può levare e rimettere a piacimento, non essendovi per essa che un conveniente incavo per riceverla. La giusta coincidenza dell' indice colla linea dei e." si ottiene poi facendo girare il piatto GG sul perno che lo so- stiene. Serve a quest'oggetto un ingranaggio comune, col mezzo del quale il piatto gira al girare dell'albero M (4)- Per- è s|i:iri ato nella SUJ parte inleriure, i ridi g. g entrano nrlla fessura, e ger- Tono III guida al pez/,o rnnbile (4) Vedi 1» sparraio disila scatola nella fìg. a. mM albero che gira sul sostegno pq ; rr rocchetto die ingrana i denti Del Cav. JjEopoldo Nobili 179 filo del moltiplicatore; 1' una risguarda la sua grossezza, l'al- tra il numero de' suoi giri d'intorno al telajo. In quanto al- la grossezza m'era già accorto fino dai primi miei tentativi per migliorare il galvanometro , che di troppo era sottile il filo d' i di millimetro impiegato da Oersted e da altri fisici nella costruzione di quello strumento. Una grossezza maggio- re conduce assai meelio le correnti elettriche senza andare soggetta a verun altro inconveniente. Il filo che scelsi per il primo mio galvanometro, era già grosso t di linea. Questo diametro presenta già molti vantaggi: pure guadagnasi anco- ra a crescerlo di qualche poco, come mi sono assicurato con reiterate prove. Il filo che copre il nuovo telajo , ha 7 di li- nea di grossezza. Bisogna ricordarsi che due sono le specie di correnti da misurarsi col galvanometro, le idro-elettriche , e le termo-elettriche. Egli è specialmente per quest' ultime che s'avvantaggia non poco ad assegnare una certa grossez- za al filo conduttore. Questo filo è sempre di rame ricotto : operazione che giova per adattarlo bene al contorno del te- lajo. Bisogna per altro guardarsi dal non bruciarlo punto né poco quando si ricuoce: altrimenti si perde nel filo una par- te della sua facoltà conduttrice. Due erano gli ordini di giri , con cui copriva il telajo del primo mio galvanometro: per compiere tutte quelle rivo- luzioni si esigeva un filo lungo ag. in 3o. piedi. Ora il filo più grosso che forma il nuovo moltiplicatore, compie sul te- lajo quattro ordini di giri, ed è lungo 44- piedi. Non avrei potuto crescere di tanto questa lunghezza senza avere au- mentato in una certa proporzione il diametro del filo. Istituendo un esatto confronto fra uno dei primi miei galvanometri e l'attuale, ritrovo che la stessa corrente ecci- tata dall'acqua distillata fra due pezzettini di rame e di zin- co , porta lo stesso sistema d' aghi astatici a g.° nel primo galvanometro, ed a 1:2.° nel secondo. Questo non disprezza- bile aumento di sensibilità risulta in parte dalla minore di- Stanza dell'ago interno dai giri del filoj ed in parte dalle i8o SoPTcA UN Galvano METRO ec. dimensioni di questo stesso filo più forti in lunghezza non meno che in grossezza. Le estremità del filo ravvolte insieme passano in é? { ^g." I.) attraverso del piatto: cosi unite continuano sino all'orlo dello stesso piatto, eh' esse trapassano obhliquamente per un fiaro praticato a bella posta nella grossezza del metallo. Esco- no in d , dove si dividono per congiungersi l'una alla colon- netta Rj r altra alla colonnetta R'. Queste due specie di pic- coli balaustri appartengono in via d' appendice al piatto , a cui sono fissate per mezzo di due orecchie d'ottone. Le co- lonnette sono di rame ed isolate dall' ottone sopra due zoc- coletti d' osso onde mettere alla disposizione del fisico un' circuito in cui non entri che una sola specie di metallo. E troppo interessante l' esperimento delle correnti eccitate in una sola specie di metallo per non riconoscere l'utilità d'un appendice^ che serve a verificare quel fatto iu una maniera egualmente comoda che diretta (7). Oltre alle colonnette di rame R , R' ve ne sono altre quattro O, O, O', O', le quali servono per tutti gli altri casi. Sono esse d' ottone, e riunite insieme con due lamine dello stesso metallo incastrate solidamente nel piano della tavola. Le colonnette della tavola si fanno comunicare con quelle del piatto per mezzo di laminette metalliche alquanto fles- sibili, onde si prestino ai movimenti del piatto cui sono at- (7) Le correnti termo-elettriche ec- titafe nel circuito d' un solo metallo appartengono senza dubbio alla classe delle più deboli: ciò nulUmeno 1' istru- raento le manifesta in un modo ben di- stinto . S'impegnino per esempio due fi-- i di rame grossi -y di linea sotto alle viti delle colonnette R, R'. Si pieghi- no ad uncino le estremità libere dei due fili, ed uno di questi capi uncina- ti si arroventi alla fiamma d' una can- dela per passarlo in seguito dentro all' uncino non riscaldato . Fatto questo si premano vivamente insii-me i due un- cini, e si vedrà subito partire l'indice dalla linea dei o°. e spingersi oltre i 90°. ogni qualvolta l'esperimento sia ese- guito colla debita eollecitudiiie. Del Cav. Leoi'Oluo Nobili l8i taccate le appendici R, R'. Si hanno sovente diverse corren- ti da scandagliare l'una dopo dell' altra: occorre in allora egualmente che in altri casi di avere più fili attaccati alle estremità del galvanoinetro. Colle quattro colonnette della ta- vola si provvede facilmente a tutte le occorrenze. Gli aghi astatici continuano ad essere lunghi ig in 200 linee, e grossi i di linea. Mi servo ordinariamente degli aghi da ricamo del N.° 7, i quali hanno a un dipresso le suddet- te dimensioni. Costumava dapprima ad infilzare i due aghi in una pa- glia: gì' infilzo adesso più volentieri nella nuda costa di cer- te penne, come sono p. e. le più corte che si cavano dalla coda de' gallinacci. Trovo in questa sostituzione due vantag- gi: r uno che la costa di tali penne non si spacca punto quan- do le traversano i due aghi; 1' altro ch'essa si presta meglio della paglia ai piccoli torcimenti che ha da soffrire quando si tratta di ridurre gli aghi magnetici allo stesso piano. Nel pre- parare questi aghi bisogna aver cura che il centro di gravi- tà del sistema coincida possibilmente col centro di figura. Co- sì l'indice si manterrà sempre ^ girando, in mezzo del circo- lo graduato , e così si eviteranno que' tracolli che nascono ne' sistemi malamente sospesi, e che rendono alle volte dif- ficilissima r operazione di fermare le coppie molto delicate sulla linea dei o." Dei due aghi il superiore solo serve da indice, come si è già notato: 1' altro gira dentro al telajo da cui rimane co- perto. Non è indifferente il posto che hanno da occupare. L^ago che ha più magnetismo va collocato dentro al telajo, siccome quello che soff"re maggior azione dai giri ripetuti del moltiplicatore. Quest' avvertenza m' era sfuggita nel corso del- le prime mie ricerche: sebbene non sia di grandissimo momen- to , pure merita anch' essa d' essere presa in considerazione. Il filo di sospensione termina in un occhietto a punta fatto con un filo di metallo ben sottile. Tal punta si vede in p [fig.'^ 6.): essa serve ad unire gli aghi astatici al filo di i8a Sopra un Galvanometuo ec. sospensione. I fili che si traggono dal bozzolo , sono ordina- riamente doppi ' quantunque si presentino sotto 1' aspetto d' un Ilio solo. Questa loro doppiezza non manca mai di pale- sarsi dopo d'aver fatti bollire i fili dentro un pò di lisciva. Il miglior modo di sospensione è d'impiegare un solo dei due fili che compongono il filo vergine (8). Il telajo D if^g-'' I- e 5. ) entra coi quattro suoi piedi in altrettanti buchi praticati nel piatto. Il circolo graduato posa nel mezzo sulla faccia superiore del telajo , ed alla cir- conferenza è sostenuto da tre colonnette e, e-, e. Il circolo va collocato in modo che il suo asse passi esattamente pel cen- tro e del telajo , e la sua linea dei o°. risponda con eguale precisione alla retta oo , intorno cui sono egualmente distri- buiti i giri ripetuti del moltiplicatore. Il circolo graduato ha due divisioni concentriche , V una molto maggiore dell'altra. La piìi piccola serve alla lunghez- za dell'indice ordinario su {fig. 6. ): la più grande serve al- lo stesso indice allungato con un' appendice ef. Colla divisio- ne interna che è di 3 in 3 gradi, rimane incerta l'indicazio- ne de' gradi non segnati. Colla divisione esterna che dà il mezzo grado a dirittura j, si arriva facilmente colla stima ad occhio a leggere il quarto di grado. E questa una precisione al di là dei bisogni ordinar]. L'appendice ef consiste in un sottilissimo filo o bava di vetro che si unisce alla punta s dell'ago superiore mediante un tubetto di paglia g. L' estremità e della bava è annerita per distinguerla meglio sul fondo bianco del circolo graduato. È inutile d'avvertire che l'appendice e/" va contrappesata con un pò di metallo / da applicarsi all' altro lato n. Queste aggiunte sono sicuramente d' una leggierezza dif- ficile da superarsi. Ciò non dimeno l'istrumento perde in gra- zia loro una parte notabile della sua sensibilità. La resisten- (8) Per le differenze che n.i8cono a ] questo riguardo, vedi la nota (to). Del Cav. Leopoldo Nobili i83 za che l'ago allungato soffre per parte dell'aria, è la causa principale della sua inerzia. Se gli aghi differiscono poco nel- la fòrza del loro magnetismo , quella resistenza basta a fer- marli fuori del luogo del loro giusto equilibrio ; onde per ser- virsi con sicurezza dell'indice allungato, conviene adattare l'appendice ad una coppia d'aghi, la cui differenza di ma- gnetismo sia tale da richiamarli ad una posizione stabile d'e- quilibrio^ vincendo dappertutto la resistenza che l'aria oppo- ne al libero movimento del sistema (9). Non è questo in al- lora da impiegarsi nelle ricerche d' un' estrema delicatezza : va riservato per le correnti più sensibili, delle quali interes- si di conoscere la misura con tutta quella precisione che si può desiderare in siffatto genere di ricerche. La fig.'^ 7. rappresenta un piccolo vaso di porcellana mon- tato sopra una scatola di metallo L'L' dello stesso diametro della bussola LL [fig-'^ i.)- <^osì può collocarsi nel posto di questa, e servire comodamente alla misura delle correnti idro- elettriche. Per le comunicazioni sorgono ai lati due colon- nette d'avorio forate un poco alla cima onde ricevere gli ar- chi metallici pq, p'q . Questi archi termmano in forma di mor- sa per serrarvi dentro le lastrine elettro-motrici che si vo- gliono esperimentare coi conduttori umidi. Le comunicazioni dei pezzi della vaschetta colle estremità del galvanometro si stabiliscono poi per mezzo di sottili laminette già preparate che partono dagli archi pq, p'q, e s' impegnano sotto alle vi- ti delle prime colonnette 0,0' della tavola del galvanome- tro (/g.» I. ). Ho unito alla vaschetta un assortimento di lastre di dif- (9) Si può anche ricorrere ad un al- tro espediente , a quello cioè di collo- care sul dinanzi del galvanometro una calamita abbastanza attiva per non per- mettere al sistema dei due aghi di fer- marti in più luoghi. Potrà un tale ri- piego giovare in altri incontri , vale a dire quando si vorrà diminuire la sen- sibilità dell' istromento senza cangiare gli aghi del galvanometro ( Annali di Chimica e Fisica ec. ec. Anno iSaS. bimestre 5.°) i84 Sopra un Galvanometro ec. ferenti metalli per esperimentarle le une dopo le altre alle estremità degli archi pq^pq {fig." 7. ). Quando la vaschetta è piena di qualche liquido, le laminette vi pescano dentro per la lunghezza di ao millimetri. Hanno tutte l'istessa lar- ghezza e grossezza , la prima è di 6 mil. la seconda di t di mil. Esperlmentate coU'acqua distillata alla distanza di 3a mil. le une dalle altre hanno dato i seguenti risultati platino = 59." di deviazione argento =57.° idem rame = 5o.° idem. ferro = dg° idem. piombo = 33." idem. stagno = 24°- idem. La coppia degli aghi impiegata in questa scala è una del- le più sensibili ch'abbia saputo procurarmi (io). Armata del- le appendici della fig. 6. non ritorna quasi mai all'istesso po- sto. Del resto così armata, in un esperimento eseguito nelle stesse circostanze di sopra, quella coppia ha presentato i ri- sultati che si notano qui sotto al solo oggetto di dare un'idea di quanto perde in delicatezza l'istromento coli' aggiunta di pesi che sembrerebbero di prima giunta tali, per la loro leg- gerezza, da pregiudicare ben poco la mobilità del sistema. Zinco e (io) Si può desumere la mobilità del- le coppie dalle deviazioni clie gli agili soffrono sotto una data torsione del fi- lo di sospensione. La coppia di cui si parla, sospesa ad un filo semplice ben preparato, devia di 5 in 6 gradi dalla sua linea d' equilibrio coti una torsione al filo di 360°. Con un filo vergine , vale a dire doppio , quella deviazione cresce di a in 3 gradi. / -V A' />a,/ /rf.) '_5^,. x/r • ^ ■ y- t:,..-., y^//. -'^'- -^^ . / \- V /^^ //.'' Del Cav. Leopoldo Nobili i85 Deviazione platino = iS." 4^' argento = i4-° o' Zinco e i rame =10." ferro = 4° ^' piombo = 3.° o' Si disse a suo luogo che la bussola LL { fig- ••) servi- va ad orientare la tavola del galvanometro. Oltre a quest'uf- fìzio essa si presta ad un altro , guernita che sia del pezzo rappresentato nella ^g. 8. Questo pezzo consiste in una la- stra d'ottone L'L", vota internamente per adattarsi all'orlo della bussola, e tale ch'essa sostiene due coppe d'avorio a, a\ e due colonnette bb, b'b' dell' istessa materia. Queste ul- time portano un filo conduttore cdefg, il quale termina colle sue punte presso al fondo delle due coppe. Situando la lastia L"L" sull'orlo della bussola, si ha in quest'appendice prepa- rato un galvanometro per le grosse correnti degli elementi al- la WoUaston. La tavola è guernita di due cassettini dove si custodi- scono i varj attrezzi dell' istrumento. Sono amendue incassa- ti nella parte massiccia della tavola l'uno da una parte in mm (yìg.'* 6. ) r altro dal lato opposto. Anche sul dinanzi si ve- de un'impostatura j ma questa è finta, e serve di semplice ornamento. Tomo XX. A a i86 SPERIENZE SOPRALA BILE MEMORIA DEL PROFESSOR DOMENICO MORICHINI Ricevuta adì ao. Novembre 1827. T U esame delle sostanze animali^ come di tutti gli altri col- pi terrestri fu con tanto zelo ed ardore intrapreso dai chi- mici della seconda metà del secolo decorso , potentemente in ciò secondati dal perfezionamento degl' istromenti, e dei mezzi di analisi, che può dirsi con verità essere nata in quel tempo la chimica animale, dalla quale sonosi già ottenuti risul- tamenti utili del pari alla fisiologia, ed alla patologia. Con- tutto ciò andrebbe lungi dal vero chi credesse essere giunte a tal perfezione le analisi chimiche delle sostanze, ma spe- cialmente degli umori animali , che la loro composizione fos- se intieramente svelata , e nulla più rimanesse a sperare da nuovi tentativi. Per avere una prova convincente della ulteriore perfettibilità di questo ramo di vunane cognizioni, basterà pren- dere ad esempio uno degli umori animali i piìi diligentemen- te analizzati, com'è la bile, e si scorgerà subito, che non ostante le due pregevolissime analisi sopra di essa istituite da Thenard [a) e da Berzelius {b) , oltre molte altre sperienze importanti aggiunte da Chevreul (e) , Lassaigne {d) , Cheval- (a) Memoires de la Societé d'Arcueil. Tom. I.° (i) Bihlioth. BritHnnique. Scieiic. et arts. Tom. 64. p.; ; . aa. Questa bile ha formato il soggetto principale delle ricerche di Thenard e di Berzelius , e siccome io mi propo- neva di paragonare fra loro le proprietà del picromele di por- co con quelle del picromele di bove e di qualche altro ani- male, così sotto questo aspetto soltanto io mi sono occupato della bile di bove. ' ' aS. Il suo colore era giallo tendente al verde. Il suo pe- so specifico a i3.* R. era = 1,017. Precipitava in giallo con Del Prof. Domenico Morichini igS l'acido solforico, ma il precipitato lavato con l'acqua calda, o fredda diveniva verde. ^4- Da nove oncie ossia 5184. grani di questa bile furo- no precipitati con l'acido solforico, 0,64. grani di picromele, trascurando quello ritenuto dal liquido acido sopra-stante, e quello che potè restare aderente al solfato di calce formato durante la neutralizzazione dell' acido solforico unito al pi- cromele precipitato. Io dunque non separai dalla bile di bo- ve, che o,o5i di picromele, ma la quantità non separata può valutarsi senza errore ad una metà di quella ottenuta, come ho osservato in altre sperienze. i5. Le proprietà caratteristiche del picromele di bove secondo Thenard, che se ne occupò particolarmente, e che per il primo introdusse questo nome in chimica sono le se- guenti (a). „È senza colore ed ha lo stesso aspetto e la stes- „ sa consistenza della trementina addensata. Il suo sapore è ,, in principio acre ed amaro, ed il suo peso specifico più „ grande che quello dell'acqua. Sottoposto all'azione del „ fuoco il picromele perde una parte della sua viscosità , si ,, rigonfia, si decompone senza dare che pochissimo o anche ,, niente di ammorviaca carbonata. Si conserva lungliissimo j, tempo senz' alcuna alterazione : esposto all' aria ne attira „ leggermente 1' umidità: è solubilissimo nell'acqua e nell'al- „ cool. Scaldato leggermente con gli acidi idroclorico, nitri- „ co, e solforico convenientemente diluiti, forma un compo- ,, sto viscoso sul quale l'acqua non ha che pochissima azio- „ ne. Gli alcali e la maggior parte dei sali non ne turbano „ affatto la soluzione ,, . ,t a6. Thenard (b) per ottenere il suo picromele si serve del seguente processo. Dopo aver separata dalla bile la ma- (a) Mem. citat. ed in particolare Traile de chimie Tom. 4' P^6- ^8^- Edizione del i8a4. (b) Memoirei de la Societé d'Arcueil Tom. I. pag. So. e seg. io6 Sperienze sopra la Bile teria gialla, che per avventura vi si trovasse sospesa precipi- ta , il liquido intiero ovvero il suo estratto ridisciolto in ac- qua con r acetato di piombo del commercio, nel quale fa di- sciogliere un' ottava parte di litargirio , e cosi ottiene ciò eh' egli chiama resina. Quindi separando il liquido quasi sco- lorato , che rimane sopra il precipitato ^ ottiene da questo una seconda precipitazione per mezzo dell'acetato di piombo comune. Ridiscioglie il precipitato ; tratta la soluzione con una corrente di gas idrogeno solforato, onde precipitare l'ossi- do di piombo, caccia l'eccesso di acido acetico con l'ovapora- zione, ed ottiene il suo picromele puro. ; ', 27. Ora il picromele che io ho ottenuto dalla bile di bo- ve seguendo il processo di Berzelius {a) e di Thomson {b).,h di un color verde che tende al giallo, e fusibile , infiamma- bile, attira dopo qualche tempo l'umidità dall'aria, ma in principio è secco, diviene negativamente elettrico con il ri- scaldamento, e lo stropicciamento, si rammollisce ai 2,7.'' R., e si fonde ai 5o°, ha un peso specifico = 1,3076, si scioglie incompletamente nell' acqua finché è colorato. Meno dunque qualche piccola modificazione che non distrugge alcuno dei suoi caratteri essenziali, il picromele della bile di bove ras- somiglia perfettamente alla resina ( cosi detta ) della bile di porco, e che io ho chiamata picromele di questa bile. a8. Le sole differenze rimarchevoli che sembrano distin- guere il picromele di Thenard dal principio bilioso di Ber- zelius, o dalla resina della bile di Thomson, o infine dalla so- stanza che imitando il loro processo io ho ottenuta nelle mie sperienze sono: i.° clie il picromele di Thenard è senza co- lore, ed il nostro è verde giallastro, e a.° che quello è in- tieramente solubile nell'acqua come nell'alcool, ed il nostro lo è incompletamente nel primo solvente. 29. Per riconoscere la cagione di queste differenze, io ri- (a) Biblio. Brit. Scieii. et art. Tom. 1 (h) System, de chimie Tom. 4. pdg. 54. pag. 3a. e seg. | 471. Trad. atemati- co circa la proporzione degli elementi confrontata colla cor- rispondente efficacia nell' azione delle forze vitali, ha dato come accennai, un'apparente ragionevole motivo ai nuovi pa- tologi di giudicare astruse, indefinibili , anzi inutili le indagi- ni fisiologiche tutte per la patologia e per la clinica medi- ca. Io non ho mai appoggiata questa necessità , ed è stato 22,8 Circa la pretesa inutilità' ec. già osservato, che io nelle nuove edizioni de' miei elementi della fisica del corpo umano non abbia reso esatto conto dei nuovi progressi della ciiimica circa le analisi dei solidi e dei fluidi animali , benché non abbia tralasciato d' indicare che esse siano state Fatte, e che la loro esposizione esatta si pos- sa trovare nei nuovi trattati di chimica animale. È stato poi scritto in un qualche accreditato Giornale che con quel- la ommissione io abbia mostrato d'ignorare questi progressi, e che sia da compiangere la sorte dei giovani italiani che ab- biano maestri così poco istrutti nelle cose recenti. Io però non mi sono scosso punto a simile rimprovero, e nel discorso ai lettori umanissimi premesso alla terza edizione dei miei ele- menti della fisica del corpo umano pubblicata nel iSaS., ho ripetuto con maggior precisione che ai fisiologo basta sapere: i .° che quanto più sono moltiplici gli elementi conqjoiienti le molecole primitive dei diversi corpi , tanto più gli elemen- ti e le molecole stesse hanno una mutua mobilità superiore alla mutua azione, con cui tendono ad unirsi e con cui si ten- gono in unione tra loro per costituire tessuti solidi animali: 2..° che durante la vita le mutue azioni degli elementi com- ponenti le molecole primitive animali e le mutue azioni del- le molecole stesse sono in tal equilibrio, che quantunque dalle sole inconspicue impressioni de' corpi esterni le moleco- le e gli elementi stessi di queste debbano mutare la positu- ra mutua ed anco la proporzione loro , sempre le molecole e gli elementi si rimettono con corrispondente prontezza allo stato di prima. Qual maggior peso, continuai io in quel discor- so , avrebbero queste proporzioni che servono al fisiologo di tanto lume , quando in luogo di dire che la calce , la soda , la potassa ec. sono gli elementi , avessi detto che i veri ele- menti sono il calcio , il sodio , il potassio ec. dai quali i chimici hanno ora potuto separare l'ossigeno che li porta a quel pri- mo stato? Basta sapere di certo che la normale assimilazione e distribuzione de' succhi nutrie] sia quella, che conserva la prontezza e 1' efficacia normale delle fijrze produttrici i ie- Di Stefano Gallino aag nomenl della vita , e che la normalità od inuormalità di quel- la assimilazione e distribuzione dipende sempre dalla norma- lità ed innormalità della continua circolazione, e delle alterne successive assimilazioni degli umori tutti circolanti. Alla qual verità basta aggiungere l'altra, che la continua circolazione e le successive alterne assimilazioni sono normali ed innor- mali in corrispondenza alla forza diversa delle impulsioni , che i fluidi circolanti possono ricevere dall' azione dei pareti del- le cavità e canali , per cui i loro componenti diversi devono or unirsi e condensarsi, or discostarsi e definitivamente sepa- rarsi. Non basta dunque regolare il numero e 1' attività de- gli agenti esterni, che dando già occasione alle azioni di tut- te le forze vitali inerenti, possono mantenerle o restituirle al- la normale loro prontezza ed efficacia, ma quando le stesse forze vitali inerenti sono permanentemente ad un certo grado minori o maggiori delia normale loro efficacia e prontezza all' azione, convien soprattutto regolare il numero e l'attività di quegli agenti, che più immediatamente concorrono a metter in azione i pareti delle diverse cavità e dei canali costituen- ti il sistema vascolare. Regolando quindi più immediatamen- te la qualità e quantità degli umori che possono essere assor- biti o riassorbiti , e la qualità e quantità degli umori che pos- sono essere eliminati dalla massa de' fluidi circolanti , si otter. rà più prontamente 1' effetto di conservare e restituire la nor- male assimilazione o distribuzione de' succhi nutricj, da cui dipende la conservazione della salute o la restituzione ad essa. Quando a questo oggetto inqjortantissimi devono essere i lumi dati dalla fisiologia circa la distribuzione dei vasi e dei nervi, e circa la mutua influenza dei due sisteu i vascolare e nervoso, io non vedo come possino essere trascurati questi lumi della fisiologia , ma nemmeno come si possa dire che queste inda- gini fisiologiche siano astruse , indefinibili e quindi inutili per la patologia e per la medicina pratica. Il Bufalini ingegnosissimo ragionatore, per quanto ne possa dire qualcuno che pretende af- ferrare all' istante ogni sua proposizione, insiste bensì nel so> 23o Circa la pretesa inutilità' ec. steneie die le deviazioni dalla normale prontezza ed efficacia di azione delle torze vitali dipenda dalle alterazioni nell'intimo organismo delle parti solide animali ; ma esso conviene anco- ra, che non si possa con precisione determinare la mutazione nel numero e proporzione degli elementi costituenti le mo- lecole primitive animali, e la mutazione di queste molecole che costituiscono i varj tessuti animali. Egli pretende soltan- to nella sua patologia che chiama analitica , di poter cono- scere da alcuni indizi sensibili le mutazioni che devono esservi neh' intimo organismo , e da questi segni esterni determinare le differenze delle malattie alle quali convenga addattare un diverso metodo curativo. Io non esaminerò ora quanto sia fondata la sua dottrina, ma dirò soltanto che a torto egli non trova sufficiente allo scopo quello eh' io ho indicato, cioè che convenga particolarmente regolare gli alterni assorbimen- ti e le alterne successive escrezioni , quasicchè questi rego- lamenti non debbano esser suggeriti e variati dal riconosce- re da che provenga la innormalità nell'assimilazione e distri- buzione dei succhi nutrie] . Io desidero che si voglia com- patire , se per oppormi al precipitato giudizio di alcuni inno- vatori di patologia, io non abbia che ricordato quello che più volte ho pubblicato senza aggiungere alcuna cosa di nuovo. Convengo poi che i sommi capi di queste innovazioni non abusano delle loro generali proposizioni, e devo manifestare la mia somma compiacenza per avere letto che il Tommasini giustamente celebre Professore, il quale aveva taicto favore- volmente giudicato de' miei lavori fisiologici , e della loro u- tilità nelle sue lezioni critiche di fisiologia e patologia, in una nota alla pagina 70. della seconda edizione della nuova patologia Italiana abbia scritto ,, né veggo a quali massime della nuova dottiùna si oppongano i pensamenti fisiologici dell'amico Prof Gallino,,. Io ho insistito su tale argomento in questa Memoria, perchè alcuni Dotti abusano delle propo- sizioni generali , o danno almeno occasione ad abusarne a quelli che abbagliati da una pretesa simplicità, non pensano Di Stefano Gallino a8f ad afferrare bene le basi della nuova dottrina e le circostan- 7.Q che si devono avere in mira nel segnirla. OSSERVAZIONI INTORNO AD UN PARTICOLARE MOVIMENTO PRODOTTO DAL CALORE ne' LIVELLI A BOLLA d' ARIA. MEMORIA DEL SIC. DOTTOR GIUSEPPE BELLI PROF. DI FISICA NELl' I. R. LICEO DI PORTA NUOVA DI MILANO PRESENTATA DAL SOCIO FRANCESCO CARLINI EDAPPROVATA DAL SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI Ricevuta adì a. Novembre 1827. I. INel ripetere mesi sono alcune sperienze del Signor Gu- glielmo Libri relative al moto de' liquidi sui corpi riscalda- ti (1), mi venne al pensiero potersene fare un'applicazione ai livelli a bolla d' aria , nei quali applicando del calore la- teralmente alla bolla parvemi che questa avrebbe dovuto muoversi ed avvicinarsi alla parte più riscaldata. Procurato- mi pertanto uno di questi livelli ne feci 1' esperimento , e con mia soddisfazione riuscì questo compiutamente secondo che io m' aspettava ; intrapresi quindi alcune altre sperienze per verificare la spiegazione che io me ne era formata, ed anche queste riescirono conformente a ciò che io aveva im- maginato. Parendomi ora che queste cose possano avere qual- che novità e sieno atte a spargere nuova luce sulle irrego- (i) Annales de Chìmie et de Physii/ue T. XXIX. ( art. i8i5 ), p. 67. Del Sig. Dottor Giuseppe Belli a33 maginato. Parendomi ora che queste cose possano avere qual- che novità e sieno alte a spargere nuova luce sulle irrego- larità di questi strumenti , oltre a quanto venne già osser- vato da diligentissimi autori (i), ho sperato che potranno forse interessare il pubblico a cui le presento in questa Me- moria. Io dividerò questo mio lavoro in due parti ; V una pu- ramente fisica, dove esporrò quelle sperienze colle quali io verificai il sopraccennato moto delle bolle dei livelli, e quel- le altre con cui mi assicurai che la causa da me assegnata è veramente quella che produce il fenomeno; 1' altra in vece matematica, dove mi sforzerò di mostrare, almeno in qualche parte , il modo con cui questa causa dà origine al fenomeno medesimo. PARTE PRIMA Sperienze sul moto prodotto dal calore nelle bolle de"" livelli. a. Volendo procedere in modo storico ;, secondo che si succedettero le idee, comincerò dall' esporre, benché sia del genere di quelle del Sig. Libri , la esperienza che diede oc- casione alle altre. Sperienza I." Ho presa una lamina rettangolare di ferro lisciata in una delle due faccie , 1' ho collocata orizzontal- mente colla superficie liscia al di sopra, e spalmata quindi leggermente d' olio e versatavi sopra una larga goccia di que- sto liquido , vi ho posta di sotto una lucerna accesa , riscal- dando con questa la lamina lateralmente alla goccia. Ho ve- duto allora quest'ultima muoversi di un moto sensibilissimo, allontanandosi dalla parte riscaldata e dirigendosi verso la (i) Veggansi n^W Appendice alle Ef- femeridi Astronomiche di Milano per l'anno 1827. due pregevoli Memorie su questo eoggetto , l'una del Sig. Car- lini , l'altra del Piof. Bianchi di Mo- dena. E qui noterò, siccome cosa che s' attacca con quanto io avrò ad espor- re , che il Sig. Carlini avverte in que- sto suo lavoro, p. 83., essere dovuto alla capillarità 1' incurvamento o ton- deggiaraento delle bolle de' livelli alle loro due estremità. Tomo XX. G g- a34 Osservazioni ec. fredda ; e ciò secondo qualsivoglia verso , potendola far avan- zare e retrocedere secondo che più mi piaceva , e senza che io avessi usata gran diligenza nell' orizzontare la lamina. E facile a vedersi che questo fenomeno non si può at- tribuire al movimento dell' aria riscaldata , giacché questo avrebbe in vece fatto muovere il liquido verso il luogo del mag- gior calore, ove l'aria riscaldata si innalzava chiamandone dell' altra dal lato più freddo ; oltre a che l'innalzamento di quest' aria a chi vegga effettivamente il fenomeno, sembra lontano dal poter produrre nell'olio un moto così sensibile. E nem- meno può attribuirsi a sviluppo di vapore o d' altra sostan- za aeriforme , che colla sua forza espansiva respinga in par- te contralia la superficie liquida da cui proviene ; percioc- ché il fenomeno si mostra a temperature assai più basse di quello che basti per isviluppare sostanze aeriformi dall' olio. La vera cagione sembra essere una diminuzione dell'attrazione molecolare fra l'olio della goccia e la lamina già spalmata di questo liquido , in conseguenza del calore prodotto dalla lu- cerna sottoposta; o ciò che é lo stesso, una diminuzione neir attrazione vicendevole delle molecole dell' olio . Non trovandosi più eguale questa attrazione tutto all'intorno del- la massa liquida, vien questa attratta più dall' una parte che dall'altra, e si muove verso la banda della maggiore attra- zione cioè dove la lamina è più fredda (i). 3. Sperienza II." Ritenendo per vera una tale spiegazio- ne , parveuii che prendendo un livello a bolla d' aria , e ac- costandovi da un lato un corpo riscaldato in guisa, che il tu- (i) Ànnales de Chimie et de Physi- que , T. XXIX. p. 58. Io mi scosto però alcun poco dalla spiegazione qui- vi esposta ; giacché ivi si dice essere la diminuzione d' attrazione fra la mate- ria solida della lamina ed il liquido quella che produce 1' effetto, ovvero anche una ripulsione fra le molerole liquide indotta dal calorico. A me non pare che nell' olio le molecole riscalda- te si respingano , ma crederei che ri- manga ancora fra di esse un resto di attrazione. E riguardo al tener conto della sola azione fra il solido ed il li- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a35 bo divenisse più caldo dall' una banda della bolla che dall' altra , mi parve , dico , che essa bolla avrebbe dovuto ab- bandonare il suo posto e muoversi verso la parte del mag- gior calore. Perciocché , ragionava io meco stesso , lo spinto di vino che è contenuto nel livello , tanto dal lato destro della bolla quanto dal sinistro tende pei l'attrazione capilla- re ad avanzarsi verso il luogo occupato dalla bolla stessa ( sia essa piena d' aria o di vapore aicoolico o anche vota , che di ciò a noi non importa): finche però il calore è uni- forme , essendo uguali le due contrarie tendenze non può essa decidersi né verso 1' una parte né verso l' altra. Ma quando dall' un de' lati venga il tubo ad essere più caldo , ivi 1' at- trazione fra il velo liquido che sta aderente a tutta la sua interna superficie^ e la rimanente massa di alcool, si farà più debole; in conseguenza di che venendo a riuscir maggiore la forza colla quale il liquido cerca di avanzarsi dalla banda op- posta , succederà quivi un effettivo avanzamento; e intanto nella parte più calda il liquido si ritirerà, scorrendo sotto la bolla per recarsi dall'altro canto, e così questa bolla si tra- sporterà verso la parte riscaldata. Mentre che io stava facendomi costruire il livello dall' abile macchinista della Specola di Brera Carlo Grindel , feci alcune prove coli' acqua ^ riempiendone quasi interamente un tubo di vetro, tanto che non restasse voto che lo spazio d'una piccola bolla, turando ambedue le estremità, e quin- di cimentando 1' apparecchio nel modo che aveva immagina- nato di fare col livello. Ma non ottenni verun risultamento; quido , senza fir anche concorrere uno scemamento d' attrazione fra le mole- cole liquide , non mi sembra che ha' Bti ; poiché in tal caso dovrebbe veni- re sollecitato al moto il solo primo stra- to liquido aderente alla lamina , al quale solamente estendesi 1' azione del- la lamina solida, e gli altri strati non verrebbero che portati meccanicamente da esso ; ora questo primo strato è im- pedito assaissimo dall' attrito colla su- perficie della lamina stessa , e non si avrebbe moto sensibile ce non vi fossa diminuzione d' attrazione anche fra le molecole dell' olio. a36 OssÉHv AZIONI ec. sia che 1' attrazione capillare dell' acqua poco si alteri pei cangiamenti di temperatura, specialmente ne' gradi vicini alla congelazione ne' quali io sperimentava, sia che le parti di que- sto liquido non godano di una sufficiente scorrevolezza ; in- torno al che io non curai di occuparmi. Appena però che io feci l'esperienza col livello ^ con mia grata sorpresa rie- scimmi la cosa appuntino come io 1' aveva concepita. Giac- ché orizzontato lo strumento, ed accostatovi un corpo acce- so, superiormente al tubo e da un fianco della bolla, vedeva questa in un modo chiarissimo dopo qualche minuto secondo muoversi verso la sorgente del calore. Posto il corpo acceso dall'altro lato della bolla io la faceva retrocedere; e ciò quante volte io voleva. Né ciò punto avveniva o per dilatazione dell' alcool che ristringesse la bolla , o per allungamento della bol- la permesso da dilatazione del tubo. Perché la bolla moveva- si tutta in corpo, trasportandosi verso la fonte calorifica si colla estremità più vicina che colla più lontana, né scorge- vasi sensibile variazione nella di lei lunghezza. Laddove se il fenomeno fosse stato la conseguenza d' un raccorciamento della bolla, avrebbe dovuto la sua estremità più vicina re- trocedere, e se fosse derivato da un allungamento, avrebbe dovuto retrocedere la più lontana ; oltre a che gli spazii per- corsi sarebbero stati in ambi i casi assai minori. 4- Sperienza III.'^ Esposi il livello al Sole, orizzontandolo mentre la luce vi cadeva sopra tutta la sua lunghezza ; e po- scia intercettai i raggi da un lato della bolla, permettendoli solamente dall'altro. E a capo di circa un minuto vidi la bol- la mettersi in moto, e lentamente incamminarsi verso la par- te illuminata, quindi farsi il moto più spedito e continuare per lo spazio di parecchie linee. Se in seguito faceva che la luce cadesse dal lato opposto, la bolla a poco a poco si fer- mava, e dopo qualche momento di riposo tornava lentamente a retrocedere. Nelle quali prove per la miglior riuscita gio- vava che i raggi permessi non cadessero lontani dalla bolla ma uè illuminassero una porzione. Cj Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 2.87 Parveml allora di avere ritrovata una delle principali ra- gioni perchè questa specie di livelli non riescano sempre di un uso sicuro, e insieme alla dote di una squisita sensibilità abbiano anche l'accusa di una qualche irregolarità. Ciò si dovrebbe a mio giudizio attribuire alle parziali impressioni di caldo e di freddo, alle quali segnatamente nelle operazio- ni di campagna essi possono andare soggetti. Per dire il ve- ro, di un tale difetto cagionato ne' livelli dal calore mi è sta- to assicurato da taluno aversi già contezza, ma però senza che se ne conosca ( per quanto io potei sapere ) né la legge costante né la spiegazione. 5. Sperienza IV." Restavami però un sospetto; dubitava cioè che questo moto della bolla potesse per avventura de- rivare da sollevamento del tubo nella parte più riscaldata, in conseguenza di una leggiera dilatazione del sostegno d' otto- ne da questa parte medesima. Per verificare la cosa, mi pre- parai un tubo di vetro piuttosto lungo, di tale diametro che una bolla aerea lunga circa un pollice non ne occupasse tut- ta la larghezza , chiuso da ambedue le estremità, e ripieno di spirito di vino fuori solamente d'un piccolo spazio lasciato voto, e postolo col mezzo sopra di un sostegno lo orizzontai, vale a dire lo disposi in guisa che la bolla si trovasse prossimamen- te nella parte media; il che per qualche leggiera concavità longitudinale interna facilmente ottenni. Avvicinato allora un corpo acceso, vidi nuovamente il consueto fenomeno ; ed an- zi ancor meglio, stantechè la maggiore lunghezza del tubo mi permetteva di condurre la bolla per maggiore spazio. Ed era curioso il vedere che la bolla si moveva con velocità crescente fin sotto al corpo acceso, e quivi si fermava; portato piìi inanzi questo corpo, ella restava per alcuni istanti in riposo ; finché elevatasi abbastanza la temperatura alla nuova posizione del corpo acceso medesimo, ella riprendeva nuovamente il suo moto. Né qui si aveva dilatazione di sostegno che elevasse il tubo ; che anzi il calore dilatando il vetro alla parte supe- riore ( giacché a questa io appressava il corpo riscaldato ) Io a38 Osservazioni ec. incurvava necessariamente alcun poco e il deprimeva dal la- to più caldo ; effetto in vero leggerissimo , ma però tenden- te piuttosto ad opporsi al moto che appariva nella bolla an- zi che a promuoverlo. 6. Vi sarebbero altre due cagioni, a cui potrebbe dubi- tarsi dovuto il fenomeno, e sono la diminuzione della densi- tà del liquido operata dal calore, e l'allargamento del tubo prodotto dal medesimo. In quanto però alla prima, prescin- dendo dall'azione capillare e considerando la sola meccanica azione delle pressioni, non sarà difficile a dimostrarsi che el- la dovrebbe produrre un effetto interamente contrario. Se in- fatti noi immagineremo che la bolla si cangi in un corpo so- lido della stessa figura, il quale per maggiore comodità di ra- gionamento supporremo ritenuto immobile ; e che nella capa- cità del tubo vi abbia superiormente dall'una banda del luo- go della bolla uno strato di liquido meno denso, sotto cui pe- rò siavi del liquido della stessa natura che dalla banda op- posta, questo pezzo solido si troverà maggiormente premuto dalla parte dello strato men denso che dalla contraria. Per in- tenderlo si concepisca che tutta la massa liquida venga divi- sa in tanti sottili strati sovrapposti l'uno all'altro per mez- zo di tanti piani orizzontali, de' quali i piìi bassi passino sot- to la bolla e i più alti la taglino. È chiaro che in ciascuno degli strati infimi la pressione del liquido sarà la stessa sì alla destra che alla sinistra della bolla ; e che questa unifor- mità dovrà mantenersi anche negli strati superiori, fino a che si continuerà ad aver liquido di una medesima natura; giac- ché una tale pressione andrà bensì scemando dall'uno strato al sovrapposto, ma la diminuzione sarà la medesima sì dal la- to destro che dal sinistro. Quando peiò dall' una banda si comincerà ad aver liquido più raro che dall' altra , allora la pressione non sarà più uniforme , venendo ad essere meno scemata dalla parte del liquido men denso che da quella del più denso ; e così negli strati del liquido più raro si avrà maggior pressione, che in quelli dall'altra banda che corris- Del Sig. Dottor Giuseppe Belli 289 pondono alla medesima altezza. E siccome questa differenza di pressione dee manifestarsi anche verso la superficie del corpo solido sostituito alla bolla, ne succederà che dalla azione simultanea delle laterali pressioni esso si troverà sol- lecitato verso gli strati pivi densi. Potrebbe però alcuno riguardare la diminuzione della densità come cagione di indebolimento nell' attrazione capil- lare, ed attribuire direttamente a questo il nostro fenome- no ^ reputando quella solamente come sua causa remota. A ciò io non mi oppongo minimamente j, bastandomi che il fe- nomeno si attribuisca come a sua causa prossima all' azione capillare diminuita. 7. In quanto poi all' allargamento del tubo , questo nel vero è favorevole al moto che scorgesi nella bolla, siccome quello che diminuisce la tendenza del liquido ad avanzarsi verso il posto della bolla stessa; ma mi pare troppo piccola cagione, ed incapace a produrre da se sola il fenomeno. Sup- poniamo per un esempio che il tubo sia del diametro inter- no di 4 linee , e che per la vicinanza del corpo riscaldato la sua temperatura si elevi di ao.° R., e ciò non solamente alla parte superiore, ma ben anche lateralmente all'asse e al di sotto. Essendo la dilatazione lineare del vetro corrispondente a questo elevamento di temperatura di r^^ , sarà l'aumento dell'interno diametro di ~— di linea, ossia di — -t di linea. 4500 iiaD Ora sono ben altro maggiori le irregolarità e le differenze di diametro che esistono nell' interno de' tubi anche fra punti vicini della loro lunghezza; specialmente se non sieno lavo- rati, come è appunto il caso dell'ultima sperienza. E da que- ste irregolarità e differenze verrebbe la bolla ad ogni trat- to arrestata, se non fosse sollecitata da un'azione assai più possente che quella non è dei dilatamenti operati dal calo- re ; giacché essa bolla incontrerebbe spesso de' restringimenti assai maggiori , i quali annullerebbero e interromperebbero 2,^0 Osservazioni ec. r effetto di quelle dilatazioni. AH' incontro noi possiamo per mezzo del calore agevolmente condurre la bolla da un luogo ad un altro , e farle superare anche tutti que' restringimen- ti che dalle dette dilatazioni non vengono appianati. 8. Sperienza V."* Per assicurarmi con prove dirette se veramente il calore diminuisca 1' azione capillare dello spiri- to di vino, presi un sottil tubo di vetro con annessa una scala minutamente diyisa , lo posi in un altro tubo più lar- go inferiormente chiuso , ove altresì versai dello spirito di vino a o ^ 86 di gravità specifica , in tanta quantità che vi rimanessero tuffate sì le inferiori divisioni della scala , che la parte infima del tubo capillare. Quindi procuratami una bottiglietta trasparente e di largo collo, la riempii più vol- te, ora d'acqua fredda, ed ora di calda, la quale {wi la- sciava che lentamente si raffreddasse; a ciascuna volta vi introduceva il piccolo apparecchio ; e dopo alquanti minuti di dimora, necessarii perchè potesse prendere la temperatu- ra dell'acqua, osservava la differenza di livello dall'interno all'esterno del tubo capillare, quindi estratto 1' apparecchio esplorava immediatamente con un termometro introdottovi la temperatura della bottiglia. Lascio da parte le prime due prove in cui non aveva praticate alcune cautele riconosciu- te necessarie dappoi ; che sono di aspettare , come si è detto , alcuni minuti a far V osservazione, e di osservar sempre il livello dello spirito anche all'esterno del tubo capillare per- chè anche ivi si cangia colle temperature . I risultamenti delle altre sono i seguenti: Temperature ni'.j;i . , ■] ( dell' alcool ■•^ii'j.ii'jj'rj-". ..,, ■- ,.] 44-° Reaumur . . . , . : 33.° 8 0 • tf -■ » • • •■'■■ . .:) ■ ..: 7-° 2 • • • • ii" i»! 6 " Elevazioni nel tubo capillare . Divisioni aii , 5 ■ • a3 •■•••' a5 . 25 •:■;;! i:-:i,i- 2.a ■ :-if'r::i' a5. •:. Del Sic. Dottor Giuseppe Belli .■ ii/^ì Le divisioni della scala erano di una mezza linea ciascuna ; ma questa cognizione poco importa^ non avendo preso misu- ra del diametro interno del sottil tubo. Non ho poi potuto no- tare le suddivisioni che ad occhio; quindi di un quarto di di- visione in più o in meno non posso assicurare. Rimane adunque dimostrato che il calore diminuisce ef- fettivamente e in maniera molto sensibile 1' attrazione capil- lare dell' alcool ; perocché non solamente la colonna liquida che si solleva in un dato cannello ad un' alta temperatura è di una minore lunghezza, ma è da notare altresì eh' ella è specificamente piìi leggiera. La parte poi che qui ha la dila- tazione del tubo, è tanto piccola che non è da tenerne con- to. Diffatto ad un innalzamento di temperatura di 5o.° R. corrisponde un allareamento nel diametro di - — all'incirca, ossia di circa — — ; da cui deriverrebbe un abbassamento nella 1800 coloni);) di ~ — del totale, che nel nostro caso corrispondereb- lÒOO '■ he a -^i— ossia a 5— di una divisione. 180.1 oa Lo scemamento dell' azione capillare a cagione del calo- re era già stato considerato dal Laplace , il quale giudicava che la colonna liquida sollevata in un dato tubo doveva tanto accorciarsi quanto diminuiva la sua densità (i). Dalle mie prove parrebbe che questa diminuzione d' altezza superi in propor- zione quella della densità, e ne sia forse il doppio: su ciò però converrebbe instituire altri sperimenti più accurati. Co- munque sia, la legge di una tale diminuzione mi sembra do- versi attingere dai fatti, essendo cosa impossibile il veder chiaramente come si mutino le vicendevoli azioni delle mi- nime particelle materiali in forza del calore. (i) L.ipUcH, Théorie de l'action capillaire , :^uj>plcment \> 38. Biot. Traiti de Physique , edizione del 1816. in qnattro volumi, T. I p. 454. Tomo XX. H h 24^ Osservazioni ec. 9. Sperienza VI." Per collegare questo risultamento colle sperienze del Sig. Libri ^ e con quella delle bolle de' livelli ho eseguite altre due sperienze, le quali non somministrano a vero dire veruna nuova cognizione , ma servono a raffor- zare le cose precedenti. La prima si fu di porre in un tubo di vetro del diametro di circa una linea una goccia di alcool che vi occupasse la lunghezza pressocchè d' un pollice, e orizzontato il tubo accostare un corpo riscaldato da un lato di essa , la quale dopo pochi istanti io vedeva allontanarsi dalla sorgente del calore. È facilissimo lo scorgere come que- sto fenomeno derivi dalla già ritrovata diminuzione nell'azion capillare al luogo riscaldato , e come d' altra parte esso si le- ghi colla prima sperienza dell' olio sulla lamina , e serva d' anello fra questi due fenomeni. 10. Sperienza VIL" Ho poste da ultimo nel tubo della sperienza precedente due piccole masse d' alcool lunghe cir- ca due pollici , e separate da un intervallo poco minore di un pollice. Reso ben orizzontale il tubo e stazionarie le due masse liquide colla bolla interposta , ho accostato ad una e- stremità di questa un corpo riscaldato, e come è facile a pre- vedersi, ho veduto la bolla farsi vicina a questo corpo^, scostan- dosene la massa d' alcool contigua ed appressandovisi per la pressione dell'aria esteriore la massa più lontana. E chiaris- sima a vedersi la derivazione di questa sperienza dalla pre- cedente j e come ella sia un secondo anello per condurre al fenomeno dei livelli a bolla d'aria. 11. Un'altra cosa ed assai importante or mi rimarrebbe , e sarebbe di determinare con esperienze dilicate sino a che punto possa arrivare questo effetto del calore negli ordinarii livelli; vale a dire, fatto che dalle due bande d'uno di essi vi abbiano due diverse ma costanti temperature , trovare di quanto verrebbe a spostarsi la bolla dal punto ove riposa quan- do ha una temperatura uniforme , e di quanto dovrebbe il livello deviarsi dalla direzione orizzontale per rimettere la bol- la in quel punto. È chiaro che ciascun livello darebbe de' Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a^3 risultamenti particolari, diversi da quelli di qualsivoglia al- tro. Si trari'ebbe nulladimeno molto lume sulla grandezza di queste irregolarità , e sul grado di confidenza che si può ave- re nell'uso di questi strumenti. Similmente si troverebbe se a questa irregolarità possano attribuirsi alcuni fenomeni che da tutt' altra cagione sonosi fatti dipendere. E insieme si po- trebbe indagare qual sia la migliore maniera di tenere custo- diti i tubi de' livelli per garantirli da questa causa d'errore. Ma non avendo io apparecchi a ciò acconci , non posso che invitare quelli che li posseggono, a proseguire e a compiere queste ricerche. Intanto terminerò questa prima parte col raccomandare a que' pratici, i quali per propria esperienza non avessero imparata questa cautela, di ben difendere i lo- ro livelli dalle parziali impressioni di caldo e di freddo , e di procurare che il calore a cui tali strumenti possono anda- re esposti , vi sia distribuito il più che si possa uniformente. ^44 PARTESEGONDA CONSIDERAZIONE SUL MEDESIMO ARGOMENTO. la. Ci rimarrebbe ora da esaminare circostanziatamente in qual modo operi la diminuzione dell' attrazione capillare per determinare la bolla a muoversi : giacché vi è qualche differenza dal caso de' livelli a quello della sperienza VII., in questa la bolla occupava tutta la larghezza del tubo , e separava interamente le due masse liquide , la qual cosa ne' livelli non accade. Ma la ricerca è assai più difficile di quello che pare in sulle prime. Se noi supponessimo che do- po il riscaldamento parziale fosse la bolla per un istante im- mobile , ed avesse le due estremità di una medesima figu- ra, e non si fosse cangiata la densità del liquido, sareb- be ovvio il vedere che lo scemamento dall' un de' lati dell' attrazione capillare renderebbe ivi minore la tendenza de' fi- letti liquidi orizzontali per inoltrarsi verso lo spazio vano ; dal che risulterebbe disequilibrio e moto verso la sorgente ca- lorifica. Ma durante il riscaldamento ha luogo diminuzione di densità che è da se sola una cagione di moto ; inoltre al pri- mo muoversi la figura della bolla si altera, e da questa mu- tazione di figura viene a modificarsi 1' azione capillare che è un'altra causa produttrice del moto. Dal che nasce che quan- do si voglia considerare la bolla in moto , la questione è di una grande complicazione; e sarebbe già intrattabile anche quando fosse assai più semplice , come è ben noto a chi co- nosce i principii rigorosi dell' idrodinamica. i3. Si potrebbe semplificare il problema cercando la for- ma di equilibrio della bolla quando da un lato , senza can- giamento di densità, venisse a mutarsi l'azione capillare, e determinando la posizione che aver dovrebbe 1' interna su- perficie del tubo affinchè la bolla potesse godere di una tal forma. In questo supposto è facile a vedersi che ad uguale altezza da un piano orizzontale, la superficie della bolla do- Dbl Sic. Dottor Giuseppe Belli ^45 vrebbe essere maggiormente incurvata^ o avere minori i rag- gi di curvatura da quella banda ove essa attrazione capillare fosse scemata , affinchè l' incurvamento più grande venisse a risarcire un tale indebolimento (i). Si osservi la ( fig. i-") ove in B. si suppone diminuita pel calore l'energia dell' azione capillare. Il più grande incurvamento poi farebbe, che andando noi, da quel lato di essa superficie, a punti successivamente più elevati , arrivassimo più presto al suo ripiegamento all' indietro e a quello all' ingiù. E giacché nel caso d'equilibrio dee superiormente la superficie del vetro esserle tangente, ne avverrà che questo vetro dovrà essere più basso dalla banda più riscaldata (fig. a."); altrimenti la superficie della bollasi ripiegherebbe senza giungere a toccare quella del vetro, cosa che sarebbe incompatibile col supposto equilibrio ( fig. 3." ) . Adunque perchè la bolla rimanga stazionaria dovrà il tubo essere alcun poco depresso dalla banda dell' azione capillare indebolita. Io non ho qui considerata la diminuzione del pe- so specifico del liquido , che ha luogo nella parte stata espo- sta al calore , né 1' incurvamento della bolla secondo il ver- so laterale, ma solamente quello della sezione media longitu- dinale. Mi sembra però difficile il voler trattare la quistione con tutto il rigore , anche in questo caso più facile dell'equi- librio. (i) É noto che uu filetto liquido terminato ad una superfìcie concava viene per 1* azione capillare atratto verso l'esteriore spazio voto con una forza espressa in generale da 2 V R R' / dove H è un coefficiente costante che dipende solamente dalla natura e dal- lo stato del liquido ( dalla temperatura p. e. , dalla pressione che ne può can- giare la densità ec. ) , ed R, R' sono ì raggi di curvatura massimo e mini- mo di quell.i concavità nel punto ove termina il filetto liquido medesimo. Ora nel caso nostro 1' equilibrio esige che la suddetta forza sia eguale per tutti i punti della superficie della bulla che sono ad uno 6f«-s>o livell'i ; d' altronde il coefficiente H da una b jndn, si sup- pone diminnitn, dovr:'i dunque di ne- cessità trovarsi ivi accresciuto 1' altro fattore , e quindi diminuito per lo me- no uni) de' raggi R , R'. a46 Osservazioni ec. i4- Per facilitarla ancor più^ onde si possa esaminarla più minutamente fingerò un caso ijiotetico. Supporrò die la bolla di cui ACB ( fig. 4" ) è una sezione , non abbia la sua maggior dimensione nel verso di questa sezione stessa , ma nella direzione ad essa perpendicolare , e che la sua lunghez- za sia molte volte più grande della larghezza; inoltre che la sua superficie , almeno nelle parti vicine alla sezione sud- detta ACB , molto si approssimi a quella che verrebbe gene- rata da una retta che scorresse su di essa sezione mantenen- dosi perpendicolare al di lei piano. Il qual caso si verifi- cherebbe sensibilmente allorquando la massa liquida insieme colla bolla si trovasse coperta da una lamina di cristallo leg- germente curvata , presentando inferiormente una cavità ci- lindrica di cui HIL posta nello stesso piano della ACB fos- se una sezione perpendicolare all' asse. Ed esaminerò primie- ramente quale sia la forma della sezione ACB nel caso della uniformità della temperatura,, quindi come ella venga alte- rata da una determinata variazione della temperatura stessa in una sua parte. i5. Nell'ipotesi ora stabilita, ed ammesso come si è detto che la temperatura del liquido sia uniforme, la curva ACB è facile a determinarsi, essendo quella medesima che si conosce già dai Meccanici sotto il nome di curva elasti- ca (i). Per averne 1' equazione riferiamola a due assi orto- gonali OX, OY, l'uno orizzontale e 1' altro verticale , e chia- miamo rispettivamente a;, jy le coordinate secondo questi assi di un punto K preso arbitrariamente in essa, ritenendo che le x crescano da sinistra a destra, e le j dal basso all'alto. Chiamia- mo inoltre a l'altezza a cui può essere sollevato il liquido per l'azione capillare corrispondente alla concavità nel punto infimo C. E fissiamo Torigine delle, coordinate in un punto O situato (i) Laplace. Théocie de l'action capillaire , Lection I. %. 8. Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 247 verticalmente al di sotto di C , ad una distanza CO uguale ad a. Infine chiamiamo li' il prodotto costante del raggio di un tubo capillare per 1' altezza a cui il nostro liquido vi si può sollevare ; ben inteso che per tale altezza venga pre- sa la lunghezza media della colonna liquida sollevata, os- sia quella lunghezza che ella avrebbe se fosse ridotta ad un cilindro dello stesso diametro della interna cavità del tu- bo , la quale lunghezza poi si ottiene con una grande ap- prossimazione aggiungendo il terzo del raggio del tubo { cioè della cavità interna di esso) all'asse della colonna liquida sollevata , preso quest' ultimo dal centro della base di essa sino al punto infimo della superiore concavità (i). Poste queste cose la curva ACB sarà data dalla seguente equazione essendo R ^ R' i raggi di curvatura massimo e minimo della superficie della bolla al punto K. Immaginiamo difatti che il liquido che sta d'intorno alla bolla comunichi con dell' altro perfettamente simile posto in un ampio recipiente, ove la superficie libera possa essere pia- na ed orizzontale , e dove la pressione dell' aria sovrapposta a questa superficie uguagli quella esercitata dall' aria che sta entro la bolla, il che sarebbe quello che avrebbe luogo^ al- lorquando per mezzo di un tubo si ponesse in comuni- cazione l'aria della bolla con quella del recipiente. Conce- piamo quindi nella massa liquida un filetto liquido contenu- to in un esilissimo canaletto, il quale termini dall' una ban- da alla superficie della bolla in K, e dall'altra in un punto della superficie orizzontale entro al recipiente , terminando normalmente a queste superficie in ambedue i luoghi. (i) Biot. Traile da Physique T. 1. p. 460. ^4^ Osservazioni ec. ./ Per ciò che dimostra il Laplace (i) il filetto suddetto alla estremità che fa capo alla bolla viene dall' attrazione della massa liquida circostante sollecitato verso l'interno del- la massa stessa, essendo ivi concava la superficie del liqui- do, con una forza espressa da dove K , ed H sono due quanità costanti dipendenti dalla natura del liquido. Alla estremità in vece ove termina alla superficie pia- na il filetto stesso, dall'attrazione della massa che gli sta in- torno è chiamato verso 1' interno con una forza K. Per le due azioni combinate adunque il filetto liquido è sollecitato a muoversi dalla superficie piana verso la conca- va con una forza ossia con una forza t(t-^-fì') la quale moltiplicata per la piccolissima sezione trasversale del filetto che noi supporremo uniforme per tutta la sua lun- ghezza e chiameremo k , darà la quantità ;^|.,,, . ■ , ._ a \ R ^ K' ) la quale è la pressione che il filetto liquido potrebbe esercitare sopra la sua base dalla parte della bolla. D'altra parte, ammet- tendo che l'origine delle coordinate sia al livello della superficie liquida nell'ampio recipiente, il filetto stesso è sollecitato dalla gravità a muoversi in verso opposto, con una forza la quale po- trebbe produrre sulla sua base dalla banda del recipiente una pressione gky (i) Tliéurie de l'action c^piUaire p. 17. . . ,- ' -i.. • ,11 ..via ,••, Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a49 intendendo per g il peso d'una massa liquida del volume i. Ora nel caso dell' equilibrio queste due forze debbono essere uguali ; dunque in questo caso abbiamo ossia Runane ora a vedersi che sia la quantità costante — . Osserviamo a quest' oggetto I ° Che in un tubo capillare e verticale di vetro o di sostanza atta a venir bagnata dal liquido di cui è questione, se noi chiamiamo A 1' elevazione a cui nella immersione vi si alza il liquido stesso al di sopra del livello esteriore^, pren- dendo questa elevazione dal punto infimo della interna su- perficie libera del liquido , e indichiamo con r il raggio di curvatura di questa superficie^ nel punto massimo noi abbiamo iL=A ossia -l = Ar e donde ricaviamo che Ar è una quantità costante . a.° Che chiamato r il raggio del tubo, A' 1' altezza me- dia della colonna sollevata ;, vale a dire il quoziente che si ha dividendo il volume di questa colonna per 1' area della sezione della cavità del tubo , le quantità Al A col successivo diminuirsi della r vanno indefinitamente avvici- nandosi all' unità , da cui possono venir a difl'erire meno di ogni minima quantità assegnata. Diffatto le A ^ A' differisco- Tomo XX. li a5o Osservazioni ec. 110 r una dall' altra meno del raggio del tubo , e si rendono grandissime ai piccolissimi valori di questo raggio ; e rispet- to alle r, r si può riflettere che ne' tubi esilissimi la con- cavità del liquido è vicinissima alla forma di un segmento sferico (*), e però nel caso nostro di un tubo umettabile è vicinissima alla forma emisferica. Abbiamo dunque Ar = A' ( I -H a ) . / ( I -+- /? ) essendo a, /? due quantità reali che collo scemare di / pos- sono divenire minori di ogni data. 3.° Che il prodotto AV è anch'esso una quantità costante. Perocché essendo la mas- sa liquida sollevata proporzionale al contorno della sezione della cavità interna del tubo (**) , si ha ./ >,. ,..,,,; -i' -1^^ = Costante. , ,,,.,,,, ■- .,i ■ . ' Dalle quali cose noi deduciamo che ' '" ' Ar — A' r := costante AV ( I -+- a -+- /?-<-«/? ) — AV = AV ( a -f- /? -1- «^3 ) = costante a -t- /3 -H a/? = Cost. Ma le tre quantità a , /? , a/? possono farsi divenire tut- te tre minori di qualsivoglia quantità data; dunque Cost. = o costante = o • ..-:.,, . Ar= AV. ., .^,;, ■•,'.:. :..■ -.f Ma ;. ,,„- • e la AV si è convenuto superiormente di indicarla con h* dunque e (») La-Place Theo rie p. a5. ('*) Laplace. Supplement à la theorie de Vaction capìllaìre. p. i4- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a5i il qual valore di — posto nell' Equazione (a) la riduce alla o forma (i). E qui osservo che essendosi posto V origine delle coor- dinate a livello della superficie libera nel largo recipiente, viene il punto infimo C della sezione della bolla ad avere appunto per sua ordinata quella altezza ^ da noi denominata a, a cui può il liquido venir sollevato dair azione capillare della concavità al punto infimo medesimo. i6. Venendo ora a trattare l'Equazione (i) noi possiamo osservare j die nel nostro caso uno de' raggi , k , k' , cioè quel- lo del cerchio osculatore perpendicolare al piano della curva ACB, è infinito, e l'altro è il raggio di curvatura della stes- sa ACB al punto K . Intendendo adunque che k sia il primo di questi raggi j k' il secondo, sarà \'-i K=^ ._{^) i-m colla sostituzione de' quali valori l'Equazione (i) si cangia in quest' altra . , . (^) r ' a _3_ I-m Onde integrar questa, moltiplichiamola per ij-)-, e dall'E- quazione risultante integrati separatamente i due membri , immediatamente si otterrà a5a Osservazioni ec. ±.f=-J^ ' .-4-Cost. Per determinare la costante osserviamo che quando si ha sarà dunque — a' = — 1- Cost. _, i ., , ., donde cavato il valore della Costante , e sostituitolo nell' E- quazione [b) , dopo una facilissima riduzione si avrà \p) — t:. — Chiamiamo d l'angolo d'inclinazione coll'orizzonte della toc- cante alla curva condotta pel punto K; si ha (Ì) = 'a"S.9 = COS. d Sarà adunque altresì (4) COS. d = — ^H- ' (5) y = a"H- h^( i — COS. e ) In queste tre Equazioni (3) , (4) , (5) abbiamo due parameti-i a% /i*, l'uno de' quali , cioè h', è dato dalla qualità e dallo stato del liquido , 1' altro cioè a^ dipende dal volume e dal- la posizione della bolla , e per un medesimo liquido può ave- re tutti i possibili valori dai minimi ai grandissimi. In gene- rale quando la bolla è larghissima si ha a piccolissimo ; quan- do in vece ella è strettissima ( come succede allorquando il liquido trovasi frammezzo a due vicinissime lamine piane e parallele ) si ha la a di un valore assai grande. Dati poi che Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a53 siano a", A', la forma della curva trovasi interamente de- terminata. Il Laplace (*) ha considerati i due casi quando a = o , e quando a è molto grande. A noi in vece occorre quello di a assai piccolo ma non nullo. Intorno ad esso adunque ci tratterremo ne' paragrafi seguenti. 17. Incominceremo col soccorso dell' Equazione (5) a da- re un' occhiata all' andamento della curva considerata estesa indefinitamente, e quale viene data dalla medesima Equazio- ne. Supponendo pertanto che l'angolo 0 partendo dalla gran- dezza zero vada successivamente aumentandosi di valore, tro- veremo che: a) Quando 0 = o , e quindi cos. 0 = i , si ha / ^ a; il che non è altro che quello che si stabilì superiormente quan- do si fissò r origine delle coordinate. -j^ h) Crescendo la (^ da 0° a 90', il suo senoverso 1 — cos. Q cresce esso pure, e seco la j; la curva va adunque per que- sto tratto elevandosi, come è indicato nella forma dell' arco CN. e) Quando B = go*,, si ha cos. 6=0, y = ^/o^-t-A»; e que- sto è il valore dell' ordinata corrispondente al punto N, ove la toccante della curva è verticale. d) Seguitando la 0 a crescere da 90° a 180', continua a crescere anche il suo senoverso , e cosi anche la j ; e ne nasce l'arco NB ( fig. S.'* ) che mentre retrocede secondo le X , continua secondo le / ad elevarsi. Però il retrocedimen- to da N in B, vale a dire la corrispondente diminuzione nel valore della ar è minore dell'aumento precedente da C fino ad N , per essere più piccoli i raggi di curvatura in BN che in CN , onde avviene che piìi prontamente si pieghi la curva nei ramo NB per passare dalla direzione verticale all' oriz- (*) Theorie de l'aclion eapiUaiTt p 3o. 254 Osservazioni ec. /Olitale, che non aveva fatto in CN per passare dalla dire- zione orizzontale alla verticale. L' ascissa adunque del punto B è necessariamente positiva. e) Quando 6= 180°^ si ha ( i — cos. d)= a,j = [/a^-t- a/i*i e (juesto è il valore della y nel punto più elevato B. f) Continuando la 6 a crescere da 180" a 270°, il senoverso ( I — cos. 6 ) torna a decrescere , ripassando dal valor a al valore 1; ed insieme diminuisce la/, venendo dalla grandez- za (/a"-t-a/i" alla grandezza [/a^-^h^. E se ne ha l'arco BN', il quale si ripiega all' ingiù ed è uguale al BN ma diversa- mente situato , essendogli simmetrico rispetto ad una verti- cale condotta per B. g) Coir aumentarsi del d da ayo" a 36o° si avrà 1' arco N'D uguale e simmetrico con NC. Dopo ciò si tornerà ad a- vere un ramo DPE u£;uale in tutto a CNB e similmente si- tuato ; quindi un altro EP'F uguale al precedente ma posto simmetricamente , e così di seguito. Se pertanto noi descriviamo alla sinistra del punto C il ramo CMA uguale a CNB , e simmetrico cou esso rispetto ad una verticale che passi per C , la curva in questione suppo- sta continuata come sarehbe voluto dalla sua Equazione , ver- rebbe formata da una serie indefinita di parti ACB , BDE , EFG , ec. tutte fra loro perfettamente simili ed uguali , co' punti superiori A, B, E, G, ec. situati in una stessa retta orizzontale ed equidistanti , e co' punti infimi C , D , F ec. pure equidistanti ed in una medesima orizzontale ; essendo poi ciascuna di quelle parti simmetrica intorno alla verticale condotta pel suo punto infimo. In conseguenza di che tutto sarà conosciuto, quando siasi esaminata una sola delle sud- dette parti, p. e. la ACB. L' altezza di questa , vale a dire la distanza del punto C dalla retta AB, distanza che costituisce altresì la grossez- za della bolla supposta continuata da A fino in B è (6) i/a^ -¥- aA» — a Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a55 La differenza d'altezza fra i punti G,N, vale a dire l'altez- za dell' arco CN è (7) i/ri^ -+- h^ — a e quella dell' arco NB è In quanto poi alla distanza de' punti A e B noi i' avremo dal calcolo seguente. 18. Risolvendo l'Equazione (3) relativamente a (^): abbiamo noi da CUI ed integrando (9) (dr\ = |/A4- -(a'-i~h'~ -y'r [r.) a *-hA»— /^ (^) z=z (£) a'^h^—y^ VyJ l//i^- -(a'-^-h'—y' " x = r. iy.- a^-t-h' -y' l/W— (a»H-A»— jK»;^ dove converrà incominciar l' integrale da / = a. Per avere il valore di questo integrale pel caso di a* assai piccolo a confronto di A*, si trova comodo il ridurre la que- stione agli archi d' elisse , potendo allora servire all' uopo nostro que' metodi di approssimazione che sonosi immaginati per la rettificazione delle elissi a grande eccentricità. Facciamo adunque , secondo e' insegna il Legendre (io) avremo a56 Osservazioni ec. = '' f^f "^^^ --r fdf. ed avendosi in generale fdcò-: ^ 73= ^'sen^icos.^ ^.-l- /j^./ 1 - c^sen.'.^ J ^ I , \— (I— C^)l/l— c^sen,»^ '— et/ ^ "^ sarà nel nostro caso, fatta e = j-^:^. 2^» sen. ■■■■ s( 1 (a*-t-2A a» V»- sen.'(p a(a»-H fe») r /" z*-4-aA»-4- 1 /9,A^ 1 /> éi/i — i :'c'. sen * ib dove negli integrali a motivo di semplicità si è ritenuto e* in luogo di aA* a'-i-a.h* si è posto e e' in luogo di Tomo XX. K k àSiS Osservazioni ec. _i£_ , ossia di ^^'^■\/^-^'^^ e dove per i|/ si intende l'angolo dato dalla Equazione {cT) , ove la e e la (^ siano quelle stesse della Equazione (12). E cosi il ritrovamento della x si riduce alla rettificazione di due elissi. 19. Rammentiamoci qui che 1' integrale indicato nel se- condo membro dell' Equazione (9) deve incominciarsi da j=a, e veggiamo come si debbano in conseguenza di ciò determi- nare le costanti introdotte dagli integrali della (la). Indican- do adunque con F((^) la parte algebraica del secondo membro di questa ulti- ma Equazione , con A.n(i^,G) il termine che contiene il primo integrale, e con B.;^(i//,C') quello dove si contiene il secondo integrale; ne' quali A , e B sono i coefficienti di questi integrali , e C, C due costanti da determinarsi avremo x=F(<^)-hA. n(<^,C)-(-B;^(t//,C'). . Ora dovendo la x essere nulla quando / = a , cioè quando (p ■= O , lp z=. O ' ■ sarà ' ':■ _ , o = F(c) -t- A.n( o, G )-i- B.;t( o, C ) "i la quale Equazione sottratta dalla precedente dà ;. = F(<^) - F(o ) .+- A[n(^,C ) - n( o,C) ]-H B[ ;C( V^^C' )-;t(o, C')] ed essendo F(o)=o n( (^, C ) — n( o, C ) l'integrale fdG') l'integrale /Ji|/.,/(i-c'c'. sen.».//) incominciato da ^ = o , se noi rimetteremo i valori indicati dai suddetti simboli avremo Del Sic. Dottor Giuseppe Belli aSg , „, afe» sen. /^F-t- 'f!±^ y^ #.i/(l-c.^ sen.'<^) /Ek arc.tang.l/ i — e _ ^ja^ j ^^,_^ a/i^-HlAA" ] f dtp. /(i-cVsen.^,//) dove colle quantità scritte al di sopra de' simboli delle inte- grazioni intendiamo di indicare i loro limiti maggiori. Ora pel teorema del Fagnani ( Brunacci Matem. subì. T. III. p. 34) noi abbiamo, posto è'=|/i— c'c'. a6o Osservazioni ec. arc.tang.^- 4 ' o a; J 0 /x- -c'c'. sen .»,//= h ed essendo nel nostro caso d e = ^'■ . b'b' = 1 ^ = li:=^X abbiamo appunto ^ -/ dip . j/i — c'c'sen.*i//= •e arc.tang a. I dip . p/i — c'c'sen.*^ Sarà perciò ■e ara.tang. - il d\p ^/I — c'c sen.* 1^ = •^ 0 — 71 / 6?^. j/i — c'c'. sen.* ^-f- I — è' o sostituendo il qual valore nella (i4) 5 e ponendo I — o = , = avremo infine 3 I — — n (i5) [x] = 1^!:^^ " /'J^. i/ 1- ce. sen.' (p Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a6f I — :t {a'^h')l[/a^-i-ih^-¥-\/2.h^) I dip .\/ 1 — c'c'. sen.*!// ' a» J ^ o con che il valore della x vien fatto dipendere dalla rettifica- zione di due quarti d' disse , de'qualiidue semiassi maggio- ri sono = I , i semiassi minori sono rispettivamente < / V a ^ e la eccentricità i I T (/a/i* a [a/i'fa'-t-aA»)} l/a'-^-nh' ' l/aA'-f-l/a'-t-aA» ai. Facciamo (*) — I /j.è»-H4^*-*--fà^'') iog.4-Hec. '/• la IO lao f ° b •., n; i-. I /#. /.-c'c'sen.'^=( I ^^b'b'- '^^{b'Y-±{V)^ ) p -^ i ^' *'^ à (^>-^ -^ {*r ) log4 H- ec, essendo b ^ b' ì semiassi minori delle due elissi , e venendo trascurate le potenze ottave di essi e le ulteriori. Avremo 1. ('7) M=^^^*'['~T^*-67**-4'*^-^{^^*-^f6^* X (*) V. Brunacci Matem. tubi. T. III. p. 87, duve è da correggerti un errore di scampa notato nell'errato. ÀÓa Osservazioni ec. -t- ecc. ovvero anche ;. fcJii- ih [Dt t ì ns (.'• (•8) [x] = (a»-(- ah^) (a»-H^») a» (/a» -4- a/i»-)- i/a/i" ) 3_ 3, (a^H- 2/i») ecc. m aa. Passiamo col mezzo di questa formola a determinare • *' in numeri il valore di [x] corrispondentemente a diversi va- lori di a, ovvero ( ciò che torna allo stesso e a noi riesce più comodo ) corrispondentemente a diversi valori di '-■'-' i/a^-i-2,h' — a ' ^-■"■'~-- 'v"^ quantità che come si ha dalla formola (b) esprime 1' altezza del punto B al di sopra del punto C. Facciamo per comodità l/a'-^- a/i^ — a = i/ah" | i ^1 e sarà (•9) ' \ ari"— 3fj 1 b = b' = <2.n—-i 2/i"— an-Hi I (an— 1)» • i . n ; ■ : ■■ ! Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 203 3 (5.'fi) ( i/a^-h 2/i^-t- /a/i» ) = i !ìmI. e però, dopo qualche riduzione, l \ an — I / \ a i6\2«" — an-f-s/ 128 \a?i»— an-i-i I / ya(2n— 1;4 16 ■ (an— I)* ia8 ' (an— 1)>»/ 64 (2f2— I )'»J ec. 4(2/1—1)4 64 (an— 1)' Cominciamo a fare nella precedente Equazione i. re = IO i • , • cioè a porre l/a' ■+■ 2.h* -—a— i77h' \ ^ ~"h) avremo dopo le opportune operazioni «^ ,, i (21) [a;] = i/^" . o , 88284 dove il trascurare b^ , {b')^ non può, per quanto possiamo argomentare, portare errore che nelle decimali posteriori alla quinta. Facciamo "Z ' '"" ,., ' n = 100 ossia r- ^/«.^,A--a = /2A"(i-^^) avremo 6a4 Osservazioni ec. (aa) [x] = i/òJF 1 , 993437. a3. Quando si abbia n, uguale o maggiore di 1000 , il calcolo si può rendere semplicissimo , riducendosi il valore della I/a/.» •• J pochissimo diverso dalla quantità ^ ■ — log. ^n — r. ■ -vJ Osserviamo difatti che la quantità \ 2.n^ — ari / C)'| 2« — i II* lóyan*— 2n-+-iy labya/j' — un-t-il J contenuta nel secondo membro dell' Equazione (ao) , si può ridurre alla forma seguente (an'— a?;-f-i\ i ^ f 4(an'— ar; -ki)"| F 3 / an— i X' i5 / an— i ^1 an^ — an / *'l an — i J ' 1 16 lan»— an -i-i^ ia8 yan» — an-4-1^ J -t-_L_log.r4ifn!=if±!ll^-J-Iog.4« ^log. (i -+--,"-' ) 4(n»— n\ & I an— I J a t> T^ a ° y an» — %n-*-tJ e quindi , separando i termini positivi dai negativi ;, si ha [0.6) *•_!__ = — log. 4«H log. |2i :i_|_( I [-3/ an- y, .5/ .n-, ^1 j^^ ^Can^-an^.)] Iib^an» — a«-t-i y laSlan» — 2.ii-+- 1 J J ^^ |^ an— i J [n4-t-(n— 1)4] F i i3 ' _^ 9, » 1 (an»— an) " |_4(an— 1)4 64 ' (an— 1)« 64 ' (an— 1 )"»J I I (an» — an-Hi) fi3/ an— i \' 4(an — 1)» 8(n»— n) (ì;i» -an) l()4yan» — an-t-i/ I ""l ""-' VI ' lo- (il "-' ì h^^"-'Ax 64yan^ — an-i-i^ J a \ an^— an-f-i^ y n»— n ^ '^ [^^* "^ .6(an-)« ■+■ .a8(a'nl.)-] ' ^°^- ^'^"' ~ ""^ "^ ^^^ . . : Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a65 Ora nel secondo membro di questa Equazione lasciando fuo- ri i due termini ^iog.(4«), —I la somma di tutti gli altri termini positivi, quando sia n=iooo,è -+- o,ooooo365 e quella di tutti gli altri termini negativi è ■ . i — o, oooa5o85. Inoltre tanto i termini positivi quanto i negativi ( sempre la- sciati fuori i due citati termini — i, — log (4/z), prescinden- do dal segno , e supposto la n maggiore di a , vanno dimi- nuendo allorché cresce essa n. Infatti , in quanto al termine --4 — • lo£ 4(2n»^an-*-i) 5 che indicheremo con N, se noi ne prendiamo la derivata ri- guardo ad n, questa dopo alcune facili riduzioni si riduce al- la quantità seguente 'Oi a < .u [un:!,;, ' fi— /a I ' Vi 1 ' \ loe 4(°"'-an-4.i)1 (an— i)(a?i»— ara-t-i )|_ ^ 2.nin—i)f\ 2n[n—i)J &' an— i 1 Ora quando sia re>a, si ha an*— arj-f-t !in{n — i)-(-i ^^^ an — i »„^ an — I an""i an — l log. "^^""^'^ > log. 4 > ' ^ giacché qui si tratta di lo- garitmi iperbolici. Perciò l-^l di valor negativo. Dunque ogniqualvolta ti > a , il termine N andrà scemando al cresce- re di n. Il termine successivo lo possiamo riguardare come il pro- dotto de' tre fattori Tomo XX. L 1 0,66 Osservazioni ec. [ ___i__1 3_ I an-t \ ^ I an— I V ' an{«— i)J' 4 \i«'— i/i-t-i / 33 ^2n»-.an-t-i/ ' an— ' }q„_ r4(3n'— 2n-t-i)"| 4(an» — ^«H-i) " *' I 2" — « J E di questi il primo quando n >• i scema evidentemente all' aumentarsi di «, e però anche quando tz > a. Lo stesso è del secondo come si riconosce dall' osservare che la quantità an*— i«-+-l ha per derivata riguardo ad n quest' altra quantità — 4"("— ') ' 1,1 'j\ i ^ e però altresì quando re>a; donde si trae che la suddetta -; ' ■; : ■. ,':".i^> Ci .^ '"..!-■ '', — ,;_ j" > or. '» ,1). ..;ii.'. t)i. 3,n^ — 2«-+-l quando n'^a, scema all'aumentare di re, e cosi anche il men- zionato secondo fattore. Rispetto poi al terzo, ponendo 4(an»^anH-i) " ,11' ' r < ;if^ si può mettere sotto la forma plos-7' la cui derivata prima rispetto ad n è (È)[>»if--] Ora quando « > a , abbiamo ;=4^°t"'r'^>4^ iog-7>''i«S-7-'=-^- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a67 (dp \ n'n—t) dn I "^ (an- — a«-+-ij* "" Onde ha luogo la stessa proprietà anche pel terzo fatto- re ; e in conseguenza anche pel prodotto di tutti e tre i fattori. Il termine che vien poi è il prodotto dei due fattori (2n^i)4 ' ani. n— i) |_ 4 04 ■ (a«— 1)4 64 ' (an— 1)« J Il primo d' essi ha per derivata la quantità — 4[Ìn(n—,) 1] che quando /i > a è sempre negativa. E il secondo diminui- sce evidentemente , nella stessa ipotesi^ al crescere di n. Pe' due termini la cosa è evidentissima. Quello che succede può mettersi sotto la forma r ^ , U'^/ ""-' V I W °"~' VI I 2/;(n— i)J I 64\in'' — an-Hil 64 yan^ — an-l-i / J dove pel primo fattore non fa duopo dimostrazione , e pel secondo basta richiamarci quello che si è veduto poco sopra, cioè che la quantità un* — an-t-i J scema crescendo la n. solo che si abbia ra >■ i . Rispetto al termine J_ log. / , H- ,"- ) 208 Osservazioni ec. osserveremo che la derivata di [ r-(-an(n — a)] (an» — an-Hi)» quantità negativa ogniqualvolta ra> a. Aumentandosi adunque la n da questo valore innanzi , la quantità 1": I -+■ an»— a«-+.i va scemando ed avvicinandosi all'unità, e intanto va decre- scendo anche il suo logaritmo ed avvicinandosi allo zero. Siffatto termine poi diminuisce alquanto lentamente. Al- lorché re= looOj il suo valore è ancora o , 000249937 che supera d' assai la somma de' valori ( prescindendo dal segno ) di tutti gli altri termini negativi , non formando fra tutti che — o, 000000909. Divenendo « = loooo, esso termine perde quasi nove decimi del suo valore, e diviene . . :- _ . o,ooooa4999- • Venendo infine all' ultimo termine e ponendolo sotto la forma [n4-4-(n— I)* 1 r_i_ _3 1 _, j5_ ' 1 y (an— 1)4 J|_3 16 (an— 1)4 "^ ia8 ' (an— ij» J -^ noi veggiamo che il primo fattore è già stato considerato precedentemente , e che diminuisce crescendo n quando sia « > a ; e che ciò evidentemente ha luogo anche pel secon- do fattore. In quanto al terzo , esso ha per derivata la quantità --Liog./i-H ,"-' ) prescindendo dal segno è al più uguale a o, 000024999. e la somma di tutti gli altri è minore di o, 000000909 ; e però prescindendo dal segno la somma de" termini negati- Del Sic. Dottob Giuseppe Belli aóg 1 L-Zin- _J_\log.(4/i_2)1 la quale ogniqualvolta re>a è negativa. Anche l'ultimo ter- mine pertanto gode della proprietà già enunciata e provata per tutti gli altri j di diminuire cioè al crescere di n, quan- do questa n superi il a. Da tutto questo noi raccoglieremo ; '" | ■ '- i." Che quando 71=1000 si ha ' ■ - - (24) —tL = — i -4--^ log. 4'i-t- 0,00000365 — o,oooa5o85 \ = — i-f-— iog.4« — 0,0002472 = 3,146778 a.* Che quando « = loooo, ovvero ra> loooo , si ha (a5) ■ ^fL. = — I -i--i-log. 4Az-i-/l.o,ooooo365^/l'.o,ooooa59i = — I -+-— log. 4^ — ''!'"• OjOoooa59i ., , . ^ r= — I -f- o, 693 1 4*2, -4- — log. n ziz À".o, 0000269 ' essendo X, X , X' quantità positive minori di i. Perciocché es- sendo n uguale o maggiore di lOooo, la somma de' termini positivi è necessariamente minore di o, ooooo365 e in quanto ai termini negativi, quello la cui espressione ge- nerale è il lT'. 270 Osservazioni ec. vi è minore di o, ooooaSgi. a4. Raccogliamo ora i valori di [:*;] già ottenuti ( veggan- si le formolo ai, aa, a4 ), e dalla formola (a5) caviamo que- gli altri che corrispondono ad « ^ icooo n = looooo , re= looooco, ec. Ritenendo quattro soli decimali che per noi sono piìx del bisogno , avremo i risultarnenti espressi dalla seguente tabella. Altezze della bolla, ossia valori di Valori di [x\ Valori di a[.r], ossia delle larghezze della (/a"-HaA»— a '. ),} :> -■•> —- n.> ' -r--" bolla da A in B l/aF" i/uhF l/a/i» . /aF". 1/2/1'. o,83a8 \/^h\ 1,6657 ^/a/i^. 1,9934 i/aA*. 3,9869 100 / — -l-\ .... lÀA^. 3,1468 i/a^T 6,a936 —] . , . x/^JF: 4,a983 i/IFT 8,5966 — —!—\ . . . \/ih\ 5,4496 i/aA». 10,8993 ! 1. . \/u.h*. 6,6009 i/aA". i3,aoi8 loooouo I ' — -i^j ^/^À^ 7,75aa /lÀ\i5,5o44 ±^i .... i/a^T 8,9035 l/aA*. 1 7,8070 L-| . . . . l/a/l^ 10,0548 i/aA".ao,ic96 ^„-| .... |/a/i*. I i,ao6i |/a/i='.aa,4iai. E si può continuarla facilissimamente fino a che piace , es- sendo che i numeri che verrebbero in seguito ali ultima co- lonna vanno aumentandosi 1' uno dopo 1' altro di ,,|,. , ,, Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a^l 2, 3o2585 che è il logaritmo iperbolico del io. a5. Osservazione. È facile lo scorgere da questa tavola che per poco che la bolla abbia di larghezza, la sua altezza o gros- sezza è vicinissima al valore j/aA""; p. e. allorché la larghez- za è 1 1 volte maggiore di questa [/'a/i", l' altezza non ne dif- ferisce che di — '■ — in meno. Per avere poi questo valore di i/aA* relativamente all' alcool , abbiamo opportunamente alcune sperienze dilicatis- sime eseguite da Gay-Lussac, e riportate dal Laplace nel suo Supplemento alla Teoria dell'azione capillare, p. 55. Consi- stevano queste neir osservare diligentissimamente le altezze a cui si elevavano diverse specie di alcool in un tubo capil- lare di vetro , di cui erasi esattamente misurato il diametro interno. In una di esse la temperatura era di -+■ 8°. C^ 1' al- cool paragonato all'acqua aveva a questa temperatura la gra- vità specifica o, Sigói , il tubo di vetro aveva il diametro interno di millimetri i,2,gj\^ì; e l'altezza cui l'alcool asce- se misurata dal punto infimo della superiore concavità fu di millimetri g^ i8a35 che corretta coli' aggiunta del sesto del diametro suddetto, diede per altezza media della colonna sol- levata millimetri g, 89808. Per questa qualità di alcool adun- quCj e ad una tale temperatura si ha aA' = I'" , 29441-9'"? 39808 = 12'"'", i65o ' ^ l/aA» = 3""«-, 4878. In un' altra sperienza fatta con un altro alcool che a -+- io.°C. aveva la densità o, 85g5 , si ebbe nel tubo medesimo l'elevazione di millimetri 9,80079 che colla correzione del sesto del diametro diviene 9, SióSa. In questo caso si ha aA* = 12^'"'" 8 1828 , /a7r= 3"""-, 5097. Finalmente dell'alcool, il quale a-i-8.°G. aveva la den- a72i Osservazioni ec. sita 0^,94153 j s'alzò nello stesso tubo millimetri 9, 99727. il che dà aZi»= 1.3'"'", Ì198 , i/aA» = S-"'"-, 63S9. Ci contenteremo di questo relativamente alla forma che ha la bolla aerea quando la temparatura è uniforme , passeremo ora a vedere quale alterazione vi possa produrre il calore. a6. Limitandoci ad un caso particolare noi supporremo che una parte del liquido che sta dall'uno de' lati della bol- la si riscaldi, e precisamente dalla banda di B fig. (6.") in quella parte che giace sopra ad un piano orizzontale condotto pel punto N dove la toccante alla sezione ACB è verticale, ri- scaldandosi questa parte di liquido tutta uniformemente, e rima- nendo la massa sottoposta, come pure quella dall'altro canto della bolla alla medesima temperatura di prima. Ne avverrà che diminuendosi a cagione dell' aumentata temperatura tanto la densità del liquido , quanto 1' energia dell' attrazione, 1' arco NB della sezione della superficie della bella si cangerà di fi- gura. Noi supporremo che questo cangiamento di densità e di figura non produca veruna alterazione nella parte rimanen- te di questa sezione : perciocché si potrebbe mutare il para- metro a della sua Equazione (Vedi Equ. 5. ), e per serbar- ne intatto il valore è d'uopo modificare opportunamente di qualche poco il volume del liquido e la posizione della la- mina sovrapposta. Ammettendo adunque che questo parame- tro non si muti, e che tutto il cangiamento avvenga nell'ar- co NB, noi procureremo di esaminare questo cangiamento stes- so, e in ispecie l'abbassamento che ne deriva al punto B, do- ve la curva AiilB venendo continuata innanzi si ripiegherebbe all' ingiù. Il che ci mostrerà di quanto si debba abbassare da questo Iato la lamina solida che ricopre la bolla affine di con- servare l'equilibrio. Pv,i tenendo le denominazioni stabilite superiormente , la parte CN della sezione sarà ancora data dall' Equazione (5) cioè dalle Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a^S j» = a» -t- h*{ I — COS.6 ). In quanto alla NB, sarà essa rappresentata da una Equazio- ne somigliante ma con parametri diversi; giacché ella è por- zione di una curva che avrebbe luogo tutta intera quando il liquido sottoposto ad N fosse riscaldato esso pure similmente. Indichiamo adunque per la NB con h'h\ a', y, d' delle quantità analoghe a quelle che per CN avevamo indica- te con hh, a, y, 6. Vale a dire sia h'h' il prodotto costante dell'elevazione media a cui il nostro liquido riscaldato sali- rebbe entro un esilissimo tubo, moltiplicata pel raggio del- la cavità cilindrica interna del tubo medesimo ; a l'altezza a cui il liquido stesso potrebbe venir sollevato dall' azione capillare corrispondente alla concavità del punto infimo C della curva NB prolungata all' ingiù; y' r ordinata di un punto P preso ad arbitrio nella cur- va NB, supposta che questa venga riferita a due assi paral- leli a quelli delle x ^ y , ma aventi un' origine diversa, cioè un' origine O' collocata verticalmente al di sotto del punto C, ad una distanza a'; & r angolo ottuso fatto dalla toccante alla curva , con- dotta da P secondo V aumento dell' arco ( supposto che que- sto cresca da N verso B ), e da una retta condotta dallo stes- so punto P parallelamente all'asse delle x e secondo l'aumen- to delle X medesime. Chiamiamo inoltre d la densità primitiva del liquido ossia quella che esso ha sì sotto al punto N che dalla banda AG ò' quella del liquido riscaldato superiormente al punto medesimo N dalla banda di CN ; u la differenza d' altezza fra il punto P e il punto N. Avremo la curva G'NB rappresentata dall' Equazione (a6) y'y'= aa-¥- h'h' ( i — cos.0' ). a7. Essendo qui la h'h' data dalla sperienza, la quale de- Tomo XX. M m 274 Osservazioni ec. termina con qual legge scemi l' elevazione di una sostanza li- quida in un tubo capillare, a proporzione che si va inalzan- do la temperatura di essa , non rimane per la compiuta co- gnizione della curva C'NB che a sapersi il valore di d. Ma qui per mancanza di dati sperimentali è forza contentarci di un ipotesi. Supporremo adunque^ onde poter arrivare fino ad un risultamento numerico, che la NB abbia nel punto N la me- desima toccante della CN. In questo supposto , se noi cer- cheremo l'ordinata del punto N considerato nella curva C'NB avrà essa per valore la quantità p/tó'a'-4- lìh' perocché abbiamo veduto che l'ordinata della ACN nel punto ove la toccante è verticale ha il valore |/a*H-/i'. L'azione soUevatri- ce adunque dipendente dalla concavità al punto P sarebbe atta a tener eley:^ta del liquido riscaldato una colonna dell'al- tezza verticale i- 1 ! \ (e) ■ M -+- p/a'a'-i- lìh' . In vece essa forza serve effettivamente a tener solleva- ta una colonna d'altezza u del proprio liquido, ed una dell' altezza i/a^n-A* del liquido sottoposto; perciocché immagi- nando un canaletto curvilineo che parta dal punto P e di- scenda fino al livello dell' origine O, o della superficie oriz- zontale del liquido nell'ampio recipiente mentovato fino da principio (5. i5.) e che ora torniamo a richiamare, in que- sto canaletto si troveranno contenute due colonne liquide j r una dell' altezza verticale u ed appartenente al liquido su- periore, e l'altra dell' altezza \/a*-\-k' ed appartenente al li- quido inferiore, e saranno tutte e due sostenute dall'azione dipendente dalla concavità in P. Ora una colonna dell'altez- za [/a*-H^* e della densità d equivale, rispetto alla forza che dee sostenerla , ad una della densità d' e dell' altezza verticale Dbl Sic. Dottor Giuseppe Belli a.'jS d Pertanto la forza sollevatrice al punto P tiene effettivamente elevata una colonna equivalente ad una del liquido superio- re che avesse per altezza Uguagliando questa quantità alla (e) avremo per determinare a' r Equazione (27) l-i/a"-H/i"=l/aV-)-/i'A' . Dopo ciò tutto è facilissimo: si potrà immediatamente avere sotto forma conosciuta l'Equazione (a6) che sarà (28) yy= ~ ( a"-4- h ) — h'h' COS. ^'; ■ . : ■ così pure potremo trovare la differenza d'altezza fra i punti d'origine O, O' de' due sistemi di coordinate, essendo O' più * sotto che O della quantità l/a'a'-ì- h'k' — i/a'-ì- A* ossia di (29) (|._x)/^qrx-. a8. Per avere 1' abbassamento avvenuto nel punto B a cagione della mutata temperatura, noi osserveremo che l'ef- fettiva differenza di livello che ora si ha fra i punti B ed Né i. ;,.--^.t. ',.,.. l/a'a'-i- 2.h'h' — [/a'a'-H h'h' laddove quella che aveva luogo prima del riscaldamento era (Equ. 8.") l/«*H-aA»— i/a"H- h'. a^ó Osservazioni ec. Indicando adunque con D l'abbassamento o discesa del punto B, avremo (3o) D =n/a'-i-ah''—\/a'-^h^—'i/aa-^a.h'/i-¥-[/aa-^h'h' e sostituendo in luogo di ( a'a-¥- h'h' ) il suo valore dedotto dair Equazione {2,7), avremo (3.) £>=/Zq:^^-H (-?=?.) /^'-HA»-|/g(a»H-A')-+-A'A'. Possiamo qui osservare che il valore di D si accresce tanto per la diminuzione della §' quanto per quella di h'h'. Il che senza altra considerazione si riconosce immediatamente ridu- cendo r Equazione (3o) prima alla forma l/o»-+-a/j"-t-l/a*-t-/f \/a'a'-*-!ih.'h'-t-l/a'a'-t-h'h e quindi a quest' altra ,,^ -^ - (3.) i?=, '' '■ — dove si scorge che collo scemarsi la d' cresce il denominato- re del termine negativo del secondo membro , e quindi dimi- nuisce esso termine negativo, e s'aumenta la D. E lo stesso succede per la diminuzione di h!Jì. ag. Ma passiamo ad un esempio numerico. Ammettiamo che sieno abbastanza rigorosi i risultamenti citati nella spe- rienza V. ( §. 8. ) , sebbene a dire il vero esigerebbero d' es- sere verificati con mezzi più delicati. Ammettiamo che l'al- cool da noi adoperato non si allontani sensibilmente nella leg- ge di dilatazione pel calore da quello rettificatissimo , pel quale tal legge è già stata determinata (*). Quindi concepia- mo che l'aumento di temperatura del liquido che sta intor- (•) Biot. Traité de Phjrsiqu» T. I. p. aag. Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 277 no alla nostra bolla e che noi supponiamo essere l'acool del- la sperienza V", sia di un grado del termometro di Reaumur; vale a dire ammettiamo che dalla banda di AC, e al di sot- to del punto N rispetto alla banda GB sia aH-8"R, e che al di sopra di N sia a-t- 9". R. Inoltre supponiamo che 1' al- tezza della bolla da G in A sia uguale a l/2A^( il che corrisponde ad una lunghezza da A in B uguale a l/ah' . i3,aoi8. Essendo quest' alcool della stessa densità di quello della se- conda fra le sperienze che abbiamo prese dal Laplace ( 5- ^5. ), avremo 2/i«=i2,"""3i8a8, i/àF= 3,5097. Avendo noi trovato nella sperienza V". che aumentan- dosi in questo alcool la temperatura di 48° .R la quantità a,hh diminuisce di -g- del suo valore, ed ammettendo ( come è più naturale a supporsi fino a che non s'abbiano sperienze più rigorose ) che ciò avvenga con legge uniforme a proporzione che la temperatura si va alzando di grado in grado j si avrà per ogni grado d' aumento di questa temperatura una dimi- nuzione nella uh* di .. - ossia di -^ del suo valore. Sarà 25.48 4°° dunque , . ^i 2A'À' = aM(i-.^). La legge della dilatazione dell'alcool data dal Biot è la seguente A =0,00123369. T-Ho,cocoo32a537.T'-t-c,ccoooooi 198T*, dove T è il numero de' gradi della scala di Reaumur sopra 52,1^8 - Osservazioni ec. . lo o°, e A è r aumento del volume, indicato con i quello T a 0°. L' aumento adunque da o°a -+- 8°.R è o, oioo8ao8 e da o°a n- 9° è o, CI 187320 si avrà dunque |. = i:£liM^=:i,ooi278a. S' i,oiooHao8 ' Ora, trascurando le decimali ulteriori alla undecima j si ha (Equ. ig.-^) ^ lare»— an^ "^ \n. a.n'—2.nf = i/sJFl 1 s^ |=|/i/i*(0,C000CI00C00) . •^ l loooooo j 99999(5000000 / Perciò , — — - „ mill. ^/a'-hnh'' = i/-2,h\ I j0coccoocoooj=:3, 5097 j/a»_)_ /i» = j//i" [i,ooooocooGOo]=:a, 4^18 " £=i^/a»^-/^^=:o^oCI 2782X2, 4818 = 0, 0081722 , : l/-gr {a' -H h') -f- h'h'= i/i,oc2558o./i"-+- o,9975./i^ = i//i"(2,oooo58o) = i/2A"( 1,0000290)=: i/^hi 1 ,0000 145) jjj^lll mill. p Q = l/2/i"-4-3, '5097.0,0000145= i/a/i^H-o, 00005089 E quindi ( Equ. 81. ) mill. „ \ V \ ■ ^TT- '"''^• D = i/ai^^-t-o,"" '2,008 1 722 — i/A' — o, 00005089 mill. = O, 000I2ID. -' Siccome poi la distanza dal punto A al punto B è prossima- mente ( V. 5. 24.) •■ ■ ' ■> T~ r.:u.-. :;,a,.!K-.^ ì^. ■ /^ l3,20l8 ^.X,,,iu, U 0 T ':>:i.ì- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 2,79 ossia millimetri ' ' 46,3343 (giacché collo spostarsi di B non si è aumentata che di qual- che piccolissima frazione di millimetro), così la retta AB si deprime dalla banda di B di un angolo la cui tangente tri- gonometrica è O,0o3l2l3 ^.^- 1 , ■ — ■ . ossia - 46,3343 J "-'• " J4844 ossia di un angolo di i4''- Ed è questo 1' angolo di cui si dovrà abbassare la lamina di vetro che ricopre la bolla, affi- ne di tenerla a contatto con questa da ambedue le bande , e di mantenere la bolla stessa in equilibrio. 3o. Per un secondo esempio supponiamo che stando in tutte le altre parti le già fatte supposizioni, I' alcool da N in B sia più caldo di a°.R di quello al di sotto di N , essendo questo a-t-8°.Rj quello a -t- 10°. R. Fatto T= io, avremo A ^A =0,0126714 • . - \, , - T IO ' ^ M ■Ir = -i^^i^=i, 00^5635 O 1,01000300 -^ l/a^-t- à''= o,ooa5635 X^s 4^18 = o, 'oo636ai « h'h' 'A'= hh II — -^ I = hh.o, 9950 /■ ^ (a»-HA»)-4- A'-^'= l/i,co5i336./i" -+- o,995o.A» :=l/A*.2jCooi336 = i/a/i*. 1 ,0000668 =:i/a/i». ij00oo334 = |/a/i»-H 3, '5097. o,ccoo334 = l/a/i* -t- Ojooci 1 72 i-* = l/a/i* -4- Oj oooDoai — \/2,n''—c, 0001173 = Oj 0062449 28o Osservazioni ec. quantità doppia di quella ottenuta per D nell'esempio preceden- te, e che corrisponde ad una depressione della linea AB di a8". Attesa però la impertezioue di alcuni dei dati sperimen- tali di cui abbiamo fatto uso, non possono questi risultamen- ti anch^ nelle assunte ipotesi riguardarsi che come approssi- mativi, siccome facilmente si sarà accorto il lettore. 3 1 . Osservazione, i ." Appare dal paragone de' due pre- cedenti risultamenti che 1' abbassamento del punto B è in proporzione diretta semplice degli aumenti di temperatura . Del che però possiamo anche dare una dimostrazione diret- ta. Diffatti l'Equazione (3i) si può agevolmente ridurre alle forme seguenti -n ,ro', ; ,; r.h.'urol ;i; •. S—5' (a^-+-A»)( I - -gr) -+-hh - h'h' O—O / , = l:^/a«^-A»- ^a' M_ aA" -j- l/-||r ( a^ -f- A» ) -h A'A' ■ / hh—Kh< '^•*'''>. _H A'A' (3a) i)=±Z^/a»^A"<^i- /a»-HaA»-i- i/y|r (a»H-A')-HA'A' ■'•••"■' ■ hh—h'H il" l/a'-i-aA'-H 1/ - i^^A'A- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a8i Ora parlandosi di aumenti di temperatura assai piccoli abbiamo d' pochissimo minore di ^5 h'h' pochissimo minore di hh, con differenze prossimamente proporzionali, sì l'una quantità che l'altra, agli aumenti di temperatura medesimi. Quindi 8-9' sarà un fattore che s' aumenterà prossimamente in ragione diretta semplice di questi aumenti. E supponendo altresì che aa sia piccolissimo in confronto di hh , come è in questi ca- si che noi trattiamo . sarà la quantità ?-i/-' dd pochissimo diversa da 2.l/~ • J « — — : ossia da -=r- vai a dire uguale a .indicando con Pa , e Q ( ^ — d' ) due quantità che hanno va- lore piccolissimo quando a e [d — d' ) sono molto piccoli ; In questi supposti adunque il fattore sarà una quantità positiva e pochissimo diversa da ' I/a ■'' -;; Tomo XX. N n S.8H Osservazioni ce. e però il valore del primo termine del secondo membro del. la (82) sarà positivo e jirossimameute proporzionale all' au- mento della temperatura. Il clie essendo anche del secondo termine , ove il denominatore rimane prossimamente costan- te al cangiarsi di piccole differenze le d', h'h', ne succede che ciò ha luogo anche per la loro somma , ossia pel valore di D. 3a. Osservazione :2." Per poco che la bolla sia larga, gli angoli di cui la retta AB ( fig. 6." ) s'inclina all'orizzonte per un medesimo aumento di temperatura, e per diverse lunghez- ze eh' essa retta può avere, sono precisamente in ragione re- ciproca di queste lunghezze medesime. Supponiamo per un esempio che sia^ allorché la tempe- satura è ancora uniforme. il che per la qualità di alcool di cui noi ragioniamo avente la gravità specifica 0^86, corrisponde ad una lunghezza di aa millimetri circa, e ad una larghezza totale della bolla di po- co meno di millimetri a4, si ha prossimamente n = 1000, a ^ — —ì/n/i' ; 1000'' e ne' tre termini del secondo membro dell'Equ. (3i) toglien- do la a nascono delle differenze di vario segno , e tutte mi- nori di "■ = • •-• - • ■•- ^— i/aA' ^. ^ "" loooooo " quantità che è assai più piccola di D, per poco che sia sen- sibile l'aumento della temperatura, e sensibile quindi il valo- re della D medesima. Ciò poi ha luogo ancor più per grandezze maggiori della AB. Per la qual cosa la depressione del punto B corrisponden- te ad un determinato aumento di temperatura è eostante per tutte le larghezze che può avere la bolla, quando però que- Del Sic. Dottor Giuseppe Belli a83 ste sieno 607 volte almeno più larghe die alte. Dal che evidentemente appare che gli angoli di depressione della AB sono quasi esattamente reciproci alle sue larghezze, come era- si asserito. 33. Osservazione S.'* Tornerò qui ad avvertire che io non so bene se le due parti del liquido 1' una superiore al pun- to N, e l'altra inferiore, abbiano ivi alla superficie della bol- la un comune piano tangente o non formino piuttosto ango- lo r una coir altra. In questo secondo caso l'abbassamento del punto B nelle circostanze superiormente supposte sareb- be evidentemente diverso da quello che abbiamo insegnato a ritrovare; e se quell'angolo fosse rientrante, come si osserva nella superficie di una massa d'acqua colle gocce d'olio che vi si pongono a galleggiare, l'abbassamento stesso per questa nuova cagione diverrebbe più grande. E se si trattasse di una temperatura insensibilmente decrescente da B in N , allora in luogo di un angolo si avrebbe una siffatta alterazione nella forma della superficie della bolla che la curvatura relativa ad un punto P ( fig. 6." ) non sarebbe più semplicemente dovuta all' energia della capillarità del liquido e alla lunghezza del- la colonna che deve essere sollevata, ma eziandio alla rapi- dità colla quale andrebbe mutandosi la temperatura da uno stato liquido all' altro. Ma è inutile al presente il cercare di sottoporre al cal- colo queste ipotesi, mancandoci i dati sperimentali a ciò ne- cessarii. Malgrado però un tal voto, potranno le cose dette in questa seconda parte servire a rischiarar la strada che si avrà a tenere quando si potrà dare una spiegazione più com- piuta, e ad indicarci i dati che ancora ci mancano ; inoltre, ciò che è r oggetto su cui principalmente ci siamo trattenu- ti , a mostrare quali sieno le dimensioni di alcune specie di bolle nel caso della temperatura uniforme. > 2,84 Osservazioni ec. AGGIUNTA. 34. Pregato da me il Signor Carlini ad eseguire qualche sperienza di questo genere co' sensibilissimi livelli che pos- siede l'I. R. Specola di Brera, ebbe la compiacenza di sod- disfare al mio desiderio, operando nel modo seguente. Prese un pezzo di cera che da un lato abbracciasse e si addattas- se alla superior superficie del tubo di un livello, e che nell' interno chiudesse il bulbo di un termometro. Quindi lo andò riscaldando ora ad una ed ora ad un' altra temperatura^ e ad ogni volta posatolo sul tubo osservava 1' effetto sulla bolla e la temperatura della cera. Questo effetto poi lo misurava in due maniere, cioè i.° Movendo una vite micrometrica che al- zasse il tubo dalla parte contraria a quella dove era posta la cera, e continuando a girare essa vite quanto era necessario per tenere immobile la bolla ; a.° misurando lo spazio di cui la bolla retrocedeva dopo levata la cera. I risultamenti da lui ottenuti sono quelli esposti nella tabella seguente dove la pri- ma colonna mostra gli aumenti della temperatura espressi in gradi di Reaumur^ la seconda indica le parti di cui conveni- va girare la vite micrometrica, e la terza lo spazio di cui re- trocedeva la bolla espresso in linee di Parigi. Aumento del Parti della Parti del Lunghezza calore, vite^ livello della bolla lin. 6,5 12 5,3 S,i 19 7,4 9,1 ra 3,0 io,a -22. 6,8 9'3 22,5 9,1 10,0 . . . • . t5 . . . . . 4,5 . . 73,8 53,2, 102,5 36,1. Effetto medio di un grado di calore 1° ^592'7 .... 0,6785. Del Sig. Dottor Giuseppe Belli iì85 E siccome ogni parte della vite corrispondeva a o'.TSiy (*)^ e ogni parte del livello corrispondeva in quei giorni a 2",c44, così dalla prima maniera di osservare^ cioè dai lisultamen- ti della seconda colonna si avrebbe per ogni grado d'aumen- to di calore i",4io e dalla seconda maniera, cioè dai risultamenti della terza co- lonna .",387. , . ■ .1" :. i: . 35. Facendo paragone di queste sperienze co' nostri cal- coli del 5. 2,9 , può parere in sulle prime che vi abbia una notabile discordanza, avendo noi ivi trovato un angolo di •4" . ■ per ogni grado di aumento nella temperatura, ma la differen- za sta principalmente nelle circostanze. Prima di tutto è a considerarsi la lunghezza della bolla. Non sapendo noi, almeno per ora, sottoporre al calcolo quel- le forme di bolle che sono effettivamente contenute ne' li- velli , e vengono attirate dall' azione del calore secondo la lunghezza^ ma in vece avendo dovuto instituire i nostri cal- coli sopra bolle ipotetiche di indefinita lunghezza e di nota- bile larghezza attirate lateralmente , egli è chiaro che nel porre a confronto le une colle altre, dovrà la larghezza del- le seconde tenere il luogo della lunghezza delle prime, e che volendo ravvicinare le circostanze si dovranno rendere ugua- li queste dimensioni. Ora nelle sperienze del Sig. Carlini la bolla aveva la lunghezza di lin. 78,8, corrispondente a mil- lim. 1(16,5, da cui deducendo due millimetri pel ripiegamen- to all' indietro nella parte superiore delle due estremità del- la bolla stessa, avremo prossimamente millimetri C) Vcggansi le già citate Etemeridi di Mil mo pel 1827. Append. p. 84. a86 Osservazioni ec. i64,5 per la distanza fra i due punti, che diremo p\p -, ove la se- zione media longitudinale verticale della bolla è tangente al- la superfice interna del tubo, la quale è molto maggiore del- la distanza AB ( fig. 6." ) che noi abbiamo supposta al §. ag, e che era di millim. 46,3343. Ed io ho per certo che raccorciandosi la bolla del livello fi- no a che la distanza /|/>' diventi di quest'ultima grandezza , deve la inclinazione di esso livello aunientaisi nella propor- zione reciproca semplice^ ammettendo io che l'osservazione del 5. 32, debba valere anche per le bolle de' livelli. Nel qual caso in luogo di i", 3985 (medio fra \".,àf\C), e i",387 ) si verrebbe ad avere ■ l".3q85.i64,5 . /rr /-C : ^ ^ '46.dV ^"'"^ '^^^^^- . Secondariamente vi ha la temperatura. Quella che indi- cava il termometro in mezzo alla cera non veniva partecipa- ta tutta intera al vetro e al velo superiore dell'alcool^ ma bensì già assai diminuita. Nei nostri calcoli noi avevamo sup- posto che la temperatura più elevata si fosse trovata senza degradazione per tutta la massa liquida da B in N^, e che pas- sando sotto ad N si fosse saltato bruscamente alla tempei'a- tura primitiva. Per andar vicini a questa supposizione ed ave- re un effetto pressoché uguale , si sarebbe nelle esperienze dovuto avere il velo liquido superiore o aderente al vetro della medesima temperatura del termometro , e quindi una successiva ed uniforme degradazione di calore fino al di sot- to di N, d' altrettanto piìi in giù quanto vi è da B in N, ove poi si tornasse a trovare la temperatura primitiva. In vece r imperfetta conducibilità della cera e del vetro fa che la W,r. y^/ -y-.-^.//.- £>.Y,,,,y,/,, r.y/ ^/ e/, J?Cv..;. .^., .?r' ""vz-'^A/^ 3 >vy /. 13 ^ 2 //nea <>/;zji^f,/j/e ^7 ' ■F// ^ r,^ s p N ^'f ^ ■ya^ \ /inff o*-tj,^„^^- ^'J ' ^ 2 /tnea o^ttfcn/a/e itn^a er/j2cn/^a/e J^y 3 ^'•r 4 A B E e MT nAn p'Ap /^/^ s N >*'^ ^ o Del Sic. Dottor Giuseppe Belli 287 temperatura alla interna superficie del vetro sia già molto scemata; e quindi la scarsa conducibilità dell'alcool e la sua scorrevolezza, per cui le particelle litjuide si distendono en- tro al tubo lungo la superficie superiore, fanno sì che il ca- lore uon possa bastevolmente penetrare innanzi verso gli stra- ti inferiori. Egli è quindi a presumere che se 1' aumento di temperatura indicato dal termometro avesse avuto luogo nel liquido nel preciso modo finto ne' nostri calcoli ovvero in un modo equivalente, sarebbesi avuto un risultamento molto mag- giore e più vicino al nostro: forse dai 4"5965 si sarebbe ar- rivato verso i io'. Sempre però, anche supposta giusta l'ipo- tesi assunta al §• 2,7, sarebbe rimasta la differenza dovuta al- la imperfezione dei dati sperimentali di cui ci siamo valsi , alla diversa qualità dell' alcool , e alla diversa forma della bolla. 288 f--ii QUADRO NOSOGRAFICO-CLINICO ni GENERALE RISULTAMENTO DELLE MALATTIE TRATTATE r'i ■:■< r>-r-, ■ ' ■ nella clinica medica superiore . " ,' DELL'I. R. UNIVERSITÀ^ DI PADOVA ' ' NEL CORSO de' sedici ANWI SCOLASTICI COMPRESI FRA IL 1809 ED IL l8a5. DALL'I. R. CONSIGLIERE DI GOVERNO PROFESSORE P. 0. E DIRETTORE DI QUESTO STABILIMENTO. G. VALERIANO LUIGI BRERA Ricevuto adì a6. Giugno 1829. vjrli annui Prospetti, che dall' anno scolastico 1809-1810 fi- no a tutto il 1824-1025 si sono regolarmente pubblicati, on- de rendere ragione de' risultamenti ottenuti nel trattamento di 2438. ammalati accolti nello Stabilimento Clinico Superio- re dell'I. R. Università di Padova, abbastanza appalesano e le mire che si ebbero per renderli di comune diritto, ed i me- todi seguiti per estenderne la compilazione. L'accoglimento poi favorevole, di cui furono onorati per parte de' Medici Ita- liani e Stranieri, e di non pochi Corpi Academico-Scientifici di distinta celebrità , la premura colla quale ne fu seguito l'esempio da altri Clinici di sommo valore j e la protezione clementissima ad essi accordata dalla Sapienza dell' AUGU- STO NOSTRO SIGNORE felicemente regnante , perchè a spese Sovrane se ne eseguì ogni ora la stampa , per poscia distribuirli gratuitamente agli Stabilimenti tutti d'istruzione, e di beneficenza delle Provincie Venete , sono altrettante prò- Del Prof. Con. Valeriano Brera a8g ve della loro utilità. Essi hanno diffatto dimostrato, come an- che frammezzo al conflitto de' sistemi, e delle dispute scola- stiche il prodotto dell' esperienza mantengasi ogn' ora caro e saldo nel cuore e nella mente di quelli, che si prefiggono di esercitare 1' Arte Medica col nobilissimo e puro divisamente di riuscir proficui alla languente umanità. Giunti essendo al numero di sedici questi Prospetti , si ebbe così una ubertosa messe di materiali relativi alla massi- ma parte delle malattie ■■, e da una esperienza di sedici anni si sono dedotti preziosi risultamenti sul conto delle stagioni, in cui sogliono dominare più queste che quelle malattie; de' sessij e delle età, in cui più facilmente si sviluppano; de' lo- ro esiti in guarigione j o in morte^ o in semplici miglioramen- ti ; della loro durata ordinaria in giorni, ore, e minuti; della loro trasmigrazione in affezioni secondarie successive prima della guarigione, o della morte ; e in fine del calcolo som- mario della mortalità, avuto riguardo alle malattie come for- me e speciali , ed aggruppate ad una determinata classifica- zione. In siffatta guisa è compilato questo Quadro Nosografico- Clinico, ove in altrettante finche ben distinte è esposto il ri- sultamento di tali avvenimenti. Le malattie vi sono perciò di- vise in Classi, Ordini, Generi, e Specie. Per queste divisioni poi si sono ritenute le disposizioni altrove accennate (*), che una lunga esperienza ha maggiormente raccomandate. Lo sviluppo delle dottrine cliniche concernenti il com- plesso di questi risultamenti, tuttocchè di già esposto ne' ri- cordati annuali Prospetti, meriterebbe esso pure d'essere in- sieme rifuso , affinchè lo si potesse avere sott'occhio in ma- niera più facile a contemplarsi. Ma risultandone un' opera vo- luminosa , si è reputato più opportuno di riferirlo ne' Capi- (*) BuTserii I . B. Institutiones Me- i et iuppleiae a V. A. Brira T. I. dlcinae praeticae castigatae, adauctae \ Tomo XX. O o ago Quadro Nosografico-clinico toli delle singole malattie delle Istituzioni Borsieriane di Me- dicina Pratica, cui si è di già posto mano, e si proseguiran- no bentosto. Così questa nuova edizione d' un' Opera per ogni dove classica , dall' immortale suo Autore compilata dietro li det- tami limpidissimi dell'esperienza e della osservazione, riceverà incremento e perfezione bensì in proporzione degli odierni av- vanzamenti delle Scienze Mediche, ma sempre coli' appoggio fondamentale di questa stessa esperienza ed osservazione. FINE. 1 • : ' ' v: : • ; j ■ '/i: .':'■;' I': ^:, ,;-'/r!'ì-f) ,i! l'I fi: ;!■.->..■ -'" ■ . ". r '■•;"}■?' 1^ !)ì ., ; il': DUK \ATA i 74 ab co oò ,.3 7^ .09 70 5i 104 ;a5 97 aa, 40 83 53 1 0 3o 79 a5 190 M EDIA To- tale delle ma- lat- tie '7 '4 •4 aò >/ '9 i5 36 24 3 e aS '7 i5 19 i3 II aO' ac i3 ic 3o 79- aS- [5 a I 1 la la . la lò a 40 36 4f) 8 18. 6. oc 16 II 83 81 40 ao- I a ■ termi- nate in perfet- ta sa- lute 34 '49 ai7 ic 93 a4 a6a I I 7 Si 40 26 4 IC I 9 4 4 a 1 I I I a 5 I 1 I lo 34 148 a. 4 8 90 18 a5o IO 7 a6 38 18 4 IO j 8 4 4 a a4 4' I I a 4 1 9 5 « 'bij 4 infì I ini 6 inf I in I in 17 in 3 in 5 in 2 in I in I I in I in I in a in — ji- - '^ i ~ d. ! n — 11 I ^1 , •■ 4- ! ' , I ;tvl.v .t;r .ifiri .Li ' . novi 5 j ■^ii't i< ag' DIVISIONE in CLASSI Febbri semplici II. Febbri contagiose III. Infiammazioni febbrili. ORDINI GENERI SPECIE Intermittenti Continue remit- tenti Continue conti- nenti (Quotidiane^ Terzane l ipersteniche Quartane, Anomale j iposteniche ( Semplici, doppie ( irritative i Gomitate, perniciose e ( . ^ . . f , .' 1 iposteniche I larvate ( '^ ( Quotidiane, Terzane. ( ipersteniche ? Anomale, Tetartofico l iposteniche ( fico ce ( irritative Ì Infiammatorie ( ipersteniche Nervose non conta- \ giose ( iposteniche Febbri Tifoidee Esantemi levigati f pustolosi latenti Febbri petecchiali Tifi contagiosi Scarlatine . . Miliarie Morbilli . . Rubeole Varioloidi . Pertosse Idrofobia Del } Ri i 1 sistema cutaneo ( ° I Meningitidi Encefalitide Oftalmitidi Otitidi . . Corizza Glossitide . Rachialgitidi Neuritidi . Del sistema encefalico-nervoso irritative irritativi irrit. iperst. irrit. ipost. ( irritative ( irrit. ipers. j irritative j irritativi I irrit. iper. j irrit. gastr. j irrit. irrit. irrit. ( facciali gasi ( traumat. ( acute I lente cronic. j acuta j acute l irrit. iper. t cronica ] antica j acuta l acute ( lente cronic, ( generali ' parz, e topic. Stagione predominante inver. prim. autun. inv. pr, autun. inver. id. inverno prlni. prim. estate aut. inverno inver. prim. prim. estate estate id. prim. estate id. id. inverno prim. prim. inv. estate prim. estate id. prim. inv. prim. inverno id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. id. UOMINI Nu- me- 24 99 i53 5 1.5 1.58 3 18 23 19 12 I 5 I I I 5 I Età i3-(j7 g-63 8-69 3a-47 11-67 17-34 7-70 u-b.'i 18-54 7-21 8-58 17-63 7-72 12-19 12-22 1 1 — 5-19 8-16 23 28-64 60 1.5-41 38 33 59 23-42 18 39 ao 20-82 30-44 33 20-60 Esito Gua riti 24 99 i5o 55 IO l52 6 Mor- ti Durata in giorni 463 1098 2359 217 802 296 li 52 121 49 2 36c 433 40 1C7 i5 79 27 '7 :j 62 40 43 9 84 40 93 '8 54 9 24 23 1 Meuia 19 3b DONNE Nu- me- Età ESIT,, Gua- rite 5o 64 4 36 9 104 20-44 16-76 10-63 38-52 1 5-5 1 i6-5o 7-63 i5-63 i6-5i 9-26 26-72 2i-6g 27-60 11-18 l5-20 4-23 1 7-3o 10 32 9 64 18-64 '_>0 40-71 39-54 20-48 Mor te DuKATA in giorni Media ■74 720 900 106 6i3 172 i6of 70 5i 7^' 204 SiS 97 32 40 83 53 IO 3v 79 25 196 16 83 8 236 39 18 To- tale delle ma- lat- tie DELLE QUALI 5o termi- nate in perfet- ta sa- lute 34 149 93 24 262 1 1 3i 40 26 4 K I 9 4 4 3 a5 I 5 1 1 34 148 214 8 90 18 25o 26 38 i3 4 IO I 8 4 4 24 ' 4' I a 4 1 Trasmigrate in afl'ezioni secondarie prima della salute o della morte 4infiam. cont. i in ipost. 1 in tifo, i in gast I inf. cont. e 2 in cont. ipost. 6 inf. cont. ipos. 20 in legit. int. I in tifo. 3 inf, nervose, I in tisi incurabile 17 inf. Inter. 6 inf. nerv. 3 in tisi 2 m meninsiti fini- te in mor- te Mortalità per Cento sopra di ciascuna malattia sopra di ciascuna classe 3 in condizione ipostenica 5 in flogosi polmonare a in f. continua, i in tisi I in condizione ipos. e maligna t in condizione cronica I in condizione cronica I in encefal. i in sordità II ao 3-i a5 4-1 9-1 So .6-1 S 3o ì 100 4 20 a in paralisi dell'estremità Inferiori in condizione cronica, i in artritide ^ E Te Durata tal del in giorni ma w Media lai C 1 r^ p s ti( o _o 0 ■p 'cjL "■ 4' 2C 12 e 48 ^4 ^^" ~ q 2 358 22 9 — 54 l3q 34 18 — 5 i 1406 '9 12 4^ 177 i 57 '9 — — 3 1 ^ ic8 21 4 24 9 1 1 101 16 22 27 140 1 1- 108 12 — — 33 55 " 20 34 18 I 6 6 2. 1 '89 1 1 3 — 29 Conta 3o6 38 6 16 .4, •7 i5 20 /ufi.' .' 160 80 — 6 1. , . . 2 25 rs 12 6 i58 8 18 40 3i 4 • 58 if) 8 ~~^ 7 2 3 104 20 '9 12 9 2. 162 2C 0 12 I 3iò 3i >4 24 '7 I 3i8 28 21 49 1 1 i3- i5 5 20 a5 3 3 12 12 . 2 355 18 lÒ 25 64 65 ()5 — __ 5 76 '9 — — 4 1275 ^7 12 — 10 1 85 85 — — I 292 DIVISIONE 111 CLASSI ORDINI G E N 12 K 1 S 1' E C 1 E lonlin. del N." HI. Infianiinazioiii febbrili Dc\ sis»«'iri; àaiignigno. < rcs|>iial(>i Iti Del sisti^nia lilifiltiro gl:iiil.i,<- Drfill orj:Jiii (Iella iJr(r|iiii/,]oiie e gdSIIO-leiiitidi . NelVitidi . . . Urocistitidi Aii"irii- .... De! SisK-iiia museolari* Del Sistema osseo. Del Sisti-iiia n|>i'ii(iiiliivu Gaslrltidi . . . Eiileritidi . Dissenterie Peri toni tidi KeuiTiatisnii I LoMibaggini Psoitidi . . . I Osleotidi o periosteo Artritidi . . . Metritidi . . . Blenorrea acutissime irrit. iperst. acute acute lente, cronic acute gast. liiliose nerv. (latenti) acute geiuiiii gast. biliose trauniatic. tra la pleiua ed il diairain. j irrit. ipers. ( aoute 5 acute (lente(epata]g. i acute .'lente(splenal. ( acute I acute ) tonsillari far. ( tradì, croup 1 acute ( lente, crou. j acute gravi I irrit. iperst. I acut. senip. I |)uerperal. ( acuti gen. l acute ( acute giav. sternali acule lente crou. acute lente, cron. intiam. Stagione 1 edominante inverno, prim. . . . . prim. . . . . idem, inverno idem . prim. prini. iiiver. iuver. prim. inver. inverno estat. prim. estate estat. estate primavera inverno idem, inv. prim. est. inverno, prim. autiin. inver, inverno, autun prim. inver. priin, inv. aut. aut. inv. prim. idem /deni idem inv. prilli, prim. estate inv, prim. prilli, estate inv. prim. inv. prim. est. inv. prim. prim. inverno, aut, inv. prim. idem idem idem autunno UOMINI Nu- me- ro io5 Età iC)-58 43 1 6-24 1 9-20 Sa 18-70 3()-58 12-60 10-63 11-64 3a 23 30-58 2(j-60 2S-43 20-47 1 8-2.5 32-40 1 6-42 i4-58 1 8-52 1 9-46 25-4(1 .4-57 ' 9-43 9-3g Esr Gua- riti Mor- ti 22-45 2a-.'5c| 20-61 23 18-48 35-60 Durata in giorni 63 5 35 725 3o i835 Media 42 1007 399 i37 i3 1 2 3o5 a35 "77 44 61 l32 85 49 Si 5i 207 207 296 33 38 23 761 21C 24 54 34 44 42 Nu- me- ro DONNE 19 Età 2C-35 18-34 18-70 20-u3 17-69 27-48 34-60 9-80 9-72 '9 9-S4 2(1-38 24-60 32-40 33-40 16-40 34-43 17-58 18-59 18-33 24-4C 26-37 16 19-46 37 1 9-40 26-42 Esito Gua- rite Mor- te Dur.ata in giorni 4' 48 358 1.39 1406 57 IO 1 101 108 55 3o6 141 160 25 i58 58 104 162 3ib 3i8 187 12 355 (,S 76 375 85 Media ^4 '9 18 16 To- tale dellf nial- lat- tie 4c 25 54 5 177 3 9 146 33 18 DELLE O U A L 1 termi- nate in perfet- ta sa- lute 7 I I Si 2 161 2 3 i34 24 i3 19 5 2 4 3i 3 7 I 4 10 i5 18 24 3 3 2 63 3 4 IO I Trasmigrate in affezioni secondarie prima della salute o della morte I in tisi tracheale incurabile 3 in tisi, 4 in f. indeterm. 5 in sifilide 1 in tisi tuherc. insanab. 3o in ipost.; 3 in encefalit. i in tifo 5 in f catar. 5 in epat. sempl. 6111 feb. int.4in meiiing.,2Ìn tisi, e 3in angina 2 in itterizia a in feb. interm. ipost. 1 in polmonia 4 in f inter. 3 in indur. viscerale 3 in cond. ipost. maligna 1 in indur, subscirroso 2 in cond. gaiigrenosa 3 in cond. ipost. nervos. a in ascite e f. consuntiva I in altre flogosi viscerali, 3 in itterizia I in feb, gastrica 7 in sifilide confer; 1 invermin. 2 in f inter. a in cond, cronica I in cond, cronica. fini- te in mor- te Mortalità per Genio sopra di ciascuna malattia la I 4 u 00 SAI •^ J. & 20 (>i 33 \ i 66 f t 3o 11 c 3 1 <7 i 18 i 5 ' 'bU I "' t ì So lò sopra di cut^cima classe To- tale _. . . ,_ .. KATA ionii delle ma- lat- termi- nate Media in perfet- ta sa- lute .2 C L 5 '7 0 4 5 tie __ 23 9 I 1 5 1-2 b — 21 '7 2 1 la — — 3 3 9 — 2 2 Al. I I ' 1 2 IO, — 2 2 ho — — IO IO c I I ^9 lO IO 10 ^> la 6 6 [ ì [5 12 3 3 4 12 8 2 2 I I I i 3o 2 I A I I del" 2 t I ( Rncefa . 2 2 . 3 3 I i . 2 2 , 2 2 ì<) — 6 5 I 4 i I 3 3 , . . I I . , 70 18 10 9 I 53 a 40 9 8 I 5i — — 4 2 . • I i 2,1 •7 8 22 '7 5 • '4 12 — 9 8 I I i A del 5< — 57 1 3o ■2 I 22 2 7 I i sat . I I , , res !if — — 39 34 2 4in 83 8 — 4 4 . . a. i 55 ib — 9 3 4 I i 393 D I V 1 S 1 0 ìN E in CLASSI ORDINI GENERI SPECIE IV. Affezioni del sistema cutaneo V. Affezioni del sistema :Dceialico-ner> oso VI. Affezioni liei sistema Moguigno- "Spiratoriu Decolorazioni Bolle, o pappolt- I Pappole e pustole Squamme Efflorescenze cor- rodenti Dell'Organo centrale della vita sensifera Degli Organi dellal sensibilità e irritab. organica Degli stessi con lesioni della vita sensifera Vizj di sanguificazione Pellagre Itterizie Orticarie Idroa Psidracie Scabbie Porrigine Erpeti Cefalee Catafore Apoplessie Ebetismi, Idiotismi Delifio Parafcoriiiie Ipocondriasi Manie Tremori Convulsioni Baili di S. Vito Trismi, Tetani Vertigini tenebricose Eclaiijpsia Epilessie Isterismi Paralisi Pletore congestivo-saii- guigrie Scorbuto Clorosi Epistassi Emottisi jin i,ea. grado S iilit. iperst. ( irrit. ipost. I irrit. I irrit. ì iirit. ( irrit. j irrit. grave j scab.editlis- siosi j gener. e parz j irr pletorica 1 sanguig.nerv ) consensuali j a terrore irrit. i melanconico I tpinul. sang. J iriit. ) irrit. satigu. j temulenti t irrit. nervose ì irrit. verniin. j irr.iper.flogis ! irrit. nerv. . irrit. verm. I irrit. pletor. ] irrit. spasm. 1 universali ì parziali -( cerebral. pol- < raon. addom. I confermalo j irrit. compi, ì attive ( passive i attive \ passive ' vicaiie Stagione [iiedoniinanie inver. prim. autun. pr. est estate inverno primav. inver. estat. ant. inverno inver. prim. inven. eslate inverno prim. autun. prim. aut. pr. inv. inv. prim. id. inverno autun. prim. autun. inv. prim. est. inverno primav. estate inveì, prim. inv. pr. estate inverno primav. aut. prim. aut. pr. estate prim. estate autun. inv. pr. id. inverno aut. inv. prim. inv. estate primav. inv. prim. autun. invern. UOMINI Nu- me- Età ro-70 i4-().5 40-0.5 .53 16- 5 ab :-48 126-42 a3 36-70 36-56 36 40 33-37 18-40 3 0-48 26-35 i4-5c 12-l5 r8-43 18-66 1 1 7-24 17-49 1 3-6o 55 17-27 2.^-26 32 18-60 4- Esito Gua riti Mor- ti DuR.VTA in giorni 174 87 6() 48 35c 4;, 10 4c 53 a 3 32 58 56 35 i58 8c iq3 46 27f) 18 abt 24 102 46 4444 571 2C 7' Media 47 Durata in giorni 336 26 25 6c ■ 49 i56 a83 47' 5 iS3 2'l 1276 22C a5o Sol Meni. .i() tO 18 To- tale dell, ma- lat- tie 40 39 4 -I 9 DELLE QUALI termi- nate in perfet- ta sa- lute 9 '7 3 2 I 2 IO a '7 8 I 22 34 4 3 Trasmigrate in affezioni secondarie prima della salute o della morte fini- te mor- te 5 in diarrea pertinace 1 in Epatitide, 1 in Idrcpe ascite 1 in lenta encefalitide I in paralisi univ. i in Emipleg. Mortalità per cento sopra di ciascuna malattia i3 . 9 ì sopra di ciascuna classe 9li 1 degenerato in mania I in febbre nervosa 6a i 5o 5o 1 in diarrea colUquativa i in idropneumatosi addominale I in f. reum. a in palp. di cuore 4 in lisi, I in idrotor. i in vizio organico cardiaco a in tisi I in tisi polm. ulcerosa 3 ^i ■ * DONNE Durata Esito in giorni G L — n IVI 17 r\ t A Gut 1- Mo — a iviEDi^ '- S ■? a; : lite ì te e2 io-: ot a 35 17 la - a 1 ay 64 I j - I 12 12 "4 9423 12 . Con 5 I 16627 j6 . 6 31731 1 0 4 Affé 1 36 36 sisten 18 . . 78H41 — - gno'r» ■ • 4 35ò4' 1 • 2 1 3 a54'J jdst Lffi 3 I I • • 81 Ù.Y 4444 197 ò5 16 *. I , , 12 12 St( . . 38 38 1 1 1 di 0 T A L E 85i 77 24193 24 1 1 2107 '91 In." 2438. 140 1— IfL AS S I (•,;.tin. delN. Vili. Aiiezioni del BSterna gastro- enterico. IX. Ail'-zioni ilei iirteina delle riproduzioni X. Affezioni del sistema osseo. DIVISIONE in ORDINI GENERI SPECIE Spasmi Dolori Piorragic Riproduzioni cpigeneticlie 1 AITi'zioiii degli nr- gaiii riproduttivi Dispepsia Gastrodinie I Coliche Alle Verminazioui Sifilidi Leucorree Steatoma Carcinomi r ■ • r 1 5 Cosciartrocace I Lesioni prolonde J „ i -^-j- ' ( Raclutidi Distorsioni Ciibsi nervosa spasmodiche stercoraceo- flatulente per avvelcn. j maligne irrit. f'eldir. irrit. ipcrst. abituale ! uterino I vagin.jcd ut. 1 irrit. irrit. I paraliticlie Stagione predominante pnmav. autunno inv. pr. est. inverno primav. idem, iuv. pr. est. prim. prini. estat. id. pnm. autiui. inv. U O JI I N I Nu- me- 69 Età 43 a3-56 34 -26 20-53 26 1 1 i3-34 Esr Gua. rili Mor- ti DUKATA in giorni ab 53 88 2536 3o Media 2(j ic 14 21 24 16 53 DONNE Nu- me- ro Età 1 1 16-43 27-35 24 36-46 12 3o Esr Gua ri te Mor- te Durata in giorni 29 90 l5 18 l65o 81 44 197 Medi, 16 25 To- tale dell( ma- lat- tie 5 104 3 termi- nate in perfet- ta sa- lute 4 o5 3 I DELLE QUALI Trasmigrate in affezioni secondarie prima della salute o della morte filli- te in mor- te i in lebbre nervosa 2 in pneumonitide ; 2 in tisi tuber. I in cifijsi 395 Mortalità per cento sopra di ciascuna malattia 8 2. 1 sopra di ciascuna classe 7 ì- '4 il RIASSUNTO TOTALE N.° IO. N." 42. N.° 126. N.° 180. I N.° 3. '449 4-02 268 29458 75 989 4-80 852 77 24103 24 438 N.° a36. 197 NB. Vi si ebbero Malattie acute N.° . . croniche . . . . incurabili MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XX. FASCICOLO SECONDO DELLE MEMORIE DI FISICA. y _i. ■^^ '-. i. '■ -V— ,.> ' INDICE DELLE COSE COiNTENUTE NEL SECONDO FASCICOLO DELLE MEMORIE DI FISICA DEL TOMO XX. E lenco dei libri regalati alla Società Italiana del- le Scienze pag. (5) Statuto della Società e Catalogo de' suoi membri (i i) Annali della Società continuati dal SEGRETA- RIO ANTONIO LOMBARDI (26) Elogio di ERMENEGILDO PINI scritto dal PRO- FESSOR CESARE ROVIDA i Sulla vita e sulle opere di Antonio Collalto cen- ni del AB. PROFESSORE ANTONIO MENEGHELLI xxxii Elogio del PROFESSOR SANTO FATTORI scrit- to dal PROFESSOR GIUSEPPE LUGLI .... xxxviii. Osservazioni botaniche del DOTTOR OTTAVIA- NO TARGIONI TOZZETTI agi Intorno alla costruzione dei Parafulmini Memo- ria del PROFESSOR PIETRO CONFIGLI AGHI . . 3 14 Risposta alle obbiezioni della Biblioteca Italiana sulla teoria del moto composto. Memoria del PPvO- FESSORE ABATE GIUSEPPE ZAMBONI . . . 3a5 Supplemento alla Memoria su di alcuni pesci del mare di Puglia dell'ARClPRETE DON GIUSEPPE MARIA GIOVENE 336 Altro simile DELLO STESSO 346' Sopra la teoria delle Pile, Memoria del PROFES- SOR STEFANO MARIANINI 347 Sul Portavoce conico Memoria del PROFESSOR GIROLAMO RESTI-FERRARI 36o ;* )( 4 )( Encefalotomia di alcuni cetacei per servire di continuazione della encefalotomia nuova universale di VINCENZO MALACARNE SALUZZESE, comu- nicata alla Società Italiana delle Scienze dal Socio VINCENZO GAETANO iAIALACARNE. Encefaloto- mia del Delfino pag. 38 1 Delle piante chinifere saggio del PROFESSOR VALERIANO LUIGI BRERA 890 Del valore della Ballota Lanata L. per la cura delle affezioni reumatiche , artritiche gottose DEL- LO STESSO 4o3 Memoria del PROFESSOR ANTONIO BERTO- LONI sopra alcune produzioni naturali del golfo del- la Spezia ^22, Sopra l'Eclisse totale della Luna accaduto la notte del a. Settembre i83o. Relazione del PRO- FESSOR GIUSEPPE BIANCHI 435 Memoria sui calori specifici dei Corpi solidi e liquidi del GAVALIER AMEDEO AVOGADRO . 45 1 Discussione di Osservazioni barometriche in Mo- dena e considerazioni di Meteorologia, Memoria del PROFESSOR GIUSEPPE BIANCHI 587 Osservazioni Anatomico-patologiche del PROFES- SOR FLORIANO CALDANI ........ 627 ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA I>al 24. Maggio i83i. a tutto Agosto i833. M, I Lemorie della Società Astronomica di Londra 4° ivi i83o. Voi. IV." Parte I. Martini Professor Lorenzo. Lezioni di Fisiologia 8.° Torino i83o. Pomba Tom. L al XIL Libri regalati dal Sig. Cavalier Jacopo Griiberg di Hemso Console Svedese a Firenze. Sur r esprit et la valeur de V enséignement mutuel par MM. V Evèque Mònster et le Chev: d' Aùrahamson. Analisi ra- gionata di un' opera in liugna danese di 3. Volumi in 4>° stampati in Copenhague negli anni i8ai. iSaa. 1828. Progrès de V enséignement mutuel eri Danemark. Terzo rap- porto generale terminato a' 3i. Dicembre i8a5. dal Cav. d'Abrabamson. Progrès ec. come sopra. Settimo rapporto generale terminato come sopra a 3i. Dicembre dal suddetto. Socìetè Ftoyale des antiquaires du Nord a Copenhague. Estrat- to del regolamento della Società. 8.° Ubar die Konigliche Gesell-schaft ec. Ragguaglio della Reale Società degli antiquari! del Norte in Copenhague di Lo- dovico Giesebrecht. Stettin i8a8. 8.° Alcuni cenni sulT agricoltura nell' Impero di Marocco, lezio- ne detta neir Imp. R. Accademia dei Georgofili dal Cav. Gràberg. Firenze iu3i. 8." )(6)( Opuscoli sulle rivoluzioni del Globo del Sacerdote Ignazio Pa- radisi notomizzati nel nuovo giornale dei letterati di Pi- sa i83i. dallo stesso Gràberg. Sulla scoperta dell'imboccatura del fiume Niger lettera del- lo stesso al Direttore dell'Antologia. Notlce Biographique sur le chev al: Jacques Gr ab erg De Hernso redigèe par L. I. E. G. Florence i83i. i6.° Tutti questi Opuscoli furori dono del suddetto Cavaliere. Babbage Carlo. Riflessioni sulla decadenza delle Scienze in Inghilterra e su alcune delle cause che producono ques- ta decadenza 4-° Londra i83o. In lingua Inglese. Bertoloni Antonii Oratio de Laudibus Marcelli Malpighii 8.° Bononiae i83o. Typis Garaberinii. .... Amoenitates Italiese sistentes opuscula ad rem Herba- riam et Zoologiam Italiae spectantes 4-° Bononiae Typis Annesii de Nobilibus 1819. Steér Martini Francisci. Quaedam de Cholera generatim et speciatim de Cholera Asiatico — Europaea 8.° Patavii apud Crescini i83i. Transazioni Anglicane. Partali. i83o. e Parte I. i83i. 4'° Londra ap. Taylor. Tomi due. Processi verbali della So- cietà Reale i83o, i83r. Mainardi Gaspare. Memorie di Matematica 8.° Pavia, Tipogra- fìa Bizzoni i83i. Transazioni Anglicane Anno 1828. in due parti- Anno 1829. in tre parti: Anno i83o parte prima. Tomo XXXV delle Memorie della R. Accademia di Torino. Gallini Stefano. La superiorità deirUomo sopra tutti gli esse- ri creati su questa terra filosoficamente considerata. Di- scorso inaugurale 4-° Padova i83i. Tipografia del Semi- nario. Bizio Bartolommeo Opuscoli chimico-fisici 8." Venezia 182,7. Tomo I. Tipografia Antonelli. Elogio del Professore Luigi Brugnatelli 8.° Venezia i83a. Accademia di Padova. Nuovi saggi della I. R. Accademia di Padova. Tomo 3." Padova i83i. alla Minerva in 4.° Santini Professor Giovanni. Effemeridi per facilitare la ricer- ca della Cometa periodica di Biela nel suo ritorno al pe- rielio aspettato nel Novembre i83a. 4° Padova coi Tipi della Minerva i83a. Transazioni anglicane della Società R. dì Londra Parte II. dell'Anno i83i. in 4.° ap. Taylor i83i. Società Astronomica di Londra sue Memorie Voi. IV. Parte li. 4-° Londra ap. Priestley i83i. Elenco delle radunanze della Società Reale di Londra per gli anni i83o. i83i. i83a. ed estratti delle Memorie lette in esse 8." ivi. Herschell W. Quattro serie di osservazioni fatte con un riflettore di 20. piedi contenenti i luoghi , le descrizioni e le mi- sure di ia86. stelle doppie ridotte al principio del i83o. la maggior parte delle quali non per anche descritte 4*"' Londra i83o. presso Moyes e C. in Inglese. Bellani Canonico Angelo. La Corona ferrea del Regno d'Italia considerata. I. Come monumento d'arte. II. Come monu- mento storico. III. Come sacro. Memoria Apologetica 4>'* Milano dalla Tipografia Sirtori 18 19. Articolo sulla corona ferrea estratto dal giornale dell' Italiana Letteratura di Padova. Anno 1819. mese di Set- tembre e Ottobre con note critiche 4-'' Venezia per Giu- seppe Picotti Stampatore Editore i8ai. La Società Reale di Londra regalò. Indice degli strumenti e degli apparati per le Scienze naturali appartenenti alla Società Reale opuscolo Inglese in 4-° Statuti della Società Reale 4-° Londra i83i. ap. Taylor opu- scolo Inglese, Descrizione dei Ritratti che possiede la Società Reale. Opu- scolo Inglese in 4.° Cacciatore Innocenzo. Osservazioni sulla Cometa apparsa in Gennajo i83i. dirette al Signor N. N. Professore di . , . nella R. Università di Palermo ivi i83i 8.° K 8 )( Cacciatore Nicolai. De redigendis ad unicam seriom compa- rabilem meteorologicis ubique factis observationibus. Con- ventio proposita et tabulae supputatae.4.'' Panormi typis Selli i832. Statuti dell'Accademia di Scienze e belle lettere di Palermo ivi i83a. Dalla R. Stamperia in 8." Mainardi Gaspare. Trasformazioni di alcune funzioni algebral- che e loro uso nella geometria e nella meccanica 8.° Pa- via ap. Bizzoni i83j,. Ferrarese Dottor Luigi. Delle malattie della mente ovvero delle diverse specie di follie. 8.° Napoli i83o. Volumi due. Lanza Prof. Vincenzo. Ragionamento sul retto uso dell' ana- lisi e della critica nello studio della medicina 4-" Napo- li i833. Memorie dell'Istituto di Francia T. X. . •.-.., Rovida Cesare. Elogio di Ermenegildo Pini già Chier. Reg. Barnabita 8.'' Milano i83a. Transazioni Anglicane an. i83a. parte II. con l'estratto delle sedute della Società Reale di Londra. Lubbeck I. W. Sulla determinazione della distanza di una Co- meta dalla Terra ed elementi della sua orbita 8.° Londra i83a. Dzondi Carlo Enrico. Nuova e sicura maniera di curare la Si- filide in tutte le sue forme recata in Italiano e correda- ta di un' appendice dal Dottor Giuseppe Canella 8." Na- poli 18^7. Canella Giuseppe. Giornale di Chirurgia anno II. numeri a. 3. 4- II- la. Anno III. N.' i. al i a. escluso il 4- Trento i8a7. 8." Accademia di Torino il T." 36. delle sue memorie 4-° Torino. L'Institut, Journal des Academies et Sociètès scientifiques de la Franco et de l'Etranger. Paris: comiticiato il 18 Mag- gio 1000. Herschell F. W. Sulle cause astronomiche le quali influir _ )(9)( possono sui fenomeni geologici. '4.° Londra ap. Taylor i83a. In lìngua Inglese. Herschell I. F. W. Sulla ricerca delle orbite di rivoluzio- ne delle stelle doppie^, che serve di supplemento alla Memoria intitolata misure micrometriche di 864 stelle doppie ec, 4-° Londra i83ii. np. Moyes. Misure micrometriche di 354 stelle doppie prese con un te- lescopio equatoriale di 6. piedi di diametro a Slough ne- gli anni 1828. 1829. i83o. 4-° Londra ap. Moyes iSSa. Descrizione di una macchina per risolvere intuitivamente cer- te forme importanti di Equazioni trascendenti. 4*° Cam- bridge ap. Smith. io3a. Memorie della Società Reale Astronomica. Londra 4-° i833. Ap. Priestley e Weale. Voi. V. Santini Prof. Giovanni. Ritorno della cometa periodica di Bie- la al suo perielio nell' anno i83a, Padova i833. coi tipi della Minerva. Brera Cons. P. Valeriane Luigi. Vedute- di Recoaro e delle sue fonti medicinali da unirsi all' opera dello stesso su questo argomento, f." Padova i833 Stamperia Zambec- cari. Belli Professor Giuseppe. Corso elementare di Fisica speri- mentale. 8.° Milano i83o. Tipografia dei classici T. due. Riflessioni sulla legge dell' attrazione molecolare 4- Milano ap. Giusti i833. Estratto di queste riflessioni. 4-° Padova coi tipi della Mi- nerva. Accademia Imperiale di Pietroburgo sue Memorie serie VI. Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali T. I. diviso in sei fascicoli. Pietroburgo i83o. i833. 4-° ivi stamperia dell' Accademia. Tomo II. li quattro fascicoli sinora usciti. Memorie presentate alla stessa Accademia T. I. li fascicoli i. 3. 4. 5. 6. Tomo XX. a )( /o)( , Memorie della Classe di Scienze morali e politiche, storia e filologia. 4° ivi Tomo I. li fascicoli 2. 3. 4- 4- ^' ^- To- mo II. fascicolo I. i833. STATUTO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. i853 I. La la Società Italiana delle Scienze residente in Modena è composta di Quaranta Socj Attuali, tutti Italiani, di me- rito maturo, e per Opere date in luce ed applaudite rico- nosciuto. II. La scienza della natura è il grande oggetto, che la Società medesima si propone. Pubblicherà pertanto, sotto il titolo di Memorie di Matematica e di Fisica, le produzioni di r.hiunque de' Socj vorrà render pubblico negli Atti Socia- li il frutto de'proprj studj. III. De' quaranta Membri, uno sarà Presidente della So- cietà, e la presidenza durerà sei anni. Questi può eleggersi e risiedere in una qualunque Città dell'Italia, ma in Mode- na esister deve sempre sotto gli ordini del Presidente una rappresentanza, e in Modena sempre si pubblicheranno gli Atti della Società. IV. Avrà la Società un Segretario, ed un Vicesegretario amministratore residenti in Modena. Il primo sarà parteci- pe di tutte le facoltà dei Quaranta, benché non fosse uno d'essi, ed avrà diritto, non obbligo, di presentar Memorie da inserirsi negli Atti. Il secondo terrà il maneggio econo- mico. V. §. I. Altra Classe vi sarà di Socj Emeriti in nume- ro indeterminato. Essa è preparata a chiunque dei Quaran- ta, o per età avanzata, o per abituale mancanza di salute, o per altro motivo, non producesse verun suo lavoro in tre consecutivi tomi delle Memorie sociali. )( I^ )( 5. a. Ma se un Socio attuale passasse, negli Emeriti do- po aver posto otto IMeraorie ne' tomi sociali, in tal caso se- guiterà a godere, quantunque Emerito, tutte le prerogative di Attuale. §. 3. Che se un Socio Emerito ponga IMemorie in tre tomi consecutivi, sarà restituito nel ruolo degli Attuali. VI. Un'altra Classe, parimente indeterminata, compren- derà i Socj Onorar] . A questa saranno ascritti, previo l'as- senso di ventuno almeno dei Quaranta, i Compilatori, eletti dal Presidente, degli elogj de' Socj attuali defunti. Inoltre, esso Presidente potrà aggregare a questa classe, nel suo ses- sennio, due Soggetti, non più, che avessero operato cosa a prò della Società, onde meritassero d'esserne onorati parti- colarmente. VII. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Socj Stranieri, stabilita per distinguere ed onorare il inerito delle Scienze in qualunque parte fuori d'Italia. Sarà composta di do- dici So£2etti, a ciascun de' quali verrà esibito in dono un esem- piare d'ogni Volume, che uscirà in luce, delle Memorie Sociali. VIII. Le aggregazioni alle classi de' Socj attuali e degli stranieri si faranno nel modo seguente. Per ogni posto che rimanga vacante, dovrà il Presidente, col mezzo del Segreta- rio proporre sei nomi a ciascuno de' Socj attuali, il qual farà scelta d' uno, e lo indicherà per lettera al Segretario. Quel de' sei, che, entro il termine di due mesi dalla proposta, avrà pili suffragi, s' intenderà aggregato, e la Compagnia sarà fat- ta opportunamente consapevole dell' acquistato Cooperatore. Qualora accadesse che due o più Candidati avessero parità di voti maggiori, il Presidente avrà il voto di preponderanza per decidere sulla scelta. IX. AH" elezione del Presidente saranno invitati li Socj attuali con una lettera circolare del Segretario, al quale ognu- no di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da sé eletto a Presidente: e la pluralità de' voti, che arriveranno al Segretario, dentro il termine di due mesi dopo la data del )(i3)( circolare invito, determinerà 1' elezione, che dovrà esser dal Segretario annunziata ai INlembri votanti. X. Ciasclieduno dei Quaranta ha facoltà d'inserire negli Atti una scoperta utile, un' importante produzione, anche di persona non aggregata ma Italiana, purché tal produzione, o scoperta sia giudicata degna degli Atti stessi anche da un altro Socio , il qual venga destinato segretamente dal Presi- dente di volta in volta all'esame della cosa presentata, ed il suo nome ( quando approvi ) si stampi insieme con quello del presentatore. XI. Di questi Autori non Socj dovrà il Presidente ag- giungere i nomi, segnati con asterisco^, ai sei che presenta, a tener dell'articolo Vili, per l'elezione d'un Socio attua- le. Bensì questa nomina cesserà, dopo fatta sei volte, conta- te dalla pubblicazione d'ogni JMemoria. XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne' Vo- lumi della Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e in carattere chiaro. Il Segretario dovrà apporvi la data del recapito, acciocché sieno stampate con essa in fronte e per ordine di tempo. Che se 1' opera sia voluminosa, può l'Autore distribuirla in due o più parti pe' tomi susseguenti. XIII. Tutto ciò che è destinato pegli Atti dev'esser nao- vo, inedito, importante, ed analogo all'indole scientifica di questi Volumi , che non ammette sfoggio d' erudizione , né moltitudine di note e di citazioni. XIV. I fogli stampati di ciascun Volume non dovranno eccedere il numero di cento. Le Memorie soprabbondanti re- steranno in deposito pel tomo susseguente, o saranno resti- tuite agli Autori che le dimandassero. Bensì, nel caso di so- prabbondanza, le Dissertazioni degli Autori non Socj dovran- no cedere il luogo a quelle de' Socj. XV. La Società non si fa risponsabile delle Opere pubblicate negli Atti. Ogni Autore dev' esser malleva- dore delle cose proprie , come se le pubblicasse appartata- mente. )( 14 )( XVI. Non permette peraltro la Società le invettive per- sonali, e né anche le critiche non misurate: sopra di che veglierà il Segretario , e ne farà inteso il Presidente per un acconcio provvedimento. .1 XVII. Il Socio attuale. Autore d'una Memoria o d'un Elogio , avrà in dono cinquanta esemplari della sua produ- zione 5 con frontispizio apposito , e con la numerazion delle pagine ed il registro ricominciati. Ad ogni altro Autore sa- ranno corrisposte dodici copie. Qualunque Autore ne deside- rasse di più , non sarà aggravato d' alcuna spesa per conto della composizlon tipografica. XVIII. Nell'atto di queste spedizioni sarà trasmessa ai So- cj, che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimostrazio- ne stampata del numero de' suffragj toccati ad ogni Candidato, senza il nome però de' votanti, e così ancora i conti stampati dell'amministrazione tenuta dal Vicesegretario amministratore. . . XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in do- no un esemplare d'ogni Volume delle Memorie sociali, che andrà successivamente uscendo alla luce. XX. I doveri del Presidente, oltre i già mentovati; so- no: mantener 1' osservanza dello Statuto; eleggere il Segreta- rio ed il Vicesegretario^ qualunque volta sia di bisogno*, ave- re in governo e cura ogn' interesse della Società ; rivedere , almeno una volta all' annoj i conti dell' amministrazione del Vicesegretario , alla validità de' quali fa d' uopo 1' approva- zione e sottoscrizione di mano propria del Presidente, e rag- guagliar finalmente il Successore dello stato degli affari nel- l'atto di rinunziargli l'Uffizio. XXI. Dopo il Presidente^, il Segretario è la Persona pro- priamente deputata a mantener corrispondenza con tutti i Membri della Società , e quasi centro , ove debbono metter capo tutte le relazioni Sociali. Egli invia le patenti d'aggre- gazione; presiede alla stampa , ai Correttori di quella, ed al- l'incision delle tavole; prende cura delle spedizioni, e d'ogni altro interesse della Società, sempre però con l'approvazione )( i5 ){ del Presidente. Egli deve pure tener registro d'ogni atto che importi; custodire i voti de' Socj per le elezioni, manifestan- doli al Presidente ad ogni ricliiesta; e finalmente eseguir tut- to ciò, che ne' precedenti articoli gli è addossato. XXII. 5- I- Ad esempio delle principali Accademie, la Società Italiana delle Scienze avrà Membri pensionar] j e la pensione sarà d' annui zecchini ventiquattro, pagabili per me- tà allo spirare d' ogni semestre; non computate in verun ca- so, sia di morte, o di rinunzia, o di transito negli Emeriti, le frazioni di semestre. 5. a. Saranno capaci della pensione li tre più anziani, e di permanenza non interrotta, nel ruolo de' Socj attuali; sin a tanto però che rimangano nel ruolo medesimo. §. 3. Qualunque volta 1' eguaglianza d' età accademica renda ambigua la scelta d'uno o piìi Pensionar]; sarà tolta l'ambiguità concedendo la preferenza alla maggior età natu- rale. Nel tjual caso, il Segretario chiederà a ciascun de' coe- tanei come sopra, documento legale dell' epoca di sua nasci- ta; e chi non lo faccia a lui pervenire entro mesi tre dopo la domanda, s'intenderà che rinunz] alla pensione. §. 4- Due Socj ( sia ciascun d' essi Attuale o Emerito ) potranno inoltre goder la pensione, loro vita natui'ale duran- te, quando siano autori ciascuno di dieci o più Memorie stampate ne' Tomi Sociali, il valor delle quali venga giudi- cato degno di tal premio dalla pluralità assoluta de'Soc] at- tuali, a proposizione del Presidente ; ovvero dalla pluralità relativa, quando si tratti di giudicare del merito relativo fra più candidati. $.5. In ambi questi partiti le opinioni de'Soc] reste- ranno sempre segrete, ed a sola notizia del Presidente e del Segretario: si pubblicherà unicamente il numero de' suffragi a favore di ciascun Candidato , siccome è prescritto per le elezioni nell'articolo XVIII. §. 6. Avranno titolo di Pensionar/ anziani li tre del 5- a ; d» Pensionar/ giubilati li due del §. 4> 5. 7. Potrà il Pensionarlo anziano passare a goder la pensione come giul)ilato, sotto le condizioni prescritte dal 5, 4' ^ quando l'un de' due posti sia vacuo. XXIIl. A compensazion delle spese^ che incontrano i Quaranta ne' porti di lettere per cagion della Societàj ogni anno, nel mese di Gennajo sarà fetto l'esame, onde rico- noscere i Membri attuali^ che avranno corrisposto a tutte le lettere del Presidente e del Segretario nel corso dell' anno antecedente, e dentro li rispettivi termini di tempo in esse specificati ; ciascuno de' quali Socj avrà diritto di esigere zec- chini tre dalla cassa della Compagnia. XXIY. 5. I. Ogni volta, che la forza pecuniaria della stes- sa Società lo consenta, si esporranno programmi al concor- so pubbUco. Risoluto ciò dal Presidente, il Segretario invi- terà li Socj attuali a proporre argomenti. Questi esser do- vranno, o Fisici, o Matematici, o Fisico-Matematici, o in qualunque modo giovevoli a queste scienze, e sempre appli- cabili ad utile general dell' Italia. Il Segretario li manderà stampati a ciaschedun Socio, pretermettendo quelli che uscis- sero dalle condizioni ora prescritte. Ogni Socio spedirà al Se- gretario il proprio suffragio per la scelta dell' argomento, e dichiarerà insieme qual premio reputi conveniente e qual tempo alla facitura ed alla presentazione delle Memorie. Quel tema che avrà piìi suflTragj, sarà adottato: nel caso di pari- tà di voti deciderà la sorte. 5. a. Tosto si comunicherà alla Compagnia 1' argomento coronato, ed il numero de' suffragi riscossi da ogni argomen- to. Nell'atto stesso sarà richiesto ciaschedun Socio attuale di nominarne tre ( di qualunque Classe, purché Italiani, e di- moranti attualmente in Italia); quelli cioè, che ciascuno, os- servato il quesito, stimerà più adattati a giudicar le Memorie che compariranno al concorso. Quei tre., ne' quali concorre- rà maggior numero di suffragi (l'uguaglianza rimovasi conia soi'te ), s'intenderanno destinati a pronunziare il giudizio. .§. 3. Nelle occasioni statuite sopra, sarannno come non )( ^7 )( _ fatte le risposte de' Socj, qualora non giungano al Segreta- rio dentro quaranta giorni dalla data delia rispettiva Circo- lare di Lui. §. 4- Il nome de' Giudici eletti rimarrà a sola notizia del Presidente e del Segretario : se non che ciascun di quelli sa- rà fatto consapevole della propria destinazione;, con divieto di concorrere al programma e di manifestarla a chicchessia : niun di loro saprà i suoi Colleghi. Se qualcuno ricusasse, sarà sostituito il prossimo inferiore in quantità di voti. Ogni Giudice riceverà, dopo pronunziato il giudizio, un decente compenso dell' esclusion dal concorso. §. 5. Il Presidente, considerati i pareri de' Socj, Io stato economico della Società, e l'importanza di moltiplicare i pro- grammi, stabilirà la grandezza del premio, ed il termine da assegnarsi al coaicorso. Sarà tosto promulgato il problema per tutta Italia. Ogni Italiano, anche Socio^, potrà concorrere : ri- mangano esclusi li soli tre Giudici . Le Memorie dovranno essere inedite^ scritte in lingua Italiana ^ e pervenute nelle mani del Segretario entro il termine prescritto dal program- ma : il nome degli Autori sarà occulto : ogni Memoria porterà in fronte un motto^ e sarà accompagnata da uu biglietto sug- gellatO;, contrassegnato al di fuori dal medesimo motto, e con- tenente, al di dentro in maniera occultissimaj, nome, cogno- me, patria^ domicilio e profession dell'Autore. Il mancare a qualunque delle antecedenti condizioni fa perdere il premio. 5- 6. Tosto che il concorso sia chiuso^ il Presidente, ve- duto il numero e l'estensione delle Memorie, definirà il tem- po, entro il quale ogni Giudice dovrà pronunziare il giudi- zio. Allora il Segretario trasmetterà le Memorie, tutte unite, ad uno de' Giudici: da cui restituite che siano^, e notificato il proprio giudizio al Segretario^ saranno da questo fatte per- venire ad altro Giudice ; quindi con le regole stesse al ter- zo. Ogni Memoria coronata da un Giudice, sarà stampata col nome dell'Autore. Il premio sarà dato a quella Memoria , che venga coronata da tre^ o da due Giudici. Se tutti e tre Tomo XX. 3 )(;8){ li giudizi fossero discordi , si dividerà il premio fra le tre Memorie coronate. Lo stesso si farà tra due coronate, qua- lora un Giudice neghi il premio a tutte le Memorie , e gli altri due non siano concordi. Che se fossero due li giudizj di negativa generale del premio, in tal caso il terzo giudizio non sarà di alcun valore: si notificherà alla Compagnia 1' e- sito del giudizio, e si passerà alla pubblicazione di nuovo pro- gramma coi metodi stabiliti sopra. 5. 7. Ma quando sia conferito il premio, il Segretario annunzierà prontamente ai Socj ed a tutta l' Italia il nome degli Autori delle Memorie coronate , indicando quello cui spetta il premio. Esse Memorie saranno stampate senza in- dugio; se ne spedirà un esemplare ad ogni Socio, la. della propria a ciascun degli Autori coronati, 38. di piìi al pre- miato: i rimanenti si esporranno a vendita pubblica. CATALOGO DEI MEMBRI COMPONENTI LA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA AlV epoca del i833. in Luglio. PRESIDENTE. i^ua Eccellenza il Signor Marchese Luigi RANGO- NI eletto il giorno i. Agosto 1822.6 con- fermato per altri anni ó.alli 20. Marzo 1829. SOCII ATTUALI. ABBATI MARESCOTTI (Conte Pietro) Consultore del Ministero di pubblica economia ed istruzione Modena. ALDINI ( Cav. Giovanni ) Membro onorario della Società R. di Umanità e di quella d'Arti e Manifatture di Londra , Professore Ono- rario della Univessità di Vilna ec. Bologna. AMICI (Professore Gio: Battista) Firenze. AVOGADRO ( Cav. Amedeo ) Professore Emerito di Fisica sublime , Uditore nella R. Camera de' conti di Torino Torino- BACCELLI ( Don Liberato ) Professore di Fisica spe- rimentale nella R. Università di Modena Modena. BARANI ( Bartolommeo ) Professore di Chimica e Farmacologia, Presidente della Facoltà Me- dica nella R. Univessità di Modena, Mem- bro della R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Modena Modena. )( ^0 ){ BELLI ( Dottor Giuseppe ) Professor di Fisica e Ma- tematica applicata nelI'L R. Liceo di Por- tanuova in Milano , Membro della facoltà filosofica dell' L R. Università di Pavia^ So- cio onorario degli Atenei di Brescia e di Bergamo Milano. BERTOLONI ( Antonio) Professore di Botanica nella Pontificia Università di Bologna, Socio straor- dinario della Società Linneana di Parigi e Lione, della Medico-Botanica di Londra ec. Bologna, BL\.NCHI ( Dottor Giuseppe ) Professore di Matema- tica delle LL. AA. RR. i Principi figli del regnante Duca di Modena, Direttore del R. Osservatorio Astronomico di Modena, Pro- fessore di Cosmografia nella R. Università degli Studj Modena. BIDONE ( Cavalier Giorgio ) Professore di Idraulica nella R. Università di Torino Torino. BORDONI ( Antonio ) Professore emerito di Mate- matica nella R. Università di Pavia Pavia. BRERA (Cav. Valeriane Luigi ) Professore emerito pensionato di Terapia speciale, e di Clini- ca medica superiore dell' I. R. Università di Padova , e Consiglier di Governo di S. M. I. R. A, ec. Venezia. CALDANI ( Floriano ) Professore di Anatomia e di introduzione allo studio medico e chirur- gico nella I. R. Università di Padova Padova. CARLINI { Francesco ) Astronomo Regio , e Segre- tario dell'I. R. Istituto Milano. CONFIGLIACHI ( Abb. Pietro) Professore ordinario di Fisica generale e particolare nella I.R. Università di Pavia, e Membro dell'I. R. Istituto di Scienze^ Lettere ed Arti di Mi- lano ec. • Pavia. )( ^' )( CONTI ( Andrea ) Astronomo e Professore emerito di Matematica applicata FOSSOMBRONI (Conte Vittorio) Ministro degli Af- fari Esteri, Segretario di Stato in Toscana, pensionarlo anziano FRULLANI ( Giuliano ) Cav. degli ordini di S. Ste- fano e di S. Giuseppe di Toscana, Profes- sore emerito della I. R. Università di Pisa, Sopraintendente al Corpo degli Ingegneri d'acque e strade del Gran Ducato GALLINI ( Stefano ) Professore di Anatomia subli- me e di Fisiologia nell'I. R. Università di Padova, Socio Attivo nella Classe sperimen- tale dell'I. R. Accademia di Scienze, Let- tere ed Arti di Padova GIORGINI ( Cav. Gaetano ) Professor onorario del- la I. R. Università di Pisa ed uno dei com- ponenti il consiglio degli Ingegneri del Gran Ducato di Toscana GIOVENE (Cav. Don Giuseppe Maria) Canonico Arciprete della Cattedrale di Molfetta Pen- sionarlo anziano INGHIRAMI (Prof Giovanni) delle Scuole pie LOMBARDI ( Antonio ) Ingegnere , Primo Bibliote- cario di S. A. R. il Duca di Modena MAGISTRINI ( Gio. Battista ) Professore di Matema- tica superiore nella Pontificia Università di Bologna Roma. Firenze. Firenze. Padova. Firenze. Molfetta. Firenze. Modena. Bologna. MARIANINI ( Dottor Stefano ) Professore di Fisica Venezia. MICHELOTTI ( Cav. Ignazio ) Ispettor generale del Corpo Reale del Genio civile e delle mi- niere. Professor Regio, Socio della R. Ac- cademia delle Scienze e della Società A- graria di Torino, Membro del Consiglio de- gli Edili ec. Torino. )( ^^ ){ MORICHINI ( Dottor Domenico ) Professore di Chi- mica nella Università di Roma, Cav. del R. Ordine Danese di Danebuk, Membro del Collegio degli Archiatri di Roma ; Socio ., • corrispondente delle Accademie di Londra, Torino ec. MOSSOTTI ( Ottaviano Fabrizio ) NOBILI (Cav. Leopoldo ) Professore al Museo Imp. di Firenze, dt^ll'Istituto di Francia, dell'Ac- cademia R. di Torino ec. PAOLI ( Cav. Pietro ) Regio Consultore Soprainten- dente degli Studii del Gran Ducato di To- scana Cav. Commendatore dell' Ordine di San Giuseppe, Pensionarlo giubilato PIOLA ( Gabrio ) Nobile Milanese Dottore di Ma- tematica PLANA ( Giovanni ) Commendatore, Professore nella R. Università di Torino RANGONI ( Marchese Luigi ) Ministro di Pubblica Istruzione e di Economia di S. A. R. il Duca di Modena RANZANI ( Monsignor Camillo ) Primicerio della Metropolitana di Bologna, Professoie di Mi- neralogia e di Zoologia nella Pontifica Uni- versità di Bologna SANTINI (Giovanni) Dottore in Filosofia, Professo- re di Astronomia nell' I. R. Università di Padova, Socio dell'I. R. Accademia di Pa- dova e della R. Società Astronomica di Londra SAVI ( Gaetano ) Cavaliere dell'Ordine del merito sotto il titolo di San Giuseppe, Professore di Botanica nella I. R. Università di Pisa TOMMASINI ( Giacomo ) Professore di Terapia spe- ciale e di Clinica medica nella Università Roma. Milano. Firenze. Firenze. Blilano. Torino, Modena. Bologna. Padova. Pisa. )(^3)( di Parma, Protomedico dello Stato, Medico Consulente di S. M. Socio di varie Accade- mie d'Europa, della Società medica della nuova Orleans e di Rio Janeiro al Brasile Parma. TRAMONTINI ( Giuseppe ) Professore di Geometria descrittiva ed Architettura civile nella R. Università di Modena, Accademico di Na- poli ec. Modena. VENTUROLI ( Cav. Giuseppe ) Professore Emerito di Matematica applicata nella Università di Bologna, Presidente del Consiglio degli Ispettori d'Acque, e Strade ec. Roma. ZAMBONI ( Abate Giuseppe ) Professore di Fisica e di Matematica applicata nell'I. R. Liceo di Verona Verona. DIVISIONE DEI SOGII NELLE DUE CLASSI MATEMATICA E FISICA. LI NUMERI INDICANO QUALI SONO I TOMI IN CUI SONO INSERITE LE MEMORIE DEI SOGII. CLASSE MATEMATICA Abbati 19 Bianchi ao. ao. ao. Bidone 19. ao. Bordoni 17. 18. 19. 19. 19. ao. Carlini 18. i. ao. Conti ao. ; Fossombroai 3. 7. 9. la. 1 3. 17. 19. Frullani ao. 20. ao. Giorgini Inghirami Lombardi ig, i. ao. i. ao. i. Magistrini 16. 17. 19. Michelotti Mossotti 19. Paoli a. 4. 4. 6. 6. 8. 9. 9. xo. i3. 14. 17. 17. 20. ao. ao. ao. Plana 17. 18. 19. Fida ao. Pvangoni 19. 19. Santini 17. 19. 20. Tramontini Venturoli la. i4- '9- ){ ^5 )( CLASSE FISICA Aldini 14. 19- 19- Amici 19. ig. 19. Avogadro 19. 2,0. Baccelli Balani Belli Bertoloni 20. Brera 14. i5. 16. 17. 17. 18. 19. ao. ao. ao. Caldani 7. 8. la. i3. 16. 19. iq. Configliachi ao. Gallini 14. i5. 16. 17. 18. 19. ao. ao. Giovene 8. 9. io. ir. la. i3. 14. i4- i4- ^^- '^- '^' "9- ^^- ^°' Marianini Morichini 17. ao. Nobili Ranzani Savi Tommasini Zamboni 19. ao. ao. SOCII EMERITI. GIOBERT Gav. Antonio Residenza Torino . SOCII ONORARII BALBO ( Conte Prospero ) Torino. BRAMBILLA Prof. Paolo Milano. GAGNOLI Ottavio Verona. GARGALLO Gav. Tommaso Marchese di Gastellen- tini nel Regno di Napoli Napoli. LANDI Cav. Ferdinando Piacenza. PEZZANA Prof. Angelo Bibliotecario Ducale Parma. Tomo XX. 4 ){ ^(^ )( Residenza RUFFO Sua Eccellenza D. Fulco Principe di Scilla ec. Napoli. ZOPPI Dottor Gio, Battista Medico Verona. SOCII STRANIERI. ARAGO Matematico e Fisico AMPERE Fisico BERZELIUS Chimico BIOT Fisico BURG Matematico Parigi. Parigi. Stokolm. Parigi. Vienna. FUSS P. H. Segretario della I. Accademia di Pie- troburgo GAUSS Matematico GAY-LUSSAC Fisico HERSCHEL Astronomo S. F. W OLBERS Astronomo POISSON Matematico THENARD Chimico Pietroburgo. Gottinga. Parigi . Londra. Brema. Parigi. Parigi. SEGRETARIO. -,^ ,, LOMBARDI ( Antonio ) > , : Modena. Vice-Segretario Amministratore RUFFINI ( Avvocato Luigi ) Modena. -I , , : __'..,i^.'., i ■ . . ijo;.^' >>:-) ^:! ■■ "\- l'i A'-'' ■ '. ANNALI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. CONTINUATI DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI COMINCIANDO DAL I. GENNAIO MDCCCXXVI A TUTTO IL DICEMBRE MDCCCXXXII. a83.ll vuoto lasciato nella classe dei Socii Attuali dal Ma- tematico Pietro Ferroni defunto come accennai al n." 281. fu occupato dal Signor Conte Pietro Abbati Marescotti Modene- se Matematico, al quale io tosto partecipai questa determina- zione della Società, che egli sommamente gradi come risulta dalla lettera con cui rispose alla mia di partecipazione. 284. In conseguenza delL assenso dato dalli Signori Socii attuali alla proposizione loro fatta da Sua Eccellenza il Signor Marchese Presidente di ripubblicare il Programma del g. Ago- sto 1824 ( §. 280.) sui due quesiti di Fisica e di Matemati- ca, si diramò la seguente stampa per tutta l'Italia aprendo un nuovo concorso , ed accordando due anni di tempo alla pre- sentazione delle Memorie. )( ^8 )( PROGRAMMA. LA SOCIETÀ' ITALIANA DELLE SCIENZE 3 : ■ ', V '.^ - RESIDENTE IN MODENA Ai dotti Italiani. (Siccome non furono presentate Memorie al concorso aperto dalla Società con Programma 9. Agosto 1824. così ripropone essa gli stessi due problemi, cioè. Istituire un ragionato confronto tra le varie teorie sulV equilibrio delle Volte lasciateci dagli Autori più rinomati , e scegliendo fra queste la più consentanea alla natura del Pro- blema, dare un utile applicazione della medesima alla prati- ca^ esponendo con ordine^ e con chiarezza le regole da se- guirsi per la costruzione specialmente dei grandi archi dei Ponti sui fiumi , e per quella delle Cupole tanto ovali che circolari^ in modo che si combini la robustezza di tali edifizii con la eleganza delle forme architettoniche , contemplando an- che il caso degli archi obliqui alle sponde del fiume. r. . .. . ; . .,- IL . -, .-...;:, ..; ;. ...' . ;- - Estendendo le ricerche sperimentali del Conte Giordano Rìccati intorno ai suoni delle corde solide e delle aeree , e quelle pure del Chladny sulle lamine elastiche , raccogliere un numero dì fatti certi bastanti nella loro connessione e nel loro complesso per istabilire una teoria acustica che serva di base alla pratica musica. Le Memorie dovranno essere inedite, scritte in lingua Italiana^, in carattere chiaro, e da una sola mano, e saranno )( ^9 )( presentate al sottoscritto Socio, e Segretario in Modena entro tutto il mese di Marzo 1028. Il nome degli Autori sarà oc- culto; ogni Memoria porterà in fronte un motto , e sarà ac- compagnata da un biglietto suggellato contrassegnato al di fuori dal medesimo motto, contenente al di dentro in manie- ra occultissima nome, cognome, patria, domicilio e professio- ne dell'Autore. Il mancare a qualunque delle antecedenti con- dizioni fa perdere il premio che per ciaschedun argomento sa- sà una medaglia d' oro del valore di Zecchini sessanta; e ver- rà conseguito da quella Memoria che nel rispettivo argomen- to ne sarà giudicata meritevole secondo il metodo prescritto dallo Statuto Sociale. Le dissertazioni coronate saranno pub- blicate colle stampe, e gli Autori ne avranno in dono un nu- mero sufficiente di copie. Quelle non premiate si conserveran- no originali nell'Archivio dell'Accademia, potendo però gli Autori di esse ritirarne a loro spese una copia. Modena a3. Marzo 1826. Antonio Lombardi Socio e Segretario. Contemporaneamente il Segretario eseguì d' intelligenza col Presidente tutte le operazioni volute dallo Statuto Socia- le per la elezione dei Giudici delle memorie che venissero presentate al concorso. a85. L'incisor Fiorentino Sig. Pietro Cinganelli assunse r impegno di lavorare il conio della medaglia della Società che fu definitivamente combinato da Sua Eccellenza, dopo che il corpo sociale riscontrò le varie proposizioni ed i relativi pro- getti a lui presentati col mezzo del Segretario. Compiutasi la stampa del Fascicolo II. di Fisica e con esso il Tomo XIX. delle nostre Memorie, io avvertii con cir- colare del 3o. Giugno 1826. li Signori Colleghi che glielo avrei inoltrato, e li pregai a spedirmi le loro produzioni scientifi- che per cominciar la parte matematica del Tomo XX. )( 3o )( 2,SG, La Società ricevette in dono gentile dal Sig. Pro- fessore Guglielmo Eurico Brandes di Breslavia di cui già par- lai altrove ( § 2,54- )» un suo opuscolo Tedesco sulle stelle vo- lanti accompagnato da una lettera che io pubblico^ perchè sem- brami assai interessante, trattandosi di un argomento che si- nora ha occupato poco l'attenzione dei Fisici d'ogni nazio- ne^ e che dopo le osservazioni del Chiar. Brandes che ha da- to, dirern cosi il segno, merita di venir studiato. Mo NSIEUH Depuìs long temps f ai souhiatè de voiis donner quelques notices sur les observatìons des etoiles volantes, sur les quel- lei je vous ai dìt {si Je ne me trompe pas) quelques mots dans ma lettre que je ai eu V honneur de vous envoyer V an passe (i). Aujourdhui je suìs en etat de vous envoyer le petit (i) In questa lettera diretta il 17. Giugno 182,6 al nostro Socio Signor Arci- prete Don Giuseppe Maria Giovene a cui io la feci pervenire, il Signor Brandes ci dà le seguenti notizie sulle sue osservazioni intorno alle stelle volanti. Mon travati sur les olservations dii 24- Dee. 1821. et du 3. Fei>r. iSaS. n' est pas encore fini, mais j' espere le finir ( ou plutot le refaire ) vers la fin de cette ann'ee. Un nutre trovali que j' avois entrepris avec quelques uns des eludians de notre Cniversitè, m' a occupi trop long temps. Nous avions faites des observatìons des etoiles tombanies, le calcul de ces observatìons m' a caute quelque temps. Ces observatìons faites dans trols ou quatre lleux elolgnis de io a 3o mlles d' Allemagne V un de V autre , nous ont donne un assèz grand nombre de correspondences d' ou nous avons conclu que ces metèores soni toujours dans une hauteur de 3, 6 et jus-qu a 20 mlles d'Al- lemagne. Il me faut encore faire la recherche si V on peut trouver pcut-etr e quelque egalitè dans leur apparìtìon; je veux dire si peut-etre le mouvement de ceux qui se font volr dans la mime heure, soit parallel ou si l'on peut trouver quelques ralsons pour determiner si ces metèores appartiennent a la terre ou non Mais je cralns que le nombre de ceux qui soni vus par plusieurs observateurs, et dont on a pu cal- culer la hauteur, ne sera pas assez grand pour en conclure quelque chose avec suretè. J' espère que je peux faire imprimer les resulfats de ces observatìons et de celle; sur les depressions extraordinalres du Barometre dans un volume que je me propose de puhller siis le tltre. » Traltès sur la meteorologie. )( 3i )( traìtè que y ai faìt imprimer sur ce sujet, et j' espere que vous trouverez les resultats cles observations non point tout a faìt indignes de votre attentìon. Quoiqiie ces resultats ne soient point tels que tonpourrait les nommer tout-a-faìt suffisants, nèanmoins cette observation surprenante que V on trouve un si grand nombre de ces metèores qui font leur chemìn presque exactement dans la direction op- posèe a la direction du mouvement de la terre, me semble d'une tres grande importance. Sìfai raison de conciare de mes obser- vations ( comrne il me semble que V on me le devroit accorder) que ce mouvement relatif des etoiles volantes depend principale- ment du mouvement propre de la terre, on pourroit au moins rejetter plusieurs hypotheses sur la nature de ces phènonemes. Mais je ne sais pus si vous serèz d' accord avec moì sur la suretè de ce resulat, et je ne veux pas insister sur cela. Nèanmoins f espere que vous trouverez les observations dignes d' ette connucs aussi en Italie^ ^t je vous prie de vouloir bieii recommandér aux observateurs Italiens defaire des observations semblables; car je suis assurè que ces metèores sont assez di- gnes de notre attention^ et que nous sommes en. etat de trou- ver si ils appartiennent a la terre, ou si il-ya des phènomenes semblables en apparence, et differens peut-ètre par leur nature. Ce qiC appartient au.v observations barometriques, je suis encore endette a vous, parceque je n" ai pas encore fini mon travail sur les observations des descentes extra ordinaires du barometre les quelles j ai regu de votre Societè celebre. J' espe- re de finir enfia ce travail pendant V ètè, et d'avoir Vhonneur de vous en communiquer les resultats. Ayez la bontè de faire mes complimens a M. Giovene et de lui communiquer un des deux exemplaires des mes obser- vations que vous trouverez si joints. Je suis avec le plus grand respect. Breslau le a. Avril iSaS. l'otre tres humble Serviteur Henri Guillaume Brandes. )( 3a )( Io risposi in termini oI)bliganti a questa lettera promettendo al Sig. Brandes di tradurre in Italiano come ho fatto il sunno- minato opuscolo sulle stelle volanti che quanto prima pubbli- cherò, air oggetto che li Fisici Italiani vogliano secondare i desideri! del Professor Alemanno occupandosi di questo ramo di meteorologia poco finora coltivato. 2,87. Mancò di vita nel di 27. Agosto dell' anno i8a6 il Conte Giovanni Paradisi di Reggio in Lombardia nostro So- cio attuale, perlocchè si fece secondo il consueto una nota di candidati e si spedi sempre per disposizione di Sua Ec- cellenza il nostro Presidente ai Signori Colleglli,! quali scel- sero a pluralità relativa il Padre Giovanni Inglnrami delle Scuole pie Fiorentino, che fu perciò ammesso nel di i5. Feb- brajo 1827. in detta qualità fra li nostri collaboratori. 388. Varie classi di Socii compongono come è noto il no- stro corpo accademico, e quella dei Socii Stranieri sul comin- ciar del 1827. perde due illustri Matematici Nicola Fuss Se- gretario dell' Imperiale Accademia di Pietroburgo e Bode in- signe Astronomo a Berlino, ai quali col solito metodo furono sostituiti il celebre Giorgio Leopoldo Cuvier Segretario dell' Accademia Reale dell' Istituto di Francia che ora le Scienze piangon defunto (i) e 1' Inglese Herschel figlio del famoso Astronomo, e coltivatore rinomato pur esso delle Scienze na- turali. E mentre io partecipai con circolare 20. Maggio 1827. ai Signori Colleghi questa scelta, dovetti pure produrre una nuova nota di Candidati per rimpiazzare il vuoto lasciato dall' altro Socio Straniero il Conte La Place morto a Parigi, il cui posto toccò all' egregio Fisico e Matematico Signor Arago. 389. Riparate così queste perdite che fece la Società Ita- liana oltremonti, convenne pensare a riparar le altre avvenu- te in Italia, la prima del Socio ordinario Professore Giuseppe Avanzini mancato di vita in Padova li 18. Giugno 1827. So- (i) L'epoca della sua morte è segnata al i3. Maggio i83a. nei fogli Francesi. )( 33 )( ciò ordinario Professore Giuseppe Avanzini mancato di vita in Padova li 18. Giugno 1827, invece del quale si nominò il Si- gnor Don Liberato Baccelli Professore di Fisica nella R. no- stra Università , e l'altra del Professor Giuseppe Calandrelli Astronomo Pvomano a cui fu surrogato col solito metodo il Signor Dottor Don Gabrio Piola Milanese Matematico. Né io mancai di partecipare a tutti questi Dotti Italiani e Stranie- ri le rispettive elezioni, e ricevei regolarmente dai medesi- mi compitissime lettere in cui esprimevano alla Società i sentimenti della più viva gratitudine per 1' onore loro com- partito. ago. La Reale Accademia dell' Istituto di Francia conti- nuò sempre a spedire alla nostra Società i tomi delle Me- morie pubblicate da suoi Socii e dagli Stranieri, e (juesta si la un impegno di corrispondere a cosi gentile comunica- zione trasmettendo i Volumi delle proprie memorie tanto al- la sunnominata R. Accademia, quanto a quei dotti Oltra- montani che fanno parte della nostra Glasse dei Socii Stra- nieri. 291. Seguendo le norme stabilite daljo Statuto sociale. Sua Eccellenza il Presidente propose per mezzo mio alli Si- gnori Colleghi di ascrivere alla Glasse dei Socii onorarj li Signori Cavaliere Angelo Pezzana Ducale Bibliotecario a Par- ma che inserì nei nostri atti 1' elogio del Socio Dott. Pie- tio Rubini , Dott. Giuseppe Bianchi Modonese Professore di Astronomia, Autore dell' elogio del Dott. Paolo Ruffini che fu Presidente del nostro corpo accademico, e il Medico Dot- tor Gio. Battista Zoppi Veronese che compose l' encomio del Socio Antonio Manzoni, scritti inseriti nei nostri volumi. Questa proposizione fu accettata dal Corpo Accademico e perciò la Classe sunnominata crebbe di tre nuovi Socii, che da me informati secondo il consueto di tale elezione , mi espressero per mezzo di lettere l' aggradimento loro per la graziosa determinazione presa a favor d' essi dalla Società. ÌÌ92,. Compito il sessennio in cui Sua Eccellenza il Signor Tomo XX. 5 )( 34 )( Marchese Luigi Rangoni presiedette alla Società dopo la mor- te del Presidente Ruffini, io invitai li Signori Colleghi a nor- ma dello Statuto, perchè scegliessero un nuovo Preside , alla qual carica fu con unanime consentimento, può dirsi dell'in- tiero Corpo Accademico , rieletta la prefata Eccellenza Sua, giacché istituitosi lo scrutinio dei voti alla presenza dei Si- gnori Socii dimoranti in Modena senza 1' intervento del sun- nominato Cavaliere, in trentacinque votanti ( escluso il vo- to da lui dato ) trentuno lo rielessero a Presidente. Io mi diedi premura di partecipargli in persona questa determina- zione della nostra Società, ed ei si compiacque di risponder- mi nei seguenti obbligantissimi termini -'.,., ■ Blodena la. Maggio 1829. AL SIGNOR ANTONIO LOMBARDI SOCIO E SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE. LUIGI RANGONI Informato di essere stato rieletto alla Presidenza della So- cietà Italiana delle Scienze , ritorno alla considerazione della mia inferiorità al sommo onore che mi viene nuovamente im- partito dagli egregi miei Colleghi. Nel sentire perciò quanto debbo alla riunione degli autorevoli loro suffragi , non posso che pregarla, chiarissimo Signor Segretario, a far loro conosce- re i sentimenti della mia più sincera e viva riconoscenza. Co- stretto a non poter offrir loro che una forse del tutto sterile disposizione dell' animo, mi conviene limitarmi al desiderio di poter meritare la loro indulgenza col mio zelo in servigio del- la Società, ben certo d' altronde di non poter mai corrispon- dere air opinione di cui essi anche in questa circostanza han- )( 35 )( no voluto darmi un luminoso^ comunque da me non merita- to contrassegno. Le rinnovo con questa opportunità egregio Signor Segre- tario le ben sincere proteste dell' invariabile e distinta mia stima LUIGI RANGONI. ago. La Pieale Accademia dell' Istituto di Francia gradi il solito dono inviatogli dalla nostra Società del Fascicolo I, delle Memorie di Matematica T- XX, e dalla Società Reale di Londra la nostra ricevette regolarmente con l' intermezzo del Socio nostro Signor Professore Gio. Battista Amici la conti- nuazione de' suoi atti per tutto l'anno 182,6. in dodici Vo- lumij perloccliè continuò ad esser sempre attiva la corrispon- denza della Società Italiana con le principali Accademie d'ol- tremonte. ■2()4- Siccome non vi fu concorso di Memorie per distri- buire il premio proposto col Programma del i8a6, così io fui incaricato dal Presidente rieletto di interrogare come feci con Circolare ao. Maggio iSag. il Corpo Sociale, se voleva che si ripubblicassero li due quesiti descritti nella citata stampa , oppure se gradiva di esporre nuovi argomenti alle meditazio- ni scientifiche dei Dotti Italiani. Con pluralità di suffragi adot- tata fu la prima delle suddette proposizioni, e perciò con Pro- gramma delli a5. Agosto iSag. si esposero per la terza volta al concorso il Problema architettonico ed il musicale, pre- scrivendo anni due di tempo alla presentazione delle richie- ste Memorie. Io poi secondo il consueto inviai alli Signori Colleghi il nuovo Programma accompagnandolo con la richie- sta della nomina dei Giudici, il che si fece con circolare del a5. Agosto iSag-, nella quale pure partecipai loro la scelta fatta dalla Società del Si?. Antonio Bertoloni Professore di Botanica nella Pontificia Università di Bologna, a coprire il posto del Signor Conte Francesco Mengotti nostro Socio at- )(36)( tuale passato nella classe degli Emeriti. Con questa opportuni- tà proposi due note di Candidati formate da Sua Eccellenza il Presidente per rimpiazzare l'altro Socio attuale defunto Pro- fessor Ottaviano Targioni Tozzetti Fiorentino, e il Socio Stra- niero Inglese Davy Presidente della Società R.di Londra man- cato di vita mentre trovavasi nella Svizzera. Il Signor Dottor Giuseppe Bianchi Professore di Astronomia in Modena occu- pò per determinazione della Società il posto del Targioni, e il Chimico Francese Signor Thenard quello di Davy. ago. Ma mentre riparavansi queste perdite, altra ne av- venne nella persona del Socio attuale Giuseppe Raddi Fio- rentino, il quale accintosi alla lunga navigazione di Egitto per amor delle Scienze naturali, dovette soccombere nell'Isola di Rodi il dì 7. Settembre dell'anno 1829; perlocchè la Socie- tà nostra nominò in vece di questo Naturalista il Signor Ca- valiere Leopoldo Nobili di Reggio in Lombardia Matematico e Fisico a suo Socio ordinario, il che avvenne alli ai di Apri- le del successivo i83o. ago. Varie comunicazioni continuò a ricevere da altri Cor- pi Accademici il nostro, e fra queste ommetter non debbo di ricordare le più interessanti, e prima d'ogni altra quella dell' I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti del Regno Lombar- do Veneto, il quale mi trasmise il seguente Programma che si diramò in varie parti d' Italia, e dal quale si può conosce- re quanto sia lo zelo dell' Istituto onde giovare alla umanità. :.i'f: I -^ ;:'yì ',' < ::,;'. i „;.;. ■. I ; . e )( 37 )( REGNO LOMBARDO VENETO PROGRAMMA. L' Imperiale Regio Istituto di Scienze Lettere ed Arti nel- la sua radunanza del 22,. Luglio corrente ha proposto un pre- mio di Italiane Lir. i5oo. alla miglior Memoria in risposta al seguente quesito. joLvuto riguardo alla comune opinione che V irrigazione estesa delle risaje e dei prati marzajuoli nella bassa Lom- bardia sia pregiudicevole alla salute degli abitanti. Si propone di dichiarare giusta i principi fisici e chimici I .° Se il nocumento provenga dall' aria , daW acqua potabile o da entrambe congiuntamente. a.° Se le acque potabili resti- no guaste dalV infiltramento delle acque irrigue sparse sulla superficie del suolo. 3.° Per quali principi malsani le acque ir- rigue suddette dijferi^cono dalle acque salubri , e quali siano le cause principali dell' infezione. 4-° Quali possano essere i prìncipi chimici che infettano V aria., ed a quale altezza neW atmosfera possano essi innalzarsi. I Dotti nazionali e stranieri , eccettuati i soli Rlembri dell' Istituto del Regno Lombardo Veneto.) sono egualmente ammessi al concorso e potranno a loro piacimento servirsi del- la lìngua italiana., della latina., della tedesca e della francese. Gli scrìtti saranno rimessi franchi diporto e prima dello spirare dell' anno i83r. al Segretario dell' I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti in Milano, e giusta le norme acca- demiche saranno contraddistinti da un' epìgrafe ripetuta sopra un biglietto sigillato, il quale contenga al di dentro il nome e cognome delC autore e il suo domicìlio. )( 38 )( Non sarà aperto die il biglietto della Memoria premia- ta, e le altre Memorie coi rispettivi biglietti suggellati saran- no restituite. Baiano, il 3o. Luglio i83o. Il Vice-Segretario Carlini. 297. La Reale Accademia di Berlino poi spedì alla So- cietà nostra un Programma accompagnato da lettera dell'Ago- sto i83o. in cui la Classe di Filosofia e Storia propose un premio di cento Ducati da aggiudicarsi nel i83a. a chi scio- glierà il seguente quesito di Storia antica. Quesito della Classe di Filosofia e di Storia deir Accademia Reale di Scienze di Berlino Per il concorso deW anno i83a. pubblicato nel i83o. Quantunque lo studio della Storia orientale in grazia del- la pubblicazione di materiali preziosi, e delle ricerche profon- de di molti chiarissimi Dotti abbia fatto ai tempi nostri con- siderabilissimi progressi , e sebbene lo slancio che la filosofi.a orientale recentemente ha preso , non abbia mancato di eser- citare una influenza utile sulla critica della Storia dei popo- li deW Asia, ciò nullameno sembra che V organizzazione inte- riore dei popoli orientali, le particolarità delle loro istituzio- ni politiche, ed i scambievoli rapporti degli elementi che com- pongono le Blonarchie dcW Oriente non abbiano per anche risvegliato V interesse , che questi importanti oggetti a giusto titolo reclamano. La Storia interna pure delV Impero Arabo, ed il sistema di Amministrazione , che gli Arabi adottarono per le Provincie conquistate, e die è sommamente memorabi- le per più d" un rapporto, non è stato ancora sufficientemen- te rischiarato, quantunque siasi riconosciuta e descritta in mol- )( 39 )( te opere antiche e moderne V importanza degli effetti, spesso anche salutari, che il dominio de^li Arabi ebbe per molti pae- si, per es. per V Egitto e la Spagna. Queste considerazioni hanno determinato la Classe di Fi- losofia e di Storia deW Accademia Reale delle Scienze di Prus- sia a richiamare V attenzione degli Storici ed Orientalisti a sviluppare la Storia del sistema delV Amministrazione provin- ciale degli Arabi, proponendo per il concorso deW anno i83a. il quesito seguente. „ Qual fu lo stato deW Amministrazione delle Provincie 3, delV Impero Arabo nel periodo della potenza secolare dei ,j Califi, cioè dopo V origine dell' Impero Arabo e la sua fow „ dazione con V introduzione deW Islamismo, sino al termine „ dell' undecimo secolo deW Era Cristiana. „ ha classe desidera che V Amministrazione introdotta da gli Arabi nelle provincie conquistate non sia soltanto discussa ed esposta in generale, ma che sia soprattutto sviluppata rap- porto ai differenti paesi che furono successivamente sottomes- si al dominio degli Arabi , che sia richiamata la condizione degli abitanti originarli delle differenti provincie : come pure che siano illustrati i rapporti tanto politici e giuridici, quan- to religiosi e morali, in cui questi entrarono con li nuovi loro padroni, le attribuzioni e funzioni dei Governatori e Magi- strati inferiori, e le relazioni che sussistevano fra questi Dla- gistrati e la Corte dei Califi; e finalmente che siano fatti co- noscere li cangiamenti che successivamente subirono queste re- lazioni. La Classe desidera principalmente che si sparga luce tan- to sulla organizzazione giudiziaria delle Provincie Arabe e sul- le forme della giurisdizione che vi si esercitava nelV epoca in- dicata , quanto sulle Istituzioni stabilite dagli Arabi, sìa per secondare V Amministrazione delle finanze, sia per agevolare ì progressi delle Arti e delle Scienze, dclV Agricoltura e del Com- mercio, e degli altri rami dell' umana industria, e su gli effet- ti da queste Istituzioni prodotti. Sarebbe pure a desiderarsi )( 4o )( che fossero indicate le traode lasciate dalle istituzioni de^lì Arabi nei paesi sottomessi al dominio dei Caliji. La Glasse dimanda finalmente che siano giustificati con citazioni esatte delle sorgenti a cui sono attinti , non solo i risultamenti in generale delle ricerche delle quali sì è con precisione indicato il punto di vista e V estensione^ ma che., specialmente nel ca- so in cui li concorrenti attinger potessero a sorgenti manoscrit- te, vi si aggiungano i testi dei passi citati nelle lingue ori- ginali con la più scrupolosa esattezza. Le Memorie inviate al concorso portar dovranno un epi- grafe, o un motto che sarà ripetuto in un viglietto sigillato unito alla Blenioria , e contenente il nome deW Autore. Esse non saranno ricevute che a tutto il 3i. Blarzo i83a./ e do- vranno esser scritte a scelta degli Autori in lingua tedesca, a francese, o inglese, a italiana, o latina. Il premio sarà di cen- to Ducati; V aggiudicazione del quale si farà nella seduta pub- blica anniversaria di Leibnitz il mese di Luglio iGSa. Wilken Segretario della Classe . •■ •.,-, . ' ■ ■ di Filosofia e Storia. : ''■ \ .'\ : ■.;',...-,, . Quantunque la Società Italiana non si occupi di simili argomenti, tuttavia essa gradi questa comunicazione ^ diramò il Programma ricevuto, ed io risposi in termini officiosi per disposizione di sua Eccellenza il nostro Presidente al Signor Wilken Segretario della Glasse sunnominata di Filosofia e Sto- ria dell'Accademia Prussiana. agS. Io non mancai di informare con mia Circolare 28. Gennajo i83i. li Signori Colleghi di f[uesto carteggio avuto, e con tale opportunità comunicai loro la nota di que' Socii che meritarono il compenso delle spese postali per Tanno ca- duto i83o. come si è fatto e si fa regolarmente ogni anno. agg. Ebbi inoltre la compiacenza di partecipare ai me- desimi r esito felice a cui fu condotto l'affare del conio ma- gnifico della medaglia lavorato e compito a spese della So- )( 4i )( _ cietà dall' egregio incisor Fiorentino Signor Pietro Cinganel- li ; col qual conio senesi già fatte imprimere alla Zecca di Bologna diverse medaglie ; di queste se ne è mandata in dono per disposizione di Sua Eccellenza una a ciascheduno dei cinque Socii pensionati, li Signori Cesaris ora defun- to , Giovene , Fossombroni , Maironi ora defunto, e Paoli. 3oo. Giunto il termine prefisso dal Programma del aS. Agosto 18^9. alla presentazione delle Memorie per il concor- so aperto (^94) io ne ricevei ^ il giorno ag. Agosto i83i. , una sul quesito d' architettura. ,, Istituire un ragionato confronto tra le varie teorie „ sull' equilibrio delle Volte, lasciateci dagli autori più ri- „ nomati , e scegliendo fra queste la piìx consentanea alla „ natura del Problema dare un' utile applicazione della me- desima alla pratica , esponendo con ordine e con chiarez- za le regole da seguirsi per la costruzione specialmente dei grandi archi dei Ponti sui fiumi , e per quella delle Cupole tanto ovali che circolari, in modo che si combini la robustezza di tali edifizi con l' eleganza delle forme ar- chitettoniche, contemplando anche il caso degli archi obli- qui alle sponde del fiume ^, ed il giorno 3o del suddetto mese un' altra sul problema di Fisica. j, Estendendo le ricerche sperimentali del Conte Gior- j, dano Riccati intorno ai suoni delle corde solide e delle „ aeree^ e quelle pure del Chladny sulle lamine elastiche^ „ raccogliere un numero di fatti certi bastanti nella loro con- ,, nessione e nel loro complesso per istabilire una teoria acu- ,, stica che serva di base alla pratica musica „ La prima era contraddistinta col motto tratto da Ovidio, Ut desini vires tamen est laudanda voluntas, e l'altra por- tava in fronte il passo di Cicerone ( Quaest. Accad. lib II), Qiiam multa quae nos fugìunt in cantu, exaudiunt in eo ge- nere exercitati. Queste lurono per disposizione di Sua Eccellenza il Pre- sidente spedite ai rispettivi Giudici destinati dal corpo sociale Tomo XX. 6 )( 4a )( per giudicarne il merito, e mentre si aspettava il loro parere, si pubblicò nel Settembre dell'anno 1 83 i . il secondo fascicolo dello nostre Memorie di Matematica del Tomo XX. die io dira- mai ai Signori Colleghi, e si cominciò la stampa del fascicolo II. di Fisica col (juale dar si deve compimento a questo Tomo. 3oi. I meriti letterarii e le cognizioni scientifiche che distinguono Sua Eccellenza il Signor Fulco R.uffo di Calabria Principe di Scilla, Duca di S. Cristina, Presidente dell'Istitu- to di incoraggiamento del llegno di Napoli^ determinarono il nostro Presidente ad usare della facoltà compartitagli dallo Statuto col nominarlo Membro onorario della Società nostra. Io partecipai subito a questo Signore la determinazione presa dalla Società a suo favore, ed egli si fece premura di espri- mere a questo corpo scientifico con suo gentilissimo foglio se- gnato in Napoli il ig. Marzo i83a. i sentimenti della sua più viva gratitudine per questa nomina. 3oa. Con mia circolare del giorno ao. Febbrajo i83a par- tecipai ai Signori Colleghi l'aggregazione di questo Socio alla Classe degli Onorarli, e con tale opportunità feci loro cono- scere che non essendosi nell'anno i83i. caduto spedite ai So- cii lettere circolari che esigessero risposta^ non si faceva luo- go a distribuire il solito compenso delle spese postali, come si è praticato regolarmente negli anni decorsi e nell' anno i832. 3o3. Il Signor Cavaliere Gaetano Giorgini Ingegnere Luc- chese ma domiciliato a Firenze occupò il posto rimasto va- cante per la morte seguita a Milano del Socio pensionato Ca- valiere Ab. Angelo Cesaris Astronomo Fiegio nella specola di Brera. E di questa nomina seguita in conseguenza della pro- posta fatta dal Presidente con mia circolare ao. Maggio i83a. io ne diedi notizia al Corpo Accademico con altra mia 4- Agosto di quest'anno, ed avendo notificato con lettera dello stesso giorno al sunnominato Sig. Ingegnere la sua aggrega- zione alla Classe dei Socii attuali ; ricevei ben tosto una sua gentilissima lettera di ringraziamento alla Società nostra per questo titolo. )( 43 )( 3o4- L'anno io3;i. fu sopra modo fatale alle Scienze ed alle Lettere, e si ebbero a deplorar ognora nuove perdite d'Uo- mini per dottrina e per sapore insigni. Fra questi mancarono, in Padova il 2.S. Maiiiiio il Professor Vincenzo Gaetano Mala- carne nostro Socio attuale, ed a Parigi nel giorno i3. dello stesso mese T Illustre Naturalista Barone Cuvrier appartenente alla Classe dei nostri Socii stranieri. Perloccliè Sua Eccellenza col mio mezzo piopose ai Socii le consuete note di Dotti Ita- liani ed esteri per limpiazzare questi posti vacanti. Il Signor Dottor Giuseppe Belli Professore di Fisica a Milano fu eletto fra li proposti dal corpo Accademico a nostro Socio attuale, e il Matematico Francese Poisson a Socio straniero. 3c5. Siccome il Cavaliere Ab. Angelo Cesaiis godeva la pensione di Socio anziano; cosi essendo egli mancato di vita, si fece luogo a conferire ad altro Socio questa pensione, ed essendosi rilevato clie li due colleghi Signori Prof. Floriano Caldani Padovano^ e Cav. Prof. Giuseppe Venturoli Bolognese avevano la stessa età accademicaj così fu duopo a termini dell' Art. XXII. § 3. dello Statuto conoscere chi dei due ave- va maggior età naturale, ed essendosi ciò avverato del Signor Prof. Venturolij a lui per diritto passò la pensione goduta dall' Ab. Cesaris. 3c6. Kè si compi l'anno iSSa. senza che mancassero nuovi Socii ; poiché il ruolo degli Attuali fu privato del Socio Mi- lanese (]av. Gio: Battista Palletta Chirurgo, e nella classe de- gli stranieri restarono vacanti i posti occupati già dall'Astro- nomo Barone di Zach e dal Chimico Conte Chaptal morti a Parigi. 3o7 Corrisposero con tutta l'esattezza e puntualità li Signori Giudici alla confidenza in essi posta dalla Società no- stra col trasmettere entro i prescritti termini alla Segreteria in Modena i loro pareri sulle due memorie presentate al con- corso ( 3oo ). Il risultaraento di questi fu che ninno dei tre Giudici del Problema di Fisica accordò il premio all'unica memoria presentataj e che due dei tre Giudici del quesito )( 44 )( _ matematico riputarono meritevole di corona 1' unica memoria da me ricevuta suU' argomento matematico contraddistinta col motto. Ut desint vires tatnen est laudanda volantas ; il terzo Giudice non la approvò. Nel giorno 4 Dicembre i83a. perciò si radunarono pre- vio il solito invito presso Sua Eccellenza il Signor Marchese Presidente i Socii abitanti in Modena, e con le volute forma- lità si pubblicarono i giudizii ricevuti, conservando il dovuto segreto sui nomi dei Signori Giudici ; dopo di che il prefato Presidente apri il viglietto unito alla memoria di Matematica coronata a termini dell' Articolo Statutario XXIV. § 6. e si co- nobbe esserne Autore il Signor Dottor in Filosofia VINCEN- ZO AMICI figlio del nostro Socio attuale Professore Gio: Bat- tista; in conseguenza di che si stamperà questo scritto e l'Au- tore che consegui già la dovuta medaglia di Zecchini ses- santa, ne avrà in dono un sufficiente numero di copie. Con- temporaneamente si diede alle fiamme il viglietto unito alla memoria musicale non premiata, la quale si conserverà secon- do il praticato nell' Arcliivio della Società nostra. ELOGIO D I ERMENEGILDO PINI GIÀ CHIERICO REGOLARE BARNABITA SCRITTO DA CESARE ROVIDA GIÀ C. R. B. IN ella certamente ora più cale degli onori terreni ad Erme- negildo Pini (i), poi che ha drizzato il volo a quelle beate sedi, ove un Dio giusto e misericordioso premia la virtù de' mortali e perfeziona il loro sapere. Onde io non mi dolgo pur l'uomo illustre, negletta veggendone la memoria: ducimi per la nostra comune patria, e parmi giustamente; perocché non al bene di lui, ma bensì alla gloria di Milano, manca l'elogio delle sue virtù, del suo sapere ; né a questa mancanza sup- pliscono brevi e fuggitivi cenni sparsi in qualche Giornale (a), (i) Sebbene il N. A. negli ultimi an- ni, unicamente per aderire al desiderio de' suoi congiunti, abbia usato di chia- marsi Pino , io continuerò sempre a chiamarlo Pini , come in origine prati- cavasi dalla sua famiglia. (a)Nella Gazzetta di Milano n.° 7 gen- naio 1825, pubblicossi un bell'articolo necrologico del P. Pini. Nella decade 2.* Tom. 8.° 1825 del Giornale di Fisica, Tomo XX. Chimica, Storia Naturale ec. dei signo- ri Professori Configliachi e Brugnatelli v' ha il seguente brano della lettera circolare del signor Cav. Carlini Vice- Segretario dell'I. R. Istituto di Scien- ze, Lettere ed Arti del Regno Lombar- do-Veneto a' Membei dell' Istituto me- desimo. (( Una assai più recente e non meno amara perdita ha fatto l'Istituto nostro nel Socio pensionato Abate Er— H Elogio det, P. Pini Mentre io scrivo queste parole s' erge alla pubblica ammir?.- zione ne' portici dell' I. Il, Palazzo delle Scienze e delle Ar- ti un bel monumento che gli Astronomi Braidensi consacra- no al Gesuita Boscovich fondatore dell'Osservatorio Milanese. menegildo Pini. Dotato ti' un ingegno vasto e fecondo , rgli coltivò con suc- cesso diversi rami delle Scienze: la Sto- ria Naturale l'occupò principalmente, ed in essa fece quelle importanti osser- vazioni e scoperte che lo resero noto nella colta Europa. Opportune occasio- ni a queste sue ricerclie gli oiTrirono i viaggi fatti per commissione del Gover- no in Italia, in Germania ed in Fran- cia, ed in essi ebbe campo di formarsi una ricca collezione di minerali , pas- sata poi per sua disposizione in proprie- tà dell' I. R. Liceo di S. Alessandro. Diede pure non pochi saggi del suo sa- pere nelle Matematiche speculative, nella Meccanica e nell' Architettura : propose nuovi stromenti per la Geode- lia, e s' internò spesso ne' più oscuri recessi della Metafisica. I varii suoi ta- lenti e la specchiata sua probità gli meritarono la confidenza e i riguardi dei varii Governi , che si succedettero in Lombardia, onde fu fatto in diver- si tempi Professore e Direttore del Ga- binetto Mineralogico nel succennato Li- ceo, Ispettore degli studj. Membro del Consiglio delle Miniere, e fu tra' pri- mi ammesso a formar parte del nostro Istituto. » Nel tomo XIX delle Memo- rie della celebre Società Italiana delle Scienze residente in Modena trovasi il semplice seguente cenno: « Per ripara- re alla perdita fatta dalla Società del- l'illustre P. D. Ermenegildo Pini So- cio Anziano , morto in età avanzata a Milano.)) La Biblioteca Italiana non ha parlato del Pini, e certamente per in- nocente dimenticanza è sfuggito il no- me di lui anche nella nota degli Illu- stri defunti messa nel Proemio dell'an- no 1826. Il Giornale di Modena « Me- morie di Religione ec. )) eh' è sempre animato dal lodevolissimo fine di en- comiare segnatamente il sapere con- giunto colle virtù religiose , e confor- memente al suo motto (( Et in Sapien- tia Religio)), sebbene abbia di passag- gio più volte nominato il Pini con 'pa- role d'onore (Tomo i.° pag. 247, 2."^ pag. 119, 5.° pag. 447, 7.° pag. 556, g.** pag. a6i ), pure non consacrò al medesimo nessuno di quegli articoli ne- crologici sempre rispettabili, di cui qua- si ogni fascicolo è ornato. E quello che sommamente mi fa meraviglia, è il ve^ dere trascurata la biografia del Pini nella grande opera « La Biografia Uni- versale tradotta ed ampliata in Vene- zia. )) Il tomo ove dovevasi parlare dei Pini, è il XLIV, e questo si pubblicò 1' anno 1828, tre anni dopo la morte di lui. Se i Francesi l'avevano obbliato, doveva ripararsi a questo errore da' let- terati italiani. Neil' opera però intito- lata « Biographie des hommes vivant* tom. 5." Paris, janvier 1819, si fa ono- revolissima menzione del nostro Profes- rore. Tra le altre cose vi si legge: «Lee connaissances du P. Pini sont profbn- Scritto dal P. Rovida ni elle pei nomi di tre uomini sommi Oriani^ Cesaris (i), e Car- lini suona venerato per tutta la colta Europa. E chi sa che in mezzo alla nobile gara, onde sono ora mossi gli animi genti- li de' nostri concittadini a tramandare per mezzo di statue^ di busti, di lapidi onorarie alla posterità la memoria di colo- ro che la patria illustrarono, un monumento non ci sia dato di vedere un giorno eretto ad Ermenegildo Pini ! Intanto ose- rò io, debole quale mi riconosco ed inferiore di gran lunga a tanti valenti scrittori, di cui si onora Milano, dettare l'elogia storico di quest' uomo insigne , e soddisfare così , almeno in parte, al sacro dovere che ci stringe di non obbliare il Pini dopo avere ricordati ingegni minori e meno di lui benemeri- ti delle Scienze e delle Lettere? Durante l'assenza d'Achille, duci men celebri e meno forti, entrando nella lizza , l'onore sostennero della Grecia. E come ora potrei io tacere, quando un impulso onorevole a tessere F encomio dei meriti del Pi- ni mi viene da quella illustre Società Italiana delle Scienze, di cui esso fu uno dei primi ornamenti, la quale alle mie di- sadorne parole degnasi di concedere grazioso luogo ne' suoi Atti medesimi? Non a temerità adunque, io spero, mi verrà dai saggi imputato il buon volere; e nulla avendo omesso per raccogliere da pure fonti le notizie biografiche , e consultan- do varie carte che appartenevano al Pini, che mi furono gen- tilmente comunicate (a), ed analizzando in seguito colla mag- des et variées, mais la Physique et l'Hi- stoire Naturelle sont celles qu' il a cul- nvées avec plus d'éclat. Il enseignait cat- te dernière avec un grand succès avant la revolution , et il avait méme forme un cabinet d' Histoire Naturelle très- curieux. La revolution le lui laissa, et ne le detourna polnt des ses fonctionsj ni des ses études. Le nouveau Gouver- nement ne pouvait se dispenser de re- specter un savant que tous ,les étran- gers venaient voir en passant à Milan.» Ci) Il Cav. Ab. De Cesaris morì in Milano il i8. aprile i83a. (2) Fra le persone che hanno in qual- che modo contribuito a questo mio la- voro debbo nominare con particolare riconoscenza il R. P. Proposto de' Bar- nabiti e Parroco di S. Alessandro Don Benedetto Baserga, che mise a mia di- sposizione tutte le carte e tutti i libri del P. Pinij non che il R. P. ConsuL- IV Elogio del P. Pini glore per me possibile esattezza le moltiplici sue produzioni, confido d' essermi conciliata 1' indulgenza de' più severi . e 1' approvazione di tutti coloro che sanno apprezzare la retti- tudine dell' intenzione. Carlo Pini nacque in Milano da Domenico e Domenica Venini, il giorno 17 giugno 1739. Appartenendo a famiglia ri- spettabile ed abbastanza doviziosa, potè ricevere una liberale educazione, quale convenivasi all'ingegno che in lui traspa- riva sino dalia sua più verde età. Per sette anni questa edu- cazione venne affidata a' Religiosi delle Scuole Pie nel Col legio Calchi-Taegi della nostra città, e per altri due egli at- tese allo studio delle umane lettere nel Ginnasio di Brera. La forza della mente ed il fervore costante nell'applicazione congiunti ad un vivo amore per le cose della Religione e per la ritiratezza, gli fecero ravvisare nella Congregazione de' Bar- nabiti quel bagro asilo, tutto proprio all' indole sua, alle sue inclinazioni, nel quale avrebbe potuto agevolmente ed arric- chire la sua mente di cognizioni scientifiche e coltivare il suo cuore alla pietà, bevendo l' istruzione alle fonti dell'esempio di tanti insigni e per sapere e per virtù, che quella Congre- gazione nel suo seno alimentava. Quindi, sostenute le prove della sua vocazione, egli vesti 1' abito religioso dei Barnabiti in Monza, il giorno 24 ottobre 1756, cambiando il nome di Carlo in quello di Ermenegildo, sotto cui divenne poi celebre, e nel a5 ottobre 1757 professò i sagri voti innanzi al R.. F. Provinciale in Lombardia Don Carlo Francesco Marietti. Compi con sommo onore, come gli Atti del Collegio ri- ieriscono, gli studi filosofici in S. Barnaba;, quindi passò a Ro- ma per istudiare la Teologia, al cui corso regolare diede co- minciamento nel novembre del 1760. Nel giorno 19 settem- bre del 1761 fu ordinato Soddiacono; e nel 4 dicembre dello toie Di Pio Agostino Negri, il quale mi 1 te dagli Atti de' Collegi de' B.'jrnabit; procurò molte notizie biografiche estrat- | in Milano ed in Roma. Scritto dal P. Rovida v stesso anno tenne pubblica disputa di Teologia, fatto sogget- to delle sue dissertazioni il Trattato De Incarnatione , uno certamente de' più sublimi e più consolanti di tutta la Teo- logia. Passò qualche mese in appresso nel Collegio di Napoli, e tornato di nuovo nella capitale dell' Orbe Cattolico vi fu innalzato al Sacerdozio il 18 dicembre del 1762. Il giorno 16 aprile del 1768 sostenne con applauso universale dei più di- stinti teologi di Roma le tesi del Corso intero di Teologia. Nel dicembre dello stesso anno fu richiamato in patria. Giunto a Milano, e recatosi al Collegio di S. Alessandro,, luogo da' Superiori assegnatogli , che più non lasciò se non per morte, attese per due anni allo studio del Diritto Cano- nico sotto la direzione del valentissimo P. D. Giovanni Mat- teo Zeyer, e nel giorno 11 maggio del 1765 ottenne l'onore di sostenere pubblicamente innanzi a Sua Eminenza il Cardi- nale Giuseppe Pozzobonelli Arcivescovo di Milano , diverse tesi di Diritto Canonico, di cui leggo negli Atti di quel Col- legio, che giornalmente scrivevansi colla più religiosa verità ed esattezza: "impossibile dictu est, quot religiosi viri, cives, equites convenerint. Ingeniosissimus defendens omnium expe- ctationi uberrime satisfecit.,, E qui hanno fine le glorie del nostro P. Pini considera- to come studente. Le cognizioni intanto da lui acquistate non solo nelle facoltà teologiche, ma in tutte le parti della razio- nale filosofia e delle scienze naturali , cui a un tempo dedi- cava le forze della sua mente attissima ad ogni più arduo con- cetto ed alla più pertinace applicazione , lo pongono ormai in istato di cogliere allori più solenni, luminosamente viven- do nello stesso tempo alla sua fama ed alla pubblica utilità. Avendo il Governo nel 1765 chiamato ad altre funzioni il chiarissimo P. D. Francesco Maria De-RegI professore di Matematica nelle Scuole Arcimbolde di Milano , dirette da' Barnabiti, venne a lui qual supplente sostituito il P. D. Er- menegildo Pini, il quale segnò così la sua comparsa fra' pub- blici Professori, in giovine età, nel modo il più lusinghiero , VI Elogio del P. Pini dovendo sedere sopra una delle cattedre più sublimi cìie con- tavausi in quelle scuole, come successore ad un uomo di tan- ta rinomanza. Nò V opinione de' suoi Superiori che ve lo ave- vano destinato, andò fallita: fiorì la sua scuola, e nel susse- guente anno 1766 venne egli nominato ordinario Professore di Matematica. Nel 1767 gli fu addossato un altro gravoso in- carico qual era quello di leggere anche il Diritto Canonicoi. Se non che nel 177I5 tolte per ordine sovrano le pubbliche scuole di Diritto Canonico e di Teologia all' Università Ar- cimbolda , ed ordinata la instituzione di un Museo di Storia Naturale e d' una cattedra piJjblica di questa scienza, il no- stro Professore ebbe l' incarico di presiedere alla prima e di occupai" la seconda ; e così trovossi collocato in quel posto , cui segretamente egli indirizzava i suoi voti, animato da ar- dente amore per gli studi geologici sino dalla prima giovinez- za. E però nominato nel 1772, dall'Augusta Imperatrice Ma- ria Teresa pubblico Professore di Storia Naturale, fu il pii- rao, che in Milano facesse nascere il gusto di tali studi ; ed io, senza tema d' essere tacciato di esagerazione, posso affer- mare che le scienze naturali a que' tempi in Italia appena ap- pena nascenti, ebbero qui dal Pini i primi generosi impulsi , e che pei lavori di lui, e per quelli di altri molti cultori in- stancabili e solerti , crebbero tanto , che al presente , come d' ogni altra scienza può dirsi, non rimangono inferiori ne' lo- ro progressi allo stato in che si trovano presso le più colte nazioni. L'amenità del discorso, la dolcezza delle maniere, la franchezza nello sperimentare, la profondità delle viste e l'a- cutezza de' raziocinj, doti tutte che riunivansi con bellissimo accordo nel nostro Professore, chiamarono alle sue lezioni non solo gli studenti dell' Università Arcimbolda , ma moltissime persone di già colte e provette, onde maggiormente venne in onore e propagossi la scienza. Il giorno ao del gennajo 1778 fecesi il solenne aprimen- to della nuova scuola, ed in questa occasione il P. Pini ten- ne al cospetto di S. E. il Conte di Firmian Ministro Pleni^ Scritto dal P. RovroA vn potenziano e munifico protettore ^elle scienze e degli scien- ziati, una prelezione sull' utilità dello studio della Storia Na- turale, che rese poi di pubblico diritto colle stampe. Il cor- so del primo anno non oltrepassò la metà dell'aprile, essendo egli partito il lO del detto mese per intraprendere un viag- gio scientifico ingiuntogli dalla Imperatrice , a Vienna e ne- gli Stati Ereditar], donde tornò poscia in patria il 17 di lu- glio dello stesso anno 1773. In questo viaggio ebbe il Pini a compagno il P. Don Francesco Luigi Fontana, che fu poi Car- dinale di Santa Chiesa , e si prefisse a scopo il più minuto esame de' varj instituti scientifici e letterari di quelle regio- ni, e delle varie miniere che trovavansi sulla linea del viag- gio. L'Augusta Sovrana ben prevedeva che sommo vantaggio ne avrebbe tratto il giovine Professore, e quindi la pubblica istru- zione, e per le cognizioni immediate che ne sarebbero in lui venute, e per le utili reiasioni che avrebbe contratte cogli uomini illustri di que' paesi, ne' quali già di molto era in fiore lo studio delle scienze naturali. Nel 1774 però, rigorosamente parlando, può dirsi che in- cominciasse il corso ordinario delle lezioni al Museo di S. Alessandro, le quali il Pini ebbe la consolazione di continua- re sino ad una molto avanzata età. Ogni anno si accrescea r eletta corona degli alunni, che avidamente bevevano l'istru- zione dal facondo suo labbro; ed io rammento, portandomi col pensiero agli anni felici della mia giovinezza, cose da me stes- so vedute, dicendo che anche nei momenti i più torbidi , in cui le menti giovanili erano travolte in molti da un funesto delirio assecondato da malaugurata ragione politicagli P. Pini fu da tutti sempre altamente venerato; né già tanto pel gra- ve, maestoso portamento eh' eragli naturale, quanto per la fama del suo sapere e delle sue virtù, che imponevano ii si- lenzio, il rispetto, 1' applauso. Con quale e quanta cura poi il P. Pini attendesse insie- me ad arricchire il suo Museo, e quello ancora dell' Univer- sità di Pavia, chiaro apparisce dalla seguente lettera del Con- vili Elogio del P. Pini te di Firmian, che, essendo onorevole assai pel nostro Profes- sore , io qui pubblico per esteso. " M. R. P. L' attività e l' industria di V. P. M. R. nell' accrescere e perfezionare il Museo delle scuole di S. Alessandro ha giustamente meritata la superiore approvazione. Dovendo però ella agevolare le prov- viste per il Museo di Pavia, mediante i concambi e le molte corrispondenze da lei stabilite coi più celebri naturahsti d'Eu- ropa, si compiacerà concertarsi coll'Ab. Professore Spallanza- ni, già da me prevenuto , per impiegare con reciproca intel- ligenza la dotazione del Museo di Pavia, ed arricchirlo nella classe specialmente mancante de' minerali e degli animali , che sono le parti più istruttive delle produzioni naturali. In conseguenza di questo successivo stabile incomodo è venuta la R. Corte nel sentimento di assegnarle graziosamente a so- lo titolo di gratificazione ecc. Milano, 2,3 gennajo 1779. ,, E giàj sino dal 2, giugno 1777, lo stesso Ministro con un dispac- cio dato da Mantova aveva fatto conoscer al P. Pini che l'Im- peratrice si era degnata aggradire la premura , con cui i PP. Barnabiti avevano eseguito 1' incarico loro affidato di forma- re in S. Alessandro un Museo di Storia Naturale, ed a lui as- segnava una generosa gratificazione " in testimonianza del fa- vore con cui S. M. distingue lo zelo, gli studi e le sollecitu- dini, che ella usa nell' accrescere ed illustrare il Museo me- desimo. „ I diversi viaggi fatti dal Pini all'isola d'Elba, per la Svizzera, per la Francia , per la Germania , procurarono a lui copiosa messe di produzioni naturali o colle proprie ma- ni scavate, od acquistate per mezzo di compere e di cambj. Ma le lezioni di Storia Naturale e le cure del Museo so- no un nulla, dirò quasi, in confronto dei lavori, che il P. Pi- ni trovossi in grado di compiere a pubblico vantaggio ed in servizio dello Stato; perocché dal 1774 in poi il Governo Au- striaco in Lombardia non intraprese alcuna operazione, che il concorso esigesse di cognizioni geologiche e chimiche, non permise escavazioni di miniere, non defini controversie relati- ve ad oggetti di Storia Naturale, non assegnò premj od in- Scritto dal P. Rovida ix coraggiamenti a scopritori di naturali prodotti, senza consul- tare il nostro Professore, e troppo dovrei estendermi col mio scritto, se volessi qui riferire distintamente anche la sola parte più importante di quello che il Pini fece a questo riguardo , come ritraesi dagli onorevoli dispacci, che ho sott'occhio, coi quali r Imperiale Governo di Lombardia o affida al Pini di- verse incumbenze , o lo ringrazia per 1' attività , pel disinte- resse, per l'esattezza da lui mostrata nell' eseguirle , e con cui sempre corrispose alla confidenza che in esso veniva ri- posta. Ma per toccare almeno di volo alcune particolarità de' servigi da lui prestati, dirò solo che se trattasi di una gran- de quistione sul taglio di moltissimi boschi nella Valsassina e nella Valcavargna , il Pini è chiamato a visitarli, onde ri- conoscere su luogo lo stato della quistione; espone egli il suo voto, ed il Magistrato Camerale decide a termini di questo. Vuole il Governo avere esatte misure d' alcuni gioghi della Valsassina, ed è il Pini destinato ad eseguirle, siccome quello che di que' tempi era fra' più abili in questo genere di la- vori. Presso il lago di Annone in Oggionno, ed in altre par- ti della provincia Comasca scopresi della torba, ed il Pini non solo esamina questo prodotto , ma lo analizza , e prova che generalmente contiene, oltre l'acqua, dell'olio empireuraati- co , dapprima fluido, indi nero e puzzolente come l'olio del- la fuliggine, insieme con una picciola porzione di sale alcali volatile, lasciante in fine una cenere senza sale alcali fisso ( a meno che i pezzi di torba non contengano piante non impu. iridite ), ed una terra or argillosa, or calcare a seconda delle circostanze locali, onde si riconobbe l'utile che potevasi trar- re da questo naturale prodotto si scarso pur troppo fra noi. Il Ducale Magistrato Camerale approva e loda le istruzioni compilate da lui sopra il modo d' incarbonire la torba: istru- zioni state approvate e lodate parimente dalla I. R. Corte come ritraesi dal Dispaccio Aulico aS giugno 1785 segnato Wilzeck. Domenico Bettini ottiene dal Governo una partico. Tomo XX. a. X Elogio del P. Pini lare protezione per la erezione di una fabbrica di cristalli , che vuole introdurre fra noi mediante la scoperta di molte terre eccellenti de' nostri monti atte ad essere vetrificate^ ed il Commissario Imperiale Cocastelli delega il Pini ad assister- lo. Per ordine sovrano voglionsi praticare in tutta la Lombar- dia tutte le possibili ricerche, onde rinvenire delle pietre fo- caje, ordine che dovevasi contemporaneamente eseguire in tutti gli altri Stati Ereditar] d'Austria, ed a questo importan- te lavoro presiede il Pini. Il Governo decreta una generale revisione" delle produzioni appartenenti alla storia Naturale che compongono il Museo dell' Università di Pavia, per esattamen- te classificarle, e compilarne poscia un catalogo sistematico, e il Pini è mandato a quella Università, onde coli' illustre Spallanzani attendere a questa operazione. Egli esamina il grande progetto della fabbricazione dell'acciajo all'uso Stiria- no introdotta da Francesco Mornico nella Valsassina, e ricco di un gran numero di cognizioni che aveva acquistate in un altro viaggio scientifico intrapreso nel 1784 per la Stiria, per la Carinzia, per l'Austria col solo intento di conoscere i mi- gliori metodi per lavorare il ferro ( di cui giovossi pure nel- la costruzione di varj forni, che sembrano anche a dì nostri non superati in attività ed economia da altre costruzioni ) , soccorre al Mornico con utilissime istruzioni , e grandemente coopera al buon andamento dall' impresa. Importanti verten- ze s' agitano tra' fratelli Campioni di Menaggio ed Antonio Messa per l'acquisto e per Fuso della spiaggia detta Calche- rà: il Pini le scioglie di comune aggradimento e colla mag- giore soddisfazione del Governo. Esamina il progetto del sig. D. Alessandro Sacco Stampa per 1' erezione di un forno da ferro in Mezzacca nella Valsassina. I Comuni di Germagnedo, di Belledo e di Magianico sono inondati e orrendamente offesi dalle irruzioni de' torrenti che vi confluiscono, mentre il Pio- verna per lungo tratto di terreno mena terribili guasti; il Pi- ni è consultato sul modo con cui impedire cotanti danni ed opporre validi ritegni alle acque^ ed un esito il più felice ac- Scritto dal P. Rovida xi compagna i suoi tentativi, corona i suoi provvedimenti. Le ca- ve dette del Passo, che dovevano somministrare le pietre ad uso delle strade urbane, sono affidate interamente al Pini, e quando, da altri lavori oppresso, chiede all'I. R. Consiglio di Governo d' essere dispensato dell' amministrazione gravosa di queste cave, la chiesta dispensa gli è negata , solo perchè il Governo non saprebbe a quale altra persona più zelante, più illuminata e più proba di lui commettere queW amministrazione. Vuoisi nell'Accademia Mineralogica di Schemnitz comporre un grandioso Gabinetto di minerali e di fossili, onde giovare all'istruzione della gioventù destinata al servizio delle minie- re della Monarchia Austriaca, e il Conte di Firmian protesta al P. Pini che in lui confida per una bella scelta di minera- li e di fossili d'Italia: uè confida invano, che una bella scel- ta in fatti di minerali e di fossili d'Italia per opra sua quel Gabinetto possiede. Le minieie poi esaminate dal nostro Professore sono in numero quasi incredibile: accennerò soltanto la miniera di piom- bo argentifero scoperta da Francesco Perrucchetti nella Pro- vincia di Como: l'altra pure di piombo argentifero situata in Cusei, Comune d'Induno, del Sig. D. Bartolommeo Andreoli e soc) ; la miniera aurifera di Gaspare Morandi e socj ne' mon- ti di Cossano Valtravaglia ; il filone di pilitro d'oro di Gaspa- re Morandi; l'altro di materia bituminosa avente tutte le proprietà del carbon fossile di Domenico Palmieri ; le due mi- niere di piombo argentifero di Alessandro Monaco e di Fran- cesco Bono ; la miniera di ferro di Matteo Baruffaldi nella val- le dell' Abbio ; e la miniera di piombo ai'gentifero di Vicona- go nella provincia Comasca, a cagione della quale ebbe il Pi- ni a lavorar molto. Poiché, dopo aver egli provato da diver- si saggi che la galena argentifera di Viconago rendeva il 33 per 100 di piombo, e che da un centinaio di piombo si ri- cavavano cinque once e mezzo d'argento, per ordine del Go- verno dovette far eseguire varii lavori su alcuni grossi fili, che vi si erano manifestati; sotto la sua direzione si scavare- xu Elogio del P. Pini no i5 quintali di miniera, che pel lago di Lugano furono tradotti a Begna in vicinanza di Porlezza; si costrusse un forno di ri- verbero per la coppellazione; un altro ne fu attivato a mànica per la fusione del minerale^ avendo egli saputo approfittare del vento che sopravvanzava dalle fucine di ferro colà esistenti. E se allora all'impresa tentata da Francesco Zoletti e sooj non ar- rise la fortuna, non è colpa del nostro Pini che le sue operazioni avea sapientemente dirette; ma si vide nella pratica che non potevasi trarre lucro vistoso da quel lavoro, cui si aggiunse la sopravvenienza delle acque filtranti per cui fu abbandonato. E in tutte queste visite, in tutte queste analisi di miniere il nostro mineralogista, stendendo ragionati e bellissimi rapporti, illu- mina il Governo sul merito reale degli scopritori, o per lar- gir loro i premii dallo stesso Governo generosamente proposti, o per conceder loro il permesso ed i privilegi ed assegnare le obbligazioni delle escavazioni. In molto conto si tennero dal Governo non solo, ma anche da S. M. i meriti dal Pini acqui- stati in queste dotte ed utili sue fatiche , come ben si può scorgere dal Dispaccio che S. E. il Conte di Kaunitz indiriz- zava da Vienna al nostro Professore il 17 novembie 1788, e eh' io credo bene di qui trascrivere in parte. " In vista del- la vantaggiosa testimonianza che il Consiglio di Governo ha resa anche in questa occasione alla singolare perizia del P. D. Ermenegildo Pini nelle scienze mineralogiche ('. metallur- giche, come pure all' infaticabile zelo, con cui esso ha impie- gato finora ed impiega attualmente le sue cognizioni pratiche e teoretiche a vantaggio delle minierej forni, fucine ed altri edifici destinati alle manifatture di ferro, ad ogni cenno del Consiglio ed anche a richiesta de' particolari; memore la Mae- stà Sua è venuta ad accordare graziosamente a lui, qual Com- missionato per l'ispezione delle miniere, forni e fucine una gratificazione annuale di lire 700 . . . „ In mezzo a tanti lavori, in mezzo alle cure delle pubbli- che lezioni , che solo di tratto in tratto era costretto di so- spendere, quando il Governo lo chiamava ad altre occupazio- Scritto dal P. Rovida xiii ni, egli trovò tempo di pubblicare moltissimi scritti più o me- no estesi, più o meno importanti, come vedremo nella secon- da parte di questo Elogio. Ma nel 1796, per la discesa de' Francesi in Italia, cessò il Governo Austriaco in Lombardia. Non però cessarono le oc- cupazioni del P. Pini; e tanto nella Repubblica, quanto sotto il regno di Napoleone egli conservò quella stima di che avea goduto sotto ;^li Austriaci, anzi in proporzione de' servigi al- lo Stato e delle cariche, onde fu onorato, crebbero i diritti di lui alla pubblica venerazione e riconoscenza. Ben tosto dai diversi Ministri della Repubblica Cisalpina ed Italiana viene egli adoperato per esaminare la fabbrica de' cristalli e de' vetri eretta in Cuasso al Monte-Lario dal fran- cese Jullien, e dipende dal voto del nostio Professore la de- cisione del Ministro sulla convenienza o non convenienza di sussidiare quell'intraprenditore: egli analizza la pietra vetrifi- cabile di Luvino proposta dal Ghizzoni; osserva la miniera di smeriglio nella Valtrompia, la cui escavazione era richiesta alla Repubblica dal Professore Brocchi ; 1' altra di ferro sco- perta da Giuseppe Fumagalli d' Introbbio nella valle dell' A- sinella; quelle pur di ferro di Pietro Antonio Milesi e comp. in Cassiglio, la pietra di laveggio rinvenuta da Giorgio Bordo- li sulla montagna della Grigna nel Territorio di Cortabbio; i diversi pezzi di ferro, che il Mineralogista Scala aveva pre- sentato al Governo pretendendo averli ridotti in buon acciajo. Egli recasi ad esaminare sul luogo il progetto proposto dal Vice-Prefetto di Sondrio sui molti vantaggi che allo Stato po- trebbero derivare dall' attivazione di una miniera di ferro esi- stente nel territorio di Fusine; sperimenta la bontà della tor- ba scavatasi nel piano di Colico; discute l'importante proget- to fatto da un certo Mùller fabbricatore di porcellane a Nyon, paese di Vaud, di fondare una fabbrica di porcellane e di grès per conto della Nazione; in Pescarena, presso il monte Rosa, si convince della bontà della miniera d' oro scoperta da Vit- torio Zanni, e determina F intervallo d'anni di privativa, che liV ' Elogio del P. Pini il Governo può concedergli. Nel territorio di Lecco diverse miniere di ferro esperimenta e classifica in ordine de' loro prodotti. Egli è fatto arbitro nelle quistioni insorte tra il sig. Francesco Imperatori d' Intra ed i sigg. fratelli Cerretti sulla privativa di una escavazione di miniera di ferro nella valle d'Ancona; arbitro pure presso il Governo Nazionale, tanta era la deferenza che concedevasi all'onoratezza ed alla perizia del nostro religioso Professore, sulle vertenze tra il Governo stes- so ed il sig. G. B. Rossi per la miniera di carbon fossile in Val-Gandino , e pei riclami di Giuseppe Strologo dell'Agogna e sigg. Pianelli relativamente alla coltivazione di due minie- re aurifere. Ma lasciamo queste particolari incumbenze , e veggiamo il nostro P. Pini nel riordinamento delle cose italiche desti- nato a risplendere fra noi per onorifici impieghi , ed a pro- cacciarsi fama sempre maggiore per altre produzioni del suo intelletto. Perocché se la rapidità colla quale gli studi della natura si avanzarono sotto gli occhi stessi del Pini^ fu tale, eh' ci dovette ne' suoi ultimi anni accorgersi, che altri gli era andato avanti in questo aringo^ nel quale un tempo egli aveva guadagnato tante onorate palme, per modo che nell'età sua più non potea sperare di vincere nello stadio, non cessò con importanti lavori di vario genere e con assidua cura di adoperare l' ingegno a vantaggio delle scienze e della pubbli- ca istruzione, e si mantenne in quell'alto grado di estima- zione eh' erasi meritato co' suoi lavori mineralogici e metal- lurgici. Siccome egli era uno de' primi quaranta Socj ordinarli della Società Italiana delle Scienze, la quale creata dal Lor- gna in Verona, dopo tre traslocazioni, onora al presente per la seconda volta !a città di Modena, così pel Dispaccio 1 8 di no- vembre 1801 del Ministro degli affari interni della Repubbli- ca Cisalpina col quale s' ingiugneva alla Società medesima d' inviare due de' suoi membri cisalpini pel giorno 1 1 del me- se di dicembre immediatamente prossimo alla Consulta Straor- Scritto dal P. Rovida xv dinaria Cisalpina in Lione, fu prescelto insieme con Giovan- ni Maironi Daponte ad una tale missione; ed il 2.Ó di gennajo 1802 venne ascritto al Collegio dei Dotti proclamati in que' Comizj Nazionali. Recatosi di poi a Parigi vi fu accolto con gioja dai più grandi scienziati della Nazione Francese, ed il carteggio da lui tenuto con essi, che io possiedo, ben prova quanto questi sapessero apprezzare l' Illustre Italiano. Nel 5 ottobre 1801 da Bonaparie , Primo Console della Repubblica Francese, e Presidente dell'Italiana, venne nominato nella prima metà dei membri dell' Istituto Nazionale, ed è il sesto in quella schiera d'uomini insigni. Nel 1804 assistette alla prima radunanza del Collegio Elettorale dei Dotti in Bologna, ov' ebbe a tenere un Ragionamento, che da varie lettere ri- sulta essere stato assai ben accolto ed applaudito ; e sempre di poi fedelmente intervenne a quelle adunanze. Il giorno 4 di agosto i8o5 fu da Napoleone Imp. de' Francesi e Re d'I- talia nominato Ispettore Generale della Pubblica Istruzione : l'8 di novembre i8o5 Membro della Commissione incaricata di compilare e presentare un Regolamento sullo scavo e sul- la direzione delle miniere del Regno d'Italia; e il 1° di mag- gio 1806 Cavalieie della Corona di Ferro. Nel 2,6 luglio del detto anno venne pur nominato a Membro della Commissio- ne Centrale incaricata di giudicare del merito delle scoperte ed introduzioni vantaggiose all'agricoltura od alle manifattu- re pei premj da distribuirsi nel giorno anniversario della na- scita di S. M. Nel 19 di settembre 1808 il Principe Eugenio Vice-Re d' Italia lo nominò Membro del Consiglio delle Mi- niere, instituito il giorno 9 di agosto. . r. Giungeva frattanto l'anno 1810 , in cui pel decreto del a5 aprile, s' abolirono fra noi le Congregazioni Religiose. Ma benché la Congregazione di S. Paolo avesse cessato di esistere in Italia, il P.Pini non volle allontanarsi dall'usato suo tenore di vita, ed ottenne di abitare ancora le umili cellette che nel Collegio di S. Alessandro da tanti e tanti anni Io avevano ac- colto, continuando a vivere nella quiete di un sagro ritiro , XVI Elogio del P. Pini ove formava la delizia de' pochi ex-Religiosi , che per la di- rezione della Parrocchia rimasero in quel Collegio , e prose- guendo a compiere i suoi doveri come pubblico Professore di Storia Naturale , Ispettor Generale di Pubblica Istruzione , e Membro del Consiglio delle miniere. E soltanto al principiare dell'anno scolastico i8i2-i8i3 ebbe il meritato riposo dalla Cattedra di Chimica e di Storia Naturale nel Liceo di S. Alessandro , come può vedersi nel relativo onorevole dispaccio i3 di ottobre i8ia del Direttor Generale della Pubblica Istruzione Conte Scopoli " Le ragio- ni addotte nella sua rappresentanza del giorno i4 settembre p. p. mi hanno obbligato a chiedere per Lei il congedo dal- la Cattedra di Chimica e Storia Naturale, sebbene io vedessi quanto sensibile debba riuscire nel Liceo di questa Capitale la mancanza di un si valente istruttore, e S. E. il sig. Con- te Ministro dell' Interno non ha saputo negare, in vista del- le ragioni medesimcj il suo regolare assenso alla domanda. Una sola considerazione mi diminuisce il dispiacere di questa per- dita, il pensare cioè che se cessano per questi giovani gl'in- segnamenti della viva di Lei voce , non cesseranno già i lu- mi, che derivano o deriveranno sempre ai cultori delle scienr ze naturali dalle sue opere già pubblicate e da quelle che forse Ella sta tuttavia meditando. ,, Nulladimeno non cessò , finché visse^ dall'avere certa quale ispezione sul Museo di S. Alessandro, direm quasi con quel diritto e con quella autori- tà che conserva in ogni tempo un padre sul figlio, avendo in- sieme donata generosamente allo Stato ed al pubblico van- taggio quella parte di esso, ch'era di sua proprietà. Poiché la Lombardia fu tornata sotto il Governo Austria- co, il più ardente voto del nostro Pini era quello di vedere risorto l'Ordine de' Barnabiti; ma il Signore non volle esau. dirlo. Le speranze ad ogni di crescevano per questo ristabi- limento, ma non disgiunte da molte difficoltà, le quali non poteronsi superare che verso il cadere di quell' anno , al cui principio il Pini morì. La vita di lui, piena di meriti innanzi Scritto dal P. Rovida xvii a Dio e innanzi aj^li uomini, ebbe fine il 3 di gennajo i8a5. Era egli soggetto a vizio emorroidale, comune particolarmen- te a' letterati , siccome uomini di vita sedentaria. Attaccato dapprima il collo della vescica , quindi presentatasi una gra- ve iscuria, nulla avendo potuto né 1' uso della siringa, né 1' applicazione de' più applauditi metodi di cura preservan- te dalia cangrena , questa pur troppo venne a spiegarsi, ed operata rapidamente una disorganizzazione , portò l' ottimo nostro P. Pini all'estremo suo giorno. Con un testamento olo- grafo del I .° di febbrajo i8a4 institul suo erede il P. Don Benedetto Baserga^ allora Coadjutore della Parrocchia di S. Alessandro, ben degno della confidenza che in lui ripone- va. Il P. Pini morì della morte del giusto, placido, rassegna- to a' voleri del Signore, munito di tutti i Sacramenti e di tutti i conforti che la Chiesa Cattolica offre al Cristiano nell' atto del suo grande passaggio dalla vita transitoria di questo mondo a quella perenne dell'Eternità. Il giorno 5 dello stesso mese celebraronsi nella Chiesa Parrocchiale di S. Alessandro le solenni esequie, a cui inter- vennero i signori Professori di quel Liceo, gli studenti, e di- versi personaggi illustri già cari all'estinto. Una bella iscri- zione leggevasi sulla porta maggiore del tempio, nella quale potrebbe dirsi ch'era in brevi parole espresso l'elogio ch'io mi sono studiato di tessere il meno indegnamente che ho sa- puto di lui: ed un'altra consimile iscrizione pubblicossi allora colle stampe dal sig. Professore d'Istruzione P«.eligiosa Abate Mocchetti, altro de' confratelli del P. Pini, che volle così o- norar la memoria dell'uomo insigne al quale era affezionato; leggesi la prima nel n." 7 della Gazzetta di Milano i8a5; non mi fu dato di trovar la seconda neppure presso l'autore. Fat- to un cenno delle morali virtù del nostro Pvellgioso, io chiu- derò il mio lavoro con un terzo componimento epigrafico, di cui mi fu cortese il Consigliere Pensionato di Prima Istanza Civile Don Giovanni Battista De-Herra, già per diverse belle produzioni di questo genere noto alla Ptepubblica delle Lettere. Tomo XX. 3 xvm Elogio del P. Pini Dopo avere esposta in succinto la vita del P. Ermenegil- do Pini, considerato soltanto come uomo dedicato alle scienze, ed al servizio della patria e dello Stato, che dirò io delle sue morali virtù;, fra le quali furono sempre le prime un grandis- simo amore ai principii della Cattolica Religione, ed una som- ma riverenza a' suoi statuti, alle sue discipline, e perfino al- le sue più minute pratiche ? All'amore eh' ci nutriva per le cattoliche verità noi deggiamo attribuire molti lavori di lui, e segnatamente quelle Memorie che lianno per soggetto l'esa- me delle grandi rivoluzioni del globo: ad esso dobbiamo quan- to ei scrisse contro un altro illustre geologo? Scipione Breis- lakj combattendone, più che altro, la poca concordanza de' principii pirogeurgici coll'importar preciso delle tradizioni che abbiamo da' libri di Mosè^, e mostrandosi rigidissimo osserva- tore della forma, sotto la quale stanno in quelli registrate le cose; nel che^ più che al vanto di filosofo, mostrò di aspira- re a quello d'uomo religiosissimo; essendo la geologia ammes- sa presentemente , dirò coli' autorità del dottissimo Professor Malacarne, quasi dappertutto, assai lungi dall'essere così net- tuniana come Werner piantolla. Al medesimo spirito ascrive- rò pure ben volentieri la Protologia dedicata a Napoleone , nella quale se difficilmente noi possiamo tener dietro a' suoi sublimi pensamenti, traluce per ogni parte nondimeno il sen- timento e la persuasione dell' uomo pieno della più grande idea della Divinità. Al medesimo io liferirò eziandio l'esul- tanza colla quale ricevette, sebbene già ascritto alle più gran- di Accademie, il diploma di Socio deirAccademia di Religio- ne Cattolica instituita in Roma da Pio VII; esultanza , a cui volle che prendessero parte in una lieta conversazione varii giovani, che nel 1802, frequentavano le sue lezioni di Storia Naturale. Da una somma riverenza poi agli statuti, alle discipline, alle pratiche della religione derivava quella esemplare condot- ta, che tenne in ogni tempo il P. Pini nella Congregazione de' Barnabiti , di cui osservò sempre scrupolosamente le re- Scritto dal P. Rovida xix gole. Sicché bello era il vedere un Membro dell' Istituto, un Professore di Storia Naturale, un Ispettor Generale della pub- blica Istruzione, uno scienziato di primo ordine, venerato sic- come tale e visitato dai più chiari scienziati di Europa , che giunti appena fra noi, richiedevano del P. Pini, prestarsi pri- mo a tutti gli ufficj interni della sua Congregazione, alle co- rali salmodie, alla dispensazione dei Sacramenti, (cui accor- reva ad ogni chiamata e sempre volonteroso , sebbene perciò tolto alle sue più prefonde meditazioni ), ad ogni esercizio di cristiana pietà. ' E fu veramente in lui singolare la modestia e V umiltà in mezzo a tanti onori ed a tanta sapienza, come se nulla ei valesse o sapesse. Mentre tutta abbracciava colla sua mente la scienza universale della natura^ versatissimo era nella Chi- mica, TArcliitettura possedeva per teorica e per pratica , in- nalzavasi alle più subhmi speculazioni filosofiche, e^ per non tacere anche di questo, oltre il Greco, il Latino e l'Italiano, perfettamente conosceva il Francese , il Tedesco e l' Inglese idioma. Eppure egli consideravasi come 1' ultimo della sua Congregazione, di cui certamente avre))be occupati i primi seggi, a' quali il voto de' religiosi comizj più volte lo aveva chiamato, se la grazia ottenuta non avesse di esserne dispen- sato.. Risplendeva quindi in esso il corredo di tutte quelle vir- tù, che professar dee chi di vero cuore è seguace della P«,e- ligione di quel Dio che pone nell' amore de' prossimi il com- pimento dell' umana perfezione. Che mai non ebbe altra mag- giore cura che di giovare alla gioventù così nella pubblica scuola e nell' interno del chiostro con sani ammaestramenti , come colla pubblicazione di opere che tendevano a spargere savie massime di morale. E fu sempre con tutti affabile, ami- co sincero, alieno da ogni divagamento, nel vivere tempera- to, nel costume illibato. Facile al lodare, era nondimeno lon- tano dall' adulazione, come dalla malignità del biasimo, e pa- lesava in ogni atto ed in ogni parola la bontà del suo cuore; XX Elogio del P. Pini potendosi dire che ogni atto ed ogni parola di lui fossero un' armonica emanazione della virtù e dell' ingegno. Il bisognoso trovava in lui un sovvenitore caritatevole, e particolarmente •quel vero bisognoso, che arrossisce di confessarsi tale non per sua calpa^, ma per sinistro avvicendarsi di casi: sicché intere famiglie, a cui egli generosamente largiva parte de' suoi sti- pendj e delle sue pensioni di famiglia^ piansero desolate alla morte del loro benefattore, e piangono tuttora. Tranquillo per la buona coscienza e per 1' abito di tan- te virtù, e rassicurato che un giorno il Signore, alla cui glo- ria egli tutte indirizzava le sue fatiche , lo avrebbe rimune- ratO;, potè a lungo godere di una robusta sanità; nò l'istessa vecchiezza avea punto alterato il dono da lui sortito dalla natura e dalla costante applicazione accresciuto, d' apprende- re e concepir cliiarnmente le idee, e di esattamente distin- guerne le minime differenze^ di risvegliare le immagini le più opportune per ispiegare i suoi concetti, di giugnere alle con- clusioni le più recondite e lontane, ma sempre connesse, non avendolo abbandonato giammai quel senso della verità, ch'egli avea mirabilmente fino e delicato. Il Cavaliere Abate Cesa- ris, che negli ultimi anni di sua vita particolarmente ebbe il Pini a compagno indiviso di passeggio , più e più volte mi protestò, che stupiva a' profondi ragionamenti dell'amico. Non meraviglia adunque che un uomo di si belle doti fornito godesse V amicizia e fosse in epistolare commercio co- gli uomini più grandi dell'Europa. Io posseggo una ragguar- devole quantità di lettere dirette al nostro P. Pini, che cer- tamente farebbongli sommo onore, se venissero pubblicate: perchè non sono di semplice complimento, di sola amicizia , ma altre riboccano d' encomj alla profondità del suo sapere ed alle morali sue virtù; altre mostrano di quanta stima egli godesse nella pubblica opinione, poiché a lui i più dotti uo- mini ricorrevano per consiglio. Il Conte di Firmian e il Con- te di Wilzeck, da Milano e da Vienna: da Milano pure Mo- scati , Breislack , Paradisi ; e da Vienna il Conte di Kaunitz ; Scritto dal P. Rovida xxi il Cav. de Boni, il lìarone di Speiges, il Cav. Lambertengo ; il Conte Luigi Castiglioni, da Filadelfia; Charpentier, Haiiy , Pelletier, da Parigi; Dolomieu, da Lione; Beyerus, da Schnee- berga; Greville, e Cowper, da Londra; Chladni, da Monaco in Baviera; Brunnicli, da Copenaghen; De Frebra, da Zellerfeld; Lodovico di Borbone, da S. Ildefonso, da Aranjuez e da Co- lorno; Rillief;, da Ginevra; la Principessa di Daschkau, da Pi- sa e da Pietroburgo; da Pietroburgo pure Pallas; Champeaux, da Brigg nel Vallese; De-Luc, da Windsor; 11 Barone La Pey- rouse, da Tolosa; d'Enzenberg, da Clagenhut ; Meick , da Darmstadt; il Cardinale Borgia, da Roma; G. A. Scopoli , L. Spallanzani, Mangili^ Volta, da Pavia; Gioeni e Thomson, da Napoli; il Conte Carlo Napione, da Torino . . ..per tacere di tanti altri , tutti nelle loro lettere manifestano al Pini 1' alto concetto eh' essi hanno del suo sapere e delle sue virtù. Segue l'Iscrizione promessa XXII Elogio del P. Pi NI HERMENEGILDO . DO^MINICI . F . PINO PRAECLARI . PAVLLIANI . OilDINIS . SACERDOTI EQVITI . CORONA . FERREA IN : SOCIETATEM . LORGNANAM . IN . LX . VIROS . INSTIT . ITAL. ET . CONVENTVS . SOPHORVM . PER . EVROPAM . PLEROSQVE SAPIENTIAE . COMMENDATIONE . COOPTATO QVI MVSEO . MEDIOLANENSI . ALEXANDRIANO . CONDITO MAGISTERIO . RERVM . NATVRALIVM . AD . SCHOLAS ARCIMBOLDIAS . QVADRAGENARIO CAETERISQVE . MVNIIS . QVAE . PRIVATIM . FVBLICE . GESSIT FAMAM . SIRI . INLVSTREM . COMPARAVIT OCTVAGENARIVS . PIETATIS . DOCTRINAE . COMITATIS . LAVDE OCCVBVIT . NON . lAN . AN . MDCCCXXV. CAESAR . ROVIDIVS DECVRIALIS . MATHESIS . IN . PATRIA . PROFESSOR SODALI . AMICO . MAGISTRO . INCOMPARABILI DICABAT . KAL . APRILIS . AN . MDCCCXXXII. Scritto dal P. Rovida. xxiir OPERE DEL CAV. ABATE ERMENEGILDO PINI GIÀ C. R. B. I. Dell'Architettura. Dìaloirlii di Ermenegildo Pini G.R.B. Milano nella Stamperia Marelliana 1770. Dedicati a S. E. il Conte e Signore di Firniian Ministro Plenipotenziario presso il governo della Lombardia Austriaca ec. Di pag. 92. in 4-° con cinque tavole. L^ argomento di questi due dialoghi sono le cupole e le fortificazioni. II. Introduzione allo studio della storia naturale di Erme- negildo Pini C. R. B. Milano nella stamperia Marcili 1778. 8.° di pag. 166. Dedicato a S. E. il Conte di Firmian ec. Sono due Ragionamenti, il primo versa suU' utilità dello studio della storia naturale ; il secondo tratta dell' origine e dei progressi della storia naturale. II L Osservazioni mineralogiche sulla miniera di ferro di Rio ed altre parti deW Elba. Milano appresso Marcili con due ta- vole in rame 8." di pag. no. Dedicate al Cardinale Ignazio Boncompagni Ludovisi. IV. De venarum metaUicarum excoctione Voi, I. quo in V. libros tributo expUcantur quae ad eam rem generatim faciunt. Voi. II. quo in VII. libros tributo artijìcia metallorum in XXIV Elogio del P. Pini sìnguUs venonim generibus conficiendarum explicantur. Med. Ex typis Marcili 1779-1780. \° con 36. tavole in rame. Dedica- ti il primo a S. A. R. l'Arciduca Ferdinando d'Austria, il se- condo a S. E. il Conte di Covvper Principe del S. R. I. V. Blemoires sur des nouvelles crìstallìsatìons de Feldspath et autres sìngularìtès renfermèes dans les granites des envì- rons de Baveno. Par Hermenegilde Pini Barnabite Professeur d' histoire naturelle a Milan, Milan ec. Joseph Marcili 1779- B.° di pag. 62. con tavole. Dedicate al Conte di Firniian. VI. Memoria mineralogica sulla montagna e contorni di S. Gottardo. Milano 1788. Tipografia Marcili 8.° pag. 128. con una tavola. VII. Descrizione di un Pantaulo 0 sia di una nuova macchi- na atta ad aspirare ed elevare qualunque fluido col massimo vantaggio. Di Ermenegildo Pini C. R. B. Milano 1783. Tipo- grafia Marcili 8." pag. 104. con due tavole. Dedicata al Con- te di Firmian. VITI. Elementi di storia naturale di N. G. Leske Professore di storia naturale a Lipsia tradotti dal Tedesco., aumentati e mi- gliorati da Ermenegildo Pini. Volumi due il i .° di pag. clxiv. d'introduzione e 269. di testo, il a." di pag. 332. di testo e lxxxv d'indice. In 8.° con dodici tavole. Milano 1785. nella Stamperia dell'I. R. Monastero di S. Ambrogio Maggiore. Scritto dal P. Rovida xxv In fine del secondo volume leggesi un' appendice sui prin- cipali artifici! anatomici per preparare e conservare le parti animali comunicata al Pini dal Professor Moscati. IX. Sulla maniera di preparare la torba , e di usarla a fuo- co più vantaggioso dell' ordinario. Istruzione pubblicata per ordine del R. Governo da Ermenegildo Pini. Milano 1785. Ti- pografia Marcili 8." di pag. i38. X. Di alcuni fossili della Lombardia Austriaca e di altre parti deir Italia. Memoria di Ermenegildo Pini G. R. B. nel- la quale trattasi pure d' un Vulcano supposto nella Lombar- dia Austriaca. Milano 1790. ap. Marcili 8." di pag. 48. XI. Sulla Bletachimica , ossia sulla nuova teoria e nonien datura chimica. Lettera del P. Pini G. R. B. al Sig. Conte Marco Garburi P. Professore di chimica nelT Università di Padova. Milano 1793. ap. Marcili 8.° di pag. 48- XII. .Protologia analysim scientiae sìstens ratione prima exhi- bitam. Auctore Hermenegildo Pini G. R. S. Pauli, Instituti Scientiarum Italici Italicaeque Societatis ac plurium Acade- miarum Socio. Volumina III. Apud Justum Ferrarium et Soc. an. i8o3. in 8." grande il i." di pag. aaaj il a.° di pag. 267. il 3." di 242,. Tomo XX. XXVI Elogio del P. Pini .XIII. Elementi di storia naturale di Ermenegildo Pini P. Pro- fessore di storia naturale ec. ad uso dei Licei del Recno d'I- taha. Milano 1800. Dalla Stamparla Reale 4-° pie. pag. 417. con 12. tavole. ■,,;. ■.:. ; ~ . i XIV. Sui sistemi geologici. Riflessioni analitiche del Cav. Er- menegildo Pini Professore di storia naturale membro dell' I- stituto, ec. Milano dai torchj di Gio: Pirotta 181 1. di pag. ioa. in 8.° Queste riflessioni sono precipuamente dirette a confuta- re le dottrine geologiche del Professor Breislak opposte a quel- le del Pinij che sosteneva il sistema geologico appoggiato alla originaria fluidità acquea del globo terrestre per far concor- dare i fatti con la storia Mosaica relativamente al diluvio universale. XV. Sulla felicità. Dialogo analitico del Cav. Ermenegildo Pi- ni dell' Istituto R. di Scienze Lettere ed arti, Ispettor gene- rale di pubblica istruzione ec. Milano ap. Pirotta 181 a. pag. 04. in 8.° Scritti dal P. Pini inseriti in varie raccolte NEGLI ATTI DELLA SOCIETÀ^ PATRIOTICA DI MILANO. X V L Con quali preparazioni e con qual metodo si possa affi- nare la pasta d^acciajo ed avvicinarlo o ridurlo al grado di per- Scritto dal P. Rovida xxvii fezìone delle fabbriche di Hutzmant e MartiaL Memoria di Ermenegildo Pini C. R. B. (Voi. I. parte I. Milano 178.3. ) Memoria premiata dalla Società suddetta che aveva proposto un tale quesito. Nella scelta ni opuscoli interessanti e negli opuscoli SCELTI CHE IN CERTO QUAL MODO FANNO SEGUITO COGLI ATTI DELLA SOCIETa' PATRIOTICA ' ' DI Milano. XVII. Della maniera di osservare ne' monti la disposizione de- gli strati con uno stromento comodissimo a tal fine. Memoria di Ermenegildo Pini C. R. B. (Tomo 3.° Milano 1780. ) XVIII. Della elevazione de' principali monti e di diverse altre parti della Lombardia Austriaca. Memoria ec. ( T. ^° Mila- no 1781. ) XIX. Supplemento alle osservazioni mineralogiche sulla monta- gna di S. Gottardo nel quale si dimostra che i Feldspati co- là scoperti non hanno verun carattere di zeolìti. Memoria ec. (T. 7.° Milano 1784. ) XX. Saggio di una nuova teoria della Terra. Memoria ec. (T. i3.° Milano 1790. ) XXI. ■ Addizioni a detto saggio in risposta air esame fattone dal Sig. De Lue. ( T. i5.° Milano 1792.) xxviu Elogio del P. Pini XXII. Sulle rivoluzioni del globo terrestre provenienti dalVazio- ne delle acque. Memoria del P. Pini già inserita nel T.V. de- gli atti della Società Italiana delle Scienze ( Vedila fra 1' e- lenco di quelle più sotto ) ed ora aumentata dal medesimo di osservazioni da lui fatte in un recente viaggio. ( T. i6. Milano 1793 ) XXIII. Transunto della dissertazione del P. D. Ermenegildo Pi- ni sulla natura dell'acqua ( T. 17. Milano 1784.) XXIV. Spiegazione dello strano fenomeno che presentano i ver- mi marini annicchiati nelle colonne del Tempio di Serapide in Pozzuoli. Memoria ec. ( T. aa. Milano i8o3. ) XXV. Tavola delle elevazioni di diverse montagne ( T. suddet- to ivi i8o3. ) Negli atti dell' istituto nazionale italiano QUINDI l. R. istituto DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI .1 DEL REGNO LOMBARDO VENETO. XXVI. Di un Gonimetro tascabile e di un nuovo Pantometro ad uso massimamente della geometria sotterranea. Memoria ec. (T. I. Parte a. 14. Luglio 1804.) Scritto dal P. Rovida xxix XXVII. Sopra la metafisica delle prime operazioni d' Algebra. Memoria ec. ( Parte I. letta all' Istituto Nazionale il 3. Di- cembre 1812. Parte II. letta il r. Luglio 181H. ) XXVIII. D' una staggia a livello.) stromento geodetico diretto a fa- re simultaneamente le livellazioni e le misure orizzontali. Me- moria ec. (letta all'I. N. I. il 22,, Gennajo i8i3.) • XXIX. Rapporto di Ermenegildo Pini sull'Opera intitolata Dieu, la Nature et la Loi del Cav. d'Esquiron de Saint-Agnan ( at- ti dell' I. R. Istituto del Regno Lombardo Veneto T. II. ) NELLE MEMORIE DELLA società' ITALIANA DELLE SCIENZE. XXX. Osservazioni sui Feldspati ed altri fossili singolari del- l' Italia indirizzate al Sig. Cav. Ignazio de Borm Consiglie- re ec. (T. 3.° an 1786.) XXXL Sulle rivoluzioni del Globo terrestre provenienti dall' a- ^ zìone delle acque. Memoria ec. (Parte I. T. 5.° 1790. Parte II. T. 6. 1792. ) XXX Elogio dl P. Pini • X X X I r. Osservazioni sulla nuova teoria e nomenclatura chimica come inammissibile in mineralogia. Memoria ec. ( T. 6." an. 1793.) XXXIII. Viaggio geologico per diverse parti meridionali d'Italia e- sposto in nove lettere dal P. D. Ermenegildo Pini ( T. 9." an. i8oa.) XXXIV. Sull'ariete Idraulico. Memoria di Ermenegildo Pini e di Giuseppe Maria Fvacagni ( T. io, parte a." i8c3. ) ■' ■'. XXXV. ■ .-.'-■'" Su gli animali fossili. Memoria ec. { T. ia.° parte a. i8o5. ) XXXVI. Sopra alcuni miglioramenti alla amalgamazione delle ma- terie aurìfere ed argentifere. Memoria ec. ( T. i3.° parte a. i8o5. ) XXXVII. Descrizione di un mutilin^ua , cioè d" uno strwnento con cui i muti e sordi possono con altri parlare. Memoria ec. ( ivi 1806.) ' >A\. -'.•-- Scritto dal P. Rovida xxxi XXXVIII. Esposizione del vero principio dimostrativo dell' Equili- brio. Memoria ec. ( T. i4- Parte I. 1808.^ XXXIX. Descrizione ed uso d' uno stratimetro , cioè d^ uno stru- mento diretto a facilitare la determinazione sì della comune sezione di due strati., 0 filoni o piani qualunque., come d' al- tri oggetti di geometria sotterranea con quattro tavole. Me- moria ec. ( T. j5. 1810. ) xxxir SULLA VITA E SULLE OPERE DI ANTONIO COLLALTO ^ CENNI DEL SIC. AB. ANTONIO MENEGHELLI Professore di Diritto Mercantile AusTttiAco nell' Imperiale Reale Università' DI Padova. Ricevuta adì 2,3. Luglio 1882. /infonio Collato ebbe a patria Venezia e vide la luce il ai Aprile del 1765. Nacque da onesta ma non agiata famiglia. La natura corresse però i capriccii della fortuna accordando- gli un ingegno svegliato e un cuore eccellente. Passò dal- la domestica instituzione a quella del Seminario Patriarca- le , affidata alla Congregazione Somasca , fiorente per Copia d' uomini illustri. Se tutti non aveano la celebrità di uno Stellini, la rinomanza di un' Evangelii^ tutti contavano un ti- tolo alla comune estimazione , tutti erano li più attemprati all' alto uffizio di educatori. Il CoUalto diede opera alle let- tere umane, alla filosofia assai di fervore e con molto profit- to; ma la sua vocazione era per le Matematiche , nelle quali fece i progressi più rapidi. Era dotato di tanta sagacità per quella foggia di studii , che nella dimostrazione de' teoremi ma facili, talvolta preveniva i suoi precettori. E agevole l'im- maginarsi, che un giovanetto di quel conio non si acconten- tasse di un' istruzione elementare , e che perciò ascrivesse a somma ventura l'aversi il molto di più dall'Ab. Miotti, uo- Di Antonio Collalto xxxrii mo che alle più sublimi teoriche associava la pratica ;, vedea molto addentro nelle matematiche applicate^, ed era divenuto celebre per copia di macchine, per ingegnosi artificii nella fisica sperimentale. Non è a dirsi con quanto amore si pre- stasse il Miotti pel giovanetto Collalto, e quanto grandi fos- sero la riconoscenza e l' affetto con cui erano ricambiate le sue tenere sollecitudini. Uscito dal Seminario non lasciò certamente infecondi tan- ti germi felici. Studiò a tutto uomo e ne diede non equivo- ci saggi nelle opericciuole che ben presto fece di pubblica ragione. Tali il Metodo analitico per conoscere la fallacia di alcune dimostrazioni (i) , alquanti Discorsi sul metodo di studiare le 31atematiclie (a) . In quel torno arricchiva la Fi- sica del Poli (-S) con eccellenti annotazioni , traduceva e il- lustrava alcune parti delle Transazioni filosofiche di Lon- dra (4)- Il Governo Veneto che, tranne rare eccezioni, desti- nava al pubblico insegnamento gli uomini che non equivoca fama teneva fra gli ottimi, elesse il Collalto a Maestro di Ma- tematica e Fisica nelle pubbliche Scuole, cattedra resa vacan- te per la promozione dell'Ab. Paccanaro ali Università di Pa- dova: ciò seguì nell'anno 1795. Né venne meno alla comu- ne espettazione, che tutti lodarono a cielo quel suo magiste- ro tutto facilità, tutto chiarezza, tutto fervore. Tanto bene pei giovani alle sue cure affidati fu per altro di breve durata. Le vicende politiche del 1797. lo tolsero all'istruzione per av- volgerlo nelle brighe del pubblico reggimento, destinazione che rade volte si affa all' uomo di scienze, o di lettere, che appunto ne sa poco del mondo morale e politico, perchè vis- se molto con quello delle teoriche e delle astrazioni. Nell'anno seguente, abbandonata l'Italia, visitate le Fian- (i) Venezia 1792 Curti. (a) Venezia lygS Curti. (3) Venezia 1798 Stella. (4) Venezia 1798 Stella. Tomo XX. XXXIV Sulla vita e sulle opere ave, l'Olanda e gran parte della Francia, scelse a suo sog- giorno Parigi , e lo scelse perchè vi avea gran copia di uo- mini , che stampavano orme di luce nelle scienze a lui cosi care. II celebre italiano Lagrange vi tenea il primo seggio^ e il CoUalto, quasi nuovo alunno, assisteva alle sue lezioni , e profittava il più che poteva dei privati intertenimenti. Quel soggiorno non fu lungo, ma sommo il profitto che ne ritrasse; né avvenir poteva altramente^ che i talenti straordinarii vanno con una specie di progressione geometrica. E ben il diede a vedere allorché rivarcate le Alpi , fissato il suo domicilio a Milano, nel 1802. pubblicò quel suo scritto, il cui titolo: Identità del calcolo differenziale con quello delle sene, ovve- ro il metodo degli infinitamente pìccoli di Leibnìzio spiegato e dimostrato colla teoria delle funzioni di Lagrange (5). San- no i dotti come quel sommo matematico, stabilito sopra fon- damenti sicuri r edificio dell' analisi sublime, lasciasse ad al- tri il pensiere d' instituire un confronto fra il suo metodo e quello di Leibnizio. Il Collalto si accinse a tanta impresa^ e tale gli é appunto lo scopo dell' opera annunziata , opera in cui diede a vedere quanta fosse V estensione e la profondità delle sue cognizioni. Chi allora provvedeva alle pubblica co- sa sentiva, die il Collalto, nato fatto per l'istruzione, non dovea vivere circoscritto a se stesso; quindi il promosse alla Scuola del Poligono e degli Ufficiali di Artiglieria. Sempre inteso al maggiore profitto de" suoi allievi dettò il seguente trattato: DelVistruzione teorico-pratica degl'ingegneri, che ven- ne stampato dal Bolzani di Pavia l'anno i8o4- Sostenne quell' incarico per un biennio, e nel i8o5 s'ebbe la cattedra di Matematica applicata nella Scuola militare. Quantunque godesse il Collalto della comune estimazione, dovuta a' suoi non vulgari talenti, sebbene contasse gran co- pia dì amici, frutto di quel suo carattere aperto, deciso e lea- (5) Milano 1802 Guluzzi. Di Antonio Collalto xxxv le, nullameno soffriva a malincuore di vivere diviso da quel- la città dove sortiti aveasi i natali. Era questa una prova non dubbia della bontà del suo carattere ; che non è no il mi- gliore fra gli uomini chi sa divenire cosmopolita, e pone in non cale le care relazioni di famiglia e di patria. Desiderava, e ardentemente, che almeno gli si accordasse di menare il re- sto dei giorni più vicino a' suoi, pili da presso al suolo dove avea respirate le prime aure di vita. Vennero esauditi i suoi voti colla destinazione alla cattedra del Calcolo sublime nell' Università di Padova, il che ebbe luogo nel 1806. Lieto pel conseguito favore cominciò il corso delle sue lezioni, né ven- ne meno a quella fama di cui era in possesso. Tutti esalta- vano la copia dei lumi, i modi facili e piani con cui presen- tava i più sublimi concetti; ma il Collalto tenea fermamente, che avrebbe raggiunta la meta, e vie più meritato il favore del Pubblico, ove a' suoi alunni dar potesse un provvido filo di Arianna, con cui tener dietro a quanto andava esponendo. Mancava un' opera^ che sul proposito servir potesse di guida sicura , e appunto pose mano a quest' opera quasi direm , suir istante. Di fatti nell' anno stesso della sua promozione , colle stampe del Destefanis comparve in Milano quella sua Geometria analitica a due coordinate.^ che mirabilmente con- ciliando la brevità colla chiarezza, mirabilmente giovò agl'ini- ziati in quella carriera. Ma non si arrestò a quel primo la- voro, che il volle estendere alle tre coordinate, il che vedem- mo eseguito nel 1809 ^"^^ quelle sue: Nuove lezioni di Geo- metria analitica a tre coordinate (6). Piacquero ai periti di questi studii, e furon di avviso, che il testo del Collalto do- vesse guidare per sempre i passi dei giovani, per sempre ser- vire di norma a quanti in avvenire fosse affidato quel ramo d'istruzione. Pareva strano consiglio il dipartirsene; ond' è, che non fecero buona cera a certo corso , che comparve a (6) Padova 1809 Bettoni. XXXVI Sulla vita e sulle opere più tarda stagione, corso il cui pregio stava in un' oziosa pro- lissità non iscompagiiata dal desiderio di più regolare anda- darnento, di una maggiore solidità: difetti che se disouorano qualunque scritto, sono 1' obbrobrio delle scienze sacre a Ma- tesi. Ma v' hanno, per isventura, dei tempi, in cui il merito di uno scrittore è nella ragione diretta del proteggimento, o dell'ampiezza del libro. Sempre operoso, istancabile, nell'an- no seguente diede alle stampe un: Nuovo saggio dì Poliedrì- vietria analitica (7), dettato con quella felicità ch'era tutta propria di lui, cioè di un uomo signore degli argomenti che imprendeva a trattare. Il ior4 fu l'epoca in cui il Collaito, cessando dalle le- zioni , respirò quell'aura di quiete e di libertà, che gli si rendea necessaria per compiere un' opera di molta estensione e della maggiore utilità. Il titolo dovea essere: Descrizione , maneggio ed uso dei principali strumenti di 3Tatematica, ap- plicabili alle Scienze ed alle Arti, con molti problemi utili e curiosi, discussioni storico-critiche ec. Sei grossi volumi dovea- no abbracciare quel vasto argomento, ed ogni volume mostrar- si ricco di trenta e più intagli. Di qual giovamento fosse per riuscire agi' Ingegneri, ai Costruttori, agli Artisti, quanta luce avesse a spargere sulle Matematiche teorico-pratiche , il solo titolo abbastanza V addita. Ma rea morte non consentì , che r impresa più cara al suo cuore vedesse la luce; gran parte di quel lavoro attendeva l' ultima mano quando mancò a' vi- vi, il che pur troppo avvenne il dì 16 di Luglio del i8ao nell'età fiorente di poco oltre 55 anni. Un'invincibile feb- bre gastrico-verminosa decise de' suoi giorni preziosi. Somma è stata l'ambascia dell'affettuosa famiglia, sommo il dolore dei molti amici, ma sommo ad un tempo il danno delle scien- ze da lui coltivate. Tutto ingegno, e tutto fervore^, chi sa di quali e quante produzioni ci avrebbe arricchiti ! A prova del- (7) Padova i8io Bettoni. Di Antonio Collalto xxxvii la perenne attività del Collalto , noteremo che quantunque avesse cessato dal pubblico magistrato, non per questo il Go- verno si ristava dall' impiegarlo qualunque volta occorresse un sicuro parere intorno al merito di qualche scoperta, all' esat- tezza di qualche macchina. La sollecitudine e il senno , con cui si prestava all'adempimento di quanto gli veniva ordina- to, sono comprovati dai sensi lusinghieri di chi presiedeva al pubblico reggimento. Diremo che sotto il cessato Regno d' Italia venne ascritto al Collegio dei Dotti^ che sedeva fra i membri Onorarii dell' Istituto , che fu Socio delle Accade- mie più ragguardevoli , se un tanto nome avesse mestieri di risplendere a prezzo di una luce , che troppo di sovente ri- fletè suir inutile mediocrità. XXXVIII ELOGIO DEL PROFESSOR SANTO FATTORI SCRITTO DAL PROFESSORE GIUSEPPE LUGLI (i). !^6<^t8»g — ■ LJei tanti sentimenti, che svegliansi nel cuore dell' uomo, e che soliti sono, o ad inchinarlo a bassa viltà , od a solle- varlo a smodata allegrezza, potentissimi si reputano quelli, i quali vengono mossi o dalla lode o dal biasimo» Perocché fra tutti gli affetti, che nel cuore medesimo prendono radice, il meno agevole a moderarsi ne appare il disordinato amore, che a noi portiamo, e alle cose, che ci appartengono; sì veramen- te, che un tale amore si tenne a ragione dai Filosofi come il germe infelice, donde ricevono la vita e l'alimento le per- (i) Questo elogio venne recitato da me nella Chiesa di S. Carlo in Mo- dena il i5. Novembre 1882. pel soli- to annuo riaprimento degli Studj del- la R. Università. Fu steso sopra le co- se stampate del Fattori; sopra i copio- si suoi Manoscritti esistenti o autografi Oli in copia, parte presso l'Illustrissima Signora Contessa Carlotta Baldasseroni Vedova del Fattori, e parte presso l'e- gregio di lui nipote dal lato di sorel- la il Sig. Dottor Nicola Rubbiani , Astante alla Clinica Medica, che gen- tilmente me li comunicarono con mol- ti Atti e Documenti relativi alla sua vita ; e dietro le notizie ed i lumi, cui non mancarono di somministrarmi col- la lor ben nota perizia ed erudizione i chiarissimi Signori Dottor Bianchi Giovanni Professore d'Istituzioni Fi- siologiche , e Dottor Bignardl Alfonso Domenico Professore d'Istituzioni Ana- tomichej all'amicizia e bontà de' qua- li mi professo quindi particolarmente tenuto. Ci^^i'TC- T\ r Del Prof. Santo Fattori xxxix vertitrici passioni. E di vero ogni volta che quello usurpi il seggio, che alla coscienza dell' animo, di rado fallace o par- ziale, è serbato, magnifica sempre le cose nostre con presti- gio adulatore; e come ci rende ingordi dell'ambito onor del- la lode, così ci fa del vitupero^ benché meritato, schivi oltre modo e paurosi. Né ciò addiviene solamente agli uomini priva- ti, ma sì ancora alle Nazioni, secondo che ne ammaestra e convince la trista esperienza de' loro civili rivolgimenti; in- tanto che laddove neglette o calcate anneghittirono o cessa- rono le virtuose imprese, là, dico, si pretesero maggiori le ricompense. Per la qual cosa leggiamo, che nei tempi incli- nati di Atene e di Roma, quando appunto la raffinata barba- rie dello spirito coloravasr del lustro di una mentita civiltà, invilirono gli onori e le corone. Quindi è che gli encomj stessi pronunziati a commendazione di chi dianzi ne lasciò privi di sé, credonsi un ambiguo argomento e della sincerità di chi li detta e del valore di colui, al quale son tributati. E certo qualora si consideri l'elogio come il tardo premio, clie la posterità concede alle gesta delle anime grandi, e co- me 1' augurai voce de' secoli avvenire, la quale si alza a giu- dicare della virtù dei trapassatij chi fia cotanto incauto cu- stode della propria fama e dell'altrui, che sul cenere non freddo ancora del defunto personaggio si arroghi il diritto di antivenire col proprio voto una sentenza così temuta e se- vera ? Nientemeno é pur forza, Ascoltatori, il temperare un pensamento, che potrebbe apparire troppo rigido. Non sem- pre né per ogni dove sono poi disconosciute o falsate le vir- tù de' <;ontemporanei; e la lode compartita a coloro, che, non ha molto, per morte ci abbandonarono, più presto che mani- festarsi un giudizio anticipato, si appalesa un monumento di riverenza e di gratitudine, che alla rimembranza dell'estinto cerca d' innalzare forse meno V ingegno, che il cuore de' su- perstiti. Al quale intendimento guardò per avventura con be- nefizio dell'umanità e conforto dei buoni quella Società Ita- lica di Sapienti, che Francesco IV. con animo veramente re- xxxx ! Elogio gale raccolse e protegge entro il seno di questa nobilissima Capitale de' suoi Dominj, col chiedersi da lei , che ne' pro- prj iasti venga fatta ricordanza solersne di coloro, i quali de- coraronla, o a decorarla si disponeano, di bellissimi trovamen- ti. Il perchè non si tosto ella vedesi astretta a deplorare la perdita di alcuno di que' prodi^ che sollecita incita qualche amico spirito ad alleviarla del duolo, che 1' affligge, col rav- vivarle innanzi al pensiero la dolcissima immagine dell' estin- to. E fu a questo (a) grazioso e onorifico invito o Signori , che io , sebben non esperto del favellare, e straniero affatto ad ogni dottrina, mal potei, lo confesso ^ resistere pel santo amore di patria; e sì tentai di consacrare ad un tempo l'umi- le mio lavoro alla presente lietissima inaugurazion degli Stu- dj al cospetto dei Padri, e di un Magistrato (3), il quale con doppio vanto di virtù presiede al grave Ministero del pubbli- co insegnamento, e all'italiana Società delle Scienze. Laonde, se tanto mi possa prestare il talento, m'accingo a celebrare il nome di un nostro Concittadino^, del quale se le Muse eb- bero a gloriarsi e per gusto squisito e per ornata coltura , ebbero a gloriarsene più ancora per acume d' ingegno la Fi- siologia e l'Anatomica maestà; nome che suona pur caro ai buoni pei leali principi di Religione e di fedel sudditanza pro- fessati e difesi , il nome di Santo Fattori. Però dove 1' arte del meschino dicitore non valga a raccomandare presso a chi (a) Mosse l'invito per la devozione più tenera alla memoria del Fattori dal eh. Sig. Antonio Lombardi Primo Bibliotecario di S. A. R. il Sig. Duca di Modena , Socio e Segretario meri- tissimo della Società Italiana delle Scienze, sommamente benemerito del- la Repubblica letteraria pei molti Elo- gi da lui composti, ma in ispecial mo- do per la dotta ed elaborata sua con- tinuazione della Storia della Lettera- ra Italiana nel Secolo XVIII. (3) S. E. il Sig. Marcbese Luigi Ran- goni Ministro di Economia e di pub- blica Istruzione, e Presidente della So- cietà Italiana delle Scienze ec. ec. nno de' più ragguardevoli ornamenti di sua nobilissima Casa per le preziose pre- rogative dello spirito e del cuore ,e no- me già sacro ai severi ed ameni studj. Del Prof. Santo Fattori xli mi ascolta l' encomio del chiarissimo uomo j valga almeno a raccomandarlo la triplice palma, di che quegli seppe cingere e fregiare la sua memoria. Da Filippo Fattori e dalla Nobil Donna Isabella Bassoli nacque in Modena Santo il giorno decimo terzo di Novembre, volgendo l'anno sessagesimo ottavo del secolo caduto. Come ragguardevoli per condizione i suoi parenti, così non iscarse furono le sue fortune: sorti perspicace l'intelletto, ampia e ferma la memoria, sensibile e benefico il cuore. Il suo spirito pelle- grino e vivace sentiasi portato a nobili invenzioni, e a com- prendere obbietti svariatissimi ; amava il semplice e il bello nelle opere della natuia e dell'arte; vago mostravasi di mo- di ameni ed arguti, che lui preconizzavano festivo possessore dell' urbana facezia; modesto però ne' suoi pensamenti, onde sempre antepose per sé V opinione dell'Accademia al Dogma- tico asserto della Stoa e del Peripato. Egli avvalorò e dires- se queste doti collo studio della cristiana pietà, e colla scor- ta e coir esempio di uno Zio paterno, sacerdote integerrimo , e lume in prima della Compagnia di Gesù, poscia del Capitolo Modenese. Questa patria il ricevette in appresso nel proprio Ginnasio, e nella Università, che il Venturi, Paolo Cassiani, il Rosa, e Michele Araldi colla schiera di altri egregi mantenevano in onore, e più volte sorrise di gioja ai cimenti superati dal giovinetto, che, oltrepassato appena il terzo lustro di sua età, parve agli alunni più addestrati piuttosto institutore, che condi- scepolo. Ed ella recossi a gloria, che, ornato dei doni procaccia- tisi in lei, si addirizzasse all'Atene Longobarda, alfine di pascer- vi la mente sotto lo Scarpa e il Malacarne di dottrine non men sustanziose;e nel ritorno di lui, lieta di vederlo col voto di un Mascheroni aggregato a cospicue Accademie in Pavia ed in Ber- gamo, lo insignì del lauro dottorale nella scienza diEsculapio. Ma questa Scienza si stette alquanto sospesa sul destino futuro del giovine allievo; poiché vide, che altre Discipline quasi a gara sei contendeano- tutte poi congiurate, per così esprimermi, e in allora e in appresso a volerglielo rapire. La Tomo XX. ■ 6 XLii Elogio Poesia gli fu liberale di vena feconda a vestir metri latini e vulgari di grazie spontanee , di sapore catulliano , o dei sali di Aristofane e di Fiacco. L'Eloquenza (4) il fé' degno di narrare dalla letteraria Tribuna gli scovrimenti , che rendet- tero il Falloppio rispettabile ai futuri, e di onorare con bel senso, e pur raro, d'animo riconoscente la spoglia di chi lo introdusse nel santuario del Gusto. L'arte epigrafica (5) gl'in- giunse di affidare al marmo con dignità Morcelliana illustri nomi. Le lingue più eulte gli porsero la chiave dei tesori scientifici delle antiche e moderne nazioni. La Critica lo fe- ce accorto scrutatore della genuina lettura di Classici Stori- ci: la Bibliografia accurato annalista delle Aldine impressioni; e la Filologia da ultimo emendatore dell'aureo Nepote, e col- lega di quei Dotti (6) , che richiamarono fra noi a vita no- vella le vicende fortunose, e i liberi canti dell'Orazio modenese. (4) Gli Elogi di Gabriello Falloppio e di Luigi Cerretti, dal quale il Fattori ap- prese Eloquenza, trovansi nei Volumi a. 3. dei Fasti letterari delle città di Modena e Reggio nel Sec. XVIII. Modena i8i2i. (5) Serva di prova del suo valore nelle latine Iscrizioni la seguente , trascelta fra le altre, intesa a tramandare alla posterità la munificenza di Francesco IV. ver- so la Medicina, e in ispecie l'Anatomia: ANNO . MDCCCXVIII ■ PROVIDENTIA . ET . AVSPICIIS D . N . FRANCISCI . IV . ATESTII BONARVM . ARTIVM . PATRONI . MVNIFICENTISSIMI PROCVHATORE . ALOYSIO . MARCH . RANGONIO SVMMO . REI . LITERARIAE . PRAEFECTO SCHOLAE . lATRICES . VNIVERSAE . AMPLIATAE . EXAEDIFICATAE CHIRVRGICA . ET . OBSTETRICIA . SVPELLECTILE . AVCTAE . LOCVPLETATAE ITIDEM . MVSEVM . ANATOMICVM . EXCITATVM VTI . PARTES . CORPORIS . HVMANI . SANAE . MORBOSAEQVE AFFABRE . ADMINISTRATAE . ADSERVENTVR ET . EXINDE . AVDITORES . D . O . M . SAPIENTIAM . DEMIRATI PRAESTANTIVS . CAPIANT . STVDII . EMOLVMENTVM. (6) Nuova edizione delle Opere scelte del Conte D. Fulvio Testi. Modena iSry. Il eh. Professore Don Celestino Cavedoni, di cui sto in dubbio se io più deggia com- mendare la modestia e la pietà, o la somma dottrina in Numismatica, possiede e pre- gia, qual insigne giojello, tre volumetti MMSS. di mano del Fattori contenenti la serie delle edizioni di Cornelio Nepote colle più rare varianti. Del Prof. Santo Fattori xlhi Se non che la filosofia, nel disvelare a lui le sue celesti sembianze, a sé lo rapiva col quadro stupendo della Ragione. Pel magistero di questa Ragione si moltiplicarono in certa guisa i sensi naturali dell' uomo; e quindi si fecero aperte le minime differenze del calore sfuggevole, si ponderò l'atmosfe- ra instabile, e 1' abisso della solar fiamma venne misurato dal- la debile pupilla, la luce squarciata in atomi impercettibili, il firmamento accresciuto di più mondi , e fatto perciò piìi grande e solenne 1' inno dell' universo al Creatore. Dai quali sentimenti animato il Fattori si pose a percorrere le Fisiche e Matematiche facoltà; e belle osservazioni, comechè giovanili, ne dava sul fluido Elettrico e sulle teoriche del calore; e, dona- tosi alla Meccanica, mise in opinione, eh' Egli non ignorasse r ingegno atto a formare un tipo cronometrico, e un micro- scopio, il quale valesse meglio d' ogni altro, per opera di ri- flessione, a ritrarre Topacità dei corpi. Il vario corredo di tante cognizioni non tornò infruttuo- so a colui , che seppe con avveùiraento renderle tributarie , per dir cosi, all'Arte salutare. Il Fattori apprese per tempo dallo pagine del Vecchio di Coo il carattere estesissimo del senno medico, e, sopra ogni altra cosa , quel metodo di sem- plicità rigorosa, e nulla ostante il solo efficace, il quale sa- viamente deduce gli assiomi dai morbi osservati, e così viene a tramutare la serie dei fatti in altrettanti canoni irrefraga- bili dell'arte. Né lui distolse dall' abbracciare un documento sì prezioso il vederne dimenticata in gran parte l'importanza dai successori d' Ippocrate, il trovarlo imbarbarito dagli Ara- bi, e negletto dai susseguenti fabbricatori di medici sistemi ; poiché egli non ignorava spirare in pochi petti l'aura del ge- nio, contandosi rari gì' Ippocrati , come rari si contano i Sy- denamj e i Boerhavi. .s. . t Un edifizio male sorreggesi, quando non abbia ferme le fondamenta: perciò il Fattori conobbe con Celso e Galeno un altro vero, e fu di far precedere allo studio dell'arte sana- trice la cognizione profonda dell'uomo, sia che il gelo di mor- XLiv Elogio te io abbia renduto un' immota salma, sia che vi circoli o vi- gorosa o languente la vita. Pertanto 1' indagine anatomica e la fisiologia Furono le scienze, alle quali si addiede colla mas- sima tesa delle sue forze. Per la qual cosa io lo veggio. Ascol- tatori, già divenuto schivo di altri obbietti e come solitario, involarsi dai viventi per seppellirsi entro le sparute regioni della Notomia; e là con acciaro paziente e discreto e con oc- chio linceo lo veggio esaminare la compagine della più por- tentosa delle opere create; ogni fibra, ancorché minima della quale, ogni labirinto, ogni filo nerveo, ogni umore , ogni lie- vissima congegnatura un miracolo discuopre dell' eterno dito plasmatore. Tanto egli innoltrossi in que' muti penetrali di natura^ che potè cogli anni accoppiare al grido di Notomista esimio quello di raro Apparecchiatore , e di operante unico, forse, neir injettare a metallo solidificabile, giusta il termine delle scuole, le celluzze estreme, esilissime ed aeree del pol- mone; industria che fece disperare la sofferenza de' più so- lerti. Ai quali pregi avrebbe posto il colmo l'eseguimento del concetto arditissimo, se infermità non glielo avesse impedito, di sostituire al metodo della cera quello , che si dice secco e al naturale nelle Anatomiche dissezioni. ; i t. . Ma questa perizia di lui acquistava più di chiarezza dal- la luce della erudizione, colla quale meritò della scienza pro- mulgandone all' uopo i fasti. Perocché dopo che a lui reduce dal bel cielo toscano il Serenissimo Ercole Terzo ebbe nel 1794- conferito l' officio di dettare pel primo fra noi lezioni di Oste- tricia, non sì tosto nell'ottobre del 1796. venne dai Mode- ratori dell' Istruzion pubblica chiamato a succedere nella cat- tedra di Anatomia all'Araldi per rinunzia che ne fece questi, col quale avea dianzi diviso l' incarico delle estensioni , che tutta dispiegò l' ingenita fiamma, che lo accendeva per la pre- diletta sua scienza. Nel discorso proemiale, che il Fattori pro- nunciò in siffatta opportunità, ove quello si consideri sotto il solo aspetto dell' arte, voi sareste incerti a decidere, se vi ri- splenda maggiormente lo zelo per l'arte stessa, e la gioja che Del Prof. Santo Fattori xlv lo invade pei progressi di lei , o quel caro senso d' amore , che lo scalda verso i sommi Genj^ i quali segnarono le gran- di epoche della Storia anatomica. Dopo aver menzionato il senno Greco e Romano si affisa giubiloso nella età fortunata della Europea ristaurazion degli studi: accenna le scuole ce- lebratissime di Bologna e di Padova: addita l'immagine del Mondini interprete primo della Natura ; venera la mano di Berengario da Carpi , ma più quella del Falloppio ; e poich' egli ha accumulato ogni encomio suU' Eustachio e sul Val- salva, si arresta taciturno per la meraviglia in faccia al Mor- gagni, che unico sarebbe rimasto, se non sorgevano un Ma- scagni e uno Scarpa. Riverita avendo cosi questa nostra clas- sica terra, che insegnò alle altre Nazioni a guidare pur an- che il ferro notomizzante, ei vi trasporta alle Accademie Olan- desij perchè ivi ammiriate le fatiche dello Swammerdamio , del Boerhave e del Ruischio. Colà v'indica le umane salme, nelle quali credereste, die' egli^ infusa di nuovo la vita, men- tre che la maestria pompeggia per ogni deve, alletta l'ele- ganza, rapisce la verità. Da un canto entro a chiuso cristal- lo vi mostra un picciolo germe^ che alberga fra liquore spi- ritoso, ed è un indizio pressoché fuggitivo d' un uomo futu- ro: dall' altro vi descrive 1' esangue spoglia di un uomo^ sul- la quale sembra che la morte non eserciti più la sua forza ; essendoché ne incanta, cosi si esprime, il colore e la freschez- za ridonati alla pallida cute e ai muscoli inariditi; 1' occhio , già prima avvizzato e spento, fatto ritondo elucido; e andar rigonfi i vasi di fluidi artifiziosi , e la mobilità flessuosa ser- barsi alle giunture. Colà ammira le parti , che sono intese a muovere e vivificare, locate non meno a diletto di uno sguar- do curioso, che ad ammaestramento d' uno spirito pensatore ^ intanto che la gran madre delle cose par che rimanga sopraf- fata dall' arte rivale, scorgendo unito in angusto teatro quan- to ella dispose nel Regno animale. L' entusiasmo , che desta- no nel Fattori questa ed altre suppellettili anatomiche , non gli tolgono di scendere^ per giovare agli studiosi^ ai dettami xLvi Elogio di prudente consiglio. Esso avverte che non sempre torna a buon successo il lusso delle cere e degli ornamenti; che an- zi il vero, tanto commendabile nell'Anatomia, può sofFerirne oltraggio; attesoché la natura, qualora si vegga tentata fuor di modo, se ne vendica assai spesso col rispondere male al credulo indagatore; e la cera fendendosi là dove appunto si brama compatta , o venendo stretta ad aprire varchi insoliti ai liquori spinti con forze non proprie ;, se ne riporta scorno, e fallisce l'effetto. Intanto il nostro Cattedratico non lascia- va di onorare quelle anime generose, le quali furono dal Tro- no fautrici delle naturali discipline^ non mai potendo volge- re di tempo o di fortuna disgiungere la memoria di un Fer- dinando de' Medici da quella di un Redi e di un Malpighi ; né mai partirsi dall' animo di alcuno il nome di un Giacomo I. d'Inghilterra se del pari quello non si cancelli di un Ar- vejo, a cui quel Monarca fé' copia per le immortali sue espe- rienze del grandioso Parco reale ; né potendo mai giungere r ingratitudine a dimenticare quanto valesse e valga munifi- cenza di Potentati a prò della Scienza Anatomica , se pur d' obblivione non si ricuoprano le Accademie di Londra , di Edimburgo, di Lipsia e di Parigi. • - • -v Quella pace però, di cui gli studj si nudrono , e che il Fattori invocava con sospiri focosi sul termine della sua Ora- zione, quella pace beata erasi ahimè! dipartita non pur da questa, ma da tutte le contrade dell'Europa. Una Rivoluzio- ne (così non fosse!) maturata da stagion lunga nel silenzio e nelle tenebre, mantenuta viva dal soffio di certi spiriti ele- vati o potenti, ma torbidi, irrequieti, fermata da un patto di audacia incredibile, cui strinsero mani famose, ma incaute o sacrileghe , sospinta dalla prepotenza dei casi a deviamenti spaventosissimi, rotti gli antichi, e pur soli ed essenziali, vin- coli del social Corpo, avea già nello scoppio ripiena la Fran- cia di delitti, di lagrime e di sangue, e si ne V avea per ogni parte urtata e battuta, che 1' empito orribile ne sentirono le altre, e ancor rimote, nazioni. E poiché seguita da numerose ... Del Prof. Santo Fattori xlvh falangi, il torrente delle quali non ritennero e non fran- sero le più temute barriere, ebbe sparso il devastamento, la trepidazione , ed il parteggiar micidiale nelle floride e tran- quille nostre Provincie, disertò pur anche nelle Università e ne' Licei le cattedre dei sapienti più degni, i quali, opponen-,^. do petto saldissimo alla furia della Pvepubblicana Riforma, ver- gognarono di suggellarne con giuramento codardo la licenza (_ e il delirio. Il perchè nel principio dell'anno 1798. il Fatto- li fu spogliato con pubblico danno della cattedra di Anato- mia: della qual privazione per altro, non che mostrasse di dolersi, ebbe invece a rallegrarsene in cuore, essendo che di- videva il glorioso infortunio col Ruffini e col Savani , questi Chimico eccellente, e quegli Matematico di primo grido, e ambidue propugnatori della causa del vero. Il nostro Santo abbandona con volontario ostracismo i suoi cari, e la patria, e dalle Alpi voltosi all' Italia con lagrima mal frenata le au- gura destino migliore; e indi si pone a peregiinare in mezzo alla bellicosa Germania, che tutta già d' armi rumoreggia, or qua or là rifuggendosi, ove rinvenga un asilo consacrato alle Scienze. Lui videro e ascoltarono rinomate Adunanze, perso- naggi cospicui, sperimentatori oculati, intelletti di fama Eu- ropea; e le Metropoli del Sassone e del Brandeburghese Elet- torato gli offersero seggio nel consesso de' loro Dotti. Per lo che il Modenese Anatomista dal continuo conversare eh' ei faceva e coi pensieri e coi ragionamenti di tanti Scienziati, potè spingere a segno maggiore 1' altezza dell' ingegno, e de- rivarne vantaggio alla propria scienza; per la quale andò cer- cando con lungo studio nelle Biblioteche Alemanne i volumi di più rara eccellenza, e macchine di mirabile trovato con dispendio del suo patrimonio. Frattanto le forze collegate dei due Imperj più formida- bili della Europa aveano prostrate le armi della Gallica li- bertà su quei campi medesimi , ai quali Annibale imparti un giorno celebrità si tremenda. Per la qual cosa , reintegrata nella Italia l'Estense Dominazione sotto gli auspicj dell'Au- xLVHi Elogio stria, rivide il Fattori la diletta patria, e riprese le fila dell'in- segnamento con quello aggiuntogli della Ostetricia. Se non che dal seno della patria e dagli amati suoi studj venne a strapparlo di nuovo un turbine più fiero, che dalla Francia , passata per varie guise di reggimenti volubili sotto la Con- solare Dittatura, erasi riversato sulla Italia, e che poi ruppe con istrepito non men fragoroso dell' antico di Farsaglia nel- le campagne memorabili della Bormida e del Tanaro. Del qual caso se rimase afflitto il Fattori per le calamità , che parca traessero argomento di perpetua durazione nelle nostre con- trade , ai sostenne per altro con animo meno abbattuto la sciagura , che lui solo percoteva. Riparò colla mesta famigli- uola a Padova, terra, che a lui ricordava l'accoglimento ospi- tale dato un giorno al Sigonio, al Falloppio ed al Montanari. Quella città, dove rivide il suo Malacarne, che unitamente ai due Caldani manteneva in quella dotta Università il decoro italico nell'Anatome e nella Fisiologia, quella città fu pronta a riceverlo con sensi di nobile affetto fra i Socj di sua Ac- cademia, ed egli, per corrispondenza di amore , fece parte a questa delle proprie letterarie fatiche, e di non poche scien- tifiche esperienze. I casi avversi, le angustie dimestiche ogno- ra crescenti costrinsero lui dopo due anni di assenza a tor- nare alla patria; nella quale, se rinvenne calmati gli animi e quasi ridonati a concordia , non rinveniva poi si di leggieri chi lo soccorresse nel riacquisto della Cattedra, se l'onesto ca- rattere dell'Araldi con rarissima disistima del proprio emolu- mento non cedeva a lui l'Anatomica istruzione. Bensì questo Collegio, a cui debbo cotanto la patrizia gioventù dello Sta- to, anzi della Italia, recossi a ventura di aggiugnere un uo- mo illustre alla serie de' passati Institutori, quali furono, per tacere degli altri, un Tagliazucchi e uno Spallanzani, col pre- scegliere il nostro concittadino a professarvi 1' analisi delle idee e la geometria. Era ormai giunta l'epoca, in cui la Francia stanca delle popolari assemblee sostituiva alla Consolar bipenne il diadema Del Prof. Santo Fattori xlix Imperiale ; ond' è che le sorti cangiarono di parecchie Pro- vincie della Europa, e l'Ausonia pure vide succedere nelle sue contrade più ubertose la regia dominazione ad un' effime- ra libertà. Fu allora che Pavia intese di conservare la fama del proprio Ateneo col chiamarvi con dimostrazioni di onori- ficenza e con offerte larghissime il Fattori. Se la modestia di lui stette per frapporre indugio a rispondere al magnifico in- vito, lo spronò a tener questo il desiderio di mostrarsi utile alla Scienza , e di contribuire alla gloria ulteriore di nostra patria, Li quale altri due suoi figli, il Corretti ed il Jacopi , avea colà inviati a conservarle il grido di madre di egregi in- gegni. Non vi dirò, Ascoltatori, come a manifestazione di sti- ma gii venisse commesso l' incarico di dettare un metodo istruttivo per quella Università ; e come la Medica Direzion Ticinese si affrettasse a noverarlo tra' suoi Membri , amando invece narrarvi com' ci sapesse soddisfare al comun voto nell' officio di Cattedratico. Il perchè mi basterà l'accennarvi, che se uno stupore parve prima di lui lo Scarpa nelle Anatomiche Sezioni, non mancò di eccitare di sé stupore la mano surro- gata all' altra di quel Grande ; mi basterà il soggiugnere che le fisiologiche cognizioni opportuna luce diffondeano sulle di- mostrate verità , e che il pubblico suflìagio non si restò dal proclamarlo conducitore espertissimo dell'Arte. La qual voce di plauso non ordinario egli potè confermare coli' opera di una Guida anatomica, che parca mancasse fra noi nell'inse- gnamento (7). Coloro , che simile maniera di lavori considerano qual semplice unione di materie preparate da altri, né meritevole, che il genio abbia ad onorarla di uno sguardo , forse a ciò s'inducono dall' ignorare quanto la possa rendere pregiata il fine, a cui guarda, e dal non ponderare la malagevolezza, che (7) Guida allo studio della Anato- mia umana per servir d' indice alle lezioni di Santo Fattori Professore nel- Tomo XX. la R. Università di Pavia. — In Pa- via 1807. L Elogio r accompagna nelle tante difficoltà da superarsi. Sembra al- tresìj che non si rammentino di Bacone, il quale, sebben pos- sedesse intelletto sì vasto da comprendere lo spazio presso- ché interminabile delle Scienze, e tale forza inventiva da im- primere su di questo orme non tentate di sapienza, nulla di meno contenne l' impeto dell' ingegno , si fermò al bisogno dell' arte , e attese , più che agli scovrimenti , a tracciare la regia via di giugnere ad eseguirli. Né questo raccomandò man- co il Cancelliere d'Inghilterra ai futuri, quando la Storia ne fa conoscere che parecchi dei trovati più romorosi ebbero il caso a pi'ogenitore; e per lo incontro la meditazione del filo- sofo fu sempre quella, la quale diresse al bene dell' umanità le invenzioni medesime , che senza dì ciò rimaste sarebbero infruttuose. Quindi è che ninno vorrà contendere , che nelle scuole non v' abbia necessità di questi uomini prudenti per addestrai-e con piana e sicura scorta gli studiosi nell' aringo scientifico , non essendovi peste più capitale della mancanza di metodo, per cui le menti sono condotte a disfrenata licen- za di opinare, e a mano a mano traboccano in pericoloso scet- ticismo. Ecco il Fattori in atto di delineare e colorire il concet- to della Guida ideata. Freddo cadavero gli sta in su gli oc- chi: ei dovrà di questi avanzi funerei fare austera disamina, che ne appalesi tutto quanto l'artifizio. Misurando infatti con occhio filosofico il cimento, a cui si accinge, egli darà alle parti, che sono la base della fabbrica umana, e a quelle, che vi si adagiano sovrapposte , norma , giudizio ed evidenza di trattazione col linguaggio dei Bellini e dei Cocchi. Indole , officio, numero, tempo, luogo, moto, piegatura, aderenza, so- stegno, equilibrio, mescolamento, forma, colore e tessuto di ciascuna delle parti stesse aspettano indicazione e precetto. Seguace della natura non oserà di segregare temerario quan- to la natura medesima abbia vincolato, troppo standogli a cuo- re che r ordine non perda di grazia, e di verità la posizione. Non parco all' eccesso, né all' eccesso copioso di corollarj , i Del Prof. Santo Fattori tr quali si addicono al Fisico illuminato , e ad una mano ope- ratrice, non curerà le ipotesi malferme e le opinioni pregiu- dicate. Spontanei converranno innanzi alla sua mente gli Spi- riti eccelsi, che l'Anatome coltivarono : ma egli severo nella scelta si atterrà a quei soli fra i moderni, la cui memoria ri- chiama e onora in pari tempo gli antichi. Forse verrà che per suo mezzo cresca il decoro dell' uomo con quello dell'Ana- tomia ; poiché questa sola , base immobile della Medicina , e della Chirurgia, discuopre l'opera sublime della corporea for- mazion e delTuom medesimo. Essa è lo slorzo ardito, anzi il prodigio della Meccanica, essa il sostenimento di quel conge- gno mirabile di parti semplici e variate, onde si genera la Bel- lezza, essa il tipo del Disegno e delle Arti leggiadre, qualo- ra sia vero, eh' essa dettò le proprie sue leggi a Leonardo da Vinci, e che resse lo scarpello di quel Bonaroto terribile, il quale se per lei invidiossi, non ancora fu per lei superato. Ella è cosa da compiangersi. Ascoltatori, che quest'ope- ra (8), si rimanesse imperfetta per cagionevol salute dell' au- (8) Bensì ne conforta, che l'idea in- compiuta del nostro Cattedratico con- corresse a destar nella mente del de- gnissimo successore e nipote dell' im- mortale Caldani il pensiero d'intra- prendere un egual lavoro, che poi ven- ne da esso lui condotto a termine fe- lice. Nel qual proposito se io non te- messi non fosse creduta audacia l'op- pormi per difesa del mio Concittadino a quanto quell' illustre Professore di Padova afferma nella Prefa^ione de' suoi nuovi Elementi di Anatomia im- pressi in Venezia nel 1824. intorno all'impresa tentata e non finita dal Fattori , mi darebbe lusinga , che de- boli al tutto non fossero per riescire le mie risposte. E primieramente ri- spetto alla nota di jattanza boriosa , ch'esso gli [appone, quasiché scono- scente inverso i Maestri, che lo pre- cedettero, mettesse in campo, siccome nuovo, un soggetto, il quale da parec- chi altri fu eseguito prima di lui, di- rei che le espressioni del mio Autore non si estendono a tanto; poiché non negano già che simiglianti lavori fos- sero stati per lo addietro composti, so- lo asseriscono, che non torni cosi age- vole il rinvenirli: proposizione, su cui niuno al certo può muovere contrasto, e da cui non può trarsi indizio in chi la pronunziava di un animo ingrato e superbo. Per quello innoltre che rag- guardi il difetto di avere disgiunta nella Guida la porzione, che parla del- Lii Elogio tore; alla quale opera doveva accrescere pregio un Vocabola- rio- elaboratissimo deli' arte. Ai primi volumi, che comparve- ro in lucej non furono avari di lode Medici e Magistrati co- spicui. Le Biblioteche amarono ornarsene: chi dirigeva la pub- blica Istruzione adoperossi ad insinuarne l' uso presso i Pro- fessori del Regno, e il Brugnatelli ne annunziò l' importanza nel proprio Giornale scientifico. Il criterio , che del continuo in lui mirava al vantaggio dell' arte, lo mosse a rendersi seguace in quest'opera del me- todo del Soemmeringio ; della qual cosa è indizio bastevole non tanto la somiglianza dell'assunto, e una certa analogia di ordine j quanto un acume eguale nelF osservare gli ogget- ti. Il diverso modo però di trattazione, la schiettezza di an- notare le altrui testimonianze, e quella in particolare del me- desimo Soemmeringio, la frequenza delle proprie riflessioni sui punti più ardui della scienza, e la quantità de' materiali a la Sindesmologia da quella, che ragio- na delle ossa, mentre per lo contrario dovrebbero , a giudizio del sullodato Professore, camminare inseparabili, sog- giugnerei, che il Fattori le tenne ap- punto divise, perchè cosi, e non altri- menti , ricliiedeva lo scopo del suo Trattato. Quello non ad altro mira , che a somministrare una rapida im- magine dell'insieme, dirò così, della Scienza al giovine , il quale corra il primo anno dello studio Anatomico ; al qual fine avrebbe mancato qualora nel generale prospetto delle parti si fòsse rimosso dall' ordine naturale. A tale effetto il Fattori voleva distinto il maestro, che parla, dal maestro, che scrive, attesoché sono lecite al primo parecchie ripetizioni di obbietti pre- ventivi 5 le quali non si accordano si di leggieri al secondo senza riechio di recar turbamento alla serie delle co- se. Il perchè qualora il giovine alun- no abbia ricevuta nell' animo quella immagine compendiosa della Notomia e dallo scritto e dalla voce dell' insti- tutore , nulla divieta che negli anni successivi non la possa a suo bell'agio ampliare collo studio di quegli scrit- tori, che si occuparono di ciascuna delle parti. Né con ciò pretendeva il Fatto- ri, che il metodo da lui praticato aves- se a prevalere ad ogn' altro sino allo- ra seguito nelle scuole; poiché confes- sa ingenuamente qualsiasi metodo an- dar soggetto ad errore , ed essere un desiderio ben lontano dall' effettuarsi che l'Anatomia possa nel metodo con- tendere colla Matematica. Del Prof. Santo Fattori imi tal uopo raccolti danno a divedere come uscir sapesse con dignità dai confini di una semplice , come che per se stessa plausibile, imitazione del Soemmeringio, il cui lavoro, quan- tunque procedesse più oltre di quello del Fattori, giacque anch'esso imperfetto, attendendo che nel vivente Cavalier Man- tovani gli venisse dato da mano italica il compimento. Qui cadrebbe in acconcio, che io vi ragionassi delle pro- lusioni di lui latine e italiaue pronunziate nell' aula della Uni- versità di Pavia, nelle quali si mette a discutere con dottri- na ed eleganza varie controversie mediche ed anatomiche, sia che tolga V onore della novità a parecchie scoperte, che qual- che moderno ambiva di arrogarsi sopra gli antichi; sia che sparga bel lume sulla storia dell'arte coli' esame della lette- ratura degli Arabi in Medicina, e ponga in dileggio certe credute virtù simpatiche non dissimili nel prestigio dal ma- gnetismo animale cotanto accarezzato in Germania ; ovvero apra la propria genuina opinione intorno all'uso della tuba di Eustachio, o mostri insussistente la querela, che non v'ab- bia nei moti muscolari alcuna ragione fra la potenza adope- rata e la resistenza vinta , mentre la natura v' impiega quel solo dispendio di forze, cui ricerca , e non più , il congegno stesso dei mezzi da lei somministrati: ma tutte queste prove del suo talento, come che nobili in se medesime , scompajo- no in faccia alle altre, ch'ei diede nella Fisiologia. La considerazione da lui posta sul cadavero umano lo in- duce ad occuparsi del corpo vivente. Osserva che gli organi della nostra macchina si compongono dell'assembramento di parti solide e fluide, per la cui mercè la macchina stessa si nutre, assorbe, ha circolazione, respira, si riproduce, si so- stiene, si muove, emette voci, separa umori, e sente. Vede che a ciascuno di tali obbietti consacrarono e vigilie e sudo- ri i maestri più sperimentati, intenti ad involar pure i se- greti della Natura. Fra i tanti però, che intorno a lui, per così dire, si affollano per riceverlo entro i recessi delle fisio- logiche disquisizioni, ei di niun altro invaghisce maggiormente, ^ Liv Elogio quanto dell' Haller, il quale si valse delle cognizioni dei se- coli per farne il fondamento della Scienza medica ; e pende incerto a sentenziare, se la Natura col togliersi il velo abbia mostrate a quel Sommo le sue bellezze non da altri ideate , o se invece abbia quegli potuto segnare alla Natura un sen- tiero pili facile per discoprirsi. Confortato dai lumi del Fisio- logo di Berna, il Fattori ammira 1' ordine delle funzioni orga- niche, e i principi che ne scaturiscono dell'animale economia. Deh ! qual artefice immaginò mai meccanismo più ingegnoso, orditura più fina degli organi ! Chi mise corrispondenza così perfetta fra le parti e gli usi loro, e le proprietà e le norme de' corpi esterni, che ne circondano? Qual mano fu distribu- trice sì accorta delle forze congegnate fra loro , che ora ce- leri, or lente, ora invigorite or debilitate pongono in atto il movimento muscolare ? Donde prese natura il modello della vaghezza, che dispiegano i fenomeni della potenza visiva? Co- me tutto si collega, si modifica, e si comunica, e quanto cir- cola con ciò che sente, e quanto sente con ciò che respira! Ecco donde si forma il calore, ecco dove il cibo si decompo- ne, ecco le leggi, le quali temperano il fluido e solido aggre- gamento, ecco i tratti che segnano la rosea salute e il palli- do morbo, ecco gli elementi, che costituiscono le parti ani- mali, ed ecco la vita. Ma questa vita, argomento di tante me- ditazioni, questa vita è il compendio delle fisiologiche mera- viglie. Ella di sé lascia un fuggitivo impronto nell' individuo per rimanersi perpetua nella specie. Benché sia stretta a di- morare nella materia organata (9), mal può dipender dalla ma- (9) Veggansi sulla forza vitale le acutissime osservazioni del eh. Profes- sore Don Severino Fabbriani , Istitu- tore dello Stabilimento delle Sordo- mute in Modena^ inserite nelle Me- morie di Religione , di Morale , e di Letteratura. — Modena T. XI. pag. iSy. e riprodotte con maggior nerbo di me- tafisico raziocinio nel V. i. Fascio, r. pag. 83. del suo profondo Trattato = la Religione dimostrata per la natura de' suoi misteri = Modena 1828. Al- la pag. 45- nel dichiarare la Proposi- zione, che assurdo sia il negare all'a- Del Prof. Santo Fattori ttv teria,e meno per la materia esistere. Ella è un moto, e per con- seguente non si parte da una materia, che sempre è inerte, ma si dall'impulso del primiero Motore. Del qual dono l'uomo insuperbisce a diritto, poiché si giova della vita ad intrapren- dere opere non periture, aspirando appunto a quella immor- talità, per cui la vita gli fu concessa. E l'uomo quinci sortì sembianza eretta e sublime , quale si conveniva al Sacerdote della Natura , che gli occhi porta in fronte per vagheggiare le bellezze del cielo, e le mani tiene a strumento per innal- zare, prima d' ogni altra cosa, un' ara al Facitore divino. Eppur v' ebbe tra' Filosolanti del secolo scorso un ta- le, che volle persuadere al genere umano di rinunziare a pri- vilegio sì eccelso, estimando, che l'orizzontai positura, me- glio della perpendicolare, si adattasse all' uomo, il quale , si- mile nella sorte al tardo bue e all'adiposo elefante, traesse più solido appoggio dal reggersi, al pari di quelli, su quattro basi. Siffatta dottrina assurda ed umiliante , degna di essere accolta col riso, se col riso si conciliasse il ribrezzo, voi for- se amereste di udire non sì presto comparsa, depressa e an- nichilata; e ciò fece la vilipesa Ragione, che sulla bocca del Fattori parve investisse cosi l'Autore della massima rea: Dis- sennato mortale, che sei meritevole di rinnovare in te stesso nima l'immaterialità, ei ricorda il no- stro Fattori con sì belle parole, die mi piace di riportarle. « Se incerta è per noi la sede dell' anima , cosi appunto ( siccome acutamente osservava Santo Fattori , alla memoria del quale , no- stro maestro in anatomia, godiamo po- ter qui offerire pubblico attestato di riconoscenza e di stima ) cosi appun- to avvenire doveva essendo l' anima immateriale; onde la quistione sulla sede dell' anima è intrinsecamente in- giusta. Tale quistione in effetto sup- porrebbe che l'anima risedesse nel cor- po, come cosa materiale risederebbe in altra cosa materiale. Ma se 1' ani- ma sia di virtù contraria alla mate- ria, il suo modo d' agire e di comu- nicare colla materia debb'essere in mo- do tutt' affatto diverso. Dal che segue che r impossibilità di rinvenire la se- de materiale dell' anima confermi la sua immateriale natura. » Lvi Elogio il gastigo di pascerti delle ghiande della foresta e dell' erba del campo ^ se il corrotto cuore potè trasformarti in bruto , come poi tei permise l'intelletto? Coli' invocarmi a sosteni- trice di tua opinione, empio ti appalesi, m.i incauto: tu hai tradita la propria causa. Hai tu instituito rigoroso confronto fra l'uomo ed i bruti? La bipede posizione dell'uno v. la quadrupede degli altri sono forse la sola fisica diiTeren- za, che il Naturalista e il Fisiologo vi riscontrino? T'ingan- ni. La Provvidenza dispose ogni animale ad usar de' suoi mem- bri secondo la costruzion delle parti, e questa costruzione è svariatissima ; ond' è che il ferro anatomico , siccome ti mo- stra che le ali dell' aquila furono destinate a fender le nubi^ e quelle dello struzzo a strisciare sul suolo, così ti scevera neir istai.te l' individuo , che nacque bipede dall' altro , che cammina quadrupede. Sappi che per graduata serie movendo dai bruti impotenti a sollevar da terra veruno de' loro soste- gni ascenderesti sino alla retta positura dell' uomo. Norma ti sarebbero in questo gli usi a mano a mari più squisiti , cui servono le inferiori estremità, le quali, giusta il tenor de' bi- sogni di ciascuno animalo, vedresti piatte ed ossee nel caval- lo, fesse e appuntate nel capro, artigliate e callose nel lupo, quasi digitate nel castoro, nell' orso, nello scimio, e nel sati- ro indiano per inferirne, che quanto più gravi appajono i bi- sogni indotti da natura, tanto più gli animali accostansi alla vertical posizione. Pur nota disparità infinita. A te la sugge- risce l'indole diversa del bisogno, il quale nella belva è fi- glio sempre del cieco istinto, e nell' uomo è sempre annobi- lito dal mio carattere perfettibile. All'uomo adunque si addi- ceva per necessario principio un atteggiarsi più dignitoso per la eccellenza degli offici e dei bisogni. Che se pure tu vo- glia che r esperimento anatomico e il rigor matematico raf- forzino i raziocini della fisiologia, arrossirai di doppia vergo- gna , astretto venendo a conchiudere , che non orgoglio , non educazione, non pregiudizio, come sognasti, fecero ritto r uomo, ma soltanto la natura di lui, che fu accesa del divino mio raggio. Del Prof. Santo Fattori lvji Il Fattori con tale confutazione raccomandata ad una sua Memoria giovò non poco alla Fisiologia ed alla Metafisica in una età, che vaga del sofisma e del paradosso mostravasi fo- riera di altra età non men pervertita. E già pur troppo cer- ti ingegni col vezzo di riformar tutto, e di compartire novel- lo aspetto alle Scienze, abusarono ancora delle materie fisiolo- giche, e misero in timore, ohe non fossero per manomettere i diritti sacrosanti della Metafisica coli' attentare alle origini spirituali del pensiero , confondendo insieme anima e corpo per seppellir poscia ogni cosa entro al vuoto orrore del fer- reo materialismo. Vorrei perciò persuadermi, Ascoltatori, che presso di voi comparisse commendabile il contegno del Fat- tori, il quale ammodatamente avanza le proprie conghietture nel dar ragione di alquanti fenomeni intorno al sistema della Sensibilità. Ben egli custodiva geloso l'avvertimento di Pope, che il criterio dell' uomo possa smarrirsi così pel poco , che pel soveixhio pensare, e che (io) un Ipparco, per atto di e- sempio, saprà colla mente lanciarsi franco nel centro del glo- bo terrestre per misurare di là con una teorica, per la quale i secoli non deposero lo stupore , gli spazj del Firmamento ; ma che poi rimarrà per avventura confuso, ove, riducen- dosi alla contemplazione di se stesso, pongasi a descrivere un solo dei movimenti del principio pensante. Tenebre den- sissime ravvolgono il commercio di ciò che è semplice con ciò che è composto; e l'uomo, che cerchi d'innoltrarvisi per mezzo, ad ogni che riscontra una cifra misteriosa, la qua- le nel rimove, anzi nel ributta, e la quale gli fa compren- dere essere lui fralezza e non potenza , elFetto e non ca- gione. (io) Veggasi il Volume i. 5- aca. delle Notizie Astronomiche di Anto- nio Gagnoli dottamente arricchite di op- portunissime note dal eh. Dott. Giu- Totno XX. seppe Bianchi Prot. di Astronomia nel- la R. Università di Modena, Diretto- re del Reale Osservatorio, ed uno dei XL. della Società Italiana delle Scienze. 8 LViii Elogio Nel breve, ma sugoso trattato sui Nervi, che (ii) gio- vine il Fattori compose, quasi a preludio di opera maggiore, considerate com'egli consulti saviamente la certezza anato- mica delle parti all'uopo di sbandire il sistema del fluido ner- veo, perchè venga abbracciato quello dei solidi: Voi compren- dete con lui, che la sostanza midollare del cerebro allungasi in filamenti sottili , che alle regioni del corpo si diramano ; che sensibilissima è quella sostanza, sensibilissimi sono i fila- menti; e che questi protetti nel primo lor processo da mem- brane ne restano inseguito spogliati per vestirsi di tessuto cel- lulare, il quale or più denso or più raro accompagnali, secon- do che i filamenti medesimi abbiano più o meno di rischio da affrontare. Sono essi i Nervi, che mettono capo alle parti organiche e dei sensi e del moto. Bramate forse, che in ades- so ei vi dispieghi il fenomeno delle sensazioni , le quali si svegliano agli obbietti esterni ? Esso il farà, e in modo , che quanto avverasi in uno dei sensi voi possiate argomentarlo negli altri. Perocché invitandovi a porre qualche corpo posa- rifico sull' apice della lingua laddove si appunta la sostanza midollare , vi dirà che le papille ivi disseminate si modifica- no coir erigersi allo stimolo del corpo straniero mercè di un af- flusso maggiore di sangue sospinto da quelle ne' vasellini, che seguono il nervo. La rigidità della molecola situata all'estre- mo del nervo medesimo si comunica colla rattezza dell'elet- trico scotimento alla molecola vicina ; e questa irritata pro- paga lunghesso il filo nerveo la propria rigidità alle molecole successive sino a che perviene a modificare quell'una, che \iltima agisce sul generale sensorio. Ammollita che sia poi la rigidezza dopo lo stimolo, ogni molecola col ridonarsi al pri- (ii) Sulla natura de' Nervi Discor- so di Santo Fattori modenese letto in una Società d'amici. Non v'ha indi- cazione del luogo e del tempo, in cui fu stampato. In un esemplare, che mi fu dato , lessi di mano dell'Autore. = Pavia 1791. =■ LIX Del Prof. Santo Fattori mo riposo si capacita a rendersi affetta da nuova impressio- ne; avvicendamento di stato, il quale succede in tutta la se- rie delle molecole. Ma ciò che 1' oggetto esterno operi in ta- le ipotesi sulla fine del filamento nerveo, potrebbe la volon- tà per impero dell' anima operare sul principio del filamento medesimo? Vi risponderà che sì; poiché al cenno della vo- lontà irrigidendosi la prima molecola del nervo, e via via le altre, l'estrema che stassi aderente ad una fibra muscolare, agita quest' ultima in modo, che in un attimo si contrae: loc- chè dimostra il contrarsi eziandio di un muscolo intero allor- quando la volontà investa i priticipj di molti nervi , che a molte fibre diano incitamento. Io però trasvolo queste ed al- tre conghietture, per le quali il giovine osservatore credea di vedersi caduto ai piedi, quale edifizio ruinoso, il sistema de- gli spiriti animali, comechè sostenuto dal Vieussens , per re- carmi ad un argomento gravissimo , che aspettava il maturo acume del nostro Fisiologo, ed era la Generazione (la). Intorno a che non mi occorre d' investigare tra le ombre della favola quello che ne sentisse 1' antichità Fenicia , Egi- ziana o Greca sotto le allegorie dei simboli, coli' adombrare il principio produttore degli esseri nell' uovo misterioso della Notte, o di Osiride o di Orfeo; che a me basta il venerarvi, pili che su di altre operazioni della Natura, l' impronto visi- bile di un arcano, di cui serba l'imperscrutabile segreto quelT Amore, il quale dopo aver mosse le stelle e le altre bellezze dell' universo, mosse con alito vivificatore gli esseri a cresce- re e a moltiplicarsi. Spettacolo di grandezza e di meraviglia è lo scorgere trenta e più secoli occuparsi del mistero più sublime della Fisiologia, e tutti cercar pure di alzar qualche (i2) De' Feti, clie racchiudono Fe- ti, detti volgarmente gravidi. Opusco- lo Storico Fisiologico di Santo Fatto- ri. Pavia i8i5. II eh. Prof. Giovanni Bianchi ne iece un giudizioso estrat- to, che venne pubblicato nel Giornale di Medicina pratica del celebre Prof. Valeriane Luigi Brera per l'anno 1816. LX Elogio lembo del velo , che lo cuopre , ma tutti nella tema di non riuscirvi rimanersene perplessi e pensosi*, e solamente ciascu- no dei detti secoli produrre innanzi alcuni uomini straordina- rj, che a gradi diversi e ad intervalli più o meno sensibili si stanno discosti o prossimi^ quasi con religioso orrore, alla so- glia di un vero da tanta caligine ravvolto. Eccovi (i?) Tale- te colla umidità, Parmenide col calore ed il freddo contem- perati insieme; eccovi Pitagora coi numeri, Platone colle idee archetipe; e tra i moderni chi s'innoltra fornito di molecole organiche e di forze plastiche, sicccme il Buffon e lo Stahl , chi di animaletti fecondatori, siccome il Lewenoeckio, e i vi- venti Prévost e Dumas, o di elementi elettrici, di parti affini e attraentisi, fermentate , nutritive , secondo che idearono il Cartesio, il Maupertuis e il Needhamio, e chi di germi pree- sistenti e di embrioni acclusi 1' uno dentro all' altro , giusta r opinione del Bonnet ; ed eccovelì tutti affaticarsi colle ri- spettive teoriche a dispiegare non meno il corso consueto, che le aberrazioni e le mostruosità della Natura nel fenomeno del- la Generazione. Il Vallisneri però e lo Spallanzani calcando la via, che, presentita da Empedocle, sospettata da Teofrasto e da Aristotele, venne accertata collo scoprimento dallo Steno- ne, estesa coli' osservazione dal Graaf, distinta colle prove dal Redi, e piìx assai dal Malpighi, il Vallisneri, dico, e lo Spallan- zani (i4) primeggiano in guisa , e di tanto spazio si lasciano addietro i passati indagatori, che voi direste averli la Natura segregati per sé coli' ammettere essi soli entro il proprio sa- (i3) Veggasi la Storia della Gene- razione dell' uomo e degli animali di Antonio Vallisneri, e l'articolo Gene- razione nel Dizionario di Medicina compilato dai Signori Adelon, Béclard, Orfila , Pelletier, Rullier ec. impresso a Parigi. (14) Questi due grandi uomini eb- bero, non ha molto, per l'annua inau- gurazione degli Studj un ben degno tri- buto di lode dal eh. Sig. Giovanni Bri- gnoli de' BrunnhoffProfessore di Bo- tanica, che pronunziò l'elogio del Val- lisneri, e dal Sig. Giovanni Bianchi sopra menzionato , che recitò quello dello Spallanzani. Del Prof. Santo Fattori lxi erario, che agli altri, quasi fossero profani, severissima divie- tò. Dalle memorande esperienze di questi due Naturalisti dell' Italia si apprese il metodo verace d'interrogare la Naturale a quelle appunto tenea fiso lo sguardo il Fattori, quando gli piacque di scendere anch' esso in un' arena cosi gloriosa. Le osservazioni di lui non mancano di finitezza e di ele- ganza. Senza dipartirsi dalla ipotesi, che i germi ahbiano il loro nido nelle ovaje, ma nudrendo il dubbio, che tutte quan- te le parti del feto non esistano nei germi 3 trae in campo una sua teorica sulla formazione dei feti, la quale, a giudizio di lui, muove da fatti indubitati. Quello, che fermò soprat- tutto la sua attenzione, furono le arterie, le quali in frequen- ti casi si allungano e pressoché pullulano col dare origine a successive ramificazioni. Ei dedusse da ciò, che, quantunque a ciascheduno degli organi sia assegnato un officio particola- re, nulla ostante abbiavi un officio comune agli organi, e un siffatto officio deggia dirsi quello della Secrezione. E poiché i Fisiologi circoscriveano a confini più stretti il significato di questa voce, egli , a scansamento di equivoco , ne allargò il senso e 1' efficacia al di là di quanto universalmente s'inten- dea. Vuole quindi, che per una tal secrezione tengasi non me- no la separazion dei fluidi, die quella dei solidi, intanto che e 1' osso e la membrana e il muscolo e il nervo si facciano all' uopo organi secretorj di sostanze ossea, membranosa, mu- scolare e nervea. E stante che all'indicata finizione debbono presiedere dei vasi, e in modo peculiare gli arteriosi , perciò appunto si trattiene ad esporre le affezioni svariate dei vasi arteriosi, come quelle affezioni, le quali possono differenziare l'aspetto d'ogni secrezione. Per siffatte cose da lui speculate, che prendono vigore dalle esperienze a bello studio da esso tentate , non esita di attribuire all' attività delle arterie la formazione del feto, sendochè a lui pare, che le arterie dell' ovaja ne vadano delineando con tratti sfuggevoli l'abbozzo, e che le arterie del feto abbozzato ne lavorino il perfezionamen- to. L'occhio suo penetrante internasi negli obbietti più mi- LXii : ' Elogio riuti, perchè tutti importantissimi, e non lascia di fissarsi re- plicatamente sul calice, nido d'ogni ovicino, e sul pedunco- lo, che talora sostiene il calice; anzi misura il volume di que- sto, ne rileva la forma, ne segue i vasi sanguigni, che a fog- gia di sottilissima reticella si spandono per la sostanza del calice medesimo, e tiene dietro ai pennelli, i quali partendo dai tronchi principali dell'organo semhra che diviatamente si portino a ordire l'uovo dentro ad ognuno dei calici. Eguale oculatezza lo accompagna nella disamina delle arterie, le qua- li o somministrano gl'involucri al Feto ^ o ne fabbricano il tessuto delicatissimo, e gli vien fatto di vedere essere cosi le une che le altre operatrici perenni di secrezione fluida e so- lida, onde poi altre diramazioni serpeggiano, e in certa guisa rampollano, che pur altre via via ne vanno ingenerando. Lunga cosa sarebbe. Ascoltatori, che io vi riferissi le av- vertenze, le quali ci suggerisce sulle prenotate azioni secre- torie. Mi basterà l' annunziarvele tali, che^ a sentenza di pro- fondi Scienziati, la fisiologia può andarne altiera. E preziosi estimansi del pari i pensieri di lui sulla condizione delle ar- terie dell' ovaja, sull'aura vitale, che urta, apre e mette in atto la facoltà produttrice inerente ai vasi, e sulla indole va- ria della facoltà medesima, la quale non dubita di chiamar portentosa. Pregio dell'opera è bensì, che io v'indichi il se- gno, a cui tende nell'applicazione della teorica, ed è quello di esplicare il fenomeno dei Mostri e dei Feti appellati vol- garmente gravidi. Certe distinzioni, che sommi uomini introdussero nelle co- se, chiudono per suo avviso, maggior senno di quello che si pensi; avvegnaché risultino da scorto criterio , il quale non tanto si acqueta alle somiglianze , che gli esseri abbiano fra di loro, quanto alle differenze che passino fra gli esseri stes- si, e che per solito s'involano all' occhio di un osservatore leggiero. Il nostro fisiologo richiamò quindi la distinzione, che l'immortale Haller fece dei Mostri in genere col partirli in accidentali e primigenj , e col sottoporre alla prima classe Del Prof. Santo Fattori lxiii i Feti semplici, scerni però di qualche membro, e alla classe seconda i Feti composti, o vadano questi congiunti, o siano sopraccarichi di membri non proprj. Le particolarità anato- miche riscontrate da alcuni Settori insigni, tra' quali il Pro- kaska e il Malacarne, nei Mostri composti, pongono in chia- ro, giusta il sentimtinto del Fattori , incominciarsi la preter- naturale concatenazion delle parti in sul primo ordito dell'em- brione; il che lo conduce ad inferire, che l'insieme di quell' assembramento di parti mostruose appartenga in origine ad un solo uovo; e che in maniera non dissimile avvenir possa la formazione dei Feti annidatisi entro a' P'eti. Solamente ei ravvisa per impropria , e meritevole di es- sere sbandeggiata dalle scuole la denominazione di Feti gra- vidi. E veramente il credere che il Feto contenuto sia figli- uolo del contenente, oltre ad essere una dottrina smentita dal fatto , il quale ci appresenta dei Mostri di feti maschi nati gravidi, non regge a veruna prova, di sorte che i tentativi e le ipotesi all'uopo fantasticate menano all'assurdo od all'in- concepibile. A lui sembra, che una probabilità maggiore con- forti l'opinione 3 che il Feto continente sia fratello del con- tenuto. Infatti il nascere de' gemelli, cosa che non passò inos- servata dal Bartolino, talora implicati all'esterno, talora all'in- terno, o con visceri comuni , si direbbe , che le desse argo- mento di certezza. Comunque sia^ l'ordine della Natura venne perturbato nella primigenia costituzione dei Mostri. Ma le cause, le qua- li cospirarono a tanto scompiglio, sono elleno riconoscibili? Si fanno elleno meno astruse col tenere, che l'embrione, an- zi il germe esista perfetto prima del concepimento ? Gravi so- no le domande, e gravi risposte richieggono. Ritorna il Fat- tori alle proprie osservazioni, mercè le quali si convinse non essere l'embrione foggiato per intero nel suo nido naturale; tanto più, che il Feto, il quale include, non può, secondo lui, apparire se non se causa generante di parte a quello vi- cina, siccome è il Feto incluso. E qui vinca un istante l'amor Lxiv Elogio vostro per lui, Ascoltatori, se pregovi di nuovo a seguirlo in altre ricerche anatomiche, le quali vi diano lo scioglimento di un tema ribelle fino allora al cimento de' fisiologi. In grazia del suo sistema Secretorio, per cui previde con bel lampo d' ingegno la Virtù rigermogliante, e come dicono riproduttiva colle succedentisi formazioni atte ad organare per via analoga le tìsiche potenze degli esseri, vi spiegherà il co- me un semplice calice nell' ovaja addivenga il recettacolo di un germe composto quasi nel modo , onde ci viene veduto alcune fiate nelle ovaje de' volatili un doppio uovo pendere da un calice unico. Muove la singolarità del caso da quei pennelli, cui descrisse più sopra, 1' officio de' quali è di fab- bricare entro de' calici 1' ordimento delle uova. Se i pennel- li in copia, e quindi confusa e alterata, si dirigano verso di un solo calice, forse avverrà ^ che in luogo d'irretirlo lieve- mente, giusta il convenevole, riescano piuttosto a compri- merlo, e a soffocarlo. Ognuno si avvede, che moltiplicandosi in allora i pennelli a cagione dei rametti ^ cui gittano, essi verran travagliando in maggior numero che non occorra tes- suti arteriosi e venosi, i quali nel lor reciproco aggrovigliarsi affolterannosi, dirò così, e si tramniischieranno. Eppure deb- bono cotali tessuti di arterie e di vene figliare , quando che sia^ i rudimenti del Feto. Ora quali mai diverranno cotesti rudimenti, ove misti e sconvolti siano que' tessuti, donde at- tendono il principio e la struttura ? La formazione dei rudi- menti del Feto non potrà sortire un effetto, il quale dissen- ta dalla causa; e perciò essendo mostruosi i tessuti, mostruo- sa tornerà eziandio la formazione dei rudimenti, e sino al se- gno, che in quel labirinto Un feto arrivi a rendersi qualche volta ospite incomodo di altro feto. Non mi è ignoto , che il Prokaska si attenne a diverse teoriche nello scrutinare il modo, col quale si generano i feti creduti gravidi. Ma lasciando, siccome è di ragione, ai Fisio- logi il diritto di proferire sentenza intorno al merito di quel Notomista celeberrimo , io mi fo lecito di chiedere ai Fisio- Del Pkof. Santo Fattori lxv logi stessi, se le opinioni del Prokaska {iq){*), le quali non sortono in ciò dalla linea delle conghietture, abbiano a pre- valere a fatti scorti con esame scrupoloso , a sperimenti rei- terati, e ad illazioni, quanto spontanee, altrettanto circospet- te. Pel medesimo principio il Fattori non curò il tentativo dell' Housset, che ricorse alla superfetazione a scoprire il per- chè rinvengasi un uovo munito di guscio entro ad altro uo- vo; e piuttosto si trattenne su quello, che ne disse il Vallis- ueri ; e fu gloria per lui il trovare di che aggiugnere a ciò , che un tanto uomo asseriva sopra un soggetto, il quale, seb- ben vulgare, svegliò lo stupore nell' Harveo e nel Ruischio , pretese lunghe esperienze dal Reaumur, e minute osservazio- ni dal Vicq d'Azir e dal vivente Geoffroy-Saiut-Hilaire dilu- cidatore finissimo delle Mostruosità. Queste e simili altre investigazioni e controversie forma- no la sostanza e 1' ornamento del celebre Trattato sui Feti detti gravidi. Le storie , che sul fenomeno ei raccolse dagli antichi e dai moderni, così nelle varie sorta dei bruti e degl' insetti, come nella specie umana, il manifestano ampiamente ottimo Filosofo , che segrega 1' autentico dal supposto , e a niuna conseguenza diviene, quando questa non iscaturisca da giuste premesse e da fatti incontrastabili. Le Tavole annesse al Trattato mettono innanzi con evidenza la rarità del Feto da lui posseduto e con solerzia notomizzato: ed io non le ri- corderei se noi facessi per mostrarvi come la squisitezza del gusto lo avesse portato ad erudire l' occhio e la mano sui lavori immortali dell" Hunter. Breve e insieme distinto appa- risce il suo stile , schivo d' ogni lusso nel concetto e nella frase, arguto alle volte, grave per lo più e severo. Tutte le quali prerogative godo che venissero , non ha guari , confer- mate dall' Himly Professore nella Università di Gottinga in una sua Storia accuratissima del Feto nel Feto pubblicata in Annover; poiché afferma nella Prefazione, che quantunque lo (*) Questa nota alquanto estesa trovasi infine del presente elogio. Tomo XX. 9 Lxvi Elogio ■ ' Schurigio, il Prokaska, Federico Meckel , Capadose, Lacliese ed Ollivier abbiano fatte osservazioni più o meno ingegnose sul fenomeno, il Fattori però si è quegli, che vi applicò con singolare diligenza, critica e perspicacia; e nel testo dell'o- pera, laddove fra i tanti pareri altrui riferisce il proprio, ri- pete con bel candore gli stessi encomj. Così adoperava, o Ascoltatori, il Notomista e Fisiologo Modenese: così benemerito si rendeva della gloria italiana. Quella ragunanza di Sapienti, di che Milano illustravasi , ora Cesareo Instituto , lo ascrisse tra' suoi membri ; e Pavia nu- driva lusinga di possederlo per lungo tempo , quando ad un subito rivolfrersi della rota delia Fortuna a crollar venne l'im- perial mole, che il terribil Guerriero d'Ajaccio avea sulla quasi vinta Europa innalzata. Sulle gelate sponde del Boristene, e sui campi dell'Elba il Genio Estense adorando la mano di Provvi- denza, la quale attraverso di successi cosi strepitosi accennavagli vicino il di lui risorgimento , grato ricevette il preludio del suo trionfale ritorno in quell'Ausonia, che memorie cotanto chiare e antiche serbava e serberà di lui e per gesta magna- nime, e per indomito valore e per patrocinio alle Scienze ed alle Arti in ogni opportunità e per ogni dove eccelso e mu- nincentissiino. Alle care speranze accrebbe il cuor del Fatto- ri i voti pili ferventi, i quali certo non tardarono, oltre all' ardor delle brame, ad avverarsi. Il perchè non valse, che la Reggenza Cesarea del Regno Lombardo si affrettasse con pri- vilegio grazioso a ritenerselo, e a lui significasse e di onora- re con ciò il merito eminente, e di conservare a sé uno Scien- ziato, che tanto lustro apportava allo Studio Ticinese. Vinse in lui la carità della Patria, vinse 1' affetto di suddito; e voi lo vedete accogliere l' invito del naturai suo Principe, e, ri- cevutosi fra noi, rassegnare umile a pie del Trono 1' offerta delle sue cure e de' suoi talenti. Se trista del partir suo rimase Pavia, la nostra città nel ricuperarlo rinvenne di che aumentare la propria letizia. Pe- rocché, deposte le provinciali divise, ella esultava, che il ti- Del Prof. Santo Fattori lxvii tolo se le restituisse di città dominante di fioritissimi Stati; esultava, che lo splendore del soglio ne irradiasse la vedova Reggia, e più largaraeute esultava, che su di quello tra i lau- ri della Vittoria e gli ulivi della pace si assidesse 1' erede e il vindice dell' Azziaca virtìi, l'augusto Francesco IV. pel cui fausto auspicio ripristinavasi il di lei Archiginnasio, al quale i nomi del Fattori, del Ruffini, di Filippo Re, e di altri Ca- pi illustri (i5) ancor viventi ridonar doveano la passata ce- lebrità. E questo sperimentò subito i liutti di sua sapienza e nella compilazione del Regolamento disciplinare e nell'am- pliata suppellettile del Museo Anatomico sì per le parti sane, che per le morbose dell' uman corpo , e nel dottrinamento cattedratico, onde le speranze del Principe e dello Stato ne- gli alunni con vigilanza e alacrità confortava. Intanto lo splendido Ordine dei Padri di nostra città, ap- prezzatore delle esimie prerogative, con atto solenne il nove- rava fra coloro, che vengono dal merito nobilitati ; e <|uesta patria Accademia lo pregiava siccome uno de' più prestanti (i5) Uno di questi venne a manca- re nel Maggio dell'anno corrente nella persona del eli. Ab. Giambattista To- maselli di Modena, già Presidente del- la Facoltà Fisico-Matematica , e Pro- fessore emerito di Fisica sperimentale, nella qual cattedra egli era successo sin dall' anno i8oo. al rinomato Cav. Venturi, di cui si fu uno dei più di- stinti allievi. Restò surrogato nella Presidenza della Facoltà dal eh. Sig. Tramontini Giuseppe, ornato di finis- simo gusto nelle lettere e nelle arti belle , Professore di Architettura Di- dascalica teorica nella R. Università , ed uno dei XL. della Società Italia- naj e nella Cattedra e nella Direzio- ne del Gabinetto Fisico, ch'ebbe prin- cipio nel 1773. dopo il P. Domenico Troili della Compagnia di Gesù , dal P. Mariano Moreni dell' Ordine de' Minimi, miglioramento dal Venturi, e ampliazione da lui , da parecchi anni fu sostituito dal celebre Scienziato Ab. Prof. Liberato Baccelli, pur esso uno de' XL. e indefesso a procacciare con in- teressanti osservazioni , ed esperienze sue proprie (e coll'opera dell'egregio Meccanico Sig. Bertacchi Geminiano succeduto a tre Macchinisti Cappuc- cini, tra' quali va distinto Frate Ago- stino Arleri ) lustro ulteriore e alla Scuola e al Gabinetto, che, per mu- nificenza dell' ottimo Principe ora può riguardarsi come uno de' meglio cor- redati d'Italia. Lxviu ■' Elogio collaboratori ; mentre la Società Sebezia di Napoli intenta ad accelerare il progresso delle utili verità ad assenso unanime dichiaravalo Socio corrispondente per la classe delle Scienze naturali, e pari onore gli conferiva quel collegamento di Dot- ti^ che colà s'intitola dal nome del Fontano. La testimonian- za però più preziosa alla sua virtù gli venia dalla Italica So- cietà delle Scienze, che sei volle a Segretario e ad uno de' proprii Sapienti. Il percorrere i Fasti che stanno l'egistrati nei volumi di quella, non potea non accendere di trasporto vi- vissimo la sua mente; essendoché vi scorgeva adunati i teso- ri della Naturale Filosofia, e quanto descriva l'evidenza geo- metrica, congegni la meccanica industria , assuggetti a prova la fisica ragione, e quanto misuri l'ardimento astronomico, e di spazio travalichi l'Analisi calcolatrice; quanto insomma nipoti non degeneri con generosa cospii'azione di forze inda- garono, e con bel dono aggiunsero al patrimonio del sapere , perchè questa Italia non abbia a dirsi soltanto la terra delle classiche rimembranze, secondo che lo straniero ci rinfaccia, quando riceva da' figli suoi nuove palme, non meno delle vetuste^ elette e preclare. E voi vi aspettate , Uditori , che io vel mostri apparec- chiato a decorare l'^Italiana Società di qualche egregio lavo- ro, o ne tragga egli il soggetto dalla Scienza Anatomica, ov- vero disegni, e il prometteva nel Trattato dei Feti, di esten- dere i suoi pensamenti sugli arcani della Generazione ; ma r acerba condizion dell' uomo solita a tramutar d'improvviso la speranza nel lutto, e sulla fronte del dotto l'edera vivace nel ferale cipresso , ah ! sì la condizione acerba dell' uomo a me lo vieta , e qui mi sforza a rappresentarvi il non atteso spettacolo dell' immatura sua morte. Il giorno vigesimo nono di Luglio dell'anno diciannovesimo del nostro secolo annun- ziò che di Santo Fattori spirato nell' amplesso del Dio di pace (i6) non riinanea fuorché una fragile spoglia argomento (.16) Il Fattori morì di consunzion polmonare per replicata emottisi- Nel primo Del Prof. Santo Fattori lxix di affanno (17) ad una sposa adorata e ad una figlia virtuo- sa, di mestizia ai congiunti, agli amici, e ui rammarico ai buoni. A me non avvien mai di arrestare il passo innanzi all' urna, che quel cenere chiude, e lo sguardo alle note, che ne lamentano la perdita, note le quali il (18) Ferruzzi dettò, e in- cider fece il pietoso cuore di chi per dottrina e bontà fu de- gno di succedere al trapassato amico nell'anatomico insegna- mento, che tutto non mi senta commuovere. Laonde ricor- rendovi adesso col pensiero parmi che in parte io disacerbi la rimembranza amara di sua partita così parlando alla stu- diosa Oioventù, e a quella specialmente che dietro la fidata degli assalti del morbo non si tosto ei rinvenne dall' abbattimento , che con labbro tremante, rivolto al fonte supremo d'ogni bontà, dettò il seguente sonetto, che gli piacque intitolare = Il Potere della Grazia divina in pericolo di morte = Fece pietoso Iddio sanguigno rivo Per le fauci sgorgar dall' imo petto j E come giacqui immoto, e semivivo Squarciò la benda al torbido intelletto. Air improvvisa grazia, al lume vivo, • ' Onde tutto per me cangiò d' aspetto. Pura Fé, certa Speme, Amor perfetto Circondaron lo spirto fuggitivo. Ei non parti: ma al ciel spinse un pensiero, Che immemore di quanto il mondo serra. In Dio posossi, né di là si parte. S'erge cosi lo spirto al sommo Vero, Disdegna questo carcere, e gran parte Sembra goder di Paradiso in terra. (17) La meritissima N. D. Signora Barbara Fattori ora Consorte del N. U. Si- gnor Gaetano Rovighi Guardia Nobile d' Onore di S. A. R. (18) Veggasi il Saggio d'Iscrizioni pubblicato dal cb. Ferruzzi col titolo rzMi- chaelis Ferrucci Specimen Inscriptionum ec Pisauri i8a6. r:dove si legge l'Iscrizione pel Fattori, la quale venne poi riprodotta da Monsignor Giuseppe Baraldi. di sempre acerba e onorata memoria, nel Tomo XI. pag. 38^. delle Memorie di Religione, di Morale e di Letteratura; ed è la seguente colla correzione dell'anno della morte del Fattori, accaduta non nel i8a3. ma nel 1819. Lxx 1, Elogio I scorta di Professori {19) per fama celebratissimi viene ini- ziata nei misteri d' Epidauro. Se l'aspetto di una tomba, da cui già l'Invidia ritira il suo strale rispettando le insegne di morte, sacra cosa appare ad ogni anima ancorché barbara e straniera, per titoli ben maggiori sacra cosa a te sia 1' aspetto di una tomba, che di H . S . E SANCTES . FATTORIVS . MEDICVS - • NOBILITATE . MVTINENSI . OB . MERITA . DONATVS EX . COLLEGIO . XXXX . SOPHORVM . AB . ACTIS . EIVSDEM SODALIS . BENEFICIARIVS . INSTITVTI . ITALICI QVEM . ANATOMES . DOCTOREM . EXIMIVM ARCHIGYMNASIO . TICINENSI . AEGRE . CONCESSVM LIBENS . PATRIA . RECEPIT LITTERARVM . QVOQVE . STVDIIS . FLORENTEM EDITA . OPERA . INSIGNEM . REDDIDERVNT FECIT . ALFONSVS . BIGNARDIVS . MED. DOCTOR . ARCHIGYMNASII . ATEST. AMICO . ET . DECESSORI . CLARISSIMO VITA . DEFVNCTO . IIII . KAL . AVG . A . M . DCGG . XIX. QVVM . ESSET . ANNOR . h. M. vHT. DIER . XVT. Non può commendarsi abbastanza, come il gentile e affettuoso animo del dot- tissimo Prof. Alfonso Bignardi altrove ricordato , cosi lo zelo e la cura di lui nel conservare e promuovere 1' ampliazione del Gabinetto delle preparazioni anatomiche, Gabinetto, che venne già ristabilito dal Fattori dopo l'esimio Prof. Michele Araldi' Il Teatro anatomico fu costrutto sotto la direzione dell'immortale Scarpa, ed ebbe luogo il solenne suo aprimento nel 1776. (19) Della Facoltà Medica è Presidente attuale il eh. Dott. BaraniBartolommeo, uno dei XL. della Società Italiana, Presidente benemerito ancora del Gabinetto di Sto- ria naturale, die dopo i primordi avuti dalla grata memoria del Vescovo Stefano Fo- gliani, e 1' ampio incremento di mineralogia ottenuto dall'animo generoso di S. A. R. l'Arciduca Massimiliano d'Este, coltivatore profondo e instancabile delle Scienze, delle quali è Mecenate splendidissimo, ora per larghezza dell'inclito Sovrano sorge dovizioso in vasto ed elegante locale della R. Università ; ed insigne Professore di Chimica ed Istituzioni Farmaceutiche, nel quale insegnamento sottentrò al eh. Prof. Giuseppe Savani, come questi al celebre Roberto de Laugier primo autore nel 1778. del Laboratorio Chimico continuato dal Savani, e poi ristaurato con somma diligen- Del Prof. Santo Fattori lxxi loro presenza la Pieligione e la Patria fanno venerabile e ca- ra. Ma prima che tu a quella ti accosti, prima che sopra tu vi deponga con affetto amoroso le ghirlande della letteraria apoteosi, renditi meritevole dell'alto officio. Apprendi quale sia la dignità della Scienza^ a cui ti donasti^ e conoscerai qua- le sia la dignità, che un giorno si aspetta da te. La tua za e premura da lui, qualora special- mente sotto i benefici auspicj di Fran- cesco IV. venne il Laboratorio colla scuola di Chimica trasferito dal luogo ove risedeva una volta 1' Ospizio de' Pellegrini, nel Fabbricato dell'Univer- sità , e ridotto a forma più decorosa. Nella detta Facoltà Medica un senti- mento di giusta stima vietami, che io taccia dei due Sigg. Dottori Emiliani Luigi di Bologna^ e Goldoni Antonio di Modena, l'uno Professore di Clini- ca Medica, e Medicina Pratica, e l'al- tro di Materia Medica nella nostra Università, i quali hanno chiariti va- rj punti ardui ed importanti dell'arte salutare cosi nella parte teorica , che nella pratica con bellissimi Trattati. Rispetto al Prof. Emiliani sono a te- nersi per tali l'Analisi delle proposi- zioni fondamentali della teoria me- dica di Brown, lavoro eh' ei pubblicò per consiglio dell' esimio Prof. Uttini di Bologna suo maestro, dove combat- tè vigorosamente pel primo la falsa dottrina Browniana sulla debolezza in- diretta, e dove parlò della Riproduci- bilità della nostra macchina, proprie- tà in appresso illustrata dal Prof. Me- dici Fisiologo di Bologna ; tre Disser- tazioni , P una risguardante la storia di un tifo petecchiale, 1' altra le na- turali e indeclinabili progressioni od aumenti delle malattie, la terza la Storia medica di un caso raro d'idro- fobia, nelle quali Dissertazioni Egli fin d' allora si occupò a far conoscere, come essendo carattere esclusivo de' mali infiammatori il crescere, malgra- do di una cura rettissima, era questo un mezzo di segregare dal novero del- le flemmassie tutti quei mali , in cui 1' enunciato carattere non si scorgeva, venendo così a limitare d'assai la quan- tità dei morbi, che veramente appar- tengono all' infiammazione, contro a quanto sosteneasi dai troppo caldi se- guaci delle moderne dottrine , oltre l'impegno, che in quelle Dissertazioni manifesta, e che sempre ha manife- stato di spargere lumi sulla malattie contagiose e sulle epidemie in genere; i Risultaraenti della Vaccinazione; la Dissertazione coronata di premio dal- la Società Italiana delle Scienze sul tema proposto dalla stessa Società con programma 22. Luglio i8ai., il Com- mentario della Flogosi , le Ricerche a stabilire le migliori indicazioni, e il più sicuro metodo curativo delle ma- lattie infiammatorie , delle quali Ri- cerche si sta ora formando in Modena Lxxu .' . 1 .1 Elogio /Scienza cimenta l'uomo con tutte le forze, e quanto è sei conquide (ao). Ella, degnata del proprio suo seggio dalla Sto- ria Naturale, messa a parte di sue leggi motrici dalla Fisica, fornita di metodo dalla Filosofia , di esattezza dalle Matema- tiche, di sensibile anima dalla Morale, di espressivo carattere dall'eloquenza e dalle Arti, di erudizion dalle lingue, vien tratta per mano dell'Anatome entro i recessi dell'uman corpo, divide i trionfi della Fisiologia^ e arbitra divenuta delle affezioni pa- tologiche, degl' indizj semiotici, delle cure terapeutiche , del governo d' Igiene, non meno che dei rimed] della medica ma- teria, depurati dalla Chimica, allestiti dalla Farmacia, accre- sciuti dalla Botanica ed offerti dalla Clinica, ella si appalesa la Confidente primaria della Natura e la sovrana Ministra del- la salute. Ben vedi niun' altra umana scienza per 1' accordo armonico di relazioni sì ampie portare scolpiti sulla fronte al jiari di lei gli eterni principi! dell' ordine. Per la qual cosa ove tu dalla economia della macchina umana trapassi a quel- la del sociale convitto, e dal centro, che muove tutte le par- ti di essa macchina, ti rivolga al centro Motore dell'univer- so, sublimare potrai la tua contemplazione sino al Trono del- la Divinità per prestarle un razionabile ossequio, fermarla su- gli augusti Rappresentanti di questa per compartir loro un sincero omaggio , arrestarla su di te stessa per comprendere i tuoi doveri. Tal luce di verità sfolgorò chiara e purissima dai tipi del Sig. Vincenzi una secon- da Edizione; le osservazioni sulla na- tura, e sul metodo preservativo della Rabbia, e le Osservazioni sul Cholera morbus, e sulle Epidemie in genere. Quanto al Sig. Goldoni è somma- mente a pregiarsi il Trattato della In- fiammazione, nel quale con molta acu- tezza d' ingegno, e vigorìa di razioci- nio si studia d'investigare gli elemen- ti generanti la Piegosi, e ne li scuopre ne' due principi morbosi , dinamico, e idraulico , eh' esso con adatta pro- prietà chiama fattori della Flogosi, e dietro ai quali svolge egregiamente il carattere delle malattie infiammatorie, (ao) Vedi Cabanis Revolutions et Réforme de la Médecine Chap. IV. Paris 1804. Del Prof. Santo Fattori lxxiii nei Berengarii, nei Falloppj, Jiel Magati, nei Torti e nei Ra- mazzinij e bella rifulse in colai, presso ai Mani del quale or tu devota ti accogli. Egli serbò intatto il deposito della me- dica Sapienza, e a serbarlo intatto contaminar noi volle con strane ipotesi, e con sistemi audaci, né oscurarlo con massi- me istigatrici di novità perigliose. Che anzi intrepido si levò contro il secolo incredulo e turbolento, e con Socratica iro- nia, e talvolta con aculeo Samosatense (2,1) in periodica pa- (Ji) Si allude ai due Giornali, ch'ebbero gran voga negli anni 1797. i'9^' e 1800, intitolati r uno ^=: Memorie di Morale, Politica e Letteratura = e l'altro r=: il Vaglio critico. =: Nelln loro compilazione diedesi a collega del Fattori il eh. Ab. Giovanni Moreali, Professore di Eloquenza e di Storia, prima nel Liceo, e po- scia nella nostra Università, e che cessò di vivere nell'Agosto dell'anno 1822. Alla memoria di lui, che mi fu amorevole maestro, mi è dolce cosa il qui soggiungere i teneri versi, e la nota, che gli accompagna, di un altro già suo discepolo = Vedi, mio cor, quel Sasso? Andiamvi: ei chiede Qualche pietosa stilla. Ivi riposa Quei, che all' incerte mie pupille apria I Delfici recessi: 0 Giovinetti, Mi suona ancor sua voce, o Giovinetti, Se periglioso ardir voi sprona, e incita La più bella a seguir fra 1' arti belle. Fuggite infidi esempi, e non v' abbagli Foga di vani suoni, e di parole Romoreggianti, e d' involuti sensi ! Nati in classica Terra, ah non vi prenda Di barbarici voli incauta voglia! Italia, o madre di scienze ed arti, Madre de' grandi ingegni, e prediletta Terra dal Cielo, i figli tuoi richiama Alle fonti latine. Oh qual gì' invade Di Celtica, e Teutonica maniera Folle desio ! Non ebber qui la cuna Quelle unich' alme, che ne' duri tempi Di rugginosi secoli, squarciare D'Ignoranza la benda, e all'Orbe intero Rediviva mostrar l'idea del Bello? Tomo XX. jo Lxxiv Elogio gina il punse j il corresse, o alnien condaniioUo al disprezzo dei posteri. Ora t'imioltraj o eletta Gioventù, e al culto Let- terato, all'Anatomico e Fisiologo insigne e al Suddito religio- so e leale tributa il promesso officio. Ripiena tu dell' entu- siasmo;, che t' inspira la sua virtù, senti la fiamma dell'emu- lazione e il desiderio di segnalarti: t'appressa a quella tom- ba , la spargi di una lagrima pia^ interrogane il silenzio ; e certo più della debil mia voce troverai eloquente il silenzio di quella tomba. Qual v' ha Città, qual villa, o tetto umile Dall' Alpe Rezia insino al Mar Sicano, Che del nome d' un Grande non s'onori? O Italia, i tuoi tesor s"i poco «stimi. Che il Gallo astuto te gii usurpa, e intanto Al fango aneli di Parigi, e credi Che oro portino ognor 1' acque di Senna ! Tal parlava Egli, e dal facondo labbro I Muta pendea la Gioventù, che in petto Calde volgeva di valor faville. II Prof. Giovanni Moreali levò di sé buona fama, si in qualità di Poeta, quale lo provano non poche Odi , e più di quelle , alcuni Sermoni sparsi di Venosino sa- le, e di Attico lepore, quanto in quella di Prosatore , quale ce lo offre principal- mente, fra le altre opere sue, il vivace Elogio del divino Correggio. Ottimo poi fu nell'arte, che a tutti non è concessa, di scuotere le menti de' Giovanetti, ed ani- marli nell' ardua carriera delle Lettere. Dal Carme del N. U. Dott. Cesare Galvani, Guardia Nobile d'Onore di S. A. R. ec. alla memoria degl' illustri Modenesi mancati alla patria nell'anno 1822. Modena iSaS. Del Prof. Saìstto Fattori lxxv (') L' amicizia del eli. Sig. Prof. Gio. Bianchi mi fu cortese all' uopo di parec* olii squarci da lui tradotti dal tedesco della Memoria del Prokaska anteriore di un anno alla pubblicazione dell'Opuscolo del Fattori, i quali mi pregio di trasportar qui per intero. (( Nel Fascicolo IV. Voi. a. degli Annali Medici Austriaci. — Vienna 1814. do- ve trovasi una Memoria del Prof. Prokaska sul Feto gravido, l'Autore di tale Me- moria dopo di avere esposti diversi fatti in proposito a darne una Teorica, così con- tinua a pag. 91. e seg. ; Se il Fenomeno singolare di Feti nati gravidi, in ambe- due i sessi, sembra vie più oscurare le idee da noi avutesi finora intorno alla Ge- nerazione dell'uomo, merita tanto di più la fatica d'indagare le cause di tale fe- nomeno, e di rintracciare la legge naturale della Generazione in questo medesimo deviamento. Dalle ricerche de' Moderni intorno alla Elettricità noi siamo stati in- formati sopra una legge di natura, che domina incessantemente nei corpi e tra i corpi, giusta il grado e la diversità di loro eterogeneità, ed è una forza divisa in due, la quale nel continuo di lei sforzo alla riunione ci rappresenta la natura in una infinita varietà di prodotti. Secondo questa legge generale sono richiesti anche per la generazione di un nuovo individuo di qualunque specie animale o vegetabi- le due materie diverse, vale a dire, l'una materia, che dal maschio è fornita, l'al- tra, che, in contrapposto alla prima, è somministrata dalla femmina; e ciò tanto nel caso che i sessi siano diversi in due differenti individui, come alloraquando siano i sessi visibilmente od invisibilmente uniti in un solo. Nel collegamento di quelle materie, differenti a tener del sesso, insorge l'influenza del calore, della umidità e dell' aria, e, secondo le leggi Galvaniche, un processo vitale propri» modificato, me- diante il quale si forma un novello individuo di uguale spezie , di uguale fabbrica e di uguali particolarità. Se il novello individuo devia nella formazione da' suoi ge- nitori, non degenera però del tutto in un' altra specie; che anzi mantiene , malgra- do qualsiasi abnormità, il carattere proprio della specie, come eziandio le Produzio- ni mostruose sopraddescritte lo hanno conservato. La formazione abnorme del nuovo individuo dipende in parte da una mischiatura viziata delle materie generative di ambidue i sessi, e in parte dalla inflnenza pur viziata delle potenze o cose esterio- ri necessarie al mantenimento del processo vitale. Non è quindi neppur verosimile, che quelle produzioni mostruose fossero dapprincipio un feto ben formato, e che poi soltanto per effetto di nocevole influenza venissero inguisa deformate e sconvolte , che molte parti si trovassero annichilite, ed altre parti fossero sfigurate e gettate fra loro alla rinfusa; ma piuttosto è supponibile, che queste produzioni abbiano avuto fin dalla loro origine la disposizione o la tendenza a siffatta forraazion viziosa , la quale poi è divenuta maggiore sotto 1' impero delle viziate esterne influenze. Le ca- gioni di uno sconcerto si violento di un feto ben formato dovrebbero anche irrepa- rabilmente annientarne la vita; poiché non solo verrebbe impedito al feto l'ulteriore incremento, ma tutto quanto il feto verrebbe a distruggersi colla putrefazione, come Lxxvi Elogio reggiamo nei bambini, i quali, dove siano morti, e siano trattenuti più a lungo nel corpo della madre, sciolgonsi per putrefazioue fino alle ossa in una marcia fetente. Che la formazione tanto normale quanto abnorme del Feto possa ricevere le richie- ste influenze non solamente nell'utero, ma ben anche in altre parti del corpo ^ ce lo dimostra la concezione fuori dell' utero, la quale ha luogo qualche volta nelle Tube falloppiane, altra volta nelle ovajej e talora persino in altro luogo della ca- vità abdominale; atteso che è noto dietro a frequenti esperienze, che in tutti questi luoghi sviluppansi de' Feti tanto ben formati che mostruosi, e possono arrivare alla loro ordinaria grandezza ; benché però a motivo della impossibilità di un parto ordi- nario, periscano insieme alla madre, quando la natura della madre non sia cosi fe- lice da liberarsi de' putridi avanzi del morto bambino mediante un ascesso al basso ventre, ovvero negli intestini, e quindi col mezzo dell' ano. Che anche i Feti umani nascosti n«i tre maschj e nelle due femmine siansi prodotti dal mescuglio delle materie generative de' loro comuni genitori, ciò non va soggetto a dubbio; perchè non può aver luogo la formazione delle materie generati- ve fecondanti in un corpo tenero ed immaturo, e perchè dal concorso del solo ma- schio oppure da quello della sola femmina nessun feto umano può prodursi, e quin- di si richiede la cooperazione d' ambedue. Da questa osservazione noi rileviamo eziandio, che le mescolate materie generative d' ambedue i Genitori possono svol- gersi in un feto umano come nel corpo maschile cosi nel corpo femmineo, stante- che le altre influenze del calore, degli umori e dell'aria, necessarie allo sviluppa- niento del Feto, le può fornire tanto il corpo del maschio quanto il corpo della fem- mina, siccome pel germoglio di un seme vegetabile è indifferente il suolo , sia que- sto di terra, di sabbia, di zolfo polverizzato, di Lmatura di piombo, o di un altro corpo insolubile nell' acqua, purché non manclii di calore, di acqua e di aria. Il più difficile però potrebbe essere il determinare, come le mischiate materie generative^ ossia il Germe pel secondo Feto, abbiano potuto aprirsi il varco nel pri- mo. I Genitori hanno eglino somministrati i germi per ambedue i Feti nello stesso atto del loro congresso, cosi che 1' uno in qualche modo sia penetrato nell'altro, ed in esso siasi rinchiuso, come talora incontrasi un picciol limone imprigionato dentro un più grande? Oppure sopravvenne il Germe pel secondo Feto soltanto in segui- to, e s' introdusse nel primo Feto già formato ? Nel primo caso dovrebbe dimo- strarsi il come ed il perchè lo sviluppo del Feto interno resti sospeso per un certo tempo, e solo dopo la nascita del Feto esterno si metta in piena attività. La causa di ciò potrebbe rinvenirsi nella mancanza dell' ossigeno. Egli è noto, che l'aria at- mosferica è necessaria al mantenimento del processo vitale, siccome pure del pro- cesso Galvanico nella Colonna Voltaica, principalmente in forza della di lei dose di ossigeno, e che ambedue i processi si estinguono in un' altra aria non respirabile ; dal che si conclude essere indispensabile la presenza di questo principio al mante- nimento della vita. Solamente potrebbe esso apparire necessario più o meno, giusta Del Prof. Santo Fattori lxxvii il diverso grado, e la diversa maniera della vita. Il Feto rinchiuso nel corpo mater- no, che non trovasi in un rapporto immediato coli' aria, e che nutresi e vive pura- mente per gli umori della madre, deve dunque ricevere l'ossigeno necessario alla propria vita insiem cogli umori già ossigenati della madre. Che nel Feto circoli so- lo un sangue venoso di color rosso scuro, ciò non è una prova che il Feto manchi affatto di ossigeno, e ch'esso viva senza ossigeno. Da questo può semplicemente argomentarsi, che la vita di lui è capace di sussistere con una dose minore del me- desimo principio, e che dopo la nascita nello sviluppo ulteriore si richiede un san- gue più ossigenato. Se però vi sia nel tessuto del cuore un vizio valevole ad impedire una più co- piosa ossigenazione del sangue, e l'uniforme di lui distribuimento nel corpo, comin- cia il bambino dopo la nascita ad essere travagliato dalla malattia bleu ; malattia, colla quale esso non supera gli anni dell' infanzia. Ogni vita germogliante richiede ■un' influenza assai moderata delle cose e&teriorij e quindi anche dell' ossigeno. Cosi il seme vegetabile germogliante vuol essere difeso dalla forte azione dell'aria e del- la luce solare, finché la pianta ricevuto abbia un certo grado di sviluppo a poter sostenere il libero influsso di quelle potenze; così il puro gas ossigeno torna dan- noso agli animali già nati e adulti, e persino è mortifero, e se la vita loro il tollera, avviene solamente quando si trovi in una proporzione coli' azoto : ; 27 : 73. A teno- re di questi principi dobbiamo , per mio avviso, giudicare ancora noi dello sviluppo per qualche tempo arrestato del Feto interno rinchiuso nel Feto esterno; vale a di- re, che se il Feto esterno viva colla tenue quantità di ossigeno, cui riceve cogli umori della madre, e consuma nella massima parte per la propria vita , il Feto in- terno ne assorba tanto di meno, poiché esso non può derivare l'ossigeno e gli umo- ri al proprio sostentamento, se non se immediatamente dal Feto esterno. II perchè ne pare, che la vita e lo sviluppo di lui quasi vengano ad arrestarsi , sino a tanto che il Feto esterno dopo la sua nascita incominci col proprio sangue ad ossigenarsi per via più immediata col mezzo del respiro ; ond' è che poi anche il Feto interno riceve una porzione maggiore dello stesso principio vivificante, e porge un più ra- pido impulso allo sviluppo di se medesimo. Con ciò cammina concorde il caso della nostra Fanciulla, e quello di Gio. Hare, quantunque nel caso di Bissieu il tumore si manifestasse soltanto nel decimoterzo anno di sua età dopo un accesso febbrile, e nel maschio in Wels prendesse le mosse nel quarto anno; poiché ignorasi quale ostaco- lo nel Bissieu impedisse così a lungo l' incremento del Feto interno , ostacolo che sembra essere stato rimosso dall' accesso febbrile. = A pag. 97. e segg. cerca poi di provare , che effettivamente il sangue nel respiro raccoglie dall'aria una «erta quantità di ossigeno. Indi a pag. 100. e segg. continuando il ragionamento sulla origine del Feto gravido, cos'i si esprime. = Nel secondo caso, in cui un congresso successivo abbia fornito il Germe pel Feto interno , sarebbe da chiarirsi , come il germe posteriore e tardivo potesse farsi Lxxvnt Elogio strada al primo Feto, dopo che il primo Feto era in parte formato. Che per avven- tura ciò fosse per avverarsi, iiitaiitocliè le mescolate materie generative penetrassero neir utero, e da questo per la placenta e pel funicolo om]jeli(yle nella cavità dell' addomlne del primo Feto, e riuscissero ad annidarsi sotto lo stomaco od in qualche altro sito per l'ordimento del secondo Feto, el'a è cosa, che ben sembra andar soggetta a non poche difficoltà. Non è raro, a dir vero, che de' Gemelli vengano al mondo in diverìa fòggia aderenti; e che un Feto, ben formato nel resto, porti strettamente a sé Congiunto il basso ventre o la testa di un secondo Feto, oppure un intiero se- condo Feto parimenti ben formato. Ma questi casi sono ben differenti da quello, che ■di sopra ho descritto, in cui un Feto è del tutto imprigionato dentro 1' altro: men- tre qui il Feto interno ha il suo proprio sacco, le sue proprie membrane, e l'acqua 6Ua propria; costituisce in somma un ovo proprio, e non isvolgesi contemporaneamen- te e nella stessa proporzione del Feto esterno, poiché esso Feto interno non riceve la sua sussistenza immediatamente dalla madre, ma bensì dal Feto esterno. Per l'opposto i Gemelli fra loro aderenti costituiscono un ovo comune, sono circondati dalle stesse membrane e dalle stesse acque, traggono il loro nutrimento immediate dalla madre, e sovente pel medesimo cordone ombilicale, e, rappresentando in certo modo nn corpo comune, sono anche in pari tempo sviluppati. Quantunque alla produzione del Feto sia- no richieste lo materie prolifiche d'ambedue i Genitori, ciò per altro non può succedere dove rinvengansi puramente de'capegli o de! denti a parte dentro a certi tumori. Que' capegli o denti ponno facilmente crearsi dalla sola viziata mescolanza delle parti so- lide e liquide, come nascono i vermi viscerali ed altre morbose vegetazioni con leg- ]gi uguali. Del rimanente io voglio abbandonare l'ulteriore schiarimento di questo og- getto ad altri, a' quali si appresenteranno in maggior copia consimili osservazioni.)) Fin qu'i la nota comunicatami dal Sig. Prof. Bianchi. Ben si vede nella riferita teorica del Profiaska, che il celebre Autore fra le tante ipotesi, alle quali parecchi si attennero per ispieg.tre il fenomeno in quistione, amò di appigliarsi a quella del- la promiscuità dei semi, attemperata però da non pochi influssi, eh' ei va rinvan- gando nel calorico, nella umidezza, nell'aria e persino nel Galvanismo. Laonde avvisa poter essere verisimile, che la formazione irregolare di un individuo derivi così dal- la pravità delle materie generanti , come da quanto potessero infondervi circostanze interne ed esterne; non facendogli caso, che in un Feto umano femmineo o maschi- le, germini un secondo feto, purché a tale germoglio somministrino campo opportu- no le influènze prenotate. Il Fattori col rispondere ai partigiani del Deusingio so- stenitore nel Secolo XVII. della promiscuità dei semi, rispose eziandio al Prokaska, avendo mostrato nell' Opuscolo de' Feti detti gravidi, che una tale ipotesi per poco non risuscita nell'effetto, che se ne attende, le viete, e tante volte derise idee di affinità e di forze plastiche. A renderla inoltre più vaga ed incerta parrai, che con- corra il gratuito asserto del Prokaska sulla creduta efficacia di affastellate influenze; attesoché in tal modo si produce un' ipotesi, che per divenire idonea a chiarire altri Del Prof. Santo Fattori lxxix fenomeni secondarj ed analogi col fenomeno principale ha bisogno pur essa di altre ipotesi, che la puntellino. La ragione poi, ch'egli dà nel primo dei due casi da lui supposti, dell' arrestarsi per un determinato tempo Io sviluppo del feto contenuto, e del successivo suo svolgersi dopo la nascita del feto contenente, attribuendone cioè la causa all'ossigeno, che dapprinciiiio manca, ed in appresso è presente al feticino interno, siflatta ragione, dico, quantunque non vada priva di acume e di verisimi- glianza, non tende però a sciogliere il nodo della controversia, che è di conoscere come avvenga il feto nel feto, non quale sia il mezzo, per cui si sospenda o si ac- celeri Io sviluppo del feto nel feto. Se piuttosto per dar luce al fenomeno ci occor- resse d'immaginare, che la materia prolifica e commista porgesse per avventura in un primo congresso copia si abbondevole d' aura vitale , che ne avessero a rampollare , diremo cosi, due feti, i quali, giusta la maggiore quantità di alimento , ehe 1' uno possedesse sull'altro, e quindi giusta la maggior forza dell'una ad attrarre l'altro, SI compenetrassero in guisa, che il più grande rinserrasse nel proprio carcere il più piccolo; oppure, che per l'esuberanza dello stimolo maschile il primo germe giugnes- se a fecondare il secondo germe acclusovi in modo concentrico, il Fattori nell' un caso non ammette simili fantasticate attrazioni, e nell'altro caso dichiara contro i seguaci della evoluzione che il primo germe non può comunicar la fisica esistenza al secondo, in quanto che nella specie umana l' individuo non è adatto a ciò se non se poco dopo i tre lustri nel nostro clima, e qualora il primo embrione fosse femmi- neo, si protesta di non saper comprendere come l' utero si trovi in quell'epoca com- piuto, e se pure compiuto, come poi sia suscettibile di venire incitato a figliazione. E comecché ei voglia da taluni aver ricorso ad un argomento di analogia preso dai gorgolioni e monoculi, i quali si propagano dopo il primo accoppiamento per più ge- nerazioni succedentisi senza T ulteriore opera dei due sessi, col quale argomento bra- merebbero di manifestare come l'energia di un solo germe fecondato possa essere cosi poderosa da penetrare attraverso a mille altri germi, e tutti via via scuoterli e svilupparli; nulla di meno il Fattori non accorda, che si supponga il passaggio e r attività dell' umor radicale nella serie delle ova senza accertarsi almeno del pro- gressivo concentrico andamento delle ova stesse; certezza , cui niuno riuscì ad otte- nere, e senza assicurarsi di più che 1' animale intero intero si celi in ciascun uovo, altra ipotesi, che a lui sembra soverchiare il credibile. ■■:-. Per ciò che il Prokaska afferma dell' altro caso da sé ideato , vale a dire per quale maniera in un congresso più tardo un germe posteriore si adoperasse a ripa- rare dentro il primo germe, non si può commendare abbastanza la circospezion dell' Autore, che giudica il caso medesimo soggetto a molte difficoltà. Né già vuoisi ban- dire la teorica della Superfetazione in quanto che sia noto che 1' utero nel tempo della gravidanza si chiuda , e quindi non possa aver luogo quello , che il Prokaska suppone. L' utero, parlando a rigore , non vuoisi intendere in allora serrato ermeti- camente, ma sì costretto o compresso soltanto nella sua bocca , e perciò suscettibile LXxx Elogio di venire da successivo urto del maschio un tal po' riaperto. Il percliè fa al caso il citare il quinto della Sezione quinta tlegli Aforismi d' Ippocrate , dove giacciono le seguenti parole = OxófraiEV yacri-pi ìx'"^"'' '■"Oteb;' to ^TÒnara? ÙTrtpiay ai>[iy.i[iux.ii' =: le quali suonano letteralmente =^ a quante in ventre portano, la bocca dell'utero si costrinse = ossia poi ciie alle donne incinte rimane compressa la bocca uterina. Né diversamente interpretò il verbo aufiu voi (composto dalla particella o'ùr core e dal verbo semplice f^Ji» stringo, premo, onde costringo e comprimo ) Teofilo Protospata- rio Commentatore degli aforismi, asserendo che Ippocrate adoperò cufi^ijnv invece di tTTiyitr^ea Stringere fortemente. Il quale costringimento o compressione fece poi dire ad Erofilo, creduto il primo degl'illustratori degli aforismi, che dal principio del con- cepimento le labbra estreme dell' utero così vengano a combaciarsi, che non ammet- tano neppure la punta di una spilla. Tanto attesta Galeno nel libro terzo del Trat- tato delle facoltà naturali citato dal Fucsie nella sua traduzione latina degli Afo- rismi. Basilea i544- Del resto, che gli antichi, riflette il detto Fucsio, abbiano rite- nuta possibile la Superfetazione, la quale non è verisimile che avvenga in un solo congresso, ma in un posteriore, come indica il suo nome iinx.viiiTi!, in grazia di cui attraverso alle dischiuse labbra dell'utero penetri benché di rado la viril genitura, è cosa che non solo comprovò Ippocrate, o chi si fosse che sotto il suo nome pub- clicò il libro de Superfoetatìone, ma eziandio Aristotele, che nel lib. 4- della Gene- razione degli animali lasciò scritto. == Si jam aneto conceptu coitus adhibetur, superfoetari quidem potest , sed raro: quoniam uterus magna ex parte ad partum usque eomprimitur. == E Plinio il Vecchio nel libro settimo della Storia Naturale avvalora la teorica con esempj dedotti dalle memorie dei Medici, dicendo. =^ Prae- ter mulierem panca animalia novero coitum gravida: unum quidem aut alterum su- perfoetat. Extac in monumentis etiara raedicorum , et qui))us talia consectari curae fuit, uno abortu XII. puerperia egesta. Sed ubi paululum temporis inter duos con- ceptus intercessit , uterque est perfectus: ut in Hercule et Iphicle ejus fratre appa- ruit: et in ea, quae g^emino partu alterum marito similem, alterum adultero genuit... et in alia, quae unum justo partu, quinque mensium alterum edidit: rursus in alia^ quae septem mensium edito puerperio, insecutis mensibus geminos enixa est. = Ma per addurre un' autorità, che pei tempi e i progressi della sana filosofia non possa accagionarsi di esagerazione e di credulità, odasi come il Vallisneri nella parte 2. Gap. 17. §. i5. della sua Storia della Generazione discorra della Superfetazione nell'atto, che cerca di manifestare il come avvenga. = Anche le Superfetazioni a meraviglia si spiegano, mentre, quantunque nel tempo della pregnezza si chiuda l'utero, può pe- rò accadere, che maturandosi allora altre uova, e lussureggiando la donna nell' atto della union col marito, di nuovo alcun poco si allarghino le parti, e tanto almeno , che possano ammettere infra le membrane interne dell'utero, e le esterne dell'em- brione queir aura sottilissima, che dicemmo volar in alto e portarsi all' ovaja. Non è guari, che un Cavaliere mio amico mi scrisse, che una Dama di Castello maritata Del Prof. Santo Fattori lxxxi in Firenze ha partorito tre figliuoli, uno li i3 ili Giugno, 1' altro li 24 dello stesso mese, e l'altro li io Ji Luglio, e che que' savj Medici hanno concordemente sta- hllito essere Superfetazioni, che da altro l'origine loro trarre non possono, che da uova, uno dopo l'altro, nello spazio dei detti giorni, fecondato. = Nel qual trat- to del Vallisneri stimo inutile l'avvertire di non prendere l'aura sottilissima, che vola in alto e si porta all' ovjja, come una semplice volatile odorosa emanazione del seme; poiché lo Spallanzani ha veduto con iterati cimenti essere del tutto necessario il contatto immediato dello sperma sull'ovo della femmina. E il Vallisneri al proposito, oltre di avere mostrato in più luoghi della sua Storia quanto l'utero sia assorbente e famelico dell' umore maschile, espone propriamente che cosa intenda per quell' aura prolifica nella stessa Parte 2. Gap. 10. Che sia poi tutta la paniosa e grossa so- stanza del liquor genitale alla generazion necessaria, io non lo credo, sì per i casi narrati dal Graaf, e da altri, sì perchè basta quella porzion più sottile e spiritosa alla fecondazione dell' uovo, pensando, che il resto serva non solamente di veicolo e di freno, acciocché prima del tempo non voli, ma ancora, come di fermento all'ute- ro per prepararlo, eccitarlo e disporlo al facile ricevimento dell'ospite venturo. =^ Ho voluto diffondermi nn tal poco su questo punto per meglio giustificare il Fattori se nella spiegazion del fenomeno del Feto nel Feto preterì dalla teorica della Superfetazione. Ognuno comprende con lui, che troppe cose si debbono supporre, né certo le più comode a concepirsi, per trarne plausibile costrutto. Secondo il Pro- .kaska conviene immaginare che le miste materie fecondatrici giungano all'utero; il che concesso, per le cose sopraddette, conviene poscia ideare, che le riferite materie serpeg- gino per la placenta, indi pel funicolo ombelicale, di là si versino nella cavità dell' addome del Feto, donde passino nello stomaco, 0 in altra parte di esso Feto, ed ivi, riposando del cammino fatto, fermino stanza e faccian nido per ordirvi a bell'agio un altro Feto. Ha ben ragione il Prokaska medesimo se dichiara tali supposizioni soggette a molte difficoltà. Né io mi so chi volesse subito contentarsi della fran- chezza di Abramo Gapadose, il quale ammettendo per sicuro quello, che l'avveduto Prokaska accennò come dubbioso, nella sua Dissertazione de foetu intra foetum 181 8. citata dall' Himly (Geschichte ecc. ossia Storia del Feto nel Feto di E. A. G. Himly, in 4-° Hannover i83i. pag. 96.) stabilisce che abbia avuto luogo la Superfetazione dopo che la genitrice del feto continente ebbe già da parecchi giorni concepito. Ciò posto sen- za il minimo ostacolo, ecco, egli dice, l'ovolo sopravvegnente aderire con tacilità ali altro; all' aderenza ecco unirsi una certa pressione; dalla pressione ecco spuntare la flogosi, la quale operando ecco perforarsi le membrane. Né questo basta: continua r aggravamento della pressura, che fa 1' ovolo, già s'interna nel feto, si avvolge ne- gli involucri di esso, ed eccolo più e più sempre congiugnersi e attaccarsi alle par- ti interne dell'evo continente. = Postquam mater illius foetus,qui aliura continet, aliquot jam dies conceperit, superfoetationem locum habuisse statuimus. Hoc posito, ovulum superveniens alteri facile adhaerere potuit; ex adhaesione, accedente quadara Tomo XX. II Lxxxir Elogio pressione, inflararaatio exorta fiierit et dein merabranarum perforatio; nunc, pressio- ne adhuc continuante, ovulum internum jam velamentis foetus primae conceptionis inclusum magis magisque partibns in ove contentis admovebitur. • Nel fenomeno del Feto nel Feto, fenomeno attinente alla classe dei Mostri , 11 Fattori osservò e sostenne tutto quanto essere 1' effetto dello sviluppo preternaturale di un solo uovo; mentre per l'opposto nella Superfetazione tutto quanto è l'effetto dello sviluppo successivo di più uova. E pare che ciò non isfuggisse, almeno in par- te, alla sagacità del celebre Medico e Anatomico Giovanni Maria Lancisio,il quale, richiesto nel 1687. dal Mulebancher del suo parere intorno ad un mostro bicorporeo avente un solo cuore, rispose in generale che i Mostri hanno probabilmente origine, a suo giudizio, da un solo uovo. = Accipe vero, così dice, quae cura in gemellis, tum in monstris ipse diligenter observando , atque attente cogitando huc usque prò viribus fuerim assecutus. Judicium de gemellis illud habendum puto, ut quoties iidem duplici gaudent secundina, una cum distinctis umbilicalibus funiculis, tunc illos ex binis foecundatis ovis, sed non eodem tempore, aut eodem ex ovario in uterum de- lapsis ortum habuisse credam. Cum itidem umbilicalia vasa distincta, et secundinae per rimam solummodo dlvisae cernuntur, nudaque sed duplex tunica amnios foetum a foetu separat, atque sejungit , tunc suspicor duo ova uno, eoderaque tempore in ute- rum devoluta fuisse, eidemque uteri parti prius quara corion adolesceret, affixa coaluis- se. Quoties postremo mutuo se tangunt foetus, nullo membranarum interjecto repa- gulo ( ut in narrata per te Historia contigit ) verosimile mihi quidem videtur non duo simul ova ex ovariis decidisse, ac postea intra uterum mutuo adhaesisse ( ete- nira interfuisset intra utrumque foetum saltem amnios, tunica scilicet interior, et cuique ovo propria) sed duplicem cicatriculam uno, eodemque in ovo concurrisse^ vel si allatam seminalium verminum hypothesim persequi velimus, duos vermiculos intra unum ovum exceptos fuisse, atque istiusraodi monstris originern extitisse. Hoc dare evincunt exempla ovorum gallinacei generis duobus cum vitellis , totidemque foecundatis cicatriculis editorum, ex quibus postea incubatis monstrosi pulii bicipi- tes, quadrupedes, et juncto etiam pectore bicordes solent erumpere. =^ Veggasi la Storia della Generazione del Vallisneri, in fondo alla quale sta registrata la lettera del Lancisio. .' : . ■ ' : L' opinione del Lancisio accostavasi maggiormente al segno, che non quella del Bartolino, la quale coli' esempio appunto dei Gemelli aderenti si sforzava di spiega- re il caso mostruoso del Feto nel Feto. Ma prescindendo dalle differenze saviamen- te notate dal Prolcaslca fra il caso del Feto nel Feto e il caso dei Gemelli aderenti, il Fattori non mancò di noverare nel suo Opuscolo pag. 18. 19. e 40- i presupposti, i quali sarebbero indispensabili per sorreggere 1' opinione del Bartolino. Questi pen- sava, che 1" uno dei Gemelli nel suo primordio gelatinoso aprisse spontaneo il seno per accogliervi l'altro compagno, oppure che l'uno appoggiandosi all'altro avvenis- se che r uno penetrasse nell' addome dell' altro quasi a modo di compressione per Del Prof. Santo Fattori lxxxiii dovervi poi restare vivente prigioniero dopo che il Feto contenente avesse rimargi- nata r ampia ferita propria. Converrebbe dunque supporre per necessità che 1' uno dei due gemelli fosse assai minore dell' altro, se l'uno dovesse tutto intero annidar- si nel solo addome del suo ospite. E quanto minore ancora non converrebbe sup- porlo, se tutto intero non solo, ma colle sue secondine dovesse mai contenersi nell' utero dell'altro Feto, il qiial utero è la minima parte dell'addome? Oltreché l'ad- dome e l'utero insieme si sarebbero poi di nuovo risanati? E questo utero potreb- be in soli nove mesi, e sempre in istato di gravidanza, perfezionare se stesso e nu- trire un feto contenuto, e farsi atto al partorire, quando vi si richiedono da ben quattordici anni' E poi considerando i due prodotti primordiali della concezione gemella, i due feti cioè interno ed esterno, sarebbe egli 1' utero, parte invisibilissi- ma dell'uno dei feti, capace di tutto l'altro feto intero? Di più ancora, se mai dapprincipio l'uno dei due feti non fosse stato inchiuso nell'altro, ma l'uno semplice- mente apposto all'altro, come poi si sarebbe aperto l'utero a riceverlo, e, ricevuto che lo avesse, come poi si sarebbe consolidato trattenendolo, e sempre senza danno di sua struttura, e sempre adattatissimo alle funzioni d'utero adulto e gravido? Queste sono le difficoltà, per le quali il Fattori dubitò della opinione del Bartolino, benché la scorgesse seguita da molti , e in particolare dal Sig. Bettoli Medico Par- migiano, a cui fece rimprovero d'inurbanità per essersi sollecitato ad annunziare, senza averlo visto, il feto gràvido da esso lui posseduto, nel Giornale della Socie- tà Medico-chirurgica di Parma Voi. X. Num. a. 1811. e di plagio per avere esposta come sua 1' opinione del Bartolino con silenzio vergognoso del di lei autore. Ritenuto pertanto, che tutto il composto del Feto nel Feto appartenga in ori- gine ad un solo uovo, il Fattori fissò unicamente le sue ricerche sul calice delle uo- va tenendo per avventura innanzi a sé un luogo d' oro dell' immortai Vallisneri , clie qu'i mi è forza distesamente riportare. ^= In questo calice sta tutto 1' ultimo artifizio della generazione, in questo , come nel grano di una pianta tutto il segreto della futura pianta; ma. Dio buono! con cosi fina e minutissima maestria, che si stancano gli occhi e le mani per iscoprirlo e quando sovente ci crediamo d' averlo scoperto, noi dolenti! ci fugge, e siamo sforzati tornar da capo per ritrovarlo. Io so- no persuaso, che l'uovo, 0 l'invoglio continente il feto, sia nel centro di questo ca- lice; io benissimo veggo, che qui la macchinetta si genera o si sviluppa, e matura , e che per le trombe in grembo all'utero discende: io pure ottimamente veggo, che senz,! quello non si dà generazione, né fecondazione nell' ovaja; ma con tutte queste vedute, che sono infallibili, io non veggo con quella chiarezza che desidero, l'uovo spuntar dal calice, attaccato al calice, cresciuto, spiccato, e dal medesimo uscente. E pure io sono sicuro, arcisicuro, che colà vi è questo lavoro, perchè io, e tanti di me più saggi e più prodi osservatori, l'abbiamo veduto uscito; ma uscito con tal se- gretezza, e mirabile industria della gelosa Natura, che né nella bocca della papilla, né nel tubo, che mette foce in essa, né in quella linfa, che tutto annaffia, né pri- Lxxxiv Elogio ma, che in quella nuotasse , né dal suo gambo nel misterioso calice pendente , co- me maturo frutto, l'ho mai potuto vedere con tal franchezza, che io giurassi d'a- verlo sicuramente veduto Il solo Malpighi , che io sappia , il solo Littre, il Sig. Verney, e forse pochi altri con molta confidenza asseriscono d' aver vedute le uova nel calice: il primo due uova in una Vacca, il secondo un uovo col Feto ancor den- tro il calice in una donna, con altre uova pure e dentro e fuor dell' ovaja, ed il terzo parimenti dentro il calice ne vide. Io non ho coraggio di contraddire ad uo- mini si grandi, e di una fede piena degnissimi, e né posso, né voglio negar loro, che non ahbiano veduto tutto ciò, che hanno consegnato alla memoria de' posteri, ma solo invidio la lor fortuna, e della mia mi lamento e rimbrotto, perché non mi ha fatto mai vedere con evidente chiarezza questo tanto sospirato fenomeno.... Non ostante questa difficoltà, o quest' ultimo da me o da altri amici non mai veduto fe- tioraenoj che sarebbe quello ( se fosse più facile a farsi vedere ) che darebbe l'ulti- ma mano, e tutto il lume a questo sistema, incontrastabile e dimostrato rendendolo, non ostante, dico, questa difficoltà di scoprire attaccato al suo calice, o in altro sito dentro il medesimo , o nella papilla 1' uovo, io sono persuaso , che vi sia , o almeno un non so che di analogo all'uovo, ma cosi limpido, cosi trasparentissimo, teneris- simo e delicato, che non si renda soggetto alla rozzezza della nostra vista, né della nostra mano, o che per quanto gentilmente si maneggi e si tocchi, quando é là den- tro, subito si rompa, spappoli, e si dilegui, e sotto apparenza di limpida linfa appa- risca. Quando poi entra nella tromba, subito visibile si renda , perchè le sue mem- brane alquanto si addensino, e riflettano la luce, o imbevendosi di sughi più gros- setti, o in un batter d' occhio, affatto come maturando , ed alquanto ingrossando, si manifesti. Quante cose vi sono, che per la loro diafaneitade non veggiamo , per la grossezza della nostra vista , e perchè in far vedere questa sorta di corpi lucidi e trasparenti né Microscopio, né Lente alcuna ci ajuta? Molti ancora sono così picco- li, che, se non aggrottiamo ben bene le ciglia, ci fuggono, e molti, anche grossetti, se non si movessero, né meno da noi veduti sarebbono , quantunque veri, reali e organici corpi, come i vermi dell' aceto, del seme, dell'acqua e simili, de' quali nel Trattato de' vermicelli del seme già parlammo. Essendo adunque le uova, o cose analoghe alle uova, nel suo follicolo picciolissime, trasparentiisime, e sé non moventi , non è meraviglia, se divisar non si possano, se alquanto non ingrossino le loro memberane, e non si rendano qualche poco opache, come accade, quando sono nelle trombe di- scese, ovvero, quando per qualche accidente restano impaniate, o imprigionate nella loro nicchia, in cui allora possono farsi palesi. ^^ Queste parole del sommo uomo avvertivano ad un tempo e dove si dovessero dirigere le indagini , e sin dove spingere le cautele affine di riuscirvi con frutto. Quindi il Fattori, il quale avea già quasi per afbrismo compendiate rei suo Opuscolo le opinioni maggiormente ricevute sulla Generazione, studiossi con libertà accade- mica di unire insieme e di modificare 1' opinione antica della Epigenesi, o formazion De[, Prof. Santo Fattori lxxxv parziale e successiva del Feto , e 1' opinione moderna della Preesistenza de' germi nelle ovaje, nel rivolgere i suoi pensieri a scrutinare come sino dal primo ordirsi dell'embrione potesse aver luogo in un solo uovo la preternaturale disposizione e con- catenazion delle parti. Ninno, ch'io mi sappia, espose con modo più preciso ed evi- dente tutto il magistero della Epigenesi, che si facesse, con versi cotanto magnifica- ti dal Varchi per testimonianza del Biagioli, quel Divino, che ben a ragione meritò le fatiche degl'ingegni più culti dell'età nostra, tra' quali mi è caro nominare il eh. Prof. Marc' Antonio Parenti Accademico della Crusca, e lume ed ornamento del- la nostra Università. Dante nel Canto vigesimo quinto del Purgatorio così riepiloga ciò che della Epigenesi dettarono gli antichi, e in particolare Galeno nel suo Trat- tato Tipi Kjaviiitar S'i«'!r\etci'<•> (*£>' "trpixyoyT» tÒ irpi - fivoi' Ti Kti Tovi irTÓpSoui, «XP' '^''f ìo'X''Tai' ìpyàì^tTm §Kttsàv, in S'c ri udrà xarn^' X'^oyTU riti' pi^uaiif ovrcii xa'i roìa ii/,6pvois toXvitx'^Ùì e'ici riii> àprtipiàìf ri xta fi^e- pàr, ài ntpìfii/uv jtteV, e'i oKov ri xvijiivov-, à; pì^ày iTì ìis rtiv ft»V/Joec rAiurùcrai. rsiu' ra roi xctt fiif^-^tcliiiny ùr Apitorihti (iìf/.liv ìiKxi'arj òu fióvoif òri irocpi'iS'ir « (in' l'xP'i' aurcr vcipiS't'ir, àwà xx'i rày ixuroO toyfixrav i-TriKtKnsm, x«ì ra riis pjjivi ìpya i"(<- (fopaii i^nyi'trai, xarà ri puri, xtì rà ì^ùa. ^KiTTay òuv iv awaTi ro'ii ((ijToii ri exTtp^ix riti S'nfitoupyixfs u'pxiis ouS'iy firro» l'y iaurà rUv ÓKixiìy iiipiixo' ■, s'"'» i^* i^cóuiy «'?«(- peÌT«( rtiii irépccy aurày, xxiroi roùro ilpxu [lóyoy a'yS'pì irtp'i puatv S'iiym riiy XJf^"" '"''* yoyiis i yS'd^ao'Sai. ! yàp oux àK>,ais fily S'uyàfitirty vi fuVjs Toù anrip\iarai f'pyài^trai ri puroy, aKKai! iTt ri ^àov, iC, ày iy (fiuroÌ! ópàs iiri rà ^ùa (j.irxriin- riìy ct'uTiiy y«p ayaKryiav lupiiiriis ìv afipoìy' S'unti ri roù puToù ciripfj,* ySi, iy' li, auriii rpipiiTa'i ri x«i «oi^awTaij Siirai xjxì ri li/^iripoy aiiipfia ytiirpa! , ivtxa rà> aurày, p'i^a; ixur^ yfyyà ro puroy, a'i< ÌK^ii riìy rpopùy ik riìi yih, xaì rò Xopìoy àyyi'ia rà; p'i^ai rày l'fiópu'ùìy. tt'iTOiùii ri sÌKìxo! a'p' iauriù rò i(iiir'^y- =^ Qualis ciiioi est radicatio plantis deorsum et infra terrara, talis est foetibus insitio arteria- rum et venarum chorii in uterum. Qualis vero sursum vergens truncus in plantis, tales sunt in foetibus a tribus principiis exortus. Rursus, quemadmodum plantae du- plicem ex serainibus babent exortum , sursum quidem truncum et ramos nsque ad extrema germina producentes, deorsum vero radicationem distribuentes: sic et in foe- tibus multifidae sunt arteriae et venae, velut trunci quidera in totum foetum , ve- lut rndices vero in uterum desinentes. Quapropter justa accusatione Aristotelem ac- cusaverim , non solura quod neglexerit quae negligere ipsum non conveniebat , sed et quod sui ipsius dogmatum oblitus est, et naturae opera diverse exponit circa plantas et circa animalia. Videns itaque in omnibus plantis semen non minus ma- teriale, quam opifex seu efficiens principiura in se habere, in animalibus alterum au- fert, quamquam lice solum sufficiebat viro circa naturam admirando geniturae uti- litatem estendere. Si enim natura serainis non aliis viribus producit plantam , aliis animai, ea quae in plantis vides ad animalia transfer; eandem enim proportionem in utrisque reperies. Indiget iiamque plantae semen terra, ut ex ipsa nutriatur et au- gescat; indiget et nostrum semen utero ob easdem causas. Radices sibi ipsi generat pianta, quibus trahat alimentum ex terra: chorium itidem vasa foetuum radices. Pro- ducit truncum a se ipso semen, et ab ilio ramos, deinde alios rursus in alios ramu- los discissos, et postea illos rursus in alios, atque id usque ad extrema germina fieri non cessat: idipsum etiam hlc vides, truncos quidera tres juxta unumquodque Del Prof. Santo Fattori lxxxix principium slngulos, utpote arteriam aortam, venam cavam , et medullam spinalem. Rursus autem ex liis multos exortus vel ramos, in alios rursum minores ramulos dissectos , deinde illos rursus in alios , atque hoc itidem fieri non cessai usque ad extrema germina = Prego i miei lettori a voler ponderare in tutte le parti, di che va composto questo luogo importantissimo, la facoltà delle arterie a riprodursi ed a ramificarsi ; facoltà, che punto non differisce dalla virtù germinativa di una piantaj ed a fermarsi in particolare su quella parte, dove Galeno asserisce, che nella guisa, colla quale dalle semenze ottengono le piante un doppio germinamento, che produ- ce al di sopra e il tronco e le braccia , via via operando sino alle estreme dirama- zioni, e che al disotto poi distribuisce la radicazione, mercè cui le piante stesse s'ab- barbicano al suolo ; anche nei feti v' abbiano arterie e vene, le quali in molti ram- polli si fendono e si spartono, come tronchi occupando 1' intero Feto, e come radici terminando nell'utero, a cui s'attengono. Le cognizioni anatomiche di que' tempi es- sendo, come ognuno sa, limitate alle dissezioni degli animali, ed a ciò , che potesse risultare dalle ferite, piaghe e tumori delle persone^ non permetteano, che si potes- se acquistare una precisa e particolareggiata idea dell' utero, e de' suoi annessi, sui quali i moderni fecero prove mirabilissime d'ingegno; ond' è che le osservazioni di Galeno intorno alle arterie non vanno sotto questo rapporto molto innanzi. Il che però con toglie che le dette osservazioni non acchiudano in loro stesse ,un indizio prezioso dell' efficacia de' vasi arteriosi in quanto concerna la struttura del feto. Tale indizio si rende anche maggiore se consultansi altri luoghi del primo libro dello Sper- ma j e massime le seguenti parole = t«/ ^urixitn S'' àf/iiv ài^àvruv l'xii t/jib'tw S'iiixioiipyoù, oCx ì^ a'fjMTO!, ecK\' t^ avrov Toù antiputtros, aprHpltcy j x«'. (pKÌ6a, xxl nùpoy, Oiùf/ TI, Kttì ufiiyx == Principium autem plantaticiiim omnium primum hab^t quod non ex sanguine, sed ex ipso semine arteriam et venam , et nervum, os item et membranam producit. Da queste parole, che la buona critica ci vieta di cre- dere disposte COSI all' azzardo, e non piuttosto secondo quella scrupolosa attenzione ai fatti, ch'era tutta propria di Galeno, ambizioso giustamente di essere perciò chia- mato Ippocratico, da queste parole, dico, v' ha ragione di argomentare non solo es- sere le arterie prodotte, secondo lui, dalla sostanza del seme, ma di più esser le prime a svilupparsi: la qual cosa è confermata dal medesimo Galeno nel libro de formatìone foetus dicendo colla versione del Cornare == Arterias et venas necesse est prìmas omnium ex seminis substantia generatas esse. Il Fattori pertanto giovandosi degl' indizj degli antichi e degli scovrimenti dei moderni entra nel forte della spiegazìon del fenomeno stabilendo questi due prin- cipi. i.° Il Feto è formato dapprima dall'azione delle arterie dell' ovaja per adom- brarne l'abbozzo. a.° Il Feto è formato inseguito dall'azione delle arterie del feto ■abbozzato per ricevere il suo perfezionamento. Rispetto alle arterie dell' ovaja ecco le osservazioni del Fattori, i.^ L' ovaja è un organo composto di ova, e tale si ri- scontra in qualunque animale, a.* Non è per questo però che le dette ova si veg- Tomo XX. la xc Elogio gano di figura uniforme in tutti i soggetti: le ova si manifestano con varia figu- ra ne' varj soggetti. S.'^ È certo che ogni ovicino gode di un suo nido particolare , nel quale stassi riparato. 4-'' Questo nido, o ricettacolo clie dir si voglia d'ogni uovo, per l'uffizio e configurazione sua tenente ad una boccia o bottoncino di fiore, è quel- lo che si dice calice. 5.^ Un sottil filamento stassi aderente al calice, e sostenta l'uo- vo. 6.^ Il filamento lega quindi l'uovo al calice, e per somiglianza al picciuolo de' fiori è detto peduncolo. 7." Non credasi che il calice e il peduncolo tengano un e- guale aspetto di volume e di figura: per 1' uno e per 1' altra variano come variano le uova. 8." Non in tutti gli animali è dato l'osservare il peduncolo; in alcuni man- ca: e in allora vedesi la convessità dell'uovo combaciare precisamente colla conca- vità del calice. 9.^ La sostanza del calice è attraversata e pressoché irretita da vasi sanguigni, specialmente arteriosi, io." Pennelli o fascetti di vasi sanguigni si gitta- no fuori dai principali tronchi spermatici. 11." È cosa notevole che questi pennelli agguagliano nel numero i calici dell' ovaja : quanti sono i calici , tanti sono i pen- nelli. 12.^ Gittati che siansi fuori dai tronchi spermatici^ i pennelli non fermano il loro corso, ma con operosa attività si prolungano a tessere finamente dentro il cali- ce r orditura dell' uovo. Riguardo alle arterie del Feto , queste vengono accompa- gnate dalle seguenti considerazioni, i." Le arterie appartenenti al Feto debbono , quanto al lavoro, a cui si prestano, distinguersi in due specie. 2,.^ Altre di queste arterie travagliano intorno agi' invogli del Feto, ed altre travagliano intorno al cor- po del feto stesso. S.'' Merita attenzione la particolarità, che le arterie degl' invogli o involucri sono continuate, unite e formanti un solo tutto colle arterie del calice. 4.* Dalle arterie dei detti involucri si genera immediatamente il rudimento della placenta e del funicolo ombilicale. 5.'^ Richiede pure attenzione l'altra particolarità, che le arterie degl' involucri, dopo aver prodotto il rudimento indicato, proseguono a dira- marsi, e a dare origine alle arterie della seconda specie, a quelle cioè , che dispon- gonsi a travagliare pel corpo del Feto. 6." Ne viene di conseguenza che le arterie sì della prima che della seconda specie sono di lor natura operatrici , e operatrici incessanti. 7.'^ Tanto è ciò vero che l' osservazione costante li dichiara organi se- cretori non meno di fluidi, che di solidi. 8.^ Da ultimo i fluidi ed i solidi, che per via secretoria se ne disgregano, somministrano campo a novelle diramazioni, e que- ste sopraggiunte diramazioni pur nuovi fluidi e nuovi solidi vengono a mano a ma- no ingenerando. Le sin qui esposte operazioni delle arterie così dell' ovaja, che del Feto col di- mostrarsi le une successive alle altre ne' diversi separamenti, che van producendo , manifestano in modo evidente una generale forza di Secrezione. Questo è un punto incontrastabile. Ma siffatte operazioni sono uniformi o variabili nel loro processo ? Diverse sono le proporzioni, diversi i tempi e diverso il concorso delle circostanze, in cui accadono. In tutti gli animali non può dirsi che sia prefisso uno stesso stes- sissimo limite all' azione dell' ovaja. In alcuni animali 1' uovo rimane aderente al Del Prof. Santo Fattori xci peduncolo od al calice sino a tanto che 1' accoppiamento del maschio e della fem- mina lo scuota o lo distacchi ; mentre per l' opposto in altri animali un previo fecondo congresso non è a ciò necessario. Avvertasi ancora di non confondere tra di loro le condizioni delle arterie dell' ovaja e del feto. Le arterie dell'ovaja hanno una condizione men costante di quella delle arterie del feto: ma le arterie del feto, le arterie cioè destinate a lavorarne gì' involucri ed il corpo , generalmente riman- gonsi torpide e inerti non essendo capaci di operare per se stesse. Allora solo sen- tonsi incitate ad agire quando la linfa genitale del maschio le stimoli, e tutta vi spanda sopra 1' energica influenza: allora solo spiegando un' attività prodigiosa si met- tono a tessere con germogli ognora crescenti e rigogliosi la custodia e la macchina del Feto. Contento il Fattori di ravvisare nello sperma uno stimolo, che inoltre sia idoneo ad instigare variamente i vasi arteriosi, ond' è che variata pure ne derivi 1' azione de' vasi stessi , per il che si faccia luogo a differenze infinite nei prodotti di essi vasi: contento ancora di scorgervi una efficacia tale da comunicare ai nuovi prodotti per molte generazioni la facoltà produttrice inerente ai vasi, o perchè al toc- co dello sperma i primi e succedentisi prodotti si trovino in grazia di quello forniti di un' attività incredibile confinante per cosi dire con una vigoria vegetativa, o per- chè le particelle dello sperma vengano portate in giro, e per nulla attutite passino dall' una generazione all' altra; intanto che in qualsiasi specie di animali dall'epoca di lor creazione sino a' dì nostri siasi perpetuata e si perpetui per 1' avvenire una concatenazione non mai interrotta di pullulativi rampolli , si però che da individuo a individuo siasi continuata e si continui ad un tempo una indeficiente caducità; contento, io dico, di questi dati non si occupa saviamente delle cause, per le quali sì energico è il seme, ben sapendo quanto sia stato grande, ed esser possa eziandio nell' età venture intorno ad esse 1' ondeggiare delle opinioni de' Naturalisti. Nulla ostante ciò che riguardo alla genesi del corpo umano pubblicò quel sommo Anato- mico di Torino, il Rolando, nella sua magnifica orazione impressa colà nel 1817. col titolo ^= Humani corporis fabricaa ac functionum analysis adumbrata = e con due Tavole sinottiche annesse, dichiarate poi in successiva appendice, conferma e disten- de anzi a maggiore ampiezza i pensieri del Fattori. Poiché quantunque il Rolando facciasi a sostenere, che la formazion primigenia degli animali non si deggia spiegare né per mezzo della Epigenesi né per quello della Palingenesia, e conchiuda colle mirabili parole ==: qua ( formatione ) melius scrutata statuere licet comjioni ac instrui hominem systemate cellulo-vascidoso a matre, nervoso a patre, a;ifma a Deo = nulla dimeno ammettendo, come accenna nell' Orazione, e con mille prove dimostra nell'Appendi- ce^ essere preesistente nella madre la tela cellulosa, a' cui filamenti nell'atto della fecondazione sopravvengono ad immischiarsi e quasi ad intrecciarsi i filamenti della tela nervosa somministrata dal padre, egli fa ben conoscere, che tutto, tutto affatto rispetto alla madre, nella formazion del feto ripeter si debbe dalla facoltà produt- trice inerente ai vasi, a svegliar la quale servono poi d' incentivo le molecole della xcii Elogio nervea materia componenti lo sperma. Per lo che nell' articolo 2." della Sezione i.'' dell' Appendice, nel quale ragiona degli apparecchi inservienti alla struttura dell' u- man corpo, ai §§. 5. 6. attribuisce ai vasi le operazioni di maggiore momento, e r esclusivo officio e di assistere al delineamento dei primi abbozzi degli esseri vi- venti si naturali, che mostruosi, e di far nascere gradatamente i loro ulteriori svi- luppi. : Absque cellulosa substantia, ac vasculosa structura nulla, licet simplicis- sima, in vivente operatio concipi potest, et omnium simplicissiraa est quae vasculo- Tuni ope perficitur, et qua unìce gaudent ìnclioatae naturae, quae caeteris effor- mandis molitionibus, functionibus exercendis inservit , et existentiam praebet. Gra- datim magis complicata haec redduntur organa, quibus humores in circuitum adi- guntur, ac in horaine cor, arteriae, capillaria vasa, ac venae ab aliis distinctum, ac per se existens efFormant systema, vasculosum dictum, specificis gaudens functio- nibus , ao vitiis subjectum. Primigenio dicto systemate unice conflata natUTolia, et monstruosa etiam corpora existunt, crescunt, quoad sic sunt constituta, ut non deficiant nutrientia fluida, quibus ad motum sollicitantur. =^ Ed io mi compiaccio, che non siano discordi dagli esposti principi del Fattori e del Rolando le osservazioni di un mio carissimo Amico, e assai devoto alla memoria del primo, il Sig. Don Matteo Gozzi, Socio ordinario dell'Accademia di Scienze, Let- tere ed Arti, e già Ripetitore Onorario di Logica e di Morale nel Ducale Collegio de' Nobili. Dopo di essersi negli anni scorsi occupato di vari "SS^t'i *!' Fisiologia vegetabile e di Fisica animale coli' avere scoperta, innanzi ad ogn' altro, nella Cba- ra trasparente del Vaillant, esaminata da Bonaventura Corti, la circolazione ascen- dente e discendente del fluido in un solo tubo senza verun setto, che divida la lun- ghezza del tubo stesso; coli' aver rinvenute quattro specie di Chare indigene prive di scorza, una delle quali singolare e sconosciuta a' Botanici; e coli' aver fatte bel- le osservazioni sulla Larva tricode di una Effimera, e sul Bruco roditor della cana- pa; delle quali cose si ha contezza dai Giornali di Fisica di Parigi e di Pavia dell' anno i8i8. e dal rapporto delle proqirie adunanze pubblicato nel i8ao. dalla nomi- nata Accademia nel Messaggiere Modenese ; si è trattenuto in appresso sulla storia della Galeruca ulnii, che portò tanta ruina fra noi all'olmo; sull'insetto limatore del frumento facendo dei tentativi sul luogo preciso dove costui deponga le ova, per trovare il modo di pure spegnerlo nel suo germe; sulle mostruosità di certe piante, e principalmente sulla spica femminea della Zea mais , i cui germi vedeansi tramu- tati in altrettante fogliucce portanti gli stimmi; e sullo sviluppo delle ovaie della pulce (pulex irritans ). Le microscopiche esperienze da lui eseguite sull'ultimo dei riferiti oggetti, che già s' ebbe le considerazioni di Aristotele e del Vallisneri, lo chiarirono dello stato, in che si trovano le ovaie della pulce prima dell' accoppia- mento col maschio, stato cioè d' inerte immobilità, senza che vi appaia verun movi- mento interno di liquori; e della modificazione, che le ovaie subito provano dopo 1' atto fecondatore; poiché le vide animate da un movimento, il quale assumeva mol- Del Prof. Santo Fattori xeni tiplici fasi, mediante appunto il giro, e le funzioni dei liquori medesimi. Tenendo dietro alle quali funzioni da lui notate su d' altri insetti e in ispecie sulle ova tra- sparenti della PiraliJe del bruco devastatore delle Canapaje, funzioni tutte che indif cavano occultarsi nell' organo della femmina una virtù di sviluppo e di riproduzio- ne, che soltanto rendeasi aperta e operosa dopo di essersi unito coli' organo del ma- schio, venne indotto a credere, che già preesistessero nei due sessi , siano animali , siano vegetabili, degli organi produttori dotati immediatamente dalla mano creatrice di Dio della facoltà di procreare, vale a dire di creare mediatamente, ossia per mez- zo del contatto loro , un nuovo essere capace pur esso di procreare all' età conve- niente. Del resto tanto più si rende plausibile la riserbatezza del Fattori di non aprire il suo concetto circa le cagioni, per le quali si efficace si estima il seme, in quanto che nessuno a di nostri avrebbe immaginato, che derivar se ne dovesse la forza fe- condatrice dagli animaletti o vermicelli spermatici. Eppure è così: multa renascontur, quae jam cecidere. Negli Annali delle Scienze naturali, che stannosi pubblicando a Parigi, nei Tomi primo, secondo e terzo dell'anno 1824. si leggono tre Memorie de' Signori Prévost e Dumas sulla Generazione, le quali per essere appoggiate colla più severa oculatezza sopra fatti positivi conducono a risultamenti del massimo interesse. E certo sarebbe a desiderarsi, che una tale e tanta oculatezza, la quale essi hanno appresa dai nostri Sperimentatori, e in particolare dallo Spallanzani, al cui senno non lasciano di tributare la più grande venerazione, fosse ognora la compagna inse- parabile di chi adopera esperienze in simile genere di cose. L' esistenza dei vermi spermatici, scoperti dall' Hartsoecher e dal LewenoeUio, è un fatto reale, e compro- vato dal Vallisneri e dallo Spallanzani. Ma il primo non li riguardò come necessari all'opera della fecondazione, benché utilissimi col vispo loro moto a mantenere il seme in istato flussibile e scorrente; e il secondo rinvenne il modo di separarli dal seme con artificiosi filtri , ma tacque se concorressero essenzialmente alla feconda- zione. Ora i due Fisiologi Francesi col sussidio del meraviglioso microscopio del ce- lebratissimo nostro Concittadino Giambattista Amici hanno potuto col più paziente metodo sperimentale non solo verificare l'esistenza de' vermicciuoli spermatici, ma di più 1' assoluta loro necessità perchè fecondo si renda il liquore seminale ; riven- dicando cosi r onore ormai scaduto della dottrina dell'Andry, senza partecipare per altro alle fantasie di quel Naturalista, che credeva i vermicelli veri feti , meno poi alle fanatiche stravaganze del Dalempazio, che sotto alle spoglie vermiformi giurava di scorgere degl'inviluppati omaccini. Convenendo pertanto col Vallisneri non essere i detti vermi altra cosa che semplici insetti proprj esclusivamente del seme , aggiu- gnendo però essere il prodotto di una schietta secrezione dei didimi costituenti il solo organo essenziale alla facoltà prolifica, eglino fra le molte prove rifecero l'espe- rienza del filtro eseguita dallo Spallanzani , la quale del tutto liberava dai vermi r onda genitale. La porzione di questa, che distillò al di sotto del filtro , posta al xciv Elogio contatto delle uova, fu trovata inetta a fecondarle, perchè scevra di vermi; e la por- zione, che ne rimase al di sopra, versata sulle uova, fu trovata capace a fecondarne più centinaja, perchè brulicante di vermi. In tal modo eglino divennero ad una con- seguenza rilevantissima , che lo Spallanzani, checciiè ne fosse il motivo , non curò di dedurre. Anche sulle ovaje, che, rispetto alla femmina, rispondono a ciò, che so- no i didimi, rispetto al maschio » nella qualità di apparecchj precipui della genera- zione, non che sui rapporti dell' uovo col liquor prolifico rivolsero l'attenta laro cu- ra. Nulla ostante ne sembra, che ad onta della scrupolosa esattezza de' loro esperi- menti per fissare colla maggiore approssimazione 1' istante reale della fecondazione , e per separare quello che in generale confondeasi da' Fisiologi, il momento cioè del- la fecondazione dal momento della copula , siano proceduti a conclusioni alquanto precipitate. Perocché avendo eglino osservato che in nessuna epoca dall' atto della fecondazione si riscontrano gli animaletti spermatici nella cavità delle ovaje , atteso che questi si fermano numerosi nelle corna dell' utero, e solo qualche volta , ed in picciola quantità progrediscono nel vano delle trombe, conchiusero, che la feconda- zione non abbia propriamente luogo nell'ovaja. II che ammesso da loro, conchiuse- ro pure che l' istante della fecondazione sia di molto posteriore a quello dell'accop- piamento, essendo che 1" uovo non sia, per loro avviso, fecondato se non alloraquan- do discenda dall'ovaia nella tromlia, o in uno dei corni dell'utero, dove può tro- varsi in contatto col liquor seminale. Per la qual cosa cadrebbe a terra quello, che sin ora si è creduto dai più sagaci Fisiologi intorno all' uso e alle funzioni delle tube , che cioè nell'atto venereo l'estremità fimbriata della tromba s'aggrovigli all'ovaja, e pei proprii meati vi spruzzi dentro il seme a fecondare qualcuno degli uovicini, il quale poi, squarciata la membrana dell' ovaja, e per la tuba calato nell' utero, lasci neir ovaja, per segno di essersene spiccato, il corpo luteo. Secondo i Signori Prévost e Dumas converrebbe modificare diversamento gli officj delle trombe, e supporre che 1' energia della semenza virile arrestatasi coi vermicelli spermatici nelle corna fosse tale e tanta da stuzzicare da quel punto la membrana delle trombe, la quale essen- do, come ne sospetta il Fattori nella sua Guida Anatomica, muscolosa nella donna, e muscolosa irritabile in molti bruti , ecciterebbe le estremità fimbriate, da alcuni tenute pur esse di muscolosa natura, a ricevere e condurre pel canale delle trombe gli ovoli, qualora, aperte che si fossero a que' moti e irritamenti le capsule dell'ovaja, gli ovoli stessi dopo un dato tempo se ne fossero staccati. Ma in ogni modo come non consultarono il Vallisneri , laddove nella Parte prima, Capo decimoterzo della sua Storia della Generazione risponde all'Andry, il quale opinava, che i vermicelli non entrassero nell'uovo se rjon quando fosse l'uovo disceso nell'utero, e lo con- vince di pretta falsità col ricordargli i casi di Feti rinvenuti nelle tube e nelle ovaje, quale segno evidente che oltre alle corna e alle tube s' insinua lo sperma, e fecon- da le -ovaje? Avrei quindi amato (e sia detto con tutto l'ossequio a due si ragguar- devoli Fisiologi ) che prevenuta avessero una tale obbiezione , che mi pare di gran Del Prof. Santo Fattoui xcv peso, perchè desunta dal fatto, con qualche cenno; oppure cercato avessero almeno di spiegare i casi esposti dal Vallisneri, siccome irregolarità, in grazia delle quali le corna o le trombe sospinta avessero, a tenore del loro asserto, fuori del corso ordi- nario parte della linfa prolifica insiem co' vermi sin dentro il liquore, che bagna le ovaje. Vero è per altro, che io non saprei comprendere come anche nell' accordata supposizione i Signori Prévost e Dumas ritener potessero quali irregolarità i casi ad- dotti dal Vallisneri, qualora si consideri , secondo che si compiacque avvertirmene all' uopo il eh. Professor Giovanni Bianchi, i.° che non succede staccamento di ger- me od uovicino dall' ovaja della femmina, e quindi non si forma in via ordinaria un corpo luteo uell' ovaja stessa senza l'azione dello sperma del maschio introdotto per copula; a." che dietro le irrefragabili esperienze dello Spallanzani non avviene azio- ne alcuna dello sperma del maschio sul germe della femmina se non se nel rappor- to, già da noi riferito altrove , del contatto reciproco fra i due corpi medesimi , lo sperma cioè e 1' uovo, che stassi annidato nella vescichetta Graafiana, dove il vide, mercè le pruove più delicate, il Baer. Per le quali considerazioni sembra confermar- si ad evidenza, che la fecondazione tenga sua sede nelle ovaje , e che non sussista la sentenza dei due lodati Sperimentatori. Piuttosto, aggiungo io, sarebbero a dirsi irre- golarità quei corpi lutei , che il Brugnoni ed altri assicurano di aver veduti nelle ovaje di molte vergini; per lo che saviamente Edoardo Seymour, come si ha dal Sun- to di un suo Commentario intorno alle principali malattie dell' ovaja stampato nel Voi. 56. degli Annali Medici dell'Omodei ^ Milano i83o — ,nell'atto che acconsen- te non essere impossibile ad avverarsi per motivi, che qui è soverchio il ripetere, il fenomeno dei corpi lutei nelle femmine vergini, dichiara poi essere un tal fenomeno ordinario sempre nel concepimento. Serbando adunque il Fattori un prudente silenzio intorno a ciò, che sommini- stri l'energia allo stimolo maschile per incitare i vasi arteriosi destinati in partico- lare a tessere gì' involucri e il corpo del Feto, egli viene accostandosi all'applicazio- ne della sua Teorica riguardo alla mostruosità del Feto nel Feto. Per quella affinità, la quale passa fra questo fenomeno e l'altro di uova entro ad altre uova, ei non tra- lasciò di citare i più accreditati scrittori del secondo fenomeno , e fermossi a prefe- renza sul Vallisneri. Questi nel Tomo a. pag. 77. delle sue Opere volendo dare ra- gione della stranezza del fenomeno riferito, ma non ispiegato dal Duarael, e dai Cu- riosi di Germania , che lo annunziarono colle parole = ovum ovo praegnans =, presuppose che le due uova in tempi diversi, e fra di esse disgiunte, calassero dal primo utero della gallina nel secondo; ma che l' uovo minore appunto per la sua leggerezza e piccolezza non fosse in istato d' irritare le fibre della membrana del se- condo utero tanto che coli' incresparsi e collo stringersi ne lo potessero scacciare den- tro la cloaca, e perciò venisse 1' uovicino astretto a dimorare nell'utero secondo sino a che sopraggiugnesse l' altro uovo maggiore, il quale per avere tenera e arrendevo- le la buccia dall' istante, in cui anch' esso vi scese, urtando nell'uovicino, e ceden- xcvi Elogio done per ogni punto alla resistenza , sei chiudesse poi nel proprio seno , come per incastro. Neil' addotta condizione di cose la corteccia si andò compiendo e sanando attorno air uovo maggiore mercè la materia gessosa , la quale , die' egli , si cribra e geme da alcune boccucce, che metton foce colà dentro. A indebolire un tale pre- suppostOj il Fattori fa notare le uova gemine, nelle quali si scorgono duplicati 1' al- bume ed il tuorlo sotto un solo esterno inviluppo. Per lo che ne deriva apertamen- te che le due uova non in tempi diversi, né fra loro disgiunte, ma in un sol tem- po, e unite insieme, staccate che si furono dall' ovaja, si misero nell'ovidutto. Non trova eziandio verisimile, che 1' uovo minore venisse imprigionato dal maggiore collo squarciarsi dell' esterna membrana di quest'ultimo; poiché osserva che la detta mem- brana appare coperta di uno strato assai regolare ed uniforme della materia gessosa, di che va composta. Come immaginare che lo strato si fosse nella spalmatura, e nel- la distribuzione dei pori, mantenuto cosi uguale al guscio delle altre uova , quando la membrana avesse riportato, non già un minimo turbamento, ma una lesione sì grave; molto più se riflettasi alla somma influenza , che il Fattori mostrò esercitare la membrana nel disporre e nell' adagiare attorno di sé le croste della materia ges- sosa? Quanto meglio non sarebbe il credere, che 1' uovo esterno e 1' interno si pro- ducessero, e insieme crescessero nell' ovaja sotto uno stesso comune integumento? Della quale sua opinione rinviene un forte motivo nelle uova, che portano due tuor- li; essendoché in quelle le strisce candide, dalle quali sono avvinte le calaze sulla superficie della membrana del tuorlo , si aggirano prima per mezzo agli albumi , e poi tutte e quattro s' avviano alla sola membrana esterna , e ad essa si appigliano. Dal che ne conseguita, che nelle due uova uno degli albumi va privo senza dubbio della propria membrana. Ma il fatto ci mette innanzi un uovo munito di guscio dentro un altro uovo; e questo è il caso, che il Vallisneri intese propriamente di spiegare. Il Fattori non se ne schermisce, ed anzi conviene potere avvenire, che ciascuno degli al- bumi delle due uova sia provveduto della propria membrana; si però che la membra- na dell' uovo contenuto stia sommersa nell' albume dell' uovo contenente. Siffatta membrana lievissima nel restarsi così naufraga nell' albume a poco a poco acquista consistenza, perchè 1' albume a lui pare che comprenda molta materia non dissimile da quella, che serve alla formazione del guscio; e non reca perciò meraviglia , se 1' uovirino nell' assorbire dalla chiara, che lo circonda, le parti più fluide , attenda a fabbricarsi delle altre parti più dense la scorza, che certo più sottile rimansi del- la scorza o guscio lavorato sul terminare dell'ovidutto, e perchè l'albume meno ab- bonda, che non la poltiglia versata nella cloaca, di sali calcari, e perchè la cortec- cia dell'uovicino, per essere come incarcerata, minor forza ottiene di svilupparsi, che non la corteccia esterna dell'uovo maggiore, la quale, sdrucciolata che sia dentro la cloaca, riporta intiero il suo compimento. L'uovicino intanto, venendo sforzato a trar- re il suo alimento dall'albume, in cui nuota, si resta assai piccolo, e talvolta è sfornito di tuorlo, perchè appunto il tuorlo essendo una secrezione dell'albume, poco Del Prof. Santo Fattoui xcvii di tal secrezione può somministrargli 1' albume dell' uovo maggiore intento a nudri- re il proprio tuorlo; e talvolta ancora non riesce a vestirsi della dura corteccia ( ben- ché questa pei motivi sopraddetti non emuli mai nella grossezza il guscio dell'uovo maggiore ), qualora la sua membrana giacciasi in un albume povero di sali calcari- Un altro caso si volle pure considerare da parecchi siccome analogo al caso del Feto nel Feto, ed è quello dei Gorgoglioni. Il Fattori non ne avrebbe fatto motto , se r Haller ne' suoi Elementi di Fisiologia non lo avesse rammentato in proposito di un' altrui osservazione sopra una donna nata gravida; per il che asserì con sorpresa, che se mai un tale caso fosse possibile ad avverarsi, 1' uomo, a suo parere, non sa- rebbe dissimile dall' indole de' Gorgoglioni. Per la venerazione che si merita anche un semplice dubbio mosso da una tanta autorità, ei non ommise di ragionare di que- sti insetti, affinchè più franco e più scevro da pregiudizj potesse poi manifestarsi ciò che da lui si pensasse sulla formazione dei Feci detti gravidi. Attenendosi pertanto ai fatti, non alle ipotesi, riporta gli accurati esperimenti del Reaumur, ripetuti in appres- so dal Bonnet, e le minute disamine dello svezzese de Geer. Questi portò primiera- mente la sua attenzione al sesso de' Gorgoglioni, e gli venne fatto di riconoscere gli organi del maschio e della femmina: inseguito alle loro ali, e vide non essere le ali un carattere, che distingua un sesso dall' altro , poiché si il maschio che la femmi- na ne andavano provveduti e non provveduti: indi al tempo del loro accoppiamen- to, e s' avvide, che le nozze loro accadevano sul compiersi della buona stagione: po- scia al prodotto di tali nozze, e si accertò che ne nascevano delle uova , talmente- chè nella primiera loro generazione i Gorgoglioni erano ovipari; finalmente alle suc- cessive loro generazioni, e osservò in primo luogo, che le uova deposte e fecondate sul cessare d' autunno si manteneano intatte nel verno sfidandone la rigidezza ; in secondo luogo, che nel sopraggiugnere deMa stagione migliore le dette uova svilup- pavano da sé gì' insetti; e in terzo luogo che i menzionati insetti , passato appunto il verno , non faceano tra loro veruno accoppiamento , ma che nulla ostante tutti comparivano fecondi, e per più generazioni sempre vivipari, finché per 1' ultima ge- nerazione annua ritornando a congiungersi rinnovavano la deposizione delle uova, le quali, siccome 1' autunno scorso, serbavano attraverso del verno la specie da un an- no all' altro. Dalle quali osservazioni risulta, non già che i Gorgoglioni si faccia- no adulti nel ventre materno, e colà reciprocamente s' ingravidino , come sulle pri- me sospettò il de Geer; meno poi che siffatti insetti siano stati creati all' oggetto di confondere ogni sistema e raziocinio^ e indurre eccezione alle regole più comuni del- la Generazione, come poco dopo suppose lo stesso Autore, ma solamente, secondo la riflession del Fattori, che per divina Provvidenza varia essendo 1' economia animale nelle varie specie in molte altre funzioni, non è a stupire che varia sia ancora la fun- zione del propagarsi. E di vero se noi consideriamo i polipi non veggiamo forse che tengono una maniera di propagarsi loro propria , e ben diversa da quella dei Gor- goglioni e dei Monocoli? Non è forse vario il muoversi dei fluidi, e il riprodursi Tomo XX. i3 xGviii Elogio delle parti? e vario al segno, che quanto è proprio ed ordinario in alcuni animali , in altri può sembrare strano e mostruoso ? Conchiude quindi il Fattori essere due cose differentissime il nascimento dei Gorgoglioni gravidi, od atti a divenir gravidi senza congresso di mascliio, e il nascimento degli animali e dell' uomo , qualora per mostruosità uscissero gravidi dal ventre materno. Piuttosto le disamine del de Geer conducono a provare col fatto, ma non già secondo le viste inconcepibili de' segua- ci della Evoluzione, che vedemmo neglette dal Fattori, la squisita efficacia del seme vivificatore; poiché questo venendo portato in giro nei descritti insetti dalla prima generazione sino alla nona ( che tante ne contano dentro un anno, e cariche per cia- scuna di numerosissima figliuolanza, il Reaumur ed il Bonnet) è capace d'infonde- re su di quelle si copiose e protratte generazioni gli elementi atti ad incitare la for- za di riproduzione. Il caso perciò dei Gorgoglioni non è analogo per nulla al caso del Feto nel Feto, poiché il primo è regolare e comune, sendochè si deriva dal na- turale modo di propagarsi di quegl' insetti, e il secondo è mostruoso e straordinario, sendochè si scosta dalla norma generale del propagarsi degli animali e dell' uomo Stesso. Analogo bensì al caso de' Feti chiamati gravidi, ed anzi identico sarebbe quel- lo delle femmine di certi topi della Persia rammentate da Aristotele , gli embrioni delle quali, tagliati che furono, parvero quasi pregnanti; se il detto racconto non fosse espresso da Aristotele con parole dubitative, e se il Vallisneri non contraddi- cesse il racconto medesimo col protestare di non aver mai potuto rinvenire ne' sorcj un feto pregnante; per il che prevale il sospetto , che dopo Aristotele alcuni osser- vatori poco pratici scambiassero pei feti gravidi que' feti mostruosi perchè conforma- ti in modo irregolare, e stranamente gonfj. Il Fattori però non tiene impossibile, che ne' topi succeda, che un feto sia dentro ad un altro feto, siccome assicura, dietro a citati esempi, che avvenga ne' buoi e ne' cavalli, dubitandone poi nei cervi , nei cani e ne' granchj, e negandolo nei lombrichi umani; poiché que' cotali filamenti , che si racchiudono nei lombrichi, non sono già verminetti filiformi, secondo che ta- luno credeva, ma, giusta l'opinione di Olao Borrichio , semplici intestini, oppure ovidutti. Il Fattori avendo prenotate queste cose , e altre molte intorno a ciò, che negl' insetti, nelle uova gallinacee, negli animali, e nella specie umana ( in cui rimarca- bili sono i casi di maschj nati gravidi di un altro feto ) poteva occorrere di confor- me o di simile al fenomeno, che intendeva illustrare, ei mise tutta la cura nel de- scrivere il Feto da sé posseduto. Eccone in succinto la storia. Neil' anno 1810 tro- vandosi egli per sorte nel Comune di San Felice, che forma parte del territorio di Modena, gli fu mostrato dal Dottore Pedrini esperto medico e già Podestà di quel Comune, e dal Chirurgo Zavatta un feto assai curioso per una grossa borsa, che dal tronco pendeagli fra le coscie, del quale feto erasi per aborto disgravidata nel set- timo mese Agata Gavioli moglie di Luigi Lupi agricoltore. Egli fece una leggiera Del Prof. Santo Fattori xcix incisione al basso ventre del Feto, e sulla borsa pendente; e nell'uno e nell'altra vide rudimenti di un secondo feto. Ebbe a testimonj oculari di quanto egli osservò nel Feto il Dottor Costa-Giani, che colà insegnava Fisica, il Duttor Vandelli valen- tissimo Professore di Chirurgia , in allora nel Liceo , ed ora nella R. Università di Modena, e 1' egregio Chirurgo e Ostetricante Pietro Porta Modenese, ancor vivente. Ottenuto in dono il Feto gravido , sei recò a Pavia , e dietro le considerazioni del Mangili, dell' amico e concittadino suo Jacopi, e di quel sommo luminare d' Europa, oggi mancato con tanto danno della Scienza anatomica, lo Scarpa, lo fece disegnare dall'Anderloni in quattro tavole, alle quali congiunse le proprie spiegazioni. Ora per render ragiona finalmento del fenomeno nella guisa , che meglio con- venisse a rigorosa indagine anatomica e fisiologica, egli richiama le sue osservazioni intorno alla facoltà secretoria dei vasi sanguigni, e ia ispecie arteriosi, i quali, di- ramandosi per entro all'ovaja, hanno il carico di formare il primo abbozzo del Feto. Nella minuta, ma indispensabile, analisi, che in addietro se ne diede, si potè scor- gere come da' principali tronchi spermatici partono varj pennelli di vasi sanguigni, i quali pennelli tanti sono di numero, quanti sono i calici nell' ovaja ; e di più si potè scorgere come i pennelli medesimi ne' loro allungamenti vadano a lavorare l'uo- vo nella sostanza del calice. Le addotte particolarità di tali pennelli racchiudono il segreto per isciogliere il nodo della quistione dei Feti volgarmente appellati gravidi. Dal contarsi i pennelli pari al numero dei calici si deduce nel modo più chiaro come si ordisca il tessuto così regolare che abnorme del Feto. Se un pennello solo si por- ti dentro un solo calice, il calice diviene il nido di un solo uovo; e il pennello stesso spandendo le sue ramificazioni fabbrica in appresso la placenta, dalla quale a poco a poco germogliano i rudimenti di un semplice Feto; e regolare se ne dice il tessuto. Se viceversa più pennelli concorrano ad un solo calice , il calice diventa il nido di un uovo composto; e i pennelli stessi per essere moltiplici spandendo moltiplici ra- mificazioni, che per og'ni verso avviluppansi , si mischiano e si confondono, fabbri- cano più placente, dalle quali per necessario effetto a poco a poco germogliano ru- dimenti avviluppati, misti e confusi di un Feto composto ; ed irregolare se ne dice il tessuto. Il che riceve luce di analogia da uguali aberrazioni che si osservano nei vegetabili, e molto più dal vedere nelle galline pendere un doppio uovo da un ca- lice unico. Essendo pertanto composto 1' uovo, ed unico il calice, si concepisce age- volmente come per opera dei pennelli si travagli un comune integumento, dirò così, per le parti del medesimo uovo composto, e come da questo uovo in via di secre- zione si sviluppino, a guisa dei notati due tuorli di certe uova gallinacee prodotti per secrezione dall'albume dentro ad una sola membrana, due germi od embrioni, di cui l'uno si faccia capace dell'altro, di cui l'uno cioè divenga contenente od ester- no, e l'altro contenuto od interno; onde poi per la successiva opera delle placente ne provenga un Feto per eccellenza composto, il quale nel proprio seno un feticino racchiuda. Si concepisce innoltre 1' origine dei Mostri , che 1' Haller distinse in ac- e Elogio cidentali ed in primìgenj, assegnando alla classe degli accidentali i feti semplici man- canti di qualche parte, o nelle membra contorti e sfigurati, ed alla classe dei pri- migenj i feti composti, quali sono, dopo i feti gravidi, i feti congiunti, o con parti soprannumerarie , bicipiti e biventri. Perocché può succedere, quanto ai Mostri ac- cidentali, che un solo pennello o per iscarsezza di vitale incitamento, o per viziosa inerzia della sostanza del calice, non getti ramificazioni bastantemente vigorose, sic- ché debole o imperfetta ne torni 1' orditura della placenta , e quindi non del tutto o non bene formati se ne generino i rudimenti del Feto semplice ; onde questo ne riporti difetto di membra o di figura: e quanto ai Mostri primigeni può accadere che per la moltiplicità de' pennelli e delle placente, e per la confusione dei rudimenti del Feto alle volte una parte sola del Feto contenuto ottenga e sede più comoda e nutrizio- ne più adatta; e che questa sola parte s'agglutini al Feto contenente senza gravedi lui danno, e che le altre parti del Feto contenuto o non crescano o scompajano. Ecco perciò, ne inferisce il Fattori, ecco perciò, che troviamo farsi menzione di mem- bra sopraggiunte, e che spuntano sollevando la cute dei Feti contenenti, oppure che la cute stessa serve loro di sacco, o d' integumento ; ed ecco ancora , che, atteso le angustie ed altri ostacoli, i rudimenti del Feto contenuto ora sono intieramente for- mati, ed ora soltanto in frazioni. La quale ultima avvertenza del Fattori dichiara il caso di siffatte frazioni assai meglio che noi faccia il Prokaska laddove nel lungo squarcio, da me riferito in principio, accenna, che quantunque alla produzione del Feto nel Feto si ricerchino le materie generative d' ambo i Genitori, questo per al- tro non può avverarsi quando entro a tumori si rinvengono de' capegli o dei denti a parte; attesoché tali capegli e denti, Egli dice, possono facilmente nascere dalla viziata mescolanza delle parti solide e liquide nientemeno come si formano i vermi viscerali ed altre morbose vegetazioni. Ivi si vede, che il Prokaska con una certa in- coerenza abbandona la Teorica da sé abbracciata della promiscuità dei semi , e si appiglia a quella delle vegetazioni morbose per dare spiegazione di una parte del fenomeno, la quale è puramente accessoria alla parte principale del fenomeno stesso. Il Fattori per lo incontro, in nulla discorde dai fissati principj , fa che piuttosto ritenghiamo que' capegli e que' denti quali frazioni di un feto per le anzidette cau- se non compito. Il Seymour nel Sunto del suo Commentario dianzi citato alla pa- gina 184. dell'indicato Volume degli Annali Medici dell' Omodei , parlando delle alterazioni patologiche dell' ovaja^ novera i tumori, i quali o crescono nella sostanza dell'ovaja medesima, o ad essa vengono raccomandati per mezzo di un peduncolo; ed atlerma che i detti tumori non solo vanno ripieni di capelli e di materia adiposa , ma ben anche di frammenti d' ossa, di porzioni di processo alveolare con uno o più denti, anzi dell' intera mandibola con tutti i denti. Dietro ad una osservazione di fatto, che cioè tali tumori si generino persin nelle vergini e nei maschj , e in altre parti del corpo, oltre le ovaje , egli opina , che siffatte produzioni siano da risguar- darsi quali imperfetti concepimenti, la cui formazione fosse simultanea coli' indivi Del Prof. Santo Fattori ci duo, in cui quelle s'incontrano, o, per dirlo più chiaramente^ quale efifetto d'incom- piuto concepimento nella madre degl' individui , in cui tali tumori si produssero ; e che per conseguenza provengano dal medesimo atto generativo. Ottimamente; ma il Medico Inglese avrebbe potuto particolareggiare di più la qualità dell' imperfezione del concepimento, la quale, nell'addotto caso, sarebbe di eccesso, e quindi attinente a quelle imperfezioni , che vedemmo essere proprie dei Mostri composti ; il che lo avrebbe forse guidato a raggiugnere ancora la causa dell' imperfezione del concepi- mento medesimo. Ad ogni modo l'imperfezione di questo, appunto perchè proviene dallo stesso atto generativo, sarebbe mai a dedursi da quanto più sopra sospetta il Fattori circa le parti del Feto contenuto conglutinatesi col Feto contenente, o da quanto infe- risce dai rudimenti del Feto contenuto sviluppatisi in frazioni entro il Feto contenente'' Io non vorrei dubitarne, ed anzi applicherei le spontanee deduzioni del Fattori anche al caso lamentevole avvenuto l'anno scorso nella città di Reggio di Lombardia nella persona di una Giovine rapita nel fior degli anni al cuore di un padre, che teneramente r amava. Già di quattordici anni felicemente donata del benefizio lunare, la sa- lute le arrise sino all' anno diciannovesimo. Ella cominciò ad accusare de' di- sturbi gastrici, che ben presto si conobbe essere promossi da un tumore all' ipogra- strio: per il che, subita la paracentesi per ben ventinove volte, dopo cinque anni e mezzo di patimenti atrocissimi dovette succumbere. La dissezion del cadavere, pra- ticata il dì IO. Novembre i83a. alla presenza del Ch. Signor Dottore Giuseppe Bedeschi Medico-Chirurgo di sommo grido in Scandiano, dell'egregio Dottor Pu- glia Medico nello Spedale di Santa Maria di Reggio, del Dottor Parmigiani Me- dico Astante, del Dottor Peri valente Chirurgo nel detto Spedale e del Dottor Zan- nini Reggiano, palesò nella Giovine caratteri di serbata virginità, e 1' ovaja sinistra convertita in ampio tumore ovoide del peso di libbre aa 5, liscio , di color bianco carneo con involucro membranoso. Varie fibre ligamentose raccomandavano il tumo- re qua e là al peritoneo, più robuste mostrandosi nella regione iliaca destra. Dall' omento inscrivasi nel tumore un grosso vaso sanguigno serpentino, il quale tosto, tra- passato avendo l' involucro, si dilTondeva in piccioli rami difficili da seguirsi. Aperto il tumore nel lato sinistro, ove sentita erasi fluttuazione, ne sgorgò un liquido in parte oleoso e in parte lattiginoso-cinereo della quantità incirca di libbre 4- Galleg- giavano in questo alcuni pezzi, alquanto voluminosi, di sostanza burro-caseosa, pe- santi insieme più di once io. Il rimanente del tumore, formato da diverse sostanze solide, si vide composto di molto cisti, di non eguale capacità, contenenti materia sebacea o gelatinosa. Veniano sotto il tatto qua e là delle prominenze assai dure ; ond' è che esaminando successivamente la sostanza del tumore vi si trovarono sparsi degli ossicini di svariatissime configurazioni in numero di 160. Di più T'erano da ben 100. denti, alcuni somiglianti ai canini nostri, altri ai molari , ed altri agl'in- cisivi, muniti, quasi tutti, del nucleo generatore, ma non tutti terminanti in radice compita; anzi in parecchi non istava preparato fuorché lo smalto, tenendo 1' aspetto cu Elogio del deciduo, e alcuni quello del permanente nell' uomo adulto. Questi denti erano per la maggior parte liberi od appoggiati a sostanza cartilaginosa , e non pochi in- castrati con ossa non piccole gli uni sovrapposti agli altri , e in qualche modo sur un'arco di più pezzi osseo-cartilaginei vedeansi due incisivi, un canino ed uno o due molari. In fine s' appresentarono all'occhio molti peli e capelli assai fini di co- lore castagno di varia lunghezza, la maggiore essendo di una spanna, natanti o nel liquido, o per entro le cisti, potendo alcune di esse cisti risguardarsi come fabbri- cate da un ammasso di peli, o di lanugine bianca. Nel Dizionario compendioso delle Scienze mediche, il quale compilato e impres- so a Parigi venne poi ristampato e accresciuto di un' Appendice a Milano Tom. 12. Parte i- Anno iSaS. al §. a. dell'Articolo Ovaire, in cui ragionasi delle malattie dell' ovaja, leggo che si dà ragione al Baillie per avere preteso dietro i motivi stessi con- templati dal Seymour, che la presenza de' capelli, delle ossa e dei denti nell' ovaja non sia segno, che faccia" supporre di necessità una precedente fecondazione. Ma ciò, che v' ha di particolare nel caso nostro si è che la Giovine per tanto tempo e sen- za previi sconcerti godesse in sino all'anno diciannovesimo una florida salute; quan- do in un caso consimile narrato dal Lentin nel Fascicolo primo delle osservazioni mediche, Lipsia 1764. secondo la citazione del Fattori pag. 28. dell'Opuscolo, trovia- mo detto di una Giovine, che==:jam ab utero abdomen habuit elatura , durumque tactu, ex quo semper aegrotavit. = Primieramente si può rispondere, che non ogni volta ciò che arvetiga in un caso dee ritenersi che abbia a succedere in un altro , quantunque sentano ambedue dell' indole stessa e della stessa natura. Poiché si trat- ta di cagione rimota od occulta, e forse di concause, non è concesso l'affermare con sicurezza né la qualità^ né la quantità degli effetti; meno poi il pretenderne la me- desimezza. Secondamente, quando un fatto, dietro a perizia oculare, ci è sommini- strato da Fisici esperti come innegabile , la critica esige che cerchiamo d' indagare una ragione, la quale sia, per quanto ne riesca, analoga col fatto stesso , e non già con un altro fatto, che, sebbene sia certo anch' esso , non viene però accompagnato da circostanze uguali. E ben diverse in fatti furono le circostanze. Il tumore della Giovine osservata dal Lentin si aperse spontaneamente, e a più riprese estrarre se ne poterono le materie del Feto, che conteneva, sino a tanto che terminatane l'e- stirpazione, e rammarginato l'ulcero la inferma si vide ridonata a salute; e il tu- more della Giovine Reggiana, ad onta della paracentesi sofferta, continuò a serbare in sé le materie, che a morte la trassero. Nel tumore della prima coraprendeasi la maggior parte di un Feto, ben distinto; e nel tumore della seconda non istavano fuorché rudimenti. Da queste diverse particolarità consegue probabilmente il motivo, perché la gonfiezza e il dolore si appalesassero così tardi nella Giovine di Reggio, e air epoca appunto del più rigoglioso di lei sviluppo organico , quando cioè in mag- gior copia, con maggior energia portavasi il sangue, che non negli anni precedenti la pubertà, al sistema vasculare delle ovaje. Le materie regolari fluide e solide pò- Del Pkof. Santo Fattori cui terono allora venire a contatto e ad urto deciso colle abnormi; e queste, sino a quel punto state latenti, perchè il prodotto di segrete successive secrezioni, giunsero quin- di con senso di grave doglia ad erompere in un tumore, che a mano a mano si ac- crebbe colla ruina del tessuto normale. Un' altra particolarità è a notarsi. Chi sottil- mente ragguardi al sacco dei tumori, dentro al quale si scuoprono feti o frammenti di feto, non 2>otrà non rilevarvi espressi, o almanco indiziati, dei vasi, che, dopo aver serpeggiato per 1' interno, vanno insinuandosi, e quasi direi insetandosi per la spes- sezza del sacco, passata la quale, si allungano per la esterior superficie del sacco stes- so, dove con tutta verisimiglianza trovavasi il punto , in cui li detti vasi abbocca- vansi per anastomosa con qualche ramo sanguigno proveniente dal corpo dell' indi- viduo portante il tumore. In simile caso si direbbe che il sacco adempiesse le veci della placenta; e alla placenta si è già veduto, che spetta l'officio di lavorare all' uopo con secrezione continua di fluidi e di solidi il tessuto del Feto o de' suoi fram- menti. E tanto appunto credette il Fattori alla faccie 3o. 3i. dell' Opuscolo, dove ri- ferisce ciò che il Dottor Young vide nell' esame del tumore del bambino Hare , che dentro a sé racchiudeva un Feto. Ora procedendo al caso della Giovine Reggiana dico brevemente, che sebben nel tumore dell'ovaja non siano stati scoperti vasi cos- picui, nulla ostante lo sviluppo delle ossa e dei denti e delle parti sarcomatose li fa supporre abbastanza quali organi secretorj di lor formazione; e tanto più acqui- sta di probabilità anche nel caso nostro 1' ipotesi del Fattori circa i rudimenti del Feto contenuto svoltisi in frazioni entro il Feto contenente , quanto che un grosso vaso sanguigno serpentino dall'omento inscrivasi nel tumore, diramandosi in parti- colare nella densità dell' involucro e perdendosi nelle parti carnose. Se una morte ahi! troppo immatura non ci avesse involato il Fattori, col quale, statogli Maestro in Pavia, il Bedeschi tenne stretto epistolare commercio, certo che questi non avrebbe tralasciato di consultarlo su tale fenomeno patologico , siccome fece in due casi, di cui, perchè rari e difficili, terrò qui di volo discorso. Il primo spetta ad un Feto sviluppatosi sino a maturità nel collo dell' utero enormemente di- steso, il qual viscere vedeasi bipartito verticalmente da un setto carnoso triangolare largo un pollice e mezzo, e lungo due e mezzo: per il che verisimilmente non potè prestarsi alla dilatazion necessaria all'ingrandimento del Feto. La porzione del pez- zo patologico non guasta dalla putrefazione venne spedita e accompagnata con ele- gante lettera latina dal Bedeschi al suo Fattori per essere collocata nel Gabinetto Anatomico di Modena. Il secondo caso appartiene ad un singhiozzo con convulsio- ni, il quale cessava al comprimersi dei polsi del carpo nel fanciullo, che da più an- ni erane affetto, e persino all' appoggiare lievemente la testa di uno spillo sulla co- rona dell' ugna d' ambo i pollici; levandosi la qual compressione , il singulto si rin- novava, e persisteva col portare al deliquio il paziente, che in fine restonne libero colla improvvisa immersione di uno de' pollici suddetti eseguita dal curante nell'ac- qua bollente. La storia di quest' ultimo caso, che il Bedeschi lesse ad altro suo ve- civ Elogio nerato Maestro, lo Scarpa, fu poscia da lui nel i8a6. inserita nel Giornale Analiti- co di Medicina pubblicato in Milano dal Dottore Strambio, e con belle osservazioni indirizzata all'Autore della Disamina delle due Dottrine mediche Bufaliniana e Tom- masiniana, il celebre Dottor Geromini. Qualche considerazione in fine richiede 1' opera famigerata delle Mostriiosità umane del Signor Geoffroy-Saint-Hilaire impressa in Parigi 1' anno i8aa. Questo ge- nio ardito e trascendente mosso dalla idea archetipa del Leibnitz, che il generale e particolare collegamento delle leggi dell' Ontologia comprendeva sotto l' espressione della Varietà nella Unità, venne indotto a verificarne il rjsultamento nelle sue in- dagini sul!' organizzazione degli esseri, e quindi proclamò 1' unità della Composizio- ne organica. Contemplando perciò le Mostruosità siccome altrettante deviazioni da una tale Unità ne rinviene la causa nell' intervento di esteriori e accidentali lesio- ni; per il che il Niso formativo del Blumenbach , senza che rimanga interrotto, è costretto, a tenore delle lesioni perturbatrici, ad ordire un essere, che diviene ano- malo e mostruoso solo perchè scostandosi dalle forme della propria specie si riveste, a suo giudizio, di quelle di un'altra. Egli ha limitate le sue ricerche alle Mostruo- sità per difetto, nella esposizion delle quali ha supposto col fatto ciò che il Fattori dimostrò con tanta evidenza intorno alla efficacia delle arterie , il cui officio si è quello di lavorare gì' involucri del Feto. Secondo lui le aderenze del Feto stesso co' suoi involucri sono 1' unica e necessaria cagione delle Mostruosità, poiché da siffatte aderenze procedono in maggior copia le perturbazioni. Laonde egli vorrebbe che si traesse miglior vantaggio, che non si è fatto, dallo studio delle placente, per distinguerle nelle varie epoche del loro sviluppo, e per iscorgerne il potere di assimilazione, affine di convincersi, eh' elleno sono le molle produttrici dei Feti, contenendone i rudimen- ti, generandone le parti, proteggendole, sostentandole. Per le quali avvertenze , eh' egli corrobora con osservazioni originali, e coi principi eminentemente fisiologici de- sunti dalle quattro grandi regole da lui fissate degli Analoghi , delle Connessioni , dell'Affinità elettiva degli elementi organici e del Contrappeso degli organi, con che, rispetto ai Mostri, decompone in certa guisa l'Organizzazione ne' suoi primi elemen- ti, è a credersi che il Fattori come sarebbesi rallegrato che un tanto uomo si fosse in parecchi punti fatto interprete e amplificatore delle sue teoriche, cosi avrebbe ap- plaudito al pensiero di dirigere le formazioni organiche al segno d' introdurvi un disordine condizionale, e crearvi a piacimento delle deformità. Né senza stupore leg- giamo ciò, che il Saint-Hilaire a tal uopo ha tentato coli' affidare all' incubazione parecchie uova, delle quali con varia industria aveva alterata la condizione, e molto più coli' agire sidle madri stesse, di cui sospese la covatura chiudendone gli ovidutti. Eccomi giunto al compimento di una ormai troppo lunga Nota, nella quale esa- minando 1' opinione del Prokaska si dichiarò ad un tempo per intero la Teorica del Fattori svii Feti detti Gravidi. Affinchè meglio si vedesse quello che il Fisiologo Mo- denese trascelse con giudizio dalle opere altrui , e quello che vi aggiunse del prò- Del Prof. Santo Fattori cv prio, s' investigarono le fonti, d' onde presso gli antichi e i moderni ei potè trarre per avventura gli elementi della Teorica stessa. I principi di Iiii,pprcliè fondati sui fatti, e sull' autorità de' più solenni maestri , vennero dai successivi favellatori di Natura piuttosto illustrati, clie posti in dubbio o in dimenticanza. Breve è il lavoro del Fattori: ma breve è ancor la Tavola di Cebete, che soverchia in pregio cento volumi di Etica. Poca luce vi splende di originalità: ma nella via del Vero e del Bello, diceami con una di sue particolari espressioni l'esimio Michele Araldi, 1' as- sohita originalità riducesi alla dimensione del dito mignolo. Che se innoltre qualche difficoltà rimanesse nel suggello da lui trattato , ricordiamoci che 1' argomento della Generazione si regolare che abnorme dura ancora forte a intendere, secondo che scrivea Dante, e . . . . pare meraviglia, come cotale produzione si può pur conchiu- dere ( col raziocinio ), e collo intelletto vedere: non è cosa da manifestare a lingua....; per che io voglio dire come l'Apostolo: aO altezza delle divizie della sapienzia di Dio, come sono incomprensiliili i tuoi giudizii, e investigabili le tue vie! » ^= Que- ste gravi parole giacciono nel Convito dell'Alighieri Tratt. 4' pag- 336. dell'Edizione, che ne ha pubblicata in Modena nell'anno i83i. con somma perizia di lingua e fior di critica un dottissimo nostro Filologo, il Signor Fortunato Cavazzoni Pederzini. Ma d' ogni cosa sin qui ragionata e discusa si lasci pure, secondochè protestai nell'Elo- gio, ai soli Fisiologi il diritto di proferire sentenza: ad essi soli spetta il suggellare con autorevol suffragio quella lode, che in eleganti endecasillabi tributava a Santo Fattori un suo degno amico e concittadino , Lodovico Antonio Vincenzi , 1' illustre traduttore delle Georgiche, allorché diceva di lui, che A niun più limpida mostrò Natura L' alta Fattura, che al grande Artefice Valse più studio e maggior cura. agi MEMORIE D I FISICA OSSERVAZIONI BOTANICHE DEL DOTTOR OTTAVIANO TARGIONI TOZZETTI PROFESSORE DI BOTANICA, E MATERIA MEDICA IN FIRENZE. Decade vi. Piicevuta alti 8. Novembre 1827. Ne lon avendo avuto più luogo la pubblicazione degli An- nali dell' I. e R. Museo di Fisica e Storia naturale, a ca- gione della soppressione delle Cattedre ivi già istituite j ed avendo io nei due volumi dei detti Annali pubblicato cinque Decadi di osservazioni botaniche, e ritenendone alcune altre inedite, mi fo un pregio di indirizzarne alcune altre ancora inedite alla celebre Società Italiana delle Scienze, anche per sodisfare al mio dovere, come Socio ordinario della medesima. Gomincierò pertanto da una pianta comune nella nostra Italia, ma che dagli autori è confusa come varietà di una spe- cie , e nella quale trovo tal differenza da doverne fare una specie distinta. Descriverò e definirò precisamente ambedue queste specie, per poterne rilevare la differenza dei caratte- ri, e togliere 1' ambiguità dei sinonimi , illustrandole con la figura delle foglie per maggiore chiarezza. Tomo XX. Pp aga Osservazioni Botaniche 5t. RHUS coriaria^ foliis pinnatis, sub septem jugis, fo- liolis subsessilibvis ovatis obtusis crenato-senatis, petiolo com- muni apice alato. Nobis.Hav. ^-fig- i- RHUS coriaria, foliis pinnatis, foliolis ellipticis obtuse den- tatis subtus villosis. Wild. spec. i477- Pers. Syn. Zìi. RHUS coriaria., foliolis ovato-oblongis oblusis , mucrona- tis obtuse-senatis supra scabris subtus villosis, petiolo commu- ni extimis mternodiis membranaceo. Roemer. Systh. veg. 6. j}. 643. Encycl. Sibthorp. FI. graec. i. ago. Nuovo Duhamel. t. 46. RHUS coriaria , foliolis 6-8 ]ugis ovato-oblongis obtusis mucronatis obtuse-serratis subtus villosis , petiolo communi apice subalato, panicula thyrsoidea. Spreng. Systh. i.p. gSó. RHUS coriaria, foliis pinnatis obtuse-serratis ovalibus sub- tus villosis. Gouan. FI. JMonsp. p. aaó. Osservazioni. Moltissimi sono i sinonimi attribuiti a que- sta specie dagli scrittori di botanica , ma tutti poco conven- gono nella descrizione e nelle figure: chi le fa le foglioline più o meno acute , e spesso molto e distintamente seghetta- te ( il che non è vero ). Cesalpino nel suo Erbario p. 1^. n. ^^.ì\\yx?'i\-2ito dal Mi- cheli e dal Dottor Giovanni mio padre e da me, che spero di pubblicare , ne ha un esemplare con le foglioline ovato- oblonghe crenate: egli così lo nomina. P;i; Epvdpog, RHUS RUBR.A. Dioscoridis, Sommacco. Mi- cheli vi aggiunge. Rhus obsoniorum. Caesalp. de Plantis p. 77. Rhus folio Ulmi Bauli. Fin. 414. /. R. Herb. 611. Nella nota fatta da mio padre, dice non credo sia quello. Il racemo di questo esemplare è denso : le foglie ovate cre- nate , seghettate ottusamente , con 1' ultimo dente della ci- ma non acuminato ma ben distinto , subsessih, villose: il pe- ziolo comune in cima alato, onde pare la vera specie del co- riaria più vegeta, e con le foglioline di un ovato più lungo. Duhamel arhr. dice che i denti sono assai grossi, e po- co appuntati ; ma nella figura sono perfettamente seghettati. Del Professor Targioni 298 Linneo nell' orto Clìjfortiano la confonde con altre spe- cie. Nella figura che ne dà Sihthorp le foglioline sono lance- olate piuttosto acute, 1' ultima cuneiforme con denti a sega poco acuti, peziolo comune tutto alato; pannocchia sparsa. Nel nuovo Duhamel la figura di questo Rhus ha le fo- gliolinCj più, o meno dentate ottuse o acuminate: non mostra bene la prima ala del peziolo comune, e lo fa molto peloso. Descrizione. Nasce in diversi boschi della Toscana e della Italia. Lasciato in libertà cresce all'altezza di circa un uomo: riproduce dei polloni di circa due piedi di altezza. Produce rami sparsi im poco pelosi , che terminano in pannocchia di fiori e frutti densa. Le foglie sono sparse più nella cima dei rami che altrove , sono impari-pennate di circa sei coppie di foglioline raramente alterne, le dette foglioline sono ovato-ot- tuse, non acuminate, crenato-seghettate ottusamente, non cre- nate ma intere alla base, l'ultima tende al cuoriforme, sopra verdi cupe scabre, sotto verdi chiare un poco pelose special- mente, nella costola subsessili: nervi paralleli pennati. Pezio- lo comune terete un poco peloso e alato fralle due copie del- le foglioline della cima. Ci viene dalla Sicilia e dal Levante per uso delle conce di quelle pelli dette sommacela. Non ho potuto verificare quale sia questa specie essendoci inviata in polvere dentro dei sacchi, e qualche volta col falso nome di Scotano.) che non credo tale perchè non ne ha 1' odore. Passando all' altra specie confusa con la già descritta, per non abolire il nome antico dato a queste piante la dico. 5a. RHUS SUMAC, foliis impari pinnatis, 7-8 jugis foliolis subsessilibus cuneato lanceolatis acutis serratis basi integri^ extremo cuneiformi decurrente in petiolum: petiolo communi tereti api('e subalato; panicula sparsa. Nobis. Tav. i. fig. 2.. RHUS obsoniorum et coriariorum. Parkinson Theatr p. i45c: an Rhus angusti folium Bauli. Fin. 4'4^^ ^" Sumach angusti folium. Bauli. Prodr. i58? Osservazioni. Questi due sinonimi citati da Linneo nell'or- to CUfFortiano e nell'orto Upsaliense appartengono piuttosto al 294 Osservazioni Botaniche llhus glabrum. Nella flora graeca di Sbithorp alla figura che dà per il Rlius coriaria fa le foglioline lanceolate piuttosto acute^ r ultima delle quali cuneiforme con denti a sega , ma meno acuti di questa specie; peziolo comune tutto alato, pannocchia sparsa; cita i sinonimi dati da Linneo e dice foliis varie den- tato-serratis^ utrinque aciitis minime aciimìnatis ; i quali carat- teri in parte convengono al Wius coriaria e in parte a que- sta specie. ; <'■■■ Questo Rhus confuso e creduto lo stesso del coriaria da tut- ti ( forse perchè impiegato al medesimo uso di conciare le pel- li ) è differente da quello per i seguenti caratteri. In primo luo- go i suoi polloni o fusti crescono molto più alti del Coriaria, si dividono in rami più divaricati. Produce simili fiori e pe- ricarpi disposti in racemi divaricati, non riuniti o aggruppati come nel Coriaria. Le foglie impari-pennate sparse, più lun- ghe che neir altro: le foglioline non sempre opposte o a cop- pie lanceolate^, alla base subcunei-formi intere, di poi con den- ti ben distinti a sega, di apparenza glabre, ma con alcuni pe- li nella parte di sotto delle foglioline su i nervi pennati : la fogliolina terminale più cuneiforme delle altre, e che scende lungo il peziolo fino alla prima coppia susseguente. Il peziolo connine e più terete che nella Coriaria e qualche volta appe- na alato nelle prime coppie. Ebbi anni sono questa pianta da Siena, dal Sig. Professo- re Biagio Bartalini, che mi scrisse nascere essa nella campa- gna di Siena. La conservo nelT Orto Botanico-agrario di Fi- renze. Per accertarmi meglio della sua esistenza nella campagna Senese ne mandai alcune foglie di questa e dell'altra specie, e scrissi al Sig. Dottor Giuseppe Giuli attuai Professore e Di- rettore dell'orto botanico di quella Università, acciò me ne desse precisa notizia: Egli nel 3. Settembre 1827 cosi mi scris- se. „ Le accludo le foglie dei due Rhus che uno è simile a ,, quello di cui mi ha mandato le foglie, e le foglie dell' al- ,.j tro sono del Rhus coriaria, che nasce spontaneo nella Mon- ,, tagnola di Siena, come vi nasce il primo. ,, Del Professore Targioni agS 53. GONOLOBUS vìridis umbellis folio brevioribus pau- cifloris, foliis cordato-ovatis acuminatis, caule volubili. Roem, Systh. veg. b.p. 6i. Tav. II. CYNANCHIUM viridiflorum volubile, foliis cordato-ovatis acuminatis pubescentibus , umbellis axillaribus birsutis elon- gato-peduuculatis. Sprengel. Systh. veg. i. 85i2,. Perenne, con molti cauli scandenti scabri. Peduncoli ascellari di a a 4 fio- ri. Foglie opposte peziolate cuoriformi allungate acute nell'a- pice. Fiori prima della fioritura col calice diviso in cinque parti patenti , giallo verdastre lanceolate due volte più corte della corolla con corolla chiusa a piramide pentagona striata. I fiori aperti nella fioritura hanno la corolla^ o Perigonio co- rollino rotato poco più lungo de' peduncoli, diviso in cinque parti lanceolate ovato-acute a stella, subcordate alla base, in- teriormente verdi cupe col lembo giallo-rossiccio, esternamen- te verdi-giallognole lucide^, col nervo di mezzo sublaterale e- minente, striato, biancastro nella parte interna. Pianta latti- fera: le divisioni della corolla formano angolo prominente al loro principio , il che meglio si vede nel fiore in boccia. Le lacinie del calice corrispondono all'angolo della divisione del- la corolla. Orbicolo pentagono che cuopre il pistillo di un bel colore verde con punto nel centro, non solco, più bian- co. Tale grande orbicolo è circondato da cinque nettar] tra- sversalmente ovati gialli, e rossi foschi nella periferia , nella estremità allungati e retusi da ambe le parti, come in alcuni Euforbj. Nella parte inferiore occupano il ricettacolo cinque glandolo coalite fungose ovate crocee, che cingono l'ovario. Due pistilli piriforny o sia ovato-acuti verdi : stigma sempli- ce come nelle asclepiadee. Stilo conico prodotto dall' ovario attenuato nello stigma. Nessune antere come appariscono nel. r asclepias, non veddi pulviscolo: forse fra un nettario e l'al- tro attacati all'orbicelo si connettono gl'inferiori con i supe- riori. Non ha portato il frutto. 11 follicolo che ricevei nel i8ai dal Sig. Ciancio di Ccitania , col nome di Asclepias convolvu- lacea, era ovato grande, sub pentagono con cinque solchi, ma ago Osservazioni Botaniche corrotto dalla muffa ; pure dai semi nacque questa sola pian- ta. Sembra da ciò più naturale di registrare questa al genere di Gonolobus come fa Roeraer^ che al Cynancìùuni come fa Sprengel. 54. ALLAMANDA Cathartìca foliis ovato-lanceolatis utrin- que acutis, inferioribus quatcrnis;, superioribus blnis oppositis, caule scandente. Nobis. . ALLAMANDA Cathartica. L. mani. ai4. Wild.Spec. i. p. ia3i. Roemer Syst. 4- P- '<^6. Pers. Syn. 524. Sprengel Syst. 1. p. 584. ALLAMANDA grandiflora. Encyc. Osservazioni. Pianto perenne scandente, sempre verde, che fiorisce abbondantemente dal Maggio fino a Dicembre e anche di più nella stufa calda, e fa bellissima mostra. E adorna di foglie di un bel verde disposte a quattro^ e un poco penden- ti glabre intere brevemente peziolate : nella parte inferiore i nervi sono alternativamente pennati, il nervo principale o co- stola ha da una parte e l'altra dei peli bianchi. Le detto foglie nella cima del fusto e vicino ai fiori sono due, opposte e simili alle altre. I fiori sono alle volte ascellari, ma più co- munemente terminati in tre: non vi ho veduto brattee come notano alcuni autori, ma vengono da una callosità all'origine del peduncolo. Il calice è di cinque foglie lanceolate inegua- li, lungo la quarta parte della corolla; la corolla assai grande di un bel colore giallo d' oro: quando è in boccia , prima di spiegarsi, è in figura di clava , e termina in cono nella cima formato dalle lacinie della corolla soprapposte una addosso all' altra da destra a sinistra di chi le osserva, e formano cin- que risalti o pieghe alla base della loro soprapposizione, o sia al principio della divisione delle cinque lacinie, e cinque af- fossature o incavi al principio dell' ingrossamento della cla- va. Quando la corolla è spiegata, è infundibuliforme col tu- bo terete striato lungo la metà di tutta la corolla, il quale si dilata alla fauce in forma cilindrica o di bicchiere, lunga qua- Del Professore Targioni 397 si altrettanto, con cinque affossature ai suo principio: termina in lembo diviso in cinque lacinie patenti rotondate oblique o sia contorte tutte per un verso da destra a sinistra. La fau- ce interna fatta a bicchiere è di un bel giallo più vivo e tut- ta ricoperta di strie. I cinque incavi o affossature esterne for- mano al principio e sopra il tubo, cinque risalti nella parte interna: quivi il tubo è chiuso da cinque squamme triango- lari ricoperte di peli bianchi, le quali toccandosi insieme, for- mano una piramide pentagona^ e cuoprono immedfatamente le antere sottoposte quasi sessili, saettate acute di colore giallo- oscure, e toccandosi insieme formano anche esse piramide acu- ta, e sono nella cima acuminate. Queste antere, alia biforca- tura che forma la figura saettiforme, hanno una callosità che le connette collo stigma, come nel Nerio da me descritto ne- gli annali del Museo di Firenze ( V. Decade a. n. 11.). L'ova- rio è ovato seniigloboso, sopra il ricettacolo , il quale ha un girello un poco incavato che circonda 1' ovario suddetto alla sua base: lo stilo è filiforme. Lo stigma orbicolare, a cui so- no coalite per quella callosità soprannotata le antere: un ciuf- fo di peli di cinque raggi, simili a quello della Pervinca ( on- de Linneo disse Pìstìllum omnino vìncae ) e poco distante dall' orbicelo, termina lo stigma. Questi peli bianchi sempre irrorati di umore viscoso come nell' Apocino androsemifolio da me descritto ( v. luog. cit. Decade i. n. 8), nel quale umore si agglutina il pulviscolo versato dalle antere. Gli sta- mi hanno un cortissimo filamento, e lasciano una fessura fra l'uno e l'altro, come nel suddetto Apocino: alla loro origine hanno dei peli bianchi, i quali chiudono il tubo della corolla. Non ha mai condotto il frutto questa pianta, e fa maravi- gha che un tal frutto debba essere echinato come lo rappre- senta Gaertner , e lo dicono tutti gli autori , mentre il suo ovario è perfettamente liscio e senza peli o prominenze. Questa pianta detta Catartica, proposta l'infusione delle foglie nella Colica Pictonum , è molto sospetta di velenosità: riporterò gli effetti che ne ha provati il celebre Signor Pro- 298 Osservazioni Botaniche fessore Gaetano Savi , il quale cosi mi scrisse il 12. Agosto 182,7. ,;, L'ultimo giorno del decorso mese ( Luglio ) nel taglia- si re un ramo dell' A llamanda cathartica per farne uno sche- ,, letro, mi cadde molto sugo sulla mano sinistra, il quale sen ^, za pensare più là, asciugai col fazzoletto. Poco prima mi" j, era entrata una piccola spina superficialmente nel pollice ,, della stessa mano nella seconda falange della parte interna. La j, sera questa piccola puntura cominciò ad infiammarsi e dolere: ,, nella mattina seguente il dolore e il rossore sì erano mitigati; „ ma cominciò a comparire il dolore e il rossore alla base del- ,, la prima falange, e crebbe a segno, che nella sera, si era „ esteso lungo il braccio fino al gomito: s' infiammò tutta la prima falange, e per due giorni mi tormentò. Allorché que- sta parte cominciò a migliorare j, ritornò l'infiammazione alla seconda falange dal lato interno, poi dall'esterno, poi è calata al corpo, nel mezzo della palma della mano, e co- sì va girando^ e ancora non vedo prossimità di guarigione: vi fò dei bagni, e tengo l'impiastro di pane e latte. E ve- ,, ro che da due giorni le parziali infiammazioncelle che so- ,, no comparse,, sono meno dolorose. Dubito però che voglia ,, essere faccenda lunga. ■ • .l'ii.;'' > • ■ ...' Con altra dei i5 Agosto così mi scrive: „ La mia mano va sempre meglio dopo l' applicazione j, delle mignatte , e pare che pensi seriamente a guarire ; è „ oggi il decimo sesto giorno.,, • ; - ' La divisione del Genere Allìum in umbelle cassulifere e bulbifere non è fissa, trovandosi alcune specie le quali ora so- no cassulifere, e diventano poi bulbifere ; e perciò da consi- derarsi come mere varietà, e non specie. Tale è V Allìum ro- seum, che nei campi intorno Firenze è sempre bulbifero, de- scritto e figurato nei viaggi del Santi. Voi. o. p. 3f5. tav. 6. col nome di Allium carneum\ ma riportato poi come varietà deir^ZZiuTO roseum dal Sig. Savi nel Botanìcon Etruscum voi. 2. p. aro. Così VAlUiim Caepa, che è descritto come cassu- Del Professore Targioni 299 lifero ha una varietà bulbifera iielle umbelle , con bulbi di diversa grossezza, e che alle volte si propagano in secondarie umbelle di bulbi più piccoli; tale varietà è conosciuta dagli Ortolani col nome di Rocambol, o di Cipolla d'Egitto. L^Al lio comune ( allium safwum ), più spesso produce bulbi pic- coli piuttosto che fiori nell'umbella. Di questa categoria è V allium magicinn il quale è distinto dagli autori, come cas- sulifero , e per avere un bulbetto fralle foglie. Nasce abbon- dante nei campi specialmente di collina intorno Firenze, con bella umbella cassulifera, e diventa affatto bulbifero o prolile- xo, come è accaduto in alcuni trasportati nel giardino bota- nico agrario , i quali il secondo anno diventarono afi^atto bul- biferi prolifici, e come al contrario nel giardino di Pisa ac- cadde, che i bulbi del prolifero produssero umbelle cassulife- re ( V. Savi Botanicon etrus. ) onde ne noterò due varietà. 55. ALLIUM MAGICUM.a. Scapo tereti umbella emisphea- rica, foliis lanceolatis canaliculatis, foliolo apice bulbifero. No- bis. Tav. III. IV. ALLIUM MAGICUM , caule planifolio umbellifero , ra- mulo bulbifero, staminibus simplicibus. ìVihl. Systh.v. 2.. pari. I. pag. 66. Linn. Systh. veg. ed. i4- Sp. pi. S21. Savi. FI. Pis. i.p. 341. Bot. Etr. V. 2.. p. 209. Allium caule tereti, propagiue ex ala Ro/en Lugdh: 89. Allium foliis caulinis lanceolatis , floribus umbellati^ ex ala bulbiferis. Mailer. Ali. n. ig. Moly latifolium liliflorum. Bauh. Fin. 'jo. ]\I*/lf Moli aglio di serpe. Caes. Ho rt. sic. p. 2,2.^ n. 62,^, Moly Homericum, foliis Scillae majoribus, floribus umbel- latis subrubentibus. Caes. de Plantìs p. 4*^4- „ Fiorisce il mese di Maggio per tutti gli campi special- „ mente di collina abbondantissimo , che è detto dai conta< ,, dini Cipollone Selvatico ,, AEich. jJgr. Fior. mss. n. a. Piar mss. n. 3. Dal bulbo radicale sorgono cinque o sei foglie disposte in giro, come nella Scilla, lanceolate acute canaliculate , o a Forno XX. Qq 3oo Osservazioni Botaniche doccia lunghe circa -| di braccio^ larghe circa 4- a 6. dita Tav. III. fig. a. striate dentro e fuori, in principio tutte eret- te, e poi crescendo ripiegate, specialmente nelle annate pio- vose di un bel colore verde coperto di glauco. Dal centro del cespuglio delle foglie sorge uno scapo ci- lindrico della grossezza nella parte inferiore di un dito , e nella estremità superiore verso l'umbella della grossezza del- la estremità del dito minimo , alto più delle foglie , le quali lo circondano e vestono nel suo principio, lungo piìi delle fo- glie, verde coperto di glauco: lo termina una spaia globosa, un poco acuminata che per lo più si lacera in tre parti , poco scariosa striata di colore verde rossiccio con strie verdi inter- namente, e bianca striata un poco lucida esternamente, per- chè coperta di membrana divenuta scariosa, ^g. 3. La detta spata è lunga quanto i peduncoli della umbella fig. i; que- sta è composta di sopra cento peduncoli filiformi, che porta- no fiori liliacei di sei petali o perigoni! corollini, dei quali gli esterni un poco più lunghi degli interni tutti lanceolati di- , stinti, più stretti alla base che nel mezzo, di colore gridelli- no, con stria o costola verde, la quale neir esterno li rende un poco carinati. Quando i detti fiori sono in boccia sono tri- gue'ai a cagione dei petali esterni carinati , che ne formano l'angolo: gl'interni sono piani. Gli stami in numero di sei hanno i filamenti di color gridellino, subulati , un poco più larghi alla base ma non coaliti, alternativamente minori, cioè quelli in faccia al petalo esteriore più corti, e più lunghi quel- li in faccia al petalo minore interno.' i maggiori più dilatati al- la base, corrispondono ai solchi o incavi dell' ovario trigono ottuso. Antere bislunghe incumbenti, prima di aprirsi lunghe la metà dei filamenti minori. Pi.f?i//o. Ovario tiigono ottuso quasi tricocco, verde, un poco sagrinato vellutato. S^iZo -^ più corto dell'ovario, subulato, bianco. Pericarpio ., cassula triloculare f,.g. 4- nelle di cui caselle i semi sono disposti a due file: e Del Professore Targioni SqìI. e questi maturano nel Luglio. Neil' allargamento delle foglie fra lo scapo e le dette foglie comparisce un bulbetto, come Io è figurato da tutti gli antichi autori ; ma questo in seguito si alza, ed è portato nella cima di una foglia più stretta lanceo- lata ^g. 5. Questa specie d'aglio non ha l'odore alliaceo comu- ne nelle altre specie , ma uno un poco nauseante come di sparago o di cavolo marcito. ALLIUM MAGIGUM /?. Tav. ITI. ^g. 6. T. IV. yJg. r. Moly latifolium indicum, Bauli. Pin. yS. ,, duplex figlila „ proponitur: altera priori similis paucis foliis, caule oblongo , „ capite rotundo: altera foliis plantaginis, caule brevi , capi- ,, te ex pluribus bulbulis compacto ; illud dicitur Caucason , j, Moly indicum vocatum. „ Lob. hìst. 83. Magnai Hort. monspel. p. 9. ]\Ioly indica. Imper. p. 75^. 7-56. Allium magicum. /?. Sai'i Butanìcon etruscum. voi. a. p. aocj. Osservazioni. 11 Sig. Savi nella flora pisana alla specie dell' allium magicum dice: ,, fralla base dello scapo e le fo- glie, nasce spesso un secondo scapo di bulbi „ e nel Botani- con Etruscum cosi si esprime, p. io. „ Varietas. ^, praeter fo- „ lium bulbiferum, scapum semi pedale emittit, apice gerens „ capitulum crassum bulborum irregularium nucis magnitu- „ dine, ex quibus in horto Pisano varietas fiorifera orta est.,, Le piante fiorifere, trasportate nel giardino di Firenze , il secondo anno divennero tutte bulbifere, come sopra ho no- tato, e anche doppiamente bulbifere. Le foglie erano un poco piìi piccole, lo scapo più corto della varietà fiorifera: alcuni terminavano in cima in un grosso gruppo di bulbi, che rappresentavano ad un tratto un co- no, questo gruppo essendo pesante fece piegare lo scapo. I bulbi sono tramezzati da squamme , o spate moltiplicate lunghe il doppio dei bulbi, verdi striate: i bulbi esterni sono più grossi degli interni, fig. 6. Tav. III. tutti più meno po- ligoni, per la pressione dei contigui. Tav. IV. fig; a. 3. 4- 5. 6. In altri individui osservai due serie di umbelle bulbifere 3oa Osservazioni Botaniche (fig- I . ) La prima più grande, con spate semplici lanceolate e striate, ed altre tramezzo ai bulbi quasi il doppio pii!i lun- ghe molto acute striate, molte delle quali terminavano in ci- ma ottusa ingrossate, perchè vestivano un picciolissimo bulbo della grossezza del seme del miglio e della saggina. Dal cen- tro di questa grossa undjella o capitalo bulbifero si alzava uno scapo un poco piìi sottile {fig. i.) striato, che termina- va esso pure in capitulo bulbifero, molto più piccolo, con bul- bi tramezzati da spate ovato-acute e striate della stessa natura delle altre. Nella prima serie questi bulbi, cioè i più ester- ni, sono più grossi , al di fuori rotondi, al didentro polìgoni, e i più interni sempre più piccoli, e più angusti alla base,o sia all'attaccatura col ricettacolo, e più poligoni, come i chic- chi di melagrano ( panica granatum ). Nella cima hanno un piccolo ottuso acume ed un solco per la pavte esteriore. Quel- li della secondaria umbella sono più piccoli nella circonfe- renza, ma scemano poco in altezza, e mostrano meglio la lo- ro ristiettezza alla base, che è sempre più acuta e distinta- mente poligona di 4 ovvero 5 lati. I detti bulbi arrivano al n." di sedici nel capitolo inferiore, e quattro in cinque nel secon- dario, dei quali quelli del centro involti e confusi con le spa- te, il che è notato anche dairimperato,^?. 173. Ed. del iSgg. 56. PYRUS FLORENTINA, foliis subcordatis sublobatis inaequaliter serratis, subtus subtomentosis, floribus corymbosis erectis, pericarpiis ovatis pendulis, utrinque umbilicatis. iVb^ij. Tav. V. Savi degli alberi voi. i. p. 1Ó9. CRATAEGUS y7or(?7ziÌ7za , foliis oblongis semptemlobatis, inaequaliter serratis subtus tomentosis, baccis globo>is pendu- lis pentaspermis. Ziiccagn. Cent n. 72. Grataegus italica folio laciniato minori subtus lanato, fru- ctu l'otundo rubro. Michel, in Tilli hort. Pisano, p. 48. ^gr. Florent. Mss. n. 2.. Rar. Mss. n. 3. ^. Grataegus italica folio laciniato minori subtus lanato fructu pyriformi flavescente. Mich. Rar. mss. n. 4- (^gr- Fior. n. 3. ; .• • : : ' : . ' Del Professore Targioni 3o3 Lazarolo salvatico. Vulgo mich. Pero lazerolino. Savi loco citato. Osservazioni. Il Sig. Professor Savi nell' opera citata ri- porta la mia definizione che appartiene a questa decade, e a questa specie, e che aveva già preparata per il seguito delle dette decadi, e la descrizione^ che ne dà il Micheli nell'Orto Pisano del Tilli; aggiungo a tuttociò la figura dei fiori, frutti e foglie, da me disegnati anni sono, di questo arboscello, il qua- le niente ha che fare col genere Crataegus, al quale lo fece appartenere lo Znccagni, ma bensì al P/n^j, del quale ha tut- ti i caratteri, o anche al genere y^ronio, se questo fosse sta- to adottato da tutti i Botanici^ rassomigliandosi moltissimo il suo pericarpio a quello delia ironia Botryapium, incluso ora nel genere Pyriis. Pare che lo Zuccagni fosse portato a cre- derlo un Cratego dal nome del Micheli e dice baccae globo- sae quinquelocidares , semìnibus qiiinque farctae. Avendo per- tanto delle osservazioni sopra questa pianta e trasportata la pianta nel bosco del giardino botanico-agrario, dove ogni an- no fiorisce e fruttifica, ho date le figure nella tavola V. per maggiore schiarimento, e sono: Fig. I . Corimbo dei fiori terminali eretti con alcune foglie. Fig. 2,. Corimbo dei pericarpi pendenti con due foglie. Fig. 3. Fiore in boccia. Fig. 4- II fiore sbocciato nella fioritura. Fig. 5. Il fiore in boccia tagliato perpendicolarmente per far vedere che gli stami vi sono aggruppati in tale epoca. Fig. 6. Fiore, al quale sono stati tolti tutti i petali per mo- strare le divisioni del calice volte in basso , e la dispo- sizione eretta degli stami. Fig. 7. Il medesimo tagliato perpendicolarmente per far ve- dere la disposizione e origine degli stami , e del pistillo nel ricettacolo. Fig: 8. Petali ovato-rotondi, nella estremità intaccati e crespi. Fig. 9. Una delle foglie piìi perfette per mostrare i suoi lobi inegualmente seghettati. 3o4 Osservazioni Botaniche Fig. IO. a. Il calice con 1' ovario e gli stami tagliati perpen- dicolarmente, e ingrandito col microscopio^ per dimostra- re , come le fibre e canali del peduncolo s'insinuino nel- r ovario , e vadano a nutrire i germi dei semi^ e come continuino nei cinque stili che sono pelosi alla base: la concavità del ricettacolo, e la disposizione e origine de- gli stami, Fig. IO. b. Il calice coli' ovario in fiore tagliati orizzontal- mente e ingranditi, per mostrare la disposizione delle cin- que coppie dei germi del seme nelle cinque caselle , i vasi nutritivi del pericarpio , e i corti peli che lo cir- condano. F/g. II. la. Il pericarpio della sua naturale grandezza. Fig. i3. Lo stesso tagliato orizzontalmente, che mostra due semi per casella. Fig. 14. Lo stesso tagliato perpendicolarmente, per mostrare la disposizione dei semi ,6 1' ombilico prodotto dall' in- fossamento del ricettacolo. Fig. i5. Il pericarpio acerbo tagliato orizzontalmente, nel qua- le i semi non hanno ancora ripiene le caselle, e forma un vuoto a stella pentagona. Fig. 17. I semi maturi. Fig. 18. Le anterCj, prima che si aprano, e spandano il pul- viscolo. Fig. 19. Le medesime già aperte, e che hanno sparso il pul- viscolo. Fig. ao. Lo stigma ingrandito. Fig. ai. Il pulviscolo ingrandito. Ho creduto necessario di fare la sezione e ingrandire que- ste diverse parti ^ tanto dell' ovario nella fioritura , che del pericarpio maturo, per far vedere i germi nell' ovario i qua- li non abboniscono sempre tutti i semi nel pericarpio matu- ro, e mancando in questo potrebbero portare a errori nei ca- ratteri del genere, come è seguito allo Zuccagni , il quale e- numera soli cinque semi, mentre sono dieci, due per casella; on- 55 Del Professore Targioni 3o5 de costumo di osservarli sempre nell' ovario, tagliandolo oriz- zontalmente. Questa pianta fruttuosa è perenne e spontanea in alcuni boschi dei contorni di Firenze ; fiorisce di primavera e ma- tura il frutto r autvuino nel tempo della caduta delle proprie foglie. Ecco cosa ne dice Micheli ( luogo citato ). ,, Nasce as- „ sai copioso per gli boschi di Monte Cuccoli, massime per „ quel luogo detto la Fioraja, non gran cosa distante da S. ,, Valentino. È in tutte le sue parti minoiù del sopraddetto 5, ( cioè del Torminalis ). Le foglie sono a quella guisa laci- niate , ma più frequenti e meno di quelle dentate, di so- j, pra glabre, di sotto di bianchiccia borra ( tomento ) vesti- ,, te. Il fiore è bianco, di cinque foglie tonde, che nella te- „ sta sono per lo più ribattute e scavate a cuore. Da questo j, fiore ha origine il frutto , che è rotondo , da ambedue le „ parti ombilicato; di sotto ha una stella di cinque foglioline „ canute. Il di lui colore, avanti che maturi è giallo, di poi „ nel maturare, parte giallo e parte rosso, quando poi è raa- „ turo bene, è del tutto rosso, ma di un colore brutto e lan- ,j guido, che quasi si può dire rutilo fructu , cioè colore di „ ciliegie bisciolone „. - Aggiunge una varietà /?. e dice. „ Questo varia per ave- ,, re il frutto a pera, cioè appuntato verso il picciolo, e lar- „ go in verso la base a similitudine delle pere. Germogliava „ questa pianta l'anno 1698. in Pian di Ripoli, nella siepe ,, di un podere: presentemente non vi è più per essere di- „ sfatta la detta siepe. ,, 57. RICINUS COMMUNIS ^. muricatus, Nohis. Ricinus communis. Sprengel Syst. veget. 3. p. 878. Osservazioni. Sprengel riduce a questa specie tutte quel- le che hanno le foglie peltato-palmate, e dentate-seghettate, e le considera come pure varietà, come il viridis di Wilde- now, il glaucus, il lividus di Jacquin, il ruber, il rutìlans , e per fino Vinermis. A questa varietà io aggiungo la presente , che dico muricatus, petiolis costìsque foUorum muricatis. So- to 3o6 OiSERVAzioNi Botaniche no tre anni, che oltre le varietà del comune verde e glauco, ricevei col nome di Ajrìcanus^ i semi di uno di fusto e foglie rosse, che corrisponde al livldus di Jacquin. Mi accorsi che lungo i suoi pezioli, specialmente nella parte inferiore e lun- go le costole o nervi priniarj delle foghe erano delle punte o prominenze che lo. nuidevano muricato. Questa varietà o specie rossa è la pii^; muricata : le punte sono coniche tron- cate ohhhquamente e un poco concave nella troncatura , e simili , ma molto più piccole a quella gianduia che si trova sopra i pezioli in poca distanza dalla origine di essi col fusto. Ho altresì notato, che in questa varietà muricata, la glando- la peltata che si riscontra all' attaccatuia del peziolo con la lamina della foglia, è più spesso doppia. In oltre le punte dei denti a sega hanno un piccolo ingrossamento o callosità, qua- si glandulosa nell' apice spesso anche oncinato. 11 contorno delle foglie è più dentato e seghettato degli altri , un poco undulato, specialmente verso i seni, i quali sono più roton- dati e più elevati che nel comune, o glauco: i nervi delle fo- glie sono rossi. I pericarpi non differiscono da quelli del co- mune, sehhene un poco più piccoli e meno aggruppati. E pe- rò da notarsi che i detti peduncoli sono perciò più lunghi, e alla loro origine hanno due glandole peltato-glohose, una per parte. Questa muricatura che si manifesta abbondante e si mantiene costantemente da tre anni in qua negli individui rossi riseminati ogni anno, è il secondo anno, che si è ma- nifestata assai più scarsamente nel glauco. Il detto ricino che si alleva da molto tempo nella stufa delle piante nel giar- dino botanico-agrario è divenuto arboreo , e ivi si coltiva per sodisfare alle hequenti richieste che ne fa il volgo, che adopra queste foglie per repellere il latte alle puerpere , ap- plicandole alle mammelle di esse e tale è la fiducia dell'ef- ficacia di questa foglia, che credesi, che applicata per la par- te di sopra repella , e applicata per la parte di sotto richia- mi il latte . Or questa pianta non ha tali punte o murica- ture , come non T hanno avuta fin ora le piante seminate o Del Professore Targioni 807 allevate allo scoperto: portato pertanto sono a credere, che tale varietà muricata sia stata prodotta dalla sterilità del terreno e dal gran seccore dell' estate in questi ultimi anni ; mentre quella della stufa, annafìata non ha prodotto tali punte: ve- drò in seguito se continua questo fenomeno che produce tale varietà. Molte e varie sono le anomalie, che si riscontrano nelle piante monecie, e diecie ed in altre credute poligame; così che in alcune si riscontra che variano il carattere classico^ e per lo più essendo dieci e compariscono alle volte monecie, e alle volte anche ermafrodite; ed altre ermafrodite non conducendo tutti i suoi fiori a frutto^ sono state credute poligame, tale è la 58. CORIARIA MYRTHIFOLIA. Linneo nel Genera Plantarum citando Nissol. Act. Gali. e Dillenio Cenerà, la fa diecia decandria ; ma fa la seguente osservazione, dicendo. Flores hermaphroditi aliis visi siint. Wil- denow pure e Persoon la fanno monecia decandria. Sprengel la fa decandria pentaginia. Jussieu fralle iiicertas sedit. Osservazioni. Da molti anni e molte volte dai primi miei studj ho esaminata questa pianta, già coltivata da molto tem- po nei nostri orti hotanici ; ed avendo disegnato i suoi fiori e frutti, l'ho sempre ritrovata ermafrodita decandria penta- ginia : solo alcuni fiori della cima dei racemi qualche volta abortiti. I fiori di questa pianta si manifestano in principio poco spiegati ed eretti con li stami coperti dalle squam- me del perigonio le quali sono dieci , e poco fuori di esse ( Tav. lY. Jìg. 7. a. h & fig. 8. e 9. ingrandita ): di poi si al- lungano e pendono con le antere rosse ( fig. 7. e. J, e fig. 10 ). Cinque sono gli stili o stigmi ricoperti di punte rosse, i quali escono in principio fuori del fiore più lunghi degli sta- mi divergenti a stella {fig. 7. è. 8 e 9 ingranditi), e di poi nascosti e pendenti fra gli stami {fig- io ingrandito). Le squamme del perigonio sono cinque esterne, e cinque inter- ne ovate acute, e aggruppate formano un corpo quasi globo- so {fig. 7. 8. 9. IO.) e contengono nell'interno giro gli sta- Tomo XX. Rr 3o8 OssEUVAZiONi Botaniche mi, non framezzati alle due serie dì squamine del perigo- nio, come molti credono [fig- i i ingrandita ). Nel centro è il pistillo con l'ovario pentagono, e con i cinqne stili sud- detti: in (juesto ovario sono cinque caselle, cou cinque semi ( //'g. la. ingrandito e tagliato orizzontalmente ). Caduti li sta- mi si follila il pericarpio , s' ingrossano e divengono baccate l<" squamine del perigonio (y?g. i ' • i a. ), e quindi sopravazan- do le caselle appariscono come alFossate in esse e contenenti una nucula reniforme striata. Onde Linneo disse Germina quiii- i/ue compressa ìntrorsum cohalita. Pericarpium nulliim. Peta- La (juinqne carnosa ovato-lanceolata triqiietra, altero angulo ìn- trorsum spectante tegentia semina quìnque reniformia (silicata). 59. CHAMAEllOPS mJMlLlS. Limi. Persoon Syn. 1. 090. 8 Arborescens. Pers. ibid. ' l'alma di S. Pier Martire volg. Osservazioni. In molti giardini, e orti dei conventi di re- ligiosi si vede coltivata in piena aria questa pianta, le di cui frondi si vendono nella festività di S. Pier martire , e se ne tessono crocelline con le sue lacinie, ])ev prorito credendole capaci di difendere dai fulmini. Tutte le piante che si trova- no intorno Firenze, per quanto sappia, sono tutte masculine e sterili: la maggior parte appartengono alla seconda varietà, cioè hanno un lungo caudice di otto a dodici braccia d'altez- za: alcune producono dei polloni, che sono più corti, i quali possono trapiantarsi, ma se si lasciano crescere a qualche brac- cio d'altezza, difficilmente si attaccano trapiantandoli. Nell'or- to dell'Imperiale e Reale Museo di Fisica ne sono due pian- tatevi da circa cinquanta anni iiiquà, le (juali mai hanno pro- dotto polloni, ma sono cresciute alTaltezza di circa dieci brac- cia. Ogni anno producono molti hori fralle ascelle delle foglie inferiori, le spate che li racchiudono compariscono in nume- ro di circa venti nel mese di Marzo. Queste spate sono ova- io-lanceolate coriacee gialle in principio, poi rossastre. Nel mese di aprile si aprono nella cima e lateralmente , ed esce inori lo spadice racemoso giallo, carico di fiori stami nei pie- Del Professore Targioni 809 coli , carnosi nel ricettacolo stelliforme diviso in sei lacinie, lurnianti il perigonio con sei stami corti corrispondenti alle sei divisioni, abbondante di pulviscolo. Qnesto spadice in prin- cipio è aggruppato , ma si spiega poi in racemo , e caduti i fiori persiste divaricato, incurvasi e si secca, prendendo colore scuro nerastro, fino clic macerandosi si stacca dalla pianta con la spata, ed allora le foglie inferiori meno nutrite si abbas- sano e pendono, o sono tagliate , e rimane ([uasi perpetua- mente parte del peziolo, e rende il caudice S([uammoso. Al con- trario tutte le chamerisi che si coltivano in Pisa sono indi- vidui fennninei ; cosi che circa venti anni sono il Sig. Profes- sore Pietro Rossi celebre entomologo, mi richiese i fiori ma- schi delle nostre per fecondare artificialmente quelle di Pisa femminee. Di poi, alcuni anni dopo, il Sig. Gaetano Savi Pro- fessore di Botanica in quella Università, mi richiese egli pu- le i fiori maschi per lo stesso oggetto. Con sorpresa in seguito si è osservato che queste me- desime piante state sempre maschie e sterili, nel io 19. proilus- sero alcuni spadici, i quali portarono abbondanti frutti maturi^ i quali seminati germogliarono, e produssero altrettante pian- te , e così hanno continuato a produrre fiori maschi e fiori ermafroditi, come dice Persoon, per 5 anni, e di diecie sono divenute monecie o poligame. Il detto frutto fu vai io nel numero poiché soli quattro o cinque ricettacoli contenevano tre drupe: dieci o dodici ne avevano due, gli altri una sola, e molti erano abortiti: nella tavola IV. fig. i3. ho figurati i pericarpj ottenuti da queste piante, e nella fig. i^. si vede la sezione perpendicolare di essi. La yzg. i5 dà il nucleo o seme. La ^g. iG. un frutto dop- pio. La ^g. 17. il nucleo o perispermo del seme tagliato oriz- zontalmente, per mostrare la situazione del germe verso la di lui metà laterale. La fig. 18. e 19. mostra il perispermo ap- passito e divenuto grinzoso. La fig. 20. lo stesso tagliato per il lungo. In un rapporto letto da me nell'Accademia dei Georgo- 3 IO Osservazioni Botaniche fili per altro oggetto^, nel i8a4j,ora pubblicato nel tomo quin- to degli atti di essa Accademia, p. 2.^3. avevo accennata que- sta mutazione di fioritura. Ora sono due anni, che queste stes- se piante sono ritornate maschie senza produrre frutti. In proposito di queste variazioni nella fioritura special- mente delle piante monecie e dìecie aggiungerò^ che mi si era dato di osservare più volte nel fiore femmineo del Popone { cucumis melo ) e in quella varietà conosciuta col nome di Popone arancino coltivato nei nostri campi , che corrisponde al cucumis melo dense sulcatus di Micheli, ( e ritrovata in al- cuni fiori pistilliferi), tre stami con le antere serpeggianti, co- me quelle dei fiori masculini. Di poi nel 1814. nella parte del semenzajo della Pepiniera del Governo, nel contorno di alcu- ni divetti furono seminati dei detti Poponi arancini e Ae\ pri- matìcci retati, ( che corrispondono al cucumis melo reticula- tus di Micheli ), ed in ambedue queste varietà ritrovai molti fiori femminei divenuti ermafroditi per contenere anche sta- mi. ( V. Atti dei Georgofili sopra citati. ) Ciò fa vedere , che le sperienze del celebre Spallanzani sui fiori femminei delle zucche^ introdotti in un vaso di vetro con tralcio della pianta vivente^, e chiusivi perfettamente per impedire 1' accesso dell' aria esterna a ciò non vi penetrasse il pulviscolo di altri fiori, portarono a maturità il butto ed i semi, i quali germogliarono, come quelli di altre zucche alle- vate secondo il solito: d' onde deduce non esser necessario il pulviscolo per 1' abbonimento dei semi. In questo caso po- tevano esservi degli stami nei fiori femminei chiusi nel vaso di vetro, come li ho ritrovati nei Poponi, e così aver fecondato il pistillo che abbonì i semi. Ciò è stato schiarito da Smith, e non di rado si osservano negli spinaci , nella canapa, nel mays fiori femminei fra i fiori staminei, e viceversa ; lo che con- ferma sempre più 1' azione fecondante del pulviscolo nelle piante seminifere fanerogame ; mentre le prolifere non ne han- no bisogno, e mostrano che i germi si ritrovano in tutta la pianta e specialmante nel nodo vitale situato alla base delle Del Professori! Targioni 3 1 1 umbelle dei fiori dell' alio, e anche in quelle parti che for- mano gemme bulbifere, come in alcuni gigli; e perfino nelle foglie come nel Bryophyllum Calycinuni. Sul qual proposito si consulti Gaertner T. I. p. VI. 60. ATTALERA FUNIFERA. MartìusGen. et Specie spal- marum in itinere per Brasiliani, p. i36. t. ^d. fig. 4- Cocos. Lapidea. Gaertner, de fructi: et seinin. plant. voi. i. p. /6. T. (y.fig. I. An Calappa Macherodes malaice. Calappa Pauang. Rumph. Amh. l. I. cap. 2,. p. 10. tab, e fig. G. Cocco da Corone volgarmente. Osservazioni. Da lunghissimo tempo si faceva uso di que- sto Cocco senza conoscerne la florescenza e a qual genere di pianta appartenesse. Nei due ultimi secoli si adoprava dai tor- nitori per farne vasetti e scatolini, dove si riponevano profu- mi muschiati, e più che altro il Catellon o Catecù del quale si facevano pillole con muschio , e altri lavori che si abbel- livano con. rabeschi d'argento per ornamento degli stipi e scarabattoli, pomi da mazze e altri infiniti lavori dai Torniaj. In maggior quantità poi s' impiegava, tagliato in pezzetti per fare corone o rosarj, che si vendevano dappertutto. Tali Coc- chi si diceva che venissero dalla Guinea. Gaertner defruct. et sern. plant. li ridusse al genere del Co- cos, dicendolo Cocos lapidea , perchè s' imbattè in uno del quale dette anche la figura, il quale aveva una sola cavità ; e perciò lo credette appartenere a questo genere ; ma lo è molto diverso, perchè i più grandi e perfetti hanno tre cavi- tà con tramezzi della stessa durezza, in ciascheduna delle qua- li è un seme, altri meno perfetti ne hanno due, altri una so- la con un solo seme come quello di Gaertner. Di queste tre varietà ne conservo alcuni nel mio museo con diversi lavori fatti al tornio. Vedendo che non si poteva adottare il sentimento di Gaer- tner di considerarlo specie del Cocos , m' immaginai di farne .un genere nuovo per queste Decadi, e per non discostarmi 3ia Osservazioni Botaniche inolto dal nome di Gaertner che indica la sua durezza, lo di- ceva lìthocarpos coccìformis. Il Sig. Maitius ci ha latto final- mente conoscere neir opera sopra citata di qual paese sia nati- vo, e da qual pianta è prodotto , sottomettendolo al genere ylttalaea, e più probabilmente alla specie funìfera. Quelli che si trovano in commercio per i lavori suddetti sono un poco degradati e sbucciati dell' involto esterno o sarcocarpo , che li riveste. Io ne ho uno benissimo conservato , il quale è di figura ovale acuminata in una parte^ della grossezza di un uo- vo di tacchina: alla sua base mostra la cicatrice della sua at- taccatura col ricettacolo o col peduncolo, scabra legnosa del diametro di tre linee un poco umbilicata : da questo punto comincia a fendersi e staccarsi la membrana esterna del det- to pericarpio, la quale è liscia, color di noce, e sotto della quale vi è una serie di fibre legnose come nel vero cocco , ma in poca quantità, le quali si staccano dal guscio duro o noc- ciolo facilmente nella parte della base, e aderiscono via via sem- pre più di là della metà verso l'apice, e si aboliscono intera- mente in detta parte, la quale termina con un cono troncato alla di cui base si osserva un piccolo cerchio o risalto, il qua- le probabilmente è la base dello stilo. Quando tali noci sono spogliate affatto di questa coperta , apparisce alla base una divisione convessa triangolare, i di cui angoli si estendono in tre solchi o suture, ed insensibilmente svaniscono all' apice. Le facce della prominenza hanno fibre legnose , che s' inter- nano anche nelle parti che le ricuoprono e fra queste fibre trovasi un foro che corrisponde a ciascuna cavità, e lascia pas- sare i vasi nutritivi ai respettivi semi dentro le cavità rin- chiusi. Ne ho uno mostruoso nel quale gli angoli che formareb- bero il solco o sutura, invece di affondarsi si sono accresciu- ti in forma di spatola lanceolata prominente e convessa, e di- staccata nella cima , formando tre punte staccate dal corpo del frutto, del quale pare che ne faccia una varietià il llumfio. Il Dottor Giovanni mio padre nel catalogo dei prodotti <'/^'.\X./,ay :V.'i '^r A \y //f^/f^/'//2 ^ r^^'/.'/f// < ''rr -v/fz/ ,_ y ^\x./^^^ 'V3 yfj^' Aiy ^^Z7^' / " k,-A ! :»;!f.";!!/ri! Ili IfJW^ffflJSMS^fflC'i'' '^'i9 ""!iii»'|lil;i;'. '.-iilii^M ^' c'à. Ju*Sccfoa^e: q/^C G.^Of^Jt/tq. tòt^ ^^(:'X^7;. &a.h l/-^'3^2/xv:ffr ,Jf^m /( . >^^^^ /^^ C/^^/ (y -KJC^ay 3/3. ._^?x' XVy/J^ Jù»-,:c/,^^'C^yoc://c^/. ,y^° XX /la^.y/^ c>-^'i Jf/JC // .^ /, :A/,,:a .^L' ^/"ta/ ^XX /u7^. 3/3 ■_:/,7 ( ■ A -V T^i. S. Del Professore Taugioni 3 i 3 di storia naturale del Museo del Rnmfio acquistato dal Gran- duca Cosimo terzo, e che esisteva nella II. Galleria di Firen- ze, ora trasportato nel Real Museo di fisica e storia natura- le, nel qual catalogo Mss. ordinatogli dairimperatore Francesco, allora padrone della Toscana^ e a lui inviato, registra alla di- visione dei vegetabili n. aa. questo cocco nel seguente mo- do. „ Trentuna noci piccole di cocco , del quale col tornio „ si fanno lavori bellissimi, intere col loro mallo duro che si „ apre nella cima, col guscio grosso e durissimo, con dentro „ una, due o tre mandorle. Sono lunghe pollici 3 ^, e larghe ., uno, e linee io. 11 Rumfio a carte io del Tomo primo, di- 5, ce delle calappe macheroidi che sono vulgares , instar ovi ,, anserini, immo qnaedam minores. 3i4 INTORNO ALLA COSTRUZIONE DEI PARAFULMINI MEMORIA . DEL PROFESSORE PIETRO CONFIGLIACHI Ricevuta adì 3. Febbrajo i83o. Aj età nostra non ha bisogno di nuovi argomenti scientifici o di altre prove di fatto per farsi certa sulT efficacia dei co- sì detti Parafulmini a preservarci dai mali, che cagionar po- trebbe una delle più frequenti e terribili meteore. La scien- za e r empirismo da un mezzo secolo e più stabilirono que- sta importante verità. Saggi Governi perciò invitano gli am- ministrati , o ben anche comandano di armare con spranghe frankliniane quelli edifici principalmente, che per vastità, e- levazione o situazione, non che pel fine cui sono destinati e dove molta gente spesso si raduna , potrebbero non di rado e con danno maggiore essere fulminati. La scienza piuttosto, porgendo mano anche in ciò all'in- dustria manlfattrlce, si studia di rendere ^\i\ facile e più eco- nomico il modo di eseguire quelle armature senza diminuirne la virtù. A questo intento non ha guari 1' industrioso meccanico italiano, il Sig. Marcili, imaginò nella costruzione dei Paraful- mini di far uso di trecce di fili di ferro stagnato per stabilire le necessarie comunicazioni non interrotte fra le spranghe me- talliche, e fra queste ed il suolo. Presentasi però la quistlone, se i Parafulmini costruiti nel modo dal Marcili proposto valgano a guarentirli dal fulmine, quanto quelli fabbricati con grosse e continuate sbarre o ver- Del Professor Configliachi 3i5 ghe di ferro^ ovvero con trecce di fili di rame e come d' or- dinario ultiiTiamente si costruivano in Lombardia ed altrove^ e principalmente dopo il j8o2,. , allorquando con ielicissimo successo si armò l'alta torre di Cremona;, fatta prima in ogni anno bersaglio di ripetuti fulmini. Air adequata soluzione di questa tesi, su cui verte il pre- sente scritto, parmi necessario il ricordar brevemente alcune proposizioni, le ([uali nella Scienza dell'Elettricismo applica- ta alla costruzione dei Parafulmini possono considerarsi come assiomi. I. Quando l'Elettrico si compone in equilibrio fra cor- po e corpo, o fra un sistema di corpi ed un altro, come fra r atmosfera e la terra , investe la materia , ossia sostanza di quei corpi che servono di strada o di veicolo alla sua corrente: né si diffonde sulla loro superfìcie, né gli abbandona, quan- do siano capaci a contenerlo. I fenomeni di elettrica trasfusio- ne sono ben distinti da quelli di elettrico accumulamento. a. Corpi di diversa natura, a cose pari nel rimanente, non sono egualmente atti a contenere la piena elettrica, perchè non sono nell' egual grado conduttori dell' Elettrico, ossia non si prestano egualmente al trascorrimento del medesimo. 3. I metalli tutti sono esimii conduttori dell'Elettrico. Ma quando la corrente che gì' investe è copiosa, manifesta si ren- de la differenza di conducibilità per 1' Elettrico anche fra i diversi metalli. La stessa corrente in fatti non arroventa, né fonde i diversi metalli che trascorre sebbene questi siano di- sposti o in lastre, o in fili, o in sbarre di eguali dimensioni. Il rame per esempio per V azione deW Elettrico si arroventa e si fonde più diffìcilmente del platino. 4. Affinchè quei corpi che sono meno conduttori dell'E- lettrico degli altri al pari di questi siano capaci a contener- ne la corrente, è necessario aumentare la loro massa quanto è minore la loro conducibilità. In tal guisa per esempio ope- rando con lastre o fili metallici di maggiori dimensioni si ar- riva ad impedirne l'arroventamento e la fusione^ che la cor. Tomo XX. Ss 3i6 SuLf.A Costruzione ec. ivnte elettrica produce, allorché s'impiegano sotto dimensio- ni minori. 5. Quando i conduttori o canali dell' elettrica corrente siano pure metallici, sono interrotti ; ovvero quando la cor- rente istessa, dopo di aver attraversato conduttori metallici capaci a contenerla , trova ostacolo a quella libera e pronta diffusione , che è necessaria per ristabilire 1' equilibrio nello stato elettrico dell'atmosfera, per esempio, e della terra cioè incontrando in seguito conduttori più imperfetti dei primi , qual sarebbe un terreno quasi asciutto: allora la stessa corren- te elettrica può arroventare e fondere ben anche quei me- talli, che sotto le medesime dimensioni, ma tolte quelle cir- costanze, non avrebbero sofferto sensibile alterazione. 6. I metalli ossidandosi, come avviene a molti di essi pre- stamente e sensibilmente al solo rimanere esposti all' aria ed alle vicende di umido e di secco, perdono assai della loro fa- coltà conduttrice dell'elettrico. Colla scorta di queste cognizioni, intorno alle quali nes- sun colto elettricista moverà dubbio, si può determinare qua- le metallo, presa ben anche in considerazione V economia del- la spesa^ e sotto quali dimensioni e forme possa essere scel- to ed adoperato nella costruzione dei Parafulmini , affinchè questi, supposto che per le altre relazioni siano ben costrui- ti e ben collocati, valgano a preservarci dai danni del fulmine. Il metallo, che sino dai primi momenti dell'invenzione frankliniana si giudicò più opportuno alla costruzione dei Pa- rafulmini, fu il rame . Fra i metalli non molto costosi è uno di quelli, che difficilmente a cose pari si arroventa e si fon- de dalla corrente elettrica, e che esposto all'aria, o immerso neir acqua non si distrugge notabilmente. L' ossidazione su- perficiale per lungo tempo guarantisce il metallo stesso che ricuopre. > ■ Ma perchè il rame a cose eguali costa assai più che il ferro, la maggior parte dei fisici per molto tempo impiegò in- vece quest' ultimo metallo nella costruzione dei Parafulmini. b Del Professor Configliachi 817 L' economia vi riconobbe xin vantaggio, quantunque la gros- sezza della sbarra di ferro avesse ad essere pressocchè doppia di quella del rame. La maggiore grossezza si giudicò neces- saria, e percliè il ferro sottoposto all'elettrica azione si arro- venta e si fonde più facilmente del rame; e perchè, ossidan- dosi prestamente esposto all' aria^ la ruggine non interrompes- se col tempo la continuazione dell'esimio conduttore, o di troppo non diminuisse la sua capacità a contenere le elettri- che correnti. Anzi a togliere o ritardare principalmente quest'ul- timo difetto, si pensò con buon consiglio d' inverniciare ad olio le sbarre di ferro, ovvero di stagnarlo , come insegnò il Cav. Marsiglio Landriani valente fisico sino dal 1784. nella sua operetta deW utilità dei conduttori elettrici stampata in Milano. Certo è che la stagnatura , mentre guarentisce il fer- ro dalla ruggine, ne accresce alcun poco la capacità a con- tenere r elettrica corrente. Avuto perciò riguardo alla minore spesa, che si aveva a sostenere nella costruzione dei Parafulmini, quale in allora si praticava sin verso il i8oa., questi generalmente si costruiro- no con sbarre cilindriche ossia verghe di ferro non interrot- te , del diametro non minore di mezzo pollice del piede pa- rigino^ che tutt' al più s' inverniciarono a risparmio della spe- sa per la stagnatura. E lo stesso Landriani , il quale nei no- stri paesi ed altrove elevò tanti Parafulmini, si attenne a que- sto metodo j che è pur quello che alcune volte si segue at- tualmente e massime in Francia. Dalle parti però più elevate di altri edificj condurre sin sotto terra quelle sbarre o verghe di ferro dell'indicata gros- sezza, e perciò assai pesanti; ed in modo che l'unione fra le diverse tratte della lunghezza totale fosse fatta con sicu- rezza e stabilità, (imperocché nella costruzione dei Parafulmi- ni nulla vi ha di peggio dell' interruzione nei conduttori me- tallici adoperati , per la qual cosa si dovette ben presto ri- nunciare anche all'uso delle catene metalliche da taluno sug- gerito nel principio di quello stupendo ritrovamento) rende- 3i8 Sulla Costruzione ec. va il lavoro difficile^ e di molto scemava il guadagno che si otteneva impiegandovi il ferro in vece del rame. Moltiplicate 1»'^ filiere metalliche, venne ad altri il buon pensiere di sostituire alle sbarre e verghe metalliche i fili di metallo, riuniti in lunghe e rilasciate trecce, i quali avessero tale diametro da rendere il conduttore fijrmato dal loro in- sieme capace a contenere le correnti fulminee. Ciascuno di quei fili avendo piccola grossezza potevasi maneggiare facil- mente quantunque lungo^ ed annodare con altri e ripiegare al bisogno con sicurezza di stabile contatto; e perciò con sen- sibile diminuzione di opera manuale. E siccome facendosi uso del ferro , non potevasi adope- rare quel metallo in fili di piccolo diametro , come p. e. di I. a a. lineCj perchè più facile ad arroventarsi ed ossidarsi , e perciò a spezzarsi ben anche ^ o a diventare meno atto a condurre e contenere l'elettrica piena: così si pensò di adope- rare , come si fece con ottimo successo, le trecce di fili di rame. Non solo i fisici ne furono contenti, essendosi provve- duto alla maggiore sicurezza dell' efletto dei Parafulmini ; il che è ciò che più importa : ma soddisfatti rimasero anche quelli che economicamente consideravano la cosa ; avendo riconosciuto nel risparmio dell' opera manuale un compenso del maggior costo del rame, il quale poi anche dopo un lun- gliissimo periodo di tempo a motivo della ossidazione solo su- perficiale conservava un ragguardevole valore. Le cose erano in questo stato rispetto alla costruzione dei Parafulmini , quando il Marcili pochi anni sono credette di migliorarla e in quanto all'effetto, e in quanto all'econo- mia, apprestando le trecce con fili di ferro, ma stagnati, on- de evitare il danno della facile ossidazione. Il pensamento del Marcili non è privo di merito , quan- tunque quello non gli si competa della novità; e falso sia quanto si lesse in alcuni pubblici foglj , aver egli cioè ritro- vato un nuovo metallo, più eccellente conduttore dell'elet- trico, e che non si spezzi o si fonda sotto l'azione della cor- Del Phofessor Configliachi Sig lente elettrica come il rame; il merito suo sta in ciò, di aver egli studiato di provvedere alla maggiore economia nella co- struzione di quelle armature^ combinando col risparmio della spesa pel lavoro quello del prezzo del metallo impiegato. Le trecce a fili di ferro stagnato, a cose pari , costano quasi un terzo meno di quelle a fili di rame. Ma i Parafulmini in tal modo costruiti sono cosi efficaci a preservarci dal fulmine quanto quelli fabbricati altrimenti, come si disse ? Dal complesso di tutte le cose e scientifiche e pratiche fin qui esposte, dipende la soluzione del quesito. I. Quando i fili di ferro, che impiegansi nella costruzio- ne delle trecce, siano bene stagnati, cioè in modo che qua e là non appaiano sensibili interruzioni nella stagnatura , e principalmente dove i fili si piegano o fra loro si annodano. a. Quando per tutto quel tratto, che il conduttore me- ■ tallico devesi interrare in luogo che si mantenga in ogni tem- po umido , ovvero immergere nell' acqua , alla treccia di fili di ferro stagnato quella si sostituisca di fili di rame , ovvero • una sbarra o lastra di rame, o anche di piombo. 3. Quando in ultimo il numero dei fili di ferro stagnato • componenti la treccia, o il loro diametro , ovvero e l'uno e r altro insieme, siano tali che la somma dei diametri sia ad un dipresso doppia di quella, che si richiederebbe a pari circo- stanze costruendo i Parafulmini con trecce di fili di rame: non si dubita di asserire, che per molti anni i Parafulmini fabbri- cati con quel nuovo metodo equivalgano nell'efficacia a sal- varci dal fulmine a quelli altrimenti costruiti, e specialmente a quelli fatti con fili di rame. La necessità delle prime due condizioni , che affrancano . i Parafulmini a fili di ferro stagnato di loro virtìi , è per se ~ stessa manifesta. Il guasto dell' ossidazione potrebbe a non molto rendere insufficiente il conduttore metallico a contene- re le correnti elettriche, o interromperlo nella sua tratta, ov- vero diminuirne la conducibilità dov'esso si fa strada nel suo- lo umido o nell'acqua. Il danno dell' ossidazione a cose eguali 320 Sulla Costruzione ec. sarebbe maggiore;, essendo la stessa massa di ferro ridotta in fili; si perchè la superficie del metallo esposta all'aria ed a contatto di altri corpi è maggiore, e sì ancora perchè la tes- situra del ferro passato alla filiera è meno compatta del bat- tuto, e qua e là presenta dei peli e delle scabrezze, quando i filli non sono assai sottili. Ma la necessità della terza condizione, e nella misura che superiormente si è detto, dalla scienza e dalla pratica insie- me ci viene dimostrata, quando nulla si voglia porre a risico in un oggetto così importante, ed in confronto di un meschi- no guadagno. La scienza elettrica e 1' empirismo , ossia le osservazioni fatte per molti anni ed in diversi luoghi, e fra questi nei più sottoposti alle scariche fulminee, e le più poderose , possono sole d' accordo ammaestrarci intorno alle grandezze o dimen- sioni da adottarsi nel comporre quelle trecce o quelle metal- liche comunicazioni , secondo che scegliamo 1' uno piuttosto che r altro metallo. La scienza ci fa conoscere la diversa a- zione che esercita 1' elettrico sui diversi metalli , principal- mente allorquando in copia gli invade; 1' empirismo, che solo e' istruì sulle distanze alle quali dobbiamo collocare le spran- ghe elettriche su vasti edificj per preservarli in ogni loro par- te, è pure quel solo , che e' insegna sotto quali dimensioni fatte le trecce metalliche o adoperate le verghe o sbarre con- tinuate di metallo , abbiano resistito alle scariche elettriche le più copiose e le più violenti senza arroventarsi, senza spez- zarsi, senza fondersi, e perciò i Parafulmini con quelle fabbri- cati, e nel resto come si suppone bene costruiti, non mai ab- biano mancato di efficacia al fine cui sono destinati. Qual fi- sico infatti conosce a priori la sfera di azione di una spran- ga elettrica? quale il grado massimo d'intensità cui possa giungere, l'elettrico sconcerto fra la terra e l'atmosfera? quan- ta la copia di una corrente fulminea , e la velocità con cui trascorre e quindi gli effetti che in relazione principalmente a questi due elementi vale a produrre nei corpi che investe? Del Professor Configliachi Sai L'esperienza di ben mezzo secolo e" istruì, che le sbar- re o verghe continuate di ferro del diametro di 6. linee pa- rigine , ossia di iSjSSó. millimetri e d'ordinario inverniciate ad olio , non che quelle di rame nudo del diametro di sole 3. linee parigine, ossia di millimetri 6,768. impiegate alle unioni e comunicazioni delle spranghe frankliniane valgono a guarantirci dal fulmine, quando i Parafulmini siano nel rima- nente ben costruiti e disposti, e principalmente quando sicu- ra è la comunicazione delle estremità inferiori dei condutto- ri metallici coli' acqua , che scorre o riposa su fondo morto ossia terroso, come quella di un pozzo, e non già di una ci- sterna , ovvero con un terreno per particolari circostanze di luogo, o per se stesso molto umido, ed in ogni stagione del- l' anno, come sono gli argillosi anche a non molta profondità. Alle spranghe o verghe continuate di ferro o di rame so- stituite da molti anni le trecce a tìli di rame ricotti, per le ra- gioni qui sopra riferite, e che conciliano la sicurezza dell'ef- fetto desiderato coli' economia del lavoro, I' esperienza dimo- strò, che, composte le trecce di due o tre fili di tale diame- tro , che la somma delle periferie di quei cilindretti di rame corrispondesse ad im pollice parigino, ossia a millimetri 87,072.5 i Parafulmini con esse costruiti non mai smentirono la loro efficacia, anche nelle piti pericolose situazioni. Una chiesa p. e. posta all'altezza di piedi parigini 4 '22,. sopra il livello del mare e fabbricata sulla roccia , il Santuario cioè della Vergi- ne sulla vetta del Monte Bisbino nella Provincia di Como , monte di forma conica , isolato a grandi distanze dalle altre cime che signoreggia, e dove non vi è acqua in cui tuffare le corde metalliche, armata di Parafulmini nel modo ora indi- cato, da sette e più anni andò illesa dalle ruine del fulmine, che ogni anno e più volte la bersagliava; come preservate fu- rono molte alte torri, e molti vasti edificj in egual modo difesi. Ora volendo surrogare ai fili di rame quelli di ferro sta- gnato, aftinché equivalgano nella costruzione dei Parafulmini ai primi , secondo gì' insegnamenti della scienza e molto più J Saa Sulla Costruzione ec. in forza delle pratiche cognizioni finora acquistate, la somma dei diametri dei fili componenti le trecce doppia esser dovrebbe ad un di presso di quella dei diametri dei fili di rame , che in pari circostanza s' impiegherebbero, non mai poi minore di quella, cui corrisponde la periferia totale, ossia l'insieme del- le periferie dei cilindretti di un pollice e mezzo parigino, os- sia di millimetri 4o->6o8. per approssimazione. Che poi formandosi le trecce conduttrici con fili di fer- ro stagnato convenga, per nulla azzardare^ che la somma dei diametri dei fili che le compongono abbia ad essere anzi un poco maggiore del diametro della sbarra o verga di ferro, che si usava in passato e da lungo tempo con felice successo; non dissimilmente di quello che si fece allorché alle verghe o sbar- re di rame si sostituirono con eguale buon esito le trecce a fili di questo metallo, chiaro risulta dalle seguenti considera- zioni. Quantunque i fili di ferro si suppongano con termine dell'arte lodevolmente stagnati , non di meno evitare non si possono nel velo di stagno che li ricuopre le frequenti inter- ruzioni, e particolarmente dove si connettono fra loro o si ri- piegano. Nelle stesse piegature l'acqua talvolta vi si ferma, e r ossidazione in appresso progredisce più facilmente. Ricuo- cendo il ferro perchè si presti alle piegature , la sua massa sensibilmente diminuisce ossidandosi facilmente alla superfi- cie. Sebbene la fisica non sappia ancora chiaramente deter- minare la cagione , per la quale i metalli si comportano di- versamente sotto l'azione della corrente elettrica che sotto quella del fuoco delle nostre fucine , è però indubitato dopo le esperienze prima di Van-Marum, e poi di Children, che il ferro si arroventa e si fonde più facilmente del rame , allor- quando a cose eguali sono investiti dalla corrente elettrica. Il ferro è altresì il metallo più combustibile , mentre riscal- dato ad un grado minore degli altri metalli , e massime del rame, si combina prontamente coli' ossigene , coprendosi alla superficie di una squarnma di ossido. Lo stesso velo poi di stagno in occasione di poderose scariche fulminee potrebbesi Del Professor Configliachi Sìo fondere, e molto più facilmente che il rame e il ferro, come manifesto appare in molte esperienze anche di gabinetto, quan- do non fosse già ossidato col solo star esposto all'atmosfera. Affinchè adum[ue senza ragionevole timore possiamo nello stato delle attnali nostre cognizioni teoriche e pratiche riguar- dare i Parafulmini costruiti colle trecce a fili di ferro stagnato, egnalniente atti a condurre senza danno le correnti fulminee, sia- no le più copiose, che quelli fabbricati con trecce a fili di rame nudo , è necessario che le dimensioni dei fili di ferro stagnato siano ben poco minori a cose pari del doppio di quelle che vi si vorrebbero usando i fili di rame. Quando l'esperienza di molti e molti anni, quale si è quella che ci assicura dell'ef- ficacia dei Parafulmini costruiti coi soliti metodi anche nei casi in cui l'elettrico si scarica a torrenti^, deporrà a favore del nuo- vo metodo praticato con fili di ferro stagnato ma del diame- tro pressocchè eguale a quello che si dà ai fili di rame, ben volontieri si correggeranno le misure sopraindicate , mentre al- lora solamente si concilierà la sicurezza dell' effetto colla ve- ra economia. Quella in fatti nello stato presente delle cose o non si otterrebbe , o solo col sagrifizio penoso e continuo di nostra tranquillità. Se i fili di ferro ben stagnato da impiegarsi nel- la costruzione delle armature a guardarci dal fulmine devono avere il diametro quasi doppio di quelli di rame , non solo scompare il risparmio che si ottiene pel minore costo di quel metallo , ma per la stagnatura del ferro lo spendere si au- menta. Che se si pon mente, che il pericolo di guasto, e di in- terruzione o rottura nei fili di ferro stagnato è più facile che in quelli di rame ; se si considera che alle stesse circostan- ze i primi conserveranno più a lungo la facoltà conduttrice esimia per 1' elettrico , quale è propria dei metalli, che i se- condi ; sebbene il tempo sia indeterminato , per le quali cose maggiore sorveglianza si dovrà esercitare rispetto ai Paraful- mini costruiti con trecce a fili di ferro stagnato, che a quel- Tomo XX. Tt 3a4 Sulla Costruzione ec. li con trecce a fili di rame: ancor più difficilmente converrà abbandonare il metodo finora seguito per ripararci dal fulmine. Finalmente il rame che s'impiega in simili armature^ an- che dopo lunga pezza di tempo, perchè superficialmente ossi- dato, conserva in commercio un discreto valore, mentre di poco o nessun momento è quello che può ricavarsi dal ferro. > ' ' '■■,;■ ' ' 3a5 RISPOSTA ALLE OBBIEZIONI DELLA BIBLIOTECA ITALIANA SULLA TEORIA DEL MOTO COMPOSTO MEMORIA DELL'ABATE GIUSEPPE ZAMBONI Professore di Fisica NELL'I. R. LICEO DI VERONA Ricevuta adi a3. Settembre i83i. i>l ella Biblioteca Italiana [Aprile 1829 p. Sa.) si leggono alcune obbiezioni contro il mio tentativo pubblicato nel Tomo XX. Fasci, di Matematica di questa Società Italiana delle Scienze,, diretto a mettere in evidenza geometrica la dimostrazione del Newton sul moto composto. Io debbo ascrivermi a non pic- colo onore il parlarsi a dilungo di quella mia produzione in un Giornale riputatissimo, e da unOppositore^ la cui urbanità e modestia vanno del pari coli' ingegno e chiarezza di scrivere in sifatte materie. E però, ove io pur dubitassi, che la solu- zione eh' io vengo a dare delle oppostemi difficoltà , anziché soddisfacente, chiarisse vie meglio la cosa contro di me, non serbeiei tuttavia silenzio, che risponderebbe assai male, e al- l' altrui gentilezza, e all' amore del vero. A miglior cognizio- ne di causa trascriverò fedelmente ciascuna obbiezione. Obbiezione I. j, In primo luogo si suppone di già, ( nella mia dimostra- ,, zione ) che T effetto di due forze contemporanee operanti 3a6 Risposta alle Obbiezioni ec. ,, sul corpo considerato come un punto sia un certo moto ,, quale eh' egli poi sia. Ora nell' ignoranza in cui siamo sul- „ r intima natura delle forze , e sul modo con cui si fondo- j, no, per dir così, le loro azioni, quando più d'una venga ad j, esercitarsi al tempo stesso sopra di un corpo, ne segue, che, ,j se si voglia prescindere ( notisi bene ) dai dati sperimentali^ „ non che da tutto ciò^ che già suppone il fenomeno in que- „ stione, nulla vi ha, che metta in istato di decidere col so- „ lo raziocinio, se T applicazione simultanea ad un corpo di „ due potenze convergenti debba aver per effetto il moto o ,, V equihbrio. Niuno infatti potrà negare, che anche ammes. ,, se le attuali leggi dell' inerzia della materia, poteva in ori- „ gine la natura essere stata disposta dal suo Autore in mo- ,5 do, che nel caso contemplato avesse luogo 1' equilibrio an- ,, zi che il moto. ,, R I S P O S T A. Vuoisi in questa prima obbiezione , che per 1' ignoranza in cui siamo dell'intima natura delle forze, il solo raziocinio non valga a decidere, se v'abbia moto od equilibrio nel ca- so di forze convergenti, ma nulla si dice dall'opponente de- ca'so di forze uguali e contrarie, né dell'altro di forze cospi- ranti. Il percliè io mi fo qui dapprima a domandare. Quando due forze d' intensità eguale, e diametralmente contrarie agi- scono simultaneamente nel mobile, 1' equilibrio che ne risul- ta si può egli dedurre dalle sole leggi attuali dell'inerzia, od è puramente un fatto sperimentale? Cosi pure, quando due o più forze sollecitano il mobile contemporaneamente per di- rezioni tutte cospiranti , il moto che indi nasce equivalente alla loro somma , viene egli siccome effetto dalle sole leeei dell' inerzia, od è unicamente pure fenomeno dell'esperienza? Se r equilibrio nel primo caso, ed il moto nel secondo si do- vessero ammettere quai fatti primigenii non demonstrabili col- le leggi dell' inerzia , la discussione è finita ; e convengo io Del Professor Zamboni •Sa'j pure col ciotto Oppositore, non esser possibile „ il tessere del 5j contrastato teorema una dimostrazione tutta affatto razio- „ naie, cioè prendendo dall' ispezion della natura le sole leg- „ gi dell' inerzia e nulla più. „ La quale dimostrazione tutta razionale mancherebbe eziandio ad ogni altro teorema di Mec- canica bisognevole dei detti principi d' equilibrio e di moto. Ma se l'equilibrio nelle forze contrarie, ed il moto nelle co- spiranti si ammettano quai conseguenze delle sole leggi d' i. nerzia, ne verrà altresì tutta razionale ( se mal non mi ap- pongo ) la dimostrazione del moto composto. Ed in vero: io premetto la nozion generale ( p. i5o De- fin. I. ) che il moto rispettivo è un cangiamento successivo della distanza del mobile da un punto, linea, o piano che si possono imaginare nello spazio. Dalla qual definizione chiara- mente conseguita i .° che qualunque moto per retta linea con- tiene essenzialmente infiniti altri moti rispettivi ad altri pun- ti, linee, o piani, a." che il mobile non può avere alcun mo- to rispettivo riguardo alle linee parallele a quella che attual- mente descrive o tende a descrivere (Assioma I p. i5i.). Ora di qnesti moti rispettivi io ragiono cogli stessi prin- cipj, che si adoperano nei due casi sopraccennati delle forze contrarie, e cospiranti; vale a dire^ quella ragione medesima che ci la ammettere 1' equilibrio nel caso di forze uguali e contrarie, quella stessa ci obbliga ad ammettere, che il mo- bile non può avere nessuno dei due moti rispettivi cui fosse tratto contemporaneamente quando sono uguali e contrari , e dovrà eseguire nello stesso tempo una somma di moti rispet- tivi quando sieno tutti cospiranti;, o non s'impediscano in ve- rmi modo gli uni gli altri. Poste le quali cose, la mia dimostrazione ( p. f54 ) sul- la risultante di due forze convergenti sia in ciocche in una delle lòtze componenti trovo prima un moto rispettivo ugua- le e contrario ad un moto rispettivo dell'altra; trovo di poi nella prima componente un moto rispettivo cospirante con altro moto rispettivo della seconda. Quindi conchiudo, che il 3i8 Risposta alle Obbiezioni ec. mobile non potrà fare nessuno dei due primi , e faià invece la somma dei due secondi, descrivendo la diagonale. Applichiamo adesso il sin qui detto alla dimostrazion Newtoniana. Quando si domanda la risultante di due forze convergen- ti, egli è lo stesso che ricercare, se vi sia o no un moto che soddisfi nel medesimo tempo ad amendue le forze. Per ritro- varloj si osservi, che fatto il parallelogrammo delle forze \° La forza AB { fig. i- ) tende a produrre un moto rispettivo verso il punto B: e 1' altra forza AG un moto rispettivo ver- so il punto C. il," La stessa forza AB tende a produrre un moto rispettivo verso la retta BD, e la stessa forza AC un mo- to rispettivo verso la retta CD. I primi due moti verso i punti Bj e G non possono far- si contemporaneamente dal mobile per le rette AB ed AG, e nemmeno un solo di questi può aver luogo; poiché il mobi- le, che venisse per AB non soddisfarebbe in alcun modo al- l' altra forza AC \ giacché avendo questa il moto rispettivo verso la retta CD, se il mobile venisse per AB parallela alla retta CD, non avrebbe^ per 1' assioma premesso , alcun moto rispettivo verso questa retta CD, e perciò non soddisfarebbe in verun modo alla detta forza AG. Similmente, se il mobile andasse per AG, non soddisfarebbe in alcun modo alla forza AB. Ma gli altri due moti rispettivi, quello cioè della forza AB verso la retta BD, e 1' altro della forza AG verso la ret- ta CD possono farsi contemporaneamente senza impedirsi l'un altro. Difatti il moto rispettivo dal punto A verso la retta BD non può essere impedito dalla forza AG , poiché questa forza AG, essendo parallela nella sua direzione alla retta BD, non contiene , per lo stesso assioma , alcun moto rispettivo , che possa deviare il mobile dalla retta BD; e perciò verrà il mobile dal prnto A a toccare qualche punto della BD colla stessa velocità, come se non vi fosse 1' altra forza AG. Per la stessa ragione il mobile per quest'altra forza AC verrà dal punto Del Professor Zamboni Sag A a toccare qualche punto della CD colla stessa velocità, co- me se non vi fosse la prima forza AB; il che vuol dire, che il mobile, partendo dal punto A potrà soddisfare ad amendue questi moti rispettivi, cioè ad amendue le forze col venire dal punto A a toccare un punto comune alle due rette BD, CD, qual è il punto D estremità della diagonale AD. Obbiezione! I. ^- ,, In secondo luogo , ricevuta o come desunta dai fatti , „ o se pur vuoisi, come raggiunta intellettualmente la circo- „ stanza , che il corpo dee mettersi in moto , conviene assi- „ curarsi, che questo accaderà nel piano della direzion delle „ forze: ciò ommettesi dall'Autore come si ommette da altri.,, Risposta. I sopraddetti principi del moto rispettivo applicati alla dimostrazion Newtoniana suppliscono a questa ommissione nel modo seguente. S' imagini un piano parallelo a questo ABDC delle forze. La forza AB, per l'assioma premesso, non può produrre alcun moto rispettivo riguardo alle rette che si trovano nell' imagi- nato piano parallele alla AB, e per la stessa ragione l'altra for- za AG non può produrre alcun moto rispettivo riguardo alle rette che si trovano nell' imaginario piano parallelo alla AC. Dunque nessuna delle due forze può produrre un moto rispet- tivo verso r imaginato piano ; e perciò se il mobile debba ve- nire da A in D, dovrà muoversi in maniera da non aver alcun moto rispettivo verso l'imaginato piano: cioè per lo stesso as- sioma dovrà muoversi in un piano parallelo all'imaginato. Ma tale è il piano ABDC delle forze. Dun([ne il mobile non po- trà muoversi che in questo piano. 3.3o Risposta alle Obbiezioni ec. Obbiezione TU. „ In terzo luogo il discorso del Sig. Zamboni ha comu- ,, ne con altre dimostrazioni il difetto di essere affatto indi- ,, pendente da alcuna considerazione derivata dall'essere ( co- j, me alinea tacitamente si suppone ) le forze della stessa na- „ tura, cioè o entrambe istantanee , o entrambe continue , e ,, in questo caso, o costanti^ o conservanti un rapporto costan- „ te. Ma poiché in caso diverso, il moto non è più rettilineo, j, convien dunque che nella omogeneità delle forze sia ripo- ,, sto un intrinseco principio, una proprietà, che cooperi a produr rettilineo il movimento. Or questo principio intrin- seco, questa proprietà come costitutric<". essenziale del fe- nomeno, dee farsi sentire nella dimostrazione. Eppure quel- la del Sig. Zamboni al pari delle altre istituite geometri- ,, camente, per quanto ci ricordiamo, è parola per parola tut- ., ta applicabile anche nell'ipotesi, in cui una delle forze fos- „ se istantanea, e l'altra continua; o entrambe continue, ma _,, variabili senza conservare un rapporto costante : la natura 3, delle forze non è in alcun modo interessata nel discorso. ^, i;(. :;.: •. :.!iO'r- ..'; ' '■ "■ Risposta. Non v' ha dubbio, che il moto composto debba essere o rettilineo o curvilineo , secondo la diversa natura delle forze componenti, com' è saggiamente notato in questa obbiezione. Ma però certo è ugualmente, che in qualunque caso il moto considerato farsi in un tempo infinitesimo , è sempre rettili- neo. Ond' è che nella teorica del moto curvilineo prodotto e. g. da due forze, 1' una costante, e 1' altra istantanea, si pro- cede per via di diagonali infinitesime, le quali esprimono mo- ti rettilinei infinitesimi corrispondenti a infinitesimi tempi , e formanti successivamente la curva parabolica. E però la dimo- strazione del Newton, e quanto io vi aggiunsi, per darle , se fia possibile, evidenza geometrica, dovrà intendersi del moto Del Professor Zamboni ' 33i prodotto da due forze convergenti, dì qualunque specie esse sieno , in un tempo infinitesimo ; il che basta per l'essenziale della teoria, e perchè il moto sia provato rettilineo qualunque sia r indole delle forze. Ma quando si tratti del moto composto durevole per un tempo finito, allora sì, che dovremo por mente all'indole par- ticolare di ciascuna forza componente , per indi argomentare o rettilineo o curvilineo il moto che ne risulta. Nel che giova l'osservare, che la regola per deciderlo ci viene appunto somministrata dalle nozioni premesse sul moto rispettivo. Difatti quando la diagonale AD (Jig- a ) è una ret- ta linea, sappiamo dalla Geometria, che presi ad arbitrio sul Iato AB i punti F, E, e condotte per questi le FG.j EM pa- rallele al lato AG, e dai punti G ed M condotte le GH, MN parallele al lato AB, si avraimo le AF;, AE, AB pr porziona- li alle AH, AN, AC. Se dunque in Meccanica le AF, AE, AB esprimano gli avvicinamenti o moti rispettivi prodotti dalla forza AB nel mobile in A verso la retta BD, e le AH, AN , AG esprimano gli avvicinamenti o moti rispettivi prodotti in tempi rispettivamente uguali nello stesso mobile verso la ret- ta CD, ne verrà questa regola. Il moto composto durevole per un tempo finito sarà rettilineo ^ quando gli avvicinamenti pro- dotti da una forza componente in dati tempi sieno proporzio- nali agli avvicinamenti che si producono nei medesiiìii tempi dall' altra forza componente. Applichiamo questa regola. I ." Al caso di due componenti istantanee. Essendo allo- ra uniformi i moti rispettivi prodotti da ciascuna forza , ne viene, che tanto gli avvicinamenti AF, AE , AB, quanto gli altri AH, AN, AC sono proporzionali ai tempi , e perciò an- che gli avvicinamenti prodotti da una forza proporzionali a quelli dell'altra nei medesimi tempi ; e quindi il moto da A in D rettilineo. Tomo XX. Uu 33a Risposta alle Obbiezioni ec. a. Al caso di due forze convergenti l'una AC istantanea, r altra AB costante. Allora gli avvicinamenti prodotti dall'i- stantanea AC si mantengono sempre uguali in tempi eguali , mentre (juelli prodotti dalla costante AB crescono in tempi eguali nella nota progressione i , 3, 5, 7 ec. il che farebbe essere le AF, AE , AB ascisse proporzionali ai quadrati delle semiordinate AH» AN , AC^ e però il mobile da A in G de- scriverebbe la semi parabola. Pertanto io protesto di saper molto grado a queste dotte obbiezioni, siccome quelle che mi condusseio a sviluppare, e disporre viemeglio la teoria geometrica del moto composto. Essa dunque dovrà tenere il seguente ordine. I. Per le cose dette nella risposta alla prima obbiezione si prova che il mobile spinto contemporaneamente da due for- ze convergenti dee passare da un estremo all'altro della dia- gonale. II. Colla risposta alla seconda obbiezione si fa vedere , che il moto da un estremo all'altro della diagonale dee farsi nel piano delle forze. III. Rispondendo a questa terza obbiezione, si è veduto che qualunque sia l' indole particolare delle forze, il moto da un estremo all'altro della diagonale debb' esser rettilineo, (juando si compie in un tempo infinitesimo. IV. Ma quando il predetto moto sia durevole per un tem- po finito, dovrà riuscire o rettilineo o curvilineo secondo la regola poc' anzi dimostrata. Obbiezione IV. ,, Oltre a ciò osserveremo in quarto luogo che il Signor „ Zamboni suppone insieme cogli altri Autori , che le due ,, forze conservino nella loro azione combinata quelle proprietà „ che hanno quando sono isolate. Questa circostanza , che ,, per noi non è evidente, attesa l'ignoranza dell' essenza delle „ forze, è una delle basi della dimostrazione come lo è del- ,, le altre. ., Del Professor Zamboni 333 Risposta. Nel rispondere alla prima obbiezione fu già accordato all' opponente, che se 1' equilibrio nel caso di forze uguali e contrarie, ed il moto nel caso delle cospiranti non si possono dedurre dalie sole leggi attuali dell'inerzia , non si può più istituir dimostrazione tutta razionale del moto composto. Ora lo stesso è a dirsi di quest' ultima obbiezione. Imperciocché se quanto essa afferma delle forze convergenti, altrettanto deb- ba dirsi delle contrarie e cospiranti, che cioè, nemmeno in queste sia evidente per pura ragione d'inerzia, che conservi- no nella loro azion cornjjinata la facoltà di produrre quel mo- to che hanno, quando sono isolate , allora né 1' equilibrio da forze eguali e contrarie, né il moto dalle cospiranti, né altro qualunque teorema meccanico sarebbe giammai suscettibile di dimostrazione al tutto razionale. Laonde qui pure io dirò, do- versi ragionare delle forze convergenti, come si ragiona delle contrarie e delle cospiranti. Se nelle contrarie v' é 1' equili- brio, perché tutti i moti rispettivi conservati in una delle for- ze sono uguali e contrari ad altrettanti conservati nelT altra, se nelle cospiranti v'è il moto equivalente alla loro somma, perchè tutti i moti rispettivi dell'una si conservano cospiran. ti con quelli dell' altra ; per la stessa ragione nelle forze con- vergenti trovo un moto rispettivo dell'una uguale e contra- rio ad un moto rispettivo dell' altra, e ne conchiudo 1' equi- librio , ma trovo insieme un moto rispettivo della prima, co- spirante con altro della seconda, e ne deduco il moto comu- ne per la diagonale. Appendice. -■ '■' ;.' i •. I. .i/-/ ;; Dalle dottrine del moto composto trae la maggior parte delle sue dimostrazioni la celel)re Teoria Elettrodinamica del Sig. Ampere. In quel suo teorema dell'attrazione fra due cor- renti elettriche^ le quali o si avvicinano alla sommità di un 334 Risposta alle Obbiezioni ec. angolo o se ne allontanano; e della ripulsióne fra la corren- te <'.lie si avvicina alla detta sommità, e l'altra che se ne al- lontana , egli prende a considerare un elemento ab {fig- 3. ) nella corrente A^, ed altro de nella corrente Bc amendue e- gualmente lontani dalla sommità O; e scompone ciascun mo- to ah^dc in altri due ae, eb^ df^fc ad angolo retto. Quindi argomenta, che non producendosi alcun effetto dai due moti ae, df, perchè uguali fra loro e contrari^ non altro rimane, che o r azion attraente fra i due moti eb fc paralleli fra loro e cospiranti, quando amendue le correnti si avvicinano alla som- mità 0, e quando se ne allontanano ; o un azion ripellente , quando il moto eh risulta parallelo e contrario all'altro /b nel caso che una corrente si avvicini alla sommità O e i' altra se ne allontani. . ■ ' • : ■ ' • . . Se non che l'illustre Fisico Sig. Nohili (*) ebbe a notare in sifatta dimostrazione, che i due moti eguali e contrari «e, df non producono alcun effetto soltanto nel caso, che venissero ap- plicati allo stesso punto materiale, o allo stesso centro di gravi- tà di un sistema invariabile; ma ciò non si verifica nella di- mostrazione Amperiana : perciocché le due correnti Ab , Bc camminano per due conduttori distaccati affatto l'un dall'altro il) maniera che ciascuno può ubbidir liberamente alla forza che opera sopra di lui. A togliere questo sconcio , io propongo la seguente di- mostrazione del predetto Teorema. Sieno le correnti elettriche AB, CD (^g. 4 ) dirette a- mendue veiso la sommità M dell' angolo AMG , e condotta BD, dal punto A si abbassi a qualunque punto H della DB prolungata la AH, e si compia il parallelogrammo GH. Simil- mente condotta dal punto C la CE parallela alla GB, si com- pia r altro parallelogrammo EF. Se il primo elemento della corrente AB venuto in A per- O Questioni s\\\ Magnetismo p. "4- Del Professor Zamboni 335 corresse il lato AH nel tempo medesimo , che questo lato si trasportasse parallelo a se stesso da AH in GB , il detto ele- mento per la teoria del moto composto verrebbe a percorre- re la diagonale AB. Così pure se il primo elemento dell'altra corrente CD arrivato in C percorresse il lato CE nel tempo stesso che questo lato si movesse parallelo a se stesso da CE in FD, anche questo elemento verrebbe a descrivere la dia- gonale CD. Dunque fra T elemento che percorre AB, e l'e- lemento che percorre CD vi sarà quell' azione reciproca che si avrebbe nel caso che i due elementi si movessero l'uno per AH, e l'altro per CE paralleli l'uno all'altro e cospiranti. Ma in questo caso i due elementi eserciterebbero fra di se un a- zione attraente per la nota legge delle correnti elettriche pa- rallele e cospiranti ; e l' avvicinarsi fra loro dei due lati AH, CE altro non farebbe che accrescere la detta attrazione. Dun- que fra i due detti elementi, e così tra gli altri che vengono di seguito per le rette AB, e CD vi sarà l'attrazione scam- bievole. Collo stesso raziocinio applicato alle correnti che si al- lontanano dalla sommità M andando l'una da B in A, e l'al- tra da D in C sarà pure dimostrata l'attrazione scambievole, diminuita però dallo scambievole allontanarsi delle due cor- renti. E finalmente fra la corrente mossa da B in A, e l'altra da G in D si proverà allo stesso modo la ripulsione propria delle correnti elettriche parallele e contrarie , che si moves- sero r una da B inG , e l'altra da G in E nel tempo mede- simo, che il lato GB venisse in AH , ed il lato CE in FD. 336 SUPPLIMENTO ALLA MEMORIA SU DI ALCUNI PESCI DEL MARE DI PUGLIA (a) dell' arciprete DON GIUSEPPE MARIA GIOVENE Ricevuta adì 6. Ottobre i83i. Jt oichè dalla mia grave età, e dalle infermità mie mi fu ne- gato potere , come ne avea il pensiero , avendone pressoché tutti i materiali raccolti, stendere un catalogo descrittivo de' pesci, che nuotano nel mare di Puglia, ch'è già la parte me- ridionale dell'Adriatico, mi restrinsi a scrivere una breve Me- moria su di alcuni di quei tali pesci., de' quali la descrizione credei poter non dispiacere gli amanti della Izzlologia. Fu tale Memoria spedita alla illustre Società Italiana delle Scienze resi- dente in Modena, e venne inserita nel Fascicolo I. del Tomo XX. degli Atti della medesima. In detta Memoria descrissi una specie di Trichiuro , che mi sembrò ben diversa dalle già conosciu- te , e però mi sorse pensiero potersi denominare Trichiurus trìmaculatus a cagione di tre macchie nere orbicolari, che il descritto da me avea lungo i lati del corpo. Ora dopo stam- pata una tale Memoria mi fu presentato altro Trichiuro , al- lora allora tratto dal mare , e fresco , e semivivo , il quale al primo sguardo mi parve fosse differente da tutti gli altri Trìchiuri così dagli altri descritti , come da me veduti, giac- ché questo sembrava avere una ben lunga come coda. Vi posi però tutta l' attenzione ad osservarlo , ed eccomi a minuta- mente descriverlo. Avea questo Trichiuro in lunghezza non piìx di un pie- (a) Inserita nel Fascicolo I. di Fisica del Tomo XX. delle nostre Memorie. ■Supplemento ec. SSy de e mezzo parigino compresa bensì la testa, ma esclusa quel- la, che per ora dico coda. Avea pure come tutti gli altri da me osservati le sue belle tre macchie nere, cosicché, per dir- la così di passaggio , sembra un carattere distintivo de' Tri- chiuri Pugliesi. Già in quella mia Memoria non mancai di di- re i Trichiuri Pugliesi, come io li nomino, non somigliare del tutto alla figura del Trichiurus Lepturus datane dal Sig. Con- te Lacepede, e massimamente nella testa , mentre quella del Lepturo figurato dall' occipite discende giù dolcemente fino al muso, laddove la testa di quelli da me veduti si stende in giù , facendo un angolo. In verità quest'ultimo , che ora de- scrivo, mi parve far angolo più acuto che non gli altri: e però avendolo voluto misurare, lo ritrovai di gradi 4-5, la qual cosa è pure da notarsi per quello, che dirò appresso. Era intanto la parte superiore della testa fosco-nero , colore, che si an- dava sfumando nell' avvicinarsi ai lati, e parte inferiore di es- sa testa. Gli occhi avevano iride argentina, pupilla nera. La mascella superiore lungamente estensibile, ed egualmente che r inferiore era armata nella parte anteriore soltanto di denti acuti, ed alcun poco ricurvi verso la gola. Erano gli opercu- li di una sola membrana, sulla quale erano come incollate al- cune piastrine raggiate da un centro alla circonferenza, aven- do io in alcune di queste piastrine numerato dieci raggi ed in altre anche più, e fino a 60, che davano un bellissimo e gra- zioso spettacolo a me che mi dilettava di riguardare il pesce fresco ancora, e semivivo, come ò già detto. La pinna dorsale, che dalla sommità della testa fin vicino all'ultima vertebra si stende , era di un bello e vivace color di arancio ( come già di altro Tiichiuro dissi in una nota a quella mia Memoria ) non però bassa, come da altri fu scritto, ma alta , sorpassan- do anche l'altezza di un pollice parigino. In questa pinna vi contai, come in quella degli antecedenti, i65 raggi; e però lasciando stare le altre cose che sono comuni a questo, co- me agli altri Trichiuri da me descritti, e per le quali i nostri differiscono da quei, che trovansi nell'America Meridionale; e 338 Dell'Arciprete Giovene nella China , passo a dire di quello , che mi parve singolare in quest'ultimo che descrivo. E qui debho anticipare aver l'illustre Bosc nell'oggi di- venuto vecchio Nouveau Dictionaire d' Histoire naturelle Art. Trichiure, lasciato scritto, che egli avea veduto nel Gabinet- to dell'Università di Pavia un Trichiiiro senza però sapere in qual mare pescato , la cui coda era terminata da una nuo- tatola ma che non avea potuto descriverlo. Chi potrà vedere il Tricìiiuro di Pavia rileverà se sia lo stesso di quello , che vado descrivendo. » ..> i: '/ \- A dirla come la cosa è, non era ([uella nuotatola una coda propriamente detta, quantunque ne avesse 1' apparenza, che r ultima estremità del pesce era tagliata di netto senza prolungamento, sia come di filo, sia come di paglia^ come de- gli altri Trichiuri narra il Sig. Lacepede , detti perciò palile en cui. Era in verità una seconda dorsale, perchè impiantata sull'ultime vertebre^ e separata dalla prima. Avea la lunghez- za nientemeno di cinque pollici parigini , e formata da otto raggi due de' quali, gli esteriori cioè, al doppio, ed anche più grossi, e questi e quelli sostenevano una membrana anch'esst^ di color rauciato. Ho detto una tale nuotatola impiantata, ma più propriamente dirò articolata, giacché il pesce poteva aprir- la, e chiuderla a sua possa , come si suol fare di un venta- glio, che esattamente già gli somigliava, e non solamente po- teva inclinarla alcun poco da un lato e dall' altro , ma chiu- dendola, potea abbassarla , sicché sembrasse una continuazio- ne delle vertebre, ed apiendola alzarla ancora a perpendico- lo. Certamente vede ognuno un tale membro essere stato dal sapientissimo Dio dato al pesce , perchè nel navigare a così dire , nelle acque del mare servissegli come di timone. Che se nelle nostre barche si stende giù il timone, ciò addiviene perchè queste hanno il loro corpo fuori dell'acqua al contra- rio del pesce, che nuota immerso nell'acqua, e con altro van- taggio, che il timone delle barche resta sempre qual'è e non può muoversi se non a destra e sinistra, laddove il pesce può Dell'Arciprete Gioveke S'^g aprillo , chiuderlo , e farlo in certo senso sparire. Che se io avessi la fantasia cosi vivace come quella del Sig. Conte La- cepede , il quale si lascia da quella talvolta trasportare , de- scriverei le bellezze e 1' eleganza dello spettacolo , che deve presentare un tal pesce guizzando nel mare. Ora qui devo manifestare un mio sospetto , il quale ab- bandono ai naturalisti più accurati , i quali potrebbero ve- rificarlo, ovvero all' uopo escluderlo. Trovai questo Trichiuro aver l'addome gonfio comechè avesse le uova, non però al tutto mature, cosa negli altri Trichiuri non da me osservata. Non potrebbe la femmina del nostro Trichiuro essere stata dal sa- pientissimo Autore della Natura proveduta di questa nuotatoria come di un timone, che servisse a sostenere nel dovuto equi- librio il pesce, che nell'addome assai vicino alla testa portar dovea il grave peso delle uova? Né l'essere questo ultimo Trichiuro nelle dimensioni assai più piccolo degli altri oste- rebbe, che non è nuovo in molti altri animali, ed anche ne' pesci , differire i due sessi dalla maggioranza o minoranza del corpo. Ma tanto basti aver detto. Ora passo a dire alcune cose del Trachinus Draco detto dal Linneo, conosciuto ancora dagli antichi sotto il nome di Dragone marino, dal Sig. Lacepede Trachinus vivus , dagl'I- taliani detto Ragana, dai Napoletani, e Siciliani Tragina , e dai marinai Pugliesi Parasaccolo (i). Un cotal pesce quanto è ricercatissimo per le tavole a cagione della sua carne bian- ca come il latte, sostanziosa, e d'eccellente sapore, altrettan- to è temuto per gli acuti, forti, e penetranti pungiglioni, mas- simamente quelli della prima dorsale, e gli altri, chft ha agli operculi, che la puntura di essi (a) produce sintomi dolorosis- (i) Afferma il Signor Lacej^ede una varietà del F'we de' Fiancesi pescarsi nell' Oceano, e chiamarsi Saccaraillet blances. Chi sa, che da tal voce ven- ga il Pugliese Parasaccolo- (2) Sbagliò l'insigne nostro P. Gian- Tomo A A' nettasio allorché ( Nauticorum. lib. 1 ) cantò Quiijuc vcnenutopiscantes saepefefellìt Ore Draco.... quasiché fosse la morsicatura velenosa. Vv ì 34o 5appLEME NTo ec. simi, e gravissimi a tal segno che alcuni anno sospettato, che per mezzo della puntura s' introducesse nella ferita un qual- che licjuor velenoso. Osservò però giustamente il Lacepede quei pungiglioni mancare del tutto di canaletto qualsisia per il quale potesse introdursi nella ferita il preteso veleno. Sulla qual cosa mi pare poter dire, che potrebbero pure quei pun- giglioni essere spalmati esteriormente di un qualche untume irritante ed acre^ che introducendosi per la ferita immediata- mente nel sangue , producesse quei dolorosissimi stimoli , sa- rebbero perciò su tal particolare a farsi degli esperimenti. Per- tanto ])isogna contentarsi della spiegazione, che ne da il lo- dato Lacepede, che il pungiglione, essendo vivo Tanimale, non ferisce soltanto, ma lacera ancora la ferita coi movimenti, che si dà r animale per difendersi. Due spezie riconosce lo stimabile autore del genere Tra- chiiius, ed una è appunto quella di cui ab])iamo detto, 1' al- tra, che egli chiama Trachinus osbeckil. comechè da questo famoso Naturalista osservato nell' Oceano Atlantico , e vicino all'Isola dell'Ascensione, e da lui descritto. E lasciando il dire di quest'ultima spezie a noi sconosciuta , mi tratterrò alcun poco a dire della prima cioè del Trachinus vivus comune piut- tosto che nò nel mare di Puglia. Due varietà del Trachinus vivus riconobbe il Naturalista Francese, e delle quali scrisse così „ Il paroit que selon les mers qu'elle habite, la vive presente dans ses dimensions, ou dans la disposition et les nuances de ses couleurSj des varie- tès plus ou moins constantes. Voici les deux plus dignes d'at- tention. La premiere est d'un gris cendrè avec des raies tran- sversales, d' un brun tirant sur le bleu. Elle a trois decime- tres ou a peu pres de longueur ,, ( un così fatto pesce è ap- punto presso di noi il più comune, ed io così lo indicherò in seguito ). „ La seconde est bianche, parsemèe sur la partie su- perieure de points brunàtres , et distingue d' ailleurs par des taches de la raème teinte , mais grandes, et ovales, que l'on volt egalement sur sa partie superieure. Elle parvient a une longueur de plus de trois decimetres. „ Dell'Arciprete Giovine 34i Senza dubbio non è a tenersi gran conto de' colori del Trachino, che variano per il variar de' mari che abitano , e per conseguenza de' pascoli ancora (i). Ne ò io osservati sci della prima varietà, poiché meno lunghi, di colori 1' un dall' altro differenti. Ma per ciò che è della seconda varietà, che si pesca nel nostro mare, sebbene non così Irequentemen- te come la prima , e la quale in verità è in dimensione più lunga, comechè mi avvidi non aver cinque raggi o pungiglio- ni, che vogliansi dire, nella prima dorsale, ma costantemente sei (giacché non una, ma ne ò osservato di piìi ), mi venne sospetto potere, e anzi dover esser questa, che trovasi nel ma- re di Puglia, non una varietà, ma bensì una specie diversa , e però mi determinai a mettermi sotto l'occhio ad un tempo r ordinario Trachino a cinque raggi, e l'altro a sei raggi nel- la prima dorsale per farne il paragone, e tosto ravvisai l'abi- to stesso, come suol dirsi, del corpo differente assaissimo l'uno dall' altro, sebbene nei colori poca diversità vi fosse (2). Non il corpo di quest' ultimo era così come quello del primo assai compresso, e la testa era ancor più grande assai, e pochissimo compressa con gli opercoli rigonfiati. Gli occhi erano al ver- tice, e si toccavano insieme, assai più grandi, che non quelli del Trachino comune, e l'orbita non circolare, ma ellittica, sic- come ancora l'Iride non argentata, ma bensì cenerognola. Final- mente il labbro superiore era per un poco estensibile in quel- (i) Non solamente per la diversità de' mari, e de' pascoli, ma anche per variar di età variano i colori nei pe- sci, in modo che calza ancor per que- sti il nimiiim ne crede colon. Sia di esempio il JLutjanus olivaceiis del La- cepede, Lahrus 'olwaceus del Linneo, e che da' Pugliesi chiamasi scritto al- l' orecchio, a cagione certamente di al- cune macchie, che à agli operculi, si- mili a caratteri arabici tinti di nero , cilestre , e rosso, ricciolini tai pese non presentano di ciò verun segno; più adulti appena ne mostrano leggie- ra apparenza, e pienamente adulti al- lora prendono il bel colore generale di uliva , e quelle macchie già dette si fanno di bellissime tinte. Questa no- ta è fatta per i giovani Pugliesi,, che volessero applicarsi a questo genere di osservazione. (2) Non nella parte si'pericre co 34^ S U P P L E M E N T 0 eC. lo, che descrivo , cosa , che non si osserva nel Trachino co- mune. Non divo dippiù , e giudichino i saggi Naturalisti , se caratteri così distinti possano formare una specie di Trachino diverso dal cosi detto Fivus, ed io passo ad altro. È dispiacevole che il Naturalista Francese ahbia trascu- rato pressoché del tutto il Pleuroneùie, cui dà il cognome di Lìnguatula, essendosi contentato accennare soltanto, aver que- sto per carattere , che la pinna dorsale unica incomincia da sopra il muso; ma pure meritava questo pesce, che i Pugliesi chiamano 'Langlietta [i) pelosa, che pare fosse coverta di setole, ma che piuttosto potrebbe chiamarsi lutulenta , che quando specialmente vien presa da quella specie di rete che rade il fondo del mare, vien fuora tutta coverta di fango marino, co- sicché faccia uopo lavarla e rilavarla per liberamela. Giù av- viene a cagione che il pesce è interamente coverto come sul- la testa , così ancora per tutto il corpo e fino nelle pinne , di squame rotondate, cigliate l' una sopra l'altra soprapposta , come fossero embrici , per forma che passando la mano dalla coda alla testa il tutto ne è scabrosissimo , quantunque non tanto così nella parte inferiore sulla quale giace^ stando il pe- sce in fondo al mare. L' occhio superiore ancora n' è cosi co- vertOj che quasi si nasconde a differenza dell'inferiore, la cui orbita é così conformata, che la parte superiore^ che è aliena- ta sia prominente, l'inferiore retta , onde 1' occhio resta libe- ro a guardare lateralmente. E poiché ù menzionato gli occhi, dirò essermi sembrato molto strano il pensiero passato pel capo del Naturalista Fran cese allora che discorrendo generalmente de' Pleuronetti , i me l'illustre Signor Conte si esprime, ma bensì lungo i lati si fanno vedere, quando però il pesco sia giunto alla sua età giusta, sette macchie nere di forma ovale, le quali andando per la coda si vanno rimpicciolendo. Nuovo esempio, che non bisogna fidar molto ai colori de' pesci. (i) Non dubito Zanghetta essere una storpiatura di Languette. Dell'Arciprete Giovene 343 quali anno gli occhi da un solo lato, e posti quasiché 1' uno sopra l'altro, si avanzò a dire che forse da principio potea non essere andata così la bisogna, e che una tale difformità, qual'egli la dice, poter essere stato l'effetto de' continuati sforzi del pesce per non perdere al tutto l'occhio posto dal lato del suo ordinario giacimento nel fango „ apres un treslong-tems et méme apres une longue serie de generations des altera- tions successives dans l'organisation exterieure, et interieure de la téte auront amene l'oeil inferieur de proclie en proche, usque au còte superieur,,T. IV. p. 608. ec.Ma destinati i pleuro- netti dal sapiente Autore della natura a starsene quasiché sem- pre coricati su di un lato, e questo quasiché seppellito nel fan- go infondo del mare, che ne avrebbero fatto di un occhio po- sto da quel lato appunto, e che avesse dovuto rimanere sen- za uso per la maggior parte della loro vita ? E quando il bi- sogno li portasse a trasferirsi da luogo a luogo, destinati an- cora a nuotare, a differenza di altri pesci, sul lato di sotto , se pure voglia dirsi nuotare, che propriamente dovrebbe dir- si strisciarsi o strascinarsi sul fango, come ne conviene il dot- to Naturalista, pi'essoché di niun uso gli sarebbe stato l'aver un occhio da quel lato. Non saprei pertanto come possa chia- marsi deformità una cosa, che anzi é conforme alla natura de' pleuronetti. E difforme ancora la bocca della Linguatula da quella de- gli altri congeneri, se non che è simile a quella della 5og/io/a. Quattro ossicini rivestiti di una membrana tendinosa ne for- mano le mascelle, ed i due che sono dalla parte superiore sono diritti, e non han punto denti; quelli al contrario della parte inferiore sono arcuati, e specialmente il superiore in seg- mento di riicolo, ed ambidue con denti acuti, e con tale mec- canismo, che chiudendosi perfettamente la bocca i denti supe- riori non cadano sugl'inferiori, laddove aprendosi si corrispon- dono perfettamente. Per tal modo il pesce affen-ando la sua preda colle mascelle superiori , e tenendola in una specie di sacco, che à nella gola, può, direi quasi, con suo comodo eser- 344 SuPPLEMEJSTTO CC. citarne la masticazione. E merita ancor attenzione, che roc- chio inferiore mentre tocca le mandibole superiori, pare che sia alla guardia della bocca stessa. Grande pesca si fa delle Sogliole lungo il lido da Barlet- ta a Manfredonia, e nelle vicinanze dello sbocco dell'Ofanto, essendo ancora quel tratto di mare fangoso , e sabbioso. Si usa ancora a seccarle al Sole, ma non è però un cibo gradi- to. Si pretende che le Sogliole attaccate, ossia appiccicate ad un muro intonacato e secco, possano per molti giorni mante- nersi senza corrompersi, e ^nnstarsev e il sapove. he Li nguatide poi sono piuttosto x'are^ che no, e non eccedono mai li cinque pollici. Aggiungo qui breve e semplice , ma pure esatta descri- zione di due pesci ultimamente osservati ^ senza però impe- gnarmi a ricercare la specie, a cui l'uno e 1' altro apparten- ga. Il primo , che dovrà essere un Lutjan come fassi chiaro dal pezzo superiore dell'opercolo addentellato, e senza pungi- glioni. Tutto il pesce non era più lungo di un circa cinque pollici, compresa la testa, e la coda, ed il corpo era compres- so. La bocca era piccolissima: il labbro superiore alcun poco estensibile, e con due grossi denti ottusi, la mascella inferio- re con denti acuti. Gli occhi avevano l'iride di color cilestro con pupilla neraj siccome ancora il disotto della gola e dell'addo- me era di un vivacissimo color cilestro, mentre il color gene- rale del corpo insieme e della testa di color rossastro. La linea laterale camminava parallela al dorso, che era alquanto gibbo- so, se non che in qualche vicinanza della coda ripiegandosi a forma di un Z camminava rettilinea verso la coda, la quale era pure rettilinea. Vicine a questa apparivano due macchie orbicolari nerastre , come tinte di nero ancox-a erano le basi delle pinne pettorali. Unica era la pinna dorsale, e questa di 19 raggi aguzzi, ed 8 articolati, l'anale di 11 raggi, de' qua- li 3 aguzzati, gli altri otto articolati. Le pettorali erano di t4 raggi ciascuna, e le ventrali di 6 raggi, il primo de' quali a- guzzo. La coda finalmente ne avea 16 j e generalmente tutte Dell'Arciprete Giovene 34-5 le pinne erano screziate di giallo, rosso, e cilestrOj siccome la coda verso l'estremità era di color cilestro. Mi è venuto pen- siero, che potrebb' essere il Lutjanus bideus del Lacepede, il quale, egli dice, abitare l'Oceano Atlantico, ma nel nostro pe- sce non si vede interrotta la linea laterale, e vi sono dippiù le macchie nere lateralmente vicine alla coda. Ne giudichino in dotti naturalisti. Nel nostro mare non è rarissimo un tal pe- sce che da' nostri chiamasi Cipolla. L'altro pesce che è tra noi rarissimo, avea escluso il capo, e la coda poco più di quattro pollici in lunghezza, la quale era presso a poco eguale all'altezza, mentre il corpo era assai compresso. Il colore generale del corpo era di un bigio oscuro sporco, e sparso qua e là senza ordine di grosse macchie giallastre irregolarissime. Il capo non così molto com- presso come il corpo, e nella sommità era piano, avendo una fascia gialla di traverso, la quale scendeva giù per ambi i la- ti. Bocca assai grande, e con denti all'una^ ed all'altra ma- scella, e sparsi ancora per 1' interiore della bocca, labbro su- periore poco estensibile, e l'inferiore assai più sporto in fuo- ri. Due forami alle narici ; un grosso pungiglione all' operco- lo inferiore. Le orbite degli occhi, egualmente che i margini dell'opercolo verso la gola armati di grossi, ma corti pungoli. Il principio del dorso verso la nuca era carenato. La pinna dor- sale appariva unica, se pure tale dovesse dirsìjche piuttosto potevansi dire due unite insieme , giacché quella parte , che aveva ii raggi appuntati discendeva quasi fino sul dorso, e l'altra composta di la raggi articolati di lancie si elevava ad altezza circa doppia. La coda era rotondata, ed alla estremi- tà giallastra. Le pinne pettorali furono numerate i6, l'anale avea 3 pungenti, 9 molli raggi. Le ventrali due pungenti, gli altri cinque al contrario. Finalmente nella cedale si contaro- no i8 raggi. I nostri pescatori lo chiamano pellepelle , e di- cono non discender mai nel fondo del mare , e mantenersi sempre a fior d' acqua. E giacché mi trovo a dire di cose marine, non sarà for- 346 Supplemento ec. se disaggradevole cosa per i lettori, che io qui aggiunga bre- ve descrizione di una specie di Asteria bellissima, e grazio- sissima^ la quale per quanto mi pare è sconosciuta e tanto più lo faccio, che la cognizione di un tal genere si crede non molto avanzata. Mi fu portato dal mare un gruppo di Madre- pore di una specie da me non mai veduta, e la quale preci- samente era la stessa, che avea osservata fossile ne' Tufi del- la vicina Città di Bisceglie (1). Tra gl'interstizi! di questo gruppo trovai due individui di un'Asteria, che potrei dire quasi microscopico. Il corpo era di figura regolarmente pen- tagona del diametro di circa una linea, ed era formato di al- trettanti globuletti semitrasparenti , a ris<*rva di un picciolo spazio circolare nel centro , eh" era alcun poco rilevato , ed opaco , poiché certamente conteneva i visceri dell' animale. Cinque erano ancora i raggi j o piedi , che vogliansi dire , i quali lunghi a poco presso tre linee erano formati di altret- tanti globuletti ancora trasparenti, che andavansi diminuen- do di diametro fino alla estremità. Senza farla lunga dirò , che i globuletti tanto del corpo, che de' raggi rassomigliava- no perfettamente ad altrettante piccole perle, che già ne avevano e la forma , ed il colore , e la lucentezza. Ma tau' lo basti aver detto. (I) Vedi Mera, della Soc. Ital. Tom. XIX. Fase. II. Fis- pag. 492. 346 (*) ALTRO SUPPLEMENTO Ricevuto li 9. Dicembre iSSa. vrioverà ancora qui dire di una specie del genere Singnato poiché mi è avvenuto tra pochi giorni me ne fossero portati due individui di essa. Dai nostri Marinari si chiama Fap- papere a cagione che si rinviene attaccato colla bocca al fon- do de' Vascelli mercantili in questo nostro porto. Trovavasi uno essere della lunghezza di sette pollici^ l'altro di cinque, e poiché in quell'ultimo ne scopersi le uova, le quali di forte color giallo erano infilzate una appresso l'altra^ e ravvolte in una comune membrana, giudicai questa poter essere la fem- mina. Non occorre dire di quei caratteri^ che sono comuni al genere del Singnato^ ma dirò soltanto di quei caratteri , che sono proprii della specie da me osservata. E primamente dirò cose non da altri notate in altri pesci di questo genere, cioè quei due da me osservati aver la bocca rivolta non alFingiù, ma bensì verso il dorso, la qual cosa credo provenire da ciò che la mascella che è all'alto, è fissa e ferma, ed al contrario la inferiore è articolata, sì che movendosi chiude la superiore che è ferma quasi da un cappuccio. Non vi sono denti né nel- la bocca né nel tubo che la unisce alla testa. Gli opercoli sono come enfiati, ed in forma ellittica. Il corpo era esango- lare esattamente; e ciò fino all' ano dove elevasi per picciolo tratto il dorso; I' angolo inferiore quindi da saliente facevasi rientrante formando così una specie di canaletto, così da quel punto cessava la figura esagona; cosa per altro questa comu- ne ad altri Singnati. Dopo il picciolo iualzamento del dorso ^ di cui ho detto comune ad ambi i nostri individui , correva r unica pinna dorsale bassissima e composta di 36 raggi, sic- come la coda poiché era a freccia avea 8 raggi. Lungo tutti i piani tra gli angoli interposti erano questi fregiati di mem- brane striate ossia raggiati , come fossero ventagli da donna Tomo XX. Vv* { ) Altro Supplemento ee. aperti, lutto il pesce avea il colore generale come di casta- gno più fosco sul dorso, e bianco sotto l'addome, ed in ul- timo mi conviene notare trai due individui, che menando la mano sul dorso di quello clie ho detto dover essere femmi- na , dalla coda alla testa si trovava essere quello armato co- me di sottili e piccioli pungoletti , cosa che non osservava per nulla nell' altro che dovea essere maschio. Vi potei con- tare t8 vertebre dalla lesta fino all'ano, e 38 da questo pun- to fino all'estremità della coda. Divise Lacepede il genere Syn- gnathus in cinque sottogeneri, e nel terzo di questi potrebbe aver luogo il nostro, in cui è messo il Syngnathus Pipe. Che se poi il nostro pesce possa essere una nuova specie, ovvero una varietà del Pipe, lascio decidere agli esperti Izziologi. Del ^^.nevQ Xìphius una sola specie se ne conosceva dal Lin- neo detta G/aófàw, che Lacepede tradusse in ùance&t Espadon^ quando venne a lui fatto aggiungervi una nuova specie, che volle cognominare Epèe. Disgraziatamente però egli non ebbe presente di quest'ultimo, se non la sola parte della testa; da caratteri ancor di questa si potè accorgere essere di specie di- versa. Ora comecché avvenisse, che una grande tempesta dell'Adriatico gettasse sul nostro lido uno Xiphiiis certamen- te tra noi incognito, e che avendo trovati nella testa di que- sto caratteri descritti già dal Lacepede, presi ad osservare e descrivere il corpo del nostro pesce rammentando prima aver avuta la disgrazia, che mi fosse stato presentato colla mascel- la superiore rotta e spezzata quasi fino all'estremità della mascella inferiore. Era un cotal pesce non più lungo di un piede parigino non tenendosi conto però del pezzo della mascella superiore mancante, il corpo era compresso, come ancora la testa e la parte inferiore di questa più dilatata. Prendendolo quindi per la coda, e tenendolo sospeso tra le dita rappresentava esatta- mente la figura di un triangolo isoscele con acutissimo ango" lo alla coda. Di linea laterale nulla, invece della quale lungo il dorso fino alla estrema coda correva in vicinanza del- Dell'Arcifrete D. Giuseppe Maria Giovene ^»**j la dorsale e dall' una parte e dall' altra una lunga fila di os- sicini; contai quattro a cinque denti quasi uncinati ed incli- nati verso la coda. Unica fila di tali ossicini scorreva lungo la parte interiore del pesce, ed anche ritorti verso la coda. Que- sta era lunata con aa raggi , mentre le pettorali non erano già falcate, ma bensì a lòrina di vela latina, ossia triangola- re, composta di i6 raggi, come l'anale di 7, e la dorsale di i5. Il pesce era di color piombino , nella parte superiore però della testa come nel dorso tendente al nero, per disotto poi biancastro. Queste poche mie osservazioni portano a confer- mare r opinione del Lacepede , che ne costituì una nuova specie. lì i.K, )j . j . ' i'- ■) (jaii'» ,i-) :•". -.ut 347 SOPRA LA TEORIA DELLA PILA MEMORIA DEL DOTTORE STEFANO MARIANINI PROFESSORE DI FISICA NELl'i. R. LICEO DI VENEZIA PRESENTATA DAL SOCIO PIETRO CONFIGLIACHI APPROVATA DAL SOCIO PROFESSOR DON LIBERATO BACCELLI Ricevuta adì 3, Febbrajo i83o. iNon è raro nelle scienze fisiche il vedere che le scoperte alle quali dà occasione un sistema servano poscia a distrug- gere il sistema stesso. L' elettricità animale del Galvani offri di ciò una luminosissima prova sulla fine del secolo scorso: imperocché la scoperta degli sbilanci elettrici cagionati dal contatto di corpi eterogenei^ e l'invenzione della pila che ne fu la più felice applicazione, mostrarono Tinsussistenza dell'i- potesi galvanica. Molte fra le innumerevoli scoperte che me- diante il meraviglioso apparato voltaico si fecero in pochi lu- strÌ3 portano ora alcuni Fisici a credere che sia imminente per correre la stessa sorte anche il principio che servì di base a sì grande ritrovamento, j, Egli è ben provato , dicono essi , che la condizione essenziale per la produzione delle correnti voltaiche si è che il liquido conduttore agisca chimicamente almeno sopra uno de' metalli che vi s' immergono. L'inten- Tomo XX, Xx 348 Sopra la teoria della Pila sita degli effetti cresce a misura che uno de' metalli è più intaccato dell'altro, e la corrente eccitata in virtù di quest'a- zione chimica differente si dirige nel liquido conduttore dal metallo il più intaccato a quello che lo è meno, qualunque sia d'altronde la natura d'entramhi. Il princìpio voltaico del- l' eterogeneità dei metalli non figura più in questa classe di fenomeni, se non in quanto che si espongono cosi all'azione chimica dello stesso liquido due metalli che ne sono diversa- mente intaccati (i) ,,. Tutte queste proposizioni vengono sostenute da non po- chi fatti; e per verità x.° l'azione della pila è sempre accom- pagnata più o meno da composizioni e decomposizioni chimi- che: a." l'efficacia della medesima è tanto più grande, quan- to è più forte 1' azione del liquido sui metalli che la compon- gono: 3.° nelle chimiche combinazioni si ha quasi sempre sviluppo d' elettricità; 4-° finalmente i metalli zinco, piombo, ferro ec. che più facilmente sono intaccati dai conduttori li- quidi si elettrizzano sempre in più quando vengono accoppia- ti a quelli che lo sono meno, come per esempio al rame^ al- l'argento, al platino, all'oro: che se si accoppiano due pezzi d' uno slesso metallo alquanto eterogenei alla loro superficie, e s' immergono in un liquido , senqne si mostra elettrizzato in più quello sul quale l' azione del liquido è più energica. Non lo spirito di sistema o d'innovazione, ma questi fatti in- dussero un Parot un Yelin, un De la Piive, un Nobili ed al- tri a dipartirsi dalla teoria voltaica. Con tutta la venerazione che ben si deve agi' illustri Fi- sici qui ricordati, io spero che mi si vorrà perdonare se oso proporre alcune osservazioni ed alcune esperienze le quali non (i) Io non avrei saputo esprimere meglio ciò die era per dire in que- sto luogo, che riportando questo pas- so dell" interessante Memoria sopra la natura delle correnti elettriche del chiarissimo Sig. Cavaliere Nohili in- serita nel T.° 37. della Bil/liothèque universelle, pag. 128. Del Dott. Stefano Marianini 349 molto sembrano accordarsi colle loro opinioni. Giovi per altro il dichiarare fino da questo momento che l'unico motivo che mi determina a sottoporre ai Fisici le mie osservazioni, egli è il desiderio di vedere più presto sgombrati i dubbj che anco- ra ci restano intorno ad uno de' più importanti punti della Fisica. Dopo questa libera ed ingenua dichiarazione mi farò pri- ma di tutto a domandare se sia necessaria 1' azione chimica per avere trascorrimento di elettricità. Ognuno certamente darà risposta negativa , sapendo come il Franklin abbia inse- gnato a far circolare 1' elettricità nelle macchine col cusci- netto isolato , e come nelle bottiglie di Leiden abbiavi tra- scorrimento di elettricità, senza che neppure possa sospettar- si eh' esso venga eccitato da una cliimica azione. Ma veniamo alle correnti voltaiche^ ed osserviamo se, con- siderata la cosa in astratto , sia necessario ammettere un' a- zione cliimica perchè esse abbiano luogo. Se due metalli , p. es. un pezzo di zinco ed uno di rame si pongono a contatto reciproco , il primo si elettrizza in più ed il secondo in me- no, e senza 1' intervento di alcun liquido conduttore : onde quella coppia costituisce come una bottiglia di Leiden carica ad un minimo grado: e siccome in questa portando le due ar- mature a contatto d' uno stesso conduttore si dà luogo ad un trascorrimento di elettricità ; così i due metalli della coppia voltaica messi in comunicazione con un liquido conduttore danno luogo ad un simile trascorrimentOj trascorrimento che qui si rij)ete incessantemente finché dura quello stato ; giac- ché non si tosto si ricompone 1' equilibrio^ che i metalli, per essere fra loro a contatto , rinnovano le elettrizzazioni reci- proche, le quali danno luogo ai trascorrimenti successivi , e producono così una corrente continua di fluido elettrico, che nel liquido va dallo zinco al rame. Che se per avventura ad alcuno facesse difficoltà siffatto confronto .j perchè nella cop- pia voltaica è necessario che il conduttore il quale chiude il circolo sia umido , basterebbe fargli riflettere , che se ciò si 35o Sopra la teoiua della Pila i eseguisse con un metallo^ attesa la relazione che il Volta tro- vò esistere fra i conduttori di prima classe , sarebbe come quando, avendo due bottiglie di Leiden cariche ugualmente, si ponessero in comunicazione le armature cariche di elettri- cità omologa, nel qual caso niuna scarica o circolo elettrico può aver luogo. Questa in pochi termini è la teorica, mercè della quale il Volta spiegò 1' azione de' suoi elettromotori , e contro la quale, considerata in astratto, sembra che nulla siavi ad ob- biettare, e che per conseguenza non sia necessario il ricorre- re alle chimiche azioni dei liquidi sui metalli per compren- dere come nelle pile abbiano luogo le correnti elettriche. Ma che vale il comprendere come le correnti voltaiche possano avvenire senza 1' azione cliimica, quando poi in latto senza di quest' azione non avvenissero ? Esaminiamo adunque gli argomenti che oggidì si oppongono alla teoria del Volta. 1° L'azione degli apparecchi voltaici è sempre accompa- gnata da combinazioni o decomposizioni chimiche. — Questo fatto è innegalnle , ed io ne sono persuaso quanto chiunque altrOj, specialmente dopo d'aver veduto come le correnti elet- triche più deboli valgano a portare in pochi istanti delle al- terazioni notabili nella elettrometricità relativa dei metalli (i). Ma resta a vedersi se queste azioni chimiche sieno causa del- le correnti voltaiche o effetti delle medesime. Che tali azio- ni chimiche sieno qualche volta, non causa , ma bensì effet- to dell' elettricità , non v' ha chi ne dubiti , da che il Van (i) Due piastre d'argento p. es. af- fatto omogenee, se si fanno attraver- sare dalla meschinissima corrente elet- trica eccitata da una piastra di rame di poche linee quadrate di superficie nccoppiata ad una simile di piombo , impiegando l'alcool per conduttore li- quido, e facendo in modo che in una delle piastre d'argento l'elettricità pas- si dal fluido al metallo , e nell' altra dal metallo al fluido ; esse divengono eterogenee al segno di far deviare di parecchi gradi 1' ago d'un moltiplica- tore , qualora messe a contatto cogli estremi del filo si tuffino in un'acqua leggerissimamente salata. Del Dott. Stefano Marianini 35 i Marum ed il WoUaston hanno decomposto l'acqua colla cor- rente eccitata dall' ordinaria macchina elettrica. E poiché og- gigiorno è si ben dimostrato che le correnti eccitate colle an- tiche macchine sono d' e^ual natura di quelle delle pile ; se le prime sono atte a produrre azioni chimiche, tanto meglio dovranno esserlo le seconde , perchè dove le correnti delle macchine sono interrotte e discontinue, quelle della pila so- no continue, e pressoché indeficienti. Anzi io credo non es- servi alcuno che metta in dubbio che le decomposizioni de- gli alcali, dei sali, dell'acqua ec. che si ottengono da un e- lettromotore composto sieno veramente effetti della corrente voltaica, giacché se a quelle sostanze si sostituisce un me- tallo per chiudere il circolo, la corrente, in vece di scemare, diviene piìi energica. Che poi queste chimiche azioni sieno talvolta non causa^ ma effetto delle correnti voltaiche eccitate da un elettromo- tore semplice, ne offrirà una prova il seguente sperimento. Abbiasi un piccolo parallelepipedo di zinco colle sue fac- cia tutte egualmente polite, e sia stato preparato già da qual- che tempoj sicché non abbia tutto quanto Io splendore me- tallico di cui è suscettibile. Si lasci questo cadere al fondo d'un recipiente pieno d'acido solforico allungato daaS. o 3o parti d'acqua, e si vedrà che o non avranno luogo, o solo in un grado debolissimo lo sviluppo dell'idrogeno e l'ossidazio- ne del metallo. Ma se^ ripetendo la prova o con lo stesso pez- zo o con altro simile, prima di tuffarlo nel liquido si sfreghe- rà alquanto una delle facce colla lima o con altro corpo du- ro, la decomposizione deir acqua non tarderà a manifestar- si (l). ^ , ,: . • Sapendosi dopo le esperienze da me pubblicate nel i8a5 che messi a contatto due pezzi d' uno stesso metallo disu- (i) Questo esperimento che non som. pre riesce per la difllcoltà di avere i pezzi di zinco dotati precisamente del- lo stesso polimento in tutte le facce , io ebbi r onore d' istituirlo alla pre- senza de' chiarissimi signori Bellani e Bizio nel settembre del 182.7. 35a Sopra la teoria della Pila gualmente ossidati, quello che è meno ossidato si elettrizza positivamente, e quello che lo è in maggior grado si elettriz- za negativamente , panni doversi dire che nelT esperimento ora descritto^, intanto ha luogo la decomposizione chimica quan- do una delle facce è meno ossidata delle altre, in quanto che essa si costituisce elettrica in più^, e le altre in meno, e vien- si a stabilire una corrente elettrica la quale nel li(|uido va dalla superficie più lucida a quella che è più ossidata: e ta- le corrente eccita l'azione dell'acido sul metallo. In questo esperimento adunqne si scorge, che l'azione chimica procede dall'elettricità, non questa da quella. ' "■ Se adunque è indubitato che l'elettricità delle macchi- ne e della pila può essere cagione di azioni chimiche, e che in qualche caso queste medesime azioni sono etietti di cor- renti elettriche messe in moto da un elettromotore sempli- cissimo ; sembra molto proba])ile che le combinazioni o de- composizioni dalle quali è accompagnata 1' azione degli elet- tromotori, sieno sempre effetti delle correnti voltaiclie. a." L'energia della pila è tanto più grande, quanto più il liquido conduttore che s'impiega intacca i metalli. — .Ma quali sono i tenomeni, per i quali la pila si mostra più ener- gica quando l'azione del liquido sui metalli è più forte? Le scosse, gli arroventamenti e le fusioni de' metalli, la magne- tizzazione, e tutti que' fenomeni in somma, i quali dipendono principalmente dalla rapidità con cui l'elettrico trascorre: ed i liquidi che più intaccano i metalli sono appunto quelli che più velocemente traducono l'elettricità. ]\Ia nei fenomeni pura- mente elettrici, in quelli cioè ne' quali la rapidità della cor- rente non influisce, nulla ha che fare l'azione de' liquidi sui' metalli, ma sono soltanto relativi al grado di tensione in cui si pongono i metalli eterogenei quando sono a contatto. Se lo sbilancio elettrico che ha luogo in una coppia di rame e zinco è di un grado, la tensione di una pila di dieci coppie della stes- sa natura sarà di gradi dieci: si monti essa coU'acido nitrico al- lungato, che fra gli acidi è il più potente conduttore dell'e- Del Dott. Stefano Marianini 353 lettricità, si monti coli' acido idrociaiiico che è il più debole, si monti coir acqua distillata, o, come io feci più d'una vol- ta, collo spirito di vino che punto non intacca i metalli, o fi- nalmente si supplisca al conduttore umido con dei dischi di nitrato di potassa fusi al fuoco, siccome ha fatto il celebre Biot, e la tensione sarà sempre uguale, e sempre decupla di quella d' una coppia sola. Che se talvolta si osservano delle piccole differenze, non essendo queste per nulla proporziona- li all' energia delle azioni chimiche operate dai liquidi sui me- talli, non possono essere attribuite alle azioni medesime ^ ma è da credersi che provengano piuttosto o dalla elettromotri- cità de' liquidi stessi, o dalle alterazioni che essi portano nel- la facoltà elettromotrice relativa dei metalli. Se l'azione chi- mica fosse quella che sviluppa l'elettricità, perchè mai l'al- terare l'energia di quell'azione non avrebbe ad alterar ezian- dio la tensione elettrica ? 3.° Le combinazioni e decomposizioni chimiche eccitano delle correnti elettriche: le esperienze del Becquerel e del Nobili non lasciano più il menomo dubbio su tale proposito. Ma che prova egli questo argomento contro la teorica del Vol- ta ? In tali operazioni chimiche noi abbiamo corpi eterogenei che si portano a mutuo contatto, e quindi è del tutto con- sentaneo ai principi del Volta che esse abbiano ad eccitare delle correnti elettriche. Anzi io sono d'avviso, come altre volte feci conoscere, che in ciascun elemento della pila pos- sano aver luogo delle correnti parziali dipendenti o dalle ete- rogeneità che presentano le varie parti delle piastre immerse nel licpiido , o dalle stesse azioni chimiche esercitate dal li- quido sul metallo, ma che nulla influiscono sulla corrente or- dinaria dell' elettromotore, se non in quanto possono esse al- terare r elettromotricità relativa dei metalli. Per mettere fuori di ogni dubbio, che sulle piastre delle coppie elettromotrici possono aver luogo delle correnti par- ziali nel tempo stesso della corrente ordinaria, ho montato un apparato di dodici coppie di ranic e zinco, ciascuna delle qua- 354 Sopra la teoria della Pila li aveva mi pezzetto di rame di pochi millimetri quadrati di superficie saldato sulla piastra di zinco. E questo apparato mostrò una tensione, positiva al polo zinco, negativa al polo ramC;, forte presso a poco quanto quella d'un altro simile ap- parato, le cui piastre di zinco non portavano quel pezzetto di rame. In altre dodici coppie voltaiche feci saldare un pezzetto di zinco sopra ciascuna piastra di rame. La tensione che que- sto apparato mostrava a suoi poli era sì piccola^ che non po- tei rilevare mediante il condensatore dove fosse positiva^ do- ve negativa ; ma facendo comunicare gli estremi del filo d'un moltiplicatore coi poli medesimi , vidi che il polo zinco era positivo, l'altro negativo. La differenza notahilissima fra le tensioni che si osserva- no in quest'ultimo esperimento, e quelle del precedente pro- viene da ciò che la quantità di elettrico che mette in movi^ mento una piccola piastra elettro-positiva con una grande e- lettro-negativa, differisce pochissimo da quella che mette in circolo l'elettromotore nel quale e 1' una e l'altra piastra hanno la superficie di quest'ultima: laddove sono molto dif- ferenti fra di loro le quantità di elettrico messe in circolo da due elettromotori in uno de' quali le piastre sieno eguali j, e nell'altro sia molto più piccola la piastra elettro-negativa (V. Saggio d'esperienze elettrometriche 55- ^9' '^9' '2°' i3i.). Da questi esperimenti pertanto è provato , che un elet- tromotore può far circolare l'elettricità dall'uno all'altro de" suoi poli, mentre ciascuna piastra la fa circolare tra le sue parti eterogenee che presenta a contatto del liquido. Che se alcuno duhitasse ancora se quelle due sorta di correnti , parziali ed ordinarie , sieno veramente simultanee , potrà aver sott' occhio al tempo stesso la prova delle une e delle altre instituendo il seguente semplicissimo esperimento. All' estremità d' una lastra di zinco d' alcuni centimetri quadrati di superficie si faccia saldare un pezzetto d'argento di pochi millimetri quadrati di superficie , si accoppj poscia Del Dott. Stefano Marianini 355 ad una lastra di rame mediante il filo d' un galvanometro, e s' immerga insieme con essa in una soluzione di solfato di rame. La deviazione dell' ago magnetico dimostrerà che vi è una corrente elettrica la quale procede nel liquido dallo zin- co al rame ; ed il coprirsi di rame il pezzetto d' argento , e r annerirsi che farà la piastra di zinco^ dimostreranno che v'è un' altra corrente elettrica, la quale nel liquido medesimo pro- cede dallo zinco all'argento attaccato ad esso (i). Oltre a tutto questo, a chi oppone alla dottrina del Vol- ta, che nelle chimiche operazioni si hanno correnti elettriche, si potrebbe fors' anco rispondere che nei circuiti termo-elet- trici del Seebeck, e negl'idro-termo-elettrici del Nobili abbia- mo correnti elettriche senza operazioni chimiche. 4-° Relativamente al quarto argomento , che da ultimo suolsi opporre alla teoria del Volta ;, a quello cioè che i me- talli i più intaccati dai liquidi conduttori sono sempre i piìi positivi^ addurrò le esperienze che passo a descrivere breve- mente. Riempiuto un bicchiere di acido solforico allungato ed un altro di acqua distillata, posi in comunicazione i due li- quidi mediante un piccolo sifone pieno d' acqua pur distilla- ta: una piastra di ferro comunicante con un'estremità del fi- lo del galvanometro l' introdussi nell'acqua acida, ed una pia- stra di zinco ben levigata comunicante coll'altra estremità del filo la tuffai nell'acqua distillata. La declinazione deir ago dimostrò che lo zinco si elettrizzò in più^ quantunque incom- parabilmente meno intaccato dall' acqua pura di quello che fosse il ferro dall' acqua acida. (i) Il solfato (li rame viene decom- posto facilmente anco ria correnti elet- triche molto deboli. Se si pone una goc- cia della sua soluzione sovra una pia- stra d'oro, o d'argento, o di stagno, o di Tomo XX piombo, e si tocclii poi la goccia stes- sa con un pezzetto di zinco il quale sia in contatto colla piastra , vedesi in pochi istanti annerirsi lo zinco e depositarsi il rame sull' altro metallo. Yy , 356 Sopra la teoria della Pila Alla piastra di ferro sostituii una piastra di piombo, e r ago declinò ancora dalla stessa parte. Lo stesso ottenni con una piastra di ottone e con una di rame accoppiate colla pia- stra di zinco. Ripetuti siffatti esperimenti tenendo immersa nell'acqua distillata una piastra di piombo invece di quella di zinco, il galvanometro mostrò sempre che il piombo si elettrizzava po- sitivamente, e che si elettrizzavano in meno il ferro, 1' otto- ne ed il rame, sebbene fosse manifesta V azione chimica che r acido esercitava sopra di essi. Air acido solforico allungato ho sostituito 1' acido nitri- co, e con un filo di platino misi in comunicazione questo li- quido colTacqua pura. Un grosso filo d'argento applicato ad un estremo del filo del galvanometro fu immerso nel detto acido, mentre una piastra di rame applicata all'altro estremo si fece pescare nell' acqua pura. La deviazione dell' ago ma- gnetico dimostrò che il rame e non 1' argento si elettrizzava positivamente in questa coppia. Sostituito al rame un altro metallo, di quelli che il Volta vide elettrizzarsi in più a con- tatto dell' argento, cioè il ferro, il piombo, lo stagno, lo zin- co, sempre le declinazioni mostrarono che l'argento si elet- trizzava in meno, sebbene, com' è noto, sia molto forte 1' a- zione che I' acido nitrico esercita suU' argento , ed assai de- bole quella che ha luogo tra 1' acqua pura e gli altri metal- li testé nominati. ,.,; ;!,.,., Ho accoppiato mediante il filo del galvanometro una pia- stra di ferro alquanto ossidata ad una di stagno dotato di tut- to il polimento di cui è suscettibile questo metallo, e le im- mersi contemporaneamente nell'acido solforico allungato, ed il galvanometro indicò che la corrente elettrica entro il flui- do procedeva dallo stagno al ferro , sebbene il chimico non dubiti che I' acido solforico intacchi di gran lunga più il fer- ro, che non lo stagno. Ma lo stagno nella scala graduata del Volta è più positivo del ferro, e quindi a malgrado dell'azio- ne chimica più debole , che 1' acido esercita su di esso , lo Del Dott. Stefano Marianini 357 vediamo elettrizzarsi in più e non in meno , come vorrebbe- ro le nuove dottrine. E non solo sembra cbe 1' azione chimica non sìa la ca- gione delle correnti voltaiche, ma v' hanno de' fatti , i quali e' indurrebbero a credere che essa non abbia su queste la me- noma influenza diretta: eccone alcuni. Ho messo in un bicchiere dell' acido solforico allungato da sei parti d' acqua , ed in un altro dell' acqua distillata, e feci comunicare fra loro i due liquidi mediante una striscia di carta ben inzuppata d'acqua distillata, avendo riguardo che il livello dell' acqua fosse più alto di quello dell' acido , ac- ciocché per r azione capillare non passasse qualche poco d'a- cido a mescolarsi coli' acqua pura. Una piastra di zinco fu ac- coppiata ad una di platino mediante il filo del galvanometro, e poscia ho immerso contemporaneamente lo zinco nell' aci- do, ed il platino nell'acqua: la deviazione dell'ago fu di undici gradi. Dopo che le piastre furono bene asciugate, e che l'a- go fu tranquillo, replicai la prova^ ma immergendo il platino nell'acido e lo zinco nell'acqua distillata, e la deviazione fu ancora di undici gradi. Replicai più volte 1' una e 1' altra di queste prove , e sempre collo stesso risultato , sebbene ogni volta che immergeva lo zinco nell' acido vi avesse una vivis- sima effervescenza, e non vi fosse alcun indizio di azione chi- mica allorché nell'acido immergeva il platino. All'acido solforico ho sostituito l'acido nitrico, ed alla coppia di platino e zinco una coppia di argento e zinco; e le declinazioni furono sempre di sei gradii tanto quando immer- geva lo zinco neir acido, come quando lo immergeva nell'ac- qua distillata. Le coppie formate di carburo di ferro e zinco, di rame e zinco , di ottone e zinco^ di ferro e zinco diedero de' risultati affatto analoghi ai precedenti (i). ,,.,,, (i) Con esperimenti simili a questi si dimostra eziandio che la corrente vol- taica non procede eempre dal metallo o dal liquido più caldo al meno cal- do, come accade nell'esperimento del chiarissimo Cavaliere Nobili descritto. 358 Sopra la teoria della Pila Se r azione chiniiea ha influenza nella produzione della corrente voltaica, perchè mai mostra questa la stessa forza e quando quell'azione è molto energica, e quando non è nep- pure percettibile ? Ma vi ha di più. Egli non è difficile istituire degli espe- rimenti, ne' quaU si vede che la corrente voltaica è più ener- gica appunto quando 1' azione chimica lo è meno. Una piastra di zinco avente un pezzetto d'argento sal- dato alla estremità destinata ad immollarsi nel liquido, la ho accoppiata ad una di rame col mezzo del solito filo galvano- metrico, poscia immollai l' una e 1' altra in una soluzione di solfato di rame; la declinazione dell'ago fu di circa dieci gra- di, e r argento si coprì di rame come nell' esperimento supe- riormente descritto. Ho ripetuto la prova dopo d' aver ben intonacato di cera il pezzetto d' argento , ed allora la devia- zione dell'ago fu di quindici gradi. Eppure in questo secon- do caso non vi era certamente un indizio sì manifesto della decomposizione del sale, come vi fu nel primo. Questa differenza di energia nella corrente elettrica sì spiega assai facilmente colla teorica del Volta ; imperocché quando 1' argento è nudo^ una parte dello zinco è impiegata a far circolare 1' elettricità fra esso e l'argento, e quindi ne circola in minor quantità fra lo zinco stesso ed il rame ; ed allorché 1' argento è coperto di cera , tutto lo zinco che si trova a contatto del liquido è impiegato a far circolare 1' e- lettricità fra esso stesso ed il rame. Dopo il fin qui detto io ardisco sperare che si vorrà pren- nella citata Memoria a pag. i3o. Se r acqua calda d' un recipiente si fa comunicare colla fredda che si trova in un altro mediante una striscia di carta bagnata, si vede che la corrente elettrica va dal liquido caldo al fred- do ovvero da questo a quello, secon- do che la piastra elettro-positiva d'un elemento voltaico s' immerge nel li- quido caldo^ ovvero nel freddo. Del Dott. Stefano Marianini SSg dere in qualche considerazione i miei dubii sulle nuove dot- trine elettriche, innanzi di rigettare quei principi , dalla me- ditazione de' quali il Volta fu condotto alla più bella scoper- ta della nostra età. V 3(5q SUL PORTAVOCE CONICO MEMORIA DEL SIGNOR DOTTORE GIROLAMO RESTI-FERRARI PROFESSORE DI FISICA. NELl' ISTITUTO FILOSOFICO DELLA CITTÀ DI LODI PRESENTATA DAL SOCIO SIGNOR PROFESSOR CONFIGLIACHI APPROVATA DAL SOCIO SIGNOR PROFESSOR DON LIBERATO BACCELLI Ricevuta ad^i 20, Luglio iB3o. i.lNacque al Cavaliere Morland nel 1670 il pensiero di e- sperimentare se per mezzo di una tromba si potesse conse- guire lo scopo non solo di far sentire il suono a grandi di- stanze, ma di rendervi ben anche intelligibili le parole: il suc- cesso coronò i suoi tentativi , ed ebbesi per conseguenza il Portavoce. A questo , due anni dopo , il Cassegrain ha data la figura iperbolica', pretendendo di ottenere sotto dimensio- ni minori gli stessi effetti ottenuti già dal primo inventore. Di poi il Prof. Sturm , attenendosi alle misure del nominato meccanico, sottopose alle prove molti stromenti di diverse fi- gure; e nel 17 19 il Prof. Itase mostrò quanto la figura iper- bolica del Cassegrain la cedesse alla elittica ed alla parabo- lica. Nessuno però avea seguito nel loro cammino i raggi so- nori dal Portavoce riflessi, per lo sgomento, al dire di Lam- bert, cagionato dalla considerazione delle infinite riflessioni Del Professor Resti-Ferrari 36 r che soffre in tali stromenti il suono, e che pnr tutte devono entrare nel calcolo; (juando egli assunse, secondo l'espression sna^ a scandagliare l'abisso, che le stesse presentano (Ved. Mémoires de l'Ae. de Berlin. T. XIX, an. 1763.) a. Sarebbe fuor di proposito il ricordare qui tutto ciò che rAccademico di Berlino ha scritto in tale occasione; ma devo pe- rò rimarcare, che, riguardo alla tromba conica, prendendo ad esame l'andamento di un raggio sonoro che incontra l'asse della medesima, determina gli angoli sotto de' quali è suc- cessivamente riflesso il numero delle riflessioni che subisce, non che l'espressione trigonometrica della distanza dal ver- tice delia detta tromba alla quale avviene una riflessione qual- sivoglia. Ed ho detto essere del mio dovere il rimarcar tali cose, imperciocché ho preso anch'io le mosse dalle medesi- mcj sebbene non 'affatto similmente. In seguito le questioni da lui trattate sono di tutt'altro genere di quelle che mi pro- pongo d'esporre. Le mie sono per avventura più speculative che pratiche: ciò non pertanto voglio sperare che trovino una raccomandazione nella semplicità ed esattezza dei risultamenti. 3. Nella esposizione delle medesime riterrò sempie che il centro fonico, il punto cioè dal quale emanano i raggi sono- ri, si trovi suir asse del portavoce ; è questo il caso più sem- plice invero, ma ben anche il più meritevole di attenzione. In conseguenza di ciò , atteso che la riflessione si fa costan- temente in un piano normale alla superficie riflettente , un raggio , per quante volte venga riflesso prima d' uscir dalla tromba, starà sempre nel piano determinato dall' asse di que- sta e dal punto che lo riflette per la prima volta; ossia starà in quella sezione fatta alla detta tromba per l'asse, nella qua- le si trova da principio. Ciò poi che accade per un raggio qualsivoglia, accade altresì per tutti quelli i quali sono nella superficie conica, che può intendersi generata dalla retta rap- presentante il detto raggio , mentre la medesima ruoti intor- no all' asse della tromba, mantenendosi sempre egualmente in- clinata allo stesso, cosicché basterà prendere particolarmente 36a Sul Portavoce Conico in considerazione ixna sezione analoga alla poc'anzi nominata, ed esaminare quanto accada per rispetto ai raggi che trovan- si in essa. 4. Ma giovi in prima notare che dal considerare gli an- goli di incidenza e di riflessione si farà spesso passaggio alla considerazione di quelli detti di inclinazione^ che fanno colla superficie della tromba i raggi incidenti e riflessi come pure il passaggio inverso ; ciò per altro sarà sempre assai facile , poiché quest'ultimi angoli sono i complementi dei primi. ■ ' . Proposizione 1 ." ; ' i Determinare gli angoli delle successive incidenze di un raggio sonoro, non che gli angoli che fa lo stesso successivamente coli' asse del portavoce , essendo nota la primitiva sua inclinazione con quest' asse medesimo. 5. La sezione per l'asse, nella quale si trova il dato rag- gio, venga rappresentata {fig. i- ) dal trapezio MNPQ', sia B il centro fonico; A il vertice del cono di cui la tromba fa parte , e BR il laggio dato. Il cammino seguito da esso sia rappresentato dalla linea spezzata BRSTU . . . .; il suo angolo d' inclinazione RBO coli' asse si denomini a; e l'altro angolo QAO si chiami (p. 6. Per la legge di riflessione , e per la notissima relazio- ne che ha luogo fra gli angoli interni ed esterni di un trian- goloj si vede facilmente che avrassi ;BRA = SRQ = a— f, RSA = TSP = « — 3<^, STA = UTQ = a — 5(^, TUA= VUP= a — 7<^, e quindi l' angolo , che farà il raggio colla superficie della Del Professor Resti-Ferrari 363 tromba alla n'"'"'^ riflessione, sarà a—'{an — i )'p. 7. Siano ora C, D, E;, ec. i punti, ne^ quali il raggio BRST . . sega 1' asse AO... Se gli angoli che fa con questo il detto raggio s' intendano presi alternativamente l'uno sopra e r altro sotto, basta la sola ispezione della figura per mostra- re che uno qualsivoglia di tali angoli uguaglia quello dell'in- clinazione , che immediatamente lo precede , diminuito di (p. L' angolo adunque che dal raggio verrà fatto coli' asse dopo la n."'"'" riflessione verrà dato da a — 2,n(p. •'■■■■ Proposizione a.* Determinare tutti quei punti nei quali avvengono le riflessio- ni di un raggio , che fa coli' asse del portavoce un an- golo dato . - ; • f ' 8. Ritenuta la figura, e ritenute le denominazioni della proposizione precedente ^ si chiamino le rette AR, AS, AT , AU ec. ordinatamente j»', /?",/?"', jo'^', ec. e pongasi AB = «. Dai triangoli BAR, RAS, SAT, TAU, ec. si deducono le pro- porzioni seguenti (prop. 1." §. 6. ) p: a = sen.a : sen.( a — (p) p':p = sen.{a — (p) : sen.{a—S(p). p"':p"= sen.(a — 3i^): sen.( a — Sp ) />'":/?'"= sen.( a — 5<^): sen.( a — 7<^ ) p p" =sen.{a— {a« — 3)<^):sen.(a — [o.nr~i)(p):> Tomo XX. Zz 364 Sul Portavoce Conico e queste somministrano p : a=i sen.a: sen.( a — ( 2« — i )(p) d' onde si ricava /"= sen.(a — isk — i )(p) Ponendo in tale formola successivamente n eguale ad i, a a, a 3, ec. si avranno i valori di p\ p" , p"' ec; e quindi anche ì punti richiesti, > 9. Questi valori , che si ricavano anche separatamente dalle proporzioni suesposte, sono ' asen.a ir asen.a .,, •" "" sen.(a — p) ' ■< sen.iM— d*) ' " sen.(a — -f) ' ■< sen.(M— dij)) ^ seti, (a — bf) ec. e si possono costruire nella maniera seguente. Facciasi cen- tro in A , e si descriva con un raggio qualsivoglia ( Fig. a. ) l'arco yzax; indi si segnino gli archi ab , he ^ ed, ec, tutti eguali all'/a, e si estendano le rette Aa, Kb, kc fino all'in- contro della BR prolungata, che le AR, AS, AT, ec. termi- nanti ad essa saranno i valori di Pip\p'\ ec. La dimostrazione è appoggiata alla considerazione;, che gli angoli ARB, ASB, ATB, ec. uguagliano per ordine gli a — (^, a — 3(^, a — 5(^, ec. IO. Supposto che Kx sia parallela al raggio BR , appare dall' esposto che lo stesso subirà tante riflessioni quante vol- te r arco ya è contenuto nell' altro yx , non avuto riguardo alle frazioni od all' ultima di queste volte, se vi è contenuto esattamente : cosicché il numero delle riflessioni può essere espresso dalla formola purché non si tenga conto che degli interi se v' è un resi- duoj o si tolga dal quoto una unità se manca Io stesso, giac- Del Professor Resti-Ferrari 365 che non voglio risguardare quale riflessione quella che avverreb- be a distanza infinita; essa in realtà non avverrebbe mai. All'ul- tima di tali riflessioni il raggio sarà riflesso o parallelamente al lato della tromba opposto a quello che lo riflette, ovvero per modo che quel lato non possa più essere incontrato dal raggio, ma solo dal suo prolungamento , secondo che il residuo sud- detto mancherà o no. II. Coroll. I. Appare ancora, che escono dalla tromba senz' essere riflessi tutti quei raggi che fanno coli' asse un an- golo non maggiore di (p; ne cleono dopo una sola riflessione tutti quelli che fanno coli' asse stesso un angolo non minore Ò.Ì (p e non maggiore di 3)(p; dopo due riflessioni quelli che lo fanno non minore di 3^, e non maggiore di 5(^; ed in gene- rale escono dalla tromba dopo di avere subite n riflessioni que' raggi che coli' asse di essa fanno un angolo non minore di (a« — i)(p, e non maggiore di (a/z-Hi)'^. la. Coroll. II. Indicando con P, P' due qualisivogliono delle rette p , p'\p"', ecc. e con o, o i corrispondenti angoli d'inclinazione, avremo ( §• 3. ) p ^_ flsen.a pf e quindi P: P'= sen. o': sen. o: vale a dire, le distanze dal vertice del cono, di cui il porta" voce fa parte , de' punti do^e avvengono le riflessioni di un medesimo raggio , sono recìprocamente proporzionali ai seni degli angoli delle corrispondenti incidenze. i3. Osservazione i. In tutto il fin qui detto non ho avu- to di mira che quei raggi che escono dall' apertura maggiore del portavoce; anche per lo innanzi farò lo stesso, tanto più che in pratica il centro fonico trovasi pressoché sempre all'a- pertura minore. Riteliendolo però, come ho fatto, in B ( Fig. I- ), i limiti che separano i raggi che escono da un'apertura 366 Sul Portavoce Conico da quelli che escono dall' altra, sono costituiti dalle BH BK perpendicolari ordinatamente, alle AQ.... AP.... i4- Osservazione ii. La tromba 1' ho risguardata sempre come di lunghezza indefinita ; se fosse questa determinata , quanto ho detto specialmente ai 5S- '<^j ed i i di questa pro- posizione esigerebbe qualche restrizione , ma però facilissima a farsi. ProposizioneS." Determinare i diversi punti ne' quali un raggio^ che fa colVasse della tromba un angolo dato^ sega quest' asse medesimo, i5. Le parti { Fig. i.) AB, AC, AD, eo. di questo s'in- dichino con q\ q" , q"\ q , la prima delle quali si è anche chiamata a. i6. La retta che determina il cammino del raggio quan- esìma , do va contro la tromba per esserne riflesso all'/i volta, chiu- (n) (n) . ... de colle p -, q un triangolo i cui angoli opposti a queste sono per ordine 90" — (a — {%n — a)(^), « — (2.« — 1)(^, ( proposizio- "^ ^■°' %%• 6, 7.): per conseguenza ha luogo la proporzione p : q = sen.(a — (a/i — a)(^): sen.(a — (ara — \)-' s "!:; ^ n3 S y S La lunghezza maggiore di tutto l' animale . . a a 7 La distanza dalla punta del musello all' aper- tura nasale ossia allo spiraglio . . . . o 04° dalla punta del musello al principio della vulva I 3 9 estension della vulva dall' una all' altra commessura o distanza dalla vulva all' ano ; .... o Spaccatura della bocca o distanza dalla commessura della bocca al- l'occhio * ^ ; . : . . .0 Spaccatura dell'occhio . . . ., . ,• . • • o Distanza dall'apice della mandibola superiore al- la radice della pinna dorsale i Altezza perpendicolare della detta pinna dorsale o Larghezza della di lei base o Lunghezza di cadauna pinna brachiale , . . o . della pinna caudale o Divaricazione delle pinne caudali o Profondità della fenditura nella pinna caudale o Dimensione circolare alla punta del musello • o . . alla base del musello . . . . o Circonferenza del capo, presa agli angoli inter- ni degli occhj ... o o 72, . . . del corpo presa alla inserzion del- le pinne ' ^ o 0 1 1 I 0 0 a5 0 6 0 3 0 0 0 3a 0 3o 0 29 0 27 e 40 3 0 0 io 0 27 384 Encefalotomia ec. S Ss II lèi n3 (5 g g Distanza da una pinna all'altra verso la sterno o o 4^ Circonferenza maggiore del corpo i o ai . . . del corpo alla regione anale . . o o 69 . . . alla base della pinna eaudale . . o o a5 Dimensioni del Cranio» Circonferenza maggiore presa dalla punta del musello al foro occipitale o 9 S . . dal piano interno di uno spiraglio al foro occipitale o 3 9 , . . nella direzion delle tempie . . . o 4 ^ Dimensioni della cavita' del granii PRESE internamente» " ' ' ' ' Dalla regione più alta della volta ossosa^ alla base 011 da una terapia all' altra o i 4 dal forame occipitale al piano delle ossa nasali ......... .....o i i Il capo spogliato dal crasso integumento di color aero- ceruleo al di sopraj e livldognolo al di sotto, rappresenta una figura piriforme, e mostra al di sopra delle orbite i due fgrandi spiragli confluenti nella esterna apertura nasale protetta da ima ben consistente valvula integumentale. Nessun meato uditivo, giacché tale non può appellarsi un fo- rellino quasi impercettibile che scorgesi ad ogni lato a poca di- stanza dall'occhio, e alquanto in basso, nel quale forellino appe- na cape una sottile setola che non si può far penetrare che a pochissima profondità essendo quel canaletto tortuoso e ser- peggiante. ■,'.•;■•;■•. i .s -^- :■■■ '. -> ,. Del Prof. V. Gaetano Malacarne 385 L'ampia bocca è munita di 5o denti ad ogni lato nella mandibola superiore e 44 ^ ^^^^' della inferiore. I denti sono tutti conici, alquanto tortuosi, coperti di smalto in quella sola terza parte della loro lunghezza che pro- tubera fuori delle gingive; robusta e levigatissima quella lo- ro maggior porzione che è immersa negli alveoli, è cilindrica, e termina a foggia di imbuto a somiglianza delle unghie ne- gli uccelli. CRANIOSTEOLOGIA Le ossa del cranio sono generalmente connesse per aiti- colazione squamosa; alquanto spugnose quelle che si prolun- gano per formare il musello; dure^ compatte benché alquan- to sottili e con poca diploe quelle che costituiscono la teca dell'Encefalo. Una linea saliente assai bene pronunciata divide la par- te anteriore del cranio dalla posteriore ; nel centro della an- teriore sono scolpiti i due spiragli i quali dalla interna loro apertura alla esterna descrivono una curva che si sospette- rebbe destinata ad agevolare la influenza degli atomi odorife- rij se si conoscessero veri nervi olfattorj in questi animali. Nel centro della sezion posteriore sta scolpito il grande forame occipitale tre centimetri più alto del livello della base del cranio veduta internamente. i Nella cavità del cranio si considerano otto fosse maggio- ri. La Volta del cranio è formata dalle due principali fosse destinate a contenere gli emisferi del cervello , divise 1' una dall' altra col mezzo di una falce ossosa che posteriormente protubera nella incavatura triangolare che risulta dallo com- baciamento di essi col cervelletto, per oltre a tre centimetri, e termina con una apofisi piramidale che rinforza la flilce os- sea suddetta e si presta agli attacchi degli ampj seni della dura madre. Nella base del cranio sono ben distinte altre sei fosse maggiori, cioè due anteriori, due mezzane j e due posteriori. 386 Encefalotomia ec. Le due fosse anteriori osservate in alto sembrano lormar- ne una sola che presenta un piano della altezza di 8 centi- metri, se non che in basso è divisa da una linea saliente ove non si scorge vestigio de' forellini onde suol essere negli al- tri poppanti crivellato V etmoide. Le due fosse mezzane sono quelle che hanno minore e- stensione, terminano alla base del cranio con una figura an- golare, e sono divise dalle posteriori col mezzo di due risal- ti ossosi che in qualche guisa rassomigliano alle apofisi cli- noidee, distanti 1' una dall' altra tre centimetri. Le due fosse posteriori hanno oltre al forame occipitale ampio di oltre a tre centimetri, uno per lato i forami acu" stici di figura irregolarmente quadrata , al di là de' quali si veggono le Rupi acustiche mobili, rivolte verso l'encefalo con <|uella loro fenditura che risulta dalla union de' due ossi che la compongono. Cadauna di esse Rupi è composta di due pez- zi durissimi saldati 1' un suU' altro, cioè la cassa del timpa- no ed il labirinto. Dalla apofisi anteriore del timpano, che ri- sale alquanto, comincia la tromba eustachiana che attraversa r osso mascellare , e mette foce alla region superiore dello spiraglio. Questa situazione dell' apertura della tromba , e la ampiezza di questo canale han fatto supporre a' zoologi, che i cetacei per questa via meglio che per l' impercettibile mea- to acustico esterno percepiscano la impressione delle onde so- nore; e ci ha insegnato d' altronde il chiarissimo Cuvier che il medesimo canale serve anche all' olfatto in questi animali. Le ossa acustiche sono quattro come negli altri poppan- ti: il martello, l'incudine, la staffa, e l'osso lenticolare. Il martello rappresenta una mano munita di guanto col solo pol- lice separato, ed è questo il suo manubrio. L' incudine è ar- ticolata solidamente all' osso che ha la forma di chiocciola ( Bulla) con una aiK>fisi lunga, acuta, uncinata; ha nel suo piano una appendice foliacea che sembra incassata per chiu- dere alla foggia di un opercolo un forame che mette nella cavità dell' ossicino , nella quale cavità penetrano altri due Del Prof. V. Gaetano Malacarne 3o7 forami scolpiti nel fondo di una fossa ovale scolpita alla base della mentovata apofisi uncinata. L'incudine supera di molto in grossezza il martello che appena puossi calcolare la quarta parte del volume di essa-, la staffa è della metà minore del mar- tello, è pertugiata da lui piccolo forame tra i rudimenti delle due branche ; quella faccetta sua che sì adatta alla finestra ovale è molto convessa. L'osso lenticolare è così piccolo che non merita particolare descrizione. Quelle due ossa che costituiscono la Rupe, nelT animale di recente morto sembrano formar un osso solo , ma nello scheletro secco dividonsi facilmente in due ; quello che ap- parisce accartocciato è situato al lato interno, cioè risguarda la parte centrale del cervello; l'altro che vista addossato al lato esterno è anche più piccolo,, e contiene il labirinto con i canali semicircolari. Questa Rupe sta sospesa e fluttuante in quella cavità o fossa scolpita alla base dell'apofisi mastoi- dea , ampiamente aperta in basso , riempiuta da molta pin- guedine neir animale fresco, e presenta nella cavità del cra- nio quella sua fenditura che risulta dallo combaciamento de' due pezzi ond'è composta, e i due forami che danno ingres- so a' nervi dell' udito. La loro struttura e proporzioni risultano meglio dalle an- nesse Tavole. Tomo XX. Ccc 388 Encefalotomia ec. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Tavola Prima. Rappresenta la base del cranio. AAA. La base del cranio con la mandibola in naturale si- tuazione. BB. Le sette vertebre cervicali. C. Il forame occipitale. D. Le ossa mascellari superiori. EE. Due seni ciechi al davanti , aperti posteriormente con due fosse laterali contro le... F. Apofisi pterigoidee. Que'due seni EE. sono coperti da una sottile lamina ossosa triangolare che li chiude al davan- ti, ma qui è stata distaccata nelle sue suture e tolta via affinchè si veda tutta intera la cavità di questi seni ; (fueste due lamine sono regolarmente cribrate e termi- nano posteriormente alla foggia delle ossa turbinate de' quadrupedi , lasciando allo indietro una fessura continua con le due accennate fessure laterali. G. Gli spiragli divisi 1' un dall' altro per mezzo dell' osso vo- mere ; vanno ad aprirsi dopo aver descritta una curva , suir osso coronale. Questa curva ha la convessità ante- riormente e a' lati del vomere; è bucherellata per il pas- saggio de' vasi e de' nervi H. Arco del zigoma. I. Ciglio deir orbita. KK. Le fosse in cui stanno le piramidi acustiche o ossa pe- trose. LL. I forami laceri. //,./, , . ^-,,,„ . /o, . //../ . y ■ yy /,r,f, .j">r/ . y,.^ yxii '^i/aa ^^c yta/ ■/ XX/ia^ 38g. ,'7^v XXIlf -F«/ ó. a ir Tin. 7 ^Q Fc '-9' F. tq. 9. Fc g /o ùm ^. ij- g- J^J Ft tf fo Del Prof. V. Gaetano Malacarne 889 Tavola Seconda. L' osso petroso ossia la rupe acustica osservata nel cetaceo cresciuto al peso di ia5 libbre. Fig. i . L' osso petroso sinistro veduto dalla sua faccia ester- na, cioè come si presenta fuor della cavità del cranio. Fig. a. Lo stesso osso veduto dalla sua faccia interna , cioè come sporge entro la cavità del cranio. ^ Fig. 3. La sola porzione interna di quest'osso, la quale dalla sua figura rassomigliante ad una chiocciola denominiamo ballare; è la più vicina al centro del cranio. Fig. 4- L' altra porzione ossia la esterna, nella quale stanno scolpiti i canali semicircolari. Fig. 5. La staffa. Fig. {). L'incudine. Fig. 7. Il martello veduto in due aspetti. Fig. 'ò. g. L'osso petroso diviso nelle due porzioni come si staccano nello scheletro secco j preso da un individuo molto più giovane. La fig. 8. rappresenta la porzion in- terna veduta ne' suoi due lati, A anteriore, B posterio- re. La fig. 9. l'altra porzione. A aiiterioie, e B posteriore. Fig. IO. Spaccato del pezzo rappresentato nella fig. 4- in cui sono scolpiti i canali semicircolari. 3go DELLE PIANTE GHINIFERE SAGGIO i- DEL PROFESSORE VALERIANO-LUIGI BRERA ,/ Ricevuto adi 19, Gennajo i83a. J-ia cinconina scoperta da Gomez e poscia da Duncan , la chinina ottenuta da Pelletier e CaventoU;, e la chinoiodina ri- trovata da Sertuerner fecero prevalere una presso che gene- rale opinione , che mediante queste sostanze alcalino-organi- che, tratte dalla corteccia di varie Cine/ione, la medicina po- tesse dispensarsi dall' impiegare le corteccie così dette peru- viane in sostanza; e che perciò inutile riuscisse ogni ulterio- re studio diretto a determinare le numerose specie di Cincho- ne , dalle quali ci sono fornite queste preziose corteccie. E di fatto riesce di gran peso per una tale opinione la conside- razione semplicissima de' sommi avvantaggi , che si ottengo- no dalla prescrizione de' sali chinici, e in particolare de^ chi- nati di chinina e di cinconina, atteso che in ciascuno di es- si si concentrano sotto piccola mole i poteri febbrifugi, di cui sono eminentemente dotate le vere chine ; si possono deter- minate con precisione le dosi occorrenti ; e si ha la certezza positiva d' un rimedio efficace per combattere le febbri acces- sionali di carattere eziandio pernicioso ; nel quale caso egli è abbastanza noto, come non di rado manchi il buon successo della cura pel difetto di genuina corteccia peruviana. Tutta- via vacilla non poco 1' enunciata opinione , quando si ponga mente, che non è solo per curare le febbri accessionali, che si impiegano dai Clinici le corteccie in discorso^ e che le mi- Del Prof. Valeriano-Luigi Brera 891 surate prescrizioni piuttosto di questa che di quella clnchona oppure di piante affini, o come diconsi surrogate, riescono al- l'atto pratico altrettante risorse terapeutiche per domare ma- lattie moltiplici e gravissime. Colla sola chinina^ cinconina, e chinoiodiiia , né unicamente coi loro preparati salini si può supplire alle stupende azioni medicamentose, di cui sono for- nite le singole Cinchone e le altre stirpi affini alle medesime. L' enumerazione delle speciali loro virtù terapeutiche è argo- mento di estesissimo lavoro! Solo si ricorderà, che nelle violente febbri accessionali complicate a vizj profondi di innervazione e di mistione organica de' tessuti, inefficaci si appalesano il più delle volte gli accennati alcali delle Cinchone e i loro prepa- rati farmaceutici, e si sono invece impiegate con successo le differenti corteccie peruviane pel motivo, che in esse si con- tengono altri principj medicamentosi invano ricercati in al- tre sostanze. Pretese Duncan d' avere scoperta la cinconina neir angustura^ nell' oppio e nell' ipecacuana.^ la quale era già stata da Gomez ravvisata nelT evodia ( ora esenbeckìa ) febri- fuga. Eppure nessun pratico si è avvisato di sostituire queste sostanze alla china perfetta per vincere le febbri accessionali perniciose ! Una tonificazione sostenuta non si arriva a con- seguire coir uso de' sali diversi aventi per base la chinina o la cinconina ! Invece la corteccia della cìnchona ovalifolia , Humboldt e Bonpland^ (conosciuta in commercio sotto del no- me di china peluda e distinta dalle altre per la proprietà aro- matica e per la mancanza di stitticità ) felicemente riesce da sola per curare le febbri intermittenti semplici e perniciose , che assalgono individui delicati ed irritabilissimi, epperciò per lo più complicate a spasmi imponenti di stomaco e di inte- stini per effetto di esagerata impressionabilità del sistema ner- voso della vita organica ; la quale condizione patologica per lo più si sublima fino al grado di atroce esaltamento cerebra- le dietro T esibizione di qualsiasi sale chinico isolato, o com- binato eziandio alla morfina; oppure viene susseguita da ra- pido ed insuperabile esaurimento delle forze vitali^ se il so- Sga Delle Piante Chinipere spetto di associazione di coperta gastro-enteritide induca il mal accorto Medico ad adottare la contemporanea prescrizio- ne delle sottrazioni sanguigne. Così l'esperienza clinica ci ha pure additato quali esclusivi vantaggi si ottengano dall' uso della corteccia della cinchona caducìflora, Bonplancl^ in for- za dello specifico grado di stitticità , di cui fra le altre pro- prietà è fornita, per curare le febbri accessionali, che scop- piano in occasione di gangrena nosocomiale, castrense, nava- le, de' lazzaretti ec. , o negli individui affetti da fungo ema- tode, e per frenare i prolassi delle membrane mucose prodot- ti da ottusa sensibilità. Egli è ugualmente abbastanza noto , che la cinchona condamìnea e le affini scrohìculata , micran- tha, dlchotoma, hirsuta^ tennis, purpurea, non che la cortec- cia winterana esercitano un particolare potere suU' economia annuale mediante energico sviluppo di calorificazione , e di azione cardiaco-arteriosa. Nessuna corteccia peruviana inoltre combatte con si mirabile successo le febbri perniciose quanto quella, che ci fornisce la cinchona lancìfolia , per cui Mutis ed Alibert la ritennero di efl'etto pressocchè infallibile. L' e- stratto liquido della cinchona scrobiculata, e meglio della cin- chona purpurea, è a giusta ragione preconizzato quale speci- fico per la cuia della leucorrea utero-vaginale atonica. Se questi e tant' altri fatti, che si faranno a suo tempo conosce- re, chiaramente ci dimostrano di quale e quanta utilità sia per essere la conoscenza possibilmente accurata di tutte quel- le specie, dalle quali sono tratte le corteccie dette chine, pre- ziose dovranno riuscire per Tarte salutare tutte le indagini, che saranno dirette ad illustrare la storia botanico-medica del- le cìnchone, e delle piante affini , da cui sono tratte le vere chine , ed i surrogati alle stesse , ossiano le chine spurie , o pseudo-clune , le quali costituiscono tutte insieme la grande famiglia delle piante chinifere. E tali ricerche acquisterebbe- ro pregio distinto, qualora fossero rischiarate dai risultamenti delle loro speciali analisi chimiche, e dalla ricordanza de' ca- si clinici, ne' quali le curative indicazioni o controindicazio- Del Fuor. Valeriano-Luigi Breka SqS ni stassero per questa o per quella corteccia cliinifera. La grande famiglia delle piante chinìfere dovrà essere a- dunque costituita non solo dalle cinchone propriamente dette ma eziandio da que' vegetabilijle di cui corteccie furono ap- prezzate dall'osservazione e dall' esperienza clinica quali sur- rogati efficaci allo varie corteccie delle cinchone tutte. Non tutte però le piante segnalate dall' esperienza quali surrogati clinici alle cinchone sono al pari di queste fornite di corteccia, talune essendo erbacee , e non impiegandosi di al- tre che i fiori, oppure le sommità, le foglie, le radici. Ciò non ostante sembra , che non si debbano per siffatta circostanza trascurare nella famiglia di piante di cotanta utilità. Fummo perciò d' avviso di annoverarle esse pure fra le medesime^, seb- bene non sieno fornite di corteccia chinosa. Essendo queste negli effetti clinici di grande analogia colle vere chine , sem- bra essere fuori di dubbio , che nel senso della loro utilità medica debbano godere del diritto di appartenere pure alle piante chinifere. In siffatta guisa adunque ragionando , la famiglia delle piante chinifere dovrà comprendere. .; :; i) Le Cinchone propriamente dette;; a) Le Rubiacee, e le Contorte nell'estensione della clas- sificazione di Reichenbach , e di De Candolle ampliata da Fuhlrott , e ciò dietro la sentenza di Linneo confermata da Richard nella Botanica Med. , cioè che les vegetaux, qui se trouvent rapprochés et reunis par V analogie de leurs formes exterieiLves et de leur structure interne jouissent gènèralement de proprietès mèdicales analogues et quelquesjois entièrement semhlahles. Epperciò; 3) Le Stellate, le Coffeacee , le Cinchonee , le Hamelia- cee, le Cefelidee , le Genzìanee , le Apocinee e le Carissee di Reichenbach (i), che nella classificazione di De Candolle e- (i) Conspectus Regni Vegetabili» per gradus naturales eToluti, Pars. I. Lipsiae i8a8. 8.° 394 Delle Piante Chinifere sposta da Fuhlrott (i) formano gli Ordini delle Rubiacee, di- vise in Galiee, in Spermacocee^ in Coffeacee, in Hed/otidee, in Cinchonee , ed in Opercularie , non che delle Jasmìnee , delle Strychnee , delle Apocynee , delle Asclepiadee e delle Genzianee. 4) Tutti que' vegetabili , che sebbene non appartenenti ai suddetti Ordini sono ciò non pertanto enumerati dalla os- servazione clinica fra i surrogati alle chine vere. E qui non saranno da escludersi le Amentacee suddivise in Quercinee , in Salicinee, in Betulacee, ed in luglandee, le di cui cortec- cie sono ricche d'un principio astringente-amaro atto a debel- lare le febbri intermittenti. _^ Le esposte considerazioni appalesano di già abbastanza r estensione de' Generi costituenti la grande famiglia delle piante chinifere. Immenso ne è di fatto il numero ! E che sia tale, lo si scorgerà dal saggio di enumerazione, che qui sotto si accenna. Spetta ai Medici-Botanici di renderlo completo ! A tal uopo lo si trascrive per ordine alfabetico, affinchè sia più facile la ricerca di questo o di quel genere, onde deter-^ minare quali esser ne possano i mancanti. (v) Jussieu 's und De Candolles Natiirliche Pflanzen-Systerae , von C. Fuhlrott mit einer Vorrede ron Doct. C. G. Nees von Esejibeclta. Bonn 1839. 8." Del Puof. Valeriano-Luigi Brera Sgc Cinchona Lìnn. Chine vere. B Pseudo-chine Abutua, Loiir. KcdiCxa, Neck. Acerates, Ellis. Achillea, Lina, AcliraSj Linn. Acorus, Linn. Adeniiim, Bom. et Sch. Adina, Salìsb. Aegipliiila^ Linn. Aeschinomene, Linn. Aesculusj Linn. Aethusa, Linn. Alalia Alchorncaj Soland. Alibertia, A. Ridi. Allamamla, Linn. Alnus, Tournef. Alpinia, Linn. Alseis, Schott. Alsodeia, Pet. Th. Alstonia, Brown. Alyxia, Banks. Amajova, Aubl. Amaracarpus, Blum. Ambelania, Mihl. Ambraria, Criise. Ambrosia;, Linn. Ambulia^ Lamark. Amomum, luss. Tomo XX. Amsonia, Walter. Aniygdalus, Tournef. Anabata, IVilld. Ancylanthus, Desfont. Andrewsia;, Linn. AnisomeleSj Brown. Anotis, De-Cand. Antliemis, Linn. Antherura^, Lour.' Anthocleista, Jfzel. Anthospermum, Linn. Antirlioea, Commers. Apocynum, Linn. Aragoa, Llumb. Arauja, Broter. Arduina^ Linn. Argostemma, ìVallich. Aristolochia. Linn. Arnica^, Linn. Artemisia, Linn. Asclepias, Linn. Asperula, Linn. Aspidosperma, Blartìus. Astephanes, Brown. Astrephia, Dufr. Augusta^ Polli. Axanthes, Blumen. Baccharis, Linn. Baconiaj De-Candoh Ddd 896 Delle Balfouria, Brown. Bambusa, Schneb. Bartliugia^ Reichenb. Beauinontia, Wallerìus. Belonia, Linn. Benzonia, Schum. Bertiera^ Jublet. Bt^tckea, De-Candol. Betula, Lìnn. Bikkia, Reinw. Billiotia, De-Cand. Bolivaria, Schlechtend. Borreria, Bleyer. Bouvardia, òalisb. Boudichia, Humb. Bonpl. Brachystelma, Brown. Breonia, A. Richard. Brignolia, De-Cand. Bfucea, /. S. Mìll. Buchia, Humboldt. Buena, Pohl. Burchelia, Brown. Bursera, Jacquìn. -Caesalpinia, Plum, Callipeltis, Stevens. Callopisma Calonopis, Brown. Calycophyllum, De-Cand. Calyptranthes, Swartz. Canephora, Juss. Canthium, Lamark. Capsicum, Linn. Caralluma, Brown. Carapicliea, AubL Carissa, Linn. Piante Chinifere Caiphalea^ Juss. Carpinus, Linn. Caruin, Koch. Caruncularia, Haw. Carya, Nutt. Cassupa, Humb. Bonpl. Castanea, Touref. Casuarina, Linn. Catesbaea, Linn. Cattutela Cedrela, Linn. Centaurea, Linn. Centaurella, Pursh. Centranthus De-Cand. Cephaelis, Swartz. Cephalanthus, Linn. Cerasus, Juss. Gerbera, Linn. , , Ceropegia, Lìnn, Chadallia Chapelieiia, Rich. Chasalia, Commers. Chilocarpus Chimarrhis, Jacq. Chiococca^ Brown. Chione, De-Cand. Chironia, Lìnn. Chlora, Linn. Chomelia, Jacq. Cicendia, Adans. Cinnamomurn Don. Clarisia, Ruiz et Pai>. Cneorum, Lin. Coccocypselum, Swartz. Coelospermum, Blume. Del Prof. Coffea, Linn. Coniptoiiia, Banks Concophyllum Conclami nea, De-Cand. Conocarpus, Gaertn. Cordiera, A. Richard. Copaifera, Lìnn. Coprosma, Forster. Cornus, Tournef. Corylus, Lìnn. Couma, Àlibi. Coussarea, Auhlet Couturea Aubl, Crataeva, Linn. Croton, Linn. Crucianella, Linn. • Crusea, Schlechtend. Cryptolepis Brown. Cr/ptostegia, Brown. Cuncea, Ham. Cuphea, Jaxq. Cu pia, Adans. Cu press US, Linn, Curcuinaj Linn. Cuscuta, Lin. Cutubea Cuviera, De-Candol. Cynanclium, Lìnn. Cynoctonum, Gmelin. Cyrtophylluui Dahlia, Tliunb. Damnacaiithus, Gaertn. Danais, Commers. Datisca^ Linn. Declieuxia, Humb. Valeiuano-Luigi Brera 897 Democriteaj De-Candol. Denteila, Forster. Deppea, Schlechtend. Dicaryum, Wìllden. Dcoryphe, Thuars Diervilia, Tournef. Diodia, Lìnn. Diplospora, De-Cand, Dissolena, Brown. Dondisia, De-Candol, Dorstenia, Linn. Dry rais. Font. Dufresnia, De-Cand. Echites, Lìnn. Engelhardia, Rudt. ' Epitljinia, lacks. Erithalis . Brown. Ernodea, Swartz, Erythraea, Richard. Esenbeckia, Moench. Eumachia, De-Cand. Evosmia, Humb. Exacum, Linn. Exostemma, Rich. '• ■■■' Fagus, Linn. . ' . Faramea, Rich. ' - Fedia, Moench. ' -■ Fernelia, Commers. ri Forsythia, Vahl. • • - '' ' ' Forthergilla Lìnn. ■'■■' Fragraea Frasera, Walter. Fraxinus. Lìnn. Gaertnera, Lamark. Gaiblonia, Rich. ■ il S()8 Delle Pi Calipoa^ Jiihht. Gal in in, ScopoU. Galopinaj Tliunherg. Garciiiia, Lìnn. ■' Gardenia, Ellis. Genioslonia, Forster. Geuipa, Plumìer. Gentiana, Lìnn. Geoffroya, Jacquin. Geum, Lìnn. •'■'■■ Geopliylaj Don. • t Globularia, Lìnn. Gonotlieca, Bliime. . ^ Gcnzalea, Person. Gruniilea, Gaert. Guatteria, Pudz et Pavon. Guettaida, Venten. < Guillandina, Jnss. Gustavia, Lìnn. Gvnochtodes, Blum. Gynopachus, Blum. Haemadictyon;, Wall. Haemospermuni;, Wall. Halenia. Borckliaus . -■■•', Hamamelis, Lìnn. Hamelia, Jacq. Hainiltonia, Roxbiirg. Hancornia, Gvinez. ■'' Hedyosma, Swartz. i ' Hedyotis, Roxburg. ; ' Heinsia, De-Cand. Helospora, Jacks. ;. . Hexasepaluni, Bartl. Higginsia, Person. Hillia, Jacq. ANTE ChINIPERE Hiniatantluis, il illden. Hippocentanrea, Schiilt. Hippotis, Ruìz et Pavon. HotTmaiinla^ Sivartz. Holarrliena, Brown. Hortia, Vandel. Houstonia, Lìnn. Hydnophytmn, Jack. Hydropliylax, Lìnn. Hylaciuin, Beauv. HynienodJctyon, Wal. Hymenopogon, Wallìch. Hyperanthera, Jahl. Hvpobathruni, Blume. lackia, IValUcJi. lasminuin, Lìnn. Il^eris, Lìnn. IchnocarpiiPj Brown. Ignatia, Limi. Illiciuni;, Lìnn. Imperatoria, Lìnn. Indigofora, Lìnn. Irlbacliia, Martius. Isertia, Schreb. Isidorea, Richard. Isonema, Brown. luglans, Lìnn. '- '^^ , Iva, Lìnn. .• - m' Ixora, Lìnn. r t; e i Kadua, Schlechtend. Kaempferia, Lìnn. Knoxia, Lìnn. Kohaulia, Schlecht. Kramaria, Loefl. Kutchubaea, Fischer. Del Prof. Va Lanclolfia, IVUldcn. Lauiiis, Linn. Lecanaiitlius, Jacks. Lecoritea, Rìch. Lepidiuiii, Brown. Leptordermis^ ìlallicJi. Leucoiiolisj, Jackson. Leycesteiia, Jì''all. Ligiistrum, Linn. Li(|uiclambar, Linn. Liriodendiun. Linn. Lisiantlms, P. Brown. LitliocarpuSj Blume. Litosaiites, Bliiin. Lodi nera Logania, Brown. Lo lucerà, Déf. Luciiiaea, De Candol. Lnculia, Sweet. Lucya, De Candol. Lugodysodea^ Ruitz et Pav. Lycopus, Linn. Lyonsia, Brown. Machaouia, Humh. et B. Macrociiemum, Brown. Magnolia, Linn. Malanea, Aubl. Manettia, Blutis. Margaiis, De Cand. Maripa, AiibL Marquisia, Piich. Matricaria, Linn. Mattliissoniaj Raddi. Mattusclikea, Schreb. Melanea, Aubl. LERIANO-LuiGI BrERA Melia, Linn. Melodinus, Forst. Menestoria, De Cand. MenyantheSj Linn. Mephitidla, Reinw. Metabolos, Blum. Michelia, Linn. Microcale Mimosa, Jdans. Mitcliella, Linn. JMitracarpum, Zuccar. Mitreolus Mogorium, Lamark. Monarda^ Linn. Monetia, Lleritier. Montia, BLich. Morella, Pàch. Morela, Louvr. Morinda, Vaillant. Moringa, Bur. Morus, Linn. Mussaenda, Linn. Myonima, Commers. Myrica^ Linn. Myristica, Linn. Myrraecodia, Jacks. Myrospermum. Jacq. Myrtus, Linn. Naseia, Willden. ' -' Nardostachus, De Cand. Nauclea, Linn. Ne4-ium, Linn. Nertera^ Banks, Nescidia, Richard. Neurochlaena, Brow. 399 4oo Delle Niota^ Lam. Nonatelia, Jubl Octavia, De Cand. Octodon, Thoìi. Oldenlandia, Linn. Olea, Linn. Olostyla, De Cand. Opeicularia, Rich. Ophiorliiza, Linn. Opbioxylon, Linn. Ostiya, 31ich. Oxyanthus, De Cand. Pacouria, Jubl. Taederia, Linn. - Paeonia, Linn. Palicourea.j Jubl* Pastinaca, Tournef. . Patabea, JubL. Fatima, Jubl. Patrinia, luss. Paveta, Linn. Penaca, Linn. Persea, Gaertner. Petesia, Brown. Petitia, lacq. Petivera, Linn. Petunga, De Cand. Phallaria, Schum. ■ Philadelplius, Linn. Phyllirea, Linn. Phyllis, Linn. Pinckneya, Michaux. Pladera, Roxburg. Plataiuis; Linn. Platymerium, Bart. Piante Chinifere Plectaneja, Petit. Plectritis, De Cand. Plectronia, Linn. Plocama, Jit. Plumeria, Linn. Polyphragmon, Desfont. Polypremum, Linn. Polyozus, Louvr. Pomatium, Gaertn. Pomax, Soland. Populus, Linn. Portlandia, Linn. Posoqueria, Aubl. Potai ia, Aubl. Pouchetia, Pdch. Premna, Linn. Prepusa, Martius. Presto nia, Brown. Prunus, Tournef. Psatbura, Commers. Psidiuin, Linn. Psilobium, Jacks. Psycbotria, Linn. Psydrax, Gaert. Psyllocarpus, Martius. Punica, Tournef. Putoria, Pers. Pyrostria, Commers. Quassia, De Cand. Quercus, Linn. Racbicallis, De Cand. Randia, Houst. Rauwolfia, Linn. Rernijia, De Cand. Retinipbyllum, Hiimb. Del Pkof. Rhamnus, Lam. Ricliardsonia, KuntJi. Rochcfortia, Swartz. Ptondeletia, Plum. Rosiuariiuis, Linn. Rouhamoa Roxabea Rubia, Tournef. Rudgea. Salisb. Rutidea^, De Cand. Sabbatia, Adans. Sabicea, Alibi. Saldinia, Ridi. Salisburia, Sm. Sabx^ Linn. Sai V'adora, Linn. Saizmannia, De Cand. Saprosma, Blum. Sarcocephalus, Afzel. Schradera, Vahl. Schublera, Martius. Scbultesia, Martius. ' Scbweeykerta, Gmel. Scolosantbus, Vahl. Scoparla, Linn. Scopolia, Smith. Styphiphora, Gaerstn. Sebacea, Brown. Serissa, Commers. Serratula, Linn. Sherardia, Gaert. Sickingia, ÌVilld. Siderodendronj Schreb. Simaruba, Aubl, Sipanea^ Aubl. Valeriano-Luigi Brera Slevoglia Solanum, Linn. Sophora, Brown. Soulamea, Lamark. Spallanzania, De Cand. Spermacoce, Meyer. Spigelia, Linn. Spiradiclis, Blum. Stachis, Linn. Stadia, Cam Stenostomum, Gaert: Stevensia, Poit. Stigmanthus, Juss. Stipalaria., Jussieu. Strempelia, Rich. Strumpfia, Jacq. Strychnos, Linn. Stylocoryna, Gavanìl. Suteria, De Cand. Swertia, Linn. Swietenia, Linn. Syringosma Systrephia Tabernaemontana, Linn. Tachia, Aubl. Talauma, Juss. Tamarix, Desv. Tanacetum, Linn. Tarenna, Gaert. Taxus, Linn. Tepesia, Gaerten. Tertrea, De Cand. Tessìera, De Cand. Teucrium, Linn. Thenardia, Kunth. 4oi 4oa Tlievetia, Limi. Ticorrea, Jubl. Tinionius, Rumph. Tocoyena^ Aubl. Tornientilla, Limi. Tricolysia, ràdi. Triodon, De Cani. Triplostegia, WalUch. Tuia, Adan. Uncaria, Schreb. Unona, Limi. Urceola, Roxb. Urophyllum, Jacks. Vaillautia, De Cand. Valeriana, Neck. Valerianella, Moench. Yallaris, Brown. Vallea, Mutis. Delle Punte Chinifere Vallezia. Ruitz et Pav. \ Vangueira, Commers. ■f Veratrum, Linn. Verbena, Linn. Vinca, Linn. Virecta, Smith. Voaganga, Petit. Waldsclimidtia, JVigger. Weinmannia, Linn. Wendlandia, Bartl. Willarsia, Venten. Wrightia, Brown. Xanthophytum, Blum. Xylosma, Forster. Zizyphus, Tournef. Zuccarina, Blum. Zwingera, Schreb. 4o3 DEL VALORE DELLA BALLOTA LANATA L. PER LA CURA DELLE AFFEZIONI REUMATICHE^ ARTRITICHE, E GOTTOSE. CENNI CLINICI DEL PROF. VALERIANO-LUIGI BRERA Ricevuti adi i3. Fehbrajo i83i2,. /ibbastaiiza conosciuti sono ì rapporti esistenti fra il reuma- tismoj l'artritide, e la gotta. Del pari è resa nota l'identità delle cause efficienti queste in apparenza diverse forme mor- bose. Con maggiore fondamento perciò s'è traveduta la con- dizione patologica delle medesime, allorché la si fece consi- stere nello sviluppo di uno stato di irritazione ne' tesssuti, ove hanno sede queste singole affezioni, cagionato da pertur- bamenti simultanei delle azioni nervose e delle azioni san- guigne. La diversità delle organizzazioni , nelle quali si svi- lup[)ano tali forme morbose, è pure quella che imprime di- veisità di fisononiia , epperciò di forma a ciascuna di queste affezioni. Che di fatto esse appartengano allo stesso stipite, a pieno ce lo appalesano e l'avvicendamento che talvolta si osserva nell'alterna loro apparizione, e la simultanea comparsa delle medesime in non pochi incontri, e la felice riuscita di un analogo metodo di cura. I tessuti fibrosi dell' umano organismo costituiscono la sede appariscente delle affezioni reumatiche; ed i tessuti ar- ticolari in complesso quella delle affezioni artritiche e gotto- Tomo XX. Eee 4c4 Valore della Ballota ec se. Dicliiarandosl la malattia nelle grandi articolazioni, si com- pone l'artritide; e rimanendo affette le piccole articolazioni de' membri, si dichiara la l'orma gottosa. Lo stato patologico, che si determina in siffatti casi, produce per risultamento una corrispondente innormalità nelle secrezioni ordinarie delle su- perficie lese , le (juaii cangiandosi in patologiche essudazioni si trasmutano a poco a poco fin' anco in depositi più o meno concreti carichi di acido urico e di acido fosforico, non che di urati e di fosfati di calce, i rpiali mediante la loro presenza al- terano la disposizione organica normale delle parti istesse. Le piccole articolazioni sommate insieme offrono una estensione di superfìcie di gran lunga maggiore di quella, che si osserva nel- le grandi articolazioni. Ond'è, che anco gli accennati proces- si essudativi e le corrispondenti concrezioni calcari dovranno riuscire più estese e più copiose nella gotta che nelle artriti- di e ne' reumatismi. Tali concrezioni poi una volta formate operano esse pure quali materie irritanti, e mediante si per- niciosa cooperazione concorrono a rendere più frequente l'ap- parizione de' perturbamenti nervoso-vascolari, che annunzia- no col dolore la riaccensione del processo morboso. Ne deve quindi avvenire, che gli accessi gottosi dovranno i-iuscire più frequenti degli accessi artritici e degli accessi reumatici. Ma se tale si osserva all' atto clinico l' andamento ordi- nario di queste malattie , non devesi perciò concludere , che in queste parti annida effettivamente la verace condizione pa- tologica delle medesime. Le affezioni reumatiche, artritiche e gottose sono da considerarsi originariamente quali vizj di as- similazione organica; e questi vizj di assimilazione pare, che abbiano per fondamento una morbosa mistione delle materie elementari e composte costituenti la massa sanguigna, per ef- fetto sia di germe innato, sia di disordini dietetici, oppure di anomalie nell' equilibrio dell' escrezione della materia traspi- rablle, e quindi delle conseguenze di alterata mistione negli stessi organi assimilativi. Le tendenze di questa preternatura- le mistione organica, che si opera nella massa sanguigna, so- Del Prof. Valf.rianc-Luigi Brera 4*^ 5 no state a ratrione desisrnate nelle Scuole colla denominazio- ni n ne di discrasia reumatica, di discrasia artritica, e di discrasia gottosa. L'esperienza ci ha per altro dimostrato ;, che questi prodotti morbosi dell'alterata assimilazione sati;^uigna volgo- no ad eliminarsi, ed a libei'are la stessa massa sanguigna dal- la prevalente loro soprassaturazione per mezzo di emuntorj ordinar] .e straordinarj. Finche non ne è eccessiva la (juanti- tà, la pelle ed i reni vi servono di ordinar] emuntorj , e in tali casi si manifestano sudori ed orine spiranti odore acido, le quali ultime lasciano talvolta eziandio nel vaso , ove sono deposte, una subcristallizzazione di materia del colore de' mat- toni, o di rosa carico. Qualora poi ne avvenga una elettiva soprassaturazione, diventano insulficlenti gli accennati emun- torj. ordinar') per darvi totale scarico, epperciò ne occorre l'ag- giunta di straordinarj. I tessuti fibrosi, che entrano nella fab- brica de' muscoli, delle loro aponeurosi, e delle articolazioni, diventano appunto organi trasmutati in altrettanti emuntorj straordinarj. Cosi queste morbose materie essudano in corri- spondente copia sulle di loro superficie. In simil guisa si co- stituiscono le forme delle affezioni reumatiche , artritiche e gottose, come furono di sopra accennate; e gli organi appa- rentemente affetti non sono rigorosamente parlando che al- trettanti condotti ed edotti per la eliminazione essudativa del- le già elaborate materie morbose nella assimilazione sanguigna. Si effettuai>o quivi adunque altrettante eliminazioni critiche provocate dalle sole forze medicatrici della natura , tuttoché le sensazioni irritanti e dolorifiche suscitate in questi tessuti dalle stesse operazioni critiche presentino una serie partico- lare di morbose apparenze topiche , le quali imprimono una fisonomia quasi propria e distinta all'afFezione reumatica, alla affezione artritica ed all'affezione gottosa. Declinando poi tali materie da siffatte direzioni, le quali nelle stesse loro condi- zioni patologiche e quindi critiche dovranno non ostante rav- visarsi per normali ed ordinarie, vanno in allora a deporsi ora neir interno della vescica orinarla , ora ne' tessuti de' grossi 4o6 Valore della Ballota ec. vasi, e delle valvole del cuore, ora nell'apparato gastro-en- terico, ora negli organi respiratorj, e perfino nell'interno del- le dnplicature delle meningi, e de' ventricoli del cervello-, ne' quali casi diventano altrettante cause di calcoli orinar], di li- tiasi vascolari e cardiache, di gastrodinie e di coliche, di op- pressioni polmonari aventi le semhianze di angoscie asmatiche, di meningiti, di aracnoiti, di apoplessie, e di molte altre af- fezioni, delle quali trovasi fatta estesa eiuunerazione presso di quegli scrittori, che si presero l'assunto di investigare pra- ticamente le conseguenze delle così dette oberranti materie reumatiche, artritiche e gottose. L'atto adunque della escrezione essudativa delle già in- dicate soprassaturazioni ne' tessuti fibrosi de' muscoli e delle articolazioni si rende manifesto coi risentimenti irritativi e do- lorifici di questi nuovi organi, ne' quali viene d'ordinario ef- fettuato. Ivi insorge perciò dal più al meno la fenomenologia d'una veemente irritazione avente le apparenze dell' infiim- mazione, e degenerante talvolta di fatto anche in questo suc- cessivo processo morboso, qualora contemporanea si sviluppi l'operazione di opportune cause occasionali ed individuali ca- paci di promuovervi la complicazione flogistica. Questa apparenza infiammatoria però assume rade volte il carattere della flogosi genuina. Per lo più essa è un feno- meno di conseguenza , risultante dal concorso combinato di cause irritanti, cioè del processo essudativo sulle superficie fi- brose , e dell'accresciuta loro sensibilità, sia per questo av- venimento, sia per le irritazioni meccaniche quivi mantenute dalle precedenti concrezioni. Finché il processo essudativo si sostiene sulle superficie fibrose e vi opera l'eliminazione del- le materie innormalmente assimilate nella massa sanguigna , quivi esso diventa già da se stesso causa di irritazioni dolo- rifiche simulanti la presenza dell'infiammazione, le quali ces- sano col cessare dell' efilusso essudativo epperciò della causa irritante, che le indusse. Di fatto liberatasi così la massa san- guigna dalla sovraccennata soprassaturazione morbosa^ ne ces- Del Prof. Valeriano-Luigi Brera 4^^? sa del pari V essudazione , e cessano eziandio le apparenze flogistiche ne' tessuti fil)rosi trasformati in emuntorj ordinar] della medesima. Scemata adunque la causa, se ne scema l'ef- fetto, e scompare eziandio l'attacco reumatico, artritico e got- toso, per ricomparire quando la discrasia reumatica, artritica, gottosa nuovamente ricompostasi opererà nuove soprassatura- zioni morbose nella massa sanguigna, e diverranno indispen- sabili nuove eruzioni per gli enumerati emuntorj fibrosi , al- l' effetto di ristabilire nuovamente il normale equilibrio de' principi qualitativi e quantitativi, che la costituiscono. • r Troppo , e fors' anco con danno , si è parlato della con- dizione ereditaria delle affezioni reumatiche, artritiche e gotto- se. Sembrarebbe ardimento il solo pensiero di combattere sì ge- nerale opinione ! Eppure l'osservazione clinica non è punto in armonia colla medesima. Tutta la pretesa condizione ereditaria si riduce ad una certa tal quale predisposizione congenita, or- ganica, solida e fluida negli individui, che sono frequentemente esposti a queste forme morbose. E siccome questa predispo- sizione può senza dubbio riprodursi per eredità in una fami- glia, così si vollero considerare queste malattie per ereditarie, avuto riguardo al di loro svolgersi quasi per successione in de- terminate famiglie. Non è qui il luogo di agitare questo argo- mento: solo si ricorderà, che ne' casi nostri queste congenite predisposizioni, volendole ammettere , dovranno consistere in qualche irregolarità di tessitura organica solida, e in una tenden- za alle accennate discrasie effettuatasi nella massa sanguigna. L'irregolarità di tessitura organica solida la si scorge nel- la dilatazione innormale de' tessuti aponeurotici e delle arti- colazioni delle ossa per effetto di uno sviluppo piìi vivace del- la loro organizzazione^ la quale condizione accresce precoce- mente la vascolarità e la nervazione ne' tessuti fibrosi , par- ticolarmente de' muscoli, delle aponeurosi e del periostio. Qui- vi dietro l'azione delle accennate cause occasionali diventa- no pervertite ed alterate le azioni vascolari e nervose, epper- ciò pili pronte e piìi estese vi si svolgono le condizioni per risvegliarvi gli essudamenti di già accennati. Come poi si svi- 4o8 Valore della Ballota ec. luppano nell' organismo umano tanto la tendenza alle accen- nate discrasie, come l'effettivo vizio di assimilazione nella massa sanguigna, questo è quanto rimane tuttavia riposto ne' misteri della natura organica. Sembra essere ormai fuori di dubbio, che 1' insieme della massa sanguigna goda non solo d'una buona partita di vitalità, ma concorra eziandio a man- tenere ugualmente diffusa I' aura vitale nella totalità de' tes- suti organici. Male a proposito fu perciò proclamato essere la vitalità una proprietà specifica ed esclusiva del sistema ner- voso. Le prime operazioni vitali dell' uovo incubato si ravvi- sano nel punto saliente , e gli immediati suoi effetti si pro- nunziano nella produzione del sangue e della sostanza nervo- sa. Un animale appena dissanguato perisce sull'istante, quan- tunque rimanga nel medesimo intatta ed illesa l'integrità del- la tessitura nervosa, unitamente a' suoi poteri incitabili, co- me è dimostrato dall'azione del Galvanismo , il quale li pone in esercizio anche dopo estinta quella che dicesi vita. La ve- race vitalità si sfuma a colpo d' occhio nel momento, in cui si compie l'intiera perdita della massa sanguigna, quasi che r uscita totale della medesima inaridisse all' istante le fonti della complessiva vitalità. La sostanza sanguigna .adunque, e la sostanza nervosa sembrano essere due punti, ne' quali si concentrano le forze vitali ; e volendoli anco ammettere per due leve della stessa forza , occorrerà sempre concedere , es- sere indipensabile, che agiscano di pieno concerto, onde man- tenere operativo l'equilibrio de' poteri costituenti l'opra del- le funzioni vitali. Per la qual cosa il cuore, i vasi, i musco- li ed i visceri tutti saranno da ravvisarsi quali organi di già in certa tal quale guisa subordinati all' influenza vitale del sangue e de' nervi nell' esercizio delle loro funzioni , perchè da ambedue hanno origine ed alimento i procedimenti di sif- fatte funzioni. La vitalità di questi organi sarà adunque da con- siderarsi per una vitalità di grado secondario perchè di già sog- getta ad una vitalità più elevata. Non è qui certamente ove si deve dare sviluppo ad idee fisiologiche di tal genere: ciò Del PnOF. Valeriano-Luici Brera 4^^^ non ostante non si può tralasciare di dichiararle per altret- tante conclusioni della considerazione della natura animale , non che dello svolgimento primitivo e successivo delle ma- lattie, de' loro stadj , delle loro crisi e delle stesse loro ter- minazioni. Ma altro motivo le raccomanda alle indagini de' Clinici, r avvantaggio cioè, che esse possono riunire col sus- sidio di regole piìi elevate nell'afFerrare direzioni terapeutiche più soddistacenti e più consentanee alle operazioni dinamiche e fisico-chimiche de' rimedj nella cura massime delle malat- tie croniche. La quale circostanza giudiziosamente disimpegna- ta ci porrebbe in armonia colle osservazioni e colla esperien- za de' Pratici i più illuminati d' ogni età, e ci renderebbe co- sì famigliari non poche importantissime verità patologico-te- rapeutiche. Una di queste e ben meritevole di ponderazione è per r appunto la tendenza e la formazione delle discrasie proprie delle affezioni reumatiche, artritiche e gottose, quali si sono di sopra esposte, tanto più che l'osservazione di tut- ti i tempi le ripose nelle alterazioni de' fluidi dell'organismo umano. Essendosi rimarcato , doversi queste effettuare nella massa sanguigna, si è di già ricordato, come la vitalità mede- sima di quest' umore ne dovesse rimanere interessata e potes- se perciò concorrere al disequilibrio de' poteii dirigenti I' e- sercizio delle funzioni vitali stesse. Ponendo mente a quanto si è esposto, non è diffìcile di comprendere, che neutralizzando epperciò correggendo gli ac- cennati prodotti morbosi dell'assimilazione sanguigna costi- tuenti la materia, la quale mediante la sua essudazione com- pone la forma delle affezioni reumatiche, artritiche e gottose, si arriverà a conseguire l'intento essenzialissimo di curarle ra- dicalmente senza recare danno alcuno all'integrità dell'orga- nismo. Si comprenderà del pari, che operandosi le accennate essudazioni, e manifestandosi gli incomodi necessariamente provocati dalla irritante loro presenza, si dovranno quivi effet- tuare susseguenti processi morbosi relativi ed analoghi, che negli individui pletorici e contemporaneamente intaccati dall 4io Valore della Ballota ec. azione di cause eccitanti il sistema sanguigno, si comporranno in aggiunta e per complicazione perturbamenti congestivi, vascolari e nervosi, e insorgerà l'associazione di effettivi pro- cessi flogistici nelle tessiture contigue de' vasi e de' nervi , de' ligamenti, del periostio e delle ossa stesse, per cui un ve- ro stato di Jìemmasìa bianca dolente renderà gravemente com- plicato il tipo del reumatismo, dell' artritide e della gotta. E finalmente si intenderà come consolidandosi in conseguenza delle nate essudazioni ne' suddetti tessuti le materie sopras- saturate di urato e di fosfato di calce , quivi si comporranno corrispondenti depositi ed analoghe concrezioni atte ad irri- gidire, indurare e paralizzare la fibra muscolare, non che ad alterare, sconvoliiere e distruggere l'oro;anizzazione ed il mec- canismo delle stesse articolazioni. Ma siccome anche effet- tuandosi le irritazioni semplici o compUcate alle flogosi più o meno estese, ed alterandosi la forma e la solidità delle ar- ticolazioni per le avvenute eruzioni delle accennate sopras- saturazioni morbose, non ne viene meno la pi-edisposizione pa- tologica, cosi si sospendono bensì le manifestazioni morbose, ma non si distruggono le cause da cui sono queste genera- te. Esse tacciono fino a tanto che non si operano nel sangue nuovi vizj analoghi di mistione. Ond' è che le malattie di siffatta indole devono necessariamente al pari de' vulcani ave- re periodi di tranquillità e di eruzione, e per conseguenza di quiete e di patimento. Gli accessi reumatici, artritici e got- tosi sono fenomeni intimamente collegati colle condizioni pa- tologiche di tali affezioni, e quanto maggiore si effettua la combinazione del concorso de' poteri delle loro cause occa- sionali, altrettanto più frequente sorge la comparsa e la vio- lenza degli accessi. Il secreto della cura delle affezioni di siffatta natura re- sta evidentemente disvelato dalla considerazione di quanto si è fin qui esposto. Esso si risolve nella conclusione delle pre- messe. Non si può sperare guarigione , se non si riduce e si mantiene l'assimilazione sanguigna nella sfera di affinità qua- Del PiiOF. Valeriano-Luigi Brera 4' ' Illativa e quantitativa indispensabile per impedirne quelle in- normalitàj dalle quali si compongono le esposte soprassatura- zioni. E questo principio è altresì applicabile all'essudazione nascente, epperciò alle prime appariscenze reumatiche^, artri- tiche e gottose, atteso che si rallentano queste pure, e scom- pajono eziandio nel corso istcsso delle loro fasi, quando rima- ne elisa r ulteriore integrità della materia, che le suscita col- le sue essudazioni. Vero è però, che qualoi'a la complicazio- ne flogistica vi si assoccia nel modo di già ricordato , questa non cede che dietro il regime ad essa conveniente. Cosi pu- re i depositi e le concrezioni di già effettuate dalle essuda- zioni ne' tessuti fibrosi non si curano che con mezzi capaci di distruggerle. Il fondamento essenziale della cura sarà adunque riposto esclusivamente nell' imprimere all' assimilazione sanguigna quell'attitudine, che valga a difenderla dai processi morbosi, che la rendono alterata e soprassaturata dei prodotti di que- ste alterazioni a norma dell' esposto. Il quale divisamento a pieno si ottiene, per quanto inveterata sia la malattia , qua- lora le essudazioni non abbiano disorganizzata con depositi e con concrezioni 1' integrità de' tessuti, che vi furono esposti. Molti sussidj sono stati raccomandati per la cura di sif- fatte affezioni. Fra questi l'Aconito napello, il Colchico au- tunnale , i Solforosi , gli Antimoniali , ed i Mercuriali hanno distintamente figurato. L'espei lenza cllnica li dimostrò per altro inferiori alla Ballota lanata, stirpe, per quanto sembra, efficacissima nell' imprimere alla massa sanguigna quanto oc- corre onde liberarla dalle accennate soprassaturazioni morbo- se, e per impedirne le riproduzioni. Questo rimedio fu tro- valo da Pallas e da Gmelln molto in uso nella Siberia per la cura delle idropisie.il chiar. Big. Cavai. Rehmann Medico della Corte di Russia fu quegli, che me ne diede notizia in occasione che per oggetto di mediche consultazioni ho dovuto seco lui combinarmi nell'estate dell'anno i 83c in Carlsbad in Boemia. Da esso inoltre ne fui favorito d' una buona quantità di ge^ Tomo XX. Fff 4ia Valore della Ballota ec. nuiiia provenienza. In simil guisa ho potuto verificare nell'atto pratico e in più casi, come si possa e si debba contare sull'effi- cacia dei poteri risolventi-diuretici di questa pianta nelle affe- zioni acquose dipendenti da congestioni viscerali. E siccome nella sua prescrizione ho potuto assicurarmi^ che riusciva emi- nente per curare quegli individui, ne' quali siffatte affezioni o procedevano da condizioni reumatiche ed artritiche, o erano colle medesime amalgamate, così l'induzione mi spinse di ten- tarne il successo direttamente eziandio nelle malattie reumati- che, artritiche e gottose. Le risultanze conseguitene furono fe- licissime e superarono la mia aspettazione. Ne estesi quindi la pratica a simili affezioni , ed ogn' ora colla compiacenza di averla osservata corrispondere alle concepite speianze. Credo inutile di quivi aggiugnere l'esposizióne dettaglia- ta delle mie proprie osservazioni dopo che se ne resero fa- migliare la prescrizione con uguale successo molti miei rispet- tabili colleghi ed amici , ai quali ne feci comunicazione in occasione di mediche consultazioni relative. L'egregio Signor Dott. Garzaroli, fisico meritissimo della città di Trieste, ebbe a rimanere sorpreso della somma efficacia e prontezza dispie- gata dalla Ballota lanata nell'operare la cura di due vecchj infermi di reumatalgie cruciose fin^ allora ribelli alle medica- ture le più energiche. Il valente Sig. Dott. Pasquali di Tre- viso oltenne la guarigione, dietro mia proposta, di una gra- ve affezione reumatica inveterata e ribelle avente le sembian- ze di rachialgite lombare con intorpidimento di moto delle estremità inferiori. Una rispettabile donzella Veneziana, che anni sono fu pel corso di più settimane tormentata da artri- tide universale, ne venne ad un tratto riassalita nella prima- vera dell'anno i83i, per cui spaventata dalla passata tristis- sima sperienza, sollecita mi fece chiamare unitamente al di lei Medico l'acciuatissimo Sig. Dott. Tassinari. Trattandosi di af- fezione semplice, le consigliai tosto 1' uso della Ballota lana- ta, la di cui decozione la liberò in meno di tre giorni da ogni patimento artritico. Un illustre Generale della Nuova Grana- Del Prof. Valeriano-Luigi Brera 4' 3 ta mi consultò in Pisa nel Novembre i83i per una pertina- cissima artritide negli omeri associata a reumatalgia in ambe- due le coscie, che si acquistò militando indefessamente e va- lorosamente per più anni di seguito nella Columbia, nel Pe- rù e nel Messico. Coli' uso della Ballota lanata presa in de- cozione pel corso di due settimane riacquistò quella salute , che invano aveva invocata in Londra e in Parigi coli' uopo di cure validissime, alle quali erasi assoggettato. Con questo stesso rimedio , da me suggeritogli pure in Pisa nelT istesso tempo, un rispettabile negoziante Triestino si curò nello spa- zio di otto giorni da insulti gottosi veementissimi accompa- gnati da copiosa emissione, in un colle orine, di renella a base di fosfato di calce, ai quali andava spesso soggetto al cangiarsi soprattutto delle stagioni. L' esimio Sig. Dott. Fontebuoni mi consultò in Firenze il dì i. Settembre i83i per un Pompiere di quella città da due anni travagliato da ribelle e gravissima affezione, che partecipava delle forme reumatiche^ artritiche e gottose. La Ballota lanata che gli proposi, riusci in esso lui di efficacia cotanto distinta, che reputo prezzo dell'opra di rife- rirne brevemente il caso, quale lo estese il prelodato Medico. Questo Pompiere rimase fino dall'estate dell'anno io3o sorpreso da gagliardi dolori reumatici, per essersi esposto ad una corrente di aria fredda col corpo riscaldato e sudato. I muscoli gran-pettorale destro e sterno-cleido-mastoideo del- lo stesso lato erano la sede di vivacissimo dolore, che si ir- radiava agli annessi muscoli dorsali e lombari. Colla prescri- zione interna de' purganti sahni e de' diaforetici, e colle ap- plicazioni esteriori di fomenti emollienti, indi di acqua coo- bata di lauroceraso allungata, di olio di giusquiamo, e po- scia coi bagni universali tiepidi cedettero alquanto questi do- lori senza però lasciarne libero l'ammalato. Ma all'avvicinar- si dell'estate del susseguente anno i83i se ne accrebbe la violenza, ed i dolori si estesero inoltre alle articolazioni tut- te, ed ai muscoli particolarmente delle coscie, cosi che non era più dato a questo infelice di volgere il collo, di alzare le 4' 4 Valore della Ballota ec. braccia,, di serrare le mani, di curvare il tronco, di muovere le estremità inferiori, e di articolare i piedi. Fu in quest'epo- la della malattia, che gli consigliai V uso della Ballota lana- ta^ e li 3 Settembre i83i incominciò a prenderne il decotto composto di mezz' oncia di questa pianta bollita in una lib- bra di acqua fino alla riduzione di otto oncie, le quali ven- nero consumate per metà la mattina e la sera. Nella notte sus- seguente Tammalato non ebbe riposo per effetto di un senso di ardore molestissimo, che lo tormentava sulla superficie del corpo, e che sul fare del giorno si sciolse in profuso sudore accompagnato da smania assai penosa. Compiutasi la compar- sa del sudore gli si calmarono affatto i consueti dolori, e ri- mase tranquillo per tutta la giornata del 4'> "ella f[uale ripe- tè la presa del rimedio. Nel corso della seconda notte la sma- nia, il calore ed il sudore furono piili forti, ma di durata più breve. Prosegviì nel terzo giorno il rimèdio, e nella terza not- te riuscirono più miti le accennate crisi. Invece gli si mani- festò una voglia continua di orinare, per cui scaricò gran quan- tità di orine fetenti di colore di arancio carico tendente al rossiccio, le quali deposero al fondo del vaso molta copia di arena dello stesso colore. I dolori divennero cotanto attenua- ti, che nel quinto giorno di cura 1' ammalato potè alzarsi dal letto, ed uscire di casa nell'ottavo. Tuttavia ne rimaneva lie- vemente incomodato al dorso ed alle coscie. In detto giorno si accrebbe di due dramme la dose della Ballota lanata nella stessa quantità d'acqua, ed esso continuò a prendere gior- nalmente in due volte le otto oncie di decotto così prepara- to. In siffatta guisa il miglioramento si operò più pronto e più progressivo, in guisa che il giorno 20 di Settembre aveva ria- r(|uistata colla piena salute forza ed agilità ne' movimenti tut- ti della di lui macchina, accompagnate da appetito vivace, di cui non aveva goduto da oltre un anno. Potè quindi rientra- re nel Corpo de' Pompieri, e riassumervi le analoghe funzioni. L' esposizione di questo fatto tuttocchè succinta, merita- va di ricordarsi con qualche dettaglio, percliè vi si compren- Del Prof. Valeri ano-Luigi Brera 4'^ de un caso per così dire cumulativo di reumatismo, di artpi- tide e di gotta, e rende conto iielT istesso tempo del modo d' agire d' una sostanza vegetabile fornita di sì grande proprie- tà medicamentosa. Sen ))ra che la Ballota lanata introdotta nelle prime e nelle seconde vie vi goda della proprietà spe- cifica di combinarsi coi prodotti di quella viziata assiniilia- zione sanguigna, che costituisce le discrasie reumatica, artri- tica e gottosa; di neutralizzarne l'indole;, di dirigerne verso della periferia esteriore del corpo la parte non concrescibile; e di incamminare questa per gli organi uropojeticij ove ne avviene Tapparizione sotto la forma di arena minutissima, che col favo- re dello sgorgo copioso delle orine abbia uscita dall'organismo, invece di trasformarsi in concrezioni effettive nell'interno de- gli stessi organi uropoietici o ne' tessuti fibrosi muscolari, va- scolari articolari ed ossei. Alla proprietà diuretica adunque della Ballota lanata si unisce la proprietà fisico-cliimicaj, di neutra- lizzare, di avvolgere e di rivolgere con tendenza a critica diafo- resi (ine' morbosi elaborati nella mistione saniiui^na, che costi- tuiscono le discrasie reumatica, artritica e gottosa, e che seru- brano contenere un eccesso di acido urico e di acido fosforico. Evidentissimi sono perciò gli effetti della Ballota lanata per debellare la verace condizione patologica delle affezioni reumatiche, artritiche e gottose. Prendendo quindi in consi- derazione il di già esposto relativamente al modo, col quale si operano siffatte condizioni patologiche, e come esse nel comporsi intaccano uno de' fonti i più essenziali della vita , cioè il sangue, sempre più pregevoli risultano le proprietà me- dicinali di una sostanza eneigicaraente valevole per riordinar- ne i perturbamenti, da cui sono occasionate tali affi^zioni. Ma non è sola la materiale assimilazione sanguigna, che ne' casi nostri si riordina per effetto dell' introduzione di questo me- dicamento nella macchina umana. Esso vi riordina eziandio le condizioni vitali proprie della massa sanguigna ; epperciò non è da sorprendersi , se dietro la sua prescrizione si elida- no le tendenze alle accennate alterazioni di mistione sangui- 4i6 Valore della Ballota ec. gna, si allontana il bisogno delle essudazioni ne' tessuti fibro- si, e si ricompone in siffatta guisa eziatido la serie delle fun- zioni vitali, dal cui ben essere dipende il ben essere dell'or- ganismo intiero. Sarebbe stato prezzo dell'opera, che l'analisi chimica ci avesse alla meglio illuminato sul conto dell'aggregato delle so- stanze semplici e composte, che entrano nella formazione del- la Ballota lanata, le quali comunicandosi alla satura sua de- cozione , e venendo con tal mezzo introdotte nelle prime e nelle seconde vie dell'organismo, devonsi ritei Valore dei.la Ballota ec. I suoi caratteri fisici ., quale la si riceve dal commercio 3 risultano dall' osservarla composta d' uno stelo quadrangolare in vicinanza della radice, fornito internamente fino a certa spessezza di un midollo bianco, e fistoloso nel rimanente, con angoli spesso sporgenti fuori della lanuggine^ dalla quale è tutto coperto. Questi angoli si fanno insensibilmente più de- boli a misura che dalla base salgono verso la sommità, in gui- sa che quivi lo stelo compare frequentemente rotondo. Le fo- glie ne sono palmate, dentate, picciuolate, verdastre alla su- perficie superiore, e bianchiccie alla inferiore. 11 fiore è bian- castro, molto peloso, internamente giallo col calice campanu- lato munito alla sommità di denti spinosi. S' apre alla base in tre divisioni , e ne sortono quattro semi liscj , di colore oscuro, forniti di alcune prominenze bianchiccie , che osser- vate colla lente si scorgono eziandio cotonacee. La forma di questi semi è triangolare, perchè tronchi alla sommità con due lati alquanto concavi, ed il terzo col dorso convesso e più ampio. Verdastro è il colore dell'intiera pianta anche in pezzi, o come dicesi, in rottami. L'odore suo si avvicina a quello del tè leggiero. Il suo sapore è piccante ed amarognolo. La Bal- lota lanata raccolta di fresco presenta caratteri botanici spe- cifici , che scientificamente ordinati ne porgono una conve- niente descrizione. Ballota lanata, Linn. Leonurus lanatus^ Pers. Ponzerà multifida, Monch. Phlomis folli s multifidis, Gmelin, Sib. 3. t. 74 Cremiischka; Gremenka, Rossor. - Pallas, Voyag. ec. ChdLraoA.GQnev.Calyx pentagonus, 5 . dentatus, aristatus. Corolla i labio superiore recto , lobo medio et lahio inferiore emarginato. Antheraruni loculi paralleli. Charact. Spec. Ballota caule erecto dense lanata., foliis palmatis , calycibus spinosis; galea corollae concava dense vil- losa. • . ' • Ex. CI. Didynam. Gymnosperm. Linn. Prof. Valeri a nò-Luigi Brera ^m Ex Old. CXXXII. Labìat. Trib. III. Nepet. De Gandol. in Fuhlroth ec. Ex Ord. II. Labìjlor. Format. I Tubìflor. Farnil. Labìat. (6) Nepet. Reichenbacli. Radix perennis. Caulis erectus^ tetragonus, pedalis, ramosus, dense lanatus. Folla palmata, dentata longe petiolata ., quandoque pro- funde incìsa , superficie laevìa , dorso plerumque tomentosa, subtus albido-lanato-villosa . Flores io-i5 axillares, bracteati, in verticillo denso lana- ta dispositi i magni , sericei, lanate , bracteis angustìs , erectis subulatis. Calyx campanulatus., 5. dentatus., dentibus paten- tibus, apice spinosis, basi trium suturarum praeditus , unde se- mina delùscunt. Corolla bilabiata., superius concava, crenata , inferius triloba, lobo medio majore emarginato , extus alba , intus flavicans. Akena triloba, fiisca., laevìs, punctis albican- tibus conspersa., sub lente tomentosis. Habitat in Sibiria a Jenisey ad Angarimi usque locis mon- tanis siceis; etiam in China a nonnullìs. I caratteri elàmici di questa pianta offrono pure de' ca- ratteri proprj e distinti. Il suo infuso a freddo non è affatto chiaro e mantiene un colore giallo-verdognolo. La carta tinta di laccamuffa in esso immersa si fa leffgiermente rossa. Intro- dettovi l'ossido di ferro muriatico o acetico se ne muta il colore in verdiccio-sporco, che cangiasi più tardi in un pre- cipitato fioccoso. Il nitrato di mercurio ossidulato vi cagiona un precipitato bianco-gialliccio abbondante. L'ossalato di am- moniaca appena vi reagisce. La tintura di galla vi produce un intorbidamento bianco tendente al giallognolo. Il tartaro emetico vi induce lieve intorbidamento, che lo rende di co- lore giallo. Trattata l' erba collo spirito di vino debole, facil- mente si scorge che con tal mezzo la si priva della parte la pivi attiva. Per uso medico ho potuto osservare, che là sua decozio- ne è preferibile a qualunque altra preparazione. La medesi- Tomo XX. Ggg zj.20 Valore della Ballota ec. ina si compone facendo bollire esattamente per un quarto d'ora in vaso <3i terra inverniciata mezz'oncia di Ballota lanata (che si accresce poi fino a sei dramme, e ad un'on- cia ) in s. q. di acqua di fonte purissima per conseguire un decotto colato di otto oncie, le quali si devono consumare dagli ammalati per metà mattina e sera. Ne' casi gravi se ne duplica la dose a dirittura, che sarà presa in quattro volte nello spazio di ventiquattro ore. Egli è indispensabile, che la Ballota lanata da impiegarsi per uso medico sia di provenien- za diretta dalla Siberia, non alterata dal viaggio né da ava- iiìe, né mista o falsificata colle specie affini. La Ballota lana- ta coltivata ne' nastri giardini perde moltissimo d«lla medica sua efficacia. Così pure é inefficace ed anco dannosa quella, che s' incontra ne' magazzini decomposta nell' originaria sua integrità. Le falsificazioni che ne avvengono n«l commercio , si operano combinandola a piante di stirpi affini quali sono principalmente il leonurus cardiaca , la ballota nigra ed il viarrubium vulgare. Il leonurus cardiaca è di un odore in- gratissimo , non cìie di un sapore assai amaro: il suo infuso trattato col muriate ossidulo di ferro depone un precipitato abbondante di colore veridiccio tendente al bruno-oscuro. La ballota nigra possiede un odore assai più dispiacevole ed in- grato, ed ha un sapore molto amaro ed acre. Il suo stelo al- to da un piede e mezzo a due o tre piedi è ramoso, qualche volta rossiccio, poco villoso, fogliuto , e porta fiori porporini a verticillo nelle ascelle delle foglie superiori. Le sue foglie sono di un verde-carico, pedicciuolate, lunghe da uno a due pollici, ovali, cordate, senza incavatura alla base, e contor- nate di denti ottusi. I verticilli sono imperfetti e cinti di un collare di brattee sottili come settole. I fiori sono per lo più rivolti da un sol lato, e parecclij insieme hanno comune un peduncolo corto e ramoso. Ve n'ha una varietà fornita di fio- ri bianchi. Questa specie cresce ne' luoghi incolti di tutta r Europa, ed è perenne. In quanto poi a' suoi caratteri chi- Kx./icrt./;'2/.cA7//.xxtv. S^A -/fcrrffi:ai'r/('J/rff'/cr:r//a./f:r/:yiy^.^af:A'2r^A':-K>iW. Del Prof. Valehiano-Luigi Bheba ^21 mici essa 11 ofire in certa tal quale guisa analoghi a quelli della Ballota lanata. Il marrubium vulgare poi dà un infuso di colore brunoj che col niuriato ossidulo di ferro si tinge in verde-fosco. Egli è inoltre da riflettersi, che gli steli di que- ste piante, con cui si può falsificare la Ballota lanata, non so- no così grossi quanto i suoi proprj. Anche la stachìs lanata^ la stachìs germanica, il marrubium candidissimurn, la nepeta Gattaria sono piante, colle quali si potrebbe falsificare la Bal- lota lanata: tuttavia non sarebbe difficile di iscuoprirne Vìtìr ganno. rujr.- .^--^/j i ti u ^ 422 MEMORIA DEL PROFESSORE ANTONIO BERTOLONI SOPRA ALCUNE PRODUZIONI NATURALI DEL GOLFO DELLA SPEZIA. Ricevuta adi 28 Novembre i83i. Il golfo delia Spezia, già conosciuto sotto il nome di Porto di Luni, fu mai sempre per me un punto prediletto per esa- minare le produzioni naturali, che nelle sue acque allignano. Lo Specimen zoophytoriim portus LunUe, che diedi alla luce colla terza decade delle piante pili rare dell'Italia (a), indi riprodussi ampliato nelle Amoenitates Italicae (i), e la Hi- storia fucorum marìs Ligustici, che nelle stesse Amoenitates feci di pubblica ragione, accertano abbastanza di questa mia predilezione, la quale avrebbe avuto anche maggiore effetto, se particolari circostanze dall'anno 181 1. in poi non mi aves- sero chiamato fuori di patria, e perciò lungi dalle vicinanze di quel deliziosissimo sito. Tuttavolta il mio allontanamento non fu sempre così rigoroso, che da quando a quando io non sia colà tornato , e non vi abbia trovato novella materia di piacevole studio. E vaglia il vero , in alcuni giri e pescagio- ni, che io vi feci in compagnia di illustre personaggio nel- r estate degli anni 182,9., e i83i. mi avvenni in primo luo- go nelle uova non ben note di un testaceo, le quali mi por- sero materia di osservazione intorno al formarsi del guscio di si- (a)Rarwrum Italiae plantarum de- cas tenia. Accedit Specimen zoophy- torum portus Lunae. Pisis typis Ray- nerii Prosperi 1810. 8.° (i) Amoenitates Italicae sistentes opu- scula ad rem herhariam, et zoologiam Italiae spectantia. Bononiae typis An- nesii De Nobililus 1819. 4-° Sopra alcune produzioni ec. 4^3 mili animali. Scoprii poi altri invertebrati, ed altri fuchi, che per Io innanzi mi erano sfuggiti, e che ora io qui mi accin- go a descrivere, acciocché 1' una e 1' altra cosa serva di ag- giunta tanto allo Specimen zoophytonim , che alla Ilistoria fucoriim, di che poc' anzi feci parola. Nel mentre che io andava in traccia degli oggetti ma- rini intorno all' isola Pahnaria, fermatomi a pescare nelle vi- cinanze della punta, che guarda verso lo scoglio detto la Scuola. mi fu portato su dal fondo del mare uno Spondylus Gaederopus L. sopra il quale stavano piantati in un fascette alcuni bicchieri- ni sostenuti da gambetto , i quali erano di sostanza cornea , ed avevano il colore , e la trasparenza del corno. Il loro ca- lice era fatto a imbuto, ed una membrana della stessa sostan- za ne chiudeva 1' orifizio, come la pelle che cuopre un tam- buro. Questa membrana nel suo centro aveva un umbilico, il quale in alcuni bicchierini era aperto con pìcciol bucherello, in altri era ancora chiuso. Il gambetto, che sorreggeva il ca- lice, era cilindrico, piuttosto sottile, e assai più corto del me- desimo. Mi avvidi che dentro al bicchiere erano alcuni cor- picciuoli (da otto sino a dodici circa), i quali erano mobili, ed avendone fatto sortire parecchi pel foro dell' umbilico poteiT^ scorgere ad occhio nudo, e con non poca meraviglia, che erano eleganti chioccioline. Posi il tutto nello spirito di vino, e tor- nato a Bologna volli esaminare una di quelle chioccioline col microscopio riformato del Ch. Amici, con che venni a cono- scere, che essa apparteneva al genere Murice, ma non potei determinarne la specie, perchè il suo guscio era ancora im- perfetto, mancandovi affatto la punta inferiore, donde comin- cia la spira, di guisa che esso sembrava troncato. Nella Jìg. I. ho mostrato tutte le sopradette cose. La fig. a rappre- senta il fascette de' bicchierini; la fig, h fa vedere la mem- brana che cuopre il calice, ed il suo umbilico centrale aper- to; ^^fig- e è un bicchierino veduto lateralmente. Queste tre figure sono di grandezza naturale, he fig. d. d. sono l' imagi- ne della chioccioletta molto ingrandita, veduta tanto dalla fac- 4^4 Sopra alcune produzioni ec. eia anteriore, che dalla posteriore. Finalmente nella fig. e ali- biamo la sezione verticale di un bicchierino con entro le sue chiocciolette, il tutto ingrandito di circa due in tre volte. Il celebre Delle Ghiaie nelle sue Meniorie sulla storia e anato- mia degli animali senza vertebre (voi. i. pag. 67.68. 674) parla egli pure di analoghi bicchierini trovati nel mare di Na- poli sullo stesso Spondjlus Gaederopus^ e li mostra nella ta- vola a. [bis) fig. ai. aa. Se non che il calice di questi suoi bicchierini è rappresentato fatto a campana piuttosto che a imbuto, e le chiocciolette sono espresse infinitamente più mi- nute e più numerose, che io non le ho trovate ne' miei; per lo che è probabile, che le uova descritte dal Sig. Delle Ghiaie siano diverse, o per meglio dire di animale diverso. Non è dubbio , che il murice de' bicchierini da me an- nunziati, mentre sta rinchiuso nell' uovo , non sia già coper- to> di un guscio terroso , cosa già nota a' naturalisti in altri testacei, e segnatamente al Bolognese Antonio Felice Marsigli, il quale non solo precedette il Reaumur nel farci conoscere r esistenza delle uova de' testacei, ma fu altresì uno de' pri- mi a dimostrare la presenza del guscio insieme coli' animale, che sta dentro 1' uovo (e). Da ciò abbiamo una prova irreh-a- gabile, che lo apparire del nicchio dentro l'uovo è contempo- raneo allo svolgersi dell' ajìimale, cui appartiene , e che per- ciò è stretta connessione tra l'uno e l'altro. Siccome poi nel- le nostre chioccioline è manifesta l' imperfezione nell' estre- mità inferiore, o punta del guscio: così è a credere, che que- sto guscio si compisca a poco a poco , a poco a poco acqui- sti il debito accrescimento e indurimento , e ciò forse anche (e) Veggasi il raro libretto , che ha per titolo Relazione del ritrovamento dell'uova di chiocciole di A. F. M. Bo- logna i683. in la.", la qual relazione voltata in latino, ed arrichita di ag- giunte sopra la stessa materia da Giu-^ seppe Giacomo Harder fu riprodotta nella parte seconda pag. 85. della col- lezione di tutte le opere del Malpighi ( Marcelli Malpighii Opera omnia Lug- duni Batavorum apud Petrum Vander. Aa 1687. 4.° ). Del Prof. Antonio Bertoloni 4^5 dopo che è sortito dal guscio. Di questa guisa io intendo che esso segua le fasi stesse delle ossa degli altri animali, le quali dentro 1' utero materno hanno il principiare di loro os- sificazione, e questa si fa di giorno in giorno crescente non solo per tutto quel tempo che l' animale sta rinchiuso in quel carcere, ma ancora per xxn epoca più o meno lunga da che ne è sortito. Tutta la differenza , come altri già avvisa- rono 5 è che le ossa sono interne all' animale, ed il guscio è ■esterno. E che perciò ? I legamenti , ed il periostio mettono •comunicazione tra le ossa ed il resto del corpo organico cui appartengono, come ve la mette il legamento che dall' a- nimale passa nel nicchio, e va principalmente a formarne il periostio nella faccia interna , periostio , che non solo riceve in se la materia calcarla che gli procaccia la durezza , ma a poco a poco la rigetta, e 1' accumula nella sua faccia ester- na. Tale è la mia maniera di vedere , e forse questa concilia le disparate opinioni che sino ad ora si sono divulgate in- torno alla formazione de' nicchi o dentro l'uovo, o fuori del- l' uovo. Ma di ciò ho detto abbastanza. Veniamo alla descri- zione degli altri oii^etti marini da me ritrovati. INVERTEBRATI. I. Alctonium exos (i rubro-corallinum. Penna ramosa pinnis carens tentaculis in ramis positis var. ramis colore intense rubro tinctis BoJiad. De quibusd. anim. marìn. pag. ii5. , . Lo trovai tra pesci delle barche peschereccie dette hì- lancelle. Quando parlai di quest'Alcionio nello Specìm. zooph. ediz. \. p. ()7. e nelle Amoen. Ital. p. 2Ó3., io 1' aveva veduto sol- tanto di colore livido, o fosco-giallastro; ma nella passata e- state ( i83t ) m'imbattei in un individuo di colore rosso vi- 42.6 Del Prof. Antonio Bertoloni vo nella parte che è spiegata a guisa di mano, e bianco nel gambo e nella base, il quale individuo forma il soggetto del- la presente varietà. I. Spongia subcarnosa: amorpho-tuberosa, subdepressa, cel- luloso-mucosa; superficie undique scrobiculato-lacera, osculis sparsis, teretibus, amplis interjectis. Jìg. a. A. B. Si trova abbondantemente nel fondo del mare tra l'isola Palmaria^ e la Scuola. La rinvenni, ma meno copiosa, nella parte occidentale del golfo sino al seno di Panicale. Massa informcj sessile, più o meno grande, piuttosto de- pressa, e disugualmente tubercolosa. La sua sostanza è cellu- losa, immedesimata di mucosità, di guisa che sembra quasi carnosa. Si imbeve d'acqua, e spremendola ne esce un umo- re leggiermente sanguigno, simile a lavatura di carne. Nella superficie è tutta scavata di fossicine quasi uniformi, cellulo- so-membranacee , glutinose , più o meno lacere nel loro con- torno, e talvolta tutte inclinate verso la stessa direzione. Inol- tre è bucata qua e là di fiori, o bocche rotonde, grandi, uni- formij poste senz' ordine, e sprofondate alquanto nella sua so- stanza. Il colore è giallastro-verde con qualche sfumatura por- porina, o è tutto giallastro, e talora anche bianco-sudicio. Nes- sun movimento di contrazione vi ho potuto mai scorgere nel momento, che si estraeva dall' acqua marina. Il suo odore è disgustoso, e fuori del mare si fa presto assai più fetente. Ap- partiene alla sezione prima delle Spugne del Lamarck ( Hist. des anìm. sans veri. tom. 2.. p. 353. ) e del Lamouroux ( Hist. des polyp. corali, flex. p ao. ) La fig. a. A. rappresenta la spugna intiera nello stato na- turale. La flg. a. B. mostra il taglio verticale della medesi- ma, perchè se ne conosca l' interna struttura. a. Spongia cinnabarina: crusta tenui, molli, effusa, intus cellulosa, superficie impervia, subplicato, frustulosa fig. 3. Del Puof. Antojiio Bertoloni 4^? E ro[)io?a nel fondo d(;l mare iiilomo all' isola Paliiiaria, e seiiiiatainente verso lo scoììIÌo detto la Scuola. Vi incrosta lo Spondylus Gaederopus L. VArca Noe L., e le pietie sot- tomarine. Sostanza celluloso-membranacea, molle, più o meno am- piamente estesa a fogj^ia di crosta tenue sopra i corpi, che incontra. Alle volte è liscia, ed uniforme nella sua superficie, altre volte è come grinzosa, o corte papille, oi)[)nre s([uam(^ irte, e lacere nel contorno sollevansi da essa. Non è mai per- tugiata, o porosa esternamente. Tutta quanta la sua sostanza è di colore intensamente rosso di cinabro. Appartiene alla se- zione stessa della precedente. Pel colore somiglia alquanto all' Alcyonìnm coralloìdes Bert. Amoen. Ital. p. 264.; ma il suo tessuto più molle, e r assoluta mancanza de' pori stellati gialli lacilmente la ren- dono distinta. Vicina ad essa è la Spancia miniata. Delle Ghiaie Meni. tom. 3. p. 109. e 11 3. tab. Sj. fig. 8. , la cui forma se- migloboso-ovale, la superficie porosa, ed il colore rosso di una gradazione alquanto diversa mi sembrano valevoli caratteri per distinguerla dalla mia specie. 3. Spogna damaecornìs /? dilatata: inferne attenuata, su- perne flabelliformi-cristata, incisa, undique minute foveolata , birta. S. Lactuca. Esp. le. spong. tab. 33. S. ramosa ramulis compressis brevioribus, et valuti pal- mata. Plancìi. De condì, min. net. ed. 2,, p. 118. app. tab. 17- fig- H. n ; '• Fu pescata nel fondo del mare tra l' isola Palmaria, e la Scuola. Questa spugna nasce come da un gambo angusto , ton- deggiante-compresso , fissato sopra i corpi marini, indi si fa dilatata, e schiacciata , e si spiega a guisa di ventaglietto , o di cresta inciso-lobata, e rotondata nel margine estremo de' Tomo XX. Hhh 4^8 Sopra alcune puoduzioni ec. lobi. In tutta la sua superficie è ispida per i lern))i lacero- ciliati delle numerosissime e picciolissime cellette rivolte al- lo insù, di che è impressa. La sua sostanza è cellulosa, sof- fice, e facile a imbeversi d' acqua j il colore è intensamente giallo d' ocra. Di questa varietà da me descritta non è stato fatto cen- no alcuno dai sistematici, e nemmeno è stato tenuto conto da loro delle figure dell' Esper, e del Fianco, che ho addotte. I. Pennatula grìsea: carne cinerea; stipite crasso, rachi levi; pinulis amplisj falcatis , imbricatis , superne dentato-spi- nosi», dentium spina terminali elongata. P. grisea Lin. Syst. nat. ed. 12. tom. i.p. iSai. Pali. Elen. zooph. p. 3Ò7. EU. in Phil. trans, tom. 53. p. 434- tab. Q.Ì. /ìg. 6-10. bona. Oliv. Zool. Jdr. p. 394. Bohad. De (juìbus. anirn. marin. p. log. tab.().fig. i.mala.j?//. in Phil. trans, tom. 5'ò. p. 4^9- i^b. 2.0. fig. 6. 7. ex Bohad. P. spinosa. EU. and. Soland. Nat. hist. p. 6a. Lamk. Ilist. des anim. sans verteb. a. p. 4^'J- n. i\. Delle Ghiaie Meni. tom. 3. pag. 2. et 9. tab. 3i. fig. i. 2,. 3. 12. omnium melior. Penna marina phosphorica Seb. Thes. tom. 3. p. Zg. tab, 16. Jìg. 8. a. b. mediocriter. - .- ; La trovai tra' pesci delle bilancelle. È piuttosto rara nel golfo, e sue alture. Stipite cilindrico, grosso, ma più nella parte superiore. Pen- na di forma ovale grande. Rachide liscia nel dorso. Pennette grandi , falciformi , embriciate , nel margine superiore molti- dentate, ed ogni dente guarnito di molte spine, delle quali la terminale è assai più lunga delle laterali ; inoltre nel lembo tra spina, e spina e nelle vicinanze sono molte boccuccie po- lipilere. Carne bigia, e nell'acqua del mare riflettente un bel colore cangiante. Linneo dice assai giustamente di questa specie." pinnulae Del PiioF. Antonio Bertoloni 4^0 referiint pìscìnin pinnas pectoraies 1. e. Non vejigo una ragio- ne suiHoiente, percliè dall' Ellis e Sol.mder, e da altri siasi cambiato a questa specie il nome impostole da Linneo. Se la Fennatula grisea del Lamarck ( Ilyt. nat. des anìm. sans veri. a. p. 247' ^- 3. ) e del Sig. Delle Ghiaie ( Mem. tom. 3. pag. 3. tav. Si.Jìg. 4- 5. i4-) è realmente diversa da quella di Linneo, del che però Io stesso Lamarck mostra non avere certezza, ad essa dovrà darsi un altro nome specifico , come cosa di scoperta posteriore, se il diritto sacrosanto dell'ante- riorità^ adottato generalmente dai naturalisti, ha da serbarsi nella sua integrila. F U C 0 I D L I. Chondria uvarìa: caule teretl, parce vageque ramoso; foliis pulposls, subsphaeroideis, sparsis. Ch. uvaria Ag. Spec. alg. i. p. S^-J- n. 8. Nacc. Alg. Adr p. 6l . n. 187. Fucus uvarlus Esp. le. fuc. i.p. i53. tab. 'ju.fig.i.a. b. e. d. JViilf. Crypt. aquat. p. 82. n. 3. excl. Linn. Syn. F. botryoldes. Widf. ìnjacq. Collect. 3. p. 146. n. a8g. tab. i3. fig. I. F. ovalis /?. Turn. Hist. fuc. ù,. p. ù,\. Physidrum u\anun\. Delle Chiaie Hydrophyt.regn. Neap. dìstr. \. p. i4- tab. 43. Trovasi nella parte occidentale del golfo. Rara. Perenn. Fusto cilindrico, poco ramoso, attaccato alle rupi con pic- ciol callo, alto circa un pollice. Rami sparsi. Foglie polpute, quasi sferoldèe, od ovoidèe , ottuse, brevemente piccluolate , sparse. Mancava la fruttificazione. Il colore della pianta era rosso vinato. A ragione l'Agardh ha separata questa pianta dalla Chon. dna ovalis, colla quale la confusero II Goodnough e FWood- ward ( Trans, of the Linn. Soc. 3. p. 116.), e da principio 43o Sopra aixuke produzioni ec. il Turner ( Syn. fuc. i. p. 3o. ) Ma lo stesso Turner nella Hyst. fuc a. p. 2.^. la distinse poi almeno come una varietà del Fucus ovalis, la (juale distinzione trovasi accennata anche neW Engl. bot. pag- 711. La Chondrìa ovalis non è stata si- no ad ora trovata nel Mediterraneo, ed io ne ebbi gli esem- plari dell'Oceano Atlantico dai Sì^ìt. Desvaox e Lamoroux perfettamente corrispondenti alle figure datene neWEngl. bot. tab. 711. e nel Turner Hist. fuc. a. tab. 81., e la maggiore lunghezza del suo fusto, e delle sue foglie , e la forma delle stesse foglie bislungo-cilindrica sono caratteri troppo chiari , ed evidenti per disgiungerla affatto dalla Chondrìa uvaria. I. Valonia Syphunculus: caespitosa; tubis cylindricis, su- perne curvuliSj simplicibus, subramosisque. La trovai nella parte orientale delT isola Palmaria tra la punta che guarda la Scuola , e la grotta vicina. Era attacca, ta a^fli scoiili al livello del mare in calma. Rara. Ann. Cespuglietto fatto di tubi cilindrici, all' apice convessi e ottusi, e nella parte superiore leggermente curvi da un la- to, aventi il diametro di due linee o poco piìi , altri sempli- ci, altri poco ramosi, qualche cosa meno lunghi di un polli- ce, fatti di membrana tenue, uniforme, fragile^, trasparente, e verde. Sono pieni d' acqua limpida, e privi di trammezzi nel- r interno. Questa pianta seccata non aderisce alla carta. La Valonia egagropila Ag. si distingue, perchè fatta di tubi più sottili, più lunghi, assai ramosi, trammezzati da dia- frammi, non curvi superiormente, e formanti masse globose , che vengono rigettate dal mare nei lidi di Venezia, ove io stesso le raccolsi. La Valonia utrìcularis Ag. si avvicina di più alla nostra ; ma la forma de' suoi tubi ovata, o cilindri- co-clavata, e alquanto compressa , la sua membrana salda , e quando si prosciuga, tenacemente aderente alla carta, la di- mostrano decisamente diversa, se la descrizione del Roth ne' fiatai, bot. I. p. 160., e dell' Agardh nelle Spec. alg. \-pag. Del Prof. Antonio Bertoloni 4^1 43 1. sono esatte, e non sono state ricavate dalla pianta secca. I. CoDiuM tomentosum: covmo tereti, dichotomo, ramosis- simo, fastigiato. C. tomentosum Jg. Spec. alg. i. p. 45a. Nacc. Alg. Jdr. p. 46. n. 112. C. Vennilara Delle Ghiaie Hydrophyt. regn. Neap. distr, I. p. 14. tab. 39. Fucus tomentosus Huds. FI. Jngl. p. 584- Stackh. Ner. Brit. p. ai. tab. 7. Good. and ìVood. in Trans, of the Lin. Soc. 3. p. 195. n. 5i. Engl. bot. tab. 'ji^. Turn. Syn. fuc. 3. p. 3oo., et Hist. fuc. 3. pag. 1. tab. i35. Clem. Ensaj. p. 3 .-9. F. Vermilara Beri, in Moris. Stirp. Sard. elen. fase. 3. p. aS. Lamarckia Vermilara Oliv. Zool. Adr. p. aSS. tab. 7. Vermilara ritusa Imper. Hist. nat. Uh. 37. cap. 10. ed- Neap. p. 739., ed. Ven. p. 645. Cavol. Mem. p. a64. Fucus marin. Marsil. Hist. phys. de la mer p. 66. tab. <). fig. 36. 37. Si trova copiosamente nella parte orientale del golfo vi- cino a Lerice. Perenn. Cormo attaccato ai sassi per mezzo di sostanza filamen- tosa intralciata, ramosissimo, dicotomo , cogli angoli delle di- cotomie alquanto ottusi, cilindrico, ma alle volte qua e là compresso, principalmente alle biforcazioni, pieghevole a se- conda dell'ondeggiare del mare, ora assai corto, ed ora più lungo di un piede. Gli apici de' rami arrivano tutti allo stes- so livello, e sono ottusi, sebbene si assottiglino alquanto. Un tubo centrale scorre per tutta la lunghezza del cormo, e so- pra questo tubo sono densissimamente piantati altri tubetti cortissimi, o picciole clave semplici, uguali, attigue, orizzonta- li, ottuse, aventi nel colmignolo della loro convessità un gra- 43i Sopra alcune produzioni ec. nellino prominente, che sotto il microscopio «leirAmici si mo- stra trasparente. Per 1' uniformità degli apici convessi di que- ste clavette tra loro strettissimamente accostate la superficie della pianta guardata colla lente apparisce granellosa. Dentro il tubo longitudinale messo a nudo ho veduto collo stesso micro- scopio alcuni corpicciuoli ovali opachi, che forse erano gli spo- rangio Tutta la pianta è di colore verde cupo, e nello stesso tempo i tubi che la compongono sono trasparenti, e pieni di umore limpido. Le figure degli autori Inglesi da me addotte dimostrano assai bene l' abito della pianta, ma rappresentano il tubo lon- gitudinale di un diametro maggiore , che non è negli esem- plari miei, ed in generale in quelli del Mediterraneo, ed an- che le clavette laterali vi sono dipinte troppo minute. Que- ste cose una volta mi trassero a credere, che la pianta del- 1 Oceano fosse di specie diversa dalla nostra, lo che per mio suggerimento fu annunziato nello Stirp. Sarà, elench.fasc. 3. p. a5. del Gli. Moris. Ma non avendo io rtialmente veduta la pianta oceanica , e parendomi che le pretese differenze della medesima cadano su minuzie, e forse siano ancora difetto del pittore , ho creduto meglio trascurarle nella presente circo- stanza, e considerare i due tipi come appartenenti alla stessa specie. a. CoDiuM Bursa: cormo fixo, depresse-globoso, cavo. C. Bursa Jg. Spec- alg. i.p. ^5^- Nacc. Jlg. Adr. p. 47- n. 114. Delle Chiaìe Hydrophyt. regn. Neap. distrib. i. p. i3. tab. 36. Fucus Bursa. Tura. Hist. fuc. 3./?. 5. tab. i36. Engl. boi. tab. ai 83. Bert. Jnioen. Ital. p. aa5. n. 70. Lamarckia Bursa. Oliv. Zool. Adr. p. a58. Alcyonium Bursa. Li?i.Syst. nat. ed \%.tom. \.p. 1296. Pali. Eleneh. zooph. p. 35a. Malum granatum Zoophyton.^Z^r. De mollib. crust. testac. et zooph. lib. 4- P^^è- 587. fig. mala. Bursa marina. Caesalp. De plani, lib. 16. cap.^().p. 608. Del Prof. Antonio Bertoloni 4^^ Arancio inarino di color verde Imper. Hìst. nat. lìh. 27. cap. i5. ed. Neap. p. 7S0., ed Ven. p. 653. Grange de mer Marsil. Hist. phys. de la mer p. 80. tab. I 3. /g. 69. Palla marina vellutata Ginann. op. post. 1. p. 2.8. tab. 34. fig- 74- inala. Arancio marino verde Cavol. Mem. p. 261. Si trova abbondantemente nella parte meridionale, e oc- cidentale del golfo, e particolarmente tra 1' isola Palmaria, e la Scuola. Perenn. Cormo colla sua base fermamente attaccato alle rupi per mezzo di sostanza filamentosa intralciata. Esso è di forma de- presso-globosa, cioè piìi largo, che alto ; è vuoto di dentro , ed ha un colore verde cupo particolarmente al di fuori. Va- ria molto di mole; ne ho trovato individui grossi come un arancio ordinario, ed altri di un volume due o tre volte mag- giorCj ma ne ho veduto ancora di quelli piccioli come un ce- re, o come una ciliegia. È fatto di una sostanza corticale, o buccia alta, e densa, tessuta di tubetti filiformi, lunghi, di molte e diverse guise tra loro incrocicchiati, più fitti quanto piij si trovano negli strati intermedii della medesima. Alcuni tubi della faccia interna intersecano la cavità del cormo di- riggendosi da una parete all'altra. La superficie esterna del- la buccia è tutta formata di tubetti cilindrici, cortissimi, ugua- li, fittissimi, perpendicolarmente piantati sopra il sottopposto strato filamentoso. Questi sono chiusi all'apice, convessi, ottu- si, e talora portano nel colmignolo della convessità un granel- lino prominente. Nasce dai medesimi l'aspetto granelloso, e come fatto a sagri, della superficie dei cormo. Tutti i tubi an- zidetti sono diafani, e pieni di umore limpido. Se questo Codio si lacera, appena che si estrae dal ma- re, i brani si contraggono con forza verso la loro faccia in- terna e si aggomitolano, come osservò l' Imperato ( /. e. ), ed r 434 Sopra alcune produzioni ec. il Ginaiini ( Oper. post, i . p. ag. ), e come io stesso più d'una volta ho verificato. I tubetti verticali esterni sono il doppio pili lunghi di quelli del Codìum tomentosuin, né io vi ho po- tuto rinvenire all' apice i due fili tenuissimi, di che parlano r Olivi ( Zool. Adr. p. aSg. ), ed il Cavolini ( Meni. p. a63. tav. 9. fig. l'I-), p«r lo che ritengO;, che questi fili siano co- sa accidentale. Estratto dal mare, a poco a poco si fa molle d' umore, si abbassa, si corruga, si cuopre di una efflorescen- za di bianco sale marino, e dopo lunghissimo tempo cosi de- formato si secca. Per procurarsene gli esemplari da mettere neir erbario, bisogna ottenere il suo lento prosciugamento in luogo ombroso, e sopra carta straccia, che giova mutare spes- so, e quando esso si cuopre delTefflorescenza di sale marino, conviene lavarlo con acqua dolce, perchè se ne spogli. In questa guisa inaridisce ritenendo il color verde, ed anche la forma rotonda, ma rimane schiacciato. ... .■ .. . .).' I I.! :.! 1 .il ■) ili I,-,: ,■■■;: -;;*;■- ■.::.,.:.■.!,.:■.. "li I .//•W / .T,..r.. ■^lO'lyiir c-innn/tur/ii,! Ari-^. frli.r^rrrfri yii/ier ^frram _ /i _^- 435 SOPRA L'ECLISSE TOTALE DELLA LUNA ACCADUTO LA NOTTE a. SETTEMBRE i83o. RELAZIONE DEL SOCIO PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI Ricevuta adì 3. Maggio i83a. \^ueir interesse che seco recavano in altro tempo gli eclis- si della luna, come fenomeno atto a far conoscere le diffe- renze delle longitudini terrestri, svani per intero tostochè nel- r ottenuto perfezionamento delle tavole astronomiche e nelle osservazioni opportunamente combinate di altri fenomeni ce- lesti, o di artificiali fuochi istantanei, furono trovati più fre. quenti e di lunga mano più esatti li mezzi di risolvere il prò. blema stesso della posizion rispettiva de' meridiani. E di ve- ro praticando pure nell' osservazion di un eclisse lunare tut- te le maggiori cure e diligenze, quali il celebre Ève Ho uvea- le minutamente indicate agli astronomi, e notando principal- mente gli appulsi dell' ombra terrestre alle macchie lunari di contorno il più distinto, evitar non potevasi nel finale risulta- mento un' incertezza di i, se non anche di i di minuto pri- mo di tempo; laddove colla scelta e coli' uso conveniente de' moderni metodi il limite dei dubbii ed errori di questo ge- nere non oltrepassa a. o al più 4- secondi parimenti di tempo. In conseguenza gli eclissi della luna sono presentemente dal- l' effemeridi esposti ed annunziati più per prevenirne la pub- blica Volgare curiosità, di quello che a stimolar la vigilanza degli osservatori del cielo per tirarne qualche vantaggiosa de- Tomo XX. lii 436 Sopra l' Eclisse della Luna ec. terminazione ; e allorché tali ecclissi avvengon di fatto, poco importa nelle Specole il perderne una descrizion accurata , che potrebbe aversi; per trattener in quella vece il discorso e soddisfar le domande vagamente promosse dagli Spettatori quivi convenuti ed estranei alla Scienza. Ma se ciò è vero generalmente degli eclissi di luna^, vale a dire che 1' astrono- mia non ritragga da essi alcuna utilità rilevante, nulla di me- no particolari condizioni e circostanze possono unirsi e formar di un simil' eclisse argomento a fisiche riflessioni e indagini di qualche profitto, degno perciò che volgasi ad esso l'atten- zione e una speciale rimembranza ne sia conservata nella sto- ria de' fenomeni. Tale sembrò a me 1' eclisse lunare avvenu- to la notte 2. Settembre i83o; il perchè stimo di non gettar fatica producendone in questo scritto la relazione ( che igno- ro se altri abbia data ) e brevemente fermandomi a discorre- re su le più rimarchevoli cose allora da me vedute o iji se- guito avvertite. Innanzi di farmi a descrivere l'eclisse mentovato e le sue circostanze, siami permesso di considerare che noi dunque ne- gli eclissi lunari vediamo 1' ombra del nostro globo, e ne ab- biam sensibilmente la prova simultanea della opacità così del- la terra come della luna. Questa ombra, cui getta la terra in situazione opposta a quella del sole , trascorre ogni notte il cieloj però da noi non avvertita, ossia invisibilmente; né ci sarebbe dato di scorgerla qualora essa non cadesse mai sopra un corpo illuminato dal sole ugualmente che la terra. In quel- la guisa e per la stessa ragione che noi non vedremmo l'om- bra del nostro corpo, quella di un monte, di un edificio, o di altro qualunque oggetto alla superficie terrestre , se tali ombre non cadessero sopra il suolo o in altri corpi di super- ficie illuminata. E a parlar anzi con aggiustatezza d' idee e con precisione di termini, allora eziandio che 1' ombra di un corpo cade sopra un altro corpo illuminato noi non possiam dire di vederla ; conciossiachè non si vede se non ciò che manda luce al nostr' occhio, e un' ombra essendo privazione Del Prof. Giuseppe Bianchi 4-^7 di luce riesce quindi assolutamente invisibile. Ma se per om- bra intendiamo il confine o contorno di essa formato su la su- perficie del corpo cbe la riceve, sotto questa significazion par- ticolare noi possiarn dire che la vediamo; ed è in questo senso che affermiamo vedersi da noi l' ombra terrestre negli ecclis- si di luna. Per l'eclisse di cui abbiam preso a ragionare si riuniro- no tre condizioni atte ad eccitar per esso la curiosità, l'at- tenzione e la meraviglia dello spettatore , non che a render quello interessante per fisiche investigazioni e furono: i .° che la luna attraversava 1' ombra terrestre quasi esattamente nel mezzo; per lo che 1' eclisse era centrale non che totale, e la sua durata e il grado della oscurità esser dovevano, quali com- parirono , assai forti ; della qual cosa è manifesta la ragione sol che riflettasi la normale sezione dell' ombra terrestre at- traversata dalla luna essere un circolo prossimamente, e quin- di che la linea entro percorsavi dalla luna è maggiore pivi ch'essa linea passa vicina al centro del circolo: fì.° che la lu- na in tal epoca era presso che perigea, ossia prossima al pun- to della sua minima distanza alla terra; dal che deriva che la sezione anzidetta dell' ombra terrestre attraversata dalla luna era quasi massima, attesa la figura conica dell' ombra stessa basata su l'ampiezza e nel circuito del nostro globo: 3.° che r eclisse accadeva in grande altezza della luna su 1' orizzon- te non lungi dal meridiano; onde le basse nebbie ed i vapo- ri terrestri non valevano ad impedire la più chiara vision del fenomeno; siccome di fatto io ebbi la ventura di vederlo bel- lissimo e maestoso dal suo principio al fine, durante quest'in- tervallo e per la posizion mia essendosi l'atmosfera conserva- ta serena e limipida tutt'all'intorno della luna. E invero par- ve che le nuvole rispettassero, per così dire, V ora e il luo- go dello spettacolo celeste ; perocché non fu questo appena terminato, che quelle ingombrarono e ricoprirono il cielo ca- dendone all'alba del giorno una buona pioggia da lampi e tuono accompagnata. 438 Sopra l'Eclisse della Luna ec. Nel detto giorno 2. Settembre alle ore g i. della sera in- cominciava l'eclisse, penetrando allora la luna nell'ombra ter- restre. Un'ora dopo il disco intero della piena luna era occu- pato dall'ombra, che divenne vieppiù densa fino alle ore ii. e minuti ac, diradandosi essa poscia colla stessa gradazion successiva del preceduto suo addensamento. Alle ore la. e minuti 8. cominciava l'emersione, uscendo la luna dall'ombra terrestre col suo lembo orientale , che pur era stato il pri- mo ad oscurarsi, e terminava l'eclisse a ore 1. e minuti IO. della mattina; essendo perciò stata la durazione dell'oscu- ramento dell'intero disco lunare di ore i. e minuti ^o. in- circa. Tutto ciò avvenne in conformità esatta e ne' precisi istanti dell'annunzio dell'effemeridi; onde mi sia qui per- messa la riflession popolare che simili annunzi, così com- piutamente e costantemente avverati , abbastanza rispondono in favor degli astronomi contro coloro , che niegan ai me- desimi la sicura cognizione delle grandezze, delle distanze e dei movimenti de' corpi celesti. Imperocché i calcoli delle predizioni astronomiche sono fondati sopra le quantità di quel- le grandezze, di quelle distanze e di que' movimenti in guisa che:, ove incerte fossero tali quantità e mal conosciute^ dub- bioso corrispondentemente sarebbe l'esito di ciascuna predizio- ne, che il più delle volte anzi non riuscirebbe avverata, o non lo sarebbe almeno sempre con tanta esattezza quanta ogni volta se ne riscontra fra un eclisse prenunciato e l'osservato. Bello e dilettevole oggetto a contemplarsi era la luna che, di piena risplendentissima, scemava poco a poco di figura e di lume in mezzo a un cielo sereno , sembrò poscia disparire quasi affatto ed estinguersi, e in fine rinascere per modo di dire più lieta e riaccendersi nell'intera sua faccia. Questa me- tamorfosi lunare cagionata dall' ombra terrestre presentò allo spettatore nell' intervallo di poche ore , e pressocchè in un punto solo del cielo stellato , i fenomeni e le vicende analo- ghe alle fasi ordinarie che la luna stessa, percorrendo il com- pleto suo giro nello spazio di 29. giorni e mezzo relativamente Del Prof. Giuseppe Bianchi 4^9 al sole e a noi, ci offre da un plenilunio al seguente. Dal ve- der infatti nel principio dell'eclisse la piena luna si passò a vederla un poco più che dimezzata ( non però dicotoma o gibbosa , cioè non colla curvatura interna della fase rivolta oppositamente all'esterna), indi nell'ultimo quarto, appresso falcata o in forma di tagliente sempre più ristretto e sottile fino all'immersion totale della luna nell'ombra che rappre- sentò il novilunio. E come nel novilunio vero la luna per al- quanti giorni è invisibile, nascondendocela i vivi splendori del sole ne' quali essa per noi è avvolta, del pari essa restò per qualche tempo sepolta nell'ombra e apparentemente smar- rita. In seguito, all'emergere della luna dall'ombra, il nuovo tagliente o arco lucido formatosi crebbe sino al primo quar- to, e da questo gradatamente fece ritorno la piena luna che fu al termine dell' eclisse. Notisi frattanto che in un eclisse tetale di luna le fasi ordinarie succedono e si mostrano con ordine inverso relativamente alla posizion di figura nel cielo; mentre nell'ultimo quarto, a cagion d'esempio, l'esteriore convessità luminosa della luna, per metà eclissata, è rivolta a ponente invece che a levante e così dicasi delle altre fasi. Quindi per le fasi dell'eclisse convien intendere a rovescio quell'antico e volgare adagio: gobba a ponente, luna crescen- te ; gobba a levante, luna calante. Ma facciamoci a riferir e discutere le circostanze più im- portanti osservate nel predetto eclisse lunare. Da principio, innanzi che l'ombra terrestre mordesse il lembo orientale del- la luna, questo lembo divenne pallido e perdeva di splendo- re più che all'ombra esso givasi avvicinando. L'ombra soprag- giunta e avanzatasi nel disco, il lembo lunare che nera co- perto più non si distingueva, neppur col piccolo cannocchia- le di cui feci uso; solamente vedendosi un lume entro l'om- bra neir intersecazione di questa col lembo lunare dall' una e dall' altra parte, a somiglianza di quel lume che fa risaltar la figura cilindrica delle colonne dalla parte ov' esse hanno l'ombra. In altri eclissi di luna mi sovviene di aver notata 44° Sopra l'Eclisse della Luna ec. l'ultima circostanza che fra poco spiegheremo. Fuori però del lume laterale anzidetto 1' ombra terrestre appariva tutta scu- ra e cinericcia a un modo, precisamente di un fosco e omo- geneo colore di piombo. Arrivata 1' ombra al lembo occiden- tale della luna, in quell'istante medesimo la scena cangiò d' improvviso, l'ombra divenne rosseggiante, chiara e simile ad un velo a traverso del quale assai bene si distinguevano le varie parti della superficie lunare non che i lembi del di- sco. All'occhio nudo presentavasi allora la luna e raffigurava un globo aereostatico di carta, entro di cui fosse posta e ri- splendesse una fiamma così da trasparirne fuori un lume ros- signo. Nulladimeno la parte orientale della luna proseguiva ad oscurarsi maggiormente, e nel mezzo dell' eclisse un' ombra quasi perfetta distendevasi circolarmente dal centto incirca del disco lunare alla metà prossimamente del raggio di esso disco , ed allora la luna era appena visibile ad occhio disar- mato. Nella seconda metà dell' eclisse le apparenze furon le stesse che nella prima , solo accadendo queste e quelle con ordine inverso di successione fra loro. Dei quali fenomeni sin qui descritti procuriam ora di renderci la ragion conveniente. Tre gradi di ombra giova distinguere nell'eclisse: il i .° è quel pallore che diffondesi e precede sulla luna l' om- bra vera della terra, la quale si ravvisa tosto per essere po- co sfumata, cioè di più marcato confine: il a.° è quella parte dell'ombra vera (i), molto larga e che apparentemen- te rischiarasi, appena l'eclisse totale incomincia: il 3 .° è la parte notabilmente più fosca dell' ombra vera e che occu- pa in luogo e tempo il mezzo dell' eclisse. Chiamiamo il primo grado penombra , ombra esterna il secondo , e ombra (i) NB. Anche il termine dell'ombra vera è qualche poco sfumato. È da av- vertire che r ombra dell' atmosfera, in quanto 1' aria è opaca , si aggiunge a quella del nostro globo, e la ingrandi- i sce, secondo il cel. Mayer di ~ del semidiametro terrestre. Quest'ombra poi dell' atmosfera non può non digradare di densità verso i lembi. Del Prof. Giuseppe Bianchi 44' centrale il terzo. Deriva la penombra dall' essere i punti che la presentano ( situati come sono fuori;, ma vicini al cono del- l'ombra terrestre) in parte e non in tutto eclissati. Immagi- niamoci un punto della luna prossimo ad immergersi nell'om- bra vera. Poiché il Sole è un corpo di grandissimo volume , il nostro punto lunare comincierà a perdere una porzione dei raggi del Sole intercettatagli dalla terra , e ne perderà una porzione successivamente maggiore di mano in mano eh' esso maggiormente avvicinasi all'ombra vera, giunto a contatto della quale esso non riceve più alcuna illuminazione diretta dal Sole; perocché 1' intera faccia del Sole ivi è coperta dal- la terra. Per comprendere in secondo luogo come si produca r ombra esterna dell' eclisse;, è d' uopo avvertire che 1' aria atmosferica, da cui tutto é cinto all' intorno il nostro glo- bo, permette bensì, eome diafana, il passaggio alla luce del Sole, ma piegandone i raggi per legge di rifrazione. Ora i rag- gi del Sole che sfuggon, radendolo , il globo terrestre, attra- versano r atmosfera e ne sono così rifratti e piegati che pe- netrano e giungono a rischiarar ( sebbene più debolmente dal- l'esterior limite al centro) il cono dell'ombra, nascendone perciò tutto all'intorno un'aurora che è appunto l'ombra esterna. E infatti quel rosseggiante colore, che è proprio dei crepuscoli del mattino e della sera, si riconosce altresì nel- r ombra esterna durante 1' eclisse totale, ed ha quivi stesso, come ne' crepuscoli diurni, una sensibile gradazione o sfuma- tura. Se prima che incomincil o dopo che l'eclisse totale del' la luna è terminato, non apparisce la chiarezza e il rubicon- do colore dell'ombra esterna, ciò avviene perchè le parti vi- cine e non eclissate del disco lunare mandano al nostr'occhio un lume troppo forte, a confronto del quale svanisce la de- bole sensazione dell'altro. Ciò avvertiva espressamente anche il Du-Sèjour "" au reste, dicendo egli (i) on doit sentir qii il (i) V. Acc. R. delle Se. di Parigi. Anno 1777. pag. a5i. 44^ Sopra l'Eclisse della Luna ec. faut que V èclipse soit totale pour que la lune soit visible dans V ombre ; car lorsque V èclìpse n' est que partielle , la partie èclairèe amortit le peu de lumière de la partie obscure et V empeche £ etre sensìble. ,, Ma verso i lembi della luna il chiarore dell' ombra esterna deve apparire più intenso a motivo della curvatura, ossia della superficie maggiore j fra uguali spazii di projezione, che riflette lume al nostr'occhio: ed ecco la ragione delle falde illuminate ai lembi della luna entro T ombra terrestre menzionate di sopra e somiglianti al lume della parte oscura di una colonna. Taluno, è vero, pen- sò al contrario che il lume del disco lunare scemi di forza dal centro ai lembi, in parità di superficie projettata; ma ol- tre che tale opinione, sostenuta già da Fortunìo Licetì-, fu dal Caldeo dimostrata erronea, basta poi metter 1' occhio nel più mediocre cannocchiale e volgerlo alla luna per accertarsi, che il lembo illuminato di essa grandemente supera di vivacità luminosa le altre parti, e tanto che non può sopportarsene lungamente la vista senza offesa e dolore della pupilla. L'om- bra centrale finalmente nasce ed è costituita nella parte del cono ombroso più interna, ove non arrivan e non penetrano i raggi solari deviati dall'atmosfera terrestre, se non gli ulti- mi e più rifratti, ma questi in picciolissima quantità e perciò appena sensibili. Sul disco lunare , nel mezzo dell' eclisse , r ombra centrale distendendosi per la metà circa del raggio di quello intorno al centro, siccome giudicai alla stima dell'oc- chio, viene di conseguenza che la suddetta luce di crepusco- lo o r ombra esterna occupa una fascia molto ampia del co- no ombroso; e poiché questa fascia, per tale giudizio, ha una grandezza determinata, si potrebbe anche dedurne l'altezza dell' atmosfera terrestre , preso a limite superiore di essa lo strato aereo in cui cessan sensibilmente di rifrangersi i rag- gi del Sole (i). (i) Secondo Bouguer V altezza dell'atmosfera ove la rifrazione finisce di esser sensibile è di 5i58 tese. Del Prof. Giuseppe Bianchi 44'^ Rappresentiamoci quale sarebbe stato veduto l'eclisse da uno spettatore collocato, per ipotesi, verso il mezzo del disco lunare^ ossia trasportiamoci noi medesimi col pensiero su la luna per contemplarvi 1' eclisse. Penetrando il Sole apparen- temente nell'atmosfera terrestre avremmo veduto il suo disco poco a poco illanguidir di splendore sino a potersi affisar in es- so lo sguardo, siccome ed anclie meglio di allora che esso na- sce o declina su 1' orizzonte. Secondo infatti le sperienze di Bouguer l'intensità della luce solare all'orizzonte riducendo- si a o,ooc6 del suo valore fuori dell'atmosfera, per attraversar tutta r atmosfera orizzontalmente e all' uscirne^ dopo la rad- doppiata estinzione rispetto all' osservator della terra, essa de- ve trovarsene molto maggiormente infievolita. Di poi avrem- mo veduto il disco rosseggiante del Sole assai più piccolo in apparenza di quello della terra, nascondersi e restar coperto successivamente dal corpo terrestre, che sarebbesi distinto per un' ombra totalmente oscura su la faccia solare , avanzandosi la quale ombra , o restringendosi vieppiù sempre la fase del Sole, una luce debole e trista ci avrebbe meno e meno ri- schiarati gli oggetti circostanti finché, tutto il Sole adombra- brato, sarebbesi a noi fatto notte. A questo momento d' im- maginati fenomeni corrisponde nella effettiva osservazion del- l'eclisse il termine della penombra, o il passaggio da essa all'ombra esterna. Dalla parte però e nell'atto stesso che sai'ebbe stata compiuta 1' oscurazion diretta del Sole avrem- mo veduto comparire una singolare aurora, piegata in arcOj ravvolgente una parte del globo terrestre, e le cui corna con- tinuamente avvicinandosi avrebbero finito a congiungersi e a formar un anello o cerchio, somigliante ad un alone, ma col- la dilatazion dell' arco essendo poi diminuita ognor più la vi- vacità o chiarezza di tale crepuscolo, e l'alone in fine ap- parendo così smorto da non poterlo scorgere se non a sten- to. In queir arco di aurora, che avremmo ammirato dilette- volmente, consiste 1' ombra esterna, e in questo alone l'om- bra centrale: dopo di che gli stessi fenomeni sin qui descrit- Tomo XX. Kkk 444 Sopra l'Eclisse della Luna ec. tij ma in ordine contrario, a noi si sarebbero presentati cor- rispondentemente alla seconda metà dell' eclisse. Oltre di ciò vario particolarità e differenti aspetti avrebbe potuto per av- ventura offerirci 1' aurora summentovata^ o pei tratti dell'at- mosfera terrestre ingombrati di quel tempo da grandi masse di nuvole; o al paragone dell'aurora prodotta nell'aere del- l'emisfero terrestre boreale con quella dell'emisfero australe, dovendo le rifrazioni atmosferiche dall'uno all'altro emisfero es- ser alquanto diverse per la diversità delle simultanee stagio- ni; o combinandosi altri simili accidenti e cause di variazio- ni, le quali troppo difficilmente , dalla terra guardando alla luna, si possono riconoscere. Quindi conchiudiamo che l'eclis- se in discorso, per lo spettator della luna, sarebbe stato^ quan- to vago e piacevol fenomeno al vederlo, interessante non me- no e fisicamente istruttivo all' analizzarlo. Queste considerazioni che ho esposte e che spontanee mi venivano alla mente nel contemplar ch'io faceva l'eclisse lu- nare, sono conformi a quanto stabilisce e insegna la teoria dei fenomeni di questa specie. Nella profondità e perspicacia del suo ingegno Keplero tentava il primo di sottoporre a cal- colo le circostanze di un eclisse di luna relativamente alla diminuita lunghezza del cono dell' ombra terrestre, in conse- guenza della rifrazion dei raggi solari che attraversano 1' at- mosfera; e trovando egli che l'asse del detto cono dalla lun- ghezza di 268. semidiametri terrestri doveva ridursi per le ri- frazioni a soli 43- semidiametri ne inferiva che la luna, di- stante dalla terra per lo meno 54. semidiametri, non può giam- mai penetrare nell'ombra piena e assoluta, e quindi ch'essa non deve divenir affatto invisibile in alcun eclisse, fosse que- sto il più centrale. Proponeva egli altresì 1' osservazione de- gli eclissi lunari siccome un mezzo di determinar le quanti- tà delle rifrazioni astronomiche; nel che però arrestato e vin- to dalla difficoltà della quistione limitavasi ad averla indica- ta e terminava modestamente: „ quod in liac nulli priorum trita semita proficere potili praestiti: nihil impedii qiiin haec Del Prof. Giuseppe Bianchi 44^ doctrina ad nonnullam iitilitatem excrescat ab his vìlihus or- ta semiiiìbus. „ Né furono tai semi perduti o dimenticati , e r illustre Geometra Du-Sejour sviluppandogli nella insigne di lui Opera de' Nuovi metodi analitici ec. (i), ritraevano co- pioso frutto di conclusioni fisiche le quali, avvegnaché di semplice curiosità per la maggior parte, sono tuttavia rimar- chevoli e interessantissime ; onde torna in acconcio per noi il richiamar qui le principali di esse. Un raggio di luce, che parte dal centro del Sole e passa tangente alla superficie del nostro globo , piegasi all' uscir dall' atmosfera in guisa che taglia r asse del cono ombroso alla distanza di semidia- metri terrestri Sa,2,36 dalla terra ( 5. aóa. ). Alla distanza perciò delia luna dalla terra un osservatore che fosse collo- cato nel centro dell' ombra terrestre, sareb))e rischiarato, per le rifrazioni atmosferiche, dal lume di tre quarti del disco so- lare, e questo lume apparirebbegli di rossiccio colore per la ragion medesima che ci fa comparir il Sole rosseggiante all'o- rizzonte. „ Non convien dunque, soggiungesi ( 5- 2.74- )i chie- „ der il motivo per cui la luna interamente non dispare ne- .j, gli eclissi, comecché resti essa nell'ombra: piuttosto é da cer- ,, car nello stato dell' atmosfera del luogo, dove osservasi, le ,, ragioni particolari che la fanno disparire talvolta in certi „ eclissi. ,, Di fatti la storia dell' astronomia ben pochi esem- pii somministra di eclissi ne' quali la luna cessò di esser vi- sibile; e tali furono, secondo Keplero ed Evelio, gli eclissi del 9. Dicembre 1601. e del aS Aprile 1642. Anche Galileo an- nunziò che in un eclisse la luna era stata del tutto smarrita o invisibile, ma ripete il Delambre (2) che simili casi o le combinazioni da cui dipendono avvengono assai di rado. Col calcolo rintracciando poscia le curve che terminano il disco solare veduto dalla luna, eclissato dalla terra e rifratto nel- (i) V. Memorie della R. Acc. delle Scienze Anno 1776. pag. 3o5. e anno 1777. pag. 235. e seg. (2) Storia dell'Astr. mod. T. I. pag. 706. M() Sopra l'Eclisse della Luna ec. r atmosfera di questa, si trova che tali curve sono circolari ; e allorché il cerchio termi natore stendasi in parte fuor del disco del Sole, dalla luna debbon vedersi come due manichi luminosi, uno de' quali aderente con ogni suo punto al glo- bo terrestre oscuro , e 1' altro più grande non aderente alla terra; onde fra esso e la terra deve apparire V azzurro cele- ste o per meglio dire quello dell'aria (5- 3ci. ). Quanto da ultimo alla chiarezza o intensità luminosa propria in partico- lare del centro dell' ombra terrestre^ alla distanza della luna, dipendentemente dalle rifrazioni, e che fa esser la luna sem- pi'e visibile negli eclissi , presa per unità la luce totale del disco del Sole, si trova per approssimazioni (55- 36o-6i ) la detta intensità del centro dell' ombra. nel caso della luna perigea e del Sole apogeo =c,oco35635o8 nel caso della luna apogea e del Sole perigeo =c,oo20o55o8a e per le medie distanze della luna e del Sole alla terra =0,0009032790. Nel nostro eclisse il lume della luna , pervenuta nel mezzo dell' ombra sarà stato alquanto maggiore del primo di questi valori ossia del minimo, e minore, per alcun poco, del terzo di essi ossia del medio ; laonde poco mancò al caso e alle condizioni atmosfeiiche particolari ( in vista della susseguita pioggia ) che determinano a ciel sereno una totale disparizion delia luna. Del rimanente gli altri punti dell'ombra terrestre all'intorno del centro sono generalmente più di questo illumi- nati, ossia l'ombra va degradando coli' allontanarsi dall'asse del cono , avvegnacchè fosse per accadere il contrario ( 5- 364. ) senza 1' estinzione di una parte della luce solare che attraversa e si rifrange nell'atmosfera terrestre. Ritorniamo alle osservazioni effettivamente raccolte del- l' eclisse, e dall' apparente moto dell' ombra terrestre passia- mo a considerarne la figura e la grandezza, permettendoci a un tempo facili e piani riflessi. Quanto alla figura dell'ombra Del Prof. Giuseppe Bianchi 447 veduta sul disco lunare parzialmente ecclissato^ essa era e si conservò sensibilmente circolare, talché se ne raccoglieva l'e- vidente prova della solidità prossimamente sferica della terra. Sopra ciò è da riflettere che la terra colla rotazione diurna girando intorno al suo asse dei poli, cangiasi continuamente la linea della sua superficie terminatrice la base del cono om- broso posteriormente al Sole; onde questa linea mantenendosi circolare , ossia mostrandosi ognor circolare la figura di una sezione paralella alla base del cono, d' uopo è che la figura generatrice dell' ombra sia una sfera. A vero dire però e ri- gorosamente parlando, supposta per converso la figura sferica della terra, la figura dell' ombra veduta sulla luna è determi- nata e nasce per l' intersecamento delle superficie di una sfe- ra e di un cono; ma quest' ultima figura ( variabile pei pun- ti di vista fuori dall'asse del cono) poco differisce dalla cir- colare e può con essa confondersi alla stima dell' occhio ; e quindi per l' eclisse lunare noi siamo propriamente e visibil- mente accertati la nostra terra essere una palla ben roton- da (i). E riguardo alla grandezza dell'ombra terrestre scor- gevasi pure immediatamente nell'eclisse l'ombra superare di molto la grandezza della luna, per essere la curvatura di quel- la più ampia e dolce che non la curvatura di questa; locchè poi era confermato dalla non breve durazione dell' ecclisse totale. Poiché dunque la grandezza del nostro globo, che pur è tanto minor del Sole, supera la grandezza dell'ombra terre- stre gettata sopra la luna , e poiché tale ombra eccede pari- menti la grandezza del disco lunare, convien dire e ammette- re che tanto maggiormente dell' ombra stessa la terra supera in volume o grandezza la luna. Qualche altra circostanza dell' eclisse l'u degna di anno- (i) Intendesi a giudizio sensibile o d' approssimazione; mentre per l'ultima esattezza sarebbe da riconoscere la fi- gura elittica dell' ombra corrisponden- temente alla sferoidica del corpo terre- stre o viceversa. Intorno a che vegga- si la citata Opera di Du-Sèjour 5§. 224 229. 448 Sopra l'Eclisse della Luna ec. tazioue. Poche stelle , e soltanto le più lucide , brillavan da prima nella volta celeste, atteso lo splendor vivo della piena luna; ma immergendosi questa nell' ombra comparivan fuori successivamente le stelle più minute, finché all' eclisse tota- le il cielo era folto di stelle d'ogni grado, come nelle notti serene prive di luna, e la via lattea pure distinguevasi chia- ramente. Non molto distante e all'oriente della luna risplen- deva Marte^ la cui chiarezza notabilmente vinceva quella del- l' aurora lunare o dell' ombra esterna, ben conformandosi tut- tavia il sanguigno lume dell' uno e dell' altra \ onde la luna pareva quasi divenuta un riverbero del vicino pianeta. Più lontano dall' altra parte, cioè all' occidente, declinava Giove, la cui luce viva e biancheggiante più presto era imitata da quella del plenilunio al principio dell' eclisse, o allorché l'e- clisse fu terminato. Col mio cannocchiale di tenue forza e di meschino ingrandimento, nel tempo dell'eclisse totale, io vi- di ancora due o tre stelle picciolissime, assai vicine alla lu- na, e delle quali una poco mancò, a mio avviso, che non ve- nisse occultata dalla luna medesima nelF emisfero superiore o boreale: né già tale stella, comecché apparentemente rin- chiusa nello spazia dell' ombra terrestre , cessò di risplende- re , e solo, all'uscir della luna dall'ombra, queste picciole stelle disparvero dal cannocchiale dipendentemente o al pa- l'agoue del lume troppo forte e vicino dalla luna ricuperato. Finalmente negli eclissi della luna, e più in quelli del Sole, fu creduto alcuna volta e sembrò a taluno di ravvisar nella parte oscura del disco lunare un punto più o meno rag- giante e lucido , che quindi s' immaginò dover esser un vul- cano della luna in attuale eruzion ignea. Per quanto io guar- dassi, durante l'eclisse, col picciolo cannocchiale anzidetto, se apparivami alcun punto luminoso della luna immersa tut- ta nell'ombra, ninno riuscii a vederne; e già d'altronde l'i- potesi dei vulcani lunari è combattuta da più gravi argomen- ti, né contro di essi può reggere. Sul disco illuminato della luna mirasi ognora brillantissimo un picciolo spazio di roton- Del Prof. Giuseppe Bianchi 449 da figura simigliante alla capella di un chiodo, e dagli astro- nomi denominato Aristarco. Io fissai 1' attenzione su di que- sto e lo vidi tuttora ful, ad adottar questi valori^ che sono la metà soltan- to di quelli che le semplici considerazioni chimiche lo avea- no prima portato a loro attribuire. Queste determinazioni dei pesi degli atomi derivate dai calori specifici, le sole che siano esenti dall'arbitrario, che, come già ho osservato, lasciano le considerazioni chimiche riguardo ai corpi che non si possono ottenere allo stato gazoso, formano uno de' più importanti ri- sultati della legge di Dulong e Petit , e dell' estensione che io ho cercato di darle nell'applicazione ai corpi solidi e li- quidi composti. 'e ' "^ ' Descriverò nella prima parte di questa memoria gli ap- 45 B Meìviouia sui calori ec. parecchi , ed i procedimenti , di cui mi sono servito per le mie sperienze, ed esporrò la maniera con cui ne ho calcola- ti i risultati: riferirò quindi questi risultati stessi, che para- gonerò con quelli trovati da altri Fisici per quelle sostanze di cui troverò, che essi già si siano occupati. Nella a.'' par- te appoggiandomi a queste osservazioni dei calori specifi- ci de' diversi corpi, tratterò delle considerazioni relative alla legge atta a rappresentare i calori specifici de' corpi compo- sti paragonati con quelli de' loro componenti , ed entrerò nella discussione de' punti di teoria atomistica connessi con queste considerazioni. PARTE I.^ DETERMINAZIONE SPEKIMENTALE DEI CALORI SPECIFICI , DE^ DIVERSI CORPI. §. i." Scelta del metodo per questa determinazione. I metodi che furono fin qui adoperati per la determina- zione de' calori specifici de' corpi solidi e liquidi sono di due specie. Essi consistono o nel misurare un effetto calorifico, sia di liquefazione, sia di riscaldamento d' una massa di sostanza data, prodotto dal calorico perduto dal corpo su cui si speri- menta, mentre questo si raffredda d'un certo numero di gradi; o nel determinare la rapidità del raffreddamento del corpo di cui si tratta per un eccesso dato della sua temperatura sopra quella dell' aria e dei corpi circostanti , prendendo le precau- zioni convenienti per rimuovere l'influenza della differenza di poter conduttore, e di facoltà raggiante. Quest' ultimo meto- do è stato particolarmente impiegato dai Signori Dulong e Petit nelle loro esperienze, che servirono di base alla legge del calore specifico degli atomi de' corpi semplici, e pare aver loro dati risultati d' una grande precisione. Ma come già ho accennato, questo metodo sarebbe stato poco conveniente Del Cav. Avogadro 4^9 alle naie esperienze. Infatti i risultati ottenuti conquesto mez- zo non sono liberati dagli errori che proverrebbero dalla dif- ferenza del poter conduttore , se non in quanto vi si adope- rano piccole masse^ per cui si può fare astrazione da questa differenza^ quando questo poter conduttore è molto conside- revole, come pei metalli, sui quali si aggirarono quasi esclu- sivamente le sperienze di Dulong e Petit; ma ciò non sareb- be applicabile a sostanze di piccolo poter conduttore, come la maggior parte di quelle , di cui io debbo qui occuparmi. Altronde la natura di queste sostanze avrebbe sempre richie- sto, per evitare T effetto della diflfei'enza di facoltà raggiante delle superficie 1' uso d' un inviluppo solido, che avrebbe an- cora complicate le basi del calcolo. Ho dunque preferta la prima maniera di procedere^, e mi sono anche attenuto, per l'effetto calorifico da misurarsi, all'ele- vazione di temperatura, prodotta in un corpo di massa, e di natura data, metodo che non richiede che operazioni sempli- ci, e osservazioni facili a farsi , e che è pure il metodo più anticamente adoperato per quest' oggetto , come da Wilke, Grawford ecc. Lavoisier e La Place hanno creduto poter so- stituire al semplice riscaldamento d' un corpo di massa data, la liquefazione d'una certa quantità di ghiaccio; ma l'uso del calorimetro che essi hanno inventato per 1' applicazione di questo principio si è trovato soggetto a difficoltà pratiche, che hanno distolto i fisici dal servirsene dopo loro nelle ri- cerche di cui si tratta. Il metodo che ho impiegato è dunque quello che è tal- volta indicato col nome di metodo delle mescolanze^ sebbene questo nome non possa rigorosamente convenire se non a corpi liquidi che si mescolano tra loro a temperature diverse. Es-so consiste essenzialmente nel riscaldare il corpo su cui si vuole sperimentare, d' un certo numero di gradi; nell'immergerlo in una massa determinata d'acqua di una temperatura conosciuta; e nell'osservare quale è il numero di gradi di temperatura com- municati all'acqua dal raffreddamento che il corpo vi subisce. Tomo XX. Mmm 46o Memoria sui calori ec. Ma per poter espeiimentare in una maniera comparabile sopra corpi diversi di cui alcuni non si possono ottenere che sotto forma polverea, altri sono solubili nell'acqua ecc. resta necessario di rinchiuderli tutti in un recipiente o vaso, che si possa chiudere in maniera, che V acqua non vi penetri. Si dee allor tener conto dell' effetto calorifico prodotto dal raf- freddamento di quest' inviluppo, il che è facile quando si co- nosca per mezzo di altre sperienze il calore specifico della ma- teria di cui esso è composto. Questa correzione è dello stes- so genere di quella che si dee pur anche applicare per Tef- fetto calorifico impiegato a riscaldare la materia del vaso con- tenente r acqua , in cui si fa il raftieddamento, per la qual correzione può sostituirsi a questo vaso col pensiero una quan- tità d' acqua equivalente, quando si conosce il suo peso, e il calore specifico della sua sostanza. Un' altra correzione , di cui si sentì la necessità fin dai primi tempi in cui si fece uso di questo procedimento, è quel- la relativa alla parte di calorico che si dissipa nell' aria , e ne' corpi circostanti , a misura che 1' acqua ed il vaso che la contiene si riscaldano; non è difficile di calcolare approssi- mativamente questa correzione in seguito a sperienze preli- minari, nel tempo che questo vaso riempiuto d'acqua aduna temperatura data impiega a raffreddarsi d' un certo numero di gradi. Ma ciò che vi ha di piìi essenziale in questo metodo consiste nel conoscere esattamente, i .° La temperatura del cor- po sottoposto alla sperienza nel momento in cui esso viene immerso nell'acqua, a cui esso dee comunicare il suo calore. a." La temperatura di quest'acqua avanti T immersione del corpo, e di nuovo al momento in cui si termina la sperienza. 3.° La temperatura a cui si trova in quest'ultimo istante il corpo, di cui si vuole determinare il calore specifico. Il primo di questi elementi può essere conosciuto con suf- ficente esattezza , tenendo per un certo tempo il recipiente che contiene il corpo su cui si opera , nell' acqua bollente ; Del Cav. Avogadro ^6i esso vi prenderà una temperatura uguale^ o poco inferiore a quella dell' ebullizione dell'acqua, a cui bisognerà solo tare una piccola diminuzione per la perdita inevitabile di calorico^ che dee succedere nel trasporto di questo recipiente dall'ac- qua bollente nell' acqua fredda che dee riscaldarsi a spese del medesimo corpo. Non è né anche difficile la determinazione della tempe- ratura dell' acqua in cui si è immerso il recipiente al prin- cipio, ed a un'epoca qualunque della sperienza; basta porre in quest' acqua un termometro a serbatojo cilindrico di di- mensioni le più piccole che sia possibile , e di osservarlo ad intervalli di tempo qualunque; la materia stessa del termome- tro dovrà considerarsi come formante parte del vaso esterno, e compresa nella correzione dovuta alla presenza ed al ri- scaldamento di questo. Quanto al terzo punto pare che in generale i fisici si siano contentati finquì di osservare il massimo d'elevazione di tem- peratura dell' acqua, e di supporre che la stessa temperatura fosse allora comune alT acqua, e al corpo, che vi si trova im- merso. Ora egli è evidente che questa supposizione non è esatta, poiché la temperatura dell' acqua cessa di crescere , quando la perdita di calorico che fa l'acqua a ciascun istan- te, in virtìi dell' eccesso della sua temperatura attuale sopra quella dell' aria ambiente, é uguale alla quantità di calorico che il corpo in essa immerso le comunica nello stesso tempo; il che suppone che la temperatura di questo corpo è allora un po' superiore a quella dell' acqua, come quella dell'acqua è superiore a quella dell' aria. Si vorrebbe forse tentare di giungere direttamente alla cognizione della temperatura del corpo, sia quando quella dell' acqua è pervenuta al suo mas- simo, sia ad un' altr' epoca qualunque in cui si giudicasse di finir la sperienza, fissando nell' interno della massa di questo corpo la palla d' un termometro; ma la massa di questo ter- mometro avendo necessariamente una grandezza comparabile, o superiore a quella del corpo medesimo, e una facoltà con- ~^ 46a Memoria sui calori ec. diittrice diversa, non potrebbe dare che indicazioni affatto in- iedeli della temperatura media del corpo a ciascun istante^ e sarebbe inoltre difficile di lare in maniera esente da gravi errori la correzione che sarebbe dovuta alla massa di questo termometro , e che aggrandirebbe eccessivamente quella già dovuta alla massa dell'inviluppo o recipiente del corpo. Egli è dunque preferibile di dedurre, per mezzo d' un calcolo ap- prossimativo la temperatura di cui si tratta dalla temperatu- ra stessa a cui 1' acqua è giunta nel suo massimo riscaldamen- to, avuto riguardo alle circostanze stesse in cui si opera; tan- to più che la differenza di temperatura tra il corpo, e l'acqua in quest' istante non può essere molto considerevole , se, co- me ciò succede generalmente in queste sperienze, la massima temperatura dell' acqua non è ella stessa molto elevata al di- sopra della temperatura dell' aria. Indicherò qui appresso i principii che ho seguiti per questo calcolo approssimativo , come pure per le altre correzioni di cui ho sopra richiamata la necessità; ma comincierò a descrivere I' apparecchio di cui mi sono servito, e la maniera con cui ho operato. . §. II." Descrizione deW apparecchio e maniera di servirsene. Il piccolo vaso o recipiente di cni ho parlato, destinato a contenere le sostanze che si pongono in esperienza è rap- presentato in ABGD , a un dipresso di grandezza naturale , esso è cilindrico, di altezza alquanto maggiore del diametro , e costrutto di sottil lamina d' ottone ; è intieramente aperto superiormente, e l'orlo del suo orifizio è guernito d'un anel- lo piano pur d'ottone. Accanto a quest' anello in tre luoghi del suo contorno, sono fissate tre piccole viti maschie, spor- genti al disopra di esso, a, a', a . La lastra d'ottone EFG ben piana, circolare, ma con tre appendici in E, F, G in cui essa è traforata da tre fori b , b\ b" , può apphcarsi esatta- Del Cav. Avogadro 4^3 mente sull' annello piano del vaso ABCD , lasciando passare pei fori le viti a, a!, o", sulle quali si fanno entrare al diso- pra le tre chiocciole e , c^ e". Frapponendo tra la lastra e l'orlo del vaso un disco di pelle sottile bagnata od inoliata, e traforata essa pure ne' luoghi corrispondenti alle tre viti , e stringendo sopra della lastra le tre chiocciole^ si può chiu- dere esattamente il vaso dopo avervi introdotta la sostanza su cui si vuole sperimentare, e togliere ogni accesso all'acqua in cui esso dee immergersi. La lastra in mezzo della sua lac- cia superiore ha un piccolo gambo piano e per cui si può prendere con mollette , onde estrarre il vasetto dall' acqua bollente, e trasportarlo nel vaso contenente l'acqua a cui dee comunicare il suo calore. Il vasetto è guernito al dissotto di tre piedi di lastra d' ottone^ che lo tengono alquanto solleva- to al disopra del fondo del vaso esterno in cui s'immerge. Questo vaso esterno HILM , che dee contener V acqua alla temperatura ordinaria^ è anch'esso formato di lamina sot- tile d' ottone, ed ha un diametro e un' altezza tale^ che im- mergendovi il vasetto, questo vi resti circondato da ogni par- te d' uno strato d' acqua di circa un centimetro di grossez- za, e che l'acqua elevandosi affatto vicino all'orlo HI copra intieramentre le tre chiocciole e, e, e", che si trovano sopra al coperchio del vasetto. Questo vaso esterno è anch'esso so- stenuto da tre piedi che l'impediscono di toccare col suo fon. do la tavola su cui si posa. S' immerga nell' acqua di questo vaso avanti la sperien- za un piccolo termometro a mercurio RS, con serbatojo ci- lindrico, e che ha la scala sopra una lamina sottile d'ottone tra. forata nel luogo del serbatojo, affinchè questo sia circondato dall' acqua da ogni parte. Questo termometro si applica ver- ticalmente alla parete interna del vaso, come si vede nella fi- gura, in maniera che quando vi sarà immerso il vasetto ABCD, il serbatojo si trovi tra questo , e le pareti del vaso esterno, estendendosi per un' altezza a un dipresso uguale a quella del vasetto stesso. Si è segnata interiortnente al dissotto dell' or- 464 Memoria sui calori ec. lo del vaso esterno una linea PQ tutt' all' Intorno, sino alla quale si è verificato antecedentemente, che esso dee riempier- si d'acqua^ perchè immergendovi il termometro, e quindi il vasetto, r acqua si elevi, come si è detto sino quasi all'orlo, cioè alla distanza di circa un millimetro. Il calcolo delle sperienze richiede che si conosca il peso sia dell'acqua contenuta nel vaso esterno, sia del vaso esterno stesso, e del vasetto col suo coperchio, e chiocciole, e pelle frapposta, e che si riduca il peso di questi vasi al suo equi- valente in acqua, secondo il calore specifico conosciuto del- l' ottone prendendo per vinità quello dell' acqua. Conviene pure conoscere i pesi delle diverse parti del termometro, cioè del suo serbatojo e tubo di vetro, del mercurio che vi è contenuto, e della scala d'ottone, e ridurre anche questi pesi al loro equivalente in acqna. I pesi di queste diverse parti, e i loro equivalenti in ac- qua neir apparecchio che io ho adoperato si trovarono i se- guenti. Peso del vaso esterno co' suoi piedi, in ottone, grammi 46,34; moltiplicando per 0^096 calore specifico dell'ottone, si ha 4^'"") 4o P^l S'^o equivalente in acqua. Peso del vasetto co" suoi piedi, viti, coperchio, e chioc- ciole i()S'^"*^(,8^ che moltiplicati per 0,095 danno iS'^"',8'^ per l'equivalente in acqua. Ho trovato il peso medio del disco di pelle bagnata od inoliata , che bisognava cangiare in tutte le sperienze, circa QgrflTO^ 6, che ho creduto poter considerare come avente per intiero lo stesso calore specifico dell' acqua. Mi sono assicu- rato inoltre con esperienze preliminari che non si poteva e- strarre rapidamente il vasetto dall'acqua bollente, e traspor- tarlo nel vaso contenente l'acqua fredda, senza portar via con esso, aderente alle sue pareti e appendici prominenti, una quantità d'acqua di circa un grammo di peso; onde conviene aggiungere al peso del vasetto, ridotto in acqua is''^"',6, e così portarlo in tutto a 3s <»™ , 47? od in numero tondo a Del Cav. Avogadro 4^5 Il peso del termometro intiero colla sua scala si è trova- te di 43*'^"'", 33: e con un calcolo approssimativo fondato sul volume di ciascuna parte ho valutato su questi /^ds'"'^, SS, il peso della scala d'ottone a aS^'"'''", 5, quello del tubo col serba- tojo di vetro a 6s""^,6y; e quello del mercurio in esso contenu- to a lig'''"^^ 16. Il calore specifico dell'ottone essendo sup- posto 0,095 come sopra; quello del vetro 0,188, e quello del mercurio o, 029, si ha per l' equivalente di queste tre parti del termometro in acqua: Per la scala d' ottone a5;,5o. 0,095 = 2, 4^ Pel tubo, e serbatojo 6^67. e, 188 =1, a5 Pel mercurio ' 11^,16. 0,029 =0, 82 Totale 3, 99 e cosi in tutto a un dipresso 4 grammi. Ma bisogna osserva- re che la metà circa del peso del termometro cioè il tubo , ed una gran parte della scala restano fuori dell'acqua neire- sperienza; se si suppone per approssimazione che questa me- tà non prende che la metà dell' eccesso di temperatura sul- r aria ambiente, a cui giunge l'acqua del vaso riscaldata dal corpo che vi s' immerge, si avrà circa un quarto dell'accen- nata quantità a sottrarre , e così il numero di grammi d' ac- qua, a cui si può paragonare il termometro in questa circo- stanza, è di tre grammi soltanto. Queste approssimazioni po- trebbero riputarsi un po' arbitrarie; ma conviene osservare che esse non cadono che sopra quantità che formano esse medesime una piccola porzione soltanto della massa d'acqua contenuta nel vaso, e alle quali non si ha riguardo che per modo di correzione. Aggiungendo adunque questi tre grammi ai 454*^ equiva- lenti della sostanza del vaso esterno in acqua, si hanno 7,40 per r equivalente in acqua, del peso del vaso, e Jel termo- metro presi insieme, e da unirsi col peso dell'acqua che il va- so contiene. • ■ < ■ 466. Memoria, sui calori ec. Questo peso dell' acqua contenuta nel vaso riempiuto si- no al livello di cui sopra si è parlato, si è trovato di i4o^'''"", 12,; aggiungendovi li 7^'"'"", 40 si ha 147^'''''", Sa , ossia 147 gram- mi e mezzo pel peso totale d'acqua equivalente a tutta la massa, che nelle nostre sperienze si riscalda a spese del va- setto, e della sostanza che vi è contenuta. Nelle sperienze di cui si tratta bisogna riempiere il va- setto sino all'orlo, della sostanza di cui si vuole determinare il calore specifico, comprimendola se polverea, in maniera da farvene capire la maggior quantità possibile , assicurarsi con una pesatura del peso di questa quantità introdotta, chiude- re r orifizio del vaso col suo coperchio , pelle umida od ino- liata, e chiocciole, come sopra si è detto , e tenere quindi il vaso per un tempo sufficiente in un altro vaso pieno d'acqua in ebullizione, perchè vi prenda esso medesimo, colla sostan- za che vi è contenuta la temperatura dell'acqua bollente, o almeno una temperatura prossimamente fissa. Io mi sono con- vinto con esperienze preliminari, in cui io introduceva nel centro del vasetto riempiuto d'una sostanza qualunque la pal- la d' un piccolo termometro senza scala, di cui il tubo spor- geva fuori del coperchio attraverso ad un turacciolo di sove- ro adattato ad un foro del coperchio medesimo ( che io ado- perava allora in vece del coperchio ordinario ), che anche met- tendo il vasetto neir acqua avanti di riscaldarlo, e lasciando- velo immerso sino all' ebullizione di questa, la temperatura della sostanza diffìcilmente giungeva anche dopo un tempo notabile di continuata ebullizione a 100" G giusti, cosicché nelle circostanze ordinarie delle mie sperienze si poteva sup- porre questa temperatura, al momento in cui io estraeva il vasetto, di due o tre gradi inferiore a quella deirebullizione. Per altra parte ho trovato per mezzo di altre sperienze, che si dovea pur calcolare a due o tre gradi la perdita di tempe- ratura del vasetto, nel breve intervallo di tempo richiesto pel trasporto del medesimo dall' acqua bollente in quella del va- so esterno dell'apparecchio, onde si potea senza error sensi- Del Cav. Avogadro 4^7 slbile supporre, per una media, che la temperatura del vaset- to e della sostanza posta in esperienza, l'osse di gS" G al mo- mento della sua immersione. La temperatura dell' acqua del vaso esterno al momento che vi s' immergea il vasetto, era determinata, come ho già detto dal piccolo termometro che vi stava dentro. Io aveva cura di versar 1' acqua nel vaso , e mettervi il termometro qualche tempo avanti la sperienza, perchè la temperatura si equilibrasse bene tra l'acqua, le pareti del vaso, ed il ter- mometro. Alcune volte la temperatura dell'acqua era rjuella stessa dell' aria ambiente: ma non avrei potuto astringermi a soddisfar sempre a questa condizione, se non lasciando lunghis- simo tempo il vaso ripieno d'acqua esposto all'aria della came- ra in cui operava. Nella maggior parte de' casi la temperatu- ra dell' acqua differiva di uno a due gradi da quella dell' a- ria, a cui essa era ordinariamente inferiore, sopratutto nell'e- state; la correzione per la dissipazione del calore nel tempo della sperienza, di cui parlerò qui appresso, richiedeva allora che si conoscesse separatamente la temperatura iniziale del- l'acqua , e la temperatura attuale dell'aria; io notava dun- que r una e 1' altra; quest' ultima non variava sensibilmente nella durata della sperienza , che non eccedeva in generale un quarto d'ora o venti minuti, e a tal fine io non portava il fornellino in cui faceva bollir l'acqua, nella camera del- l' esperienza, se non al momento in cui dovea estrarre il va- setto dall'acqua bollente, e ne lo faceva portar via subito dopo quest' estrazione. Fatta r immersione io notava di minuto in minuto la tem- peratura indicata dal termometro collocato nel vaso esterno ; questa temperatura saliva da principio rapidamente, poi mol- to lentamente, ed essa giungeva ordinariamente dopo o o io minuti al suo massimo , che era al più di 7 od 8 gradi al di- sopra della temperatura iniziale nelle sperienze in cui l'effet- to calorifico del corpo impiegato era il più grande. La deter- minazione dell'istante di questo massimo, necessaria per la Tomo XX. Nnti ^68 Mejiouia sui calori ec. correzione dovuta alla dissipazione del calore nelParia, si faceva prendendo il mezzo tra i due tempi in cui la temperatura si trovava sensibilmente la stessa, avanti e dopo il massimo. Sic- come il termometro restava verso il tempo di questo massima sensibilmente stazionario per alcuni minuti, si avea il tem- po di osservarlo molto esattamente. Io terminava la sperien- za tosto che il termometro era visibilmente in istato di at- tuale abbassamento. Il calcolo della correzione per la dissipazione del calore del vaso esterno e dell' acqua, pendente 1' esperienza, richie- deva, che oltre ai dati precedenti si conoscesse il rapporto tra la perdita di calorico che si faceva dall' apparecchio a cia- scun istante, e l'eccesso attuale della temperatura del vaso e dell' acqua sopra quella dell'aria e de' corpi circostanti. Da sperienze fatte separatamente per tale oggetto , e in cui per operare nelle stesse circostanze delle sperienze sul calore spe- cifico, ho fissato nell'interno del vaso dell'apparecchio pieno d' acqua, e col suo termometro il vasetto chiuso , ma vuoto d'ogni sostanza, mi risultò che la perdita di temperatura neir apparecchio era di o°, 0204. C in un minuto ossia di ©°, 00034 C, in un minuto secondo per ogni grado di ecces- so della sua temperatura sopra quella dell'aria, e de' corpi circostanti ; che quindi per avere la perdita di temperatura del vaso, e dell' acqua contenuta ad una temperatura di ele- vazione abbastanza piccola, ed in un intervallo di tempo ab- bastanza breve, perchè il suo eccesso di temperatura sopra quella dell' aria ambiente si possa considerare come costante in quest' intervallo di tempo, e rappresentato dalla media tra l'eccesso iniziale e l'eccesso finale, bisognava moltiplicare 0,00084 P^l numero di secondi di quest' intervallo di tempo, e pel numero di gradi che esprime quest' eccesso medio. Oltre r appareccliio sin qui descritto ne ho anche fatto costruire un altro dello stesso genere, ma di forma alquanto diversa , destinato principalmente a sperimentare sopra alcu- ne sostanze dotate d'un calore specifico troppo piccolo, avu- Del C\v. AvogadrO' 4^9 to riguardo al peso che il vasetto dell' apparecchio preceden- te potesse contenerne , per ottenerne risultati di qualche e- sattezza. Le dimensioni di questo nuovo apparecchio sono a un dipresso doppie del precedente, e la quantità di materia ehe può contenersi nel vaso interno è più considerevole re- lativamente^ sia alla materia di questo vaso, sia alla quantità d'acqua contenuta nel vaso esterno. Il vaso interno, in vece di esser chiuso con una lastra a viti , è una specie di fiasco cilindrico di sottil lamina d' ottone guernito di un collo di cui si ottura 1' orifizio con un semplice turacciolo di severo, il che ne diminuisce di molto il peso relativamente alla sua capacità. Ho fatto per quest' apparecchio determinazioni ana- loghe a quelle sovra indicate pel primo , sia del peso delle diverse parti, sia dell'acqua contenuta nel vaso esterno, sia finalmente della rapidità della dissipazione del calore per un dato eccesso di temperatura. Ho fatto poco uso di questo secondo apparecchio per le sperienze che formano l'oggetto di questa memoria: me ne sono perù servito particolarmente, come si vedrà a suo luogo, per alcuni saggi sul calore specifico del ghiaccio relativamen^ te a quello deir acqua. S. III. Calcolo delle sperienze e correzioni ad esso relative. Il calcolo del calore specìfico d' un corpo qualunque sa- rebbe assai semplice, se le esperienze ci dessero immediata- mente il riscaldamento che è prodotto in una data massa d' acqua dalla qualità di calorico perduta dal corpo di cui si tratta, anch'esso di massa data, mentre esso si raffredda d'un certo numero di gradi; ma il vaso e l'acqua che vi si contiene perdono continuamente , a misura che si riscaldano a spese del corpo che vi si è immerso, una parte del calorico che ricevono, disperdendolo nell'aria e ne' corpi circostanti; e /^'^o Memoiiia. sui calori ec. quanto al corpo sul quale si sperimenta, se, come abbiamo veduto, è possibile di conoscere approssimativamente la sua temperatura al momento dell' immersione, non è ugualmente facile il determinare quale sia la temperatura a cui esso si trova ridotto al momento in cui si finisce la sperienza;, o, se- condo la nostra maniera d'operare, al momento in cui l'acqua è giunta al massimo grado di temperatura che questo corpo le può comunicare Tuttavia questa temperatura non può ecce- dere di molto quella stessa dell'acqua al suo massimo, la qua- le non è essa medesima, nelle circostanze in cui operiamo , elevata che di pochi gradi al disopra di quella dell'aria am- biente, e comunemente viene anzi risguardata nel calcolo di (lueste sperienze come uguale a quella dell' acqua; ma come già ho accennato, anche questo abbisogna d' una correzione. Io indicherò qui I' andamento del calcolo che ho creduto poter seguire , per dedurre dai risultati immediati delle spe- rienze il calore specifico delle sostanze esaminate, avendo ri- guardo, almeno in una maniera approssimata , a tutte le in- dicate circostanze. Supporrò dapprima.; per maggior semplicità dei ragiona- namenti, che la temperatura iniziale dell'acqua in cui il cor- po si immerge sia la stessa che quella dell' aria, e de' corpi circostanti nel luogo in cui si la l'esperienza ; ritornerò quin- di alla modificazione che la mancanza di questa condizione dee arrecare ai nostri calcoli. Sia dunque T 1' eccesso della temperatura del vasetto contenente la sostanza posta in esperienza , e di questa so- stanza stessa sulla temperatura iniziale dell' acqua del vaso in cui s'immerge, e per conseguenza nella nostra attuale sup- posizione, anche sopra quella dell'aria, al momento dell'im- mersione; per abbreviare indicherò questi due vasi coi nomi di vaso A e vaso B. Sia inoltre T' il massimo di eccesso di temperatura che l' acqua del vaso B ha acquistato al disopra di quella dell' aria, nell' esperienza, e £ il tempo espresso in secondi che essa ha impiegato a giungervi, dopo che il vaso Dei, Cav. Avogadro 4?^ A vi è stato immerso. Si tratta primieramente di sapere ap- prossimativamente quale sarebbe stato 1' eccesso di tempera- tura acquistata dall'acqua, se la quantità di calorico che il corpo A le ha fornito vi fosse stata ritenuta per intiero sen- za dissiparsi, mentre reahiìente il vaso B ha dovuto perdere del calore pel contatto dell'aria, e pel rapgianiento verso i cor- pi circostanti, a misura che si riscaldava Siccome non si trat- ta qui che d' una piccola correzione, si può supporre per ap- prossimazione che questa perdita sia uguale a quella che a- vrebbe avuto luogo, se l'acqua ed il vaso che la contiene avessero avuta, per tutto il tempo t l'eccesso di temperatu- ra 5 T ., medio tra 1' eccesso iniziale T, e l'eccesso finale T'. Ora per mezzo d'una sperienza preliminare si può sapere qual è la diminuzione di temperatura, che il vaso B e l'acqua pro- vano in un secondo di tempo per ciascun grado di eccesso di temperatura sopra i corpi circostanti. Si è veduto, che pel nostro apparecchio per esempio , questa diminuzione è di 0,00084 di grado centesimale; indicando questa quantità colla lettera a , avremo dunque nel nostro caso, per 1' eccesso me- dio \ T' di temperatura, supposto costante, una diminuzione di I aT' per secondo, e conseguentemente di \ alt nel nu- mero t di secondi, che l'esperienza ha durato. Se dunque non fosse accaduta la dissipazione del calore nell'aria, l'ec- cesso di temperatura acquistato dall' acqua osservato solo di T', sarebbe stato di ' T' -4- i aTt ossia T{i -^lat). Per calcolare ora approssimativamente 1' eccesso di tempera- tura del vaso o corpo A al fine della sperienza sulla tempe- ratura dell' acqua del vaso B, eccesso che, come abbiamo detto , r osservazione non ci dà immediatamente , considere- mo, che al fine dell'esperienza, epoca del massimo di tem- peratura acquistata dall' acqua, il corpo dee fornire all'acqua in un tempo piccolissimo, come per esempio in un secondo, ^j^ Memoria sui calori ec. «na quantità di calorico tale da riscaldarla d' una quantità uguale a quella di cui si raffredda in virtù dell' eccesso ti- naie T' delia sua temperatura finale sopra quella dell' aria ambiente, cioè da riscaldarla di aT in un secando. Si tratta dunque di determinare 1' eccesso di temperatura che il cor- po A dee avere sopra quella dell'acqua, perchè ciò succeda. Chiamiamo T" l'eccesso finale della temperatura del corpo A sopra quella dell' aria^ e per conseguenza T" — T' l'eccesso che- si vuol determinare della temperatura del corpo sopra quella dell' accjua, 1' eccesso iniziale di temperatura dello stesso cor- po sopra quella dell' acqua o dell' aria essendo T, e l'ecces- so finale del medesimo sopra quella dell'acqua T"— T', si può> considerare per approssimazione l' eccesso medio della tempe- ratura del corpo sopra quella dell'acqua in tutta la durata t dell' esperienza, come espresso da , ed in questa circostanza il corpo ha dato all' acqua una quantità di ca- lorico tale da riscaldarla in tutto , secondo quello che si è detto, di T'-t-2 al't, d' onde segue che con questo stesso ec- cesso di temperatura la avrebbe riscaldata di — | — in un secondo di tempo. Per sapere adunque qual è l'eccesso di temperatura T" — T' che il corpo dee avere sull'acqua per ri- scaldarla di aV in vin secondo, bisogna fare la proporzione- T-ì-laTt . rj,- . . T-t-T"— T' . rpr,_,j„. * ' ' * a '- . '^ d' &nde che si riduce a 2.-^at i — 1 — —, vale a dire , secondo quest' approssimazione 1' eccesso della temperatura restante nel corpo A al disopra della temperata- Del Cav. Avogadro 47^ ra finale dell'acqua, è la stessa porzione dell'eccesso inizia- le T del corpo, che la perdita di tennperatura dell' acqua nel- l'aria^ pendente la sperienza^, lo è dell'eccesso finale T' del- l' acqua sopra l'aria. Questa quantità - — è quella che si tra- scura quando si suppone la temperatura finale del corpo ugua- le a quella dell' acqua. Da questo valore di T" — T' si ha subito quello di T" os- sìa dell'eccesso finale della temperatura del corpo sopra quel- la dell' aria, cioè T"= — -h T'. Secondo questo valore di T", la perdita di temperatura T t •che il corpo A ha fatta è uguale a T — T' — - — . Abbiamo veduto che l'aumento di temperatura che l'acqua avrebbe preso per la stessa quantità di calorico, se niuna porzione se ne fosse dissipata nell' aria, sarebbe stata T-^-^aTt. È facile dedurre da questo il calore specifico del corpo prendendo per unità quello dell' acqua j supponendo primieramente per un momento che il vaso A e la sostanza in esso contenuta non fosse che una sola massa di quest' ultimo, senz'alcun invilup- po, supponendo altronde il sistema del vaso B, dell'acqua in «sso contenuta, e del termometro che si è immerso, già rap- presentato per intiero dal suo equivalente in acqua nella ma- niera che sopra l'abbiamo indicato pel nostro apparecchio. Sia per questo m la massa supposta nota del corpo , prendendo per unità questo equivalente del sistema del vaso B in acqua, ■e e il calore specifico cercato del corpo prendendo per uni- tà quello dell'acqua. La quantità di calorico necessaria per produrre l'aumento di temperatura T-\-{aTù nella quantità d' acqua così presa per unità, sarà rappresentata da questo au- mento medesimo di temperatura, e la quantità di calorico ne- cessario per riscaldare il corpo di cui si tratta di T — T' ossia quella che questo corpo ha dovuto perdere per raffred- 474 Memoria sui calori ec. darsi di questa quantità, saràiT — T — -^— ^J/^zc. Dunque, u- guagliando queste due quatità si avrà d' onde / T— T'— -Sii) me = T'-i-iaTV, ^ m(T— T'— iaXi) m{T{i—iat)—V) Se si fosse fatta astrazione dalla perdita di calorico fat- ta dall' acqua nel corso della sperienza, e si fosse inoltre con- siderata la temperatura finale del corpo come uguale a quel- la finale dell'acqua, cioè T"= T', si sarebbe avuto semplice- mente c= — = — ^177-; e se si fosse bensì fatta la correzione per la perdita di temperatura , ma supponendo ancora la tempe- ratura finale del corpo uguale a quella dell' acqua , si sareb- be avuto e = tr^" ..r • Si vede che in quest' ultimo caso si m( 1 — i ) '■ sopprime il termine negativo ^ aTt dato dalla nostra appros- simazione nel denominatore del valore di e j il che aumenta questo denominatore, e diminuisce per conseguenza il valore di e; la supposizione di T"= T' dee dunque dare in generale valori di e troppo piccoli per le diverse sostanze. Nel caso delle nostre esperienze il corpo riscaldato im- merèo nell'acqua del vaso B non è semplicemente il corpo, di cui si vuol determinare il calore specifico, ma la riunione di questo corpo col vasetto d'ottone che gli serve d'invilup' pò , e di cui abbiamo qui sopra determinato 1' equivalen- te della massa in acqua, nel nostro apparecchio. E facile l'idurre questo equivalente ad aver per unità la massa in- tiera dell'acqua del vaso B, compreso l'equivalente del vaso stesso , e del termometro in acqua , dividendolo per que- sta massa . Cosi nel nostro apparecchio la massa del va- setto valutata in acqua^ compresa la pelle umida od inoliata Del Cav. Avogadro 4?^ frapposta tra il coperchio e l' orlo del medesimo essendo 3^^'^'*'", 5 e quella del sistema flel vaso B i47°'"'"5 5, la mas- sa di cui si tratta diviene • — ~ = 0^0287, espressa in quel- la unità. Chiamando M questa massa cosi ridotta, e di cui il calore specifico è anche supposto uguale all' unità^ e rite- nendo m per la massa del corpo contenuto nel vasetto^ e che è l'oggetto della sperienza, e e pel suo calore specifico, bi- sognerà sostituire tcc-hM ad me solo nelle espressioni prece- denti. Quindi si avrà mc = -^EJ±ti:L M, ec= i:±H. .__m Tale è la formola assai semplice, con cni si può calcola- re per approssimazione il calore specirico de' corpi^ dai risul- tati delle nostre sperienze. Tuttavia, siccome la supposizione che l'eccesso medio della temperatura del corpo sopra quel- la dell' acqua nel corso della sperienza , sia la media aritme- tica tra l'eccesso iniziale T e l'eccesso finale^ supposizione che ci ha servito di base pel calcolo di quest'eccesso finale^ potrebbe parer qui un'approsimazione insufficiente, trattandosi d'un eccesso di temperatura, che al principio è molto conside- revole relativamente a ciò che esso diviene al fine, ho cercato un'altra maniera di calcolare quest'eccesso finale^ che si appros- simasse pili al vero, non ritenendo la supposizione indicata che p-^r la correzione della temperatura acquistata dall'acqua, ed ecco l'analisi che ho seguita per questa nuova approssimazione. Sia j il valor generale , cioè per un istante qualunque , dell'eccesso di temperatura del corpo sopra quella dell'acqua, cosicché T sia il valore iniziale di / e T"— T' il suo valor filiale. Supponendo la temperatura dell'acqua costante, e me- dia tra r iniziale e la finale , cioè il suo eccesso sulla tem- peratura iniziale della medesima uguale, come sopra, ad ^T, la l'ugge di y relativamente al teiMpo, che dee essere almeno Tomo XX. . Ooo 476 Memoria sui calori ec. approssimativamente quella conosciuta sotto il nome di legge di Newton, rappresentando in generale per x il tempo , che qui ha per valor iniziale o, e per valor finale t, sarà espres- sa, servendosi dei logaritmi neperiani dall'equazione ■ ■ log. 7 = log.(T-iT')-Z.x, b essendo una costante, che noi supporremo per ora ignota, dipendente dalla natura del corpo impiegato nell'esperienza. Intatti secondo la legge differenziale di Newton, la perdita di temperatura in un elemento di tempo dx essendo proporzio- nale all' eccesso attuale di temperatura, è espressa da b/dx, ossia si ha per la variazione di quest'eccesso, dy = — bydx ^ onde — = — bdx, e integrando \og.y=. — bx-^co?,t. Nel no- stro caso poiché 7 = T — ^T' quando a=:o, si ha log.(T — ^T') pel valor della costante, il che dà l'espressione indicata di di log.j. Quest' espressione può mettersi sotto la forma e indicando la base dei logaritmi neperiani. Per aver ora l'ec- cesso medio della temperatura del corpo sopra quella dell'ac- qua, ossia il valor medio di / in tutta la durata dell' espe- nenza, conviene integrare la quantità (e ) dx aa. x=zo, sino a x = t, e dividere l'integrale per ti valor finale di X. Rappresenteremo per abbreviare questa quantità da in- tegrarsi con e . dx, facendo cioè A = log.(T — | T'). Ora ' '■• k—hx A — J a; A,— i)a: '■'■■' , ... J e dx=ie J (e ) dx=.e . Lf ■+■ cost. log.e I h—lx : ^^ , 'I =— T-e -H cost. a Quando x=c, quest'integrale diviene 1- e -t- cost. la co- Del Cav, Avogadro 477 stante è dunque -t- -|- e ^ e l'espressione generale, dell'i nte- graie che dee cominciar da questo puntOj diviene -^(e —e ); facendovi x=t si ha per l' integrale compiuta cercata T A A — bt . . -T- (e — e ), o rimettendo il valore di A , , log-(T-èT') log.(T-il')-if T (« —^ ) ossia I log.(T-iT') log.(T-iT') e I che si può mettere sotto la forma JL(T; 1 x')|i l ^\ 6 > '^ V numero(log.:=èi)/ i logaritmi essendo sempre neperiani. Quindi l'eccesso medio della temperatura del corpo sopra quella dell'acqua del vaso esterno sarà — rf-l' — numdo —'>t)ì^^^ poiché con questo ec- cesso medio il corpo ha riscaldato l'acqua di T-i-^aT't in t se- condì ; ossia di — per ciascun secondo , si avrà , come sopra, l'eccesso in virtù di cui dee riscaldarla di al' per cia- scun secondo, cioè l'eccesso finale T"— T', per mezzo della proporzione ;;- T"— T'= "<'^~''^') / 1 I \ " b[i-i-iat) y a\im.(log ^bt)J ' d' onde In quest' espressione dell' eccesso finale di temperatura del corpo sull' acqua, il coefficiente è è la sola quantità che 47^ Memoria sui calori ec. resti ancora indetonainnta; ma di questo coefficiente si può ot- tenere dalle circostanze stesse, della sperieiiza un valore ap- prossimato, almeno in funzione dell'eccesso medesimo T" — T', per mezzo della considerazione seguente. Poiché r acqua in virtù dell' eccesso finale T" — T' del corpo suir acqua , si riscalda di di' in un secondo , a spese del corpo , se si chiama m , coiae sopra la massa del corpo , supposto dapprima senxa inviluppo, prendendo per unità quel- la dell'acqua del vaso C, compreso l'equivalente in acqua del vaso stesso^ e del termometro, e e il suo calore specifico ancora incognito, prendendo per unità quello dell' acqua , il corpo si raffredderà per la perdita di questa stessa quantità di calorico che riscalda l'acqua, di — — in un secondo, e ciò come si è detto per un eccesso di temperatura T"— T' del corpo sull'acqua. Dunque si avrà "_ pel raiìredda- mento del corpo , che avrehbe luogo in virtù d'un ecces-o di temperatura del primo cioè pel valore di b, questo coefficien- te altro non essendo che 1' espressione della perdita di tem- peratura che il corpo dee fare quando /=[ , in un'unità di tempo abbastanza piccola perchè l' eccesso di temperatura vi si possa considerare come costante. Sostituendo questo valore di b nell'espressione sopra tro- vata di T'— T', si avrà per determinare T" — T' l'equazione l \ Fi "T* 1 / ovvero , toglieudo il fattor comune T" — T', e colle ricliieste trasformazioni. uum.' l\0 > > Ho fatto dapprima alcune sperienze nel piccolo apparec- chio ordinario sopra nero di fumo, che era stato fortemen- te ;, e per lungo tempo calcinato in un crogiuolo coperto , a caler rovente, e che ho ancora esposto ad un calore poco in- feriore al caler rosso avanti di racchiuderlo nel vasetto^ per cacciarne via tutta 1' umidità igrometrica che avesse potuto assorbire. Ma non ne ho potuto far capire nel vasetto, in ra- gione della forma di polvere leggerissima che esso presenta- va, se non circa sette, grammi, e mi accorsi ben presto che con questa piccola quantità di materia il menomo errore com- messo sul calore totale fornito dalla riunione della sostanza, e del vasetto che la conteneva , e che non era indicato che da un riscaldamento di due gradi circa dell'acqua del vaso esterno, ne cagionava una troppo considerevole relativamente alla sostanza stessa, perchè si potesse trar qualche partito da questa sperienza per la determinazione di cui si tratta. Perciò mi son rivolto a sottopporre all' esperienza nello stesso apparecchio un'altra varietà di carbone , di cui potea contenersi un peso molto piìi considerevole nel vasetto del me- desimo. Questo era carbone animale preparato per la scolora- zione delle soluzioni di sostanze organiche , e che era stato spogliato dalle sostanze terree, coli' azione dell'acido idroclo- rico; questo carbone era come in minuti granellini e non in polvere leggieraj l'ho fatto anch'esso disseccare prima d' in- chiuderlo nel vasetto, che se ne trovò contenere i8 grammi circa. L'esperienza calcolata nella maniera indicata nel 5 pr^- cedente, e in cui si ebbe un aumento di temperatura dell'ac- qua del vaso esterno di quasi tre gradi e mezzo diede pel calore specifico di questo carbone 0,279 prendendo per uni- tà quello dell' acqua: questo sarebbe alquanto più di quello che ha trovato Crawford; ma è possibile che il carbone che 49^ Memoria sui Calori ec. ho adoperato non fosse stato esposto ad una incandescenza abbastanza prolungata per ispogliarlo di tutto l'idrogeno, ed azoto della sostanza animale da cui era stato estratto. Quindi Ilo creduto dover fare un'esperienza anche sul grafite^ ininei'ale che pare in oggi ben riconosciuto per una semplice mescolanza di materia carbonosa , e di ferro metal- lico in istato di grande divisione. 11 grafite che ho adoperato era d' un bigio metallico, e di apparenza ben omogenea. L'ho sbricciolato in piccoli pezzetti per metterlo nel vasetto dell'ap- parecchio, che se ne trovò contenere Sa grammi. Il risultato dell' esperienza calcolato sempre nella stessa maniera diede o,a4o pel calore specifico. Se ammettendo questo risultato si suppone che il grafite sia un miscuglio di 0,9 di carbone, e 0,1 di ferro circa (che è quello che danno a un dipresso le analisi conosciute di questo minerale ), siccome il calore spe- cifico del ferro è circa 0,11 , chiamando x quello del carbo- ne si avrà Ojg.a;-+-OjO] i=o,a4o? d'onde si deduce x:^.o.,^t>^. Questa determinazione è tanto prossima al risultato di Graw- ford sul carbone, e a quello che ci ha dato il carbone anima- le, quanto si poteva aspettare da una semplice approssimazio- ue sulla natura del nostro grafite. Gadolin ( dissertatio che- mico-physica de theoria caloris corporum specifici. Ahone 1784. Cito quest' opera, e i risultati che vi si contengono secondo r indicazione che se ne trova nel Trattato di Fisica di Su- chow, traduzione Italiana , non essendomi potuto procurar la lettura dell' opera stessa originale ) non avea trovato pel ca- lore specifico del grafite, se non o,i83: ma probabilmente es- so avrà esaminato grafite impuro ^ e mescolato di granelli di ferro in eccesso, che hanno dovuto abbassarne il calore spe- cifico. Secondo queste sperienze non pareva più dubbio che il calore specifico del carbone puro non fosse prossimamente la quarta parte di quello dell'acqua, quale Crawford l'avea in- dicato pel carbone da lui esaminato. Io desiderava tuttavia di verificare ancora questo risultato sopra carbone vegetale Del Cav. Avogadro 499 quale è quello tratto dal nero di fummo. Ricorsi a tal fine all'altro appareccliio più grande ;, di cui ho parlato al fine del § IL", per mezzo del quale io poteva operare sopra un peso di questo carbone sufficiente , relativamente alla massa dell'inviluppo o vaso che lo dovea contenere, e a quella del- l' acqua del vaso esterno, perchè il risultato dovesse presen- tare qualche esattezza, non ostante la leggerezza di questo carbone polvereo. Ho impiegato carbone di nero di fummo preparato come sopra con forte e lunga calcinazione in vaso chiuso. La media di due sperienze ben d'accordo tra loro, e che ho calcolate relativamente a quest' apparecchio colle stesse correzioni, e cogli stessi metodi che ho indicati pel pic- colo apparecchio (i), mi ha dato o,2,35 pel calore specifico di questo carbone. Se si volesse prender la media tra questa de- terminazione, e quella ottenuta dal carbone animale 0,279, si avrebbe 0,3.57. Pare adunque ben comprovato dalle sperienze di Craw- ford e dalle mie, che il calore specifico del carbon puro, qua- le si ottiene dalle sostanze vegetabili , ed animali, e quali si trova anche nel grafite^ è circa o,a5 prendendo per unità quello dell' acqua. Avrei desiderato di poter fare sperienze anche sul calo- re specifico del diamante ■■, sarebbe stata in fatti cosa curiosa il vedere se questo calore specifico si sarebbe trovato lo stes- (i) Io avea fatto con quest'apparec- chio, come con quello di cui mi sono servito nella maggior parte delle altre sperienze, per servir di base alla cor- rezione dei risultati fondati Eull' esti- mazione diretta dell' equivalente del sistema del vaso esterno in acqua , sperienze preliminari per la determi- nazione del calore specifico che 1' uso di quest'apparecchio mi dava per l'ac- Tomo XX. qua stessa in vece dell' unità , e ho pure applicata questa correzione nella stessa maniera che ho fatto per l'altro apparecchio. Ho creduto inutile di en- trare ne' particolari su questi diversi calcoli relativamente all' apparecchio di cui qui si tratta, quello che ho det- to sul primo bastando a dare un' idea della loro natura. Rrr 5oo Memoria sui calori ec. so che quello del carbon puro, da cui il diamante non diffe- risce per nulla, come è nofo, quanto alla natura chimica , o se lo stato particolare d'aggregazione, in cui il carbonio vi si trova, avesse qualche influenza sul suo calore specifico. Ma non mi sono potuto procurare una quantità sufficiente di dia- manti non incastonati, per farvi sopra queste sperienze. ■' ' B. OSSIDI METALLICI. a. Ossidi attualmente considerati dalla maggior parte de' chimici, e particolarmente dal Sig. Berzelius, come contenen- ti un atomo d'ossigeno per un atomo di metallo, e cosi rap- presentati colla formola R. i' : : ■ Ossido giallo, o protossido di piombo, ossia litargirio. Ho operato sopra litargirio ohe io mi era assicurato, colle con- venienti prove chimiche, non contenere né ossido rosso ossia deutossido, né altro metallo. L'esperienza fatta nel piccolo ap- parecchio ordinario sopra 8i grammi, che il vasetto se ne trovò contenere, e calcolata come sopra, mi ha dato o,o5o5 pel calore specifico di quest' ossido. Gadolin avea trovato pel calore specifico del litargirio 0,049, che differisce assai poco dal mio risultato. I.^ Ossido rosso di mercurio. Ho sperimentato sopra precipi. tato rosso preparato col nitrato di mercurio , e che ho fatto disseccare ad un caler moderato avanti di chiuderlo nel va- setto. Questo se ne trovò contenere gS grammi e mezzo. L'e- sperienza calcolata al solito mi ha dato 0,0490, ossia molto prossimamente o,o5o pel calore specifico di quest' ossido. La- voisier e Laplace hanno trovato o,o5o/, risultato quasi iden- tico col mio. n calore specifico dell' ossido rosso di mercu- rio è dunque poco diverso da quello dell' ossido giallo di piombo a cui é analogo per la composizione, cioè circa ^ di quello dell' acqua. Protossido di stagno ossia ossido stannoso di Berzelius , che forma la base dei sali di stagno. Quest' ossido fu prepa- Del Cav. Avogadro Sol rato dlsciogllendo lo stagno metallico nell' acido idroclorico , precipitando col sotto carbonato di potassa, disseccando il pre- cipitato^ e cacciandone quindi 1' acqua d'idratazione colla cal- cinazione a calor rosso in vasi chiusi. Il vasetto se ne trovò ccntenere 36 grammi. La media di due sperienze ben d'ac- cordo tra loro mi ha dato 0,094 pel calore specifico di quest' ossido. E possibile però che quest' ossido si fosse alquanto sovr' ossidato parzialmente nella sua preparazione, e che il ca- lore specifico dell' ossido stannoso puro sia alquanto minore di quello che 1' esperienza ha indicato. Deutossido dì rame-, ossia ossido cuprico di Berzelius. Fu preparato calcinando a calor rosso il nitrato di rame: il va- setto se ne trovò contenere I\o grammi e mezzo circa. Una delle sperienze mi ha dato pel suo calore specifico 0,146; una seconda sperienza, fatta senza vuotare il vasetto, ha dato un risultato alquanto maggiore: ma ho qualche ragione di crede- re che si fosse introdotto un' po' d' acqua , la quale col suo calor proprio abbia aumentato il riscaldamento osservato in questa seconda sperienza. Crawford ha indicato 0,2,272 pel calore specifico dell' ossido di rame ; ma probabilmente avrà sperimentato sopra un ossido allo stato d' idrato. Ossido di zinco. Ho impiegato fiori di zinco calcinati an- cora avanti l' esperienza per togliere tutta l' acqua igrome- trica che potesse esservisi introdotta. Ho trovato 0^141 pel calore specifico di quest' ossido. Questo risultato non è lon- tano da quello di Crawford o^iSóg, o con tre soli decimali 0^187. Non ho tentato di fare alcuna sperienza sul protossido di ferro per la grande difficoltà, e forse impossibilità di otte- nere quest'ossido allo stato libero ed anidro, i Calce anidra^ calce viva. Ho fatto le mie sperienze sopra calce pura preparata espressamente , precipitandola in carbo- nato dall' idroclorato di calce per mezzo del sotto-carbonato di potassa^, lavando il precipitato, disseccandolo, poi calcinan- dolo per più ore a calore rovente in un crogiuolo coperto Si 5oa Memoria, sui Calori ec. è provato che la calcinazione era compiuta da che la calce ottenuta si scioglieva senza effervescenza negli acidi. Il peso di questa calce che ho potuto far capire nel vasetto dell'ap- parecchio fu di 17 grammi e un quarto circa: la media di due sperienze ben d'accordo tra loro mi ha dato 0^,179 pel suo calore specifico. Secondo Grawford il calore specifico della calce viva sarebbe 0,2229, e secondo Lavoisier e Laplace 0,2169: questi due risultati s'accorderebbero tra loro nel fis- sare circa 0,20, a questo calore specifico, in vece che secon- do le mie sperienze essa non è che di 0,18 circa, ma que- sti Fisici hanno senza dubbio operato sopra calce viva del commercio che è sempre più o meno impura , e forse sopra calce in parte idrata per la sua esposizione all'aria. Io ho ado- perata calce pura quanto fosse possibile, come si è veduto, e nel breve intervallo di tempo tra la calcinazione, e l'espe- rienza r avea serbata in un fiasco di vetro ben otturato , in cui r avea racchiusa ancora calda, onde non dubito che il mio risultato sia più prossimo al vero. Avrei desiderato di sottoppone alle mie sperienze anche la potassa e la soda ani- dre, ma non ho avuto mezzo di procurarmene quantità suf- ficienti. b Ossidi contenenti secondo Berzelius un atomo e mezzo d' ossigeno per ciascun atomo di metallo, ossia 3 atomi d'os- sigeno per due di metallo , e cosi rappresentati dalla formo- la II. Ossido rosso di ferro, ossia ossido ferrico di Berzelius. L' ossido su cui ho sperimentato, era stato ottenuto dal solfa- to di ferro per mezzo della calcinazione a caler rosso; io l'ho calcinato ancora ad un calor moderato avanti d' inchiuderlo nel vasetto per togliergli 1' acqua igrometrica che poteva aver assorbita; il vasetto se ne trovò contenere 22 grammi, e l'e- sperienza mi ha dato 0,21 3 pel suo calore specifico. Gadolin avea trovato 0,1666 per l'ossido di ferro, ma è incerto il grado d'ossidazione dell'ossido su cui egli ha operato. Ossido di piombo rosso, deutossido di piombo, 0 minio. Del Cav. Avogadro 5o3 Ho sperimentato sopra minio del commercio, che ho fatto prima hen disseccare al solito ;, il vasetto dell'apparecchio se ne trovò contenere circa 7:2 grammi: ho trovato o,o65i pel suo calore specifico. Lavoisier e Laplace aveano trovato 0,0628, risultato poco diverso dal mioj, e Gadolin o,o5g, ri- sultato alquanto minore. JMa è noto che il minio ordinario non è mai ossido rosso puro, hensì una mescolanza in proporzio- ni variabili d'ossido rosso, e d'ossido giallo ossia litargirio. Ho cercato di correggere il mio risultato determinando la quantità d'ossido giallo che era mescolato al minio da me adoperato. Ho esposto a tal fine una porzione di questo mi- nio all'azione pi'olungata di una grande quantità d'acido acetico debole , il quale , come è noto , scioglie l' ossido gial- lo senza attaccare né alterare 1' ossido rosso. l\ minio vi perdette molto prossimamente un terzo del suo peso, d' on. de segue che esso era una mescolanza d' un terzo d' ossido giallo, e due terzi d' ossido rosso. Ciò posto se si parte dal calore specifico o,o5o5 dell' ossido giallo sopra trovato, si avrà per determinare quello x dell'ossido rosso l'equazione |o.,o5o5 -+-4. a;=o,o65, dal che si deduce a-=o,C'7a4- Crawfijrd e Kir- waii hanno indicato 0,068 pel calore specifico dell' ossido di piombo: questa determinazione si riferisce probabilmente al minio, poiché sarebbe visibilmente eccessiva per l'ossido gial- lo, e conviene anche supporre che essi abbiano operato sopra minio più esente da ossido giallo che il nostro, poiché il lo- ro risultato s'approssima al calore specifico dell'ossido rosso puro secondo l' indicata correzione. Ossido bianco d'arsenico ossia acido arsenioso. Il vasetto dell' apparecchio si trovò contenere 49 2 grammi di quest'os- sido minutamente stritolato; la media di due sperienze mi ha dato 0,141 pel suo calore specifico. Aliimina anidra. Quest' alumina era stata ottenuta preci- pitando una soluzione d'alume col sottocarbonato di potassa: il precipitato ottenuto fu lavato, e disseccato^ poi sottoposto pec più d' un' ora ad un calor rovente in un crogiuolo per 5o4 Memoria sui Calori ec. togliergli l'acqua d' idratazione. Quest' alumina non poteva es- sere chimicamente pura , essa dovea contenere una piccola quantità di sottocarbonato di potassa aderente od in combi- nazione con una porzione delF alumina stessa. Mi sono dap- poi procurato alumina più pura allo stato d'idrato , come si vedrà qui appresso , ma non ho più avuta occasione di ado- perarla allo stato anidro, e per quanto si può giudicare dalla comparazione dei risultati che gli idrati di queste due varie- tà d' alumina hanno presentati, e di cui parlerò a suo luogo.j non pare che il difetto di purezza di quella che sola ho ado- perato allo stato anidro, abbia potuto avere una grande in- fluenza sul suo calore specifico. Il vasetto dell'apparecchio si trovò contenere 18 e un' altra volta 16 grammi soltanto di quest' alumina, e la media di due sperienze mi ha dato c^aco pel suo calore sqecifico. Gadolin avea trovato 0,1 85 per Ta- lumina cotta^ cioè senza dubbio resa anidra per mezzo dell'in- candescenza ; risultato alquanto inferiore a quello delle mie sperienze. Sarebbe desiderabile che si potessero ripetere queste spe- rienze sul corindone^ o sopra alcuna delle pietre preziose che appartengono a questa specie, e che sono formate di alumi- na anidra. e Ossidi che secondo Berzelius contengono a atomi d'os- sigeno per uno di metallo, ossia rappresentati dalla formola R. Deutossido di stagno^ ossido stannico di Berzelius. Quest' ossido fu preparato roU' azione dell' acido nitrico sul protos- sido su cui si è sperimentato precedentemente, e accurata- mente disseccato al fuoco , per una media tra due sperienze ben d' accordo tra loro sopra un peso di 40 grammi circa, ho trovato il suo calor specifico uguale 0,1 ir. Crawford ha in- dicato 0,096 pel calore specifico dell'ossido di stagno; se, co- me è probabile , egli ha operato sul deutossido, il suo isul- tato è notabilmente inferiore al nostro; esso è di poco supe- riore a quello che abbiamo trovato pel protossido (i). (1) Non ho avuto occasione di esa- \ minare il calore specifico del deutos- Det. Cav. Avogadro 5o5 Perossido di manganese. Mi son servito di perossido na- turale cristallizzato, destinato per l'estrazione dell' ossigeno^ e disseccato al fuoco dopo la sua polverizzazione. La media di due sperienze sopra ^% grammi che ne ho fatto capir nel va- setto, mi ha dato 0,1 gì pel suo calore specifico. d. Ossidi che secondo Berzelius contengono tre atomi d' ossigeno per uno di metallo, ossia rappresentati dalla for- mola R. Silicia, ossia acido silicico. Non ho esaminato alcuno de- gli ossidi od acidi metallici, che secondo Berzelius contengo- no a ^ atomi d'ossigeno per uno di metallo, ossia 5 atomi d' ossigeno per a atomi di metallo , e quanto agli ossidi che secondo lo stesso chimico contengono tre atomi d' ossigeno per uno di radicale, non mi sono occupato che della silicia. Ho sperimentato sopra quarzo bianchissimo stritolato, e di cui il vasetto dell' apparecchio si trovò contenere 34 grammi. Ho trovato il suo calore specifico uguale a 0,179. ^°" conoeco alcuna determinazione del calore specifico del quarzo fatta da altri Fisici; ma Crawford ha trovato 0,19$ per quello del- l'agata, che dee differir poco a tal riguardo dal quarzo. C Solfuri. Solfuro di ferro ordinario, che contiene , secondo Berze- lius, a atomi di zolfo per un atomo di metallo. Ho adopera' to, solfuro naturale , ossia pirite solforosa ordinaria. Il pezzo che me ne sono procurato pareva ben omogeneo , e lucido; sido di stagno sotto la modificazione particolare in cui esso si presenta, co- me è noto, quando si ottiene colla pre- cipitazione dal cloniro di stagno per mezzo d' un alcali, in vece di prepa- rarlo coli' acido nitrico, modificazione sotto la quale esso presenta proprietà diverse, quantunque la sua composizio- ne chimica sia la stessa. Sarebbe pe- rò cosa curiosa il verificare se questa differenza di proprietà si estenda , e sino a qual grado anche al calore spe- cifico. 5o6 Memoria sui Calori ec. lo stritolai iu minuti pezzetti, e ne ho fatti capir nel vaset- to circa 61 grammi. Ho trovato il suo calore specifico o,i35. Solfuro di piombo, composto secondo Berzelius di un ato- mo di zolfo sopra uno di piombo. Ho operato sopra solfuro nativo o galena^ scegliendo, dopo averlo stritolato, i pezzi ben lucidi; il vasetto se ne trovò contenere 88 grammi. H calore specifico ne risultò uguale a 0,046. Solfuro di mercurio, o cinabro: composto come il prece- dente, secondo Berzelius , d' un atomo di zolfo sopra uno di metallo. Quello su cui ho sperimentato era in polvere: 1' ho disseccato ad un calor moderato avanti di chiuderlo nel va- setto, che se ne trovò contenere óo grammi. Ottenni 0,048 pel suo calore specifico. Solfuro d'arsenico giallo, ossia orpimento, formato, secon- do Berzelius di i ^ atomo di zolfo sopra uno d' arsenico, os- sia 3 atomi di zolfo sopra a d' arsenico. Ho impiegato solfu- ro artifiziale in quantità di 5o grammi, e ho trovato pel suo calore specifico 0,1 oS. •OS D. Cloruri. a. Cloruri che secondo Berzelius contengono 2, atomi di Cloro per uno di metallo. Cloruro di sodio o sai comune. Ho adoperato sale bian- co purificato del commercio , che ho ancora lavato con un po' d' acqua per toglierne i cloruri più solubili che esso po- tesse ancor contenere , e 1' ho fatto disseccare fortemente a un fuoco di lampada, dopo il che l'ho rinchiuso nel vasetto, che se ne trovò contenere 18 grammi. L'esperienza mi ha dato Ojaar pel suo calore specifico. Gadolin avea trovato pel calore specifico del sai comune o,aa6, risultato poco diverso. Cloruro di potassio. Ho operato sopra questo sale cristal- lizzato , ma stritolato , e disseccato a un calor moderato per cacciarne 1' acqua frapposta, poiché questo sale non contiene Dei. Cav. Avogadro 5o7 acqua di cristallizzazione. 11 vasetto non ne contenne che 17 grammi; la media di due sperienze mi ha dato 0,184 pel suo calore specifico. Ma la piccolezza del prodotto di questo ca- lore specifico per la quantità di materia impiegata non ci dà la sicurezza d' una grande precisione in questa determinazione. Cloruro di calcio. Quello su cui ho operato era stato fu- so in piccioli cilindri, ed era stato conservato ben secco; l'ho stritolato rapidamente, e l'ho rinchiuso subito nel vasetto dell' apparecchio^ perchè non avesse tempo di attrarre sensi- bilmente l'umidità dell'aria; il vasetto se ne trovò contenere a6 grammi. La media di due sperienze mi ha dato 0,194 P^^ ^^~ lore specifico: debbo però osservare che i risultati delie due sperienze furono un po' discordi tra loro; 1' una avrebbe da- to o,i83, e l'altra o,2,c5. Deutocloruro di mercurio, sublimato corrosivo. Ho operato sopra 58 grammi di questa sostanza , e la media di due spe- rienze mi ha dato 0,069 pel suo calore specifico. La superfi- cie interna del vasetto d' ottone si trovò alquanto attaccata dall'azione di questo cloruro pendente l'applicazione del ca- lore dell' acqua bollente , ma non pare che ciò abbia potuto avere un' influenza sensibile sulla determinazione del calore specifico b. Cloruri che secondo Berzelius contengono un solo ato- mo di cloro per un atomo di metallo. Protocloruro di mercurio.) ossia mercurio dolce. Questo è il solo cloruro di questa classe che io abbia sottoposto alle mie esperienze. Il peso che il vasetto ne contenne si trovò di circa 92 grammi, e il calore specifico risultò uguale a o,o4i. Anche da questa sostanza la superficie del vasetto interna- mente fu alquanto alterata. E. Ossidi idrati. a. Ossidi che si riferiscono da Berzelius alla formola R , idrati. Tomo XX. Sss 5o8 Memoria, sui Calori ec. Ossido rosso di ferro, idrato. Ho sperimentato sull'ossido di ferro detto zafferano di marte , e che ho fatto disseccare a un dolce calore per togliergli l'acqua igrometrica straniera all'idratazione. È noto che in quest'idrato l'ossigeno dell'ac- qua è la metà dell'ossigeno dell'ossido, come nel minerale conosciuto sotto il nome Tedesco di Brauneisenstein; ne ho fat- to tenere nel vasetto un po' più di 27 grammi. Ho trovato 0,188 pel suo calore specitico. Non ricorderò qui i diversi risultati che altri fisici hanno indicati pel calore specifico de- gli ossidi di ferro, perchè è ignota la natura degli ossidi su cui hanno sperimentato, cioè di qual grado d'ossidazione, e se idrati, od anidri. 11 mio risultato stesso non merita un'in- tiera confidenza, perchè l'ossido che ho adoperato poteva an- che contenere un poco di carbonato di fèrro. Alutnina idrata. Ho fatte le mie sperienze sopra idrato d' alumina artifìziale; si sa che in quest'idrato, non altrimenti che nell'idrato naturale che forma il minerale chiamatoG/ètó^e, r ossigeno dell' acqua d' idratazione è uguale a quello dell'a- luniina stessa; cosicché supponendo con Berzelius la compo- sizione atomica dell' alumina la stessa che quella dell' ossido di ferro rosso, il grado d'idratazione dell'idrato d' alumina di cui si tratta, non sarebbe che la metà di quello dell'idrato d'ossido rosso di ferro, che abbiamo or ora esaminato. Ho ope- rato dapprima sopra alumina idrata men pura preparata come ho detto all'articolo dell' alumina anidra, cioè colla semplice precipitazione da una soluzione d' alume col sotto carbonato di potassa, e disseccamento del precipitato ad un calor mode- rato; il vasetto se ne trovò contenere 22 grammi circa, e mi è risultato il calore specifico 0,406. Ho fatto in seguito una doppia sperienza sulf idrato d' alurnina preparato secondo il metodo indicato dal Sig. Berzelius per evitare la combinazion parziale del sotto carbonato di potassa coll'alumina, cioè scio- gliendo di nuovo il precipitato ottenuto col sotto carbonato di potassa, nell' acido idroclorico, e precipitando poi 1' alumi- na da questa soluzione coli' ammoniaca. Sfortunatamente non Del Cav. Avogadko Soq si spinse abbastanza l'essiccazione dell'idrato così ottenuto ^ onde togliergli tutto 1' umido straniero all' idratazione dell'a- lumina. Dalla perdita di peso che si ebbe esponendo una por- zione di quest'idrato al calor rovente, e riducendo cosi l' a- lumina allo stato anidro, pare che esso dovesse ancora con- tenere almeno 5 per cento di quest' acqua estranea alla sua idratazione. 11 vasetto deir apparecchio si è trovato contene- re 1 6 grammi soltanto o poco più di quest' idrato , e la me- dia delle due sperienze diede o,45o pel suo calore specifico. Ma se si ammetta che la sostanza su cui si è operato tosse un miscuglio di 0,98 d' idrato d' alumina e o,o5 d'acqua stra- niera all' idrato, se ne dedurrà pel calore specifico, dell'idra- to d' aluuiina puro 0.^21, risultato non molto diverso da quel- lo che ci avea dato l' idrato d' alumina nien puro. b. Ossidi che si riferiscono secondo Berzelius alla formo- la R idrati. :, ' - Gli idrati di questa classe, che ho esaminati contengono tutti una quantità d'acqua d'idratazione, di cui l'ossigeno è uguale a quello dell' ossido. Calce idrata, o calce estinta. Quest'idrato si è ottenuto estinguendo la calce viva, cioè bagnandola con acqua, e dis- seccandola quindi ad un calor moderato per cacciarne l'ac- qua estranea all' idratazione. Ho impiegato dapprima calce or- dinaria del commercio, e operando sopra un po' più di i5 grammi in peso, ho ottenuto pel calore specifico dell' idrato o,a8g. Ho quindi fatto due altre sperienze sopra calce pura, quale era quella di cui già sopra ho determinato il calore specifico allo stato anidro ; ho bagnato nella stessa maniera questa calce con acqua, ed ho disseccato l'idrato ottenuto; ne ho fatto capire nel vasetto 16 grammi, e la media delle due sperienze mi diede o,:^io pel suo calore specifico. Que- sto risultato è di poco superiore a quello che mi avea dato la calce idrata del commercio , il che potrebbe in parte pro- venire da una meno compiuta essiccazione. Comunque, sia il calore specifico dell'idrato di calce pare, secondo queste e- sperienze, non poter essere molto lontano da o,3. 5 lo Memoria sui Calori ec. Potassa idrata. Ho adoperato idrato di potassa fuso , e che era stato conservato in vaso ben chiuso per difenderlo dall'umidità dell'aria; il vasetto se ne trovò contenere a4 grammi, e l'esperienza mi diede 0^,358 pel calore specifico. Soda idrata, h' idrato di soda, ossia soda caustica su cui ho sperimentato era stato preparato, e conservato colla stessa attenzione che quello di potassa; da due sperienze ben d'ac- cordo tra loro, sopra ay grammi in peso, ne risultò il calore specifico Oj8o3. Debbo qui osservare che questa sostanza che era stata posta in minuti pezzi nel vasetto, si trovò dopo l'o- perazione alquanto sprofondata e agglutinata, il che indica un ammollimento che essa dee aver subito pel calore dell'ac- qua bollente a cui era stata esposta ; si può quindi sospetta- re che la quantità di calorico che essa ha fornito nel raffred- darsi, e dalla quale il suo calore specifico apparirebbe uno de' più considerevoli tra quelli dei corpi solidi, debba in par- te attribuirsi a calor latente die si sia svolto nel passaggio da quello stato di ammollimento, o ad un principio di lique- fazione allo stato solido , nel qua! caso il risultato ottenuto non sarebbe comparabile colle determinazioni del calore spe- cifico degli altri corpi. Io non cercherò per ora di decidere questo punto, contentandomi di aver riferito il risultato qua- le l'esperienza me lo ha dato. -, I F. OSSISALI ANIDRI. a. Carbonati, o sottocarbonati, rappresentati secondo Berzelius della formola RC*^. , Sottocarbonato di calce. Ho adoperato nelle mie sperien- ze sotto-carbonato di calce nativo, cioè marmo bianco statua- rio stritolato in minuti pezzi, e di cui il vasetto si trovò con- tenere 39 J grammi. Questo marmo, come me ne sono assicu- rato colle convenienti prove chimiche, non conteneva né sili- eia né alumina. Ho trovato pel suo calore specifico o,2o3. Dei- Cav. Avogadro Sii Crawford avea indicato pel calore specifico del carbonato di calce o,a564i e Gadolin 0,207 ; quest" ultimo risultato è il più vicino al nostro. Sotto-carbonato dì potassa. Ho impiegato sotto-carbonato cristallizzato , che si è fatto fondere nella sua acqua di cri- stallizzazione in un bacino d' argento, e ritenuto ad un calor moderato per togliergli l'acqua d'idratazione, e disseccato compiutamente. Due sperienze affatto concordi tra loro sopra a3 grammi di questa sostanza mi hanno dato 0,287 P^^ ^^^ calore specifico. Sotto-carbonato di soda. Preparato e ridotto allo stato anidro nella stessa maniera che quello di potassa: il vasetto ne contenne 21 ^ grammi ; la media di tre sperienze mi ha dato 0,281 pel suo calore specifico. b. Solfati rappresentati secondo Berzelius dalla formolaRS. Solfato di calce. Ho adoperato gesso già calcinato del commercio, che ho fatto ancora arroventare per togliergli tut- ta r acqua che poteva aver assorbita dopo la sua calcinazio- ne. Il vasetto ne contenne circa 19 grammi^ 1' esperienza mi diede 0,190 pel suo calore specifico. Solfato di potassa. Ho disseccato questo sale ad un ca- lor considerevole per cacciarne l'acqua frapposta; ne ho fatto capire 27 grammi circa nel vasetto, ed ho trovato 0,169 P^^ suo calore specifico. Solfato di soda. Ho adoperato questo sale cristallizzato , liquefatto nella sua acqua di cristallizzazione, e disseccato in questo stato sino a renderlo interamente anidro , in un baci- no d'argento. Il vasetto se ne trovò contenere 25^ grammi. Da due sperienze ben d'accordo tra loro , mi risultò il suo calore specifico 0,268. Protosolfato di ferro., ossia solfato ferroso. Ho impiegato solfato di ferro, ossia vitriolo verde del commercio, che mi sono assicurato esser esente da solfato ferrico, e a cui si tol- se r acqua d' idratazione colle precauzioni convenienti perchè non se ne producesse, per mezzo della calcinazione. Ne ho Sia Memoiua sui Calori ec. fìitto tenere 3o grammi nel vasetto, la media di due sperien- ze mi diede c,i45 pel suo calore specifico. Solfato di rame. Ho operato sopra solfato di rame puro, preparato espressamente, cristallizzato, e a cui si tolse 1' ac- qua di cristallizzazione per mezzo della calcinazione. Ho tro- vato per la media di due sperienze 0,180 pel suo calore spe- cifico. Solfato dì zinco. L' ho ottenuto anidro per mezzo della calcinazione del solfato di zinco cristallizzato, ben puro, e trasparente , disseccandolo compiutamente dopo averlo lique- fatto nella sua acqua di cristallizzazione: il peso impiegato fu di circa 3o grammi ; due sperienze affatto concordi mi die- dero 0,2 IO pel suo calore specifico, e. Nitrati, rappresentati secondo Berzelius dalla forniola rn. Nitrato di potassa o nitro ordinario. Ho impiegato nitro purificato, cristallizzato, che ho stritolato, fatto disseccare ad un caler moderato per togliergli l'acqua frapposta, poiché, come è noto, questo sale non contiene acqua di cristallizza- zione. Ne ho fatto capire a6 2 grammi nel vasetto, e due spe- rienze affatto concordi mi diedero 0,269 P^^ ^^*^ calore spe- cifico. Nitrato di soda., o nitro quadrangolare. L' ho adoperato cristallizzato , ma l' ho prima fortemente riscaldato come il precedente per togliergli l'acqua frapposta, il peso che ne ho fatto entrare nel vasetto fu di a4 grammi, e l'esperienza mi ha dato pel suo calore specifico 0,240. G. 0 SSISALI IDRATI Solfato di calce idrato., ossia gesso non calcinato. Questo è il solo sale idrato che ho sottoposto alle mie sperienze sul calore specifico, la maggior parte degli altri sali più conosciu- ti non essendo suscettibili di quest' esame allo stato d' idra- tazione, alcuni fondendosi nella loro acqua di cristallizzazio- ne, e molti perdendo l'acqua di cristallizzazione al calore del- Del Cav. Avocadro Si3 l'acqua bollente, o passando ad un grado inferiore d'idrata- zione. Ho impiegato solfato di calce naturale , cioè alabastro gessoso ben bianco e puro, stritolato in minuti pezzi, e di cui il vasetto dell'apparecchio si trovò contenere a3 grammi. L'e- sperienza mi ha dato o,3oa pel calore specifico di questo solfa- to di calce idrato, mentre, come si è veduto, quello del sol- fato di calce anidro non fu trovato che di 0,190. S- VI. Determinazione del calore specifico del ghiaccio. I calori specifici dei diversi corpi che abbiamo esamina- ti nel 5° precedente sono riferiti , come si suole , a quello dell'acqua liquida preso per unità. Ma sotto l'aspetto teori- co è importante di poter paragonare i calori specifici dei cor- pi solidi a quello dell'acqua, anch'essa sotto forma solida, e di conoscere per conseguenza il calore specifico dell' acqua solida stessa, ossia del ghiaccio, prendendo per unità quello dell' acqua liquida. Alcuni fisici si sono già occupati di que- sta determinazione. Ivirwan e Dalton hanno stimato il calore specifico del ghiaccio 0,9 circa di quello dell'acqua. Ma Cie- ment e Desormes per mezzo di sperienze indirette, e che per lor natura non pajono suscettibili d'una grande precisione, hanno creduto trovare questo calore specifico molto minore, cioè inferiore ai ^ di quello dell' acqua liquida. I miei appa- rati sovra descritti si addattavano pure a questa determina- zione, ma con modificazioni particolari nella maniera di pro- cedere, e di calcolare. Io ne ho fatta quest'applicazione, ed esporrò in questo §. il metodo che ho seguito , e i risultati che ne ho ottenuti. Questi risultati, per le circostanze parti- colari in cui ho dovuto fare le mie sperienze, non possono ancora riguardarsi come intieramente decisivi; ma essi basta- no per fissare sino ad un certo punto le nostre idee sulla questione di cui si tratta ; e operando nella stessa maniera 5i4 Memoria sui Calori ec. sotto circostanze più favorevoli si può sperare di giungere in seguito a risultati d' una grande precisione. Il ghiaccio non potendo essere riscaldato al disopra di o° senza fondersi, le sperienze del genere delle precedenti, per la determinazione del suo calore specifico comparativamente a quello dell'acqua, non potevano fiirsi , se non per mezzo del raffreddamento d'una quantità di ghiaccio rinchiusa nel \ vaso interno, al dissotto dello zero, e osservando il grado di ì. raffreddamento che il vaso immerso allora nel liquido del va- so esterno, vi produrrebbe. Ma questo liquido non poteva es- ser acqua , poiché bisognava adoperarlo ad una temperatura inferiore, o ben poco superiore allo zero, perchè il ghiaccio non vi *i fondesse, nemmeno superficialmente, quando vi fosse immersole in questo caso o l'acqua del vaso esterno si sarebbe congelata ancora avanti che si facesse l' esperienza, o alme- no all' istante che vi si sarebbe immerso il vaso interno con- tenente il ghiaccio molto raffreddato. Bisognava dunque im- piegare un liquido non suscettibile di congelarsi, qual è per esempio lo spirito di vino: e per conchiudere quindi il calore specifico del ghiaccio dal grado di raffreddamento che esso a- vrebbe prodotto in questo liquido, si sarebbe dovuto, secondo la prima idea che si presenta, determinare con esperienze pre- liminari il calore specifico di questo liquido medesimo, com- parativamente all' acqua. Ma ciò non era assolutamente neces- sario: poiché si è veduto, che anche quando si adopera l'ac- qua per liquido nel vaso esterno, la determinazione del ca- lore specifico della sostanza contenuta nel vaso interno non si fa definitivamente, se non pel rapporto dell' effetto calori- fico di questa sostanza a quello che produce l'acqua ad esso sostituita nel vaso interno in un' esperienza comparativa ; ed è facile lo scorgere, che qualunque sia la natura, e la quan- tità del liquido contenuto nel vaso esterno , e qualunque sia per conseguenza 1' equivalente in acqua della riunione di que- sto liquido, della materia del vaso esterno, e del termometro che vi sta immerso, le nostre forinole applicate a due spe- Del Cav. Avogadro 5i5 rienze, 1' una fatta sopra una data sostanza qualunque^ rnltra sull'acqua possono darci, mediante una conveniente modifi- cazione il rapporto del calore specifico di questa sostanza a quello dell' acqua, purché si conosca 1' equivalente in acqua della materia del vaso interno. Infatti partendo dai risultati d'un' sperienza fatta sopra una sostanza qualunque, le nostre formole ci danno immediatamente il valore della quantità che abbiamo chiamata X, cioè della quantità mc-i-M, nella quale e è il calore specifico della sostanza di cui si tratta prenden- do per unità quello dell'acqua, m la quantità in peso di que- sta sostanza contenuta nel vaso interno, prendendo per uni- tà r equivalente totale in acqua del liquido contenuto nel vaso esterno, della materia stessa di questo vaso, e del ter- mometro, e M il peso della materia del vaso interno, ridotto pure al suo equivalente in acqua e nella stessa unità. Ora se si indica con Y il peso totale, in grammi per esempio, del liquido del vaso esterno, di questo vaso stesso, e del termo- metro, ridotto al suo equivalente in acqua, e che si suppone qui ignoto, con n il peso della sostanza rinchiusa nel vaset- to , anche in grammi , e con N il peso dell' equivalente del vasetto in acqua, espresso pure in grammi, si avrà 7» = -^ , M = ^, e l'espressione di X diverrà così ^"'!" - . Quando la' sostanza contenuta nel vasetto è l'acqua, indicando il peso di quest' acqua con n', quest'espressione si riduce ad y poiché allora c= i. Se dunque si saranno fatte due sperien- ze comparative, Tuna sopra una data sostanza qualunque, r altra sull' acqua, esse ci daranno i valori di ^^~- , che continueremo ad indicare con X, e dì ii^t — , che indicheremo con X'. Divìdendo la prima dì queste quantità per la secon- da, sì avrà -r-^ = X'" ( '^ quantità ignota Y scomparendo Tomo XX. Ttt 5i6 Memokia sui Calori ec. nella divisione ) , d' onde si trarrà ^(«'-4-N)-N Per applicar questo alia determinazione del calore speci- fico del ghiaccio non si tratta che di fare una o più espe- rienze sul ghiaccio per raffreddamento, nella maniera sovra indicata, ed altre comparative sull'acqua collo stesso appa- recchioj e mettendo nel vaso esterno lo stesso liquido, ed in ugual quantità che nelle sperienze sul ghiaccio. Ma queste sperienze suU' acqua non possono farsi per raffreddamento al dissotto dello zero; bisognerà farle come al solito per riscal- damentOj e solo, per rendere la comparazione meno soggetta ad errore^ converrà prender 1' acqua del vasetto riscaldata a un dipresso di altrettanti gradi al disopra della temperatura del liquido esterno, di quanti il ghiaccio sarà stato preso raf- freddato al dissotto di questa temperatura, e paragonare co- sì il raffreddamento del liquido esterno prodotto dal ghiaccio col riscaldamento del medesimo prodotto dall' acqua. Per fare queste sperienze io ho creduto potermi dispen- sare dal servirmi d'un freddo artifiziale per raffreddare il ghiac- cio, mezzo che avrebbe presentate non piccole difficoltà nel- r esecuzione , per le manipolazioni che avrebbe richieste , e avuto riguardo sopratutto alla necessità di mantenere questo freddo per un intervallo di tempo abbastanza lungo, e ad un grado costante per esser sicuro che tutta la massa del ghiac- cio avesse presa la stessa temperatura. Io nii era quindi di- sposto ad approlfittare del freddo naturale dell'inverno or ora scorso^, e adoperando V apparecchio di più grandi dimensioni di cui ho parlato al fine del 5- 2,.°, e di cui già mi sono ser- vito per alcune delle sperienze sul carbone, io sperava di ot- tenere nel vaso esterno , per un freddo di 1 a o 1 5 C sotto allo zero a cui fosse stato esposto il ghiaccio nel vasetto in- ternoj un raffreddamento sufficiente per poterne dedurre con Del Cav. Avogadro S i 7 qualche precisione il risultato di cui si tratta. Sfortunatamen- te quest' inverno fu poco favorevole a queste ricerche , poi- ché il pili gran freddo che abbiamo avuto a Torino non fu che di otto o dieci gradi C, e ciò solo per pochi giorni. Non ho però mancato di approffiftare di questi pochi giorni di freddo per le progettate sperienze, onde avere almeno un ri- sultato approssimativo, che ci desse qualche probabilità in fa- vore dell' una o dell'altra delle estimazioni diverse che si son date del calore specifico del ghiaccio. In ogni caso si potran- no riguardare queste sperienze che passo ad esporre, come un primo saggio dell'applicazione del metodo da me indicato^ e della possibilità di ottenerne la proposta determinazione. Il vaso interno delF apparecchio di cui ho fatto uso in queste sperienze può contenere circa i io grammi d' acqua riempiendolo sino al suo collo, ma siccome quest' acqua do- vea dilatarsi per congelazione a cui io dovea esporla per fa- re r esperienza sul ghiaccio, non ne ho messo nel vaso, che una quantità un po' minore, e di cui il peso si trovò essere di 99 grammi, affinchè per la dilatazione prodotta dalla con- /, gelazione, non venisse ad esserne espulso il turacciolo di sovero \ con cui otturai l'orifizio del vaso. Questo turacciolo era bene ag- \ giustato , e fatto entrare a forza nel collo, ed anche coperto con mastice all' orlo del collo, per impedire ogni svaporazione dell' acqua. Lasciai il vasetto così pieno d' acqua, e otturato esposto all' aria fuori della finestra per due notti di forte ge- lo, e nel giorno intermedio nel quale il termometro all'ombra salì appena sopra allo zero, cosicché io non poteva più du' bitare che l' acqua non vi fosse perfettamente congelata, co- me altronde lo comprovava la cessazione di quel rumore nel- r agitazione dell' acqua, che prima si faceva sentire scuoten- do il vaso, come io andava facendo di quando in quando per facilitare e promuovere la congelazione. II vaso restò quindi ancora fuori della finestra per tutto il giorno e la notte se- guente sino alle ore 8 del mattino in cui ho fatto la prima sperienza. La temperatura dell'aria esterna segnata da un ter- 5i8 ]\Iiì.\ioiaA SUI Calohi ec. mornetro posto accanto al vaso, e ridotta a quella che avreb- be segnata il termometro dell'apparecchio, con cui io l'avea prima diligentemente paragonato, era allora — 8,3 C. Il vaso esterno dell' apparecchio posto in una camera ove la tempe- ratura non era che di alcuni gradi sopra allo zero^, col ter- mometro fissato verticalmente contro alla parete interna del- la sua capacità, era stato riempiuto di spirito di vino ordina- rio sino ad una linea segnata tutt' intorno internamente al dissotto dell' orlo, ad una altezza tale che immergendovi poi il vasetto, lo spirito di vino si elevasse affatto vicino all' or- lo stesso. Questo spirito di vino era stato per qualche tempo esposto nel fiasco che lo conteneva, all'aria esterna prima di versarlo nel vasoj onde la sua temperatura fosse poco diver- sa da quella del ghiaccio fondente , e dopo averlo versato si lasciò per qualche tempo l' apparecchio in riposo , perchè la temperatura si potesse equilibrare in tutte le sue parti. Nel momento dell' esperienza la temperatura segnata dal termo- tro immerso nello spirito di vino era — o", 8. Quella della camera era -+- 4"? cosicché la differenza di temperatura tra l'aria della camera, e lo spirito di vino si trovava di 4^5 8- Aprii rapidamente la finestra, e presi pel collo il vasetto con- tenente il ghiaccio , con mollette che aveano a un dipresso la temperatura dello spirito di vino, e lo portai tosto nel- la camera dell' esperienza , ove l' immersi nel vaso esterno , cosicché rimanesse coperto dallo spirito di vino sino al diso- pra del turacciolo. In questa esperienza la differenza iniziale di temperatura tra il ghiaccio contenuto nel vasetto, e quel- la dello spìrito di vino nel vaso esterno era, come si vede di 8 j 3 — 0,8 ossia 7% 5. Il termometro immerso nello spirito di vino discese subito dopo l' immersione del vasetto, dapprima rapidamente, poi molto lentamente, cosicché 5 ^ minuti dopo l' immersione esso segnava — 3°, 3, ed esso restò sensibilmen- te stazionario a questa temperatura sino a 9 ^ minuti dopo r immersione; cominciò allora a mostrarsi un poco al disopra di questo punto , e continuò quindi ad ascendere di nuovo Dei, Cav. Avogadro 5iy vie-maggiormente. Si paò dunque prendere pel massimo del raffreddamento prodotto nello spirito di vino, e in tutto il sistema del vaso esterno dall' immersione del vasetto 3,° 3 — 0°, 8 = a'',5 5 e questo massimo dee essere accaduto 7' | ossia 45o" dopo l'immersione, epoca intermedia tra 5'^, e 9' 2- Si avrebbe dunque, per V applicazione delle nostre for- mole a quest' esperienza , ritenendo sempre il segno positivo pel riscaldameiito, e per conseguenza il negativo pel raffred- damento, T=— 7°,5; T'= — 2°,5; A=-h4%8; i=45o". In una seconda sperienza fatta un altro mattino iti circostan- ze simili, e colle stesse precauzioni, la temperatura dell' aria esterna a cui il vasetto contenente il ghiaccio era stato espo- sto tutta la notte era, al momento della sperienza, ogni cor- rezion fatta — 7°,2: la temperatura iniziale dello spirito di vi- no nel vaso esterno era-HO°,i; epperciò la differenza iniziale di temperatura 7%3. La temperatura dell'aria della cameia era -ì- 3.", e per conseguenza superiore di 1°, 9 a quella iniziale dello spirito di vino. Il termometro dell' apparecchio discese in 4 2 dopo l'immersione a — 2,' 5 i , e restò allora sensibil- mente fìsso sino a io' ^ dopo l'immersione, al qiial tempo cominciò a riascendere. Può dunque anche qui il massimo del raffreddamento riferirsi 37'^ ossia 45o" dopo l' immersione, tempo intermedio tra ^' ^ e io' | ; e questo massimo fu qui di a°,i -I- 0,1 = a°,a. Si avrebbe dunque per l'applicazione delle formole a quest' esperienza, T = — 7°,3; T'=:--a,a; h=-^i,g, i = 45o". Si potrebbero calcolare separatamente le due sperienze; ma siccome le quantità indicate sono poco diverse dall' una al- l' altra sperienza , eccettuati i valori dì h , che non entrano nelle formole che come correzione all' effetto principale , si 5ao Memoiua sui Calohi ec. può, senza differenza notabile nel risultato prender le medie tra i valori corrispondenti di T , TV, ed A e si avrà così pei valori di queste quantità T= — 7°,4; T'= — a%35; A=h-3,5 ; t = ^bo". Se si suppone, come credo potersi fare senza error sensibile, che la dissipazione del freddo fosse qui in un minuto secon- do di tempo, e per ciascun grado di differenza di temperatu- ra dall' aria ambiente la stessa che avea luogo , secondo un' esperienza che io ne avea fatta, in quest' apparecchio, quan- do il liquido contenuto nel vaso esterno era 1' acqua, e che io avea trovata o°,coo3j, poco diversa da quella che ho indi- cata per l'apparecchio più piccolo, c%ooo34, si avrà at=o^i'ÒS, e hat = o^Sa nella media delle due sperienze. Applicando le nostre formole a questi valori, si trova col calcolo appros- simato senza logaritmi X=o,75o, e col calcolo logaritmico più esatto X = 0,731. ::; ' Ho fatto le sperienze comparative sull' acqua liquida, la- sciando nel vaso interno dell'apparecchio la stess' acqua che era stata congelata nelle sperienze precedenti , dopo averne fatto fondere compiutamente il ghiaccio coli' esporre il vaso ad un blando calore continuato, senza sturarlo. Per commu- nicare al vaso^ e all' acqua in esso contenuta una temperatu- ra determinata di un numero di gradi al disopra dello zero , a un dipresso uguale a quello dei gradi sotto allo zero nelle sperienze sul ghiaccio , ho portato il vaso in una camera ri- scaldata da una stufa, ma dove si era da più ore cessato di far fuoco, e in un angolo rimoto dalla stufa, e difeso dal suo raggiamento immediato; il termometro stesso dell'apparecchio fu posto sotlo al vaso , e colla boccietta in contatto col suo fondo ; il vasetto fu così lasciato per alcune ore , fin- ché la temperatura indicata dal termometro vi rimase sen- sibilmente stazionaria , e dovea essere la stessa che quella del vaso e dell'acqua in esso contenuta. Ho fatto in questo Del Cav. Avogadro Sar modo tre esperienze, ma non ne ho calcolato che una sola, di cui i risultati furono a un dipresso medii tra quelli delle altre due sperienze , e in cui l'andamento dei fenomeni mi parve piìi regolare. In questa esperienza la temperatura del vasetto segnata dal termometro era -+- la" C", lo trasportai rapidamente colle mollette nella camera destinata all'esperien- za, e dove già avea disposto il vaso esterno dell' apparecchio, pieno di spirito di vino della stessa qualità di quello adope- rato nelle sperienze sul ghiaccio, e sino alla stessa altezza se- gnata internamente sulle pareti del vaso, con entro lo stesso termometro di cui ho parlato. La temperatura dell' aria della camera era -t- 5% e quella dello spirito di vino nel momen- to in cui v' immersi il vasetto era •+• 3°,.4, cosicché la diffe- renza iniziale di temperatura tra il vasetto e lo spirito di vi- no era ia° — 3°r,/^=8°,ò, e l'eccesso della temperatura dell'a- ria sopra quella iniziale dello spirito di vino 5° — 3*'j4 = i°j6. Il termometro immerso nello spirito di vino ascese, dopo l'im- mersione sino a -^- 7°, dopo il che cominciò a ridiscendere. Il massimo ,del riscaldamento fu dunque di 7° — 3°,4 = 3,6; e prendendo pel momento del massimo il mezzo delTintervallo di tempo per cui il termometro segnò sensibilmente 7°, que- sto massimo ebbe luogo io' ossìa 600" dopo l'immersione. Ab- biamo dunque qui per l' applicazione delle nostre formolo T = 8\6; T'= S% h= i°,6; t = 600", e supponendo ancora c = o,coo3j avremo ai = 0,18, ed Afli =0,2,88. Con questi valori si ottiene dalla formola appros- simata senza logaritmi X'=: 0,799^ e dalla formola logaritmica, X'= 0,791 per l'acqua, mentre pel ghiaccio quest'ultima for- mola ci ha dato 0,731 soltanto. Per conchiudere da questo il calore specifico del ghiaccio prendendo per unità quello del- l'acqua, secondo le nostre sperienze, non si ha che a sosti- tuire nella formola sopra stabilita e =: i valori 5a2, Memoria sui Calori ec. relativi a queste sperienzcj cioè « = «'=99 (la quantità del ghiaccio e quella dell'acqua nel vaso interno essendo qui la stessa ) N = 4,945 e pei" conseguenza «-i-N=:i 08,94 ; X=o,73i; X = o,79ij e si otterrà così e =c,q2.c. Così il calore specifico del ghiaccio secondo le nostre sperienze sarebbe circa —2— di quello dell' acqua , il che si accorderebbe colle indicazioni di Kirwan e Dalton. Ma que- ste sperienze furono fatte sopra una differenza iniziale di tem- peratura troppo piccola, perchè i risultati se ne possano con- siderare come affatto esatti e sicuri , poiché una piccola fra- zione di grado d' errore nelle osservazioni del raffreddamen- to e del riscaldamento basterebbe per cangiarli notabilmente. Se per esempio in vece di prender la media tra le due spe- rienze sul ghiaccio , si fosse fatto il calcolo soltanto sui dati somministrati dalla seconda, si sarebbe ottenuto pel valore di X relativo al ghiaccio col calcolo logaritmico soltanto 0,602, e paragonando col valore di X' relativo all'acqua 0,791, si troverebbe pel calore specifico del ghiaccio 0,749} ossia i tre quarti circa di quello dell' acqua , il che si accorderebbe da vicino col risultato di Clement e Desormes 0,72,0. È però pro- babile che questo risultato pecca per difetto, e il complesso delle nostre sperienze pare condurci ad ammettere, che se il calore specifico del ghiaccio non giunge a 0,9 circa, come r abbiamo conchiuso da quelle che abbiamo calcolato , è al- meno espresso da un numero probabilmente più grande di quello di Clement e Desormes. ■': •"■/'•■ij'j' ni.' ■'^'laUfJMi.-'iic:' '.rt ._ ".~:j ! jìiii'i'iii^ t:-\-iO--i uì'jcyni^ k I Del Gav. Avogadro Ss^t'. PARTE II. Considerazioni sui calori specifici de^ corpi relativamente alla teoria atomistica, e patricolarmente sulla legge atomica del calore specifico de' corpi COMPOSTI. §. I. DelV applicazione della legge di Dulong e Petit agli atomi de' corpi semplici. Non possiamo sperare di occuparci con qualche successo della determinazione d' una legge del calore specifico de' cor- pi composti , relativamente alla costituzione de' loro atomi , se prima non ci formiamo un' idea esatta della maniera con cui la legge di Dulong e Petit si applica ai diversi corpi sem- plici. Ho dunque dovuto cominciare le mie ricerche da que- sto punto, riunendo per tale oggetto i risultati delle mie spe- rienze a quelli già conosciuti sul calore specifico di molti di questi corpi. La legge che i Signori Dulong e Petit hanno stabilita secondo le loro sperienze sopra un gran numero di metalli , e sopra lo zolfo consiste in questo , che il calore specifico degli atomi di questi corpi è uguale per tutti, od in altri ter- mini j che il calore specifico di questi corpi a peso uguale, moltiplicato pel peso del loro atomo espresso in una stessa unità;, dà, almeno prossimamente, un prodotto costante per tutti. Attribuendo allo zolfo il peso dell'atomo che Berzelius gli ha assegnato prendendo per unità quello dell' ossigeno , cioè circa a, il numero che esprime questo prodotto, secon- do il calore specifico dello zolfo espresso in parti di quello dell' acqua preso per unità, è a un dipresso 0,875 ossia |. Ora secondo le sperienze conosciute, e in particolare secondo quel- le di Dulong e Petite questo stesso numero esprime il prodot- Tomo XX, Uuu 5a4 Memoria sui Calori ec. to analogo pei diversi metalli , purché però in generale , si prenda per 1' atomo di questi metalli, relativamente a quello dell'ossigeno, la metà soltanto di quello che Berzelius loro attribuiva all' epoca in cui i Signori Dulong e Petit hanno pubblicata la loro memoria sopra quest' oggetto. Ho fatto os- servare, fin dall'anno 1824 nella mia Prima Memoria sopra la densità cW corpi solidi e liquidi ( Accademia Reale di To- rinoT.XXX. ), la necessità che ne risultava di ridurre così in generale alla metà gli atomi de' metalli allora ammessi da Berzelius , per metterli in armonia coli' atomo assegnato da questo chimico allo zolfoj e Berzelius stesso ha^ come è no- to, recentemente addottata questa riduzione. Il sistema degli atomi dello zollo , e dei metalli essendo così fissato , la legge di Dulong e Petit viene a dire che il calore specifico d'un atomo, o d'un numero dato di atomi di uno di questi corpi è 0,875, prendendo per unità il calo- re d'un peso d'acqua eguale a quello d'un atomo, o dello stesso numero dato di atomi d'ossigeno, d'onde segue che se la stessa legge si applicasse all'ossigeno di cui si è preso l'a- tomo per unità , od in altri termini , se il rapporto che si è addottato tra 1' atomo dello zolfo , e quello dell' ossigeno è realmente quello che esiste tra gli atomi di queste due so- stanze, ai quali la legge di cui si tratta si riferisce, il calore specifico dell' ossigeno allo stato solido sarebbe 0,875, pren- dendo come al solito per unità dei calori specifici quello del- l' acqua a peso uguale. Ma l' ossigeno non potendo ottenersi allo stato solido, l'esperienza non ci ha indicato nulla sul calore specifico, che esso avrebbe in questo stato, e nulla ci assicura che il rapporto che si ammette, seguendo Berzelius, tra gli atomi dello zolfo, e dell' ossigeno, sia realmente quel- lo che esiste tra gli atomi di questi due corpi a cui la legge è applicabile , e che per evitare ogni ambiguità si potrebbe- ro chiamare atomi termici^ e le determinazioni dei calori spe- cifici degli altri corpi di cui abbiamo parlato non dandoci , partendo dalla legge di Dulong e Petit , se non il rapporto Del Cav. Avogadro Sa5 che dee esistere tra l'atomo termico dello zolfo, e quello di questi corpi j ne segue che non conosciamo ancora con cer- tezza il peso reale degli atomi termici dei metalli e dello zol- fo, prendendo per unità V atomo anch'esso termico dell'ossi- geno; si potrebbero essi raddoppiare triplicar ecc. tutti insie- me^ o ridurli tutti alla metà, al terzo, ecc. senza che la leg- ge della costanza del calore specifico degli atomi cessasse d'e- sistere tra i diversi metalli e lo zolfo. Il lavoro recente del Sig. Dulong sul calore specifico dei gaz ci fa conoscere che il calore specifico de' corpi semplici in questo stato, almeno per quei gaz su cui egli ha sperimen- tato, compreso il gaz ossigeno, è uguale a volume uguale, cioè che , se come tutto ci induce a crederlo, volumi uguali di tutti i gaz a pressione , e temperatura uguale contengono lo stesso numero di atomi o molecole integranti quali si tro- vano allo stato gazoso , i rapporti tra i pesi di questi atomi gazasi sono gli stessi che quelli che esistono tra gli atomi termici riferiti a questo stesso stato gazoso; ossia che gli ato- mi termici dei corpi semplici gazosi, prendendo per unità l'a- tomo termico del gaz ossigeno,, sono espressi dagli stessi nu- meri che esprimono i pesi degli atomi gazosi, ovvero le den- sità dei gaz, prendendo per unità l'atomo gazoso dell'ossi- geno, o la densità del suo gaz. Supponendo che questo rap- porto, a cui r esperienza non ci ha finquì presentata alcuna eccezione ne' gaz semplici , si estendesse realmente ad essi tutti, si potrebbe credere, che esso sussisterebbe anche tra gli atomi degli stessi corpi allo stato solido e liquido, quali essi sono indicati dal calore specifico de' medesimi. Se dunque la densità dello zolfo allo stato di gaz, ossia del vapore di zolfo fosse conosciuta, e fosse realmente a un dipresso doppia di quella del gaz ossigeno, conformemente al rapporto assegnato da Berzelius agli atomi di questi corpi, si potrebbe ammette- re, quando niun altro fatto vi si opponesse, che questo fosse pur anche il rapporto tra i veri atomi termici de' medesimi, e che i valori degli atomi termici dei diversi corpi semplici. Ó2G Memoria sui Calori ec. prendendo per unità quello dell'ossigeno, iosse quale si è fin- quì supposto nell'applicazione della legge di Dulong e Petit. Si può sperare che non si tarderà molto a conoscere speri- mentalmente questa densità del vapor di zolfo; ma sinora es- sa ci è ancora ignota, e siamo cosi ancor privi di questo mez- zo di fissare^ almeno in una maniera probabile, gli atomi ter- mici degli altri corpi, che non si possono ottenere se non al- lo stato solido o liquido, prendendo per unità quello dell'os- sigeno. Infatti la determinazione di Berzelius è fondata sulla supposizione che l'acido solforico sia formato di 3 volumi di gaz ossigeno ed uno di vapor di zolfo^ e l'acido solfoi'oso di a volumi di gaz ossigeno ed uno di vapor di zolfo. Ma sareb- be possibile che l'acido solforico non contenesse che x ^ vo- lume di gaz ossigeno per uno di vapor di zolfo, e die l'aci- do solforoso fosse formato di volumi uguali d'ossigeno e di questo vapore^ e che per conseguenza la densità del vapore o gaz di zolfo non fosse che la metà di quella che risulta- va dalla supposizione di Berzelius. In questo caso il volume del gaz acido solforoso che, come è noto, è uguale a quello del gaz ossigeno che esso contiene , sarebbe pure uguale a quello del vapore di zolfo in vece di esserne doppio, vale a dire vi sarebbe condensazione de' due volumi di gaz compo- nenti in un solo, il che non ha nulla di straordinario. La co- gnizione diretta del calore specifico del vapor di zolfo ci man- ca a più forte ragione che quella della sua densità; vi si po- trebbe supplire sino ad un certo punto con quella del calore specifico d'un gaz composto in cui entrasse lo zolfo, per esem- pio del gaz acido solforoso ; ma le sperienze di Dulong non comprendono alcuno di questi gaz. In questo stato di cose la fissazione degli atomi termici, che si è ammessa in seguito alle sperienze di Dulong e Petit, per r applicazione della loro legge ha sempre qualche cosa d'arbitrario, e non ci resta che a provare, se la comparazio- ne del calore specifico di altri corpi semplici a cui non si è fatta finora quest' applicazione, colle cognizioni che si posso- Del Cav. Avogadro 5a7 no avere , o colle presunzioni che si possono fare sulla den- sità del loro gaz o vapore, potesse servire a fissare in qual- che modo le nostre idee a questo riguardo. Egli è principahnente con questa vista, che io ho cerca- to di stabilire colla maggior certezza possibile colle mie spe- rienze;, come si è veduto nella prima parte di questa Memo- ria, il calore specifico del carbonio allo stato solido, quale si trova nelle diverse varietà di carbone, e passo ora ad esami- nare le induzioni che se ne possono trarre relativamente al punto di cui qui ci occupiamo. Secondo le mie sperienze sul carbone , e sul grafite, e quelle di Crawford sul carbone, non si può dubitare che il calore specifico di questa sostanza non sia prossimamente o^aS, ossia un quarto di quello dell'acqua. Secondo Berzelius, cioè supponendo che l' acido carbonico sia fiirmato d' un atomo di carbonio e a d'ossigeno, ossia d'un volume di vapor di carbonio e a volumi di gaz ossigeno, il peso dell'atomo del car- bonio, ossia la densità del suo gaz sarebbe, 0,764 prendendo per unità quella dell'ossigeno. Ora c,35. 0,764 = 0,191, nu- mero che non è che circa la metà di 0,875, valore del pro- dotto analogo dato dallo zolfi), e dai diversi metalli nelle sup- posizioni finqui ammesse nell' applicazione della legge di Du- long e Petit. Ne seguirebbe adunque , che secondo la legge così applicata 1' atomo del carbonio dovrebbe esser doppio di quello ammesso da Berzelius, cioè dovrebbe essere i,5a8; in- fatti si avrebbe allora i,5a8. o,a5= 0,882, numero poco di- verso da 0,875 , e reciprocamente partendo da quest' ultimo numero si avrebbe pel calore specifico del carbonio, che sod- disfarebbe esattamente alla legge ■°' '^„ = o, 2454 o con tre '^° 1,020 ' ' decimali 0,245, quasi identico col risultato delle sperienze. Ma in questo caso, supponendo che gli atomi termici avesse- ro lo stesso rapporto tra loro che gli atomi gazosi, ne segui- rebbe che nella formazione dell' acido carbonico un volume di vapor di carbonio prendesse 4 volumi di gaz ossigeno, e il 5ii8 Memoria sur Calori ec. volume del gaz composto, ugiinle a quello di quest'ultimo gaz iosse quadruplo di quello del vapor di carbonio j e che nella formazione del gaz ossido di carbonio un volume di gaz di carbonio psendesse due volumi di gaz ossigeno, e il vo- lume del gaz composto divenisse doppio di quello del gaz os- sigeno, o quadruplo di quello del gaz di carbonio. Questa quadruplicazione del volume del gaz composto relativamente al volume del gaz componente che entra in minor volume, sarebbe straordinaria e senza esempio nelle combinazioni ga- zose, il caso il più comune in queste combinazioni essendo , come altrove l'ho fatto osservare (Memoria già citata, nel Journal de Phys'ique Juillet 1811. ed altre posteriori) quel- lo d' un semplice raddoppiamento di volume relativamente al gaz che entra in minor volume nel composto, e la sola ecce- zione di cui si abbiano esempi essendo quella, che il volume del gaz composto sia uguale a quello di questo gaz di minor volume. L' ipotesi indicata avrebbe dunque già qualche cosa d'improbabile per questa ragione. Ma inoltre questa costitu- zione dei gaz acido carbonico e ossido di carbonio non si ac- corderebbe col calore specifico di questi gaz composti, secon- do la legge che ho stabilito a questo riguardo nella nota pub- blicata nel Bulletm del Sig. Ferussac ( Sur la relation entre les chaleurs specifi. ec. Mars i83o. ) e di cui ho già parlato nell'Introduzione. Infatti secondo questa legge il calore spe- cifico di questi gaz dovrebbe allora essere , per 1' acido car- bonicoj/ 1 ■j-J_= r,ii8, e pel gaz ossido di carbonio 1/5-1-1 = 1/1=0,866, in vece che, secondo le sperienze di Dulong, questi calori specifici sono {/i,5=i,225 pel primo di questi gaz e 1/2-1-2= i pel secondo, prendendo jjer uni- tà quello dell'aria, o quello dell'ossigeno a volume uguale, come debbono esserlo secondo la legge partendo dalla costi- tuzione di questi gaz che risulta dall' atomo di Berzelius pel carbonio. Se dunque gli atomi termici allo stato solido hanno tra loro lo stesso rapporto che allo stato di gaz , la supposi- zione che r atomo termico del carbonio, prendendo per uni- Del Cav. Avogadro Sag tà l'atomo termico dell'ossigeno, sia doppio di quello che suppone Eerzelius per l'atomo chimico è inammissibile, e l'a- tomo di Eerzelius dee ritenersi anche per le considerazioni relative al calore specifico. Ciò posto, poiché la legge di Dulong e Petit applicata al calore specifico del carbonio allo stato sohdo, ci dà i' atomo termico di questa sostanza^, relativamente a quelli dello zollò, e dei metalli in generale doppio di quello che risulterebbe dalle supposizioni ammesse sopra questi atomi, converrà con- chiuderne che sono questi ultimi atomi che debbono ridursi alla metà di quello che si supponeva, cioè che 1' atomo ter- mico dello zolfia prendendo per unità quello dell' ossigeno , non è che la metà dell'atomo chimico o gazoso che Eerzelius attribuisce allo zolfo prendendo per unità 1' atomo chimico o gazoso dell' ossigeno, e che per conseguenza se gli atomi ter- mici sono costantemente 1' espressione anche degli atomi ga- zosij il vapore di zolfo non dee avere che la metà della den- sità che corrisponderebbe a quest' atomo di Eerzelius , e gli acidi solforico e solforoso debbono aver la composizione ato- mica che risulta da questa riduzione, e di cui abbiamo sopra fatta notare la possibilità. Gli atomi termici, e probabilmente gli atomi gazosi dei metalli debbono allora essere ridotti an- ch' essi in generale alla metà del valore che Eerzelius loro attribuisce attualmente , e così al quarto di quello che egli loro attribuiva più anticamente. Dirò di piti; questa conse- guenza probabile della teoria termo-atomica sarebbe già rea- lizzata, quanto ad uno di questi metalli^ il mercurio^ dalle spe- rienze dirette del Sig. Dumas, che ha trovata infatti la den- sità del vapore di mercurio , la metà soltanto di quella che risulterebbe dall' atomo attuale di Eerzelius. Ammettendo questo sistema, cioè ritenendo per l'atomo del carbonio il valore 0,764 che Eerzelius gli attribuisce, pren- dendo per unità quello dell'ossigeno, e riducendo alla metà gli atomi termici dello zolfo e dei metalli , ai quali Dulong e Petit avevano già applicata la loro legge, ne seguirà che il 53o Memoria sui Calori ec. prodotto del calore specifico di tutti questi corpi prendendo per unità quello dell' acqua, pel peso dei loro atomi, non sa- rà più 0,375, ma la metà soltanto di questo numero, cioè 0,1875 ossia fi in vece di |, e questo numero 0,1875 sarà pur quello che esprimerà il calore specifico che avrebbe I' ossi- geno allo stato solido prendendo per unità quello dell'acqua; vale a dire il calore specifico dell'ossigeno solido sarebbe, in queste supposizioni, a un dipresso lo stesso , che le sperien- ze manifestano nello zolfo, il che è una conseguenza neces- saria di ciò che l' atomo dello zolfo è ora supposto a un di- presso uguale a quello dell'ossigeno, in vece di esserne doppio. Questa riduzione del calore specifico dell' ossigeno allo stato solido a 0,1875, invece di 0,875, a cui equivale essen- zialmente la riduzione di cui abbiamo parlato degli atomi ter- mici delio zolfo e dei metalli, può anche appoggiarsi in una maniera probabile sopra un'altra considerazione. Egli è natu- rale il credere che a peso uguale il calore specifico d'un cor- po allo stato di gaz, posta la stessa costituzione atomica, deb- ba essere piìi considerevole che allo stato solido o liquido , quando il calore specifico del gaz è preso sotto pressione co- stante, e che non debba almeno essergli inferiore anche quan- do è preso sotto volume costante; poiché ciascun atomo pare doversi circondare d' una quantità di calorico maggiore, e cer- tamente non minore per riscaldarsi d' un dato numero digra- di allo stato di gaz, in cui questo atomo si trova ad una mag- gior distanza dagli altri atomi , che allo stato solido o liqui- do, anche quando non si permette al gaz di dilatarsi per l'ac- crescimento di calorico, e la quantità di calorico che lo stesso atomo prende poi per la dilatazione del gaz sotto pressione costante dee ancor essere di sopra più. Ora secondo le spe- rienze di Berard e de la Roche, il risultato delle quali a que- sto riguardo può credersi almeno approssimato, il calore spe- cifico dell'aria sotto pressione costante, è a peso uguale 0,27 circa prendendo quello dell'acqua per unità. Dividendo per i,4ai che è il rapporto dei calori specifici dell'aria a volume Del Cav. Avogadro 53 i costante, e a pressione costante, si ottiene 0^19 pel calore specifico dell' aria sotto volume costante prendendo sempre per unità quello d' un peso uguale d' acqua. Il calore speci- fico sotto volume costante essendo lo stesso pel gaz ossige- no che per l'aria a volume uguale dei due fluidi, e il peso d'un volume di gaz ossigeno essendo a quello d'un ugual volume d'aria atmosferica come 1,1026 ad 1,0 come i a 0,90695, ne segue che a peso uguale il calore specifico del gaz ossigeno sotto volume costante sarà 0,19. 0,90695, ossia 0,1728 di quello dell'acqua. Questo numero è alquanto in- feriore a quello a cui le nostre considerazioni ci hanno con- dotti pel calore specifico da attribuirsi all'ossigeno allo stato solido invece di essere o uguale o alquanto superiore a que- sto, come il ragionamento parrebbe richiederlo ; ma la diffe- renza è abbastanza piccola perchè possa rigettarsi sopra l'ine- sattezza della sperienza di Berard e de la Roche , che è in- fatti d' un genere delicatissimo, trattandosi di paragonare i ca- lori specifici dell' aria e dell' acqua che non possono formare pesi uguali se non sotto volumi affatto diversi. Se si suppo- nesse che il calore specifico dell' atomo gazoso dell'ossigeno, sotto volume costante, fosse soltanto uguale a quello che noi abbiamo attribuito al suo atomo allo stato solido , cioè fos- se precisamente 0,1875 prendendo quello dell' ac(|ua a peso uguale per unità, il calore specifico dell' aria sotto lo stesso peso, sempre a volume costante, dovrebbe essere o, 1875 1 ,1026 = 0,2067, e quello sotto lo stesso peso ancora, ma sotto pressione costante diverrebbe 0,2067. 1,421=0,2937 in vece di 0,27 che l'esperienza ha dato a Berard e de la Roclie. Que- sto divario è poco considerevole, e si può ancora supporre che il calore specifico dell' ossigeno gazoso e conseguentemente quello dell' aria siano alquanto mag;i;iori, senza uscire dai li- miti degli errori possibili di questo genere d' esperienze . Co- sì secondo le nostre supposizioni il calore specifico dell'ossi- geno gazoso sotto volume costante sarebbe almeno uguale a quello dell' ossigeno allo stato solido, a peso uguale, e quel- Tomo XX. Vvv 53a Memoria sui Calori ec. lo dell' ossigeno gazoso sotto pressione costante sarebbe poi più grande che quello di tutta la quantità, che è richiesta dal rapporto dei due calori specifici a volume costante, e a pres^ sione costante, ossia dall' assorbimento di calorico che accom- pagna la dilatazione dei gaz quando si riscaldano sotto pressioi- ne costante. Se al contrario si supponesse che il calore spe-' cifico del gaz ossigeno allo stato solido fosse 0,875, al che ci condurrebbe la maniera con cui finora si è applicata la leg- ge di Dulong e Petit, esso sarebbe già molto più grande che quello che si può attribuire al gaz ossigeno a peso uguale, secondo le sperienze di Berard e de la Roche , anche sotto pressione costante, e a più forte ragione sotto volume costan- te, il che non ha alcuna probabilità. Tutto pare dunque riunirsi in favore del sistema che ab- biamo proposto, ed io lo seguirò nel resto di questa Memoria, come il più semplice e il più naturale nello stato attuale delle nostre cognizioni. Debbo però osservare che esso ha per base generale il principio che gli atomi termici dei corpi semplici sia allo stato gazoso, sia allo stato solido, quali l'osservazio- ne immediata dei calori specifici li determina, abbiano tra lo- ro gli stessi rapporti che gli atomi gazosi ossia le densità di questi corpi allo stato gazoso. Ora sarebbe possibile che l'e- sperienza venisse un giorno a dimostrare che questa identità di rapporto non fosse senz'eccezione; ma in questo caso è probabile che la discordanza dipenderebbe da riunioni, o di- visioni d' atomi che succederebbero nel passaggio d'un corpo dallo stato gazoso allo stato solido o liquido, per formare l'a- tomo conveniente al nuovo stato di esso e reciprocamente; od anche da un numero più o men grande di atomi affatto elementari , ed indivisibili, che potrebbe concorrere alla for- mazione della molecola integrante dei corpi semplici allo stato gazoso medesimo , e allora per istabilire la teoria atomistica sopra una base costante, converrebbe risalire a questi atomi semplici primitivi , che sarebbero pure i veri atomi termici. Supponiamo per esempio che 1' esperienza facesse vedere che Del Cav. Avogadro 533 la densità del gaz di zolfo fosse veramente quale 1' ha sup- posta Berzelius , e non la metà soltanto , come l' abbiamo ammesso per l'atomo termico allo stato solido :, relativamente a quello dell' ossigeno ; potrebbe allora inoltre accadere, o che r atomo termico del gaz o vapore di zolfo si trovasse anch'esso contbrme a questa determinazione, secondo l'a- nalogia degli altri gaz semplici , di cui il Signor Dulong ha esaminato il calore specifico , o che quest' analogia stessa venisse a mancare tra il gaz di zolfo, e gli altri gaz sempli- ci. Nel primo caso si dovrebbe considerare 1' atomo di Ber- zelius come r atomo termico dello zolfo, e attribuire la vio- lazione apparente della legge di Dulong e Petit che qsesta sostanza presenterebbe allora allo stato solido relativamente ai metalli ed al carbonio , ad una divisione del suo atomo nel passaggio dallo stato gazoso allo stato solido , per cui quest' atomo venisse ad essere formato in quest' ultimo sta- to d' un minor numero di atomi semplici primitivi che non allo stato gazoso. Nel secondo caso si dovrebbe ammette- re , che la costituzione dell' atomo del gaz di zolfo fosse es- sa medesima diversa da quella degli altri gaz relativamente agli atomi primitivi indivisibili , ossia ai veri atomi termici , cosicché relativamente allo zolfo ciò che si chiama la teoria de' volumi gazasi si scostasse dalla teoria degli atomi propria- mente detta. Ma come ho già fatto osservare, nulla finqul an- nunzia la realità di simili divisioni , o riunioni d' atomi nel passaggio dei corpi semplici dallo stato gazoso allo stato so- lido o liquido, e reciprocamente, e non abbiamo ancora alcun esempio d'una differenza di costituzione atomica, e quindi di calore specifico a volume uguale tra un gaz semplice e l'altro. Finché dunque ulteriori fatti non ci abbiano somministrate idee più precise sopra questi diversi punti, dobbiamo attener- ci al sistema d'atomi de' corpi semplici, che ho proposto per l'applicazione della legge di Dulong e Petit, con cui solo pos- sono rappresentarsi tutti i calori specifici conosciuti senza scostarci dall' indi«ato principio. Di questo sistema io farò uso 534 Memoria sui Calori ec. nelle ricerche di cui passo ad occuparmi delle leggi dei ca- lori specifici de' corpi composti relativamente a quelli de' lo" ro componenti. In ogni caso sarà poi facile tradurre l'espres- sione dei risultati a cui sarò condotto, in quella relativa a qualunque altro sistema che gli si dovesse sostituire. S- II- Considerazioni generali tendenti a stabilire la legge atomica del calore specìfico de' corpi composti allo stato solido 0 liquido, e loro applicazione all'acqua in particolare . Partendo dalla legge di Dulong e Petit pe' corpi sempli- ci, cioè supponendo per questi costante il calore specifico di ciascun atomo, l' idea la più semplice, e che si presenta più naturalmente sulla legge del calore specifico de' corpi com- posti, è quella di supporre che ciascun atomo o porzion d'a- tomo che entra nella fijrmazione d'un atomo del corpo com- posto, ritenga in quest'unione la stessa attitudine a prender calorico per riscaldarsi , che esso avea separatamente in cia- scuno de' corpi semplici , e che per conseguenza il calorico specifico di ciascun atomo del corpo composto prendendo per unità quello costante d'un atomo semplice, sia rappresentato dal numero intierO;, o frazionario, degli atomi semplici di di- versa specie che entrano nella formazione d' un atomo del corpo composto. In questo caso per ottenere il numero co- stante medesimo che i corpi semplici ci presentano nell' ap- plicazione della legge di Dulong e Petit, e che secondo la mo- dificazione che sopra ahhiamo fatta alla maniera di far quest'ap- plicazione , è 0,1870, il calore specifico de' corpi composti prendendo per unità quello dell'acqua a peso uguale, dovreb- be prima moltiplicarsi pel peso dell'atomo composto prenden- do per unità quello dell' ossigeno , poi dividersi pel numero d'atomi componenti di cui abbiamo parlato. A questo appun- Dei. Ca.v. Avocadro 535 to si riduce essenzialmente la legge che io avea proposta co- me applicabile ai corpi composti nella mia Memoria sulla den- sità dei corpi solidi e liquidi, ( Accad. di Torino T. XXX. ), fondandomi sulla considerazione del solo calore specifico del- l' acqua. Ma la modificazione che ho ora arrecata all'applica- zione della legge di Dulong e Petit ai corpi semplici, non la- scia più sussistere per l'acqua stessa l'accordo approssimato del calcolo coli' osservazione che io avea allora ottenuto per mezzo di quest'ipotesi; e in ogni caso si sarebbe dovuto ve- rificar questa legge sopra un certo numero di composti , per confermarne la realità. Per altra parte le osservazioni del Sig. Dulong sul calore specifico de' gaz avendo ora confermata la legge particolare che io avea piìi anticamente stabilita secon- do le sperienze di Berard e de la Roche , pel calore specifi- co de' gaz composti relativamente a quello de' gaz componen- ti , come 1' ho fatto osservare nella già citata nota nel Bulle- tin di Ferussac j era naturale di esaminare, se questa legge non convenisse pur anche ai corpi composti solidi o liquidi , sebbene in quella nota io avessi manifestato di dubitarne. Questa legge differisce da quella di cui ho ora parlato in questo, che per avere il calore specifico di ciascun atomo di corpo composto, bisogna prendere la radice quadrata del nu- mero che esprime quanti atomi, o porzioni d' atomo entrano nella sua formazione, in vece di prendere immediatamente questo numero stesso; cosicché se questa legge è applicabile ai corpi solidi e liquidi, egli è per la radice quadrata di que- sto numero, e non pel numero stesso , che bisogna dividere il prodotto del calore specifico a peso uguale, prendendo per unità quello dell' acqua , pel peso dell' atomo composto per ottenere il numero costante che si ha nell' applicazione del- la legge di Dulong e Petit ai corpi semplici , e che secondo le nostre attuali supposizioni è 0,1875. Ho dunque provato a rappresentare con questa legge i calori specifici osservati dei corpi solidi, e ho trovato , come già ho annunziato che questa legge già indicata dalle esser- 536 Memoria sui Calori ec. vazioni pei corpi gazosi^ pareva anche applicabile ai corpi so- lidi, ma con modificazioni relative alla natura di questi cor- pi. Si concepisce infatti che vi è per essi, nell'applicazione della legge di cui si tratta, una sorgente d' arbitrario, e d'in- decisione che non ha luogo pei corpi gazosi. In questi la co- stituzione dell' atomo composto è conosciuta dalle densità stes- se dei gaz composti e componenti , e dal numero di volumi dei gaz componìenti che concorrono a formai-e un volume del gaz composto. Questa cognizione compiuta della costituzione deir atomo per mezzo di osservazioni dirette ci manca relati- vamente ai corpi solidi , anche quando si suppongono perfet- tamente determinati i pesi degli atomi dei componenti, e i hti- meri relativi di atomi nella formazione del composto; gli ato- mi composti, che risulterebbero immediatamente dalla riunio- ne d'un numero intiero d' atoiui dèi corpi semplici, possono, come si vede nei composti gazosi, subire divisioni, o riunioni tra loro di cui lo stato solido ci nasconde intieramente la na- tura ed il numero. Bisogna dunque fare a questo riguardo sup- posizioni suggerite dai calori specifici stessi a cui si vuol sod- disfare, e perchè la legge che si vuol provare sia ammissibi- le, conviene almeno che le supposizioni che essa trae seco presentino, per la loro analogia con ciò che ha luogo ne' cor- pi gazosi, e per la loro conformità ne' corpi di composizione analoga un certo grado di probabilità. Si vedrà dai particola- ri in cui entrerò percorrendo i diversi corpi composti d'ordi- ne sucessivamente più elevato, sino a qual punto questa leg- ge, che l'osservazione ha indicata pei corpi gazosi, soddisfac- cia anche al calore specifico dei corpi composti solidi e liqui- di, avuto riguardo alle due indicate condizioni e qual grado di probabilità ne risulti in favore di questa leggCj In questa ricerca io indicherò, per abbreviare, col nome di numero costitutivo dell'atomo di corpo composto in uno stato qualunque il numero che rappresenta quanti atomi o frazioni di atomo dei corpi semplici componenti entrano, o si suppon- gono entrare nella formazione di questo atomo, numero di cui Del Cav. Avogadro 587 si dee prendere la radice quadrata nell'applicazione della leg- ge di cui qui si tratta. ]yfa tra i diversi corpi composti io debbo in primo luogo occuparmi a questo riguardo più particolarmente dell'acqua, la quale per la cognizione che abbiamo della densità del suo va- pore^ e per conseguenza della costituzione del suo atomo al- lo stato di gaz può offrirci alcuni dati di più sul rapporto tra gli atomi allo stato solido o liquido , e gli atomi gazosi rela- tivamente al calore specifico. Ho già ricordato che in una Memoria precedente io avea cercato di render ragione del calore specifico dell'acqua, sup- ponendo che nei corpi composti il calore specifico dell'atomo espresso dallo stesso numero costante che pei corpi semplici, dovesse ottenersi dividendo semplicemente il prodotto del ca- lore specifico della sostanza e del peso dell'atomo, per ciò che ho ora proposto di chiamare il numero costitutivo di quest'a- tomo; e che per conseguenza il calore specifico della sostan- za dovesse essere rappresentato dal suddetto numero costan- te moltiplicato pel numero costitutivo e diviso pel peso del- l' atomo. Siccome io ammetteva allora con Dulong e Petit pel numero costante della legge relativa ai corpi semplici 0,875 ossia |, io avea trovato che supponendo 1' atomo del- l' acqua liquida lo stesso che quello del vapor acqueo, il ca- lor specifico calcolato diveniva precisamente uguale a quello dell' acqua liquida, il quale si prende per unità. Intatti un volume di vapor acqueo essendo formato d'un volume di gaz idrogeno e d'un mezzo volume d'ossigeno, ossia il suo atomo gazoso d' un atomo d' idrogeno e d'un mezz' atomo d' ossige- no, il suo numero costitutivo è i -h ^ ossia i,5, e il peso di quest' atomo, prendendo per unità quello dell' ossigeno, mol- to prossimamente -r -1 ossia -^ ; ora JO 2 IO 3 I 9 2. ±. 16 16 538 Memoria sui Calori ec. Ma ciò non avrebbe più luogOj come già ho accennato , in seguito alla riduzione alla metà che abbiamo creduto dover adottare pel numero costante della legge; non si avrebbe più cosi che \ pel calore specifico calcolato dell' acqua, e niuna supposizione di divisione o di riunione d'atomi gazosi nella forma- zione d' un atomo dell' acqua liquida potrebbe ristabilire l'ac- cordo, ritenendo la stessa legge, poiché se si raddoppiasse per esempio il numero costitutivo, si raddoppierebbe pure neces- sariamente il peso dell'atomo e il risultato rimarrebbe lo stesso. Passiamo dunque a provare come si possa applicare al calore specifico dell' acqua la legge che riguardiamo ora co- me la più probabile, e secondo la quale dee sostituirsi al sem- plice numero costitutivo la sua radice quadrata. Supponendo ancora l'atomo dell'acqua liquida quale es- so è nel vapor acqueo, si ha come abbiamo veduto i,5 pel suo numero costitutivo; la radice quadrata ne è i^aaS, e il prodotto di questa per 0,1075 che prendiamo pel numero co- stante è 0,2297: dividendo pel peso dell'atomo ^ ossia 0,5025 si trova 0,4084. Questo numero non è, come si vede, nem- meno la metà dell' unità, che esprime il calore specifico del- l'acqua liquida; ora quantunque sia probabile che il calore specifico del ghiaccio, ossia dell'acqua allo stato solido (che è quello che la nostra fi)rmola pare dover darci più precisa- mente , poiché il numero costante ne è stato calcolato per mezzo dell' osservazione dei calori specifici de' corpi sempli- ci solidi ) debba esser minore di quello dell'acqua liquida, e ciò sia infatti conforme alle sperienze di diversi Fisici , non è credibile che la differenza ne sia sì notabile , e niuno ha trovato il calore specifico del ghiaccio sì poco considerevole; e le mie sperienze hanno dato per questo calore specifico , come si é veduto circa o^g, come 1' avevano indicato Kirwan e Daltoii. Per ottenere dunque coli' applicazione della nostra legge un calore specifico dell' acqua o del ghiaccio che sia conciliabile colle osservazioni, bisogna ammettere qualche can- giamento neir atomo gazoso dell' acqua al suo passaggio allo Dei. Cav. Avogadro 5 89 stato solido o liquido. Se si suppone una divisione di quest'ato- mo in quattro, il numero o,4o{^ sarà raddoppiato; poiché per una parte il numero costitutivo di cui la radice quadrata en- tra come fattore nelT espressione precedente si ridurrà alla quarta parte, e la sua radice resterà divisa per i//\. ossia per 2; ma per altra parte il peso dell'atomo che è divisore nella stessa espressione diverrà quattro volte minore, cosicché l'e- spressione sarà moltiplicata per | ossia per a. Il calore spe- cifico calcolato diverrà cosi 0,8 168^ numero a un dipresso in- termedio tra 0,9 che Kirvvan e Dalton hanno indicato, e che le mie sperienze mi hanno pur dato pel calore specifico del ghiaccio prendendo per unità quello dell'acqua, e 0,720 che Clement e Desormes gli hanno attribuito. Questo numero pa re affatto ammissibile , stante 1' incertezza di questi risultati: le mie sperienze in particolare non potendosi riguardare, per le circostanze meno favorevoli in cui furono fatte, se non co- me approssimative. Altronde la legge stessa, come già più vol- te ho detto di quella di Dulong e Petit pe' corpi semplici, non dee riguardarsi come matematicamente esatta nella sua applicazione. Se non si fosse supposta che una divisione dell' atomo gazoso in due , non si sarebbe ottenuto pel calore specifico calcolato, che 034084.1/2 = 0,4084- i54'4 = 0,6775, poiché il numeratore avrebbe dovuto dividersi per 1/2, e il denomina- tore per 2, il che equivale ad una moltiplicazione dell'espres- sione per -4- ossia per j/2; ora questo numero 0,5776 non sarebbe ancora che un pò piìi della metà del calore speci- cifico I dell'acqua, e non potrebbe ancora riguardarsi come il valore approssimato di quello del ghiaccio L' applicazione della nostra legge ci conduce dunque ad' ammettere che l'atomo dell'acqua liquida e del ghiaccio non è che il quarto dell' atomo dell' acqua gazosa ossia del vapor actjueo, cioè non è formato che di 1 d' atomo d' idrogeno, e ^ d'atomo d'ossigeno; cosicché se questo atomo passasse allo Tomo XX, Xxx. S4o Memouia sui Calori ec. stato di gaz senz' alterazione, un volume di vapor acqueo con- terrebbe soltanto \ di volume d'idrogeno e ^ di volume d'os- sigeno; o in altri termini nn volume di gaz ossigeno unen- dosi a due volumi d' idrogeno formerebbe 8 volumi di vapor acqueo in vece di due soli volumi che ne forma realmente. Secondo il nostro risultato il calore specifico dell' acqua solida ossia del gliiaccio non sarebbe che circa | di quello dell' acqua liquida, senza che si possa supporre alcun cangia- mento d' atomo tra questi due stati; questa differenza sareb- be dovuta alla sola diversità d'aggregazione da quella della dilatabilità che ne risulta ecc. Non se ne dee però conchiudere che un simile rapporto abbia prossimamente luogo tra lo sta- to solido ed il liquido per tutti i corpi. Nel mercurio per e- sempio il calore specifico calcolato per lo stato solido pare molto più prossimo a quello che gli si è osservato allo stato liquido. Infatti il calore specifico del mercurio solido calco- lato secondo la nostra formola per le sostanze semplici, pren- dendo pel suo atomo 6,33, metà di quello attualmente am- messo da Berzelius^dee essere °' ' ^ = 0,0296. Lavoisier e La- Place hanno trovato il calore specifico del mercurio liquido c,o2g che sarebbe ancora un poco inferiore a questa quanti- tà; ma probabilmente il loro risultato pecca alquanto per di- fetto. Clement e Desormes hanno trovato o,o3i,che sarebbe a O5O296 a un dipresso come 20 a 19, cioè il calore specifi- co calcolato del mercurio solido sarebbe i§ di quello del mer- curio liquido secondo quest' osservazione, in vece di esserne solamente |. Abbiamo veduto che il calore specifico dell' ossigeno al- lo stato di gaz sotto volume costante, secondo le sperienze di Berard e De la Roche sul calore specifico dell' aria para- gonato a quello dell' acqua , sarebbe a un dipresso Io stesso che quello che secondo la nostra formola avrebbe luogo nel- r ossigeno allo stato solido. Quest' ugualianza approsimata di calore specifico dovrebbe pure verificarsi per tutti gli altri Del Cav. Avogadro • 54i gaz semplici, che si supponessero ridotti allo stato solido, sen- za riunione, né divisione d' atomi , poiché il calore specifico dell'atomo é, nelle nostre supposizioni, costante pei corpi semplici tanto allo stato di gaz quanto allo stato solido, e il numero d' atomi contenuto in un dato peso è in ragion in- versa del peso dell' atomo nelT uno come nelT altro di que- sti due stati. Questa stessa uguaglianza approssimata dee aver luogo, secondo le nostre formole , anche pei corpi composti allo stato gazoso e allo stato solido, nel caso che si suppon- gano ritenere in questi due stati la stessa costituzione d'ato- mo; poiché la legge del calore specifico de' corpi composti relativamente a quello de' corpi semplici è supposta la stessa pe' corpi solidi come pe' corpi gazosi. Questo può verificarsi direttamente sul vapor acqueo paragonato coli' acqua. Il ca- lore specifico del vapor acqueo a volume costante prenden- do per unità quello dell' aria, e per conseguenza anche del- l' ossigeno a volume uguale, secondo la legge che ho confer- mat-i per mezzo delle sperienze di Dulong nella Nota pivi volte citata è ^/i,5=z i,225. Siccome dunque la densità del vapor acqueo è 0,5025, prendendo per unità quella del gaz ossigeno, il suo calore specifico a peso uguale sarà _L££^=2,i778 Ilo OjòóaS prendendo quello del gaz ossigeno per unità. Poiché dunque abhiamo veduto che il calore specifico dell'ossigeno gazoso j secondo le sperienze di Berard e De la Roche sarebbe 0^1723 prendendo per unità quello dell'acqua a peso uguale, quello del vapor acqueo nella stessa unità sarà a, i 78.0,1 723=0^ 8753 un poco infijriore a 0,4084 che abbiamo trovato pel calore specifico dell' acqua calcolato nella supposizione che il suo atomo si conservasse quale esso è allo stato gazoso: nella stes- sa maniera che il calore specifico dell' ossigeno stesso 0,1728 secondo le sperienze di Berard e De la Roche si é trovato al- quanto minore di 0,1875, valore del calore specifico dell'os- sigeno solido nelle nostre supposizioni. E se si ammettesse che il calore specifico dell' ossigeno gazoso prendendo per unità 54^ Memoria sui Calori ec. quello dell'acqua fosse 0,1875, come abbiamo creduto che es- so dovea esserlo almeno, se non superiore, rigettandone la dif- ferenza bixW errore possibile delle sperienze di Berard e De la Roche, si avrebbe per quello del vapor acqueo 0,1875.^,178 =. 0,4084? precisamente come l'abiìiamo calcolato per l'acqua liquida neir indicata ipotesi ; onde si potrebbe supporre che il calore specifico del vapor acqueo a volume costante pren- dendo per unità quello dell'acqua, è anch'esso alquanto su- periore a 0,4084; e il calore specifico dello stesso vapore sot- to pressione costante sarebbe poi ancora superiore a quello di tutta la quantità assorbita per la dilatazione che allora vi si considera, e che determina il rapporto dei due calori spe- cifici a volume costante e a pressione costante. Il calore specifico del doppio più grande che abbiamo attribuito all'acqua supposta solida, cioè 0,8168, e da cui di- pende anche quello dell'acqua liquida = ì, non ha dunque luogo, se non perchè abbiamo ammessa nell'acqua in questi due stati, relativamente allo stato gazoso una divisione del- l' atomo in quattro, e quindi questa superiorità del calore spe- cifico dell'acqua solida e liquida sopra quello del vapore a pe- so uguale non dee più sorprenderci; quest'ultimo sarebbe an- ch'esso uguale od anche superiore a 0,8168, prendendo il va- pore sotto volume costante, se si supponesse che l'atomo del- l'acqua si conservasse allo stato gazoso quale lo supponiamo allo stato solido e liquido. Il calore specifico sotto pression costante sarebbe quindi ancora maggiore; cioè siccome il ca- lore specifico del vapor acqueo a volume costante con questa ipotetica costituzione, prendendo per unità quello dell'aria o del gaz ossigeno di ugual volume, sarebbe -1:^ = 0,61 aS, il a suo calore specifico a pression costantej prendendo sempre per unità quello d' un ugual volume d' aria sotto volume costan- te, sarebbe 0^6 1 a5 h- 0,42.1 = i^o335, poiché la quantità di ca- lorico che forma la differenza dei due calori specifici, secon- do le sperienze di Dulong è costante e rappresentata da 0,4^ '• Del Cav. Avogadro 543 Cosi questo calore specifico del vapor acqueo a pressione co- stante sarebbe i.,o335 nella stessa unità in cui quello a vo- lume costante è 0,6 ia5. Se dunque si supponesse che il ca- lore specifico a volume costante del vapor acqueo in questo stato fosse 0,8168 prendendo per unità quello d'un ugual pe- so d' acqua j qnello a pressione costante sarebbe dato dalla proporzione o,6i25: i,o335 : : 0,8168: x=i,3'i8: quest'ultimo calore specifico dovrebbe dunque probabilmente essere alquan- to superiore a questo valore 1,878. Così i calori specifici a peso uguale dell' acqua allo stato solido, allo stato liquido, e allo stato di gaz sottoposto a pressione costante, in questa supposta identità di atomo sarebbero rappresentati rispettiva- mente dai numeri 0,8168; i^eun poco pivi di 1,378, confor- memente alla progressione che è naturale di ammettere tra questi tre stati; mentre al contrario nella costituzione reale dell' atomo del vapor acqueo il suo calore specifico a pressio- ne costante non dee esser che alquanto superiore a 0,5487 , prendendo per unità quello d'un peso acqua uguale d' , nu- mero che con un calcolo simile al precedente si trova corri- spondere al calore specifico del vapore sotto volume costan- te, 0,4084. S HI. applicazione delle considerazioni precedenti al calore specifico dato dalle esperienze pei diversi corpi composti. Seguirò in quest' applicazione lo stesso ordine in cui ho disposto i diversi composti nel §. V. della prima parte in cui ho riferiti i risultati delle mie sperienze, vi aggiungerò però alcune poche sostanze, pel calore specifico delle quali mi ser- virò delle determinazioni che altri Fisici ne han date , non avendo io stesso su quelle sperimentato. Osserverò qui avanti di occuparmi di ciascun composto 544 Memoria sui Calori ec. particolare, che in seguito alla riduzione che ahbiamo aJJot- tata degli atomi dei metalli in generale alla metà di quelli che ammette attualmente il Sig. Berzelius, i loro gradi d'os- sigenazione debbono essere tutti abbassati, riducendo alla me- tà il numero d' atomi d' ossigeno che Berzelius vi suppone per ciascun atomo di metallo: così gli ossidi a un atomo d'os- sigeno non saranno più che a un mezz' atomo , quelli a i ^ atomi, ossia di 3 atomi d' ossigeno per a di metallo diverran- no ossidi a I d'atomo d'ossigeno per uno di metallo, ossia 3 atomi d'ossigeno per 4 di metallo, e cosi successivamente, lo stesso si dica dei gradi dei cloruri. Per la stessa ragione il nu- mero d'atomi d'acido per un atomo di base deve ridursi alla metà nei carbonati, nitrati ecc. Quanto ai solfuri ed ai solfati ciò non è loro applicabile, perchè abbiamo ridotto a metà l'a- tomo dello zolfo come quelli dei metalli , cosicché il rappor- to tra il numero d' atomi resta lo stesso che quello ammesso da Berzelius. Del resto nell' estimazione dei pesi degli atomi, e nei risultati che ne deduco mi limito a tre o quattro de- cimali. ' • i . •, Ossidi metallici. a. Ossidi metallici contenenti secondo Berzelius i atomo, e secondo il nostro sistema un mezz' atomo d' ossigeno per uno di metallo. Il numero costitutivo dell'atomo di questi os- sidi, quando non vi si suppone alcuna divisione né riunione relativamente all'atomo del metallo, è i -h ^ ossia i,5 di cui la radice quadrata é r,225, e il suo prodotto per 0,1875 è 0,2297. Ossido giallo di piombo. Il peso dell' atomo di quest' os- sido, prendendo per unità quello dell'ossigeno, e supponen- do primieramente che esso non subisca alcuna divisione re- lativamente all'atomo del metallo, dee essere 6,472i5 -4- o,5 = 6,9725, cioè 6,4725 per 1' atomo di piombo , e o,5 pel mezz'atomo d'ossigeno. Se la legge che abbiamo proposta pel calore specifico de' corpi solidi si applica a quest'atomo, si Del Cav. Avogadro 54$ avrà pel calore specifico calcolato ^^^^ = 0,0829. Questo nu- mero è notabilmente minore del calore specifico di questa so- stanza dato dalle osservazioni. Ma se si ammette che l'atomo dell' ossido che abbiamo supposto si divida in due atomi, co- sicché r atomo reale non sia più formato che di ^ atomo di piombo e ^ d'atomo d'ossigeno, il numero costitutivo i,5 si ridurrà alla metà, ed il numeratore della frazione che espri- me il calore specifico dovrà dividersi per i/a ossia per i,4'45 mentre per altra parte il peso dell' atomo riducendosi a me- tà, il denominatore resterà diviso per a. Ciò viene a dire che il numero precedente dovrà moltiplicarsi per -y- ossia j/a. 11 calore specifico calcolato diverrà dunque o^oSag.i ,4i4=o,c465. Le mie sperienze, e quelle di Gadolin hanno dato pel calore specifico di quest' ossido o,o5o, ovvero 0,049 che è alquanto più; ma la differenza non è tale che non possa attribuirsi in parte agli errori delle sperienze stesse, e in parte alle picco- le deviazioni provenienti dalla natura particolare di ciascuna sostanza^ e in ragion delle quali io non riguardo, come ho già detto, le leggi di cui qui si tratta, se non come approssima- tive. Ma perchè questo risultato non possa essere considera- to come puramente arbitrario, e la divisione ammessa dell'a- tomo scelta soltanto per verificare 1' osservazione , bisognerà che gli ossidi di composizione analoga a questo offrano pure una divisione analoga d' atomo per soddisfare alla legge , e questo si vedrà dall'esame degli ossidi seguenti. Ossido rosso di mercurio. Il peso dell'atomo del mercurio essen- do secondo noi 6,33, quello dell'atomo d'ossido rosso, supponen- do che l'atomo del metallo vi resti intiero sarà 6, 33-1-0, 5=6,83. Si dovrebbe dunque avere pel calore specifico calcolato se- condo la nostra legge ^^p||^ == o, o336 , troppo inferiore a quello osservato. Ma se si suppone la divisione di quest'ato- mo in due come per 1' ossido precedente, questo numero re- 546 Memoria sui Calori ec. sterà moltiplicato per i,4'45 ^ si avrà così o,o475. Le mie spe- rienze e quelle di Lavoisier e La Place s'accordano nel dare a quest' ossido molto prossimamente o^oSo pel calore specifi- coj questo è ancora , come per V ossido di piombo, un poco più del calore specifico calcolato , ma con una differenza ab- bastanza piccola perchè la legge possa considerarsi come ve- lificata, e ciò con una costituzione d' atomo analoga a quel- la che abbiamo dovuto ammettere per 1' ossido di piombo. Protossido di stagno, ossia, ossido stannoso di Berzelius. 11 peso dell'atomo dello stagno, metà di quello ammesso da Berzelius è 8,675, e per conseguenza quello dell'atomo di quest'ossido, non supponendovi alcuna divisione 45' 7^; in quest'ipotesi il calore specifico dovrebbe essere ^-|^=o,o55 molto minore di quello che l'osservazione ci ha dato. Ma se si suppone la divisione dell'atomo in due, si avrà o, c55.[/a =0,078. L' esperienza mi ha dato un numero ancora notabil- mente maggiore, cioè 0,094; '^^^ come ho già detto, ho qual- che ragione di sospettare, che 1' ossido da me adoperato fos- se misto d' alquanto deutossido, che come dotato di maggior calore specifico avrebbe prodotto un errore in più. Altronde non si potrebbe supporre un' ulterior divisione dell'atomo in due, senza moltiplicare ancora il numero 0,078 per ^/a, il che da- rebbe un numero notabilmente superiore a quello dell'osser- vazione, cioè o, MG, quasi uguale a quello che ho osservato nel deutossido. Mi pare dunque probabile, che il divario un po' grande, che si ha qui tra 1' osservazione ed il calcolo, è dovuto a qualche errore particolare dell'osservazione, e in que- sto caso il calore specifico del protossido di stagno soddisfa anch'esso alla nostra legge con una costituzione d'atomo ana- loga a quella che abbiamo ammessa per gli ossidi precedènti. Deutossido di rame, ossia ossido cuprico. L'atomo del ra- me è secondo il nostro sistema 1,9785, e quindi quello del- l' ossido di cui si tratta a, 4785 quando non vi si supponga alcuna divisione; in tal caso il calore specifico dovrebbe es- Del Cav. Avogadro 547 sere 2i^^ =0,0927 ; ma supponendo una divisione dell'ato- mo in a si avrà 0,090,7.1/2=0,130. L'esperienza mi ha da- to 0,146, numero un pò maggiore; ma si vede che la costi- tuzione d'atomo che soddisfa più da vicino all'osservazione è sempre la stessa che negli ossidi precedenti. Ossidi di zinco. L'atomo dello zinco è secondo noi a,oi6, e quello del suo ossido a,5i6non ammettendovi alcuna divi- sione; ora ■"' ^^^'^ =0,0913. Moltiplicando per 1/2, cioè sup- ponendo la divisione dell' atomo in due , sempre secondo la stessa analogia, si ha 0,1291. Io ho trovato 0,141 pel calore specifico dell'ossido di zinco, e Crawford 0,137, numeri solo alquanto superiori a quello calcolato. Calce. Non essendo conosciuto per esperienza il calore specifico del calcio metallico, non si ha prova diretta che l'a- tomo del calcio quale lo suppone Berzelius, soddisfaccia alla legge di Dulong e Petit sotto la forma in cui questa legge fu finquì applicata, o che la metà di quest'atomo soddisfaccia al. la stessa legge col numero costante che vi abhiamo sostituito, e che la composizione atomica della calce sia quindi analoga a quella degli ossidi precedenti. Ma siccome è noto che la calce è isomorfa cogli ossidi a un sol atomo d'ossigeno di Ber- zelius, ovvero a un mezz'atomo nel nostro sistema, non pare potersi dubitare che la calce appartenga a questa classe di os- sidi. Ciò posto l'atomo del calcio sarebbe secondo noi 1,28 metà di 2,56 che è l'atomo di Berzelius, e l'atomo della cal- ce, non ammettendovi divisione, sarebbe 1,28-1-0,5=1,78. In quest'ipotesi si avrebbe pel calore specifico della calce, se- condo la nostra legge Il^ììI =0,129. Ma supposta una divi- sione dell' atomo in 2 come per gli ossidi precedenti, questo numero diverrà 0,129.^/2=0,182. Ho trovato pel calore spe- cifico della calce viva coli' esperienza 0,179 numero poco di- verso; r analogia degli ossidi a g atomo d' ossigeno , riguar- Tomo XX. Yyy 542 Memoria sui Calori ec. do alla costituzione dell' atomo si verifica dunque anche per la calce. La nostra legge è dunque applicabile al calore specifico di tutti gli ossidi di questa classe che abbiamo esaminati, per quan- to gli errori delle osservazioni stesse pajono permetterlo, e per quanto la natura d' una legge approssimativa lo richiede, am- mettendo, che in tutti questi ossidi l'atomo del metallo unito ad un mezz'atomo d'ossigeno si divida in due, onde l'atomo compo- sto sia formato di un mezz'atomo di metallo e di i d'atomo d'os- sigeno. Se questa costituzione d'atomo avesse luogo in questi composti allo stato di gaz, un volume di gaz metallico com- binandosi con un mezzo volume di gaz ossigeno, produrrebbe due volumi di vapore o gaz composto^ secondo il caso il più ordinario delle combinazioni gazose esso non dovrebbe pro- durre che un solo volume cioè il doppio del volume del gaz ossigeno, che è qui la sostanza che entra per un minor vo- lume nel composto; se supponiamo che questo fosse pure il caso dei nostri ossidi allo stato gazoso, vi sarebbe poi di- visione di quest' atomo gazoso in due nel passare allo sta- to solido , nella stessa maniera che abbiamo veduto doversi ammettere , secondo il nostro sistema , una divisione d' ato- mo in 4 nel passaggio del vapor acqueo allo stato liquido o solido. b. Ossidi metallici contenenti secondo Berzelius i -| atomo d' ossigeno per uno di metallo , ossia 3 atomi d' ossigeno per due di metallo, e secondo il nostro sistema \ d' atomo d' os- sigeno per uno di metallo , ossia 3 atomi d' ossigeno per 4 di metallo. Il numero costitutivo dell'atomo in questi ossidi non supponendo alcuna divisione dell' atomo metallico , è 1 -t- |, ossia 1,75 di cui la radice è 1^32,3, e il suo prodotto per 0,1875 è 0,2481. Ossido rosso di ferro. L' atomo del ferro dee essere se- condo noi 1,696,6 per conseguenza quello dell'ossido di cui si tratta, se l' atomo del metallo non vi soffre divisione, sarà 1,696 -H 0,75 = 2, ,446- Si dovrebbe dunque avere il calore Del Cav. Avogadro 549 specifico calcolato secondo la nostra legge °'°/ ' = o, 1014. Questo non è che circa la metà del calore specifico osserva- to; bisognerà dunque supporre una divisione dell'atomo in 4-i pel che si viene a dividere il numeratore per \/^, ossia per 2, e il denominatore per 4^ ^ csi a moltiplicare il numero precedente per a , si ottiene cosi 0,2038 pel calore specifico calcolato; l'osservazione ha dato, come si è veduto o,2i3, numero di poco superiore. Così quest' ossido soddisfa alla no- stra legge, purché si supponga che 1' atomo che risulterebbe immediatamente dall'unione d'un atomo di ferro con | d'a- tomo d' ossigeno si divida in 4 almeno allo stato solido , co- sicché r atomo non sia più formato che di 1 d'atomo di fer- ìo, e -7 d' atomo d' ossigeno. Ma vediamo se gli altri ossidi di composizione analoga ci presenteranno la stessa analogia nel- la costituzione del loro atomo. Minio ossia deutossido di piombo. L'atomo del piombo essendo come sopra 6,472.5, se vi si aggiunge 0,75 per l'os- sigeno, si avrà per l'atomo dell'ossido senza divisione 7,2225, e quindi pel calore specifico calcolato "'^^^é = o,o3434- Rad- doppiando questo numero, il che suppone come sopra una di- visione dell'atomo in 4^ si ottiene 0,0687, numero poco di- verso da 0,0724 che ho trovato pel calore specifico di quest' ossido corretto dall' effetto della mescolanza di protossido di piombo. Crawford e Kirwan hanno indicato 0,068 secondo le loro sperienze , il che s'accorderebbe ancora più da vicino col valor calcolato, se avessero realmente operato sopra deu- tossido puro Si ha dunque per quest'ossido, nelT applicazio- ne della nostra legge, la stessa costituzione d'atomo che ab- biamo trovato neir ossido rosso di ferro suo analogo per la composizione. Ossido d'arsenico, ossia acido arsenioso. L'atomo dell'ar- senico metallico quale Berzelius lo ammette attualmente , e 55o Memoria sui Calori ec. che è già, come per gli altri metalli, la metà di quello che egli gli attribuiva più anticamente , è fondato sulla supposi- zione che nell'acido arsenioso un atomo d'arsenico prenda i ^ atomi e nell'acido arsenico a ^ atomi d'ossigeno. Ma l'analo- gia porta a credere che si debba ancora ridurre quest' atomo alla metà come quelli dei metalli precedenti. E inlatti Gado- lin assegna all' arsenico senza dubbio metallico { poiché Du- lonij e Petit non hanno compreso questo metallo nelle loro sperienze,ed io non me ne sono né anche occupato nelle mie come di niun altro metallo) il calore specifico 0,084 (1)5 ora se si addotta per l'atomo dell'arsenico a, 35, metà di quello ammesso attualmente da Berzelius, si ha 2^^^ = o, 0798 os- sia prossimamente 0,080, che si scosta poco dal risultato di Gadolin. Ammettendo dunque quest'atomo a,35 per l'arseni- co metallico, e la composizione dell'acido arsenioso che ne è la conseguenza, cioè | d'atomo d'ossigeno per un atomo di metallo, il che lo rende analogo nella composizione ai due ossidi precedenti, si avrà per l'atomo composto, se non vi si suppone divisione, a,35 -4-0,75 = 3,io, e pel calore specifico calcolato ^iS2_i= 0,080 in vece di 0,141 che ho trovato per esperien- za. Ma se si suppone ora una divisione di quest' atomo in 4i si avrà il doppio di 0,080, e così 0,160 pel calore specifico calcolato ; questo numero é alquanto maggiore di quello os- servato; ma la differenza pare ancora potersi rigettare sopra gli errori dell' osservazione, e sul diffetto di rigore della leg- ge stessa; e quest' ipotesi di divisione, analoga a quella degli ossidi precedenti, si trova così anche qui indicata dall'osser- vazione. (1) Berzelius nel suo Trattato di Chimica dice che il calore specifico trovato all' arsenico da Dulong e Pe- tit non s' accorda colla loro legge; ma non veggo che si faccia menzione di questo metallo nella loro memoria pub- blicata negli Annales de Chimie et de Physique, Avril 1819. Del Cav. Avogadko 55 i Osserverò qui che la riduzione dell'arsenico alla metà dell'atomo attualmente ammesso da Berzelius ci obbliga a far- ne altrettanto pel fosforo, perchè i composti analoghi di que- sti due corpi sono isomorfi •, così V acido fosforico non sarà formato che da ^ ossia i i atomi d' ossigeno in vece di | os- sia a j per ciascun atomo di fosforo , e non sarà per conse- guenza analogo agli acidi nitrico, dorico ecc.. almeno quando si voglia ritenere l'identità di rapporto degli atomi termici de' corpi semplici con quelli che essi avrebbero allo stato di gaz. Alumina. Berzelius ammette attualmente in questa sostan- za come negli ossidi precedenti i ^ atomo d' ossigeno per un atomo di metallo, e 1' isomorfismo de' suoi composti con quel- li dell'ossido rosso di ferro pare non lasciare alcun dubbio , che la sua composizione sia analoga a quella di quest'ossido; essa dee dunque essere composta secondo il sistema che ab- biamo adottato di | d'atomo d'ossigeno per una d' ahiminio, e l'atomo d'aluminio si ridurrà alla metà di quello ammesso da Berzelius, cioè sarà o,856; l'atomo dell'alumina sarà quin- di c^856-<-o, 75=1,606, quando vi si supponga l'atomo d'alu- minio indiviso. Il calore specifico dell'alumina in quest'ipo- tesi dovrebbe essere 2ifi--L = 0,1 545. Questo lisultato sareb- 1,606 ^ ^ be notabilmente inferiore a quello delle mie sperienze 0,200: ma sarebbe molto maggiore il divario in più che si avrebbe raddoppiandolo^ cioè supponendo una divisione dell' atomo in 4. Se si ammette una divisione in 2, soltanto, il ninnerò o,i545 dovrà moltiplicarsi per (/a, e diverrà così Ojai8_,di poco su- periore a quello osservato. L'analogia nella costituzione dell'a- tomo , se pure la mia esperienza non è affetta da qualche grave errore, mancherebbe dunque qui relativamente a quel- la degli ossidi piecedenti della stessa composizione, e l'ato- mo dell'alumina sarebbe formato di | atomo di metallo, e | d' atomo d' ossigeno, in vece di esserlo come i precedenti di ^ d'atomo di metallo, e -r- d'atomo d'ossigeno. Non credo 552, Memoria sut Calori ce. però che (juest" eccezione all' analogia^ la prima che incontria- mo nei diversi ossidi che già abbiamo percorsi , possa conside- rarsi come una forte obbiezione contro la nostra legge (i). Farò qui osservare che secondo la costituzione d' atomo a cui siamo stati condotti pei tre primi ossidi di questa clas- se che abbiamo considerati, se questi composti si trovassero allo stato di gaz collo stesso atomo, il volume del gaz risul- tante sarebbe quadruplo di quello del vapore del metallo; cioè un volume di vapor del metallo combinandosi con | di volu- me di gaz ossigeno formerebbe 4 volumi di gaz composto: o in altri termini i6 volumi di questo gaz composto conterreb- bero 4 volumi di vapor del metallo, e 3 volumi di gaz ossi- geno: a ciascuno di questi volumi parziali d'ossigeno, che è qui il corpo che entra in minor volume, corrisponderebbero così i6 volumi di gaz composto. Nella formazione dell'alumi- na a ciascuno di questi volumi d'ossigeno corrisponderebbe- ro solo 8 volumi di gaz composto. Ma probabilmente questa costituzione non avrebbe realmente luogo nei composti allo stato gazoso, e non è che il risultato di una divisione dell'a- tomo conveniente allo stato gazoso, in più atomi, nel passag- gio allo stato solido, come ciò succede relativamente all'acqua. e. Ossidi metallici contenenti secondo Berzelius a atomi d'ossigeno , e secondo noi un solo atomo per un atomo di metallo. In questi ossidi il numero costitutivo^, non supponen- dovi divisione è 1-4-1 = 2., di cui la radice quadrata è i54'4' e il prodotto di questa per 0,1875. è 0,260 1. Deutossido di stagno, ossia ossido stannico. Il peso dell'a- (i) Potrebbe pure obbjettarsi che se r atomo dell' alumina offre una divi- sione di meno che 1' ossido di ferro , essa non può più essere isomorfa a questo, come lo dà 1' osservazione: ma può rispondersi che questa differenza non ha luogo tra i due composti, se non allo stato anidro, e che 1' alumi- na può riprendere l' analogia dell' os- sido di ferro ne' suoi composti , nei quali solo r isomorfismo è stato osser- vato. Avrò occasione di ritornar sopra questo soggetto parlando degli idrati dell' alumina e dell' ossido di ferro. Del Cav. Avogadro 553 tomo dello stagno essendo come sopra 3,675 quello dell' ato- mo di quest' ossido sarà 45^7^ se non vi è divisione. In tal caso il calore specifico dovrebbe essere ' ^ ' =0,0567. Que- sto non è che circa la metà di quello che ha dato 1' osser- vazione. Raddoppiando questo numero, il che suppone una divisione dell'atomo in 4^ si ottiene 0,11 34 pel calore speci- fico calcolato, poco diverso da quello osservato 0,111. L'ato- mo di quest'ossido allo stato solido sarebbe dunque formato di i d'atomo di stagno e i d'atomo d'ossigeno. L'ossido in cui ho osservato il calore specifico o^iii è quello preparato coir acido nitrico: l'altra modificazione di quest'ossido, sotto cui esso si presenta quando si ottiene precipitandolo dal clo- ruro di stagno^ avrebbe probabilmente un calore specifico al- quanto diverso; ma è da credersi, che questa differenza sareb- be dell' ordine dì quelle che possono aver luogo nell' appli- cazione della nostra legge, come semplicemente approssimati- va, alle diverse sostanze, e non dipenderebbe da un grado di divisione diverso nella costituzione dell'atomo. Perossido di manganese. L' atomo del manganese metalli- co essendo, secondo noi i ,73o, metà di quello attualmente ammesso da Berzelius, quello del perossido, non supponendo- vi divisione sarà 2,730; si dovrebbe dunque avere pel suo ca. lore specifico 2^^--r^ ^o,o<)7i; questo non è che circa la metà di quello osservato. Bisogna dunque ammettere in quest'ossi- do, come in quello dello stagno , suo analogo per la compo- sizione, una divisione dell'atomo in 4?il die raddoppia il nu- mero 0,0971 , e dà pel calore specifico calcolato 0,1945 po- chissimo diverso dal calore specifico osservato o,igi. Osserverò qui che se la costituzione d'atomo che abbia- mo trovata comune a questi due ossidi, avesse pur luogo allo stato di gaz, un volume di vapor metallico combinandosi con un volume di gaz ossigeno produrrebbe 4 volumi di gaz com- posto. Ma se si suppone che allo stato gazoso questo volume 554 Memoria sui Calori ec. non dovesse essere che doppio di quello di ciascuno dei gaz componenti, secondo ciò die si osserva ordinariamente nei composti di questo genere che possono ottenersi allo stato gazoso, vi sarebjje poi divisione di quest'atomo gazoso in due nella formazione dsU' atomo solido. d. Silicia, ossia acido silicico. Il Sig. Berzelins suppone ancora attualmente tre atomi d'ossigeno per uno di Silicio nella Silicia. Se si volesse seguire l'analogia dei metalli pre- cedenti relativamente agli atomi ammessi da Berzelius , noi dovremmo supporre i ^ atomo d' ossigeno per i di Silicio, e ridurre quindi 1' atomo di Silicio alla metà di quello di Ber- zelius. Ma il calore specitìco del Silicio ci è affatto ignoto, e non abbiamo alcuna analogia per cui possiamo determinare la composizione della Silicia relativamente a quella degli altri ossidi. Per altra parte ho esposto altrove ragioni chimiche di credere che il numero degli atomi d'ossigeno nella Silicia non può essere un multiplo per 3 ( Memorie dell'Accademia di To- rino T.° a6. ) e il Sig. Dumas, per mez?;o delle sue ricerche sulla densità di alcuni gaz composti in cui entra il Silicio, ha poi reso probabile che la Silicia non contiene che un atomo d' ossigeno per uno di Silicio, e Berzelius non Iia creduto do- ver ritenere la sua antica ipotesi , se non per la semplicità maggiore che ne risulta nella composizione de' silicati, il che non pare un motivo sufficiente. Supporrò dunque la Silicia composta di un atomo d'ossigeno e d'uno di silicio; l'atomo del silicio sarà per conseguenza il terzo di 2,^775 ammesso da Berzelius, cioè 0,926, e quello della silicia, non supponendo- vi divisione, sarà 1,925. La silicia sarà così analoga per la sua composizione ai due ossidi precedenti, e il suo numero costi- tutivo •? come per questi ossidi. Quindi il calore specifico cal- colato dovrebbe essere -'^ ' =0,1377. Questo numero è no- 1,925 ' ' tabilmente minore di quello osservato: ma se ammettiamo una divisione del supposto atomo in 2 soltanto , questo numero dovrà moltiplicarsi per j/a, e diverrà cosi 0,195. Questo sa- Del Cav. Avogadro 555 rebbe precisamente il calore specifico osservato da Crawford nell'agata: io ho trovato solo 0^179 pel quarzo; ma la diffe- renza è dell' ordine di quelle che gli errori delle sperienze , e la natura semplicemente approssimativa della legge permetto- no di ammettere nella sua applicazione. Così la Silicia, seb- bene analoga pel suo grado d'ossidazione, secondo la nostra supposizione ai due ossidi precedenti, offrirebbe una divisio- ne di meno di questi nella costituzione dell'atomo allo stato solido, cioè quest' atomo sarebbe formato di ^ atomo di sili- cio, e ^ atomo d' ossigeno, in vece di i soltanto di atomo dei due componenti, la Silicia presenterebbe a questo riguardo un' eccezione all'analogia degli ossidi corrispondenti dei metalli, simile a quella che 1' alumina ci ha già presentata relativa- mente agli ossidi metallici di composizione analoga alla sua. Si osserverà del resto che 1' atomo della Silicia a cui siamo sta- ti condotti sarebbe analogo a quello che ha luogo ordinaria- mente nelle combinazioni dello stesso genere, che si possono ottenere allo stato gazoso. Solfuri. Solfuro di ferro ordinario. Berzelius vi suppone a atomi di zolfo per i di metallo, e noi dobbiamo far lo stesso secon- do il nostro sistema, poiché abbiamo ridotto a metà tanto l'atomo dello zolfo, come quello del ferro. Così il numero co- stitutivo dell'atomo di questo composto, non supponendovi divisione, sarà 3 di cui la radice quadrata è 1,732,, e il suo prodotto per 0,1875 è o,3i247' H peso dell'atomo di questo solfuro sarà 3,7075 metà di quello che avrebbe secondo Ber- zelius; e il suo calore specifico dovrebbe essere ^:— ^^0,0875, notabilmente minore di quello dato dall' osservazione. Ma se si moltiplica questo numero per j/a, col che si viene a sup- porre una divisione di quell'atomo in a, sì ottiene 0,1 2,5. Ho trovato per esperienza 0,1 35 numero alquanto maggiore; ma Tomo XX. Zzz 556 Memoria sui Calori ec. se si ammettesse una divisione di piia, si avrebbe 0,175 che si scosterebbe ancora piìi dall'osservazione. Dobbiamo duncjue arrestarci alla divisione in 2, per cui 1' atomo solido del sol- turo viene ad esser formato di 2 atomo di metallo e i ato- mo di zolfo; cosicché se questa costituzione si conservasse al- lo stato di gaz, un volume di vapor di ferro combinandosi con 2. volumi di vapor di zolfo produrrebbe a volumi di gaz composto, conformemente a ciò che accade ordinariamente nelle combi- nazioni gazose. Non ho determinato per esperienza il calore specifico di alcun altro solfuro analogo a questo pel grado di solfurazioue ne' di alcun ossido di composizione analoga, per cui possiamo cosi paragonare la costituzione dell' atomo con quella del medesimo. Solfuro di piombo, o galena. Questo solfuro dee esser compo- sto secondo noi, come secondo Berzelius di i atomo di zolfo per lui atomo di metallo; il numero costitutivo del suo atomo, non supponendovi divisione, è dunque a, di cui la radice quadrata è i,J^ì^;e il peso dell' atomo 7,47^ metà di quello che Berzelius gli attribuisce.il calore specifico calcolato secondo la nostra leg- ge sarebbe quindi °'^ = o,o355, numero inferiore a quello dato dall' esperienza. Se supponiamo una divisione dell'atomo in a, dovremo moltiplicare questo uumero per i/a ossia per i,4i4-> e avremo così o,c5oa, numero poco diverso da 0,046 che l'osservazione mi ha dato. La costituzione dell'atomo a cui r applicazione della legge ci conduce è dunque ^ atomo di metallo e ^ atomo di zolfo. Solfuro di mercurio, o cinabro. La sua composizione ato- mica, secondo Berzelius, è la stessa che quella del solfuro di piombo, e vi si debbono applicare le stesse considerazioni. Il suo atomo, non supponendovi divisione, sarà 7,335 metà di quello che ha secondo Berzelius, e il suo calore specifico do- vrebbe essere ■^^:-^-— = o,o36r, numero troppo piccolo : molti- plicandolo per [/a, cioè ammettendo una divisione dell'atomo Del Cav. Avogadro 557 in a^ si ottiene o,o5 1 , numero di poco superiore a 0,048 che r esperienza ci ha dato pel calore specifico di questo solfuro. L' applicazione della legge dà dunque pel medesimo una co- stituzione atomica simile a quella del suo analogo in compo- sizione. Questa costituzione , che s' accorda con quella ordinaria dei composti gazosi è pur quella che abbiamo osservata nella Silicia, a cui abbiamo attribuita una composizione analoga in radicale ed ossigeno, mentre, come abbiamo veduto^ gli altri ossidi metallici corrispondenti offrono una divisione di più dell' atomo in a. Solfuro d'arsenico giallo, ossia orpimento. Berzelius con- sidera attualmente questo solfuro come formato da i ^ atomo di zolfo per i d'arsenico; noi do))biamo ammettere la stessa supposizione, ma ridurre il peso del suo atomo, nella suppo- sizione che r atomo del metallo vi resti intiero, alla metà di quello che sarebbe secondo Berzelius^ cioè a 3,86o. 11 nume- ro costitutivo di quest' atomo è a,5j di cui la radice quadra- ta è ij58i,e il suo prodotto per 0,1875 è o,2g63. Si avreb- be dunque pel calore specifico °'^lr- = 0,0768. Moltiplican- do questo numero per j/a, cioè supponendo la divisione del- l'atomo in a, si ottiene 0,1086^ numero poco diverso da Ojio5 che è il calore specifico che ho trovato all'orpimento coli' esperienza. Così in questo solo esempio che abbiamo tra i corpi di cui ho esaminato il caler specifico , d' un corpo composto di I atomo di metallo con i ^ atomo d' un' altra sostanza si avrebbe divisione dell'atomo del metallo in a, on- de l'atomo composto sarebbe formato di un mezz'atomo di metallo, e di | d' atomo della sostanza con esso combinata. Cloruri. a. Cloruri che secondo Berzelius contengono a atomi di Cloro, e nel nostro sistema i atomo di cloro per uno di me- 558 Memoria sui Calori ec. tallo. Il numero costitutivo dell'atomo, senza divisione , è 2 di cui la radice è i ,4' 4'> ^ il suo prodotto per 0,1875, è o,a65i . Cloruro di sodio o sai comune. La supposizione di Ber- zelius di a atomi di cloro per uno di sodio in questo composto corrisponde, secondo la composizione in peso del medesimo , e della soda, ed il rapporto degli atomi gazosi del cloro , e dell'ossigeno, a quella di i atomo d'ossigeno per i atomo di metallo nella soda, di cui diviene così la composizione a- iialoga a quella della calce. Nel nostro sistema , seguendo la stessa analogia, dobbiamo ammettere un atomo soltanto di clo- ro nel cloruro di sodio, e ^ atomo d' ossigeno nella soda per un atomo di sodio. Ciò posto il peso dell' atomo del sodio è 1,4545, metà di quello che gli è attribuito da Berzelius, e quello del cloruro non supponendo alcuna divisione , i,4545 -4-2,ai3=:3,6675. Il numero costitutivo essendo a, si avrà pel calore specifico calcolato |^-|r-4 = 0,0728, molto minore del calore specifico osservato. Se si raddoppia questo numero, cioè si suppone la divisione dell'atomo in 4j si ottiene 0,1446, che è ancora molto lontano dall' osservazione; ma se si molti- plica ancora questo numero per j/a ossia 1,4143 si ha pel ca- lore specifico calcolato c,ao4, di poco inferiore al calore spe- cifico osservato o,aai. Quest'ultima moltiplicazione per j/a rinchiude la supposizione d' una ulteriore divisione in 2 del- l' atomo già diviso in ^, e così in tutto in 8 parti. Vi sareb- be dunque qui una divisione in a di più di quello che ab- biamo trovato per gli ossidi di metalli ordinarii, che conten- gono secondo noi un solo atomo d' ossigeno per un atomo di metallo, e l'atomo del cloruro sarebbe formato di ^ d'atomo di sodio, e i d'atomo di cloro. Cloruro di calcio. La supposizione di un atomo di cloro per un atomo di calcio in questo cloruro è necessariamente connessa con quella di ^ atomo d' ossigeno per uno di calcio nella calce. L'atomo del cloruro di calcio sarà conseguente- mente, quando non vi si ammetta divisione^ I,a8-+-a,2i3 Del Cav. Avogadro 55g =3,493, e il calore specifico calcolato ~ò^ ! =0,0760, nume- ro molto lontano da quello osservato o,iy4- Raddoppiando questo numero, cioè supponendo una di- visione dell'atomo in 4^ "O" si ha ancora che 0,1 Sa; molti- plicando poi questo numero per [/a, il che viene a suppor- re un^ ulteriore divisione in a, si ottiene o^aiS, numero al- quanto superiore a quello osservato, ma non a tal segno, che non si possa ammettere questo risultato , particolarmente se si considera, che il numero 0,194 "^" ^ stato dato che dalla media di due sperienze alquanto discordi tra loro , e di cui r una avrebbe dato o,2o5. Cosi l' applicazione della nostra legge a questo cloruro ci conduce ad una divisione dell'ato- mo in 8 come pel cloruro di sodio , che abbiamo calcolato come suo analogo in composizione. Deutocloruro di mercurio, ossia sublimato corrosivo. An. che questo cloruro contiene secondo Berzelius a atomi, e se- condo noi un solo atomo di cloro per uno di metallo. Il suo atomo, non supponendovi divisione, dee essere 6,8294-2,2 1 3 =8,54^^ e il suo calore specifico calcolato "^"^.J = o,o3ic4- Il calore specifico osservato è 0,069 ^^^ ne è a un dipresso doppio; conviene dunque supporre una divisione dell'atomo in 4? che dà pel calore specifico o,o3io4-2= 0,0621, numero poco inferiore a o,o6g. Questo cloruro si scosterebbe dunque dall' analogia dei due cloruri precedenti di sodio e di calcio, di composizione analoga, in ciò che il suo atomo non presen- terebbe che una divisione in ^, in vece di quella in 8, e rientrerebbe così nell'analogia degli atomi degli ossidi metal- lici composti d' un atomo d' ossigeno per uno di metallo, co- me il dentossido di stagno, ed il perossido di manganese. Forse quest'analogia è comune a tutti i cloruri analoghi dei metalli ordinarli, mentre quelli dei metalli alcaligeni come il sodio e il calcio della stessa composizione, presentano la divisione in 8. b. Protocloruro di mercurio. Questo cloruro non contie- 56o Memoria sui Calori ec. ne che la metà del cloro contenuto nel deutoclorurOj relati- vamente al mercurio, e così nel nostro sistema un mezz'ato- mo d' ossigeno per un atomo di mercurio. Se non si suppone alcuna divisione dell' atomo metallico, il peso dell'atomo com- posto sarà 6,32,9-1-1,107 = 7,4'^6, e il suo numero costitutivo 1,5, di cui la radice è 1,32,5; il suo calore specifico calcola- to sarebbe quindi °.:lìlL±^ = 2:^ =o,o3og.Qnesto nnme- ro è minore del calore specifico osservato ; ma se si molti- plica per i/a, esso diviene 0,0437: 1' esperienza mi ha dato 0,041 che ne differisce assai poco. Vi è dunque una divisio- ne in due nell'atomo di questo cloruro metallico, come negli ossidi dei metalli ordinarli di composizione simile, cioè che contengono ^ atomo d' ossigeno per uno di metallo •, mentre per altra parte abbiamo veduto che il deutocloruro di mer- curio, e gli ossidi di composizione simili ad esso seguono in comune 1' analogia della divisione dell' atomo in 4- e. Cloruro di potassio. Secondo Berzelius la composizione di questa sostanza è analoga a quella che egli suppone al clo- ruro di sodio , cioè a atomi di cloro per i di metallo , nella stessa maniera che egli suppone la composizione della potas- sa analoga a quella che egli attribuisce alla soda, cioè un ato- mo d' ossigeno per uno di metallo. Nel nostro sistema il nu- mero degli atomi del cloro per uno di metallo nel cloruro do- vrebbe ridursi, secondo la stessa analogia ad i, e quello de- gli atomi d' ossigeno nella potassa per conseguenza ad 2- Ma ho esposte altrove (Memorie dell'Accademia di Torino T. a6.) alcune ragioni di credere che nella potassa non vi è che la metà del numero d'atomi d'ossigeno che vi è nella soda, re- lativamente ad un atomo metallico, e lo stesso rapporto dee allora aver luogo tra i due cloruri. Cosi il cloruro di potassio non conterrebbe che 5 atomo di cloro per uno di potassio, e la potassa i d'atomo d'ossigeno per uno di potassio. Ciò po- sto r atomo del potassio sarà la quarta parte di quello attual- mente ammesso da Berzelius, cioè sarà 1,325; aggiungendovi Del Cav. Avogadro 56 i il peso del mezz'atomo di cloro^ cioè 1^106 si avrà 2,33i per l'atomo del cloruro di potassio ^ quando non vi si suppone alcuna divisione. Per altra parte la composizione atomica del cloruro di potassio sarà analoga a quella del protocloruro di mercurio, e il numero costitutivo dell' atomo sarà i ^, di cui la radice quadrata è i^aaS. Quindi il calore specifico di que- sta sostanza sarebbe ^2.^7=0,0985, inferiore a quello osser- vato. Ma se si l'addoppia questo numero, cioè se si suppone una divisione dell'atomo in 4^ si ottiene 0,189: l'osservazione ha dato 0,184, numero poco diverso. Così l'atomo di cloruro di potassio sarebbe formato di i d'atomo di potassio, e ^ d'ato- mo di cloro , cioè vi sarebbe nel suo atomo la stessa frazion d'atomo di cloro che nell'atomo del cloruro di sodio, nel che consisterebbe l'analogia di questi due cloruri, ma la fra- zion d'atomo di potassio vi sarebbe doppia di quella dell'a- tomo di sodio, come lo richiede la composizione atomica di- versa che loro abbiamo attribuita. Per altra parte l'atomo del cloruro di potassio presenterebbe una divisione in a di più che gli atomi degli ossidi della medesima costituzione atomi- ca, cioè di I di metallo e ^ d' ossigeno, nella stessa maniera che ciò ha luogo nel cloruro di sodio relativamente agli os- sidi di composizione atomica analoga alla sua, cioè di un ato- mo d'ossigeno per un atomo di metallo. Finalmente se si pa- ragona I' atomo del cloruro di potassio a quello del protoclo- ruro di mercurio, vi sarebbe nel primo una divisione in due di più che nel secondo, sebbene la composizione atomica ne sia simile, nella stessa maniera che ciò si è osservato succe- dere nei cloruri di sodio e di calcio relativamente al deu- tocloruro di mercurio loro analogo in composizione, cosicché questa differenza tra i metalli alcaligeni e i metalli ordinarli si estende ai gradi diversi della loro clorurazione. 56a Memoria sui Calori ec. Ossidi idrati. a. Idrati di ossidi che secondo Berzelius contengono i \ atomi d'ossigeno, e che abbiamo ridotti a f d' atomo d' ossige- no per uno di metallo. Ossido rosso di ferro idrato. In quest'idrato l'ossigeno dell'acqua essendo la metà dell'ossigeno dell'ossido, un ato- mo intiero di ferro vi conterrà |^ d'atomo d' ossigeno dell'os- sido, I d'atomo d'ossigeno dell'acqua, e A d'atomo d'idro- geno della medesima, e sommando questi numeri si avrà pel numero costitutivo dell'atomo dell'idrato a-H|=:a.875, di cui la radice è 1,696, e il suo prodotto per 0^1875 è o,3i82,. Per altra parte il peso dell'atomo del ferro essendo secondo noi 1,696, quello dell'atomo dell'idrato si troverà di 1,696-1-1,1^5 -l-o,o47=a,868. Si avrà dunque pel calore specifico di quest' atomo 5^^—^=0^1109. Se si raddoppia questo numero, il che a, ,86B suppone la divisione dell'atomo in 4 si ha 0,2,2,2.. L'osserva- zione non mi ha dato che 0,188: ma la differenza può attri- buirsi in gran parte all' inesattezza di questo risultato dell'e- sperienza, che è stata fatta sopra un idrato, della purezza del quale io avea luogo di dubitare. Così l'atomo dell'ossido ros- so di ferro entrando in combinazione coli' acqua resterebbe quale l' abbiamo trovato allo stato anidro senza ulteriore di- visione. Quest' atomo dell' ossido anidro si combinerebbe con -^ d'atomo d'acqua, quale quest'atomo si trova nel vapor acqueo, ossia con | d'atomo d'acqua, quale il calore speci- fico di questa ce lo ha indicato allo stato liquido o solido; l'atomo dell'ossido idrato sarebbe così composto di \ d'ato- mo di ferro, — d' atomo d'ossigeno dell' ossido, 5- d' ossigeno dell'acqua, e -^ d'idrogeno dell'acqua. Del Cav. Avogadro 563 Alumina idrata. In quest' idrato 1' ossigeno dell' acqua è uguale all'ossigeno dell' alumina. Se si suppone primieramen- te che il suo atomo non soffra alcuna divisione relativamente a quello dell'aluminio, esso sarà formato di i atomo d'aìuminio, f d'atomo d'ossigeno dell' alumina , f d'atomo d'ossigeno dell' acqua, e i ^ atomo d'idrogeno dell'acqua. Ciò fa in tut- to pel numero costitutivo 4 atomi di cui la radice è a. L'a- tomo dell''aluminio essendo nel nostro sistema o,o5ò , quello dell'atomo dell'idrato sarà o,856-4-i,5o-(-OjC94=ììj4'5^' onde si avrà pel calore specifico calcolato °'' ''^•=-°''' =o,i53. i r a,45 2,45 Raddoppiando questo numero, cioè supponendo la divisione dell'atomo in 4o non si ha ancora che 05806 j notabilmente minore del calore specifico osservato. Ma se si moltiplica an- cora questo numero per |/a, cioè si suppone un'ulterior di- visione dell' atomo in 2., e cosi in tutto in 8, si trova 0^433 poco diverso dal calore specifico osservato 0,42.1. L'atomo dell' alumina idrata sarebbe dunque formato di ^ d'atomo d'a- luminio, ^r-d' atomo d' ossigeno dell' aluraina, ^ d'atomo d'os- sigeno dell' acqua , e -— d' atomo d' idrogeno dell' acqua. Co- sì, a meno che si sia introdotto qualche error particolare in questa parte delle mie sperienze, mentre 1' atomo dell'alumi- na anidra subisce una divisione di meno relativamente all' a- tomo del metallo, che 1' atomo dell' ossido rosso di ferro suo analogo in composizione, quello dell' alumina idrata subisce una divisione in 2., di più che quello dell'idrato d'ossido di ferro. Ma bisogna notare che V alumina ha un grado d' idra- tazione doppio di quella dell' ossido di ferro; è possibile che se r alumina avesse un grado d' idratazione uguale a quello dell' ossido di ferrOj l'atomo di quest'idrato sarebbe costitui- to come quello dell' ossido, e che solo prendendo una nuova quantità d'acqua uguale alla prima, per passare al suo gra- do attuale d'idratazione, l'atomo subirebbe la nuova di visio- Tomo XX. Aaaa 564 Memoria sui Calori ec. ne in a. Così gli idrati di grado corrispondente dell' alumina e dell' ossido di ferro sarebbero probabilmente isomorfi, e co- sì ap[)unto può spiegarsi 1' isomorfismo degli altri composti analoghi di queste due sostanze, come già abbiamo accenna- to all'articolo dell' alumina anidra. b. Idrati d' ossidi che secondo Berzelius contengono un atomo, e secondo noi un mezz' atomo d'ossigeno per un ato- mo di metallo. In questi idrati l' ossigeno dell'acqua è ugua- le a quello dell'ossido; onde il loro numero costitutivo è H-2-H2-l-i=3, di cui la radice è 1,73^,6 11 prodotto di que- sta per 0,1875 è 0,32,47. Calce idrata. Il peso dell'atomo che abbiamo attribuito al calcio essendo 1,280, l'atomo di questo idrato sarà i,a8 -+- I -t- o,c6a := a,34i; quindi il calore specifico calcolato su quest'atomo senza divisione, sarà °' ^'^^ =: e, i386. Raddop- piando questo numero, cioè supponendo una divisione in 4ii si ottiene 0,279. L'osservazione ha dato in fatti per questo calore specifico circa o,3, e 1' esperienza sulla calce idrata del commercio soltanto 0,289, il che presenta un sufficiente ac- cordo. Abbiamo veduto che nella calce anidra, come negli al- tri ossidi d' analoga composizione non vi era che una divisio- ne dell' atomo in a relativamente al calcio ; vi sarebbe dun- que qui una divisione di piìi che si opererebbe nell'atto del- l'idratazione. L'atomo della calce idrata sarebbe cosi forma- to di \ d'atomo di calcio, i d'atomo d'ossigeno della calce, ■1 d' atomo d' ossigeno dell' acqua , e i d' atomo d' idrogeno ossia di i d'atomo di calcio allo stato di calce, e i d'ato- mo d' acqua quale si trova nel vapor acqueo , ossia i atomo d' acqua quale si trova nello stato solido o liquido. Soda idrata. L'atomo del sodio essendo secondo noi i,4545, quello della soda idrata sarà i,4545-4-n-o,o625 = 2,517 non ammettendovi divisione, e in tal caso il calore specifico secon- do la nostra legse dovrebbe essere ^^^ = 0,129. L'osserva- Del Gav. Avogadro 565 zione ci ha dato circa 0,8 che è più di 6 volte maggiore, co- sicché si dovrebbe supporre un gran numero di divisioni suc- cessive in a prive d' ogni probabilità per soddisfare a quest' osservazione. Vi è dunque ogni apparenza che oltre 1' errore che è potuto derivare da un po' d'acqua straniera all'idrata- zione che la sostanza avea forse assorbita dall' aria, la circo- stanza di cui ho parlato nel riferire questo risultato, cioè quel- la del rammollimento delF idrato dal calore forse dovuto in parte a quest' acqua straniera medesima , ha reso il numero osservato non comparabile colle indicazioni relative ai calori specifici delle altre sostanze. Se come è probabile, l'idrato di soda presentasse una divisione dell'atomo in 4? come l' idrato di calce suo analogo, il numero o^iag dovrebbe solo essere rad- doppiato, onde il calore specifico sarebbe o^aSS; il sovrappiù del calore osservato sarebbe dovuto all'acqua straniera^ e al- lo svolgimento di calor latente nel passaggio da quel princi- pio di fusione alla solidità. e. Potassa idrata. L^ossigeno dell'acqua è anche in quest' idrato uguale a quello dell'ossido, cosicché secondo Berze- lius esso avrebbe una composizione affatto analoga a quella della calce idrata e della soda idrata ; e secondo V analogia generale che qui seguiamo, non si tratterebbe che di ridurre J' atomo del potassio , ed il numero d' atomi d'ossigeno e d' acqua combinata alla metà; ma siccome, secondo quello che abbiamo detto parlando del cloruro di potassio^ la potassa non contiene probabilmente che la metà della quantità atomica d'ossigeno contenuta nella calce, nella soda ecc. , dobbiamo qui ridurre il tutto al quarto di quello che Berzelius suppo- ne. Cosi l'atomo del potassio essendo secondo noi 1,22."), quel- lo della potassa, senza divisione, sarà i,aa5-i-o,a5 = i,475, e per l'idratazione bisognerà aggiungervi o,25 H-0;,o3ia, cosic- ché l'atomo totale diverrà 1,756. Quanto al numero costitu- tivo esso sarà i-Hi-H^-t-^=:a, di cui la radice è 1,4145 e il suo prodotto per 0,1875 è o,a65i. Quindi il calore specifico calcolato di quest'idrato sarebbe -'" ,/ =o,i5l. Se si rad- 56t) Memoria sui Calori ec. doppia questo numero, cioè si suppone una divisione dell' a- tonio in 4? si ottiene o,3oa, il che è ancora inferiore all' os- servazione che ha dato o,358: ma è probabile che la differen- za provenga in parte ad un po' d'aocjua che l'idrato di po- tassa avrà attratto dall' atmosfera, sia nel vaso in cui si con- servava^ sia nel suo trasporto nell' apparecchio, e che ha do- vuto aumentare il calore specifico osservato. Ciò posto l'ato- mo dell'idrato di potassa sarebbe formato di i d'atomo di po- tassio, -^ d'atomo d'ossigeno della potassa, —d'atomo d'os- sigeno dell'acqua, e i d'atomo d'idrogeno; cosicché l'atomo dell' idrato di potassa conserverebbe la stessa relazione a quel- lo dell' idrato di calce , che la composizione della potassa a quella della calce. d. Acido solforico idrato, ossia olio di vltriolo concentra- to. Sebbene non abbia fatto io stesso alcuna sperienza sul calore specifico di questa sostanza^ essendomi principalmente occupato in questa memoria dei corpi solidi^ credo dover di- re alcuna cosa della costituzione dell'atomo di questa sostan- za , che si può conchiudere secondo la legge che abbiamo fìnqui applicata, dal calor specifico che diversi fisici vi han- no trovato. Secondo Berzelius l'acido solforico il più concentrato del commercio, di cui il peso specifico è circa i,85, è formato di I atomo d' acido solforico anidro, ed i d' acqua, cioè, se- condo le sue supposizioni^ di i atomo di zolfo, 3 d' ossigeno dell' acido, i d' ossigeno dell' acqua, e 2, d' idrogeno. Nel si- stema d' atomi che noi abbiamo adottato l' atomo di zolfo di Berzelius dee esser preso per a atomi, cosicché si avranno a atomi di zolfo, 3 ossigeno dell' acido , i ossigeno dell' acqua e a idrogeno^ ovvero a di zolfo, e 4 d' ossigeno, a d' idroge- no, o più semplicemente i di zolfo, a d'ossigeno, i d'idro- geno, onde si avrà 4 pel numero costitutivo dell' atomo sup- ponendovi un atomo intiero di zolfo , e a per la sua radice quadrata. Il peso di quest'atomo è a un dipresso i -t-a-t— i- Dei, Cav. Avogadro 567 =:3jo625. Si avrà dunque pel calore specifico calcolato-.'' 'l ^- = 0,1^24. Ora Lavoisier e Laplace hanno trovato pel calore specifico dell'acido solforico concentrato o,3346; Clement e Desormes c,34o , Daltoti 0^35. Questi numeri si accordano da vicino tra loro. Grawfi)rd indica 0,429; ma il suo risultato è probabilmente affetto da qualche errore. Se si sup- pone una divisione dell' atomo sovra indicato in 8 parti;, con- verrà moltiplicare il numero 0,1224 per 1/8 ossia per 2j/a =2.1,414? e si troverà cosi che esso diviene 0,346, numero poco diverso da quelli citati. È vero che F acido solfi)rico idrato essendo liquido, il suo calore specifico dovrebbe esse- re un po' maggiore di quello indicato dalla formola , che è stata dedotta dalle sperienze sui corpi solidi, mentre il risul- tato di Dalton è solo, e di assai poco superiore a 0,346; ma senza parlare delle inesattezze delle osservazioni, e di quelle che ammette 1' applicazione della nostra legge , si è veduto che anche pel mercurio la differenza del risultato calcolato , e del risultato osservato sul mercurio liquido è poco conside- revole , e si perde negli errori delle sperienze. Se si adotta l'indicato risultato, l'atomo dell'acido sol- forico idrato sarà formato di l d'atomo di zolfo, -r d'atomo d'ossigeno dell'acido,-^ d'ossigeno dell'acqua e i d'atomo d'idrogeno: cioè l'ottavo d'atomo di zolfo allo stato d'acido solforico sarà unito per la sua idratazione ad ^ d'atomo d'ac- qua quale esso si trova nel vapor acqueo , ossia a ^ atomo d' acqua quale si trova nell' acqua liquida. Pare probabile che r acido solforico anidro non presenterebbe la divisione dell'a- tomo dello zolfo che in 2, od in 4? ^ che la divisione ulte- riore non avrebbe luogo se non nell'atto dell'idratazione. 568 Memoria sui Calori ec. Oss ISALI ANIDRI. a. Carbonati o sotto-carbonati, in cui l'ossigeno dell'aci- do è doppio di quello della base. Sotto-carbonato di calce. L' atomo del calcio è secondo le nostre ipotesi i ,280^, e quello della calce 1,780. Per avere il peso deli' atomo del sale di cui si tratta, senza ammettere divisione, bisogna aggiungervi il peso di \ atomo di carbonio 0,882, e i per l'ossigeno dell'acido; si ha cosi 3, i6a. Il nu- mero costitutivo è \->f-\-\-\-\-i-=.'i, di cui la radice è i,73a„e il suo prodotto per 0,1875, è o,3a47. Si avrà dunque pel ca- lore specifico calcolato °'. 'y^ ^0,1027. Raddoppiando que- sto numero, cioè supponendo una divisione dell'atomo in 4 si ottiene o,2o54- L' osservazione ha dato come si è veduto o,ao3, risultato quasi identico, e clie altronde s'accorda pros- simamente con quelli indicati da altri Fisici. Cosi il sotto car- bonato di calce avrebbe il suo atomo formato di \ d' atomo di calcio allo stato di calce, e di i d'atomo di carbonio allo stato d'acido carbonico. L'atomo della calce anidra, quale sopra l'abbiamo stabilito, subirebbe nella sua carbonatazione una divisione in a come nell'idratazione. Sotto-carbonato di soda. Questo sale ha una composizio- ne analoga a quella del sale precedente. L'atomo del sodio essendo secondo noi i,4545, e quello della soda 1,9645, bi- sognerà aggiungervi come pel sotto-carbonato di calce i,38a per r acido carbonico , il che dà 3,336 pel peso dell' atomo indiviso, il calore specifico sarebbe quindi ■ ' ""y = o, 0972. Raddoppiando questo numero non si avrebbe ancora che o,i944-) mentre l'osservazione mi ha dato 0,281 pel calore specifico di questo sale allo stato anidro; ma se si moltiplica ancora per j/a, cosicché si supponga in tutto una divisione dell'atomo in 8, si avrà 0,276, numero poco diverso da quel- Del Cav, Avogadro S6g lo dell'osservazione. L'atomo del sotto carbonato di soda su- birebbe dunque una divisione in a di più che quello del sot- to-carbonato di calce suo analogo in composizione^ e si avreb- be qui un' eccezione alle nostre analogie, se pure la mia spe- rienza non è affetta a questo riguardo di qualche errore par- ticolare. Sotto-carbonato di potassa. Questo sale secondo Berzelius ha una composizione analoga a quella dei sotto-carbonati di calce e di soda ; ma secondo l' ipotesi che abbiamo fatta re- lativamente alla potassa^ dobbiamo ridurre al quarto coH'ato- mo di potassio, il numero degli atomi d' ossigeno e di acido che esso prende secondo Berzelius. Così l'atomo della potas- sa secondo noi essendo 1,4?^ bisogna unirvi per l'acido car- bonico il peso d'un quarto d'atomo di carbonico 0,191, e quello d'un mezz'atomo d'ossigeno 0,5, e si avrà così 2,166 per r atomo di questo sale, ritenendo quello di potassio in- diviso. Il numero costitutivo ne sarà i-t- 1-+- 1-»- ^=a, di cui la radice è 1,41 4' ^ si avrà pel calore specifico calcolato ^^^ = Ojiaa. Raddoppiando questo numero si ottiene 0,244- L'esperienza mi ha dato 0,287 che poco ne differisce; anche qui vi sarà dunque divisione dell'atomo in 4 come nella potas- sa idrata. b. Solfati. L' ossigeno dell' acido vi è triplo di quello della base. Solfato di calce. Un atomo di calcio è unito in questo sale secondo le nostre supposizioni ad 3 atomo d' ossigeno della calce, 1 1 atomo d'ossigeno dell'acido, e i atomo di zolfo: il suo numero costitutivo sarà dunque i-4-^-+-i2-+- 1^=43 di cui la radice quadrata è a. Il peso dell' atomo si otterrà aggiungendo all'atomo della calce 1,780 a un dipresso i per l'atomo di zolfo, e i ^ per l'atomo e mezzo d'ossigeno, e se non vi fosse divisione di quest' atomo, il suo peso sareb- be 45280, e il calore specifico calcolato -j^j- =0,0876. Rad- Sfè Mejioiua sui Calori ec. doppiando questo numero, cioè supponendo una divisione del- l'atomo in 4 si ha 0,175. L'osservazione ha dato o,igo nu- mero un po' maggiore; ma la divisione in 4 è anche qui in- dicata come nel sotto-carhonato della stessa base. Così l'ato- mo del soll'ato di calce anidro sarebbe formato di ^ d' ato- mo di calcio allo stato di calce , e i d' atomo di zollo allo stato d' acido solforico. Solfato di soda. Questo sale ha una composizione analoga a quella del sale precedente. Così V atomo della soda essen- do secondo noi 1,9545, bisognerà aggiungervi a,5 pel peso dell' acido, il che dà 4o4^4'^ ' ^ quando non si supponga di- visione di quest'atomo, si avrà °' ^ :=o,o843 pel calore spe- cifico. Raddoppiando questo numero non si ottiene che o,i6g, mentre l'esperienza mi ha dato o,a63; bisognerà dunque am- mettere un ulteriore divisione in a dell' atomo già diviso in 4; il calore specifico calcolato diverrà infatti o,i6g.|/a=o,238 poco diverso da o^aóS. Vi sarebbe dunque anche qui una di- visione in 8 invece di quella in 4 che ha luogo nel solfato di calce , disparità analoga a quella che abbiamo trovato tra i due carbonati delle stesse basi. Protosollato di ferro. Questo solfato è anche analogo ai precedenti per la composizione. Secondo il peso dell' atomo di ferro e dell'atomo di zolfo nelle nostre ipotesi, il peso del suo atomo, senza divisione, sarebbe 4'>7^3 ^ *^ calore spe- cifico calcolato .^j^=; 0,0798. Raddoppiando questo numero si ha 0,1 60. Non ho trovato che o,i45; ma la differenza è dovuta probabilmente in parte agli errori delle sperienze , e la divisione in 4 è così indicata per 1' atomo di questo sale come per quello del solfato di calce. Solfato di rame. La composizione è la stessa che pei sa- li precedenti, e il suo atomo secondo le nostre supposizioni si trova 4j9^4 quando non si ammette divisione; quindi il ca- lore specifico sarebbe -' ^ ■■ = o,o834- Raddoppiando questo Del Cav. Avogadro 671 numero si ottiene 0,167, ^^ poco inferiore a 0,180 che si è trovato per osservazione. La costituzione dell' atomo segue dunque l'analogia della divisione in 45Conie nel sale precedente. Solfato di zinco. Anche questo sale è analogo ai prece- denti per la composizione; il peso del suo atomo calcolato su quello do' suoi componenti, senza divisione, si trova 5,0-22,, e quindi il suo calore specifico "' '^— = 0^0747. Raddoppiando questo numero non si avrebbe ancora che 0,149, ^" vece che l'osservazione ha dato o,ììi3; ma se si moltiplica ancora per 1/2. si ottiene o,ai2, quasi identico col risultato dell'osserva- zione. Se dunque quest' osservazione non è affetta da qualche error particolare, si dee qui ammettere una divisione dell' a- tomo in 8, che esce dall'analogia dei sali di simile composi- zione precedenti, ove non vi era che una divisione in 4- Solfato di potassa. Secondo Berzelius la composizione di questo sale è anch' essa analoga a quella dei sali precedenti; ma secondo le nostre ipotesi dobbiamo ridurre i numeri ato- mici d'ossigeno e d'acido che in quelli ammettiamo, alla metà. L'atomo della potassa essendo secondo noi 1,475, bi- sognerà aggiungervi i,a5 in vece di 2,5 pel peso dell' acido, onde il peso dell'atomo, senza divisione, sarà 2,725. Il nu- mero costitutivo sarà qui i -+- j-+-f -4-ii=225 di cui la radice quadrata è i,58i,e il prodotto di questa per 0,1 875 è 0,2964. Si avrà dunque pel calore specifico calcolato ^-^^=0,109. Il doppio di questo numero, che supporrebbe una divisione dell'atomo in 4o sarebbe o,ai6; ho trovato 0,169 per osser- vazione, numero notabilmente minore. Se non si suppone che una divisione in 2, si avrà o,i09|/2=:o,i53, numero alquan- to inferiore a quello osservato; ma la differenza è molto mi- nore, e se la mia sperienza non è difettosa, questa è la di- visione che si dee ammettere; onde il solfato di potassa avreb- be il suo atomo formato di ^ atomo di potassio allo stato di potassa, e i d'atomo di zolfo allo stato d'acido solforico; il Tomo XX. Bbbb 57a Memoria sui Calori ec. numero atomico dell' acido vi sarebbe lo stesso che nell'ato- mo di solfato di calce, ma vi sarebbe | atomo di base in ve- ce di i, come lo richiede la diversità di composizione che ab- biamo attribuita a questi sali. Questa diversità nella divisio- ne dell'atomo non si è trovata nei sotto-carbonati di queste basi, che hanno presentata amendue la divisiotie in 4- e. Nitrati. L'acido vi contiene cinque volte la quantità d'ossigeno della base. Nitrato di soda. Poiché supponiamo la soda formata di ^ atomo d' ossigeno per i atomo di sodio, vi si dovranno ag- giungere per formare il nitrato a ^ atomi d'ossigeno e i ato- mo d'azoto; così il numero costitutivo, non supponendovi di- visione, sarà i-i-^-i-2^-Hi^5, di cui la radice è 2,,236 e il suo prodotto per 0,1875 è 0,4192,. Il peso dell'atomo sarà 1,9545 -I- 2,5 -H 0,886 = 5,340. Quindi il calore specifico calcolato " ' =0,0785. Se si raddoppia questo numero si ha 0,157, e se si moltiplica ancora questo per i/a si ottiene 0,222; l'os- servazione mi ha dato 0,240, numero di poco maggiore; vi è dunque divisione dell'atomo in 8. Nitrato di potassa. Se supponiamo, come abbiamo fatto precedentemente la potassa composta di \ d'atomo d'ossigeno per I atomo di potassio, questo sale conterrà inoltre f d'ato- mo d'ossigeno dell' acido, e ^ atomo d'azoto; cosi il suo nu- mero costitutivo, senza divisione, sarà i-(-i-H|-t-^ = 3, di cui la radice è 1,732. L'atomo della potassa essendo secondo noi 1,475, bisognerà aggiungervi ^ ossia i ,25 per l'ossigeno dell' acido, e ^.0,886=0,443 per l'azoto, il che fa per l'atomo del nitrato 3,t68. Si avrà dunque pel calore specifico ^^^-^ =o,ro25. Se si raddoppia questo numero si avrà c,2o5 ; ma l'esperienza avendo dato 0,269, pare che bisogni ancora mol- tiplicare questo numero per (/2, il che da 0,290, di poco su- periore a 0,269. ^^ sarebbe dunque anche qui divisione del- l' atomo in 8 come nel nitrato di soda. Del Cav. Avogadro . ^3, Solfato di calce idrato. In questo sale, solo sale idrato di cui io abbia determinato il calore specifico coil'esperienza, il calcio, lo zolfo^ e l' idrogeno sono rispettivamente combinati con quantità d' ossigeno che sono tra loro come i numeri i , 3, e a. Il suo numero costi- tutivo, non supponendo alcuna divisione dell'atomo, è quindi secondo le nostre supposizioni i-i-l-+-i^-i-i-+-i-i-2.= '7, di cui la radice è 2,645^ e il suo prodotto per 0,1875 è 0,4959. Il peso dell'atomo^ secondo quello che attribuiamo ai suoi compo- nenti, si troverà essere 5,41 1. Si avrà dunque pel calore specifico ^^~ =0,0917. Se si moltiplica questo numero per 1/8 os- sia per Sj/a, si ottiene 0,259; l'osservazione ha dato un nu- mero ancor maggiore cioè Oj3oa; ma probabilmente questo ri- sultato è afifetto da qvialche errore in più, e ci indica la di- visione in 8 come quella da ammettersi. Si è veduto che nel solfato di calce anidro non vi era che una diviene in 4? l'a- tomo di questo sale anidro subirebbe dunque ancora una di- visione in 2 neir idratarsi. Composti ternarii immediati. . , ;, ; r _ ,,, .,, -^ Aggiungerò qui alcune considerazioni sulla costituzione atomica che si può attribuire a due composti ternarii di car- bonio, idrogeno ed ossigeno, di cui si ignora con qual ordine si faccia la combinazione, e che si possono quindi considera- re come formati dall' unione immediata dei tre elementi; que- sti composti sono 1' alcool e I' etere. Non mi sono occupato io stesso della determinazione del loro calore specifico _, ma questo pare ben conosciuto per le sperienze di diversi Fisici. È vero che le loro determinazioni si riferiscono allo stato li- quido, onde converrà aver riguardo all' eccesso di calore spe' 574 • Memoria sui Calori ec. cifico che possono avere in questo stato relativamente a quel- lo che questi composti avrebbero allo stato solido. L' alcool è formato , come è noto , di 2, atomi di carbo- nio e 4 •!' idrogeno che formerebbero il gaz oleifico, e di i atomo d' ossigeno e 2, d'idrogeno, che sarebbero elementi dell' acqua, e cosi in tutto di a atomi di carbonio i d'ossigeno, e 6 d' idrogeno, Allo stato di vapore il suo volume è uguale a quello dell' idrogeno che coli' ossigeno formerebbe l'acqua; coslccliè un volume o atomo di vapore non contiene che la metà del numeri d' atomi indicati, cioè i carbonio^ g ossige- no, e 3 idrogeno, in tutto 4 2 atomi. Egli è in questo stato che noi considereremo dapprima l'atomo dell'alcool, cosicché il suo numero costitutivo sarà 4^5, di cui la radice è 2,^12,1. Per altra parte si troverà che il peso dell' atomo così com- posto è 1,451 5. Si avreb])e dunque pel suo calore specifico 0,1 7 .3.tgi__ (j or-A. Ora la media tra le diverse estimazioni i,45i5 '^ del calore specifico dell'alcool dato da diversi autori è 0;,65, che di poco differisce da 0,622, indicato ultimamente da Despretz secondo le sue sperienze. Se si prende il doppio di 0^2745 cioè si ammetta la divisione del supposto atomo dell'alcool in 4^ si ha 0,54^5 :> numero che sta a o,65 a un dipresso come i i:i3; questo rapporto è poco diverso di quello che ha luogo per r acqua tra lo stato solido e lo stato liquido ; pare adunque potersi ammettere questa composizione dell'atomo dell'alcool: secondo la quale quest' atomo sarebbe formato di -l d' atomo di carbonio, | d' idrogeno, e i d' ossigeno, e 1' atomo dell'al- cool liquido sarebbe così come quello dell' acqua , la quarta parte del suo atomo gazoso. La composizione atomica dell'etere è 2, carbonio, 4 idro- geno, elementi del gaz oleifico, 2 ossigeno, 1 idrogeno, elemen- ti dell'acqua: il volume del suo vapore essendo uguale a quel- lo del gaz idrogeno che formerebbe l'acqua col suo ossigeno, il suo atomo gazoso è pur quale lo abbiamo indicato, e così composto in tutto di 2, atomi di carbonio, 5 d' idrogeno e 1 Del Cav. Avogadro SyS d' ossigeno; quindi il suo numero costitutivo in questo stato è 7 ^ di cui la radice quadrata è 3,739- Per altra parte si tro- verà il peso di quest'atomo a,34o5. Si avrà dunque pel suo calore specifico calcolato °'' ^^^^ ^ =0,2195. Despretz ha trovato pel calore specifico dell' etere liquido OjSac. Se si prende il doppio di 0,2 igS, col che si viene a supporre una divisione di quell'atomo in 4? si ottiene 0,439, numero che non è inferiore a o,5ao, se non di quanto può attrihuirsi al- la differenza tra lo stato solido e lo stato liquido: infatti il rapporto tra questi due numeri è a un dipresso quello di 44 a Sa, cioè di 11 a i3, lo stesso che abbiamo già trovato per r alcool, e poco diverso da quello che ha luogo per l'acqua. Dalton attribuisce all' etere il calore specifico 0,66, ma egli avrà probabilmente sperimentato sopra etere impuro. Possia- mo dunque attenersi all' ipotesi indicata che ci presenta per r etere una divisione d' atomo analoga a quella che abbiamo già trovata nell'acqua e nell'alcool relativamente allo stato gazoso, e secondo la quale un atomo d'etere allo stato liqui- do sarebbe formato di | atomo di carbonio, i-t-i d'idrogeno e ^ d' ossigeno. Conclusione di questa II. taute. . ' - Considerando le diverse applicazioni che abbiamo fatte della legge del calore specifico che abbiamo proposta pei cor- pi composti allo stato solido o liquido, e che è essenzialmen- te la stessa che io già avea dedotta pei corpi gazosi dalle esperienze del Sig. Dulong, colle modificazioni derivanti dal- le divisioni particolari d'atomi che possono succedere in que- sti corpi, sì scorge che i sistemi di divisione degli atomi a cui siamo stati condotti per soddisfare a questa legge, relati- vamente alle diverse sostanze di analoga composizione, offro- no un complesso d' analogie che pare in generale favorevole alla verificazione di questa legge; e sebbene io non possa pre- 5^6 xvIejiouia sui Calori ec. sa pretendere dì essermi ben apposto a tale riguardo per cia- scun composto particolare , stante gli errori che possono es- sersi introdotti in alcune sperienze, e la natura semplicemen- te approssimativa della legge, la cognizione che ne risulta del- la costituzione atomica dei diversi corpi composti in genera- le, indipendentemente dal suo rapporto colla teoria dei calo- ri specifici , non pare senza qualche importanza, anche sotto r aspetto puramente chimico. Radunando i risultati generali a cui siam giunti a questo doppio riguardo, possiamo presentar- ne il quadro seguente. i.° Gli atomi dello zolfo e dei metalli in generale, qua- li essi sono indicati dai calori specifici di questi corpi allo stato solido , e die possiamo distinguere col nome di atomi termici, debbono esser ridotti alla metà del valore che i Si- gnori Dulong e Petit loro hanno attribuito nella applicazione della loro legge, e che Berzelius ha addottato , d' onde segue che i numeri d' atomi delle altre sostanze , che questi corpi prendono nelle loro combinazioni con queste , debbono pure ridursi alla metà. Il carbonio ritiene in questo sistema T ato- mo ammesso da Berzelius. 2,.° Per una conseiruenza necessaria il numero costante che rappresenta il prodotto del calore specifico de' corpi solidi sem- plici, preso per unità quello dell'acqua, per l'atomo di ciascuno di essi prendendo quello dell'ossigeno per unità, e che Dulong e Petit avevano fissato a o^SjS, dee ridursi alla sua metà 0,1875. Questo numero rappresenta pure il calore specifico di cui go- drebbe r ossigeno allo stato solido^ prendendo per unità quel- lo dell' acqua, ed è poco diverso da quello che esso ha real- mente allo stato di gaz sotto volume costante. 3.° Il calore specifico di ciascun atomo d'un corpo com- posto, prendendo per unità il calore specifico d'un corpo sem- plice allo stato solido , è espresso approssimativamente dalla radice quadrata del numero che rappresenta quanti atomi o porzioni d'atomi semplici entrano nella fiirmazione dell'ato- mo composto, numero che chiamiamo il numero costitutivo di Del Cav. Avogadro 577 quest'atomo. Questa è la legge già da me dedotta pei gaz com- posti dalie esperienze di Diilong, e che si estende cosi an- che ai corpi solidi. Secondo questa legge il calore specifico di un corpo composto prendendo per unità quello dell'acqua, si trova moltiplicando la radice quadrata del numero costitu- tivo del suo atomo per 0,1875, e dividendo il prodotto pel peso deir atomo composto. 4-° L' atomo dell' acqua allo stato liquido , e solido non è che il quarto dell'atomo dell'acqua allo stato di vapore , e che è rappresentato dalia densità di questo vapore; da que- sto dipende il suo grande calore specifico relativamente a quel- lo che essa dovrebbe avere allo stato di vapore paragonato cogli altri gaz composti. Questa divisione dell' atomo gazoso in 4 pare aver luogo anche nelT alcool e nell' etere allo sta- to liquido. 5.° Gli atomi de' metalli che si ossidano, si dividono se- condo i diversi gradi d' ossidazione , e secondo la lor diversa natura, ora in a^ ora in 4? e talvolta in 8. Lo stesso si dica della fijrmazione dei solfuri e dei cloruri. 6.° Gli atomi degli ossidi sia nell' idratarsi, sia nel com- binarsi coi diversi acidi per formar sali, subiscono ordinaria- mente una divisione ulteriore; e ciò pare ancora accadere agli atomi dei sali anidri passando allo stato d'idrati. AGGIUNTA ALLA PRESENTE MEMORIA Ricevuta adì 2.8. Luglio 1882. J-'ue mesi circa dopo la spedizione della mia memoria S«/ ca- lore specifico de' corpi solidi e liquidi per essere pubblicata negli Atti della Società Italiana, mi venne alle mani il n°. 9. del i83i, del giornale Tedesco di Poggendorff Annalen der physik und Chemie, in cui si trova una memoria del Sig. F. C. Neumann, Professore di Fisica all'Università di Konigsberg, intitolata 578 Untersuchung uber die specìfisdie fVarme der m'meralìen. L^ au- tore in essa espone la determinazione che egli ha fatta, prin- cipalmente col metodo detto delle mescolanze^ che è pur quel- lo da me adoperato, del calore specifico d'un gran numero di minerali, tra i quali si trovano alcuni de' composti che han- no formato l'oggetto delle mie ricerche. Non credo inutile di qui esaminare in breve, sino a qual segno ci siamo incontra- ti nei procedimenti e ne' calcoli per 1' applicazione di questo metodo, di paragonare i nostri risultati per quelle sostanze di cui ci siamo occupati in comune, e di verificare se quelli di Neumann relativi ai composti che io non ho esaminati, si trovino conformi ai princlpii teorici generali che io ho cer- cato di stabilire sul calore specifico de' corpi relativamente alla loro composizione Il sig. Neumann ha intesa la necessità della correzione re- lativa alla differenza tra la temperatura della sostanza immer- sa nell'acqua fredda, e quella acquistata dall'acqua, quando questa è giunta al suo massimo ; ma ne ha stabilito il calco- lo in una maniera affatto diversa da quella che ho seguito, seb- bene fondato ugualmente sulla legge di Newton, ed estenden- do pure questo principio alla perdita del calore dell'acqua nell'aria ambiente. Egli ha per la maggior parte delle sue sperienze rinchiuse anch'esso le sostanze in un vasetto metal- lico, ma ordinariamente in cristalli intieri, od in pezzi di con- siderevol grossezza, senza polverizzarli né stritolarli, riempien- do d' acqua gli intervalli da loro lasciati nel vasetto. Questo non gli permetteva di sperimentare sopra sostanze solubili, od alterabili dall'acqua ; quindi egli non ha esaminato se non minerali pietrosi o metallici, in vece che io ho compreso nel- le mie ricerche molti sali ed altri composti solubili. Egli ri- scaldava il vasetto contenente le sostanze, non tenendolo im- merso nell'acqua bollente, ma lasciandolo per qualche tempo in un recipiente in cui faceva passare vapor acqueo, tenendo poi conto della perdita di temperatura che il corpo dovea fare nel suo trasporto da questo recipiente nel vaso di raffred- Del Cav. Avogadro Hyg (lamento. In freneiale e":li lia messa molta cura neU"evltaie tutte le cause d'error costante, o nel correggerne l'influenza col calcolo, onde i suoi risultati pajono meritare molta con- fidenza. Questi risultati, .jua.ito alle sostanze che abbiamo l'uno e r altro esaminate, ollVono molta conformità con quelli che io ho ottenuti, e non ne differiscono in generale, se non di. quantità che possono attribuirsi agli errori inevitabili delle esperienze particolari, e che hanno pur luogo tra i risultati delle diverse sperienze di Neumann medesimo sopra una stes- sa sostanza. Se ne giudicherà dal (juadro seguente in cui ho riuniti questi risultati paragonati tra loro. Non vi comprendo quelli trovati da Neumann col metodo fondato sul tempo ri- chiesto pel raffreddamento, e che egli ha pure applicato ad alcune sostanze, perchè ({uesti risultati si trovano per la mag- gior parte notabilmente diversi dagli altri, e non pajono am- mettere la stessa esattezza per le sostanze della natura di quel- le di cui qui si tratta. Ho posto accanto ai miei risultati spe- rimentali anche quelli fondati sulle mie idee teoriche. CALORE SPECIFICO CalcR solfata anidra Solfuro di ferro (pirite solforosa) Carbonato di calce Quarzo Ossido di mercurio rosso Solfuro di piombo (galena) Deutossido di stag. Orpimento Solfatodi cai. idrato (gesso non calcin.) Alumina anidra Secondo le mie sperienze Secondo la teoria o,i9o(gessocalci.) o,i35 . . . o,2o3(mar. bian.) o,i7g(quar.bian.) 0;050 . . . 0,046 . . . 0,111 (deut. art.) e,ic5 o,3oa . . o,2co ( alumina artificiale calcin.) 0,175 . o,ia5 . o,2o54 0,195 . 0,0475 . o,o6oa . 0,1184 • o,ic86 , 0,269 • o,ai8 . Tomo XX. Secondo il Signor Neumann 0,1854 ( anidrite ) 0,1275 a o,i323 10,201 5 a o,2og6 (spato calcare ) ■(0,1966 a o,aoi8 ( arragonite ) c,i8S3 a 0,1 894 (cristallo di rocca) 0,049 c,o44 l( Zinnstein ) 0,0931 J( Korn. Zinnerz ) 0,0965 . 0,1 i3a I 0,2735 a o,27ao !( Corindon ) 0,1942 ( Zaffiro ) 0,1971» . -. , -.- Cccc 58o MkxVioria sui Calori ec. Si vede che i nostri risultati differiscono di alcune cen- tesime ora in più, ora in meno; e che soventi quelli del sig. Neumann si approssimano di più a quelli che avrebbero dati le leggi che ho cercato di stabilire per mezzo delle mie con- siderazioni teoriche, mentre altri se ne scostano al quanto più. Quanto a queste leggi teoriche, il Sig. Neumann non ne deduce alcuna dalle sue sperienze per collegare tra loro i corpi di diversa composizione atomica : egli fa soltanto osservare che in ciascuna classe di corpi di composizione analoga, si verifi- ca la stessa relazione che Dulong e Petit hanno trovata tra le sostanze semplici, cioè che il prodotto del calore specifico a peso uguale pel peso dell' atomo è costante in ciascuna clas- se, (juantunque diverso da una classe all'altra, od in altri ter- mini, che il calore specifico è lo stesso per ciascun atomo dei corpi di analoga composizione. Ora questa è una conse- guenza necessaria della legge più compiuta che io ho cercato di staliilire, e che dà una relazione tra il calore specifico dei corpi delle diverse classi di composizione, purché si suppon- ga che uno stesso sistema di divisione d'atomi abbia luogo in ciascuna di queste classi^ come dalle mie sperienze io so- no stato condotto in generale ad ammetterlo- Infìtti secondo la legge che io ho proposta, il calore specifico di tutti i cor- pi è espresso dal prodotto d' un numero costante, e lo stesso per tutti, per la radice quadrata di ciò che io ho chiamato il numero costitutivo dell'atomo in ciascuna classe di composti analoghi, quale risulterebbe dall'unione immediata degli ato- mi componenti primitivi, e per un numero dipendente dalia divisione in due, in quattro ecc. di qiiest' atomo nella forma- zione dell'atomo composto, il tutto diviso per quell'atomo primitivamente supposto ; in altri termini il numeratore di «juesta frazione rappresenta il piodotto del calore specifico d' un corpo qualunque pel suo atomo primitivo. Questo nu- mero dee esser costante per ciascuna classe di composizione atomica, se il sistema di divisione degli atomi vi rimane lo stesso, e il principale argomento in favore della realità di qiie- Dei, Cav. AvogadrO 5oI ?ta lefri^f! è njìpunto V identità di questo sistema, a cui essa conduce in generale pei cori)i di analoga composizione. Poiché dunque secondo le sperienze di Neumann, estese a molti com- posti che non ho compresi nelle mie , la costanza del sud- detto prodotto ha luogo in generale ne' composti di composi- zione analoga, i risultati di Neumann non fanno che confer- mare ulteriormente la le2;ee che io ho cercato di stabilire, e di cui questa costanza non è che una conseguenza seconda- ria. Ma per altra parte il numero maggiore di risultati ana- loghi, che il lavoro del sig. Neumann ci presenta, ci permet- te di fissare più esattamente la grandezza media di questo numero costante per ciascuna classe di composti secondo 1 e- sperienza, per paragonarla col valore assoluto che gli è asse- gnato dalla legge teorica che io ne ho dato, relativamente alla composizione stessa, e di cui il sig. Neumann non ha avuta alcuna idea. Cosi per esempio ho supposto il calore spe- cifico del carbonato di calce teoricamente espresso dalla fra- zione ^'8?5'- 73^^° -64^4 Joy e o, 1875 è il prodotto costante del calore specifico per l'atomo ne' corpi semplici, cioè quello stesso di Uulong e Petit, ridotto alla metà, come ciò diveniva ne- cessario per la riduzione che ho fasta in generale degli ato- mi de' corpi alla metà di quelli di Dulong e Petit, ossia di quelli attualmente ammessi da Berzelius, del che ho dati i motivi nella mia Memoria; i,73a è la radice quadrata di 3^ numero costitutivo dell'atomo di questo carbonato, che si con- cepisca formato di i atomo di calcio, | d'ossigeno, ^ carbo- nio, ed I ossigeno (poiché i-i-|-(-^-i-j:=3 ), e il fattore a ag- giunto al numeratore si riferisce ad una divisione dell'atomo suddetto primitivamente supposto in 4^ per cui quest'atomo diviene quattro volte minore, e la radice quadrata del nume- ro costitutivo divenuto pure quattro volte minore dee divi- _i dersi per |/4 ossia per 2, onde risulta il fattore ^ = ^ = a. ^ . . . Per un altro carbonato di composizione analoga , e in cui il sistema di divisione dell'atomo rimanga lo stesso, non si ha che 58a Mejiouia sui Calori ec. a sostituire al numero 3,162, atomo primitivo del carbonato di calce, l'atomo corrispondente di quell'altro carbonato; co- sì il calore specifico di tutti i carbonati analoghi a quello di calce, e similmente costituiti, sarà espresso in generale dalla frazione °' . : od in altri termini il prodotto del calore spe- atoino •• •■■ cifico per r atomo di ciascuno, sarà il numero costante o,6494' Secondo la mia determinazione del calore specifico del carbo^ nato di calce si avea o,ao3.3,i6a = o,64i9> numero di cui si dovea attribuire la differenza da 0,6494 all' errore j di cui la mia osservazione poteva essere affetta, ed a che probabilmen- te la legge stessa di cui si tratta non è che approssimativa , e modificata in parte dalle circostanze particolari nell' aggre- gazione de' corpi, come io lo penso relativamente alla legge stessa di Dulong e Petit pe' corpi semplici. Prendendo una media tra diverse sperienze di Neumann^, il calore specifico del carbonato di calce sarebbe circa o,ao5, di cui il prodotto per 3,i6a dà 0,64^^2 numero ancora più prossimo al mio risultato teorico. Neumann prende il doppio di questo numero pel pro- dotto costante, perchè egli valuta gli atomi al doppio di quello che ho fatto; ma ciò viene allo stesso nel risultato finale. Ora per la considerazione di quattro altri carbonati di composizio- ne analoga, e di cui io non mi sono occupato nelle mie spe- rienze , Neumann trova per valor medio di questo prodotto i,3oo, di cui la metà sarebbe o,65 numero assai poco diver- so da o,6494- ed io osserverò ancora che se si rimuovono dal calcolo di questa media due risultati che si scostano alquan- to più dagli altri a questo riguardo, la media dei tre altri sa- rebbe 1,299, di cui la metà è 0,6495, cioè quasi precisamen- te il numero teorico. Pei solfati di composizione analoga al solfato di calce ani- dro, il valore teorico del prodotto di cui si tratta, prendendo sempre per atomo primitivo quello in cui il radicale della ba- se entri per un atomo intiero, è 0,1875.4=0,750, numero che Ilo trovato verificarsi nel solfato di calce ^ ed in alcuni altri Del Cav. Avogadro 583 solfati prossimamente. Neumann per una media tra l' aiiidri- te. Io spato pesante, e la celestina ossia solfato di stronziana, trova questo numero espresso da i,546 di cui la metà sareb- be 0,773^ questo numero supera d' alcun poco il mio risulta- to teorico 0^75, ma la celestina in particolare gli dà 1^492., di cui la metà è 0,746, numero quasi identico con questo. Per gli ossidi metallici, che secondo Berzelius contengono I atomo d' ossigeno per i atomo di metallo, e che, in segui- to alla riduzione da me proposta degli atomi alla metà , sa- rebbero composti di ^ atomo d'ossìgeno per ciascun atomo di metallo, il prodotto teorico di cui si tratta, nel sistema di di- visione che ho dedotto dalla considerazione di diversi ossidi di quest' ordine, dee essere o,i875.|/'i,5. 1/2=0, 8248. 11 dop- pio che se ne avrebbe calcolando gli atomi come Berzelius e Neumann, sarebbe 0,6496. Neumann facendo entrare nel cal- colo del valor medio di questo prodotto, oltre 1' ossido losso di mercurio, gli ossidi di zinco e di rame, e la calce che io ho considerati, anche la magnesia, trova 0,697 P^"^ questo nu- mero secondo la sperienza; ma bisogna osservare, che egli ha attribuito alla calce in questo calcolo il calore specifico 0,217, quale lo hanno indicato Lavoisier e La Place, ( non avendo egli stesso sperimentato sulla calce ) numero che dà un risul- tato molto diverso dagli altri quattro, e che è realmente af- fetto da un errore in eccesso secondo le mie sperienze, se- condo le quali questo calore specifico non sarebbe che di 0,179, Sostituendo quest'ultimo valore nella media, ed escludendo ancora il risultato dato dalla magnesia, che si scosta pure no- tabilmente dagli altri , trovo secondo i calori specifici deter- minati da Neumann per gli altri tre ossidi , la media o,663, di cui la metà è o,33i5, pochissimo diversa dal numero teo- rico 0,0-2:^0. Si potrebbero moltiplicare queste determinazioni, consi- derando altre classi di composti, comprese nelle sperienze del Sig. Neumann, e dare cosi per mezzo di queste sperienze un' estensione considerevole ali" applicazione de' principj che ho 584 Memoria Sui Calori ec. stabiliti nella mia memoria; ma ciò che precede, basta per mo- strare, che sebbene il Sig. Neumann non era stato condotto ad alcuna legge per collegare tra loro i calori specifici delle diverse classi di composti, le sue sperienze rinchiudono la con- fermazione delle mie idee teoriche a questo riguardo; que' numeri, di cui egli ha stabilita la costanza in ciascuna classe, e che non erano per lui che semplici risultati empirici , es- sendo quelli stessi, che, secondo la parte teorica del mio la- voro, sono determinati dalla costituzione atomica delle classi a cui appartengono. La questione che il Sig. Neumann si pro- poneva di risolvere estendendo ulteriormente le sue ricerche, cioè secondo qual legge il calore specìfico delle diverse classi di composti varii da una classe all' altra è dunque già risol- ta almeno quanto alle basi generali, dalle considerazioni con- tenute nella mia Memoria- Aggiungerò solo a questo riguardo che l'osservazione che il Sig. Neumann fa di rapporti semplici approssimati tra al- cuni dei numeri costanti appartenenti alle diverse classi, la so- la che abbia qualche connessione colle leggi del calore spe- cifico, passando da una classe all' altra, non è essa medesima, se non 1' espressione delle conseguenze dei rapporti rigorosi che la mia teoria assegna a questi numeri. Egli osserva per esempio che i numeri di cui si tratta pei carbonati e pei sol- lati sono tra loro prossimamente nel supposto di 7 ad 8; ora secondo le leggi da me indicate, questi numeri sono tra loro come 1/3.3:2,. a ossia come 3,46445 o finalmente come 6,928:8, rapporto poco diverso infatti da quello di 7:8. Del resto le sperienze non possono dare se non approssimazioni a questi rapporti teorici , sia pei piccoli errori di cui i loro risultati possono essere affetti, sia pei leggeri divarj che le circostan- ze dell'aggregazione introducono probabilmente nei calori spe- cifici particolari delle diverse sostanze, come già ho accennato. Non si tratterebbe ora più, per dare la conveniente esten- sione a questo nuovo ramo della scienza fisico-chimica , che di esaminare partitamente sia i numerosi risultati che il Sig. Del Cav. Avogadro 585 Neumann ci ha fatto conoscere , sia quelli che le ulteriori sperienze de' Fisici ci ibniiraiino sul calore specifico de' di- versi corpi, onde fissare la costituzione atomica delle diverse classi de' composti conosciuti, e formarne un generale sistema. P. S. Dopo la spedizione della mia memoria furono pu- re pubblicate negli Annales de Chimìe et Physique, Fevrìer et Juin i83a, le sperienze del Sig. Dumas sulla densità dei vapori del fosforo e dello zolfo. Egli ha trovata la prima dop- pia, e la seconda tripla di quella che corrisponderebbe all'a- tomo di ciascuno di questi due corpi , quale ora è general- mente ammesso. Secondo quello che ho esposto nella mia Me- moria la densità del vapor dello zolfo, e probabilmente quel- la del fosforo j avuto riguardo all'analogia di quest'ultimo coir arsenico , non dovrebbe al contrario essere che la metà di quella finquì ammessa, per corrispondere all'atomo di que- sti corpi allo stato solido, quale è indicato dalla legge di Du- long e Petit sul calore specifico. Il Sig. Dumas istesso non pare esser d' avviso che si debba considerare la densità del vapor di zolfo da lui osservata, come la vera espressione del suo atomo, da cui dipendono le proporzioni nelle sue combi- nazioni;, e in generale sembra potersi argomentare da queste determinazioni del Sig. Dumas, che aische l'atomo gazoso de' corpi semplici è soggetto a riunioni , e separazioni analoghe a quelle già note nella formazione de' gaz composti, e per cui la densità d'un corpo allo stato di gaz non può riguardarsi più come la vera misura e costante del suo atomo ad esclusione d'ogni altra determinazione. Quindi si conferma la necessità di distinguere, e di determinare separatamente, per ciascuna sostanza, l'atomo relativo alle sue diverse proprietà e stati d' aggregazione, e la convenienza in particolare della denomi- nazione di atomi termici allo stato solido^ con cui ho piìi pre- cisamente dinotati gli atomi determinati nella mia Memoria per mezzo dei calori specifici. Aggiungerò che questi atomi termici 586 Memoria sui Calori ec. dei corpi semplici presi in un medesimo stato, cioè quelli por cui ha luogo l'uguaglianza di calore specifico, possono consi- derarsi come la più probabile e spressione dei rapporti degli atomi presi nel senso più rigoroso, cioè delle masse delle ul- time ed indivisibili particelle de' corpi, o che viene allo stes- so, di particelle integranti de' medesimi, composte di un ugual numero di questi atomi indivisibili. Ho altronde allegate nel- la mia Memoria le ragioni che si hanno di credere, che V a- tomo termico dell' ossigeno, che ho preso per unità degli ato- mi termici degli altri corpi allo stato solido, sia uguale all'a- tomo gazoso dell' ossigeno , onde ne seguirebbe , che i nostri atomi termici esprimerebbero pure le densità dei gaz dei di- versi corpi semplici prendendo per unità quella del gaz ossi- geno, se la costituzione dell' atomo gazoso fosse per tutti la stessa che pel gaz ossigeno, il che, secondo le determinazio- ni del Sig. Dumas, non pare sempre accadere. ^^^^:^- ^Mra_^ /^^^ .^^-y ^^^ ^^^ ^^^ ^.^.^.^ 587 DISCUSSIONE DI OSSERVAZIONI BAROMETRICHE IN MODENA E CONSIDERAZIONI DI METEOROLOGIA MEMORIA DEL SOCIO PROFESSOR GIUSEPPE BIANCHI Ricevuta adì a. Luglio i83a. i.ln un tempo non remoto da noi Io studio dei fenomeni atmosferici avevasi conciliata V attenzion principale di alcuni Astronomi distinti, e divenuto era soggetto di lun-he diligen- ti ricerche e di svariati numerosi confronti, senza poro ^'che ne risultasse uno scuoprimento decisivo dì fatti, di le^^-i e di costanti periodi nella Scienza delle meteore , la quale^^ne ri- mase al bujo poco meno che innanzi. Ammaestrati dall' esito mfehce, respinti dalla difficoltà delle indagini e allettati a ri- volgere studù e vigilie agli oggetti meno vaghi e incerti del- le cognizioni astronomiche, li osservatori quasi concordemen- te rinunziarono alla speranza di scuoprir l'ordine de' suddet- ti tenomeni e di poco non dimenticarono affatto 3a Meteoro- logia. Sembra cionondimeno essere per avventura il presente uno de' casi, ne' quali gli opposti estremi del giudicare e pro- cedere sono del pari biasimevoli e torna meglio il tenersene ugualmente a distanza. Di questo riflesso penetraronsi valen- ti Geometri e Fisici de' nostri giorni , saviamente pensando che per una parte avvi sempre tutto il profitto a interro-ar la natura sopra qualsiasi argomento, e per l'altra non essere Tomo XX. Dd^d S88 Discussione di osservazioni ec. poi dimostrato impossibile e trascendente le forze dell' umano ingegno il procurarsi un sicuro filo di scorta nel labirinto me- teorologico. Il successo più felice dipendeva solo e dipende, come in tutte le naturali ricerche, dal metodo più opportuno di sperimentare e d' istituir 1' esame de' fenomeni ; sopra di che fatti pure accorti i moderni, vanno essi ogni giorno più promovendo la Meteorologia e rivendicandole quella ingiusta dimenticanza in cui era caduta. a. Altre delle mutazioni atmosferiche sono grandi e accado- no solo di rado e straordinariamente , altre sono picciolo ma frequenti e regolari a presentarsi. Delle prime interessa di co- noscere la forza o il grado, l'ampiezza o estensione, l'anda- mento o progresso alla superficie terrestre. Quindi convien raccoglierne le osservazioni , fatte con buoni e comparabili stromenti, dal maggior numero possibile di luoghi fra loro lon- tani, e ordinando le tabelle di tali osservazioni, o rappresen- tandole alla vista per curve grafiche è duopo discuterle con sagacità e pazienza ^ del qual metodo ha dato esempio il eh. Prof. Brandes in parecchie circostanze di repentini e forti can- giamenti della pression atmosferica (i). Meno strepitose, a co- sì esprimerci , le variazioni del secondo genere offrono però un maggior interesse riguardo al conoscerne la continuità ed il periodo in ciascun luogo di osservazione ; periodo e conti- nuità che non possono se non riferirsi a cause fisiche perma- nenti, e non a cause in certa maniera fortuite -e transitorie , come quelle de' straordinarii e grandi fenomeni. Trattandosi che tali mutazioni periodiche sono assai tenui e pressocchè sfuggevoli al senso, all' oggetto di avvertirle e valutarle con precisione si richiederà manifestamente un più sottil metodo e più perspicace, tanto nella perfezion e comparabilità degli stro- menti^ non che nella scelta e combinazion idonea delle osser- vazioni, quanto nella industria e ne' procedimenti del calco- (i) Dissert. Phys. De repentinis variationlbus in pressione Atraosphaerae obser- Tatìs. Auc. Brandes. Del PfiOF. Giuseppe Bianchi 589 lo. A ciò mirarono e ne dischiusero col miglior esito la novella via di ricerche importantissime, in Francia gl'illustri Ramona e Bouvard per la parte fisica e il cel. Laplace per l'applica- zion deli' analisi geometrica, e in Italia il eh. Astronomo Cav. Carlini che ne compose e pubblicò non ha guari negli att* di questa Società l'ingegnosa di lui Memoria col titolo "Sul- la legge delle variazioni orarie del barometro. ,, Quivi ai ^5. 5. e 6. leggonsi ricordate dalFA. le prime osservazioni del barometro fatte in diversi luoghi fra i tropici, dalle quali ri- sultò la scoperta del doppio flusso e riflusso quotidiano del- l' atmosfera, e tributasi la debita lode all'astronomo di Pado- va Ab. C/limine Ilo , che fin del 1778 applicatosi con assiduo studio ai cangiamenti barometrici, ne dedusse pel primo in Europa il fenomeno e la quantità delle diurne maree atmo- sferiche. Quanto però all' aver semplicemente congetturata l'e- sistenza del fatto e travedutane, comecché nella sua minima parte j la cagion produttrice , già da qualche tempo innanzi alcuni Fisici ne promovevano il soggetto, e fra essi il nostro celebre Gemìniano Montanari aveva riflettuto espressamente che se la luna cagiona il moto peristaltico del mare, un si- mile movimento deve altresì effettuarsi nell' atmosfera , giac- ché Tazion lunare, per comunicarsi alle acque dell'oceano, de- ve attraversar l' inviluppo aereo del nostro globo, il qual flui- do aeriforme, tanto più mobile delle acque, non potrà quin- di non risentire, anche più energicamente di queste, 1' azion medesima. Per verità simili riflessi e congetture , non meno che i soli calcoli ipotetici di qualche matematico per deter- minar la quantità del moto atmosferico dovuto alla gravitazion lunare, nulla o poco valevano a svelare la realtà delle cose; onde rimane pieno il merito dello scuoprimento e l'anterio- rità di esso in questi nostri climi temperati all'Ab. Chimìnel- lo, detto a ragione diligentissìmo dal Sig. Carlini., e che oltre alla precisa osservazion del fenomeno riconobbe altresì pel primo e dimostrò esserne quasi per intero -, o almen cagione assai predominante, in confronto di altre, il calor solare. Ben- Sgo DiscossioNE di osservazioni ec. che poi posteriore di circa 3o anni alla scoperta barometriqa dell' Astronomo di Padova, l'egregio Fisico francese Sig. Ra- mond grandemente illustrava l'argomento medesimo con pro- fondi raziocinii e colle più accurate osservazioni fatte ne' luoghi e a piedi di quella montagna , il Fiiy-de-Dóme , ove il tubo di Torricelli riceveva dal genio -li Pascal il suo maggior pre- gio di utilità, come stromento comparabile e misuratore del- le altezze relative dei luoghi alla srperiicie terrestre sopra un livello comune. La teorica celle maree otmoff eriche usciva po- co appresso dalle ultime citate osservaz'oni, e il celebre La- place componendola su questa b;:se dei fatti r.vveititi e di- mostrati nelle belle memorie ui iIa/?zo;zc? lette all'Istituto;, eb- be pur giusto motivo di scegliere tal fondamento e asserir di tali memorie potersi queste riguardar come una delle cose più interessanti che sieno state fatte in meteorologia (a). Ma se la carriera è aperta nello studio delle variazioni periodiche dell' atmosfera, molto ancor manca per dire che sia essa già per- corsa, ed anzi trovandocene pressocchè ancora sul comincia- mento gioverà certo il non abbandonarla; raentre a rillettere col suUodato Ramond: „ quelque idèe que l'on ait de la na- ,, ture, on ne sauroit se figurer d'avance l'etendue du champ „ de mèditation qus 1' etude de ses moindres lois ouvrent à „ une attention serieuse. „ Egli è perciò che avendo io pure impresa nel R. Osservatorio di Modena una serie regolare e continuata di osservazioni meteorologiche mi reco a premu- ra di esporne in questo scritto un primo saggio di risulta- menti. 3. Incomincio dalla ricerca delle variazioni orarie del ba- rometro per la quale seguirò l'eccellente metodo immaginato e proposto nella precitata memoria del Sig. Car/i/zi. Le osser- vazioni da me all' uopo istituite furono anzi fissate a sugge- rimento del medesimo Astronomo di Milano e di concerto pu- (a) Conn. des tems pour i83o Add. pag. 3. .V Del Prof. Giuseppe Bianchi S91 re colle Specole di Torino e di Padova^ per averne un con- fronto della fonno'a dell'altezza oraiia del barometro nelle medesime ore di un comune intervallo ed in luoghi diversi. Non mi è noto qual' conclusioni abb'.a somministrato il detto confronto delle operazioni combinate, ma in attenzione che il Prof. Carlini, avendou'; raccobi ' materiali, ne produca le de- termina?:;oi2Ì com'>aiative e proseg':? le sue sagaci indagini su l'p'^oriiento, io conferuieò in'ri;to co' riàul'amenti miei par- ticolari n per la mia GtaiSTone quelle leggi de' cangiamenti ba- rometrici 5 che riollo impori di presente conoscere in ogni Csservatorio. Debbo solo premettere ' uali avverten";e e cau- tele ab])) ^ io usate nel'e osserva''ioui; mentre tutti la fiducia (^e' risultamenti in ciò è riposta, come oLtimamente dichiara- ''/a Ramo.id, che le osser\ azioai siano buone, tanto in riguar- ido air esplorata esattezza dell' istroinenlo quanto per la ma- , niera diligente di adoperarlo, e che la logi;^ uellc stesse os- » servazioni, vp'e a dire l'esame ui esse e il niodo di combi- ' narle si^uio parimenti giusti e ben impiegati. / 4- Nelle mie osservazioni ho us..;'o sempre un barometro ' a galleggiante costrutto dal macchinista dell' I. Specola di ivli- lano Big. Grìndel. Da principio, non avendone io alcun altro, mi afHdai alle indicazioni del medesimo senza verificarne la scala; ma poscia fatto eseguire dal macchinista di (juesto R. Osservatorio Sgarbi lui simil baiometro, e piocuratomi un esat- to e riconosciuto campione di misura lineare a scala in otto- ne, col paragone mi assicurai di un errore nello zero del ba- rometro Grindel, del qual errore ho potuto liberar lo stromen- to e correggerne tutte le osservazioni anteriori, che spero di aver per tal modo ridotte a precisione e uniformità. La can- na del detto barometro è internamente del diametro di linee 2,,o pari a millimetri i\,^2.; onde potrei applicare alle altezze barometriche la correzione di capillarità: se non che trattan- dosi nelle ricerche seguenti di determinazioni relative piutto- sto che di assolute, ho stimato di ommettere questa e l'altra tenue correzione dovuta alla varia dilatazioa della scala di ot- Sga Discussione di osservazioni ec. tone del barometro per la diversa temperatura. Prima di cia- scuna osservazione io ebbi cura di guardar e mettere il gal- leggiante allo zero preciso, mediante la coincidenza delle due linee, mobile e fissa, e parimenti riconobbi la giusta posizion verticale della canna, che venne quindi fermata invariabilmen- te. Air occasione poi di accrescere le diligenze per la delica- ta ricerca delle variazioni orarie io feci tendere dal macchi- nista un sottil filo orizzontale sul nonio mobile della scala , a partir dallo zero, e fissato sul nonio stesso un semplice mi- croscopio diretto all' indicato filo , da quell' epoca io prendo le altezze del mercurio traguardando il filo e ponendolo sem- pre tangente alla convessità del termine della colonna. E a ri- conoscere finalmente di un modo esatto ed uniforme la det- ta convessità,, seguendone il consiglio del Sig. Carlini, con un lume a mano io rischiarava la parte posteriore della colonna, che è visibile per la fenditura longitudinale della custodia de' barometri, e ciò praticava ogni volta si di notte che di giorno. 5. Si propose la prima operazione, per conoscere le va- riazioni orarie del barometro, nell'estate dell'anno 1828, e fu convenuto di osservar il barometro di due in due ore, tanto il giorno che la notte, a incominciare dal mezzodì 5 Giugno fino a quello del 6 Luglio inclusivamente. A continuar per un lungo tempo una si fi'equente serie di osservazioni o si ri- chiederebbe di scompartirsene fra più persone la fatica, o al- meno l'osservatore privo di compagni, assumendone l'incari- co e volendo far sagrifizio della sua persona come diceva di se il Chìmìnello , dovrebbe in certo modo vivere unito al suo barometro. Io non godeva né dell' una di queste cir- costanze né dell' altra. Posto allora il mio barometro presso il circolo meridiano alla sommità della Specola, e non aven- do io quivi la mia stabile abitazione , comecché vi passi le notti e abbia luogo dove riposarmi, l'esercizio delle suddette osservazioni mi riusci faticoso non poco, e alcuna delle pre- fisse ore di lettura mi sfuggì quasi necessariamente. Queste lacune però nella serie furono abbastanza rare nelle sole ore Del Prof. Giuseppe Bianchi SgS a e 4 dopo la mezzanotte; e inoltre nei medii barometrici os- servati di ciascun ora introdussi i termini ommessi , mediante un'interpolazione analoga a quella del §. 36. nella memoria del Sig. Carlini^ e che pur è sufficiente a rappresentar ogno- ra con precisione le quantità non osservate, come se Io fos- sero. Pertanto ecco i medii ottenuti per tutto l'accennato in- tervallo di 3o giorni Barometro Termometro Termometro Barometro ore osservato unito libero Igrometro alla teraper. o. lin. lin. 0. 337, 865o -t-ao", 727R -j-20,'' 740R 34, 3i7 *",= 336, a556 a. 7, 6533 21, 070 ai, oo3 32, 260 b' =z 6, oi83 4- 7, 4763 21, 397 ai, 207 29, 367 l" = 5, 8168 6. 7, 456o 7, 5410 ai, i63 ai, caà Q 0 / 'J 3o, 6A6 ì"' = 5, 8147 8. 20, 533 19, 973 32, 633 i'» = 5, 9479 IO. 7, 7040 20, 060 18, 787 35, 773 i" = 6, 1467 12. 7, 7877 19, 693 17, 55o 35, 877 /.»' = 6, 2584 i4- 7, 795o 19, 233 17, o5o 35, 93o 1^"=. 6, 3oi3 i6. 7> 7793 19, i83 16, 4io 38, 457 iv'll— 6, 2895 i8. 7, 8g63 i8, 907 16, 517 38, 807 l'' = 6, 4273 20. 7, 9883 19, 173 18, 197 39, 880 b' = 6, 4983 23. 8, C073 19, 760 i9j 797 39, 937 l'' = 6, 4719 Anche i termometri, unito e libero all'ombra, furono sempre osservati e rettificati da qualche piccolo errore di scala. No- tai altresì l' igrometro, esposto all'aria aperta, per conoscerne i cangiamenti relativi, e non già le assolute quantità compa- rabili a quelle d' altro stromento ; poiché il capello del mio igrometro, modellato alla forma di Saussure^ essendo stato rot- to e teso di nuovo non ha più la tensione di prima e corri- spondente agli estremi della scala; ne sin ora mi si è offerta occasione di paragonarlo ad altro igrometro sperimentato. Chia- mata poi a V altezza barometrica osservata e i il simultaneo grado del termometro unito, si ha l'altezza barometrica ridot- ta a zero di temperatura = — ~— ^— ; e così risultano dai 4000 valori della i." e a.* colonna della tavoletta precedente quel- li dell' ultima. $94 Discussione di osservazioni ec. 6. Applicando agli ottenuti valori è", b\ ecc. il metodo e le formolo del Sig. Carlini ritrovo l'espressione dell'altezza h del barometro per 1' ora qualunque h Un, b = 336, 18733 — o,3oo39sen.^ -+- c,oiai icos.A — OjOgaaSsen.a/i -f- 0,07747003.2/2 che si riduce all'altra forma b = 336,18733 -f- o,3oii3sen.( i77.''4a'-H h ) -+- o,i3o46sen. ( 139.° 58'-+- 3/i ) 7. Per le ore dei massimi e minimi barometrici abbiam dunque V equazione -HCj3o 1 1 3cos .( 1 77 ." 42''-+-A)-t-o,34o9acos.{ 1 39.°58'-t-a/i) = o a cui soddisfanno generalmente quattro valori o radici. Per risolverla io seguo un metodo di false posizioni conforme a quello insegnatoci dal celebre Prof. Gauss (3) per trattar l'e- quazione trascendente del problema di Keplero .^ e che sebbe- ne indiretto, sembrami tuttavia in pratica più spedito e facile di ogni altro. Io procedo come son per dire. Supposti eguali fra loro i coefficienti numerici della equazion precedente si hanno tosto i primi approssimati valori di h, cioè or : i;/- r- A=:3I7.''44' -i:.. iW.Iì vi;:u'-..-l -• =3l4. 7 ' ■ =74-7 = 194- 7 ciascun de' quali, se fosse esatto, soddisferebbe all'equazione suddetta del massimo e minimo. Ciò non sussistendo a rigo- re, indichiam generalmente l'equazione con '-■•' '* '■■''■ j3cos.a -t- <7Cos./? = o ■ ' ' '- 01.;^ (3) Th. motus corporura coelestium §. 11. Del Prof. Giuseppe Bianchi . SgS dove a e ^ rappresentino gli angoli noti , allorché in luogo di h si mette uno degli approssimati valori precedenti. Dalle tavole preso il logaritmo di p e quello di cos.a; si noti la dif- ferenza di quest'ultimo per i' di variazione di a, e avverta- si che bastano per 1' esattezza le tavole con sole cinque cifre decimali. Similmente preso il logaritmo di g, quello di cos.^ e la sua differenza n per i' di variazione dell'angolo /? , e chiamata x la correzione dell' approssimato valore h, sarà per una parte 1' equazion esatta . . . .pcos.{a-hx)=: — ^cos .(/3-)-ax) ;, e per l'altra non sussistendo . . . Iog.(/?cos.a)= — log.{qcos.^) , la differenza log.(/7Cos.a)-Hlog.((7cos./?), pel picciolo arco x, po- trà farsi = — mx •+• 2,nx, e quindi _ ___ log.( pcos.a) -t-log.(ycos.^) . an— 771 ' però avuto riguardo ai varii segni di ttz e di n, secondo i qua- dranti ne' quali si prendono a e ^. Se 1' equazione /7cos.( a -^- X ) = ^cos.( ;? -4- ax ) non sia neppur soddisfatta, per essere x alquanto forte, una seconda operazione analoga all'indicata ci condurrà poi sicu- ramente alla precisa correzione x\ così che sia k-i-x-\-x' un' esatta radice ; ma d'ordinario è sufficiente la prima correzio- ne X, e questo metodo in pratica è speditissimo. Può acca- dere intanto che non soddisfacendo la prima correzione x, e continuando a sussisterne con determinato segno una diffe- renza dal vero nella equazion fondamentale , per la seconda correzione x risulti una differenza di segno contrario alla precedente, e allora se ne ha l'indizio che il giusto valore di h in proposito è immaginario: tal essendo un criterio del. le radici immaginarie che, pei prossimi valori successivi dati all'incognita, la somma dei termini dell'equazione cangia di segno senza passar per lo zero. Con queste regole io trovo i seguenti valori esatti di h per V equazion de' massimi e rai- Tomo XX. Eeee 5g6 Discussione di osservazioni ec. nimi barometrici estivi h^ immaginario \ . = Sio." 3' # onde massimo b la mattina a 8.* 4o'. • •• \ = 336,'''',5oa86 = 75. 34 ( minimo b la sera . . a 5. a . . . . . ì , , =335, 78648 = immaginano / '. ' ' e la quantità della totale escurslon del barometro =0 ,71638. 8. Giacché abbiamo anche le osservazioni della tempera- tura esterna e della umidità dell' aria nelle ore diverse, non sarà inutile che troviam le tormole delle variazioni diurne sì dell' una che dell' altra , del termometro cioè e dell' igrome- tro. Coli' uso del metodo summentovato eccone i risultamen- ti, chiamato t il grado Reaumuriano del termometro, ed i quel- lo del mio igrometro i=:-)- ig/caao -t- i,g435sen.^ -h i542,94cos.7z — o,iai7.sen.a^ -HOjigSocos.aA — c,26o5sen.3A-t-o,o298cos.3A =-t- 1 9,oaac-Haj4 ' 26sen. (36."'ac'-t-/z)-H0,aaq9 sen .( i a i °.58'-i-aA) H- o,a6aasen'(i73.°a8'-4- 3/i) massimo £ =-i-ai°,a 142, a 4-*38' della sera ) e l'escursione minimo :=-Hi6, 3740 a 4- 4^ <^^^1^ "^^^^i"^) di urna=4'' 58403 i =: 35, 298 — 454^'sen.A — o,34acos.A := 35, 398 -H 4,434s^"- (■^4-° ^^ "*~ '^ ) massimo i^39,73a a 5*. 4a della mattina) e l'escursione diurna minimo =3o,864 a5. 42'tlella sera J =8,868. Di qui concludiam che in estate all'ora della massima tempe- ratura segue da vicino quella della minima umidità , e alla temperatura minima segue parimenti da presso l'umidità mas- sima ; locchè appunto è conforme all' azion del calor libero Del Prof. Giuseppe Bianchi S97 dell'aria che deve sciogliere più o meno, secondo la propria quantità, 1' umidità atmosferica in vapore. g. Da ultimo interessando studiare la principal parte del- la variazion diurna del barometro, quella prodotta unicamen- te dal calor solare e denominata dal Sig. Carlini oscillazion fisica, e la medesima essendo per le osservazioni precedenti = -i-Oj3oi i3sen.{i77 ° 4^'"'" f'- ) risulta per essa l'ora del massimo quella del minimo.... . iT.iMtn; ! ^i8.*9' ) e la quantità dell'escursione = 6. 9 J = o''", 60226. Quindi anche si vede che il massimo di tale oscillazion baro- metrica ritarda sul minimo della temperatura atmosferica di i.''27', e il minimo barometrico ritarda sul massimo termome- trico di i.'' 3i'. IO. Che le ottenute formole rappresentino con sufficien- te esattezza le osservazioni estive ce ne persuaderà il confron- to dei valori calcolati su quelle cogli osservati nelle medesi- me ore e quali sono contenuti nella tavola del numero 5.: ecco il paragone ; , j.:; ;. ; > , :, ,. Barometro Termometro Igrometro ore osserv. - calcol. libero osserv.- calcol. osserv.- calco! lin. 0. — 0, C2I2 -t- 0," 064 — 0, 639 2. -t- 0, 0122 -♦- 0, c4o — 0, 53 1 4^ — 0, C072 -+- 0, C20 — I, g3i 6. -¥■ 0, oo58 — 0, oc8 — 0, 534 8. — 0, 0140 — 0, c.5.5 -t- 0, 993 IO. -4- 0, C018 -»- e, 089 -t- 2, 390 12. •+■ C, co58 — 0, 208 -t- 0, 237 '4- -+- 0, Ol52 — 0, o34 — i) 875 16. -" 0) o338 — 0, o3i — o> 84t 18. -*- 0, 0167 — 0, 106 — 0, 92.5 20. -f- 0, 0034 -t- 0, i65 -»- 0, 924 22. ■+■ 0, oo5i -1- 0, 046 -H 3, 7=4 La piccola quantità della somma di queste difierenze, ov- 5g8 Discussione di osservazioni ec. vero la distribuzion uniforme degli errori con segni contrarii ne' termini del paragone, dimostra col fatto che il metodo de' minimi quadrati è assai opportunamente impiegato alla deter- minazion delle variazioni orarie meteorologiche; laddove il me- todo suggerito da Laplace Aq" fattori più vantaggiosi, comec- ché fondato sopra buoni argomenti di probabilità, forse non servirebbe in questo caso che ad accrescere la difficoltà del- le operazioni, senza molto aggiungete alla precision de' risul- tamenti. È però da riflettere che questo secondo metodo di correzione diverrà preferibile^ se non anche necessario, nella delicata ricerca de' più tenui moti atmosferici , siccome sono quelh prodotti dall' attrazion lunare; nel qual caso appunto il Laplace lo proponeva. II. Vengo alle variazioni diurne dell'atmosfera in tempo d'inverno per le qualij come per le estive, si fecero le osser- vazioni corrispondenti dalle Specole suindicate e colle mede- sime diligenze. Solo a diminuzion di fatica, in riguardo spe- cialmente alle ore notturne della rigida stagione, fu convenu- to di osservar il barometro di quattro in quattr'ore, alternan- do però di dieci in dieci giorni le osservazioni alle ore inter- medie, cosicché proseguendo le operazioni per quattro deci- ne di giorni si avesse infine un intervallo di 3o giorni per ciascun' ora di due in due, e supplir si potesse con regolari- tà d' interpollazioni al vuoto dell' osservazion immediata. Ciò si eseguì dall'i Gennajo i83o al successivo 9 Febbrajo inclu- sivamente, e fu anche un tempo memorabile per l'esorbitan- te copia della neve, in quell'anno caduta sopra l'Europa, e pel freddo assai forte e prolungato che ne venne di conseguenza. Interpoliate pertanto alcune poche ommissioni, e avvertendo che il mio barometro fu traslocato al principio del i83o e te- nuto dipoi stabilmente nella sala dell'Osservatorio ad un'al- tezza di metri 7,7 minore di quella dell'antecedente sua po- sizione presso il circolo meridiano, io ebbi le seguenti quan- tità medie osservate Del Prof. Giuseppe Bianchi DECINE I." e 3." 599 Barometro Termometro Termometro Ore osservato unito libero Igromet. 0. lin. 338, 0540 -H 4,°635R — 1,0925 R 60, 0 t.. 7, 7625 -♦- 5, C20 - I, 480 59, a 8. 7, SaSo •+■ 4, 23o — 2, 225 61, a la. 7, 7665 -4- 4, 38o — 2, 790 6a, 9 16. 7, 383o -^ 3, 470 — 3, 010 63, I ao. 7, 44i5 -♦- a, g35 -3,440 63,9 DECINE a." e 4». Barometro Termometro Termometro Ore osservato unito libero lin. 0. 334, 0420 3, 9500 •*- 4,Oi6oR — 2,°o8oR a. ■+■ 4, 880 - I, 585 6. 4, o58o ■+■ 4, 075 — ', 795 IO. 4, 2040 •+■ 4. c65 — 2, 5i5 14. 4, 1400 -+- 4> <^8o — 2, 635 18. 4, a63o -1- 2, 820 — 2, 880 22. 4, 5210 ■+■ 3, 365 — a, cBo Igromet. 58, 7 58, 0 62, a 65, 0 66, 0 64, 0 61, a ■ ■ ' : I r. Ridotte le altezze barometriche alla temperatura zero, e rac- colte le due serie in una sola di due in due ore, col metodo d' interpollazione spiegato al numero 36. della sullodata me- moria del Prof. Carlini, si ottiene . . ,. Ore Barometro Termometro libero Igromet. 0. b" = lin. 335, 7071 — a,Ooo3R 59, 35 a. b' = 5, 3217 — I, 600 54, 95 4- b" = 5, 6238 — I, 365 6a, 25 6. V" = 5, 4915 — ': 910 59, i5 8. b'" = 5, 7497 — a, no 64, 25 IO. b- = 5, 638 1 — a, 63o 61, 25 la. J"' = 5, 6776 — 2, 675 65, 95 ^■ b"" = 5, 573 1 _ 2, IgS 62, 95 16. IVI' — 5, 3653 66, i5 18. b" = 5, 793 1 — 3, 995 60, 95 ao. i' = 5, 4656 — 3, 325 66, 95 aa. b" = 6, C090 - a, 195 58, i5 6oo Discussione di osservazioni ec. È singolare che le due serie composte di decine, sebben que- ste fossero alternate, presentarono una grandissima disparità nelle altezze barometriche, la quale però fondesi, a così dire, e si perde nei medii che abbiam interpellati; né può essa in- fluire ad alterar i rapporti che slam per dedurne. la. Procedendo alla solita maniera, le osservazioni jemali testé riferite ci somministrano 1" ... - ^=:335, 61797 — OsCaSSasen./zH-OjOÓi ìi)cos.h — o,i4ia3sen.aA H- 0,0443 ' cos.a/i =335,6 i797-»-o,o6567sen. (11 i.°i6'-<-/i)-HO,i4B2osen.(i6a.''a4'-H2/i); quindi lin. i.« massimo b alle 9 '•41 'della mattina = 335,8298; escursioni 0,3466 i.° minimo ... a. i della sera = 5^4^32 0,2198 a." massimo . . . g. 28 della sera = 5,7o3o • o,2535 a." minimo ... 3. 1 1 della mattina = 5,4495 c,38o3 Similmente pel termometro si ha i z= — a'',37o3 -+- o,6344sen. A ■+■ o,333acos./i -+- OjaSgósen.aA H-o,o8iacos.a/i — o,o633sen.3/z-4- o,o595cos.3/z =:_a,37o3-+-o,7i66sen.(27.°43'-i-/i)-*-o,253osen.(i8.°43'-4-aA) -4-o,c869sen.( i36.«'46'-t- U ) donde massimo i alle S.'-ii' della sera =- i%53i5 j escursione i°,6485. minimo ...64^ della mattina:= — 3, 1800 ) Allo stesso modo per l' igrometro i = 6i,858 — i,66isen.A — a,8o2cos./i =r 6 1,858 •+■ 3,a57sen. ( aSg." ao'-t-A ) massimo £ alle a.'-S' della mattina = 65, 1x5 j escursione 6,5i4. minimo ... a. 3 della sera . . = 58, 601 Del Pjiof. Giuseppe Bianchi Per la sola oscillazion fisica del barometro 6oi = -t- 0,06567 san. ( IH." i6'-i-h) si trova l'istante del massimo = aa.* 35 ) e la quantità dell'escursione quello del minimo =10. 35 j o,i3i34: quindi è il ritardo del massimo barometrico sul minimo termometrico = 3.* 55 il ritardo del minimo barometrico sul massimo termometrico = 7. a4 e il calcolo delle ottenute formole rappresenta le osservazio- ni colle differenze che seeuono 1 Barometro Term. lib. Igrometro Ore osserv -calcol. osserv. -calcol. osserv.-calcol. lin. 0. — 0) C169 — o°,io7 -H 0, 29 a. — O) 2275 0, 020 — 3, 65 4- -HO, 1406 -t- 0, iBa -H 3, 23 6. — 0, 0678 — 0, i56 — I, 0.5 8. -HO, c83i -H 0, c66 -H a, 43 IO. — 0, 0697 — 0, c58 — 2, 20 12. -HO, 0760 -H 0, 007 -H I, 29 i4- -HO, ocfhi — 0, o65 — 2, 17 16. — 0, C580 — 0, c35 -H ., 45 i8. -HO, 1961 -H 0, 154 — 2, 57 20. — 0, 3c35 — 0, 264 -H 5, o5 22. -HO, 1814 -H 0, 3o8 — 2, II Qui pure le somme delle diflPerenze risultano bastantemente piccole per la distribuzion degli opposti segni dovuta alla cor- rezione de' minimi quadrati; e se le singole differenze del ba- rometro sono qui riuscite alquanto forti, ciò deriva dalla for- te disparità delle due serie che si riunirono in una. i3. Se ora paragoniam i risullamenti delle due operazio- ni, estiva e jemale, tra di loro e con quelli ottenuti dal Prof. Carlini ( Veggansi li numeri So. e 57. della sua Memoria più volte citata), a colpo d'occhio riconosceremo essere questi e quelli generalmente d'accordo nell' indicare, con piccole dif- 6oa Discussione di osservazioni ec. ferenze di quantità, le medesime leggi delle variazioni diurne dell' atmosfera, onde ne sono queste leggi vieppiù conferma- te. Una delle maggiori nostre discordanze consiste nell'unica oscillazion barometrica, cioè di alto e basso barometro, da me ritrovata per l'epoca estiva; il che può spiegarsi per mia par- te coi residui errori dell'osservazione i quali, avvegnacchè tenui e forse inevitabili, nondimeno siano stati sufficienti nel processo del calcolo a nascondere e ricuoprir coli' aspetto dell' immaginario 1' altra e più piccola delle oscillazioni diur- ne. Per altro è da rimarcare che questa minore oscillazion barometrica essendo la parte del flusso atmosferico denomi- nata dinamica e prodotta dall'attrazion Solare, dovrebbe nell' inverno, per ragion di distanza del corpo attraente, palesarsi alquanto maggiore che nell'estate. Quindi^ sebbene io l'abbia trovata per avventura troppo forte nelT inverno , sembrami per lo contrario che il suo coefficiente risultasse al Prof. Car- lini troppo debole in inverno , al confronto per lo meno di quello dell'estate. Ma le dubbiezze di questa fatta non po- tranno esser tolte se non si ripetano anche più accuratamen- te e nei varii tempi le osservazioni, e se queste sopratutto non siano istituite con uniformità nelle stagioni opposte , affinchè siano esse comparabili precisamente. E qui ommessa ogni al- tra deduzion dai risultati precedenti, che ognun di leggieri può da se inferire, io farò solamente osservare che l'escursion iemale dell'igrometro, minor dell'estiva, indica un rapporto di evaporazione ed è corrispondente sotto questo aspetto alle ri- spettive escursioni del termometro esterno. Al contrario poi di quanto avviene in estate, il minimo igrometrico precede in in- verno il massimo termometrico, e molto più il massimo igro- metrico precede il minimo della temperatura ; il che sembra dimostrare che gli aumenti del calore progrediscono con or- dine inverso, dall'estate all'inverno, e più relativamente al minimo che al massimo. .<>. i. i;. ;•-- i nir.i»' i 14. Dopo le variazioni diurne del barometro sarebbe da investigare le annue e fissarne la legge. Queste ultime si ma- Del Prof. Giuseppe Bianchi 6o3 nifestauo già chiaramente per la diversità delle prime, come si è potuto scorgere, negli opposti estremi delle stagioni; ed anzi le annue debbon essere più sensibili e distinte che le diurne a ragione della diversità delle temperature , maggiore in un anno che in un giorno; dipendenti però sì le une che le altre dalle azioni, fisica e dinamica, del Sole sopra l'atmosfera. Il celebre Humboldt che trovò le diurne assai pronunziate e regolari nelle regioni equatoriali non rilevò dal barometro al- cun indizio delle annue oscillazioni che perciò furono da lui giudicate nulle assolutamente, e tali colà debbon essere, in ri- guardo al flusso fisico, attesa la poca o ninna diseguaglianza delle temperature nei detti climi. Ciò non pertanto se la va- riazion' annua del flusso dinamico solare non sia trascurabile affatto, questa deve sussistere e presentarsi eziandio sotto l'e- quatore; e ad ogni modo poi convien ammettere con Ramond gli annui cangiamenti delle oscillazioni atmosferiche nei no- stri climi essere abbastanza grandi per averne certezza e spe- rar di valutarne la quantità. Ma la difficoltà è d'istituire pra- ticamente una siffatta indagine, poiché il metodo assiduo e fa- ticoso di osservazioni che abbiam seguito per le variazioni ora- rie non potrebbe, almeno da un operator solo, estendersi e sostenersi per un periodo tanto lungo e non interrotto qual si richiede ad ottener le variazioni annue in buon numero e colle condizioni più opportune. Sembrami nondimeno che, ove sia- si premessa ed effettuata con sufficiente esattezza la determi- nazion delle variazioni diurne, questa servir possa quasi di fondamento all'altra delle variazioni annue, mediante le os- servazioni meteorologiche ordinarie che soglionsi fare in ogni Specola tutti i giorni e a certe ore costantemente. Difatti nel- le medie altezze barometriche per ciascun mese e ad un'ora determinata noi avremo altrettanti termini immediatamente paragotjabili coi valori b somministrati dalla formola della va- riazion diurna , e che racchiudon com.e questi la sola azion solare, fisica e dinamica, esclusa cioè l'attrazion della luna. A quest' oggetto pertanto e a cominciamento delle proposte ri- Tomo XX. Ffff 6o4 Discussione di osservazioni ec. cerche io passo ad esporre la piccola serie dei medii mensili delle mie osservazioni meteorologiche nei quattro anni trascor- si a contar dall' erezione di questa Specola sino al presente. i5. Gli stromenti che mi hanno servito non furono mai cangiati , ad eccezion del barometro, traslocato siccome dissi al num. ii., e pel quale sussisterà la piccola differenza delle due posizioni, che affetta il termine costante delle altezze ri- spettive. Il termometro libero è sospeso fuori di una finestra verso settentrione, sempre all'ombra e notabilmente lontano per elevazione da ogni riverbero di pareti illuminate. Dell'i- grometro non fissai la situazione all' aperto e la stabile ten- sion del capello se non col principio del i83o, e quindi anterior- mente lo tralascio. Per tutta la serie le correzioni riconosciu- te proprie di ciascun istroraento sono state ad esso applicate ugualmente; onde le indicazioni, che ne riferirò, sono unifor- mi. Quanto alla scelta delle ore di osservazione io non mi son prefisso quelle de' massimi e minimi, che alcuni raccomanda- no di preferenza, e perchè tali ore nel corso dell'anno sono variabili, e perchè i massimi e minimi del barometro non ac- cadono simultaneamente a quelli della temperatura, e per la rasione ancora che, dovendo io salir ogni volta per queste no- tazioni all'Osservatorio, mi giova farlo in ore ugualmente co- mode nei varii tempi. Ho scelto in conseguenza 1' ora delle otto, così di mattina come di sera, e a queste ho aggiunto , a cominciar col i83o, 1' ora del mezzodì che non può essere mai trascurata in una Specola, e che d'altronde offre distin- ti vantaggi nei confronti colle osservazioni di altri luoghi, co- me Ramond ha dimostrato (4)- È avvenuto che io talvolta do- vessi assentarmi lungamente, e allora il Macchinista Sgarbi ha raccolte in vece mia le osservazioni alle ore indicate; né il cangiamento di osservatore può influir molto a modificar le quantità che si leggono, poiché la lettura del barometro col (4) Mèmoires de l'Institut T. IX. pag. 83. Del Peof. Giuseppe Bianchi 6o5 microscopio non ammette dubbii, e inoltre feci prova di espe- rienza collo Sgarbi a fin di osservar entrambi a un modo e accordarci. Dalle tavole pertanto delle osservazioni giornalie- re ho estratto i medii mensili seguenti: BIENNIO I. Anno 1828 1829 Mese Genn. Febb. Mar. Apr. Mag. Giug. Lug. Agos. Sett. Ottob. Nov. Dir. Genn. Febb. Mar. Apr. Magg. Giug. Lug. Agos. Sett. Ottob Nov. Die. Barometro osservato ».*m. lin. 339, 123 6, 004 .5, 883 6, 783 6, g6i 8, 070 6, 478 6, 9i3 8, 450 9, 061 8, 675 9, o85 4, 066 7, ii3 5, 043 4, 509 7, 045 7, 610 7, 750 7, oc3 7, 619 7, 220 337, 856 8.* s. Tennometro unito 8.' bn. 339, c47 5, 390 5, 711 6, 628 6, 65i 7, bi3 6, aa3 6, 547 8, 253 8, 883 8, 586 8, 983 4, 020 7. 071 5, 040 4, 665 6, giS 7, 245 7, 33i 7, 685 7, c4i 7, 853 7., 417 33?, 847 - i,"984R 2, 400 7, 700 10, 838 i5, i58 18, 928 21, ICO ig, 3i6 16, 457 12, 2C0 5, 890 - 2; 993 a.'^s Termometro libero -JT, ■ 2/'464 3,020 8,953 11,667 i5,854 20,007 23, i8c 20j 632 17,610 i3,c86 6,4o3 - 3,587 - i"^ia3R I, 324 6, 855 IO, 85o i5, 142 175 734 20, i34 18, 439 i5, 401 10, 889 4, 433 - I, 616 I, 082 -1- I,2C9 0, 407 0,950 4, 002 6,867 IO, 74» ii,8i3 i3, 753 14,628 16, 4o3 17,562 '9, 706 21,045 18, 294 19,442 i5, 687 i6,66c IO, 919 11,507 4< 833 5,36f I, 450 1,523' - 0, 261 . o, 33a - 5, 3i7 10, 993 i3, 980 16, 637 19, 755 17, 6c6 14, 890 9) 777 - 3, 390 . o, 206 S.'^s. . I,%23 2,896 8,38o 1 I, ICO l5,024 19,893 2I,3lO 19; 777 16,873 12, aéo 5, 867 • 2, 679 -t- 0,174 e, c5o 6,727 ii,5o3 14,088 17,041 20, 642 18,481 i5,983 10,735 4,073 0,029 6o6 Discussione di osservazioni ec. BIENNIO II. Barometro Temometro Anno Mese osservato unito 8.'' m. mezzodì 8.* s. 8.'' m. mezzodì 8.* s. Un. lin. hn. i83o Genn. 336, 879 336, 812 336, 697 •+■ 2,"8oc -h4,°384 ■+. 3,°933 Febb. 6, 762 6, 842 6, 774 4,180 5,8co 5,543 Marzo 9, 629 9, 586 9, 339 9,909 10,468 10,616 Aprile 7, SaS 7, 440 7, 259 i3,493 .4,357 i4,5io Maggio 7, 214 7> 24? 7, 057 i5,3o3 16, 258 16,407 Giugno Luglio 7, 287 7, 167 6, 881 17,190 18,273 18, 123 8, 769 8, 062 7, 833 20, 671 21, 926 32, 087 Agosto 7, 597 7) Sii 7= 199 19,535 21, 190 21,477 Settem. 6, 654 6, 658 6, 5o8 15,720 16,553 16,493 Ottobre 9, 562 9, 583 9, 390 12,281 12,745 13,774 Novem. 8, C92 8, 092 7> 947 9, 190 9>597 9,600 Dicemb. 334, 121 333, 742 333, 677 -»- 6,539 ■+■ 7>436 ■+- 7> 284 i83i Genn. 335, 419 335, 430 335, 333 -4- 5, 222 -f- 6, 064 -»-5, 977 Febb.(») 6,466 7, 858 5, 4.6 5,234 5,923 6,342 Marzo 6, ic8 6, 333 6, 625 8,535 9,i5i 9,468 Aprile 4, 25o 4, 421 4, 341 11,533 13,146 12, i3i Maggio 6,766 6, 458 6, 100 i4)i29 14,733 14,900 Giugno 6, 641 6, 556 6, 325 17,230 18,456 18,343 Luglio 7, 025 7, 25o 7, 075 iè,84i t9, 600 19,887 Agosto 5, c54 6, 100 5, 733 18,235 19, ao3 19,287 Settem. 6,733 6, 750 6, 666 i5,o83 i5, 933 15,966 Ottobre 9, ac4 9, 196 9, 067 14, 652 15,348 15,245 Novera. 6) 997 6, 958 6, 736 8,857 9,287 9,233 Dicemb. 337, 043 337, 069 337, 086 -1- 6,636 -♦- 7,5oo -t- 7,309 (*) In questo mese di orribili civili disordini anche le osservazioni ebbero a sof- frire e ne furono di necessità per qualche tempo interrotte, ond'esse non meritano alcuna fiducia. Del Pkof. Giuseppe Bianchi BIENNIO II. 607 Termometro Igrometro Anno Mese libero 8.^ m. mezzodì 8.S. -il m. mezzodì 8.'' s. i83o Genn. — 3,0300 -a,''oi9 — 3,°383 65, 83 62, 57 63, 60 Febb. — i,3ii5 -4- 0,354 — 0,093 63, 75 .53, 67 61, 89 Marzo -t- 6,426 9,216 -1- 8,143 5o, 16 34> 77 40, 81 Aprilfi -+-12,527 ■4.7 14 16,826 13,459 37, 33 22, 31 3o, 24 Maggio -♦-i5, 263 i5,9i3 37, 37 25, 74 3i, 55 Giugno -^17,645 19,023 18,073 33, 43 33, 00 34, 00 Luglio 21,000 32, 181 22,226 33, c6 33, 29 36, 90 Agosto 19,816 21,358 3I,5lC 4o> 87 27, 29 38, 19 Settera. 14, 507 i6,4o3 i5, 507 59, 83 45, 80 53, 43 Ottobre 9,023 11,884 io,38i 66, 35 5o, 39 53, 55 Novem. 6,240 8,177 7>'73 68, 33 59, 70 63, 80 Dicemb. -4- 3,019 -t- 4,c39 3,487 71. 84 68, 77 69, 94 i83i Genn. ■+■ 0, 683 ■+• a, 070 -t- 1,277 69, c3 6.5, o3 65, Ss. Febb. 2,834 5,461 3,235 58, 43 46. 08 47> 71 Marzo 6>774 9,3o6 7,598 65, 00 48, 93 5i, 61 Aprile 11,026 i3, 080 1 1, oo3 64, co 5o, o3 57, 53 Maggio 13,709 i5, 116 14,535 52, 16 43, 35 So, Sa Giugno 17,336 i8,6o3 17,606 4^, 27 3o, So 39, 43 Luglio 18,619 20,087 19,861 45, 57. 16 35, i3 42, 29 Agosto '7^954 19, 180 18,796 16 48, 90 46, 55 Settem. 14,200 15,693 i5,466 59, ao 61, 77 47, 3o Ottobre 11,868 14,735 13,261 ^Z' IO 54, c6 59, 16 Novem. 5,223 7,533 6,467 6à, i3 53, 77 57, 00 Dicemb. -♦. 2,658 •+■ 4jM^ -t- 3,458 68, 00 6.3, i3 65, a6 16. Ridotte le altezze barometriche alla temperatura ze- ro si ottengono i valori b', b°, b'^; e questi sono per ordine successivo ' ■ "' ' "■' ' t '. . • I i 6o8 1828 1839 l.n. Un. 338, 9677 333, 9864 5, 8179 7, 0816 5, 3868 4, 7337 5, 9766 3, 68ia s, 7855 5, 9780 6, 5986 6, 2319 4, 8463 6, 0808 . 5, 4168 6, 3392 7, i685 5, 7865 8, io85 6, 7699 8, 2i5i 6, 8439 338, 85o9 337, 7429 Discussione di osservazioni ec i83c lin. 336, 66i3 6, 4374 8, 8536 6, 4766 6, 0364 5, 9S33 7, iSgS 6, 0809 5, 4462 8, 5337 7, 3769 333, 6173 i83i b i83o lin. lin. 335, oi5o 336, 4714 6, 0599 6, 3915 5, 4468 8, 7670 3, 3632 6, 3a49 5, 6708 5, 9855 5, 3o68 5, 7502 5, 5629 6, 3589 3, 6490 5, 8674 5, 5641 5, 3758 8, 0601 8, 5866 6, 3ogi 7, 3444 336, 5373 333, 1722 i83t lin. 334, 9609 7, 3966 5, 6237 3, 4855 5, 8178 5, 1276 5, 7304 4, 6160 5, 5i54 8, oo58 6, 2369 336, 476-^ è'" IS38 1839 i83o i83i lin. lin. lin. hn. 338, 8543 333, 9269 336, 3914 334, 8709 5, i564 6, 9971 6, 3436 4, 9333 5, oi85 4, 5095 8, 5091 5, 8906 5, 7,35 3, 7569 6, i325 3, 4069 5, 4229 5, 7788 5, 7847 4, 947^ 5, 9607 5, 8829 5, 4769 4, 9063 4, 5095 5, 6995 6, II 85 5, 5340 4, 9510 6, 1755 5, 5348 4, 3443 6, 8829 5, 7492 5, a3ii 5, 4^93 7, 8620 6, 6474 8, 3917 7j 8775 8, 0869 6, 9998 333, II 67 6, oiq5 338, 7025 337, 7284 336, 5 180 Questi valori, considerati in assoluto e separatamente, non somministrano alcun lume intorno ai moti periodici dell'atmo- sfera, e procedono a sbalzi irregolarmente, come le circostan- ze delle stagioni medesime negli anni diversi. Ma se prende- remo le differenze de' valori suddetti, le maggiori irregolari- tà verranno con ciò ad elidersi, e potrem di nuovo riconosce- re le oscillazioni atmosferiche permanenti: ecco le differenze in discorso e successive di tempo. Del Prof. Giuseppe Bianchi 609 Medie d i 4 a'in' Medie d 1 2 anni h'~.b>« V—t' h'^—b'" t"— t' !'— j'" ;»- i" hn. -t- 0, 1467 •*- 0^,612 lui. -*- 0, oB5o -H i'',334 ■+■ a, 72 -^ 3, 63 -H C, 2798 H- 0, 1281 -t- 0, I2l5 ■4- 0, 38i7 ■*• 0, 4635 -+- 0, 772 -t- I, 369 H- 0, 417 -♦- 0, 367 -1- O; 690 -1- 0, 0479 — 0, Ot'45 -f- 0, i355 -t- 0, 2856 -+- e, 2473 -f- 2, i53 -4- a, 661 -1-2, III -+. I, 485 •+■ I, 023 -K 6, 29 -*- II, 37 -*- 6,78 ^ 3,73 -4- ., .4 -4- IX, 27 -4- i5, 73 -K 14, 55 -4- ic, 22 -4- II, IO ■+- 0, 4470 *• 0, 1426 ■+- 0, 1682 ■+- 0, 1709 ■^- I, i33 -«- I, 187 ■+• 1, 208 H- I, 283 -♦- 0, 2184 -♦- 0, 3522 -t- e, ii55 ■+■ 0, i566 -f- I, 3=5 .4. I, 384 -H I, 695 ^ 2, 864 -H 4, 5a -t- II, 65 -t- IO, 37 -4- 9, 93 -4- IC, 92 -4- 5, 73 -4- 14, 5o ■t- 0, 1096 4- 0, 1682 -♦- 0, 949 -♦- 0, 642 -1- e, 1812 -«- 0, ocGg -t- 2, 124 -4- I, 3ca -H 5, 33 -4- 2, 32 -+- 9, 00 -4- 3, 97 17. Abbiamo qui la conferma dei più grandi cangiamen- ti annui a cui ne' nostri climi sono soggette le oscillazioni diurne atmosferiche, dall'estate passando all' inverno; e le os- servazioni si accordano pure discretamente col calcolo rispet- to al senso e alla quantità de' cangiamenti medesimi. Si ri- cava infatti dalle formule poc' anzi determinate * iS.ii.s-, Dalle formule estive Dalle formule jemali èi_^'«-_ Un 533o b^—b'^^-k-o, 3i49 t'" — £* = -H I ," 996 ?" — f^ = -t- a, 644 j^ — i'" ^ -*- 7, 32. Z^ — i° = -H 4? OC := -t- 0/" *I020 = -4-0, 0574 = -+-0," 835 = -H I. i65 = -HO, 74 = -H 2, 84. Ma riguardo alle gradazioni intermedie fra i valori estre- mi de' cangiamenti annui;, corrispondentemente alle medie sta- gioni o temperature, nulla possiamo rilevar Ai preciso , e an- cor meno sapremmo traveder la legge che sussisterà fra i va- /' 6 10 Discussioni di osservazioni ec. lori mensili del termometro i e le accennate differenze baro- metriche, ossia fra queste e ì variì tempi dell'anno: giacché 1' andamento mensile del termometro libero è assai progressi- vo e periodico. Per una ricerca di tanta difficoltà e si deli- cata la nostra serie precedente di 4 anni è troppo breve, né si richiederà per avventura meno di dieci o dodici anni ad ottener la fondata lusinga che i medii mensili del barometro manifestino la legge suddetta. Oltre a ciò si renderà necessa- rio estendere le osservazioni barometriche di tutto l'anno ad altre ore del giorno per moltiplicare i confronti e comprovar- ne vicendevolmente le conclusioni. Tal è il lavoro che io mi proporrò in seguito di questi primi tentativi, e che ho in ve- duta di cominciare col prossimo i833; allorché assistito da un giovine Aggiunto della Specola potrò con esso lui divide- re la briga di un maggior numero di osservazioni, e combinar- ne un sistema da comprendere forse colle interpoUazioni tut- te le ore nello spazio di pochi anni. i8. È singolare nella serie che abbiam recata l'oscilla- zione o alternativa dei valori annui medii delle differenze ba- rometriche. Abbiamo infatti per medii annui [828. 6'=336/'»76i5; b°= ; -6'"=336,""4a68 1839. =335, gSóa = =335, Saio i83o. =336, 55io =336,''"3664 =336, 1859 i83i. =335, 5445 =335, 7077 =335, 38i5 e quindi ^x_^'._ H_ o ,^'»3 347 ; £>"— è'"= = -+- o, I i5a = '■','' = H- o, 365i =-4-o,"''i8o5 - in •• 0 = -ir- o,, i63o ,. =-<-o, 3a62 •r:f ! r;i^ ^Vt'jJei^arr^ •:••!•> 5j;r)l "t l'ìb'ì'Ti: ■ n.n. Del Prof. Giuseppe Bianchi óii Non fa maraviglia che 1' oscillazione di b" — Z*'" proceda in- versamente a quella di h'—b'^; poiché tali quantità corrispon- dono diversamente alle ore dei massimi e minimi diurni , e questa diversa relazione può spiegare il crescer dell'una men- tre l'altra di quelle diminuisce. Ma qual sarà la cagione per- chè ciascuna di esse debba crescer e scemar con alterna vi- cenda e tanto sensibilmente che certo non può attribuirsi a dubbiezze o errori di osservazione ? Le differenze delle annue temperature medie sono ben lungi dal presentarci la ragion del fenomeno. Imperocché risultano i medii annui del termometro i8a8. i'=-i-ic,«6242; t°= ; «'^= -H 11/0485 1829. = -)- 9,2897 = = -H 9,9563 i83o. =--f- 10^0701 =-4-11/8463 =: -1-11,1146 i83i. =-(- 10,2403 =-+-12,0922 :=-)- 11,0469 dai quali si ha /"— i*= -H o,°7243; r— i'= =r -H o, 6666 ' = = -+-1^0445 ■ ■• =-t-i°;,776a ■ = -+-0,8066 =-+-i^85i9 e quivij anziché un'oscillazione, apparisce piuttosto l'accor- do pel primo biennio, come altresì nel seguente. Dunque altra causa è da rintracciarsi dell' avvertita variazion annua del barometro (5). (5) Neil' indugio alla stampa di questa Memoria ho potuto raccogliere i medii barometrici dell' anno iSSa., e questi furono differenze *■•= 336/7184 i«— i'-z: 0,28^3 i°= 336, 5917 ^"—6"= 0,1 555 Dal termometro ebbi i'°=336,436a <"=-♦- 9,°5667 i'"— <*= i,i554 «"zz-H II, 5309 i°—i'= 1,9642 «'"=: -•- 10,7221 Quindi anche le recenti osservazioni confermano 1' avvertito fenomeno di un forte e regolare oscillamento annuo del barometro Tomo XX. Gggg 6i2 Discussione di osservazioni ec ig. Fino ad ora non si è da noi considerato che il solo flusso atmosferico prodotto dalla duplice azion, fisica e dina- micaj del Sole^ ma evvi pure fra le regolari cagioni dei can- giamenti del barometro V attiazion lunare. E che 1' eiFetto di tale attrazione, anziché dubbioso e trascurabile, sia non poco distinto e sensibile, ce ne persuade il riflesso , non di proba- bilità ma di fatto, che una forza minore di quella della luna, qual è l'attrazion Solare, produce nondimeno un valutabile cangiamento di pressione atmosferica sino al valor massimo di o^'",i48 per la minima distanza del Sole, ossia in tempo d'in- verno, come le osservazioni ci dimostrarono ( num. la. ). Quin- di il cangiamento della pression medesima dovuto alla mag- gior forza di attrazione che la luna esercita su 1' Atmosfera terrestre, non che raggiungere, oltrepasserà ben anco il simil effetto solare, e non potrà, siccome questo, non manifestarsi per le osservazioni opportunamente istituite. La stessa oscil- lazion barometrica, riscontrata poc'anzi ( num. prec. ) nei me- dii annui, spiegasi per avventura e assai verosimilmente col flusso lunare; perciocché la durata dell'anno solare sopravan- zando circa di i i giorni dodici rivoluzioni sinodiche della lu- na, esli è chiaro che nella somma dei medii mensili del ba- rometro, per formare i medii annui, rimane senza distrugger- si una parte del flusso lunare corrispondente all'indicato ec- cesso di giorni , e questa parte da un anno al seguente non deve riuscir generalmente la medesima. Né altrimenti é a dire della diversità della costante barometrica nella nostra formola estiva da quella della formola jemale ( togliendone pure l'ef- fetto della diversa elevazion del luogo del barometro già in- dicata); poiché l'intervallo dall'epoca della determinazion estiva alla jemale ( circa dal ao Giugno al ao Gennajo ) non essendo un multiplo esatto della rlvoluzion lunare, convien che quivi ancora sussista una parte non elisa dalla marea cui cagiona la luna. Dall' accordo e complesso di questi fatti pare a me posta fuor d'ogni dubbio l'influenza ben rimarchevole della luna sopra il flusso atmosferico ; e già il Laplace ancora che Del Prof. Giuseppe Bianchi 6i3 al principio della citata postuma di lui Memoria dichiarava poco probabile per le osservazioni di Parigi una sensibile quan- tità di flusso lunare^ e ne recava poscia la conferma di nuo- vi calcoli *' en sorte que l'on peut regarder son existence (di tal fenomeno) sensible à Paris, comme incertaine ,, sul fine peròj collo stesso calcolo delle probabilità, stabiliva la for- te verosimiglianza di una ignota causa costante di variazioni barometriche , la quale potrebbe, in parte almeno , comporsi dell' azion attraente della luna. ao. Ora non sarà inutile avvertir come giungeremo in progresso a determinar colle osservazioni la quantità e la leg- ge di ciascuna distintamente delle periodiche variazioni baro- metriche, le quali abbiara solo provato sussistere sensibilmen- te. Rappresentata con b V altezza del barometro , letta e ri- dotta a zero di temperatura, per l'ora qualunque h del giorno ammetteremo la formula fondamentale è = a-*-/?sen.(A -+-/?) -(- j'sen.(aA-t-^): ;; .;, ove gli angoli />, -»-fll/— I T"^ (»H-fl(/— !)•"" -i-(h—u\/—i)~ 4i 188 prima -t-(ai-t-i*)'< 258 IO che sia tale; d". a 2i-t- I H-(2Ì-4- lyt ■ u che sia tale q 397 i5 dy d'.a r dy" ^^ r(r-i) r(r-i) MEMORIA PIOLA. 573 578 17 quanto che sia IO fra a e i quando che sia fra a e i 58i I .1 e— a b — a e— a 588 nella f^^ nota / a; "*■ ■ ■ • • • /> 589 /'ai— a 16 / da . . Ja '^■- 594 la k=.\]i k = b=:lii 595 a simili 0 continui finiti 0 continui ivi ao S Ai 2~Ai 64o ERRORI '. ' -'.^ •' CORREZIONI òg!:> nella nota ChaTp. ig. Cah. 19. ' -, < 597 8/(a) = o /(«)=i 602 9 sin. (*(/—») ) sin. (è(r-<»3 )) 607 7 X *; 6.4 7 {p-t-if-h' (^^.,)«_/i» (Z»-*-')"-^' (jjH-a)»— /j' 00 00 620 I 2. Ah . . l • Sj A^ . . . ■ ■ • ' : 6aa 1 1 fiH^-^ h^ i'i'— A» 623 :rX^ X 2 687 8 pcoa.ae MEMORIA p cos.ac FRULLANI. ■ . .._ .. 665 10(7) (6) 667 14 COS. sin. id.' id. r ' — r 668 4 -»- acos. 1^ -t- a sin.ijj 675 16 a u 677 5 I — a I .;< 678 IO 0 — 00 683 18 ^COS.^( s.^ tjcos-ip—psin •?* id. .6 [/p'-q- /)'-H?» 686 7 5- 5 690 14 3.3(i— ma) |3 a(i — ma)' 698 ■22. cos.ax sin.aj; 699 I cos.ax sin.ax —a id. iO ama umae 700 18 / / y 0 "» ^ — ;r I— l/l-'i» 703 5 ^- „ 704 I Tt a, 7o5 4,11 a» ;Ta' 7'7 2. e^ V-T) -V^). '7E7 16 s — — ;r 7.30 IO (a^A") ■■ (a-+-/i"r 73^ 3 (fl-f/j"*)'» (a-»-A"T(iA id. 36 II '. , 6 64 1 FASCICOLO li. DI FISICA MEMORIE DEL SIC. PROF. BIANCHI ERRORI Pag. lin. 437 3o limipida 439 16 letale 448 5 fi' ogni grado 449 4 estrema id. II 13 inverisimi-li 6c6 il Temometro 608 3 oircostanze 6i5 13 oceanica 6a2 7 Cometa- i(). IO II partijOolari CORREZIONI limpida totale d' ogni grandezza esterna inverisimi-le Termometro circostanze oceanica Cometa, parti-colari