MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXIII. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI FISICA MODENA NELLA R. TIPOGRAFIA CAMERALE MDCCCXLIV. I '..#1 V 'lv.ii..J ir.. K'd'ii T^' ,!;■!!: ■ (-•■ .- •, r O"'; J ? *■ / ì. li ■!;!<■!' ■.. .f ";' . (3) rj'i iiiroisjiioJoy J]>JD J(] J) ii> osiiariitlc ;)ii.>. ^i;m ' i'-" .iaOAl/L oboS bb ^, ,., DI QUANTO iGONTIENi^ ^,.„^, „!j„ ..oÌLlI9fI(jA 'I LA PARTE FISICA DEL TOMO XXIII ' «'SS'^^ -;;0 oioocP^^E PI^E^mtrA.MEMft^5 i;iit.. , ie^JJoqf ^nr ' nrìTA 02.a:il/iA a-joilcv r.O oboSJbb i^ **®®*'='"~tF/l oioin;iA'lfiJ« 9ib-i9-)iil ^^ JlilO/iilT SJaHOIM 9ioifi;7 re E lenco dei libri mandiatiLtt-'dòno alla Società Italianaooiè delle Scienze dal i" aprile 1841 alli 3ò aprile OJC' 1844 hifbnO'Ib; ijìoIoospag^MSi (5) Elogio storico del Socio Cavaliere Domenico MoRicHiNiqon scritto dal Segretario ANTONIO LOMBARDI „!H0 1 Elogio storico del SocioGavaliexe Valekjano LmGxBKEBAijiiorfioI' scritto dallo STESSO ùlHiRtin (vn-i) mi'l) orus.lU^|,■ufi|{ xi Elogio storico del Socio Cavaliere Paolo Mascagni sitj scritto dallo STESSO , ... ;,,! ;. „ xxxiii Elogio storico del Socio Monsignore Camilio Ranzani ,.,„ scritto dal Socio Cav. ANTONIO BERTOLONI „ LT8 l Elogio del Socio Professor D. Liberato Bacoelli scrittoi siaocjoi" dal Professor GIUSEPPE LUGLI Socio onorario „ lxxxvii Proposta di una nuova Nomenclatura intorno alla :.,!., i scienza delle radiazioni caloriliche, Memoria deliliiv Socio; MACEDONIO MELLONI, unatinl jslbb a^isiiDè^S Sulla condizione dell'Azoto iielll gomma arabica e sullalo-iT facoltà sua fermentante, Osservazioni del Socio '' ■' Dottor BARTOLOMEO BIZIO „ 16 Memoria per servire alla Storia naturale di alcuni Ime- ' notteri del Socio Cavaliere GIUSEPPE GENE „ 3o Della mal' aria vicino ai fontanili di irrigazione. Me- moria del Socio Canonico ANGELO BELLANI „ 63 Memoria sopra una colorazione particolare che mani- festano i corpi rispetto alle radiazioni chimiche, (4) sulle attinenze di questa nuova colorazione ecc. del Socio MACEDONIO MELLONI pag. 97 Appendice alla stessa dello STESSO „ 145 Saggio di Teoria Matematica della distribuzione della elettricità sulla superficie dei corpi conduttori nell' ipotesi della azione induttiva ecc. del Socio Ca- valiere AMEDEO AVOGADRO „ i56 Ricerche sull'Arancio letifero, Memoria del Socio Ca- valiere MICHELE TENORE „ i85 Intorno all'azione della calce sopra i carbonati potas- sico e sodico. Ricerche del Socio Dottor BARTO- >; '-'i LOMEO BIZIO „ iqF) Descrizione zoologico - notomica dell' Onchidio Parte- nopeo del Socio Professor STEFANO DELLE /'■:'-■ GHIAIE ^■//. Mv ;•;-:.:. i w ■.,yir - aii Memoria prima sull' indebolimento che avviene nel <".- i magnetismo d'un ferro quando si fa scorrere so- - pra una calamita debole in modo da magnetiz- 'i ■- zarlo, se non lo fosse, nel medesimo senso in cui già si trova magnetizzato, del Socio Cavaliere STEFANO MARIANINI „ 21 5 Proposizione di un nuovo sistema di Nomenclatura chi- mica del Socio Conte AMEDEO AVOGADRO „ a6o Descrizione di una nuova specie di Sida del Socio Ca- valiere ANTONIO BERTOLONI „ 3o5 Descrizione della Jantina e del suo Mollusco del Socio Protbssor STEFANO DELLE CHIAJE „ 3ia Dell' antico e del presente stato del Porto d' Anzio , Memoria del Socio Cavaliere GIUSEPPE VEN- TUROLI „ ,. 3ao )ra. Aggiunta air Indice qui sopr Memoria di alcune analogie e di alcune discre- panze osservate tra le azioni magnetizzanti drlla boccia di Leida, della coppia voltaica e della .alamita dd So.-,o Cavaliere STEFANO MAlllAMN! . F^- ^^3. (5) ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Dal I Jprìle 1841 al 3o Aprile i844- . i .li'j Kupffer M. A. T. Membre de l'Academie Imperiale des Scien- ces de S.' Petersbourg. Sur les observatoirs magnétiques fondès par ordre des Gouvernemens d' Augleterre et de Russie sur plusieurs points de la surface terrestre. Rap- port adressè a l'Academie des Sciences de S.' Petersbourg. 4°. S.' Petersbourg 1840. Annuaire Magnetique et météorologique du Corps des Inge- nieurs des Mines de Russie. Tomi due. De la Casa Professor Vittorio. Risposta alle osservazioni inse- rite negli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Ve- neto pubblicati coi bimestri IV e V dell'anno iBSg usciti sulla fine di Gennajo 1840 con alcune brevi riflessioni intorno al metodo primitivo Leibniziano non che al nuovo metodo diffei-enziale. Fusinieri Amhrogio. Annali delle Scienze del Regno L. V. tutti li fascicoli appartenenti all'anno 1840. Bimestre 2,°. del 1841. Jol.' (/nolfiJi.L' Gli stessi Gennajo ad Aprile 1842,. Luglio, Agosto, No- vembre e Dicembre 1842. Gennajo a tutto Aprile i844- Replica sulla Porpora. 4°- Vicenza i844- Sismonda Dottor Eugenio. Monografia degli Echinidi fiassili del Piemonte, con appendice. 4°- Torino 1841- Ittiolito ( intorno all' ) esistente nella Biblioteca di Vicenza. 8°. Padova 1841. (6) .Inania (tic) Luca Paolo. Esame proposto di ciò che manca per la comiìilazioiie di mi trattato di Acustica compiuto ed applical>ilc alle arti. (>". Napoli 1841. Acciulcinìa d' Irlanda. Parte prima del Tomo XIX delle sue Memorie. 4'- Dublino. /// lìngua Inglese. TassìiKirì Dottor .llcssandro. Raccolta delle cose pubblicate alla memoria dell' I. R. Consigliere Professor Valeriano Luic.i Brera. 8°. Venezia 1840. iioldoiiì Dottor Ciò. Michele. Caso di rabbia avvenuto in Mo- dena esj)Osto al eh. Professor Luigi Emiliani. 8". Mo- dena 1841. Saviiii Dottor Savino. La Parola., foglio periodico di scienze, arti ecc. Zantedeschi Professor Francesco. Memoria sulla Elettrotipia. 4". Venezia 1841. Relazione della Riunione nona dell'associazione Britannica per l'avanzamento della scienza tenuta a Birmingham in Agosto 18.39. 8". Londra 1840, presso Giovanni Murray nella strada Albermale. In lingua Inglese. Società Pteale Astronomica di Londra. Sue Memorie, Volume XI con sei tavole in rame. 4°- Londra presso Weale. Transazioni fdosofiche della R. Società di Londra per gli anni i838, i03q, 1840 divise in sei Volumi. Londra i83g-iu4o, presso Richard e Taylor. Catalogo dei Membri della Società Pveale di Londra dal 3o Novendjre 1840 al 3o detto 1841- Catalogo dei libri di scienze che trovansi nella Biblioteca della V\.. Società di Londra, ivi, presso Taylor i83g. in 8". Halliue/l (Giacomo. Catalogo delle Miscellanee miste che si conservano nella Biblioteca della Società stessa, ivi, presso Taylor 1840. Tutti li suddetti libri in lingua Inglese. Michelotti .L-vocato Giovanni. Brevi cenni sulio studio della Zoologia fossile. 8". Torino 1841. Saggi nuovi della I. Pv. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, ivi. 4'- Volume quinto 1840. Meneghini Professor Giuseppe. Alghe mediterranee Italiane. 8". Pisa i84i. Synopsis Desraidiearum hucusque cognitarum. 8". Halae ad Salam 1840. Toltenyi Professor Stanislao. Tentativo di una critica dei fon- damenti scientifici della Medicina. 8° Vienna i838. Tomi I-IV. In lingua Tedesca. Effemeridi astronomiche di Milano per V anno 1842, con ap- pendice di Osservazioni e Memorie astronomiche. 8°. ivi 1841. Schina A. B. M. Professore. Rudimenti di fisiologia generale e speciale del sangue. 8°. Torino 1840. Tomi due. Benvenuti Dottor Adolfo. Essai sur la Lithotritie. Memoire presentée a l' Institut Academie des Sciencey. Paris i833. Lettera data da Vienna sullo stesso argomento segnata 5 Giugno i836 e diretta al Sig. De Filippi stampata nel Tomo 83° della Biblioteca Italiana a Milano i836. Sopra i più recenti progressi della Litotripsia, ed espo- sizione di un nuovo percussore. Letta all' Ateneo di Ve- nezia il di 16 Gennajo 1837. Estratta dal Giornale per servire ai progressi della patologia ecc. Scortegagna Dottor Francesco. Sopra una specie di Dragoncello. ( Gordius aquaticus Gmelin. ) Inserito nella Gazzetta pri- vilegiata di Milano io Agosto 1840. Intorno alla facoltà della riproduzione degli Ascaridi Lom- bricoidi. Memoria epistolare al Dottore L. Mandi. 8°. Pavia 1841. ii oÌ'.(;jot!v . T* •v.ù^.ì.ìv.ì- v.\i>S.T Accademia dì Siena. Atti di essa, T. X". 4°- Siena, appresso Onorato Porri. Questo tomo 1 0° è il primo di una nuova serie essendo da molti anni interrotta la pubblicazione dì questi atti, dei quali se ne hanno alle stampe nove tomi in 4°- '■'■> Bizio Dottor Bartolomeo. Intorno alla Memoria sulla natura, sulla vita e sulle malattie del sangue del eh. Professor Giacomini. 8°. Venezia 1840. (8) Medici Professor Michele. Manuale di fisiologia, Edizion V arricchito di un opuscolo inedito dello stesso Autore. 8". Bologna i84c. Lettere fisiologiche al eh. Sig. Dott. Freschi Francesco di Piacenza estratte dal Giornale per servire ai progressi della Patologia e della Terapeutica. 8°. Venezia i838. Distjuisitiones anatomicae et physiologicae eie nervo in- tercostali. 4"- Bononiae 18.37. Observationum anatomicaruni de ossium structura speci- men cum tabula aenea. 4°- Bononiae i83a. Experimenta et considerationes de motu cordis et de san- guinis circuitu. 4°- Bononiae i833. Callegari Professor Pietro. Saggio di ricerche sulla poligono- metria analitica. 8". Imola iSSg. Namias Dottor Giacinto Segretario dell' Ateneo di Venezia per le scienze. Relazione dei lavori scientifici dell' Ate- neo per Tanno Accademico 1837- i838. 4"- Venezia. Di una grave Nevralgia e Tic doloroso combattuto util- mente coli' ago puntura ; dell' efficacia di rjuesto mezzo e della natura di quel malore. Inserito nel Giornale per servire ai progressi della patologia 1840-1841. Bizio Dottor Bartolomeo. Rivista critica alla risposta del Sig. Professor Giacomini intorno alla Memoria sulla natura , sulla vita e sulle malattie del sangue ; ed esame delle sue idee circa la vitalità. 8°. Verona 1841. Tartini Cavalier Ferdinando Segretario generale della terza Riunione dei Dotti tenuta a Firenze nel Settembre 1841 ha spedito in dono. Saggi di naturali sperienze fatte nell'Accademia del Cimento, terza edizione fiorentina, preceduta da notizie storiche dell' Accademia stessa , e seguitata da alcune aggiunte. 4"- Firenze, dalla Tipografia Gallicana 1841- con tavole in rame. (9) Diario della terza Riunione degli Scienziati Italiani convo- cati in Firenze nella seconda metà del Settembre 1841. 4°. ivi. Descrizione della Tribuna inalzata da S. A. I. e R. il Gran- duca Leopoldo II di Toscana alla memoria di Galileo f." Firenze 1841, presso Nardi con rame. Catalogo delle piante esistenti nell'Imperiale e Reale Giar- dino di Boboli. 8°. Firenze 1841, appresso Pezzati. Giuliani Agostino. Canzone in morte di S. A. R. 1' Arcidu- chessa d'Austria Maria Carolina primogenita di S. A. I. R. Leopoldo II Gran Duca di Toscana. 8". Firenze 1841, ap- presso Piatti. Zobì Antonio. Notizie storiche risguardanti 1' I. e R. Stabili- mento dei lavori di commesso in pietre dure di Firenze. 8°. ivi 1841. Lettera intorno agli interessi materiali nel secolo presente. 8°. Firenze 1841, appresso Le Monier. "'V'. T^ ■ ■' / - Bellani Canonico Angelo. Delle difficoltà che si oppongono allo Stabilimento di Osservatorj meteorologici. Discorso. Milano, in 8°. Inserito nel fase. II del Giornale dell' Istituto del Regno Lombardo Veneto. . i'.b uìKmìjj.ìi :t;.i Giulio Cavalier Ignazio. Esperienze sulla forza e sulla elasti- cità dei fili di ferro. 4°- Torino 1841. Inserite nel Tomo III della seconda serie delle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino. ' ! 'i^ ■ ; • Cervetto Dottor Giuseppe. Appendice ai cenni per una nuova storia delle scienze mediche. 8°. Verona 1842. Selmi Francesco. Nuovo processo per la preparazione dell'acido lattico e suoi sali, ma specialmente dei lattati ferroso e ferrico. /, ; . / > , . , , Intorno all' azione dei cloruri di ammonio e di sodio sul cloruro mercuroso, Nota terza. Le due Note antecedenti sono inserite Ja prima negli Annali di Fisica, Chimica e Matematica di Milano, Settembre 1841; Tomo XXIII. '••■■:>- ,.i>,, ■ .lìrr, in.l J jj (IO) la secoli fin nel Giornale delle scienze mediche \>^\l ^ mesi di Novembre e Dicembre. Cenedella (jiacomo Attilio Farmacista. Elenco Manoscritto delle sue Memorie scientiliehe pubblicate in varie raccolte. Meneghini Professor G. Alalie Italiane e Dalmatiche. 8". Pa- dova, appresso Sicca 184^1, lasc. I. Meniorit; della Società Medico Chirurgica di Bologna. Voi. Ili, {(1 00 asc. I - .5 . Faraday Jlichele. Ricerche sperimentali sulla Elettricità. 4'- Londra 18.39. Due fascicoli in lingua Inglese. Lettere a lui dirette dal Dott. R. Hare Professor di Chi- mica in Pensilvania. Sismonda Eugenio. Appendice alla Monografia degli Echinidi fossili del Piemonte. 4°- Torino. Inserita nel T. IV. Serie 2" delle Dlemorie di quella R. Ac- cademia di Scienze. Avogadro Cavaliere Prof. Amedeo. Fisica dei Corpi ponderabili. Tomo III e IV. 8". Torino. Memorie della R. Accademia di Scienze di Torino. T. XXIII. 1818 in 4"; e T. Ili e IV della a' serie, ivi 1841 in 4°. Rivelli Giacomo. Elementi generali e positivi della primordiale formazione dei Visceri Adilominali. 8". Fano 1841. Atti della terza Riunione degli Scienziati Italiani tenuta a Firenze nel 1841. 4'- ivi 1841- Marianini Dottor Pietro. Proposta sulP Elettromotore Voltaico siccome Patoscopio. Letta, alla Riunione dei Dotti in Firenze nel Settembre iv/[[. Marianini Cavaliere Prof. Stefano. Casi di paralisi guariti con r uso della pila elettrica. Memoria letta alla suddetta Riunione li 2,1 Settembre 1841. Xa/nias Dottor Giacinto. Di alcuni effetti dell'Elettrico sopra l'anunale economia e specialmente suUe umane infermità. 8" Venezia 1841. Zantedeschi Professor Francesco. Elenco delle principali Opere scientiliehe da lui pubblicate e presentate ad Accademie con alcuni brevissimi cenni storici. 4"- Venezia 1842.. ('0 Pantedeschi Professor Francesco. Sopra alcuni fenomeni che presentano i poli di un Elettromotore Voltiano e preci- puamente sopra la facoltà calorifica e combustiva , Me- moria 8°. Venezia 1842. — Lettera al Sig. Dottor Ambrogio Fusinieri : Sulla indu- zione Dinamica attraverso involucri e diaframmi di ferro. Lettera allo stesso sulV indizionometro dinamico differen- ziale e reclamo al Sig. Prof. Augusto De La Rive. 4"- Giuli Prof. Giuseppe. Kuovo metodo per scuoprire il ferro nelle acque minerali anche in quantità minima. 8°. 1842,. Bologna. Inserito nel T. VI dei nuovi Annali delle Scienze naturali ivi stampati. ■' -i- i-j: ■ 4 Selmi Francesco. Studj sopra l'Albumina con una Nota sopra un nuovo metodo per depurare il Vetriolo di ferro. 8". Milano 1842. Estratti dal Giornale di Fisica del Professor Majocchi. Lettera al Dott. Jacopo Attilio Cenedella sui Solfocloruri. 8°. Modena. . -. - - Suir azione dei Cloruri ecc. ivi. 8". ' Pinco Antonio Farmacista. Memoria sulla influenza del tempo dell'accoppiamento sulla più o meno perfetta fecondazione dei Bachi da seta. 8°. Padova 1842. Cervetto Dottore. Di alcuni illustri Anatomici del secolo XV. 4". Verona 1842. Desiderio Achille. Intorno al Solfato di chinina esperimenti ecc. 8°. Venezia 1840. Meneghini Professor Giuseppe. Alghe Italiane e Dalmatiche ; li tre primi fascicoli. 8°. Padova 1842. Namias Giacinto. Nota alli precedenti studj del Dott. Facen; e poche considerazioni intorno alle febbri reumatiche, gastriche, gastrico - biliose e tifoidee. 8°. 1- Medici Professor Dlichele. Esame critico in risposta alle cose dal eh. Professor Tommasini in alcuni 5§ della sua Opera della infiammazione e febbre continua. 8°. Venezia 1842. De Bouquoy Conte Giorgio. Prodromo di ricerche sublimi di Dinamica, 1° Quaderno. 4'^- Praga 1842. In lingua Tedesca. {1-2) Dopjiler Gestirne Cristiano Professor di Matematica. Memoria sulla luce delle stelle doppie ed alcuni altri fenomeni dei Cieli. 4"- Praga 184^. Iti Tedesco. Kiipffcr .}. T. Annuaire magnetique et météorologique du Corps des Ingenieurs des Mines de Russie. 4"- an. 1840. S. Petersbourg 184^. DIedici JMic/iae/is. De (piibusdam insolitis abnormibusque aui- malibus vegetationibus. 4- Bouoniae 10^-2. Pezza/la Cavalier Angelo. Storia della Città di Parma conti- nuata. Tomo II, au. 1400- i44<)- ivi 1842, in 4"- Bertelli Francesco. Elementi di Meccanica celeste. T. I. Bolo- gna 1841, in 4-- De inllexione laterum in microraetris disquisitiones. 4"' Bononiae i83o. Conjccturae de anomalia cui ex opticis quibusdam expe- rimentis obnoxia esse videtur generalis lex attractionis. 4". ibid. 18.40. Accademia Reale delle Scienze di Napoli. Rendimento delle sue adunanze; li N. i% a", 3°, 4" Jel T. I nei quali contengonsi le tornate dal Gennajo all'Agosto 184^; e le corrispondenti Appendici nelle quali sonovi Memorie ori- ginali degli Accademici. Sismonda Angelo. Osservazioni geologicbe sui terreni delle formazioni terziarie e cretacee in Piemonte. 4°- Torino 1842. Geroinìiii Dottor Felice Giuseppe. L' Antilogismo dominator perpetuo della medicina. Saggio di Filosofia della storia medica. 8". Milano 1840. Selmi Francesco C/ii/nico. Alcuni preliminari di Chimica ge- nerale. 8°. Modena 1843. Zamboni .Unite Professor Giuseppe. Sull'Elettromotore perpe- tuo; istruzione teorico -pratica. 8°. Verona i843. Accademia R. delle Scienze di Lisbona. Parte II del T. XII delle sue Storie e delle sue Memorie. 4°- Lisbona 1839. In lingua Portoghese. (i3) Macedo {de) da Costa Gioacchino Giuseppe. Discorso letto il aa Gennajo i843 nella seduta pubblica della R. Accade- mia suddetta dal Segretario perpetuo. 8". Lisbona. N. B. A questo discorso è unito un programma die pub- blicò l'Accademia per il concorso di premj tanto in ar- gomenti scientifici che letterarj -, come pure vi è unito il personale dell'Accademia all'epoca aa Gennajo 1843. Zantedeschi Professore. Risposta alle accuse date sulla ante- riorità di alcune scoperte dal Sig. Prof. Maj occhi al Sig. Prof. Zantedeschi. Nel Bimestre V 184^ de^li Annali delle scienze del Regno Lombardo Veneto. Tortolini Professor Abate Barnaba. Memorie di Matematica. 8°. Roma i833-i843. Tomi due. Jori Bernardo. Scoperta di due nuovi Alcaloidi nella China gialla filosa. 8°. Reggio 1843. Fuss. P. H. Secretaire «perpetuel de l'Academie I. des Scien- ces de S. Petersbourg Coup d' oeil etc. ' ' ' Colpo d' occhio istorico suU' ultimo quarto di secolo dell' Accademia. Discorso letto il a4 Gennajo 1843 nella solenne Radu- nanza dell'Accademia stessa. Rendiconto della medesima per gli anni 1841, 1842.. In lìngua Francese. Corrispondenza matematica e fisica di alcuni celebri Geometri del secolo XVIII preceduta da una notizia sui lavori di Leonardo Eulero scritta dal suddetto Segretario Fuss. 8°. S. Pietroburgo i843. Tomi due. Accademia di Agricoltuia, Arti e Commercio di Verona. Sue Memorie, ivi. Volumi venti in 8°. Istituto I. R. del Regno Lombardo Veneto. Sue Memorie. T. I. 4°. Milano 1843. Bizio Cav. Professor Bartolomeo. Dissertazione sopra la por- pora antica e sopra la scoperta della porpora ne' Murici. Scritta nella occasione di rispondere alle critiche del Dott. Ambrogio Fusinieri. 8°. Venezia 1843. ' ' * ('4) ZantedescJii Professor cibate Francesco. Trattato di Fisica ele- mcutavr. i\". Venezia 1848. T. 1% T. IIP, Parte i\ ivi. 1844. D' Ilomhres firmas Barone. Meinoires de Pliysi([ue et d' Hi- stoire natiuelle. Fogli ({uattro dalla pag. a63 alla 338. Atti della Quarta Riunione degli Scienziati Italiani in Padova. 4" grande, ivi. i843. Ribelli Dottor Giacomo. Es|)Osizione di due Vescichette senii- estravaricliP ecc. 8". Fano i843. Storica narrazione de' principali fatti che promossero e seguirono le suo fatiche ovologiche ecc. ivi. 8". 1843. Namias Dottor Giacinto. Studio di alcune circostanze nelle quali il medico deve esser poco o nulla operoso. 8°. Ve- nezia 1843. Selmi Francesco. Intorno ai vocaboli precipitazione e coagula- zione ecc. 8". Modena 1843. Freyherrn Giovanni Cristoforo. Raccolta di Storia e Letteratura pregevole, che si conserva nella Biblioteca Nazionale ed Elettorale di Monaco in Baviera. 8". Monaco 1803-1807. Questo è il Catalogo ragionato dei Codici e di altre lingue, che si conservano in essa Biblioteca compilato dal Signor Ignazio Hardt coji molte illustrazioni, e pubblicato dal suddetto Sig. Freyherrvi jmrte in Latino e parte in Tedesco. Accademia R. di Scienze di Monaco. Memorie. 4'^- ivi. A spese dell'Accademia, anno i8c8 al 1824 incl. ///, Tedesco. Indicator Letterario j ossia bollettino della suddetta Accademia dal I Giugno al iii Novend)re 1842,. In Tedesco. Spengel Leonardo. Sullo studio della Rettorica, Discorso letto all'Accademia delle Scienze di Monaco. 4°- ivi- 1842.. In Tedesco. Hojler Costantino. Considerazioni e ricerche sulle cause della decadenza del commercio Tedesco nei secoli XVI e XVII. Letto nella solenne Adunanza del 2,5 Agosto 184^ all'oc- casione che si festeggiò il giorno natalizio di S. M. il Re- gnante Luigi. 4"- Monaco 1842. In Tedesco. (j5) Ritter Giuseppe Ernesto. Considerazioni sulla storia, su gli at- tributi, gli oggetti ecc. della R. Accademia di Scienze di - Monaco dall'anno 1759 sino al presente. 4°- ivi. 1841. In Tedesco. Stikaìier Giuseppe. Storia dei sussidj che la Baviera convenne di prestare ad altre Potenze dal 1740 al 1762. Monaco 1842. //i Tedesco. Trattato stipulato per questi sussidj. In Francese. Walther Dottor Fr. Ph. Discorso in memoria del Dott. Igna- zio DoLLiNGER. Letto alla suddetta R. Accademia di Mo- naco, ivi. 1841- in 4°- l'I Tedesco. Lamont Dottor F. Discorso d' apertura sull' Osservatorio Ma- gnetico eretto nella Specola Reale di Monaco. 4°' ivi. 1841. Matteucci Charles. Recherches sur le courant propre de la Grenouille et des animaux a sang chaud. 8°. Genève 1842,. Pezzana Cavalier Angelo. Storia della Città di Parma. 4°- ivi. T. II, l84a. .T 'vì">\[\i-:!\p. ì-i-tiìl) !'ii;v i' Kupjfer A. T. Annuaire magnetique et méthéorologique du Corps des Ingenieurs des mines de Russie etc. publié par A. T. KupfFer. Anneé 1840. S. Petersbourg 1842.. Annuaire magnetique etc. 1841. N. I. II. i'.° ivi. 1843. Tomi due. .ivi . 'A ?ij Congresso della associazione agraria in Alba nei giorni 9, io, II, 12 Ottobre 1843, e varie stampe relative. 4"- Torino. Alberi Eugenius. De Galilei Galileii circa Jovis satellites lucu- brationibus quae in I. et R. Pittiana Bibliotheca adser- vantur ad Clarissimum et Reverendissiraum Patrem Jo- hannem Inghiramium brevis disquisiti©. 8°. Florentiae 1841. Lettera al molto illustre e rev. Padre Giovanni Inghirami. In foglio volante. Risposta ad uno scritto pubblicato in Bologna sulla fine del Dicembre 1843 intitolato: Lettera dell' Abate Pietro Pilori di Firenze al Dottor Giulio Bedetti di Bologna sul preteso ritrovamento delle Efeineridi Galileane dei sa- telliti di Giove. 8°. Marsiglia i5 Gennajo 1844. (■<>) Ultime parole a suoi avversar) in materia dei lavori Ga- lileani sui satelliti di Giove. 8". Bologna. lìellani Canonico Angelo. Sulle funzioni delle radici nei ve- getabili. (S". Milano iWó^?,. Accademia di Lisbona sua Storia e sue Memorie. Parte prima del T. I. 4°- Lisbona i843. Tipografia dell'Accademia. Accademia Imperiale di Pietroburgo. Raccolta degli Atti delle sue sedute pubbliche delli 3i Dicembre 1841 e 3o Di- cembre 184^2,, e della seduta pubblica tenutasi il 12, Gen- najo 1843 in onore del suo Presidente M. S. d'Ouvarott'. 4°. Pietroburgo i843. Memorie di Matematica e di Fisica T. Ili, fase. 1°, 2", 3° in due Volumi. 4°- ivi- 1842,- 1843. Scienze naturali T. V, fase. 1°. a°. ivi. 1843 in 4°- Scienze politiche, storia e filologia T. VI, fase. 1°, a" 3'' in un Volume. 4°- ivi- 1843. Memorie di varj dotti stranieri T. IV, fase. 5°. ivi. 1843. In varie lingue. Zantedeschi Abate Prof. Francesco. Dell' influenza dei raggi solari rifratti dai vetri colorati sulla vegetazione delle piante e germinazione dei semi. 4°- Venezia 184^. Le leggi Elettro -magnetiche. 8°. ivi. 1843. Almanacco della Reale Accademia Bavarese di Scienze. Mo- naco 1843- 1844. 8". In Tedesco. Accademia Reale di Baviera. Memorie di Matematica e Fisica in 4°- T. I al III diviso in cinque Volumi. Monaco i832, al 1843. In Tedesco. Serie nuova che comincia con r anno 182.9. Memorie della Classe storica T. I al T. III. Volumi sei dal i833 al 1843. 4°. ivi. In Tedesco. Memorie della Classe filosofico - filologica dal Tomo I al T. III in Volumi sette, ivi. i835 al 1843. In Tedesco. Memorie di Matematica e Fisica per 1' anno 18 14- 181. 5. Tomo V della Collezione. Monaco 181 7. Accademia Reale delle Scienze di Monaco. Bollettino della R. Accademia. In 4°- Dal N°. i° al 55" per l'anno 1843, dal 3 Gennajo al 3o Agosto. In Tedesco. Medici Professor Michele. Risposta ad una Lettera indirizza- tagli dal Sig. Dottor Secondo Berruti intorno la genera- zione spontanea degli Insetti, e la natura degli Zoospermi. 8°. Venezia 1843. D' Hombres - Firmas 31.' Le Baron. Suite des Memoires et Observations de Physique et Histoire naturelle. Un fasci- colo in 8". Piria Professor Raffaello. Ricerche sulla composizione della Nitrosalicide e dell'Acido Carbazotico. 8". Memoria inse- rita neir Antologia di Scienze naturali. Suir azione che alcuni Corpi riscaldati esercitano sui va- pori che si sviluppano dai fumajoli della Solfatara. Piria e Dumas MM. Cinquieme Memoire sur les types chi- miques. 8°. Paris, chez Bacheher. Bullettino delle Scienze Mediche di Bologna per gli anni 1841, 1842, 1843, ma non compiti ancoi'a. ■ ,'n ,. .,i-|./ , L-(- ■ ■1,1. '■ f-yj.t- v._._,\ (iM) Pa(;. Liii. 137. iilt. i:>A. 2 15.). IG 156. 6 ERR.VTA CORRIGE DELL.\ PARTE FISICA DEL TOMO XXII. Errori Correzioni. cscr- =i'.2jld[xl—i'tc. ] m=-^ 1/2. 1 m.t/R -+- ctc. cserci- =P.2n fdx [ l—elc. J Hl|/2.»)1 l/2.l/m.y R R Il — ult. 1/2 3 i/a-^m (a-t-m) "6~ ■ 2 ■ i ■ 5 (a-t-R) (a-(-R) 6 2 (a-i-R)l/o"-f-2am-t-2mR 157. 5 — 159, 7 = 2(o^-H2a)?i-t-2mR) (a-HR)5 3(ta-4-in) (/.a-i-R — fta — m) (/;n-^Hi)"[//i-«^— 2/.aHi-i-2mR l/_2 .3 t/n-i-)» _ |_;_2 3 (g-t-mj 6 ■ 2 " ', r, ' 2 ■ i (a-t-R)" (a-+-R) 1/2 * "6 (a-»-m)* (a-f-R)^l/a^-+-2a»i-^2mfi 3 _2(a'-<-2a»i-t-2mR)^ ' (a-4-R)'* 3(/i'n-i-m) (/lO-t-R — /■« — m) (/i-a-4-R)'(//,=n^— 2/,a»i-t-2mR __2 R /|/A-/'a'-H.2A-aHì-4-2»»R\ ___2 R /[/A'a^-i-2;.am-f-2»iRy ~ RAa^R'(' /co-hR / ~ "R ' /.a-t-R ' V /,n-i-R / 160. 8 ìP\hb') = etc. tGl. 13 9a'/i "Ir 170. I '/"•• (È) //\2;ry(A-t-,r) [(i-K.r)^-t-)/] ìli\k'h) n e(c. _ 9o^ 2R Vd.c/ i ('9) ERRATA CORRIGE DELLA PARTE FISICA DEL TOMO XXIII. Errori. Correzioni. Pag. Liii. G4. 12 dissi non „ 27 altrove 65. 3 come la maggior 67. 31 i quali - 68. 21 , il 71. 27 propriamente dissi, che non altrove ; come della maggior i quali paesi i il prosperamente 73. I ; che una precipitazione dell'ami- ; perchè doveva essere secondo lui una dita doveva essere secondo lui già precipitazione dell' umidità già esistente esistente 74. 3 e seg. o Che i terremoti etc. 80. 3 il tempo che 89. 13 1000 ,, 21 quadrati 293. 16 C H4^ci Si sopprimono le parole : Che i terremoti recano pestilenze per le esalazioni. il tempo in cui 500 cubici C4 H4 ^ CI» „ 17 Clorolampo semplice, C/orotoj>p«m Clorolampodoppio, Chlorolampum duplum, simplex come il liquor degli Ollandesi da cui non differisce in composizione 302. 27 ommesse ammesse 304. 2 C" H4 CI' Bri „ 12 C"H5BrCl> „ 13 C" H4 Br» 01^ C»» H4 Cl3 Br C»o H5 Br CI» C»» H4 Br» CI» 16 C" H4 c|3 Br C»» H4 CU Br "1 I . ELOGIO STORICO DEL CAVALIEllE (; SCRITTO DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI x^uando noi a considerare prendiamo Io sviluppo singolare che le scienze naturali ci offrono e nel loro progresso, e nelle loro utili applicazioni alle arti ed agli usi comuni, non pos- siamo a meno di ammirare la forza dell' umano ingegno , e qual grado di perfettibilità possa raggiunger I' uomo , quan- tunque incontrar debba ognoi'a ostacoli in cosi nobile assunto per l'inferma sua natura, e per la degenerata sua condizione da quel sublime posto che il Creatore Divino avevagli nell' ordine primo dell' universo per sua divina bontà assegnato , e che egli, 1' uomo conservar pur troppo non seppe. Se gli annali della Fisica noi consultiamo, qual vasto campo non ci aprirono in questi ultimi anni le scoperte lu- minose relative all'Elettricità ed al Magnetismo, e considerato nei corpi e studiato sul nostro globo? E quelle sidlo spettro solare dai chiarissimi Malaguti e Melloni nostro pubblicate non è guari, dalle quali risulta che tre qualità di raggi in esso contengonsi , luminosi cioè, calorifici e chimici? Qual perseveranza non hanno dimostrato e dimostrano i Geologi nell' esaminar la formazione delle montagne, nello scandagliar la profondità degli abissi, nel classificare i terreni, nell' asse- gnare all' immensa farragine di sostanze fossili il rispettivo loro posto neir ordine degli esseri? Eccitano poi singoiar me- raviglia i progressi della Chimica nella parte teorica, la quale adesso soccorsa dal calcolo è giunta a fissare sino all' ultimo scrupolo le quantità varie di principj che formano la compo- Tomo XXIII. I Il Ei.nr.io DEI. Cav. Domenico Morichini sizioiic (lenii acidi, dei fluidi, dei solidi, dei corpi tutti che ili natura esistono. Né di minor pregio sono le utili applica- zioni clic ci presenta la Chimica stessa nella Farmaceutica, nelle arti e negli usi comuni della vita. Essa è che ci insegna ad estrarre e dirigere il vapore per animare le tanto svariate macchine, essa che sviluppa dalle sostanze i gas per illuminare le città, gli ac'idi per purificar le abitazioni, per ottenere va- rietà di colori neir arte tintoria ec. E quante nuove prepa- razioni di farmaci non ci somministra il Chimico a sollievo delle infermità, fra quali ricorderò soltanto il Chinino o Sol- fato di China. Chi poi entra nei vasti Musei di Storia Natu- rale che nelle primarie città d' Europa conservansi, compreso rimane da insolita maraviglia neh' osservare le ricche suppel- lettili che ogni anno li aumentano di oggetti ai tre regni della natura appartenenti, minerale cioè, vegetabile ed animale. Fra quelli che contribuirono coi loro studj a conservare ed estendere il patrimonio delle scienze di cui ragiono , oc- cupa un posto distinto il Cavaliere Domenico Morichini Pro- fessor di Chimica nella Università Romana, uno dei nostri Socj attuali mancato di vita il 19 Novembre dell'anno i836, e che ha buon diritto a riscuotere dalla Società Italiana il dovutogli tributo di encomio. Non si restarono già altre penne dal commemorar prima d' ora i pregi scientihci di questo Chimico rinomato, ed il chiarissimo Monsignor Muzzarelli ne estese l' anno 182Ò un articolo nella sua Biografia degli illu- stri viventi^ e il signor Vittorio Jandelli inseri nel T. 7.8 del Giornale Arcadico le notizie più interessanti del Cavalier Mo- richini, e delle quali io mi varrò a tracciare questo mio qua- lunc[ue siasi elogio al defunto Collega. In Civitandino Comune dell' Abruzzo ulteriore secondo eiibe culla il Morichini : suoi genitori furono Anselmo e Ma- tilde Moratti che lo die in luce il giorno 28 Settembre 1773. Incamminato per le scienze naturali vi fece rapidi progressi nel Seminario di Sera, per lo che passato indi a Roma chia- matovi da un Sacerdote suo parente, godè presto 1' amicizia Scritto dal Segretario A. Lombardi ih dei Religiosi delle Scuole Pie Padre Gioacchino Pessuti e Gan- dolfi, nella Romana Università udì per tre anni le lezioni di quei rinomati Professori, e poscia venne decorato con la lau- rea d' onore nella facoltà medica. Una Memoria su gli sputi dei tisici che fìnor però è inedita, cominciò a farlo conoscere per medico di grido, e quantunque allora conseguir non po- tesse r intento bramato di ascender cioè una Cattedra nel Romano Archiginnasio, tuttavia si aprì con 1' assiduità dello studio felicemente la strada, e pochi anni appresso ottenne ivi al cominciar del secolo XIX l'insegnamento della Chimica, che spiegò unitamente alli signori Martelli e Corona seguendo le traccie del celebre Lavoisier, il quale rovesciò la Chimica Stahliana. Uno dei primi frutti degli studj del Morichini presentollo alla Società Italiana il nostro Socio Conte Lodovico Morozzo neW analisi chimica di un dente fossile di un elefante trovato nelle vicinanze di Roma (i) . Importante conseguenza trasse il giovine chimico da questo suo lavoro sebbene eseguito in fretta, e fu che fra le varie sostanze di cui compongonsi tali denti, noverar devonsi gli acidi fluorico e fosforico; né riusci per lui di lieve consolazione 1' osservare in una Memoria contemporaneamente pubblicata dall' immortale Cuvier che la sua analisi combinava con quella di così celebre naturalista. Ed altro benefìzio ne risultò alla Scienza da questo lavoro del Morichini per quel vincolo che le facoltà anche piìi dis- parate amichevolmente fra loro le stringe ; di offrir cioè una prova novella che le spoglie degli elefanti qua e là per l'Italia giacenti appartener non ponno agli elefanti africani che An- nibale scender fece colla poderosa sua oste nella nostra Pe- nisola (2) . Non bastò questa prima Memoria in angustia di tempo redatta a svolgere pienamente 1' argomento chimico (1) Memorie della Società Italiana T. X, parte I, pag. 162. (a) Memoria Morozzo inserita nella parte I del T. X delle cit. Mem. pag. 170 in nota e stampata nel i8o3. IV Elogio del Cav. Domenico Morichini ilal Morichini trattato; altra pili estesa ne pubblicò egli quindi nei nostri Atti (i), nella (piale ibi l'analisi più precisa dello smalto del dente fossile, di (-ui sopra si disse, unendovi poi (pielle dei denti umani, dalle quali rilevossi quanto siano fra loro simili le composizioni di essi denti, così che la sola di- versa proporzione dei principj che li compongono, costituisce la loro dill'erenza chimica. Il contronto poi dal Morichini isti- tuiti) ira le sue sperienze, e ([uelle dei chimici Josse de Reu- nes iranccse, ed Hatchet inglese sulle medesime sostanze, lo condusse a concludere essere più fondata la sua analisi, che <[uella dei prefati chimici, e che le sue sperienze sopra alcune sostanze animali combinavano assai con quelle degli illustri chimici Proust e Pellettiei'. Arricchita la Fisica, sono pochi anni, tra le altre scoperte di quella della identità del fluido elettrico e del magnetismo, per cui i nomi di Faraday, Davy e di alcuni Oltramontani hanno acquistato un particolar diritto alle pubbliche lodi, defraudar non devesi il nostro Professor Morichini del dovuto encomio per la sua cooperazione con molti studj e sperienze preparatorie ad agevolare cosi luminosa scoperta. Dopo di essere egli stato uno dei primi a far conoscere con chiarezza la natura dell' acido fluorico, come già dissi, si accinse allo studio intenso dell' Elettricità. Mentre il chiaris- simo Wan Swinden meditava sulla analogia del magnetismo con il principio elettrico (2), e l'altro non inen celebre fisico De-Sue congetturava che 1' elettrico fosse un effetto dell' in- fluenza che i raggi solari esercitano sul nostro globo allorché arrivano a contatto dell'atmosfera terrestre, il Morichini con- getturava ( non dico riteneva per certo ) che l' elettricità si dillondesse per mezzo dell' affine forza magnetizzante dell' azion chimica della luce. Colleglli nelle molteplici esperienze da lui istituite a tant' no])o , assunse li signori Dottor Carpi, li Professori signori (i) Ml-iii. cit. T. XII, parte II, pag. 78, an. i8o5. (2) Elogio Jaiidi^lli sopra cit., pag. 7. Scritto dal Segretario A. Lombardi v Barlocci e Settele, e fin dall' anno i8ia nei mesi di Giugno e Luglio sottopose all'azione del raggio violetto aghi di feiTO a bella posta lavorati, e questi dopo qualche ora presentarono evidenti segni magnetici , mentre sotto 1' azione degli altri raggi dello spettro solare non si manifestava un tale effetto. Comunicate queste osservazioni ai Fisici italiani e stranieri un vasto campo si aprì alle discussioni, e fuvvi chi seguì per al- cun tempo r opinione del Monchini, e se in appresso la mag- gior parte dei Fisici non l' ammise, a lui però devesi non poca lode per aver promosso con le sue indagini lo studio di questo, direi quasi, misterioso ramo della scienza, che al pre- sente forma un oggetto precipuo delle nostre meditazioni. Contribuirono ad ajutare il Professor nostro con le loro inda- gini su cosi beli' argomento li signori Metaxà , Poggioli ed Orioli con 1' applicare 1' elettricismo della luce ed il magne- tismo solare su gli animali e sulle piante , e così non pochi Italiani guidaron 1' oltramontana sapienza in queste ardue ed oscure ricerche. fj<|'-'i Jrijtir.'-jqo il.§ noo Qi/ivoTq L'Accademia Romana de' Lìncei, la Biblioteca Britannica di Ginevra e gli Annali di Fisica Tedeschi (i) contengono le varie Memorie lette e pubblicate sull'argomento dal Professor nostro, il quale se incontrò non pochi ed illustri oppositori alla sua teoria sul magnetizzamento prodotto dal raggio vio- letto sugli aghi, copioso però dir devesi anche il numero di quelli che sostennero la sua tesi, fra i quali contansi Davy, Playfer, Haeser (a). roiiola cll'>f. .ohihid iaT» ."ntà J.-h (i) Memoria letta nell'Accademia dei Lincei stampata negli opuscoli scelti di Bologna ; altra sopra la forza magnetizzante del lembo estremo del raggio violetto letta nell'Accademia stessa li 2a Aprile i8i3. Annal. de phys. T. XLVI von Gil- bertfcheiweig Journ. 6, 87, 20, 16. Gilb. annal. 48, 3i2. (a) Chi bramasse conoscer più estesamente la storia di questa controversia fisica, legga il citato elogio del sig. Jandelli dalla pag. 9 alla i5. Di più farò osservare che il fisico Haeser difende il Monchini, e nell'anno 1834 cosi gli scriveva: « Tua est, Morichini, summa illa laus, primo coujunctionem arctissimam quae (I intercedit inter lucis atque virium magneticarum natnram clarissime eruisse, atque « tandem aliquando germanicis quidem physicis persuasum est, ea quae tu ante hos « viginti annos in publicum de radii violacei vi magnetica edidisti, esse verissima, n VI Elogio del Cav. Domenico Morichini La nuova Chimica che al principio del secolo attuale estendeva il suo dominio in Europa, prestò al Moricliini va- lide armi a dissipare i timori che nacquero, allorché costruir si vollero nelle maremme di Comete Saline artificiali, e con le norme delle nuove analisi chimiche prescrisse le regole ad impedir più acconcie che la coltivazione del riso dannosa riuscisse alla salute delle popolazioni di Ascoli e Fermo. Seguendo il metodo di Bergmaun a (juello di Murray con- giunto, esibì egli compiute analisi delle acque e dei gas in- fiammabili del Tevere, e conoscer fece i veri priucipj per cui in medicina produce tanti salutari effetti 1' acqua di No- cera nell'Umbria; né ommise l'esame secondo li nuovi me- todi dalla chimica suggeriti di altre acque medicinali. Allorché poi la Società nostra lo chiamò nel suo seno, comunicò agli atti di essa li suoi lavori, nel primo dei quali trattò 1' argo- mento così esposto « Sopra alcune sostanze che passano in- decomposte nelle urine (i) » : oggetto de' suoi studj si fu di provare con gli opportuni esperimenti e li dovuti raziocinj che sostener puossi a fronte della opinione dei moderni quella degli antichi medici, cioè la distinzione fra le urine da essi chiamate del sangue^ e quelle denominate del chilo e della bevanda. A confermar poi vieppiù la scoperta dell' illustre Berzelius sulla identità del principio proprio della l)ile in varie classi di animali, giovò un' altra sua Memoria ai nostri atti rilasciata (2), nella quale ci dà 1' analisi della bile del porco, del bue, del bufalo, dello storione e dell' uomo, e conclude che l'esperienza finora ha verificato una tale identità; né tacer devesi che la sua analisi delle orine dei rachitici lo portò, forse il primo, a scoprire la causa dell' ammollimento delle ossa in questa malattia. Furono le produzioni fin qui da noi rammentate le prin- cipali, ma non le sole che uscissero dalla penna del Professor (i) Mem. (Iella Soc. T. XYII, parte fisica, pag. 2o3. (2) Mem. cit. T. XX, fdsc. I di fisica, pag. i86. Scritto dal Segretario A. Lombardi iva ■ Morichini. Allorché scoprissi il iodio, si accinse egli a studiar questa sostauza, e cercò il mezzo di combinarla con altre, e di volatilizzarlo in vapori violetti ; e siccome di professione medico, esaminar volle attentamente se la terapeutica giovar si potesse della pila Voltiana applicandola alla cura di varie specie di infermità (i). In diverse maniere poi contiibuir possono i dotti al bene della società. Non lasciò, è vero, il Morichini opere di molta mole, ma cercò egli tuttavia di far sempre avanzare la scienza ; e quel che più merita , li suoi lumi, li suoi consigli e la sua direzione non poco giovarono a Roma ed agli Stati Pontiticj. Dir puossi egli il primo a in- segnar colà la vera Chimica, ed efficacemente protetto dal non mai abbastanza lodato Eminentissimo Cardinal Consalvi e dal Tesoriere Monsignor Laute, eresse un Gabinetto alla scienza, a cui poi fecero nobil corredo copiosi e scelti stru- menti di fìsica ed una raccolta di oggetti di Storia naturale ampliata in appresso dalla munificenza del Regnante S. P. Gregorio XVL A lui affidossi la cura di dirigere l'ardua ope- i-azione di ridur la moneta erosa col minor discapito possibile dello stato e dei sudditi; a lui si consegnò la polizia medica, per cui studiar dovette il piano attuale delle leggi che reg- gevano la salute pubblica, e variarlo, e correggerlo a norma delle cognizioni scientifiche del giorno specialmente dappoi che la Chimica pratica fece tanti e cosi mirabili progressi. Medico dei Sommi Pontefici di S. M. Pio VII e Pio Vili, ne raccolse gli ultimi aneliti, e lo ristabilimento in salute dal Morichini effettuato sul Principe Reale di Danimarca, ineri- togli da questo restituito a suoi Dominj, 1' ordine R. di Dan- nebrog. Varie Accademie Italiane e d' Oltremonte lo ascrissero fra i loro collaboratori (i), e tenne attiva corrispondenza con (i) Non si conoscono ancora li risultamenti di queste cure, perchè il nostro Medico lasciò non pochi scritti inediti. ~ — (2) Veggasi in fine del presente Elogio 1' elenco delle principali Accademie a cui fu aggregato il Prof. Morichini. vili Elogio del Cav. Do.henico IMorichini li dotti italiani e stranieri, fra i qnali rammenterò soltanto Gay-Lnssac e Davy, che egli in Roma con felice successo da grave malattia liberò, e il quale riconoscer volle V amico, il sorntno benefattore delle chimiche scienze (i) con un legato, che il Professor nostro impiegò nobilmente nell' erigere tre busti all'incomparabile chimico inglese, uno nella propria abi- tazione, e gli altri due destinò alle Università di Roma e Bologna. Caro agli amici che ne godettero la società e ne ammi- rarono r integrità de' costumi, dirigeva egli una scelta com- pagnia di persone dotte che univasi in certe sere a trattare argomenti scientifici, e ne formava, direni cosi, l'anima, tanto più che r ordinario suo metodo nel discutere quei punti di scienza che promovevan questioni, era sempre condito di una rara urbanità e morigeratezza , talché allorquando censurar doveva le altrui sentenze, non disgustava , ma il faceva in modo di persuader gli avversari; ed una prova ben singolare ce ne offre una relazione da lui stesa sui progressi della Chi- mica, della Fisica e della Storia naturale nella quale si op- pone, ma con somma ritenutezza, al sistema di Murray e Roy- rold su gli aereoliti. Colla mancanza del Cav. Morichini la scienza e Roma restò priva di un soggetto distinto assai per sapere e per Re- ligione sincera, e la Società Italiana lamenta la perdita di un suo distinto Socio \ ma si consola e Roma e la Società nel conoscere che la numerosa di lui prole di sette figli composta saviamente educata, si dedica al coltivamento delle lettere e de' buoni studj, cosichè alcuni fra essi figurano già nel mondo letterario, e si ha fondata speranza che gli altri pure riescano emulatori delle paterne virtù e della profonda sua dottrina. (I) Sono parole del Davy nel suo t>»staraento tatto a Ginevra dove mori, e nel quale dispose di un legato di 5o lire sterline a favore di questo Medico. [■ \v, do.mk:- ( e 0 .Moi-uc (11. V f Scritto dal Segretario A. Lombardi ix ELENCO degli scritti del Cav. Domenico Morichini registrati nella biografia di lui stesa dal citato Signore Vittorio JandeUi. Memoria sugli sputi dei tisici, inedita. Analisi di alcuni denti fossili di elefante trovati fuori di Porta del Popolo di Roma. Questa va unita ad una Memoria del nostro Socio Conte Lodovico Morozzo inserita nel T. X, parte /" delle Me- morie della Società Italiana delle Scienze pag. i6i2. Analisi dello smalto di un dente fossile di elefante e dei denti umani pubblicata nel T. XII, parte II, pag. 78 e 12,68 di dette Memorie. Memoria letta nell' Accademia de' Lincei sulla forza magne- tizzante del lembo estremo del raggio violetto, stampata poi negli opuscoli scelti di Bologna, .ilea '^.ilr;» f:iior,i-j^,T Memoria seconda suUo stesso argomento letta in detta Acca- demia il giorno aa Aprile 181 3. Memoi'ia terza sul magnetismo della luce i8i5, inedita. ■ "i Sperienze elettro- magnetiche sulla luce solare 181 7, inedite. Memoria in cui dimostra che la luce sviluppa maggiormente la forza naturale del magnetismo: negli Annali di Chimica Francesi. Parere sopra la questione: se la formazione di una salina ar- tificiale Snella spiaggia di Corneto possa rendere insalubre 1' aria di quella città e de' contorni. Roma i8o3. Confutazione di uno scritto anonimo nel quale si è preteso di provare che le saline infettino 1' aria. Roma i8o3. Esame del voto Chimico dei Professori Fiorentini. Roma i8o3. Riflessioni sopra gli scritti contrai] alla formazione delle saline nella spiaggia di Corneto. Roma i8o3. Brevi rilievi sopra l'ultima Memoria dell'Avvocato Lupacchioli distesi dal Morichini sopra le paline di Corneto. To?no XXIII. a X Elogio del Cav. Domenico Mohichini Apolo"ia delle saline di Conieto alle obbiezioni del sig. Gio- vanni Gazzeri cbimico Toscano i8o5. Relazione delle Risaje del Bolognese 1818. Relazione Fisica snlle Risaje della Marca. Roma i8aG. D(dlo stato fisico del suolo di Roma 1820. V. il Giornale Ar- cadico di Roma, T. VI, p. 176, 178. Saggio JMedico Cbimico sopra le acque di Nocera. Roma 1807 appresso Lazzarini. IMenioria sopra le acque termali di Civitavecchia. Roma 182.1. Notizie sopra le due acidule adoperate in Roma 1018. Giorn. suddetto. T. IX, pag. i45. T. XXXIX, p. ac5. Memoria sopra alcune sostanze che passano indecomposte nelle inùne. Trovasi stampata nella parte II del T. XVII delle BIcmorie della Soc. Ital. pag. ao3. Verona 181 5. Sperienze sul latte di bufala inedite. Sperienze sopra la l)ile inserite nel T. XX, fase. I delle Me- morie di Fisica p. 186 della Società Italiana. Blodena 1829. Memoria sulla estrazione dell' Iodio e sue combinazioni j inedita. Memorie due sulla causa dell' ammollimento delle ossa nella Rachitide; inedite. Oratio inauguralis die aS Novembris i8oa; inedita. ACCADEMIE PRINCIPALI notate dal citato Elogista del Cavalier Morichini alle quali venne questi ascritto. Accademia degli Arcadi col nome di Melampo di Goo. Accademia de' Lincei. Accademia R. delle Scienze di Torino. Accademia R. delle Scienze di Monaco. Società K. di Londra. Società Italiana delle Scienze. Istituto di Francia. ■v.\'[,:riv[a:^o aloy^io biiihia >^V]jrr c^jM.^ Ars'- yini' {■cxiX . L ELOGIO STORICO DEL CAVALIERE CONSIGLIER DI GOVERNO DI S. M. I. R. A. MEDICO CLINICO DI VENEZIA ETC. ETG. SCRITTO DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI 5 arte salutare per essere con speranza di buon successo esercitata da coloro che vi consacrano le loro veglie ed i loro studj, esige un corredo di cognizioni scientifiche molto esteso e variato anzi che no. Quando 1' alunno abbia con intenso animo penetrato gli arcani della Fisica generale e particolare, occupar devesi a conoscere la maravigliosa struttura del Corpo umano, nel quale e solidi e fluidi e semifluidi e cartilagini e vasi ampj ed angusti con mirabil ordine insiem combinò il Supremo Autor della natura , per cui ne usci 1' opera più bella delle sue mani, opefa la cui intima struttura è indispen- sabile che conoscano coloro che la diffidi carriera di medico batter vogliano con vera riputazione, e con fondata speranza di cogliere i bramati frutti della Terapeutica. E siccome questa macchina è per l'umana fralezza a tante infermità e fra loro sommamente diverse soggetta, cosi oft'resi al giovine alunno la Patologia che gliele schiera in lung' ordine innanzi, onde scuopra 1' indole loro e le varie loro specie e generi, e cosi distinguer le possa nelle varie classi; e tosto subentra in vasto campo la materia medica che gli insegna a conoscere e distinguere quelle sostanze con le quali compongonsi i me- dicamenti a risanar più adatti le malattie che fin dalla culla ci travagliano. E qual altro interminabile studio far non devesi XII Elogio del Gay. Valeriano L. Brera poi sulla Chiinica per comporre i farmachi salutari, per ana- lizzare lo sostanze che al miglior nutrimento ed al manteni- mento in salute convenir possono; e per conoscere i rapidi progressi che questa scienza nella pratica applicazione ci pre- senta? Ma qui non hanno termine gli studj del giovine alunno: la Storia Naturale ( ma la Botanica specialmeiìte ) apre a lui un voluminoso libro, in cui descrivonsi i varj regni della na- (uia e vegetabile e minerale ed animale, che poi suddividonsi in tante classi, e generi, e specie, e pai-e gli dica: In questi tre regni contengonsi tutte le sostanze che agli esseri animati giovar possono o nuocere: a te spetta dietro la scorta di illu- minati Precettori e di una faticosa sperìenza 1' analizzare, lo scegliere, il separare, il comporre, il permettere ed il vie- tare r uso di quelle cose che ritornino 1' infermo a salute, o che evitar facciano le infermità. E siccome le teorie che si insegnano dalle Cattedre han sempre d' uopo di esser messe al cimento, cosi quando un alunno sia in esse ben versato , ecco che gli si presenta la Clinica, la quale un nuovo genere di fatiche e di meditazioni a lui domanda, e tale che su di esse fondasi pienamente, direi quasi, l'esito felice od infelice a cui metter devono capo gli studj suoi. Né pnossi esprimere con parole quanto estese e numerose esser debbono le osser- vazioni che imprender deve il Clinico per classificar bene le malattie, per conoscei'ne i caratteri, distinguerne i sintomi che ne indichino la vera diagnosi , da quelli che con falsa apparenza ingannar possono il laziocinio medico, e tutto ciò deve il Professore eseguire onde poter con speranza di esito felice dirigere la ciu'a dejrli infermi che assiste. II. Ma la scienza della medicina considerata in tutta r estensione non si limita nel prescrivere a' suoi coltivatori di conoscere la Notomia, la Fisiologia, la Patologia, la Clinica, la Botanica, la Storia naturale; esige inoltre che si abilitino alle operazioni meccaniche sulla macchina umana animata. Diflicil sarebbe il poter adequatamente descrivere la moltipli- cità e complicazione delle medesime, cominciando dalla semplice Scritto dal Segretario A. Lombardi xtn Flebotomia ed ascendendo per gradi fino al più arduo ma- neggio di anotomici coltelli, e della copiosa serie di istrumenti chirurgici nell' Ostetricia, nelle amputazioni, nella cura delle più strane ferite, in quella dei visceri. Ecco in ben ristretto compendio la copiosa serie di cognizioni scientifiche di cui fornirsi è duopo agli alunni di Esculapio se riuscir vogliano utili veramente alla Società, e meritar più d'ogni altra classe di dotti il nome di benefattori della misera umanità. III. Fra quelli che vantar poterono con giusto dritto di aver conosciuto a fondo la scienza di cui parliamo, e special- mente di averne esercitata con plauso non comune la pratica, merita una particolar ricordanza il Cavaliere Professor Vale- riano Luigi Brera che la Società nostra noverò fra li suoi Membri Giubilati con pensione. Pavia gli fu patria, ivi nacque correndo l'anno 1 772,, e procurogli la prima educazione l'Abate D. Bernai'dino Sisti suo zio materno: a questa ben corrispose il fanciullo Brera così che cominciò d' anni 16 il corso di fi- losofia che in due anni compiè, e ne sostenne 1' esame in compagnia dei chiarissimi signori Conte Giovanni Scopoli e Cavalier Giuseppe Frank medico egregio. L'Università di Pa- via sempre ricca d' uomini sommi si gloriava di possedere al- lora fra molti. Volta, Spallanzani, Scarpa ed altri insigni Pro- fessori sotto la direzione dei quali fece il Brera con plauso il corso di Medicina, onde potè nel dì 7 Giugno 1798 ventu- nesimo dell' età sua ricevere la triplice laurea di Filosofia , Medicina e Chirurgia, nella qual circostanza li Professori Frank e Scarpa si fecer premura di essere gli Opponenti nelle con- suete disputazioni, che gli alunni sostengono prima di ricevere r onore della meritata corona (i); né meno celebri Professori di Medicina e Chirurgia pratica ebbe la sorte di incontrar il Cavalier Brera, poiché Moscati, Palletta e Monteggla rinoma- (i) Tutte le notizie biografiche del presente elogio storico sono tratte dalle epoche hiograficlie del Brera pubblicate da lui stesso in calce dell' ultimo interes- sante suo lavoro intitolato Ischi e Venezia. Ivi, i838, in 8°. XIV Elogio pel Cav. Valeriano L. Brera tissimo medico il primo e non mon grandi chirurghi gli altri due, lo diressero nel dillieil cammino e il condussero a glo- riosa meta. IV. Ma un ampio teatro per acquistar copiose cognizioni nelle facoltà a cui dedicato si era il nostro alunno, gli si aprì allorquando nell'anno 1794 ahbandonò l'Ospitale di S. Anto- nino in ]Milano, dove aveva cominciato la pratica, e nominato venne Chirurgo militare dal chiarissimo Cavaliere Brambilla Proto-Chirurgo dt^H'armata Austriaca. Si recò quindi il Brera a proseguire in Vieiuia la pratica nell' I. R. Accademia Me- dico-Chirurgica Giuseppina, dove insegnavano allora la Chi- rurgia e l'Ostetricia li Professori Hunzowsky, Beinl e Schmidt^ ed a vieppiù istruirsi giovogli il fre([uentare le lezioni della Università, e quelle specialmente di Ostetricia del celebre Pro- chaska; e visitar poscia tutte le più rinomate Università di Europa, e stringer relazioni con li più insigni Professori della facoltà, fra i «pudi tacer non debbonsi i nomi delli signori Haase e Thiedemanu a Lipsia, Blumenbach, Gmelin a Got- tinga, e Monrò a Pietroburgo, (i). V. Primo frutto degli studj del Brera quello si fu di ve- nire nell'anno 1796 destinato a supplente nella Cattedra di Clinica Medica in Pavia, Cattedra a])]jandouata dal Professor Moscati die assunse altre incom1:)enze; e pochi giorni appresso ebbe occasione il giovine sup[)lente di cominciare a comparire al Pubblico, recitando, come recitò, il discorso inaugurale la- tino con cui aprì le sue lezioni. Io qui non mi tratterrò a narrare le varivi commissioni a lui affidate mentre leggeva Clinica a Pavia; dirò ])ensi, che egli il jnimo introdusse, cor- rendo l'anno 1801 in Crema l'innesto del vajuolo vaccino con felice successo, allorché occupò la carica di medico pri- mario di f[uel civico spedale; e cominciò cosi a rendersi be- nemerito della Medicina pratica. Le relazioni estese poi, an- che in conseguenza del suddetto viaggio per l'Europa, il (i) In questo viaggio il Brera fece relaziono con l'illustre Tissot. Scritto dal Segretario A. Lombardi xv credito che ognora acquistavasi nella sua Professione, dieder motivo all' Iinperator delle Russie Alessandro I di offriigli r anno i8o4 una Cattedra di Medicina nella I. Università di Vilna in allora dalla Sovrana munificenza organizzata ; e seb- bene non accettasse egli questa incombenza, gli fu però con- ceduto il titolo di Professor Onorario di quell' Archiginnasio. VI. Le luminose incombenze e gli onori che il Professor nostro cominciava a ricevere, li doveva egli alla lama che r esercizio pratico dell' arte e le sue opere gli procuravano. Fissò egli per massima di far progredire la medicina pratica, diresse per ciò a questo scopo le sue produzioni, e nell'anno 1792 ventesimo dell'età sua pubblicò una traduzione dall'In- glese dell' opera del Chirurgo Park Sopra un nuovo metodo di curar le malattie del cubito e del ginocchio^ e in appresso le sue Osservazioni sull'uso delle arie mefitiche inspirate nella tisi polmonare^ opuscolo che presto si ristampò come avvenne poi di molti altri suoi scritti. Allorquando poi fece il viaggio per visitare le scuole mediche di Europa e li piìi rinomati Professori della facoltà, lesse nel 1796 alla Società medico- chirurgica di Brusselles una Memoria sulla Plica Polonica che fu inserita nel primo volume degli Atti di esso Corpo Scientifico. Lungo sarei se rammentar qui volessi tutti gli opuscoli alla pratica medica relativi dal Brera o tradotti, o comentati, o da lui composti ; ma ommetter non debbo di qui ricordar li suoi commentar] medici dal 1797 al 1800 pubblicati a Pa- via, e la continuazione degli opuscoli medici scelti del Frank dal Brera data in luce cominciando dal 1797 e continuata sino al 1811, le annotazioni sulle malattie trattate nella Cli- nica di Pavia, e l' Anatripsologia ossia dottrina delle frizioni , nella quale si insegna un nuovo metodo di agire sul corpo umano per mezzo di frizioni con varie sostanze, scritto di cui se ne fecero più ristampe (i); produzioni queste non suscet- tibili di estratti, ma il pregio delle quali si comprova special- (i) In fine del presente Elogio si ristamperà l'elenco delle Opere del Cav. Brera. I XVI Elogio del Cav. Valeriano L. Brera mente dallo replicate edizioni di esse, e dalla versione fattane in varie lingue. Ed allonpiando in Crema cominciò a praticare Ira i piiini in Italia, come si disse, l'innesto vaccino, si diede premnra di diffondere con una Memoria colà stampata nel 1801 questo nuovo ritrovato diretto a preservare l'umanità dal flagello del vajuolo umano. VII. Fra le opere poi dell' Autor nostro che giovarono assai la Terapeutica, esigono una particolar ricordanza le sue Lezioni medico - praticlie sopra i principali vermi del corpo limano vivente e le così dette malattie verminose^ opera a cui vanno unite alcune tavole incise dal celebre Anderloni (i). La Francia , 1' Inghilterra , la Germania e la Russia vollero conoscere questo lavoro, per lo che lo tradussero nei loro idiomi, e l'Autore eb])e la consolazione di sperimentai'e la munificenza di Alessandro I Imperatore di Russia, il quale lo limuncrò con largo premio degno veramente della mano Au- gusta che il concedeva. Dilatavasi cosi ognor più la fama del valore di questo insigne medico e chirnrgo, per lo che l'Uni- versità di Bologna lo chiamò nell' anno 1806 a coprire la Cattedra di Patologia e quella dei Trattati medici teorico- pratici, unitamente alla Medicina legale e Polizia medica. Breve però riuscì la sua dimora a Bologna, perchè il Collegio Imperiale Medico di Pietroburgo il dimandò correndo 1' anno 1808 per succedei-e al suo maestro Pietro Frank nella Catte- dra di Medicina pratica e di Clinica medica. Ma il Governo Italiano permetter non volle che un così rispettabile soggetto (2) abbandonasse 1' Italia, e gli conferì la stessa Cattedra nella R. Università di Padova, e la direzione dello Spedale civile e della Polizia medica di essa città. Ed a queste lucrose pro- mozioni ed onorifiche ad un tempo 1' Università di Bologna (i) Nell'anno i8ii poi piiliblicò un supplemento a questo Lezioni, corredato esso pure di tavole in rame. (2) In quest' anno il Brera fu aggregato al Collegio elettorale dei Dotti dell' in allora Regno d' Italia. Scritto dal Segretario A. Lombardi xvii aggiunger volle un testimonio di riconoscenza inserendolo nell' Albo de' suoi Professori emeriti di Medicina (i). Vili. Cessarono allora le peregiinazioni del nostro Medi- co, ed in Padova e Venezia egli figurò come insigne pratico ed esimio scrittore nell' ultimo periodo della scientifica sua carriera: allorché nell'anno 1812, fu decretato in Parigi la erezione del R. Istituto Italiano di Scienze, Lettere ed Arti, fece parte il Brei'a della Sezione di Padova, e ne sostenne le funzioni di Segretario, allorché 1' Italia nell' anno 18 14 cam- l)iò governo. Né credasi già che la varietà delle incombenze alle quali egli soddisfar doveva, lo impedissero di produr nuovi saggi del suo profondo sapere. Quantunque facesse parte il Brera delle commissioni nominate dall' Istituto per la distri- buzione solenne dei premj d'industria, dell'altra straordinaria di sanità stabilita a Padova nel i8i5, e quantunque nell'anno successivo destinato venisse a visitar gli Stabilimenti di pub- blica beneficenza delle Venete Provincie, siccome Membro della Commissione Governativa degli studj, tuttavia proseguì sempre a stampar nuove opere mediche , o a dirigerne la pubblicazione (a). IX. Non tralasciava egli quando gli accadeva di curar malattie sti'aordinarie, di pubblicarne a lume de' suoi discepoli la storia, e tali sono fra le altre il Caso di una straordinaria rottura di cuore ed il Saggio patologico clinico sulla Steno- cardìa stampati nei tomi della nostra Società, ed i Cenni pa- tologico-clinici sulla Rachialgite, opuscoli tutti risguardanti la pratica medica, e che appena pubblicati si ristampavano, o anche si traducevano in altre lingue. Sempre all' importante sunnominato oggetto di promuovere l'istruzione de' suoi alunni (i) Il Governo Pontificio confermò poi questa onorifica distinzione al Brera molti anni appresso con Decreto 26 Giugno 1824. (a) Esegui il Professor nostro con soddisfazione delle superiori Autorità le varie commissioni affidategli, e fu perciò rimeritato dall' Augusto Imperator Francesco I, con il titolo di I. R. Consiglier di Governo e nominato Protomedico del I. R. Go- verno Veneto. ]■■ t :../'■ :"■ "f ; v,.,l ;r.\; ■_- ,;: '. ,..■:■: [.'.■. . ,_,,' : V Tomo XXIII. 3 XVIII Elogio del Cav. Valeriano L. Brera corcò il Brera i nu>zzi ognora più atti per infomlero in essi utili (^iiij,iii/,iiuii di pratica medica, ed a questo scopo mirò la pnl)l)licazioiic di non poche Memorie di argomenti analoghi , e a ciò giovarono in modo speciale i prospetti dei risnltamenti ottenuti nella Clinica medica di Padova dall'anno 1809 al 182,5, ed il llicettario medico redatto secondo le prescrizioni della Università Padovana, lavoro accreditato assai, più volte ristam- pato con giunte e tradotto in tedesco dal Cavalier Schonherg medico del Re di Danimarca. Copioso anzi che no fu il nu- mero degli Uditori che nelle varie Università, dove il Profes- sor nostro insegnò, frequentarono le sue lezioni nello spazio di trentasei anni, nei quali si occupò ad insegnar dalla Cat- tedra ora un ramo, or l'altro, ed or più insieme della scienza in Pavia, poscia a Crema, indi a Bologna, finalmente in Pa- dova, dove per anni ventiquattro istruì la gioventù nella me- dicina, avendo poi ottenuto per motivi di salute di passare r anno ii!3ii neW jllbiun dei professori emeriti pensionati. X. JMolti allievi corrisposero alle indefesse premure di Precettor cosi esimio, e fra cpiesti ricorderò il Dottor Carlo Cairoli Presidente della facoltà medica di Pavia, il defunto Dottore Annihale Omodei Compilator degli Annali nnwersali di 3]cdicina, giornale molto esteso e che gode fama presso i cultori della scienza, il Dottor Pellegrino Salvigni Direttore della Zecca Bolognese, il Professor di Anatomia comparata in Bologna Dottor Antonio Alessandrini che la Società nostra annoverò già fra li suoi collaboratori, e non pochi altri che sostengono fra noi ed anche all' estero iti decoro della medi- cina Italiana (i). (i) Alcuni di essi fecero nel 1819 incidere il ritratto del Prof. Brera d.dl' An- derlonl sotto la direzione di B. Morghen, e glielo fecero offrire per itipzzo del Pro- fessor Torresini suo allievo. Quando poi andò in Toscana a visitare la Gran Du- chessa Maria Carolina inferma moglie del Gran Duca Leopoldo, alcuni amici lo onorarono con un incisione di Lasinio in cui era scolpito sopra un piedestallo il nome di Brera con la statua della medicina appoggiata ad esso, e contornato da dieci fiumi che ricordano le città dove il Professor curò infermi. Scritto dal Segretario A. Lombardi xix Fra i pregi scientifici che distinsero il Professor nostro osservar farò a' miei lettori col Professor Alessandro Tassinari che ne scrisse l'elogio (i), aver egli procurato sempre di non adottar sistemi nella pratica della medicina, e come cercò di ripararsi sotto il vessillo della Scuola Eclettica. Con questa massima costantemente da lui osservata come vedrà chiunque a consultar si farà le sue produzióni, cercò egli sempre di il- luminare i medici sulla cura dei tanti svariati morbi, retaggio infelice di nostra natura, e si distinse perciò assai più nel coltivai-e la pratica anzi che la teorica della medicina. XI. Volgeva 1' età sua all' anno cinquantesimo quinto, e le fatiche, i viaggi, la costante sua attività lo ridussero in men che prospero stato di salute, perlocchè rinunziò all' insegna- mento della Cattedra, e riparò a Venezia, dove onorato da eccelsi Monarchi, ascritto a un numero sti-aordinario di Società e di Accademie tanto in Italia quanto in altri paesi d'Europa e per fino d'America, visse gli ultimi suoi anni. Concorrevano da ogni luogo d' Italia e da lontane Provincie d' Oltremonte infermi a consultarlo, e con esito felice molti ne restituiva a salute, molti ne riduceva a stato men travaglioso di quello in cui trovavansi al cominciar della cura, talché Venezia godeva di possedere un soggetto così benemerito nell' esercizio dell' arte salutare. A questa volle egli dedicar finché visse li suoi studj , e nell'anno i838 penultimo del viver suo pubblicò una lunga Memoria che intitolò Ischi e Venezia., nella quale conoscer fa da prima contro la comune opinione la salubrità del clima di Venezia, e 1' influenza che esso nell' inverno esercita con buon successo per la cura di malattie gravissime, e poscia descrive a lungo i famosi bagni di Ischi e le prero- gative che godono per risanare non poche infermità. Con questo utile lavoro coronò il Professor Brera la sua carriera medica con sommo onore e frutto, perchè diresse egli sempre le sue indagini non già a specular nuove teorie, (i) Raccolta delle cose pubblicate in memoria del Profesòor Brera, pag. a3. XX Elogio del Cav. Valeriano L. Brera inu a jrnaiir, come si disse, gli infermi, scopo unico clic pre- figger devesi il vero medico. Ed avrebbe egli potuto prose- guire a giovar con 1' opera e col consiglio alla umanità, poi- ché contava soli anni sessantotto, ma attaccato a quando a ([uando da incomodo all' arteria aorta fecesi questo più vivo nell'aprile dell'anno 1840 e viemaggiormente il tormentò, talclu* il condusse nel 4 Ottobre dell' anno stesso al sepolcro, lasciando in somma desolazione la moglie e la figlia e in duolo la Città tutta che in lui perdette uno dei medici più distinti ed utili dell' Italia nostra. XII. Di men che mezzana statura e piuttosto pingue, così lo descrive il sig. Dottor Asson (i), fu il Professor Brera, nobile di aspetto, grave moveva il passo; lo sguardo girava non troppo vivace ma espressivo; piacevole riusciva nel con- versare e facondo, fornito di straordinaria memoria e di so- lido ingegno ; con lo studio e con la fatica risplender fece queste doti naturali. Se i tempi procellosi in cui visse forse r ol^bllgarono più volte a cambiar sede, giovogli però questo suo peregrinare per meglio conoscer gli uomini ed il mondo, e quel eh' è più, influì a dilatar il suo nome e crescergli fama. E se alcuna volta le passioni il predominarono, recar ciò non deve maraviglia a chi conosce la fragilità somma della natura umana. Noi però considerandolo come medico sommo che oc- cupossi ognora negli ardui studj delle scienze naturali, che eminentemente giovò alla Terapeutica, che tanti illustri allievi j)rocurò con 1' istruzione all' Italia ed all' Europa ; conclude- remo che la sua perdita lasciò un vuoto nella medica facoltà a cui forse non si potrà così tosto porre riparo. (i) Articolo biografico consecrato al Brera nella Gazzetta prwilegiata di Venezia N. 227, 5 Ottobre 2840. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxi DISPOSIZIONE CRONOLOGICA DELLE PRODUZIONI STARIPATE DEL CAVALIER BRERA. i. Nuovo metodo per curare le malattie delle articolazioni del cubito e del ginocchio del Signor H. Park Chirurgo in Liverpool, traduzione dall' inglese con annotazioni ; Pavia 1792. 8°. 2. Lettera del Signor Abate Andres sulla letteratura di Vienna, traduzione dallo spagnuolo con note; Vienna 1795. 8°. { Fu pubblicata anche in lingua tedesca nell' istesso tempo ). 3. Osservazioni ed esperienze suU' uso delle arie mefitiche .inspirate nella tisi polmonare; Pavia 1769. 8° con tavola in rame. N. B. La data è sbagliata, perchè 1' Autore è nato nel 1772,, quindi deve dire 1796. (Se ne fece una seconda edizione pure in Pavia 1' anno 1 798 ) . 4. Introductio quam in Archigymnasio Ticinensi primae prae- lectionis loco Medicinae Clinicae Tyronibus die XVI mensis Decembris MDCCXCVI publice habuit etc. Ticini 1 796. 4°. 5. Programma de vitae vegetabilis ac animalis analogia ad Virum excellentissimum Petrum Moscati; Goettingae 1796. 8°. (Fu ristampato in Pavia nell' istesso anno). 6. Lettera al eh. Professoi'e Luigi Brugnatelli contenente un saggio ragionato di nuova nomenclatura de' muscoli del corpo umano; Pavia 1796. 8°. 7. Breve notizia sull' origine ed attuale regolamento della Società degli Amici dell' Arte Ostetricia di Gottinga ; Pa- via 1 796. 8°. . ' ' 8. Notions sur la Plique Polonaise; Bruxelles 1796. 8°. (Me- moria letta alla Società Medico-chirurgico-farmaceutica di Brusselles, ed inserita eziandio nel 1° Volume delle Memorie della stessa Società). . ' . /. ; .' . 9. Commentar] Medici, tomi tre; Pavia 1797- 1800. 8% con tav. in rame. XXII Elogio del Cav. Valeriano L. Brera ic. Sylloge Opusculoruin scelectorum ad praxiiii praecipue me- dicam spectantium, in auditorum commoduiu collegit, ad- iiotationibns liiuc inde auxit et reciuU curavit etc. Vul. io-, Ticini 1797-1811. 8° cum Tab. aen. (È la continuazione del Delectus Opusculorum del celebre G. P. Frank ). II. Ratio Instituti Clinici Ticinensis a mense Januario uscjue ad tineiu Junii JMDCCXCV (juain redegit Josephus Frank ; praetatus est Joannes Petrus Frank; editio prima italica animadversionibns locupletata curante V. A. Brera; Ticini i"C)Y- 8". (Se ne l'ecero altre due edizioni in Venezia e in Napoli ) . 1:2. Annotazioni Medico-pratiche sulle diverse malattie trattate nella Clinica Medica dell' Università di Pavia negli anni MDCCXCVI, MDCCXCVII e MDCCXGVIII, per servire di continuazione alla Storia Clinica di Pavia dell' anno MDCCXCV del sig. Prof. Giuseppe Frank, e de' commenti agli Elementi di Medicina di M. A. Weikard; Pavia 1798, i." con due tavole in rame. ( Furono tradotte in tedesco dal Dottore F. A. Weber, e pubblicate in Zurigo nel 1801. Se ne l'eee una nuova edizione in due volte in 4° gr- ^^ Crema negli anni 1806 e 1807 notabilmente accresciuta ed arricchita di sei tavole in rame incise da F. Anderloni. — 11 discorso preliminare di quest' opera fu pubblicato a parte in Venezia 1' anno 1800 sotto il titolo di Ritlessioni sul sistema di Brown di V. L. Brera, e in Lisbona l'anno pure 1800 tradotto in lingua portoghese da D. Manoel Joaquim Henriciues de Paiva Medico di Camera di S. A. R. o Principe Regente ec. ). i3. Memoria sull'attuale epidemia de' gatti, estesa dietro in- vito dell' Amministrazione centrale del dipartimento del Ticino; Pavia 1708. 4°- (Fu scritta insieme col celebre cav. professore Siro Borda ) . i4- Divisione delle Malattie fatta secondo i principi del Si- stema Browniano; Pavia 1798. 8". Scritto dal Segretario A. Lombardi xxiii i5. Riflessioni JMedico-pratiche siili' uso interno del fosforo particolarmente neir emiplegìa; Pavia 1798. 8°. 16. Anatripsologia, ossia Dottrina delle Frizioni, che comprende il nuovo metodo di agire sul corpo umano per mezzo di frizioni fatte cogli umori animali e colle varie sostanze, che all'ordinario si somministrano intei'namente; edizione I* e a% Pavia 1798; edizione 3*, ivi, 1799; edizione 4* in due volumi, ivi, 1799- 1800; edizione 5" sempre più accresciuta e pure in due voi. Bassano 18 14. 8°. ( La quarta edizione fu tradotta in tedesco dal Dott. G. Eyerel e pub- blicata in Vienna in due tomi negli anni 1800 o 1801 ). 17. Elementi di Medicina Pratica fondati sull'esperienza e sul sistema di Bi'own del Signor M. A. Weikard, traduzione dal tedesco arricchita di discorsi pi'eliminari e di annota- zioni, volumi 5; Pavia 1798-1804. 8°. (Ne furono fatte altre edizioni in Venezia, in Napoli e in Firenze). 18. Elementi di Chirurgia del Signor A. G. Richter, Tomo V sulle malattie degli occhi ; traduzione dal tedesco con varie note; Pavia 1799. 8°. (I volumi anteriori e posterioi'i fu- rono tradotti dal signor Professore T. Volpi, circostanza obliata nella nuova edizione di Pisa (i836) fatta dal sig. Dott. R. Cartoni ) . 19. Avviso al Popolo sulla necessità di adottare l' innocente e non pericoloso innesto del va j nolo vaccino qual preser- vativo del vajuolo arabo, e delle funeste conseguenze, che ne derivano; Crema 1801. 8°. ao. Esposizione ragionata dell'apoplessia dipendente dalla gan- grena della vescica orinarla e del rene destro, cui dovette soccombere il cel. Prof. Lazzaro Spallanzani, coll'aggiunta di alcune pratiche deduzioni; Pavia 1801. 4° con tavola in rame incisa dall' Anderloni. ai. Lezioni Medico-pratiche sopra i principali vermi del corpo umano vivente e le cosi dette malattie verminose; Crema i8oa. 4° gr- con cinque tavole in rame incise dall' An- derloni. ( Furono tradotte con aggiunte in tedesco dal XXIV Elogio del Cav. Valeriano L. Brera Dott. F. A. Weber e pubblicate in 4" ^ Lipsia T anno i8c3j in francese dal Dott. Galvet neveu e per due volte stampate in Parigi negli anni 1804 e 1807 colle tavole incise da N. Ransonnette;, in russo dal Dott. A. Nikitin e impresse a Pietroburgo l'anno 181 6; in inglese dal Dott. S. G. Goffin, e pul)l)licate a Boston negli Stati Uniti d'America ranno 18 17 colle tavole incise dal conosciuto incisore Americano W. B. Annin. — S. M. I. Alessandro I Imperatore delle Russie con munificenza veramente sovrana accordò largo premio all' autore di questa produzione. •2-2. Idee analitiche sopra i rapporti della materia colla vita, discorso inaugurale recitato nel Ginnasio di Grenia li 16 Dicembre i8o3 nell' assumervi la Cattedra delle Scienze Fisiche; Crema i8o3. 8°. i>3. Caso di straordinaia rottura di cuore; Modena i8c8. 4"- ( Inserito nel Tomo XIV delle Memorie della Società Ita- liana delle Scienze ec. e ristampato in Padova nel 1816 ). 24. Cenni Patologico-clinici sulla Rachialgite, ossia infiamma- zione del midollo spinale; Livorno 1810.4°- (Furono in- seriti nel primo volume degli Atti dell'Accademia Italiana residente in Livorno pubblicati lo stesso anno, e ristam- pati in Padova 1' anno 18 io. Il Professor C. F. Harles ne stampò una traduzione tedesca in Norimberga l'anno 18 14 accresciuta di molte annotazioni). 2-5. Saggio Patologico-clinico sulla Stenocardia, malattia avente le sembianze dell' angina pectoris degli scrittori; Modena 1810. 4'- ( Inserito nel Tomo XV delle Memorie della So- cietà Italiana e ristampato in Padova nel 1816). ab. Memorie Fisico -mediche sopra i principali vermi del corpo umano vivente per servire di supplimento e di continua- zione alle lezioni; Crema 181 1. 4" gì'- con cinque tavole in rame delineate da F. Auderloni ed incise da F. Bedetti, F. Ambrosi e F. Zuliani. 2,7. Giornale di Medicina pratica, voi. la; Padova 1812-1817. 8° con tav. in rame. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxv a8. Idee l'elative alla condizione delle malattie universali e locali; Modena i8i3. 4°- (Inserite nel Tomo XVI delle Memorie della Società Italiana, e ristampate in Padova nel 1816). 2,9. Piano di sanitarie discipline esteso e pubblicato per or- dine dell' Eccelso I. R. Governo di Venezia all' occasione dello sviluppo del tifo contagioso; Padova 18 14- 4°- ( ^u scritto iu unione de' Professori Dalladecima e Fabris ) . 3o. De' Funghi mangerecci , Istruzioni pubblicate in nome della Facoltà dell' I. R. Università di Padova per ordine dell'I. R. Governo di Venezia; Padova i8i5. 8°. (Estese unitamente ai Professori Bonato e Dalladecima ) . 3i. Commentario Medico-pratico sulla tosse convulsiva; Mo- dena 181 5. 4"- (Inserito nel Tomo XVII delle Memorie della Società Italiana, e ristampato in Padova nel 1816). 3a. Prospetto de' risultamenti ottenuti nella Clinica Medica dell'I. R. Università di Padova dall'anno MDCCCIX a tutto il MDCCCXXV, col quadro Nosografico- Clinico de- dotto da questi risultamenti nel corso di sedici anni sco- lastici, voi. i3; Padova 1816-1829. 8°. :j 33. Memorie Medico-Cliniche per servire d' interpretazione ai Pi'ospetti Clinici; Padova 181 6. 8° con quattro tavole in rame. 34. Caso di singolare mostruosità d'un feto umano, e conget- ture sul primitivo sviluppo dell'embrione; Modena 1816. 4° con tre tavole in rame. ( Inserito nel Tomo XVII delle Memorie della Società Italiana, e ristampato in Padova nel 1816). 35. Idrope ascite simulante la gravidanza e cagionato da vermi vescicolari disseminati ne' tessuti addominali; Padova 181 7. 4". con tavola in rame. ( Con questa ragionata osserva- zione fu composto il discorso, con cui 1' autore assunse l'anno 1817 la Presidenza dell'I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, inserita perciò nel voi. 1° de' Nuovi Saggi dell' istessa Accademia. Nel susseguente anno Tomo XXIII. 4 XXVI Elogio del Cav. Valeuiano L. Buera di molto accresciuta venne comunicata all' I. R. Accademia JMcdico-Cliirurgico-Giuseppina di Vienna, la quale la rese ]>ul)blica sotto del seguente titolo ) : 'M). Tabula Anatomico -Patliologica ad illustrandam historiam vermiuui in viscerlbus abdominis degentium, et hydropein- ascitem vel graviditatem siinulantium, cum epicrisi clinica; Yicnnae Austriae i8io. 4"- ?>-. Prospetti delle letture tenute innanzi la Sezione Centrale di Padova del Cesareo-Regio Istituto di Scienze, Lettere ed Arti nel corso di tre anni accademici; Padova 1818. 4'- ( Riunite in Padova le Sezioni Venete del G. R. Istituto, ed atlìdatone 1' incarico di Segretario all' autore , espose in questo scritto la somma delle letture fatte dai Membri di questo Corpo Scientifico ) . 38. Nuovi Commentar] di Medicina e di Chirurgia, tora. 4i Padova 1818-1819. 8". (Concorrevano alla compilazione di quest' opera periodica i Professori F. Caldani e C. Ruggieri ) . Si). Lezioid Medico -Pratiche sui contagi e sulla cura de' loro efietti, voi. a; Padova 1819. 8". (Ne fu ripetuta l'edi- zione in Napoli l'anno i83i ). — S. M. il Re di Sardegna Vittorio Emanuele ne rimunerò l'autore con una medaglia d'oro, su cui è inciso: ìirtuti Fai. Al. Brera oh suiun opus de conta^iis. 4c. Commentario Clinico per la cura dell'idrofobia; Modena 1820. 4". (Inserito nel Tomo XVIII delle Memorie della Società Italiana ec, e ristampato in Padova l'anno 1831. Il Cav. Dott. Mcier di Brandeijurg lo pubblicò in tedesco corredato di copiose annotazioni l'anno i82:i in detta città ). 41 • Rice! tarlo Clinico secondo le prescrizioni ed i risultamenti ottenuti nella Clinica Medica dell' I. R. Università di Pa- dova; Padova i8iii. 8"; edizione a', ivi, i8i5; edizione 3% ivi, 1 8:2,6. ( Un' edizione quarta al pari delle precedenti accresciuta è inserita iiell' opera periodica intitolata : An- tologia Medica citata sotto il N. Sa, e fu pubblicata anche Scritto dal Segretario A. Lombardi xxvii dal chiai-issimo signor Dott. M. G. Levi tanto nel Tomo XXXVIII, pag. 785 del Dizionario classico di Medicina in- terna ed esterna ec. quanto in un libro a parte. La terza edizione tradotta in tedesco dal Gav. Dott. I. I. A. de Schònberg medico del Re di Danimarca fu pubblicata in Lipsia r anno i8i2,g ) . 42. Saggio Clinico suU' Iodio e sulle differenti sue combina- zioni e preparazioni farmaceutiche giusta i risultamenti che se ne sono ottenuti nelF Istituto Glinico-Medico dell' I. R. Università di Padova; Padova iBaa. 8° 43. Prolegomeni Glinici per servire d' introduzione teoretica allo studio pratico della Medicina; Padova i8a3. 8°. (Edi- zione seconda in Firenze 1837). 44- Institutiones Medicinae practicae febrium simplicium do- ctrinam exhibentes, quas auditoribus suis praelegebat Joan. BajJt. Burserius de Kanilfeld, nunc neotericorum Consilio emendatas, Clinicorum recentioris aevi observationibus et propria experientia àdauctas, ad usum academicum rede- git V. A. Brera; Patavii 1823. 8°. 45. Commentariolum de praestantia Institutionum Medico-pra- cticarum 111. Joan. Bapt. Burserii de Kanilfeld, ac de me- thodo eas exarandi neotericorum consiliis et observatio- nibus ; Patavii 182,3. 8". 46. Risultamenti ottenuti nella Clinica Medica dell'I. R. Uni- versità di Padova dall' amministrazione d' una china bico- lorata per la cura delle febbri accessionali anco d'indole perniciosa; Padova 1824- 8°. 47- Cenni sul Rapporto presentato al C. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti in Milano dai chiarissimi signori Profes- sori Carminati e Palletta incaricati dell'esame d'una china bicolorata, seguiti da considerazioni sul valore eminente- mente accordato al solfato di chinina, e da due elenchi di chine possedute e di chine desiderate per la compila- zione d'una nuova Chinologia; Padova 182.5. 8°. xxvm Elogio pel Cav. Valeriano L. Brera 4o. Considerazioni Medico -Pratiche sull" uso delT aconito na- pello; Modena 1826. 4°- (Inserite nel Tomo XIX delle Memorie della Società Italiana ec. ) . 4<). Annotazioni Cliniche suU' ottalinia contagiosa de' soldati; Pavia 18:26. 8". ( Furono estese per servire alle premure del Comandante-Generale delle Provincie Venete nel t'eb- In-ajo 182.3, ed approvate dall' I. R. Accademia Medico- Chirurgico -Giuseppina di Vienna vennero prescritte per la loro pratica dall' I. R. Consiglio Aulico di Gueri'a con Presidiale Dispaccio io Aprile i8a3. N. 1699 ). 5o. Cenni Clinici sul valore della Ballotta lanata L. per la cura delle aiì'ezioni reumatiche, artritiche e gottose; Mo- dena 1882. 4° con tavola in rame a colori. (Inseriti nel Tomo XX delle Memorie della Società Italiana ec. ). 3i. Saggio sulle piante chinifere; Modena 1882. 4"- (Inserito come sopra ) . 52. yVntologia Medica, toni. 2; Venezia i834, con tav. in rame. 53. Nuove Analisi delle Acque medicinali di Recoaro; Vene- zia i835. 8°. A fpiesto opuscolo va unito il seguente Ma- noscritto che deve essere poi stato pubblicato: « Prospetto « alfabetico delle malattie curabili colle acque medicinali « di Recoaro, ed istruzioni per usarle; premessi i relativi « trattenimenti topografico - statistici e geologico -chimici « con otto Vedute. » 54. Dell'Asma tirnico de' bambini, Cenni patologico - clinici ; Venezia i836. 8". 55. Prova Medico-Legale della contagiosità del choléra domi- nante, e dati per regolarne l'estirpazione; Venezia i83ò. 8°. 5C). Litotripsia operata dalle acque d(dla Fonte Regia di Re- coaro; Venezia i838. (Memoria inserita nel Tomo XXI delle Memorie della Società Italiana ec. ). 5". Ischi e Venezia; Memoria sulla l'elice influenza del clima della Città di Venezia, e de' sussidj ivi dalla natin-a e dall' arte apprestati nel corso dell' inverno per la conti- nuazione delle cure istituite in Ischi nell' estate, onde Scritto dal Segretario A. Lombardi xxix debellare le afFezioni scrofolose e specialmente le corris- pondenti tisi e consunzioni, non che altre gravissime ma- lattie ; e cenno sull' opportunità del Clima Veneto per favorire durante 1' inverno la bibita delle acque medici- nali di Recoaro per distruggere i calcoli delle vie orinarie e quegli altri incomodi, per cui sono utilmente prescritte sul luogo nella bella stagione j Venezia i838. 8°. Il Brera lasciò inoltre trenta volumi manoscritti con- tenenti le Lezioni da lui dettate dalla Cattedra dall' anno 1796 fino all'anno 182.8, ed una Flora Chinìfera a colori offerta al Gran Duca di Toscana Leopoldo II che 1' ag- gradì moltissimo e la fece collocare nella sua privata Bi- blioteca, mentre 1' autore provò gli effetti della munifi- cenza Sovrana. ;. .;f .1 XXX Elogio del Cav. Valeriano L. Brera CORPI SCIENTIFICI AI QUALI FU ASCRITTO IL BRERA (i). I. In Italia. Reale Istituto di Scienze, Lettere ed Arti ( col R. De- creto dato dal palazzo dell' Elisèe di Parigi li 28 Marzo i8ia) convertito nel Cesareo-Regio Istituto Lombar- do-Veneto di Scienze e Lettere. Vi occupò eziandio il posto di Segretario della Sezione Centrale di Pa- dova dello stesso C. R. Istituto. Società Italiana, detta dei XL, delle Scienze ora resi- dente in Modena ( soddisfatti gli obblighi espressi nel §. XXI, N. 4 dello Statuto della Società, vi divenne Pensionato). Facoltà e Collegio di Medicina, di Chirurgia e di Far- macia dell' I. R. Università di Padova. I. R. Accademia di Scienze e Lettere di Padova. Collegio Filosofico -Medico ^ Collegio Medico - Chirurgico > di Venezia. Atenèo / Atenèo di Treviso. Atenèo di Brescia. Accademia di Udine. Reale Accademia di Scienze e Belle Lettere di Mantova. Accademia Reale delle Scienze di Torino. Società Medica d' Emulazione di Genova. Società Medico -Chirurgica di Parma. Società Medico -Chirurgica di Ferrara. Società Medico -Chirurgica di Bologna. I. R. Accademia de' Georgofili di Firenze. Accademia Italiana di Scienze Lettere ed Arti di Livorno. Società Medica di Livorno. (T) Pjg. 25 1 dell' Opuòcolo Ischi e Venezia. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxi a. Accademia delle Scienze l i. j Facoltà Medico - Cliiiurgica ) Reale Istituto d' Incoraggiamento '\ U:tih. Accademia delle Scienze della So- f r)' N 1' cietà Reale Borbonica C Società Sebezia di Scienze ed Arti J 'i .IV Accademia Medico - Chirurgica di Napoli. "• Accademia Gioenia di Scienze Naturali di Catania. Reale Accademia Peloritana di Messina. ^ - ^ • . J V II. In Germania. Imperiale Accademia Leopoldino - Carolina de' Curiosi della Natura di Germania ( aggregato col nome di Calligene ) . Imp. Reg. Accademia Medico -Chirurgica -Giuseppina di Vienna. Accademia Reale delle Scienze di 1 'V,V'. Prussia «r />n. i j- r» l• ^ . , , , _, . . , „ ,, . ^ \ di Berlino, oocieta de Curiosi della Natura Società Medico - Chirurgica Società Sydenhamiana di Hala di Magdeburgo. " Società Fisico - Medica Renana residente in Bonna. Accademia Reale delle Scienze di Monaco. Società Fisico - Medica d' Erlangen. oìK X Società Filosofico - Medica di Wùrzburg. ' i r* R. Società Economica di Lipsia. Società Fisica di Jena. Società Reale delle Scienze ■\ Società Fisica V di Gottinga. Società d' Ostetricia -ss»—— _y Società Medico - Chirurgica d'Amburgo. III. In Isvizzera. Società Medico - Chirurgica Elvetina di Zurigo. IV. In Russia e Polonia. Accademia Imperiale delle Scienze di Pietroburgo. Società Fisico-Medica della Cesarea Università di Mosca. xx\n Elogio del Cav. Valeriano L. Bheiia Accademia Imperiale delle Scienze e delle Lettere di Vilna. Reale Società Lettex'aria di Varsavia. V. In Danimarca. Società Reale delle Scienze di Copenhagen. VI. Nella Gran -Brettagna. Società Medica di Londra. Società Fisico -Medica di Edimburgo. VII. In Ispagna. Accademia Reale di Medicina di Madrid. Vili. In Francia. Accademia Reale di Medicina ^ Società Medica d' Emulazione f i • n ■■ o • . T • > di Farmi, bocieta Linneana ( Società Galvanica j Società Medica i j- at ^ n- ^ . , ,. ^^ ,. . . \ di Montpellier, bocieta di Medicina pratica ) Società di Medicina di Lione. Società di Medicina di Marsiglia. IX. Nel Belgio. Società di Medicina , di Chirurgia e di Farmacia di Brusselles. X. Negli Stati Uniti d'America. Società Medica Delawarense di Wilmington. "'/■ ■ / ■/,//., //r // /•// >////// XXXIII ELOGIO STORICO DEL CAVALIERE SCRITTO DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI ; i5e copioso non fu il numero di coloro che nel passato secolo si dedicarono con particolare attenzione alla Anatomia, con- tansi però fra essi uomini oltre modo celebri, le cui fatiche progredir fecero immensamente questo diffidi ramo di scienze naturali. Reggio in Lombardia si vanta di esser patria di un discepolo dell' immortai Vallisnieri, il Dott. Antonio Pacchioni primo anatomico distinto che si conoscesse in Italia siU co- minciar di esso secolo. Imola ci addita il suo Valsalva che coltivando con indefesso studio l'Anatomia si rendè oltremodo benemerito dell'afflitta umanità. Forlì vanta l'immortale Mor- gagni primo onore dell' Anatomia Italiana. Bologna , madre sempre feconda di sapienti, diede all' Università di Padova uno de' suoi Professori piìi illustri della anatomica facoltà Leo- poldo Marcantonio Caldani, che ci lasciò oltre altre sue opere un bel monumento della sua profonda dottrina nelle grandi tavole anatomiche da lui pubblicate. i , ;:. /.i-jj' Ma la Toscana nel cui ameno territorio ebbe vita Paolo Mascagni può a i-agione gloriarsi di questo suo figlio, che oc- cupa nella serie dei piìi famosi anatomici Italiani e stranieri un seggio oltremodo distinto. Aggregato come fu alla Società Italiana delle Scienze e già da più anni mancato all' arte sa- lutare, alla patria, a' suoi amati discepoli, reclama tuttora dal nostro Corpo Accademico a cui appartenne, ed a cui consecrò varie sue memorie, il tributo del ben meritato elogio. Tomo XXIII. , , S xxxrv Elogio del Cav. Paolo Mascagni Io inserii già un articolo alquanto esteso sopra questo iiisiirne personaggio nella mia Storia dell' Italiana Letteratura in continuazione di quella del chiarissimo Tiraboschi (i); e oltre l'articolo dal Sig. Sarchiani già prima pubblicato sullo stesso argomento (a), il Signor Dottor Tommaso Farnese com- pose nel 181G l'Elogio di Mascagni; e nel 181 8 vi fece no- tabili giunte per rispondere alle recriminazioni eccitategli con- tro dalli Signori Anton Marchi e Moreschi. Ma la fama acqui- statasi dall'Anatomico Toscano risvegliò altra penna a lodarlo, ed il Signor Dottor Regolo Lippi stampò a Firenze nel 182,3 un nuovo Elogio di Mascagni. Allorché poi comparve nello scorso anno 1841 il Tomo X degli Atti dell' Accademia di Scienze di Siena detta dei Fisiocritici, si vide altro scritto in commendazione dello stesso (3), opera del Sig. Cav. Professor Stefano Grottanelli de Santi molto benemerito, come vedrassi in appresso, della memoria di cosi celebre Anatomico. Se la Società nostra ha finora indugiato ad onorare un coltivatore della Scienza anatomica che siede Principe fra quelli che vi si dedicarono, e se mai avesse perciò essa in- corsa la taccia, presso i Dotti, di trascuratezza nel tributare i dovuti encomj al vero merito, potrà giovargli ad ottenere indulgenza dalla Letteraria Repubblica, il potere adesso col sussidio degli scritti sopra nominati stendere con più sicurezza e più verità la storia delle scoperte del Mascagni, ed assicu- rargli così presso la posterità quel posto sublime d'onore che a buon diritto gli si compete. Al che fare basterà a parer mio la semplice storia di quanto oprò quest' Uomo nel suo genere unico per promuovere con rapidità ed estensione ma- ravigliosa 1' Anatomia umana, ed anche la compar'ata. I. Castelletto villaggio della Provincia superiore dello Stato Sanese si gloria di esser la patria di Paolo Mascagni che ivi (i) Tom. II, pag. i47- Edizione di Modena. (a) Tomo primo della Continuazione dej^lì Atti del Geor^ojiti , che starapansi a Firenze, pag. 144. (3) Atti suilJetti, pag. i44- Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxv nacque il di aS Gennajo lySS dai Coniugi Aurelio Mascagni ed Elisabetta Burroni delle Pomarance di comodo censo prov- veduti. Fin da quando riceveva fanciullo nella paterna casa i primi rudimenti delle umane cognizioni, inquieta curiosità lo agitava per conoscer gli oggetti che gli si paravano davanti, né cessava le dimande, e ragion chiedeva delle cose che gli si offrivano alla vista, o che maneggiava. Secondarono li suoi genitori cosi felici disposizioni, e con li più fausti auspicj compiè il giovinetto Mascagni la prima educazione, e ben presto potè imprendere in Siena, dove fu collocato, il corso degli studj di amena letteratura e della filosofia. Apertasi cosi la sua mente a conoscere i varj rami delle Scienze che for- mano il grand' albero dello scibile umano, la Fisica animale attrattive tanto lusinghiere gli ofl'ri, che lo decise allo studio dell'Anatomia, la quale ne forma il principal fondamento, e ci somministra sicura guida per interrogar la natura nei più secreti labirinti delle ammirabili e così complicate costruzioni uscite dalla onnipossente Mano del Creatore dell' Universo. II. Si distingueva dopo la metà dello scorso secolo il Dottor Pietro Tabarrani come uno dei luminari della scienza anatomica, a professar la quale fu chiamato alla Università di Siena nel 1764 ristaurata, dove per più anni figurò e come autore di non poche scoperte in così difficile facoltà, e come istruttore degli alunni alle sue cure affidati. E se a lui man- cassero (che certo non mancangli) titoli per aver diritto alla estimazion nostra, basterebbe il sapere che egli formò 1' ana- tomico Mascagni. I rapidi progressi che fece questi sotto la direzione di così illustre maestro, gli ottennei'o nell'anno 1777 ventiduesimo dell'età sua l'impiego di Dissettor dei Cadaveri nella mentovata Università, e cinque anni dopo cioè nel 1782, la Cattedra del Tabarrani, morto nel 1779. Con sommo fer- vore si accinse il nuovo Professore battendo le orme del chia- rissimo defunto ad istruire la gioventù, ed a formare prepa- razioni anatomiche, le quali prima di lui non si conoscevano nei Gabinetti. .\xx\ I Ei.onio ]iF.r Cav. Paolo Mascaoni III. Ottimo divisamento quello si fu certo delle Accade- mie Scicutiticlic il proporre ai Dotti astrusi temi relativi spe- cialmente alle scienze naturali, animandoli con la promessa di munilici premj e. di onorevoli distinzioni, a svolgerli, of- Ircndo così la soluzione dei più intrigati jjroblemi, e ciò allo scopo quanto mai inqiortante di far avanzare le scienze. Ri- [)roduceva già per la terza volta 1' Accademia di Parigi al concorso il tema Detcnninare e dimostrare il sistema dei vasi imfatici^ prescrivendo a termine del concorso 1' anno 1 784. Sebbene il Mascagni inviar non potesse per 1' angustia del tempo all'Accademia la sua grand' opera sul proposto tema, e limitarsi dovesse allora a trasmetter soltanto il prodromo di essa, ciò bastò per stabilir la sua fama. Contiene questo ven- tiquattro tavole in gran foglio in cui sono disegnati i vasi Jinliitici ed incisi sulle preparazioni da lui eseguite per spie- garli^ poi nelle scuole dell' Arcispedale di S. Maria Nuova in Firenze; preparazioni poscia ripetute e modellate in cera, e deposte nel Museo di essa Città, dove formano l' ammirazione dei dotti viaggiatola clie ne contemplano il finito lavoro, te- stimonio ben luminoso della somma jìcrizia e delle profonde cognizioni anatomiche di chi le diresse (i). IV. I tanti pregi di questo prodromo (a), e la scienza singolare dell' Autore risvegliarono nell' Accademia di Parigi , direi quasi, un entusiasmo per lui, al quale sebbene per le stabilite sue leggi conferir non potesse il premio, decretò tut- tavia una straordinaria onorifica ricompensa. Né trascorsero molti anni perchè vedesse la luce questa grand' opera piena- mente finita, il che seguì in Siena nel 1707, allonjuando (1) Questo prodromo fu soggetto a critiche tanto sulla sostanza quanto sulla compilazione die un Giornalista disse trascurata. A queste opposizioni fece acre risposta il Mascagni con una Lettera di Aletofdo al Giornalista Medico di Venezia. Alvisopoli ( Siena ) 1785. (2) Ecco il titolo di esso: Viisorum Ljmphaticorum Corporis humani liisturia et Icìinoi^raphia Alidore Paulo Masca^nio . in rc^ìo Setiariim Lrceo pahlico Anatomes Professore. Sen'u t'o'. F. Atlant. con 27 tavole incise in lamu. Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxvii regnava il magnanimo Gran Duca Leopoldo, a cui fu dal Ma- scagni con magnifica Iscrizione dedicata (i). E ben dovette il nostro Professore esser pago di averla a tanto Principe offerta, poiché volle questi esaminarla con ogni accuratezza, conoscer la fece ai figli, si intertenne in dotti colloquj con l' Autore , e rimunerollo con il cospicuo dono di zecchini 2,00 e coli' au- mento di scudi 100 all' annua sua provisione. Lungo sarebbe il descrivere i pregi di quest' opera che insigne fatica all'Autore costò. Quanti ingegnosi metodi dovette egli inventare per offiire esatti disegni del corso di questi (i) Ecco r Iscrizione : PETllO • LEOPOLDO • AVSTRIACO MAGNO • ETRVRIAE • DVCI OB • LIBERAM • COMMERCII • POTESTATEM • LATE • ASSERTAM OB • REI • OECONOMICAE . ADMINISTRATIONEM COMITIIS • CIVICIS • RESIGNATAM OB • EDVCATIONIS ■ PVBLICAE • INTEGRITATEM t,.i SANCTIONIBVS • ET • PRAESIDIIS ■ CONSTITVTAM OB • CRIMINVM • ET ■ POENARVM • CODICEM AD • IVSTITIAM • ATQVE • HVMANITATEM ■ EXACTVM OB • IRREQVIETVM • IN • POPVLORVM • FELICITATEM ■ STVDIVM IMMORTALI PAVLVS . MASCAGNIVS QVOD • SVA ■ DE • VASIS • LYMPHATICIS • TENTAMINA PROBAVERIT • FOVERIT ^'' "«>"»''-'.'' i ET • ANATOMICAS ■ TOTIVS • SYSTEMATIS • PRAEPARATIONES REGIO • MVSEO ■ VOLENS • EXCEPERIT EIVSDEM • HISTORIAM ■ ET • ICHNOGRAPHIAM IN • PERENNE • GRATI • ANIMI • MONVMENTVM . , D • D • D - ; =- -^-''^ f ■< xxxvni Elogio del Cav. Paolo Mascagni vasi, che investono tntta la macchina animale ! egli il primo si valse di tul)i di vetro per injettare a mercurio essi vasi ; egli conoscer fece che compongono questi li tessuti della re- ticella dello mend^rane mucose e sierose j a lui devesi la sco- perta delle proprietà organico - fisiche ed organico -vitali di ({uesto sistema. Ei fu che avvertì V errore di Darwin il quale ammetteva nei linfatici un moto retrogi"ado, e dimostrò pure come erravano altri che per spiegar la rapidità con cui alcuni odori e colori rendonsi palesi quasi subito dopo aver?ie avuta la sensazione (i), immaginarono un moto nel fluido che en- ti'o vi scorre, per cui si portasse esso da un organo all' altro. Né di tuttociò pago rivolse le sue indagini a determinar l'uso di questa intralciatissima rete, se cosi è permesso di chiamarla, additando ai medici quali siano in questo ramo di terapeutica le cagioni che giovano a mantener la salute, e quelle che producono malattie molte volte all'individuo fatali. Ed a com- piere e render pienamente utile alla umanità questo lavoro, sehhene Mascagni non esercitasse molto la pratica medicina , pure tuttavia suggerì opportuni rimedj per le malattie che attaccano questo sistema, come sono specialmente le effusioni, gli stravasi, le ostruzioni ; per riparar le quali propose 1' uso di alcuni sali alcalini, e dei bagni a vapore, metodi di cura che in appresso presero un deciso sviluppo, e giovarono quelli clie li praticarono, perchè suggeriti dalla guida sempre fedele della esperienza. Potè perciò il IMascagni con tutta ragione gloriarsi di aver riempiuto un gran vuoto nella Fisiologia e nell'Anatomia, e se altri più luminosi frutti dell' indefesso suo studio ei la- sciato non ci avesse, basterebbe, a parer mio, quest' Opera ad assicurai'gli un posto eminente nella serie dei più rinomati cultori delle Scienze naturali. In fatti dopo che si conobbe in Europa la Storia e la Ichnografia dei vasi linfatici (a), (i) Lippi Elogio, pag. 19. (i) Fece egli ristampare nell'anno 1795 a Siena il testo in due tomi, in 8". Scritto dal Segretario A. Lombardi xxxix universale mostrossi la premura per onorarne 1' Autore, per- dio le più cospicue Accademie scientifiche spedissergli onori- fici diplomi (i), e perchè i Dotti d'ogni nazione cercassero di corrisponder con lui, e di procurarsene l'amicizia. V. Ma nuovi e più splendidi titoli alla immortalità si pro- curò il Professor nostro allorquando si accinse all'erculea im- presa della Anatomia umana disegnata in tutte le sue parti di grandezza naturale. Meravigliar certo dovrà chiunque pensi come un sol uomo di forze intellettuali ricco soltanto, e di estese e profonde cognizioni nelle scienze naturali adorno, ma di potenti mezzi sprovveduto, avesse il coraggio di impren- • dere e compiere in massima parte un così vasto lavoro. Pre- parazioni in grande dei membri della macchina umana, che con tutta ragione nominossi Microcosmo^ modellazione dei me- desimi in cera o in qualche altra sostanza, affine di renderne più agevoli i disegni al naturale, esecuzione di questi secondo i diversi strati che variano sotto la prima cute, e ciò all' og- getto di presentare all' occhio dello studente le tanto molte- plici ed intricate diramazioni delle arterie , delle vene , dei più volle nominati linfatici del corpo umano, parti tutte che compongono quest' Opera, la più magnifica che uscita sia dalla mano dell' Onnipotente ; eccovi in compendio le operazioni primordiali che eseguir dovette il Mascagni per conseguire il bramato suo intento. VI. Mentre egli però incombeva con tutta l' intensione dell' animo a così varie e penose indagini , ecco che invasa l' Italia dall'armi straniere, capitanate dal vesillo di una troppo lusinghiera libertà, ogni ordine di cose turbossi, ed il bel Cielo Toscano soggiacque, come tutta la Penisola, ad inaspettate sciagure. Né straniero pur troppo mostrossi il Professor nostro a lasciarsi travolgere da quel turbine che tanti altri seco stra- scinò ; perlocchè si lasciò egli illudere sebben per breve in- tervallo, dalle apparenti promesse di future insolite prosperità. (i) Merita di esser qui specialmente ricordato il Diploma di Socio straniero di- prima classe a lui spedito dall'Istituto di Francia. '.'.!^l> iPi] liiny^ì'.'i'- ' ' XI. Elogio del Cav. Paolo Mascagni In mozzo però a rpiesti vaneggiamenti dello spirito umano, sebbene Fapixirato degli affari pnbblici e le conseguenze della guerra inalidissero le sorgenti tutte che alimentavano i paci- liei studj, e (piindi perdesse Mascagni perfin la speranza di ul- teriori sussidi alla sua grande impresa, tuttavia non si scoraggia. Provvisto di agiata fortuna la consacra egli intieramente a proseguire i cominciati insigni lavori, e con singolare esem- jiio di fraterno amore Bernardino di lui fratello col proprio patrimonio soccorre la vacdlante impresa. Breve però fu il turbine che agitò allora le Provincie Granducali, e nell' anno t8oo sorgeva un'aurora che prometteva giorni migliori; ma SierLa che dir puossi patria del ]Mascagni allora il perde (i). VII. Nominato dal Re d' Etruria Lodovico I di Borbone alla Cattedra di Anatomia in Pisa venne poscia con vantag- giosi patti invitato a Bologna per insegnare la stessa facoltà che mancava allora di Professore in quella primaria Università Italiana. Gelosa però di non perdere un tant' uomo 1' illustre vedova dell' infelice Lodovico, assecondò pronta il desiderio dell'anatomico insigne, lo chiamò a Firenze, assegnogli cospicui emolumenti, e prescrisse che gli si somministrasse dal R. Ar- cispedale di S. Maria Nuova tutto che occorrer gli potesse onde proseguire le operazioni anatomiche a corredo della grand' opera da lui immaginata ed innoltrata. Alla Cattedra di Ana- tomia aggiunse quella Sovrana l' insegnamento della Fisiologia e della Chimica; nò di ciò paga volle che il Mascagni appar- tenesse al Collegio de' Medici Fiorentini specialmente incari- cato della vigilanza sulla pubblica salute. Le nuove occupazioni a lui destinate esigevano , oltre quanto già si espose, lo studio della comparata Anatomia , e r istruzione anatomica dei giovani che si dedicavano alle arti belle; e ben conoscendo egli quanto riesca difficile la vocale (i) A gloria di Siena dicasi che in essa Città fece il Mascagni le prime prepa- razioni anatomiche dell'opera sua, ed ivi si eseguirono i primi disegni della dimen- sion naturale di una figura umana da Ciro Santi disegnatore dei rami dei vasi Lii- fatici, proseguiti poi dall' abile artista Liborio Guerrini. Scritto dal Segretario A. Lombardi xli istruzione per una certa classe di persone poco fondate nelle discipline elementari, concepì 1' ottimo divisamento di com- porre una Anatomia per li Pittori e Scultori, in cui raccolse con somma avvedutezza le forme più acconce ed i più com- piti modelli di bellezza ; somministrando cosi a' suoi discepoli i mezzi più adatti e ad un tempo più facili per apprendere a ben disegnare l'umana figura, fondamento precipuo dell'arte. Dividesi quest' opera in due pai'ti principali 1' osteologia e la miologia, e cura principale dell' Autore si fu di fissar bene con la scorta delle misure comparative la giusta proporzione della macchina umana ben conformata, e di assegnare i ca- ratteri fisici proprj delle passioni, somministrando cosi agli ar- tisti norme sicure per i varj loro lavori ; fra li diversi van- taggi poi che arrecò quest' Opera alle arti, tacer non devesi quello d'aver liberato gli alunni dal ribrezzo che naturalmente provano a disegnar le fresche preparazioni anatomiche natu- rali, e dalla difficoltà di trovar sempre membra umane ben proporzionate. Applaudirono le scuole a questa insigne fatica del nostro Mascagni, ed avidamente la ricercarono , allorché nell'anno 1816 uscì alla luce dedicata al Principe Regnante Ferdinando III da circa un anno restituito agli Aviti Dominj. Vili. Oltrepassava già l'anno sessantuno di sua età il Pro- fessor nostro quando era prossima la stampa dell' acceimata anatomia pittorica; ed estesi lavori, preparazioni non poche e disegni trovavansi in pronto per cominciar 1' edizione della grande Anatomia, che riuscir doveva nel suo genere opera veramente classica ed unica, allorché morte rapì quasi improv- visamente questo luminare della scienza anatomica (i). Quantun(£ue dotato egli fosse dalla natura di robusta co- stituzione, r assiduo studio, la vita poco attiva e le mentali fatiche rovinarongli la salute, per modo che eransi in lui spenti (i) « Paolo Mascagni nato nella casa materna a Pomarance nel 5 Febbrajo 1755 « moriva nella casa paterna al Castelletto il ao Ottobre 1816.)) (Cosi il Grottanelli in una nota alla pag. 148 del cit. suo Elogio). Questa data della nascita di Ma- scagni è diversa da quella segnata dal Lippi. •• '^j''' 'i' . j.' t . .''. ' ' Tomo XXni. ' 6 XT.ii Elogio del Cav. Paolo Mascagni assai [)riina che v(Miisse meno, alcuni sensi, e specialmente (|uelio dell' odorato. Toccò c^uindi al frateJlo Bernardino be- nemerito anch' egli delle Scienze, ed al nipote Dottor Aurelio il procurare l'edizione dell'Anatomia pittorica il cui mano- scritto originale era già compito; e quel che è piìi a trovare i mezzi per far di pubblico diritto la grande Anatomia. Troppo interessa la storia della scienza, e tanto premer deve a chi scrive l'elogio storico del Mascagni, il iar conoscere con pre- cisione quanto avvenne nella pubblicazione dell' opera sum- mentovata, che io chieder debbo a' miei lettori indulgenza se mi dilFondo alcun poco nel descrivere le varie vicende che occorsero alloi'a, cosa che io faccio anche più volentieri per sostenere il decoro del nome Italiano, che gli stranieri a quando a quando attaccano. IX. Allorché nel 181G, come dissi, morì il Professor no- stro, lasciò compito il Prodromo della grande Anatomìa corre- dato di venti tavole con ogni esattezza e diligenza incise, tal- ché lo studente trova in esse una sicura guida nelle sue os- servazioni e ne' confronti con la natura (1). Nell'anno 1819 una Società d' amici pubblicò a profitto della famiglia di Ma- scagni questo Prodromo sotto la direzione del Dottor Anton Marchi allievo dell'illustre defunto e dissettore anatomico nello Spedale Fiorentino di S. Maria Nuova, ed a lui affidar destinò la Società stessa la stampa della grande Anatomia. Assunse questi un così arduo impegno, e certo non gli mancavano le cognizioni e la pratica per assistere e dirigere i lavori che esigeva un' opera cosi insigne e voluminosa. Nel corso di venticinque e più anni aveva il Mascagni, come dissi già, sudato con improba fatica a lavorar sui cadaveri, a far eseguire i disegni del microcosmo secondo i diversi strati ana- tomici, così che contemplar si potevano separatamente e vasi, e nervi, e muscoli, e per ultimo gli scheletri, così che a giu- dizio del lodato Signor Grottanelli erano già incisi sotto la (i) Alcuno di queste tavolo raiipicseutano i vasi assorbenti di vegetabili. Scritto dal Segretario A. Lombardi xliii direzione del Mascagni tre quarti dell'opera oltre dieci tavole soltanto disegnate e rimaste presso il Signor Cav. Moggi (i). . Ed a rendere più perfetto il suo lavoro, volle il Professor nostro attentamente occuparsi nello studio allor nuovo dell' Anatomia comparata, ed assisteva perciò spesso nell'I. R. Mu- seo Fiorentino alle preparazioni corrispondenti ed all'anatomia degli animali, e così si rese capace a sbandir le ipotesi sulle funzioni animali, e segnare i limiti oltre i quali non è per- messo al fisiologo di penetrare. A compiere però questo gran «juadro mancavano le illustrazioni delle tavole e questa era l'opera certo non di lieve momento che al sunnominato Mar- chi affidossi. X. Ma giunto a questo tratto del mio qualunque siasi lavoro, quanto duolmi il dovere per amore del vero, ed a so- stenere la dignità del Mascagni ricordare il contegno del Mar- chi, dacché passò egli correndo l'anno 1819 ad assistere come medico il famoso prigioniere nell' Isola di S. Elena. Una let- tera stampata a Pisa il dì 3o Giugno 182,3 dagli Eredi Ma- scagni diretta al Conte di Lasteyrie Francese conoscer ci fa, come il Dottor Anton Maichi abusasse della confidenza che in lui avevano essi riposta, ed a pubblicar cominciasse le ta- vole del suo defunto maestro in litografia come cosa propria, dopo di aver domandato ed ottenuto dal Magistrato supremo di Firenze con sentenza 19 Aprile 182,2, la dissoluzione della Società editrice che scelto avevalo a stendere le illustrazioni della grande Anatomìa. In tant' uopo soccorsei'o tre illustri Professori di Pisa li signori Andrea Vacca Berlinghieri , Gia- como Bakzellotti e Giovanni Rosini, i quali assunsero nell'anno 1822, ed a felice termine in nove anni condussero la magni- fica edizione di quest'opera unica nel suo geneie e veramente classica, autenticandone con ogni maniera di prove la origi- nalità a fronte delle tavole litografiche di Lasteyrie. (i) Elogio cit., pag. 149. '•'" ' '■-'^' XLiV Elogio del Cav. Paolo Mascagni XI. A darne pure una succinta idea soltanto diremo , come il Mascagni eseguir fece i disegni della figura umana iu quattro diverse situazioni : le prime tre offrono i muscoli, I vasi, i nervi nei tre primi loro strati, esibisce la quarta lo sclieletro umano, essendone di ciascheduna situazione doppia la figura, onde veggasi separatamente la parte antei'iore e la posteriore dei rispettivi pezzi anatomici. Quindici tavole rap- presentano con incom^iarabile esattezza le intralciate ligure dei visceri, per entro ai quali scorgesi la circolazione dei varj umori che al mirabile magistero della conservazione della vita contribuiscono, e contengono inoltre i disegni di alcune parti speciali del corpo umano, le quali nella intiera figura chiara- mente discernere non si potevano. Quando T Autoi'e mancò ai vivi rimanevano ad incidersi soltanto sei tavole degli sche- letri e tre dei visceri a compiere le quarantaquattro tavole che compongono 1' intera collezione. Né defraudar devonsi della ben loi'o dovuta onorevole commemorazione quegli artisti che occuparonsi a disegnare, incidere e colorire le medesime; e furon questi a Siena Cmo Santi che aveva già disegnato ed inciso le tavole dei vasi linfatici e Liborio Guerrini; ma allorquando passò il Mascagni al grande spedale di Firenze ebbe la propizia sorte di trovare nel Signor Antoxeio Serantoni ixn soggetto dotato di sommi meriti nell'arte sua, ed a lui devonsi in gran parte i disegni e le incisioni delle tavole sopra nominate. XII. La scienza però non avrebbe potuto trar molto pro- fitto dall'immenso lavoro del Mascagni, se non soccorreva all' uopo altra persona che corredasse di spiegazioni le tavole , poiché fra le carte di lui si rinvenner soltanto alcuni appiinti e non più, diretti ad ajutare la sua memoria. Corrispose mi- rabilmente alla fiducia in lui riposta da tre Professori Pisani il Sig. Girolamo Grifoni prediletto allievo del defunto e dis- settore anatomico nella Università Sanese, il quale appose le necessarie illustrazioni alle tavole e controtavole dell' Opera riscontrandole sui cadaveri-, nel clie fare si distinse egli spe- Scritto dal Segretario A. Lombardi xlv cialmente, spiegando somma diligenza ed accuratezza, allorché illustrò le sette tavole dei visceri. Splendida perciò e magnifica riuscì in ogni sua parte questa edizione, il cui testo in ottima latinità esteso , come pure la dotta prefazione fanno fede della somma perizia di quelli illustri soggetti che la diressero, perlocchè deve questa gi"and' Opera considerarsi come un monumento solenne del sapere e delle arti italiane, e che ha giovato e gioverà ognor più ad ottenei-e il precipuo scopo anzi unico di lavori cosi estesi, dir voglio 1' istruzione degli alunni che si consacrano alla medica focoltà. XIII. Sommo plauso riscosse questa anatomia in ogni parte d'Europa, ed allorquando il lodato Signor Grottanelli (i) ese- guì con tanta generosità e gentilezza 1' assunta incombenza di offrirla in persona, come fece, alle principali Accademie ed Università Italiane e straniere, fecero queste a gara per acquistarla, come pur 1' acquistarono i Collegi ed altri più rispettabili luoghi di pubblica istruzione. A commendar così insigne lavoro concorsero specialmente i voti dell' immortale Cuvier e delli chiarissimi Sóemering in Franckfort e Tiede- mann in Heidelberga; i quali ebbero il gentile pensiere di mostrar al Sig. Grottanelli la ripetizione da essi eseguita delle preparazioni del Mascagni ; il secondo del sistema linfatico, e l'altro cioè Tiedemann del doppio sistema vascolare sanguigno; né di ciò paghi espressero al prefato viaggiatore la ben do- vuta loro riconoscenza verso il Mascagni che precorsi avevali in così ardua e luminosa carriera (a) . E ad encomio maggior dell'Autor nostro aggiungasi che il Signor Gi'ottanelli ci assicura aver egli provato il contento nel suo secondo viaggio che fece 1' anno 1889 in Francia, in Inghilterra e per la Scozia, che molte Biblioteche acquistarono r edizione dell' Anatomia fatta in Italia, sebbene possedessero (i) Elogio cit. , pag. i5o-i5i. (a) Elogio cit., pag. i5i. xLvi Elogio del Cav. Paolo Mascagni quella in litografia del Lasteyrie e ciò fecero, perchè videro ((naiit' era ad essa superiore 1' originale tanto in nero che a colori della edizione Pisana. XIV. I vincoli che stringon fra loro le scienze esigono che quelli i quali con tutto 1' animo si consacrano ai severi stndj, estendano le loro vedute nel vasto campo che esse of- frono ai loro sguardi. Ben conoscendo 1' Autor nostro questa verità nessun rama tralasciò delle scienze naturali che non coltivasse. Molto interessanti ed utili riuscirono perciò le os- servazioni da lui istituite sui lagoni del territorio Sanese e Volterrano, frutto delle quali fu la pubblicazione che fin nel 1779 ei fece di varj scritti, nei quali esibisce la topografia di queste paludi, presenta 1' analisi delle acque minerali di que' luoghi, ne sviluppa le proprietà, addita i sali che con- tengono e ricorda specialmente il borace d' ottima qualità , cosi che portò egli opinione che poteva estrarsi da quelle acque con vantaggio della Toscana (i), che ha saputo profit- tare di così utile scoperta (a) . Fattosi egli conoscere con queste Memorie versato anzi che no nella Chimica, fu scelto ad insegnarla nello Spedale di S. Maria in Firenze, e nuove prove ei diede delle sue co- gnizioni in questa difficile facoltà, che come Proteo cangia così sovente d'aspetto, scrivendo sul sai sedativo di Homber- gio contenuto nelle acque Sanesi, e sull' uso del carbonato di potassa. Ma piìi luminoso sperimento poi della profondità delle sue cofiiiizioni in Chimica eirli offrì allorché nell' anno i8o5 replicò le spericnze sulla decomposizione dell'acqua per mezzo della pila elettrica (3) ; poiché il primo ei dubitò delle conse- (i) In uno di questi viiiggi sriontifici venne tenuto come una spia e quindi imprigionato, e con istento liberato per opera di alcuni amici. ( Biogr. universale. Vt-nezia 8". T. 36, pag. i3R. ) (2) Prima della scoperta di Mascagni questo prodotto tanto necessario a molte nianit'atture veniva dal Tluliet in Europa, ma al presente si ha dalla Toscana che annualmente ne somministra circa lib. iSooooo (Elogio cit., pag. i53. Nota ). (3) Lippi Elogio cit., pag. 27. Scritto dal Segretario A. Lombardi xlvii guenze sulla formazione dell' acido muriatico, che da questa decomposizione traevansi, dubbj che gì' illustri Chimici The- nard e Biot giustificarono in una loro nota presentata all' Isti- tuto Nazionale di Francia. Nulla sfuggiva alle sue osservazioni liei diversi viaggi scientifici che a sollievo di incessanti fatiche imprendeva, e la Botanica, e la Storia naturale, e 1' analisi delle acque Termali che in Toscana abbondano, fòrman sog- getto di sue sempre nuove ed utili disquisizioni, né ommise giammai di raccogliere le produzioni più rare esistenti nelle Provincie da lui esplorate. XV. Dotato di sommi talenti siccome era, e di non co- mune attività estese il Mascagni le sue viste a presso che tutti i rami delle scienze naturali, e quindi occupossi ancora nella pratica agricoltura, e consegnò il frutto delle sue osservazioni negli Atti dei Georgofili che si pubblicano in Toscana, ed a vantaggio delle arti procurò di introdurre in quel Gran Du- cato la fabbricazione della potassa e dell' indaco. La fama da lui acquistata con le opere classiche di cui pro- curai di dare una benché succinta idea, e specialmente con la grande Anatomia, sebben non potesse egli godere il frutto di tante sudate fatiche, tuttavia procui'arongli insigni onori, e le più rinomate Accademie Europee si dieder premura di aggre- garlo tra i loro cooperatori, fra le quali special menzione esi- gono r Istituto di Francia, la Società nostra, le Accademie di Scienze di Monaco e di Stokolm, ed il Collegio dei Medici di Madrid. Un busto in marmo eriger gli fece in patria il Sig. Giulio del Tajo, geloso, ed a tutta ragione, di conservai'e nella patria del Mascagni una perenne memoria di un Dotto così distinto, che un pari onore ricevè in Firenze, dove nella Gal- leria Piccolominea ammirasi un magnifico monumento a lui eretto per disposizione del Gran Duca Ferdinando III di sem- pre grande ed insieme acerba ricordanza, ed il busto marmo- reo collocatogli nell'Anfiteatro anatomico di S. Maria Nuova. XVI. Fin qui abbiamo considerato nel Professor nostro un illustre scienziato a cui non fu estranea, dir puossi, alcuna XLvni Elogio del Cav. Paolo Mascagni parte del gran libro della natura, e che in sommo grado poi coltivò r anatomia umana, così che 1' arricchì di nuove e lu- minose scoperte, e cercò nell' applicazione pratica di nuovi rimedj nuovi soUievi e conforti alla sofferente umanità. Ma ominetter non deesi di far conoscere ancora il suo morale carattere, per il che opportiuio sussidio mi presterà il già ci- tato elogio (i) dal chiarissimo Sig. Lippi tessuto ad onor del defunto. Sorti il Professor Mascagni un cuore ingenuo e sen- sibile, perlocchè somma pietà e commiserazione sentiva per gli infelici ed oppressi. Sacro era per lui il dovere della gra- titudine, ed alloi'chè nell'anno 1791 l'Istituto lo annoverò fra li suoi Socj stranieri di prima Classe, prese ima inclinazione decisa per la Francia. E siccome la verità deve sempre gui- dare la storia, dicasi pure, come feci già osservare più addie- tro, che egli si esaltò allorché le armate Francesi occuparono r Italia, e strascinato da alcuni amici si avvolse per alcun tempo nei torbidi di cpiell' epoca infausta. Ma la sincerità dell' animo suo, le sue viste al bene ognora indiritte giova- rongli a presto ricredersi, laonde continuò con fervore gli amati suoi studj e meritar seppe la stima dei Regnanti. Non curò il Mascagni le ricchezze, ed impiegò il patrimonio suo ed i generosi emolumenti che fruttarongli li suoi studj, a sol- lievo dei miseri ed a soddisfalle gli estesi impegni contratti per la sua grande anatomia. Sprezzò la gloria, ed indefessa- mente applicato alla scienza, mostravasi amico e padre anzi che rigido precettore ai discepoli che con ogni amorevolezza istruiva. Concorrevano questi in gran numero alle sue lezioni che frequentavano pure li Dotti stranieri, i tpiali avidamente contemplavano le scoperte del Professore Italiano, ed erudi- vansi nell'Anatomia. In mezzo però a tanti plausi figurò sempre in lui una virtuosa modestia, cosi che non si potò mai scor- gere nell'animo suo uè vanità, uè ambizione di comparire, ma un vivo desiderio soltanto di spingere più oltre le cognizioni (I) Pd Scritto dal Segretario A. Lombardi xlix anatomiche, ed avrebbe pur voluto conoscere 1' intima ordi- tura della macchina umana onde ( mi valgo delle parole del Lippi ) (i) « togliere dalle vacillanti ipotesi quei (sistemi) « che ancora niun uomo svelò, e allontanare dalla medica « scienza gli errori, i pregiudizj sanzionati dal tempo, dall' « ignoranza, e convalidati con la malizia, che n' inceppano (( l'avanzamento, e in nuove tenebre sovente l'avvolgono. » A coronare le morali virtù che possedeva il Mascagni concorse la Religione da lui costantemente venerata, e secondo i dettami della quale regolò mai sempre la sua vita ; perloc- chè visse contento e felice qual è l'uom giusto e da bene (2). Principe degli Anatomici nel secolo XVIII costituiscono il Professor nostro le due Opere, quella sui vasi linfatici, e la Grande Anatomia ; egregio Chimico e premuroso Medico il quale cercò istantemente i mezzi per soccorrere l' umanità languente, ce lo dimostrano le altre sue produzioni in varie raccolte Accademiche inserite o stampate a parte, così che in lui rifulsero i talenti e la dottrina, per modo che onorata si conserverà la sua memoria, finché manterransi in pregio le scienze e le arti; e vivi essere dovranno i sentimenti di am- mirazione e gi'atitudine dei posteri verso un sì grand' uomo che tant' oltre spinse le cognizioni anatomiche dei fluidi e dei solidi del corpo umano, e tutto questo non per far vana pompa di scienza, ma a procurar sempre i reali vantaggi della tera- peutica e della medica facoltà, a li oJtrroI>nj5rf ìì> ■ - Il Ranzani in così penose difficoltà dovè abbandonar Fano, e riparare a Bologna. Quivi prese a compiere lo studio delle scienze ecclesiastiche, perchè erasi consacrato al sacerdozio, e nello stesso tempo ebbe vaghezza della botanica ; per lo che correndo l'anno i8oi l'Amministrazione del Dipartimento I.I1 Elogio di INIonsig. Camillo Ranzani del Reno lo prescelse ad aiuto del Prof. Luigi Rodati, che allora sosteneva la cattedra di Botanica, e dirigeva l'orto de' semplici della Bolognese Università. Prima del Rodati le piante di cpiest' orto non meno che quelle degli erbarj annessi al medesimo erano distinte co' nomi del Tournefort. 11 Rodati aveva latto conoscere con bella Dissertazione il Sistema Lin- neano, e se ne era mostrato caldo fautore dalla cattedra, né meno caldo di lui fu il Ranzani, il quale con molta sagacia e fatica si accinse a contrassegnare de' nomi generici Linneani sì le piante dell' orto, come quelle degli erbarj. Coltivò pur nuche l'anatomia e la fisiologia vegetabile, e scrisse una Me- moria intorno allo svolgimento de' petali moltiplicati ne' fiori mostruosi, spiegando felicemente il passare degli stami ne' pe- tali per identica struttura di parti. Lesse questa Memoria all' Istituto Italiano con tanto applauso degli ascoltatori, che il chiarissiino Fortis allora Professore di Storia naturale nell' Uni- versità di Bologna concepì sì alto concetto di lui, che sino d'allora lo reputò attissimo alla storia naturale intiera. E me- glio si rassicurò nel suo pensamento allorché videlo frequen- tare le sue lezioni con tutta esattezza, e quando gl'ave d'anni e di fatiche venne autorizzato dal Governo a scegliersi un successore, non esitò a proporre il Ranzani, il quale nell'anno i8o3 con Sovrano Decreto fu eletto a Professore di zoologia e di mineralogia con universale applauso, e con applauso non minore al Fortis, che ne era stato il promotore. Non montò certamente in orgoglio il Ranzani da questa elezione, che anzi veggendo da lunge quanto fosse estesa la dottrina delle cose naturali, e quale immenso apparato di cognizioni questa ri- chiedesse, diflidò per modo di sé stesso, che entrò nel divi- samento di ricusare l'incarico; se non che il Fortis, e tutti che il conoscevano, lo rattennero, lo incoraggiarono e lo de- terminarono. Allora il genio del Ranzani si slanciò nell' im- menso sentiero che prendeva a correre, e vi si slanciò con quella forza d'animo, la quale riceve impulso dagli studj an- teriori ben fatti. Composto dal Cav. A. Bertoloni " lui La Storia naturale aveva fatto grandi 'progressi mercè del ^ genio sorprendente del Liimeo. I coltivatori della medesima che vennero dopo di lui seguendo i suoi principj immensa- mente allargarono i confini i di questa scienza, e tra essi pri- meggiò a' giorni nostri il celebratissimo Giorgio Cuvier. Neil' anno 1810 egli venne in Italia ed a Bologna, ove recatosi in compagnia del Ranzani a visitare il Bolognese Museo, che le reliquie del museo dell' Aldrovandi e del Cospiano serbava , s' avvenne in quella mandibola fossile, che già Giuseppe Monti aveva dichiarato appartenere al Trìchechus Rosmarus^ e che esso Cuvier invece aveva determinata per mandibola di Ma- ^ _ stodonte. Ma il Ranzani che aveva meglio esaminata questa \ mandibola, erasi avveduto che né all'uno né all'altro di quelli animali apparteneva, ma che era una vera mandibola di Ri- noceronte, del qual nome 1' aveva contrassegnata nel Museo. Questo ritrovato gli fu cagione di pi-ospere avventure, e fu il ^ principio della sua celebrità. Perché avendo egli esposte al Cuvier le ragioni, che a quella determinazione lo trassero, il Cuvier se ne persuase per modo che senza esitare le adottò, e pieno di ammirazione verso lo scopritore nella seconda edi- zione delle Ricerche sopra le ossa fossili rigettò la sua prima opinione, ed abbracciò quella del Ranzani, di cui fece il ben meritato elogio. Né qui si ristette il Cuvier, che dai ragionari tenuti con lui avendo formato grande opinione della sua at- titudine a diventare naturalista sommo, se avesse potuto stu- diare le cose più in grande di quello che poteva fare ne' Musei dell' Italia, avvisò al modo di chiamarlo a Parigi. Per- tanto espose al Governo del Regno d'Italia i suoi ben fondati desideri e prontamente ottenne il regio ordine, perchè il Ran- zani si recasse a Parigi, non meno per avvalorarsi negli studj della Storia naturale, che per farvi acquisto di oggetti di Zoo- logia e di Mineralogia, co' quali si dovessero arricchire i musei ' delle Università di Bologna, di Pavia e di Padova. Parti il Ranzani nel Giugno del 181 1 alla volta di quella capitale, ed il bel nome di lui lo aveva preceduto, si che e naturalisti e Liv Elogio di Monsig. Camillo Ranzani dotti d' ogni sorta lo accolsero con benevolenza, e tra questi primeggiò il Cuvier. Con non minore benevolenza Io accolsero ed il Conte Ferdinando Marescalchi che era Ministro del Re- gno, ed il Conte Aldini che nei era il Segretario generale, i quali per tutto il tempo che esso dimorò in Parigi lo colma- rono di ogni maniera di cortesie, e gli agevolarono ogni mezzo perchè potesse gloriosamente adempiere gì' incarichi a lui confidati. Né le vaghezze di quella gran Capitale, che allora ben poteva dirsi la capitale del mondo, intrattennero l'animo del Rauzaiii. Vi soggiornò quattordici mesi, e furono quattor- dici mesi di studio indefesso, di osservazioni accuratissime, di ricerche d' ogni sorta pe' suoi prediletti studj. Udì le lezioni di quei sommi, e principalmente quelle del Cuvier e del La- cepède, passò i giorni tra le collezioni pubbliche e private degli oggetti di storia naturale, fece acquisto e tesoro delle migliori opere di questa scienza, si procacciò l'amicizia di tutti i più valenti. Il nome di lui, T acume del suo ingegno , le sue belle maniere erano nella bocca di tutti que' dotti, e tutti gareggiavano nell' intrattenerlo e nell'onorario. In questo frattempo il Cuvier teneva una lezione intorno alla classifica- zione degli animali, nella cui parte seconda discorreva di quelli che per una costruzione più oscura e in apparenza più semplice reputava doversi collocare in una classe separata , che intitolava degli animali di sede incerta. Immensa era la folla degli uditori, che di ripetuti applausi faceva echeggiare la sala, quando il Cuvier avendo scorto tra quella il Ranzani lo volle distinguere di particolare onore, di quell' onore che io non so, se ad altri sia stato mai fatto. Perchè chiamatolo a se lo invitò a dirgli francamente il suo parere intorno a (juella classificazione. Il modesto Ranzani rispose da prima, che fioca era la sua voce per rendere lodi sufficienti al me- rito di quella lettura, e che amerebbe avere tanta lena da superare tutti nell' encomio della medesima, ma che d' una sola cosa nel suo intimo senso provava dubbiezza, clie per la pochezza del suo ingegno non osava manifestare. Il Cuvier, Composto dal Cav. A. Bertoloni •. lv che ben conosceva l'ingegno del Ranzani, gli fece ànimo, anzi Io costrinse a palesarla. Ed egli allora coli' ingenuità che è propria del sapiente gli espose non parergli ben certo, che gli animali di sedi dubbiose potessero sempre rimanere in quella classe separata, e che nuove scoperte potrebbero un giorno trarlo a mutar parere, e forse ancora a togliere quella classe; né il disse invano. Glie 1' Ehremberg avendo di poi scoperto il sistema vascolare negli animali infusorj, i quali dal Cuvier venivano annoverati tra gli animali d'incerta sede, mostrò ad evidenza quanto fosse saggia la previdenza del Ran- zani, ed il Cuvier stesso in altra lezione appoggiato all'osser- vazione di lui ne fece tema di novella dottrina, colla quale rigettò la classe degli animali d' incerta sede. Frattanto che il Ranzani dava opera all'immenso ingran- dimento del suo sapere, e stringeva amicizia e relazioni co' naturalisti più insigni, coi quali poi anche da lontano sempre mantenne viva corrispondenza, con pari attività eseguiva l'in- carico affidatogli dal Governo d' Italia di acquistare oggetti di Storia, naturale pei Musei del Regno, e ne acquistò in tanta qopia, e di coèì bene scelti, che questi Musei ebbero a gloriarsi de' novelli acquisti, e tra ile altre cose io qui ram- menterò la Collezione degli animali fossili delle gessaie di Pa- rigi, che depositò nel Museo di Bologna, la quale e pel nu- mero e per la raritài degli oggetti ne ha poche al confronto, anzi nessuna per gli ornitoliti, de' quali , uno tra gli altri ve ne ha di scheletro pressoché intiero.bni u a sUab fìftn^yyc i^CiO Ricondottosi in patria con immense dovizie di cognizioni, di oggetti, di libri apri un nuovo teatro allo studio della Storia naturale, e Bologna fu quella che insegnò per la prima agli Italiani pet mezzo del Ranzani quale e quanta fosse 1' am- piezza delle naturali dottrine. Chi udì mai lezioni più nitide, più erudite, più piacevoli di quelle del Ranzani? Chi più del Ranzani seppe conformare lo spirito degli uditori alla gran- dezza del subbietto, ed accenderli a quello studio? Chi trattò tutti quanti i rami della Storia naturale, e con pari sapere e Lvi Elogio di Monsig. Camillo Ranzani nivicstria? Nessuno. Nò usciva opera novella, novella scoperta, che le lezioni del Ranzani immediatamente non arricchisse. Quindi è che non minori premure poneva nel fare nuovo te- soro di lihri, con che venne a possedere la lihreria più insi- gne di storia naturale, che fosse in Italia ; ed oh fosse pur anco appo noi questa preziosissima collezione ! Il Museo di Storia naturale di Bologna, prima della gita del Ranzani a Parigi, era assai limitato. Pochi avanzi del mu- seo di Ulisse Aldrovandi, come già dissi, una parte del museo Cospiano e i polipaj del Conte Ferdinando Luigi Marsigli ne formavano tutta la suppelletile. Toccai di volo quanta dovizia gliene venisse col ritorno del Ranzani da Parigi. E vaglia il vero. Appena si cominciava allora a conoscere 1' Ornitorinco ed il Kangarii della Nuova Olanda, e l'Ornitorinco ed il Kan- garù vi furono prima che altrove collocati. Una sconosciuta generazione di animali fossili perduti appena si dissotterava in quel tempo, e i Paleoterj, i Megaterj, i Mastodonti ven- nero a competenza col Rinoceronte fossile dell' Aldrovandi. In una parola e la Zootomia, e 1' Ornitologia, e l'Ittiologia, e r Entomologia, e la Mineralogia, ed i Fossili immensamente accrehbero ed arricchirono il nostro Museo. Per tutto il tempo poi di sua vita, egli non desistè mai dall' acquistare nuove cose per questo museo, e tanta era la cm-a, che ebbe sempre di esso, che molti oggetti che gli venivano regalati, e questi sovente preziosissimi, tutti al museo generosamente donava. Cosi avvenne della numerosa collezione di conchiglie del museo Cospiano lasciatagli dal Conte Prospero Ranuzzi, così delle rarissime conchiglie della Nuova Olanda avute in dono dal Conte Ferdinando Mai'escalchi, cosi dei pesci dell' Adriatico mandatigli dall' Orsini di Ascoli, cosi di quelli del mare Li- gustico portatigli da me, cosi dei minerali della Spagna e dell' America Spagnuola ottenuti dalla muniiicenza dell'illustre por- porato il fu Cardinale Giacomo de' Principi Giustiniani. Ma non finirebbe il mio dire, se tutte qui volessi annoverare le produzioni naturali, che per le cure del Ranzani nel breve Composto dal Cav. A. Bertoloni lvii periodo di cinque lustri innalzarono il Museo Bolognese al grado de'più doviziosi dell'Italia. Indefessa del pari fu l'opera sua nell'ordinario ai migliori sistemi valendosi del Cuvier per' la Zootomia, del suo proprio sistema per 1' Ornitologia, del Fabricio, del Panzer, del Hubner, del Herbst per l'Entomologia, del Werner, del Haùy, del Beudant e del Mohs per la Mi- neralogia, e di altri per altri rami; e già erasi procurata a sue spese la grande opera della Concliiologia Brittanica del Leach, avvisando di ordinare con questa la vasta collezione di concliiglie del Bolognese Museo, ma fallì il suo desiderio, percliè gli venne meno la vita. Le cose fin qui per me discorse del merito del Ranzani, tuttoché grandi, sono pressoché nulla al paragone di quelle, che sono per esporre. Non fu egli di coloro, che hanno fretta di dare il loro nome alle stampe. La dirittura della sua mente gli facea ben conoscere , che prima di parlare delle cose scientifiche conveniva averne perfetta cognizione, e che co- loro, i quali veggono d' occhio mezzo aperto, quanto sono fa- cili a cadere in vani giudizj, altrettanto si rendono spregevoli e vituperati. Adunque il Ranzani soltanto nel 1817 imprese a pidjblicare i suoi lavori, vale a dire dopo ben tre lustri, da che dava lezioni dalla cattedra, e si appalesò agli scienziati con più dissertazioni, le quali furono inserite nella collezione degli Opuscoli scientifici, che si stampò in Bologna pel Nobili, Nella prima di queste dava contezza di un nuovo animale della classe degli Anellidi, il quale serbavasi nel Bolognese Museo. Mostrò, che apparteneva all' ordine degli Anellidi Dor- sibranchi dei Cuvier ed alla prima delle due famiglie attri- buite a quest' ordine, nella quale esso Cuvier annoverava i generi Spio e Nereìs. Era al certo vicino alle Nereidi; ma la grandezza delle branchie, la forma, la situazione degli occhi, la positura dei tentoni trassero il Ranzani a ritrarnelo di là, ed a crearne il nuovo genere Phyllodoce e la nuova specie Phyllodoce maxillosa^ che fece rappresentare con esatta figura. Saggio divisamento di non confondere nello stesso gruppo Tomo XXIII. 8 Lviii Elogio di Monsig. Camillo Ranzani animali, che per saldi caratteri di parti essenziali sono gli uni dagli altri bene differenziati! Quinci si fece strada a chia- rire un' altra specie nuova di Anellide, che riferì al genere Arenicola del Lamarck. Il solo Arenicola piscatoruin era sino allora conosciuto. Ma nel Museo Bolognese erano ben tre in- dividui di un altro Arenicola assai diverso; poiché la parte anteriore del suo corpo era fatta a clava bislunga, e non quasi a cilindro, la parte media ne era più ristretta, e la parte posteriore in proporzione assai lunga e nodosa, e non molto corta, e molto meno nodosa; oltre che le sue branchie ripiegate e poste in riposo erano di colore nericcio, mentre quelle dell' Arenicola piscatorum nelle stesse condizioni sono di colore grigio. Adunque egli chiamò questa nuova specie col nome di Arenicola clavatus^ e datane precisa descrizione, r avvalorò di figura diligentissima. Nò diversamente adoperò allorché prese ad illustrare il Thalassema scutatus, altro degli Anellidi appartenenti al genere Thalassema, quale fu stabilito dal Cuvier, e non quale se lo ebbero il Gaertner ed il Lamarck. Questo Thalassema corrisponde alla Mentula cucurhitina ma- rina di Giovanni Bianchi, che Stellino Renier già Professore di Storia naturale nell' Università di Padova ebbesi per un Echinorinco, e chiamò Echinorhynchus scutatus. Ma il Ranzani dimostrò che non poteva appartenere agli Echinorinchi, i quali non posseggono anelli in veruna parte del corpo, e se mo- strano increspature, queste scompariscono mettendoli nell'acqua, per non dire di altri caratteri assai ben provati dalle accurate osservazioni del Goeze, del Zeder, del Treutler, del Rudolfi , che distinguono gli Echinorinchi dai Talassemi. Magggiore e più arduo fu il suo lavoro nel dicifrare l'oscura famiglia dei Balanidi. Divise questo in due parti, nella prima delle quali fece conoscere per quante diverse classi, ordini e gen(ni questi Molluschi passarono secondo le discordi opinioni degli autori, che dal Linneo in poi ne fecero argomento di loro studio, e quivi notate le incongruenze in cui caddero, venne a stabilire che i Balanidi non si debbano Composto dal Cav. A. Bertoloni lix separare dalla classe degli Acefali. Siccome poi conobbe, che i Balanidi e le Anatife avevano caratteri comuni, i quali non s'incontrano nel rimanente degli Acefali, vale a dire le brac- cia articolate e cornee, le mandibule trasversali, il dorso con- vesso, il sito particolare dell' ano, il lungo tubo, nel quale il loro corpo finisce, la conchiglia moltivalve che racchiude questo corpo, le file dei gangli nervei situate ft-a le braccia; cosi ne conchiuse che i Balanidi e le Anatife si debbano riferire ad un medesimo ordine, e rifiutato quello dei Brachiopedi e dei Cirriferi, gettò le basi di una nuova generale divisione della classe degli Acefali. Chiamò Olenìa gli Acefali, che hanno le braccia vicino alla bocca, Anolenìa quelli che ne mancano. Formò un primo ordine cogli Olenj dalle braccia articolate e cornee, distinguendolo col nome di Ceratolena. Riunì in un altr' ordine gli Olenj dalle braccia carnose, e lo disse Sarco- lena. Riguardo poi agli Anolenj osservando che altri erano coperti di conchiglia ed altri no , stabilì pei primi V ordine dei Calyptanolena, e pei secondi quello dei Gymnanolena. Dalle quali caratteristiche egli si fece a conchiudere, che i Balanidi e le Anatife appartenevano ai Criptanolenj , ma che dovevano distribuirsi in due diverse famiglie, perciocché pos- sedevano caratteri di distinzione oltre a quelli che formano il carattere dell' ordine. Di questa guisa egli si aprì la strada alla seconda parte del suo lavoro, nella quale venne a dichia- rare i generi della famiglia dei Balanidi, che a lui parve do- vere introdurre in questa sistemazione novella rifiutando quelli di Mojiolopus, Polylopus e Astrolepas indebitamente fondati dal KJein, e ritenendo quelli di Tubìcinella., Coronilla e Ba- lanus con piìi precisione proposti dal Lamarck; ma quivi egli spinse assai più oltre le osservazioni intorno alla struttura della conchiglia dei Balanidi, dalla quale giustamente argo- mentò una notabile diversità nella organizzazione dei Molluschi, che se la fabbricano, e per ciò la necessità di distribuirli in più altri generi chiarendo meglio i tre già stabiliti. Emendati adunque i tre generi Lamarckiani Balanus., Coronula e Tubi- Lx Elogio di Monsig. Camillo Ranzani cìnella aggiunse ai medesimi i nuovi generi Asemus^ Ochthosìa, Cht/iarìialus, Cetopirus e Diadema. Restavagli a chiarire le specie di ciascuno dei generi an- zidetti, e per questo lavoro si valse di tutti i Balanidi, che potè acquistare per se e pel museo, o che potè vedere in altri musei, e quelli che non potè avere sott' occhio in natura, trasseli dalle opere dei più valenti naturalisti richiamate a se- vero esame secondo la sua finissima critica. Attribuì al genere Asemus ed Oc/itJiosia una sola specie per ciascheduno. Corredò il genere Balanus di tredici specie, la prima e la nona delle quali erano nuove, cioè il Balanus Gigas proveniente dalle coste della Nuova Olanda, ed il Balanus discors che trovò at- taccato ad un Mitolo del Magellan. Chiarì ed appurò ì sino- nimi di tutte le altre, e più particolarmente si estese intorno al Balanus tulìpa e Balanus balanoìdes abitatori del mare mediterraneo, ed il primo ancora fossile ne' monti del Bolo- gnese. A questo potè assegnare quattro varietà, le quali a grado a grado dimostravano il passaggio nel tipo specie, e che malamente dal Poli erausi reputate specie distinte. Al Balanus balanoìdes poi ne attribuì cinque, alcune delle quali erano nuove. E per compimento di questo suo diligentissimo lavoro sopra i Balani dichiarò che rimanevano altre quattro specie non ben determinate, richiamando sopra di esse 1' attenzione de' naturalisti che avessero agio di meglio esaminarle. Diede due specie ai generi Chthamalus e Cownula., ed una sola ai generi Cetopirus., Diadema e Tubicinella. Osservò che le due specie del primo di questi generi erano proprie dei sassi vo- mitati dal Vesuvio nel mare di Napoli, e che la seconda cioè il Chthamalus stellatus si trovava attaccata anche alle Patelle; e quanto ai sinonimi attribuitile dal Poli richiamò a dubbiezza il sinonimo del Ginnani , perchè questi nulla dicendo della struttura di alcune parti essenziali ci lasciò int;erti del posto che competeva al suo balanide. Ebbe sospetto che il genere Diadema non fosse buono, e che dovendosi abolire convenisse unirne la specie, cioè il Diadema candidum., al genere Cetopirus.) Composto dal Cav. A. Bertoloni lxi ma che non si dovesse confondere col Cetopirus halenarls , come aveva fatto il Bruguiere , perchè i rispettivi caratteri distintivi erano troppo evidenti. Nel mentre che egli poneva iine a questa classificazione per se tutta nuova, gli perverme una recentissima Memoria del Leach sopra i Cirripedi, della quale diede contezza aggiugnendovi le sue riflessioni princi- palmente per quello che riguarda i Balanidi, con che venne a mostrare in che il Leach convenisse o discordasse da hii, e come nel sistema del medesimo rimanessero fuori i generi OcìitJiosia e Chthamalus che indubitatamente appartenevano alla famiglia dei Balanidi. E quest'opera del Ranzani talmente ottenne V appi'ovazione dei Naturalisti, che in breve lo spo- gliarono delle copie, che ne aveva fatto stampare a parte, il che fu per lui di grande e inaspettato incoraggiamento. Pertanto prosegui con maggiore ardore di prima nella cominciata intrapresa, e si accinse ad illustrare un fossile, che Ulisse Aldrovandi aveva chiamato Sepite, del quale il solo Batarra aveva dato un cenno brevissimo e di poco rilievo. Nel Museo Metallico dell' Aldrovandi pubblicato da Bartolomeo Ambrosini ei'a stata posta la figura di questa Sepite, ed il Ranzani aveva scoperto in un codice dello stesso Aldrovandi intitolato Index animalium et fossìlìum^ che la medesima era stata disotterrata nel territorio di Bologna. Il fossile autentico poi serbavasi nel museo affidatogli. Gli antichi Naturalisti non usavano né di critica, né di confronto di oggetti per isvelarne la natura, quinci assai di rado incontra che eglino cogliessero nel segno in dicifrarli. Ma il Ranzani, posto il fossile al pa- ragone delle Ranìne descritte dal Latreille, mostrò che la Se- pite era una specie di Ranina ed una specie novella, alla quale appose il nome di Ranina Aldrovandi^ il che fece me- glio conoscere con una Tavola contenente le figure si di essa, come della Ranina dentata a lei alfine. L' Epidesmus maculatns , pesce rarissimo della divisione degli Acantopterigii, nuovo nel genere e nuovo nella specie, fu un' altro subbietto di che il Ranzani prese a trattare. Questo LXii Elogio di ]\Ionsig. Camillo Ranzani pesce era stato pescato nel mare di Rimini, ed era a lui per- venuto por cura del Reviho Paolo Barbettl allora Canonico della Cattedrale Riminese, ed ora de' Padri Conventuali in San Francesco di Bologna, nomo insigne per la vastità delle sue cognizioni nelle dottrine matematiche e lisiclie, e in altre scienze, e caro sopra modo a tutti per la sua dolcezza e ret- titudine, prerogative per le quali egli fu già elevato alla di- gnità di Generale del suo ordine. Quanto il Ranzani gli fosse grato del dono, non giova che il dica, e ben lo dimostrò colla ]iremura, onde imprese la dotta illustrazione di quel pesce singolare, alla cui diligente descrizione volle aggiungere an- cora esattissima figura. In questo tempo un accidente per noi fortunato aveva tratto sulle coste d'America l' insigne incisore Mauro Gandolfi, il quale avvenutosi colà in un crostaceo di straordinarie e bizzarre forme ne fece acquisto, e caldo di quell'amor patrio, che da per tutto onora i Bolognesi, lo mandò al Ranzani af- finchè lo collocasse nel Museo dell' Università ; il che non solo avvenne, ma somministrò al Ranzani il tema di una dis- sertazione oltre modo circostanziata e preziosa. Era questo crostaceo il Limulus Polyphemus del Latreille, detto dal Lin- neo Monocolus Polyphemus. Oh (pianto erano discordi i Na- turalisti intorno alla determinazione delle parti principali di questo animale e degli uffizj di esse parti! Chi crederebbe, che si disputò persino, se alcune fossero piedi o mandibule, se r animale possedesse due occhi soli o tre, se questo o quello fosse piuttosto l'organo del sesso mascolino o del fem- minino! E alle principali di queste discordanze dava luogo il Fabricio, -il quale voleva deduri'e dalla struttura della bocca degli Insetti, de' Ciostacei e degli Araneidi i caratteri essen- ziali dei loro ordini e generi, e vedeva mandibule e palpi, anche dove mandibule e palpi non erano. Ma il Ranzani ac- cintosi al diligente esame de' Limuli vide, che chiudendosi la bocca di questi animali, gli orli interni della medesima sol- tanto si accostavano tra di loro, né le due anche, che stavano Composto dal Cav. A. Bertoloni lxiii alla bocca vicine , venivano ad incontrarsi. Queste dunque non potevano per se operare direttamente la masticazione. Che se coli' estremità loro, o vogliam dire col piede, erano capaci di prendere e poitare il cibo alla bocca, queste estre- mità non si potevano considerare come mandibule, imperocché le mani dell' uomo e delle scimie, i piedi di non pochi mam- miferi e di alcuni uccelli fanno lo stesso, e non per questo è mai venuto a chicchessia il pensamento di avere per mandi- bule quelle mani e que' piedi. Col quale stretto ragionamento il Ranzani, distrutte le teoriche del Fabricio, riguardo ai Li- muli, addimostrò verissimo il detto del Linneo, essere piedi quelle parti, che il Fabricio stravolgeva a mandibule. Due occhi soltanto, e non tre, assicurò essere nel Limulus Poly- phemus^ come pure in un altro Limulo assai vicino ad esso ed esistente nel Museo Bolognese; né trovò questi occhi pic- ciolissimi, come gli aveva detti il Latreille, perché nel Poli- femo ogni occhio era lungo mezzo pollice e largo tre linee, era formato a foggia di rene ed aveva la cornea fatta di rete finissima. Scoprì a mezzo il corpo di questi animali due scavi circolari pelosi da nessuno prima di lui avvertiti. Ma troppo mi dilungherei se io qui ridire volessi tutte le parti, che egli pose in chiaro ne' Limuli, e solo mi contenterò di accennare alla schiettezza di lui, allorché esaminata la questione degli organi genitali insorta tra il Parrà ed il Savigny assicurò non avervi ancora certezza per istabilire i caratteri della diversità dei sessi in que' singolarissimi animali, come pure non avervi certezza intorno alla differenza essenziale del Limulus Pofy- phemus e del Limulo delle Molucche; per lo che egli pruden- temente si attenne al partito di considerarli per una specie sola, come già aveva adoperato il Linneo, e ad ammettere tre sole specie di questo genere, cioè il Limulus Polyphemus ^ il Limulus heterodactylus ed il Limulus rotundicaucìatus. Chiunque va bene a dentro nelle cose della natura, chia- ramente conosce che questa non ha che specie e varietà di specie; ma il Ranzani sebbene altamente convinto di questa LXiv Elogio di INIoxjig. Camillo Ranzani verità, saggiamente diceva, che sovente gravi tlilTicoltà s' in- contrano per decidere, se un dato animale a questa piuttosto che a quella specie appartenga, perchè da uoi s' ignora sino a qual punto possano variare le specie. Al che se aggiungasi, che non sempre ai Naturalisti è concesso di esaminare gli animali vivi dovendo essi giovarsi di spoglie disseccate, o im- merse nello spirito di vino, l' impresa rendesi ancor più diffi- cile. Ed una prova evidentissima di ciò ei se l'ebbe, allorché si lece ad illustrare parecchi IMoUuschi del genere Eledone. Sopra di che egli osservò da prima, che il nome Eledone ili introdotto da Aristotile per signihcare quel polpo o mollusco Cetalopede, le cui braccia portano una sola fila di verruche. Il Linneo clic riunì tutti i Cetalopedi nudi nel genere Sepia cadde nel grave inconveniente di confondere nella sola Sepia octopodìa tanto i polpi da una fila sola di verruche nelle braccia, quanto quelli da due file, e peggio poi il Gmelin so- gnò, che tutti i pol[)i di questa specie avessero le braccia con doppia fila di verruche. Il Lamarck più diligente osservatore emendò gli errori dell' uno e dell' altro, e del genere Linneano Sepia ne formò tre, cioè, Sepia^ Loli^o ed Octopus. I caratteri che il Lamarck attribuiva i\\V Octopus ^ consistevano in otto piedi o l)raccia uguali per ciascuno, e stabiliva due specie di questo genere, corredate di una sola fila di verruche per lìraccio, cioè V Octopus moschatus e V Octopus cirrosus, alle (piali il Monfort aggiunse una terza desumendola dalle opere dell' Aldrovandi, per che appunto la disse Octopus Aldrovandi. Il Lcach ed il Rafincsque non furono paghi delle dottrine del Lamarck, ed ii primo di questi introdusse l' oixline Octo- poda nella classe dei Cefalopedi, nel qual ordine collocò i ge- neri Eledone, Polypns Ocythoe, e riferi al primo una specie sola dalle braccia tra loro somiglianti , guarnite di una sola fila di verruche, cioè 1' Eledone nwscJiata., ossia 1' Octopus mo- schatus del Lamarck. Il Rafines([ue separati i Cirripedi del Lamarck dai Molluschi ridusse (piesti ultimi ad una sola classe, che chiamò Apalosia^ ed ascrisse all'ordine dei Cefalopedi di Composto dal Cav. A. Bertoloni lxv questa classe la famiglia degli Octopedl, i cui caratteri erano la mancanza di ogni sorta di conchiglia esterna od interna , ed otto braccia conformi, ma non sempre di uguale lunghezza. Collocò quattro generi sotto questa famiglia, VOctopus., VOzaena, il Tigrias e VOcythoe, ed al genere Ozaena il quale corri- sponde all' Eledone del Leach riferì le due specie Ozaena mo- schata e Ozaena Aldrovandi. Il Ranzani richiamate ad esame tutte le cose premesse, avverti da prima che il nome gene- rico Eledone doveva con tutta ragione preferirsi a quello di Ozaena^ essendoché risaliva fino ad Aristotele fondatore della Storia naturale ; indi venendo alle due specie Lamarckiane Octopus moschatus e Octopus cirrosus appartenenti aWEledone, trovò che i caratteri distintivi assegnati all' uno e all' altro non erano i più certi, perchè il Lamarck avendone esaminato un solo di ognuna di queste specie conservato nello spirito di vino, potè prendere per forme certe quelle che erano pu- ramente accidentali. Che disse egli di fatto dell' Octopus moscha- tus? Che aveva il corpo dittico, liscio e le braccia lunghis- sime. Che dell' Octopus cirrosus? Che il suo corpo era ton- deggiante piuttosto liscio, e che le sue braccia erano com- presse e attorcigliate a spirale. Ma è cosa fuori di ogni dub- bio, che questi Cefalopedi al paro degli alti'i molluschi pos- sono colla contrazione dei loro muscoli dare alle indicate parti forme ed assetti diversi. Non è egli per questa ragione, che il medesimo Lamarck addusse al suo Octopus moschatus dal corpo dittico la figura del Rondelet, che lo rappresenta col corpo sferico ? Riguardo poi alle braccia il Ranzani ebbe a conoscere per replicate osservazioni, che queste negl'individui della medesima specie ora potevano essere aperte e scostate, ora unite per coprire la bocca, e così pure ora attorcigliate ed ora distese, e mostrare di questa guisa lunghezza e sotti- gliezza maggiore o minore; e già il Monfort aveva dichiarato che la forma rotonda od angolosa delle stesse braccia dipendeva dalla distensione o contrazione de' muscoli. Tratte per tal modo a dubbiezza le testé accennate specie del Lamarck, egli Tomo XXIII. 9 Lxvi Elooio di Monsig. Camillo Ranzani mosse più forti dul)l)j intorno ai caratteri ed al collocanìento deìV Octopus Aldro^'andi. Il Monfort suppone in primo luogo, che in tutti gli Octopedi da una sola fila di verruche manchi la membrana che unisce le braccia, forse indotto in quest' er- rore dacché esaminò Cefalopedi, i quali avevano congiunte le braccia, per chiudere la bocca. Ma se egli avesse aperto con l'orza quelle braccia, avrebbe veduto, come vide il Ranzani, che qnella membrana v' era, e che soltanto v' era contratta. Fu altra supposizione del Monfort, che il Cefalopede rappre- sentato nell'opera dell'Aldrovandi avesse una sola fila di ver- ruche nelle braccia, e qui il Ranzani non sa comprendere come gli sfuggisse ciò che sta scritto nel testo dell'Aldrovandi, che pure esso adduce, peixhè vi è detto a chiare note, che le braccia avevano doppia fila di verruche, e che la figura era stata disegnata in modo che una sola fila se ne potesse vedere. Per che giustamente il Ranzani concliiuse che VOcto- pus Aldroi'aiidì del Monfort non solamente non era stato ben cai'atterizzato, ma che nemmeno apparteneva agli Octopedi da una sola fila di verruche, cioè alle Eledoni. Inhne egli si rivolse a cercare se si potessero ottenere caratteri distintivi delle specie delle Eledoni dal loro diverso colore e dal nu- mero delle verruche, che si trovano in ogni braccia; e quanto al colore pienamente convenne non essere carattere da fidar- sene, giacche lo stesso Aristotele aveva già avvertito che il polpo soggiaceva a mutazione di colore. Per riguardo poi al numero delle verruche nelle braccia, le ripetute sue osserva- zioni sopra niunerosi individni àcW Eledone moschata pescati nell'Adriatico e altrove gli mostrarono, che il numero di queste verruche, era vario secondo l'età del mollusco, onde nemmeno da ciò poteva ritrarsi verun carattere specifico; e però erra- rono que' naturalisti, che a somiglianti caratteri si attennero. E chiuse questo suo importantissimo lavoro col notare un al- tro sbaglio dello Schneider, il quale opino che V Octopus cir- rosus corrispondesse alla Bolitaena di Aristotele, il che essere non poteva, perchè V Octopus cirrosus è di que' Cefalopedi , Composto dal Cav. A. Bertoloni lxvii che hanno una sola fila di verruche nelle braccia, laddove la Rolitaena per detto di Aristotele stesso ve ne possiede due file. Il Nautilo, quel meraviglioso animale, che stando nella conchiglia come in galleggiante barchetta spiega alle aure marine le sue membrane a guisa di vele e solca le onde, fu posto esso pure ad esame dal Ranzani. Premessa la descrizione de' Ceftilopedi osservati dai moderni naturalisti ne' nicchi degli Argonauti, verificata ancora sopra due individui, che se ne serbano nel Museo Bolognese, e' volle rintracciare se questi erano identici o diversi da quelli cui descrissero Aristotele, Plinio, Ateneo ed Appiano, e sopra tutto dall' Argonauta di Aristotele. Il Blainville a giorni nostri lo asseriva diverso, per- chè secondo lui il greco naturalista disse, che il suo possedeva tra le braccia un tessuto sottile qual tela di ragno a guisa della membrana, che è tra le dita degli uccelli palmipedi, la qual cosa certo non incontrasi negh Argonauti osservati più di recente. E se il fatto fosse stato esposto da Aristotele nella maniera che il Blainville suppone, la diversità di quell'animale sarebbe posta fuori di dubbio. Ma il Ranzani vide coli' acume del suo ingegno che un polpo foggiato di quella guisa sarebbe stato cosa immensamente lontana dalla struttura de' polpi, i quali abbisognano di braccia libere per la locomozione, e per procacciarsi il cibo. Ammonito quinci dal comune consenso degli eruditi, e particolarmente dello Schneider^ che il testo d' Aristotele sopra l' Argonauta era corrotto, si cimentò vaio-; rosa mente- a ricondurlo alla primitiva e genuina lezione. Ate- neo gli porse il filo delle ricerche ; conciossiachè parlando questi dell' Argonauta medesimo di Aristotele stabilisce due sole essere le braccia guarnite di membrana, il che fu anche ripetuto da Plinio e da Appiano. Ma il vocabolo Òvo era scom- parso nel testo dello Stagirita, e solo lo Sohneider saviamente ve lo ripose; e che dovesse esservi riposto a tutta forza so- stenne il Ranzani sopra 1' autorità in-efragabile degli antichi scrittori. Tuttavia anche due braccia Sìole collegate tra loro j>er mezzo di una membrana sarebbero bastate per mantenere Lxviii Elogio di Monsig. Camillo Ranzani dbtinto ({ueir animale. Aggiungasi a ciò che l'altra omissione del vocabolo ejti superiormente^ operata nel testo dallo Schnei- der, credendola intrusa e vuota di senso, e la mala interpre- tazione del vocabolo pera^v nel mezzo, che si reputò indicare la membrana destinata a collegare le due braccia, e non si- tuata nella parte di mezzo di ogni braccio, sempre più avva- loravano le caratteristiche della diversità. Ma ascoltiamo le giustissime rettificazioni e dichiarazioni del Ranzani, mercè le quali è il testo reso chiaro ed evidente. Il polpo dell'Argo- nauta ha due braccia , ciascheduna delle quali nella parte media porta superiormente una membrana simile a quella de' palmipedi, e intorno ad essa il braccio rispettivo s' incurva e le fa orlo. E non è questa la genuina struttura, che oggidì si è osservata negli animali degli Argonauti? E non è questa la vera immagine della vela del bastimento, con che 1' Argo- nauta, al dire d'Aristotele, scorre pel mare? Adunque per così fino e felice ritrovamento del Ranzani noi venimmo in chiaro, che gli animali degli Argonauti descritti dagli antichi autori erano con tutta probabilità gli stessi che quelli cono- sciuti dai moderni. Un' altra grave difficoltà gli si affacciava, ed era quella dì determinare, se il Cefalopede dell' Argonauta ap})artenesse alla sua conchiglia, o se ne fosse im estraneo usurpatore, del qual ultimo pensamento erano sostenitori non pochi insigni naturalisti, e fra questi il Blainville. Il Ranzani modestamente richiamò ad esame tutti gli argomenti di lui, e co' suoi ra- gionari ne infievolì per modo il valore, che più non valevano a dimostrare V assunto. Giammai Cefalopedi di specie diversa furono trovati nella stessa conchiglia di Argonauta, né Cefa- lopedi della stessa specie in conchiglia diversa. Laonde pru- dentemente conchiuse che gli argomenti del Blainville non essendo sufficienti era per lo meno mestieri fare nuove e più diligenti ricerche per dar certezza della cosa. Dopo ciò tenne discorso della Pìioca albwentrìs e di una Jena. Riguardo alla prima avendone esaminato una pelle, nella Composto dal Cav. A. Bertoloni lxix quale i denti erano intatti, potè descriverli con quella esat- tezza, che né il Buffon, né 1' Hermann, né Federico Cuvier avevano adoperata ; ma non per questo volle asserire che i denti di questa specie siano sempre costanti di forma, e che mostrare non possano differenze dipendenti dalla diversa età. Ma e perché egli pose tanta cura nel descrivere i denti di questo anfibio ? Alcuni naturalisti avevano separato le Foche Linneane in due generi, o per lo meno in due sezioni, ed il Peron era andato più oltre facendo passare il nome generico di Foca a quello di famiglia, che chiamò De' Focacei, alla quale attribuì i due generi Phoca e Otaria. Il Cuvier ed il Desmarets, sebbene non si accostassero per intero al parere del Peron, dissero per altro, che le Otarie dovevano formare un genere a parte, giacché possedevano quattro denti incisivi superiori, de' quali i medj avevano doppio taglio, i laterali erano più piccioli, semplici e con taglio semplice, e gli inci- sivi inferiori erano forcuti, al che il Cuvier aggiunse che i molari tutti erano conici, ed assegnò alle Foche gli incisivi appuntati, i superiori esterni più lunghi ed i molari taglienti con molte punte. Ora il Ranzani trovò, che la dentatura della Phoca alhiventris non era né quella delle Otarie, né quella delle Foche dei moderni, dal che saviamente dedusse essere prudente divisamento il differire lo stabilimento di più generi delle Foche, finché sia meglio conosciuta la dentatura delle diverse specie, ed aggiunse, che per ora era migliore consiglio di serbare il genere Phoca Linneano nella sua integrità, con- tentandoci al più di dividerlo col Boddaert in due sezioni, i cui caratteri si dovessero prendere da tutt' altra parte, fuor- ché dai denti. La Jena era stata esposta viva alla curiosità del pubblico in Bologna, e sino d' allora aveva attirato a se l'attenzione del nostro Naturalista. Morta questa fiera poco dopo in Roma, ne fu preparata ed impagliata la pelle, ed il pro- prietario di essa ripassando per Bologna la vendè al Ranzani pel Museo di Storia naturale. La sua dimensione e i denti già logori mostravano che era vecchio animale. Il suo pelame Lxx Elocio di Monsig. Camillo Ranzani era biondo -rossiccio con macchie nerastre, le orecchie brevi, non aguzze, il dente molare della inandibula interiore, detto ferino, era bicuspide, ma non possedeva internamente a canto della seconda punta (|nel tubercolo, il quale si vede nel dente ferino della Hyena fasciata., né esiste in vermi' altra delle Jene fino ad ora conosciute. Il Ranzani prima di venire a ma- nifestare la sna opinione intorno a quella sua Jena volle pas- sare in rivista tutte le Jene già conte. Convengono i Natura- listi che la Hyena fasciata, sia buona specie e che essenzial- mente diversifichi da quella del Capo di Buona Speranza, per- chè ha il tronco e le estremità ornate di belle fasce, e le orecchie assai lunghe ed aguzze, mentre 1' altra ha il pelo grigio, macchiato di bruno, le orecchie corte e non aguzze. Giorgio Cuvier ne vide viva una terza dal pelo biondo rosso con macchie nere, e dalle orecchie lunghe ed aguzze come sono quelle della Jena fasciata e questa terza ebbe il nome di Hyena rufa dal Desmarets. Federico Cuvier ammise due sole specie di Jena, e l'Oken opinò che la Hyena nifi fosse mera varietà di ([nella del Capo. Non ne convenne il Ranzani, perchè se tutta la diversità di (juesti due animali fosse stata nel solo colore del pelo, l'opinione si potea avere per buona; ma la lunghezza e la forma diversa delle orecchie gli som- ministrarono prove troppo chiare ed evidenti per dimostrare la diversità di loro specie. Lo stesso Oken aggiunse alle testé accennate un' altra Jena senza macchie e senza fasce, e di pelo tutto quanto rossiccio, e la chiamò Hyena ininiaculata rufa., ma non indicò né la lunghezza del suo corpo ne la fi- gura delle orecchie. Il Ranzani sospettò che anche questa non fosse buona specie, tanto più che la medesima ha 1' abi- tudine di stare vicino ai lidi del mare; non volle per altro asseverarlo non conoscendone altri caratteri fuor quello del colore. Ora ritornando alla sua Jena, e facendone il confronto con tutte le altre già dette, trovò, che essa era diversa dalla fasciata, perché aveva la pelle con macchie e non con fasce, le orecchie brevi non aguzze, il dente ferino privo del tubercolo. Composto dal Cav. A. Bertoloni lxx: Nemmeno trovò di poterla riferire alla Jena rossa per le sue corte orecchie. Così pure credè inutile di raffrontarla colla Jena senza macchie, perchè aveva il pelame macchiato. Vide bensì che per la coi'tezza e torma delle orecchie si conveniva interamente colla Jena del Capo, ma che ne differiva pel cor lore del pelame, ed osservando che il colore è soggetto a va- riare, siccome accade nella Hyena fasciata., prudentemente e saggiamente conchiuse, che la sua fosse una nuova varietà non ancora avvertita della Jena del Capo. Oh quanto sapere, quanto ammaestramento non si avvisa in questo cauto proce- dere del nostro Naturalista ! Mentre che il Ranzani con tutti gli anzidetti classici la- vori si procacciava nome chiarissimo tra i dotti, tacitamente preparava quell' opei'a, che doveva mettere il colmo alla sua fama nell' Europa, ed oltre, vo' dire, gli Elementi di Storia naturale. Sotto questo modesto titolo egli avvisava di esporre in un corpo di dottrina pressoché tutta quanta la Storia na- turale. Tra gli anni 1819 e i8a6 pose alle stampe i Trattati della Zoologia e dell' Ornitologia. Chi può ridire la sapienza colla quale la prima fu trattata ? E la sua utilità e nobiltà , ed i suoi strettissimi legami colla mano onnipotente creatrice delle cose, e la preminenza del regno animale sopra il vege- tabile, e quella di amendue sopra il minerale, e le regole ge- nerali e particolari della dottrina, il linguaggio proprio della nìcdesima, la descrizione degli organi e delle loro funzioni, la classificazione j tutto vi è per modo esposto, che nulla lascia a desiderare. Quanto alla classificazione poi egli seguitò prin- cipalmente Giorgio Cuvier, ma non esclusivamente, perchè e' trasse ancora tutto quello, che era confacente all' uopo, non meno da Aristotele e da I^inneo, i quali precedettero il Cu- vier nel segnare le due epoche primarie della Storia naturale^ che dal Buffon, dal Daubenton, dal Geoffroy, dal Pallas, dall' llliger, dal Tiedemann, dal Blumenbach. dallo Shaw, dallo Ste- wart, e da quanti autori furono fino al tempo che egli scriveva. Pose l'uomo in capo alla serie de'Mammali, siccome tra questi Lxxn Elogio di Monsig. Camillo Ranzani il sapiente e V illuininato dal raggio pressoché divino della ragione, di quella ragione, che negli altii animali non si pa- lesa, perchè non atti come lui a giudicare delle cose tutte; e quivi meravigliosamente sviluppò la dottrina delle cinque razze principali dell' uomo, dimostrando come queste ad uno, e solo tipo, e non a specie diverse si riferiscono. Quinci se- guitando a dire degli altri Mammali , di tutti dichiarò colla stessa maestria i caratteri, le abitudini, le relazioni. Che se questo trattato meritò ogni lode per la chiarezza, per 1' or- dine, per la dovizia delle cognizioni, degno di encomio anche maggiore fu quello dell' Ornitologia. Egli espose da prima le particolarità dell' anatomia e fisiologia degli uccelli, indi un compiuto trattato de' vocaboli proprj di questo ramo di scienza, che da lui fu di altri vocaboli arricchito ; e prima di venire alla Classificazione volle fare un confronto di tutti i sistemi ornitologici degli autori che lo precedettero, cominciando da Aristotele e da Plinio, e venendo al Bellonio, all' Aldrovandi, al Willhugby, al Linneo, al Moering, al Brisson, allo Schaef- fer, allo Scopoli, al Leske, al Latham, al Donaterre, al Lacé- pède, al Cuvier, al Blumenbach, al Mayer e Wolfl', all' Illiger, al Temminck, al Blainville, al Vielliot, al Merrem, al Graven- horst, all' illustre Principe di Canino Carlo Bonaparte. Delibò da tutti il meglio, ed elevando 1' ingegno immaginò un suo proprio sistema, che, mentre raccoglieva il buono degli altri spandeva molto maggior lume col suo. Non è facile a dirsi con quanto grande ammirazione fosse accolto dai Naturalisti questo nuovo lavoro del Ranzani, e quanta rinomanza a lui ne derivasse. E che non doveva aspettarsi da quel mare di sapienza, da quell' uomo instancabile nello studio, insuperabile nel discernimento? Meditava dopo ciò di dare l'Erpetologia, e già ne stava raccogliendo il materiale; ma non so per quale cagione fatale alla scienza, egli si arrestò e non volle più continuare (juesta sua opera comecché universalmente applau- dita, ricercata, desiderata, opera che dava all'Italia il suo Cu- vier, e riempiva finalmente la lacuna di ciò, che all' Italia Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxiii sino al Ranzani mancava. E ben sei vide il Pontefice Leone XII, che si piacque onorarlo della ricca e grande medaglia d' oro da lui stabilita a premio delle dotte fatiche; medaglia, che nessun altro si ebbe dopo il Ranzani, vivente quel Pontefice. Era il tempo in che le dispute della Geologia menavano rumore tra i Naturalisti, sia che queste riguardassero le sco- perte che nascevano da un più esteso esame della crosta ter- restre, sia che riguardassero le disparate opinioni con che in- tendevasi spiegare i fenomeni geologici. Nuovo al certo era questo studio in Italia, se si eccettuino i primi cennij che ne aveva dato l' Arduino, i quali poi erano stati quasi dimenti- cati, o da qualche oltramontano travestiti e spacciati per cosa propria. Il Ranzani vago di tratteggiare anche questo ramo di scienza, si rivolse con ogni cura a fare tesoro di opere che ne trattassero, e de' materiali geologici che servissero all'uopo. Esaminò con sottigliezza di ragionamenti i fatti e gli scritti pubblicati, ed arricchì la sua mente di un' ampia e ben ordi- nata dovizia di geologiche dottrine, le quali servirono poi di materiale per le lezioni di Geologia, che egli, primo degli Italiani, fece dalla cattedra ; lezioni che per la novità della materia e per la bella maniera di porgerla gli attirarono folla di ascoltatori. Ma chi lo crederebbe ? Queste lezioni erano preparate nella sola sua mente, ed erano recitate all' improv- viso, tranne pochi cenni affidati a frammenti di carta perchè gli servissero di guida. E donde è che queste lezioni desta- vano cotanta curiosità e piacevolezza nel pubblico? Perchè poggianti sopra i fatti più certi, perchè dissipanti con sottile critica i sogni delle menti esaltate, perchè consonanti alle in- concusse verità, che il dettato Divino aveva rivelato nell' au- gusto libro della Genesi. È veramente a dolere, che le me- desime non siansi altrament^conosciute, che per quello che di volo ne entrò per gli orecchi, né siano state tramandate alla posterità né cogli scritti, né colle stampe. Che se fuvvi taluno, che raccolse que' detti, e dopo la morte del Ranzani avvisò di intitolarli le lezioni di lui, gli diremo con lealtà ed Tomo XXIÌI. IO Lxxiv Elogio di Monsig. Camillo Ranzani imparzialità essere ardua impresa il ripetere con esattezza e collo stesso ordine tuttoché viene improvvisato, e che facil- mente si corre rischio di far dire all' autore quello che egli forst; nemmeno sognò, per che quelle pretese lezioni non si potranno mai avere per legittime e genuine. Né qui finirono i suoi studj ed i suoi lavori scientifici. Imperciocché rimessa in essere V Accademia delle Scienze dell' Instituto di Bologna, egli ne arricchì i Gomentarj nuovi di hen molte elaboratissime dissertazioni, ed una ancora ne inserì nelle Memorie della Società Italiana. Chiariva nella prima di queste la Testuggine marina di prodigiosa grandezza, che rispinta alla spiaggia di Nettuno fu acquistata a gran prezzo dal glorioso Pontefice Benedetto XIV, e dallo stesso regalata al Museo di Storia naturale della Bolognese Univer- sità. Quanto da Aristotele in poi era stato scritto sopra le Te- stuggini e sopra il loro ordinamento veniva richiamato dal Ranzani a severo e giudizioso esame , per che conchiudeva col Biongniai't della necessità di distinguerle in marine, in lacustri, in terrestri, e portando piti oltre le sue disamine so- pra il luogo, che la famiglia alla quale appartenevano, occu- pare doveva in un sistema naturale di Erpetologia^ dimostrava colle inconcusse ragioni della struttura, che i Chelonj per la loro affinità cogli uccelli dovevano essere premessi ai Cocco- drilli, i Coccodrilli, i Sauri, i Serpenti dovevano successiva- mente seguire ai Chelonj, ed i Batacchj del Brongniart ne chiudevano la serie. Quanto poi alla Testuggine del Museo Bolognese, la trovò convenire colla Tuberculata del Pennaut in cui mostrò non essere varietà dalla Coriacea del Linneo nello stato d' infanzia, come il Schòepfio aveva opinato, ma formare una buona specie da se appartenente al genere Der- mochelide del Blainville. Una Didelpìiìs sconosciuta serbavasi pure nel Museo di Bologna. II Ranzani la fece vedere al Cuvier nel suo passag- gio per questa Città, e recatosi a Parigi ne parlò ancora col Geofiroy, anzi gli pose sott' occhio la figura, che ne aveva Composto dal Gav. A. Bertoloni lxxv fatto effigiare. Allora egli chiamava questa nuova specie col nome di Dìdelpìiìs elegans; ma ritornato da Parigi ne differì la pubblicazione, ed intanto il Geoffroy, che se ne era procu- rato un altro individuo dall' America, la divulgò colle stampe sotto il nome di Didelphìs longìcaiulata. Punto non se ne adontò il Runzani, anzi abbracciò il nome impostole dal Geof- froy, e nella controversia insorta tra i Naturalisti, se questa non fosse piuttosto la Didelphìs myosuros di media età, provò col severo confronto de' caratteri, che i due animali apparte- nevano a specie diverse. Quel Serpente che l'Hermann chiamò Coluber monspessnlanus era avvolto di tanta oscurità, che gli erpetologi posteriori ne tacquero. Parve al Ranzani, che ad esso riferire si potesse un Serpe innominato del Museo Bolo- gnese, quando questo non dovesse piuttosto reputarsi una specie nuova. Lo descrisse con tutta accuratezza, e lo fece rappresentare con figura. E quivi usando la sua solita erudi- zione e critica dimostrò che questo Serpe apparteneva al ge- nere Caelopeltìs del Wagler, ma che era diverso dalle due specie adottate dallo stesso Wagler; per lo che con nuovo nome lo disse Caelopeltìs monspessulana. Del pari fece cono- scere, che esso allontanavasi da altri Serpenti accennati dal Risso, dal Daudin, dallo Schiaz, dal Metaxà e dal Rafinesque. Di un altro nuovo Serpe ancora parlò nella Dissertazione pubblicata nel Tomo XXI delle Memorie di Matematica e di Fisica della Società Italiana delle Scienze residente in Modena, e questo Serpe pervenuto dall' isola di Giava nel Museo di Bologna ebbe da lui il nome di Calamaria versìcolor. Alla sua compiuta descrizione ed esatta figura aggiunse preziose osser- vazioni intorno alla rettificazione dei caratteri generici e delle diftisrenze per cui questa nuova specie si distingueva dalle altre Calamarie accennate dal Rheiawaud e dal Boie, ed avvisò pur anche ad una migliore determinazione di alcune di queste stesse specie, che il Merren aveva avvolto di confusione e d'errore. Ripigliando poi i suoi lavori per la Bolognese Accademia seguitò a discorrere le cose erpetologiche. Questo ramo della Lxxvi Elogio di Monsig. Camillo Ranzani Storia naturale era lino a' nostri tempi uno dei più intricati ed oscuri. Uomini al certo sommi vi posero mano per chia- rirlo-, ma comecché le cose nel loro principio ordinariamente non toccano quel perfezionamento, al cpiale col volf^ere del tempo pervengono; cosi non è a meravigliare, se i costoro lavori non riuscissero di quella aggiustatezza, che si poteva desiderare. Nulla era di ciò piìi manifesto quanto nella fami- glia dei Tussinam])i. 11 Daudiu, il Brongniart, il Dumeril), il Blainville, 1' Opel ed altri appena convenivano tra loro nelle opinioni. Il genere stabilito dall' uno, non era il genere vo- luto dair altro. Questi ad un dato genere, f[uegli ad altro traeva la stessa specie, e fuvvi ancora chi affidato alle sole ligure e non agli oggetti in natura, cosa mai senqire perico- . losissima nella Storia naturale, d' una specie ne fece due. Il Ranzani volle esaminare ad una ad una le costoro dottrine, uè r opera fu di lieve momento, e venne a capo di porre ordinamento e chiarezza nel soggetto con una nuova distribu- zione di questi animali, la cui tamiglia fu da lui detta dei Tubinainbidj. Suddivise questa famiglia in due sezioni, la prima delle quali abbracciava i Tubinambidj Africani ed Asiatici, la seconda gli Americani. Assegnò i due generi Tubinambi e Idrosauri alla sezione prima, i Crocodiluri e i Monitori alla seconda. Vennero alla perfine i Camaleonti, altro ramo dell' Erpe- tologia, a intrattenere il Ranzani. E' rintracciò tutto che ne era stato scritto; e' conobbe le disparate opinioni degli autori intorno alle specie; e' rilevò l'incertezza di alcune; e' ne se- parò quelle, che per la diversa struttura non convenivano al genere. Dalle quali cose si fece a conchiudere , che dieci erano le specie buone de' Camaleonti, e ad una di (jueste , cioè al Chcunaelcon pumìhis Daud : assegnò una nuova varietà da lui scoperta, ed esattamente dichiarata colla descrizione e colla figura. Riguardo poi al Camaleonte dello Stutchburg ed al Camaleonte bifido del Brongniart vide che questi apparte- nevano a generi diversi, pel primo de' quali stabili il nuovo Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxvii genere Pteronotus dall' avere il dorso alato, e pel secondo il genere Chaerognatum dal portare una prominenza cornuta nella mascella. Uni gli anzidetti tre generi sotto la stessa fa- miglia, che col Merren intitolò de' Reudenti [Reheudentìum)^ famiglia che notò essere di preferenza affine agli Agantidei , piuttosto che alle altre famiglie de' Sauri. Ma non si restrin- sero alla sola parte sistematica queste, sue indagini, che egli le estese ancora alla erudizione, all'anatomia ed alla fisiologia. Nello esaminare la descrizione del Camaleonte lasciataci da Aristotele si fermò particolarmente sopra quel passo non ben inteso ove dicesi : « Toto pene distenduntur corpore mem- « branae multae ac validae ». Quivi rilevò che Aristotele di- stinse in due le parti di quell' animale, la prima delle quali si poteva conoscere rimanendo intatto il corpo, e la seconda soltanto colla sezione anatomica. Non assegnò alla prima, bensì alla seconda quelle membrane ; quinci esse non potevano ap- partenere alla cute, come alcuni avvisarono, ma si dovevano riferire al corpo contenuto dentro la cute, ed erano per l'ap- punto quelle numerose appendici polmonari, nelle quali i pol- moni del Camaleonte da una parte e dall' altra del corpo si estendono, le quali, come già avvisò il Vallisnieri, recano r aria, che ricevono dal polmone per quasi tutto il corpo. Ri- guardo al cambiamento di colore, da altri attribuito, da altri negato al Camaleonte, il Ranzani osservò che quando quest' animale è enfiato d'aria, ed è collocato sopra cose di diverso colore , può benissimo riflettere que' diversi colori per che r anzidetto Vallisnieri non ebbe ragione di tassare di credu- lità e di bugia Plinio ed il Verulamio, che a quel fenomeno prestarono credenza. Trattò in ultimo della lingua del Cama- leonte ; mostrò che questa era somigliante di forma ad un lombrico, o alla lingua del pico, e che quando l'animale vuol prendere gli insetti, la vibra con indicibile rapidità; pel quale fatto posto fuori d' ogni dubbio, e perchè il Camaleonte pos- siede e bocca guarnita di denti, e stomaco ed intestini con- chiuse contra la fallacia di coloro, che con Ovidio sognarono: Lxxviii Elogio di Monsig. Camillo Ranzani qiiod veiìtìs aii'nnal iiiitrìtiir, et aura Met. 111). i5. V. 4ii. Tre piante fossili, una d' ignota provenienza, e due trovate neir alveo del picciol Reno l'orse rotolate dall' alto dell' Ap- pennino serbavansi nel museo a lui affidato. Poco certamente si sapeva di (piesta sorta di vegetabili prima de' suoi tempi, e segnatamente prima del Brongniart, del Bucklaud, del La- marck, del Brocchi, del Godfuss. Giovandosi delle loro dot- trine venne a dilucidarle, e conobbe, che la prima serbava talmente le forme del legno di un albero, che nulla era più evidente ; ma la durezza ed il peso ne mostravano la (jualità di pietra. Pertanto, paragonata questa pianta col li>gno del sacico bianco, la giudicò e la descrisse come appartenente a (juesta specie, o per lo meno ad una specie, che a lei fosse molto affine. Il secondo litossilo era di quel genere che il Brongniart chiamò iMautel/ia, e perchè offeriva caratteri in- termedi tra quelli della jMantellia aìdiformis e della Cylindrìca^ vide che era specie nuova, e la distinse col nome di Man- tellia intermedia. Opinò poi che tutte le specie di Mantellia sino allora conosciute si dovessero interamente riferire alla famiglia delle Cicadeidi del Bucklaud, almeno sino a che in- dividui più compiuti e più perfetti delle medesime non si fos- sero rinvenuti, che di altra loro pertinenza più chiaramente rassicurassero. Il terzo di que' litossili era nu pezzo di fusto, sopra il quale stavansi tuttavia impiantati, e come esso petri- ficati alcuni frutti simili a f[uelli del lieo. Di vero ei se l'ebbe per un pezzo d' albero di fico vicino al Sicomoro, al fico co- mune ed a quello del Bengala ; ma perchè mancavano le al- tre caratteristiche, e sopra tutto quelle delle foglie, saggia- mente non volle decidere a quale delle anzidette specie più particolarmente appartenesse. E (piivi fattosi a rintracciare il come ed il quando ([ueile piante si trasmutarono in pietre, additò il sentiero, che deve tenere colui, il quale rifuggendo da sognate teorie vuole con maturt^zza di senno giudicare de' Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxix naturali fenomeni; perchè il fece accorto, che un corpo or- ganico sia animale, sia vegetabile, può trasformarsi in pietra" sempre che si trovi esposto a quelle cagioni, che disciogliendone le parti e dal primitivo assetto distraendole vi appongano mo- lecole di natura lapidea, il che può accadere in breve tempo, se pronte e copiose si incontrino quelle cagioni, e viceversa, o forse ancora non mai per lo volgere de' secoli. A prova de' quali fatti addusse gli esempi di alberi prestamente petrificati nel tronco e ne' rami principali, e non nel rimanente, di ossa fossili diluviane , o di altre inondazioni , le quali rimasero sempre inalterate. E siccome le acque poste in movimento ordinariamente tengono in dissoluzione quelle molecole di ma- teria, che alla petrificazione conducono, così a queste più par- ticolarmente devonsi i petrefatti, e ne portò in prova le so- struzioni petrificate de' legni del ponte, che Trajano fece get- tare sul Danubio, o la facile trasformazione in litofiti degli arbuscelli, che nascono nelle sponde di alcune isole vicine alla Nuova Olanda merce delle acque impregnate di molecole calcari e silicee, che i venti spingono contro di essi. Tra le sue più care occupazioni fu ancora 1' Ittiologia, e quanto anche in questa valesse, lo fecero conoscerò gì' im- portantissimi lavori, che intorno ad essa pubblicò. Dai tempi di Luca Chini, del Salviano e del Rondelet sino ai nostri cor- revano più pesci sotto il generico nome di Mola, e fuvvi eziandio chi credette, che queste Mole appartenessero tutte quante ad una sola e stessa specie. Così opinò anche il Linneo, che a questa Mola complessiva appose il nome di Tetradon Mola. Richiedevasi adunque un nuovo e più severo esame de' caratteri che ad ogni individuo erano stati assegnati dai rispettivi autori; richiedevasi il confronto ragionato delle figure, che se ne avevano; richiedevasi lo studio delle specie in na- tura. Egli tutto sagacemente eseguì, e potè quinci stabilire un novello e perfetto ordinamento della famiglia delle Mole, che suddivise in tre sezioni ed in sei generi, i quali nel totale abbracciavano sedici ben accertate specie, rimanendone una Lxxx Elogio di Monsig. Camillo Ranzani sola duhbiosiì. Due poi di queste specie erano afflitto nuove , cioè V Ort/in/goriscits Alexandriiii., così da lui chiamato ad ono- rale r illustre suo amico e collega il Professore Antonio Ales- sandrini, il ([naie co' lavori pubblicati intorno all' Anatomia comparata si alza un seggio tra primi maestri in (juesta scienza. Disse r altra specie Ozodura Orsini per gratitudine al perspi- cace Antonio Orsini di Ascoli che gliel' aveva mandata, e che è salito in faina tra i più indefessi Naturalisti dell'Italia. Quattro altre Dissertazioni intorno ai pesci tennero dietro a quella intorno alle Mole , e Giacomo Cristiano Schoeffer spinse il Ranzani ad opera così estesa. Aveva quegli avvertito che la Storia naturale de' pesci abbisognava più d' ogni altra di studio e di perfezionamento, ed eccitando a ciò i Natura- listi ne aveva aperto loro il sentiero collo stabilire i vocaboli esatti di questo ramo di scienza, e col mostrare la maniera di descrivere con precisione le specie. Fu certamente assai scarso il numero delle descrizioni che addusse ad esempio ; ma questo sarebbe stato più che bastevole per imparare e per imitarlo se il Lacépède ed il Bloch avessero ascoltati que' savi avvertimenti; il che più accortamente fecero il Cuvier, il Valencienne ed il Ranzani che li seguitò, aggiugneiido altri perfezionamenti a quelli introdotti da cjue' sommi. Dieci specie nuove pubblicò nella prima Dissertazione , il Galleiis macula- tus^ il Carcharias porosiis^ il Tetraodon marmoratits^ il Tetra- odoii pachycephalus^ il Symbra-ncus fnliginosiis^ il Gymnotho- rax fiiìiehris^ il Conger opistophthahmis^ il Conger brasiliensis, il Conger cyUndroideiis ed il Conger rubescens^ le prime nove delle quali cano abitatrici dei mari del Brasile , la decima gli era stata da me recata dal golfo della Spezia con nume- rosa serie di altri^'pesci di quel mare. Nella seconda Disser- tazione trattò dei Balisti e dei Pleuronetti. Quel genere che r Artedi chiamò Balistis era tuttavia avvolto di molti errori; di che avvedutosi il Klein escluse da esso lo Scolopax del Gesnero, e stabilì altri caratteri fondamentali per il vero ge- nere Balistis^ mutandone il nome in quello di Capriscus. Il Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxxi Gmelin, il Lacépède, il Gronorio, il Bloch, lo Schneider ed altri adottarono le rettificazioni fatte al genere dal Klein, ma non adottarono la mutazione del nome, e meglio poi intesero a stabilire quale fosse il numero dei denti nelle mandibule dei Balisti. Il Ranzani si uni a loro con nuove osservazioni , e dall' unione delle osservazioni di tutti risultò che la dispo- sizione, la grandezza, la figura ed il numero dei denti ne' Ba- listi soggiacevano a grandi variazioni, per che Giorgio Cuvier non aveva avuto ragione di asserire, che questi denti erano sempre otto nell' una e nell' altra mascella, e disposti in una serie sola. Ammessi poi i quattro sottogenerì del Cuvier, o meglio ancora generi appartenenti al gruppo dei Balisti, espose due nuove specie Brasiliane del genere Monacanthus, cioè il Monacanthus pullus ed il Monacanthus varius^ e sparse nuovi lumi intorno ad altre specie, e precipuamente intorno a due della Ittiologia del mare del Havana pubblicata dal Parrà. Indi passando a trattare del gruppo dei Pleuronetti, mostrò le costoro anomalie nel numero e nel sito degli occhi, ne ab- bracciò i sei sottogeneri del Cuvier, o piuttosto i sei generi del Cloquet, non lasciò senza il debito encomio la classifica- zione introdotta dall' illustre Principe di Canino nella famiglia dei Pleuronetti, ne descrisse tre nuove sjDecie ed una nuova varietà tutte del Brasile, V Hippoglossus brasilìensis^ V Hìppoglos- sus ìnterinedìus^ il Syacìum micrurum^ ed una varietà del Syacìum occellatum, e chiuse questa seconda Dissertazione col dare con- tezza di una particolare deformità della nostra Solea vulsaris. Spiegò vasta erudizione nella terza Dissertazione, nella (}uale trattò di que' pesci, che gli autori antichi e Greci e Latini ebbero sotto il nome di Clupea. Callistene Sibarita tra i primi aveva indicato la Clupea nel fiume Sona; ciò era poco per chiarire quel pesce; ma bastò al Ranzani per dire, che la Clupea di Callistene non era V Aiosa de' Francesi come molti credevano, e che nemmeno corrispondeva a quel pescio- lino, che Plinio chiamò Clupea. E rivoltosi al frammento di Ennio conservato da Apulejo, ove dicesi , . / Tomo XXIII. 1 1 Lxxxii Elogio di Monsig. Camillo Ranzani Onmihiis ut. Clupea praestat. Mustela marina [tiliuiera niente avvisò doverlosi serbare intatto, e non mutarvi la parola ut in //^ come fecero il Roiidelet ed altri, quasi che Ennio avesse voluto dire, che la Mustela marina al pari della Cheppia era snperioie di pregio agli altri pesci. Volle (juinci seguitare piuttosto il parere di coloro, che si ebbero per identica cosa (jue' due nomi , ed interpretarono cosi il verso d'Ennio: (c Omnibus at Clupea, quae etiam Mustela « marina dicitur, praestat ». Con questo si lece a stabilire, che la Cheppia di Ennio era la Lampreda marina, o il Petro- inyzon maruiuiìi del Linneo, pesce che anche Ausonio ne' suoi Idillj aveva detto risalire dal mare nel fiume Mosella. Egli è vero che l' Arduino alterando il testo di Plinio, ove si parla della Mustela tìiariiia interi che questa non corrispondesse alla Lampreda marina, bensì al Gadus Lota o Aiosa de' Fran- cesi, interpretazione che piacque, e fu abbracciata dal Cuvier, assicurando l'uno e l'altro autore, che la Lampreda marina oggidì non trovasi nel lago Brigantino, ove Plinio poneva la sua Mustela^ e che ivi invece abbonda 1' Aiosa. Che il testo Pliniano si dovesse ritenere qual era in principio contro il parere dell' Arduino, lo dimostrò il Ranzani sopra 1' autorità de' codici più antichi e venerandi ; che questo testo fosse chiaro ed evidente lo provò col riferire il detto di Plinio alle Lamprede marine use a risalire dal mare ne' fiumi e ne' la- ghi, e da' fiumi e da' laghi tornare al mare. E vero, che gli si affacciava l'obbiezione che le Lamprede non avrebbero po- tuto rimontare liCl lago Brigantino, perche la grande cascata del Reno vicino a Sciaff'usa lo avrebbe loro impedito. Ma egli osservò, che se queste non vi risalgono oggi, poterono risalirvi nei tempi antichi, quando il Reno aveva altro corso, e quando la cascata di Sciaff'usa ancora non era. Gli Imperatori Romani tennero amendue le ripe del Reno, e fortificarono in molti punti le sponde del lago Brigantino. Nessun autore di que' tempi ù-re menzione di cascate del Reno dopo quel lago. Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxxiii Che anzi Aramiano Marcellino, il quale militava sotto 1' Im- peratore Costanzo, e con Ursicino generale della cavalleria fu mandato nella Germania, descrivendo minutamente il corso del Reno anche attraverso il lago Brigantino, parla di cataratta prima dell'ingresso di quel fiume nel lago, ma non rammenta cataratta alcuna dopo l'uscita da esso lago; per lo che con- vien credere, che la cascata di Sciaffusa, la quale forma la maraviglia dei tempi nostri, allora non esistesse, e che il Reno avesse un corso diverso. Conrado Gesnero poi accertava , che a suoi giorni si trovavano le Lamprede nel lago di Neu- chatel, ove al certo non avrebbero potuto pervenire senza aver valicata la cascata di Sciaft'usa, e se ha fede il fatto siamo costretti a dire, che quella cascata ai tempi del Gesnero non era da tanto da impedire il risalimento delle Lamprede, e con miglior ragione ancora confesseremo, che queste ne' tempi di Plinio poterono rimontare nel lago Brigantino. Dalle quali cose tutte con lauta erudizione trattate il Ranzani con-- chiuse, che il Massari, il Rondelet, il Salviano ed altri Natu- ralisti ebbero ragione di credere, che la Clupea di Callistene, la Mustela marina di Ennio, di Plinio, di Ausonio corrispon- dessero alla Lampreda maggiore ossia al Petromyzon marinum del Linneo, la qual Mustela appo gli antichi ebbe anche il nome di Clupea^ e che il pesciolino detto Clupea di Plinio fosse il Petromyzon fluviatile dello stesso Linneo, di guisa che i Latini chiamarono collo stesso nome di Clupea due pesci diversissimi. Dai Latini poi si dilungarono assai i moderni Naturalisti, i quali trasportarono il nome Clupea a significare un diverso genere, del quale il Ranzani quivi descrisse una nuova specie, la Clupea macrophthalma dopo di che trattò di altre sei specie nuove di pesci di diverso genere, cioè del Callitrychis personatus^ dello Scarus amplus^ del Hemiramphus unifasciatus^ del Hypostomum brevitentaculatum^ del Pimelo- don pusillum e del Bagrum 3Iacronemum, di tutti i quali pesci quattro provenivano dal mare del Brasile, gli altri tre erano di sconosciuta provenienza. iht bìì^iìi -i liilo.ò.f.i Lxxxiv Elogio di Monsig. Camillo Ranzani E qui siamo giunti alla sua quarta Dissertazione, le cui ultime pagine egli dettava due giorni prima di mancare alla vita. Di tanto amore della scienza fu caldo sino all' ultimo respiro! In questa di altre nuove specie di pesci Brasiliani sino al numero di dieci diede contezza, e furono il Diaptenis auratìis^ V Haemulori inelanopteram^ V Hemuliiin Moricandi^ il Pagriis (jnadrìtitherculatns, V Acanthurus vulnera.tOì\ il Meso- prion Bahiensis., il 3Iesoprlon argyreus^ il Sereaus liicìdus^ la Belone rapliìdoma e V Exocaetus Bahiensis. Le descrizioni poi e le ligure di tutte le specie, che dichiarò nelle quattro Dis- sertazioni erano di tanta verità, esattezza e chiarezza che po- chi usarono adoperarne una eguale. Non toccherò de' minori suoi lavori, che ad ogni tratto inseriva neeli Annali di Storia naturale nuovi e vecchi stam- pati in Bologna dal Marsigli e nel Dizionario delle Scienze naturali, pubblicato dal Carrer. Erano succinti articoli; però li dissi lavori minori, ma non erano minori di pregio delle altre sue produzioni, perchè dalla mente e dalla penna di lui non uscivano che lavori perfetti. Le discorse cose hanno dimostrato a qual grado sublime pervenisse la dottrina delle scienze naturali nel Ranzani, e . ben è facile immaginare quanta celebrità di nome per ogni dove gliene venisse : ma se alta estimazione di lui ebbero i suoi uditori ed ogni Naturalista, altissima gliela professarono i corpi Accademici, che gareggiarono nell' annoverarlo tra i loro socj. Quindi egli fu uno dei venticpiattro pensionati dall' Accademia delle scienze dell' Instituto di Bologna , uno de' Quaranta della Società Italiana delle scienze residente in Mo- dena. Lo ascrissero tra i loro socj V Accademia Reale delle scienze di Torino, quella di Napoli e di Catania, la Società di Fisica e di Storia naturale della Svizzera, quella de' Cu- riosi della natura di Lipsia, quella delle scienze naturali di Berlino, la Mineralogica di Jena, la Geologica, la Filomatica e la Linneana di Parigi, la Società delle scienze naturali di Filadelfia e della Luigiana per tacer di molte altre. Composto dal Cav. A. Bertoloni lxxxv Restami ora a dir brevemente alcuna cosa della vita ci- vile del Ranzani. Levato alla dignità sacerdotale, ben seppe conoscere i doveri e 1' importanza del suo ministero. Al Sa- cerdote pacificatore tra 1' uomo e Dio di quanto zelo non fa mestieri, di quanta carità, di quanta virtù per sostenere una dignità così augusta e così santa ! Perciò per tutta sua vita fu intemerato di costume, retto di intenzione, stretto nell' esercizio delle virtù, largo di carità col bisognoso, sobrio, ne- mico del fasto, tutto amore per la scienza, caldo di affetto alla patria, studiosissimo per l' onore della sua Università, della quale era uno degli ornamenti più belli e piìi dall' uni- versale estimati. Consegui la dignità di Monsignore Primicerio della Cattedrale di Bologna conferitagli senza che il sapesse per nomina della illustre Famiglia Malvezzi -Campeggi la quale altamente lo venerava. Accettò e tenne una tal dignità con quella modestia, che era suo particolare retaggio, uè mai ago- gnò ad onorificenze maggiori. Fu ancora dei quarantotto Savj del Consiglio Comunale di Bologna, e adempiè questo incarico con tutto zelo, perche stimava suo debito il procacciare alla patria quanto bene maggiore per lui si poteva. Piacque al Pontefice Leone XII di dare al suo stato un piano uniforme di insegnamento, per lo che un nuovo ordinamento ebbe luogo nella Bolognese Università, ed a metterlo in opera fu eletto il Ranzani, cui esso Pontefice diede a reggitore della mede- sima. Ardua era 1' impresa, perchè arduo è sempre il muta- mento delle cose. Pure il Ranzani vi si accinse e pose ogni cura per serbare nel nuovo sistema tutto quello che era di buono nel precedente ; non tutti per altro si accomodarono alle sue operazioni, e se di poi ebbe a soff'erire grave ram- marico, ciò avvenne perchè si torceva contro di lui quell'av- versità, che contro altre cagioni era diretta. Ma egli omai toccava il confine che l'Onnipotente aveva segnato al corso della sua vita. Logorato dallo studio indefesso di molti e molti anni, fornito di costituzione di corpo non troppo robusta, nel verno del 1840 infermò. Una lenta malattia Lxxxvi Elogio di Monsig. Camillo Ranzani scorbutica lo andò consumando, e nel di ^3 di A[)rile delT anno 1841 Io trasse alla tomba nell'età di anni b() non com- piuti. Illibato di coscienza sino agli ultimi momenti lasciò i suoi averi, e tra questi la sua insigne libreria, ai parenti, ma volle altresì, che la Bolognese Università avesse un ricordo di lui, e legò alla medesima i suoi manoscritti, e tutti gli oggetti di Storia naturale che possedeva. Fu sempre presente a se sino (]uasi all' ultimo anelito, e finalmente confortato de' soc- corsi della Religione con cristiana rassegnazione , colla tran- ijuillità del giusto passò agli eterni riposi, lasciando nel duolo tutti che il conoscevano e veneravano. Quanta perdita fece in lui la scienza! Quanta la Bolognese Università! Quanta 1' Italia ! LXXXVII ELOGIO DEL FU SOCIO ATTUALE PROFESSORE SCRITTO DAL SOCIO ONORARIO PROFESSORE GIUSEPPE LUGLI (i). xJa Storia, depositaria fedele, e attestatrice imparziale de' latti, come ricorda con dolore que' tempi, i quali furono vuoti e deserti di anime proteggitrici delle scienze e delle arti, così rammemora con letizia quelle età che di spiriti cotanto gene- rosi s'illustrarono. E di vero ninna cosa maggiormente adorna e rischiara il genere umano de' trovati dell' ingegno ; ed ar- gomento di grandezza fu sempre far servi l' oro e la potenza allo zelo di fomentarli, e volgerli a meta di general beneficio. E per tacere de' secoli antichi, e toccar de' moderni in quella parte dello scibile, la quale appartiene a' fisici studi, sempre venerabile ne viene innanzi al pensiero la memoria di Ferdi- nando II e di Leopoldo de' Medici, non meno che tra noi di (i) Questo elogio fu da me recitato nella Chiesa di S. Carlo in Modena il a5 Novembre 7843 in occasione dell' annuo solenne riaprimento degli studj della R. Università. È stato composto sopra le cose edite e inedite del Baccelli. Mi dichiaro tenuto all' amicizia del eh. Prof. Geminiano Riccardi che mi procurò le prime, di- venute ormai rare, con altri libri e giornali analoghi alle materie in quelle trattate; e per le seconde alla gentilezza del Sig. Dottore Antonio Bernardi Ingegnere, presso del quale passarono i mmss. del Baccelli. Rispetto alle notizie biografiche le quali il riguardano, mi sono giovato delle schede e dei documenti in proposito dei sullo- dati Signori Riccardi e Bernardi ; come dei lumi somministratimi dall' egregio Mec- canico Signor Geminiano Bertacchi relativamente alle macchine o illustrate o mo- dificate o ideate dal Baccelli. Sentimento di grato animo vuole inoltre che io mi professi obbligato alla bontà di quanti tra' miei colleghi ed amici mi furono cortesi di cognizioni e di avvertenze. LxxxviiT Elogio del Prof. Don L. Baccelli Alfonso IV e di Francesco II d' Este. Promotori maguaniuii si mostrarono, gli uni degli scovrimenti del Galilei , gli altri delli" imprese del Montanari: del Galilei, cui statua ed aula magnitica consacrava a' dì nostri Leopoldo II : del Montanari, del (juale suscitava a vita nella propria Reggia V insigne Os- servatorio Francesco IV. Nessuna età, per (juanto ingrata esser possa, coprirà d' obblivione la gran Donna dell' Austria Maria Teresa, i Romani Gerarchi, il Veneto Senato, i Sovrani della Savoja e delle Sicilie, e i Principi Estensi per la cui splendi- dezza e Pavia e Roma e Bologna, Padova, Torino e Napoli , e questa Dominante dell' Atestino retaggio divennero nel se- colo trapassato altrettanti santuarj di Pallade e delle Muse. Né si dovranno giammai disgiungere da rimendjranze si ono- rate le cure di accorti Ministri e Mecenati, (juali iurono il Conte di Firmian nell' Austriaca Lombardia, e il Marchese Gherardo Raugone in queste provincie ; e neanche i nomi di (jue' personaggi che, sebbene privati, gareggiarono coi Re nella elevatezza de' concepimenti, dir voglio un Ferdinando Marsigli ed un Anton -Mario Lorgna. Il perchè se beati chiameremo coloro, che si donano allo studio della natura nel presente floridissimo secolo, non meno beati riputeremo quegl' ingegni, i quali sursero in tempi che questi nostri prepararono. Tra il felice novero di quanti presero in allora ad appli- care la mente alle severe discipline, richiede opportuna ra- gione, se non di patria, certo di pressoché intei'a dimora nell' Estense Dominio, che io vi distingua un Fisico egregio. Lucca, feconda di nobili spiriti, gli diede i natali nell' anno settan- tesimo secondo del secolo scorso : Narni e Roma V educarono nelle filosofiche e matematiche Facoltà: l'Ordine del Calasan- zio lo aggregò ad un Istituto che, oltre al Corsini ed al Po- liti, portenti di erudizione e di dottrina, vanta il Beccaria uno de' primi padri dell'Elettricismo; e le città di Correggio, di Bologna e di Modena gli concessero la dignità dell' inse- gnamento. È questi Liberato Baccelli, già Chierico Regolare delle scuole Pie, onore di questo Regio Archiginnasio, della Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli lxxxix Italica Società dei Quaranta, e della nostra Accademia di Scienze, Lettere ed Arti; il cui raro senno e bontà d'animo attendono da questo luogo, e in questa solenne inaugurazione degli studi un tributo di laude, il quale sia, dove l'imperizia noi vieti di chi vi parla, testimonianza del merito, incitamento ad emularlo. Sottilità d' intelletto, forza a piegarlo per appresa attitu- dine alla comprensione d' ogni cosa, ardua pur fosse a supe- rarsi, o ripugnante allo scandaglio ; modestia nel sentir di sé stesso ; cautela nell' uso de' sensi e ne' giudizj lui disposero dai primi anni a ricevere dentro del petto la sapienza della natura. E parve in fatti che intera gli scendesse nell' anima, e lo innamorasse delle divine sue bellezze. Uscita la gran madre delle cose dagli eterni abissi della Onnipotenza, delle tante forme arcane, ond' ella si veste , lasciò finora che nel regno delle fisiche maraviglie il debile occhio mortale contem- plasse il Moto, la Luce, il Calorico, 1' Elettricità ed il Magne- tismo. Di qui principio, processo ed avviamento alla perfezione s' ebbe la Fisica ; di qui dovizia di leggi e cumulo di osser- vazioni, e arredo di strumenti, e proficuo adattamento a' so- ciali bisogni. Di qui partirono in fine le linee della fisica dot- trina, le quali furono segnate dai privilegiati confidenti della natura, che la sorpresero nel tacito perenne andamento delle sue operazioni, Archimede, il Galilei, il Newtono, la Grangia, il Galvani ed il Volta. Il Baccelli meditò le oliere di si fatti Genj colla logica del Barone di Verulamio ; e l' occhio della mente sentissi ap- purato e ingagliardito a leggere e comprendere il linguaggio della natura simboleggiato ne' suoi fenomeni. Per tal modo egli venia secondando l' interno stimolo della propria vocazione, che lo destinava a divenii-e, mercè l'osservazione più attenta, sperimentatore sagace e cattedratico profondo. (i) Di poco avea varcato il quarto lustro di sua età, quando compiuto in B.oma il prescritto tirocinio, e pronunziati (i) «L'attitudine del Baccelli ad apprendere ogni cosa, quantunque fosse ardua e malagevole, suggerì a' Superiori dell'Ordine il pensiero di adoperare questo nuovo Tomo XXI U. 12 xc Elogio del Prof. Don L. Baccelli i voti solenni, si vide per decreto de' comizj di sua religione promosso alla lettura di Filosofia, di Matematica e di Fisica nel Collegio degli Scolopj in Correggio, sendone Rettore il P. Paolo Ambrogio Ceccopieri, soggetto di rara prudenza e can- dore. L' accresciuta frequenza di quelle scuole, 1' eletta gio- ventù che vi traeva da tutte le parti d' Italia^, le annue Con- clusioni pubbliche, a cui veniva addestrata, gli allievi che ne uscirono, parecchi de'quali si rendettero cospicui per cariche luminose, o chiari per genio scientifico e letterario, siccome, a citarne due nostri, il Jacopi che fé' maggiore il lustro del Ticinese Ateneo col professarvi le fisiologiche discipline, e Monsignore Andrea Molza dell'Ordine degli Scolopj, vivente decoro della Vaticana e della Sapienza di Roma , prestano ampia fede alla bontà dell' Istituto e del suo dottrinamento. Né perchè tutto se lo avesse in certa guisa rapito lo studio della natura pose minore affetto alle belle lettere, non igno- rando il sussidio, di cui sono larghe alle scienze. Toccò per- tanto la cetra latina, e sparse de' fiori del santuario le gesta del Calasanzio, e del divo patrono della città di Correggio. Soggetto nel pubblico insegnamento. Il peiclié nel generale Capitolo tenuto in Narni nell'autunno dell'anno i"95, nel quale convennero fra gli altri i PP. Paolo Am- brogio Ceccopieri e Girolamo Rollerio, Rettore il primo e Lettore il secondo di Fi- losofia nel Collegio Calasanzio di Correggio, il nostro Lilierato venne trascelto a co- prire la cattedra del Rollerio trattenuto in Roma in qualità di Lettore della stessa Facoltà. Parti pertanto il Baccelli in compagnia del P. Ceccopieri, e giunse in Cor- reggio il 2.2, Ottobre del detto anno. Sui primi giorni del successivo mese egli die principio al corso delle lezioni. L' insegnamento abbracciava la Logica e la Metafi- sica, le IMatematiche elementari e la Fisica. Il Collegio di Correggio diretto dai Chierici Regolari delle Scuole Pie era in quel tempo fioritissimo di alunni apparte- nenti per la maggior parte alle più distinte Famiglie cosi degli Stati Estensi, come della Lomliardid Austriaca, della Republdica di Venezia e della Romagna. Que' giovani poi che avessero dato prova di più alto intelletto venivano scelti a sostenere pubbliche conclusioni sopra particolari argomenti, ne' quali si discuteva e si esami- nava pressoché per intero la materia appartenente ad un ramo speciale di scienza. Alcune di quelle conclusioni trattavano p. e. degli effetti della luce diretta, riflessa e ritratta ( i8or ); delle leggi e modificazioni della forza di attrazione ( i8o3) ecc. » — Notiz. Biocraf. Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli xci In questo mentre le due Società di Agricoltura e di Arti meccaniche del cessato Dipartimento del Crostolo aveanlo con- numerato fra' loro Membri ; e Bologna che già risonava della fama ognora più forte dello scopritore dell'animale Elettricità, gli porgeva invito ad un teatro più grande. Colà coperse la cattedra di Fisica sperimentale, che trovavasi disoccupata per nuovo officio commesso al cavaliere Giovanni Aldini. Volle per altro che superiore grazia questo gli permettesse, conti- nuando a tenersi vincolato all' Ordine, al quale era ascritto. Degno della comune aspettazione, egli la superò. La do- viziosa suppellettile di quel Gabinetto gli aperse l'adito a ve- rificare un importante scovrimento. È poi vero che una massa d'aria tanto sia per iscemare di volume, quanto venga aggi'a- vata, e che le densità del fluido atmosferico serbino la pro- porzione medesima de' pesi? L'asserirono il Boyle in Inghil- terra, ed il Mariotte in Francia, e una regola ne dettarono abbracciata dalle scuole. Pure il Rondelli, discepolo del Gu- glielmini e onore del Frignano, e la celebre Laura Bassi ne mossero dubbio, in quanto che la regola parea rispondere di rado al cimento. Il Baccelli si accinge a riprodurla : nota il difetto degli strumenti adoperati, poiché gli spazj interni delle canne male adeguavano le lunghezze esteriori: modifica, anzi rinovella 1' apparecchio, e assicura la regola, e 1' uso amplis- simo che ne aspetta la scienza. Né qui arresta le prove; che le allarga a' fluidi aeriformi, il cui stringimento e dilatazione, se argomentavasi per analogia, non si deduceva per esperienza. Tenta e ritenta il pertinace travaglio, e ne ricava risultati, eh' egli affida a tavole diligenti, pago di aver conosciuto un limite da rispettarsi nel canone Boileano, come nell' aria, cosi nelle gasose sostanze. Mi è caro che di queste verità da lui confermate ed estese fàccia con altri speciale ricordo il Pianciani, chiarezza della Compagnia di Gesù e del Romano Collegio, nelle sue Fisico-Chimiche Istituzioni. Le quali verità non lasciò sole il Baccelli, ma le accompagnò con altre da lui dimostrate intorno xcii Elogio del Prof. Don L. Baccelli al premere i fluidi il fondo de' vasi in ragione del proprio peso, e intorno alT ottico trovamento, che onora Salvino degli Armati j formando poi di tutte soggetto di promozioni per laurea. Frutto di quel contegno di antica saviezza, ond'egli seppe conciliarsi la generale benevolenza, la fiducia de' giovani, e, quello che è più, la rispettosa osservanza dei Colleghi, quali furono un Venturoli, un Magistrini, un Filippo Re, ed il suo correligioso Pompilio Pozzetti, sostenne, anche oltre all' anno assegnato dagli statuti , il grado di Reggente Magnifico del Felsineo Archiginnasio ; e si prevalse dell' aumentata autorità per infondere in tempi difficili negli animi degli studenti no- bili sensi di patrio amore, di religione e di virtù. All' epoca memorabile della Europea Restaurazione can- giarono le sorti di quella Università. Il nostro Fisico accom- pagnato dall' affetto di quanti lo aveano udito e conversato , si presenta in Vinegia, a titolo di omaggio (i), alla Maestà di Francesco I Imperatore d'Austria, e ne liceve manifestazione singolare di stima e conforto di umanissime parole. Donde riparatosi a Milano intese con giubilo il risorgimento dell'Ordine del Calasanzio sotto il Pontificato dell' immortale Pio VII (a). E certo eh' egli ne avreldje ripigliate senza indugio le divise religiose coll'offertagli lettura di Fisica nel Collegio Nazzareno di Roma, se la salute piuttosto debilitata non lo avesse astretto (i) (( A questa occasione il Baccelli ottenne da quel Monarca un Rescritto in matita rossa ad una sua petizione, col quale nominavasi il Baccelli medesimo a Professore di Fisica sperimentale nella R. Università di Pavia. Il che non potè aver luogo per essere già stata nel frattempo destinata ad altri quella Cattedra. » — Notiz. Biograf. (2) (( Nel i8i5 sotto il Pontificato dell' immortale Pio VII essendo risorto a novella vita con altri Ordini religiosi quello ancora de' Chierici Regolari delle scuole pie, il Prof. Baccelli avrebhe potuto rientrarvi, ed esercitare eziandio l'insegnamento della prediletta sua Scienza nel Collegio Nazzareno di Roma, se varie circostanze, particolarmente di salute, non glielo avessero impedito. Volle però il Baccelli pre- munirsi da Roma delle necessarie graziose concessioni per mantenersi tranquillamente nello stato secolare e di semplice sacerdote, al quale era Btato condotto dalle vi- cende dei tempi. » — Notiz. Biograf. Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli xeni ad impetrare la concessione di proseguire nello stato di seco- lar sacerdote. Gli amati suoi studi, che ornò dei corredo di non poche macchine ad uso di Gabinetto fisico, la compagnia di vecchi e nuovi amici , tra' quali contavansi il Breislak , l'Acerbi, il Configliachi, l'Oriani ed il Volta, concorsero a ren- dergli pili consolata la vita. In quel torno per soddisfare al desiderio del Geologo Breislak scrisse dell'attitudine che ha lo Spato romboidale (i) d' Islanda a manifestarsi elettrico. A paro del vetro questo spato partecipa della elettricità ; ma n' è custode più tenace. Ove discendiate a premerlo e strofinarlo, minor forza vi oc- corre che nel vetro; ed ove col bottone della Boccia di Leida ne tocchiate ciascuna delle facce, vedrete la polve di Colofo^ nia, meglio che sopra vitrea superficie, distribuirsi in distinte stelluzze radiate. Se poi vi prenda piacere di spiccare da qualsiasi delle facce uno strato lamellare, la parte rimasta de- nudata, quando 1' abbiate stropicciata con pelle felina, si av- viverà di fiuido elettrico più assai delle altre facce , perchè forse meno acconcia conduttrice che non sia la detta pelle. Né solo vi riescirà, come ne accerta 1' Hauy , di elettrizzare positivamente lo spato colla pression della mano, ma con ogn' altro cedevol corpo. Cimentatelo, e scorgerete in giorni pro- pizi liberarsi da quello copioso 1' Elettrico, e scarso in giorni umidosi in tutte le vecchie facce, non però nella nuova ; e intanto l'Elettrometro aprirsi, rare volte in grazia di trasfon- dimento di fluido, sovente per effetto d'influenza; a tal che Io spato posto sopra il piattello vi terrà vece di Elettroforo. Che se per via di riscaldamento amaste indurgli elettricità. (i) Il Breislak desiderò che il Baccelli riscoatrasse colla esperienza 1' osserva- zione fatta dal celebre Hauy, che cioè questa calce carbonata addivenga elettrica solo che un poco sia premuta tra le dita. Il Baccelli in una lettera ad esso diretta gli participò quello che di certo potea dire di aver veduto intorno al modo di elet- trizzarsi lo Spato islandico. Vi aggiunse per altro alcune particolarità, le quali non erano accennate nell' annunzio che il Breislak aveva avuto di questa osservazione dell' Hauy. . V , xciv Elogio del Prof. Don L. Baccelli maucheravvi la prova, esplorandolo ancora ad un Elettrosco- pio, die vincesse di sensibilità la bilancetta del Coulomb. Dall'ozio scientifico che il Baccelli conduceva nell'Atene della Insubria, venne a riinoverlo il cuore dell' ottimo nostro Principe, il quale non sofferse più oltre lontano da' suoi Stati (pu'l Fisico, che avea segnalata la propria carriera sotto l'au- spicio dell' Atestina Prosapia. La sovrana autorità secondò ef- ficace la dimanda della città di Correggio bramosa di riacqui- starlo Professore di Fisica e Matematica nelle scuole Comunali. In quel (i) soggiorno che gli riduceva alla mente la dolcezza delle prime abitudini, eresse un Gabinetto fisico in massima parte di sua ragione, il quale meritò 1' onore dell' augusta presenza delle Reali Altezze di Francesco IV e del fratello Massimiliano, dal cui suffragio assicurato il Baccelli non tardò a vedere per le cure dell' illuminato Ministro di pubblica Istruzione trasferito in proprietà del Comune, e nelle sale di quel Collegio il pregevole apparecchio. Distinguerò fra le macchine che lo componevano, un Pi- liere del Volta, non tanto perchè di forma cospicua, quanto perchè strumento, col quale il nostro Fisico tentò esperienze, che più delle passate ne stabilirono la fama. Già questa Reale Accademia avealo noverato tra' proprj collaboratori ; ed egli , a corrispondenza di stima, la riguardò da quell' istante come oggetto di speciale amore. Primo parto del suo ingegno spe- rimentatore ad essa inviato nell'aprile dell'anno i8ii furono le investigazioni sopra i tanto celebrati fenomeni elettro-ma- gnetici. (i) (( Il Baccelli giunse in Correggio testeggiato dalla città nel Novembre dell' anno 1817. Suo primo pensiero, appena colà pervenuto, fu ili erigere un Gabinetto fisico fornito delle migliori macchine costrutte a seconda delle recenti scoperte. Compose il medesimo Gabinetto di oggetti quasi per intero di sua proprietà, e dopo averlo accresciuto di altre macchine di sua invenzione fatte costruire da lui stesso in tempo che ilimorava in Correggio, lo cedette poscia al Comune, dal quale ritrasse il conveniente prezzo. » •-• Notiz. Biograf. Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli xgv Per tacere le analogie scorte dagli antichi (i) negli elet- trici e magnetici attraimenti, e in tempi vicini a noi le ri- spinte elettriche, non dissomiglianti dalle magnetiche^ esplo- rate dai Fisici in seguimento de' lavori del Guerick, e il con- fronto sostenuto dalla Boccia di Leida colle armate calamite, e quanto in ciò tu largamente sperimentato dal genio dell' americano Franklin (2,), egli è certo che poco oltre alla metà del secolo trascorso si appresentavano allo svedese Wikstrora (3) i declinamenti oscillatori dell' ago entro la bussola all' acco- starglisi un corpo elettrizzato; e all'Accademia Petropolitana (4) i PP. Gesuiti mossi dalla rimota Pekino offerivano prove, cento volte reiterate, di elettrica atti-azione operante sopra l' ago calamitato della bussola. E certo è altresì che in appresso (5) il sommo nostro Beccaria, quantunque sprovvisto di q uè' giorni del Voltaico elettromotore, nulla di meno con preziose osser- vazioni ed esperienze fermava parecchi fatti, donde spontanei scendevano canoni di elettro -magnetismo, nel tempo che il francese Comus (6) saggiando alla presenza del Duca di Char- tres r effetto della elettricità circa la magnetica inclinazione , riportava indizj di un fenomeno elettro - magnetico. Per tale dal Baccelli, dimorante tuttora in Correggio, venne poi, seb- bene con oculata riserva, nell'anno 1828 asseverato, a indica- zione e suggerimento dell'erudito nostro comprofessore Gemi- niano Riccardi ; il quale con ciò rispondeva all' atto cortese (i) P. G. Grimelli Osscmazioni ed esperienze elettro -fisiologiche dirette ad in- stituìre la elettricità medica. Preliminare §. II e Nota alla pag. 3. — Modena pei Tipi Vincenzi e Rossi 1889. ojj.jj.u -.n:>t, iciji«ijjj;p f|i (2) Van Swinden Analogie de 1' Electricité et du Magnetisme Tome I, II, III a la Haye 1785. (3) Memoires de 1' Academie de Svede, Tome XX. (4) Scelta di Opuscoli; Volume VII, pag. gS e 96, Milano 1775. (5) Beccaria dell'Elettricismo, Lettere al Beccan ecc. Lettera XIV, Bologna 1768. Elettricismo artificiale pag. 3o5, Torino 1772. Articolo di Lettera intorno a due nuovi punti di analogia del Magnetismo indotto dal fulmine nei mattoni e nelle pietre ferrigne; Scelta di Opuscoli, Volume XXXII, pag. 40, Milano 1777. (6) Veggasi la detta Scelta di Opuscoli, Volume XIII, pag. 101, Milano 1776. xcvi Elogio del Prof. Don L. Baccelli di avergli, come a Segretario in allora della Sezione di Scienze dell' Accademia, comunicate in due lettere, poscia ricevute da più Giornali, le primizie delle sue osservazioni. Aprivasi il secolo, in cui siam di presente, e due italiani, il Romagnosi ed il Mojon, videro, T uno il filo congiuntivo agire sopra la direzione di un ago calamitato; l'altro magnetizzarsi con po- larità sensibile aghi orizzontalmente librati e comunicanti con elettrico apparecchio. Questi numerosi indizj e queste consi- derazioni giacquero sterili germi nelle terre dov' ebbero na- scimento per fruttificare molti anni dopo sotto il nordico cielo d' Europa. II Danese Oersted si mise in cammino su quelle tracce \, e nella scoverta delle correnti elettriche sopra la di- rezione dell' ago magnetico levò parte del velo che adombrava il grande fenomeno. Di qui prese le mosse il Baccelli per chiarire maggior- mente il fenomeno stesso; mentre l'Ampère e l'Arago a meta eguale, che poi si fece più ardita, ferventissimi si avanzavano. Ma le singolarità elettro -magnetiche hanno leggi? E quando pur le abbiano, sono poi leggi di condizione costante, semplice, determinata ? Quanto varj e bizzarri non isvegliansi i moti dell'ago calamitato? Quante forme, a guisa di Proteo, non assume il filo congiuntivo i poli dell' apparecchio Voltaico, al quale si presenti l'ago, o vogliansi forme di qualità, di lun- ghezza e di sito, o vogliansi di quantità e di aspetto ? Come infrenare con leggi elementi di cose cotanto indocili ? Nulla di meno 1' occhio scrutatore del nostro Fisico vi accerta che in qualsiasi delle toccate contingenze i moti dell'ago tendono sempre a dirigerne il braccio boreale alla sinistra di chi os- serva, e pressoché perpendicolare al braccio resinoso del filo, ed il suo mezzo a contatto di questo. Alla qual legge da lui fermata ne dà compagna un' altra circa la magnetica polarità sentita dagli aghi non calamitati. Messi in vicinanza o di tra- verso ad un filo metallico, sopra cui si versi l'onda elettrica, questi si calamitano, e la punta volta a sinistra del riguardante ne dà il polo nordico. Che se poi V ago si adagi dentro la Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli xcvir spira del filo, l'ago si calamita al solo scintillamento, e la sna estremità a rirapetto del polo resinoso si fa nordica od australe, secondo che le anella spirali tengono vergenza a manca o a diritta. Questi sono fatti irrepugnabili; e il ricercarne la cagione sarà lode tanto più bella, quanto più al vero si accosti. L'equi- librio, cui tende l' ago girante intorno al filo, proviene da forza impulsiva ; e quindi il moto è animato dalla spinta di materie inerenti all' ago ed al filo, d' onde s' ingenera ne' corpi la virtù magnetica ed elettrica. Ma 1' ago va da destra a sinistra ([uando il suo polo più prossimo al filo guarda bo- rea od austro. Da che dunque il moto ne sarà incitato se non sia dal trasporto del fluido magnetico, che è nell' ago, prodot- tovi dall' elettrico circolante nel filo ? Fra tanto è a credersi che r elettrico sprigioni da sé due contrarie correnti, 1' una sopra la potenza magnetica del braccio boreale, 1' altra sopra quella del braccio australe dell' ago ; altrimenti questo rimar- rebbesi immobile. Dovrò io dirvi che il Baccelli si vide con- dotto ad ammettere che i fluidi magnetici disseminati e sparsi lunghesso gli aghi s' addensino ai centri d' azione, da cui de- crescano di grado in grado sino a mancare nel mezzo delle ' aste loro ? Lo dirò, perchè ammise cosa, la quale avvalorava di più la legge d'intensità stabilita dal Coulomb. Dovrò ancor rammentarvi che dal Dualismo elettrico argomentossi a de- durre la cagione de' fenomeni elettro- magnetici? Lo rammen- terò, perchè, adottando egli l' opinion Symmeriana, la corresse coli' eliminarne l' alterno combinarsi e decomporre de' due fluidi elettrici nel loro venir meno e risorgere, come della fenice si favoleggiò che muoja e rinasca dalle proprie ceneri. Ei ritenne che circolassero i due rivi elettrici in due strati di estrema sottilità, nulla od appena inclinati all' asse del filo, fasciando l'asse ne' loro giri spirali di doppia elica cilindrica, di tanto poi questa rendutasi ampia ed impetuosa, quanto maggiore e rapido fosse lo sgorgo degli elettrici medesimi. Ciol linguaggio pure de' Symmeriani diede i nomi di vitrea e Tomo XXIII. i3 xcvni Elogio del Pkof. Don L. Baccelli resinosa alle due correnti, e ci descrisse i meandri loro, poi- ché la vitrea dal rame fa tragitto allo zinco, e per mezzo al liquido conduttore si ridona al rame, a fin di gettarsi di nuovo nello zinco; e la resinosa dallo zinco trapassa nel rame, donde pel liquido ritorna allo zinco. Il quale avvolgimento de' due fluidi vi sarebbe posto innanzi per via sensibile se tenendo verticalmente, com'egli ne avvisa, una canna barometrica grave di mercurio le apriste la bocca sotto ad un liquido co- lorato. Vedreste il mercurio ed il liquido disputarsi il varco a vicenda, e nello scendere dell'uno e nel montare dell'altro amenduni attoicersi lungo l' asse della canna. Trovando ubertoso il campo, non solo a suo prò' trasse r esperienze del De la Rive sopra l' anello galleggiante, e te ingegnosissime dell' Ampère, ma raccolse eziandio novello ma- nipolo di esperienze proprie, che diresse in due lettere al marchese Cosimo Ridolfi. Riguardò come premio dell' egregia" fatica che i suoi pensamenti si fossero incontrati colle ulte- riori osservazioni dell' Oersted, e con quelle del Davy e del Wollaston nel modo, onde gli aghi vengono a calamitarsi, e del Faraday nella dimostrata immobilità dell' ago , e circa r attorniarsi del filo al polo magnetico, e di questo al filo. Avverti i Fisici dell'erroneo risultato che ne dava l'apparec- chio dell' Offerhaus nello stabilire di quanti gradi l' ago de- clini; e dichiarò patrimonio degl'italiani Ridolfi, Antinori e Gazzeri quello che intorno alla calamitazione ottenuta con elettrizzati conduttori spirali avea posteriormente messo in luce il Van Beek, Un elegante e fervido spirito, il cavaliere Leopoldo No- bili, coir avere ne' Trattati sopra il Calorico, F Elettricità ed il Magnetismo depressa anzi che no I' opinione Symmeriana , parve al Baccelli che si fosse opposto ai fatti da essolui os- servati, e alle leggi da quelli dedotte, e già note al Nobili stesso. Di che il nostro Sperimentatore mosse lagnanza come di verità sagrificate dal Fisico reggiano all' amor di sistema , e dissimulate con ingiusto silenzio. Ogni nebbia per altro di Scritto dal Prof. Giuseppe Lugli xcix turbamento venne presto a dileguarsi nei mite animo del Bac- celli alle franche protestazioni del Nobili, il quale se con agra severità avea giudicato il Dualismo elettrico avvisando migliore r ipotesi Frankliniana, non però disconosceva la certezza de' fe- nomeni e delle leggi dal Baccelli annunziate. Laonde il dissenso accaduto procacciò a questo la pubblica manifestazione del suffragio del Nobili circa la realtà di quelle leggi; e per fausta ventura della scienza divenne, come avverasi in anime gen- tili, cagione in ambidue di reciproca stima, onde in seguito collegarono i loro sforzi all' incremento delle fisiche dottrine. E di vero, checché si voglia asserire della spiegazione de' fenomeni elettro - magnetici tentata dal Baccelli, le leggi da lui promulgate dietro agli operati cimenti servirono d'im- pulso a' nuovi passi della scienza ; e pel merito di quelle i Fisici (i), che ora ci vivono, congiungono il nome del nostro italiano col celebratissimo dello Sperimentatore danese, siccome di due antesignani in un ramo di tanto momento della Fisica. Ed oh! avesse pur egli sospinta più oltre la prova! Quando col Nobili e l'Aiitinori ( cosi appare da quanto esso ne scrisse a quel lume del fiorentino Osservatorio, e di questa patria, il cava- liere Giambattista Amici ) ei si rendea certo che uno spillo da cucire, perpendicolare al filo congiuntivo dell'Elettromotore, sul punto iinbeveasi di virtù magnetica, egualmente che un grave cilindro d' acciaro dentro a spirale metallica investita da cor- rente elettrica, solo che avesse inversa V esperienza , la sco- (i) Il Padre Giambattista Pianciani della Compagnia di Geàù Professore di Fi- sica nel Collegio Romano, ed uno dei XL della Società Italiana delle Scienze, dopo avere nelle sue Istituzioni fisico -chimiche stampate in Roma l'anno i833 Voi. I, cap. II, pag. y4 distinto il Baccelli di onorevole citazione, nel terzo Volume poi delle Istituzioni medesime part. I, cap. a3 che tratta delle osservazioni elettro-ma- gnetiche così scrive alla pag. 2i3. « Finalmente è stato osservato dal chiarissimo Professore Baccelli, come pure dal celebre Oersted, che 1' azione di un filo condut- tore sull'ago calamitato è attorno attorno in ogni sua parte la stessa: ciò che aper- tamente ripugna alla proposta ipotesi ( che ammette una specie di magnetizzazione traiversale acquistata dai conduttori, ne' quali scorre l'elettrico), n :? .!!.; i .i;.;! OTa;;';;:!.[ /iri .T:i;!: n rrr;. ■|.::\'. ri i.i ■ r i ;; ;,; li,: : ', !/[!•.' k(ì 11);;^^. i:j !■ 1 ■■■].'. <■■: ih il/1 ■lil;-.'. i!) ■'.)"'■ ■' .. !..• . ;;; ;■': .li.i.;; i.-)1'j niloi- !)■,<[■ • .-i ,'i m i,!i ::)..:,, : .'JC'. .;j LJ . . MEMOFJ® IDI IFirSlEA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA T03T0 XXIII. I';'-' ',-' / /(jUM 'lUJl'l S DI UNA NUOVA NOMENCLATURA INTORNO ALLA SCIENZA DELLE RADIAZIONI CALORIFICHE MEMORIA '"i^ ■; f\'ti -.li DEL SOCIO SIG. MACEDONIO MELLONI IMIUI ii Ricevuta adì 14 Ottobre 1841- Ije differenze, scoperte alcuni anni sono, tra il passaggio im- mediato del calorico e della luce pei mezzi solidi e liquidi, e' indussero a proporre certe nuove denominazioni, onde clas- sificare, e distinguere dai corpi diafani ed opachi, le sostanze dotate della facoltà di trasmettere o d' intercettare le radia- zioni calorifiche. Il progresso della scienza mostrò poscia che la forza, in virtù della quale le radiazioni erano in parte in- tercettate, ed in parte trasmesse, non operava colla medesima energia su ogni specie di calore, e che i raggi emergenti da un dato corpo traversavano liberamente certe sostanze, e ve- nivano più o meno assorbiti da altre sostanze permeabili dal calorico di alcune sorgenti. Se ne potè quindi arguire, e la diversa indole degli efflussi procedenti dalle varie sorgenti calo- rifiche, e la coesistenza di parecchi elementi di diversa natura nella radiazione calorifica della medesima sorgente. Tutti cjuesti raggi si videro però transitare in abbondanza, e nella medesima proporzione per un corpo solido; e dalle sperienze fatte su la- mine di grossezza decrescente s'inferi che le proporzioni vari- abilissime di calore trasmesse dalle altre sostanze s'accrescono, e convergono rapidamente, passato un certo limite di sottigliez- za: per cui tutte queste sostanze divengono allora analoghe al detto corpo di ugual trasmissione. Dal complesso di questi fatti venne pertanto dimostrata la perfetta analogia tra i fé- 4 Proposta di una nuova Nomenclatura ec. noineni della trasmissione calorifica, e quelli che si manifesta- no nella trasmissione della luce pei mezzi dialani colorati. — Ora i corpi che trasmettono soltanto certe specie di calore sono in gran parte bianchi, limpidissimi, uguali nei loro carat- teri ottici. — I raggi stessi che passano, o che rimangono in- tercettati, non appariscono, come le luci di vario colore, di- stinti tra di loro da alcun segno visibile: di ([ul il bisogno di altre denominazioni per non confondere i lenomeni nuovamente osservati colla colorazione ordinaria. Altre e più recenti sperienze palesarono infine, rispetto alle radiazioni assorbite e riverberate dalla prima superficie dei corpi opachi, una serie di diffierenze totalmente analoghe alle variazioni prodotte entro i mezzi diafani; perchè ivi schieransi molti corpi che quantunque candidissimi, operano, rispetto agli efflussi calorifici, come sostanze fortemente colorate; e viceversa apparisce una mano d'altri corpi che, dotati della colorazione, si conducono relativamente al calore, come fanno le sostanze bianche per rispetto alla luce. L' urgenza di un linguaggio acconcio ad esprimere tutte queste proprietà dei corpi e delle radiazioni calorifiche è dun- que manifesta. Neil' ultima edizione de' suoi Elementi ili fisica sperimen- tale Pouillet propone di chiamare termanismo la facoltà che posseggono le sostanze ponderabili di sceghere, per cosi dire, fra i vari elementi di cui è composto un efflusso calorifico, al- cuni raggi particolari onde appropriarseli per assorbimento, la- sciando liberi gli altri. Quindi si direbbero termanizzati quei corpi i (juali alterano la composizione dell'efflusso, e termaniz- zato il calore che ha patita l'azione dei corpi termanizzanti. Ma codesta nomenclatura, quantunque semplicissima, e di facile pro- nunzia ci pare tuttavia soggetta a parecchie obbjezioni: primie- ramente perchè il suo radicale manca di qualunque allusione al fatto che dovrebbe in certa (piai guisa definire, o almeno in- dicare; e quindi perche essa non può soddisfare a tutti i bisogni della scienza: per rendersene capaci si rifletta solamente che le Del Socio Macedonio Melloni 5 sostanze diverse le quali operano sul calore a modo dei corpi bianchi, e quelle che agiscono come, i corpi neri, sarebbero amen- due non termanizzantì^ in guisa che due azioni diametralmente opposte verrebbero confuse sotto la stessa denominazione. Uno dei principali doveri imposti a chi perviene alla sco- perta di alcune nuove verità, ci par quello di non tralasciare nessuna via intentata onde renderne le dimostrazioni piane, evidenti, e di facile intelligenza agli studiosi. Mossi da questo pensiero ci accingemmo a raccogliere in un sol libro, ordinan- dole e semplificandole , quelle poche proposizioni sul calorico raggiante da noi dimostrate successivamente con metodi, i quali sono d' oi'dinario ben discosti da quel grado di evidenza e di ordinata successione, che avrebber avuto senz' alcun dubbio sin dalla loro origine procedendo da forze intellettuali supe- riori alle nostre. Ora il primo ostacolo che ci si parò davanti in tale impresa, fu la difficoltà somma di esprimerci chiara- mente ed esattamente colle solite voci scientifiche o famigliari. Dovemmo pertanto ricorrere ad un nuovo principio di nomen- clatura. Dopo vari pensamenti sul miglior modo possibile di ottenere l'intento, ci parve doversi attenere ad alcune norme fondamentali che sottoponiamo con questo scritto al giudizio dei fisici, dichiarandoci pronti ad abbandonarle a vantaggio della scienza qualora venga provata la loro insufficienza, ed innalzata sopra basi più salde la terminologia delle proprietà de' corpi e de' raggi che costituiscono 1' odierna scienza del calorico raggiante. Varj sono i caratteri distintivi tra il calore allo stato or- dinario, e sotto forma radiante. Il calore ordinario si pi'opa- ga, com' è noto ad ognuno, con una certa lentezza, segue qua- lunque via retta o curva, e patisce un' alterazione notabilissi- ma di forza e di direzione quando le particelle ponderabili del corpo che lo trasmette vengono smosse dalle loro posizioni relative. Il calorico raggiante passa invece tutta 1' estensione del mezzo in un istante impercettibile, cammina soltanto in linea retta, e conserva sempre intatte, e direzione ed ener- 6 Proposta di una nuova Nomenclatura ec. già, qualunque siasi lo stato di quiete o di movimento in cui si trovano le molecole del mezzo attraversato. Ciascheduna delle tre proprietà manifestate nelle due ti'asmissioni, cioè la velo- cità di propagazione dell'efflusso calorifico, la sua direzione e r influenza sofferta sotto V agitazione del niezzo^ assume nell' un de' casi un carattere opposto a quello che possiede nell' altro; oginnia di queste proprietà potrebbe dunque servir di l)ase al cercato sistema di nomenclatura. Ma le voci corrispon- denti, greche e latine, impiegate come radicali, non si prestano ad esprimere con brevità, eleganza, e facile pronuncia, tutte le derivazioni occorrenti: codesto succede anche relativamente all' espressione raggio di calore sulla quale si potrebbe pari- mente fondare la nuova nomenclatura termologica , se 1' as- sunto non fosse direi quasi impraticabile per la difficoltà e com- plicazione delle voci derivate (i). Rimane un' ultima risorsa nella difierenza di composizione tra gli efflussi di calor rag- giante e di calor ordinario. (i) Chi volesse contentarsi del solo radicale axfiv arti;? ( raggio ) eviterebbe ogni difficoltà e complicazione, e formerebbe certamente una nomenclatura semplicissima, ma cadrebbe nel gravissimo sconcio di rendere le denominazioni applicabili a qua- lunque sorta di raggi, per cui sorgerebbe nella scienza una vera contusione. E qui la dimostrazione segue immediatamente il principio, perchè la confusione scientifica ci pare incominciata con alcuni nomi di questa fatta nuovami'nte introdotti nella Me- teorologia. E veramente , i Compilatori didle istruzioni scientifiche pel viaggio au- strale del Capitano Ross chiamano Actìnometro uno strumento che serve a misurare la forza calorifica de' raggi solari. Pouilk't ilescrive sotto la medesima denominazione un apparecchio termoscopico atto ad esplorare il raffreddamento notturno de' corpi per r aspetto del ciel sereno. Finalmente Herschel impiega il nome di Actinografo per indicare una sua ingegnosa macchinetta a rotazione diurna destinata a segnare, di per se, le gradazioni di luce che si van succedendo nel corso della giornata. Colle stesse precise ragioni de' suoi predecessori potrebbe ora sorgere un quarto fisico , il quale applicasse la denominazione di Actìnologia , non già a tale o tal altro ramo della Scienza del Calorico raggiante, e anche menu ad una sezione dell' Ottica, ma si bene .dia nuova scienza che verte sulle radiazioni chimiche contenute nella luce del Sole, e dei corpi incandescenti. Del Socio Macedonio Melloni. 7 È noto a chiunque che il calore comune, quel calore cioè, che si propaga lentamente e successivamente nei corpi, possiede una costituzione uniforme, omogenea, per cui due ef- flussi calorifici di questo genere differiscono unicamente pel diverso grado di energia e diventano quindi al tutto identici facendosi ugualmente intensi. Due efflussi di calor raggiante ugualmente gaghardi, ma tratti da sorgenti diverse, sono per Io contrario distintissimi tra di loro, e per la facoltà di pene- trare in diverse proporzioni nei mezzi diafani, e per la fa- coltà di diffondersi con diversa energia alla superficie dei corpi opachi. Di più , la varia rifrangibilità degli elementi ond' è composto ogni efflusso calorifico raggiante unita alla varia ener- gia dell' assorbimento che ognuna d' essi patisce , sia alla su- perficie, sia neir interno dei corpi , rendono , come dicemmo pocanzi, questi raggi elementari del tutto analoghi alle luci di diverso colore. La varietà degli efflussi, la moltiplicità degh elementi che li compongono, e segnatamente la loro grande analogia coi raggi colorati, formano dunque un complesso di caratteri proprio alle radiazioni calorifiche, e quindi bastante a distinguerle per- fettamente dagli efflussi di calor ordinario, i quali, ripetiamolo, sono sempre omogenei e privi di qualunque relazione colla luce. Noi proponiamo pertanto di chiamare Termocroologia (2), cioè Trattato del calor colorato^ la scienza del Calorico raggiante. A chi pretendesse non potersi addattare ad un agente in- visibile, come il calore, la denominazione di una qualità visi- bile per un altro agente, dii-emmo che il suono si trova esso pure nel medesimo caso ; e quantunque l'Acustica sia ben lungi dall' avere coU'Ottica le analogie del Calorico raggiante, vi si è però introdotta la denominazione di Scala Cromatica^ la quale denominazione benché derivata da croma colore di pit- (a) Da Btpfwv caldo, calore, da XP''"- colore ( mutata 1' a in o come nella com- posizione di molti nomi terminanti in o, per esempio »iwa redine, d' onde r,vioXo)ia. e non rivtakoyt.a ) è da Xoyog discorso, trattato. 8 Proposta di una nuova Nomenclatura ec. tura, e non da croa colore di luce , come sarebbe stato più in regola, si è nondimeno applicata ad una serie di suoni, la cui maggiore o minor gravità, viene in certa qual guisa comparata alla colorazione dei raggi luminosi (3). Ma risponderemo più direttamente all'obbjezione, osservando cbe il fenomeno della colorazione propriamente detta può es- sere altrimenti definito che dalla diversa impressione eccitata neir organo della vista. E veramente i raggi colorati non si distinguono soltanto tra di loro per la qualità della sensazione prodotta suU' occhio , ma benanche dai varj gradi di energia in quelle modificazioni che vengono ad essi raggi comunicate nel contatto dei corpi. Noi vediamo infiitti i raggi rossi rifran- gersi meno dei verdi , essere trasmessi o ripercossi dai mezzi e dai corpi rossi in maggior copia dei raggi verdi ; o viceversa, rispetto ai mezzi ed alle sostanze opache tinti in verde. V'ha più. In certi casi queste differenze formano i soli caratteri di- stintivi dei raggi luminosi. E noto , a cagion d' esempio , che alcuni individui non vedono il color rosso, e lo confondono anzi compiutamente col verde: in tal caso le radiazioni rosse e verdi non possono più distinguersi che mediante le differenze suddette di diffusione, di assorbimento, o di trasmissione. Im- maginiamo una stanza buja rischiarata da un semplice pertu- gio, il quale venga successivamente turato da una lamina di vetro rosso e da una lamina di vetro verde. Supponiamo che neir uno e nell" altro caso si presenti un panno rosso e un verde alla persona la quale confonde insieme questi due co- lori: sarà facile il convincerla che le due specie di luce intro- dotte successivamente nella stanza buja quantunque perfetta- mente simili agli occhi suoi, sono tuttavia disuguali; poicliè il panno rosso vivacissimo quando la stanza era illuminata dalla luce trasmessa pel vetro rosso , diventa fosco ed appena visi- bile, quando l'ambiente trovasi richiarato dalla luce transitante (3) Alcuni maestri di musica pretendono che il nome di scala cromatica derivi da uso antico di segnare le note coli' inchiostro rosso; ma l'origine proveniente dal paragone del su'jno ai colori ci pare più naturale. Del Socio Macedonio Melloni 9 pel vetro verde: e viceversa, il panno verde, che mostravasi livido e scuro nella prima luce, si fa vivido e brillante sotto 1' azione della seconda. Si potrebbero pure ottenere analoghe dimostrazioni mediante due mezzi, uno dei quali fosse tinto in verde e 1' altro in rosso, i quali fornirebbero due trasmis- sioni disuguali, neir uno o nell' altro verso secondo la qualità delle due luci che rischiarano 1' ambiente. Ma le radiazioni calorifiche si distinguono appunto tra di loro da queste mede- sime differenze di diffusione, di trasmissione e di assorbimento; dunque la espressione color di calore^ lungi dal meritare la taccia d' impropria è anzi dedotta dalle regole della più sana filosofia. Un'altra obbjezione si potrebbe forse dedurre dal con- fronto coir Ottica, ove lo studio dei colori forma una semplice diramazione particolare della scienza. Ma si rifletta che la luce è in una posizione ben diversa dal Calorico raggiante. Infatti il Sole manda sul nostro Globo riuniti in un sol fascio tutti quei raggi che costituiscono la luce bianca , le cui proprietà generali possono e devono anzi studiarsi prima di mostrare che dessa luce bianca è composta di una infinità di elementi co- lorati. Ma il calor bianco non sussiste in natura, vale a dire, che tutti gli elementi del calorico non sono mai riuniti in un solo fascetto come i raggi elementari della luce bianca, laonde ogni efflusso calorifico raggiante è di natura sua essenzialmente cromatico^ o per meglio dire eroico. E di vero, le radiazioni dei corpi debolmente riscaldati mancano di moltissimi elementi i quali si rinvengono nelle radiazioni di calore vibrate dalle fiamme e dai corpi incandescenti : e viceversa molti elementi contenuti negli efflussi delle sorgenti di bassa temperatura non si trovano negli efflussi delle sorgenti a temperatura elevata : la luce stessa del Sole, che contiene tutti i colori e molti raggi diversi di calore , non possiede nessuno degli elementi di cui sono composti gli effluvii calorifici delle sorgenti di bassa temperatura. Il calorico raggiante di ogni provenienza è dun- que costantemente colorato, non escluso il calor solare, il Tomo XXIIL B IO Proposta di una nuova Nomenclatura eh. quale, qui alla superficie terrestre, manca, come a])biamo oi'a veduto, di molti raggi elementari, ed è pertanto dotato di una colorazione più viva di ([nella che posseggono gii efflussi calo- rifici delle fiamme ed altre sorgenti di calor terrestre: ne se- gue che le prime nozioni da acquistarsi intorno al calorico raggiante sono le qualità proprie agli efflussi delle varie sor- genti calorifiche. E vero che questi efflussi hanno comuni tutte le «[ualità, tutti i modi relativi alla loro libera propagazione, sia neir aria, sia ne' corpi solidi e liquidi: ma tali proprietà generali non possono risultare che dal confronto delle proprietà particolari, le quali formano in ultima analisi quel complesso di fatti da noi indicato colla espressione di colorazione calo- rifica. Questa colorazione costituisce duiK^ne uno degli studj più importanti della scienza del Calorico raggiante, e resta pertanto giustificata Tidea di aj)plicare al tutto il nome della parte dominante. Aggiugniamo infine che chiamando Termocroologia la scienza del calorico raggiante, si adopera non solo una voce più espres- siva della denominazione addottata sino al giorno d'oggi, poi- ché nel colore è necessariamente contenuta , e 1' idea della forma raggiante, e quella di una costituzione eterogenea, ma s' introduce in fisica una voce più addattata allo scopo cui tendono le nomenclature scientifiche , di richiamare cioè alla memoria il nesso più generale di mia data serie di fenome- ni (.3). E veramente accoppiando 1' idea del colore colla esi- stenza della radiazione calorifica, non si perde mai di vista il principio che serve di base o di epilogo alle lUtime scoperte; principio semplice e fecondo, mediante il quale si legano tra (3) Lavoisier disse, ti Tonte srience pliysique est rieci'ssairemcnt fonnée (le trois n clioses: la serie des faits qui constituent la science, les idées qui les rapelleut, les « mots qui les exprimeut. Le mot doit laire naitre l'idée, l'idée peiiidre le fait: (( ces sont trois empreintes d'un mème cachet, n 0 e' inganniamo di molto, o il voca- belo Termocroologia e le sue derivazioni soddisfanno a cappello le tre condizioni proclamate dal gran legislatore della chimica. Del Socio Macedonio Melloni i i di loro i fatti più disparati; per cui basta rammentarsi che evvi ne' raggi , e ne' corpi forniti della massima limpidità e del massimo candore una qualità invisibile sì, ma totalmente analoga alla colorazione, onde intendere perfettamente tutti i fenomeni di trasmissione, di diffusione e di assorbimento che un dato raggio calorifico patisce per l'azione delle sostanze di diversa natura, o che una data sostanza esercita sulle varie specie di calore vibrate da sorgenti diverse, o emergenti da lamine di diversa composizione. La colorazione del calore essendo presa per carattere di- stintivo dello stato raggiante deve formare la base di tutto il nostro sistema di nomenclatura ; e cosi è realmente. Difatto termocrosì^ che indica appunto la detta colorazione calorìfica, deriva dalle medesime radicali onde proviene Termocroologia (4), come ancora analogicamente gli aggettivi termocroìco, colorato pel calore, ed atermocroico (5) privo di colorazione di calore, I corpi che assorbiscono energicamente ed ugualmente qua- lunque specie di calorico radiante, ed operano quindi sul ca- lore come fanno le sostanze nere sulla luce, vengono nel no- stro sistema appellati melanotermici (6) da una voce greca che importa nero. Quei corpi poi, i quali diffondono, cioè riverbe- rano in abbondanza e nella medesima proporzione ogni ma- niera di radiazione calorifica, si domandano levcotermici (7) da un' altra voce, parimenti tratta dal greco, e significante bianco. Quanto alle denominazioni dei mezzi che trasmettono o intercettano le radiazioni calorifiche saremmo d' avviso si do- vessero modificare leggiermente le prime voci diatermano ed atermano , e cambiarle in diatermico ed adiatermico le quali sono più regolarmente derivate dai loro radicali e più coiifor- (4) Cioè da dspuov caldo, calore, da XP""" colore, onde il verbo ^pou colorare, onde /pom( colorazione. (5) Da a arteretica o privativa e 8ep[Wj(poij(Oi colorato per calore. (6) Da pcXag, genitivo ^leXavoi, nero. (7) Da Afi'/o; bianco. :, •■ 's> i -. I a PnorosTA di una nuova Nomenclatura eh. mi alla desinenza dei vocaboli che esprimono il bianco, il nero ed il colorato del calore. La trasparenza calorifica dei corjii , o trascalescenza per servirci di un termine di Sir W. Herschel, si dirà quindi diatermasia (8), e adiaterinasia (c)) la proprietà opposta, cioè V opacità dei corpi pel calorico raggiante (io). Le sostanze che trasmettono soltanto certe specie di ca- lore sono corpi diatermici termocroici, e quelle che trasmettono ugualmente e indistintamente ogni sorta di radiazioni calde , corpi diatermici o termocroici ; denominazioni che si possono però abbreviare chiamando semplicemente le prime mezzi termo- croici, e le seconde mezzi atermocroici. Cosi pure delle so- stanze opache le quali, secondo che sono nere, bianche a colo, rate per rispetto al calore, dovrebbero dirsi corjn adiatermici melanotermici, corpi adiatermici leucotermici, corpi adiatermici termocroici , rigorosamente parlando; ma che saranno sufficien- temente contraddistinte dall' ultimo termine ; per cui si po- tranno aggiugnere i soli aggettivi melanotennico, leucotermico, o termocroico onde indicare un corpo nero, bianco, o colorato relativamente al calore; precisamente come nel linguaggio fa- migliare ove trattandosi di corpi opachi si usa ogni voce re- lativa alla trasparenza, dissi comoda non solo ma filosofica, poiché la trasparenza è una eccezione alla legge generale della opacità, e costituisce, direi quasi, un carattere di transizione tra i corpi ponderabili, e le sostanze eteree. A riassumere brevemente le cose esposte non sarà fi^rse l'uor di proposito il gettare uno sguardo sullo specchio seguente, ove si troverà riunito tutto quanto concerne la nomenclatura da noi proposta, ed alcune applicazioni. (8) Da Oipiiao scohlare. e dta per, a traverso. (9) Da a privativa e Siadeftfiama trasparenza calorifica. (10) Questi cambiamenti, eJ altre mTA ni una nuova Nomenclatura ec. Leucotennico ( ila /[£V-(oc, bianco, e d£p(.iov caldo, calore ) Che è bianco rclativarìieiite al calorico, perchè riverbera iigiial- meute ogni specie di radiazione calorifica, e mantiene per- ciò neir efflusso riverl)erato o diffuso , la medesima colo- razione dell' efflusso incidente ; tacoltà simile a quella che i corpi bianchi esercitano sulla luce. ESEMPI. La mica nera, 1' ossidiana, il vetro nero, ridotti in lamine sottili e tuttavia compiutamente privi di trasparenza, lasciano passare una porzione notabile di calorico raggiante, e sono per conseguente opachi e diatermici. Certi vetri di color verde accoppiati con uno strato d'acqua o con una piastra limpidis- sima di allume di rocca, ([uantunque dialani, sono per lo con- trario adiatermici, vale a dire, privi della trasparenza calorifica. L' aria atmoslerica, ed il sai gemma che, entro i limiti delle nostre sperienze , dan passaggio a qualunque specie di raggi calorihci, assorbendoli tutti leggiermente ed in egual propor- zione, si diranno corpi diatermici atermocroici, o senqilicemente mezzi atermocroici. U vetro, 1' ac([ua, 1' alcool, permeabile sol- tanto da certi raggi di calore, e limpidissimi, saranno invece mezzi, privi della colorazione propriamente detta, ma termo- eroici. La carta, la neve, il carbonato di- piombo, che malgrado la sonnna loro bianchezza, non riverberano con egual forza le radiazioni delle vaiie sorgenti calorifiche, e ne assorbiscono anzi parecchie in totalità, dovrebbero chiamarsi, rigorosamente parlando, sostanze adiatermiclie termocroiche ; ma basterà deno- tarle coir ultimo vocabolo soltanto, precisamente come succede nel liniruaiiiiio connnie, ove 1' ae&ettivo generico colorato., es- sendo applicato isolatamente ai corpi, porta seco privazione di trasparenza. I metalli, tersi e puri, in qualunque stato meccanico, e segnatamente bolliti, nel bianchimento riverberano vigorosa- Del Socio Macedonio Melloni i5 mente ed equabilmente ogni sorta di radiazioni calorificlie, e sono tutti pertanto leucotermici^ quantunque generalmente co- lorati. Finalmente, il negrofumo che assorbisce quasi tutta la luce e quasi tutto il calor incidente, costituisce una sostanza la quale è nello stesso tempo, e nera e melanotermica. Napoli IO Ottobre 1841. ■.■:i').. n 1 ■■■,ri ^ y lO SULLA CONDIZIONE DELL'AZOTO E SULLA FACOLTÀ SUA FERMENTANTE DEL DOTTOR BARTOLOiMEO BIZIO Ricevute adì 3 Novembre i8J\.i. Xja gomma arabica considerata lungamente, per rispetto alla sua chimica costituzione , siccome una sostanza molto affine dello zucchero, non diede mai sospetto che fosse per aver an- che r azoto Fra gli elementi, che la compongono: anzi le ana- lisi elementari dei sig. Gay-Lussac, Thenard e Berzelius sem- bravano avere collocato fuor di ogni dubbio che 1' azoto non ci entrasse per niente. Se non che alle analisi prelate successe r altra di Teodoro de Saussure , il quale accertò 1' esistenza dell' azoto nella gonnna , per altro nella tenue proporzione , per rispetto agli altri elementi, di o,44- La conosciuta esattezza sperimentale del Saussure non la- sciò dub])io sopra la veracità del predetto risultamento, tutta- via nessuna conferma ulteri Sulla condizione dell' azoto ec. del tumultuoso accompagnante le ordinarie fermentazioni de' succhi dolci, cosi la fermentazione della gomma mi parve la più acconcia per istudiare la cagione di un fenomeno, che non vediamo ancora così nettamente come la scienza potrebbe forse desiderare; anzi egli è a ([uesto fine principalmente che furono instituite le sperienze, eh' io mi faccio a descrivere. PRIMO SPERIMENTO. Siccome la gomma arabica, come necessaria conseguenza di sua origine, è sovente legata a piccoli frammenti di mate- rie eterogenee , e più spesso ancora in lacrime colorite , cosi fu mia cura principalissima di scegliere la gomma in modo, che fosse tutta candida perfettamente , e scevra di materie estranee aderenti. Anzi siccome ne' miei sperimenti io adope- rava la gomma sciolta , così dopo di avere verificata la solu- zione nell'acqua, io la colava attraverso un velo fino per isce- verarvi in tal guisa qualunque eterogeneità fuggita all'occhio, o compresa nella massa de' pezzi trascelti. E posciachè le mie prime osservazioni furono fatte sopra gomma sciolta e unita allo zucchero mediante il fuoco , la quale unione di zucchero e gomma si scioglieva nell' acqua contenente un volume uguale al proprio di gas acido carbonico , così questo primo esperi- mento fu iii>tituito sciogliendo in once 14 metriche di acqua contenente V anzidetta quantità in volume di gas acido carbo- nico, once i i di zucchero e mezz'oncia di gonuna, la quale soluzione era messa in una boccia di cristallo, di cui, ad ec- cezione del collo, empivala esattamente. Nello stesso tempo si apparecchiava un altro uguale spe- rimento, in cui era variato semplicemente il veicolo, adope- randosi, anziché acqua contenente gas acido carbonico , sola acqua di cisterna. Questi sperimenti erano cominciati il giorno due di Giu- gno, e la temperatura del luogo, in cui le bocce furono collo- cate, era a principio dal -+- 20" al 2,1" del Reaumur, la quale Del Dottor Bartolomeo Bizio 19 temperatura durante le osservazioni variò dai •+- i3° sino al a3 1", cosicché ommetterò appresso per brevità, di tenere conto minuto delle variazioni termometriche successivamente avve- nute, dovendosi ognora comprendere tra i due estremi accen- nati, e più sovente tra il H- 18° e ai.° La soluzione nelle due bocce a principio dell' esperienza era limpida perfettamente, e ti'aeva solo un poco al periato. 11 di appresso non si è osservata altra mutazione che un lieve sedimento fioccoso in fondo delle bocce, e questo più neir acqua contenente gas acido carbonico, che nell'altra. Nel secondo giorno molti di que' fiocchi erano venuti a galla, sollevati da minutissime boUiccine di gas, che vi aderi- vano, e ciò con piccola o nessuna differenza nelle due bocce. Nel terzo giorno la fermentazione era manifesta in entrambe con isprigionamento continuo di gallozzole e molta spuma sol- levata neir acqua di cisterna , poca nell' altra. Qui per altro le gallozzole erano più grosse, più minute nella precedente, la quale differenza ha sua spiegazione nel gas acido carbonico contenuto in quell' acqua. Ne' giorni successivi si mostrò sempre più vigorosa la fer- mentazione dov'era il gas acido carbonico, e si l'una che l'altra cominciò ad affievolirsi undici giorni dopo il cominciamento. Tuttavia seguitava uno sprigionamento di bolliccine anche dopo lo spazio di giorni 3o, tempo in cui i due liquidi divenuti già un poco acidi, fui'ono sottoposti alla distillazione SECONDO ESPERIMENTO. Serbata ogni cosa come nell' esperienza antecedente fu variata semplicemente la condizione del liquido, cioè a dire, r acqua di cisterna prima d' impiegarsi fu sottopposta alla bol- litura, e neir altra contenente gas acido carbonico furono ag- giunti nove grammi di bicarbonato di potassa. Queste due sperienze s' instituivano il giorno 5 di Luglio. Tre giorni dopo il liquido contenente il bicarbonato si rese 3.V Sulla condizione dell' azoto ec. assai torbido, e noli' altro dell'acqua bollita solamente piccoli fiocchi in fondo d<^lla boccia. Nel ([uarto di in (juesta durava ancora la condizione primitiva d' inerzia, nel bicarbonato spu- ma co[)iosa, e sprigionamento abbastanza celere di gas acido carbonico. Finalmente il giorno appresso nel bicarbonato la termentazione era vivacissima, ed appena scorgevasi svolgere alcuna rada bolliccina nell' acqua bollita: brevemente in que- sta, comecliè C(j1 processo dei giorni la fermentazione aumen- tasse, si mantenne però ognora assai fievole , dove nel bicar- bonato divenne tanto gagliarda da potersi (jnasi comparare a (picUa del succo dell' uva ; anzi merita osservazione che nem- meno un mese dopo il cominciamento dell'esperienza lo spri- gionaniento del gas dava vista di essersi menomamente affie- volito ; ed oltre a ciò vuol'essere notata, come ditt'erenza qua- lificante r azione del bicarbonato nello zucchero e nella gom- ma, un odore soave manifestatosi nel li([nido scorsi otto giorni circa dappoiché la fermentazione era cominciata e che si man- tenne con piccola diversificazione, durante tutto il tempo dell' esperienza, che fu prolungata a giorni trenta , dopo di che i due liquidi furono destillati, osservando che nel bicarbonato la reazione fu sempre alcalina, laddove nell'altro, ad espe- rienza innoltrata, si mostrò alquanto acida. Nel dar fine all' esperienza col bicarbonato avrei dovuto attendere tutto quello spazio di tempo , eh' io adesso ignoro , in cui fosse cessato interamente lo sprigionamento del gas acido carbonico; ma io per allora non attendeva alla qualità dei trammiitainenti dello zucchero, e della gomma, ma solamente alle condizioni valevoli a indurre un più pronto, o più vigo- joso movimento intestino. TERZO SPERIMENTO. Considerando in questo sperimento che lo zucchero e la gomma, per rispetto alla chimica loro costituzione, sono due sostanze, quasi dissi, identiche, ho pretermesso lo zucchero. Del Dottor Bartolomeo Bizio ai sciogliendo nella solita quantità di acqua once i ^ metriche di gomma , e quindi abbandonandola a sé stessa \ mentre in un' altra soluzione uguale vi ho aggiunto nove grammi di car- bonato di potassa sciolto. L'aggiunta del sale alcalino intorbidò grandemente la soluzione, rendendola di una opacità lattici- nosa. Appresso cominciò adunarsi un precipitato lieve, che nello spazio di un giorno diede in fondo compiutamente , la- sciando il liquido soprastante perfettamente limpido. A principio era trasparente altresì la soluzione di gomma schietta, ma mentre quella con 1' alcali durava limjiida, que- sta il secondo giorno diventava torbidiccia, e nel terzo del cominciamento dell' esperienza , entrava già in manifesta fer- mentazione, dove l'altra si manteneva nella stessa condizione d' inerzia sino al tredicesimo giorno , dappoiché era messa a ordine 1' esperienza. In questo di cominciò quivi pure lo spri- gionamento del gas, ed appresso seguitò colla medesima ener- gia dell' acqua contenente il bicarbonato già indicato nella spe- rienza seconda. Qui è da osservare che l'inerzia lungamente durata della gomma coli' alcali dava luogo nella superficie del liquido alla formazione di una pellicola, ed alla conseguente generazione di alcuni vestigi di muffa, onde il liquido in quel tempo esa- lava odore di muffa ; il quale per altro svanì corsi quattro, o cinque giorni dal cominciamento della fermentazione , succe- dendovi r odore piacevole già notato nella citata sperienza seconda. QUARTO SPERIMENTO. ,. , ' ' -v:' ■>■■ Qui fu rinnovato l'esperimento precedentemente descritto della gomma schietta, paragonandola all'altro di gomma e zuc- chero registrato nella prima sperienza, col divario per altro che qui la gomma e lo zucchero non avevano prima provata r azione del fuoco. Frutto di questa sperienza si é il fatto a mio credere interessante, che la temperatura durando la media avuta in tutti gli altri sperimenti, dove la gomma schietta co- 22 Sulla condizione dell' azoto ec. minciava a fermentare due giorni dopo il cominciamento dell' esperienza, quella collo zucchero fermentava evidentemente sole sedici ore dopo ; cosicché pochi giorni appresso ho rinno- vata questa esperienza e la fermentazione segui venti ore dopo, che vuol dire occorrere in questo caso alla produzione del fe- nomeno uno spazio di tempo molto minore, che in qualunque altra circostanza di gomma schietta, o collo zucchero, o coli' alcali, i quali ultimi esperimenti, oltre i descritti, furono este- samente ripetuti e variati nello spazio di quattro mesi cre- scenti ne' (juali mi sono occupato in questa indagine. Illazioni, die se ne traggono per rispetto alV azoto nella gomma, ed al fenomeno della fermentazione dalle sperienze descritte. Queste poche sperienze ci dicono adunque evidentemente essere erronea la sentenza del Raspail che la gomma arahica non fermenti , e che 1' azoto eh' essa contiene provenga da' sali ammoniacali che in essa risiedono, essendoci oggimai ha- stevolmente assicurati eh' essa fermenta tanto sola, quanto unita allo zucchero. E siccome condizione precipua alla pro- duzione del fenomeno si è la presenza di una materia nelle cui molecole complesse entri 1' azoto , così abhiam diritto di concludere che 1' azoto faccia parte delle molecole complesse della gomma. La cosa poi che mi sembra meritare attenzione si è le circostanze che accelerano , ritardano , o rendono molto più energica la prefata fermentazione. L' illustre Liebig parlando della fermentazione, accenna una causa novella siccome pro- duttrice del fenomeno sia che si tratti della fermentazione al- coolica, dell' acetica, o della putrida ancora, ed è l'attitudine che pigliano le sostanze in decomposizione d' indurre la me- desima condizione in altre materie presenti, e ciò senza ado- perare in esse chimicamente , ma per sola trasfusione di mo- vimento. In fatti egli dice cosi: « Il lievito di birra e in generale Del Dottor Bartolomeo Bizio a3 « tutte le materie animali e vegetabili in putrefazione indu- « cono in altri corpi lo stato di decomposizione nel quale si « trovano elleno stesse; d' onde ne segue che adoperano nella « maniera stessa del perossido d' idrogeno coli' ossido d' ar- « gento: il movimento che, stante la perturbazione, è impresso « a' proprj elementi, si communica egualmente agli elementi « de' corpi, che si trovano a contatto di essi (i). » E più ap- presso conclude : « I fatti che abbiamo esposti annunciano « r esistenza di una nuova causa producente decomposizioni « e combinazioni. Questa causa non è altra cosa che il movi- « mento che un corpo in decomposizione communica ad altre « materie nelle quali gli elementi si tengono uniti da una af- « finità debolissima. Le materie che inducono questa decom- « posizione non agiscono in virtù della loro speciale natura « chimica, ma solo quale il momento di una azione che si « estende al di là della sfera della lor propria decomposizio- « ne (a). » Questa enunciazione del Liebig è F additamento preciso del fatto. Un legno marcito, come altrove nota lo stesso chiarissimo autore, fa marcire il legno sano con cui si trovi a contatto; ma d'onde poi avviene che un corpo in decompo- sizione induca il medesimo stato in altro corpo presente? Per comprendere la cagione vera di questo fatto e di parecchi altri analoghi , bisogna risalire alle dottrine del Fusinieri fondate neir esperienza, e concernenti all' espansione o naturale atte- nuazione della materia. La manifestazione di questa forza ine- rente alla materia attenuata precede ognora le chimiche de- composizioni siccome cagione distruggitrice delle combinazioni che sussistono, e va innanzi del pari alle combinazioni quale forza che rompe la coesione, riducendo la materia a quell'ulti- ma attenuazione che abbisogna alle chimiche combinazioni. Ora le particelle della materia attenuata ne' due casi mentovati (i) Vegg. Traile de Chimie Orgaiiiiiue par M. Justus Liebia;. Tome Premier, pae. XXVIII. " ^ (a) Vegg. Oper. cit. pag. seguente. ..• a4 Sulla condizione dell' azoto ec. agiscono senza dubbio in maniera diametralmente opposta alla forza che tende ad eftettuare od a mantenere le coml)inazio!ii cliimiclie, o la coesione della materia: ma la forza che man- tiene le combinazioni o la coesione è vera attrazione delle mo- lecole, dunque la forza che rompe ({uesti vincoli è vera ripul- sione delle molecole stesse, che in molti casi si manifesta pre- cedere le combinazioni ad occhio veggente. Ma la materia in istato ripulsivo tende ad espandersi e ad attenuarsi indefini- tamente cozzando contro la materia inerte che la attornia, onde ne segue che, o questa materia resiste assolutamente ed allora converte la espansione in forza coercitiva, ed opera nuove combinazioni cogli elementi della sostanza in deconqiosizione., o per la debole affinità, onde gli elementi sono legati fra loro non resiste assolutamente, e in tal caso la materia attorniante le sostanze in decomposizione pel movimento impressovi entra anch' essa in istato ripulsivo o di naturale attenuazione ; i suoi elementi si disgiungono e si espandono sinché per V obice di altre materie presenti, eh' effettivamente resistono, si arresta respansione, verificandosi le chimiche combinazioni, onde hanno origine i nuovi prodotti. Ecco adunque di qual maniera le ma- terie inducenti la prefata decomposizione, valendomi delle pa- role stesse del celebre Liebig, agiscano non in virtù della loro speciale natura cìiiniica, ma quale il movente di un' azione che si estende al di là della sfera della lor propria decomposizione. Se il fixtto adunque sta precisamente come noi qui lo abbiamo esposto e come lo riteniamo, riferendoci ora alla fermenta- zione, avverrà che tutte quelle circostanze che verranno ad assottigliare la materia riducendola in ispigoli, o in lamine at- tenuate, od a produrre un' azione chimica qualunque, contri- buiranno atl accelerare la fermentazione, e per converso a ri- tardarla, allorché le prefate circostanze si allontanino. Ora nel primo sperimento descritto al)l)iam veduto la gom- ma arabica sostenuta in una fermentazione più vigorosa per la presenza del gas acido carlionico a confronto della semplice a;lie della vite: in Sardegna e in Corsica, a una Cocciniglia che è del pari copiosa sul tronco e sui rami del fico. Di sua natura è animale traiupiillo e pacifico, e si possono osservare molto da vicino i suoi inovinu^nti e i suoi lavori senza • he paja inquietarsene: ma se vien toccata, raddrizza l)rusca- mente 1' addomine a maniera degli Stafiliiii (i), corre <{ua e là con precipitazione, e dà il segno d' allarme alle compagne che incontra , le quali pigliano immantinente la stessa attitu- dine collerica e minacciosa. Si aggrappa alle dita, alle mani dell' aggressore, le abbranca fortemente con le mandibole e fa uscire dall'ano una schiuma bianca odorosissima ( acido formi- co) e soprammodo caustica. Io ne ho veduta una società allog- giata entro una med(«ima fessura di muro con la Formica a ventre nero ( Formica mclanogastes Latr. )., che a una certa distanza le somiglia moltissimo. Le due famiglie confonde- vansi insieme e percorrevano le medesime strade senza mole- stia reciproca e senza contese : ho soltanto osservato che all' istante del loro ammusarsi (a), si schivavano mutuamente senza darsi que' colpi d' antenna, que' segni d' affezione, di che lar- gheggiano sempre, in sì fatta occorrenza, co' membri della loro famiglia. Ho veduto i maschi e le femmine abbandonare il fornii- cajo negli ultimi giorni di settembre per andare ad accoppiarsi nell' aria. Egli era verso l' ora del tramonto che cominciava la festa nuziale e il movimento di tutta la repubblica: i ma- schi rimanevano per molto tempo immobili e come instupiditi dopo la loro uscita dal formicajo; le femmine invece davansi (i) I toscani la chiamano perciò Rlcciacùlo o Rìzzacìdo. (2) Così per entro loro schiera bruna S' ammusa V una coli' altra formica, Forse a spiar lor via e lor fortuna. Dante, Purg. Canto XXVI. t. 84. Del Cavaliere Gene 87 tosto a movimenti disordinati e agitavano le ali con una im- pazienza e con una ebbrezza dei tutto singolare, frattanto che i neutri , affaccendati , occupatissimi , correvano dagli uni alle altre, le leccavano, le morsecchiavano senza offenderle, infine, si conceda anche a me l'interpretazione di Huber, davan loro gli ultimi saluti. Ciò che attesta una precisione veramente ma- ravigliosa nell'istinto o nella sensibilità di questi animali si è, che il movimento delle loro società, quantunrpie assai distanti le une dalle altre, e la partenza degli alati comincia per tutte assolutamente nel medesimo momento della giornata. Io ho fatta e ripetuta questa osservazione per vari anni consecutivi in un vastissimo giardino, nel quale trovavansi parecchi formicai di questa specie. Allo indomani della partenza s' incontrano di già sul terreno le femmine fecondate che cercano un asilo ove deporre le uova. E qui, poiché l' argomento non solo il permette , ma il richiede , esporrò alcune mie osservazioni su una parte della storia naturale delle formiche, che al Conte Lepeletier di Saint- Fargeau pare tuttavia incerta e meritevole di studio (i), e mi vi farò strada pigliando le mosse dalle condizioni di società, in cui vivono questi animaletti, da Salomone fino a noi ripu- tati savissimi. Ogni società o repubblica di formiche si compone di ma- schi, di femmine e di neutri, che sono femmine abortive, vale a dire femmine, nelle quali, come nelle api operaj e, gli organi del sesso, per procurata scarsezza o qualità d' alimenti, ristet- tero dallo svilupparsi. I maschi e le femmine sono alati, i neu- tri sono privi d'ali: quelli, finché non sia giunto il dì delle nozze, vivono continuamente rinchiusi e inoperosi enti'o spe- ciali appartamenti del formicajo: a questi incumbono tutte le (i) Les particularitès qui accompagnent la formatlon première d'une fourmilière soni encore incertaiues, et elles mériteraient d' étre observèes avec ioin. Hist. nat. des Jus. Hymén. T. I. peg. 144. . .,.., . - • ...... 38 Memoria per servire ec. cure che si riferiscono alla conservazione e all' ordine interno della società. Son essi che scavano il formicaio sia sotterra, sia nei vecchi alberi, sia nelle antiche muraglie ; son' essi che senza posa battono la campagna quando in colonna , quando alla spicciolata, in cerca di materiali di costruzione e di ali- menti; son' essi che assistono, vegliano e nutrono i maschi, le t'emmine e le nuove generazioni , imboccandole come fanno parecchi uccelli; in fine, da operai fattisi soldati, son' essi che nei casi non infrequenti di aggressione difendono la città, o che, toccata una sconfitta, migrano a nuove sedi portando fra le mandibole i più preziosi loro averi, cioè i maschi, le fem- mine, le uova, le larve e le ninfe. Questi operaj , che sono tanto gelosi custodi dei loro maschi e delle loro femmine, che ostinatamente si oppongono a ciò che in alcun tempo della buona stagione escano neppur per poco dai loro allog- giamenti, sono poi que' medesimi che, arrivato il di e l'ora delle nozze , gli sprigionano , gli conducono fuori e lascia- no che di là spieghino il volo per compiere negli spazj dell' atmosfera 1' ultimo voto della natura , la propagazione della specie. A queste notizie che con forzata parsimonia di fiitti e di parole venni sponendo, importa massimamente che io aggiunga e ricordi quanto avviene delle femmine dopo che la feconda- zione è in esse opei'ata. Cadute qua e là, talvolta vicino, tal' altra assai lungi dal nativo formicajo , prima lor cura si è di liberarsi dal maschio che tuttora sta loro in groppa e aderente, sebben già morto o sfinito per la vita altrui trasmessa: toltosi l'inutile peso, si accinge essa ad vin' altra operazione che è lui vero e raaraviglioso sagrifizio fatto ai doveri di madre. Av- vertita dall' istinto che essa non dovrà più valersi delle ali , e che quel tanto di vita che le rimane non ad altro dovrà essere consacrato che alla cura della prole, si spoglia di quelli organi omai divenuti ornamenti inutili , anzi d' impaccio , le stira, le arrovescia, le torce in ogni verso coU'ajuto de' piedi, e tanto fa che le distacca dal tronco, costituendosi con ciò e Del Cavaliere Gene Sg volontariamente in condizione di operaja (i). Se non è intanto incontrata da qualche formica della sua specie, nel qual caso vien trascinata nel formicajo cui quella appartiene, essa va in cerca di un albero o di un muro, se è di quelle che stanziano negli alberi o nei muri, o si ricovera sotto un sasso, sotto una gleba, se è di quelle altre che vivono sotterra: ivi scava una celletta ed ivi si sgrava delle uova. Fin qui non dissi cosa che già non sia nota e provatissi- ma ai Naturahsti : ma qui appunto finisce tutto quanto si sa di positivo intorno alla storia di quelle femmine e di quelle uova. Codeste madri, così rintanate e divise dal consorzio de' loro simili, sono esse le fondatrici di nuove colonie? Huber inclina fortemente verso questa idea, ma i fatti che egli ad- duce per sostenerla, quantunque inqjortantissimi e meritevoli d' essere sottoposti alla prova di nuove sperienze , non sono né sufficienti, né compiuti. Nissuno vorrà di leggieri persua- dersi che una femmina possa da se sola provvedere all' ali- mento di tanti figlj , alimento che essa dovrebbe il più delle volte ricercare assai da lontano , e per altra parte sembrami poco meno che temerità il supporre che la vita di essa ma- dre , checché ne dicano alcuni Autoi'i , possa prolungarsi fino alla compiuta trasformazione dei figli medesimi in insetti per- fetti. Una legge, che nella classe degli Insetti esapodi non sem- bra patire che assai rare eccezioni, condanna, come i padri, (i) Il sig. Lepeletìer di Saint-Fargeau, appoggiato ad alcune osservazioni di Hu- ber, attribuisce ai neutri l' uffizio di togliere le ali alle femmine fecondate : ma io ho veduto troppe volte co' miei proprj occhi consumarsi questo fatto dalle femmine stesse, perchè possa piegarmi a credervi necessario, neppure in via di semplice coo- perazione, 1' intervento dei neutri. Forse l'opinione di Huber e del celebre Entomologo francese non è clie la conseguenza di un fatto male interpretato. Quando i neutri s' imbattono in una femmina fecondata, la addentano per le gambe, per le antenne, ptT le ali, e fanno opera di trascinarla nel proprio formicajo. Gli sforzi che quelli fanno e la resistenza passiva che questa oppone, hanno non di rado per effetto il guasto o la caduta delle ali , ma non è a credersi o a dirsi che sia 1' effetto cui diretta mente mirino i neutri. 4o Memoria per servire ec. cosi anche le madri a non sopravvivere che di pochi giorni alla nascita della prole; né a Hnher, che tanto e si t'eliceinente stndiò le Feniliche, nò a ine, che dagli anni più giovanili non seppi inai intralasciare di attentamente osservarle ovnnqne le trovassi, né ad altri di qnanti scrissero snlle loro ahitndini , av- venne inai di vedere mia renuiiina compiere, sola o in com- pagnia de' neutri, gli uffizj di questi. Già da circa dodici anni io scoprii gli ajuti che la natura somministra alle formiche madri, e venni a conoscere il modo, con che si formano le nuove società di questi animaletti: ma le mie osservazioni rimasero sempre inedite pel desiderio, reso poi vano da molteplici occupazioni, di meglio accrescerle, nò altro feci che esporle, in via di semplice comunicazione, alla Reale Ac- cademia delle Scienze di Torino nella sua adunanza del giorno li maggio i83() (i). Infrattanto il sig. Lepeletier di Saint- Fargeau osservava in Francia , quantunque meno compiuta- mente, le medesime cose, e le consegnava nel i." Volume della sua Storia naturale degli Imenotteri, il quale sehbeii porti la data del i83ó, non venne in mia mano che due anni più tar- di. Cosi le mie osservazioni, che dovevano ricevere appoggio e conferma da quelle del dottissimo Entomologo francese , vengon' oggi a prestar quest'uffizio ad esse, che pel fatto della pubblicazione divennero anteriori. Né io stimo solamente utile, ma ben' anche necessario di qui riferirle, perchè il signor Le- peletier di Saint-Fargeau espone le osservazioni da lui latte con una diffidenza che , se da un lato onora grandemente il suo carattere, rivela dall' altro il suo timore di non aver bene o sufficientemente veduto. Negli anni 1829 e i8.3o io tenni d' occhio parecchie di coteste madri, che già spogliatesi delle ali eraiisi ricoverate sotto a delle pietre ove avevano scavata la loro, fossetta e de- poste le uova. Alcune appartenevano alla specie che ho de- scritta, cioè alla Myrmìca Re/liana, altre alla ^'Jtta capitata. (I) Vedi la notizia storica premessa al Voi. II. ° della sene 11.^ delle Memorie della detta Accademia, pag. LI. Del Cavaliere Gene ^i altre alla Formica fusca, ed io le visitava quando tre, quando più volte al giorno, sollevando pian piano il sasso che le co- priva e rimettendolo poscia nella sua prima posizione. Non posso riferire ciò che in tutte e singole codeste fossette mi avvenne di vedere nel corso delle osservazioni da me fatte in que' due anni, ma tutto può riassumersi nelle seguenti pa- role. Dopo qualche giorno, e talvolta nel giorno medesimo delle prime osservazioni, io cominciava a trovare uno, due o più ospiti nuovi in que' ricoveri, e codesti ospiti erano sem- pre formiche neutre della specie stessa cui la madre appar- teneva. Esse movevansi lentamente, e quasi direbbesi, con ai'ia di diffidenza o di meditazione, intorno alle uova e alla fem- mina, palpavano questa e quelle colle antenne, uscivano per poco dalla celletta, giravano intorno alla pietra esplorando pur colle antenne il terreno, poi ritornavano alle uova e alla fem- mina, fino a stancare, pel ritardo d'ogni atto più significante. la mia attenzione. Ma infrattanto 1' arrivo dei neutri andava di giorno in giorno ci'escendo, e di quanti ne arrivavano, nep- pur uno partiva. Forse io m'inganno, ed è facile lo ingannarsi allorché si reca giudizio sulle azioni di animali, de' quali non si conosce 1' estensione e la quantità dei sensi , ma io credo che quelle opera j e venissero colà condotte dal caso, dappoiché se da un senso qualunque vi fossero state guidate, vi sai-ebbero arrivate colla prescienza degli oggetti che vi erano l'iposti, e il loro numero sarebbesi ingrossato in molto minor tempo : una ragione poi che mi fa sempre più escludere l' influenza attiva o passiva di un senso qualsivoglia nel ritrovamento di quelle tane si è, che se alcune entravano in esse, altre vi passavano vicinissimo, come la meta de' loro viaggi portava, senza ane- starvisi né punto né poco. Comunque siasi di ciò, ogni volta che la ragunata conta- va da quindici a venti individui, cominciavano a manifestarsi gli indizi d' una risoluzione omai presa. Alcuni solchetti trac- ciati all' intorno e rivolti alla celletta ove erano le uova, an- nunziavano che i neutri davano opera alla scavazione di un Tomo XXIII. F 4a Memoria per servire ec. formicaio; e i solclietti a poco a poco divenivano gallerie, e le gallerie approfondate ed allargate qua e là pigliavan forma di stanze, e le nova venivano nella piìi cupa di esse traspor- tate. ]\Ia ad interrompere qua' lavori e le mie giornaliere os- servazioni sopravveniva intanto 1' inverno. Io apponeva de' segnali a quelli incominciati formica] e coU'ajuto di essi li rivedeva nella seguente primavera cioè nell'Aprile, giacché non prima di quel mese mi era permesso dalla natura de' miei iiffizj di riguadagnare la campagna. A quel tempo la colonia era stabilita e già fiorente: le larve erano sbucciate, talvolta anche già molto cresciute, e i neutri dove poco, dove consi- derabilmente ingi'ossatisi di numero, asportavano terra, anda- vano, venivano, e di certo imboccavano i novelli, dappoiché io li vedeva entrare nel formica]© col ventre tumido ed uscirne col ventre vizzo. La femmina o la madre era morta forse dal cominciar dell'inverno, e qualche volta mi accadde di trovarne gli avanzi quando nelle screpolature del sasso che ricopriva il formicaio, quando fra le materie asportate ed accumulate dai neutri fuori di esso. Ognun vede impertanto di quali mezzi si valga la provvida natura per supplire alla solitudine, all' impotenza e alla breve vita delle madri. Se io non mi sono ingannato nello interpre- tare le cose vedute, e da questo timore mi assolvono le con- cordi osservazioni del Sig. Lepeletier di S. Fargeau , essa si vale dell' indole vagabonda ed esploratrice delle opera] e di società già ricche, e forse troppo, di popolo, per procacciare custodi e nutrici alle nuove generazioni, e per avviare la fon- dazione di nuove colonie. Non voglio dire però che la natura operi così benignamente con tutte le madri disperse, e con tutte le loro uova: un grandissimo numero di esse divien preda di mammiferi, di uccelli, di rettili, di iiiseitti; altre fors' anco vanno ad annidarsi in luoghi ove non è possibile che alcuna opera]a della loro specie possa mai arrivare, ed anche ciò è provvidenza, giacché se nissuna di quelle genei'azioni andasse fallita, la terra non sarebbe da lungo tempo che un immenso Del Cavaliere Gene 4^ formicajo: ciò che voglio dire si è, che, sagrificata all' ordine della creazione una parte di quelle femmine e di quelle uova, la natura confida ai neutri venuti dai vicini formica] la tutela di quelle altre che ne' suoi sapientissimi fini crede utile di conservare. E qui non so distaccarmi dalle formiche senza prendere in considerazione un altro punto della loro storia , il quale ò tuttavia controverso fra i naturalisti. Mangiano esse o non man- giano materie solide? La domanda riuscirà strana a coloro, e sono moltissimi, che credono alle apparenze, ai proverbi, alla tradizione ; ma le apparenze, i proverbi, la tradizione sono in questo caso fallaci. Che se alcuni scrittori osarono appena in questi ultimi tempi sollevar qualche dubbio contro 1' antica e generale credenza, che da esse derivò, io stimo d'aver baste- voli argomenti per distruggerla affatto. Non v'ha chi non sappia e non abbia veduto le formiche trasportare, quando speditamente, quando a gran pena, semi di piante, grani di cereali , scorze di frutti , ec. , e introdurli nel formicajo. Gli antichi dissero, e i moderni continuano a dire , che quelle sono provvisioni d' inverno , cioè vettovaglie destinate ad alimentare quelli animaletti nel tempo, in cui, sia per la neve che cuopre il suolo, sia pel rigore dell'atmosfera, non possono uscire dalle sotterranee loro dimore o andar in busca lungi da esse. Ma è d'uopo primieramente riflettere che in cotal tempo le formiche cadono in un torpore che loro toglie il bisogno di mangiare, come ciò accade a tutti gl'insetti tanto solitari quanto sociali che si conoscono. In secondo luogo devesi avvertire che i semi, i grani, le scorze ec. , che le formiche accumulano nel formicajo, vengono da esse tosto o tardi ripor- tati al di fuori ed abbandonati. E che codesti semi e grani non siano stati guasti durante la loro dimora sotterra, lo prova, oltre all' oculare ispezione , il pronto germogliare che fanno sulla volta o ai lati del formicajo, ove vennero alla rinfusa accumulati o dispersi. Si potrà obbiettare a queste osservazioni, che basta una piccola elevazione di temperatura per risvegliare 44 ]\Iemoria per servire ec. in inverno le formiche, e che i semi e i grani che esse ripor- tan Inori del f'ormicajo possono essere il sopravvanzo di quanto loro ah])isognò nella fredda stagione. Ma a (jueste obbiezioni io contrappongo i seguenti ragionamenti. È verissimo che una piccola elevazione di temperatura, quale si ha frequentemente anche nel mezzo dei nostri inverni , basta per risvegliare , e talvolta anche per trar fuori dai loro sotterranei le formiche; ma la conclusione che da questo fatto si vuol dedurre è lungi dall' esser giusta. La scarsa vitalità che allora anima codesti animaletti, e che si rivela nella pochezza e nella difficoltà dei loro movimenti, è insufficiente alla piena attivazione delle fun- zioni, e perciò insufficiente ad eccitare il bisogno dell'alimento. Ne fanno prova le mosche, i cimici da campagna, e que' molt' altri insetti, che sul finire dell' autunno riparano o tra le dop- pie invetriate degli appartamenti, o dietro le imposte delle finestre, o in altri luoghi somiglianti: essi vi stanno assiderati ed assopiti; ma per poco che il Sole od altra causa di calore mitighi l'ambiente in cui si trovano, veggonsi tosto riscuotersi, muovere da un luogo all' altro, e testimoniare in varie guise a grata sensazione che provano. Ora, furono mai veduti co- desti insetti cercar alimento in quella condizione di vita e di cose ? Non mai. Né mi si dica che non mangiano, perchè non saprebbero colà di che mangiare. L' osservazione può essere giusta j)er alcuni, ma non la è per tutti. I cimici da campa- gna nutronsi trafiggendo col loro rostro e succhiando altri in- setti ; ciò non ostante convivono allora con le mosche senza recar loro alcuna molestia. Il bisogno d'alimenti, come già lo feci sentire , suppone il pieno esercizio della vita , uè le for- miche lo godono negli inverni, comunque dolci del nostro paese. Quando poi svegliansi daddovero e pienamente, trovan subito a pascersi a spese degli afidi, i quali secondo le osser- vazioni di Réaumur si svegliano in ugual tempo ed anche pri- ma di esse. Non ho fatti da addurre per negare che i semi e i grani riportati fuori del formicajo siano il sopravvanzo di quanto loro abbisognò nell' inverno ; ma due potenti ragioni Del Cavaliere Gene 4^ f'annoml rigettare questa idea: la prima si è che le operazioni del portare e dell' esportare quelli oggetti non si fanno dalle fòrmiche, quella nel solo autunno e questa nella sola prima- vera , ma sibbene le più e più volte anche nel corso della buona stagione, cioè quando si sa in modo certissimo che vi- vono d' altre sostanze ; la seconda sta in ciò, che le formiche fanno quel doppio uffizio anche nei paesi che non conoscono inverno, o che lo hanno talmente mite da non impedir loro le 'giornaliere scorrerie, e la giornaliera ricerca del cibo abi- tuale. E siccome ripugna il credere che una medesima pratica possa essere previdenza per alcuni e inutile fatica per altri individui della medesima od analoga specie, così è forza per- suadersi che quelle materie servano nei formica] a tutt' altro uso, che a quello di vettovaglie. Ma v' ha un' altra e più capitale osservazione che viene in appoggio della mia opinione. Le parti della bocca che negli insetti servono essenzialmente alla manducazione, cioè le ma- scelle, sono nelle formiche a mala pena coriacee coli' apice del tutto membranoso, e perciò inette ad intaccare, a tritare so- stanze solide. Ed è ciò tanto vero, che gli stessi natui'alisti che dichiaratamente attribuiscono alle formiche la facoltà di mangiar cose dure, chiamano spesso la loro bocca col nome di tromba^ che dinota in modo non equivoco un organo fatto per succhiare o sorbire. Gli oggetti, che le formiclie raccol- gono e portano in casa, fossero almeno tutti atti ad alimen- tare : ma coi semi e coi grani raccolgono , come ognun sa , e trasportano ben' anche ossa di noci, di nocciuole, di mandorle, ed altre sostanze di tal durezza da sfidare, non che il loro, il morso dei più robusti roditori che si conoscano nella classe degli insetti. E siccome io tratto un ai-gomento che deve im- portare non solamente ai naturalisti, ma anche alle persone applicate ad altri studj , e specialmente agli agricoltori, così in favore di questi soggiugnerò 1' avvertenza di non confon- dere le mandibole con le mascelle. Le mandibole, cioè quei pezzi cornei co' quali le formiche abbrancano e trasportano 46 Memoria per servire oc. gli oggetti , sono organi di prensione ed anche di incisione , ma non giovano che indirettamente all' azione del mangiare. In qnesto caso non fanno che rattenere e spremere i corpi sugosi, intero lasciando alle sottoposte mascelle e al labro in- feriore r uffizio di raccoglierne i sughi o le molecole hnissi- mamente divise. Mi si chiederà ora quali siano i veri ed ahituali alimenti dei nostri animaletti (i), e a che servano i semi, i grani, le buccie, i ruscelletti ec, che con tanto amore e con tanta per- tinacia strascinano nel formicajo. Risponderò in modo positivo alla prima domanda ; quanto alla seconda esporrò la migliore congettura, che Tosservazione ha saputo fin qui suggerire. Gli alimenti delle formiche sono sempre materie liquide o materie sugose: primeggia tra quelle l'umor zuccherino che si produce nel corpo di certi insetti, poscia il nettare de' lìori; fra le seconde sono principalmente da annoverare le frutta mature e i cadaveri degli animali. Oso dire però che il net- tare de' hori e le frutta e i cadaveri non sono che cibi ac- cidentali o di supplemento per le formiche. Tengasi dietro col passo e coll'occhio alle loro processioni, e si vedrà che esse hanno quasi sempre per meta di viaggio uno o più alberi, uno o più cespi d'erba, su i quali abbondano gli afidi o gallinsetti, o varie piccole cicale. Colà giunte, ciascuna formica s'accosta ad uno di quegli animali, che stanno fissi col rostro nella pianta, lo palpa, lo accarezza, lo stimola colle antenne, e tanto fa che lo obbliga a mandar inori una gocciolina del suo liquore. Essa se ne impadronisce prontamente, lo assorbe, passa ad altro in- dividuo, ripete gli stessi atti, esige il medesimo tributo, e ciò (i) Questo argomento, ridotto alla forma di quattro quesiti, vien proposto allo studio dei Naturalisti dal Reverendo sig. F. W. Hope in una sua nota che trovasi stampata a pag. aii del Voi. II delle Transazioni della Società entomologica di Londra col titolo On some Douhts respecting the Oeconomy of Ants : le osservazioni che sto per esporre pajonmi sciogliere il primo di essi quesiti , quello cioè che ri- guarda le formiche d' Europa. Del Cavaliere Gene 47 lino a riempirsene il ventre. Scende allora dall'albero o dall' erba, e per la via già fatta ritorna al f'ormicajo ove fa parte del suo bottino ai maschi, alle femmine e alle larve. Vi sono perfino alcune specie , delle quali si può dire in maniera af- fatto assoluta che non tocchino ad altro cibo che a questo, e sono quelle che per comodità propria o per gelosia d' altrvii costruiscono dallo sbocco del formica] o una galleria o cammino coperto, che ascendendo su pel tronco o per lo stelo delle piante va a circondare e a racchiudere i rami su cui stanziano gli afidi. Codesto liquore adunqiae è l' abituale e principalissimo ahmento delle formiche, e quel dolersi che fanno gli agricol- tori quando vedono questi animaletti salire e discendere dagli alberi fruttiferi, è quasi sempre l'effetto d'un giudizio erroneo. Essi credono che vi salgano per divorarne i germogli o i frutti, mentre le novanta volte su cento non vi vanno che per mun- gere que' loro immobili armenti, dai quali, e non dalle for- miche, è da ripetersi il frecjpiente imbozzacchire e il perdersi dei vegetabili. Quanto ai corpi duri o secchi che le formiche raccolgono, io non so altrimenti riguardarli che come materiali di costru- zione. Tale era l'opinione di Latreille e di Huber, e tale è pure quella del Sig. Lepeletier di S. Fargeau il quale dimen- ticando quanto scrisse alla pag. 98 della sua Opera contro i natu- ralisti che non vogliono riconoscere i corpi suddetti per prov- visioni da bocca, esce alla pag. loi nelle seguenti notabili parole: L' instìnct de quelques-unes de celles-ci ( parla delle Formiche che scavano la terra ) les portant à abrìter leur fourmilière au moyen d' un grand amas de dìfférens matérìaux , tels que des brìns de palile, desfragmens ligneux, des graìnes, de petites pierres, desfeuilles et méme des déhris desséchés d'Insectes , tous objets QUI NE PEuvENT PAs SERVIR A LEUR NOURRiTURE, la tene retìrée SCìt àformer, au milieu de ces objets si peu solides d'eux-mémes et que sans cela le moindre vent pourrait enlever, des couches doni le poids les maintient. Ces couches ont souvent assez d' épais- seur pour que nos Hétérogynides y pratiquent des chambres et 4o Memoria per servire ec. des galerceSj, cornine clans les étages souterrains. Toujoiirs Vamas de ces déhris et les concìies de terre qui le partagent, forment des voùtes qui protégent le nid. (i) Nò questa è la sola maniera, con cui que' materiali sono posti in opera. Qualche volta fanno uffizio di mattoni, e come questi vengono cementati, per mezzo , d' un umor glutinoso che le opei'aie sembrano versare dalla \ bocca, colla terra o colla rosura di legno, che formano le pa- ■ reti o i sostegni del formicajo. Ora se si consideri che una j società di formiche è una società sempre crescente, e che un formicajo è un edifizio di sua natura sottoposto a frequentissimi casi di guasto ed anche dì totale rovina, chiaro apparirà che frequentissimo debba essei'C per le formiche il bisogno di ado- perarsi sia in ampliarlo, sia in restaurarlo, sia in ricostruirlo. E ciò spiega appunto il perchè si veggano quasi di continuo tra- sportare gli oggetti, de' quali abbiamo parlato. Col negare alle formiche la facoltà di mangiar cose soli- de, abbiam loro tolta gran parte di quella fama d'animali pre- videnti, di cui furono dalla più remota antichità gratificate. Ma saranno per questo men belle o meno appropriate quelle i celebri parole di Salomone I, piger, ad fonnicam ? No certo , perchè ove ben se ne indaghi lo spirito, mirano esse a rac- comandare , più che la previdenza , 1' amor del lavoro , e di questo amore le formiche porgono veramente agli uomini e porgeran sempre un esempio maraviglioso e degnissimo d'imi- tazione. (i) Altrove ; cioè alla pag. i3a, lo stesso Autore ritorna su questo argomento, e scrive: Da grand nomhre de matieres solides, déhris végétaux, anìmaux ou pierreux qti apportent à leurs nids certaìnes espèces de Fourmis d'Europe, on ne petit cn con- clure que rien de cela serve à leiir nourriture, puhqu' on volt au contraire, que ces choses sont employèes par etles à former au^dessus de Icurs véritables demeiires un dòme protecteur cantre les vicissitudes du temps. \ Del Cavaliere Gene 49 • Vespa crabro^ Fabr. Calabrone. Prendo a dire poche parole su questo volgare e notissimo imenoptero non per altro fine che per far conoscere un curioso fatto patologico che lo risguarda, del quale non trovo alcuna menzione nelle opere entomologiche. È noto che le società dei Calabroni, come quelle delle altre Vespe, delle Polisti, ec. si sciolgono sul finire dell'autun- no, e che gli individui che le componevano, si disperdono e vanno a nascondersi qviali sotto alle vecchie scorze degli al- beri, quali nei fori delle muraglie, quali sotto ai muschi che tappezzano le piante o il suolo delle foreste , ove tutti peri- scono, tranne le giovani femmine che attendono colà assopite r arrivo della primavera. Questi insetti che poco innanzi vo- lavano baldanzosi per la campagna , e che pieni di vita e di voracità brulicavano intorno alle pere ed all' uva, vedonsi ra- dere con basso e pesante volo la terra , e quando cadere e durar poi grande fatica per rialzarsi, quando strascinarsi qua e là senza scopo e a maniera d' esseri storditi. La prima volta che mi accadde di osservare sì strano cam- biamento d' abitudini in questi animali, sospettai d' una acci- dentale epidemia nella loro specie, e non ne feci alcun casoj ma avendo poi veduto ripetei'si quel fatto nell'anno seguente e nella medesima stagione , mi diedi con premura a rintrac- ciarne le cause, raccogliendo ed esaminando quanti di quelli individui mi venivano d' innanzi. Nulla scorgevasi in loro di guasto o di malato nel tronco o nelle membra ; solo 1' addo- mine era in quasi tutti più gonfio e più disteso che a stato normale non convenisse: lo aprii dunque, e con mia grande sorpresa lo trovai tutto pieno di filarie aggomitolate , affatto simili a quelle che talvolta vengono evacuate dalle Forficole, dai Grilli , dalle Locuste , ec. Alcuni ne contenevano da tre a cinque, altri da cincpie a nove, altri , benché più raramente , im numero maggiore , e la lunghezza di esse, misurate dopo morte, variava da due fino a nove centimetri. E perchè mi Tomo XXIII. G 5o Memoria per servire ec. annojava non tanto quella continua sezione di corpi, cfuanto r estrazione dei vermi, che esigeva molto tempo e una certa delicatezza di mano, presi poco stante il partito di recarmi in casa i Calabroni e di gettarli in un catino d' acqua. Come io lo prevedeva, ammaestrato da precedenti esperienze, le filarie appena sentita la presenza dell' acqua , che si direbbe essere il loro naturale elemento, uscivano di per sé dal ventre dei Calabroni e cadevano sul fondo del vaso, ove, purché l'acqua iosse sovente rinnovata, duravano per lunghissimo tempo in vita. Quanto ho esposto fu da me veduto e verificato non due volte, ma per più anni successivi e in luoghi l'uno dall'altro molto distanti ; cosicché ho 1' intima convinzione che la mag- gior parte dei Calabroni muoja innanzi tempo per la enorme quantità delle filarie che all' avvicinarsi dell' autunno si svi- luppano nei loro corpi, rendendoli inatti al volo, ed allaccian- done e comprimendone i visceri. Come poi sia in essi, o si produca tanta disposizione a sì fatto genere di malattia, né io lo so, né altri meglio di me saprà forse indovinarlo. OsMIA FERRUGINEA, Latr. Encyclop. Méth. T. Vili, pag. 579, n." 9. Lep. S.' Farg. Hist. nat. des Hyménopt. T. I. p. a35, n." i5. Questo imenoptero, straniero all' Italia superiore, ma co- munissimo sulle spiagge marittime della Sardegna, dove io lo conobbi e studiai, é uno dei più solleciti precursori della pri- mavera: egli comincia a farsi vedere nei mesi di febbrajo e di marzo, ma non sembra dar opera alla generazione che in quello d' aprile. La femmina fecondata lascia allora le fiorenti campagne, e vola sulle arene dei lidi. L'intenzione che ve la Del Cavaliere Gene 5i guida è singolare : essa vi cerca una elevata temperatura ed una casa pei liglj. Il sole non tarda in que' luoghi scoperti ed arenosi ad innalzare la prima fino a gradi insopportabili per r uomo ; le generazioni poi delle conchiglie terrestri, che in grandissima copia vivono e si succedono colà pascendo le po- che e basse piante che vi allignano , offrono all' Osmia , nei nicchi rimasti vuoti per la morte e pel disfacimento degli abi- tatori, eleganti e sicure stanze in cui riporre le uova e quanto abbisogna pel sostentamento delle larve che ne devono uscire. Adocchiata impertanto la più capace e la piìi intera di quelle vuote conchiglie, la operosa madre comincia dal pulirla inter- namente dalla sabbia e da ogni avanzo che per avventura vi si trovi dell'animale che la abitò, nella quale bisogna non solamente adopera le zampe e le mandibole, ma ben anche la fronte , giacché con essa io la vidi più volte spingere fuori quelle pietruzze e que' grumi di sabbia che con le mandibole non poteva abbrancare. Sia poi impazienza, sia contentezza od altra affezione, essa compie questa prima operazione vibrando continuamente le ali ed esprimendone un suono o ronzio, che per la vuota conchiglia si fa anche maggiore. Ripulita r interna cavità del nicchio e depostovi nel fondo un primo uovo, 1' Osmia va a raccogliere la sostanza alimen- tare da porgli a lato. Codesta sostanza è un miele molto grosso- lano, cioè una pasta composta in massima parte di polline e di antere ancora riconoscibili, colla giunta d' un umore vischioso che ha l'odore e il sapore del miele. Apposta al primo uovo la quantità necessaria d'alimento, l'Osraia vi fabbrica contro una parete o un tramezzo con una materia verde, che riconobbi composta di fibre e parenchima di vegetabili tritate e ridotte in istato di pasta. Ciò fatto, depone un secondo uovo, aduna su di esso, come sul primo, la provvisione di miele, e contro il miele innalza un secondo tramezzo, e così tira innanzi a far uova, a portar miele, a tramezzare infino a che abbia ripieno quasi tutto il vano della conchiglia. Gelosa allora di quel caro deposito, e ben sapendo che i nemici della sua schiatta per 5a Memoria per servire ec. nissun' altra parte potrebbero penetrare infino ad esso che per la bocca della conchiglia, adopera nel chiuderla una industria e una diligenza particolare. Applica contro 1' ultimo tramezzo un grosso strato di foglie meno sminuzzate, alle quali unisce talvolta qualche pietruzza, lo addensa , lo pigia , lo assoda , e dopo aver fatto intorno alla conchiglia più e più giri, quasi per accertarsi un' ultima volta che ogni cosa vi è bene , la abbandona. Quasi tutte le conchiglie che vidi io stesso riempirsi nei mesi d' aprile, o che trovai già riempiute, appartenevano alle due specie che i naturalisti chiamano Helix vermìculata ed Helìx rhodostoma {pisana)^ più raramente spettavano a specie minori, non mai a maggiori. Il calore del sole fa presto sbucciare le larve, ed io le linvenni già schiuse al principio di maggio; ma il loro accre- scimento è lentissimo, giacché non si compie che in capo a «piasi un anno, cioè al cominciare della seguente primavera. Ogni conchiglia da me aperta conteneva da nove fino a tre- dici larve; ignoro però se questo, e non più, sia il numero dei figlj di ciascuna femmina, che è quanto dire ignoro se ogni femmina riempia una sola o non piuttosto più conchiglie. L'os- servazione, come ognun sente, sarebbe stata impossibile a farsi, perchè affatto impossibile sarebbe stato in quel concorso di molte Osmie, tutte ugualissime, il conoscere se ([nella, che prin- cipiava il lavoro, era quella stessa che l'aveva poco prima finito. Chiuderò questi brevi cenni con alcune riflessioni che mi vengono suggerite da due passi dell'Opera già più volte citata del sig. Lepeletier di S.'-Fargeau. Alla pag. 3o3 del a." Volu- me questo eccellente scrittore dice avergli suo figlio. Ufficiale superiore dell' eseicito Francese nell' Algeria , trasmesse da Orano varie conchiglie del genere Helix ( Helìx vermìculata e pisana)^ che contenevano i nidi di due specie d'Osmìa^ cioè deW Osf?ììa tunensìs e àeW Osìnìa nifogastra. Coteste conchi- glie, soggiunge egli, racchiudevano ciascuna una diecina di cellette, costruite nell'interno della spirale con isterco bovino Del Cavaliere Gene 53 ( house de vache ) mescolato con terra. Alla pag. 3ao poi, nella nota relativa alle abitudini dell' Osmìa fulvìventris , scrive Ja- rnais ime Osmìa ne s' est servie de feuìlles pour faìre son nid. Le mie osservazioni svi i nidi dell' O^mia ferruginea^ osserva- zioni , delle quali garantisco senza alcuna riserva l' esattezza , parlano chiaramente contro la assoluta verità di quest'ultima sentenza; ma non possono ugualmente e non devono essere riguardate siccome prove contrarie di quanto l'Autore asseri- sce rispetto ai materiali adoperati dalle due Osmie barbaresche. L' istinto degli insetti varia per siffatta maniera da specie a specie, e i mezzi che essi impiegano per giugnere ad un me- desimo fine sono sovente sì diversi , che sarebbe temerità il voler negale la possibilità di un fatto, per la sola ragione che discoi'da dai fatti già conosciuti (i). In quella maniera che io vidi un' Osmia fabbricare i suoi nidi , contro 1' asserzione del sig. Lepeletier di S.'-Fargeau, con foglie sminuzzate e masti- cate, altri verificherà forse nelle Osmie di Barberia 1' istinto di adoperare per cpielli usi lo sterco bovino. Però io credo di poter infrattanto sospettare che il sig. Lepeletier di S. Fargeau siasi ingannato nel qualificare la natura di quei materiali. Le foglie ridotte in minuzzoli e pigiate somiglian molto, quando per r essiccazione hanno perduto il color verde , a vecchio (i) Quanto debbano andar cauti i naturalisti nell' usare dell'argomento d'ana- logia per istabilire massime generali ed assolute, lo prova un altro errore che io in- contro neir Opera del sig. Lepeletier di S.'-Fargeau, alla pag. 3c3 già da me citata; dopo aver parlato dell' istinto delle Chalicodome, delle Osmie, e dei Chelostomi, egli scrive: Les auires Gastrilégides, Megachile, Anthocopa et Asthjdwm coupent des por- tions de végétaux doni ils construisent fort artistement des nìds. Ih creusent tovs dans la terre, le sahle ou le mortier des murs, de longs terriers olllques et cylindri- ques pour leur conjìer leur postcritè , ec. Ora, io ho pubblicato già da circa dieci anni una Memoria sulle abitudini dell' Anthìdìum contractum Latr. , e ho fatto co- noscere che questo insetto né scava gallerie, né fa uso alcuno di foglie o d'altre parti di vegetabili per la costruzione de' suoi nidi. Vedasi il Voi. I. degli Annali delle Scienze del Regno Lombardo-Veneto , pag. 384- 54 Memoria per servire ec. escremento bovino, ed aneli' io l'orse le avrei per tal sostanza giudicate, se non le avessi vedute ed esaminate quando eran fresche tuttavia e dotate del lor colore e, aggiungerò, del loro odor naturale. Cresce poi il mio sospetto circa sì tatto errore e quasi si cambia in certezza , guardando nell' opera del sig. Lepeletier di S. Fargeau la figura della tavola ac/ che rappre- senta una delle conchiglie d' Orano: l'apertura vi si vede ot- turata da pezzi di foglie tanto larghi , da escludere allatto la supposizione di una lunga dimora nelle vie digestive di un ruminante o d' altro qualsivoglia animale. Su di che non oc- corre che io spenda maggiori parole. ► fr-.^=*»-^->^^.-4 - PoLOCHRCÌÌ REPANDUM , Spili. Jiis. Lig. Spec. noi\ ani rarìor. Fascic. I. p. 2C. tab. 2.. tig. Vili, k fem. B mas. Latr. Gen. T. IV. p. 109. Enc. Méth. Ins. T. X, p. 174. Fra le più belle scoperte entomologiche dei nostri tempi devesi annoverare , secondo che io stimo , quella delle abitu- dini della Scolia Jlavìfrons., stata fatta e pubblicata non ha guari dal chiarissimo sig. Dottor Carlo Passerini di Firenze. Egli trovò che la femmina di questo grosso imenoptero va nella vallonea delle Stufe a cercare i dormentoni (i) dell' Oryctes nasicornis., ai quali affigge tra il 5.° e il 6.° anello, dalla parte del ven- tre , un uovo , d' onde non tarda a schiudersi una larva che, tenendo immersa nella vittima l'estremità anteriore del corpo, la sugge e in pochi giorni la vuota, convertendola in propria sostanza. Le scoperte di questa natura sono importantissime (1) Così chiamano i Fiorentini le larve deWOr/ctes nasicornis ^ ilella Melolontha vulgaris ec. Del Cavaliere Gene 55 non solamente per se stesse, cioè pei fatti e per le nuove ma- niere d'istinto che palesano, ma si anche perchè sollevano tutto ad un tratto il velo che celava la storia di un intero genere, e dietro a questa quella eziandio dei generi afifini. Io sono l'orse il primo ad approfittare della nuova luce sparsa dal benemerito Entomologo fiorentino, e ne approfitto per dare a una osservazione, per me antica, una interpretazione ora sol- tanto, e mercè sua, divenuta possibile. Già da più anni e più d'una volta, mi accadde di trovare nei nidi abbandonati della Xylocopa violacea certi bozzoli ovali, lunghi 17 millimetri e larghi 6 ^ , di color nero, lucidi, affatto lisci, molto sottili di parete, e ciò non ostante di tal durezza da resistere alla forte pressione delle dita. Siccome ebbi la mala ventura di trovarli sempre già pertugiati e vuoti, così dovetti dapprima, cioè sul cominciare de' miei studj entomo- logici, sospettare che fossero i bozzoli delle larve stesse della Xylocopa, poscia e con più ragione, che appartenessero ad un parassito , senza potere , neppure in via di larga congettura , imaginare quale si fosse. 11 marchese Massimiliano Spinola, come dirò fra poco, conobbe, forse prima di tutti, il bozzolo e r autor suo, ma non ne fece argomento di pubblicazione, e le poche parole, colle quali io mi trovai informato dell' osser- vazion sua , non potevano illuminarmi per modo che avessi si tosto a ricordarmi dei bozzoli, de' quali tante volte e senza frutto aveva fantasticato 1' origine. Nel Catalogo generale del Museo Zoologico di Torino è registrato un maschio del Polo- chrum repandum colla seguente annotazione che io credo di dover riferire all'anno i8ii4: ricevuto dal sig. marchese Spi- nola, dal quale fu trovato entro il suo follicolo nei contomi di Santena nel mese di gennajo, e d' onde uscì il giorno i5 di marzo. Se all' insetto, che tuttavia si conserva nel Museo, fosse stato unito il follicolo, di cui si parla, o se nella anno- tazione si fosse accennato il luogo nel quale esso follicolo era stato rinvenuto, egli è certo che non avrei indugiato a rico- noscere r identità sua co' miei vecchi bozzoli , e per conse- 56 Memoria per servire ec. guenza a qualificarli pei" bozzoli del Polocìinim repandum : ma per mancanza dell' una e dell' altra indicazione mi restò da un lato la cognizione di un bozzolo coll'ignoranza del suo pro- duttore, dair altro la contezza che il Pulocro tesse un l'oUicolo, senza saperne la Torma e senza avere il menomo indizio del luogo ove egli lo tesse. E con queste notizie imperfette venni fino alla scorsa estate, nella c[uale ambedue si trovarono ino- pinatamente chiarite e compiute da una amichevole comuni- cazione del mio venerato maestro il signor Giammaria Zendri- ni. Professore di Storia naturale nell'I. R. Univ(;rsltà di Pavia. Egli mi lece dono grazioso di due Poloclirum repcuiduni accom- pagnati da due bozzoli, dai (piali erano usciti, e in questi boz- zoli riconobbi quelli che io aveva tante volte trovato nei nidi della Xylocnpa violacea. Risulta adunque dalle mie osservazioni, e direi pure da f[uelle del marchese Spinola e d(4 Prof". Zendrini, se mi con- stasse aver essi trovati i Imo bozzoli ove io li trovai, risulta, dico, dalle mie osservazioni che il Poìoclinim repaiuluin vive in istato di larva e di ninfa nei nidi della Xylocopa violacea. Questa, e non più, è la parte positiva, che per ora si può por- gere della storia di questo imenoptero: ma ove si consideri il modo con cui la Xylocopa scava le sue gallerie, e ove si pensi alla molta affinità che esiste fra la tribìi delle Saj'igiti., cui il Poiocro appartiene (i), e la tribù delle Scolietc, non sarà dit- ficile n congetturare, colla scorta delli^ notizie dateci dall'egre- gio sig. Passerini, il resto delle sue abitudini. La Xylocopa violacea, come Rraumui- lece conoscere pel |)rimo (i), scava nei jjali divenuti teneri interiormente per ve- tustà, una galleria longitudinale a fondo cieco, che poscia di- vide, per via di tramezzi verticali, in un numero vario di cel- lette, in ciascuna delle quali depone successivamente una (i) Latreille, Fam- nat. du Pr^u.. Aiinn. P,trL< \\\ib. (21 3/em. T. Vr, 1». 39. Del Cavaliere Gene 5'J provvisione di sostanza alimentare composta di polline e di miele , e un uovo. Ma questo modo di costruzione , o questo sistema di cellette consecutive compreso in un cilindro solido, offrirebbe per sé stesso e senz' altro ripiego un grave inconve- niente. Il figlio primogenito, mi si passi questa comoda espres- sione, quello cioè che occupa la celletta del fondo che fu la prima ad essere approvigionata e chiusa, si trasforma natural- mente in insetto perfetto prima de' suoi fratelli : ora , nella condizione di cose sopra accennata, egli dovrebbe per trarsi da colà e per uscire dal cilindro spingere e rovinare tutti i tramezzi e tutte le ninfe o gli individui già sviluppati ma im- maturi, che gli stanno d' innanzi e che lo separano dall' aper- tura. La madre provvede a ciò, e vi provvede col praticare nelle pareti del cilindro un foro in corrispondenza della cel- letta del fondo, e un altro verso la metà di esso: per tal modo r uscita dei figlj si fa per tre porte diverse senza che rechinsi r un r altro molestia o danno. Ora, io penso che appunto per codeste aperture s' introduca il Polochrum repandum nelle cel- lette corrispondenti, quando le larve della Xylocopa toccano già alla loro maturità; che su di esse deponga un uovo, e che da quest' uovo esca la larva divoratrice, la quale fila, per trasformarsi in ninfa e poscia in insetto perfetto, il bozzolo che ho descritto. A me pare che la congettura sia molto probabile, ma non è che una congettura , e lungi dall' accontentare i naturalisti deve anzi eccitarli a sottoporla alla prova della osservazione. Tomo XXIII. H 58 Memoria per servire ec. Stigmus ater. Fabr. Spinola, Insect. Lig. II. 174. i. — Latr. Gen. Ins. IV. 84: — Juriue, Hymt'ii. p. i3f). tav. 9. G. 7. Stigmus pendulus^ Paiiz. Fu. Genn. 14. 7. Quanto maggiore è la fecondità degli animali tanto mag- giore è il numero degli agenti distruggitori, de' quali la natura li circonda. Gli Alidi, le di cui specie sorpassai! forse in numero le specie delle piante, gli afidi, che a ogni ora del giorno e per tutta quanta la buona stagione non fanno che riprodursi, gli Afidi infine che si incontrano quasi su ogni fiore, su ogni fo- glia, su ogni stelo, dovevano quindi andar soggetti a questa legge, e perchè sono esseri affatto inermi in ogni periodo della loro vita, e mancano perfino della facoltà di sottrarsi colla fuga alla presenza de' loro nemici, vi soggiacciono forse più passi- vamente d' ogni altra sorta d'animali. Réaumur ha consacrato una delle sue bellissime Memorie alla storia degli insetti ne- mici degli Afidi (i): ne conobbe molti, ma non li conobbe tutti, e di quanti sfuggirono alle dotte sue osservazioni lo Stigmus ater^ di cui voglio ora far pai'ola, è forse il principale. Allorché la femmina di questo imenottero sente vicino il tempo di deporre le uova, fa ricerca di un ramo secco d'erba o di pianta, specialmente di quelle che hanno molto midollo: colle mandibole estrae tal quantità di questa sostanza che re- sti nel ramo praticata una galleria di cinque in sei centime- tri di piofbndità, e vi colloca nel fondo un uovo. Ciò fatto vola in cerca di Afidi privi d'ali, e tanti ne porta nella gal- leria, ({uanti ve ne possono capire. Io ne contai da trecento a trecento cinquanta in dieci nidi che ebbi cura di esaminare distintamente. La stessa femmina ripete quelle operazioni un (i) Histoire des vers mangcurs de Pucerons: nel T. JII di.-lle Mémoires pour ser- vir a r histoire naturelle des Insectes. Ediz. di Parigi, pag. 363. Del Cavaliere Gene 5g numero di volte uguale al numero delle uova che deve deporre, e ogni cosa compiuta ottura l'ingresso della galleria con ra- schiatura di legno resa alquanto viscosa per l'aggiunta di un umor particolare che essa vi mesce. Que' prigioni vi si man- tengono più storditi che morti, in fino a che l'uno dopo l'al- tro servono d' alimento alle larve dello stigmo, che non tar- dano a schiudersi dalle uova e crescono rapidamente. Réaumur trovò un giorno molti grossi Afidi stivati in una piccola cavità d' un tronco d' olmo. Lontano allora dal sapere come fossero colà venuti non fece che annunziare il fatto nel Voi. III. delle sue Memorie (i), maravigliando che quelli in- setti vi si vedessero in sifatta maniera collocati da far supporre che vi fossero stati introdotti per forza, e senza che si potesse ravvisare la strada da essi tenuta per gìugnervi. Ma più tardi venne a conoscere l' industria di alcuni Ovititeri zoofagi, ed allora per modo d' induzione pensò (a) che quelli Afidi dove- vano essere stati colà trasportati e rinchiusi da un imenottero , perchè servissero d'alimento alle sue larve. Nasce naturalmente il desiderio di sapere se il nido descritto da Réaumur fosse un nido di Stigmo, ma non è possibile il recarne sicuro giu- dizio, per la ragione che vi sono altri insetti della famiglia dei Crabroniti , che raccolgono Afidi per nutrimento della prole. Porto opinione che quella fosse opera di un Crossocero, parendo risultare da alcune mie osservazioni, che le specie di questo genere ricerchino le parti morte dei vecchi alberi per isca- varvi i loro nidi. In tutte quante le gallerie che mi accadde di aprire e di esaminare nel tempo che tuttavia contenevano o le uova o le giovani larve, e furono moltissime, ho costantemente trovata una sola e medesima specie di Afide, cioè quello de' cavoli { Aphys brassicae, Linn. ) ; ma non voglio da ciò inferire che (•) Pag. 333, ultimo a linea. (a) Tom. VI, pag. 375, secondo a linea. bc Memoria per servire ec. lo Stiglilo nero nutra sempre e dappertutto i suoi figlj con quella sola specie: penso anzi che nei luoghi ove ho latte le osservazioni, ciò dipendesse piuttosto dal Favore delle circo- stanze che non da assoluta necessità istintiva. Io ho sempre osservato gU Stigmi e le loro abitazioni entro giardini ed orti, ne' quali trovavansi coltivati in grande copia i cavoli: è quindi proljabile che gli Stigmi non facessero colà che profittare della vicinanza di que' vegetabili e dei loro parassiti, pronti a pre- darne altrove e di qualsivoglia altra specie, ove questi non vi si fossero trovati. Lo Stiglilo nero è un imenottero comunissimo fra noi ; perciò la distruzione che esso fa ogni anno degli Afidi debb' essere oltre modo considerabile. Valga a provarlo la seguente osservazione. In uno degli orti suburbani di Torino visitai, or fa qualche anno, nel mese d'Agosto una lunga ajuola piantata di cipolle, a ciascun gamJjo delle quali, perchè destinate alla produzione dei semi, era stato messo per sostegno un bastoncino di gelso essiccato. In novantasette di codesti bastoncini gli Sti- gmi avevano praticate le loro gallerie, e queste erano zeppe di Afidi. Ora, siccome ho detto più sopra che ciascuna galle- ria suol contenerne da trecento a trecentocinquanta , così ri- sulta per termine medio che que' bastoncini erano la tomba di SiSaS Afidi. Ho detto che gli Afidi trasportati dagli Stigmi nelle gal- lerie vi si mantengono più storditi che morti fino al momento in cui 1' uno dopo 1' altro diventano pasto delle larve. Questa osservazione , che perfettamente si accorda con quelle che io feci e stampai su i Curculionitì, de' quali la Cerceris aurìta (i) riempie i suoi nidi (2), s'accorda ben anche colle osservazioni che prima e dcpo di me furono fatte da Réaumur, da Latreille, da Audouin, da Lepeletier di S. Fargeau, e da altri, sulle larve (i) Cerceris quinqueclncta femmina. (2) Annali delle Scienze del Regno Lomhardo-Veneto. T. I. pag. 387. Del Cavaliere Gene 6i e sugli insetti perfetti che vengono imprigionati e sepolti da- gli Odineri, dai Discelii, dai Filanti, dalle Bembecidi, dalle Am- mofile, ec. Con tutto ciò la verità di quel fatto vien ora messa in dubbio da uno dei pii^i eccellenti e dei piìi dotti osserva- tori che r Entomologia vanti a' di nostri. Il sig. Leon Dufour, nella curiosissima storia che pubblicò or sono pochi mesi (i) di una Cerceris che vettovaglia di Bupresti le sue larve, e nella quale ragiona per incidenza anche dell' Odynenis spinìpes^ di- chiara ed assicura che tanto i Bupresti predati dalla Cerceris^ quanto i bruchi che soglionsi raccogliere dall' Odinero , sono già morti affatto, quando vengono trasportati nei nidi, e ripete quel mantenervisi che fanno interi e flessibili per lungo tempo, da una proprietà antisettica e conservatrice del veleno, col cpiale vennero uccisi non appena predati. Io stimo troppo il sig. Leon Dufour per non credere fermamente alla sua asserzione , e volentieri anche alla sua congettura, che era pur quella dell' illustre mio amico il cav. Audouin, rapito testé e in si giovane età alle scienze naturali che con tanto successo illustrava. Ma mi rifiuto di applicarle tanto al caso dei Curculioniti sepolti dalla Cerceris aurìta^ quanto a quello degli Afidi imprigionati dallo Stigmus ater. I primi ( Sitona gressorìa e Thylacites co- ryli ) muovevano con istento, ma pur chiaramente, le antenne e i piedi due settimane all' incirca dopo il loro seppellimento, i secondi poi mi parvero sempre piuttosto instupiditi dal luogo e dal modo della loro prigionia, che offesi gravemente nella vita: anzi, se ho da dir tutto intero il mio sentimento, io non credo nemmeno che abbisogni ferita alcuna o veleno per ri- durre nella condizione voluta dalle larve degli Stigmi animali tanto piccoli, di lor natura già tanto pigri, e privi perfino, a giudicarne dalle apparenze, della cognizione istintiva dei loro nemici. Sa ognuno che le larve dei Sirfi , degli Emerobii , di (i) Observations sur les métamorphoses du Cerceris Bupresticìda , et sur V indù- Jtrie et V instinct entomologìque de cet Hyménoptire, negli Annales des Sciences natu- relles: T. XV, faacic. di Giugno 1841. 6a Memoria per servire ec. alcune Coccinelle, ec. che campano d'Alidi, vivono e si muo- vono in mezzo ad essi senza aver altro a fare j)er divorarli che volgere la bocca a destra e a sinistra. E le ragioni che vietano d' applicare il latto osservato dal sig. Leon Dutbur ai Curculioniti e agli Alidi, vietano pur anche di estenderlo alle vittime delle Ammotìle, delle Bembecidi, dei Filanti, ec. delle (piali molti accuratissimi scrittori ci porsero la storia. Tutti parlano della loro impotenza al muoversi e quindi al contra- stare alle larve e al l'uggire, tutti parlano di una specie di pa- ralisi u di letargo; nissuno di morte reale, se si eccettui il sig. Edoardo Perris, al quale la cosa sembra tuttora dubbia e da verificarsi (i). (i) Notes pour servir à V histoire des Crahronites, nel Voi. IX degli Annales de la Socìété Entomologiqite de France, pag. 407. 63 DELLA MAL' ARIA VICINO AI FONTANILI D'IRRIGAZIONE MEMORIA DI ANGELO BELL ANI Ricevuta adì ii Aprile 1842. Il ella Sezione di Agronomia e Tecnologia della terza riunione scientifica convocata in Firenze nel Settembre del 1841, aper- tasi la discussione Sulle cause diverse di mal' aria, da ben di- stinguersi nei paesi dove si coltiva il riso ^ non escludendo io punto la mal' aria che deriva dalla coltivazione del riso, espo- neva però diversi fatti che comprovavano derivare in altri luoghi un' infezione anche maggiore piuttosto dall'acqua prima di servire all' irrigazione stessa ; ossia derivare dalle così dette teste di fontanili ; riproducendo alcune mie considerazioni che aveva pubblicate fino dal i83a negli Annali universali d"" Agricol- tura. In vero è dolorosa rimembranza il vedere poco fuori delle porte di Milano palazzi abbandonati ch'erano ville deliziose ne' secoli passati, per cui lo stesso Petrarca celebrava in una sua lettera quella sua villa, poche miglia discosta da Milano e pros- sima alla Certosa di Carignano, come luogo amenissimo e sa- luberrimo, e dove si portava nell'estate e nell'autunno parti- colarmente quando era travagliato dalla febbre terzana (i). D' altronde egli è certo che non si sarebbero scelti luoghi mal- sani per villeggiare, e molto meno si sarebbe eretto quel gran- dioso chiostro dove que' cenobiti erano costretti a continua- mente soggiornare. Eppure anche a tempi del Petrarca, vale a dire verso la metà del secolo XIV era, com' egli scrive, quel luogo cinto d' ogni intorno da piccoli e lucidi ruscelli così fra (1) Francisci Pctrarchae Epistolarum: Lugduni 1601 : Familiar. Lìh.X, i5. De- Sade Memoires pour la vie ds F. Petrarque 1763. T. III. pag. 4'8. 4^2- 41^ « '«g) 64 Memoria sulla mal' arl\ ec. loro intrecciati ed erranti, che appena si poteva comprendere da dove venivano e dove andavano ecc. (i) Era perciò introd- dotta 1' irrigazione de' prati e de' campi mentre ancora non esistevano le risaje; ma al tempo stesso si rileva che le sor- genti dalle quali derivavano quelle acque dovevano essere molto lontane dal luogo abitato dal Petrarca se non sapeva egli ben conoscere da dove provenissero. D' altra parte egli è certo che in tutti que' contorni furono sino alla line del secolo passato scavate moltissime sorgenti dette perciò teste di fontanili ; e che 1' aria ivi divenne malsana sebbene non vi esistano risaje; ed anzi esser ivi l'aria più mal sana come già dissi non in mezzo alle stesse risaje. Conchiudeva io dunque non essere in alcuni luoghi le risaje e molto meno i prati detti di marcita quelli che vi guastano tanto l' aria, ossia che producono que' miasmi generatori di febbri periodiche ; ma derivare da esalazioni proprie di que' fontanili ivi nascenti, li quali scorrono poi ad irrigare risaje e praterie più o meno lontane. Ne aljbiamo un esempio appunto nelle vicinanze di Carignano, nel villaggio detto la Cassina del Pero circa cinque miglia fuori della Città sulla strada postale, che mette a Rhò dove r ac({ua che si beve sembra pura come qualunque altra, e sicuramente più di quella di Milano in cui filtrano tante cloache ed immondezze d' ogni sorte ; dove l' aria è libera ed asciutta di modo, che nelle abitazioni anche al piano terreno senza cantina o sotterraneo qualunque non si scorge quella umidità sulle muraglie, né vi si attacca quel nitro che ne' piani terreni generalmente si manifesta altrove, dove non esis- tono paludi ma campagne ridenti coltivate a grani e a gelsi , (i) Francisci Pcirarchae. ec. f( Iiigruentem cogitans aestatem diversorium amaenissimura saluberrimumriue adii, Gragnanum vocant tribus ut nuraerant passuura millibus ab ipsa urbe semotum. Rus ut in planitie elevatum et cinctum undique fontibus, non illis, quidem Sorgiae nostro transalpino paribus, sed modestis ac lucidis, tamque snaviter invicera perple- xis ac vagis, ut unde veniant, seu quo pergant vi.x possit intelligi Est hic Car- tusiae domus nova sed nobilis, ecc. Di Angelo Bellani 65 di rado e scarsamente irrigate con prati irrigatorj bensì, ma pochi a marcita, ed al confine dove cominciano ad essere per- messe le risaje, e queste non estendendosi che in lontananza dove le abitazioni sono spaziose anche in grazia de' pochi abi- tanti, e dove la vicinanza della Città influisce sul miglior vitto e la maggior pulitezza delle persone. Eppure quel luogo è ri- guardato come uno de' più malsani anche in confronto di molti altri che si trovano in mezzo a paludi, a prati di marcita e ad estesissime risaje (3). Trenno prepositura e capo di pieve, ne' passati secoli molto popolata, la Terrazza, S. Leonardo, Pantanedo, Mazzo con Mazzino, Terrazzano, ecc. formano colla Cassina del Pero un gruppo infetto sebben quasi del tutto senza risaje; ma è fra questi villaggi appunto che furono scavati molti di que' fontanili de' quali giova dare qualche breve notizia, essendo poco noti fuori di Lombardia. L' inclinazione della pianura Lombarda dal nord al siid^ e la grande altezza dei due laghi Maggiore e di Como che si trovano al nord collocati tra i monti e il piano fa sì , per quanto ad alcuni sembra di conghietturare , che quelle ac- que trovino frammezzo alle sponde delle sotteri'anee vie che si dii-amano, e che più o meno ma circoscritte a piccoli spazj si manifestano in alcuni luoghi sulla superficie del suolo, per stagni permanenti , per erbe palustri che vi crescono, o per continua umidità che vi domina. Dietro questi indizj scavan- dosi ivi il terreno , si vede a poca profondità sgorgar 1' ac- qua ; per cui si allarga e allunga lo scavo dove scorgonsi sca- turire qua e là fjueste polle che formano poi la cosi detta Testa del fontanile; le acque della quale raccolte poi in più stretto canale che asta vien detto, scorrono ad innaffiare altri sottoposti terreni più o meno lontani. Sono in fine una specie di pozzi detti artesiani. Lo spazio occupato da cotali teste è (3) Dn paese tristo e spopolato è il primo che incontrasi, detto la Cassina del Pero.» ( Viaggio da Milano ai tre Laghi di Carlo Amoretti: 4. ediz. \^\i, pag. 3. ) Tomo XXIII. I 66 Memoria sulla mal'aria ec. per lo più di pochi metri quadrati e l' acqua viva vi è più o meno abbondante e perenne, e questa sgorgando da sotterra è più fresca d' estate e più tepida d' inverno che non lo sia r aria e il suolo circostante. A poca profondità giova portare lo scavo per servire al poco declive del suolo. Dipende dalla disposizione degli strati inferiori il trovarsi quelle polle uni- camente in determinati siti; perchè ad eguali profondità sca- vandosi pozzi dovunque in quelle vicinanze, si trova bensì ac- qua potabile derivante da filtrazioni, ma insufficiente a formar teste da fontanile. Era dunque mia opinione che da quelle sorgenti aperte scaturissero miasmi che rimanevan prima sepolti sotto terra ; miasmi, come la maggior parte degli altri, de' quali sarebbe sconosciuta la natura. Questi miasmi, come quelli delle paludi e delle risaje, sebben forse di diversa natura, si sviluppano con maggiore energia nella calda stagione, e a loro resiste fino ad un certo tempo la forza di vitalità specialmente negli in- dividui già abituati, per soccombervi poi anch' essi più o meno accostandosi l'autunno. Anzi riguardo ai fontanili deve appunto succedere che le loro esalazioni siano maggiori e perciò più nocive sul cominciar dell' autunno, perchè il calore estivo ri- tarda a penetrare fino ad una data profondità nel terreno da cui scaturiscono. Sì difondono quindi e si diradano nell'atmo- fera, la quale di giorno è sempre più o meno agitata e rino- vata per 1' azione solare; mentre dal tramonto al nascer del Sole, condensandosi per irradiamento frigorifico lo strato d'aria vicino al suolo, anche li miasmi vi ristagnano. Non potrebbe essere almeno come causa principale delle febbri che ne sono 1' effetto queir acqua stessa de' fontanili o de' pozzi impre- gnata di tali esalazioni da influire sulla salute di chi la beve; perchè è cosa notissima bastare l'aver dormito anche una sola notte su quel terreno per prendere la febbre endemica, senza aver mai bevuta una stilla di quell'acqua; e so di alcuni Par- rochi, e di altre persone ivi dimoranti, che avendo per qual- che tempo continuato a farsi portar l'acqua potabile da luoghi Di Angelo Bellani 67 stimati non infetti, non andarono per questo esenti dalla feb- bre: e si noti che in que' luoghi infetti si mandano gli Eccle- siastici più robusti, e giovani, e che vi si cambiano dopo po- chi anni; per cui se si stasse alle Tavole statistico-necrologi- che , ne risulterebbe esser ivi i Parrochi quasi immortali. Per le ragioni sopradette ne insulta che la malefica influenza di que' fontanili va cessando quanto piìi si allontana dalle loro teste ; di modo che più non è sensibile alla distanza di un miglio ed anche meno ; come per esempio non è più alla Ga- gnola, villaggio che s' incontra partendo da quel gruppo ma- lefico verso Milano. Il Sig. Dottor Giovanni Gapsoni che fu medico condotto in que' dintorni scrisse una molto erudita ed istruttiva Memo- ria Sul clima della bassa Lombardia: ricerche politico-medico- statistiche. Milano 1839. Nel capo V trattando in particolare dei fontanili milanesi: « Eccoci., egli dice, da prima ad un' altra fonte abbondante di principi pregiudiciali alla salute nella Pro- vincia di Milano, e sulla quale credo non siasi ancora fermato lo sguardo in tal proposito. È vero però che cita quelle mie Considerazioni sopra accennate , da me pubblicate nell' anno j83a, e delle quali ne fa uso, convenendo meco in quanto agli effetti. Dopo aver egli più difusamente descritta la costruzione di que' fontanili, si fa a dire : Eccettuati pochi fontanili più distanti, le teste di tutti gli altri si trovano a poca distanza da Milano, circoscritti in uno spazio semicircolare. ...{pag. '^3). Comunque V idea di acqua corrente propria ai fontanili male si combini con quella d' insalubrità , il fatto però prova pur- troppo il danno, eh' essi producendo le febbri intermittenti, ar- recano a chi vi abita vicino. E fra gli esempi cita Cornaredo, Pregnana, PJio assaissimo più salubri di Terrazzano, di Mazzo, di Pantanedo, i quali sono assai più alti dei tre primi, ma sono insalubri avendo fontanili in vicinanza. Sull' emanazione malefica de' fontanili che si estende a poca distanza cita l'Au- tore il caso di tutta una famiglia presa dalla malattia ed assai pertinacemente, nella prima state in cui si traportò ad abitare Gii Memoria sulla mal'aria ec. presso un fontanile che sta fuori d' Origgio , villaggio situato in luogo salubre della Provincia di Milano. E qui l'Autore ri- ]iete e conferma quanto io già aveva detto sul cambiamento avvenuto nella salubrità in causa de' fontanili; citando anch' esso la villa del Petrarca, la quale però non era già come finora si è creduto nel luogo detto Linterno, ma effettivamente in Garegnano come 1' accennata lettera del Petrarca lo mani- festa chiaramente, e come lo dimostrerò in altro mio ragio- namento. Seguita l'Autore a dire: Sappiamo altresì, che entro il se- micerchio da me tracciato esistevano anticamente Monasteri delle pia celebrate società religiose, ed anche ville delle più il- lustri famiglie della capitale, ed infatti un antico palazzo detto BTazzino alla sinistra della strada del Sempione che conduce a Milano, da cui dista sette miglia, ora è affatto abbandonato per il danno die suole arrecare il fontanile che vi sta vici- nissimo. Quando io annunziava in quella Sezione di Agronomia r infezione recata particolarmente dai fontanili, e fra le altre prove adducevo questo stesso palazzo in parte stato demolito trasportandosene il materiale nella non lontana, e non del tutto rimasta salubre grandiosa Villa di Lainate, il restante di quel palazzo, murate le finestre ed otturate le porte, era di- ventata abitazione di rettili e di notturni uccelli ; quando io dico ripeteva in quel Consesso quanto già aveva pubblicato in Milano sotto gli occhi di tanti testimoni, molti degli ascol- tanti maravigliavano quasi esagerassi. E Castellazzo altre volte rinomato pel suo parco e la Simonetta celebre anche al pre- sente pel suo eco non erano forse ville grandiose pur vicine a Milano, e che ora sono considerate come in luogo poco salubre ? Conchiude il Dottor Capsoni: Sulla pessima influenza, os- sia sulla proprietà de' fontanili Lombardi a generare le febbri intermittenti io sono abbastanza convinto, e spero lo potrà es- sere chiunque si porti ad osservare la cosa in luogo: vedrà egli come non le loro acque bevute sieno origine della malattia, poi- Di Angelo Bellani 69 che coloro che vi abitano al disopra, cioè al nord, purché non molto ne sieno distanti, ne vengono presi egualmente; sentirà come sinistramente declamano i vicini, che non ne bevono pur goccia. Ma quando il Signor Dottore nel Capo XI viene a dire : Quali sono le circostanze che danno luogo allo sviluppo del miasma palustre, volendone far l'applicazione anche ai nostri lontanili ; non mi sembra che abbia raggiunto la vera causa confondendola con quella derivante dalle risaje, perchè gli effetti devon essere proporzionati alla causa ( pag. 161 ). Cosi i fontanili del Milanese nella state in cui per lo più scar- seggia la sorgente, e la vasca 0 testa, rimane talvolta in par- te, tal' altra anche affatto priva cV acqua , divengono focolari di moltissimi miasmi; al die concorrono molte ragioni locali favorevolissime a produrre tale pessimo effetto. Da prima lo stato di quiete in cui trovasi V acqua nella testa: Egli è a questa clic dassi quanto più puossi di ampiezza per avere mag- gior numero di punti sorgivi, e così essa risulta sproporzionata col canale che ne scarica le acque, e nel quale sì per le piante acquatiche che pel franare continuo delle sue sponde vien reso più diffìcile e lento il corso. In secondo luogo sta la dire- zione data allo scavo: essendo questa verso il sud e sud-est non ricevono i fontanili il Sole che assai tardo alla mattina, e presto ne sono privi alla sera: invece allorché i suoi raggi in tempo della loro maggior forza ne percuotono V intemo, succede grande evaporazione e diminuzione dell' acqua , onde lo scoprimento dei margini e del fondo. Tutto ciò dà luogo ad una produzione di miasmi abbondante non solo, ma pur anco ad una perfetta loro elaborazione. Finalmente al maggior male non poco coo- pera la mancanza di ventilazione specialmente dal nord atteso V argine 0 terrapieno che suole appunto a tramontana e semi- circolarmente rendere ancora più alta la sponda del fontanile; al che si aggiunga la grande quantità di vigorose e folte piante che coprono da ogni lato, eccettoché a mezzo giorno, una tal' specie di pozzi. Che se questa teoretica spiegazione non bastasse per alcuno a far credere tanto dannosi i fontanili , quanto le •jo Memoria sulla mal' aria ec. paludi propriamente dette, e le rìsaje ; e se molti casi pratici, che io potrei addurre in conferma potessero sembrar diihbj o non sufficienti , chiunque potrà a suo hclV agio convincersi della verità, esponendosi alla loro influenza di buon mattino, o alla sera nella stagione estiva, od autunnale Conchiudo dunque ( pag. i8a ): su qualunque parte della terra avrà luogo il con- corso delle succennate circostanze, calore, umidità e corruzione di sostanze vegetabili^ sia poi nelle risaje , sia nei macerato] ( di canape o lino ), sia nei fontanili, sia nelle paludi propria- mente dette o nelle maremme^ si avrà inevitabilmente tra noi , ed in regioni die dalle nostre poco diversificano , le febbri in- termittenti. Io convengo pienamente col Sig. Dottore riguardo alle risaje, ed alle paludi di qualunque sorte, ma non posso con- venire neir assegnare una medesima causa per la mal' aria de' fontanili isolatamente presi, non trovandosi essi nelle medesime circostanze, per le ragioni seguenti. 1 ." Che il calore, V umidità e corruzione di sostanze ve- getabili; ossia che la corruzione di sostanze vegetahili ( ed ag- giungerei anche animali ) derivante dal calore unito all' umi- dità possa produr miasmi, lo concedo; ma gli effetti devon essere proporzionati alla causa. Ora, l' estensione di una o più teste di fontanile comprendendovi anche i canali scaricatori è una minima frazione della circostante superficie del suolo col- tivato a secco, se se ne fa il paragone colla vasta estensione che occupano le risaje e le paludi; eppure i miasmi sono an- che più micidiali in que' luoghi che non in questi. I bifolchi ed i famigli che vivono e dormono di continuo In stalle dove al certo non mancano calore, umidità e corruzione di sostanze vegetabili ed animali , e vicino a mucchi di letame in fermen- tazione ed a putride cloache , pur non prendono febbri di quella natura, a." Ben poche posson essere quelle sorgenti che abbiano in estate a scarseggiar tanto d' acqua, e molto meno a rendersene affatto prive , se lo scopo di queste scavazioni è appunto per aver acqua perenne né mesi estivi particolar. Di Angelo Bellani 71 mente ; ed il vocabolo stesso di sorgente dinota che 1' acqua deve continuare a sorgere dal fondo, e perciò rinovarsi con- tinuamente nella testa, sebbene con minore velocità che non nella così detta asta^ in proporzione delle rispettive larghezze, e del declive del terreno , perchè se fosse nello stato di quiete V acqua della testa^ neppur potrebbe scorrer lungo il canale, ossia l'asta; e tolto sarebbe il beneficio dell'irrigazione. Che se si dà quanto più puossi d' ampiezza alla testa per avere mag- gior numero di punti sorgivi^ si avrà in proporzione maggior quantità d' acqua rinovata e corrente ; né si saprebbe inten- dere come vogliansi ampliar le teste per questo fine, e con- durvi poi un canale sproporzionato^ cioè non sufficientemente idoneo a scaricarle, lo che sarebbe contro il fine, ed in puro discapito. 3.° Sta dell' interesse tanto del proprietario come dell' affitta] nolo il tener sempre ben spurgato il fontanile dalle piante acquatiche, e ben sorrette le sponde, se dipende dalla quantità maggiore di quell' acqua I' ottenere un maggior pro- dotto, e venderne il superfluo ; per cui fra i patti delle inve- stiture è questo uno dei più essenziali obblighi che s'impone ai conduttori. Per ciò si procura sempre che il fondo del cavo sia ben spazzato, che li tini dai quali più in abbondanza sgorga r acqua, sian ben disposti ecc., per cui ancorché vi si gene- rassero piante acquatiche, queste mai verrebbero ad accumu- larsi: anzi, come succede di ogni altra pianta, durante la loro vegetazione gioverebbero ad ossigenar 1' accpia e 1' aria, piut- tosto che a guastarle (4). Che se quelle piante acquatiche ve- getassero propriamente, sarebbe ben indizio che godessero ab- bastanza di quel Sole anche a loro necessario; e se avessero poco Sole, come mai in quelle poche ore , per quanto caldis- sime, potrebbe di tanto evaporare quell'acqua, eh' è pur sempre rinascente, da scoprirne i margini ed anche il fondo ? L'acqua (4) Rìcercìie suW influenza eh' esercitano la luce e la sostanza di color verde so- vente contenuta nelV acqua stagnante, sulla qualità e quantità dei gas che questa può contenere: di A. Morren. ( Annal. de Chim. et Phys. T. I. 1841. ) 7^ Memoria sulla mal' arl\ ec. esposta in un vaso per tutta una giornata estiva ad un cocente Sole non s'abbassereljbe di un pollice per evaporazione; men- tre l'acqua di un li>ntanile alla sua sorgente o vicino ad essa, riparata anche dagli alberi e da terrapieni per molte ore di Soh\ non potendo mai molto riscaldarsi, sorgendo sempre fredda, deve molto meno evaporare, avendo anche poca ventilazione. La grande quantità di vigorose e folte piante all' intorno as- sor]>eudo di giorno sotto T influenza solare i gas deleterj che fossei'o per svilupparsi da quell'acqua che cuoprono, versereb- bero neir atmosfera un' aria più ossigenata e salubre, come ben si sa. 5." Nessuno ha ribrezzo a bere 1' acqua delle teste di fontanili siccome vergini, limpide e fresche; mentre nessun beverebbe 1' ac([ua di una rlsaja o di una palude. Dunque i nostri fontanili non lianno uè quella temperatura, nò quella quantità di sostanze vegetabili da corrompersi, nò possono di- fondere tanta umidità nell'aria, se da un eccesso di quella si volessero pure quelle malattie derivare. È tale la diversità di temperatura che può trovarsi tra 1' acqua di vm fontanile , e quella dell' aria ambiente, che questa invece di assorbire umi- dità ne' forti calori, ne depositerebbe sulla superficie di quell' acqua stessa ; come vediamo versando d' estate dell'acqua fre- sca in un bicchiere, che la parete del vetro esternamente si appanna. Per lo contrario , quella nebbia che il Sig. Capsoni vedeva d' inverno sollevarsi dai fontanili ( ])ag. 190 ) era per un effetto tutto all' opposto di quanto succederebbe d' estate; vale a dire che scaturendo quell' acqua dalle profondità della terra d(jveva trovarsi meno fredda d'inverno in confronto dell' aria; per cui i vapori ajqiena sollevatisi tornavano a precipi- tarsi. E anzi il tiepido di quell'acqua nella stagione invernale uno de' suoi pregi principali pei prati detti a marcita. Non saprei dunque come il Signor Capsoni abbia potuto supporre ( pag. i<)c ) che quell'acqua conservuise nel solstizio invernale una tenipcratura ])ià bassa di quella delV atmosfera ; e molto meno, anche anunesso ciò, non saprei intendere come ne po- tesse egli derivare quella nebbia die vedeva pili a meno spessa Di Angelo Bellani 78 coprire que fontanili ; che una precipitazione dell' umidità do- veva essere secondo lui già esistente nell' atmosfera, e non già un' esalazione dell' acqua del fontanile. Del resto si può ben persuadersi col Signor Capsoni d'es- ser tanto dannosi i fontanili, senza ammettere quella sua teo- retica spiegazione-, alla quale però tendeva pure il Sig. Dottor Rosnati ( che anch' esso esercitò la medicina in que' contorni ) con un suo discorso di cui ne lesse un estratto nella succes- siva giornata della menzionata Sezione di Agronomia. Certo che questa loro spiegazione doveva sembrar la più ovvia, piut- tosto che ricorrere ad altre cause sconosciute ; ma non potrebbe però più sussistere per tutti que' motivi ora da me adotti. Finora questi miasmi si sottrassero a tutte le ricerche chi- miche, uè valse il tentare di concentrarli mediante il freddo o r assorbimento dell' acido solforico che furono i mezzi finora praticati. Si sa che basta xsm°'° ^^ §^® idrogeno solforato sparso neir aria atmosferica per cagionar nausee e sensazioni di lan- guore negl' individui i più forti^ allo spontaneo sviluppo del quale gas si vorrebbe ora attribuire l' insalubrità del littorale dell'Africa intertropicale ( Mémorial Encyclopedique 1841 pag- i83 ). Recentemente ancora il Sig. Bertulus ( Revue Medicale. Octob. 1841 ) Sulle cagioni e la natura della febbre gialla in America ha conchiuso. i.° La febbre gialla è sempre il risul- tato dell' introduzione nell' economia di un miasma deleterio. a.° I focolari di siffatti miasmi esistono nel mare e sulle coste delle Antille e del Messico. 3.° Considerati nella loro natura, i nnasnii che producono la febbre gialla non digeriscono da quelli che sviluppano le febbri intermittenti che sotto il rap- porto dell' energia. 4-° La febbre gialla essendo mantenuta alle Antille ed al Messico da una causa puramente locale, non può nascere spontaneamente là dove non esiste questa causa. Aggiunge poi l'Autore altre osservazioni ; fra le quali fa ri- marcare « che lo sinovimento del suolo delle Antille non è mai stato senza influenza nello sviluppo della febbre gialla j ed è stato appunto dopo un violento terremoto che questa Tomo XXIIL K 74 Memoria sulla mal' aria ec. affezione cagionò tanta desolazione nel 1839 alla Martinica j ed allora attaccò anche i creoli e le genti di colore, che pur vi erano già assuefatti.» Che i terremoti recano pestilenze per Tesa- lazioni. Anche in Asia, e specialmente in alcune di quelle grandi isole regna la mal' aria occasione di malattie consimili; come pure in tante parti dell'Europa: ma limitandomi all'Italia; note sono le sperienze tentato infruttuosamente dal celebre Brocchi suir aria pestilenziale delle vicinanze della Basilica di S. Lorenzo, fuori delle mura di Roma, più fatale di quella delle vicine paludi pontine (5); né al certo si può supporre ( come già feci osservare riguardo alla Certosa di Garignano ) che si volesse erigere cpiella Basilica così sontuosa in luogo in origine cosi mai sano (6). Finirò pertanto con un' altra testimonianza ricavata da una lettera suU' Italia inserita nella Biblioteca Britannica di Ginevra fino dall'anno 181 5 ( T. XX. Agriculture lettre g. pag. 117.) « Si suppone generalmente che la cattiv'aria la quale spo- pola le campagne d' Italia lungo le rive del Mediterraneo pro- venga dalle paludi e dalle acque stagnanti, che sono dapper- tutto altrove- la causa di questa alterazione dell' atmosfera. Questa esiste pure , lo credo bene nelle paludi pontine ; ma nelle maremme della Toscana e dello Stato Romano, non si può attribuire alle stesse cause; perchè, avete veduto, o Si- gnore, nella mia lettera precedente che le Maremme sono poste in una regione elevata dove F aria ed i venti hanno libero corso, che non richiude né paludi, né acque stagnanti ; ed ho veduto questo flagello agire con altrettanta violenza sul!' alta cima del Redicofanì^ come nelle foreste del monte Soratte. » « E difficile di non credere che questa corruzione dell' ai ia provenga dalla costituzione chimica del suolo medesimo... (5) Saggio ih esperienze sull' aria cattiva dei contorni di Roma: Bibl. Ital. T. XII. (6) I contorni di Albano, Genzano e Velletri benché sul confine delle paludi pontine, ma posti in alto, non partecipano de' perniciosi effetti di quelle esalazioni già troppo rarefatte a quell'altezza oppur anche neutralizzate nell'atmosfera medesima. Di Angelo Bellani 7^ « Deve sembrar singolare che la causa di questi effetti sì co- stanti e si terribili non sia per anco conosciuta , che fino ad ora i medici ed i chimici si sieno perduti in vane conghiet- ture: perchè i fatti le hanno smentite a misura eh' essi non hanno potuto scuoprire la sorgente di questa forza misteriosa della natura che si difonde come un fluido invisibile , di cui nulla annuncia la presenza. » Sembra dunque, a mio avviso, che nel gran laboratorio sotterraneo si formino di que' miasmi che combinati coll'acqua vanno serpeggiando nelle viscere della terra, e che poi qua e là si sviluppino alla sua superfìcie ; come per lo contrario scaturiscono altrove sorgenti termali tanto benefiche alla sa- lute, che traggono origine anch'esse da profondità inaccessi- bili; e se quelle perdono di loro qualità malefica quanto più si allontanano dall' origine , queste altrettanto perdono delle loro salutari qualità per lo stesso motivo, qualità, che non sem- bran dipendere unicamente dalle sostanze che i chimici vi hanno finora riconosciute. Così se dal basso ci vengon acque malsane ed altre salutevoli , non meno dall' alto ci cade un' acqua fe- condatrice ed una grandine disastrosa, trovandosi sempre l'uomo su questa terra in mezzo a beni e mali tanto fisici che morali. .--h r/l" • '■ ' -■'.''- '^ -"^ 76 APPENDICE alla Memoria letta all'I. lì. Istituto Sulla mal' aria in vicinanza dei fontanili d' iirigazione. DI ANGELO BELLANI Ricevuta adì i Giugno 1842. ± erminata che io ebbi la lettura di quel mio scritto, il chia- rissimo mio Collega il nobile sig. Professore Balsamo Crivelli non si mostrò soddisfatto delle ragioni da me addotte, per at- tribuire immediatamente alle sorgenti gran parte di quelle ma- lattie che si suppongono derivare unicamente dalT irrigazione stessa : ed a suo credere essendo V argomento dì somma impor- tanza interessando specialmente la pubblica Igiene., com' è ve- rissimo, alle osservazioni verbali aggiunse in seguito il suo ri- spettabile parere in iscritto ; che io qui mi farò a riferire per esteso interpolandolo con alcune mie brevi riflessioni. « i." Volle il Bellani provare essere i fontanili e special- mente le loro così dette Teste fonte di mal' aria , e particolar- mente in prova del suo argomento cita alcuni paesi, che un tempo si dice die fossero salubri , e che ora all' incontro sono riconosciuti malsani, pei fontanili che vi si trovano vicini. Tra questi paesi cita specialmente la Certosa e Garignano. Io però porto opinione che questi due sovracitati paesi possono essere malsani, non pei fontanili vicini, ma bensì pei stagni frequenti che si trovano ne' vicini bosclii in parte estirpati, giacché in questi stagni V acqua vi dimora anche neW estate, e vi crescono piante di paludi simili a quelle anche delle paludi le più estese, poi per non esser a molta distanza le risaje della Trìulza. » Per rispondere alle riflessioni sopradette, io parto sempre dal principio : Che gli effetti devono essere proporzionati alle cause: ora l'aria di alcuni luoghi in vicinanza di risaje essen- dosi riconosciuta per lo meno tanto mal sana quanto di altri luoghi situati in mezzo a risaje, io non potrei unicamente at- Di Angelo Bellani 77 tiibuirne la causa alle risaje stesse. La Certosa e Garignano non sono luoghi più vicini a risaje d'egual estensione ed in eguali circostanze di quello che lo siano altri paesi che pur non sono giudicati tanto malsani; come già dietro anche gli esempi ripor- tati dal Dottor Capsoni ho io riportato in quella mia Memoria. Se si dovesse attribuire in que' due luoghi la mal' aria, come opina il Sig. Prof. Balsamo, agli stagni frequenti che si trovano ne' vicini boschi in parte estirpati^ farei osservare che quando al tempo del Petrarca, vale a dire alla metà del Secolo XIV, que' luoghi erano saluberrimi per confessione del medesimo, que' boschi se erano più estesi, erano anche più vicini; mentre adesso coli' estirpazione di quelli all'intorno, si doveva render l'aria più libera; e col livellarsi de' terreni ed incanalarsi delle acque si sono otturati quelli stagni che in quella porzione di bosco estirpato vi si potevano trovare. Che se, coni' è noto, l'aria malsana delle risaje si manifesta specialmente quando a queste si toglie l' acqua per cui le piante di paludi ivi cre- sciute muojono e si corrompono diffondendo liberamente nell' aria le funeste esalazioni; lo stesso non dovrebbe succedere né stagni di que' boschi, se in quelli V acqua vi dimora anche d'estate? poiché se non si asciugano spontanemente nella calda stagione , neppur si asciugheranno nell' autunno , per la tem- peratura diminuita, e per le piogge più frequenti: e gli alti alberi e numerosi del bosco stesso sarebbero d' ostacolo alla libera difusione delle nocive esalazioni se vi esistessero. D'al- tronde non basta che nascano ne' boschi piante eguali a quelle delle più estese paludi, ma bisognerebbe che fossero egualmente estese queste paludi boschive per produrre un eguale effetto (7). a.° Aggiunge il Sig. Balsamo Crivelli: Che ì numerosi prati se non sono causa di mal' aria, rendono però l' aria assai umida. (7) 11 Sig. Prof. Paolo Savi in alcune sue Considerazioni suW insalubrità dell'aria nelle maremme lette nell' adunanza scientifica Ai Pisa e pubblicate nel Nuovo Gior- nale dei letterati: Pisa 1889, n." 106 e 107, riporta nella nota i , alla pag. 78 fra le Ipotesi sulle cause e sulla natura della cattiv' aria, se la presenza d'estese e folte boscaglie sia da considerarsi per causa di mal' aria, citando Autori prò e cantra. ^8 Memoria sui.i.a mal' aria oc. So ilunquo rninidit:\, socoiulo lui, non è oiuisa di mal' aria, non iìcvr (lnii(]iio rondoio più malsana la Certosa con Gari- gnano. (ìuosta sarol)l)c nna seconda (piostiono p,ià slata trattata dal Sifi. Avvocalo l}(Mia sui prati delti di marcila. Ma neppnr avvi ili (pie' due liioj;lii, od in laiili ali ri soggetti a mal'aria, (lilla (piella umidii à, penile molto del l(;rreno circostante è coltivato a grani e gcdsi. L'esempio tli Origgio giA da me re- cato dietro la teslimonianza dei Doti. Ga|)soni, prova la ma- lefica intliicnza della vicinanza di una sola testa di lontanile in mezzo a terreni coltivati a secco. '^." Aggiunge pure il snilodalo Sig. Prof. Balsamo: c/ie la Cascina del Pero noib deve la sua poca saliibiità ai fontani- li, ma bensì alle risaje estese che vi si trovano vicine. Due sole propriamente sono le risaje elie vi si trovano vicino; 1' una detta della Cristina al nord-est , e 1' altra detta la liergamina al nord-ovest, ambedue però di non molta estensione. Anzi allontanadosi di più ilalla Ciascina del l'ero, portandosi a S. Leonardo, ed ancor più in là alla Terrazza, l'infezione cre- sce ed abbastanza si maniiesta in quo' jioclii miseri abita- tori: oppure, come già loci osser\are, poclii prati vi sono, e meno a marcita in (pie' contorni, e non macchie, riè stagni. In (pi(>sti ultimi anni si era scavato a llanco del caseggiato di detta Cascina del Pero un in-ofondo canale per una pri- vata speculazione di raccogliere acfjiie filtrate sotterra per servire a nuovo irrigazioni, condotte in terreni più bassi; e si sperava, nella supposizione che dipendesse l'insalubrità del luogo dairac(pia eattiva jiolabiU;, di rentier questa migliore, ma non si ott(Mine sensibih^ miglioramento. Più vicino a (pielle risaje dette della Cristina trovasi queir antico palazzo detto ]\lazziiio ora allatto ab]>andoiiato con altre abitazioni contiguo per il ila/inn clic suole arrecare il fonta- nile che vi sta i'ici/iissi///() r collie già lece iiolare anche il Sig. Dottor ('apsoui. (Questo palazzo era altre volte una sontuosa Villa del Conte Bartolomeo Aresi Presidente del Sonato di Mi- l.ino, passato coi loiidi annessi uclT illustre casa Litta; edera Di Angelo Bellaki 79 a que' tempi circondato da più estese risaje , che sono quelle dette della Cristina , all' irrigazione delle quali serAdvano le acque più copiose che si estraevano dall'Olona col mezzo della hocca detta illuminata, come consta dai registri esistenti. Ma coir essersi tatto scavare a ^jiccolissima distanza dal palazzo stesso quella testa di fontanile che appunto si denomina di Mazzino, ma che porta le sue acque ad irrigare terreni più lontani, Inastò per guastar l' aria in modo da rendere non solo inabitaJ)ile quel palazzo, ma ben anche di allontanarne otto fa- miglie di contadini che ivi dimoravano. Ora si pensa di allon- tanare questa causa d' infezione collo scavare più lontano un altra testa, onde rendere novamente abitabili que' luoghi. Quanti castelh ne' tempi feudali si trovavano circondati da fosse nelle quali Y acqua imputridiva, senza che si riguar- dassero come tanto malsani I Una testa di fontanile che fu sca- vata nel mezzo del villaggio, poco distante da Milano, detto Pigino, ne ha reso il soggiorno più malsano degli altri villaggi circostanti che si trovano nel resto in eguali circostanze, come mi assicurò il Dott. Pvosnati che fu medico in quelle parti. Negli anni passati in mezzo a molti villaggi si raccoglievano in ampie fosse le acque di pioggia per abbeverare animali o per lavare, e si riguardavano quasi innocue sebben vi confluis- sero tinte le sozzure del paese. 4-° Seguita a dire il Sig. Prof. Balsamo: Io poi ritengo, giacché generalmente e con ripetute prove si ammette, che la mal' aria pro'ciene dalla decomposizione di materie organiche vegetali ed animali, che se nello spurgo de' fontanili sì avesse più. cura di ripulirli , non solo collo spurgo delle tine, ma ben anche del fondo , la loro influenza suW aria non sarebbe no- civa. Ma già aveva egli asserito che la poca salubrità della Casina del Pero non si doveva ai fontanili, ma bensì alle risaje: dunque anche ammesso che non venissero bene spurgati, non potrebbero avere sull' aria un' influenza nociva. E di fatto, comprendo bene come da prati a marcita e più dalle risaje possa provenire la mal' aria per decomposizione di tante ma- 8o Memoria sulla mal' aria ec. terie organiche vegetali ed animali ; ma. questa decomposizione non succede, almeno notabilmente, che allorquando si toglie r acqua , che è appimto il tempo che più si sviluppano le febbri, perchè allora que' vegetabili e quelli animali acqua- tici muojono e si decompongono. Per lo contrario nei nostri fontanili non può succedere lo stesso: primieramente perchè poche sono 1' erbe palustri che vi crescono, per esser l'acqua sempre viva fresca e corrente, se uno stretto canale basta per inaffiare una vasta risaja, nella quale pure l'acqua deve avere un lento movimento : lo stesso si dica degli esseri animali che vi si potessero trovare viventi, ma sempre in tanta poca quan- tità da neppur tenersene calcolo. Ora tino a tanto che quelle erbe vegetano nel loro elemento, certo che non imputridiscono e siccome mai o soltanto in poca parte per lo più que' fon- tanili si asciugano durante la calda stagione, cosi non potrebbe succedere la decomposizione di materie organiche , o almeno in ben piccola parte. Quando poi morirebbero spontaneamente que' vegetabili che sarebbe sul cominciar dell'inverno^ è quando le febbri causate dalla mal' aria cessano; ed è in quella stagione, o sul cominciar della primavera che si spurgano per lo piii i fontanili e si riparano da chi meglio sa approffittare del bene- ficio di quelle acque per la successiva irrigazione. In secondo luogo è da rimarcarsi, che neppur le acque di pioggia possono trasportare dentro le teste e le aste dei nostri fontanili altre sostanze organiche, trovandosi le sponde di quelle più alte ge- neralmente del suolo circostante in grazia della terra scavata che fu depositata ai lati. Poca sarebbe la quantità delle foglie degli alberi piantati lungo le dette sponde, che vi caderebbero sul finir dell' autuimo quando finisce il male ; ed anche que- ste verrebbero di mano in mano trasportate più lontano dalla corrente. In terzo luogo risulta dalle recenti sperienze di Morren che la sostanza organica di color verde sovvente contenuta nelle acque stagnanti non si produce che sotto V azione diretta defila luce solare, rendendo più abbondante quell'acqua di gas Di Angelo Bellani 8i osslgene che non lo sia l' acqua comune, e che si difonde nell' aria: che i pesci vi prosperano: e che le bestie bovine la be- vono a preferenza dell' altra. Finalmente, aggiunge il Sig. Pi'of. : Clie siccome le leggi favoriscono in generale le cause d' irrigazione, giacché fonte principale della riccìiezza della Lombardia, dovrebbe V argomento della salubrità dei fontanili e delle loro teste essere accurata- mente discusso, esaminando le cause die potrebbero indurre in errore in questo giudizio. Convengo pienamente col mio chiar. Collega che i fontanili possono essere una fonte principale della riccìiezza Lombarda^ ma al tempo stesso una fonte d'in- salubrità; né è mio scopo di bilanciare a quale delle due fonti dare ia preferenza, trovandosi nella stessa alternativa lo scavo di miniere, e 1' esercizio di alcuni mestieri. Che le leggi ab- biano in oi'igine favorita 1' irrigazione , consta dal fatto, ma questo non toglie che la troppa moltiplicazione non sia stata causa d'insalubrità, come abbiamo pur troppo sotto gli occhi una grande estensione di paese che prima era salubre come qualunque altro non irrigato. Quindi è che le stesse leggi in vista del danno recato dalle irrigazioni specialmente delle risa] e, come le più nocive, hanno prescritto di tenerle lontane dalla capitale cinque miglia. Perciò ammesso anche che i fontanili non fossero per se stessi nocivi alla salute, lo diverrebbero im- piegati nelle risaje. I Monaci di Chiaravalle poche miglia distante da Milano furono i primi a mettere a prati di marcita terreni paludosi ed incolti nel Secolo XII; (Antichità Longobardico-Milanesi T. IV, i7ga. Atti della Società patriotica di Milano T. II. ) ma non consta quando siasi inti-odotta in Lombardia la coltivazione del riso. Riconosciuto l' ottimo effetto dell' irrigazione si pensò di estrarre l'acqua dai fiumi col mezzo di canali per estenderne il beneficio ad altri ten-eni: ed in fine si scavarono i fontanili. Ecco, secondo me, perchè alcuni negano che l'irrigazione de' prati di marcita e delle risaje sia nocevole alla salute; come già l'Avvocato Berrà riguardo alle marcite del Milanese; Fin- Tomo XXIIL L Si Memohia sulla mal' arl\ ce. gont-ro Paolo Racfliclti jicr 1(» risaio del territoiio di Crema; ed il Prof. Biroli per ([nello del Novarese; forse perchè la mal' aria più o meno dijxMidi-ià dalia cpialità dell'acqua ado- perata. Io sono l^en lontana dall' anuncttcre che tutte le acque sorgenti da terra possan recare nocumento alla salute, cono- scendosi i benefìci efletti di molte sorgenti minerali, come già dissi; come neppure voglio sostenere che tutte le teste di fon- tanili ne' contorni di Milano siano nocive; ma intendo uni- camente di parlare di quelle circoscritte in quel determinato spazio di paese di cui tratto. Fu forse in vista di queste discrepanze che 1' I. R. Isti- titto di Milano nel i(').3o aveva proposto un premio di i5oo lire italiane alla migliore Memoria in risposta al quesito: Se /' irrigazione estesa delle rìsaje e dei prati marzajuoli ( di mar- cita ) nella bassa Lombardia sia pregiudizievole alla salute de- gli abitanti ec. (8). Qual clima dovrebbe essere più infesto alla salute di quello dell' Egitto dove da tempo immemorabile il Nilo tutti gli anni innonda un' immensa superficie, oltre alle irrigazioni artificiali specialmente pel riso; le di cui accpue limacciose vi stagnano sotto un ardente Sole a cielo sempre sereno che potentemente promove la fermentazione d' ogni sostanza vegetale ed animale, e dove costretti sono rpie' popoli ad usare di quelle stesse ac- <]ue per apprestarsi i cibi e le bevande ! Eppure non vi regnano quelle febbri come fra noi (q). Se in quelle regioni non esistes- sero (\\\g'' vegetabili stessi acquatici che infestano le nostre paludi, o risaje, si potrebbe supporre che a specie particolari (8) Anche ultimamente l'Accademia medico-chirurgica di Ferrara jiropose un premio di loo scudi a chi sappia pTccisamcnte determinare: La natura dc^ìi effluoj emananti da maremme e fondi paludosi: come conoscerne o argomentarne V esistenza prima che producano effetti morbosi alla vita ecc. (9) Sebbene relazioni di viaggiatori sieno in ciò concordi, ho voluto considtare il chi, ir. 3Ìg. Consigliere Cav- Acerbi, che. sogginrnu come Console Austriaco diversi anni in Egitto, ed il quale mi rispose che riguardava i]uel paese per uno de' più sani del inondo. Di Angelo Bellani 83 di quelle si dovesse 1' infezione dell' aria, come già li Signori Paolo Savi, e Ranieri Passerini opinarono per la Chara, ossia Putéra [Nuovo Giornale de' Letterati: Pisa i83i n. Sg ); e come io ho riportato in altro mio Opuscolo suU' aria cattiva inserito negli Annali universali di Agricoltura. Milano 1882, (io). I bifolchi ed i famigli che vivono e dormono di continuo nelle stalle esposti agli effluvj delle sostanze vegeto-animali in continua putrefazione : vicino a mucchi di letame ed a cloa- che, pur non vi contraggono la perniciosa ne' paesi non irrigati. II celebre Brocchi in quel suo Saggio di esperienze sulV aria cattiva de' contorni di Roma ( Bibl. Ital. T. XII, pag. 0,09) (io) Il sig. Prof. Paolo Savi ritornò su questo argomento in quelle sue conside- razioni sulV insalubrità dell' aria nelle Maremme sopra accennate. Egli distingue que' luoghi detti di cattiv' aria o mal' aria in terreni a secco, ed in altri paludosi; e di questi secondi fa un' altra distinzione, di alcuni malsani e di altri innocui. Finisce col farsi la domanda se il gas idrogeno solforato e carbonato possano direttamente o indirettamente rendere l'aria insalubre? e risponde: n Si è già da lungo tempo attribuita la causa dell' insalubrità dell' aria a que- sti gas: questa osservazione è stata combattuta relativamente all'idrogeno solforato da molti fisici, medici e naturalisti, osservandosi che le emanazioni delle solfatare e dei lagoni del Senese e del Volterrano, che contengono una proporzione assai notabile di questo gas, non determinano punto le malattie delle maremme fra coloro che re- spirano r aria di queste località. La medesima osservazione si applica all' aria delle lagune di Venezia. Questi fatti incontrastabili provano che l'idrogeno solforato non è sempre capace di produrre le febbri, n L'Autore non vuol per questo affermare che r insalubrità dipenda da una causa unica. Seguita a dire. « Neil' Opuscolo da me pubblicato nel i83a ed intitolato: Ricerche fisiche e chimiche sulla Chara 0 Putéra , cercai di dimostrare che le emanazioni di questa pianta , quando siano in quantità grande possono esser cagione di sconcerti, e forse di quelli che contribuiscono a pro- durre le malsane esalazioni de' paduli. Ma che la Chara sia 1' unica causa della cattiv' aria non può provarsi, e nemmeno è supponibile , se non fosse altro , perchè si trovano de' luoghi paludosi, infetti alla salute dell'uomo, ove la C/mrn non esiste, o vi è in piccola quantità; e perchè, viceversa, la Chara trovasi anche iti luoghi d' aria sanissima La Chara poi non produce malefiche influenze che allorquando essa rimane a secco, n D' altronde le cause supposte della mal'aria delle Maremme non potrebbero adattarsi alle nostre risaje e paludi, che poco o nulla contengono di que' sali necessari a sviluppare que' gas. ... 84 Memoria sulla mal'aria ec. laceva riflettere: « Né vuoisi trasandare quanto accade in Ve- nezia, ove parecchi di ([ue' canali rimangono giornalmente a secco nella bassa marea, e tramandano esalazioni che feriscono le narici con un grande odore di gas idrogeno solforato somi- gliante a quello che svolgesi dalle cloache; tuttavia né febbri intermittenti sono ivi endemiche o familiari, né si sa che d'al- tri malaiuii sieno cagione ({negli etlluvj.... Gas idrogeno carbu- rato non sempre infiammato si svolge dal suolo de' contorni di Sassuolo, di Pietra Mala, e Barigazzo.... « I lagoni bollenti della maremma Toscana sviluppano gas idrogeno solforato e gas acido carbonico unitamente a vapori ac- quei in tanta copia da oifuscare il Sole (li). Né si dovrà om- mettere di considerare che tutti i predetti gas nelle circostanze in cui riescono nocivi, lo sono né più, né meno cosi agli uomini come ai bruti, mentre il miasma delle febbri intermittenti at- taccasi soltanto ai primi , e ne vanno esenti gli armenti e le mandre che pascolano nella stagione piìi perigliosa in quegli stessi terreni La maremma Toscana è tanto pestilenziale quanto la Romana, né in quel gran tratto di paese si manife- sta alcun indizio vulcanico. » Con ciò vien comprovato uscire con maggiore o minor facilità secondo la natura dei terreni esalazioni di diversa na- tura che potranno produrre varie malattie; le quali esalazioni possono sviliqiparsi isolatamente, o combinate colle acque sot- terranee che incontrerebbero ; le quali acque fino a tanto che Muirono sotto terra a date profondità non potrebbero traman- dare neir atmosfera que' miasmi de' quali sarebbero impre- gnate ; nella guÌ5a che naturalmente, o artificialmente escono da terra acque dette minerali beneliche alla salute. Non sono (il) In altre analisi più accurate fatte dal Prof. Mattencci , oltre la quantità enorme di gas acido carbonico che accompagna il vapor d' acqua di que' soffioni alla temperatura di ioo° e pai, vi si trova dell'acido soU'orico e solforoso, dell' idro- geno solforato, dell' acido idro-clorico, del solfato d'ammoniaca ec. (Arch'wes de l'Elec- ;TÌcUé par 31. de la Riife nP 3, pag. SSg ). Di Angelo Bellani 85 molti anni che in un Villaggio della Lassa Lombardia detto Settala si scoprì una sorgente che aveva proprietà particolari. Ultimamente poi il sig. Guyon chirurgo in capo dell'armata d'Affrica ha indirizzato all'Accademia delle Scienze di Parigi una nota sul bottone dì Aleppo^ che è una specie di bubbone che attacca specialmente gli stranieri anche in soli due mesi di soggiorno; e si accorda assai generalmente nella Siria ed anche al di là ad attribuirne questa endemica malattia alla na- tura delle acque. ( Comptes rendus T. XIV, i84a. ). Alcune perniciose esalazioni le ha il sopralodato Brocchi esaminate fuori delle mura di Roma alla Basilica di S. Lorenzo, senza però che ne abbia potuto conoscere la natura. « Contigua alla Ba- silica, egli dice, ove eseguii le mie operazioni, sta una lunga valletta ingombrata in gran parte da un canneto, e fiancheg- giata da piccole alture, o da que' tumuli così frequenti nella campagna di Roma. Il solo aspetto del luogo prometteva che r aria dovesse essere abbastanza pestilenziale, e me ne faceva suo malgrado testimonianza un cherico che rimaneva alla cu- stodia della badia , il quale da più giorni covava una febbre terzana. I canonici avevano già sloggiato e si erano ritirati in Città nel convento di S. Pietro in Vincoli. I villani de' con- torni sogliono anch' essi in que' mesi lasciare alla notte le pro- prie case , e vanno suU' imbrunir della sera a ricoverarsi in Roma. Io passai colà quattro notti nel mese di settembre. Un giovine sano e robuto che condussi meco la prima volta pel trasporto de' necessarj utensili essendosi abbandonato al sonno per alcune ore, fu assalito all' indomani da una febbre inter- mittente che lo travagliò per più settimane. Io la scontai con una gagliarda effimera, che mi fé per la prima volta provare che cosa sia febbre. » Recentemente nel T. 88 del Giornale Arcadico, anno 1841 pag. 5i, il sig. Michele Santarelli %Vi\V Eziologìa dell' intermit- tente perniciosa endemica alla campagna romana^ vorrebbe de- durre dall' esperienza che dice d' aver fatta, che un termome- tro sì raffredda più presto in un' aria umida che in una secca 86 Memoria sulla mal'aria ec. ( esperienza che dalla sola esposizione non sembra rigorosa- mente fiitta) che anche il corpo umano esposto nelle campa- gne romane al freddo umido notturno , più si dovrebbe raf- freddare. Farmi anzi che 1' umidità dell' aria diminuendo la traspirazione cutanea diminuirebl)e il freddo d" evaporazione sul corpo umano; per cui si avrebbe piuttosto una soppres- sione di traspirazione eil'etto che si prova nella grande estate anciie in tanti altri luoghi , senza che dia origine a quelle febbri intermittenti , perniciose ec. La febbre gialla lungo alcuni littorali del mare, come il cretinismo in alcune valli situate anche a grande altezza sono malattie che non si potrebbero far derivare che dal suolo, o dalle acque; e se le cause immediate di queste malattie, come di tante altre contagiose o epidemiche, che di tempo in tempo si manifestano, rimasero finora sconosciute, anche quelle delle risaje e de' fontanili lo sarebbero egualmente ; per cui dopo tanti progressi fatti dalla chimica sul finire del passato secolo sino a nostri giorni si può ancoi'a in tutta la sua integrità ri- petere quanto già il celeberrimo Volta scriveva nel 1775 in una sua lettera da me per la prima volta pubblicata negli Annali universali di Agricoltura di Milano 1882, che giova qui rife- rire in piccola parte. « Gli odori, per esempio non rendono l'aria offensiva?.... Specifico gli odori, perchè il giudizio dei sensi , tuttoché da niun istromento misurabili, ce li discopre. Ora siccome se fos- simo privi dell' odorato, non avremmo mai sospettato che esi- stessero nuotanti nell'aria particole di tal natura; così quanti altri alteranti principi da noi neppur sospettati esisteranno, e annidarsi potranno nell' aria capaci di portare non ai sensi , ma air animale economia alterazione e guasto ? Giudichiamolo non coi sensi, ma colla ragione; e non ci affrettiamo di deci- dere che niun altro principio domina ed influisce oltre quelli che ci sembra aver raggiunti. Non diciamo dunque più : non vedo qual altro principio possa a^>er luogo: cerchiamo anzi di sempre raggiungerne de' nuovi per approssimarci di più, senza Di Angelo Bellani 87 però mai lusingarci di abbracciar la totalità. Cosa banno fatto quelli che si credettero di aver scoperto tutto nell'aria, quando ne compresero la gravità, elasticità, insomma le proprietà mec- caniche, se non togliere un gran vuoto alle ulteriori indagini?.... Guardiamoci dunque il ripeto dall'escludere altri principi dalle opere della natura sol per amore di generalizzare i nostri. Mas- sime poi quando 1' esperienza ci avverte dell' insufficienza de' principi che teniam già conosciuti, come addiviene nel caso nostro, che i principi misurabili coli' eudiometro non danno la ragione di tante malattie conosciute per prodotti dell'aria mor- bosa; molto meno di tante altre o contagiose o pestilenziali, per cui siam condotti ad ammettere miasmi morbosi di diffe- rente natura ecc. » SECONDA APPENDICE. L' egregio Sig. Dott. Bartolomeo Rosnati di Gallarate stato presente alla lettura che io feci, ed alle osservazioni che a voce vi aggiunse in quella circostanza il chiarissimo mio Col- lega Nobile Prof. Balsamo Crivelli, ebbe la compiacenza di parteciparmi un suo scritto sul medesimo argomento, estendendo quelle medesime sue riflessioni che già fece al congresso scien- tifico di Torino, come già dissi fino dal principio. Ora è mio dovere di farmi carico di queste sue riflessioni. i." Stimerebbe egli con altri che se le acque de' fontanili scorressero limpide e chiare ed anche fossero potabili, non po- trebbero cagionare dei morbosi effliwj da viziare V aria ; perchè sarebbe un fatto del tutto nuovo e contrario all' esperienza. » Che debban essere in origine limpide e chiare quelle acque , come qualunque altra d' ogni sorgente , che si depura sotto terra, il fatto e la ragione lo manifesta: che possan essere po- tabili, prese alla loro fonte prima che sieno da sostanze ve- geto-animali deturpate, lo saranno più o meno secondo i luoghi e le stagioni: che poi senza perdere della loro limpidezza pos- san contenere principi da cagionare moibosi effluvi iiell'aria. 88 Memoria sulla mal' aria ec. aJjbianio 1' esempio d' infinite sorgenti termali olia contengono tante altre sostanze senza punto perdere della loro limpidità; anzi abbiamo tutta V acqua del mare per prova. Non bisogna mai perdere di vista che possono esistere nell' acqua e nell' aria morbosi effluvj ridotti a tenuità tale che i nostri sensi ed i nostri mezzi chimici non valgono a scoprire ; come lo sono di tatto le cause tutte che generano malattie contagiose od epidemiche. Che il bevere di quelle acque sebben limpide pos- sa nuocere alla salute , lo potrà essere secondo la quantità e la durata di quelle bibite; ma non è una legittima conseguenza che miasmi sciolti nell'acqua debban produrre eguali effetti sul corpo umano, come quando sono disseminati nell' aria, per- chè altre l'unzioni esercitano gli organi del ventricolo, altre quelli della respirazione o della cute; come impunemente si può bevere il veleno della vipera, e si applicano rimedj esterni che sarebbero veleni internamente presi. Che poi sia un fatto del tutto nuovo questo supposto de' nostri fontanili, è ben quello che io affermo, e che ho cercato finora di pi'ovare. a." // non csporsì nelle ore dei crepuscoli mattutini e ves- pertini, e V andare mattina e sera al fuoco sarà benissimo un preservativo contro la febbre : non sono però le sole ore dei crepuscoli, ma durante tutta la notte, ossia durante tutto il tempo del freddo notturno, perchè allora, come già dissi altro- ve, diventa stagnante 1' aria e per conseguenza le esalazioni rimangono alla superfice del suolo e non si sollevano e non si disperdono nell'atmosfera, come di giorno succede per l'azione del Sole; o come tanto di giorno come di notte succederebbe col vento. Se questi miasmi attaccano la cute, il fuoco potrà contribuire ad espellerli. 3." Se V acqua de' fontanili è in generale troppo fredda e magra per le risaje, e se per renderla più temperata e meno cruda fa d' uopo di farla prima stagnare in un appropriata chiusa. Dunque alla sua testa, e lungo la sua asta si conserva pili fredda e magra, e perciò più limpida e pura in apparenza, che non dopo, resa artificialmente più tepida e quindi più Di Angelo Bellani 89 grassa per T aumento di temperatura che acquista esposta all' aria e al Sole, la quale tende a decomporre le sostanze vegeto-animali in quelle chiuse contenute. 4.'* Tali acque incanalate molto profondamente per gran tratto di strada, in realtà non erano tanto scorrenti come le aveva descritte il sig. Bellani forse suW esempio di qualclie par- ticolare fontanile da lui osservato; ma la maggior parte di detti canali dopo pochi tratti della loro origine si mostrano mai sempre ingombri di molte erbe acquatiche, che impediscono il libero corso, e che coprendo oninnamente la superficie delV acqua prendono V aspetto piuttosto di un vero pantano , che di un canale di acqua corrente sebbene chiara. Supposto che sulla superficie quadrata di 1000 piedi per ogni lato costituente una risaja od un prato a marcita, 1' acqua d' irrigazione pro- veniente da un fontanile, in un giorno d' estate perda un pol- lice d' altezza d' acqua per evaporazione, per assorbimento del terreno, per aumento della vegetazione ed il resto per cola- ture ( perchè tanto nelle risaje come ne' prati fa d' uopo che r acqua non stagni del tutto, ma abbia un lentissimo movi- mento ) ; ciò supposto , si avrebbe una perdita giornaliera di trentasei millioni di pollici quadrati d' acqua, che da una sola testa di fontanile dovrebbe passare per la sezione della sua asta. Dunque bisogna necessariamente supporre che continuamente una notabile quantità d'acqua scaturisca e scorra ne' fontanili. Non mi potrò mai persuadere che l'interesse de' nostri proprie- tarj o affitta] noli venga tanto trascurato da non curarsi di ren- der libero il corso di quelle acque, se da quelle procede tutto il guadagno che da una risaja o da un prato di marcita si può ricavare; e se tanto si paga per aver acqua viva o colatizia. Che queste erbe acquatiche possan cuoprire la superficie dell'acqua in modo da non vedersene il suo corso, questo non toglierebbe che per disotto non scorressero realmente in que' canali (la). (»a) (( Comunque l'idea di acqua corrente propria ai fontanili male si combini « con quella d' insalubrità, il fatto però prova pur troppo il danno, ch'essi produ- Tomo XXIII. M 90 Memoria sulla mal'arls ec. Aveva poco prima asserito il Sig. Dottore, che le acque de' fontanili non scorrono ciliare: ma ora concede che sebben alla superficie prendan V aspetto di un pantano^ Y acqua n'è chiara^ e che le erbe acquatiche non cominciano ad alignare in que' canali che pochi tratti dopo la loro origine ; abbiamo duncjue acque fredde, magre e ciliare lungo le aste, e spoglie di erljc acquatiche alle loro teste; per cui se in vicinanza a queste avvi infezione neir aria, non potrebbe derivare da ac- que corrotte e limacciose; perchè sarebbero queste come cantò per altra fonte il Petrarca Ciliare, fresclie e dolci acque. 5.° Alla moltiplicazione di queste accpie da me ritenute semi-stagnanti , vi aggiungeva quelV altra causa concomitante la produzione dei paludosi miasmi, la quantità di prati irri- gatori concessi ( nelle vicinanze di Milano, cioè dentro il rag- gio delle cinque miglia ). Ed oltre all' eccessiva umidità cagìo' nata dai prati, sembrami die a rendere insalubri que' luoghi vi concorressero anche le soverchie piantagioni di alberi troppo fitti, che senza dubbio impediscono ed una libera circolazione dell' atmosfera, ed il benefico influsso dei raggi solari. Impe- rocché è vero bensì che le piante servono ad emanare una van- taggiosa quantità di ossigene di giorno, ma di notte è altresì vero die tramandano invece il carbonio. Qui si tratta della pro- duzione immediata di questi miasmi in vicinanza dei fontanili, e non se 1' umidità cagionata dai prati, che vi possono essere, sia causa di un altra insalubrità. Lo stesso si dica degli alberi, che lungo que' canali per quanto sieno piantati fitti, occupano sempre un piccolo spazio in que' vasti campi; e la loro azione diurna e notturna si compensa in modo, che l'analisi più scru- polosa non ha mai trovato dal giorno alla notte diversità sen- sibili nei gas componenti l'atmosfera (i3); dovendosi notare che (( cenilo le febbri intermittenti, arrecano a chi vi abita vicino.» ( Capsoni: sul clima i della bassa Lombardia ). ' (i3) Sulla composizìune deli aria di Dumas. ( Compte rendu: 14 mars 1842 )• 1 DesCTizioìte di alcuni processi per V analisi dell' aria atmosferica del Prof. Brunner. \ Di Angelo Bellani 91 non sono le sole piante che fanno V ufficio di emettere ora eas ossigene, ed ora carbonico, ma qualunque vegetabile di cui è coperto tutto il suolo. 6.° /« sono pertanto d' accordo col Bellani che a Mazzo, Pantanedo, Cassina del Pero, Trenno, Garegnano ed altri paesi limitrofi , e specialmente in quelli situati entro il circuito pre- scritto per la distanza dei risi da Milano, dominano in autun- no le intermittenti al pari che nelle risaje, indipendentemente dalle medesime, e questo è un fatto che non si può assoluta- mente impugnare : ma parmi che non si possa tanto facilmente concepire, almeno da me, come i miasmi morbosi possano sca- turire insieme alle sorgenti di quelle acque paragonabili, anzi identiche a quelle dei pozzi stessi scavati in quelle vicinanze ; giacché tutti i miasmi soglionsi generare sopra la terra pel con- corso di varie circostanze favorevoli, e singolarmente per la de- composizione di alcune sostanze vegetabili, 0 vegeto-animali in putrefazione; ma non avvi esempio che sieno sortiti dalle viscere della terra, a meno che non si vogliano confondere i diversi gas coi detti miasmi. Ma se anche vi fosse la possibilità e V esempio della sortita di alcuni gas nocivi unitamente alle fonti, questi si possono facilmente determinare ed analizzare. Ma nei nostri fontanili al pari che nei pozzi non si scorge il minimo sviluppo di gas, né alcuna mefitica esalazione. Conve- niamo dunque nel fatto, che è il punto essenziale , dominare in alcuni luoghi le intermittenti al pari che nelle risaje , ed indipendentemente dalle medesime. Dunque un altra causa deve produrle d' egual' efficacia per lo meno ma diversa da quella delle risaje; se que' luoghi si trovano in circostanze diverse, ( Bibl. Univ. Sept. 1841, pag. i88 ). « Non sarebbe senza interesse di farne l'impiego K lui Lordi del mare, nelle paludi, ne' luoghi dove l'aria è carica di sostanze de- « leterie, di miasmi; come per esempio nelle maremme della Toscana. Io credo che « con questo mezzo si arriverebbe ad avere delle nozioni più precise sulle sostanze « invano ricercate finora, la di cui esistenza stessa è ammessa presentemente piut- « togto per indutione indiretta che dietro il risultato dell'esperienza.») qi Memoria sulla mal' aria ce. e se gli effetti devono essere proporzionali alle cause. Se le ao(iuc de' fontanili fossero identiche a quelle de' pozzi sca- vati in vicinanza, perchè non si potrebbero scavar fontanili da[)ertutto dove vi sono pozzi? Pochi sono i punti ne' quali per alcuni connotati si possa arguire esistervi queste sotterranee cor- renti: sono dunque indipendenti dalle acque de' pozzi. Non conoscendosi la natura di questi miasmi, come di moltissimi altri, nò cadendo sotto i nostri sensi, uè manifestandosi ai no- stri reattivi, come poter asserire cJie tutti ì miasini soglionsi generare sopra la terra; se abbiamo l'esempio non molto lon- tano del cholera, che chi lo attribuiva all' aria, chi all'acqua adducendo in prova la morte de' pesci, chi ad insetti di nuova specie (i4)-' e chi perfino alle esalazioni di una coda di cometa entrate nella nostra atmosfera. Il fatto si è che come mezzi salutari si prescrissero in quell'occasione rigorosamente li spur- ghi d' ogni ricettacolo d' acqua, compresi i nostri fontanili; ma non per questo furono in quelfanno meno frequenti (juelle febbri indigene nelle persone che non si curarono degli altri mezzi stati proposti per conservare la salute. Non trovo che si possa far distinzione fra gas e miasmi, quando la natura di questi rimane sconosciuta; ma certamente se questi miasmi si trovano permanenti nell'aria, è forza rico- noscerli della natura de' gas, o de' vapori, quando non siano animali viventi microscopici. Che poi possan sortire dalle yi- (i4) Alcuni credono che dalle acque palustri escano alcuni minutissimi, e nume- rosissimi insetti, 0 qualunque altra sia razza d' animaletti, i quali penetrando nel corpo umano possono, se non altro, cagionarvi disposizione a gravissime malattie. Il Lancisi era di questo parere. (Nuovo Giornale de' Letterati. T. 38. Pisa 1839). Chi mai avrebbe sospettato dell' esistenza infinita di tanti microscopici insetti che si rinven- nero per la prima volta nel tripoli ! Del Cholera e dell' aria cattiva: brevi considerazioni di Angelo Bellanì. ( Annali Universali di agricoltura. Milano i832). (( Di.ximus solere post magnos terrarum motus pestilentiam fieri. Nec id mirum « est: multa enim mortifera in alto latent. At aer ipse corruptus internorum ignium (( vitiu afFert nova genera morborum. « (Seneca: Natur. quaest. lib. VI, cap. 27). Di Angelo Bellani g3 scere della terra esalazioni nocive ne ho addotti già alcuni esempi, anche producenti le identiche febbri de' luoghi palu- dosi, come in cima alla arida montagna del Redicofani. Che poi escan quelle nocive esalazioni direttamente dalla terra, op- pur dalle acque sorgenti da terra, ciò non fu mai esaminato; e la malattia del eretismo che si manifesta anche in luoghi molto elevati si vorrebbe generalmente attribuire alle acque, senza però essersene mai detei'minati i principi nocivi. Fa d' uopo di novamente rammentare esser i miasmi di una te- nuità grandissima unita ad un' azione tanto potente sul nostro organismo; del che tutti ne convengono, per cui né si possono facilmente determinare ed analizzare , né scorgersi svilupparsi dall' acqua. Se l' istess' acqua attinta da' pozzi di Milano al primo aspetto é limipida, senza odore, o sapore ; ma dopo un giorno s' intorbida alquanto, e disgusta l'odorato ed il palato, è ben evidente che conteneva principi che non si erano resi sensibili. Per poco che 1' aria di una camera abitata rimanga chiusa, chi vi entra n' è tosto affetto nell'odorato, e nella respirazione; eppure l'analisi chimica, nulla vi sa trovare, ec- cetto pochissimo gas acido carbonico. (i5) Lo stesso Sig. Dott. Rosnati quante volte non avrà consigliato a suoi malati di cam- biar aria arguendone il beneficio dagli effetti, ed ignorandone la causa ? Se questi principi miasmatici non si sanno trovare nell' aria, perché pretenderemo di trovarli nell' acqua colle cogni- zioni attuali della scienza ? I cattivi eff'etti sulla salute che pro- movono i venti sciroccali al di là degli Appennini, non si fanno sentire in Lombardia: se ne fosse causa la sola umidità accom- (i5) Bousàingault lesse una Memoria alla R. Accademia di Parigi nella seduta del i6 Agosto 1841 contenente i risultati delle ricerche, ch'egli ha fatte sulla quan- tità d' acido carbonico contenuto nell' aria della Città di Parigi, tanto dagli animali come dai combustibili prodotto in 24 ore, che valuta a 2944^4' metri cubici. Le •perienze furono cominciate in Gennajo 1840 e continuate salva qualche interruzione fino al Luglio 1841, comprendendo 142 giorni. Eppure la quantità media trovata neir atmosfera risulta meno di 4 P^r loooo volumi d' aria. 94 Memoria sulla mal' aria ec. pagliata da calore che portano seco, questa umidità abbonda pur troppo fra noi nella calda stagione: che altro dunque di nocivo si saprebbe riscontrare in que' venti ? 7." Altronde se si volesse anche accordare che questi sup- posti mi astili fossero tanto sottili, imponderabili, impercettibili da non potere scorgere che i loro tristi effetti, perchè questi non si riscontrano in tutte le stagioni, ed in tutte le ore del gior- no, e non soltanto nelle autunnali, e tra un crepuscolo e l'al- tro, appunto come suole succedere ne' luoghi paludosi e nelle risaje? Ho già risposto che a preferenza si sviluppano que' miasmi in autunno, perchè è quella stagione nella ([naie il ca- lore solare ha potuto penetrare più profondamente nella terra, siccome fu dimostrato, che a maggiori profondità il massimo di temperatura è quando si trova al minimo sulla svqierficie terrestre. Inoltre ho ftitto già osservare che 1' organismo ani- male può bensì resistere fino ad un certo punto alle cause de- leterie, ma continuando queste, lo abbattono, secoTido le pre- disposizioni dell'individuo: notandosi eziandio che affetta uni- camente r uomo, e non gli altri animali: che ([ualunque esa- lazione prende maggior vigore dalla temperatura , e che col freddo notturno che sopraviene ristagna in c[aeIlo strato d'aria più pi'ossimo al suolo, e in cui si trova il cor[)o umano in- volto: che nelle risaje avvi un motivo particolare di svilup- parsi que' miasmi in autunno com' è ben noto; lo che non si dovrebbe osservare ne' luoghi paludosi pei-manenti. (16) L' idrogeno solforato e l'idro-solforo d'ammoniaca fu da Chaus- sier sperimentato atto anche nel solo assorbimento della pelle a produrre fatalmente la morte. Neil' associazione Britannica per r avvanzamento delle scienze tenutasi nel 1841, s' indagò la causa della produzione dell' idrogeno solforato tanto in un lago quanto in alcune sorgenti oltre alle acque del mare. Le (16) È afforismo d'Ippucrate: Per autumnum morbi acutissimi et exitiosissimi omnino: e lo conferiiia Cfiio. Di Angelo Bellani 95 acque correnti abbandonano prontamente il loro idrogeno sol- forato, che in quantità considerevole si trova nelle acque che filtrano attraverso gli schisti argillosi. L' Instìtut. n. 42.5. 17. Febbrajo 1842,. 8.° Compendio altre obbiezioni : Egli vide trascurati ed insufficienti gli spurghi, e dice eseguiti troppo di rado, sebbene fatti tre 0 quattro volte all'anno. Altronde quelle erbe palustri si riproducono in poco tempo non tanto alle teste quanto lungo le loro aste: ma fino a tanto che si riproducono è indizio di prospera vegetazione; e fino a tanto che vegetano non impu- tridiscono e perciò non guastano 1' aria, sebben posson ritar- dare il corso dell'acqua. (17) Conviene meco il Sig. Rosnati che in que' luoghi dove esistono fontanili sebben distanti dalle risaje, vige la persuasione bastar quelli a render l'aria malsana, di modo che adduce anch'egli l'esempio che io già feci notare, che la testa del fontanile a Mazzino si pensa attualmente a traslocarla alquanto lontana per migliorarne 1' aria. Ciò die rende mal sano que' luoghi sono le decomposizioni delle sostanze vegeto-animali favorite dall' acqua residua dell' irrigazione, e da quella che rimane stagnante non tanto nella testa e nelle aste dei fontanili, ma sibbene nei canali da esse derivanti. Questo sarebbe il caso delle risaje, del che tutti con- vengono ; ma io parlo unicamente de' luoghi prossimi alla testa ed alle aste de' fontanili, che il Sig. Dottore esclude dal recar egual danno per decomposizioni di sostanze vegeto-animali; (17) Ricerche sulV influenza eh' esercitano la luce e la sostanza organica del co- lor verde soventi contenuta nelV acqua stagnante, sulla qualità dei gas che questa può contenere: di Morren. ( Bibl. Univ. Oct. 1841: Annal. de Chim. Avril 1841 )• « Risulta che piuttosto è più abbondante quell' acqua di gas ossigena, che non « la comune: che 1' ossigeno assorbito dall' acqua non è punto impiegato a formar (I dell' acido carbonico combinandosi colle materie organiche che può contenere, ma « che è continuamente sollevato nell' atmosfera. Questa sorgente di ossigene derivante « dalla materia verde di conferve è molto considerevole, ecc. )) q6 Memoria sulla malaria ec. attribuendone egli stesso il danno forse a qualche altra causa tuttora ignota^ e perfino sospettando di una decomposizione forse dell' acqua sola stessa in un modo ignoto e particolare! Questa causa ignota è quella appunto della quale ho io finora trattato. 97 MEMORIA SOPRA UNA COLORAZIONE PARTICOLARE CHE MANIFESTANO I CORPI RISPETTO ALLE RADIAZIONI CHIMICHE SULLE ATTENENZE DI QUESTA NUOTA COLOItAZIONE COLLA TER.Ì10CR0SI E COLLA COLORAZIONE PROPRIAMENTE DETTA ; SULL'UNITÀ DEL PRINCIPIO D'ONDE DERIVANO QUESTE TRE PROPRIETÀ DELLA MATERIA PONDERABILE; E SULL'EGUAGLIANZA DI COSTITUZIONE DEI RAGGI DI QUALUNQUE UANIERA, VIBRATI DAL SOLE, E DALLE SORGENTI LUMINOSE, O CALORIFICHE. D I MACEDONIO MELLONI. Ricevuta adì 9. Aprile 1842. PREAMBOLO. JUa radiazione del Sole, sorgente inesausta di tanto bene sulla terra, eccitò dovunqvie lo spirito indagatore dell'uomo, destando sempre nell'animo suo vivi sentimenti di gratitudine, e di affet- tuosa riverenza verso l'Ente Supremo. Adorata dai popoli rozzi come una emanazione immediata della Divinità, essa diede campo, presso le nazioni incivilite, alle più alte ed ardite spe- colazioni della filosofia. Gli antichi la consideravano qual germe e principio animatore, d' onde muovono tutti i fenomeni della vita, e dello sviluppo organico : i loro dogmi religiosi e filoso- fici sono pieni di miti, di allegorie, e di sentenze, relativi a questa grandiosa ipotesi, la quale venne poscia rigorosamente dimostrata dalle sperienze della chimica odierna (i). Nei siste- (i) Senza la presenza della radiazione solare, diretta o diffusa, le piante non potrebbero decomporre l' acido carbonico sparso nell' atmosfera , ed impossessarsi del carbonio che forma la base fondamentale del loro accrescimento progressi%o ; per modo che estinto il raggio del sole, quand' anche la temperatura propria del suolo e dell' atmoàfera non soffrisse nessuna alterazione, i vegetabili sparirebbero presto dalla superficie terrestre, e con essi, l'uomo, e qualunque sorta di animali. Tomo XXHI. N 98 Sopra una colorazione ec. mi delle antiche scuole si rinvengono ancora quasi tutte le opinioni emesse successivamente dai fisici intorno alla natura del sole e delle sue radiazioni. Ma la vera scienza analitica delle proprietà luminose calorifiche e chimiche, che posseggono i raggi solari, è indubitatamente di origine moderna. Capitolo L Prime nozioni sulV analisi della radiazione solare.) e più specialmente della eterogeneità dei raggi chimici. Tutti sanno che Newton analizzò, primo, la luce mediante il prisma, ed ottenne, per la varia rifrazione de' raggi elemen- tari, uno spettro in cui si distinguono sette colori principali , vivaci, purissimi, e dolcemente sfumati, l'uno nell'altro, se- condo l'ordine seguente: violaceo, indaco, turchino, verde, giallo, aranciato e rosso, ove i colori superiori, il violaceo, l'in- daco ed il turchino, formano le zone della luce più rifratta , e il giallo, r aranciato e il rosso, sitviati nella parte inferiore (i), costituiscono in vece le tinte dotate di minore rifrangibilità. Herschel mostrò in seguito che la temperatura de' colori, de- bolissima nei raggi più rifrangibili , s' aumenta passando suc- cessivamente nello spazio inferiore , sino ad una certa zona oscura situata oltre il rosso, d'onde il calore scema poscia per gradi, e diventa di nuovo insensiijile. Dalle ricerche di Wol- laston sappiamo infine che le radiazioni inferiori, ove domina (2) Queste denominazioni, inferiore e supcriore, potrebbero per avventura essere riamente intendersene 1' uso da uni fatto nella Proposta di una nuova nomenclatura intorno alla scienza delle radiazioni calorifudie. Ad ogni modo, rileniamo, che se i raggi elementari dello spettro sembrano di\ isi in tre classi, per le loro proprietà lu- minose chimiche e calorifiche, tutti si trasmettono però e si riii-angono, piii o meno, entro certi dati mezzi, tutti vengono assorbiti e diff'usi , in proporzioni diverse , alla superficie di certe date sostanze: laonde, la trasmissione , la rifrazione, la diffusione, e V assorbimento, formano altrettanti caratteri dif- FEREyziALi applicabili ixuisriyTAMEyTE a qnalunipie elemento, oscuro o luminoso, contenuto nella serie delle onde /)risr7iatiche. Di Macedonio Melloni i i i L' azion chimica , la luce ed il calore sparsi nelle varie zone dello spettro solare, non sono uniformi in tutta l'estensione de' rispettivi loro periodi, ma cominciano fievoli, s'aumentano per gradi sino ad un certo limite, e scemano del pari grada- tamente prima di estinguersi. Questa variazione di energia venne sinora attribuita al diverso vigore delle radiazioni elementari: osserviamo però, che ogni misura fornita dagli strumenti ado- perati in questa sorta di ricerche, non rappresenta la forza di un raggio solo, ma sì bene la somma delle azioni appartenenti a più raggi vicini. Ciò posto, ognuno intenderà di leggieri, che tutti gli elementi potrebbero essere uguali, e le differenze di energia derivare dalla diversa densità della radiazione, vale a dire, dalla quantità piii o men grande dei raggi accumulati in uno spazio determinato. Le zone prismatiche ove le tre azioni giungono al massi- mo lor vigore, non si riscontrano insieme. Si è già veduto in- fatti, che il più gran calore sta sotto l'estremità inferiore dello spettro , e 1' azion chimica più viva , verso 1' estremità supe- riore; e tutti sanno che la luce più intensa brilla nei colori intermedi . Passando poi ad esaminare la situazione di ognuno dei tre massimi^ relativamente ai limiti delle rispettive azioni, sog- giungeremo che dalle misure fotometriche del Frauhenhoffer risulta, la massima energia luminosa non essere già ad egual distanza dai due limiti visibiU dello spettro, ma tra il rancio e il giallo, e quindi più vicina , di molto , all' estremità infe- riore. Dalle sperienze sinora eseguite , pare che la medesima disuguaglianza tra le distanze del massimo alle due estremità si verifichi anche per la radiazione chimica. Il tatto è poi certissimo relativamente allo spettro (7) ca- lorifico normale, ove le misure delle quantità di calore, indi- pendenti dalla qualità di ogni raggio elementare , mostrano (7) Anclie qui per maggior chiarezza, si applica al calore, come si farà più ci tre per 1' aziun chimica, una denominazione tratta dalle ottiche apparenze. Ila Sopra una coloeazione ec. che la temperatura piìi elevata sta realmente nelle radiazioni oscure che precedono il limite rosso inferiore. Ora le ripetute analisi del calur solare ci provarono, che in circostanze simili quanto alla serenità dell'atmosfera, lo spazio occupato da queste radiazioni calorifiche oscure non è costante, ma più o meno ampio, secondo la giornata iu cui si decompone il raggio so- lare col prisma (8). Con tali variazioni, le quali dipendono da certe modificazioni atmosferiche poco note ancora, camhia pure la posizione del massimo di calore, che s' avvicina alFesti-emità rossa, o se ne allontana, secondo i movimenti analoghi del raggio estremo. Tuttavolta 1' estensione totale delle radiazioni di calor oscuro non oltrepassa mai, nei casi più favorevoli, la metà dello spettro lucido: d'altra parte il limite del calor su- periore si estende almeno sino all' estremità violacea. Queste osservazioni provano dunque, ad evidenza, la verità della pro- [losizione enunciata, cioè, che la zona di massima azione nello spettro calorifico non si trova ad egual distanza, dalle due estre- iiiità„ ma più vicina assai al limite inferiore. Questa mancanza di siuimetria nella posizione del massi- mo per rispetto ai due limiti dell'azione, o iu altri termini, la di'^tribuzione ineguale della temperatura della luce e dell' azlon chimica sulle due metà di ogui spettro^ deriva forse, co- nit- lo facevaui dianzi osservare, da una variazione di densità nei raggi elementari, e non già da uua diversa energia pro- jiiia ad ognuuo di (piesti raggi; opiiùone resa assai ])iù pro- hal)ile„ a parer nostro, dopo le scoperte del FrauheidioH'er sulle ^nliizioiii (li f'outinnità, o liuee trasversali oscure e splendide, irregolaiinente diffuse nello spettro lucido. Potrebbe anche suc- cedere che le due cagioni intervenissero insieme, nel ([ual caso, le variazioni donde pr(j\'eugono successivamente i tre massimi (8) Vedi, Relazione intorno al Dagherrotipo di 31. Melloni: Memorie della R. Accademia delle Scienze di Napoli, Tomo VI, oppure la traduzione francese Rapport sur le Daguerréotype latta dal D. Donne. Paris chez M. le Nurmant lib. Rue de S.-,ne n.^ 3. Di Macedonio Melloni i i 3 dello spettro newtoniano dovrebbero attribuirsi ad una inegual' distribuzione degli elementi sulle zone dello spettro, ed ai di- versi loro gradi di energia. Notiamo però che queste supposizioni divengono neces- sarie nel solo caso ove gli effetti prodotti in ogni zona pris- matica siano in ragione dell' energia della causa operante : e noi vedremo, tra poco , che cosi succede , per 1' appunto, ri- spetto al calore valutato dalle indicazioni di una sostanza ter- moscopica perfettamente annerita; mentre gli effetti chimici e luminosi, quantunque prodotti dalla medesima azione che svi- luppa gli effetti calorifici, non sono però proporzionali al vi- gore dei raggi incidenti. Capitolo IV. Analogia perfetta tra gli elementi contenuti nel raggio solare, e gli elementi delle radiazioni vibrate dalle sorgenti terrestri. Le radiazioni di queste sorgenti sono del tutto analoghe alla radiazione solare, o, per parlare con maggior precisione, ogni radiazione lucida, o calorifica, di origine terrestre, è com- posta di elementi più o men copiosi e variati, di una costitu- zione perfettamente simile ai raggi diversi contenuti nella luce del sole. Le sorgenti di calore e di luce sviluppate sul nostro glo- bo, forniscono pertanto delle onde eteree di varie ampiezze, che possono separarsi tra di loro in virtù della rifrazione, come le onde elementari contenute nel raggio solare: le onde di qua- lunque periodo non si trovano però tutte riunite nella mede- sima radiazione. Le molecole dei corpi debolmente riscaldati vibrano più lentamente, ed eccitano nell' etere delle onde ca- lorifiche di un' ampiezza superiore alle onde meno rifrangibili dello spettro, e per ciò mancanti nella luce del sole, che ar- riva sulla superficie terrestre: crescendo la temperatura, le Tomo XXIIL P Ii4 Sopra una colorazione ec. vibrazioni s' accelerano, sorgono nuove onde più brevi, una por- zion delle quali uguaglia le dimensioni delle onde oscure con- tenute nel raggio solare: colla prima incandescenza appariscono gli elementi calorifici, ad un tempo, e luminosi: la combustione somministra infine, col suo vivo sviluppo di luce, gli elementi dotati dell' azion chimica ; ma ciò non toglie, che le radiazioni delle fiamme e dei corpi luminosi non contengano pure una gran quantità di onde calorifiche oscure, di diverse ampiezze. La luce procedente dalle legne e dai carboni accesi, in vece di concentrare il proprio calore mediante una lente di vetro, lo perde quasi tutto; per cui il punto focale è molto più Ireddo degli spazii che ricevono il lume diretto. Questo tatto, notato per la prima volta da Schede, credevasi costituire una difi'erenza essenziale tra la luce calorifica delle sorgenti terrestri, e quella del sole. Ulteriori sperienze bau dimostrato, clie r efl'etto deriva appunto dalla gran quantità di specie ca- lorifiche oscin^e esistenti nelle radiazioni dei corpi incande- scenti, ed incapaci di trasmettersi immediatamente a travei^so il vetro: alcune onde oscure di minore ampiezza, e tutte le specie visibili passano bensì, e si riuniscono, per rifrazione, nel fuoco della lente; tuttavia la loro quantità, essendo infe- riore d' assai a quella delle radiazioni oscure che rimangono assorbite, la perdita prodotta dalla interposizione del vetro, è molto maggioi'e del guadagno dovuto alla concentrazione della lente, e però il punto focale riesce freddo, o piuttosto, im- mensamente men caldo dei punti esposti alla radiazione diretta. Si allegava pure, come carattere distintivo della luce ter- restre, la sua inattitudine a produrre le reazioni chimiche dei corpi: ed anche da questo lato si distrusse l'opinione ricevuta mediante 1' invenzione l'ecentissima di nuove sostanze fotoge- niche, che svelarono l'esistenza dell'azione chimica nella vi- vida luce di alcune fiamme. È vero che tale azione vi sta ira- mensamente più rimessa che nella luce del sole; ma ciò de- riva solamente dalla picciolissima quantità delle onde chimiche eccitate nell' etere dalle nostre sorgenti, rispetto alla gran copia Di Macedonio Melloni i i 5 di tali onde trasmesse dal raggio solare alla superficie terre- stre. E siccome 1' azion chimica manca nelle radiazioni dei corpi caldi e roventi , comincia a mostrarsi nelle radiazioni delle fianune, e diventa tanto più vigorosa, quant' è più alta la loro temperatura, pare se ne debba arguire che il calor proprio del sole, o del suo primo involucro, sia enorme. Dal complesso delle cose sin qui esaminate risulta , che r indole generale delle radiazioni è una sola, ma che le lun- ghezze e le proporzioni delle onde elementari contenute nell' efllusso raggiante variano immensamente colla temperatura della sorgente. Capitolo V. Delle tre bianchezze, o colorazioni dei corpi. Le onde eteree possono riflettersi specolarmente sulla su- perficie delle sostanze ponderabili, o tramutarvisi in radiazione diffusa, essere trasmesse immediatamente, ed istantaneamente, dall'una all'altra estremità del corpo, o venir assorbite dalle mo- lecole superficiali, e convertite in calor ordinario, il quale si pro- paga da strato a strato, e con una certa lentezza, in tutte le parti della massa. La seconda e la terza modificazione costitui- scono i fenomeni di colorazione., che formano 1' oggetto delle nostre indagini ; esaminiamole dunque successivamente, comin- ciando dalla diffusione. Tutti i corpi non diffondono colla medesima forza le di- verse onde eteree, ma ora più, ora meno, ora ugualmente, secondo la natura della superficie, e la qualità della radiazione incidente. Bianche diconsi le sostanze che diffondono, o riverberano in qualunque direzione, vigorosamente ed equabilmente, tutti gU elementi delle radiazioni lucide incidenti ; colorato è in vece quel corpo che diffonde soltanto una o più specie di tali elementi, e che assorbisce gli altri. — Le combinazioni dei raggi diffusi, ed assorbiti, si fanno in mille diverse proporzioni. ii6 Sopra una colorazione ec. poiché trovansi dei corpi di qualunque colore; per cui ven- gono assorbite, ora le tinte superiori dello spettro, ora le in- feriori, ora le intermedie, ora certi dati gruppi delle une e delle altre. — Ma egli è manifesto , che queste diverse diffu- sioni, e questi diversi assorbimenti, non succedono in virtù del principio della visibilità. — D' altra parte le sperienze d' Herschel e Malaguti provano, che i raggi chimici vengono essi pure e diffusi, ed assorbiti; e le nostre ricerche sul ca- lore , ci sembrano aver posto in chiara luce 1' esistenza e le variazioni delle medesime proprietà di dittusione e d' assorbi- mento nei raggi calorifici. — Ognuno intende pertanto la pos- sibilità, che tutte le onde comprese tra il violaceo ed il rosso si diffondano ugualmente per l' azione di una data superfìcie, e che le onde chimiche oscure vi rimangano, piìi o meno, di- strutte per assorbimento. S" intende pure facilmente che le on- de luminose siano tutte ugualmente diffuse , mentre le onde calorifiche oscure vengano più o meno assorbite. Nel primo caso avremo un corpo, bianco per la luce, e colorato per le radiazioni chimiche : nel secondo caso il corpo sarà, bianco per la luce, e colorato pel calore. Egli è poi evidente che, tanto l' una, quanto V altra co- lorazione non può, né deve manifestarsi alla nostra vìsta^ in- sensibile allatto alle onde più lunghe delle rosse e più brevi delle violacee : per cui 1' occhio non s' accorge altrimenti se tali onde vengono rimandate, od assorbite, dalle superficie dei corpi. Ma qualunque sieno le modificazioni introdotte dalla ri- verberazione nelle proporzioni di sifflitte onde oscure, il corpo bianco dovrà necessariamente conservare la sua candidezza , perchè tutte le onde elementari della luce si diffondono alla superficie e mantengono costantemente nell'eflusso riverberato quelle medesime proporzioni, che trovansi nell'efflusso incidente. Per recarne un esenqno tratto dalle nostre ultime spe- rienze sulle radiazioni calorifiche, diremo che un disco metal- lico inargentato per modo, che rimanga estinta ogni menoma traccia di lucentezza, ed un secondo disco dipinto colla creta. Di Macedonio Melloni 117 colla cerussa, od altre sostanze che imitino 1' albor naturale e r appannamento della superficie inargentata, essendo ambedue esposti alla radiazione di una fiamma, ripercuotono, per diffu- sione, quantità prossimamente uguali di calore : e tutti possono chiarirsene misurando le riverberazioni di questi due dischi mediante il termo-moltiplicatore. Ma rimosso il corpo candente, e surrogatovi una sorgente di calor oscuro, la riverberazione calorifica diffusa, sempre vigorosa sul disco metallico, perchè tale sostanza essendo leucotermica { bianca per rispetto al ca- lore ) opera equabilmente su qualunque sorta di radiazioni , diventa debolissima sul disco dipinto in bianco, che assorbisce per ciò quasi tutto il calor incidente: ora, dianzi, questo me- desimo disco diffondeva una gran quantità della radiazione ca- lorifica vibrata dalla fiamma. Ma, né la diffusione, né l'assor- bimento di siffatta porzione variabile di calore si appalesano immediatamente agli occhi nostri , perché , ripetiamolo , essi vengono esercitati su gruppi d' onde , le cui lunghezze supe- rano quella, che possiede 1' onda lucida più ampia. Tuttavia , la superficie della creta o della cerussa riverbera sempre equa- bilmente, come corpo bianco, le varie onde luminose, e con- serva pertanto, sotto le due sorgenti, 1' apparenza del proprio candore. Così si spiegano felicemente i fenomeni della termocrosi ( colorazione calorifica ) presentati dalla carta, dalla neve , ed altre sostanze candide: e colla medesima facilità s' intendono i fenomeni, totalmente analoghi, della colorazione chimica dei diversi reagenti bianchi adoperati nelle sperienze d' Herschel e Malaguti. Secondo il principio della identità dei tre agenti, non può succeder mai, che una sostanza dotata della colorazione pro- priamente detta sia bianca, rigorosamente parlando, per ris- petto al calore, o alle radiazioni chimiche. Si rifletta però, che pochissima è 1' azion chimica delle onde lucide situate verso 1' estremità rossa, pochissima l' azione calorifica di quelle che son vicine al limite violaceo: quindi, se mancano le sole specie ii8 Sopra una colorazione ec. rosse, rancie, o gialle in una data riverberazione, vi sarà sca- pito notabile nella bianchezza della luce incidente; ma tutte le specie cliiniiche, visibili o invisibili, dotate di una gran po- tenza, conservando le medesime relazioni di energia nella ra- diazione riverberata o diil'nsa, il corpo che riverbera o diffon- de, quantun([ue colorato, sendjrerà bianco per rispetto ai rag- gi chimici. Se la radiazione di riverbero manca in vece delle sole onde violacee, indache, o turchine, il corpo, malgrado la sua colorazione, avrà tutta 1' apparenza di una sostanza bianca pel calore: la differenza di composizione tra una radiazione di calor diretto, e la sua riverberazione diffusa , sarà poi affatto insensibile, anche per le onde lucide più attive, quando trat- tasi delle sorgenti terrestri, ove le specie luminose sono fie- volissime rispetto alla somma delle radiazioni calorifiche oscure concomitanti; per cui una sostanza potrà parer bianca^ per riguardo al calor terrestre, qualunque siasi la propria sua co- lorazione; da ciò deriva, secondo ogni probabilità, l'apparente leucoterinia [bianchezza calorifica) dell'ora appannato, di quell'oro cioè, che l'arte odierna dell'indoratore è pervenuta a spogliare interamente del suo lucido naturale. Alcuni corpi potrebbero diffondere nel medesimo tempo, non solo la serie d' onde compresa tra il rosso e il violaceo, ma anche tutte le onde più brevi delle violacee, ed assorbire le onde più lunghe delle rosse; ed allora questi corpi sareb- bero bianchi e per la luce e per le radiazioni chimiche, e co- lorati pel calore, o tennocroici. Altri potrebbero rinìandare per diffusione, e le onde lucide, e quelle che stanno oltre il ros- so, distruggendo solamente per assorbimento le onde più brevi delle violacee; ed allora si avrebbero sostanze bianche per la luce e pel calorico, e colorate per le radiazioni chimiche. Ognuno intende poi che queste bianchezze relative alla sola luce , al solo calore , alla sola azion chimica , o alle loro combinazioni binarie, si riducono, in ultima analisi, a vere co- lorazioni^ perchè una superfici(? che non ripercote e diffonde, indistintamente ed C({nabilmeiite, tutte le specie di radiazioni, Di Macedonio Melloni 119 è colorata nel senso più esteso di questo vocabolo, colorata cioè, rispetto alla serie intera delle onde eteree, visibili, o in- visibili, clic costituiscono gli efflussi raggianti del sole e delle sorgenti terrestri. Capitolo VI. Indole della diffusione considerata nel colori dei corpi, nelle sostanze fotogeniche, e iteli' organo della vista. Calore ac- quistato dalla materia ponderabile per virtù delle radiazioni. Ragione della divergenza nelle posizioìii dei massimi di luce, di calore, e d" azion chimica manifestati dallo spettro solare. Quanto alla causa che induce il corpo a rimandar soltanto certi elementi della radiazione, è sommamente probabile, eh' essa consista nella diversa suscettibilità delle particelle ponde- rabili, ad assumere , sotto lo scuotimento delle onde eteree , tale o tal altra specie di vibrazione: per il che la diffusione, 0 riverberazione equabile in ogni verso devesi distinguere es- senzialmente dalla riflessione specolare , o ripercussione in una sola direzione come si distingue, nell'Acustica, la risonanza dall' eco ; giacché quella nasce da un suono proprio de' corpi vi- branti per impulso delle onde aeree; e questo, da una pura riflessione de' suoni esterni. E siccome si veggono le membrane tese e coperte d'arena lòrmare in virtù della risonanza, delle linee nodali che si van moltiplicando, a mano, a mano, che il suono diventa più acu- to, d' onde s' arguisce, ad evidenza, la spontanea divisione della membrana in parti vibranti, tanto più numerose, quant'è più breve 1' onda incidente; cosi ogni gruppo molecolare del corpo che vibra per 1' azione dell' etere, si suddividerà tanto più mi- nutamente, quanto minori saranno le lunghezze delle onde ete- ree che verranno a percuoterlo. Da tale suddivisione , spinta per avventura sino alle distanze atomistiche, e dalla immensa velocità delle vibrazioni communicate alla materia ponderabile lao Sopra una colorazione ec. dalle onde eteree più minute, risultano probabilmente, nei detti gruppi molecolari, delle rapidissime e violenti oscillazio- ni, che si compiono simultaneamente in opposte direzioni , e disgiungono, colla veemenza delle loro trazioni, le molecole sem- plici, o composte, che stanno congiunte tra di loro in l'orza dell' affinità, producendo cosi quegli effetti di decomposizione manife- stati dalle sostanze fotogeniche, sotto l'azione dei raggi chimici. Una immagine di sitfatta azione delle onde eteree ci vien ollerta da quella curiosa sperienza, ove un vaso di vetro si spezza in virtù di una voce umana sufficientemente gagliarda, ed unisona col suono proprio del vaso. L' unica differenza tra i due fenomeni, consiste nella qualità della suddivisione mec- canica del corpo vibrante: la voce facendo oscillare oltre i limiti della elasticità ordinaria, le parti aliquote della massa sonora; e la radiazion chimica spingendo oltre i limiti della elasticità ìnolecolare^ gli atomi del reagente. I raggi chimici producono, non solo, certe decomposizio- ni, ma eccitano anche, talora, le combinazioni dei corpi, co- me succede, per 1' appunto, nel caso della miscela di cloro ed idrogeno, esposta al sole. Questo doppio effetto di composizio- ne e di decomposizione, comune anche all'azion chimica del ca- lore e della elettricità, non ha nulla di contrario col principio meccanico ora accennato; poiché, se un moto violento delle mo- lecole composte vale a staccarle tra di loro , una oscillazione analoga negli atomi semplici può costringerli ad entrare nelle rispettive loro sfere di attività; o porli nelle circostanze ne- cessarie allo sviluppo di quelle misteriose forze di affinità, d' onde derivano le combinazioni dei corpi. Anzi, giova osser- vare, che quest' ultima considerazione si applica, eziandio, agli effetti di decomposizione, i quali in vece di essere prodotti direttamente dall' eccesso di vibrazione delle molecole ponde- rabili, o potrebbero risultare da una elettricità molecolare, od altra forza capace di separare gli elementi dei corpi, eccitata dal movimento rapidissimo che assumono le loro particelle sotto l'azione delle onde eteree; in guisa che, le vibrazioni atomistiche Di Macedonio Melloni lai sarebbero allora la cagione prima , ma non immediata , della decomposizione. Nei casi ordinari, tanto le onde più minute che produ- cono gli effetti chimici su certi reagenti, quanto le onde do- tate di un' ampiezza superiore, sviluppano il fenomeno, dianzi descritto, della diffusione, che consiste propriamente in un sin- cronismo di vibrazioni fra gli atomi dell etere, ed i gruppi mo~ lecolari dei corpi percossi dalla radiazione. Rimosso il raggio incidente , queste vibrazioni sincrone cessano incontanente. Alcune volte, però, succede che, tolto il raggio incidente, il corpo mantiene tuttavia per qualche tempo il sincronismo delle vibrazioni, con tutte, o parte, delle onde elementari contenute nella radiazione diretta: tutti sanno in fatti, che il diamante esposto per alcuni istanti al sole, e guardato poscia al buio, si vede risplendere più o meno lun- gamente, con luce rossigna (9). (9) Preghiamo il lettore di notare le seguenti contraddizioni ed oscurità ove cadono 1 seguaci del sistema della emanazione nello spiegare i fatti descritti in questo breve periodo. Quando un raggio di luce rischiara l' interno di una stanza, gli oggetti in essa contenuti si rendono visibili perchè rimandano in qualunque direzione le molecole luminose ; spento il raggio lucido , tutto rientra nella oscurità perchè le molecole lucide sono assorbite , immediatamente e compiutamente , da quegli stessi oggetti, che dianzi le respingevano. Il diamante risplende al buio, in virtù della luce, prima assorbita, e poscia emessa. Ora per mezzo della eguaglianza di rifrazione nei due casi, i fisici han di- mostrato che la velocità di queste molecole lucide emesse dal diamante , è precisa- mente uguale alla velocità della luce diretta : per cui, nel sistema della emanazione, è d' uopo supporre che la sostanza quieta e fredda del diamante , dopo di aver assorbite e ritenute le molecole lucide, le cacci di nuovo all'esterno con una forza d' impulso, la quale pareggi esattamente la forza impellente comunicata a queste molecole dalla materia agitatissima del sole e dei corpi incandescenti ! Che differenza di filosofia nel sistema delle vibrazioni , ove 1' uguaglianza di velocità in qualunque maniera di raggi lucidi è una conseguenza diretta dell' ipotesi fondamentale. E, di fatto, le onde eccitate in un mezzo elastico possono bensì avere una lorza più o meno grande secondo la loro origine e qualità, ma tutte vi si pru- Tomo XXIII. Q laa Sopra una colorazione ec. Non è certo improbabile che la persistenza delle vibra- zioni sincrone si produca, in alcuni casi, anche rispetto alle onde calorifiche oscure. Ma, posta per vera la loro esistenza, sarà sempre difficil cosa il poterle scorgere con sicurezza, tra le radiazioni dovute al riscaldamento del corpo : avvegnaché la qualità comune di caler oscuro ravvicina troppo le due spe- cie di raggi onde permettere V uso dei mezzi analitici forniti dalla trasmissione per le sostanze diatermiche ora conosciute. Teoricamente, la distinzione e tacile, e precisa: le onde con- tenute nella radiazione proveniente dal riscaldamento hanno costantemente un' ampiezza maggiore delle onde prodotte dalla continuazione delle vibrazioni sincrone col raggio della sorgen- te; poiché la perdita sofferta dal corpo, in virtù della radia- zione e del contatto col mezzo ambiente , fa si che il suo proprio grado di calore resti inferiore, di molto, a quello che domina nella sorgente , donde partirono i primi raggi eccita- tori del sincronismo ; e si è veduto , che i gruppi molecolari de' corpi vibrano tanto più lentamente e sviluppano delle onde tanto più lunghe, quant' è minore la loro temperatura. Tutto il movimento delle onde incidenti sui coi'pi non è uupiegato a produrre il fenomeno delle vibrazioni sincrone che costituiscono la diffusione , poiché una porzione , più o men grande, della radiazione viene assorbita , e passando nell' in- terno, vi si converte in color ordinario. pagano colla inedesinia celerità, come lo dimostrano i matematici, e come ne abbiamo iV altronde un esempio parlante nella trasmissione de' suoni per 1' aria atmosferica. L' esperienza ed il calcolo mostrano pure come un numero cjualunque di onde, eccitate in un tluido elastico, si movano contemporaneamente, per lo stesso verso, in direzione normale, o contraria, senza alterare mai, in circostanze si diverse, né il cammino percorso, né la forza o la velocità del moto, proprietà, la cui esistenza nella radiazione lucida e inconcepibile adottando il sistema della emanazione. Quanto poi alla cagione che produce l'emissione di luce nel diamante, si è veduto di sopra, come nel sistema delle vibrazioni sia facile lo spiegarla, mediante la persistenza delle oscillazioni, che le molecole ponderabili del diamante assumono sotto r azione della luce diurna. Di Macedonio Melloni 12,3 Nel casi ove la diffusione ha luogo con eguale energia in ogni sorta di onde , questa parte della radiazione assorbita , vale a dire, questo movimento dell'etere comunicato alla massa ponderabile del corpo, ci sembra il solo mezzo atto a confron- tare, tra di loro , le forze relative dei raggi vibrati dal sole , e dalle sorgenti terrestri: gli effetti chimici e luminosi non potrebbero servire a siffatto scopo , e condurrebbero anzi a conseguenze erronee. E veramente dopo quanto abbiam detto intorno all' indole della diff'usione, ognuno concepirà facilmente, che l' azione chi- mica deve essere più o meno grande, non già in ragione della quantità di moto contenuta nelle varie onde incidenti, ma se- condo la tendenza, che posseggono le molecole ponderabili del reagente , a seguire l' uno o l' altro periodo della vibrazione eterea. E così succederà parimenti rispetto all' azione dei co- lori, i cui effetti provengono dalla elasticità molecolare dei corpi colorati e delle sostanze organiche che formano il sen- sorio della vista : per cui le divei'se colorazioni , e le mutue loro relazioni di energia, sono, in ultima analisi, pure conse- guenze delle oscillazioni indotte nelle diramazioni ed espan- sioni del nervo ottico, che costituiscono quella particolar mem- brana dell' occhio, nota sotto il nome di retina:^ ed anche chie- ste oscillazioni, lungi dall' essere proporzionali alle forze delle onde incidenti, dipendono dalla suscettibilità delle fibre ner- vose ad assumere il sincronismo di quei dati periodi del mo- vimento etereo. Le vibrazioni, che gli atomi della retina e degli oggetti esterni assumono sotto l' azion della luce, possono in certa qual guisa paragonarsi alla risonanza di un' arpa, od altro analogo strumento. Quando parecchi suoni vengono a percotere simul- taneamente lo strumento, non tutte le coide si pongono in moto, ma quelle soltanto, le quali danno l' unisono, le ottave, e le voci armoniche : la risonanza è più forte nelle corde uni- sone, più debole nelle altre: laonde, in vece di essere propor- zionata alla energia di ogni onda , la risonanza di una data 1^4 Sopra una colorazione ec. corda tace la presenza di alcuni suoni , e risponde agli altri . non già in ragione del rispettivo loro vigore , ma secondo la ([ualità del suono più o meno omogeneo alla grossezza della corda, ed al suo grado di tensione. Si consideri ora un corpo il quale rimandi per diffusione una debole ed egual porzione di qualunque sorta di raggi lu- cidi, chimici, e calorifici , e riceva pertanto nel proprio seno la massima parte del movimento etereo in forza dell' assorbi- mento: egli è manifesto, che le diverse quantità di moto ac- quistate dalle molecole ponderabili daranno i rapporti esistenti tra le energie delle radiazioni, che vengono a percuotere suc- cessivamente la superficie del corpo. Ciò succede, per l'appunto, nelle sostanze coperte di negrofumo., o d' altra materia iiiela- notermìca^ che assorbisce indistintamente qualunque vibrazione eterea, convertendola in calore di riscaldamento: le elevazioni di temperatura in siffatte sostanze , esposte successivamente all'azione di diversi raggi, visibili o invisibili, sono dunque proporzionali alle forze delle radiazioni incidenti: e però la zona più calda dello spettro, determinata mediante le indicazioni di un termometro a bulbo annerito, è appunto quella, ove la ra- diazion solare è dotata della massima energia. Ma la temperatura va crescendo, gradatamente , dal vio- laceo al rosso; il che indica im aumento regolare nella quan- tità di moto posseduta dalle onde eteree, secondo che s'acco- sta al limite inferiore dello spettro. D' altra parte, l' aumento nella energia luminosa non ha luogo che dal violaceo al gial- lo; passato il quale, la quantità di luce decresce sino al li- mite rosso inferiore. Proseguendo la nostra comparazione colla risonanza dell'arpa per l'azione de' suoni esterni, siam dun- que condotti ad ammettere che la tensione.^ o elasticità mole- colare del nervo ottico, ha minor consonanza^ o relazione ar- monica per le onde rancie e rosse, che per le onde gialle ; in guisa che le prime producono sulla retina delle vibi-azioni più deboli delle ultime, malgrado le loro superiorità, dal lato della forza d' impulso, o ([uantità di moto. Di Macedonio Melloni ia5 Si rifletta però, che la mancanza di proporzionalità tra la quantità dì moto delle onde luminose, e la loro propria ener- gìa rischiarante^ non può avere nessuna influenza sulle misure fotometriche, le quali fanno astrazione dalla causa, e si riferi- scono solamente all' effetto , vale a dire , alle sensazioni che queste onde producono sull'organo della vista (ii) (io) Questa sola ritlessione basta per mostrare l'improprietà di qualunque mezzo fotometrico il quale non abbia per base fondamentale 1' impressione diretta della luce soli' organo della vista: i fotometri fondati sull' azion chimica e calorifica delle radiazioni luminose sono dunque erronei ; conseguenza che, per riguardo al calore , venne posta nella massima evidenza da alcune nostre sperienze in cui ci riuscì di rendere il preteso fotometro di Leslie stazionario ed insensibile all' influenza di certi raggi lucidi, e mobile per l' azione di alcune radiazioni di calor oscuro. Ma senza ripetere qui la descrizione di queste sperienze { inserita nella Biblioteca Universale di Ginevra per l'anno iSSy ) noteremo che nei fotometri per virtù di calore o di azion elàmica si suppone l'uno o l'altro di questi. due agenti, proporzionale alle quantità di luce contenute nei raggi incidenti. Ora, dopo quanto abbiam detto di sopra, questa proporzionalità non ha luogo , né per le radiazioni lucide di origine diversa, né pei raggi elementari derivati dalla medesima sorgente. Ma almeno, dicono i fautori di siffatti fotometri, il nostro principio può appli- carsi alla misura delle gradazioni che assume successivamente la luce di una data sorgente. E donde la certezza, che la qualità della radiazione vibrata da cotesta sorgente non ha patita nessuna variazione durante 1' intervallo frapposto tra due osservazioni? Anzi se parliamo delle radiazioni di origine terrestre, l'alterazione di qualità succede certamente, poiché al menomo decrescere della luce in una data sorgente, scema con più rapida progressione 1' azion chimica , e cresce 1' azion calo- rifica relativa ! Qualora poi si tratti della radiazione solare , 1' invariabilità nelle mutue proporzioni de' suoi elementi lucidi, chimici e calorifici è, per vero dire, pro- babilissima; ma osserviamo che siffatta radiazione giunge alla superficie terrestre dopo di aver traversata l'atmosfera, ed abbiam veduto nel capitolo terzo che la massa totale del fluido che circonda il nostro globo intercetta il calor solare in proporzione più o men grande, secondo certe ignote vicende atmosferiche , le quali non esercitano niuna influenza sulla trasmissione della luce. Direm poi in una delle note seguenti come sia assai probabile che un' azione analoga dell' atmosfera si eser- citi parimenti sui raggi chimici. I fotometri per virtù di calore o d' azion chimica, non possono dunque adoperarsi, in nessun caso , senza pericolo , e , quasi diremmo, lenza certezza di errore. laò Sopra una colorazione ec. Considerazioni del tutto analoghe possono applicarsi all' azion chimica. Le onde superiori sono dotate di una quantità ili moto minore di quella che posseggono le onde interiori, e tuttavia esse producono effetti chimici più intensi. Ciò deriva, come abhiam veduto, dallo stato di vivissima agitazione che siffatte onde imprimono ai gruppi molecolari del reagente, agi- tazione in virtù della quale l'affinità è vinta, e h; molecole integranti disgiunte tra di loro. Ora, anche la violenza di que- ste agitazioni, e quindi l'energia dell'azion chimica, deve evi- dentemente dipendere dallo stato d' ecpiilibrio, o di elasticità molecolare del reagente adoperato, ed essere pertanto più o inen grande, secondo il periodo dell'onda eterea incidente; per cui, ogni reagente sarà fornito di una tendenza ad essere decomposto, maggiore, sotto l'azione di tale, o di tal altro raggio superiore dello spettro ; e quindi 1' origine delle diffe- renze osservate da Herschel nelle impressioni fotogeniche pro- dotte dai colori prismatici, sulle diverse carte sensitive. Anche il massimo d' azion chimica non dipende dunque dalla forza assoluta della radiazione eterea; ma dalla specie di vibrazione più omogenea alla costituzione molecolai'e del reagente. Cosi la varia distribuzione del calore , della luce e dell' azion chimica, nello spettro solare , e la divergenza nelle po- sizioni delle zone ove questi tre agenti arrivano al massimo lor vigore, sono conciliabili col princìpio della identità: gli el- iciti di luce, e d' azion chinnca, limitati a certe classi parti- fi qui CI sia lecito manifestare il nostro vivo desiderio di veder presto condotti a termine, e pubblicati, i varii metodi imaginati dall' Arago, per confrontare tra di loro le mutue energie de' raggi luminosi: per essi la fisica acquisterà una serie di nuove idee e di nuovi strumenti perfettamente addattati allo scopo; e 1' applicazione dell'azion chimica, o calorifica, alla fotometria , che, malgrado i nostri ripetuti e pur troppo deboli sforzi per dimostrarne il principio antifilosofico, vanta tuttora pa- recchi fautori celebri per la vastità e la profondità delle loro cognizioni, sarà infine itandita definitivamente dalla scienza, in forza di quella grande, e si ben meritata autorità dell' illustre Accademico francese. Di Macedonio Melloni 12,7 colari di onde e di corpi , diventano , per rispetto alla radia- zione eterea considerata in se medesima, molto meno impor- tanti degli effetti generali prodotti dal calore \ ed il riscalda- mento, che succede nelle sostanze nere e melanotermiche in virtù della loro proprietà assorbente, somministra la vera mi- sura della forza, che possiede ogni raggio elementare del sole e delle sorgenti terrestri. Supponendo alcune variazioni nella elasticitti molecolare delle fibbre nervose che si espandono sulla retina, s' intende pure come due individui possano, talora, ricevere sensazioni diverse dal medesimo raggio di luce. La ragione stessa della invisibilità delle onde superiori al violaceo, ed inferiori al rosso estremo, diventa palese, ammettendo che i limiti di elasticità molecolare del nervo ottico non gli permettono di assumere i periodi d' oscillazione sincrona colle vibrazioni eteree delle onde suddette. Il principio, sì fecondo, della vibrazione molecolare ecci- tata nelle sostanze ponderabili dalle radiazioni eteree, è dovuto ad Eulero, che lo espose con una chiarezza ammirabile nelle famose sue lettere sopra vari soggetti di fisica e di filosofia (11): ma non fu poscia, né ripreso, per quanto sappiamo, né seguito nelle sue conseguenze: almeno, non se ne trova nessuna men- zione nei Trattati più recenti e conosciuti della Fisica odier- na, che parlano appena della diffusione, e l'attribuiscon tutti ad una riflessione irregolare che la luce patisce sulle scabro- sità delle superficie. Anzi gioverà osservare che lo stesso Eu- lero non entra in nessuna considerazione intorno alle impres- sioni comparate che i raggi colorati esercitano sull'organo della vista. Ad ogni modo s' intende, che i nostri predecessori, igno- rando la difìusione delle radiazioni chimiche e calorifiche, e mancando di dati precisi sulla trasmissione e 1' assorbimento di queste radiazioni, non potevano conoscere i veri rapporti (11) Lettres à une princesse d' Allemagne sur (Jivers sujets de physique et de philosophie. Paris i8ia ( Let. aS, 26, 27 e 28. ) ia8 Sopra una colorazione ec. che sussistono fra i diversi elementi della luce solare: per cui, la predominanza del calore sulla luce e 1' azion chimica., la ragione della oscurità degli ultimi raggi inferiori e superiori dello spettro, ed il motivo della separazione dei tre massimi^ dovevano necessariamente sfuggire alla loro penetrazione. Ampere jìuhblicò, intorno alla cagione della invisibilità delle radiazioni calorihche oscure , una teorica fondata sopra un principio diverso da quello che abbiamo dianzi esposto. L' esperienza, diss' egli , dimostra che i raggi provenienti dai corpi , la cui temperatura non arriva all' incandescenza , sono compiutamente intercettati da uno o due millimetri d'acqua, pura, o carica di qualunque soluzione. Ora, siccome V occhio contiene nella camera anteriore uno strato à'' umor acqueo ào- tato appunto di questa profondità, così le radiazioni tutte di queste sorgenti calorifiche vi rimarranno estinte, e non potendo operare sulla retina, non daranno nessun indizio della loro pre- senza, e resteranno pertanto invisibili. Le radiazioni della fiam- ma e dei corpi incandescenti, transitando invece liberamente per r umor acqueo, traversei'anno successivamente il cristalli- no., e /' umor vitreo., giugneranno sulla retina , ed ecciteranno la sensazione della luce e dei colori. Ma siffatta spiegazione , che porta 1' impronta di quella ingegnosa semplicità onde le produzioni dell'autore acquista- rono tanto credito presso i cultori della filosofia naturale, di- venne impossibile a sostenersi, quando nuove sperienze, da noi istituite, sul raggio solare decomposto col prisma, dimo- strarono la permeabilità dell' acqua per diversi elementi della radiazione calorifica oscura, sottostante al limite inferiore dello spettro luminoso. Notiamo inoltre che la teorica d' Ampere è indipendente dall' ipotesi più probabile sull'indole della radiazione, estranea a qualunque analogia col sensorio dell'udito, incapace di spie- gare la divergenza dei tre massimi dello spettro, e 1' oscurità delle radiazioni chimiche soprastanti all' estremità violacea. La nostra maniera di concepire l' invisibilità delle radiazioni Di Macedonio Melloni 12,() calorìfiche oscure è, invece, una conseguenza immediata del sistema delle onde eteree, dipende unicamente dal principio dal quale muovono i fenomeni della diffusione, e concorda a capello coi fatti fondamentali di sensibilità e d' insensibilità del suono manifestati dall'orecchio nel suo stato normale ed anomalo : ap- plicabile indistintamente ai raggi oscuri, inferiori e superiori , dello spettro, essa dice la ragione per cui i raggi colorati piii rifrangibili , quantunque dotati di forze d' illuminazione e di riscaldamento inferiori a quelle de' raggi meno rifrangibili, posseggono tuttavia azioni chimiche più vigorose: essa spiega parimente come le zone aranciate e rosse possano mostrarsi ad un tratto, e più calde, e meno luminose della zona gialla; e permette infine di travedere la causa delle singolarità che presenta la vista di certi individui. Si disse dianzi non essere impossibile 1' esistenza di certi animali, la cui costituzione dell' occhio renda loro visibile le onde oscure inferiori dello spettro. Dopo quanto abbiam sog- giunto nel capitolo presente, sul confronto della proprietà ri- schiarante della zona gialla con quella delle zone meno rifran- gibili dello spettro, sorge manifestamente un' altra possibiltà. Se la costituzione dell' occhio umano è tale che la mas- sima vibrazione della retina., waìe^Si dÀve., il massimo effetto lu- minoso si produce in virtù del giallo prismatico, e se ivi non ha luogo la vibrazione eterea più vigorosa, perchè non si po- trebbero trovare altri esseri viventi, il cui nervo ottico fosse si fattamente costituito da vibrare colla energia massima sotto r azione di un altro colore ? / Questa idea non potrebbe servire a spiegare certe abitu- dini degli animali ? Non sarebbe, per avventura, un' azione di questo genere che rende il toro furioso alla vista di un panno purpureo ? In tutto il corso di questa memoria le radiazioni chimi- che, le quali precedono il limite violaceo, diconsi oscure, in- visibili, come quelle che precedono il limite rosso; e così sem- brano infatti a qualunque individuo dotato di una vista ordi- Tomo XXIII. R 1 3o Sopra una colorazione ec. Ilaria, quando lo spettro è formato con tutte quelle minute precauzioni ed avvertenze indicate da Newton, a fine di avere ben separati e distinti gli elementi del raggio solare, senza r intromissione di luce estranea. Nondimeno Herschel, al (piale dobbiamo le belle sperienze i cui risultamenti vennero riferiti nel primo capitolo, crede che siffatte radiazioni non siano real- mente oscure, avendole vedute, più fiate, durante le sue ricer- che fotogeniche, come albeggianti, o piuttosto, tinte di un co- lor cenericcio: questa luce sarebbe squallida oltremodo, ed in- certa, e non diverrebbe sensibile, che mediante la concentra- zione. Le sperienze allegate dall'autore per mostrare la necessità del suo nuovo colore prismatico non ci sembrano essere del tutto esenti da obbiezioni: ma qualora esse vengano giudicate suffi- cienti, la teorica da noi adottata sulle impressioni che le onde luminose producono nella retina, condurrebbe alla conseguen- za, che le condizioni della elasticità molecolare nel nervo ot- tico non permettendo alle fibre di assumere un movimento pe- riodico ben determinato sotto V azione delle onde eteree più brevi dell'ultimo violaceo, queste onde non possono eccitarvi nessuna vibrazione colorifica ben decisa , ma solamente una specie di fremito vago, indistinto, dal quale risulta la sensa- zione di un chiaror pallido ed incerto. Così la risonanza dell' arpa si tramuta in un gemito confuso, quando i suoni esterni non hanno nessuna relazione armonica colle note dello stru- mento. Tutto cpianto si e detto intorno alle proprietà lucide e calorifiche del raggio solare conduce manifestamente all' opi- nione, da noi enunciata in uno de' capitoli precedenti, rispetto all'importanza dei fenomeni calorifici: il calore fu sinora con- siderato erroneamente come im' appendice della luce: s' inverta la proposizione, ed avremo una sentenza più conforme al vero. Di Macedonio Melloni i3l- Capitolo vii. Propagazione ed assorbimento delle radiazioni entro i mezzi atti a trasmetterle immediatamente. I mezzi che sono diafani o trasparenti., per un certo nu- mero o per r intera serie delle onde eteree , presentano dei fenomeni di trasmissione e di assorbimento totalmente analoghi alle diffusioni ed agli assorbimenti dei corpi che manifestano le varie bianchezze o colorazioni., da noi descritte nel capitolo quinto. E veramente , (juei corpi che si lasciano traversare da tutte le onde comprese tra il violaceo ed il rosso, sono lim- pidi e scolorati per rispetto alla luce ; ma ciò non toglie la possibilità che le onde più lunghe delle rosse, e le più brevi delle violacee, non vengano assorbite: e quando tale assorbi- mento succeda, siffatti mezzi limpidi e senza colore relativa- mente ai raggi lucidi, diverranno colorati per le radiazioni chi- miche o calorifiche: tali sono appunto l'acqua, il vetro, il cri- stallo di monte, rispetto al calore: il creosoto depurato, 1' es- senza bianca e scolorata di lavanda di rosmarino o di limone, rispetto all'azion chimica (la). (12) I corpi che contengono elementi variabili, come l'atmosfera, possono pre- sentare or r una or 1' altra colorazione , senza alterare perciò la loro limpidità o bianchezza, rispetto alla luce. Questo fenomeno ci sembra provato dall' esperienza, almeno relativamente al calore, giacché si è veduto di sopra , che il massimo di temperatura nello spettro calorifico normale non trovasi sempre nella medesima po- sizione ; ma ora più, ora meno lontano dal limite rosso, quantunque le diverse gior- nate in cui si eseguisce 1' esperienza sieno ugualmente serene. Ora è facile il mostrare che questi cambiamenti, i quali succedono soltanto nelle radiazioni oscure, lasciando intatte le mutue energie delle specie luminose, dimostrano l'esistenza di una colo- razione calorifica nell' atmosfera. E di vero, se vi fosse semplice variazione di dia- lermasia, se vi fosse, cioè, un puro cambiamento di trasparenza per rispetto al ca- lorico raggiante, tutte le zone prismatiche deprimerebbero, od esalterebbero, la pro- pria temperatura di una quantità proporzionale al loro valore, e la zona di massimo. i3i Sopra una colorazione ce. Le sostanze diatUne che trasmettono immediatamente, non solo tutte le specie visi])ili com])rese tra il violaceo ed il ros- X). ma eziandio le s[X'ei(' invisibili che costituiscono le onde caloritiche oscure, saranno, come il salgemma „ perfettamente calore rimarrebbe nei essai iamenti; immobile: ma il massimo cambia di posizione, r atmnstera è duni[ue teimocroica, vale a dire colorata pel calore, e la sua tcrmo- orusi si ta più o meno vigorosa, a norma di certe ignote circostanze che non pro- ducono nessuna variazione apparente nello stato del cielo. Dal complesso delle nostre osservazioni ci sembra risultarne che l'umidità degli strati aerei, inferiori o supe- riori, sia una delle prnicipali cagioni della termocrosi atmosferica, ed era forse ia- rile il prevederlo sapendosi (juanto poca sia la diatermasia dell' acqua. Se poi il vapore acqueo allo stato elastico produce realmente, come si crede da parecchi os- servatori, una maggior trasparenza nell'aria, si avrà il caso singolare di un' azione elle aumenta il piassaggio della luce, e diminuisce la trasmissione del calorico con- comitante. Oltre alle onde elementari contenute nelle zone prismatiche, il sole deve vibrare, secondo ogni probabilità, delle onde oscure di maggiore ampiezza : ma per quanto abbiam ora veduto, 1' aria, che è senza termocrosi entro certi dati limiti di profon- dità, diventa termocroica relativamente alla sua massa totale, ed intercetta pertanto una porzione speciale di calore, nelle radiazioni che traversano tutta l'estensione dell' atmosfera. Questa è probabilmente la cagione per cui il raggio solare, analiz- zato alla superficie terrestre, trovasi mancante di molti raggi oscuri che si rinven- gono nelle radiazioni delle fiamme e de' corpi incandescenti. Per la medesima ra- gione sembra probabilissimo che le radiazioni notturne dei corpi verso il cielo sereno, in vece di traversare l'atmosfera ed emergere nello spazio circostante, sieno grada- tamente assorbite dagli strati aerei superiori, e rimangano spente del tutto ad una certa distanza dalla terra. Quanto alle radiazioni chimiche, pare eh' esse pure sieno intercettate in copia pili o men grande, sotto costituzioni ugualmente diafane dell' atmosfera. E nota l'os- servazione del Daguerre relativamente alla varia facilità di avere le immagini foto- grafiche nelle ore equidistanti dal mezzodì : si conoscono parimenti le circostanze, sì capricciose in apparenza, ove le dette immagini non si possono per alcun modo ottenere, malgrado la buona riescita delle operazioni preparatorie. Alcuni credono che r umidità dell" atmosfera acceleri le impressioni fotogeniche , e la siccità le ri- tardi. Qualora 1' ipotesi si potesse dimostrar vera, e si provasse inoltre il fatto non dipendere dall' azione dell' umidita sul reagente, ne risulterebbe che la diffusione dei vapori acquei favorisce la diafanità dell'atmosfera, rispetto ai raggi chimici: ma Di Macedonio Melloni i33 diafane e scolorate^ e per la luce e per lo calore. Queste me- desime sostanze potrebbero tuttavia intercettare le onde più brevi delle violacee, ed allora si mostrerebbero colorate per le radiazioni chimiche: viceversa le sostanze diafane, le quali tras- mettessero ogni maniera di onde chimiche e lucide, ed assor- bissero le onde calorifiche oscure, sarebbero limpide per la luce e per le radiazioni chimiche, e colorate pei l'aggi di calore. E qui tornano in campo le considerazioni dianzi esposte a proposito della diffusione. La colorazione^ chimica o calori- fica, risidtante dall'assorbimento più o meno energico dei raggi oscuri negli strati interni del mezzo, non si manifesta agli oc- chi nostri, i quali non possono in alcun modo aver indizio della presenza di questi raggi, le cui rispettive onde hanno un'am- piezza minore dell' ultima onda violacea, o maggiore dell'onda corrispondente al rosso estremo : e però si trovano parecchi corpi fortemente termocroici che non presentano alcuna sorta di colorazione, e si offrono anzi allo sguardo sotto l'apparenza di sostanze perfettamente limpide e scolorate: e ciò deve essere necessariamente^ ogni qual volta le onde lucide trovino un pas- saggio ugualmente libero, e patiscan tutte, pertanto, un assor- bimento uguale, che non alteri punto le mutue proporzioni dei raggi colorati i quali entrano nella composizione della luce bianca. Non pertanto, siffatti mezzi senza colore apparente, sono tinora, siffatte sperienze ed osservazioni, eseguite sotto condizioni diverse; senza pa- rità di circostanze, senza risultamenti numerici, hanno poco o niun valore agli occhi dei fisici. Se gli ostacoli incontrati nella ricerca della comparabilità dei dati sperimentali fossero insormontabili, non si potrebbe sciogliere la quistione della colorazione chi- mica dell' atmosfera con un metodo analogo a quello, che abbiam qui sopra accen- nato, relativamente al calore? A questa richiesta non par dubbia la risposta. Esplo- rando diffatto, col medesimo reagente, ed in varie giornate ugualmente serene, la posizione della massima azion chimica nello spettro solare, egli è certo che la mobi- htà di questa zona diverrebbe nel medesimo tempo, e l'indizio della colorazione cnimtca nell' atmosfera, e la prova delle sue modificazioni provenienti da circostanze che non alterano punto la trasparenza dell' aria relativamente ai raggi luminosi. I 34 SOPIIA UNA COLORAZIONE CC. realmente colorati: almeno cosi devono chiamarsi da chi am- mette il principio, per noi si evidente, di unità nella costitu- zione delle tre radiazioni; poiché il carattere del diverso grado di trasmissione, impiegato come segno distintivo ( ed equiva- lente nel nostro caso, ad una similitudine, |)iii o men grande, di colorazione tra il mezzo, ed i raggi incidenti ) si applica a tutta la serie delle onde eteree, e non già alle sole onde ma- nifestate dall'organo della vista. Ora i detti corpi, limpidi e senza colore, non trasmettono la serie intera, ed intercettano anzi compiutamente parecchie onde oscure, chimiche o calo- ritiche: dunque questi mezzi sono propriamente co/ora^/, quan- tuncfiie scevri di ogni apparenza di colorazione. Aggiugneremo un' ultima osservazione. Quando le nostre sperienze sul passaggio immediato del calore per gli strati de- crescenti, d' acqua, di vetro, d' alcool, ci ebbero svelato, che tutte le specie raggianti di calore intercettate da tali sostanze cominciano a transitare liberamente allorché gli strati sono sufficientemente esili , quando le misure di trasmissione rela- tive al salgemma posero fuor d' ogni dubbio che, qualunque sorta di calorico raggiante passava per le varie lamine di que- sto corpo nella medesima proporzione, ci cadde tosto nell'ani- mo il pensiero e l'intima persuasione che l'acqua, il vetro, e tutti i mezzi diafani perfettamente scolorati, tranne il sal- gemma, operavano sulle radiazioni calorifiche come fanno i mezzi colorati sulla luce; e che dessi erano pertanto dotati di una vera termocrosi o colorazioii di calore. Ma perché nessun segno apparente di tale colorazione ? La quistione rimase del tutto sospesa nella supposizione che il calore e la luce fossero due agenti distiiui, o due modificazioni essenziali del medesi- mo agente. Ammettendo in vece il principio di una costitu- zione uniforme ne' raggi elementari de' due agenti, 1' invisi- bilità di siffatta termocrosi é, come abbiam ora veduto, una pura conseguenza del principio adottato. Una serie di onde transitanti per una data lamina può benissimo venire intercettata da una seconda lamina la quale Di Macedonio Melloni i35 sia permeabile soltanto da una serie di onde di diversa am- piezza: in tal caso esponendo le due lamine ad una radiazione che contenga ambe le serie, si vedrà un passaggio più o meno copioso di onde elementari effettuarsi separatamente per mezzo di dne corpi, che riuniti in un solo sistema, perderanno ogni facoltà di trasmissione; ciò si è in fatti verificato tanto per la luce, quanto pel calore, ed è probabile che lo stesso fenomeno si ottenga anche in seguito colle radiazioni chimiche. Alcuni di questi sistemi sono nello stesso tempo impermeabili pel calo- rico, e permeabili da una certa quantità di luce. Ciò deriva dall' estrema debolezza calorifica della luce transitante, per ri- guardo alla enorme quantità di calore oscuro intercettato; spie- gazione tanto più probabile, quanto la luce trasmessa da tali corpi adiatermico-diafani manca di quasi tutti gli elementi ros- si, ranci, e gialli , che costituiscono la parte più calda della radiazione lucida. Se cosi sta il fatto, come tutto e' induce a crederlo, si troveranno certamente alcune traccie di calore in questa specie di luce, quando la scienza possederà strumenti abbastanza sensibili a tale scopo. L' opacità assoluta dei mezzi , i quali sono suscettivi di trasmettere immediatamente certi elementi delle radiazioni ca- lorifiche , si spiega coir assorbimento delle onde più brevi e più lunghe di quelle che costituiscono i detti elementi della vibrazione eterea; e si riduce quindi, ancora essa, ad un sem- plice fatto di colore, manifestato da quei dati mezzi relativa- mente al calorico raggiante (i 3). (i3) Da questi diversi fatti, indipendentemente da qualunque ipotesi sulla na- tura del calore o de' raggi chimici, risulta che le trasparenze dei corpi per le ra- diazioni chimiche e calorifiche sono, nella loro indole, perfettamente simili alla tras- parenza propriamente detta, quantunque in molti casi esse pajano più strane assai, non manifestandosi immediatamente all' occhio per alcun altro segno esterno. Una sola deve dunque essere la cagione dei tre fenomeni : le ipotesi sinora proposte in- tomo alle condizioni della trasparenza sono oscure ed insufBcienti: ad ogni modo se V ha possibilità di trovare il perchè un corpo sia permeabile, o no, alle varie i36 Sopra una colorazione ec. Capitolo Vili. Unità del principio die produce le tre sj)ecie di raggi, e le tre colorazioni dei corpi. Conchiudiamo che le tre colorazioni^ lungi dairintrodurre una soverchia ed inutile complicazione nella spiegazione dei fenomeni relativi ai vari effetti di luce, di calore e d'azion' chimica prodotti dalle sostanze ponderabili sidle radiazioni dell' etere, servono anzi a rappresentare colla immagine semplicis- sima di un fatto, che si presenta di continuo agli occhi no- stri, tutte le proprietà nuovamente scoperte ne' corpi per ri- spetto ai raggi chimici e calorifici , facendole così dipendere da (juella stessa cagione d'onde derivano i fenomeni ottici; conclusione che s' accorda mirabilmente colla unitòrn\ità delle leggi generali che governano la propagazione, la riflessione, l'interferenza, e la polarizzazione; leggi che si sono in gran parte riscontrate in ogni sorta di raggi (i4)- ; specie di raggi, è d' uopo, .\ parer nostro, cercarlo nello studio della tiasmissione ilella luce pei corpi diafani, ove i fenomeni si mostrano più evidenti, e di più fa- cile osservazione. Alcuni scienziati, colpiti senza dubbio dalle curiose apparenze che presentano i corpi, relativamente alla trasmissione del calore e delle radiazioni chi- micbe, considerarono come cosa importantissima un' analisi precisa delle varie so- stanze atte a trasmettere questi due agenti, sperando forse rinvenirvi la vera solu- zione del quesito, o almeno le relazioni tra lo stato, la composizione o la forma cri- stallina delle molecole, e la loro proprietà di trasmissione chimica o calorifica. Ma una semplice rivista dei casi ove si produce lo stessissimo effetto, relativamente alla luce, basta per mostrare, innanzi tratto, l'inutilità di siffatte ricerche analitiche. Non troviam noi infatti la trasparenza propriamente detta in tutte le classi e sud- divisioni scientifiche dei corpi? per cui le sostanze diafane sono semplici o composte, organiche o minerali, neutre, acide o alcaline, cristallizzate od amorfe, solide, liquide, od aeriformi. (i4) Si noti che il riscontro si estende, talora, persino ai dati numerici più minuti. Dalle nostre sperienze sul calore risulta per esempio che un raggio di questo agente, congiunto colla luce o isolato, il quale venga a percuotere, sotto un angolo Di Macedonio Melloni 187 La perfetta uguaglianza di costituzione nelle radiazioni lucide, chimiche, e calorifiche, può dunque ritenersi qual prin- cipio oramai dimostrato da tutti gli argomenti dedotti dai ca- ratteri proprii a queste tre specie di raggi. È degno di osser- vazione che i fenomeni della trasmissione e della diffusione dei raggi chimici e calorifici, i quali sembravano, in sulle pri- me, stabilire una linea di divisione ben decisa fra questi due elementi e la luce, si debbano ora annoverai-e tra le migliori prove da addursi in favore dell'unità nella causa produttrice delle tre azioni. Le investÌ2azioni relative all' indole della radiazione sola- re, sono state sinora troppo esclusivamente dirette sulla luce. Dominati dalla somma importanza di questo agente per la parte animata della Creazione , i fisici si lasciarono facilmente per- suadere che il calore e l' azion chimica, esistenti nella prefata radiazione, non fossero altro che effetti secondari. Gli argo- menti discussi in questa memoria ci sembi-ano dimostrare chia- ramente il contrario. La luce, il calore e le reazioni chimi- che, sono tre manifestazioni delle onde eteree di varie lun- ghezze contenute nella radiazione solare: le onde oscure dotate dell' azion chimica o calorifica sono del tutto simili alle onde luminose ; 1' ampiezza sola è diversa: ma questo carattere di- stintivo appartiene alla specie e non punto al genere ; ed havvi precisamente tanta diversità tra un raggio oscui'o , chimico o che non si scosti più di a5, o 3o° dalla normale, una superficie ben levigata di vetro, o d' altro corpo diafano, si riflette, non solamente secondo la nota legge dell' angolo di riflessione uguale a quello d' incidenza, ma perdendo , tra la porzione trasmessa di calore e la porzione assorbita, 0,9604 della sua propria energia ; per modo che la quantità riflessa è di circa 0,04 : ora, tale si è appunto il valore numerico che Fresnel assegna alla quantità di luce riflessa, sotto l'angolo suddetto di 70, a 90", dai medesimi corpi diafani levigati. Arago trovò che le superficie metalliche più terse e lucide riflettono intorno alla metà della luce incidente. Noi avemmo o,444 per la quantità di calore ripercossa specolarmente da una lamina di ottone ridotta al mas- simo grado di pulimento ( Annales de Ghimie et de Physique tome LX, pag. 402. ) Tomo XXIIL S 1 3i> Sopra una colorazione ec. ' ralorifico, ed un raggio di luce, quanta ne esiste tra due raggi luminosi di diverso colore. Tutta la differenza consìste nella pussil)i[ità od impossibilità di operare sulla facoltà visiva degli a- niniali: e (juesta differenza, prodotta da una vera qualità acciden- tale, non ha nessuna importanza per la radiazione considerata in se medesima. Ciò è talmente vero che la proprietà di rischiarare o d'illuminare, in quella serie d'onde che produce i fenomeni ottici, sparirebbe compiutamente colla distruzione dell'organo della vista negli enti animati, senza che venissero perciò cam- biate menomamente le mutue relazioni degli elementi conte- nuti nella radiazione solare, e le loro condizioni rispetto alla natura inorganica o vegetabile. Allora i raggi colorati non si distinguerebbero più tra di loro, e dai vari raggi chimici e calorifici situati oltre i due limiti visibili dello spettro, che me- diante i diversi gradi di diffusione, di trasmissione, di rifra- zione, e di assorbimento, i quali formano, come si disse altro- ve, i veri caratteri differenziali delle radiazioni elementari. La proprietà riscaldante, riconosciuta dai fisici nelle zone colorate e ne' raggi sottostanti al rosso, si negava ai raggi oscuri che precedono il violaceo. Noi 1' abbiam trovata, di recente, anche in questi ultimi raggi, debole sì, ma indubitabile: ab- biam parimente trovato alcune traccie di calore nella radia- zione solare trasmessa per quelle combinazioni di sostanze dia- fane, che ci apparvero sinora compiutamente adiatermiche. Una serie di nuove sperienze ci ha condotti infine a scoprire la vera cagione per cui la zona di massima temperatura nello spettro solare percorre una certa estensione delle colorazioni inferiori, quando s'impiegano successivamente prismi composti di vetro, d' acqua , d' alcool , od altri mezzi scolorati e termocroici ; o (juando si trasmette lo spettro caloi'ifico normale per uno strato di tali sostanze: il fenomeno deriva, indubitatamente dal mi- scuglio di im certo numero di radiazioni calorifiche oscure con- tenute nella parte inferiore dello spettro colorato, le quali ven- gono più o meno assorbite dalla varia termocrosi della sostanza che forma il prisma o lo strato interposto. Quando gli elementi Di Macedonio Melloni iSg rossi, ranci e gialli sono perfettamente sceverati da queste ra- diazioni, il loio passaggio pei mezzi scolorati e termocroici non vi produce più nessuna alterazione calorifica; per modo che, silfatte variazioni nella posizione che assume il massimo di temperatura sulle zone colorate dello spettro solare, variazioni che costituivano una delle più formidahili obbiezioni contro il principio della identità, rientrano nella classe dei fatti da noi esaminati nel precedente capitolo. I dati numerici e le argomentazioni dedotte da queste va- rie indagini verranno esposti altrove: qui noteremo solamente "\ come dal loro complesso ne rimangano viemaggiormente con- solidate, e la teorica dell' identità, e la predominanza del ca- lore sulle radiazioni chimiche e luminose. Abbiamo , dunque , per fermo , che 1' azion riscaldante è una qualità generale delle radiazioni tutte vibrate dalle sor- genti luminose. Le proprietà di rischiarare e di eccitare le reazioni chimiche appartengono soltanto ad alcune specie, ed offrono talora il carattere singolare di produrre ad un tratto effetti diversi, ed anche contrari, sullo strumento o sul sen- sorio destinato a valutarne il grado di energia. Cosi adoperando due carte sensitive per esplorare la distribuzione e le forze relative dei raggi chimici contenuti nello spettro solare, il mas- simo d' azione si trova, verbigrazia, nell' indaco per una delle carte, e per 1' altra nel violaceo o nella zona oscura consecu- tiva: così il raggio luminoso meno rifrangibile dello spettro pre- senta un rosso spiegato alla vista comune, e si confonde col verde o col turchino per alcuni osservatori: i raggi situati oltre il violaceo sono invisibili per gli occhi ordinari, e visibili, in parte, a certi individui. . ,. Né qui cessano le differenze che presentano le tre spe- cie di raggi. Il più alto grado di calore nello spettro solare non si riscontra, né colla luce più intensa, né coli' azion chi- mica più vigorosa. La trasparenza de' corpi relativamente al calore, sembra, in certi casi, al tutto indipendente dalla loro trasparenza, per rispetto alla luce; poiché alcune sostanze, com- r '4*^ Sopra una colorazione ec. piutaniciitc u[)ache sono immediatamente ed istantaneamente, traversate da alcuni ragjii caloritici. I corpi bianchi rimandano talora ])er diHusione le radiazioni calorifiche incidenti, e talora le assorhi-^cono; i mezzi limpidi e scolorati esposti alle mede- sime radiazioni, le intercettano in alcuni casi e si riscaldano, mentre in altre circostanze le trasmettono liJjeramente e con- servano la ])ropria loro temperatura: se ne arguisce, che ne' corpi bianchi e ne' mezzi limpidi privi di (jualunque colore è una forza elett'uni di assorbimento^ per rispetto ai raggi calo- rifici, simile a (fuella che i colori esercitano sulla luce. Fatti consimili dimostiano in alcuni corpi ed in alcuni mezzi, ugual- mente candidi, o pei'fettamente diafani, l'esistenza di una t'orza dello stesso genere relativa ai soli raggi chimici. E tanto Tuna, (juanto r altra azione sviluppata precisamente in quelle so- stanze ove nrm ha luogo la colorazione propriamente detta, vale a dire, la forza elettiva di assorbinicnto per riguardo ai laggi luminosi, costituiscono nuovi caratteri di dissomiehanza tra la luce, il calore e la radiazion chimica. Ora ammesso il sincronismo tra le vibrazioni dell'etere, e delle molecole ponderabili, e V identità dei tre agenti (i5), principii che derivano naturalissimamente dall'ipotesi che ser- ve di base al sistema delle onde, tanti diversi efi'etti, tanti fatti slegati, si riuniscono insieme, e formano un solo tutto, ammi- rabile per l'unità di principio, e per la semplicità delle de- duzioni. (i5) Il lettore e [ir''gato ili aver presente alla memoria, che, persino in ([uesti ultimi tempi, il principio della identità della luce e del calore, quantunque proposto altre volte, come si disse nel capitolo terzo, dai nostri predecessori , costituiva non- dimeno una ipotesi quasi totalmente gratuita, e per dir meglio, una quistione im- matura. E nel vero,' come potevasi paragonare, ad un raggio di luce, il calorico rag- giante vibrato dall' accjua Ijollente, o da qualuncjue altra sorgente di bassa tempe- ratura, quando se ne ignorava tuttavia la trasmissione immediata pei corpi solidi, e la difTuiione sulle superficie prive di lucentezza? Di Macedonio Melloni i4i Il calore sviluppato ne' corpi percossi dalle radiazioni con- siste nella quantità di moto communicata dalle vibi-azioni dell' etere alle masse ponderabili ; la luce, ivAìe oscillazioni sincrone alle vibrazioni di una data serie di onde cbe assumono le mo- lecole della retina e dei corpi esterni; e l'azion cliiinica, nell' effetto di una violenta agitazione indotta dalle onde più mi- nute nei gruppi atomistici di alcune sostanze. i >■ ■l'i.iw Le onde cessano di essere visibili quando le loro pulsa- zioni sono troppo rapide o troppo lente per destare in virtù di un principio totalmente analogo alla risonanza, le vibrazioni sincrone del nervo ottico: e però la più viva sensazione di luce si produce allorcbè havvi il massimo accordo possibile tra il periodo dell' onda incidente e I' elasticità molecolare delle papille nervose che costituiscono la retina. Per le me- desime ragioni , vi sono delle onde incapaci di produrre le reazioni chimiche, ed altre dotate, al massimo grado, di sif- fatta proprietà. Da ciò segue che, tanto 1' azion chimica, quanto la luce, dipendono più presto dalla qualità delle onde eteree, che dalla loro forza ci' impulso^ o quantità di moto: cjiiindi , le zone di massima illuminazione, e di massimo efl^etto chimico non pos- sono riscontrarsi, nello spettro, colla zona di massima tempe- ratura: quindi , le azioni prodotte dalle varie radiazioni pris- matiche sulle carte sensitive, e sulle viste di alcuni individui, devono cambiare colla elasticità molecolare delle sostanze fo- togeniche, e delle retine, che si confrontano insieme. Gli effetti variabili di diffusione, di tiasmissione e di as- sorbimento che presentano le sostanze candide , ed i mezzi scolorati, risultano da una vera colorazione esistente in questi corpi, relativamente ai raggi chimici o calorifici oscuri , colo- razione invisibile^ come i raggi che le appartengono, perchè le onde etei-ee diffuse , trasmesse od assorbite , sono appunto quelle che per le loro pulsazioni, troppo rapide, o troppo lente, escono dai limiti della elasticità molecolare del nervo ottico, e non possono quindi eccitarvi nessuna specie di vibrazione luminosa. l4i Sopra una colorazione ec. La ctirta è bianca, perchè la sua costituzione uioiucolaie le permette di vibrare, con ugual l'orza, in virtù delle onde kxniinose di qualunque colore, che tutte vi patiscono, per con- seguente, una ugual dilVusione: l'acqua è limpida, perchè la sua costituzione molecolare le permette di trasmettere unit'oi- memente le medesime onde di ogni colore ; ma le onde più lunghe delle rosse non possono essere, uè diffuse dalla carta, uè trasmesse dall' acqua, dunque questi due corpi sono colo- rati. Siffatti colorì^ che non appariscoLio per l'imperfezione dell' occhio umano incapace di percepiie la serie intera delle onde eteree , si dìmostrann colla inassiina evidenza mediante gli strumenti termoscopici , che sentono^ e segnano col movi- mento dell' indice, la presenza delle onde diffuse, o trasmesse; <■ rimangono immobili, i|nando le onde sono spente in virtù della forza, colorante. Cosi dicasi di qualunque altro caso ana- logo di hiancltezza colorata per le onde più lunghe delle rosse, o più brevi delle violacee. La trasmissione calorifica dei mezzi opachi deriva dal me- ilesimo principio; poiché tutte le onde lucide possono essere intercettate nell' interno di un corpo, il cui colore gli permetta di dare il passo ad alcune onde diverse per la loro ampiezza, da quelle che producono i fenomeni luminosi. Il riscaldamento di una sostanza candida esposta all'azio- ne successiva di diverse radiazioni non è proporzionale alle forze d'impulso delle onde di varia lunghezza, che vengono a percuoterla successivamente, perchè gli elementi invisibili sono quasi tutti assorbiti alla sua superficie, gli altri, forte- mente riverberati: ma un corpo annerito riverbera una pic- ciolissima ed egual porzione di qualunque onda, ed innalza pertanto la sua temperatura in ragione della quantità di moto contenuta nell' efflusso incidente. Il calore è dunque 1' unico agente capace di nnsurare le forze relative deUe diverse onde o raggi elementari che com- pongono le radiazioni del sole e delle sorgenti terrestri. La luce, e r azion chimica non potrebbero servire all'uopo: poiché non Di Macedonio Melloni i43 sono sempre proporzionali all' energia della causa operante, e rappresentano soltanto due diversi effetti della facilità più o men grande, colla quale le molecole ponderabili seguono i pe- riodi delle onde eteree incidenti. OSSERVAZIONE. Il punto di vista generale sotto cui abbiam considerata r azion chimica, e le sue attenenze coli' azion' lucida e calo- rifica, non ci permetteva di entrare in nessuna considerazio- ne su quelle particolari sue modificazioni che costituiscono la forza negativa d' Herschel, e la continuatrice di Edmondo Bec- querel. In un secondo scritto e' ingegneremo di provare , che siffatte proprietà dei raggi meno rifrangibili dello spettro , lungi dall' essere contrarie alle teoriche sostenute nella pre- sente Memoria, servono anzi a renderle sempre più manifeste. ■ l'''l.- > .-.( \ ;\ i44 Sopra una colorazione ec. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEGLI OTTO CVi'ITOLf CHE COMPONGONO QUESTA MEMORIA. C\r. I. Prime nozioni sulV analisi della radiazion Solare, e più specialmente , della eteroge- neità dei raggi chimici .... pag. ijH Gai>. II. Colorazione chimica di alenili corpi bianda, e di certi mezzi lìmpidi e scolorati . » loi Gap. III. Costituzione dello spettro solare secondo il si- stema delle onde eteree , ed il principio della identità » io3 Gap. IV. Analogia perfetta tra gli elementi contenuti nel raggio solare, e gli elementi delle ra- diazioni vibrate dalle sorgenti terrestri. » ili Gap. V. Delle tre bianchezze, o colorazioni dei corpi i i5 Gap- VI- Indole della diffusione considerata nei colori de' corpi, nelle sostanze fotogeniche, e nelV organo della vista. Calore accpdstato dalla materia ponderabile sotto V influenza delle radiazioni. Ragione della divergenza nelle posizioni dei nmssimi di luce, di calore, e d' azion elàmica manifestati dallo spettro solare » 119 Gap. VII. Propagazione ed assorbimento delle radiazio- ni entro i mezzi atti a trasmetterle imme- diatamente » lai Gap. Vili. Unità del principio che produce le tre spe- cie di raggi, e le tre colorazioni dei corpi 1 36 i45 APPENDICE sulla colorazione di alcuni umori e membrane dell' occhio, e sulle conseguenze che ne derivano nella percezione de' colori. Ricevuta li 3 Giugno 1842. Jja visione, giusta i principi che abbiamo esposti nella pre- cedente memoria, si produrrebbe in virtù de' rapidissimi mo- vimenti di vibrazione che assumerebbero le particelle nervee della retina sincronicamente ai periodi delle onde eteree di cui supponiamo composte le radiazioni luminose : questi mo- vimenti di sincronismo, considerati per rispetto alle diverse co- lorazioni prismatiche^ non sarebbero punto proporzionali alle quantità di moto contenute nelle onde incidenti , ma nasce- rebbero propriamente dall' accordo, 0 relazione di analogia, che sussiste tra le diverse vibrazioni dell' etere, e le oscilla- zioni più facili ad eccitarsi nelle molecole nervose che com- pongono la l'etina. Le onde situate oltre i due limiti dello spettro sarebbero incapaci di destare nella retina nessun mo- vimento di vibrazione, e pertanto invisibili , perchè prive di qualunque accordo colla tensione , 0 elasticità molecolare di questa membrana. Le onde gialle sarebbero invece le più lu- cide, perchè le loro vibrazioni si conformerebbero meglio di qualunque altra colla detta tensione della retina. Egli è poi evidente che, tanto in questa teorica, come in qualunque altro modo di considerare i fenomeni ottici, la quantità di luce dipende dalla energia della radiazione, la quale viene rappresentata, nel nostro caso, dal vigore con cui si compiono le vibrazioni eteree; poiché la radiazione verde o turchina dello spettro solare, a cagion d' esempio , potrà be- nissimo, in virtù della sua poca concordanza colla elasticità Tomo XXIII. T '4^ Appendice sulla colorazione ec. molecolare della retina sviluppare , a parità di circostanze, la sola decima parte della luce recata dalla radiazione gialla ; ma le azioni luminose di queste due radiazioni diverrebbero ma- nifestamente uguali, qualora la forza delle vibrazioni nelle onde turcliine si facesse dieci volte maggiore di quella clie posseggono le vibrazioni delle onde gialle. Le relazioni tra le diverse energie di questi movimenti eterei vengono sonnninistrate dai gradi di riscaldamento che assume successivamente, sotto la loro azione, una sostanza ter- moscopica coperta di negrofumo. Ora, nello spettro solare, il riscaldamento del termoscopio annerito, debolissimo sul limite violaceo, va crescendo man mano che passa nei colori infe- riori, sino al limite rosso opposto. I due elementi della forza luminosa sembrano dunque cannninare concordemente in tutti i colori compresi tra il violaceo ed il giallo, vale a dire, che, siccome procedendo dal violaceo al giallo , lo sviluppo di luce cresce colla temperatura, o quantità di moto delle varie zone prismatiche, così potrebbe succedere che anche V accordo delle onde eteree con la elasticità molecolare della retina s'aumen- tasse nella medesima proporzione. Non affermiamo però che ciò sia veramente, poiché 1' elemento turchino , per esempio , potrebbe esercitare sulla retina la medesima azione dell'ele- mento verde, e somministrare una quantità minore di luce per sola virtù della minor (juantità di moto; quindi il princi- pio da noi adottato, relativamente alla varia concordanza delle onde eteree colle vibrazioni atomistiche della retina , non è necessario per la spiegazione dell' andamento calorifico e lu- minoso di tutta la parte dello spettro compresa tra il viola- ceo ed il giallo. Ma pare che siffatto principio diventi al tut- to indispensabile per ispiegare il decrescimento di energia lu- minosa che ha luogo dal giallo al rosso estremo; altrimenti, come si potrebbe concepire che un aumento di forza nella radiazione^ produca una diminuzione nello sviluppo della luce corrispondente? Ammettendo invece che le onde rancie e rosse concordino meno delle onde gialle colla tensione molecolare Di Macedonio Melloni i47 della retina, s' intende perfettamente che le prime, quantunque più vigorose delle seconde, possono dar luogo ad una luce meno intensa. L' ipotesi è tanto più plausibile che, spinta agli estremi, essa conduce, come si disse dianzi, ad una felicissima spiega- zione del perchè le onde chimiche situate oltre il violaceo , e le calorifiche poste oltre il rosso (le quali posseggono tutte le proprietà delle onde luminose, non esclusa la colorazione ^ vale a dire, la proprietà di essere diversamente diffuse, trasmesse, o assorbite da una medesima sostanza ) sieno invisibili all' oc- chio umano. Teniamo dunque per ferma la diversa attitudine delle onde lucide ad eccitare le vibrazioni della retina, e V- effetto massimo prodotto dal color giallo. Secondo il principio generale del sincronismo tra le oscil- lazioni dell' etere e le vibrazioni atomistiche della materia ponderabile, le sostanze che vibrano colla medesima facilità per l'azione delle onde luminose di qualunque lunghezza, sono bianche: colorate sono per l'opposto quelle sostanze, le quali vibrano più facilmente in virtù di alcune onde luminose, mo- strandosi meno sensibili all' azione delle altre ; per cui una sostanza è rossa, verde, o turchina, secondo che la tensione delle sue molecole si confa maggiormente col periodo vibra- torio delle onde eteree rosse , verdi, o turchine. Viceversa, quelle sostanze le cui molecole seguono più facilmente le vi- brazioni di tale o tal altra onda luminosa, saranno necessaria- mente colorate. Ora noi sappiamo che le onde gialle produ- cono, per virtù di consonanza l' effetto massimo sidl' organo della visione : dunque la retina non deve essere bianca , ma gialla: Prima di procedere alle osservazioni da noi raccolte in- torno a questa ijuistione, notiamo che la nostra conclusione rispetto al colore della retina suppone, in fatto di proprietà ottiche, una perfetta uguaglianza tra questa membrana e le sostanze mineiali. Ora ognuno intende che la forza vitale po- trebbe comunicare alla retina un grado di eccitabilità partico- i4S Appendice sulla colorazione ec. lare ad ogni onda colorata, la quale ecritahìlità differenziale si dileguerebbe in un colla vita; laonde, quand'anche la detta membrana estratta dall'occhio fosse bianca, come l'asseriscono tutte le opere che abbiani consultate intorno alla fisiologia dell' occhio, ed alla teorica della visione, non ne risulterebbe l)erciò un argomento contrario alla opinione da noi adottata relativamente alla massima sensazione luminosa del raggio giallo. Ma convien supporre che nessuna persona sufficientemente versata nelle applicazioni dell' Ottica abbia esaminata siffatta membrana colla dovuta attenzione; altrimenti ci pare fuor di ogni dubbio, che le descrizioni odierne dell' occhio non dichia- rerebbero bianca la sostanza uervea che compone la retina, ma la direbbero dotata di una tinta gialla ben determinata. E veramente guardando con attenzione le varie parti della retina si scorge nel suo mezzo, presso il nervo ottico, e dirim- petto al cristallino , uno spazietto tinto di giallo , più o men carico, che porta impropriamente il nome di macchia di Soèm- inerìng., essendo stato osservato e descritto prima del Soémme- ring dal nostro compatriota Buzzi (i). Il colore di questa mac- chia , parecchi giorni dopo 1' estrazione dell' occhio , si trova ancora eguale in vigore a quello eh' essa manifestava pochi momenti dopo la morte dell'individuo, e pare anzi sbiadare alquanto col tempo piuttosto che crescere di valore : per cui tutto e' induce a credere che la macchia del Buzzi formi una condizione normale della retina; ed intorno a ciò, non muo- vono infatti nessun dubbio i periti degli studj anatomici. Ammessa pertanto 1' esistenza indubitabile della macchia gialla, si sezioni il globo dell'occhio in guisa, che il taglio passi pel centro, si vedrà che la grossezza della retina va cre- scendo manifestamente dall' orlo rivolto verso il cristallino alla parte centrale, ove sta per l'appunto situata, come dicemmo pocanzi., la macchia gialla. Questo fatto, da noi verificato con (i) Buzzi Nuoi^e sperienze fatte sull'occhio umano. Opuscoli scelti di Milano per I" anno 1782. Di Macedonio Melloni i49 molta cura, non presenta d' altronde un' ombra di dubbio, es- sendo già noto nella scienza per le osservazioni di Soèmme- ring, di Langenbeck, e del chiarissimo nostro compatriota Ste- fano delle Chiaje. Una delle maniere più semplici di porre in evidenza que- sta grossezza ineguale della retina consiste a dividere l'occhio per metà, circa, nella direzione normale all'asse; reciso quindi il nervo ottico interiormente, presso la coroidea, ed estratta la retina dall' emisfero posteriore, si libera diligentemente dall' umor vitreo, dal pigmento, e da qualunque sostanza eteroge- nea, e si partisce poscia in quattro settori eguali per modo che i due tagli perpendicolari passino pel centio della macchia Buzziana: si stende infine uno di questi settori sopra una la- minetta di vetro dirigendo uno de' suoi lati rettilinei lungo 1' orlo della lamina: operazioni tutte che si compiono facilmente entro un vaso ampio e poco profondo pieno d' acqua pura, e mediante i più semplici strumenti anatomici , le mollette , la forbice, ed il bisturi. Si asciuga infine accuratamente con un pannolino la lamina, e la sovrapposta porzione della membra- na. La semplice ispezione ad occhio nudo del lato che corre lungo la lamina basta per mostrare che la retina decresce no- tabilmente di grossezza andando dal centro del settore alla cir- conferenza; ma esaminata la sezione con una lente che ingran- disca 5o, o 60 volte, si vede inoltre che la profondità è mag- giore di molto nella parte centrale , precisamente ove sta la macchia del Buzzi, al terminar della quale havvi un rapido decrescimento , che si cambia poi in una gradazione dolcissi- ma, la quale continua sino all' opposta estremità. Ora tutti sanno che nei mezzi diafani le colorazioni leg- giere non cominciano a manifestarsi se non ad una certa pro- fondità. Siamo pertanto naturalmente condotti ad ammettere, che il color giallo della macchia buzziana non derivi da una colorazione speciale a quel dato spazio della retina da essa oc- cupato, ma provenga invece da una tinta diffusa in tutta la massa; la quale tinta, insensibile nella massima parte della i5o Appendice sulla colorazione ec. retina, perchè debole e propria di un corpo diafano sottile, si la visibile nella parte centrale in forza della maiigiore pro- fondità ivi dominante. Così tuffando entro un liquido leggier- mente colorato le estremità di parecchi tubi di vetro di dia- metro diverso, le colonne sollevate nel loro interno per l'azio- ne capillare si veggono limipide e perfettamente scolorate nei cannelli più minuti, mentre la colorazione apparisce distinta ne' tubi, il cui vano è sufficientemente ampio. Questa nostra opinione trova poi appoggi saldissimi nelle osservazioni seguenti. La macchia gialla della retina uon ha contorni ben deter- minati, ma vanienti, come deve appunto succedere in un mezzo che perde il proprio colore per un assottigliamento, rapido sì, ma graduale: tuttavia si può distinguere, a un dipresso, la se- parazione tra il giallo, e la porzione che non possiede in ap- parenza nessuna colorazione, e segnarla con un tratto di penna o di matita, nella lamina sottoposta. Notato dimque il limite del giallo suU' orlo del vetro , quando guardasi il settore in direzione perpendicolare , si ripeta 1' osservazione sotto una grande obbliquità, ed in guisa che la parte più profonda della retina sia anche la più vicina all' occhio : si vedrà il confine del giallo oltrepassare il tratto segnato sulla lamina; dunque la colorazione gialla sussiste anche intorno alla niaccliia buz- ziana, e la sua invisibilità, nei casi ordinari è dovuta alla poca profondità traversata dal raggio visuale. Per mostrare che lo stesso colore trovasi del pari nelle parti estreme, basta avvolgerle una o due volte sopra se me- desime; le pieghe si veggono in tal caso assumere una tinta giallognola, analoga al colore della macchia centrale. Quest'ul- tima sperienza esige una retina fresca , ben purgata di ogni mucosità, non macerata a lungo neiract[ua, ma lasciata il me- nomo tempo possibile nel detto liquido: è. parimenti necessa- rio, per la riescila dell' esperimento, che le parti sovrapposte combacino perfettamente, senza interposizione di bollicine d'aria d' acqua, od altre sostanze, le quali impediscano la trasmissione Di Macedonio Melloni l5i regolare, e convertendo la luce diretta in luce diffusa, tolgano la vista del colore appartenente alla retina. È noto infatti che le tinte pallide di una sostanza trasparente, come sarebbe ver- bigrazia il vetro leggiermente colorato, aumentano in vigore quando parecchi strati della medesima specie vengono sovrap- posti intatti e puliti ; ma smerigliate le superficie in guisa da renderle scabre, o spezzate le lamine levigate e formatone un ammasso di minuti frammenti, gli sfregi superficiali e il mi- scuglio deir aria distruggono qualunque apparenza di colora- zione. Buzzi ebbe occasione di notomizzare gli occhi di due in- dividui morti in istato d' itterizia , uno de' quali vedeva gli oggetti co' loro colori naturali, e l'altro, tinti di giallo: il pri- mo aveva la macchia centrale un po' più viva del solito , e bianco come d' ordinario , il rimanente della retina ; nel se- condo , per r opposto , tutta la retina si era ingiallita , ed il colore della macchia centrale sommamente esaltato (i). Queste due osservazioni vengono esse pure a confermale la nostra opi- nione suir indole della macchia buzziana; poiché lo sviluppo del giallo nella parte più sottile della retina produce un ac- crescimento notabile di forza nel colore nella parte centrale, che è la più profonda; ed un aumento di colorazione troppo debole per apparire sulla parte sottile, si mostra solamente efficace nella parte più crassa del centro. Dal secondo caso emerge poi l'importantissima dimostra- zione che i raggi luminosi operano sulla retina come su qua- lunque altro corpo colorato, e che la tinta gialla di siffatta membrana le comunica veramente nello stato di vita la facol- tà, da noi presupposta, di percepire il giallo più fortemente degli altri colori prismatici. Le conclusioni contenute nella nostra precedente memo- ria intorno alla diversa energia delle percezioni luminose, sono (') Vedi la citata memoria del Buzzi. " i5i Appendice sulla colorazione ec. dunque maravigliosamente confermate dalla colorazione della retina. Né qui cessano i dati favorevoli alla nostra teorica. La retina è per noi un corpo viijiante sotto l'azione delle onde eccitate nell'etere dai corpi luminosi, un corpo compara- bile, in certa qual guisa, ad uno strumento musicale che risuoni per virtù delle onde sviluppate nell'aria dai corpi sonanti. Ora quasi tutti gli strumenti perdono coli' uso le reciproche rela- zioni delle loro note normali, diventano cioè, più o meno, scordati. — Cosi succede anche per rispetto alla retina. — E veramente , notomizzando gli occhi di parecchi individui ab- biamo trovato costantemente la macchia gialla tanto più pal- lida, quanto più l'occhio era invecchiato. Questo im|)allidire della macchia buzziana , facilissimo a veriticarsi ( quantunque notato da noi, a quel che pare, per la prima volta ) dimostra che il tempo altera a poco a poco i rapporti di energia delle vibrazioni diverse che le onde prismatiche imprimono alle mo- lecole nervee della retina. — Ma la natura oppone a sirtatto sconcerto una di quelle tante provvidenze che ci fanno ad ogni passo maravigliare nello studio dei fenomeni organici. 11 cristallino è perfettamente limpido e scolorato sino all' età di 2-5, o 3o anni, passato il qual periodo, esso comincia a sviluppare una leggierissima tinta giallognola, che aumenta di vigore colla età, ed uguaglia finalmente il più vivo colore dell' ambra gialla nei vecchi di 7.5 ad 80 anni. Per ben intendere 1' azione che questo singoiar fenomeno esercita sulla visione , è d' uopo considerare che 1' affievoli- mento della tensione differenziale di cui sono dotate le mole- cole della retina per rispetto alle onde elementari, tende ma- nifestamente a renderle di più in più indifferenti alla qualità., o vogliam dire al colore dell' onda incidente; questo affievoli- mento , in termini più precisi , toglie gradatamente al raggio giallo la sua preponderanza sulle sensazioni eccitate dagli altri raggi luminosi. Ora il cristallino negli uomini attempati assor- bisce, durante il passaggio delle radiazioni, la luce gialla meno Di Macedonio Melloni i53 delle altre e riproduce pertanto nei raggi Iluiiìiiosì di vario colore quelle differenze di energia che si palesavano prima air organo visivo in forza della sola coloi-azione della retina. A confermare siffatta legge di compenso, abbiam fatto il seguente esperimento. Levato il cristallino, ed isolata la por- zioncella di retina che porta la macchia del Buzzi dagli occhi di parecchi individui di varia età, si posarono i cristallini sulle rispettive macchie retiniche : i diversi sistemi ci appar- vero tutti egualmente colorati. L' esperienza ,' spinta ai due limiti opposti, è veramente curiosa, perchè, siccome nella prima gioventù tutto il giallo, è per cosi dire, concentrato sulla reti- na a cagione della perfetta limpidità del cristallino, così nell' ultima vecchiaja la retina lia perduta ogni traccia di colora- zione, mentre il cristallino si trova allo stato di massimo in- giallimento. Quindi in siffatte circostanze basta porre a con- fronto la macchia buzziana del giovane col cristallino del vec- chio: ed allora questi due corpi di costituzione si diversa, si veggono ambedue tinti del medesimo colore. La comparsa, e il progresso della tinta gialla nel cristal- lino sarebbe dunque un vero processo di accordatura per ri- spetto alle consonanze dell' occhio sotto 1' azione dei diversi colori, e produrrebbe, colle sue differenze di assoi-bimento sugli elementi della luce trasmessa, tali alterazioni nelle loro energie lucide relative, che giugnendo essi sulla retina , vi eccitereb- bero sempre le medesime sensazioni. — Cosi si concepisce perfettamente perchè il bianco si conservi bianco per noi in qualunque età malgrado la colorazione crescente del cristal- lino. Altrimenti l'interposizione di un mezzo giallo tra gli og- getti e la retina, senza 1' apparizione di un colore analogo, sa- rebbe uno dei fenomeni più strani ed inconcepibili della vi- sione. Questa specie di mistero ottico ha forse trattenuto sinora la massima parte dei fisici dal parlare delle alterazioni, nota- bilissime, che si manifestano successivamente nella tinta del cristallino, alterazioni osservate da cento e più anni dal me- Tomo XXIII. U I •'^4 Al'I'ENDICE SULLA COLORAZIONE CO. ilico iiaiicese Petit, e da lui descritte nelle Memorie della II. Accademia delle scienze di Parigi, per Fanno lyHf. Noi confessiamo ingennamente cIk; l'esistenza di una co- lorazione nel cristallino e nella retina ci era del tnlto ignota, (juando un giovane medico e fisiologo di bellissime speranze, il tlottor Demaitino, che trovavasi presente alla lettura dtdla nostra Memoria sulla radiazione solare, ricluamò la nostra at- tenzione sulla macchia del Buzzi, ed ebbe in seeuito la "eii- tilezza di prestarci la sua efficacissima assistenza nelle osser- vazioni suindicate, dalle quali risulta, se non c'apponiamo, uno de' pili validi argomenti che si possa desiderare in favore del principio di massima consonanza delle onde gialle , colle vibrazioni molecolari della retina ; principio al (piale fummo condotti dalla sola discussione delle energie lucide e calorifiche appartenenti ai diversi eleuienti dello spettro solare. I sistemi scientitici non sono pertanto si sterili, o nocivi, come lo pretendono certe scuole moderne, che attenendosi, forse con trop))a severità, ai soli fatti e alle loro conseguenze immediate, condannano altamente h; idee ipotetiche destinate a riunirli in un solo corpo di dottrina. Se queste nostre os- servazioni spargono qualche lume sulla tisiologia delle varie gradazioni di giallo sviluppate successivamente nel cristallino e nella retina, ciò deve, senz' alcun duf)bio, attribuirsi alle idee sistematiche colle quali abbiain cercato di rendere ra- gione delta divergenza tra le posizioni che assumono i massimi di luce e di calore nella radiazione solare decomposta col prisma. E, passando alle piii importanti scoperte, chi iKm sa che .loung e Fresnel giunsero alle stupende loro teoriche de' fe- nomeni della ditfiazione, e della rotazione del piano di pola- rizzazione de' raggi luminosi, mediante la supposizione dell'etere e delle sue vibrazioni 'f Taluni obbietteranno, forse, la tendenza pericolosa che imprimono alla scienza le ipotesi, ed i sistemi. Ma dove sta, di grazia , il pericolo, ([uaiido si distingue accuratamente la Di Macedonio Melloni i55 parto ipotetica da quella che è ben dimostrata dal tatto e dalla osservazione? Le ipotesi, secondo il parere di tutti co- loro che vanno in cerca di nuove verità nelle scienze natu- rali, lungi da riuscir dannose, nello stato presente di queste scienze, sono anzi di molto utile per la loro attitudine a sug- gerire esperienze ed argomentazioni, le quali non sarebbero torse mai altrimenti cadute nel campo della discussione. I.)() SAGGIO I>I TEOUIA MATEMATICA (Iclld tIistr//'r/zìo?ic delV elettricità sitllii fiipcrfieìe dei corpi ciniiliittori iifir ipotesi delV azione indiitti^vi csercitiita didhi ìiiedesima sui corpi circostanti, per mezzo delle j'articelle dell' aria frapposta. DEL CAVALIERE AAIEDEO AVOGADRO Ricei>uto li 28 Giugno 1 842. In tluc IMeiiiorie pubblicate nel 1806 e 10C7 nel Journal de pliysiipie de La MétJierie T. 03 e 65, sotto il titolo di Con- sideratiojìs sur l'état dans le quel doit se tronver line conche de corj)s ì/on-condnctcnr de l'électricité, lorsrjn'elle est interposée entrc dcux surfaces doiiées d'electricité de differente espèce , io avea cercato di dimostrare, per mezzo di considerazioni tratte dai fenomeni del rinascimento apparente dell' elettricità nell' atto della separazione di due lastre di vetro insieme caricate, e quindi scaricate, clie Tinduzione per cui una superficie ele- trizzata tende a produrre un' elettricità di specie opposta in un' altra snpcrlicie da essa disgiunta da uno strato di corpo isolante, sia clie questo sia solido, come nella carica delle la- stre di vetro, sia clie esso sia gazoso, come 1' aria che circonda i colpi conduttori elettrizzati, non si esercita che per mezzo d'una jìarticc.lai- modificazione, o stato di tensione impresso alle moleeolt; di questo corpo isolante frapposto tra il corpo elettrizzato, e il corpo che ne subisce 1' induzione. Io aveva poi fin d' allora avvertito, che dai principj re- lativi a questa maniera d' agire, quando essa l'osse ammessa, do\ (Nuio dedursi le lenai d(>lla distribuzione dell' elettricità sulla superficie tanto dei corpi conduttori isolati , a cui essa Del Cav. Avocadro i 5'J sia comunicata, che su quella de' corpi estranei posti in loro presenza, secondo la diversa forma di questi corpi medesimi, e la loro relativa situazione, da cui dee dipendere la più o men libera coriispondenza di ciascuno dei loro punti con su- perficie, in cui possano per mezzo dell' accennata modificazione dell' aria frapposta, produrre una contraria elettricità, o di cui r attuale elettricità eserciti su di loro un' azione induttiva ; che quindi non erano piìi immediatamente applicabili a tale ricerca i calcoli dedotti dall' ipotesi di un' azione a distanza, attrattiva e ripulsiva tra le molecole del fluido o de' fluidi elettrici, esercitata anche attraverso ai corpi conduttori mede- simi, ipotesi che avea fatta la base della teoria matematica di tale distribuzione, seguita da Coulomb, Poisson, ed altri autori. I risultati di questi calcoli si erano trovati in vero più o meno prossimamente conformi alle sperienze; ma io avea pensato che un' uguale prossimità, quanto ai risultati finali, si sarebbe pure ottenuta, istituendo i calcoli su quella nuova base, rela- tiva alla teoria dell' induzione, i fenomeni considerati sotto questi due aspetti essendo forse a un dipresso equivalenti, seb- bene non fisicamente identici nella loro produzione , ed avea anche poco dopo la pubblicazione di quelle due Memorie co- municate all'Accademia delle Scienze di Torino alcune mie idee a tale riguardo. Recentemente il Sig. Faraday da sperienze, e considera- zioni d' un altro genere, da lui esposte nelle serie undecima, e dodicesima delle sue Ricerche sperimentali suU' elettricità., pubblicate nelle Transazioni Filosofiche del i838, fu anch'egli condotto ad ammettere quella stessa ipotesi di una modifica- zione del corpo isolante frapposto tra due superficie elettriche, per ispiegare la forza d' induzione che 1' elettricità nell' una risiedente esercita sull' altra, ed egli fece pure osservare, che i calcoli dedotti da una semplice azione a distanza , per ista- bilire le leggi della distribuzione dell'elettricità sui corpi elet- trizzati, e su quelli esposti alla loro azione induttiva, non aveano più una base reale. Senza però poter entrare, come egli si i58 Saggio di Teoria ec. esprime, nel Ibiulo dell'analisi matematica di Poisson su tale distribuzione, egli pensa che la teoria da lui stabilita in ([nelle due memorie, e i risultati da lui ottenuti non possano trovarsi in contradizione con quelle conclusioni di Poisson, die riguar- dano la disposizione e lo stato finale delle forze nel piccolo numero di casi die Poisson ha considerati, quantumpie esse suppongano una maniera d'agire affatto diversa da (piella che si verrebbe ora ad ammettere. In tale stato di cose, io ho creduto opportuno di ritor- nare ad occuparmi di questo punto , e di far conoscere un saggio di calcolo relativo alla distribuzione di cui si tratta, già da lungo tempo da me tentato, partendo da quella base dell' azione propagata per 1' intermezzo delle particelle dell' aria ; calcolo di cui i risultati, secondo gli accennati principi, doves- sero sostituirsi a quelli dell'azione a distanza, e paragonarsi ([uindi colle sperienze conosciute a tale riguardo, per vedere sino a qual punto essi vi si potessero accordare, e tale è l'og- getto di questa Memoria. Ho detto un saggio di calcolo, poiché lungi dal propormi di esaurire tutta 1' estensione di questa ricerca, mi limito qui all'esame d' un caso solo, affatto particolare, della distribuzione dell' elettricità sulla superficie dei corpi conduttori. Cerco di determinare « la legge secondo cui l'elettricità dee distribuirsi « sui diversi punti della superfice di due sfere isolate ugnali po- « sta in contatto, e che si trovano altronde abbastanza distanti (( da ogni parte dai corpi circostanti, perchè questi possano ri- (( guardarsi come posti tutti a ugual distanza da qualunque <( punto dei diu^ globi elettrizzati, o che torna allo stesso, come (( formanti una superficie sferica, di cui il centro sia occupato « dai due globi suddetti considerati come un solo punto. » Io non ho né anche compiutamente risolto questo problema, che secondo F aspetto sotto cui ([ui Io riguardiamo, dipende, come si vedrà, da considerazioni assai complicate, e di cui alcune non sono forse suscettibili di essere sottoposte al calcolo nello stato attuale delle nostre coenizioni. Ma i risultati a cui io soii Del Cav. Avogadro i^f) giunto, paragonati colle sperienze, sono tali da indurci a cre- dere, che una soluzione compiuta della questione condurrebbe ad una perfetta contbrnntà colle medesime, e giustificherebbe cosi i principi su cui il calcolo è fondato. 11 principio da cui si tratta qui di dedurre le leggi della distribuzione dell'elettricità sidla superficie de' corpi, consiste essenzialmente nel dire, che non si può avere elettricità sulla superficie d' un corpo , senza che vi sia una quantità uguale d'elettricità di specie contraria sopra un'altra superficie se- parata dalla prima da uno strato di corpo isolante. Secondo questo principio è chiaro primieramente che nessun punto d' un corpo elettrizzato , o d' un sistema di corpi eletti'izzati posti in comunicazione , può avere un' elettricità di specie contraria a quella d' un altro punto dello stesso sistema, co- me ciò è conforme all' esperienza , e che conseguentemente l' elettricità in ciascun punto non può sussistere che per la sua relazione colla superficie de' corpi estranei. Quindi la den- sità dell' elettricità in ciascun punto o elemento della super- ficie d' un sistema elettrizzato, quando non si abbia riguardo che alla corrispondenza in linea retta tra le eletti-icità contra- rie dei punti del sistema, e di quelli dei corpi circostanti , dee essere in ragione della porzione di sfera formata dai corpi circostanti, alla quale ciascun punto di quel sistema può corrispondere in linea retta, senza interposizione di alcuna parte del sistema medesimo, diminuita tuttavia tale porzione, relativamente all' influenza di cui si tratta, nella maniei'a con- veniente , dall' obbliquità più o men grande , sotto la quale questo elemento della superficie del sistema si presenta ai di- versi elementi della stessa porzione di sfera. Ho detto quando non si ha riguardo che alla corrispondenza delle elettricità con- trarie in linea retta , perchè la teoria e l' esperienza pajono accordarsi a mostrare ( come Faraday lo ha recentemente ve- rificato ) che questa corrispondenza si esercita pure in parte in linea curva; ma pare difficile di apprezzare teoricamente questa porzione dell'azione elettrica d'induzione; onde ci con- i6o Saggio di Teoria ec. teuterenio qui di calcolare 1' azione in linea retta, e potremo considerare come almeno in parte raggiunto lo scopo di que- sto saggio, se i risultati teorici che otterremo, paragonati colle sperienze oftriranno un errore che sia nel senso d(!ir errore che dee essere prodotto dall' ommissione di questa conside- razione. Applicando (juesti princijjj al caso di due globi A , B in contatto [fig. i/ ), per trovare il rapporto della densità dell' elettricità tra il punto g del globo A posto alla distanza di 90, o pili gradi dal punto di contatto /, ed un altro })unto h po- sto ad una distanza angolare data hi dallo stesso punto di contatto, punti di cui il primo ha per superticie libera ne' corpi incostanti una mezza sfera superiore al punto tangente in ([uel punto al globo A, converrebbe calcolare primieramen- te, e astrazion fatta dall' accennata influenza della diversa ob- bli(piita, la porzione di superticie libera che il globo B inter- cetta al punto //, sottrarla dalla mezza sfera, e determinare il rapporto che la porzione rimanente avrebbe colla intiera su- perficie della mezza sfera. Ma inoltre tra le diverse porzioni della superficie libera, alle quali il punto g per esempio cor- risponde, la sola che contribuisca all'elettricità, presa dal punto g, o da un elemento di superficie posto attorno ad esso, in ragione della sua estensione, è quella che corrisponde perpen- dicolarmente alla superficie del globo A in g ; le altre porzioni che gli corrispondono obbli([nameiite non concorrono all'elet- tricità che questo elemento può prendere, che per una parte proporzionale alla loro estensione moltiplicata pel seno dell'ob- blicpiità che essi presentano relativamente allo stesso elemento. Così per esempio la porzione ^ Saggio di Teoria ec. convieiu; calcolare <|uale porzione di siiperticie libera sferica, formata dai corpi circostanti, corrisponda al punto C, avuto riguardo all' ohbliquità di ciascuna porzione, poiché si sa che al punto H corrisponde un'intera mezza sfera di supertice li- bera, sottoposta alla stessa intluenza della diversa ohbliquità delle sue parti. Per facilitare 1' esposizione dell' analisi per ciò richiesta faremo dapprima astrazione da quell' influenza dell' obl)hquità di [)osizione delle diverse porzioni della sfera libera: la que- stione si riduce allora a f[uesto proiilema geometrico. Si con- cepisca una mezza sfera avente per centro C, jìosta al dissopra del piano tangente in C al globo A ossia CHOI, piano di cui la linea MCL rappresenta la projezione; si dee determinare l'area della porzion di superfìcie di ([uesta mezza sfera, che è intercetta dairinterposizione della porzione del globo B ossia FSOP situata al dissopra di questo piano MCL. La porzione della superfice sferica intercetta dal globo B intiero sarebbe ([nella d' nn segmento sferico formato dalla rivoluzione dell' arco che misura 1' angolo DCB su quella superfice, sferica at- torno alla linea GB prolungata sino a quella superficie, e che terminerebbe il cono QCR formato da tutte le tangenti tirate dal punto G al globo B. La siqierficie cercata è la porzione della superficie di questo segmento , che si trova al disso})ra del piano MCL. cioè d' un piano, con cui l' asse del segmento forma im angolo BCL. Supponiamo i due angoli DCB e BCL conosciuti, e clùamiamoli / ed jf rispettivamente. Il problema si riduce cosi al seguente: dato un segmento sferico afbcei (fig. 4-" ) formato dalla rivoluzione d'un arco «e, che misura un angolo =/, attorno all'asse «O, trovare la porzione afbcdhi di questo segmento separata da un arco di cìrcolo massimo, che passa ad una distanza dal punto a uguale all' arco ad mi- sura dell' angolo dato .>, ossia di cui il piano fa col piano del circolo aOm l'angolo rtOc/=.y. Basterà perciò trovare la super- fice aìirdhi^ poiché ahfì è la superficie del semi-segmento che si suppone conosciuta, od anche semplicemente abcd metà di Del Gav. Avogadro j63 abcdhì. Ora questa superficie abcd è Tacile a determinarsi re- lativamente a quella dell' intiera mezza sfera. Prenderemo per- ciò per unità il raggio della sfera, e indicheremo con n il rap- porto del diametro alla circonferenza facendo passare pei punti a, e l'arco di circolo massimo «e, si avrà abcd=iabc->ir acd. Ora abc, è la superficie d' una porzione di segmento sferico , che sta a quella del segmento sferico intiero (i — cos.^'). ii:;r, come r arco bc sta al circolo bcehf^ o come mi sta a ajr , o come r angolo sferico abc o 1' arco che lo misura sta allo stesso Q.JI. Quest' angolo abc è il complemento dell' angolo dac , e r angolo dac si determina per mezzo del triangolo sferico dac^ rettangolo in d, in cui si conosce il lato ac-=s\ e il lato ad=.s^ d'onde cos. (Zac =cot.i'tang.5 = ^^^^^, e per conseguenza anche sen.aèc=-^^^^^, , ossia Z'tìc = arc. (sen. = -^^-^^^l . Si ha dun- tang.i' ' s \ tang.i' ^ que, secondo quello che sopra si è detto, a7r: are. isen. = "^"^'M.:(i — cos.y)a7r: superficie aèc, e quindi questa superficie ; / i\ I tane.s \ = ( I — COS. j lare. 1 sen. = - — s-r 1 • Quanto alla superficie del triangolo sferico dac-, essa si troverà osservando che si ha l'angolo ade, retto, ossia =3Jr; l'angolo ' 1=, /r ì!:i^ 1 sen.^ l/i— 4cos.S Per altra parte l'angolo LGE è evidentemente =6. Si ha dunque sen RPT (a — cosg)cos.^ sen.S acos.^ — cos^S — sen.'ff l/s — 4cos.^ l/«— 4cos.^ 1/5— ^cos.^ 2C0S.S— I T>OT / (aros.S — I)* = -^=^= , e COS. BCL = I / 1 — ^^ — 1 — 3- . lOò Saggio di Teoria ec. Si osserverà che questo seno, e per conseguenza Tangolo stesso BCL diviene nullo (juando cos.^ = ^, ossia O^ho" e intatti (|uest' angolo dee divenir nullo quando la linea GB si confonde colla linea CL tangente al punto di cui si tratta, il che ha luogo nel punto C, ove questa linea GB diviene essa mede- sima tangente al circolo A , nel cpial caso il triangolo G'BA rettangolo in G' ci dà realmente , come è facile vedere , cos.^ = cos.C'AB = ^. Se cos.0 è maggiore di i, BGL, col suo seno, diviene negativo. In conseguenza degli indicati valori avremo per la super- fìcie libera corrispondente a un punto qualunque G della su- perHcie del globo A (osservando che H^Ilégj^ = ^'-"•BCLcos.DCB ' ° ^ tang.DCB ros.BGLseii.ECB ' r espressione •27T- (.cos.^-).j/(i -^3Ìr.)VU-4cos.ti) 2arc.lsen.=: ^ '■ J 1; l/(^-4cos.g).^ ,-4.os.. l/('-.^=4^) che fatte le riduzioni diviene 2jT I sen.É/ JJ/ y e— 4''03.^/ -+-2arc Quest'espressione della superficie libera corrispondente al punto G sussiste anche nel caso che cos.^ sia maggiore di i, e che per conseguenza la porzione di segmento da sottrarsi dalla mezza sfera ì^t divenga minore del semi-segmento sferico, l'angolo che dee allora divenir negativo prendendo da se stesso un va- lor negativo per la sostituzione del valore di 0. Quando cos.^=5 Del Cav. Avogadro 167 la somma dei due ultimi tennini, la quale rappresenta la su- perficie corrispondente all' angolo BCL diviene nulla , poiché quest' angolo stesso è allora zero; la superficie da sottrarsi dalla mezza sfera si riduce allora semplicemente a ^['-l/(^34k-.)]- che è la superficie del semi-segmento sferico. È poi facile ve- dere che r espressione intiera si annulla come ciò dee essere tacendosi 0 = o, cioè pel punto 0 di contatto dei due globi , ove non vi è più superficie libera a cui esso corrisponda ; e che essa diviene 2,;r, cioè uguale alla superficie della mezza sfera prendendo per 6 l'angolo retto, cioè riferendola al punto H, che corrisponde infatti alla mezza sfera di superficie libera senza impedimento del globo B. Se ogni porzione della superficie libera a cui ciascun punto della superficie di un corpo elettrizzato corrisponde, avesse un' uguale influenza sulla densità dell' elettricità che questa cor- rispondenza gli permette di prendere, l'espressione trovata di questa superficie libera nel caso dei due globi in contatto pei [)unti di ciascuno di essi, posti ad una distanza angolare qua- lunque dal punto di contatto, rappresenterebbe pure la legge della densità che l'elettricità dee offrire in questi diversi punti. Ma come sopra abbiamo veduto quest' influenza della superfi- cie libera è diversa, nelle sue diverse porzioni, secondo la va- ria obbliquità con cui queste corrispondono all' elemento di superficie elettrizzata. Conviene adunque introdurre ora nel calcolo questa considerazione, da cui fin qui avevamo fatta astrazione. ; Cerchiamo primieramente il rapporto della densità elettrica di un punto, dovuta ad una mezza sfera compiuta di superfi- cie libera, secondo questa considerazione, a (juella che avrebbe luogo nel caso di un' influenza uguale di tutte le sue porzioni. Sia AaB {fig. 5") la supeificie del corpo elettrizzato, e D/E la mezza sfera di superficie libera al dissopra del piano tan- t'><^ Saggio di Teoria ec. i;eutc al punto a senza che alcun corpo vi si frapponga : la densità elettrica al punto «, per la sua corrispondenza con una piccola porzione di superficie ce presa ad un' altezza qualunque sulla mezza sfera sta a quella che lo stesso punto a può j>ren- dere per la sua corrispondenza colla piccola porzione fg^=ce in superficie che le corrisponde perpendicolarmente , come il seno deir angolo raE sta al raggio, secondo quello che sopra abbiamo detto; cioè si avrà la densità dovuta alla corrispon- denza con ce uguale alla densità dovuta alla corrispondenza con fg^ moltiplicata per sen.c«E, tacendo il raggio della super- ficie sferica = i . Se dunque si chiama i la densità dovuta alla porzione fg^ e che se fosse pur quella dovuta a tutte le por- zioni ce di superficie libera, darebbe la densità totale di elet- tricità nel punto a rap[)re3entata dalla superficie della mezza sfera 2.t, come prima V avevamo supposto, e si indichi con d l'angolo caE, la densità dovuta alla porzione ce di superficie sarà espressa da sen.6'. Ciò posto per avere la densità dovuta alla differenziale cime di superficie sferica compresa tra due circoli massimi infinitamente vicini aventi il loro polo in /", e due circoli paralleli a DE, pur anche vicinissimi, bisogna mol- tiplicare cline per sen.d. Ora si ha chne = ce.ch = /W.d^cos.d ^ chiamando ^ una porzione del circolo massimo orizzontale DE, compresa tra un altro circolo massimo avente il suo polo ìnf-, e di posizione arbitraria, e il circolo massimo /)« su cui si trova la differenziale. Si avrà dunque la densità dovuta a questa porzion differenziale di superficie espressa da dO.d^.cos.dsen.d., e per conseguenza la densità dovuta a tutta la mezza sfera di superficie libera, rappresentata da ffddd^cos.dsen.d., l'una delle integrazioni essendo fatta relativamente a d da 0 = 0, sino a d = ^7T:, e l'altra relativamente a ;^; da ;:t=o sino a X^='^^ che è la circonferenza intiera. Facendo prima questa seconda integrazione l'integrale si riduce a 2.7T fddcos.Oseu.O ^ e si ha \m\ fddcos.dsen.6=^i^scn.'8, che al limite 0 = i;r diviene =|. La densità dovuta alla mezza sfera di superficie libera è dun- (jue semplicemente espressa dalla metà di un-, cioè da tt. Del Cav. Avogadro r6g invece che quando non si avea l'iguardo all' ohbliquità delle diverse porzioni di questa superficie essa era 2,;r in parti di una stessa unità, e così doppia di questa. Per avere ora secondo lo stesso principio la densità elet- trica in un punto qualunque di un globo in contatto con un altro globo uguale, in conseguenza della porzione di superfi- cie libera che gli corrisponde, e avuto riguardo all'obbliquità delle diverse parti di questa relativamente all'elemento posto in quel punto, converrà pure determinare per mezzo del cal- colo integrale la quantità di superficie libera cosi modificata formante una porzione qualunque del segmento sierico che sopra abbiamo considerato, e ciò a qualunque altezza, al dis- sopra del piano tangente a quel punto, si trovi il punto di mezzo del segmento. A tal fine sia ABD {fig- 6") la mezza sfei-a al dissopra di questo piano tangente ; EcF la porzione di segmento di cui si tratta, avente il suo punto di mezzo in a elevato dall'arco ab sopra al piano tangente ; AaD un mezzo circolo massimo che passa per questo punto, e pei due punti A, D. Siano inol- tre. AmD, Aw'D due circoli massimi infinitamente vicini fatti passare per gli stessi punti A, D, e di cui il primo passa pure pel punto m elevato sopra al punto a dell' arco am=-t \ ed oA, sz due archi di circoli massimi perpendicolari al circolo mas- simo AaD, e di cui il primo cade in h ad una distanza ah=v dal punto a. L' elemento del a.° ordine della superficie del quarto di segmento ani sarà il parallelogrammo obbliquangolo pqrn compreso nelle intersezioni di questi circoli, e di cui la base sarà r/i = d[mr), e l'altezza un piccolo arco di circolo uguale ad mm'.cos.{mr), ossia dt.cos.{mr); quest'elemento del la superficie avrà dunque per espressione d{mr).dt.cos.{mr). Ora si osserverà che il triangolo Urli rettangolo in h ci dà cot.Dn=cot.AD.cos.aOT, ossia (poiché ah è il complemento di AD, ed mr il complemento di Dr), tang.wz/- = tang.a/z.cos.rt7?z = tang.i.'cos.;, : , , To??io XXIII. X 1 7<^ Saggio di Teoria ec. i> |)er conseguenza cos./nr-= l/(i-+-taiig.^wcus.'/) l/(c'js.='v-t-sen.'vcrji.'t) (/(i— sen.^yseii.»/) ' E da questo valore di cos. mr si dedurrà pure d(mr)=d.arc. (cos. = —r, — '^^ ) espressione che eseguita la ditterenziazione per rapporto a v si troverà ridursi a 5!:^^ — -. La nostra suijerficie ditferen- ziale sarà dunque (h'Cùs.t dtcos.v ■ dt. di'. cos.vcos.t ossia . I — sen.'iseii.'i ' fX(i — s,i:n.'i>àon.^t) (i — sen."i>sen."?) Se si integrasse quest' espressione differenziale dapprima per esempio relativamente a v da p = o, sino a v=at^ cioè sino al valore di v che è intercetto da un arco di circolo mas- simo tradotto pel punto g d'intersezione dell'orlo del segmento coir arco mD. e cadente perpendicolarmente sopra aD (pol- che mg è il valore compiuto di mr in questo segmento ), e poi relativamente a t da ^ = o sino a t ■=■ ac ■==. ai r=i ì\ indicando qui colla stessa lettera di sopra quest' arco generatore del seg- mento, si avrebbe la superficie del quarto segmento, ed ese- guendo solo quest' idtima integrazione da ^:^o sino a t uguale all' arco qualunque am si ritroverebbe la supei'ficie della por- zion di segmento amgì^ che sopra abbiamo determinata diret- tamente senza il calcolo differenziale e integrale. Il valore di at di cui alibiamo parlato, come limite della prima di queste integrazioni., si trova osservando, che avendosi in generale, come sopra si e veduto, tang.w;-=tang.t-cos./^, ossia tang.i;=: ^^ ^ , ;i avrà pure tang.(^^/) = ^^iii:!^^; ma pel ti'iangolo awg rettan- i.(aTO) ■iolo in m si trova cos.(/;2^)= i^i'f^ _ _£^!±. g per conseguenza •-' ^ ~i fos.(aTO) cos.J ' "- Del Cav. Avogadro 171 ossia a^= are. rtang.= t/(''°s.'^-cos.'.-) 1 _ ,j,^^j^ è dunque il valore I *^ COS.ÌC06.5 I *^ che bisognerebbe dare a p, dopo aver integrato relativamente a questa variabile, avanti di integrare per rapporto a t^ per ottenere la suddetta superficie del quarto di segmento, o della porzione di essa, quale sopra l'abbiamo stabilita direttamente. È facile altronde assicurarsi colla differenziazione di quella espressione di una porzione di segmento, per rapporto ape t successivamente , che la differenziale che qui abbiamo tro- vata è appunto quella di detta porzione di superficie , e dee per conseguenza riprodurla per mezzo dell' integrazione. Ma per ottenere, come qui ci proponiamo, la densità che questa superficie differenziale permetterebbe ad un punto qua- lunque di uno dei globi di prendere, quando ad esso corris- pondesse, e quindi per mezzo dell' integrazione quella che sa- rebbe dovuta ad una porzione qualunque finita del segmento sferico, avuto riguardo all' influenza dell' obbliquità delle di- verse sue parti , bisogna , secondo ciò che sopra si è detto , moltiplicare quell' espressione diflerenziale della superficie del segmento per sen.ar, ar essendo qui l'elevazione di quell'ele- mento al dissopra del piano tangente al globo elettrizzato nel punto di cui si tratta. Quest' elevazione fa parte del circolo massimo Ba, perpendicolare ad A/>D, e che ha per conseguenza il suo polo in B, ed è cosi il complemento di Br. Ora il trian- golo wBr, rettangolo in 7?2, dà cos.Br=cos.Bw.cos.mr, e quindi (poiché B/« è anche il complemento di />/«), sen.a:=sen.Z'w.cos.?727-. Se si fa ab = s, conformemente al significato già sopra dato a questa lettera, si avrà bm = s-^t; per altra parte abbiamo veduto qui sopra che cos. mr = —, ^-^^ — ; si avrà dunque finalmente sen.ar= sen.(j-HOcos.c- ^ Moltiplicando per questa 1/(1 — sen.^i'sen.'i) i ^ * quantità la nostra superficie differenziale si ottiene 1 7^ Saggio di Teoria ec. dt.di>.coi.tcos.^^se\\.{s-t-t) _ ■ dt.(!i>.cos.tcos.'-t>%en.(s-t-t) I ' ■^-.-." j^ — sen."(sen.^t>) (i — sen.^isen.^f) (/(i — sen.'^sen.'i') ])fr la dili'erenziale della densità che la porzione amgi del seg- mento permetterebbe di prendere al punto del globo elettriz- zato a cui corrispondesse ; e integrando quest' espressione pri- ma, per esempio, per rapporto a v tra i limiti sovra indicati, poi per rapporto a ^ , si dee avere la densità finita , che sa- rebbe dovuta a questa superficie amgi. Cominciamo ad integrare per rapporto a f, cioè cerchiamo il valore di dt.cos.tstn.is-^ t) / — ''°^- ''■'^ l^ (ruantità con- tenuta sotto il segno delf integrazione in quest' espressione può mettersi sotto la l'orma cos.y.J.sen.y • |/(' — sen.'w)(i.sen.u _^_^^^._^»__.^ osmi (I— sen.'isen.'i'f ' (i— sen.^i.sen.'yf ' onde se si fa sen.p = x sen.'^ = rt, si avrà ad integrare 1' es- pressione algebrica ^ ^~^ j f . L'integrale di f[uesta quantità è 1 are. ( tana.= i / B — r:r- ■ are. I tang.^ ■ / -^ ^ — ^7— - | I ■ e per mezzo della l'orinola che dà la tangente della somma di due archi in funzione della loro tangente si riduce a ossia -1^^'-'^ -^ -J^ . are. (tang.= - J^^) , ^^"-'> + __1_ r^.y-arc. ftang.=^ii:i^) 1, i{i—ax') 2|/(i— a)[ J \ ^1/(1— ")/J rappresentando con rj il quarto di circolo. Rimettendo in vece di X ed a i loro valori quest'' espressione diviene Del Cav. Avogadro 178 spnp.cos.w 3(1 — sen.^/seu.'tf) acos ■^la^? — are. (tang;.= '^°f'^ ] 1 os.t I ^ \ cos.tieiì.vl I L' integrale / _^^^'1'^'./ ,^ ^ sarà dunque uguale a questa quanti- tà, più una costante. La costante dee determinarsi colla con- dizione che r integrale divenga nullo quando (; = o, nel qual caso l'espressione indicata si riduce a — '—— (2^ — 7), ossia —^ , poiché infatti al quarto di circolo si agguaglia allora l'arco che ha per fattore — ^ — , come è facile verificarlo anche risalendo alla somma dei due archi primitivi , a cui esso fu sostituito , e di cui r uno diviene il complemento dell'altro. Si avrà dun- que la costante = — " A acos.ì cos.^v.di> sen.w.cos.w (i— sen.^/.sen.'v)' 2(1— sen.^Z.sen.'c) j r / cos.y \ 1 sen-fcos-iJ :os.( 1^^— arC.^tang ^^;jj—^j J — ^(.-sen.^tsen.»^) (. cos.fsen.wX tang.= 1 . 2C05.Ì Ora secondo ciò che sopra abbiamo veduto per avere il va- lore compiuto del nostro integrale bisogna fare f„„_ „ l/(eos.^^— cos.^f') -1 u jv / COS.*?— cos.-i' pnc o __ sén.p __ ' ' cos.tcós.s' ' ''" <. e sen.fcos.p ~COS.Ìf.COS./|/'(cOS^"/— COS.^j') ' '•" ■ '"i.ii.-. quuidi SI ottiene- pel-valóre di quest' integrale — 174 Saggio di Teoria ec. cos.j't/(cos.'<--cos.''y) _^ ì__ ^ ^^,^ /tana — l/jcos.^t-cos.^s') \ Non si tratta più che di moltiplicare quest' integrale per coS'. t. sen.{s -^ t)dt^ il che dà j j cos.j'l/'(cos.^i — COS.^i') 2| " oosTf *^"S-= COS..' ^/ jsen.(.-H-^)^/^i e questa è la differenziale del primo ordine, che si deve ora integrare di nuovo per rapporto a t. Il primo termine icos.s'. l/('^"^-'^-'^°^-'^') . sen.ls-^ tUf . di ' -^ COS. ? ^ ' (|uest'espressione, ha per integiale secondo le regole conosciute: 5 COS..?' |sen.5larc.|sen. = .^l^^-j tang.=^-^ ^— ^ I I "^ sen.icos.i / J — cos.ilog./cos.^^/(cos.Y— cos.V))— ^""'•J^"""'''' 1 1 • Per r integrale del secondo termine i are. (tang.^"^' ^^^^, 1| sen,(.-H 0 , della stessa espressione, si trova: ^COS..?' ) COS. 5.log. I cos.f-Hi/(cos."^ — cos.".$') j - i!^.arc.(tang.= '^'^"•^^"/^'>-)-sen...arc.(tang.=g;|i,) j r.us.s' \ ° sen.tcos.s I V / \ — icos.(5H-i)arc. ^tang.= i^ ^^, y Del Cav. Avogadho ?7^ Riunendo le due parti, e sopprimendo i termini che si annul- lano, si ha dunque per 1' integrale cercato: 1 C0S.5 jsen.^l^-^^^^Jarc. ^tang— ^ ^^^^^^^^, j ^eos. l^(££!;|J2i!£l|_icos.(^^^^ ) ■+■ costante, t, ,v oli: ^'^ ossia o iu^ , .-lafiiJj , , /^ i/(cos.''i— COS.V)\ , - i sen.^.sen.^^arc. [t^^S-^^ \,,,,t,,,y ) '" T / l/(cos.H—cos.'s') -¥-iCOS.SCOS.S.^^ 2 COS.t ^ ^Ij ,,,. \ -Xcos.(.-l-.)arc. (tang.= ^::^i:^^5£!:^ V Quest' integrale dovendo esser nullo quando t =o, e per con- seguenza cos.i=:i, sen.^ = o, ne risulta che la costante ha per valore -H^sen.^i'.sen.j.^ — icos.y.cos.5.sen./-l-^5'cos.5, e l'in- tegrale diviene così ( osservando che tang.= j:-^ ; — - 1 si riduce semplicemente a are /tang.= ^^^^^^^^ll^^^.^s') ) ) ' isen.=.?.sen.5.arc. ^tang.= ^^,,,.t_,,,.,.) j -H icos.^cos.y S l/C^"^-'^-;"^-'-') _ sen./ \ - 1 COS. (.-4-^)arc. (tang.= i^^^^?^^ ) -^ i ^'cos. .. Per avere, secondo quest'espressione, la densità dell'elettiùcità che il semi-segmento intiero da a in e permetterebbe di pren- ì'j6 Saggio di Teoria ec. dere al punto a cui esso corrispondesse come superficie libera, bisogna farvi t=.s\ e raddoppiare il risultato. Si ba così per questa quantità ( mettendo ora pel (juarto di circolo q il suo valore i .t ), - — _..., ,- , jg ^sen.V.sen.^.jT — cos./sen-Zcos.^-H/cos.^. Per ottenere poi l'espressione della densità elettrica che sa- rebbe dovuta ad una porzione qualunque di superficie libera al dissotto del punto a della figura, bisognerebbe sostituire nella differenziale da cui abbiamo dedotta quella dovuta alla porzio- ne superiore allo stesso punto, il fattore sen. (5 — t) a sen. {s-{-t). Ciò ei [nivale a mettere per tutto — t in vece di ^, e cangiar (fuindi il segno a tutta la differenziale, poiché la sostituzio- ne di — t a t non fa altro che cangiare sen.( 5-+- ^ )(/^ in — -;eu.( ,< — t )dt ^ t non entrando altronde nella differenziale di cui si tratta che sotto forma di coseno. Si dovrebbe poi integrare questa differenziale;, ma è indifferente di fare im- mediatamente la sostituzione di — t a t nell'integrale stesso già ottenuto per la porzione superiore, il quale deve prendere relativamente a — t \?i stessa forma di ([uello relativamente a H- 1. e cangiar quindi il segno a tutti i termini dell' inte- grale. Si ha in tal modo : , , , r /. l/(cos.^f— COS.'j') \'j 'jsen.",? .sen.j' \2.q — are. (tang.= ^^-^ ;; -, — 1 1 ^ \ i V seii.ioos.i yj r < |/(Cos.^/ — cos.^i') — -VCOS. S COS. 5 — - cos.t ^icos.(.-— ^)arc.^tang.= ^' ^^^^, j, dove si e scritto 2.(1 — are. ( tauii.^ ^^ ;: ; — - 1 , ,. / [/(cos.^f— cos.^/) \ m vece di are. (tana;. = — ~ ; — ;; I- Del Cav. Avogadro 177 Quest' integrale dee esser nullo, come il precedente quando t = o, donde si deduce pel valore della costante da aggiungervi, — ^ sen. V. sen. s.q. -t- | cos.ysen.y cos.s — ^ ^'cos.^^ e r integrale diviene così , osservando che ^-arcltang-^:»^ ^^^^^^^^, equivale a arc.^tang.= -p;j^^^;,^;::^^^^j j 1 „ I li sen fros.5' \ isen.*5sen.5.arc. |tano-.=,-7; — j- rrj 2 10 [/(coi.t — COS. i ) / — h cos./.cos..?!':^-^^ ~ — sen.5 I ■* I cos.f J ^lcos.(i— ^) are. ^tang.= ^ ^^^p 'j — ^s cos.s. . Per avere ora 1' effetto della porzione di ({uesto segmento in- feriore al punto a, che sola potrebbe influire nel nostro caso, come posta al dissopra del piano tangente al punto del globo elettrizzato che si considera , si dee fare in quest' integrale t = s, ed esso diviene allora T . I /. sen..scos.i' \ Asen."j .sen.jarc. | tang.= —y, — 5 5-^ I — *cos.j.cos..j|fe--^^ ■' — sen.5 I ■* I COS.J J (tang.=i^^£2i^5^)_i.-eos.. ^ • 1 are. Egli è il doppio di questa quantità, che bisogna aggiungei'e all'espressione sopra stabilita dell' influenza del semi-segmento superiore al punto a, per avere 1' espressione di tutta la den- sità elettrica che sarebbe dovuta alla porzione di segmento Tomo XXIII. Y 17S Saggio di Teoiua ec. che si trova al disso})ra del piano tangente al punto che si considera. Si ottiene così sen.^y.sen.^ \ '^ }T ■+■ are. /tano-.= sen..ros..' \"[ V(cos.'^— cos.V)^arc. /tang.= l/.t°i-^z:^)-j . -COS. 51 Quest'espressione si appliclierel)])e anche al caso in cui, per la posizione del punto del globo elettrizzato che si considerai la porzione di cui si tratta fosse minore che la metà del segmento, purché si desse ad j- il valore negativo che allora gli conver- rebbe. Se si supponesse che ([iiesta quantità fosse precisamente uguale al mezzo segmento, il che, secondo rpiello che sopra abbiamo notato, avrebl)e luogo pel punto posto a 60° di di- stanza dal punto di contatto dei due globi , si dovrebbe fare .j— cos.V) = iii/:^i|^=^. Facendo queste sostituzioni r espressione diviene Del Cav. Avogadro 179 2C0S ^ I Ti /^ acos.S— I \ I p— -^^^3|^2;r-Harc. ^tang._ ^^^^_^^^^_y^^^^,g^ j J -4''-'°f^^^;"^-^ + arc.(tang. =/cos.0). Se si fa in quest'espressione d = q-=-\7i-, e per conse- guenza sen.0=: I, COS. 0 = 0, si troverà che essa si riduce a zero, prendendo per quarto di circolo negativo 1' arco di cui la tangente diviene — co ; e ciò dee essere , poiché quando si considera un punto distante di un quarto di circolo dal punto di contatto, non si dee nulla sottrarre da ;r, che esprime la. densità elettrica dovuta ad un intiero emisfero di superficie libera. Se poi si fa nella stessa espressione 0=o, e quindi sen.0=o, COS. 0=1, essa si riduce a \n-^r-\Ti-\-\7i = 7i^ cioè la quantità da sottrarsi da :/r, densità corrispondente all' emisfero di su- perficie Ubera, è la quantità stessa ;r, onde la densità diviene nulla, come ciò dee avverarsi in questo caso ; ove il punto che si considei-a è quello stesso del contatto, a cui non corrisponde alcuna porzione di superficie libera. ' ,1 ,,r^ ;. i; Proviamo ora ad applicare la nostra espressione ad alcuni valori di tì, intermedii tra o e ^, e per cui si hanno deter- minazioni sperimentali della densità elettrica dei punti corri- spondenti sui due globi elettrizzati. Coulomb ha paragonata questa densità sui punti di due globi uguali in contatto, posti a 60° e a So" nonagesimali dal punto di contatto con quella che si osservava ad un quarto di circolo di distanza dallo stesso punto. Egli si è servito per questo, come è noto, di cercliietti di carta dorata posti in contatto con questi punti, e presentati quindi alla sua bilancia elettrica, di cui 1' ago era munito alla sua estremità di un cerchietto simile animato di una elettricità della stessa specie : e ne conchiudeva la densità dalla forza di torsione necessaria a mantenere i due cerchietti ad una stessa data distanza, contro alla ripulsione che essi esercitavano fra loro ( 5 Mémoire sur iJ^f Saggio pi Teoria ec. l'clert lìcite, Mémoires de V acacie mìe des sciences de Paris i7^>7.) Queste osservazioni di Coulomb sono pur quelle con cui Poisson ha paragonati i risultati dedotti col calcolo dalle le.-.i;'ì 0,3840 [^.T-H are. (tang. = 0,635)] — 0,3:^43 ■+- are. (tang. =: 0,93 1 ) = o,3846(Ì7r-H 32''a.5')— o,3243-i-4a°57' =: C53846(^;r-)- o,36o2.Ì7r) — c,3o43 ■+- 0,4772.^71: :=o,5a3i.^jr — o,3243-i-o,4772,.^:7-, o riducendo il secondo numero che ha per unità il raggio, in parti di ^ ;T, {o,5a3i — o,2o64-i-o,477a)^:T^o,794.^jr=o,397.:/r. Questa quantità sottratta da tt, ci dà o,6o3.:;r per la densità dell' elettricità nel punto distante di 3o° dal contatto dei due globi ; cioè questa densità starebbe, secondo il nostro calcolo, a quella che ha luogo a 90° dal punto di contatto , come o,6o3 a I, ossia come i a i,65 circa, e così questa un po' meno del doppio della prima. E ben si vede infatti, che secondo le basi del nostro calcolo 1' elettricità in H non può giungere ad esser doppia di quella a 3o° dal punto di contatto, o in altri termini, che 1' elettricità a 30° dee essere maggiore della metà di quella in H, poiché a 3o° 1' angolo MCD è retto , la linea CD venendo a formarvi col raggio una sola retta CD', e per conseguenza il punto a So" ha per superficie libera corris- pondente la metà dell' emisfero che è al dissopra del piano i8a Saggio di Teoria ec. rappresentato dalla linea CD, più la porzione deU' altra metà deli' emisfero, che rimane liLei-a attorno alla porzione intei- cetta dal «ilobo B. Ma se si paragona ora questo risultato colla sperienza, vi si trova un grande divario, poiché Coulomb ha dedotto dalle sue sperienze, che la densità dell' elettricità a ()(" dal punto di contatto è 4^i'>o, prendendo per unità (juella a So", ossia è più di quattro volte e mezza quest'ultima, in vece di un pò più di una volta e mezza che darebbe il nostro calcolo ; od altrimenti 1' elettricità a 3o" dal contatto sarebbe, secondo r osservazione Jg ossia e, 21 circa di quella a go°, in vece di esserne c,ò circa, comcr nel nostro calcolo. Si vede anche qui, che la nosti-a formola dà l'elettricità dei punti intermedii tra H ed O troppo grande jjer rapporto a quella del punto H. La figura 7* rappresenta all' occhio a un dipresso la t'orma delle due curve di cui le ordinate sarebbero conformi, le une alla sperienza, e le altre alla iormola. In essa HO indicando il quarto di circolo preso sul gioito A della Hg. 3% ed Via l'ordinata siq^posta comune alle due curve, cioè la densità elettrica nel punto distante di 90" dal contatto, la curva della sperienza sarebbe adfO, e quella della formola abeO^ le ordinate C(/, gf essendo 1' una i quattro quinti , e 1' altra circa un quinto di Ha, mentre le ordinate cb, gè sono 1' nna circa 0,9.5, e 1' altra c,6 ossia i tre quinti della stessa linea Ha. Le nostre ipotesi teoriche danno dunque bensì un decre- scimento di densità elettrica andando dal punto H verso il punto di contatto dei due globi, per cui 1' elettricità diviene nulla al punto di contatto medesimo, conformemente alla spe- rienza ; ma la legge di questo decrescimento è, secondo esse, sino ad una piccola distanza dal contatto, meno l'apida che quella data dall' osservazione. Ora questo appunto dee risultare dalla circostanza di cui non abbiamo tenuto conto, della corris- pondenza ili linea curva, che, come già abbiamo accennato, dee aver luogo tra ciascun punto del corpo elettrizzato, e le por- zioni della superficie dei corpi circostanti, con cui esso non Del Cav. Avogadro i83 può corrispoiulere in linea retta. Infatti il globo , che è in contatto di quello, sopra cui si considera la densità elettrica, ammettendo (piesta corrispondenza in linea curva, intercetta non solamente una parte della corrispondenza di un punto (jualunque coli' emisfero di superficie de' corpi circostanti, posto al dissopra del piano tangente al globo in quel punto , ma anche ima parte di quella che lo stesso punto ha in linea curva, coir emisfero inferiore a questo piano tangente, e una parte tanto più considerevole, quanto più il punto di cui si tratta è prossimo a quello di contatto , il che dee diminuire la densità elettrica nel medesimo in più grande ragione che noi farebbe la sola sottrazione di corrispondenza in linea retta che abbiamo calcolata. Questa parte di diminuzione non pare suscettibile di essere sottoposta a calcolo nello stato attuale delle nostre cognizioni, poiché si ignora secondo qual legge la curvatura più o men grande delle linee per le quali dee supporsi effettuata una tale corrispondenza influisca sulla den- sità dell' elettricità che le è dovuta ; ma si vede almeno che la considerazione di questa parte dell' effetto tende a correg- gere , come r abbiamo annunziato, la differenza che si è tro- vata tra il calcolo e la sperienza, col trascurarla ; e che quindi il principio da cui abbiamo qui fatto dipendere la distribu- zione dell' elettricità sulla superficie de' corpi conduttori, non ha nulla di contrario ai risultati sperimentali, con cui ne ab- biamo paragonate le conseguenze. Del resto l' influenza della corrispondenza in linea curva che abbiamo trascurata nel nostro caso, si scorge anche in particolare nella circostanza, che se- condo le sperienze di Coulomb 1' elettricità è pure un pò men densa nel punto H posto alla distane d' un quarto di circolo dal contatto che in quello situato, come G nella /g. 3'alla distanza di un semicircolo intiero dal punto di contatto, ossia ad esso diametralmente opposto, sebbene 1' emisfero di superficie dei corpi circostanti superiore al piano tangente sia intieramente libero per amendue questi punti; e in generale questa consi- derazione sola può render ragione, secondo le idee teoriche 1^4 Saggio pi Teoria ec. che qui seguiamo, della disuguaglianza di distribuzione dell' elettricità presentata dalle osservazioni nei corpi di diversa Hgura senz' angoli rientranti, o porzioni concave di superficie; per esempio delF accumulazione dell' elettricità verso le due estremità dell" asse maggiore di un ellissoide allungato , com- parativamente ai punti iutermedii della sua superiicie, poiché tutti cpiesti punti hanno una libera corrispondenza uguale coli' emisfero di superficie formata dai corpi esterni, al dissopra del piano tangente a ciascuno di essi, e solo la corrispondenza in linea curva colle porzioni di questa superficie inferiori al piano tangente a quella del corpo elettrizzato, è più libera nei punti di questo, in cui la superfìcie ha una piii rapida cur- vatura. Solo aduuifue tenendo conto di questa corrispondenza in linea ciu'va si potrà sperare di ottener dal calcolo risultati relativi alla distribuzione elettrica , secondo le idee teoriche ([ul jn-oposte, che si accordino compiutamente colle sperienze, con cui abbiamo qui cercato di mostrare la possibilità di con- ciliarle. Mem y. ,9r>.r« i-/oc: .^fa/ S^X XXJII /i,/y J''i,j J /'ig £. /--"^ "~^^ V( / ^ ^ ì e Ricerche sull' arancio ec. Ijolliuifo penetrando nel sacco enibrionario, cnstoditn nell'ova- rio del pistillo, vi g(;neia 1' embrione anzidetto. I signori Schleiden e Wydler lian sostennto al contrario che la genesi dell' embrione fosse solo opera del polline, e clie i bndellini pollinici meccanicamente trasfondessero i per- fetti embrioni nel sacco embrionario. Secondo essi questo sacco iiontlic gli stessi cosi detti ovicini che si osservano negli ovari de' fiori, anche prima dello sviluppo degli stami sarebbero or- gani affatto passivi, destinati a contenere gli embrioni e favo- linic lo .svilujH)o. Impugnavano tale ipotesi i sullodati botanici Irancesi ed altri ancora, sul riflesso che ammettendo un solo organo generatore e ritenendo nelle piante il fovìlhu ossia la ^lubuliìia trasmessa dal budellino pollinico per sostanza identica all'embrione del nuovo essere, non si potrebbero spiegare molti fenomeni della riproduzione sessuale, e specialmente la finma- zione degl' ibridi, che partecipano evidentemente delle qualità de' eenitori di ambi i sessi. Meditando sopra ([uesti fatti, non meno che sulle altre ricevute teoriche della fecondazione vegetale . mi è sembrato che ([ue?ta consister potesse assai bene nell'atto che dà resis- tenza all'embrione:, ma che un tale atto [necedesse all' im- prcgnamento, e si effettuasse fuori dell'ovario, e precisamente sidlo stimma. Tutto quello che si è osservato dai fi-biologi in tal [^roc-esso indicherebbe soltanto un" epoca posteriore al vero atto del concepimento, il ([ualc, nelle iiiante si compirebbe colla lusione dell' umor ])ollineo con altro analogo non ancora defi- nito, che veriebbe somministrato dallo stimma. Egli sarebbe soltanto dopo di essersi ])rocreato il primo elemento embrio- nario, che (piesto sarelìbe depo'^itato in un ajuKisito recipiente, il (jiiale, nelle jiiante formerebbe parte dell'ovario, come in molti animali vien rappresentato dall'utero. Benvero, siccome anche in questi possono aver luogo impregnanu'iiti estraute- rini. ed in intere classi di esseri, come ne' pesci, mancando affitto cpiel sistema, può nonpertanto la fecondazione compiersi in mezzi diversi ; simili organiche deviazioni avvenir potreb- bero nelle ijiante. Del Sic. Cav. Tenore 187 Anieiei, in altri termini distinguere nella generazione due funzioni diverse, la fecondazione e l' impregnamento , ed am- metterei poter anche trascorrere un certo tempo tra l'una e l'altra funzione. Molti conosciuti fatti, che uopo non è ram- mentare agli studiosi di queste scienze, sembrano favorire la mia ipotesi; ma più di tutti comprovare la potrebbe la frutti- ficazione deW Arachis hypogea. In una memoria sopra questa pianta pubblicata nel 1807 ( Atti del Real Istituto cV Incorag- giamento ), ho messo in evidenza il meraviglioso fenomeno che ci presenta questa pianta , e che ne piace riassumere. I fiori che ne nascoiTo nelle ascelle delle foglie, secchi affatto rima- nendo dopo la fioritura, non lasciano traccia veruna di frutto o di ovario ingrossato. Benvero, dal punto dell' ascella mede- sima donde i fiori distaccansi, mirasi spuntare un peduncoletto che non ha spessezza maggiore della punta dell' ago da filo ; questo peduncolo in origine cortissimo, si allunga e si ripiega verso la terra senza punto ingrossarsi: dissecato pel lungo ed esplorato anche colf ajuto delle lenti non mostra il menomo vestigio, né di frutti né di altro qualsivoglia corpo estraneo, la sua punta è sempre così aguzza e sottile da non potervisi raffigurare il menomo rigonfiamento. Tale esso si conserva al- lungandosi per due o tre pollici , finché non giunga ad im- mergersi nella terra. Ivi giunto tutto si cambia come per incantesimo; la punta sottilissima si rigonfia, il frutto comincia a formarsi, ed a mano a mano ingrossandosi diventa un bac- cello lungo un pollice con due o tre semenze grosse quasi come avellane. Ninno di certo potrà dubitare di esser quel frutto r opera della precedente funzione del fiore ; ma per non trovarsene traccia veruna dopo la scomparsa di esso, con- vien supporre che un impercettibile embrione, o per dir meglio una molecola degli umori proliferi di ambi i sessi, suscettibile di ulteriore sviluppo, ne sia rimasta nicchiata nel tessuto cel- lulare del peduncolo dallo stesso preciso momento della fe- condazione, e che questo peduncolo passando dalla potenza all' atto, col concorso delle condizioni somministrate dalla terra, if'x'ì Ricerche sull' arancio oc. svilii[)i)i il liiitto. Ove quelle condizioni mancassero, la frut- tilicazione non avrebbe luogo, come non si verillca ])iiiito in ([negli stessi lunghi aguzzi peduncoli (|nan(e v<)lt(; raggiunger non possono la terra ed in essa profondarsi. Ora se vogliamo risalire ad investigare che cosa sieno questi umori che ho detto prolilici , del polline cioè e dello stinuiia, troveremo potenti argomenti da crederli di natiu-a quanto semplice altrettanto identica, e (juasi diremo dotati di egual t'orza procreatrice nel concorrere alla formazione del nuovo essere. Spieghiamo questa proposizione. Di semplicissima natura ed allatto identica dicemmo gli elementi di ])rocreazione, da- poichè riconosciamo qnal primario nniversale atlrihuto della materia organica 1' esser composta di elementi che comunque considerati nella loro atomistica origine, possono mai sempre riprodiu're e rigenerare mi tutto organico simile affatto a ([nello donde si distaccano. Così nel reiino vegetabile che nel regno animale immense classi di viventi ci abbiamo, come le critto- game, gF infusorii, ne' quali ogni molecola organica può ri[)ro- durre la s[5ecie. Questi esseri non hanno d' altronde altra via di riproduzione, mancando essi affatto di organi e di riprodu- zione sessuale. Ella è dnn([ue la sola jiriniitiva fòrza riprodut- tiva della materia organica di cui, col molti|dicarsi gli acci- denti e le modificazioni, in appositi organi concentrata, hanno origine le svariate fogge della riproduzione sessuale. Non ci voleva meno della poetica elocjuenza di un Bonnet [)erche i fisiologi del suo tempo jiersuader si [)Otessero che )iel seno di Eva le generazioni si chiudessero della specie lunana di tutti i secoli. Il sistema della preesistenza de' germi, che si vorrejjbi' richiamare dall' oblio in cui ne giace se|)olto, veniva perciò ragionevolmente rilegato fia i juii speciosi sogni della fantasia umana ; come la generazione degli ibridi e le somi- glianze delle forme e delle ([ualita ereditarie ci fanno certi del concorso del doppio sesso nelle rijìroduzioni t)rganiclie, che si compiono per la via della generazione. Nelle piante questi fenomeni S(nio più evidenti e |>iii ovvii. e le fecondazioni ar- Del Sic. Cav. Tenore i8g tificiali ne arricchiscono ogni giorno di novelle ibridi procrea- zioni. Assimilato in certo modo 1' ufizio delle molecole procrea- trici somministrate dall' organo femineo a quelle che ne som- ministra r organo maschile, ed ammessone il concorso in un atto preliminare all' imprcgnamento, sparirà ad un tratto tutto ciò che di assurdo e di paradosso ne sembrava dapprima con- tenersi nelle nuove ricerche de' fisiologi alemanni. Non vi è inversione di organi nella fecondazione delle piante. La teoria del sessualismo vi rimane salda ed inalterata, solo che si con- ceda di essersi precedentemente compiuto l' atto del miscuglio de' due elementi generatori. Or questo miscuglio era stato già avvertito e descritto dallo stesso Linneo in alcune piante pri- vilegiate che lo dimostrano ad occhio nudo e specialmente ne' fiori dell' Amarìllide formosissima e della Graziola officinale. Un' osservazione analoga, che si riferisce in pari tempo al peduncolo impregnato dell' arachide americana, ed alle ge- nerazioni estrauterine, mi è avvenuto di ripetere nella frutti- ficazione di quella varietà di agrume conosciuto col nome di Arancio fetifero. Questo curioso frutto , esattamente descritto e corredato di bellissime figure nelle opere del Ferrari, del Rizzo, del Duhamel, presenta uno dei più singolari esempii delle svariate qualità e delle bizzarre trasformazioni che negli agrumi abbondano più che in altre famiglie di piante. Con- siste, com' è noto, la particolarità di questo arancio nel con- tener egli un frutto dentro dell' altro, ciascuno fornito di molti spicchi. Tagliandone alcuni per traverso si trova clie ([uei spicchi non serbano ordine simmetrico, ma ne variano le dimen- sioni ed il sito, e talora il frutto interno trovandosi rivestito di una corteccia propria può nettamente isolarsi dall' esterno. Trova ndonù ad averne sotto gli occhi un alberetto che ne coltivo sul terrazzo della mia abitazione , ho voluto attenta- mente seguirne tutte le fasi della fioritura e della fruttifica- zione. Ho cominciato perciò dall' osservare che in questa va- rietà r ovario che nel tipo della specie è globoso e semplice, igo Ricerche scll' arancio ce. in essa mirasi costanteiiiento composto di molti distinti ovariì fusiformi che tutti si riuniscono in uno stilo cilindrico cui so- vrasta un solo stimma carnoso turgido mammellonato. I fda- menti degli stami ricingono (jnel glomero di ovarii, vi si ap- plicano e vi si contìgnrano talmente che alf inluori delf esser bianchi e non verdi come gli ovarii medesimi, e di essere forniti delle rispettive antere, con essi afflitto potrebbero con- fondersi. Sono frattanto quelle antere adese allo stinnna per le loro estremità, né in alcun tempo veggonsi fendersi ovvero squarciarsi come avviene ordinariamente allorché scorgonsi libere e lontane dallo stimma medesimo. Innestandosi collo stimma, e facendo corpo con esso ne viene evidentemente dimostrato il concorso di ([nei due organi nella fecondazione, ossia nella genesi degli embrioni che per seniplici^ imbevi- mento, ossia traversando il parenchima dello stilo affatto solido ed impervio, dovranno farsi strada ne' singoli ovarii dianzi de- scritti. Avviene allora che quelli ovarii s' ingrossano e si sal- dano insieme, restandone tuttora visibili le tracce, ffnchè riu- niti in una massa compatta ne restano nelf interno sepolti, ed il frutto tutto intero si riveste della corteccia, appena ri- manendovi talvolta qualche leggiera ineguaglianza che ne an- nuncia la primitiva composizione. Fin qui mdla di straordinario mi offriva V arancio fetifero che non rientrasse nelle note teo- riche della fecondazione sessuale delle piante. Un ovario mol- tiloculare in origine, può dividersi ne' suoi elementi, e pre- sentare una serie di piccoli ovarii, de' quali può crescere e variare il numero a norma delle mutazioni operatevi dall' in- fluenza delle cause eenerali della fecondazione. Così vediamo generarsi i fiori proliferi, così vediamo moltiplicarsi gli organi tutti de' fiori invcrt(Midosene gli usi e le l'unzioni. Piena la mente di tali cau£:ianienti mi sembrava osservare che alla formazione dell' arancio fetifero non solo i veri ovarii concor- ressero, ma che alle volte vi prendessero parte ben anco gh stami medesimi, e |irecisamente i filamenti, dapoichè non du- rava fitica a concepire come dopo di essersi riunito in un sol Del Sic. Cav. Tenore 191 corpo lo stimma colle antere, l'infiltrazione degli embrioni in- vece di aver luogo per lo solo parenchima dello stilo, potesse operarsi similmente per la sostanza de' filamenti. Questa specie di deviazione mi risovveniva le gravidanze estrauterine, e mi taceva vedere 1' embrione che invece di allogarsi nell' ovario, si trasfi)ndesse in un falso sacco generato dal dilatamento di una cellula, ossia di un elemento organico della sostanza interna del lilamento. Quindi per le note omogeneità di tessuti vege- tali nulla si opponeva perchè quella sostanza medesima in altra analoga si trasmutasse, e nel modo medesimo in cui nell' arancio fetifero si addoppiano i frutti e le corteccie, potessero del pari moltiplicarsi i loculamenti a spese degli stami. Per afforzare questa mia congettura ho voluto attenta- mente investigare quali cangiamenti avvenissero negli stami dopo di aver servito alla fecondazione. Le reiterate ricerche a tal uopo istituite mi hanno dimostrato che mentre la mas- sima parte degli stami dopo la fecondazione ne rimane appas- sita e si distacca una collo stimma cui aderiscono, il filamento di alcuno di essi ne rimane legato al carpoforo e mirasi no- tabilmente ingrossato e rigonfio nella sua parte media. Reciso in quel punto e sottoposto al microscopio, non in una ma in replicate osservazioni, ho trovato corrispondere in quel luogo una notabile alterazione di sostanza, così nel colore che nel rigonfiamento, non diversamente di ciò die si osserva allorché un corpo estraneo ed innormale trovasi intruso in alcun tes- suto organico, ed ivi fatto centro di moto e di straordinario afflusso di umori. Nella figura che ne ho fatto espressamente disegnare dal sig. Bracco, diligente artista del Real Orto Bo- tanico di Napoli , quella alterazione di sostanza mostrasi in tutta evidenza , e potrebbe non senza ragionevole probabilità ritenersi pel sacco destinato a contenere l'ovolo che non tar- derebbe a divenire semenza perfetta. Nel sottoporre queste mie ricerche alla sagacità de' bo- tanici riuniti nella 3.^ riunione degli scienziati italiani, insisteva nel pregarli di voler sottoporle ad accurato esame investigando 192. Ricerche sull' arancio ec. il progresso de' cambiamenti che su])iscono i filamenti clie si cangiano in frutti, e specialmente la formazione della semenza e la fecondità di essa. Verificati questi fatti novello argomento trarsene potrebbe della semplicità delle cause clic danno luogo alla riproduzione sessuale. Val quanto dire che considerando r ovario come organo affatto passivo e destinato vniicamente a ricettare gli embrioni già formati fuori di esso, tutta l'opera della fecondazione si compirebbe dal concorso del focìlla colf umore dello stimma, di cui il budellino stesso pollinico potrebbe imbeversi, e cosi caricarsi degli elementi dell'embrione. Nulla allora vi sarebbe di paradosso nella teoria dello Schleiden che servir faceva quel budellino medesimo alla produzione dell' embrione, dapoichè in tutte le sue ricerche lo vedeva egli de- positarsi nell' ovario dopo di avere attraversata la sostanza dello stimma, la qual cosa secondo la mia maniera di vedere deno- tar vorrebbe che non il solo budellino qual parte dell'organo maschile dentro dell' ovario si trasferisse , ma bensì lo stesso embrione già procreato dopo di avere il polline provata l'in- flueiiza deli' umor prolifico dello stimma. Fu allora che avvalorando queste idee con altre analoghe trasformazioni delle singole parti del fiore e dtd frutto, non tra- lasciava di rammentare il noto fatto delle trasformazioni in carpelle degli stami, i del Papaver Bracteatum e di cpiella di LUI ordine inverso per me osscu'vato ne' frutti delle Ninlee che si riducono in tuberi. Fu in ([uclla occasione similmente che il eh. R. Br(.'\.ii protestando di non parteggiare per la ipotesi che per me si voleva confortare, ne rammentava l'altra nota trasformazione in carpelle degli stami del Se!/!j>ervii'i//u tecto- rum. Tuttavia di un genere ben diverso ritener converrebbe quella degli stami del mio arancio, poiché con raro e nuovo esempio di morfologia, gli stami di questa pianta figurerebbero nel tempo medesimo prima da organi generatori maschi, cioè da veri stami, e quindi da organi feminei {ex parte )^ cioè prestando l' ufizio di sacco embrionario e cangiandosi in ele- menti del frutto. I Del Sig. Cav. Tenore 19H Ritornando alla nuda opinione dello Schleiden che ad un sol principio limitar vorrebbe la forza procreatrice vegeta- bile , cioè alla sola emanazione del polline , non mancava di far avvertire che il Ferrari , nulla conoscendo delle teoriche del sessualismo delle piante, e senza neppur sapere che cosa fossero gli stami ed il pistillo, guidato dai principi ricevuti ai suoi tempi , due secoli fa attribuiva i frutti letiferi della fa- miglia de' cedri allo stesso unico principio procreatore. Eccone le sue precise parole : « Si praeterea quaerere persistas cur « foetus e pomi flosculo sive umbilico ( indicar voleva il pis- ce tillo ) divisim existant seminalis, e materici subtilitate, aliave « qualitate ipsi cognita id existimo provenire. » (i) Queste parole scritte nel 1 646 , che un secolo più tardi i rigorosi seguaci delle teoriche linneane avrebbero trovate pa- radossali, potrebbero essere accolte ai giorni nostri quante volte insister si volesse sulla quasi identità della duplice forza, pro- creatrice sessuale. Successivamente nella novella fioritura del mio arancio ho ripetuto le stesse osservazioni, e nuove analisi ne ho fatto disegnare delle parti del fiore, che più evidentemente le tras- formazioni ne dimostrano. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. A. Ramuscello di arancio fetifero con fiori. a. Ramuscello di arancio fetifero con frutto perfetto. b. Colonnetta , ossia torus , che riunisce parte di stami e pistilli divisi in distinti ovari. Il tutto ingrandito. e. Fascio che rappresenta gli stili distinti che si riunisco- no in cima in uno stimma comune mammellonato , ed alcuni stami le di cui antere presentano le punte congiunte allo stimma. (i) Hcsperides pag. 4o3. Tomo XXIII. Aa 194 Ricerche sull'arancio ce. d. Lo stesso fascio reciso da un altro fiore, nel quale si dimostrano gli stami recisi per le basi ed isolati, mentre le di loro antere l'anno massa comune collo stimma. e. Una sola antera assai più ingrandita per mostrarne le rime della faccia inferiore che corrispondono ai loculamenti di essa, e che s' incollano colla sostanza dello stinnna. f. Un solo stame molto ingrandito per mostrarne il rigon- fiamento della parte inferiore del filamento, nel quale sta nic- chiato il germe di un novello embrione. g. Lo stesso filamento reciso trasversalmente nel luogo del massimo rigonfiamento e sottoposto al microscopio per mo- strare la sezione ingrandita e discernervi il carcerulo , ossia sacco embrionario col germe del piccolo embrione. h. L'insieme delle parti che dovranno costituire l'arancio fetifero colle porzioni de' filamenti e degli stili disseccati. i. Il solo ovario interno dal quale e stato reciso la colon- netta che riunisce gli stili e gli stinnni. k. L' arancio maturo tagliato trasversalmente per dimo- strare che tutti gli spicchi che lo compongono cosi gl'interni che i più esterni contengono semi perfetti. Tavola IL'' Altri dettagli preparati e disegnati nel J842.. i." Fiore ingrandito con parte de' petali, i cui stami mo- stransi nella })ase riuniti in un sol corpo, e le antere che co- minciano a saldarsi collo stimma. 2.° Fiore fecondo, i cui stami cominciano a convertirsi in pistilli; n' esiste tuttora parte de' filamenti nello stato nor- male ; le antere sono confuse collo stimma ; un filamento slar- gato colla sua antera non ha subito alcun cangiamento. 3." Lo stesso fiore veduto dal lato opposto. 4.° Altro fiore nel quale gli stami veggonsi meno trasfor- mati in pistilli, e che conservano tuttora gran parte de' fila- menti colle antere agglutinate presso lo stimma. 5." Lo stesso veduto dal lato opposto. b^a" ir" Ò^c^^^/ ■^T'" XXJII ^f /C/ù, T- ó . f'ou!(r/rto I" • /fcffio/'ef: d^ -^/f è^^^/ .V ^ yoa/i j-fory m/^ C/-//'//-y -.- Ye/z'e^^n/'/uffi: À?t?///tr^ei' .S!^^i t^/ 'Ci/i'iy /ot^a/iz- INTORNO ALL'AZIONE DELLA CALCE SOPRA I CARB01\ATI POTASSICO E SODICO DEL DOTTOR BARTOLOMEO BIZIO Ricevute adi 3 Marzo i843. Parte Prima. Azione a freddo dell' idrato calcico sopra gli anzidetti carbonati coli' intervento dell' acqua. Xl Liebig, fra i parecchi argomenti abbracciati dal ferace suo ingegno, volse eziandio i suoi studi sovra uno de' processi i più antichi della scienza, voglio dire, sovra la preparazione della potassa caustica (i), in ciò osservando 1' influenza che vi adopera la quantità dell'acqua impiegata, dal che dipende il venirne o no la potassa spoglia al tutto di acido carbonico. Di vero egli provava col fatto che dove il carbonato potassico si sciolga in sole quattro parti di acqua, la calce non adopera più effetto alcuno sovra il carbonato, ancorché si faccia bol- lire lungamente, e vide abbisognare per lo meno dieci parti sovra una di sale per avere compiuta la causticità dell'alcali. Perciò avendo io veduto che dove il carbonato potassico si sciolga in sole quattro paj-ti di acqua cessa affatto 1' azione della calce sovra il sale, comechè invigorita dall' opera del fuoco, anzi dall' ebuUizione, alcuna mia maniera di vedere in questi fatti della chimica azione, m' indusse a credere che (i) Vegg. Annales de Chimie et de Physique, Tom. Jttix, pag. 14»- 19^ Intorno all'azione della calce ec. s'io seguissi la via contraria, e che in Inolio dì menomare, aumentassi eccessivamente la quantità dell' ac(iua, conseguirei r effetto di avere caustica la potassa eziandio alla temperatura dell' aria ambiente. Feci duncjue sperienza, cominciando con una parte di carbonato potassico sciolto in cinquanta parti di acqua; e mescendovi appresso, in una boccia turata, una parte d' idrato calcico, e facendo altresì di agitare a (piando a quando la mescolanza; dopo ore ventiquattro mi veinie trovata la potassa perfettamente caustica; giacché instillatane piccola cosa nell'acido cloridrico non sì produsse la menoma efferve- scenza, comechè l'acido fosse in sovrabbondanza. Veduto (piesto primo effetto della calce, seguitai F espe- rienza sempre con menouìare la dose dell' acipia, affine di cogliere il giusto segno ed alla pratica più vantaggioso ; onde scesì a ([uaranta^ poscia a trenta, indi a venti parti di acqua e sempre con avere nel modo anzidetto la compiuta causti- cità dell' alcali. Givmto però a questo termine, siccome io mi accostava molto, anzi mi trovava presso il termine in che il carbonato potassico si fa caustico, mediante 1' ebuUizione, cosi nel rinnovare 1' esperienza menomai la misura dello scema- mento dell' acqua e mi attenni alle parti quindici in una di carbonato; ma anche in questo caso il sale alcalino tornò scomposto compiutamente. Allora ho eseguito a freddo 1' or- dinario processo, che mediante 1' ebuUizione suole essere im- piegato per apparecchiare la potassa caustica, cioè a dire, sciolsi una parte di carbonato in dieci dì acqua; ma, dopo ore ventiquattro saggiando la soluzione coli' acido cloridrico nel modo anzidetto apparve una visibile effervescenza; sicché la scomposizione (\\ù non riusci perfetta. Per riconoscere se in un tempo più lungo delle ore ventiquattro l'effetto venisse compiuto, serbai la soluzione a contatto della calce per un giorno ancora, e 1' agitai a quando a quando, ma in capo al giorno ebbi presso a poco la medesima effervescenza , sicché o le parti quindici di acqua in una di carbonato era la me- noma fpiantità che potesse essere adoperata, oppure questa Del Dottor Bartolomeo Bizio 197 quantità minima giaceva tra le dieci e le quindici parti mentovate. Adunque rinnovai 1' esperimento con una parte di car- bonato in dodici parti di acqua, e dopo lo spazio di tempo soprammentovato ebbi l'alcali caustico perfettamente. Dunque sciogliendo una parte di carbonato potassico in dodici parti di acqua ed aggiugnendovi una parte d' idrato calcico, solo- che si l'accia di agitare a quando a quando fra il giorno la mescolanza, il di appresso si ha 1' alcali compiutamente cau- stico. E anche da ossei'vare che operando a questo modo, comechè si aggiunga tutto 1' idrato calcico in una volta, ciò nulla ostante il precipitato viene granelloso, e, quasi dissi, sabbioniccio, onde riesce pesante in modo da potersi adunare bene la lisciva, senza o con poca perdita. Indagai con preci- sione in questo processo la quantità dell' acqua occorrente , non feci peiò altrettanto rispetto al tempo i perciocché avendo preso a principio, come termine da assegnarsi all' operazione, lo spazio di un giorno, non ho cercato se anche un tempo più breve fosse bastevole , sembrandomi di poco momento r economia di alcune ore, tanto piìi che 1' attenzione, che si richiede per condurre a termine l'operazione, è pressoché nulla. Non tacerò tuttavia che le dodici parti di acqua dianzi indicate sono condizionate alla temperatura dell'aria ambiente, onde bastano solo nella State, allorché faccia una temperatura di 20° del R. o in quel torno, circostanza in cui io accertava il fatto la prima volta; giacché in inverno ne vogliono parti quindici, coni' io non guari di tempo ho verificato. Era il mese di Febbrajo di quest' anno 1843, e la temperatura si teneva a -i- 6 J- del R. , quando io faceva di apparecchiare una quantità non lieve di potassa pura, sciogliendo il sale, com' è detto, in dodici parti di acqua ;, e tuttoché mi tenessi in mano la bontà dell' effetto, saggiata il dì appresso la U- sciva, non mi venne trovata pura, perchè inalbava coU'acqua di calce e produceva una lieve effervescenza coli' acido clori- drico. Prolungava quindi 1' azione della calce ad altre ore 198 Intorno all'azione della calce ec. ventiquattro, ma non perciò conseguiva migliore effetto. Al- lora vi aggiunsi altre parti tre di acqua e la causticità dell' alcali riusci compiuta. Notai questa osservazione, che mi venne di tare a questi dì e per correggere il processo nel caso che faccia d'uopo porlo in pratica in istagione fredda, e per ad- durre altresì una pruova convincente che questa azione chi- mica della calce è unicamente condizionata alla densità della soluzione, tantoché in quella quantità di acqua che a estate opera il suo effetto, non basta più in inverno, stantechè il freddo della stagione, aumentando la densità del liquido porta il bisogno di una aggiunta di acqua (i). Ora quantunque ne' Trattati s' insegni di apparecchiare la soda caustica presso a poco nella maniera stessa che si adopera per avere la potassa pura, tuttavia le particolarità osservate nella decomposizione del carbonato potassico m' in- vitarono ad instituire alcune analoghe ricerche eziandio sul carbonato sodico {n). Teneva adunque sopra questo carbonato la stessa via di sperimentare che io tenni per 1' altro sale , solochè cominciai con una parte di esso in quindici parti di acqua. Non tardai guari ad accorgermi che 1' azione della calce in questo carbonato era assai più pronta e vigorosa che non fosse nell' altro sale ; giacché in un minuto o poco più la calce torna evidentemente granellosa , sicché mi teneva certo di avere il dì appresso, coni' ebbi, la soda perfettamente caustica. Ma non solo ebbi un effetto compiuto nello speri- (1) Nelle mie Ricerche intorno alle molecole ed alle affinità loro dipendenti dalla forza ripulsiva alle medesime inerente, comunicate nel passato anno 184^ all' I. R. Istituto Veneto e nelle quali sono presi in esame tutti i particolari dell'azione cliiraica, feci anche vedere come la densit.ì delle soluzioni basti a rallentare e fi- nalmente a sospendere 1' azione chimica, impedendo quel movimento delle molecole dal quale provai dipendere essenzialmente l'effetto chimico, esclusa qualsiasi in- fluenza di maggioranza attrattiva. (2) Il carbonato sodico eh' io impiegava nelle mie ricerche era quasi in istato di compiuta efflorescenza, non però disseccato al fuoco. Del Dottor Bartolomeo Bizio 199 mento predetto, 1' ebbi pur anche, tenendo ferma una parte di carbonato, con tutte le proporzioni di acqua, che stanno tra le quindici soprammentovate e le parti sei. Mi avvenne solo di vedere una lieve effervescenza, allorché sciolsi una parte di sale in quattro di acqua. Ciò nulla ostante, siccome anche in questo caso la decomposizione del carbonato venne quasi compiuta, feci sperienza altresì con una parte di sale in sole due parti di acqua, eh' è l' estrema quantità in cui il carbonato sodico torni sciolto a freddo nell' acqua. Anche questa volta trovai efficacissima 1' azione della calce, tantoché dopo ore dodici, mescendovi sei volumi di alcoole anidro, ebbi la soda pura con poca perdita di carbonato. Ora non ha dubbio che il lume recato da questi fatti non voglia riuscire utile nella pratica; poiché insegnandosi in tutti i Trattati e nelle Farmacopee che da' Trattati si compi- larono, di apparecchiare gli alcali caustici mediante la bolli- tura de' carbonati colla calce, adesso sappiamo che impiegando per la potassa due o tre parti più di acqua di quella che suolsi comunemente adoperare, e tre o quattro parti meno di quella, eh' era detto doversi porre per la soda, si hanno a freddo gli alcali anzidetti, cioè, senza il menomo bisogno di valersi dell'opera del fuoco. Ciò porta innanzi tratto risparmio di combustibile, e ci franca in oltre da tutte quelle minute avvertenze, cui vuoisi avere 1' occhio attentamente durante r ebuUizione, acciocché il precipitato venga pesante e non a modo di una belletta, che incagli la massima parte della li- sciva; portando il bisogno d' iterate lavazioni (i). Senza che quando si tratta di avere una lisciva netta e purissima fa mestieri eseguire l'operazione o in vasi di ferro perfettamente puliti, ovvero in recipienti d' argento puro, che non è cosa sempre agevole ad avere, principalmente allorché si tratta di mettere a bollire il carbonato colla calce, nel qual caso, la- (1) Vegg. Traité de Chimie par I. I. Berzelius , nouvelle édition , Tom. I", pag. 398 et 294. Bruxelles 1889. 200 Intorno all' azione della calde ec. voraiido eziandio sopra poche libbre di carbonato, abbisognano parecchie hbl)re di acqua, e per conseguenza recipienti moke capaci. In contrario operando a freddo si apparecchia la li- scila in liaschi tnrati, e si può (piindi effettuare la concen- trazione in una bacinella d' argento anche di mediocre capa- cità, solochè si aggiunga nuova lisciva di mano in mano che si menoma e riconcenti'a la lisciva medesima colla evapora- zione; pratica, cui occorre sempre attenersi eziandio operando dietro gl'insegnamenti dell'antico metodo. Ciò dico pegli usi chimici e farmaceutici \ ma utilità maggiore credo venirne alle arti pratiche, in servigio delle c|uali, com'è l'arte de' sa- ponai, occorre sovente apparecchiare abbondevoli quantità di lisciva; perchè cavati gli operai dall' antico errore di credere che faccia d'uopo il calore per la scomposizione del carbonato sodico, oaunetteranno ogni pratica male intesa, come sarebbe quella di mescolare la calce viva col carbonato sodico per avere quindi colla bagnatura della mescolanza la temperatura creduta necessaria alla scomposizione del sale ; giacché ope- rando di tal maniera, anziché venirne un precipitato greve che dia in l'ondo, ne riesce una poltiglia, che per istemperarla mette il bisogno d' impiegare una quantità di acqua notabil- mente maggiore di quella che abbisogna per la causticità dell' alcali, la quale abbiamo veduto restrignersi a sei parti sopra una di carbonato. Né Io impiegare in questa opei-azione acqua sopra il bisogno è cosa indiff'erente, perché occorrendo appresso la concentrazione della lisciva, porta un getto inutile di combustibile e di tempo, che vuole essere il più breve possibile per la bontà medesima del risultamento. Tutto quello che ho detto sinora si riferisce alla utilità che ne può venire alla pratica dal sapere eh' eziandio a freddo si apparecchiano cosi bene, anzi meglio, gli alcali cau- stici, che non si faccia colla ebuUizione ; ma dopo raggiunto questo fine principalissimo di ogni ricerca, mi parve non es- sere da trasandare quell' interesse che vi potrebbe avere la li scienza. E innanzi tratto postochè il Liebig trovò la calce al Del Dottor Bartolomeo Bizio 201 tutto inoperosa sopra il carbonato mediante 1' ebullizione , allorché esso si sciolga in sole quattro parti di acqua , mi parve non disutile il vedere che ne seguisse ponendo la so- luzione sì concentrata nella condizione opposta a quella in che la pose il Liebig, cioè a dire, a zero di temperatura. Feci dunque questo sperimento. Tuffai prima la soluzione di una parte di sale in quattro di acqua nel ghiaccio fondentesi sino a tanto che la temperatura sua fu bene ragguagliata a quella del ghiaccio, e vi aggiunsi allora 1' idrato calcico. Mi avvidi subito che un effetto era adoperato a motivo della sembianza granellosa che pigliò la calce. A quando a quando feci di agitare la mescolanza, mediante un cannellino di vetro. Il di appresso saggiai la soluzione ed ebbi una viva efferve- scenza, ma facendo insieme di adunare un poco di precipitato e di lavarlo prestamente e bene con acqua bollente, mescen- dovi tantosto un poco di acido cloridrico ebbi altresì una viva effervescenza. Dunque non rimane dubbio che in quella so- luzione così ristretta sopra la quale il Liebig tentò vanamente r opera dell' ebullizione, io avessi a zero di temperatura un' effetto rimarcabile. Pure serbai la calce a contatto del sale per altre ore ventiquattro, e veggendo ciò nulla ostante se- guitarne al saggio coir acido la medesima effervescenza, eva- porai la lisciva, la trattai coli' alcoole ed ebbi precisamente una quantità di potassa caustica corrispondente ad un quinto del carbonato sottoposto all' esperimento ; sicché la calce a freddo, anzi a zero di temperatura, adopera effettivamente nella soluzione soprammentovata quell' azione eh' é incapace di adoperare mediante la bollitura. '.';)' ' Questa é la particolarità che mi venne veduta nella de- composizione del carbonato potassico mediante la calce e coli' intervento dell' acqua , ma di più curiose ne manifesta la scomposizione del carbonato sodico. Abbiamo precedentemente veduto che la calce a freddo seguita a decomporre questo carbonato, ancorché sciolto in sola quella quantità di acqua in che è atto a sciogliersi alla temperatura dell' ambiente. Tomo XXIII. Bb 202 Intorno all' azione della calce ec. Non era da trascurarsi questa particolarità del sale ; ma ab- biamo ancora cosa meglio inaspettata e più notevole. Vedeva io in fatti seguitare la decomposizione del carbonato sodico qualunque fosse per essere la ({uantità dell' acqua adoperata. Questa energia di azione svelatami dall' esperienza mi fece nascere per lo meno il dubbio clie una maniera di azione fosse ancora per manifestarsi, qualora io facessi di mescolare a secco 1' idrato calcico col carbonato sodico quasi in istato di compiuta efflorescenza come aveva adoperato innanzi. Adun. que tritai bene il carbonato sodico in un mortajo sino a ri- durlo in polvere sottile; a più riprese vi aggiunsi l'idrato calcico seguitando a ti-itare e mescere, onde aveva una me- scolanza lieve ed arida. Cbiudevala in una boccia per inter- cludere ogni accesso al gas acido carbonico, e faceva di muo- verla a quando a quando. In questo mezzo tenqio io osser- vava che dove a principio la mescolanza consisteva in una j)olvere arida e scorrevole, qualclie ora appresso conùnciava ad agglutinarsi e le parti sue aderire le une alle altre, appli- candosi eziandio quasi appiccaticce alla superficie interiore del recipiente : brevemente trascoise dodici ore stemperava la polvere nell' alcoole anidro ed aveva sciolta la soda cau- stica. Questo fatto, eli' io convalidai ripetutamente, lia tutta la singolarità di cosa, die le ragiom della scienza contraddi- cono. Si sapeva che la calce messa a contatto del cloruro ammonico, comecbè secco e all' ordinaria temperatura, il de- compone , svolgendone 1' ammoniaca ; ma ({uesto fatto aveva sua ragione nella tendenza, che ha 1' ammoniaca a pigliare lo stato elastico. Ora nel caso soprammentovato del carbonato .sodico nessuna proprietà de' corpi, che si originano, torna bastevole a dar ragione del fatto che ne conseguita ; anzi le proprietà della soda pura e del carbonato calcico, die si pro- ducono, si oppongono manifestamente alla teorica; imperocché la prima è fissa a qualsiasi temperatura, 1' altro insolubile. E se a taluno piacesse ricorrere alla tendenza che ha la soda verso l'acqua, cioè, cercasse il rifugio dell'influente solubilità Del Dottor Bartolomeo Bizio ao3 dell'alcali, noi risponderemo innanzi tratto non esservi acqua libera presente; e poi diremo ancora più, diremo che il ri- correre per ispiegare i fenomeni dell' azione chimica all' in- fluenza delle proprietà de' corpi che ancora non esistono, è far precorrere precisamente 1' effetto alla esistenza della sua cagione. Diamo in fatti che la mentovata scomposizione del carbonato sodico derivi dalla tendenza che ha la soda pura verso r acqua ; questa soda pura a principio non esiste , e perchè esista fa prima d' uopo che la calce decomponga il carbonato sodico : dunque 1' esistenza della soda pura è con- secutiva alla scomposizione del carbonato ; ond' è che se fac- ciamo consistere in una sua prerogativa la predetta scomposi- zione, abbiamo 1' effetto prima che esista la sua cagione, eh' è assurdo. Ciò sia detto per tutte quelle spiegazioni, che sogliono darsi dell' azione chimica , derivate dalle proprietà de' corpi che non esistono e solo consecutivamente si producono. Ora da tutti gli sperimenti precedentemente recati io deduco: i° che gli alcali caustici potassa e soda si possono apparecchiare ottimamente a freddo: 2,° che i carbonati po- tassico e sodico, essendo composti incomparabilmente più sta- bili del carbonato calcico e tornando decomposti dalla calce a quella stessa temperatura in cui la potassa pura e la soda pura attraggono 1' acido carbonico, ne segue che la debole affinità della calce per 1' acido carbonico vince 1' affinità più poderosa ed energica della potassa e della soda verso quello stesso acido: 3° ch'essendo in quest'azione chimica presente sin dapprincipio tutto il carbonato sciolto e solo la piccola quantità di calce che successivamente passa in soluzione a misura che va trasformandosi in carbonato insolubile, non si può introdurre l'influenza della massa chimica della calce, la (juale contribuisca a vincere l' affinità più forte degli alcali verso l' acido: 4° che la soda pura, la quale si origina stante r azione che ha luogo fra 1' idrato calcico ed il carbonato sodico quasi in totale efflorescenza, non dipende dall' influenza della solubilità sua nell' acqua perchè non vi è acqua libera 2,o4 Intorno all' azione della calce ec. presente, e perchè la soda trae origine prima di togliere al sale la rimanente acqua di cristallizzazione: 5" che la ninna azione della calce in una soluzione concentrata di carbonato potassico mediante 1' ebullizione a confronto dell' effetto con- trario che si palesa a zero di temperatura, deriva dall' essere la calce meglio solubile a freddo che non al punto o presso il punto dell' ebullizione dell' acqua e via meno al termine in che bolle la soluzione predetta , dovendo sempre fallire r azione chimica ognivolta che le molecole in luogo di potersi maggiormente espandere, si trovino anzi strette da una note- vole contrazione, coni' è della calce presso al termine dell' ebullizione dell' acqua. i, , Parte Seconda. Azione a freddo della calce anidra sopra i predetti carbonati pure anidri, messi a contatto dell' alcoole assoluto , e conseguente dilucidazione della chimica costituzione di quest' ultimo. Conosciuta nella calce mediante gli sperimenti recati , una azione cosi energica verso il carbonato sodico da bastare in condizione d' idrato a decomporlo , comechè mescolatavi senza intervento di acqua libera, venni in dubbio che forse un' azione potesse anche essere adoperata qualora io facessi (li mescolare insieme la calce anidra col carbonato sodico ani- dro, parendomi che nessun' altra cosa potesse opporsi al con- seguimento dell'effetto se non fosse la coesione maggiore che piglia il carbonato, allorché si fa di seccarlo compiutamente , la quale per altro io vedeva poter riuscire sì efficace da an- nullare eziandio (juell' effetto che alcun indizio pur non mi lasciava totalmente discredere. Il dubbio adunque voleva es- sere chiarito dall' esperienza. Feci perciò una mescolanza esatta di calce anidra e del sale anidro, e la serbai per un giorno in una boccia chiusa perfettamente. Scorso questo Del Dottor Bartolomeo Bizio ao5 spazio di tempo v' infusi tre parti di alcoole anidro, ed agi- tata ben bene la mescolanza saggiai l' alcoole, ma nulla affatto rinvenni di alcali sciolto. Le ragioni della scienza, che si fondano nelle ordinarie affinità sconsigliavano affatto di procedere innanzi con ulte- riori tentativi ; ciò nulla ostante la scomposizione avuta del carbonato sodico senza intervento di acqua libera valse a darmi qualche impulso a perseverare nell' osservazione, anche perciò che la meccanica insinuazione dell' alcoole per entro le particelle del carbonato poteva effettuare eziandio una sot- tigliazione del carbonato medesimo, affievolendo così la mag- giore coesione indottavi pel disseccamento. In fatti seguitai a prestare attenzione all' esperienza; e nel quarto dì trovai che 1' alcoole ridonava evidentemente il colore azzurro alle carte arrossate. Questa azione della calce sopra il carbonato si fece quindi di giorno in giorno più manifesta, sinché nel dodice- simo dì, dappoiché 1' alcoole era stato infuso, sì notevole era la copia della soda caustica sciolta nell' alcoole da avere an- che reagito sovra l' alcoole medesimo sino a parteciparvi un colore citrino. Il tempo necessario per avere questa reazione è così fermo e costante che si può accertatamente antivedere. Coir andare poi dei giorni il colore citrino divenne giallo , innoltrandosi per modo il coloramento, che dopo tre mesi la soluzione non era più gialla, ma arrancia caricata. Veduta questa curiosa e singolarissima azione della calce anidra sopra il carbonato sodico anidro, passai tosto a indagare se la medesima calce fosse per darmi un eguale risultamento eziandio sopra il carbonato potassico anidro. Per ciò die ris- guarda 1' affinità di questi due alcali verso 1' acido carbonico non può essere notata differenza di sorte alcuna, conciossiaché ambidue i sali resistono senza decomporsi a qualsivoglia tem- peratura: perciò se la calce anidra decompose, come abbiamo veduto precedentemente, il sale sodico anidro, sembrava assai probabile che un pari effetto fosse anche per adoperare nel sale potassico. In fatti feci il medesimo sperimento con questo ao6 Intorno all'azione della calce ec. sale, ma nel quarto di non ebbi reazione alcabna di sorte al- cuna, e cosi ne' successivi sino al ventesimo quarto giorno, in cui al primo tuffarsi della carta arrossata apparve incontanente la tinta azzurra. Questa differenza di tempo occorso ne' due sali diversi per avere lo stesso effetto ci palesa che l' energia dell' azione chimica adoperata dalla calce anidra nel carlionato sodico anidro sta a quella della calce verso il carbonato po- tassico : : 6 : i . E siccome il carbonato sodico vuole dodici giorni per darci il coloramento citrino della soluzione, così ([ualora l' azione chimica dal cominciamento dell' esperienza sino al termine di produrre la reazione alcalina, e da questo sino alla generazione del color citrino avesse proceduto di pari passo, avremmo dovuto avere, nello sperimento col sale potassico, r apparizione del color citrino dopo 72 giorni dal suo cominciamento, ma in contrario ci venne veduto soli 16 giorni dopo la reazione alcalina, che vale a dire ^o giorni dopo che r esperienza fu instituita. Questo fatto adunque di- mostra che quell' azione chimica eh' è nulla, od al tutto im- percettibile all' atto della mescolanza e che viene appresso manifestandosi con procedimento lentissimo, subitochè perviene a tanto di energia da rendersi chiaramente visibile, allora va innanzi con forza assai maggiore e più vigorosa. Questo fatto si può accertare anche in altro modo si nel sale potassico che nel sodico, tenendo conto, cioè, della quantità di alcali puro contenuto nella soluzione alcoolica al momento eh' essa ci dà la reazione alcalina e paragonandola poscia alla quantità contenuta nella soluzione citrina. Tutta questa differenza di azione notata, che adopera la calce anidra nei due sali, non potendo dipendere, come ab- biamo accennato precedentemente, dalla differente affinità, onde r acido carbonico è rattenuto dai due alcali, essa dee perciò venire da altra qualità specifica di ciascuno di essi, e potrebbe essere l' opposta affinità che palesano per l' acqua messi a contatto dell' aria ambiente. Io sono certamente lon- tano dal presumere di poter qui render ragione di qual maniera Del Dottor Bartolomeo Bizio 207 la proprietà del cadere in efflorescenza al contatto dell' aria, che compete al sale sodico, messa a confronto dell' opposto attributo di entrare in deliquescenza nelle medesime circo- stanze, che si appartiene al sale potassico, dia al primo modo agevole di essere scomposto dalla calce anidra, e faccia 1' al- tro resistere tanto efficacemente da consentire a mala pena alla calce un' azione stentata e lentissima ; tuttavia sono in- clinato a credere che la cagione della differenza che si os- serva nelle due azioni mentovate debba consistere nelle due opposte proprietà de' sali ; giacché le particolari proprietà , che i corpi palesano nelle chimiche azioni loro si legano ognora con altri speciali attributi che ad essi competono. La cosa poi, sopra tutte quelle rammentate sinora, diffi- cile a spiegarsi colle ordinarie leggi della affinità si è il modo, onde la calce anidra decomponga i predetti carbonati anidri, messi a contatto dell' alcoole assoluto. E vaglia il vero, tanto i carbonati come la calce sono al tutto insolubili nel!' alcoole, onde ne conseguita che 1' alcoole piuttostochè favorire, do- vrebbe anzi contrariare la mentovata azione ; giacché, bagnando superficialmente così le particelle della calce come quelle de' sali, serve più presto a togliere che a favorire il contatto te- nendo officio di un velo eterogeneo frapposto. Se poi per ispiegare questo flitto intendessimo aver ricorso all' influenza della solubilità dell' alcali caustico nell' alcoole, ci troveremo obbligati ad ammettere che la calce ed il sale agiscano fra loro allo stato solido, superando altresì 1' obice dell' alcoole frapposto; senza che l'alcali caustico non esiste quando l'azione chimica ha principio, laonde caderemo nell' assurdo soprani- mentovato di far precorrere 1' effetto all' esistenza della sua cagione. Questa maniera d'influenze per ispiegare i fenomeni dell'azione chimica è già ributtata dal Gay-Lussac, dal Lie- big e da altri chimici ancora, e 1' incapacità loro a rendere chiara ragione dei numerosi fatti, che s' incontrano, mi dà fi- ducia che tardi o tosto basterà a persuadere 1' esistenza di una forza intrinseca nelle molecole, atta a indurre nelle me- 2.c8 Intorno all' azione pella calce ec. desime speciali movimenti, da' quali ha origine quel conflitto molecolare, eh' è cagione unica ed essenziale di qualsivoglia azione chimica, siccome reputo di avere chiaramente dimo- strato nelle predette mie Ricerche^ rammentate altrove in pie' di pagina. Tutto quello che sinora abbiamo preso a considerare si riferisce unicamente alla singolare produzione della potassa e della soda caustica nelle sperienze recate ; ma ora dobbiamo fermare 1' attenzione nostra sopra un altro fatto, cioè, sopra Fazione che i predetti alcali caustici adoperano in istato pre- cisamente anidro sopra l'alcoole anidro entro cui si originano. L' alcoole oggigiorno, coni' è già noto, è considerato dal Lie- big e da tutti i chimici, che parteggiano con lui, quale un ossido idrato ; talché la sua trasformazione in etere si ridur- rebbe vuiicamente all' azione di un corpo presente atto a to- gliervi r acqua d' idratazione, onde 1' alcoole fosse di tal ma- niera risolto in acqua e in ossido cV etìì'io^ od etere, e v' ha il Berzelius, il quale porta opinione affatto diversa. Ora nes- sun argomento parrebbe meglio idoneo a risolvere la quistione quanto si è quello fornitoci dall' esperienza soprammentovata; giacché essa porta una condizione, che non ci è dato di avere né dalla barite, né dagl' idrati degli alcali caustici, né dal potassico, né dal sodio stesso ossidantesi in seno dell' alcoole, cioè, trae seco la produzione lenta della potassa e della soda caustica anidra a contatto dell' alcoole anidro, la quale allo stato nascente dovrebbe attrarre, e togliere facilmente l'acqua d' idratazione all' ossido d' etilio, od alcoole, e quindi trasfor- marlo in puro ossido d' etìlio^ od etere. In questo caso non può sorgere dubbio alcuno che 1' etere sia entrato in una combinazione particolare cogli alcali anidri , perché avanti l'esistenza dell'etere fa d'uopo che l'alcali abbia tolta l'acqua all' alcoole, onde la potassa e la soda combinandosi all' acqua nei momento stesso, in che si originano, non lasciano luogo all' etere, che fosse per prodursi, di combinarsi ad esse in istato anidro, e perciò se non abbiamo produzione di etere in Del Dottor Bartolomeo Bizio aog questo caso sembra difinitivamente confermata la sentenza del Berzelius ; cioè, che tanto 1' alcoole come l'etere sieno da aversi quali ossidi di un radicale composto e niente più. In fatti, acciocché alla veracità della illazione mentovata niuno avesse a muover contro dubitazione, dopo di avere ve- duto nel citato sperimento la reazione alcalina e il pi-imo suo progresso, cioè, dopo tiascorsi i primi dodici giorni, io chiu- deva esattamente la boccia, com' era stata chiusa per innanzi, e ciò per non riaprirla se non se dopo tre mesi, passato il qual tempo faceva di aprirla; ma la soluzione serbava il suo odore alcoolico senza sentire menomamente di etere, mentre sappiamo che a mescere nell' alcoole eziandio una piccola cosa di etere, ne spicca subito il suo odore. Laonde sembra non essere più dubbio che 1' opinione, cliì vuoisi accordare la preferenza circa la costituzione dell' alcoole, sia quella del celebre Berzelius. .; bn h > Adesso faceva di sapere se quell' alcoole, che non passò alla condizione di etere stante gli alcali anidri, che in seno ad esso si generarono, avesse incontrato altra modificazione , che importasse di essere conosciuta. Sottoposi perciò la mes- colanza alla distillazione in istorta di vetro, unendo al pallone una prima boccia tubulata, che si teneva totalmente sommersa in una mistura frigorifera di sale e ghiaccio, compiendo l' ap- parecchio in modo da poter eziandio adunare ogni altro pro- dotto, che fosse stato per isvolgersi. Verificata la distillazione non ebbi altra cosa che quell' alcoole medesimo, eh' io aveva precedentemente adoperato neh' esperienza, rimanendo nella storta insieme coli' alcali quella materia gialla, che si suol produrre in processo di tempo ogni volta che si sciolgono gli alcali caustici nell' alcoole , la quale indubitatamente , non ostante 1' azione prolungata di tre mesi ( per altro in boccia sempre chiusa e senza rinnovazione dell' aria contenuta nella vuota capacità ), non presenta alcuna proprietà, che ci dia ragione di collocarla fra le resine. Tomo XXIIL Ce aie Intorno all'azione della calce ec. Per dilucidare questo punto ho instituito alcune apposite sperienze. Ho sciolto gli alcali caustici nell'alcoole; ho aspet- tato un tempo bastevole perchè la soluzione pigliasse un co- lore aranciato intenso. Allora, acciocché 1' azione del fuoco non inducesse alterazione nella materia formatasi, feci attra- versare la soluzione da una corrente di gas acido carbonico : precipitava quindi il carbonato alcalino, ed aveva sciolta nell' alcoole la materia, che conseguiva, sceverata da ogni sostanza eterogenea mediante l'evaporazione. Essa è solubilissima nell' alcoole e nell' acqua e perciò non ispetta alle resine. Laonde non è vero, come i chimici opinano, che il coloramento dell' alcoole mediante gli alcali, nasca dalla produzione della così detta resina d' aldeìdo: il che piacquemi qui ricordare, accioc- ché si sappia che ne' sperimenti soprammentovati non inter- venne produzione alcuna di aldeìdo^ né della sua resina^ sic- come ebbi ad assicurarmi, e come altresì potevasi antivedere, stantechè per tutto il tempo, in che gli alcali dimorarono a contatto dell' alcoole, fu impedito all' aria di prendere parte neir azione chimica, essendosi guardata la soluzione in bocce ermeticamente chiuse. ..'v; . .-..1 . ■:■ , ,(• alt DESCRIZIONE ZOOLOGICO - NOTOMICA DELL' OI\CHIDIO PARTENOPEO DEL SOCIO PROFESSOR j'iq jJt'jb ijjil ;; iiiriiiTlrioo uaoi; ai „. 7> 7,7- o ,0'tOÌiilO-I i;i:oJjriir|^ Ricevuta adi 2.q Marzo loAi. ... , , ' .••. ; ^^ ' aij;\.oi loci alfic'KU' :;!'ln'!!'lf> rnol ^OUfi'i Jilf^o'! r> i'jb. oloyjsji V^luvier (i) sulla credenza di riferirsi al Mollusco di Bucha- nan (2) quello simile recatogli da Peron, stabili il genere 011- chidio, che secondo Blainville riunirebbe specie polmonari e branchifere. Or costui, avendone inoltre scorto marcata dis- parità neir apparato sessuale, separato nelF onchidio di Bu- chanan e riunito in quello di Peron, rimise nel genere on- chidio le specie respiranti aria con gli organi genitali distinti, e nell'altro chiamato Peronia-, oppure onchis di Ferussac, quelle bisognevoli di acqua con detti organi, e prossimi alle doridi. S' ignora se le Peronie venissero a respirare aria alla superficie dell' acqua ; e scriveva Deshayes (3) essere difficile per non dire impossibile cosa di farsi esatta idea intorno ai costumi, ed all' accoppiamento loro, bisognando tutto rimet- tersi al tempo ed all' ossej,-vazione. Quoy e Gaymard (4), che ne esaminarono viventi, sei grandi e novelle specie, non hanno arrecato alcuno rischiarimento all' uopo. La specie, che ne descrivo è pigmea paragonata alle altre, nuova nella scienza e nei mari d' Europa, essendomi nota fin dal iSag. (i) Mèm. sur V Oncliid. Paris, 1817. (a) Tram, de la Soc. Linn. V. .82.' ''*»« ivOjJm ^ ^o'Iiiiriv;^ li '.U^i^ (3) Dici, class, d' hìst. nat. Paris, 1827. XII 207. . •'^""f'^:' J " i^!' ^i' ' (4) ^°y- de V Astrai. II 210-261. 2.Ì2 Descrizione Zoologico-Notomica ec. I. Descrizione Zoologica. Peroiiia ( Peronia Blainv. ) . Corpo elittico, mantello gibbo, occultante il piede; due tentacoli poco contrattili a' lati della proboscide ; organo re- spiratorio rettiforme in una cavità posta alla regione posteriore dorsale col forame aperto nel margine inferiore del mantello e sopra l'ano; foro dell'organo genitale maschile nella radice del tentacolo dritto con solco esteso a quello della vulva gia- centi nella parte posteriore dello stesso lato. P. Partenopea ( P. Partlienopeia. Delle Cliiaje ). Corpo ovale patelleforme ; mantello convesso, angoloso, nel mezzo verdefosco, più sbiadato o giallo -verdiccio nel con- torno ; tubercoli globosi, i maggiori misti a' minori ; due ten- tacoli cilindrici, nerognoli, con occhio mediano e terminale, allungati oltre il mantello con proboscide e laterali appendici; piede giallo, stretto, acuminato dietro, troncato innanzi ; doc- cia o canale tra questo e '1 margine inferiore del mantello. Rinviensi sotto le pietre marittime presso il castello Lncullano. A prima giunta sembra embrione de' chitoni cinereo o fasci- colato, e non eccede la lunghezza di poche linee. Si attacca alle pareti de' vasi, e allo stesso modo delle doridi^ ama di restare poco o nulla immerso nell' actp-ia allai'gando e strin- gendo l'apertura del cavo respiratorio. Preso in mano imman- tinente si aggomitola come V onisco osello, facendo insieme combaciare le due metà del piede ed il margine del mantello. Lo spirito di vino pochissimo ne corruga il corpo, senza alte- rarsene il colorito ; moderatamente compresso fra due pezzi piani di cristallo, e fattovi seccare eziandio, conservasene la forma e '1 colore. Del Prof. Stefano delle Chiaje ai 3 II. Descrizione Notomica. Trattandosi di sì piccolo Mollusco, conviene praticare un taglio rasente il sinistro margine del piede dall' orificio della bocca a quello dell' ano , ed allontanare i margini tagliati , onde vederne sott' acqua i visceri, da distrigarsi mediante un ago. E messi questi fra due pezzi piani di cristallo conviene farvi leggera pressione, affinchè possano essere esplorati con una lente, o pel microscopio. Il bulbo musculoso ovale è abbastanza grande in paragone della mole del suo corpo; avendo la lingua elittica con suc- cessiva filiera de' cartilaginei denti ricurvi, i muscoletti ad- duttori ed abduttori : due grosse e bianche glandule salivari pennatitìde vi stanno ai lati, ed i loro rispettivi dutti apronsi entro la bocca. L'esofago tubuloso lunghetto si dilata in atre- forme stomaco, nella centrale sua parte armato di cartilaginosi pezzi ovali quadrangolari orbicolari e ialini rossi gialli, che stridono sotto la pressione , e che io sul principio reputai grani di arena. Allo stomaco segue altra simile dilatazione duodenale, ove sboccano i dutti de' pennati lobati epatici e se ne continua il tubo enterico. L' apparato genitale maschile risulta dal vaso spermatico appena tortuoso e semplice , che finisce nel pineconico e provveduto di muscoletto adduttore, essendo sfoderato dietro la contrazione della sua guaina; il femmineo è rappresentato da globosa ovaia gialla col proprio ovidotto provegnente dal fegato, dalla matrice finita nella vagina, cui imbocca la borsa carica contenente granosa materia giallastra. Globetti rotondi ho visto nella matrice. Il sistema nervoso si approssima più a qpello delle tritonle che delle doridi^ e componesi di due grossi gangli cefalici posteriori e di altrettanti laterali bilobati, da quali si spicca la striscia sopraesofagea. Da cadauno gan- glio partono nervi pei siti adiacenti, essendovene due mediani lunghissimi o pedidi, altro pajo che forma i ganglietti sotto il bulbo esofageo, che danno origine allo stomato- gastrico. ■lì/^ Descrizione Zoologico-Notomica ec. Nulla dico intorno alla cavità respiratoria ; vasellini ho visto sulle appendici orali, altri ne' lati inferiori del mantello, e talora ini è sembrato travedervi gruppetti branchiali. Quindi rilevasi marcata differenza notomica tra la peroiiia Ciwierana e r attuale. Ehrenberg (i) propone di cancellarsi il genere Peronia, attesoché egli ha riconosciuto neìVonchidio Peroniano la stessa specie dell' O. tifa e dell' O. verrescolato^ essendo provveduto di cavità polmonare, di venti arboree branchie doreali: parti- colarità che r indusse (2) a proporre il genere polibranco an- fibio , a causa della duplice respirazione polmonica cioè e branchiale. Però è da riflettersi, che tutti i Molluschi lamel- libranchì disimpegnano questa doppia funzione mei-cè una ca- vità polmonica e lamine branchiali, non mancando di vasco- losa rete cutanea suppletoria, prevalendone sempre 1' una su l'altra, né i tubercoli palliari dell'O. partenopeo avevano de- cisa fabbrica di branchie. (i) Symh. plus. Anìm. Quert. (2) Of. cit. Manom. praef. 2,l5 MEMORIA Sull'indebolimento che avviene nel magnetismo d'un ferro quando si fa scorrere su d' una calamita debole in modo da magnetizzarlo, se non lo fosse, nel mede- simo senso in cui già sì trova magnetizzato. eseguisco l upeiaz,iuiic v^iic ouui»^ i.x.^^..^^.^„ ^ ^ . ( quantunque nel medesimo senso ) , la sua forza magnetica viene diminuita. « Io sospettai di avere in questo fatto un' ulteriore prova della coesistenza di più sistemi magnetici nello stesso ferro , i quali per essere molto disuguali in forza , si elidessero in iJceir>- w em.tU ^e/e-eee^- i^cc -cffaé C/^.XXJff /larr 'J% /'"y'- 2,l5 MEMORIA Sull'indebolimento che awiene nel magnetismo d' un ferro quando si fa scorrere su d' una calamita debole in modo da magnetizzarlo, se non lo fosse, nel mede- simo senso in cui già si trova magnetizzato. DEL PROFESSORE CAVALIERE STEFANO MARIANIIM. Presentata il dì 14 gennajo 1848. Il fatto intorno al quale mi accingo a discorrere in questa Memoria è quello che descrissi nella nota al ^ XIX della mia sesta Memoria intorno all' azione magnetizzante delle correnti Leida -elettriche, nella quale credo aver dichiarato d' onde procedano le variazioni nella suscettibilità a magnetizzarsi che acquista il ferro per le precedenti magnetizzazioni. « Se un cilindro di ferro ( così trovasi ivi accennato il fatto ) si fa scorrere secondo la sua lunghezza su di un dato polo d' una calamita, esso si magnetizza con più o meno forza secondo r energia della calamita, o la distanza a cui si tiene il ferro nel magnetizzarlo ; sempre però nel medesimo senso. Ma ac- cade costantemente che, se dopo la prima magnetizzazione io eseguisco l'operazione che suole magnetizzarlo più debolmente ( quantunque nel medesimo senso ) , la sua forza magnetica viene diminuita. » Io sospettai di avere in questo fatto un' ulteriore prova delia coesistenza di più sistemi magnetici nello stesso ferro , i quali per essere molto disuguali in forza , si elidessero in ai6 Memoria sull' indebolimento ec. parte lecipiocanieiitc, come avviene di due t'erri V uno forte- mente e l'altro debolmente magnetizzato messi vicini, e coi poli omoiioiui dalla stessa parte (i). Per vedere adunque quanto fosse fondato il mio sospetto provai ad eseguire l'espe- rimento inverso, cioè magnetizzai un ferro prima colla cala- mita debole e poi colla forte; imperocché, se fosse stato vero che nell'altro esperimento veniva diminuita la forza magne- tica del ferro, perchè colla calamita debole generavasi in esso un sistema magnetico molto più debole del già esistente, an- che in questo avrebbe dovuto accadere altrettanto, cioè si avrebbe dovuto conseguire colla calamita forte una magnetiz- zazione più debole operando sul ferro già un poco magnetiz- zato, che non quando non lo era del tutto. Ma il risultato fu ben dilferente ; poiché la forza magnetica che io produceva operando colla calamita forte sul ferro già magnetizzato colla debole era eguale, e talvolta ancora alquanto maggiore di (juella che la forte calamita produceva nel ferro che non era stato magnetizzato. Convinto così che il tatto in discorso provenir non poteva dalla coesistenza di due sistemi magnetici, mi accinsi a spe- rimentare sul medesimo all'oggetto di studiarne la spiegazione. E fu appunto nell' esaminare (pianto costante fosse il tatto stesso che mi accorsi che esso proveniva da un altro tèno- meno sul (piale richiamai da un pezzo F attenzione de' fisici, vale a dire dalT essere piii grande F etl'etto duif azione ma- gnetizzante quando tende a distruggere nel ferro la polarità che possiede, die non (piando tende a rinforzarla (2). Premessa (i) Veggasi il § XIV della Memoria V sopra 1' azione magnetizzante delle cor- renti elettriche momentanee, nella quale si tratta delle cagioni che indeholiscono la magnetizzazione prodotta su di una data massa di ferro dalla corrente leida -elet- trica : e specialmente di quella che proviene dalla presenza del l'erro poco o nulla calamitato. Memorie di Fisica sperimentale scritte dopo il i836. Anno quarto. Mo- dena, R. Tipografia Camerale, 1841- (2) V. la nota al 5 XV della ]\Iciiiona sopra uno stromento misuratore delie corrrenti elettri' he momentanee. Memorie citate, anno 1°, i838. E la terza parte Del Prof. Stefano Marianini 217 adunque la descrizione delle principali esperienze che mi dimostrarono quanto sia generale il fenomeno che presi a stu- diare , passerò a quelle relative all' altro ora accennato , e quindi a dimostrare come da questo medesimo, combinato col noto fenomeno che quando si fa scorrere un ferro da un capo air altro della sua lunghezza sul polo d' una calamita , in principio dello sfregamento si produce una polarità opposta a quella che nasce in fine, emerga la spiegazione della per- dita di forza che soffre un ferro scorrendo con esso su di una calamita più debole di quella che ci vuole per comuni- carle il grado di magnetismo che possiede. : Parte Prima. Esperienze nelle quali si osserva indebolirsi il magnetismo d' un ferro facendolo scorrere sul polo d'una calamita debole, benché in modo da magnetizzarlo nel medesimo senso in cui già si trova magnetizzato. II. Un cilindro di ferro dolce lungo otto centimetri e mezzo, e pesante grammi 6,7, sofFregato una volta in tutta la sua lunghezza sul polo sud di una debole calamita artificiale acquistò una forza magnetica sufficiente a deviare 1' ago del magnetometro (i) di gradi 7. della Memoria VI sopra 1' azione magnetizzante delle correnti elettriche momenta- nee; nella quale si spiegano le variazioni nella suscettibilità di magnetizzarsi ec. 1841- (i) Lo stromento qiù accennato consiste in una scatola circolare contenente un ago da bussola. Dall' orlo del coperchio sorge un' asta d' ottone verticale alta circa i5 centimetri. A questa è innestato un grosso filo d' ottone orizzontale il quale mediante una vite di pressione può fermarsi all' altezza che si vuole, e la lunghezza di questo filo è poco minore del raggio del coperchio stesso; ed all'estre- mità porta una lamina d' ottone curvata alquanto a forma di tegola rivolta colla concavità in alto, 1' asse della quale è orizzontale , fa angolo retto col sottoposto ago, ed il suo punto di mezzo è nella verticale che passa pel centro dell'ago stesso. Veggansi le introduzioni alla prima ed alla quinta Memoria sopra 1' azione magne- tizzante delle correnti elettriche momentanee. Tomo XXIII. Dd 2i8 Memoria sull'indebolimento ec. Distrutta mediante urti questa magnetizzazione , e poi sfregato il cilindro una volta e nel medesimo senso dell' espe- rimento precedente sul ])olo sud d' una calamita forte, il ma- gnetismo acquistato facevagli tener 1' ago del magnetometro deviato di gradi i8. SofiVegato di nuovo e nel medesimo verso sul polo sud della calamita debole (i) ha perduto una parte della sua forza magnetica; esso non tenea più deviato l'ago che di gradi i4- ITI. Ho magnetizzato allo stesso modo un altro cilindro di ferro con un magazzeno magnetico, e teneva pure deviato r ago magnetometrico di i8 gradi. Ho poi sfregato il ferro non sul polo sud, ina sul nord della calamita debole, ed in senso contrario, cioè, in modo che avesse a produrre una po- larità simile alla già conseguita, o a far nascere il polo nord dalla medesima parte, ed ottenni una diminuzione nella forza magnetica eguale a quella che ottenni nella precedente esperienza. IV. Un cilindro di ferro dolce e ricotto lungo otto cen- timetri e pesante grammi io,i5 sfregato da un capo all'al- tro sul polo sud d'una calamita debole acquistava l'attitudine di deviare di sei gradi 1' ago del magnetometro. Distrutto in esso mediante una piccola flessione questo magnetismo, indi fatto scorrere allo stesso modo sulla calamita forte , teneva l'ago dello stromento a 2,7". E dopo di aver eseguita la stessa operazione sul polo sud della calamita debole, esso non de- viava più r ago che di aa, gradi. V. Un filo d' acciajo temprato lungo otto centimetri e mezzo e del peso di tre grammi , sfregato al solito sul polo della calamita debole deviava il magnetometro di gradi 11. Tolto questo magnetismo e poi sfregato nella stessa guisa sul polo sud della forte, deviavalo di 44' (I) Pei o.il.imitA debole intendo (jutdla fra due calamite date, la quale comunica al terrò meno t'or/.a magnetica. Del Prof. Stefano Marianini ai9 E dopo di averlo sfregato di nuovo , così magnetizzato com' era, sul polo sud della calamita debole, non lo deviava che di 32. I risultati ottenuti dalle sperienze istituite con fili e ci- lindri d' acciajo non temprato furono simili ai precedenti. VI. Al filo o cilindro unico ho sostituito un fascio di sette fili d' acciajo lunghi otto centimetri, e pesanti tra tutti tre grammi e mezzo. Magnetizzato questo fascio ai solito colla calamita debole deviava l'ago di 20". Colla calamita forte 65"; e ripassato di nuovo al solito sulla debole , deviava 1' ago solo di 5c°. Un fascio di dieci fili di ferro dolce non ricotto lunghi otto centimetri, e pesanti undici grammi, magnetizzato col polo sud d'una piccola calamita acquistava la forza di deviar r ago di dieci gradi. Distrutto questo magnetismo mediante la flessione, indi magnetizzato il fascio col magazzeno magne- tico deviava 1' ago di /\.2, gradi. Sfregato poscia sul polo sud della piccola calamita non lo deviò più che di ag. Simile indebolimento nel magnetismo comunicato dalle calamite forti ottenevasi mediante lo sfregamento sulle deboli anche operando su fasci di fili d' acciajo più numerosi o più grossi, e su fasci di fili di ferro dolce. VII. Una piccola lamina di niccolo battuta a freddo lunga quattro centimetri, e del peso di sette decigrammi, magnetiz- zata collo sfregarla sul polo sud d' un magazzeno magnetico , deviava 1' ago a 16°, e sfregata poi sul polo sud della cala- mita debole, teneva deviato 1' ago a 9°. Anche 1' acciajo ed il ferro foggiati in lamine ed in pic- coli parallelepipedi presentavano il fenomeno di cui parliamo. Vili. Alle due calamite artificiali delle precedenti espe- rienze ho sostituito due calamite naturali armate, l'una forte e l'altra debole, e vidi costantemente che il ferro o l'acciaio magnetizzato colla forte perdeva della sua forza quando ve- niva sfregato su di un polo della debole , e in modo che avrebbe conseguito (se già non lo avesse avuto) il polo nord 220 Memoria sull' indebolimento ec. dalla stessa parte. Nò mai andava fallito l' esperimento anche ((uando magnetizzavasi il ferro con calamita artificiale forte, e poi isfregavasi su d' un polo di calamita naturale debole ; né quando magnetizzavasi con calamita naturale foi'te, e poi soffregavasi sul polo di artificiale debole. IX. Non è solamente il ferro magnetizzato colle calamite che presenta questo fenomeno. Anche quello , cui sia stata comunicata la polarità magnetica mediante la corrente leida- elettrica viene indebolito collo sfregamento operato nel modo solito su d' una calamita la quale non sia atta a comunicarle tanta forza, quanta gliene fa ac<[uistare la corrente. Un cilindro di ferro lungo otto centimetri, e pesante poco meno di tre grammi deviava di sette gradi 1' ago ma- gnetometrico allorché venne magnetizzato al solito colla cala- mita debole. Distrutto questo magnetismo, lo calamitai di nuovo mediante la scarica d'una boccia di Leida, ed al segno che teneva il detto ago al aa" grado. Ed avendolo poscia trattato al solito colla piccola calamita, deviava 1' ago sola- mente di i5 gradi. Anclie la magnetizzazione prodotta dalla corrente voltaica, ogniqualvolta la porzione che rimaneva al ferro dopo che la corrente aveva cessato di agire superava quella che poteva generarvi la piccola calamita, veniva indebolita sfregando il ferro su (juesta. X. Gli esperimenti fin qui descritti si possono istituire anche colla sola calamita forte rendendo all' uopo debole la sua azione col far iscorrere il ferro a qualche distanza da un polo di essa. E questo metodo torna utile specialmente iiell' istituire sperienze di confronto sul potere delle calamite de- boli ( o rese tali dalla distanza a cui si fanno operare ) di scemare la forza magnetica di un dato ferro calamitato. A quest' oggetto ho fatto munire un polo di un forte magazzeno magnetico d' una specie di staffa, la cui estremità rivolta al polo si può allontanare o avvicinare ad esso. Evvi anche unito un regolo graduato in millimetri per conoscere Del Prof. Stefano Marianini 22.1 la distanza dal polo, alla quale si fa scorrere il ferro. Tale staffa è d' ottone ; ma la parte che guarda il polo è di seta, perchè nelle sperienze delicate giova schivare l' indebolimento prodotto nel ferro magnetizzato dallo sfregamento anche lieve su di un corpo duro. Magnetizzato un ferro lungo otto centimetri, e pesante grammi 10,1 5 col detto magazzeno magnetico, teneva deviato l' ago del magnetometro di 33 gradi. Fatto scorrere poi il detto ferro sullo stesso polo e nel medesimo senso, ma tenen- dolo distante un millimetro dal detto polo, esso non deviava r ago che di 27". XI. Ho istituite con questo congegno parecchie serie d' esperienze per conoscere la quantità di magnetismo distrutto da una calamita in proporzione della forza magnetica esistente nel ferro, e di quella che la calamita debole è atta a comu- nicargli col solito sfregamento. Ed a questo proposito ho veduto : i". Che quando la forza magnetizzante della calamita con cui si vuol scemare il magnetismo è tale da poter comu- nicare al ferro una magnetizzazione poco inferiore a quella che gli dà la più forte; piccolo è pure l'indebolimento, e non si riduce il ferro se non a quel grado che la calamita meno forte gli può da se comunicare. -;.' Fatta agire al solito una calamita su di un filo di ferro dolce lungo otto centimetri, e pesante grammi 2,2,, ma alla distanza di un centimetro, la forza magnetica acquistata dal ferro facevagli tener deviato l'ago di 3i grado. Tolto questo magnetismo, e fatta agire la calamita stessa alla distanza di un millimetro, il ferro deviava l'ago di 40 gradi. Fatto poscia scorrere il ferro così magnetizzato sullo stesso polo e nel me- desimo senso, ma alla distanza di un centimetro, il ferro tornò a deviar l' ago di 3 1 grado. ■ ' Un filo d' acciajo lungo nove centimetri e mezzo e pe- sante grammi 12,2 sfregato sulla calamita forte alla distanza di un millimetro deviava l'ago di 3o. Sfregato sul polo nudo, deviavalo di 43. Poi sfregato di nuovo alla detta distanza, la deviazione da esso prodotta era 35°. 22.2 Memoria sull' indebolimento ec. ■2". Se si confronta la quantità di magnetismo distrutto da una calamita debole con ({nello distrutto da altra più de- bole, r eti'etto di ({uesta è più grande ogni({ual volta la sua t'orza magnetizzante non sia molto inferiore alla quarta o quinta parte, se si tratta di un filo di ferro dolce, o alla metà, se si tratta d' un mediocre filo d' acciajo , di quella della calamita forte con cui è stato da prima calamitato il ferro. Un ferro magnetizzato al segno che produceva una de- viazione di 36° lo feci scorrere sul polo della detta calamita alla distanza di un centimetro ( distanza alla quale soleva magnetizzarsi al punto da deviar 1' ago di 2,9° ) e la devia- zione eh' esso produceva era di 24 gradi. Tolto questo ma- gnetismo e calamitato di nuovo a 36°, e poi fatta agire la stessa calamita alla distanza di tre centimetri ( alla (juale il ferro acquistava solo tanta forza da deviar 1' ago di 8 ) , la forza distrutta fu più grande, poiché quel ferro non deviava che di 16 gradi 1' ago del magnetometro. 3". Ma quando la calamita più debole che si adopera ha una forza magnetizzante si tenue da non poter comunicare al ferro che la decima parte, o meno ancora della forza, della quale vien fornito il ferro dalla forte , allora 1' efìetto della calamita più debole ( cioè la quantità di magnetismo distrutto da essa ) è inferiore a quello della men debole. Infatti replicando 1' esperimento qui sopra descritto, ma latta poi agire sul ferro la calamita alla distanza di cinque centimetri, il ferro deviava l'ago di 18 gradi: e se dopo magnetizzato il ferro a 36, faceva agire la calamita in uno stato di maggiore affievolimento, cioè alla distanza di sette centimetri, la deviazione riducevasi a 22°. E se finalmente, ritornato che fu alla forza di 36°, faceva agire su di esso la calamita ma alla distanza di nove centimetri, la forza magne- tica del ferro calava meno ancora che negli altri casi; esso deviava 1' ago di 29 gradi. XII. Se si ripete io sfregamento del ferro magnetizzato sulla calamita debole ( e la forza di questa differisce notabil- Del Prof. Stefano Marianini 2.a3 mente dalla forza di quella con cui venne magnetizzato il ferro ) scema d' ordinario ancora il magnetismo del ferro stesso; ma presto si perviene ad un punto che, per quanto si replichi 1' operazione, più non si altera la forza magnetica del ferro. Un ferro dolce e ricotto lungo otto centimetri e pesante grammi 2, , 8 lo magnetizzai al punto che teneva deviato l'ago a 2,7-'' Fatto poi scorrere al solito sul polo sud d'un magaz- zeno magnetico alla distanza di tre centimetri ( colla quale operazione quando non aveva magne- . . tismo ne acquistava tanto da deviar l'ago di 7"), produceva una deviazione di 2,3. Sfregato un' altra volta . 2.0. 3o' un'altra ancora ■■:'£' .7. uivi '•>:;';., . j:8i.r,(t.J' altre due volte •liJjjjJi» yi..'; .i5.. . . altre dodici volte i5. Un filo d' acciajo lungo otto centimetri e mezzo, e pe- sante tre grammi, magnetizzato, deviava l'ago di . 44- Sfregato al solito alla distanza di tre centimetri . Sa,. Sfregato un' altra volta . oìj/uì. «i^iitu > ìì:.:.'! .ihis oìa 3i. 3o' tre altre /.■j!iÌjMii;!..ia./,«"4^<'i .j. !•' '3i.. , , altre dieci 3i". Aggiungo tre esperienze a conferma delle cose dette nel paragrafo precedente. ov| J,i: i.° Un fascio di sette fili d' acciajo lunghi otto centimetri e mezzo e pesanti tra tutti grammi 3,5, sfregato sul polo sud d' un magazzeno magnetico tenendolo alla distanza di tre millimetri, deviava il magnetometro di . *, -.u 53r Sfregato sul polo 70. Sfregato una volta alla detta distanza di 3 millimetri 58. Sfregato altre quattro volte 55. parecchie altre volte 53. a°. Distrutto mediante alcune flessioni il magnetismo nel detto fascio, lo sfregai sul detto polo sud alla distanza di do- dici millimetri i6.° 2,^4 Mei\ioria sull' indebolimento ec. Sfregato poscia immediatamente sul polo .... 70. Sfregato di nuovo alla distanza di dodici millimetri 38. Sfregato un' altra volta 3o. altre quattro volte 2,6. altre otto 2,2. molte altre volte aa. 3. Tolto come sopra il magnetismo, indi sfregato il detto fascio di fili sul detto polo alla distanza di tre centimetri, produceva la deviazione H." .Sfregato sul polo immediatamente 70. alla distanza di tre centim.' 65. Replicato molte volte (juest' ultimo sfregamento . . 65. Ma eseguito lo sfregamento a minor distanza dal polo, cioè alla distanza di 12 millimetri . . . ^5. Ripetuto altre due volte 4^- altre quattro 38. altre otto 36. molte altre volte 36. XIII. Ma se, dopo indebolito quanto si può il magnetismo d' un ferro con una data calamita , venga esso trattato allo stesso modo con una calamita ancora più debole, scema di nuovo la sua forza magnetica. Un ferro lungo otto centimetri e pesante grammi 10,1 5 teneva deviato 1' ago a ^2.". Fatto scorrere sul polo della calamita forte alla dis- tanza di mezzo millimetro 33. Né si ottenne indebolimento maggiore col ripetere siffatta operazione. Ma fatto scorrere il ferro dis- tante un millimetro dal polo 28. Rinnovata l'operazione alla distanza di quattro mil- limetri, e ripetuta tre volte 24. Sfregato una volta alla distanza di otto millimetri . 18. altre quattro volte 16. una volta alla distanza di 18 millimetri . 9. Del Prof. Stefano Marianini aaS XIV. Errerebbe per altro chi, nel caso dell'esperimento ora descritto, o di altro simile ad esso, credesse di ottenere r indebolimento ultimo osservato facendo uso a dirittura della calamita più debole, senza passare per le intermedie. Lo stesso ferro del pi'ecedente sperimento magnetizzato al punto che produceva la deviazione ^•2.° Lo feci scorrere una volta sul polo solito alla dis- tanza di 18 millimetri. Scemò la forza magnetica; ma il ferro teneva 1' ago del magnetometro a . 28. Replicata per altre sei volte questa operazione . . ai. E dopo averla ripetuta altre venti volte , il ferro teneva ancora l'ago a 21. (i). XV. Il fenomeno di cui parliamo non solamente ha luogo quando si magnetizza il ferro colla calamita forte mediante lo sfregamento, ma ancora quando viene magnetizzato col porlo semplicemente a contatto della calamita stessa. Un cilindro di ferro dolce ricotto lungo otto centimetri e pesante ventisette grammi, calamitato col tenere jjer un momento una sua base a contatto del polo nord d'un magaz- zeno magnetico acquistò forza sufficiente per tenere deviato il magnetometro di 21.° Fatto poi scorrere al solito sullo stesso polo alla dis- tanza di un centimetro la. Un cilindro d' acciajo lungo centimetri otto, e del peso di dieci grammi, posto con una sua base a contatto col detto polo deviava l'ago 70.° (i) Alla pagina 5aa degli Elementi di Fisica del chiarissimo Pouillet ( Ediz. di Parigi del 1828 ) si legge che un ago calamitato con forti calamite non può es- sere rimagnetizzato strisciando sopra di esso con calamite di minore intensità. Im- petocchè queste, anche quando agiscono nel medesimo senso delle prime, gli fanno perdere a poco a poco del magnetismo, e lo riducono finalmente al grado d' inten- sità che esse avrebbero potuto conferirgli. Dalle sperienze registrate in questo paragrafo e ne' due che lo precederono si vede in quali casi l'ultima parte di questa proposizione sia vera ed in quali non lo sia. Tomo XXIII. Ee aiiG IMemoria sull' indebolimento ec. Sfregato poi alla distanza di tre niilliinetri dal polo stesso ; . . . 60. Replicata la fregazione alla distanza di un centimetro 4-- Stregato altre quattro volte alla medesima distanza di un centimetro 35. Sfregato una volta alla distanza di tre centimetri . 29. Parte Seconda. Esperienze colle quali si dimostra che la calamita fa meno effetto quando tende a magnetizzare il ferro nel senso in, cui lo è, che non quando tende a produrre magnetizzazione contraria. XVI. L' attitudine della calamita nel magnetizzare le sostanze suscettibili di magnetizzazione possiamo risguardarla come inesauribile, perchè doj)o aver comunicate a migliaja di fili di ferro le virtù magnetiche, trovasi egualmente idonea come da principio a comunicarle ad altri. Se adunque è li- mitato il grado di magnetismo che essa jDroduce in un ferro, egli è che questo non è atto a riceverne di più. Né è da dire che sebbene la calamita valira a comunicare a innume- vevoli ferri quelle proprietà, sia poi ciò non ostante limitato il grado di forza con cui possa comunicarle : poiché vediamo che mentre ad ini ferro ricotto per esempio imprime un pic- colo grado di forza, maggiore lo comunica ad un altro ferro eguale ma rincrudito, più grande ancora ad un pezzo d' ac- ciajo di eguali dimensioni, ed ancor più se il pezzo d'acciajo e più grosso. Donde si vede che il limite sta dal lato della sostanza che riceve le proprietà magnetiche anzi che da quello della calamita che le comunica. Poiché adunque vi è un jninto come suol dirsi di saturazione nel feiTO ( e cosi dicasi di qualunque altra sostanza magnetizzabile ), al quale, quando siamo pervenuti, 1' azione della calamita é senza eflFetto sen- sibile ; quanto più il ferro sarà lontano da questo punto, più Del Prof. Stefano Marianini a27 notabile dovrà pur essere 1' effetto della calamita sopra di esso. E siccome il ferro nel suo stato naturale può acquistare Io st^so grado di forza e quando viene magnetizzato in un senso , cioè col polo australe da una data parte , e quando viene magnetizzato in senso opposto : cosi esso troverassi più lontano dal punto di saturazione in un dato senso quando sarà magnetizzato a saturazione nel senso opposto. La più grande energia adunque che la calamita spiegherà su di un dato ferro sarà, quando tenderà a produrle una polarità op- posta a quella che il ferro già possiede a saturazione. E queir energia e il conseguente effetto andrà diminuendo a misura che il ferro si andrà avvicinando al punto di saturazione in senso opposto. Io non dubito quindi che ognuno sarà persuaso della verità del fatto sul quale mi proposi di richiamar 1' at- tenzione di chi legge, cioè che quando una calamita opera sul ferro calamitato, se 1' operazione tende a magnetizzare il ferro nel senso in cui è già magnetizzato, l'effetto è minore, che non quando tende a produrre magnetismo contrario, o ad invertire la polarità. Tuttavia ho creduto non inutile il registrare qui alcune esperienze comprovanti la verità dell' enunciata proposizione. Nelle sperienze che sono per descrivere s'intenderà che il corpo magnetizzato sia sempre collocato sul magnetometro colla stessa estremità rivolta da una data parte, e quindi che r ago devii da una parte o dall' altra secondo che il ferro è magnetizzato in un senso o nell'opposto. Le deviazioni in un senso vengono indicate col segno -+- che precede il numero che ne dinota la quantità, e col segno — le deviazioni contrarie. Un cilindro di ferro dolce e ricotto lungo otto centimetri e pesante grammi 27,6 teneva l'ago del magnetometro a -+-ir.° Lo sfregai una volta sul polo sud di una calamita in modo da avvalorare la polarità che aveva , e guadagnò tanto da deviare 1' ago di . . . -+- < 7- Lo ridussi di nuovo mediante piccoli urti a . . -H r i . 220 IMeMORIA SULl' INDEBOLIMENTO CC. Indi lo sfregai sul detto polo , ma al contrario dell' altra volta, ed esso ac([uistò una polarità contraria, e tale che deviava 1' ago di . . . — 9. Lo stesso ferro dell'esperimento precedente lo magnetiz- zai al segno che teneva l'ago dello stromento a . — 5. Sfregato sul polo sud della calamita in modo da avvalorare la polarità che aveva — 14. Ma dopo averlo ridotto ancora a — 5. indi sfregato egualmente sul detto polo, ma in modo da produrre polarità contraria . . . . -f-12. XVII. Un cilindro di ferro dolce non ricotto, lungo otto centimetri, e pesante dieci grammi, magnetizzato a -t- 8.° Lo sfregai una volta sul polo sud d'una calamita in modo da produrre polarità opposta a quella che aveva, e deviò l'ago . — 20. Distrutto col mezzo di percosse questo magnetismo, e poi calamitato di nuovo al segno che teneva come prima 1' ago a -4-8. Lo sfregai una volta sul polo sud della detta ca- lamita, ma in modo di avvalorare la polarità del feiTO, ed esso acquistò solamente tanto da deviar 1' ago di -Ì-2.-2. XVIII. Un cilindro d' acciajo non temprato lungo centi- metri otto e pesante ventiquattro grammi era magnetizzato al segno che teneva l'ago deviato di ... . -+-12.^ Sfregato una volta al solito sul polo sud della calamita in modo da avvalorare il magnetismo che aveva, deviò l' ago di -H42. Distrutto con mezzi meccanici questo magnetismo, e poi calamitato di nuovo com'era prima . . -hi 2. E quindi latto scorrere una volta sulla detta ca- lamita in guisa da eccitare magnetismo contrario — 3i. Lo stesso pezzo d' acciajo lo magnetizzai al punto che deviava 1' asro di -+-2.3". D Del Prof. Stefano Marianini 229 Indi lo sfregai una volta sul polo d'una calamita più forte in guisa da rinforzare il suo magne- tismo, ed esso deviò l'ago di -4-63. , , Ridotto coi soliti mezzi a non deviarlo che di . -+-28. e poscia sfregato sul detto polo in modo da pro- durre magnetismo opposto, esso deviava l'ago di — 5o. XIX. Un sottile filo di ferro lungo otto centimetri e mezzo, e non più pesante di un grammo, teneva deviato l'ago a -f-ii.° Sfregato sul polo d'ima calamita in modo da av- valorare il magnetismo ~^~ 1 7- Mediante una debolissima flessione fu ridotto an- cora a -(-II. Lo sfregai poscia sul detto polo ma al contrario di quello che aveva fatto prima, e la forza ma- gnetica del filo di ferro si ridusse a . . . . -+-2. Un altro filo di ferro eguale al sopraccennato, e calami- tato debolmente produceva una deviazione di . -+- 5.° Sfregato su di un polo magnetico in modo da produrre polarità analoga a quella che aveva . -H 6. Ma sfregato sullo stesso polo in senso contrario . -t- o. 3o' XX. Un fascio di ottanta fili sottili di ferro lunghi nove centimetri, e pesanti tra tutti poco più di undici grammi, deviava l'ago magnetometrico di -4- io." Sfregato sul polo sud d' una calamita in guisa da avvalorare il magnetismo già esistente acquistò abbastanza per deviar l'ago di -t-aS. Ridotto ancora a -t-ic. e poi sfregato al contrario sul detto polo . . — 20. Un fascio di sette fili d' acciajo lunghi otto centimetri e mezzo, e pesanti tra tutti quattro grammi, lo magnetizzai al segno che deviava l'ago di -l-iG." Sfregato sul polo nord d' una calamita in modo da accrescergli il magnetismo -4-34. Ridotto dt nuovo a -t-i6. e poi sfregato sul detto polo in senso contrario — 20. ■ a3c Memoria sull' indebolimento ec. XXI. Se invece di far uso dello sfregamento per calami- tare o alterare il magnetismo esistente nel ferro si adopera un semplice contatto o avvicinamento alla calamita, il feno- meno ha egualmente luogo. Un cilindro di ferro dolce lungo otto centimetri e mezzo , e pesante due grammi , era calamitato e deviava J' ago di M-iG." Avvicinai una delle sue basi al polo sud d' un magazzeno magnetico a tre millimetri di dis- tanza, ed in modo che avesse a crescere il suo magnetismo -f-45- Ridotto di nuovo al punto che deviava 1' ago so- lamente di -HI 6. indi portato coU'altra sua base a tre millimetri di distanza dal detto polo — 3o. XXII. Tralascio per brevità le sperienze istituite con ferri di più grandi dimensioni, facendo uso della boccia di Leida o della pila per dare la calamita al ferro, poiché da quelle rilerite al paragrafo XVII della citata Memoria sesta sull'azione magnetizzante delle correnti momentanee si vede, che il fenomeno non soffre variazione usando di siffatti mezzi per dare o per alterare il magnetismo. E conchiudo che qua- lora si faccia agire una calamita sopra una sostanza magne- tizzata , ( lo sia pur essa debolmente o fòrtemente ) ed in modo da rinforzare il magnetismo, si ottiene sempre un ef- fetto più piccolo di quello che si osserva quando si fa agire la calamita in modo da indebolire il magnetismo stesso. Alcuno per altro non s' immagini che, preso un ferro a caso, e specialmente se è già stato altre volte magnetizzato, abbia esso a presentare indubitatamente il fenomeno. Poiché se per le precedenti magnetizzazioni egli avesse alterata la sua suscettibilità di acquistare un dato polo da una data parte, ove non si abbia cura di distruaiiere il magnetismo esistente con mezzi non atti a magnetizzare, potrebbe darsi che pre- sentasse un fenomeno affatto contrario; anzi lo presenterebbe Del Phof. Stefano Marianini a3r certamente qualora avesse un piccolo o mediocre grado di magnetismo nel senso in cui è più suscettibile di magnetiz- zarsi (i) . XXIII. Una conseguenza che discende naturalmente dal maggior effetto che fa la calamita, quando tende a produrre magnetismo contrario al già esistente, è che per distruggere in un ferro una data polarità richiederassi minore forza di quella impiegata ad imprimergliela. Ecco alcuni fatti che confermano questa deduzione. Un filo d' acciajo lungo nove centimetri, pesante grammi 3,1 5, facendolo scorrere da un capo all'altro sul polo sud di un magazzeno magnetico tenendolo alla distanza di dodici millimetri riusciva calamitato al segno che deviava 1' ago di — 8." Distrutta coi soliti mezzi questa magnetizzazione, indi fatto scorrere il ferro stesso sul polo nord ■ ' r i nel medesimo senso che aveva fatto preceden- temente sul polo sud, ma tenendolo alla dis- . V tanza d'un solo millimetro, esso acquistava una forza magnetica molto più grande j deviava l'ago di !. -t-5a. • >; Fatto quindi scorrere in questo stato sul polo sud, - r e alla detta distanza di dodici millimetri , calò tanto la sua forza magnetica, che deviava l'ago soltanto di . -t-i5. Ripetuta quest'ultima operazione. . . . . . -t-io. Ripetuta altre due volte -+-4- altre quattro volte ....... -t- o. altre sei -t- o. Un altro ferro eguale a quello dell'esperienza ora descritta lo magnetizzai al solito col polo nord della detta calamita, ma alla distanza di tre millimetri, e deviava l'ago di -+-16." (1) V. le citate Memorie seconda e sesta siili' azione magnetizzante delle cor- renti momentanee. ■, :, , ' i , a3i Memoria sull' indebolimento ec. Sfregato poi sul polo sud alla distanza di dodici millimetri . . . • -H e. Sfregato ini' altra volta -t- o. molte altre volte _^ e. (i). E questi esperimenti dimostrano che a distruggere la polarità prodotta da una calamita è sufficiente una calamita molto pili debole. XXIV. Un'altra conseguenza che deriva dalle cose dimo- strate in questa seconda parte si è, che una calamita inetta a magnetizzare sensibilmente un ferro può valere a distrug- gere o a diinimiire la polarità magnetica che esso ha. Il polo sud di un piccolo magazzeno magnetico composto di tre calamite alla distanza di quattro centimetri non comu- nicava magnetismo sensibile ad mi filo di ferro ricotto lungo otto centimetri e pesante ventotto decigrammi. Ho pertanto magnetizzato questo ferro sfregandolo sul polo nord ed al segno che teneva deviato di sei gradi l'ago del magnetometro. Lo feci poscia scorrere sul polo sud, e alla detta distanza di tre centimetri , ed in modo che lo avesse a magnetizzare in senso opposto, se fosse capace ; ed il ferro ha perduto ogni sensibile polarità, di modo che , applicato al magnetometro , non deviava menomamente 1' ago. Un fascio di sei fili di ferro dolce e ricotto lunghi otto centimetri, e pesanti tra tutti sedici grammi e mezzo, non venivano sensibilmente magnetizzati dal polo nord d'un forte magazzeno magnetico facendolo agire su di esso al modo so- lito e alla distanza di otto centimetri. Ma dopo che ebbi magnetizzato quel floscio in guisa che produceva una devia- zione di venti gradi, lo feci scorrere sul detto polo nord alla distanza di otto centimetri, ed in modo che avrebbe prodotto (i) Non è già perchè la calamita a questa distanza non fosse atta a magnetiz- zare, ma perchè il ferro ha perduto ogni suscettibilità di magnetizzarsi in questo senso con quella calamita. Tanto è ciò vero, che fatto scorrere una volta quel ferro in senso contrario, vldesi tosto magnetizzato e al segno di deviare" l'ago del magne- tometro di dieci gradi. Del Prof. Stefano Marianini 233 polarità contraria se fosse stato idoneo a produrne ; e trovai poscia che il fascio di fili aveva perduto una parte notabile di forza magnetica, poiché non deviava più che di tredici gradi r ago dello stromento. Combinando debitamente le cose che precedono con quelle dimostrate relativamente alle variazioni, che soffre il ferro nella suscettibilità di calamitarsi, cagionate dalle magne- tizzazioni sofferte precedentemente, ho potuto propormi e ri- solvere parecchi altri problemi di magnetismo oltre quelli che accenno nella citata Memoria VI (i). Ma il discorrerne in questo luogo mi allontanerebbe troppo dall'attuale mio di- visamento, qual si è quello di provare che dal maggiore ef- fetto, che un' azione magnetizzante produce quando tende a rinforzare il magnetismo, nasce l' indebolimento che osservasi nel magnetismo d' un ferro quando scorre su di una debole calamita in modo da magnetizzarlo nel senso nel quale già si trova magnetizzato. ,i . • -j . ■; Parte Terza. Si dimostra che l' indebolimento prodotto nel magnetismo d'un ferro quando sfregasi su d' una calamita debole in modo da magnetizzarlo nel senso in cui già lo è, proviene da ciò che una data azione magnetizzante fa più effetto quando tende a distruggere, che ■ .; non quando tende ad accrescere la forza • i i •■ magnetica del ferro. > ■■■ '■ XXV. Egli è noto che quando si pone un cilindro, o un prisma cpxalunque di ferro (o d'altra sostanza magnetizzabile ) (i) Stampati ruAV Albo offerto dalla Reale Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena agli Sposi eccelsi Fhancesco Ferdinando Geminiako d' Austria d' Este, e Aldegokda Augusta Carolina di Baviera. Siffatti problemi leggonsi anche nel N. Ili, 1843, della Gazzetta Piemontese. Tomo XXIII. Ff a34 Memoria sull' indebolimento ec. con una sua estremità a contatto o in vicinanza del polo sud di una calamita , esso si magnetizza acquistando la polarità nord nella detta estremità, e la polarità sud nell' altra. E ([uando sul polo sud della calamita si fa scorrere il ferro in tutta la sua lungliezza, 1' estremità che per ultima viene a contatto acquista il polo nord, e quella che vi venne per la prima il polo sud (i). Questo secondo fatto deriva dal primo; ma essendomi d' uopo nel presente argomento di conoscerne più chiaramente la dipendenza, ne ho istituita 1' analisi che passo a descrivei-e brevemente; anco perchè servirà a meglio comprendere la spiegazione del fenomeno di cui si tratta. Far iscorrere un ferro in tutta la sua lunghezza sul polo d' una calamita egli è lo stesso che mettere successivamente a contatto di esso polo tutti i punti della sua superficie for- manti una retta parallela al suo asse. Se pertanto a contatto o in vicinanza del polo sud della calamita noi poniamo non luio de' punti estremi, ma un altro ([ualan([ue posto fra essi, ivi il ferro acquisterà il polo nord, ed acquisterà il sud ad ainhe le estremità. E questo polo sud apparirà più intenso neir estremità più lontana dal punto toccato. Del che noi altliiamo prova nelle magnetizzazioni differenti che presenta un ferro quando è messo a contatto d'un polo della calamita con punti differentemente distanti dalle due estremità. Ho preso un filo di ferro lungo otto centimetri, e pe- sante grammi 2,8, e misi a contatto dello spigolo in cui ter- minava la parte australe di una calamita un punto della sua sujKuficie, il quale era distante di un centimetro dall' estre- nntà più vicina ; e questo si mostrò magnetizzato colla (1) Il lettore s'accorgerà di leggieri che quando in questo e ne' successivi pa- ragrafi è detto jwlo sud d'una calamita può intendersi un polo qualunque: e che perciò quando è detto che un'estremità del ferro acquista il polo sud intendesi che acquista il polo che h.i lo stesso nome di quello della calamita col quale viene magnetizzato, e finalmente intendesi aver il t'erro acquistato a quali' estremità il polo di nome diverso, quando è detto che acquistò il polo nord. Ho qui adottato questo linguaggio, perchè facendo altrimenti parevami riuscire prolisso e men chiaro. Del Prof. Stefano Marianini a"35 polarità sud nell' estremità più lontana dal punto oh' era stato a contatto colla calamita, e deviava 1' ago del magnetometro di — ao." Distrutto questo magnetismo ( e ciò intendasi fatto anco nelle sperienze che seguono ), misi a contatto col polo sud della detta calamita vin punto del cilindro di ferro distante due centi- metri dalla detta estremità, e, applicato il ferro secondo il solito al magnetometro, l'ago segnava — 18. Messo a contatto della calamita un punto dis- tante centimetri 3 dalla detta estremità . — 15. 3,5 —IO. 4- • • • • ì. ,;>::, k' D •*'''*'■ » — " • -. 4,5 ....;. . ). ,.\ H= o. 5 :y;J .r ■+■ 7- 6 .r • . ■ -t- 1 1 . 7 -4-1 8. ..j La forza magnetica successivamente minore che acquista il cilindro di ferro a misura che il punto che viene portato vicino o a contatto della calamita è più lontano dall' estre- mità dalla quale si comincia, fino a divenire nulla quando quel punto è presso a poco egualmente distante dagli estre- mi (i), e poi contraria quando si tocca la calamita con un punto del cilindro di ferro più distante dall' estremità dalla quale si cominciarono le magnetizzazioni, che non dall' altra : questa forza decrescente, dissi, fa vedere che quando il punto del cilindro di ferro che si mette a contatto della calamita non è ad un' estremità, formansi ai due capi due poli sud. E vero che essi offrono le proprietà de' poli di nome diverso, ma è perchè quello più vicino al punto che toccò la calamita è superato dal polo nord vicino che si forma pel contatto. Tanto è ciò vero che quando il punto toccato dalla calamita (i) E un tal punto suol essere precisamente quello Ji mezzo quando viene meeso per primo a contatto della calamita. ù.^(> IMemoria ?ull' indebolimento ec. è equidistante dagli estremi, ciascuno di questi mostra di avei-e il polo sud. Infatti applicato il l'erro al magnetometro non produce alcuna deviazione, mentre presentando sì 1' una che r altra estremità al polo australe dell' ago, questo viene respinto. XXVI. Ma per vedere più chiaramente come anche nei casi, ne' quali il punto del ferro toccato colla calamita è fra quello di mezzo e un estremo, nascono poli dello stesso nome ad ambe le estremità, mi procurai parecchi cilindri d' acciajo iion temprato di basi eguali e di varie lunghezze. La loro grossezza era tale che ogni centimetro di lunghezza pesava tre grammi. Due di questi cilindri, uno lungo sette centimetri, e r altro quattro, uniti insieme con una Ijase di uno a comba- ciamento con una dell' alti'o, e poi toccato il polo sud della calamita con un punto della periferia che segnava la loro unione, si magnetizzarono immediatamente, e, fìnciiò stavano così uniti, r estremità libera del più lungo presentava il polo sud, e quella del più corto il nord; ma non si tosto venne allontanato il più lungo, che anco la detta estremità del più corto mostrossi dotata del polo sud. Istituite parecchie esperienze simili a questa con altri due cilindri, uno de' quali lungo sei centimetri, e l' altro due, ne ebbi egual risultato. E cosi due cilindri, le cui lungliezze erano come sei a quattro, ovvero come sei a tre, o come tre a due. Se poi io toccava al punto di unione il polo nord della calamita, allora le due estremità non combacianti presenta- vano entrambe il polo nord dopo la disgiuiizione. E, come è ben naturale, ambedue le superhcie eh' erano state a contatto durante la magnetizzazione avevano entrambe il polo sud. Quando li due cilindri erano lunghi entrambi quattro centimetri, toccando il polo sud della calamita con un punto d'unione, sempre le due estremità libere otl'erivano entrand)e il polo sud anche senza che li due cilindri fossero disgiunti. Del Pkof. Stefano Marianini 3.^y E se, cosi uniti, e magnetizzati com' erano, si ponevano con un punto di loro unione a contatto col polo nord della cala- mita, tosto cangiavasi la polarità, e le due estremità libere avevano entrambe il polo nord. Se finalmente uno de' cilindri era molto piìi corto dell' altro , uno per esempio aveva un centimetro d' altezza , e r altro sette ; allora il più corto, dopo la disgiunzione, pareva conservare il polo nord come quando stava unito all' altro cioè respingeva il polo nord dell' ago magnetico. Ma ciò di- pendeva dall' influenza del vicino polo nord che esso aveva all'altra base; ed infatti anche questa respingeva il polo nord, e con più forza dell' altra. I due cilindri di ferro presentano gì' istessi fenomeni anche quando sono già magnetizzati ; né altre differenze si osservano tra i risvdtati, se non quelle dovute alle alterazioni nella suscettibilità a magnetizzarsi provenienti dalle precedenti 5 magnetizzazioni. XXVII. Ho istituite anche parecchie serie d' esperienze nelle quali invece di toccare solo con alcuni punti del ferro la calamita, strisciava con esso sulla medesima, sempre però nella medesima direzione, cominciando sempre dalla stessa estremità, e proseguendo la fregagione prima pel tratto d'un centimetro, poi per due, e così successivamente. Ecco i risul- tati di una di queste serie. Un filo di ferro ricotto, lungo otto centimetri, e pesante grammi a, 8, sfregato sul polo nord della calamita cominciando da un' estremità, e proseguendo pel tratto di un centimetro di sua lunghezza, la deviazione che produceva nel magneto- metro era di — ao." Distrutto con piccoli urti l'acquistato magnetismo, e poi sfregato di nuovo cominciando dalla stessa estremità e proseguendo per due centimetri . — 2,3. Sfregando per 3 centimetri — aa. 3, 5 — 17. 4 - 9- a38 Memoria sull' indebolimento ec. Sfregando per 4-> ^ centimetri — o. 3o 5 ^ I. 5,5 -4-3. 6 H- 9- 7 ^i4- 8 ^i8. 3o. In più guise ho variate queste sperienze anco lasciando ad ogni sperimento sussistere il magnetismo accpiistato, ed i risultati furono presso a poco eguali ai sopra indicati. Così provai a magnetizzare uno di que' l'erri strisciandolo sulla calamita solo fin verso il punto di mezzo della sua lunghezza, e consegui il polo nord da una data parte ; e facendo altret- taiito cominciando la frizione al di là del piuito di mezzo e proseguendola fino all' altra estremità, conseguì il polo nord dall' altra parte. Ma liastano le esperienze qui registrate per dimostrare che quando si fa scorrere un ferro in tutta la sua hmghezza sul polo d' una calamita, può quell' operazione con- siderarsi divisa in due parti nella prima delle quali il ferro si magnetizza in un senso, e nell' altra in senso opposto. XXVIII. Se adunque invece di far iscorrere su di un polo di calamita un ferro non magnetizzato ne faremo scor- rerc" mio già dotato di magnetismo, ed in guisa che, se non fosse magnetizzato, lo riuscirebhe nel senso in cui già lo è , avverrà che nel principio o nella prima metà dello sfregamento tendi-rassi a scemare in esso il magnetismo, e nell'altra metà tenderassi a rinforzarlo. Vediamolo anche con un esperimento. Un ferro cilindrico lungo otto centimetri e mezzo, e pe- sante grammi 12,6 era calamitato a segno che deviava il ma- gnetometro di 38." Lo sfregai sul polo sud d' una calamita nel modo solito, ma solo per la prima metà della sua hni- chezza, e la sua forza maa:netica scemò tanto che dc'viava V ano solo di i:i. Ridotto di nuovo il ferro a deviar T aiio di . . . 38. Del Prof. Stefano Marianini 289 ludi sfregato imovainente sul detto polo., e nella di- rezione di prima, ma solamente nella seconda metà della sua lunghezza, crebbe la sua forza magnetica, e deviava 1' ago di 46- XXIX. Ammesse pertanto le cose che precedono, egli è facile render ragione del fenomeno che qui ci proponemmo di studiare. Imperocché se si fa scorrere un ferro calamitato per tutta la sua lunghezza sul polo d' una calamita debole ( cioè tale che magnetizzerebbe bensì nel medesimo senso quel corpo, ma con minor forza di quella che possiede ), du- rante la prima metà di quell' operazione tendesi a produrre nel ferro una polarità opposta a quella che ha, e nella se- conda tendesi a produrre una polarità omologa. Ma , come abbiamo veduto nella seconda parte di questa Memoria, l'ef- fetto di una data azione magnetizzante è più forte quando tende a produrre polarità contraria, che non quando tende a produrla omologa ; dunque 1' effetto di quello sfregamento esser debbe un indebolimento nella forza magnetica del ferro, perchè è più grande la quantità di forza che gli vien tolta nel principio dell' operazione, che non quella che gli viene restituita nella fine. Ora si comprenderà facilmente il perchè quando si fa scorrere un ferro magnetizzato su calamite di mano in mano più deboli, si diminuisca vie più la sua forza magnetica, e si ottenga in questo caso un indebolimento più grande che no*'. facendo scorrere il ferro a dirittura sulla calamita più debole, senza eseguire la stessa operazione colle intermedie ; come vedemmo ai paragrafi XIII e XIV. XXX. Se la causa del fenomeno fin qui considerato è veramente quella che abbiamo assegnata, dovrà accadere che, se invece di far iscorrere il ferro magnetizzato sul polo della calamita debole in tutta la sua lunghezza, non lo faremo scorrere che per la prima metà, 1' indebolimento sai'à mag- giore che non quando lo si fa scorrere per tutta la sua lun- ghezza, e sarà minore se si farà scorrere solamente per la seconda metà. 240 Memoria sull' indebolimento ec. Un t'ascio di quindici fili di ferro lunghi otto centimetri e del peso tra tutti di nove grammi era magnetizzato al se- gno che deviava l' ago di 60." Sfregato da un capo all' altro sul polo sud d' una calamita dehole, e nella solita direzione, la sua forza si ridusse a 34- Portai di nuovo la magnetizzazione a 60. e poi incominciai lo sfregamento sul detto polo, e lo proseguii solamente fino alla metà della lun- ghezza del fascio , e la magnetizzazione scemò tanto che non deviava 1' aiio del ma DEL PROFESSORE CAVALIERE STEFAI>0 MARIANINI. Ricevuta il i5 Blaggio i843. INXaODVZIONE. • \' \ ìNou sì tosto il celebre Arago ebbe veduto calamitarsi il l'erro e 1' acciajo che trovavasi vicino al filo metallico con- gìungente i poli d' un elettromotore voltaico, e meglio ancora quando il detto filo foggiato in elica circondava il ferro stesso, dimostrò che anche la corrente eccitata dalla boccia di Leida e dalla macchina elettrica godeva della stessa proprietà, ed in un modo simile a quello della corrente voltaica. Vide cioè che il ferro magnetizzavasi e coli' una e coli' altra corrente nel medesimo senso, quando facevansi circolare attorno ad esso nel medesimo verso. Gli studi sperimentali da me fatti intorno all'azione ma- gnetizzante delle correnti momentanee eccitate specialmente dalle bocce di Leida ( già in gran parte pubblicati in sei Memorie (i) ) mi fecero conoscere parecchi fenomeni speciali relativamente a siffatte magnetizzazioni, intorno ai quali volli poi \edere come si comportasse la corrente eccitata da una (i) V. Memorie di Fisica sperimentale scritte dopo il i836. Anni iSSg e 1840. Modena. • ■ 2^4 JMemoria di alcune analogie oc. coppia voltaica. E gì' istituiti confronti mi tlimostrarono che mentre per alcuni di questi latti le due ricordate azioni ma- gnetizzanti si comportano nella stessa guisa, per altri discor- dano alliitto. DI tali analogie e di tali discrepanze intendo parlare brevemente in questa Memoria, accennando al tempo stesso ove si trovano esse d'accordo coH'azione magnetizzante della calamita, ed ove con queste non si accordano. Parte Piuma. Analogie tra V azione magnetizzante della boccia di Leida, e quella della coppia voltaica. I. La corrente elettrica momentanea della boccia di Leida non solamente può comunicare le proprietà magnetiche al ferro ed alle altre sostanze magnetizzabili, ma può anche ac- crescere o diminuire e perfino distruggere la polarità già pos- seduta da esse secondo che vien fatta circolare attorno alle medesime in un senso, o in senso contrario. Ed abbiamo os- servato che qualora il ferro non abbia magnetismo latente , cioè non sia alterato nella sua snscettibihtà di acquistare un dato polo da una data parte, l'effetto della corrente momen- tanea è più grande quando tende a distruggere , che non quando tende a rinforzare la magnetizzazione già esistente (i). In simile modo si comporta la corrente eccitata dalla coppia voltaica. Introdussi un cilindro di ferro recentemente ricotto lungo otto centimetri e pesante grammi 11,4 nella spira del ma- gnetometro (2) , e scaricai al modo solito sulla spira stessa una piccola boccia di Leida debolmente carica, ed il magne- tismo acquistato dal ferro fu tale che teneva 1' ago deviato di gradi lo'^. (r) Veggasi la sesti delle citate Memorie sopra 1' azione magnetizzante delle correnti elettriche momentaneo al paragrafo XVII. (2) V. r introduzione alla prima delle citate Memorie. Del Pkof. Stefano Marianini ■' 24^ Ho fatto poi circolare attorno al ferro stesso per qualche minuto secondo la corrente eccitata dalla coppia voltaica, e nel medesimo senso che aveva fatto circolare la corrente momentanea; e la forza magnetica del ferro crebbe qualche poco, esso teneva deviato l'ago dello stromento di gradi 11°. 3o' Distrutta poi ogni polarità magnetica nel detto ferro, ed il magnetismo mediante il calore, indi magnetizzato al segno che teneva deviato l'ago di gradi io, feci agire sul ferro stesso la corrente voltaica per due minuti secondi in modo da produrre magnetizzazione contraria, e la forza magnetica perduta dal ferro fu molto maggiore di quella che aveva acquistata noli' esperimento precedente, poiché esso non te- neva più deviato l'ago magnetico se non se di gradi 4"- La coppia elettromotrice adoperata in questa e nelle al- tre sperienze simili registrate in questa Memoria è formata d'una piastra di zinco avente circa 18 pollici quadrati di su- perlicie attiva, circondata da una lastra di rame, ed allestita . con acqua di pozzo mista ad un centesimo d' acido nitrico, e ad altrettanto acido solforico. II. Se un ferro venga magnetizzato ripetutamente in un dato senso colla boccia di Leida, e poscia con iscariche più deboli e contrarie si distrugga in esso la polarità, si osserva costantemente che il ferro stesso diviene più suscettibile di acquistare quel dato polo alla data estremità di quello che lo fosse prima di quel trattamento, e diviene al tempo stesso meno suscettibile di acquistare la polarità opposta. Ebbene il ferro nel quale è stata alterata nel detto modo la sua suscet- tibilità a magnetizzarsi, si mostra egualmente alterato rispetto all' azione magnetizzante della coppia voltaica. Un fascio di sei fdi di ferro dolce e ricotto lunghi otto centimetri e mezzo, e pesanti tra tutti grammi 4">4--> venne magnetizzato parecchie volte colla boccia di Leida, ed altret- tante volte venne distrutta mediante scariche contrarie la polarità. Mentre adunque non mostravano indizio di magne- tizzazione non deviando menomamente il magnetometro, feci a40 Memoria di alcune analogie ec. clie circolasse attorno ad essi la corrente della coppia voltaica per un minuto secondo, ed in guisa da produrre polarità op- posta a quella che da prima si era prodotta colla boccia. E il fascio di fili di feri'o non acquistò verun grado di magne- tismo, di modo che 1' ago del magnetometro sottoposto ad esso segnava zero. Ma fatta agire per un minuto secondo la corrente stessa nell' altro senso, il ferro acquistò tale polarità, che deviava 1' ago di 4"- 3o'. Tormentato di nuovo questo ferro colle scariche elettri- che sempre in un scuso, e poi ridotta a zero la sua polarità mediante scariche contrarie , ho fatto circolare attorno ad esso per tre secondi la solita corrente, ed il magnetismo acquistato fu tale che deviava 1' ago di 6". Lo ridussi a zero mediante alcune piccole scariche della boccia, e \)0Ì invasi 1' elica che conteneva il ferro colla cor- rente voltaica diretta in modo da produrre magnetizzazione contraria a quella che essa aveva prodotta precedentemente, e tenni chiuso il circolo per tre minuti secondi, e la magne- tizzazione contraria acf[uistata fu molto minore della prece- dente, poiché deviava 1' ago di — a°. III. La corrente voltaica può anch' essa come la boccia di Leida e la calamita alterare nelle sostanze magnetizzabili la suscettibilità di acquistare un dato polo da una data parte operando su di esse in un modo simile a quello che si pra- tica con quelle azioni magnetizzanti per alterare la detta suscettibilità. Ho latto circolare attorno ad un cilindro di ferro dolce lungo centimetri otto e pesante grammi aa,"» mediante la solita elica, la corrente eccitata da una coppia voltaica le cui piastre erano larghe quattro centimetri, e pescavano nell'acqua mediocremente salata alla profondità di nove centimetri; e la magnetizzazione momentanea acquistata dal ferro era tale che deviava l'ago di -i- i4°, o di — i4" secondo la direzione della corrente. Ma dopo che il ferro fu sottoposto all' azione magnetizzante della coppia alla Wollaston, e ripetutamente. Del Prof. Stefano JNIarianini a47 e sempre nel medesimo senso, e distrutta poi la polarità con piccole correnti dirette all'opposto, quel ferro era divenuto più suscettibile di acquistare il polo nord dalla parte, dalla quale gli veniva prodotto dalla detta coppia, che non di acquistarlo dall'altra parte. Infatti, assoggettato di nuovo alla coppia voltaica suddetta , nel primo caso deviava F ago di -+- 20", e nel secondo di — ta°. IV. Nella mia quarta Memoria sopra 1' azione magnetiz- zante delle correnti momentanee, nella quale trattasi dell' in- fluenza degl' involucri metallici circondanti il ferro sottoposto all' azione della boccia di Leida, ho fatto osservare che se il tubo metallico è più corto del ferro circondato da esso, inde- bolisce maggiormente l'effetto della corrente istantanea quando ricopre la parte mezzana del ferro stesso, che non quando circonda un' altra parte. E siccome io aveva dimostrato che tali indebolimenti provenivano dalle correnti di induzione che la scarica elettrica faceva nascere nei tubi ; così era facile prevedere che collocato un ferro in un' elica più corta del ferro stesso , e fatta scorrere per 1' elica la scarica d' una boccia di Leida, la magnetizzazione sarebbe stata più forte quando 1' elica avesse circondata la parte mezzana del ferro, che non quando avesse circondato un' estremità, o un' altra parte qualunque. Ciò venne confermato dall'esperienza, come può vedersi nella nota al § XII della detta Memoria. Anche la coi'rente eccitata dalla coppia voltaica, se cir- cola attorno al ferro mediante una spira più corta di esso, lo magnetizza più fortemente quando la spira circonda la parte mezzana, che non quando circonda un' altra parte di esso. Una piccola elica di fil di rame coperto di seta di soli dieci giri ben serrati fra loro, di modo che 1' asse non era più lungo d' un centimetro, venne applicata ad un tubo di vetro lungo otto centimetri. Ho messo il tubo ad angolo retto coir ago calamitato d' una bussola nel modo consueto, e feci scorrere la spira lungo la superficie convessa del tubo finché il suo punto di mezzo era nella verticale che passava pel 24l> MeMOUIA ni ALCUNE ANALOGIE CC. centro dell'ago: e Hitta quindi invadere la spira dalla cor- rente della coppia elettromotrice alla WoUaston, T ago cala- mitato deviò di -20 gradi. Lasciato il tubo al posto dov'era, e fatta scorrere la spira fin verso un'estremità del medesimo, e poi latta invadere di miovo la spira dalla detta corrente, la polarità eh' essa acquistava teneva 1' ago deviato di otto gradi; e latta scorrere la spira senza interrompere la corrente verso la metà del tubo, la deviazione andò crescendo fmchè divenue ancora di 20 gradi quando la spira era tornata al posto di prima. Premesse queste esperienze per conoscere ciò che in esse sarebbe dovuto alla [loiarità acquistata dalla spira, introdussi nel tubo di vetro un Ilio di t'erro dolce non ricotto lumro otto cen- tinietri e pesante grammi c,()2, e fatta circolare la corrente nella spira mentre copriva la parte mezzana del fil di l'erro, la deviazione fu di gradi 09°. E quando la spira fu portata air estremità, la deviazione non giungeva ueppure a 10°. Feci poi passare la spira a ricoprire un tratto del detto fil di ferro distante un centimetro dal punto di mezzo, e si ebbe una deviazione stabile di 18", la quale deviazione divenne ancora di 39" messa che fu la spira a ricoprire la parte mezzana del li lo di ferro. Il magnetismo stabile acquistato dal ferro in questo espe- rimento ùx tale che teneva deviato 1' ago di 9". In un altro esperimento misi nel tubo un fascio di do- dici hli di ferro lunghi com' esso, e pesanti mezzo grammo tra tutti. Invasa la spira dalla sohta corrente mentre invol- geva una parte estrema del tubo e del fascio di fdi in esso contenuti, f ago deviava ]ioco ])iù di 8", cioè si aveva appena indizi(j di magnetizzazione nel ferro; ma posta la spira a ri- coprire la parte di mijzzo, l'ago era tenuto a 34". Ed il ma- gnetismo stabUe acijuistato da quei fili era tale che deviavano r ago di G". V. Anche quando la corrente o voltaica o leida-elettrica non circola attorno al ferro, ma passa solamente vicino ad Del Prof. Stefano Marianini a49 esso per un filo che vi passa sopra o sotto e non è parallelo al medesimo, ho veduto che il ferro viene magnetizzato e dall' una e dall' altra più fortemente quando il punto del ferro o del suo asse più vicino al filo è quello di mezzo. E ciò è ben naturale, poiché il filo congiuntivo così disposto non è che l' elemento della spira o elica. Parte Seconda. Di alcune discrepanze che si osservano tra V azione magnetizzante della boccia di Leida e quella della coppia voltaica. VI. La magnetizzazione che la corrente della boccia di Leida produce nel ferro nel momento che circola attorno ad esso non viene punto a scemare al cessar della corrente medesima. Infatti la deviazione che il ferro fa nascere nell' ago del magnetometro sottoposto ad esso nel momento che si scarica la boccia suU' elica che lo contiene, è sempre presso- ché doppia della deviazione stabile in cui è tenuto 1' ago stesso dopo che ha cessato dall' oscillare. Non è cosi dell' azione magnetizzante della coppia vol- taica, poiché la forza magnetica che essa imprime nel ferro svanisce per la massima parte, e talvolta anco del tutto nel momento che vien sospesa la corrente medesima. Un grosso filo di ferro ricotto lungo otto centimetri e pesante trentaquattro grammi posto nella solita spira applicata al magnetometro, ed invasa la spira dalla corrente eccitata dalla solita coppia elettromotrice, calamitossi al segno che de- viava l'ago magnetico di gradi 18°. 3o'. (La deviazione pro- dotta dalla spira quando non conteneva il ferro era di gradi a°.. ao'. ) Interrotto il circuito sparì nel ferro ogni polarità sensibile allo stromento ; 1' ago magnetico si fermò a zero. Sei fili d'acciajo lunghi centimetri otto, pesanti tra tutti grammi 3,3, messi nella spira, ed invasa questa dalla corrente Tomo XXIII. Hh 25o Memoria di alcune analogie ec. della coppia tenevano l'ago deviato di nove gradi. Ma inter- rotto che fn il circolo non producevano che la deviazione di un grado. VII. Egli è hen vero che la corrente voltaica se si la agire sul ferro più lungamente imprime un grado di magne- tismo più forte che non <{uando opera per pochi istanti: tut- tavia è sempre piccola cosa in confronto di quello di cui lo tiene investito, finché dura il circuito. Fatta circolare la corrente della coppia voltaica attorno ad un filo di ferro dolce e ricotto lungo otto centimetri e pesante diciassette grammi, la prima oscillazione che pel ma- gnetismo acquistato produsse nell' ago del magnetometro ec- cedette i 90 gradi, ma si fermò a o,3o'. Fatta agire la stessa corrente sul detto ferro per un altro minuto secondo, l'ago del magnetometro oscillò fortemente come la prima volta, ma poi si fermò a a". Fatta agire per altri due minuti secondi, l'ago era tenuto stabilmente a 3°. Tenuto chiuso il detto circolo per due minuti primi, ap- pena l'ago aveva cessato di oscillare segnava 2,3'^^ ma, aperto che fu il circolo, non istava più deviato che di gradi 3". ^o'. Vili. Un'altra notabile discrepanza fra le due azioni ma- gnetizzanti che consideriamo si osserva quando si fanno agire sopra fili di ferro o d' acciajo unici, o sopra più fili uniti in un fascio. Imperocché, mentre la boccia di Leida quando si fa operare su d' un fascio di fili produce a parità di circostanze una magnetizzazione notabilmente più forte, che non quando opera su d' un filo o cilindro solo egualmente pesante come il fascio (i);, la coppia voltaica per contrario produce effetto magnetico eguale e quando circola attorno ad un ferro solo, e quando opera su d' un fascio di fili egualmente pesante come il ferro unico. (i) Veggasi Ih terza delle citate Memorie sull' azione magnetizzante delle cor- renti elettriche momentanee ai paragrafi VII X. Del Prof. Stefano Marianini aSi Ho sottoposto all' azione magnetizzante della coppia vol- taica un cilindro di feno dolce lungo otto centimetri e pe- sante grammi 10,75, il primo movimento del sottoposto ma- gnetometro era una deviazione di gradi a5. Lo stesso effetto fu prodotto dalla detta coppia fatta agire sopra un fascio for- mato di diciassette fili tutti lunghi otto centimetri e pesanti tra tutti quanto il detto cilindro. Pochissima differenza si e pur osservata nel magnetismo stabile conseguito dalle due dette masse di ferro. Il cilindro deviava di quattro gradi il magnetometro, ed il fascio di cinque. Ma, distrutto nell' una e neir altra massa mediante piccoli urti il magnetismo , indi fatta circolare attorno al cilindro la scarica d' una piccola boccia di Leida ( d' un decimetro quadrato di armatura ) , il magnetismo impresso fu tale che teneva deviato 1' ago di 5". Ed il magnetismo acquistato mediante un eguale trattamento dal fascio de' diciassette fili fu tale che deviava l' ago di a8°. Per un altro esperimento scelsi un fascio di cinque fili di ferro dolce e ricotto lunghi otto centimetri e pesanti tra tutti grammi i4^a5; ed un altro fascio egualmente pesante di fili pili sottili, il cui numero era gS. Il magnetismo impresso dalla detta boccia di Leida ca- rica alla tensione di dieci gradi al fascio di cinque fili era tale che teneva deviato l' ago di io gradi, e quello che la stessa carica imprimeva al fascio di gS fili era molto più forte, perchè deviava l'ago di \b°. Ma sì r uno che l' altro fascio quando ( spogliato che fosse di magnetismo ) stava sottoposto al circolo della coppia voltaica deviava l'ago del galvanometro di gradi 35°. IX. Dopo che io ebbi osservato che il magnetismo gene- rato dalle correnti momentanee ne' fasci di fili di ferro non era proporzionale al numero de' fili, ma che al crescere questo numero, cresceva pure, in una proporzione per altro molto minore, F intensità della magnetizzazione, ho dimostrato che i fili più esteriori del fascio costituivano un involucro metallico, che affievoliva la magnetizzazione de' fili interiori. E venni a5a Memoria di alcune analogie ec. f[niiiJi naturalmente a studiare 1' influenza de' tubi metallici nella magnetizzazione de' ferri in essi contenuti operata dalle correnti momentanee, influenza già studiata con grande pro- fitto della scienza dal fisico francese Savary. Veduta ora la discrepanza tra la boccia di Leida e la coppia voltaica nella magnetizzazione de' ferri unici e divisi, era facile pronosticare che un' altra discrepanza si troverebbe anche rapporto agi' involucri metallici circondanti il ferro da magnetizzarsi, e tale pronostico venne confermato dall' esperienza. In un tubo d' ottone formato di lastra della grossezza d' un millimetro ho collocato un fascio di dieci fili di ferro dolce lunghi otto centimetri e mezzo , e pesanti tra tutti grammi 7.^5 ; e dopo d' aver collocato il tulio col detto fascio nella solita elica, scaricai su questa la piccola boccia di Leida carica alla tensione di venti gradi del solito elettrometro a doppio quadrante del Volta, e non ebbi verun indizio di ma- gnetizzazione. Scaricai poscia suU' elica stessa una boccia di capacità quasi sestupla della precedente e carica alla tensione di trenta gradi, e non ottenni che un debolissimo grado di magnetizzazione. Il magnetometro deviava solo di due gradi. E se poneva il fascio di fili nella spira senza involucro me- tallico, esso veniva magnetizzato dalla detta scarica sì forte- mente che deviava 1' ago di settanta e piìi gradi. E se la tensione di quest' ultima boccia era solo di cinque gradi, la deviazione che il fascio di fili pel magnetismo ac(piistato produceva nel magnetometro era di ventisette gradi. Ho quindi spogliato di magnetismo il detto fascio, e lo misi in un tubo di lastra di platino non più grossa di mezzo millimetro, indi posto nella spira e scaricata su di essa la boccia grande sud- detta carica alla tensione di cinque gradi, non avevasi che la deviazione di otto gradi. Ma, fatta circolare attorno a questo fascio di fili di ferro ( dopo che fu spogliato d' ogni magnetismo ) la corrente ecci- tata dalla coppia voltaica, ottenevasi, finché durava il circuito una magnetizzazione, per la quale 1' ago era deviato di cin- Del Prof. Stefano Marianini a53 quantacinque gradi. E ciò tanto quando il ferro era nella spira senz' alcun involucro metallico, come quando era cir- condato dall' uno o dall' altro, o da entrambi li detti tubi : ed ancora quando veniva collocato in un gi'osso tubo d' ot- tone, la cui parete aveva più di quattro millimetri di grossezza. Tulio, a traverso del quale non ottenni mai verun segno di magnetizzazione, neppure colle correnti momentanee eccitate da batterie elettriche, e caricate ad alta tensione. Parte Terza. Sulla cagione probabile delle discrepanze osservate tra le magnetizzazioni della boccia di Leida e quelle della coppia voltaica. X. L' identità dell' agente che è messo in movimento dalla macchina elettrica e dalla pila fu così bene dimostrata dal Volta, che qualunque fiata si osservino discrepanze tra i fenomeni prodotti da questi due congegni, anzi che dubitare che esista qualche qualità differente nell'elettricità sviluppata dall' uno e dall' altro, noi incliniam naturalmente a credere quelle discrepanze provenienti da circostanze accidentali in- dipendenti affatto dalla natura dell' elettricità. Per due cir- costanze differiscono principalmente le correnti elettriche ec- citate dalla coppia voltaica, da quelle della boccia di Leida : la prima è la tensione, la quale nella coppia voltaica è mi- nima, e nella boccia di Leida è più o meno grande ; e la seconda è che la corrente della boccia di Leida è limitata e di brevissima durata, e quella della coppia voltaica è indef- ficiente. Ma siccome le dette discrepanze si osservano egual- mente sia che la coppia operi per un sol momento, o per un tempo qualunque; così penso che esse derivino principalmente dalla enorme differenza che v' ha sempre tra la tensione dalla quale è sollecitata la corrente leida- elettrica e quella della coppia voltaica. 2-54 Memoria di alcune analogie ec. Per ciò che risguarda la discrepanza osservata relativa- mente agi' involucri metallici circondanti il ferro, attorno al quale si fa circolare la corrente leida-elettrica e quella della coppia voltaica, ho dimostrato nella quarta delle Memorie ci- tate che gl'involucri suddetti affievoliscono quell'azione, per- chè la detta corrente fa nascere in essi una corrente d' in- duzione diretta in senso contrario. E lo dimostrai facendo vedere che colle spire metalliche si imitano gli effetti degl' involucri, e con questi si imitano tutti gli effetti di quelle , non eccettuate le produzioni di altre correnti nelle spire o eliche, la magnetizzazione del ferro ec. Seinhra perciò che la conente voltaica non venga affievolita nella sua azione ma- gnetizzante dagl' involucri metallici, perchè essa stante la de- bolissima sua tensione non produce veruna corrente percetti- bile di induzione nel tubo attorno al quale si fa circolare. Ed inlatti se noi prendiamo due tubi metallici abbinati (cioè congiunti insieme da due lastre metalliche parallele, tra loro e vicine, con una fessura in ciascun tubo, la quale incontri il vano che lasciano le dette due lastie, di modo che una sezione perpendicolare agli assi di questo doppio tubo presenti la seguente figura C O )•> 6 poniamo in uno l'elica di fil di rame con entro un cilindretto di ferro, e nell' altro un ferro simile senza elica, scaricando la boccia di Leida suir elica stessa, troviamo il primo dei detti ferri magnetiz- zato al solito, e l'altro magnetizzato in senso opposto (i). Ma se ripetiamo 1' esperimento invadendo la spira colla corrente della coppia voltaica non si hanno segni di magnetizzazione se non nel ferro circondato dall' elica. Egli è poi dimostrato da molti fatti, ed anco dalle mie sperienze sulle correnti prodotte dalla induzione volta-elet- trica (a), che tali induzioni provengono dalla tensione della (i) Vedi il 5. XXX delia citata Memoria IV sopra l'azione magnetizzante delle correnti elettriche momentanee. (2) Lette alla Reale Ai cademia di Modena il 5 agosto, ed alla Sezione di Fi- sica e Mat^m itica del Congresso di Firenze il 27 settembre 1841. Del Prof. Stefano Marianini a55 corrente inducente, e perciò debolissima dev' essere la cor- rente che la coppia voltaica produce in un tubo contenuto nella spira per cui passa la corrente primitiva o inducente, e quindi la magnetizzazione del ferro posto in esso involucro non differirà sensibilmente da quella che la corrente stessa produce quando il t'erro non è circondato da verun involucro metallico. E questa deduzione sembra venir confermata dalle sperienze che seguono. Un fascio di venti tili di ferro sottili e ricotti lunghi otto centimetri, e pesanti quattro grammi tra tutti, lo misi in un tubo di lastra d'ottone di mezzo millimetro circa di grossezza, e del diametro di un centimetro, e, messo il tubo nella so- lita spira del magnetometro, ninna sensibile magnetizzazione conseguì il detto fascio di fili di ferro per la scarica della piccola boccia di Leida carica alla tensione di quindici gradi. Laddove scaricata sulla spira stessa una boccia circa i5 volte più capace della suddetta, e carica colla stessa quantità d'elettrico, colla quale era stata caricata la boccia piccola, si ebbe una magnetizzazione per la quale il magnetometro deviò di due gradi. E si noti che quando il fascio di fili di ferro non è ciicondato dal detto tubo, esso non conseguisce me- diante quest' ultima scarica, se non una magnetizzazione per la quale devia il magnetometro di 17 gradi; laddove mediante la scarica della piccola boccia suddetta si ottiene così forte- mente magnetizzato quel ferro, che produce una deviazione di 48 gradi. Ho messo nella solita spira un cilindro di ferro dolce lungo nove centimetri e pesante grammi 78,4, e mediante la scarica d' una batteria circa cento trenta volte piìi capace della piccola boccia carica alla tensione di mezzo grado, si conseguì una magnetizzazione per la quale il detto cilindro di ferro deviava 1' ago di 3°. Distrutta la magnetizzazione col lasciar cadere il detto ferro sui mattoni dall'altezza di due metri, lo posi nella spira circondato da un tubo di stagno lungo esso pure nove centi- 2.S6 Memoria di alcune analogie ec. metri, del diametro di i6 millimetri, e formato con lastra della grossezza di circa mezzo millimetro. Scaricai poscia sulla spira la detta batteria, e carica come sopra alla tensione di mezzo grado, eia magnetizzazione fu tale che deviava l'ago di 5". Colla batteria carica alla tensione di un grado, la ma- gnetizzazione prodotta nel detto ferro non circondato dal tubo di stagno fu la"- E quella ottenuta quando era circondato dal detto tubo fu 8". La boccia piccola al contrario, caricata al segno che produceva nel detto ferro una magnetizzazione per la quale deviava 1' ago di dodici gradi allorché quel cilindro di ferro non era circondato da involucro metallico, non produceva il menomo indizio di magnetizzazione quando il ferro era nel tubo di stagno. E nejqmre quando la piccola boccia era ca- rica ad altissima tensione, come per esempio quella che ot- tenevasi coi cinque giri della macchina che richiedevansi per caricare la batteria alla tensione di mezzo grado. Le sperienze eseguite con fasci di fili di ferro facendo uso della detta batteria e della piccola boccia diedero risultati simili a quelli delle sperienze qui sopra descritte. Se aduiKpie allo scemare della tensione da cui è solleci- tata la corrente leida-elettrica scema ancora 1' indebolimento che r involucro produce nella magnetizzazione del ferro in esso contenuto, sembra che appunto sia insensibile 1' efietto dell' involucro metallico nella magnetizzazione operata dalla coppia voltaica, perchè in questa è debolissima la tensione. XI. Anche le sperienze comparative istituite con bocce di capacità assai digerenti relativamente alle magnetizzazioni operate in fili di ferro unici, o in fasci di fili, sembrano fa- vorevoli alla opinione che la discrepanza osservata a questo proposito tra la boccia di Leida e la coppia voltaica provenga dalla differenza di tensione dei due apparecchi. Vedremo in- fatti nelle sperienze che sono per descrivere che, se si ado- pera per magnetizzare il ferro una boccia di grande capacità Del Pkof. Stefano Marianini aSy carica a piccola tensione, le differenze che si osservano nelle magnetizzazioni da esse operate in masse di ferro indivise e fasci di fili egualmente pesanti sono assai minori delle diffe- renze che si osservano facendo uso di bocce di poca capacità, e cariche a tensione più grande. Colla boccia grande che servì alle prime sperienze del paragrafo precedente carica alla tensione di un grado del so- lito elettrometro a doppio quadrante, ho magnetizzato un ci- lindro di ferro ricotto lungo otto, centimetri e pesante quattro grammi, e ciò scaricando la boccia sulla solita spira nella quale stava il ferro. E la magnetizzazione da questo conse- guita fu tale che deviava 1' ago magnetometrico di gradi 6. Ho messo nella detta spira un fascio di venti fili sottili e ricotti lunghi otto centimetri, e pesanti tra tutti quattro grammi come il detto cilindro. E la magnetizzazione conse- guita per una scarica eguale alla precedente della detta boc- cia fu tale che l' ago deviò di gradi 1 7. Distrutto il magnetismo nel detto cilindro mediante urti, e nel fascio de' venti fili mediante flessioni e torcimenti, ma- gnetizzai il cilindro colla boccia di Leida piccola carica alla tensione di i5 gradi, e la deviazione fu di gradi 6.° 3o'. E la magnetizzazione prodotta nel fascio di ao fili di ferro, trattato colla detta boccia piccola egualmente che il detto cilindro, fu tale che deviò l'ago magnetometrico di gradi 48. In un altro sjjerimento un cilindro di ferro non ricotto pesante grammi 10,7.5, colla boccia grande carica alla tensione di un grado si calamitò al segno che teneva l'ago dello stro- mento deviato di gradi i5. Distrutto questo magnetismo, e poi calamitato colla boc- cia piccola carica a quindici gradi di tensione deviava 1' ago di gradi 14. Ed un fascio di 17 fili di ferro non ricotti, e pesanti tra tutti quanto il detto cilindro, calamitossi colla boccia piccola, carica alla tensione di quindici gradi, tanto da tener deviato r ago (11 gradi 5 1 . , Tomo XXIII. li L. 2-58 Memoria di alcune analogie ec. Ciilamitato poi questo stesso fascio di fili (dopo aver tolto il magnetismo colle solite flessioni ) mediante la boccia grande carica come sopra ad un sol grado di tensione, teneva r ago dello stromeuto deviato soltanto di gradi 2.6. XII. A confermare sifFlitta spiegazione sarebbero ad alle- stire elettromotori a numero talmente grande di coppie che le loro tensioni si avvicinassero a quelle alle quali si caricano le bocce di Leida, per vedere se allora gli elettromotori si comportassero come queste e nelf imprimere magnetismo sta- bile al ferro, e nelle magnetizzazioni di fasci di fd di feiTO , ed in quelle operate a traverso degl' involucri metallici. Così se si esperimentasse con una batteria elettrica di sì grande capacità che caricata alla tensione della coppia voltaica ma- gnetizzasse il ferro, ninna diminuzione porterebbe forse nella magnetizzazione stessa 1' involucro metallico in cui venisse collocato il ferro stesso. Ma lascierò alle indagini future il decidere se in questi pensamenti io male mi apponga o bene. Le proposizioni che parmi poter dedurre con fondamento da ciò che precede, sono le seguenti : I.* Le azioni magnetizzanti della boccia di Leida, della coppia voltaica e della calamita si accordano tutte nelF alte- rare la suscettibilità del ferro di acquistare un dato polo da ima data parte quando esse lo magnetizzano ripetutamente in un dato senso: si accordano quando operano sul ferro alterato nella sua suscettibilità; come ancora nel far piìi effetto quando tendono a distruggere, che non quando tendono a rinforzare la polarità del ferro, qualora sia privo di magnetismo latente, o dissimulato. 2..^ La corrente leida-elettrica e la voltaica vanno pur d' accordo nel magnetizzare più fortemente ini cilindro di ferro quando operano solamente sulla parte di mezzo, che non quando operano solamente sopra un'altra parte del feiTO stesso. 3."" La boccia di Leida imprime nel ferro una forza ma- gnetica la quale non vien meno al cessare della sua azione : Del Prof. Stefano Marianini aSg non così la corrente voltaica, la quale lascia nel ferro soltanto una piccola porzione del magnetismo di cui lo investe durante il circolo. 4-* La coppia voltaica e la calamita sono d' accordo nel magnetizzare i fasci di fili di ferro, ed il ferro circondato da tubi metallici : ma in ciò non s' accordano colla boccia di Leida : imperocché quelle imprimono eguale forza magnetica in un fascio di fili , ed in un ferro unico lungo e pesante quanto il fascio, e la loro azione magnetizzante non è inde- bolita dai tubi metallici circondanti il ferro; e questa magne- tizza il fascio di fili di ferro più fortemente che non il filo unico d' egual massa e lunghezza, e viene sempre affievolita e bene spesso anco annientata dagl' involucri metallici. 5.^ La cagione delle notate discrepanze tra le magnetiz- zazioni operate dalla boccia di Leida e quelle della coppia voltaica sta probabilmente nella enorme differenza che v' è tra le tensioni di questi due congegni, (i) (i) Un simw di questa e della precedente Memoria suU' indebolimento che avviene nel magnetismo d' un ferro ec. è stato letto alla R. Accademia di Scienze, Lettere ed Art, di Modena il 14 gennajo di quest'anno 1843. 2,6o PROPOSIZIONE D' UN NUOVO SISTEMA DI NOMENCLATURA CHIMICA DEL CONTE AMEDEO AVOGADRO Ricevuta adì 8 Jprìle 1843. i-ia necessità di una rifoi-ma nella Nomenclatura chimica si rende vieppiù manifesta a misura che si scoprono nuovi com- posti, e che si stabilisce in una maniera più precisa la com- posizione di quelli che già erano conosciuti. I principi di nomenclatura proposti nel 1789 da Lavoi- sier, Fourcroy, Guyton de Morveau e BerthoUet, e che fu- rono allora generalmente adottati, sono divenuti affatto insuf- ncienti per esprimere la composizione anche dei sali semplici, avuto riguardo ai diversi gradi di saturazione dell'acido dalla l)ase e dell' ossidazione dell' uno e dell' altro di questi com- ponenti immediati; e la difficoltà è poi ancora molto più grande pei sali a doppia base o a doppio acido, per non par- lare delle combinazioni più complicate che si sono scoperte in questi ultimi tempi, e che non si possono riferire ai sali propriamente detti. Le modificazioni che diversi chimici hanno successiva- mente proposte a quella nomenclatura, per comprendervi le circostanze della composizione, che essa non era originaria- mente capace di esprimere, non hanno raggiunto questo scopo, che assai imperfettamente, e in modo talvolta contradittorio ai suoi principi ; quindi esse non hanno ottenuto 1' assenso generale, e quando si è voluto evitare 1' impiego di nomi af- fatto incomodi per la loro lunghezza, convenne inventare nomi particolari per molti composti ; ma questi nomi non es- sendo formati secondo alcuna vista sistematica e cf^^erale, ed Del C. Avogadro 261 essendo dedotti da principi variabili ad arbitrio dei loro di- versi autori, non ricliiamano in alcun modo alla mente l' idea della natura di tali composti, e la loro analogia con altri più generalmente conosciuti; e a forza di moltiplicare siffatti nomi si finirebbe coli' introdurre nella nomenclatura chimica una confusione inestricabile, e farla ricadere in tutti gli inconve- nienti degli antichi nomi degli alchimisti e della vecchia far- macia, che gli autori della nuova nomenclatura summentovata aveano cercato di rimuovere mediante il carattere sistematico che essi le aveano impresso. In tale stato di cose non si può dubitare del vantaggio che la scienza ritrarrebbe dallo stabilire con una convenzione generale principi fissi per denominare tutti i composti che sono attualmente conosciuti, o che potrebbero esserlo in ap- presso, in una maniera atta ad esprimere la natura e le pro- porzioni relative dei loro componenti, e che riempissero per lo stato attuale della chimica, lo scopo a cui soddisfaceva la nomenclatura Lavoisieriana nel tempo in cui essa fu introdotta. Essendomi, nel corso de' miei lavori nella Fisica moleco- lare, spesso dovuto occupare di consideiazioni chimiche, ho avuto occasione di riconoscere in molti casi 1' insufficienza del linguaggio attuale della Chimica, ed essendo quindi stato condotto a concepire alcune idee sulla via che si potrebbe seguire per giungere ad una nomenclatura uniforme e compiuta degli oggetti di questa scienza, mi sono risolto a pubblicarle, colla speranza che potessero esse prendersi in considerazione dai chimici, e contribuire alla loro scelta per le basi d' una generale convenzione a tale riguardo. Né credo tale argomento immeritevole di formar 1' og- getto di una pubblicazione negli Atti di questa Società delle Scienze, come quello, che sebbene non tenda immediatamente a dilatare i confini delle nostre cognizioni nelle scienze na- turali, può però conferire alla formazione di nozioni più esatte e più compiute nel dominio della scienza chimica, e faci- litare av^che la diffusione e le applicazioni della medesima col 202, Proposizione d' un nuovo sistema ec. perl'ezionarne la lingua ; e Lavoisier stesso non avea quindi esitato di proporre le sue prime idee sulla ril'ornia della no- menclatura chimica all' Accademia delle Scienze di Parigi nella Memoria da lui letta su tale oggetto nella pubblica Adunanza del 1787. Non ho alcuna innovazione da proporre alla nomencla- tura attuale delle sostanze semplici od elementari. Suppongo che ciascuna di esse continui a formare come un genere a parte, e ritenga il nome che si adopera ora generalmente per indicarla, seppure non si volesse fare ad alcuni di questi nomi qualche leggera moditicazione per renderli piìi brevi, o più atti a entrare nella formazione dei nomi delle sostanze composte. Vi sono però alcune sostanze sui nomi delle quali i chimici, sopratutto delle diverse nazioni, non sono intiera- mente d' accordo, e su cui si potrebbe dubitare quale loro meglio convenga : ma è naturale di procurar d' evitare nella loro scelta le ambiguità che potrebbero risultare dal loro uso. Per questa ragione io preferirei per esempio il nome ò.'' azoto a quello di nitrogeno^ che nei nomi composti dovrebbe ab- breviarsi in nitro da cui esso deriva ; il nome di sodio a quello di natron^ che potrebbe esso medesimo confondersi con quello di nitro; e il nome di potassio a quello di calia [kaliuni)^ che si applicherebbe con ugual ragione al sodio che al potassio, poiché questi due corpi allo stato d' ossido sono amendue indicati col nome di alcali. Passando adunque alla nomenclatura de' corpi composti, che forma propriamente 1' oggetto di questa Memoria, osser- verò qui da principio che ai soli composti inorganici credo potersi applicare una nomenclatura generale , rigorosamente espressiva della lor composizione, quale dapprima la proporrò. Esporrò solo in appresso alcuna idea sui principi particolari di nomenclatura, che pajono richiedersi per le sostanze orga- niche, in ragione della moltiplicità delle proporzioni atomiche presentate dalla lor composizione. Del C. Avogadro a63 Le basi che io crederei potersi adottare per la forma- zione dei nomi de' corpi composti sono le seguenti. Questi nomi saranno in generale, come si pratica pei corpi organiz- zati nella Zoologia e nella Botanica, composti di due nomi, l'uno sostantivo generico, l' altro aggettivo specifico; e poiché si hanno essenzialmente due cose allatto distinte da indicare col nome di ciascun composto, cioè le sostanze semplici che entrano nella sua composizione, e la proporzione atomica se- condo la quale esse vi si uniscono, io propongo di rappresen- tare col nome generico la natui'a delle sostanze componenti, e col nome specifico le loro proporzioni. Cosi vi saranno al- trettanti generi di sostanze composte , quante combinazioni possono fai-si delle sostanze semplici conosciute, due a due, tre a tre ec. ; e ciascun genere conterrà tante specie, quante sono le proporzioni diverse in cui esse possono presentarvisi. Ma come si formeranno questi nomi dei generi e delle specie? Potrebbe venir in mente di assegnare a ciascun ge- nere un nome indipendente da quelli delle sostanze che vi entrano, e di distinguerne le specie con diversi epiteti presi da alcuna delle loro proprietà, appunto come in zoologia e in botanica si prendono pei nomi generici i nomi stessi che r uso ha consecrati per le loro specie più conosciute, senza, cercar di esprimere i caratteri che costituiscono ciascun ge- nere, e si danno alle loro diverse specie nomi che richiamano solo qualche particolarità della loro forma. Ma il sistema dell' indicazione dei composti con nomi esprimenti la natura e la proporzione dei loro componenti essendo stato seguito in chi- mica, sebbene con maggiore o minor regolarità e precisione , dappoiché questa scienza ha fatto progressi considerevoli, e i diversi composti non avendo conseguentemente ricevuti in generale dai loro inventori nomi indipendenti dalla lor com- posizione, non si potrebbe addì nostri applicare un tale sistema di nomenclatura alla chimica, se non inventando ad un tratto un' infinità di nomi diversi affatto nuovi, o dando ai nomi ri- cevuti un'estensione di significazione spesso contraria al loro a64 Proposizione d' un nuovo sistema ec. senso primitivo. Per altra parte i composti a cai si riferisce la nomenclatura chimica non possono assomigliarsi intieramente agli esseri che tanno l'oggetto della zoologia e della Ijotanica; essi hanno (jualche cosa d'ideale che permette, anzi in certo modo richiede, che si diano nomi anche a rpielli tra loro che non esistono in natura, e che non sono mai stati realmente formati, poiché essi possono esserlo da un momento all' altro, onde si delìhono necessariamente loro applicare nomi che esprimano la lor composizione anche soltanto possi) lile. Biso- gna dunque rimanere in un sistema di nomenclatura signifi- cativa, e si tratta solo di perfezionarne ed estenderne i pi'in- cipj in maniera da soddisfare a tutti i hisogni della scienza. La via da seguirsi per rpiest' oggetto mi pare dover es- sere un' imitazione di ciò che hanno fatto in questi ultimi tempi molti chimici, che hanno trovate nuove coml)inazioni , per indicarle con un nome che non fosse affatto arliitrario e indipendente dalla lor conqwsizione. Essi hanno riunite le prime sillahe, e talvolta solo le lettere iniziali dei nomi dei componenti, e le hanno accozzate in maniera da formare nomi suscettihili di essere pronunziati; così per esempio fu- rono formati i nomi di aldcìiyde, oxamìde, henzamide , alcar- ■ siile, mcrcaptan ec. La composizione di (questi nomi non es- sendo stata sottoposta dai loro diversi autori ad alcuna regola generale e comune, essa non può rappresentare in una ma- niera precisa e distinta la composizione delle sostanze stesse, e simili nomi diverrebhero ]>en presto, per la dimenticanza della loro etimologia, nomi indipendenti, e afflitto proprj alle sostanze a cui essi furono attribuiti, qualunque siano i prin- cipj seguiti nella loro formazione. Oltre a ciò questi nomi , anche risalendo alla loro origine, sono ben lontani dall' espri- mere tutti gli elementi e le circostanze che distinguono la composizione di queste sostanze da quella di ogni altra che loro fosse più o meno analoga. Ma se si suppone che si siano una volta stabiliti per convenzione i principj generali che debjjano servir di guida nella forarazione di questi nomi Del C. Avogadro 2.65 composti, si potranno cosi ottenere denominazioni che avranno il vantaggio di rappresentai'e, e di richiamare immediatamente all' animo la composizione di questi corpi , e che terranno luogo di intiere frasi, talvolta di più d'una linea di lunghezza, che sarebbero necessarie per esprimerla senza abbreviazione. Si combineranno così i principi della nomenclatura sistema- tica proposta da Lavoisier , e ancora in uso pei composti meno complicati, coli' espediente a cui i chimici de' dì nostri hanno dovuto ricorrere per denominare le combinazioni più complesse che essi hanno scoperte, e che si scoprono ancora giornalmente. Sotto un altro aspetto tali denominazioni sa- ranno la traduzione letterale delle formole con cui si suole rappresentare dai chimici la composizione dei corpi : esse sa- ranno per dir così formole parlate. Per giungere a questo scopo non si ha che a stabilire una volta per tutte, le sillabe e le lettere iniziali con cui si vogliono rappresentare i nomi delle diverse sostanze semplici conosciute, quando si debbono introdurre a far parte dei nomi generici dei corpi composti, e i nomi numerali atti ad espri- mere le loro proporzioni atomiche per formare i nomi speci- fici, ed a determinare 1' ordine e la disposizione in cui deb- bono riunirsi questi nomi così abbreviati per formare nella maniera la più semplice i nomi composti di cui si tratta. Conformemente a quest'idea si comporranno primieramente i nomi dei generi mettendo l'uno dopo l'altro i nomi abbre- viati delle sostanze semplici che costituiscono ciascun genere, colle semplificazioni che vi si potranno arrecare per facilitare la pronunziazione dei nomi composti che ne risultano, e in maniera da evitare ogni ambiguità o confusione tra un genere e un altro. Quanto all'ordine secondo il quale i nomi delle sostanze componenti debbano collocarsi in ciascun nome o-e- nerico, parrebbe dapprima che esso fosse indifferente, onde potessimo attenerci a quello che meglio si converrebbe al loro modo d'unione. Io credo tuttavia doversi stabilire quest' ordine secondo qualche principio dipendente dalla natura stessa Tomo XXIir. Kk ^'i6 Proposizione d' un nuovo sistema ec. delle sostanze, sia per rimuoverne T arbitrario, sia per potervi riferire senza equivoco e senza difficoltà i nomi numerali, che dovranno essere contenuti nel nome specifico, per espri- mere le proporzioni dei componenti. Ora il principio più con- veniente per lo stabilimento di rpiest' ordine mi pare essere ([uello dei rapporti elettro-chimici dei componenti, cioè per cui gli uni sono plettro-negativi relativamente agli altri, e questi conseguentemente elettro-positivi^ o basici per rapporto ai primi. Cosi si porrà per esempio in capo del nome com- posto, il nome della sostanza componente la più elettro-ne- gativa, poi di quella che lo è meno, e così successivamente pei composti di più sostanze, tei-minando sempre col nome della sostanza la più basica od elettro -positiva. Si potrebbero in vero prendere altri principi per istabilire quest'ordine, tra gli altri quello della grandezza della massa degli atomi od equivalenti dei corpi semplici, secondo il quale si porrebbe per esempio la prima la sostanza avente il più piccolo atomo, e r ultima quella dotata del maggior atomo; ma ciò ci sco- sterebbe forse di troppo dall' aspetto sotto cui si sono sinora considerate le combinazioni, e ci farebbe perdere di vista la funzione che si è attribuita ai loro componenti come elementi antagonisti, e che ha servito in certo modo di base alla clas- sificazione finquì seguita dei corpi composti. Si potrebbero anche disporre i nomi dei componenti secondo l'ordine stesso del numero più o men grande di atomi od equivalenti per cui essi entrano nel corpo composto; ma allora si dovrebbero formare per ciascuna riunione delle stesse sostanze altrettanti generi quanti fossero gli ordini diversi nel numero d' atomi per cui venissero esse a riunirsi tra loro: bisognerebbe quindi assegnare un genere a parte alla combinazione di due o più so- stanze per ixn numero uguale d'atomi od equivalenti, e questo •Tenere non potrebbe essere indicato senza equivoco ])er mezzo Iella semplice riunione dei nomi delle sostanze conqionenti lui ordine qualunfjue; inoltre anche gli altri generi distinti oltanto dair ordine dei nomi componenti oflFrirebbero una e 111 Del C. Avogadro 367 lassomiglianza die potrebbe facihnente farli confondere gli uni cogli altri ; e finalmente questa formazione di generi ro- vescierebbe anch' essa le idee a cui siamo assuefatti relativa- mente all'ordine della combinazione dei diversi corpi tra loro. Adottando, come io propongo, l'ordine della qualità elet- tro-chimica nella disposizione dei nomi dei corpi semplici per formare i nomi generici, potrà rimanervi in alcuni casi un po' d' arbitrario, per 1' incertezza in cui siamo ancora su tale ordine relativamente ad alcune delle sostanze semplici : ma le sostanze su cui cade tale incertezza sono in piccolo numero, e tra quelle di cui meno soventi si avranno a considerare le combinazioni, onde si potrà senza inconveniente supplire in questi casi per convenzione all'applicazione dell'indicato prin- cipio, salvo a modificare poi la nomenclatura riguardo a queste sostanze, quando 1' ulteriore progresso della scienza venisse a darci più precise cognizioni sul loro rapporto elettro-chimico. Le abbreviazioni che si dovranno far subire ai nomi delle sostanze semplici cosi ordinate , per la formazione dei nomi generici dei composti, potranno essere assai leggiere pei com- posti binar], ossia di due sole sostanze, e si potrebbero anche riunire, per questi composti, i nomi delle sostanze componenti senza alcuna alterazione, come i chimici tedeschi già usano di farlo, dicendo per esempio cloro-carbonio, zolfo-ferro ec. , invece di cloruro di carbonio^ sulfuro di ferro ec. ; sarà però utile di fare talvolta anche a questi nomi la sottrazione di alcune sillabe, per renderli all' uopo più brevi senza nulla to- gliere all' evidenza della loro significazione. Ma le abbrevia- zioni diverranno poi necessarie, e dovranno spingersi vieppiù oltre, a misura che ciescerà il numero dei componenti, onde evitarne l'eccessiva lunghezza dei nomi. La maniera di appli- carle sarà del resto alquanto diversa secondo che i nomi fini- ranno per vocale o per consonante, e saranno seguiti da altri che ■comincino per l'ima o per l'altra di queste lettere, op- pure dovranno trovarsi al fine dei nomi composti. Siccome è importante che si lasci quanto meno si può d' arbitrario a 268 Proposizione d' un nuovo sistema ec. tale riguardo, per evitare ogni ambiguità, passerò qui ad in- dicare più precisamente la natura delle abl)reviazioni che si potranno adoperare in quei diversi casi; ne farò T applicazione immediata ai nomi latini, come quelli che potranno servir di base alla formazione dei nomi nelle diverse lingue viventi, e particolarmente in quelle che sono derivate dal latino, come r italiano e il francese ; potranno poi anche questi nomi in- trodursi con qualche modificazione nella lingua tedesca, e nelle altre lingue aventi con essa comune 1' origine, essendo altronde i nomi latini generalmente conosciuti, e in gran parte adoperati dai ciiimici delle nazioni a cui quelle lingue appartengono. 1°. Nei nomi dei composti binarj, cioè di due sole so- stanze semplici, il nome latino di ciascuna di quelle sarà ri- dotto a due sillabe soltanto, togliendo le ultime ; o se ne la- scieranno tre al più nei nomi che termineranno il nome del composto. Il nome finale si terminerà in um od in ium in latino, che si traduce per o od io in italiano, e per e muto in francese. Nei nomi delle sostanze semplici seguiti da un altro per la formazione del nome composto la vocale finale sarà r o, se il nome stesso non ne ha altra che gli sia pro- pria, quando il nome seguente comincierà per consonante, e si sopprimerà intieramente se questo comincia per vocale. a". Pei composti ternarj, quaternari ec. il nome della so- stanza che si trova al fine del nome composto riterrà la stessa forma che nei composti binarj , se non che se si fossero in questi ritenute tre sillabe, si ridurrebbero in cpielli a due, e pei composti d' un gran numero di sostanze semplici il nome finale potrà anche ridursi ad una sola sillaba. I nomi degli altri componenti si ridurranno sempre ad una sola sillaba , cioè alla prima del loro nome intiero. Se questa prima sillaba è una vocale preceduta semplicemente da una o due conso- nanti, si riterrà questa vocale quando seguita da un nome cominciante per consonante, ma si sopprimerà se seguita da una vocale, con cui la sua consonante semplice o doppia verrà Del C. Avogadro a6g allora a far sillaba ■■, cosicché il nome della sostanza sarà ri- dotto alle sue consonanti iniziali. Quando quella prima sillaba comincierà e finirà per consonante, si riterrà la consonante finale se seguita da vocale nel nome composto, e si toglierà se seguita da consonante ; si potrà però, per maggiore abbre- viazione, nei nomi più composti, sopprimere talvolta quella consonante finale anche seguita da vocale, e con essa la vo- cale stessa della sillaba, riunendo alla sua consonante iniziale alcuna delle altre consonanti del nome, in maniera da formare una sola sillaba colla vocale del nome seguente. Se il nome comincia per vocale si dovrà in generale ritener la consonante che forma con essa la prima sillaba del medesimo. Se la prima sillaba del nome consistesse in una semplice vocale, si dovrà applicare all' unione di questa vocale colla consonante della sillaba seguente dello stesso nome, quello che abbiamo detto della prima sillaba. Secondo queste regole, e per servir d' esempio della loro applicazione, è formato il quadro seguente delle abbreviazioni dei nomi delle sostanze semplici, che più soventi si presen- tano nelle combinazioni chimiche , secondo i diversi casi di cui abbiamo parlato. Esse vi sono a un dipresso disposti neh' ordine della loi'o qualità elettro-chimica andando dalle più elettro- negative alle più elettro-positive, o almeno secondo r ordine che si può loro provvisoriamente attribuire a tale riguardo, per determinare l'ordine con cui esse debbono tarsi seguire 1' una all' altra nella formazione dei nomi composti. Sarà facile estendere le analoghe abbreviazioni anche alle al- tre sostanze semplici conosciute non comprese in questo qua- dro. Le sostanze vi sono indicate coi loro nomi latini , come quelli a cui si riferiscono immediatamente le abbreviazioni, e che debbono servir di base alla formazione dei nomi composti latini; basterà poi cangiarne le terminazioni e l'ortografia per tradurre questi nomi composti nelle diverse lingue viventi. Quanto alle sostanze semplici considerate separatamente, in istato libero, esse riterranno i nomi che l'uso loro attribuisce 270 PlUìrOSlZlONE d' UN NUOVO SISTEMA eC. in ciasciuia lingua. Od resto anche per la tbrniazione dei nomi composti ho loro assegnato nel ffuadro (pie' nomi latini che più si accostano a (pielli generahnente nsitati nelle lingue viventi, stiivf'ndo per esempio antimoìiìiun in vece di st'ìhììutu iiicrriiriinii in vece di hydrargyrutn ecc. Si è posta [)er alcune sostanze in ciascinia delle colonne del (jnadro una doppia hidicazione di ahhrcviazione, onde si possa scegliere, nella tormazione di ciascun nome composto, (piella che ne renderà piii Tacile la pronnuziazione , senza andiiguità, secondo la torma dei diversi nomi dei componenti che vi si dovrarnio riunire, e nella mainerà che rnso potrebbe col tempo definitivamente stabilire. Del C. Avor.ADRO Q «^ ^ 3 u2 E § e. 5 s s I E e ; ^ o 3 '3 ti TV s« i e - = bC - e 3 o E u2b-iU<«ja.c«<<: U ca '/-. o. . g g = = ^.= = r £ t „ ^ 3_3 = = SJ_c-^=^H:;, = 3 u ■ - o -Q = a 315 S 3 a S ^< co ^ -e E a *J --. '« ■ -^ ;^ — ^- O -^ e .- tn al I § 3 bD 2 e ■- ^ < iS = — S , (« .£ < = S3^ EE ,csE- 3sS-5EE3 = fi = 3 = 3 = g S = CCr'3=-^gg so é 3 = 3 • -3--t)^t^2-j:^c = ei;0-a c 3JJ £?i; = 5^ -;.= _;-JS~ -. <: < e to o e Cd . G .... . ^ ...... ^ 2 =^- '-<„ , - '^ o' <=»._' = --caco 0- 2 2 '^ 2 •ó-E.i -2 = 3jh£P«J32^j;._"-=^^^oo^ OO«ii > *J to o "o e: - 73 c 3 < a o ì'- i- - ■» 2 = 5 Sd c . .' o-'"»» cS^'H co = •» M"^.o" r £ o e'^ ^ _- g E „ e e = o e -S 5 o Ss'S e ._ o" o" S 2 «3-s^ S S-3^^ 2 = 3J2 L'^ =3 = S.H^-=^- clS ^ co^ti-u < ce u o > OD ^= ■:_- — "cai-^^.3tri-c.cc-ccEhoc;,_cc-T3 i E E S^ e E 3 - = ■- p n o 5 ^ r = = E : = le e i t. CJ <'j:'a-c/5<'<'<^c_<. ! S E iiiiE ' >- = P ~ ■ o- = 5 E ; a 2 ^ 4) ; O CTI a- fc E E E = E =.5 S = E E-= 3Mc=.= 2 = ;S c:-tot--- N S < § C^ cb r;5 D. a 7^ Proposizione d' un nuovo sistema ec. Ecco ora alcuni esempi de' nomi di genere formati dalla riunione di questi nomi più o meno abbreviati delle sostanze componenti ; pongo accanto ai nomi latini i nomi italiani cor- rispondenti, che non ne differiscono, secondo quello che sopra si è detto, che per la terminazione e l'ortografia. Composti binari ài Ossigeno, Idrogeno Oxhydrum Cloro Oxychlorum Carbonio Oiycarbium Oxazotum Oiysulphium Oxypìiosphìum Oxargium Oxjcitprum Oxjstamrium Oxyplumhum Oxyfemim Oxalumìum Oxycalcìuni Oxysodìum Orypatìum Oxyharìum Azoto Zolfo Fosforo Argento Rame — — Stagno Piombo Ferro Aluminio Calcio Sodio Potassio Bario ecc. Cloro, Idrogeno Carbonio Azoto Zolfo Sodio ecc. Zolfo, Rame Stagno Piombo Ferro ecc. ChloTÌiydrum C/tlorocarbium Chlorazotum Chlorusulphium Chlorosodium Ossidro Ossicloro Ossicarbio od Ossicarbo Ossazoto Ossisolfio od Ossisolfo Ossifosfio od Ossifosfo Ossargio Ossicupro Ossistagno Ossipiombo Ossiferro Ossalumio Ossicalcio Ossisodio Ossipoto od Ossipozio Ossibario Cloridro Clorocarbio o Clorocarbo Clorazoto Clorosolfio o Clorozollo Clorosodio Sulphocuprum Zulfocnpro Sidpìiostamnum Zolfostagno Sulphoplumhum Zolfopiombo Sulp/toferrum Zolfoferro o Zolferro Composti ternari di Ossigeno, Carbonio, Potassio Ocarpotium Ocarpozio od Ocarpoto Carbonio, Sodio Ocarsodium Ocarsodio — ■ Carbonio, Calcio, Ocarcalcium Ocaicalcio Zolfo, Potassio Osphopotium Osfopozio od Osfopoto Zolfo, Sodio Ofphosodium Osfosodio Compoiti qu itei narj di Ossigeno, Zolfo, Aluminio, Potassio Osp/ialpotium, Osfalpozio od Oifalpoto Zolfo, Aluminio, Sodio Oiphaliodiiim, Oslldsudio ecc. ecc. Del C. Avogadro iieo'ionl a^S I nomi specifici, che uniti a questi nomi generici deb- bono compire, secondo il proposto sistema, il nome di ciascun composto particolare, sono destinati ad esprimere, come ab- biamo detto, la proporzione atomica secondo la quale le di- vèrse sostanze semplici conìprese nel nome generico, entrano nella composizione del composto. Qui si presenta primiera^ mente la questione se si debba tale proporzione riferire al numero degli atomi o a quello degli equivalenti, cose che la maggior parte dei^ chimici distingue oggidì tra loro. Ma il vero atomo di ciascuna sostanza può presentare ancora molta incertezza per alcuna di esse, e non tutti i chimici si accor- dano nella maniera con ''ciailsi possa esso determinare. Vi è quasi' al conti-ario una generale convenzione sugli equivalenti chimici da attribuirsi alla tnaggior parte delle sostanze più conosciute, cioè sui pesi relativi delle dosi successive di queste sostanze che si uniscono ad un' altra nelle combinazioni, che si riguardano come corrispondenti od analoghe. Così si am- mette generalmente che 1' idrogeno, il cloro, 1' iodio ecc. si combinano per due atomi, quali si stimano da Berzelius, nei composti corrispondenti a quelli in cui 1' ossigeno e lo zolfo si combinano per un solo atomo. Quest'accordo e l'analogia stessa dei composti che vi dà luogo sono in favore degli equivalenti per servire di base alla nomenclatura. Nell'appli- cazione del nostro principio si dovrà dunque considerare H'', GÌ* ecc. di Berzelius, come un solo equivalente d' idroge- no, di cloro ecc., mentre O, S esprimeranno indifterente- mente 1' atomo o 1' equivalente dell' ossigeno e dello zolfo. Per la maggior parte dei metalli si considera ugualmente r atomo di Berzelius come rappresentante pure il loro equi- valente, cosicché si riguardano la potassa, la soda, la calce ecc. come formate di un equivalente di potassio, sodio, calcio ecc. e d'un equivalente d'ossigeno; l' ossidulo di fèrro, gli ossidi di piombo, d' argento ecc. che formano la base dei sali me- tallici ordinar], come aventi una composizione a quella ana- loga ; r ossido rosso di feno, l' alumina ecc. come formati di Tomo XXIII. LI 2.74 Proposizione d' un nuovo sistema ec. due atomi od equivalenti di metallo, e tre atomi d' ossigeno, e si possono senza inconveniente seguire queste analogie nella nomenclatura. Tuttavia tra le sostanze che più soventi si presentano nelle combinazioni ve ne sono alcune sull' equivalente delle quali vi è ancora disparità d' opinione, e riguardo a cui si dovrà pur prendere un partito per applicarvi i principj della nomenclatura. Tali sono il carbonio e l'azoto. Una gran parte dei chimici ammette con Berzelius, che l' acido carbonico sia formato di due atomi d' ossigeno con un atomo di carbonio , e il gaz ossido di carbonio di un atomo di ciascuna di queste due sostanze ; altri considerano V acido carbonico come risul- tante dall' unione di un atomo di ciascuno de' suoi elementi, e r ossido di carbonio come contenente un solo atomo d' os- sigeno con due di carbonio, il che ridurrebbe 1' atomo del carbonio alla metà soltanto di quello supposto da Berzelius. La prima opinione mi pare appoggiata a migliori fondamenti, e quindi credo anche più naturale di prender l' atomo del carbonio di Berzelius pel suo equivalente, non essendovi al- cuna ragione di supporre che le combinazioni analoghe a quelle dell' ossigeno e dello zolfo per un atomo si facciano quanto al carbonio per mezzi atonù; l'acido carbonico diviene cosi analogo all' acido solforoso, formato com' esso dalla com- bustione immediata del suo radicale, il gaz oleifico all'acqua ecc. Quanto all' azoto si riguarda generalmente il doppio dell' atomo di Berzelius come 1' equivalente di questa sostanza ; alcuni chimici hanno pensato recentemente doversi prendere pel suo equivalente i | dell' atomo di Berzelius , cosicché r ammoniaca per esempio dovesse considerarsi come formata di un equivalente d'azoto, ed un equivalente, ossia doppio atomo d'idrogeno; ina (piest' estimazione renderebbe la serie dei composti d'azoto e d'ossigeno meno semplice che quella tinqui ammessa; credo quindi più conveiùente, nello stato at- tuale delle cognizioni, attenerci alla prima supposizione, se- condo la quale l'acido de" nitriti è formato di un equivalente Del G. Avogadro 275 d' azoto e 3 d' ossigeno , l' acido nitrico di un equivalente d' azoto e 5 d' ossigeno ecc. ; e ammetteremo similmente per analogia, per gli eKjaivalenti del fosforo e dell' arsenico, il doppio dell'atomo che Berzelius attribuisce a queste sostanze. Credo per altra parte dovermi scostare dalla supposizione di Berzelius relativamente all' atomo, e quindi all' equivalente del silicio. Avuto riguardo alla composizione e alla densità dei gaz in cui lentra questa sostanza, pare non potersi dubi- tare che snella silicia si trovi od un atomo di silicio ed uno d' ossigeno, od uno di silicio e due d' ossigejio, invece di tre atomi d' ossigeno che Berzelius vi ammette ; la supposizione di un at. di silicio e due d' ossigeno, che rende la silicia od acido silicico analogo all' acido carbonico, imi sembra la più naturale, e 1' atomo del silicio che ne risulta, uguale ai S ■• .9^ I 278 Proposizione d' un nuovo sistejMa ec. ? oo i»; u: o o w - o p Numeri W IS - O ^ OXl CT\ cn-t.. « w - o ys OS-J as oi-^a. tu B - Trigipl, Trig Untrigipl, Dntrig Dotrigipl, Dotrig Simpl Dupl Tripl Quadrupl Quintupl, Quimpl Sextupl, Sespl Septupl, Seppi Octupl, Opl Nonupl, Nopl Decupl, Di-pl Ondepl Dodepl Tredepl Quardepl Quiudepl Sesdepl Septidepl, Sedepl Octodepl, Odepl Nodepl Vigipl, Vipl Unvigipl, Uuvipl Dovigipl, Dovipl Trevigipl, Trevipl > < SO 3 c 3 < o o cu o S Ti 53 Trigiplo, Trigi Uutrigiplo, Untngi Dotrigiplo, Dotrigi Simplo Duplo Triplo Quadruplo, Quadru Quintuplo, Quimplo Sextuplo, Sesplo Septuplo, Sepplo Octuplo, Oplo Nonuplo, Noplo Decuplo, Deplo Ondeplo, Onde Dodeplo, Dode Tredeplo, Trede Quardeplo, Quarde Quindeplo, Quinde Sesdeplo, Sesde Septideplo, Sedeplo, Sede Octodeplo, Odeplo, Ode Nodeplo, Node Vigiplo, Vigi Unvigiplo, Unvigi, Unvi Dovigiplo, Dovigi, Dovi Trevigiplo, Trevigi, Trevi > < 3 e a CD r> o o 3 V 3 Trigintuplum, Tngiplum Untrigintuplum, Untrigiplum Dotrigintuplum, Dotrigiplum Duplum Triplum Quadruplum Quintuplum Sextiiplum Septupìum Octuplum Nonuplum Decuplum Ondecuplum Dofjccuplum Tredennplum Quardecuplum Quindcrupliim Sexdecuplum Septidecuplum, Sedecuplum Octodecuplum, Oilecnphim Nodecuplum Vigintuplum, Vigiplum Univigintuplum, Unvigiplum Dovigintuplum, Dovigiplum Trevigintiiplum, Trevigipìum 2 o 3 > o" C 1 -) o o Trentuplo Ontrentupio od Unitrentuplo Dotrentuplo Doppio Triplo Quadruplo Quintuplo Sestuplo Settuplo Ottuplo Nonuplo Decuplo Ondecuplo Dodecuplo Tredecuplo Quardecuplo Quindecuplo Sesdecnplo Settidecuplo, Sedecuplo Ottodecuplo, Oderuplo Nodecuplo Ventuplo Onventuplo od Univentuplo Doventuplo Treventuplo 2 o 3 3; Del C. Avogadro 2,79 Tra i nomi numerici compresi in questa tavola quelli della prima decina, che più frequentemente debbono pre- sentarsi , non offrono che forme affatto d' accordo all' uso ordinario della lingua ; le abbreviazioni che alquanto più se ne scostano non cadono che sopra numeri superiori che rara- mente occorrerà di adoperare. Nei numeri compresi tra una decina e 1' altra ho seguito per tutto 1' analogia di quelli tra IO e 16, mettendovi il numero delle unità avanti quello delle decine, scrivendo così un'wigìnttiplum. dovigintuplum ecc. all' imitazione di ondecuplum^ dodecuplum ecc. in vece di vigin- tuniplum, vigìntìduplum ecc. ; nulla però impedirebbe di dar loro quest' ultima forma, con quelle abbreviazioni che vi si trovassero praticabili, se così meglio si credesse. Per formare i nomi specifici bisognerà, come abbiamo detto, mettere questi nomi numerici al seguito gli uni degli altri neir ordine stesso delle sostanze a cizi debbono riferiirsi, che è quello in cui esse son poste nel nome generico e de- terminato dalla lor qualità elettro-negativa od elettro-positiva. Ma se due o più sostanze consecutive in quest'ordine entras- sero nel composto per uno stesso numero d' equivalenti, ba- sterebbe mettere il nome di questo numero una sola volta nel nome specifico, facendolo precedere dalle particelle bis ^ ter^ qiiater ecc. le quali indicheranno che questo numero dee intendersi ripetuto due, tre, quattro volte ecc., come appar- tenente ad altrettante sostanze di seguito. Ecco alcuni esempi di nomi specifici formati secondo queste regole. Tra i corpi composti di due sostanze semplici soltanto, le specie di ciascun genere, in cui la prima delle due sostanze componenti, ossia la più elettro-negativa entrerà per 2, .3, 4 ecc. equivalenti, con un solo della seconda, pren- deranno i nomi specifici doppio^ triplo, quadruplo ecc. Nei generi di composti ternarj, ossia di tre sostanze sem- plici, le specie in cui i corpi componenti entreranno, per esempio, pei numeri di equivalenti seguenti, prenderanno i nomi specifici qui indicati: lu? auinq m;; f'Tqiu^? okcj-: Numeri Proposizione d' un nuovo sistema ec. di equivalenti a, a, 3, 2, .: ,, 3, 3, . .,: . (.1 ''^' a, 3, ■ ' ^' 1,4, ' ■ ' 2, 4, • , . 3, 4, 4, 4, 4, 3, 3, ecc Nomi specifici Bis-doppio ( lat. lìs-duphim ) Triplo-doppio ( triplo -dnplum ) Bis-tliplo ecc. > . . ■! • • Simplo-doppio o sceiiipio-doppio Simplo-triplo o scempio-triplo Dcippio-triplo Simplo-qiiadniplo oscempio-quadr. Doppio-quadruplo Triplo-quadruplo 2 Bis-quadruplo .,•(•.'. Quadruplo-triplo o quadru -triplo Doppio Triplo . " ' ecc. ' Si noterà che questi nomi di doppio^ triplo ecc. applicati a corpi composti di tre sostanze non potranno cagionare al- cun equivoco, poiché è convenuto, secondo gli indicati prin- cipe, che quando vi è un solo nome numerico nel nome spe- cifico, esso si riferisce alia prima delle sostanze componenti comprese nel nome generico, le altre due sostanze non en- trando allora nel composto che per un solo equivalente ciascuna. Pei corpi composti di quattro sostanze , di cui almeno r ultima non ha che un solo equivalente nel composto , si avranno similmente i nomi specitìci seguenti : * Numeri di equivalenti 2, 2, a, i 3, 3, 3, I Nomi specifici Ter-doppio (lat. ter-duplum) Ter-triplo ( ter-triplum ) Simplo-bis-doppio ecc. 3, 2, 2, I Triplo-bis-doppii 2, 2, I, 1 ....... Bis-doppio I, 2, 1, I Simplo-doppio 3, 2, I, I Triplo-doppio 3, I , I , I Doppio 3, I, I, I Triplo ecc. ecc. ,v.l. Anche qui i numeri indicati nel nome specifico si riferi- scono sempre alle prime sostanze comprese nel nome generico. Del C. Avogadro T a8i e le altre sostanze s' intendono entrare ciascuna per un solo equivalente. Si formerebbero in una maniera analoga i nomi specitìci delle sostanze composte di più di quattro corpi semplici, 'if Bisogna del resto guardarsi dal confondere tra ([uesti nomi quello per esempio di bis-triplo ( 3, 3, i ) con quello di doppio-triplo ( a, 3, I ); ({uello di ter-doppio (a, a, ii, i ) con quello di triplo-doppio (3, a, i, i ) ecc. III. Se r ultima sostanza semplice, o alcune delle ultime sostanze comprese nel nome generico, entrassero esse mede- sime nel composto ciascuna per a, 3, 4 ecc. equivalenti in vece d'un solo, si dovrà aggiungere al nome specifico l'indi- cazione di questo numero considerato come divisore di quelli delle altre sostanze, che si riducono infatti allora alla metà, al terzo, al quarto ecc. relativamente al numero di equiva- lenti delle ultime preso per unità. Ciò si farà colle parole semi^ terzo ( lat. tertìo ) , quarto ecc. preposte al nome speci- fico che esprimerebbe senza questa circostanza il numero de- gli equivalenti di quelle altre sostanze. Cosi quanto ai composti binar] si avranno i nomi specifici Semi-semplice, semi-triplo, semi-quintuplo ecc. peìnom. di equiv. I, a; 3, a; 5, a; ecc. , ,o; /j Terzo-semplice, terzo-doppio, terzo-quadruplo ecc. per I, 3; 2^ 3 ; 4^ 3 ? ecc. ecc. Pei composti di tre o più sostanze bisognerà esprimere al seguito delle parole semi, terzo, quarto ecc. 1' indicazione dei numeri di equivalenti di tutte le altre che entrano nel composto per un numero diverso da quello dell' ultima o delle ultime , onde s' intenda che le parole semi , terzo , quarto ecc. si riferiscono a tutte le rimanenti. Così si avranno i nomi specifici (~~ Semi -bis-semplice pel numero di equivalenti i, i, a Semi-simplo-triplo I5 3, a i. Semi-terzo-semplice ., i «..uub!. i ; 3, i, a ,,f Semi-bis-triplo 1 •«'•!., i.i:r^'..MJ. ->:;.. . 3, 3, a Tomo XXIII. ' Mm a8a Proposizione d'un nuovo sistema ec. Terzo- bis -semplice pel numero di equivalenti i, i, 3 Torzo-siniplo-doppio i, 2, 3 Terzo-bis-doppio a, a, 3 Terzo -duplo-semplice 2, i, 3 Semi-semplice i, 2, 2 Semi-triplo 3, 2, 2 Terzo-semplice i, 3, 3 Terzo-doppio 2, 3, 3 Terzo-quadruplo 4-> ^^ ^ ^cc. L' analogo si dica delle combinazioni di quattro o più sostanze. Ho indicato tutti questi nomi colla terminazione e ortografia italiana ; per la nomenclatura latina non si avrà che a dar loro la forma conveniente a quella lingua, come semi-simplex^ t er ti o- simplex^ tertio-duptum ecc. , e potranno tradursi essi ugualmente in qualunque altra lingua senza difficoltà. Alcuni avrebbero forse preferito 1' impiego de' nomi nu- merici greci in vece dei nomi latini per esprimer i numeri degli equivalenti de' componenti; ma questi nomi non avreb- bero presentata cosi facilmente alla mente, avuto sopra tutto riguardo alle abbreviazioni che vi si sarebbero dovute appli- care, l'idea dei numeri stessi, e i nomi specifici de' composti ne sarebbero in generale divenuti più lunghi e più difficili a pronunziarsi. Riunirò ora nel quadro seguente, per servir d' esempio dell' applicazione delle regole precedenti, i nomi che ne ri- sultano, formati del sostantivo generico e dell' aggettivo spe- cifico, per alcune delle sostanze composte più conosciute, ag- giungendovi la forinola della lor composizione, e i nomi finquì impiegati per indicarle. In <[ueste formole quando l' equiva- lente è supposto doppio dell' atomo di Berzelius, esso è indi- cato col simbolo dell'atomo segnato con una linea al dissotto; i numeri in forma di esponente si riferiscono agli equivalenti. Ho qui posto i nuovi nomi in latino; ho creduto inutile apporvi i nomi italiani corrispondenti , che tanto facilmente se ne Del C. Avogadro a83 derivano; questi nomi latini serviranno pure di base alla no- menclatura in qualunque altra lingua, colle modificazioni che essa richiederà. Così per esempio alle terminazioni in lum si potrà sostituire in francese un e muto, scrivendo oxycarbe , oxyphospìie , oxìsulpìie od oxysulfe, oxypote, oxysode etc. in vece di oxycarhìum, oxyphosphium etc. Dai nomi delle so- stanze comprese nella tavola sarà facile jiedurre quelli de' composti analoghi formati dalle altre sostanze; cosi il bromo, r iodio ecc. presenteranno composti analoghi a quelli del cloro; i diversi metalli formeranno sali da indicarsi con nomi simili a quelli del potassio, del sodio ecc.; i minerali offriranno serie di composti quaternarj analoghi all' allume ecc. Nomi proposti Composti binar] Oxhydrum simplex ^—— duplum Oxazotum simplex duplum triplum quadruplum quintuplum Oxyphosphium quintuplum OxychloTum quintuplum septuplum Oxycarbium simplex duplum Oxysulpinum simplex duplum semi-quintuplum triplum Oiypotium simplex triplum Oxysodium simplex semi-triplum 'xycalcium simplex ^rysilcium duplum y:alumium semi-triplum ^fferrum simplex semi-triplum ~ tertto-quadruplum ^— triplum ^VP'mbum simplex duplum Uxargi^ simplex FoRMOLE () H o £« ( ossia ON ) O» A! 03 Jl 04 ÀI O! A^ 05 Ph 05 ci 07 CI Od" O'C OS o»s O'S' 03 S 0 Po ( ossia OK ) O'Po O So ( ossia ONa ) 03 So' OCa 0" Si ( 0' Si di Beizelius ) 03 Al» OFe 0'Fe=' 0 Fe-i-03Fe"=0*Fe3 03 Fé 0 Pb O'Pb 0 Ag Nomi usitati Acqua, ossido d' idrogeno Acqua ossigenata , perossido o biossido d' idrogeno Ossidulo o protossido d' azoto Dentossido d' azoto, gaz nitroso Acido nitroso, acido de' nitriti Acido iponitrico od ipo-azotico Acido nitrico od azotico Acido fosforico Acido dorico Acido ossiclorico od iperclorico Ossido di carbonio Acido carbonico Acido iposolforoso Acido solforoso Acido iposolforico Acido solforico ( anidro ) Potassa, ossido di potassio Superossido di potassio Soda, ossido di sodio Superossido di sodio Calce, ossido di calcio Silicia, acido silicico Alumina, ossido d' aluminio Ossidulo di ferro, ossido ferroso diBerzelius Ossido rosso o perossido di ferro, ossido ferrico di Berzelius Ossido ferroso-ferrico di Berzelius Acido ferrico, di Freray Ossido o protossido di piombo, litargirio Superossido o perossido di piombo Ossido d' argento . •àuv\.:itO a84 Proposizione d'un nuovo sistema ec. No^ii rnuruSTi Cumpoòti 1-iiiiarj Clilorìifdrum simplex CIdorùpotium simplex CìdorQsodium simplex Sulphydrum simplex Sulphoferrum simplex duplum semi-iriplum Carbìtjdrum simplex - semi-simplex Carhazotum duplum Carhnsidpliiiim semi-simplex Azhydnim tertio-simplex Composti ternari Osplijdrum quadruplum Ospìtopotium quadruplum ■ septuplo-duplum 0 sepplo-duplum — triplu -quiniuplo-duplum o quirnplo-duplum sertuplo-duplum o sesplo-duplum tripli o-duplum Osphoferrum quadruplum -semi-dodeplo-triplum o scmi-dode-triplum FORMOLE n II CI l'„ CI So s n SFe S»Fe S' Fe^ e 11 e H» C»~Ài CS^ At il3 i - 03 S, on - Z 0-* SH 0' S, 0 Po O'SSOPo = 04 S Po = 0' S" Po 0'S,OPo O'iS^.OPo = 03 S Po = 0^ S^ Po 0=S%OPo = 06S»Po 0^S%OPo 0^8,0 Fé = 03S»Po = 04SFe 09S3 O^F E' = 0-"S3Fe" — quarlo-quindeplo-triplum o quarto-quinde-iriplum Ocarcalcium triplum Oxnspotìum sextuplum quadruplum Ochlopotium octnplum Opothydrum duplum Oc.hlocarhium simplex Compoftì quaternari Ofpìinlpotium sede-quadru- dupluin Osjihalsodiuìn sede-quadru- duplum Osphopothydrum ocfuplo- duplum Osphofepoiiuin octuplo-du- plum ei e. 09S3,0*Fe4 = 0-5S3Fet 0'C,0Ca = 03CCa 1)5 Ai, O Pi. ^ 06 Al Pi. 03 aT, O P„ __o4a^P,, ()7 cTi O Po ;^ 08 ci, Pu O P~ O H ;;;; O» Ì\. Il OCI CI ~ 0'='S*,Al»03,OPo=0"S4Al"Po 0'^S't,Al»03,OSo=0-«S'*APSo 0« 8% OPo, OH — 0» S' Po » 06 S% OFe, OPo = 0» S» Fé Po Nomi usitati Acido idroclorico o cloridrico, acido mu- riatlcu Cloruro di potassio Cloruro di sodio, sai comune o sai marino Idrogeno soUorato , acido idrosolforiro o solfidrico Solfuro di ferro, solfuro ferroso di Berzelius Bi-solfuro di ferro Solfuro ferrico di Berzelius ' Idrogeno bicarbonato, gaz oleifico, ctereno Idrogeno carbonato delle paludi Ciatiogenìo Carburo di zolfo o solfuro di carbonio Ammoniaca Acido solforico idrato, solfato idrico, olio di vitriolo Solfato di potassa neutro Bistplfato o solfato acido di potassa Solfito di potassa '- ''"''■■ Bisolfito di potassa • ■.' ' Iposolfato di potassa •■ "' ' Iposolfito di potassa Solfato di ferro ordinario, solfato ferroso di Berzelius, vitriolo verde Solfato ferrico di Berzelius Solfato bi-ferrico di Berzelius " " Caibonato di calce ordinano Nitrato di potassa, nitro, salnitro Nitrito di potassa Ossiclorato di potassa, iperclorato di potassa Idrato di potassa Acido clorossicarbonico Solfato alumino-potassico, allume Solfato alumino-sodico, allume sodico Biòolfato di potassa idrato, solfato di pi tassa e d' acqua, di Grabs* Solfato di ferro e di potassa >■■■/: ■ Del G. Avogadho a85 Alcuni di questi nomi potranno ancora sembrare assai lunghi per l'uso abituale, soprattutto quanto ai nomi specifici, che esprimono le proporzioni dei componenti ; ma non sarà sempre necessario di aggiungere questi ultimi; quando una volta si sarà indicato col nome compiuto il composto di cui si vuol parlare, od altrimenti non vi sarà ambiguità a tale riguardo, basterà adoperare il nome generico. Non ho fatto entrare nel quadro alcuno dei composti del cianogeno e dell' ammoniaca, perchè credo potervisi applicare i principi della nomenclatura particolare che qui appresso proporrò pei corpi organici. fon use'» jnb .e: Nella proposta nomenclatura la natura delle sostanze componenti e la loro proporzione nei composti sono espresse separatamente, quella dal nome generico, e questa dal nome specifico. Alcuni avrebbero forse preferito di dividere i nomi delle sostanze componenti, e 1' indicazione delle loro propor- zioni tra il nome generico e il nome specifico, di rimandare per esempio il nome di uno dei componenti, e segnatamente del più basico, al nome specifico, lasciando il nome delle al- tre nel nome generico, e di apporre agli uni e agli altri nomi r indicazione del numero degli equivalenti di ciascun compo- nente ; questo sistema avrebbe forse avuto maggior analogia col sistema della nomenclatura ricevuta; ma la mescolanza dei nomi delle sostanze e dei nomi numerali abbreviati che vi si sarebbe dovuta introdurre, avrebbe prodotto nomi molto più difficili a pronunziare ed a ritenere che quelli che ab- biamo proposti. Del resto se la nostra nomenclatura riferisce a generi separati que' composti che la nomenclatura finquì adoperata congiunge in un solo genere, come aventi comune la sostanza più basica, nulla impedisce di riunire questi generi in gruppi che corrisponderanno ai generi ricevuti, aggiungen- dovi i nomi specifici che esprimono le proporzioni. Cosi per esempio i solfati ordinar] apparterranno nella nuova nomencla- tura a generi diversi come osfopozio^ osfosodio^ osfoferro ecc., secondo la natura della loro base; ma si potrannno essi riunire, a86 Proposizione d' un nuovo sistema ec. quando occorra di parlarne in una maniera generale, in un gruppo, sotto il nome, se si vuole, di osfornetalli., a cui si aggiungerà 1' epiteto quadrupli che è il nome specifico espri- mente la proporzione dei componenti nei solfati ordinar], ap- punto come si jiossono rappresentare le loro forinole partico- lari 0*SPo, 0*SSo, 0+SFe ecc. colla forinola generale O^SM, indicando con M un metallo qualuncpie. Ma questo apparterrà alla classificazione dei composti, e non più alla loro semplice designazione. ; i ■ . Si potrebbe forse rimproverare da taluno alla nomencla- tura da noi proposta, che essa non distingua in una maniera particolare i Composti acidi da quelli che noi sono; ma è già molto che i nomi chimici esprimano la natura e le propor- zioni delle sostanze di cui i corpi sono composti, senza che si debbano ancora complicare coli' indicazione delle proprietà che sono la conseguenza della loro composizione ; e i rifor- matori della nomenclatura chimica nel 1789 non pajono aver introdotto questo nome di acido che per esprimere un grado superiore d' ossidazione, che soventi è accompagnato dall' aci- dità, e che del resto non è lo stesso per tutti i corpi ; la nostra nomenclatura esprimendo in una maniera compiuta tutte le proporzioni atomiche nelle combinazioni non avea bisogno del soccorso di (piesto nome ; infatti essa comprende ne' suoi principi generali tutte quelle diverse modificazioni dei corpi ossidati e dei sali, che la nomenclatura attuale colle distinzioni di ossido, ossidulo, superossido, acido in 050, acido in ico^ sali in ato, sali in ito^ e colle particelle ìpo ^ ìper^ proto, dento ecc. non perviene ad indicare che in una ma- niera imperfetta, e variabile da una sostanza all' altra. La nostra nomenclatura mentre esprime la natura e le proporzioni delle sostanze che formano un composto, nulla rinchiude di relativo alla maniera e all' ordine con cui si possa supporre che i loro atomi vi siano congiunti. Ciò po- trebbe da taluno considerarsi come un difetto, e oggettarsele, che essa rappresenti, come si suol dire , le formole greggie Del G. Avogadro 287 ( brutes ) de' composti, e non le loro formole razionali. Ma io penso essere questo al contrario uno de' suoi vantaggi; infatti essa si trova così indipendente da quelle supposizioni parti- colari di razionalità che non hanno in generale alcun fonda- mento ben determinato, e sulle quali le opinioni debbono essere, e sono infatti divise. Cosi per esempio la nostra no- menclatura applicata ai sali ci lascia liberi di adottare a loro riguardo o la maniera ordinaria di considerarli, come formati d'acido e di base, o di riguardare l'ossigeno della base come riunito all' acido, e il tutto insieme al metallo delia base, se- condo le idee pi'oposte da Dulong. In generale nei composti ternarj o ([uaternarj nulla ci dice che le sostanze elementari restino unite nello stesso ordine che seguiamo nel combinarle nelle nostre sperienze, o secondo un ordine affatto diverso ; se debbano concepii'visi composti binarj preesistenti, e quali siano questi composti. La proposta nomenclatura lascia ciò tutto indeciso , ed è per ciò appunto suscettibile di essere impiegata da tutti i chimici, qualunque siano le loro opinioni a tal riguardo. Per la ragione stessa che la nostra nomenclatura non esprime chela composizione de' corpi indipendentemente dalla maniera con cui le sostanze componenti, o in generale i loro atomi possono esservi disposti, essa non può distinguere tra loro i diversi composti isomeri. La chimica non può infatti riguardarli finquì, relativamente ai principj generali della no- menclatura, che come varietà nello stato d'un corpo, di cui essa non può indicare 1' intima differenza, e quando si trat- terà di distinguerli bisognerà aggiungere al nome generico e specifico tratto dalla composizione un altro nome particolare, come ciò sì pratica per le varietà nella zoologia e nella bo- tanica. Si dovranno per esempio distinguere i due stati in cui il carbonato di calce può presentarsi, per una diversa dispo- sizione di molecole di cui si ignora assolutamente la natura, aggiungendo al nome sistematico proposto ( ocarcalcio triplo ) i nomi di comune e arragonico, oppure nomi relativi al loro / 288 Proposizione d' un nuovo sistema ec. sistema diverso di cristallizzazione. Per alcune sostanze isomere la differenza pare consistere nell'unione di un numero assoluto più o men grande di atorni sebbene nella stessa proporzione tra loro, per formare 1' atomo o T ecpiivalente composto ; sì fatte sostanze dette polimeriche potranno distinguersi tra loro con nomi esprimenti questa circostanza stessa, per esempio di hì-atoinìclie ^ tri-atomiche ecc., come già si è praticato; ma (piesti nomi non possono riguardarsi come appartenenti alla nomenclatura chimica propriamente detta, la quale dee espri- mere i rapporti atomici coi numeri più semplici possibili. La nostra nomenclatura si applica agli idrati degli acidi e delle basi, in cui l'acqua sembra fare essa medesima fun- zione di base o d' acido ; se ne sono veduti alcuni esempi nel (juadro qui sopra, e ciò si estende ugualmente ad alcuni idrati di sali acidi o basici, in cui 1' acqua riempie le stesse funzioni, secondo le considerazioni di Graham. Quanto agli idrati propriamente detti, soprattutto dei sali neutri, in cui l'acqua è considerata semplicemente come acqua di cristalliz- zazione, nulla impedirebbe di comprenderli anch' essi nella nomenclatura proposta, applicandone loro i principi , secondo il numero d' equivalenti d' ossigeno e d' idrogeno dell' acqua, che vi si uniscono agli altri loro componenti. Ma ne risulte- rebbero talvolta nomi assai lunghi e complicati, per composti che non si riguardano ordinariamente sotto altro asjietto che quello d' uno stato particolare, nel quale si impiegano i sali a cui r acqua d' idratazione si trova combinata. Si potranno dunque escludere queste sorta di composti dai principj della nomenclatura regolare, e indicarli semplicemente come idrati^ o piuttosto come ossidrati dei sali anidri che ne formano la parte più essenziale. Quando si avranno molti gradi d'idrata- zione di una stessa sostanza si potranno essi distinguere coi nomi di idrato semplice^ idrato doppio o bidrato ecc. della sostanza a cui appartengono. I jirincipi di nomenclatura finquì esposti sarebbero a ri- gore capaci rii esprimere anche la composizione delle sostanze Del C. Avogadro a8g organiche ; ma pel gran numero di atomi o d' equivalenti in esse contenute , i nomi specifici esprimenti questi numeri diverrebbero d' una eccessiva lunghezza , e richiamerebbei'o difficilmente alla mente la natura delle sostanze a cui venis- sero ad applicarsi. Inoltre tutte le sostanze organiche si ri- durrebbero cosi a tre soli generi che dovrebbero chiamarsi carbidro^ ocarbidro od ossicarbidro, e ocarbazidro, e le specie ne sarebbero così numerose per la moltiplicità dei rapporti dei numeri d' equivalenti, che la nomenclatura non riempi- rebbe più lo scopo che essa dee proporsi. E dunque affatto conveniente di suddividere questi generi , come finqui si è fatto, per mezzo di qualche principio particolare, e di appli- care ai diversi generi clie quindi verranno a formarsene nomi in parte indipendenti dalla loro composizione, ed atti a ri- chiamarne l'origine. Se poi questi composti verranno ad unirsi ti"a loro, o con sostanze di natura inorganica , si dovranno comporre i nomi dei nuovi composti che ne risulteranno se- condo i principi della nomenclatura generale , quale sopra r abbiamo proposta, considerando le sostanze organiche che vi entrano, sotto i loro nomi indipendenti , come se fossero sostanze semplici. ìlrjsrtftxn s'irmi^dt onoseòq sa sa sda i)so<\ Per guidarci nella formazione di questi generi osserve- remo , che la complicazione di cui abitiamo parlato , ossia quella moltiplicità d' atomi che distingue le sostanze organi- che, si mostra principalmente nel numero d' equivalenti di carbonio e d' idrogeno, con o senza azoto, mentre il numero d' atomi d' ossigeno resta in generale poco considerevole. Inoltre anche in que' composti ove non entra 1' ossigeno , r atomo composto, senza cangiare di proporzione atomica, può risultare dalla riunione di un numero assoluto più o men grande d' atomi o d' equivalenti, il che si manifesta sia dalle proprietà fisiche e chimiche di questi composti, sia dalle altre combinazioni che essi possono formare coli' ossigeno o con altri corpi, e in cui essi pajono ritenere il loro carattere par- ticolare.-Questi composti primitivi di carbonio e d'idrogeno. Tomo XXIII. Nn aQf' Proposizione d' un nuovo sistema ec. o di (jiieste due sostanze e d' azòto, e che differiscono tra loro o pel numero relativo , od anche soltanto pel numero assoluto di atomi componenti fanno dunque funzione di so- stanze elementari distinte nelle loi'o combinazioni tra loro o cogli altri corpi. Si è notato inoltre che i caratteri particolari che distinguono questi gruppi d' atomi si mantengono ancora quando ad uno o più equivalenti d' idrogeno sono in essi surrogati altrettanti equivalenti di alcuni altri corpi semplici, cangiamento dopo il quale essi possono quindi combinarsi nella maniera ordinaiia sia con altri equivalenti degli stessi corpi già surrogati in parte al loro idrogeno, sia con altre sostanze, il che forma l' oggetto di ciò che si è chiamato la teoria delle sostituzioni. Appunto a questi composti carbo-idrici o carbazoto-idrici dovranno dunque darsi nomi separati, come a sostanze sem- plici, sia che essi si conoscano in uno stato d' isolamento, sia che- la loro esistenza non si deduca che dalle loro combina- zioni con altri corpi ; e riunendo i loro nomi a quelli delle altre sostanze che possono combinarvisi senza distruggere i loro caratteri, sia nei corpi organici stessi, sia in altri com- posti che se ne possono formare artifizialmente, si otterranno i nomi generici di questi ultimi composti; e il nome specifico esprimerà per ciascuno di essi, come nella nomenclatura ge- nerale sopra proposta, il numero degli equivalenti sia dei composti radicali stessi, sia di altre sostanze che vi sono riu- nite, senza che in ciò tutto nulla si decida sulla maniera e nell' ordine in cui questi diversi corpi possono supporsi tra loro riuniti. Quanto alle surrogazioni che possono farsi in ciascun radicale, o tipo fondamentale, di equivalenti di altre sostanze a quelli dell' idrogeno, in vece di semplici addizioni, il mezzo più naturale di esprimerle sarà di far precedere al nome del tipo quello della sostanza che vi è sostituita ad una porzione d' idrogeno, affetto da una particella numerale indicante il numero di equivalenti per cui la surrogazione si è fatta, o dalla particella per^ se la surrogazione è stata totale. Del G. Avogadeo 291 Se la stessa od altre sostanze si uniscono quindi al composto cosi modificato, se ne unirà il nome al nome di quest'ultimo per formare il nome generico del nuovo composto, e vi si aggiungerà il nome specifico esprimente al solito i numeri di equivalenti di tutte le sostanze componenti, compresovi il tipo modificato; il nome numerico o la particella per, preposta a quello della sostanza surrogata, nel nome generico, indicherà sufficientemente che gli equivalenti di tale sostanza, e che fanno paite del tipo modificato non sono più compresi nel!' aggettivo specifico. Rischiarerò ciò che tali considerazioni possono presentare di troppo generale ed astratto, coli' applicarle ad alcuni dei tipi più conosciuti. Tale è primieramente il tipo del gaz detto oleìfico od idrogeno bicarbonato ; esso è composto di carbonio e d' idrogeno nel rapporto di equivalente ad equivalente, co- sicché la sua formola ridotta ad esprimere questo rapporto nella maniera più semplice sarebbe CH, e dovrebbe questo composto chiamarsi, secondo i ijrincipj della nomenclatura ge- nerale sopra proposta, carbidro semplice^ nome sotto cui 1' ho infatti compresa nel quadro degli esempi d' applicazione di quella nomenclatura. Ma per render ragione dei diversi com- posti in cui entra questo corpo, e delle trasformazioni che vi subisce, si è generalmente adottato per la sua formola C* H4, cioè si è supposto che il suo atomo od equivalente fosse composto di 4 atomi od equivalenti di caibonio, e 4 equiva- lenti o doppi atomi d' idrogeno, e cosi quadruplo di quello che sarebbe risultato immediatamente dall'unione di un equi- valente di ciascuno de' suoi due componenti ; e questo equi- valente così composto si è consideiato come il tipo di questa sostanza. Vi sono altri composti di cai'bonio e d' idrogeno nella stessa proporzione atomica, ma che si debbono riguai'dare, per render ragione delle loro proprietà chimiche , come for- mati ciascuno d' un numero assoluto diverso di equivalenti semplici, e quindi come appartenenti ad altri tipi. la vece adunque d' indicare la sostanza del gaz oleifico col nome di aga Proposizione n' un nuovo sistema ec. carl)idro semplice, possiamo assegnarle un nome particolare, che la distingua dagli altri carbidri della stessa proporzione di elementi, come se l'osse una sostanza semplice. Le si è già dato assai comunemente dai chimici il nome di eterino od etereno preso dall'edere, liquido, di cui, secondo una delle maniere di concepirne la composizione, si può supporre rpiesta sostanza far parte ; ma questo nome si attribuirà più conve- nientemente, come vedremo, ad un altro carburo d'idrogeno, che ha coli' etere una ancor più stretta connessione, e po- ti-emo indicar meglio il composto di cui qui si tratta col nome di lampeno^ tratto dall' uso che si fa del gaz , di cui esso forma la base, per 1' illuminazione. I nomi dei composti da questo derivati, e diversamente modificati si formeranno secondo le regole generali sovra indicate, e di cui firemo qui r applicazione. Lampeno [lampeniun)-^ radicale fondamentale C'^H4- nei composti si potrà abbreviare il suo nome in lampo [lainpum). Clorolampo doppio [ Chlorolaiiijmm diipbim ) Cr^-i-C'tH4, composto conosciuto sotto il nome di liquor degli Ollandesi o cloruro d' eterena^ formato di due equivalenti di cloro ed uno di lampeno. •.::',> Uniclampo ( unichlampum ) e Inciampo ( hicJdampum ) . Cosi propongo di chiamare i due composti C^H'Q = 0"* H4— ' CI, e C 't H^ G^% = G* H+— ^ Gl^ che il sig. Laurent ha indicati coi nomi di chloréthérase e cìdoréthérèse\, in questi composti ad uno o due ecpiivalenti d' idrogeno del lampeno si sono sostituiti uno o due eipiivalenti rispettivamente di cloro; Laurent indica queste surrogazioni introducendo nella terminazione che egli dà ai nomi dei composti le vocali «, e per uno o per due equivalenti su cui cade la sostituzione , e mettendo a capo di questi nomi quello della sostanza surrogata , che è qui il cloro ; nei casi analoghi in cui tre, quattro o cin([ue equiva- lenti d' idroiieno cedono il luoso ad altrettanti d' un' altra so- stanza, egli introduce nelle terminazioni le vocali successive /', o, u:, ma i nomi che ne risultano differiscono troppo poco Del C. Avogadro agS r uno dall' altro per non confondersi facilmente nella pronun- ziazione e nella scrittura ; nella forma da me proposta si im- piegano, in vece di queste terminazioni aggiunte al nome del radicai fondamentale, le particelle numerali unì^ bi^ tri ecc. immediatamente significative dei numeri d'equivalenti di idro- geno, di cui hanno preso il luogo quelli della sostanza della quale si fa precedere il nome abbreviato al nome del radicale o tipo; su queste particelle non può cadere confusione o scam- bio delle une colle altre. 11 nome del cloro, sostanza surro- gata nei due composti di cui qui si tratta, è ridotto alle sue lettere iniziali CI o Chi, sciivendo per maggior brevità uni- clampo^ Inciampo in vece di unìclorolampo, biclorolampo. Laurent ha fatto conoscere sotto il nome à'' Hydroclorate de cloréthérèse un composto che egli considera come C"* H4—' CI -H H CI ; ma è più naturale considerarlo come un cloruro di lampeno C*H4_f-Cl, e allora esso pi-enderà nella nostra nomen- clatura il nome di clorolampo semplice^ chlorolampum simplex. Considereremo in secondo luogo il tipo C'^ H^, consistente in un composto che a dir vero non si è finquì presentato allo stato d' isolamento, ma che si diporta in tante combina- zioni come un corpo semplice, che pare non potersi a meno di annoverarlo fra i radicali composti primitivi. 11 composto il più semplice di cui esso si concepisce far parte è il liquore conosciuto sotto il nome di etere ordinario, in cui questo tipo sarebbe unito ad un atomo d' ossigeno , essendo la sua com- posizione espressa dalla formola C^H^-i-O. Molti chimici in vero hanno considerato 1' etere come appartenente al tipo stesso del gaz oleifico od etereno, che noi abbiamo chiamato lampeno., riguardandovi questo tipo come unito all' acqua, in maniera da formare un idrato C'*H4_|_H0, e appunto perciò hanno dato al gaz oleifico stesso il nome di etereno., cosicché r etere sarebbe un idrato d' etereno. Ma questo stesso etere è poi suscettibile di combinarsi non solamente con una nuova dose d' ossigeno e d' idrogeno, per formare l' alcool., cosicché questo dovrebbe allora considerarsi come un bi-idrato d'etei-eno. ^94 Proposizione d' un nuovo sistema ec. ma anche con diversi acidi senza queir afigiunta d'acqua, per tonnare i cosi detti eteri comjwstì^ come lo lare]jl)e 1' ossido anidro d' un metallo ; e per altra parte il composto C+ H^ si unisce pure con un equivalente di cloro, come lo farebbe un metallo semplice, onde risidta un composto che nell'ipotesi dell' etereno preso per tipo dovrebbe considerarsi meno sem- plicemente come formato di etereno e d'acido idroclorico. Se dunque vogliamo ammettere tipi costanti tra i composti di carbonio e d' idrogeno, questo composto C+ H^ merita certa- mente di esservi annoverato. Daremo quindi a ({uesto tipo il nome di etilo [ethylum)^ che già gli fu assegnato dai chimici che hanno adottata la suddetta maniera di considerare la composizione dell' etere ; e questo nome si abbrevierà ne' suoi composti in eto od ezio [etìiiim o etliìnm). Così l'etere ordinario stesso ossia 1' ossido d' etilo C^ H*" -<- O prenderà il nome di assetilo semplice { oxethyluni simplex ). L' alcool C+H5-(-0-hOH = 0"-+-C-iH5_|-H sarà Vossetidro doppio {oxe- tìiydrum duplum ) . L' etere nitroso, o come altri il chiamerebbe il nitrito d'etere, C+H^-*- 0-4- Az 0^ = 0^-1- Az-i-C+H5 sarà per noi V ossazeto quadruplo [oxazetìiium quadrupliim). L'acido suUbvinico, che secondo la nomenclatura ordinaria sarebbe un bi-solfato d'etere C^ H^ h- 0 -+- aSO^ = Os S% C^ H^ dovrà chiamarsi secondo i nostri principi 1' osfezio od osfeto settu- plo-doppio {osplietìiìum septuplo-diipluni)^ e sarà facile de- durne i nomi de' suoi sali; così per esempio il sulfovinato di potassa S^O"^-+-C■iH5-^-0^-OPo = O^S^C^H5,Po sarà V osfe- topozio ottuplo- doppio ^ o y^\\x hvevemente ojplo-doppio [osphe- thopotium octuplo- duplum ). L'etere idroclorico ossia cloruro d' etilo C-sH^-hCI sarà indicato col nome di cloretilo semplice [chloretìiylum simplex):, secondo fpiello che già sopra si è accennato, questo composto riferito alla serie del lampeno, sarebbe espresso dalla Ibrmola meno naturale C-* H+h-CI-^-H, e si sarebbe dovuto chiamare C/o/(i/J!j>idro semplice. Alcuni chimici hanno creduto doversi considerare quest' etere idroclorico come rappresentato dalla Del G. Avocadro sqS forinola C^ H't— ' CI -f- H^ ^ sotto questo aspetto esso apparterebbe pure alla serie del lampeno, come risultante dall'unione dell' iniiclampo coli' idrogeno, e dovrebbe chiamarsi uniclampidro semi-semplice^ ( unichlampliydrum semi-simplex ) . Ma non pare conveniente di complicare la nomenclatura con queste consi- derazioni particolari ed ipotetiche. Laurent inferisce anche alla serie dell' etereno , che noi abbiamo chiamato lampeno 1' acido acetico, ed altri composti che haimo con esso Connessione, considerando la sua compo- sizione allo stato anidro, quale si trova ne' suoi sali secchi , C^H3 0\ come C'^H^O-f-O' = C+H4-' 0-)-0% cioè come ete- reno, in cui ad uno degli equivalenti d' idrogeno si fosse sur- rogato un atomo d' ossigeno, e che si fosse quindi unito a due atomi d' ossigeno di sovrappiù. Ma questo radicale G+H' ha troppo estese funzioni in diverse combinazioni, perchè non debba essere considerato esso medesimo come un radicai fon- damentale, meritevole d'un nome particolare. Potremo dunque chiamarlo aceteno^ e per abbreviazione ne' suoi composti aceno ed acio. Gosi 1' acido acetico anidro G^ H^ -\~ 0^ prenderà il nome di ossacene triplo ( oxacenum triplum ) '\ lo stesso acido idrato G^ H"" -h O ' -\- OH = O* h- G+ 2^"^S quello di ossacenidro quadruplo {oxacenhydnim qu ad ruplum):, e sarà facile dedurne i nomi de' suoi sali ; i più semplici sono quelli in cui un equivalente di metallo della base prende il luogo dell'equiva- lente d' idrogeno dell' acqua neh' acido idrato ; tali saranno V ossacepozio quadruplo [oxacepotium quadruplum)^ V ossace- piomho quadruplo {oxaceplumbum quadruplum) ecc., de' quali la formola generale è G'* H^ -H O^ -H OM = 0^ -+- G+ H' _h M. L'etere acetico G+H^-t-O-t-G^H^-t-O^ = O^-t-G^H^-t-G^H^, cioè formato di 4 equivalenti d'ossigeno, uno d'aceteno e uno di etilo prenderà il nome di ossacetilo od ossacezio quadruplo ( oxa- cetliìum quadruplum). Si potrà riferire allo stesso radicale G''H^ l'acido aldeidico G^fH^-f-Ò" che non differisce dall'acido ace- tico, che per un atomo d' ossigeno di meno, e che sarà così l' ossaceno doppio ( oxacenum duplum ) , e 1' aldeide stesso 2,96 Proposizione d' un nuovo sistema ec. C*H'-4-0^-l-H sotto il nome di ossacenìdro doppio [oxacen- liydrum dnpliim ) , se pure non si volesse considerare più semplicemente l'aldeide come appartenente alla serie del lam- peno di cui esso sarebbe un ossido C'H+-hO% nel qual caso esso prenderebbe il nome di ossìlampo doppio ( oxylampum duplum. ) jMa nell'acido acetico stesso tutti gli equivalenti d'idro- geno del radicale C*H' possono cedere il luogo, come si sa, ad altrettanti equivalenti di cloro, d' onde risulta l' acido clo- racetico scoperto dal sig. Dumas; la sinrogazione essendo qui compiuta dovrà segnarsi colla particella per posta avanti al nome della sostanza surrogata aggiunta al nome del tipo; così il radicale C*GP riferito all'aceteno come al suo tipo primitivo prenderà il nome di percloraceno o più brevemente di j)er- cLoracio [percldoracium)^ e l'acido cloracetico anidro GiCI^-+-0' sarà chiamato opercloracio triplo ( opercldoraciiun tripluin ) . L' acido cloracetico idrato C* Cl^ _h 0^ -t- HO = 0» -t- G^ Cl^ h- H prenderà il nome di operclacidro quadruplo ( opercJdaceliydrurii quadrupluin ) ; il cloracetato di potassa quello di operclacepo- zio, o più brevemente operclacepo quadruplo ( opercldacepwn quadrupluin) ecc. .-"-- Si è indicato col nome di metilene un radicale composto C^H^ che si è supposto unito a due atomi d'acqua o de' suoi elementi per formare il liquore detto spirito di le^no, che si e considerato come analogo all' alcool, e così come un bi-idrato di questo radicale, non altrimenti che l'alcool si è riguardato come un bi-idrato d'etereno; e si è poi considerato simil- mente come un idrato semplice dello stesso radicale un com- posto avente molta analogia coli' etere ordinario, e che sarebbe, secondo questa maniera di concepirne la composizione , rap- presentato dalla forniola C^H^-i-HO; e questo composto, non altrimenti che l'etere ordinario, si combinerebbe poi cogli acidi alla foggia d' un ossido metallico. Ma per la stessa ragione che abbiamo considerato 1' etere ordinario come 1' ossido di un radicale C''H'', invece di un idrato del radicale C'H4, Del G. Avogadro 2,97 riguarderemo qui quest'etere detto metìlico come G^H^-hO, cioè come l'ossido di un radicale G"H\ che chiameiemo me- tilo ( methyliun ) , e che presenterà modificazioni e combina- zioni analoghe a quelle dell' etilo G^H^. Quanto al radicale CH» che sarebbe al metilo, ciò che l' etereno ossia lampeno è all' etilo, esso non pare formare il tipo di alcuna serie di composti alquanto estesa finquì conosciuta. Riguardo ai pro- dotti appartenenti alla serie del metilo se ne formeranno i nomi in una maniei'a analoga a quella dell' etilo , abbrevian- done il nome in meto ne'composti; così l'etere metilico pren- dei'à il nome di ossimetllo semplice ( oxymethyliim simplex ) , e lo spirito di legno C^H^h-O-hHO = C^H^-f-O^-HH quello di ossimetidro doppio {oxymetliydnun diiplum). Si formeranno pure facilmente i nomi degli eteri composti metilici, in una maniera analoga a quelli degli eteri composti etilici. L' acido formico che Laurent riferisce alla serie del me- tileno, considerandolo come G^ H^— ' O -f- 0^ si riferirà più na- turalmente, come r acido acetico, ad un radicai particolare , che sarà qui G^ H, e che si potrà chiamare formeno o formio. L' acido formico anidro G' H -1- O' sarà così l' ossìformio triplo [oxyformìum triplum), e sarà facile dedurne i nomi delle sue combinazioni secondo i nostri principi generali ; il composto G''H-4-Cl' in particolare, già conosciuto sotto il nome di clo- roformio^ prenderà il nome di cloroformio triplo ( clilorofonnium trìplum. ) :!; p Questi esempi bastano per dare un' idea della maniera con cui si potranno applicare i principi della nostra nomen- clatura ai composti derivati dagli altri radicali carbo- idrici che i chimici hanno distinti, e di cui il signor Laurent si è particolarmente occupato. Non farò più menzione che di uno di essi, cioè il naftaleno o naftalo G^" H^ ; esso è soprattutto notabile pei diversi gradi di sostituzione del cloro all' idrogeno, C"" H: CI, G" H6 Cl% G" H5 CP, G" H4 C14, che Laurent ha indicati coi nomi di chloronaphtalase., chlo ronapht alèse ., cliloronaphta- lise e chlorna}>litalose. Abbreviando il nome del radicale in Tomo XXIII. Oo agP) Proposizione d' un nuovo sistema ec. nafta ( naphtum ), ([uesti composti , secondo i principj sovra proposti per simili casi di surrogazione, prenderaimo i nomi di nnìclonnfto^ hiclonafto^ triclonafto^ quadrìcìonafto ( unichlo- naphtìim^ bìchlonaphtum^ trìcìdonaphtum^ quadrìchlonaphtiiìn). Sarà poi facile derivarne i nomi degli altri composti , in cui il cloro entra per un numero di equivalenti maggiore di (|uello delle surrogazioni, od in cui entrano altre sostanze in combi- nazione col naftalo sia primitivo, sia affetto da simili surro- gazioni; così per esempio il naphtalase di Laurent (che egli avre])be a rigore dovuto chiamare oxynapìitalase ) G^''H7 0 prenderà il nome di unossiiiafto od unonafto [iinoxynaphtiun od unonaphtìim ) ; il nitro-naphtalase ossia nitrito di napìita- lase C"° H? O -H Az O^ = G" H? Q -t- 0' -H Az quello di ozunonafto triplo [oznnonaphtiun triplum) ecc.; in quest'ultimo nome, il nome abbreviato dell'ossigeno o entra due volte, di cui la prima si riferisce alla porzione d' ossigeno estranea alla sur- rogazione, r altra a quella per cui la surrogazione si opera nella formazione dell' unossinafto od unonafto che fa parte del composto ; il nome al>breviato az dell' azoto vi è ridotto alla sola lettera z posta di seguito all' o dell'ossigeno. I diversi acidi vegetali potranno pure essere riferiti, come gli acidi acetico e formico, a radicali carbo-idrici particolari, di cui alcuni potranno essere comuni a più acidi diversi, il che permetterà di farne una classificazione, e di scorgerne ])iìi facilmente i rapporti di composizione. Negli acidi che si chiamano grassi, questi radicali saranno soprattutto formati di un gran numero di equivalenti di carbonio e d' idrogeno. Dai nomi particolari che si assegneranno a questi i-adicali si dedurranno, secondo le regole sopra stabilite, quegli degli acidi stessi e dei loro sali. Si potrebbe elevare la questione , se l'acido ossalico debba considerarsi come una sostanza or- ganica. Nel qual raso pare che vi si dovrebbe pure aggiun- gere l'ossido di carbonio. Laurent riferisce infatti questi due r()iii|)osti alla serie del metileno., riguardando il primo come C^ H^— ^ O' -f- O, e il secondo semplicemente come G'H^— ^0^; Del C. Avogadro 299 ma queste sostanze non pajono avere alcuna connessione culla serie metilenica, ed io credo più naturale attenersi a riguar- dare r ossido di carbonio come CO, e 1' acido ossalico come G^O^, e comprenderli così nella nomenclatura ordinaria, l'uno sotto il nome di ossicarbìo semplice ( come già 1' ho indicato nel quadro generale di esempi d' applicazione della nomen- clatura), l'altro sotto quello di ossicarbìo semi-triplo [oxycar- bium serni-triplum ) che esprime secondo i nostri principi la sua composizione atomica. Gli ossalati, l'etere ossalico ecc. saranno allora pur anche indicati con nomi formati d' una maniera analoga a quella dei sali e degli eteri composti degli altri acidi inorganici. Le sostanze vegetali ossidate non acide, come gli zuccheri, le gomme, l' amido, il legno ecc. potranno anch' esse riferirsi, come gli acidi organici, a diversi radicali carbo-idrici, e loro si applicheranno, secondo la scelta che si sarà fatta di questi radicali e dei nomi particolari per rappresentarli, gli stessi principi di nomenclatura che per le sostanze organiche pre- cedenti. Non posso qui entrare nelle discussioni che sarebbei'o necessarie per istabilire questi diversi radicali, tanto più che relativamente ad alcune di queste sostanze rimangono ancora incertezze sul vero numero di equivalenti di carbonio, idro- geno e ossigeno che li costituisce. Se i principi generali che ho proposto per la nomenclatura delle sostanze organiche sa- ranno addottati dai chimici che si occupano specialmente della chimica organica, a loro apparterrà il farne 1' applica- zione nella maniera la più conveniente alle diverse sostanze che ne formano 1' oggetto. Si potranno riferire le sostanze animali , o contenenti azoto, in una maniera analoga, a radicali particolari, di cui r azoto farà parte unitamente al carbonio ed all' idrogeno ; ma ciò che or ora ho detto delle sostanze vegetali può dirsi con maggior ragione delle sostanze animali, di cui la compo- sizione è in generale soggetta a più grandi incertezze. Noterò solo che anche qui potranno risultare dall' applicazione dei 3oo Proposizione d' un nuovo sistema ec. nostri princi}!] di nomenclatura approssimamenti che permet- teiauno di farsi idee più precise dei rapporti di composizione tra queste sostanze. Se si prendesse per esempio O^H'^Az pel radicale comune della cinconina^ in cui vi si unisce un atomo d' ossigeno, e della quìnìna in cui ve ne sono due atomi, la prima sarebbe l' ocincono semplice ( ocìnclionwn sim- plex ) e la seconda l' ocincono doppio ( ocinchonum duplum ), indicando con cincono ( cinchonum ) il radicale supposto. Tra i composti semplicemente binarj ve ne sono due , che si possono assomigliare, secondo l'uso già ricevuto, ai corpi organici, dando loro nomi particolari indipendenti dalla loro composizione. L' uno di questi composti è il cianogeno o ciano C^Az, che secondo la nomenclatura generale avrebbe preso il nome di carhazoto doppio^ sotto il quale si trova in- dicato nel nostro quadro generale d' applicazione di quella nomenclatura. Se si addotta il nome di ciano ( cyanum ) si avranno pe' suoi composti i nomi di cianidro , ossidano ecc. ( cyanhydnim, oxycyanum ecc. ) in una maniera affatto ana- loga ai composti di cloro. Il secondo dei suddetti composti è 1' ammoniaca Az H\ Questo composto si può combinare con diversi acidi anidri secondo le osservazioni principalmente di Rose; se poi vi si aggiunge un equivalente d' idrogeno, se ne forma il composto ipotetico AzHv che si unisce col cloro come un metallo sem- plice, e combinato coli' ossigeno si diporta relativamente agli acidi come un ossido metallico, e che perciò si è considerato come meritevole d'un nome particolare, e fu detto ammonio. Da molti chimici in vei'o si son risguardati i composti che risultano dall' unione di questo corpo col cloro come formati dalla combinazione immediata dell'ammoniaca stessa coli' acido idroclorico, e i sali propriamente detti che esso forma cogli acidi, come composti d'ammoniaca, d'acido e d'acqua. Ma l'ana- logia ci porta anche qui, similmente a ciò che abbiamo fatto per l'eterino, a distinguer questi due radicali o tipi, ^^ e AzH4; e ituichè la serie più numerosa e dei composti più conosciuti Del C. Avogadro 3oi è quella che si riferisce al tipo AzH4, ed il nome di ammo- nìaca fu esso medesimo dedotto da quello del suo cloruro AzHiCl (sale ammoniaco), pare doversi ritenere il nome à' ammonio per questo corpo AzH4; e se si vuole considerare anche l' ammoniaca Az H', che già ho compresa nel quadro generale sotto il nome di azìdro terzo-semplice^ come un tipo particolare, bisognerà darle ini altro nome, ed io proporrò quello di sapreno^ dal greco sapros^ putrido, formandosi natu- ralmente questo composto dalla putrefazione delle sostanze animali ; e da questo nome, colle solite abbreviazioni, si trar- ranno i nomi de' suoi composti. Così per esempio il solfato ammoniacale anidro S0% Az H' =: 0%S, AzH^ potrà chiamarsi osfosapro triplo ( osphosaprum triplum ) , il carbonato ammo- niacale anidro C0% Az H^ ocarbosapro doppio ( ocarbosaprum duphun ) ecc. Ma i nomi dei sali detti da Berzelius ammollici^ analoghi ai sali ordinar], saranno derivati da quello dell' am- monio Az^H+, che in essi si concepisce, nome che si potrà anche abbreviare in ammo ne' composti più complicati. Così il sale ammoniaco CI, AzH4 prenderà il nome di clorammonio semplice ( chlorammonium simplex ) ; il solfato ammonico SO^, Az H^, OH ^ 0^, S, Az H4 riceverà quello di osf ammonio qua- druplo [ osphammonìum quadruplum); il carbonato ammonico C0% Az H% OH ^ 0\ C, Az H+ quello di ocarbammonio triplo {ocarbammonium triplum) ecc. ,-h .r-i-/. >: /^Cl>/% ossia Gt''H'5Cl che Laurent chiama chlonapìitane prenderà il nome di unìclobinafto ; il composto C"" H^ -;» C[' '1^ = G*" H9 GÌ 7, detto da Laurent chlonaphtone , quello di setti-clobinafto ecc. Finalmente il sig. Laurent ha pur trovato che due so- stanze diverse, invece d' una sola possono talvolta sostituirsi in due numeri diversi di equivalenti a' numeri corrispondenti di equivalenti d'idrogeno; per esprimere queste combinazioni egli ha dovuto unire i nomi di queste due sostanze nel nome composto ; allora egli ha riferite le suddette terminazioni del nome totale in ase^ ése, ise ecc. , ed in arie, éne, ine ecc. al totale degli equivalenti su cui cadono le sostituzioni, ed ha modificato il nome della prima di quelle sostanze surrogate colle terminazioni in a, e, i ecc., ed anche in ati, en, in ecc. pel caso de' mezzi equivalenti; così egli chiama chlorabroiiaphtise il composto G^-'H'iBr^Cl; chlorébronaphtise il composto C^H^BrCI^: chlorebronaphtose il composto G" H+ Br^ CI» ; chlorébronapìitine 3o4 Proposizione d' un nuovo sistema ec. il composto C"H^''*Br'z»Cl% bromachlonaphtose il composto C^H+Cl'Br; hromanchlonaphtone il composto G'°H4 '/^ CI' Br'?^ ecc. ; nomi che è rpiasi impossibile non iscainhiare l' uno per r altro. Per esprimere questi stessi casi noi dovremo mettere avanti ai nomi abbreviati delle due sostanze surrogate due particelle numeriche nello stesso ordine, indicanti il numero di ecpiivalenti sostituiti di ciascuna di esse , quando questo numero sarà diverso , od una sola se il numero è lo stesso per amendue , raddoppiando come sopra l' equivalente del naf'to colla particella hi quando le sostituzioni si faranno per metà di equivalenti; cosi il composto C^"H'^Bi'^Cl prenderà il nome di unìhi-clohronafto\ il composto C^°H^BiCl^ quello di bill ni -clohron afta-, il composto C^^H^Br^Cl^ quello di hi-clo- bronafto\ il composto C"' H^ 'z^Bi-;^Cl^ = C*" H" BrCIi quello di qnadrunl-clobrohinafto^ il composto C^" HtCl-* Bi- quello di truini-chhronafto\ il composto C H^ '?^CP Br'^^ = C4" H'J £1^ Br quello di sessiim-clobrohìnafto ecc. Il signor Laurent ha pure assoggettato ai suoi principj della nomeiiclatura delle sostituzioni alcuni composti , in cui ad uno o più e(piivalenti d'idrogeno sono surrogati altrettanti equivalenti d' un corpo esso medesimo composto , per esem- pio dell'acido iponitrico Az 0'^, che egli indica allora col nome Ni nel composto totale; ma il risultato di una tale sostituzione, per cui viene a variarsi il numero totale degli equivalenti dei componenti elementari, non pare poter essere conqjreso , in una nomenclatura puramente chimica, nei casi delle sosti- tuzioni ordinarie, ed i composti di questo genere dovrebbero piuttosto riferirsi ad un tipo primitivo idro-cai'bonico, in cui il numero degli ecpiivalenti di carbonio ed idrogeno fosse uguale a quello proveniente dalla sostituzione. Non entrerò qui nei particolari dell' applicazione di questo principio, non essendomi qui proposto, come già ho detto, di dare un sistema compiuto della nomenclatura delle sostanze organiche, ma solo di suggerire le basi generali su cui essa potrelibe fondarsi, e che i chimici che le adottassero applicherebbero poi nella maniera più conveniente ai diversi composti particolari. ^^■y,/ y/ y/'^t,'„ y/rr-: /fy,y/ i'/ .VA'/// //.// .'../^ • '/>-/■ V. ^f ^■ ( / / ^ '/// -VX,-, '/ 3o5 DESCRIZIOrVE DI UNA NUOVA SPECIE DI SIDA DEL CAVALIERE Ricevuta adì 17 Maggio i843. J_/a semi raccolti nel Guatimala, e che pochi anni fa mi fu- rono regalati dal Sig. Giovacchino Vellasquez , il quale era addetto alla Legazione Messicana presso la Santa Sede, nacque neir orto botanico di Bologna alle mie cure affidato una spe- cie di Sida^ che sembrami nuova, e questa essendo venuta a fiore e frutto, mi ha somministrato il modo di farne la de- scrizione, e pubblicai-ne la figura, che ora espongo. SiDA discissa: fruticosa, urenti- hispida; foli is cordatis, in- ferioribus quinquelobis , superioribus trilobis, acumiiiatis , serra- tis; peduncuUs axillaribus, solitariis, unifloris , folio longioribus, aequalibusve ; carpellis inflatis, obtusis, basi extema biaristatìs. Tab. I. Frutice. Fiorisce nel Gennajo e Febbrajo. Stelo rotondo, dritto, alto quattro in cinque piedi, alter- namente ramoso, ispido di peli rigidetti , alquanto urenti al tatto, patenti, ed anche un poco retroflessi. Foglie alterne , picciuolate, cordate, le inferiori con cinque lobi, de' quali gli esterni sono minori , le superiori con tre , ispidette. I lobi sono acuminati, e nel loro contorno un po' disugualmente se- ghettati. Picciuoli ispido-urenti, con due stipole lineari, cadu- che, alla base. Peduncoli solitarj, ascellari, ispidi, i superiori più lunghi della foglia, gli altri più corti, od uguali alla foglia. Fiore grande. Calice quinquefido, con lacinie triangolari, acu- minate , ispido di peli patenti e urenti. Nel tempo della To77io XXI IL Pp 3g6 Descrizione di una nuova specie ecc. fruttificazione le sue lacinie si ricurvano. Corolla di colore vio- letto, molto più grande del calice. Fratto vescicoso, globoso- depresso, irsuto, formato di otto o nove capsule , o carpelli enfiati, ottusi, uniloculari, monospermj, aderenti tra loro, ca- rinati nel dorso, e nel basso della carina a poca distanza dalla base guarniti di due reste subulato- filiformi , parallele, quasi orizzontali. Maturando il frutto i carpelli l;\cilmente si staccano runo dall'altro, e si aprono in due pezzi per tutto il contorno, clie dalla base del lato interno sale, e si estende sino al luogo delle due reste, non rimanendo uniti che nel cortissimo tratto sotto alle reste. Seme grossetto, tumido, ton- deggiante, e un pochetto rettiforme, maturo nero, e guardato colla lente sparso di granellini radi tra loro. È singolare in questa specie il carattere delle due reste situate nella carina dorsale di ogni carpello vicino alla base , come pure lo aprirsi del carpello per tutto il lato interno ed esterno sino al luogo dell' inserzione delle reste, e questi ca- ratteri a me sembrano ottimi per fare una nuova sezione o suddivisione del genere. Questa specie ha certamente stretto legame colla Sida acerifoUa^ che il Lagasca pubblicò nell' operetta intitolata Genera et specìes plantarum p. ai, n. ^77 quale pianta indi- gena della Nuova Spagna, e che sopra l' autorità del Lagasca fu registrata nel Prodromus del De CandoUe toni, i, p. 472'^ n. 164, come sopra quella del Cavanilles si trova \\e\ Systema vegetabìliiim dello Sprengel toni, in, p, nò, n. 85. Per verità dal Lagasca non si ha altro di questa Sida acerifolia^ che i pochi caratteri specifici, e si manca della sua descrizione e figura, per lo che riesce cosa ardua il rilevare le sue diffe- renze dalla Sida discissa; tuttavia mettendo a confronto que' caratteri con ([iielli della pianta Guatimalese panni risultarne chiara la diversità. Imperciocché la Sida aceri/olia secondo il Lagasca ha le tòglie subpeltate e trilobe, le sue corolle sono di colore ceruleo, e la pianta fiorisce dalla primavera all' au- tunno; laddove la Sida discissa non ha fòglie in modo alcuno Del Cav. Bertoloni 807 peliate, le inferiori sono quinquelobe, e le superiori trilobe, le corolle sono di colore violetto , e la pianta fiorisce nel cuore del verno, cioè nel gennajo e febbrajo. E vero, che il De Candolle nel Prodromo sostituisce al carattere delle foglie trilobe stabilito dal Lagasca quello delle foglie tri-quinquelobe; ma ritiene 1' alti'o delle foglie subpeltate e della corolla ce- rulea, e vi aggiunge un nuovo carattere del frutto, che dice formato di un numero di carpelli tra il dieci e il dodici , lo che maggiormente conferma la differenza tra le due piante , perchè il frutto della Sìda discissa è formato soltanto di otto o nove carpelli. Nessun lume maggiore si ricava dallo Spren- gel, se forse non se ne ritrae una ragione di più per distin- guere le due specie ; giacché egli attribuisce alla Sida aceri- folia il carattere capsulis subinflatis , mentre nella nostra pianta le cassule sono veramente enfiate e vescicose. Dopo gli autori sopracitati lo Schlecktendal nell' esporre 1' elenco delle piante raccolte nel Messico dallo Schiede novera tra queste anche la Sìda acerifoUa del Lagasca, come si può ve- dere nel Giornale Linnaea tom. n, p. 36g ; ma ne adduce il solo nome, né dà carattere alcuno della medesima. Adunque nello stato attuale della scienza io non saprei dire né di più, né diversamente da quello, che ho detto. Veggano i botanici, se riescono a chiarire meglio la cosa. Spiegazione della Tavola. Fig. I . Ramo colle foglie superiori e co' fiori. •■ a. Foglia inferiore. 3. Frutto perfetto. OSSERVAZIONI INTORNO AL NUOVO GENERE DI ZOOFITI ATTINICI INTITOLATO CERIANTO PROFESSORE DI ANATOMIA PATOLOGICA . NELLA UNIVERSITÀ DI NAPOLI 'i Ricevute adì 3 Luglio i843 ' ■ ' • .;" Lia critica da Pallas fatta contro gli scienziati italiani , che trascuravano la illustrazione de' patrj prodotti , eccitò nobile gara nell' animo di Poli, Cavolini, Olivi, Spallanzani, i qixali a sostenere il decoro della classica terra, che in ogni epoca ed in ciascuno ramo dell'umano sapere ha sempre primeggiato, diedero mano a lavori si classici, da formare 1' ammirazione della intera Europa, e quello che più sorprende dello stesso Pallas (i). Di fatto fra il giro di pochi anni pubblicarono essi opere (a), che avrebbero richiesto un secolo di fatica, e che sono eterno monumento della scientifica gloria italiana, ine- sausto fonte di vere e positive dottrine, non che modelli di sperimentali osservazioni notomico-fisiologiche. Or tra le ori- ginali dissertazioni dello Spallanzani, che più degli altri rispose alla cinica libertà del naturalista del Nord, evvi quella intra- presa all' uopo, concernente le marine produzioni della orientale ( i) Epist. ad Ca^'olin. inserita nella di costui Fita scritta da Monticelli, Nap. 18 1 e. (2) Poli, Testacea utr. Sicil. Parm. 1790. Seguiva egli un corso notomico sotto Hunter in Londra, allorché costui gli lesse la citata critica del naturalista boreale, impegnandolo nel suo ritorno a Napoli per la notomia de' Molluschi testacei del nostro mare. — Cavolini, i)/emor. su' Polipi mar. Nap. 1784. — Olivi, Zoolog. adriat. Bass. 1790- — Spallanzani, Opere. Mil. 1810. Del Prof. S. Delle Chiaje Scg costiera d' Italia, ed inserita (i) in uno de' primi volumi de- gli Atti della Società nostra. Leggesi ivi, sebbene in termini troppo generali, la descrizione di una tubolarla, denominata t. membranacea da Gmelin (a), che promuove dubbio se dessa appartenga a questo o ad altro genere. Rapp (3) dopo dieci lustri ne pubblica accurata figura col nome di t. soli- taria, protestando di non esserne indagata la fabbrica. La quale insieme a quella di altra spettacolosa specie era stata da me (4) esaminata fin dal 182,7, trovandomene al i83o di- volgata apposita tavola priva per altro della relativa spiega- zione, e che ora fo di pubblico dritto. I. Descrizione zoologica. Cerianto ( Cerianthus Delle Chiaje ) . Corpo cilìndraceo, con anteriore apertura conica, cinta da duplice serie di tentacoli assottigliati in punta, ossia lunghi gli esterni, o marginati e corti gì' interni, o boccali ; in dietro attenuato e fornito di terminale foro circolare. i) C. Brerano (e. Brerae Delle Chiaje). ''"^ Corpo cilindrico alquanto ampliato nel mezzo, gialliccio con fascette longitudinali più fosche; parecchie filiere di ten- tacoli con zone bianche traversali; piccola apertura codale. Trovasi nelle crepacele de' nostri scogli, oppure fra le spugne. È coverto da moccicala, che gli forma la veste opportuna ; essendo più comune della specie seguente. Ad esso riferiscesi la tubolaria lunga tre pollici, larga uno, osservata da Spallanzani (1) Mem. della Societ. ital. Verona 1784, To. II. 627. r • r (2) Linn. Syst. natur. cut. Gmelin. VI. 3836, n. 24. . (3) Nov. Act. Acad. nat- cut. Bon. i836. (4) Mem. su gli anim. 5. veri. Nap. jSig, tav. CHI a, 4, Z;Notom. e fisUr comp. Nap. i83a, I. ' ....;.- ..i JjJJ •5 IO Osservazioni intorno al nuovo ecc. cun dugento ineguali tentacoli bucati nell' apice, e protetta da speciale astuccio membranoso; corrispondendo alla t. mem- branacea di Gmelin, o t. solitaria di Rapp. Io la consacro alla eterna memoria, per me carissima, del cav. Brera. ^ u.) C. cornocopia (e. cornucopiae Delle Cliiaje). '' Corpo levigato color melongeno o rosso-scuro, avanti im- butiforme; tentacoli corti bleu o verdastri, ed i lunghi nella origine ampliati e disposti in triplice corona , loschi con in- terrotta serie di macchie verdastre, spesso deficienti; in dietro impiccolito, ove apparisce ampia apertura. Abita nel lido di Miseno entro particolare tubo, crasso, coriaceo-arenoso, inter- namente levigato come quello della sabella ventaglio:, emu- lando un' oloturia^ qualora ne sia cavato e tenga i tentacoli contratti. Toccato, immantinente si raccorcia, e grande quan- tità di moccio filamentoso geme dal corpo. 3 ) C. attinìoideo { e. actinioides Delle Chiaje ). : , oL. ;■ .'•■ ,■•..•■.'■.;■ ' . i :■■ _ "..■■'•. Corpo giallo-fosco, con imbutiforme apertura anteriore, circondata da varie filiere di corti tentacoli trasparenti, assai più larga della posteriore piccola ed infossata. In gennajo 1840 ne ho visto molti individui, che a prima giunta credei attinie piccine e mutilate. Rassomiglia all' attinetta di Blain- ville, oppure minia di Cuvier. II. Descrizione notomica. I cerianti sono coverti da sottilissima cute spalmata di moccio, che unito all' arena forma 1' astuccio del e. cornoco- pia^ derivando da esso anche i diversi loro coloriti ; ma nel e. attinioideo è quella crassa come pergamena. Fibre longitu- dinali e traverse rimarcansi nello strato dermoideo, al quale attaccansi le lamine musculari rassomiglianti alle pieghe di Del Prof. S. Delle Ghiaie 3li un ventaglio, fissate con un' estremità presso 1' apertura an- teriore e coir altra nella posteriore. Due opposti semi -canali cartilaginei esistono a' lati della rugosa cavità stomachica, che sulle prime io credeva nel fondo lacerata, mentre è dessa una naturale apertura comunicante col cavo addominale. A cadauna delle esposte lamine muscolose attaccasi la rispettiva matrice o sacco ovario, che in Aprile apparisce come cavolo- fiore nel e. cornocopìa, pieno di gran quantità di uova, simile all' intestino colon de' mammiferi ; incominciando dal contorno dell'apertura posteriore, e terminando in quello dell'anteriore, dove sembra aperto. Ne costeggia il margine libero ed incre- spato il vaso semifero. Ogni uovo ovale ha il cerio, la vesci- chetta purkinjana e lo strato germinativo. Il sangue de' cenanti è molto ricco di globetti, che man- cano di particolari vasi, ed hanno somma celerità. Nella in- teriore superficie del ventricolo del e. cornocopia notansi tre linee nericce fra due gialle, e nella esterna faccia del e. at- tinioideo ho rilevato tre vasellini per ogni sua striscia longi- tudinale ; quindi numerosi sono i canali sanguigni gastrici e dermoidei. L' esposto chiaramente dimostra, qualmente appo gli animali vertebrati i vasi sieno di formazione posteriore al liquido, che vi si contiene. ™(^(1 DESCRIZIONE E NOTOMIA ; DELLA IANTINA E DEL SUO MOLLUSCO , I SCRITTA DAL PROFESSORE STEFANO DELLE CIIIAJE ! .: . Ricevuta adì 3 Luglio i8^3. V^oloima (i) a confessione di Cuvier (a) fu il primo a ben descrivere la jantina e '1 suo abitatore, essendo stato appena superato da Breynio (3) , Forskald (4) , Carburi (5) Bosc •■, ad avvertirne la diversità dalle elici^ ove senza troppa tiiosotia (i) Cochleae ianthinae cum animali exactior icori et hisloria. — Nane anno 1609 iìi oppido eliclo Torre dell'Annunziata, maio mense flantihus occidentalibus , maximoque niaris impetu illic acstuantihus iindis, ahiectas inter alia, cochleas multas, ex his adirne vii>entes colligi curavimus. Ab omnibus cochlearum terTestrium et mari- timariim animalìbus reliquis, quas irne usque vidimus , huiiis animai valde differt. Huic penis arredi facies est, glandem hahens, in cuius extremo faham exprimit , ri- mam prò ore in medio faemininum fere sexum referens, rubescente magis interna parte, cum reliquum animai ex obsoleta coerulea purpura candicet : circa medium utrinqiCe appendices ìiabet binas, quarum altera exterior maior, earumqae acies magis saturo colore purpurascunt ■ Ima pars animalis prope testam rugosa est, et denìque limbosa ut in congeneribus, non tam oblonga, nec acuta , sed rotundior ; sub qua copiosam extuberantem satis , atque velati cartilagineam spumarti vitream fundebant omnes, non secus ac aqua diluto sapone multo et concussa, atque paleae , vel alterius rei exigua fistula intlncta, et infiala paulatim evenit, ut puerorum mos est Neapoli, qua sphaerulae velati vitreae infantar et denìque a fistula dimìttuntur ex fenestris. Co- piosum sponte eoomunt cochleae istae succum purpureum violaceum, ut seipsas inficìant , et colligentium manus. Testa levis est, parva, et obeso admodum superiore orbe reliquum vero testae varìegatum, undosis candicantibus parum lineis. Si quis neritem liane esse dicet, nisi magnitudine refragari posse. De purpura. Neap. \6i6,p.f. la. (a) Mèm. sur la janth. p. a-io, fig. i-'i. (3) Trans, phil. an. 170.^, n. 401, pi- H. 5. (4) Desc. anim. citt. ii~. (5) Calogerà. Nuov. race, di Opuscol. Ven lySy, tom. III. Del Pkof. S. Delle Chiaje 3i3 due secoli dopo fu arrolata da Linneo; non cliè a stabilirne la naturale analogia colle nerite, proposta in questi ultimi tempi da Lamarck, o tra le fasìanelle e le ampollarìe da Cu- vier, la cui opinione fu desunta dall' anatomia. Questa però anche fra le mani dello zootomista francese rimase appena abbozzata, e su vari articoli erronea ; quantunque si fosse ri- prodotta da Meckel, Wagner, Duvernoy e Grant. Né da me è stata altra volta (i) ed ora pienamente esaurita, facendomi decidere con Deshayes (a) ; qualmente la jantìna costituisca pai'ticolare famiglia detta ossistoma da Blainville, o secondo me jantinìca. I. Descrizione zoologica. Corpo ovale-bislungo con proboscide fornita di due bi- fidi tentacoli, privi di occhi; piede avanti slargato, attenuato dietro, ove attaccasi l'apparato galleggiante; conchiglia conoi- dea ventricosa, con apertura triangolare e columella retta sorpassante il margine dritto con seno mediano. /. comune {]. communis Lam.). si'icv Corpo violetto; proboscide cilindrica, peniforme co' denti sporti fuori la bocca ; tentacoli inegualmente spartiti, ottusi ; piede anteriormente slargato, semicircolare a margine assotti- gliato, nella metà posteriore corredato di due piccoli notatoi laterali ; gruppo allungato di aeree vescichette inferiormente attaccato verso la sua punta ; conchiglia fragile, leggera , cp- niforme, ventricosa, di colore violetto più sbiadato nel mar- gine interiore della spira, a strie cui-ve parallele ; apertura obliquamente arcuata, a columella dritta, alquanto prolungata, formante seno nel sito della carena. Le iantine hicolorata e (1) Noi. comp., Supp. I. Nap. 1889, p. 1-8. ' '-''^ jvìiìJbu jkiejr.f (2) Bici, class. d'Usi, nat. Paris. 1826, IX 63. '^» -''■1 c''Wl'{ fu ÌJi< rjr- Tomo XXIII. Qq 3i4 Descrizione e Notomia della ecc. splendente di Menke, e la penìcefala di Péroii sono mere va- rietà defila i. comune^ da cui appena difibriscono. Poli mi rac- contava di averne spesso rinvenuto presso S. Giovanni a Te- duccio il ìtuscìo riiicttato dal mare. Alla fine di Mamio iBaA insieme con Meckel vidi un solo individuo vivente di yan/^/'/ia; ma da <[ueir epoca sino a' primi giorni di Dicembre 1840 non era piii apparsa' nella nosti-a rada, essendovi venuta a schiere, e qualcheduna abitata dal granclùo eremita \ tutte migrato dalle coste di Sicilia, ma totalmente disparvero negli anni vegnenti. L' orbano e:alle\?>. I. l>on sì tosto fu compiuta per ordiue della S. M. d' Inno- cenzo XII la restaurazione del porto d'Anzio, si scoprii'ono nel nuovo porto tali difetti che ne fecero temere vicina la perdita. Sino da' primi tempi le diflìcoltà di questo porto hanno data occupazione e travaglio' a moltissimi architetti chiamati successivamente a consulta. E quante le consulte , altrettanti furono i progetti, le contradizioni, i dispareri. Per il che rimanendosi tuttora in forse sul miglior partito da prendersi per conservare questo porto, per migliorarlo se lia possibile, o per impedirne almeno l'ulteriore decadimento, avanti di esporre intorno a ciò il mio parere credo che sarà utile lichiamare succintamente quello che prima è stato pen- sato, e tentato da altri. La storia degli antichi tentativi, l'os- servazione di ciò che a giorni nostri è accaduto, e tìnalmente r ispezione locale recentissima mi sarà scorta a suggerire quei temperamenti che alla costituzione, e allo stato odierno di (juesto porto mi parranno meglio adattati. 2,. Il porto d' Anzio fu edificato da Nerone Imperatore circa r anno 60 dell' Era Cristiana ; e fu opera magnifica e dispendiosissima; portimi operìs siunptuosissiìni fecìt^ dice Sve- tonio. Di questa magnificenza fanno fede le reliquie che tut- tora ne rimangono, e che si vedono nell'unita Mappa rappre- sentate. Dalla punta del Capo d'Anzio segnata in C si stendeva Del Prof. Giuseppe Venturoli 3ai il porto lungo la spiaggia d' allora , la linea della quale è in- dicata dai ruderi de' muri antichi che si trovano alla radice del colle sotto gli odierni Palazzi Corsini ed Albani. 3. Spicca vasi il molo destro dal punto G e la sua traccia curvilinea è distintamente indicata dai ruderi sparsi nel re- cinto GD lungo metri 5oo. Nel tratto seguente EF lungo metri 3ao ravvisano alcuni non senza probabilità le vestigia d' un antemurale, cosi persuadendone la direzione di questo tratto, che è perfettamente rettilineo, e 1' intervallo DE lungo circa ICO metri pel quale esso sembra distaccato dal prece- dente tratto GD. Questi avanzi del molo destro sono ora quasi tutti sott'acqua, sporgendone soltanto alcuni frammenti sparsi (jua e là nelle linee del suo recinto ; poco essi emer- gono dall' acqua, ed hanno metri dieci e più di grossezza. Sono costrutti d' opera in maggior parte laterizia , e formano un masso durissimo. Posano sopra una base della stessa strut- tura che esiste interrotta, e sepolta sotto la superficie del mare a profondità varie dai due a tre metri. 4- Donde avesse principio 1' opposto molo sinistro non può riconoscersi, perchè non si sa sin dove arrivasse la spiaggia in quel tempo ; ma ben si ravvisa il suo proseguimento nel tratto ]MP lungo metri 875 il qual tratto fu restaurato da Innocenzo XII, affinchè servisse per uno de' bracci del nuovo porto. Oltre il punto P prolungavasi il molo sinistro piegando in curva sino in G come nella mappa si vede, ma di questo prolungamento PG lungo metri aaS non restano , come del molo destro, se non che pochi ed interrotti ruderi. 5. Nella parte restaurata MP di questo molo vi erano, per quanto ne assicura M. Mareschal (i), nove bocchette che dovettero esser destinate a dare comunicazione alle acque del porto col mare esterno. Non si sa bene se fossero altrettante quelle che erano aperte nel molo antico, perchè sembra che alcune siano state aperte nel tempo della sua restaurazione. (I) IMareschal. Memoria sul Porto d'Anzio, art. 9. Tomo XXIII. Rr 32:2 Deli/ antico e del presente ecc. Checcliè. ne sia, di presente sono tutte chiuse, e non potrebbe servire a <[uesta coiiiuuicazione salvo che V ultima indicata alla l(Mtera //, j)ereliè tutte le altre sono fra terra, e (piesta è la sola ebe comunica immediatamente coli' actpia rimasta nel porto Nerouiano. (). L'intervallo GF di circa iio metri tra la punta del molo sinistro, e (piella dell' antemurale, formava la bocca del porto ^•olta a Levante. E forse ve n' era pure a Pouente un altra DE come si è di sopra accennato ( art. 3 ). Ma per certo la bocca GF era la principale, ed era senza dubbio la più opportuna, siccome la più riparata dalla traversia di li- beccio predominante In ([nei mari. 7. L'ampio bacino del vecchio porto è ora, come si vede, in molta parte interrito. Alle falde del colle ove ter- minavasi l'antica spiaggia, verdeggiano ora gli orti delle case principesche Corsini, Doria ed Albani; il resto è occupato da monticelli e depositi di terre e sabbie, e 1' interrimento si viene sempre più estendendo per la naturale protrazione della spiaggia. La parte tuttora coperta d'acqua non è che la metà, a un dipresso dell' antico cratere. In questa parte medesima il fondo è qua e là ingombrato sia dalle macerie staccate dal molo diruto, sia da avanzi di certi muri fabl>ricati sott'acqua che furono riconosciuti ed esplorati dal Sig. Ispettore Linotte. In qual tempo, ed a qual fine fossero costrutti questi muri, non si sa, e non è facile l'indovinarlo. Negl' intervalji il fondo è d' arena con profondità d' acqua che vanno diminuendo di mano in mano che ci accostiamo alla spiaggia. Gli scandagli tatti dal Sig. Ingegner Marmorelli nel i8i() in una linea pa- rallela al distrutto antemurale, e distante da esso circa cento metri, mostrarono un fondale medio di metri 3, 78. In altra linea pur parallela a cento metri più indentro, si ebbe il fondale di metri 2, 7.5. K finalmante in una terza linea che si spicca dall' angolo P del molo Innocenziano, ed è distante dalla spiaggia circa cento metri, il fondale si riduceva a metri I, 5o. Pili vicino alla spiaggia si diminuisce sempre più, e si ristringe a pochi decimetri. Del Pkof. Giuseppe Venturoli 32,3 8. Tale è Io stato dell' antico porto d' Anzio. Interrito in gran parte, col fondo ingombrato da macerie e da fonda- menta di muri, aperto poi d' ogni banda pel diroccamento dei moli, ed esposto all' impeto dei venti più minacciosi, non poteva , e non può offrire il menomo rifugio ai navigli. L'opera che occorrejebbe a ristabilirlo fu per ordine di Mon- signor Cristaldi Tesoriere rilevata e descritta dal Sig. Ispettore Linotte che ne fece il progetto nel 182,3, calcolandone la spesa in scudi romani 673 i5o. Questa spesa sarebbe stata al- quanto minore nel 1698, perchè a quel tempo il porto non era forse così i-uinato ed interrito, come è al presente. E con- tuttociò allorquando sotto Innocenzo XII si trattò di rifare il porto d' Anzio, i consiglieri di Sua Santità a tutt' altro pen- sarono fuorché a proporre la ripristinazione del porto antico. 9. Due furono i progetti presentati al Santo Padre. Pro- poneva il Cav. Carlo Fontana di nettare e chiudere una pic- cola porzione del porto antico circondata da avanzi di muri , che anticamente si crede che formassero una darsena. Ales- sandro Zinaghi propose di fare il nuovo porto al fianco orien- tale deli' antico restaurando il lato MP del molo Neroniano , e congiungendolo ad angolo retto con un nuovo molo sporto a levante. Prevalse l' opinione del Zinaghi ; il Cav. Fontana stesso vi aderì in ultimo, consigliando bensì che il nuovo molo s' incurvasse a foggia di mezza luna, e che vi si lascias- sero delle apertui'e pel passaggio delle arene. Ma questi con- sigli non furono ascoltati. Il nuovo molo Innocenziano fu steso in linea retta volta a greco-levante e lunga metri 170; poco appresso fu prolungato per metri 60 ma con direzione a le- vante ; cosicché è lungo in tutto metri aSo. Quest' opera pei tempi nostri grandiosa fu incominciata nell'anno 1698,6 ter- minata nell'anno 1701. 10. Non erano ancor passati dieci anni, che già il nuovo porto cominciava a manifestare una straordinaria proclività a ricolmarsi d'arene. Si vuole che allorquando fu incominciato, si scandagliassero nella sua area accanto al nuovo molo circa 324 Dell' antico e del presente ecc. sette metri d'ac([ua. Quest'altezza scemò rapidamente d'anno in anno, cosicché nel 1712, dagli scandagli che riporta M. Mareschal (i), la profondità media si trovò di metri a, 5i. E si era cominciato sin dall'anno 17 io a travagliare colle macelline per togliere o diminuire l' interrimento. Ma veden- dosi che il male cresceva tuttavia, e temendosi vicina la per- dita totale del porto, si tentarono successivamente diversi ri- medj, i quali però o riuscirono inutili, o tornarono dannosi. 1 1 . Uno di (juesti fu il guardiano ossia molo Panfilio , spiccato dalla spiaggia in Ofi coli' intendimento d' interrom- pere il passo ai sahhioni che si supponevano venire da levante, come vengono in fatti. Ma con questo impedimento altro non si faceva se non che ammucchiarli e radunarli in maggior copia davanti la bocca del porto, e il danno fu cosi evidente che convenne ben tosto abbandonare 1' opera incominciata , anzi distruggerla. 12. Si volsero allora ad altra parte i pensieri, e si co- minciò a sospettare che le sabbie nemiche anziché da levante potessero venir da ponente, e che fosse ben fatto chiuder loro il passo turando le due breccie o bocche Q, R, che si trovano nel prolungamento del molo Neroniano. Pertanto fu- rono chiuse, ma il porto anziché migliorare, peggiorava, per il che fu determinato di riaprirle. i3. Finalmente fu fatta la prova di riaprire due delle antiche bocchette del molo Neroniano restaurato, cioè quella h vicina al fortino, della quale si è parlato di sopra (art. 5) ed un altra k vicina alla Chiesa di S. Antonio, e vi furono adattate due traverse da tenersi serrate pei venti di libeccio. Ma ancor questo tentativo andò a vuoto; l'esito delle bocchette era sempre ostruito dalle arene, le quali invece d' uscire dal porto nuovo vi eiitravan dal vecchio, passando per le com- messure delle traverse. Perciò come riferisce Mareschal (a) , furono condannate di bel nuovo, e sigillate con muj-o. (i) Mnri'solial 1. e. .nrt. 67. . . (2) Mdrescli.ll 1. e. art. 62. Del Prof. Giuseppe Venturoli 3a5 i4- La sperimentata vanità di questi espedienti determinò a ricercarne altronde dei più efficaci. Per questo fu chiamato di Francia dal sommo Pontefice Benedetto XIV il Brigadiere M. Mareschal Ispettor generale de' porti francesi del Mediter- raneo. Egli visitò con molta diligenza il nostro porto, e ne diede sotto il i6 Giugno 1748 una piena ed accurata Rela- zione, esponendo in essa un suo nuovo progetto, della sostanza del quale daremo brevemente un' idea. '■- i5. L'interrimento del porto proviene dall' interrompi-J mento che fa alla corrente delle sabbie 1' antico molo attac- cato alla spiaggia, e il nuovo che con esso si congiunge ad angolo retto. Conviene pertanto, secondo M. Mareschal, di- staccare il molo dalla terra, affinchè dietro ad esso potendo aver corso libero il torrente delle sabbie , più non s' arresti ad ingombrare' il bacino del portO'. Aprasi dunque, diceva Mareschal, il vecchio molo per un tratto, come sarebbe AB largo 90 metri. Di lì si escavi, e si prolunghi sino a comuni- care coir acqua • del porto vecchio un canale cinto di sponde murate AX, BY. Si prolunghi egualmente questo canale entro il porto nuovo, formandovi i moli ©sponde parallele AH, BK, murate ancor esse. Resterà così escluso dal porto, e rimarrà con acqua morta il segmento intèrchiuso tra la sponda AH e la spiaggia, che ad ogni modo non è che una sentina im- praticabile ai i navigli. Pel gran canale^ e tra le sue sponde HAX, KBY scorreranno liberamente avanti e indietro le sab- bie. L'area rimanente tra il molo BR e il molo Innocenziano formerà un porto di sicuro ricovero e di sufficiente ampiezza, che ricupererà facilmente pel naturale sgombramento delle sabbie 1' antico fondale, e che fàcilmente lo conserverà con discretissimo spurgo, essendo rimossa la cagione del continuato interrimento. x6. Persuase il discorso, e non dispiacque il progetto del Mareschal: ma spaventava la grandiosità della spesa a fronte della non intera sicurezza della riuscita. Quindi è che passa- rono diversi anni prima che nulla si facesse. Finalmente nel Saò Dell'antico e del presente ecc. 17.54 fu presa la risoluzione di metter mano al proo;etto; ma per consiglio del P. Ruggero Giuseppe Boscovich tu questo modificato e ridotto in modo clie senza molta spesa potesse aversi insieme e un incamminamento all' impresa e un espe- rimento dell' esito. Si aprirono nel tratto AB del veccliio molo due bocche, che poi si riunivano in un canale largo nove metri. Questo si escavò, e si prolungò sino all'acqua del porto vecchio, e invece di sponde murate fu recinto con palatìtte. E perchè si temeva che le mareggiate di libeccio non r ostruissero, ne fu munito lo sbocco con una traversa da aprirsi e chiudersi all' uopo. Noi porto nuovo invece dei canale fu iniziata semplicemente una palizzata nella direzione AH per mantenere aperto l'ingresso all'acqua del porto nelle due bocche di comunicazione col porto antico. 17. Questi lavori furono eseguiti con alacrità, ma ebbero sin da principio sinistro incontro, perchè il canale nel porto vecchio non fu appena scavato che s' interri, e la palizzata del porto nuovo corrosa dalle biscie andò a male. Nel di a5 Gennajo del 1750 si tenne sopra ciò un congresso in Camera, al quale oltre il P. Boscovich assistettero gli architetti Carlo Murena, Carlo Marchionni, Luigi Vanvitelli. Si disputò molto e in voce e in iscritto. Il P. Boscovich opinò che dovesse ritentarsi e continuarsi 1' esperimento col riaprire il canale interrito prolungandolo e profondandolo più di prima. Era questo, a suo parere, l' unico tentativo da farsi per salvare il porto. Raccomandò ancora che si riaprissero nel braccio Neroniano le due bocchette h, k con questo però che si esca- vasse davanti ad esse nella spiaggia un canale ben profondo, protraendolo sino a trovar fondo in mare di due metri almeno. 18. Ma o sia che non si continuasse l' esperimento, o sia che non riuscisse, il fatto è che ora non si trova più traccia uè delle bocche, uè del canale, salvo alcuni avanzi delle pa- lalitte semisepolti nella spiaggia. Le bocchette del molo Ne- roniano non furono riaperte, e nuli' altro di poi si è tentato pel radicale miglioramento di questo porto. Se non che a' Del Prof. Giuseppe Venturoli ^■2'J nostri giorni 1' Ispettore Linotte tornando nella persuasione che le arene infeste- al porto d'Anzio siano quelle del Tevere che vengon da ponente, volle riproporre di chiudere le due bocche o breccie Q, R, ed una infatti ne fu cliiusa. E qui avvenne di nuovo quello che nelle precedenti piove era ac- caduto. Dal chiudere la bocca Q ben lungi d'uno sgombro, si ebbe un arresto sempre maggiore delle arene, e la dimi- nuzione del fondale davanti la punta del molo, e davanti r imboccatura del porto, comparve così manifesta , che con- venne ben tosto risolversi a riaprire la bocchetta sconsigliata- mente turata. ^icxq ed .is. ., . 19. Sono adunque cento quarant'anni dacché fu costruito il porto Innocenziano di Anzio, e comechè molte cose si siano pensate, e qualcuna anche tentata, pure nulla si è fatto sino ad ora che vaglia ad emendare il difetto della sua originaria costituzione. Quel porto si è mantenuto, e si mantiene tuttora nella limitata sua attività colla sola azione più o meno rin- forzata delle macchine da spurgo. Giova intanto avvertire che i sinistri prognostici del Mareschal e del Boscovich della ir- reparabile e vicina perdita di questo porto, non si sono punto avverati. Ciò si deduce dal confronto degli antichi coi mo- derni scandagli. Sappiamo dal Mareschal che gli scandagli fatti nel porto nuovo l'anno 1712, diedero il fondale medio di canne i : i : 3 pari a metri a, 5i. Ora abbiamo dal i8a3 al 184^ la serie degli scandagli che si fanno annualmente nei mesi d' Ottobre e Novembre per riconoscere lo stato del porto. Il risultato dà per fondale medio metri 2,, 60 con pic- cole differenze in più o in meno da un anno all' altro. Tro- vasi adunque il porto in quello stato medesimo nel quale tro- vavasi nel 1712, ed anzi alquanto migliore. Ben è vero che a conservarlo in questo stato si richiede una forte spesa di manutenzione per la gran quantità delle sabbie che vi s' in- saccano, e che conviene esaurire a forza di macchine. •20. Ora volendosi pur vedere se vi sia cosa da tentarsi con probabilità di successo per liberare almeno in parte il 3ii8 Dell'antico e del presente ecc. nostro porto dagli arenamenti ai quali è soggetto, vuoisi prima di tutto stabilire da qual parte vengano, e da qual forza siano trasportate le arene che lo infestano. Sopra di che sono divisi i pareri; perchè alcuni opinano che le arene ven- gano da levante portate lungo la spiaggia dalla corrente del littorale; altri all'opposto sostengono che vengano da ponente, sognando che siano quelle stesse del Tevere; altri finalmente pretendono che non abbiano direzione fissa, e che vengano or da levante ed or da ponente, secondo che le sospingono i venti o di scirocco o di libeccio. 2,1. La prima di queste opinioni è appoggiata a molto salda ragione. Imperocché è cosa certissima, osservata da più secoli, e confermata da moltissimi fatti, esistere nel Mare Mediterraneo una perpetua correntia circolare, che ne circonda tutte le rive, entrando nello stretto di Gibilterra dalla parte d' Africa , e costeggiando i lidi prima dell' Africa , poi dell' Asia e dell' Europa sino a compiere l' intero suo giro ritor- nando pei lidi di Francia e di Spagna allo stretto di Gibil- terra, e sboccando nell' Oceano dalla parte d' Europa. Posta dunque l' esistenza di questa corrente, che dal predetto giro si vede essere nella costa d' Anzio diretta lungo la spiaggia da levante a ponente, abbiamo in essa una cagione certa e costante, onde spiegare il ti-asporto delle sabbie che di verso levante vengono a riempiere il seno, e ad ostruire la bocca del porto, che appunto a quella parte è rivolta. . 2,2,. Il Sig. Ispettore Giuliano de Fazio non sa persuadersi come mai ad una corrente cosi poco veloce che per molti secoli non è stata neppur sospettata , non che chiaramente osservata, si voglia attribuire la virtù di sollevare e traspor- tare tanta copia di sabbia da riempiere i porti che trova nei suo cammino. IMa convien dire che questo valentuomo non abbia fatto bastante attenzione al modo col (piale opera questa corrente nel tras[)ortare le arene. E verissimo che la corrente del litorale è cosi lenta che non fa piìi di tre in quattro mi- glia in ventiquattr' ore, ed è pur verissimo che con questa Del Prof. Giuseppe Venturoli Sag così piccola velocità essa non può né staccare le sabbie dal fondo, né tenerle sospese, né farle muover di luogo. Ma quando per l'agitazione delle onde in tempo di venti gagliardi si sconvolge il fondo de' bassi scanni, e s' intorbida il mare , allora rimanendo le sabbie galleggianti e sospese, e disposte a cedere ad ogni minimo impulso, debbono necessariamente ubbidire alla direzione della corrente, ed avanzarsi a poco a poco con essa. E così sebbene la corrente del litorale non abbia forza di staccare e sollevare le sabbie dal fondo , ha però forza bastante per portare avanti quelle che trova già staccate , sollevate e natanti per 1' effetto delle fortune di mare; il che basta a spiegare il continuo trasporto delle sab- bie di verso levante, il quale sebbene succeda assai lenta- mente, e soltanto ne' tempi di mare più o meno agitato, con tutto ciò gli effetti ne sono notabili per la continua presenza e per la costante operazione della causa. 2,3. L'opinione di chi ha preteso che le sabbie del porto d' Anzio vengano dalle foci del Tevere non so come possa sosteneisi. E per verità qual può mai esser la forza che spinga sino a Capo d'Anzio le arene del Tevere che ne sono lontane ben trenta miglia? Forse quella di gagliardi venti occidentali e di furiosi libecci ? Ma noi vedremo ben tosto , che i venti per quanto siano impetuosi possono bensì strap- pare le sabbie dai bassi fondi, sollevarle in alto, e sconvol- gerle in tutti i sensi, ma non hanno forza di trasportarle se- condo la direzione del loro rombo, e certamente non potreb- bero mai spingerle a tanta distanza quanta è dagli sbocchi del Tevere a Capo d' Anzio. 34. E qui entriamo a discorrere della terza opinione che è abbracciata da molti, cioè che provengan le sabbie or da levante or da ponente secondo che i venti e le onde le spin- gono. Di questa virtù che si attribuisce ai venti di far pro- gredire le sabbie secondo la direzione del soffio, mi pare di poter molto ragionevolmente dubitare considerando la natura del movimento che il vento imprime nel mare. Colle onde Tomo XXIII. Ss 33c Dell' antico e del presente ecc. che esso vi suscita più o meno elevate secondo che spira più o meno gagUardo, e più o meno ob])hquo, le acque marine si alzano bensì alternativamente e si abbassano , ma non si veggono già concepire determinatamente alcun moto pro- gressivo; e se nella superficie increspata dalla maretta o an- che pili gagliardamente commossa vi sarà un galleggiante che avanzandosi ])oco o niente fuor d' acqua non dia presa al vento, si vedrà questo sollevarsi e ricadere insieme coU'onda, ma non già avanzarsi costantemente nella direzione del vento. Or quello che succede all' acqua e ai piccioli corpi natanti , dee pur succedere ai sabbioni, i quali saranno bensì dal mar burrascoso sollevati alternativamente e depressi, ma non po- tranno concepirne alcun moto progressivo che ad ima parte piuttosto che ad un' altra gli spinga. Nel quale stato trovan- dosi, dovranno prue obbedire alla corrente, che lentamente gli strascina, e così s' avanzeranno da levante a ponente an- che in tempo di burrasca, qualunque sia la direzione del vento. 2-5. E per verità se le sabbie cannninassero secondo la direzione dei venti, qual vento sarebbe più infesto al nostro porto del scirocco, la di cui direzione è perpendicolare alla spiaggia, e direttaniciite rivolta contro l'imboccatura del porto? Eppure egli è appunto dopo le lunghe e forti sciroccate che i bastimenti trovano pii'i facile 1' accesso, e meno ingombra r imboccatura. Adunque non è la direzione de' venti, ma piuttosto la corrente del litorale (|uclla che più costantemente e più efficacemente determina il trasporto delle sabbie. a6. Potrà solamente dubitarsi che ini torte vento che soffi in direzione opposta alla corrente del litorale ritardi al- .vv»\' MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXIII. CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATICA MODENA olisse. DAI TIPI DELLA K. D. CAMERA MDCCCXLVI. INDICE DI QUANTO CONTIENE LA PARTE MATEMATICA DEL TOMO XXIII DELLE PRESENTI MEMORIE. pag- ■>•> Segretario (0 (9) cìando col (i8) n? (69) k^tatuto della Società Catalogo generale dei Socj Annali della Società continuati dal Socio ANTONIO LOMBARDI Elenco dei libri regalati alla Società cominciando col Maggio 1844 sino a tutto Dicembre i845 Elogio del Professore Gaetano Savi scritto dal Socio at- tuale Sig. Marchese COSIMO RIDOLFI „ i Osservazioni fondamentali per una rivista ed ampliazione al Catalogo delle stelle del celebre P. Piazzi. Me- moria del Socio Professore GIUSEPPE BIANCHI „ 3 Posizioni medie delle aao stelle principali di Piazzi ri- dotte al solstizio estivo dell'anno 1840 e Considera- zioni intorno ai movimenti proprj di esse. Memoria seconda dello STESSO per servire al Catalogo delle stelle boreali ,, 54 Osservazioni intorno alle Comete apparse nell'anno 1848 fatte nell' I. R. Osservatorio di Padova dal Profes- fessore Cav. GIOVANNI SANTINI Socio attuale „ 182 Di un celebre Teorema di Abel e Jacobi. Dimostrazione diretta del Professor GASPARE MAINARDI Socio attuale ,,171 Sull' Idrodinamica dello STESSO „ 175 Dissertazione intorno la corrosione delle sponde dei fiumi ed intorno ai ripari che a preferenza di ogni altro conviene impiegare per impedirla ed arrestarla, del Sig. Cavaliere ANTONIO COCCONCELLI pag. 184 Memoria sul magnetismo dissimulato e sopra alcuni fe- nomeni da esso derivanti del Socio Presidente Ca- valiere STEFANO MARIANINI „ aoi Di alcune proprietà delle più semplici lìazioni continue e periodiche. Memoria del Socio Professor GIUSEPPE BIANCHI „ 219 Origine aritmetica delle serie infinite più elementari e del binomio Newtoniano. Memoria dello STESSO „ ^89 Memoria postuma del Professor DON LIBERATO BAC- 1 CELLI fu Socio attuale sopra una macchina di dif- frazione da lui inventata „ i56 Ricerche Elettro-Fisiologiche. Corrente muscolare. Prima Memoria del Professor CARLO MATTEUCCI Socio attuale „ 268 Della Corrente propria della Rana. Seconda Memoria dello STESSO „ a8ò Sulla Contrazione indotta. Terza Memoria dello STESSO „ 356 Trisezione Geometrica degli archi di cerchio, e Descri- zione di curve algebriche col mezzo della base va- riabile di un triangolo. Memoria del Dottor AM- BROGIO FUSINIERI Socio attuale „ 294 Su la integrazione approssimata delle Funzioni. Note del Professore GASPARE MAINARDI Socio attuale „ 809 Riflessioni sopra 1' inverno dell' anno corrente 1845. Memoria del Professore GIUSEPPE BIANCHI Socio attuale „ 33o Storia di una sensazione particolare che provava una Paralitica quando veniva elettrizzata durante il corso mensile. Del Socio Cavaliere Presidente STEFANO MARIANINI ,, 379 (0 STATUTO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. 1843. I. XJa Società Italiana delle Scienze residente in Modena è composta di Quaranta Socj Attuali, tutti Italiani, di merito maturo, e per Opere date in luce ed applaudite riconosciuto. II. La scienza della natura è il grande oggetto, che la Società medesima si propone. Pubblicherà pertanto, sotto il titolo di Blemorìe di Matematica e di Fisica^ le produzioni di chiunque de' Socj vorrà render pubblico negli Atti Sociali il frutto de' proprj studj. III. De' quaranta Membri, uno sarà Presidente della So- cietà, e la presidenza durerà sei anni. Questi può eleggersi e risiedere in una qualunque Città dell' Italia, ma in Modena esister deve sempre sotto gli ordini del Presidente una rap- presentanza, e in Modena sempre si pubblicheranno gli Atti della Società. IV. Avrà la Società un Segretario, ed un Vicesegretario amministratore residente in Modena. Il primo sarà partecipe di tutte le facoltà dei Quaranta, benché non fosse uno d'essi, ed avrà diritto, non obbligo, di presentar Memorie da inse- rirsi negli Atti. Il secondo terrà il maneggio economico. V. 5. I. Altra Classe vi avrà di Socj Emeriti in numero indeterminato. Essa è preparata a chiunque dei Quaranta, o per età avanzata, o per abituale mancanza di salute, o per altro motivo, non producesse verun suo lavoro in tre conse- cutivi tomi delle Memorie sociali. 15 oJìi'n 'i> Tomo XXIII. 5. 2. Ma se un Socio attuale passasse negli Emeriti dopo aver posto otto Memorie ne' tomi sociali, in tal caso segui- terà a godere, quantunque Emerito, tutte le prerogative di Attuale. §. 3. Che se un Socio Emerito ponga Memorie in tre tomi consecutivi, sarà restituito nel ruolo degli Attuali. VI. Un' altra Classe, parimente indeterminata, compren- derà i Socj Onorar] . A questa saranno ascritti, previo 1' as- senso di ventuno almeno dei Quaranta, i Compilatori, eletti dal Presidente, degli elogj de' Socj attuali delunti. Inoltre , esso Presidente potrà aggregare a questa classe, nel suo ses- senio, due Soggetti, non più, che avessero operato cosa a j)rò della Società, onde meritassei'o d' esserne onorati parti- colarmente. VII. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Socj Stranieri, stabilita per distinguere ed onoi'are il merito delle Scienze in qualuucpie parte fuori d' Italia. Sarà composta di dodici Soggetti, a ciascun de' quali veiTà esibito in dono un esemplare d' ogni Volume, che uscirà in luce, delle Memorie Sociali. Vili. Le aggregazioni alle classi de' Socj attuali e degli stranieri si faranno nel modo seguente. Per ogni posto che rimanga vacante, dovrà il Presidente, col mezzo del Segre- tario propoi're sei nomi a ciascuno de' Socj attuali, il qual tara scelta d' uno, e lo indicherà per lettera al Segretario. Quel de' sei, che, entro il termine di due mesi dalla proposta, avrà più suffragj, s' intenderà aggregato, e la Compagnia sarà fatta opportunamente consapevole dell' acf[uistato Cooperatore. Qualora accadesse che due o più Candidati avessero parità di voti maggiori, il Presidente avrà il voto di preponderanza per decidere sulla scelta. IX. All' elezione del Presidente saranno invitati li Socj attuali con una lettera circolare del Segretario , al f[uale ognuno di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da sé eletto a Presidente: e la pluralità de' voti, che arriveranno (3) al Segretario, dentro il termine di due mpsi dopo la data del circolare invito, determinerà 1' elezione, che dovrà esser dal Segretario annunziata ai MemJjri votanti. X. Ciascheduno dei Quaranta ha' facoltà d' inserire negli Atti una scoperta utile, un' importante produzione, anche di persona non aggregata ma Italiana, purché tal produzione, o scoperta sia giudicata degna degli Atti stessi anclie da un al- tro Socio, il qual venga destinato segretamente dal Presidente di volta in volta all'esame della cosa presentata, ed il suo nome ( quando approvi ) si stampi insieme con quello del presentatore. XI. Di questi Autori non Spcj dovi'à il Presidente ag- giungere i nomi, segnati con asterisco, ai sei che presenta, a tenor dell' articolo Vili, per l' elezione d' un Socio attuale. Bensì questa nomina cesserà, dopo fatta sei volte, contate dalla puhhlicazione d' ogni Memoria. XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne' Vo- lumi della Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e in carattere chiaro. Il Segretario dovi'à apporvi la data del recapito, acciocché sieno stampate con essa in fronte e per ordine di tempo. Che se l'opera sia voluminosa, può l'Autore distribuirla in due o più parti pe' tomi susseguenti. XIII. Tutto ciò che è destinato pegli Atti dev' essere nuovo, inedito, importante, ed analogo all' indole scientifica di questi Volumi, che non ammette sfoggio d' erudizione, né moltitudine di note e di citazioni. XIV. I fogli stampati di ciascun Volume non dovranno eccedere il numero di cento. Le Memorie soprabbondanti re- steranno in deposito pel tomo susseguente, o saranno resti- tuite agli Autori che le dimandassero. Bensì, nel caso di so- prabbondanza, le Dissertazioni degli Autori non Socj dovranno cedere il luogo a quelle de' Socj. XV. La Società non si fa risponsabile delle Opere pub- blicate negli Atti. Ogni Autore dev' esser mallevadore delle cose proprie, come se le pubblicasse appartatamente. (4) XVI. Non permette peraltro la Società le invettive per- sonali, e né anche le critiche non misurate: sopra di che ve- glierà il Segretario, e ne farà inteso il Presidente per un ac- concio provvedimento. XVII. Il Socio attuale, Autore d' una Memoria o d' un Elogio, avrà in dono cinquanta esemplari della sua produzio- ne, con frontispizio apposito, e con la numerazion delle pa- gine ed il registro ricominciati. Ad ogni altro Autore saranno corrisposte dodici copie. Qualunque Autore ne desiderasse di più, non sarà aggravato d' alcuna spesa per conto della com- posizion tipografica. XVIII. Neil' atto di queste spedizioni sarà trasmessa ai Socj, che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimo- strazione stampata del numero de' suffragj toccati ad ogni Candidato, senza il nome però de' votanti, e cosi ancora i conti stampati dell' amministrazione tenuta dal Vicesegretario amministratore. XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in dono un esemplare d' ogni Volume delle Memorie sociali, che andrà successivamente uscendo alla luce. XX. I doveri del Presidente, oltre i già mentovati, sono : mantener 1' osservanza dello Statuto ; eleggere il Segretario ed il Vicesegretario, qualunque volta sia di bisogno; avere in governo e cura ogn' interesse della Società; rivedere, al- meno una volta all'anno, i conti dell'amministrazione del Vi- cesegretario, alla validità de' quali fa d'uopo l'approvazione e sottoscrizione di mano propria del Presidente, e ragguagliar finalmente il Successore dello stato degli affari nell' atto di rinunziargli 1' Uffìzio. XXI. Dopo il Presidente, il Segretario è la Persona pro- priamente deputata a mantener corrispondenza con tutti i Membri della Società, e quasi centro, ove debbono metter capo tutte le relazioni Sociali. Egli invia le patenti d' aggre- gazione ; jiresiede alla stampa, ai Correttori di quella, ed all' incision delle tavole; prende cura delle spedizioni, e d'ogni (5) altro interesse della Società, sempre però con l'approvazione del Presidente. Egli deve pure tener registro d'ogni atto che importi ; custodire i voti de' Socj per le elezioni, manifestan- doli al Presidente ad ogni richiesta ^ e finalmente eseguir tutto ciò, che ne' precedenti articoli gli è addossato. XXII. 5- !• Ad esempio delle principali Accademie, la Società Italiana delle Scienze avrà Membri pensionar] ; e la pensione sarà d'annui zecchini ventiquattro, pagabili per metà allo spirare d' ogni semestre ; non computate in verun caso , sia di morte, o di rinunzia, o di transito negli Emeriti, le frazioni di semestre. :.;,■■>.- :■■. i ., 5. a. Saranno capaci della pensione li tre più anziani, e di permanenza non interrotta, nel ruolo de' Socj attuali ; sin a tanto però che rimangano nel ruolo medesimo. 5. 3. Qualunque volta 1' eguaglianza d' età accademica renda ambigua la scelta d' uno o più Pensionar] , sarà tolta l'ambiguità concedendo la preferenza alla maggior età natu- rale. Nel qual caso, il Segretario chiederà a ciascun de' coe- tanei come sopra, documento legale dall'epoca di sua nascita; e chi non lo faccia a lui pervenire entro mesi tre dopo la domanda, s' intenderà che rinunzj alla pensione. 5. 4- Due Socj (sia ciascun d'essi attuale o emerito) po- tranno inoltre goder la pensione, loro vita naturale durante , quando siano autori ciascuno di dieci o più Memorie stampate, ne' Tomi Sociali, il valor delle quali venga giudicato degno di tal premio dalla pluralità assoluta de' Socj attuali, a pro- posizione del Presidente; ovvero dalla pluralità relativa, quando si tratti di giudicare del merito relativo fra più Candidati. §. 5. In ambi questi partiti le opinioni de' Socj reste- ranno sempre segrete, ed a sola notizia del Presidente e del Segretario : si pubblicherà unicamente il numero de' suffragi a favore di ciascun Candidato, siccome è prescritto per le elezioni nell'articolo XVIII. §. 6. Avranno titolo di Pensionar] anziani li tre del 5- 2; di Pensionar] giubilati li due del 5- 4- (6) 5- 7- Potrà il Pensionarlo anziano passare a goder la pen- sione come ginbilato, sotto le condizioni prescritte dal §. 4 5 e qnando T un de' due posti sia vacuo. XXIII. A conipensazion delle spese, che incontrano i Qua- ranta ne' porti di lettere per cagion della Società, ogni anno, nel mese di Gennajo sarà fatto l'esame, onde riconoscere i Membri attuali, che avranno corrisposto a tutte le lettere del Presidente e del Segretario nel corso dell'anno antecedente, e dentro li rispettivi termini di tempo in esse specificati; ciascuno de' quali Socj avrà diritto di esigere zecchini tre dalla cassa delia Compagnia. XXIV. 5- I- Ogni volta, che la forza pecuniaria della stessa Società Io consenta, si esporrainio Programmi al con- corso pulìblico. Risoluto ciò dal Presidente, il Segretario in- viterà li Socj attuali a proporre argomenti. Questi esser do- vranno, o Fisici, o Matematici, o Fisico-Matematici, o in qua- lunque modo giovevoli a queste scienze, e sempre applicabili ad utile general dell' Italia. Il Segretario li manderà stampati a ciaschedun Socio, pretermettendo quelli che uscissero dalle condizioni ora prescritte. Ogni Socio spedirà al Segretario il proprio suffragio per la scelta dell' argomento, e dichiarerà insieme qual premio reputi conveniente e ([ual tempo alla facitura ed alla presentazione delle Memorie. Quel tema che avrà più suflrag j , sarà adottato : nel caso di parità di voti , deciderà la sorte. §. a. Tosto si comunicherà alla Compagnia 1' argomento coronato, ed il numero de' suffragj riscossi da ogni argomento. Neil' atto stesso sarà richiesto ciaschedun Socio attuale di no- minarne tre ( di qualunque Classe, purché Italiani, e dimo- ranti attualmente in Italia ) ; quelli cioè, che ciascuno, osser- vato il quesito, stimerà più adattati a giudicar le Memorie che compariranno al concorso. Quei tre, ne' quali concorrerà maggior mnnero di suffragi ( 1' uguaglianza rimovasi con la sorte ), s' intenderanno destinati a pronunziare il giudizio. (7) 5- 3. Nelle occasioni statuite sopra, saranno come non fatte le risposte de' Socj, qualora non giungano al Segretario dentro quaranta giorni dalla data della rispettiva Circolare di Lui. 5. 4- Il nome de' Giudici eletti rimarrà a sola notizia del Presidente e del Segretario: se non che ciascun di quelli sarà fatto consapevole della propria destinazione, con divieto di concorrere al Programma e di manifestarla a chicchessia: niun di loro saprà i suoi Colleghi. Se qualcuno ricusasse, sarà so- stituito il prossimo inferiore in quantità di voti. Ogni Giudice riceverà, dopo pronunziato il giudizio, un decente compenso dell' eschision dal concorso. 5. 5. Il Presidente, considerati i pareri de' Socj, lo stato economico della Società, e l' importanza di moltiplicare i Pro- grammi, stabilirà la grandezza del premio, ed il termine da assegnarsi al concorso. Sarà tosto promulgato il problema per tutta Italia. Ogni Italiano, anche Socio, potrà concorrere : ri- mangono esclusi li soli tre Giudici. Le Memorie dovranno es- sere inedite, scritte in lingua Italiana, e pervenute nelle mani del Segretario entro il termine prescritto dal programma : il nome degli Autori sarà occulto : ogni Memoria porterà in fronte un motto, e sarà accompagnata da un biglietto suggel- lato, contrassegnato al di fuori dal medesimo motto, e conte- nente, al di dentro in maniera occultissima, nome, cognome, patria, domiciho e profession dell'Autore. Il mancare a qua- lunque delle antecedenti condizioni fa perdere il premio. §. ò. Tosto che il concorso sia chiuso, il Presidente, ve- duto il numero e l'estensione delle Memorie, definirà il tempo, entro il quale ogni Giudice dovrà pronunziare il giudizio. Allora il Segretario trasmetterà le Memorie, tutte unite, ad uno de' Giudici : da cui restituite che siano, e notificato il proprio giudizio al Segretario, saranno da questo fatte perve- nire ad altro Giudice ; quindi con le regole stesse al terzo. Ogni Memoria coronata da un Giudice, sarà stampata col nome dell' Autore. Il premio sarà dato a quella Memoria, che venga (8) coronata da tre, o da due Giudici. Se tutti e tre li giudizj fossero discordi, si dividerà il premio fra le tre Memorie co- ronate. Lo stesso si farà tra due coronate, qualora un Giu- dice neghi il premio a tutte le Memorie, e gli altri due non siano concordi. Che se fossero due li giudizj di negativa ge- nerale del premio, in tal caso il terzo giudizio non sarà di alcun valoi'e : si notificherà alla Compagnia l' esito del giudi- zio, e si passerà alla pubblicazione di nuovo Programma coi metodi stabiliti sopra. §. 7. Ma quando sia conferito il premio, il Segretario annunzierà prontamente ai Socj ed a tutta l' Italia il nome degli Autori delle Memorie coronate, indicando fpiello cui spetta il premio. Esse Memorie saranno stampate senza indu- gio; se ne spedirà un esemplare ad ogni Socio, 12, della pro- pria a ciascun degli Autori coronati, 38 di più al premiato: i rimanenti si esporranno a vendita pubblica. . , . ;■. ■■.':■ :i '..: "i ■' ■■ ■'■'r ■■■■ '■' ■<'.:,' ^'•'. ,. : ■ 1: li . A''\ :, r ■■'■■[■ ■ . + -. •' j . j . : ■ ; . . •;''•■! 1 : ; . . h i il, ■ ■;' 1 • • t . • ^, M ■ (9) CATALOGO DE' MEMBRI COMPONENTI LA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Anno 1845. Rispettiva PRESIDENTE LORO Residenza ARIANINI Sig. Dottore Stefano Cavaliere dell'Or- dine Civile di Savoja, Professore di Fisica Spe- rimentale e Bibliotecario nella R. Università di Modena ^'' •' Modena. SOCJ ATTUALL ALESSANDRINI (Dottor Antonio) Professore di Ana- tomia comparata nella Pontificia Università di Bologna Bologna. AMICI ( Cavaliere Gio. Battista ) I. R. Astronomo nel Museo di Firenze Firenze. AVOGADRO ( Conte Amedeo ) Professore Emerito di '•' Fisica Sperimentale, Uditole nella R. Camera de' Conti a Torino. BELLANI ( Canonico Angelo ) Membro effettivo dell' I. R. Istituto Lombardo, Socio di molte illustri j-' j'-' ì Accademie, di Roma, Firenze, Bologna, Padova ec. e degli Atenei di Venezia, Brescia, Treviso, Ber- gamo ec. Milano. BELLI ( Dottor Giuseppe ) Professore di Fisica nella I. R. Università di Pavia, Membro effettivo Pen- sionato dell' I. R. Istituto Lombardo, Socio Na- zionale non residente dell' Accademia R. delle Tomo XXXIII. Il (IC) Residenza Scienze di Torino, Socio straordinario dell' Ac- cademia R. di Scienze, Lettere ed Arti di Padova, Membro della Facoltà filosofica di detta città Pavia. BERTOLONI ( Cavalier Antonio ) Professore di Bo- tanica Bologna. BIANCHI ( Dottor Giuseppe ) Professore di Astrono- mia nella II. Università di Modena Modena. BIZIO ( Dottor Bartolomeo ) Professore di Chimica nelle II. V\.V\.. Scuole tecniche di Venezia Venezia. BORDONI ( Cavaliere Antonio) Professore attuale di Geodesia nella I. R. Università di Pavia Pavia. ' BUFALINI ( JNIaurizio ) Professore di Clinica Medica della Università di Pisa nelle Scuole Medico-Chi- rurgiche di compimento e perfezionamento in Firenze, Memhro del Collegio Medico Fiorentino, Cavaliere dell' I. R. Ordine del Merito sotto il titolo di S. Giuseppe e di quello dell' insigne Ordine militare di S. Stefano P. M. Firenze. CARLINI ( Cavalier Francesco ) R. Astronomo, Di-' rettore dell' I. R. Specola di Milano Milano. CATULLO (Dottor Tommaso) Professore di Storia ..,,.. Naturale nella I. R. Università di Padova, Ca- valiere di S. Silvestro, Membro dell'I. R. Istituto, delie Società Geologiche di Francia, di Jena ec. Padova. CHIAJE ( DELLE ) ( Dottore Stellino ) Professore di Storia Naturale Napoli. FUSINIEPJ ( Dottor Ambrogio ) Dottore in Legge , Mendjro dell' I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti in Venezia e di altre Accademie Vicenza. GENE ( Giuseppe ) Professore di Zoologia nella Re- gia Università di Torino, Direttore del Museo di Storia Naturale della medesima. Membro e Se- gretario di quella R. Accademia di Scienze ec. Cavaliere dell' Ordine di S. Maurizio e Lazzaro e di (piello del JMerito Civile di Savoja Torino. ('0 Residenza GIORGINI ( Cavalier Gaetano ) Professor Onorario della I. R. Università di Pisa, uno dei Compo- nenti il Consiglio degli Ingegneri del Granducato di Toscana Firenze. GIULIO (Cavalier Carlo Ignazio) Professore di Mec- canica nella R. Università di Torino. INGHIRAMI (Padre Giovanni) Astronomo, Vicario Generale delle Scuole Pie, Direttore dell' Osser- • vatorio delle stesse in Firenze Firenze. LOMBARDI ( Antonio ) Ingegnere, Primo Bibliote- ::• cario della Estense, Segretario della Società Ita- liana, decorato della medaglia d'oro Austriaca pel merito letterario Modena. MAGGI ( Dottor Pietro ) Ingegnere, Piappresentante ; ' nella Società Italiana 1' Accademia Agraria di Verona Verona. MAGISTRINI (Cavalier Gio. Battista) Professore di Matematica nella Pontificia Università di Bolo- ' i ' gna, Pensionario Anziano, Membro di altre So- cietà Scientifiche e Letterarie Bologna. MAINARDI ( Dottor Gaspare ) Professore di Mate- matica, ascritto alla R. Accademia di Upsala ed all' Istituto d' Africa Pavia. MARIANINI ( Cavaliere Stefano ) suddetto Modena. MATTEUCCI ( Cavaliere Carlo ) Professore di Fisica nella I. R. Università di Pisa Pisa. MELLONI ( Cavalier Macedonio ) Direttore dello Sta- bilimento Fisico meteorologico di Napoli, uno dei trenta Cav^alieri esteri della nuova Sezione delle Scienze nell' Oi'dine pel Merito di Fede- rico II. Re di Prussia, Cavaliere della Legion • d' Onore e del Merito di Toscana, Socio Ordi- nario della R. Accademia di Scienze di Napoli, e delle Società R. di Londra e di Edimburgo, (.2) Residenza Corrlspomlciite dell' Istituto di Francia , delle R. Accademia di Berlino, Torino, e dell' Impe- ■> riale di S. Pietroburgo ec. Napoli. MORIS ( Giuseppe ) Professore di Botanica nella R. Università di Torino, Socio della R. Accademia ' \i) di Scienze di essa Città ec. Cavaliere dell' Oi'- dine dei SS. Maurizio e Lazzaro, Cavaliere e .i,.!'- Consigliere dell' Ordine Civile di Savoja Torino. MOSSOTTI (Cavaliere Ottaviano Fabrizio) Professore di Fisica Matematica e Meccanica Celeste nell' I. ' ' ■ \'' R. Università di Pisa Pisa. PANIZZA ( Dottor Bartolomeo ) Professore di Ana- tomia umana nell'I. R. Università di Pavia, Ca- valiere della Corona Ferrea Pavia. PIANCIANI (Padre Gio. Battista) D. C. D. G. Pro- fessore di Fisica nel Collegio Romano e Membro del Collegio filosofico della Università Romana Roma. PIOLA ( Don Gabrio ) Nobile Milanese Presidente dell' I. P\.. Istituto di Scienze, Lettere ed Arti del Regno Lombardo Milano. PLANA ( Giovanni Commendatore ) Professore di Ma- tematica nella R. Università di Torino, Regio Astronomo, Barone e Cavaliere della Legion d' Onore Torino. RIDOLFI ( Marcliese Cosimo ) Fisico e Agronomo , Cavaliere Commendatore, Professore di Agraria ^. e Pastorizia nella I. R. Università di Pisa, Pre- sidente della I. R. Accademia dei Georgofili, Di- rettore Proprietario dell' Istituto Agrario di Me- leto ec. Pisa. RUSCONI (Dottor Mauro) Zoologo, Naturalista, Mem- bro elfettivo dell' I. R. Istituto del Regno Lom- bardo di Scienze, Lettere ed Arti Pavia. (i3) Residenza SANTINI (Cavaliere Giovanni) Dottore e Professore di Astronomia nella I. R. Università di Padova, Socio dell' Accadeniia I. R. di Scienze di detta Città, e della R. Società Astronomica di Londra, Pensionario Anziano della Società Italiana Padova. SISMONDA ( Cavaliere Angelo ) Professore di Geo- logia e Mineralogia nella R. Università di Torino Torino. TENORE ( ]Michele ) Professore di Botanica e Diret- tore del Reale Orto botanico nella R. Università degli Studj di Napoli, Cavaliere del R. Ordine di Francesco I. Napoli. TOMMASINI ( Cavaliere Giacomo ) Professore di Te- rapia speciale e di Clinica Medica nella Univer- sità di Parma, Protomedico dello Stato, Medico Consulente di S. M., Socio di varie Accademie d' Europa , della Società Medica della Nuova Orleans e di Rio Janeiio al Brasile Parma. TRAMONTINI ( Giuseppe) Professore di Architettura luioni nella R. Università di Modena, Accademico di Napoli ec. Modena. VENTUROLI ( Giuseppe ) Professore emerito di Ma- tematica applicata nella Pontificia Università di Bologna, Presidente del Consiglio degli Ispettori d'acque e strade in Roma, Pensionario anziano Roma. . VICO ( DE ) ( Padre Francesco ) D. C. D. G. Diret- tore dell' Osservatorio Astronomico e Professore nn<;\ . di Astronomia nella Università Gregoriana del aii- 'J Collegio Romano, Socio della R. Accademia delle ; T Scienze di Torino, della R. Società Astronomica di Londra ec. Roma. ÌT ZAMBONI ( Abbate Giuseppe ) Professore di Fisica , Rappresentante nella Società Italiana 1' Accade- mia Agraria di Verona VeroJia. .Zs. .{;£ .0&. .\>L (4) DIVISIONE *■;•■■■ .-, .• ^ DEI SOCI ATTUALI NELLE DUE CLASSI MATEMATICA E FISICA. N. B. Li Numeri Arabici indicano i Tomi nei quali sono inserite le Memorie dei Soci ■ quante volte è replicato lo stesso numero, altrettante sono le Blemorie in quel Tomo inserite. Se questi Autori hanno Memorie inserite nei Tomi prima di esser divenuti Socj Attuali, queste non sono qui registrate. Li numeri Romani indicano gli Elogi scritti dai Soci Attuali. i; . . ; i • , ■, CLASSE DI MATEMATICA A, .mici K). 19. 19. ai. Bianchi 20. 20. ao. 21. 21. 22. 22. CXVII. 23. 28. 2.3. 28. 28. Bordoni 17. 18. 19. 19. 19. ao. ,. , '. Cai-lini 18. I. 20. • ■ : • .. J Giorgini 21. ' : . ;' ' 1, ' Giulio . . . . . . . . ■■■]'■:!]■ : ' . . Inghirami • ; ' ' ' '" .' " Lombardi 19. I. 20. I. 20. I. 21. (21). 21. I. 22. I. XXI. 22. (12). XXXIV. 23. L XI. XXXIIL Magistrini 16. 17. 19. - ; . . ,'.[\',' Maggi ' ■ .': (:!!'_>': ■;■ ■. ■• Mainardi 21. 22. 23. 28. 28. ,_; i-\ • Mossotti 19. 21. .■ • •;. ,.'::.(-. .; • .' ;. Piola 20. 21. 22.' .:^'- .•-.[ ^ '.'■ ■;'ìì; ■ :' i •.:= , • ^' . Plana 17. 18. 19. ' '-.' cv ■ ■ Santini 17. 19. 20. 21. 28. " . ' Tramonti ni 21. . ! . Venturoli 12. i4- 19- 2.8. \ '\ ' .•■■'' Vico CLASSE DI FISICA Alessandrini Avogadro 19. 20. 28. (i5) Bellani aa. a3. Belli aa. Bertoloni ao. ai. I. ai. a3. L. a3. Bizio a3. a3. Bufalini Catullo Ghia j e ( delle ) a3. a3. Fusinieri aa. a3. Gene a3. Marianini ai. a3. a3. a3. a3. Matteucci a3. Melloni a3. a3. a3. i.iiijvv;. Moris Panizza . . .''.'!)•.".??• i'o"? (ori Piancianl aa. aa. i Ridolfi a3. I. ;jiaiii5V;.J '/l Rusconi .' . . .i ^..v'. . ' 'JI Sismonda . . . '; 'v>i-rT i . Tenore aa. a3. ! Tommasini ai. /oiO nJnoO ) IJl'*I03?, Zamboni 19. ac. ac. ai. ;(>*;;;ì-ooìj:ì^/. ì'» r.ìmobr.oo/Jìhh ""O'ioY ib oh SOCI EMERITI : iortoa ^ rr'ov. Residenza MICHELOTTI { Cav. Ignazio ) '18 1.308 Torino. SOCI ONORARI -o^-^rrf") ^'OkHk BERRUTI ( Dottor Secondo ) ( oinouiU .. : Torino. • BRAMBILLA (Professor Paolo y.mbib'ìjO o:> Milano. ■ GAGNOLI (Ottavio) ■ ' - '-'■'' ' Vero?ia. e GAMPOSTRINI DE' NOBILI (Giovanni Antonio) Presidente dell'Accademia dì Agricoltura, Arti ', f/' ';..l e Gommercio di Verona .«Jc/^i^vo Ferona.^^-^ (ir.) Residenza DIETRICHSTEIN (Sua Eccellenza Conte Maurizio) Presidente della I. R. Biblioteca di Vienna e iccl: '.oC. del Museo Numismatico Anti(juario ec, Mag- .f_ . "sifi giordomo della Corte di S. M. 1' Imperatrice d' Austria Vienna. FABENI (Dottor Vincenzo) .. .- .'■:. ■ Padova. GIORGI (Padre Eusebio) delle Scuole Pie . "- .•; Firenze. LANDI ( Marcliese Cav. Ferdinando ) Piacenza. LUGLI (Professor Giuseppe) ' . . Modena. PALLETTA ( Dottor Marco ) . Milano. PEZZANA (Cavaliere Professor Angelo) D. Biblio- r.ii;)?<;. tccario P arnia. ' RICCARDI ( Dottor Geminiano ) Professore di Ma- tematica Modena. PtOVIDA ( Cavaliere Professor Cesare ) Milano. RUFFO (Sua Eccellenza Don Folco) Principe di . i Scilla, Ministro degli Affari Esteri del Re di Napoli Napoli. SCOPOLI ( Conte Giovanni ) Segretario perpetuo dell'Accademia di Agricoltura, Arti e Commer- cio di Verona Verona. ZOPPI ( Dottor Medico Gio. Battista ) Verona. SOCI STRANIERI. Ar\.i\.GO ( Francesco Giovanni Domenico ) Mate- matico e Fisico Parigi. BERZELIUS ( Gio. Giacomo ) Chimico Stokolm. BESSEL ( Federico Guglielmo ) Astronomo Konisgsberg. BIOT ( Gio. Battista ) Fisico Matematico Parigi. CAUCHY ( Agostino Luigi ) Matematico Parigi. FARADAY ( Michele ) Chimico e Fisico ' Londra. FUSS ( Paolo Enrico ) Segretario della I. R. vVc- cademia di Pietrolnirgo Pietroburgo. (17) r / I/f ' Residenza GAUSS ( Carlo Federico ) Matematico Gottinga. GAY LUSSAC Fisico Parigi. HERSCHEL ( Gio. Federico Guglielmo ) Astro- nomo Londra. HUMBOLDT ( Barone Alessandro ) Fisico Berlino. THENARD ( Barone ) Chimico Parigi. . - -T ,■■ ' &GHETARIO. LOMBARDI (Antonio) Modena. Vice - Secret AKio Amministratore. RUFFINI (Avvocato Luigi) 'ab i-JaioocS kì Modena. ■ V. i.J^.:..;;j.;:. i. 'i óin 1 -li!' is; j..,.. : ; ,- -- r:nifftan ;j1 /loq! a'i/ìIoaiiO iiJiloa Upli lOrijaic! OfÌJOPS 'llf)jb Ì3n08'13iI ib Jillb bI Oh. . ;''vi->(j ^idfjilii}! ijriixnaiyS il- Tomo XXIII. m C (,8) -'':r:: ANNALI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE » RESIDENTE IN MODENA ■' 'A-. > 1.1. f; 11! CONTINUATA 'iXtil'' ^'1 'ìmAj > ;■ ..r,„.r;ìri . n.;i/ /ri^jHT DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI UAL PRIMO GENIM.yO MDCCCXLI A TUTTO IL MDCCCXLV. , ,' ( 339. jTrivata la Società del suo Socio attuale Cavaliere Pro- fessore Valeriano Luigi Brera mancato ai vivi in Venezia li 4 Ottobre dell'anno 1840, si diramò il 3 Novembre la solita Circolare per la nomina di un nuovo Socio, che iu scelto nella persona dell' Ecciho Signor Dottor Tom- maso Catullo Professore di Storia Naturale nella R. Uni- versità di Padova, il quale gradi questa determinazione della Società, come risulta dalla lettera con cui rispose alla mia di partecipazione a lui indirizzata. 340. Il Chiarissimo Signor Marchese Cosimo Ridolfi , come Presidente della terza Riunione degli Scienziati Italiani da tenersi a Firenze dal i5 al 3o Settembre 1841, di- resse a Sua Eccellenza il Signor Marchese Luigi Rangoni Presidente della Società Italiana la Circolare che invitava i Dotti ad intervenire alla divisata Riunione e che è del seguente tenore : TERZA RIUNIONE DEGLI SCIENZIATI ITALIANI „ Sceglievano la città di Firenze per sede alla loro terza „ Riunione gli Scienziati Italiani, perchè questa scelta li Scritti dal Segretario A. Lombardi (19) ,Ti»iolHamava sì alla terra che, dopo avere ridestate le arti e „ le letteare. Fu cuna alla filosofia sperimentale, si alla Reggia ,4 in cui: fu accolto l'alto pensiero di questa nuova e grande ,^ istituzione, e in cui) 1 il magnanimo Principe innalza al di- ,ii vino Galileo un tempio, ove nei manoscritti e negli stru- „ menti di lui si: serberai raccolta tanta parte della gloria ,, italiana. un i,iii> ,.. „ Veniva nella mente di ognuno che gli Scienziati riu- „ niti in Firenze, in inezzo a tanti e si splendidi monumenti „ di arti e di scienze, in mezzo à così validi impulsi moderni, „ intenderebbero. don.ipiù acceso animo a correre la via aperta „ gloriosamente dai nostri maggiori : e con questo proponi- „ mento renderebbero degno omaggio della riconoscenza loro „ a quel Principe, che eccitava il progresso delle scienze e „ provvedeva al decoro della patria comune. „ .i.-ci'i iJ> ^- „ Quel giorno bene augurato si appressa. E ci gode „ l' animo nell' annunziare, che il Granduca Nostro Signore , „ approvata con la massima soddisfazione la scelta della Sua „ Capitale per luogo della terza Riunione degli Scienziati Ita- „ liani, e con larghezza di regio potere e di filosofica prote- „ zionè per gli studj promessa ogni maniei-a di ajuti, per- „ mette che dessa Riunione cominci il dì i5 Settembre 1841 „ per durare fino al termine di quel mese. „ Come è già noto per legge stabilita nella prima Riu- „ nione in Pisa, hanno diritto a far parte del detto Consesso ,, Gli Italiani ascritti alle principali Accademie o Società „ scientifiche istituite per l' avanzamento delle scienze naturali. „ i Professori delle scienze fisiche e matematiche , i Direttori „ degli alti studj 0 di Stabilimenti scientifici dei varj Stati „ d' Italia, e gì' Impiegati superiori nei Corpi del genio e dell' „ artiglieria. Gli Esteri compresi nelle categorie precedenti sa- „ ranno pure ammessi alla Riunione. >I^v,','m ,,v „ Teniamo per fermo che i nostri confratelli, ai quali „ spetta il prezioso diritto d' intervenire alla Riunione, con- „ correranno in molto numero ad esercitarlo, onde contribuire \ (ao) A!nnali odella Società „ ai grandi vantaggi che tanto ai privati quanto all' univer- „ sale dalle scienze speculative ed applicate derivano. „ Né di più efficaci parole fa d' uopo ad invitare gli „ Scienziati esteri, poiché la estimazione di loro verso l'Italia „ scientifica ci è garante clie vorranno essere ad un tempo „ testimoni di quanto essa fece e fa, e validissimi cooperatori „ alla nobile impresa. i „ Un altro avviso farà conoscete le ulteriori e speciali „ disposizioni per l'ordinamentondella 'Riunione, e per le co- „ niodità degl' intervenienti. . li . . „ Intanto ci è grato di render no^o, che sono stati eletti „ alla carica di Assessori il Sig. Professore Cavaliere Gaetano ,, Giorgini, Soprintendente agli studj del Granducato, ed il „ Sig. Cavaliere Giuseppe Gazzeri, Professore dell'Università di Pisa. „ 55 Firenze, 28 Dicembre 1840. '-. ' ' ,1, ;, , Il Presidente Generale Marchese COSIMO RIDOLFI _,'.'.: i'' ) . ,-. , 1 ' ' 'i.o . '•; ! il ... Il Segretario Generale , . "■ Cav. Ferdinando TartiNi. A questa comunicazione io risposi ringraziando il sullo- dato Signor Marchese Presidente e lo prevenni che avrei di- ramata ai nostri Socj, come feci, la sua lettera. ;: i: liii ., 341. Allorquando S. M. l'Imperatrice d'Austria Maria Anna Carolina Pia figlia del defunto Re di Sardegna Vittorio Emanuele venne a Modena nel Giugno dell' anno 1841 a visitare l'Augusta Famiglia Regnante con cui era stretta da vincoli di parentela, era Maggiordomo della sua casa Sua Eccellenza il Conte Maurizio Dietrichstein Prefetto della I. R. Biblioteca di Vienna, del Museo numismatico ed archeologico ec. , colto Cavaliere nelle ottime disci- pline versatoj non poteva perciò il Signor Marchese Pie- ri. ;■ > ,'iMy ,. r •' i ,.!!! '.■■ l .. •'■ ■• ■ iM« r Scritti dal Segretario A. Lombardi (ai) siderite della Società usar meglio del diritto a lui conce- duto dall' articolo VI dello Statuto Sociale, quanto col nominare a nostro Socio Onorario questo egregio Signore, a cui io partecipai tale risoluzione del Presidente con mio rispettoso foglio, al quale non tardò il prefato Signore a rispondere una gentilissima lettera di ringraziamento concepita nei seguenti termini : jHiarissimo signore „ Quantunque io senta che le più eloquenti espressioni non giugnerebbero mai a ritrarre pienamente la mia viva riconoscenza nel vedermi aggregato allo scientifico Areopago d'Italia, vuole giustizia ch'io tenti almeno con queste linee far fede dell'altissimo pregio in cui tengo l'onore imtne- ritamente impartitomi, pregando V. S. a renderne consa- pevole r illustre Consesso. „-Sprovveduto dell'ingegno e dell'ozio necessarj per con- tribuire cogli scritti al progresso delle scienze severe, al quale tende in ispecial modo la dottissima Società dei XL, mi valga in qualche guisa presso di lei l' amore eh' io ho sempre ad esse portato, e ai loro degni cultori, parecchi dei quali mi son legati di sincera ed antica amicizia. „ E siccome la presidenza ai più importanti Istituti scien- tifici e letterari della mia patria m' offre pure occasione onde conoscere l'andamento universale degli studj, animarli e giovarli di copiosi amminicoli, ho fiducia di potere alcuna volta comunicare alla celebre Società le produzioni più ri- levanti della Germania. „ Favorisca, chiarissimo Signor Segretario, di presentare i miei distinti ossequj a S. E. il Sig. Marchese Luigi Ran- goni, ed accolga i sentimenti particolari della mia profonda considerazione, con cui godo di dichiararmi Di V. S. lUma Modena, 18 Gixtgno 1841. ij,. Devino Obbiho Servitore Conte ]Maurizio Dietrichstein. (aa) Annali della Società 34^. Mancarono due Socj al nostro Corpo Accademico per la morte dell'Astronomo Niccolò Cacciatore di Palermo ac- caduta li 2. Gennajo 1841, e per quella del Professore Abate Camillo Ranzani avvenuta in Bologna alli 2,3 Aprile dell'anno stesso. A ([uesti due Soggetti furono sostituiti in seguito delle solite proposizioni del Presidente diramate ai Colleghi, il Signor Cavaliere Professor Bartolomeo Bi- zio Chimico a Venezia, ed il Signor Marchese Cosimo RidoHi Agronomo Fiorentino, i quali accettarono questa , promozione esprimendo perciò con lettera i sentimenti della loro riconoscenza al Corpo Sociale. Non si ommise di partecipare allo stesso queste variazioni accadute, come pure gli si notificò la determinazione di Sua Eccellenza il mentissimo nostro Presidente che usando sempre della facoltà di cui sopra, nominò a Socio Onorario 1' Eccmo Signor Dottor Geminiano Riccardi Professore di Matema- tica pura ed applicata nella R. Università Modenese de- gli Studj, e Segretario generale della lì. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena. Si fece premura il sunnominato Signor Professore di esprimere con grazioso foglio alla Società Italiana i più vivi sentimenti della sua riconoscenza per la distinzione onorevole dalla medesima a lui conceduta. 343. Compito il secondo sessenio della Presidenza del Mar- chese Rangoni, si prevennero secondo le regole statutarie i Signori Socj perchè nominassero un nuovo Presidente. Terminato il solito periodo per la votazione si radunarono il giorno 3 del Dicembre, anno 1841, li Socj dimoranti in Modena unitamente ai Segretarj del Corpo Accademico nella R. Università, senza però l' intervento della prefata Eccellenza Sua impedita già dall' intervenirvi per lunga malattia, e fattosi lo scrutinio dei voti, videsi che il pre- lato Cavaliere ottemito aveva voti ventidue, e quindi la pluralità assoluta, cosicché venne egli rieletto per la terza volta a Presidente della Società Italiana delle Scienze. Scritti dal Segretario A. Lombardi (aS) Partecipata a lui questa determinazione con mia ri- spettosa lettera segnata 8 Dicembre di esso anno, ne ot- tenni a motivo della suindicata infermità, verbale risposta che accettava di essere rieletto a tale incombenza. No- tificai quindi con mia Circolare del 2,3 detto ai Golleghi una tale risoluzione, e ad un tempo trasmisi loro una nota di Dotti per coprire il posto del celebre Botanico Decandolle defunto nella classe dei nostri Socj stranieri. 344- Terminata la stampa della parte fisica che compie il Tomo XXII delle nostre Memorie, se ne fece la solita distribuzione ai Signori Colleghi sul cominciar del Set- . tembre di quest' anno, e si die' tosto mano alla pubbli- cazione della parte fisica del Tomo XXIII. 345. Il celebre Astronomo Bessel di Konisberga fu fra li Can- didati proposti prescelto ad occupare il posto del suUo- - • dato Decandolle, ed avendogli io ciò partecipato, egli mi rispose ringraziando il Corpo Accademico dell'onore com- partitogli, ed esternandomi il desiderio di poter inviare qualche di lui scritto alla Società. 346. Li Signori Murchison e Sabine SegretarJ dell' dissociazione Britannica per V avanzamento della scienza avendomi spe- dita lettera di invito ai Dotti Italiani per intervenire alla radunanza da tenersi a Manchester il ^3 Giugno dell'anno i84a, la comunicai alla Compagnia con Circolare del 6 Aprile, e poscia diressi ai nostri Socj stranieri li Signori ' Herschel e Faraday dimoranti a Londra lettere creden- ziali segnate il 2,7 Maggio, pregandoli a rappresentare la Società Italiana delle Scienze a quell' illustre Congresso , ed a volermi poi informare sull'esito della loro missione. - Il Chimico celebre Signor Faraday si compiacque di ri- spondermi che aveva presentata alla Presidenza ed al Consiglio di Amministrazione la credenziale inviatagli dalla Società, e che il suo Collega Signor Herschel Astronomo doveva esser stato presente alla Riunione dell'ultimo pe- riodo, ed aver così rappresentato meglio a quel rispetta- bile Congresso il Corpo Accademico Italiano. (^4) Annali della Società 347. Dilesse pure alla Società nostra il celebre Architetto Idraulico Signor Cavaliere Wiebekiiig di Monaco in Ba- viera una sua proposizione, di tener cioè nell'Agosto dell'anno 1842. in detta Capitale un Congresso d'Inge- gneri ed Architetti. A tale comunicazione io corrisposi sempre, secondo le disposizioni di Sua Eccellenza il Pre- sidente, con un' ufficiosa lettera di ringraziamento. E con- tinuarono sempre le relazioni con li Corpi scientifici Ita- liani ed esteri, fra i quali 1' I. R. Istituto del Regno Lom- bardo Veneto mi trasmise col mezzo del chiarissimo suo Presidente e nostro Socio Attuale il Cavaliere Carlini il Programma di concorso aperto per privata elargizione dell'egregio Sig. Ingegnere Carlo Paganini Milanese, re- lativo alla costruzione di una Casa di licovero in Milano; Programma che con mia Circolare 11 Agosto 1842. feci conoscere alli Signori Colleghi. In tale circostanza il sul- lodato Signor Cavaliere Presidente si compiacque di tras- mettere alla Società il tempo delle Osservazioni fatte alla Specola Milanese in occasione dell' Ecclisse totale del sole seguito agli 8 Luglio dell'anno 184^5 ed il disegno dell'Osservatorio magnetico di Dublino speditogli dal Pro- fessore Lloyd. 348. La volontà dei Signori Colleghi si decise di sostituire al defunto Socio Attuale Conte Pietro Abbati Marescotti il Signor Dottore Stefano Delle Chiaje Professore di Storia naturale a Napoli. Gradi egli questa risoluzione della Società come apparisce dalla sua risposta alla mia lettera di partecipazione, e di tutto ciò informai con mia Cir- colare 1 1 Agosto il Corpo Accademico. Ricevette la So- cietà nostra la seguente Circolare che invitava i Dotti al Congresso Scientifico da tenersi in Padova in quest'anno 1843; perlocchè Sua Eccellenza il Signor Marchese Pre- sidente destinò li due nostri Socj Attuali Cavalieri, Pro- fessore Gio. Battista Amici e Professore Stefano Marianini a rappresentare la Società nostra alla Riunione scientifica Scritti dal Segretario A. Lombardi (aS) . , suddetta, al .quale oggetto furono muniti delle opportune credenziali.ii!., ■)-./], -- cll-vfi fìimoiioM)'/ il' v.V'n;? .'i i. QUARTA RIUNIONE DEQLI SCIENZIATI ITALIANI „ Dagli Scienziati Italiani adunati in Torino nel Settem- „ bre 1840 si prescelse Padova a sede della IV Riunione. La „ Congregazione Municipale di Padova significò tosto al Pre- „ sidente Generale del Consesso Torinese quanto apprezzasse „ r onore che veniva fatto a questa Città, antichissima stanza „ della dottrina ; e S. M. L R. Ap. permetteva che avesse „ effetto la scelta. 1 «saaiots r.ù'n' iiyijjoiM ^. „ La munifica protezione conceduta dall'Augusto Monarca „ nostro Signore ad ogni maniera di Studj ; 1' amore alle „ Scienze natui-ali del Serenissimo Arciduca Viceré di questo „ Regno ; lo zelo delle Autorità Regie ; le sollecitudini delle „ Municipali ; la lietezza dei Cittadini nell' accogliere Ospiti „ cotanto pregevoli, assicurano gli Scienziati accon-enti alla „ IV Riunione, che troveranno qui predisposti i mezzi oppor- „ tuni a facilitare le private comodità del vivei'e, il fratellevole „ consorzio fra essi e il buon ordine delle loro adunanze. „ Accompagniamo questa assicurazione all' annunzio che „ il Congresso avrà incominciamento il di i5 Settembre 18421 „ e si scioglierà nel giornc ag del mese stesso; che per l'Art, a" „ del già pubblicato Regolamento hanno diritto di esserne „ Membri gì' Italiani ascritti alle principali Accademie o So- „ cietà Scientifiche istituite per l'avanzamento delle Scienze „ Naturali, i Professori delle Scienze Fisiche e Matematiche, „ i Direttori degli alti Studj o di Stabilimenti Scientifici dei „ varj Stati d' Italia, gì' Impiegati Superiori nei Corpi del „ Genio e dell' Artiglieria ; che gli Esteri compresi nelle ca- „ tegorie precedenti saranno pure ammessi alla Riunione, e „ che sono stati eletti alla carica di Assessori il nobile SÌ2;nor „ Cavaliere Nicolò da Rio Direttore degli Studj Filosofici e „ Matematici nella I. R. Univei-sità di Padova, Membro dell' To?no XXIII. • '1 . , IV (ab) Annali della Società I. R. Istituto Veneto, ed il Cavaliere Giovanni Santini Pro- fessore di x\stronomia nella stessa Università e Vice- Presi- dente dell'Istituto. .i „ Speriamo che alla IV Riunione convengano in molto numero gli Scienziati Italiani, ai quali non la bisogno ri- cordare necessaria la continuazione de' loro annui avvicina- menti per maturare il frutto di una concordia scientifica , tanto più importante in Italia, quanto più lungamente ed invano desiderata. Speriamo eziandio che la IV Riunione sarà come le precedenti onorata dai Dotti stranieri, i quali congiuntamente ai loro Confratelli Italiani giovino il rapido progredimento della scienza fatta dalla presente civiltà nodo tenacissimo fra le Nazioni. „ I Rettori delle Università, i Presidenti delle Accademie, ,, i Direttori e Capi degl' Istituti scientifici sono pregati di „ partecipare ai Corpi, cui presiedono, queste notizie. „ Padova, 27 Aprile 1842. ■'■;.•■■: - Il Presidente Generale ;, ,. Dott. ANDREA Conte CITTADELLA VIGODARZERE. ' • Il Segretario Generaie Dott. Roberto De Visiani Prof. 34o- La R. Accademia delle Scienze di Torino sempre intenta all' avanzamento de' buoni ed utili studj indirizzava alla Società nostra un triplice Programma di concorso che io comunicai ai Colleglli, e che mi pregio di qui riportare: , ACADEIMIE ROTALE DES SCIENCES DE TURIN Classe des Sciences Physiques et Mathematiques ' ■ Questìoii de Physìque. „ La Classe des Sciences Phisiques et Mathematiques de „ l' Académie Royale des Sciences de Tuiin par son Programme ,, du -Il Avril 1889 avait propose pour sujet d'un prix, qu' „ elle devait décerner après le .3i Décembre 1841, la que- „ stion suivante de pliysique : Scritti dal Segretario A. Lombardi (27) „ Détermìner expériinentalement la chaleur spécìfique du „ plus grand nombre possible de gaz permanens, soit simples, „ soit composés. On désire que V on détermine séparement, au „ moiìis polir quelques substances gazeuses , la chaleur spéci- „ fique sous pressìon constante et sous volume Constant, a fin „ de vérifier la relation admise par Dulong entre les deux „ sortes de chaleurs spécifiiques des gaz rapportés au méme „ volume, et qui consisterait en ce que leur différence serait „ une quantità constante pour tous les gaz. „ Le terme en étant échu, sans qu' aucun mémoire re- „ latif à cette question ait été présente au concours, la Classe „ convaincue de 1' importance que la connaissance des cha- „ leurs spécifiques des corps gazeux présente pour la science, „ et surtout pour la théorie atomique, et ayant égard à la „ difficulté des recherches requises pour satisfa ire à sa de- „ manda, a jugé convenable de prolonger le terme du con- cours jusqu' au 3f Décembre i843. „ Dans ce but, la Classe, se rapportant à ce qu' elle a dit dans son premier Programme, rappelle que les substances gazeuses simples, dont on a jusqu' ici détermine la chaleur spécifique, se reduisent à deux, outre l' oxigène avec le- „ quel on doit les comparer, savoir l' azote et l'hydrogène, „ et que e' est par rapport à eux seulement qu' on a vérifié „ par expérience la lei de 1' élegalité de la chaleur spécifique „ des gaz simples à volume égal ; que les gaz composés, aux „ quels on a étendu les expériences de ce genre, sont aussi „ en fort petit nombre; et ne comprennent entre leurs com- „ posants, outre les trois substances déja observées à l'état „ gazeux , et dont il à été parie ci - dessus , qu' une autre „ substance seulement, le carbone, qu' en conséquence les „ resultats qui y sont relatifs, ne peuvent étre regardés comme „ suffisants pour établir avec certitude la loi de la chaleur „ spécifique des atomes composés, ni pour en déduire celles „ des autres substances simples considérées à l' état gazeux. „ Il est indispensable d' après cela pour l'avancement de la (2.8) Annali della Società „ théorie, quo la dótermination des chalenrs spécifiques des „ gaz simples composés soit étendue au plus grand iiombre „ possibile de ces corps, et qu' on y compretine, par exeaiple, ,. poni- les gaz des substances simples, le chlore, et pour les ,, gaz composés, le gaz acide sulfiireux, le gaz hydrogène sul- „ iure Oli acide hydrosulfurique , 1' hydrogène pliosphoré , „ r hydrogène arsenié, le gaz ammonìaque, les gaz acides „ hydrocloriqiie et hydriodique, le gaz fluosilicique etc. „, La Classe déclare, au reste, qu' elle n' exige pas qu'on „ épuise le sujet de la question dans tonte son étendue, méme „ relativement aux gaz permanens, aiix quels elle en borne „ l'application. Elle désirerait seulement qu'on comprit dans „ les expériences un nombre un peu considérable de ces gaz, „ afin qu' on put en tirer des inductions bien fondées. Les „ mémoires devront traiter principalement la partie expéri- „ mentale, qui seiile peut servir de base aux spéculations „ théoriques, aux quelles on voudrait ensnite se livrer, sans „ cependant qu'on entende exclure par là les reflexions qiie „ suggéreraient inimédiatement les résultats mèmes des ex- „ périences. ,, Quant aux procédés à employer pour la détermination „ des chaleurs spécifiques des gaz, la Classe les laisse, comme ,, il a été dit dans son premier progranime, au choix des „ conciirrens; elle doit néammoins répéter ici les observations „ suivantes. Entre les differentes méthodes employés jusqu' „ ici, celles De Beràrd et De la Roche, au inoyen de la com- „ munication de la chaleur entre les gaz et 1' eau, ne don- „ nent immediatement qne leur chaleur spécifique sous pres- sion constante. Par d'autres procédés on obtient la chaleur spécifique à volume Constant, e' est -à- dire telle qu'on r observerait si on ne permettait pas au gaz de se dilater par la chaleur. La méthode des vibrations sonores, dont DuLONG a fait usage, montre seulement le rapport entre ces deux ospéces de chaleur spécifique, et ce n' est qu'in- directement, et par un raisonuement d' ailleurs très-pro- Scritti dal Segretario A. Lombardi (ag) „ bable, que Dulong en a deduit que la quantité absolue de „ calorique, qui forme la différence de ces deux chaleurs „ spécifiques, est la mème pour tous les gaz, et que 1' élé- vation de temperature, produite par la compression dans les diftérens gaz, ne peut différer d'un gaz à l' autre qu' en raison de 1' inegalité de leur chaleur spécifique a vo- lume Constant; ce qui lui a permis de conclure de ses ex- périences la mesure de chacune d' elles, comme étant liées „ l'une à l'autre par une relation connue. Ce méme principe, „ applique aux résultats des expériences sur la chaleur spé- „ cifique à pression constante, nous conduit aussi à celle qui „ lui répond à volume Constant et léciproquement. Il serait „ cependant à désirer conforniément aux termes de l'énoncé „ de la question, que la verité de ce principe fut démontrée „ plus directement par la détermination de la chaleur spéci- „ fique de l'une et de l'autre espèce, sur un certain noinbre „ de suhstances gazeuses, ou bien par des expériences du „ genre de celles faites d' abord par Clement et Desormes, et „ ensuite par Gay-Lussac et Welter sur l'air atmosphérique, „ et qui consistent à mesurer sa force élastique au moment „ méme da sa condensation ou dilatation subite, causée par „ r introduction ou par 1' expulsion d'une portion d'air dans „ un récipient où il ait été d' abord raréfié ou condense. „ Clement et Desormes avaient déjà fait une expérience de „ ce genre sur 1' acide carbonique, dont il serait facile de „ montrer l'accord approché avec le principe dont il s'agit; „ e' est un motif de plus de tàcher de le confirmer sur quel- „ ques autres gaz, et avec toute 1' exactitude dont ces expé- „ riences sont susceptibles. On peut remarquer au reste que „ ce principe étant une fois etabli, les expériences sur les „ quelles on a propose de le confirmer, étendues aux diffe- „ rens gaz dont la chaleur spécifique ne soit pas encore connue „ d' ailleurs, formeraient elles -mémes une des méthodes, et „ peut ètre la plus facile, pour la déterminer, puisqu' on en „ déduirait imraédiatement la chaleur spécifique à volume (3o) Annali della Società „ Constant, et snccessiveinent celle à pression constante, qui „ y est liée par le mènie principe. „ A la suite de ces observations sur la nature de la „ questioii proposée, la Classe fait reinarquer ([u' aprés la „ publication de son premier Programme quel([ues travaux „ importans ont été faits sur les chaleurs spécitiques des corps, „ et qu' un prix a été mème propose sur cette niatière par „ r Academie Royale des Sciences de 1' Institut de France , „ mais la plupart de travaux qui ont été publiés, et le sujet „ mème de ce concours regardent les corps solides et liqui- „ des, qui ne sont pas compris dans la question présente, et „ quant aux fluides aèrif'ormes ils n' ottrent que la confirma- „ tion des résultats de Dulong relatifs a quelques-uns d' eux, „ en sorte que le sujet de la i-echerche, dont on reuouvelle „ ici la proposition, reste encore dans tonte son intégrité. „ Les mémoires destinés au concours devront étre inédits, „ et écrits lisiblement en langue latine, italienne ou frani^aise. „ Les auteurs ne mettront point leurs noms à leurs ouvrages, „ mais seulement une épigraphe ou devise, qui sera répétée „ sur un billet cachete, renfermant leur noni et leur adresse. „ Si le mémoire n' est pas couronné, le billet ne sera pas „ ouvert et sera brulé. „ Tonte personne est admise à concourir, excepté les ;, ìMembres résidants de l' Academie. ,, Les manuscrits devront ètre remis, cachetés et francs „ de port^ au Secrétariat de l' Academie Royale des Sciences „ de Turili, le 3i Décembre i843, au plus tard : ce terme „ est de rigueur. „ Le prix sera une inédaille d' or de la valeur de laoc „ francs. „ Turin, le 25 Mai 1841. Le Président Comte ALEXANDRE DE SALUCES. Le Secretaire Chev. Hyacintue Carena. Scritti dal Segretario A. Lo.mbardi (3i) ACADEMIE ROTALE DES SCIENCES DE TURIN Classe des Sciences Physiques et Mathematiques PRIX FON'DÉS PAR M. LE COMTE PILLET-WILL ASSOCIÉ CORRESPONDANT DB l' ACADÉMlE Programme. „ Monsieur le Corate Pillet-Will vient de mettre à dis- „ position de l' Académie une somme de dix mille francs, en „ la consacrant à la formation de quatre prix à décerner par „ elle aux auteurs de nouveaux ouvrages pi-opres à répandre „ le goùt des connaissances positives, et à servir d' introdu- „ ction à r étude de la Physique, de la Chimie, de la Méca- „ nique et de l' Astronomie. „ En acceptant cette honorable mission, l'Académle croit „ devoir indiquer en peu de mots l' esprit dans lequel, con- „ formément aux vues du Fondateur, devront étre con^us „ les ouvrages sur lesquels elle aura à prononcer. „ Faire connaitre la science pour la faire aimer; exposer „ son véritable objet et ses principales conquètes, pour en „ mettre en évidence tonte la grandeur; montrer la route „ qu' elle a su se frayer, pour engager les lecteurs à y en- „ trer et à la parcourir tonte entière ; tracer 1' histoire de „ ses progrés et de ses égaremens, pour en dévoiler les causes „ et les conséquences; indiquer les obstacles qui arrétent ou „ qui ralentissent sa marche, pour exciter à les franchir; „ li' en dissimuler ni les difficultés ni les lacunes ; rendre „ sensibles, par des exemples convenablement choisis et dé- „ veloppés, l'esprit et la puissance de ses méthodes; ne rien „ omettre qui puisse interrorapre la chaine de ses deductions; „ ne point attirer T attention sur des objets secondaires en „ la detournant des points les plus saillants ; supprimer ce „ qui ne pourrait étre exposé que d' une manière inexacte „ ou trop incomplète; employer toujours le langage rigoureux (3i) Annali della Società „ de la science ; ótre concis sans obscurité, noble sans enflure, „ ^iinple sans bassesse, telle est la tàcbe, aussi difficile (|u' ,, lionorable, que devront s' iinposer Ics auteurs qui aspire- „ ront à obtenir le suflrage de l'Acadéinie. Ils trouveront „ daiis les préfaces des mémoires et des autres oiivrages de „ Lagrange, des modéles pai'faits d' exposilion et de style. „ Un prix de deux mille cinq-cent francs et nils au con- „ cours polir cliaciin des ouvrages suivants, savoir. „ i". Polir une Introductiou à l' étude de la Pliisi(£ue j „ a". Pour une Introductiou à l' étude de la Ghimie; ., 3'^. Pour une Introduction à 1' étude de la Mécanique; „ 4°- Pour une Introductiou à l' étude de l'Astronomie. „ Chaque ouvrage devra constituer une exposition rapide „ des principes, de 1' histoire, des vérités les plus importantes „ et des priiicipales applications de la science qui en formerà ,, l' objet, mise, autant que possible, à la portée des lecteurs „ qui ne possédent que les connaissances élémentaires que „ comprend ordinairenient l' enseignement des coUéges. „ Pour la Phisique et la Ghimie, l'Académie n' exigera „ pas que toutes les parties qui forment anjourd' bui le do- „ inaine de ces deux sciences soient exposées avec la mème „ étendue. Les concurreus pourront donner plus de dévelop- „ pement à celles qui leur paraitront plus importantes, oii „ plus susceptibles d' étre présentées d' une manière conforme „ au jjiit du concours. .^ L'Académie verrait avec plaisir que, dans 1' Introdu- „ ction à r étude de la Mécanique, on insistat avec quelque „ étendue sur la partie experimentale de la science, pour en „ déduire les principes, dont on développera ensuite les con- „ séquences au moyen de l' Analyse et de la Geometrie. „ Enrtn, dans F Introductiou à l' étude de l' Astronomie, „ les concurreus devront s" attacber surtout à l' exposition des „ phénomònes célestes et de méthodes d' observation , en „ n'emprnntant à la Mécani([ue celeste cjiie les considérations „ et les resultati les plus simples et les plus susceptibles „ d'étre présentés sous une forme élémentaire. Scritti dal Segretario A. Lombardi (33) ■ :„ Les ouvrages destinés au concours devront étre inédits, „ et ecrits lisiblemeiit en langue itaJienne cu frangaise. Les „ auteurs n' y mettroat point l^urs noins, mais seulement une „ épigiaphe cu devise, qui aera répétée sur un billet cachete, „ renferniant leur noni et leuC' adrésse. Si l'ouvrage n' est „ pas couronné, le billet ne sera pas ouvert et sera brulé. „ Les savants de tous les pays sont admis à concourir, „ excepté les 31embres résidants de l'Académie. „ Les manuscrits devront étre remis, cachetés et francs „ de port^ au Secrétariat de l'Académie Royale des Sciences „ de Tuiin, avant le i Juillet. 1840. „ Après avoir prononcé son jugement l'Académie pren- „ dra, d' accord aveo les auteurs, les dispositions convena- „ bles pour l' impression des ouvrages couronnés. Monsieur „ le Comte Pillet-Will ayant bieii voulu mettre aussi à la „ disposition de l'Académie les fonds nécessaires à cet objet. „ Turin, le 8 Mai 1842. T TI - Jùb r»«or« iob .,. LiE rRESIDENT Comte ALEXANDRE DE SALUCES. Le Secretaire Chev, Hyacinthe' Carena. ACCADEMIA REALE DELLE SCIÉNZe' DI TORINO Classe delle Scienze Morali, Storiche e Filologiche Programma. I M -J IJ, r_^'_; „a; ,.;j..:;.ii „ Parecchi critici illustrarono con dotte Monografie , le „ varie parti della Costituzione, dell'Economia Pohtica e dell^ „ storia d'Atene; ma niuno sinora facendo la sintesi dei trat- „ tati speciali pigliò a considerare in modo egualmente poli- „ tico, che erudito, le cause .del decadimento di quella insi- „ gne Repubblica. Epperò la Reale Accademia delle Scienze Tomo XXIII. V (34) i'iw n Annali della Società ■ l'J di Torino propone il premio d'nna medaglia d'oro del va- lore di seicento lire a chi meglio tratterà il seguente (piesito: „ Quali furono k cause, per le quali la Repubblica d'Atene andò da Pericle in poi decadendo sinché venne in potere dei Romani? E quale influenza ebbe essa sul decadimento della Grecia, e particolarmente su quello di Sparta? „ Non solamente si desidera che le canse sieno ordina- tamente enumerate e giustamente estimate nella loro varia efficacia ; ma ancora che se ne mostri il loro progressivo svolgimento, per cui nate da principj più o meno ragione- voli si travolsero, e trassero a rovina la Repuhblica. Sic- come poi Atene pose in moto tutta la Grecia, ed obbligò Sparta a scuotersi dalla Dorica inerzia, si esaminerà ezian- dio qual parte abbia avuta Atene nella rovina degli Joni, e come abbia contribuito a modificare, od anche a corrom- pere lo statuto ed i costumi dei Lacedemoni. „ I lavori dovranno essere presentati prima del finire del mese di Luglio dell'anno 1B447 i'i lingua italiana, la- tina o francese, manoscritti, e senza nome d' autore. „ Essi porteranno un' epigrafie, ed avranno unita una po- lizza sigillata, con dentro il nome e l'indirizzo dell'autore, e di fuori la stessa epigrafe posta sullo scritto. Se da questo non sarà vinto il premio, la polizza non aprirassi e sarà bruciata. „ Sono esclusi dal concorso i soli Accademici residenti. „ 11 giudizio sarà pronunziato nell' ultimo trimestre del mille ottocento quaranta quattro. ' '■ ' „ I pieghi dovranno essere diretti, per la posta od altri- menti, ma sigillati e franchi di porto, alla Reale Accademia delle Scienze di Torino. Quando non vengano per la posta, dovranno essere consegnati all' uffizio dell' Accademia me- desima, dove ne sarà data ricevuta al portatore. „ i;. -.. Torino, il lo di Maggio 1842. Il Presidente Conte ALESSANDRO SALUZZO ' ' " L' Accademico Segretario Cav. Costanzo Cazzerà. Scritti dal Segretario A. Lombardi (35) 35o, La Reale Accademia delle Scienze di Monaco aveva già spedito in! dono alla Società i volumi delle sue Memorie, cl^e si vedranuo registrati nell' elenco dei libri regalati , al «ostro Corpo Accademico in fine dei presenti Annali, perlocchè la Società si fece premura di trasmettere in dono all' Accademia Bavarese li ventidue Tomi de' suoi Atti divisi in quaranta due Voliuni. 35i. Con circolare del 1 5 Marzo 1 843, che si vedi'à qui sotto inserita, il Signor Marchese Antonio Mazzarosa nominato Presidente generale della quinta Riunione degli Scienziati Italiani partecipò la risoluzione presa dal Congresso Scien- tifico di Firenze, che in quest' anno i Dotti riunirsi do- vessero a Lucca dal i5 al 3o del mese di Settembre. Per non moltiplicare inutilmente la corrispondenza con li chiarissimi Colleghi io difìerii ad informarli di quanto sopra, allorché mi giunse la seconda lettera del sullodato Signor Marchese Presidente la quale diramai con mia del 6 Agosto stampata alla Compagnia, affinchè que' Socj che avessero gradito, approfittar potessero di così propizia occasione per comunicare al Congresso i frutti dei loro studj. Contemporaneamente furono muniti delle opportune credenziali li nostri Socj Attuali Signori Francesco Cava- lier Carlini, e Professor Giuseppe Bianchi per rappresen- tare la Società Italiana al suddetto Congresso Scientifico. •"»' iflU al. QUINTA RIUNIONE ■ DEGLI SCIENZIATI ITALIANI. 'i>i^-ii i ., „ Si fa noto che questa Piiunione, da tenersi in Lucca „ nel presente anno, come fu deliberato il 1841 in quella di „ Firenze, e graziosamente consentito da S. A. R. 1' Infante „ nostro Duca, principierà col quindici e terminerà col trenta „ di Settembre. „ Si ripete che hanno diritto a far parte di tali Riunioni „ gì' Italiani ascritti alle principali Accademie o Società scien- I") (36) i(oi/;:i/ Annali^della SoolETÀ''f'f"^" '' „ tifiche istituite per l'avanzamento delle scienze natnrali; i „ Professori delle scienze fisiche e matematiche ; i Direttori „ degli alti studj, o di Stahilimenti scientifici dei vari Stati d' Italia, e gì' Impiegati snperiori nei corpi del Genio e dell' Artiglieria. Gli esteri compresi nelle categorie prece- denti saranno pure ammessi alla Riunione. „ E a desiderarsi che di questi Dotti concorrano molti a Lucca nella detta occasione: ove troveranno un festevole accoglimento, e proporzionatamente ogni possibile comodità; grazie alla Sovrana provvidenza, e mediante le cure di una speciale commissione. L'utile grande che deriva dalle ram- mentate Riunioni, per la solennità con cui gli alti concetti a vantaggio delle scienze e delle arti si presentano, e per l'esame rigoroso al quale vanno assoggettandosi, andrà sem- pre più crescendo quando si dia campo a maturarli nella comunione annuale di tanta sapienza. Con altro avviso, dato in tempo opportuno ;, verranno indicate le regole per agevolare il ricevimento dei Dotti e per l'ordine del Congresso. „ Si partecipa infine la fatta nomina dei due Assessori , nelle persone dei Signori Avvocato Luigi Fornaciari Segre- tario perpetuo della R. Accademia Lucchese, e Dottore Be- nedetto Puccinelli Professore di chimica e botanica in questo R. Liceo ; come pure che è stato scelto a Segretario ge- „ nerale il Dottore Luigi Pacini Professore di Anatomia nel „ medesimo Liceo. „ I Direttori degli alti studj, i Rettori delle Università, „ i Presidenti delle Accademie, i Capi degl' Instituti scientifici, „ sono pregati di dare ai Corpi cui presiedono queste notizie. „ •i-> 'II' Lucca, a' 15 Marzo 1843. . r • ' ■ • -Il Presidente Generale '-, '' ■"''"■ ''''' Marchese ANTONIO MAZZ AROSA ' '■,'"'' Il Segretario Generale Prof. Luigi Pacini. Scritti dal Segretario A. Lombardi (87) 352, Conoscono li Signori Socj dalla mia Circolare 18 Aprile 1843 la convenzione da essi assentita e conchiusa colla Società Agraria di Verona per trattare legalmente l'affare del legato Lorgna ; in seguito della quale convenzione furono promossi a nostri Colleghi Onoiarj il Presidente e il Segretario della Veronese Società Agraria e insieme col nostro Collega Professore Zamboni fu incaricato a rappresentare i nostri Sociali interessi presso i Tribunali di Verona 1' Ingegnere Signor Pietro Maggi aggregato perciò qual sopranumerario alla Classe dei nostri Socj Attuali. L' Accademia Veronese poi diede esecuzione per parte sua all' articolo secondo della Convenzione citata col nominare suoi Socj Onorarj Sua Eccellenza il nostro y^ Presidente e me Segretario. 353. Approssimandosi al suo termine la stampa della parte fisica del Tomo XXIII delle Memorie sociali, io prevenni li Signori Colleghi affinchè preparassero materiali per la parte Matematica di esso Volume, e sul terminar dell' Agosto dell'anno 1844 si pubblicò e si diramò la parte fisica sunnominata. Né mancarono le Accademie Oltra- montane e quelle di Scienze dell' Italia di proseguire nell'anno 1844 la loro corrispondenza; e mentre nell' Aprile ricevevasi dalla Reale Accademia di Monaco in Baviera l' Almanacco di esso Corpo Scientifico, ed il Pro- gramma di concorso sopra l'importante quesito di deter- minare il peso atomico di varj corpi, il Presidente della sesta Riunione degli Scienziati Italiani. Sua Eccellenza il Conte Vitaliano Borromeo invitava con Circolare i r Feb- brajo 1844 i Dotti al Congresso, che tener dovevasi in Milano nel prossimo Settembre. Un simile invito fece r Associazione Britannica al Congresso Scientifico da te- nersi a Yoik nella stessa epoca della Riunione in Milano. Inerendo sempre alle disposizioni del nostro Presidente io comunicai li suddetti inviti, che si vedranno inseriti qui abbasso, ai nostri Socj Attuali ; scrissi le solite let- . jiiO' \' \\\y V (38) Annali della Società ■:: tere alli Signori Segretarj dell' Associazione Britannica Murkison e Sabine, e diressi le credenziali opportune ai nostri Socj Stranieri Signori Herschel e Faraday pregandoli a rappresentar il nostro Corpo Accademico alla Riunione di York. A questi due soggetti si uni il Socio Attuale Sig. Professor Carlo Matteucci che munii pur esso della do- vuta lettera, e ciò feci perchè egli mi prevenne che an- dava colà, e che avrebbe gradito un foglio di accompagna- mento. Li deputati poi alla rappresentazione della Società nella Riunione Milanese furono per disposizione del nuovo Presidente, come si vedrà qui sotto, li due nostri Socj Attuali il Cavaliere Francesco Carlini R. Astronomo, ed il Sig. Professor Giuseppe Bianchi Direttore dell' Osser- vatorio Astronomico Modenese. SESTA RIUNIONE " ' DEGLI SCIENZIATI ITALIANI. . ■ „ L' accoglienza fatta agli Scienziati Italiani dalla città „ di Padova, che prima tra quelle del Regno Lombardo-Ve- „ neto era destinata a riceverli, determinavali a far pronto „ ritorno a queste provincie, sicché nella loro adunanza del „ giorno 2-5 Settembre i84a sceglievano Milano a sede della „ sesta loro Riunione. „ Ora poiché fu volere di S. M. I. R. Ap. TAugustissimo „ nostro Sovrano che tale loro divisamento debba conseguire „ l'effetto bramato, ci è gradito insieme ed onorevole il por- „ geme avviso a tutti coloro che trovansi contemplati nell' „ art. i". del Regolamento generale, giusta il quale hanno „ diritto a far parte della Riunione g/' Italiani ascritti alle „ principali Accademie o Società scientifiche istituite per l'avan- „ zamento delle scienze naturali, i Professori delle scienze fi- „ siche e matematiche , i Direttori degli alti stiulj o di Sta- „ bili menti scientifici dei varj Stati d' Italia, e gli Impiegati „ superiori nei Corpi del Genio e dell' Artiglierie. Gli esteri „ compresi nelle categorie precedenti saranno pure ammessi „ alla Riunione. Scritti dal Segretario A. Lombardi (89) „ Circostanze locali hanno consigliato a deviare di poco „ dalla consuetudine delle precedenti Riunioni, ed a determi- „ nare che quella che ora si appressa, debba incominciare „ col giorno la Settembre prossimo e protraggasi sino a tutto „ il giorno 2,7 dello stesso mese. „ Tutto fa credere che gli Italiani più eminenti per dot- „ trina e per fama vorranno accorrere in buon numero al „ futuro Congresso, ed abbiani ferma fiducia che la loro ve- „ nuta sarà una valida spinta perchè i Dotti stranieri con- „ corrano ad accrescerne 1' importanza. Nulla verrà omesso „ di quanto possa mirare a degnamente accogliere Ospiti co- „ tanto onorevoli da questa Città, che vantasi di vedere per „ opera loro crescere in maggior lustro fra le sue mura quella „ gloria italiana di cui tanta parte a lei si addice. „ Con successivo avviso faremo conoscere le ulteriori dis- „ posizioni riferibili alla Riunione. Intanto godiamo sin d'ora „ di render noto che furono eletti alla carica di Assessori li „ Nobili Signori Dottor Gabrio Piola, Presidente di questo I. R. „ Istituto di Scienze, Lettere ed Arti, e Dottor Giulio Curioni. „ Preghiamo i Presidenti delle Accademie, i Rettori delle „ Università, i Capi degli Istituti scientifici ec, di partecipare „ ai Corpi cui presiedono queste notizie. „ Milano, 11 Febbraio 1844. Il Presidente Generale ^^ VITALIANO Conte BORROMEO li Segretario Genebaie Dott. Carlo Bassi. ■vU.-il (4^) ìn;,...: Annali della Società r, -.t ,' ■■ . • .:' ..-.ii i ,-. ASSOCIAZIONE BRITANNICA , rUd: ,. : • PER L' AVANZAMENTO DELLA SCIENZA ' '' '=" « a Duke Street Adelphi ■• ' '' ' ' ' ' ^- •■■••■'■ '■-' Londra, i Marzo i844- Signore „ Noi abbiamo V onore di notificare al Presidente ed ai „ Membri della Società Italiana delle Scienze che la quattor- „ dicesima Riunione della Associazione Britannica per l'avan- „ zamento della scienza nella città di York comincierà il Gio- „ vedi 2,6 Settembre i844- „ Con queste Riunioni si giunge allo scopo piùncipale ,, die si prefigge l'Associazione cioè il Progresso tanto per le „ Università, quanto per le grandi piazze e città dell' Impero, „ e sono pregiati assai i risultamenti dei loro sforzi che da „ tredici anni continuano, e per il metodo tenuto dall' Asso- „ ciazione per l'avanzamento della scienza e per li procedi- „ menti delle Istituzioni di simile natura stabilite in altre *„ parti d'Europa. In occasione cosi interessante l'Associazione „ dimanda con fiducia di essere esaudita^ V assistenza degli „ amici del sapere residenti fuori dei confini delle Isole Bri- „ tanniche, assistenza della quale hanno già essi data prova „, alle altre Nazioni, coli' intervenire alle Riunioni o in altro „ modo colla comunicazione dei loro lavori, dimostrando così „ la simpatia che hanno per il buon successo della cosa; e „ l'Associazione fa questa domanda col maggior calore, per- „ che York stessa una delle più grandi città dell' Impero, „ circondata da distinta copia di naturali bellezze, da avanzi ,, di antichità, e da innumerabili Stabilimenti di manifatture „ d' industria, può difficilmente mancar di interessare il fo- ., restiere intelligente. „ Voglia qualcuno dei Membri della Società Italiana delle „ Scienze profittare di questo invito ; nel tjual caso si prega Scritti dal Segretario A. Lombardi (4i) 5, a comunicare la propria intenzione per lettera, all' oggetto „ che dar si possano le disposizioni convenienti le quali pro- „ curingli i comodi necessarj in tale circostanza. „ fcncl ib j;!l'j>fjp, rJ.-ijri Noi abbiamo l'onore di essere ■• Di Voi Signore Servi obbedienti AL PRESIDENTE RodDI MuRCHISON ) Se^vet^rj DELLA SOCIETÀ ITALIANA. DELLE SCIENZE. EDUARDO Sabine ( gè"""'' ;;j'l()i:;^ :i' i ■]-., ':■ //i-;.' ;;/;•, ...... Ti/f 1 -\: siodriioooo? mJJ'ivoB .n-tr.iyic'jii Modena. ., . , . , . , , . ^ ip.fiin'iil» ni fulMDniTHfi ..ti. .itJ P. S. „ La città di York è accessibile in ogni direzione „ con le strade ferrate che si congiungono alli principali Porti „ e centri di popolazione; queste comodità poi saranno anche „ sempre più accresciute per il compimento di nuove linee che „ seguirà prima della Riunione. Il forestiere potrà allora ar- „ rivare a York da HuU in due ore, da Newcastel in 4 ore, „ da Liverpool e Birmingham in 6 ore, da Bristol e Londra „ in IO ore. „ . . *T nvotuit !«. anoisuftiofit'fBfr ih £'i9it <-■: 354. Nel giorno i3 Aprile dell'anno 1844 mancò di vita l'ul- timo Socio Attuale il cui nome leggesi stampato 1' anno 1786 in fronte al Tomo III delle Memorie Sociali, dir voglio r illustre Conte Vittorio Fossorabroni Ministro Se- gretario di Stato del Granduca di Toscana nella grave età di oltre anni 89. La votazione dei Signori Colleghi procurata per dis- posizione del Presidente con mia Circolare riuscì favore- vole fra li proposti al Signor Cavaliere Angelo Sismonda Professore di Geologia e Mineralogia nella Regia Univer- sità di Torino, il quale con sua lettera del 12, Agosto di detto anno mostrò il suo aggradimento per la scelta di lui fatta a Socio Attuale, che io gli partecipai. iiM .8 .'/ 'cinniinofT b ilfiiiiun')j';)ij i;inn<: oribiln'jv „ Tomo XXIII. VI 3sri9Ì06 ollyb nniùlfiiT ji1')i-5(>'vif,li')b (4^) •;■.: Annali della Società 355. Se la mancanza del prelodato Conte Fossombroni privò la Società di un Soggetto da noverarsi per ogni riguardo Ira i più celebri Scienziati della Penisola, non meno amara riusci ([uella di Sua Eccellenza il Marchese Luigi Rangoni che per il corso non interrotto di anni ventidue sedette al governo di questo Corpo Scientifico, il ([uale sotto la sua presidenza crebbe ognora in fama presso i Nazionali e gli Esteri. Dopo lunga e penosa malattia con cristiano coraggio e religiosa rassegnazione sostenuta questo rispet- tabile Cavaliere, la cui memoria sarà dovunque con onore ricordata, dovette soccombere alla infermità il giorno 2,7 Giugno 1^44-' perlocchè io diramai nel 2, Luglio la Cir- colare per la scelta di un nuovo Presidente che cadde nella persona del Socio Attuale Signor Cavaliere Stefano Marianini Professore di Fisica e Bibliotecario nella Regia Università degli studj in Modena. Mentre nel successivo giorno 3 di Settendjre si fece alla presenza dei Signori Socj Attuali dimoranti in Mo- dena B dei Segretari della Società lo scrutinio che portò il suddetto risulta mento, io diressi subito la seguente let- tera di partecipazione al nuovo Presidente, che accettò questo impegno come rilevasi dalla sua risposta alla mia suindicata: ■;.;::.: .1 : •;;- !: ,; ' •: : ..■.'., r : I >. . Chiarrao Sìg. Cavaliere i ' :,;:: ■■'._. -ni ■■,111 ■ :.;.(.■ Prof. Stefano Marianini ■■.'■'■ ]•,■. ■ ;:.;•' ;.'. ,>'r. j- >■'.;. ' „ Istituitosi alla presenza dei chiarissimi Signori Colleghi abitanti in Modena e coli' assistenza dell' Eccn'io Sig. Av- vocato Luigi RufiFlni Vice -Segretario Amministratore della nostra Società lo scrutinio dei voti pervenuti alla Segreteria entro il termine prescritto dalla mia Circolare 2 Luglio p. p. per nominare un nuovo Presidente invece del defunto il- lustre Marchese Luigi Rangoni, fra trentacinque votanti ventidne sonosi determinati a nominare V. S. Presidente della Società Italiana delle scienze residente in Modena. Scritti dal Segretario A. Lombardi (4-3) „ Io sono ben lieto di poterle annunziare questa deter- „ minazione del nostro Corpo Accademico diretta a sostenere „ r utilità e il decoro delle scienze naturali in Italia, e la „ pregò a volermi dare un cenno della sua adesione alla vo- ,-^ lontà cosi luminosamente espressa dai Signori Colleghi, onde ,,'io possa partecipare questa risoluzione alla Compagnia. ! „ Passo all'onore di segnarmi con la più distinta consi- „ derazione e profondo rispetto. „ o^Jh .''u cf Modena, 4 Settembre 1844 n^sB .giS orà-IBidO isi ÌQ D' V t; 111 " a .Ìt8t iidwsiJaS È ,l;flal)0l£ ' ' Devmo Obbmo Servo Antonio Lombardi ;!^ oltr- ^laboM Jli aboiftil BUiiilxiil segretario ddla Società italiana. - ' ( )-lJ i t/i l'gOb »OnÉ-Ìvo8 O'ilfOi; ii ..; .' V' ■ i'iq?.fIIJ l'i òeo^^Jaqg! i -=>»©»«=■ -^^ il^-iKqioatiBq ib aiav • 'i ' ' .. uq'ioO iob nnoisuninitalsb ,:::_ .PlpJ:h'"'''^J\^:J'è^^^^m\mo^^i ih óngob h /sì .8 .A •rroirtrriff 'illn isBv'BYQTt'alHrip li ^tr'5>f>i?'^-i'ì[ ovoiru Jii isitn^Kit ,, Io non ho mai sentita cosi al vivo la tepuita delle ime i ! ■ ■ :.' ' '■"'■■■', . ' ■ i < ■ > „ forze e del mio merito come oggi che mi veggo scelto a „ presiedere nella Società' Italiana delle Scienze. E se mi „ astengo dal secondare il primo pensiero che 1' inattesa n&- „ tizia in me produsse, quello cioè di pregare i chiarissimi „ Signori Colleghi di fare un'altra scelta, ciò proviene dalla „ fondata speranza che i Colleghi stessi ben vorranno essermi „ cortesi de'savj consigli lòroii ilo assuTOio dunque il'ohorevole. „ incarico, quantunque senta di non ' fiieritarlo .; contìdando • ,, nella valida cooperazione de' Socj tutti, e particolarmente „ di lei, chiarissimo Sig. Segretario, di lei che da oltx'e otto „- lustri con indefesso zelo taMc ha operato ed òpera a van- „ taggio della Socieftà.]/Di questa guisa confortato ed assistito „ il mio buon volere, io spero che la scarsezza del merito „ del novello Preside non impedirà che la Società Italiana ,i delle Scienze conservi l'alta riputazione di cui gode presso „"le più dolte NazloniiiexT casa sIbuj* r.llab imiasihroorlrrinrn .^ itoisujoiq £us bjIb ho ooBofBa'lljs fibnnmoooBT Ì3 a .ilJfì ,.,. \ (44) '' ' ' Annali della Società ; „ Prego intanto la S. V. Chiarissima di assicurare gli il- „ lustri Colleglli della mia indelebile riconoscenza per l'onore 5, distintissimo con tanta benignità conferitomi, ed a lei in „ particolare rendo le ben dovute grazie per l'obbligante e „ graziosa lettera colla quale ebbe la bontà di darmene av- 1-I viso. E coi sentimenti della mia sincera gratitudine voglia „ ella aggradire quelli ancora della profonda stima colla quale „ mi dico .. .u'AAr-'.w .,;i:-iih:in m -mÌ.., i;;(; , Di lei Chianiio Sig. Segretario ,: ; ■•'. \ •:,<■ Modena, 5 Settembre 1811. Obhmo Devmo Sewo Stefano Marianini. E siccome la Società Italiana risiede in Modena sotto gli auspicj di S. A. R. il nostro Sovrano, cosi mi trovai in do- vere di partecipargli con il seguente rispettoso foglio questa determinazione del Corpo Accadetnico, al quale la prefata A. S. R. si degnò di rispondere con Sovrano Chirografo che trasmisi al nuovo Presidente il quale trovavasi alla Riunione dei Dotti a Milano, e che vedrassi qui sotto. :ir. :,:. li .s;^...d:j3 -iVLTEZZA REALE -'-'■ ---■^■■•■- - ' . : • i . -fi' ' "i'T <.i-:s: !,■;:' : ' i',( :•. . , '.■ ' ■ y ': „ Privata la Società ■ Italiana delle Scienze del suo Ch. ,1» Presidente il Marchese Luigi Rangoni, si fece sollecita di ,1,! comunicare con mia Circolare del a p. p. Luglio ai Socj ,, 'attuali questa pèrdita I prevenendoli al tempo stesso di no_ .,,' minare un nuovo Presidente. ,, Eseguitosi jeriJo scrutinio dei voti pervenuti nel pre- „ .scritto tempo alla Bégretei-ia in Modena, fra trentacinque „) Socj votanti ventidue si sonoi! determinati a nominare Pre- „ sidente il Signor Cavaliere Stefano Mananini Professore di „ Fisica Sperimentale nella R. Università di Modena. . „ La Società ha .creduto suo dovere di fare questa ri- „ spettosissima comunicazione a V. A. R. sotto gli auspicj „ munificentissimi della quale essa risiede, e pubblica i suoi „ atti, e si raccomanda all'efficace ed alta sua protezione. Scritti dal Segretario A. Lombardi (45) „ Mentre io eseguisco con V. A. R. questo doveroso uf- „ fizio della Società Italiana, vado a partecipare al nuovo „ Presidente la scelta che ha fatta di lui il Corpo Accade- „ mico, e passo all' ambito onore di protestarmi con il più „ profondo rispetto e con tutta la venerazione Di V. A. R. Modena, 4 Settembre 1844. Umilmo e Devino Servo e Suddito fedelmo Antonio Lombardi ^ Socio e Segretario della Società Italiana delle Scienze. i8 i]>>i- <} il) 1 J.. r. 1 oliUPÀ&tiimiH o'i'jcwd Al Sig. Antonio Lombardi Socio e Segretario della Società Italiana delle Scienze, Primo Bibliotecario della R. D. Biblio- teca di Modena. .:■. i iijjivjii oaoi.\iéO(j- oq i.-'^"^iii«t'''f': „ Sul rapporto d'ufficio fattoci dal Socio e Segretario della „ Società Italiana delle Scienze Antonio Lombardi, che dai „ Socj medesimi a grande pluralità di voti fu eletto a Pre- „ sidente della Società stessa Italiana delle Scienze il Profes. „ sore di Fisica Sperimentale nella Università di Modena Ca- „ valiere Stefano Marianini, non possiamo che applaudire a „ tale scelta caduta sopra un dotto valente Scienziato, che „ al sapere, ed alla continua applicazione allo studio unisce „ quelle belle qualità morali che lo rendono stimato general- „ mente, e da Noi particolarmente ; di modo che ci è ben „ gradito il vederlo prescelto a succedere al defunto Mar- „ chese Luigi Rangoni nella Presidenza della Illustre Società „ Italiana delle Scienze, residente a Modena. Trieste, U 10 Settembre 1844. . , isfjhni 'Jlii^ ,/.ii)/rriiTI if, t)9l-i • '' FRA.XCESCO 'l'ih tioiìbinoìcfii-oùmì jii/o.'r d Austria Este...^,j .niiuoi i38'ia!fiJb ib- iquoo ■ Duca di Modena ec. ec. GAETANO CAMORRA Segretario di Gabinelto. (46) Annali della Società 356. Contemporaneamente quasi alla morte del suUoclato Pre- sidente accadde ([nella dei due Socj Attuali Professori Pietro Configliachi e Gaetano Savi ; e quindi dovette il Sig. Cavalier Presidente Stefano Marianini proporre come fece con mia Circolare del 2,5 Ottobre iB44i ""^ nota di Candidati per sostituire i defunti, ed eseguitosi nel successivo Dicembre lo spoglio dei voti spediti dai Signori Colleghi, riuscirono eletti li Signori Cavaliere Maurizio Bufalini Professor di Medicina a Firenze, Cavaliere Giu- seppe Moris Professor di Botanica a Torino , e Padre Francesco de Vico Gesuita Astronomo a Roma ^ io par- tecipai ai prefati Signori la loro elezione, e tutti mi ris- posero ringraziando il Corpo Accademico di avelli anno- verati alla Classe di nostri Socj Attuali. 357. Dopo di avere informato con lettera 2, Gennajo io45 la Compagnia di tutto quanto sopra aveva operato il Signor Cavalier Presidente, per sua disposizione invitai i Signori Colleghi a trasmettermi Quesiti di Fisica e Matematica air oggetto di proporre un Programma di concorso come esige Tarticolo XXIV dello Statuto, qualora la forza della Cassa Sociale lo permetta. Quaranta pi'oblemi parte fisici e parte matematici o misti qui sotto riportati trasmisero li Socj, ai quali si comunicarono in appresso tutti (juesti argomenti, affinchè ne scegliessero uno da pubblicare nel proposto Prograuuna proponendo pure il tempo alla solu- zione del quesito giudicato conveniente, e la grandezza del premio. .. ,.; . . ., , ,.;, ,, .,,„..,,, .^ NOTA DEI PROBLEMI PERVENUTI ALLA SOCIETÀ IN RISCONTRO ALLA CIRCOLARE 4 FEBBRAJO l845. ,, I . Partendo dalle idee di Faraday suU' induzione elet- ,, tro- statica dare una teoria fisico- matematica della distri- ,, finzione dell' elettiùcità sui corpi di diversa forma. Scritti dal Segretario A. Lombardi (47) / „ a. Dedurre coll'analisi se la variazione di conducibilità „ elettrica che produce in un corpo il riscaldamento può ge- „ nerare un disequilibrio elettrico nel corpo stesso e in quali „ condizionj.!oixin;)jipil ojni i.lltib olnnij in < „ 3. Stabilire la relazione fra i segni delle elettricità „ sviluppate nei cristalli termo -elettrici e gli elementi cri- „ stallografici. _,iy, 4- Adottando le idee di meccanica molecolare oggi „,a(mmesse, dedurre coll'analisi la spiegazione del massimo ,s di densità dell' acqua. Ili, .,,,5. Discutere le osservazioni delle comete del ia64 e ^idel 1^556 onde riconoscere se possa ammettersi la loro „ .identità avuto riguardo allb perturbazioni a cui sono andate ,[. soggette ( y. Pingré I. p. 4^6 e 5o2,); e nel caso afferma- „ tivo calcolare il passaggio pel perielio che dovrebbe acca- „dere verso l'anno 1848. „ Nel calcolo delle perturbazioni si farà uso simultanea- „ niente del metodo antico delle quadrature e del recente „ pubblicato dal Sig. Hansen Astronomo di Gota. ,5 6. Polgere un' accurata esposizione dei fatti precipui „ i quali non possono avere una spiegazione dall' ipotesi „ degl'imponderabili; e, considerando lo stato attuale della ,, scienza la quale dà per certo di dover abbandonare l'idea „ che i corpi consistano in una aggregazione di atomi, addi- „ tare quale principio unico, dedotto dall' esperienza e debi- „ tamente applicato, potesse valere a dar ragione cosi di que' ' ■ „ fatti eh' escono dalle leggi degl' imponderabili , come di „ quelli i quali anche oggigiorno vi si aggiustano. , „ 7. Determinare colla maggior precisione possibile il „ calore specifico de' diversi gas o vapori di corpi semplici „ e composti, comparativamente a quello dell' aria a volume ,, uguale, estendendo così i risultati che già si hanno, parti- „ colarmente dalle speiienze di Dulong sopra alcuni di essi ; „ si potrà sperimentare a tale riguardo sopra i gas tanto sot- „ toposti a pressione costante, che ritenuti sotto volume - „ costante. (4^) l'i Annali della Società „ 8. Esaminare con esperienze analoghe a quelle fatte „ da Erniaii e Despretz sulla lega di Rose, sul fosforo e sullo „ zolfo la dilatibilità dei corpi solidi fusibili a mediocri tem- „ pelature, vicino al punto della loro liquefazione, la dilata- „ zione o condensazione che essi subiscono nel loro passaggio „ allo stato liquido, e la legge della loro dilatazione in quest' „ ultimo stato. „ g. Determinare se i l'aggi calorifici ugualmente refran- „ gibili e non polarizzati godano tutti, qualunque sia la loro „ origine, della medesima attitudine ad attraversare ciascuna „ specie particolare di corpi diatermici; ovvero se, prescin- „ dendo dalla polarizzazione, contribuisca qualche altra cir- „ costanza, oltre alla refrangibilità, a rendeie i raggi calori- „ fici diversamente trasmissibili dall' uno o dall' altro corpo „ diatermico. ,, IO. Quali fra le torbe esistenti ne' paduli e nelle pia- nure subappennine sieno da preferirsi in sostituzione della Ti „ legna da fuoco nelle arti grosse e negli usi domestici ; e 55 i5 55 55 55 55 55 55 55 55 55 quale sia per essere la spesa che richiedesi per escavarla e per prepararla in maniera che nell' effetto debba corris- pondere alla legna il cui progressivo rincarimento è gran- demente sentito in tutta Italia. „ II. Ricondurre l'idrodinamica al vero oggetto delle scienze iisico-matematiche, lo studio dei fatti; epperò esa- minare se valgano all' uopo le teorie di Eulero e D' Alem- bert, o sostituirvene altra più verosimile: quindi desumerne la spiegazione dei fatti principali relativi alla forma varia- bile delle vene che effluiscono da recipienti anche discon- tinui , alla teoria dei fiumi e delle onde : facendosi carico delle sperienze di Savart, Caligny, Russel ecc. „ la. Fondare la teoria termoidrodinamica; e farne ap- plicazione a fatti importanti. „ i3. Integrare completamente la equazione ' ■ j- ( 1 — A" seii» ■il ) ~ m ' V (l — k' seii» (p ) ' ■' Scritti dal Segretario A. Lombardi (49) „ e desumerne i memorabili ritrovati di Eulero, Legendre, „ Jacobi ed Abel. „ i4- Dare compimento alla classica Memoria su la riso- „ luzione delle equazioni algebraiche che Abel, tolto in gio- „ vine età alla gloria della scienza, lasciava incompleta : for- „ mando effettivamente le equazioni dei gradi minori , le „ quali ammettono risoluzione algebraica. „ i5. Esaminare se la nuova teoria dei fenomeni capil- „ lari data da Poisson sgombrasse i dubbj promossi da La- „ place contro il secondo principio ammesso da Joung, fon- „ datore di quella dottrina. ,, i6. Tutti i moderni Naturalisti adoperano nelle loro „ sistemazioni delle cose naturali un metodo, che dicono na- „ turale ; ma donde viene che questo metodo è diveìso da „ un autore all' altro, e persino nello stesso autore, il quale „ da ultimo abbandona quello che aveva addottato da prima? „ Si domanda se la natura sia costante o mutabile nelle sue „ cose, e quale di que' metodi debba dirsi veramente natu- „ rale, oppure se sono tutti sistemi artifiziali velati col titolo „ di metodo naturale. La risposta deve essere basata sopra „ fatti ben constatati. •- „ 17. Lorenzo Antonio Jussieu pubblicò un metodo na- „ turale per distribuire le piante, il quale fu ammirato da „ tutti. Augusto Piramo De Candolle ne fece un altro, nel „ quale, se calcò in qualche parte le vestigie del Jussieu, se „ ne allontanò in molte altre. Quale dei due è il più natu- „ rale, o amendue debbono dirsi artifiziali ? Nella risposta si „ confrontino i due metodi, si mostri in quale dei due i ge- „ neri delle piante sono fo innati di specie, che posseggano „ l'abito più conforme, e parimente si dichiari se la dottrina „ dell' aborto degli organi, anche quando questi hanno forma „ costante, sia ben fondata, oppure se sia una stiracchiatura „ per avvicinare piante di loro natura disparate. „ 18. Si domanda una formula e quindi la tavola della „ rifrazione astronomica più completa e concorde coli' osser- Tomo XXIII. VII (5c) Annali della Società vazione immediata nelle piccole altezze sopra l'orizzonte, a cielo propizio, e per le differenti ore sia del giorno che della notte. • . ., ,.;■■■ „ 19. Dimostrare la natura, ossia le proprietà generali delle frazioni continue e periodiche, infinite o terminate, in riguardo alle permutazioni dei loro elementi, e porgen- done (jualche applicazione al risolvimento delle equazioni. „ ao. Essendosi col mezzo de' microscopi perfezionati ri- conosciuta r esistenza di animali e crittogami in varie parti del corpo umano, e d' altronde essendovi molte malattie delle cpiali finora è sempre rimasta sconosciuta la causa, si propone d' investigare se alcuna di queste potesse prove- nire da ([negli esseri parassiti, facendone constare l'esistenza; e quale sarebbe il metodo di prevenirla o di guarirla. Sa- rebbe specialmente da dirigersi l'osservazione sulle malattie provenienti dalla supposta mal -aria, aria cattiva, e sulla pellagra, con ispezioni anatomico -microscopiche sui corpi vivi o morti. ,, 2.1. Il problema delle risoluzioni di n equazioni lineari fra n incognite è la chiave per molte ricerche analitiche, principalmente per quelle che riguardano la trasformazione delle funzioni. Finora non è stato sciolto generalmente se non in tre o quattro casi, nei quali i coefficienti procedono con certe leggi. Quanto alla risoluzione generale coi coeffi- cienti qualunque, un illustre Geometra ha indicata una strada per ottenerla, ma non ha assegnato in maniera espli- cita i valori delle incognite. Sarebbe quindi desiderabile che si conducesse la soluzione fino a quest' ultimo punto. Sia questo il quesito pel premio sociale. ., aa.. L' esperienza prova che nelle dottrine di analisi pura conviene schivare due estremi. E difetto l'estendersi d' una in altra particolarità, quando con una teorica più generale si può stringere il molto in poco. Ma è difetto non meno grave, in cui sembrano incorsi alcuni Autori dei nostri tempi, quello di portare le teoriche ad una astrazione Scritti dal Segretario A. Lombardi (5i) „ lontanissima dalle applicazioni, inacessibile ai più, che le „ rende inamabili, e le fa perdere in sottilità insignificanti. „ Crederei quindi opera utilissima quella di chi riunisse su „ questo argomento osservazioni, criterj e documenti cavati „ principalmente dalle opere dei grandi maestri, e diretti a „ cautelare lo studioso da entrambi gli accennati difetti. Pro- „ pongo questo tema pel concorso al premio sociale. „ 2,3. Dimostrare colla storia esatta' dei fatti: i" qual „ possa essere 1' influenza della elettricità nei vegetabili e „ negli animali : 2,° in quali malattie ed in quali modi si po- „ trebbe amministrare utilmente l'elettrico. „ 2,4. Fra le obbiezioni ad una teoria fisica, altre pos- X „ sono derivare da qualche fatto apertamente contrario a' suoi „ principi, ed altre da pochi fenomeni soltanto inesplicabili, „ ma non contrarj alla teoria. Ciò posto, dimostrare, se la „ teoria Amperiana Elettro -dinamica ed Elettro- magnetica „ vada soggetta ad amendue le specie di obbiezioni. ■*! •• „ 2,5. Determinare se le correnti elettriche consistano in „ un effettivo trasporto, sia per propulsione, sia per aspira- „ zione di un fluido sottilissimo, alla guisa dell'aria entro una „ canna, ove entrando essa da un lato propella innanzi tutta „ la massa contenuta e ne fa uscire altrettanta dalla estre- „ mità opposta; ovvero consista piuttosto in un semplice mo- „ vimento vibratorio, senza che, dopo qualunque durata di „ tempo, sia avvenuto nessun traslocamento. Si lascia al Can- 1 ,-, didato la facoltà di servirsi tanto dell' ipotesi di un fluido „ unico, come di due fluidi. „ 2,6. Determinare in che consistano quelle così dette „ perturbazioni dell'ago magnetico, delle quali tanto si parla „ senza definirle, come prodotte dalle aurore boreali. ' r: „ 2,7. Determinare se in qualcuna almeno delle azioni „ chimiche della luce vi sia cangiamento sensibile di peso „ dei corpi che soffrono quelle azioni. „ 28. Colle correnti della elettricità delle macchine a fre- „ gamento si ottengono effetti meccanici sensibilissimi; colle (5a) Annali della Società „ correnti della elettricità atmosferica gli effetti meccanici „ sono grandissimi; si cerca quali siano gli effetti puramente „ meccanici delle coiTcnti galvaniche, diversi dai chimici, dai „ calorifici, dai luminosi, dai magnetici e dai fisiologici. „ ncj. Domandare una notizia storica dei parziali lavori „ fin qui pubblicati tendenti ad illustrare la Fauna italica, „ e che sia proposto un progetto per la redazione della Fauna „ italica generale considerata la Penisola entro i naturali suoi „ limiti. „ Meditando sulle varie parti della Teorica risguai'dante „ il Calore della Terra vi si incontrano alcuni quesiti che „ possono riputarsi in istato d' infanzia. Né ciò deve recar „ meraviglia considerate le difficoltà dell'argomento, ed il pic- „ colo numero d'anni trascorsi dacché la Geologia fece acquisto „ di principj sicuri e luminosi. In mezzo a simili quesiti ci „ parve che i seguenti più meritassero di essere attentamente „ studiati. Dalla loro soluzione potrebbe derivarne un reale „ incremento alle nostre cognizioni, e forse una nuova via „ ond' essere guidati nelle ulteriori ricerche. Essendo nostra „ opinione che in siffatti programmi si deve mirar meno alla .„ novità del quesito che allo stato attuale della scienza, ci ,, siamo limitati a fare scelta di (juelli, che, sebbene già di- „ chiarati, non ebbero ancora veruna soluzione. Tali sono i tre „ Problemi da noi qui severamente richiamati all'attenzione „ degli Scienziati, perchè siano degnamente continuate e pro- „ mosse le acutissime indagini, di cui Fourier e poscia Pois- „ soN hanno gettate le basi fondamentali in due Opere insigni „ aventi l' una il titolo di Théorie analytique, e l'altra quello „ di Théorie Matìiématique de la Clialeur. „ Il primo { Fourier ) supponeva che il fatto inconcusso „ della crescente temperatura che si osserva dai Geoioghi „ lungo la medesima verticale prolungata nell' interno della „ Terra, era dovuta ad un resto ancora oggidì permanente „ di queir originario ed immenso calore che essa aveva ne' Scritti dal Segretario A. Lombardi (53) „ secoli remoti in uno stato di totale fluidità della sua massa. „ Il secondo ( Poisson ) per gravi motivi di dissenso opinava „ diversamente, ed attribuiva il medesimo fenomeno alle ine- „ guaglianze del calore esistente nelle regioni dello spazio „ attraversato dalla Terra insieme al Sole e tutto quanto il „ nostro sistema planetario. Per modo che, passando da una „ regione più calda in un'altra più fredda, il nostro globo, „ avuto il debito riguardo alla grandezza della sua massa non „ potrà perdere che in migliaja di secoli tutto il calore acqni- „ stato nella prima regione e presenterà, nella seconda, il „ fenomeno di una temperatura crescente dalla superficie „ verso il centro. Questo incremento sussisterà ben oltre le „ profondità accessibili all'uomo con misure dirette; e la sola „ teorica può qui venire in soccorso ed insegnarci che havvi „ sulla verticale un punto in cui tocca il massimo^ al quale ■„ succede un decremento gradatamente continuato fino ad „ una totale estinzione, la quale avrà luogo in grandissima „ distanza dal centro della Terra. ,, Ma se è varia 1' ipotesi così succintamente descritta , „ non sono essenzialmente diversi i principj dell' analisi ma- „ tematica che debbono essere adoprati nella deduzione delle „ conseguenze. Ed a questo titolo Fourier merita di essere „ considerato qual Inventore che sovrasta e segna una nuova „ epoca nei progressi della filosofia naturale. Ed è cosa os- „ servabile che, nel caso particolare del calore terrestre, sia „ quasi arrestato questo progresso per la mancanza assoluta „ di vari indispensabili dati, che debbono essere desunti dal „ concorso e dalla combinazione della Teoria colle osservazioni. „ Egli è per questo fine che si sono presi di mira i problemi ,-, che siamo per definire. Dessi sono tratti dall'opera di Pois- „ soN, perchè in essa le due principali ipotesi del Calor cen- „ trale e del Calor stellare sono distintamente analizzate, ed „ havvi luogo di meglio scernere cosa hanno di comune. Per „ un tal ravvicinamento si scorge a chiare note che le ri- „ cerche da noi qui provocate sono in pari grado utili ad y • r (54) ■,i ANNALI DELLA SoCIETÀ „ amendue, ed a qualsivoglia altra si vorrebbe iininaginare. ,, Infatti si tratta delle temperature deir Oceano, e di costanti „ specifiche le quali dovranno sempre essere, le prime con- „ template, e le seconde adoprate nelle formolo esprimenti „ la temperatura della corteccia terrestre. „ Temendo noi di alterare con una traduzione le idee „ dell'autore dal quale desumiamo questi quesiti, ci sarà con-: „ cesso di qui riferirli colle parole istesse con cui sono esposti „ neir opera citata, la qual cosa non può essere di verun „ danno stante 1' universale cognizione della lingua francese. „ 3o. Quoique les équations genérales du mouvement de „ la chaleur conviennent également aux solides et aux liqui- „ des, cependant les consequences qui s'en déduisent ne sont „ pas les mèmes pour ces deux sortes de corps à cause de • „ la grande mobilité des molécules fluides : par cette raison ,, la loi des tenipératures est trés differente au- dessous de „ la surface de la mer et au- dessous de la superficie de la „ partie solide de la Terre. Les voyageurs on fait un grand „ nombre d' obsei'vations en diff'érens points du globe, et à „ diverses époques du jour et de l'année, sur les tempéra- „ tures de la mer à des profondeurs plus ou moins grandes; „ mais cette question, qui presenterà de grandes dilKcultés „ aux géométres, n' a point encore été soumise à 1' analyse , „ et ne nous en occuperons pas dans cet ouvrage. „ „ Si domanda pertanto che siano fatte ricerche sopra „ questo argomento, onde ottenere una soluzione capace di „ essere paragonata colle osservazioni già esistenti, o con „ quelle che si avranno in progresso di tempo. La teorica in- „ dicherà quali sono gli elementi che più importa di osservare. .,.-: '■ :, ',., ^' r^g- 44^-44^- ■■ ;' V ^. : Za .'. „ -Bi. La teorica determinazione della temperatura dei „ punti interni della terra presi sopra una medesima verticale, Scritti dal Segretario A. Lombardi (55) richiede la cognizione delle varie sorgenti di calore che influiscono sulla temperatura esterna. Il calor stellare è una di queste sorgenti. Ma su di essa è talmente completa la nostra ignoranza, che ignoriamo per fino il modo sicuro di dimostrarne 1' esistenza e la varia intensità nelle diverse direzioni ed inclinazioni all' orizzonte di un dato luogo. Per diradare le tenebre intorno a questo punto, ecco l'esperi- mento proposto, il quale dovrà essere ritentato quanto basta, onde siano accertate le conseguenze. Il bel Cielo d' Italia ne favorirà la ripetizione ed il successo. •>•> «!> ) „ L' inégalité des quantités de chaleur stellaire que la Terre re^oit à chaque instant des difFérentés parties du ciel, pouiTa ètre rendue sensible par l'experience que nous „ allons indiquer. ,, „ Pendant une belle nuit, ou l'air est calme, le ciel se- „ rein et V atmosphère sans nuages, supposons qu' un miroir „ concave POQ soit place un peu au-dessus de la surface „ de la Terre. Soit F son foyer et 0 F E son axe indéfini- „ inent prolongé. „ Le point O est fixe ; le miroir peut tourner en tous „ sens autour de ce point; de sorte que son axe puisse étre „ dirige successivement vers toutes les régions du Ciel au- (56) Annali della Società „ dessus de Fhorizon; un tliermoniòtre très sensible est place „ au foyer F. Afin de simplifier la question nous supposerons „ les boids du miroir assez élevés pour interrompre la com- „ munication calorificjue du thermomètre avec la surlace de „ la Tene \ uous supposerons aussi qu' on ait place à une „ petite distance du foyer un corps concave G qui interrompe „ également la communication directe de 1' instrument avec „ les étoiles et avec l' atmosphére, mais dont l' étendue soit „ assez petite pour diminuer le moins possible la quantité „ de clialeur stellaire et atmosphérique qui viendra tomber „ sur la surface du miroir; on supposera enfìn le pouvoir „ émissif du miroir à-peu-près nul, et consequemment sa re- „ flexibilité parfaite. „ „ Le miroir renverra donc au thermomètre, sans y rien „ ajouter, tonte la chaleur rayonnante qui viendra tomber „ sur une partie de sa surface parallélement à son axe O F E; „ or, si r on con(joit un cóne qui ait son sommet an point „ F et la circonference de sa base sur la surface du miroir, ,, et qui comprenne tous les rayons réfléchis vers ce point; „ puis un cylindre indéfiniment prolongè vers le ciel, ayant „ méme base que le cóne et pour axe la droite O F E, il est „ èvìdent que tonte la chaleur réfléchie proviendra de la co- „ lonne atmosphérique et de la portion du ciel comprise dans „ ce cylindre ; en sorte qu' il y aura par 1' intermediaire du „ miroir échange continuel de chaleur; soit entre le thermo- „ mètre et toutes les molécules qui font partie de cette co- „ lonne, soit entre cet instrument et les étoiles qui appar- „ tiennent a cette partie du Ciel. En vertu de cet échange ,, de chaleur, la temperature marquée par le thermomètre „ focal variera avec le temps; je la designerai par 2» au bout ,, du temps quelconque ìp; et pendant Tinstant <5?/^, Taugmen- „ tation de chaleur de ce corps d'un très-petit volume, qui „ resulterà de l' échange dont il s'agit, pourra étre exprimée „ par a{q — v) dt-i-(i [s — v) dt. On représente ici par q une „ certaine temperature dépendante de celles de toutes les Scritti dal Segretario A. Lombardi (07) „ molecules d' air comprises dans la colonne atmosphérique „ et qu' on peut regarder comme une moyenne de ces tem- „ pératures inégales ; par a une quantité qui dependra du „ nombre de ces molecules, de leurs densités de leurs pou- „ voirs émissifs, et de l'absorption que la chaleur aura èprou- „ vée en allant de chaque molécule au thermomètre ; par s „ la temperature stellaire, correspondante à la direction 0 E; „ par ^ une quantité dependante de l'absorption de la cha- „ leur, soit dans l'éther, soit dans toute la longueur de la „ colonne atmosphérique ; les deux coefficiens a et ^ sont , „ en outre, proportionnels au pouvoir absorbant du thermo- „ niètre d'aprés l' état de sa superficie, et à l' étendue réflé- „ chissante ou au carré de la distance focale O F; on les „ regardera comme independans des températures. „ „ Si l'on désigne par ri la temperature de l'air en con- „ tact avec le thermomètre, ce corps èprouvera aussi pen- „ dant l'instant é?^, une diminution de chaleur exprimèe par „ le produit y{v — Tq)dt^ dont le facteur y est proportionnel „ à r étendue de sa surface et au pouvoir ref'roidissant du „ fluide. L'augmentation de chaleur, positive ou negative qu' „ èprouvera le thermomètre pendant cet instant dt^ sera dono a{q — v)dt-\-^[s — v)dt — y{v — ri)dt^ „ quantité qu' il faudra égaler à zero pour déterminer la „ temperature finale à laquelle l' insti'uraent parviendra plus „ on moins rapidement, et que nous désignerons par u\ par „ conséquent nous aurons 55 Les deux quantités y et ?p ne changeront pas avec la „ direction de 1' axe 0 E. Si l'on fait tourner cette droite „ autour de la verticale 0 Z, sans que l'angle EOZ varie; „ la longueur et la constitution de la colonne atmosphérique „ dont cette droite OE est l'axe, resteront les mémes; et n consèquemment les trois quantités a, ^, q, ne varieront pas Tomo XXIII. vm (58) Annali della Società „ non plus. Mais si la temperature s varie sensiblement avec „ la direction de la droite 0 E à laquelle elle rèpond , la „ temperature u variera également, de sorte que si l'on re- „ presente par u' et s' ce que u et s deviennent pour une „ seconde direction de O E, qui fait le méme angle que la „ première avec la verticale, on aura , aq-i-(}s'-t-'yì; ^' — ~ lì ) a-t- p -*-y '. .'. „ et de cette équation jointe à la précédente, on deduira s — s = \{a->t-^-{-y) [u — u) . „ Toutes choses d' ailleurs égales, les difFerences s — s „ et u — il seront donc proportionnelles l'une à l'autre, la „ première surpassera toujours la seconde \ et si la seconde „ est sensible, on en concima avec certitude, que la tempé- „ rature stellaire s n' est pas égale dans toutes les regions ,, du Ciel. Telle est donc l' experience que je propose pour „ décider cette question dont on a vu toute 1' importance „ dans la theorie des températures de la Terre. C est aux „ physiciens à juger si elle est praticable, et quel succés on „ en peut espérer. On pourroit remplacer le thermomètre „ place au foyer du miroir par 1' instrument beaucoup plus „ sensible, dont M. Melloni a fait usage dans ses belles expé- „ riences sur la transmission de la chaleur rayonnante à tra- „ vers difFérentes matières diaphanes ou opaques. „ „ Se questo esperimento non fosse praticabile, o non ab- „ bastanza decisivo, i Concorrenti potranno cimentare quelli „ altri che più crederebbero efficaci per lo scopo. Anzi gio- „ vera di associare a questo esperimento un altro analogo „ ed affine, onde sia decisa un' altra questione sulla quale ,, non sono ancora ben fisse le idee. Ecco in qual modo, „ PoissoN ne fa conoscere la correlazione col precedente. „ Cette experience est, au reste, tout-à-fait analogue a „ celle que l'on a déjà tentée pour rendre sensible l'écliange ,, de chaleur rayonnante entre la terre et l' atmosphére, et Scritti dal Segretario A. Lombardi (5g) „ l'inégalité du rayonneraent des diverses colonnes atmosphé- „ riques, à raison de leur difFérence de longueur. „ Supposons, en efFet, que l'on change l'angle EOZ „ que fait r axe O E du miroir avec la verticale O Z ; les „ températures u, q^ s et les coefficiens a et ^ change ront „ aussi ; et si l'on désigne par u , q., ^ ., a , /?^ ce que de- „ vennient ces cinq quantités, on aura «, = „ Dans r experience que nous rappelons, on emploie un „ très fort miroir concave, dont la distance focale 0 F est „ fort grande par rapport au rayon du thermomètre \ ce qui „ permet negliger y dans u et u^ relativement à a et /? ou „ à a et j3 ; on suppose aussi iniplicitement que le rapport „ de /3^ à a reste le méme que celui de /3 à a; au moyen „ de quoi l'on a plus simplement U'=.dq-\-[\ — d)s^ u^-=dq^->t-\ — d s^p „ en faisant pour abrèger a „ Mais nous ignorons si cotte fraction d differe peu de „ r unite ; nous ne savons pas non plus si les températures „ ^ et ^ ., dont les grandeurs absolues nous sont inconnues , „ peuvent étre négligées par rapport k q et q-, par consé- „ quent les équations précédentes ne sauraient faire connoitre „ les valeurs de q et q^, d'aprés les températures observées „ u et u^. Tonte fois, en ne negligeant pas s et s^ mais en „ faisant seulement abstraction de la différence s — 5, on aura U—U = d{q—q), „ ce qui montre que les deux quantités q — q et u u se- „ ront de méme signe et proportionnelles l'une a l'autre. „ D' aprés les températures moyennes que q et q repré- „ sentent, il est aisé de concevoir que la différence q — q (Go) Annali della Società „ sera positive et atteindra son maximum relativement à toutes „ les directions de la droite 0 E, lorsque la direction à la- „ quelle répond q^ sera horizontale, et qu' au contraire /] re- „ pondra à la direction verticale. Dans ce cas, la difFérence „ u — u donnée par l' observation doit donc étre aussi posi- „ tive et la plus grande possible. L'expérience fait voir, ef- „ fectivement, que la temperature marquée par le thermo- metre locai s'eléve quand l'axe du miroir passe de la vei'- ticale à une direction horizontale ; et il parait qu' alors la différence u — u des deux températures est assez grande pour ètre facilement mesurée. On attribue a Wollaston cette observation interessante, qui meriterait bien d' étre repetée. „ L' expérience fait aussi voir que la temperature u cor- „ respondante à la direction verticale de l'axe du miroir, est „ notablement inferieure a celle qui est marquée dans le „ méme lieu et au méme instant par un autre thermomètre „ exposé au rayonnement de la terre et de l'atmosphère en- tiere ; de sorte que la temperature u s' eléve quelque Ibis de plusieurs degrés, dés qu' on supprime le miroir P 0 Q et le corps G; a qui tient, a ce que la temperature de la terre, méme pendant la nuit et la temperature moyenne de tonte l'atmosphère, sont l'une et l' autre supérieure à la temperature moyenne de la colonne d'air verticale. „ V. pag. 3, 4 e 5 del Supplément à la Theorìe de la Chaleur. „ Sa. Le formole che la teoria somministra per esprimere la temperatura della Terra inchiudono tre parametri a, b^ e „ i quali per il Giardino dell'Osservatorio di Parigi sono a = 5, ii655; Z'=i, 05719; c = o,56i4; „ assumendo il metro per unità di lunghezza e 1' anno per unità di tempo. Ammessa la piena cognizione del significato di queste quantità specifiche, si richiede che siano deter- minate, almeno in due punti dell' Italia alquanto remoti l'uno dall'altro, con idonee esperienze analoghe a quelle , dei chiarissimi Signori Arago ed Elie de Beaumont. •>•> Scritti dal Segretario A. Lombardi (6l) 5, Inoltre si domanda, che, nei medesimi punti sia deter- „ minata la quantìté de chaleur solaire qui parvient en ces „ lieux à travers V atmosphère et qui pénètre dans V intèrieur „ de la Terre. Il metodo con cui si deve procedere in questa „ determinazione è indicato nelle pagine ^ e S del citato „ Supplement : ma si potrà far uso di qualunque altro che „ più si credesse conveniente allo scopo. I concorrenti avranno „ obbligo di esporre tutte quelle conseguenze che possono „ trarsi dalla cognizione di queste costanti specifiche mediante „ il legame che esiste fra esse e le formole esprimenti la „ temperatura della terra nelle due ipotesi sopra accennate. „ Questo cenno basterà per indicare in qual modo dovranno „ essere dirette e combinate le ricerche esperimentali e le „ ricerche teoriche che vi hanno intima relazione. „ Importa di sapere quale sia, in Italia, la grossezza di „ quello strato di ghiaccio, che, per ogni metro in quadra- „ tura, può essere fuso, in un anno, dal flusso di calore che „ ne attraversa la superficie. Si sa, per esempio, che questo „ strato è di circa sette millimetri per il suolo di Parigi, ed „ il possesso di siffatti numeri esercita una morale influenza „ dando una vantaggiosa idea sullo stato di incivilimento di „ una Nazione. Supposto che l'uomo sia condannato ad igno- „ rare le cause primordiali della natura, potrà sempre subli- „ marsi colla scoperta delle leggi semplici che ne regolano i „ varj effetti. È questo il carattere della moderna filosofia , „ ed i frutti già l'accolti bastano per sempre più rassodare „ gli argomenti coi quali Galileo condannava altamente l'antica. „ 33. Dimostrare in quale stato si trovi il ferro nel sangue „ degli animali, e nel succhio de' vegetabili : dedurre se sia ), effetto di sua presenza il color rosso del sangue, il verde „ delle foglie ; e stabilire come influisca questo metallo sulla „ economia vegetabile ed animale nello stato di salute e di n malattia. „ 34. Dimostrare con accurati esperimenti e confronti , n quale fra gli stromenti finora immaginati e adoperati per (6a) Annali della Società „ la misura della velocità delle acque correnti sia o possa, e „ come ridursi più facile, più comodo ed esatto. „ 35. Si domanda un'estesa e scelta raccolta di osserva- „ zioni o sperienze atte a valutare la forza media permanente „ degli uomini e delle bestie nei lavori di movimento di terra, „ e a determinare il più vantaggioso impiego di questa forza. „ 36. Essendo sommamente interessante per i progressi „ dell'Astronomia e la descrizione del Cielo, di stabilire con „ norme certe la relativa grandezza delle stelle per giudicare „ dei cambiamenti di già osservati in molte di esse dagli Astronomi, la Società propone un premio di per clii additerà il mezzo migliore per misurare la intensità j della loro luce riportata ad una unità facile a stabilirsi con „ date norme. , ,, Si richiede che le Memorie accennino istoricamente i quello che fin ora è stato proposto intorno a questo im- portante argomento, e mostrino la convenienza dei migUo- ramenti proposti ai metodi già conosciuti, o la preferenza che meritano i nuovi metodi che possono essere proposti ,, con un sufficiente numero di osservazioni e di esempj. „ 37. Il disboscamento dei luoghi montani per nna parte, ed il numero fra noi sempre crescente delle grandi officine per le quali richiedesi un forte consumo di legna da fuoco, fanno con ragione temere che possa divenire troppo scarso e troppo prezioso questo elemento tanto importante al ben essere sociale. ■ „ La Società pertanto propone un premio di „ alla migliore memoria che avviserà ai modi più opportuni „ appresso di noi per riparare al crescente consumo del com- ,, bnstibile, avuto riguardo alle nostre condizioni fisiche e „ geologiche. ., 38. Siccome l'esperienza ha dimostrato e dimostra che „ i metodi finora praticati per impedire e riparare ai danni „ che cagionano alle Provincie Italiane le ognor crescenti piene „ dei fiumi, sono insufficienti all'uopo, cosi si domanda che 50 ■)•>■ f Scritti dal Segretario A. Lombardi (63) „ gli Idraulici ricerchino se, oltre i mezzi già noti di ripara- „ zione, cioè l'alzamento degli argini, le colmate, i pianta- „ menti sui colli e monti, le così dette serre sui medesimi etc, „ vi siano altri espedienti per ottenere una valida e stabile „ difesa contro le innondazioni. Si domanda poi specialmente, „ se sianvi mezzi per moderare il corso dei fiumi , nei loro „ tronchi esistenti fra i colli e le basse pianure all' oggetto „ che le piene impieghino un tempo assai più lungo di quello „ che fanno al presente a scorrere per gli alvei dei fiumi e „ torrenti. „ 3g. Sono pur troppo frequenti ai muratori le cascate „ con perdita della vita, o grave danno della persona. Nes- „ suno ignora per altro che alcuna volta un mucchio d'arena „ o di paglia, una tela acconciamente distesa, o altro simile „ accidentale para-colpo bastò a salvar la vita a taluno che „ precipitò da notabile altezza. Si proporrebbe adunque il „ tema seguente: Assegnare i mezzi più convenienti ed adat- „ tati nelle varie circostanze, ad impedire, o almeno minorare „ gli infortuni provenienti dalle cadute dall'alto, e special- „ mente dagli edificj in attualità di fabbrica o di ristauro. „ I mezzi proposti non dovranno essere difficili a jiraticarsi , „ e tali da potersi raccomandare caldamente ai Governi. „ 40. Le Tavole somministrate dalla Fisica sperimentale, „ ad uso delle arti, per valutare le resistenze relative dei „ prismi di materie e dimensioni varie , sono dedotte dal „ principio che la minima misura di resistenza sia quella cor- „ rispondente allo stato d«I solido, in cui manifestasi un se- „ gno visibile di incominciata rottura trasversale { pelo, o „ screpolo ) ; Il massimo poi di resistenza corrisponda allo », stato del solido stesso, quando non agisca altra forza che », quella del proprio peso. „ Ciò premesso, si osservi che se un prisma di metallo, „ o di pietra, o di legno, abbia tal lunghezza che, posato con » le sue estremità su due punti fissi, non mostri indizio sen- n sibile di incurvatura, se venga poi caricato d'un certo peso. (t>4) Annali della Società „ manifesta una qualche curvatura, per mezzo di un istru- „ mento alquanto delicato. Ma se tosto si levi il carico, può „ il detto prisma restituirsi spontaneamente nella sua prima „ direzione rettilinea. Ciò si avvera accrescendo per gradi il „ carico, fino ad un limite, oltre al quale se il carico venga „ accresciuto, e poi si tolga, il prisma non è più atto a ri- „ pristinarsi perfettamente. „ Questo fatto indica uno spostamento delle molecole, „ che non ponno più tutte ricuperare la prima loro naturai „ posizione. In tale stato del solido incomincia dunque a de- ,n crescere la sua resistenza. „ Si dimanda pertanto se sarebbe giusto ed utile fondare „ il sistema di confronto su questo dato, e da esso dedurre „ nuove tavole comparative. „ La dimostrazione affermativa, o contraria, dovrà essere „ corredata di una serie sufficientemente numerosa di espe- „ rimeiiti, limitati soltanto al legname, in prismi, di specie „ diversa e dimensioni discrete, onde le risultanze sieno con- „ eludenti per la pratica. „ Compiuto il termine prescritto a votare sopra queste di- mande si radunarono il giorno 2,7 Giugno 1845 per disposi- zione del Sig. Cav. Presidente Marianini li Signori Socj AttuaH dimoranti in Modena Professor Giuseppe Bianchi e Professor Giuseppe Tramontini nel Teatro fisico della R. Università, e si fece alla presenza del Presidente e del Segretario lo scru- tinio dei voti pervenuti sulla scelta del Problema che cadde sul N. 5, il quale aveva ottenuto la pluralità comparativa. Si pub- blicò esso quindi nell'unito Programma, che contiene poi tutte le regole da osservarsi dai concorrenti al premio, non che il va- lore della medaglia, e il tempo prescritto alla presentazione delle Memorie, il tutto combinato in concorso dei prefati Si- gnori Socj. Scritti dal Segretario A. Lombardi (65) . PROGRAMMA LA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Ai Dotti Italiani. „ Intenta sempre la Società Italiana delle Scienze a pro- „ muoverne l' avanzamento propone il seguente Problema : „ Discutere le osservazioni delle Comete del 12,64 ^ ^^^ „ i556 onde riconoscere se possa ammettersi la loro identità, „ avuto riguardo alle perturbazioni a cui sono andate soggette „ (V. Pingré I. pag. 4^6 e Soa); e nel caso affermativo cal- „ colare il passaggio pel perielio che dovrebbe accadere verso „ r anno 1 848. Nel calcolo -delle perturbazioni si farà uso si- „ multaneamente del metodo antico delle quadrature e del re- „ cente pubblicato dal Signor Hansen Astronomo di Gota. „ Le Memorie dovranno essere inedite, scritte in lingua „ Italiana, in carattere chiaro e da una sola mano, e saranno „ presentate al sottoscritto Socio e Segretario in Modena en- „ tro il giorno 3i Gennajo 1847- „ Il nome degli Autori sarà occulto; ogni Memoria por- „ terà in fronte un motto e sarà accompagnata da un biglietto „ suggellato contrassegnato al di fuori dal medesimo motto, „ contenente al di dentro in maniera occultissima nome, co- „ gnome, patria, domicilio e professione dell' autore. Il man- „ care a qualunque delle antecedenti condizioni fa perdere „ il premio, che per l'argomento proposto sarà una medaglia „ d' oro del valore di Zecchini ottanta, e verrà conseguito da „ quella Memoria che nell' argomento ne sarà giudicata me- „ ritevole secondo il metodo prescritto dallo Statuto Sociale. „ La Dissertazione coronata sarà pubblicata colle stampe, e „ l'autore ne avrà in dono un numero sufficiente di copie. „ Quelle non premiate si conserveranno originali nell'Archivio Tomo XXIII. IX (66) Annali della Società „ dell' Accademia, potendo però gli autori di esse ritirarne a „ loro spese una copia. „ Modena, 12 Luglio 1845. Antonio Lombardi Socio e Segretario. 358. Mentre io comunicai al Signori Colleghi con mia Circo- lare li Luglio 1845 questa determinazione della Società ed il suddetto Pi-ograninia, li pregai a scegliere nelle Classi dei nostri Socj tre di essi che a norma del citato articolo XXIV giudicar dovranno sul merito delle Memorie che verranno presentate al concorso. 35q. La grave età e gli incomodi di salute furono cagione che a tenore dell'articolo V dello Statuto Sociale il Ca- valiere Signor Ignazio Michelotti di Torino è passato da quella degli Attuali alla Classe dei nostri Colleghi Eme- riti ; perlocchè flitta proposta dal Signor Cavaliere Presi- dente ai Signori Colleghi con mia Circolare i Marzo p. p. di una nota di Candidati, risultò eletto in luogo del pre- lodato Michelotti il Cavaliere Ignazio Giulio Professore di Meccanica nella R. Università di Torino. Questi in se- guito della solita partecipazione avuta per mezzo mio scrisse una obbligante lettera di ringraziamento alla So- cietà a cui fu ascritto. .. 36o. Continuava sempre la corrispondenza scientifica delle Accademie Italiane e d' Oltremonti con la Società nostra, che ricevette dal Cavalier Niccola Sant' Angelo l' invito per il prossimo Settembie al Congresso Scientifico di Na- poli di cui egli era Presidente generale, invito che io comunicai per loro norma ai Colleghi e che qui sotto inserisco. Pervenne inoltre una lettera sciatta dal Signor Direttore degli Osservatori Magnetici della Russia il Co- lonnello Kupfer nella ([uale esprimeva la sua gratitudine per il volume da lui ricevuto della parte Fisica del Tomo XXIII delle nostre Memorie. ScKiTTi DAL Segretario A. Lombardi (®7) SETTIMA RIUNIONE DEGLI SCIENZIATI ITALIANI. „ Non prima gli Scienziati d' Italia elessero la Città di „ Napoli a sede del Congresso nel presente anno, che il no- „ stro Augusto Monarca con benigno animo e volonteroso vi „ acconsentiva. Né parve bastasse alla sua Reale Muniiicenza. „ Rammentando come ne' giorni di Federico e di Roberto e „ degli Aragonesi, fu questa Reggia splendidissima stanza de' „ più valorosi ingegni nazionali e stranieri, ha voluto la Maestà „ Sua che la Riunione si tenga sotto gli alti suoi auspici : e „ che ogni estrema cura abbia a porsi dagli uffiziali del Go- „ verno, perchè lieta ed onesta sia l'accoglienza verso coloro „ che interverranno al Congresso. „ Paghi olti'emodo che a noi si conceda darne l'annunzio, „ ci giova sperare che i più ragguardevoli uomini, ì quali al „ presente levano fama del loro sapere, di buon grado visi- „ teranno la nostra terra. E certo, chiunque attenda a studi „ di Agricultura o di Botanica avrà come soddisfare ampia- „ mente il suo genio nelle circostanti campagne, le quali, al „ dir di Polibio, meritarono un giorno che gli stessi Dei se „ ne disputassero insieme il dominio. „ Né aringo meno spazioso o men bello scorgesi aperto „ a chi senta vaghezza di altri studi che a cose naturali pa- „ rimente appartengono : però che brevissimo tratto divide „ la Città nostra dalle rinomate colline, dette una volta Campi „ Flegrei, e dalle facili balze del Vesuvio ; il quale se in va- „ stità ed in altezza non pareggia altri monti che gittan „ fiamme, nondimeno pe' suoi raaravigliosi fenomeni e per le „ svariate sue produzioni, è incessante miniera ai geologi ed „ ai mineralogisti di pellegrine e singolari ricerche. „ Ancora, siamo di credere che tutte le Sezioni del Con- „ gresso potranno assai agevolmente dar opera a fin che ogni » parte della Filosofia naturale si avvantaggi, assistite fra noi (68) Annali della Società „ da' Professori, dagli Accademici, e, (juando il bisogno lo „ esiga, dagli uffiziali del Governo. „ Il Congresso cominciei'à in Napoli il giorno venti di ,., Settembre, ed avrà fine nel dì cinque di Ottobre. „ Per coloro che sieno intervenuti ad alcuna delle Riu- „ nioni precedenti, non farà di altro mestieri. „ Per chiun({ue voglia intervenirvi la prima volta, se già „ non {"osse tale un nome che di testimonianze non abbisogni, „ si osserveranno le condizioni del Regolamento generale che „ qui trascriviamo. „ Hanno diritto di essere membri della Riunione tutti gli „ Italiani ascritti alle principali Accademie a Società scienti- „ fiche istituite per V avanzamento delle scienze naturali ; i „ Professori delle scienze fisiche e matematiche; i Direttori de- „ gli alti studj o di Stabilimenti scientifici de'varj Stati d'Italia; „ e gV Impiegati superiori ne' Corpi del Genio e dell' Artiglieria. „ Gli esteri compresi nelle categorie precedenti saranno pure „ ammessi alle Riunioni. „ Con un secondo Manifesto divolgheremo tutte le dis- „ posizioni stabilite a far più agiata e più dilettevole la di- „ mora degli Scienziati ospiti della Città nostra. Intanto an- „ nunziamo trovarsi eletti ad Assessori del Presidente Gene- „ rale, il Commendatore D. Antonio Spinelli de' Principi di „ Scalea, socio onorario dell'Accademia Pontaniana, e D. An- „ gelo Granito Marchese di Castellabate. „ Non ci rimane ora, se non pregare i Presidenti delle ,, Accademie, i Rettori delle Università, i Capi degl' Istituti „ Scientifici, e gli Impiegati Superiori ne' Corpi del Genio e „ dell'Artiglieria, a render consapevoli del presente Avviso „ quanti mai abbiansi diritto a far parte di questo settimo „ Congresso. Napoli, a' 30 di Gennajo del 1845. Il Presidente Generale NICCOLA SANTANGELO. Il Segretario Generale Giacomo Filigli. (69) La Società Italiana va sempre ricevendo in dono dai Dotti e dalle Accademie Opere e Memorie, delle quali si offre qui sotto l'elenco, all'oggetto di esprimere ai donatori la ben do- vuta riconoscenza del Corpo Accademico. ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA Dal Maggio 1844 " tutto il Dicembre 1845. Emiliani Ingegnere Dottor Angelo. Teorica della formazione de' censimenti. 4°' Bologna i844- Co' tipi di Giuseppe Ciocchi e Comp. Fusinieri Dottor Ambrogio. Annali delle Scienze del R,egno Lombardo Veneto. Appendice al Bimestre III e IV i844 di essi Annali. Gli stessi. Bimestre III. Gli stessi. Bimestre I, II, III, IV del 1845. Memorie della Società Agraria della Provincia di Bologna. 8° grande, ivi, i844- Voi. I e Voi. II, parte i* e 2,*. Memorie della Società Medico-Chirurgica di Bologna. Voi. Ili, fase. 5", in 4°. Transazioni filosofiche della Società Reale di Londra, 1843. Parte a* di quest'anno. Stato della Società Reale di Londra al 3o Novembre i843; in 4°- Fusinieri Dottor Ambrogio. Risposte agli articoli dei Signori Macedonio Melloni ed Angelo Bellani su la rugiada, sulla scomparsa della neve ec. 4°- Padova i844- (70) Jori Bernardo Socio di varie Accademie. Saggio di Fenomeni elettro -chimici. 8°. Milano 1844. Osservazioni critiche sperimentali sulT acido valerianico. 8". Milano 1844. Medici 31ichaclis. De Anatomicis qni a XVIII saeculi initio ad nostrani usijue aetateni Bononiae floruerunt Oratio. 4"- Bononiae i844- Casa ( della ) littorio. Sulle equazioni di 3" e 4° grado. Me- moria. 4"- Padova 1840. Risposta alle osservazioni negli Annali delle Scienze ecc. con alcune osservazioni intorno al metodo primitivo Leibni- ziano, non che al nuovo metodo differenziale dell'Autore. 4". Padova 1841. Proposizioni fondamentali del metodo differenziale dimo- strate sinteticamente, con due Appendici intorno ai me- todi delle Flussioni del Newton e delle derivate. 4°- P^" dova i844- Rossetti Jngegnere Giuseppe. Sulle ruote idrauliche dette turbini di Fourneyron. Memoria con Appendice. 8'\ Milano 1841. Sui vantaggi che passi per Monza e Bergamo la strada ferrata da Milano a Venezia. 8°. Milano 1841. Sull'Idraulica. Trattato. 4°- Milano 1889. Fascicolo I. Scortegagna Dottor Francesco. Notizie sulle ossa fossili degli animali mammiferi rinvenute sepolte nel monte Zoppega. 4". Vicenza i844- Meifredy Ermentario Membro corrispondente della R. Accade- mia Agraria di Torino. Sulla educazione moltiplice dei bachi da seta, sulle tre raccolte da lui fatte in Ptoma ecc. Bullettìno delle Scienze mediche. Bologna. Agosto, Settembre ed Ottobre 1844. Effemeridi Astronomiche di Milano per il j845. ivi. 8°. Cervetto Dottor Giuseppe. Altra Appendice ai cenni per una nuova storia delle scienze mediche. 8°. Verona i843. Coinmentarii novi Instituti scientiarum Bononiensis. T. VI. 4". Bononiae i844- (70 Desiderio Dottore Achille. La virtù specifica del Solfato di Chinina ristretta entro i limiti del vero. Dissertazione letta al Veneto Ateneo nelle ordinarie tornate 14 e a8 Novembre 1843. 8°. Venezia i844- Esame del giudizio dato intorno ad alcuni fatti relativi al Solfato di Chinina e nuovi speiimenti sul medesimo. 8°. Venezia 1843. Intorno ad alcune applicazioni terapeutiche del Solfato di Chinina. Risposta al Dott. Ragnetta di Parigi. 8°. Ve- nezia i844- TortoUni Professor Barnaba. Elementi di Calcolo infinitesimale. Tomo I. Calcolo differenziale. 8". Roma i844- Rappresentazione Geometrica delle funzioni Ellittiche di terza specie di dato parametro circolare. 8". Roma i844- Memorie della Imperiale Accademia delle Scienze di Pietro- burgo. Raccolta degli Atti della seduta pubblica di essa Accade- mia tenuta il ag Dicembre 1843. 4°- ivi. i844- Memorie di Scienze Matematiche e Fisiche. Fascicoli ^"^ 5°, 6° in un volume, del Tomo V. 4°- ivi. 1844? ed il fascicolo 1° del Tomo VI. Scienze Politiche, di Storia e Filologìa. Fascicoli 4°5 5°, 6° del Tomo VI in un volume; e fascicoli 1°, a°, 3° del Tomo VII. 4°. ivi. 1844. Contarini Conte Nicolò. Trattato delle Attinie ed Osservazioni sopra alcune di esse. 4" grande. Venezia, Antonelli 1844. Memorie della Società Agraria di Bologna. Fascicolo a" del Volume II. ivi; e fascicoli 4^ 5°, 6° di esso Tomo. Grìmelli Professor Geminiano. Osservazioni ed esperienze elet- tro-fisiologiche dirette ad instituire la elettricità medica. 8". Modena 1839. Storia Scientifica ed artistica della elettro-metallurgia ori- ginale italiana, con un Saggio teorico -pratico di elettro- metallurgia piana e solida ecc. 8°. Modena i844- (7^) GrbnelU Professor Gemìnìano. Articolo nevrologico sperimen- tale intorno alla funzione sensoria e motrice dei nervi intercostali o trisplanici, sperimentalmente dimostrata in particolar relazione e corrispondenza coli' apparato ence- falico ossia coir asse cerebro spinale. 8°. Modena 1843. Osservazioni sui tessuti vestiarj. Lettera al Cav. Alessan- drini. 8". Modena. Lettere Chimico-mediche. 8". Modena 1842. Prospetto delle Memorie elettriche e magnetiche pubbli- cate dal Cavaliere Stefano Marianini, attuale Professore di Fisica particolare e sperimentale nella R. Università di Modena, uno dei Quaranta della Società Italiana delle Scienze, Socio corrispondente del R. Istituto di Francia ecc. 8". Modena 1844. Articolo analitico sull'aggiunta alla collezione delle Opere del Professore Luigi Galvani. 8". Modena i84ìì. Intorno alle injezioni specialmente dell'iride. Lettera di- retta al Dott. Paolo Fario di Venezia. 8". Modena 1840. Patologia dei classici medici antichi e moderni. 8". Mo- dena i838. Memorie dell'Accademia R. di Torino. Serie seconda. Tomo VI. 4"- Torino i844- Memorie della Società Medico -chirurgica di Bologna. Fasci- colo i" e a" del Tomo IV. ivi. 184.5. 4°. Indice del terzo volume di esse Memorie. 4°- ivi. Medici Professor Michele. Elogio di Luigi Galvani. 4'- Bolo- gna 1845. Pilla Leopoldo Socio di più Accademie. Osservazioni geogno- stiche che possonsi fare lungo la strada da Napoli a Vienna. 8". Napoli 1834. Discorso Accademico intorno ai principali progressi della Geologia ed allo stato presente di questa scienza. 8". Napoli 1840. Studj di Geologia, ovvero Conoscenze elementari della scienza della terra. 8". ivi. 1840. (73) Pilla Leopoldo Socio di più Accademie. E dissertatione Nico- lai Stenonis de solido intra soliduni naturaliter contento excerpta ec. 8°. Florentiae i84a. Sopra la produzione delle fiamme ne' vulcani e sopra le conseguenze che se ne possono tirare. Discorsi. 4°- Lucca 1844. Application de la theorie des crateres de soulevement au Volcan de Rocca Monfina. 8°. Paris i844- Moretti Professor Giuseppe. Prodromo di una Biografia delle specie del genere Morus. 8°. Milano 1842. Codazza Professor Giovanni. Sopra un metodo di prospettiva pel disegno delle maccfiine. Nota di Geometria descrit- tiva. 8°. Como i84a. Sulla teoria della propagazione della luce omogenea nei mezzi omogenei. 8°. Milano 1840. Notizie teorico pratiche sul taglio delle pietre, con atlante. 8°. Pavia 1844. D' Hombres - Firmas M.' le Baron. Memoire de meteorologie sur un question propose au Congres de Nimes lue dans la 4.""' seance et comuniquée et discutée au Congrés de Milan. Question. Quel est le systeme d' observations meteorolo- giques le plus avantageux pour les progres de la science ? Pirìa Professor Raffaele. Ricerche di Chimica organica. 8°. Pisa 1845. Accademia E. di Scienze di Monaco. Bullettino della R. Ac- cademia dal N. 1° al 21° inclusivo, cioè dal i" Gennajo 184.3 al 7 Marzo 184.3. Lo stesso dal N. .56° al 64°, cioè dal 3r Agosto al So Dicembre 1843. ''..'. • Lo stesso dal N. 22° al 5o° inclusivo, cioè dal 21 Marzo al r4 Settembre 1844. Almanacco della R. Accademia Bavarese per l'anno rH/j/j 8°. Monaco. .'dcji.'.i.if.i-. Memorie della Glasse Fisico-Matematica. Tomo IV, fasci- colo 1°. Monaco 4°- i844- Tomo XXIII. X (:4) Accademia R. di Scienze di Monaco. Simili della Classe filo- sofico-filologica. Tonio IV, fase. r. ivi 4". •'^44- Simili della classe istorica. Tomo IV, fase. i". 4°- ivi 1^44. Scliafault Dottor Carlo. La Geologia considerata nelle sue relazioni con le altre scienze naturali. Memoria per solennizzare la festa del giorno natalizio del Re Lodovico di Baviera ii5 Agosto i843 letta in detto giorno nell'apertura delle sedute dell'Accademia di Monaco, ivi. 1843. in 4°. l'Vindisclimann Federico. Proirresso della cognizione delle lin- gue e delle questioni presenti relative alle medesime. Per solennizzare la festa del giorno natalizio del Re Lo- dovico di Baviera; letto il giorno 114 Agosto 1844 all'Ac- cademia di Scienze di Monaco, ivi i844- i" 4- Giornale Pisano detto il Cimento. Fascicolo di Novembre e Dicembre i844- Bullettino delle Scienze mediche di Bologna. Gennajo a Marzo 1845 in un volume. Lo stesso. Aprile i845. Lo stesso. JNLìggio e Giugno 1845 in un voi. Lo stesso. Luglio 1845. Agosto e Settembre 1840. Calindri Ingegnere Ugo. Programma delle sue lezioni di Agraria. o'^. Perugia i844- Giulio Cav. Professor Carlo Ignazio. Quarta esposizione di in- dustria e di belle arti al Real Valentino. 8°. Giudizio della R. Camera di Agricoltura e di Commercio di Torino. 8°. Notizie sulla patria industria. 8". Torino 1845. Zantedeschi Abate Professor Francesco. Descrizione di una macchina a disco per la doppia Elettricità, e delle espe- rienze eseguite con essa comparativamente a quelle dell' Elettromotore Voltiano. 4"- Venezia 1845. Trattato di Fisica elementare. Voi. Ili , parte ir. 8^ Venezia 1845. (7-5) Fusìnìeri Dottor Ambrogio. Memorie sperimentali di Mecca- nica molecolare e di una forza repulsiva nuovamente sco- perta nella materia attenuata. 4°- Padova i844' Jori Bernardo Socio di varie Accademie. Sulla vera essenza naturale dei materiali immediati attivi della china ecc. 8°. Reggio i845. Opuscolo secondo. Gozzi Dottor Andrea. Trattato elementare di Chimica Medi- co-Farmaceutica per servire di Farmacopea ec. 8°. Fi- renze i84o. Volume primo. Combinazione dell' Albumina coi sali piombici. 8.' Sulle applicazioni della forza della Pila Elettro -chimica all'analisi dei sali metallici ec. 8°. Firenze 1842- Acido Valerianico ottenuto col metodo dello spostamento. 8°. ivi 1845. Ricerche sulla presenza del Cianuro di Sodio in una bile umana. 8°. Nuovo metodo per tingere la seta e la lana in Bleu-Ra- yemont. 8°. ivi i84a. Ricerche geologiche e mineralogiche sopra Montieri e sue adjacenze. 8°. ivi i84a. Nuovo metodo per trasportare sullo zolfo le stampe lito- grafiche e calcografiche e Io scritto a gallato di ferro. 8". Fasi della nomenclatura chimica e applicazione ad essa della teoria atomistica. 8°. Firenze 1842. Nuovo processo economico per ottenere il creosoto e sua applicazione alle arti. ivi. 8°. Ricerche analitiche sopra le pozzolane di Toscana e di Roma. 8." ivi 184^. Relazione dell' analisi chimica dell' acqua Martinelli di Monte Catini. 8°. ivi 1843. Analisi qualitativa e quantitativa dell'acqua dell' Amerino. 8°. ivi 1840. Relazione dell'analisi chimica dell'acqua Janella presso Empoli. 8°. ivi 1845. (76) Gozzi Dottor Andrea. Ricerche sui metodi diversi finora usati per la imbalsamazione dei cadaveri e sulla riduzione delle sostanze organiche a solidità lapidea. 8°. ivi 1840. Ricerche sopra i tubercoli polmonari sì crudi che fusi. 8°. Piola Dottor Don Gabrio Presidente dell' I. R. Istituto delle Scienze del Regno Lombardo -Veneto. Memoria sul moto permanente dell'acqua. 4°- Milano i845. Paltrinìeri Giovanni. Esperienze sul fluido elettro -magnetico utilizzato dall'azione e reazione simultanea nella sua ap- plicazione come forza motrice al movimento delle mac- chine. 4°- Parigi 1845 in lingua francese. Atti della sesta Riunione degli Scienziati Italiani tenuta in Milano nel Settembre i844- ivi 1840. Tassinari Dottor Alessandro. Riflessioni sul Clima di Venezia e sulle risorse salutari che egli opera. 8". ivi 1845. Annuaire magnetique etc. Annuario magnetico e meteorologico del Corpo degli Ingegneri delle miniere di Russia per l'anno i84a. 4°- Tomi 2. Pietroburgo. Medici Professor Michele. Prime linee di Fisiologia e Patologia vegetabile, lette alli 2,1 Aprile 1844 alla Società agraria di Bologna. 4°- ivi- Marianini Cavalier Professor Stefano Presidente della Società Italiana delle Scienze. Memoria sul magnetismo dissimu- lato. 4°- Modena i844- Osservazioni fatte nella Specola della Università Gregoriana in Collegio Romano diretto dai PP. della Compagnia di Gesù. Anno 1843. 4°- Roma i845. Transazioni filosofiche della Società Reale di Londra per l'anno 1844. Parte a\ Londra 1844. Processi verbali delle radunanze della Società stessa dal Di- cembre 1843 al Giugno i844- Transazioni dell'Accademia Reale d'Irlanda. Tomo XX. Du- blino 1845. ^/^r'^/t^r'r ■y>^/(/r//^f r// Y D 0 l O 1 1 U cv ELOGIO MORTO IN PISA IL 28 APRILE 1844 SCRITTO DAL SOCIO ATTUALE SIC. MARCHESE COSIMO RIDOLFI (1) Riceifuto adì a4 Settembre i844- , , i>on io di amare lacrime e di dolenti sospiri venni in cosi solenne momento a spandere larga copia su quel feretro, che già questo mesto ti'ibuto pagai largamente all'Amico al Col- lega, il quale per miglior vita quella misera, che a noi rimane, lasciava. Venni obbediente al vostro cenno. Monsignore Reve- rendissimo; venni volenteroso. Colleghi chiarissimi ed Ascol- tatori gentili, recando alcuni fiori su quella coltre dove la morte non chiude che il nostro peggio, per cui mentre pensa di trionfare è sconfitta. Ma questi fiori sono agresti e selvaggi quali dai miei studj raccolgo, ed invano tentai col tesserne festoni e ghirlande di far opera degna del chiaro nome a cui l' offro, di voi che la richiedeste. Non sdegnerà, ne son certo, il povero dono quello spirito che fu modello di rara modestia, e che felice ora ci guarda dal Cielo e mi ascolta, e voi Si- gnori benigni e cortesi qual vi conosco mi sarete lai'ghi d'un generoso compatimento. Ben alti'i che me bisognava per dir le lodi di Gaetano Savi. Io non tenterò che di raccontarne la vita \ vita illustre che dalla sola enumerazione delle sue opere, sarebbe mostrata molto meglio che dalle povere mie parole ; vita esemplare che nella sua semplicità tanto è ricca di meriti, che mi sgo- menta a fedelmente ritrarla. (i) Questo elogio fu detto dall'autore nella Chiesa di S. Niccola in Pisa in occa- sione del solenne funerale fatto al Savi dai Professori dell'Università il 28 Giugno i844- Tomo XXIII. A ^ • -, ' n Elogio dei. Prof. Gaetano Savi Da Gaspero Savi di Scarperia nel Mugello, e da Maria Rogai liorentina nasceva in Firenze il nostro Gaetano ai i3 Giugno 1 76q. Senza beni di fortuna, ma colmi di quelle virtù che rendono l' uomo veramente pregevole, non eran miseri comunque poveri quei genitori. D'altronde l'oscvirità dell'ori- gine non e che un pregiudizio sociale, ed è gloria vera per chi seppe, malgrado gli ostacoli, che ella frappone, levarsi a grande altezza, e circondar di vera luce la propria esistenza (i). O fosse cura di naturale affetto paterno, o fosse consiglio suggerito dall'indole pei'spicace del figlio, malgrado le dome- stiche ristrettezze , e nonostante la tentazione di ricavare presto ([ualche profitto dalle forze fisiche della prole, Gaetano fu di buon ora iniziato nei primi studj in lettere umane, ebbe i primi rudimenti scientifici presso la Badia dei Monaci Cas- sinensi in Firenze, e forse fu testimone dei varj sperimenti di quel Padre, che meditando intorno all'elasticità del vapore, e della pneumatica studiosissimo, travide le applicazioni alla meccanica delle due forze, che più tardi doveano mutare le condizioni dell' industria tecnica e del commercio (2) . Svolgendosi intanto rapidamente l'ingegno del giovinetto e precorrendo all'età, sembrò ai genitori di travedere in Gaetano (i) In certi appunti lasciati cIjI Prof. Gaetano Savi intorno alla propria vita che si conservano nell'Arcliivio della Pisana Università, e ( si noti l>eiie) die erano redatti cedendo a lodi a sollecitazioni che ogni altro avrebbero insuperbito, si legge scritto di sua mano: Nato in Firenze il i3 Giugno 1769 da Gaspero di Maestro Niccodemo de' Savi CoìtelUnaj di Scarperia, e da Maria di Maestro Rogai legnatolo fiorentino. (2) Il Padre D. Serafino Serrati eseguì nel 1782 varj congegni in linea di sem- plici modelli nei quali la pressione atmosferica e 1' impulso del vapore erano ado- perati come forze motrici. Il Padre Rossi allora Maestro di Fisica nel detto Mona- stero inalzò un piccolo Aereostata a gas idrogene, che fu il primo che si vedesse tra noi, ed il Padre Rabatta assisteva ed incoraggiva a quelle sperienze. Presso questi Re- ligiosi fu eseguita una macchina pneumatica nella quale l'estrazione dell'aria face- vasi coll'applicazione dei principj Torricelliani, e questa macchina era inventata db <;.;-:.' Nota. L'Endlicher nei suoi Genera plantanim non ammette questo genere che riunisce al Clerodendron. Sono però di parere che tal decisione lungi dall'essere senza ap- pello sarà riconosciuta nell' avvenire erronea , troppa differenza passando fra questi due generi, per il frutto che è secco ( nucula ) nella Cornacchinia, e polposo ( Drupa ) nel Clerodendron. Nel i83b il Prof. Roberto De Visiani nel suo Opuscolo Plantae quaedam Aegypti ac Nnhiae enumeratae etc. a pag. a3 descrive questa specie e la figura nella Ta- vola 4* sotto il Num. I col nome di Volkamera Acer- XXII Elogio DEL Prof. G.vetano Savi biana. Se per la corolla alquanto ringente, questa specie più al genere ì^olkainera che al Clerodendroii merita di esser riportata, il suo l'rutto totalmente secco, e il particolar portamento della pianta la costituiscono im- manca])ilmente in un distinto genere. Arìstida lladdhma- Memorie della Società Italiana. T. XXI , pag. 198. ' ' Onganuin coiifcrtum. Osservazioni sopra alcune specie del ge- nere Orìgiviuììi. Giornale Toscano, p. 'ùq. Pisa 1840. Origanuì/i. fortiiìtum. Memoria sopraccitata, p. 89. NOTA DELLE ACCADEMIE E SOCIETÀ SCIENTIFICHE ALLE QUALI FU ASCRITTO IL PROF. GAETANO SAVI Accademia de' Georgolili di Firenze. Accademia Valdarnese del Poggio. Accademia Labronica. Accademia degli Incamminati di Modigliana. Accademia di Lettere e Scienze della Valle Tiberina. Accademia degli Euteleti di S. Miniato. Accademia delle Scienze di Torino ( fra i Socj stranieri ). Istituto delle Scienze di Bologna. Società Italiana de' XL residente in Modena. , Accademia Agraria di Pesaro. Accademia Tricentina d' Ascoli. Accademia Agraria Aqnileiese. Società medica di Venezia. Società di Scienze e Lettere di Palermo. Accademia Gioenia di Scienze Naturali Siciliana. Accademia delle Scienze di Stokolm. A Liceo di Storia Naturale di New -York. Società per Tavanzamento delle Scienze Naturali residente in Marbourg. Imperiale e Pieale Società dei Medici in Vienna. Scritto dal Socio Sic. March. C. Ridolfi xxiii DISTL\ZIOXI OIVOUIFICHE ACCORDATE AL PROF. GaETANO SaVI La Croce di Cavaliere dell' Ordine del merito sotto il titolo di 8. Giuseppe conferitogli da S. A. I. e R. il Gx'anduca di Toscana nel Settembre 18519. La Croce di S. Salvatore conferitagli nel 1840 da Sua Maestà il Re dei Greci. , ,i;j • Ci.. • i M.iL ' PER IL SAVI COLLOCATE '■^'' ' Al Campo Santo. HONORI • ET • NOMINI ■''" CAIETAIM • CASPARIS • F • SAVI DOMO • FLORENTIA '^"' -^^- ' DOCTORIS . BOTANICES • IN • ACADEMIA • PISANA EQVITIS • JOSEPHIANI ■ OB ■ MERITA EQVITIS • ORD ■ HELLENICI • A • D • N • JESV • SERVATORE VIRI • IN AEVVM • MEMORANDI QVEM EXIMIIS • EDITIS • OPERIBVS • VBIQVE . INSIGNEM NOBILIORES • SOPHORVM • COETVS • SODALEM • COOPTARVNT GOMITATE • MODESTIA • OMNIQ . VIRTVTE ■ PRAESTANTEM PROPINQVI ■ COLLEGAE • AMICI • VIVENTEM • SVSPEXERVNT DEMORTVVM • MOESTISSIMO • DESIDERIO ■ PROSEQVVTI • SVNT DECESS ■ IlII • KAL • MAI • A • M ■ DCCG • XXXXIIII NATVS • ANNOS • LXXV DEDIC • PVBLICE ■ EX • DECRETO DM- LEOPOLDI ■ ÌI • OPTIMI • PRIIVCIPIS XXIV Elogio del Prof. Gaetano Savi Al Giardino Botanico. HEIG • IN • HORTO QVEM • CVRA • SCRIPTISQVE • SVIS • NOBILITAVIT SVB • CEDRI • VMBRA • JVVENILI . MANV • A ■ SE • CONSITAE VNDE • INSIGNI • FAMA • ET • SENECTVTE • GRAVIS PRIMORES • DOCTORVM • EX • ITALIA ■ ET • EVROPA • VNIVERSA PISAS • AD • CONVENTVM • MAXIMVM . PRIMVM • CONGRESSOS NOVISSIMO ■ ADLOQVIO • DIMISIT • PRID • ID • OCT • A • MDCCCXXXIX D • N • LliOPOLDO • il • ARCIIID • AVSTR M D K CELEBERRIMI • COETVS • DIGNITATEM PRAESENTIA ■ SVA • INLVSTRANTE CIVIS • HOSPESVE . IMAGINEM • REVERERE CAIETANI • SAVI JVSSV ■ AVSPICIISQ • OPTIMI • PRINCIPI» ANNO • VERTENTE • AB • EXCESSV • VIRI • PRAESTANTISS • POSITAM • DEDICATAMQVE VT • IN • EAM • INTVENTES LIBERALES ■ QVICVNQVE • COLITIS ■ DISCIPLINAS AD • PRAECLARA • CAPESSENDA - EXCITEMINI QVANDO • SAPIENTEM HONORES • VIVVM • COMITANTVR • AC • PRAEMIA GLORIA • VEL • A • FVNERE • MANET • NVNQVAM • INTERITVRA - — -nr-g-g-g^ MEMORIE DI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXIII. 3 OSSERVAZIOIVI FOIVDAMEIVTALI PER UNA RIVISTA ED AMPLI AZIONE AL CATALOGO DELLE STELLE DEL CELEBRE l\ MAZZI MEMORIA DEL SOCIO PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI Ricevuta adì 7 Ottobre i84i. In ogni tempo gii Asti'onomi, da Ipparco ai viventi, rivolsero gli studi e le indagini loro alle stelle fisse per formarne Ca- taloghi, che presentassero le posizioni precise di ogni stella osservata nella volta del Firmamento per una data epoca, e le mutazioni apparenti o reali, assolute o relative, dei luoghi stessi dall' una all' alti'a epoca più o meno remota. Le diffi- coltà somme però inerenti a lavori di tal fatta, la vastità im- mensa del campo da percorrere , come lo sterminato numero degli oggetti da riconoscere, la meccanica imperfezione de' mezzi e le altre dubbiezze delle osservazioni , se nell' ardua impresa non isgomentaron coloro che successivamente vi si ac- cinsero, ne ridussero tuttavia sempre a stretti limiti la riuscita; cosicché, per quanto siasi fatto e possa farsi ancora lungamente in f{uesta parte bella e sublime della pratica Astronomia, ne rimase e ne rimarrà nondimeno ai futuri osservatori un' ampia e pressocchè inesauribile materia di novelle speculazioni e di scoprimenti. A non dire infatti che dei Cataloghi siderali mo- derni e più rinomati, due soltanto di essi opera sono d'italiani Astrononn, quelli cioè di Cagnoli e di Piazzi. Ma il primo, consegnato dal suo Autore nei Volumi di questa Società (i), non comprendendo che cinquecento e una stelle, titolo avrebbe più convenientemente di Saggio che di Catalogo; e il secondo, (1) T X. parte 2." pag. 687. 4 OssEiiv AZIONI Fondamentali ec. avvegnacchè oggi pure meritamente risguardato f|iuil Capola- voro del suo genere ed esteso alla descrizione di (piasi otto mila stelle, ben lungi è però dal soddisfare a tutte le speciali curiosità e richieste della Scienza. Quindi a nobil gara si ec- citarono gli astronomi più valenti e indefessi dell' età nostra [ter proseguire ed aggiungere all'opera del Piazzi nuove deter- minazioni , e basti citare Ira tutti il celebre Bessel che nelle sue TjOne ci ha dato le posizioni esattissime delle stelle visi- bili ne' cannocchiali fino alle minori grandezze, e dai paralelli australi salendo fino a 4-5 gradi di declinazion boreale. È da riflettere intanto che ad agevolare la formazione di un buon Catalogo di stelle, e perciò a poter estenderlo mag- giormente, non poco hanno contribuito gli ultimi perfeziona- menti apportati nelle macchine astronomiche, e più che tutt' altro la felice invenzione del Reichenbach di congiungere in un solo strumento, qual è il suo circolo meridiano, l'esattezza dei grandi Quadranti murali o dei circoli ripetitori, per otte- nerne le declinazioni, colla semplicità e leggerezza dell' istro- mento de' passaggi, per dedurne le Ascensioni rette. Concios- siachè per mezzo di c[uesta macchina e di un eccellente oro- logio ad essa vicino le osservazioni sul meridiano, e s' istitui- scono colla massima facilità e prestezza , e ad ogni momento con precisione possono esse rettificarsi e correggersi dalle pic- cole deviazioni del cannocchiale; il perchè se ne ha il duplice vantaggio del minor tempo, ossia del maggior numero di os- servazioni, e dell' esattezza più dimostrata né risultamenti. Di qui è che, fin dall' erezione di questo R. Osservatorio avendo io goduto la sorte di collocai'vi uno dei detti Circoli meridia- ni , anzi r ultimo uscito dalle mani del grande Meccanico di Monaco, mancato poco appresso alle migliori speranze dell'Ar- te, di esso mi sono sempre servito e mi affrettai di approfit- tarne per osservazioni e ricerche di Astronomia siderale, che tanto ne abbisogna ed è bello di coltivare. Primo scopo che me ne proposi furono le stelle, che nel Catalogo di Piazzi pre- sentano un annuo moto proprio assai distinto e non minore Del Prof. Giuseppe Bianchi 5 ' di mezzo secondo, sia in declinazione o in Ascension retta, le quali sono interessanti appunto per ciò che si potrà col tempo riconoscere in esse meglio che in altre la natura di tai moti, se uniforme o variabile, oltre al rintracciarne ancora con op- portune combinazioni il moto del nostro sistema solare verso un punto dello spazio. Il sufficiente numero di osservazioni che io- ne raccolsi non è stato fin qui da me calcolato, attese altre mie cure e distrazioni, ma potrà essere consideiato e di- scusso quando si voglia. In seguito poi, e già sono sette anni che io mi accinsi ad un lavoro sopra le stelle il più vasto, del quale in altra occasione terrò discorso, bastandomi per ora il dirne che io m' era prefisso da prima niente meno che la de- scrizione completa del cielo stellato e visibile. Nel che però io debbo confessare che troppo audacemente, e più in riguardo alla mia meschinità, era da me violato 1' antico precetto « Su- mite materìam etc. » e che neppur valse a sconfortarmene l'esito infelice o la scarsa utilità di simili tentativi, qual fu ad esem- pio il poco frutto dell' Istoria celeste di Lalande. Si aggiunse per mia fatale sventura che dei vari Giovani, a' quali pur sembrava piacesse lo studio astronomico e da' quali io mi ri- prometteva d' ajuto, ninno finora prosegui costante nell' inco- minciata carriera, e quale per una ragione quale per altra, più 0 men valida , tutti successivamente mi abbandonarono. Cosi rimasto io sempre solo e gravato di tutti gli uffici della Spe- cola, per lo che mi riesce impossibile il dar mano prontamente a lunghe e ardue operazioni, ho nondimeno avuto la conten- tezza che le divisate mie ricerche intorno alle stelle per av- ventura eccitarono l'altrui curiosità e mossero il desiderio di nuovi Cataloghi in alcuno de' preclari Astronomi d' Italia. Un lavoro però della maggiore ampiezza e difficoltà, che mal potrebbe assumersi ed eseguirsi in una Specola e da un individuo, concertato in diversi Osservatori e diviso fra parec- chie persone non sarebbe né soveichiamente faticoso, né pro- lungato a termine indefinito. Ed ora poi che a tanto crebbe il numero degli Osservatorj pubblici ben costrutti e sceltamente 6 Osservazioni Fondamentali ec. corredati di macchine, (jiiesto anzi ne pare il modo più accon- cio a ritianie il ma '=' o . o Ao \ alio strumento diretto 0. Anon. . = — I, 8140 ; medio . . := — i, 2846; suo log. = 0,10887 — la Osservazioni Fondamentali ec. Dalla a." inversione in Agosto iSSq. Strum. dir.-inv. Strum. inv.-dii'. Stelle presso i. l Ercole y^ — 2,", 1807 = — 2", i()8i 2, iSai 2, 1 189 a, 2476 allo Zenit a. y Dragone = 2, Sooa = 3. Anon. 4- oc Lira 5. Anon. 6. Anon. 7. Anon. 8. Anon. g. Anon. IO. a Cigno 2, 2571 ■= 2, 8078 := 2,4518 = 2,-3489 2, 2974 = 2, 2862 2, 8 146 = 2, 2.529 2, 8691 = 2, 3 166 2, 2718 2, 3383 = 2, 368i = medio = — 2, 32800. . . . = — 2, 24559 medio totale y=. — 2",2848 ; suo log. =0,85876 — Dalla 3." inversione in Ottobre 1840. Strum Stelle presso i. Anon. y=: — allo zenit 2. Anon. = 3. Anon. = 4- « Cigno = 5. Anon. ^ 6. Anon. = 7. Anon. = medio = — dir.-inv. Strum. inv.-dir. ",8845....= — 2", 1448 , 8009 . . . . = 2, 2084 , 9410. . . .= 2, 3385 , 9754 = 2, 1211 , 97^5 . . . . = 2, 1204 , 9712 = I, 9509 , 7140. . . .= 2, i566 894^1 . ..= — 2, 14797 medio totale y=. — 2",02ii; suo log. = o,3o559 — Del Prof. Giuseppe Bianchi i3 Atteso lo scomponimento della macchina in Agosto 1889, il primo valor medio y si è ritenuto ed usato fino a tal epoca, e il secondo mi ha servito da questa fino a che nell' estate del 1840, durante la mia lontananza per un viaggio a Roma e Napoli, profittai dell'intervallo perchè fiassero eseguiti alcuni lavori e ristauri al tetto della Specola ; onde si rese necessa- rio di chiudere allora il circolo e tenerlo ben riparato nella sua custodia. Cionullameno al mio ritorno e compiute le ripa- razioni, era un poco variata la linea di fiducia, e perciò da quel punto innanzi ho adoperato il terzo valore y precedente. Per le ultime due inversioni ho poi voluto indicar separata- mente il valore di y ottenuto nel passar dallo strumento diretto all'inverso, e da questo nel ripassare a quello; poiché risultan- done, come si scorge, qualche differenza dall'uno all'altro, ne viene il sospetto che possa esserne cagione l' inversione mede- sima per uno scuotimento inavvertito del cannocchiale, mentre si levano e si rimettono i contrappesi della macchina, e questa rimossa dai cuscinetti sospendesi e si tiasporta su 1' apposito carretto. Ed ecco anche più spiegato il motivo per cui di raro e solo per necessità io m' induco a praticar le inversioni. ALTEZZA n DELLO ZERO DEL CIRCOLO, DAL PUNTO DI NORD. Dalla i." delle tre inversioni mentovate Stelle presso allo zenit, r. a Cigno n = -t- 2,.°4o.'45", 2,2, 2. Capra = 44-' 67 3. Anon. = . 44, 79 4 = ■ 43, 04 medio . . =^-2.°4o'. 44",43. 4 Osservazioni Fondajientali ec. Dalla a." itwersione allo zenit Strum. ilir.-im-. Strimi . inv.-dir. I. i Ercole E = . -Fo.V.5",8o...=-t-o.' o'.5",63 2. y Dragone = 6, 6i . . . = 6, 85 3. Anon. =: 6,4....= 4. 79 4- a. Lira = 4,67...= 7, 69 5. Anon. ^ 5,37...= 5, 17 6 =: 6, 68 ... = 5,67 7 = 6,54...= 6,40 8 z= 7, 76 ... = 5, 88 9 := 6, 28 ... — 5,7» IO. a Cigno = 7, 69 ... = 7,46 medio . = -<-o. 0.6, 382. .=-f-o. 0. 6, 1 25 medio totale = :H_0.°C.'6",o54. Dalla "i."- inversione Stelle presso i. Anon. 0 = allo zenit 2. = 3 = 4. a Cigno = 5 = 6 = 7 = Strum. dir.-inv. — o.Vi6",i45 18, a6o 17, 33ci . i5, 370. 1 7, 760 . I 7, 320 17, 075. medio . . =: — o. o. 17, 037. Strum. iriv.-dir. = — o. o .10 ,370 = 1 6, 8c5 = ib, 38o = i5, 745 = 14, 02C = 16, 120 z=z i5, eòo =: — O. O. l5, 786 medio totale = — o."©.' 16", 4i^- Del Prof. Giuseppe Bianchi tS Apparisce di qui che il doppio traslocamento del circolo a ciascuna inversione punto non valse ad alterare, neppur colle piccole scosse inevitabili, il valore di II. E già è chiaro che lo zero delle divisioni sul circolo e rispetto al centro del cannocchiale non cangia di luogo, se non dipendentemente dal filo orizzontale del reticolo e dal livello unito all' interno circolo dei nonj e fermato a vite con esso. L'immobilità quindi e la tensione del filo non meno che la sicurezza del semplice modo con cui è reso stabile il circolo interno ricevono prova dalle inversioni. Ora veniamo ai valori che ottenni e ho usati per la deviazione di livello dello strumento. i6 Osservazioni Fondamentali ec. LOGARITMI. Della dedazioue osservata /3 in teaipo Date ora del giorno Log, /i Date ota « gl'in Irl IO Log. (i i838. Dicem. 2 II, '■8 ani . 8,89487-+- 1889 Giug. 19 10.'' a 9,66577 — 1 1 0, 3 pon 2. 7,83885-1- — 7,5 P 8,38536 — 16 n, 8 a 9,68744 -t- 24 II, 3 a 9,89687 — 20 11,5 a 9,75595 ■+■ 25 rr t ' P 7,64345 - 1889. Genn. 3 0, 5 ;> 9,30471-+- 3o IO, 5 a 9,46716 — 4 11,8 a 9,5oi88-(- Luglio I 6,5 P 8,71849-4- — 0, 3 ;; 9,52479 -H 6 9,8 a 9,12450 — Striim. HIV. — — 9.44217-^ l 5, 8 P 9, i8538 ■+■ 7 0. p 9,46801 -t- 8 8,3 a 9,87621 — IO 11,5 a 9,5-473 -H 1 1 9, 5 a 9,23370 — iQ 11,8 a r 9,74334-1- ■4 5,5 P 9.58024-4- 24 0,5/7 9,65o3i ■+■ 18 9,5 a 8,89094-4- Febb. 11,8 « 8,i3o33-t- 21 5,3 P 9.4(1528-4- 4 11,5 11 9,5 1495 -H 24 9- a 9,334116-4- 1 1 11,3 a 0,06819-*- ^7 7,5 P 9,68478-+- 28 11,8 « 8,a38o5- 28 8, 5 et 9,374.)3-t- Marzo 2 0,3 p 7,88081 — 3i 8, 5 a 9,4^^97 -^- 9 11,8 fi 9,62-9" — Agosto 3 8. a 9,69011 -4- 1 1 6,8 j, 8,8o55o — 4 7,8 P 9,81987-4- 18 5,5 ;, 9,28729-4- 18 7,3 P 9.90626-1- 19 0, 3 p 8.44404.4- 19 IO. a 9,85370 -+- 24 0, 5 /; 8,4-857^- 21 6,3 P 9,98808 -4- 28 0,3 p 9,08743 - 22 IO. a 9,88363 -+- Aprile ic 8. y; 9,44917- — — 9,74^7^ ■+■ .3 11,8 rt 9,54070 — Strum. inv. — — 9,67715 -4- 19 11,5 fi 9,89915 — — 7,3 P 9,86705 -1- Magg. 28 I. p 8,92891 — 23 7,8 a 9,35552 -t- 29 8. p 9,01 ii5 — 25 0,3 P 9,78240 -4- Giugno 2 0, 3 ;; 9,75297 — — ". P 9.85i56-+- 8 7,« P 8,92891 — 26 9,5 a 9,71 1 l3 -4- 1 1 11,5 fi 9,333o4 - 3o 6,3 P 9,88750-4- i5 7, 3 fi 9,632o5 — 3i 8,8 a 9,68006-+- — li, 8 a 9,70475 — Settem. 4 6. P 9,89823 -4- ?> 3 ;) 9>i4^^9 — 5 1 1, 5 a 9,72973 -H Del Prof. Giuseppe Bianchi 17 Date ora del giorno Log. ^ Date ora del giorno Log. ^ 1839 Settem . 6 i,''5 a. 9,83759 -H 1840 Genn. 27 o.''3 p. 9,37810 — — I, 5 p. 9,83i49 3o 4. p. 8,79879 8 7. p. 9,8oo5i Febb. 7 IO, 5 a. 9,54o58 12 7,5 1 9,69161 9 3,8 p. 9,62788 — 6, 5 ;;. 9,84862 18 IO, i a. 9,40449 17 I, 3 p. 9,85649 18 IO. a. 9,62284 19 6. p. 9,90260 21 9, 5 a. 9,28477 ao 7, 5 0. 9,81571 22 5, 8 p. 8,66229 a3 7, 5 a. 9,86705 24 o,.3 p. 7,77085 — 0, 5 ;;. 9,90698 27 9, 3 a. 9, 18450 M 6,5 p. 9,92148 29 5, 5 p. 8,98227 26 27 6, 5 />. 0,00992 -H Marzo 5 9 9. a. 9,60988 — 7, 5 a. 9,91116 -♦- l'i P- 7,95904 — 3o 5, 5 p. 9,7438a i3 8, 3 a. 9,44654 Ottobre I 0, 8 p. 9,84763 i5 0, 3 p. 9,52414 5 5, 5 p. 9,54605 ao 6,3 p. 9,27870 8 6, 8 a. 9>74757 23 8. a. 9,47085 — 0, 3 p. 9,64197 26 ò, 5 p. 9,27788 IO 0, 8 a. 9,75259 3o 0, 3 /?. 9,89840 12 6,3 p. 9,80929 Aprile 6 6. ;,. 9,57726 16 7. /?. 9,66521 1 1 11,5 a. 9,86641 20 6,3 p. 9,69302 i5 7. a. 9,87896 21 II, 5 a. 9,70978 21 II, 3 a. 9,84292 Novem. 24 6 5, 8 p. 9,74881 -H 22 24 6. ;;. 9,44654- IO, 5 a. 9,o37o3 — 7. ;;. 9,53656 — — 5,3 p. 9,27921 + 25 II. a. 9,7687. 9 5. ;,. 9,88970 -t- 27 5, 5 p. 8,08991 i5 4, 5 p. 9,38389 ■+. 3o 10, 8 a. 9,76148 18 9, 8 a. 9,o6633 ■+■ Maggio 4 7. p. 9,47819 Dicem. '4 6, 5 p. 8,72099 — Agosto 18 7, 5 a. 9,i5i37 — '7 7, 5 a. 8,94988 + 20 7. p. 8,8.954 + 3o I, 3 ;?. 8,58og2 — 25 7. a. 8,81954 3i 7, 3 a. 8,14301 — 27 0, 3 p. 8,32oi5 1840 Genn. 8 0, 3 ;?. 8,59829 4- 28 7^ 3 /?. 9,88706 i3 5, 5 p. 8,87291 — 3i 8. a. 8,69810 i6 1. p. 9,14799-+- Settem. I 6. ;,. 9,35295 + Tomo XXIII. i8 Osservazioni Fondamentali ec. Date Jol ora giorno Log. § Date del ora giorn , Log- ^ 1840 Sett. 4 e, ^3 ;;. 9,32077 + 1841 Marzo 8 8, ''8 a 8,94694 + i-j 7 8 p. 9,56478 9 5 5 ;, 9,51640 10 8, 5 ^. 9,53920 1 1 0, 3 ;, 9,41 363 12 0, 3 ^. 9,29667 i3 5 5 p 9,02492 16 6, 8 p. 9,60649 18 8 a 8,62118-+- 21 6, 3 p. 9,5.428 24 i 5 a 8.85t33 — 27 ?' 3 ^. 9,24428 a^ 5 P 9,48558 + 28 6, 3 p. 9,20983 3Ì 0 3 p 8,97772 Ottob. 3 4- „ P- 9,41647 Aprile 3 4 5 :^ 9,5i2i5 i 5, 8 ;,. 9,4833o IO 3 5 ;; 8,56820 12 5, 5 p. 9,52061 i3 5, 8 p 8,352.8-1- l3 0, 3 ^. 9,52905 19 6 3 a 8,63849 — Strum. inv I — 9,71466 + 22 24 IO 8 a 9,42-00 — 5, 5 p. 9.80996-+- 5 8 p 8,98498 + ló 0, 3 p. 9,68824 26 5, 3 ^ 9,38792 Strum. dir. — 9,81425 28 IO 5 a 8,85oc3 17 4= 5 ^. 9;78774 3o 5 3 ;7 9,38578 20 1 1, 5 a. 9,65720 Maggio 3 IO 3 a 8,i3o33 22 5, 5 ^. 9.92783 '• 4 8 ;> 9,i36o9 27 1 1. fl. 9,84528 i5 I 5 ^, 9,4.896 Nov. 3 5, 3 p. 9,41296 '7 6 8 p 9,40278-)- 8 9, 8 a. 9,2-5o8 22 9 5 « 9,2o683 — IO 5. Z'- 9,44483 24 6 5 p 3,97035 -»- 16 4, 5 ^. 9,61 331 27 9 a 8,90580 4- 24 4- i^- 9,85321 Giugno 2 8 8 a 9,o5i9a — Decemb 27 I 3, 8 ;;. 9,93354 + 3 6 n L P 9,29667 -(- 4, 3 p. 9.94797 -t- 0 3 p 8,63395 — 7 3, 8 ^. 9,8;!446 9 7 l P 8,16.37 — i3 3. i*- 9,86770 i5 7 8 p 9.0.326 — 26 4- P- e, 00377 '9 II 8 « ::,.3.79-H 29 4. P- o,c4o56 24 1 1 a 8,h2J2I - 1841 Genn. 12 0, 8 p. 9,54332 28 5 5 p 9,10761 -t- 16 4> 5 p. g,5i2i5 Luglio 2 IO a 7,68 ■.24- 23 e, 8 ^. 8,4941 5 3 6 3 ;, 9,40824 -H 26 3, 8 ;.. 9,39146-1- 8 IO a 9,29314 Fobb. I I IO, 5 a. 9,365 1 1 — IO 5 5 ^ 9.63co2 26 9j 3 0. 8,8c"54 - 16 9 5 a 3,9552 1 27 5. P- 8,66932-1- V 5 5 p 9,50069 Marzo 2, e, 3 ^. 9,43217 -1- 21 9 3 a 9.45969 6 5, 5 p. 9,27508 -t- 22 5 P 9,66323-*- Le viti dei cuscinetti, che muovon gli appoggi e quindi servon a correggere rinclinazione dell' asse, non essendo state mai toccate nel biennio di queste osservazioni, si ha nella ri- portata serie dei livelli una conferma dei piccioli apparenti Del Prof. Giuseppe Bianchi 19 apparenti moti, diurni ed annui, che altra volta io rinvenni ed esaminai nel mio circolo meridiano (i). A ben seguirne le variazioni ed ineguaglianze maggiori sarebbe stato necessario congiungere alla serie stessa l'indicazione delle circostanze at- mosferiche rispettive; ma qui non trattandosene che per inci- denza, basti di vederne costante il fenomeno dell' innalzamento del perno occidentale nelle ore vespertine in riguardo alle mat- tutine, e nella stagione autunnale rispetto alla primavera, l'una e l'altra simile variazione procedendo cosi manifestamente dalla cagione medesima della temperatura. Nell'applicar poi la cor- rezione del livello alle osservazioni del Sole e delle stelle, è quasi inutile avvertire che ho impiegati i valori di /? corrisponden- temente più prossimi ; locchè s' intenderà egualmente praticato anche per le altre correzioni. Andamento dell' orologio di Molyneux e altezza nord dello zero del circolo. Dalle osservazioni di a Cigno. Date ;Dic. S^Genn. Str.inv.s equaz. Sid. dell' orol. ' 8",67 12, o5 li, 3i II, 57 5, 66 4,56 3, 97 3. 9? 3, 65 3; 79 3, 66 , 3, 60 vanaz. fìiuriia 4-0" ,38 — 0, i5 ■4-0, — °i 07 66 — 0, 37 3o 0, 00 — 0, 32 +•0, o5 — 0, i3 — 0, 06 altezza n -f-2".4o' 56",7 53, 63 49,38 5o, 99 53, 21 53, 09 52, 36 45,3. 43, 59 47, 60 47) 26 44> 97 Date °"Genn. co Febb. equaz. Sid. dell' orol. — 1.' 2",86 2, c5 o> 79 I. o, 19 o. 5?, 17 5Ò, 68 5o, 16 48, 77 45, 98 45, I, 44, 06 -0.41, 84 vanaz. diurna — o",25 — O, 2' — o, 43 — o, 60 — o, 76 ■ o, 72 • O, 52 . 1, 39 • o, 93 • o, 87 ■ I, o5 ■ I, 12 altezza n 42" 42, 44= 42> 4°, 4-. 44, 45, 43, 48, 45, 46, (i) Mera, della Soc. Ital. T. XXI parte fisica pag. 246. ao Osservazioni Fondamentali ec. Date eqnaz. sid. ileir orol. varinz. ■ diuriia 1 altez. li -f-2.''40' -t-o.° 0 Date oi[uaz. sid. dell'orili. variaz. diurna altezza n -1-0." 0' ^F.bl,. ,2 =2 Marzo 2 9 12 20 - o.'Sg/'go 40, II 40, 08 39, 37 39, 07 39, 78 -',"94 -+-0, 01 — 0, o3 — 0, 12 0, IO -»-o, 09 — 0, 06 -*-o, 34 -t-0, 14 — 0, o3 — 0, Il 44,"o9 48, 52 46, IO 43, 76 43, 79 38, 80 r^Ottob 7 ^ 9 1 1 12 16 20 — o.'i5,"o4 i3, 46 i3, 56 i3, 3o 14, 00 i5, IO - i,"36 — 0, 79 ■+■ 0, o5 — 0, 26 -t-o, 18 -t-o, 28 I0,"52 10, 59 11, 53 12, 41 i3, 49 ir, 4c 12, 68 '4,6. i3, 66 12, 07 12, 37 20 Aprile IO 12 i6 19 39, 59 4.5, 76 46, c3 45, 92 — 0.45, 58 44,^7 40, 3o 37, 98 37, 65 40, 3i 24 Nov. 6 9 i5 18 i5, 88 '4, 49 i5, 61 18, 90 20, 09 -t- 0, 20 0, 1 1 -t- 0, 37 0, 55 0, 56 Giug. 18 ■+■ I. II, 61 36, 5i 20 — 0. 22, 38 0, 90 3,44 II, 45 Luglio 9 — ■ 0. 19, (,\ •'•» TO 34, 40 Diceni. i5 — 1.48, 35 14, 75 20 23 -4- 0. IO, c6 02, 36 23 3o -t-o. 2, 01 IO, 59 — 0, 18 33,44 — 0. 5, 88 -t- I. i3 0^ 89 I, 19 i5, 17 i5, 07 16, 40 i3, 61 i4, 24 01 5, 92 -+- 0. 0, 92 — 0. 3, c4 — 0. 2, 37 H- I, 25 Si, 38 3i, 24 ^Genn. i °ì 8 7, 65 i5, 83 Agosto 4 18 -HO, 99 — 0, 06 — 2, 14 -HO, 26 H-0, 65 3o, 76 1 1 i3 17, 65 18,95 0, 61 0, 65 0, 25 0, 47 0, 55 9, ob 20 Str. iiiv. 21 -t- 0. 2, 00 -t-o. 1,74 + 9,3. - 3, 35 i5 16 19, 45 19, 92 i3, o3 ", 79 20 25 26 So Sott. I 4 -t- 0. 0, 44 — 0. 1,21 — 0. 2, 14 — 0. I, Ci -I- 0. 5, 1 1 26, 3i -t-o, 83 ■+■ 0, 93 — 0, i3 — 3, 36 — 7, 07 - 5, 9^^ — 7, 08 -1-7, 99 7, 67 5, II 6,91 5, 97 9, 62 19 22 27 3o Febb. 7 1 1 21, 58 23,74 27, II 29, 55 37, 40 41, i3 0, 72 0, 67 0, 81 0, 98 0, 93 12, 3o IO, 85 14, 23 i3, 62 ",44 n, 54 6 8 11 i3 38, i5 6, 5i i3 18 21 23 43, 21 I, 04 -t- 0, 92 i3, 98 II, 75 i3, 72 14,84 Sa, 3i -i- I. 12, 64 — 0.38, 5i -6, 77 4,43 6, 94 7, 5o 7, 06 6, 61 6, 19 7> 64 7, 52 7, 06 5, 70 3, 82 3, 84 IO, 64 12,54 47,83 5c, 49 5i, 65 -t- 0, 89 0, 58 0, 55 0, 09 0, 06 — 0, 04 0, 23 0, 28 17 •9 — 0. IO, 74 -1-0. 4) ^5 IO, 69 .3,54 25 27 52,75 52, 93 13,34 14, 60 20 22 24 II, 3i 24, 63 38,74 12, 0 1 12, 5o 9, o5 Mar. 5 7 9 53, 35 53, 28 52, 83 i3, 83 i5, 09 i3, 34 25 44' 9-^ 12, 63 i3 5i, 72 13, 02 26 3o Ottob. I 5 52,57 I. 0, 09 -t- 1. 21, 28 — 0. 33, 03 — 0. 17, 75 '4,4' i3, 02 i3, 68 i3, 54 II, 53 18 21 23 26 3o 5i, 62 5i, 72 5l,24 49, 85 — 0. 46, 92 -1- 0, o3 — 0, 25 -0,46 — e, 73 'io,' 68 i3, 54 io, 5i 14, 3o Del Prof. Giuseppe Bianchi 2.1 equaz. sid. dell'orci. altezza Date equaz. sid. dell' orol. variaz. diurna n ±0." 0.' Date variaz. diurna n — o."o' .^Aprile I 00 ,1 - o.'44,"62 39, 43 - .,".5 — 0, 52 -t-..,"3. 6, 06 ^Nov. 26 =2 38 ■+■ 0.' 5,"8o 8, 3 1 — o,"6i i, 21 i, 35 I, 21 I, 25 I, 08 I, 08 .5,"45 14, 00 i5 23 26 40, i8 39, 56 — 0.38, 5o -H 0, ig — 0, 08 — 0, 35 3,61 6, 08 -f- 6, 93 Dicem. I 7 9 .2,25 19, 5o .21, 99 19, 00 .4,15 14, 35 Agosto 26 -(-0,21, 65 3 01 -9, 24 i3 26, 29 II, 49 28 27, 67 4, c5 4,59 5, 32 4, 32 4, 66 5,67 5, 68 6, 97 II, 41 27 41, 36 5, 07 3i 39,82 IO, 46 29 43, 77 I, c4 0,87 0, 88 7,75 Sett. 4 ■+■ 0. 58, 17 8,24 .5-Genn. i 46,89 7, 92 7 -0.45, 87 8, 81 =» 12 56,42 6, 01 9 1 1 i5 20 26 37, 23 27,91 — 0. 5, 22 -1- 0. 23, 16 5i, 02 IO, 86 11,87 9, 96 9, 69 i3, 90 16 22 25 27 29 e. 59, 93 I. 4, 70 6, 81 9> '4 -(- 1. 1 1, 01 0,79 0, 70 ', 17 0. 94 4,74 7, 85 IO, 26 9,85 .2, i3 28 I, 90 0, 99 -f.0.54, 78 12, 77 Febb. II — 0.36, 18 r 4,96 Ottob. 2 — I. 0, 41 II, 52 26 33, 97 -t- 0, 62 0, 73 0, 29 4,4: 6 — 0. 57, 35 0, 77 0, 67 0, 66 1, i3 I, 24 0, 86 1, 38 1,52 3, .69 4,96 I, i3 .3,75 27 34, 59 5, 20 1 1 12 54, 01 53, 35 14, !5 -i3, 54 Marzo i 6 36, 02 37, 45 6, 65 4, .6 . • 75 -HI7,II -t-i9,9i 8 IO 37,89 38, 60 0, 40 0, 40 0 3o 6, 5i 8, 33 i5 48, 89 — 11,67 i3 39, 5o 7,45 •9 44> 77 II, 38 i8 4', 37 0,37 0, 56 -*-o, 14 — 0, II 0, 36 5,4. 22 26 29 40, 20 25,45 — 0. 10, 57 12, 46 i3, 19 12, 33 24 37 Aprile 5 44,7^ 45, i3 44, 33 6, 19 6, 73 8,04 Nov. 8 -t- 0. 0, 72 14,73 19 42, 83 6,95 10 I, a9 0, 29 16, 04 33 41, 40 IO, 3c 16 3, 62 0, 60 11, 88 36 40, 82 0, 19 -0,34 9, 23 '7 3, 32 i3, 56 3o — C.39, 4'' 8,39 24 ■+■ 0. 4, 59 — 0, 19 -11,65 ^ Dalle osservazioni di a j lurìga. equaz. sid. dell' orol. altezza equaz. sid, dell' orol. altezza Date variaz. diurna n Date variaz. diurna n -l-2."4o' -(-3.°4c' 40, 90 45, 70 tg'Genn. 6 =2 8 — I.' 3,"83 3,93 -t- o,"o5 42,"57 44, 14 ^Febb. 14 =2 .9 — c.'38,"4o 37,30 -o,"94 — 0, 22 -+■ 0, 33 9 3, 81 e, 25 0, 42 0, 75 1, 28 1, 14 — I, o3 41, 99 37 39, 92 46, 36 14 I. 3, 55 43,95 Marzo I 40, 32 0, 08 46,45 31 o.5g, 64 4°, °7 II 39,48 39, 38 Febb. 3 49,94 45,24 18 39, 52 -4-0, 16 -)-o, 34 — 0, c6 39, 46 4 48, 66 42, 23 3o 41, 46 40, 34 7 IO 45, 24 — 0.42, 16 43, 43 40, 01 Aprile 12 18 45, 86 — 0. 45, 49 38, 21 35. 20 Ù.2, Osservazioni Fondamentali ec. Date equaz. sid. deirorol. vnriaz. diurna ait.-z. n -l-2."4c' -1-0. 0 Date equaz. sid. dell' oro!. variaz. diurua altezza n ± 0." 0' ,?Mags. 28 -t- o.'59",64 0 "61 4. ,".2 -S-Agosto 1 8 — o.'2o,"3o — 5," IO 5, 4r 5, 02 - 6,"oi ^ 29 3o 1. 0, 25 0, 65 0, 40 0, 43 0 3i 42,42 42, oS =2 .9 21 i5, 20 -1- 0. 4, 39 8, 34 9, 34 (jiugno 2 1,94 40, 63 25 -*-o. i5, 68 IO, 33 6 II la '4 3, 16 5, 42 .5, 58 7, 22 0,47 0, 16 e, 82 .,26 0, 54 I 81 35, 19 39, 06 36, 00 38, 38 ^Genn. 22 ^ 28 Febb. IO ! I I. 5, o3 IO, 27 ■+• I. 23, 00 — 0,35, 60 — 0, 87 0,98 I, 40 >i, 34 9,45 8,94 6,43 6, 56 i5 8,48 37, 59 25 33, 32 — 0, 16 '7 9, 55 36, 67 27 34, 75 -t-o, 72 0,48 0, 3o 0, 32 0, 34 -1- 0, 55 — 0, 06 0, o3 6, 6a 19 i3, 17 3, 19 4, ,6 3, o5 — 2, II -t- 0, 85 ■+■ 0, 58 35, 78 Marzo 2 36, i" 8,24 8, 65 22 -(- 1. 22, 75 34, 63 8 37, 96 24 3^ Luglio 3 6 8 — 0. 28, 93 '9^ 77 •3,44 i5, 99 37, -7 .33, 55 34, 70 33, 92 1 1 i5 24 27 3c Aprilo 3 38, 93 40. 3o 45,21 45, o3 9,82 8, 3. II, o3 9, 72 17, 72 i9> 37 -t- 0, 83 -4-0, 19 — 0, 55 32, 8" 34,84 44, 94 44, «57 0, 22 — 0, 06 0, ,3 0, 12 1, 26 3, 53 2, 69 1, 66 4,86 4,62 4, '9 3, 81 2, 18 2, 59 3,71 7, '^9 IO, 59 1 1 19, 90 32, 54 IO 43, 68 7> 77 '4 18 18, 29 — 0. 2, 95 -3,84 -4,62 -0,84 -t- I, 02 + ', 4' -+- 1, 07 — 0, 09 — 0, 20 32, 61 32, 52 '9 Maggio 7 42,52 40, 37 8, 58 9,69 20 24 28 3i Agosto 3 19 23 Die. 17 ■+. 0. 6, 28 9,65 5,57 -<-o. I, 34 — 0, I, 87 — 0. 0, 48 -h 0. 0, 38 — I. 5i, 39 ^4, c4 32, 99 32, 80 32, 8c 33, 33 i5 >7 30 22 34 26 28 Genn. 2 3o, 29 23, 23 i5, i5 11,84 — 0. 2, 12 -t- 0. "7, II i5, 48 34, 53 10, 43| 10, 64^ 4, 5o 7, 69 8, 25 8,43 7>87 8, 71 i3, 48 7, 7-^ 12, i5 4-Genn. 16 ^ 2r) Febb. 6 9 — 0. 20, 29 29, c6 -4-0, Co -t- 0, 96 -t- I, 06 0, 81 0, 96 0, 81 0, 43 0, 28 6 IO i3 16 43, 23 0. 53, 49 8, 81 11,82 36, 73 39, 91 II, 00 11, 38 •• 4,7' ■ :, i5 -4, i5 8, 3i II, 5a i3 43, .4 12, 91 "9 25, 45 1, 62 0,98 I, 25 ^,47 4, '0 3, 53 0, 58 8, IO .8 22 24 47= 96 5i, 19 52, c4 12, 6q 'c, 77 IO, 5" 22 24 26 3o, 3o 32, 26 34,75 7,35 IO, 70 8,48 26 52,59 9, 88 3o 44, 62 7, 21 28 Marzo 5 9 53, 22 52,94 52, 53 — 0, o5 0, IO 9, 94 12, 90 II, 09 Luglio 2 3 5 52, 82 56, 35 -*- I . S7, 5 1 7) 79 9, 95 21 23 28 Aprile i5 51,67 So, 72 47,54 39, 79 0,48 0, 54 0, 43 — 0, 24 -H I, II 11,57 12, 04 12, 6g 8, 48 8 12 ■i — 2. I, 88 — 1.55, 57 56, 34 57,66 -1,55 -*- 0, .34 -1- 0, 66 _,, 81 — I, 25 -1-0, 69 8, i3 7,38 9, 91 6,89 3o Maggio 2 36, 12 38, 33 8, 14 6, 01 18 21 54,04 5o, 29 2, c5 3,45 1 4 — 0.38, 47 -1-0, 07 -H?' 44 23 — i.5i, 66 — 2, 94 Del Prof. Giuseppe Bianchi 2,3 Applicata r etjnazione siderea dell'orologio col suo segno e colla diurna variazione ai passaggi meridiani osservati, essa li convertirebbe in Ascensioni rette; ma risultando essa nella tavola precedente dai passaggi di a Cigno e di a Auriga con- frontati rispettivamente coli' apparente Ascension retta di tali stelle indicata dall' effemeridi di Berlino, io non la impiego a qnest' uso nel Catalogo e la considero soltanto per dedurne da un giorno all' altro la variazione dell' oiologio sul tempo side- rale. Nella colonna pertanto di questa variazione il segno -t- esprime acceleramento e il segno — ritardo sul preciso giorno sidereo. E siccome poi dall'Agosto iSSg in avanti il pendolo dell' orologio mai non venne alterato né arrestato, avanzandone io semplicemente, quando è d'uopo, l'indice dei minuti primi, così la serie o tavola riportata delle sue variazioni diurne serve a dimostrarne il continuato andamento per due anni, che in riguaido alla correzione di temperatura mediante la compensa- zione del pendolo a mercurio mi sembra essere stato a suffi- I cienza regolare e costante. Rilevasi però dalla tavola stessa che ogni anno il moto del pendolo soffre una forte irregola- rità, che ammonta in ritardo a 7" per giorno ; e ciò avviene fra l'Agosto e il Settembre, quando 1' annua temperatura co- mincia a discendere dal suo massimo estivo. Se tale circostanza però fosse la cagione dell'alterato moto del pendolo, un salto contrario dovrebbe manifestarsi, allorché la temperatura comin- cia sul finir dell' inverno ad ascendere ; il che non accade, e anzi l'orologio nei mesi di Febbrajo e Marzo avendo presen- tato la maggiore sua equabilità. Io finora non so a che attri- buire la irregolarità suddetta e autunnale del pendolo, che può rendere le parti proporzionali della variazion diurna, e quindi le osservazioni dell' autunno un poco più incerte di quelle della primavera. Forse il difetto proviene dagl' interni attriti nelle ruote e negli assi dell' orologio bruscamente cangiati da un abbassamento di temperatura, o fors' anche da una variazione igrometrica; ma in qualunque modo ciò avvenga io ne spero tenue 1' effetto su la determinazione delle Ascensioni rette per differenze. 2.4 Osservazioni Fondamentali ec. Quanto alPaltezza II dello zero del circolo, io ne ho sta- Ijilito priiicipalnieiite i valori mediante le inversioni; tna per seguirne i piccoli cangiamenti che nell'uso continuo della mac- china possono avvenirne, io preferisco dedurli dall' una e dall' altra stella zenitale piuttosto che dalle altezze coniugate delle stelle circompolari, nelle quali potrebhe introdursi un error comune del livello del circolo nonio dipendentemente dall'in- tervallo di 12 ore fra le due osservazioni. AH' altezza osser- vata di a Cigno, che non si scosta sul meridiano dallo zenit, non occorre altra correzione che quella del livello, e dall'al- tezza meridiana di a Auriga è tolta la sua media rifrazione di i", i8. Cosi confrontate le altezze meridiane colle note declinazioni apparenti , e ammettendo la mia latitudine di 44-° 38.' Sa", 7.5 io ne ottenni i valori O della tavola, e ne ho addottato i medii seguenti: Dal il Die. i838 al 3 Genn. iSSg incl. Il ^ -H s.''4o.'5i",4o ( 7 osscr. Cigno ) al jo Gennajo z: -t- a. 4o-44> 4'^ ( '"■^'^''^'""'^ ) al 2 Febbrajo = -t- a. 4°-4^' ^3 ( 6 oss. Cigno, 2 Capra) al 3 Marzo = -*- 2. 4°- 44) ^4 ( 9 ''s^- Cigno, 8 Capra) al 24 Giugno =-4-2. 40- 38, 97 ( 9 oss. Cigno, 18 Capra) al 4 Agosto =-(-2. 40.33, 01 ( 6 oss. Cigno, 1 3 Capra) D.d 18 Ag. 1839 airS Settembre ^ -t- o. o. 6, 26 { inversione ) al i5 Dicemltrc 1839 := -t- o. o. 12, 28 ( 18 osserv. Cigno ) al i3 Gennajo 1840 ^ -t- o. o. i5, 06 ( 4 osserv. Cigno) al 3 Aprilo ^ -I- o. o. 12, 3i ( 24 oss. Cigno, i5 Capra) al 16 iMagglo =-1-0. o. 6, 60 ( 4 oss. Cigno, 4 Capra ) 17 Agosto 1840 al 22 Settembre zz — 0. o. i3, 20 ( 9 oss. Cigno) al i3 Dicembre 1840 = — 0. o. 16, 4" ( inversione ) al 22 Gennajo 1841 := — o. o. 6, 56 ( 6 oss. Cigno ) al 14 Luglio = — 0.0. 9, 17 ( 4 oss. Cigno, 4 Capra ) in avanti = — o. o. 3, 83 ( 4 oss. Capra ) Del Prof. Giuseppe Bianchi a5 LOGARITMI. Della deviazione azzimutale a in tempo. Dalle osservazioni della Polare. Date Log. a Date Log. a i838 Die. IO. pas Slip. 9,90397 H- 1839 Giugno 8. 0,20282 -1- >4- s. 9,90172 II. 0,22236 inf. 9,9888.5 i3. 0,06063 16. s. 9,87295 0,22662 i. 9,88014 i5. 0,19113 19. s. 9,84471 0,277 IJ i. 0,00001 19. 0,31449 31. s. 9,55483 25. 0,3 1465 i. 9,96241 26. 0,(3345 29. s. 9,78350 Lug. i. 0,121 13 1839 Gemi. 3. s. 9,86060 7- 0,17501 i. 9,88082 '4- 0,3-3655 4- s. 9,33 107 21. 0,37220 8. 9- s. s. 9,75398 ■+• 9,89117 -H Sett. 5. 6. 9,97855 ■+■ o,i3i53 ■+■ IO. s. 9,81186 17- 0,07174 II. s. 9,79729 ai. 0,0839.5 i. 9,941 8 1 24. o,o323o 16. s. 9,80661 35. 0,04169 24. s. 9,75368 36. 0,08672 Febb. 3. s. 9,21933 9,97462 n. s. 8,84533 27. 0,10234 IO. s. 9,68299 Ottob. I. o,o63i4 Marzo a. s. 9,64669 9>9747^ II. s. 9,90777 7- 0,17660 18. s. 9,69965 8. 0,19077 19. s. 9,66483 9- 0,10429 a3. 24. s. s. 9,8885i -t- .13. 20. 0,17.513 -+- 9,89995 -4- 0,02298 -t- 37. s. 0,05195 21. 9,97122 Aprile 4- i. 9,83920 Nov. 6. 9,90853 IO. i. 9,84680 8. 0,01402 i3. s. q,684i7 i5. 9,91736 '4- s. 9,77269 17- 9,80935 16. s. 9,79039 18. 9,88543 19. s. 9,97635 34. 9,83400 20. s. o,o4o32 Die. 14. 9,i5o56 i. 0,07975 ■ •■■-' :'"-»7- ■■ 9,43953 23. s. 9,98398 9,59173 Magg. 28. i. 0,04578 ..•.-,■■ . :.a3. '• 9,37217 29. i. 0,1 3362 ag. 9,78278 3i. s. 9-95366 -t- 3o. 9,347.8 -H Tomo XXIII. of) Osservazioni Fondamentali ec. Date Log. a Date Log. a iSSg Di<^. 3o. ('. 9,71 164 -f- 1841 Genn. i5. S. 9,78880 ■+. 1840 Gemi. 8. s. 6,89001 — 22. S. 9,40662 i3. s. 9,24412 — 26. 3. 9,67608 j5. s. 8,45280 -H 28. 3. g,633i3 a". s. 8,90495 -1- Marzo 3i. 3. 9,88066 3o. s. 9,46677 ■+. Aprile 3. S. 0,02281 Febb. 9. s. 9,82824 — 1841 Aprile 12. 3. 9,83556 Marzo 5. s. 9,54274 — '4- 3. 9,8 1002 7- s. 7,86843 H- jg. 3. 9,85666 ag. s. 8,48.77 ao. 3. 9,89068 3o. s. 7,49277 i. o,o65c2 3i. s. 9,3x149 ai. 3. 9,96888 Aprile 3. s. 9,69950 aa. i. 0,01.1628 1 1. s. 9,5o56i a3. 3. 0,1221 1 i5. s. 9,69959 a6. i. 0,21808 ai. a3. s. s. 9,74169 -¥- 27. Magg. 3. 3. 3. 0,17624 -t- 9,97704 -t- 0,07866 ■+■ a7. s. 0,06829 7- i. 0,14208 3Ò. s. 9,66738 8. 3. 0,16617 Sett. IO. i. 0,20828 16. 3. 0, 18101 27. i. 0,18960 i. 0,06456 29. i. 0,21 680 "?• 3. o,o6i35 Ottob. 3. i. O,204' ' i. 0,08953 6. i. 0,21 143 ao. i. 0, [ iggo i^. i. o,i8io5 aa. 3. 9,98161 i3. i. 0,14929 a3. i. o,i6o65 Strum. ( 14. inv. j !. 9>72749 a4. 3. 0,08298 s. 9,79728 i. 0,20474 l8. i. 0,12291 27. 3. 0,20871 20. i. 0,08920 Giug. 2. .'. 0,04287 s. 0,11209 i. 0,20917 27. Nov. 8. i. i. 0.02379 ■+* 3. 3. i. 0,09580 -1- 0,08211 -f- 0,20887 ■+- 13. i. 0,07482 9- i. 9,97896 ao. s. 0,06228 la. 3. 9,87714 a3. i. 0,12696 'f 3. 9,98263 24. s. 9,96188 i5. i. 0,00784 a5. i. 0,1 igia 16. 3. 0,01 128 s. 9>9775g i. 0,08641 26. i. 0,12869 a4. i. 0,29224 a?. 3. 9197608 a5. 3. 0,20796 28. i. 9.97767 a8. i. o,3Sooo 3o. s. 9,74«'3 3o. !■ 0,80981 Die. 7. s. 9,66221 Luglio 3. i. 0,26169 20. s. 9,78087 6. i. 0,81772 26. 3. g,0(ii6o IO. i. 0,28945 0 r, ^'^■ s. 9'49779 ■+■ '7- i. 0,88460 1841 Genn. 12. s. 9,23596 — 22. i. 0,23576 -1- Del Prof. Giuseppe Bianchi Dalle osservazioni di d Orsa minore. 2,7 Date Log. a Date Log. a 1839 Febb. i3. i. 9,79o3i -»- 1840 Agos. 17. s. 0,29776 -i- Giugno 18. s. 0,32679 20. s. 0,3473 1 Luglio 24. s. 0,21489 a3. s. 0,26231 28. s. 0,21263 3o. s. 0,36198 Agosto à. s. 0,1.3411 Sett. 2. s. o,3i 164 18. s. 0,09996 6. s. o,3oo28 20. s. 0,10907 8. s. 0,27007 21. s. 0,04407 IO. s. 0,22698 3.2. s. 0,02078 16. s. 0,27624 25. s. 0,02408 ai. s. 0,26820 3o. s. 0,10726 28. s. 0,20612 Sett. 4. s. 0,12267 Ottob. 5. s. 0,21969 8. s. o,i5i39 IO. s. 0,16443 la. 19. s. s. 0,1 1176 -»- o,o6384 -H Str. inv. l3. 1841 Febb. II. s. i. 9,81 566 -t- 9,66672 H- 24. s. 0,00771 25. 1. 9,87236 3o. s. 9,93343 -t- 28. l. 9,62223 1840 Febb. 23. l. 9,i636o — Marzo 6. i. 9,69634 26. l. 9,26437 — 8. 1. 9,76209 Marzo 9. l. 9,49106 -(- .9' l. 9.78761 i3. l. 9,47866 ■..,.. : jn-. l. 9,76064 18. l. 9,69616 i3. l. 9,910715 20. l. 9,41076 i5. l. 9,92612 28. l. 9,13441 ai. l. 0,02846 3o. V 9,66446 =4- l. 9,98120 Aprile 6. 1 l. 9,86070 ■+■ 37. z. 9,88286 -1- Dalle osservazioni di stelle zenit-circompolari. Date Log. a Date Log. a 1839 Giug. 14. 8 Perseo 18. Lug. 7. Giug. 7. a Auriga Lug. 7. o,38i5o -K 0,28761 0,28928 o,o63i6 0,26727 0,20227 "♦" 1889 Lug. IO. a Aur. 24. 3o. Ag. 3. 0,82795 -1- 0,16391 0,12267 0,16773 o,o5i6o -t- Per ottenere la deviazione a dalla polare e dalla b Orsa minore io ne correggo i passaggi osservati dalle note devia- zioni y e ^ e dall' equazione siderea dell' orologio, e ne mol- •2ÌÌ Osservazioni Fonda aient ali ec. tiplico poscia la dlfFerenza dall'Ascensione retta, calcolata nell' effemeridi di Berlino e presa col segno contrario, pel coseno della rispettiva declinazione. Quantnncjue in ciò sembri che facciasi uso di elementi e quantità date, contro la condizione prefissami, è da considerar nondimeno che le quantità stesse quivi non entrano che per appoggio, e come strumentalmente, né ricer- casi di esse la cognizion esatta; perocché l'incertezza di 4 in 5 secondi di tempo fra 1' osservazione del passaggio, l'Ascen- sione retta della stella, e l'assunta equazione del pendolo non produce sensibii effetto nel valore della deviazion azzimutale, atteso il fattore picciolissimo dell' indicato coseno. Aggiunsi pure talvolta la determinazione di Log. a, mediante le stelle circompolari che superiormente nel meridiano passano vicine allo zenit, e per le (juali si ha la formula (i) a = 2.y-^(i-\-{s — f-t- i2''.-Hw)sen.A denotati con s., i li passaggi osservati della stella sojira e sotto il polo, con V la variazione semidiurna dell' orologio e con A la distanza polare della stella. E infine avverto che il segno -f- e — posposto nelle tavole precedenti ai logaritmi delle tre deviazioni ha per fine di rappresentare, se la deviazione è po- sitiva e da sommarsi alle osservazioni , oppure negativa e da essere sottratta alle medesime. Tale è il sistema delle rettificazioni che io adopero, e in conformità del quale proseguirò ])er tutto il Catalogo ad esporre i trovati valori delle correzioni, prolungandone le tavole an- tecedenti a suo luogo. Una siffatta esposizione a me pare tanto più conveniente, per non dir necessaria, quanto dovendo io per brevità ommettere le osservazioni primitive e limitarmene ai risultamenti, almeno richiedesi di offerire un qualche indi- zio del grado di fiducia, che meritar possono gli uni e le al- tre; indizio e argomento che appunto raccogliesi dal metodo e dal vaioli delle correzioni usate. Ora veniamo alle osserva- zioni del Sole fatte nei quattro consecutivi equinozj di cui sopra si disse. Io ebbi pertanto: (i) Vedi T. I. Atti del R. Osservatorio di Modena p. Sag. Del Prof. Giuseppe Bianchi Neil' Autunno dell' anno i83g. 29 Giorni JJeclin. vere osserv. del centro del Sole Diam. vert. osserv. del Sole AR. dedotta dalla deci. AR ~ - oss. — effem. Mezzodì ^»«erv. corretto e all'orol.Mol. Agosto "9 ^i2.''57.'6,"79 3i.'46,"55 9.''52.' o,"8o -0,".I 9.''5a.' c,"43 20 12. 37. 32,29 45, 34 9. 55.43, 36 — 0, 46 9. 55. 42, 08 21 12. 17. 43,29 44' 83 9. 59.25, 91 — 0, 3o 9. 59.24, 18 22 11.57.43,73 43, 33 IO. 3. 7, 78 — 0, 39 IO. 3. 6, 52 23 1 1. 37. 29,57 48, 96 6.49, 78 -t- 0, 14 6. 49, 0' 24 II. 17. 6,71 45, .8 IO. 3o, 90 ■+■ 0, 34 IO. 3o, 57 25 IO. 56. 32,20 41, 94 '4- II, 75 -^ 0, 49 14. II, 61 26 IO. 35. 47>98 43, 97 17. 52, 06 -4- 0, 61 17. 52, 85 27 10. i4- 54,95 48, 44 21. 3i, 3o + 0, 07 21. 34, 00 28 g. 53. 54,09 46, 82. 25. 10, 70 H- 0, o5 25. i3, 41 3o 9. II. 17,98 48, o3 32.28, 63 -t- 0, 18 32. 3o, 52 3i 8. 49- 45,74 44, 98 36. 7, 21 ■+■ 0, 37 36. 6, 12 Settenib . I 8.28. 4,44 48, 29 39.45, 55 -4- 0, 61 39.41,91 4 7. 22. 21,12 45, 44 5o.37, 45 0, 12 5o. i3, 96 5 7. 0. 6,29 49, 70 54. i5, i3 ■+■ 0, 5i 53. 44, 5o 6 l 6. 37. 49,07 6. i5. 24,25 49, 3i IO. 57.51, 84 ■+■ 0, 40 IO. 57. i3, 86 57, 20 II. 1. 28, 5o ■+■ 0, 44 II. 0.46,28 8 5. 02. 54,51 49,47 5. 4, 75 -t- 0, 28 4. 14, 70 9 5. 3o. 14,77 56, 28 8.41, 48 -h 0, 78 7. 43, 75 1 1 4- 44- 44>67 52, 86 i5. 53, 53 + 0, 84 14. 42, o3 12 4. 21. 57.60 55, 99 19. 28, 5o .+- 0, 02 i8. 11,32 i3 3. 58. 58;5i 54, 49 23. 4, 53 -1- 0, 38 23. 45, 14 16 2. 49- 43)'3 56, 60 33. 5o, 87 -H 0, 26 34. IO, 90 •7 I. 26. 35,95 55, 61 37.25, 97 -^ 0, 02 37. 38, 93 20 I. 16. 4', 9*' 56, 24 48. 12, 72 ■+■ 0, 65 48. 3, 16 21 0. 53. 23,25 53, 71 51.47, 85 -f- 0, 36 5i. 3i,54 22 0. 29. 59,39 56, II 55. a3, 59 ■+■ 0, 60 55. 0, 60 23 •+■ 0. 6. 37,65 56, 61 li. 58.58, 92 ■+■ 0, 35 II. 58. ^9, i5 24 — 0. 16. 46, 5o 12. 2. 34, 60 -t- 0, 34 12. I. 57, 62 25 0. ^0. i3,63 31.58,' 71 6.10, 79 -H 0, 69 5. 27, 09 2Ó I. 3.38,98 32. 4, 81 9.46, 83 -t- e, 73 8. 55, 63 27 1. 27. 1,68 32. e, 96 ]3. 22, 66 -H 0, 35 1 2. 24, 1 0 Ottobre 1 3. 0. 35,54 32. 2, 98 27.49, 90 -1- 0, 43 28. 24, 48 3 3. 23. 53,46 3i. 56, 73 32. 3, 19 31.27, 14 -1- 0, 19 3i. 57,27 3. 47. i5,37 35. 5, 62 H- 0, 86 35. 3o, 72 5 4. 33. 39,57 3i. 59, 59 42. 21, 78 -t- 0, 39 42. 39, 75 7 5. 19. 54,33 32. 5, IO 49.39, 99 -+- 0, 49 49. 54, 89 8 5.42. 57,16 ., 75 53. 19, 90 -*- <^, 74 53.33, 5i 9 6. 5. 5.3,59 i5, 36 12. 56. 59, g3 -t- 0, 68 12. 57. 12, 83 II 6. 5i. 35,04 8, 74 i3. 4.21, 86 -t- I, i3 i3. 4.33,95 i5 8. 21. 39,06 19. 10, Il ■+■ 0, 67 19. 22, 82 16 8. 43. 49,80 7> 42 22. 52, 90 — 0, 01 23. 6,99 20 IO. 1 1. 32,40 17, 09 37. 52, 95 -*- 0, 44 38. 7,43 21 ic. 33. 7,98 8, 61 4.. 39, 77 +- 0, 82 41.53,96 22 IO. 54. 3o,a8 19, o5 45.26, 56 -4- 0, 52 45 4°, 64 24 II. 36. 46,48 6,98 53. 2, 39 -)- 0, i5 53. 17,46 25 II. 57.41,71 32. 16, 87 i3. 56. 5i, 85 -4- 0, 47 i3. 57. 7, 34 3o Osservazioni Fondamentali ec. Nella primavera dell' anno 1840. Giorni DecUii. vorf cisserv. del l^iaiii. \eit. AR dedotta AR i\l.z4 32, 27 44.52, 58 — 0, 40 45. 34, 72 •4 i3. i3. 52,86 26, 69 4»-47> 79 — 0 08 49- 3o, 69 i5 12. 53. 32,27 29, 00 52.41, 07 — e 43 53. 26, 26 '7 12. 12. 1 1,67 21, 39 2. 0. 27, 42 0 61 22. I. i4) 22 18 II. 5i. ic,58 '»75 67 4.19, 86 — e 1 1 5. 6, 36 21 IO. 47- i '124 21, 00 i5.5i, 28 0 39 16. 42, c3 22 IO. 25. 3o,55 '9) 02 19. 40, 5o 0 42 23 IO. 3. 39,81 29, 93 23.29, '7 0 40 24. ai, 07 24 9. 41.41,71 23, 18 27. 16, 90 0 70 28. 9, 63 25 g. 19. 32, 3o 25, 59 3,. 4, 47 0 55 3i.66, 83 26 8. 57. 16,02 16, '9 34.51, 19 0 69 35. 43, 91 27 8. 34. 5o,o4 ^, 43 38.37, 63 0 56 Sg. 3o, 54 28 8. 12. 19,3.3 22, 79 42. 23, 04 0 9" 43. 16,66 ""9 7. 49,36,04 ^, 04 46. 8, 81 0 38 47. 1,82 Marzo i 7. 26. 48.3 1 i5, 72 49.53, 66 0 26 5o. 465 gì 4 5 6. 17. 53,72 19' 78 23. 1. 4, 44 — 0 70 23. 1.57,88 5. 54. 43,10 '7' 84 4.47, 36 0 61 5.40, 71 6 6. 3i. 28,59 M, 9> 8.29, 70 — 0 66 9. 23, 18 7 5. 8. 7,o3 '4. 45 12. 12, 06 0 27 .3. 4,81 8 4. 44. 4., 5 i m. 27 i5. 54, 00 -+- 0 1 1 16.45,57 9 4. ai. 17.07 18, 63 19.34, 84 — 0 22 20. 26, 92 IO 5. 57. 49,34 '9' 81 23. i5, 82 — 0 53 24. 7, 32 12 3 10.43,34 11^ 49 3o. 35, 68 0 78 i3 2. 4?- ''84 19, o3 34.16, 2, 0 c6 35.' 7^ 82 14 2. 23. 27,18 ,5, 16 37.55, 14 0 66 38. 46, 80 i5 I. 59. 43,41 •4, 88 4i. 35, 01 0 07 42. 25, 48 ■ 8 0. 48. 40,57 14, 21 52. 3i, 3c 0 3i 63. 22, 64 20 — 0. I. 16,90 '3, 3a 59.48, 21 0 21 0. 0. 40, 01 21 -t- 0. 22. 21,82 8, 77 0. 3. 26, 1 1 — 0 5o 4- '7' 97 22 0. 46. 2,55 i5. 38 7- 4. 40 — 0 3o 7. .55, 36 28 I. 9. 3y,52 6, 3o 10. 42, 29 — 0 43 1 1 . 33, 52 24 25 I. 33. 19,69 1 . 56. 50,75 I I , 5o 79 IIt.20, 87 -1- 0 '7 i5. 10, 5i 1 7. 58, 36 — e 29 18. 48, 26 26 2. 20. 25,07 12, 22 21.36, 71 -H 0 cg 22. 25, 78 28 3. 7.17,18 2, 45 28. 52, 3o 0 3i 29. 40, 66 29 3. 3o. 38,02 9' 07 32. 3o, 14 0 5i 33. 7, g3 3o 3. 53. 56,96 a> 42 36. 8, 36 — 0 , 39 36. 54, 96 3i 4. 17. 10,17 8, 79 39. 46, 43 0 54 40. 3i, 90 Aprile I 4. 40. 20,78 2, 3i 43. 24, 93 — 0 35 44. 9, 53 3 5. 26. 26,30 5, 48 5o. 42, 25 0 02 5i. 24, 54 6 6. 34. 52,22 e, 02 I. i. 39, 64 -1- 0 ' 77 I. 2. 19, 01 II 8. 26. 20.99 32. 2, 87 19.57, 07 0 29 20. 36, 28 12 8. 48. 15,4.3 3i. 55, 09 23.37, 64 0 . 17 24. 17,21 i3 9. IO. 1,67 27. 18, 48 — 0 08 '4 9. 3i. 38,25 '32! i'. 97 30..59, .54 0 , 08 81.39,01 i5 9. 53. 3,46 3i. 57, i5 34.40, 52 0 , 60 35. 20, 54 21 -HI I. 58. 1 1,02 3i. 59, 23 I. 56.57, 32 — 0 , i5 I. 57. 36,5: Del Prof. Giuseppe Bianchi M Dee! in. vt-fe ossLTV. del centro (li'l Sole Diam. vert. AR dedotta AR Mezzodì 1840 osserv. ,lel Sole dalla derlin. 0S6. — effem. osserv. corretto e all'orol. Mol. Aprile 23 _I-I2.°i8. '22,46 3i.'5i,"7i 2.* o.'4i,"46 — 0,"26 2.* I.'20,"72 23 la. 38. 28,75 55, 44 4. «6, 42 — 0, 02 5. 5, 53 24 12. 58. I ;,76 54, co 8. II, 68 -f- 0, o3 8. 5o, 61 25 i3. 17. 43, 3o 55, 89 1 1. 56, 71 - 0, 64 12. 35, 96 26 i3. 37. 7,34 63, 59 i5. 43, 29 — 0, 27 16. 21, 3i 27 i3. 56. i5,oi 5o, 71 19.29, 79 — e, 49 20. 7, 90 28 14. i5. 9,98 5i, 95 23. 16, 99 - 0, 54 23. 54,41 29 ,4. 3:r 54,43 48, 57 27. 5, 43 2. 3o. 52, 60 -*- e, 12 27. 42, 12 3o -4-14. 52. i5,74 3i. 52, 38 T, 02 2. 3 1. 3o, 34 Neil' autunno dell' anno 1840. Giorni Declin. vere Diam. vert. AR dedotta AR Mezzodì osserv. del osserv. dalla declin. oss. — efFem. osserv. corretto centro del Sole del Sole e all'orci. Mei Agosto 17 -+-l3.°2I.'l9,24 3i.'48,"90 9.*47.'2i,"39 - o,"96 9.M7.'46,"56 18 i3. 1.56,84 . 5i. 5, 21 — 0, 65 5i. 24, -2 19 12. 42. 19,39 45, '7 54. 49, 02 •+■ 0, la 55. i, 98 20 12. 22. 34,34 45, 86 58. 3i, 5o ■+■ 0, c4 58. 89, 89 21 12. 2. 37, 5i 43, 88 IO. 2. i3, 5i — 0, 09 10. 2. 16, 22 22 11.42. 33,3i 44, 87 5.54, 3i — 0, 96 6. 53, 78 23 1 1. 22. 6,o5 43, c6 9-36, 83 ■+■ 0, 29 9. 29, 35 24 II. I. 87,25 46, 55 i3. 17, 24 — 0, 12 i3. 5, 62 27 9.59. 1,64 5o, 69 24.17, 84 — 0, n 28. 54, 5i 28 9. 37. 49,98 48, 69 27. 56, 65 — 0, 06 27. 3o, co 3i 8. 3i. 19,49 49,43 38.52, 78 ■+■ 0, a? 38. i5, 09 Setteml). i 8. II. 34,84 49, 5o 42. 80, 3- 0, 00 41.48,37 2 7. 49. 39,49 49, 62 46. 8, 18 ■+■ 0, 20 45. 20, 36 4 7. 5. 3o,5o 47, 3o 68. 22, 80 — 0, 02 52. 24, 89 5 7 6.48. 11,52 54, 80 56. 69, 62 -H 0, 54 55. 56, 64 5. 58. 21,49 5i, 5o II. 4.12, 39 ■+■ 0, 45 II. 4-59,84 8 5. 35. 48,.5o 54, 55 7.48, 3> -I- 0, 26 8.81,48 9 5. i3. 8,00 49, 62 II. 24, 36 -t- 0, 37 IO 4. 5o. 23,73 55, 25 i5. 0, 02 -(- 0, 23 i5. 83, 36 II 4. 27. 33,63 52, 83 18.35, 68 ■+• 0, aS 19. 4,22 12 4. 4.88,81 3i. 57, 19 22. II, 26 -t- 0, a? 22. 34, 33 16 3. 3a. 19,48 82. 0, 87 36.32, 80 ■+■ 0, 29 36. 34, 02 18 1.45.50,63 3i. 56, 69 43.43,42 -t- 0, 16 20 0. 59. 9,o3 82. 0, IO 5o. 54, 67 ■+■ 0, So 5o. 82, 89 21 0. 35. 47,98 3i. 57, 62 54. 3o, o3 ■+■ 0, 28 54. 3, ib 22 -♦- 0. 12. 23,83 82. 3, 56 58. 5, 75 -H 0, 3l 57. 83, 44 27 - i.44-4',78 3i. 59, 44 12. 16. 5, 97 — 0, i3 12. i5. 18, 74 28 18.48, 58 29 2. 3i. 3i,64 82. 5, 86 28. 19, 79 -4- 0, 08 22. 23, 96 3o 2.54. 51,98 3 1.56, 75 26. 56, 68 — 0, 20 iS. 59, 71 3a Osservazioni Fond.\.mentali ec. Giorni Declni. vere osserv. del centro del Sole Diaiii. vert. AR dedotta AR Mezziidi 1840 osierv. del Sole dalla declin. oss. — elTem. osserv. corietto e all'orol. Mol. Ottobre 2 — 3.°4i.'32,"45 3j. 6,"92 34.'i2,"i6 -4- o,",3 12.''33.'l2,"52 3 4. 4. 42,83 5, 62 37.49, 38 — 0, 65 38. 49, 53 6 5. 14. i6,q() 8, 5o 48. 46, 57 ■+■ e, 5i 49. 43, 5o -" 5. 37. 16,46 32. 5, 18 52. 20, 69 -1- 0, 20 53. 21, 61 8 6. 0. i3,25 3i. 59, 37 56. 5, 49 + 0, 18 5?. 1,20 9 6. 23. 6,85 32. 6, 04 59-45' 97 -+- e, 43 i3. 0. 40, 87 IO 6.45. 53,18 32. 12, 32 i3. 3.26, 55 -(- 0, 32 4. 20, 41 12 7.31. 7,59 32. 8, 49 10.48, 89 — 0, i5 II. 42, 27 i3 7. 53. 37,54 32. II, 81 14.31, 12 — 0, II i5.23, 85 '4 8. 16. 6,12 "4' 99 18. 14, 75 -H 0, 81 19. 5,24 18 9. 44. 24,20 12, 28 33. 11, i3 -H 0, 46 33. 56, 77 19 IO. 6. 6,95 18, 80 36.56, 46 -;- 0, 09 37.41, 21 ao IO. 27. 4^;'^ 14, 06 40.43, 19 -H 0, 43 41. 26, 5o 21 10.49. 9,12 i5, 67 44.29, 69 — 0, la 45. 12, 16 22 II. IO. 24,91 17, 85 48.17, .2 — 0, 40 48. 58, 24 =4 II. 52. 3o,85 16, q8 55. 54, 95 — 0, 12 56. 3o, 3 1 26 12. 33. 52, 3o .2, 45 14. 3.35,44 — 0, 06 .4. 4- 2,61 ""I 12. 54. i4i^7 19, 59 7.26, 58 -0,24 7. 48, 87 a8 i3. i4- 28,90 i5, 44 II. 19, 27 -+- 0, 40 1 1. 36, 22 29 i3. 34. 28,23 18, 75 i5. 12, 24 + 0, 54 i5. 23, 96 3o i3. 54. i3,27 18, 68 19. 5, 72 H- 0, 45 19. i3, o3 3i — 14. i3- 47'C6 32. 23, 94 14. 23. 0, /\Q + 0, 80 14. 23. 5, 22 Nella priììiaK'era dell'anno 1841. Decliii. vere Uiaiii. vert. AR AR Mezzodì Giorn osserv. del osserv. dalla dech osserv. correttu centro del Sole del Sole 11. oss. — eiiem. e all' orol. Mol. Febb. io -i4.''i8.'28,"o7 32.'21,"62 21. ''36.' 2, '74 — O,"20 2i.*34.'39,"ia 1 1 i3. 58. 48,33 28, 58 39.59, 45 — 0, 07 40. 34, 39 25 9. 2. 29,70 i5, 99 22. 33. 57, 99 0, 00 26 8. 40. 8,66 25, 74 37.44, o5 — 0, 39 22. 38. r8, 26 27 8. 17. 41,78 23, 00 4.. 29, 22 — I, 08 42. 5,24 28 7. 54. 59,94 18, 62 45.15, 19 — 05 4^ 45. ói, 19 Marzo I 7. 32. 15,34 27, 12 48. 59, 92 .- 0, 45 49. 36, 24 2 7. 9. 22,3l !?> 75 52.44, 47 — 0, 12 53. 20, 87 3 6. 46. 27,58 21, 23 56. 27, 82 — 0, 49 57. 5, 04 6 5. 37. 2,60 16, 24 23. 7.36, 47 — 0, 19 23. 8. 14, 06 7 5. i3. 46)21 22, Il II. 18, Ib — 0, 3i 1 1. 56, 20 8 4. 5o. 25,27 17, 22 14. 59, 75 - 0, 34 i5. 37, 76 9 4. 26. 59,58 17, 87 18.40, 99 — 0, 22 19. 19, 20 10 4. 3.31,87 i3, 62 22. 21, 68 _ 0, 33 23. 0, 27 1 1 3. 39. 57,23 ,5, 24 26. 2, 66 -»- 0, 18 26. 4I) 27 12 3. 16. 25, 3i i3, 36 29. 42, 49 — 0, 17 3o. 21, 18 Del Prof. Giuseppe Bianchi 33 Giorni Declin. vere Diam. vert. AR. dedotta AR Mezzodì 1841 oiserv. del centro del Sole osserv. del Sole dalla deci. oss. — effem. osserv. corretto e all'orol. Mol. Marzo i3 — 2<'52.'48,"66 32.'i7,"48 23.''33.'22,"42 — o,"ia 23.^34.' i,"69 >4 2. 29. 12,70 i3, 99 37. I, 68 — 0, 49 37.41,25 i5 2. 5. 28,59 i3, 76 40.41, 71 -t- 0, 14 41. 21, 25 16 I. 4r. 5i,36 i3, 35 44- 20, 28 -0,46 45. 0,92 "7 I. 18. 8,62 i5, 00 47. 59, 36 — 0, 35 48. 40, 49 18 0. 54. 28,06 8, IO 5.. 37, 87 — e, 66 5a. 20, 32 '9 — 0. 3o. 4^576 14, 62 55. 16, 96 — 0, 22 55. 59, 12 21 -t- 0. 16. 4>)26 7, 12 0. 2. 33, 80 — 0, 24 0. 3. 16, 53 23 I. 4. 3,38 12, 25 9. 5o, 60 ■+■ 0, 09 IO. 34, 97 24 I. 27. 36,53 5, 47 i3. 28, o5 — 0, 57 14. i3, i5 25 I. 5i. 11,74 II, II 17. 6, IO — 0, 57 17. 5 r, 60 26 2. 14. 44,69 5, 86 20. 44j 16 — 0, 52 21. 29, 08 27 28 2. 38. 16,55 "> 74 24. 22, 48 — 0, 20 25. 7,11 3. 1.41,3. 5, 61 28. 0, 21 — 0, 46 28. 45, 81 3o 3.48. 24,72 8, 24 35. 16, 53 — 0, 16 36. 1,59 3i 4. II. 38,78 3,46 38. 54, 94 -H 0, l5 39. 39, 07 Aprile 2 4. 57. 56,35 46. II, 47 ■+■ 0, 27 46. 55, 32 3 5. 20. 5o,85 3a. I, 24 49- 49, 07 — 0, 5i 5o. 33, 3o 5 6. 6. 32,22 5, 35 0. 57. 6, 25 — 0, 5i 0. 57. 5o, 95 8 7. 14. i5,83 Sa. 0, 96 1. 8. 3, 40 — 0, 5i 1. 8. 48, 00 JO 7. 53.49,98 1.5. 22, 86 — 0, 38 12 8. 42. 48.72 3i. 57, 24 22. 42, 83 ■+■ 0) '7 I. 23. 26, 60 '4 9. 26. 23,63 3o. 5, 88 -t- 0, 43 I. 30.48, 52 lÒ 18 I. 38. 11,68 I. 45. 36, i5 IO. 5r. 19,82 5o, 74 44. 52, 99 — 0, 37 19 21 II. 12. 10,27 55, 62 48.36, i3 — 0, 2t I. 49. 18,81 II. 53. i3,32 53, 98 56. 2, 95 0, 60 I. 56. 45, 84 22 12. i3. 3i,o6 54, 88 59. 47, 52 — 0, 3o 2. 0. 29, 87 23 12. 33. 29,78 5i, 34 2. 3. 3i, 34 — ', '9 4. 14,26 24 12. 53. 24,49 54, 49 7- >7> 19 — 0, 5i 7. 59, 72 25 i3. i3. i,.57 47= ^5 II. 2, 5? — o> 74 11.44,40 26 i3. 32. 25,64 56, 85 14. 48, 4Ì — 0, 99 i5. 29,81 27 i3. 5i. 39,43 47, 36 18. 35, 3o — 0, 68 19. i5, 92 28 14. IO. 37,71 52, 3i 22. 22, 46 — 0, 59 23. 2, 04 29 14. 29. 2I,3l 43, 98 26. 9, 91 — 0, 69 26. 49, 60 3o 14.47. 5i,a4 5o, 23 29. 58, 02 -_ 0, 64 3o. 38, co Maggie I i5. 6. 5,17 43, 99 33. 46, 36 -0, 87 34. 26, 5o 2 i5. 24. 4'9° 49> 74 37. 3.5, 37 — 0, 97 38. 16, o3 3 -t-i5. 4i. 493?? 31.44, 75 J2. 4i- ^^? (^i — e, 98 3. 4^- 5, 53 Tomo XXIII. 34 Osservazioni Fondamentali ec. A dicliiarazlone dei valori qui presentati mi convìen dire clie le declinazioni vere del centro del Sole risultarono dalle altezze osservate di entrambi i lembi, superior e inferiore del Sole, applicando per ciascun d' essi alla media lettura dei quattro nouj la rispettiva correzione del livello, la rifrazione vera presa dalle tavole di Carlini , la paralasse d' altezza e la latitudine del centro del Sole calcolata su le tavole solari, e riferendo in fine le altezze cosi ridotte a quella del polo istrumentale. Come dalla semi-somma delle altezze dei due lembi si ha quella del centro, così dalla differenza delle prime si ottiene il diametro verticale osservato del Sole che ho posto nella terza colonna, essendomi servito dei prossimi valori del diametro, (piando per qualche impedimento non osservai 1' altezza che di lui lembo solo. Nò faccia maraviglia che i successivi esposti valori del diametro procedano crescendo e scemando alternativamente di quantità piuttosto forte ; poiché ciò è una conseguenza del mio costume di alternare da un giorno all' altro i contatti dei due lembi del Sole col filo orizzontale, prendendo io cioè in un dato giorno p. e. prima il lembo superiore e poscia l'inferiore, e nel giorno appresso inversamente; ottenendosi per tal modo nel medio dei due valori consecutivi il vero diametro verti- cale. Quanto alle Ascensioni rette poste nella quarta colonna^ sono esse calcolate mediante la forinola Atniifr. D tang. L denotando con A l'Ascensione retta , con D la declinazione osservata, e con E 1' obbliquità apparente dell' ecclittica, per la cpiale avrei potuto impiegare le mie determinazioni fiitte ne' solstizj ; ma ne ho invece usato, come noti e precisi ab- bastanza, i valori che ne somministran le effemeridi Milanesi. Fra r Ascensione retta cosi osservata, ossia dedotta dalla de- clinazione, e la calcolata su le tavole del Sole di Carlini, ri- sultano le differenze registrate nella quinta colonna. E avverto che per tale Ascensione retta calcolata ho preso dall'effemeridi Del Prof. Giuseppe Bianchi 35 di Milano le rispettive quantità del tempo sidereo al mezzodì vero, trasferite al mio meridiano colla nota differenza di lon- gitudine e in tempo = 6.' 57.", di cui la mia Specola è all'Est di quella di Brera. Ora nell' andamento successivo delle dif- ferenze suddette potrebbe rimarcarsi una specie di regolarità e di periodo, e cercarsene la ragione ; ma per questa ricerca io attenderò di esaminar un assai maggior numero di Ascen- sioni rette del Sole similmente ottenute dalle declinazioni os- servate ; e pel momento mi restringo a considerar i medj va- lori delle indicate differenze per ciascuno dei quattro equinozj. Sono pertanto questi medj, niun valore ommesso, nel 1." equin. di autunno = -H 05"368 di primavera = — 0,387 — o,"oi3 = — o,"35o a." equin. di autunno =-1-0, 104 — o, o67 = -t-o, 087 di primavera = — o, 38i2. Per gli equinozi dell' anno 1840 il secondo termine è dovuto ad una correzione dell' effemeride di quell' anno, giusta l' av- vertimento premessone all' effemeride del 1842. Si avrà dun- que per media differenza nei due equinozj d'autunno -)-o,"ao3, e negli altri due di primavera — o,"366. Dal che apparisce praticamente vero che le osservazioni sono concordi alle ta- vole, quando il confronto si desuma dall' uno e dall' altro in- sieme di due opposti equinozj ; laddove in ciascuno d' essi , per r influenza degli errori d' osservazione su le varie quan- tità componenti l'Ascensione retta , può risultar una discor- danza sensibile e di segno contrario da un equinozio all'altro. Ed è facil pure il persuadersi che ciò deve sucedere. Ripren- diamo infatti r e([uazione trigonometrica sen. A = ^"^" , e dif- ferenziandola rispetto a ciascuna delle A, D, E avremo cos.A.JA = . ,f ^-'-^ dE, ' .. E dividendo questa per quella, 36 Osservazioni Fondamentali ec. tang.A tai.i^.Ucuò.nJtang.E tang.U buii.^E e perciò Ben.lJLOò.D sen.Kuus.Ji ' ,/A = -S^^ ^D - ^^^ dE. Ora per la declinazione D essendo z la distanza del Sole allo zenit, p la corrispondente rifrazion vera , cr la paralasse oriz- zontale del Sole, e chiamata (p la latitndine ossia l'altezza del polo, si ha..,.D = (p — {z-i-p — CTsen.s). Qnindi, considerato un piccolo errore in ognuna delle quantità che compongono D, e indicando con (e. z) tanto l'enor fortuito della osservazione come (juello di II, si ottiene f/D = d(p •+- d.tsserì.z — dp — [cz) il qual valore sostituito in quello di dK porge per l'Ascensione retta osservata e corretta K^dK=KMd^^d.r.sen.z-dp-.{c.z)) -^ -dE. .^^, che è la formula data da Bessel (i) senza dimostrazione. Ma nel susseguente opposto equinozio alla stessa declinazione D, vai a dire alla distanza medesima dall' equinozio, dovendo corrispondere l'ascensione retta 180° — A, sarà evidentemente l'Ascensione retta A' allora osservata e corretta à:-^dA:=M—[d^-^d.t;ssen.z'—dp'-[c'.z!))^^^ -H dE ^''"^-A seii.aE Perciò infine le differenze rZA, dh! fra l'ossei'vazione e le ta- vole del Sole riusciranno prossimamente uguali e di segno contrario; locchè avrà luogo e apparirà con probabilità mag- giore nei medii di molte osservazioni per ciascun equinozio, come si è da noi ritrovato. (i) V. Bessel. Fumi. Astr. jiag. 12. Del Prof. Giuseppe Bianchi 87 Intorno da ultimo all' istante del mezzodì, clic ho ripor- tato nella sesta colonna delle tabelle superiori, ed è un ele- mento essenziale del Catalogo, io lo determino in ciascun giorno coir osservazione degli appulsi del lembo antecedente del Sole ai due primi fili verticali del reticolo unicamente, non potendo io far di più da me solo e per non ommettere la duplice si- multanea osservazione dell' altezza. Gli accennati due appulsi ridotti al terzo filo, aggiunto al medio di essi il tempo impie- gato dal semidiametro del Sole a traversar il meridiano e dato dall' effemeridi , e corretto 1' istante ottenuto dalle premesse deviazioni dello strumento, ne risultarono di tal guisa gli espo- sti valori del mezzodì. Per vero dire io mi era lusingato di aver una conferma di questi valori dalle osservazioni quoti- diane del mezzodì allo strumento de' passaggi d'Amici, ed anzi aveva pur divisato di assicurarne vieppiù le Ascensioni rette del Catalogo col raccogliere per altrui opera da quest' ultimo strumento le osservazioni eziandio, e in maggior nu- mero istituite, delle medesime stelle, da confrontarsi poscia colle mie determinazioni al cannocchiale del Circolo. Ma la debole salute di chi erasi meco accinto al lavoro non permet- tendogli di proseguirlo, mi ha privato di tale sussidio e mezzo di verificazione; per lo che l'intera operazione del Catalogo apparterrà esclusivamente al mio Circolo meridiano. Veniamo adesso alle due stelle, Altair e Procione, comparate al Sole. 38 Osservazioni Fondamentali ec. POSIZIONI APPARENTI DI ALTAIR osscivate in autunno. 1839 DifFer. (liAR ARapp. d, A 19. '-42' Deci, app.di A -4-8.°26' 1S40 DilTer. di AR AR app. Del. Giorni ± (A-S) Giorni ±(A-S) di A i9.''43' i,'43 app.ili A H-8."27' i6,"64 Agos. ?5 9/28.'47,"94 59,"69 58,"5o Agos. 17 9.''55.'4o,o4 3o 10.31,34 59. 97 60, 98 18 5i. 57,03 2, 24 i3, 26 Sett. 1 3..4,32 5o, 87 60, 97 19 48.14,36 3, 38 ir, 24 4 8. 5a.2i,ri 58, 56 63, 76 21 40.49,21 2, 72 12, 48 6 45. 9,67 61, 5t 60, 44 22 37. 6,28 0, 5c) '4> 37 8 37.54,31 59, 06 59, 67 23 9. 33.25,93 2, 76 12, 18 12 25.3o,55 59, o5 60, 53 26 14. 4'-''^59' I, 43 i5, 96 i3 19.53,56 58, 09 61, 5^ 28 9. i5. 5,94 2, 59 12, 76 17 5.33,09 59, 06 63, 40 3i 4. 9.37 2, 10 12, 1 1 19 . . • . . 64, 40 Settera. 1 c.3i,84 h 7' '7; '? 20 7. 54.46,5, 5g, 23 59, 91 2 8. 56.53,92 2, IO '6, 47 24 40.24,40 59, 00 56, 25 4 49.40,10 2, 40 16, 22 26 27 So 33.12,28 29.35,87 59, ir 63, 14 7 9 IO 8. 38.49,99 2, 38 16, 53 OOj 00 6r, 55 64' 99 i5. 3 1.56,85 8. 28. 3,55 3, >7. 3, 57 12, 56 i3, 91 Ottob. 1 ■ i5. '8,.54 58', 44 63,44 1 1 24.27,03 2, 71 II, 91 5 0.36,62 58, 40 63, 84 12 20. 5 1,44 2, 69 9, T 8 6. 49.39,40 59, 3o .59, 92 16 6.29,49 2, 29 16, 53 IO 17. 21.21,92 59, 94 59, 86 18 '4, '7 12 .... 59, 92 20 7. 52. 9,06 'i 73 17, 58 20 6. 5. 5,80 58, 75 60, 89 2 1 7. 48.33,12 3, i5 17, 42 24 5. 49.55,39 58, 78 6>, 54 26 16. 33. 4,1 3 ,, 84 16, 12 27 7. 26.55,':6 I, 73 18, 56 28 Ottobre 2 16. 43.53,78 2, 90 17,47 7. 8.49..)! 2, i5 17, 36 6 6. 54.15,57 2, 14 i3, 60 IO 39.36,23 2, 78 i5, 86 12 32.l3,02 I, 91 14, 21 i3 28.30,72 I, 84 17. 74 ■4 24.47,87 2, 62 .6, 46 i5 .... 16, 1 1 16 .... 17, II 18 9.51,17 2, 3o 16, 26 19 6. 5,5i I, 97 17, 92 20 2.18,77 I, 96 i5, 35 21 5. 58.3i,76 ,, 45 i5, 61 22 54.44,42 I, 54 14, 16 26 39.25,73 >> I? i5, 46 " ( 5. 35.34,74 1,32 .4, 76 Del Prof. Giuseppe Bianchi osservate in jinmavera. 39 1840 Giorni Diff^r. diAR ±(S-A) AR app. di A 19. '42' 59,"43 Deci. 1 app.diA -h8."26' I84I Giorni Differ. di AR ±(S — A) AR app. di A .9.M3' Deci. app.diA -1-8. "26' Febb. IO i.*5o.'3,"96 60," 73 Febb. 1 1 i.*56.'57,"34 2,"ll 62," 6c i3 2. 1.53,62 58, 96 49, 28 26 2. 54.42,55 I, 5o 07, 84 18 21.20, 55 59, 3i 47> ^7 27 58. 28,93 0, 29 55, 77 20 47, 83 Marzo I 3. 5. 58,58 I, 34 60, 70 21 82.53, 01 58, 27 4?' 76 2 9 . 42, 63 I, 84 58, 65 23 40. 3i, 01 58, 16 48, 55 3 i3. 26, 5o 1, 32 58, 73 25 48. 5, 86 58, 61 46, 44 8 3i. 57,85 1, 90 58, 5o 27 45, 23 9 35.38,85 2, 14 57, 7« 38 59.24) ''S 58, 3i 46, 49 IO 3g. 19,63 2, o5 57, 83 29 Marzo 5 3. 3. 9,57 21.48,26 59, 24 46, 57 48, 06 i3 18 5o. 20, 36 4. 8. 36,53 2, 06 60, 07 59, IO I, 34 .... 7 29.12, 63 59, 43 47, W "4 3o. 25, 64 2, 41 57, 02 9 36.35,42 59, 42 46, 85 27 41. 19,37 3, I. 59,45 ]0 40.16,07 59, 25 48, 72 Aprile 19 6. 5. 33,14 2, 99 60, 73 i3 51.17,4, 58, 80 45, 88 23 6.20. 29, 26 2, 08 56, 08 18 4. 9.31,80 59, 5o 46, 08 SI 20.27, ^3 58, 88 43, 87 a3 27.43, ,4 59, i5 45, 87 « 26 38.36,77 59> 94 45, 57 3o 53. 8,8a 59, 54 48, 28 1 Aprile I 5. 0.25,49 59,44 44, 95 23 C. 21.25, 7^ 60, 70 48, lol POSIZIONI APPARENTI DI PROCIONE. osservate in autunno. 1839 Giorni DilVer. di AR ±(S-P) AR app. di P. 7.'' 80' Deci, app.di P -h5."38' 1840 Giorni DilTer. di AR ±(S-P) AR app. di P 7.'3o' Deci. app.diP. -+-5.037' Agos. i9 2.''2I.'7,"«4 53,"66 7,"27 Agosto 17 2.*i6.'25,"i3 56,"26 59,",7 20 24.49, 14 54, 22 6, 60 18 20. 8, 26 56, 95 59, 35 22 32.14,43 58, 35 3, 40 21 3 i.i5, 92 57, 59 56, 14 23 35.55, 79 53, 99 4, 1^ 22 84.58, 46 55, 85 53, 02 25 4.3.. 6, 9. 54, 83 6, 25- 27 2. 53.20, 65 56, 69 5.5, 06 26 46.57, 85 54, 21 5, 17' 29 21. 3. I, 89 58, 04 56,87 3i 3. 5.12, 76 54, 45 4, 78 3i 3. 7.55,82 57, 4' 54, 06 Sett. 5 23.21, l5 58, 99 7, 74 Settem. 2 i5.io, 26 57 ,92 54, 64 7 30.34, 12 54, 88 5,40 5 26. 1,49 58, i3 55,95 8 34. 9,91 54, 84 3, 53 8 36.5o, 28 58, o3 54, 43 12 48.33, 81 64, 69 6, 04 IO 44- ', 75 58, 27 53, 57 17 4. 6.3i,46 54, 5i 9, 66 12 5i.i3, IO 58, i5 55, 17 20 17.17,42 55, 3o 7,48 16 4. 5.34,90 57, 90 53, 75 23 28. 3, 48 55, 44 7, 38 22 27. 7, 62 58, i3 52, 89 25 35.10, 01 55, 78 6, 48 28 28.44, 57 ■ < < • 5.5, i3 27 42.27, 20 55, 46 2, 60 So 55.58, 86 57, 82 56, 6- Ottob. I 57.54, 09 55, 81 6, 12 8 5. 22.28, '•f) 56. II T. 4T 4o Osservazioni Fondamentali ec. osservate in primavera. 1840 DilTor. di AR AR app. di 1'. 7.''3o' Dei-I. ( 1 ■ r» 1841 DilT,-r. di AR ARapp. Orci. Giorni :li(P-S) app. -4-5. Ul 1 "07' Giurai ±(I'-S) di r 7.''3o' ap]>.dir -4-5."37' Fohb. 17 9.''3o.'29,"5o 56,"92 45, "48 Febb. II 9.''5i.' 2,"i7 61, "62 38,"3i 2:0 7.27, 85 57, 02 5o, 28 25 i5. 6.43,52 60, 53 39, 31 24 3.39, 84 56, 74 45, 74 36 8. 53,16, 19 60, 24 34, 21 2- 8. 62.19,88 5?, 5. 44> 97 28 45.44, 93 60, 12 38, 4. Marzu 1 41. 3,88 57, .54 4«' 40 Marzo i 8. 42. 0, 35 60, 27 36, 14 4 29.53, 14 57, 58 47' 87 5 i5. 36.35, 62 60, 85 36, 68 5 26.10, 2.5 57, 61 44 '4 7.53. >,74 56, 88 48, 77 i3 7. 67.38, 01 60, 43 37, 20 19 16. 28.51, 3o 56, 91 47, 4' 14 53.69, 27 60, g5 34, 98 ao 7. 3i. 8, 62 56, 83 47, 54 i5 5o. 19, 4' 61, 12 34, 29 22 23.52, 96 57, 36 47, 87 16 46.40, c8 60, 87 34, 86 24 i6.36, 90 5?, 77 47, 77 21 28.37, i3 60, 93 37, 53 26 28 9.20, 93 57, 64 43, 24 24 26 17.3Ì, 3i 60, 36 33, 84 2. 4, 35 56, 65 46, -p IO. I 6, :iO 60, 36 35, 06 3o 6. 54.48, 5o 5o, 86 4^, 54 27 6.38, 3q 60, 87 35, 77 3i 5i.io, 5i 56, 94 47, 20 28 2.59, 34 69, 55 34, 59 Aprilo 6 29.18, 41 58, o5 4?, 37 3i 52. 5, 85 60, 79 33, 89 1 1 II. 0, 1 3 67, 20 43, rio Aprile 3 6.41.11,44 60, 5i 33, 66 12 7.19,46 57, IO 43, 89 5 6. 33.53, 85 60, IO 32, 46 '4 21 5. 59.-57, 68 33.59, 45 57, 22 56, 77 40, 43, 8i 47 IO i3 35, 3o 17. 59. 5, CI 60, 87 32, 37 2a 3o.i5, 4.0 56, 86 45, 56 18 5. 46. 6, 76 59, 75 32, 63 23 26.80, 69 57, 1 1 44, 92 30 18. 2.5. 4, 55 58, 40 34, 39 25 18.59,86 56, 5? 4^, 52 32 5. 3i.i2, 3o 69, 82 33, 64 27 1 1.26, 43 56, 23 45, 78 24 5. 23.42, 03 69, 21 3i, 39 29 3. Si, 57 57, 00 4^, 5o 26 28 3o 5. 16. IO, 84 5. 8.37,60 5. I. 1,39 59, 36 .59, 96 59, 41 3i, 70 32, 86 32, 96 Maggio 2 4. 53.23, 82 59, 19 32, 33 Corretti i passaggi meridiani di Altaìr e Procione dalle deviazioni dello strumento e rispettivamente confrontati coi mezzodì riferiti nelle superiori tabelle del Sole, se ne otten- nero le differenze A — S, P — S, alle quali è stata pur ajjplicata la propria e jiroporzionale quantità della variazione diurna dell' orologio. Il doppio segno d= è posto alle stesse differenze per distinguere se il passaggio della stella confrontasi col mezzodì antecedente oppur col seguente più vicino. E aggiungendo poi -t-5.° ^T' Agosto 28 42.'59,"84 27.' o,"i5 .g^Agoòto 2 1 3 3o.' 53,"74 38.' 5",76 =2 Sett. 6 3 59, 71 I, 29 =2 25 3 54, 34 5, 3g! i5 3 58, 73 I, 82 Sett, 4 3 54, 27 5> 971 23 5 58, 97 I, o5 ]3 3 54, 68 6,41 Ottob. 5 5 59, 02 2, 41 23 3 55, 5i 7, "! 18 3 58, 7? 0, 62 Ottob. 3 3 55, 79 3, 3g °.Febb. 14 3 4a. 59, 28 26. 49, og ,^Febb. 21 3 3o. 56, 89 3?- 47> '7! =2 2£l 3 58, 22 48, o5 =2 Marzo i 3 57, 54 47= 08: =^7 3 58, 46 46, 0.5 7 3 57, 85 48, 26 Marzo 4 3 59, 26 47, ^7 16 3 56, 94 47, 27 II 3 59, 16 47, "5 22 3 57,32 47, 73 21 3 59, 14 45, 27 2g 4 57, 02 44, 98 29 3 59, 64 46, 27 Aprile IO 4 57, 39 43, 99 Aprile 23 i 43. 0, 70 43, IO 22 3 56, 91 44, w Agosto 19 4 43. 2, 44 27.I13, 4. 27 3 56, 60 43, 60 24 3 I, 59 i4> '7 Agosto 20 4 3o. 56, 66 37. 56, 95 3o 3 2, i3 i4, 01 2g 3 57, 38 55, 16 Settem. 5 3 2, 29 16, 4' Sett. 5 3 58, o3 55, CI IO 3 3, i5 12, 79 i3 3 58, ir 54, ,6 i5 3 2, 49 i3, 47 26 3 57, g8 54, 86 23 3 2, 9r 17, 04 ^Ij-Felib. 19 3 3i. 0, 80 37. 37, 24 3o 3 2, 26 17, 80 ^ Marzo 4 3 0, 41 37, 08 Ottob. 9 3 2, 28 14, 56 9 3 0, 49 35, 63 '4 3 2, 23 16, 7-" i3 3 0, 75 36,44 18 4 a, 08 16, 66 18 3 0, 81 35, 58 ^,, =^4 4 I, 37 i5, 00 26 3 0, 53 34, 58 -5-Febb. ig 3 43. 1, 3c 26. 58, 74 3i 3 0, 28 34, cò =2 Marzo a 3 I, 5o 5g, 36 Aprile 9 3 0, 49 33, 34 9 3 2, o3 58, o3 20 3 3o. 59, 82 33, 19 . , '9 3 I, 94 58, 55 28 5 5g, 41 32, 21 Aprile IO 3 2, 73 58, 75 1 Tomo XXIII. 4^ Osservazioni Fondamentali ec. Qui unisco finalmente le osservazioni di Altair e Procione l'atto Inori dei tornili 0(|uinoziali e fra l'anno per servire alla continnità dei confronti colle altre aio stelle principali di Piazzi j ed eccole: LLTAIR. Date imsi.ig-i raerid. osserv. e coiT. Declin. app. osservate Date p.issaggi meriti, osserv. e corr. Duclin. app. osservate » ^Nov. 6 I9.*43.'i2,"i8 ■+■^.°2.^.' 3,"t2 4.N0V. J7 iy.''42.'ó8,"co -+-8."27.'M,"94 CO 9 i3, 59 I, 47 co 18 57, 72 i3, 38 i5 16, 56 I, 23 24 56, 45 IO, 48 i8 18, 43 0, c3 25 56, 07 12, 29 =4 43. 23, 48 27. 0, 00 27 54, 12 9,46 Die. '7 42. 48. 63 a6. 55, 82 29 5i, 29 9, o5 3o 43. .3, 35 53, 97 Dicern .1 1 36, 95 IO, 00 .§-Genn. 8 j3, 48 5-, 5i 26 21, 06 8, IO 0 14, c8 62. 12 28 18, 43 6,46 1 1 i5, 46 53, 17 3o 16, 17 3, 65 12 i5, 89 56, 67 ^Gcnn. I 14, i3 4, 18 '9 19, 48 54, ,2 co 12 4, 65 4. 98 2.~ H, 07 5o, 14 jà 3, 71 3, 85 3o 2-, 74 4-, 14 16 42, I, 20 5, 61 Febl). n 3-(> 97 26. 5o, C2 22 41. 56, 4° 5, 66 Novem. 3 2,66 27. i5, 88 25 54, 29 4,32 IC 43. 0, o3 j3, 73 27 52, 56 27. 3, 29 12 42. 59, 09 12, oc 29 5o, 48 26. 58, 12 II, 58, 44 12. ,4 ROCIONE. Date passaggi meiid. osserv. e corr. Decllii. ajip. osservate Date passaggi meriti, osserv. e corret. Declin. app. osservate ^^^1^'gS- 12 -.'■3i.'35,"76 -t-5."37.'44'"69 :;-Giug. 28 7.''29.'20,"72 -(-5."37.'37,"i9 iMagg. FT 39, 59 34,7^ ^ 3o 14, 39 41, 07 S3 '1 35, 58 34, 27 Luglio 2 6, 74 38. 72 n 1 " 22, 17 36, 49 4 2, 98 39, 42 22 ic, 17 7 I, 23 44, 53 24 3r. 0, 58 . 9 29. I, 5o 43, 60 26 3o. Si, 73 38, gg 16 32. 58, IO 40, 7c Gius. 16 29. 41, 8() 40, 56 18 53, 36 42, 37 21 3.., 33 42, 85 22 5o, 52 4'= 44 2f. 24, C'5 39, 7.'. Nella memoria che innnantinente verrà dopo questa io darò le osservazioni e le posizioni medie, ossia il Catalogo delle suddette a^o stelle principali ; ma frattanto a raccogliere Del Prof. Giuseppe Bianchi 4^ un qualche frutto anche dalla memoria presente, io passo a dedurre dalle osservazioni surriferite del Sole gì' istanti ne' quali sono accaduti rispettivamente li quattro equinozj e a ri- trovarne, dal paragone con quelli osservati da Piazzi e più an- ticamente da altri, la quantità o lunghezza dell' anno tropico solare. DETERMINAZIONE DEGl'iSTANTI dei quattro equinozj. ^ Per mezzo di due declinazioni del Sole osservate a breve intervallo, una prima e 1' altra dopo 1' equinozio , si ha tosto il momento in cui avvenne il passaggio del Sole per 1' inter- sezione dell' ecclittica coli' equatore , nel supposto per altro che il moto in declinazione sia uniforme ; il che a rigore non sussiste. Oltre a ciò 1' errore di i" d' arco nella declinazione osservata induce quello di i.' i,"4 di tempo nell'istante ricer- cato. Alcuni Astronomi per queste ragioni antepongono di de- terminar il detto passaggio, ricavando dalle due note declina- zioni per una facil formola di trigonometria li due corrispon- denti archi di equatore intercetti fra quelle e il punto equi- noziale, e istituendo poscia la proporzione dell' arco totale di equatore con ciascuno dei parziali, e coi tempi rispettivamente impiegati dal Sole a percorrer 1' uno e gli altri. Un tal me- todo nasconde il difetto senza toglierlo né diminuirlo; peroc- ché anche in Ascensione retta il movimento del Sole non è uniforme, come tacitamente vien ammesso nell' istituita propor- zione. Io preferisco perciò il metodo proposto e seguito da altri (i), che consiste in risguardar tanto le Declinazioni che le Ascensioni rette del Sole prese ogni giorno sul meridiano, sic- come costituenti una serie algebrica di second' ordine, vai a dire colle differenze seconde costanti, e considerati i tempi (1)7. Santini: Elem. di Astron. T. I. pag. gS. ediz. 2.^ 44 Osservazioni Fondamentali ec. come gì' indici della serie, nel trovar qnello di essi che ri- sponde al termine zero di questa. Tre termini essendo noti , la forinola d' interpolazione somministra V indice o tempo ri- chiesto, espresso dall'incognita nell' equazione di 2,.° grado. Ecco, ciò premesso, quali risultano gl'istanti dei quattro equi- nozj dalle osservazioni del Sole che ho riportate. Dalle declinazioni meridiane osservate nei giorni 22, 28 e 24 Settembre del loSc}, posti gl'indici e, i, 2, si ha 1' ecjuazione x^-+- 1 162, 26971 X — i4')3, 26971 =0 da cui viene (avvertendo clie l'esattezza del calcolo deve spingersi almeno lino alla quinta cil'ra decimale) X = -4- 1,^283370. Similmente dalle declinazioni osservate del Sole nei giorni 20, 21 e 22 Marzo del 1840 si ha x^^-h i/^2^,S^()23 X — 77,28643 = C'; da cui a:=:-f-o,?c5o73o. Dalle declinazioni del Sole osservate nei 20, 21 e 22 Set- tembre del 1840 viene a;''-l-902,9o323x — 22o9^6774a = o; donde a; = -4- 2,^5291 e. E per ultimo dalle declinazioni osservate nei giorni 17, 18 e 19 Marzo del corrente 1841 ritrovasi a;*-+-598,o97o5 x — 1978,32067 = 0; dalla quale a:=:H- 3,-28960. Gli ottenuti valori di x sono giorni e frazioni di giorno in tempo vero ; poiché 1' assunta unità dell' indice è 1' inter- vallo fra due mezzodì veri e consecutivi. Riducendone la quan- tità in tempo medio, e aggiungendola rispettivamente al tempo medio del mezzodì vero pel giorno o, dato dall' effemeridi di Milano e ridotto a Modena colla piccola correzione per la dif- ferenza de' meridiani, se ne ottiene in tempo medio a Modena Del Prof. Giuseppe Bianchi ^5 18.39. Equinozio d'Autunno il a3 Settembre a GJ'/^o.'2.u^"2.6 1840. Equinozio di Primavera il 20 Marzo a i. 20.86,94 1840. Equinozio d'Autunno il aa Settembre a 12. 34- 18, 1 4 1841. Equinozio di Primavera il 20 Marzo a 7. 4-35, i4 e questi furono gì' istanti dell' equinozio vero. Quantità o Lunghezza deiranno tropico solare. All' occasione di stabilire i fondamenti del proprio Cata- logo delle stelle, costituendoli su le osservazioni equinoziali del Sole negli anni 1804 e 5, il P. Piazzi profittò egli pure degl' istanti dell' equinozio vero , che da tali osservazioni gli risultarono, per farne il paragone cogli equinozj anticamente osservati e ritrarne la misura dell'anno tropico (i). In questa ricerca egli cominciò dai confronti colle osservazioni certe e le più accurate e vetuste che si conservano, quali son quelle fatte da Ipparco in Alessandria un secolo e mezzo prima dell' era Cristiana, discese quindi alla comparazione cogli equinozj osservati da Regiomontano e Waltero a Nurimberga sul ter- minare del secolo decimoquinto, ed arrestossi alla determina- zione che gli fornirono le osservazioni di Flamstedio a Green- wich negli ultimi anni del secolo decimo settimo. Dimostrò che, malgrado l' intervallo di presso a venti secoli che disgiunge i nostri tempi da quello d' Ipparco, la quantità dell' anno som- ministrata dal primo confronto non può ritenersi per molto buona e sicura, a motivo delle imperfezioni e incertezze delle antiche osservazioni fatte colle armille, delle quali un lieve difetto nella orientazione o nel collocamento doveva produrre un dubbio ed errore assai notabile nell'istante dell'equinozio, che lo stesso Ipparco non risguardava per vero se non entro (i) V. Lib. VI.° del R. Osserv. di Palermo, pag. 3a. 4^ Osservazioni Fondamentali ec. i limiti di sei ore. Né maggiore fiducia gli parvero meritare i risultanieuti del secondo paragone, e di altri che potessero isti- tuirsi con osservazioni anteriori a quelle di Flamstedio, e vale a dire prima dell' epoca in cui, applicato il cannocchiale alle grandi inacchine astronomiche, riusciron finalmente gli osser- vatori a conoscere con (puilche precisione il passaggio del Sole pei punti equinoziali. Ma il confronto con otto ecjuinozj osser- vati a Greenwich dall' anno 1691 al 1694 condusse il Piazzi a tale accordo nei valori della rivoluzione tropica solare, otte- nuti per un medio dagli equinozj di primavera e di autunno in ciascun anno, eh' egli ben a ragione considerò e propose il medio di tutti in 305.^5.'' 48.' 5o", come il valore meglio fondato e che più al vero si approssimi; avvegnacchè la mo- destia, che doppiamente solleva e onora 1' ingegno degli uo- mini grandi, gli fiicesse poi soggiungere queste jiarole : «Se convenga ritenere la misura dell' anno stabilita da La Lande (in 305.p5.''4o-' 4"") 5 o torni meglio abbracciare questa mia, la quale è la medesima che nel 1750 fissato aveva Lacaille, sebbene nelle sue tavole impieghi 49" iiwece di 5o," io non ardirò asserirlo. » Ora volendo io qui procedere alla stessa in- dagine e determinazione , panni opportuno di battervi la via opposta a quella di Piazzi , col propormi cioè di risalire nel confronto delle mie osservazioni equinoziali alle altrui di data successivamente più remota o anteriore, sino a quelle di Flam- stedio. Poiché infatti la sicurezza e precisione della ricercata misura dell' anno dipende, tanto dal più lungo intervallo che separa i termini del paragone, quanto dalla maggior esattezza dei termini stessi, ossia degl' istanti osservati degli equinozj , egli è perciò curioso argomento l'esaminar e vedere alla pro- va de' risultati, come una di queste cagioni possa essere dall' altra compensata, e se il perfezionamento recato alle osserva- zioni moderne valesse per avventura in questo proposito a risparmio di lunghezza fra i tempi o le epoche paragonate. Io trascelgo dunque , al confronto co' miei , quattro equinozj determinati a Palermo dal defunto collega il Cavaliere Cac- Del Prof. Giuseppe Bianchi 4? datore (i), gli altri quattro di Piazzi negli anni 1804 e 5, quattro pure di Bradley (2) , e gli otto di Flamstedio riferiti nel Libro VI dell'Opera citata alla pag. 87. Siccome tali equi- nozj si trovan tutti ridotti al meridiano di Palermo, così a ridurvi pure i miei aggiungo all' istante sovraesposto di cia- scun d' essi la costante 9.'46-,"c'7 che è la differenza de' meri- diani tra le Specole di Palermo e di Modena. Dall'istante poi espresso in tempo medio e riferito all' equinozio vero , con- vien togliere l' effetto dell' equazione del centro e delle per- turbazioni; con che l' istante si riferisce all' equinozio medio, e dai confronti, anziché ricavarne la quantità dell'anno appa- rente, quella se ne ottiene dell' anno medio. Al calcolo dell' equazione del centro mi hanno servito le formole di questa e dell' anomalia media ripoi'tate nell' introduzione alle tavole solari di Carlini (pag. IX ); e dalle tavole stesse ho preso le perturbazioni, sottraendone perù da ciasciui valore complessivo la quantità 56,"6, che fu pure tolta dall'Autore al termine co- stante della longitudine del Sole a fin di rendere positive tutte le perturbazioni. Supposto infine il moto medio diurno 59.'8,"34r, e ridotta con esso in tempo la somma dell'equazione del cen- tro e delle perturbazioni ho applicato questa col suo segno agi' istanti dell' equinozio vero , che in tal modo vengono de- rivati dall' equinozio medio. Sottopongo pertanto i valori da confrontarsi. (1) Lib. vili, del R. Osservatorio di Palermo, p.ig. i47- (2) Ivi. pag. 149. 4- O.-JERV AZIONI Fondamentali ec. G iorno G ionio 1 Etiuinozj dell' anno Equazione dell' anno | ridotti Anno e ten pò medio del centro e tem pò medio a PalL'rmo dell e(iniiioz.io e perturbazioni dell' .'Quinozio vi'ro medio i8?9 autunno 266,« 2848873 -i.<'53.'39,"44 264/ 3630202 osservati 1840 primavera 80, 0627655 -t- 1.53.28, 10 81, 9814368 a MoJeua autunno 266, 53o6o35 - I- 54. 4, 57 264, 6016642 1841 primavera :9, 3oi6337 -f- 1. 53. 26, 98 8,, 21970S1 osservati 1817 autunno 265, 9676170 - 1. .54. 6, 80 264, o38c8oo 181 8 primavera 79> 7824470 -1- I. 53. 23, òo 8., 6498197 (la Cacciatore autunno 1819 primavera 266, 79> 2088710 9771340 — 1. 64. 11, -t- I. 53. 19, 90 40 264, 81, 27-:8408 89.33608 osservati a Palermo da Piazzi 1804 primavera 80, 3381200 ■+■ I. 53. 49, IO 82, 2627100 autunno 266, 8166000 — I. 53. 69, 60 264, 8890612 l8o5 primavera autunno 79, 266, 5814600 0669200 -(. 1. 53. 66, — I. 54. 0, 70 00 81, 264, 6079098 1292687 1781 primavera 79, 6075330 ■+• I. 64. 0, 0 81, 4351961 a Greenwich da Bradley autunno I75a primavera autunno 265, 79, 266, 9687790 7210100 ai4ii3o — I. 64. 2, ■+■ 1. 54. 17, — I. 64. 11, 0 9 2.,4, 81, 264, 0406614 65366oi 2830828 1691 primavera 78, 9603800 ■+■ I. 64. 27, 9 80, 8969044 autunno 26Ò, 4472800 — I. 64. 32, ò aò3, 6104596 osservati a Green%vicli ioga primavera 79, 1901700 ■+■ 1. 54. 3o, ò 81, 1264271 autunno 265, 6989100 — I. 64. 3i, 4 263, 7623991 1693 primavera 7^, 4352300 -+- I. 54. 43, 6 80, 376.789 autunno 254, 9389100 - 1.54.43, 2 262, 9990737 1694 primavera ^8, 6723100 -»- I. 54. 39, I 80, 6099644 autunno 265, 1786000 — I. 64. 17, 4 263, 2459342 Si ha ora da ciascuno de' miei ecjuinozj di Marzo e Set- temljre, comparato solo e rispettivamente con ciascuno di quelli de' mentovati Astronoiui in primavera e in autunno ( avver- tendo di aggiungere all' intervallo il numero de' giorni uguale a quello degli anni bisestili compresi ). Del Prof. Giuseppe Bianchi 49 Dal 1839 — 40. in Settem. Anno = 3650420427 ) col 181 7-18 [ medio = 365f.5.M8.'45,"6o in Marzo = 365, 2423468 ) in Settem. = 365, a4ai5i4 1 col 1818-J9 \ = , 48-47> 84 in Marzo =365, 0422893 ) ■•: ' Dal 1840-41. in Settem. Anno =365^,2418946 1 col 1817-18 > medio = 365.ff5.*48.'3i,"56 in Marzo =365,2421691 J in Settem. = 365, 2419915 1 col 1818-19 > = 48. 3t,o4 in Marzo z= 365, 24^1067 J ; ■ e- medio totale degli otto precedenti := 365.^5. ''48. 'Sg/'oi ; e dif- ferenza massima dei singoli = 39,"o3. Dal 1839-40. • ■•'•'^^ ^" in Settem. ^ 3656',a42ii34 col 1804 \ medio = 365.f5.''48.'4i,"77 in Marzo = 365, 2421868 in Settem. ^ 365, 2421694 col i8o5 ^ = 48. 40,47 in Marzo ^365, 2421008 Dal 1840-41, 168 1 .f, • )I-,!Ì (Il in Settem. ^ 365?,242oi68 col 1804 \ =365ff.5.*48.33, o3 in Marzo ^ 365, 242081 in Settem. ^ 365, 2420685 col i8o5 \ =z 48.3i, 52 in Marzo = 365, 2419944 medio totale degli otto ultimi =365.^5. '"48.'36,"7c; e differenza massima fra i singoli di essi = i6,"6a. ' ' Tomo XXIII. 7 5o Osservazioni Fondamentali ec. Dal 1 839-40- in Settom. Anno = 365f,a4a3oo7 ) ^^j,„ _ 365,.5.^48/57,"4o .n Marzo = 365, ^336.^ i •^"^ '^'^"^%n Marzo =365,^336 i„ Settem. = 365, ^4^29 •^"^ '^^^'"^ .n Marzo = 365, .4-090 i„ Settem. =365,24^298') _ 48.45,57 Dal 1 840-4 '• i„ Settem. = 365",^2=^595 j _ ^^.^ ^ ,^g 53^ ^^ col 1751-52 —365 "423152) in Marzo — ^°-^' -t ' „, Settem. =365,2422566 1 _ 48. 4,, gt ^''^ '•'"'' ,u Marzo = 365, 2420467 i 1 • • ^Ac: gf; M8 'ÌQ,"63 ; e massima medio totale degli otto ultimi = 365.^5. 48- 49. diftereuza fra i singoli =a7,'i7- Dal 1839-40. ,„ Settem. = 365^,2422471 j _ 365^.5.M8.'47/'45 •^"""^Sn Marzo = 365, 2421847 i ,„ Settem. = 365, 2421811 | _ 43.48,0» ^"' "'5%. Marzo =365, 2422636 i in Settem. =365,2422.83 1 _ 48.47,73 '^"^ ■^^^n Marzo = 365, 2422194 i i„ Settem. = 365, 2421868 1 __ 48.48,55 col 1694 in Marzo = 365,2421868 1 = 355,2422703 ) Dal 1840-41. in Settem. = 365^2422227 j _ 355f . 5.^8- 45- =8 ^"^ ''^' ,„ Marzo =365,242,587 i = 365,242,5721 _ 48.45,94 m Settem. ^"' ''^\n Marzo =365,24^2368^ Del Prof. Giuseppe Bianchi 5i in Settetn. Anno =365/2421944 col 1693 ' ■ '" ^ medio = 365.?5.*48.'45,"53 in Marzo = 365, 24^1928 in Settem. ^365,2421681 col 1694 \ = 48.46,56 in Marzo = 365, 242243 1 ... 5' ) medio totale dei sedici valori = 365. e5.'"4B. '46/88 ; e massi- ma differenza fra i singoli ^ 9i"77- Raccogliamo da queste determinazioni: i.^che il confronto delle osservazioni moderne, a prova della maggior loro preci- sione, somministra nel medio di pochi valori un risultato già molto prossimo al vero, con oscillazioni però a differenze troppo forti fra i valori singoli, ed anche nei medj parziali di prima- vera e d' autunno ; laonde il medio totale non è bene stabi- hto e dimostrato : a."' che de' miei equinozj accoppiati nel i83g-4o e nel 1840-41 la seconda coppia sembra un poco debole e difettosa in meno, trovandosene dal confronto con tutti gli altri la quantità dell' anno sempre minore di quella ottenuta dalla prima: 3.° che ne' miei confronti la quantità dell' anno dedotta dagli equinozj d' autunno essendo riuscita alternativamente maggiore e minore dell' altra dedotta dagli equinozj di primavera, non sembra doversi ammettere per questo riguardo una correzione di temperatura al mio stru- mento, analoga a quella con cui il lodato Cacciatore potè ri- durre la differenza fra i medj di trentasei confronti equino- ziali di primavera e di altrettanti d'autunno colle osservazioni di Bradley da 19" a 14" (i): e di fatto una tale differenza collo stesso Bradley, e per soli quattro medj di primavera e d'au- tunno, per me no/i risulta che di 6", 4 in eccesso dei primi sui secondi: 4° che il medio totale ottenuto dai confronti con Bradley è bensì la quantità dell' anno ammessa ora comune- mente ; ma non essendone abbastanza concordi i medj par- ziali di primavera e d'autunno, e molto meno i valori singoli, (i) Lib. vili, del R. Osser. di Palermo, pag. 149. Sa Osservazioni Fondamentali ec. non pare che sia da riporre nel primo tutta la sicurezza, e che non sussista perciò pienamente l'asserto di Cacciatore (i), trovarsi cioè solo nelle osservazioni di Bradley le condizioni necessarie a renderle comparabili colle migliori delle moderne: e 5.° che 1' accordo, tanto dei valori singoli, come dei medi parziali di autunno e di primavera somministrati dai confronti con Flamstcdio dimostra doversi ancora preferire questi ultimi confronti a tutti gli altri, ed esserne meglio stabilita e più precisa nel medio totale di quelli la quantità dell'anno tropico solare. Il valore che qui ne abbiam ritrovato di 365. ? 5.'' 4?).' 4')-." 9 è però di 3" minore che quello ritrovato da Piazzi me- diante il paragone cogli stessi otto equinozj di Flamstcdio; e tale differenza dimostra che può tuttavia essersi conservato nei valori singoli e nei medj un error comune, forte abba- stanza e cui non giunse a distruggere neppur il più lungo mio intervallo di un secolo e mezzo fra gli equinozj paragonati. Cionullameno , se nella piccola incertezza tuttora sussistente a questo riguardo , un valore dell' anno medio può esser fis- sato colla maggiore approssimazione, panni che sia ([uesto la media fra la determinazione precedente e quella di Piazzi, e vale a dire che prendasi 1' anno =365.s5.''8.'48,"5. Quanto al dissipare sopra ciò il dubbio residuo, fosse anche di uno o due secondi, e certamente non maggiore, io sarei d' avviso che neppur occorra di attenderne le osservazioni ed epoche future a mezzo secolo o più dalla presente, e che all' uopo basterà di comparare a quelli di Flamstcdio un maggior numero di equinozj moderni , avendo cura principalmente di applicare un metodo alla determinazione degl'istanti dell'equi- nozio vero, più rigoroso ed esatto degli usati finora ; lo che io mi propongo di eseguire, se avrò l' opportunità e l' agio di esaminar la mia serie di osservazioni meridiane del Sole, che ora ho già raccolta da ([uindici anni. Se non che potrà forse f i) Op. cit. jjag. i5i. Del Prof. Giuseppe Bianchi 53 ancora decidersi la questione e stal)ilirsene la precisa lunghezza dell' anno medio, quando si confrontino cogli equinozj di Flam- stedio le osservazioni dei nostri quattro equinozj fatte a Mi- lano e a Palermo per fondamento del Catalogo siderale; peroc- ché ove i confronti delle osservazioni contemporanee da tre Specole, con istromenti e da osservatori diversi, fra loro si accordassero nel risultamento dell' anno, si avrebbe in ciò un criterio pressocchè indubitabile della verità dell' ottenuto va- lore. Ed era pur questo uno de' vantaggi a cui mirammo nel dividerci il lavoro stesso del Catalogo , quello cioè di ricono- scere e confermare, oppur correggere alcuni elementi de' fe- nomeni celesti, compresi nella parte comune delle osservazioni. ■ :•■.,'» [■ 54 POSIZIONI MEDIE DELLE 220 STELLE rRINCIPALI DI PIAZZI RIDOTTE AL SOLSTIZIO ESTIVO DELL* AKNO 184O E CONSIDERAZIONI INTORNO AI MOVIMENTI PROPRJ DI ESSE MEMOPJA SEEOUDA DEL SOCIO PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI PER SERVIR AL CATALOGO DELLE STELLE BOREALI Ricevuta all'i 12 Jprile i(^44- ir offjretto delicatissimo di assegnar nel Catalogo colla mag- giore sicurezza e precisione le ascensioni rette delle stelle per differenza colle fondamentali comparate al sole, tutta la diffi- coltà evidentemente si riduce a ben conoscere 1' ascensione retta di queste ultime, ossia per me delle due Altair e Pro- cione. In conseguenza io posi ogni studio e sollecitudine sia per osservar tali due stelle un gran numero di volte presso l'uno e l'altro e([uinozio, sia per dedurre da ciascuna osser- vazione la posizion apparente della stella che ho riportata nella prima di queste Memorie. E ora che trattasi per me di venire alle posizioni medie, io comincierò dal raccogliere ed offerirne i singoli valori per Altair e Procione ( ommessa per ciò la ri- flessione e tabella della pag. ó^i Mem. antec. ), affinchè reg- gasi viemmeglio quali e quante siano state le discordanze più forti nelle corrispondenti osservazioni primitive. Per riguardo alle riduzioni dai luoghi apparenti ai medj e viceversa, il processo che ho seguito costantemente, ossia tanto per le due stelle fondamentali come per le altre, fu d' impiegare al calcolo A Del Prof. Giuseppe Bianchi 55 della precession annua i valori di m ed n dati dal cel. Bessel nelle sue Tabulae Regìomontanae ( Tav. III. pag. 3. ), non ri- tenendoli variati per un anno, ed essendo la precession annua in ascensione retta . . . . = 7?z-i-/itang. ^sen. a, e quella in de- clinazione ... =racos. a, chiamate a e d l'ascensione retta e la declinazione prossimamente conosciute, apparenti o medie, della stella. Questa quantità della precessione per me non è stata mai applicata che dal principio di un dato anno a quello di un altro, o all' epoca del mio Catalogo, intermedia fra i quattro equinozj, nel solstizio estivo del 1840. Per la parte proporzionale della precessione e nella riduzione dal dato giorno dell' osservazione al principio dell' anno rispettivo io sempre ho usato le formole note ; i a =a -i-f-i- g sen.{G-\-a)tarìg. d-hh sen. {ìl-\-a) sec. d ) ò' = d-^ i COS. J-i- gcos (G-i-a) ■+■ h cos. (H-f-a) sen. d \ nelle quali è compreso l' effetto dell' aberrazione e della nu- tazione, e dove sono a, d' l'ascensione retta e la declinazione apparenti ., a^ § V ascensione retta e la declinazione medie al principio del dato anno ; /", g, /j, f, G, H sei quantità calco- late di IO in IO giorni per ogni anno e presentate nell'eccel- lenti effemeridi di Berlino, donde io le ho tratte. Dietro l'esem- pio del Piazzi e di altri avrei potuto ricercar direttamente dalle mie stesse osservazioni le costanti della precessione, aber- razione e nutazione per applicarle in seguito alle riduzioni del Catalogo; ma il lavoro me ne riusciva di soverchio lungo e penoso; e d'altronde le relative determinazioni più recenti di Bessel^ quali sono le indicate e da me prescelte, godon di tanta esattezza da poter usarle senza dubbio alcuno di nota- bil errore, fors' anche dopo le recentissime e più scrupolose indagini sopra le dette costanti eseguite nella novella Specola di Pulkova dal cel. Struve per 1' aberrazione, dal suo figlio per la precessione, e dall'altro suo aggiunto Peters per la nu- tazione, come può vedersi negli ultimi fascicoli pubblicati de- gli Atti della I. Accademia di Pietroburgo. Ben mi duole che 56 Posizioni Medie ec. questi pregevoli risultamenti degli Astronomi Russi non mi son venuti a cognizione se non a lavoro mio avanzato, perchè non posso in questa parte approfittarne, amando io di prose- guir il calcolo incominciato con unit'onnità di metodo e codi ... ^ elementi di riduzione che ho poc' anzi accennati. Tali cose alla più chiax'a intelligenza premesse, io formai per ciascun tempo delle osservazioni equinoziali di Altair e di Procione una tavoletta dei valori di a! — a, e Ò' — d di io in IO giorni, mediante la quale ho ridotto le singole posizioni osservate o apparenti, esposte nella precedente Memoria, alla posizion media pel principio dell' anno rispettivo. E avverto che nelle f'orniole (A) e (piindi nel calcolo non ho incluso il termine del moto proprio della stella., poiché lo suppongo in- cognito, e ridncendosi da ultimo le posizioni medie all' epoca di mezzo nel solstizio estivo dell anno 1840, il termine stesso viene da se molto prossimamente a distruggersi nel risultamento tinaie. Or ecco i valori che ottenni per tutti quattro li equinozj : Del Prof. Giuseppe Bianchi 57 EQUINOZIO AUTUNNALE iSSq. Posizione media al princ. del 1839. Altaih • Procione Ascens. retta Declinaz. Ascens. retta Declinaz. 19.'' 42.' 56, "ór ^ 8." a6.'5i,"55 7.'^ 3o.' 5a,"4o -f. 5°. 37.' S9,"c7 56, 83 53,47 5a, 94 58, 33 56, 74 53, 37 52, ca 55, i3 55, 46 55, 80 52, 64 56, 4a 58, 43 " 5a, 3i 53, 43 57, 90 56, co 5,, 36 Sa, 79 56, 79 56, 04 5., 93 5a, 92 56, 28 55, 09 52, 86 52, 34 59, 17 56, .4 54, 48 53, 68 ■■ ■ .!•■■ 56, 81 56, 33 55, 34 53, 01 ■ - - ' 54, 9a 56, i5 5o, 81 Sa, 86 ■ ■- ■ ■• 56, 45 56, 3o 47, 00* Sa, 54 • J 61, II * 55, 73 53, 81 53, aS ■■ .'■'■ 58, 98 55, 74 5a, 19 53, 3i • 1 - 58, 99 55, 73 55, 53 53, 59 * ■ \- ■■ 58, iS 56, 67 53, 96 53, aa ! ■■ 54, 34 57, 35 * 54, 29 53, 45 ■ ■■ ■'■ 58, c5 56, 3a 5o, 3a 53, 54 * 53, 79 ♦ 56, 41 5o, 3a 5o, 85 medio Sa, 863 medio 57, 240 medio 56, 128 5a, 04 medio 53, 707 t. Tomo XXIII. 58 Posizioni Medie ec. EQUINOZIO DI PRIMAVERA 184O. Posizione media al priiic. del ìui\o. AiTAin Procio.ne A. R. Dee. A. R. Dee. lO." 42.' 59,"9o ' H- 8," 27.' 3,"4o 7.* 3o.' 54,"95 » -i- 5.° 37.' 45,"65 5y, 37 2, 28 55, 09 5o, 73 » 59, Co * 0, 82 54, 82 » 46, 22 58, 52 1, 60 55, 61 45, 56 58, 36 I, 60 55, 66 49, IO 58,77 2, 54 55, 74 48, 64 58, 40 0, 57 . 55, 78 47j 4' 59, 3. 59, 5i 55, 57 5,, 07' 59, o5 0, 84 56, 76 » 48, 8, 59, 34 I, 00 55, 3o 46, 58 59, 28 2, 77 55, ,7 49> 75 59, o3 2, 00 55, 25 48, 45 58, 56 ', 77 55, 20 48, 59 59, 12 3, 69 55> 77 48, 93 58, 42 0, 93 56, 21 48, 83 58, 63 I, 22 56, IO 44, 3o 59, 34 59, c6 55, ,4 47, 98 58, 83 I, 02 55, 38 43, 59 58,67 0, 65 55, 48 48, 25 59, 23 3, 28 59, 87 56, 67 * 55, 93 48, 27 44= 9' me lio 58, 908 ., i5 55, 83 55, 98 44= 78 41, 67* medio I, 435 55, 63 44= '5 X 55, 74 46, 21 55, 99 45,54 55, 48 43, 07 55, 18 46, 26 55, 97 42, 86» medio 55, 547 metlio 45; 793 ^^j^ Del Pbof. Giuseppe Bianchi / EQUINOZIO AUTUNNALE 184O. Posizione media al princ. del 1840. 59 Altair Procione A. R. Dee. A. R. Declin. 19.* 4a.' 57, "ga * ^- 8." 27.' 8,"65 * 7.'- 3o.' 54,"72 -I- 5." 37.' Ó2,"86 * 58, 73 5, i3 55, 6() 52, 99 * 59, 87 2, 98 55, 96 49 > 67 59, 22 3, 99 54, 20 * 46, Sa 57, .0 » 5, 77 54, 93 48,4. 59, 28 3, 4- 56, 23 » 49, *^6 57> 97 * 6, 9. 55, 55 47, 33 59, 14 3,48 56, 01 47> 88 58, 68 2, 54 56, i5 i'^ .r 49, 16 53, 3o 7,49' 55, 97 47, 60 58, 70 6, 7. 56, 19 46, 76 59, 02 6, 28 56, 01 48, 38 59, 02 0, 3i 55, 68 47, 01 59, 83 2, ,8 55, 73 ., 46,3. 60, 24 ♦ 3,46 55, 14 f 0 ,0 48, 75 59, 40 I, 40 - - - 5o, 36 59, 39 59, ,3» " medio 55, 648 59, o5 5, 67 medio 48, '29 60, 64 * 3, 18 59, 99 6, 5o 58, 75 6, 3o s 58, 65 4, 79 59, 84 7, '8* ■' ^1 59, i5 6, e 5 59, ai 5, 87 59, 91 2, o3 \ , 5g, 08 4, 26 59, 02 2, 6a 59, 80 6, 16 59, 5: 4' 89 59, 26 4, 54 59, 26 ó, 55 ,,^ 58, 77 5, 71 58, 87 6, 40 58, 56 3, 86 58, 72 4, -5 2, •'3 medio 59, i63 4, ,5 3, 48 medio 4' ^67 6o Posizioni Medie ec. EQUINOZIO DI PRIMAVERA 1 84 1 • Posizione media al principio del io\i. AtTAIR Procione A. K. Dee. A. R. Declin. t 19.* 43.' 2,"a8 -+- 8." 27' i3,"n 7.* 3o'. 59,"32 * -(- 5." 37.' 4o,"3c 1, 35 9, 80 58, 24 41, 92* 0, 12 * 7, 81* 57, 96 36, 96 1, 12 12, 91 57, 85 41, 23 » I, 60 IO, 94 58, 00 39, 02 I, o5 ir, 07 58, 62 39, 63 ., 5i II, c8 58, i3 37,45 I, 70 10, 34 58, 34 3q, 36 I, 6r IO, 5o 58, 65 38, 95 I, 5a 12, 83 58, 82 40, 12 0, 69 * 9, 88 58, 4. 40, 20 I, 59 12, 3o 58, 93 3?' 99 2, 21 12, i5 59, i3 37, 32 I, 42 7, 04* 58, 39 37,88 0, 39 * 59, 02 58, 48 58, 53 40, 63 * 35, 95 38, .7 medio 1 1, 408 medio i, 583 59, 06 38, 87 57, 76 » 37, 69 59, 04 36, 98 58, 81 36, 73 58, 43 35,49 59, 33 * 38, 29 58, 28 35, 20 56, 96 * 35, 45 58, 4' 37, 07 57, 83 35, 37 57, 90 33, 95 ^ 58, 63 34, 3o » 58, II 35, 40 &?> 91 35, 43 34, 64 medio 58, 44' medio 87, 4?^ Quelli de' precedenti valori che ho segnati di asterisco sono stati rigettati ed ommessi nel rispettivo medio di ogni Del Prof. Giuseppe Bianchi 6i serie, come troppo lontani dalla maggioranza, e indicando essi per avventura la corrispondente osservazione men buona, qua- lunque ne sia stata la cagione o l'elemento d'errore. Gli altri termini di una medesima serie, quantunque discordi fra limiti non molto ristretti nelle Ascerisioni rette specialmente, pure adempiono una condizione per la quale distruggonsi probabil- mente nel medio totale della serie gli errori fortuiti delle os- servazioni. E questa condizione è che, separati i termini di una serie in tre parti di ugual numero, e posti in una quelli di massimo, nella seconda quelli di minimo, e nella terza parte quelli di medio valore, il medio delle due prime risulti presso che uguale al medio aritmetico della terza. Così per esempio le ascensioni rette e le declinazioni di Procione nell' ultima serie della primavera 1841, distribuite come si è detto, por- gono per medii aritmetici Medio di 9 massimi medio di 9 minimi le A. R. 58," 899 57," 992 medio de' massimi e minimi - ... — \jsb ; KDc",rC ' rv- .- — n ■ le deci. 39," 416 f.èo ,vò 35," 5i8 — medio de' mass, e min, ~ , ,- :' ■ '' ". .;~ ■ *iff."' ■ e, 034 Affermai che itiià srrnilé comBìnazìÒiae àdempiiita è indizio della diminuzione degli errori fortuiti nel medio totale di una serie di molti termini 'osservati. Conciossiacchè gli eri'ori ne' risul- tamenti delle osservazióni altri posson essere costanti e di strumenti o di metodo, altri sono accidentali e di loro natura variabili. Un error costante riesce comune ai termini osservati di una serie, e non togliendone perciò la concordanza deve investigarsi con analisi propria. La discordanza de' termini è tutta prodotta dagli, errori 1 fortuiti, che per maggiore probabi- lità riescon diversi da un termine all' altro, e si eliderebbero esattamente nel medio totale, ove il numero de' termini fosse infinito. Ora se la serie finit^ compiende i casi, di massimo e me lio di 9 medii ■ -1.» ' 58, 432 ' 58, 446 diff. 0, 014 .o|i8i '.37, 37> 5oi 467 6a Posizioni Medie ec. mini ino enor lortnito, come ciò è probabile per molti termini, la condizione sovradetta eqnivale in certo modo all' ipotesi della serie iniìnita, e di qui la conseguenza clie nel medio di quella gli errori si distruggono. Rintraccerò in altro luogo i limiti dell' error probabile de' miei risultamenti, bastandomi per ora di aver avvertito die gli errori fortuiti nei medj va- lori precedenti e relativi alle due stelle tbndamentali sembrano, in gran parte almeno, eliminati. Dalle posizioni medie di Altair e Procione ottenute al principio dei tre anni ricavo le simili per l'epoca stabilita e comune, cioè al solstizio estivo dell'anno 1840, e dalle formole di precessione, postovi /n = ^h, c<5boi; /i = 20, g556() ritrovo per Altair \ i . ■..,..'.. ,'..',/■ .i Dall'equinozio autun. 1889. A. R. zz ig.'' 45-' o,"386; deci. = -(- 8". 27.' 5,"53o prilli. 1840. zz o, 274 :^ 5, 549 aiit. 1840. zz o, Sig zz ^ - 8, 671 pnm. 1841. zz e, 057 z: 6, 8i5 . .__,' per Procione Dall'equinozio autun. iSSg. A.R. z=7.'' 3o.' 57,"563 ; deci, iz -+- .5." 37.' 45, "834 prim. 1840. zz 57, o55 zz 4^) '^3 ■ aiitun. 1840. :^ 67, i56 zz 44' 4^9 prim. J841. z= 56, 757 — 41, 564 (Juivi le discordanze dei valori speciali di una medesima quan- tità provengono dall' error costante probabilmente diverso nelle osservazioni dall' imo all'altro equinozio, e come già ricordammo si tolgono principalmente nel medio risultato dei due opposti equinozj, di primavera cioè e di autunno. Accordandosi meglio le declinazioni, abbiamo infatti per le ascensioni rette ,. di Altair . ■-'• medio dell' equin. aut. 1889 e prim. 1840 . . . := ig.'' 43-' o,"33o >V!l' " • ' ' , dell' equin. aut. 1840 e prim. 1841 . . . =: o, agS '^:. ìl't di Procione : :-ììi medio dell' equin. aut. 1889 e prim. 1841 . . . zz 7.* 3o.' 57, "i5^ dell' equin. prim. 1840 e aut. 1840. . . rz 67, ic6 ■■' Del Prof. Giuseppe Bianch 63 Più ancora nel medio totale dei quattro equìnozj pare che il detto errore debba sfuggirsi, e quindi lio finahnente per l'epoca 1840, 473 le posizioni medie di Altair . . . A.R. = 19.'- 43.' o,"3i2, ; deci. = ■+■ 8.° 27.' 6,"64i di Procione. = 7, 3o. 67, i33j =: -1- 5. 87. 43; 5oo Confrontiamo questa determinazione con una delle moderne e più esatte, con quella del prof. Bessel, quale si trova ogni anno riportata insieme ad altre delle principali stelle nell' ef- femeridi di Berlino, e per la stessa epoca 1840,473 chiamata b — B la differenza Bianchi — Bessel, troveremo per Altair ... in A.R. li— B = -t- o,"363 di t. : in deci. = ■+■ o,"863 d' arco per Procione == -I- o, 274 ; = -H 2, 928 Se 1' eccesso di o," 3 di tempo, o di 4/' 5 d' arco nell' ascen- sione retta è tutto errore dalla mia parte, ne risulterà un error comune e nel senso medesimo alle mie ascensioni rette delle altre stelle dedotte per differenza da quelle di Altair e di Procione; sopra di che io ritornerò in seguito; ma intanto io ritengo e userò i precedenti valori da me ottenuti. < s^r/ Mediante il paragone di queste mie posizioni medie colle analoghe di Piazzi al principio del 1800 determinati i moti proprj dell'una e dell'altra stella fondamentale, io di nuovo ne trassi le mie posizioni medie delle due stelle affette dal moto proprio e ridotte al principio dei tre anni 1839-40-41 ; e poscia per tale triennio preparatami un' ausiliaria tavoletta delle costanti /, g, h, /, G, H di io in io giorni ne calcolai, ogni IO giorni parimente, la tavola dei luoghi apparenti di Altair e Procione dedotta dai medj preindicati, e con cpaeste due tavolette ho eseguite le relative riduzioni di tutte le al- tre 218 stelle. Troppo spazio richiederebbero le osservazioni originali in tanto numero delle stelle, perchè non sia qui luogo ad esporle; sebbene per la piena fiducia de' Cataloghi e per le successive rettificazioni giovi sempre il produrle in simili casi consegnate alle pubblicazioni di una Specola. Costretto quindi a custodir- mele per altra opportunità, io debbo qui almeno trattenermi f)4 Posizioni Medie ec. dichiarando quale sia stata la mia maniera d'istituirle. E pri- mieramente, poiché le osservazioiù al mio circolo meridiano sono l'atte sin ora da me solo e senza cooperazione di alcuno, io acquistai col faticoso e lungo esercizio l'abitudine di tener esattamente a memoria per breve tempo gì' istanti dei suc- cessivi passaggi di un astro ai cinque lili verticali del cannoc- chiale. Ciò mi era necessario per adempiere ogni ufficio di giudicar gli appulsi, dare i piccoli movimenti, leggere circolo e livelli, e notar altre circostanze senza 1' interrompimento dello scrivere. Entrata la stella nel cannocchiale, e tenutavi prossima al filo orizzontale sino al meridiano, ove io la con- duco sotto il filo stesso, raccolgo i giudizj dei cinque passaggi, o tutt' al più ne orametto uno solamente per aver tempo di altra operazione, la quale è di oscurar tra due passaggi con- secutivi il campo del cannocchiale per veder di notte fino alle più piccole stelle che ivi stanno intorno all'osservata e posta sensibilmente nel centro del campo stesso. Terminato il pas- saggio e seguitando io a numerar le battute dei secondi, mi reco tosto ali" orologio per assicurarmi nel quadrante di quella mentale numerazione; quindi ne scrivo per ordine i tempi, e sopra un circolo vicino segno 1' apparente disposizione delle stelle vedute nel campo col giudizio fiitto della rispettiva loro luce o grandezza. Passo infine a leggere e notare i quattro nonj del cerchio meridiano, il livello, il barometro, il termo- metro, e lo stato atmosferico più o men puro, aggiunta l'av- vertenza della luna quando essa risplende. Tutto questo per una stella presso all' equatore non mi occupa più di 6 in 7 minuti, cosicché un' osservazione per me succedesi all' altra comodamente nell' intervallo di io minuti. Una tale pratica di osservare, comecché mi stanchi dopo due o tre ore, mi è però divenuta agevole coli' abito; e ben di rado mi sfugge in essa un qualche equivoco, rispetto principalmente alla quan- tità e all' ordine dei passaggi, né ai miei giudizj ne avviene alcun ostacolo e intralcio, né scemamento di attenzione. Del Prof. Giuseppe Bianchi 65 Offni stella è stata dipoi ridotta e calcolata nel seguente modo uniforme. Ricavatone a ciascuna osservazione il passag- gio meridiano dal medio dei cinque appulsi mediante le note distanze dei fili, e all' istante di esso applicate le tre correzioni dello strumento coi prossimi valori delle tavole già esposte ( Mem. prec), alla differenza fra questo e il passaggio simil- mente osservato e colletto di una sola, o di entrambe le stelle fondamentali, allorché ne furon fra loro vicine le osservazioni, aggiunsi col debito segno la parte proporzionale della varia- zion diurna siderea dell' orologio. Tale differenza così corretta è sempre stata o aggiunta o tolta dalla corrispondente ascen- sion retta apparente di Altair o di Procione , presa per lo stesso giorno dalla tavoletta sussidiaria menzionata poc' anzi , e di questa guisa ottenni le ascensioni rette apparenti delle stelle; donde passai ad ottenere le ascensioni rette medie pel principio del dato anno e successivamente all'epoca dell'anno 1840, 473 colle formole e costanti della precessione, aberra- zione e nutazione sovraccennate. Dalla congiunta osservazione dell'altezza meridiana formato del pari il medio delle letture dei quattro nonj, corretto poscia dal livello del circolo e dalla rifrazione vera secondo la tavola di Carlini, mediante la co- nosciuta elevazione (Mem. prec.) del polo istrumentale in quel tempo, io ne dedussi le declinazioni apparenti di ogni stella, e da queste nel consueto modo le declinazioni medie al prin- cipio dell' anno, e immediatamente ridotte all' epoca del mio catalogo. All' uopo di rivederli e in qualche punto rettificarli occorrendo, io conservo chiaramente ordinati i calcoli e risul- tati di tutte queste riduzioni, che qui pure non possono aver luogo per r eccessiva loro lunghezza. Per una mostra nondi- meno delle determinazioni finali di simil genere io j^i'esento quelle delle due a dell' Auriga e del Cigno, che sono le due stelle più frequentemente da me osservate. Ne ho scelto venti osservazioni sì dell'una che dell'altra presso agli equinozj, ed eseguite su di esse le riduzioni precedenti ottenni da ultimo quanto segue : Tomo XXIII. li ': 9 66 Posizioni Medie ec. Posizione inedia nW ejioca 1840, 47-^- (li « Auriga di a Cigno Dille Aìi-eiis. retta Declìn. Dalle Asrons. retta Declin. oòserv. dal conti-. dal confr. osserv. dal contV, dal contr. oqUlll con Procione con Aitali + 45."49.' ei[iiiii. con Procione con Altair +44.''42.' prilli. ó.''4.'.v-.,"2- 54:"ro 37,"i5 aut. 20.''36.' 0,"24 36.' o,"20 47/''9 54, 93 55, 08 37, 24 35. 59, 78 35. 59, 91 47> 4' 1340. 54, 02' 54, 65 40, 18 1839. 59, 98 0, co 46, 07 55, 06 54, 98 38, 43 59> 44 e, 5, 46, 93 54, 64 55, 28 38,87 59, 63 0, 21 42, 07' 55, 2. 54, 61 54, 95 -W^9. 20 40, 20 [irim. 36. 0, 18 0, 54 0, 18 0, 04 46,42 44, 4' aut. 54, 85 54, 85 46, 65 1840. e, 25 0, o5 47, C9 55, 18 54, 91 44,44 35. 59, 65 5g, 85 42, 73' 1840. 55, IO 52, 93"^ 55, 20 55, 25 43, 37 42, 28 59, 93 59, 98 46, 16 aut. 59, 53 59, 60 4g, co [Mim. 54, 99 54, 88 41, 76 59, 90 0, 07 43, 60 55, 22 55, 08 4., 73 1840. 59, 48 49, 86 r 34 1 ■ 54, 96 54, 90 40, .3 58, 66- 59, 90 48, 36 55, i3 55, i5 39, 84 59, 91 59, 71 49, 81 .55, 26 55, 35 54, 96 55, 00 38, 63 3g, 96 55, 22 54, 93 38, 21 prim. 5g, 71 5g, 95 47, '7 54, go 54, 93 38, 99 0, i3 0, 34 47, 57 55, 39* 55, 25 40, 80 134.. ', 74' 59, 48 0, 02 0, 01 59, 76 0, c4 48, 90 48, 86 48, c6 Lasciati i valori equivocati o dubbiosi e contraddistinti delTasterisco, e raccoi|,liendo per gU altri il medio da ciascun equinozio si ha : (//' a Juriga AR. = 5.'' 4.' Dee liii. ■+■ 45.0 49.' equin. prim. 1840. da Proc. 54,"962 da Alt. 54,"gc7 ; 38,"753 aut. 1340. 55, 037 5.5, o52 44, i85 prim. 1841. 55, i36 55, 009 40, C06 Decliii. ^ 44.° 4^-' 6o,"iG6; 46,"9oo 60, 020 46, 020 59j'75a 49, 126 60, 020 48, 112 Del Prof. Giuseppe Bianchi di a Cigno AR = 20.'' 35.' equin. aut. iSSg. da Proc. 59,"8i4 da Alt. prim. 1840. 60, 112 aut. 1840. 59, 777 prim. 1841. 59, 848 e finalmente co' medj totali aritmetici risultano le posizioni : di a Auriga Ascens. retta = 76.° ]3.' 45," 26; Deci. = -t- 45.° 49.' 40," 40 di a Cigno = 3o8. 69. 69, 09 M- 44- 4^- 4?) M L' accordo che presenta 1' ascensione retta di ambe le stelle per lo stesso equinozio dedotta da Altair e da Procione di- mostra, mi sembra, non sussistere differenza, costante e sen- sibile, ne' giudizj de' passaggi ai fili dalle osservazioni diurne delle stelle alle notturne, come potrebbe sospettarsi per la diversa forma e grandezza dell' oggetto nell' uno e nell' altro caso; perocché la distanza equatoriale di a Auriga e di a Cigno importa che all' equinozio mentre una passa al meridiano la mattina, l' altra stella vi passa la sera. Per l' altre tutte delle aao stelle il numero delle mie osservazioni è assai minore che per le quattro principali di cui ho ragionato sin ora ; ma procurai generalmente che le osservazioni di ciascuna cades- sero in tempi molto fra loro diversi o distanti, obbligandomi cosi a maggior fatica nella necessità delle singole correzioni differenti, e ciò al fine di evitare possibilmente gli errori co- stanti nelle stesse correzioni dello strumento e dell' orologio, quando le osservazioni fossero vicine fra loro. Imperciocché sempre vale il riflesso che gli errori fortuiti, anche in un picciol numero di osservazioni, tendono a compensarsi e di- struggersi scambievolmente nel medio valore de' risultati, e che il ])iù da temersi in questo è un error costante prove- niente dalle impiegate quantità delle correzioni o riduzioni, e non attenuato, non che distrutto, per alcuna legge di pro- babilità. Quindi fra li cinque valori, poco più poco meno, dell' ascension retta e della declinazione di ogni stella medie e ft8 Posizioni Medie ec. lidottc all'epoca i«")4f,, 473, io n'esclusi talvolta uno, e tutt' :il pili ma di raro due, che discordavaii di troppo dagli altri, e ili questi per le ascensioni rette amiuisi le semplici difie- rcnze lino a ciiKjue o sei decimi di secondo in tempo, le quali si tbndou e spariscono per massima parte nel medio. FA eccomi finalmente, premesse le basi e le avvertenze indispensabili, ad offerire qui disposto il mio Catalogo delle ■■1-2.0 stelle. Io l' Ilo diviso in due tavole per comprendervi colle mie anche le posizioni medie di Bradley al principio dell'anno 1755 e quelle di Piazzi al principio del uSoo. Ritrovansi le une di lìradley, calcolate e ridotte colla più grande esattezza dal prof. Bessel nell' eccellente Opera di quest' ultimo intito- lata Astroìiomiac Fumhiinenta etc. dalla j^agina 187 alla 2,81: le altre di Piazzi sono desunte dalla 2" edizione del suo in- signe Catalogo pubblicata 1' anno 1814. Come le conclusioni • he ne tireremo relativamente ai moti proprj delle aao stelle riusciranno di qualche importanza per le considerazioni e ri- cerche future, e per quindi risparmiare a chi se ne occuperà <{i ricorrere alle indicate Opere.^ cosi ho creduto cosa utile di qui riunire e presentare, quasi in un solo prospetto, il triplice Catalogo di tali stelle, all'epoche cioè di Bradley, di Piazzi e alla mia. Pertanto nella tavola I che seguirà io posi in una pagina le tre ascensioni rette e nella pagina opposta le tre corrispondenti declinazioni medie, premettendo a quella in una colonna il numero progressivo delle stelle e in altra colonna il nome di esse, e terminando questa col numero delle mie osservazioni per ogni stella in apposita colonna e in altra coli' indicazione della grandezza di ogni stella, secondo la stima fattane da Piazzi distinta con P., e la mia sovrassegnata con b; )ioichè non abbiamo su quest'ultimo particolare il giudizio di Bradley. In riguardo al nome di ciascuna stella il numero che jnecede è quello appostovi da Flamstedio e tratto dal catalogo di Bradley ( Astr. Fund. ) : segue la lettera e il nome greco di costellazione, indi l'appellazion araba o singolare usata nelle antiche Uranografie e ne' globi celesti; ed io metto entrambe Del Prof. Giuseppe Bianchi 69 le denominazioni, non sapendosi dal Piazzi, che impiega sol- tanto l'ultima per le stelle clic l'hanno, qnal sia il corrispon- dente nome di costellazione, e dal Bradley nel Bessel, che solo porge la prima, qual sia 1' araba o singoiar voce attri- buitale. Nell'ultima colonna fra le due stime della grandezza ho indicato quando la stella mi comparisce doppia, e allora il numero della mia stima si compone di due, chiusi fra pa- rentesi e separati da virgola, rispondente il primo alla stella che precede, e il secondo numero alla compagna seguente. Sopra la diversità dal giudizio di Piazzi al mio in questo ca- rattei-e apparente, ne farò parola dipoi. Pvichiamato nella ta- vola II, a comun indice colla I, il numero progressivo delle stelle, onde allo stesso numero e in linea orizzontale delle due tavole si corrispondon le quantità di posizione di una stella medesima, ho posto in una pagina della 2.^ tavola le precessioni e gli annui moti proprj in ascensione retta e nella pagina di contro le simili quantità, calcolate come quelle, in declinazione. Per la precessione del 1 705 ho preso dalle tavole Regiomontane m = 46," of2.97g ; n = ao," o63g4 e dalle stesse per quella del 1800 m = 46, 04367 ; n = 2,0, 08957 calcolando poscia la quantità di precessione per 1' una e per l'altra epoca mediante le formule^ e colle posizioni medie tratte dal catalogo rispettivo. Chiamate p,'/?,"/^,'" le precessioni ana- loghe, in ascensione retta cioè, o in declinazione, alle tre epoche consecutivamente, si riduce tosto la posizione media della prima epoca o più antica a quella della seconda coli' aggiungere ad essa il valore t' (^-^)? e dalla seconda epoca J^ )■> es- sendo in numero d' anni t,' t" li due intervalli dell' epoche successive. Questa riduzione dall' una all' altra epoca equivale a tener conto nel calcolo della precessione fino inclusivamente al termine della seconda potenza del tempo ; ed essa è rigorosa \0 Posizioni Medie ec. liastaiiteuieutc per uu intervallo non maggiore di mezzo se- colo e per le stelle non molto al polo vicine. Ciò è come supporre pel tlali> intervallo costante e proporzionale al tempo r aumento annuo u della precessione. Si lia infatti allora la progression aritmetica y;,'y/ -i- «, y/ -h aw, ecc. lino a y^," la cui somma deve aggiungersi, per esempio, all'ascensione retta a (Iella prima epoca per avere a ascensione retta media della seconda. Ora la somma della detta progressione è appunto '' \ T^ ) • D'altra parte generalmente sussiste e lermandoci alla seconda potenza del tempo, il totale della {ìrecessione per 1' intervallo t' sarà e scorgesi eziandio in generale che i due primi termini della differenza f[x-^o) — fx nello sviluppo di Taylor, nel caso de' seguenti trascurabili, non son altro che la somma di una pro- gressione aritmetica, di cui o ossia t' è il numero de' termini, (i). Dall' epoca di Bradley ridotta in (juesto modo la posizion media delle stelle del suo catalogo al principio del i8oc, e confrontandola colla immediatamente determinata da Piazzi, nella differenza divisa per l'intervallo d'anni fra le due epo- che risidta l'annuo moto proprio, che nella tav. II è indicato col sìmbolo ( B, P. ). E similmente dal paragone delle posi- zioni medie di Piazzi colle mie io trassi ed ho esposto nella tavola il moto proprio annuo quivi distinto col simbolo (P, /'. ). Mi sembrò cosa utile e non ancora per altri eseguita di offe- rire questo duplice confronto per tuttt; le aao stelle, in vista che gì' intervalli successivi fra le epoche dei tre cataloghi sono (i) Si vedrà pur facilmente che p' nella quantità della precessione essendo il coefficiente differenziale di prira' ordine del termine proporzionale al tempo, t- — £- è il coefficiente differenziale secondo, ossia del termine proporzionale al quadrato del tempo, da dividersi inoltre per a. 'a.1/. I. ( 'tf/.tf,y,-^_ri o • f ?/i//'>-//7*:4.ui ; .^. g q.to fo to.ft ff ff.tQ /C' ^/U/r^yi^'T^^ .4L,,,, ti!i i. •ié^^*iv2 ;<. -M,/ -J. XXJIJ y,^ 7i è^a,t^^'//a/ <,,■ / .,y., .■.■,„:„J,y,/, ^ ^ H^ -<;> O O D Q <]--<>- ti, H ^ ^ 0 l5 j„tln„fritn,li/il,y/i/>i- I l.'i e t-ì 'i 3-/, 1) //.j .1 -i.li 6 />_■/ 7, 7-c5 * *-J) l <ì-"l lo 10.11 n.tl /2 Aùi^,nyt,'' :>;./■ // '<. ^o /6^, ./■ , //.,^. ,„ :<;- •f/a/ './ xxm /..,./ 7/ f^'t,-r - //.,/■ ■ <,,■ // e C^^iton^. t-f/f^mPii J// ^'//i--y t/i (-"^/^YO ''t^/. iS J3. iS 58. n ai ^y/^,i<(e^ 9Ìc:'^&/'ér XXJ/l /ui^ 7/ ffa.,^ ^4'ùar7 k'/af /// Ly,,,- /r .-U,,/:^ '>ì ?°8 4-5 7,4 3-4 _ 82,0 Di qui ricaverebbesi a vista che dall'altezza massima alla minima, e questa in vicinanza di alcuni gradi all' orizzonte , una stella circompolare scema di un ordine soltanto di gran- dezza, se il passaggio avviene dall'estate all' inverno, e scema di quattro ordini e piia, se lo stesso passaggio succede inver- samente, ossia dall'inverno all'estate; il che verrebbe a prova dell'ovvia riflessione che l'aria serena è d'ordinario man pura d' estate che d' inverno. Ma per questa ed altre conseguenze occorrerebbe una serie piìi lunga e variata di osservazioni e confi-onti. Ora però s' intenderà di leggieri, come le stelle molto australi debbono comparir nel catalogo giudicate dal Piazzi di grandezza notabilmente maggiore che da me. E tal è per esempio a Fenice, secondo il Piazzi di 3% e eh' io non ho mai veduta più che di 6*. Mi bastan di presente questi cenni intorno all'apparente grandezza delle stelle; e passo ad esporre il picciol mio catalogo. 78 Posizioni Medie ec. Ta <-. /. («) Miim. I)ro- gress Nomo delle stelle Ascensione hf.tta imedia 1755 1800 1840, 473 Bradlcy Piazzi Bianchi I 21. a Andromeda Sirrah 358.<'56.'37,"6 359.031.' 6,"6 0." a.' i5,"5^ 2. n. l^ Cassiopea Chaph oóg. 3. 5i, i\ 359. 38. 43, 8 0. IO. 3-, 25 3 88. y Pegaso yìl^cnili 0. 9. 41, 5 0. 44. i5, 9 I. l5. 26, 07 4 8. t, Balena I. 44. 9, 0 2. 18. 3o, 6 a. 49. 33, 95 5 9. Balena 2. 34. 3o, 6 3. 9. IO, 8 3. 4o. 22, a£ 6 a Fenice 4- 5. 3o, 9 4. 35. 48, 78 i i5. K Cassiopea 4. 49. 6, 7 5. a6. 0, 3 5. 59. 46, o5 8 17. f Cassiopea 5. 5i. 5i, 8 6. a8. 3o, 7 7. I. 46, o£ 9 3i. 8 Andromeda 6. 34. 21, 6 7. 9. 57, 3 7. 42. i5, 95 IO 18. a Cassiopea ScJicdir 6. 4'- 25, 0 7. 18. 35, 7 7. 52. a6, 73 II 16. [ì Balena Diplida 7. 49- '3, 3 8. a3. II, 0 8. 53. 44, IO 12 l'è. Balena 8. 17. 35, 6 8. 5i. a.5, 8 9. 32. 5, 70 IO 24. n Cassiopea 8. 36. 55, .5 9. 16. ai, 0 9. 53. a3, 5i i5 27. y Cassiopea IO. 3i. 57, 3 II. 1 1. 7, 6 II. 47- I5 85 23. (j, 3 Balena IO. 56. 5, 1 II. ag. 53, 4 13. 0. 27, 87 i6 23.

4 i3. 8. 37, 8 i3. 40. 2, i5 i8 3o. ft Cassiopea i3. 2. 28, 3 i3. 45. 56, 5 14. 30. 36, 68 19 43. § Andromeda Blirach 14. T. a3, 6 14. 38. 33, 7 i5. 12. 19, 6a 20 99. ìj Pesci 19. 36. 12, e ao. 12. a, 4 30. 44- Mj 60 ai 102. n Pesci 21. a. II, 4 ai. 37. 41, 4 23. 9. 46, 47 23 no. 0 Pesci 23. 7. i5, 5 23. 4a. 41, 7 24. 14. 38, 34 23 6. ^ Ariete Sheratan 25. 17. 24, e 25. 54. la, 6 26. 27. 36, 81 24 II 3. a Pesci Okda 27. 20. 5o^ 7 37. 55. 39, 4 28. 26. 59, 43 25 57. y Andromeda Alamak 27. 14. 35, 8 37. 55. 11, 5 28. 32. I, 02 a6 là. a Ariete Hamal 28. 31. 17, 3 28. 58. 54, 0 39. 33. I, 5o 27 3. »/ Eridano .(4z/ia 41. 7. 5, 5 41. 39. 59, 7 42. 9. 33, 75 28 29 92. a Balena Menkah 42. 22. 3o, 4 43. 57. 34, 3 43. 39. 14, a8 ^ 26. /J Perseo Algol 43. 4. 54, G 43. 48. 3, 6 44- 27. IO, 62 3o 3i 32 i3. f Eridano Z'ihal 45. 59. i5, 7 46. 3i. 53, 7 47. I. 20, 3o 33. a Perseo Mirfak 46. 44. 28, 4 47. 3.. 42, 4 48. 14. 3i, 04 18. £ Eridano 5o. 31. 3, 7 5o. 52. 43, Q 5i. 21. i5, 83 33 23- 5 Eridano Rana sec". Sa. 52. 54, 5 53. a5. 9, 3 53. 54. 9, 64 34 25. »; Toro Alcione 53. 14. 33, 4 53. 54. 16, 3 64. 3o. IO, 17 35 34. y Eridano Zaurak 56. 39. 1 1, I 57. IO. 33, 6 57. 38. 5o, 12 36 37. A Toro 57. 33. 48, 7 58. i3. ai, 6 58. 49. 6, 47 3? 40. D Eridano Keìd 61. 0. I, 0 61. 3i. 0, 0 61. 58. 57, 67 38 39 54. y Toro Hradum r"" 61. 5 I Turo Hyadiun 2" 61. 28. 12, 4 62. 12. 35, 9 63. 6. 23, 8 6a. Si. i3, a 62. 40. 5i, 38 63. 26. 9, 36 40 74- e Toro Ain 63. 35. 8, 5 64. 14. 17, I 64. 49- 4°> °' 41 87. a Toro Aldebaram 65. 28. 21, 7 66. 6. 5o, 4 66. 41. 37, 04 42 62. D a Eridano Theemin 66. 3o. 3i, a 66. 56. 43, 0 67. 20. 17, 93 Del Pkof. Giuseppe Bianchi Tav. I. 79 Declinazione media Num. delle grandezza delle stelle , 1755. 1800. 1840, 473 mie P. l. Biàdley Piazzi Bianchi ossery. \ -t-27.°44,'i2,"6 -(-27.0 59.' 9,"o -t-28.<'i2.'34,"3l 5. I. 4-5. -t-Sy. 47- 53, 0 -1-58. 2. 45, 5 -f-58. 16. 5, 55 7- 2-3. 3-4. -t-ii. 49. 14, I -i-iA. 4. 16, 6 -♦-14. 17. 45, 02 6. a-3. 5. — IO. 1 1. 1,0 - 9. 55. 58, 5 — 9. 43. 32, 70 4' t %': — 13. 34. 2g, 0 — 13. 19. 22, 5 — 13. 5. 5i, 94 2. -43. 23. 35, 8 —43. IO. 28, 91 -f-òa. 2. 58, o3 6. a. — -h'6i." 34. 34,' 3 -1-6 1. 49. 3^j 3 6. 4. 5. -♦-Sa. Sa. 4', 6 -1-52. 47. 39, 4 -t-53. I. 2, 38 6. 4. 4-5. -t-af). 3i. I, 3 -1-29. 45. 54, a H-29. 59. i3, 88 5. 3. 5. -t-55. 1 1. aS, 7 -(-55. a6. 17, 6 -f-55. 09. 37, 56 5. 3. 3. — 19. 20. 6, 5 — 19. 5. II, 0 — 18. 5i. 5c, 48 5. 2-3. 3. — 14. la. 4°) 0 — 13. 57. 53, 6 _i3. 44. 48, 45 2. 6. 6-7. -*-56. 3o. 32, 4 -t-56. 45. a, 3 -1-56. 57. 58, o3 6. 4. dopp. (4-5)9)- -t-Sy. 23. I, 8 -(-Sg. 37. 5i, 4 -<-5g. 5i. 1, 54 5. 3. 3. — 12. 35. 53, 9 — la. 21. 8, 3 — 12. 7. 57, 28 4- 6. 6. — 12. 42. a6, 2 — 12. 27. 44) ° — 13. 14. 37, 09 3. 6. 6-7. -+- 6. 33. 57, I -f- 6. 48. 37, 5 -H 7. I. 45, 43 5. 4. 5. H-53. 4a. 33, 8 -f-53. 56. 3, 6 -1-54. 8. 4, 68 6. 5-6. 6. M-34. 18. 5i, I H-34. 33. 23, 5 .4-34. 46. 23, 29 6. a. . .. 3. -K14. 4. a6, 8 -♦-14. 18. 37, 3 -i-i4- 3i. i5, 69 5. 4. . . / 5. -Kio. 52. 46, 8 -t-ii. 6. 5o, 8 -Hii. 19. 24, 43 5. 6. . • : 5-6. -H 7. 54. 56, 9 -1- 8. 8. 46, 7 -H 8. ai. 8, 94 5. 5. . ^: r 4-5. -1-19. 35. 58, 0 -t->9- 49- 29, 0 -i-ao. 1. 29, 80 5. ^- , r . "^^ -1- 1. 34. II, 9 -f- I. 47. 3a, 8 -t- I. 59. 25, 69 4- 5. dopp. (5-6, 7). -k4i. 8. aS, 5 H-4i. 21. 45, 5 -1-4 1. 33. 39, 45 6. 3-4. dopp. (3-4, 6). -t-aj. 17. 29, 5 -1-32. 3o. 36, 5 -f-aa. 4a. i4) co 5. 3. 3. — 9. 53. 14, 2 — 9- 42- 4= 0 — 9. Sa. la, 74 4- 3. 5. — 3. 6. 49, I -1- 3. 17. 48, 8 -t- 3. a7. 36, 38 4- 2-3. 3-4. -1-39. 59. 3o, 2 -t-4o. 10. 27, 0 -l-4o- 20. IO, 07 5. vaiiab. 3-4. - 9- 44- 4°= 7 — 9- 34. 14, 5 — 9. 24. 59, 16 5. 4. 5-6. -h48- 57. 59, 5 -t-49. 8. i3, 0 -t-49. 17- ") 6? 5. 2-3. 2. — IO. 18. 7, 0 — IO. 8. 37, 0 — IO. 0. 8, 96 5. 4. 5. — IO. 36. 32, 7 — IO. 26. 56, 2 — IO. i3. 28, oa 5. 3-4. 5. -1-23. 19. 37, 2 -t-23. 28. 3i, 0 -f-aS. 36. 21, 57 5. 3. 3. — 14. i3. 21, 0 — 14. 5. 12, 0 — 13. 58. 9, 16 5. 2-3. 4. -t-ai. 23. 27, 7 -1-21. 3i. 23, 1 -H2I. 38. 24, 29 5. 5. 4. - 8. 3. 2, 9 — 7. 58. 21, 8 — 7. 54. 18, 38 5. 5. 5. -t-i5. 0. 5i, a -Hi5. 7. 57, 4 -(-i5. 14. IO, 88 3. 3.4. 4. -♦-16. 56. 44, 5 -1-17. 3. 43, 6 -f-17. 9. 4^) 22 5. 4. 5. -♦-18. 36. 5o, 3 -H.8. 43. 27, 5 -1-18. 49. II, 99 5. 4- 4- -4-i5. 59. 36, 8 -(-i6. 5. 43) 0 -i-i6. 10. 56, 20 5. I. " i' .' I. -3i. 4. 45, 0 — 3o. 58. 5o, 0 -3o. 53. 36, 35 3. 3. ,»'.-• 5-6. i^5i 8o Posizioni ÌMedie ec. Tav. I. Num. pro- gress. Nome Ascensione iiett.4. ■MEDIA delle ste 11.- 1755. i8co. 1840, 473. Bradley Pia/./a Blandii 43 53. Eridano Sccpiruiii 66. ° 44.' 35, '9 67." i5. 22,"., 67.° 43.' 8,"88 44 a Scultore 68. 3i. 52, 6 68. 5i. 9, 96 t I. t Orione Talk 69. 8. 18, i 69. 44. 54, 3 70. 17. 42, 93 46 7. £ Auriga -I. 6. S", I 7'- 54- 37, 5 72. 37. 57, 90 47 102. t Toro 72. 7. 8, 8 72. 47. i5, 9 73. 23. 28, o5 48 6-. p' Eridano Cut sa 73. 57. i5, 5 74. 3o. 20, 8 70. 0. 9, 80 49 i3. a Aurig.i Capeìla ^4. 09. 3o, 0 75. 29, 0, 9 76. i3. 45, 26 5o 19. [i Orione Ri^el 75. 4.. 36, b 76. i3. 57,4 76. 43- 7, 67 5i 0. i Lepre 77- 4- 27, e 77. 35. 25, 8 78. 3. 21, 72 5i 112. 1^ Toro Nath 77. 42. 20, 2 78. 24. 5i, 9 79. 3. IO, o5 53 =4- y Orione Bellatrix 77. 59. 59, 4 -8. 36. 8,2 79. 8. 4t, 49 54 9- (> Lepre Nihal 79. 26. 19, e 79. 55. II, 8 80. 21. 5, 54 55 34. S Orione Mintaha 79. 52. 28, 2 80. 26. 53, 7 80. 57. 53, 90 5G 57 1 1. a Lepre Arneb 80. 28. 56, ' 80. 58. 39> 7 81. 25. 21, 4' 45. e Orione Ahiilam 80. 56. 52, 6 81. 3i. =, I 8a. I. 49, 5o 53 5o. t Orione Alnilak 83. 6. I, 5 82. 40. 4> 0 83. IO. 43, 28 59 a Colomba Phact 83. 6. 7> ^ 83. 28. 7, 35 60 i3. y Lepre 83. 33. 52, e 84. ,. 53, 1 84. 27. 8, 06 6r 53. X Orione Sa'iph. 84. 2. 8, 8 84. 34. 4. 9 85. 2. 53, 91 6i 58. a Orione Betergaize 85. 28. 43, 0 86. 5. .2, 5 86. 38. 4, 97 63 34. p' Cocchiere Sleìiknlinan 85. 23.. . 86. 12. 52, 9 86. 57. 28, 40 64 I. h Gemelli Propas 87. 18. 29, 9 87. 59. 27, 0 88. 36. 22, o5 65 67. V Orione 88. 23. 40, 9 8g. 2. .5, e 89. 36. 5i, 6c 66 44- K Auriga 89. 56. 27, 3 90. 39. 22, 9 gì. 18. IO, 91 67 il Gemelli Tejat prior go. I. 20, 6 90. 43. ', 2 gì. i8. 43, 20 68 lò'. ft, Gemelli Tejat post. 92. 2. 0, l 92. 42. 49, 9 g3. 19. 40, 58 69 a. [ì Cane Mirzam 92. 58. 43, 3 93. 28. 23, , 93. 55. 5, 85 70 7' 24. )' Gemelli Alhena 90. 53. ig, 3 96. 02. 16, 9 97. 7. 3o, 29 ^7- e Gemelli Mebsuta 97. 12. 42, 5 97. 54. .6, 3 90. 3i. i\G, 56 7? 9- a Cine magg . Sirius 98. 35. 14, 6 99. 4. 59,2 99. 3i. 5o, 3i 73 34. e Gemelli 99. 9. 19, ' 99. 53. 52, 5 100. 34. 2, 55 74 16. 0 I Cane ma ee- 100. 59. Sa, I IDI. 27. 3o, 7 101. 52. 39, 5i 75 21. e Cane Ad ara 102. 14. 5g, 6 102. 41. 28, 9 io3. 5. 20, 81 76 23. y Cane HTuliphein io3. IO. 5, -7 ic3. 40. 36, 3 104. 8. 6, 98 77 25. ? Cane ÌVezen 104. 36. 29, 5 io5. 3. 53, 5 io5. 28. 34, 46 78 55. S Gemelli Wasat icó. 22. 0, 4 107. 2. 27, 6 107. 38. 49> 80 79 3.. ì'i Cane Aludra 108. 36. IO, 3 109. 2. 4i, 6 109. 26. 48, 45 80 3. (^ Cine min. Gomeìsa 108. 27. 47j 9 109. 4. ^> 4 109. 37. 27, 23 81 82 66. a Gemelli Caslor prec. seq. 109. 43. 53, 0 HO. 27. HO. 27. 7> 2 i3, 0 III. 6. 4, 76 III. 6. i5, .56 83 IO. a Cane min. Procyon HI. 36. 56, 6 112. 12. 21, 7 112. 44- i7> 0" 84 78. (? Gemelli Pollux 1 12. 34. 20, 9 ii3. i5. 49, 6 ii3. 53. 14, 18 SS^ Del Prof. Giuseppe Bianchi Tav. I. Declinazione media Num. ^mm^ grandezza delle stelle delle 1755. 1800. ,840, 4-3 mie P. *. Bradley Piazzi Bianchi oEserv. -14." 48.' a/'8 -i4.''42.'i5,"i -14.^37.' i5, '01 5. 4- 4-5. — 42- '5. IO, 0 — 42- i^' 33, 4" 5. 4-5. — -<- 6. 3o. 43, 7 -1- 6. 35. 59, 5 -»- 6. 4°. 35, 79 5. 4- 4. -+-43. a5. 53, 4 -1-43. 3o. 39, 5 -f-43. 34. 45, 80 5. 4- 4- -t-2i. la. 56, 6 -1-21. 17. 27, 5 -t-2I. 21. 19, oa 4- 4-5. 5. — 5. 25. 20, 4 — 5. 21. 22, 0 - 5. 17. 53, 87 5. 3. 3. -t-45- 43. 4, 8 -t-45. 46. 37, 5 -t-45. 49. 40, 4° 20. I. I. — 8. 3o. i5, 9 — 8. 26. 36, 4 — 8. 23. 28, 84 5. I. dopp. (i, IO). — 13. 26. 54, 5 — 13. 23. 36, 8 — 13. 20. 48, 63 5. 4-5. 5-6. -f-28. 22. 27, 7 H-28. 25. 25, 5 -1-28. 27. 56, "7 5. 2. 3. -t- 6. 6. 19, 8 -1-6. 9. 2 1, 3 -1-6. II. 56, 3Ò 5. a. 3-4. —20. 58. 21, 3 — 20. 55. 42, 5 — 20. 53. 3o, 4- 5. 4- 3. — 0. 3o. 4, 7 — 0. 27. 32, 7 — 0. a5. 27, 06 5. a. 3. — 18. 0. 59, I -17. 58. 33, 3 — 17. 56. 29, ai 5. 3-4. 4- — I. 22. 46, 9 — I. 20. 29, 4 — I. 18. 38, 46 5. 2-3. 3. - 2. 5. 36, 7 — a. 3. 36, 6 — 2. a. I, 91 5. 3. 3. — 34. II. 21, 0 — 34. 9. 5o, 65 5. a. 4-5. —22. 32. 44, 3 — 22. 3i. 24, 0 — 22. 3o. a3. 3a 5. 4- 4-5. — 9. 46- 35, a - 9. 45. 4, 0 - 9. 43. 58, 01 5. 3. X . 3. -t- 7. 20. 18, 3 -f- 7. 21. 25, 0 -1- 7. 23. IO, 29 5. i. I. -t-44. 53. 3o, 4 -1-44- 54. 35, 3 -I-44' 55- 20, 7' 6. 2.. 3. -t-iS. i5. 2, I -t-23. i5. 35, 8 -t-23. i5. 5i, 3a 5. 5. 5-6. -(-14. 4*^- -3j 9 -t-14. 46. 47, 0 -1-14. 46. 49, 21 5. 4-5. 5-6. -1-29. 33. 4') 6 -t-29. 3,-). a2, 3 -1-29. 32. 55, 42 6. 4- 5. -(-22. 33. 8, 0 -t-22. 33. 2, 5 -1-22. 3a. 45, 06 4- 4-5. 4- -4-22. 36. 5o, a -(-22. 36. 8, 5 -(-22. 35. 16, 7' 5. 3. — 17. 5i. IO, 4 — 17. 5a. 5, 0 -.7. 63. 6, o3 5. 2-3. 3. -f-i6. 35. 2, 3 -HI 6. 33. 24, 6 -(-16. 3i. 4oj o3 5. 3. 3. -H25. ao. 5a, i -H25. 18. 54, 0 -(-25. i6. 53, CQ 5. 3. I . 7. A. — 16. a3. 53, 8 — 16. 27. 6, a — 16. 3o. i3, ^'t 6. I. .1. -1-34, .3. 44, 7 -I-34. 11. 12, 0 -t-34- 8. 44, 8Ó 5. 5. ' 4- —23. 53. 42, I — 23. 56. 87, 0 — a3. 59. 27, 60 5. 4- 4- — 28. 39. 17, a — 28. 42. 3i, 3 —28. 45. 36, i5 5. a-3. 4- — 15. 17. 22, 9 — 15. 20. 5i, 0 — 15. 24. 12, 57 5. 4- 5-t,. —26. 1. i5, 8 — 26. 5. 5, a — 26. 8. 40, 28 5. 3-4. 4-5. -4-22. 24. 33, 7 -1-22. 20. 14, 3 -(-aa. 16. IO, 64 5. 3-4. 3-4. — 28. 5o. 27, I —28. 55. 18, 0 —28. 59. 46, 19 5. 3. .^•S., -f- 8. 45. 42, 5 -1- 8. 40. Sa, 0 -K 3. 36. 17, 54 5. 3. "':3.'' -t-Sa. 23. 57, 3 +32. 18. 45, 0 -t-32. i3. 53, -(-32. i3. 54, 22 5i 5. 6. 3-4. 3. 6. 4- -t- 5. 49. 59, 3 -H 5. 43. 38, 5 ■+■ 5. 37. 43, 5o 82. 0 1-3. I. -f-28. 35. 40, 8 -(-28. 29. 46, 8 -(-28. 24. 20, 92 4- 2. 2. ■ 1^^ Tonio X Xlll. IX 8a Posizioni Medie ec • Tav. I. Niun. pvo- giess. Nome ASCF.NSIOISE nLTTA MEIUA delle stelle 1 :755. t8oo. J840, 473. Bradley Piazzi Bianchi 85 7. l Argo Asmìdìshe Ii4.<'44.'52,"2 Ii5.°i3.'i5,"c ii5.''38.'46,"38 86 i5. (. Argo Tiireis 119. 16. 41, 4 1 19. 45. 30, 8 120. II. 16, 3i 87 17. /^ Cancro 120. 48. 8, 8 121. 24. 49' ^' 121. 57. 55, 65 8H 43. y Cancro Asci. hoT. 127. 16. 3, 8 127. 55. 19, 5 128. 3o. 43, 38 8r) 47- d Cancro Asci. aust. 127. 40. 53, 9 128. 19. 27, 4 128. 54. la, 62 0^ ioa 34. ;,, Orsa Tania aust. i5r. 54. 27, 2 i52. 35. 22, 3 i53. 12. 5, 79 ic:^ 37. Lioncino Praecipua i56. 12. 58, 6 i56. 5i. 24, e 157. 25. 57, 44 ic4 4. V Idra iSg. 28. 20, 4 159. 56. 26, 7 160. 26. 27, 84 1 io5 54. Leone 160. 34. 24) 4 161. II. 20, 1 161. 44- 34) 26 106 48. [ì Orsa Bleriik 161. /\Ì. IO, 4 162. 25. 9, 0 i63. 3. 36, 83 107 5o. a Orsa Dubhe 163. 5. 39, 1 162. 48. 52, 2 i63. 27. 29, 81 108 68. (^ Leone Zosina i65. i5. 35, 3 i65. 5i. 43, 5 166. 24. 30, 76 109 54. V Orsa Al-ula bor. 166. 17. 41, 9 166. 54. 36, 1 1 67. 27. 47) oc 1 10 84. T Leone 168. 5o. 0, 2 169. 24. 42, I 169. 56. 4) 7" 1 1 1 91. 11 Leone 171. 6. 6, 0 171. 4o- 37, 0 172. 11. 5o, oc 1 12 ii3 27. t Cratere 173. 5. 39, 3 173. 39. 35, ) 1-4. IO. 20, 54 94. j? Leone Deiiehola 174. 8. ic, 8 174. 4^- 4-) ^ 175. i3. 53, 43 114 5. 1? Vergine Zani java 174. 29. e, 3 .7.5. 4. 7, 8 175. 35. 46, 11 ii5 64. 7 Orsa i'hecda 17.5. 12. 17, 7 175. 48. 37, 2 176. 21. 16, 88 iiC i5. tj Vergine 181. 5o. 4'^j 0 182. 35. 10, 2 182. 56. 18, 02 117 29. y Vergine p ree. 187. 18. 5o, 6 187. 53. 57, 0 188. 23. 5r, i5 118 77. e Orsa Aliolh 190. 47. 34, 7 191. 17. 43, 2 191. 45. 0, 41 119 1 2. Cani da nacCorKaroli.s 191. 7. 54, 5 191. 89. 42, 3 192. 8. 3o, 48 120 67. 0 Vergine Spica .98. 4. 47, 7 198. 4o. 6, 3 199. 12. 5, 99 121 Itlra varia b. 199. 42. i3, e 200. i5. 9, 45 122 79. t Vergine 200. 33. 23, 4 201. 7. 41, 1 ■201. 38. 42, 53 123 82. m Vergine 202. II. 46, 6 202. 46. 57, 9 ao3. 18. 45, 93 124 84. X Orsa Alkaid 204. 27. 5o, 7 204. 54. 33, 7 2o5. 18. 40) 28 120 8. 1; B.jote Muplirid 2o5. 45. 14, 5 206. 17. 22, 5 206. 46. 26, 21 126 /( Idra 207. 45. 4°' ° 2c8. 20. 3, 76 1 Del Prof. Giuseppe Bianchi 83 Tav. I. Declinazione media Nura. 1 delle grandezza delle stelle 1755. 1800. 1840,473. rnie P. b. Bradley Piazzi Bianchi osserv. —24.01 5.' 41, "3 — 24.° 22.' o,"o — 24.''a7.'48,"88 5. 4- 4-5. — 23. 36. 5o, I -23. 44. 8, 7 —23. 5o. 53, 33 5. 3-4. 4-5. -f- 9. 55. 17, I -t- 9. 47. So, 0 -(- 9. 40. 19, 59 5. 4- 4-5. -1-22. 19. 46, 3 -♦-22. IO. 39, 0 -f-aa. a. 14, 3i 5. 5. 5-6. ^-19. 2. 12, I -1-18. 5a. 46, 5 ^-i8. 44. 9, a5 5. 4-5. 4- -1-12. 32. 43, 7 -f-i2. 22. Sa, 3 -1-12. i3. Sa, 81 5. 6. 5-6. -1-48. 59. 2, 2 ^-48. 48. S7, 5 -1-48. 39. 41, II 5. 3-4. 3. -1-12. 47. 23, I -1-13. 37. 22, 0 -(-13. 28. 16, 09 5. 5. 5-6. — 7. 36. 34, 7 - 7. 47. 54, 5 _ 7. 58. i5, 94 5. a. 3. -^.52. 46. 38, 4 -+-52. 34. 45, 4 -4-52. 23. 56, 40 5. 3 , .: , -4-: -1-24. 53. 20, 6 -(-24. 4'- '8, 0 -t-a^. 3o. 18, 69 4- 3. ' 4- -«-27. 8. 52, 9 -+-26. 56. 3i, 4 -(-26. 45. 17, o5 5. 3. 5. -1- 9. 12. 3o, 5 -t- 8. 59. 52, 5 -(- 8. 48. 23, 92 5. 4-5. 5. -4-i3. 9. i3, 8 -1-12. 56. 22, 0 -(-12. 44. 39, 04 5. 5. I. I. -H44. 7. 36, I -t-43. 54. 24, 5 -h43. 4a. 28, 8a 3-4. 4-5. -1-24. 87. 36, 7 -1-24. 24. 3r, 5 -(-24. 13. 3i, 47 5. 4-5. 4- -+-21. 4. i3, 7 -+-20. 5o. S2, a -(-20. 38. 4?) 76 5. a. dopp. (4, 6). Il -1-42. 43. i5, 8 -t-42. 3o. 0, 0 -4.42. 17. 56, 55 5. 3. 4- -(-33. 14. 25, 4 -1-33. 0. 39, 3 ^-32. 43. 8, 94 5. 4- 5. — i4- 55. 4) 2 — 15. 8. 59, 8 — 15. 21. 39, c6 5. 4- 5. -t-26. 2. 59, 6 ^-25. 48. 48, 9 -4-25. 35. 55, 09 5. 4-5. dopp. (6, 8-9). -t-Sf. 4'. 21, I -t-57. 27. 4, 5 -t-57. i4- 5, 59 7- 2. 3-3. -h63. 4. 3, 4 -1-62. 49. 38, 4 -(-62. 36. 35, 59 7- 1-2. 2. -1-2 1. 5i. 42, 6 -1-21. 37. 4, 0 -4-21. aS. 46) 91 5. 3. 4-5. -(-34. 25. 35, 4 -t-34. II. 2, 0 -1-33. 57. 5o, 14 5. 4. 3. -t- 4. 12. 9, 8 ■+■ 3. 57. 24, 5 -,- 3. 44. I, 94 4- 4. 5-6. -♦- 0. 3i. 36, 9 ■+■ 0. 16. 4?i 0 -4- 0. 3. 23, i4 5. 4-5. 4-5. — 16. 59. 25, 0 — 17. 14. 21, 5 — 17. 27. 5i, 77 5. 4-5. -Hió. 56. 24, 7 -1-1 5. 41. 24, 7 -4-i5. 27. 49, 17 6. 2-3. 2-3. -4- 3. 8. 40, 9 -1- 2. 53. 3o, 0 -+- 2. 39. 48, 8a 5. 3-4. 4- -t-J5. 3. 24, 4 -,-54. 48. 23, 0 -,-54. 34. 46, 27 7- a. 2-3. -H 0. 41. 48, 4 ■+■ 0. 26. 47> 0 -4- 0. i3. 12, 63 5. 3-4. 3-4. — 0. 6. a, 5 — 0. 20. 59, 0 — 0. 34. 24, 76 5. 4- 4- -h57. 17. 43, 0 -t-57. 2. 52, 5 -(-56. 49. 34, 98 8. 3. 2-3. -1-39. 38. 47, 0 -1-39. 24. 5, 0 -1-39. IO. Sa, 09 5. 2-3. dopp. (3, 5-6). — 9. 52. 27, 7 — IO. 6. 44> " — IO. 19. 87, 20 6. I. 1. — 22. 14. 3i, 8 — 22. 27. 17, 28 5. var. 9- -H 0. 39. 52, 9 -t- 0. 20. 55, 6 -(-0. i3. i8, 74 5. 4- 4-5. — 7. 27. 23, 6 - 7. 41. i5, 5 — 7. 53. 40, 61 5. 5-6. 6. -«-5o. 3j. 39, 0 -i-5o. 18. 5g, a -f-5o. 6. 39, i5 6. 2-3. 3. -.-19. 38. 7, 4 -1-19. 24. 22, 0 -(-19. 1 1. 59, 68 5. 3. 3-4. — 26. 27. 22, 0 -4-26. 39. 21, 88 4- 5-6. 6-7. 84 Posizioni Medie ec. TmK I. Num. pro- gress. Nome Ascensione detta imeiua JoUo stelle 1 1755. 180 D. I 840, 473 BraiUey riazzi bianchi 127 5. 0 Centauro Ì08.0 5.'io,"o 2C8, '44. '3i,"8 209. = i9.'5o,"63 128 1 1. a Dragone Thiihan 209. 26, 35, 0 209. 44- 36, 6 210. I. 7, 02 129 16. tt Boote Arcturus ili. 7. 25, 2 21 I. 38. 6, 6 212. 5. 55, 04 i3o 9- a 2 Libra Ki/fa ansi. 219. 20. 29, 7 219. 57. 34, 0 220. 3i. 5, 82 i3. 2-. f? Libra Kilfa I/or. 125. 57. 5o, 8 226. 33. 55, e 227. 6. 38, 63 l32 5. a Corona Grmma 23 1. 4- ^°' f 23l. 33. '7; 7 23,. 59. 10, 80 i33 24. « Serpente Unukalìiay 233. 3. 14, 4 233. 36. 22, 2 234. 6. 22, 58 i34 28. (^ Serpente 2.33. 43. 21, 6 234. '4- 23, 4 234. 42. 3o, 23 i35 8. (5' Scorpione prec. Aerai) 237. 48. 27, 9 238. 27. 27, 6 239. 2. 43, 70 i35 I. (J Ofiuro Ycil prior 240. 22. 58, 5 240. 58. 7. f- 24,. 3o. 4, 74 'l' 2. e Odiico Ycd post. 241. 20. 44' 6 24.. 56. i5, 6 242. 28. 19, 88 1 i38 21. a Scorpione Aiitarcs 243. 36. 23, 8 244. 17. 32, 2 244. 54. 36, gq 189 >4- ■), Dragone 245. II. . . . 245. ig. 27, 0 245. 27. 25, 53 140 27. |7 Ercole Korneforos 244. 55. 3i, 8 245. 24. 20, 7 245. 5o. 29, 63 141 i3. t OHnro 245. 55. 22, C 246. 32. 23, 7 347. 5. 40, 41 1^2 40. t Ercole 248. 0. 48, 7 248. 26. IO, 5 248. 49. 7, 52 143 44- »;' Ercole 248. 37. 3", e 249. 0. 34, e 249. 21. 28, 22 •44 58. f Ercole 252. 43. 53, 6 253. q. 34, 5 253. 32. 54, 14 140 35. l> OfillCO 254. 5. i5, 2 254. 43. 48, 6 255. 18. 32, 69 146 64. a Ercole Rasalgeti 255. 52. 18, 5 256. 22. 57, , 256. 5c. 39, o3 147 4-2. d OHnco 256. 44. 48, 5 257. 26. 5, 4 258. 3. 19, i3 148 55. a 0 lineo Rcisalague 260. 53. 37, 6 26;. 24. 48, 6 261. 53. 58, 86 '49 x Scorpione 263. 9- 58, 8 262. 5i. 49) ^^ i5o Co. (j Ofiuco Celhalrai 263. 5o. 4O3 2 263. 23. 55, 5 263. 53. 55, 40 .5, 63. Y Ofiuco 263. 54. 19, 5 264. 28. 1, 5 264. 58. 3c, 23 i5a 33. y Dragone Et ami n 267. 43. 5o, 0 267. 59. 26, 4 268. i3. 34, o5 i53 i3. jj I Sagittario 269. 46. 46, 7 270. 3, 1 2- 1. 3. 20, 85 .54 19. l'i' Sagittario Kaiis medium 271. 19. 4', 3 272. 2. ?>o, 4 272. 4,. 43, 58 IÓ5 58. j. Serpente 272. 9. 38, 7 272. 44- 28, 0 273. i5. 55, 71 i56 sa. À Sagittario Kaus hor. 273. 12. 44> t 2'^3. 54. 24, 3 274. 3<. 53, 54 l57 3. a Lira Wega 277. 9. 41, 6 2"7. 32. 29, 4 377. 53. 5, 78 i58 27. 'fi Sagittario 2-7. 35. 3, 6 2-8. '7- 23, 4 2-8. 55. 20, 00 .59 IO. p Lira SliCÌink 280. i5. 36, - 2S0. 40. 24, 6 281. 2. 54, 63 160 34. (7 Sagittario .180. 0. 54, 8 280. 42. 52, 0 281. 20. 33, 17 \i,i 63. fi Scrp. j'rec Alya 281. 0. 39, 9 281. 34. 9; 6 282. 4. 22, 89 ibj. s''g. 281. 1. I, 5 281. 34- 3., 0 282. 4. 48, 8q .63 38, t Sagitt.irio 281. 45. 6, 7 ■> 'ì > 20. 9, f' 233. 6. 63, 46 .64 '■+• )' Lira Sulaphat 282. 26. 46, 0 282. 5i. 53, 1 283. 14. 41, 6q ,(r, I-. f Aquila 283. 82. 22, 0 284. 3. i5, e 284. 3i. 16, 16 Ibi, 4'- T S.igitt.irio 283. 47. 43, 3 284. 27. 56, 2 285. 4- 7' 39 1(J7 20. Alimi 1 284. ho. 44, 6 285. 27. 21, 3 286. 0. 23, 6g lOil 4'^- rf S.cgitt.nio 2R5, 49. 17, 7 286. 28. 5i, 3 287. 4. 3o, 77 Del PnoF. Giuseppe Bianchi Tav. L 85 - Declinazione medi .a. Num. delle grandezza delle steli e i-jr,5. 1800. 1840, 473. mie P. b. Braiiley Piazzi Bianclii ossetv. -SS." 8.'57,"9 — 35.<'22.'4l,"0 -3.5."34.'57,"77 5. 2. 3. -)-65. 33. 13, 6 -+-65. 20. 7, 7 -1-65. 8. 20, CO 5. 3-4. 4-5. -+-20. aR. 5, 6 -+-20. i3. 48, 3 -4-20. 0. 54, 34 8. I. I. — 15. 0. 29, I — 15. 12. 4' ° — 15. 23. 28, 73 5. 3. 3. — 8. 27. 42, 4 - 8. 38. 4, 7 — 8. 47. 24, 71 5. 2-3. 3. -4-27. 33. 13, 1 -t-27. 23. /\8, 0 -+-27. j5. 18, 86 5. 3. 3. -t- 7. 12. 48, 6 -+- 7. 3. 53, 7 -+- 6. 55. 55, a6 5. 2-3. 3-4. -f-i6. 13. i5, 5 — 16. 3. 29, 2 -+-i5. 65. 3i, 09 5. 3-4.dop.(io-ii ,3-4). —19. 6. 47, 4 -1-19. 14. 42, 0 — 19. ai. 47, 19 5. 2. dopp. (3,6). — 3. 2. 39, 3 — 3. IO. 3, 0 — 3. 16. 42, 54 5. 3. 4- - 4. 4. 3o, I — 4. II. 33, 5 — 4. 17. 53, 56 5. 3. 4- —2.5. 5i. 5o, 6 —25. 58. 26, 0 —26. 4. 18, IO 5. I. ìt!h V . I. -1-62. 4- ^5, a -4-6 1. 58. 11,0 -i-6i. 5a. 3i, 58 7- 3. ^'- 3. -t-22. 2. 24, 7 -1-21. 56. 6, 5 -t-ai. 5o. 28, 78 5. 2-3. •• <"; -41 — To. 2. 56, 8 — IO. 8. 56, 3 — IO. 14. 18, 58 5. 3-4. 3-4. -1-32. 3. 37, 6 -+-3i. 58. 26, 5 -+-31. 53. 44, 44 5. 3. :^ -4-39. 24. 6, 3 -h39. 18. 38, 5 -i-'if). i3. 45, c5 5. 3. 4. -f-3i. 18. 8, 7 -+-3i. i3. 48, 4 -1-3 r. 9. 55, 70 5. 3. 4-5. — 15. 23. 52, 8 15. 27. 46, 0 — 15. 3i. 16, 20 5. 2-3. 3. -1-14. 41. 18, 5 -t-i4- 37. 47, 7 -Hi 4- 34- 38, co 5. 3-4. dopp. (3, 8). -34. 43. 43, 4 -24. 47. 4, 0 — 34. 5o. e, 28 5. 3.4. 3. -1-12. 45. 27, 2 -1-12. 43. 3, 0 -1-12. 4°- 54, 76 5. 3. . ■ i - ■*. —38. 54. 34, 0 —38. 56. 28, 68 4- 3. ■ .! -s-, .-> "S'. ^4. 4..' 2.5, ,■ -+- 4. 39. 48, I -+- 4. 38. 23, 11 5. 3. :. -■ » 2-3. ■+■ 3. 4g. i5, 3 -+- 2. /\7. 43, 0 ■+■ 2. 46. 23, 42 5. 4.- ■ ^■ 4- -1-5 1. 3i. 4°) 6 -+-5i. 3i. 4, 5 -(-5i. 3o. 36, 09 5. 2. •!r---5 3. —21. 5. 40, 7 —21. 5. 45, 7 —21. 5. 38, 48 5. 3-4. 5. —29. .54. 16, 0 —29. 53. 5o, 5 —29. 53. 19, 73 5. 3-4. 4- — 2. 56. 28, 0 — 2. 56. 16, 5 - 3. 56. 4, 68 5. 4- 4-5. —25. 3i. 47, I — 25. 3i. 1, 0 — a5. 3o. 9, 81 5. 4- 4-5. -*-38. 34. II, 4 -1-38. 36. ao, 8 -t-38. 38. 19, 63 5. I. I. -27. 12. 55, 7 — 27. 10. 5o, 5 —27. 8. 49, 97 5. 4-5. 4-5. -*-33. 5. 38, 5 -+-33. 8. 23, a -+-33. 10. 53, 49 5. 3. 3-4. —26. 34. 26, " — 26. 3i. 4", 2 — 26. 29. 16, 34 5. 3. 3-4. ■+■ 3. 54. 14, 8 -t- 3. 57. 20, 5 -t- 4. 0. 4, 83 5. 4-5. 5. -«- 3. 54. 8, 7 ■+■ 3. 57. 17, 0 -+- 4. 0. I, 77 6. 5. 5-6. — 3o. 12. 10, 5 — 3o. 0. I, 6 — 3o. 6. 5, 74 5. 3-4. 4-5. -(-32. 22. T, 9 -1-33. a5. 27, 8 -f-3a. a8. 29, c4 5. 3. 4- -t-i3. 3i. 3, 1 -t-iò. 34. 4'5 ^ -»-(3. 37. 5i, 70 5. 3. 4- —21. 23. 20, I — 31. 19. 38, 0 — 21. 16. 14, 70 5. 4-5. 4- — 8. 19. 36, 4 — 8. i5. 38, 0 — 8. la. 4, 33 5. 5. 6-7. ■ ili S —19. 21. 56, 3 — 19. 17. 42, 5 — 19. i3. 5i, 02 5. 5. 5-6. 86 Posizioni Medie ec. NTuin. pro- Nomo Ascensione retta media gress. delle stelle I7Ó5 1800 1840, 473 BrJdley Piazzi Bianda .69 r>7. S Dragone Noilus sec. 288.» 6.' 24, "5 288.° 6.'58,"o 288.° 7. '36,"65 170 3i. S Aquila 288. 17. IO, 0 288. 5i. IO, 0 289. 21. 5o, 45 171 6. [i Cigno prec. Albireo 290. 12, 42, I 290. 39. 49j s 291. 4. 25, IO 171! seg. 290. i3. i-i, 0 290. 40. 21, 0 291. 4. 55,49 173 4'- 1 Antinoo 291. 0. 34, 2 291. 35. 33, 6 292. 7. 5,46 ■74 5. a Saetta Sham 292. 17. II, n 292. 47. .8, 6 293. 14. 35, 09 175 óo. y Aquila Tarazed 293. 39. 7, 6 294. II. 14, 4 294. 40. IO, 37 176 53. M Aquila Al-tair 294. 4a. 24, 0 295. i5. 20, 5 295. 45. 4,68 '77 60. ^ Aquila Alikain 295. 49. 7, 2 296. 22. 18, e 296. 52. ■3,47 178 21 . lì Cigno 296. 46. 49> 2 297. 12. 0, e 297. 34. 45, 02 '79 63. X Aquila 298. 2. 27, 5 298. 35. 28, 2 299. 5. ■ 5, ,. 1 80 6.5. d Antinoo 299. 39. 47, 9 3oo. i4- 4'> 7 3oo. 46. 6, 44 181 3. Cipricorno 3oo. 4'- 55, 7 3oi. 19. 23, I 3oi. 53. 9, 41 lui 5. a I CapricornoPrimaGierf; 3oi. 0. 44, 7 3oi. 38. i5, 9 3o2. 12. 3,47 iKÒ 6. a 2 Capricorno Sen. Gieili 3or. 6. 37, 4 3oi. 44- '^) ^ 302. 18. 4, 40 184 (> 1 Capi icnrno Diihik min. ioi. 44. 5l, 3 3o2. 22. 52, 9 3o2. 57. 13,59 i83 9- p 2 Capricorno Dahiìi mai . 30l. 48. 21, 8 302. 26. 25, e 3o3. 0. 4', °9 18C 37. y Cigno Sudr .3o3. 21. 37, 6 3o3. 45. 44, 5 304. 7. 41, 84 187 69. Aquila '104. 12. 27, 3 3o4. 47. 48, 3 3o5. 19. 42, 09 188 43. a 2 Cigno 3o5. 37. 7, 2 3o5. 57. 54, 3 3o6. 16. 53, 72 189 2. e Delfino 3o5. 22. 37, 5 3o5. 54. 49, 5 3o6. 23. 54, 74 .90 6. p Delfino Rotaìiei} 006. 3o. 56, 9 307. 2. 3i, 5 307. 3i. 5, 82 1 ")' 9- a Delfino Si-aloc'm 3o7. 3. 5o, Ci .307. 35. 12, 4 3o8. 3. 29, 00 '9? .5o. » Cigno Deiieh 3o8. i6. 18, 9 3o8. 39. 12, 3 3o8. 59. 59, 09 1 193 53. £ Cigno Gienaìì. 309. 4. 35, 309. 3i. 47, 4 309. 56. 25, 35 19-t 3. V Celeo 3 io. 4- 3, l 3io. 17. 5i, e 3 IO. 3o. 48, 63 190 58. V Cigno 3 12. 0. 45, 3 3 12. 25. 46, q 3 12. 48. 26, 58 196 3. Cavalletto 3i3. 5. 33, — 3i3. 39. IO, 0 314. 9. 3o, 54 ■97 61. Cigno prec. 3i3. 59. IO, 6 3 14. 29. 5, 4 5i4. 56. ,8, 42 198 seg. 3i3. 59. 25, ^ 3i4- 29. 27, i 314. 56. 36, 81 199 64. ? Cigno 3i5. 37. 5o, 9 3 16. 6. 23, 5 3 16. 32. 18, 66 200 5, a Cel'eo AUlcramìn 3iu. IO. 41, 7 3 18. 2Ò. 49, 5 3r8. 41. 34, 67 i201 22. (ì Acquario Sndalsund 019. 39. 39, 0 320. i5. 17, 7 320. 47. 24, i5 202 8. [ì Cefeo Alpliirk J21. 21. 3, 4 021. 3o. i4' 2 321. 38. 42, 72 203 t- y C:i'pricornoNashira prioi 32 1. 37. 12, 7 322. 14. 5i, e 322. 48. 46, 29 204 8. e Pegaso Eni/ 323. 2. i5. I 323. 35. 25, 0 324. 5. 19, o3 203 Ì5- S capricorno Nashira post. 323, 22. ig. 8 323. 59. 46, 5 324. 33. 34, 7' 206 34, a Acquario Sadalmeiik 320. 17. 54, 2 328. 52. 36, 0 329. 23. 52, 71 207 26. tì Pegaso 329. 27. 3o, Y 3Mo. I. 3g, 0 33o. 3a. 24, 36 208 4^- d Ac([uario Anclia 33o. 58. 18, I 33 1. 34. I, 5 332. 6. 20, 22 209 48. y Acquano Sadaclihla 3^2. i4. 52, 3 332. 49. 48, 3 333. 21. 19, 5o aio 55. ? Acquano 334. 3. IO, 8 334. 37. 56, I 335. 9. 25. IO Del Pkof. Giuseppe Bianchi Tav. I. 87 Declinazione media 1755. 1800. 1840, 473 Bradley Piazzi Bianchi -t-67.°i3.'52,"4 -4-67.» i8.'35,"7 -l-67.<=22.'47",09 -f. 2. 38. 45, 2 -(- 2. 43. 4') ° -f- a. 48. 6, 48 ^27. 27. 38, 8 -1-27. 32. 56, 3 -K27. 37. 44, o3 -t-27. 27. 5?, I -«-27. 33. j6, 2 -♦-27. 33. 2, 06 — I. 48. 35, 6 - I. 43. 4, 2 — I. 38. 5, 52 -♦.17. 28. 2, I H-iv. 33. 52, 6 -1-17. 39. 3, 29 -f.io. 2. 3, 3 -I-IO. 8. II, 4 -I-IO. i3. 4^, 97 H- 8. 14. 23, 7 ■+■ 8. 21. 5, a -1- 8. 27. 6, 64 -►- 5. 48. 46, 9 -,- 5. 55. S, 2 -f. 6. 0. 44, 85 -h:M- 26. 45, 9 -(-34. 33. 37, 8 -+-34. 39. 47, 81 ■+■ 6. 35. i5, 7 ■+■ 6. 43. 27, 5 -+- 6. 49. 57, 93 — I. 3i. 45, 8 — I. 24. 12, 7 — I. 17. 24, 18 _i3. 4. 3, 9 — 12. 56. i3, 0 — 12. 49. Il, 85 -i3. 14. 44, 7 — 13. 6. 5i, 5 — 12. 59. 48, IO -i3. 17. 4, 4 — 13. 9. IO, 2 —13. 2. 3, 98 — 15. 32. 23, 0 — 15. 24. 12, 3 — 15. 16. 57, 90 — 15. 32. 9, 4 — 15. 24. 3, 6 — 15. i6. 46, o5 -t-39. 29. 3, I -4-39. 37. 24, 8 -1-39. 44- ^8, CI — 3. 40. 58, 7 - 3. 32. 23, 5 — 3. 24. 42, 27 -1-48. 8. 16, 4 -1-48. 17. 6, 0 -1-48. 25. I, 07 -t-io. 29. 12, 0 -i-io. 38. I, 0 -f-io. 45. 52, 8/ -t-i3. 4^- 3o, 0 -i-i3. 54. 36, 0 -1-14. 2. 39, 56 -♦-iS. 3. 4'', 0 -t-i5. 12. 57, 5 -Hi5. 21. i3, 73 -+-44. 24. 56, 7 -t-44- 34- i9> 8 -h44. 42. 47, 54 -1-3:3. 3. 55, . -»-33. i3. 46, 0 -1-33. 22. 32, o5 -f-60. 53. 37, 5 -»-6i. 3. 55, 3 -1-61. i3. 10, 84 -t-40. 14. 3, 2 -i-4o. 24. 14, 2 -i-4o. 33. 21, 89 -t- 4- ^2- 4>> 4 -1- 4- 4'^- ^) " -1- 4. 52. 23, 58 -k3-. 33. 05, -, -1-37. 46. 32, 4 -h37. 58. 8, 84 -*-i-. 33. 43, 7 -h37. 46. 27, 5 -1-37. 58. 6, 27 -1-29. 14. 3, 1 -H29. 24. 49, S -1-29. 34. 32, cg -f-ói. 33. 17, 4 -i-6i. 44. 28, 8 -1-6 1. 54. 36, 20 — 6. 38. 8, 4 — 6. 26. 33, 0 - 5. i5. 6, 36 -H69. 29. 22, 4 -1-69. 4r. 2, 8 -1-69. 5i. 37j o3 —17. 43. i8, 9 — 17. 33. 26, 2 —17. 22. 43, 74 -1- 8. 45. 48, 3 -1- 8. 57. 55, 3 -1- 9. 8. 49, 97 -.7. i3. 34, 6 — 17. I. 36, 2 — 16. So. 49, 72 — I. 29. 58, 4 — I. 17. 6, I — I. 5. 29, 29 -f- 5. 0. 7, 6 ■+■ 5. i3. 12, 8 -f- 5. 24. 56, 94 — 8. 59. 35, 5 — 8. 46. 23, 0 — 8. 34. 28, 01 — 2. 36. 46, 6 — 2. 23. 20, 4 — 2. II. 19, 41 — I. i5. 54, 0 - t. 2. 17, 6 — 0. 5o. I, "5 Num. delle mie osserv 5, 5. 5. 6. 5. 5. 5. 90. 0 5. 6. 6. 6. 5. 4- grandezza delle stelle P. l. 3. 3.4. 3. 7- 5. 4- 3. 1-2. 3-4. 6-7. 5-6. 3-4. 6-7. 4- 3. 7- r- 5. 5. 4- 4- 3-4. I. 3. 3-4. 4- 6. 3. 4-5. 4- 6 7. 5-6. 5. 3. I. 4-5. 4-5. 5. 4-5. 6. 4-5. 4-5. 3. 4-5. 5-6. 5. 4- 3. 1-2. 3. 5. 5-6. 6. 5-6. 5. 6. 6-7. 3. 4. 3. 3. 3. .4. 3. dopp. (4-5, 10). 4. 4-5. 2-3. 4. 3-4. 3-4. 3. 4-5. 4. 4- 4-5. 5. 4. 5. 4. dopp. ( 5, 6 ). 88 Posizioni Medie ec. Tm\ I. \um. pro- Nome AsCEISSIOMi nETTA IMLUIA gress. (Ielle stelle I7OJ. 1800. 1840, 473. Biailley Piazzi BiaiiL li 211 O2. ti Acquario 335.''4i.'25,".j 336.^16.' 7, "5 336.0 47.' 3 1, "80 ai3 42. i Pegaso Hoinam 33^. 18. 48, 5 33?. Sa. 21, 7 338. 22. 42, 90 2l3 44- V Pegaso Mutar 337. 53. i3, I 338. 24. 36, 7 338. 53. 2, O7 214 -6. (V Aciuario Skat 340. 24. iq, 0 341. 0. 19, 0 341. 33. 45) 90 ai5 24. 0. Pesce austr. Pìiamalìiiit 341. 0. 62, e 341. 38. 32, I 342. 12. 26, 22 316 53. ,:; Pegaso Scheat 342. 58. 57, j 343. 3i. 25, 0 344. 0. 48, 33 217 54. tt Pegaso Markah 343. 8. 36, 3 343. 42. 5, 4 344. 12. 23, 98 218 lO. Pesci 35o. 58. 19, 3 35 1. 33. 46, 5 353. 3. 5o, 34 219 q8. 0 Pesci 356. 41. 8, 1 357. i5. 43, 8 357. 46. 57, 18 220 "' g Balena 357. 47. 33, 9 358. 22. 16, 5 358. 53. 3i, Il (n) A ciascuna delle mie Ascensioni rette, o a ciascun numeio ilell ulliina co- lonna si tolga la costante 3," co jier la ragione in afipresso. Del Prof. Giuseppe Bianchi Ta^. I. 8q Dkclinazione media 1755. Bradley — i.»a3.'ao,"3 -»- 9. 33. 33, 3 ^28. 56. 47, 8 —17. 7. 3, 7 — 3o. ho,. 49, 9 -t-26. 45. 3i, 2 -i-i3. 53. 39, 7 -f- o. 44- 4^> ^ -+- 5. 3o. 26, o — 18. 4^- O; 6 i8co. Pl.TZzi — i.° 8.'33,"8 -I- 9. 4?- 32, o -(-29. IO. 46) S — 16. 52. 47, 7 — 3o. 40. 4'j ^ -t-27. o. 5, 3 + 14. 7. 57, 1 -H 0. 59. 4^) ° -t- 5. 45. 23, o — 18. 26. 54, 3 ,840, 473 Bianchi — o.^hd.' i4,"6o -i-io. o. 2, 4^ -4-29. 23. 18, 80 — 16. 4°- 3, 21 — 3o. 27. 57, 3o -t-27. i3. 6, 25 -*-i4- so. 5o, 17 -H I. i3. 3, 20 -»- 5. 58. 48, 75 — 18. i3. 19, 04 Num. liezza stelle delle gran delle mie y h. osserv. 5. 4- 5. 5. 3. 4-5. 5. 3. 4- 5. 3. 4-5. 5. 1. I. 5. 2. 3-4. 5. 2. 3.4. 5. 6. 6-7. 5. 4- 5. 4-5. 5. 4- 6-7. -■ » '^ ] ■'K Towo J^X/7/. la 90 Posizioni Medie ec. Tav. II. {/>) — r-^r- moto pri'i in ) no annuo '- f Jì Pr.IXFjSIONE ANNUA IN ASI ENS. RETTA i.R. differenza 1755 i8co 1840, 473 594 -1- 4i,"i885 ■+■ 4l,"3l52 ^ o,"i3o — o,"o39 ■+■ e, "091 44 29, c855 29, 1082 — 0, 5oi 45 48, I69Ò 48, 2212 48, 2657 -+- 0, 596 ■+■ 0, 398 — 0, 198 46 64, 0007 64, ,457 64, 2718 -+- 0, 064 -H 0, 042 — 0, 02a 47 53, 4426 53, 5iia 53, 5582 -+- 0, C14 -+. 0, i35 -f- 0, 121 48 44, 1986 44, 23.5 44, 2607 — 0, 097 -♦- 0, 059 -1- 0, i56 49 65, 8690 65, 9973 66, io65 -»- 0, C87 — 0, 2a6 — 0, 3i3 5o 43, 1223 43, l5l2 43, 1766 — 0, 008 -1- 0, 082 -t- 0, 090 5i 41, 3540 4., 3784 41, 4oo6 — 0, 060 ■+■ 0, 019 ■+■ °, "79 Sa 56, 81 85 56, 6799 56, 7324 -t- e, o55 -H 0, 077 -)- e, 022 53 48, 1391 48, ib44 48, 1948 -t- 0, 049 -(- 0, c83 ■+■ 0, c34 54 38, 4694 38, 4909 38, 5o8i -t- 0, 026 — 0, 109 — 0, i35 55 45, 8574 45, 8854 45, 9101 -+- 0, 029 -1- 0, 0S9 ■+■ 0, c6o 56 57 39, 5940 39, 616 1 39, 6337 ■+■ 0, 017 — e, o5o — 0, 067 45, 5523 45, 5790 45, 6ot2 0, 021 -H 0, o56 -+- 0, 077 58 45, 3o3o 45, 3277 45, 3490 -¥■ 0, 074 -(- 0, 107 -f- 0, o38 59 32, 5i55 32, 53 16 ■+■ 0, 095 60 37', 7533 37, 7707 37, 7842 — 0, 404 — 0, 346 ■+■ e, o58 61 43, 5909 42, 6123 42, 6287 — 0, 022 ■+■ 0, 100 •+■ 0, 122 6a 48, 6059 48, 6281 48, 6454 -»- 0, 089 -1- 0, 099 -H 0, 060 63 65, 9975 66, o3i I -4- 0, 092 .... 64 54; 6404 54, 66 II 54, 6758 — 0, 048 -»- 0, c6i -t- 0, 109 65 5i, 3i84 5i, 3356 5,, 3476 0, o36 — 0, c33 -f- 0, 00.3 66 57, 4097 57, 4.78 57, 4282 — e, 178 ■+■ 0, 100 -H 0, 278 67 54, 36ii 54, 3725 54, 3-94 — 0, 181 -1- 0, o3i -H 0, i6a 68 54, 3821 54, 3854 54, 3358 -f- 0, 043 -1- 0, 286 -1- 0, 193 69 39, 5763 39, 5883 39, 5998 — 0, o3 1 -1- 0, C07 -H 0, c38 70 7' 5i, 9732 5i, 9680 5i, 9614 — 0, 024 -1- 0, 253 -+- 0. 277 55, 4590 55, 4416 55, 4244 _ 0, 032 -+- 0, 167 H- 0, 199 72 40, 1919 40, 1940 40, 1962 — 0, 535 — 0, 387 -t- 0, 148 73 59, 5o56 59, 4663 59, 4281 — 0, 090 -1- 0, 101 -4- 0, 191 74 37, 3o43 37, 3.34 37, 3201 ■"" 0, 007 — 0, 087 — e, o3o 75 35, 3 199 35, 3260 35, 3341 — 0, oo5 ■+■ 0, o5o -1- 0, o55 76 40, 6892 40, 6944 40, 6980 — 0, 012 -H 0, 089 -t- 0, IDI 77 36, 55io 36, 56oi 36, 5686 — 0, 022 -+- 0, 027 -H 0, 049 78 53, 9677 53, 9i36 53, 8825 — 0, 008 -+. 0, 0 1 5 + 0, 023 79 35, 5578 35, 5667 35, 5756 — 0, 178 -1- 0, i53 + 0, 33r 80 48, 9627 48, 9881 48, 9149 — 0, 189 H- 0, c65 H- 0, 204 81 82 58, oi52 ) 57, 9818 57, 8391 — 0, 260 1 — 0, 129 — 0. oo5 + 0, i3i -f- 0, 255 83 47, 9898 47, 9065 47. 8792 — 0, 699 — 0, 569 ■+■ 0, i3o 1 84 -4- 56, 1287 -f- 56, 0485 -+. 55, 9740 " e, 784 0, 502 -t- 0, 282 Sm Del Prof. Giuseppe Bianchi Ta^^. IT. ^3 moto prop rio annuo Pkecessiohe annua in declinazione in t- 1 e<:l. differenza 1755 1800 1840, 473 (B, P) (P, M -t- 7,"92i9 + 7/'7555 M- 7," 6040 _ o,".34 — o,"265 - c,"i3. 7> 3419 7, 2354 — 0, 455 r> "448 6, 9439 6, 7625 — 0, 027 — e, 027 0, eoo 6, 4954 6, 2282 ó, 9863 — c, 004 — 0, 022 — 0, 018 6, i6o3 5, 9355 5, 7334 — 0, 028 — Cj 114 — 0, c86 5, 5453 5, 3588 5, 1861 — 0, 043 — 0, i3o — 0, 087 5, 3o84 5, 0282 4, 7736 - 0, 442 — 0, 382 -t- 0, c6o 4. 9^77 4, 7736 4, 6081 H- 0, 012 — 0, 057 — 0, 069 4, 4878 4, 3rc4 4, i5o8 — 0, 006 — 0, 070 — 0, 069 4, 2723 4, 0288 3, SoS- — 0, 199 — 0, 181 + 0, 018 4, 1715 3, 9640 3, 778. — u, c34 — 0, 041 — e, 007 3, 6774 3, Sili 3, 3619 — 0, 06S — 0, 173 — 0, ic8 3, 5272 3, 3290 3, 1499 — 0, o5o — 0, i35 — 0, o85 3, 3.73 3, ,457 2, 9923 -+- 0, oc8 — Oj oo3 — e, Oli 3, 1569 2, 9592 2, 78,6 — 0, 002 — 0, lag — 0, 127 2, 56o4 3, 3824 -♦- 0, 010 — 0, i3a — 0, 142 2, 4089 2, 2820 — 0, ii3 2, 2491 2, 0862 I, 9387 - ò,'383 — 0, 5i3 — 0, i3o 2, 0847 I, 8994 ,, 73i5 -t- 0, c35 — 0, i85 — 0, 220 I, SBaÒ I, 3692 I, 1778 -4- 0, 007 — e, c3i — 0, o38 1, 6149 I, 3246 1, 0642 — 0, 028 — e, 223 — 0, 194 0, 9422 0, 7o3o 0, 4881 — e, 074 — 0, 212 — 0, i38 0, 56 12 -H e, 3365 -(- 0, i352 -1- 0, o65 — 0, 181 — 0, 246 -t- 0, 0204 — 0, 2295 — 0, 4560 — 0, 324 0, 321 -*- 0, co3 — 0, 0078 0, 2451 0, 4589 -f- 0, C04 — 0, 079 — 0, c83 0, 7119 e, 9498 I, 1642 — 0, 096 — 0, 223 — 0, 127 I, 0423 I, 2149 1, 3699 — 0, c85 — c, 216 — 0, i3i 2, c586 2, 2843 2, 4876 — e, 01 1 - 0, 197 — 0, 186 3, 5i85 2, 759P 2, 9750 ■+■ 0, 014 0, 12! — 0, i35 2, 9955 3, 1668 3, 3207 — '> >94 - ., 378 - 0, 184 3, 1926 3, 4479 3, 6788 — e, 073 — c, 074 0, COI 3, 8255 3, 9849 4, 1280 — 0, 019 — c, 109 — 0, j4o 4, 2571 4, 4072 4, 5428 -f- 0, 041 — 0, 117 — 0, i58 4, 57,2 4. 7433 4, 8972 ■+■ 0, c33 — 0, 162 — 0, 195 5, o6o3 5, 2134 5, 3522 -»- 0, c39 — 0, o3 [ — e, 070 5, 6537 5, 8788 6, c8oo -+- 0, 002 — 0, 040 — 0, 042 6, 4oo5 6, 5455 6, 6773 -1- 0, 008 ^ 0, CI 5 — 0, 023 6,3544 6, 5547 6, 735c — 0, COI — 0, i37 — 0, i36 6, 7735 7, 0095 1 7, 219, 1 — 0, 048 1 — 0, 090 — 0, c47 7. 39'5 7' S796 7, 7622 — 0, 977 — I, 106 — 0, 129 - 7' 70'5 — 7, 9229 — 8, 1192 — e, c54 — e. c3i -^- e, 023 94 Posizioni Medie ec. Tav. il. Il-r- s™ 1 O ' = ruoto prò] in h >rio annuo j Numei progressi delle ste 1 KECEsaiONE ANNUA IN ASCENS. RETTA . R. differenza 1 i 1755 1800 1840, 4-3 (B, P) (P, h) 85 -*- 37,"8.74 -*- 37," 8245 ^ 37,"83o2 -t- o,"oi9 ■+■ C,"oJO — o,"oo9 86 38, 3788 38, 386 1 38, 3928 — 0, 174 H- C, c44 -f- 0, 218 87 49, 0444 48, 9981 48, 9551 — c, ii5 -4- 0, 09.5 ■+■ 0, 210 88 52, 5885 52, 494' 52, 4078 — 0, 192 H- 0, 026 -♦- 0, 218 8q 5i, 5o86 5i, 4256 5I, 3499 — 0, o56 -t- 0, 134 -4-0, 190 90 49. 4^79 49, 3544 49, 2967 — 0, 046 ■+■ 0, 072 -4-0, 118 91 63, 55oo 63, 2:J20 62, 9825 — 0, 756 — 0, 576 -4- 0, 180 92 49, 4530 49, 388o 49, ^298 — 0, 009 -t- 0, ii3 -4- 0, 122 qS 44, 2675 44, =57^ 44, ^88 — 0, 080 -»- e, cSg -4- 0, 169 94 63, 8296 (yì, góco 62, 6067 — I, 686 — I, 359 -1- 0, 327 q5 5i, 635 1 5i, 5i38 5i, 4o35 0, 106 -(- 0, 084 -4- 0, 190 96 Si, 9753 5i, 8419 5i, 7213 — 0, 446 — 0, 122 -4- 0, 324 97 47, 8io3 47, 7545 47, 7049 — 0, o34 0, 025 -1- 0, CO9 98 99 48, 4558 48, 3879 48, 3258 ~~ 0, 33i — 0, 236 -4- 0, 095 55, 5978 55, 3320 55, 0957 _ 0, 234 — 0, o36 -4- 0, 198 100 5o, SaSa 5o, 4o3r 5o, 2957 — 0, o52 -4- 0, 264 -4- 0, 3i8 101 49, 7061 49, 6027 49, 5io9 -t- 0, 246 -f 0, 583 ■+- 0, 337 102 54, 7547 54, 5o59 54, 2834 — 0, 072 •*- e, 049 -+- 0, 121 io3 5i, 333o 5i, 16Ó1 5i, 0172 — 0, 018 -4- C, 189 -1- 0, i57 .04 100 44, i483 44, '^09 44, 21" — 0, 025 -t- 0, 3o7 -+- 0, 332 49, 2920 49, '725 49, c66a -(- 0, 006 -t- e, i53 -f 0, 147 io5 55, 9808 55, 536o 55, 1418 -1- 0, 210 -»- 0, 201 — 0, 009 107 58, 1713 57, 5904 57, 0772 — 0, 256 — 0, 069 ■+■ 0, 187 ic8 48, 0778 47, 9854 47, 9029 -t- 0, i5i ■+■ 0, 416 -4- 0, 265 109 49, 2882 49, i386 48, 9883 — 0, 009 -H 0, 128 -1- 0, .37 I IO 46, 3i53 46, 2986 46, 2846 — 0, 042 -»- 0, 224 -4- 0, 266 I j I 46, c584 46, 0579 46, 0087 — e, 049 H- 0, 220 -4- 0, 269 I la m3 40, 2926 45, 3564 45, 41 55 — 0, 084 -t- 0, 335 ■+■ 0, 419 46, 61 52 46, 563o 46, 5179 0, 562 — 0, 3oi -4- 0, 261 114 46, i358 46, i3o8 46, 1276 -4- 0, 700 -H 0, 774 -4- 0, 074 Ilo 48, 4297 48, 121 2 47, 85oi -»- e, i58 -t- 0, 4^4 -4- 0, 276 116 46, 0219 46, 0871 46, o52r — 0, 070 -+-0, 106 -4- 0, 176 117 46, 0343 46, o6o5 46, 0854 — 0, 572 — 0, 260 ^- 0, 3l2 118 40, 1793 39, 983i 3g, 8073 H- 0, 108 ■+■ 0, 537 -4- 0, 429 "9 42, 8202 42, 7129 42, 6.61 — 0, 371 + 0, o53 -4- 0, 424 120 47, i'38 47, i885 47, 2583 — 0, 071 + 0, 3c6 ■+■ 0, 377 121 48, 8093 48, 9262 0, ICO I 23 45, 9482 45, 9890 46, 0277 — 0, 242 -+- 0, ou3 -4- 0, 245 123 47, oan 47, C9^ 47, i566 — 0, 189 -f- 0, 019 -4- 0, i58 .24 35, 9344 35, 8614 35, 7992 — e, 276 -t- 0, 074 -4- 0, 35o 1 25 42, 9194 42, 9140 42, 9125 — €, 073 + 0, o3i -4- 0, io3 \lU -4- -+- 5o, 6931 -f 5o, 8345 -+- e. 194 N Del Prof. Giuseppe Bianchi # Tm '. H. PliECKSSIOIVE ANNIA IN DECLINAZIONE moto prò 3110 annuo in ( iecl. differenza 1755 1800 1840, 473 (B, P) (P, *) - 8," 3991 — 8,"548o — 8,"67g8 -+. o,"o58 — o,"oc6 - o,"c64 9, 8raa 9, 9556 IO, o84a -t- 0, 187 -f- 0, o)3 — 0, 124 IO, 2,744 IO, 4554 10, 6173 — 0, Olà — 0, 098 — 0, 083 12, 1492 12, 3284 12, 4888 -t- 0, 077 — 0, 061 — 0, i38 12, 2643 12, 4394 la, 5950 — 0, 217 — 0, 263 — 0, 046 i3, o652 i3, 2255 i3, 3685 -^ 0, cc3 — 0, c33 — 0, o58 i3, o5i2 i3, 2554 i3, 4365 — 0, 284 — 0) 377 — 0, 098 i3, 2335 i3, 3921 i3, 5337 — 0, 045 0, 025 + 0, 020 i5, Il 63 i5, 2895 i5, 3492 -t- 0, 071 — 0, 060 — 0, 01 I i5, i6©9 i5, 332. .5, 4847 — 0, 698 — 0, 855 — 0, 257 16, oi85 16, 1493 16, 2659 -t> 0, C26 — 0, c83 — 0, 109 16, 3744 16, 4996 16, 6111 — 0, 041 — 0, 106 — 0, o65 16, 7909 16, 9008 16, 9975 •+• 0, eoo — 0, 064 — 0, 086 ' 17, i665 17, 2706 17, 3629 -+■ 0, 067 — 0, c5a — 0, 119 • '7> 47>9 17, 58i8 17, 6863 — 0, c6a — 0, 047 + 0, oi5 17, 5067 17, 6096 17, 7004 17, 8365 + 0, 109 — 0, i36 — 0, 027 17, 65o6 17, 7493 — 0, III — 0, 206 — e, 095 i7> 7op5 17, 8074 18, 4451 17, 9019 -h 0, 069 0, 021 — 0, 090 1 18, 36ci 18, 5197 -+- 0, 045 — 0, o58 — 0, io3 18, 7797 18, 8428 18, 8979 -t- 0, 242 ■+■ 0, no — 0, 182 18, 9215 18, 9881 19, 0460 + 0, c6o — 0, ioa — 0, l52 19, o5f4 19, 1227 19, 1816 ■+• 0, 052 — 0, 093 - 0, .43 19, 0921 19, 1689 19, 2356 — 0, C94 — o> '47 — 0, o53 19, 4087 19, 4519 ly, 4938 — 0, C97 — 0, 222 0, 135 19, 4926 19, 535i 19, 5776 -+- 0, io5 — 0, oog — 0, ii4 19, 6841 19, 7180 19, 7470 -t- 0, 028 — 0, 097 — 0, J25 19, 8225 19, 8483 19, 8699 ■+- 0, 060 — 0, co3 — 0, c63 1 ' '9, 9'84 19, ^Ò6g 19, 9521 + 0, co5 — 0, 076 — e, 081 19, 9590 19, 9742 19, 9861 — 0, o33 — 0, 170 — e, 187 19, 9710 19, 9853 19, 9y65 — 0, 264 — 0, 299 — 0, c35 , '9> 99-^7 20, 0060 20, oi5i — 0, o3i — 0, 169 — 0, i38 20, oS35 20, 0417 20, 0298 -+- 0, 016 — 0, c86 — 0, 102 19, 9007 19, 8700 19, 8408 — 0, 087 — 0, o53 ■+■ 0, 016 19, 7091 19, 6711 19, 6352 — 0, 099 — 0, c5a -f- 0, 047 19, 6865 19, 6456 19, 6067 -♦- e, 066 -h 0, o35 — 0, o3i 19, 0782 19, 0041 18, 8852 18, 9895 18, 8157 -t- 0, 010 — 0, i8a — 0, o63 — 0, 142 j8, 7865 18, 7108 18, 6412 -t- 0, 142 — 0, 025 — e, 147 18, 5770 .8, 4944 18, 4182 ^- 0, 048 •+■ 0, 046 — 0, eoa r- 18, 2627 18, 1987 18, i3i6 -f- 0, CIÒ — 0, 128 — 0, i33 18, 07II ■7, 9849 17, 9o58 — 0, 8.4 — e, 396 — 0, 082 ^™ — 17, 7507 — 17, 6526 — 0, o85 96 Posizioni Medu - ec. Tav. II. i moto prof rio annuo 51 S B a "• " bsjj:. a.— Pbecf.ssione annua in ascens. retta in A . R. differenza 1755 1800 1840, 473 (B, P) ( P, M 127 -t- 5a,"68i5 ■+■ 52, "8930 + 53,"o858 - o,"48i — o,"692 — 0, 2) I ii3 24, 3344 24, 3701 24, 40^3 — 0, 3i7 + 0, 23 1 -H 0, 548 llM) 42, >r.85 42, I66I 4'2, 1732 — I, 242 — 0, 954 -4- 0, 288 1 Su 49, 4399 49, 5439 49, 6384 — 0, o63 -H 0, 097 -)- 0, 160 l'il 48, 1755 48, 2554 48, 3286 — 0, 122 -t- 0, 12 1 4- 0, 243 ,:ì_i 37, 8853 37, 9017 37, 9160 ■+■ 0, 054 -t- 0, 466 ■+■ 0, 412 IO 3 44j 0002 44, 0428 44, 08 ro ■+■ 0, l52 + 0, 422 -H 0, 370 '•■4 41, 3289 41, 358a 41, o852 -f- 0, o3o -\- 0, 307 ■+■ 0, 277 I.S5 5i, 9141 52, 0120 52, 1000 -+■ 0, o3o + 0, 229 -t- 0, 199 j36 46, 9575 47, 0140 47, 0654 — 0, 119 + 0, 33a -1- 0, 451 l37 47, 2841 47, 3410 47, 3925 + 0, 043 ■+■ 0, 179 ■+■ 0, i36 i3S 54, 74:17 54, 8492 54, 9424 + 0, 057 -+- 0, 075 -1- 0, 018 iSg II, 6712 1 1, 8060 II, 9249 — 0, 042 .... ■4° i4i 38, 673. 38, 6980 38, 7225 — 0, 266 -1- 0, o55 -1- 0, 321 49, 2763 49, 338o 49, 3931 -t- 0, 028 , — e, 006 — 0, o34 .43 34, 3766 34, 3977 34, 4181 — 0, 569 _ 0, 384 + 0, i85 .43 3c, 6809 3o, 7087 3o, 7324 — 0, 095 + 0, 269 + 0, 364 ,44 34, 3794 34, 4099 34, 4^2i 0, l52 ■+- 0, 166 -H 0, 3i8 ,45 5i, 3435 5i, 3972 5,, 4443 + 0, o38 + 0, 073 ■+■ 0, o35 146 40, 9294 40; 9543 40, 9782 — 0, 084 + 0, 097 + 0, 181 '47 55, 0239 55, o836 55, 1387 — 0, 012 -4- 0, 080 -H 0, 092 148 41, 5440 41, 5677 41, 5886 •+• e, 022 -+- 0, i85 + 0, i63 j 149 62, 0834 62, 1375 — 0, 082 ,5o 44, 3960 44. 4'8. 44, 4379 — 0, 067 -+- 0, 044 + 0, III ■ r.. 45, 0463 45, 0691 45, c886 — 0, 124 -t- 0, 106 -t- 0, 23o i5i 20, 8007 20, 8258 20, 8471 — 0, C18 + 0, 108 -t- 0, 126 i53 53, 7706 53, 7827 53, 7913 — 0, 079 -1- 0, 021 ■+■ 0, 100 ,54 i55 57, 5667 57, 5698 57, 5706 — 0, o33 -H 0, 078 ■+■ 0, III 47, 060 1 47, 0723 47, 0820 — 0, 687 — e, 435 4- 0, 202 i56 55, 5979 55, 5965 55, 5934 — 0, 044 — 0, 021 -t- 0, 023 ,57 3o, i553 3o, 1657 3o, 1734 + 0, 235 — 0, 1 I 5 — 0, 35o i58 56, 2584 56, 2367 56, 21 55 -t- 0, 192 + 0, 024 — 0, 168 ■ 59 33, 1622 33, ,74. 33, 1848 — 0, 104 + 0, 177 -H 0, 281 ifio 55, 9.32 55, 8838 55, 8555 -(- 0, o39 — 0, 000 — 0, oSg 161 44, 6862 J 44, 6848 44, 6846 1 0, 025 H- 0, 118 -t- 0, 143 iGn s — 0, o3o + 0, 23o ■+■ 0, 260 ir, 3 57, 4638 5/, 42c4 5-; 3798 — 0, 044 — 0, 007 -+- 0, o37 ,r,4 33, 6108 33, 6210 33, 63o8 — 0, 125 + 0, 190 + 0, 3i5 i65 41, 3407 41, 3440 41, 3480 — 0, i65 + 0, 192 -t- 0, 357 1 r,6 53, 6616 53, 6274 53, 5947 — 0, 024 -t- e, o3o ■+• 0, 054 167 48, 8687 48, 85o8 43, 8341 — 0, 044 + 0, 139 + 0, i83 168 -(- 52, 8i5Ì -*- S2> 7777 52, 7439 — 0, o5o -H 0, 102 + 0, |52 - Del Prof. Giuseppe- Bianchi Tav. IL 97 \- 1 moto prop rio annuo PllKCFSSIONE ANKUA IN DECLINAZIONE | 1 1 in il ecl. differenza 1755 i8co .840, 473 (B, P) (P, M — 17, "7007 - 17," 5882 - ^i,"m'^ - o,"647 _ c,"668 — 0,"02I 17, 4723 17, 4167 17, 3663 -4- 0, 002 — 0, 094 — 0, 096 17, 1766 17, 0786 16, 9901 — '. 924 — 3, 089 — 0, i65 i5, 5170 i5, 3759 i5, 3461 ■+■ 0, oo4 — 0, 12.5 — 0, 129 i3, 9467 i3, 7912 i3, 6495 -t- 0, 040 — 0, 116 — 0, i56 13, 6047 12, 4?22 13, 35,4 -)- 0, oo3 _ 0, 168 — 0, 17' 12, 0600 1 1, 9022 II, 7577 ■+■ 0, 094 -4- 0, 010 — 0, o83 II, 87,8 1 1, 7280 II, 5870 ■+- 0, 103 — 0, i58 — 0, 260 IO, 6891 IO, 4935 IO, 3i44 ■+■ 0, 045 — 0, 102 - 0, '47 9, 9155 9' 7^44 9, 5698 — 0, o35 — 0, 220 — 0, i85 9, 6215 9, 4363 9, 3685 -f- 0, 120 — 0, c38 _ 0, i58 8, 9>94 8, 7016 8, 5o33 -+- 0, 024 - 0, 097 — 0, 121 1 8, 4ai2 8, 3743 8, 33ii H- 0, 083 — 0, 034 — 0, 116 8, 5o33 8, 3486 8, 2080 -t- 0, 022 — 0, o65 — 0, c88 8, 1856 7, 9863 7, 8o5f -t- 0, 097 — 0, 067 — 0, 164 7, 5ii6 7, 3727 7, 34.54 -1- 0, 629 ■+■ 0, 340 — 0, 189 i 7, 3ii8 7, 1860 7, 0701 — 0, o36 0, 123 — 0, 087 5, 9563 5, 8118 5, 6793 -1- 0, 100 — 0, 004 — 0, 104 5, 5co4 5, 2829 5, o852 -*- 0, 209 — 0, 010 — 0, 219 4, 8973 4» 7225 4, 5655 ■+■ 0, 126 — 0, 043 — 0, 169 4, 5996 4, 3635 4, 1498 -+- 0, 024 — 0, 099 — e, 123 3, 17.52 2, 9948 3, 7.340 3, 83 17 3, 49 '5 — 0, 119 _ 0, 255 — 0, 221 — 0, i36 3, 499.3 2, 3o56 3, l3l2 ■+■ 0, 347 ■+■ 0, 094 — 0, i53 2, i3oi I, 9342 I, 7567 — 0, 019 — 0, 12,3 — 0, ic4 0, 7945 — 0, 7o3o — 0, 6313 — 0, 0.54 — 0, 040 ■+■ 0, or4 — 0, 0769 -*- o,« 1576 -♦- 0, 3704 ■+- 0, 048 — 0, o85 — 0, i33 -t- 0, 4^49 0, 7166 0, 9438 — 0, 034 — 0, 070 — 0, 046 0, 7566 0, 9595 I, 1428 — 0, 603 — 0, 759 — 0, 107 I, 1239 I, 3663 1, 5852 — 0, 221 — 0, 21 1 ■+■ 0, 010 2, 50I2 2, 6828 3, 7508 ■+■ 0, 3o9 -+- 0, 244 — 0, o65 2, 64-78 2, 891.) 3, iio5 -+- 0, 012 — 0, 028 — 0, c35 3, 5741 3, 7'48 3, 8440 ■+■ 0, 016 — 0, c66 — 0, 082 3, 4889 3, 7292 3, 944' — 0, o65 — 0, 1C9 — 0, 044 3, 8332 4. 023 1 4, .94'^ ■+- 0, 199 — 0, 048 — 0, 247 3, 8341 4, o25o 4> '974 -4- 0, 255 — 0, 040 — 0, 295 4, 0868 4, 33 12 4, 55 1 3 — 0, CI I — 0, 096 — 0, o85 4, 3246 4, 4660 4, 5939 -f- 0, 047 — 0, oéa — 0, 099 4, 6971 4, 8717 5, 0281 ■+■ 0, 069 — 0, 25 1 0, 320 4, 7840 5, CI 12 5, 2i33 -f- 0, c38 — 0, 089 — 0, 127 5, i4o3 5, 3457 5, 53 00 ■+■ 0, o55 — 0, i59 — 0, 314 £, -(- 5, 4?°^ -t- 5, 6907 ■+■ 5, 8879 -*- 0, oSg — 0, 070 — 0, 129 n Tomo XX IH. i3 <)H Posizioni Medie ec. Tav. IL z. C ■" l'ilECESSIONE AKKUA IN ASCEKS. BETTA muto |ìruprio annuo in A. R. differenza 1755 1800 1840, 473 (B, P) ( P, h) 1 (K) -1- c,"6oi3 ■+■ 0,"4422 -+- o,"3ii3 -f- 0,"223 -(- o,"578 -)- c,"355 I -0 ^5, 1490 45, 1392 45, i3i5 -+- 0, 189 -f- 0, 339 -H 0, i5o 1 7 1 36, 2445 36, 2523 36, 2609 — 0, 084 -\- 0, 203 -(- 0, 287 172 36, 2427 36, 25o5 36, 2590 — 0, 104 -f- e, 177 -i- 0, 281 i":ì 46, 6221 46, 6027 46, 5858 -t- 0, c4i -t- 0, i5o -+- 0, 109 ■74 40, 188 1 40, 1900 40, 1926 — 0, o36 H- 0, 243 -t- 0, 279 1-5 42, 7782 42, 7723 42, 7677 -(- 0, 043 H- 0, 123 -H 0, 080 176 43, 3719 43, 38c4 43, 3906 -»- 0, 537 -4- 0, 708 -H 0, 23l 177 44, 1908 44, i8o3 44. '7^' -+- 0, c54 ■+■ 0, 187 -f- 0, i33 178 33, 7436 33, 7536 33, 765 1 — 0, 175 0, o32 ■+■ 0, 143 179 43, 9791 43, 9668 43, 9566 -H 0, 043 ■+■ 0, 190 -H 0, 147 180 46, 4956 46, 4680 46, 4437 •+■ 0, 047 -t- 0^ 112 H- 0, o65 181 5o, o339 49, 9797 49, gSia — 0, 06S -(- 0, III ■+■ 0, 176 i8j 18.3 5o, 0772 5o, 0222 49, 9736 — 0, 023 -f- 0, 100 -f- 0, 123 5o, c852 5o, o3o3 49, 9809 ■+■ 0, c58 -+- 0, 196 ■+■ 0, i38 184 i85 5o, 7740 So, 7108 So, 6545 — 0, 040 ■+■ 0, 233 -t- 0, 273 5o, 7701 So, 7067 So, 65o6 — 0, COI -4- 0, 124 -t- 0, 125 186 32, 2239 32, 2366 32, 2484 — 0, 077 -(- 0, 3o7 -1- 0, 384 .8- H7> 0980 47, 0624 47, o3i3 -f- 0, c53 -♦- 0, aSg -H 0, 186 i88 27, 8271 27, 8297 27, 8337 - 0, .,5 -+- 0, Sai -+- 0, 436 189 43, 0019 42, 9935 42, 9872 — 0, 064 ■+■ 0, i3i -f- 0, 195 i9 -H 0, 258 \ igo 42, c8i5 42, 0779 42, 0767 -f- 0, 022 -(- 0, 280 191 41, 7207 41, 7199 41, 7203 -f- 0, III -♦- 0, 200 ■+■ e, 089 192 3o, 5956 3o, 6io4 3o, 6247 — 0, o83 -f- 0, 188 -4- 0, 271 .93 35, 8892 35, 9075 35, 9263 ■+■ 0, 373 ■+■ 0, 600 -f- 0, 227 194 18, 4488 18, 3669 18, 2978 0, 023 -t- 0, 881 -t- O5 904 195 33, 4174 33, 4416 33, 4648 — 0, 061 ■+» 0, 142 ■+■ 0, 203 19'j 197 44> 8652 44, 8462 44, 8295 — 0, o38 -V- 0, 144 -+- 0, 182 34, 9292 34, 9530 34, 9777 + 4, 946 -H 5, 383 -*- 0, 437 198 34, 9280 34, 9544 34, 9782 -t- 5, ic3 -f- 5, 3o3 -1- 0, 200 199 38, ,778 38, 2025 38, 2266 — 0, i33 ■+■ 0, 21 1 -*- 0, 344 200 21, 33i5 21, 2892 21, 2543 -+- 0, 196 ■+■ 0, 599 -+- 0, 4o3 201 47, 5408 47, 49 '7 47, 4488 -•- 0, Oli -(- 0, 129 -t- 0, 118 202 .2, 5335 12, 3i8i 12, l302 — 0, 186 -f- 0, 341 -f- 0, S27 203 So, oi83 49, 9298 49, 8486 -f- 0, 210 -+- 0, 399 ■+■ 0, 189 204 44, I7r,0 44, i65o 44, '619 ■+■ 0, o52 -t- 0, 164 -^- 0, ira 205 49, 74.0 49, 655o 49, 5780 -1- 0, 229 -♦- 0, 497 -4- 0, 268 2o5 46, 3o59 46, 2765 46, 25o6 — 0, 029 -+• 0, 107 ■+. 0, i36 ao-" 45, 1373 45, 1282 45, 1207 -f- 0, 385 -f- 0, 47' ■+■ 0, 086 208 47, •'">7'^« 47, 5.75 47, 4709 + 0, 087 -♦- 0, 408 -f- 0, 321 209 46, 4563 46, 4258 46, 3998 -H 0, i37 ■+■ 0, 3i5 -+- 0, 178 ] 210 46, 2235 46, 1995 46, .786 -»- 0, 128 ■+■ 0, 485 -f. 0, 357 1 1 Del Prof. Giuseppe Bianchi Tav. IL 99 ■ moto piop rio annuo Precessione annua in declinazione in t ecl. differenza 1755 1800 ,840, 473 (B, P) (P, b) -1- 6,"2352 ■+■ 6,"2376 -1- 6, "2410 -f- o,"o59 — 0,"028 - c,"c87 6, 3953 6, 4820 6, 6498 -t- 0, '99 — 0, o3i — 0, a3o 6, 8999 7, 0-87 7, 3064 -+- 0, o65 — 0, o33 — e, 099 6, 9344 7, o8i5 7, 3i36 -f- 0, c83 — 0, o85 — 0, 168 7, 1930 7, 3817 7, 55i7 "*" 0) ^'71 — 0, 087 — 0, 164 7, 6089 7, 7698 7, 9143 ■+■ 0, 100 - 0, 166 — 0, 266 8, 0495 8, ai84 8, 3709 ■+■ 0, 046 — 0, 102 - 0, 148 8, 3858 8, 5585 8, 7i3i -f- 0, 450 -♦- 0, 395 - 0, i55 8, 7386 8, 9105 9, 0644 - 0, 418 — 0, 595 — 0, 177 9, o4o3 9, 1692 9, 2866 -H 0, 049 — 0, c86 — 0, i35 9, 4323 9, 5998 9, 7495 -♦- 0, 082 — 0, 028 — 0, no 9, 9399 IO, io38 lo, 2610 -♦- 0, oSa — 0, 089 — o> '4' IO, 24:35 IO, 4380 IO, 5982 -f- 0, 129 — 0, io5 — 0, 234 IO, 3370 IO, 5325 IO, 6«47 ■4- 0, 086 — 0, 142 — 0, 228 IO, 3670 10, 55i5 10, 7176 -4- 0, 078 — 0, 104 — 0, i8a IO, 5571 10, 7427 IO, 9101 -+- 0, 254 — 0, 093 - 0, 347 IO, 5745 IO, 7608 IO, 9272 -+- 0, 128 — 0, 040 — 0, 168 II, 0334 II, 1477 H, 2530 H- 0, o58 — 0, 002 — 0, 060 i II, 2541 ... 4475 II, 5973 -1- 0, 098 0, 126 — 0, 224 1 1 1, 6852 1 1, 7805 II, 8677 -(- 0, o36 — 0, c86 — 0, 122 II, 6i63 1 1, 7663 II, 9014 -♦- 0, 064 — 0, l52 — 0, 216 II, 9893 12, o838 12, ai38 -4- 0, 132 — 0, 201 — 0, 323 la, 0926 13, 3354 13, 3636 -4- 0, 114 — 0, 089 — 0, i53 13, 4376 12, 5292 1 2, 63 1 5 H- 0, o35 — 0, o3o — 0, c65 13, 6478 12, 7677 12, 8753 ■+■ 0, 428 -1- 0, 176 - e-, 247 12, 9147 la, 9736 i3, 0281 -t- 0, 807 -f- 0, 701 — 0, ic6 i3, 4390 i3, 5341 i3, 6288 -♦- 0, 096 — 0, 049 _ 0, .45 i3, 7070 i3, 8469 i3, 9717 -t- 0, 014 — 0, 004 — 0, 048 i3, 9341 14, o565 14, 1664 + 3, 289 -H 3, 2l8 — 0, o'-i i3, q355 14, 0579 14, 1671 + 3, 077 ■+■ 3, 993 - 0, o85 14, 3426 14, 4553 14, 5566 — 0, 034 — 0, III - 0, 077 14, 9520 i5, 01 15 i5, o658 — 0, 062 — 0, o3i ■+■ 0, o3i i5, 2933 i5, 4339 i5, 5403 -t- 0, 095 -1- 0, 00 I — 0, 094 i5, 6695 i5, 6994 i5, 7290 — 0, 120 — 0, 043 ■+■ 0, 077 i5, 7283 i5, 86c3 i5, 9755 -H 0, c44 — 0, 044 — 0, 088 16, C320 16, .441 16, 2437 H- 0, 068 — 0, 018 — 0, 086 16, 1019 16, 3380 16, 3389 0, 200 — 0, 3io — 0, IIO 17, C701 17, 1713 17, 2627 -H 0, 042 0, 000 — 0, C43 17, 2803 17, 3770 17, 4623 ■+■ 0, 120 — 0, 022 — 0, 143 17, 5435 17, 6398 17, 7254 -t- 0, C19 — 0, 017 — 0, o36 17, 7559 17, 8463 17, 9259 -1- 0, 114 — 0, oTa - 0, 186 Si -1- 18, 0414 -4- 18, ia55 -H 18, 1996 -t- 0, 009 •+■ 0, 019 — 0, c4o lOC Posizioni Medie ec. Tai'. IL ■^ _ 9 Jz. mutu proi Pkeckssioke annua in as TEKS. HETTA Nume progres ilelfe st 111 A L. R. differenza 1755 180C .840, 473 (B, P) (T, l>) ai I ■+■ 46j"a276 -1- 4^)''2''4'' -H 46,"i852 ■+■ o,"o4a -1- o,"363 ■+■ o,"32i aia 44, 7267 44> 7397 44, 75a5 ■+■ 0, oo5 -1- 0, 262 -t- 0, 247 2l3 41, 8522 41, 9220 41, 9865 — e, 029 ■+■ 0, 198 -(- 0, 227 a. 4 48, IOI9 48, 0249 47, 9568 — 0, o63 ■+■ 0, 1 13 -t- 0, 176 ai5 49, 9386 4q> 79 '7 49, 6608 -1- 0, 359 -t- 0, 533 -1- 0, >74 216 43, 0691 43, J447 43, 2145 -♦- 0, 180 -t- 0, 389 -+- 0, 209 217 44, 5909 44, 6263 44, 6627 ■+■ e, o38 ■+■ 0, 265 ■+■ 0, 227 218 45, 9889 45, 9925 45, 9972 — 0, o53 ■+■ 0, 057 -H 0, Ilo 219 45, 9.79 45, 9471 45, 9747 -t- 0, 194 ^- 0, 328 -+- 0, i34 220 -4- 45, 2915 ■+- 46, 2337 -+- 46, 1834 -f- 0, 017 -+- 0, 109 ■+■ 0, C92 i» (i) A ciiiscun numero delle ultime due colonne, ossia della (Y, h) 111 A R. quella delle differenze, aggiungasi algebricamente la costante — e," 074. Del Prof. Giuseppe Bianchi Tav. 11. %òi Precessione annua in declinazione 1755 1800 1840, 473 -K i8,"285i -t- i8,"3635 ■+■ 18, "4327 18, 5ri6 18, 5821 .8, 6444 18, 58So 18, 6024 18, 7089 18, 9020 .8, 967.3 19, 0245 18, 9724 19, o386 19, 0968 19, i855 19, 236o 19, 2797 19, 2020 19, a536 19, 2985 19, 8154 19, 8417 19, 8636 20, o3o4 20, 0367 20, 0407 -f- 20. 0490 -t- 2C, COiS ■+■ 20, o5ao moto proprio annuo in deci. (B, P) 0,"o42 o, 091 o, 018 o, c88 o, 148 O, 212 o, 047 o, 160 O, 100 o, ogo (P, b) — o,".34 — o, 072 — o, 093 — o, 107 — o, 191 ■+■ o, 041 — o, 076 — o, 067 — o, i3o ■+■ o, 092 Jifterenza 0,-176 0, i63 O, HI e, 195 o, 043 o, 171 O, 123 o, 217 o, o3o o, 002 ..U 111., OiJUl nj 'Ci li ">à.'> Jwl (lOn Ì-'.S5l''J ; 1 i: 1 / 1 1» (Il >•.) , t>%ff>:i li:;i i .iJnf /o.Jjiro-.. 13(1 jnginij (ii clivup III 1- tei; ■j , 1I"4* li"" .'K';» ii-iUin..jvi 1,1 isi.fti'1 .;i t»nijiinV rloi.vii -^'I . ' 'i l'p r !'••!) fi A - imono; ..; ■(la ,.v1.A Ili odq.r '^ oiooì 1. vì;<'\ '^ij.j'lJ ,(c2l) »' l'q a/rioO >i f:i,: '- '■ .ijkhì'I if' ogoliijfi Ieri oi qoiq ui 11: ti i.nin f/r )i (Ost; ..nj u'Pi|',i) .HJ. m M ib oiiquiq 'iMc; .'i injii'.'i Tjq ; Min '1 r T )i (iCi).;" r, e jf.'i -i-iri ó.iH"'r 1; -:iiqqon ^li) ,.1 fAi f,ii].-,oi.' on'.t. ' i.iwi^vwr ,.!'V » '(-.. ■ •mi l.'i t.-ìi;Uf'l'f' T'IJ jl^jl.s'lll), •Jllal.-'ip -1 : r'/I !/ , .- '. T • ■' 'no^.'.ti 1,1 ut- •liHii' roii nJi'.iiiiiirjl ■1.1 il;o .' ;.'.' .noiygrm .'.:M '•i.'>iS'T!>ni •■ '•- i i<|.ii-3(; ')J(!icIm'. ' ,fi',..T.(. 'ì; 'Ì i-i!;oi'; t.'- l !» ■ I l' ', ■;-5Ì"r.- ' : !qi;. ■ : •■'3 •■'. ■■' • Ibni.'i ■ ■ loa Posizioni Medie ec. ANNOTAZIONI. Le brevi e poche Note che or aggiungo al precedente catalogo di posizioni si riferiscono pel Numero progressivo alle stelle corrispondenti di esso. Ntim. progr. (8g) (( Per error tipografico nei Fundamenta di Bessel è sbagliato il segno alla differ. del catalogo di Piazzi in A. R., e deve leggersi — 0,9 in luogo di -(- I, 3. . .■ , (loa) H II moto proprio in A.R., trovato da Piazzi, è troppo grande. (104) '( L' A.R. da me determinata può eccedere il vero. (106) (( Dubbiosa un poco da mia parte 1' A.R., per valori che iliscordanu. (mi) (( L.1 lettera i del nome della stella, posta nel catalogo di Piazzj, pare che debba essere invece v, come la porge Bessel nei Fondamenti. (117) (( Troppo folte il moto proprio in A. R., trovato per un medio da Piazzi, al confronto col solo Bradley. Le due belle stelle componenti y Ver- gine, per me ora confuse in una , lasciaronsi osservare da Piazzi distintamente. (121) (( Per mancanza forse di confronti, Piazzi non ha dato il moto proprio di questa stella. (122) (( Il muto proprio in A.R., secondo Piazzi, troppo grande rispetto a quello di Bessel nei Fondamenti. (i2.3) (I In tutte le 320 stelle io presi equivoco solo jier questa, e vale a dire che per abbaglio mio nel volgere falsamente il cannocchiale alla m Vergine di Piazzi la scambiai con una stella di 9-10 grandezza, della quale ottenni per media posizione io,J;(ifj'iM -'••no io4 Posizioni Medie ec. CONSIDERAZIONI INTORNO AI MOVIMENTI PROPRJ DELLE STELLE. Jn un mio scritto sopra (juesto argomento, che io ebbi Toiiore di leggere al ([uinto Congresso scientifico italiano l'ul- timo Settembre in Lucca, porgendone a saggio le posizioni medie delle prime cinquanta fra le 22.0 stelle del Piazzi, co- minciai quella succinta esposizione dal ricercare e stabilire a un dipresso il limite massimo di errore che può temersi nelle mie determinazioni, e in confronto a quelle di Piazzi, per l' in- fluenza immediata nelle quantità dei moti proprj. Ciò è ri- chiesto dalla natura stessa dell'attuale soggetto; laonde io debbo qui ripigliarlo dall' incominciamento medesimo, esteso però a tutte le aao stelle. A procedere con tutto il rigore e r esattezza possibile sarebbe di mestieri per vero dire, che investigato da prima il grado relativo, o il cosi detto /?é'50 delle mie posizioni medie comparativamente a quello delle analoghe di Piazzi e di Bradley, e disposto (£uindi un sistema di etpia- zioni di condizione fra i rispettivi errori delle osservazioni ed i risultamenti, dal trattar tali equazioni col metodo de' minimi ([uadrati ne ricavassi la più giusta e precisa quantità di error probabile nel movimento proprio di ciascuna stella; nel che non avrei che a seguir l'orme e l'esempio de' moderni astro- nomi, e fra gli altri del cel. Struve nel suo profondo e inte- ressante lavoro sopra il coefficiente dell'aberrazione. Ma oltre che il ripetere la stessa operazione ad ogni stella in tanto numero di queste raddoppierebbe la già lunga e gravissima fatica del catalogo, è anche da riflettere che il numero delle osservazioni per ogni stella dovrebbe aversi maggiore del mi(j in genere per fondarne il giusto criterio della probabilità nell' error finale ; e al mio intento da ultimo non abbisognando più che di rilevare un limite approssimato e massimo delF error probabile, per tutte queste ragioni io mi appago di pre- se-nte alla sola disamina e valutazione del detto limite. Del Prof. Giuseppe Bianchi io5 ■I ■ Sopra le mie declinazioni medie primieramente io vorrei tjuasi esser tranquillo che l' error probabile di ognuna non ecceda la quantità in arco di a a 3". Imperocché le spiegate precauzioni e avvertenze che usai, le inversioni del circolo, l'accordo nei valori di altre determinazioni da me ottenute, e il confronto co' simili risultamenti di altri osservatori mi persuaderebbero che ne' miei archi d'altezza ridotti non resti a temere alcun error costante sensibile di flession del cannoc- chiale, di eccentricità, di divisioni, di rifrazioni e di latitudine; e perchè in riguardo agli errori fortuiti di collimazione, di let^ tura, di livello ecc., questi dovrebbero pur combinarsi entro r indicato confine in piii o in meno dal vero. Io ammetto col lodato Struve che le declinazioni di Piazzi, atteso anche il grande numero delle sue accuratissime osservazioni, e quelle parimenti di Bradley ridotte da Bessel e riconosciute di una esattezza meravigliosa, non contengali all' epoca rispettiva se non la metà o poco più dell'anzidetto mio errore, però sem- pre nel doppio senso ugualmente probabile, trattandosi di quantità e combinazioni fortuite. Da ciò è manifesto che il limite di errore nei moti proprj di declinazione, dedotti dai cataloghi di Bradley e di Piazzi coli' uniforme e più preciso calcolo della precession annua, deve trovarsi di zìz o",5 d'arco, e certamente di poco maggiore. E per simil guisa il limite di errore ne' moti proprj di declinazione collo stesso metodo ricavati dai nostri cataloghi, di Piazzi e mio, ascenderà per sommo all'arco di ±r o," io; laonde, se il moto proprio in de- clinazione fosse costante, le differenze fra le due accennate determinazioni di esso, antica e moderna, sorpassar non do- vrebbero il limite di ± o," i5; e soprattutto questo limite, attesa la probabilità della sua fortuita derivazione, per molte stelle aft'ettar dovrebbe tali differenze, quando esso vi si ritrova ora col segno -i- ed ora col — , non essendovi ragion di pre- valenza dell'uno anzi che dell'altro, a;;, i.>'t/ '■•'< ■ ..) ...i . . Molto più composta che non quella delle declinazioni è la formazione delle ascensioni rette medie, e dipendente da Tomo XXIII. i4 io() Posizioni Medie ec ! 1111 maggior numero, di eleniontl osservati; onde più ardua e incerta riesce per queste la determinazione del limite appros- simato di errore. Gionullameno, se t'ondisi la fiducia che i singoli valori, dedotti cioè da ciascuna osservazione, in se non raccliiudano error costante notabile, dalle oscillazioni loro in- torno al medio, attesa la probabile compensazione degli errori fortuiti, può stabilirsi il detto limite con appoggio sufficiente di ragione. Ora dalla diversità di o," 3 in tempo che io ebbi con Bessei nelF ascensione retta media tanto di Altair che di Procione, potrei temere che appunto dalla mia parte sussistesse r error costante dell'indicata quantità, e quindi m" è duopo avverare o distruggere tale sospetto. Questo errore in più delle mie ascensioni rette non saprebbesi derivato se non da una delle seguenti cagioni: i.^o dalle ascensioni rette del sole cui mi somministraron le declinazioni osservate di esso: a.* o da una fallace abitudine di giudizio nei passaggi osservati delle stelle : 3.* o da error costante nei mezzodì pure osservati : 4-'' o dalle rettificazioni dello strumento adoperate: 3.^ o dalle irregolarità nell' andamento diui'no sidereo dell' orologio. Alla I.' ripetiamo che si è ovviato in massima parte col prendere il medio risultamento dei quattro ecpiinozj consecutivi, com- pensandosi in questo medio gli errori degli equinozj opposti, SI che il residuo errore non può esser che tenue, se non in- sensibile. Circa la a.^ egli è nato invero in alcuni il dubbio, che, anche a parità di esercizio fra due osservatori de' pas- saggi meridiani, possa darsi una differenza costante e sensibile di giudizio dall' uno all' altro, per V abitudine diversa e pro- pria di ciascuno nel valutare a stiuia d'orecchio le frazioni di i" di tempo simultaneamente alla stima dell' occhio per gli appnlsi ai fili. Aggiungerò anzi che in qualche caso una tale diiferenza potrebbe manifestarsi eziandio per un osservator solo, al cangiar sempUcemente di alcune condizioni o circo- stanze delle sue osservazioni, ed io credo averne fatto in me medesimo V esperimento nelle inversioni del mio circolo me- ridiano e per la determinazione della deviazion ottica del can- Del Prof. Giuseppe Bianchi 107 nocchiale mediante i passaggi delle stelle prossime allo Zenit. Dal replicar infatti questa operazione mi sono accorto, non ha molto., di una differenza di o,"3 in tempo e costante pure di segno nei valori dell' accennata deviazione, secondo che essi provengono dalla duplice posizione diretto -inversa dello strumento, o dalla contraria e successiva inverso-diretta. Né saprei spiegare altrimenti questa differenza sensibile e abba- stanza ripetuta, se non colla giacitura mia più disagiata e co^ ■ stretta nelle osservazioni zenitali a strumento inverso, e in confronto di quella a strumento diretto, per la quale più di- sagiata situazione si cangi della metà di detta differenza, ossia di o,"i5 la mia stima dei passaggi al filo medio, che più lun- gamente e più comodamente mi resi abituale per la posizion del circolo a occidente che chiamo diretta. Però nella gene- ralità dei casi, e ciascun osservatore adagiandosi meglio che può, il timore di una differenza di tal natura mi pare quello di un' ombra, anziché di una realtà, e perciò da non curarsi, almeno qual di cosa e sorgente di error costante e notabile ; mentre poi gli erroi-i di somiglianti giudizj accadono sempre, ora in più, ora in meno dal vero. La 4-* delle indicate cagioni, che potrebbe aver un' influenza non trascurabile a molta dis- tanza in declinazione degli oggetti celesti comparati, non può non esser minima, se non affatto nulla, nel caso nostro delle due stelle fondamentali comparate al sole negli equinozj , e quindi a breve distanza da esso in declinazione. Una pic- cola differenza o un cangiamento delle deviazioni dello stru- mento, per r ora diversa delle osservazioni paragonate, po- trebbe solo sussistere e manifestarsi, ma esso poi deve distrug- gersi o disparire almeno in gran parte colla moltiplicità de' confronti. E per quest'ultima ragione anche la 5.^ delle men- tovate sorgenti d' errore non aff'etterà di certo notabilmente le ascensioni rette finali di Procione e di Altair. Imperocché, sebbene l'andamento diurno dell' orologio mi abbia presentato qualche forte irregolarità negli equinozj autunnali ( Mem. i."), pure togliesi questa principalmente non confrontando che le io8 Posizioni Medie ec. osservazioni vicine, e molto più svanisce nel medio di non pochi risultamenti. Di che abbiam eziandio una prova di fatto nell'accordo che sopra ci offerirono le ascensioni rette medie di a Auriga e di a Cigno, ricavate da ciascuno distintamente degli equinozi- Rimane ad indagarsi la Y. cagione di errore; il che tanto più importa di tare, rpianto e i mezzodì osservati che impie- gai turon già riconosciuti dubbiosi (Mem. i."), e un error co- stante in quest' elemento si trasporta e conservasi tutto in- tiero nell'ascensione retta della stella fondamentale. All'uopo quindi di chiarire sopra ciò e rimovere ogni dubbiezza io praticai l'osservazione completa di alcuni mezzodì al cannoc- chial meridiano del circolo, ommessa perciò l' osservazione di altezza, e per averne un confronto cogli altri miei mezzodì manchevoli ne presi ogni volta gli appulsi del primo lembo ai due primi fili nel modo stesso che sempre adopero quando insieme osservo i lembi del sole nel diametro verticale. Ili- dotti gli appulsi e le uscite al lilo medio, e aggiunto al me- dio ridotto dei due primi appulsi il tempo impiegato dal sole a passar il meridiano ottenni gì' istanti del mezzodì che sot- topongo: Del Prof. Giuseppe Bianchi icg Mezzo[)Ì osservati 1843. DifTi^renza dei due Difl'. media giorni coin])letameiite diii primi due app. mezzodì Lufilio i3. 7.''26.'57,"35 57,"c8 + 0,"27 .6. 39. 3, 44 3, 12 -1- 0, 32 w- ■■. 19. 5i. 6, 37 6, 22 ■+■ 0, i5 , , ! ■> ao. 55. 7, 14 7, 12 -+- 0, 02 aa. 23. 8. 3. 5, 69 7- 3, 47 5, 42 3, 40 -+- o> 27 -+- 0, 07 ■+■ 0,"225 27. 22. 48, 53 48, 09 -t- 0, 44 28. 26. Aa, 56 4a, 37 -1- 0, 19 Agosto 2. 46. 5, 68 5, 66 + 0, 02 7- IO. 9. 5. 17, IO 16, 60 -+- 0, 5o 19. 40, 14 39, 71 -H 0, 43 1 1. 23. 26, 65 26, 58 -t- 0, 07 '4- 34. 40, 68 40, 80 0, 12 iJ ,, . , 18. 49. 33, 61 33, 67 — 0, c6 20. 56. 57, 68 57, 59 -f. 0, 09 ■+■ 0, 164 24. IO. II. 43, 44 43, 29 ■+■ 0, i5 27. 22. 4^, 39 42, 18 -H 0, 21 28. 26. 21, 63 21, 48 -t- 0, i5 3i. 37. 16, i3 i5, 69 ■+■ e, 44 Ottobre 3. 35. 3a, la 3., 84 -+- 0, 28 E quindi si ha in totale per differenza media fra le due specie dei mezzodì -h o,"ig.5 ossia molto prossimamente o,"2; quantità di cui son minori dei completi e corretti gì' istanti dei mezzodì che adoperai nella Memoi'ia i.* per formare le differenze A-S, P-S ( pag. 4^). Ora si consideri che queste ultime differenze, racchiudendo in S l'errore — o,"2,, o si ag- giungali all' ascension retta del sole nel meridiano o si tolgan da essa col segno contrario per averne 1' ascension retta ap- parente della stella, trasportali in questa costantemente 1' er- rore H- o," a di tempo ; e perciò sussiste veramente che le mie ascensioni rette delle due stelle fondamentali e conse- guentemente le altre di tutte le ai 8 stelle debbon diminuirsi dell' arco di 3." Un tal errore del resto poteva esser ovviato nei semplici mezzodì che ho usati sin qui, se io non obbliava I IO Posizioni Medie ec. in essi, come ho tatto, la correzione o 1' effetto dell' irraJia- zione, che è appunto di agginngere o," 2, di tempo a ciascun appulso del i" lembo del sole ai fili, e di togliere la stessa (|uantità a ciascuna uscita del 2." lembo; correzione che na- turalmente distruggesi nei mezzodì completamente osservati, e rimane per intero iiell' uno e iielT altro semidiametro del sole osservati, orizzontale e verticale. Così le osservazioni mi bau condotto a riconoscere colla mia dimenticanza una prova <> conferma novella del fenomeno e della (juantità dell' irra- diazion solare. Convalidiamo infine vieppiii la dimostrazione del mio ci- rore anzidetto mediante il confronto moltiplice delle mie po- sizioni medie delle principali stelle colle corrispondenti deter- minate da Bessel pel principio dell' anno 1ÌÌ20, e che hanno sopra tutte il pregio della massima esattezza. Sono esse ri- portate fedelmente ogni anno neireffemeridi di Berlino, donde io le traggo. Applicata pertanto a ciascuna posizione data uelF effemeride dell'anno 1840 la sua quantità ivi posta della va- riazion annua per trasferirla alla mia epoca del i84c, 473 e detta B-b la differenza dalla posizione di Bessel alla mia, considei'ando sempre come negative le declinazioni australi, si trova : Del Prof. Giuseppe Bianchi I I I Nome cli-Ue stelle Diff. B-b 111 A.R. arco Medio Diff. B-b in decliii. Medio a Andromeda ^ .,"86 _ c,"i8 y Pegaso — 0, 27 -1- 1, 20 a C.issiopea - 1, 68 -H 3, 69 a Ariete - 7, 80 -t- 3, 01 a Balena — 3, o3 — 2, 71 « Perseo -t- 0, 3i — ',"727 ■+■ a, 02 + o,"368 a Toro — '. 94 H- 0, 85 a Auriga — 2, 66 - 0, 87 § Orione — 2, 12 - 0, 81 ^ Toro -(- 0. 60 - ,, 5. a Orione — 2, 27 -♦- 0, 36 a Cane magg. a Gemelli a Cane min. ^ Gemelli a Idra - 5, 94 - e, 36 - 4, 1, - 4, 4? - 3, 48 -t- 3, 55 — 0, 48 — "-, 93 — I) 96 -t- I) CI a Leone -1- 0, 99 - 4> 3i4 — 0, Sa + 0, 657 a Orsa magg — 7, 6a -*- 2, 16 p Leone - 8, .7 — 0, 26 § Vergine -t- 0, i5 - 0, 45 y Orsa magg. - 5, 54 -1- 6, 62 a Vergine — 8, 90 -1- e, 29 ti Orsa magg. -+- 3, 58 -+- 2, 47 .,,.■■ , . a Boote — 7, 22 -*- 2, 38 a 3. Libra - 7> 83 - 0, 43 a Corona bor. - 9' 73 -H c, 64 a Serpente - 9. 33 — I, 07 » Scorpione - 4. '4 — 3, 916 — 0, 95 — 0, 275 a Ercole — 0, 92 _ I, .8 a Ofiuco — 2, 01 — 2, 23 y Dragone -+- 0, 90 - 0, 77 a Lira — 2, 16 — e, 61 y Aquila — 2, 22 - i> n a Aquila - 5, 44 — 0, 86 ^ Aquila - 3,43 -+- 0, 54 a I Capricorno — 2, b3 0, co a a Capricorno - 4. 9' - ', 46 a Cigno a Ceteo - 3, 98 — 3, 63 - 4^ 046 — I, 4° -f- 2, 79 - e, 4i3 ^ Cefeo - 3, S4 + I, 98 a Acquario - 3, 36 7 ' ; . : - 3, 67 a Pesce austr. - 2, 85 _ 5, 44 o Pegaso — 6, 39 -t- 3, 39 Ili Posizioni Medie ec. Raccogliaino di qui: i." che le piccole diflerenze in de- clinazione, ugualmente oscillanti di seguo e di quantità, indi- cano derivar esse da inlhienza di soli errori fortuiti, che di latto si elidon per uiassiina parte nei quattro medj parziah, e pressoché interamente nel medio totale tenuissimo -i-c,"o84: j." che i (juattro niedj parziali delle differenze in ascensione retta conlcrniano la sussistenza del mio error costante di 3" che deve applicarsi col segno -+- a ciascun medio; per la (juale applicazione, oltre allo scemarne bastevolmente ogni medio , il medio totale, anche minore, di o," 5oi in arco indica qui pure la sola influenza e distruzione reciproca dei fortuiti er- rori, e (juindi che non rimane alcun altro error costante no- tabile da investigarsi e liberarne le posizioni medie ottenute delle stelle. Quanto alle singole differenze tuttavia un po' forti in ascensione retta, come per a Corona e a Serpente, esse potrebbero per avventura spiegarsi con reali piccoli can- giamenti nei moti propri di tali stelle durante 1' intervallo dei 20 anni dall" epoca di Bessel alla mia. Ora il dubbio dei 3" dell' irradiazione da me ommessi mi sembra convertito in teorema; e perciò additai che di tale ({uantità convien dimi- nuire tutte le mie ascensioni rette medie nella Tav. I del ca- talogo, e conseguentemente nella Tav. II alla colonna ( P, b ) dell'annuo moto proprio in A.R. è d'uopo togliere la costante o,"o74 che pur deve sottrarsi a ciascun numero della colonna contigua delle differenze, aggiungendola per ambe le coloinie ove in esse il segno è negativo. Né parrà inutile d' altronde o soverchia la discussione che abbiam fatta; poiclu- raggiun- gere un errore giova ed è pregevole pur nelle scienze natu- rali quasi come il discoprire una verità; e circa la (juantità di quello non recando meraviglia eh' essa per un tempo mi sia sfuiiffita nella disamina delle osservazioni; mentre di ciò non mancano esempi, e a citarne uno, il Maskelyne avvertiva similmente una correzione di ^.," S alle proprie osservazioni, delle quali Piazzi diceva inarrivabile o somma l' avvedutezza e precisione ond' erano istituite. E nella sua dotta prefazione Del Prof. Giuseppe Bianchi ii3 al catalogo il Piazzi medesimo commendando pur la sagacità e perizia degli astronomi Mayer e Bradley, rifletteva nulla- dimeno « et revera forte duhitandum^ an vel dìlìgentìssime horiun astronomorum positiones a trium aut quatuor seciindo- rurn errore ìmmunes sìnt. Novi enìm ipse, et norunt astronomi , quantae sii difficuliatis, vel repetitis quotcumque ohservatìoni- bus, optìmisque et melìori qua licet diligentìa adhibitis instru- mentis, ascensiones rectas adamussim definire. » Un giudizio di tanta scienza e autorità porge anche a me la miglior di- fesa nel conchiudere che, tolto dalle mie ascensioni rette ogni dubbio di error costante, né restandovi che 1' influenza degli eri'ori fortuiti, cpiesta non può ascendere oltre a 3 in 4' d'arco, sì che, assumendone la metà per ciascuno dei cataloghi di Piazzi e di Bradley, il limite dell' error probabile nella dif- ferenza dell'annuo moto proprio in A.R. nel duplice confronto dalle posizioni di Bradley a quelle di Piazzi, e da queste alle mie, non eccederà generalmente l' arco di rt o," ao. Ma so- prattutto, io ripeto, è da osservare che per simili differenze di molte stelle questo limite apparir dovrebbe ora col segno -t- ed or col — . Veniamo adesso ai moti proprj che ci offre il nostro catalogo. ( ; ■ Per quanto io so è questa la prima volta clie pochi di essi movimenti sono riconosciuti ed assegnati, mancandone le posizioni delle rispettive stelle ne' buoni cataloghi anteriori a quello del Piazzi, attesa la declinazione australe troppo grande, e il Piazzi non avendo forse creduto di poter affidarsene al solo confronto colle determinazioni di La -Calile. Tali sono i moti proprj di a Fenice, a Scultore, a Colomba e x Scorpione; delle quali stelle le due prime lo hanno anche piuttosto forte in ascension retta non meno che in declinazione, onde per questo riguardo non saranno in avvenire da trascurarsi. Qual- che altra stella poi, come la variabile e la h Idra, non tro- vasi compresa fra le Saaa del Bradley; laonde ci manca per esse ancora il confronto del moto proprio dal primo intervallo delle epoche al secondo. ,• Tomo XXIII. ' 1-5 il4 Posizioni Medie ec. Altro vantaggio che ne procura il triplice catalogo esa- minato consiste nel vederne pel secondo intervallo di presso a mezzo secolo rinnovate e quindi ora bene stabilite le mag- giori differenze di moto proprio delle varie stelle, fra le quali alcune, tanto in A.R. che in declinazione, 1' hanno assai forte; ad esempio j; e ^ Cassiopea, d Eridano, Procione, Sirio, 6 Orsa maggiore, 3 Vergine, d Centauro, Arturo, t, Ercole, ?^ Serpente, Altair, e la singolarissima 6i Cigno; altre lo hanno grande in A.R. e piccolo in declinazione; come 9 Balena, f Eridano, i Orione, Polluce, d Dragone, a Celeo; inversamente altre lo hanno distinto in declinazione e tenue in A.R., come d Eri- dano, la CappUa, x Auriga, 7/ Boote e [3 Aquila ; ed altre ne sono quasi affatto j^i'ive in declinazione del pari e in A.R. , come y Pegaso, a Orione, a Cigno e simili. Distinzione e va- l'ietà relativa ai moti proprj che non segue alcun ordine colla posizion corrispondente delle stelle, notandosi la stessa classe fra le quattro precedenti del moto proprio nelle stelle più distanti per ascensione retta, e nelle molto australi ugualmente che nelle molto boreali. E qui riflettiamo, che per l'imperfe- zione de' mezzi e delle osservazioni più antiche, non si è co- minciato a indagar i moti proprj delle stelle se non pochi anni prima di questo nostro secolo, e per opera specialmente di T. Mayer e di Piazzi, i quali neppur potevan esser ti'anquilU appieno e sicuri dell'esistenza e quantità de' moti medesimi; onde il Piazzi consigliava nel Libro VI del R. Osservatorio di Palermo che all' investigazione di tai moti convien procedere con 02;ni cautela e accoriiimento. Però dall' attuale conferma del fenomeno e della sua misura, come ne vien dileguata ogni ombra di dubjjio, cosi ne ritorna il giusto e più luminoso di- ritto d'onore agli esimj Astronomi che siffatti movimenti di- scoprirono. Ma se non poche delle 220 stelle conservarono durante il secondo intervallo dei tre cataloghi, inalterato dal primo, il proprio loro moto, molte di esse per contrario 1' el^bero considerabilmente cangiato; e questo è il punto importante Del PaoF. Giuseppe Bianchi ii5 da ben riconoscere, perchè ne avanzi di un passo la scienza in un soggetto arduo cotanto e delicato. Rivolgendoci prima- mente alle ascensioni rette, osserviamo che il moto proprio di alcune stelle dall' uno all' altro intervallo è riuscito assai più differente di o," a, ossia del limite sopra detemninato all' influenza degli errori probabili. Vediamo infatti che tale dif- ferenza del moto annuo in A.R. è risultata per t] Cefeo di o,"83o; per y Cassiopea di o,"485; per a Dragone di e, "474? per /? Cefeo di e," 453; per 17 Cassiopea di €"4^7; che per un maggior numero di stelle si ebbe la differenza stessa mag- giore di o",3 e per un numero anche più grande maggiore di o,"i. Ciò vuol dire che pei termini di osservazione paragonati e neir intervallo minore di mezzo secolo quei cangiamenti di moto proprio avrebbero oltrepassato le quantità di 8", di la", di 16", di ao" e fino di 3o" e più; quantità che certamente non posson tutte rifondersi e spiegarsi negli errori delle os- servazioni, ma dimosti'ano la realtà e sussistenza di cotali mu- tazioni avvenute. Questa conclusione sopra i cangiamenti del moto proprio è ora tanto fondata quanto quella che, dopo tutti i confronti fra Bradley e Piazzi, stabiliva il Bessel circa la primitiva quantità di esso moto, per essergli tale riuscita « ut non ampl'ius dubitare possìinus, stellaniin, motum proprium notabilem Jiabentiwn, numerimi esse permagnum. » Aggiungasi r altro critexio e argomento che tutte pressocchè le accennate mutazioni più distinte del moto proprio risultano dalla Tav. II accadute in un solo senso, perchè affette dal medesimo segno -+-; laddove il limite degli errori probabili tende a produrle e manifestarle nell' uno del pari che nell' altro senso. Vero egli è bene che qualche stella forma eccezione a questo se- condo cai-attere della direzion comune dei cangiamenti nota- bili del moto proprio, avendosi la mutazione di — c^' a.'j-i per < Orione, di -^ o,"387 per la Capella, di — o,"2o5 per d Cen- tauro, di — ©,"424 per a Lira, e di — €,"242, per (p Sagittario. Ma non valendo una ristretta eccezione a distruggere la ge- neralità, e quella come questa associandosi al primo^ carattere Ili) Posizioni Medie ec. dell' assoluta grandezza dei cangiamenti, è anzi forza conchiu- ilcnie di luiovo che i cangiamenti stessi furon reali e non illaiorj ; avvegnaccliè poi non tutti derivino da una sorgente (ì causa comune, e, piuttosto che appartenere al sistema della maggior parte, costituiscan alcuni un ordine speciale; se pure ciascun d' essi non sia invece un fenomeno individuale e da ([ualunque altro indipendente. Quantunque un poco meno delle ascensioni rette, subiron pur esse tuttavia le declinazioni un cangiamento di moto pro- prio dall' uno air altro intervallo de' cataloghi oltre il limite o,"i5 degli errori d'osservazione, e costantemente nel solo senso indicato col segno — dalle relative differenze della Tav. II. La decima parte infatti delle aao stelle palesò tale alterazione di annuo moto proprio maggiore di o," a ; e per toccar solo delle più forti quantità, risultò essa di — o,"32,c per C Aquila, di — ci,"347 per (i i Capricorno, e di — o,"32,3 per /? Delfino. Al di sotto di o,"a questi cangiamenti meno trascurabili e che rappresentan pure un' approssimazione al vero, ci si offrono e sono tutti negativi. Dunque vale anche per le declinazioni la conclusione che abbiam tirata per le ascensioni rette ; e in generale ci sembra di poter fermare il principio di fatto, che i moti proprj di molte stelle sono variabili al punto che nel corso minore di un secolo ne appajon sensibili e soggette a misura le variazioni, quanto nella metà di tal corso se ne manifestano gli elementi primi ed immediati. In teoria e ana- liticamente la cognizione di siffatte variazioni dei moti proprj corrisponde a quella del secondo coefficiente differenziale della serie che rappresenta 1' esatta quantità del fenomeno a un tempo qualunque; per locchè sussistendone la determinazione, sarebbesi aggiunto uno scopo che credevasi assai più lontano dagli sforzi e dalle ricerche de' moderni osservatori, scrivendo Laplace nell' esposizione del Sistema del mondo : « 3Ia/s s' il a Jallii des siécles poiir connaìtre les mouvemeJis chi systènie planetaire, quelle àuree prodi gì euse exige la dètermination du mouvement du solcil et des ètoilesl •» E Bessel non altrimenti Del Prof. Giuseppe Bianchi ii'j' esprimendosi alla Sez. X dei Fondamenti: « Tlieoria motuum propriorum nobìs adhtic piane ignota est, et credo nos perdili etìam non admodum multum in ea profeeturos, Dubitari qiii- dem non potest et solem et stellas fixas, oh mutuam attractio- nem, motum proprium hahere ; sed sunt ejusdem ordinis , et rebus ita se hahentibus, ut nunc, cum primuni tanien quotìen- tem dijferentìalem cognitum habeamus, non jani fieri potest, ut utraque separetur y,. Senza presumere di aver noi accertato il termine della seconda potenza del tempo nell' indicata serie del moto proprio delle stelle, anzi bramandone la rettificazione o conferma di astronomi più sagaci, crediamo però che il mezzo secolo ornai trascorso dal primo confronto degli eccel- lenti cataloghi di Bradley e di Piazzi sia sufficiente e lasci sperare un progresso di cognizioni sopra i moti proprj delle stelle assai più rapido e sicuro di quello che la tenue loro quantità ha finora sembrato concedere. ^'^.'^^Sit^.:' "'-' Stabilito una volta che i moti proprj delle stelle sian va- riabili, nasce tosto la curiosità di sapere con qual ordine o legge di fatto avvengano i loro cangiamenti, per salir poscia colla traccia di questa legge a investigar e scuoprire la fisica sorgente o cagione di una così ampia specie di fenomeni ce- lesti. All' ispezione pertanto de' risultamenti ottenuti ed esposti nella Tav. II parmi che si possa in secondo luogo conchiu- dere : elle tanto i moti proprj ad un' epoca quanto le loro variazioni per epoche diverse appartengono a ciascuna stella individualmente in riguardo alla quantità o misura degli uni e delle altre : ma che in risruardo alla direzione o al senso del movimento le vai'iazioni sole, nella generalità de' casi, hanno una comune relazione e forse una dipendenza scam- bievole. Per la prima parte infatti della nostra proposizione osserviamo che, sebbene le maggiori assolute grandezze de' moti e de' loro cangiamenti in ascension retta s' incontrino fra le stelle molto boreali, pure ven ha di considerevoli ezian- dio fra le stelle australi ; uè trovasi alcun rapporto costante di tali grandezze colle declinazioni, e ciò non in una parte Ili) Posizioni Medie ec. ina per tutto il cielo in cui sou disseminate le aao stelle. Cosi ad esempio la y. Cassiopea, più vicina al polo che la y, offre un cambiamento minore die questa, ed eguale piessoc- chè a quello che notasi nella (i della stessa costellazione, la quale e distante dal polo più che la y di alcuni gradi. E fra le stelle di declinazione australe rileviamo che la io Balena ebbe un cambiamento di annuo moto proprio nell' ascension retta di o," 29 ossia quasi come una delle precedenti stelle J)oreali; nel mentre che la 9 Balena, poco diversa in decli- nazione dalla li!, non ha presentato sensibile variazione del suo moto proprio equatoriale. Per lo contrario le due stelle (^ 3 e (j5 4 Balena, solo di un grado e mezzo lontane in de- clinazione dalle altre due nominate, ci olirono il caso di un moto proprio in ascensione retta comune ed ugualmente cangiato per entrambe. Li ([uali esempi ripetendosi ogni tratto nel catalogo, è forza dedurne che per ciascuna stella il moto proprio colle sue variazioni è un fenomeno distinto e appa- rentemente slegato da quello delle altre. Chiara poi ed evi- dente per se è 1' altra parte della proposizione, atteso il co- nuui segno che affetta nel catalogo le sensiljili variazioni del uKjto proprio in declinazione, e generalmente anche quelle del moto proprio in ascensione retta; circostanza che non può essere accidentale e annunzia una cagione o relazione comune qualunque sia fra i moti proprj delle stelle. Né le due av- vertite condizioni dei moti proprj sono insieme contradditorie, come direbbesi di prima giunta, a quella guisa che nel nostro sistema solare le quantità degli apparenti moti de' pianeti a primo aspetto non presentano alcun ordine e giudicar si })o- trebbero indipendenti fra loro, ma poscia meglio e sotto altri punti di vista esaminati disvelano allo sguardo scrutatore la più ammirabile armonia e corrispondenza. Coi nìoti proprj delle stelle ci troviam ancora, per la picciolezza loro, alle prime apparenze; e solo qualche barlume ce ne traspira di un or- dine il più remoto e recondito. A (juesto se non giungeranno che gli ultimi sl'orzi di una tarda posterità, noi però non dob- Del Prof. Giuseppe Bianchi 119 biarn disperare di approssimarvici, e di agevolarne il cammino ai successori. Giacché abbiam rimarcato (fualche accidente particolare di moto proprio, tratteniamoci a considerarne altri pochi sin- golari e interessanti. Uno assai curioso ci è offerto in due stelle vicine r una all' altra per ascension retta non meno che per declinazione. Sono queste la e e la ^ dell' Eridano, la pi-ima delle quali ha un moto considerabile ( non so come sfuggito al Piazzi che non accennavalo) in ascensione retta, e pressoc- chè niente di moto in declinazione ; mentre per converso la seconda, immobile pressocchè in ascensione retta, muovesi in declinazione considerabilmente. Cosi le due stelle si scostan del continuo fra loro, movendosi presso a poco, l' una per un cateto, r altra per 1' altro del triangolo rettangolo, di cui è ipotenusa la retta che apparentemente le congiunge. Ciò sa- pevasi ponendo attenzione ai moti proprj calcolati da Bessel nel catalogo di Bradley; ma oltrecchè ne abbiam ora una con- ferma, sappiamo di più che l'allontanamento delle due stelle per ciascun cateto è costante ossia uniforme. Un riflesso me- ritano eziandio le anomalie o eccezioni del senso in cui av- vennero i cangiamenti del moto proprio in A.R. di alcune stelle rispetto al maggior numero di esse. Vediamo infatti che offerirono le due più forti eccezioni, a non molta distanza equatoriale fra loro, i Orione e a Auriga, questa a grande, quella a piccola declinazion boreale, nel mentre poi la x Au- riga con media declinazione fra l'una e l'altra ebbe un sen- sibile cambiamento del detto moto nel senso comune. E un simile strano accidente si ripete nel nostro catalogo dopo i3'' incirca, o poco più di mezza circonferenza di equatore. Im- perocché le due stelle a Lira e cp Sagittario a contrarie de- clinazioni subirono una differenza o variazione di moto proprio in A.R., quella di — o"^-2.\ questa di — o,"24a; e frattanto la j3 Lira, poco lontana dall'a, ebbe tale variazione di -ho, "207 combinazione di numeri e di segni che coincide pressocchè con quella delle tre stelle antecedenti. Chi dopo ciò non si 5 lio Posizioni Medie ec. persuade che i moti propij delle stelle non sono puramente apparenti o solo sistematicamente prodotti per un meccanismo esterno di moto comune, ma che sono invece reali intrinseci e sussistenti in ciascuna stella? Il catalogo delle 220 stelle di Piazzi riesce pure impor- tantissimo per le stelle doppie in esso comprese, delle ([uali alcune appartengono, coni' è noto ai cosi detti sistemi hinarj ed una, la y Andromeda, ai ternarj. La considerazione in «fueste del moto proprio ha uno special interesse a giudizio di Bessel che ne disse : « Phaenomenon observatìone dìgnìssì- iniim iti miJii videtur, qitod inter stellas motu proprio notabili praeditas pennultae extaut stcllae dupUces, quae igitur syste- inata efficiiint attractione copulata. » Pertanto se risguardiamo nel nostro catalogo al sistema binario del Castore ossia di a Gemelli, troviamo che la posizion media relativa delle due stelle all'epoca del 1840, 5 ci risultò: A.R. della stella minore := A.R. della maggiore — io, "80 in arco declin r: deci — '; 29 la quale accordasi a o,"ii d' arco in declinazione e a c,"35 di tempo in A.R. con quella somministrata dall'orbita d' Herschel e a pag. iSg riportata nell' efiemeridi di Berlino pel detto anno. Quanto però al moto proprio di ciascuna delle due stelle componenti, ricavandone la variazione in A.R. dal con- fronto col punto di mezzo delle due stelle unicamente osser- vato da Bradlev, si ha che tale variazione per la stella mag- giore fu doppia di quella della minore. Una conseguenza e proprietà del tutto simile nel moto di A.R. ci porgon le due stelle che compongon la Q Serpente, nelle quali di piii è forte, ma eguale o comune ad entrambe, la variazion del moto in declinazione ; siccome distinta e comune alle componenti di /? Cigno presentasi la variazion"^ del moto di esse in ascen- sione retta. Picciola infine e comune alle componenti di 61 Cigno è la risultataci variazione del moto proprio in declina- zione, mentre quella del moto in A. Pi. è assai grande per la Del Prof. Giuseppe Bianchi 121 precedente e minore della metà per la seguente; nuova par- ticolarità di quest' ultimo sistema binario già tanto illusti-ato dalle ingegnose ricerche del celebre Astronomo di Kònigsberg, che pervenne a determinai'ne la paralasse annua della stella più brillante e quindi la sua distanza a noi, che è =592000, presa per unità la distanza inedia della terra al sole. Della stella medesima 61 Cigno precedente riferendo il Bessel nei Fondamenti un' aulica ossservazione del Flamstedio, giovi qui pure produrla per un terzo confronto. Ridotta al principio del 1690 era la posizion media della stella: A.R. = 3i3.° i5.' 53," i ; declin. = h- 37.° i5.' 9," 3 Alla stessa epoca io assumo le costanti della precessione an- nua coi valori m ■=■ 46," 00818 ■■, n = 20," 07072 e ne traggo la precessione in A.R. = -H 34,"893i i, quella in xieclinazione =-1- i3,"75565. Con questi valori tradotta la po- sizione media indicata dall'epoca 1690 al i755; paragonan- dola all' osservata da Bradley, e divisane la differenza per 65, si ottiene il moto proprio annuo della stella in A.R. =-t-5,"o5o; quello in declinazione = H- 3," 084 : e perciò la differenza col confronto da Bradley a Piazzi... in A.R. = — o,"io4; in de- clin. = -i-o,"ao5. È cosa rimarchevole e singolare che queste ultime differenze siano di contrario segno alle corrispondenti della nostra Tav. II, e inoltre quella in declinazione di quan- tità piuttosto forte, e 1' altra in A.R. tenue anzi che no, in- versamente a quanto ne abbiam trovato dai confronti poste- riori. Cessa però tutta la meraviglia ove si rifletta che il moto proprio assoluto della stella combinasi ed è modificato neir apparente dal moto relativo di essa nell' orbita intorno al centro di gravità comune colla stella minore e seguente. Quindi r assei-zione del cel. J. Herschel nel suo trattato di Astronomia « che il moto proprio di questo sistema binario lunghesso un' orbita sconosciuta può risguardarsi per molti secoli come rettilineo ed uniforme » facilmente indurrebbe a equivoco ed errore, scambiando il moto del centro di gravità Tomo XXIII. lò 122 Posizioni Medie ec. in quello detto sensibilmente connine a ciascuna delle due stelle. Il che avvertito dall' acuto Bessel, egli spiegò chiara- mente « Blotiis proprius hoc in calcalo tamquam aequabìlìs positus est, qiiod proprie non de singula stella, sed solummodo de centro gravitatis communi potest rectum esse. » Formiamoci un' idea del moto pi'oprio, variato e curvilineo, delle stelle, rivolgendo 1' attenzione al senso delle sue ([uantità e variazioni osservate. E dapprima veduto che questo moto risulta per le differenti stelle da un' epoca all' altra, ora sen- sibile or nullo, diretto o retrogrado nelle ascensioni rette, verso r uno o verso V altro polo nelle declinazioni, possiamo rappresentarcelo come quello de' pianeti inleriori intorno al sole, coir unica diversità della impercettibile paralasse annua per le stelle. Se perciò i moti proprj delle stelle, come ([uelli de' pianeti, avvenissero tutti in una sola direzione e in piani di orbite poco fra loro inclinati, dall' apparirci le stelle o di- rette, o retrograde, o stazionarie, se ne conchiuderebbe tro- varsi esse, fra l' epoche date, o nella parte superiore dell' or- bita, o nell'inferiore, o nelle massime elongazioni dai loro centri di moto, e ciò rispetto ad un qualunque punto dell' orbita terrestre. Le variazioni poi de' loro movimenti da un inter- vallo di epoche al successivo essendo accadute in guisa che generalmente il moto diretto s'accrebbe, e il nullo e retrogrado si cangiò in diretto, e clie per le declinazioni tutti i cangia- menti sensibili si effettuarono con direzione al polo australe, noi ce ne immagineremo che il maggior numero tlelle stelle osservate siasi ritrovato ad un tempo nella parte omologa delle loro orbite, venendo esse cioè insieme dalla parte superiore all' inferiore, o viceversa dipendentemente dall' inclinazione de' piani. Ma gli osservati non sono che i moti apparenti, e per istabilirne bene le ideate deduzioni, le altre leggi dell'or- bita siderale, e infine il principio meccanico da cui sono essi regolati, si richiederebbe di conoscere il vero e assoluto moto proprio, spogliando F appai-ente di tutte le sensibili quantità di altri fenomeni che in esso modificano e nascondon il vero. Del Prof. Giuseppe Bianchi 12.Ò Ora questi fenomeni estranei al moto proprio di una stella e che possono alterarlo, fra i conosciuti, riduconsi ai due sola- mente, il moto del nostro sistema solare verso un punto dello spazio, e il moto relativo delle stelle appartenenti ai sistemi binarii; giacché una terza cagione alterante, qual sarebbe la paralasse annua, è certamente insensibile nel moto proprio somministrato dalla comparazion de' cataloghi. Esaminiamo dun- que la possibile influenza delle due cagioni anzidette. Il moto di traslazione del nostro sole con tutto il plane- tario sistema verso un dato punto della costellazione di Ercole è una delle grandi scoperte dovute al genio di Guglielmo Herschel, che però colla penetrazion della sua mente le pre- nunciò e intravide più di quello che potesse con chiare e certe prove dimostrarlo. Non mancarono in appresso argomenti di osservazione e di calcolo per dubitarne, e ne valga per tutti r opposta conclusione a cui pei'venne l' illustre Biot nella terza delle addizioni al suo trattato elementare di Astronomia fisica (a.^ ediz. T. III. pag. lag.). Ed è pur singolare circostanza che il figlio medesimo del primo scuopritore, sir J. Herschel tenevasi colla più comune opinione degli asti'onomi saggiamente sospeso e incerto fra 1' ammettere e il negare il detto moto progressivo del sole, al tempo stesso che il valente Argelander, r attuale Astronomo di Bonn, da un suo catalogo di stelle con sagaci e accurate ricerche sopra i loro moti proprj traeva una conferma luminosa e indubitabile del moto del sole in dire- zione pochissimo diversa dalla pronunciata di Herschel padre, e mandavano l'anno i835 con dotta memoria il suo felice scuo- primento all' I. Accademia di Pietroburgo. Né ha guari poi finalmente che il sig. Ottone Struve, nella sua giovine età emulo del paterno sapere, all' occasione e dopo aver determi- nato con esattezza la costante della precessione è riuscito al- tresì a compiere il bel lavoro dell' Argelander intorno al moto proprio del nostro sistema nello spazio, non solo riconferman- done la direzione, ma ben anche assegnandone l' angolare an- nua velocità, ch'egli ha trovata di o,"33. Con questo dato. ia4 Posizioni Medie ec. relativo alla distanza media di una stella di prima grandezza per una supposta paralasse annua di o,"2,i, il moto progressivo del nostro sistema nello spazio sarebbe ogni anno di 3o mi- lioni di miglia geografiche. A ciò 1' Autore aggiungeva il com- parativo riflesso che il medio movimento proprio delle stelle fisse risulterebbe 2, 4 volte maggiore o più rapido di quello del sole. Checché ne sia di cjueste ultime determinazioni, pog- giate al(juaiito sopra un'ipotesi, egli è tuttavia manifesto e indubitato abbastanza che, se per una parte il solo moto di traslazione del nostro sistema non vale a render ragione dei moti propri , così varj e assai più forti, delle stelle, per l'al- tra e contraria nei moti apparenti delle stelle combinasi, av- vegnacché in piccola quantità, il moto proprio del sole con efletto di una paralasse sistematica o, come altri dicono, se- colare; massima per le stelle il cui raggio visuale ci viene per- pendicolarmente alla direzione del nostro moto comune al sole. Ma v'è di più: se il moto progressivo del nostro sistema, tan- genziale o rettilineo e uniforme per 1' intervallo di pochi anni, variasse, in un tempo alquanto maggiore, di velocità, e tale cambiamento avesse un rapporto sensibile col moto annuo della terra nell' orbita, secondo 1' ingegnosa e sottile avvertenza fat- tane dall' inglese astronomo Pond ne deriverebbe un' aberra- zione solare, in virtù della quale ci apparirebbero successiva- mente le stelle distribuite non solo coli' ottiche leggi di pro- spettiva, ma più stivate e spesse verso la regione celeste, da cui va il sole allontanandosi, e meno folte verso la regione opposta . Ora la variazione sempre negativa da noi ottenuta col confronto dei moti proprj in declinazione, mentre denota una generale tendenza e accelerazione di tai moti verso il polo australe, conformasi eziandio alle moderne osservazioni di J. Herschel circa il maggior addensamento delle stelle che offre la porzione di via lattea in quella plaga. Di qui pertanto e trarrebbesi una prova novella della particolar forma o co- stituzione del nostro sistema stellare, immaginata da Herschel figlio, e vieppiù sviluppata in un ragionato Discorso del mio Del Prof. Giuseppe Bianchi I2,5 collega il prof. O. F. Mossotti, e insieme avverandosi la so- spettata solare aberrazione del Pond, se ne concliiuderebbe a cagione che il moto sistematico del sole è variabile pur esso, e verosimilmente intorno ad un centro di gravitazione. Guar- diamoci nondimeno dall' ammettere siffatti principj per dimo- strati; né io già intesi fissarvi 1' attenzione se non come a ra- gionevoli congetture, le «piali utilmente servan di norma o di avviso nelle ardue indagini ulteriori sopra i moti proprj delle stelle; indagini che m' auguro io medesimo di proseguire, se ne avrò 1' agio, col dedurre dai risultamenti delle 2,2.0 stelle il moto proprio del nostro sisteina, e col sottoporre ad un esame simile un' altra serie copiosa di osservazioni che a tal fine rac- colsi or sono più che dieci anni. Del rimanente, come a ve- rità palese, atteniamoci per ora ai soli fatti; poiché in queste materie è cosa troppo facile e non lodevole il creare o ritener per teoriche quelle idee magnifiche o seducenti che non sian altro che sogni e poemi filosofici. . - Più importante ancora che il moto del sole, e più stret- tamente connesso coi moti apparenti delle stelle è l'altro fe- nomeno del moto l'elativo di alcune stelle multiple intorno al comun centro di gravità; fenomeno che è pure la più bella e sublime delle scoperte di G. Herschel, insieme con quella del pianeta Urano. Imperciocché , se nel nuovo pianeta la sfera solare dell' attrazion newtoniana si dilatò per così dire al con- fine visibile del nostro sistema, nelle orbite delle stelle binarie il principio medesimo della reciproca gravitazione portato im- mensamente fuori della detta sfera divenne propriamente uni- versale. Limitando col cel. G. Struve la denominazione di stelle doppie a quelle soltanto nelle quali 1' apparente distanza delle stelle accoppiate è minore dell' arco di 16", e nelle quali tutte, a giudizio di probabilità, egli ritiene sussistere il moto intorno ad un centro comune, osservato per non poche, il nu- mero di esse fin qui conosciuto è di 11 17, avendone la re- cente revisione del cielo col Rifrattore colossale di Pulkowa aggiunte 463 di nuove alle 471 delle quali il catalogo in Dorpat I :>() Posizioni Medie ve. accrebbe le i83 di Herschel. Facciaiu ma la ili>tiiizioue che per le stelle binarie ])iu considerabiiineiue ali" òcchio separate e di non lunghissima rivoluzione, come è il caso della 61/ del Cigno, il moto relativo di ciascuna stella in un mezzo se- colo deve moditicar sensibilmente nelle apparenze il moto pro- prio assoluto di essa, e cpiindi [)uc) render ragione, almeno in parte, delie variazioni secolari di ([uest' ultimo. Altrettanto non è a dirsi per le stelle binarie delle più piccole distanze (fra le quali ora se ne conosce 2,17, denominate vicìiiìssìmae da Struve, disgiunte per meno di i" e perciò non decomponi- bili se non coi più torti cannocchiali), ovvero per quelle che nrettono molti secoli a compiere una riv^oluzlone ; poiché il centro di gravità per queste ha il moto proprio comune al- l'una e all' altra stella fra cui e situato. Un esempio della pri- ma specie è, come ognun sa, la stella y Vergine, e della se- conda la stella y Leone, il cui periodo di rivoluzione prossi- mamente determinato è di lacr anni. Eppure il moto proprio in A.R. per «[uesti due sistemi binarj ha cangiato notevolmente, come dimostra la Tavola II., dall'uno all' altro intervallo delle epoche. Dunque il moto altresì del comun centro di gravità di siffatti sistemi e talvolta per un dato tempo non uniforme né rettilineo, reggendo però V esattezza dell' espressione di Bessel sopraccitata, che solo un tal moto, e non quello delle singole stelle, potest esse rectum. Ma il moto in un' orbita o relativo perche non potrebbe appartenere anche a due o più stelle apparentemente separate da uno spazio maggiore di lò" ed esteso a più larghi linùti ? O in altri termini, perchè non posson sussistere sistemi binarj fra le stelle meno prossime , alla vista, che le doppie fin ora esaminate e per tale circo- stanza distinte? Questo dubbio per essere sciolto, importerebbe di ricercare se alcuna delle piccole stelle visibili nel campo del cannocchiale intorno ad una delle dotate di moto proprio forte e variabile cangi per avventura con essa la sua posizion rispettiva in lui tempo non breve, il che avverandosi, la co- gnizione se ne avrebbe di un sistema binario novello, e se ne Del Prof. Giuseppe Bianchi 127 spiegherebbero forse le variazioni del moto proprio. Così la stella ri Cefeo, a cagion d' esempio, che tanto ha cangiato del suo moto apparente in A.R. , potrebbe forse costituir un si- stema binario colla vicina stella di io.% o coli' altra di 11.^, o con una delle minori descritte nel suo campo di visione. Io non saprei concepir altrimenti come avvengano le osservate variazioni secolari del moto sidereo, indicando esse troppo chia- ramente che un tal moto è orbiculare intorno ad un punto non molto distante per l'occhio dalla stella, e che dev'essere il centro di gravità comune ad altra o a piìi altre stelle vi- cine. E già che, oltre i binarj, esistano anche i sistemi ter- narj e multipli delle stelle, ne abbiamo il caso della bella y Andromeda, che però il medesimo Struve non è pervenuto a veder tripla se non col massimo e più perfetto dei rifrattori moderni, scomponendosi con esso la stella minore in due, uguali di luce e distanti fra loro di mezzo secondo. Per esse il moto intorno alla stella maggiore sarà quello del centro loro comune di gravità; ond' ecco eziandio fra le stelle o i soli dello spazio il meccanico sistema dei tre corpi. Qualora poi colla scoperta delle combinazioni binarie o multiple delle stelle, e coli' ap- plicazione dei metodi di Savary e di Enke ai loro moti per assegnarne le orbite, si ottengan le quantità del moto relativo da correggere le corrispondenti del moto proprio e assoluto, queste ultime cosi ridotte rappresentei'anno il moto più gene- rale, di cui si abbia finora gì' indizj e gli elementi, ossia i dati dell' osservazione, il moto cioè dei sistemi multipli delle stelle o dei loro centri di gravità intorno ad un punto, da risguardarsi tisicamente , e coli' appoggio dei soli fatti cono- sciuti, qual centro primo della gravitazione e dell' universo corporeo. Io dico ciò, non dilettandomi a spaventar 1' imma- ginazione colla serie indefinita dei grandi corpi, sistemi e mo- vimenti; essendo regola di buona filosofia 1' arrestarsi in così fatte idee ove cessan 1' osservazione e 1' esperienza; e stante d' altronde la verità certa che la creazione fisica, siccome qua- lunque opera esterna in atto della stessa infinita Potenza crea- trice, è pur finita necessariamente. liu Posizioni Medie ec. Da tutto r esposto concludiamo che la teorica dei moti proprj delle stelle, ben a ragione detti da taluno enigmatici, e Ibndamento dell' Astronomia siderale, non potrà essere pro- mossa e perfezionata se non colla deteinninazione più sicura e precisa del moto del nostro sistema solare e col pieno rico- noscimento dei sistemi multipli e dei moti relativi delle stelle che li compongono. Per le 220 stelle del nostro catalogo, come per non poche altre, siamo nel caso che tre luoghi dell' orbita assoluta di ogni stella nello spazio ci vengon dati, e a' cpiali per avventura potrebbe aggiungersi il quarto delle osservazioni di Flamstedio, anteriori più di mezzo secolo a quelle del Bradley; onde sembra che il tentativo del calcolo dell' orbita suddetta nelle stelle di moto proprio più considerabile porterebbe ora seco qualche speranza di buon successo. Ma ripetiamo che tale tentativo richiede innanzi la riduzione dei dati luoghi apparenti ai veri mediante 1' applicabile quantità dei due grandi moti relativi sovraccennati. Ecco lo scopo a cui debbon vol- gersi le ricerche per innalzarne il massimo edificio della scienza celeste, vai a dire la stellare astronomia che, al confronto della planetaria nel nostro sistema, non tocca sin qui all' epoca gloriosa di Keplero, ma può raggiungerla forse con altri luoghi apparenti delle orbite siderali per gli astronomi del 1900 e del secolo vigesimo. Ben molto più tardi è da credere che sorgerà in questa parte di studi un'era novella di Newton, e lontanissima poi senza dubbio è quell' ultima età in cui sarà dato di conoscere e calcolare le minime ineguaglianze o equa- zioni dei movimenti siderei prodotte dalle forze perturbatrici. È in questo senso che hanno ad intendersi e che son vere le parole, che citammo, di Laplace nella esposizione del si- stema del mondo, alle quali perù giova unire queste altre di Piazzi « Quamvìs enim nec praesens astronomiae status, nec aetas nostra^ nec fortasse longa saeciiloriim series ad haec as- sequenda par esse queat, nìliìl tamen negUgendum, nìhìl parvi faciendum: quo en'iin uohìs progredì non Ucet, haud desperandum peroenturos tandem seros nepotes nostros » . Del Prof. Giuseppe Bianchi 129 L' importanza del resto e 1' utilità di progredire nelle in- dagini e cognizioni dei moti proprj delle stelle non sono sen- tite la prima volta né da me solo. » Un sujet de recherches très interessantes dans V histoire phisique des ètoiles, rifletteva J. Herschel, e' est leur mouvement propre e adducevane a motivo: Jusqu à present on connaìt d' une manière trop impar- faìte les grandeurs et les directions de ces mouvemens pour s' occuper de les rattacher à des lois. » Se non fosse altro, ser- virà un tale studio a render buone e comparabili dopo vin lungo volger di tempo le osservazioni celesti riferite alle posizioni siderali dei cataloghi dell' epoca, posizioni e cataloghi che non possono conservar a lungo 1' esattezza loro primitiva , se non siano ben determinati i moti proprii delle stelle colle succes- sive loro variazioni. Per l' imperfetta cognizione di questi moti debbon di vero convenire gli astronomi nel riflesso di Struve: « il est d'igne d' attentìon que pour un catalogne quelconque, l'epoque ou il pourra ètre bien jugè, est precisement celle ou les positìons qu il donne cessent d'ètre employèes dans V astro- nomie ■» . E lo stesso catalogo di Bradley ridotto da Bessel, che pur, a sentimento ed esame del medesimo Struve, si trovò superiore aUe. simili opere de' posteri non che de' contempo- ranei, per r addotta ragione non può esso ancora non divenir incerto e manchevole. Ma se arriverà giorno in cui per l'ana- lisi de' moti proprii le orbite siderali nello spazio siano ben riconosciute e dimostrate, allora le posizioni eziandio ed i ca- taloghi di qualche secolo indietro ne riacquisteranno il per- duto pregio di esattezza per 1' uso attuale. Darò fine alla presente memoria colle posizioni determi- nate di altre due stelle non comprese nelle iìao, e che tuttavia molto si raccomandano alle osservazioni e ricerche astronomi- che pel fenomeno singoiar e mirabile di una di esse, per la variazione cioè periodica, notabile assai e costante del suo splendore. E questa la variabile della balena, denominata Mira, cui giova di associare la piccola stella che la segue nel campo del cannocchiale. Pertanto dall' autunno dell' anno 1889 alla Tomo XXIII. l'I i3o Posizioni Medje ec. primavera del 1841 avendo io fatto al ciixjolo meridiano sette osservaaioni della variabile e due della sua compagna, coi me- todi ed elementi adoperati piiecedentemente ho potuto ridurre le dette osservazioni ed ottenei^ le posizioni medie ed i moti jiroprii, die i\m espongo: Per la stella 68 o della Balena, ossia Mira B. al piiuc. 1755. P. al princ. 1800 b. 1840, 47'^ A.R. nie.lia = 3i.° 44.' 49," 6 = Si." 18.' 4Ó," 6 = 82.° 49.' 28," 82 annuo moto proprio in A.Fi. ( B, P ) ZT — o," 049 ( P, b. ) =: -♦- e," c86 Differenza z: -1- e," i35 clerlin. metlia = — 4,06.' 8," 7 = — 3." SS.' 3i,"a = — 3.042.' r4,"34 annuo moto prop. in deci. (&,?)= — o," 174 ( P, b ) =: — d," 179 Differenza z; -+- o," oo5 per la pìccola compagna della variabile P. al princ. 1800 b. 1840, 478 A.R. media = Sa." 20.' 3o," o = Sa." 5i.' 8," 63 annuo moto prop. in A.R- ( P, b ) rz -4- o," C97 deci, media = — 3.» 53.' 3o," 6 = — 3.° 42.' io," 29 ' ' annuo moto prop. in deci. ( P, b ) ;= — o," c88. Manca nel catalogo di Bradley { Fund. Astr. ) la piccola stella s'cguente, che nel catalogo di Piazzi è la 57. H. II. , ove alla nota della preced. 56. (pag. 20. ediz. del i8i4) deve coiTeg- gersi r errore di stampa 5" temporìs in 7" temporis. Riteviamo da questi risultRinenti che, malgrado qnalche incertezza dovuta al picciol numero delle osservazioni della stella seguente, 1' animo moto proprio così in declinazione come in A.R. e stato sensibilmente uguale o comune ad ambe le stelle dall' epoca di Piazzi alla mia: ctie quello in d'cclinazione della Mira non ha sofferto cangiamento dal primo intervallo delle epoche al secondo, e soltanto quello in A.R della stella medesima ebbe in tal successione di epoche l' aumento nel senso comune alle altre stelle del mio catalogo. Se avessi ri- portato le singole osservazioni originali colie rispettive ridu- zioni alle quantità medie ottenute, si vedrebbe che dalle prime osservazioni alle ultime coli' intervallo circa di un anno per Del Prof. Giuseppe Bianchi i3i r una e per 1' altra stella vi ebbe un salto piuttosto forte nella declinazione, e forse pur nelF ascensione retta; per lo che nascerebbe dubbio che a tempi diversi di uno stesso e intero periodo luminoso della variabile corrispondano, tenui si, ma reali cambiamenti di luogo apparente della stella, di- stinti ed apprezzabili colla moderna squisitezza degli strumenti; donde per avventura emergerebbe una sensibile quantità di annua paralasse relativa nella stella, quale per un altro caso fu rinvenuta in alcuna delle stelle binarie. Che a dir vero un' alternativa di splendore così rimarchevole regolare e co- stante, come presentasi dalla Mira, non sembra quasi poter disgiungersi da un effettivo cambiamento periodico di luogo e distanza; mentre poi, e inverosimile si prova l'ipotesi del Mau- pertuis che il fenomeno sia prodotto da interposizione di un grande pianeta fra la variabile e 1' occhio, e troppo arbitraria e fantastica offerendosi pur 1' altra spiegazione che la rotazion della stella intorno ad un suo diametro si combini colle parti differentemente accese e fiammeggianti della sua superficie, le quali dovrebbero a lungo e prossimamente conservarsi in uno stato medesimo di ampiezza e di ardenza. Ed oh si rin- novasse a' nostri giorni il primo e più bello di cotal fatta fe- nomeni, r apparizione cioè di qualche stella non più veduta, crescente a fulgidissima luce e poscia scemante per gradi fino alla totale disparizione, come la famosa di Cassiopea ! Coli' ot- tenuto perfezionamento dei mezzi di misura ora potrebbesi veramente decidere, se durante la sua visibilità per non breve tempo la nuova stella &ia stata precisamente e del tutto im- mobile. n'ellsofiB-r IB 'V|«. ', Ili/i "^ ,.f»li:(.i:^i!o "[rV**"^^*^ i;j.'!i;ri ié jì-.ì'U,:... < ■l'.M.ii 1 . ... (lì 'l-.r-.j •''.'[-'•' ' . :rri ol .o-ij'j.-iri'ii ■ i ."i oiitivni ,«jiioli rjtR<-À> w,,.> 1..., •. I i3i ■ - ■ •' OSSERVAZIO.\I INTORNO ALLE COMETE APPARSE NELL'ANNO 1843 FATTE NELL' I. R. OSSERVATORIO DI PADOVA 1. ..'il',;.; |. •■ ì'r'. •.- ' DEL SOCIO ;:.ì\ii-.. ... GIOVANNI SANTINI " PKOFESiORE DI ASTRONOMIA NELl' I. II. UNIVERSITÀ DI PADOVA Presentata ai 18 Giugno i844- »S&ì 39 4. 10. 59, 56 _ 8.° 7-' 36" — 6. 53. 28 _ 6. i3. 16 _ 6. i3. 47 — 6. r. la 43i. S. A 460. S. A zona / aia. B 495. S. A Santini Conti Ricerche intorno alla sua Orbita. Fino dai primi giorni dell' apparizione di questa cometa, a gara si rivolsero gU astronomi ad indagarne l'orbita intorno al sole, assumendo l'ordinaria ipotesi del moto parabolico, colla quale si riesce il più delle volte a rappresentarne lode- volmente le osservazioni instituite nel breve periodo di loro apparizione. Non piccola sorpresa destò in generale il poco accordo dei risultati ottenuti dovuto in parte alla deviazione della sua orbita dalla assunta ipotesi parabolica, e più dalla incertezza delle osservazioni, le quali riuscivano molto difficili e dubbie per la sua vicinanza all' orizzonte, e per la incertezza del nucleo. Tutti però si accordarono ad assegnarle il passag- gio al perielio verso il giorno 27 Febbrajo, ed una distanza perielia piccolissima, per alcuni anche minore del raggio del globo solare; sicché avrebbe presentato il singolare fenomeno, nuovo per la storia dell' astronomia, di una cometa emessa direttamente nello spazio dal sole, o che ne avesse attraver- sato le luminose atmosfere, dalle quali può ritenersi circon- dato il suo interno nucleo opaco. Sebbene generalmente in Europa sia stata osservata regolarmente soltanto dopo il 17 Marzo fino verso il 6 od il 7 di Aprile, pure dalle relazioni pervenute posteriormente dall' America, dalle Indie Orientali, ed anco da alcuni luoghi della nostra Italia superiore appa- risce che fu veduta ad occhio nudo eziandio nella piena luce solare il giorno 2,8 di Febbrajo poco dopo il suo arrivo al i36 Osservazioni intorno alle Comete ec. perielio. In Padova, i giorni 27 e a8 furono costantemente pio- vosi, contradistinti da straordinario abbassamento del barometro, il quale a 2,'' pomeridiane del giorno 27 segnò 27.'' 5,' i ; viene riferito però che a Genova, Bologna, Parma ed in altri luoghi sia stato veduto per molte ore nel giorno 2,8 un astro splen- dente al Sud-Est del sole ad esso molto vicino ( dicevasi di-' stante per circa due diametri solari ) che distintamente pote- vasi osservare ad occhio nudo colla sola avvertenza di ritirarsi dietro 1' angolo di un muro per riparare 1' occhio dalla diretta luce del prossimo sole, ed è oltre modo dolente, che nessuna osservazione astronomica sia stata fatta ( almeno a mia noti- zia ) in alcuna di cjuelle città fornite di specole astronomiche. Simili osservazioni sono state fatte eziandio in più luoghi dell'America (giusta le relazioni dei giornali) ove anche il Sig. Clarke di Portland né misurò il giorno 2.8 Febbrajo con un sestante la distanza dal sole; questa interessantissima osserva- zione è riferita nel N. 495 del celebrato giornale pubjjlicato dal Sig. Cons. Schumacher in Altona sotto il titolo di Astro- nomische Nachrìcliteii^ come desunta da un giornale ameri- cano ; ma disgraziatamente mancando ivi la posizione geogra- fica del luogo, in cui fu fatta la osservazione non può trai- sene un partito conveniente fino a che non sia questa cono- sciuta. Assicura il Sig. Clarke, che vedevasi distintamente il nucleo, e ciascheduna parte della coda nella piena luce so- lare, ed era nettamente definita, come la luna in giorno chiaro. Il nucleo e la coda avevano la stessa apparenza, e rassomi- gliavano ad una bianca /invola jierfettaìneiite piira^ senza al- cuna variazione ad eccezione di un [)iccolo cambiament(i presso la testa, appunto sufficiente a distinguere in (juesto punto il nucleo dalla coda. Un' altra serie interessantissima di osservazioni complete è pervenuta dalle Indie Orientali col mezzo dello spettatore di Madras, riferita nel sopra citato N. 49^ delle Notizie Astronomiche ; essa è dovuta al Sig. Calder Astronomo della Specola eretta in Irevandrum, o Irivandaran situata a 0.° iiq.' 3" Del Prof. Giovanni Santini 187 di latitudine boreale, e 76.° Sg.' 9" all' oriente di Greenwich. La cometa tu ivi veduta per la prima volta nella sera 4 marzo; ma la serie regolare delle osservazioni comincia coi giorno 6, e termina col giorno 2,6 dello stesso mese. Queste osservazioni congiunte con quelle di Europa sono opportune a correggere gli elementi dell' orbita, ed a completare i lavori interessanti finora intrapresi sulle sole osservazioni europee , dei quali passiamo a dare un breve ragguaglio. Abbiamo già superiormente indicato, che molti intrapre- sero a calcolarne 1' orbita parabolica, e che destò generale sorpresa il poco accordo dei risultati, e la piccolezza della di- stanza perielia da diversi calcolatori trovata minore del raggio solare. Il chiarissimo Sig. Cav. Encke fu il primo ad annun- ziare un' orbita iperbolica rappresentante dentro pochi secondi tutte le osservazioni da esso fatte nel celebre Osservatòrio di Berlino, le quali per la nota perizia dell' osservatore e per la esimia bontà del suo grande equatoriale voglionsi annoverare fra le più esatte che si possono ottenere ai nostri giorni ; ed annunziò in pari tempo che ei credeva possibile anco di de- terminarne un' orbita ellittica la quale rappresentasse con uguale precisione le posizioni osservate. Intanto l' orbita iper- bolica faceva sparire il paradosso di una distanza perielia mi- nore del raggio solare, sebbene anche in essa risultasse molto piccola ed uguale 0,0052,197, cioè minore di quella attribuita alla famosa cometa del 1680. Il Sig. Cooper concepì per il primo il sospetto, che la pre- sente cometa fosse identica a quella osservata da Maraldi nel 1702, la quale veniva da Cassini riguardata per identica all' altra da esso osservata nel 1668, attribuendole così un periodo di 34 anni. La identità di queste tre comete veniva sospet- tata dalla somiglianza dei loro caratteri esterni conservatici dalle relazioni istoriche, giacché delle prime due poche ed incerte osservazioni ci sono rimaste ; ed in questa ipotesi con- veniva ritenere che fra il 1702 ed il i843 avesse compiuto quattro rivoluzioni con un periodo di circa 35 ^ anni, in tre Tomo XXIII. 18 1 3i5 Osservazioni intorno alle Cohiete ec. delle quali per la rapidità del suo corso, o per circostanze atmosferiche fosse passata inavvertita. Il Sig. Petersen, Astronomo in Altona, allettato da queste congetture, intraprese a confrontare con gli elementi ottenuti dal Sig. Galle di Berlino gli scarsi dati lasciatici da Cassini, e da Maraldi intorno alle due prime citate comete, e mentre credette di negare 1' identità della nostra cometa con ([uella del 1702 non esitò ad asserirla con quella del 16G8; e queste congetture del Sig. Petersen acquistarono nuova forza per una importante scoperta istorica fatta dal Sig. Henderson Direttore dell' Osservatorio di Edimburgo, il quale si abbattè in una carta celeste pubblicata in Roma nel 1668, ove era disegnato il corso della Cometa di <[ueir anno dietro le osservazioni fatte in Goa, e trasmesse al P. Francesco di Gottignies pro- fessore di matematiche nel Collegio Romano. Il Sig. Henderson riconobbe egli pure per sua parte la somiglianza delle due comete, ed avvalorò il sospetto della loro identità con impor- tanti confronti fra i luoghi desunti da quella carta, e quelli calcolati dietro gli elementi della nostra cometa, dai quali ri- sultarono differenze piccolissime , e dell' ordine degli errori presumibili in quelle non troppo esatte osservazioni. Queste prime congetture furono ben tosto seguite da altre ricerche instituite da valenti calcolatori, le quali condussero a conseguenze molto rimarchevoli. Primieramente il Sig. Cap- pocci a cui dobbiamo una bella serie di osservazioni instituite nel R. Osservatorio di Napoli con eccellenti stromenti dal 1 7 Marzo fino al 7 di Aprile, considerando la somiglianza dei caratteri esterni osservati nelle comete del 161 8, 1689, del 1702, e forse del lógS, si indusse a crederle identiche; e sta- bilì un periodo di circa 7 anni, che rappresenta lodevolmente le citate apparizioni ; non facendo difficoltà il non averle os- servate nei ritorni intermedj , giacché la posizione della sua orbita è tale, che quando non passa al perielio verso il finire dell' autunno, o dell' inverno, non può vedersi alla sera, ma solo alla mattina; d'altronde la sua piccolissima distanza pe- Del Prof. Giovanni Santini 189 rielia è cagione che in cadauna apparizione sia sempre visi- bile per breve intervallo di tempo. Il Sig. Nicolai di Mannheim ( Astr. Nach. N. 477 ) non credendo possibile di potere calcolare con sicurezza un' orbita ellittica dietro le poche osservazioni fatte in quest'anno, seb- bene siano di molto peso per i metodi di osservazione di gran lunga perfezionati ai nostri giorni, calcola un'orbita pa- rabolica, la quale molto bene rappresenta tutte le buone os- servazioni; indi assumendola identica a quella del 1668, sta- bilisce un periodo di 176 anni, e determina un'orbita ellit- tica, la quale mentre rappresenta lodevolmente le osservazioni del 1843, si adatta eziandio alle grossolane stime del 1668. Per ultimo, il valentissimo geometra e calcolatore SIg. Clau- sen , Direttore dell' Osservatorio Imperiale di Dorpat, appog- giandosi alle sole osservazioni di Berlino dei giorni 20-24-28 Marzo [Astr. Nadir. N. 4^^) ^^ calcolato direttamente un'or- bita ellittica del periodo di cii'ca 7 anni, la quale si presta assai bene a rappresentare le apparizioni delle comete degli anni 1668- 1689. Resta tuttavia a desiderarsi una discussione di tutte le buone osservazioni fatte in diversi punti del globo terracqueo intorno a questa interessante cometa, attendendo la quale dalla instancabile attività degli Astronomi dell' età nostra, crediamo opportuno di riferire nel seguente quadi'o i risultati particolari da ciascheduno ottenuti a compimento dei superiori cenni istorici, raccogliendoli dalle più volte citate notizie astronomi- che del Sig. Cons. Schumacher. Indicheremo per brevità, secondo le denominazioni comu- nemente adottate, per t il tempo del passaggio al perielio; q la distanza perielia; per et, o, ì le longitudini del perielio, del nodo, e l'inclinazione dell'orbita all'ecclitica; nelle orbite ellittiche a rappresenterà il semiasse maggiore ; e V eccentri- cità; (p l'angolo di eccentricità, sicché sia e=sen(^; nelle or- bite iperboliche, 1' angolo di eccentiicità si indicherà per ^, sicché sia e=sec.t// . ■ juj-rioinii" .0 ;— a i4c Osservazioni intorno alle Comete ec. Ciò posto, nel quadro seguente dovrà intendersi da per tuttt) che T rappresenti il tempo medio in giorni, e parti di giorno del mese di Febbrajo dell'anno i843 al meridiano del luogo indicato, e i costanti apparecchiati in modo da seguire nel calcolo della posizione geocentrica le regole del moto re- trogrado. 1. Elementi parabolici del Sig. Encke; dall' Eq." medio o Marzo 1843. r = 27/4oi6i T. M.° di Berlino; log. j = 7, 4823i8 n = a8i.°2i.'i9,"9; o = 5.» 5i.' 7," 7 ; i = 35.» o.' 34,"o 2. Eleni, iperb. del Sig. Encke; Eq. medio o Marzo. T e: 27/ 49778 T. M. di Berlino; log. 9 = 7,717642. ■^= i." II.' 49>" o ; 6=1,00021828 CT = 279.° 2.' 29," 9 ; o = 4.» i5.' 24," 9 ; i = 35.0 12.' 38," 2 3. Ehm. parab. del Sig. Galle; Eq. medio o Marzo. T ZZ 3.~,S 4567 : log. J = 8, 053966 !5 = 274.'>3o.'4,"9; u = 357.°43.'25,"2; i = 36.°22.' i9,"8 . . 4. Elem. parab. del Sig. Plantamour; Eq. med. i Gen. 1843. . •. 7 = 27,^4461 T. M. in Ginevra; j = o. C05807 .. s = 278.°i8.'.3,"o; o = c.°5i.'4,"i; i = 35.°45.'39" 5. Elem. parab. del Sig. Bessel. T = 27,ff 43943 T. M. in Parigi; log. 5=7, 7578402 V = 378." 53.' i8,"4 ; o = 3." 36.' 57," 3 ; i = 35.» 17.' 34," o ■ 6. Elem. parab. del Sig. Peters. T = 27,? 9.'' 55.' o," T. M. in Greenwich ; 9 = o, 00428 o = 279.°59.'7"; o = 3.°55.' i7,"o; i = 35.» i5.'42" 7. Elem. parab. del Sig. Knorre. ■e = 2.1,1 4335 T. M. in Parigi : log. qzzq, 76268 o = 278.° 28.' 25" ; u = I.» 48.' 43" ; i = 35.» 35.' 29" 8. Elem. parab. del Sig. Nicolai; Eq. med. o Marzo 1843. T =: 2-1,1 4^735 T. M. in Berlino ; log. q — 1, 74^964? ■a = 278.» 36.' 32," 7 ; 0 = I.» 37.' 55," e ; i = 35.» 36.' 28," 6 9. Elem. ellittici del Sig. Nicolai, Eq. medio o Marzo. t = a7,ff 43753 T. M. in Berlino ; log. J = 7. 7666666 5) = 88.» 54.' 19," o5; 6 = 0.9998174809 V = 278». 28.' 1 6," 030 = 0.° 6.' 32," 5 ; i = 35.° 5a.' 44," 2 Del Prof. Giovanni Santini i4i 10. ELem. parai/, del Sig. Kendal; Eq. medio 2.6 Marzo. T=: 27,? 436953 T. M. ia Greenwich; log. j = 7. 8462789 CT = 277.0 43.' 53," 7 j 0= 1.055.' 18," 6; i = 35.0 34.' o," 8 Il Sig. Kendal, Astronomo in Filadelfia, rimarca un' analogia tra questa cometa e quella del 1689, di cui il Sig. Beniamino Pierce ha ricalcolato 1' orbita sulle os- servazioni di Pingrè, ed ottenuto i seguenti risultati da quei di Pingrè molto diversi, specialmente nell'inclinazione. T =: a,? i4o3 Die. 1689 T. M. in Greenwich; moto retr." q = o, oio3 ; a = 271.0 16' ; o = 344.° 18' ; i = 3o.° aS.' 11. Elem. eliti, del Sig. Clausen dedotti dalle osservazioni ao-a4-28 Marzo di Berlino; Eq. medio o Gennajo. . , i T=:27,f 18620 T. M. in Berlino; log. g — 'j, 8498258 ;,l |(; log. a = Oj 5356295 ; ( rivol.' 6 J anni circa ) w = 277.0 38.' 14", I ; o = 35o.o 8.' 57," 2 ; i = 38." 3o.' 3a," 7 12. Elem. parab. del Sig. Bianchi. r = a7,ff 14.* 54' T. M. in Modena; q — o. oii4o3 o = 274.0 57.' 57," 6; o = 358.0 39.' aa,"9 5 i = 36.o n.' 56," 9. i3. Aggiungerò in ultimo gli elementi parabolici da me dedotti dietro la osser- vazione 18 Marzo del Sig. Plantamour di Ginevra, e quelle di Padova del 24 Marzo e 2 di Aprile. 1 / , Irf ..,, r-.f, r,, • / - ,.■ ,,, 1,., ,,,.,:.' T = 37,? 2946 T. M. in Berlino ; log. J = 7, 9027» ; o = 276.0 45,' 9 ; o = 4.0 o,' a ; i = 35.0 ,5^f 3. Seconda Cometa dell' anno i843. Nella sera a Maggio, il Sig. Vittore Mauvais, Astronomo nell'Osservatorio Reale di Parigi, scuopri una piccola Cometa telescopica presso la stella i4 del Pegaso, di cui determinò la posizione nella notte successiva al modo seguente : 3 Maggio 1843. i5.* 10.' 54" T. M. in Parigi da mezzodì; A.R. app. della Cometa = 3a6.o 33.' 44" ; deci. = ■+■ 29.° 34.' 3o." Comunicata agli Astronomi questa scoperta mediante i pub- blici fogli, e mediante una circolare del Sig. Cons. Schuma- cher, io la ricercai anche in quest' Osservatorio ; ma per le continue pioggie, e per le nebbie frequenti di quella estate iJ^2 Osservazioni intorno alle Comete ec. clic tu presso di noi di indole umida e piovosa, se ne fecero poche osservazioni, né potei riuscire a vederla prima del giorno 2,3 Maggio; la cometa era molto debole, difficile ad osservarsi, lo che vuoisi in parte ripetere dalle ora nominate circostanze atmosfericiie. Continuò ad osservarsi fino verso la fine di Settembre , alla quale epoca scomparve agli osservatori di Europa per la sonuna sua debolezza, e per la gran declinazione australe alla (juale era pervenuta. Il Sig. Riunker in Amburgo fu uno degli ultimi ad osservarla, e la preziosa serie delle sue osservazioni pubblicata nel N. 49-^ delle notizie Astronomiche giunge fino al lo Settembre. Fu qui osservata interrottamente alla mac- china paralattica fino al giorno 4 Agosto; essendo allora molto debole, e difficile ad osservarsi a quel cannocchiale, venne nelle seguenti sere osservata ad un eccellente cannocchiale di 6 piedi di distanza focale montato sopra robusto tripode di legno con movimento orizzontale e verticale misurato in due circoli divisi in argento, che danno il minuto, egregiamente equilibrato pervenutoci da poco tempo dall' Instituto Politecnico di Vienna, col quale se ne determinò la posizione fino al giorno 27 di Agosto mediante un micrometro circolare. A quel tempo abbandonai 1' Osservatorio, intraprendendo un viaggio per la colta Germania ad oggetto di conoscere da vicino i celebri Osservatori di Vienna, Berlino, Amburgo, Altona e Monaco, che per le loro grandiose macchine e per la bene meritata fama dei loro Direttori formano l'ornamento della età nostra. Riferirò da principio le posizioni dedotte dalle osservazioni fatte da me e dal Sig. Dott. Pietropoli aggiunto all' Osserva- torio, e le posizioni apparenti delle stelle di confronto, avver- tendo che nelle osservazioni fatte alla macchina paralattica si è tenuto conto della differenza di rifrazione, non giù dell' abeiTazione e paralasse. ' In seguito esporrò brevemente le ricerche intraprese per calcolarne l'orbita. ' ■■ 'i '■ Del Prof. Giovanni Santini 143 Anno. Mese e 0 0 23 T. Medio in Padova A.R. app. di Cometa Declinaz. app. di Cometa Stelle di conlrontcj ed Osservatori 1843. Maggio i3.*48.'3i,"8 aa.*a9.' 58,"o5 -i-28.»i5'.54,"6 43. 0 Pegaso 24 12.47. 42, 4 32. 3l. 52, 00 22. 37. 3o, 68 28. IO. 27, 0 27. 48. 47, 9 Sera torbida e fosca j? Pegaso; sera tor- ■27 12. 21. 56, 2 12.56. i3, 3 22. 37. 34, 36 27. 43. 46, 8 bida, cometa de- — i3. 21. 16, 9 22. 37. 33, 79 27.48. 54, , bolissima 28 i3. IO. I, 9 22. 39. 24> 9^ 27.41. '9> a Vento forte, poi nu- 3o 12. 35. II, 3 22.43. I, 5i 27. 23. 57, 2 volo. 3i 12. 27. 5, 4 22. 44. 48, 8a 27. 16. 19, 9 — 12. 52. 29, 3 22. 44- 5o, 49 37. 16. I I, 9 — i3. j5. i3, 5 23. 44- 5'> 29 27. 16. 19, 9 ( Pietropoli ) / ~' i3. 35. 29, 0 22. 44' ^3> -3 27. 16. 19, 9 ' r Giugno 6 12. 33. 45, 8 22. 54. 58, 5i -H26. 18. 36, 5 60-61 Pegaso — 12. 56. 9, 0 22. 55. I, co 26. 18. 25, 2 — i3. 16. 1 1, 7 22. 55. 3, 17 a6. 18. 46, 7? ( Pietropoli ) 7 la. 47. 46, I 22. 56. 35, 70 a6. 7. 53, 0 22 II. 46. 3, 0 23. 17. 3o. 12 22. 41. 17, 0 \ 12. 5. 20, 4 12. 22. 5, 4 23. 17. 29, 14 a3. 17. 29, 79 23. 17. 29, 67 22. 41. 4, I 22. 40. 43, 4 > 71 Pegaso - i3. 4. 52, 4 22. 40. 24, 7 ' ( Pietropoli ) 27 12. 18. 7, 7 12.49. Il, 8 23. 22. 59, 01 23. 23. I, 48 31. IO. 23, 5 31. IO. 9, a 1 23 Pesci 3c 11.40. 43, 7 a3. a5. 56, 5o 20. IO. 46, 9 a3 Pesci — .2. 7. 5, 5 23. 25. 56, 23 30. IO. 5, 0 3 12. 36. 19, 5 23. 25. 57, 70 30. IO. 3i, a ( Pietropoli ) Luglio II. 38. 1, 8 23. 28. 36, 35 -f-19. 6. IO, 3 81

"^4'> deci. app. = -*- 26.° o.' i3,"o 61 Pegaso niÌ;.*;s = aS. 8. 8, 45 ; =: -f- 27. a3. 42, 2. 22 Giugno. La corrieta è prossima ad una stella di 7. 8 gr. che ne rende difficile 1' osservazione. È confrontata con 71 Pegaso (2811. S. A. ) ; 71 Pegaso . . A.R. app. =23.'' 26.' 89," 19; deci. app. =-h 21.» 38.' i8,"73. 27 Giugno. Atmosfera non del tutto pura. La cometa è pros- sima ad una stella di 7^^ gr. che conveniva nascondere sotto la lamina equatoriale per poter vedere la cometa. Tanto in questa sera, che nella sera 3o Giugno fu con- frontata con 23 dei Pesci ( 2854. S. A. ) assumendo a' = 23.'' 44.' 28," 28 ; S'zz-t- 20.° 48.' 12," 5. 3 Luglio. Si giudica la nebulosità di un minuto; è languida con un punto splendente a tratti nel centro. Si confronta con 81 (p Pegaso ( 2855. S. A. ); o' = 23.''44.'32,"^8; ò' = -(.i8.'' i5.'9,"3. ' ' Tomo XXIII. 19 i4'i 05-;ervazioni intorno alle Comete ec. •2. A"05to. Fu confrontata a due stellette delle zone da me osservate e riferite negli Atti deirAccademia di Padova (Voi. V. Nuovi Saggi ) ^ la seconda delle (jiiali coincide col N. sl'óGS S.A. 1 St. (H 7. 8 . . a' = 23.''43/4a,"78; 5' = -f- 3.<'49.'46,"ìì 2. St. «.li 5. 6 . . a' =z 2.3. 5r. i3, 85; S" z: -+- 5. 5g. Sg, o. 4 Agosto. Cometa appena visibile ; fu confrontata con 285:i S.A a' = i.3.'43-'59,"3o; 5' z= -4- 2.° 3.' 53,"4 a8.58 S.A a' = 23. 45. 5, 64; S' =z -*- i. i3. Sa, 8. Dopo questa sera, non potè più distinguersi alla macchina paralattica. Si osservò al rifrattore di Starke di 6 piedi, di cui un oculare chiarissimo con ingrandimento 55 è munito di un micrometro circolare fissato in sottile vetro piano. Il raggio equatoriale del circolo esterno in tempo siderale è = 57,"75; quello del circolo interno è = 5i,"894. Si sono ridotte le os- servazioni, prendendo il medio degli appulsi e sortite dalla zona circolare tanto della cometa, che delle stelle dì confronto; e tacendo uso nel calcolo del raggio medio fra i due prece- denti, cioè di r=54,"822. Non si è tenuto conto della dif- ferenza di rifrazione, che esercitava una piccolissima influenza. '21 Agosto. Fu confrontata a quattro stelle della zona 186 di Bessel, le quali ridotte secondo le tabelle di questo chia- rissimo Astronomo danno ( giusta i miei ristdtati ) 1 St. Ji 7. 8 . . . a' = 23.*a7.'58,"26; 9' = — g.» 37.'3i,"4 2 St. di 7 a' ^ 23. 3o. g, 6t S' zz — g. 29. 16, i 3 St. di 8. g . . . «' = 23. 33. 34, 84 S'zz—g. 41. 6, 6 4 St. di 8. 9 . . . a' = 23. 34. 22, 53 9' = — 9. 41. 18, a. a.3 Agosto. Sera fosca, che termina in nuvolo assoluto. La co- meta fu confrontata ad una stella di 7. 8 gr. a cui tro- vavasi prossima, che si ritiene per quella registrata nella zona 186 di Bessel di 8"^ gr. coi numeri 23." 28.' 45," 6a; — IO." 54.' 37," 7; ma il sopraggiunto nuvolo impedì dì potersene assicurare con altri confronti. Per essa mi risulta a' = 23.* 29.' 39," 04 ; 8' = — io.«5o.'8,"o. Del Prof. Giovanni Santini " 147 a5 Agosto. Sera buona e chiara; la cometa ben visibile è ri- ferita a due stelle registrate nelle due zone 127, lag di Bessel. Prendendo il medio delle due posizioni da esse ricavate ottengo I St. . . . a' = 2:-5.*34/45,"99; 5'=— i2.<'ii.'24,"4 a St. . . . o' = 23. 42. 6, 3o; 3' z=— II. 58. II, 3. 27 Agosto. Fu confrontata in questa ultima sera delle mie osservazioni con una stella di 7^ gr. della zona 189 dL Bessel. La cometa era ancora bene visibile, e venne di fatti ancora per lungo tempo osservata in Germania, sic- come di sopra si è riferito. La posizione apparente della stella di confronto risulta . , ft' = 23.''a5.' IO," i5; 3' = — 13.0 28.' 4," 5. Ricerche intomo all' Orbita di questa Cometa. Ottenutesi da me le osservazioni dei giorni a3 -2.7-31 Maggio, cfte mi sembravano meritare una qualche fiducia, le scelsi a base per il calcolo di un' orbita parabolica, e poiché la distanza perielia risultava forte, dietro una jjrima appros- simazione vi applicai le piccole correzioni dipendenti dalla pa- ralasse ed aberrazione, le quali invero esercitarono una pic- colissima influenza nei risultati finali. Gli elementi da me ri- cavati furono i seguenti : T z;; '44'^ 190335 T. M. in Padova, dal principio del 1843. log. J =: o, 2330980 j H ^ 294.° 5.' i7,"i 1 dall' eq. medio o zz i55. 57. 52, 3 ) 24 J^I^gg'O i z=. 56." i4-' 17, 6 j moto diretto. Questi, soddisfacendo alle osservazioni estreme, richiede- vano in quella di mezzo una correzione -t- 32," 5 in longitu- dine ; — 4' ^ '^ latitudine. Ben presto però si allontanarono sensibilmente dal vero, ed avendo tentato inutilmente di ap- plicarvi una correzione con osservazioni rimote, credetti di poterne concludere, che l' ipotesi parabolica fosse troppo lon- tana dal vero ; perlocchè intrapresi sopra tre nuove osserva- zioni il calcolo dell' orbita in generale , seguendo il metodo l4o OSSERVAZIOXI INTORNO ALLE CoMETE CC. del celeJire Gauss dietro quelle stesse tracce che trovausi esposte nel a" Volume dei miei Elementi di Astronomia. A tale oggetto io scelsi la osservazione del 4 Maggio fatta in Parigi, e comunicata dal Sig. Cons. Schumaclier con questi dati: T. Bloclio in Parigi zz i3.'' 3o.' 4^" dal mezzodì; A.R. osservata = 327.° 7.' -22." ; deci. — -t- 29.° 33.' 35" ed il medio d(dle mie proprie osservazioni jier le sere 3i IMaggio e ^7 Giugno. Iliducendo i tempi osservati in giorni e parti di giorno contati dal principio dell'anno 1843, ed al meridiano di Ber- lino, dalle cui elTemeridi si sono desunte le posizioni della terra; passando dalle A.R., e declinazioni alle longitudini e latitudini; introducendo le piccole correzioni dovute alla pa- ralasse ed aberrazione colla scorta dei superiori elementi pa- rabolici, si sono ottenuti i seguenti dati per il calcolo dell' orbita, ove dobbiamo notare, che tutte le longitudini sono ri- dotte all' equinozio medio del 24 Maggio i843. , 1843 4 Maggio 3i BLiggio 2- G,u-„o T. Medio in Berlino 124, 59374 i5i, 54769 I-u, 52^61 Lon Kit. Geoc. di Com a a 342. 0 2 '42, "i 354. 33. ,6, P 30o. 23. 7> 6 Long, di Terra = A 223.'=53.'25,"4 249.49. 41, 2 2-5. .35. 32., o Latit. Geoc. di Coni.'' = ^ +39.049-' 48,"i Sa. 17. 4'i " 23. 0. 47, 3 Lo;;, (list, ili J, da0zzlog.R o, 0039364 o. 0062200 0. 0072:96 Avendo opportunamente sviluppato sopra questi dati il calcolo dei numeri costanti con tavole a 7 cifre, si prosegui alle successive approssimazioni con tavole a cinque cifre, e si formò per la prima approssimazione la seguente equazione, dalla risoluzione della quale dipende la ricerca dell' orbita della cometa. (Ili) . . . e, 9.5942. sen.''z:=sen (;:; — 29.° 39,' 5i ). Risolvendo ora questa equazione, con pochi tentativi si tro- verà soddisfatta dalie due seguenti radici z^i)^." ì^,' e; ;:;=36.°39,'95, Del Prof. Giovanni Santini ' ^ '49 le quali separatamente considerate conducono a due orbite molto tra loro diflerenti; avvegnaché la prima è vin' ellisse di breve periodo, la seconda un' iperbola molto prossima all' or- bita parabolica, colla quale appresi in seguito, avere il Sig. Mauvais^ con somma felicità rappresentati i movimenti osser- vati della Cometa, ed avere col suo mezzo calcolato una ef- femeride, la quale corrispose esattamente alle osservazioni per tutto il tempo in cui fu essa visibile. Questa particolare cir- costanza nulla ha in se di singolare, se si consideri per la parte analitica; ma può riguardarsi in pratica siccome raris- sima, e da essa voglionsi ripetere le difficoltà che incontrai a x" correggere i primi miei elementi parabolici, sicché rappresen- tassero le stesse superiori osservazioni; imperciocché accadde che io facessi alcune ipotesi sulle distanze accorciate della cometa dalla terra, seguendo i precetti esposti nel 2° metodo riferito a pag. ii3 del a" volume dei citati miei elementi di Astronomia ( a* edizione ), le quali, siccome arbitrarie, erano piuttosto dirette ad avvicinarsi alle distanze riferibili alla or- bita elittica ora accennata, che alla vera orbita parabolica; quindi risultarono contradittorie le equazioni di condizione, che dovevano condurre alla cognizione delle vere distanze ; ed io rammento volontieri questo disgustoso accidente, perchè potrà servire di qualche norma in casi simili. Del resto, lo stesso Sig. Cons. Gauss ha preveduto con molta acutezza il caso in questione, giacché in fine del 5 ^^^ della insigne sua opera ( Theorìa motus Corporum Coelestium etc. Hamburgì 1809) dopo di avere minutamente riferito i caratteri, che devono servire di norma al calcolatore per distinguere le radici utili da quelle che si devono rigettare, cosi si esprime : Attameii contìngere utique potest, ut aequatìo illa duas solutiones ìdo- neas d'wersas admìttat , adeoque prohlematì nostro per duas ^ orhltas prorsus d'wersas satisfacere lìceat. Ceterum in tali casu orbita vera a falsa facile dignoscetur, quamprimum observatio- nes alias magis remotas ad examen revocare licuerit., oj.. loo Osservazioni intorno alle Comete ec. Continuando [)Citaiito separatamente per ogni radice il calcolo delle orbite con tavole a cinque cifre, con quattro successive approssimazioni per la prima radice, e tre . per la seconda, sono pervenuto alle due seguenti orbite : i/ Radice; orbita ellìttica. 1=87/80541 del 1843. T. Medio in Berlino. CTZ=23o.°43,'44 ) doli' Eq. med. ^' •■• ' 0=148.35,86 \ 24 Maggio •■ ■ I ì :zz 4°' 35, 6; moto diretto; log. 0^0, 23859 ; log. e zz log. sen 21.° 3,' 5 z= 9. 55548 moto diurno medio siderale z: ^ =: i556,"4- 2.* Radice; orbita iperbolica; Eq- 3Iedio 24 Maggio. r= 126,? 15396 del 1843; T. Medio in Berlino. n = 281.» 40,' 3! ; u = 157." 23,' 29 ; i = 52.° 47,' o ; 1^ = 9.° 40.' 4," 25 ; log. e 13 o, coòaiai ; log. a zr 2. o5i2473 log. (y zr o. 2098129 ; moto diretto. Dietro questi elementi, l'anomalia vera v si calcolerà coi soliti precetti del moto iperbolico, o più comodamente otter- rassi dall' anomalia vera nella parabola colla correzione della tavola del Sig. Bessel riferita in line del 2" volume dei miei elementi di Astronomia. Se si confrontano ambedue i superiori sistemi colle os- servazioni fondamentali per riprova delle operazioni numeri- che, si ottengono i risultati seguenti, ove i segni additano alla formula la . . . pos. ' oss." — pos.' cale."' Elementi in long. ELLITTICI in latit. Elementi in long. IFBRBOHCI in latit. 4 Maggio 3i Maggio 27 Giugno -*- o,'i - 0,4 _ 0, 5 _ o,'3 -+- 0, I -4- 0, I — o,'c3 — 0, 06 — 0, i5 — 0,' 01 -t- 0, 18 -<- 0, 16 Le correzioni del sistema ellittico sono in vero un poco- lino più forti che nel sistema iperbolico; lo che vuoisi ripetere Del Prof. Giovanni Santini i5i dalle minoi'i tavole a cinque cifre, colle quali sono stati per esso eseguiti tutti i calcoli, mentre nell' ultima approssima- zione del sistema iperbolico si è proceduto con più rigore , facendo in alcuni casi piìi interessanti uso eziandio di tavole a 7 cifre. Che poi l'orbita ellittica voglia essere rigettata, lo persuaderà il confronto con le seguenti poche osservazioni, da cui rendesi manifesto, che essa ben presto si allontana dal vero, mentre l'orbita iperbolica continua a rappresentarle fe- delmente dentro i limiti degli errori probabili in questa specie di osservazioni. , ... —. Correzione degli elementi .rf.i r= ' ellittici in iperbolici in 1 A.R. Declin.' A.R. Declin.' 23 Maggio H- r, 4 — 0,' 21 — 0,' 22 6 Giugno 0, 0 - J.4 — 0, 56 -*•- 0, 17 aa Giugno _ o, :. - 3, o -t- e, 02 -t- 0, 47 3o Giugno -t- r, 3 -#- 3, 2 — Oj 37 ■+■ e, 75 3 Luglio + 3,4 -*r 8, . 3, CO -+- 0, IO 2 Agosto -»- 85, 9 -+- 2C4, 9 •+■ 0, 35 - e, 14 Questa cometa è stata con molta assiduità osservata nei principali Osservatori di Europa, ed ha formato il soggetto di molte laboriose ricerche degli Astronomi, che si vedono rife- rite nelle più volte citate Notizie Astronomiche di Altona dal N. 480 fino al N. 5o4 (ultimo finora pubblicato), fra le quali meritano speciale menzione le seguenti orbite paraboliche per il loro beli' accordo colle osservazioni. I. Il Sig. Mauvais, scuopritore della Cometa, dalle proprie osservazioni dei giorni 4'^A Maggio, 4-6-25 Giugno ha de- dotto col metodo dei minimi quadrati la seguente orbita pa- rabolica, mediante la quale calcolò un' effemeride per facili- tarne le osservazioni dal i Luglio al ap Settembre, che sem- pre corrispose egregiamente con le posizioni osservate, mi m. l5-2 Osservazioni i?itokno alle Comete ec. Tzz6, 125241 di alaggio 1848; T. Medio in Parigi dal mezzodì, log. y iz: o, ao86520 ; moto diretto , Ef = 281.° 32.'3o,"o; 0= 157.° 14.' 39," 3; i = 52.° 45.' 33," 5 ; Dall' equin. medio o Maggio. ( Astron. Nach. N. 484 ) • II. li Sig. Sclilùter, Astronomo in Konigsberg, dalle os- sei'vazioni di Parigi lino all' 8 Maggio, e di Konigsberg fino all' 1 1 Giugno ha conclnso la seguente orbita parabolica che rappresenta entro pochi secondi tutte le osservazioni di questi due celebri Osservatorj. [ Astr. Nach. N. 4^4-) Tz:6, o8ii36[ di Maggio; T. M. in Parigi; log. ^ := o, 2086402. nzz 20 1. "29.' 54, "83 ) dall' cq. medio o zz i57. 14. 9j 27 ) o Genn. 1843 i ZZ 52. 44- 58, "98 ; moto diretto. IH. Il Sig. Russel Hind (N. 4*^)4) liicendo uso del metodo dei minimi ([uadrati ha adattato un suo primo sistema di ele- menti parabolici alle osservazioni 6 Maggio di Parigi, 21 Mag- gio, II Giugno, I Luglio di Konigsberg, 2,0 Luglio di Amburgo ed ha ottenuto il seiiuente sistema : T = 6, 1761216 Maggio ; T. M. di Greenwich ; log. q zz o, 2087542 n = 281.0 34.' 5i," 17; 0= 157.0 14.' 14," 93 i ; = 52.0 45.' 57," 45. moto diretto; ed eq. medio i Gennajo 1843. Riferiremo per ultimo gli elementi del Sig. Gòtze di Am- burgo, dei quali ( N. 5oo ) egli ha dimostrato la coincidenza entro pochi secondi con le osservazioni instituite per tutto il corso della sua apparizione nei diversi Osservatorj. ' '• '■ ... I ^- ■ ''-1 ■' ;)'■. 7^:6,0232920 Maggio; T. Medio di Greenwicli : . ' . log. y :z 0, 2088948 ; moto diretto; eq. medio 3 Luglio. 17= 281.° 27.' 47," 58; 0= 167.0 14.' 5i," 45; i z= 62.0 44.' o," 98. Terza Cometa dell' anno 1043 . • scoperta in Parigi dal Sig. Faye addetto aU'Osseìvatorio. 1 pubblici fogli e due circolari del benemerito Sig. Cons. Schumacher del 29 Novembre e primo Dicembre annunziarono Del Prof. Giovanni Santini i53 la scoperta di questa piccola cometa nella costellazione di Orione fatta dal Signor Faye nella notte 22, Novembre. Non potei ricercarla prima della sera la Dicembre, nella quale facilmente la ritiovai presso la stella n di Orione. Sebbene piccola e di languida luce, sosteneva un piccolo grado di il- luminazione ; aveva piccola coda a ventaglio con un punto più risplendente verso il centro. Ben presto poi divenne per la sua debolezza difficile ad osservarsi ; né potè qui piìi di- stinguersi alla macchina paralattica con sicurezza dopo il ao di Gennajo; con forti rifrattori però a Berlino, Amburgo, ed a Roma fu osservata fin verso il finir di Febbrajo. Presero parte alle osservazioni fatte alla macchina paralattica di questa Specola il Signor Dott. Conti ed il Signor Dott. Pietropoli; le osservazioni sono state da me ridotte nel modo solito, avendo cioè riguardo alle difiFerenze di rifrazione, non però alla pa- ralasse ed aberrazione. Ecco i risultati ottenuti dalle osserva- zioni originali, ove le lettere iniziali P, G indicano le osser- vazioni dovute ai Signori Pietropoli, Conti. I 1 :i'».'li'.) ,"; '. '.i> ■ '■', .■)y.:yu:^: ,^/ Tomo XXIII. ì ^1 \', no i54 OSSERVAZIONI INTORNO ALLE CoMETE CC. 1 Mesi -Giorni T. Me.lio ili Padova A.R. app. della Cometa Deci. app. (Iella Cometa 1 nJ o__ Stelle di confronto Dicenilne la ,o> 9,' 7,"o 5.S5.'28,"9g -1-3.'' 45.' I7,"5 n Orione 1^3. — 10. 28. 42, 8 5. i5. 28, 17 3. 45. li, 5 ìi 9. 34. 7, I 5. i5. 2, 37 3. 39. 58, I — 10. 9. 2.5, 1 5. i5. 0, 29 3. 39. 14, I — g. 53. 26, 9 5. 1,5. 2, 57 3. 40. 57, I !<= — IO. 24. 3i, 6 5. i5. 0, 75 3. 41. 6, 1 •4 9. 47. 24, 0 5. 14. 3i, 94 3. 34. 12, 8 IO. 21. 4a, 3 5. 14. 3i, 3a 3. 33. 5o, 8 — IO. 3. 58, 5 5. 14. 29, 25 3. 35. 8, 8 i' \ — IO. 36. 29, 6 5. 14. 3i, 70 3. 34. 16, 8 i5 9. 35. 11, 4 5. 14. 6, 14 3. 29. 22, 6 17 9. 55. 24, 4 5. 14. 4, 71 3. 29. 0, 6 IO. II. 28, a 5. i3. 9, 61 3. 20. 24, 0 — IO. 27. 32, 0 5. i3. 8, 47 3. 20. 24, 0 — IO. 46. 37, 5 5. i3. 7, 38 3. 21. 4, 0 C 18 II. 19. 8, 4 5. 12. 4'» 4? 3. 16. 38, 9 • . . m Orione 24 8. .59. 25, 5 5. 10. 25, 08 3. a. 41, i — 9. 18. 3o, 4 5. IO. 27, 21 3. 2. 17, 1 — 9. 29. 9, 9 5. IO. 24, 43 3. 2. 54, 1 — 9. 39. 6, 4 5. 10. 27, 14 3. a. 17, I P - 25 g. 3i. 53, I 5. IO. 6, 45 3. 1. i5, 0 — 9. 41. 45, I 5. IO. 6, 89 3. I. 27, 0 — IO. I. 4'> 5 5. IO. 6, 91 3. I. 17, I 9.6 9. 5i. 41, I 5. IO. 2, i8± 3. I. 5i, 0 P IO. i3. 7, 2 5. g. 45, 69 3. I. 12, 0 ì — IO. 26. 24, 7 5. 9. 46, i5 3. 0. 58, 9 [^ — IO. 49. 4, 6 5. 9. 47, 22 3. 0. 28, 9 ) — IO. 33. II, I 5. q. 44, 25 3. 0. 40, 9 P Gennajo 1 1 8. IO. Sg, a 5. 8. 3i, 36 3. 33. 33, 5 • . • 7?! Orione 1844. - 8. 2Ò. 14, 6 5. 8. 33, 17 3. 32. 18, 5 8. 38. 59, 5 5. 8. 33, co 3. 33. 0, 5 i3 8. 0. 4.5, 8 5. 8. 56, 96 3. 40. 23, 0 — 8. II. 42, 7 5. 8. 56, 82 3. 40. ai, 0 17 7. 5o. 3i, 0 5. g. 57, 01 4. 0. 57, I — 8. i. 4.5, 8 5. 9. 58, 21 4. 0. 55, I 20 8. i5. ^0, 0 8. ag. 23, 3 5. II. I, i5 5. II. 6, 36 4. 17. 41, 7 4- 19- 7> 7 1 deci, incerta Quanto alle posizioni apparenti delle stelle di conlronto noteremo, che quella di ?i d' Orione si calcolò dietro i dati del catalogo della Società Astronomica j quella di m di Orione Del Prof. Giovanni Santini " i55 fu desunta dalle mie proprie osservazioni, le quali concordano entro ristrettissimi confini collo stesso catalogo. Si ottennero così i seguenti risiiltamenti : n Orione 1 1 Dicembre a' = 5.' a3.' 5,"444 ; 5' = -+- 3.o io.' ^,"3g 21 Dicembre 5, S^S 3, i5 m Orione i8 Dicembre a' := 5. 14. 4°i"47 > 5' ir -)- 3.° 2?i. 18, "ai II Gennaio 4°j ^3 16, 48 21 Gennajo 4°' 49 i5, 5o Osservazioni /^articolari. 12 Dicembre. Cometa debole con piccola coda a ventaglio ; nel nucleo, un punto più luminoso. i4 Die. Sera chiara; cometa debolissima con piccolissimo nu- cleo splendente ad intervalli. i5 Die. Cielo vaporoso; cometa appena visibile. :^ 18 Die. Non si potè in causa dei vapori vedere la cometa alla macchina paratattica; invece si vide col rifrattore di Starke, e fu col micrometro circolare confrontata con m di Orione. ' i; . i > . ;. . a4 Die. Sera passabilmente buona ; la cometa molto debole aveva tuttavia una nebulosità di circa i',5 con due punti splendenti eccentrici verso Levante. a5 Die. Sera pura con vento ; cometa abbastanza visibile ; non si distinguono i punti splendenti; ma solo entro la ._„ nebulosità una porzione più luminosa. 1 1 - 1 3 Gennajo. Cometa simile a piccola macchietta bianca. 1 7 Genn. Sera pura ; vedesi la cometa, come una tenuissima nebbia. . . „ _. ao Genn. Notte serena con vento forte; appena si sospetta nel cannocchiale della macchina paratattica la presenza della cometa; l'osservazione riesce incerta. Dopo questa sera non fu più visibile alla macchina para-^/^ lattica: né potei ricercarla col rifrattore, essendo allora smon- tato per un piccolo ristauro. *t -v •San*. l5(j OSSERVAZIONI INTORNO ALLE CoAIETE CC. Nelle ricerche seguenti, essendosi fatto uso delle osser- vazioni instituite in diversi luoghi, per servire alla brevità, esporremo (jui riuniti i dati di tutte le osservazioni, che fu- rono adoperate, desumendoli dalle più volte citate notizie astronomiche. Quanto alle osservazioni di Roma, il eh. P. Vico gentilmente mi comunicò per Lettera le osservazioni originali come vennero poi puJjblicate eziandio nelle Astron. Nadir. ; io ne ho dedotto le A.R. e le declinazioni prendendo le po- sizioni delle stelle di confronto dalle ivi citate zone di Bessel; e solo per alcune non reperibili in esse, ne ho determinato la posizione apparente direttamente col mezzo del nostro cir- colo meridiano. Nella tabella seguente, la seconda colonna porge il tempo medio osservato nel luogo citato a lato di esso nella terza co- lonna; la quarta mostra lo stesso tempo ridotto al mei'idiano di Berlino, ed espresso in giorni e parti di giorno a partire dal principio del io43; la rpxinta e sesta colonna danno le A.R. e le declinazioni osservate. Le ultime due colonne por- gono le correzioni da me impiegate suU' appoggio dei primi elementi ellittici prossimi al vei-o, per spogliare le A.R. e le declinazioni dall' effetto della paralasse e dell' aberrazione. Mesi- Gior. Tempo Medio nel luogo T. Meilio A.R. osserv. Deci, osserv. correz. nella 1 in Berlino di Cometa di Cometa A.R. deci. Nov. 24 i?-' 4-'4^>"8 Parisi 328, "4232 8o.'=5o.'42" -t-6.-'3o.'35" -t- 6,"c -^ 4/'9 1843 26 IO. 9. 3i, 9 .... 33q, 45399 80. 42. 22 6. 9. 44 - 6,-4 -H 4>"5 ^7 IO. 55. /\b, 2 • • • . 33 1, 48610 80. 36. 33 5. 57. 4a -5, I H-4, 4 Die. a8 IO IO. 49- ^-5, 3 332,44170 80. 3o. 45 5. 46. 44 -5,2 -+-4,5 9. 5a. i5, 2 Amburgo 344^ 42<'So 79. 7. 18, 7 3, 58. 8, 2 -5,4 -h6, 4 _ ir. 32. 28, 0 Berlino 344, 48087 79. 6. 53, 8 3. 57. 39, 5 -2,8 -^-6, 4 — IO. 43. 37, I Altona 34i[, 45802 3. 57. 52, 6 .... -^-6, 4 _ IO. 45. 44, I Al tona 344, 45655 79. 7. 2, 0 -4, ' .... II 1 1. 0. 3o, 8 Altona 345, 46828 78. 59. 3[, 2 3. 5i. 16, I -3, 5 -t-6, 4 _ II. 55. 12, 6 Altona 345, 50627 78. 59. 14, 7 3. 5o. 59, 2 — 2, 0 -+-6, 3 .^ 9. 5i. 5, I Amljurgo 345,41999 79. 0. 7, 7 3. 5i. 37, 2 -5,3 -*-6, 4 ^— 9. I. i3, 6 Parigi 345, 40657 79. 0. 18, 0 -1-3. 5i. 46, 0 -6, 8 -t-5, 9 Del Prof. Giovanni Santini i57 Mesi-Gior. Tempo Medio nel luogo T. Medio in Berlino A.R. osserv. della Cometa Declin. osserv. della Cometa correz. A.R. nella deci. Dir. la 9.^22.' 4o,"o Parigi 346, 42146 78.052.' 4o",o +3.045.' 35,"o — 6,"5 -H .5,"8 1843. - IO. 18. 54, 9 Padova 346, 43404 78. 52. 8, 7 3. 45. 14, 5 -4, 9 -»-5, 3 i3 IO. 58. 17, 0 Bi-rlino 847,457,5 78. 45. 3, 5 3. 39. 12, 3 -3,4 H- 6,"2 — g. IO. 4.^, 4 Altona 347, 39204 3. 39. 44, 7 H-6, 4 — 9. 20. 47, 0 Altona 347, 39903 78. 45. 29, 7 — 5, 6 — 8. .3o. 46, 5 Amburgo 347, 36421 78. 45. 45, I 3. 39. 56, 7 -6, 3 -+-6, 4 — 9. 5i. 46, I Padova 347,4.5.8 78. 45. 20, 0 3. 39. 36, I — 5, 6 -h5, 3 a3 9. 5i. 37, 0 Roma 357, 4" 340 77.4.. 28, 7 3. 3. 38, I -4,3 -t-5, 9 24 9. i5. 42, 0 Padova 358, 390.4 77. 36. 23, 9 3. a. 37, 8 -4, 3 -*-6, 4 25 9. 45. 7, 0 Padova 359, 4'o57 77. 3i. 41, 3 3. I. 19, 7 -3,3 -f6, 4 — 9. i5. 48, 0 Roma 359, 38853 77.31. 48, 9 3. I. 0, 2 -4,3 -t-6, 0 26 9. 49. 44 Roma 36o, 4'209 77.27. i5, 9 3. 0. 24, 3 ^ 3, 0 -t- 6, I — 10. 20. 3i Bornie 36o, 44838 77.27. 0, 8 3. 0. 36, 8 :, g ■+■ 7, 1 27 Genn. 9 IO. 0. 12 Roma 36i, 4'936 77. 23. 9, 9 3. 0. I, 6 -2,5 ■+■ 6, 1 IO. So. 57 Berlino 374, 45204 77. 5. 22, 5 3. 24. 23, 0 -t- i,"8 -K 7,"8 1844. - 0, 2960 Ginevra 374, 32207 77. 5. II, 6 3. 24. I, 7 -2, 4 -t-7, 3 IO 9. 38. 20 Berlino 375, 40160 77. 6. 57, 6 3. 27. 5i, 9 -t- o,"3 -1-7, 9 — 7. 21. 23 Roma 375, 20907 77. 6. 47, 0 3. 27. 8, 2 -3, 3 -t-6, 8 II IO. 3a. 12 Berlino 376, 43903 77. 9. 0, 4 3. Sa. 2, 3 -1- i, 8 -*-7, 9 — 8. 25. 24 Padova 376, 35526 77. 8. 7, 7 3. 3a. 57, a -1, 4 -(-7, 2 — 0, 3ii8 Ginevra 376, 33887 77. 8. 46, i 3. 3i. 48, 9 -2, 6 -4-4, 6 i3 IO. 9. 18 Berlino 878,423.3 77.14. 8,4 3. 40. 34, 7 H- I, 8 -*-7, 9 — 8. 6. 14 Padova 378,34189 77. 14. i3, 4 3. 40. 22, 0 ->, 4 -•-7, 3 i5 9- 44- 7 Berlino 38o, 40564 77. 21. II, a 3. 49. 45, 4 -hi, 7 -1-8. e 16 0, 38i3 Ginevra 381,40837 77. 25. i5, 9 3. 54. 67, 7 ■+■ I, I -+• 7,"4 >7 18 7. 56. 8 Padova 38a, 33488 77. 29. 24, a 4. 0. 56, I -0,4 -t-7, 3 0, 4221 Ginevra 383,44817 77. 35. 4, 4 4. 5. 33, 9 -f- 3, I -*-7, 4 20 II. 36. 27 Berlino 385, 48364 77.46. 41, 7 4. 16. 5o, 3 -t-5, I -t-8, I — 8. 22. 3i Padova 385, 35320 77. 45. 56, 4 4. 18. -1-0, 8 21 IO. 3o. 43 Berlino 386, 43806 77. 52. 40, 4 4. 22. 23, 9 + 4, I ■+■ 9,"? — 8. 8. 0 Amburgo 386, 34838 77.52. 12, 9 4. 20. 55, I -h I, 4 -t- 8, I aa. 9. 45. 3a Amburgo 387,41612 77. 59. 21, 5 4. 28. I, 3 -t-3, 5 -(-8, I 23 9. 58. 8 Amburgo 388, 42487 78. 6. 39, 7 4. 33. 58, I -t-4, ° -1-8, 2 24 7. 3. 14 Roma 389, 29646 78. i3. 17, 3 4. 38. 58, 8 -1-0, I -t- 7, 0 IO. 19. 17 Roma 389, 43262 78. 14. 19, 7 4. 39. 38, 7 + 4, 8 + 7, 0 35 7. 5o. 49 Roma 390, 32951 78. ai. 18, 8 4. 44. 55, 5 4.46. 18, 0 -HO, 6 -t- 7, 0 — IO. 26. 4? Roma 390, 43781 78. 23. 27, 5 -h 5, 4 ■+■ 7, 1 ab 8. 18. i5 Amburgo 391, 3555o 78. 3o. 1 1, I 4. 52. 7, 2 -1-3, 8 -t-8, 4 27 i3. 14. 24 Roma 392, 55422 78. 40. 34, 8 4. 59. 3o, 7 + 8, 7 H-7- 3 ;ì -iji':!'.ii :-><'i:fi ; '-.w-r.', i58 Osservazioni intorno alle Comete ec. Ricerche intorno agli elementi dell' orbita di questa Cometa. Dopo che potei otteiieie due osservazioni conveniente- mente disposte rapporto a quella di Parigi del giorno 2,4 No- vembre, intrapresi a calcolarne l'orbita partendo da bel prin- cipio dall' ipotesi parabolica. Le osservazioni assunte a base del calcolo furono quella di Parigi del 24 Novembre, ed il medio delle mie proprie osservazioni per le sere la e a.5 Di- cembre. Ridncendo all' ecclitica ed all' equinozio medio le po- sizioni osservate, e prendendo dalle effemeridi di Berlino le posizioni della terra ridotte esse pure all' equinozio medio, si formarono i seguenti elementi per il calcolo dell' orbita pa- rabolica. 184?.. T. Medio in Berlino Longit. diC.-" ZI iJ. Longit. di J = A Lat. Geoc. di C." = 1^ Log. dist. 6 da 0 = log. R Nov. 24 Die. 12 1.5 328, -4223 346, 43404 359, 4"'^7 80." 29,' 92 78. i3, 32 TÓ. 44, 37 62.0 18/95 80. 16, 40 93. 29, 43 — 16.° 38,' 87 — 19. i5, o5 — ig. 5i, 87 9; 994 '9 9, 99808 9, 99271 Con tavole a cinque cifre, seguendo i precetti del me- todo di Olbers dietro la disposizione datali nel a" volume dei miei elementi di Astronomia per correggere dietro una se- conda approssimazione l'errore dell'ipotesi delle corde tagliate in proporzione dei tempi, ottenni il seguente risultato . 7 = 244,^3796 T. M. in Berlino del 1843; log. -7 = 0,38704 ",: n 33 4-''-° 39,' 65 ; o z: 220.° 54,' 9 ; j=i9.''9,'4> "loto diretto. ( Le longitudini sono contate dall' Eq. medio 24 Maggio. ) Confrontando ora questi elementi con le due osservazioni estreme si trovano esse rappresentate entro poclii decimi di minuto; ma grande è la loro deviazione dall'osservazione di mezzo ; imperocché trovasi per essa Del Prof. Giovanni Santini i59 longlt. calcol. =78.015,' 8; latit. calcol. = — i8.°55,'5 longit. osserv. =78. l'i, 3; latit. osserv. =—19. i5, o Corfez. degli Elem. = — a, 5; =— 19,' 5 Non essendo riuscito con i noti metodi di correzione a far sparire una differenza sì forte, mi rivolsi al calcolo di un' orbita ellittica, ritenendo le stesse osservazioni, ed usando tavole a cinque cifre. In vero non erano esse troppo bene disposte per una siffatta ricerca ; giacché cadendo 1' osserva- zione di mezzo in gran vicinanza dell' opposizione con una piccola latitudine , troppo piccolo riesce l' angolo compreso dalle linee condotte dal centro del sole e della terra al cen- tro della cometa, che costituisce F incognita principale nel metodo del Sig. Cons. Gauss. Quindi il risultato è un poco incerto per avere fatto uso di tavole minori ; e questa incer- tezza si rifonde in specialità sul moto diurno medio, il quale si può avere tanto dall' asse maggiore direttamente ottenuto, quanto dalle anomalie medie calcolate per le due posizioni estreme, secondo i precetti del metodo. Detto ^ il moto diurno medio, per la prima via mi risultò e per la seconda ^a = 476, 91 "~ ' "' j ? Ho ritenuto fi ^477? '2,8; medio dei due risultati, seb- bene ciò abbia dell' arbitrario. Ciò premesso, ecco i risultati, ai quali io pervenni : 1 = 284/7807 del 1843; T. M. in Berlino. jT= 44.° 48/ 34 ) dall' Eq. medio e = aio. 33, 73 J 24 Nov. 1843. • ^.. , i= II.' i5,' qc; moto diretto. '-' '' ' log. a = o, 58o6o ; (i — ^-j-j," 3.8

I .... .... 27 - 7' a — 26, 7 .... .... Die. a8 TO - II, 7 — i3, 6 .... .... - 48, 0 — 3i, 9 Amburgo Rùmker — - 43, 5 — 36, r Berlino Encke - 46, 8 - 33, 0 Altona Petersen II - 48, 4 - 46, 7 — 28, 0 - 3o, 3 Altona Altona Petersen — - 35, I - 25, 5 Amburgo Riimker - 3., 4 — 22, 4 Parigi Faye 12 - 4i> 9 - 14, 0 Parigi Faye — 66, 0 - 3o, 4 Padova Santini i3 - 40, I - 34, 2 Berlino Encke ■^ - 4-, 6 — 20, 6 Altona Petersen Tomo J cxin. 2.1 i6a Osservazioni intorno alle Comète ec. Correz. in Luogo Mesi- Gior. dell' Osservatori A.K. deci. osservazione D.C. i3 _ 4.,"2 21, 0 Amburgo Rumker — — 44. 3 — 25, 5 Padova Santini 33 — 6, 9 — 12, a Roma Vico 24 — IO, 4 -H i3. 2 Padova Santini 2.5 -+- 3, 3 -+- 2, 2 Padova Santini — -t- 3, 7 — 19. 8 Roma Vico 2.0 -t- 8,0 — 'I, 7 Roma Vico — -i- 3, 6 -t- 2, 9 Bonne Argelander 27 ■+■ i3, 3 — i3, 3 Roma Vico Genn. 9 -H 35, 3 37, 1 Berlino Encke — -*• 3o, 6 3o, I Ginevra Plantamour IO _(_ 38, 5 46, I Berlino Encke — ■+■ 45, . 46, 7 Roma Vico 1 1 ■+■ 38, 2, _ 52, 9 Berlino Encke — — 6,6 ■+■ 18, 7 Padova Santini — H- 32, 8 — 46, 7 Ginevra Plantamour i3 -H 26, 7 _ 57, a Berlino Encke — -+- 43> 7 38, I Padova Santini j5 -»- ^3, 4 75, I Berlino Encke 16 -t- i3, 9 68, 4 Ginevra Plantamour '7 -1- I, 6 — 0, 4 Padova Santini 18 -t- 2,6 83, 7 Ginevra Plantamour 20 — 8, 3 — 95, I Berlino Encke 9= 2 . Padova Santini 21 II, 6 _ Ói 9 Berlino Encke — iS, 9 — i53, 7 Amburgo Rumker 22 25, 9 — no. 0 Amburgo Rumker 23 3i, 3 — 121, 9 Amburgo Rumker 24 _ 4^' 9 — 146, 9 Roma Vico — 40, 6 — 168, I Roma Vico 25 65, 6 — 180, 5 Roma Vico _ 46, 6 _ i39. 3 Roma Vico 26 59, 5 142, 2 Amburgo Rumker / - "^ 80, 6 ^^ .46, 4 Roma Vico Si può ora facilmente riconoscere, che la declinazione da me osservata in Padova nel giorno 17 Gennajo aberra dalle altre osservate nelle sere contigue per circa i'; lo che vuoisi attribuire alla somma difficoltà che vi era di vedere la cometa, ed apprezzarne il sito in un piccolo cannocchiale, come abbiamo Del Prof. Giovanni Santini i63 veduto essere quello della macchina paralattica. Un tale er- rore influisce necessariamente negli elementi ellittici appog- giati a questa stessa osservazione, e rende necessaria una ul- teriore loro correzione, che ho intrapresa al modo seguente. Primieramente è palese, che da qualunque sorgente procedano gli eri'ori degli ottenuti elementi, le differenze fra i luoghi osservati e calcolati variando col tempo, nei brevi intervalli crescono proporzionalmente alle differenze dei tempi stessi ; quindi per un' intervallo di quattro o cinque giorni, preso il medio delle correzioni, ed applicatolo al luogo calcolato per il mezzo dell' intervallo stesso, si ha un luogo osservato, come se risultasse dal medio di tutte le osservazioni ricondotte col mezzo del moto diurno a corrispondere all' instante medio. Dietro questo principio, si sono formati varj gruppi delle su- periori osservazioni ; sì è preso il medio delle notate corre- zioni, e si è applicato al luogo calcolato posto all' incirca nel mezzo della serie, formando cosi i luoghi normali della tabella seguente. In particolare poi, il luogo normale 2,6 Novembre riunisce il medio delle osservazioni i2,4-a6-a7-28 Novembre fatte in Parigi ; il luogo col-rispondente al 1 2, Dicembre è for- mato col medio di tutte le correzioni superiori scritte di fronte ai giorni lo-ji-ia e i3 Dicembre dedotte dalle osservazioni fatte in diversi luoghi. Il luogo del 2,5 Dicembre risulta dal medio delle correzioni pei giorni 28-24 -^5 -2.6 -27 Dicembre; il luogo dell' II Gennajo, dalle osservazioni dei giorni 9- io- li-i3 e i5 di Gennajo; quello del 17 Gennajo dipende dai giorni i5-i6-i 7-18-20 Gennajo; quello del 28 Gennajo dipende dai giorni 2i-a2-a3; finalmente quello del 25 Gennajo risulta dai giorni 28-24-^5-26-27 Gennajo. A questo modo sono stati formati i seguenti luoghi normali che devonsi riguardare come ridotti all'equinozio medio del i Gennajo 1844^ e liberi dalla paralasse ed aberrazione della luce. .aq iiBulbni ^JiiOffrioi-in^;- ■ ;i : ■ ; OSifrr i'ii;';f;'r 11 cìit ììÌÌjTììkiii:;. '::;•■ <"_.•):' i ,.;-i! , i()4 Osservazioni intorno alle Comete ec. 1843 T. INIedio in Berlino Longit. Geoc. di Com.''=a Latit. Geoc. di Com.^ = ^ Longit. di 5 = A Log. R. Nov. 26 Dio. 12 Die. 25 Gemi. 1 1 1844 .7 28 25 33o,f4i66- 846, 4,667 359, 41667 876, 33333 382, 38333 388, 83338 890, 38333 8o.''i9. 58,"5 78. 18. 48, 2 76.44. i5, 6 76. 28. 3, 8 76. 47. 37, 6 77.29. 21, 7 77. 46. 25, 9 — 16.058.' 33,"5 — 19. 14. 5i, 0 — ig. 5i. 52, 4 — 19. ig. i8, 0 — 18. 52. 57, 5 — 18. 22. 5g, I — 18. 12. 28, 7 64.0 o.'47,"4 80. i5. 16, 9 g8. 2g. 48, I 110.44. '0> 3 1 16. 5o. 52, 6 1 12. 57. 17, 4 124. 5g. 18, 5 9.9940618 g. 9980884 9.9927064 9.9927597 9.9929494 9. 9982017 9.9982991 Separando ora da queste posizioni normali quelle corri- spondenti ai giorni 26 Novembre, a5 Dicembre, 11 6 2-5 Gen- najo, bo procurato di soddisfare alle due longitudini e latitu- dini estreme, ed alle sole longitudini delle due intermedie col metodo conosciuto di piccole variazioni arbitrarie date alle distanze accorciate prossimamente note per le due posizioni estreme. Questo metodo trovasi esposto nel a° volume dei miei Elementi di Astronomia ( pag. 117) e se ne può vedere un' ordinato e completo esempio nel Voi. Ili dei Nuovi Saggi dell' Acc. di Padova., ove fu da me applicato alla cometa pe- riodica di Biela. Per questa via bo ottenuto i seguenti elementi ellittici : r =: 290,? giSóo del 1848; T. Medio in Berlino .. V ^ 49-° ^9-' ^^"A ì -^l- medio , . ; ; o =209. 22. 59, 4 ) I Genn. 1844 ; — II. 20. 46) 3; moto diretto log. 0=7.0,6780867; a = 3, 785182 ' ' log. ;/.= 2, 6828766; fi = 48i,"8io8 (p = 33.0 82.' 44," 67; log. e= log. sen^zz 9. 7424126 log. e" = 5, 0668876 ; Tempo della rivol. sid. = 2690? = 7,'"' 366. Quindi il suo ritorno al perielio accaderà verso il primo di Marzo dell' anno i85i. I logaritmi costanti superiormente indicati per A e B inservienti al calcolo dell' anomalia vera e raggio vettore col mezzo dell'anomalia media saranno in questo sistema i seguenti log. A = 0,3345735; log. B = o. 1143906. ■ ■' ' Del Profw Giovanni Santini' "-^ "' i65 Calcolando ora mediante gli ottenuti elementi i luoghi geocentrici della cometa ' per i'iiémpi corrispondenti ai supe- riori luoghi normali, si ottengono; iel i differenze seguenti, ove i segni si riferiscono sempre alla formula, j:vj.ù luogo osser. —r.JuQgO cale. ■:,(•(>';,,. „_ f£ ifiois: )b oriois/;i.inÌ8 -b i.JidioU .!.! .iiA ih. 3-1. CoER. DEGLI Ele.i. ;[^ mdinQ'foVi :VB}n3S'=)UpjI; I ■ MOtlo f)»- in longit. ìqi latit. . ,'nd il) CDiJlif ■AcèTjf'inu '" ■ ' 1 '••• — —■ ■ '• — ■-~ itiioiijfji-goig") liVIKlnoe'J'Kjfl ■. a6 Nov. -I- C,"l — o,"i : ijJoui ''idrioir-. É- - •, ^1 '2 Dicem. — 6, q -i- ■ a, i • • i ■du IP. lM:h o5 Dicem. _ a' 3 H-'8''4 nOlSKVOeSO oi Din OJ . " ^enn. -+- i, 2 -+- i3, 8 ;;[Jail onoOéij .r '7 Geni). — I, I -t- 40, 7 . ■■ ' > '■' a3 Genn'. — 'i, o -f- ar, 5^ ' IVlOVli iiSllMS I,.;..,, a5 Geno. -H o, i , .4,: , o, o ; i.Jj otCllOrj> :"i-. .' ■ •f . !• Del Prof. Giovanni Santini 169 fi hH M !-• 'a » « 0 ^ CO-^l Ci cn-ti- CU t3 w ° U tO t5 IP W IO (O N) tP p P t3 03\0 'O sO ^ v£) 10 ^o «0 «o ^^ 0 MD cr. -> 0 ta 13 t3 CTì -^ 0 -^ cn ^ 0 -^I -Ci. cn - 0 -H cr. ■- 0 - o^ CO co-q M 0 p «sO ^ OJ to OJ 0 -t^vj^^t». cn 0 H, r^j co to co co co p -H 13 N- 0 _t^. 00 co W e 0^'^ OJ-fcv^i IO Cn o^ -t^- 014^. Cn cn Cn Cn Cn C14i^■ cn in vf) W^ 0 0 p U> - K) 0 P 0 0 0 P cu cn H- ji. Q^ ts> "O 'O COU3 00 Oì-J Cu4>- 0 [p *, 9 -t». 01 CO -N co 13 cn cu cn Cn c^tì o:>J^o:>OJ J» J3 JX^ ;;3 Zn W-C>. Ctó 0 co w M 0 ^ ^O 0^ 0~ 4i- t3 to W W (0 w 13 (3 IO t3 W 13 000000 000000 MD C0\0 IO MO ^ vo eoo 0 0 co CU W OJ t5 t3 « - 13 13 tf t3 -fi^ - « t3 \0 0 - '^ [i CO c% - - CO P CO p CO cn 0-^0 0 Cn « cn 0 P - CU-<] vF J^ J^ ^ J^ vP J3 p J» ^ J3 J3 o^• co co CO CO p 0 co W CO 0 Jì- c^ oj « 0 — j co Oq • oi 0 00 CTN CO CA'-J Oi CU •^i ^J cr\0 -^ p T: Ch CO CO-. CO P IO P •- co p p •<] -^ o> cn co co •^ 0 p^ co cno ^ ■©. tJi cn co 'x - t3 -t>- cn Cn Co j3 » -. « 0 ■^ 12; !=l 2 0 t-* c^ 5!ffi>- 0 -■e ^ " ni n -- rti *i * 0 vers in Jeune tone Str intamou ssel-H. coiaio I 0 - crq • E ande: erson ai: I 0 e- g n n Altona a Leide uwe r nd I. elem. . .III. r . elem. 0 0 •1^ 1 = elem. elem. elem. cn >T3 n ■ri 0 0 3 ri <-* 3 a a 3 0 0 ■^ 5' "^ ^ > c; H 0 -i t~> fc- (r> OJ ^ ■e 5 Tomo XXin. 2,2. I -o Osservazioni intorno alle Co:\iete ec. Fondamenti dei precedenti clementi. N. I. Dalle osservazioni 24 Novembre di Parigi; i e 9 Di- cemljre di Altona ; E([innozio apparente. N. 2. Dalle osservazioni a4-2.6 Novembre di Parigi; 9 e 17 Dicembre di Berlino ; Equinozio vero 7 Dicembre. N. 3. Dal complesso delle osservazioni institnite lino al 28 Gennajo; le longitudini sono contate dall' Equinozio medio o Gennajo i844- N. 4. Dall'osservazione 24 Novembre di Parigi; io -ab Di- cembre di Argelander a Bonn; Ecf." medio o Genn. i844- N. •'). Dalle osservazioni aq Novembre, ìì-iG Dicembre di Cambridge; Eq.° medio o Genn. io44- N. 6. Risultano da una correzione dei primi elementi di Gold- scliimdt sulle prime osservazioni di Parigi, e di Nico- lai a Mannbeim; dall' Eq.° medio i Gennajo i844- N. 7. Dalle osservazioni 24 Novembre di Parigi; 1-9 Dicembre di Altona; dall' Eq." medio o Genn. io44- N. 8. Dalle osservazioni 24 Novembre di Parigi; 16 Dicem- bre, 28 Gennajo di Leiden; le longitudini sono (a quanto sembra ) riferite all' Eq.° medio del 24 Dicembre. N. 9. Dalle osservazioni 26 Novembre di Pai'igi; 21 Dicem- bre, 21 Gennajo di Poulkowa ; non è indicato il me- ridiano sul quale è contato il tempo del pass, per il perielio, né l'equinozio a cui sono riferite le longitu- dini. Si è ritenuto il tempo numerato sul meridiano di Poulkowa. N. ic. Dalle osservazioni 24 Novembre di Parigi, 17 Dicem- ]n-e. Io Gennajo di Ginevra; Eip" medio i Genn. i844- N. ir. Dalle osservazioni 24 Novembre di Parigi; 17 Dicem- bre di Riimker; i5 Gennajo di Soutli a Kensington; non è indicato a quale equinozio sono riferite le lon- gitudini del nodo e perielio. N. 12. Risultano da una correzione degli elementi N. 6 colle ultime osservazioni del Sig. Argelander; si riferiscono air Eq." medio i Gennajo iu44- 171 DI UN CELEBRE TEOREMA DI ABEL, E JACOBI DIMOSTRAZIONE DIRETTA V DEL PROFESSORE ' i .' Ricevuta adì 3o Li/ gl'io i844- oggetto del presente articolo è dichiarato nel paragrafo, che qui trascrivo da una classica Memoria del celebre Signor Jacobi : « Novimus olini III. Lagrange in commentationibus « Accad. Taurinensis, ab ipsa aequatione diifei'entiali dx dy « inter duas variabiles profectum per methodos directas in- « tegrationis ad ipsum ejus integrale completum algebraicuin « ascendisse, atque ita methodo nova ac singulari demonstra- « visse theorema Eulerianum, quod ei tantain ipsius Euleri « excitavit admirationem. Ita etiam operae pretiuin fore cre- « dimus, duarum aequationum diffcrentialium inter tres va- « riabiles dx dr l/{a-t-bx-i-cx^-t-dx^-hex^-\-x^ ) ^^/[^a-i-bj-i-cj'-t-dj^-t-ey^-t-r^) ■'/.'''> dz u ';',: ■:■ "*" \/(a-ì-bz-hCz'-i-dz^-i-ez^-t-z^)—°' xdx ydy 1/ (a'^bX'^cx^-¥-dx^-\-ex^+x^) [/{a-i-by-i-cy^-ì-dy^-t-ej*-+-j^) ^ =jt „ .'. . ..^ ..^ ..-,._ l/(a-t-bz-i-cz^-i-dz^-i-ez'i-t-z^) « dua integralia completa algebraica per methodos directas « integrationis investigare, atque ita nova nec minus singulari « demonstratione theorema Abelianum adornare » (i). (i) Journal fiir die matliematik von R. L. Creile IX Band. Seite 4o3. I '^a Di un celebre Teorema ecc. Ignorando, che altri si occupasse dell' argomento, offro in questo articolo la integrazione diretta di quelle ecfuazioni. Suppongo a-hbx-^-cx'^-i-dx^-^ex^-i-x^=X , ed indico con } , Z i due polinomj die si hanno camhiando nella funzione A' la variahile x in y e z. Le equazioni ad integrare saranno le seguenti tlx (Ir dz rJx yilv zdz ^ ' \/x i/r l/Z ' [/X \/Y 1/2 A tale oggetto supponiamo dx dt dy dt dz dt <■> '^— (y—x)(x-zf ^—(x—j)(y-zy \/2~ (^-~K^-y) essendo t una nuova variabile : e fattane sostituzione nelle equazioni [a) avremo (_y_x)(a:— =) -^ (x-j){j-z) -^ (^x-z){z-y) X y z (y—x){x—z) ^ {x-y){y—z) ^ (x-z){z—y) — le quali sappiamo essere soddisfatte identicamente. Dalle equazioni (i) intanto derivano le seguenti \ dt, r ^:c-y){y—z) ^ (x-z}(z-y) (y+z)dx-i-{x-t-z)dy-i-{y-\-x)dz=:d{xy-hyz-i-zx)— { (y+z)[/X _^ (z^x)[/Y ^ (.rH-y)|/J ì ^^ l (y—x)(x—z) lx—y){y—z) (x—z)(z—y) S ove i coefficienti del differenziale di devono essere funzioni di questa variabile. Posto quindi \/x i/Y \/Z _ ^y—x){x-z) "*" Kx-y)Ky—z) "*" (x-z)(=-j) P Differenziata questa equazione, ed eliminati i differenziali J.r, <-//, dz per mezzo delle equazioni (i), si ottiene dt^ r [(/-=)^Y'+(2-rfr-t-(a'-jrZ'] (.T-))(y-=)(=-i-) 1 \ _2 [ {y-^z—:ix)(y-z)^X-\-{x^z—^y){z-xfYMi-^y-^-tx—yfZ. ] J ove AV ]',' 2' rappresentano i coefficienti differenziali delle l'iuizioni A', }', Z rispetto alle loro variabili .r,/, ::. Siccome poi Del Prof. Gaspare Mainardi 178 indicato con r un numero intero qualunc|ue, e supposti {x—y){y—z)(z—x)=p ^_ i (4) [(.x—zrx'M~-xrrMx-jrz']p=.Q, (y^z—2,x)(y — zfx'-i-{x-^z — ay)(z— x)V-t-(jf-t-/— az)(x— 7)'z'=:P,=: ■ (x—yfz'—{y—z)^x' (z—xfy'—{x—yYz^ {y—zYx'—(z—xfy' \ = P(^ z — X y—z x—y / avremo dp= ^ ( p(J^o+2c5.,H.3,i(?i+4e^3-t-5^4)— Q(aPo^-JPx-l-cPa-l.ÌP3-HeP4-HP5) ) . Ma le formole (4) sviluppate, e ridotte debitamente for- niscono (5) Po = o,P, = hpQo, P» = pQ,, Pì = lpQ^, P4=z2pQ3, Ps = lpQi-ip\ P(,= ZpQi-{,x+y^z)p^ .^ , ... per cui si ottiene dp ■=.\clt. .; , -.^ La prima equazione (2) si riduce alla seguente ; ,i à{x-^y-¥z)-^^p.àp da cui , indicata con A una costante arbitraria , si desume r integrale completo , , . V (y-x){x-z) ■*• {x-y){y-z) "^ (x-z){z-y) ) ^^^~ Prendendo ora a considerare la seconda equazione (2,) poniamo (y-\-z)\/X (z-t-x)[XF {x^y)\/Z _ (y-x){x-z) "*" (x-y)(y—z) "*" (x-z){z-y) — ? • Differenziata questa formola rispetto a t, ed eliminati i diffe- renziali f/x, dj, dz mediante le equazioni (i) avremo " ' dq I L-2[(j-t-2)(j-<-=-2x)(j-2)3A:-H(z-»-;r)[=-4-.r-2y)(:-x)3r-Hte+-7)(:r-4-j-2z)(:r-j)5Z]J ^/^x7 |/Tz \/Yz e siccome dalla equazione {h) si hanno !}- • > ';> gVirn-it'' '>[ j-t-rz=p"— .-1— r, j--H-=/>^— .4— V, .f -+-■> :=^"— ^— z ' ;■•;,.! cosi sarà ,.••;.■ 1 74 Di un celebre Teorema ecc. (6) "1^^^ X r[(r-r)^Y■+(r-.r)=^■-H(r-JfZ■]^ ' ' -. L -^ [ (.l-l-::— ^^)(j--)'-\+(;-4-.r-ii_r)(=— .r)5r+(xH-j-2=)(.r-j>')52] J ^ r [ {y-zfxX-\-{z—x)\YY-^{x-yyzZ ] p -j 2^.3 [ _i [ (y-^z—ix)(y—z)'^xXM~-^x—2.j]{z—x)'^yY+(x+v—:iz){x—yfzZ ] J In questa equazione, il coellìciente à\ p^ — A è quello stesso di dt nella equazione (3), epperò si riduce all' unità. Il coef- ticiente di — ^ nel secondo tennine non è altro se non se = — (aQo-*-lQi-*-cQ:L+dQi-^eQi+Qi-^-^p''(x-k-y+z-^ \ e) = - [ (r-z)\X-i-iz—xrrM-r-yrZ ] p^2p\x-^.y^z^\e) e ciò in forza delle equazioni (/j) : l' ultimo termine della equazione (6) è uguale a - ^ ( {y-zfXM--xryM^-yrz ) per cui quella equazione si riduce alla seguente ossia 7 = - p^-A-[^+y-i-z+ie) = - (?"-f-0 (il 2j a dq ^z (p'^-t-e) dp e finalmente, indicata con D una costante indeterminata, avremo inteij^rando (e) q=.(ip^+e)p-i-D=:{\(x-^y-t.z-i.A)-ìre]\/x-^y-^z-i-A-i-D che è il secondo inteiiralc cercato. D Dalla ei[uazione (3) col soccorso della (e) desumeremo un' altra formola integrale, conseguente, ma che è meno semplice di quelle superiormente ottenute. Il medesimo processo di calcolo si applica pure alle equa- zioni simultanee generali che il sommo Jacobi desumeva dal celebre Teorema Abeliano : ma lliiora non ho potuto ridurre le formole di trasformazione analoghe alle (5) a forme rego- lari : il che spero di esporre in altra Memoria, nella quale in- dicherò varie formole inteiirabili sinirolari, siccome è la seguente / Del Prof. Gaspare Mainardi i ^5 x" dx miani — I) . ml^m — i){'àm — 2.) Inni — (m — i) ) m I ~ (^m—i){Sm—^)..{m(n-t-i)—n) \ m—i / '^ [. mh.m — i)...(nm — (m — i) ) "I i^mx-i- -(- — i '- — i iJ x" I 1.2 n J buLL Idrodinamica Note del Prof. Gaspare Mainardi. , • .' ' i Sono tuttora controverse fra gli idraulici le opinioni sulla possibilità del moto lineare (i), e sulla permanenza delle mo- lecole liquide alle superficie solide che le rattengono (a) . Nelle note seguenti, ammessi i prìncipi assunti a fondamento della teoria idraulica^ dimostro che le molecole fluide aderenti alle pareti non possono abbandonarle ; e che una massa li- quida possa scorrere con moto lineare in un condotto di forma determinata. I. Immagino una massa liquida in attuale movimento, riferita a tre assi ortogonali: indico con a:,/, z le coordinate di un punto dello spazio assai vicino ad una parete solida, che rattiene il liquido; con Ao:, Aj, Az i prolungamenti di quelle coordinate fino all' incontro della parete : con z/, v^ w le velocità secondo le rette x, y, z della molecola liquida che occupa quel punto alla fine di un tempo t. Considero il te- (i) Il Dalembert (Trattato dei fluidi. N". 1770 pag. loi. Opuscoli matematici T. Vili, pag. 75 ) giudica verosimile il moto lineare. Lagrange ( Meccan. Analit. Tomo II, pag. SaS ) lo ammette uuicaraente in un tubo esilissimo. Non ostante ciò pressoché tutte le opere d' idraulica teorica si aggirano senza limitazione intorno quella mal fondata dottrina. (2) Meccanica Analitica T. II, pag. 819. Trattato di meccanica di Poisson. a.* ediz. pag. 681. Sig. Cauchy. Memoria premiata dalla R. Accad. di Parigi. T. I. 1827. 176 Sull' Idrodinamica ecc. traccilo, di cui gli spigoli sono le rette estremamente piccole A.V, A/, A:;, ed ha la faccia ipotenusale nella superficie so- lida. Nel tenijHiscolo At seguente al t^ movendosi il liquido si intramettono nel tetraedro per le faccie paralelle ai piani coordinati, volumi i quali differiscono dai prodotti là.y.ÙLZ.à.t.u, iA.r.A=.A<.T), ìAx.Aj.Aì.w di quantità del terzo ordine rispetto a Ax, A/, A:;. Supponendo, per speditezza di calcoli, il liquido incom- pressibile, siccome le molecole che potrebbero abbandonare la faccia ipotenusale per farsi strada nell' interno del tetraedro, o viceversa, se non hanno attraversata una delle facce già considerate, rimangono ad occuparne la capacità, perciò dovrà essere ( I ) ù.t[u. AjK- Ai-t-u, Ax.A2.-(-ii'.A:r. Aj ] -+- 8:^0 essendo 0 una quantità del terzo ordine rispetto a A.r, Aj, As. Indichiamo ora con a l'area della faccia ipotenusale del tetraedro, con p^ cp r le coordinate secondo gli assi x, /, z di un suo punto: supponiamo n-l__| -i-l_i =:__., ove ___ , — rappresentano i coefficienti differenziali parziali di r dp dq funzione di y;, q dipendentemente dalla natura della supei'ficie ft) :* siccome le differenze A A/.A=-o ( -) M, \ Ar.Az— o -M, l b.x.^y—oM \dpl dq sono quantità del terzo ordine rispetto a Ax, Ay, As; e le differenze p—x, q—y, T—z lo sono del primo ordine ; perciò attesa la indeterminazione di quegli incrementi Ax, A/, As e di Ai, la equazione (i) fornirà la seguente (2) :^u(p,q,r,t)'h~v(p,q,r,t)-hw{p,q,r,t)=o ^ ' ap d'I ove II ( /-*, ^, 7-, t ) rappresenta il valore di il ( .r,/, e, t ) cor- rispondente ad x^=-p., y=q^z:=r-^ e quella equazione dimostra, che qualunque molecola aderente ad una superficie, non es- sendo animata da velocità normale alla superficie medesima , deve scorrere perpetuamente lungo di essa. I coso. Del Prof. Gaspare Mainardi 177 a°. Per raggiungere lo scopo che ho di mira colla mag- gior speditezza di calcoli, considero una lamina liquida piana verticale, il cui piano sia determinato dall'asse Ox orizzontale, e dal verticale Oy ( Fig. i"*). Supposta quella lamina mossa dalla propria gravità, sia OAN la linea percorsa da una mo- lecola iV, //M quella descritta da un'altra M. Sia N3I=(p normale alla curva OAN-, T arco OAN:=p., o V angolo della retta (p coli' asse Ox., e le coordinate OQ=ip, NQ=r, MP—z, OPzzx per cui dr do x^p-i-ip cos a, z^r — ai sen o, — ^; coso, -f- ^ seno. dp dp Indicate con u., iv le velocità di M secondo le direzioni Ox, Of, e con p\ (p' .... i coefficienti differenziali di ^, (p . . . rispetto al tempo, saranno u^x'=z I i — (p __ \ p'sen«-t-i^'c w=z'= ( I — (p — I p'seno — (p' sen o, e le velocità di ilf nella direzione NMM' e perpendicolare ad essa u cos o — w sen o := a>', u sen o + w cos o^ ( i—ip — \ p' Siccome dx dz dz / ^ da \ dx t . do \ -r- =005 0, -;-=: — sen o, ^- zz \ i — 0 -r- I cos 0,-7-^1 i — m -y- I seno d

dip ' dp dp ' dp V ^ dp ) dp ' . j Supposte per brevità (. do \ dp' (do ^ d^o , \ , _ / do \ do , ^ de' '-^Tpìin-V-^ rp^^d;;^np'=''{'-^dp)rpf''-^-£ = Sono II = § sen « -j- A cos a, w' = 0 cos a — A sen o . Tomo XXIII. ■...:,• ^ a3 = A ossiano (a) i^B Sull'Idrodinamica ecc. Indicata poi con P la pressione sofferta dalla molecola li([uida il/, preso per unità il peso specifico del fluido omogeneo, le equazioni idrodinamiche note du div dP , dP , ■ • dx dz dx dz si trasformeranno nelle seguenti / ^do\/dn' dò' \ I ,d^a , da .\ dP dz / , dx , dz \ dP dz / ,dx , dz \ df = ^d7-\" Tp-^'"Tp)' Tf = s^-{"dp^'"d^,)' dP / ^ du \ / \ dP Se la velocità che sollecita i ])unti della retta Nlìlfl'f' ad allontanarsi da essa, cioè la funzione l i — (p __ j p' è indi- pendente dalla variabile (p, siccome esige il moto lineare, la equazione (i) ossia d r / rfo \ , 1 df dM ) da dpli'-^TpÌp J -*- dp--iirdp=° integrata rispetto a (p fornisce senza introdurvi costante, da che per le molecole obbligate alla linea OAN sono contemporaneamente f'),^^ — ^^^,=^^' "® segue A = o, quindi F' = o: e supposto (,ì =c troviamo di nuovo F'=c, F=c. Duni]ue il moto lineare è possibile unicamente quando sia a=o oppure 0=0, epperò gli strati rettilinei devono es- sere perpendicolari ad una retta, ovvero ad una circonferenza (i). Supponiamo costantemente o=fl, e dalle equazioni (5) caveremo dP dP ■p = — g sen a -I- f, ( F/-!- FF„ — F,> ) Quest' ultima equazione integrata rispetto a fornisce P = — g -^ sen « -+- i ^^ [F^^ FF^^ — F/ ) ^-/ ( p, ^ ) ; essendo f{p-,t) la costante rispetto a fp richiesta dalla integrazione. Quindi e poiché questa equazione deve essere identica, e la variabile

FF„-F;=;r(«) essendo jT {t) una funzione indeterminata del tempo. Quindi (8) il zzgcoia — F' — FF,, P = — gfsena + \,p\ n{t)-hf{p,t). Alla equazione (7) dobbiamo aggiungere quella di Castelli (4) cioè ì^i p^z=f.L^ per cui posto _-r=T(/)), sarà (i) Lugraiige. Memorie della R. Accademia di Torino. 1784. I Del Prof. Gaspare Mainarci i8l p'-=F{p,t) = ^(t).T{p)^ e la equazione (7) si riduce alla seguente lcn)ii;i-ifioi.l ':>: f ^ ; Fingiamo ancora che la superficie libera debba essere piana ed orizzontale, e che ivi sia 'la pressione costante P ■=. \ f' 71 -^ f ( p, t ) — g (p . sen a-^. p per cui a=:o, :?r=o ; quindi B^o, tt^ — T"H-y^T=o la quale ammette le soluzioni t= — — -^De , T=Cp-i-D, t=D: es- sendo C, D le costanti rispetto a p introdotte dalla integra- zione. Dunque le linee rigide fra le quali discende la lamina ponno essere unicamente quelle rappresentate dalle equazioni cioè una retta verticale, un' iperbole conica, ovvero una lo- garitmica. .1 -i Per ultimare, semplificando i nostri calcoli, fingiamo il moto ridotto a permanenza, e t= — — -+-Z)e . Affinchè p =^{t) .X p sia indipendente dal tempo deve essere <^' "^i A r=z i — = 0, quindi 1 '' "J -' '■'' ■ ; ''.', ',>'i'L -; ^ ' ;■■ ; f-.. , f^ = g-FF„ P=fzzgp-\F-^E. Seguendo ormai il movimento di una molecola le cui coordi- nate iniziali siano p=o, (p=i3, integrate rispetto al tempo, le equazioni avremo per quella molecola l(i—fLDC.t), f=-tiDC§, p - Cp = \os(i—iiDC.t),

quindi le velocità verticali alla superficie libera, ed alla luce saranno rispettivamente il che concorda con quanto è dato dalla teoria comune del moto lineare medio (i). Dalla equazione (p=Be~ '' si ha -7^= — C (ì e~ ^, ep- ap però alla luce ove p=.a — /5: —J- —- -^ -— -—. _. , ^ ' cip C //(log e — log/') le direzioni del moto di tutte le molecole concorrono verso quel punto dell' asse, cui corrisponde l' ordinata ^="('-Mos^)- Se ogni molecola affluente si sciogliesse dalle altre per cadere libera, indicata con yl una di esse { Fig. a" ), con AH la direzione del suo movimento, con OPTI V asse della lamina prolungato, con OQA l'orizzontale in cui si trova la luce, e finalmente con .Ll//v la parabola che verrebbe descritta da quella molecola A; condotte le coordinate BU\ MQ parallele ad OA^ OH, chiamata v la velocità verticale d'afflusso, avremc. le equazioni (i) Ventnruli. Elementi di ]\Ieccaiiica. Voi. 2°, pag. 64, 3" edizione. oH^^o,../. (jLtcH . '/oc . 'TtcyJ . ir^^ xxm . '^. ìK3 r-(p' . d(p'^ (xD{dp — C(p d •;-ii: ■•■ ;|' "(': .;.• ■::.ji.);;r; .;' :. ' ■; , .'" . ." is ■ . '■ l' ■j! ■Jil:i'/ 'J :j1 :.'.:. ','■'? f. „(- ." ■(■ìK.' ':";y |! .1 • M'ir;;'-'- '■■fi''.'-: '[■];■ r * '" ■ *l ,"'■ 'wil'i ::. '.' .'.: •'J.ì- ': ..^ ..:;!. . ^ M . ,. )•..■ -.r ■■• ! r f i84 DISSERTAZIONE INTORNO LA CORROSIONE DELLE SPONDE DEI FIUMI, ED INTORNO AI RIPARI CHE A PREFERENZA D' OGNI ALTRO CONVIENE IMPIEGARE PER OIPEDIRLA ED ARRESTARLA DEL SIGNOR CAVALIERE PRESENTATA LI 2 MAGGIO 1843 ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE DAL SOCIO SIGNOR CAVALIERE STEFANO MARIANIIVI ED APPROVATA DAL SEGRETARIO E SOCIO ANTONIO L03IBARDI ..L ie opere che si costruiscono per difendere le sponde dei fiumi soggetti alla corrosione^ ed investite dalla forza delle correnti, presentano tante e tali difficoltà, che nate sono molte e varie opinioni fra li più rinomati Architetti Idraulici per sostenere le sponde e ribatter le irruzioni delle correnti. Hanno eglino preso a considerare la direzione, la forma e la posizione dei ripari non che la natura e la tendenza dei torrenti f dei fiumi, per determinare gli ostacoli da opporsi ai corsi violenti, per correggerne il deviamento, e per render vane le perni- ciose incidenze ed i danni minacciati. 2,. Il Guglielmini che pure è il maestro della scienza dei fiumi, il Viviani, Io Zendrini, il Belidor, il Fabre, il Frisi ec. ritengono in generale, che nell'urto dell'acqua contro le sponde l'angolo di incidenza sia uguale a cpiello di riflessione, e par- tendo da questo principio propongono i mezzi che loro sem- brano più efficaci per la difesa delle sponde e delle arginature dei fiumi. Del Sic. Gav. Antonio Cocconcelli i85 3. Nelle mie Istituzioni di Idraulica pratico -teorica (i) si dimostra e colla ragione e colla esperienza che non si ve- rifica ne' fiumi la predetta eguaglianza d' angoli, e che incon- trandosi dalle acque in moto un ostacolo qualunque ne seguono esse la direzione giusta V esperienza e gli insegnamenti del Matematico Ahate Mari, quando l' ostacolo è conterminato da una linea retta, e la direzione precisa della parte più avan- zata nel fiume se questa piega alquanto all' ingiù. 4. Secondo la combinazione soltanto delle forze differen- temente energiche le correnti si modificano e si scostano più o meno dalla direzione delle resistenze incontrate, avuto ri- guardo alla varia inclinazione di queste. 5. Da ciò consegue che ad assicurare il piede di qualunque impedimento opposto al libero movimento delle acque e ad im- pedire qualunque sconcio, fa duopo fornirlo di estese scarpe inclinate, affinchè queste diminuiscano la pressione dell'acqua sopraincombente in proporzione del seno dell'angolo che forma con esse l' orizzontale. 6. È dunque necessario combattere il moto radente delle acque per conservare i ripari che si costruiscono a difesa delle sponde ed arginature dei fiumi. 7. Succede costantemente che all' incontro di un traver- sante opposto, le acque stabiliscono lungo il medesimo una viva corrente, sopratutto alloraquando decresce la fiumana, corrente valevole bene spesso a produrre effetti perniciosi, ed a promuovere la distruzione dell' ostacolo, se non cercasi di prevenire il moto radente distruggitore. 8. In generale dipendono da questo moto le corrosioni delle sponde e degli argini dei fiumi, sia 1' invasione contro frortti rettilinee, sia la stessa contro lunate a fronti incurvate. 9. Sia investita la sponda di un fiume da una forza qua- lunque espressa da una linea retta: decompongasi questa forza in due altre, 1' una perpendicolare a detta sponda, l'altra (i; Voi. Ili, art. II. Sezione IV. , Tomo XXIII. a4 i86 Dissertazione intorno la corrosione ec. parallela. Egli è manifesto che mentre quella pi'eine le parti sa^lienti e le scabrosità, tende a contenerle, né le cliseiunee- n rebbe, né separerebbe, se non si generassero i vortici come vedrassi qui sotto e ad un tempo il moto radente, quando l'urto è diretto e succede sotto un angolo retto. IO. Ora si consideri collo Zendrini: i" che le svolte e le lunate si possono riputare come altrettanti impedimenti al li- bero corso dei fiumi, impedimenti che nel conflitto sono privi di moto: a" che le sponde quando incontrano le correnti sotto ini angolo retto, si possono equiparare agli ostacoli che si op- pongono perpendicolarmente alla correntia del filone. 3" che i filamenti acijuei discendenti dopo l'urto lisaliianno bensì, ma noi potranno contr' acqua, per la medesima linea per cui sono venuti; e si volgeranno verso le parti laterali, ove il moto si fii minore, cioè ver dove l'acqua è soggetta a molti- plici accidenti ed irregolarità, affettando per qualche spazio un corso più mite quasi direbbesi ristagnando con una quiete apparente, onde poscia progredire col corso lattosi d'ordinario più vivo pel gonfiamento nato dall'incontro diretto delle due correnti opposte. INIale adunque si oppongono contro gli effetti del moto radente coloro che riflettono verificarsi in fatto, che quanto più è diretto 1' urto delle correnti contro le sponde, è propor- zionatamente minore la forza radente. Poiché da quanto si è detto qui sopra, vedesi chiaramente che le acque dopo l'urto diretto gonfiandosi e retrocedendo incontrano le superiori che soppravvengono con direzione diretta ; ed allora i movimenti di esse si compongono ; altri movimenti pure per l' incessante afflusso del fluido si producono, si generano, strisciando hmgo le sponde^ vortici formidabili detti ragionevolmente dagli Idrau- lici peste de' filimi., e di questi torna sempre l'impedire la formazione, e se formati, bassi ad usare di tutti i mezzi vale- voli e suggeriti dall'arte per distruggerli. La forza dei vortici., soggiunge il lodato autore, non al- trimenti che nelV aria allorché di essa formansi i turbini e le Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli 187 bisciabove, è inolio insigne nelle acque correnti. Si pongono queste in un moto circolare, abbandonando il rettilineo, qua- lunque volta incontrano un obice che al loro moto progressivo resista, si forma una figura conica, ponendosi in giro l'acqua coir inclinarsi spiralmente dalla superficie al fondo in cui ter- mina, e con V apice del cono, ovvero prima che questo vi ar- rivi, trivellandolo e perforandolo con un' estrema violenza. Pertanto è duplice 1' azione dei vortici : 1' orizzontale e la perpendicolare. Si genera dalla prima il movimento circo- lare; il diametro dei vortici è tanto più dilatato, quanto mag- giore è la velocità dell'acqua corrente del fiume: si aumentk la velocità crescendo l' altezza o per giunta di acque, o a cagione di qualche ostacolo che si frapponga al libero corso. In questi casi le spire si fanno più ampie, talché nella supposizione ancora che la loro celerità sia uguale a quella di cui è fornito il fiume in virtù del suo moto progressivo, ra- dono le sponde e le distruggono sia ciò, 0 effetto di un solo vortice più dilatato ossia di molti minori ne' quali talvolta si suddivide. In circostanza di piene tal effetto diventa massimo e prolun- gato per motivo della maggior massa da mettersi in moto e della maggior durata. In una parola il moto diretto sotto un angolo retto contro una sponda, genera i vortici, le cui spire colla loro forza radente offendono e corrodono le sponde soggette. La seconda azione dei vortici stessi trivellando il fondo aumenta la profondità delle acque ed apre gorghi. Le sponde, massime combinandosi il moto radente col verticale, mancano sempre più di sostegno, ed il loro precipizio dopo la combi- nazione de' moti diviene inevitabile. Egli è perciò che gli ostacoli opposti a piombo o poco fuori di perpendicolo sono proscritti e dallo Zendrini e da tutti i moderni architetti (fra questi dal GavaHeri) come sono le palafitte, perchè pro- motori di vortici che non si domano, se non se togliendo la loro altezza. li:... i88 Dissertazione intorno la corrosione ec. Il sempre encomiato Zendrini calcola quale sia la forza de' vortici nel loro apice e quale sia 1' aumento di essa per r aumento dell' altezza premente, supponendo il vortice come fatto da una spira intorno ad un cono. Egli assume per apice delle coordinate T,/ il lato di un cono rovesciato colla punta air ingiù fino al fondo, e la Lase orizzontale a fior d'acqua, dell'altezza corrispondente ed uguale a quella del fiume. De- termina la sezione attraverso del cono paralella alla base in ([ualunque punto e sotto qualunque altezza; conduce un' oi'- dinata alla determinata sezione con una linea che parte dalla circonferenza della base all'apice del cono. Vicina infinitamente a questa linea ne traccia un'altra formando con esse un an- golo infinitamente piccolo. Immagina poi una tangente alla predetta circonferenza, che condotta obliquamente incontra il punto della sezione inferiore segnato dalla linea in secondo luogo condotta, e questa per indicare la spirale descritta dal moto vorticoso. Ciò premesso, ritenendo che per qualunque curva discenda un grave, esso acquista la velocità corrispon- dente alla discesa perpendicolare sempre proporzionale alla radice quadrata dell' altezza della discesa, se si dica / l' ordi- nata a cui corrisponde 1' ascissa a:, si avrà per motivo delle due linee condotte infinitamente vicine la spinta infinitesima =(//, ed un altro spazietto descritto nello stesso tempo nel senso delle ascisse :=dx colla velocità costante del corso pro- gressivo delle acque ; quindi detta ii la velocità si avrà la proporzione u : dx : : [/y : dy e perciò — = — ^ ed inte- grando '—•=: ^y/y; ossia a"^ = 4''^7 equazione esprimente la natura della spirale formata dal vortice. Con questa equazione si fa chiaro in qualunque ipotesi come cresca la forza del vortice a misura della sua profondità. ir. Ciò premesso e ritenuto offVesi spontaneamente la soluzione del seguente Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli '' 189 Problema. *- : r!ri(f o ori;! Qual metodo bassi a preferire come migliore e più ope- roso per opporsi alla corrosione delle sponde e degli argini , de' fiumi promossa dal moto radente? I. Si vinca tale forza delle acque e se ne renda nulla l'azione coi mezzi conosciuti. ;ft &i i'fi II. Si dovrà inoltre impedire il trivellamento del fóndo cagionato dall' azione dei vortici togliendo loro l' altezza. ii2. Al predetto effetto si sostengono e rivestono le ripe corrose difendendole dagli assalti e dai devastamenti delle acque, procurando loro la robustezza di cui mancano col mezzo delle così dette salvarìpe cbe sono sponde artificiali, formate d' ordinario con buzzoni disposti a scarpa generosa , come piani inclinati appoggiati alle fronti offese, avvertendo ad un tempo di assicurarli con lungbi pali battuti ed infissi attra- verso il loro corpo a rifiuto come suol dirsi di herta^ e forti- ficati al piede con piante e rami frondosi cbiamati ciuffi, che caricansi di pesi onde impedir loro di galleggiare, ciuffi che col loro ingombi'o producono sensibile rallentamento nella ve- locità, e che vietano lo scavamento del fondo dal quale ne potrebbe conseguire il precipizio della sponda artificiale così formata. Credesi che siffatto metodo sia il migliore fra tutti e da prescegliersi a preferenza d' ogni alti'O. i3. È cattiva pratica e devesi assolutamente riprovare col Cavalieri e con tutti i moderni Idraulici, il voler sostenere con palafitte il piede delle sponde artificiali, invece di usare alberi forniti di considerevoli chiome ; poiché le palafitte sono lavori verticali che agevolmente si inclinano, vengono smossi e rapiti dai vortici che si generano al loro piede. 14. Vero è che le sponde artificiali (che sono in sostanza pennelli paralleli alla corrente ) sono di grave dispendio, che diviene eccessivo quando le fronti da proteggere hanno una notabile lunghezza. Ma che perciò? Gli estremi mali diman- 190 Dissertazione intorno la corrosione ec. dano estremi riinedj. Il dispendio è sempre tollerabile, né deve spaventare ove si tratti di difendere una fronte da cui dipende la salvezza di uno o più territorj. Vero è inoltre che coi salvaripa e coi rivestimenti il si- stema e la regolarità nel corso del fiume non si ottiene, che colla continuità e col tempo in una parola con la costanza. Ma se ciò è vero, è altresì vero che rendendo incorrodi- bili le sponde coi salvaripa si costringono le acque correnti ne' fiumi a dilatare le sezioni in circostanze di piene dall'op- posta parte, noi potendo dalla parte che prima era corrosa , poiché si sa che in tutte le sezioni deve scaricarsi uguale quantità d'acqua, ed il dilatamento succede sempre e neces- sariamente a sollievo della sponda divenuta incorrodibile per la difesa fatta che produce una diminuzione di velocità, (i) i5. Se poi la sponda di un fiume sia incurvata, presenti un' ampia lunata a guisa di coro, sia ben lontana dallo stabi- lirsi, anzi continui la lunata a crescere, né aspettar si possa che col mezzo della resistenza del salvaripa il corso vizioso del fiume si corregga onde non produrre più gravi danni : allora preferir devesi a qualunque altro sistema quello delle traverse immaginato dai moderni architetti, per snidare il fi- lone dalla lunata e portarlo prontamente in mezzo all' alveo. Ecco il metodo che si giudica di poter suggerire con speranza di esito télice, e lodato dal Cavalieri nel Volume II delle sue Istituzioni. 16. Tutte le corrosioni de' fiumi in linee curve considerar si possono a mio parere come deviamenti dalla direzione ret- tilinea ajjbandonata dal corso delle acque per motivo delle diftbrmi resistenze incontrate che ne la traviano. 17. Per guida del lavoro si rilevi la planimetria esatta della sponda curva corrosa e delle sue adjacenze superiore ed inferiore, non che quella di varie sezioni del fiume che (1) Si tanno queste riflessioni perchè gli Idraulici possano nei casi pratici, bi- lanciar bene le ragioni favorevoli e contrarie al sistema dei saharìpa prima di de- terminarsi ad usarli. Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli 191 ne mostrino la profondità, i filoni moltiplici, le tendenze. Si intendano unite le punte estreme della sponda corrosa ( da rendersi ferme ed incorrodibili se noi sono con opportuni ri- vestimenti ) con una retta che ne determini la corda ed in- dichi assai prossimamente la sponda naturale. 18. Facciansi partire dalla sponda corrosa dei ripari or- togonali costrutti con buzzoni, o con altri materiali equivalenti solidamente intestati alla riva, alti tutto al piìx quanto il pelo ordinario, o meglio quanto la magra ed anche meno, e discen- dano essi gradatamente in piani inclinati sino alla corda dove giunti sia ridotta a zero la loro altezza, ma non manchi fer- mezza, solidità e resistenza lungo la suddetta corda. Per tal maniera di lavori 1' antico nido del filone sarà attraversato dai costrutti ripari e le piene libere e maestose discenderanno con direzione che si accosterà alla rettilinea, e più non con- tinuerà la lunata ossia la sponda incurvata ad essere tormen- tata dall' impetuosa fiumana. La velocità sarà modificata e notabilmente diminuita dalle resistenze sparse nel fondo, e poste sott' acqua, resistenze cagionate dagli indicati ripari che essendo di tenue altezza non lasciano temere di venir rovesciati. 19. La soverchia altezza dei ripari devesi, soggiunge il matematico Mari, riprovare : basta che ove sono più battuti ed esposti, come alla punta, siano forniti della massima ro- bustezza. Le varie parti delle traverse ben fortificate e dis- poste lungo la corda della curva corrosa, com' è stato pre- scritto, costituiscono in sostanza un salvaripa a sostegno delle sponde naturali de' fiumi. ao. A determinare poi la distanza dell' una all' altra tra- versa si può valere di quanto trovasi insegnato sulla compo- sizione del moto nelle citate mie Istituzioni (i); esaminando il rapporto della larghezza della sezione più ristretta che rac- coglie r intiera piena, alla lunghezza viva occupata dalla tra- versa ed il rigurgito che da questo può prodursi. (0 Art. IV della Sezione IV. Capo I, Voi. III. H)2 Dissertazione intorno la corrosione ec. il. Questo metodo stesso può seivire particolarmente nei torrenti, come servì quando ebbesi a costruire il gran Ponte sul Taro (a); ed anche nei fiumi maggiori e in Po stesso ove trattisi di procurare la salvezza di tenimenti e di paesi mi- nacciati. 2i. E qui cade in acconcio il rammentare ciò che dall' idraulico Italiano Tadini si avvertì e si insegna; cioè che l'origine di ogni corrosione sta nell' acceleramento delle acque; il che egli comprova colla osservazione della corrente reti'O- grada comunque fornita di pochissimo moto che si stabilisce e poi si accelera a tergo dei pennelli, da lui chiamati 7?ioU o ]):g.iioni^ e rade con violenza 1' argine inferiore, mettendo anche in pericolo 1' intestatura del molo alla sponda. a3. Modificato il corso, e quasi dircbbesi arrestato dalle traverse poste sott' acqua, il fiume a motivo della velocità no- tabilmente diminuita deporrà le torbide, il filone in conseguenza si allontanerà al calar delle acque dalla sponda protetta, si rivolgerà al mezzo dell' alveo e cangerà direzione, la quale anche nelle successive fiumane si conserverà, traendo ben so- vente seco anche le superiori correnti. Con ([uesti artifizj perciò oltre l'ottenere il precipuo scopo, cioè di impedire le corrosioni, si accelerano ancora gli effètti vantaggiosi che dai salvaripa applicati alle fronti corrose ed agli argini in froldo col progresso degli anni si possono attendere. 24. È sempre meglio, soggiunge l'abate D. Paolo Frisi, il distribuire uniformemente per tutta 1' estensione delle ripe corrose la resistenza invece di riunirla tutta interrottamente in alcuni luoghi come suol farsi nei pennelli. 2.5. Conchiudasi adunque che il miglior mezzo per lil^erare le sponde dei fiumi dalle corrosioni, consiste nella costruttura solida dei salvaripa, e che abbandonar debbasi, generalmente_ parlando, il sistema dei pennelli, comunque possan questi produrre effètti vantaggiosi. (2) Vegjasi la it'iru dei lavori che a tal uopo furono eseguiti. Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli ig3 2.6. Per le quali cose in qualunque caso o di sponde ret- tilinee, o quasi tali, corrose e difese con rivestimenti, o di lunate in cui si ammetta il sistema delle traverse per acce- lerare le deposizioni « 1' impresa ( soggiunge il lodato Tadini, « le cui disquisizioni sia lecito di seguire alcun poco ) di far « cessare una corrosione, sta nell' impedire che la corrente « al piede della sponda o del froldo venga comunque accele- « rando i suoi passi, e nel procurare anzi un ritardamento « nelle sue acque, poiché non solo cessa il rodimento delle « acque fluviali ma su di esso ( froldo ) la corrente illanguidita « depone un nuovo suolo di terra che copre eziandio l'ignudo « piede del banco di sabbia. » ' " 52,7. Questo banco di sabbia trovasi, al dire di lui, lungo le ripe di tutti i fiumi stendendosi in grande distanza verso la campagna, e serve di via per somministrare ai pozzi la vena d'acqua perenne. Egli è perqflò che all'alterno alzamento ed abbassamento delle acque dei fiumi corrisponde quello dei pozzi posti nelle vicinanze, come egli osservò in alcuni pozzi in riva al Po nel Gasalasco Mantovano e Ferrarese, e puossi reiteratamente osservare nel Parmigiano ed a Luzzara nel Guastallese. vì:! •■;,.: mìo jì -ly.j (Vli' v :;, ;> a8. È noto che gli ostacoli opposti alle correnti, ed in- vincibili producono sempre una diminuzione di moto, ed il Tadini avverte che il rallentamento salutare nel corso delle acque è prodotto dalle onde generate dall'incontro degli osta- coli predetti. Sono esse visibili alla suj>erficie del fluido se gli ostacoli sono grandi, e fuggono all' occhio se essi sono minuti e fini ; ma però sono esse risentite dal moto radente il fondo dei fiumi, e fanno ondeggiar gli ostacoli stessi; quindi ne viene che le acque correnti concepiscono costantemente ed inevitabilmente, quando incontrano ostacoli, le onde od occulte o visibili nel loro seno. ag. Per l'azione di esse perdesi in ogni istante di tempo una quantità di moto nella corrente, perdita la quale gene- ralmente sta in ragione duplicata della velocità e prossima- Tomo XXIII. 25 194 Dissertazione intorno la corrosione ec. mente nella inversa dell' altezza premente, poiché siffatta per- dita si diffonde sopra tutta la colonna sovrastante all'ostacolo, e perciò diviene tanto minore quanto maggiore è 1' altezza della colonna medesima ; e cfuindi, eccitando in un fiume onde, che nel loro conflitto ritai'dino continuamente il moto, si ar- restano le corrosioni. ' .,: .: ,., ' 3o. Appoggiandosi alla pi'ecedente dottrina propone il Tadini di arrestare le corrosioni delle sponde e degli argini col mezzo dei cosi detti da lui Cimageni generatori di onde. 3i. Il cimagene è un cono di metri i, 4° di diametro alla hase e di uguale altezza formato con pertiche e vimini incrocicchiati sporgenti non più di metri o, i5 al vertice; si riempie questo cono di terra scelta ed insolubile nell' acqua denominata dai pi'atici Tivarro mista con sassi e mattoni, e si cala al fondo con Piattini che sono barche acconcie all'effetto di poter disporre in un dato ordine una serie di cimageni come dirassi in appresso; la solidità del cono risulta di metri cubi 0,7188 e la loro forma coincide con quella dei cosi detti gozzi e de' gabbioni. . " . Il Tadini impiega più serie di cimageni nelle lunate che da lui chiamansi cimag/nate, per il che fare divide la sponda corrosa in più tratti, ciascuno ad arbitrio, di metri 40 circa ; vuole poi che ogni serie sia composta di due file parallele di cimageni in numero di i5 distanti fra loro metri 5 da centro a centro, prescrive la distanza degli assi delle due file paral- lele pure di metri 5 ; ed insegna a collocare i cimageni in guisa che ogni cimagene della seconda fila guardi al mezzo che giace tra due cimageni della prima. Egli parte colla prima serie dal punto superiore della lunata, e continua inferiormente intestando una serie di essi all'estremo punto di ciascun tratto di meUi 40 in cui fu divisa, come si è detto, la parte corrosa. Sa. Ora chi non vede che 1' inunaginata difesa de' cima- geni corrisponde alle traverse sopraindicate 5 '5 colla diffe- renza: 1° che esse formate con buzzoni od anche gabbioni o gozzi si protraggono fino alla sponda naturale del fiume de- Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli ì" l'gS terminata dalla corda della sponda corrosa, e sono disposte a piani inclinati verso la corrente: a" che la distanza da una traversa dall' altra non è già arbitraria, ma che per iscoprirla con esattezza serve di guida il moto composto (§ ao ). 33. In ogni modo ed in ogni caso di maggiore o minore altezza delle acque le traverse ed i cimageni opponendosi al corso libero di esse nel fondo, trasformeranno ogni movimento in onde, le quali urtandosi, dirompendosi e moltiplicandosi in forza delle reiterate scosse prodotte dal contrasto delle onde^ ritarderanno sensibilmente la velocità e promovendo il depo- sito delle torbide, l' alveo del fiume verrà rialzato e bonificato a conservazione delle ripe e degli argini, e gli agricoltori esulteranno al veder messi in salvo i tenimenti minacciati. 34. Ciocché si è detto ed argomentato dalle precedenti osservazioni confermasi dalla esperienza, n 0 i!.ic'eii> vr.o.'l Nell'anno i 783 superiormente a Luzzara, nel luogo detto il Fogarino, vicino alla casa denominata di Belgrado, la cor- rosione incurvò la sponda del Po e l'argine adjacente si vide in pericolo. Quella fronte fu rivestita con gabbioni e gozzi e divenne così resistente per modo che il fiume non potè più corrodei'la. Sopravvenute le piene la sezione si dilatò dalla parte opposta, a poco a poco il moto si illanguidì sotto quell' argine, il fondo fu rialzato e bonificato, e si ottenero in fine copiosi incrementi fluviali, che ora veggonsi cambiati in boschi cedui congiunti alla piarda dapprima investita. 35. Il cangiamento avvenuto sotto 1' argine del Fogarino allontanò il corso vivo del Po da quella fronte e la sezione dilatandosi si avvicinò alla piarda di Bossolo Mantovano, che investita si dispose perciò in una curva rientrante e mise l'argine in froldo. Il filone radente il ramo inferiore della curva fu sostenuto e diretto al disotto contro 1' opposta fronte di Luzzara Gua- stallese, che mentre si vide immune dalle ruìne del Fogarino, ebbe molto più a temere la corrosione e la distruzione dell' argine inferiore innalzato sopra una ripa sabbiosa e di nessuna resistenza. iqG Dissertazione intorno la corrosione ec. Fu perciò rivestita con fascinoni la sponda investita, e ritirato alcun poco l'argine che si fortificò con porcillamenti costrutti al suo piede, sperando di ottenere con questo mezzo una costante difesa. JMa ibrse che il tempo mancasse per compierla, o fosse la opposta resistenza insufficiente a sostener r impeto e 1' urto violento di una fiumana avvenuta, il rive- stimento si ahhassò, la sponda sabbiosa che rimase allo sco- perto fu rosa, i porcillamenti furono in parte ingojati e l'ar- gine se non del tutto in l'roldo fu esposto ad essere squarciato. In conseguenza venne meno la conceputa fiducia (i). I Governi interessati si allarmarono per siffatto disastro , e nell'anno 179^1 circa, la corrosione di Luzzara per ordine Borbonico fu visitata ed esaminata dagli Idraulici Cessali di Parma, Porcelli di Piacenza, Passega di Ferrara. I loro pareri furono discordi e si sottomisero al Governo separatamente, e perciò a nulla valsero, e riguardati furono inconcludenti. Esi- stono questi neir Archivio del Magistrato delle Finanze Par- mensi con relative considerazioni estese dal matematico Abate Mari e da me, che ebbimo a sottopoi're i comuni nostri pen- sieri sulla difesa da noi creduta efficace ad impedire la non ordinaria irruzione del Po contro quella fronte. Si propose quindi di rinnovare il rivestimento della sponda Luzzarese ( che fortunatamente si conservò rettilinea ) colla massima solidità, maggiore di quella usata precedentemente, e di avanzare perciò la difesa con ripari salienti nell'alveo a foggia di pennelli nei punti detti di S. Francesco, del Guar- diano, della Croce, che a motivo della loro posizione, direzione e brevità, paragonate alla larghezza del Po, si ritennero come vera parte di soli munienti (2). Fu questo progetto esaminato, (i) Da questo fatto si può trarre un utile conseguenza per la pratica dell'arte; cioè che la difesa degli argini, specialmente in Po in cui le rotture portar possono danni incalcolabili, deve essere combinata con i Possidenti della riva opposta del fiume; e per non recar loro un danno, e perchè essi respingendo 1' oflosa non pro- ducano perniciosi effetti agli argini della riva opposta. (2) § 238 delle mie Istituzioni. Voi. III. Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli ' l'gY lodato e riconosciuto degno di approvazione dal matematico Fantoni che si portò sul luogo incaricato dal Governo Austriaco, e neir anno 1 792, si diede mano al corrispondente lavoro an- che col suffragio del fu Ingegnere mio Padre che per ordine del Sovrano di Parma dovette esporre il proprio relativo parere. Nel corso dell' opera si ebbe il disastro della rottura alla testa del corpo avanzato saliente di S. Francesco, che si vide minacciato di isolamento, per essersi aperto al piede del me- desimo un gorgo della considerabile profondità di metri 2,2, e più, e corroso il piede dell'argine adjacente per la lunghezza di cii'ca metri 3o. Si rimosse la minaccia lanciando piante ra- mose nel gorgo, scaricando la sponda intaccata, e fortificando con una banca esterna verso la campagna il tratto d' argine che ebbe la scarpa distrutta. Dopo tale avvenimento 1' Ingegnere Belletti di Milano visitò le difese che furono da lui dichiarate idonee per la salvezza di quella piarda ; non si meravigliò dell' infortunio accaduto, e soggiunse che ad ottenere un completo favorevole cangiamento non dovevasi stancare, e che della spesa occor- rente non potevasi determinare il limite. - .: ■ ' ; ;■ . Fu compiuta al finire dell'ultimo passato secolo la sponda artifiziale di Luzzara e nell' anno 1801 si sostenne vittoriosa- mente la straordinaria piena successa nel Novembre di quell' anno. Fu necessario soltanto per contenere le acque esuberanti di costruire un soprasoglio con sacchi ripieni di terra dell'al- tezza considerevole di metri o, 78 sulla lunghezza di circa un iniglio, e di caricare con pesi l' ultimo tratto d' argine recen- temente costrutto, gonfiatosi penetrato dalle acque zampillanti, in una parola vacillante, per renderlo compatto e solido me- diante il peso sovrapposto onde impedire il disalveamento mi- nacciato. Lo scolo denominato il Po vecchio sembrava aperto per accogliere in seno il fiume in caso di traboccamento. I lavori di Luzzara costarono Zecchini 60,000 circa pari a Lire 660000,00 senza contare le spese del mantenimento sostenuto dal Regno Italico, sotto il cui dominio si conservò per alcuni 198 Dissertazione intorno la corrosione ec. anni il Guastallese. Col decorrere del tempo il filone si al- lontanò a poco a poco dalla ripa, resa incorrodibile e si ac- cumularono dirimpetto ad essa estese alluvioni della superficie di un miglio cpiadrato e più. Le sabbie Mantovane opposte furono in parte distrutte ed abbassate, e sparì il ramo infe- riore della curva di Bossolo che produceva la ruina dell' ar- gine Luzzarese. Per tal maniera la resistenza opposta nella fronte inferiore fu valida a far cangiare il corso del Po su- periormente (i). Se si fosse continuata la difesa al dissotto, e prolungata, come io suggeriva fin da quel tempo, non sarebbe stato di- strutto il villaggio di Ptiva Mantovano a fronte del Po (a) , e si sarebbero risparmiate e case e Chiesa, e le spese replicate e considerevoli per la costruttura delle coronelle sostituite all' argine maestro ingojato dalla corrosione. 36. L'uso delle traverse immaginato dal fu Direttore In- gegnere Masetti di Mantova sul principio del presente secolo si oppose all' avanzamento della corrosione di Dossolo, che con tal mezzo si è allontanata, e nelF anno iSaS colla resi- stenza delle traverse si conservò il confine tra gli Stati di Parma e di Reggio, minacciato dalla corrosione, che investiva la sponda destra dell' Enza verso lo sbocco del torrente in Po. 87. Riferisco in fine il luminoso esempio della corrosione di Stagno cui si opposero nel corso di varj anni dei pennelli avanzati nel Po colla vista, che allargandosi la sezione potes- sero essere distrutte le opposte sabbie lombarde stringenti il corso vivo del fiume contro Stagno. Ma i pennelli comunque rinforzati furono a poco a poco scomposti ed ingojati senza verun vantaggioso effetto, le sabbie lombarde si avanzarono a danno della sponda Parmense, e la minaccia divenne sem- pre più fiera. Ripiegavasi il Po alla superiore sinistra incidenza contro r isola Pescarola, discendeva il fiume con impeto contro (i) 5 819 delle Istituzioni. Voi. I. (2) Vedi la nota al § 241. Voi. II delle Istituzioni. Del Sic. Cav. Antonio Cocconcelli 199 Stagno dopo di essei'si aggirato con moti vorticosi nella cvirva corrosa della Massarona Cremonese, il moto radente lungo quella fronte destra fu violento ed aperse gorghi e caverne sotto r argine maestro, che improvvisamente precipitò contro il tempio parrocchiale situato a poca distanza dalla ripa cor- rosa, e temevasi da qixe' popolani spaventati inevitabile la perdita di un tanto insigne edificio colle abitazioni adjacenti. I finitimi desideravano un trasporto d'argine lontano dal Po per essere assicurati ed immnni dal pericolo di un' innon- dazione in tempo di fiumana. I Cremonesi dubitando che si volesse dai Parmigiani rinnovare i pennelli perduti, e temendo che con essi si potesse promovere la distruzione delle sabbie lombarde, accorsero per impedire tale opera clie, come fu da me dichiarato, appoggiava ad un falso supposto, giacché il progetto di difesa riducevasi al semplice rivestimento della fronte investita costiniendo una sponda artifiziale con fascinoni ed alberi, cui 1' Ingegnere in capo di cpiella provincia non potè opporsi, ed acconsentì. Fu dunque con pronta mano intrapreso il rivestimento progettato ed acconsentito con approvazione del Superiore Governo di Parma. J "■ '•' i-'i Nel progresso dell'opera nacquero dissidj e vicende che ora troppo lungo ed inutile sarebbe di riferire, e si ricorda soltanto una lunata avvenuta in circostanza dell' escrescenza del Novembre 1841, per cui fu giuoco forza di ritirare un tratto superiore alla Chiesa, dell'argine e difenderlo con alberi lanciati nel fiume per frenare la velocità delle spire radenti dei vortici, che apparvero sotto quella sponda non per anco munita in addietro per mancanza di tempo. Compiuta la sponda artifiziale e resa così la fronte di Stagno invulnerabile, non potè il Po aumentare la sezione alla destra proporzionevolmente al maggior corpo delle acque cor- renti in circostanza delle piene recentemente avvenute, le sabbie opposte Lombarde furono perciò dalla loro forza solcate ed abbassate, le sabbie superiori Parmensi discesero bonificando 2,00 Dissertazione intorno la corrosione ec. ad un tempo in parte sotto la sponda dapprima ferita, spin- gendo lo spirito delle acque contro l'opposto tenimento Lom- bardo, dilatando ivi la sezione a sollievo di Stagno lungo la cui fronte era dapprima il corso micidiale, che ora se non è del tutto placido, non reca verun nocumento, e corre libero e non già minaccioso. Sonosi dunque verificate due cose, l'una che le resistenze inferiori valgono per produrre cangiamenti superiori contro r opinione comune, 1' altra che i semplici rivestimenti sono efficaci per ottenere notabile allargamento delle sezioni a sol- lievo delle sponde corrose, rivestimenti che con perseveranza e costanza devonsi mantenere per ottenere una completa vittoria. La difesa di Stagno costa fino ad ora la somma di Lire aooooo, oo e più superiore alle forze di quel Contado, anzi di tutto il comprensorio concorrente, e la munificenza Sovrana è accorsa con doni e con prestiti onde si possa sopportare la spesa. Conclusione. E dimostrato dalla ragione e dall' esperienza : I. Che le sponde artifiziali rendono invincibili le corrose dall' assalto dei fiumi e sono perciò da preferirsi a qualunque riparo specialmente se quelle da difendersi sono rettilinee. a. Che qualora vogliasi accelerare la difesa delle lunate torna far uso delle traverse discendenti a foggia di piani in- clinati dalle sponde verso il mezzo dell' alveo, e colle punte limitate alle corde delle curve ben fortificate per costruire in sostanza un salvaripa rettilineo. ( 5 1 5 e seguenti. ) 201 MEMORIA SUL MAGNETISMO DISSIMULATO E SOPRA ALCUNI FENOMENI DA ESSO DERIVANTI DEL SOCIO CAVALIERE Ricevuta il 3o ylprile i844' INTRODUZIOIVE. Vjrià da qualche anno mi venne fatto di dimostrare che un ferro può presentarsi privo di polarità magnetica e delle altre proprietà che da essa derivano, e non essere privo di magne- tismo: e che possono esistere in uno stesso ferro due sistemi magnetici i quali tra loro si neutralizzano in tutto o in parte. Allo scoprimento di questo fatto io fui condotto dallo studiare d' onde provenisse che un ferro magnetizzato in un dato senso, cioè col polo nord da una data parte, e poi distrutta in esso quella polarità mediante magnetizzazioni opposte, questo ferro divenisse piì^i suscettibile di quello che fosse da principio di acquistare il polo nord da quella stessa parte, e divenisse meno suscettibile di acquistarlo dalla parte opposta. E cjuesto fatto giovommi appunto a render ragione di quella varia su- scettibilità di magnetizzarsi in un dato senso che si osserva nel ferro in quelle circostanze, come può vedersi nella sesta Memoria sopra l' azione magnetizzante delle correnti leida- elettr ielle (i). Giovommi quel fatto stesso a proporre ed a ri- solvere parecchi curiosi problemi di magnetismo, ed a spiegare (i) Pubblicata nel quarto volume delle mie Memorie di Fisica sperimentale scritta dopo il i836. Modena 1841. , .. ■ ^ =;<■.. Tomo XXIII. 26 2C2, Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. qualche altro fenomeno, come risulta dalla Memoria sulF in- debolimento che avviene nel magnetismo di un ferro quando si fa scorrere su d' una calamita debole in modo da maiine- tizzarlo, se non lo fosse, nel medesimo senso in cui già si trova magnetizzato (i). Questo stato magnetico del ferro ( o d'altra sostanza qua- luiKjue suscettibile di magnetismo ) che talora chiamai inagtie- tismo equilibrato^ tal' altra 7nagiietismo neutralizzato^ latente^ dissimulato^ ho finalmente stabilito di indicarlo con quest' ul- timo predicato, sembrandomi il più conveniente. E siccome la considerazione di questo stato magnetico, oltre a servire alla S])iegazione de' ricordati fenomeni, panni giovar debba a spie- garne qualche altro, ed a far iscomparire parecchie anomalie, così credo bene trattare appositamente in questa Memoria del maofnetismo dissimulato. ■ ' - :.>,■. ; e ' Dirò brevemente dei fatti che ne dimostrano l'esistenza, essendo questi già discorsi colla debita estensione nella citata sesta Memoria : poscia dei difi'erenti stati in cui può trovarsi im ferro dotato a non dotato di polarità magnetica avuto ri- guardo al magnetismo dissimulato che può trovai'si in esso, e come si possono distinguere ; in fine di alcuni altri fenomeni alla produzione de' quali il magnetismo dissimulato o certa- mente o probabilmente concorre. - PARTE PRIMA - ■■ Esperienze che dimostrano esistere talvolta . ■■ ■ del ntagnetistno dissimulato nelle sostanze magnetiche. I. È noto che un ferro calamitato può dissimulare il suo magnetismo per la vicinanza di altro ferro esso pure calami- tato. Ma che un solo ferrO' possa presentare lo stesso fenomeno, (i) Pubblicata nel Tomo XXIII delle Memorie della Società Italiana delie Scienze. Parte Fisica. Del Cav. Phof. Stefano Marianini 2o3 non so clie sia stato osservato prima de' miei lavori sulle va- riazioni nella suscettibilità di magnetizzarsi che si osserva in un i«rro tfuando dopo d'essere stato magnetizzato con un dato polo da una data parte, venga poi diminuita, o tolta, o sen- sibilmente invertita la sua polarità mediante magnetizzazioni opposte (i) . Ho da prima osservato che una data azione magnetizzante fa più effetto quando tende a distruggere la polarità in uu ferro, che non quando tende a produrvela o ad avvalorarla ; d' onde segue ohe a togliere la polarità, od anco ad invertirla sensibilmente si richiede un' azione magnetizzante di forza minore di quella adoperata per comunicarla. Agli esperimenti alti'ove recati in prova di ciò ed istituiti mediante magnetiz- zazioni operate dalla boccia .di Leida giovi addurne qui alcun altro magnetizzando colla catamita. 1°. Un cilindro di ferro dolce e ricotto, hmgo nove cen- timetri e pesante sette grammi, fatto scorrere una volta in tutta la sua lunghezza sul polo sud d' un magazzino magnetico formato da tre calamite a ferro di cavallo, tenendolo però nove millimetri distante dal polo, magnetizzavasi al segno che teneva l'ago del magnetometro (2) deviato di gradi — 7°. Restituito il detto ferro al suo stato naturale, e poi sfre- gato come sopra e nel medesimo senso sul polo nord imme- diatamente ( cioè tenendo il ferro a immediato contatto con esso polo durante lo sfregamento ) il magnetismo acquistato era indicato dalla deviazione -4- 3o°. Fatto scorrere poi di nuovo lo stesso ferro, così magne- gnetizzato com'era, sul polo sud e alla detta distanza di nove millimetri, perdette ogni polarità. i ncfi . (i) Veggasi la JMeraoria seconda sopra 1' azione magnetizzante delle correnti elettriche, nella quale si tratta delle variazioni nella suscettibilità di calamitarsi che si osservano nel ferro per le precedenti magnetizzazioni. Volume III delle dette Me- morie di Fisica sperimentale ec. Modena iSSg. (2) Questo semplice stromento è descritto nella prima Nota al § II della citata Memoria sull'indebolimento ec. T. XXIII. Parte Fisica, pag. ai-. 2o4 Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. a°. Un altro ferro eguale al precedente, ma non ricotto, fatto scorrere col polo sud del detto magazzino alla distanza di cinque millimetri acquistava una polarità indicata da — 8°. Restituito allo stato naturale, poi fatto scorrere a contatto del polo nord acquistò -+- 35°. E fatto scorrere poi, magnetiz- zato com'era, sul polo sud alla detta distanza di cinque mil- limetri, scomparve la polarità. 3°. Un cilindro d'acciajo stemprato lungo e pesante come i suddetti ferri, sfregato Una volta sul polo nord acquistò una forza magnetica espressa da -+- 70° ; e sfregato poi sul polo sud, ma tenendolo lontano da esso due millimetri, ha perduta la polarità. Mentre quando era spoglio di magnetismo, fatto scorrere alla detta distanza di due millimetri sul polo sud, la forza acquistata non era che — 3a°. 4'. Un cilindro d'acciajo temprato sfregato sul polo nord acquistò ■+■ 60°. Fatto scorrere alla distanza di tre decimilli- metri dal polo sud, scomparve la polarità. Mentre quando era privo di magnetismo, con quest'ultima operazione non acqui- stava che una polarità indicata da — 29°. Le riferite esperienze, oltre che dimostrano 1' enunciata proposizione, cioè che a distruggere una data polarità si ri- chiede un' azione magnetizzante più debole di quella che servi ad imprimerla nel ferro, fanno ancora vedere che, quando esso ferro è più facile a perdere il magnetismo, più debole è la forza che si richiede per fargli perdere la polarità magnetica. Io non ho descritte se non le sperienze nelle quali s' im- battè che r azione spolarizzante toglieva tutt' affatto la pola- rità al ferro, onnnettendo le altre, ben più numerose, nelle (juali riusciva o non affatto distrutta la polarità, o invertita. Nelle quali pur si vedeva che l' operazione tendente a gene- rare una polarità opposta alla già esistente produceva un ef- fetto maggiore di quello che si otteneva quando dirigeva l'ope- razione stessa, o ad imprimere magnetismo in un ferro che n' era privo, o ad avvalorare la polarità già da esso posseduta. Del Cav. Prof. Stefano Marianini ao5 IL Per dimostrare poi che nel ferro trattato come nelle sperienze precedenti sussistono le due magnetizzazioni opposte, ho cominciato dal far osservare che le operazioni le quali di- struggono il magnetismo nel feiTO, e non sono atte a co- municarglielo, quali sono i notabili cangiamenti di tempera- tura, le percosse, lo sfregamento, la flessione, la torsione ec, fanno proporzionatamente più effetto quando il ferro è meno magnetizzato. Un ferro per esempio limgo otto centimetri e pesante undici grammi, magnetizzato al segno che teneva de- viato r ago del magnetometro di quarantotto gradi, lasciato cadere sul pavimento dall'altezza di sette decimetri ha per- duto poco più della metà della sua forza magnetica, poiché teneva deviato l' ago di ventidue gradi. Ma avendo distrutto nel detto ferro anche questo magnetismo per mezzo di urti , ed avendolo poi calamitato di nuovo al segno che teneva de- viato r ago di otto gradi, assoggettato che fu al detto urto , ha pei'duto circa tre quarti della sua fòrza magnetica, poiché non deviava se non se di due 2;radi e mezzo 1' a"0 dello stromento (i). Dunque se, nel ferro trattato come ho detto, il magne- tismo non è distrutto, ma solamente dissimulato, perchè sus- sistono in esso due sistemi magnetici tra loro opposti, dovrà accadere che assoggettando il ferro ad un' azione puramente smagnetizzante, distruggendo questa una porzione del primo magnetismo ed una porzione del secondo, ma più di questo perchè più debole^ dovrà ricomparire in parte il primo ma- gnetismo ad esso comunicato. Un cilindro d' acciajo stempi-ato lungo sedici centimetri e mezzo, e pesante diciannove grammi, fu sfregato una volta da un capo all'altro sul polo nord d'un magazzino magnetico, colla quale operazione la sua estremità segnata A acquistava (i) Altre sperienze le quali confermano la qui enunciata proposizione, ed alcune avvertenze intorno ad esse possono vedersi al 5 IV della citata Memoria sesta sopra l' azione magnetizzante delle correnti elettriche momentanee. ,■■ i2o6 Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. la polarità australe. Venne quindi sfregato quattro volte nel medesimo senso sul polo sud d' una calamita più deljole ; e ciò è bastato perchè quel cilindro perdesse ogni polarità, sic- ché applicato al magnetometro non deviavalo menomamente. Ma lasciato cadere sul suolo dall' altezza di un metro ricom- parve magnetizzato, e colla polarità australe all' estremità ^, ed al segno che deviava V ago del magnetometro di settanta gradi ( I ) . Può esistere adunque nel ferro del magnetismo il quale non appare mediante i soliti metodi di riconoscerlo perchè esso è dissimulato in grazia di altro magnetismo contrario, che coesiste nel ferro stesso. III. E che avverrà se un ferro avente magnetismo dissi- mulato venga sottoposto ad un' azione magnetizzante ? Per rispondere a questa domanda è stato necessario lo istituire un esame delle azioni magnetizzanti simile a quello che si fece per le smagnetizzanti. E da siffatto esame risultò che quando quelle azioni si esercitano su fèrro magnetizzato., o tendano esse ad accrescere il magnetismo, od a scemarlo, fanno pro[iorzionatamente meno effetto quando il ferro stesso è più fortemente magnetizzato. Un cilindro di ferro lungo sedici centimetri e mezzo e pesante diciannove granuni era magnetizzato al segno che te- neva l'ago deviato di sei gradi. Avendo sfregato il detto ferro tuia volta sul polo nord d'una calamita ed in modo da avva- lorare il magnetismo che possedeva, esso acquistò una forza sufficiente a deviar l'ago di trentatrè gradi. Distrussi poi questo magnetismo, e calamitai di nuovo lo stesso ferro al punto che teneva deviato l'ago di trentasette gradi, e questa volta, avendo sfregato come sopra il ferro sul polo nord della detta calamita, crebbe la sua forza magnetica, ma solo al segno di- deviare r ago magnetometrico di quarantotto gradi. (i) Glii desiderasse altre sperieuze dimostranti la coesistenza di sistemi magne- tici opposti in uno stesso ferro, potrà vedere la Parte II della citata Memoria sesta. Del Cav. Prof. Stefano Marianini 207 Si vede adunque che, la stessa azione magnetizzante, nel primo caso rese la forza magnetica del ferro più che quadru- pla di quella che era prima, e nel secondo 1' acci'ebbe solo di circa un terzo. Un altro cilindro di ferro eguale a quello dell'esperienza ora desci'itta era magnetizzato tanto da deviare l'ago magne- tometrico di sedici gradi. Sfregato col polo sud d' una barra calanidtata, ed in modo da produrre una polarità opposta, se il l'erro non fosse stato calamitato, calò in esso la forza e tanto da non produrre più che la deviazione di un grado. Ma avendo magnetizzato questo ferro al segno che deviava l' ago di settanta gradi, e poscia sfregatolo come sopra sul polo sud della barra calamitata, scemò la sua forza magnetica, ma nep- pure di due terze parti di quella che ei*a, perchè esso deviava r ago di venticinque gradi. Molte altre sperienze sono descritte nella citata Memoria sesta ai paragrafi XV, XVI e XVII, le quali confermano la qui stabilita pi'oposizione, cioè che una data azione magnetiz- zante fa proporzionatamente meno effetto quando il ferro è dotato di un più alto grado di magnetismo. ■' IV. Segue pei-tanto da ciò che precede, che qualora as- soggetteremo ad una data azione magnetizzante un ferro avente magnetismo dissimulato, esso conseguirà una forza magnetica più grande se quell'azione tenderà a magnetizzarlo nel senso in cui lo era stato più fortemente, e la conseguirà più debole quando quell' azione medesima tendeià a magnetizzarlo al contrario. Due cilindri di ferro lunghi ventun centimetro e pesanti quarantanove grammi, sfregati una volta da un capo all'altro sul polo sud d'un magazzino magnetico acquistarono tal forza da deviare si l'uno che l'altrO' di ottanta gradi l'ago del ma- gnetometro. Sfregati nel medesimo senso quattro volte sul polo nord d'una calamita più debole, hanno perduto, ogni po- larità. Così ridotti que' ferri, ne sfregai uno al solito sul polo sud d' una calamita di forza media tra le due nominate, e la ao8 ]\Iemoria sul Magnetismo dissimulato ec. forza acquistata fu tale che deviava 1' ago di ventisei «jradi : ho sfregato l'altro sul polo nord di questa stessa calamita, ed esso acquistò solo la forza di deviare di otto gradi in senso contrario l'ago dello stromcnto. Ed ecco che i fenomeni di variazione nella suscettibilità a magnetizzarsi sono conseguenze del magnetismo dissimulato esistente nel ferro. E nel far saggio della suscettibilità di ma- gnetizzarsi che ha un ferro noi abbiamo un altro mezzo per conoscere se ha magnetismo dissimulato. V. Anche quando il magnetismo non sarà in totalità, ma solo in parte dissimulato, si potrà conoscere agevolmente; imperocché assoggettando il ferro ad un urto o ad un' altra qualunque operazione puramente smagnetizzante, se il magne- tismo appariscente sarà una parte del più forte, allora la forza magnetica crescerà. Che se sarà appariscente una porzione del magnetismo più debole esistente nel ferro, allora o sce- merà notabilmente la forza magnetica, o scomparirà affatto, o ricomparirà invertita. Quando adunque si vuole spogliare di magnetismo un ferro non basta distruggere la polarità con magnetizzazioni contrarie a quella che ha : ma deve togliersi mediante ope- razioni non atte a comunicare le proprietà magnetiche. Egli è vero però che anche mediante magnetizzazioni opposte e replicate si può pervenire a ridurre egualmente su- scettibile il ferro di acquistare un dato polo dall' una e dall' altra parte. Ed infatti con tali opposte magnetizzazioni repli- cate quanto basta si perviene ad invertire la suscettibilità , cioè si perviene a rendere un ferro più suscettibile di acf[ui- stare il polo nord da quella parte, dalla quale era da prima più suscettibile di acquistare il sud. Il che è segno che si passa per il punto, in cui il ferro non avrebbe se non la su- scettibilità che aveva prima che fosse calamitato. Ma ciò è difficile a conseguirsi. Io vi sono riuscito più volte magnetiz- zando mediante la boccia di Leida, non mai adoperando la calamita per dare o togliere la polarità magnetica al ferro. Del Cav. PiiOF. Stefano Marianini 209 PARTE SECONDA Delle proprietà dijferenti che può avere un ferro 0 privo 0 dotato di polarità magnetica a cagione del magnetismo dissimulato. VI. Prima che io avessi scoperte le variazioni nella su- scettibilità di magnetizzarsi, cui va soggetto il ferro per le precedenti sofferte magnetizzazioni, io non poneva alcuna dif- ferenza fra due ferri privi l' uno e l' altro di polarità magne- tica, ed in tutto il resto eguali: come nessuna ne metteva tra due ferri eguali fra loro, e dotati di polarità magnetica dello stesso grado di forza. Ma dopo gli studj fatti sulle ma- gnetizzazioni, e di aver osservato esservi talvolta nel ferro del magnetismo dissimulato, conobbi varj casi nei quali il ferro si mostra o privo di magnetismo, o fornito di un dato grado di forza magnetica, e che meritano di essere distinti l'uno dall'altro per i fenomeni differenti a cui danno luogo. Tre casi ben distinti conosco fin qui, ne' quali un ferro mostrasi privo di magnetismo, e sono i seguenti : 1°. Quando il ferro non sia mai stato magnetizzato, ov- vero, se lo fu, sia poi stato distrutto in esso il magnetismo per mezzo di operazioni non atte a magnetizzare, come sono il caloi-e, le scariche elettriche fatte scorrere pel ferro stesso, la percossa, e le altre già ricordate. — Si conoscerà se si ve- rificano le circostanze di questo primo caso, qualora il ferro, mediante un' azione puramente smagnetizzante conveniente- mente adoperata ( cioè non con tale energia da distruggere tutt' affatto il magnetismo), non acquisterà veruna polarità: come ancora se il ferro mostrerassi egualmente suscettibile di acquistare il polo nord nell' uno e nell' altro estremo. a°. Quando il ferro sia stato calamitato col polo nord ad una data estremità, e poi sia stata distrutta la polarità me- diante magnetizzazioni opposte : sieno poi queste prodotte da Tomo XXIII. a 7 aio Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. calamite o da correnti elettriche fatte circolare attorno ad esso ferro. — Si conoscerà se si verifica questo secondo caso qualora, mediante un'azione puramente smagnetizzante, il ferro acquisterà la polarità nord a quella data estremità, ov- vero qualora, sottoposto il ferro ad un' azione magnetizzante, mostrerassi più suscettibile di ricevere il polo nord in quella estremità che non di riceverlo nell' altra. 3°. Finalmente quando il ferro sia stato calamitato col polo sud a quella data estremità, e sia poi stata tolta la po- larità mediante magnetizzazioni opposte. — E sarà verificato questo caso qualora il ferro col mezzo delle azioni smagnetiz- zanti convenevolmente adoperate acquisterà il polo sud in quella data estremità, ovvero se da quella parte sarà più su- scettibile di acquistare il polo sud, che non il nord, qualora venga trattato con operazioni magnetizzanti. VII. I casi differenti ne' quali un ferro si presenta fornito di un dato grado di magnetismo ( non vicino per altro al punto di saturazione ) sono i quattro che seguono : 1°. Quando il ferro è stato magnetizzato fino a quel punto. — Ed in questo caso, assoggettato il ferro ad operazioni pu- ramente smagnetizzanti, esso non farà che perdere della sua forza magnetica. 2.°. Quando il ferro fu magnetizzato in quel medesimo senso in cui lo apparisce, ma ad un grado molto più forte, e sia poi stato ridotto al grado che mostra mediante urti od altre operazioni smagnetizzanti. — Anche in questo secondo caso, sottoposto il ferro ad operazioni smagnetizzanti, esso per- derà della sua forza, ma con più difficoltà che non nel caso precedente; e si mostrerà poi più suscettibile di acquistare la polarità nel senso in cui l' aveva, che non nel contrario. 3'\ Quando il ferro fu magnetizzato nel medesimo senso e più fortemente di quello che lo apparisce, e poi venne ri- dotto a quel grado per mozzo di magnetizzazioni contrarie. — Ed in questo caso, mediante le operazioni puramente sma- gnetizzanti, ed usate al solito colla dovuta moderazione, rin- forzerà la sua polarità. Del Cav. Prof. Stefano Marianini 211 4'. Finalmente quando il ferro è stato magnetizzato for- temente in senso opposto a quello che presenta, e poi me- diante magnetizzazioni contrarie fu ridotto al grado che in esso appare. — Ed in tale caso invertirassi la polarità mediante le azioni smagnetizzanti. Che se queste altro non facessero che diminuire la forza magnetica del ferro, e rimanesse quindi il dubbio se quel ferro si trovi nel caso di cui parliamo, o nelle circostanze del primo che abbiamo notato, il dubbio svanirà se, sottoposto il ferro ad operazioni magnetizzanti, mo- strerassi meno suscettibile di avvalorare la polarità che pos- siede, che non di acquistare la polarità contraria. PARTE TERZA Di qualche fenomeno proveniente da magnetismo dissimu- lato, e di qualche altro, alla produzione del quale il magne- tismo dissimulato probabilmente concorre. Vili. E noto che un' asta ferrea di massa alquanto con- siderevole, e priva di polarità magnetica, non sì tosto vien collocata in posizione verticale, acquista il polo boreale all' estremità rivolta al suolo, e l'australe all'altra estremità (i). E noto ancora che qualche volta l'asta verticalmente collocata non presenta la detta polarità, o la presenta in un modo poco appariscente, e che in questo caso basta percuotere alquanto r asta medesima perchè tosto acquisti la polarità. Pertanto avendo io sempre osservato che la percossa non fa che distrug- gere il magnetismo, e che quando questa operazione rende il ferro magnetico, egli è perchè il suo magnetismo è dissimulato; volli vedere se ancora in questi casi la percossa non facesse che distruggere un magnetismo proprio del ferro, e per questo (i) Non è solamente nella posizione verticale, che tali aste o prismi di ferro presentano il detto fenomeno j ma ancora con più o meno intensità in qualunque altra posizione non perpendicolare al meridiano magnetico. Egli è per brevità dia io qui e in ciò che segue non accenno se non la posizione verticale. aia Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. riuscisse poi visilnle il magnetismo temporaiio acquistato dal ferro stesso per la posizione verticale nella quale è collocato. Ho preso pertanto un cilindro di ferro dolce lungo tren- tadue centimetri e pesante '^go grammi non avente polarità , cosicché messo in posizione orizzontale e perpendicolare al meridiano magnetico attraeva l' uno e l' altro polo d' un ago vicino. La polarità eh' esso acquistava collocandolo vertical- mente era tale, che messa 1' estremità inferiore lateralmente al polo nord dell' ago calamitato e alla distanza di quattro centimetri, respingevalo di nove gradi. Ho sfregato quindi il detto ferro una volta da un capo all' altro su di un polo d' un magazzino magnetico, indi presentata al polo nord dell' ago festreinità cui era stata comunicata dalla calamita la po- larità sud, lo attraeva deviandolo di sedici gradi, se il cilindro era perpendicolare al meridiano magnetico, e se era verticale colla detta estremità rivolta in basso, attraevalo soltanto di tre gradi. Ma dopo d'aver battuto con un martello d'ottone quel cilindro, e presentato poi verticale nel modo che ho detto al polo nord dell'ago, lo respinse di nove gradi, come faceva prima che fosse stato calamitato. Simili esperienze furono istituite con altre sbarre di ferro di differente lunghezza e peso, ed i risultati furono sempre simili a quelli delle spei'ienze sopra descritte, dalle quali viene dimostrato che la percussione del ferro non giova punto a renderlo atto a concepire il magnetismo quando sia collocato in posizione non perpendicolare al meridiano magnetico ; ma solo a distruggere in tutto o in parte il magnetismo artificiale che il ferro possiede, e quindi a far sì che non vi sia ma- gnetismo dissimulato quando il ferro vien collocato nella detta posizione. Ed è sì vero che la percossa non giova punto a facilitare r apparizione del magnetismo naturale dovuto alla posizione del ferro, che, se nelle sperìenze surriferite si presenta rivolto in ])asso al polo nord dell' ago magnetico l' estremità del ci- lindro di ferro alla quale venne impresso il polo nord, allora Del Cav. Prof. Stefano Marianini ai 3 la ripulsione è più forte; ma percuotendo il ferro, scema la ripulsione stessa, e riducesi al grado che quel ferro stesso presentava prima che venisse artificialmente magnetizzato. IX. Neil' istituire le esperienze ricordate nel paragrafo precedente non osservai differenza ne'risultati qualun([ue fos- sero i punti delia superficie del ferro che venivano percossi. Ma non era indifferente la posizione in cui si trovava il ferro durante la percussione. Se questa posizione era tale che l'asse del cilindro di ferro fosse perpendicolare al meridiano magnetico ( come era appunto nelle dette sperienze ), i risultati dimo- stravano che la percussione altro non faceva che distruggere, come dissi, in tutto o in parte il magnetismo artificialmente impresso. Ma se il ferro veniva tenuto in altra posizione, e specialmente nella verticale ; allora , mediante la percossa , una porzione della polarità impressa artificialmente veniva di- strutta, ed una porzione invertita. Un cilindro di ferro dolce lungo quattro decimetri e pe- sante ii3a grammi presentato orizzontale coU'una e coll'altra esti'emità ad uno qualunque dei poli dell'ago calamitato, lo attraeva. Presentato verticale, e coli' una e coll'altra estremità respingeva a venticinque gradi il polo nord se rivolta in giù, respingeva d' altrettanto il sud se rivolta in alto. Sfregai due volte questo ferro da un capo all' altro sul polo nord del so- lito magazzeno magnetico, e collocato verticale coli' estremità che aveva conseguita la polarità rivolta in giù, avvicinai al solito l'estremità medesima al polo nord dell'ago, e l'attrasse notabilmente invece di respingerlo. Ciò fatto percossi col mar- tello d'ottone il cilindro cosi verticale come stava; e la detta estremità rivolta in basso respinse l'ago di venticinque gradi. Ma rivolta in basso l'altra estremità, l' ago non veniva respinto che di nove gradi. Percossi nuovamente il ferro in questa po- sizione, e l'ago venne respinto a a5°. Ma rivolta di nuovo in giù l' altra estremità ( la quale prima respingeva a 2-5° ) , essa non respingeva più l'ago che di nove gradi. Lo percossi ancora in questa posizione, e l'ago venne respinto di 28 gradi. E rivolta in basso l'altra estremità, questa respinge vaio soldi 14". 2i4 Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. Un altro ferro eguale presso a poco a quello del pi-ece- dente sperimento, avvicinato in posizione orizzontale all' ago calamitato, attraeva egualmente coU'nna e coli' altra estremità un polo qualunrjue dell'ago stesso. Situato verticalmente, e coir estremità ini'erioi'e vicina al solito al polo nord dell' ago stesso, respingevalo di ventidue gradi, qualunque poi fosse l'esti-emità rivolta in giù. Ho quindi comunicata a questo ferro una polarità artificiale mediante la calamita, per cui ad un' estremità che nomino A aveva il polo nord, ed all'altra che nomino B il sud. Situato poi verticalmente il ferro coli' estre- mità yi rivolta in giù, ed avvicinata questa al polo nord dell' ago magnetico, lo respiugeva di gradi 5o. Rivolta in basso 1' estremità 7i, questa avvicinata all' ago non respingevalo che di gradi 2. Percosso il ferro mentre stava in questa posizione verti- cale, l'estremità B ch'era rivolta in giù, respinse l'ago di 2,9 gradi. E rivolta in basso l'estremità ^, questa lo respinse di io. Percosso di nuovo il ferro nella posizione verticale in cui era, la detta estremità A respinse il ferro di gradi 87. E rivolta in giù l'estremità J5, lo respinse a 12,. Pei'cosso di nuovo in questa posizione, la detta estremità B respinse di 34 gradi. E rivolta in giù la ^, respinse a j3. Percosso finalmente il ferro mentre era perpendicolare al meridiano magnetico, venne restituito allo stato in cui era prima di essere stato magnetizzato colla calamita. Sembra adunque potersi conchiudere che allorquando un ferro magnetizzato viene percosso mentre è in posizione ver- ticale, la sua polarità artificiale viene in parte distrutta, ed in parte rovesciata. X. Siffatta inversione di polarità artifiziale può anche con- seguirsi a poco a poco battendo dolcemente e ripetutamente il ferro verticale. Cosi nel ripetere 1' esperimento precedente io ridussi quel ferro il quale da principio coli' estremità A rivolta in giù respingeva l'ago di 5o gradi, e coli' estremità Del Cav. Pkof. Stefano Marianini ai 5 B parimente rivolta in giù non respingevalo che a due gradi, lo ridussi, dico, a produrre una ripulsione di ventidue gradi sì coll'uno che coU'altro estremo quando era rivolto in basso. Qui per altro la polarità artificiale non era distrutta, ma solo dissimulata. Ed infatti avendo messo il ferro in posizione per- pendicolare al meridiano magnetico, e poscia percosso, avvenne che l'estremità yl rivolta in giù respinse A di circa 2,6 gradi, e la jB a 17. XI. Ma veniamo ad alcuni fenomeni, i quali, se non può asserirsi con certezza che derivino dal magnetismo dissimulato, sembra per altro probabile eh' esso abbia parte nella loro produzione. Nello studiare l'azione magnetizzante della boccia di Leida quando viene esercitata su corpi magnetizzati ho veduto non essere indifferente, che il magnetismo di cui è fornito il ferro o l' acciajo siagli stato comunicato o mediante le correnti elet- triche, o mediante la calamita. Un ferro dolce non ricotto, cilindrico lungo otto centi- metri e mezzo, e pesante venti grammi lo magnetizzai facendo circolare attorno ad esso 1' elettricità d' una boccia di Leida ( d' un decimetro quadrato di superficie armata ) carica alla tensione di trentacinque gradi dell'elettrometro a doppio qua- drante del Volta, e la magnetizzazione conseguita dal ferro fu tale che deviava 1' ago del magnetometro di quindici gradi. Replicata due altre volte la scarica sulla spira contenente lo stesso ferro, la forza di questo giunse a deviar l' ago di venti gradi. Replicai parecchie altre volte la scarica, ma non potei conseguire nel detto ferro verun aumento di forza magnetica. Ho distrutto poi mediante alcuni urti il magnetismo del ferro, e rinnovate ancora su di esso le stesse operazioni non mi venne fatto di conseguire una forza magnetica più grande, esso deviava come sopra l' ago magnetometrico di gradi 20. Ma avendo distrutto di bel nuovo il magnetismo coi so- liti urti e poscia restituita al ferro mediante la calamita la detta forza, per la quale deviava l'ago di venti gradi, e poi ai 6 Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. fatta circolare attorno al ferro l' elettricità della detta boccia carica colla solita tensione di 35 gradi, e ciò per tre volte, si accrebbe tanto la forza magnetica di esso che deviava l'aeo dello stromento di gradi 87. A questo punto le ulteriori scariche furono senza effetto. Ma distrutto ancora il magnetismo, e poi restituitoglielo con egual grado di forza mediante la calamita, allora la solita sca- rica della boccia valse a magnetizzarlo lino al punto che pro- duceva una deviazione di gradi 45- Le ulteriori scariche erano senza effetto. Ma tolta al ferro coi soliti mezzi meccanici (juesta forza magnetica, e poi resti- tuitagli a quel medesimo grado mediante la calamita, allora la detta scarica della boccia valse ad accrescere ancora la forza magnetica del ferro, cosi che deviava l'ago a gradi 53. Replicata la distruzione e la restituzione di questo grado di magnetismo al ferro mediante la calamita, ed avendo poi sottoposto il ferro stesso all' azione magnetizzante della solita scarica elettrica, s' accrebbe ancora la deviazione da esso prodotta uel magnetometro; essa giungeva a gradi 55. Adunque la boccia di Leida rinforza il magnetismo im- ])resso nel ferro dalla calamita, e quantunque tale magnetismo sia già eguale o anche maggiore di quello che la boccia stessa è capace d' imprimergli. XII. Reciprocamente la calamita rinforza la magnetizza- zione operata dalla boccia di Leida. Un ferro eguale a ([uello delle sperienze precedenti, me- diante tre fregagioni sul polo nord d' una debole calamita fu magnetizzato al segno di tener deviato l'ago di gradi i5. Con fregagioni ulteriori non potei conseguire di più. Ma distrutto questo magnetismo nel ferro, e poi restituitoglielo pari di forza mediante alcune scariche della piccola boccia di Leida carica alla tensione di venticinque gradi ; indi sfregato il ferro sul polo sud della calamita, come si era fatto da prin- cipio, la forza magnetica crebbe a segno che teneva deviato l'ago di gradi m. Del Cav. Prof. Stefano Marianini 217 Distrutto anche questo magnetismo mediante urti, e poi rinnovato colle scariche elettriche, la calamita potè aumentare la forza in guisa che deviava l'ago di gradi 28. E COSI reiterata la distruzione mediante percosse, e la restituzione, mediante la boccia, di quest' ultima forza magne- tica, ripassato il ferro sulla calamita, conseguì abbastanza per deviar l'ago dello stromento di gradi 82,. Risultati non dissimili dai qui sopra registrati ho ottenuti in molte altre serie di simili esperienze istituite con altri pezzi di ferro e d'acciajo. Qualora si supponga che magnetizzando ne' modi che ho detto il ferro, si formino in esso due sistemi magnetici op- posti, il più debole de' quali neutralizzi in parte il più forte, si comprende come la nuova azione magnetizzante che si mette in opera, distrugga in parte la polarità del sistema ma- gnetico più debole che tiene dissimulata una parte del più forte, e perciò ne diviene appariscente un' altra porzione di quest' ultimo ; e di qui l' aumento della forza magnetica nel ferro. Ma siffatta deduzione non possiamo tenerla che come probabile, essendoché riposa su cosa supposta e non per anco dimostrata. Ci accontenteremo perciò di imparare da questi ultimi fatti una nuova discrepanza tra l' azione magnetizzante della calamita e quella della boccia di Leida. E termineremo raccogliendo qui le principali proposizioni di questa Memoria. I*. Può esistere in un ferro del magnetismo, il quale non si scorge coi soliti mezzi di esplorazione, perchè dissimulato. 2,*. Dal magnetismo dissimulato derivano i fenomeni di variazione nella suscettibilità di magnetizzarsi che bene spesso si osservano nel ferro, e nelle altre sostanze suscettibili di magnetismo. 3^. Un ferro può presentare proprietà magnetiche difi'e- renti, sia esso privo o fornito di polarità magnetica, a cagione del magnetismo dissimulato. 4*. Il percuotere le grosse sbarre calamitate non sembra disporre le medesime ad investirsi più facilmente del magne- Tomo XXIII. 28 ii8 Memoria sul Magnetismo dissimulato ec. tismo naturale collocate che siano nella posizione a ciò op- portuna; ma giova a distruggere il magnetismo stabile che esiste in esse. 5"^. L' effetto della percussione è come qui si è detto, se la sbarra è collocata perpendicolare al meridiano magnetico : ma se si percuote in altra posizione, allora il magnetismo ar- tificiale in essa contenuto è in parte distrutto, ed in parte invertito. 6^. La scarica della boccia di Leida fatta circolare attorno al t'erro rinforza il magnetismo ad esso impartito dalla cala- mita, benché la detta scarica non possa per se imprimergli forza maggiore di quella che può la calamita stessa. E dal canto suo la calamita rinforza nelle stesse circostanze la ma- gnetizzazione impressa nel ferro dalla boccia di Leida. Dai < piali fatti si scorge che il ferro magnetizzato dalle calamite ha qualche proprietà differente dal ferro magnetizzato mediante le scariche elettriche. 219 DI ALCUNE PROPRIETÀ DELLE PIÙ SEMPLICI FRAZIONI CONTINUE E PERIODICHE DEL SOCIO PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI Ricevuta adì 5 Novembre i844- 5. I. In tutta la Matematica io son d' avviso non darsi forma di quantità o funzione algebraica, dotata di cosi belle ed eleganti proprietà e suscettibile di applicazioni o usi cosi svariati e importanti, come le frazioni continue, generali e semplici, o paxticolari e periodiche, o abbian termine, o si estendano all' infinito. Milord Brounker, che n' è creduto 1' inventore , se ne prevalse ad esprimere il rapporto dell'area del quadrato circoscritto a quella del cerchio : Wallis nell' aritmetica degl' infiniti riducevale generalmente a forma di frazione ordinaria; ma Ugenio nella sua Descrizione dell' automa planetario sco- privano il primo e dimostravane colla natura l'utilità per as- segnare una doppia serie di valori che successivamente si ap- prossimino ad un limite comune, parte sempre crescendo e r altra parte sempre scemando, e tali che fra due valori di una serie medesima niun' altra frazione più semplice possa interpoUarsi e sussistere, che si accosti maggiormente di quelli al limite nell'uno e nell'altro senso, dell'aumento cioè e della (*) Questa piccola Memoria, col titolo Ji Nota e ristretta nel più succinto an- nunzio delle cose contenutevi, doveva esser letta in un' Adunanza della Sezione Fi- sico-Matematica nel sesto Congresso a Milano, e fu anzi accennata nel Diario fra le letture del giorno seguente; ma l'abbondanza di altri e piìi importanti oggetti di trattazione in tal giorno e ne' successivi fu cagione che di fatto io non la esposi al dotto Consesso. -, - ,., • • ■■ .... - ^ - . -■ i ■ ■ 2.2.C Di alcune proprietà ec. diiniuuzionc. Eulero poscia nell' iiUrocluzione all' analisi degl' infiniti spiegò l'uso delle frazioni continue periodiche a rap- presentar le radici dell' equazione di 2," grado, e giovossi pure delle frazioni continue in altre occasioni di profonde e inge- gnose ricerche ; siccome Giovanni Bernonlli non meno felice- mente le adoperò all' uopo di agevolar la costruzion delle ta- vole delle parti proporzionali a vantaggio specialmente degli Astronomi. Al genio però di Lagrange riserbavasi di aprire an- che in questa, come in ogni altra jiarte della scienza del cal- colo, una vena fecondissima di aurei metodi per trattare una moltitudine di argomenti e risolvere un' infinità di problemi. E noto infatti che nelle frazioni continue egli fondava il suo metodo spedito ed elegantissimo di sciogliere per approssima- zione le equazioni numeriche di tutti i gradi; nella quale op- ])ortunità, oltre ad altre belle vedute circa il maneggio di tali frazioni per semplificarne l'uso e accrescere la convergenza de' successivi loro valori a quello che rappresentano, egli pel primo dimostrava il teorema che la frazione continua espri- mente una radice di secondo grado è necessariamente perio- dica. Nò agli usi egli arrestavasi delle frazioni continue nelle operazioni elementari dell'Algebra, ma stendevali pure col pili felice successo all' analisi trascendente nell' integrazione dell' equazioni differenziali, e metteva in evidenza il doppio vantaggio che ne viene sopra il metodo ordinario d' integrar per serie infinite, le considerate frazioni avendo termine ogni volta che 1' integrale richiesto sia tìnito e razionale, ed otte- nendosi per esse ancora l' integrazione in al(^ini casi più dif- ficili, che sin qui non cedettero alla prova di verun altro metodo. 5. 2.. Frattanto, sebbene abbian li Geometri più distinti con profondità di studi e d' indagini riconosciuta la natura e sviluppate le utili applicazioni molteplici delle frazioni contì- nue, nondimeno rimane un punto di vista e un aspetto, sotto il quale, per quanto io sappia, esse non furon sin ora esami- nate, ed e di considerarle in riguardo alle permutazioni degli Del Prof. Giuseppe Bianchi 22, r elementi che le compongono. A tale riguardo esse offrono al- tresì notevoli e curiose pi'oprietà, che meritar mi sembrano r attenzione de' matematici, e che per avventura servir po- trebbero vantaggiosamente alla teorica generale delle equa- zioni, se è vero che a questa parte del calcolo si applicai! con profitto le frazioni continue non meno che le permuta- zioni. E dalle relazioni singolari, che hanno fra loro le frazioni continue permutate, chi sa che ottener non si potesse l'adem- pimento di un voto dello stesso Lagrange, a mia notizia non ancora soddisfatto, ed espresso da lui colle parole : « Ainsi la mèthode des fractìons continiies a non seulement V avantage de donner toujours les valeiirs rationelles le s plus approchantes qu' il est possible de la racìne cherchèe, mais elle a encore ce- lui de donner tous les diuiseurs commensurables du premier et du second degré que V equation proposèe peut renfermer. Il seroit à soiihaiter que V on pùt trouver aussi quelque caractère qui pùt servir à faire reconnaitre les diviseurs commensurables du troisième, quatrième etc. degré, lorsqu il y en a dans V equa- tion proposèe ; e' est du moins une recherche qui me parait très digne d' occuper les Geomètres. Acc. de Berlin pour le 1768, page 149 ». Quindi non sarà, io spero, stimata cosa del tutto inutile se qui espongo compendiosamente alcune pro- prietà delle frazioni continue permutate. 5. 3. Prendo a considerare la sola più semplice forma delle frazioni continue i ,,;,..,. ■r. n ■ C-+- etc. e a brevità di scrittura la denoto col simbolo ( a, Z», e, etc. ) che sempre, ove trattisi di permutazioni, riesce del pari co- modo e di facile intelligenza. Se la frazione sia periodica, parzialmente o per intero, io similmente la esprimo, aggiunto il numero delle ripetizioni sotto e a destra della rispettiva lettera; e così per esempio il simbolo («3, Z*», c^, etc.) si- gnifica esser il periodo rinnovato una volta rispetto a tutte a-22, Di alcune troprietà ec. le lettere e due volte rispetto alla prima fi, intendendo che il periodo si rinnovi costantemente coli' ordine dei denomina- tori fi, b, e etc. della frazione primitiva, i quali restan poi fra loro e a vicenda permutabili senza cangiamento dell' or- dine stesso di successione: laonde (Z'j, a^, c^, etc.) e la per- mutata della precedente rispetto ad a e, h. Ciò posto, e qua- lunque sia il numero n dei denominatori nella frazion continua (fi, b^ f, . . . . p^ q-, /■), si eseguiscano in essa tutte le n{ii — \)[ti — a) . . . 3 . a permutazioni. Fra la data o primitiva, le sue successive periodiche, e le frazioni permutate di quella e di queste sussistono alcune relazioni, che sono perciò gene- rali ; e primieramente si ha : ( a. &, e, . . , r U ^'^ e r, ^7 ) ( f , ■ ■ ■ , r, g, ì ) {r, a,h, e, . . . , q) _ ^ (a,r,fl..,c,b)(ù,a,r, . . . ,c ){c,h,a,T,..,d} ( r, q, . . , e, b, a ) L'analoga relazione colle sue permutate sussiste per ciascuna periodica finita della data frazione continua, e sarà per esempio : ( aì,b^,Ci, ■■., Ta )( hi , Ci ..., r^ , a» )( e; , ■■., r^ , a^ , h^ ) ( ri,a:,,h^, ..., «y, ) _ ^ ( aj , ri , ..., fi, ia )( l'i, ai, t^ ..., c^ )(C3, b^ , «i , r». ..(/») ( rs , ji ..., /'» , Ui ) È manifesto l' andamento, col quale procedono i successivi fattori componenti li due termini di un tale rapporto := i ; e questi fattori poi altro non sono che la primitiva frazione, o una sua periodica finita, e alcune corrispondenti permutate di quella o di questa, di numero a» — i in ogni rapporto. §. 4- La proprietà qui sopra indicata non è che parte di altra più generale, quando gli elementi a, Z», e, etc. della con- tinua siano più di tre. Avendosi /i>3, la frazion primitiva e tutte le sue permutate semplici, o di due lettere sole ad ogni permutazione, legansi fra loro in tante relazioni simili alla precedente, ([uante può formarsene senza ripetere alcun fat- tore, e il cui numero perciò è = (« — i)(n — a) . . . 3. Così per la continua di (piattro termini, e per ognuna parimente delle sue periodiche successive, sussiste una triplice relazione ed è per la prima di esse ; Del Prof. Giuseppe Bianchi aaS ( a, h, e, d ) ( h, c^ d, a ) ( e, d, a, h ) ( d, a, b, e ) ( a, d, e, b ) ( b, a, d, e ) { e, b, a, d ) ( d, e, b, a ) ~ ' ' • ( a,b, d, e )(b, d, e, a) ( e, a,h, d) { d,c, a,b) (a, e, d,b ) { b, a, e, d ) ( e, d, b, a ) ( d, b, a, e ) ^ ( a, c,h,d) {b,d, a, c){ c,b, d, a) ( d, a,c,b) ( a, d, b, e ) { b, e, a, d ) { e, a, d, b ) { d, b, e, a ) E qui pure scorgesi facilmente la disposizion de' fattori che forraan il prodotto di ogni numeratoi'e, e ai quali corrispondon colla stessa prima lettera e inversamente colle altre i fattori del rispettivo denominatore. Per la frazione continua di cinque termini e per ciascuna delle sue periodiche il numero delle relazioni anzidette sarà di la, e cosi di seguito. 'f ■ .. §, 5. Il rapporto della continua primitiva (e, Z*, e, ... ^7, r) alla sua permutata inversa { r, q, . . . e, b, a) ha uno stesso e costante valore di ciascun simile rapporto delle corrispondenti periodiche, escluse le sole periodiche parziali ove il primo termine a ritorna una volta più degli altri. Quindi il prodotto di un numero m dei detti rapporti eguaglia la potenza em- mesima dell' indicato valore, che è una funzione assai sem- plice e determinata di a, Z», e, . . . r. Nella frazione a due ter- mini, posti n, n\ Ai", etc. i numeri dei denominatori delle pe- riodiche, e preso il numero degli n = rìz, si ha : (a,b)„(a,b)„'( a,h)J' _ /b_\m_ (b,a)„(b,a)n' (b,a)n" ~\a) ' -. ■ '■-'. e per questa solamente non ha luogo 1' eschisione accennata. Nella continua di tre termini ritrovasi pel numero m de' fattori : ( a, b, e ) ( Oi , b:^ , e ) ( a^i , b^ , Ci ) ( 03 , b} , Ci ) / bc-^t\ m ( e, il, a ) ( Ca, ia, a ) ( Ca, èi, ai ) ( C3 , J3 , fla ) \ab-i-i) ' '.', Nella continua di quattro termini risulta: ;,.jj, ( a, b, e, d ) ( Oi , bi , e, d ) . . . . { aì,bì , Ci, d^ ) ■ ■ . . /bcd-^-b-\-d\ m _ ( d, e, 4, a ) ( t/a, fa 5 i, a ; . . . . ( (^3 , C3 , ia , Ua ) . . . . \aic-i-a-t-c/ ■* , , e così progressivamente. In riguardo ai fattori esclusi, sussiste per essi una relazione particolare, e si ha nella continua di tre termini : oitj. Di alcune proprietà ce. ( n,h.c) _ (a^J'.c) _ ( "^ ■ ì'. -, '-, ) _ ( ,iì , h^ , f, ) ^ ( n, f, // ) ~ ( «2 , t-, i ) ' ( "a , ti , ii ) ~ ( «3 ,Ci,lj.)' ' ' in quella dì quattro termini similmente : ( a,h. e, d ) ( n^,li, e. d ) ^ ( n» , /'a , c^ , d^ ) ( rt) , /'» , Cj , f/s ) (ci,d,c,b) ( ai.,d.,c,h )' ( a^., d^. , c^, bs. ) ( «3 > <^2 , Cj , ia ) ' '' e cosi via discorrendo. 5- 6. Per la dimostrazione compiuta e generale delle re- lazioni o proprietà sovraenunciate, io reputo che si possa ot- tenerla dalla teorica delle funzioni simmetriche e da quella delle alternate. Fin qui non avendola ritrovata, io supplirò ad essa con un ragionamento per via d' induzione, la quale nel caso presente non può fallire a generalità di conclusione. E primamente la dimostrazione è assai ovvia per la i'razione continua e periodica di due termini; poiché se dividasi la fra- zione a{a^l>)n sotto e sopra per «, e per b similmente la b(l>,a)^ si ha nell'uno e nell'altro caso il medesimo risulta- rne nto I IH-I «/'-HI 7-4-r al>-¥- etc; donde ricavasi a{a, ò) „= b(b, a) „ , . ,. ((7, J)„ b ( a,b)„{a,b),J / h\z e quindi . = - ; , ; , , , = (-) etc. ; che è la pi'oprietà indicata nel 5- 5. E tosto pure ne viene ( a, ' ) - ( ' " ' " — I ciie Q la relazione del precedente %. A. (b,a).{a,b)^ i ^ ^ Di qui anche raccogliamo che una frazione ordinaria qualun- que — può presentarsi coli' aspetto di continua periodica a due termini, es|)rimendosi essa infatti con "' ' " . ' i (b,a)„ 5. 7. Nella continua e semplice di tre termini, riducen- dola a frazione ordinaria si scorge che il numeratore è fun- zione simmetrica di // e e, siccome il denominatore lo è di a e e. Rappresentandola col simbolo 1 ' L vedremo che Del Prof. Giuseppe Bianchi aaS similmente la sua prima periodica (a^, Z», e) può rappresentarsi con I ?' 1, la seconda periodica { a^, b^, e ) con 1 „' /, h ^* terza con I ' 1; e così di mano In xnano, ritornando collo [ «, e J ' stess' ordine le funzioni simmetriche rispetto agli stessi due termini. Ora le funzioni simmetriche non cangiando valore per la permutazione reciproca degli elementi, ne viene che le sei permutate rispetto alla [a, b, e) e a ciascuna delle sue periodiche hanno, ridotte a frazioni ordinarie, uguali due a due tanto i numeratori che i denominatori; onde se ne ha per ciascuna tre equazioni, che riduconsi ad una, ed è questa la proprietà del 5- 3- nel caso di soli tre termini. La cosa va un poco diversamente nella continua di quattro termini. Ri- dotta la semplice [a^b^c^d) a frazione ordinaria, vediamo in essa che il numeratore è funzione simmetrica ài b e d; laonde nelle a4 permutazioni una metà di numeratori sarà eguale all'altra. Ma il denominatore di quella non è funzione sim- metrica, se non in parte, delle stesse b e d ovvero di a e e, atteso il trinomio ab-t-ad-hcd. Tuttavia osservando che uno dei prodotti binarj del trinomio, per esempio ed, si troverà solo nella metà delle a4 permutazioni, e che le combinazioni differenti di esso con altri due prodotti binarj nel trinomio sixddetto riduconsi ancora alla metà, cioè a sei, ne conchiude- remo facilmente che le 24 permutazioni avranno una metà pure di denominatori eguale all' altra. Indichiamo la semplice {a,b,c,d) col simbolo i 7' / / 1 ' ^ troveremo che la sua periodica prima ( «^ , b , e , d ) può similmente indi- carsi con I ,' ', I . Così, ridotte a frazione ordinaria, le successive periodiche di { a, b, e, d ) offìono alter- nativamente simmetrico il numeratore e il denominatore ; e con ognuna di esse le rispettive permutate avranno soltanto una metà di numeratori e denominatori differenti. Da ciò ne Tomo XXIIL 29 2.i6 Di alcune pnomiETÀ ec. viene, che le parità dei numeratori porgendo fra le a4 pei'- mutate di una di tali periodiche 12, equazioni, col dispor queste opportunamente e poscia moltiplicarle tutte insieme scompa- iono, come fattor comune, eziandio tutti i denominatori, e ri- mane il prodotto di dodici permutate uguale al prodotto delle altre dodici, ossia il rapporto del primo di essi al secondo ^ i . Oltre di che nella disposizione or accennata delle dodici equa- zioni sempre si osserva che i denominatori eguali anzidetti sono scompartiti e si presentano di quattro in quattro equa- zioni; cosicché la relazion finale fra le sole permutate si spezza naturalmente nelle tre del §. 4- pcr la semplice ( a, h^ c^ d) ^ e altrettanto accade per ognuna delle sue periodiche. Troppo lungo sarehbe il proseguir un simile esame delle frazioni con- tinue, semplici e periodiche, di cinque e più termini ; ma la forma di tali frazioni essendo sempre la medesima, non vedesi ragione che 1' ottenuta proprietà delle continue di due, di tre, e di quattro termini, tanto semplici che periodiche, non debba pur appartenere a quella di un qualunque numero di elementi: e perciò questa proprietà è generale. 5. 8. Ad agevolare le lunghe riduzioni, che occorrono per ottenere gli esposti risultamenti, giova il compendiar con- venientemente l'espressione delle frazioni ordinarie, a cui cor- rispondono le continue date. Pongasi a tal fine ahc-^a-^h-y-c^zn; ah A- 1 -zza; a 3 -^ a^ =. a' ; a(§-{-C7T)-\-a^z=y{§ + an) + c^^za"; fic -t- I = (? «j- -+- J* =: (>' y(,a-\-ait)-^h''=il^(a-i-hn)-^a^z=.{^" bc-^ t =:y 17' -I- e' = ^' (J ( 7 -+. i ;r ) -I- c^ = a ( )' -4- e a: ) -t- i' = y" «j? ( /-t -t- a ) -t- a^ = a'" ; etc. ayÌ7t-i-b)-^-P- (5'" lìy f .T -H C ) -H c' = y'" Facilmente, ciò posto, si troverà per le permutazioni della semplice ( «, Z>, e ) e delle sue periodiche : { a.l, e) ( fli , ?'2 , e ) ( Qa , h^ , Ci ) 2_ ( e, l/, a ) ( f i , ^2 , a ) ( Ci , l>2. , ici ) ' » ' ossìa una delle relazioni accennate nel 5- 5. Si avverta inoltre che ciascuna delle quantità 7t, a-4-i3-t-y, a -)- (3' -4- 7' , Del Prof. Giuseppe Bianchi 227 «" _l_ ^" ^- j/" , oc'" -H /3"' -t- 7'", etc. è funzione simmetrica degli elementi a, Z», e, e quindi invariabile alle permutazioni de' me- desimi. In riguardo poi alle periodiche eccettuate dalla for- mola precedente si ha: :■,. <,-■ ( a, b, e) ( fli , J, e ) X—O ( gj , ^2 , Ca ) ( fl3 , Z^a , Ca ) ^_^ (a,c,b) (a3.,c,b) n—b' ( fla , Ca , ia ) {ai, Ca, ,bi) a"' E finalmente se consideriamo le diffei-enz& a — /5, a — y^ ^ — y tosto vediamo che sono esse proporzionali rispettivamente alle ^ — e, a — e, a — b, ovvero alle loro eguali per ordine successivo {7t—c)—{7z—b), (ji—c)—{7t—a), {7T—b)—{ji—a). Svolgendo le a\ /3', / ne avremo le differenze a' — (ì'=7i{a — b) ; a — 7 =7r{a — e) ; /?' — y^]T{b — c); e queste perciò stanno pure come le diffe- renze primitive a — b^ a — e, b — e. In simil modo svolgendo le a", ^", y" si ottiene a" — §"z=.n(c—b); a" — y" z=n { a—b) ; §" — y" = x { a—c) ; onde o." — §" = y' — ^'; a" — y" = a'-§' ; §" — y" z=. a' - y' . Parimenti le a"—^"\ a" — /", /5"'— 7'" emergono rispettivamente proporzionali alle differenze a — ^, a — e, b — e; e così di se- guito. Concludiamo da ciò che i rapporti delle frazioni, con- tinua e sue periodiche, a tre termini permutati, conservano semplici e determinate relazioni colle differenze de' loro ele- menti «, Z», e. Analoghe proprietà possono riscontrarsi nelle permutazioni della continua ( a, Z», e, ^Z ) e delle sue periodiche; e in generale si comprende che di proprietà simili, relativa- mente alle permutazioni de' termini, deve pur essere dotata colle sue periodiche la frazione continua (a, Z», e, . . . .p^ q^ r). 5. 9. Limitandomi per ora a questi cenni che ho presen- tati intorno alle più semplici frazioni continue e periodiche in genere, passo ad esporre una proprietà particolare delle frazioni continue, in cui si svolgono i numeri irrazionali di 2," grado ; proprietà che ignoro se sia stata per altri avvertita. Non solamente le dette frazioni sono di necessità periodiche, siccome dissi aver Lagrange dimostrato; ma di più ridotte insieme colla parte intera e successivamente a frazioni ordi- narie, esse porgono per ciascun numero irrazionale lina serie 2.28 Di alcune PRorRiETÀ ec. ricorrente, con diversa legge dall'uno all'altro numero. Con- seguentemente a ciò le dilFerenze di ciascun termine di tal serie innalzato alla 2.'' potenza dal quadrato del corrispondente numero irrazionale costituiscono un' altra serie, che è ricor- rente pur essa. Ne addurrò in esempio le radici seconde de' numeri semplici, o d'una cifra sola, che non sono quadrati. Si ha j/ 2 = I -+- I "in- I a-H : : air infinito. Disposte in frazion comune le successive approssimazioni di 1/2, siano le due prime —, '^ ; la terza sarà ^ "',"*" "^ , e si avrà similmente ciascun termine della serie dai due an- tecedenti. Presa indi la differenza di ciascun termine quadrato da 2, si ha l'altra serie delle differenze a segni alternati. Due termini consecutivi di quest'ultima essendo ± ( - V, rp ^-Lj , il terzo termine setruente sarà ± ( — r — ) ; laonde assai fa- ~ \ 2.11 -t-n / cilmente si ottengono i termini successivi nell' una e nell' al- tra serie. ^/ 3 = i -h i T-4-I 2-4-1 7-4- i_ 2 -H : : all'infin. Qui la ricorrenza di ambe le serie è doppia ; poiché presi dall' origine o convenientemente nella prima due termini di seguito —, -7, viene m essa il terzo termine -7 — — e u ffuarto ° ' "' "^ "' > •^ "'■ avvicendandosi poscia continuamente questo duplice modo di derivazione, in corrispondenza ai due termini della frazione periodica. E nell'altra serie si ha simil- mente la ricorrenza doiii/ia ■+■ ( —^ — ) , — 2 (— -— ; — —^ A , essendo -*-(-)» ■~-("^) i due termini che immediatamente j)recedono. Del Prof. Giuseppe Bianchi 1/ 5 = a -t- I • 4-f-_i_ ■ . . • 4-h: : all' infin. Semplice ricorrenza della prima serie — , — , . della seconda l/Ò = 2.-t-I_ 2,-h 1 ■y. 4-^ Doppia ricorrenza della i". serie 229 4 to' -I- m 4 n' -+- « air infin. m to' ^m' -i- m 2 ( 4 to' -4- m ) -i- m' ■ ^ ' li' ' ' ' ' 4 n' -+- 72 ' 2 ( 4 n' -t- n ) -H «' ' ' della a^. . . ■ ' ~"*"Ì i,:; '■ : :, '- ■■■■■', ^-^1 " -.'.-'V : ••-■//:• .' 4 + 1 ,^; ;..,• : .. ;..- • J-4-£ .r. •^^■. ,:• "^"-+-1 ' ;T ';," . I -t- I 4-^ all' infin. Triplice ricorrenza della i*. serie TO -t- to' m -4- to' -4- to' 4 ( "J -♦- 2 to' ) -t- m -(- to' «-»-«'' 72 -H 72' -t- 7i' ' 4 ( 72 -I- a 7i' ) -t- 72-4- ?2' ' a3o Di alcune proprietà ec. della 2.^ ■ ( « -t- n' ) ' ~ V 4 ( n -+-«') H- nV ' "^ '^ ( 5 ( « -t- n' ) ■ /8 = 2H-I 1 H- I 4- I -+-_i 4- air infin. Doppia ricorrenza della i''. serie tn n TO' n' 4 ( OT -+- m' ) - 4 ( « -4- ;ì' ) della a\ -4(^y' + (iy 4(4-77^)'>-^(4„-J„.^,,y- Rillettiamo dopo ciò che le frazioni continue e pei'iodiche, in riguai'do ai numeri irrazionali di a" grado da esse rappresen- tati, appartengono alle serie ricorrenti , semplici o composte , e debbon perciò averne comuni la natura e le propi'ietcà. §. IO. Ad esempio numerico delle serie precedenti scel- gasi fra gì' indicati un numei-o irrazionale, e sia questo \/ 5. Riducendolo a frazione continua, e traendone in frazioni ordi- narie le successive approssimazioni, risultano le due serie ri- correnti summentovate, e che possono verificarsi, come segue: sene 9- 4' 33 "7 ' i6i 683 3o5 2889 12238 etc. sene -(O". -(4-)'- -(^)" ■^1^)' ~(l^)' "^(t^)' "(54^) Del Prof. Giuseppe Bianchi aSi La radice quadrata di 5, che abbiamo scelta in esempio, è anche singolare per la relazione a ^ I I -f-i/5 I -+■ I all' infinito quest' ultima essendo la semplicissima delle frazioni continue periodiche, siccome lo è o, i iii 1 1 1 delle periodiche de- cimali, e nascendo questa da ^, ossia dal rapporto dei sem- plici caratteri estremi della numerazione intera, come quella scaturisce dalla radice quadrata del carattere medio. 5. II. Dal considerare le frazioni continue e periodiche all' infinito quali serie, foi'mate dai termini delle successive approssimazioni al vero valore, sorge spontanea la ricerca del termine generale per ogni serie o periodica rispettiva. Sia nel caso più semplice i ^-4-1 ''■' ■■'. a- la periodica data. È facile a vedersi che la serie ad essa corrispondente si esprime dai termini 1 a Ot Oi ai — . — ' 5 "~" ) — ~ 5 j ctc. a «I fla fl3 «4 e quindi il termine r **'"'' sarà Or— I Li numeri «,, «a, ... Cr—i derivan gli uni dagli altri e dal primo a con semplicissima legge, ed è questa a, = a» -+- I V J -:- -; ; ; -■ : ■ «3 = aa^ a a. Ur. =: aUr. ar-3 laonde colle sostituzioni successive risulta : ar—2 = or—' •+■ ( r— a ) a^—^ (r-3){ r-4 ) ^,_5 2, 2, . ó o3a Di alcune proprietà ce. ove l'ultimo termine, per /• pari, è ; a, e per r dispari = i; e III coiisc"uenza a, — , =. a' ->!- { r — i ) a'— ^ '-^^'--^^ ^,-4 ( r-3 ) ( r-4 ) al- etc. C(jir ultimo termine =: i, se rè ])ari, = ^^ o, se r è dispari. Vogliasi ad esempio il sesto termine fra i valori approssimati di [/~5. Nel termine generale o r''""° ^^^^ , latto /•=6, «=4^ 45 -t- 4 . 43 H- 3 ■ 4 SI na 5 . 44 -,. 3 . 3 . 4' • 1202 5475' e a questo valore aggiunta la parte intera di [/ 5 , ossia 2 . uè viene pel termine domandato 12288 come r abbiam dato nel 5. prec, non computato fra i termini della serie il primo che è la sola parte intera della radice. ^. 12. Consideriamo la continua periodica {a, b), e indi- cate le successive approssimazioni al suo valore colla serie I a ai b hi ai b=i Or—i vedremo facilmente che si ha : Ui = ab -i- 1 G^ =: fi ( fi, -H I ) «3 = ( fi -H fi^ ) Z' -H I «4 =: fi ( fi3 -+- fi, -+- I ) fij =:( fi -I- fi^ -(- fi^ ) Z* -4- I fi(; z= fi ( fij -+- fi 3 -H fi, -+- I ) fi^ = ( fi -t- fi^ -4- fi^ -+- fi^ ) Z* • etc. bi ^ a Z'2 = a, hi = a^ bi = fl3 h,-, = a,. avvertendo però che nei valori dei b d' indice dispari, ossia in (juelli di bi^b^^ etc, deve permutarsi a in Z* e viceversa; laonde per r pari dovrà farsi tale permutazione in a,—^ a fine Del Prof. Giuseppe Bianchi 2,33 di ottenerne b^—i . Pertanto eseguite negli a e b\e sostituzioni successive coli' avvertenza dichiarata, ne risulterà ben tosto la legge semplice degli sviluppi, e si troverà, supposto r pari, a,-,=a-^r l\r ^[r—l ) a^r-a ) Z,i(r-2) -f- ^^-^)(^-'^) aì(r-\) Z*i(r-4) -H ('-3)(--4)(r-5) ^i(,_6) ^|(r-6) a a . o r ( 7--+-a ) 7 ■+- etc. . . . -\ —3 — - ab -ì- I i «,_, = «!('— 2) bi^ ■+- (r— 2) a-Ar-^) b'Ar-^) ^ ( r-3 ) ( r-4 ) ^i(,_6) Z ^^^ ^ l'espressione generica dei numeri triangolari 3, 6, io, i5, etc; poiché di fatto rispondono questi numeri al detto coefficiente, quando per r prendasi rispettivamente 4^ 6, 8, io, etc. E così •pure scorgesi esser l'ultimo termine di a, a, per r pari, =: ^ r . b. Preso poi r dispari, si trova a,_, = a'A'--*-') bl(^-n ■+- ( r— i ) aUr-n bU^-i) a + (r-^)(r-l)(r-5) ^,^^_,^ ^,^^_^^ _^ ^^^^ . . . _^ X ( ,_t. i ) ^ • «,_, = aà(r-i) ^i{r-i) _(_ (,._a) al(r-3) èi(^-3) -H ^'-^^^'-^) aUr-5) bìir-5) ^ . 2, , . • ^(.-4)(.-5)(.-6) ^i(r-7)H(r-7)-H etC. a . a Tomo XXHI. . " 3o 234 ^^ ALCUNE rnorRiETÀ ec. essendo '^~' J '^"*"' l'altra espressione dei numeri triangolari allorché per r, invece dei numeri pari 4-> *J ctc., si pigliano i dispari 5, 7, ctc. Ed ecco espresso anche per r dispari il termine irenerale richiesto ^^-^=^ . 5. i3. Sia domandato in esempio il termine sesto delie approssimazioni al valore di \/ ii. Posto r=b; fl=ij b = ^^ gli sviluppi di flr, e di «I del §. prec. nel caso di r pari por- iieranno — = 7^ — ~—yi — ~ = -7- ; valore clie, aggmnto alia parte intera di |/ 'ó cioè a 2, diviene =: ^, ed è l'ap- prossimazion ricercata e tale che il suo cpiadrato differisce in meno da 8 poco più di o, 0000 1 5. Vogliasi ora 1' approssima- zione settima dello stesso radicale. Fatto /■=7; a=i; l> = 4-> avremo dagli sviluppi del 5- piec. nel caso di r dispari .... — =z 73 — ^--h. 7 — 7 = — -'■, e airgumto 2, ne ricaviamo -— df, 4^ -t- 6 . 4 -+- IO . 4 -t- 4 204' Co 204 per l'approssimazione richiesta, e il cui quadrato differisce in più da 8 solamente di o, occoo3. Gli ottenuti due termini ])OSSono verificarsi, riducendo immediatamente a frazione or- dinaria la periodica esprimente 1/8 e riportata di sopra nel §. 9. Del resto i termini della serie — , — , etc. non sono al- tro che le successive frazioni continue e periodiche, ma par- ziali ossia finite, a due soli elementi; e perciò in rpielli sus- sistono le proprietà che in queste aljbiam dapprima rilevate dipendentemente dalle permutazioni di a e b. Quello però che vuoisi rimarcare soprattutto si è che in un termine f[ua- lunque -^^ della serie, se r è pari, il numerator è funzione alterna, rispetto ad a e h^ col denominatore rt,—^, e il deno- minatore r/,_i è funzion simmetrica degli stessi elementi e, h : che se r invece sia dispari, il numeratore b, , è la funzione simmetrica, e il denominatore «,_, è funzione alterna con b,. §. 14. Veniamo alla periodica infinita ( «, b^ e )^ e met- tiamone la serie delle approssimazioni successive al solito in- dicata con Del Prof. Giuseppe Bianchi 235 I bt K br—l a ' Ci «i ' ' Or— I Qui la legge dei b sarà : b, = a , colla permutazione al a" membro di a in b-, b^ = a^^ di fl in e ; bi ■=. a^^ di Z» in e; bi =^ az^ di a in Z*; br—i = Or— a di a in Z>, ovvero di a in e, oppure di b in e, secondo che ^ lascia in residuo di divisione rispettivamente a, ovvero o, oppure^i. E quanto agli a si trova: a, =: Z'fl -H I a^ = cUi •+■ a a% := aa^ -t- «i := aa^ -^ ba -\- i a^ :=: ba^ -Jr a^ = ba^ -H c^i -t- a «5 = ca4 -4-03 . = ca^ -t- aa^ -+- ba -i- i «6 ^ aas ■+■ 04 = o«5 H- bai •+- cai -+- a Nel valore di «r— i le quantità i, k, l saranno rispettivamente a, b, e, ovvero Z», e, a, oppure e, a, è, secondo che il residuo di ^ è ^ I , ovvero := a , oppure ^ o. E l' ultimo termine del valore medesimo sarà ba-+-i, ovvero a, secondo che ri- spettivamente sia r pari, ovvero dispari. Con tali avvertenze si avx'à il termine r"""" della serie :. flr—a la,— 3 ■+■ iar—s ■+■ h ar—i •¥• lar—^ -H etc. ,- . Or— I i a ,_i -t- A; a ,_4 -1- /or— 6 ■+" J<^r— 8 -+- etc. Può anche scriversi questo termine, e anzi, per la semplicità maggiore delle operazioni, giova scriverlo con ordine inverso; onde immediatamente si avrà per r dispari i>36 Di alcune proprietà ec. <7,_a I -t- /'« -t- 0«a ■+■ Cn^ -H hlf, ■+■ -+- . . . « ,_3 e per /■ pari o,_a a -t- ca, ■+■ bai -*- aas •+■ -i- . . . a^—ì senza che i[u\ alj])isognino altre avvertenze, succedendosi con ordine noto e costante i coefficienti degli a con indice si nel numeratore che nel denominatore. La principale proprietà || })oi della serie è quella medesima che ho indicata nel §. 7. , e vai a dire che un termine (qualunque ^=^ , dopo i due pri- | mi, ha tanto il numerator che il denominatore funzione sim- metrica di due fra gli elementi a, Z*, e; ed oltre a ciò il de- nominatore funzione alterna col numeratore br del termine seguente rispetto alla coppia di elementi, de' quali /a— , « funzione sinnnetrica. ^. IO. Introdotte nei calcoli del precedente 5- i4- ^^ (juantltà a, /?, j', ir del 5- o., ne risultano i valori degli a, e (juindi i termini della serie espressi con particolare semplicità. Imperocché si ha : (■/,=:« ; a^ = na ; a'^ ■= 7T"'a ; a:o=Jt"'^a; a^ = ca -h a ^j = n'a ■+- ci" arc ) ^6 = /J^Z/^ -+- /3 [ «-t-Z» ( a-+-c ) ] -+- a^ Z»^ = a'yc -¥- ay ( a-\-2.b ) -i- Z*^ Z's = 7V -H 7^ ( /J-HaZ» ) -+- 7 [ /?Z'^-h(Z/^-c ) ( a-Hc) ] b^ = ^^b^-^^'b ( na-hbc )-+-/?[« (2fl-i-7c) -t-Z'(a-Hc) (a-HZ*) ] -+■ a^ etc. Quindi osserviamo la legge dei termini —, -, —, etc. , che i denominatori procedono tutti colle potenze discendenti di a , e che i numeratori a tre a tre si svolgono, il primo colle po- tenze discendenti di /?, il secondo con quelle di a, il terzo con quelle di y. i38 Di alcune proprietà ec. 5. 16. Nelle serie delle approssimazioni ai valori delle periodiche inrinite di quattro e di un maggior numero di ele- menti a, b^ e, il etc. si procederebbe ad esprimerne il termine 7-"""% come abbiam fatto per la ( a, Z», 0), ripigliando cioè sem- ine in considerazione la serie -, —, —, etc. -^^ , osser- vando come corrispondano li b agli a, e di questi ultimi as- segnando in genere lo svolgimento, e la derivazion successiva dei^li imi dagli altri. Ma la lunghezza de' calcoli e le diflRcoltà di uno sviluppo esplicito e compiuto crescono a dismisura col numero degli elementi della periodica; laonde ci sembra che ini tale sviluppo espresso e definito non possa generalmente raggiungersi, avvegnacchè per ogni valore particolare di r non sia né lungo né arduo il calcolo di -^=^ . Sopra di ciò riflet- tiam finalmente che, se il termine /-"""o per le periodiche in- finite di uno e di due elementi è somministrato da tbrmole analoghe a quelle della potenza di un binomio, per le perio- diche di un maggior numero di elementi esso risulterà da sviluppi die rassomiglino a quelli della potenza di un polinomio. ORIGINE ARITMETICA DELLE SERIE INFINITE PIÙ ELEMENTARI E DEL BINOMIO NEWTONIANO MlMOl'tó DEL SOCIO PROFESSOR GIUSEPPE BIANCHI Ricevuta il i6 Novembre i844- 5- ^' Intendendo per serie infinita una quantità svilup- pata in una successione di altre, che diconsi termini, senza fine, il primo caso di un simile svolgimento che la scienza del calcolo ne porge, ossia la prima serie infinita nasce spon- tanea dalla divisione aritmetica nella riduzione di un rotto comune a frazion decimale, che risulti periodica. Ad esempio la frazione i convertita nella Hecimale o, 333 ... è una serie infinita. Come però tali serie aritmetiche sono particolari cor- rispondentemente alla frazione da cui nascono, così non par- lasi comunemente di esse dai matematici se, non dopo la di- visione algebraica, uscendone allora la prima serie genei'ale I — a-t-fl'' — a^-+- etc, dallo svolgimento per divisione di -^. Eppure non è questa la più semplice quantità che per divi- sione si svolga in una serie generale, bensì la frazione -, e a ridurvela non si richiede che di effettuare la divisione aritme- tica. Da essa poi derivano con facilità tutte le altre serie elementari che alla divisione si riferiscono, fino ad ottenerne Io sviluppo della potenza intera e positiva del binomio; né occorre per ciò alcun uso né cognizione della divisione alge- braica. Quindi è mio scopo nella presente INIemoria di richia- mare la teorica elementare delle serie infinite alla sua imme- diata sorgente, che è riposta nella natura stessa della istitu- 24c Origine arit_metica delle serie ec. zinne aritmetica, ossia nel sistema qualunque sia della nume- razione. Oltre il vantaggio di prender la cosa dal più semplice e naturale principio, quelli pure se ne avrà, e di qualche serie non considerata o sfuggita nelle comuni trattazioni dell' Algebra, e di aprire ed esercitare la mente fino dalle nozioni ed operazioni prime del calcolo all' evidenza e al rigore più esatto del raziocinio, ponendo attenzione ai residui e alla con- vergenza o divergenza delle serie, e infine di render più age- vole e familiare il passaggio del calcolo speciale de' numeri al generico delle lettere. Neil' analisi matematica le serie a me sembrano costituire una specie di anello che congiunge una parte di quella coli' altra ; e cosi le serie numeriche espresse generalmente offrono il legame dell' aritmetica parti- colare coli' algebra, come lo sviluppo generale del binomio di Newton serve quasi di passaggio a quelli delle quantità e funzioni trascendenti, e come la serie o il teorema di Taylor dall' introduzione al calcolo sublime apre l' ingresso a quest' ultimo, allo spirito cioè e ai metodi del calcolo differenziale e integrale, che è la parte somma dell'analisi. Benché poi sia tutto piano ed elementare l' oggetto che io qui mi propongo, non credo che lo si vorrà perciò dispregiare, dopo che Eulero al pi'oposito delle serie medesime ottenute per la divisione algebraica lasciò scritto ( Alg. T. I. pag. aSg. ) « Aussi a-t-on tire de ce foìids les iiiventlons les plus importaiites , et cette matiére inerite d' autant plus qu" oii V etudìe uvee tonte V at- tentìon possìhle. » §. 2. Considero di tutte le frazioni decimali periodiche la semplicissima e, i 1 1 1 1 . . . . all' infinito, che nasce dalla or- dinarla i. Se un altro qualunque numero intero a sia risguar- dato come il maggiore de' numeri semplici, o di una sola cifra, per un sistema di numerazione dlflerente dal decadico, ne risulterà del nari la frazione - = o, 1 1 ii i all'infinito; u ma In questo caso 11 valor di classe o di posto per ogni numero semplice non procederà di dieci in dieci, sebbene di a -+- i Del Prof. Giuseppe Bianchi in fl-t-i, ossia ogni carattere acquisterà consecutivamente nei posti da sinistra a destra un valore a -f- i volte minore che nell'ultimo posto precedente. Dunque sarà in generale I T r 1 ,,, . 2 . — zz -+- , -t- , -t- etc. ali innnito e arrestandoci colla divisione aritmetica al termine r^'''"° della serie II I I (') <2-Hi {a-i-if («-♦-ir I esattamente. a( a-t- I )'—^ Questa serie, il cui ultimo termine è il residuo aritmetico della divisione, sussiste in generale, ha la massima semplicità come la periodica decimale o, imi , di cui essa è la trasfor- mata; e da essa, qual da sorgente riposta nella generale isti- tuzione o rappresentanza de' numeri interi, scaturiscono tutte le serie elementari prodotte dalla divisione. ^. 3. Dall' essere - =o, imi...., ossia a = , "^ a o, mi j . . .' ricaviamo tosto la conseguenza che un qualunque numero intero può esprimersi hrevemente per la sola unità, sottintesa però la condizione indispensabile che nel denominatore di tal espressione il valore dell' unità, dopo la virgola e da sinistra a destra, diviene successivamente a -hi volte minore, in ri- guardo al posto che immediatamente lo precede. Ed osserviamo che la forinola (r) vale ancora, se a sia una frazione ordinaria qualunque, coli' avvertenza nondimeno che in tal caso per nuova unità decimale, ossia per l'elemento del periodo nella o, imi.... prendasi il numeratore di a, e il denominatore di a indicando allora la cifra più grande nella corrispondente istituzion aritmetica. - t- — t -*- ir — - ~ i^ì §. 4- Per un altro numero m avendosi parimente ^, poniamo in questa m — i in luogo di ?«, e si avrà: i.<-) Tomo XXIII. 3i 2.^2. Origine ahitjietica delle serie ec. I — ^^ a ^^ — 1 ^^ . . . . -T- ; T—, • ■ Vi — i m m m' (m — i)m ^ Fatto quindi ?n = - , e divisa l'equazione per a, ne risulta: (a) -^ 3=n-fl-t-fl^-Hfl^-t- -+- — V / I — a 1- e cangiato a lu — a : .«3 (3) — ^ = I — fl-f-«^ — ( Le (ìl), (3) sono le due note serie somministrate dalla divi- siono algcbraica e che servon di londamento alle altre. Ci siamo arrestati in ciascuna col residuo al termine r*^ ""°, e nella (3) il segno -)- di tal termine corrisponde ad r dispari, il — ad /■ pari. Come dalla (i) abbiam ottenuto le (a), (3), cosi dalla (2) inversamente ricavasi la (i). Imperocché presa la = I -+- /;z -H «2^ -+- ?n* -*-....-+- • , I — m 1 — !n e fatto in essa jìi = , si ha : i-f-a I i-na I I T I I e (I I uindi ove l'ultimo termine dello sviluppo, stante 1' om missione del primo, è divenuto T /■ — i "'"•">. Similmente avendosi per la (3) . m'-' I — m-h m' — W -4- =t •— - , I , „, , ,„2 „,3 e tatto in questa in = - ., si ottiene dividendo l'equazione per a: I I (4) ,7:;rr - « ~ <1^ "^ a* a* ""■"■■ ~ "a— ("-hi) Alle quali serie fondamentali aggiungiamo pur quella, che viene tosto dalla (i), cioè ,-. I I I I (5) =—-»-—;- 3 "^ (a— i)a'-' Del Prof. Giuseppe Bianchi Le (i), (4) ci rappresentan dunque le (a), (3); ma ripetiamo la (i) aver sopra tutte il vantaggio di essere il principio delle altre, e di uscir essa immediatamente dall' espressione più semplice in tutta la numerazione, qual è la peiiodica o, 1 1 1 1 1 .... all' infinito. Eulero, Brunacci e i trattatisti in genere non pre- sentano che le (a), (3) come risultamento della divisione al- gebraica, dalla quale, ordinando inversamente il divisore, ven- gono altresì le (4) e (5) di forma e sviluppo apparentemente diverse dalle due prime. §. 5. Una comune frazione coli' unità per numeratore si svolge in una serie infinita, li cui termini sono le successive potenze del dato denominatore, tanto accresciuto che dimi- nuito di r. Posto nella (i) 0 = 9, a = 8, etc. , ne viene ri- spettivamente .' ^ \—f ;, I = Ili 10 jo* IO* I 9 ■ ■ ■ IO'-' ^•9 ;■ , • ".'■'" [::'. I = 9 9" 9^ '■ ■ ' 1 ;;,'Ti /;. .•^-■: :■ . l'i 8 •9 —.8 ijTR '.P. et ;c. ..| VJ.ì lii •ìììZZiì^ E invece nella (4) posto a-f-r^g, e -+-1=: 8, etc. si ha cor- rispondentemente i.:-;ì;( etc. I ■9 ■^•'n;^:--) j r 7'- bella e generale proprietà, che nella duplice serie per ogni frazione offre la sola differenza dei segni dall'una all'altra serie. §. 6. Riuniamo in un prospetto le cinque serie semplici ottenute: ^ _..^ ,,^;„,, ^,.^^ ;^,, , ^. ,^ - ^.-^, ,^^. ,_. ^^.^ j. ^i^»^ .,, ■ ! !;v.'- n! ■,!,) ■' _ •_ (f ; .; -jt; ;■> 'Il ijiq Sllt :^;:r;j;) iti ,.; j-;;;^; i .^'r, f:.;ti_.: >, ;Ó ri in.'.' ^44 Origine aritmetica delle serie ec. U) I 1-i-a t I I I +-I («-HI)" («-»-") -(-.... a(u-t-i)'-' I I I -1- I a u a' a'~ t"-l-i) ^a^- i-t-a I -)- « -1- n" -+- fi' -)- <2'-' -\ 1 — a t I I mi. .U < — ^. I a a a' ' («- )a'- Di ffueste (/i) la prima serie, o la fondamentale, è sempre convergente^ sono la 2,''. e la 5^. convergenti per a intero, e divergenti per a l'razionario ; all' opposto la .l*. e la 4"'- sono convergenti per a iVazionario, e divergenti per a numero in- tero. Quindi la prima, oltre il pregio della origin più semplice, ha pur ([nello sopra le altre di approssimarsi per ogni valore di a colla somma finita de' suoi termini alla quantità da cui si svolge. E cpii rillettiamo che le precedenti eguaglianze (J) sussiston del pari esattamente in generale, ossia per a inde- terminato, e tanto se gli sviluppi si considerino all' infinito quanto se, limitata la serie, tengasi conto del residuo. Ma in riguai'do ai valori speciali e determinati di a., ossia in parti- colare, esse non trovansi verificate tutte né sempre, se non a serie finita e a residuo calcolato. Imperocché pei valori di fl, che rendono una delle dette serie divergente, la serie stessa pili che prolungasi, anziché uguagliarsi alla frazione da cui nasce, maggiormente all' opposto se ne allontana, e quindi la divisione che la fo nascere sarebhe viziata in radice e col progresso accumulerebbe l'errore all'infinito, qualora non si avesse in considerazione, al di là pure dell' infinita operazione, il residuo. Ciò si vede cliiaro nella 4"- delle (J), ove pongasi a = a; poiché dallo sviluppo all'infinito, e senza il residuo, se ne ha — i=-hco. Al qual proposito panni non giusta la ragione addotta da Eulero (Alg. T. I. pag. aa8. ) che protraen- dosi la divisione all'infinito, la questione più non si riferisce •r Djel Prof. Giuseppe Bianchi 245 alla frazione primitiva. E neppur giusta, comecché spiritosa, direi r altra spiegazione dell' Eulero medesimo al caso della serie 3*. (A)., ove facciasi a=i, risultandone all' infinito i=i — 1-4-1 — 1-+- ; perocché dal non arrestarsi la se- rie , e dall' esserne la somma de' termini alternativamente -H I e o, non viene legittima o provata la conseguenza che il vero valore starà nel mezzo di questi limiti costanti d' er- rore; costanza di limiti che d'altronde definisce in genere le serie parallele. Quello che a mio avviso giustifica e 1' opera- zione, considerata pure all' infinito, e l'eguaglianza dello svi- Uippo alla frazion primitiva, è sempre il riflesso al residuo, che nelle serie convergenti protratte all' infinito risulta nullo, è costante, né perciò trascurabile, nelle parallele, e cresce nelle divergenti continuamente di valore coli' operazione dello sviluppo. §. 7. Dal confronto della seconda [yl) colla quarta viene di conseguenza (B) ....--- H 5 — etc. ± a u'' ' a^ (a-t-i) a'— '-a , a'~' . . , . _ :=i — a-i-a^ — a' -+- etc. ± , • ' a-l-i curiosa proprietà generale de' numeri, che sembra eguagliare le potenze di un rotto a quelle del suo intero denominatore. Il paradosso appare anche più manifesto, se 1' una e 1' altra serie della {B) si consideri all' infinito, poiché in tal caso una serie infinita convergente eguaglierebbe una divergente, sia a numero intero ó frazionario, e comecché siano le due serie diseguali fino dal primo termine. Ma cessa qualunque mara- viglia e apparente assurdità, ponendo attenzione ai residui, e per essi 1' eguaglianza delle due serie, anche all' infinito , sussiste rigorosamente. Facciasi in esempio « = a, e si avrà L _ i. H- 4-— .... all'inf. =i_a-H4 — 8-1- all' inf. Dopo un qualunque numero di termini^ s' introducano i resti, e per esempio dopo tre termini da una. parte e quattro dall' altra si avrà i'ab ijuniq rd omelboiu a46 Origine aritmetica delle serie ec. Ili < o i6 ossia -r%- = i . 2 4 d 5. 8. Ricaviamo il valore di — dalle 1". e 2". (.^), ed eeuaeliando 1' uno all' altro ne troveremo : (0 I 1 I i' • • • ■ (a_|_i)a' ove il residuo di qua e di là è divenuto il termine r — i """°. Dalla (C) si esprimi; un' altra singolare proprietà di un qua- lunque numero a, ed abbiani qui una serie a segni tutti po- sitivi cangiata in una serie a segni alternati. Sia in esempio a = 7, e fermiamoci in ambe le serie al terzo termine, com- preso il residuo ( potendo però prendersi r diverso dall' una all'altra serie), onde avremo Eseguite le riduzioni si trova la qual eguaglianza si verifica nel prodotto a croce 9671731157401Ò. Per altro esempio si ponga a=i2.^ e ne verrà IT I II I I ^ 7 . 83 - I I 8 I •7^ si trova 2097163 I [7i|4o5iii _ 823543 ~ 46118408 ' 12^ 12.^ II . 125 — 11^ 1,3 che si riduce alla seguente 3583 1808 _ 19487171 4729798656 2,572306572 e ne risulta il prodotto 92170395^0504^176 di qua e di là eguale nei numeratori. §. 9. Ora data una qualunque frazione ^ , se domandasi di svolgerla in serie infinita e convergente, ciò si ottien tosto mediante la prima delle (.7), poiché sarà .'ir. Del Pkof. Giuseppe Bianchi 247 (D) .... - = p [ -i- ^ ^_i-p + ^_L-5 -4- ^ qig+:y-' ] ' e altri simili sviluiopi, ma non tutti convergenti, ne porgereb- bero le altre (yl). Allo svolgimento di una frazione in serie non è quindi necessario di spezzar il denominatore in due parti, come praticano Eulero, Brunacci e gli Algebristi, otte- nendosi immediatamente uno sviluppo convergente dalla stessa pz'oposta - . Però è assai utile usar il detto spezzamento in vista delle infinite serie diverse in cui può svolgersi per tal modo la stessa — . Facciasi dunque q = ?n-i-n, onde sarà: P m-t-n ava I. m \-i-n m {E) m \_ in ra" m^ \ "^ / i -t- n J 771 = ^x n. I -H m . e — ft : / 72 TiL n ri^ n^ \n J i-\-m \ n A meno che non sia m=n., l'una di queste due serie o l'altra è necessariamente convergente, e quindi atta a rappresentar prossimamente, quando si ommette il residuo, la data frazione ^ . E nel caso di m=n, essendo la serie infinita col residuo I — i-t-i — i-Hetc. = i, ne verrà sempre £■ = ^ ■£.. Tutti -^ ■ •■ q ara zn i modi pertanto di spezzamento di q in due parti m ed ?i porgeranno altrettante serie che rappresentan ed eguagliano la data £■ . £i48 Origine aritmetica delle serie ec. numerazione con q cifre significative per gl'interi semplici a cominciar da i e terminare in q^ e che ciascuna cifra per gì' interi composti cresce da destra a sinistra di un valore ad ogni passaggio «/-l-i volte maggiore. Sotto questo aspetto una qualunque frazione è una periodica, nella quale il periodo, numerato in se col valor decimale ordinario, va tuttavia di- minuendo verso la destra in ragione di «/-Hi . Ad esempio la o frazione — '■ si potrà scrivere o, 827827827 . . . . , ma colla di- stinzion precedente sopra il valor del periodo al passaggio di una in altra classe. E naturale del resto che' l'idea fondamen- tale o primitiva delle frazioni e serie infinite aintmeticamente venga dalle frazioni periodiche, per le (piali non si richiede alcuna idea di divisione algehraica. 5. io. Sia nella prima (£) p-=i], ni-^n = a-+-i; e fatto successivamente ìn = a — I, onde abhiasi in coi'rispondenza . . . . 7Z = 2 = a — 2 =3 = fl — 3 = 4 ne risultano le serie ■■b-¥- 1 I a-+-i I 2 a—I (a—if 3 a— 2, (a—^r I 4 (a-i)3 (a— 2)3 a—S (a—if _1_ — (^+')° (h-i-iV ii'-hiy (a—i)'-'{a-t-i) (a— 2)'--(n-*-i) 4'- (a — d)'-'(a-l-i) (/;-+-!)'— (a—I/)'- (a—b)^ (a— //)'-' (a-*-i) ' r ultima delle quali è una serie generale fra due numeri qua- lunque a e b. Per esempio la frazione — possiam esprimerla in infiniti modi come segue : Del Prof. Giuseppe Bianchi ì 249 I I I ^ I • : •2 r.hr 8 ~ 8» "*" 83 J_ 13 2* 8'-'. 9 7 7* 7* I 3 3» 7'-'-9 6 6» ■*" 6' ~ ■ 6'-'. 9 ' if'oooa e cosi via discorrendo. §. II. Nella stessa prima [E) , posto — n in luogo di n ,• facciasi /»= 1 , 7n — n = a; e successivamente i-- -Uo.. ..,4 7?2 =:«-+- a, onde in corrispondenza sia' 'n = à = OH- 3 =3 =: a-{-b Da ciò risulta : — b. I a I a '■\rXH\-'.-ì*0 311 08 a-f-2 (a-t-2)* (a-H2)' 3 3* (a-+-d)* "^ (a-t-3)' ' -J* (a-(-a)'— ' a I ■(•i I-l-À 1-f-U -Vl-t-o> ^,-1 '> bu (éfj;5(io1 ÌT ~ a-^b (a-t-i)* (a-t-i)' (a-t-i)'-'« ^ ''■ h'-' a a-t-i (a-t-ij^ (a-+-i)' '* (o-t-i)'— 'a I _ (?'-Hl)° __ (t-t-1)' _^ (t-(-l)' _ _^ (i-f-l)'-' j a+i ~ a— i (a—ly" (a— i)' ~ (a— i)'— ' (a-t-i) T _ (a—by _ (a— ;.)■ (g— ;» )' _ _^ (a_;,)'-' "^ j-i-o ~ h-\-i (i-t-if "^ (i-t-i)' ~(ÌM-i)'-'(i-t-a) I _ (a+^-)° (a-^-hy (flH-Jf (a-t-t)---' '" i_a — i-Hi "*" (J-(-if "^ (4^-1)3"*" "•"(i-t-i)'— (I— a) Queste serie (F) altro non sono che le prime quattro [A), da cui esse derivano mediante le [E), ma, in cei'ta guisa genera- lizzate da quelle, a motivo die includono un altro qualunque numero b e ne mostrano la relazione con a. Tutte poi discen- dono dalla sola prima delle [A)-, e aritmeticamente dalla o, II 1 1 1 nel sistema generale della numerazione intera. Possiamo dare alle (F) anche quest'altra forma: " "" ' {a-^b) '-' = a{ {a-i-b) '-' -t- b{a-hb) '-^ '< '^'^) ■ ; ■+- b''{a-\-b) ---4 -4-r ] -f- b'-' (a—b) ^— = (a-H I ) [ {a—b) ^-' — {b-i- 1) {a—b) '-' \ {b-^i)^-' = {i^a)[(b-^i)^-- — {a—b){b-hi)^-' ì ■+- [a—bf (^H-i) '-"y— ] ± [a—b) '-' ■^—^ (Z,^_ I ) r_i _ ( I _^) [[b-^i) '-- -4- {a-^b) (Z'-H I ) ^-^ " H- [a-^hy {h-^i)'--^ -+. ] -H [a-^b)'-' Abbiamo già nella prima e seconda [G) il più naturale svi- luppo della potenza positiva ed intera di a-\-b e di a b secondo le potenze discendenti e intere del rispettivo binomio. E cosi pure dalla 3^. e 4^. (G), eguagliando i due valori di (è-Hi) '^— ', ricaviamo una relazione o proprietà singolare fra la serie delle potenze intere di a-^-b e quelle delle potenze simili di a — b . 5- i4- Per altri due numeri m, u trattiamo la 4*. delle (F), che diviene ; j;,j,;j a-Si Origine aritmetica delle serie ce. I (m-t-ri)" (^m-i-nY (nt-t-n)^ (m-i-n)'—' 111 essa poniamo ^^^^ in luoiro-dì- ?«« e poiché i — ^^^' = - , i- - III o -^:, -.!-'> 1 - Ili ni si avrà , , „- ■ - 1 ' , ■. («4-1 I ("-*-! 1 |n+i ) ( n-t-i 1 m =1 \ m/ •+■ \ m / ■+■ \ m / -t-....-t-w. \ »i/ , «-+-1 -: (n-Hi)" ■ - (ìt-i-i)^ - -' :- (fj-4-1)'— ' l'ultimo termine rappresentando sempre il residno completo della divisione aritiiietica dopo il fermine r — i """o elei (jno- ziente, o della serie. Formando colF etfettiva moltiplicazione le crescenti potenze di 7z-+-i — -, presa come binomio di li-i-i e di - , e avuto riguardo al numero /• dei termini nel ■ m ° precedente' sviluppo di m, facilmente si trova ITT\ _/ ^ ' (r— i)(r— 2) I (//) _. ^ v_, . . m = (r_i) . _ ~ . -^-^^ equazione identica fra li due numeri f[ualunque /?2 ed n. Qui la serie necessariamente finisce, ove incontrasi nel coefficiente r r-., ma se r, ossia il numero de' termini prefisso e conside- rato, sia grandissimo, la serie stessa può risguardarsi protratta air indefinito. Supponiam in esempio di arrestarci al 4"- termine della divisione; ossia fatto 7-=5, prendiamo 7;z=7, ii=i ed avremo A g 4 I 27* 6i4656 7 . 8^808 7=7— ^7^ "*" yi . 43" "" 73T4? "^ 75 .44 ~ 87808 ~" 87008 ■ In questo esempio, come in quello del $. 12., osserviamo che la rispettiva serie, quantunque convergente, non avvici- nasi con pochi termini al suo valor esatto, se non tengasi conto del residuo; il che avvien sempre quando, come in questi esenqii, il primo termine risulta piccolo e il residuo piuttosto grande. Quindi a valersi utilmente delle serie infinite . ■ Del Pjiof. Giuseppe Bianchi ' 2.53 per approssimazione, trascurandone cioè il residuo, è duopo innanzi riconoscere e stabilire in quelle il grado della con- vergenza. 5- i5- Moltiplichiamo l'efjuazionc (//) per («-f-i)'— ■ e di- vidiamola per m : ne viene , . ,, , , ,(«-4-0'-=' (r— i)(r— 2)(«-Hi)'-5 / I V-" Fatto quivi fi-{-i=a; - = l/; r — i:=:c, si ha: '-)-») a a . a ^ ' ossia J'IIS -UJ) (/)•. . . (n^l) ''z=a'-i.ca'-'b-^ ^J^^ a "-' l' -t- " ^''~ ' ' j^''~^^ a "-3 i' -i- .... che è lo sviluppo del binomio newtoniano, il quale perciò esso ' pure scaturisce dai principi ^ dalle serie aritmetiche sovra- esposte. Riflettiamo di qui che la potenza e del binomio rap- presenta il residuo della divisione aritmetica effettuata nella frazione — -, dipendentemente dalla periodica infinita -; il primo termine a" dello sviluppo rappresentando la frazione medesima — - , e gli altri termini costituendo il quoziente di tale frazione svolto in serie all' indefinito. Però è da notare che il grado e della potenza è nel nostro caso lui numero intero e positivo necessariamente, indicando esso il numero qualsivoglia dei termini della serie in cui è svolta la — ^ . Quindi per la semplice divisione aritmetica lo sviluppo del binomio non sarebbe propriamente generale, né sarebbe di- mostrato sussistere anche per le potenze frazionarie e neo^a- tive, e solo procederebbe all'infinito supponendo c^^cc. Ma quivi appunto piacerebbemi di ravvisare il confine segnato dall'analisi al passaggio dall'aritmetica jiarticolare alla gene- rale, non in quanto ai segni dei numeri e delle operazioni , bensì in riguardo allo spirito de' principi e de' ragionamenti. •2.5^ Origine aritmetica delle serie ec. 5. 16. Ili altro modo e più diretto può ricavarsi lo svi- luppo del binomio newtoniano; ed anzi esso deriva^ immedia- tamente per successive sostituzioni ma con ordine inverso di termini^ dalla nostra serie fondamentale - rappresentata nella prima delle (G) ossia delle [F). Consideriamo infatti gli svol- gimenti successivi che dal primo discendono e sussiston con esso: (a-f-i) '-■ = a [ (a-^h) '-=■ -H h (a-^h) '-' -1- i^* {a-^-b) '-^ ^ ] ^ i '-' (a-t-b) '-^ = a [ (a^b) '-^ ■+■ b (a-i-b) '-4 -h J» (a-i-b) ■■-= -f. ] -+- i '-» (a-^-b)'-^ =. a[{a-i-b)'-^ -t- b (a^b)'-^ -t- b^ (a-^by-6 ^ ]-4- J'-' (a-t-by-'i = a[ia-^by-^ ^ b (an-by-^ -H i^(aH-t)'-7 -t- ] -t- J'-4 etc. Fatte nel primo sviluppo le sostituzioni dei seguenti si ha : (rtH-7')'-' zra" [ (a-^b)'-^ -t- b (a-^-b)'-^ -t- b^ (a-t-by-'^ ^ ]^ ab'-"" ^b'-' -t- a'b [ (a+i) '-4 -4- b (a-4-J) '-^ ■+■ i^ (a-i-h) '-<^ -t- ] -t- ab '-'^ ■+■ aH'' [ (<2+i) '-5 -I- b (a+i) '-6 -H t^ (a^_i) '-7 .<_ ] -f- ai ■•-» -t- etc. E siccome nel primo sviluppo di [a-^hy~^ il numero de' ter- mini moltiplicati per a è r — i, così raccogliendo i termini si- mili del secondo membro nell'ultima equazione si avrà: (oH-t) '- ' = a= [ (a+b) '-3 -H 2i {a^b) '-+ ^ 3/-^((7-<-J)'-5 + ]^.(r— i)aJ'-^-f. J'-'. Proseguendo le sostituzioni ed osservando che il numero de' termini è ridotto nel secondo sviluppo ad r — i2, si vedrà che il coefficiente di a^ b'—^ , ossia del termine terz' ultimo , è O • T ('■ — 0('' 2) = i-+-2-t-o-H -\- ì- — -2 e qumdi = ; e jioscia, colle simili operazioni e avvertenze, che quello del termine quart' ultimo è '"~ '"~° ^ ^ , e cosi di seguito. Posto dunque /• — i=c, abbiamo (a^b)' = ^ cic-i)(c-2) ^3j.-3_^ "IflZlla^'b'-'^cab'—^b', e già per la simmetria dei termini equidistanti dal mezzo dello sviluppo è inditierente che sia riconosciuta e dimostrata la prima o la seconda metà del medesimo. Del Prof. Giuseppe Bianchi a55 Lo sviluppo infine di {a — b)", che si ha tosto dal prece- dente ponendovi — b in luogo di i, si avrebbe pure trattando la seconda (G) come abbiam trattata la prima. Pertanto dalla piccola Memoria, che ho data innanzi sopra le frazioni con- tinue periodiche, e da questa che le sorge quasi gemella in- torno alla decimale periodica più semplice o, imi..., chiaro apparisce che sì le une come le altre periodiche godono di utili e importanti proprietà, che ne rendon l'uso nel calcolo assai pregevole. , - -i ,f..- M- ,< ■ * r •' ; i,,. . -1, :■■,:■;•■:;:.',: li l-:o'.. -cr^^^^^" 1 •: il . ... r'.:<'ì ; .. -: "-"),i .'.V, .'4, (!j'i .■ ••'ir.'; ■■. f;--t^i] ui •.".■'i*. •■ ' ,i ;!'. .( 2.56 DEL PROFESSORE DON LIBERATO BACCELLI FU SOCIO ATTUALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE SOPRA UNA MACCHINA DI DIFFRAZIONE DA LUI INVENTATA Ricevuta a dì 16 Novembre i844' Oono ormai sedici anni da che vennero con delicate sperienze e calcoli dal Yonng, e soprattutto dal Fresnel, determinati esat- tamente i maravigliosi fenomeni della luce difiratta, e col si- stema delle vibrazioni plausibilmente spiegati. Ciò nulla ostante la cognizione la quale si ha di loro, non è divenuta ancora di c|uella popolarità, che pur meritano la loro bellezza e la loro importanza. Ne' Corsi elementari di Fisica o nulla ne è detto, o solo se ne ricordano i primi fatti notati dal Grimaldi e dal Newton; oppure allorché se ne parli estesamente, non altro si fa in generale, che riportare le esperienze, i calcoli e le spiegazioni del Fresnel colle stessissime sue parole. Il che se da vina parte lascia in forse che quei fatti siano stati intesi, prova dall' altra che non sono stati osservati. E l'osservarli bene, affine di conoscerne la composizione e la misura, non è cosa da tutti senza un appropriato strumento. (•) Il Professor Baccelli lasciò due scritti su questo argomento, ma il primo è quasi tutto rifuso nel secondo, e perciò si stampa soltanto questo, avendo però le- vata r introduzione ed alcuni 55- dal primo che sonosi inseriti in questo secondo ; ed essendosi fatte alcune lievi mutazioni di parole nel testo di questo secondo scritto, che, come io posso assicurare, egli aveva destinato di pubhlicare nelle Me- morie della Società Italiana. Antonio Lomeardi Socio e Segretario. Del Prof. D. Liberato Baccelli aSj Le condizioni a ciò richieste non sono di tal natura che si possano agevohnente ottenere. La camera ove i fenomeni hanno a prodursi, deve essere all' intutto oscura. Ad un pic- ciol foro della imposta della finestra dee formarsi un punto lucido, dal quale emani un sottil cono orizzontale di luce ; e questo ha da tenersi immobile mercè dell' Eliostata. Gli og- getti verranno posti nell'asse del cono, ora più ora meno vi- cini al vertice del cono medesimo, e nota con tutta l'esattezza dovrà esserne la posizione. Nell'asse stesso dietro agli oggetti, in ogni posizione di questi è da trovarsi con lenti microsco- piclie, il vero sito nel quale s' incontrano e s'incrociano i raggi del cono lucido dopo aver oltrepassato gli orli, i fori, le fen- diture degli oggetti medesimi. La qual cosa quanto sia lunga e difficile opera, quegli lo sa che siasi provato una volta ad eseguire siffatte sperienze. Rinvenuto che siasi il luogo delle apparenze ottiche, resta a conoscerne la misura e la compo- sizione. E questa ancora è malagevole impresa con mezzi, i quali non godano stabilità. 11 posseder pertanto uno strumento che sia pronto sempre all'uopo, che risparmii qualunque altro tentativo, e rènda sicuro il ritrovamento delle apparenze ot- tiche, non può tornare fuorciiò utile alla scienza, né senza gradimento ai curiosi delle sue maraviglie. '.Wi ; ^.i,^, Nella seduta della Sezione di Scienze dell' Accademia Reale di Scienze Lettere ed Arti di Modena tenutasi nel Ga- binetto Fisico della Univei'sità nel giorno ly di Luglio dell' anno i834 mostrai fra le altre cose una Macchina, già quattro anni addietro da me immaginata, all' oggetto di osservare e studiare i suddetti mirabili fenomeni della Diffrazione della luce. L'annunzio che diedero i pubblici fogli (i) di questa Macchina di Diffrazione, e l' esserne già state a sua somiglianza costrutte alcune in Firenze dal Prof Amici (a), hanno destato (i) Messaggere Modenese N. 65, i6 Agosto 1834. ^oce della Verità 1884. (a) Il Baccelli qui appose la Nota seguente : « Trovandosi il Prof. Amici in Modena sul principio di questo mese di Novembie, seppi da lui stesso averne eli ToTiio XX HI. 33 ° 258 INIemoria sopra una Macchina ec. in molti il desiderio di conoscerla, a segno che da più parti venni insinuato a divulgarne la descrizione. Quantunque non ini trovassi allora per anco in grado di metterla a luce in quello stato, che io bramava, corredata cioè di figure, che rappresentassero alcuni particolari fenomeni, cui non sarebbe possibile esprimere a parole, non di meno scorgendo 1' im- portanza che alla detta descrizione si è voluto dare dalle colte e gentili persone, e 1' utilità che possono aspettarne i colti^ vatori delle arti per osservare fenomeni difficilissimi a farsi comparire senza un acconcio strumento, io mi diedi vinto al cortese altrui eccitamento. E per procedere con ordine in questa nuova Dichiarazione della Macchina, mi farò ad esporre: 1°. qnal fosse la Macchina in principio da me ideata, a", le aggiunte e le modificazioni ad essa da me compartite in se- Efuito. 3". l'uso che se n'abbia a fare a fine di osservare e misurare ad uno ad uno tutti i fenomeni della Diflrazione, e di renderli eziandio più sorprendenti che non siano in loro stessi. I. Come la Macchina fosse da principio ideata. — La Macchina prima di Diffrazione congegnata da me, è di una facile costruzione. Consiste in un sistema di tubi di cartone annestati gli uni negli altri, come negli ordinarj cannocchiali. Quattro sono i tubi, e di tali dimensioni, che, ove siano esti-atti fuori, formano un tubo della lunghezza di piedi 3 i. Il primo tubo, r esterno, è fermato allo snodamento di un fulcro, a fine di poter dirigere l' asse del sistema al centro del Sole , od al centro della immagine solare riflessa da uno specchio piano. Alla estremità di c[uesto tubo, quella cioè alla quale ne' comuni cannocchiali viene adattata la lente obbiettiva, è applicata invece un' acuta lente oculare. L'estremità poi esterna del quarto ed ultimo tubo, quella cioè che ne' cannocchiali di iiià fatte costruire due simili a quella, che a lui mostrai quattro anni sono. In questa occasione ben volentieri mi sono prestato a mostrargli le aggiunte, che alla medesima ho fatte, e a dichiarargli le maniere di preparare alcuni oggetti da osser- varsi. Nello sue mani può certamente questa mia Macchina ricevere la perfezione, di cui è suscettibile. » Del Prof. D. Liberato Baccelli aSg porta l'oculare, va fornita di uno scatolino. In questo scato- lino può collocarsi una lastra di metallo avente nel mezzo un picciol foro con lente convessa di coi'tissimo fuoco, ovvero una lastra con fori o fessure più o meno anguste senza lenti, oppure con lenti semi -cilindriche. L' officio delle accennate lastre è quello di fermare alla estremità del tubo indiritto al sole i punti o le strisce della luce, la quale si diffonde per entro al tubo con l'aggi divergenti. Le interne estremità del secondo e terzo tubo sono altresì provvedute per ciascuna di uno scatolino con suo coperchio a strofinamento, foi'ato nel mezzo a guisa di anello. Gli scatolini di questi due tubi sono eguali, e servono a contenere, a conosciuta distanza dalla ocu- lare e dal punto raggiante, de' prismi o delle lenti, o si bene degli oggetti di piccolissime dimensioni affidati ad anelli, od a cerchj o lamine di vetro. Laonde posto che venga qualcuno di essi oceetti in uno desìi scatolini, e diretto che sia il tubo al sole, qualora si metta l' occhio entro al tubo medesimo, si affacciano subito, e ingrandite, le frange, nelle quali si scom- pone e si risparge la luce nell' attraversare che fa l' oggetto , o nel raderne il contorno. Oltre a che spingendo in dentro od in fuori il tubo portante l'oggetto, si gode del piacevole spet- tacolo di vedere colla pili grande comodità le variazioni, cui soggiaciono le frange al variare della distanza dell' oggetto dalla oculare, e dal punto i-aggiante. Tale è in breve il primo apparecchio, che io mi procacciai da me stesso all'uopo di osservare i fenomeni della Diffrazione. Del rimanente il numero dei tubi può essere più di quattro: ma in questo caso costruendoli, come io feci, di cartone, è ben difficile che, tratti fuori l'un dall'altro, si conservino a dovere centreggiati. II. Aggiunte e modificazioni. — Molte sono le aggiunte, e le modificazioni, che ho di poi fatte a questa Macchina. Quella che ora si è costrutta pel Gabinetto fisico della Uni- versità ( di Modena ) , è un sistema di sette tubi di metallo, che, tratti fuori l'un dall'altro fin dove si può, compongono aGo Memoria sopra una Macchina ec. un tulio l)en diritto della lungliezza di sei piedi. Ogni tubo dividasi in pollici e linee, e la scala d' ognuno ha comincia- mento dalla estremità esterna. Il primo tubo, che è l'esterno, hmgo pollici quattordici, è stabilmente fermato ad un regolo quadrato di ottone, che di lunghezza ha piedi tre, partito già in pollici e linee. Questo regolo è impiantato con viti nel noto congegno meccanico, inediante il quale ottengono dire- zione e stabilità i telescopi in qual pur siasi punto di un piano verticale, e in qualunque azzimutto. Un piedistallo di marmo sorregge il tutto. Il regolo ha nel mezzo della total sua lunghezza un cavo rettangolare, entro il quale una riga dentata, minore per metà della lunghezza del regolo, cammina scorrevole pel girare di un rocchetto. Alla riga dentata è fer- mata con anello Testremità del secondo tubo; per il che vol- gendo il rocchetto per un verso, questo secondo tubo insìem con quelli, cui rinserra, viene cavato fuori dal primo tubo, nel quale colla stessa facilità è fatto rientrare volgendo il roc- chetto in un senso opposto. Non cosi addiviene degli altri tubi, poicliè questi si estraggono fuori a mano, e a mano pure s' introducono nel secondo tubo, più o meno quanto il bisogno lo richiegga. Alla interna estremità dei tubi secondo, terzo, quarto e quinto sono applicati altrettanti scatolini di eguale diametro destinati a contenere gli oggetti, che dalla luce saranno attraversati. Il secondo tubo eccede la lunghezza del primo di un i pollice in circa; cosicché quando il secondo è nascosto entro il primo tubo, il coperchio del suo scatolino sporge fuori della estremità del tubo, dal quale è coperto. Con altro tubo corto, ch'entra nel primo a strofinamento, rimane chiusa l'estremità di esso primo tubo; notandosi inol- tre che alla base del tubo corto è assicurato un congegno micrometrico atto a misurare il movimento di -j-J^^y di linea. Apresi in mezzo al congegno un foro, cui si adattano lenti oculari di forza diversa d' ingrandimento, ed anche un micro- scopio composto. Accennerò due vantaggi che apporta con sé questa costruzione. Il primo è di poter facilmente sostituire Del Prof. D. Liberato Baccelli 261 un oggetto all'altro. E di vero basta che si levi il tubo corto, e quindi, aperto lo scatolino, si cambii con un altro l'oggetto contenuto. Il secondo vantaggio è di potere osservare il vario aspetto delle frange a varie distanze dall'oggetto, cominciando dall'istante, in cui la luce lo attraversa sino al punto che le frange col loro dilatarsi divengono sì deboli che «on ben si discernono. La qual cosa accade perchè quando il secondo tubo è tutto rinsen-ato nel primo, l'oggetto in allora trovasi nel fuoco della lente oculare ; e quando 1' oggetto stesso si allontana, in allora tutti i punti, ne' quali si formano le frange, passano successivamente pel fuoco di essa lente. 11 terzo tubo, oltre allo scatolino, ha lateralmente verso l' estremità interna un' apertura rettangolare, il piano della quale è perpendico- lare all'asse del tubo. Sì fatta apertura serve a ricevere la- mi nette di metallo, ibrate nel mezzo, portanti oggetti diversi. Le laminette sono di tali dimensioni, che, poste dentro il detto tubo, si trovano inserite alla sua superficie cilindrica ; e così può il tubo medesimo scorrere liberamente entro il tubo se- condo. Questa modificazione è stata ideata a fine di rendere agevole la surrogazione di un oggetto ad un altro, risparmiando altresì l'incomodo di estrarre fuori il tubo. L'ultimo tubo termina esteriormente in uno scatolino, ove si possono adat- tare lenti circolari o semicilindriche di cortissimo fuoco , e tenui fori o strette aperture allo scopo di avere un punto od una striscia lucida, la quale spanda entro il sistema de' tubi un cono od una piramide di luce. Per dirigere poi con faci- lità e sicurezza l'asse del tubo al centro del sole, o della im- magine sua, sta infilzato vicino alla oculare un piano circolare di cartone annerito. Allorché sopra di questo piano 1' ombra circolare del tubo è concentrica al tubo stesso, lo strumento è diretto. Il piano di cartone è di una dimension tale, che difende coli' ombra sua la testa dell' osservatore dalla sferza solare. III. Uso della Macchina. — Dopo ciò si comprende altro non essere lo strumento descritto che una lunga, stretta e 202, Memoria sopra una Macchina ec. diritta Camera perfettamente oscura e portatile. Il foro situato all'estremità dell'ultimo tubo corrisponde a quello, che suol praticarsi iiell' imposta della finestra di una stanza oscurata. Le estremità poi de'^ tuin forniti di scatolini sono variabili di sito, perchè diano agio a collocarvi, come torni meglio, gli og- getti. L'estremità del primo tubo appresta il luogo, a cui deve appressarsi F occhio dell' osservatore per vedere le apparenze della luce, dopo che cpiesta abbia attraversati gli oggetti. Chi ha pratica di ottiche esperienze, e segnatamente chi vuole con diligenza considerare i bei fenomeni della Difì'ra- zione, sa quanta cura si richiegga per oscurar bene la camera; quanto incomodo si provi, e quanto tempo si perda in disporre convenevolmente gli oggetti, in variarne le distanze, in rin- venire dietro ad essi il sito, in cui succede l'unione de' raggi, e in misurare le distanze tra gli anelli e le frange. Queste difficoltà rimangono superate coli' uso dello strumento, che ho descritto. Esso è così fatto che può adoperarsi tanto in camera illuminata, quanto in aperta campagna. Basta che si ponga r oggetto in uno degli scatolini, estrarre più o meno fuori del primo il tubo secondo a mano, oppure mercè il lento moto della riga dentata, perchè l' oggetto resti opportu- namente collocato, e subito si conosca quanto sia distante dalla oculare, e quanto dal centro di luce ; e perchè si possa cambiare a piacimento l'una e l'altra distanza, non meno che osservare e misurare le variazioni, alle quali soggiaciono le apparenze luminose al mutare delle dette distanze. L'oggetto e le frange non sortono mai dalla hnea retta, la quale con- giunge il centro della oculare col centro raggiante. Benché questa Macchina di Diffrazione vada fornita delle esposte qualità, io non ho la presunzione, non dico di prefe- rirla, ma neanche di eguagliarla a quella ideata e costrutta dal celebre Fraunhofer. Pure se colla mia Macchina non aspiro a raggiugnere tanta precisione nelle misure, vorrei nudrire lusinga eh' essa non lasciasse cosa alcuna da desiderare per parte della facilità, di procurare cioè la pronta successiva Del Pjiof. D. Liberato Baccelli a63 manifestazione di tutti i fenomeni dèlia luce diffratta, e per parte della comodità, di osservarli cioè, di variarli e determi- narli in ogni loro aspetto diverso. A prova di che toccherò bi'evemente della Interferenza. Di questo fenomeno, che in oggi è fondamentale dell' Ottica, e che si manifesta ogni qual volta sotto certe condizioni luce s' immischia a luce, si ha speditamente una prova diretta con tutte le sue particolarità, ove si ponga in uno degli scatolini de' prismi triangolari, pi- ramidali, conici di cristallo ad angoli ottusissimi in modo che la faccia opposta all' angolo ottuso sia perpendicolare all' asse del cono lucido formato dal punto raggiante entro lo strumento. In grazia della forma di tali corpi i raggi della luce nell'escire da loro piegano gli uni verso gli altri, s' incontrano e s' in- crocicchiano. Il prisma triangolare oftVe una serie di frange rettilinee perpendicolari alla retta, che unisce le due imma- gini del punto o linea luminosa. Il prisma piramidale porge tante serie incrociate di frange rettilinee, quanti sono i suoi spigoli. Le frangei del prisma conico appajono circolari. Il prisma triangolare, di cui fo uso, ha 1' angolo si ottuso che appena si discerne. Sia 5 Fig. I. ini punto lucido, formato p. e. da una lente di cortissimo fuoco applicata ad un tenue foro dell' imposta della finestra, , di una; camera oscuraounicr lue illi; .l'ab. Ad una certa distanza da questo punto sia un prisma triangolare di vetro ^ 5 C con angolo J5 ottusissimo : la faccia piana ^JC del prisma opposta, all'angolo B sia volta al punto iS in modo che l'asse SO del cono lucido ISL sia perpendi- colare ad essa faccia ^4C, e passi per l'angolo B. oii/>c'ifìO È chiaro che di tutti i raggi divergenti, che partono dal punto 5, ed attraversano il prisma triangolare, e sono egual- mente lontani dall'asse SO, ve ne saranno due, p. e. SF ed 5G, i quali rifratti si uniranno nel punto P dell'asse 50, punto che suppongo sul piano ili iV perpendicolare al detto asse. Tutti i raggi ugualmente lontani dall' asse, ma compresi tra li due S F ed SG si uniranno al di là del piano 3IN in iì64 Memoria sopra una Macchina ec. punti dell'asse tanto più vicini al punto P, quanto più lon- tani saranno dall'asse. Consideriamo Ira questi i soli due SD ed SE, i quali rifratti si uniscono nel punto O. Tutti i raggi ugualmente lontani dall'asse, e che sono al di là dei due 5i^ ed SG p. e. i raggi S I ed S L si uniranno nel punto X dell'asse compreso tra il piano ili iV ed il prisma: ma prolungati incontreranno il raggio rifratto IT, il raggio ET, ed il raggio rifratto LQ, il raggio DQ nei punti T, Q del piano 3IN. Estendendo questa costruzione si determinano altri punti d' incontro sul piano 31 N dei raggi, che rifratti piegano da una parte e dall'altra. Ora se la luce, che viene dal punto 5, è omogenea, rossa p. e. nei siti P, Q, T del piano 31 N, si osservano delle strisce, o frange rosse, ed in mezzo ad esse delle strisce nere; e cosi alternativamente di qua e di là dai siti T e Q altre simili frange, sino a sette od otto per parte del punto P. Se la luce è bianca, le strisce sono tinte dei colori prisma- tici, sempre per altro più languide a misura che si allontanano dal sito di mezzo P, nel quale la striscia è la più brillante di tutte. Queste strisce sono evidentemente prodotte dall'incontro de' ras;"'! rifratti sul piano iì/iNT. In fatti intercettando con un riparo opaco i raggi dal mezzo del cono BSC, le strisce spariscono interamente, e lo spazio che esse occupavano, ri- splende di luce continua alquanto debole. Questo fatto prova dunque che a produrre le strisce colorate, ed oscure è ne- cessario che luce si ac2;iunffa a luce. Allorché il prisma sta discosto dal punto luminoso pollici (i) e dall' occhio pollici (a) con una oculare del fuoco di tre linee, si vedono tre belle frange colorate di qua e di là dalla frangia di mezzo, che è biancastra, aventi la larghezza di quasi una (i) Il numero dei pollici manca nell' autografo. (2) Idem. Del Prof. D. Liberato Baccelli a65 linea. A minore distanza dalla oculare le frange sono di mag- gior numero, ma di minore larghezza. Ponendo in un altro scatolino, o prima o dopo il prisma, un vetro colorato, p. e. rosso, le frange sono alternativamente rosse e nere, e di mag- gior numero che con luce bianca. Con vetro rosso le frange sono più larghe che con vetro bleu. Per assicurarsi che le frange siano prodotte da luce aggiunta a luce, basta mettere in uno scatolino un diaframma opaco della forma di un semi- cerchio, e girare il tubo, nel quale è posto, in modo che il diametro del diaframma sia parallelo allo spigolo del prisma triangolare. In questa posizione il diaframma intercettando i raggi lucidi da un lato, le frange spariscono, quantunque per r altro lato i raggi continuino a passare. Al diaframma opaco sostituendone uno trasparente, come sarebbe una lamina di mica, si produce il fenomeno dello spartimento delle frange osservato dall' Arago. Dall'altro lato della lamina le frange si vedono spostate; e se il diaframma è grosso, come una lastra ordinaria di vetro, le frange si spostano tanto che si dileguano. Se poi il diaframma, in vece di essere mezzo, sia intero, le frange si spostano, ma non si dileguano. Collocando in uno scatolino due prismi triangolari co' loro spigoli incrociati, an- che le frange s' incrociano senza confondersi. Il comparire per la stessa luce omogenea la larghezza delle frange in rao^ione inversa dell' angolo, sotto il quale i raggi s' incontrano : il produrre questi raggi il maximum^ od il minimum di splen- dore, quando s' incontrano dopo avere percorsi degli spazi, la cui differenza e un moltiplice numero di volte pari o dispari di metà della quantità di differenza degli spazj percorsi da' raggi, che si uniscono nel mezzo della frangia contigua a de- stra od a sinistra della centrale : I' essere il cammino delle frange iperbolico: queste ed altre particolarità della Interferenza si sperimentano, come agevolmente si comprende, col variare e misurare le distanze del prisma dalla oculare o dal punto rag- giante, o da quella o da questo al tempo stesso, e col prendere, .mediante il Micrometro, la misura della larghezza delle frange Tomo XXIII. 34 a6ó Memoria sopra una Macchina ec. Il complesso degli accennati fenomeni tenterò di spiegarlo colla segneiite ligura. 5 f il punto raggiante Fig. IL, J B le estremità del corpo opaco. Dai punti 5, ./, ZJ, come centri, si descrivano circoli au- mentando sempre il raggio della stessa quantità, che suppongo eguale alla lunghezza di l ondulazione. I circoli in linee piene rappresentano i nodi iu ciascun .sistema della ondulazione, e i circoli punteggiati i ventri. Le intersezioni dei circoli di di- versa sjiecie danno i piuiti di discordanza completa, e perciò i luoghi più oscuri delle frange. Le curve sono le iperbole che formano r[uesti punti d'intersezione. L'incontro di queste iperbole sul cartone, sopra il quale cade l'ombra, determina il mezzo delle frange oscure. Le iperbole F^ F, F etc. danno le frange esterne; le iperbole /,/,/" etc. le interne del primo, secondo, terzo etc. ordine. Apparisce dalla ligura perchè l'ombra contenga tante più frange esterne, quanto piìi si riceve prossima al corpo opaco, od al tìlo. E facile spiegare in questa teoria la colorizzazione delle frange. I raggi dei differenti colori essendo prodotti da ondu- lazioni luminose di lunghezze diverse, come è naturale di concludere dal fenomeno degli anelli colorati, i punti di pieno accoi"do e di completa discordanza sono in conseguenza più o meno ravvicinati, secondo la lunghezza di queste ondulazioni. I raggi violetti, di cui le ondulazioni sono le piii piccole, producono perciò frange le più strette, ed i raggi rossi le più lai'ghe, siccome torna facile 1' assicurarsene direttamente col far cadere alternatamente sulla lente o sul picciol foro, che forma il punto luminoso, raggi rossi e raggi violetti. Le frange oscure e luminose prodotte dai raggi di specie differenti, avendo tutte larghezze diverse, si concepisce che la loro sovrapposi- zione non può essere completa, e deve lasciare delle tracce sensibili di colorizzazione. I raggi, il di cui incontro produce nell'interno dell'ombra le frange oscure del primo ordine non differendo fuorché di "■■«.,/, ./ri i, A, „ ^ccJ'ta/. .y! m. yLxmjiuc, .'iCy Del Prof. D. Liberato Baccelli 267 ^ ondulazione, le intersezioni delle ondulazioni rosse e delle ondulazioni violette si trovano quasi alla medesima distanza da C D^ ed i colori si confondono sensibilmente. Neil' orlo esterno delie frange del secondo ordine, ove i circoli, che s'incrociano, differiscono di un'ondulazione e ^, i colori co- minciano a separarsi. Cosi divengono più apparenti nelle frange del terzo ordine, e si separano anche di più in quelle del quarto ordine. In fine le frange dei diversi ordini si sovrap- pongono le une alle altre, e terminano col confondersi: il che si osserva allorquando il filo, od il corpo opaco è assai largo, ovvero allorquando si riceve l' ombia cosi vicino, che contiene molte frange. Nella stessa maniera si può render ragione della coloriz- zazione delle frange esterne, e spiegare perchè non se ne ot- tiene fuorché un piccolissimo numero, e perchè quanto più sono esse di un ordine elevato, tanto più si allontanano dal corpo, e più per conseguenza i raggi piegati s' indeboliscono. L' ombra di un corpo rischiarato da un punto luminoso si estende al di là delle tangenti condotte dal detto punto alla superficie del corpo : se ne conchiude che la riflessione apporta un ritardo di ^ vibrazione nel progresso delle onde luminose. In fatti se il movimento non fosse ritardato sull' orlo del corpo, vi sarebbe accordo perfetto fra le ondulazioni dei raggi diretti, e quelle dei raggi riflessi nel piano tangente, vale a dire nel luogo più oscuro delle frange. ' iUi''J (• a68 RICERCHE ELETTRO FISIOLOGICHE CORRENTE MUSCULARE IPUMli MIMOIIA DI C. MiVTTElICCl Ricevuta il ag Aprile i845. IN Oli potevo che con nuovi studj sui fenomeni elettro -fisio- logici, dimostrare alla Società Reale di Londra, quanto io sono riconoscente alla distinzione che questa Società mi ha accordato. È l'esposizione di questi studj che forma il soggetto della presente Memoria e di ([nelle che la seguiranno. Sin dai primi miei studj sopra questo soggetto, ho sem- pre px'incipalmente mirato a rendere le esperienze di elettro- fisiologia, le più semplici possibili, e tali da essere ripetute con tutta l'esattezza senza il possesso d'istrumenti di molto prezzo, e che esigono onde essere adoperati una pratica particolare. È questa la ragione perchè mi sono lungamente occupato a studiare i fenomeni che sveglia la corrente elettrica appli- cata sui nervi d' un animale recentemente ucciso. La rana galvanoscopica di cui ho descritta la preparazione e 1' uso con tutto il dettaglio nel mio Traité des PJienomenes Electro-Phy- siologiqites des animaux pag. 5i, è di certo un galvanoscopio assai delicato esente da ogni errore. E assai facile di assicurarsi coir uso della rana galvanoscopica, convenientemente applicata, della direzione della corrente che traversa il filamento ner- voso della rana stessa. Se non che è necessario perchè questa indicazione avvenga, di attendere che la rana sia conveniente- mente indebolita, e malgrado questa precauzione, s' incontra in ogni serie d' esperimenti qualche rana, da cui bensì si hanno Memoria del Prof. C. Matteucci a6g sempre i segni della corrente muscolare; ma non si ha la con- trazione al solo chiudersi del circuito colla corrente diretta, e all' aprirsi coli' inversa. Una nuova maniera di adoperare la rana che vado a de- scrivere, si presta anche meglio della rana galvanoscopica alla dimostrazione dell' esistenza e della direzione della corrente musculare, e della corrente propria della rana, e quindi senza dover ricorrere al galvanometro. A questo fine la rana è pre- parata alla maniera ordinaria del Galvani, cioè tagliata per metà nella colonna vertebrale, pelata, tolti i visceri. Allora è facile colle forbici, introducendosi sotto i plessi lombari di togliere alla rana la maggior parte del suo bacino, lasciando intatti i suddetti plessi : finalmente si divide la rana a metà, tagliando la congiunzione delle due ossa delle coscie. Riman- gono così due mezze rane unite organicamente per i loro nervi alla midolla spinale. Quando si vuole adoperar questa rana, onde scorger la piesenza e la direzione della corrente , si dispone sopra un piano isolante, e si distende in maniera che venga a pescare colle due estremità o zampe nell' acqua pura di due recipienti separati (Fig. i ). Congiungendo questi due recipienti con un cordone di cotone o di filo, imbevuto dello stesso liquido dei recipienti, oppure con una striscia di carta egualmente imbevuta, non si hanno mai segni di con- trazione e quindi non v' è corrente in circolo; ciò che pur ben si prova, chiudendo il circuito colle due estremità di pla- tino di un delicato galvanometro, qualora si sia ben certi della omogeneità di queste estremità. E non può essere diversamente, se si riflette che una mezza rana costituisce l' elemento elet- tromotore della corrente propria per cui nella descritta ma- niera di usare della rana preparata, vi son sempre due cor- renti uguali in direzione contraria che circolano e che non danno per conseguenza né contrazioni né segni di corrente al galvanometro. Nulla di più semplice e di più decisivo nel tempo stesso che costatare 1' esistenza della corrente musculare e la sua direzione. 270 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. Si prepara una pila di mezze coscie di rane o di muscoli d'altri animali, come ho descritto nel mio libro già citato: le due estremità di questa pila, che sono V interno da una parte, l'esterno del muscolo dall'altra, pescano nell'acqua di- stillata o di sorgente. Preparata la rana già descritta e stesa sopra un piano isolante, si fan comunicare con cordoncini di cotone o di filo inzuppati d'ac([ua le cavità estreme della pila, colle due cavità in cui pescano le estremità della rana. Si vede allora distintamente la rana contrarsi tanto all' aprirsi che al chiudersi del circuito ; ma ciò non ugualmente nelle due membra : imperocché si contrae al chiudersi del circuito quello che è percorso dalla corrente diretta, e che quindi e prossimo alle estremità della pila, composta dall' interno del muscolo, mentre invece all'aprir del circuito si contrae l'altro membro, che è prossimo all'altra estremità della pila. Coli' uso solo della rana così preparata è possibile di confermare le leggi principali della corrente muscolare che ho già trovate col galvanometro. Così avviene che le contrazioni della rana gal- vanoscopica crescono proporzionalmente al numero degl' ele- menti; sono li stessi per una pila formata di elementi muscolari privi di tutti i filamenti nervosi visibili, come per una di cui gli elementi muscolari rimasero intatti ; lo stesso si trova con una pila di cui gli elementi muscolari hanno appartenuto a rane uccise con veleni narcotici, con acido carbonico, idro- cianico ec. ec. In fine, colla stessa rana galvanoscopica, è fa- cilissimo di scorgere la grandissima differenza che passa fra i segni della corrente muscolare, ottenuti qualche tempo dopo la morte, da una pila formata da uno stesso numero di ele- menti muscolari ora di rana , ora di anguilla , ora di pic- cione. I segni della corrente muscolare diminuiscono tanto più rapidamente quanto più è alto il posto che occupa nella scala degl' esseri 1' animale su cui si opera. Io non ho sin qui esposto che delle esperienze che con- fermano le mie antiche conclusioni ; solamente ho cercato di mostrare come senza un galvanometro molto delicato e coli' uso Memoria del Prof. C. Matteucci ayi della sola rana galvanoscopica si poteva giungeie a dimostrare le leggi principali della corrente muscolare. Ciò che mi ha sempre maggiormente interessato nello studio della corrente muscolare, è stato di trovar nuove prove sperimentali, o di estendere e ripetere le mie prime, dalle quali tutte, ho dovuto concludere che la intensità della cor- rente muscolare e la sua esistenza, dipendevano dalla inten- sità ed esistenza dei cangiamenti di composizione che costi- tuiscono la nutrizione del muscolo. ' :r -> i , , Jn Tuttavia prima di venire all' esposizione delle ricerche fatte in queste vedute, descriverò alcuni nuovi fatti, che quan- tunque prevedibili, tuttavia fissano sempre meglio 1' origine della corrente muscolare. Da una pila di 20 mezze coscie di rane, ho ottenuto di- stintamente la decomposizione dell'ioduro di potassio. A questo fine bagno una carta di questa soluzione, e vi poso sopra alla distanza di una linea circa le estremità di due fili di platino, che vanno a pescare nell'acqua pura, che riempie le due ca- vità estreme della pila. Per riescire più prontamente ad otte- nere i segni della decomposizione dell' joduro, accresco l'esten- sione delle estremità del filo di platino, che pescano nelle cavità della pila, ravvolgendo un poco di questo filo in gruppo alle suddette estremità : uso pure di bagnare la carta imbe- vuta della soluzione di joduro di potassio con una soluzione di pasta d' amido, cui ho aggiunto poche goccio di soluzione di cloro. Dopo pochi istanti che il circuito è chiuso, si vede una macchia gialla -blu, fi^rmarsi intorno al filo di platino, che pesca in quella cavità della pila in cui pesca la parte esterna del muscolo. Da una pila di ao elementi di mezze coscie di rane, ho pure ottenuto distintamente i segni di tensione per mezzo di un condensatore discretamente delicato. A questo fine mettevo in comunicazione col suolo una delle estremità della pila , mentre l' altra estremità comunicava col piatto del condensa- tore. Ho varie volte ripetuta l'esperienza, or tenendo l'interno 2~2. Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. del muscolo in comunicazione col condensatore, e 1' esterno col suolo, ora operando al contrario. Ho anche esperinientata la pila muscolare, tenendo una delle sue estremità in comu- nicazione con uno dei piatti del condensatore e T altra estre- mità coli' altro piatto Ho avuto sempre segni distinti e co- stanti air elettroscopio, di carica negativa dall'interno del muscolo e di positiva dalla superficie esterna del muscolo. Ho voluto anche esperimentare i segni della coirente mu- scolare, operando Inori dell' aria atmosferica. A questo fine adoperai la campana che serve per le esperienze dell' elettri- cità nel vuoto o negl'altri gaz fuori che l'aria. All'asta me- tallica di mezzo che scorre nella tubulatura sono legati i due fili di platino, uno dei quali però s' avvolge attorno a uno strato di cera lacca per essere isolato dall' asta. Questi due fili sono piegati a fbi'ca e si dispongono in modo che abbas- sando r asta le due estremità dei suddetti fili venghino a pe- scare nelle due cavità estreme della pila muscolare (Fig. 2,). Facevo prontamente il vuoto, e quindi congiungevo i due fili di platino ai due capi del galvanometro. Ripetevo l'esperienza dopo aver tolta 1' aria o subito dopo averla di nuova intro- dotta. La direzione della corrente muscolare non ha variato mai, uè mi sono accorto di differenze notevoli e costanti neir intensità e nella durata di questa corrente nei varj casi. S' intende facilmente dalla descrizione dell' apparecchio adoperato per operare nel vuoto, come era facile di servirsene negl' altri gaz : ho usato l' idrogene e l' acido carbonico. Credo importante di descrivere minutamente i risultati ottenuti in queste diverse esperienze: Ho cominciato dall'ope- raie con una pila di ao elementi muscolari, o mezze coscie di rana, sotto la campana descritta, adoperando acqua di pozzo per riempire le cavità della pila, e dopo essermi assicurato che non si avevano segni di corrente, immergendo le estre- mità dei fili nello stesso liquido. In meno di cinque minuti le rane venivano uccise e prepai'ata la pila. Per eseguire queste esperienze di confronto ho operato sopra rane che Memoria del Prof. G. Matteucci 2,78 erano state prese nello stesso giorno e nello stesso stagno. In tutte queste esperienze, il circuito veniva chiuso e si notava per varie ore di seguito la deviazione al galvanometro. Ecco i numeri ottenuti nelle varie esperienze. Agendo nell' aria atmosferica con una pila di ao elementi di rane ebbi al mio galvanometro (*) una deviazione tanto forte che l' ago giunse a 90" ; oscillò poi sempre discendendo verso lo zero. A 3o° circa l'ago cominciò a fissarsi o almeno scese assai più lentamente di prima. Notai di dieci in dieci minuti, le deviazioni che furono le seguenti: iS", 9°, 5°, ^"^ 3" ^, 3°^, 3°|, 3"^. Osservato l'ago dopo due ore segnava sempre lo stesso numero. Fu interrotto il circuito e fatte pescare le due estremità di platino nell'acqua pura, si ebbe una corrente di 70° in direzione contraria a quella che si aveva prima, quando il circuito era chiuso colla corrente muscolare. Evi- dentemente era la corrente secondaria che mostrai sino nei miei primi lavori, esser la cagione del rapido indebolimento della corrente muscolare e propria, nei casi in cui il circuito si tiene chiuso. Ho ripetuto una seconda volta questa stessa esperienza cogli stessi risultati. Ho fatta una terza pila simile alle due descritte, 1' ho messa nella solita campana, ho estratta l' aria rapidamente sino a che la provetta segnava un pollice di pressione. Non riescivo ad una rarefazione maggiore per il vapor d' acqua che • costantemente doveva formarsi. Chiusi allora il circuito ed ebbi 85° di prima deviazione : al solito l' ago oscillò scen- dendo e cominciando a fissarsi verso i 3o°. Ecco i numeri ot- tenuti, notando la deviazione di dieci in dieci minuti, e avendo cura di far agire di tanto in tanto la macchina per conservare lo stesso grado di rarefazione. Dopo i primi dieci minuti la deviazione era i5% io", 7°, 5°, 5°, 4°- dopo due ore la devia- zione era 3° abbondanti. Introdussi l' aria e l' ago salì di due o tre gradi, poi ridiscese immediatamente alla deviazione di 3°. Questo piccolo aumento si ottiene, come vedremo, qua- lunque sia il gaz che s' introduce, come si ha pure, facendo Tomo XXIII. 35 274 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. agire la niacchiiia nel tempo che il circuito è chiuso, e ciò probabilmente perchè si muove il liquido delle cavità della pila, per cui i fili di platino vengono ad essere più o meno immersi. La minor deviazione ottenuta in questa terza espe- rienza al primo chiudere del circuito, era molto probabilmente dovuta e al poco tempo di più passato dall' uccisione delle rane, a un principio di disseccamento subito dagl' elementi muscolari nelT aria rarefatta, a qualche bolla d'aria che si raccoglie sui fili di platino, allorché si fa il vuoto. Ho ucciso altre quaranta rane, ed ho composte con (pieste due pile ciascuna delle quali era di ao elementi. Tentai ognuna di queste pile, separatamente nell'aria, ed ebbi da una 85" di prima deviazione, dall' altra 88°. Una di queste pile fu messa nella campana, ed estratta l'aria nella maniera descritta, chiusi il circuito, ed ebbi iii". L'ago oscillò, scese al solito, fissandosi a i5'^, dopo dieci minuti circa. Allora introdussi ed empii la campana di gaz ossigene. L' ago fece una piccola oscillazione all' introdursi del gaz, poi continuò a scendere, e dopo trenta minuti segnava 8°, e dopo altri trenta 4°- Presi l'altra pila, la misi nella campana, feci il vuoto, chiusi il circuito, e la prima deviazione fu di 65°; questa dif- ferenza è dovuta naturalmente al molto tempo percorso doj)o r uccisione delle rane fra la prima esperienza e questa. La- sciato il circuito chiuso, 1' ago continuò a scendere come al solito, fissandosi alla fine a 4° come 1' altra pila tenuta neh' ossicene. Provai finalmente ad introdurvi 1' aria e la devia- ci zione non aumentò. Queste esperienze sono di certo sufficienti a stabilire che la corrente muscolare non varia né d' intensità ne di durata dopo la morte dell'animale, tenendo i muscoli, da cui si ot- tiene, o neir aria atmosferica o nel gaz ossigene o nell' aria ridotta alla pressione di un pollice di mercurio. Descriverò ora i risultati ottenuti, operando come si é detto fin qui in una atmosfera di gaz idrogene. La singolarità presentata da questo gaz non poteva di certo prevedersi senza Memoria del Prof. C. Matteucci ayS r esperienza. Preparai al solito una pila di 20 elementi di mezzo coscie di rana, la collocai sotto la campana e prima di estrarre 1' aria, chiusi il circuito, ed ebbi 85" : il circuito rimase chiuso. Fu estratta allora rapidamente 1' aria e riem- pita la campana d' idrogene. L' ago del galvanometro dopo dieci minuti che il circuito era chiuso, era fisso a i5°. Ma poi invece di continuare a discendere, la deviazione cominciò a crescere, e dopo dieci minuti era a So". Interruppi il cir- cuito, sollevando 1' asta, e tornato 1' ago a o, ristabilii il cir- cuito : r ago andò di nuovo a 90° nel senso solito delia cor- rente muscolare e si fissò a 55°. Da questo punto scese l'ago assai lentamente essendo a 4<^° dopo un ora. Allora tolsi r idrogene, feci rientrar l'aria, e l'ago scese sino a ia°, con- tinuando poi a discendere ma sempre più lentamente che nelle altre esperienze. «r Ripetei questa stessa esperienza, ed ottenni esattamente gli stessi risultati: cioè l'ago discese, come al solito, prima che r idrogene fosse introdotto, lo che fatto 1' ago rimontò sino a So". Ho fatto il vuoto, ho introdotta 1' aria, e l' ago è sceso di nuovo, sempi-e però mantenendosi a una deviazione maggiore di quella che avrebbe presentata, se non si fosse mai usato 1' idrogene. Ho potuto colla stessa pila riveder più volte le alternative degli effetti prodotti dall'aria e dal gaz idrogene. Prolungando assai il contatto del gaz idrogene, ho osservato costantemente, che quando poi si toglieva l' idrogene e veniva introdotta l'aria, la deviazione, a cui l'ago si fissava, avuto riguardo al tempo scorso dalla preparazione della pila , e tutte le alti'e circostanze essendo pari, era sempre molto maggiore di quella che si sarebbe avuta se non si fosse mai introdotto 1' idrogene. Finalmente dirò di un altra esperienza fatta, chiudendo il circuito della solita pila muscolare dopo avere introdotto 1' idrogene. La prima deviazione fu la solita e poi vennero le seguenti notate di dieci in dieci minuti. Ecco queste deviazioni 47% ii°i 4°% 38% 87% 35°, 34°, 3a°, 32,°, 3i°, 3o°. Dopo sei ore l'ago era fisso a ^5°. Senza l' idrogene, a 76 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. cioè nell'aria atmosferica, nel vuoto, iiell' ossigene, la devia- zione non oltrepassa 5" alla solita pila di ao elementi, dopo un ora che il circuito è chiuso. Quantunque io non potessi attribuire questa singolare dif- ferenza, prodotta dalla presenza dell' idrogene sulla pila mu- scolare all' azione di questo gaz sulla sorgente d' elettricità nei muscoli, tuttavia ni' è sembrato importante di scoprire la cagione di f[uesta differenza. Ho preparati rapidamente ^o ele- menti o mezze coscie di rane, adoperando tutte le precau- zioni per avere le circostanze le più uguali possibili in tutte le condizioni che si sanno influire sulla corrente muscolare. Cosi uso di far preparare queste rane da due individui nel tempo stesso; divido ogni rana a metà e fo due mucchi se- parati di mezze rane, poi da ognuno di questi mucchi cavo venti elementi o mezze coscie. Lascio venti di questi elementi all' aria, altri li metto nel gaz idrogene per mezzo della descritta campana. Scorsi quaranta minuti , traggo i venti elementi dal gaz idrogene, e compongo la pila, e cosi fo degl'altri venti elementi lasciati all' aria. Oppongo le due pile 1' una all' altra , come ho descritto nel mio citato libro per scuoprire la corrente dilTerenziale. Ciò fatto, determino 1' intensità della corrente muscolare per ognuna delle pile, tenendo conto delia prima deviazione e di f[uella che indica 1' ago dopo dieci minuti di circuito chiuso. In un' altra esperienza tentata esattamente nella stessa maniera ho confrontata la corrente d' una pila mu- scolare di cui gl'elementi erano stati nell' idrogene, con un'altra i di cui elementi erano stati neil' aria molto rarefatta. Final- mente dirò che prima di mettere gli elementi muscolari nel gaz idrogene e nell' aria rarefatta, misuravo le correnti mu- scolari di ognuna di queste pile per confrontarle poi a quelle che avevo dopo. Sarei qui troppo lungo, se riportassi tutti i numeri delle esperienze, che ho tentate: la loro conclusione è estremamente semplice. Non vi è differenza alcuna prodotta dal gaz idrogene sugi' elementi muscolari e quella che produ- cono r ossigene e 1' aria atmosferica, o 1' aria rarefatta, o in Memoria del Prof. C. Matteucci 2,77 altri termini, questi diversi mezzi gassosi non esercitano alcuna influenza sull' intensità e sulla durata della corrente muscolare. Mi rimaneva solamente a determinare precisamente la ca- gione dell' effetto singolare mostrato dal gaz idrogene, e non potendo dubitare che questo effetto avesse luogo per l' azione del gaz idrogene sulle polarità secondarie, sviluppate sul pla- tino, tentai 1' esperienza seguente. Introdussi in un tubo di vetro un filo di platino, che saldai colla lampada all' estremità superiore del tubo, chiusa per con- seguenza. Composi una pila di 2,0 elementi e chiusi il circuito, come si vede nella figura 4- H tubo è pieno d' acqua ed è rovesciato nel liquido della cavità estrema della pila, in cui pesca r esterno del muscolo. Chiuso il circuito, ebbi una pri- ma deviazione a go°, poi l' ago scese al solito. Allorché la de- viazione era a ao", inti-odussi nel tubo A gaz idrogene , e all' istante 1' ago cominciò a risalire a 2,5°, 3o°, 40% 5o°. Tolsi l' idro- gene, riempiendo nuovamente d' acqua il tubo e chiudendo il circuito, e l' ago dopo dieci minuti era a 5°. Introdotto di '&^ nuovo r idrogene 1' ago risali a 2,0°, aS", 3o°. Finalmente misi il tubo a gaz idrogene nell' altra cavità in cui pesca l' estre- mo del muscolo, e l' ago invece di salire discendeva più pron- tamente. L' effetto del gaz idrogene è dunque di agire sull' ossigene che tende a svilupparsi sul platino, da cui esce la corrente muscolare, che va, come si sa, nell' elemento musco- lare stesso, dall'interno del muscolo alla superficie; è un caso della pila a gaz di Grove. Queste ricerche mi sembrano pro- vare che la cagione per cui tanto la corrente muscolare quanto la propria diminuiscono rapidamente a circuito chiuso, sta nella polarità secondaria delle estremità di platino, da cui si genera una corrente che circola in direzione contraria a quella delle pile muscolari. Mi rimane ancora a dire delle esperienze tentate mettendo gl'elementi muscolari in contatto dell'acido carbonico per un diverso tempo. Ho fatte tre esperienze di questo genere, confrontando sempre alla pila degli elementi lasciati neir acido carbonico, un' altra pila simile di elementi ^ ii?8 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. lasciati air aria. Ho cliiuso il circuito dopo avere opposte le due pile 1' una all' altra, e non ho mai trovato differenza in- dotta dall' acido carbonico. Riassumendo i risultati ottenuti dalle varie e ripetute esperienze tentate onde scuoprire 1' influenza di alcuni mezzi gassosi (aria, aria molto rarefetta, ossigene, idrogene, acido car- bonico) sulla intensità e sulla durata della corrente muscolare, dobbiamo concludere : che questa influenza è nulla o insensi- bile, o che in altri termini, le cagioni immediate dello sviluppo d'elettricità nei muscoli sono nel muscolo, indipendentemente dal mezzo gassoso in cui essa è posta. Onde meglio determinare la relazione fra i segni della corrente muscolare e le condizioni organico-vitali del muscolo, mi sono dato sin dagl' ultimi mesi dell' anno decorso a deter- minare r intensità della corrente muscolare da una pila di mezze coscie di rane costantemente formate da ao elementi. Questo facevo per paragonare 1' influenza della temperatura del mezzo in cui le rane avevano vissuto colla corrente mu- scolare che davano. Descriverò qui in poche parole e per una sola volta il mio metodo di esperimentare. Dal Novembre del 1844 tìno a tutto il mese di Marzo i84-5 ho mandato costan- temente nello stesso padule due volte per settimana a pescare un certo numero di rane. Queste appena erano giunte in Pisa venivano alla maniera solita preparate per determinare V in- tensità della loro corrente muscolare. Una porzione delle stesse rane era messa senz' acqua in un recipiente di vetro, tenuto in uno stanzino che era costantemente alla temperatura di-f-i6° C. Un'altra porzione simile di rane si collocava in un recipiente simile che stava nella terrazza dell'Osservatorio meteorologico per esporle così alla temperatura dell' atmosfera. Finalmente quattro rane prese sulla massa venivano poste nella boccia tu- bata ( fig. .3) . Il tubo A B di questa boccia pescava nel mer- curio, r apparecchio cosi disposto era pure lasciato alla tem- j)eratura dell' aria sulla terrazza. Passate 8 ore s' apriva il tubo C e soffiando nella vescica si raccoglieva una porzione dell' Memoria del Prof. C. Matteucci 3,^9 aria, e si determinava l'acido carbonico prodotto dalle rane in quel tempo e in quelle date condizioni. E impossibile che io possa riferir qui tutte le esperienze di 5 mesi di seguito, tentate due volte per settimana, paragonando fra loro le rane appena giunte dal padule a quelle stesse, tenute ora per la ore, ora per a4 ore alla temperatura di -t- i6°C. Io mi con- tenterò di riferire alcuni dei numeri dati dall' esperienze onde far meglio risortire il risultato generale di tante esperienze tutte concordanti fi'a loro: la temperatura dell' aria o del mezzo in cui vivono, l'attività della funzione respiratoria, l'intensità e la durata della corrente muscolare , sono quantità che va- riano proporzionalmente fra loro: non può crescere la tempe- ratura del mezzo in cui vive la rana, senza che l' attività della sua respirazione s' aumenti e senza che corrispondentemente crescano i segni nella intensità e nella durata della corrente muscolare. Quattro rane lasciate alla temperatura da o" a — 4° hanno prodotto in a4 ore c,''''5 di acido carbonico: rane simili messe nello stesso recipiente e nelle stesse condizioni a -i- 1 6 hanno prodotto o,"3 acido carbonico. Le celebri esperienze di Edwards danno un numero doppio di questo, sperimentando alla tem- peratura di H- 27° G. Diciamo ora dei segni della corrente mu- scolare. Nei giorni più freddi dello scorso inverno ao elementi davano Sa": poi successivamente al crescere della temperatura dell' aria si è avuto 38°, 48% 5o% 56°, 60°, 66.° Queste indica- zioni corrispondono a delle temperature che sono andate cre- scendo da 0° a H- 8°. Finalmente in questo mese la tempera- tura innalzandosi nel giorno e all'ombra sino a-+- i5° trovo corrispondentemente l'intensità della corrente muscolare espres- sa da 80°, 85°, 90.° Credo inutile di avvertire qui che questi numeri si riferiscono alla prima deviazione: ottenuta cioè al chiudere il circuito della pila di ao mezze coscie di rane sem- pre ugualmente disposte e di cui le estremità pescano nelle due cavità della tavoletta contenenti la stess' acqua di fonte. a8o Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. Allo stesso risultato sono giunto paragonando 1' intensità della corrente muscolare ottenuta da rane appena prese nella stagione fredda a (jiiella ottenuta dalle rane stesse dopo averle lasciate per lo spazio di a4 ^^''^ ^ A^ ^ anche più in un am- biente che era alla temperatura di -+- lò''. Ecco alcuni dei molti numeri ottenuti per dimostrare anche in questo caso la rela- zione Ira l'intensità della corrente muscolare e la temperatura in cui le rane hanno vissuto. Una pila fatta con rane prese nella stagione più fredda mi ha dato 3ii°: ebbi 38° dopo due criorni di dimora di rane simili nell' ambiente caldo. In un al- tro caso la corrente muscolare salì da 3o° a 4*^° in un altro da 5o° a 64° in un altro da 66" a 85°. Noterò per altro che se si prolunga di molto la dimora delle rane nell' ambiente caldo senza che si trovino esse rane contemporaneamente nei mezzi in cui ordinariamente si nu- trono e vivono, cessa di apparire 1' aumento prodotto dalla maggiore temperatura sino ad ottenere un indebolimento di confronto alla coiTcnte ottenuta dalle rane appena prese. La esperienza m' ha anche provato • ( ciò che era facile d' altra parte a prevedersi) che quanto più è elevata la temperatura delle rane in origine, tanto più presto si scorge 1' effetto pro- dotto dalla mancanza di nutrizione. Credo importante di descrivere ancora alcune esperienze, dalle quali è pure stabilito il rapporto fra l'intensità della cor- rente muscolare e 1' attività della funzione respiratoria. Non è che sulle rane che ho potuto tentare queste esperienze, per- chè questi animali soli hanno tanta resistenza vitale. Ho ripe- tuto pili volte r esperienza seguente: ho tolta intieramente la pelle a io rane e 1' ho poste in un recipiente di vetro ac- canto ad un altro in cui erano dieci rane simili lasciate in- tatte. Operando cosi ad una temperatura di -)- 8° a la" le rane spellate vivono vivacissime per 6, 8 o anche io ore. La cor- rente muscolare data dalle rane spellate fu sempre notabil- mente più debole della corrente data dalle rane lasciate in- tatte. In 4 esperienze fatte colle rane spellate e lasciate da a, Memoria del Prof. C. Matteucci aui in 8 ore in questo stato, la prima deviazione fu di 80° a 85° e 1' ago si fissò a 18,° continuando poi a discendere lentamente. In altre esperienze , latte nello stesso tempo con rane in- tatte, la prima deviazione portò V ago a 90° e V ago si fissò a aS" continuando, come al solito, a discendere. Ho voluto ritentare ancora alcune esperienze sulla corrente muscolare di animali a sangue caldo. In una mia esperienza comunicata dal sig. Dumas all' Accademia Reale delle Scienze di Pai'igi, ero giunto ad ottenere, componendo la pila musco- lare con piccioni vivi, i segni della corrente muscolare. Mi era dimostrato da quella esperienza che 1' intensità di questa cor- rente cresceva col rango occupato dall' animale nella scala degl' esseri, mentre poi questa corrente persisteva tanto meno quanto più 1' animale era in alto nella suddetta scala. Ope- rando con una grandissima rapidità sopra polli e piccioni ho potuto dimostrare di nuovo la stessa verità, usando coscie ti^atte dai suddetti animali. A ugual numero di elementi, tanto con pic- cioni, che con polli confrontati alle rane, la corrente muscolare è sulle prime cosi intensa, e anche più nel maggior numero dei casi, di quella che colle rane : e se si riflette alla maggior lun- ghezza o resistenza del circuito della pila di piccioni e di polli, rispetto a quella della pila delle rane, sarà manifestamente pro- vata la maggiore intensità della corrente muscolare degli animali a sangue caldo sopra quella delle rane. Affrettiamoci però a no- tare che il vantaggio persiste per pochi istanti: una pila di 8 ele- menti di mezze coscie di piccioni, o di pollo non dà dopo un' ora al galvanometro il più delicato eh' io m' abbia nessun segno, o debolissimo, di corrente muscolare: non è già così per una pila dello stesso numero di coscie di rane, che anche per 8 ore e più continua a dar segni manifesti della corrente stessa. Non si creda già che queste differenze si debbano a un disuguale prosciugamento sia della superficie esterna sia della faccia interna del muscolo. Ho tante e tante volte provato a bagnare con acqua pura la superficie del muscolo, a rinfre- scarne con un rasojo la superficie interna, e indi ricomponendo To7?io XXIII. 36 2«S2 Ricerche Elettbo-Fjsiologiche ec. la pila, non ho mai trovato clie qualche piccolo aumento alla piinia deviazione, e mai nessuno attendendo che l'ago si fissasse. Ho ripetuto ancora alcune mie antiche esperienze sull'in- fluenza che ha la circolazione sanguigna, sulla intensità e sulla durata dei segni della corrente muscolare. A (piesto fine ho jjaragonato la corrente ottenuta da ao elementi o mezze coscie di rane, lasciate intatte, con altre a cui il cuore era stato tolto, e di cui i movimenti si conservano con vivacità per molto tempo; ho confermato così le conclusioni a cui ero giunto, provando che la corrente muscolare è notabilmente indebolita dal diletto della circolazione sanguigna. Ma, meglio di tutte le esperienze riferite, proverà la verità di quest' ultima conclu- sione r esperienza seguente. Ho preso venti rane da un nmc- cliio di tpiesti animali tutti pescati nello stesso tempo, e l'ho poste ncir acqua che aveva bollito per due ore. Ho ricoperto il cilindro di vetro in cui era quest' acqua con una lastra di vetro che ho lutata al cilindro. Onde impedire all' acqua di riprender 1' aria avevo ricoperto d' olio la sua superfìcie. La esperienza si faceva alla temperatura di -+- i5° C. Le rane par- vero sulle prime più vivaci per i continui movimenti di basso in alto e d' alto in basso, che facevano nella massa lic[uida, ma non tardarono a perdere questa vivacità, e dopo un' ora ciica erano tutte raccolte al fondo mostrando di soffrire e con pochissimi movimenti. Dopo due ore i movimenti erano ces- sati affatto e le rane, parvero morte. Ho ripetuto due volte ancora quest' esperienza e sempre collo stesso esito, non ri- scontrando differenza che nel tempo, che varia in ragione in- versa della temperatura del mezzo. Preparando diverse pile di mezze coscie di rane, da più o men tempo asfissiate, i segni della corrente muscolare sono notabilmente indeboliti. Così mentre una pila latta con rane intatte dà una prima devia- zione a oc", e f ago si fìssa fra aS" e 3o% colla pila egualmente di -20 elementi di rane più o meno asfissiate F ago non va di prima deviazione che da 5o a ò5°, per fissarsi da io" a 12,°. La differenza è notabilissima e 1' influenza della respirazione Memoria del Prof. C. Matteucci 283 e della cu'colazione sanguigna normale sulla corrente musco- lare non può essere più cliiaramente dimostrata. Noterò qui una singolare apparenza dei muscoli delle rane asfissiate: essi sono quasi bianchi e riprendono all' aria una tinta leggermente rosacea. ■\ Ho voluto infine rivedere e verificare 1' azione singolare dell' idrogene solforato. Ecco i nvuneri di alcune esperienze che stabiliscono esser nelle rane uccise dall' idrogene solfijrato, la corrente muscolaie assai indebolita. Venti elementi o mezze coscie di rane uccise alla maniera solita, davano 56°. Altri ao elementi ottenuti da rane tolte dalla stessa massa, davano 44°- un altra pila simile fiitta ugualmente con rane uccise dall' idro- gene solforato dava 4^°- Anche il gas nitroso opera come r idrogene solforato. Riassumerò ora i risultati ottenuti da queste diverse espe- rienze. Primo — L' intensità e la durata della corrente musco- lare sono indipendenti dalla natura del gaz in mezzo al quale la pila muscolare si trova. Secondo — Questa corrente, come ho già mostrato sin dalle mie prime ricerche è pure indipen- dente dall' integrità del sistema nervoso cerebro-spinale, e le funzioni che esercitano sulla sua intensità una marcata influen- za, sono la respirazione, e la circolazione sanguigna. Terzo — I veleni, che sembrano agire direttamente sul sistema nervoso, non hanno influenza sulla corrente muscolare: citerò fra questi l'acido idrocianico, la morfina, la stricnina. Quarto — L' idro- gene solforato e il gas nitroso hanno una marcata influenza per diminuire 1' intensità della corrente muscolare. Quinto — Varia 1' intensità della corrente muscolare secondo la temperatura nella quale per un certo tempo hanno vissuto gl'animali; è imi- tile di osservare che questo risultato non può scuoprirsi che in quegli animali costretti come le rane a prendere la temperatura del mezzo in cui vivono. Sesto — Cresce l' intensità della cor- rente muscolare proporzionalmente al rango occiq^ato dagl'ani- mali nella scala degl' esseri, mentre la durata di questa corrente dopo la morte varia in una ragione esattamente inversa. ( filo -IO ilBii^.ie;: hr.'\;v.'\r : ';.i. ■-<. ' : --j^ ojk,: j1/;ì;;. :.- io4 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. Avvicinando questi risultati a quelli generalmente am- messi dai Fisiologi e tratti da un gran numero di esperienze, sulle varie proprietà vitali dei muscoli, è impossibile di non scorgere che la proprietà dei muscoli, legata immediatamente colla corrente muscolare, è quella che Haller chiamava irritabi- lità, e che credo oggi sia designata dai Fisiologi col nome di routrattibilità organica, o semplicemente contrattibilità. Quanto alla maniera di rappresentarsi V origine della cor- rente nniscolare, non trovo in queste mie nuove esperienze che una conferma dell' opinione di già emessa nei miei pre- cedenti lavori. L' azione chimica che avviene nella nutrizione del muscolo, principalmente quella che avviene nel contatto del sangue arterioso colla fibra muscolare è con ogni proba- J)ilità la sorgente di questa elettricità nei muscoli. Io non starò <{ui a ripetere tutte le molte e minute ricerche e cure che ho avuto nella lunga serie delle esperienze tentate, onde esclu- dere qualuiKjue cagione di corrente elettrica estrinseca al mu- scolo; e per chi avrà voluto seguitare la descrizione delle mie esperienze, non potrà conservar dubbio che V origine della corrente muscolare è nel muscolo vivo o dotato di un certo grado di vitalità. Le esperienze riferite facendo agire la pila muscolare nel vuoto, nell' idrogene, nell' ossigeno^ nell'acido carbonico, provano con tutta l'evidenza che non è l'azione ilei gaz sulla superficie interna del muscolo che cagiona la corrente. A togliere ogni dubbio ho spinto le precauzioni sino a preparare le mezze coscie di rane con forbici dorate ed an- che con lastre di vetro alla meglio taglienti. La corrente mu- scolare è stata la stessa, come di certo doveva essere. Mi si |)0trà dire, ragionando in una teoria sempre celebre, quantunque oggi da molti abbandonata, che la cagione della corrente musco- lare risiede nel contatto delia parte interna del muscolo colLa parte esterna, ossia di due corpi eterogenei. Sia pur questa la interpretazione la più senqìlice di tutti i fatti da me trovati: mi basta che sia ben stabilito che ([uesto contatto di parti ete- rogenee del muscolo genera elettricità nelle condizioni trovate, e quali sono descritte nei risidtamenti generali or ora riferiti. Memoria del Prof. C. Matteucci' 28-5 Quanto a me mi trovo più soddisfatto di dire che lo svi- luppo dell' elettricità avvieri© •iiéK muscolo vivo per 1' azioa chimica, che ha luogo fra il sangue arterioso e la fihra mu- scolare, che i due stati elèttrici'' svolti nel momento si neu- tralizzano nelle condizioni naturali del muscolo nei punti stessi ove si svolgono, e che nella pila muscolare da me immaginata una porzione di questa elettricità è messa in circolo, come avverrebbe in una pila di acido e di alcali, separati fra loro da un corpo semplicemente conduttore. Terminerò questa Memoria sulla corrente muscolare rife- rendo una esperienza che mi par diretta a stabilire secondo queste vedute l' origine della corrente muscolare. Ho preparato con una membrana finissima d' intestino cieco uu gran numero di piccoli coni del volume all' incirca di una mezza coscia di rana. A questo fine si tagliano dei pezzetti triangolari della suddetta membrana, poi si ripiegano a cono sopra una piccola forma di legno e s' incollano con gomma. Allorché questi piccoli coni erano disseccati^ facevo preparare una certa quantità di fibrina sbattendo del sangue di un bue appena ucciso. Ho empito immediatamente di questa fibrina imbevuta di sangue i suddetti coni ed ho composta con essi una pila di 20 elementi esattamente simile alla pila delle mezze eoscie. Non ho ottenuto da questa pila e col piìi sensibile dei miei galvanometri, alcun segno di corrente. Né si creda che mancasse la conducibilità nella pila descritta : infatti ho pre- parato 4 mezze eoscie di ran«, le ho aggiunte ai 20 elementi suddescritti, ed ho ottenuto una deviazione da questa pila di poco diversa da quella che la pila dava agendo sola. Questo fatto prova con evidenza non bastare la semplice eterogeneità delle parti animali, onde produrre la corrente muscolare : questa eterogeneità dev' esser quella che si riscontra nel muscolo vivo. ■■i(n!yv»iui onìiììV.ìitii'.'^L'ì^h dkts Oliò fiìb ór;q t?. ^iùi']iyt<\ ■ o afri' -s>^ r. •- Paragonando però le tre pile suddette, fatte con rane as- soggettate alle cagioni d' indebolimento, ho trovato sempre una differenza nei segni della corrente propria a vantaggio della pila delle sole gambe. 'i'; ' ' i •• • . . : i l Ricorderò ancora un altra esperienza descritta alla pag. i i(> del mio libro, fatta con una pila (fìg. 6) di mezze rane a cui è tolta la mezza coscia superiore. Sono in questa pila in op- posizione la corrente propria e la corrente muscolare, per cui la corrente che s' ottiene è debolissima e qualche volta nulla. Ho osservato però costantemente che se le rane adoperate in questa esperienza erano molto robuste e nelle condizioni che abbiam visto favorire la corrente propria, i segni della cor- rente data da questa pila, sempre debolissimi, erano in favore della corrente propria; mentre invece allorché le rane erano prese nelle condizioni sfavorevoli alla corrente propria, la de- bole corrente data da questa pila era in favore della corrente muscolare. . ■■■ • ; :■ ■ -/i.:!--!'- vi.. ::(-. .0 ìjm ;;• . Da tutto 1' insieme di questi fatti mi trovo nuovamente costretto a concludere come in seguito delle mie prime espe- rienze, che la corrent(; muscolare e la corrente propria, sono in generale soggette alle stesse leggi e che ambedue queste correnti variano nello stesso senso sotto le stesse circostanze. Ma perchè mai la corrente propria appartiene esclusiva- mente alla rana? Ecco la dimanda che da molto tenqjo mi fo e alla quale spero alla fine di aver data una risposta abbastanza soddisfacente. ■ ' . 'j! ; . ■';.:, ; Avevo visto pili volte, operando assai rapidamente sopra conigli, sopra piccioni, sopra polli, che si giungeva spesso ad avere i segni delle contrazioni proprie, e che quindi si ripeteva sugli animali a sangue caldo la celebre esperienza del Galvani. Memoria del Prof. C. Matteucci 2og Tolte le coscie a questi animali, scopei-to il nervo e ripiegato sulla gamba, si veggono frequentemente le contrazioni. Queste si ottengono anche più costantemente componendo pile con tali coscie, facendo toccare il nervo sulla gamba. Tutte le volte però che ho tentato di compor pile con tali coscie, ho sempre ottenuto i segni della corrente muscolare, per cui le contra- zioni potevano attribuirsi a questa corrente. Notiamo però che nel compor queste pile è impossibile di non mettere in circolo la parte interna del muscolo, per cui si rifa sempre una pila analoga a quella delle mezze rane ta- gliate alla metà della coscia ( fig. 6 ) . Osservando i punti della gamba della rana che convien toccare onde meglio riescire nella contrazione propria, si è osservato sin da Galvani che sono quelli della superficie del tendine funicolare con cui il muscolo gemello o gastronemio s' inserisce sul calcagno. In una mia esperienza descritta pag. io5 avevo tentato di togliere la superficie tendinosa ai muscoli delle gambe : componendo poscia la pila colle rane così preparate avevo la corrente come prima diretta cioè dai piedi alla testa nell' ani- male. Non provava però già f[uesta espei'ienza che la corrente propria esistesse indipendentemente dalla superficie tendinosa del muscolo: difatti togliendo il tendine venivo a scuoprire il muscolo ed a preparare cosi una pila muscolare in cui la cor- rente ascende diretta dall' interno all' esterno del muscolo e quindi nella stessa direzione della corrente propria. Ecco le esperienze che mi hanno condotto a generalizzare il fatto della corrente propria della rana. Non è difficile di preparai-e il muscolo gemello o gastronemio della rana, lascian- dogli un certo tratto del tendine funiculare o tendine d'Achille, che va ad inserirsi sul calcagno e facendo alla parte superio- re il meno di guasto possibile al muscolo. Ho preparato un gran numero di questi elementi e gli ho disposti in pila come si vede nella ( fig. g. ) di maniera che 1' estremità tendinosa venisse in contatto del ventre del muscolo. Ho ottenuto da que- sta pila i segni di una corrente diretta nel muscolo dal tendine Tomo XXIII . 37 o()o Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. al muscolo, cioè la direzione stessa della corrente propi'ia. Confrontando tra loro pile di un egual numero di elementi di sole gambe o di soli muscoli gastronemi, l' intensità della cor- rente è stata sensibilmente la stessa. Egualmente non è difficile di preparare sulla rana il muscolo retto anteriore della coscia, lasciandogli l'estremità tendinosa die s' inserisce sulla rotula e scuoprendo il meno di superficie in- terna muscolare dalla parte superiore. Ho così potuto formare una pila con tanti muscoli retti anteriori della coscia dispo- nendoli sempre in maniera che 1' estremità tendinosa posasse sulla supcriicie del muscolo il più lontano possibile dall' inter- no del muscolo stesso. Una pila cosi formata mi ha dato segni costanti e distintissimi di una corrente diretta nel muscolo dal tendiiu; al muscolo. Quanto all' intensità, devo dire che ho sempre ottenuto segui più deboli da una pila di retti anteriori della coscia di <{uello che da una pila o di mezze gambe o di gastronemi. Ed e molto naturale che la cagione di questa dif- ferenza sia dovuta al circolare che fa sempre una porzione di corrente muscolare in direzione contraria all'altra. E in verità per poco che si cambi la disposizione degli elementi di queste pile in modo che il tendine di uno degli elementi posi vicino o in contatto all'interno del muscolo (fig. io), i segni di ogni corrente divengono debolissimi o cessano affatto. Ho pur preparato sulle rane un certo numero di cubitali anteriori o muscoli dell'avambraccio, i quali hanno pure nella loro estremità verso il carpo un nastro tendinoso assai ben distinto. Uua pila fatta con questi muscoli, disponendo al so- lito il tendine sulla superticie muscolare dell'elemento prossi- mo, mostra segni costanti e distintissimi di una corrente diretta dal tendine al muscolo nel muscolo. Ecco intanto sulla rana generahzzato il fatto della corrente propria: nei muscoli di questo animale la corrente è diretta dal tendine alla superfi- cie del muscolo. Mi rimaneva ad estendere questo fatto sopra i muscoli degli animali a sangue caldo e 1' esperienza non ha mancato Memoria del Prof. C. 3Iatt£ucci ajpe di corrispondere in una maniera da non lasciare alcuna esita- zione. Ho adoperato in queste esperienze polli, piccioni, conigli e cani. È necessario di agire sopra questi animali con gran- dissima rapidità, perchè, come per la corrente muscolare, i se- gni della corrente che ora studiamo, si estinguono assai pron- tamente. Non meno di 6 ad 8 elementi sono necessai'j per aver segni di questa corrente che non lascino alcuna esita- zione. In tutti questi animali le estremità muscolari rivolte verso il piede hanno il loro tendine assai più distinto e rac- colto che dalla estremità superiore opposta. Avrei voluto sulle prime separare i diversi muscoli, come lo avevo l'atto sui muscoli delle rane, ma il processo riesce assai più difficile coi muscoli di questi animali, ottenendosi sempre una grande la- cerazione del muscolo. Per meglio riescire dopo aver tolti gt' integumenti, taglio la coscia più vicino possibile all'artico- lazione ileo-temorale, e nei piccioni si riesce facilmente a lar la disarticolazione collo strappamento. Si asciuga bene la su- perficie di questi elementi e si forma la pila ( Fig. 1 1 ) dis- ponendoli in maniera che 1' estremità inferioie della gamba dove i tendini si riuniscono, posi sulla superficie delle masse muscolari della gamba. In questa maniera i muscoli della co- scia non hanno alcuna parte nel circuito. Con una tale dis- posizione da 8 elementi ottenuti operando sopra conigli o so- pra piccioni, si hanno i segni di una corrente che è di li" a iS" a ao" nel mio galvanometro diretta nella pila dalle estremità tendinose alle superfici muscolari. Basta di fare in- tervenire le coscie in questa pila (Fig. la), di metter cioè r interno del muscolo in contatto dell' estremità tendinose perchè si rovesci il segno della corrente, avendosi allora la corrente muscolare . Ciò che prova come è necessario per avere i segni della corrente diretta dal tendine al muscolo di non comprendere nel circuito alcuna porzione dell'interno del muscolo. co :-i ;.iitifi;;,p n<.0 .f;!!!*!'.-!-!;;:: Ì'ìIj o '. ^'.)r: 292 Ricerche Elettro-Fisiologiche ec. Concludiaino dunque che « toccando una massa musco- « lare di un animale vivo o recentemente ucciso con un arco « conduttore omogeneo di cui una delle estremità è in con- « tatto col tendine del muscolo, 1' altra colla superficie del « muscolo stesso, si ottengono i segni di una corrente elettrica « che circola nella massa muscolare, dirigendosi dal tendine « alla superficie esterna del muscolo. » Com[)rende questo fatto quello della corrente propria della rana. ! . ^ Non dimentichiamo che dall' insieme di tutte le nostre ricerche è provato che la corrente propria e la muscolare sono soggette alle stesse leggi ed hanno così, con ogni pro- bahilità, una sorgente comune. Io invoco qui di nuovo lo studio degli Anatomici sulla struttura dei muscoli e sulla relazione che esiste tra le fibre muscolari, il tendine e la membrana o sarcolema che inviluppa il muscolo. Se io ho ben compreso i classici lavori del Sig. Dott. Bowman , ne verrebbe che le estremità delle fibre elemen- tari muscolari sareljbero immediatamente connesse e conti- nue colla libra tendinosa ; mentre il sarcolema che veste il muscolo cesserebbe bruscamente dove comincia il tendine. Non posso astenermi in seguito di questa disposizione dall' emettere sull' origine della corrente propria una ipotesi che lidurrejjbe ad un solo principio tutte le nostre cognizioni di elettricità animale. S' annnetta che la hbra tendinosa per la sua struttura, per i suoi rapporti colla fibra muscolare, per la sua conducibilità, rappresenti la parte interna del muscolo e che il sarcolema invece sia distinto sotto ([uesto aspetto dalla fibra muscolare : il caso della corrente propria o della corrente dal tendine alla superhcie muscolare diventerà il caso il più semplice il più generale della corrente nmscolare. Non dimentichiamo mai le analogie dell' elemento elettromo- tore muscolare coli' elemento voltiano : lo zinco e rappresen- tato dai dischi della fibra muscolare; il liquido acido dal san- gue; il j)latino dal sarcolema. Con (jualunque corpo conduttore Memoria del Prof. C. Matteucci agS si faccia comunicare lo zinco col platino, la corrente è sempre ugualmente diretta. Se dall' anatomia è ben provato che le estremità tendinose si continuano colle estremità delle fibre muscolari, e che il sarcolema, che inviluppa il solo mu- scolo e non il tendine, non si continua, non si fonde colla fibra muscolare, l'analogia fra l'elemento muscolare e il vol- tiano sarà perfetto. Le azioni chimiche della nutrizione svolgono elettricità. Pisa 20 Aprile 1845. |^; ,;\, oloo3j/f|0 Wff tii^flrihrcjg imi "stili) I CU «i e 'J \'.)V 1 ■; .1 ;;,'•: iu?)m€nfiiìnoji oiabfià'i ' • .iJr.liiJsoq hnsii-^^t iùh oliJ(B(i 0/108 òj)ijw| III yliJoni 'VQA );:- .("T .■^i'ì') Q OllIi;i ' 'ima :,::jLìV' tì;.,: y. U J;JJ0'/ fin aliffoin 17 i^nV^EJKa cnn ->esit L'Uiu([ un -laq alii'imnouitno:-! i=er<[ oiì'i olìoffi f:i (Ivi Il . m:I, i.ii . i^'Iobn^J ' Kii-.-^iij -i.i. ; 111 . i;t III! ih OG -'--r(! rl'o A .Bìoiognfc'l ifiid /i.,oiiìl ili ialiflouinu (Ajiit>if. owiigeiailÈjniae U lf>i) : -«.'j'jruoo J.;>b olwfi lóy otoI biÌ siJi/n ;..iqtjoL "^ cOJogoB rin slidtirBY aJngniDfiaiJnoa o-iobri'n b ovias oilu .(S ,4^ .'gB ) ;kiìì-i'j7 o??,Oj* oI obiiBViar. .-,;- ,r. ,. , ,.,gg olaomu'^ta ol^odo rt'iJioni oinriusOo-'; «H ih taif;id.'9f<'fr. BfiifO'Bnir corri Inoo o^Jdfrt oùSi lO'^ .1 . * "1 ' TRISEZIONE GEOMETRICA '^' ^ . : DEGLI ARCHI DI CERCHIO E DESCRIZIONE DI CURVE ALGEBRICHE ' COL MEZZO DELLA BASE VARIABILE DI UN TRIANGOLO .. . MB^MORiA „: ■;;., ) ! 1 • ! B.icevj/ta adì iìi Maggio i845. N. leiraiino ìSi-2 ho stampato mi Opuscolo Trisezione geome- trica di qìialuniiiie arco dì cerchio^ ove ho risolto il prohlema col semplice mezzo di rendere continuamente variabile la base. di un triangolo isoscele. Sono partito dai seguenti postulati. I. Mentre una retta AD è mobile al punto A, un'altra retta D K può essere mobile al punto D ( Fig. i ). a. Come in Geometria si rende mobile un punto lungo una retta, cosi viceversa si potrà rendere mobile una retta KD in modo che passi continuamente per un punto iisso C. 3. In conseguenza j)ossono rendersi continuamente varia- bili l'angolo al vertice A e la base DC di un triangolo, re- stando immobile il lato A C ( fig. 3 ) . Ho descritto uno strumento semplicissimo che ho tatto costruire per ottenere in un triangolo isoscele il moto continuo del terzo postulato. Consiste in tre righe, due eguali, 1' altra dopi)ia unite tra loro col nodo del compasso di Galileo, nodo che serve a rendere continuamente variabile un angolo, con- . servando lo stesso vertice ( fig. 4') -^ ) • Ho accennato inoltre che lo strumento serve a descrivere col suo moto continuo una curva algebraica di quarto ordine, INIeMORIA del DoTT. AmB. FuSINlERI 2g5 detta trìsecatrìce, perchè serve a trisecare qualunque arco di cerchio. Ho immaginato in seguito di rendere continuamente va- riabile la base di un triangolo qualunque col mezzo del com- passo e di una riga. Fatto centro in A, l'apertura del com- passo è la retta mobile A D ( fig. 3 ) ; e la punta D del com- passo move la riga DK in modo che passi sempre pel punto fìsso C, e come dirò qui sotto. Descritta la curva trisecatrice o collo strumento o colla riga mossa dal compasso, riesce facilissima la costruzione delle equazioni di terzo grado nel caso chiamato irreducibile^ che hanno le tre radici reali. Col moto di continua variazione della base di un trian- golo isoscele si descrivono quelle curve algebriche del quarto ordine delle linee, che appartengono alle concoidali aventi il cerchio per linea direttrice ; e riducendo scaleno il triangolo a base variabile soige la descrizione di altre curve dello stesso genere. :ijtiy .;>**<). i;f!fi ^J okrgufii riOfi Vengo ora a dare brevi cenni di queste cose ulteriori , quanto semplici altrettanto feconde di conseguenze, ben facili a vedersi per la costruzione delle equazioni. 'S--'i.'^' ,., ;;.•,:(: .... Trisezione degli archi di cerchio e strumento relativo. Riassumerò in primo luogo la risoluzione del Problema data neir Opuscolo, e ripetuta dal Sig. Prof. Lotteri nelle sue Lezioni di Introduzione al calcolo sublime T. II, Sez. I, Gap. XIII. Probi. Dato un arco di cerchio trovare la sua terza parte. Le ligure 4^ 5 della Tavola presentano i due casi di ar- chi minori e maggiori di un semicerchio. Risoluzione. , , I . Preso per raggio G A uno dei due lati eguali dello strumento si descriva l'arco AL simile al dato, e si conduca la corda. - > : ■2<)b Trisezione Geometrica ec. ' a. 11 terzo lato DK dello strumento eh' è doppio degli altri, ha una divisione a metà in F. Si collochi immobile il lato CA dello strumento sul ia-_^'\',ni(u'l) Della curva trisecatrìce. mi- . . I. Nel triangolo isoscele A CD' (fig. 11 ) secondo il §. I il lato A C è immobile ; il lato eguale A D' è mobile al punto A, e la base D' C mobile al punto D' è continuamente varia- bile di quantità. La retta D' K che porge quella base varia- bile è doppia di ciascuno dei due lati, ed è divisa a metà in F'. Sicché D'F':=AC = AD'. Si concepisca descritto dal punto Tomo XXIII. 38 agS Trisezione Geometrica ec. C col raggio CA il circolo degli archi da trisecarsi. Per quel moto continuo il punto D descrive un altro circolo che ha centro in A e che passa pel centro C del primo. Nello stesso tempo l'estremo F' della costante D'F' descrive una curva. Il suo principio è in A quando A G -+- A D in diretto coincidono con DK; prosegue per F'/F^, e passa pel punto G quando D'' si trova al punto G^ di intersecazione dei due circoli. Indi mentre il punto 1) descrive l'arco D"" D' G, la curva continua nell'area dell'opposto quadrante per F'F'F'*; e quando A D coincide con A G, la curva si trova in F* alla periferia del primo circolo, sull' estremo del raggio G F' che la angolo retto con A G. a. È chiaro dalla dimostrazione del Prohlema di triseca- zione (5-1) che le corde AF', A/ della curva sono eguali alle corde AG', Ag degli archi di cerchio determinati dai raggi GG, Cg che passano pei punti F',/ della curva. Ed è chiaro egualmente dalla stessa dimostrazione, che quelle corde AG\Ag sottendono le terze parti degli archi di cerchio de- terminati dalle corde AL che passano pei punti/della curva. Quindi descritta che sia la sola parte di curva A F' /G nel primo quadrante del cerchio, serve a trisecare gli archi fino al semicerchio in questo modo. Si conduce la corda AL dell' arco dato, la quale taglia la curva in un punto /. Per quel punto si conduce il raggio G/g, e si haAg terza parte dell' arco A L. Gosi conducendo il diametro AG ec. il raggio AG è corda della curva AF'/F\ Ed essendo AG^ = AF% si ha l'arco A G^ sotteso dal raggio, terza parte del semicerchio. 3. Si può dunque in tavole metalliche avere incisa nel primo quadrante di un semicerchio la parte di curva AF'/F^ ( fig. II ); e queste tavole possono essere diffuse ad uso uni- versale, per la facilissima trisezione di tutti gli archi fino al semicerchio ; il che è più che sufficiente. 4. Se negli altri due quadranti del circolo si descrive in senso ojjposto la stessa curva di cui sopra ( n. x ) , si ha la Memoria del Dott. Amb. Fusinieri agg curva mostrata dalla tig. la. In quel caso la corda AL di arco maggiore del quadrante taglia la curva nei due punti y, F; pei quali conducendo il raggio C/"g, e l'altra retta FCG che passa pel centro, saranno, per la risoluzione del Problema (5. I e fig. 5, 7), Ag terza parte del segmento minore AgL, ed A G terza parte del segmento maggiore A G L del cerchio. 5. Ma la curva mostrata dalla fig. la non è che una porzione della curva che rientra in se stessa con un nodo interno, come mostra la fig. i3. Viene questa descritta per intiero con due rivoluzioni di un triangolo isoscele a base va- riabile, ai che non serve lo strumento di sopra descritto delle fig. 4^ 5 ( 5. I ). Serve invece una riga mossa col compasso, come passo a descrivere. §. III. " •■' '''•■'''' '^ Come colla riga e col compasso si renda continuamente variabile la base di un triangolo isoscele, e si descriva la curva trisecatrice. ;> .•>f;f..j j r k . •■ if;',C) I. Si faccia una riga DK ( fig, 3 ) o di metallo o di le- gno, la quale in D abbia una piccolissima nicchia, ove collo- cata una punta del compasso cada esattamente sulla estremità D di quella retta. Fatto centro in A coll'altra punta del compasso si mova la riga, mentre si descrive l' arco D D. Movendo in quel modo la riga si potrà fare che passi continuamente per un punto fisso G , se per esempio in C vi sia lo spigolo acutissimo di un prisma triangolare fissato sul piano della figura. Se le rette AC, AD sono eguali, e se D K doppia di cia- scuna ha un segno al suo mezzo, si ha 1' equivalente dello strumento ( fig. 4i 5 ) di sopra descritto per la trisezione de- gli archi di cerchio ( §. I ) . a. Si è veduto ( §. II, n. 45^) che collo strumento a due nodi del compasso di Galileo, adoprato due volte in sensi 3oo Trisezione Geometrica ec. opposti, si descrive soltanto la parte compresa nel circolo ( lig. li) della curva trisecatrice, che rientra in se stessa con un nodo interno ( fig. i3 ). Non si può con quello strumento descrivere la parte della curva esterna al circolo, perchè la retta mobile A D giunta col punto D al centro C del circolo, non può oltrepassare la retta fissa AC (fig. 1 1 ). Al contrario movendo col compasso la retta DK (n. i ), la retta AD può oltrepassare AC; e dopo quel passaggio DF resa tutta esterna alla base variabile CD del triangolo isoscele, continua a descrivere col punto F la curva anche fuori del circolo (fig. ii, 12,, i3), purché la retta KFD prolungata indietro continui a passare sempre pel punto C. In questo modo con due rivoluzioni del triangolo isoscele a base variabile, il punto F descrive la intera curva della fig. 1 3. Partendo cioè dalla posizione dei due lati A C, A D in di- retto ( fig. 1 1 ) si forma poscia il triangolo isoscele A D' C ; e quando i due lati eguali coincidono in AC è descritta dal punto F una parte di curva entro il circolo A F' F"" F^ F-*. Poi quando AD ha oltrepassato AC, la retta DF è divenuta tutta esterna alla base del triangolo isoscele ; e quando i due lati A C, A D tornano ad essere in diretto il punto F ha descritto il rimanente della metà della curva (fig. i3 ) eh' è fuori del circolo (fig. li)- E questa la prima rivoluzione del triangolo con cui viene descritto prima la metà a destra del nodo ; poi la metà a sinistra del resto della curva ( fig. 12, i3 ) fuori del nodo. Quando dall'essere di nuovo ì due lati AD, AC in diretto (lig. II ) tornano a formare il triangolo isoscele AD'C, ma colla retta DF tutta esterna alla base, fino a nuova coinci- denza dei due lati AC, AD, il punto F descrive f altra metà della parte di curva, eh' è fuori del circolo. E quando dopo quella coincidenza, A D ha oltrepassata di nuovo la retta fissa AC, il punto F torna a descrivere la curva entro il circolo. Quando F ha oltrepassato di nuovo il centro C, ritorna ad essere nella base variabile del triangolo j e finché i due lati Memoria del Dott. Amb. Fusinieri 3oi AD, AF ritornano in diretto, il punto F descrive l'altra metà del nodo. È questa la seconda rivoluzione del triangolo iso- scele, colla quale viene descritto prima la metà a destra della curva fuori del nodo; poi la metà a sinistra dello stesso nodo (fig. ,3). 3. Io feci costruire una regola di ottone quadrupla di A C ( fig. 1 1 ) con piccola nicchia alla sua metà, ove la punta del compasso coincide col punto D. Ciascuna delle due porzioni è pure divisa a metà, e dicansi que' due punti F', F. Un prisma triangolare di ottone ha uno spigolo acutissimo C , ed è alto come la grossezza della regola. Si rende fisso il prisma sopra un piano col mezzo di tre puntine che ha alla sua base. Si fa l'apertura del compasso A G eguale alla parte DF della regola, e fatto centro in A, coli' altra punta del compasso si movono le D F' D F, in modo che esse o i loro prolungamenti passino continuamente per lo spigolo C del prisma. I due punti F, F' della regola descrivono ad un tempo la parte in- terna e la parte esterna al circolo della curva trisecatrice (fig. ir. i3 ). Cosicché con una sola rivoluzione si descrive la intera curva, , S- IV. " .■," ... ,. Come la trisecatrice serva alla costruzione delle equazioni di terzo grado nel caso irreducibile. , I. È noto che essendo a il raggio del circolo, b la corda di un arco dato, x la corda della terza parte dell' arco, si ot- tiene x^ — 3a^x-l-a^Z'=o. Confrontando questa equazione colla generale x^-{-px-^q-=zo risulta che p è negativo ed insieme £- >. ^j i quali due ca- ratteri costituiscono il caso irreducibile; quello cioè ove tutte tre le radici sono reali, due positive la terza negativa, ed è insufficiente la formula di Cardani a risolvere la equazione. E noto parimenti che essendo AL l'arco dato, le tre ra- dici lineari della equazione sono : 3oa Trisezione Geometrica ec. I. Corda di i AL • a. Corda di | ( 36o° — AL) 3. _ Corda i ( Sóo" -h AL ) . Il modo usato dai Geometri per trovare queste tre radici fa la intersecazione di due sezioni coniche; una delle quali il circolo come il più comodo. Ma per ogni arco dato AL bisogna riimovare le descrizioni e le intersecazioni di quelle curve. a. Trovato secondo il problema della trisezione il terzo dell'arco dato A L la corda di cui è la prima radice, è ben facile determinare le altre due. Ma ecco un modo semplicissimo. De- scritta che sia la curva trisecatrice, essendo l'arco dato AL, la sua corda taglia la curva nei due punti /, F ( fig. 12,). La retta A/=Ag è corda della terza parte del minore segmento, e la retta AF = AG è corda della terza parte del maggiore seiimeuto del circolo , come dall' esposto al 5- Hi »• 4' dalle figure 4i 5' ^■) 7'-> ^ dalla risoluzione del Problema (5- !)• Sono dunque A g, AG, ossia A/, A F le due prime radici dell' equazione. Si prolunghi oltre il punto A la corda LA, finché taglia di nuovo la trisecatrice (fig. i3 ). La retta compresa fra il punto A e la parte esterna al circolo della curva è la terza radice negativa. Sulla stessa retta dunque condotta pel vertice A del nodo della trisecatrice si ha da una parte la corda dell'arco dato, le corde delle terze parti del minore e del maggiore segmento, e alla parte opposta la corda di 120° più un terzo dell'arco dato, eh' è la terza ladice. Ed anche senza la previa descrizione della trisecatrice si trovano le tre corde, ossia le tre radici reali delle equa- zioni di terzo grado nel caso irreducibile col solo uso del com- passo e di una riga che sia mossa da quello, conducendo il punto F sulla corda dell' arco e sul suo prolungamento da ima parte e dall'altra. Memoria del Dott. Amb. Fusinieri 3o3 Di altre curve descrìtte con triangolo isoscele, e con trian- golo scaleno a basi variabili ; e delle loro equazioni. ^ ' I. Premetto la equazione della trlsecatrice, presentata sotto altra forma dal Prof. Lotteri e da Garnier da lui citato, il quale non conobbe né lo strumento del §. I né l'altro modo che ho proposto ( §. Ili ) per la descrizione della curva. Sia AC = AD' = D'F'=a (fig. 1 1 ); CP ascissa = ^ci PF semiordinata =7; saranno: CF = ^/ (x^-h/^) d' onde AP = c — x; AF = i/(a— a;)^-H7^ = AG' (5. I); FG = a— i/(a-^-*-/'); "^■- ■ •• — AC: AF = AF: FG ( 5. I ) -, AF^ = AC XFGì ■'jifi.-'ii-^... j4 _(_ ( 2,x' — ^ax — a* )7^ -<- [x"" — ^ax-^^a'') x^z=o y = ±i/ ^[a^'-i-^ax — 2.x''±ai/a(a-i-8x) ] - '" 2. Se ritenuto AC = AD' si prende sulla retta D'K una costante qualunque D'F, col moto di A D al punto A e di D' K al punto D' si lia ancora un triangolo isoscele a base variabile ( fig. 11); ed il punto F' descrive in parte collo strumento del 5- !•> fig- 4' -^^ o i" tutto coUa riga mossa dal compasso, come al 5- III5 delle curve concoidali, che hanno il cerchio per linea direttrice. Caso singolare di tali curve è quello della curva trlseca- trice, ove D'F = AC = AD'. La equazione generale di tali curve si ottiene in questo modo (fig. Il) AC = AD' = a; D'F' = /;; CP = x; PF'=j; saranno C F' = ,/ ( x^H-j" ) ; C D' = / ( x^-Hj^ ) -H Z». 3o4 Trisezione Geometrica ec. Se si concepisce condotta anche la retta DD', il trian- golo rettangolo DD'G è simile al triangolo rettangolo CPF'; d' onde 1' analogia C F' [ / {x^-hy') ] : C P (a) = C D {-^a) : C D' [ / (x^-H/^) -+- b ] quindi : x^-i-y^'-i-b [/ (x^-H/^) — 2.ax = o j^ -4- {■2x''—4ax — b^) 7^ -+- (x^— 4a.TH-4«^ — ^') a:* = o se a=b, com'è il caso della trisecatrice, queste equazioni si riducono alle precedenti ( n. i ) . 3. Se il triangolo ADC è scaleno (tìg. 3) ancora si può rendere continuamente variabile la sua base, sia con istrumento simile a quello del 5- I ( ^g- 4' ^ )' *'^ con una riga mossa dal compasso come nel 5- III (fig. 1 1 ). Presa sulla retta D'K una costante D' F', il punto F' descrive con quel moto conti- nuo, o in parte collo strumento a due nodi, o in tutto col secondo mezzo, le curve relative. Anche queste appartengono alla famiglia delle concoidali che hanno il cerchio per linea direttrice. Sembra che tal genei'e di curve non sia stato dai geometri considerato; ed è certo che nessuno ne ha data de- scrizione con un moto continuo semplice come io propongo. Resterà a cercare i risultati ulteriori di queste prime indagini, ed a quali utili applicazioni possano servire. Dicendosi (fig. ii) AC=:a; AD' = c; D'F = b. E prese ancora le ascisse sul lato fisso A C dal punto C per cui passa la base variabile D' C; CP = a:, PF=/, si arriva alla seguente equazione. [/ (x'-f-/") (.r^-t-j^-H/^'-f-a" — e' — 2.ax) -+■ %b (j;^-f-/^) — O-abx = o facendo AC^AD; ossia a = c, risulta l/ (x'-f-/^) ( x-^-Hj^-l-i^ — 2.ax) ■+- 2,b [x^-h-y^) — 2.abx=:o x-^y-^b'—^ax^xb / (z^-f-/^) — p^J^) = 0. Nel caso di a-=.c si ha pel precedente n. a x^-^y^-^-b |/ [x^-^y"-) — %ax = o \ Memoria del Dott. Amb. Fusinieri 3o5 sottraendo questa da quella resta j r ;-. eh' è la medesima del n. 2. - Cosicché la equazione nel caso del triangolo scaleno ri- dotta al caso di « = c, contiene due volte la equazione di quel caso di triangolo isoscele ( n. a ), ciascuna eguale a zero; il che conferma la verità della stessa equazione nel caso dello scaleno. Se sia geometrica la trisezione di sopra data degli archi di cerchio. I. Quando ho pubblicato la trisezione collo strumento dei §. I i geometri si sono divisi di opinione circa il termine di geometrica. Chi diceva che per essere risolto il problema con curva descritta per moto continuo e non per punti vicini, la riso- luzione era geometrica. Chi diceva che appartiene alla geo- metria sublime e non alla elementare. Chi diceva che non è geometrica per non essere eseguita col mezzo della riga e del compasso. Il Sig. Lotteri medesimo (T. II, pag. 201) ha detto che la soluzione del problema, a rigore non si può dire geometrica., senza dire cosa intenda egli per soluzione geometrica; mentre egli stesso chiamò geometriche altre costruzioni fatte con istrumenti ben più complicati di quello da me proposto per la trisezione. , , ■■ ■ ., i-, , Io ho distinto fin d' allora e distinguerò sempre la parte intellettuale della risoluzione di un problema di geometria dalla sua pratica esecuzione. To?7io XX III. ■.,'■, 39 ^oG Trisezione Geometrica ec. Si sa bene che neppure colla riga e col compasso si de- scrivono «[nelle rette e qne' circoli che intellettualmente con- siderano i geometri. Anche coli' uso della riga e del compasso non si la che ottenere meccanicamente delle approssimazioni. Lo stesso dicasi in genere delle descrizioni di curve per moto continuo con mezzi meccanici. Non si arriva mai a quel rigore geometrico del f[uale parla il Sig. Lotteri. Rendere va- riabile la base di un triangolo isoscele, e condurre un punto di quella base sulla corda di lui' arco, sono idee geometriche. La pratica esecuzione non può essere che meccanica. Io distinguo per altro anche nella stessa pratica esecu- zione quo' mezzi che per la loro semplicità si approssimano alla esattezza geometrica intellettuale, da ([uelli che per la loro complicazione se ne allontanano, come sarebbe 1' uso di macchine, il quale accorderò che in geometria non si possa ammettere. Consimili furono le idee di Newton nella Prefazione a' suoi Principi Matematici di Filosofia Naturale, ove ha detto : « Medianica omnis a geometria ita distingnatur, ut quicquid (c accuratum sit ad geometriam referatur, quicquid minus ac- « cnratum ad mechanicam Fundatur igitur geometria in « praxi mechanica, et nihil aliud est quam mechanicae uni- '( versalis pars illa, quae artem mensurandi proponit ac de- (( monstrat. » NOTA Probi. Trovare le tre radici reali nel caso irreducibile col solo uso del compasso e di una riga mobile, come fu ac- cennato al 5- 1^5 n. a. Si risolve questo problema colla riga mobile divisa in «|uattro parti eguali e quadrupla del raggio, ossia dell' apertura del compasso; cioè colla medesima che descrive la curva tri- se«;atrice ( §. Ili ) . Sia come nella figura della Tav. II la corda dell' arco dato A L, la ([uale si prolunghi indefinitamente fuori del cir- cf)lo da aird)edue le parti. Memoria del Dott. Ajib. Fusinieri 807 Si apra il compasso come AG raggio del circolo, e si pianti lina punta del compasso all' estremo A della corda data. Coir altra punta D alla metà della riga a h quadrupla del rag- gio AD si mova la riga in modo che la retta ab passi con- tinuamente pel centro C del circolo. j ' z^ ,, Le divisioni della retta ah in quattro pai'ti eguali sono ai punti F, D,/: indi I. Si conduca il punto F sulla corda AL„ la costante D F è interna nella base variabile D C del triangolo isoscele ADC. Sarà A F la prima radice. a. Si conduca sul prolungamento della corda AL, f'uoii del circolo il punto f della riga. Sarà la retta Kf la seconda radice dell'equazione. ■ ■ ; 3. Si conduca il punto F sul prolungamento alla parte opposta della corda AL fuori del circolo. Sarà AF la terza radice negativa. o Dimostrazione. I . Nella prima posizione della riga a h. A F = cord. are. A G = corda \ are. AL. Come nella Memoria %. \. ' ' ■ . a. Nella seconda posizione della riga ah %\ concepisca condotta la corda Kg essendo Day=rD2 A^C A = Cg, ed es- sendo il punto / sul prolungamento della corda A L , sono isosceli ambidue i triangoli A C g, A D^/". Ed essendo isoscele anche il triangolo AC D^; quindi ang. A Cg = a/zg. AD^/', sarà la base Ag=alla base A^. Quindi isoscele anche il triangolo /Ag. È poi simile al triangolo isoscele gCA perche hanno comune l'angolo g alla base. Dunque «rag. /"Ag = a?zg. A Cg. Ma l'angolo /A g insiste sull'arco gBL, e l'angolo ACg è misurato dall'arco Ag; dunque arco gBL doppio dell'arco Ag, ossia are. Ag è terza parte del maggiore segmento A gBL sotteso dalla corda AL. Ed essendo pel dimostrato la retta A/= corda A g. Sarà siano diametri rispettivi. L'area terminata dalFasse delle ascisse A\ dalle rette j.^ — f,?, x=q, e dall'arco paralxiliro intercetto sarà espressa dalla ibrmola epperò la somma di tutti i trapezi parabolici compresi fra le rette rappresentate dalle etpiazioni x=a^ x=: — a verrà data dalla t'unzionc ^[f,{ {■2n—i)o))-h^f{an(.))-i-^> ( (i/^-f-i)fj )] | Col mezzo della Ibrmola di Fourier completata da Poisson;, cioè

^"-t- ^ /!« «^(«)^^«. 2;_~ (2-+-co5Ì;r) cp^ ^" ^,.^, Integrando ora il secondo membro per parti si ottiene o= ,(2n). + '!-/" f '{«W«2Zr I, .c.T .'> 0 ,'^ ,ai. ■ {2Z-I) = COS (af — i);;rz/ a Sii Su LA Integrazione approssimata ec. Eulero trovò (i): ■— -- '=' -- _i=:oo I jr^ ■r.i^ico i a* i . „i=:oo i a* i , ;=i i^ 6 1=1 i* I. a. 0.4-5 3 i^i :» i.3,....6.'j. à per CUI i=i (2J)»~24 ' ^iz:oo I ;r' yi=:co i i _i=ioo i ''i^ri T^~~6 ~ i=i (2i— I)*"*" "a^ i=i (aif ' ;z=i (ai— if 8 , ■ _ ; .: ■ ■ ^i-co / _3_ I \ _ ^El -izzco / 3 1 \ a. 3 n^ s '''* !=i V (ai)4 "*" (aj— I)* / ~ 1.2. ..5 "4 ~ °' °' ■ "4 ' , ^ • ^ „i=co / 3 I \ a.ii 3r« , / ^^ 2. ( -T-i -7 I = = 0,0044 — ;=i \ (aO (ai— 1)6/ i.a...6.7 ^ ' ^^ 4 avremo quindi per ultimo ■ ' ove ^^(rt)-! '^" («)■■• 5 indicano i valori corrispondenti ad x=:a dei coefficienti differenziali '-7—^5 '^ , f • • • • ; 2. Argomento di non minore importanza si è il calcolo approssimato degli integrali duplicati, al quale oggetto potrà essere utile la formola, che passo a trovare. E noto, che qua- lunque siano i limiti fra i quali si deve estendere un inte- grale duplicato, (juesto può ridursi ad altro integrale i di cui limiti siano quantità date fra loro indipendenti. Supponiamo perciò che si debha calcolare la funzione seguente : fldx fldy4[x,y). : - Suppongo che la equazione z=f[x\/) rappresenti una super- ficie riferita ad assi rettilinei ortogonali, e che si abbia a tro- (1) Introduct. in anal. infinit. Tom. I, Cjp. io. Note del Prof. G. Mainardi 3i3 vare il volume del solido clie ha per base il rettangolo com- preso fra gli assi x\y,e le due parallele date dalle equazioni z=o, x=a; z=c, y=b; ed è terminato da quella superficie. Si dividano, il lato a in n parti eguali e sia - =:o; ed il lato b in m parti eguali e sia - :=d; quindi dai punti di divisione siano condotte le parallele agli assi coordinati x y \e quali divideranno 1' area del rettangolo in molti altri. Da tutti i vertici di questi rettangoli si fingano innalzate le parallele all'asse z fino all'incontro della superficie, e s'immaginino finalmente tutti i prismi a facce piane aventi per basi ognuno di detti rettangoli, e per spigoli normali alla base le ordinate della superficie che corrispondono ai vertici di essa. Rappre- sentata con P{a,b) la somma dei volumi di detti prismi, fa- cilmente comprenderemo essere ■"*" • ., , s (^{o,c)-*-ip[a,o}-t-ipio,b)-t-(p{a,b) . bni ijilflì iffìToaJni ify ovu i'(«,*)=f -2 S [ yi(ro,o)-+-^(rB;J) ]-<-2 2' [f{o,s6]-t-ip{a,sd)'] -42 S ( ] , da (111 SI ilcsiimt! „ u dP f) dP p. (/a 2, do fi ft - Yi — ^ ^^'^^ ^ f f f.da.dh-i f (fi .db H fpda-^ecc: e quindi ricaveremo la espressione di P in serie ordinata se- condo le potenze crescenti di r,?, 6. Ma questo metodo, per altro assai spedito, non tornisce la misura delTapprossimazione, il che conseguiremo coli' analisi seguente. Ricordiamo la formola di Poisson (i) mì!i!:Ì: ^'^-^''~^ /o /o''""-'^''?'("'0 ^ / iwt inx imi inv \ -t-iS I cos — cos >- cos-r- . cos ■ ^- I ■ \ a a 0 b f ' _ „' ìnt imi inx jjTy ■ A £j 2j cos — cos —r- cos cos —r- a 0 a 0 ove eli integrali finiti indicati dalla lettera 2 si riferiscono ai simboli di numeri interi /, /, e si estendono dallo zero all' in- finito. Col mezzo di questa equazione possiamo traslbrmare la funzione P[a^b) nella seguente maniera „.''llcoJ^ ab ' o ■' 0 rvj/, j „ j I -f. coj ijc-t-cos jn-i-cos in . cosjit , . ^ „T-=zn~\ inra -t- 2 ( I -i- cositi) i' COS — , . , „s=.m—i jnsd -^ ^ il -^- COS I7t) 2j COS -y— -t- 4 S COS X rzzi a oB ^a .b =S C fo ^" • ^^^<^ ("'^) [ I -^ ('^-0 -+- ("^-0 -^ («-0 ("^-0 ] ab ■' o ■' o -r^ 7 , j ^Tz:zn~ì ixra ì I -h COS m -t- 2, z. coi — } r=zi a ì (s=.m—i \ iji I-*- i I I coi — j:=i / a < „5=zr?l — I Ì7Ts9 ) ■+■ J I H- coi ;;t -t- 2 ^ cos-j— ! (.-.x-';-)coii ,.,::=>,T,\£V,0^ 0» a b , , „oo 00 • — r / / audt.ma)t 2- i ab ■" o ■' o ^ ' I I i-t-coi in-^-cos ]x-\-cos m-^-cos jn . r=zn—l urrà -2.1 ì-i-cn.tìjr) 2. COJ r:=i a -l-2( I -f-coi /.t) 2. cos—r~ , „r=^/ — I mro -4 -^ COJ — =: r-=.\ a „s:=w— I insB =: -i COS —L — J^:i b :)ilo x;B COJ — COJ ■— 7- a b Per ridurre ulteriormente questa formoia distinguiamo i casi in cui i numeri /, j sono primi ovvero multipli rispetti- vamente di n ed m. Quando siano primi siccome . . „TZ=.n—\ iirro „s-=.m — r inst) i-t-coii;r-t-2 Z COJ ^ = o, i-i-coJ/n^-t-2 2 coj'^ — o 7-=:i a -^ j=i b facilmente riconosceremo che i tei-mini secondo e terzo del valore di P[aJ}) si annullano. Supposti poi i=hn, jz=km avremo P[a,h) = ''-^rofl .a ih ^ , ,^ , ,,^ hnt knu ■ —, I I 0(u,t)dudt 2, z, cos — cos —r- t -(- cos hnn -t- cos kmji ■+■ -+- cos hnn, . cos kmn -t-2(i-t-co.!tm;r)S cos hnr -2(I-^-coshTl7l)'S,' cos kns SZZ.I -4 i cos ìtTrr X X 2 cos kns. Considerando il secondo termine osserviamo che i-k-cos^.ìnin-^'n 2^— ^~' cos2.is7r=2.m da che cos2,im7i^i ,, 2~ ~ cosairrs^m — i cos{-2Ì-+-i)m7i=i ,, I,^~'"~' cos{2.i-i-i)sn:= — i se m è pari; cos {2.i-\-i)?njT= — r , 2^~'"~' cos{2Ì-\-i)s7T=o se jìi è dispari; epperò detto secondo termine si riduce al seguente —ir /o /o '^" '^^ ^ ("'^) 2. ( ^^^ — -*- ^''^ -V ) Passando ad esaminare il terzo termine della funzione P{a,b) noteremo che se A=2/, k=y-i-i,, o viceversa il coef- «11 1 , . hjTt kna • • j ciente del prodotto cos — cos — si riduce come segue I -f- cos hnn ■+■ cos kmn ■+■ cos hnn cos kmn -+- a ( i -<- cos kmn ) S cos hrn ■ 2.([-i-coshmn) z, cosksn-^-A^ coshrnz, cos ksn =z ^ s-=.i ^ r-=.i s-=l\ = 4-+-4('^ — ') — 4 — 4(" — i)=:o se m è pari; Note del Prof. G. Mainardi 3 1 7 e si annulla ancora quando m è dispari. Se poi A, k sono dispari entrambi il valore di detto terzo termine si annulla siano ra, n dispari o pari in qualsivoglia maniera. Concludiamo da tutto ciò che il terzo termine della funzione P {a,b) sussiste unicamente nel caso in cui A, k sono entrambi pari, e si riduce a 4-h4(« — i)-i-4{fn — i)-h4(« — i){n — i)=4mn onde si avrà P{a,h),= fl /^ p(u,t) 2~ ( co. 2JÌ+ cos ^^' ) ^^f /'du.dt. («,0 da dt-^^ ( £ y /* j 5. Note del Prof. G. Mainardi 3 19 fintanto che r7f»-i) ^^,_^ _^ _^ ^^ (»-»-i)^...(n-r-t-2) ) ^,_,^,_ i.a (2«-f-2)(2;2-(-i) •••• (2;ìh-2) .. . (2n — r-t-3) > Rappresentiamo colla lettera N,- il coefficiente di ^"— '-+-' in questa funzione, e poiché r-'t ^■>„_L^o ; •>• J^ (n-^-l)nin — t)...(n — (-1-2)2' Ajc ^,„_., j^ ' o ' r r (2;!-(-2)(2/i-f-i). .. (2n — i-t-à) J o • • avremo ff Nr . cos (p--"-^^ .d(p= ^ p^ d(p cos (p^"—^-' X X [{-211 cos f))' — r {21/ cos (py—' cos (p -^- . . . . ] = -rr^ /'^ drp . cos ... . 2i(2«-+-l)(2j; I) . . .(2?i 25 ■+■ à) Le radici della equazione E[t) = c sono tutte reali posi- tive, mentre se potesse essere t=^r{cos'p±^/ — isenfp) ne ver- rebbe di conseguenza rcos(p= i ^ cioè t=:^±r\/ — i sen(p , e la equazione E{t-{-^) = o avrebbe radici della forma rsenipy^ — i , il clie non è avendo i segni de'suoi termini al- ternativamente positivi e negativi. Ormai non restano cbe a risolvere l' una o l' altra delle equazioni E{t) = c, £{^-i-t) = o, a calcolare la l'unzione /' Y{t)(h; ed a determinare l'errore die si commette assumendo il valore di questa per rappre- sentare l'integrale cercato f'q){a-\-l't).dt. Essendo H»."-' ( ^ -*-/'"' ) ->-'<.'' = = 2^='W __L_ ^ ii- . . . . -K (?„_0 «.' Note del Prof. G. Mainardi 3a5 avremo /' r(t)dt = :z'zr ( -J- ^Ìl....^^_ ) s=" ^- ■^o j=o \n-i-i—s n—s '^ f izzs E' {ai) ed abbiamo ancora s'=" _fil / £(£) ^, = 2-'=" ( -L— +■;?.+ fl \ s'-" -filli Abbisognando di calcolare le funzioni 2'~" ^^^" senza ° izzzo E {ai) risolvere la equazione E{t) = o potremo valerci delle formole seguenti : essendo E' (t) =. {n-\-i) r-H 7Z/?, t"-' -+- posti „^.=-.., ^--.., (.^ = >, 3...., colla divi- sione effettiva troviamo - . £7^ = ;i-J t^-^b,t^-'-^{b,^-i-b:}r-^-i-{b,'-t-2b,K-i-b,)r-'-^ ■ -^{b,^-^4b,'b,-^3b,'b,-^3b,b,^-h^b,b3-i-2.b,b^-i-bs)t'-^ -i-{b,'-h5b,^b,-^-4b,H,-i-6b,^b,^-^3b,^b^-i-6b,b,b3-^ H- a^», /^i -+- 2.b, b^ -H ^3* -4- bj -f- ^*6 ) r-6 ■ • - • -• •/ • • . . ^ •.-..-- •-»---, ,.- . . 5 A persuaderci di questa formola noteremo, che supposto x"-&. x"-'-b, X-' ■ ■ ■ = '«o^^H-"?, :*;^-' .... -4- OT.X— ^ ..... deve essere w, = Z*, 7?7,_, -h b^ ot,_, ....-+- Z*„ ???,_„ ; ' '" quindi fn, = 2;f " l^é ^ „, ^ «^ . . . . ^, «, ' - 2ZZI i.a..É4, xi.2..0jx... 1.2... a„ ' * • • <^n ove nel secondo membro si devono attribuire ad a, a^ ... a„, 7z tutti i valori interi positivi, non escluso lo zero, i quali rendono a,-+-2a,-i-3a3. . . -i- na„ = t—i , a, -t-a, . . . -i-a„ = /i . SaG Su LA Integeazione approssimata ec. Diff'atti ponendo nel secondo membro del valore di m^ le espressioni di lu,^,^ m,^^.... formate con />,, l>^....; e rac- colti i termini che contengono il prodotto ù^"-' />/-«» . . . Z>, ,»» si ottiene I.2,..(/j— l) 7 7 7 7 i.a.. («i — i) XI. 2. «a a; t.a...(;;— 0 1.2... a, .11. 2... iMs — i^a... XI.2. .. a„ i.3...(//— I) 1.2... «I a'I.2... «a i. .. X'I .2... (a„ — l) ... /i — b., . b,""- Z*^«^— I Z», «» -H /',; . /*,«■ b.j^' .... Z^„«" — I = — Tj2^^_i — I ^^^_ ^^ _ _ ^ ^ (cj -i-a -(-....-Ha,,) 1.2... Mi XI .2 ... «a..!'... aM.2... «„ .i V ' - "/ 1.2... h l .2... «i .r... a'I .2 ... M, /> a, ^ CTi .... Z'„«" egnale identicamente al termine che vi corrisponde nella espressione di m,. Il passaggio poi dall' nna all'altra delle f'ormole indicate snperiormente è pressoché manifesto. Ma nel caso di cui ci occupiamo la funzione 2'~" "' /' —^dt si può calcolare speditamente nella ma- i-zzo E (a,) ^ o t—a, 1 ' niera che passo ad esporre. Consideriamo la funzione ^(„)= 2^°= 2'=" :i, /' ^ dt = z'=". W-. r'f^^dt= ' ^ ' r=o i=.o u'->-' E' {a,) •' o t—a, ì=o(k— «.)£■ («.) ' o t—Ui = 2'=" /' ^^'J., \-l '-{ dt= . - .^ -, - i=:o -^ o (/ — ii)£.{a,) ( II— a, t — a, ) ■ ■: = /-• dt -^ 2 '=" 5 ' l ? ' J o t — li inro ( {u — a,) E' {a,} (I — a,) E' (a,) S •'o t—u ( E(u) E(t) S o (t—u)E(u) = \ (_^Jh^£....^lì\^u(l^i^....+lh-.)...^u''l.Eiu) ( \ 7;-*-i n ti—i ' / \n n—i ' / ) = [ . /„-4-.'i„_, u-^A„—^ie . . . -hu" ] : E{u) per brevità di scrittura. Supposto f|ulndi u" -t- J, u"-' . . . .+ A„ I I I I _ ■p iu) ^ — ^-r-; n ;; 3 ^= - -* a ^ i -* ■, 0} . . . . -t- — O, . . . . Note del Prof. G. Mainardi /'t 8^7 avremo le equazioni che seguono • ' iT+vTc •*" SI e se r>-7i C, /?„^, -I- C,^, ^„ -<- C^, /?„_, .... -4- C^„+. = o . Dalle quali ricaviamo n ir* ir" I r — " "*"■ '^ t^a 2 ' ^3 J 5 ^4 45 ^2n-4-i ^^.^j 5 ^ _ (Tì-j-iY I (w-t-ir?i* T (n-)-l)^n'(n— I)' an-*-» (2n-(-2;(2«-t-l) 2« I.2(2«-t-2)(2^-(-l) an 1 : .2.3 (2n-t-2)(2fi-(-I )27l"" (— i)" (7i-Hi)'n^(n— 1)*...2' (— i)"-^' (n-t-r)'»^...!' n-t-3 I . a . . n (2«-(-2) . . . (n-i-3) «-J-i i . 2 . . (n-t-i)(2n-t-a) . . . (n-t-a) " Per sommare quest'ultima serie poniamo (2n-4-2)(2;2-(-i) I a(2n-(-2)(2«-»-i)(2«) i . 2.3 (2n-ha) ... (27!— i) per cui avremo , i ,., „\ ' - ,_^,.\ (n-4-2)» f„^.2)»{n-t-i)> '^""^' (2n-t-4J(2«-+-3) i.2(2n-+-4)(2/z-f-3)(2n-*-i) 4r»-t-. _ (n-t-a)^ (w+a)^ t (ri-4-i)' (n-t-i)'»' 'Ì'' rfx (2«-i-4X2n-f-3) (2?2+4)(2«-+-3) e an-<-a "" i.2(2;!-(-2)(2«-(-i) •••• J ' ,uS e siccome _ _ . ar"-'-* (an-t-aj(2«-i-i ) i.2(2»-t-a)(2n-(-iX2H) dx \ j:^"-!-^ / x'^-t-s ( a/!+a i.2(272-t-a)(2/2-)-i) 5 concludiamo la equazione a(anM-3)- ■ J^ — (/i-f-ajx j-? -+- 2(n-<^'i)(n-t-2)j>-„ r= n-1-2 . / Per integrarla, poniamo /„ = P„ . ^^ ■+- ^ ' , ove P„ non dipenda dalla variabile x : e fatta la sostituzione ne segue a(a«-*-3) Pn+, Ì^2r ~ '"-^^^ '^» "^ ^ "*■ ^ (n-t-i)(7H-a) P„ ^„ = o . Si suppongano ^^^^ = x ^^ = i-„ . /„ , essendo /t„ un coeffi- ciente a determinare: e troviamo ;:|^„ =- a;", ove C non con- tiene ^ né «; poi 2 (a«-(-3) P„-K, ■+■ («-H2)(2n-+-i) P„ = o . 3-28 Su LA Integrazione approssimata ec. _ 2.3.4-5 (n—ì)n{n-\-i), _ „ essendo C, Z), £ indipendenti da x e da w. Supposto n=i troviamo dover essere £=0, epperò r — ' • 2n-(-2 onde 2. (— i)' p ^ ; — '. ., — = . ;^o i.a...(i-HiJ(2n-+-2)(.2(i-(-i).... (2/1 — i-i-2) an-t-a Avremo poi Cj„+3 = (?, -< — ^ 3^ — ^ /?3 -t- — (2«-l-2)* I.a(an-t-2)(2«-*-l)-' 1.2.0 (2/(-t-2)(2r!-l-l)(2R) di cui tacilmente calcoleremo il valore allorché n sia deter- minato. Se poniamo (n-t-i)' , , (n-t-ìVii'- onde (2(1-1-2)* I.2(2/i-t-3)(2;i-(-l)* rfx 2«-t-2 I.2.(2/i-+-2)(2n-t-l) ^ /"^'^ coi (jJ'"-^^ . drf, =. x"-^" r'^ cos 7)"»+» . (fai — dx ^ o ^ ' •'o' ' a»-!-' ■'o ( [ (ax— i)coif'-)-l/— liC""?'"-^' ] )•»-»' Supposto tang(p-=[2.x — \)tangìp ne viene V d^ì K ^ ^^~ 2"+' ■'o (coi*i/;-t-(2x-ifien'i/')"+" ^ e quindi ( ró - ^^"^^ ) 2.4... (aH-t-a) a I ,1 , , An cos ih"-^' . cns{n-i-ì) ih — 2,.-H> ^o ^ ' ■'o (cOi'i^-4-(2j;— i)"ieH*i//"+^) ^ ed abbiamo cosi le espressioni di due integrali definiti notabili. Siccome poi J;r cosr^'cos(r,^,),l' \n cos ^-^ Note del Prof. G. Mainardi 3a9 e questo secondo integrale colla posizione ntia tang(p=:[2,x — i)tang'^ si riduce al seguente •. (;■! i v ii , ..:/,jH'. u/i/iA ài4^à, V'/-iÌ,4 . n—i ' ' '"""'■ /f cos f^' [sen' f -t- {^x-iy cos' (p) ^ ^^^, cosi che per essere -- - --* sen^ (p -+- {iix—iYcós'''f'rà'ì -^%^:'{i^^yóbsrfhon > i per tutti i valori di x dallo zero fino all' unità, avremo , Ma /'"^ cof ^'^' . (f^ = ' ' ' " ' " - , se ?i ^ dispari, «yJliJilj uUiJifi)li:i/OÌJ liJJ ili '^'T "+'.)fll ,i. jHyUtìliiH^t fp'\Jii ovvéro ■ _ I ■2.4... ra ■ quando re 'sìa "tì'à¥?j""^^i • ' : 'HI 1,; . 'ionoq 'éaifiimofi- r' 3.n+, (a;c-if . rfz = , — ±t±^ìl--ijpo«' 9 9lI'J9sn)-rtflÌ o (n-ir3.Mn-t-i)(n-+-A). . , , iri^jjiij ji'; obijji'^ii ni f>fJo ■ ,.rro3Jom onde avremo per ultimo ' -idiilupa ibifioisBrs-x ifovohnoa I _^ \ a A a / (n-t-i) i n^-t-3n^^ Uiiat , ="-^3,^^ Oq-ToO |.'(«-^-2X"-^4)----(2«-<-') 3,M^ («-f.2)(«-4-3K'i-(r4) r^.^^j^ quando « sia dispari: e se n e pai^.^ ^^ ^ ..^ , „,, ^^^^^^_ j^^^ _i „ i.a^3'...Va/ n^-i-B 7;-+-4 V ' / (n-t-i) an-t-S ^ ^"^^ ■*" 1 . 3^ 5\..(nH-i)=' («-Ha)(«-(-3)(n-«-4) («-i-3) (an-(-i)n: " ''' li» ijtii ó.(c/j;*ósO (jjuaiafu t>i o JiialiUiiiii; iiyó Jiioiii ' ■ •■'■*■' -■ - • -' <■ 9Ìofll3qit8 £llttl>. iijoojst , ;b 0 ilfi'JSfio'^ if> ir;;r:b y^' mìiiitUqcsie ai'fJEq ijn» iLb snoisjxiirataloo.Jii'jqc-i /ia:i iq« CKItt>i)Ui;ÌJ^tÌinÌÌ 9 p I1dC3c!Hie2 O jO.'ofJé fjrt onjilh.rjssjjp, ììì. u. <■_.:..:; cuym njrtfjajfrriisxcqnioa . JBiiw. i!iBOÌiil)OHT ó ilitiLo-rq l obasiilìtiì. smìvy t ah oii'uavnl'ìg^O inoigED ils'jof jL 0fiiIfx>iJ'xnq nois/5nii-{mt:r>- !oV' i i:o fi' o „iliagw siìboi otHUÌa . iaa xJj ogniil •> s?. :&il:> infoo S«iao 9Toq io.i uìfiiooji'ì oli-ir.jj^e. otur ! =' 'f'imif ;U9q. óifioqtji; ia ^aVawQ ' :"ny\ Tomo XXIII. "40 '"RIFLESSIONI'"'' '^^''.<^^'^^ «M.enp •> SOPRA L'INVERNO DELL'ANNO CORRENTE' DEL SOCIO PRpE. GKSEBPE piAXCIU. - Ricevuta i( i5, Luglio i845. . ;V=(!-<0'-'^.o.;, ^V r^>{j. S 1,1 U rc-r'^ip r= ", '■.- — :-;S .'-*■'■ -.<•> -^"i r.T/' n qualunque cangiamento''|)i'oclottó in un determinato punto della tenestre atmosfera, o dall' azioa estrinseca regolare e periodica di una delle forzò "còsmiche, o da quella di altre intrinseche e accidentaiL-cagioui, è uuJenomeno, denominato meteora, che in riguardo all' intera massa dell' aria e alle vi- cendevoli relazioni di equilibrio o di perturbamento delle èiVe parti risulta ed è sempre un avvenimento generale. Al più tenue moto djjiua niQlecola:di';àrià..borrisix)ndendo per legge de' fluidi elasticf tutte -le' altre molecole dèi corpo atmosferico, Tie deriva, comecché impercettibilmente a distanza dal centro del moto, un oidine o sistema generalmente variato di con- dizioni. Contuttociò, lasciata la considerazione dei cangiamenti aerei piìi remoti -e Hot^sensil^iU- uè' Soggetti -a :iiiisura,-i feno- meni dell' atmosfera o le meteore osservate nei differenti luoghi della superficie terracquea posson distinguersi nelle due classi di generali e di speciali ,, secondo che o si estendono con rapida comunicazione ad una parte amplissima di base nel suolo, o sembran quasi circoscritti e limitati ad uno spazio comparativamente meno vasto, e hi quest'ultimo caso per av- ventura influendo a produrli o modificarli una coincidenza e combinazion particolare di locali cagioni. Ora 1' inverno tòsco e lungo da cui siamo testò usciti, e a cui volgendo indietro uno sguardo facciam noi pure come colui che si volge all'acqua perigliosa e guata ^ ci apportò per umidità fenomeni rari e Memoria del Prof. G. Bianchì! 33 i notevolissimi dell' una: jfi ■ dell' altra claaseiiiè yogHo ..dire, una grande meteora umidav-mà! «péciale Jé. ristretta , «e' confini di una .parte jsolaiid' Italia^ e, successivamente altiÉi più grande meteora di siii:il natura e. generale, oss-ia estesa ad un suolo molto maggiore qual è stiatb quello di pressoechè tutta Europa. Quilidi parendomi cosa deghar di fissai^ l'attenzione e di ser- barne m'emòria, io esporrò i in > due , successive Note le princi- pali circostanze delle due grandi meteore anzidette, e fatto argomento della prima Nota dà me stesane alla metà del Gen- najo la meteora speciale di straordinaria umidità che ci av- volse al cominciar dell' inverhoi, mi tratterrò nella Nota se- conda' coli' apposita data del mezzo; Luglio sopra la meteora generale che ci raggiunse di un tempo freddo e umido pro- lungato fin oltre il termine consueto' dell'i inverno. L' uno e l'altro avveninijento atmosferico ci pói-gerà piateria di consi- derazioni, le quali spei% ilari saranno i;t Intatte prive di qualche Utilità e importanza per la> scienza. •deUiam.)^? /;h'onp ^yion'ji ■ ■■■- i.o; ./ ; ; ■!. < ifjiiiiSiiLiii ih oJlogonq orrft- roialfi onomontiì -loq obn.KOTA: Toilomo-iq oJeot inp 3 ^ ' ohnoièo ie Miiomiiin/ijlnniia o fOjh ollai/p fthniiTg ni ooiiah oufjq ieohfogfiiijeoi 'ì^- Gennaj>o Sei 'iSi^ finn nu BÌoÓRiddn h-J ;;;3l;;([f;;i o .■)Me;v?:-:;.,i ■ ..■,.;i-,i ■\":\ -oii'^fUna fitta nuvola^ òr bassa é in forim di nebbia, or sol- levata e ristretta, vela da quindici giorni ostinatamente per noi la serena faccia del cielo v cosicché il Gennajo del novello anno tocca quasi alla sua metà, innanzi che un raggio puro e diretto di sole abbia potuto squarciar questo velo e ralle- grato all'intorno ci abbia il diurno aspetto della natura. Oltre alla tristezza iche ingenera il cinereo monotono colore dell'at- mosfera, comunicato e diffuso agli oggetti terrestri che ne cii- condano, se ne ha lo svantàggio che! la misura del tempo ri- mane incerta, affidata soltanto com'è all'andamento supposto equabile degli orologi, senza che-possa vedersene adempiuta l'ipotesi nell'astro regolatoré^'àvvoltosempxb alla vista ed occultatoci dall'aria senza tempo tinta. Coloro però che hanno 332. Riflessioni sopra l' inverno ec. maggiormente a lamentare l' attuale atmosferica inclemenza in questa nostra valle di Lombardia sono gli Astronomi, pri- vati per quella dell' annuo tratto prezioso e più opportuno a raccogliere una serie copiosa di buone osservazioni, e ridotti dalla condizione comune a viver 1' inverno come talpe, gia- cendone inoperosi e derelitti nelle Specole i possenti loro mezzi di visione e gli altri meccanici ingegni atti alle inve- stigazioni celesti. Frattanto, come le intemperie stesse che accadono sono un fenomeno in grande che merita riflessi e menzione speciale nella storia degl' inverni in questa parte della nostra penisola, così, a indenizzarmene pure in qualche modo della lunga perdita di osservazioni migliori e astrono- miche propriamente, io mi propongo di considerar alquanto più attentamente i fenomeni stessi delle ultime intemperie e rintracciarne le verosimili dipendenze da quelli che precedet- tero, per offerir anche un esempio dell'analisi da seguire nel tessere quella storia meteorologica di cui tenni discorso nel mio pi'Ogetto di avanzamento della Meteorologia. E qui tosto premetto che intendo per fenomeno atmo- sferico in grande quello che, o simultaneamente si estende ed abbraccia un ampio spazio di suolo, o restringendosi pure a breve spazio dilungasi per tempo e durazione, o appalesa un congiungimento di cagioni e di efi'etti con altri noti feno- meni, e insomma risulta considerevole per quantità di esten- sione, o di tempo, o di relazioni. La esposizione e disamina di siffatti fenomeni è di molta importanza e serve principal- mente allo scopo di ordinarne la ragionata storia meteorolo- gica di cui ancora manchiamo. Ora, io dico che per tutti gli indicati riguardi l'attuale disposizione atmosferica nei nostri paesi è un grande fenomeno, meritevole perciò di speciale ricordanza e d' indagini. Imperocché abbraccia esso per esten- sione tutta pressocchè la grande valle lombarda, ossia dalle rive del Lario fin oltre il picciol Reno bolognese in un senso, e nell'altro dalle nostre colline fin oltre le euganee; conservasi non variato da molti giorni, e indubitatamente collegasi colle Memoria del Prof. G. Bianchi 333 variazioni atmosferiche antecedenti. Entriamo dunque a con- siderarlo e discuterlo più diligentemente che per noi si possa. Dall'ultimo giorno dell'anno scaduto al corrente decimo- quarto del novello i845 abbiamo lo stato dell' atmosfera co- stantemente e sopra tutto 1' orizzonte costituito dalla nube uniforme, che altro cangiamento nel detto intervallo non ha offerto se non quello di abbassarsi talvolta e involger di neb- bia il suolo, e alcun poco alternativamente rialzarsi. Per con- corde testimonianza di annunzj pubblici e privati sappiamo che altrettanto è avvenuto nella lunga striscia d'Italia boreale summentovata. Frattanto in tutto questo periodo il barometro si è mantenuto sempre piuttosto alto, anzi per alcuni giorni è salito presso al termine massimo, e il vento ha spirato pur sempre di O. e di N. O5 duplice circostanza che indicherebbe uno stato permanente di cielo e atmosfera serena. E già che quest'indizio non abbia fallito dalla realtà nel più vasto com- plesso delle cose ne abbiamo la prova in ciò che, mentre noi siamo stati sì lungamente offuscati dalla nuvola e nebbia che ancor dura, poco al di sopra dei primi colli vicini e nell'alta montagna modenese risplendeva un bellissimo sole e vi si godeva coli' aura mite un tepore quasi di primavera. Né il termometro ha segnato da noi molto diversamente, essendosi questo anzi mantenuto dai 3 ai 5 gradi sopra lo zero di Reau- mur. Quello degl'indicatori meteorologici che ha specialmente contraddistinta per noi la disposizione atmosferica è stato r igrometro, che non ha fatto mai se non oscillare dagli 85 ai 90 gradi della scala di Saussure, ossia è restato sempre bassissimo e argomento dell' aria pressocchè satura di umidità. Or qual è la naturale cagione più verosimile della trista dif- ferenza da noi sperimentata, e toccata pure fra dati limiti ai vicini paesi d' Italia e quasi di un livello col nostro? Essa è prossima di tempo, e a riconoscerla non dobbiam rimontare nep- pur un intero mese indietro nelle nostre vicende atmosferiche. Rammentiamoci infatti dell' enorme quantità della neve che, incominciata a cadere la mattina dell' 8 nel prossimo scorso 334 Riflessioni sopra l' inverno ec. Dicembre, seguitò con brevi interruzioni per sette giorni a fioccare e cumularsi a grande altezza in una striscia di paese, non molto larga, ma lunga dal piede delle colline orobie, donde io n' ebbi notizia da un mio amico, lino alle felsinee : tale (piantità, che si fu obbligati a scaricarne due volte du- rante il nembo i tetti delle case meno robuste, le piazze i cortili e le contrade della città ne rimasero ammonticliiate ^ con aperti solamente angusti sentieri e passaggi, e le comu- nicazioni postali e di commercio sopra le pubbliche vie n'el>- bero notevole impedimento e sospensione dannosa. Non v' è memoria di un eguaì fenomeno accaduto nel clima temperato delle nostre pianure ; perocché sebbene 1' inverno dell' anno io3c ci fu anche più copioso di neve, e una quantità straoi'- dinaria di essa per l'altezza di 18 e più pollici ce ne arrivò pure dal 3o al 3i Gennajo dell'anno iu4.-2, la prima cadde a moltissime riprese e distribuita per cosi dire a tutta la ri- gida stagione, e la seconda fii per contrario il prodotto di una i-apida intemperie, generata furiosa ed esaurita ncH' in- tervallo di poco più di 3o ore. Ma il recente fenomeno te- nendo quasi il mezzo dei due ricordati per tempo e quantità di produzione, colla continuità o incessanza di alcuni giorni , e perciò maggiore di quella nel fenomeno di tre anni fa, ce ne apportò una massa di neve rispetto a quest' ultimo assai pili grande e strabocchevole. Dalle misure che ne sono state prese, benché non suscettibile forse alcuna di estremo rigore e precisione, può ammettersi che l' altezza dell' intero strato a suolo aperto ha superato i 00 pollici, ed io ne raccolsi dal pluviometro oltre a 38 linee in altezza di acqua liquida o neve disciolta ;, comecché anche quest' ultima indicazione per varie cagioni d' incertezza debba ritenersi alquanto vaga ed inesatta. Circa la forma dell'ultima neve io l' ho veduta pres- soché sempre a sottili aghi prismatici disgiunti., di raro fram- misti a stellette esagone, e talvolta a minuti Hocchi irregolari, cadendone le festuche piccole e spesse, nel modo che appel- liamo della neve montana, quindi non mai a stracci o laide Memoria del Pkof. G. Bianchi 335 allargate. Senza variazione di conseguenza nella meteora il Vento cangiò spesso direzione, ora dal Nord -Est ed ora dal Nord -Ovest, e il termometro si tenne costante presso allo zero con piccole difterenze, che riscontrai anche nel grado maggior o minore di congelazion della neve mediante la nota esperienza di formarne una palla ben compressa e circa di diametro sempre uguale, che permette ad una punta di fiamma di trapassarla da banda a banda senza che ne cada goccia e più o men presto secondo che appunto la neve è più o men congelata. Una tanta intemperie poi, e avvenuta nel comin- ciamento della fredda stagione, mentre sembrava che river- sasse nella nosti-a valle il verno proprio dell' alte regioni e cime dell' Alpi, facevane temere la intensità e prolungazion dei rigori a grave danno soprattutto dell'indigenza. Il successo ne è stato invece l' opposto, e in poco più di due settimane una sì enorme quantità dì neve scomparve, senza rimanerne vestigio nelle campagne, donde certamente non è stata mossa né trasportata. Esaminiamone il modo della disparizione. Suol dirsi comunemente che la nebbia mangia la neve, il che nel linguaggio proverbiale del volgo corrisponde alla fìsica realtà della cosa. Cessata diffatti finalmente la nevosa inclemenza del Dicembre scorso e succedutavi qui una bassa nebbia distesa per tutto l'orizzonte e immobile, né rarefatta tìè sollevata né dispersa per alquanti giorni, il termometro da quel tempo montò di tre o quattro gradi sopra lo zero. Quindi non formandosi mai gelo né ghiaccio al suolo, per duplice via e cagione la neve doveva sciogliersi continuamente. Una parte di essa divenuta liquida pel calore del terreno, innanzi non raffreddato da geli e brume per esser 1' inverno ancora in sul principio, avrà filtrato poco a poco inferiormente, imbevendosene e restandone molle a profondità il terreno stesso; la ({uale operazione succedendo per gradi, ed essendo stata molto minore la neve ai monti, nìun pericolo di tumescenza forte ce ne derivò dai nostri fiumi, che solo n' ebbero una mezza piena di torbide acque. L' altra parte della neve di- 336 Riflessioni sopra l' inverno ec. stempera vasi e dileguava invece superiormente, ossia dalla superficie, atteso il contatto coli' aria umida nebbiosa e di temperatura sopra lo zero: ma questa parte doveva innalzarsi alcun poco e distribuirsi nell' ambiente aria sotto forma di vapore acquoso o vescicolare. Nò farà maraviglia il passaggio dell'acqua dallo stato semi -fluido di nove all'aeriforme; poi- ché r evaporazion lenta ma continua dell' acqua sotto 1' ordi- naria pression barometrica e a piccole temperature avviene sì di giorno che di notte alla superficie del mare; e non solo dell' ac([ua nello stato liquido, bensì ancora della stessa neve indurita in ghiaccio; e ognuno di leggieri si rammenterà che dopo la grande nevicata nel Gennajo del 1842 sopravvenuta una serie di bellissime giornate, quasi per tutto il Febbrajo , e acshiacciatasi fortemente nelle notti serene la neve residua dei tetti, questa sotto l'azione diurna dei raggi solari andò scemando sensibilmente fino a dileguarsi tutta, senza che di giorno se ne vedesse piovere stilla dalle grondaje; prova ma- nifesta che il velo liquido alla superficie, prima di raccogliersi e scorrere al basso, dalla forza del sole convertivasi in vapore, assorbito poscia e travolto nell' atmosfera. In breve tempo consunto così non ha guari per liquidazion inferiore e per superiore evaporazione 1' ingente ammasso delle nevi, ecco r ioTometrica disposizione dell'aria che se n'è formata e sta- bilita. Da una parte un vasto suolo di pianura e valle si è trovato profondamente imbevuto e ammollito d'acqua a tem- peratiu'a di alcuni gradi sopra lo zero, e dall' altra lo strato aereo a contatto del suolo esso pure ha contenuto sempre e contiene una grande quantità di vapore acquoso, libero e nuotante, poc'anzi dalla neve sprigionatosi e successivamente accresciuto o piuttosto conservato dall' evaporazione continua del suolo stesso. Imperocché durante il giorno i raggi solari, per obbliquità e brevità di corso all'epoca prossimamente del solstizio, non potevano aver forza di rarefarne e spingerne in alto se non piccola porzione, piombando poi nelle basse no- stre regioni anche il vapor acqueo e la nebbia delle catene Memoria del Prof. G. Bianchi 33 7 montuose che ne circondano. Ecco dunque spiegata la condi- zion permanente dell' igrometro e lo stato fosco e vaporoso dell' atmosfera che ne avvolge non interrottamente da molti giorni. La temperatura mite che ne abbiamo, ne è principio insieme e conseguenza; poiché un'ampia superficie di terreno, bagnato e molle come il nostro, produce all' esterno una con- dizion termometrica simile a quella delle spiagge marine e dei paesi alle rive dei laghi, ossia raddolcisce notabilmente il rigor dell' inverno dovuto al climai' Lo stato di cose che abbiarn descritto e sperimentato poteva riuscir invero differente, qualora nel nostro golfo atmo- sferico di Lombardia penetrate fossero impetuose correnti, suscitate da forti disequilibrj di elettricità di pressione e di elasticità o temperatura dell'aria, per copioso squagliamento di neve alle montagne, o per altre grandi e naturali cagioni. Di solito però nel principio e nel mezzo dell' inverno i venti per noi, qualunque ne sia la direzione, hanno poca forza; e convien dire almeno che agito non abbia veruna delle indi- cate cagioni, poiché l'effetto ne mancò quasi totalmente, e gli opposti venti di Ovest e di Est che sonosi alternati eran assai deboli, e di certo inetti ad asciugar alquanto la superfi- cie del terreno e a cacciarne lungi e disperdere la A^oluminosa pesante massa di vapori, che tuttora vi sovrasta e l'ingombra. Solamente la cagione qualunque sia, che fece ascendere e per una serie di giorni ha mantenuto alto il barometro, influì a rasserenarci dapprima e per così dire momentaneamente l'atmo- sfera; e fu nelle due Feste del Santissimo Natale che ci pas- sarono di un bel sereno, però come una gi-adevole anomalia troppo fugace ; prevalendo poscia e maggiormente fissandosi per la continuata evaporazione le nuvole e nebbie che non ci abbandonano. Frattanto il sole che ogni giorno più accelera il suo innalzamento e ne acquista, per esprimerci comune- mente, forza crescente di calore, e le nevi che, scarse finora sopra i monti, vi cadranno in maggiore copia e se ne squa- glieranno, e i venti equinoziali che si approssimano, e tutto Tomo XXIII. 43 33o Riflessioni sopra l' inverno ec. insomma neirordin naturale ci fa sperar non lontano il ter- mine della ostinata meteora che ci rattrista. Ma ciò, ripetiamo, non avverrà se non sotto l'azione di un vento prolungato e gagliardo valevole, come a prosciugar il suolo superficialmente, così a romperne il circolo dei vapori esterni, e dissiparne la massa, e distruggerne linalmcnte quella costante condizione igrometrica prodotta dalia enorme neve del Dicembre, e di- stintivo carattere della pessima stagione succedutavi. A prova ulteriore e diretta clic la nuvola e umidità per- manente dell'atmosfera è dovuta per massima parte in questo l'rattempo all'evaporazione del suolo, io aggiungo l'osservazione ottenutane col mio pluviometro, dal quale ho raccolto succes- sivamente oltre a cento pollici cubici di sola nebbia e umi- dità sovrabbondante disciolta in acquai ed ho rimarcato che quest' acqua era sempre torbida e di un colore giallo -rossic- cio, iadizio di essere stata la medesima sollevata dal suolo e colla mescolanza di tenui particelle terrose e aderenti al va- por acqueo e con esso asportate nell' aria. Quando la tempe- ratura naturale e all'aperto cielo conservasi piuttosto alta, questo passaggio e alternativa dell' acqua, sollevata da liquido in vapore e ricaduta da vapore in li([uido, accade ordinaria- mente, e proviene dalla disposizione scambievole del suolo e dell'aria di cedersi l'uno all'altra il lluido che tengon disciolto, satura com'è questa di vapore e quello di liquido, e nell'in- timo contrasto atmosferico fra la temperatura o elasticità e la pressione, a vicenda or l'una di queste forze prevalendo ed or l'altra. Egli è bensì vero che il mio igrometro non ha mai segnato oltre ai 90 gradi \ lo che indicherebbe non es- sere stata l'aria perfettamente satura di umidità; ma convien riflettere che all' alto delia Specola, dov' esso è collocato, ci discostiamo non poco dal suolo, e che quindi l'aria è ivi più asciutta che al basso. Un simile igrometro difatti esposto all' aria presso il terreno e diligentemente osservato ciascun giorno dal eli. Sig. Lombardi, R. Bibliotecario e Segretario della So- cietà italiana delle scienze, si è mantenuto coli' indice oltre Me.iioiiia del Prof. G. Bianchi 339 ai loo gradi, al di là cioè del termine della saturazion umida, se questa sia stata ben riconosciuta ed affissa nello strumento. Nella serie e classificazione storica degl' inverni il pre- sente dunque per noi deve occupare il primo posto in riguardo al massimo permanente o più diuturno delFumidità, e di con- seguenza congiunto con una media mitissima temperatura. E il memorabil fenomeno che gli ha dato fisicamente origine si fu, come abbiam veduto, la sterminata copia della neve ca- duta in sul principio della stagione e troppo rapidamente di- leguata. Ma donde mai e come verosimilmente ha potuto for- marsi queir ammasso eccessivo di neve che si versò e rico- perse tanta parte delle nostre valli e pianure ? L' atmosfera terrestre, considerata pure parzialmente ossia sopra ed entro i confini di un dato paese, raffigura una grande fiala o boccia contenente una specie di chimica soluzione aei-ea, limpida a vedersi, finché i vapori acquei ed altre sostanze tenui etero- genee vi nuotan quasi distemperate e disciolte. Una corrente nuova che dalle attigue parti vi s' insinui, o un piccolo can- giamento di elettricità o di temperatura che altresì dalle co- municazioni esterne vi sia indotto, rappresenta quella goccia di alcali o di acido, che è bastante a tutta intorbidarla, a comporne svariate combinazioni de' corpuscoli natanti, e fi- nalmente a farne precipitar liquida, o solida e cristallizzata, la quantità copiosissima del vapore acquoso che vi predomina. Ora mette a bene il ricordarsi dell' insolito e acuto freddo che al cominciar dello scorso Dicembre penetrò d' impix)vviso in una parte dell' Italia superiore, e tale che in una notte a Torino il termometro di Reamur segnò i5 gradi sotto lo zero. Quasi ad un tempo nel giorno 5 dello stesso mese cominciò la neve in gran copia e con impetuoso vento a cadere sul dorso orientale dell' apennino parmigiano, come, attraversandolo in tal epoca reduci da Massa, ebbero con grave disagio a farne prova e testimonianza gli augusti Principi nostri. Però il nembo nevoso, anziché gettarsi a percorrere la sua via più consueta lunghesso la continuazione dei gioghi apennini, acquetatasi 34o Riflessioni sopra l' inverno ec. r alta bufera onde avea mosso, si distese e scaricossi per in- tero sopra le basse terre da ponente a mezzodì nell' Italia. Tale tu dunque l'origine e la direzion della nevicata; ma la materia di essa non era probabilmente, né tutta, né in mas- sima parte di ti'asporto. Quantunque in apparenza pura e se- rena r atmosfera, nelle alte regioni sopra di noi ba potuto forse lungamente mantenersi carica di vapori accpiei, ma dal caler estivo sommamente attenuati e in equilibrio dillusi fra le particelle aeree superiori. E clie tale congettura non sia priva di fondamento e di verosimiglianza, ce ne persuade il riflesso alla siccità straordinaria dell' ultimo Aprile in questi paesi, e riprodottasi durante l'estate a malgrado die nell'anno scaduto abbia ([ui dominato di preferenza il vento di tramon- tana e levante, apportatore per noi dell'evaporazion del mare delle lagune e delle paludi. L' effetto contrario dell' asciutta stagione, combinato allo stesso tempo colla cagion quasi per- manente dell'umidità e della pioggia, non saprebbe concepirsi non clie accadere, a meno cbe un' altra cagione simultanea , (juella del calor estivo o una corrente elettrica o altra somi- gliante, abbia innalzata e sperperata molta parte della massa de' vapori dall' indicato vento sospinta. Dunque al sopraggiun- gere dei primi freddi e della bufera di tramontana -ponente summentovata i dispersi vapori delle nostre colonne atmosfe- riche avranno potuto raccogliei'si, congelarsi a neve cristaliz- zata, dirottamente scendere più giorni di seguito e deporsi, come abbiam veduto, a enorme altezza di strato nel suolo. Se la congettura e spiegazion del fenomeno che proponiamo non è stata realtà, ci sembra per lo meno che tale poteva essere. Aggiungiamo qui a proposito altra curiosa osservazione. In questa metà prima e omai trascorsa del Gennajo alternan- dosi colle minute pioggie le nebbie, che pur in acqua si ridu- cevauo , il pluviometro ha somministrato quotidianamente, come avvertimmo di sopra, una quantità d' acqua picciola si ma continuata : laonde si direbbe che il presente mese per mitezza di temperatura e per quotidiana pioggerella, non però Memoria del Prof. G. Bianchi 34 i colla dolce vista del sole e della consolata natura, ci ha quasi restituito l'ultimo Aprile che mancò per noi d'una parte de' suoi fenomeni ; e in altri termini che il circolo delle nostre vicende meteorologiche incominciato dallo scorso Aprile nella sospensione delle pioggie compiesi colla caduta di esse nel Gennajo corrente. La vegetazione difatti che languiva per aridezza nel principio del suo rinnovamento e del detto pe- riodo, ora innanzi tempo riscuotesi e appar viva sensibilmente sotto l'azione congiunta dell'umidità e del calore; tanto che se ne veggon rinverdite le campagne e praterie all'intorno, con pericolo e timore di danni per una retrocessione. Questo pertanto sarebbe un caso in cui per lo stesso luogo di super- ficie terrestre le opposte meteore in un determinato intervallo di tempo si compenserebbero, o in cui la cagion fisica di una di esse combinandosi con altre naturali cagioni successivamente sviluppate finirebbe a produrre il suo etfetto contrario, con giuoco ben diverso da quello dei poli meteorologici, pei quali io intendo le opposte meteore simultanee in punti o luoghi terrestri differenti. In riguardo a questi poli, che sarebbero soggetto d' interessanti ricerche meteorologiche , altrove io notai avercene dato un esempio la nostra siccità medesima dell'Aprile ed estate precedenti, confrontata colle stemperate e lunghe pioggie a un tempo avvenute nel Nord -Est dell' Eui'opa. E chi sa che di recente non siasi operata una inver- sione di poli fra gli stessi luoghi terrestri e che, mentre il tempo da noi è stato cosi perseverantemente umido piovoso e siroccale, nelle dette parti settentrionali d' Europa 1' aria siasi per contrario mantenuta e asciutta e serena e fredda? Una siffatta opposizione di simultanee vicende atmosferiche rispetto alle nostre è avvenuta, come dicemmo, a minore di- stanza da noi nei paesi del prossimo apennino ; e slam pure avvisati da relazioni particolari che nei monti del Tirolo da un lato, dall'altro lungo la costa dell'Adriatico appena di là da Riinini, e alla spiaggia Massese del Mediterraneo il cielo è stato bello e splendente il sole, fino ad esserne polverose 342. Riflessioni sopra l' inverno ec. le vie quasi come in estate. Però sarebbe da raccogliere più precisi e circostanziati ragguagli degli avvenimenti atmosferici nei vicini paesi prima di concbiuderne definitivamente e de- lincarne una specie di mappa meteorologica, la quale d' un colpo d' occbio rappresentasse V accaduto straordinario e lungo Ibiionieno dell' aria colle sue variazioni entro dati contini di luogbi e nelle adjacenze. Gioverebbero poi simili mappe in generale a riconoscere e a seciuire con facilità in grande l'andamento de' fenomeni atmoslerici per istudiarne poscia la formazione lo sviluppo e le dipendenze. Ma io non ebbi qui a scopo di esporre e discvitere propriamente mia serie di mi- sure ed osservazioni esatte ; bensì ebbi quello di trattenermi ragionando intorno all' inverno corrente, clic pur mi sembra memorabile e degno di eccitar le investigazioni per 1' ecces- siva neve del Dicembre, per le verosimili cagioni che la pro- dussero, e per le conseguenze naturali che ne derivarono. NOTA ir. 14 Luglio del 1845. Passò più che il primo mezzo mese dell' anno per noi sempre ottenebrato di nebbia densa, e il sole non valse a pe- netrarla e risplenderci finalmente se non il giorno diecisette- simo dell'ultimo Gennajo, decimottavo della continuata pri- vazione di esso, e dappoi che una discreta pioggia, favorita dal dominante sirocco, ebbe disgomberata per noi l'atmosfera dell'acqueo vapore sovrabbondante. Se non che questa volta pure appena vidi 7 sol che ne fui privo^ e il circolo dell'eva- porazion del suolo alternata collo stato piovoso atmosferico ricomponendosi, ne sopravvennero altre pioggie, ina queste per buona ventura copiosissime e susseguite da un vento essicator del terreno alla superficie, e che trasportò altra copia di va- pori ai monti conterminanti, i quali se ne ricopriron di neve; tanto che alla fine del Gennajo di nuovo ne godevamo il l)el Memoria del Prof. G. Bianchi 343 tempo dal detto vento accompagnato. L' ultimo giorno però di tal mese e il primo del seguente furono assai loschi, e ap- portaron qui pure insieme con pioggia una piccola quantità di neve ; ma questa cadeva poi novellamente e in molta co- pia nella corona degli Apennini e su l'Alpi e, raffreddando- sene l'aria nella nostra pianura, sembrava contribuire più ef- ficacemente a richiamarci e renderci meno instabile il tempo sereno. Imperciocché egli è vero che i ghiacci e le nevi delle montagne agli altri vantaggi per le pianure aggiungon questo di rasserenar loro il cielo e regolarne, coli' influenza della temperatura principalmente, l'ordinario corso delle meteore jemali più profittevoli al riposo e al successivo rieccitamento dell' animale e vegetabile economia. Pertanto dall' avvenuta inversione della neve, che al principio dell' inverno fu scarsa nei luoghi alpestri circonvicini ed eccessiva sopra il piano lombardo, se poteva trarsi un pronostico della primavera, pa- reva dovesse questa venircene anticipata, essendone già la stagione col sole incamminata, e le terre, che non avevano indurito a lunghi geli, conservando colle acque disciolte e penetrate un calore che doveva naturalmente aggiungersi a quello dei raggi solari. E ad ogni modo colla metà prima trascorsa dell' inverno la strana e forte meteora speciale di umidità, che descrivemmo sin qui, era per noi terminata. Il consolante e ragionevol pronostico testé accennato ci falhva di un tratto nella seconda metà dell' inverno per la sopravvenuta generale meteora umida e fredda, di cui ora di- remo. Dalle regioni del nostro polo, stabile sua sede, un in- tenso freddo, appena incominciato il Febbrajo, si diff"use colle correnti aeree verso il mezzodì, e invase 1' Europa, li cui paesi più settentrionali ne provarono un rigore straordinario, come attestavan concordi le relazioni di Lemberg e di altri luoghi. Ne seguiva che tutte le catene di alti monti, le Alpi, gli stessi nostri Apennini, ed eziandio ampj spazj di pianure si sopraccaricaron di neve che cadeva prolungata e dirotta j donde il comune lamentar, che leggevasi ne' pubblici fogli, tr 344 Riflessioni sopea l' inverno ec. (Ielle sciagure più gravi e molteplici, per enormi ed orribili valanghe che seppellivan villaggi alpestri, per intercette co- municazioni di vie, e per ogni maniera di pericoli che ac- compagnan la condizione del suolo abitato e lungamente in- gombro da un ammasso di neve strabocciievole. Sopra i mari eziandio ebliesi a deplorar le conseguenze di una meteora sì vasta e furiosa; poiché ne impervei'saron frequenti e al più alto grado le Inirrasche, e in grande numero ne avvennero i naufragi con luttuose perdite di merci e di vite. JNIa funesta e terribile soprattutto ne derivò la gonfiezza inusitata dei maiieiori fiumi, che scendon dal dorso boreale dell'Alpi, del Reno, dell' Elba, della JMoldava e di altri, i cpiali trasportando nel primi disgeli colla piena delle torbide acque voluminosi blocchi di ghiaccio ammonticchiati e sospinti dalla veemenza del corso, scoinpigharono arginature, abbatteron ponti, travol- sero case, innondaron cittadi, come Praga e Dresda, e irresi- stibilmente dilagaronsi per coltivate campagne con immenso danno di sostanze e di jiersone, cui non restò altro soccorso e riparo che le sovvenzioni generose della pubhlica e privata carità. Come poi la seconda bufera, venuta rispetto a noi dal Nord -Est, per gravità di fenomeni e di successivi danni non meno che per estensione di luogo ha di molto sopravanzato la prima, cosi e naturalmente ha pur dovuto superarla in du- razione e proseguimento di perturbazion atmosferica \ laonde cenerale in Francia e nella Germania si è udito il lamento che la dolce stagione al suo ritorno era ovum^ue in ritardo; uè di certo anche all' inoltrarsi dell' estate cesseranno per molto paese le traccie e conseguenze meteorologiche della je- male intemperie sofferta. Egli è frattanto da rimarcarsi che r una e l'altra meteora di umidità, parziale e generale, ebbe un' oriiiin simiiiliante nella circostanza comune di uno straor- dinario e rapido abbassamento di temperatura, spiegatosi e sentito in Piemonte per la i)recedente, e nell'Europa boreale per la meteora posteriore. Memoria del Prof. G. Bianchi 34o La parte di qnest' ultima inclemenza che a noi è toccata nel nostro piano di Lombardia è stata considerevole, ma non disastrosa, Durante il Febbrajo e fino a Marzo avanzato la neve ci visitò a frequenti riprese, però in discreta quantità ogni volta, e i geli e la sensazione del freddo ci furon mo- derati per avventura dall' antecedente disposizione del suolo e dell'aria nella tempei'atura mite lasciataci dall'evaporazione copiosa. Il termometro di Reaumur ha segnato lungamente presso allo zero, ma non discendendo che rare volte, e solo al massimo di 3 in 4 gradi, al di sotto di tal punto. Frattanto le vette de' monti, che ne accerchiano piìi o men lontani e quasi da ogni lato, l'apennino, le alpi retiche, le giulie, ed altre giogaje replicatamente accoglievano una sterminata copia di neve, che vi è rimasta cumulata in grande altezza oltre il tempo in cui suol disparirne, vedendosene ad esempio il pros- simo Cimone ricoperto ancora intei'amente al cominciare di Giugno, né totalmente sgombro di essa in questa metà, prima di Luglio. Da ciò per mio avviso è derivato che gli strati , alto e basso, dell'atmosfera sopra la nostra valle del Po hanno mantenuto e forse in parte conservan tuttora un'opposta con- dizione termometrica, essendo il basso previamente intiepidito dall'igrometrica disposizione, e frigidissimo l'alto alla regione delle cime alpestri. Quindi allo spirare dei venti orientale e di tramontana-levante, che di sovente levaronsi in quest'anno, ma senza impeto forte o continuato come nell'Aprile del pre- cedente 18445 i vapori dell' Adriatico delle lagune e delle paludi trasportati dai detti venti e penetrando all'alto nelle nostre colonne atmosferiche hanno dovuto incontrarvi 1' aria più fredda, valevole a convertirli in pioggie copiosissime, che di fatto son cadute a spessi e lunghi intervalli. Quindi anche si spiegano le gragnuole che nell'ultimo scorso Maggio piom- barono qua e là ripetutamente fra noi per temporali o nembi formati verso l' ora del mezzogiorno in cui le gelide correnti aeree al livello de' monti contrastar dovevano repentine col vivo calor solare all' in su riverberato dalle pianure. A dir Tomo XXIII. 44 346 Riflessioni sopra l' inverno ec. breve, i fenomeni che hanno contraddistinto per noi il ter- mine dell' inverno e la successiva stagione fino a mezzo anno raccolgonsi nelle circostanze : primavera tarda e incerta ; ba- rometro più depresso che innalzato e in oscillazione continna; termometro con simili variazioni lentamente salito verso il termine estivo; pioggie a spessi tratti, e ora prolungate a giorni, ora in brevi ma dirottissimi scrosci consumate, restan- done alternativamente l'aria limpida e |)ura; venti che spi- rarono in tutte le direzioni senza che alcuno veramente pre- dominasse, e d' intensità non gagliardi all' estremo, né dure- vi>U gl'impetuosi oltre a poche ore. Tutta la quale incostanza di meteore a mesi protratta è stata pure indizio di un'ampia e forte perturbazione atmosferica, meno qui risentita che al- trove, e che non poteva cessare di un tratto anche per noi ; come dopo fiera burrasca sommovitrice di estesa parte dell' oceano la calma delle onde non avviene d' improvviso; ma entro un porto eziandio continuano queste per non breve tempo agitate e rigonfie. Dobbiamo però noi ringraziare alla divina Provvidenza, regolatrice benefica di tutti gli eventi, che da una perversità di stagione cosi lunga e disfrenata eiandi sciacure non ne conseguirono a noi, né di straripa- mento di fiumi o torrenti, nò di campi e seminati sconvolti , né di messi distrutte ( che anzi raccolgonsi in bontà e copia sufficienti ), né di alti'o simile infortunio. E osserviam infine che incominciate presso noi, come si disse, le distemperate meteore piovose la mattina o Dicembre dell'anno scorso, esse terminavano la sera 3o Giugno del corrente al tramonto del sole in un' iride la più vaga, compiuta, distintamente doppia, .e sopra un fondo scuro di cielo sparso di nuvolette colorate a porpora, ch'era veramente cosa da dipingere. Nel Luglio, che é venuto dietro, la regolarità della stagione pare del tutto ristabilita ; poiché in un cielo da giorni sereno il Sol estivo ci riscalda colla piena e libera sua forza. Fra le circostanze locali quella che può aver maggior- mente infinito a modificarci la serie dei descritti fenomeni Meìvioria del Prof. G. Bianchi 34? atmosferici è stata per avventura 1' inondazione straordinaria e diuturna di un estesissimo tratto della valle modenese al confine ferrarese e mantovano, dove le acque di scolo e di pioggia non avendo sfogo bastevole nel Panaro, crebbero in copia ed altezza insolita, forniaron lago del circuito di alcune miglia, e sonosi mantenute fino a questi giorni. Di qui le nebbie clie al principio dell' estate ci hanno talvolta velata r atmosfera, in seguito alle pioggie che ce l' avevano rassere- nata, e il perchè pure non sono stati rari a vedersi fra noi gli aloni solari a tarda ora del mattino. E già che l'evapora- zione di un suolo palustre o di una superficie di torbide acque stagnanti abbia continuato per alcun tempo e in molta copia, io ne trarrei argomento dall'essere stata eziandio in primavera la pioggia raccolta dal mio pluviometro mescolata di non poca terra con essa del certo caduta. Al quale proposito, e ragio- nando per via di semplice congettui'a, io m' induco a pensare che le particelle terrose, sollevate col vapor acqueo nell'atmo- sfera e dal vento qua e là trasportate, nel vortice aereo che le raggira potrebbero agglomerarvisi in corpicciuoli opachi e natanti, di vario volume, e più o men alti dal suolo; donde nascer potrebbe, comecché raro, il fenomeno talvolta osservato di corpuscoli oscuri attraversanti con rapidità e direzione co- mune il disco solare o quello pur della luna. È singolare al- meno la coincidenza della pioggia rossiccia e mista di arena, da me raccolta nei giorni ice i3 dell' ultimo Maggio, coli' osservazione di un gran numero di corpuscoli oscuri veduti negli stessi giorni con moto rapidissimo sopra il disco del sole dal eh. Sig. Capocci, Direttore della R. Specola di Capodimonte a Napoli, dove pur l'aria era spesso di nuvole ingombrata e piovosa (Giornale del Regno delle due Sicilie, 17 Maggio 184Ó). Se non che oltre alle arene innalzate col vapor acqueo ben altra copia di opache particelle può a caso nuotar in quell' atmosfera, somministrate dall'ardente Vesuvio e dalla prossima Solfatara; donde avessero formazione i meteoroliti che in breve istante sopra il sole apparivano. Certo è che di siffatti corpuscoli 34i> Riflessioni sopra l" inverno ec. , f|uelli di maggior diametro dovevaii essere a piccola distanza dairosscrvatorc e nell'atmosfera, se per vederli distintamente nel cannocchiale tu necessario tirar in inori al([nanto il tnbo dell' ocnlaie. Né io ciò dico perchè non rispetti T ingegnosa ipotesi della polve .planetaria o dei minuti asterroidi ogni anno incuntiali dal nostro iiloho nella sua orbita intorno al sole; ipotesi conforme alle apparizioni periodiche delle stelle iilanti, e convalidata dell' assenso e dei nomi più ragguarde- voli, per tacer degli antichi, di un Arago, di un Quetelet, di un Capocci e di altri moderni. Ma da una parte io considero che è voluto da legge di lilosofia il non ricorrere per la spie- gazione de' naturali fenomeni alle cagioni remote, se non esclusa la probabilità e verosimiglianza delle cagioni vicine ; e confesso dall'altra parte che il [)ensiero de'piccoli asterroidi in grande numero, che penetran due o più volte ogni anno fin entro la nostra atmosfera e ne sfuggono per la centrifuga loro velocità, mi riesce alf[uanto molesto nel timore che non a caso uno di essi venisse a frangerne un obbiettivo di Fraun- liofer, o peggio a colpirne l'occhio e la fronte dell'osservatore. — Da ultimo a non ommettere alcuna particolarità dell'umida stagione che fino a Luglio ha predominato, e di consueto alle lunghe pioggie tenendo dietro un qualche scuotimento di terra, noterò il tremuoto che abbiam qui sentito due volte, la prima di una lieve scossa ondulatoria il 3 Aprile, e la seconda volta di una duplice scossa di sussulto, accompagnata da sordo sibilo o rombo, la notte 12, Giugno testé scorso. Ora, giacché tanto abbiam ragionato di meteore acc[uose. proponiamoci la domanda, quale potrà essere lo stato dell'atmo- sfera che ne seguirà, se umido ancora o asciutto? Per rispon- dere a tale ([uesito io mi volgo ad esaminare le annue quan- tità della pioggia che abbiam qui finora misurate, ed osservo che risguardato l'anno corrente siccome l'ultimo del novennio in cui siamo, il novennio stesso porge per la quantità della ])ioggia una curiosa regolarità. Ed è questa, che nel j^rhno anno di ogni triennio successivo la pioggia è risultata scarsa, Memoria del Prof. G. Bianchi S^n più ahbondaiite nel secondo, e più ancora nel terzo; laonde nel corrente compiuto dovrebbe aversene una quantità mao-- giore che nel precorso 1844, il quale ne fu pure copiosa Ciò di fatto scorgesi adempiuto nella metà prima e or già passata dell'anno. Quindi ne inferirei per analogia che il prossimo Autunno ci recherà pioggie forti o prolungate; ma che poi dovendo succederne l'anno di poca pioggia, l'inverno a CUI Siam prossimi cangierà la disposizione atmosferica per noi e farà piegarla, coi venti o con altro, verso il minimo Igrometrico. A riconoscere ed estendere anche viemaggiormente la regola deiraiuuia pioggia io credo non inutil cosa di ripor- tare 1 valori di tale quantità che ho potuto sin (£ui determi- nare, e la cui serie incomincia coli' anno i83o, sì che ne ab- biamo un quintuplo triennio compiuto: ed eccone la tabella. i.^i.v.*r-B. •»K*^t-rMa'^Ì^m^ ooo R IFLE^SIONI SOPRA L INVERNO CC. UlLlilC lUCUS. = D ■^ - = a re C« 2 i co -ti--t^-P>s 4i.-t^ OJ ce cu OJ 00 OJ oo ce OJ OJ -*-■- OJ IO " o o co'~j cr. O'-pN OJ to -. o > •Si 3 co o co OJ (0 cn o "- ^ OJ jWjO Oi OJ OJ c^> VO J>- O Ci co-o « o co p ~ OJ'-J co OJ OJO -t^ co oo CiJO _p co OJ^ O co OJ *- iOJ co o p -ti. Ch OJ co -t--v a. co ^ a 3 -fc- co co o 1 o èo CTS Ol OJ -^ OJ CTI — 1 cn eoo B lo jTi 05 cn OJ o cn - OJ.O cn P -ti. P ai cn -ti. CO-Ii. p -.J o p "- mD 00 - cn-t^^ •4 -JD .O cu CTI S " 'i' ai -li-li ai - OJ OJ OJ •1 OJ - ,0 - ^0 OJ -^ cn OJ P - OJ -.^ ^O cn Ji.-t>. cn ano co p p ° ° f O-ti - O^JJi-li. cn Cn cn co p OO O CO'vj O Oi'O o o - OJ lo co co y OD OJ OJ OJ oo cn o ~ OJ O OO-li. - 0^•. 0^ cn - (0 jo OO-jq cn to lo lo .,0 y3 -li. - -t=~ O 0O4i- OO ON o ai-Cf. a p ,- - J»jT._OJ -ti— J cn c^ CO cn cn p - O COJi- O P o W O JO IO "- o r- CO - ^ o cn cn O o N C ^ E 3 p co ai p ■o co -t-> IO -tv Oi p •o P -1 OJ co OO co [0 3' = = > Fi-" »" Memoria del Pkof. G. Bianchi 35 i La colonna penultima col titolo di somme orizzontali pre- senta per ogni anno la quantità della pioggia? laonde avendo spartita 1' intera serie dei quindici di tre in tre anni, racco- gliamo in 1°. luogo che il medio di ogni triennio è stato l'anno meno abbondante di pioggia, e se ne avrebbe la più semplice regola per noi: che in due anni di seguito qui piove di più e nel terzo meno alternativamente; fenomeno di cui sarebbe curioso indagare e discuoprir la cagione. Per un trien- nio r annua quantità media è risultata varia colla massima differenza di pollici 5, 56 j mentre per gli anni singoli una tale differenza è stata di pollici 3a, 87, avendosi nell' anno più asciutto" 1834 la quantità della pioggia in pollici 11, 08, e nell'anno maggiormente piovoso 1839 simile quantità mi- surata in pollici 4^5 4'^- Quindi l'approssimazione triennale ad una media esatta sembra molto rapida, e la media totale dei quindici anni in pollici a6, 73, da cui distano egualmente la massima e minima triennale, sembra perciò da ritenersi come all' esatta vicinissima. In a°. luogo dalla riga orizzontale col titolo di somme verticali si ricavano, e nella tabella sono esposte, le quantità medie della pioggia per ogni mese dei quindici anni. E di qui disponendo i mesi nell' ordine dalla maggiore alla pioggia minore si avrebbe la successione : Set- tembre, Maggio, Novembre, Febbrajo, Giugno, Dicembre, Aprile, Ottobre, Luglio, Agosto, Marzo e Gennajo : vale a dire sarebbe Settembre il mese della massima pioggia, e Gen- najo quello della minima. Però è da considerare che la media del Settembre ascese al massimo per una particolarità del tutto straordinaria, qual fu la pioggia che nel solo detto mese dell'anno i833 superò l'annua del susseguente i834: caso della pioggia mensile rispetto all' annua simile a quello di certi rovesci di pioggia che in poche ore somministrano una media mensile, se non l'oltrepassano. Cosi nella notte dal 3 al 4 Giugno di fpiest' anno cadde una pioggia dirotta per r altezza di pollici 2, 07, ossia circa eguale alla media dello stesso mese nella tabella. Senza di ciò il Settembre nella serie 3Ó2 Riflessioni sopra l' inverno ec. della pioggia pareggierc])])esi forse col Febbrajo, e il massimo mensile ne resterebbe al Maggio, con poca diversità dal No- vembre, ai due mesi cioè, che immediatamente precedono all' uno e alFaltro solstizio; il che pur è cosa degna di attenzione per l'indagine delle generali cagioni che promuovon la piog- gia. Raccogliesi finalmente in 3°. luogo dall'offerto prospetto e dalle medie mensili dei rjuindici anni che la pioggia risultò bipartita egualmente alle due metà di un anno, uscendone cioè prossimamente l'equazione. Sett. -H Mag. -+- Nov. ■+- Ag. -f- Mar. h- Genn. = Feb. -t- Giu. ■+- Dee. -+- Apr. -+- Ott. -i- Lug., colla tenue differenza di pollici 1,3 di cui il 1° membro supera il a". Egli è vero frattanto che le singole (juantità misurate per lo stesso mese risultarono dall'uno all'altro anno trop|io varie, come in Set- tembre r esorbitante del i833 seguita dallo zero di pioggia nel iu34i perdio le medie mensili ottenute non abbiano ba- stevole fondamento di fisica sicurezza. Contuttociò io penso che dopo altri uno o due intervalli di quindici anni come il trascorso, e quindi al più nel corso di mezzo secolo le prece- denti deduzioni, e ogni altra che per noi alla pioggia si rife- risca, potranno essere appieno corrette e ben accertate. Nella variabilità e complicazione dei fenomeni di ([uesta specie la posizione di JNIodena è però una delle più addate a sperimen- tarne e poterne riconoscere la parte costante o periodica , meno qui che altrove affetta e nascosta dalla parte irregolare di quelli, atteso l'ampio e libero spazio atmosferico in cui le nul)i qui si distendon e trascorrono fra i lontani opposti monti, e per l' equabile disposizione di questa nostra pianura. Panni anche di conseguenza che interessante sarebbe un paragone dei valori deUa pioggia nei quindici anni da noi osservati cogli analoghi raccolti nello stesso intervallo alle Specole di Torino di Milano e di Padova a fin di vedere come influisca diversamente in simili quantità contemporanee la località dif- ferente, rispetto massimamente a vicinanza e orientazione di monti e di mare. Memoria del Prof. G. Bianchi 353 In meteorologia del resto un qualunque pronostico, fon- dato pure sopra una lunga serie di osservazioni, di sua natura è troppo facile a fallire o non avverarsi. E che diremo di una regola, non ha guari fra noi spacciata, per predire il buono o cattivo tempo, dedotta solo e generalmente dall' ora del giorno in cui ha principio ciascuna fase lunare, e con una costante diversità dall' inverno all' estate; regola cui per procacciar credito presso il volgo si è attribuito il nome più illustre e vivente dell'astronomia, quello di sir John Herschel, in equivoco però scambiato con quello del celeberrimo di lui padre? Sebbene una siffatta regola non meriti una seria di- samina e confutazione, del pari che non la meritava pochi anni sono la decantata luna di Herschel con tutte le favole de' suoi seleniti, a cessar nondimeno l' abuso e lo sfregio del più rispettabil nome degli Astronomi viventi osserverò che la detta regola di predizion meteorologica non è né può essere di Herschel. Non lo è di fatto, perchè se fosse, un qualche giornale accademico o scientifico 1' avrebbe riportata con ca- rattere e prova di autenticità, né 1' avrebbero soltanto pro- dotta civili gazzette, donde fu presa, e che a cotali notizie non procurano alcuna fede, ove manchino della originale ap- provazion degli Autori. E di più non può esserlo, poiché tale regola è falsa ed improntata di un grossolano errore, che di certo mai non sarebbe sfuggito al profondo Filosofo inglese. Consiste la falsità e l'erroi'e in ciò, che la generalità della re- gola dipendentemente solo dalla fase lunare è fisicamente as- surda : perocché nei paesi vicini fra loro di longitudine l' ora di una fase della luna è la medesima, e possono tuttavia in essi avvenire le opposte meteore simultanee per distanza di latitudine, per frapposizione di monti, o per altra differenza di località. Nel mentre perciò la regola di predizione potrebbe nell'uno di essi adempirsi, nell'altro fallirebbe o viceversa. Oltre di che in uno stesso paese la diuturnità non infrequente di una determinata disposizione atmosferica, quale si è avuta per esempio durante l' ultimo inverno da gran parte di Europa, Tomo XXIII. 45 354 Riflessioni sopra l' inverno ec. smentisce ogni legge di pronostico fatta dipendei-e da elemento e cagione di continua variabilità, ([uul è 1' ora della fase lu- nare. Qui dunque non è da ricercare una probabilità di av- veramento, sussistendo una contraria e certa sorgente di fal- lacia. E perciò ancora, in rispetto all' invito mosso che gli Astronomi della nostra penisola vogliano una volta occuparsi di questa e di somiglianti utili scoperte nate nel loro paese , io amo sperare, per l'onor dell' Italia e della scienza, che niun astronomo italiano avrà del suo suffragio coulbrtata una regola che non può recare vantaggi, non essendo utile propriamente se non ciò che è vero. Ben altrimenti si adopera Herschel ai reali progressi della meteorologia, dirigendo egli coi mezzi vasti e potenti dell'in- glese commei'cio le interessantissime ricerche di tale studio, delle quali è stato reso conto alla riunione dell' associazion britannica per 1' avanzamento delle scienze tenuta in Yorck il Settembre del 1844 (Giornale Vlnstìtut. N. 578, na Genn. 1043, pag. 34. •••38). È detto quivi che in un volume di osservazioni meteorologiche pronto ad uscir in luce a Toronto nel Canada leggeranuosi i confronti dei fenomeni atmosferici simultaneamente osservati ne' luoghi piti distanti fra loro, in Europa, in America, in Asia e nell' emisfero australe, e si soggiunge poco appresso : « Cette comparaison a presente fre- quemmeiit des preuves non equwoques d' une liaison dans un grand nonibre des plus grands mouvemens irreguliers. Dans ce cas les niouveniens simultanés en Europe et en Amerìque ont lieu parfois dans la ménte direction^ camme si e' ètait le re- sultai d' une force agissante sur les deux continents et prove- nante cV un mème point; rnais parfois aussi les moìtvemens en Europe et en Anierique ont lieu en directions opposèes, comme s' ih resultaient d' ime force operante dans un point intentie- diaire aux deux continents. Il est evident qne si les observa- tions etaient instantanées aussi hien que simultanées, on pour- rait imtnediatement en deduire le point ou est placèe la force perturbatrice. » Termina il sunto di quella importante relazione Memoria del Prof. G. Bianchi 355 colle altre seguenti parole : « Lors de la dernìere rèunìon de V associatìon, Sìr J. Hersdiel chargé de surveiller la redactìon et la discussioìi des observations meteòrologìqiies à jour fixe de i835 à i838,y/i connaitre, entre autres sujets, qu' à V aìde de ces observations ori avaìt troiwé le moyen, dans quelques cas distincts, de tracer la marche, et d' assigner la grandeur, la direction et la vitesse des mouvemens atrnosplieriques dans la nature des ondes sur la pluspart des contrèes de V Europe, et cela d' une manière, qui poursuivie avec perseverance , ne manquerait pas de fournir des precieux et reels renseignemens à la Science de la meteorologie. » Dopo di che non è a du- bitare che anche i grandi fenomeni dell' ultimo inverno an- tecedentemente per me ricordati e descritti porgerebbero sog- getto di speculazioni e conclusioni vantaggiose alla scienza delle meteore, ove dato ne fosse di raccogliere e comparar fra loro le osservazioni più diligenti e precise di lontani luo- ghi e paesi intorno ai detti fenomeni. Ad ottenere di questa guisa r incremento più rapido e sicuro della meteorologia , seguendone l' esempio avventuroso della dotta Inghilterra, gli Asti'onomi e Fisici della nostra Italia ne sono già da qualche tempo eccitati all' occasione degli annui congressi scientifici ; ma il piano e metodo migliore delle operazioni da imprendersi a questo fine purtroppo non è finora che un semplice e ste- rile desiderio. ibK.n • '!•'. (Oitroo ;;];;>;.i < - 35ò RICERCHE ELETTRO -FISIOLOGICHE SULLA CONTRAZIONE INDÒTTA DEL PROFESSOR CARLO MATTEUCCI Ricevuta adì 9 Agosto 1845. (i) Vuoila denominazione di contrazione indotta s' intese in In- ghilterra di esprimere un fatto fisiologico da me trovato, e descritto nel Capitolo 10° "del mio Traité des Phenomenes electro -phisiologiques des animanx. Abbraccerò d' ora innanzi questa denominazione, avendo il vantaggio di esprimere con brevità il fenomeno e in qualche modo la sua natura. Comincerò dal ricordare con brevi parole in che consista questo fatto, e le ricerche principali che io feci sulle prime onde scuoprirne le leggi. Preparata una rana galvanoscopica si fa riposare il suo nervo sopra una o sulle due coscie di una rana preparata alla maniera ordinai-ia : ciò fatto applicando i poli di una pila sui plessi lombari della rana veggonsi, al contrarsi dei muscoli delle coscie, svegliarsi nello stesso tempo delle contrazioni nella gamba galvanoscopica di cui il nervo riposa sulle coScie dell' altra rana. Ho scoperto questo stesso fatto posando il nervo della rana galvanoscopica sul muscolo della coscia d'un ( 1 ) Quando si incontreranno nella presente Memoria citazioni di figure, veggansi le tavole annesse alle due antecedenti Blemorie dello stesso Autore inserite in questo Volume. Memoria del Prof. C. MATTEUCcr' SSy coniglio, facendo contrarre esso muscolo per mezzo d'una corrente che ne traversa il nervo. Ho pur visto accadere le contrazioni della rana galvanoscopica senza adoperare la cor- rente elettrica per far contrarre il muscolo che deve indurre le contrazioni, adoperando perciò uno stimolo qualunque sulla midolla spinale o sui plessi lombari. Tentai in fine queste esperienze, interponendo fra il nervo della rana galvanoscopica e la superficie muscolare inducente, strati sottilissimi di di- verse sostanze. Una foglia d'oro o uno sLrato sottilissimo coi- bente di mica o di carta glacé interposta, impediscono il fe- nomeno, mancano cioè le contrazioni indotte nella rana gal- vanoscopica j mentre invece uno strato di carta fina e imbe- vuta d'acqua non arresta la contrazione indotta. Dall' insieme di questi fatti si era guidati a concludere : 1° non potersi le contrazioni indotte nella rana galvanoscopica considerare dovute alla corrente elettrica diffusa, a" ed essere invece portati ad ammettere una scarica elettrica durante la contrazione di un muscolo. Onde appoggiare questa spiegazione delle contrazioni in- dotte col fatto, tentai un grandissimo numero d' esperienze che son descritte nel citato capitolo. Componevo perciò una pila di rane intere e chiudevo il circuito colle due estremità del galvanoraetro. Lasciato l'ago fissare toccavo i nervi delle rane componenti la pila con una soluzione di potassa, nel qual modo si svegliavano conti'azioni in esse rane. Operando in tal guisa ho visto spesso accrescersi di qualche grado la deviazione, e indi l'ago retrocedere. Quando le rane erano state toccate più volte colla potassa o erano assai indebolite in maniera che toccandole di nuovo coll'alcali non vi fossero pila contrazioni, m'è accaduto di non avere alcun segno d'au- mento nell'ago del galvanometro nel maggior numero dei casi. Finalmente bagnando i nervi di rane disposte in pila con so- luzioni acide o saline, la deviazione non cresceva mai, anzi diminuiva rapidamente. ... jua ti » ì.}!tj1 ùìi'Ai 3j8 Ricerche Elettko- Fisiologiche ec. Questi latti, ai quali ni' arrestai, potevano apparire In qualche maniera favorevoli all'idea che le contrazioni indotte l'ossero un eft'etto di una scarica elettrica che accompagna r atto della contrazione muscolare : malgrado ciò terminavo il capitolo citato colle parole seguenti : « non oso punto af- « fermare che la questione sia completamente risoluta e mi « sono arrestato non sapendo più per qual via avanzarmi per « risolverla. » L'importanza però del fatto delle contrazioni indotte mi è parsa sempre grandissima, ed è perciò che non ho mancato di darmi al suo studio in questi ultimi tempi con tutta 1' at- tenzione e mi lusingo d' averlo fatto con qualche successo. Deslnio dunque questa Memoria alla descrizione minuta di tutte le esperienze che ho tentate sulle contrazioni indotte. Prego il lettore a perdonarmi della prolissità con cui lo farò. Prima di tornare a nuovi studj sul fatto fondamentale delle contrazioni indotte, ho voluto rivedere e variare le espe- rienze di cui ho già dato un cenno e che avevo tentate onde scuoprire se v' era sviluppo di elettricità nella contrazione di un muscolo. Conveniva operare sopra pile di un maggior nu- mero di elementi di quelle che avevo adoperate onde avere una deviazione fissa e maggiore. Pensai perciò che più propria di una pila di rane fosse una pila muscolare (i). È oramai fuor di dubhio dopo le mie ultime esperienze che a numero eguale di elementi presi sulle stesse rane, la cori-ente muscolare è assai più forte della corrente propria. Ho recentemente dimostrato che allorquando per difetto di nutrizione, per temperatura molto bassa, per l'azione dell' idrogene solforato ec. si trovano indebolite nella rana la cor- (r) Colgo questa occasione per riferire un'esperienza fatta a provare l'esistenza della corrente muscolare nei muscoli dell' uomo vivo. Ho usato perciò il nervo della rana galvanoscopica, applicandola convenientemente sul muscolo della gamba messo allo scoperto da una ferita. Le contrazioni le più vive si svegliavano nella rana galvanoscopica ogni volta che il circuito era chiuso convenientemente fra 1' interno della ferita e la superfice. Memoria del Prof. C. Matteucci SSg rente muscolare e la propria, la diminuzione è assai più grande per la seconda di quello che per la prima. E difatti compo- nendo con tali rane la pila descritta alla pag. ii6 del mio Trattato con mezze rane, ottenute tagliando la coscia a metà, trovo una corrente differenziale più o meno grande, ma sempre nel senso della corrente muscolare. Non è che con rane molto robuste, tagliando molto in alto la coscia e lasciando poca superfìcie dell' interno del muscolo allo scoperto, che si trova o nulla la corrente differenziale o questa nel senso della cor- rente propria. E questo il fatto che io vidi nelle mie prime esperienze e che mi spiego ora anche meglio dopo gli ultimi miei lavori, riflettendo che nel lasciare quasi intera la coscia si hanno due elementi, cioè i muscoli della gamba e quelli della coscia che mandano la corrente nello stesso senso, men- tre uno solo è l'elemento della corrente muscolare che dà la corrente in direzione contraria. Ritornando al soggetto di questa Memoria, dirò che ho adojjerato una pila muscolare onde vedere se v' era sviluppo d' elettricità nella contrazione d' un muscolo. Ma poiché per eccitare le conti-azioni nel muscolo ero costretto a bagnarlo con soluzioni saline o acide concentrate o meglio con solu- zioni alcaline, mi sono occupato prima a studiare l' azione di questi liquidi sulla corrente muscolare. A questo fine ho preso in mezzo ad un gran numero di rane otto di esse che ho preparate alla maniera solita e da cui ho ottenvito i6 dei so- liti elementi o mezze coscie. Ho chiuso il circuito, l'ago giunse a 90° e si fissò a aa". Un altra pila simile fu fatta dopo aver lavato varie volte nell'acqua pura ed in seguito asciugate le 16 mezze coscie, il risultato fu il medesimo. Altri 16 elementi uguali furono messi per pochi secondi in una soluzione diluita d'acido solforico e poscia lavati più volte nell'acqua, tanto che non arrossassero più la carta del tornasole. Composta la pila, chiuso il circuito s' ebbe una corrente nella direzione della corrente muscolare di soli 6° o 7" alla prima deviazione, e l' ago si fermò a 0°. Tagliai prontamente con forbici le 36o Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. mezze coscie in maniera da rinfrescare la superficie interna del muscolo: ritatta cosi la pila la ])rinia deviazione fu anche più debole di quella or ora indicata. Potendo credere che V elletto della soluzione acida sudi elementi muscolari fosse stato di diminuirne la conducibilità, feci una pila musculare di otto mezze coscie prese sopra rane intatte a cui aggiunsi quattro coscie intere prese da rane pure intatte : ebbi nna corrente di 4')°- Invece di adoperare le quattro coscie intere, usai quattro coscie intere che erano state nell'acido solforico e indi lavate; la corrente fu di 44°' La conducibilità non aveva dunque variato nelle mosse mu- scolari trattate colla soluzione acida. E per essere anche più certo di questa conseguenza, tentai l'esperimento già descritto usando per prolungare il circuito non le coscie intere ma otto mezze coscie trattate colla soluzione acida e riunite, facendo toccare insieme V interno dell' una coli' interno dell' altra : il risultato fu il medesimo. Ho ripetuto egualmente questa stessa esperienza, adope- rando una soluzione di potassa abbastanza concentrata onde tuffarvi per pochi istanti gli elementi muscolari o le mezze coscie. Questi elementi furono poscia lavati nell' acqua pura finché non s' avevano più segni d' alcali. Composta la pila con lò elementi, chiuso il circuito s'ebbero io° a la" nel senso solito della corrente muscolare e una deviazione fissa insensibile. Rinfrescato con un taglio 1' interno del muscolo e ricomposta la pila, il risultato fu il medesimo. E anche in questo caso la conducibilità non aveva variato. Agiscono per conseguenza le soluzioni alcaline o acide sugi' elementi mu- scolari, come avevo visto agire l' acqua ad una temperatura elevata. Ho rifatto un' esperienza di questo genere e la rife- rirò solo per mostrare il suo accordo con quelle or ora rife- rite. Sedici mezze coscie furono lasciate per pochi secondi neir acqua a circa -t- 5o° G. Tolti questi elementi dall' acqua, lavati con acqua fredda ne formai la pila, chiusi il circuito ed ebbi ia° di prima deviazione nel senso della corrente Memoria del Prof. C. Matteucci 36 i muscolare, e l' ago si fermò a zero. Rifatta la pila dopo aver col taglio rinfrescata la superficie interna del muscolo, i segni della corrente furono come prima. Ed anche in questo caso mi sono assicurato che la conducibilità non era stata sensibil- mente variata dall'azione dell'acqua calda. Aggiungerò infine che non è per le ripetute lavature nell'acqua pura alla tem- peratura ordinaria che si diminuisce l'intensità della corrente muscolare. Ho visto molte e molte volte la stessa deviazione, qualche volta più qualche volta meno, ottenuta da una pila di un dato numero di elementi o mezze coscie, talvolta lavate neir ac({ua pura, talvolta no. Anche una soluzione di sai ma- rino molto concentrata, in cui si lasciano per alcuni secondi gì' elementi muscolari, è capace di diminuire notabilmente i segni della corrente. Cosi mentre i6 elementi ordinar] danno una prima deviazione, che giunge sino a go°, ed una fissa di ao° a 22.°, se questi elementi sono stati per pochi secondi nella soluzione satura di sai marino, poscia lavati, si ottiene una prima deviazione che è di circa 6o°, fissandosi poscia l'ago da 8° a io°. Eccoci dunque condotti a concludere che per 1' azione delle citate soluzioni alcaline, acide, o saline molto concen- trate, si distruggono negl'elementi muscolari le condizioni per le quali lo svihq^po d' elettricità ha luogo : né questa conclusione trovasi in opposizione coli' origine da noi ammessa di questa corrente. Ma poiché per 1' azione delle soluzioni acide od alcaline cessano o s' indeboliscono grandemente i segni della corrente muscolare, rimane a spiegarsi come nelle esperienze riferite nel niio libro e di cui ho dato un cenno al principio di questa Memoria, non s' ahbia diminuzione della corrente in una pila di rane, toccandole colla soluzione alca- lina, mentre si ha subito toccandola con una soluzione acida. Ahbiamo anzi detto che operando coli' alcali alle prime con- trazioni che si svegliano v' é in molti casi un sensibile au- mento di deviazione che dura per pochi istanti. Cogl' acidi invece la deviazione cala immediatamente per ritornare poi Tomo XXIII. 46 36a Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. dopo qualche tempo. Vediamo di renderci conto di questi fe- nomeni, ma avanti tutto descriviamo le esperienze fatte più esattamente onde studiare se vi è sviluppo di elettricità nella contrazione. Preparo molte rane alla maniera ordinaria del Galvani, poscia taglio loro le gambe disarticolandole il meglio possibile. Mi trovo così colle due coscie di una rana unite al pezzo di midolla spinale. Taglio una delle coscie a metà e j)reparo cosi un certo numero d' elementi tutti simili fatti di una coscia intatta, del pezzo della midolla spinale, e di una mezza coscia. È facile ora d' intendere come con questi ele- menti compongo una pila muscolare, applicando cioè l'esterno della coscia intatta snlP interno della coscia dell'elemento suc- cessivo ( fig. i3 ). Ciò fiìtto fo pescare le solite estremità del galvanoinetro nel litpiido in cui terminano le due estremità di questa pila. Per mezzo di una piccola aggiunta ai manichi degli scandagli del galvanometro non ho più bisogno di te- nerli colle mani perchè il circuito rimanga chiuso. Più e più volte ho ripetuta questa esperienza usando pile or di 1 2., or di i(), or di 2,0 elementi. Tanto la prima deviazione quanto quella fissa sono al([uanto più deboli di quelle che s' avreb- bero da un egual numero con pile di egual numero di sole mezze coscie. La differenza deve principalmente attribuirsi alla maiicior lunghezza o resistenza del circuito. In tutti i casi lasciato fissar 1' ago ad una deviazione che fu nelle di- verse mie esperienze or di 10°, or di 12,°, or di i5°, tocco prontamente i plessi lombari dei vari elementi della pila con una soluzione di potassa abbastanza concentrata, salvando però i soli elementi estremi nel timore che la soluzione alcalina potesse giungere nel liquido in cui pescano gli scandagli del ffalvanometro. Le contrazioni muscolari succedono immediata- mente dopo l' applicazione dell' alcali, e si mantengono per qualche istante senza essere quasi mai tanto forti da inter- rompere la pila, staccando un elemento dall' altro. Durante queste contrazioni V ago del gahanometro sta fermo. In qual- che caso ho visto l'ago discendere, in qualche altro salire di Memoria del Prof. G. Matteucci 363 2.° o 3". Ma queste variazioni sono incerte, mancano nel mag- gior numero dei casi e corrispondono piìi spesso a dei movi- menti troppo bruschi degl' elementi della pila, che ne distur- bano i contatti. Concludiamo dunque che la diretta esperienza risponde negativamente alla questione che ci siam fatti, se v' era svi- luppo d' elettricità nella contrazione muscolare. Rimarrebbero così ad intendersi i fenomeni presentati , agendo sulla corrente propria e quindi adoperando rane in- tere, i quali consistono nelPottenersi quasi costantemente se- gni d'aumento al primo toccare colla potassa i plessi lombari delle rane, mentre al contrario trattando con soluzione acida, r ago discende all' istante. Ho ripetute perciò e variate quelle prime esperienze; ed ecco come quelle differenze possono intendersi. ir,';»?';. Qualunque sia la forma degli elementi muscolari che si adoperano per comporre la pila, sia cioè fatta di rane intere, di mezze coscie, o quale 1' abbiamo descritta ( fig. i3 ), se colla soluzione alcalina o acida si bagna la superficie degli elementi muscolari, avviene costantemente, vi siano o no con- trazioni, che la deviazione diminuisce e 1' ago torna verso lo zero, ove rimane se l' azione dell' alcali è ripetuta o la solu- zione troppo concentrata. Questo effetto è identico a quello già descritto, che presentano gì' elementi muscolari stati im- mersi per qualche istante nelle soluzioni acide o alcaline. Nella maniera di esperimentare (fig. i3 ) da noi adottata si toccano coli' alcali, onde eccitare le contrazioni nei muscoli , dei punti che sono in qualche modo fuori del circuito e che non costituiscono di certo le parti dell'elemento elettromotore. Nella pila di rane intere in cui si riesce il più spesso ad avere segno di aumento nella corrente per qualche istante , toccando coli' alcali i plessi lombari soli, mai si ottengono questi aumenti se si bagna colla soluzione alcalina tutta la superficie muscolare. Aggiungerò ancora che se si usa la so- luzione acida, avendo cura di toccare con un pennellino i 364 Ricerche Elettko- Fisiologiche ec. soli [ilessl lombari e mai i muscoli delle cesoie o delle gambe, la deviazione non s" indebolisce, e malgrado le contrazioni che si svegliano, benché minori di (juelle che produce l'alcali ap- plicalo sui muscoli, non vi è aumento di deviazione. Convien toccare la superiicie del muscolo coli' acido per vedere l'ago discendere. Questo stesso avviene coli' alcali, ed è, ripeto, d'accordo colle esperienze già riferite sugli elementi muscolari che sono stati immersi nelle soluzioni acide o alcaline. Non è duiupie che colla sola pila di rane intere, e toc- candone coir alcali solamente i plessi lombari, che si vede spesso un lieve aumento di deviazione, mentre ciò non av- viene operando egualmente cogl'acidi. Stando a tutte le espe- rienze rilbrite è impossibile di riguardare questo risultato con- trario alla risposta negativa che abbiamo dato in una maniera assoluta alla (piestione fattaci di scuoprire coli' esperienza, se v' era elettricità sviluppata nella contrazione muscolare. Vedremo nel seguito di questa Memoria altre prove ir- refragabili della risposta negativa da noi data alla suddetta questione. ■ ;' -, '-.;[: Per poco che si sia tenuto dietro all' insieme di questi fenomeni, è impossibile di non concepire quanta è la difficoltà che s' incontra volendo spiegare perchè nel caso particolare suddescritto possa l'alcali produrre un aumento di deviazione nella corrente propria della pila di rane intere : inclinerei a credere che essendo dall'alcali più che dagli acidi eccitate forti e permanenti contrazioni nei muscoli, venissero cosi nel mas^iior numero dei casi meglio stabiliti i contatti fra un elemento e V altro e quindi accresciuta la conducibilità in- terna. Difatti nella pila di rane intere assai male si stabili- scono questi contatti, e si vede sempre ama gran differenza nella intensità della corrente cogli stessi elementi, meglio sta- bilendo questi contatti. • ■ Checché ne sia della intei'pretazione da darsi del piccolo aumento che avviene nell' intensità della corrente propria , toccando i plessi lombari delle rane e svegliando così delle .Memoria del Prof. Gì Mattevcoìì • 365 co,ntrazioni muscolari, certo èiióhe quésto fatto solo non può condurci a stabilire che: vi, è. isviluppo: d' elettricità nella con- trazione muscolare e che da, tutti gli. altri casi surriferiti se ne deve invece indurre il. contrario. Passo ora ad esporre molti nuovi studj fatti sul fenomeno delle contrazioni; indotte:! ma prima:pregherò di nuovo il let>- tore a scusarmi della prolissità con cui descriverò le esperienze, e della moltiplicazione di queste : il fatto delle contrazioni indotte è di certo cosi impoi'taiitieié, tanto oscuro nello stesso tempo, da noa potersenle-stabiilii^ le leggi se non con lunghe e pazienti ricerche. xÌihitt^ uìv.ih Basta di aver visto uuj^ volta il fatto della contrazione indotta ottenuto senza svegliare le contrazioni per mezzo della corrente elettrica, per inon poter più ammettere che questa corrente sia la diretta cagione i ideile contrazioni indotte. Po- sato il nervo della rana ,galvanoscopica sui muscoli della coscia d'una rana preparata alla maniera ordinaria, se colle forbici, collo spigolo d'una lastra di vetro o in un altra maniera qua- lunque, si viene a lacerare prontamente la midolla spinale della rana, è raro che manchino le contrazioni indotte. E però certo che eccitando la contrazione delle coscie col passaggio della corrente pei plessi lombari, il fenomeno delle contrazioni indotte non manca quasi mai.iiF-ì r-tii'^iin ih mÌth rcr.i _/, ; Avendo pyeijciò aidoperato il più spesso nelle mie ricerche l'uso della corrente per eccitare le contrazioni, ho prese tutte le precauzioni perchè non potessi mai temere che la rana galvanoscopica o le coscie della rana intera fossero invase da una porzione della corrente stessa. Il metodo che meglio riesce è quello di empire quasi interamente di trementina un piatto ordinario da tavola, e di stendere la rana sopra la trementina. È inutile di dire che si deve adoprare trementina tanto densa che la rana non possa immergervisi ; conviene anche aver cura nel preparare la rana galvanoscopica, di non lasciare at- taccato al nervo alcun pezzetto di muscolo. 366 Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. Qualunque sia la disposizione del nervo della rana gal- vanoscopica relativamente alle fibre muscolari della coscia, il fenomeno delle contrazioni indotte sussiste sempre. Così in qualche caso ho steso (juesto nervo parallelamente alle fibre muscolari, oppure 1' ho disteso normalmente alle suddette fibre o infine 1' ho piegato a zig zag, cioè in tutti i sensi, e le contrazioni indotte si son sempre ottenute in tutti i casi e senza difierenza sensibile. Queste stesse contrazioni indotte si ottengono applicando il nervo della rana galvanoscopica sul muscolo gastronomico della gamba. '• ■ Ho anche provato a lavare più volte nell'acqua pura la rana inducente onde toglierle qualunque traccia di sangue o d'altro umore che poteva esser sparso sulla superficie de'suoi muscoli, e le contrazioni indotte hanno sussistito egualmente. Ho tagliato con un rasojo o meglio con fiarbici la super- ficie dei muscoli, ho quindi posato il nervo della rana galva- noscopica sul solo interno dei muscoli stessi ; la contrazione indotta vi è stata. Egualmente è accaduto disponendo il nervo della rana galvanoscopica sul muscolo, in maniera che 1' estremità di detto nervo si ripieghi sopra il nervo stesso e venga a fibr- illare una specie di circuito chiuso. Ho pur voluto vedere se le contrazioni indotte sussiste- vano anche quando il nervo della rana galvanoscopica non era stato tagliato. Ho preparato perciò la rana in maniera da conservare integro il nervo, ed ecco come. Spellata una rana, le tolgo i visceri, indi le ossa e i muscoli del bacino, e final- mente i muscoli della coscia, avendo cura di salvare il nervo della coscia. In tal maniera ottengo una rana di cui il sistema nervoso è integro, e che ha scoperto un lungo filamento ner- voso, cioè il plesso lombare, e il nervo della coscia. Ottenuta così la rana ne preparo un' altra alla maniera ordinaria, che poso sopra la trementina nel modo già descritto. Allora dis- pongo il nervo della rana preparata, come si è detto, sulle Memoria del Prof. G. Matteucci 867 coscie dell'altra rana (fig. 14 )• Eccitando le contrazioni mu- scolari, si ottengono le contrazioni indotte, come si hanno, usando la sola rana galvanoscopica, e nello stesso tempo si ottengono pure le contr-azioni nei muscoli del dorso e nell'al- tra gamba. Avremo occasione di ritornare più innanzi sopra questo esperimento, dal quale ci limitiamo per ora a dedurre, che le contrazioni indotte si ottengono anche quando il nervo posato sui muscoli in contrazione è integro. Usando la rana cosi preparata ho esperimentato le con- trazioni indotte, facendo sì che il nervo, che è in contatto del muscolo in contrazione, fosse già in qualche maniera ec- citato o da una corrente o da uno stimolo qualunque. Ho usato a questo fine di chiuder la rana galvanoscopica nel cir- cuito d'una coppia voltiana, oppure di applicare sul nervo una goccia di soluzione alcalina. Tutte le volte che i muscoli in- ducenti entrano in contrazione, vi è sempre contrazione in- dotta, sia che il nervo per cui si trasmette questa contrazione indotta sia già eccitato o no, e per conseguenza quand'anche è già in contrazione il muscolo su cui si genera questa con- trazione indotta. E diffatti malgrado la contrazione della rana galvanoscopica, non si prova difficoltà a scorgere la contrazione indotta che sopraggiunge. Molte esperienze e assai facili possono farsi per provare che in qualunque maniera sia eccitato il nervo del muscolo inducente^ se la sua contrazione manca, manca pure la con- trazione indotta. Mi limiterò a riferirne alcune principali. Ta- gliati i nervi in due o tre punti nel muscolo inducente, per- chè la contrazione non possa aver luogo, manca sempre la contrazione indotta, allorché si viene a stimolare il nervo in una maniera qualunque nei punti estremi al muscolo inducente. Senza tagliare il nervo, se si tagliano tutte le estremità tendinose dei muscoli della coscia e si fanno anche altri tagli trasversi negli stessi muscoli, avendo cura di non tagliare i nervi, allorché si viene a stimolarli, manca la contrazione in- ducente ed anche 1' indotta. 368 Ricerche Elettro - Fisiologiche ec. Tagliando con cura tutti i muscoli della gamba di una rana, si può avere sco})erto il filetto nervoso che scorre nella gamba stessa. S' irriti questo nervo o colla corrente o con un altro stimolo qualunque do[)o avere steso il nervo della rana galvanoscopica sui muscoli della coscia dell' altra. 1 muscoli della coscia non si contraggono; manca la contrazione indotta. Operando sopra conigli o sopra cani, ho potuto agire colla corrente elettrica sui filetti nervosi che vanno ai reni, allo stomaco, agi" intestini : intanto il nervo della rana galva- noscopica era disteso sopra queste diverse parti, nelle stesse condizioni in cui si tiene sui muscoli: non ottenni mai alcun segno di contrazione intlotta. Ho cercato anche di scuoprire se vi era contrazione in- dotta applicando il nervo della rana galvanoscopica sul nervo eccitato. A ([uesto line basta di preparare due rane galvano- scopiche e di distendere il nervo deiruna sopra il nervo dell' altra nei punti prossimi alla gamba. Per l'are V esperienza con ogni cura si dispongono le due rane sulla trementina. Allora, o colla corrente, o con un altro stimolo qualunque, s' irritano i punti superiori del nervo della rana, che segui- terò a chiamare imlucente : non v' è alcuna contrazione in- dotta nella rana galvanoscopica, mentre questa contrazione vi è subito se il suo nervo si stende sul gastronemio dell' altra rana. È inutile di dire che adoperando la corrente per ecci- tare la contrazione inducente, non si deve mai mettere alcuno dei reofori della pila in contatto o in prossimità del nervo della rana galvanoscopica. Si deduce dalla riferita es[)erienza che un nervo eccitato, e in cui di certo si propaga la cagione qualun([ue che sveglia nel muscolo la contrazione, e nel cer- vello la sensazione, non agisce sopra il nervo della rana gal- vanoscopica (juantunque vi sia in contatto. Aa-giunnrerò ancora l' esperienza seguente. Ad una rana or? ~ IO preparata alla maniera ordinaria ho scoperto il cervello colla maggior cura possibile, ed ho disteso sopra di esso il nervo della rana galvanoscopica. In varie esperienze cosi tentate ho Memoiua del Prof. G. Matteucci 869 applicata la corrente or diretta, ora inversa sui plessi lombari: in altre ho toccato colla potassa questi plessi, ed avevo sem- pre le contrazioni nelle membra inferiori e le convulsioni del dorso. Non ebbi però mai segno di contrazione indotta nella rana galvanoscopica che stava distesa sul cervello. Dal solo muscolo in contrazione si svegliano dunque le contrazioni indotte. Ho cercato di scuoprire come s' indebolivano queste con- ti-azioni indotte, facendole svegliare da un muscolo di cui la contrazione era indotta. In una parola ho cercato le contra- zioni indotte di secondo, di tei'z' ordine ecc. A tal uopo pre- paro varie rane galvanoscopiche, ed una alla maniera ordina- ria, e le dispongo nel modo seguente : sui muscoli delle co- scie della rana intera stendo il nervo d'una rana galvanosco- pica: sul gastronemio di questa, stendo il nervo di un' altra rana galvanoscopica, e così successivamente. Il tutto è posato sulla trementina. Eccitando le contrazioni nella rana intera , facendo passare la corrente per i suoi plessi lombari, ho visto in molti casi contrarsi nello stesso tempo tre rane galvanosco- piche, e quasi tutte sensibilmente colfa stessa vivacità. Non mancano mai le contrazioni in due rane galvanoscopiche ^ ma non ho mai potuto scorgerne quattro in contrazione. Vi è dun- que contrazione indotta di primo, di secondo e di terz' ordine. . Prima di venire alle conseguenze da trarsi dai suesposti fatti, mi rimangono ancora a descrivere le esperienze molte che ho latte onde scuoprire 1' influenza dei corpi interposti fra il muscolo in contrazione e il nervo della rana galvano- scopica, sulla contrazione indotta. ,c ,• . Sin dalle mie prime esperienze sulla contrazione indotta, avevo visto che stendendo una foglia d'oro, di quello con cui si dora, sui muscoli, e posando poi sui muscoli dorati il nervo della rana galvanoscopica, la contrazione indotta non s' otte- neva più. Perchè questo accadesse, conveniva però che il mu- scolo fosse completamente dorato, lo che non avviene e special- mente dopo una o due contrazioni, per le quali la foglia d'oro Tomo XXIII. 47 Sro Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. si lacera. Allora pure avevo visto che una carta verniciata, papier glacée^ interposta fra il muscolo ed il nervo, impediva la contrazione indotta. In fine una carta da feltro imbevuta d'ac([naodel lirpiido sieroso che ])agna la superficie dei mu- scoli, interposta fra il muscolo ed il nervo della rana galva- noscopica, non impedisce le contrazioni indotte. A questi soli tre casi relativi all' influenza dei corpi interposti sulla contrazione indotta, si riducevano le nostre cognizioni. Ho cercato perciò di assai estendere e variare le esperienze. La maniera costante di operare che ho tenuta, consiste nel preparare una rana alla maniera del Galvani, e nel posarla sulla trementina : in- tanto un ajnto viene prepai-ando nuove rane galvanoscopiche di cui stendo il nervo sui muscoli delle coscie della prima rana. Onde svegliare le contrazioni inducenti adopero sempre una piccola pila alla Faraday di quindici elementi immersi neir acqua pura, e di cui i reofori sono coperti di seta e verniciati. Non v' è corpo liquido fra i molti che ho tentati, che impe- disca la conti-azione indotta: l'acqua, l'acqua leggermente acidu- lata, o salata, il siero, il sangue, l'olio d'oliva, l'alcool allungato, la vernice di alcool e resine, l'olio volatile di trementina sono i liquidi adoperati in queste esperienze, e attraverso dei quali la contrazione indotta ha luogo. Uso sempre di lasciar cadere alcune goccie del litpiido sperimentato sul muscolo, e di ba- gnare il nervo della rana galvanoscopica collo stesso rK[uido. La contrazione indotta sussiste ancora se una carta sottilissima da feltro, imbevuta dei suddetti liqtiidi, e interposta fra il mu- scolo e il nervo. La poca conducibilità di alcuni dei liquidi adoperati ( olio, olio volatile di trementina, vernice ecc. ) mi ha fatto dubitare che la contrazione indotta sussistesse anche malgrado l'inter- posizione di un corpo assolutamente isolante. ]M' assicurai difatti che attraverso ad uno strato anche sottilissimo dei suddetti liquidi, tanto la corrente muscolare, cpianto la propria, non si propagavano. Prendendo la rana Memoria del Prof. C. Matteucci 871 galvanoscopica colla mano, e facendola col suo nervo venire in contatto di una carta bagnata, che sia in una maniera qua- lunque in comunicazione col suolo, si hanno come ben si sa le contrazioni. Lo stesso avviene toccando col neivo della l'ana galvanoscopica i muscoli qualunque d' una rana o d' un altro animale in comunicazione col suolo. In tutti questi casi è sempre la corrente propria che circola attraverso 1' osser- vatore, il suolo, il corpo toccato e la rana galvanoscopica. Ora, se si bagna il nervo della rana galvanoscopica o nell' olio, o o neir olio volatile di trementina, o nella vernice, basta il piccolo strato che rimane aderente al nei'vo, perchè sia im- pedita la circolazione della cori'ente propria. E indubitato dunque, che se la contrazione indotta si propaga attraverso ad uno strato di uno dei cattivi condut- tori citati, non può di certo questa contrazione indotta es- ser dovuta ad una corrente, che generata nel muscolo in contrazione passei'ebbe nel nervo della rana galvanoscopica. Tuttavia queste esperienze erano tanto importanti per la teoria del fenomeno della contrazione indotta, che ho voluto tentare ad interporre fra il muscolo in contrazione e il nervo della rana galvanoscopica un corpo che fosse anche più cat- tivo conduttore di quelli citati. Il corpo che mi ha servito in queste esperienze è stato la trementina di Venezia quasi solida e resa più o meno liquida coli' aggiunta di un poco d'olio volatile di trementina. Spalmate le coscie di una rana con questo miscuglio e bagnatone il nervo della rana galva- noscopica, preparo al solito l'esperienza e veggo la contrazione indotta sussistere. Per pi'ovare la cattiva conducibilità del miscu- glio adoperato, mi affretto subito a dire che se applico un polo della pila con cui eccito le contrazioni, sullo stato del miscuglio coibente, bene inteso senza peneti'are sino al mu- scolo, e tocco coir altro polo la gamba della rana galvanosco- pica non si svegliano in essa contrazioni. È dunque provato dalle citate esperienze che la contrazione indotta si propaga attraverso ad uno strato di sostanza coibente tale, che impedisce 3~a Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. la propagazione non solo della corrente muscolare e della ])ropria, ma anche di quella corrente che eccita la contra- zione inducente. Se lo strato coihente interposto oltrepassa certi limiti di grossezza e se esso non ha una conveniente liquidità, la con- trazione indotta manca. E impossibile però di determinare dentro quali limiti di grossezza di strato e di liquidità del miscuglio ([uesto avviene: mi basta d'avere stabilito coU'espe- rienza che in qualche caso s'ottiene la contrazione indotta, mentre Ira il muscolo e il nervo si trova interposto uno strato coibente che di certo arresta la corrente muscolare e la pro- ])ria, non che una corrente voltiana ordinaria. Dirò iiiiahnonte, di non esser mai riescito ad ottenere la contrazione indotta adoperando un corpo solido interposto , per quanto sottile lo abbia scelto, e qualunque fosse la sua natura. A ([uesto fine ho adoperato lamine di mica estrema- mente sottili, lamine di solflito di calce, la foglia d' oro, la carta con colla, le foglie di vegetabili ecc. Sempre mancò la contrazione indotta. È però un fatto assai curioso e credo anche importante nelle sue conseguenze, quello di ottenere la con- trazione indotta attraverso alla pelle dei muscoli inducenti della rana. L'esperienza non manca mai di riescire, sia che la con- trazione inducente si ecciti colla corrente elettrica, o con uno stimolo qualunque, applicato sui plessi lombari della rana in- duceute. Dopo aver così esposto una lunga serie di fotti relativi alle circostanze che intervengono a produrre, a modificare, o a distruggere il fenomeno della contrazione indotta, potrebbe credersi che colla scorta di questi si potesse salire alla teoria fisica del fenomeno. Disgraziatamente ne dubito assai, e in questa incertezza prego di nuovo il lettore a seguirmi nella discussione minuta, che sarò costretto di fare delle diverse ipo- tesi che si possono immaginare onde interpretare il fenomeno della contrazione indotta. Memoria del Prof. G. Matteucci . 3 78 i". Basta di aver vista una volta la contrazione indotta, determinata svegliando le contrazioni inducenti con uno sti- molo meccanico qualunque, per non poter più in alcun modo sospettare che la corrente elettrica adoperata per eccitare la contrazione si propaga sino al nervo della rana galvanosco- pica (x). Come intendere la contrazione indotta di secondo, di terz' ordine ? Come spiegarsi che la contrazione indotta manca, benché la coiTente sia applicata, come al solito, sui plessi lombari della rana inducente, e solo perchè per il ta- glio dei nervi nella coscia si è tolta o grandemente diminuita la contrazione inducente? Perchè manca la contrazione indotta quando s'applica la stessa corrente nel nervo al disotto della coscia, per cui non vi sono le contrazioni inducenti ? Perchè allorquando s' agisce colla corrente sui plessi lombari di una rana già indebolita a modo da non aver più le contrazioni se non che al cominciare della corrente diretta e al cessare dell' inversa, perchè in questi soli casi vi è la contrazione indotta? È inutile di continuare ad annoverare le obbiezioni che si possono fare all' interpretazione della contrazione in- dotta, ricorrendo ad una diffusione della corrente eccitante le contrazioni inducenti ; diffusione che non può in verun modo fisicamente concepirsi. a". Potrebbe sospettarsi che la contrazione indotta fosse la conseguenza di uno stimolo meccanico, cioè dell'urto dei muscoli inducenti che si contraggono e scuotono così il nervc della rana galvanoscopica. Ho provato tante e tante volte adoperando rane galva- noscopiche estremamente delicate, a promuovere dei movimenti in tutte le maniere possibili nelle masse muscolari delle co- scie, e mai potei vedere contrarsi la rana galvanoscopica. Se la cagione del fenomeno fosse quest' urto, come spiegarsi il (i) Per eccesso di cautele, ho tante volte provato ad ottenere la contrazione indotta, eccitando la contrazione inducente colla lacerazione della midolla spinale per mezzo di una lastra di vetro. La contrazione indotta è stata, come se la con- trazione inducente fosse stata eccitata colla corrente o con un altro stimolo qualunque. / 3?4 Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. cessare della contrazione indotta per 1' interposizione di una tenuissinui foglia d'oro o di mica fra il nervo e il nuiscolo? Ho provato tante e tante volte ad applicare il nervo della vana galvanoscopica sopra lastre di metallo, di vetro, sopra membrane tese, sopi*a corde di budella, mentre erano in vi- brazione, e mai vi fu segno di contrazione nella rana galva- noscopica. Non è dunque 1' urto del muscolo in contrazione contro il nervo della rana galvanoscopica, la cagione della contrazione indotta. 3". Accade (pialche rarissima volta di aver la contrazione nella rana galvanoscopica allorché si distende il suo nervo sulla coscia dell' altra rana, e ciò anche nel caso in cui am- bedue sono perfettamente isolate. E però certo che tutte le volte che questo avviene non si manca di scuoprirne la ca- gione. Questa consiste ora nell' essere 1' interno del muscolo scoperto in qualche punto, ora perchè al nervo della rana galvanoscopica rimane unito qualche pezzetto di muscolo che viene a toccarsi col nervo, allorché questo si distende sulla coscia. M'è parso anche che qualche volta queste contrazioni accadessero, allorché si veniva a toccare con due punti del nervo della rana galvanoscopica le estremità tendinose e la superficie dei muscoli della coscia. Intanto diciamo che la contrazione indotta si ottiene costantemente iii tutti i casi, in cui per le cure prese non si verificano le circostanze sud- dette che possono far svegliare la contrazione della rana gal- vanoscopica. Sappiamo pure che tagliata con forbici la super- ficie muscolare delle coscie e resa così tutta uniforme, la contrazione indotta sussiste applicato il nervo della rana gal- vanoscopica sulla nuova siqierficie interna del muscolo. Questa contrazione indotta sussiste ancora attraverso alla pelle della rana, non che interponendo degli strati liquidi coibenti fra il nervo ed il muscolo. Ed abbiamo visto che la coibenza di quelli strati era tale da non permettere la circolazione della corrente propria e della muscolare. Come può, dopo ciò, sup- porsi che la contrazione indotta abbia origine dalle circostanze Memoria del Pjiof. G. Matteucci 3^5 suaccennate, anche ammettendo che siano rese più attive, o che si svegUno per la contrazione muscolare ? Queste circo- stanze si riducono ad un fenomeno di corrente muscolare o di corrente propria, che dovrebl)e poter percorrere il nervo della rana galvanoscopica, anche quando il nervo della rana galvanoscopica sia involto da uno strato di sostanza coibente, ciò che abbiani visto non poter essere. 4°- La prima idea venuta onde interpetrare la contrazione indotta, fu quella di uno sviluppo di elettricità che accompagni la contrazione muscolare. V è sviluppo di calore nell' atto della contrazione : secondo l' osservazione importante di Qua- trefage, che importerebbe assai che fosse di nuovo ripetuta onde bene stabilirne le circostanze, vi sarebbe sviluppo di luce in certi casi di contrazione. muscolare. Da ciò, un certo grado d' analogia per conchiudere non improbabile la produ- zione di elettricità nella contrazione muscolare ; d'altra parte le poche esperienze che feci allorché scuoprii la contra- zione indotta potevano interpetrarsi assai bene in questa ipo- tesi. Un corpo coibente, come una lamina di mica o una carta verniciata, impedivano colla loro interposizione la con- trazione indotta^ e non poteva essere diversamente. Accadeva lo stesso anche quando una lamina d' oro, scaricando perfet- tamente 1' elettricità che si supponeva prodotta nella contra- zione, taceva cosi che il nervo non ne fosse percorso. ' Malgrado questi primi passi che lusingavano a dare una spiegazione assai sempiine della contrazione indotta e condu- cevano nello stesso tempo a provare un fenomeno importante nella contrazione muscolare, noi siamo oggi costretti ad abban- donare affatto questa idea perchè contraddetta dall'esperienza. Al principio di questa Memoria ho riferito con tutta l'estensione possibile le molte esperienze tentate onde cercare se v' era aumento nell' intensità della corrente muscolare o della propria nell' atto della contrazione. Tutti i miei sforzi sono stati inutili, ed ho dovuto concludere che 1' esperienza non provava divenire maggiori i segni della corrente musco- lare o della propria nell' atto della contrazione muscolare. 376 Ricerche Elettro- Fisiologiche ec. Potrebbe credersi ad uno sviluppo di elettricità indipen- dente dalla conente muscolare e dalla propria. Ma come sup- porlo, allorché si vede che la contrazione indotta si propaga attraverso a certi strati coibenti, come sarebbe la trementina. Folio ecc., mentre ciò non ha luogo se si usa una lamina di mica estremamente sottile. Si sarebbe potuto dubitare che r elettricità sviluppata nella contrazione muscolare avesse agito per intluenza. In questa ipotesi s' intenderebbe perchè la trementina non arresta la contrazione indotta; ma intanto poi rimane doppiamente oscuro perchè colla lamina di mica estremamente sottile questo abbia luogo. Ho provato intatti a cuoprire una rana galvauoscopica posata sopra una lastra di vetro con una lamina di mica: la scarica elettrica di una bot- tiglia scocca fra i bottoni dell' eccitatore universale sopra la o pra lamina di mica, e le contrazioni si svegliano nella rana gal- vauoscopica. Non m' occuperò in questo momento ad analiz- zare questo fatto : basta per ora a provarci che dovrebbe es- servi contrazione indotta attraverso alla lamina di mica, se la cagione del fenomeno fosse una scarica elettrica o l' influenza di questa. Aggiungerò finalmente di aver tante e tante volte prova- to, e sempre inutilmente a svegliare le contrazioni nella rana, te- nendo il nervo della rana galvanoscopica in prossimità e quasi al contatto di un conduttore metallico percorso dalla corrente elet- trica. Per mettermi nelle circostanze favorevoli, onde il cir- cuito indotto possa esser completo nella rana, preparo la rana in maniera che un lungo filamento,' nervoso, cioè uno dei plessi lombari e il suo seguito nella coscia, siano allo scoperto. La rana è intatta nel resto e le due gambe si toccano insieme. Sostengo la rana con cordoni di seta in maniera che essa sia orizzontale e che il suo filamento nervoso sia in contatto e pa- ralello al conduttore voltiano, che è verniciato. Quando tutte le cure sono prese per bene isolare la rana, non si vedono mai contrazioni in essa ne al chiudere uè all' aprire del cir- cuito della pila. Vedesi che in questa disposizione il circuito indotto può aver luogo nella rana. Ho adoperato una pila di Bunsen di io elementi senza alcun risultato. Memoria del Prof. C. Matteucci 877 Non v' è dopo ciò alcuna prova sperimentale della spie- gazione del fenomeno della contrazione indotta, data, ammet- tendo uno sviluppo di elettricità nell' atto della contrazione muscolare. Ignoriamo ancora la cagione della contrazione muscolare e non sappiamo di questo fenomeno se non se, che si sve- glia agendo anche a grandi distanze dal muscolo sul nervo che vi si ramifica, che questa azione per propagarsi esige r integrità del filamento nervoso dal punto su cui si è agito sino al muscolo, che questa propagazione si la con una velo- cità, che non possiamo giudicar miuore di quella con cui la luce, il calore, l'elettricità si propagano nei diversi mezzi, che ciò che modifica, aumenta o distrugge il complesso dei fenomeni fisico-chimici compresi nella nutrizione del muscolo, opera egualmente sulla sua contrattibilità promossa da un' azione qualunque su i nervi, finalmente che il fenomeno della contrazione di un muscolo deve intendersi, ammettendo che la cagione qualunque di questo fenomeno agisca colla legge fisica dei corpi elastici. ' ■ •• Il fenomeno della contrazione indotta sarebbe un primo fatto d' induzione di questa forza qualunque, che circola nei nervi e che sveglia la contrazione muscolare. Ammettendo per ben dimostrato, che non può darsi del fenomeno della contrazione indotta una spiegazione soddisfa- cente ricorrendo all' elettricità o ad alti-e cagioni conosciute , come mi sembra d'averlo provato con tutta l'evidenza, mi pare che non si possa, trattandosi di un fatto primo, come lo è quello della contrazione indotta, interpetrarlo diversamente di quello che abbiamo fatto. La contrazione indotta non è che un nuovo fenomeno della forza nervosa, fenomeno di cui abbiamo date in questa Memoria le leggi principali. Mi sem- brerebbe perciò più giusto di chiamare d' ora innanzi indu- zione muscolare^ quella che ho detta sin qui contrazione indotta. Darò termine a questa Memoria con alcune applicazioni del fenomeno dell' induzione muscolare alla Fisiologia. Tomo XXIII. 48 S'^S Ricerche Elettro -Fisiologiche ec. Dall' esperienza descrìtta più sopra ( fig. 14 ) è provato che r induzione muscolare si propaga in un nervo nello stesso tempo tanto verso le sue estremità nei muscoli quanto verso il suo centro. Se l'induzione muscolare si esercita non solo sul nervo in contatto del muscolo ma anche attraverso ad alcuni corpi inter- posti, è naturale di ammettere che allorché una massa muscolare (jualunipie entra in contrazione per l' irritazione portata sopra uno dei suoi nervi, anche in tutti gli altri filamenti nervosi sparsi in quella massa il l'enomeno dell'induzione avvenga. E volendo anche cedere per un momento alle analogie che passano Ira la corrente elettrica e la forza nervosa, potremmo credere che «questa induzione abbia luogo sul nervo eccitato, che è cagione della contrazione. Non potrebbe forse da ciò aversi una spiega- zione fisica di un fatto fisiologico ben stabilito che, dentro certi limiti, s' accresce 1' attività dei muscoli a misura che in loro la contrazione è svegliata ? Farmi anche che un gran numero di quei movimenti che avvengono in noi e negl' animali in- dipendentemente dalla volontà, ma però in seguito di altri cagionati dalla volontà, possano essere considerati come feno- meni d' induzione muscolare. Lascio ai fisiologi la continua- zione di questi studj che mi sembrano degni di tutto il loro interesse. E terminerò col citare un'esperienza, che parmi provare un' azione di c[uesto genere. Preparata una rana alla maniera ordinaria, taglio uno dei nervi che costituiscono uno dei suoi plessi lombari, e lo taglio precisamente al suo punto d' escila dalla colonna vertebrale. Stesa la rana sulla trementina ritiro da un lato il nervo tagliato, e lo irrito o colla corrente o coli' alcali. Si svegliano così fortissime contrazioni nella coscia e nello stesso tempo, se la rana è molto vivace, si hanno contorsioni distinte, benché di poca durata, al dorso ed anche movimenti nelle sue membra superiori. Pisa 8 alaggio 1845. g^.?<éiiz S4c. J^^ ^ xxm /i. 37^. ■-'/.l'i: TX. .'Mmc^f^ cA ■ /u^h^a/i^ S^c. ,y&/ .'7'' XXIIl. /,.. 3 7g i^;^,„ £/>,..,',^^ "i/ io. S^c. J^:^ 3<' xxin /i. 37S. ^ ^ //^mc^.^ ,3^ ^^/^^^i^ia^^i.^ ^$X ,J^^ 5^ xxm /fc 37^. >^/. 3. ' -4^ // /4< rf.^. '_^^/2. ^'^ ■ ^^- 379 STORIA DI UNA SENSAZIONE PARTICOLARE CHE PROVAVA UNA PARALITICA QUANDO VENIVA ELETTRIZZATA DURANTE IL CORSO MENSILE DEL SOCIO CAVALIERE PROF. STEFANO MARIANINI Ricevuta il 4 Maggio i845. Xl fenomeno del quale mi proposi di tessere brevemente la storia mi venne offerto dalla Nobil Donna Contessa Querini Stampalia di Venezia, nubile d'anni venticinque. Riavutasi ia sul finire dell'anno i833 da linfatica apoplessia, che tenuta l'avea per molti giorni in grave pericolo, era per altro rimasta senza favella, e cogli arti del lato destro affetti da paralisi incompleta. Il braccio, la mano e le dita, benché flessibili al naturale, erano privi di movimenti volontarj. L'arto inferiore tanto di forza avea ricuperato, che l' inferma poteva reggersi in piedi senza grave stento, e camminare eziandio qualche poco senza aver d' uopo di sostegno. Il rimanente della per- sona trovavasi in buon essere, e la mente limpida e sana. Scorsi nove mesi in questo stato venne sottoposta ad una cura elettrica per suggerimento del Consigliere Aglietti, sog- getto di chiara fama. Mediante la corona di tazze del Volta allestita con acqua mediocremente salata, nella quale cosi le piastre di rame come quelle di zinco pescavano per circa due pollici quadrati, si davano trecento od al più trecento cin- quanta scosse all' ammalata, impiegando quaranta od al più cinquanta coppie dell'apparecchio. L'elettricità venia condotta da una mano all' altra facendo comunicare per lo più la de- stra col mezzo di un cuscinetto umido ed una striscia di piombo 38o Storia di una Sensazione ec. col polo nopativo, e la manca la mercè di un cuscinetto ed una >triscia di pioiiil)o che poneasi a contatto del polo posi- tivo ogni volta che si voleva scuotere. Le contrazioni riuscl- ^ano forti anche nel braccio malato, non però accompagnate da senso alcuno di gravezza. E tanto avverossi in tutte le quattordici elettrizzazioni che furono somministrate dal giorno vigesimoterzo di Settembre sino al tredicesimo del succedente Ottobre. JNIa nella decimaquinta elettrizzazione amministrata il dì i4 del detto mese avvenne che, tenendo giusta il solito la mano manca ( che era la sana ) in conmnicazione col polo positivo, e la destra col negativo, ogni scossa, ancorché data con sole quindici coppie, non andava disgiunta da fastidiosa sensazione nei nervi della mano destra; sensazione, la quale, per poco che si aumentasse il numero delle coppie, gravavasi al punto di addivenire insopportabile. Fatta quindi comunicare la mano destra col polo positivo, e la manca col negativo, ta- ceva allora quella sensazione, uè rivivea neppure spiegando Fazione di tutte le cinquanta coppie dell'elettromotore. Laonde si conqiartirono in quel giorno tutte le usate scosse in quest'ul- tima foggia. Se non che ne' consueti intervalli di riposo io m' adoperava sempre ad invertere la corrente, e sempre alla piccola scossa faceasi compagna la molestia prenotata. Ptichiesta F inferma dello stato suo sanitario fé' conoscere eh* era meglio del giorno innanzi, e interrogata circa il di lei mal essere del detto giorno, indicò questo avvenirle per solito nel di precedente alla comparsa del flusso mensile, il quale, sorvenuto nella notte, aveva, secondo il costume, fatta cessare la svogliatezza. li di appresso dirigendo la corrente a tenor del consueto, F annnalata india sentiva. Solamente pi'ovava la sensazione travagliosa alla mano manca quando questa comunicava col polo negativo. Sospettai che siffatta inversione derivar potesse dall' essere il giorno innanzi bagnato il cuscinetto della mano destra, e nel momento più umido quello della sinistra : ma Del Cav. Prof. Stefano Marianini 38 r avendo umettato molto il cuscinetto della man destra, e quasi reso asciutto quello della sinistra, il fenomeno in pari guisa si affacciava. Con quindici coppie la sensazione era già troppo viva, e con dieci ancora tornava assai nojosa. La sperimen- tava pure benissimo con quattro coppie : meno per altro che con sci, o con nove o dieci. Ed osservai che se il numero delle coppie non eccedeva il dieci, trapassava ognora un tenue spazio di tempo, il quale di poco avanzava un minuto secondo, fra il momento in cui la striscia di piombo percotea sulla la- stra per compiere il circolo, ed il momento in cui la sensa- zione si appresentava ; e che qualche fiata adoperando quat- tro coppie ella niente sentiva la prima volta che il piombo battea sopra la lastra, ma poi alla seconda battuta sentiva più fortemente del solito. Osservai pure che, se per terminar il circuito io tufll'ava nell' acqua la striscia plumbea invece di picchiarne la lastra, il fenomeno egualmente succedeva. Finita r elettrizzazione ( che nel resto fu come al solito ) erale ri- masto un ceito qual formicolamento alla punta del pollice , dell' indice e del medio della mano inferma, il quale dopo un quarto d'ora svanì. Nella cura elettrica del giorno i6, nel quale durava tut- tavia l'emorragia uterina, erano da principio bene umettati i cuscinetti, e l'ammalata non subiva la sensazione dei due dì precedenti, neppure ponendo in opera tutte le cinquanta coppie, e comunque fosse diretta la corrente. Ma dacché fu spremuto all' in tutto il cuscinetto applicato alla mano sinistra, si risvegliò tosto quella sensazione, ristringendo le scosse an- che alla forza di sole sei coppie. Impiegandone venti era troppo forte, e lasciava nel braccio una certa gravezza, la quale a poco a poco in tre minuti primi all' incirca mancava. Dopo reiterati cimenti tornai ad inzuppare il cuscinetto, ma non cessarono per questo le scosse di essere dolenti. Tale sensazione fu sempre in quel giorno contemporanea colla scossa, o per dir meglio, colla battuta della striscia di piombo sulla piastra. 38i2 Storia di una Sensazione ec. Ma nel giorno diciasette, in che s' era arrestata la me- norrea, non ebbesi più indizio di qnella sensazione incresce- vole, comunque fossero o poco o molto aspersi i cuscinetti, od un solo di essi, e sebbene le scosse fossero vibrate da tutte le cinquanta coppie, e qualunque pur l'osse la direzione, con cui r elettrico invadeva le braccia dell' ammalata. E lo stesso addivenne nelle quindici elettrizzazioni praticate dal preniin- ciato giorno sino al decimo di Novembre; nel qual di, poiché r inferma accusava svogliatezza, come per 1' ordinario le ac- cadeva quando era imminente il mensile tributo, si ritentarono pi'ove più numerose che ne' di precorsi, affin di vedere se ricomjiarivano le singolari sensazioni di cui dicemmo: ma in- vano. L' inferma non ne sperimentò il menomo indizio. L'emorragia mostrossi alla sera: il giorno dopo la donna trovavasi molto meglio che 1' antecedente : ma tormentavala quel dolore che l'affliggeva l'altro mese nella stessa circostanza. Facendo muovere le scosse da otto coppie, la sensazione gra- vosa era già violenta, con sedici, importabile. Assoggettata la medesima ad una correntia continuata, ed eccitata da otto coppie, appresso quattro minuti secondi, il dolore era inten- sissimo. 11 circolo provocato da due sole coppie, dopo un mi- nuto primo, produceva qualche molestia. E quando il circolo veniva destato da quattro coppie, dopo quindici secondi la molestia faceasi ben viva, e più viva ancora se il circolo s' interrompeva, ma per dileguarsi poscia a poco a poco. Col circolo suscitato da sei coppie , dopo tre secondi il dolore s' era ingagliardito : interciso il circolo, crebbe, e dopo qual- che istante, ancor più, e scorsi cinque minuti primi rimanea nella mano tale travaglio che lentamente andava scemando. Anche nel duodecimo giorno si notò essere, a parità di circostanze, piìi acuto il dolore, se invece di battere la stri- scia di piombo sulla piastra, la s' immergeva nel liquido. E ciò dichiara che quelle sensazioni straordinarie sono a dirsi più presto un effetto della corrente continuata, che della scossa, o corrente istantanea, che dir vogliamo. E si avverta che le Del Cav. Prof. Stefano Marianini 383 contrazioni si mostrano molto più deboli quando, per chiudere il circolo, s'intinge la lista plumbea nel liquido, che non quando la si batte sul metallo. Adoperando venti coppie la sensazione faceasi cocente da non sopportarsi, tuft'ando anco solo per un istante il piombo nell' acqua. Il giorno decimoterzo il mensile profluvio cori'eva al suo termine. Elettrizzandola con venti coppie, la donna appena s' accorge di quel senso molesto, che pur sofferiva agevolmente quando persino le scosse partivano dalla scarica di cinquanta coppie. Provai più volte a cangiare la direzione della corrente senza che 1' inferma se ne accorgesse, per iscoprire se mai la prevenzione od altro esercitasse influenza sopra il fenomeno. Ma ella tantosto avvertivami della sensazione ogniqualvolta la corrente veniva dalla mano malata diretta alla sana. Il di ]4 era finito il corso mensile. Ninna insolita sensa- zione potè insorgere dalle scosse date ancora colle cinquanta coppie, e dirigendo la corrente dalla mano travagliata alla sana. Serrato il circolo con venticinque coppie, solo dopo sei minuti secondi avvenne che la giovane s' accorgesse della turbatrice sensazione, tollerata da lei con facilità anche allora che le cinquanta coppie entravano nel circolo. Accennava anzi la paziente che se non le avesse sperimentate più poderose, e non ne fosse prevenuta, forse non 1' avvertirebbe nemmeno. Di più, avendo essa frattanto ricuperata a sufficienza la fa- vella, disse che quella non ordinaria sensazione da lei provata nelle sopra indicate circostanze, ristringevasi alla mano quando era debole, ma che a misura che gliela facea sperimentare più forte, estendevasi al braccio, all' omero, alle coste, alla coscia, e perfino alla gamba del lato sinistro. Scorgendo che solo durante il tempo mensile le correnti elettriche generavano quelle vive ed acerbe sensazioni, avrei creduto che fosse proprio di quella affezione uterina di ren- dere i nervi cosi soprammodo sensibili all'elettrico che gì' in- veste in senso opposto al loro andamento, se avendo alla stessa guisa elettrizzate parecchie altre donne durante la purgazione, 384 Storia di una Sensazione ec. non avessi veduto die ninna differenza accusavano da quando venivano in altra stagione elettrizzate. E neppure potei giu- dicare verificarsi cpiella condizione nelle donne paralitiche, perchè essendomi occorso di assoggettarne allo stesso cimento altre sette percosse da paralisi, nessuna presentò il fenomeno della Contessa Querini. E perciò mi parve caso tanto piìi de- gno che lo raffermasse la piìi scrupolosa osservazione. E sic- come la prima volta che questa giovane offerse un siffatto fenomeno, era già stata ne' di precedenti da quattordici fiate elettrizzata, così volli vedere se mai il preceduto trattamento avesse contribuito alla produzione del fenomeno stesso. Sospesi pertanto la cura elettrica per ventiquattro giorni, cioè sino all'ottavo del Dicembre, nel qual dì era comparsa la perio- dica emorragia. Ripigliai dunque in tal giorno ad elettrizzare la Contessa Querini, facendo la mano sana partecipe del polo positivo, e r altra del negativo. E sebbene le contrazioni fossero molto valide, perchè le piastre elettromotrici erano lustre, nulla di meno mancava ogni vestigio di quel turbolente formicolio; ed anche allora che si allestivano da quaranta o quarantacinque coppie, eh' era il più cui potesse sottostare 1' inferma. Ma posta che fu la mano paralitica a contatto del polo positivo, subito ripulluUò la ricordata molestia. E dove si prendesse ad elettrizzarla a scosse, io non poteva impiegare più di venti coppie, e, dove a circolo, non più di dieci; e la sensazione in- crescevole si propagava al braccio, alla spalla ed alla coscia. Avendo veduto rinnovellarsi il fenomeno fui messo in considerazione di studiarlo variando i punti di comunicazione, e chiudendo primamente il circuito con brevi tratti delle parti paralitiche. Il perchè misi il pollice della mano malata in via di co- municare con l'uno dei poli, ed il mignolo della stessa mano con r altro. Ad ogni scossa avventata da sette coppie la pa- ziente si doleva d' una sensazione raccappricciante, la qual meglio non sapeva significare che paragonandola a quell'ingrato Del Cav. Pjiof. Stefano Marianini 385 senso che in lei facea lo stridore di una linea quando vuoisi con essa fendere una lamina: sensazione che aveva luogo co- munque fosse diretta la corrente. Anche in questa esperienza la doglia molto più profonda faceasi coli' uso del circolo elettrico. ■ Sommessi ad un simile governo il pollice ed il mignolo della mano sana, se n'ebhe il solito incomodo, che forte ridestossi con cinque cojipie ancora, ([ual pur si l'osse delle due dita che comu- nicasse col polo positivo, e per fino tenendo chiuso il circolo . per cinque minuti secondi, l' inferma soggiaceva a quella sen- sazione non pur diramata nel braccio, ma eziandio nella coscia. Istituite le comunicazioni al pollice ed all' indice della Stessa mano sana, e prodotte le scosse con sette coppie, la , sensazione tormentosa, dilatatasi fino alla coscia dello stesso lato, a grave stento venia sopportata. In tutte le prove eseguite col circuito continuato, tenendo attuffata la striscia metallica nel liquido, qualche momento dopo che il circuito stesso crasi sospeso, la sensazione crescea ■ di vivezza, e manteneasi alquanti minuti secondi, e ciò pure quando una tale comunicazione ei'a della durata di un istante. Una volta feci l' apparecchio di venti coppie, e sommersi per un attimo la lista plumbea nel liquido, e la sensazione ingrata durò da un minuto primo. La molestia di che i circuiti elettrici gravavano la parte non paralitica, era tale che obbligava l' ammalata a muovere ed a strofinare il braccio per dieci o dodici minuti secondi. Nel successivo giorno nove, replicate le stesse cose dell' antecedente, e con eguali risultati, le misi la terza falange dell'indice della mano sana in comunicazione con un polo, e la seconda falange dello stesso dito colf altro. La giovane dolorava al solito e la molestia o riducevasi al dito medesimo, od allai'gavasi al dito ed alla mano, od anche all'antibraccio, secondo che le coppie erano tre o sei, ovvero dieci. Proba- bilmente con maggior numero di queste la sensazione sareb- besi estesa di più, ma la vivezza della medesima non per- metteva di tentarlo. . •■ : i.. j • 386 Storia ni una Sensazione ec. Fatto comunicare un polo col malleolo della mano sana, e l'altro polo coli' indice di essa mano, la giovane sentiva acutamente, ancorché non fosse adoprata luorcliò una coppia mediante il circolo, e se le coppie erano tre provava 1' acu- tezza del sentire anche battendo il piombo sulla lastia. Col circolo di sette coppie la doglia diveniva incomportabile, sem- pre per altro confinata al braccio, e comunque diretta fosse la corrente. Abbandonati gli arti superiori, applicai li cusci- netti colle striscio di piombo ai due piedi. Le contrazioni ai muscoli crurali riuscivano assai gagliarde e travagliose all' in- ferma : scevre per altro andavano da formicolamento. Altret- tanto accadde di osservare allorquando fu posta una comuni- cazione al collo d'un piede, ed un'altra al malleolo vicino. Il giorno undecimo vide cessata la menorrea, e con quella il fenomeno. Ritentate tutte le comunicazioni che ne' tre dì precedenti lo aveaiio offerto, seguendo il metodo usato, la sottoposi all' azione di dugento cincpianta scosse coli' arredo di quarantacinque coppie. INIa neppure dopo siffatto tratta- mento ricomparve la sensazione dolorosa sotto l' azione dell' elettromotore. Il settimo giorno dell' anno i835 eccomi toimato all' in- ferma coir elettromotore, alla quale erasi rimesso in via lo scolo mestruale. Non fu lento ad affacciarsi il solito fenome- no. Osservai che fatto comunicare il ginocchio destro col polo negativo, e la gamba in vicinanza al malleolo col positivo, dando le scosse con trenta coppie, l'ammalata provava la con- sueta molestia, la quale poteasi da lei sostenere anche allora che s'impiegassero da quaranta coppie. Ma il circolo continuato non era da lei tollerato se non con otto od al più dieci coppie. Inter- rotto il circolo la sensazione rincrudiva, ma per sedarsi tosto, e in dodici minuti secondi svanire. Movendo la corrente in senso contrario, non aveasi indizio veruno di quel molestamento. Ne' successivi tempi de' mesi di Febbrajo e di Marzo mi posi a variare le condizioni dell' elettromotore. All' acqua mediocremente salata in cui pescavano le coppie, ho sostituito Del Cav. Prof. Stefano Marianini 887 acqua satura di sale, acqua acidulata, acqua pura. Alle solite coppie rettangolari vennero surrogate coppie di maggior su- perficie, coppie foggiate alla WoUaston, coppie cilindriche. Invece della corona di tazze si fece uso del piliere, ed oltre le coppie di rame e zinco, chiamaronsi in sussidio quelle d'ar- gento e zinco, e quelle d'argento e stagno. Ma nulla di nuovo s' ebbe ad osservare in grazia di siffatti variamenti. Ricliie- deasi bensì, cora' era naturale, d' aspettarsi un numero più piccolo o più grande di coppie per ottenere 1' effetto della sensazione molesta secondo che il liquido era più o meno conduttore, e secondo che le coppie mettevano in circolo una maggiore o minor quantità di elettrico. Si ripigliò nella primavera la elettrizzazione, la quale fu portata sino a novecento scosse al giorno; ma non per questo accadde alcun che di nuovo nel fenomeno elettro-patologico, il quale costantemente riappariva e si dileguava alle stagioni consuete, com' ebbi campo di osservare sino alla metà del mese di Luglio del detto anno i835. Trascorso il qual tempo, essendoché, come vedemmo, tale fenomeno fosse all' intutto speciale allo stato di malattia di quella giovane, e quindi colla sua costanza fornisse argomento atto a convincerne che il male resistesse indomito al farmaco fino allora usato con tanta perseveranza, parve migliore consiglio il non procedere ad ulteriori cimenti. Laonde ci trovammo paghi di avere alla meschina colla diuturna elettrizzazione ridonata in gran parte la favella, e qualche volontario movimento nelle dita della mano paralitica. Intanto ne fu di grata soddisfazione il de- durre dai fatti fin qui narrati un nuovo ed insigne argomento, il qual mette in chiara luce quanto altrove avvisammo sacro debito di avvertire, che il voltaico elettromotore può farsi al medico utile e prezioso strumento per rilevare ne' morbi al- cune particolarità, cui per nessun altro ingegno dato sarebbe di poter indicare (i). 11 perchè se per tanti riguardi il prodigioso (i) Memoria di alcune paralisi curate coli' elettricità ec. Annali delle Scienze del Regno Lombardo- Veneto, i833. — Proposta dell' elettroinotore voltaico siccome •''">*^> Storia di una Sensazione ec. ritrovato dell' italico genio, deli' immortale Volta, riscosse e riscuoterà negli avvenire 1' universale ammirazione, non mi- nore al certo sarà per riscuoterla per riguardo fisiologico e medico. Giovi il raccogliere <{ui le principali proposizioni che de- durre si possono dalla tessuta storia. I*. L' emorragia uterina mensile può costituire i nervi eminentemente sensibili alla corrente elettrica; ma fin ora ciò non venne osservato che nella paralisi cronica della gio- vane che formò il soggetto di questo scritto. 2.^. La sensibilità straordinaria di cui si tratta non limi- tasi ai nervi delle membra offese dalla paralisi, ma ancora agli altri si estende. S''. L' azione della corrente elettrica è più forte quando la parte dell' inferma che gli si fa traversare è più breve. 4''. È più risentito 1' effetto del circolo continuato, che non quello del momentaneo; e ciò ancora quando il circolo momentaneo è accompagnato da scossa. 5*. Tale effetto non deriva dalle contrazioni prodotte dall' elettrico nelle fibbre muscolari. 6*. Nel caso presente siffatto stato de' nervi non venne preparato dalle precedenti elettrizzazioni. 7.^ Le sensazioni eccitate in quest' inferma dall' elettri- cità nelle epoche del corso mensile non vanno confuse con quelle di formicolamento, le quali più o meno forti hanno sempre luogo ogniqualvolta la corrente voltaica invade i nervi in direzione contraria al loro andamento. Pato-scopio del Dott. Pietro Marianini Protomedico di Mortara. Inserita nel Giornale per servire ai progressi della Patologia ec. Venezia :84i. Fine della jmrte Matematica del Tomo XXIII. PARTE MATEMATICA DEL TOMO XXIII DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE. BRROKl corubzioki ag- 79 Col a ,a lin. 28 .... — 3 -t- 3 « 83 « 3» « 4a . . . . -1- a6 - a6 (f 85 II 2' rt 8 .... — 16 -+- 16 ft 86 II 5" rt 4^ • • • • ^^- '° a5, 10 « 87 II 5* « 4 .... 67 6-7 « 9' n 3" rt 1 1 .... -4- (( 95 « 6=" « 33 ....-<- 0, 016 — 0^ 016 ■ 73 lin. a? l/TF « (x_y)>(j-z)(z-i) (x-yY{y—x)(x-z) « 174 « 4 X, r,z X', T', Z' ^-E y 0-t f( id. « IO PQ.-hi^C'Q:, bQ,^2.CQ^.. .. n id. « 1 1 aQo -H^3-i-a;)3 (aQo -^Qì) p-^2.p^. . « 179 (( 18 — e* e* F, ^e^o\ F(Fo,), (( 180 « 4 non cercando non curando ' ' ' (( id. rt 3o ^/>, i//p' ''?■ »» '^^ n 181 rt 6 P i' (( id. « 8 ili = C'p^D i/' = ^p-f--0 « id. « la T = ^,i'=zC-p-t-D=i T = ^, ^(Ap-i-D) — i « i8a « 6 ove p:=o, (;>=:d:c / 1^ " \ ove p^o, sia (^ ^ ± e « id. (( '9 pzza y '-^Mogc j p = « ( '-^ log._c \ « i83 rt IO . Emerge : emerge rt id. H 16 epperò t/» 3: -^ si tolga II 269 « IO pelata spellata « 370 « ao li stessi le stesse « 278 rt II in cui essa è posta in cui esso è posto (( 379 (1 ao o«3 6." 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