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THE J. PAUL GETTY MUSEUM LIBRARY

MITTHEILUNGEN

DES KAISERLICH DEUTSCHEN

AßCHAEOLOGISCHEN INSTITUTS

ROEMISCIIE ABTHEILÜNG Band VI.

BULLETTINO

DELL'IMPEBIALE

ISTITÜTO AßCIIEOLOGICO GEßMANICO

SEZIONE ROMANA Vol. vi.

ROM

VEKLAG VON LOESCHEß & C.*^

1891

STORIA DELLA COLLEZIONE CAPITOLTNA DI ANTICHITA TINO ALL'INAUGURAZIONE DEL MÜSEO (1734).

(Tav. I, II, III).

Esaminando poco fa un taccuino romauo del pittore olaudese Mai-tiüo da Heemskerck, ora possediito dal Gabiuetto delle stampe del ß. Museo di Beiiino ('), m'imbattei in alcuni abbozzi di anti- chitä capitoline che m'indiissero a stiidiare le origini della col- lezione capitolina di monumeuti antichi (-). Siccome il soggioriio triennale nell'eterna citfcä dell' Heemskerck cadde incirca nf^gli anni 1533 a 1536, prima che 11 niiovo progetto della piazza ca- pitolina, ideato dal Biionarroti, fosse messo in esecuzione, cosi quegli abbozzi occupano im posto importante nella serie delle vedute di qnella piazza come le piü antiche, essendoche tiitte le altre mö- strano la statiia di Marco Aiirelio giä al posto assegnatole

(') Xe pubblichero fra poco un iiiclice particolareggiato ueWJahrbuch des archäol. laatituts. [Finita questa memoria, venne alla Uice un nuovo volume di disegni delFHeemskerck contenente alcune nuove vedute del Campido,slio, due delle quali servono a cliiarire certi dubbi. Ne daro conto fra poco nella Zeitschrift für die bildende Kunst, periodico diretto da C. von Lützow].

C) Cf. Justi Im neuen Reich 1871, II p. 121 seggr- WinckeJmann II, 1 p. 140 segg. Miuitz Les arts ä la coiir des papes III p. 169 segg. Bev. arch. 1882, I p. 24 segg. Lanciani Archivio d. Soc. rom. di storia patria VI, 1883, p. 237 segg.

4 MICHAELIS

nel 1538, e quasi tutte giä esibiscono lo scalone del palazzo se- natorio, finito circa il 1550 (3).

Del qiiattro abbozzi imo (fol. 11) e giä stato pubblicato ed illustrato dal eh. Huelsen nel Biillettino comunale 1888 tav. 9. La guglia capitolina e la palma, che ue formano rornamento piü cospicuo C), ricorrono sopra il foglio 61, il qiiale a mio parere e il piü iraportante ; viene riprodotto in facsimile siiUa taA'ola IL Lo spettatore si trova nella loggia inferiore del palazzo dei conser- Tatori. guardando siilla piazza. Dietro due delle colonne, siilla piazza stessa, si mirauo i due fiumi colossali trasportati piü tardi

fä) Le Vedute piü importanti venute a mia cognizione sono le se-

guenti :

A. Abbozzo cleirH e e m s k e r c k f. 61, riprodotto sulla nostra tavola II.

[1533-1535 J.

[A*. Abbozzo del medesimo, vol. II f. 72, riprodotto fig. 2 sulla p. llj.

[A**. Abbozzo del medesimo, vol. II f. 92, da riprodursi nella Zeitschr. f. hild. Kunst.'].

B. Rame di G i r o 1. C o c k Operum antiquonmi Romanorum ... reli- quiae, 1562, riprodotto nel Bull, comun. 1882 tav. 15 con dotta spiegazione del prof. Cam. Ee, p. 94-129. [Circa 1549 ?].

C. Planta prospetticadi Borna, una parte della quäle fu ripro- dotta dal Letarouilly Les edißces de Rome p. 720 dell'edizione di Brusselle. [1555].

Z). Incisione in legno presso Gamucci Antidiitä di Eoma, 1565, p. 18. 1569, p. 17. 1588, p. 22. [1-565].

^. Rame anonimo presso Lafreri Speciilum Rom. magnificentiae, riprodotto dal Letarouilly p. 721, in facsimile dal Müntz Antiquites de la ville de Rome, 1886, p. 152 = Rev. arch. 1886, I tav. 5. Cf. de Rossi Bull, comun. 1887 p. 61 segg. [Veduta contemporanea con D.].

F. Legno fatto per Girol. Francini, ripetuto per es. presso Mar- liani V. R. tojmgraphia, 1588, p. 15. Fulvio Antichitä, 1588, p. 35. Roma Sacra ant. e mod., 1687, II p. 162. [1588].

G- Rarae di G i o. M a g g i o nella pubblicazione di Andrea della Vac- caria, Ornamenti di fabriche ... di Roma, con le dichiar. fatte da Gio. Rossi. [1600].

JI. Veduta Iudicata dal Letarouilly p. 722, non veduta da me. [1600]. Pare sia simile a quella i>r. Jac. Crulli de Marcucci Grandezze di Roma, 1625, p. 27.

{*) Cf. inoltre Bull, comun. 1882 p. 112 (Re). 1887 p. 62 (de Rossi). Bull, deirisl. 1888 p. 264 (Michaelis). L'obelisco apparisce anche presso Heemskerck vol. II f. 12. 16. 72, l'obelisco e la palma ivi f. 50. 92.

LA. COLLEZIONE CA.PITOLINA DI ANTICHITA 5

al palazzo senatorio (^). Questo palazzo e indicato nel fondo cou pochi tratti leggieri, i qiiali diventano piü chiari confrontandoli con la veduta del Cock (B) e coi disegni Ä* ed Ä*"^. Mentre a sinistra sembra accenuato iin muro rozzo ad eccezione di qualche insegna gentilizia C'), la metä destra esibisce un doppio colon- nato 0 sia loggiato, l'uno sovrapposto all'altro. Quello inferiore e accessibile merce uno scalone o sia cordonata, di ciii sono visi- bili solo due capi, mentre il disegno B mostra che ve ne erano tre. 11 parapetto della scala sitiiata verso Araceli ad una certa altezza si dilata in ima larga base, portante il frammento ben

(•') Questi due fiumi e la testa colossale (v. piü sotto) formano Toggetto principale del f. 45'' deirHeeraskerck, nel quäle pero il palazzo de' conserva-

Fig. 1.

tori e appena indicato ; nel fondo si scorgono il Panteon ed il Castello S. Angelo, messivi con una libertä artistica, che ricorre anche in altri abbozzi del niedesimo pittore.

(6) Cf. la descrizione del Fichard {Frankfurt isches Archiv pubbl. da Fichard III, 1815, p. 27), che appartiene al 1536: Praetorls Palatiam nihil quod ego viderim vel ex aliis audiverim memorahile continet. ... Et intm et foris vetustate tantuni veterique Romano nomine conspicuum est. Ascea- ditur intus clivo continuo mulis potius quam hominihus facto. Foris parietes superiorum praetorum insigniis oppleti sun". Cf. Re nel Bull, comun. 1889 p. 181-184.

ß MICHAELIS

cöDOSciiito del leoue die sbrana iin cavallo, gruppo soverchia- meute lodato da Michelangelo, come ce ne fanno testimonianza TAldi-oandi ed il Boissard ('). E appunto questo gruppo che da im Interesse speciale all'abbozzo dell'Heemskerck, fatto del resto pur troppo alla sfuggita; ricorre peraltro quel gruppo sugli ab- bozzi A* ed Ä**.

I, I pRiMORDi. Il gruppo del LEONE (Tav. 1).

DUE CIPPI SEPOLCRALL

L'asserzione, spesse volte ripetuta, che quel gruppo del leone sia stato trovato sotto Paolo III (1534-1549) nella Marana della Caffarella (l'antico Almone) fuori porta San Paolo, e basata sopra la testimonianza di Yincenzo Kossi serbataci dal suo disce- polo Flaminio Vacca uelle sue Notizie dettate nel 1594 (n. 71) (^). Perö e un fatto deguo di attenzione che, quanto all'autoritä, esiste la piii grande ditferenza fra quelle notizie di cui il Vacca stesso, da testimone oculare, si fa garante me ricordo "), e quelle da lui riferite sull'altrui autoritä (u me ricordo, sentii dire ", e sim.)- Quelle in genere meritano fede, ma queste so- gliono contenere dicerie false e male inte.^e, o sorte da coughiet- ture erronee. Per non allontanarmi dal Campidogiio, rammento come appartenenti a quest'ultimo genere le tradizioni n. 3 che l'Ercole di bronzo e la lupa siano stati scoperti sul foro presso l'arco di Severo ; n. 18 che la statua di Marco Aurelio sia stata

(") Aldrovandi Statue, 1556, p. 270. Boissard Topofji. I p. 47. II frain- raento venne pubblicato dal Cavalieri Ant. statuarum V. R. IIb. I (pubbl. fra 1566 e 1570) tav. 50 {= Ant. stat. l. I. II, 1585, tav. 79); con ristauri arbitrari dal Lafreri (rame di P. P. Palumbo di Novara, 1578) ; con i ri- stauri moderni da Montagnani-Mirabili Raccolta tav. 118. Eigbetti tav. 153.

(«) Vacca Notizie d'anticbitä n. 71 ed. Schreiber (n. 70 ed. Fea) : « Me ricordo, sentii dire a Messer Vincenzo Rossi, mio niaestro, che il cavallo e leone che stä in Campidogiio dicono Thistorie de' Tivolesi al tempo di Paulo terzo, ritrovandosi esser luaestro di strada Latino luvenale, cjuale era molto curioso deiranticbita, ritrovö il detto turso di cavallo e leone in quel- l'acqua dove stä un inidinii, fuor di porta San Paolo, quäle stä a inezza strada per andare a detta chiesa di San Paolo, e lo condusse in Campidogiio ; pern non si meravigli se la pelle del marmo e mangiata dall'acqna ; opera eccel- lente di mano dottissima ".

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA I

tvovata iu uua vigna presso il Laterano; ii. 72 che la tosta colossale e la mano di bronzo siano comparse fra il Coliseo e la Meta sudante. Dell'istesso genere si e anche l'asserzione del Kossi intorno al gruppo del leone e cavallo. Imperocche, come giä hunno fatto osservare tanto il Gregorovius, qiianto l'eruditissimo Müntz ("), a questo gruppo si riferisce la stanza 64 delle « Antiquarie prospet- tiche romane " del « Prospettivo Milanese dipintore " , ripubblicate di recente dal Govi ("') :

Po sulle scale della gran giusticia Uli tozze cl'un caval preso nel venire d'un leon chinho da lui leticia.

Essende questo cosidetto poema scritto incirca il 1500, ne risulta che quel gnippo fin d'allora, come neirabbozzo delF Heemskerck, si trovava sulle scale del palatium Capitolii o sia iMlatium iiisti- iiae (^^^ ^^ß^ ^ui salone il senatore soleva sedere a scranna, mas- simamente nelle cause criminali. Anzi, se non m' inganno, possiamo rintracciare il leone nel medesimo luugo almeno da un secolo e mezzo prima.

I fjraclus quihus ascencUtur in aedificium Capitolii, ristaurati anziehe costruiti nel 1348 (^-), avevano grande importanza nella vita pubblica del popolo romauo, specialmente quando si trattava della punizione dei malfattori. Ora giä lo statuto della cittä di Roma del 1363 la menzione del leo marmoris existem in scalis Ca- pitolii ('^), ne vi e dubbio che sia appunto questo leone quello di cui si fa menzione in certi avvenimenti piü memorandi della vita di Cola di Rienzo, descritti con forza veramente drammatica nella vita di lui da un anonimo contemporaneo. Cosi circa il 1347 il nobile Martino Stefaneschi di Porto « fu fatto inginocchiare

C) Gregorovius Geschichte d. Stadt Rom VIP p. 554. Müntz Les arts III p. 169. Rev. arch. 1882, I p. 26.

(10) Atti dell'Accademia dei Lincei 1875-76 p. 39 segg.

(") Palatium iustitiae: Boissard I p. 46. II Govi (p. 61) sbaglia inter- ]iretando le scale della giustizia per la salita a Monte caprino quäl luogo delle esecuzioni criminali.

(>-) Cf. Ee Bull, comun. 1882 p. 100 segg. Le scale si riconoscono nella tela mantovana pubblicata dal de Eossi Plante di Roma.

(lä) Statuti della cittä di Eoma ed. Cam. Ee II cap. 120. Cf. Bull, coinun. 1882 p. 101.

3 MICHAELIS

ue le Scale canto lo Hone iiel loco iisato. La odio la seiitenza di sua morte « , per essere poi appiccato nel « piano di Campidoglio » , cioe siil raonte Tarpeo o sia Caprino ('■•). Poi nel mese di agosto del 1354, >^ condotto fra Moreale ne le scale al lione, stava inginoccliiato dinauti a madonna santa Maria... odiva la sentenza » ('^); ed ancora; poche settimane piü tardi, il tribuno stesso. ^ preso per le braccia, liberamente fu addotto per tiitte le Scale senza oftesa fin al loco del lione, dove li altri la sentenza odono. Dove esso sentenziato li altri avea, fn addotto « ("')• E manifesto, dal tenore di questi passi, che il « loco del lione '■ era il luogo consueto, in cui si pronunziavano le sentenze di morte, e segnatamente il primo passo sembra dimostrare che questa usanza riraonta a tempi molto anteriori all'epoca di Cola e dello statnto. Si potrebbe fino arrischiare la congettura, che (.[uelYojms marmoreum aggiunto dai senatori al palazzo capitolino nel 1800, in connessione con l'erezione della loggia (e forse delle scale?), non fosse altro che il gruppo del leone (''). In ogni caso e notevole che allora si fosse prescelta una scnltura antica per tale scopo, come nel piü remoto raedio evo, almeno sin dal secolo nono, le sentenze erano pronunziate e i condannati ginstiziati iii pa- latio Laterciiiensi ad locum uhi dicitur a liqm ovvero ad liqmm

{'*) Vila di Cola di Rienzo ed. Zef. Re I c. 11. Cf. Bull. com. 1. cit. p. 114. 124. Fieliard 1. cit. p. 30.

('=) Ivi II c. 22. Intoriio all' imiTiagine della Madonna ante furchas et locum iustitie cf. Re Bull, comun. 1. cit. p. 110. Müntz Les arts III p. 150 « la gluriosa N. D. V. M. che stao in capo le scale de Campitoglio ".

(•«) Vita di Cola II c. 16. Gregorovius VP p. 3.51. 356, sulle orme del Papencordt Cola di Rienzo p. 293. 304, riferi il « hiogo del lione " alla gabbia del leone vivente mantenuto allora dal comune in non sn quäl luogo del Cam- pidoglio (cf. Statuti III c. 80). Questa opinione fu giustamente rigettata dal Re 1. cit. p. 103, e giä prima tanto il Cancellieri (Mercato p. 7) quanto il Bulwer nel suo romanzo Cola di Rienzi 1. X [Hon of baudt), il Letarouilly ]). 719 {Hon de porphyre ^rjyptien), e l'esattissimo Reumont Gesch. d. Stadt Rom II p. ÜtlO {Marmorlöwe) aveano giudicato piü giustamente. II prof. Re fl. cit. p. 105) volle riconoscere quel leone famoso nel « bei leone di paragone .scnza testa " mentovato dairAldrovandi p. 270, ma i versi del Prospettivo ed il disegno delFHeemskerck parlano in favore del gruppo di marmo.

(•') Forcella Iscr. d. chiese I n. 5. Dal sommo De Rossi (Bull. com. 1882 p. 138) l'iscrizione viene riferita piuttosto alla loggia {lovium) e agli altri lavori eseguiti circa quel tempo.

LA COLLE/.IONE CAPITOLINA DI ANTICMITA \)

oppure « avanti ail'opera de metallo " ("^), e nel 966 fu appeso im prefetto di Roma ante caballum CoiisUmtlni ('■-)• Non poteva eleg- gersi liiogo piü appropriato a tale scopo, che quel posto elevato a metä delle scale del palazzo, visibile da tiitta la piazza capitolina ; ue saprei dire se sia troppo ricercata la spiegazione del leone che shrana la siia vittima per sirabolo della giustizia vendicatrice {-^), iii contrasto con quella pittiira collocata in ingressu secundae i^ortae Ca-pitolii, in ciii un leone che qnetaraente rigiiarda im cane pro- strato ai siioi piedi serviva ad ammonire i senatori che la clemenza e la placidezza sono indispeiisal)ili ad im giudice giiisto (-'). In un'opera poi di marmo, esposta alla pioggia per tanti secoli, non piiö far maraviglia se, come rileva il Vacca, k la pelle del marmo e man- giata dall'acqua " . Finalmente il nome popolare del griippo tra- mandatoci dallo stesso Vacca, « l'historie de' Tivolesi ", pare non si presti a spiegazione piü semplice che quella di riferirlo a quelle ripetute guerre accanite fra i Romani ed i Tivolesi, fi- nite con la conquista di Tivoli, accaduta circa la metä del secolo decimoterzo, cioe uu mezzo secolo prima dell' epoca sopraccen- nata (--).

Se la congettura qui esposta colpisce nel segno, 1' ^ opera ec- cellente di mano dottissima », oltre al pregio artistico, acquista im considerevole Interesse storico. Dall'una parte associandosi, come dissi, a quei monumenti per cosi dire giuridici del Laterano me- dievale, dall'altra parte si mette accauto a quei monumenti pub- blici del Quirinale i due cavalli, i due fiumi, le statue di Costantino che ivi per tutti i secoli di mezzo avevano conser- vato la memoria dell'antichitä. E vero che almeno verso la fine del secolo decimoquarto il significato crimiuale del gruppo del

('«) Stevenson Ann. dell' Inst. 1877 p. 379.

(") Fea Storia deirarte III p. 412. Cancellieri Storia dei possessi p. 197. Stevenson 1. eit. p. 373.

(-") II Ke 1. cit. p. 102 vorrebbe ravvisare il leone come insegna guelfa. Starebbe bene questa spiegazione se fosse un leone solo, ma poco si adatta ad una tale insegna il gruppo del leone rapace.

('-') Forcella I n. 6. Re 1. cit p. 104. Lanciani Arcli. d. Soc. roni. di storia patria VI p. 470. Hülsen Bull. dell'Inst. 1889 p. 76.

(") II testo della Kaccolta di Montagnani-Mirabili II p. 03 allude ad un'altra spiegazione, cioi" ad un'alleguria della viltoria roniaiia sopra Car- tagine.

10 MICHAELIS

leooe era aiYatto dimenticato, ma ciö facilraente si spiega dalla divei-sitä dei terapi, dello stato politico e dei costiimi pubblici. Forse anche quella denomiiiazione volgare delle « historie de' Tivolesi » aveva coatribuito ad oscurare il significato originale dei gruppo. II posto perö suUe scale dei palazzo gli rimase fino alla sistema- zione della piazza sotto Paolo III.

Due altri iiionumenti antichi trovavansi esposti dinnanzi al palazzo capitolino all'epoca di Cola di Rienzi, e probabilmen- te alquanto prima, aneh'essi nou taiito come testimonianze del- Tantichitä classica, quauto per servire all'uso della vita coti- diana. Yoglio parlare dei due grandi cippi sepolcrali di Agrippina Maggiore, moglie di Germanico, e dei sno figlio mag- giore Nerone Cesare {-■'). Ambedue qiiesti personaggi essendo morti nell'esilio, le loro ceneri erano state deposte posteriormente da Cali- gula nel mausoleo comiine della famiglia di Aiigiisto; onde, per iina strana coiiicidenza, appimto questi due cippi furono prescelti ad essere trasportati sul Campidoglio per servire, durante il medio evo, come mism-e pubbliche di grano e di sale. II carattere paleografieo delle iscrizioni, rvgitella de grano e de calce, addita il secolo deci- moterzo (-'), probabilmente l'epoca dei trasporto dalla " Lausta ^ ; la quäle origine e attestata espressamente dalla cosidetta collezione d'iscrizioni signoriliana, che loro assegna quel posto dinnanzi al pa- lazzo capitolino. E beuinteso che il collocamento dei due cippi e di alcune altre misure (-'') sopra quella piazza stava in relazione con il mercato che iyi aveva luogo durante tutto il medio evo fino alla

(") C. I. L. VI, 886. 887. Boissard III, 96. 98. P. S. Bartoli Aiit. Sepolcri tav. 72 B. Cf. Gatti Mostra d. cittä di Borna alla esposizione di To- rino, 1884, p. 94 segg. Nerone Cesare dalla tradizioue volgare fu scambiato col- riinperatore Nerone, cf. Nie. Muffel (1452) in questo Bull. 1888 p. 275 n. 30 {vor dem Capitolium, cioä il palatium Capitolii).

{•*) Forcella I n. 1.30, cf. Boissard 1. cit. SulFepoca v. la memoria dei Wickboff nelle J/ittheilunfjen des Lutituta für oesterreicli. Geschichtsf. X, 1889, p. 247.

(^^) I quattro « cogni ", misure di vino, di grano (scuorzo) e di oglio (Forcella I n. 7-10), si conservano ora in una delle stanze dei palazzo de' cnn- .servatori. II eh. Hülsen mi avverte ehe i due cogni di vino e di oglio por- tavano le armi dei Caetani, cioe di papa Bonifazio VIII (1295-1303 ; cf. Gatti 1. cit.), e che probabilmente tutte queste misure furono erette sul Campidoglio nel medesimo tempo.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA

11

fine del secolo decimoquinto. Piü tardi qiiei monumenti furono tra- sportati nel palazzo de'conservatori, ove la lapida di Agrippina an- ch'oggi si conserva, mentre quella di Nerone, veduta nel medesimo luogo ancora dall'Aldrovandi e dal Boissard (-'''), sin da piü di tre secoli andö pörduta.

IT. La COLLEZIONE DI SiSTO IV.

Circa im secolo depo l'epoca di Cola sorse accauto al pa- lazzo capitolino qiiello de' conservatori, nobile edifizio eretto da

' I

ö

Fio:. 2.

Nicolö V, quäle ce lo mostrano, con poche variazioni, le vediite B DE, Q segnatamente A* . L'ornamento piü insigne n'era una

(2") Aldrovandi p. 270. Boissard 1. cit.

12 MICHAELIS

locro-ia 0 sia arcata che si stendeva limgo tiitto il pianterreuo (2"), dalla quäle la porta principale condiiceva al cortile del palazzo, aucli'esso circondato di colonnato. Nel piaao siiperiore danno neirocchio le due loo-o-ie atyli ansfoli della facciata, l'una delle qiiali, visibile anche in C, si apriva verso la cordonata attiiale, dominando tutto il campo marzo coii la cittä medievale. Neirultima arcata verso il palazzo senatorio spiccava iina testa colossale, secondo alcuni autori moderni ("-*) posta in questo luogo giä dallo stesso Nicolö V. Nou so perö sopra qiiale autoritä sia fondata tale opinione, anzi, sic- come e certo che la testa proveniva dal Laterano, cosi sembra piii probabile che questo trasporto abbia avuto luogo insieme con quello di altre antichitä lateranensi.

II 15 decembre 1471, poclii mesi dopo il suo avvenimeuto al soglio pontificio, Sisto IV die principio alla collezione capito- lina di antichitä merce una douazione ^ monumeuti di bronzo. Aeneas iiisignes statuas, irrücae excelleatiae virtiitisque momi- mentum, Romano populo, unde exorte fitere, restituendas con- donandasriue censidt: cosi dice la dedica (-''), prestando omag- gio al popolo roraano, il Campidoglio del quäle come nei .tempi an- tichi doveva riempirsi di monuraenti di bronzo. II nuovo palazzo dei conservatori fu destinato per riceverli. II monumento piü im- portante senz'altro era quella lupa lateranense, che soleva chia- marsi mater Romanorum (^'O- G^iä un mese prima della donazione, il 13 novembre 1471. erano stati assegnati cento fiorini d'oro ai conservatori per la fabrica loci in quo staiuenda est a^md eorum palatium luppa enea, e per qualche altro abbellimento del pa- lazzo (3'). La lupa fu collocata all'ingresso in considerevole al- tezza : eminet ante fores prirnoque in limine portae^ dice Andrea

(") Lovium palatii residentiae conservatorum : Statuti dei mercanti di Koma ed. Gatti p. 170. 174. 177.

(-*) Platner Beschr. d. St. Rom III, l p. 109. Braun Ruinen u. Museen )). 119. Eeumont Gesch. III, 2 p. 397. Justi Im neuen Reich 1871, II p. 123.

(") Forcella I n. 16.

('») Stevenson 1. cit. p. 379. Cf. Stef. Infessura ed. Tommasini tav. 3, che mostra locum uhi dicitur a lupa (indicatomi dal eh. Hülsen). Lascio da banda i dubbi, al niio parere non abbastanza fondati, che da parte autorevole .si !>ono soUevati contro Torigine antica della lupa.

(*•) Milntz Les arts III p. 170 n. 1.

LA COLI.EZIONE CAPITOI.INA DI ANTICHITA 13

Fulvio (1513), oppure pro aedibus coiiservatorim (l'istesso nel 1527), in frontisincio ipsarum aeclium (Marliani e Fichard) {^-)\ ora il disegno A* mostra evidentemente quäle sia stato il posto cospicuo assegnato alla lupa (3^'). Pare che Dell'istesso tempo, o poco dopo, si sia aggiimto im supplemento alla liipa per faiia ve- rameiite apparire da mater Romatiorim. Imperocclie mentre nelle menzioni piü antiche, riferibili al Laterano, sempre si paiia della lupa sola, ora accedono i gemelli. 11 Prospettivo (1500) tace affatto della lupa, ma di giä l'Albertiüi (1509) fa menzione della lupa aenea cum Remo et Romulo; e similmonte il Fulvio (1513 e 1527) e di ambasciatori veneti nel 1523. I gemelli ristaurati che oggidi ligurano sotto Tanimale, sogliono ascriversi a Guglielmo della Porta, il quäle si domiciliö in Roma nel 1537. Siccome la pubblicazione piü antica, quella del Marliani, fatta sette anni piü tardi (■^■*), esi- bi:ce giä esattamente i medesimi bambini, cosi se non puö dirsi im- possibile che questi siano stati fatti nel frattempo e posti in luogo di un ristauro anteriore, pure non e molto probabile, stanteche il milanese Marliani non avrebbe passato sotto silenzio l'opera di Guglielmo suo compatriota. Laonde vorrei pregare quegli esperti, che sono in grado di esaminare l'originale, di stabilire se per avventura i gemelli siano quegli stessi fatti fra il 1471 e 1509, cosicche non avrebbero mai cambiato il loro onorevole posto.

(3») Per brevitä compoiigo un elenco degli autori precipui consultati in questo lavoro. Prospettivo milanese, 1500 (cf. nota 10). A 1 b e r t i n i Opusöulwn de mimhUihus V.R., 1510. Fulvio Antiquaria Vrbis, 1513 (cf. Rev. arch. 1882, I p. 28) ; Autiquitates Vrbis, 1527. Ambascia- tori V e n e t i del 1523, pr. Alberi Eelazioni, ser. II, vol. III p. 114 segg. Marliani Ant. Romae topogr., 1534 (1588); edizione interamente rivista, 1544. Fichard, 1536 (cf. nota 6). Fauno Delle antichitä di R., 1548 (1553); De antiqu'itt. V. R., 1549. Aldrovandi Statue (scritto nel 1550), pr. Mauro Le antichitä, 1556 (1558. 1560. 1562). L a fr e r i Spe- ciiliirii Rom. magnif., con ante diverse. Boissard (dimorö in Roma 15bö-<ol) Romanae V. topogr., 1597 (1627). Or a ra u c c i Deirantichita di R., 1565 (1569).

(33) Nel cortile del palazzo Valle una lupa di porfido (Cavalieri I. II tav. 84) era coUocata similmente in alto sopra la Venere ed il Ganimede, che stanno ora in Firenze (Aldrovandi p. 214).

(3*) Marliani 1544 p. 27. Presso Lafreri havvi una stampa culla data del 1552.

14 MICHAELIS

Giudicaudo da ima fotografia, lo stile dei fanciulli uon sembra opporvisi (^s).

AI pari della lupa due altre opere di bronzo provennero dal- Tantico palazzo pontiticio al Laterauo, l'anzidetta testa colos- sale di Domiziano (allora creduta o di Commodo ovvero di Ne- roue, e raessa in relazione col colosso di questo imperatore), ed una mano con un globo, la cosidetta jm/Zö^ Sansonis, essen- doche nel medio evo vi si erano ravvisati fi-ammenti di una statiia di Sansone (^^O- Essi trovarono il loro posto sotto il portico del palazzo, la testa in quelUarcata summentovata, sopra alta base (^"), ove diventö come iin connotato del Campidoglio premiclielan- gelesco, mentre la raano colla palla si riveriva come un simbolo dell'impero del mondo. Del che si ha una prova evidentissima neH'essere state adoperate la lupa e la mano con la palla per Ornamente dell'ingresso di quel soutuoso teatro, che nel 1513 fu costruito sul Campidoglio in onore di Giuliano de'Medici, fratello del papa (^-). Cosi la lupa, la testa e la mano con k palla, nella loro importanza per cosi dire storico-politica, si associano al gruppo del leone ; questi monumenti, tutti esposti alle scoperto, formano la Serie di monumenti capitolini di carattere pubblico.

Inoltre fecero parte del douo originale due celebri statue di bronzo, lo spinario ed il camillo, nel quäle allora si prefe- riva di ravvisare una zingara, « di magior varizia Che non son quelle che fec' el Verocchio " (3") ; imperocche ogni dubbio se il

(■'5J Ora vedo con soddisfazione che la medesima opinione fu giä proposta da un giudice tanto competente quäl e il mio collega Janitschek Ee]iertO}\ für Kvastwissenschaft V p. 263 u. 12. E chiaro che la congettura dello Stevenson (Ann. 1877 p. 380j, avere cioe Taddeo Landiiii, l'autore della fontana delle tartarughe (1585), fuso i gemelli modellati da Guglielmo della Porta, non puö essere giusta.

(^"5) Stevenson 1. cit. p. 381.

(•'"j La prima menzinne e quella di Fra Giocondo (C. I. L VI, 1275 in Capitolio reti'o Caput aereum), circa il 1484, in ogni caso prima del 1489 (v. Mommscn ivi III p. XXVII. De Kossi Iiucr. Christ. II, 1 p. 396) ; cf. Manuzio : in angulo panetis aedium conseruatorum in exteriori porticu contra occiput capitis colossi aenei. Pubblicata pr. Francini Icones d 16 (Roma ant. 1687 p. 11.3). Montagnani tav. 128.

(■■"*) Cf. la descrizione estrattane dall' Janitschek 1. cit. Un'altra descri- zione si ha presso Fulvio Aatiquarla Vrbis fol. D IV ed E I.

(■'«) Prospettivo st. 63.

LA COI.LEZIONE CAPITOMNA DI ANTICHITA 15

camillo e la zingara siano la medesima statua viene dissipato dalle descrizioni del Faiino e deH'Aldi-ovandi (^'^). II plnrale aeneas insigiies statuas nell' iscrizione di Sisto, nou sarebbe abbastanza giiistificato, se ambediie queste statue uon avessero fatto parte di qiiel dono del 1471, ma ci maiica ima notizia precisa, se aiich'esse siano di provenienza lateraiiense, o donde siano state tolte. L'osservaziona del Cicognara C') che Filippo Briinellesco, circa il 1400, mise a profitto la movenza dello spinario nel ri- lievo del sacritizio d'Isacco, aembra provare che la statua fosse fin d'allora conosciiita. Di piü l'eccellente stato di conserv^azione, del quäle godono ambedue quei bronzi, seconda l'opinione di coloro che li annoverano fra le opere dell'arte antica non mai sparite, neppure nei tempi di mezzo, e forse per esser stati sotto la protezione di qualclie luogo santo. Fa specie perö che non vi sia nemmeno Torobra di qualche tradizione sia documentata sia mirabi- liana relativa a queste statue, che pure sembra non potesse man- care in opere tanto caratteristiche e parlanti; giacche i volgari racconti intorno a « Marzo della spina " {^-) od al « fedele " sem- brano essere inveuzioni relativamente moderne, non trovandosene, per quanto mi sappia, traccia veruna presso gli autori del Cinque- cento 0 prima. Ambedue le statue non presero il loro posto sul Cam- pidoglio nel portico insieme coi monumenti storici, ma giä il ProspettiYo (st. 62) le vide in una delle camere di sopra, ove sono sempre rimaste.

Da un'altra parte un aumento importante venne alla col- lezione capitolina merce la statua di Ercole di bronzo dorato, la quäle sotto Sisto IV dell'anno preciso pare non si abbia no- tizia accertata fu scoperta nella demolizione dell'Ara massima

0») Faunol553f. 39«. Aldrovancli p. 274. Cf. Müntz Les arts III p. 171. Kekule Ueber die Bronzestatue des sog. Idolino p. 16.

(*') Cicognara Storia d. scultura II p. 87. Öi perü che Brunellesco andu a Roma solamente dopo aver fatto quel rilievo. Potrebbe dai"si che ne avesse conosciuto un'altra copia, sia statuaria, sia in rilievo (conf. Arcli. Zeit. 1877, tav. 12, 2).

(*-) Questa espressione si trova presso il Prospeltivo st. 62, eneum Marlii pastoris simulacrum in un' iscrizione del 1609 (Forcella I n. 111). Le sollte storielle si vedano p. es. presso Pinaroli Antich. di Borna, 1713, 1 p. 69 e nel testo del Pdghetti a tav. 207.

16 MICHAELIS

vicino al Circo massimo (-'S). L'iscrizione dedicatoria (aella quäle il papa e nominato non come donatore ma soltanto per indicare la data, mentre i conservatori figurano da possessori ipso iure) ci e conseiTata dairAlbertini (f. 86^) in iina copia un poco sconetta : S'jxto IUI poiil. max. regmnte aeneiim Ilerculis simulachritm atirea mala secundum uiueate ('-•) tropeum ünixira rjerentis in ihUms Ilerculis Viel, fori hoar. effossuni consermtores iii mo- mimeiitum gloriae Romanae heic locandmn curarwit. La statua fu coUocata nel cortile del palazzo a destra, come lo descrive Fiilvio (1513) : limina prir/ia imteiil ciistode sub Herctde tufa, Äe/ieus ad dextram qui marmore prominet alt o, Ciäus clava canes olfatit territat omnes {^^); anche piü tardi {Antiqiät., 1527, f. XXI) egli si vale deH'espressione idtra Urnen stanti a dextris siirgit simulacrum. Questa descrizione riceve piena liice dal di- segno dell'Heemskerck (f. 53'') qui riprodotto, che mostra la statua alzata secondo il gusto di quei tempi sopra alta base quadrata a guisa di torre. La mazza e sorretta da un pezzo sottoposto. Nel- r intorno si scorgouo sparsi i framraenti di un colosso di marmo, del quäle ragioneremo subito. Con questo disegno va d'accordo la descrizione contemporanea del Fichard (1536) {^^').

Senza dubbio giä di buona ora alcuni altri monumenti antichi

(■*ä) De Rossi Mon. Ann. e Bull. d. Inst. 185-i p. 28 segg. La data vol- gare del 1471 sembra e.s.sere priva di fondamento ; forse deve la sua origine airiscrizione summentovata che si riferisce alla fondazione del museo. II eh. Hülsen fa osservare che nel codice Eediano scritto nel 147-i Tiscrizione C. I. L. VI, 312 postea, sed eadem manu addita est.

(**) Le parole corrotte pare ricevino luce da im passo di A. Fulvio {AntiquitA.XXl) che evidentemente ha attinto alFistesso originale: sinistra vero aurea Hesperidum mcda teneas, quae in prima sustulit inventa (1. iu- venta). Si legga dunque o aurea mala Hesperidum, iuvente tropeum, oppure aurea mala, sublatum in luveata tropeum.

(■'^) Allusione ad un passo di Solino I, 11 p. 8 Mommsen.

(*6) P. 28 dopo la menzione deirErcole: Noii procul inde fragmeatatim, iacent et crura et pes aüerius cuiusdam marmorei colossi. Ungues pedis spi- thama mea fere sunt latiores. Caput eiusdem ingens alteroque aeneo longe maius in media area iacet. E strano che la testa giacente sul suolo nel- l'abbozzo delFHeemskerck rassoniigli i)iuttosto ad una testa di bronzo, e segnatamente fa specie quel buco quadrato presso l'orecchio ; il Petersen pero mi scrive che un tal buco in fatti si trova nel luogo segnato della gran testa di marmo, onde risulta l'esattezza dell' Heemskerck.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICIIITA

17

sono stati trasportati siü Campidoglio, come p. es. le lapidi votive ad Ercole Invitto ritrovate auch' esse presse l'Ara massima, le

r

Fio-. 3.

quali ricevettero il loro posto nel portico dei couservatori accanto ai cippi di Agrippina e di Nerone (^"), nonche la gran base dei

{*') C. I. L. VI, 312-318. De Rossi 1. cit. p. 30. I due cippi vengonu menzionati come esistenti in qucsto luogo per la prima volta da Fra Giocondo (c. 1484-89). I conservatori delle epoche piü recenti si sono mostrati poco degni dei loro bei nome riguardo queste lapidi, stanteche una sola (312) e sempre rimasta nel Campidoglio, due (313. 31G) dopo varie vicende vi sono tornate. di una (315) e stata cancellata l'iscrizione, una (314) ando perduta nel secolo XV, due altre (317. 318) sin dal secolo XVII. (Comunicazione dei eh. Hülsen).

2

]3 MICHAELIS

vi CO mag is tri collocata vicino alla testa di bronzo (■^^). Quauto sia stata potente Tattrattiva esereitata da questo primo ricettacolo pubblico di antichi mouumenti in Roma, lo mostra il fatto ben conosciiito che nell'aprile del 1485 il famoso corpo di giovinetta scoperto alla via Appia. per ordine dei conservatori fu trasportato nel cortile del loro palazzo, vicino alla cisterna (-"'), per essere ivi esposto ed ammirato cogli altri avanzi deU'anticliitä, finche Inno- cenzo Till clandestinamente fece togliere di mezzo qiiel pericoloso spettro pagano; il sarcofago di raarmo rimase nel cortile {^'^). Ivi liirouo depositati sotto Innocenzo qiiella testa e qualche membro diun colosso di marmo, ritrovati vicino al cosidetto Tem- plum Pacis {^^), e vi rimasero sparsi sul suolo per im mezzo se-

(^«) C. I. L. VI, 975. Cf. Albertini f. 37« in porticu aedium conserva- torum Vrbis non longe a 2Wrta palatii Senatoris. Debbo alla gentilezza del sig. Hülsen il segnente elenco di lapidi capitoline di qualche impoiianza, con aggiunta delFepoca quando prima appariscono nelle raccolte epigi'afiche ; quelle che sin dal 1600 incirca non si mentovano piix come esistenti sul Campidoglio, sono segnate coll'asterisco. 1440 ?, alraeno sin dal 1470 : C. L L. VI, 391* base di Yespasiano. Prima del 1460 : 975 base dei vicomagistri. [Troppo tardi vengo avvertito dal eh. Hülsen, che questa base, veduta giä da Ciriaco, che morl nel 1459, si ü-ovava sul Campidoglio giä prima del 1471, laonde il suo posto sarebbe stato piuttosto fra i monumenti primordiali, trattati nel capitolo ante- oedente]. Circa il 1490 : 1275. 1892*. Nel 1546 : 1303 e 1304* avanzi del fomix Fabianus. 3492«* indice delle legioni. Circa il 1550 : 372* mouumento dei comuni lici. 128 (piü tardi in Verona). Nel 1551 : 897 e 898 iscr. di C. e L. Cesari (non piü vedute sin dal 1666). Nel 1558 : 155*. 157*. 162* iscr. dei magistri fontium. Circa il 1570: 998* iscr. di T. Elio Cesare. Circa il 1590: 954 iscr. di Nerva (tolta ad uso moderno nel 1676, ritrovata nel 1836, cf. Bull, comun. 1886 p. 92 n. 1130). Cf. inoltre le iscrizioni sepolcrali 20501. 20600. 21732. 21980. 23600.

(*9) Infessura pr. Muratori rer. Ital. scriptt. III, 2 p. 1192 iuxta cisternam in reclaustro eiusdem palatii ... Et pilus marmoreus, uH fuerat reperta, remissus est in reclaustro dominorum comervatorum. Sulla cisterna cf. Fichard p. 28 E regione Herculis cisterna antiqua videtur, nunc tarnen satis splen- dide restituta cum hoc versiculo : Vas tili condidimus, pluvia tu, Juppiter, imple (Forcella I n. 38) ; cf. Lanciani Arch. d. Soc. rom. di storia patria VI p. 240.

(50) Dope tanti altri v. le memorie del Thode e dell' Hülsen nelle Mittheilungen des Instituts f. oesterreich. Geschichtsforschung IV -p. 75 segg. 433 segg. Janitschek Courrirr de Vart 1883 p. 312. L'art XXXV, 1883, p. 1.

(«•) V. l'iscrizione presse Albertini f. 86». Forcella I n. 127. 132. La testa e pubblicata pr. Francini Icones e 3 (Roma ant. 1687 p. 109) e Monta-

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA 19

colo. Cosi furoüo vediiti dai relatori sin dal Prospettivo, che vanta la testa essere « di tal bontä quäl Lionardo nostro " (^-), fino al Fichard, e disegnati daU'Heemskerck, fincbe fürono collocati lungo le pareti del cortile. E mentre la tradizione popolare bat- tezzava anche questa testa col nome di Commodo, i dotti antiqiiavi attribuirono gli avanzi siiddetti a quel colosso di Apollo che Lucullo aveva fatto venire da Apollonia nel Pento per collocarlo siil Cam- pidoglio. Pur troppo perö sappiamo che quest'opera di Calamide non era di marmo, ma di bronzo (''^).

III. AUMENTI DELLA COLLEZIONE TINO AL 1538.

Tale era lo stato della coUezione capitolina sul principio del secolo XVI, come apprendiamo da tre descrizioni successive, le stanze del Prospettivo (c. 1500), l'opuscolo dell'Albertini (1509), e X Aatiquaria Urbis del Fulvio (1513); le quali descrizioni ben- che tiitte stiano d'accordo nei punti essenziali, pure le due ultime oftrono ciascuna qualche particolaritä.

L'Albertini (f. 61'^) aggiunge alla testa ed alla mano di bronzo eziandio im piede, di cui fanno menzione anche il Fulvio [An- tiqnit. f. XXI) e l'Aldrovandi (p. 273); esso, se non m'ingauno, si trova aucora nella coUezione capitolina de'bronzi, ne deve confon- dersi col piede trovato piü tardi presso la piramide di Gestio (5^).

gnani tav. 129. Un'enumerazione piü particolareggiata dei frammenti havvi presso Aldrovandi p. 272. L'Albertini f. 21'' parla di statue di imperatori, quorimi capita integra et fragmenta reliqua corporum erui ex suhterranea testudine (delle Terme Diocieziaiie) vidimus et partim in Capitolium delata, partim Florentiam 'Hiissa. Forse hanno da'cercarsi fra gli « infiniti altri fragmenti » dall'Aldrovandi veduti in quel cortile.

(^^) E strano che il Prospettivo separi i menibri del colosso di marmo l'ungia del pie qual'e piü picinina E qiianto le mie branclia- longa spande " st. Ol) dal « col " (cu, secondo il Govi) " pien di come » (st. 67). La testa di bronzo « busciata nel ventre » da lui si ascrive a « Cesare o Octaviano ", e la mano viene comparata con quella del Dio padre di bronzo nel coro del duomo di Milano (st. 65 e 66).

(^^'j Plinio 34, 39.

(ä") Cf. Bull. d. Ist. 1873 p. 8. II piede destro e lungo 1 m. ; il Petersen pensa che e troppo piccolo per appartenere alla testa ed alla mano colossali. Sul piede trovato presso la piramide di Gestio v. la nota 175.

20 MICHAELIS

Inoltre TAlbertini fa menzione di alia quampliira Ro. moiiimenta cum duabus pideherrimis tabulis lueentibas mirae imlchritudinis et artificii. Sarebbe cosa disperata il voler rintracciare qiiesti ri- lievi, se non ci venissero in aiuto due altre notizie, venendo de- scritto l'iino dal Marliani (1544 p. 27) sotto il portico del cortile come terivplum in marmore iiicisum, signis 'peiyalchre exornatiim, ambediie dal diligentissimo Aldrovandi (p. 271) : « Entrando nella casa de'Coiiservatovi si trova sotto al portico che e da man dritta, ima tavola di marmo attaccata al muro con bellissime figure iscol- pite ; nel cui mezzo e come ima porta, pm'e di marmo, che pare che s'apra. Vi e ancho un'altra tavola marmorea, che ha in se scol- pite genti e cavalli, che pare che combattono ". Ambedue questi rilievi erano facciate di sarcofagi. La prima si trova ancora in una delle stanze superiori del palazzo; nel bei mezzo si vede im tempietto colla porta riccamente scolpita e semiaperta, circon- dato dai geni delle quattro stagioni {^•'). L'altro sarcofago rappresentava Achille e Pentesilea in mezzo a combattimenti di Amazzoni ; disegnato piü volte, e nel 1559 inciso in dae grandi fogli da Xicolao Beatricetto, passö dopo nella villa Pamfili, nel cui casino anch'oggi si mira (^*').

Qiiegli alia quamplura Ro. monimenta deH'Albertiui saranno senz'altro identici cogli alia plura marmorea signa circiimquaque iii iiiferiori parle palatii huius posita^ sed qiiae iii tanta copia, noii curaiitur, come si esprime il Fichard. Che la parola signa anche qui, come altrove, abbia il significato di rilievi, lo mostra l'aggiunta parietibus inclusa del Marliani (^"). Anche di questi rilievi pare si possano rintracciare alcuni con 1' aiuto di alcuni disegni del Cinquecento, quantunque di una data piü recente, i quali raffigurando o frammenti o marmi piuttosto guasti, si capisce

(■'•'^) ßesckr. d. St. Rom III, l p. 119. ün disegno se iie trova nel codice Pighiano f. 245, n. 190 Jahn, segnato " in CapitoUo in area palatii conser- vatorurn xirhis ».

(»«) Robert Ant. Sarkophag-Beliefs II t&v. dl n. 89, p. 109. L'ubicazione riferibile al Campidoglio si trova tanto sul rame del Beatricetto, ripetuto nello Speculvrn di Lafreri, quanto in un disegno della collezione Dal Pozzo, appar- tenente alia fine del XVI od al principio del XVII secolo (Robert p. XII). II casino Pamfili fu eretto nel 164-i.

(»') Fichard p. 29. Marliani 1534 f. 30".

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA 21

perche i descrittori della collozione capitolina non ne abbiano fatto menzione speciale. "Non ha giiari abbiaino imparato dal tacciüno dello sciiltore remese Pierre Jacques, eseguito negli anni 1572-77, che c'erano i^ in Campidoglio « tre frammenti di rilievi, raffigu- ranti Timo il froutone del tempio capitolino, il secondo im e s t i s p i z i 0 , il terzo ima parte di un s a c r i f i z i o d i t o r o. II frontone era anche stato disegnato circa yenti anni prima dal Pisfhio; il noto codice orsiniauo della Vaticana ha inoltre mo- Strato che desso faceva parte di im rilievo piü grande raffignrante un gruppo di persona togate dinnanzi al tempio capitolino indicato merce le tre porte ed il suo frontone {^^). Ora a questi disegni parigino, berlinese e romano deve aggiungersi un nuovo disegno nel cosidetto codice berlinese, contenente una raccolta di disegni di vari artisti del Cinquecento (''^), essendoche il foglio 25 esibisce le « Vestigie Dimo Antico fragjmento di Marmo di Mezzo rilieuo Dun sacrifitio In campidoglio nel cortile de Conseruadori ». Ne diamo il facsi-

(^8) Cf. Auclollent Melanges (VArcheol. et (Vhist. 1889 p. 120. tav. 2. Geffroy ivi 1890 p. 194. Hülsen Bullett. 1889 p. 251. I frammenti in quistione sono i seguenti :

a) II solo frontispizio nel codice di Coburgo [1550-55] f. 156 n. 37 Matz, pubbl. Arch. Zeit. 1872 tav. 1. Saglio Dict. des Antiq. I, 2 p. 904 n. 1151.

b) II solo frontispizio disegnato nel 1576 «in Campidoglio" da Pierre Jacques, pubbl. Melanges 1889 tav. 2.

c) La p a r t e d e s t r a nel codice ursiniano della Vaticana 3439 f. 83, pubbl. in facsimile Bullett. 1889 p. 251 ; meno fedelmente il frontone solo presso Piranesi Magnif. ed archit. de' Ptomani p. 198. Müller-Wieseler Denk- mäler IP. 2, 13.

d) La, m e t ä inferiore della parte d e s t r a , con molti ri- stauri, ora nel Louvre n. 41, pubbl. Bouillon III, bas-rel. tav. 29. Clarac II, .151, 300.

e) La parte s i n i s t r a , disegnata da P. Jacques [1576] nel « cam- pidoglio ", pubbl. Melanges 1890 p. 197.

/■) La medesima parte s i n i s t r a , ristaurata, ora nel Louvre n. 439, pubbl. Winckelmann Mon. Ined. tav. 183. Bouillon 1. cit. tav. 27. Clarac II, 195, 311.

(5») Cf. Schreiber negli Ilistor. Aufsätze E. Curtius gewidmet, 1884, p. 101. Eobert Sark.-RelAl p. XI n. 5. Der Pasiphae-Sarkophag, 1890, p. 8. II nostro disegno, al pari di non poclii altri di quel codice, nii e apparso ante- riore a Girolamo Ferrari (che dimoro in Eoma sotto Gregorio XIII, 1572-85), il cui nome e scritto sul rovescio del foglio 91, eseguito in stile assai diverso.

22 MICHAELIS

inile siilla tavola III. Basta im colpo d'occhio per convincersi che l'estispizio ed il tempio col suo griippo sono due parti strettamente coerenti di una sola composizione, la quäle, sebbene evidentemeute giä allora rotta iu due pezzi, pure era rimasta unita quando la lastra si incaströ nel uiuro di quel cortile. E ugualmente chiaro che si tratta di un sacritizio solenne Offerte da personaggi per lo piü imberbi (forse dell'epoca di Traiano (^•'")) dinnanzi al tempio di Giove capitolino rappresentanza ottimamente adattata al moderno palazzo capitolino de' conservatori, costruito appie di quel tempio, e che pel suo carattere storico si accorda benissimo coi rilievi di Marco Aurelio, di cui tosto si farä menzione. La rottura perö del gran rilievo ne cagionö piü tardi la dispersione, allorquaudo si levö da quel muro capitolino. I due gruppi inferiori, ristaurati e sup- pliti alla meglio, cioe assai male, furono incastrati in guisa di riscontri nella facciata Orientale del casino di villa Borghese, edifi- cato circa il 1615 (ß^); 11 frontone del tempio, che si opponeva alVuso dei due rilievi come riscontri, fu tolto. e cosi andö perduto, mentre quei due rilievi borghesiani, sul principio del nostro secolo, mi- grarono a Parigi, senza che piü si conoscesse come fossero con- nessi in origine (''').

(55«) Xel disegno e si trova lo slrano deltaglio deiriscrizioiie J/. llipius) Orestes scolpita sopra una (Teile unghie del toro. Se questa iscrizione e con- temporaiiea al rilievo stesso, questo, vista la maiicanza delle barbe, appartiene al tempo di Traiano. E vero peru che lo stile del rilievo accenna piiüt' sto al principio deH'iinpero.

(«0) Manilli Villa Borghese [1650] p. 46. IMontelatici Villa Borghese [1700] p. 171. Cf. Hülsen Bull. 1889 p. 250.

("') L'esirema cortesia del sig. A. Heron de Villefosse mi meüe in grado di dare un'indicazione dei ristauri un poco piü esatta di quella presso Clarac. Nel frammento d, il cui angolo inferiore sinisiro era rotto (ovvero e di ristauro moderno ?), sono moderni : tutta restremitä sinistra coll'ara, due colonne, la metä sinistra del primo personaggio ; inoltre la faccia di questo ; la testa, Tavanibraccio destro e la mano sinistra della seconda figura ; il naso della per- sona coWapex ; la testa e l'avanibraccio destro della quarta persona ; il naso della persona in fondo ; la testa ed ambedue gli avambracci del personaggio piü a destra ; l'orlo destro del rilievo e'la piü gran parte deirejjistilio del tem- pio. — II frammento / e rotto in due pezzi. Sono moderni : l'angolo destro superiore c tutta la parte di sopra fino alle teste dei personaggi ; Tavambrac- cio della terza figura ; il taglio dell'ascia, la mano destra e l'asta dell'ascia della figura quarta ; testa e collo di quella in fondo ; te.sta e braccio sinistro

LA COLLEZIONE CAl'ITOMNA DI ANTICHITA 23

Anclie il terzo rilievo iudicatoci come capitolino da Pierre Jacques e passato per le stesse fasi (^'-). Presenta anch'esso im sacrificio di toro, ma non ha mai apparteauto al mede- simo monumento con quello anzimentovato, essendoche ne differisce, secoüdo le indicazioni dovute alla gentilezza del sig. A. Heron de Villefosse, tanto per il rilievo niolto piü alto, qiianto per Tinferio- ritä dello stile, le teste barbate e coronate, ed altri dettagli. Pierre Jacques perö non ha disegnato tutto il rilievo, ma soltanto il fram- mento piü a destra, del quäle l'angolo destro inferiore esseudosi staccato piü tardi, un ristauro moderuo e venuto a rimpiazzarlo. A sinistra la composizione viene supplita da quattro altri fram- menti minori, contenenti un altro toro, cinque uomini, e nel fcndo l'indicazione di un edifizio a colonne. E chiaro che tutto il rilievo originariamente faceva parte di una composizione piü grande, la cui parte destra e perduta. Nel medesimo stato nel quäle oggi si trova nel museo del Louvre, il rilievo occupö un giorno il centro di quella stessa serie di rilievi nella villa Borghese, le cui estre- mitä erano occupate dai due rilievi anzidescritti (''3).

Mi si permetta di aggiungere qui un altro monumento dise- gnato " In Campidoglio » da un artista incirca del 1600 C^^). Ed e queir ara rotonda, che ora porta la statua di Esculapio nel Salone del Museo ; in essa si raffigura ancora un sacrifizio, al quäle assistono sei figure, con particolari poco cbiari {^'^). II tempo preciso,

clelF" aruspice »; il niuso del toro; la testa, la parte destra del petto, ed il braccio destro del personaggio piü a sinistra ; vari dettagli di miiiur conto ; l'orlo sinistro della lastra. I ristauri sono eseguiti parte in marrao, parte in gesso. Le teste antiche non portano corone. II sig. de Villefosse indica anche il frammento n. 519 (Bouillon 1. cit. tav. 28, 2. Clarac II, 222, 317) corae di stile similissimo, se non superiore ; le diniensioni ed il niarmo stanno d'accordo con d e /.

C'-) P. Jacques : 3/elanges 1890 p. 199. II rilievo completo : Louvre n. 724. Bouillon III, bas-rel tav. 28, 1. Clarac II, 218, 310. I ristauri com- prendono cinque teste (i due vittimari, i due personaggi stanti fra loro, ed il camillo piü a sinistra), le braccia del vittimario in mezzo colle parti adiacenti, l'angolo destro inferiore coll'ara, e certi particolari.

(") Manilli 1. cit. p. 4(3. Montelatici 1. cit. p. 172.

v") Codice della collezione Dal Pozzo inWindsorX (XVIII) fol. 8 (sul- l'epoca cf. Pobert Sark.-Eel. II p. XII) = ivi II, 20.

(") Foggini Mus. Capitol. IV, 59.

24 MICHAELIS

quauilo qiiesto monumento sia passato nel Campidoglio, non mi e conosciiito : le descrizioni pare non ne facciano meüzioue.

Ai monumenti mentovati daH'Albertini ed agli altri monu- meüti indicati, come pare, da lui e dal Fichard, il Fulvio (f. E II ) aoro-iuuofe due Sfincri di marmo sciiro, giacenti a sinistra, al pie della scala per cui si saliva al piano siiperiore. Le ritroveremo piü tardi.

Tiitti qiiesti marmi non si sa esattamente se appartenessero giä alla collezione del Quattrocento, o se siano stati aggiunti nel primo decennio del secolo decimosesto ; anzi i monumenti, di cui or ora ho trattato, p o s s o n o essere entrati nella collezione capitolina anche piü tardi. In ogni caso Tesigiiitä dell'aumento piiö fare specie ripensando allo stiipendo slancio che nell'istessa epoca in Roma preudevano le collezioni dei dilettanti privati, fra i quali pri- meggiava Andrea della Valle, e segnatamente Ginlio II con la collezione inaugurata nel Belyedere vaticano C^*^). Questo mnseo pontificio perö aveva im carattere totalmente diverso da quello della collezione comunale. Nel Vaticano" si radunavano soltanto statiie di marmo, il fondo della collezione capitolina era formato di brouzi ; ivi si ammiravano statue d'una conservazione quasi perfetta, qui frammenti e rilievi erano frammischiati alle statue; nel giardino del Belvedere regnava esclusivamente il punto di vista artistico e fece del cortile delle statue il luogo ove convenivano gli artisti e gli amatori delle belle arti, in vece nella scelta delle antichitü capitolina 1' Interesse storico congiunto con i monumenti preva- leva, se non esclusivamente, pure in primo luogo. Tale fu anche il dono col quäle Leone X nel 1515 arricchi il museo capitolino, facendo trasportare tre rilievi dalla vicina chiesa di S. Martina sul foro iii hunc p.ihUcum locum, come si dice nell'iscrizione de- dicatoria finora non riconosciuta come tale C^"). I tre ben conosciuti rilievi, rappresentanti Marco Aurelio nel campo di battaglia, nel

('"') Cf. la mia memoria sulla storia della collezione vaticana del Belve- dere neWJah'buch cl. arch. List. 1890 p. 5 e seg.

("') Forcella I n. 39 : Leoni.-< X pont.max. gra.prestita .... an. M.D.XV ex divi Martini ([. dive Martine) templo in hunc puh. locum ... Marcus Aure- lius Severus triumphator\i\ Romanorum imperator{i\.'L'' eAiioxe pensö ad una statua 0 busto di Alessandro Severo.

LA COLLEZIONE CAPITOI.INA DI ANTICIUTA 23

carro trionfale, e sacriticante dinnanzi al tempio capitolino {^'^), furono incastrati uella parete sinistra scoverta del cortile, insierae con qiieiriscrizione raentovata espressamente dal Fichard (''•'). L'Al- bertiiii (f. 27'^ ed il Fulvio (f. 0 III'') avevano ancora veduto quel Venerabile secretarium semtiis ornato di qiiesti marmorei vidtus et imniKt triumphi; d'allora in poi si trovano regolarmente nelle descrizioni del palazzo dei conservatori. I conservatori, en.i^- gendo .ima statua al papa, fecero inoltre ripulire e riordiuare le altre scultiire giiaste e coperte di sudiciurae ("^').

Non molto piü tardi sembra che il moate Cavallo sia stato messo iu contribiizione per cedere, al pari del Laterauo, al Cam- pidoglio la parte trasportabile delle sue antichitä. Sin dai tempi di roezzo agli angoli deiriuforme base laterizia dei due colossi si trovavano « alcune statue di Costantino » (delle quali ragioneremo piü tardi), ed inoltre due grandi statue giacenti, conosciute sotto la strana denominazione di Saturno e Bacco (''). Si era riconosciuto di buon'ora che rappresentassero due fiumi, ma rimaneva in- deciso quali nomi speciali loro convenissero. Fulvio, che nel 1513 li descrive come esistenti sul Quirinale (f. G IV'^), li chiamö allora Acheloo ed Istro, in quorum manibus ple)io stat coina cornu; quattordici anni piü tardi non li mentova piü in quel luogo (f. XXII P'^''), ma dinnanzi al portico del palazzo de' conservatori ritrova due fiumi da lui chiamati Nilo e Tigri {Antiquit. f. XXI); da altri furono proposti anche i nomi di Aniene e Nare. 11 cam-

C'j P. S. Bartoli Admiranda' tav. 32. 34. 35.= tav. 7-9. Eossini Archi trionfali tav. 49, 2-4. Eighetti tav. 165. 167. 168. II immero ternario risuHa dairAldrovaiidi p..271. Sul quarto rilievo cf. la nota 149.

("9) Fichard p. 28 : F regione IlercuUs (che stava a destra) cisterna ctntiqua videtur ... Post eam cisternam tnsun,tur marmore.a signa parietibm inclusa . . . suhlata ex aede S. Martinae , ut ibidem habet in- s c r ip t i 0.

C") Forcella In. 41 : Leoni X p.m. ... staliiam erigendam et hasce vetu- state coUapsas coenoque oblitas tergendas ordincq. locandas curarimt ...idib. sept. an. humane sal. MDXXI.

(") Cf. Bull. 1888 p. 271 n. 42. La pianta schedeliana e la tela mantovana presse De Eossi Piante tav. 5 e 12, nonche la veduta del 1490 riprodotta dal Lippmann Jahrb. d.preuss. Kunstsamml. V p. 17 mostrano Tuno dei " giganti ", ed uno si deve anche riconoscere nel " Marfurio di chavagli « del codice esco- rialense f. 46 (Müntz Les antiquites p. IGlj. Mori I Piazza 11. 12. Mon- tagnani 5. 6. Eighetti 360. 361. Clarac I\^ 748, 1810. 749, 1819.

26 MICHAELIS

biamento dei nomi sarä stato il motivo perche Fiüvio non ricono- scesse l'ideutitä di questi fiumi con qiielli gia di Monte Cavallo, identitä snpposta priraa dal Maiiiani (1544 p. 88). Bastano le cornucopie per dimostrare la giustezza di siffatta congettura, e basta la Sfinge sotto il gomito manco dell'uno per stabilire che rappresenta il Nilo. Anche il nome del Tigri per l'altro e ab- bastanza accertato. Imperocche Fulvio con certezza qiialifica per tigre l'auimale nn po' dauneggiato, sul quäle si appoggia il fiume ; gli aderisce il Marliani. segiüto dal Fichard ; anche l'esatto Al- drovandi. il futiiro natiiralista, riconosce la tigre (p. 269), ed ii disegno deU'Heemskerck (f. 45), riprodotto alla nota 5, mostra almeno che la belva e di razza felina, e che mancavano i gemelli ; Antonio Agostino fa menzione della tigre, di ciii da fino nn'in- cisione colla testa ; finalmente il rame del Cavalieri (L II, 69) parla direttamente (ioVY aatiqua statua Tygridis fluvü mannorea, quam recentiores statimrii Tiberi accomodarunt ("-). Le diie statue colossali, lunghe circa m. 4,50, poste immediatamente sul siiolo, sembravano custodire l'ingresso del palazzo, verso il quäle i loro sguardi erano rivolti. Gli ambasciatori veneti del 1523 non ne fanno ancora menzione, ma ciö e di poca importanza visto la descrizione molto superficiale che danno del Campidoglio, fino a scambiare il palazzo del senatore con quello dei conservatori. 11 silenzio del Fulvio sul trasporto delle statue dal Quirinale sembra piuttosto accennare che questo trasporto fosse avvenuto molto tempo prima del 1527.

Le Antiquitates del Fulvio (1527), la prima edizione del Marliani (1534), che ne dipende in gran parte, Titinerario del Fichard (1536) basato sopra il libro del Marliani, ed il tac- cuino deU'Heemskerck (1533-36), souo le fonti principali per questi decennii che precedono la trasformazione del Campidoglio eseguita sul disegno di Michelangelo. Tranne i rilievi di S. Mar- tina ed i fiumi, e forse anche quelle rappresentazioni di sacrifizi, le aggiunte non erano di gran conto. Nelle sale superiori erano disposte in nicchie alcune statue o Statuette di divinitä, di uomiui e di

(") Questa tavola si trova giä nelTedizione del solo libro primo pubbli- cata fra 15G6 e 1570. Cf. piü sotto. Agostino dial. d. iiiedaglie 1. III verso la fine (p. 107 deired. di Koma, 1025).

LA COLl.EZIONE CAPITOMNA DI ANTICHITA 27

femmioe, per lo piü mutilate, fra le quali spiccava come bellis- sima Ulla statua di Pane, di marmo, come pare, legato colle mani dietro ad im tronco (^'^). Oltre alle antichitä del palazzo dei coiiservatori, il Fichard (p. 31) fa menzione del piccolo obelisco mezzo moderno vicino alle scale lateral! che conducevano ad Ara- celi. e della palma neH'orto vicino, alludendo aH'opinione volgave che nella palla della guglia siano deposte le ceiieri di Augusto ("^). Nemmeno sono sfiiggiti aU'attenzione del giovane giureconsulto oltremontano gli otto rilievi di sarcofaghi iiicastrati nel miiro ac- canto allo scalone di Araceli ("^).

IV. Dall'erezione della. statua DI Marco Aurelio

FINÜ ALLA MORTE DEL BUONARROTI (1538-1564).

L'amio 1538 fa epoca nella storia moderna del Campidogiio, in qiianto che col trasporto della statua equestre di Marco Au- relio dalla piazza del Laterano sull'area capitolina questa rice- vette un centro fisso. E una supposizione arbitraria che siffatto trasporto, col quäle lo sgorabro del Laterano, cominciato da Sisto IV, fii condotto a termine, sia connesso con i preparativi fatti per fe- steggiare l'arrivo dell'imperatore Carlo V nell'Aprile del 1536. La processione imperiale neppure passö per la piazza capito- lina, ma dall'arco di Settimio Severe si portö al palazzo di S. Marco per la salita di Marforio ("''). In fatti aucora nell'au-

(") Fulvio f. XXI aliae nonmllae marmoreae statuae Jiaud magnac, verum mutilatae, suis loculis collocatae. Marliani f. 30'' quaedam aUa deorum srnw/acra. Fichard p. 29 vflriae marmoreae et viriles et muliehres statuae... per suos loculos disposita vetera deorum hominumque simulacra. Cf. Aldro- vandi p. 275 seg. II « Satiro " con piedi di capro vien chiaiuato di bronzo dal Marliani e dal Gamucci p. 17, piü correttamente senz'altro di niarnio dal Fichard e dall'Aldrovandi p. 274 ; nell'edizione del Marliani del 1544 p. 27 si tace del materiale. Dopo essere scomparso per un secolo, riapparisce nel Sei- cento presso Evelyn Z)irtn/ 7 Nov. 1644 (J/arsifls boiind to a trce). Non saprei dire dove si abbia da cercare.

('*) Cf. sopra la nota 4.

(") Aldrovandi p. 276. Boissard I p. 46. Dessau Sitzungsher. d. preuss. Äkad. 1883 p. 1089-1093.

('«) Cancellieri Storia dei possessi p. 99. Podestä Arch. d. See. rom. di

storia pairia I p. 328.

28 MICHAELIS

tiinno (li queH'anno il Fichard (p. 63) vide la statua neirantico suo posto, ove pure l'Heemskerck la disegnö ("). Anzi riscrizione dedicatoria di Paolo III del 1538 {~^) fa mostra di ima tendenza bimile a quella di Sisto IV, dicendo della statua che il pontetice, ut memoriae ojHimi princijus consuleret patriaeque clecora atque ornamenta restitueret^ ex humüiori loco in aream CapitoUiiam tranüulit.

E Doto che il disegno del nuovo Campidoglio fu ideato da Mi- chelangelo, il quäle sin da quattro anui avea fissato definitiva- inente la sua dimora in Koma. I due palazzi giä esistenti doveano essere totalmeute riformati, e si deve aggiungere un terzo palazzo da costruirsi sotto la cima di Araceli, dirimpetto a quello dei con- servatori; erano inoltre progettate tre comode salite, due ai lati del palazzo senatorio dalla parte del foro, la terza verso il Campo Marzo (j'^). Eretta perö la statua equestre nel mezzo dell'area, non si mise mano subito, ma soltanto dopo alcuni anni, al palazzo principale, la cui facciata doveva essere rifatta di travertino ed ornata di una grande scalinata a due braccia. Laonde bisognava tor via le antiche scale col gruppo del leone, il quäle fu posto sull'area capitolina, dalla parte di Araceli i^^^). Ivi fu veduto uel

(") Fol. 71 pubbl. da J. Sprin.a^er nei Ges. Studien, zur Kunstgesch. für A. Springer j). 228. Sülle vieencle della statua prima del suo trasporto ha trattato recentemente il De Rossi Bull, comun. 1886 p. 348 segg.

('*) ForcelLi I n. 44. Sulla base v. 11 racconto del Vacca n. 18. II tra- sporto della statua ebbe luogo il 24 di marzo: cf. Lanciani nelFArch. d. Soc. rem. di storia patria VI, 1883, p. 239.

('") Vasari VII p. 222 ed. Milanesi. Cf. la nota 106. Tratterü del disegno del Buouarroti nella Zeitschrift für bildende Kunst, aggiungendo una sceka di Vedute irnportanti.

["") II rame del Cock(/?), pubblicato nel 1-562 ma preso probabilmente da un disegno alquanto anteriore, mostra il palazzo diviso perpendicolar- mente in due metä uguali, la destra mostrando lo stato anteriore, la sinistra una forma simile ma non identica a quella ideata da Michelangelo. Siccome la ricostruzione del palazzo difficilmente si sarä eseguita in questa guisa, e la veduta della parte destra diiferisce molto da una veduta della loggia disegnata dair Heemskerck (/!**), cosi la veduta parmi non possa mostrare un certo moniento della ricostruzione, ma sembi'a essere prettamente ideale, fatta per mettere a confronto i due aspetti successivi della facciata ; opinione che esporrij piii estesamente nella Zeitschr. f. bild. Kunst. Si vede perche in non possa ac- consentire alle esposizioni del eh. Re (Bull, comun. 1882 p. 100 e 126 segg.), ne

LA COLLEZIONE CAl'lTOLINA DI ANTICHIT.V 29

1550 dall'Aldrovandi (p. 270) e disegnato nel 15()5 dal Gamucci (vediita Z»), mentre le altre veduto contemporaneo Vommettono. La costmzione dello scaloiie perö, per la decorazioue del quäle il Buonarroti dicesi avere progettato una statua colossale di Giove nella grau nicchia centrale, con diie grandi fiiimi ai lati, pare facesse lenti progressi. I biograii del gran Fiorentino, antichi 6 moderni, tacciono siüla data precisa. Secondo una notizia finora inosservata, ma degna di fede (>'*<), la ricostruzione del palazzo sa- rebbe stata incominciata nel 1546. Lucio Fauno, nella prima edi- zione delle sue « Auticliitä della cittä di Roma » , pubblicata nel 1548 (^-), conosce i due fiumi ancora dinnanzi al palazzo de' con- servatori (f. 38*), mentre l'Aldrovandi, che scrisse nel 1550 (s^), li vide di giä " a pie del palagio del Campidoglio ^ , cioe del se- natore (p. 269). Bisogna dunque che nel frattempo abbiano cam- biato il loro posto, e che nello stesso tempo sia anche stata scritta la notizia interessante che si trova nella seconda edizione del- Topuscolo del Fulvio, pubblicata nel 1553: dopo aver ripetuto dal- r edizione anteriore, la descrizioue dei fiumi nel loro posto dinnanzi al palazzo de' conservatori, egli aggiunge in giiisa di postilla: « Ma

credere che lo scalone abbia in parte esistito giä molto prima di Michelangelo, mentre manca affatto nei disegni dell' Heemskerck, e presso Vasari forma parte essenziale del nuovo progetto michelangelesco. Sbaglia 11 Re anche nel pren- dere per un ingresso a pian terreno il nicchione delle scale di Michelangelo. Visto lo stato imperfetto di questo scalone, crederei che il disegno originale fosse fatto circa il 1549. (Le ben note vedute di Roma del Cook, Pmecipua aliquot Rom. antiquitatis ruinarum monumenta, furono pubblicate nel 1551

in Anversa).

(81) M. üb. Bicci, Notizia d. famiglia Boccapaduli, Roma 1762, p. 131, attesta secondo un libro manoscritto di Prospero Boccapaduli, allora soprinten- dente delle fabbriche capitoline, la fabbrica dei due palazzi, finita nel 1568, avere durato ventidue anni.

(82) II privilegio pontificio di Paolo III h senza data, quello veneto, segnato il 30 di luglio 1548, vale tanto per Pedizione italiana del 1548 quanto per la traduzione latina, stampata nel 1549. L'edizione del 1553 ha poche

aggiunte.

(83j V. la mia esposizione nellVlrc/i. Zeitung 1876 p. 159 seg. Aggiungo che a p. 292 si parla della « felice memoria del Reverendiss. Cardinale Ridolfi », il quäle mori nel gennaio del 1550. Non h dunque necessario di fissare Pepoca « sul finire 0 poco dopo 111549», come si e fatto nei Docum. ined. per servire alla storia dei musei ital. I p. IV.

30 MICHAELIS

hoggi ameüdiie questi simulacri si tolgono da questo luogo, per ri- podi davanti al palagio del Campidoglio, e ne hanno giä tolto via uuo ' (f. 38'')- Ne risulta che lo scalone fii finito e la decorazione messa al posto circa il 1549.

Nel corso di qiieste operazioni il palazzo dei conservatori non solo perdette i suoi tiiimi ciistodi, ma subi anche altri cambiamenti connessi con 1' imminente ricostruzione della facciata. Giä prima dei fiumi la lupa si era ritirata dal siio posto scoverto sopra il portico, per domiciliarsi nel piauo snperiore del palazzo. Ivi fu ve- duta nel 1544 dal Marliani (che ne pubblicö il primo disegno, p. 27) iii ■porticu, inieriori proi^e aulam, nel 1550 dall'Aldro- vandi (p. 275) in qiiella « loggia coverta che riguarda sopra la cittä plana " , riconoscibile nelle vediite Ä^ C B E, localitä di- stinta e cospicua. Mentre poi la testa colossale di bronzo, senza la quäle appena poteva idearsi Taspetto del Campidoglio, rimase soletta nel portico di sotto, i suoi compagni minori, piede, mano, palla, furono ugualmente trasportati nel piano superiore, ove giä l'Aldrovandi li ritrovö (p. 272). Ma con questo trasporto in- cominciö il dissipamento : alla mano ed al globo, probabilmente a cagione del loro significato simbolico, fu assegnato un posto d'onore nella sala grande, accanto ad nna statua di Leone X eretta nel 1521 ed al palco dal quäle solevano proclamarsi i cittadini nuovamente eletti, laddove il piede fu alloggiato « in un altro luogo del palagio ". Anche l'Ercole di bronzo scese dalla sua torre nel cortile del palazzo (la cui diftormitä e sconvenevolezza dove- vano spiccare vieppiii pel confronto della bella base bassa sotto- posta da Michelangelo al Marco Aurelio) e fu collocato sopra la base dedicata ad Ercole Vittore (^'*) in una camera contigua al salone, accanto alla statua anzidetta di Pane. Le Sfingi a pie delle scale, giä mentovate dal Fulvio, non vi compariscono piü. L'una di esse sembra essersi associata fuori al gruppo del leone, ove Aldrovandi (p. 270), oltre ad un leone senza testa, annovera una Sfinge con caratteri geroglitici nella base, ambedue sculture di paragone (^^) ; Taltra Sfinge, dello stesso materiale, si era fermata nel cortile del palazzo (p. 272) per far compagnia ad un cinocefalo, pur di pa-

(") C. I. L. VI, 328. Mus. Cap. IV, Gl. Aldrovandi p. 273. («=) Boissard III, 100.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA öl

ragone, il quäle , conservato sin ab antico presse Santo Ste- fano del Cacco, si distinse per i nomi degli artisti Fidia ed Am- monio {^''). Finalmente le tre statue di Costantino, vedute ancora dal Fichard (p. 41), avevano seguito Tesempio dei diie liumi e tro- vato im posto provvisorio suUe scale conducenti dall'area capito- lina a S. Maria di Araceli {^'). Li tiitte e tre fiirono vedute dal Marliani (1544 p. 27), mentre l'Aldrovandi (1550 p. 268) ed il Fauno (1553 f. 39), al pari delle vedute DE, non ve ne cono- scono piü che due, la terza essende frattanto passata siille scale opposte che conducono alla rupe tarpea. Circa dieci anni piü tardi robelisco lasciö il suo bei posto accanto alla palma, essendo ca- duto e giacendo sul suolo al disopra di quelle statue (^^).

Questa era la trasformazione in cui trovavasi il Campidoglio al- lorqiiando l'Aldrovandi ne dettö la sua descrizione (p. 268-276), la piü particolareggiata e la piü sistematica di tutte. Ne ho fatto largo uso in quel che precede ; basta rilevare alcuni altri marmi da lui mentovati nel palazzo de' conservatori. Nel cortile vi era iin co- sidetto Apollo, ignudo, con im cane senza testa accanto (^^), ed ima tt donna in pie vestita» ; ma d'importanza siiperiore ad ogni altro pezzo erano i frammenti dei cosidetti fasti capitolini, scoperti nel-

(*'') Loewy Inschr. griech. Bildhauer n. 382. La statua era gik conosciuta ai tempi di Cola ; uii disegno se ne trova nel codice pighiano f. 26 n. 25 Jahn. SuUe scoperte avvenute nelVIseum Campense cf. Lanciani Bull, comun. 1883 p. 35 segg.

(*') Biondo {Rom. instaur. 11,10) ne conobbe quattro ; tre vengono nomi- nati dal Fulvio {Antiquaria f. G IV''. Antiquit. f. 22, bis). Vacca n. 10 parla di due Costantini da Paolo III trasportati in Campidoglio, quelli cioe posti verso Araceli. Si sa che si tratta di Costantino Magno e di Costantino Cesare, suo figlio, V. CLL. VI, 1149. 1150. Cavalieri I. II, 78. Mori I Piazza 7. 8. Clarac V, 980, 2526. 2527.

(*") Mauro Antich. di Roma, 1556, p. 8 trovö robelisco ancora nel suo posto, ma il Boissard, che dimorava in Roma dal 1555 al 1561, dice I p. 46 super caemiterio iacet obeliscus Aegyptius hieroglyphis insignitus. Si capisee perchfe piü tardi fu ceduto a Ciriaco Mattei.

(»9) Sara r"Endimione» Mori I, Atrio 2. Montagnani 12. Righetti 108. Clarac IV, 580, 1250A., benche il Righetti lo dica tanto trovato nella villa Palombara, quanto proveniente dalla scala di Bramante nel Vaticano, due asser- zioni contraddittorie che si annullano fra loro. La data della pubblicazione del Mori (1806) dimostra che e uguahnente falsa l'a^serzione del catalogo ufficiale, la statua essere stata trovata nel 1812 nella via Merulana.

32 MICHAELIS

Tagosto del 1546, e poco dopo donati al popolo romano dal cardinale Alessandro Farnese, che pj-ima li ayeva deposti iiella sua Farne- sina. Ormai riordinati per le eure di Gentile Delfini, Bartolommeo j\Iarliani, Tommaso de' Cavalieri ed altri, essi fiirono incastrati in una specie di facciata fatta secondo un disegno di Michelan- gelo stesso, che trovö uu nobile posto iu capo al cortile (""). Ne] piano siiperiore l'Aldrovandi vide nna statua maschile con im martello in mano, senza testa, nonche diverse statiie, Statuette (fra loro una di Bacco giovine) e torsi di poco Interesse {^^), qualche busto (p. es. di Adriane), e finalmente nella loggia della lupa una statua di donua mezzo ignuda ed un altro sci- miotto di paragone. Fa specie che l'Aldrovandi tralascia una grandiosa statua quasi colossale di Minerva, imitazione della Parthenos di Fidia, la quäle sotto Paolo IIl era stata scoperta fra certe rovine antiche della cittä e trasportata sul Campidoglio ('^-). Fra tante altre statue di minor conto questa avrebbe meritato di essere rilevata, e di fatti, come vedremo, era riserbata ad onori speciali. Forse si sottrasse agii sguardi deU'Aldrovandi per trovarsi nascosta in qualche localitä non accessibile al pubblico.

Dopo la raorte di Paolo III (1549) la nuova sistemazione del Campidoglio , ch'egli aveva ideato o promosso , procedette a passo lento. Se quei graziosi portici in cima alle due scale che dall'area capitolina conducono ad Araceli ed alla rupe tar- pea, con ragione si attribuiscouo al Vignola, essi farono co- struiti sotto Giulio III, essendoche quell' architetto venn-e a Roma nel 1550, e la veduta C, fatta nel 1555, ne presenta giä uno. E di fatti gli archi dei portici esibiscono le armi di quel poutetice.

('•"') C. 1. L. I p. 415. I ed. 2 p. 3 segg. In, area palatii Capitolini con- servatorum urbis (Marliani /«sii, 1549, p. 6) ; « attaccata al muro in capo del cortiglio " (Aldrovandi p. 271). Cf. Fauiio De antiquitatihus urh. R., 1549, nella prefazione.

C"j Eighetti tav. 228. 231. 244. 255 pubblica tre putti rappresentanti le stagioni ed una « Polinnia " assisa, tutte Statuette conservate dinanzi alla cappella, e a tav. 230 una statuetta di « Giunone n sedente, nella stanza di udienza. Potrebbe darsi che fra esse si trovino alcune di quelle Statuette men- tovate dall'Aldrovandi ; forse anche il " Bacco giovane » si ha da cercare fra quei putti.

(»^) Forcella I n. 43. Cavalieri III. IV, 3G. Mus. Capit. III, 10. Mori I, Atrio 21. Montagnani 16. Clarac III, 461, 858.

LA COLLEZIONE CAPITOIJNA DI ANTICHITA 33

Qiiella medesima veduta perö rende evidente lo stato imperfetto in ciii allora si trovava il progetto del Buonarroti. Dalla parte del Oampo Marzo e della piazza di Araceli l'area niancava di liinite certO. La facciata del palazzo grande era appena comin- ciata al di della grande scala. Qui, come nelle vedute di poco posteriori DKF (''^^), le tinestre del piano principale sono di proporzioni piuttosto meschine, ed invece di quei pilastri maestri ideati dal Buonarroti che oggi scompartouo tutta la facciata, v'era iin balcone lungo il piano superiore fra le due torri an- golari. Anche il palazzo de' conservatori serbö in genere l'aspetto originale, quantunque nel 1555 la cura della fabbrica dei due palazzi fosse stata commessa dal S. P. Q. K. a persona di grande energia quäle era Prospero Boccapaduli (•^''). Poco depo, sotto Pio IV (1559-1566), nna parte non esigua del disegno di Miche- langelo fu eseguita, costruendo dalla parte della piazza di Ara- celi la gran cordonata, a pie della quäle furono collocati quei due bellissimi leoni di basalte, di antica sciütura egizia, che fino allora erano stati posti davanti la chiesa di S. Stefano del Cacco, successore dell'antica dea Iside (''^). In connessione con questa si- stemazione della salita l'area capitolina fu chiusa merce iina ba- laustrata, che vediamo giä finita in D (1565), ove dietro ad essa giacciono sul suolo i due Dioscuri e frammenti dei loro cavalli, non ancora ristaurati. Scoperti al tempo di quei pontefice nel Ghetto, quando vi si eresse la sinagoga, furono messi al loro posto quasi venti anni piü tardi ('J*"'). Finalmente pare cada in qiiesto tempo la trasforinazione del Tigri sotto le scale del palazzo senatorio in im Tevere, merce il cambiamento della tigre in ima lupa informe e Vaggiunta dei due gemelli. Imperocche mentre an- cora il Gamucci (1565) descrive la belva quäl tigre, il Vasari (1568) parla del Tevere, e, come esposi di sopra (p. 26), la prima edizione del Cavalieri, pubblicata circa il medesimo tempo, men-

("■■') De Rossi Bull, comun. 1887 p. 63 fa menzione di un siinile disegno nel Codice vaticano 8257.

n Bicci 1. cit. (n. 81) p. 114.

C^) Flain. Vacca n. 27, ove parla da testimonio oculare.

("") Vacca n. 52, parlando ancora da testimonio oculare. L'iscrizione For- cella I n. 78 li fa scoperti ruderihus ia theatro Pompei egestis. II ristauro si fece nel 1583, v. la nota 134.

34 MICHAELIS

ziona il cambiamento come accaduto di receute. II desiderio ben naturale di possedere appunto in qiiesto luogo iin'immagiue del patrio fiume. e l'esempio dei famosi diie finmi compagni del Bel- vedere, ayranno cagionato quell' operazione, tanto piü che i dauni sotferti dalle due statue rendevauo necessario un ristauro, e che la testa della tigre non era perfettamente couservata.

Ancbe la coUezione del palazzo dei conservatori si arricchi al tempo di Pio IV di qualche bella scultura, sebbene la solle- citudine del papa stesso era diretta piuttosto A'erso il casino Pio e il teatro del Belvedere (■'')• Cosi serbaudo per il Vaticano la celebre statua di Elio Aristide, scoperta in quei giorni in alcune rovine, si conteutö di regalare al Campidoglio un'altra statua di uomo assiso, arbitrariamente chiamato Aristide Suiirueo, aggiuu- gendovi l'iscrizione dedicatoria eins qiii urbem civUateraque Ro- maiiam liiculenta orafione laudavit {^^).

Da altre parti il museo capitolino ebbe a vantaggiarsi di alcuni monumenti di Interesse storico. Fin dal tempo di Giulio III era passato nel museo il cosidetto Curzio. rilievo di arte rozza, che fu dissotterrato nel 1553 presso la colonna di Foca, nel sup- posto luogo del lacus Ciirtius {^^). Quindi nel 1564 quel gran Mecenate che era il cardinale Kodolfo Pio di Carpi, regalö al po- polo uno dei piü famosi monumenti della sua collezione, il busto tanto caratteristico di bronzo che si orede un ritratto di L. Giunio Bruto ("'"). Poco dopo dalla casa del vescovo di Melfi. Alessandro Rufini, passarono sul Campidoglio le due statue semico- lossali di Giulio Cesare e di Augusto per occuparvi il posto mantenuto fino ad oggi C'^^). In quei medesimi auui la celebre base

(*') V. Jahrb. d. arcli. Inst. 1890 p. 39 e segg.

(98) Forcella I n. 52. Pdghetti 146. Clarac Y, 897, 2285B.

(9») Vacca 11. 2. C. I. L. VI, 1468. Jordan weW Hermes YII, 264. Epliem. epi.gr. III. 277. Pighio giä nel 1554 conobbe il inonumento trasportato nel Campidoglio e ne da il primo disegno (f. 160 n. 45 Jahn; manca nel cod. Coburg.). Caval. III. I\', 5. Boissard III, 101. Suirautenticitä furono emessi dei dubbi dall' Heibig Bull. 1869 p. 35. N. rhein. Mus. XXIV p. 478.

(•»") Forcella I n. 54. Visconti Iconorjr. rom. I tav. 2. Eighetti tav. 248. Bouillon ]\fus. IL, bustes tav. 8. Bernoulli röm. Ikonogr. I p. 20. Cf. Aldro- vandi p. 209.

{"") Forcella I n. 56. 57. Cavalieri I. II, 71. 72. Vaccaria 51. 60. PeiTier 10. 11. Maffei 15. 16. Montacrnani 116. 117. Pishetti tav. 151. 152.

LA COLLEZIONE C.VPITOLINA DI ANTICHITA 35

coU'iscrizione relativa alla vittoria navale cli Diiillio, scoperta siil Foro nel 15G5, venne ad arriccliire la collezione capitolina; siilla base fu imposto un modello della giä colonna ro st rata ("^-). Non fa mestieri rilevare che questi quatti-o moniimenti convenivano a maraviglia al carattere storico-politico di tutta la collezione.

V. iL DONO DI Pio V (1566).

II 17 di febbraio 15G4 mori Michelansrelo. La sua moi'te sem- bra fosse ritenuta come una seria ammonizione di non lasciar impei'fetto il testamento capitolino del grau maestro. E vero che giä nel 1563 Tarchitetto Guidetti « si era preso di eseguire li ordini di Michelangelo nella fabbrica di Campidoglio " (^'^'^), masin da quell'anno 1564 l'anzidetto Prospero Boccapaduli, colla coo- perazione di Tommaso de' Cavalieri, intimo amico del grande de- fonto, rivolse interamente l'animo suo a quella fabbrica C^^"^). Qnanto al palazzo de' conservatori, si trattö di preferenza della nuova fac- ciata, per i travertini della quäle il Coliseo, come al solito, pare abbia servito di cava ("*•'')• Allorqnando il Vasari stava pre- parando la seconda edizione delle sue Vite, era giä costruita una parte della facciata ("^'^) ; in quell'istesso anno 1568, in cui quel libro fu pubblicato, i- condotta questa fabbrica al termine in quanto

Chirac V, 912A, 2331A. 912B, 2303., v. Bernoulli 1. cit. I p. 155 no. 2. Cf. Aklrovandi p. 186. La congettura proposta dal Maffei (nella Raccolta di statue p. ll'),»la statua di Cesare essere stata trovata siü Foro di Cesare, s'intende che non ha nessun valore. Un disogno dell'Augusto havvi nel codice berlinense f. 69.

e»-^) CLL. I, 195. VI, 1300. Eame di Ant. Lafreri del 1575. Andr. d. Vaccaria Ornamenti di fabriche, 1600, tav. 24. Righ. 156.

(los) Notizia del Boccapaduli presse Bicci 1. cit. (n. 81) p. 132 n. a.

('"*) Bicci 1. cit. p. 114 e segg. 129 e segg. Vasari da l'onore a Tommaso solo. Faccio osservare che il palazzo senatorio serbo ancora la sna facciata quäle venne descritta a p. 33, cf. sotto p. 48.

('«5) Bicci p. 132.

{">"] Vasari VII p. 222 ed. Milanesi. (L'edizione del 1550 p. 987 non fa che una generale menzione del disegno del Campidoglio). NeH'anno seguente, 1569, fu edita da Stefano du Perac la grande veduta iscritta Capitolii scio- graphia ex ipso exemplari Michaelis Angeli Bonaroti accurate delineata et in lucem aedita (nello Speculum del Lafreri).

36 MICHAELIS

a quello che si appartiene al prospetto e alla forma di fuori, si posero ai due lati della porta principale del palazzo de' conser- vatori due iscrizioni " , l'una delle quali vauto maiorum prae- staiitiam imitata dai moderni nel ricostniire il Campidoglio. mentre nell'altra S. P. Q. R. Gaintolium praeciime lovi olim. commeuda- tum nunc deo vero, cunctorum bonorum auctori, lern Cliristo cum saluie communi swß'plex tuendum tradit ('°").

Lo ötile finora insolito di quest' ultima iscrizione evidentemente risente del nuovo spirito invalso sotto Pio Y. Per purgare il palazzo apostolico degli idoli pagani, buona parte dei quali vi aveva introdotta il suo predecessore, lo zelante pontefice, uu mese dope il suo ayvenimento al trono, l'll di febbraio 1^66, aveva fatto dono al popolo romano di non meno di 146 marmi autichi, che decoravano tanto il teatro eretto nel gran cortile vaticano e la vicina scala del Bramante, quanto « la palazzina " (Casino Pio) nonche la cosidetta stanza della monizione nel palazzo papa- le C^^). Cosi impoverendo il Vaticano, ove le celebri statue del cortile di Belvedere poco prima erano state nascoste nelle loro nicchie dietro battenti di legno, il Campidoglio semb.ava desti- nato ad occuparne il posto, ed il palazzo dei conservatori stava per trasformarsi in un gran museo di arte antica, a danno, e vero, del tradizionale carattere storico della collezione. Tuttavia quella donazione non venne a pieno effetto, anzi fini in maniera un po' meschina. Siccome spesso si park della donazione di papa Pio V come effettuata nella sua totalitä, cosi m' ingegnerö di chiarire particolarmente un punto che e di non lieve Interesse per la storia della collezione capitolina, valendomi tanto dell' « Inventario delle figure donate da N. S. Pio Y al Popolo Romano " , fatto dal piü volte lodato Prospero Boccapaduli ('*^'j), quanto di due iscrizioni capitoline 0 poste nei primi tre trimestri del 1566, o riferibili ad essi, prima cioe che cessasse la vacanza del Senatorato (P ottobre di quell'anno) {^^^).

(■»') Bicci 1. cit. Forcella I n. 64. 65.

("«) Cf. Jahrbuch d. arch. Inst. 1890 p. 42 segg.

("'*) Pubblicata dal Bicci 1. cit. p. 115 segg., riprodotta in maniera piü coraoda neir/e/ir^Mc/i 1. cit. p. 60 segg. con nuraerazione continua, della quäle mi varr^j anche qui.

("") Foreella I n. 61. 62. Cf. Crescimbeni Istoria d. basil. di S. M. in Cosmedin VI, 9 no. XX. Forcella n. 63.

LA COLLEZIONE CAPITOLIXA DI ANTICIIITA 37

Fatto rinventario TU di febbraio e supplito il 27 del me- desimo mese, il giorno segiiente una schiera di facchini venne a trasportare al Cainpidoglio trenta marmi, dieci dei quali, senz'al- tro i piü iraportanti, avevauo servito alla decorazione della scala, mentre iino era stato in iin giardino siiperiore, il resto, fra busti e Statuette, in quella stanza del palazzo ; tanto il teatro quanto il casino rimasero intatti. Essendo questi 30 pezzi segnati nell'inven- tario, se ne possono riconoscere con certezza od almeno con grande probabilitä i seguenti (i") :

46? Genio, p(almi) 9 |. Vaccar. 27 {Genii simulacrum in Capitolio).

47. Musa, p. 9. Vaccar. 34 (Ji/u^a repraesentans commediam in Co- ■pitoJio). Montagnani 124*. Eiglietti 210 fanfiteatro ossia scala;). Clarac III, 511, 1034.

49. Fortuna senza testa, a seclere. Righ. 241 (Belvedere). Clar. III 438 H, 827 C.

59. Tiitela, con un putto senza testa (Agrippina con Nerone). Ei- glietti 185 (cortile di Belvedere). Clar. V, 940 A, 2391 A.

61. Puttini quattro con urne in spalla. Uno di essi: Righ. 286.

72? Fiume a giacere (portato da 4 facchini). Clar. IV, 749, 1821 A (p. 4, 2| 0.). Cf. n. 70.

73. Vecchia. Mont. 62*. Clar. IV, 780, 1947.

130? Testa di Claudio. Mus. Cap. II, 13.

131? Testa di Cesare. Mus. Cap. II, 1. Righ. 32.

132? Testa di Macrino. Mus. Cap. II, 61. Righ. 224.

133? Testa di Antonin o Pio. Mus. Cap. II, 37. Righ. 157.

134? Testa di Faustina. Mus. Cap. II, 38. Righ. 157.

137? Testa di Tiberio. Mus. Cap. II, 6. Righ. 32.

139? Testa di Alessandro. Righ. 7?(ii2).

A questo dono si riferisce l'una delle iscrizioni (n. 62), nella quäle il magistrato (dei conservatori) ed il popolo esprimono la

("') Compilando questi indici mi sono per lo piü contentato di indicare, oltre alle tavole del Clarac, solo quelle pubblicazioni, che danno una notizia sulla provenienza. Sono desse di preferenza la « Raccolta " edita dal M o n t a- g n a n i-Mirabili (l'asterisco accenna che la statua viene iudicata espressa- niente ccme " collocata dai conservatori", cioö prima della fondazione del Museo capitolino) e la « Descrizione del Campidoglio " di R i g h e 1 1 i (le parole aggiunte in parentesi si riferiscono a quella parte del Vaticano ende la statua dicesi esser tolta). Non tutte le identificazioni sono di ugual certezza (vi si riferiscono i segni di interrogazione aggiunti ai numeri) ; in parte ci gio- vano le misure, nonostante V inesattezza di molte di esse.

C'-^) Restano i n. 55. 62. 71. 77, le teste 128. 129. 1.35. 136. 138, e 140-143.

38 MICHAELIS

loro gratitiidine verso il pontefice a cagione delle trenta statu3 donate. Sorge ora la quistione, se l'altra iscrizione (n. 61), secondo la quäle senatus poimlasque Romamis staiitas mannoreas Pli V pont. max. dorn e Vaticam in Capitolium traiislatas.... hie po- suitQ^^), se questa iscuizione si riferisca alle stesse trenta statue oYvero ad un niiovo douo. Giacche e iin fatto incontestabile che nella coUezione capitolina si trovano non poche sciilture vaticane, segnatamente di quelle che ornavano il teatro. Eccone releuco:

I. Teatro.

1. Pudicizia, p. 10. Cavalieri I. II, 15 (Piidicicia ibidem, cioe in (Pontificis viridario). Montagnani 39*. Eigheüi 252 (Belvedere). Clarac IV, 7 65, 1883.

3? Cerere, con spighe in mano, a seclere. Mont. 104 ovvero 105 Clar. III, 438 B, 786 G).

4? Figura p all i ata, p. 8 |. « Mario Mont. 72. Clar. V, 902, 2304

(p. 8, 5).

5? Fortuna. Caval. LH 13 {Fortuna in virid. Vat). Ovvero Mori I Atrio 1 (Abbondanza\ Mont. 9. Clarac III, 451, 823 A.

6. Cibele, a sedere. Mont. 131*. Clar. III, 396 B, 664 F.

8? 15? 19? Securitä, a sedere. " Agrippina » Mont. 57*. Clar. V, 982, 2368.

9? Salute, p. 7. « Iside « Mont. 102* (p. 5, 1). Chir. V, 992, 2275 (p. 5, 2). Ovvero Franzini, Icones statuarum f . a 9 {in theatro Pontißcis pal- latii), con un boccale nella mano.

10. Inimortalitä, p. 8 |. Mont. 25*. Righ. 256 (anfiteatio). Mori I Atrio 27 (coH'iscrizione IMMORT ALITAS). Clar. IV, 767, 1894. Pare sia iden- tica con Caval. I. II, 77 u Ceres in Capitolio ;».

12. Urania, p. 9 |. Vaccar. 83 {in Capitolio). Mont. 125*. Eigh. 209 (Belvedere). Clar III, 538^0, 1019 C.

14. Giove col folgere, p. 10. Caval. I. II 76 {in Capitolio). Mori I Atrio 29. Mont. 21*. Clar. III, 400, 676.

16. Giunone sospite , p. 9 §. Mont. 40*. Bigli. 163 (anfiteatro). Mus. Cap. III, 5 e Mori I Scala 2 (coli' iscr. IVXO LANVMVINA). Clar. III, 418, 732(1 14).

('") Questa iscrizione pare sia posteriore dell'altra, perche non vi si parla piü di magistratus populmque, ma di senatus populusque Rornanus, benche i conservatori di quelFanno siano nominati ; sarä slata posta dopo il 1 di ottobre.

("*) S'intende che nulla si sa di certo sulla provenienza di questa statua, e che la comune asserzione, essere stata essa disseppellita a Civitä Lavigna, al ])ari di tanti altri esemiä simili, e fondata solamente sul significato della statua.

LA COLLEZIONE CAIMTOLINA DI ANTICHITA

1*

39

17. Aiigerona, n sedere, col dito alla bocca. Moiit. 130*. Olar. III, 538 C, 1088 A.

18. Apollo, p. 7 f. Eigh. 101 (anfiteatroV Clar. III, 486 B, 954 F. 23? Console togato, p. 8 l- " Console creduto comuneinente Virgilio «

Mont. 133* (p. 9, 4). Kigli. 246 (corte di Belvedere)- Clar. V, 907, 2278 C

(p. 12, 6 i).

26? Testa di leroue. M. Cap. I, 33.

27? Testa di Ariadna. Righ. 7?

28? Testa di Piatone. M. Cap. I, 22.

29. Testa di Gabrielle Faeruo. Righ. 107.

81? Testa di Diogene. M. Cap. I, 27. Righ. 55.

82. Diana, p. 12. Mori I Atrio 26* (p. 111). Mont. 20* (p. 13,6). Clar. IV, 571, 1221 (p. 11,5 |).

33? Figura togata, p. 8 |. « Cicerone " Righ. 242 (Belvedere). Mont. 134 -(p. 9,6). Clar. V, 907, 2306 A (p. 0,4).

36. Polifemo con una figura a' pie senza testa. Mont. 23*. Righ. 98 (anfiteatro ossia scala). Clar. V, 835, 2091.

IL Scala.

40? Testa di Adriano. Mus. Cap. I, 33.

41? Testa di Faustina. Mus. Cap. I, 39.

42? Testa di Faustina. Righ. 215.

51? Pudicizia, p. 8. Mont. 66 (p. 8). Clar. IV, 765, 1884 = V, 965, 2483 (p. 8,1).

52. Traiano con suo petto. Righ. 218.

53 ovvero 57. C er er e, p. 8 l Righ. 208 (scala). Clar. V, 976, 2533 (p. 9).

54. Augusto, a sedere. Mont. 99*. Clar. V, 912 B, 2334.

56. Antonin 0 Pio con suo petto. Righ. 218.

60. Bacco ignudo colla lince a' pie. Mont. 100*. Righ. 69 (scala). Clar. IV, 682, 1596.

68? Mercurio colla borsa in mano. Clar. IV, 658, 1527 A.

III. Palazzina.

86? Dirce colla colomba o Venera (sopra la porta). Mont. 110 (p. 7,4). Clar. V, 877, 2235 (p. 4,1 |) (H'^).

92? 107? 109? 115? Mnemo sine. Cod. Berol. f. GQ^ (nel boschetto). Mori I Cortile 6 (p. 10). Clar. V, 976, 2532 (p. 8,7 |). La figura compa- gna: Mori ib. 5 (p. 10). Clar. ib. 2531 (p. 8,8 i).

113. Giunone Placida. Cod. Berol. f. 66Mcoiriscr. IVXOXI PLA- CIDAE, nel boschetto). Caval. I, II, 8 {in viridario Vaticano). Mont. 60 « Cle-

(^'^) Intorno a questa " Dercie mutata in colomba», nonche ai n. 60 e 68 e diversi altri marmi della Palazzina, che Pio IV aveva comprati dal inaestro Niccolo Longhi da Vigiü, milanese, v. Bertolotti Artisti lomb. a Roma I p. 171 (cf. p. 147. 149. 170).

40 MICHAELIS

menza " (trovata suirAventino, cioe nel creduto tempio di Clemenza). Clar. III, 423, 749 (116).

124? Antonio oratore. « L. Antonio Clar. V, 922, 2346.

125? Arianna. Baccante Uigh. 239 (gran Corte di Belvedere). Fer- ner 73. Clar. IV, 694 B, 1656 C.

Pilo ben darsi che aleimi altri marmi capitolini, segnata- mente busti, si naseondauo sotto le denominazioni piir troppo va- ghe deirinyentario ("').

Qiiando ebbe luogo qiiesta grau migrazione di statiie dal Va- ticano al Campidoglio? Sotto Pio Y? A quanto credo, rimico argomento che potrebbe addursi in favore di questa supposizione viene offerto dal fatto che l'^i Immortalitä " u. 10 ed il Giove n. 14 erano giä nel Campidoglio. qiiando la prima edizione dei libri I e II delle ÄiUiquae siatuae del Cavalieri fii pubblicata, ciö che av- venne incirca fra gli anni 1572 e 1578 ("^), e che iigualmeute 1'- Urania" n. 12 si trovava ia Capitolio nel 1584, anno in cui Lorenzo della Vaccaria diede alla liice le siie Äiitiquarum statiia- rum icoiies. E diinque evidente che queste tre statiie, tutte apparte- nenti alla decorazione del teatro, sono entrate nel Campidoglio o sotto Pio V ovvero sotto Gregorio XIII. Dall'altra parte e non meno certo che non tutti i marmi compresi nelVinventario furono realmente cediiti 'al Campidoglio sotto Pio V. In primo luogo e di qualche importauza che l'iscrizione seconda non coutiene una di- chiarazione di ringraziamenti diretti al donatore, ma attesta sol- tanto che le statue donate siano «^ quivi collocate " ; anzi, se que-

('"■') Ho conimesso, come dimostra il codice berlinense, uno sbaglio \\e\V Jahrbuch 1890 p. 62 e 66, annoverando questa statua, e forse anche le due precedenti, fra quelle mandate a Firenze nel 1569.

("') Restano i n. 7. 11. 20. 21. 22. 24. 25. 30. 35. 37 dal teatro, 38. 39. 43. 45. 48. 50. 58. 63-67. 69. 70. 74 dalla scala, 83-85. 87. 88. 96. 101. 102. 112. 117-119. 123. 126. 127 dalla Falazzina. La « /wZm G. Petronii uxor in viridario Pontißcis r, pr. Caval. L II, 1 1 potrebbe essere identica coUa statua Moril Cortile 4. Eighetti 291. Clar. V, 976, 2534. Si confrontino inoltre le statue Caval. I. II, 7. 10. 17. 18 « in Vaticano viridario » e Franzini a 4 u Mnemosine in virid. Pon.^, a 7 «m theatro PontifirAs pallatii^.

('■») Cf. Jahrbuch 1890 p. 45 n. 174. Le anticbitä vaticane (tav. 1-18) che erano mancate neU'edizione originale del libro I potevano appena essere di.segnat«i prima della morte di Pio V, 1572 (v. 1. cit. p. 41). DalFaltra parte il Cardinal di Trento, Luigi Madrucci, al quäle il libro e dedicato, lasciö Eoma nel 1578.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITÄ 41

sto hic si riferisce non al Campidoglio in genere ma, come pare, ad una certa sala, appena basterebbe una sola localitä per rinchiii- dere tutti qaei marmi. Poi una parte non esigua dei monumenti donati, secondo l'inyentario, al popolo romano o rimase nel Vati- cano 0 fu regalata piü tardi ad altri dall'istesso Pontefice. Questo era il caso di 26 marmi della palazzina donati nel 1569 a Fran- cesco de' Medici, principe di Firenze (''■'). Kimasero nel Vaticano le celebri statue di S. Ippolito e di Aristide Smimeo (n. 2 e 13), donate alla biblioteca, quella dal card. Marcello Corvino (1551), qnesta da Pio IV, le quali avevano servito temporaneamente a decorare il teatro ('-"). ßimasero anclie al loro posto originale nella peschiera della palazzina le cinque donne sedenti n, 78-82 ('-'). II Pighio poi nel 1574 trovö il teatro* ancora ornato di molte statue di marmo(^--); lo scultore remese Pierre Jacques disegnö nel Va- ticano, fra il 1572 e 76, il rilievo dello « Zeto ed Anfione «, n. 34 dell'inventario ('-•*); il Cavalieri, fra il 1572 e 1578, pubblicö do- dici statue come esistenti in Vaticano viridario, alcune delle quali appaiono piü tardi nella collezione capitolina ('-•^); il Contarino, nel 1575, descrivendo il palazzo de' conservatori, non fa menzione di quelle statue ('-5). Anzi fino nel 1589, quando la piü gran parte delle statue era giä trasportata al Campidoglio, le Icoaes statua- rum antiquarum edite dal Fraucini esibiscono ancora alcune sta-

("") /ö/irZ>. 1. cit. p. 43. 65. Anclie il cardinale di Augusta ne aveva rice- vuti, V. le lettere di Alessandro de' Medici ivi stampate.

('^'0 Jah-h. 1. cit. p. 41. 67.

(••^') N. 78 Fe de, a sedere. Cod. Berol. f. 77'' {Fides, nel boschetto). N. 79 C i b e 1 e , a sedere. Cod. Berol f. 55 {Bea Cyhele nel bosco Di belue- dere). Caval. I, 12. K 80 Pudicizia, a sedere. Cod. Berol. f. 66« (nel boscho). Caval. I. II, 9. N. 81 G i o v e n t ü , a sedere. Cod. Berol. f. 77 {luventas nel boschetto). Caval. I. II, 14. N. 82 Flora, a sedere. Caval. I. II, 16. Inoltre c'e nel Cod. Berol. f. 77 una Fides assisa, « nel boschetto ". Rassomiglia alla « Giulia Pia » Righ. 81, tranne che non e velata. Cf. inoltre le notizie di Cassiano dal Pozzo pubblicate dal Schreiber Ber. d. sächs. Ges. 1885 p, 30 n. 24. 33 n. 41. 35 n. 48.

(122) piorhius Hercules Prodicius, km. 1587, p. 390.

('•") Melanges d'arch. et d'hist. 1890 p- 200.

C^-') Caval.' I. II, 17. 18; nel Campidoglio tav. 8 (n. 113). 13 (n. 5)? 11 (cf. nota 103)? 15 (n. 1).

('") Contarino L'antiquitä di Eoma, Yen. 1575, p. 100. E vero che dipende massimaraente dall'Aldrovandi.

42 MICHAELIS

tue esistenti iii theatro jmllatii pontißcis ('^ß); e vero che le iii- cisioni iu leguo di questo libro possono essere state fatte alcuoi anni prima. '

Considerati questi argomenti, pare il piü ragionevole di cre- dere accaduto lo sgombro del Yaticauo, almeno quello del teatro, fra il 1572 incirca ed il 1584, cioe nel tempo di Gregorio XIII (1572-1585), sotto il qiuile, corae vedremo, anclie altri migliora- menti del Campidoglio ebbero luogo ('-"). Se ijou ci si opponessero Corte date, saremmo piü disposti ad ascrivere tiitta Toperazioiie a Sisto V. il quäle si sa che volse il pensiero a cacciare dil pa- lazzo papale fino le statue del cortile di Belvedere {^-^):, fu egli che, nel 1588, fece demolire la scala di Bramante per editicarvi la nuova sala della biblioteea* nella quäle le statue di S. Ippo- lito e di Aristide ottennero uu posto d'onore. E di fatti pare probabile che, sgombrato il teatro sotto papa Gregorio, la scala seguisse sotto Sisto, cou profitto, e vero, molto minore del Campi- doglio. Giacche questo con certezza non ne ebbe che tre statue, VAugusto assiso n. 54, la Cerere n. 53 ed il Bacco n. (30 ; par- lando delle due ultime suUe quali il Righetti (non so sopra quäle autoritä) fa espressamente osservare che, demolita la scala, furcno donate da Sisto V al popolo romano. La piü gran parte delle sta- tue che ornavano la scala non si che cosa siano divenute ('-*); il summentovato rilievo di Zeto ed Anfione sembra esser passato a Sci- pione Catfarelli, piü tardi chiamato il cardinal Borghese, che se ne servi nella decorazione della facciata principale del casino di Villa Borghese C^").

0^«) Cf. n. 9 e nota 117.

('^") Sulla base della Baceante Righ. 239, che abbiamo proposto di Iden- tificare col n. 125 deirinveiitario e che in ogni caso giä era nel V'aticano, si trovano i nomi dei conservatori del 1584 (Forcella I n. 83). Se la base appar- liene alla statua, questo potrebbe supporsi l'anno della gran donazione ; vi sembra perö opporsi la pubblicazione del Vaccario che data del medesimo anno e che giä conosce 1' Urania nel Campidoglio.

('=") Nolizia di Graziano nella vita Sixti V ipsius manu emendata presso Ranke Gesch. d. röm. Päpste P p. 312.

('") Delle statue n. -U e 45 havvi nn ricordo in \\n rame col mono- gramma >^B , raffigurante il torniamento del 1565 nel « Teatro di Palazzo " (pr. Lairerij. Non corrispondono a veruna statua a me conosciuta.

(■'"J «Quadro con tre figure, Teti [cioe Zeto] e Amfione». Melanges

LA C'iI.LF./.lONK CAPITOMNA IJI ANTICIUTA 43

VI. GlI ULTIMI DECENNI DEL SECOLO XVI.

Mentre dall'Albertini fino all'Aldrovandi una serie quasi conti- nua di descrizioni, piü o meno particolareggiate, ci permette di seguire passo a passo lo sviluppo della coUezione capitolina, la mancanza di tali guide sin dalla meta del secolo fa nascere delle incertezze al pari di quella poc'anzi discussa e tante alti'e. Par3 che nem- meno la piibblicazione deH'itinerario di Nicola Audebert di Or- leans, il quäle viaggiö in Italia nc«gli anni 1574-78, servirä ad empiere questa lacuna, conciossiache, per quanto mi si scrive da Londra, esso non contiene una descrizione speciale de! Campi- doglio (131).

Nel 1579 il palazzo senatorio caugiö grandemente d'aspetto, rimpiazzando Gregorio XIII la semplice torre medievale col nuovo campanile, il quäle, benche in genere corrisponda al disegno del Buonarroti, pure mostra l'unica grande apertura, progettata da lui, cambiata in due piani come ora si vedouo C^-). Forse stavano in connessione con questa intrapresa alcune operazio- ni riferibili al riordinameuto dell'area capitolina. Cosi quella grande nicchia sotto la scala del palazzo, fra i due fiumi, pare abbia riceviito come decorazioue, invece del Giove Yoluto dal Michelangelo, quella semi-colossale Minerva fidiaea, scoperta giä sotto Paolo III ('33), In capo alla cordonata i due Dioscuri, i

(Varch. et (Vhist. 1890 p. 200. E il ben conosciuto rilievo Borgliese, ora nel Louvre, rappresentante Orfeo ed Euridice (Bouillon II basr. 1. Clar. II, 116, 205), le cui iscrizioni latine esistevano dimque fin d'allora. Cf. Manilli Villa Borgh. p. 31. Montelatici Villa Borgh. p. 140. Robert, Pasiphae-Sark. p. 12.

('31) Mus. Brit. MS. Lansdowne n. 720. J. P. Eichter nel Repertor. f. Kunstioiss. III p. 288. Müntz Les antiquites p. 72. P. de Nolhac Rev. arch. 1887 II p. 315. Debbo la notizia summentovata alla gentilezza del eh. E. M. Thompson, direttore del Museo Britannico. Anche le notizie estratte dal eh. Lanciani dal cod. barberin. XXX, 89 (Arch. d. Soc. rom. di storia patria VI, 1883} contengono nulla di nuovo.

(13-) Le vedute FG mostrano la torre attuale ; sul disegno del Buonar- roti V. la nota 106. Non so se Giacomo della Porta sia stato Tarchitetto, v. Baglione Vite de' pittori p. 77 e seg.

("3) Forcella I n. 71 S. P. Q. R. Signum Mineroae de parietinis urhis erutum et in Capitolium Paulo III Pon. Max. translatum (cf. la nota 92)

44 MICHAELIS

favolosi uiinzi della vittoria regillense, ristaiirati poco felicemente dopo venti anni d'aspettativa dal Valsoldo, furoDO drizzati nel 1583 da Giacomo della Porta suUe loro basi, poste non attraverso, come nel disegno di Michelangelo, ma nella direzione della salita C^'*). L'anno segiiente nn posto Aicino sulla balaustrata si assagnö ad ima Colon na migliaria, ritrovata come si dice al primo mi- glio della via Appia, che ricevette per base ima lapida onoraria giä posta ad Adriauo (^=^'''); e per compiere quella decorazione della balaustrata, seguirono nel 1590, SLvtl V auctoritate, i belli trofei creduti di Mario, i qnali, collocati nel castello dell'acqiia Marcia vi- cino a S. Eusebio, erano stati imo de' monumenti celebrati nelle tradizioni dei tempi bassi C^'^'). Ora dunqiie anche il colle esqui- lino dovette spogliarsi dei siioi monumenti per ornare la facciata del Campidoglio. Lo stesso pontefice fece fare la fontana colla gran couca dinnanzi alla scala del palazzo senatorio, conduceudovi in

in illustr ior e are ae lo c o (cf. la nota 157) Gregono XII [ Pont. Max. posuit ac restituit. Franzini f. e 8 dice Minervae sißnum in a er e a Capitol, mentre le alfre statue capitnline si dicono collocate in Capitolio o sia in pallatio Capitolino. La veduta F (1588) mostra il nicchione ornato di una statua, mentre in DE esso e ancora vuoto, e Vasari (1568) parla ancora del Giove.

('") Forcella In 78 ; cf. la nota 96. Baglione 1. cit. p. 78. Mori I Piazza 3. 4. Righ. 388. 389. Clar. V, 812, 2044. 2045. Non so a quäl ristauro spetti riscrizione Forcella n. 105.

C^^) C. I. L. X, 6812. 6813 e VI, 967«. Forcella I n. 81. 82. Eame di Nicülao van Aelst (pr. Lafreri). Vaccar. Ornamenti (1600) tav. 23 («hoggi posa sulle Scale del Campidoglio jj). Mori I Piazza 2. Righ. 390. Che la colonna sia btata scoperta sulla via Appia presse la porta S. Sehastiano, viene asserito non ]trima del secolo XVII estr., vale a dire dalla iscrizione de' conservatori, dal Fabretti (de aquis. 1680 c. 48), dall'Olstenio (oetus pictura Nympheum referens p. 8 = Graev. thesaur. IV p. 1805). II Dessau {Bull. delVIst. 1882 p. 121 sgg.) quindi ritiene per vera la notizia del Vacca n. 67, (col quäle concorda il con- temporaneo Ligorio) la colonna essere stata trovata « in opera " alle radici del Tarpeo verso il tealro di Marcello. Se questa poi sia identica coll'esemplare copiato sin dal Quattrocento nella casa Massimi. poi nel giardino di Angelo Colocci, e difficile a decidere. V. Mommsen C. I. L. X add. p. 991.

(»««) Forcella I n. 90 {illustri loco statuenda). Cf. Bull. d. Ist. 1888 p. 266 n. 27. 1889 p. 230. Due rami nella raccolta del Lafreri, Caval. I. II, 99. 100 e Vaccar. 3. 4 danno i trofei come ancora esistenti in via Exqui- Vna (cf. Ponato Roma p. 205 ed. Amst. 1695) ; nel Campidoglio : Mori I Piazza 5. 6. Righ. 387.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA 45

abbondanza l'acqiia Feiice da liii riallacciata nel 1587 ('^''). Fii an- cora Giacomo della Porta qiiello che condusse qiiesti lavori, mentre disgraziatamente nella medesima epoca Giacomo del Diica, allora architetto del popolo lomano, rifacendo il soffitto della gran sala de' conservatori, ebbe il cattivo giisto di guastav la facciata di Michelangelo coiriiitrodurvi quella grando finestra di bizzarra in- veuzione C-^^). Fa poi parte del riordinamento di tutta la piazza anche la rimozione da] suolo, ove giaceva da alcuni decennii, della gugiia di Araceli, che nel 1582 dal comune fu vendiita a Ciriaco Mattei per coUocarla nel prato della sua nuova villa celimon- tana ('^")- Nell'istesso anno nella via della rupe tarpea, nuovamente oostruita, si aperse una titrada diretta dalla Consolazione al Monte Caprino (i^").

Altri cambiamenti rigiiardavano la collezione del palazzo dei conservatori. Corrispondeva aftatto al carattere di essa il dono fabtole nel 1576 dal papa Gregorio, giä rinomato giureconsulto. della celebre lex regia di Vespasiano, conservata sino dai tempi di Cola nella basilica lateranense (•^'). Tutti i bronzi, dal dono dei quali un secolo fa il museo aveva preso la sua origine, ora fiu'ono riuniti in una sola stanza nuovamente addobbata, e l'Ercole ebbe una nuova base piii bella (1578) ('''-); onore che otto anni piü tardi sembra esser toccato anche alla veuerabile lupa C"*^). In questo anno 1586 anche i fasti giä donati dal cardinale Ales- sandro Farnese (p. 32) ricevettero un posto piü deceute nella stanza superiore che da essi prese il norae ('^^). I monumenti sto-

(*") Baglione Vite de' pittori p 34. 35. 78. Una fcmtana di dimensioni minori si trova giä nel progetto di Michelangelo (v. la nuta 106).

("«) Baglione 1. cit. p. 78 e 52.

('5") Ee Bull, comun. 1882 p. 112. Barne di Nie. van Aelst del 1589 (pr. Lafreri). Vaccar. Ornamenti tav. 8. Falda Giardini di Roma tav. 17. Cf. le note 4 e 88.

(i4oj \i-cii_ (j goc. rem. di storia patria VI p. 451.

('^') Forcella I n. 72. C. I. L. VI, 930.

("^) Forcella I n. 70 {coactis in unum aeneis monumentis). C. I. L. VI, 328. Questo nuovo collocamento delF Ercole ebbe luogo quando Nicola Audebert (v. la nota 131) stava a Roma, giacche in mia lettera, che si irova alla fine del suo itinerario, egli scrive che l'Ercole est encor la par terre couche jusques ä ce que une sale soit achevee, au bout de laquelic Ion le mettra.

(•") Forcella I n. 87.

('") Forcella I n. 88.

46 MICHAELIS

rici si arncohirono di alcimi busti colossali di imperatori (1583) e di im busto di Scipione Africano (1592) C^^). ^[ im Interesse auche mao-giore fii creduta la statiia colossale di paragone, trovata poco prima suirAventino e comprata per 1000 ducati dal monsignor Massimi. nella quäle allora si ravvisava l'eroe Aventino, tiglio di Ercöle di stirpe latina, in etä fauciullesca ('-"'). Forse so- praggiimsero in qiiest'epoca, o poco prima, eziandio due pezzi di fregio ornato di oggetti navali, che giä avevano deco- rato la basilica di San Lorenzo ia afjro Veraao ('''"). Nel 1590 poi il palazzo pote vantarsi di un'accessione bella ed importante, coUocandosi nel prospetto del cortile lo stupendo sarcofago sco- perto poco prima al Monte del Grano, siü copercbio del quole si credeva riconoscere le figm-e di Alessandro Severo e di Giiilia Mammea, mentre i rilievi fiirono riferiti al ratto delle Sabine: rappresentanze che doyevano esser riputate assai conve- nevoli a quel luogo {^^^).

Poirebba darsi che questo nuovo ornamento conferito al cor- tile fosse stato cagione di im altro cambiamento. Imperocche quasi nello istesso tempo, pochi anni prima del 1594 al dir del Vacca, un li pezzo d'historia " fu tolto dalla piazza Sciarra, ove era stato « sopra a terra in opera " , e murato « nel piano delle scale che saliscono la scala di Campidoglio ". Bene a ragione si e rico- nosciuto in qiiesta scultura quel rilievo in ciii la Yirtii (cosid. Roma) porge il globo a Marco Aurelio (}^'^)\ il quäle trovan-

C^äj Forcella I n. 77 (Traiano ed Antonino Pio. Righ. 218). 79. 94 (Righ. 258. Visconti iconogr. vom. I tav. 3, 1-3. p. 76 Mil. Bernoulli röm. Ikonogr. 1 tav. 3).

C«) Forcella I n. 92. Vacca n. 91. Caval. III. IV, 40. Maffei 19. Mus. Cap. III, 26. Righ. 59. Clarac V, 781, 1956.

('*') Heemskerck (f. 21. 53) li disegno a S. Lorenzo. Nella raccolta del Lafreri havvene un rame, Claudii Duchetti formis (cioe fra 1578 e 1590), che conosce il fregio hodie in Capitolio intra Ccnservatorum palatium. Mus. Capit. IV, 34. Righ. 336. 337.

("*) Forcella I n. 91. Vacca n. 36 ("in inezzo del cortile")- Robert Sarkophag- Reliefs II tav. 14. 15. p. 35. II disegno piii antico se ne trova nel codice di Wind.sor XII (XVIII) f. 83 « Campidoglio « 85.

C") Vacca n. 28. P. S. Bartoli Admir.' Z^--^"" Q. Rossini Archi 49, 1. Righ. 164. Cf. Shakspere Wood Bull. d. Inst. 1873 p. 6. Lanciani Bull, comun. 1878 p. 16. Petersen Bull. d. Ist. 1S90 p. 75.

LA COLI.EZIONE CAIMT'iMNA DI ANTICHITA ' 47

dosi in qiiel pianerottolo me.-^so accanto ai tre rilievi siniili prove- nienti da S. Martina, facilmente ci fa nascere la congetUira che anche questi rilievi allora abbiauo cambiato il loro posto nel cortile con qiiello sul pianerottolo. Ne parra inverosimile che in questa occa- sione anche qiiel rilievo simile, di ciii ragionammo piii sopra (p, 21), sia passato, direttamente ovvero indirettaraente, nel possesso di Scipione Caffarelli, al pari del rilievo vaticano di Zeto (p. 42) e forse di certe lapidi ('^ü«); e che 11 sarcofago dalle Stagioni sia migrato dal cortile nella camera della lupa ('■^'*). Finalmente in quell'occasione sai'ä stata collocata nel ripiano una statua togata di Adriano, trovata vicino a S. Stefano rotondo e comprata dal popolo romano (>'•').

Oltre ai monumenti per cosi dire storici finora annoverati, ricordiaraoci di quel grande incremento di statiie vaticane toccate in Sorte al Campidoglio, come abbiamo esposto piü sopra, sotto Gregorio XIII e sotto Sisto V (1588), per il qnale, considerando la soverchia quantitä di scnlture di im Interesse prettamente arti- stico, la -collezione capitolina corse pericolo di perdere il sno carat- tere originario. Ne mancavano alcime altre statue di simile carat- tere, come p. es. la statuetta dinn pescatorello sedente, trovata nella valle vaticana (••^-'), im cosidetto Marte ed iin Sa- tiro('''^), dei quali almeno non trovo fatta menzione anteriormente, e che non posso nemmeno dire dove siano rimasti, a meno che i due

('■*'") V. Telenco delle lapidi seguate di uii asterisco nella n. 48, che non vengono piü menzionate sin dal 1600 incirca, senza perö che si possa dire con certezza, dove siano passate. Come mi avverte il ch Hülsen, il rilievo di Milra, mentovato dal Vacca (n. 19) e pubblicato dal Franzini e da altri sotto il nome di « Agricoltura ", fu trasportato nel 1606 dal spclaeum Capitolinum suUa piazza, per essere piü tardi donato ai Borghese.

('50) V. la nota 130.

('ä') Vacca n. 88 " hora stä in opera alle scale al primo piano per andare sopra la sala del Conseglio publico". Mus. Cap. III, 55. Mori I Atrio 30. Montagn. 22. Eigh. 116. Clarac V, 945, 2422.

{'^^] Eame del 1567 presso Lafreri coH'iscrizione Pueri piscantis e Pario marmore ... simularhrum Romae in valle Vaticana inveiitum. Vaccar. (1581) tav. 39 {in CapitoUo). Caval. III. IV, 60 [Repert. in Vatic).

('5^j Caval. III. IV, 32. 84. Col Marte puo paragonarsi quelle pubblicato dal Paciaudi Mon. Pelop. I frontisp. ; il Satiro potrebbe essere un Bacco mal ristaurato.

48 MICHAELIS

Ultimi non siano montati ad ornare il tetto di iino dei palazzi capitoliui.

Nel 1592 demente YIII, della famiglia Aldobrandina, sali alla sede apostolica, annoverando le opere del qiiale il Baglione vauta che « fii sotto lui abbellita la facciata di mezzo del palazzo di Campidoglio, dove sono le scale, ed e tutta adorna ^ C^^). Quäle sia stato questo abbellimento, lo dimostra un confronto delle due Vedute F e G, cou cui si prova ad evidenza, che fra gli anni 1588 e .1600 fu iutrodotto un cambiamento totale nell'aspetto della fac- ciata. Fu dunque demente YIII che, coll'opera del giovane architetto Girolamo Rainaldi {^''■'), condusse a termino il progetto di Michelangelo, allargando le finestre meschine del primo piano (disgraziatameute quelle del piano superiore non furono eseguite conforme al progetto), rimovendo il balcone del piano superiore, introducendo i pilastroni che abbracciano i due piani, mettendo il cornicione in luogo dei merli medievali, coronando l'edifizio della balaustrata ornata di statue, insomma assicurando all'edifizio quel carattere di semplice grandezza cli^ corrisponde all'inge'gno del gran Fiorentino. E invero ben meritato 11 posto cospicuo assegnato airiscrizione che fu posta nel 1598 al disopra della porta prin- cipale per celebrare i molteplici meriti di demente ('^fi). A quell" abbellimento si deve anche il fatto che nel 1593 il posto centrale fra i due fiumi, sin dal tempo di Gregorio XIII occupato dalla Minerva colossale, fu dato ad una statua sedente di portido, la quäle, beuche rappreseutasse senz'altro una Minerva, fu battez- zata sul nome di Roma, ed essendo troppo piccola per quella gran nicchia, fu collocata sopra un cumulo di spoglie militari, onde fu chiamata volgarmente la Roma trionfante C^").

{''*) Vite de'pittori, Napoli 1733, p. 58. Cf. Donato Borna IV c. 11 (ed. Amst. 1695, p. 338) Clemens dealbalam senatoriae domus frontem antis capituUsque Corinthiis et suprema coro/ia slgnisque superpositis ornavit.

(•") Passeri Vite de' pittori, Roma 1772, p. 272.

('«") Forcella I n. 101.

(•") Forcella I n. 96 (m area Capitolina ad fontem) S. P. Q. R. Vrlis Romae simulacrum publica pecunia redemptum in Capitolium transtuUt. atq. loco illus'.riore collocatum ecc. Qui non si dice niente dell'essere trovata la statua nel tempio dorico di Cori, opinione volgarmente adottata dai moderni (p. es. Nibby Analisi della carta I, 512. Platner Beschr. d. St. Born III, 1, 104 ecc). E evidentemente falsa l'asserzione del Montagnani I, 11, essere stata

LA COLLEZIONE CAP:T0LIN.V DI ANTICIKTA 49

Un'altra opera di Clemeute VIII viene iudicata dal Baglione con queste parole: « E fece fare i fondamenti per l'altra parte del palazzo verso Araceli, e ne fu Tarchitetto Girolarao Einaldi [rhzi Raiualdi] Romano, e lo voleva edificare conforiiie a quelle che rincontro si vede di Michelagnolo Buonarroti, in qiiel sito dov'e posta la fontana di Marforio con belli adornamenti fatti da Giacorao della Porta " , Le vedute U E niostrauo in quel luogo un muro piiittosto alto con iina nicchia nel mezzo, in cui vedesi ima base; in D il gruppo del leone sta snl suolo, vicino alla nicchia. Facilmente dunqiie si capisce perche qiiesto grnppo fosse allora (1594) tolto da quel posto e trasportato nel palazzo dei conservatori (^^''^), ove l'anno seguente una statua di Costan- tino, senz'altro quella delle scale conducenti a Monte Caprino. venne a tenergli compagnia C^-^). Perö della « fabbrica nuova del popolo romano " allora non si gettavano che i soll fondamenti, e fu eseguito soltanto, ancora secondo il disegno di Giacorao della Porta, im arco ornato di appropriata architettura, per servire di fondo ad una nuova fontana, anch'essa nutrita dalVacqua Felice. Questa indicazione del futuro palazzo fu finita nel 1595. (i*^'^), e ne formo

scoperta la statua sotto Iiinocenzo X in una camera riccamente ornata delle Terme di Tito ; forse havvi una confusione colla celebre pittura di Roma tro- vata nel 1755 in circostanze simili {Arch. Zeit 1885 p. 24). La «Roma" e pubblicata pr. Perrier 55. Mori I Piazza 10. Montagn. 4. Righ. 387. Clarac IV, 768, 1904.

('58) Forcella I n. 100 in ]ialatio Conservatorum ad leonem eqiium dila- niantem. Allora sarä fatto il ristauro da taluni erroneamente attribuito a Michelangelo. Non so a quäle statua si riferisca V iscrizione n. 98, anch'essa colla data del 1594.

('■59) Forcella I n. 102. Siccome il eh. De Rossi (Bull, comun. 1887 p. 63) ha dimostrato che Tuna statua di Costantino Auguste sia rimasta al posto originale fino alFanno 1644 (Porcella I n. 915) ne fu tolta nel 1653 , la sopradetta iscrizione si riferirä a quella terza statua di Costantino che circa 50 anni prima era stata trasportata sulle scale di Monte Caprino (v. p. 31). II 7 novembre di quel medesimo anno 1644 Evelyn vide nel cortile del palazzo de' conservatori the statue of Constcuitine o/i a fountaine {Diary sotto quella data), ed il Pinarolo, L'antichitä di Roma, 1713, p. 50 e 57, fa menzione tanto dei due Costantini alla balaustrata quanto delFuno nel palazzo de' conservatori.

('«") Questo monumento e pubblicato pr. Vaccar. Ornamenti tav. 15, e serve di frontispizio al volume secondo delle Lisiij/iiores staluarum urbis Rornae icones di G. D. de Rubels, 1645, coli' iscrizione spartita sopra due

4

50 MICHAELIS

il piü cöspicuo oroamento im'altra di quelle statue intimamente concfiimta colla storia medievale di Roma, il cosidetto Marforio. Dopo aver giaciiito per tanti secoli vicino al foro ed all'arco di Setti- mio Severo, la statiia era destinata ad oniare la foütana di piazza Xavona, ma a metä della via fu rivoltata e portata in Campidoglio, <• dove ogtri dice il Yacca nel novembre del 1594 la fanuo servire per fiume alla fönte sopra la piazza " ("■'). Aldissopra del Marforio, dinnanzi ad im tondo o sia medaglione, fu posta quella testa colossale di marmo comunemente attribuita a Commodo, da altri aH'Apolliue luculliano, che sin da un secolo giaceva nel cortile del palazzo de' conservatori (^^'2). II suo compagno, lagran testa di bronzo, sembra aver cambiato circa l'istesso tempo il suo posto tradizionale sotto il portico esteriore di quel palazzo cou un posto piü protetto nel cortile, forse in connessione con quel riordinamento del cortile stesso, di cui parlammo poc'anzi (p. 46) (^''3). Ed in una delle stanze superiori fu collocato un busto curioso, creduto di L. Cornelio pretore (^*'^), il quäle essendo stato trovato poco prima a Tivoli assieme con ima tavola di bronzo conteuente una iscrizione di Interesse storico, e poco dopo capitato uelle mani di Fulvio Orsini, questi legö nel 1600 ambedue quei monumenti al popolo romano. Ma una cattiva sorte toc- a cotal legato. Poicbe cioe la tavola non fu mai consegnata

tavole Clementis VIII ^oo.max. fontem aquae Faelicis e publice comoditate 3IDLXXXXV. E evidente che la seconda iscrizione e un estratto di quella pr. Forcella I n. 103. Una veduta della fabbrica quäle era nel 1600, esiste nel ranie ff, nonclie presso Marcucci (nota 3). Del resto cf. Donati Borna IV c. 11 (Amst. 1695, p. 338) vix paululum extare a solo coei^rant (aedes), cum ab opere cessatum est.

(»«!) Yacca n. 70. Mus. Cap. III, 1. Mori I Cortile 1. Montagn. 7. Righ. 41. Clarac IV, 745, 1801.

{"■-) Vaccar. Ornamenti (1600) tav. 15. Evelyn 1. cit. (1644). Roma anlica, 1668 p. 552. 1087 p. 109.

(■") Presso Franzini (1589) d 16 (Roma ant. 1663 p. 556. 1687 p. 113) la testa si trova a,\icora. in aerea CapitoUna , alla traslocazione spetta l'iscri- zione senza data pr. Forcella In. 106 (aerei colossi fragmentum ... antiquae Romanorum magni/icentiae indagatoribus restitutum), veduta dal Valesio (m. 1676) in quel cortile sotto la testa.

/") Gallaeus Illustrium imagines tav. 48. Visconti iconogr. rom. I av. 4, 6.

LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA 51

ai conservatori, anzi piü tardi la troviamo nel possesso dei Barbe- rini, quindi fin dal 1790 se ne perdette ogni traccia; il biisto per- Yenue bensi al Campidoglio ed ebbe il suo posto nella camera contigiia alla cappella, ma claudestinamente scomparse sul priii- cipio del secolo scorso, e cadde, circa il 1716, nelle mani dell'ar- chitetto inglese Giiglielmo Keiit, agente di Tommaso Coke, l'edi- tore ^^\Y PJlruria rcjalls del Dempster. Coke (piü tardi Lord Lei- cester), comprato il biisto, lo trasportö nel suo palazzo di Holkham Hall, ove scomparse di nuovo e non fii scoperto e riconoscinto che poclii auni fa, mentre nel Campidoglio il posto vacante sembra essere stato riempito temporaneamente con uu altro busto qiialifi- cato come L. Coruelio pretore, ora scomparso anch'esso ('ß^).

VII. Il PAL/izzo de" Conservatori ed il nuovo palazzo.

II secolo decimosettimo fii altrettanto infruttuoso riguardo l'ingraudimento della collezione capitolina, quanto il precedente ne era stato fecondo. Ne qiiesto puö recar maraviglia qiiando si pensi alla limga serie di ricclii miisei privati formati dai nipoti ed altri parenti dei pontefici, dagli Aldobrandini, Borghese, Lu- dovisi, Barberini, Pamfili ecc, e da tanti altri insigni personaggi. Gli interessi privati fiirono d' iuciampo allo sviluppo della col- lezione pubblica. Cosi avvenne che per quasi un mezzo secolo non si tratta che di traslocazioni di statne ovvero di nuove basi e simili bagattelle, che perö non di rado vengono celebrate nello Stile pomposo ed insipido del secolo; il quarto decennio, tempo di Urbano VIII, fu ricco a preferenza di tali prodezze ('^e). E cosa rara che in quell' epoca di ristagno un rilievo nuova-

(i«s) Cf. C. I. L. XIV, 3584. Michaelis Anc. Marlies in Great Britain p. 58. 318 e XXIII. Eossini Mercurio errante (1739) p. 13.

(>«") Vedi p. es. Forcella I n. 125. 127. 130. Nuove basi si preparavano p. es. per lo spinario 1609 (Forc. n. 111) ed il Camillo 1641 (n. 140), per i frammenti del colosso di marmo nel cortile 1635 e 1636 (n. 127. 132), per il creduto Cicerone 1635 (n. 128), il Mario 1653 (n. 151), il Polifemo chiamato Pan 1636 (n. 131), per tre statue sedenti 1639 (n. 135 ; Righ. 231. 232. 241 ?), per due Muse (n. 12 e 47 deH'inventario del Boccapaduli, Eigh. 209. 210) che furono collocate alle scale 1639 (n. 138). II cippo di Agrippina fu pulito 1635 0 16.36 (n. 130).

52 MICHAELIS

mente dissotterrato ("^')' oppiire qualche busto d'imperatore C^^) veno-a ad arricchire la coUezione. In quäl maniera le statue e le teste, segnatamente quelle di provenieuza vaticaua, siauo state disposte allora uel cortile, nelle gallerie e uelle diverse stanze del piano superiore. ce lo mostra la descrizione piuttosto particola- reggiata dell'inglese John Evelyn, che visitö il Campidoglio il 7 di^novembre del 1644 (le^).

Due mesi prima Innocenzo X di casa Pamfili era stato eletto papa. Uno dei primi fatti del suo reguo fu la risoluzione di rias- sumere quella « fabbrica nuova » principiata un mezzo secolo fa da demente YIII, risoluzione accolta con tanta soddisfazione dai conservatori, che giä in quell'istesso anno eressero al papa una statua, mettendo provvisoriamente il ritratto di Innocenzo sulla statua di Paolo IV, giä rovesciata e decapitata dal popolo furi- bondo C''^). Senza spendere un quattiino dell'erario pontificio, anzi levando le provvisioni e gli emolumenti a diversi offlziali, fece co- struire dal summentovato architetto Girolamo Rainaldi, allora ot- tuagenario, il nuovo palazzo, che era quasi linito nel marzo del 1650, quando il papa per la prima volta lo visitö, e fu condotto a termine nel 1654 o poco dopo ('-''). Nell'anno precedente i due Costantini erano scesi dalle scale laterali di Araceli per pren- dere un posto piü onorevole accanto ai trofei di Mario sulla gran

0*") Forcella I n. 124. Non saprei dire di quäl rilievo si tratti.

(i68j Forcella I u. 136: busti di Agrippina e di M. Aurelio nella staiiza della lupa.

("") Evelyn Diary sotto quella data.

('"") Ameyden presso Justi Velazquez II p. 194 n. 3. Forcella I n. 142 colla doppia data del 1644 e del 1649, anno nel quäle probabilmente la sta- tua del Bernini venne a rimpiazzare quella provvisoria. Sulla rivoluzione del 1559 si veda il raeconto del Boissard I p. 48.

0") Cancellieri Mercato p. 53 n. 1. Passeri Vite de' pittori p. 272. For- cella I n. 152. Justi 1. cit. L'anno seguente mcrirono si il papa e si Tarchi- tetto. Xella descrizione del Museo Capitolino, pubblicata nel 1750, a p. 22 si fa menzione di « una grande iscrizione fatta dal Popolo Romano ad Ales- sandro VII per aver'esso terminata sopra il disegno giä fatto da MichePAngiolo la fabbrica di questa parte del Campidoglio " . L' iscrizione che allora si trovö nella stanza del vaso (ora del Gallo morente) non fu conosciuta dal Forcella, ne si h potuta ritrovare dal Petersen. Pare dunque, che il papa Innocenzo abbia lasciato al suo successore tanto a fare che a questo se ne potesse dare Ponore.

LA COLLEZIONE CAPITOI.INA DI ANTICHITA 53

balaustrata dell'area capitoliua ('"-). Cosi la piazza poteva sem- brare delinitivamente terminata, ne riinase altro che riempire il Duovo palazzo di monumenti degoi di esso Q''^).

Non mancavano aifatto nuovi acqiiisti. La demolizione del cosidetto arco di Por togall o, nel 1662, arricchi la nuova fab- brica di diie splendidi rilievi, che trovavano il loro posto siiUe scale del palazzo ('"^). L'anno seguente, avendo papa Alessandro YII poco prima fatto ristaurare la piramide di Gestio, due piedistalli cou iscrizioni, giä collocati dinuanzi alla facciata, ed im piede di brouzo impiombato in imo di essi, fiirono deposti nel corridoio in- feriore C'^). AI tempo del medesimo papa (1655-67) un altro scavo

(1") Forcella I n. 150. Cf. la nota 159. Circa questo tempo il sarcofago mentovato nella nota 56 sarä stato tolto dal Campidoglio e trasportato alla villa Pamfili.

(1") Nel 1655 la facciata laterale del palazzo senatorio contigua alla salita di Marforio fu adoruata con cpella composizione bizarra di frammenti antichi che anch'oggi vi si vede, dono del cavaliere Franc. Gualdo di Päraini. Ne debbo una notizia piü precisa ad una lettera del fu Urlichs del 1887, gen- tilmente messa a mia disposizione dal suo figlio, il sig. dott. H. L. Ürlichs. In cima vi si trova collocato un cosidetto busto di Scipione (Matz-Duhn n. 3613); al disotto in tre quadri, posti l'uno accanto alFaltro, una testa delFAfrica (n. 3624), una Pallade di stile pseudarcaico (n. 3641), una testa feraminile coperta di cuffia reticolare, forse il frammento di un rilievo sepolcrale attico (n. 4038) ; al disotto della Pallade una testa in rilievo di arte assiria (n. 4001). Le tre iscrizioni che si trovano ai due lati della testa assiria ed al disotto di tutta la composizione, si vedano presso Forcella I, 154.

("•') Yengono giä mentovati al nuovo posto nella "Nota delli musei, librerie ecc. diKoma", Roma 1664 (appendice alla « Relatione della Corte di Roma" di Girol. Lunadoro), p. 15, e nella prima edizione delle Admiranda di Pietro Sante Bartoli, pubblicata prima del 1667, tav. 36. 37. Cf. Mori I Scala 3. 4. Righ. 169. 170. L'iscrizione Forcella I n. 181 farebbe supporre che i rilievi fin dal 1684 siano stati trasportati al loro posto attuale .nel piano superiore del palazzo de' conservatori, ma il trasporto non ebbe luogo prima del nostro secolo. L'asserzione del Righetti, che i due rilievi con le Vittorie (Righ. 266. 267) provengano dal medesimo arco, non puu essere esatta, giaccbe le immagini delParco (p. es. pr. Donato Roma, 1695, p. 243) dimostrano che non vi erano tali rilievi.

('") p. s. Bartoli Sepolcri tav. 63. C. I. L. VI, 1375. Rossini Mercurio errante, 6. ed., 1739, p. 15. L'iscrizione Forcella I n. 178, riferibile al testa- mento di Cestio, fa supporre che quegli avanzi entrassero nel museo non prima del 1681 (cf. ivi n. 198). üggi il piede non si trova piü nelle collezioni capitoliiie.

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esegiiito siilla piazza di Pietra diede quattro piedistalli or- nati di figure di pro vincie ('"''). Mentre due ne migrarono nel palazzo Cliigi (Odescalchi), gli altri due furono donati al Cam- pidoglio. ma stranamente, invece di essere lasciati assieme, furono distribuiti fra i due palazzi : l'uno si coUocö nel cortile del palazzo dei couservatori (1672) per servire tosto di base alla gran testa di marmo (ormai detta di Domiziano), che era stata tolta dal suo posto sopra il Marforio (1679) ('"); l'altro venne a teuer compa- guia, nel nuovo palazzo, ai due piedistalli cristiani. La provincia rappresentata sopra di questo fu eliiamata imperii Romani pro- oineia Vngariae ('"^), seu'z'altro con rapporto alla guerra pericolosa che appunto in quegli anui (1679) si combatteva fra l'Ungheria alleata con i Turchi e Timperatore, e che poco depo condusse al- l'assedio di Vienna.

E ben chiaro che questi pochi monumenti non potevano ba- stare per dare al nuovo palazzo udo splendore simile a quello del vecchio. Laonde si capisce che a poco a poco il palazzo de' couser- vatori, il quäle sin dalle donazioui dei marmi vaticani a ra- gione poteva sembrare straricco di sculture, ebbe a cedere alla nuova fabbrica un poco della sua soprabbondanza. Anzi sareb- be stato da desiderare che una successiva partizioue avesse ri- serbato od assegnato al palazzo de' couservatori tutti i monu- menti di carattere storico, e stabileudo nel nuovo palazzo un museo di opere d'arte, nel quäle sarebbero ancora state riunite tutte le statue del teatro vaticano. üisgraziatamente un tale pro- getto non entrö nelle idee dei couservatori di quell' epoca, che non miravano che a riempire in qualche maniera con decorazioni con- facenti i vuoti troppo sensibili del nuovo palazzo; e cosi nacque quell'infelice confusione di sistemi che si fa risentire tino ad og- gidi. La K Nota delli musei r^ del 1664 {^'''^) annovera nel nuovo

(!'«) P. S. Bartüli pr. Fea Miscell. I p. 242. 256. Cf. Lanciani Bull, comun. 1878 p. 21 e seg. Matz-Duhn n. 3623.

('") Canina Elruria maritt. tav. 3, 8. Forcella I n. 167. La testa sarä tornata al palazzo de' conservatori neH'occasione di un ristauro della fontana del Marforio eseguito nel 1679 (Forc. n. 174).

('•") Forcella I ii. 173. Mori I Atrio 16. Eigli. 113. Canina 1. cit. tav. 3, 9. Cf. Albi-ri Relazioni IV p. 285. Forcella n. 180.

(•'«) Cf. la nota 174.

LA C0LLE7I0NE CAPITOIJNA DI ANTICHITA 55

palazzo non solaraente qnel ßoimuig di « Aventino « e la creduta Agrippina sedente con Nerone fanciullo C^"), ma anche uii moim- niento storico-politico per eccellenza, quäle era la legge regia. Ab- biaiiio poi dalle iscrizioni, che nel 1680 la Giiinoue Laniivina e la Piidicizia furono collocate nelle scale, nel 1081 TAbbondauza e rimmortalita nel piano inferiore, nel 1687 il Giove col folgore e l'Adriano togato nel corridoio di sotto, nel 1717 il Bacco e 1" Apollo nella gran sala("^'). Le descrizioni quasi conformi del Rossini (1693), del Pinarolo (1703), del Keyssler (1730) ('^-), mostrano che anche molte altre statue erano passate dal palazzo de' conservatori alle stanze del piano superiore del nuovo palazzo, p. es. il Polifemo ( « Pan " ) e 1' Augusto sedente ( « Marcello " ), la Minerva ed una Diana, la vecchierella, ora alzata al rango di iina « Sibilla che stä in atto di contemplar gli astri ", il Mario, il Costantino ed alcnne altre statue {'^^'^).

Prima di lasciare il secolo XVII, voglio brevemente mento- vare che la costruzione della salita presso la via delle tre pile, diede occasione nel 1692 ad una collocazione piü degna della co- lonna migliaria, alla quäle si diede una compagna moderna con palla dorata, in cui si credevano deposte le ceneri di Traiauo ('^^).

(^^ö) Righ. 59. 185.

("•) Forcella I n. 176. 179. 182. 211. 219. Righ. 163. 252; 208 (241? Mont. 9?). 250 ; 42. 116 ; m. 191. Altre basi furono collocate nel 1695 e 1698 (Forcella I n. 197. 199), senza che io possa dire, a che statue spettino.

(18-) II u Mercurio errante " di P. R o s s i n i da Pcsaro, pubblicato prima in 1693 e spesse volte ripetuto, e stato un po dilatato nelle " Antichitä di Roma « di Giac. P i n a r o 1 o milanese (1703, 3a ed. 1713) ; ambedue i libri hanno servito di base al Keyssler, che visitö Roma nel 1730 {Fortsetzung neuerer Reisen, Hannover 1740).

("3) Eigh. 189. 57 ; Mont. IG. 20 ; Righ. 18. 22. Inoltre vengono nomi- nate due statue di Flora, una di Plotina, una di Adone.

("*) Porcella I n. 190. 192. 193. (A questa nuova collocazione spetta la notizia del Revillas C. /. Z. VI, 967«. X, 6812, la quäle pero, come mi scrive il eh. Hülsen, quanto alla data, non e assolutamente certa). Sarebbe raai la palla della seconda colonna quella che giä era congiunta colla mano del gran colosso di bronzo (v. p. 14. 30), la quäle palla non si trova piii nel palazzo de' conservatori ? II Petersen mi scrive che di fatti al disotto di quella palla si vede un gran buco, simile a quello che si trova nella palma della mano. Sino dal 1848 il migliario moderno cedette il posto ad uno antico, il settimo della via Appia, che dal palazzo Giustiniani vi fu trasportato. Nun so a quäle ristauro si riferisca Forcella I n. 172 (1679).

56 MICHAELIS

Forse nella medesima occasione fu coUocata alla sinistra della cordonata la metä inferiore di ima statua muliebre di porüdo, pregiata per la maestria del panneggiamento. e spiegata im po' arbitrariamente sia per uua Minerva sia per una Roma C^'). L'altra salita, che dal foro conduceva alla via del Campidogliö, non fu fatta che nel 1709 {^^^), e cosi. dopo iin secolo e mezzo, anche r ultima parte del progetto di Michelangelo veune eseguita.

E uno dei titoli d'onore della casa Albani di avere, dopo lunga sospensione, risuscitato il gusto dell' antichitä e di averlo messo a profitto delle collezioni vaticana e capitolina. Per tacere di alcune accessioni minori. come quella di cinque biisti rari e di rara conservazione ritrovati nel ITOl presso Civitä Lavigna. nella supposta Villa di Antonino Pio ('^"), un bellissimo acquisto fu fatto nel 1720 dal papa demente XI. comprando il rimanente delle scultiire della casa e del giardiuo Cesi in Borgo. la piü gran parte delle quali. im secolo fa. era passata nella villa Ludo- yisi (1^^). In fondo al cortile dei conservatori fu costruito uu portico, nel ciii mezzo la Eoma trionfante, assisa sopra base ornata di una provincia (- Dacia-) (^^^), ed accanto a lei due rebarbari prigionieri , di marmo bigio (^^^), fm-ono dispo&ti con lo stesso ordine da essi temito nel giardino Cesi sino dai giorni del cardinale Federigo. fratello del primo fondatore di quel rinomato autiquario ('■"). Questo gruppo, caro a tutti i visi- er*) Mori I Piazza 2. La prima menzione ne trovo fatta dal Keyssler p. 61. Cf. Winckelmann Gesch. d. Kunst 2, 4, 12. 10, 2, 29 colle note del Meyer. Sin dal 1818 e stata trasportata neU'atrio del iluseo,

(186) Forcella I n. 211.

(18") Ficoroni Vestigia I p. 55. Fea Miscell. I p. 120 u. 6. Mus. Cap. n, 37 ? 40. 41. 44. 48. 71. Eigh. 157. 159. 162. 180. 215. Due busti di Sci- pione e di « Ulpio Traiano console » furono donati dal papa nel 1705, v. For- cella In. 205 Rossini Merc. err. (1739j p. 12. [Venutil Koma mod., 1741, p. 9. Cf. inolü-e Forc. n. 171. 175. 204. 206. 208-10.

('««) Schreiber Villa Ludovisi p. 7.

(»') Caval. I. n, 19. Vaccar. 68. Mont. 119. Righ. 154. Clarac IV, 770 E, 1903 A. Una veduta di tutto il portico vedi pr. Montfaucon Antiq. expl, Suppl. I, 72. Forcella I n. 220.

("») Caval. I. n, 20. 21. Vaccar. 71. 72. Mont. 120. 121. Eigh. 155. 184. Clarac V, 852, 2161D. E. Cf. Braschi de tribus Statuts in Capitolio erectis a. MDCCXX. Roma 1724.

(•^') Aldrovandi p. 127. Eame di Ant. Lafreri, 1549. La disposizione ori-

LA COLLEZIONE CAPITOI.INA DI ANTK HITÄ 57

tatori di Roma, e da Domenico de' Kossi scelto per ornare il frou- tispizio della siia n Kaccolta di statue ", ora fatto anclie piü si- gnificativo per il nuovo posto assegnatogli nella casa del popolo romauo, ricevette im Supplemente esotico nelle due statue di To- lommeo Filadelfo ed Arsinoe sotto le sembiauze di divinitä egizie, statiie di granito rosso scoperte nel 1714 nella villa Te- rospi, siü luogo degli antichi orti sallustiani ('■'-). II cosidetto sar- cofago diAlessandro Severo, dovendo cedere il posto a quel gruppo, passö nel palazzo dirimpetto per ornarne l'atrio, ed anclie ivi gli furono date come compagne due statue egizie della mede- sima provenienza, l'una delle quali, di gi-anito nero, raffigurante la madre di Sesostri (Ramse III), rimonta all'epoca piü splendida dell'arte tebana ('^3). Ma il nuovo palazzo anche in altra maniera approtittossi dell'acquisto cesiano, in quanto che si amccM della nobile n Giunone », allora detta Amazzone, la quäle nel cor- tile della casa Cesi aveva occupato il posto centrale ('^^), di un busto dl Soerate C'J^), e, se mal non m'appongo, della Baccante collo scabillo (^^*5) e della Diana succinta (''•"). Cosi il papa

ginale, quäle era al tempo del vecchio cardinale Paolo Emilio, si vcde in un disegno delFHeemskerck f. 25.

('»^) Mus. Cap. III, 86. Mont. 122. 123. Righ. 238. Clarac Y, 985, 2560. Cf. Schreiber Villa Ludovisi p. 18 {e f sono identici con c d). Ficoroni pr. Fea Miscell. I p. 124 n. 15.

['''■') Museo Capitolino (descrizione), 1750, p. 9. 10. Mus. Cap. III, 76. 77. Mont. 10. 24. Righ. 97. 115. Clarac V, 984A, 2547. 2561.

('»*) Aldrovandi p. 123. Caval. I. II, 24. Maffei 129. Mus. Cap. IH, 8. Mont. 74. Righ. 5. Braun Atlas z. Kunstmyth. 27.

C«5) Mus. Cap. I, 14 ? Righ. 23.

(•»«) Mus. Cap. III, 36. Mori I Atrio 10 e Mont. 14 (" collocatavi da' Con- servatori del P. R. n). Righ. 30. Clarac IV, 697, 1642. La provenienza dalla collezione Cesi sembra risultare dall'apparente identitä coUa Semele in aedibus Caesiis pr. Caval. I. II, 26 («Poniona» Aldrovandi p. 135?). Un disegno se ne ha presso Heemskerck f. 33, inciso a rovescio dall' Episcopius paradigm. graph. tav. 36.

('«') Mus. Cap. III, 72. Mori I Atrio 25 (da Tivoli). Mout. 19. Righ. 254. Clarac IV, 572, 1224. La statua, oppure un'altra del tutto siniile, fu disegnala nella collezione Cesi da P. Jacques, v. Melanges d'arch. 1890 tav. 4 p. 183. Aldrovandi p. 130? E vero che nella base della statua capitolina si legge muni- ficentia Benedicti XIV, 1753. Non so di quäle statua di Giovo acquistata da demente XI parli il Justi JVinckelmann II, 1 p. 298.

58 MICHAELIS

aveva assegnato a ciascmia delle diie coUezioni la parte del- Tacquisto piü appropriata al siio carattere speciale ; ed e degno di osseiTazione come, a misiira che crescevano i meriti dei donatori, diventavano piü scarse e piii semplici le iscrizioni commemorative.

Nel deceniiio che passa fra la morte di demente XI e l'av- venimento di demente XII, conforme agli interessi di papa Be- nedetto XIII, subentrö una pausa. Giacche poco vuol dire che nel 1727 i conservatori comprarono dal uoto antiquario Francesco Fi- coroni un vasetto di bronzo foggiato in guisa di im busto di Iside, scoperto negli orti salhistiani ('^^), nonche due anatre di bronzo ad uso di fönte, trovate snl raonte Celio, le quali essende battezzate per oche dovevano servire a peii)etuare la memoria delle famose oche che giä salvarono il Campidoglio, e diedero il nome di « stanza delle oche " a quella stanza dove allora il ma- gistrato dava iidienza C^-^).

La brama di demente XI di assicurare a Roma il possesso delle piü belle scultm-e antiche avidamente desiderate da ric- chi forest] eri, si ridestö con vigore in demente XII, di casa Corsini, oppure nel siio nipote, il cardinal Neri Corsini. II ristauro dell'arco di Costantino ordinato dal papa circa 111731 arricchi la collezione di mi frammento di uno dei barbari prigionieri(-o^^). Molto piü importante fu l'acquisto della copiosa raccolta di busti di imperatori e di « filosofi ", tiitti battezzati con mirabile fiducia, che il piü zelante raccoglitore di antichitä, il giovane car- dinale Alessandro Albani, costretto da ima delle siie strettezze eco- nomiche, vendette al papa per 66,000 scndi (-"0- E noto che qnesta raccolta forma il nucleo dell'incomparabile collezione capitolina di busti. Due preziose colonne di verde antico, tratte fiiori dall'in- terno dei tabulario capitolino e collocate nella stanza de'capitani {-^-), nonche le 187 iscrizioni dei cosidetto colombario dei liberti di Li via, scoperto nel 1726, che vennero a decorare la gal-

(>"«) Forcella I n. 223. Ficoroni Vestigia I p. 48.

(>**) Ficoruni 1. cit. Kej'ssler II p. 75.

(2«») Forcella In. 233. Moril Atrio 17. Intr.rno al tempo cf. ivi n. 231. Valesio pr. Schreiber Berichte d. sächs. Ges. 1885 p. 9 n. 15.

(201) [Venuti] Roma mod., 1741, p. 9. Un encomio poetico v. presso Justi Winckelmann II, 1 p. 303.

i:"^) Forcella I n. 224 (1727).

LA COI.LEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITÄ 59

leria del niiovo palazzo {~^^), e finalmente la 1)ella statiia di A n - tinoo ritrovata nella villa adriana (2'^'*), formavano imo splendido coroUario dei biisti, offerto in dono dal cardinale, il quäle aüche piü tardi, a varie riprese, si conduceva ora da liberale fautore ora da abile provveditore del museo (-'^^). Un altro benefattore fn il vecchio cardiuale Pietro Ottoboni, dal quäle provenivano, parte in dono parte per via di acquisto, quattro statue pregevoli, la Diana In elf er a e la douna mezzo ignuda chiamata o Marciana o Plotina 0 Giulia di Tito (^'^ß), la cosidetta Igia di stile greco e la vecchierella ubbriaca che abbraccia la sua anfora (-'^"). Questi eseinpi bastino per mostrare con quäle lena demente XII adoperö i primi anni del suo regno per raccogliere i materiali del suo Museo, il quäle, assegnando al nuovo palazzo la sua de- stinazione definitiva, fu inaugurato nel 1734 (^o^). Sotto l'intelli-

C'"^) G. I. L. VI, 2 p. 877. Gori monum. libert. Lioiae p. XX. Ghezzi Camere sepolcrali tav. 10. Arroge il calendario di Porto d'Anzio C. I. L. I p. 327. Cf. Ficoroni pr. Fea Miscell. I p. 133.

(2«*) Mus. Cap. III, 56. Mori II Ercole 4. Mont. 44. Eigli. 3. Clarac V,

947, 2426.

(«»ä) Albani regalo al Museo il cacciatore (Rigli. 62). nonche i busti di Teone smirneo (Visconti iconogr. cjr. I, 19) e di Pitodoride (Eigh. 127). Inoltre provengono da lui p. es. il gruppo di Amore e Psiche (Kigh. 253), un Apollo (u Tolommeo " Righ. 194), un altro Apollo (Mont. 17), una Minerva (Righ. 43), una Giunone (? Righ. 21), una Diana (Mont. 77), un satiro (Righ. 53 ?), Terma di Omero (Righ. 15), un busto di Settimio Severo (Righ. 224), il pozzo colle dodici divinitä (Righ. 74), il rilievo di Callimaco (M. Cap. IV, 43), il rilievo di Epitincano (Righ. 147, cf. Maffei Racc. p. 170), il sarcofago delle Muse (Righ. 77. 91, cf. Ficoroni pr. Fea Mise. I p. 175 n. 118); secondo il Justi Whickelmann II, 1 p. 303 anche le statue di Giove e di Esculapio di marmo nero, trovate nel 1718 in Porto d'Anzo (M. Cap. III, 3. 28), nonche l'Adrian in sembianza di Marte, trovato a Ceprano (Righ. 46, v. Im neuen Reich 1871,

II p. 131).

(206) Mus. Cap. III, 18, Mont. 98. Righ. 177. Clarac IV, 562, 1204. Mus. Cap. III, 54. Mont. 95. Righ. 175. Queste due statue furono trovate fuori della porta capena e donate dal cardinale (Forcella I n. 228. Rossini p. 17. Ficoroni pr. Fea Miscell. p. 170 n. 110), ma non si sa quando ; Ottoboni mori

nel 1740.

(^0-) Mus. Cap. III, 29. Mont. 83. Righ. 52. Clarac IV, 555, 1177. Maffei Racc. 103. Mus. Cap. III, 37. Mori II Ercole 8. Mont. 47. Righ. 54 La statua era stata prima nel palazzo Verospi.

(208) Forcella I n. 234. Neil' istesso anno i conservatori gli posero V iscri-

0

tjO MICHAELIS

gente soprintendenza del marchese Alessandro Capponi nou poche delle statue tiuora lasciate nel palazzo de' conservatori vennero a riunirsi con le autiche compagne e con moltissimi nuovi moniimeiiti, oud"e che il Museo capitolino, continuato poi da Benedetto XIV e demente XIII, divenne il primo museo piibblico di Roma ed ima delle glorie deH'eterna cittä, che non fu totalmente ecclissata nemmeno dal Museo Pio Clementino.

E qui si chiude questa memoria, la quäle beuche con- sultando gli originali e tauti sussidi impossibili ad ottenersi fuori di Roma, di molte cose poträ essere aumeutata, di alcuue forse corretta poträ almeuo pretendere il modesto merito di avere attinto, per quanto mi fu dato, alle sorgenti piü pure, di aver messo qua e risultati certi ed autentici in luogo di tradizioni A'aghe e di supposizioni arbitrarie, e di aver cercato di ordinäre un rac- conto continuato invece di notizie sparse ed isolate.

Strassburcj,

o

A. Michaelis

zione n. 235, nella quäle, fra altri meriti, si fa menzione dei vetera srgna multo aere comparata in Capitolium invecta.

LA COLLEZIOXE CAPITOLINA DI ANTICHITA 61

I. SINOSSI CRONOLOGICA

1150 Prima menzione certa del palazzo capitolino.

Secolo XIII. Cippi di Agrippina e di Nerone iisati coine misure pubbliche.

1299 Palatium novum CapitoUi. Costruzione della loggia (lovium).

1300 Opus marmoreum aggiunto al palazzo (gruppo del leone?). 1347-1354 Sentenze di morte pronuiiziate nel luogo usato, « nelle scale al

leone ". 1348 Ristauro delle scale del palazzo. 1363 Leo marmoris sulle scale meiitovato nello statuto. 1447-1455 Nicoiao V. Costruzione del palazzo de' conservatori (PC). 1471 Sisto IV (della Rovere). Fondazione della collezione dei bronzi nel PC. 1471-1484 Ercole dell'Ara massima collocato nel PC. 1484-1492 Innocenzo VIII (Cibo). Frammenti di un colosso di marmo

ritrovati presse il tempio della Pace, coli, nel PC. 1485 Corpo di giovinetfa antica esposto nel PC. 0. 1500 (Stanze del Prospettivo milanese.)

Rilievi di niarmo, sareofaghi ecc. nel PC. 1503-1513 Giulio II (della Rovere).

1509 (Albertini, Opusculum de mirabilibus V. R.)

1513-1521 Leone X (Medici).

1513 Costruzione di un teatro sull'area capitolina.

1513 (Andr. Fulvio, Antiquaria Vrbis.)

1513-1527 Nilo e Tigri dal Monte Cavallo trasportati al PC.

1515 Tre rilievi da S. Martina trasportati nel PC.

1521 Riordinamento delle sculture nel PC,

Statua di Pane nel PC.

1523 (Ambasciatori veneti in Roma.)

1527 (Andr. Fulvio, Antiquitates Vrbis.)

1533-1536 (Soggiorno dell'Ueemskerck in Roma.)

1534-1549 Paolo III (Farnese). Statua della Minerva nel PC.

1534 (Marliani, Topograpliia, ed. I.)

1536 (Soggiorno del Fichard in Roma.)

1538 Erezione della statua di Marco Aurelio sull'area capitolina.

Sgombero del piano inferiore del PC, trasporto della lupa e di altri bronzi al piano superiore ; marmi diversi.

1536-1544 Tre Costantini trasp. dal Monte Cavallo sulle scale laterali di

Araceli. 1544 (Marliani, Topograpliia, ed. II.)

1544-1548 Uno de' Costantini trasp. sulle scale di rupe tarpea. 1546 Priucipio della ricostruzione del palazzo capitolino, con disegno di

Michelangelo.

g2 MICHAELIS

1547-1555 (Soggiorno del Pighio in Roma.)

1548 (Faiino, Antich. di Koma, ed. I.)

c. 1548 Fasti capitolini donati da Aless. Farnese, coli, nel cortile del PC.

c. 1549 Compimento delle scale del palazzo; traslocazione dei due fiumi.

1550-1555 Giulio III (del Monte). Portici del Yignola. Eilievo dal Curzio

nel PC. 1550 (Aldrovandi detta le sue statue, pubbl. nel 1556.) 1553 (Fauno, Antich. di Roma, ed. II.)

1555 Prospero Boccapaduli curatore della fabbrica capitolina. 1556-1561 L'obeliscü di Araceli cade sul suolo. (Soggiorno del Boissard in

Roma.) 1559-1566 Pio IV (Medici). Cordonata, leoni egizi trasp. da S. Stefano del

Cacco, balaustrata, torsi dei Dioscuri ritrovati nel Ghetto. 1564 Morte di Michelangelo. Proseguimento della fabbrica capitolina.

1564 Testa di Bruto donata da Rod. Pio da Carpi al PC.

1565 Statue di Cesare e di Augusto, giä Rufini, coli, nel PC. 1565 Iscrizione della colonna rostrata, trov. e trasp. nel PC.

1565 (Gamucci, Deirantichitä di Roma.) 1565-1568 Trasformazione del Tigri in un Tevere.

1566 Pio V (Ghislieri). Dono di 30 statue vaticane al PC. 1566-1570 (Cavalieri, Statuae, libro I.)

1568 La fabbrica capitolina terminata, il PC. rinnovato.

1572-1585 Gregorio XIII (Buoncompagni). Trasporto delle statue del

teatro vaticano al PC. 1572-1578 (Cavalieri, antiq. stat. 1. I e II, ed. I.) 1572-1576 (Soggiorno in Roma di Pierre Jacques, scultore remese.)

1574 (Secondo soggiorno in Roma di Pighio.) 1574-1578 (Viaggio d'Italia di Nicola Audebert di Orleans.)

1575 (Contarino, L'antiquitä di Roma.)

1576 Legge regia dal Laterano trasp. nel PC.

1578 Riordinamento della collezione dei bronzi. 1578-1590 Rilievi da S. Lorenzo fuori le mura trasp. nel PC.

1579 Nuova torre campanaria.

Statua di Minerva collocata sotto le scale del palazzo.

1582 Obelisco capitolino ceduto a Cir. Mattei. Via della rupe tarpea.

1583 Dioscuri eretti in capo alla cordonata. Busti colossali di Traiano e di Antonino Pio nel PC.

1584 Colonna migliaria eretta sulla balaustrata.

1584 (Lor. d. Vaccaria, antiq. stat. icones.) 1585-1590 Sisto V (Peretti di Montalto.)

1585 (Cavalieri, antiq. stat. 1. I e II, ed. IL)

1586 Fasti capitolini coli, nella stanza dei fasti. 1587? Fontana sotto le scale del palazzo.

1588 Statue trasp. dalla scala di Bramante nel Vaticano al PC.

1589 (Franzini, icones stat. a7itiq.)

LA COIXEZIONE CAPITOLINA DI ANTICIUTA 63

1590 Trofei di Mario dairEsquilino irasp. siilla balaustrata dell'area cap.

1590 Sarcofago di Alessandro Severo trov. e trasp. nel PC.

Rilievo di piazza Sciarra trasp. nel PC. Riordinamenfo dei rilievi. Tra- slocazione della testa di bronzo nel cortile del PC.

Statua di Adriano trov. e trasp. nel PC.

1591 Statua di Ercole fanciiillo Aventino ") coli, nel PC.

1592 BiLsto di Scipione coli, nel PC. 1592-1605 Innocenzo X (Aldobrandini.) 1592-1598 Facciata del palazzo terminata.

1593 Roma trionfante coli, sotto le scale del palazzo.

1594 (Cavalieri, antiq. stat. 1. III e IV.)

1594 Gruppo del leone trasp. dall'area nel PC.

1595 Costantino trasp. dalle scale tarpee nel PC.

1595 Fontana del Marforio. Fondamenti del « Nuovo Palazzo ".

1600 Testa di L. Cornelio pretore legata da Fulvio Orsini.

1609-1653 Nuove basi delle sculture nel PC.

1623-1644 Urbano VIII (Barberini). Rilievo nel PC.

1639 Busti di Agrippina e di M. Aurelio nel PC.

1644 (Visita nel Campidoglio di J. Evelyn.)

1644-1655 Innocenzo X (Pamfili). Costruzione del Nuovo Palazzo (NP.)

1653 Due Costantlni trasp. dalle scale di Araceli sulla balaustrata.

1655-1667 Alessandro VII (Chigi). Scavo a piazza di Pietra.

Traslocazioni di sculture dal PC. al NP. 1662 Rilievi dell'arco di Portogallo trasp. nel NP.

1663? 1681? Avanzi della piramide di Cestio trasp. nel NP. 1672 Provincia di piazza di Pietra coli, nel PC. 1676-1689 Innocenzo XI (Odescalchi.) 1679 « Ungaria n di piazza di Pietra coli, nel NP. 1681-1717 Sgombero successivo de! PC. in pro del NP.

1692 Salita dalla via delle tre pile. Migliario moderno.

1693 (Rossini, Mercurio errante d. grandezze di Roma.) 1700-1721 demente XI (Albani.)

1701 Busti trovati pr. Civitä Lavigna e trasp. nel NP.

1703 (Pinarolo, Antichitä di Roma.)

1705 Busti di Scipione e di Traiano nel PC.

1709 Salita dal foro.

1714 Statue egizie trov. in Villa Verospi.

1720 Statue del giardino Cesi e di Villa Verospi coli, nel PC. e nel NP.

Costruzione del portico nel cortile de! PC. 1727 Piccoli bronzi acquistati dal Ficoroni per il PC 1729-1730 (Soggiorno in Roma del Keyssler). 1730-1740 Clemente XII (Corsini.) 1731 Frammento delFarco di Costantino coli, nel NP.

Acquisto dei busti di Aless. Albani e di altri marmi.

Statue donate od acquistate da Pietro Ottoboni. 1734 Inaugurazione del Museo capitolino.

64

MICHAELIS

II. IXDICE DEI MONUMEXTI SECOXDO IL LOEO POSTO ATTUALE

Castore e Polluce p. 33. 43 Troffei di Mario p. 44. Costantini p. 25. 31. 49. 52 Colonna migliaria p. 44. 55. Detta, moclerna p. 55.

P a 1 a z z 0 Framraenti diversi n. 173.

Palazzo dei Bronzi. Ercole p. 15. 30. 45. Spinario p. 14. n. 166. Camillo p. 14. n. 16«. Lupa p. 8. 12. 14. 30. 45. Testa di Bruto p. 34.

n Cülossale (Domiziano ?) p. 14. 30. 45. Mano e palla p. 11. 30. n. 184. Piede p. 10. 30. Piede d. sepolcro di Gestio p. 53. 2 anatre (oche) p. 58. Vaso p. 58. Statue. Angerona p. 39, 17. Augusto p. 34. Baccante p. 40, 125. n. 127. Cerere (Abbondanza) p. 37, 49. Cesare p. 34. Cibele p. 38, 6. Cicerone p. 39, 33 n. 166. Leone, gruppo del, p. 6 e

28. 49^ Re barbari p. 56. Eoma Cesi p. 56.

Piazza capitolina.

3. Marco Aurelio p. 9. 27.

Pioma trionfante p. 48. 55. Kilo p. 25. 29.

Ti^ri (Tevere) p. 26. 29. 33.

del S e n a t 0 r e .

conservatori.

Talia p. 37, 47. n. 166.

Urania p. 38, 12. n. 166.

Virgilio p. 39, 23.

Frammenti di colosso p. 16. n. 166. Teste. T. colossale (Uomiziano?) p. 18. 50. n. 166. 177.

Arianna p. 39, 27.

Faerno p. 39, 29 (protomoteca)

Scipione n. 187.

Traiano console n. 187. Piilievi. 3 rilievi di S. Martina p. 24. 47.

1 rilievo di Piazza di Sciarra p.46.

2 rilievi deH'arco di Portogallo p. 53.

Provincia di piazza di Pietra p. 54. Dacia Cesi p. 56. Cnrzio p. 34.

Sareofago d. stagioni p. 20. 47, Miscellanea. Colonna rostrata p. 35. Cogni n. 25. Cippo di Agrippina p. 10 n. 166

n dei vicomagistri p. 17. Fasti p. 31. 45.

seg.

Mu s e 0.

Cortile. 1. :Marforio p. 50.

2. 3. Leoni egizi p. 83. Atrio. 1. Endiraione p. 31.

4. Minerva p. 32. 43. 48. 55. 8. Donna velata n. 117. Base di Cestio p. 53. 10. Baccante p. 57. 12. Donna p. 39, 92. 21. Frammento di barbaro p. 58.

22. Do!:na p. 39, 92. 25. « Cerere « p. 39, 53. Base di Cestio p. 53.

30. « Abbondanza " p. 55.

31. « Immortalitä " p. 38, 10. 55.

35. Polifemo p. 39, 36. 55. n.l66.

36. Adriano togato p. 47. 55.

37. Frammento di porfido p. 55. 41. Giove p. 38, 14. 55.

LA C0L1>E7.I0NE CAPITOLINA DI ANTTCHITA

65

42. Mercurio p. 39, CS.

45. Puttino con vaso p. 37, 61.' 47. Diana in Inn.i^a veste p. 39,

32. 55. 52. Diana succinta p. 57. Stanza d. sarcofago. Sarcofago di Ales-

saudro Severo p. 46. 57. Scala. u Pudicizia " p. 38, 1. 55.

Giunone lanuvina p. 38, 16. 55. Galleria. Iscr. d. columb. di Livia p. 58. 8. Vecchia ubbriaca p. 59. 19. Piatone p. 39, 28. 22? Arianna p. 39, 27. 24? Tiberio p. 37, 137. . 30? Traiano n. 145.

Pozzo n. 205. 36? Adriano p 39, 40. 38. Bacco p. 39, 60. 55. 40. " Musa " p. 38, 3. 44. " Augusto " p. 39, 54. 55.

46. Diana Lucifera p. 59. Nilo p. 37, 72.

54. Matrona p. 59.

56. « Agrippina con Nerone "

p. 87, 59. 55. 58. " Aristide smirneo " p. 34. 60. Satire n. 205. 62? Settimio Severo n. 205. 63. Marco Aurelio n. 187. Gab. d. Venere. 2. Amore e Psiclie

n. 205. Stanza d. imperatori cf. p. 58. L Cesare p. 37, 131. 4? Tiberio p. 37, 137. 10? Agrippina n. 168. 12. Claudio p. 37, 130. 27? Traiano p. 46, 126. 31 ? Adriano p. 39, 40. 35? Antonino Pio p. 37, 133.

n. 145. 36? Faustina p. 37, 134. 39,

41. 42.

37. Marco Aurelio n. 187.

38. Marco Aurelio n. 187. 39? Faustina v. no. 36.

40. Annio Vero n. 187. 55? Macrino p. 37, 132. 84. u Agrippina " p. 38, 8. 88. 90. 91. Sarcofago d. Muse

n. 205. 93. Rilievo di Epitincano n. 205. Stanza d. filosofi cf. p. 58. 1-6. Socrate p. 57. 17. lerone p. 39, 26. 20? M. Aurelio n. 168.

21. Diogene p. 39, 31. 25. Teone smirneo n. 205. 46. Omero n. 205.

49. Scipione p. 46.

65. Pitodoride n. 205.

99. 100. 102. 104. 105. 107. Fre-

gio navale p. 46. 110. Rilievo di Callimaco n. 205. Salone l. Giove n. 205.

3. Ercole fanciullo p. 46. 55. 5. Esculapio n. 205.

Base con sacrifizio p. 23.

8. Minerva n. 205.

9. Traiano p 39, 52. 11. Giunone n. 205.

13. Marte n. 205.

14. "Mario » p. 38,4.55. n.l66.

15. Matrona p. 39, 51.

22. Vecchia p. 37, 73. 55.

24. « luno placida " p. 39, 113.

25. Antonino Pio p. 39, 56.

26. Diana n. 205.

27. Cacciatore n. 205.

29. " Igia " p. 59.

30. Apollo n. 205.

31. Apollo n. v'05.

49. 50. Due Vittorie n. 174. 53? Satiro n. 205. 74? Marco Aurelio n. 168. Stanza del Fauno. Legge regia p. 45. 55. Stanza del gladiatore. 2. « Giunone n p. 57. 3. « Alessandro " p. 37, 139. 9. Fanciulla c. colomba p. 39, 86. 12. Antiuoo p. 59.

6C

MICHAELIS, LA COLLEZIONE CAPITOLINA DI ANTICHITA

in altre collezioni,

JI 0 n u 111 e n t i g'xh c a p i t o 1 i n i , o r a Vaticano, Museo egizio. 4 statue p. ö7.

Ciiiocefalo di Fidia e Ammonio p. 30.

? Altro ciiiocefalo p. 31.

? Due sfingi p. 24. 30.

? Leone senza testa p. 30.

Casino Pio. 5 statue muliebri n. 121. Villa Matt ei. Obelisco p. 4. 27. 31. 4-5. A'illa Paiiifili. Sarcofagu d. Aniazzoni p. 20. l'arigi, Louvre. Salle grecque n. 2105. Orfeo ed Euridice p. 42. 43

SaUe de Meccne n. 2186. Estispizio p. 21.

Salle de Septime Severe n. 2296. Tempio di Giove p. 21.

Detta n. 2303. Sacrifizio di toro p. 21. Holkham Hall n. 53. L. Cornelio pretore p. 50.

M 0 n u m e n t i o r a s p a r i t i o v v e r o n a s c o s t i . Bacco giovine p. 32 Iside p. 38, 9.

Cippo di Xerone Cesare p. 10. Marte p. 47.

Fortuna p. 38, 5. Pane p. 27.

Frontone del tempio capitoüno p. 21. Pescatorello p. 47. Genio n. 46. Satire p. 47.

MISCELLANEA POMPEIANA

A. NUOVE OSSERVAZIONI SULLA BASILICA DI POMPEI

1.

Nell'annata 1888 di qnesto Bullettino fu pubblicato a pag. 47 seo-o-. uno studio di P. Wolters sul calcidico della basilica di Pompei, nel quäle l'altezza della facciata del medesimo fu calco- lata, in base ad un esatto esame degli avanzi, a otto strati di massi di tufo e a circa m. 5 di altezza. lo stesso, presente a Pompei mentre il sig. Wolters, nell'estate 1887, faceva le sue ricerche, era convinto della giustezza di siffatto risultato, come dissi 1. c. pag. 46 nota 61. Perö, tornato a studiar nuovamente questa parte dell'edifizio nell'estate 1889, mi accorsi di qualche particolare, sfuggito a noi ambedue in quel primo esame, e venni ad un risul- tato diverso, il quäle poi si verificö perfettamente assicurato.

Mi accorsi cioe che nel pilastro angolare NE, raffigurato 1. c. pag. 52 (la pianta pag. 51, VI) i due massi /; e c, dei quali c sta capovolto, erano stati posti anticamente uno accanto all'altro: ciö risultava in modo indubitabile dalle tracce di chiodi di ferro infissi uellä coramessura. I due massi uniti doveano aver formato Tino Strato completo d'uno dei due pilastri II e V (1. c. p. 51) della facciata, e precisamente del pilastro V: le due pietre sono larghe m. 0,845 e 0,865, il pilastro largo 1,71, con una linea sgraffiata nella superficie a m. 0,845 daU'estremitä N. Doveano dunque essere collocate immediatamente sulla parte superstite di quel pilastro. Ne parlai all'amico pro f. Sogliano, il quäle, convin- tosi della giustezza della mia osservazione, fece rimetterle al loro posto originario, ed in fatto anche i due incavi degli stipiti com- baciarono in modo da togliere ogni dubbio se mai ve ne fosse stato. Ora queste due pietre contengono gli incavi per le travi di

(jg A. MAU

legno che traversavano gli ingressi e nelle qiiali erano immesse le travi verticali contro ciii battevano le porte (1. c. pag. 56. 60 ; cf. 46), ed e restituito in tal modo il pilastro V fino all'al- tezza di questa specie di architrave. Quest'iiltiaio stava a m. 2,36 dalla soglia, mentre le pietre arrivano fiuo a 2,61. Lo strato se- guente doveva consistere in nna sola pietra (1. c. p. '58); quindi niüla osta a credere, anzi e probabilissimo, che seguisse lo strato coi capitelli, vale a dire Tultimo, composto di due pietre (1. c). Di quest'nltimo le pietre conservate (1. c. p. 54) sono alte 0,54; a qiiello sottoposto corrisponde nel miiro N ima pietra alta 0,69; la parte ora ricomposta del pilastro e alta 2,61, e otteuiamo cosi im' altezza di m. 3,84. II miiro N e alto fino alla pietra sud- detta 3,28 : aggiungendo i m. 0,54 delle pietre coi capitelli arri- viamo a 3,82. Ora, siccome le colonne del foro sono alte circa 3,80, uon si piiö dubitare che non fossero uguali in altezza ai pikbtri della facciata del calcidico : risultato assai gradito, coi qiiale spa- risce una difticoltä incontrata dalla restituzione del Wolters (p. 60). Se il calcidico era coperto nel modo da me supposto (1. c. p. 40 sg.), il tetto doveva avere una pendenza piii forte, di circa 27 gradi, ma non impossibile.

2.

Abbiamo creduto finora che i capitelli ed altri frammenti di colonne in tufo, avanzi d' iin ordine siiperiore e tanto importauti per la restituzione dell'edifizio, fossero del tntto uguali a quelli del tribunale. Fui avvertito dall'egregio capo d'opera degli scavi, sig. Alfonso d'Avila, che ciö non e esatto per i capitelli, e che i capi- telli del tribunale si distinguono dagli altri per im piccoloparticolare, una foglia cioe sottoposta a ciascuna delle volute, e inoltre per unapic- cola differenza d' altezza. E veniamo a sapere in questo modo, che dei 18 capitelli di colonne libere 17 appartengono alVordine superiore del vano principale, uno solo (nel 9. intercolunnio a d.), del qualo non si puö dire con certezza se sia d'una colonna libera, al tribu- nale. Invece i cinque capitelli di mezze colonne provengono tutti dal tribunale: per l'ordine superiore l'esistenza di mezze colonne e attestata soltanto dalle tre basi, che debbono appartenervi, es- sendo rimaste al posto quelle del tribunale. Proviene anche dal tribunale il capitello d'un quarto di colonna che sta nell'angolo NO.

MISCELLA.NEA POMPEIANA 69

Mi valsi (1. c. pag. 26 con la nota 41) del gran numero delle colonne libere, per combattere la restitiizione del Lange, nella qiiale, levando alcune siipposte a torto, non ne trovano posto che 14: e chiaro che questo mio argomento riceve ora forza ancor maggiore.

Per la restitiizione della basilica sono della piü grande impor- tanza i frammenti di certi trequarti di colonne di tufo, e si puö dire che il giudizio su di essi e siil posto che occupavano e decisivo per l'intera questione. Supponendoli congiimti col miiro nel modo indicato nella figiira Bull. 1888 p. 24, li collocai nella parte supe- riore dei muri lunghi, mentre K. Lange, credendo che non potes- sero appartenere ad un muro piü grosso del loro collo (circa m. 0,30), li mette in un muro sorretto dalle grandi colonne. Ora un esame piü accurato dei capitelli conferma che realmente dovevano esser congiunti col muro nel modo da me supposto; la distanza fra la colonna e l'angolo del muro poteva essere minore ancora di quanto sembra nel disegno. E chiaro che in questo modo il fusto e le parti inferiori del capitello dovevano staccarsi nettamente dal muro, mentre le parti superiori del capitello potevano, per la loro mag- giore sporgenza, incontrarsi e confondersi col mm-o, nel quäl caso non v' era bisogno che da questo lato fossero eseguiti i particolari. E ciö appunto si verifica nei capitelli superstiti. Soltanto l'astra- galo e eseguito fin nell'angolo rientrante; immediatamente sopra di esso, e iino in su, un tratto di m. 0,15 della circonferenza e lavorato rozzamente soltanto e evidentemente destinato a non es- sere veduto; l'abaco poi non ha la sua forma completa, ma e spun- tato l'angolo rivolto al muro, ciö che vuol dire che non stava libero ma si confondeva col muro stesso. Nella figura qui appresso

A. MAU

disef^nata la liuea piü interna indica l'astragalo, la seconda la cir- conferenza poco piü in alto; segue il margiue supeiiore del capi- tello e l'abaco: per tutto son tratteggiate le parti lavorate in modo da non dover restar libere. E chiaro diinqiie che i trequarti di co- lonne non potevano soltanto, ma dovevano far parte d'iin miiro assai piü grosso del loro collo.

4.

Che la basilica fosse costruita prima dell'occnpazione romana, lo prova abbastanza il noto graffito dell'anno 78 a. C. {C. 1. L. IV, 1842). Ciö non ostante vale la pena di rilevare im fatto del quäle nessuno finora, per qiianto io sappia, ha parlato, che cioe in vari pnnti deirinterno, caduto Vintonaco, compariscono segni dipinti con color rosso sul muro, e fra essi lettere osche. Cosi sul muro d. fra la seconda e la terza mezza colonna si vede il disegno seguente :

Le lettere H 51 sono alte 0,045. La verticale a d. indica la mezza co- lonna, l'orizzontale a piedi il pavimento; tutto il resto e dipinto d'un colore rosso-scm-o. Delle tre linee orizzontali Tultima, am. 1,0, corrisponde press' a poco all'altezza dello zoccolo compresa la fa- scia gialla onde e terminato; le altre due, con la verticale che le congiimge, non hanno corrispondenza con la decorazione: po- trebbero credersi indicazioni d'una decorazione anteriore. Non saprei neanche spiegare le due linee oblique.

Poco distante di lä, sullo stesso muro d., si legge, alta m. 0,07, la lettera 3.

MISCELLANKA POMPEIANA 71

Sulla facciata della sostriizione del tribunale si distingiie, fra tracce inintelligibili, ima linea verticale sotto l'asse d'ogniina delle colonne, e sotto il secondo intercoliiunio da d. qiiesti segni : o S ; la lettera 51 e alta m. 0,065.

B. LE QUATTRO PITTÜRE PUBBLICATE BULL. 1890 P. 263 SEGG. N. 5-8.

Sülle qiiatti-0 pittuve siiddette non sarä forse iniitile aggiun- gere le osservazioni seguenti.

Delle rappresentanze della caduta di Icaro ha trattato este- samente C. Robert, Arch. Ztg. 1877, ed ha esposto come esse si dividoDO in due classi, di cui ima, rappresentata allora da una sola pittura (1. c. tav. 2 n. 1 ; Heibig 1210) mostia la caduta stessa, l'altra (1. c. tav. 2 n. 2 ; Heibig 1209, Sogliano 523; ag- giungi ora Sogliano 524) un momento posteriore, quando cioe Icaro giace suUa spiaggia, guardato pietosamente da persone del paese e divinitä locali, e Dedalo viene a cercarlo. L'opinione del Robert, che quesf ultima composizione sia 1' originale, e l'altra una trasformazione di esso, non viene certo contradetta dalla nuova pittura, la quäle con le figure disposte verticalmente una sopra l'altra non e come composizione troppo felice e non fa affatto l'im- pressione di una composizione originaria. Inoltre in favore della tesi del Robert si puö fare la considerazione seguente. Rappresen- tandosi Icaro giacente sulla spiaggia, tutte le figure del quadro stanno in relazione con lui : Dedalo lo cerca, le persone del paese e le divinitä locali lo guardano con compassione ; e non si puö dubi- tare che in un originale di esecuzione piü perfetta tutte le üsio- nomie non mostrassero un' espressione interessante ed in relazione col soggetto del quadro. Rappresentandosi invece la caduta stessa, tutto ciö che prima era ben collegato si scioglie ; le singole figure non stanno piü in relazione fra loro : Icaro casca ; ma Dedalo pro- segue tranquillamente il suo cammino, le persone del paese e le divinitä locali non si accorgono ancora di quanto accade, e cosi le fisionomie non potevano mostrare altra espressione che quella deirinditferenza. La trasformazione dunque fu fatta grossolanamente e con assai poco intendimeuto : sembrava a qualcuno che l'effetto

,j2 A. MAU, MISCELLANEA POMPEIANA

sarebbe maggiore rappresentando la catastiofe stessa, ma non si accorse che^^cosi si guastavano i veri pregi dell'opera.

Nella pittiira di Atena e Marsia (p. 267) mi sembra quasi certo che Tuomo col petaso non sia un viandante quahinqiie. ma appunto Marsia : altrimenti non si spiegherebbe la raossa alqiianto violenta tanto della testa che del braccio d. ; egli con la d. stringe le tibie or ora raccolte avanti al petto, e rivolge la testa con nn certo spavento verso la dea irata; Ed essendo cosi, e assai probabile che anche luomo siiUa nipe a sin. non sia altro che Marsia, che siionando la siringe s'avvicina al liiogo ove sta seduta Atena. Disceso egli si fermerä per sentire il suono, vedrä la dea gettar le tibie e le raccoglierä. In questo modo il qiiadro, che riunisce tre mo- menti del fatto rappresentato, e per la questione sulle descrizioni dei Filostrati assai piü importante del qnadro Heibig 252, che mostra Artemide sorpresa da Atteone, e Atteone aggredito dai

suoi cani.

I quattro qnadri furono riimiti in ima camera e messi a ri- scontro fra loro non per qiialche relazione intrinseca fra i loro sog- getti, ma uuicamente per la somiglianza del tutto esterna delle composizioni. E evidente la corrispondenza fra il quadro di Icaro e quello di Marsia: ivi il mare preceduto dalla spiaggia. qiü la pianura preceduta dal riiscello, che nell'insieme della composizione fa quasi il medesimo effetto ; qui come a d. e a sin. rupi sor- montate da alberi e tigure ; editizi nello sfondo e le figure disposte verticalmente una sopra Taltra. E cosi nei quadri del sacello e delle Esperidi il centro e occiipato dall'albero, intorno al quäle s'aggruppano ivi le due immagini delle divinitä ed i tre cacciatori, qui Ercole e le tre Esperidi.

A. Mau.

JAHRESBERICHT

UEBER NEUE FUNDE UND FORSCHUNGEN

ZUR TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

1889-1890.

Der vorliegende zweite Jahresbericht folgt in allgemeinen den Prinzipien, welche in der Einleitung zum ersten (Mitteilungen 1889 S. 227-291 ; ich citire ihn abgekürzt als TJB 1889) auseinandergesetzt sind: nur dass in der topo- graphischen Rundschau die Abschnitte Esquilin-Quirinal-Marsfeld in einer anderen, wie mir scheint natürlicheren, Reihenfolge aufgeführt werden. Er urafasst die Zeit von April 1889 bis Dezember 1890. Auf Publikationen, welche das Datum 1891 tragen und mir während des Druckes zugekommen sind, bin ich (mit einer S. 127 motivirten Ausnahme) nicht ausführlicher einge- gangen, um das Erscheinen des Berichtes nicht noch weiter zu verzögern. In der Folge wii'd es hotfentlich möglich sein, denselben mit den Kalenderjahren gleichen Schritt halten zu lassen. Für mannigfaches Entgegenkommen bin ich der Direzione generale degli scavi und der Commissione archcologica co- munale verbunden: namentlich den Herren Fiorelli Gatti Lanciani Marchetti auch an dieser Stelle meinen Dank auszusprechen ist mir eine angenehme Pflicht. Hr. Architekt F. 0. Schulze hat auch diesmal durch Aufnahmen, Zeichnungen und mannigfache Unterstützung meine Arbeit in dankenswerter Weise gefördert.

I. Quellen der römischen Topographie. a) Antike.

Die im Jahre 1888 gefundenen Fragmente der form a Ur h i s Romae (vgl. TJB 1889 S. 228), zur Zeit in den kapitolinischen Magazinen, harren immer noch der Publikation. Dagegen kann ich. mit freundlicher Erlaubnis der Direz'wne generale degli scavi, von dem 1889 am Faustinatempel gefundenen, wie auch von dem bereits Notizie degli scavi 1884 S. 423 skizzirten P'ragment genaue Zeichnungen in dem von Jordan gewählten Redu- ctionsverhältnis (1 : 4) geben.

74

CH. HLELSEN

Die Dicke beider Platten beträgt 0,08 m. Die erste scheint allseitig gebrochen; die zweite hat unten antiken Kand und, etwa in der Höhe der drei runden Bauwerke, ein Klammerloch. Die Dimension der drei dargestellten

Kreise (correspondirend einem wahren Durchmesser von 4-6-4 m.) spricht gegen die von mir a. a. 0. geäusserte Vermutung, es seien tres arae gemeint. Wahrscheinlicher sind drei lacus.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STAUT ROM 75

lieber die 0 r i e n t i r u n <;• des Stadtplans liat 0. Eichter auf der Philologenversaminhing zu Görlitz (Verhandl. S. 336j t^esproclieii, und nachzuweisen g-esuclit, dass der Stadtplan nach dem alten Stadüempluni orieutirt gewesen sei. Das letztere, aus der Beschreibung des palaliiiischen Pomeriums bei Tacitus {ann. 12, 24) zu reconstruiren, sei ein nach S. 0. orientirtes Quadrat gewesen. Ein Beweis für die Richtigkeit sei, dass der Schnittpunkt des Cardo und Decumauus, der Mundus " an die sicher über- lieferte Stelle auf der Area Apolliiüs (Villa Mills) » falle. Wenn letztere Ansetzung, wie ich in diesen Mitteilungen 1890 S. 76. 77 kurz darzuthun versucht habe, irrig isc, verliert R.'s Hypothese eine wesentliche Stütze (^).

Dass die in der sogenannten Appendix Prohi (vgl. darüber G. Paris Melanges Renier S. 304-309) vorkommenden Strassennamen nicht nach Rom, sondern nach Karthago gehören, hat G. B. de Rossi {bull, romun. 1890 p. 360 362) bewiesen. Interessant ist besonders, dass dadurch die Existenz eines Septizoniums auch in der Hauptstadt Africas bezeugt wird.

Auf die Erwähnung der Curia Julia und des Capitols in den von Cichorius (Sitzungsber. der Berliner Akademie 1889 S. 953-981) publizierten Urkunden aus dem Asklepiostempel von Mytilene hat De Rossi {lull. com. 1889 S. 278-280) hingewiesen.

Den Text des Cur iosum nach der in den Über poUpticus Benedicti ca- nonici (vgl. darüber Jordan Topogr. II S. 359) aufgenommenen Recension ist herausgegeben von P. Fabre {travaux et m^moires des facultes de Lille, t. I n. 3 1889. 36 SS. 2 Tff.). Der Herausg. legt ein Mscr. der Capitular- bibliothek von Cambrai (n. 512 saec. XII ex.) zu Grunde, welches eine dem Vat. 1984 nahestehende Textform repraesentirt, aber wegen der starken Cor- ruptelen (so am Schluss der Regionen statt vicomagistros stets vicos magnos oder ähnlich ; statt continet pedes öfters conturipodes u. dgl.) für die Kritik wertlos ist (-).

(') In der mir soeben zugehenden Abhandlung ' die älteste Wohnstätte des römischen Volkes ' (Beilage zum I. Jahresbericht des Kgl. Gymnasiums zu Schöneberg- Berlin W. 1891) hat Richter seine Vermutung weiter ausge- führt und begründet. Eine eingehendere Besprechung muss dem nächsten TJB vorbehalten bleiben; für jetzt bemerke ich nur, dass R.'s Ansetzung des mundus desshalb positiv unmöglich ist. weil die (auf seinem Plane genau bezeichnete) Stelle nicht auf einen freien Platz, die ' area ApoWnis \ sondern in den Bereich der domus Augustana hineinfällt : was auch R. nicht entgangen sein würde, wenn er statt des an dieser Stelle unvollständigen Planes von Middleton die besseren Aufnahmen von Thon oder Deglane zu Grunde gelegt

hätte. .

(2) Desselben Vf. Aufsatz le polyptijque du chanoine Benoit ä la Valli- cellane (cod. F. 73) in den Melanges de Vecole fran^se de Rome 1890 S. 384-388 enthält nichts für antike Topographie.

76 CH. HUELSEN

b) Mittelalter.

E. MoNACi, il lihei- ystoriarum Romanarum. Prime ricerche (Archivio della societä romana di storia patria. 1889 S. 127-108).

Ein Codex (saec. XIII ex.) der Stadibiblioihek zu Hamburg enthält, unter obi- gem Titel, eine Chronik von der "Weltschöpfung bis auf den Kaiser Julian. Es ist die italiiin'sche Uebersetzung einer um 1150 geschriebenen lateinischen Com- pilation (Original erhalten im cod. Laurentian. Struzzian. 85). deren Quellen Isi- dor, Dares, Orosius, Solinus und Paulus Diaconus sind. Von den Mirabilia findet sich, trotzdem römisch-topographische Notizen nicht selten sind, keine Spur. Die Uebersetzung ist in Eom, um die Mitte des 12. Jahrb. angefertigt (i). Dass der Schreiber des Codex römische Monumente vor Augen hatte, beweisen die Illustrationen. So ist die Vignette come Ghdio Cesare retornao a Roma con victoria eine Wiedergabe des Innenreliefs vom Titusbogen. Merkwürdig ist der Stadtplan in Form eines Löwen {Roma formam leonis habet, quia ceteris hestiis praeest. Honor. Scholast. de imagine mundi I, 28), f. 107' der Handschrift, reproduziert bei Monaci S. 165. Eine vollständige Publikation durch die Societä romana di storia patria steht in Aussicht.

Die von De Rossi im Archivio della societä romana di storia patria 1889 S. 199-213 publizierte Arretiner Urkunde v. J. 1051 ist unten S. 113 besprochen.

Ein schönes Exemplar der (ioldbulle Friedrich Barbarossa's mit der Stadtansicht 'und Inschrift AVREA . ROMA ist abgebildet bei A. v. Sallet, Zeitschr. für Numismatik 1890 S. 256.

Ueber die Untersuchungen von Duchesne und C. Re betreffend das Fortleben der antiken Regionen im Mittelalter vgl. S. 84.

c) Eenaissance.

Leo Battista Albertis Descriptio urbis Romae (über die zu vgl. De Rossi, piante icnografiche e prospettive p. 181) ist neu herausgegeben von Gir. Man- cini in Leonis Baptistae Alberti opera inedita et pauca si'paratim impressa (Florenz 1890) p. 36-46. Ausser dem von De Rossi benutzten cod. Marcian. Ital. XI, 167 sind noch herangezogen Ambros. 0, 80 sup. und Chigian. M, VII, 149.

Ueber den bereits TJB 1889 S. 230 besprochenen cod. Escorial. 11, 7 vgl. unten den Abschnitt Castel S. Angelo.

D. Gnoi.i's kurze Notiz lavori di topograßa romana intrapresi da Raf- faele {Archivio storico delVArte II, 1889, S. 251) erinnert an ein 1524 in Rom

(') Dass ausser den genannten Quellen aucli qualche sloriella attinta dal popolo sei, meint Monaci a. a 0. 8. 137; aber von den beiden, die er anführt, ist die zweite (Numa Pompilius und Jup])iter Elicins) direkt aus Ovid fast. III. 33!» ff, die erste durch iry:end welche .Mittelglieder aus Diodor 4,22 oder Aelian vur. hist. 1, 8 abgeleitet.

JAHRESBEIUiHT VEBER TOHCGRAPHIE DER STADT ROM 77

gedrucktes Gediclit des Caius Silvjinus Germanicus {in statuam Lconis X. pon.t. opt. max. syloa), in welchem die Sorge Leos X für die Alterlluiiner gerülimt wird. Doch ist a. a. 0. (die letzten fünf von den 13 bei Gnoli abgedruckten Versen lauten : Ut saltem veteris veatigia ccrta fnjurae Nota forent, reserare latentia iussit [Subject ist : Leo^ ab imo Fundamenta solo et fictis mandare tabellis,. Sed tanti artißcem monumenti in limine primo Sustulit, ac claris mors ohstitit invida coeptis) von Eafliiel nicht ausdrücklich die Kede.

A. Venturi giebt {Archivio storico delVarte III, 1890, S. 106-206) unter dem Titel: ricerche di antichitä per Monte Giordano, Monte Cavallo e Tivoli nel secolo XVI, aus Papieren des Archivs zu Modena zahlreiche Rechnungs- anweisungen für Ankauf und Transport von Antiken, die vom Cardinal Hippo- lyt V. Este ausgegraben oder erworben wurden. Für die Geschichte der römischen Sammlungen im 16. Jahrb. von hohem Interesse, bieten diese Notizen wenig eigentlich topographisches (s. unten S. 106. 109. 120).

Im zweiten Teile des LI. Bandes der Londoner Archaeologia S. 489-508 veröffentlicht I. H. Middleton unter dem Titel Ancient Rome, ms. 7iotes hy PiKRO LiGORio, made heticeen c. 1550 and 157 ü A. D- eine Inhaltsübersicht über den Ligorius Bodleianus (i). Eine Anzahl von Zeichnungen werden in stark verkleinerten aber guten Facsimiles wiedergegeben : ein merkwürdiger Ter- rassenbau unter Trinitä dei M^nti ; die Curie (S. Adriano) ; sog. templum Divi Augusti unterhalb des Palatin ; templum Sacrae Urhis ; S. Stefano rotondo; Basilica des Constantin ; Tempel der Faustina; i^ Foro vecchio ^^ unterhalb des Palatin; Piscina der Aqua Claudia ; sog. botte di Termini; ein castellum aquarum an der. Via Labicana ; Grab an der Via Labicana ; Villa an der Via Cassia; Grab der Caecilia Metella. Ueber die folgenden Blätter des Codex

(1) Der Codex enthält zu Anfang einen Brief des L. an Ercole Basso von Ferrara mit dem Datum 14. Mai 1585, dessen sich Middleton (,wie auch Henzen C. I. L. VI p. LI) zur Bestimmung des Todesjahres L.'s bedient. Es ist curios, dass der magnus fallaciarum opifex et parens sogar hinsichtlich dieses Datums die späteren Forscher in die Irre geführt hat; denn dafür dass er Anfang 1585 nicht mehr lebte, giebt es ein bisher übersehenes aber unan- fechtbares Zeugnis. In einer Depesche nämlich des tuskanischen Agenten Ürazio Urbani d.d. Ferrara 16 gennaio 1583 (nach moderner Zählung = 1584), ist die Rede von den figliuole di M. Pirro Ligorio anti([uario, il quäle e pocho che mori, havendo lassato la moglie, che P non ferrarese ma Romana, donna di buona vita, e simihnente malte ßgliole con pochissima facoltä di recapitarle. Dadurch wird die Angabe Borsetti's [hist. gymi. Ferrar. 2, 193) dass L. im October 1583 gestorben sei, bestätigt. Die anijeführte Stelle, deren Nachweis ich Herrn A. Fabretti in Turin verdanke, steht unter den Dokumenten über den parentado fra la pnncipessa Eleonora de Medici e il principe don Vincenzio Gonzaga, im fünften Bande der von Orlando und Baccini herausgegebenen Bihliotechina grassoccia (Florenz 1887 S. 59) wohin der iranze Handel auch gehört. Zu was für einem Experiment die Töchter des jüngst verstorbenen Ligorio verwandt werden sollten, mag wen es interessiit a. a. 0. nachlesen.

78 fH. IUEI.SEN

(138-161), welche Grundrisse von Gräbern in der Campagna enthalten, wird nur summarisch referirt ; gerade diese Serie wäre für die Kritik des Ligorius, für die verschiedenen Rezensionen seiner Werke, für die Frage nach den Quellen des Vat. 3439 von besonderem Interesse. Der Text registriert noch eine ganze Anzahl von nicht facsimilirten Zeichnungen. Einzelnes bedarf der Berichtigung; dass Ligorio die Ruine des sogenannten Templum Divi Augusti am Abhang des Palatin noch vollständiger, namentlich mit den korinthischen Säulen samt Gebälk im Inneren der Cella (vgl. über solche Ligorianische Zuthaten TJB 1889 S. 273) gesehen habe, wird widerlegt nicht nur durch andere treuere Zeichnungen der Renaissance (z. B. Bald. Peruzzi UflF. 593), sondern auch durch die 1884 aufgedeckten Reste der aus dem 8. Jhdt. stammenden Kirche S. Silvestro in lacu, deren Einnistung erst möglich war, nachdem die Ruine im wesentlichen so reduziert war, wie wir sie heute sehen. AVas Ligorio zugethan hat, besonders die ganze Nordfassade, stammt aus seiner Phantasie, und die Skizze ist keinesweges of very great value. S. 496 heisst es " fol. 1 7v. has a -plan of a circular Corinthian temple on the Palatine hill, which Ligorio mentions as existing «« dietro la casa clei Cesarini ri'n hehind the jialace of the Caesars ri. Dieser Tempel wird dann in Verbindung gebracht mit dem angeblichen Tempel der Vesta auf dem Palatin (Lanciani hidl. comun. 1883 tav.Wll; vgl. meine Gegenbemerkung Mitteil. 1889 S. 185) , während natürlich der kleine Rundtempel neben S. Nicolo a' Cesarini im Marsfelde gemeint ist.— S. 501 wird zu dem Grundriss des « Foro Vecchio » und der ' Curia vetera ' bemerkt: it is difßcidt to under- stand, irhere the exact site of this building can have heen. Ein Blick auf Li- gorios grosse E/ßgies Urbis Romae (M. Tramezino, 1553) zeigt, dass ex Forum Romuli den Ruinencomplex zwischen Sacra Via und Palatin, östlich vom Titus- bogen nennt, und dass er dorthin auch den Vicus Curiarum verlegt. Der Herausgeber meint, dass das Manuscript has never been carefully examined by any Student of Roman Archaeology, scheint sich aber um seine Vorgänger wenig gekümmert zu haben. Dass z. B. die angebliche Bleiröhre (S. 503) ex auctoritate Imp. Caes. Traian. u. s. w. gefälscht ist nach dem Tibercippus VI, 1239, hätte er aus Lanciani, le acque p. 292 n. 17 ersehen können. Auch die Notiz C I. L. VI p. LH scheint ihm unbekannt geblieben zu sein.

Schon im vorigen Berichte hätte erwähnt werden sollen die von G. Fuma- galli [Archivio storico delVarte 1888 p. 143) gegebene Notiz über die erste Ausgabe '-on A. Labaccos libro appartenente aWarrhitettura, welche das Datum 1552 trägt. Das einzige bekannte Exemplar ist jüngst von der Biblio- teca Vittorio-Emanuele erworben. Die Abweichungen von der bisher als ersten geltenden Ausgabe von 1558 sind unbedeutend.

P. Jessen, Zeichuungen römischer Ruinen in der Bibliothek des K. Kunst gewerbemuseums zu Berlin. (Aus der Anomia; Archaeologische Beiträge, Carl Robert dargebracht. Berlin 1890 S. 114-123^ giebt ein Verzeichniss der aus Destailleurs Sammlung nach Berlin gekommenen Zeichnungen (insgesammt 120 BU.) eines französischen Architekten, welcher

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 79

bald nach 1547 die römischen Ruinen sehr gewissenhaft studiert und auf- genommen hat. Besonders wichtig sind die auf die Thermen bezüglichen Grundrisse und Sclmitto : 10 BU. für die Th. des Caracalla, 13 des Diocletian, 2 (besonders wichtige; vgl. meine Bemerkung in diesen i\ritteilungen 188!> S. 78. 79) für die des Titus ; aber auch Tempel, Triumphbögen, (jlrabdenlvmale fehlen nicht.

Das TJB 1889 S. 250 erwähnte Skizzenbuch eines etwas späteren franzö- sischen Künstlers beschreibt A. Geffroy {Valbum de Pierre Jacques de Reims: Melanges de VEcole fran^aise de Rome X, 1890, S. 150-215; vgl. auch Jien- diconti dei Lincei 1891 S. 69-71). Den Inhalt desselben (96 Bll. 8) bilden überwiegend Skulpturen, der Wert für unsere Kenntniss der römische u An- tikensammlungen im 16. Jahrhundert ist gross ; topographisch interessantes fehlt fast ganz. Doch verdienen die Zeichnungen der monumentalen Reliefs, welche der Künstler im Conservatorenpalast sah (S. 192 ff.) und die grosscntheils im 17. Jahrhundert zerstreut oder zerstört sind, erwähnt zu werden. Sie stammen vielleicht zum grossen Teil von den Funden auf Piazza di Sciarra (1562). Eine Untersuchung über diese interressante Gruppe, zu welcher u. A. die Zeichnungen des Panvinius im Tat. 3439 wichtiges Material liefern, würde sich verlohnen.

Für die zuerst von Müntz in der Bevue archeologique 1886 heraus- gegebene Beschreibung R o m ' s aus cod. Lansdowne 720 ist es P. de Nolhac gelungen, den Verfasser nachzuweisen. Es ist Nicolas Audebert von Orleans, der in den Jahren 1574-1578 Italien bereiste. (De Eossi bull, comun. 1889 S. 365).

IL Darstellende Werke. Stadt- und Baugeschichte im Allgemeinen.

Julius Centerwall, Romas Ruinar. Vandringar inom den eviga stadens murar. Stockholm 1889. 252 SS. mit 5 Vollbildern, 23 Figuren im Text und 4 Plänen, enthält, nach zwei einleitenden Kapiteln (I die Ruinen ; die Ausgrabungen ; das Baumaterial II Roms Hügel und Thäler; älteste Stadt; Servianische Mauer und Thore; Pomerium; Kloaken; Servianische Stadteinteilung; Strassen und Gassen in der ältesten Zeit) eine knappe und klar geordnete Periegese der alten Stadt (III Palatin IV Velia; Culosseun); Caelius, Aventin und Umgebungen V Circus mafimus; Forum Boarium, Velabrum ; VI Forum Roraanum, Sacra via ; Kaiserfora VII Kapitol VIII Marsfeld; Quirinal ; Viminal ; Esqnilin , Trastevere). Hauptquellen sind Jordan, Richter, Middleton und Lanciani's (dem das Werk gewidmet ist) frühere Arbeiten (desselben Aiicient Rome in the light of modern discoveries ist dem Verfasser erst nach Abschluss seines Buches zu Händen gekommen). Die Illustrationen stammen meist aus Middleton.

80 ^"H. HIEI.SEN

0. GiLHERT, Geschichte und Topographie der Stadt Rom im Altertum. Dritte

Abteilung. Leipzig 1890. IV und 479 SS. 8. Der Verfasser behandelt in diesem Bande, nachdem er in zwei vorhergehenden sehr gelehrte und detaillirte, aber recht hypothetische Constructionen älterer und ältester Stadtformen gegeben hatte, die Topographie und Geschichte Roms von der Vertreibung der Tarquinier bis zum Ende des Kaiserreiches. Der Band hat sechs Kapitel : IX die Entwickelung im Allgemeinen ; X die Sakralbauten ; XI die Anlagen politischen Charakters; XII die Verkehrsanlagen; XIII die Anstalten für die Bedürfnisse des Lebens; XIV Einzelperiegese; ein " Schluss» handelt über « Verfall und Wiederaufdeckung der antiken Stadt ".

Das am besten gelungene Kapitel scheint mir das zehnte, in welchem das allraählige Anwachsen der fremden Kulte dargelegt wird, die in re- publikanischer Zeit extra pomerium, besonders im Marsfelde, angesiedelt wurden, bis die Kaiserzeit, mit diesem Prinzip brechend, auch ihnen Ein- gang iiitra pomerium verstattete. Die folgenden Abschnitte leiden darunter, dass mehrfach zusammengehöriges auseinandergerissen wird so wird das Coniitium im X., das Forum im XII. Kapitel besprochen und dass manche Gegenstände unter Rubriken gebracht sind , wo man sie zunächst nicht sucht so stellen z. B. die Obelisken und Colosse unter den « Anlagen politischen Charakters » ; ebenda , statt unter XIII , die Feuerwehr ; das Macellum wird unter den Verkehrsanlagen behandelt, die Horrea unter deij u Anstalten für die Bedürfnisse des Lebens ". Aber dem hilft zum Teil der XIV. Abschnitt « Einzelperiegese », zum Teil der sorgfältig gearbeitete Index ab.

Das Material hat der Verfasser mit grossem Fleisse zusammengebracht, die Citate aus Notizie degli scavi und Bullettino comunale bilden einen metho- dischen Generalindex zu diesen Publicationen : für den Benutzer freilich, dem beide Zeitschriften, und dazu detaillirte Pläne des neuen Rom nicht stets zur Hand sind, wäre weniger oft mehr gewesen. Da eine Recension des G. 'sehen Buches nicht in den Rahmen dieses Jahresberichtes fällt, gehe ich auf Einzelnheiten nicht ein. Nur eine allgemeine Bemerkung möchte ich hinzu- fügen : sie betrifft die Benutzung der Inschriften. Der Verfasser hat sich nicht darauf beschränkt, das Corpus und die dasselbe ergänzenden neueren Publi- kationen zu excerpieren, sondern auch die älteren Sammlungen, Gruter Mura- tori u. s. w. herangezogen nicht zum Vorteil seiner Arbeit, denn was er daraus beibringt, pflegen Dubletten oder Falsa zu sein (i). Aber auch wd

(1) Z. B. am Ende der Anm. auf S. 342 wo der Vf. cui bono? seine Collectaneen über scholae mitteilt, heist es « Vgl. auch Grut. 169,5 schola-, 170, 7, auditorium; 172, 7 schoht; 314 schola paeanistarum n. Von diesen vier Inschriften sind die erste und zweite schnn wenige Zeilen vorher mit ihrer Corpusnummer TVI, 1936 und 1017) citirt ; die dritte gehört nach Praeneste (XIV, 2924). die vierte ist Gruters lateinische Uebersetzung von C. I. Gr. 5913 = Kaibel Imcr. Ital. 1102, wo im Urtext olxoi: steht. Aehnlich S. 295 Anm über die balnea « mehr oder weniger zweifelhaft erscheint lavacra Metelli Grut. 111, 7; lavacrurn 180, 8; balneae 181, 3; 316, 1 ». Ein Zweifel wäre

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 81

sichere Texte vorliegen, finden sich bedenkliche Lese- und Interpretations- fehler (^) ; die topo,f,'rap]iischen Schlüsse, welche er aus den im Curpus gege- benen Fund- und Aufbewahrungsnotizen zieht, sind manchmal verfehlt {^}. Kurz der Benutzer muss gewarnt werden, dem epigraphi.schen .Material bei G. und es nimmt bei ihm einen breiten Raum ein ohne Nachprüfung der Quelle zu trauen.

berechtigt nur für die zweite: LAVACRVM AGRIPPINAE (Gilbert citirt sie noch einmal S. 300 Anm. 3 als unecht auf die Autorität Jordans, der sie Bull. deWIstit. 1873 p. 30 und Forma Urbis p. 42 als Fälschung des 16. Jhdts. darzustellen gesucht, aber den ältesten Zeugen, den sehr zuverlässigen Andr. Fulvius, Ayitiq. f. 21' ed. 1527, übersehen hat; ich halte sie für echt); die erste ist eine Boissard'sche Fälschung (VI, 8131*), die dritte sicher echt, auch wenige Zeilen vorher als C. I. VI, 1744 citirt; die vierte wieder Gru- tersche Uebersetzung , deren Original C. I. Gr. 5907 = Kaibel Imcr. lud. 1055 ganz klar von den Trajansthermen spricht. Fälschungen albern- ster Art figurieren teils ohne Bedenken, z. B. S. 283 Anm. die Gutenste- niana Grut. 93, 1 = C. /. L. VI, 3259*, teils mit der schüchternen Einfüh- rung i< wenn die Inschrift acht ist " ; so S. 445 Anm. 1 Grut. 39, 5, der hübsche Ligorianische lapis auspicalis. C. I. L. VI, 701*. An anderen Stellen sucht der Verfasser verdächtigte Inschriften zu retten, so C. I. L. VI, 667* S. 91 Anm. 2. Machtsyirüche, wie S. 417 Anm. : « wenn diese Inschr. im Corpus unter den falsae 3297* aufgeführt wird, so ist das willkürlich; es liegt durchaus kein Grund vor die Inschrift zu verdächtigen » womit die ausführliche und vorsichtige Auseinandersetzung Henzens a. a. 0. einfach ignoriert Avird, sollte Vf. lieber unterlassen ; er kann nicht erwarten dass sie auf Sachverständige Eindruck machen.

{}) Die Inschriften der Bleiröhren, mit ihren nicht immer leicht auf- zulösenden Genitiven sind dem Vf. mehrmals verhängnissvoll geworden. Dass (S. 421 Anm. 3) ein Rous Hilario und Rous Auctus (statt Roius) und andrerseits (S. 444 Anm.) ein M. Valerius Bradua Mauricius (statt Mauricus) erscheint, sind Kleinigkeiten; bedenklicher ist schon die Inschrift (S. 366 Anm. 2) eines ' M. Manifesti Caeciliani ' (statt M. Mari Festi Caec.) ; und gar : «Bleiröhren nennen das Haus des Amethyst.us Drusus Caesar ^^ (S.374 Anm. 5) « eine andere Inschrift nennt zunächst dem Ponte Rotte das Haus des Elus Antoniniis ,Pius (des Kaisers?) jYot. 1887, 17 « (S. 448 Anm. 1) Das macht G. aus' den Inschriften AMETHYST! DRVSI CAESARIS und ?c;2iiJY/;^iELl. ANTONINI. PlI !! Auf gleicher Stufe steht die Erläuterung zu Lanc. 130: SOCIORVM PVBLICI | XXV.VENALIVM « eine Gesellschaft, die sich als socil XXV venales bezeichnet!) (S. 366 Anm. 2). Aus Steinin- Schriften notire ich : ein locus Caprari et Gattules, d. h. Grab des C. und der G., figurirt unter den Zeugnissen für den locus Capreae (S. 377 Anm. 3) ; aus der Inschrift (C. /. L. VI, 8719) Ascani, Philoxeni Tl. Claudi Cae- sar{is) Augusti servi vic(ari), arcari, schafft sich G. einen vicus arcarius (S. 54 Anm. 1) u. s. w.

(') Auf S. 114/15 Anm. 3 zählt G. die Heiligthümer und Altäre des Mithras auf. Unter diesen figurieren : « vor Porta Flaminia C. VI, 723. 724 " (nämlich in Villa (jiustiniani, deren Steine bekanntlich von hundert verschie- denen Oi'ten zusammengebracht waren) " in aedibus Massaliorum (lies Maf- faeiorum) VI, 746 » (das ist Pal. Maifei im Marsfeld, der im 16. Jhdt. gleichfalls eine grosse Inschriftensammlung enthielt) « an der zum Ponte S. Angelo führenden Strasse VI, 747 " (nämlich im Pal. Capponi, dessen Besitzer im vo- rigen Jahrhunderte Steine sammelte). Diese Proben mögen genügen, um obige Ausstellungen zu begründen; sie zu vermehren VÄge Material genug vor.

82 <"H. HUEI.SEN

Guida di Roma e suoi dintorni, ossia Jtinerario del Nibby. Undicesiwa edizione a cura del Prof. Filippo Porena. Borna, Loescher 1891. 491 SS. 8. ist nicht, wie die vorletzte 1877 erschienene Auflage, nur eine Ueberarbeitung des Nibby'schen Itinerars, sondern ein völlig neues Buch. Der Verfasser hat sich Mühe gegeben, die Resultate der topographischen Forschung auch der letzton Jahre zu venverlhcn. Mancherlei veraltetes ist freilich stehen geblieben, z. B. verleitet die Beschreibung S. 453 dazu, die Arvaltafeln noch in alcmie rimesse della c.asa della vigna Ceccarelli zu suchen. Die Pläne gehen zurück besonders auf Middleton und Richter; ein Stadtplan ist nicht beigegeben.

Besonders möchte ich hier noch aufmerksam machen auf zwei mit einander in Verbindung stehende Publikationen : Rom mit dem Triumphzuge des Kaisers Constantin im Jahre 312. Rundgemälde

von Prof. I. BüHLM.vNN und Alex. Wagner. 1 Bl. Photogr. quer- fol. Rom mit dem Trium]ihzuge des Kaisers Constantin im Jahre 312, beschrieben

von Franz von Reber. München 1890. 1 60 SS. 8, mit Orientirungstafel,

Skizze des Panoramas und 23 Textillustrationen. Das Bühlmann- Wagnersche Panorama ist nicht nur künstlerisch, sondern auch und dies verdient gegenüber ähnlichen neuerlich produzierten Decorations- stücken hervorgehoben zu werden wissenschaftlich eine bedeutende Leistung. Für die Veranschaulichung des Centrums der Stadt Capitol, Forum Romanum, Kaiserfora, Marsfeld giebt es z. Z. nichts besseres. Der photographischen Ausgabe ist z. B. für Zwecke des Unterrichts eine recht weite Verbreitung zu wünschen. Das Textbuch F. v. Reber's orientirt geschickt und verständlich über die Hauptsachen denn fast alle bedeutenden Ruinen Roms befinden sich im Sehfeld des Kapitols der römischen Topogi'aphie. Die Textillustra- tionen, Grundrisse und Durchschnitte, sind sachkundig ausgewählt (besonders dankenswerth die Reproductionen der Dutertschen Studien über den Palatin). Ueber Einzelheiten (wie den in der Einleitung begegnenden lapsus memoriae, Augustus habe « im Monumentum Ancyranum ri gesagt, dass er Rom als Ziegelstadt überkommen, als Marmorstadt hinterlassen habe), braucht hier nicht gerechtet zu werden.

Lage Boden Klima.

Wenn auch eine Verzeichnung der Arbeiten, welche geographische und physikalische Verhältnisse Roms und Latiums, ohne spezielle Beziehung auf das Alterthum, behandeln, nicht im Rahmen dieses Berichtes liegi, so verdient doch eine neueste officielle Publication auch die Aufmerksamkeit der antiken Topographen ; ich meine die

Carla geologica della Campagna Romana con le regioni limitrofe, puhblicata per cura del R. Ußcio geologico. Roma 1889. 7 Bll. gr. fol. 1 Hft. Text 22 SS. 8. Diese ist nach Aufnahmen der Ingenieure Zezi und Cortese (1879-82) im Massstabe 1:100 000 unter Zugrundelegung der Generalstabskarte hergestellt

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 83

Sechs Blätter entsprechen den Nr. 142-144. 149-150. 158 derselben, ein sie- bentes bringt sesloni geologiche, von denen sich aber keine auf das Stadt- terrain selbst bezieht.

Stadt- und B augeschichte im Allgemeinen.

Zu den A r g e e r n sind zu verzeichnen die Bcnicrkuniren von Diels, Sibyllinische Blätter (Berlin 1890. S. 43. 41), von denen für das topographische Detail allerdings nur in Betracht kommt das Festhalten an der Zahl der 27 (nicht 24) Kapellen. Im übrigen erklärt sich der Verf. von Studenmnds Parstellung nicht überzeugt.

Die Abhandlung von J. Kui-akowjski : zur Frage nach den Anfängen Eoms (russisch) Kiew 1888. 155 SS. 8. ist mir nur aus der Besprechung von H. Haupt in der Berl. philol. AVochenschrift 1891 S. 127/28 bekannt ge- worden. Der Verfasser behandelt danach die Möglichkeit der Entstehung Borns aus Vereinigung von Sondergemeinden; die Ausdehnung der ältesten palatinis- chen Stadt; Aboriginer und Sabiner; Ivoms Beziehungen zu den Etruskern. Vgl. noch unten. S. lOö.

E. Lanciani ricerche sulle regioni XIV urb eine {bull comun. 1890 S. 115-137

Tf. IX. X) beabsichtigt, die Grenzen der 14 augustischen Regionen genau zu fi.xiren, namentlich auch mit dem praktischen Zwecke, der N'erwaltung der Aus- grabungen für Einordnung der neuen Funde eine feste Norm zu bieten. Dass diese Linien vielfach convenlionell sein müssen, wird zugegeben; und dem praktischen Zwecke des Aufsatzes entspricht es , wenn ohne einge- hende Discussion im wesentlichen dogmatisch vorgetragen wird. IMo bri- gegebene Karte enthält nur die Hauptlinien der antiken Stadt : Hügel , servianische und aurelianische Maner, Hauptstrassen ; da der Text und die Grenzbeschr(!ibung am Schluss des Aufsatzes häufig auch auf die moderne Nomencliitur Bezug nehmen, sieht sich der Leser genötigt, stets mit zwei Karten zu opcriren. Die Beigabe eines vergleichenden Planes der altm und neuen Stadt, wie in Richters Toixigraphie, wenn auch nur in den Hauptlinien, wäre sehr erwünscht gewesen. Auch im P'inzelnen bleibt an der (irenz- beschreibung manches unklar (i). Von Interesse sind mehrere Exkurse :

(1) Wenn man z. B. sich die Grenzlinie der vierten Begion nach den Angaben S. 13C auf einen modernen Plan aufzutragen versucht, so scheint es, dass die Begion in zwei ganz getrennte Stücke zerfällt, di<' am Schnittpunkte der via de' Neofiti und Via S. Maria de MontiWwy einzige Berührung haben. Das ^ann L. nicht gemeint haben : die von ihm beab- sichtigte Grenze wird vielmehr an dieser Stelle von Piazza dellu Madonna de' Monti nach Vicolo del Peraicone herüber dem Esquilinabhang folgen sollen. In der Grenzbeschreibung der VI. Region, ebenda, ist für Puvta PJsquilina zu lesen Viminale.

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1) über die Grundsätze der Augustischen Eegionsteilung. Nach L. die war Grundlinie eine von Südosten (') (Via Appia-Circus Maximus), um dun Westab- hang des Palatin. den Ostabhang des Capitols he'-um nach Norden (Via Lata- Flaminia) laufende Linie : die Servianische Mauer und die grossen nach ihren Thoren laufenden Strassen geben die weiteren Teilungslinien (2) und man erhielt, ausser, dem Palatin als Centralregion, auf dem linken Ufer 6 Ee- gionen innerhalb, 6 ausserhalb der Mauer. Die Zählung beginnt an der Normale im Süden (Porta Capena) und kehrt zu ihr zurück. Den einzelnen Regionen bestrebt man sich möglichst gleiche Umfange (12270 F. im Durch- schnitt) zu geben, was besonders an den 7 Regionen innerhalb der servianischen Mauer (die äusseren scheinen in späterer Zeit erhebliche Veränderungen er- litten zu haben) nachgewiesen wird : über Bevölkerungsdichtigkeit und Rang der verschiedenen Quartiere versucht L. aus den statistischen Zahlen der Regionsbeschreibung Resultate zu gemnnen. 2) Ueber die Regionsbe- schreibungen wird behauptet, dass sie in noch viel weiterem Umfange, als man bisher annahm, Strassen- und Platznamen enthielten. So seien die curiae veteres in der zehnten Region nur Andeutung für den vicus curiarum, die Namen Janiculum und Vaticanum in der vierzehnten dessgleichen für einen vicus Janiculensis und vicus Vaticanus. In der Ausdehnung des an sich gewiss beachtenswerten Princips dürfte L. doch wohl etwas zu weit gegangen sein : so enthält z. B. sein Verzeichniss für die erste Region elf Namen, während die constantinische Regionsbeschreibung für dieselbe angibt : vici X. Nimmt man auch an, dass von jenen 11 die n. 4. 6. 8 {area Apollinis et Splenis area pannaria area Carruces) abzuziehen seien, so bliebe immer noch das singulare Factum, dass gerade in dieser Region die Beschreibung die Strassennamen mit fast absoluter Vollständigkeit erhalten hätte.

Die Aufsätze von Camillo Ee : le regioni di Roma nel medio evo [studj e documenti di storiu e diritto X, 1889 S. 349-382) untl L. Duchesne: les r^gions de Fome au moye/i-dge {Melanges de Vecole franraise 1890 S. 126-149)

müssen hier erwähnt werden, weil sie auch die Frage nach dem Fortleben der augustischen Regionen im MA. in Betracht ziehen. Beide Gelehrte gelangen zu gerade entgegengesetzten Resultaten : während Re die augustische und die kirchliche Regionsteilung des Mittelalters für im wesentlichen congruent hält und somit den modernen rioni eine Existenz von 19 Jahrhunderten zuschreiben will, besteht Duchesne auf seiner schon früher {Revue des questions histo- riques 1878) gegen Jordan verfochtenen These : die antike Einteilung in 14 Regionen verschwindet mit den gotischen Kriegen des VI. Jahrhunderts,

(>) Die Wahl dieser Normale wird empfohlen schon durch die auf der gleichen Linie beruhende Orientirung der forma Urhis.

(2) Dass die Bedeutung der Hauptstrassen als Regionsgrenzen schon in Richters Topograjdiieen (bei Baumeister, Denkmäler, und I. Müller,' Handbuch) dargelegt worden ist, hätte erwähnt werden sollen.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 85

das Anknüpfen der mittelalterlichen Einteilung ist nur scheinbar. Die Be- weisführung Duchesne's scheint mir überzeugend (i).

Für die Verwaltung der Stadt im 3. Jhdt. ist von Interesse eine Insclirift von Pratica, welche nacli der im C I. L. XIV, 2078 adoptirten Lesart einen consularis sacrae urbis regionis IUI, cur[ator) Laurcntium Lavi- natium nannte. Der Stein ist in diesen Zeilen sehr beschädigt, und Dessau zweifelte, ob statt regionis IUI nicht zu lesen sei regionis II et. Diese Verniuthung wird bestätigt durch eine von De Rossi im Vatikanischem Archive {misc. nella sala cli studio vol. 341 f. 190) aufgefundene, gleich nach der Aus- grabung des Steines (1718) genommene Abschrift {Bull, comun. 1890 S. 285-288). Der Name des Beamten, dem die Basis geweiht war, ist nur fragmentarisch erhalten. De Eossi vermutet Än[tonio Äntid] Lupo und bringt ihn in Verbin- dung mit dem bekannten Manne aus Commodianischer Zeit (C. /. L. VI, 1343).

M. BoRGATTi, le mura cli Roma {conferenza letta ai sigg. ufficiali del 3. reggimento genio, distaccamento di Roma, nei giorni 21 e 22 fehbraio delVanno 1890). Rivista d'artiglieria e genio 1890 vol. 11. 81 SS. 8. 6 Tf. skizzirt die Geschichte der Befestigungen Roms von den ältesten Zeiten bis auf die Gegenwart Die das Altertum betreffenden Kapitel [Roma quadrata S. 4-12 ; cinta dei re o di Servio Tullio S. 1.3-33 ; cinta di Aureliano S. 33-49) fussen hauptsächlich auf Nibby, Piale, Lanciani, Parker und einem Aufsatz von Baratieri [Nuova Antologia 3 s. vol. 8). Jordan und Richter citirt der Verfasser zwar, hat sie aber nicht gründlich benutzt, er hätte sonst z. B. die Aufnahme der alten palatinischen Befestigung {Annali delVIstit. 1884 p. 189-204 ; Jilonumenti vol. XII tav. VIII A) nicht übersehen können. Bei der Bestimmung des Vortrags wird man keine wesentliche Bereicherung unserer Kenntnisse erwarten : erwähnenswert ist die durch Zeichnungen (Tf. III fig. 8-14) erläuterte Klassifikation der Aurelianischen Befestigung S. 67. 68 : 1) isolirte Mauer, ohne Wehrgang, mit wenigen Schiessscharten (so zwischen Tiber und P. del Popolo ; südlich von den Castra praetoria ; zwischen Porta Ostiensis und Tiber) ; 2) Futtermauer mit Brustwehr, so am Abhang des Pincio; 3) häufigster Typus: Mauer mit gewölbtem Wehrgang im Inneren. Von den beigegebenen Tafeln ist I Stadtplan (1:10000) mit Einzeichnung sämtlicher Mauerringe; II-V Durchschnitte und Ansichten der antiken Mauern, VI desgl. der Befestigungen Sangallo's.

H. Strack, Baudenkmäler des alten Rom. Berlin 1890. 20 Tif. fol. 20

SS. Text giebt, nach sehr wolgelungenen photographischen Originalaufnahmen, in historischer Anordnung folgende Monumente: 1.2 Forum, 3-6 Pantheon,

(2) Vgl. nach L. Calisse, arch. della soc. Romana di sioria patria 1890 S. 262-264; I. Guidi bull, comun. 1890 S. 154-156; 1891 S. 38.

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7 Augustusforum , 8 Castortempel , 0-11 Colosseum , 12. 13 Titusbogen, 14 Forum Boarium. 15 Traiansforum, 16 Faustinatempel, 17 Tempel auf Piazza di Pietra, 18 Säule des Marc Aurel, 19 Gallienusbogen, 20 Constantins- bogen. Da die Vorführung von relativ wohl erhaltenen architektonisch wirkenden Bauten den speziellen Zweck des Werkes bildet, erklärt sich das ijänzliche Fehlen z. B. der Thermen und der Palatinischen Ruinen. Doch verdienten, wie auch 0. Richter (Berl. philol. Wochenschrift 1890 S. 1598) hervorhebt, bei einer Erweiterung des Werkes namentlich Marcellustlioater und Porta Maggiore Aufnahme. Der Text könnte neuere architektonische Litteratur, namentlich wichtige Einzelpublikationen in ausgedehnterem Masse berücksichtigen ; die Anführungen beschränken sich meist auf Desgodetz, Pi- ranesi, Valadier, « Lampue fragm. d'archit. » (? verbirgt sich unter diesem mir unauffindbaren Titel das Werk von Ch. Moreau, frar/ments et Orna- ments cVarchitecture dessines a Rome d'aprl'S Vantique, 1802?) und nament- lich Canina. Es befremdet z. B. dass Dutert, le forum Romain nirgends ge- nannt wird.

Die Aufsätze von Aitchison im Builder vol. LYI-LVIII (n. 2415. 2416 the roman Thermae ; n. 2452-2457 Roman architecture) genügt es hier kurz zu erwähnen ; hervorgegangen aus Royal Academy lectures bringen sie nichts selbständiges neues.

0, Richter, Cloaca Maxima in Rom. (Alte Denkmäler, herausg. vom K. D.

Archäologischen Institut Bd. I. Tf. 37). R. Laxciani, la cloaca massima (Bull, comun. 1890 S. 95-102, Tf. VII. Vni).

Richters Arbeit ist grundlegend für unsere Kenntnis der Cloake im Ganzen. Sie fusst hauptsächlich auf den Aufnahmen des Hrn. Pietro Narducci, Chefingenieurs der römischen Canalisation (vgl. TJB. 1889 S. 236). Die von P. Graef gezeichnete Tafel giebt einen Plan (1:1800) des Laufes der Cloaca, einschliesslich der erst 1889 entdeckten oberen Teile beim Augustusforum ; den Längsschnitt in der Abwickelung (gleichfalls 1:1800, Höhen 1:900) und 19 einzelne Längs- und Querschnitte (1:200). Fünf Figuren im Text erläutern die Mündung in den Tiber, nach Aufnahmen und Messungen von E. Fürstenau.

Vom Gesammtlaufe der Cloake giebt die Tafel zum ersten Mal ein über- sichtliches Bild. Die mannichfachen Windungen und Ausbeugungen, welche in demselben sofort auff'allen, erklären sich zum Teil durch Rücksicht auf darüber liegende resp. später darüber errichtete Bauten (so die gleich zu erwähnende Ausbiegung beim Nervaforum ; ähnlich wohl die südl. der Basilica Julia und unter Via dei Fienili). Andere aber, und gerade die bedeutendsten Abweichungen von der Geraden, scheinen mir am besten erklärbar durch eine Erwägung, welche gleichzeitig ein interessantes Licht auf die Geschichte des Baues wirft. Die Linie des Laufes entspricht so sehr dem Charakter eines natürlichen Wasserlaufes in der Campagna, dass wir vermuthlich in der Cloaca Maxima einen allmählich canalisirten Bach zu erkennen haben, der bei S. Gior-

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.<,no in Velabro in die Marrana mündete. Die Entwickelung wird eine ähnliche gewesen sein, wie sie für den athenischen Eridanus kürzlich Dürpfeld (Athen. Mitheil. 1888 S. 213-220) schlagend nachgewiesen hat: Befestigung der Ufer, teilweise Ueberbrückung, vollständige Eindeckung, Quaderbau mit Wölbung. JDie Cloaca Maxima ist dabei auf viel bescheidenere Breiten reducirt (2-.3, nur an der Mündung in die Marrana 4 in.) als die athenische, 4,20 m. breite Anlage. Lanciani beschäftigt sich ausschliesslich mit dem 1889 entdeckten, zur Entwässerung des Forum Augusti, der Subura und des Esquilin dienenden oberen Teile, von welchem ein Plan, ein Längsschnitt in der Abwickelung (1:600), ferner 4 Uetailschnitte (1:150) gegeben werden. Der Text beschreibt das Bauwerk, gleichfalls nach Mitteilungen von Narducci. Der Construction nach unter- scheiden sich in diesem Teile zwei Strecken : vom Comitium (S. Adriano) bis zur Via Alessandrina sind die Seitenwände aus (Quadern von pietra Gtthina, die Wölbung eine Halbkreistonne aus Ziegeln (i). Von der via Alessandrina dagegen bis zum Augustusforum besteht der ganze Bau aus Quadern, ohne Mörtel. Lanciani bemerkt treffend," dass die Ausbiegung zwischen V. Alessan-

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drina und V. Tor de' Conti nur erklärlich ist (vgl. Figur) durch die Rücksicht auf den Minervatempel auf dem Forum des Nerva. Diese Strecke kann also nicht älter sein als das Jahr 90 n. Chr., was um so mehr hervorgehoben zu werden verdient, als gerade hier die Construction einen viel altertümlicheren Ein- druck macht, als in dem Tract abwärts nach dem Forum zu. Ungelöst bleibt

(1) An einzelnen Stellen sind auch die Seitenwände mit Ziegelwerk ausge- flickt; darin Stempel ^ ",.) vE^if/ (Marini 13-59= C. I. L XV, 152^, Anf. des 2. Jahrh. n. Chr.).

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die Frage, wie die Entwässerung der Zaiserfora {F. Julium, Augusti, Traiani) an die Cloaca Maxima angeschlossen war : rechtsseitig münden in die Cloake nur Seitenstränge von kleinen Dimensionen. Miigliclierweise findet dieser auffallende Umstand seine Erklärung darin, dass die Einmündungen der von den Kaiserfora kommenden Seitenstränge in einer Tiefe liegen, bis zu welcher die jetzigen Nachforschungen nicht gedrungen sind (i). Ueber Argiletum s. u. S. 101.

0. Richter, die moderne Zerstörung TJoms. (Verhandlungen der Görlitzer

Philologenversammlung S. 17-30). Fil. PoRENA, deWattuale rinnovamento ediUzio cli Roma in relazione colle

sue passate trasformazioni {Bidlet'mo della socield geograßca Italiana,

ser. III vol. 2 fasc. 6, S. 442-467) behandeln die viel besprochene bauliche Umwandlung der Stadt in den letzten zwanzig Jahren, beide in massvoll apologetischem Sinn. Porena skizzirt die Stadtentwickelung von der ältesten Zeit bis auf unsere Tage, und hebt dabei hervor, wie jede einzelne Phase aus der (oft ganz rücksichtslosen) Zerstörung der früheren hervorgegangen sei ; Piichter betont den reichen Ertrag an topo- graphischer Belehrung und künstlerischen Funden, welche wir der gesteigerten Bauthätigkeit der letzten 20 Jahre verdanken.

H. I^Iacmillan, Roman Mosaics, or studies in Rome and its neighbourhood.

London 1888 mag hier nur erwähnt werden, weil es sich in Bibliographien ohne den Xebentitel genannt findet, und also jemand darin etwas über römische Mo- saiken zu finden erwarten könnte. Es ist aber eine gerin gwerthige Sammlung von populären historisch-antiquarischen Aufsätzen. (Vgl. die Besprechung von 0. Richter, Berliner Philol. Wochenschrift 1890 S. 440-442).

III. Topographische Eunüschau. Forum Komanum.

F. M. KiGHOLS, a revised history of the column of Phocas. (Archaeologia vol. LH, London 1890). 12 SS. 4. (vgl. auch tramactions of the En- glish-American Archaeological Society 1889 S. 174-178). führt die bereits TJB 1889 S. 242 besprochene Hypothese (die Fokassäule sei ein Werk des 4. Jahrhunderts, später durch Zusatz der Stufenpyramide, Padirung der u: sprünglichen und Einmeisselung einer neuen Inschrift für

(1) L'alveo (della cloaca Massima) ? stato spurgato dal cav. Narducci soltanto sino alla imposfa della volta, sagt Lanciani S. 98. Demnach ist die Darstellung der unteren Steinlagen auf Narducci's Längsschnitten meist sche- matisch, die Höhe und das BasaltpHaster der Sohle nur durch gelegentliche tasü ermittelt.

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Fokas umgemodelt) weiter aus ('). Ich bin von der Eichtigkeit derselben ebensowenig überzeugt, wie früher. Eine definitive Widerlegung könnte nur durch Ausgrabungen am Mauerkern gegeben werden, auf welche für jetzt hat verzichtet werden müssen. Einstweilen mögen folgende Gegengründe kurz angedeutet werden: 1) Architektonisch wäre das " Theodosius- » Monument, wie es nach Nichols reconstruirt werden muss, eine emjjfindliche Unform : auf einer quadratischen Backsteinbasis ein hohes Postament, auf diesem die Säule (vgl. nebenstehende Skizze). Eine solche Anordnung dürfte bei römischen

Ehrensäulen beispiellos sein. Die Backsteinbasen an der Südstrasse trugen direkt die Säulen : und nicht anders die auf den Reliefs des Constantinsbogen und sonst abgebildeten ähnlichen Monumente. 2) Epigraphisch. Wäre eine ältere Monumentalinschrift spurlos getilgt, so müsste man erwarten, dass die Schriftfläche gegen die ursprüngliche zurückträte (2) : was am Auflager des Gesimses zu constatiren sein müsste. Aber nicht nur ist an dieser Stelle kein Zurücktreten der angeblich radirten Fläche zu constatiren, sondern für das gerade Gegentheil sprechen die noch wohl erkennbaren Aufschnürungslinien auf den Fundamentblöcken, welche zeigen, dass auch die untere Blockschicht noch ihre ursprüngliche Lage und Dimension hat. Auffällig wäre ferner, dass die « Theodosius- " Inschrift weder dem Forum, noch der sacra via, noch den

(1) Nach eigenen Messungen giebt N. einen Aufriss der Stufenpyramide und Basis, S. 6 ; wo derselbe von der schönen Valadier'schen Aufnahme (die wiederum vgl. TJB 1889 a. a. 0. nicht benutzt ist) abweicht, entscheidet die Revision des Originals zu Gunsten der letzteren. So z. B. ist die unterste Stufe nicht ^\eic\i. den höheren profilirt. sondern ein einfacher rechteckiger Block ; die Zahl der Stufen wird von V. richtiger auf 13 statt auf 12 berechnet, u. A.

(,2) Nichols sagt (S. 7) : the original plane surface . . . is not venj much loivered by the erasure, ivhich does not extend over the upper pari, nor as far as the coniers of the pedestal. It folloios that the earlier inscnption . . . was cut in very shalloic letters. Immerhin müsste man sich die Oberfläche merklich concav vorstellen ; was nicht der Fall ist.

90 CH. ÜL'ELSEN

Btrstra zngETvenflet gewesen wäre, sondern gerade der vierten, am wenigsten bedeutenden Seite (die Curia, von der Nichols S. 7 spricht, liegt zu weit entfernt). Den allgemeinen lanistgeschiclitlichen Erwägungen (S. 9. 10), namentlich der Vergleichung mit dem Stilicho-Monumente [Eph. epigr. IV n. 849), kann ich keine erhebliche Bedeutung beilegen. Gewiss hat es schon Anfang des V. Jhdts unter den Monumenten des Forums Flick- und Pfuschar- beiten gegeben ; aber wesshalb soll die Entwickelung für alle späteren Jahr- hunderte stetig abwärts gegangen sein ? Den Baumeistern von S. Lorenzo (590 gladios hostiles intcr et iras erbaut !) und S. Agnese fuori (630) wird auch technisch die Errichtung einer Fokassäule keine Schwierigkeiten ge- macht haben.

Ueber die Inschrift der Columna ro st rata hat Wölfflin (Sitzungs- ber. der philos.-philologischen Classe der Münchener Akademie 1890 S. 293-321) gehandelt. Er kommt" zu dem Resultat: Die Inschrift ist Copie eines älteren Originals, gemacht in den letzten Jahren des Augustus oder den ersten des Ti- berius; die Sprache, abgesehen von der inconsequenten Orthographie, Latein aus der Zeit des ersten punischen Krieges, nicht der ersten Kaiserzeit ; der Inhalt als historisches Zeugnis für das Jahr 260 v. Chr. zu betrachten. Seine auf eingehender Analyse des Wortschatzes und der Wortfügung beruhende Beweis- führung ist fast durchweg überzeugend. Wenn der Vf. S. 294 im Hinblick darauf, dass die Inschrift an der Basis eine Statue angebracht gewesen zu sein scheint, ein Zeugnis dafür vermisst, dass auf oder neben der columna rostrata ein Standbild des Duilius sich befunden habe, so tritt hier vielleicht das neu zusammengefundene Duilius-Elogium vom Augustusforum (Mitteil. 1890 S 306), welches von einer statua spricht, ergänzend hinzu.

De Eossi, la domus Octavii presso la via sacra sul Palatmo {Bull, comun.

l;?89 S. 351-355) erörtert die schon von Jordan (Top. I, 2 S. 2S6 Anm. 116) behandelte Stelle aus Sallusts Historien, setzt das Haus des Octavius zwischen Palatin und sacra via an, und erklärt die bisherigen Versuche, die letzte Zeile des genannten Fragments zu ergänzen {in [propu]gnaculum perve[nit] in[genti pu]gna cli]v[i]um perve[;nit] in [ipsum vestib]2dum perve[nit]) für unwahrscheinlich, ohne die von ihm selbst neu vorgeschlagene Lesung in [interiora aecr\ium per ve[ßtihulum pervenit] für sehr überzeugend zu halten.

G. ToMASSETTi, la epigrafe del tempio dei Castori {Bull, comun. 1890 S. 209-

219) behandelt eine Inschriften-Ergänzung, che puö essere piacevole a chi si diletta di simili curiositd, und kann nur von diesem Standpunkt aus beurteilt werden. Der Vf. beschäftigt sich mit dem Bruchstück einer Monumentalinschrift

xro

welches beim Castorterapel gefunden ist, und dessen schon Jordan dichia- rando alla sfuggita la inutilitä di una relativa discussiojie in seiner

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 91

Topographie (I, 2 S. 372 Anm.) "•eclenkt. Tomassetti ergänzt es, mit Beziehung auf Sueton. Tib. 20 und Dio 45, 17 zu folgender fünfzeiliger Inschrift :

Polluci e]t . C[astori

[Ti. Julius Aug.f.divi n . Caesar Claudianus Germ.

pont . cos . ii . imp . ü . trih . pot . vii

et Nero Claudius Ti .f. Drusus Germ . Augur . cos . imp .

d . d . de manubiis .]

Die Frage, wie eine solche Inschrift am Tempel angebracht gewesen sein soll, scheint sich der Vf. gar nicht vorgelegt zu haben : das obige Bruchstück hat Buchstabenhöhe von 50 cm., für die folgenden Zeilen nimmt Vf. 32 cm. an (S. 218). Der Architrav des Castortempels hat 1.08 m,, Fries 1.03 ra. Höhe ; selbst angenommen, dass beide in einer für gute Zeit ungewöhnlichen Weise zum Inschriftralimen zusammengezogen gewesen sein sollten, würde kein Platz für eine solche fünfzeilige Inschrift sein. Ich bin hinsichtlich des Fragments durchaus Jordans Meinung.

F. M. NicHOLS, the remains of the arch of Aur/iistus in the roman Forum {transact. of the BrÜ. and Americ. archaeol. Society 1889 S. 178-181). referiert über Richters Entdeckung (TJB 1889 S. 243-244).

0. Marucchi, alcune ulteriori osservazioni sulla Regia del ponteßcc massimo

e sulVatrio di Vesta. Rom 1890. 28 SS. 4. ist ein bereits am 28. April 1887 in der Accademia pontificia di archeologia gehaltener, aber erst jetzt gedruckter Vortrag. Nach einem kurzen Ueberblick über die Geschichte der genannten Baulichkeiten (S. 3-6) behandelt Vf. mehrere topographische Einzelfragen : 1) Gang der älteren sacra via. Dieselbe soll von der Velia herab direkt zum Castortempel geführt, also Regia und Vestabezirk getrennt haben. Die angeführten Gründe überzeugen nicht. 2) Aus- dehnung der Regia. Diese habe sich bis zur Rückseite des Caesartempels ausgedehnt, wie die Jordanschen Ausgrabungen (Mitt. 1886 S. 99 tf.) gezeigt hätten: der Severischen Restauration gehörten an quei muri di opera laterizia che si trovano aderenti alla parte posteriore di quel tempio medesimo. Teils missverständlich, teils durch die gleich zu erwähnenden neuen Ausgrabungen widerlegt. 3) Wichtigkeit des 1882 gefundenen Stadtplanfragments für Fixirung der Grenzen des ' locus Vestae \ 4) der Penus Vestae. Vf. wiederholt seine frühere Hypothese, dass der Penus im Vestalen hause gelegen habe und in dem achteckigen Mittelbau im Säulenhofe zu erkennen sei. Wenn Festus sage ,penus erat locus intimus in aede Vestae' so sei in aec/ö nicht buchstäblich zu verstehen ; man sage ja auch modern ' in S. Pietro ' per indicare un luogo qualunque degli edifizj annessi ed appartenenti alla basilica Vaticana. Demnach müsste es Vf. correct finden, wenn man Michelangelos Weltgericht nennt in S. Pietro, statt in der Cappella Sistina die ja auch ein Cultgebäude nud mit der Basilica durch Mauern verbunden ist.

92 CH. HUELSEN

Mein Aufsatz: Die Kegia (Jahrbuch des Instituts 1889 S. 228-253) giobt zunächst eine Uebersicht über die zwischen Castor- und Faustinentempel seit dem 16. Jhdt. gemachten Ausgrabungen, unter Heranziehung auch un- gedruckten Materials ; sodann einen Bericht über die mit Bewilligung der Birezione geiierale degli scavi im December 1888 und Januar 1889 auf der Stätte der Regia angestellte Ausgrabung, welcher durch einen Plan und Detailzeichnungen vor F. 0. Schulze erläutert wird ; endlich einen Recon- structionsversuch desjenigen Teiles des Gebäudes (es ist der dem Vestatempel benachbarte), an welchem die Blöcke der Fasti consulares und triumphales angebracht waren. Dieser Versuch unterscheidet sich von dem Nicholsschen dadurch, dass er die Triumphalparastaten wieder, wie es Henzen gethan, zu Seiten der dritten und vierten Consulartafel annimmt, während die erste und zweite Consulartafel, nicht von Parastaten flankirt, auf die Westwand des Gebäudes kommen. Die Notwendigkeit dieser Aei derung ergiebt sich aus dem erst kürzlich wieder aufgefundenen Anfangsstück des ersten Parastaten mit dem Romulustriumph, dessen Capitell einer Ecke des Gebäudes angehört haben muss.

Sal. Rein.vch, Varc de Titus et les d('2J0uilles du temple de Jerusalem.

Paris 1890. 31 SS. 1 Tf. ursprünglich Vortrag (in der Socieie des Studes Julves) über die Eroberung Jerusalems durch Titus, die Tempelschätze und ihre Schicksale, giebt u. A. auch eine detaillirte Beschreibung der Reliefs des Titusbogens, ohne neue eigene Forschung (vgl. 0. Richter, Berl. philol. Wochenschrift 1890 S. 1564).

Die im cod. Hamburgens. des Über ystoriarum Romanarum enthaltene Zeichnung des einen Innenreliefs des Titusbogens ist oben (S. 76) erwähnt.

G. Bergsoe, Vamphithöatre des Flaviens. Paris und Poitiers, Oudin. o.

J. 63 SS. 16. wird zwar in Bibliographien über römische Stadtgeschichte citirt, ist aber ein Phantasiestück, das nicht unter die Topographie, sondern unter die si dis placet schöne Litteratur gehört.

Jordan hat in Bursians Jahresber. 1879 S. 415 sehr bestimmt die Behauptung ausgesprochen, dass man « zum Constantinsbogen Avie ursprünglich zum Severusbogen auf Stufen hinaufgestiegen » sei : Narduccis Angabe {fognatura di Roma Tf. 13), dass das Pflaster der « Via Trionfale dl Costantino " in einer Höhe von 18,63 m. ü. M. constatirt sei (modernes Niveau im mittleren Durchgang des Bogens m. 21,52), schien eine annähernde Schätzung (mindestens 5 Stufen, dann geneigte Pflasterstrasse) zu gestatten. Um zu gesicherten Resultaten zu gelangen, unternahm ich im April 1890 in einem der Seitendurchgänge mit Bewilligung der D>rczwnc generale degli scavi eine Nachgrabung, deren Ergebniss der obigen Ansicht nicht günstig ist. Von Stufen fand sich keine S])ur; dagegen er. 0,80 m. unter Terrain

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ein Travertinfundament, über welchem eine einzige Marmorstufe gelegen hat, wie die leicht erkenntliche Abarbeitung in den correspondirenden Blöcken der Seitenpfeiler unzweifelhaft macht. Ausserhalb des Durchganges fand sich

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ein wohl noch an seiner Stelle liegender Pflasterstein von Basalt ; davor ein 0,41 m. breiter "Abzugscanal in Ziegelmauerwerk aus später, aber wohl noch antiker Zeit.

E. Petersen, i rilievi tondi delVarco di Costantino (Mittheilungen des

röm. Inst. 1889 S. 314-339) analysirt zunächst eingehend die von älteren Bauten genommenen Architektur- stücke des Constantinsbogens. Dass dieselben, wie man gewöhnlich annimmt, sämtlich von einem Bogen des Trajan stammen, ist nicht richtig. Auch von den sicher trajanischen haben die grossen, jetzt rechts und links im Hauptdurch- gang und an der oberen Attika angebrachten Kampf- und Einzugsreliefs wegen ihrer Dimensionen er. 20 m. ununterbrochenes. Relief schwerlich einem Bogen angehört. Die Gesimsstücke zeigen ferner, dass das ursprüngliche Monument keine vorgelegten Säulen hatte, über welchen sich das Gesims verkröpfen musste. Sicher nicht in die Epoche Trajans, sondern in die der An- tonine gehören die grossen jetzt zum Schmuck der Attika verwendeten Reliefs: AUocution, Pompa, Opfer etc. lieber die Rundreliefs wird nachgewiesen, dass sie ursprünglich auf mehreren Fassaden eines Monuments, wahrscheinlich eines ßogens, angeordnet waren.

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CH. HUELSEX

Kaiser fora.

Die Ausgrabung des Augustusforams, über welche TJB 1889 S. 247-249 referirt wurde, ist zu einem yorläufigen Stillstand gekommen, eine

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Fortsetzung nur möglich, wenn der Häuserblock zwischen Via Bonella und Via Alessandrina expropriirt und niedergelegt sein wird: wozu fürs erste keine

JAHRESBERICHT üEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

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Aussicht vorhanden ist. lieber die gewonnenen Eesultate wird daher eine vorläufige Uebersicht, welche der definitiven, von zuständiger Seite zu erwar- tenden Aufnahme nicht vorgreifen soll, am Platze sein (').

Die Grenzen der Gesammtanlage und der Grundriss der grossen südlichen Exedra (s. beigefügte Skizze) waren durch die über der Erde hervorragenden Mauerreste so weit bekannt, dass die weitere Freilegung hier wesentliches nicht hinzufügen konnte. Von Wichtigkeit aber ist die Konstatirung einer Pfeilerbasis in der Sehne der Halbkreismauer. Auf einer 0,16 m. liobou Plinthe von

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1,45X1,32 m. setzt die Basis eines rechteckigen Pfeilers von 1,25X0,995 ni. an, dem sich eine Halbsäule verlegt. Die Stellung der Basis im Verhältniss zu dem Peperinkern der Um_fassungsnianer lässt vor letzterem genügend Platz für einen vorgelegten Marmorsockel (m. 0,55).

(') die TJB 1889 a. a. 0. citierten Berichte über einzelne Xeuiunde sind fortgesetzt von Gatti, Notizie degli scavi 1890 S. 317-320; Bull, comun. 1890 S. 251-259.

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CH. HUELSEN

Obwohl durch die neuen Ausgrabungen nur ein Pfeiler freigelegt ist, lässt sich doch über die Ordnung, zu der er gehörte, Sicheres feststellen aus der von Borsari (Atti deWAccad. dei Lincei vol. XIII Tf. III) herausgegebenen Zeichnung des Antonio da Sangallo (Florenz, Uffizien 790). Anfangs des IG.

Jahrhunderts wurden Ausgrabungen sowohl in der südlichen, wie in der nörd- lichen Exedra unter dem Kloster der Annuiiziata gemacht: damals fand sich

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

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ein ganz ähnlicher Pfeiler (i) aber nicht, wie der neuentdeckte, zunächst dem Ende der Rundmauer, sondern correspondirend der Ecke der grossen Mittel- nische, resp. dem Durchgaugsportal nach dem Traiansfuruni. Sangallu notirt

neben dem Pfeiler: questo pilastro o vistu in opera canalato, ed e in quesio locho cli marmo cipollino {^) ; ferner zeichnet er zwischen dem rechten Mit-

(1) Dies ergiebt sich aus den Zeichnuntren Sangallo's (ausser 790 auch 1139; Borsari a. a. 0. Tf. I) und Peruzzi's (Uff. 676 ; Borsari Tf. II).

(2) Dass hierzu die neuerdings gefundenen Cipollinfragmente {Bull.

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telpfeiler (A auf unserer Skizze) und der Ecke der Halbrundniaucr den An- fanty einer Säulenreihe, mit der Bemerkung: qui erano colonne dl mistio, non so quante, se ne cavö dm col ditto pilastro pure canalaü. Schäfte von Marmo africano sind aucli bei den neuen Ausgrabungen zu Tage gekommen, unter diesen einer (Dm. des erhaltenen Stückes m. 0,80, ganzer unterer Dm. vielleicht 0,89 = 3 F.) wohl noch nahe seiner alten Stelle am Boden liegend. Da die Stellung der Säulen naturgemäss den Teilungen des erhaltenen Fuss- bodens entsprochen haben wird, erhalten wir zwischen den Pfeilern Platz für je zwei Säulen. Die Exedra war sonach weder, wie meistens angenommen wurde, nach dem Forum in ihrer ganzen Breite offen, noch durch eine Por- tikus aus zwei Säulenreihen abgeschnitten : wir haben statt dessen eine ein- fache Pfeiler- und Säulenreihe mit darüberliegendem Gebälk (i), deren Höhe sich annähernd auf 9 V2 m- berechnen lässt. Wozu soll dieses eigenthümliche Arrangement gedient haben ? Zur Beantwortung dieser Frage müssen wir die Dekoration der grossen Halbrundmauer ins Auge fassen.

Der erhaltene Teil (s. Skizze S. 96) zerfällt in drei Zonen («). Zu unterst in einer Höhe von 2,40 m. (4 in den Höhen differierende Quaderlagen von 0,62 -H0,62-H0,59-i-0,56 m.) über dem Pflaster, rechteckige Kischen von 6 Quadern Höhe fcr. 3,30 m.), 1,50 Breite, 0,63 Tiefe, dann eine 15 Quadern (er. 8^2 m.) hohe, durch keine Kischendekoration (^) unterbrochene Wandfläche, über der ein Travertinband resp. Profil durchgehl; unmittelbar über dieser, also er. 15 m. über dem Pflaster, eine zweite Eeihe Mschen, üie bei gleichen Breiten eine Höhe von 4 Quadern (er. 2,25 m.) habeo; darüber dieselben Travertinimposten wie bei der unteren Reihe ; von der Nische bis zum Abschlussgesims dann noch 9 Quaderlagen. Ueber dem Abschlussgesims stehen seitlich resp. an der Hinter- front des Mars Ultor noch 8 weitere Schichten aui, die ein einfacher Tra- vertinstein deckt. Dass in der unteren Kischenreihe die Statuen der be- rühmten Feldherrn der Pepublik Aufstellung gefunden haben, darf als sicher betrachtet werden. Von den Statuen selbst, (welche nach Cassius Dio 55, 10

comun. 1890 S. 252) s-ehört hätten, scheint durch die Maasse ausgeschlossen. Der Durchmesser der Halbsäule ist m. 1,055, während die Säulenbruchstücke (deren Kanneluren übrigens durch flache Stäbe ausgefüllt sind) auf einen Dm.- von 1.60 schliessen lassen.

(1) Die isolierte Stellung der Pfeiler- und Säulenreihe erscheint auffällig; aber das Eingreifen eines Gebälkes in die Peperinwand ist nicht zu consta- liren Auf eine vermutungsweise Wiederherstellung der Unterwand (bei der die Ecklösuns besondere Schwierigkeiten bereiten würde) haben wir für jetzt ver- zichtet : Aufklärung könnte vielleicht die Fortsetzung der Ausgrabungen brin- gen. — Im spätesten Altertum oder frühen M. A. wurden die Intercohimnien durch eine Mauer geschlossen. Borsari a. a. 0. S. 7

(2) Ich bemerke, dass die Angaben von Palladio, Labacco und Canina über Zahl der Schichten und Höhenlage der Nischen unzuverlässig sind.

(:<J Die Oefi"nung über der ersten Nische links ist neueren Ursprungs.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 99

ehern (i) waren) ist nicht der gerin<?ste Rest zu Tage gekommen: nicht unwichtig dagegen sind, auch für die architektonische Rekonstruktion, die unter diesen Statuen angehracliten Elireninschriften (elogia), auf welclie (unter teilweiser Berichtigung des TJB 1889 S. 248 gesagten) desshalb näher eingegangen wer- den niuss (2).

Es ist eine schöne Beobachtung Bormann's {Bull, comun. 1889 S. 481), dass diese Inschriften regelmässig in zwei Teile zerfallen : Name und cursus honorum auf der Pliuthe der Statue, die res gestae auf geränderten Tafeln unter der Nische (3). Die Plinthen der Statuen, deren Dimensionen sich aus den hesterhaltenen (Sulla und ein Claudius, vielleicht Pulcher; TJB 1889 S. 248, Mitteilungen 1890 S. 311) genau constatiren lassen (0,39 hoch, 0,87 breit 0,59 tief) boten auf der (von einem 0,05 breiten Rande eingerahmten) Vorder- fläche Platz für drei Schriftzeilen. Reichten diese für den cursus honorum iiiclit aus, wie das z. B. bei Marius der Fall war, so setzte man den Schluss

(1) Das Fragment einer Panzerstatne, erhalten von den Hüften bis zum Halsansatz (Torsolänge 1,22 m.) welches Bull, comun. 1890 Tf. XIV abge- b)ildet ist, kann demnach nichts mit den Triumphalstatuen zu thun haben.

(2) Bestimmt sind bisher folgende Elogien :

1) Ap. Claudius Caecus; vgl. TJB 1889 S.248 und diese Mitteilungen 1890 S.312.

2) C. Duilius ; Mitteilungen 1890 S. 305 ff.

3) Q. Fabius Maximus; Bormann Bull, comun. 1889 S. 481.

4) L. Cornelius Scipio Asiaticus ; Gatti Bull, comun. 1890 S. 257.

5) Q. Caecilius Metellus Numidicus ; Mommsen Mitteil. 1891 S. 151.

6) C. Marius ; C. I. L. VI, 1315 ; vgl. Mitteilungen 1890 S. 308. 7) L. Cornelius Sulla Felis ; TJB 1889 S. 248.

Von diesen sind in Arretiner Copien erhalten 1, 3 und G; aus der Arretiner Serie kennen wir weiter folgende, von deren römischen Originalen Fragmente bisher nicht u'efunden sind :

8) M.Valerius Poplicola CLL. XI, 1826.

9) L. Aemilius Paullus 1829.

10) Ti. Sempronius Gracchus 1830.

11) L. Licinius Lucullus 1832.

Hinzu treten die der Mythenzeit angehörenden aus Pompeji (Aeneas und _Eo- mulus) und Lavinium (Lavinia und Silvius Aeneas). Dagegen ist auszuscheiden das im vorigen Bericht (S. 248, vgl. Bull, comun. 1890 S. 102) erwähnte des C. Claudius' Pulcher (C /. L. VI, 1285). Ich habe inzwischen den Stein zu revidiren Gelegenheit gehabt ; die Buchstaben sind elegant, aber klein, so dass das Stück mit den Originalen vom Augustusforum nichts zu thun gehabt liaben kann. Ueberhaupt ist mir die von Lanciani versuchte Zuweisung der Inschriften welche am Schluss den Collegen des Dargestellten nennen [cos. cum , pr. cum ) wieder sehr zweifelhaft geworden. Weder die Arre- tiner, noch die sicheren römischen Exemplare haben diese Formel ; und das von Lanciani augezogene bauliche Argument (vgl. TJB 1889 S. 248) erledigt sich nach dem oben Gesagten von selbst.

(3) Von den Fragmenten des Duilius-Elogiums haben die aus der Mitte der Tafel 0,03, die vom Rande 0,05 m. Stärke. Die Platte war also auf der Vorderseite concav, der Rundung der Exedra angemessen, während die glatte Eückseite in die Peperinwand eingelassen war.

IQQ CH. HIELSEN

der Aemterreihe auf die Tafel (i). Für die Dimension der Tafeln giebt uns das Elogium des Ap. Claudius Caecus die Hohe mit er. 0,80, das des Duilius die Breite, mit etwa 2 m. : die Inschrift des Ap. Claudius hatte bei einer Buchstabenhöhe von 0,075-0,085 m. sechs (2), die des Duilius bei einer Buchstabenhühe von 0,05-0,055 m. acht Zeilen (3).

Die Elogientafeln sind so breit, dass sie, über die Breite der Nischen beiderseitig hinausgreifend, kaum 1 m. Raum zwischen einander lassen. Es ist demnach unmöglich, für jede Nische eine besondere umrahmende Ar- chitektur mit eigenem Gebälk oder vorgelegten Vollsäulen (') anzunehmen : vielmehr dürfte die "Wand als ein Ganzes dekorirt gewesen sein: über die Art der Dekoration lässt sich bis jetzt nichts bestimmtes sagen (S). Schwierig- keiten macht der obere Abschluss der Nischenzone : an ein stark vorsprin- gendes Gesims, welches sicher in den Mauerkern eingebunden gewesen wäre, ist nicht zu denken. Dass auch die obere Nischenreihe Triumphalstatuen enthalten habe, ist mir unwahrscheinlich ; die Basisinschriften und Elegien würden bei einer Höhe von er. 15 m. über dem Pflaster nicht mehr der be- kannten Forderung genügt haben, ut de piano recte legi possent. Eher mag man sich also die oberen Nischen mit Trophäen oder dgl. ausgefüllt denken. Wesshalb blieb nun die ]\Iittelzone der Wand glatt, oder nur durch Pilastertei- lungen gegliedert? Vielleicht erklärt die Rücksicht auf einen praktischen Zweck dieses, und zugleich die Existenz der Pfeilerreihe.

(1) Hiernach ist an Bormanns und Lancianis Restitutionen einiges zu ändern. Vgl. Mitteilungen 1890 S. 302 ff".

(2) Sieben Zeilen von je 0,055 m. Höhe hat das noch nicht mit Sicherheit ergänzte, vielleicht auf A. Postumius, den Sieger am See Regillus zu be- ziehende Fragment (Gesamthöhe 0,63 m.) Bull. com. 1890 S. 257, welches links Rand hat und vor dessen erster Zeile nichts vorhergegangen zu sein scheint.

(3) Die Grössenverhältnisse bei dem Elogium des Marius, welches nicht weniger als 16 Zeilen hat, müssen auffallen; ich halte es für möglich, dass hier in der That die beiden Hälften des Elogiums (welches dann unter einer der Nischen in den geraden Wänden zu stehen käme) nebeneinander, sei es in zwei Tafeln mit besonderer Einrahmung, sei es auf derselben Tafel in zwei Columnen geschrieben waren. Dann repräsentirt das Neapolitaner Fragment (Höhe m. 0,65 ; der Rand fehlt) die erste, das römische die zweite Coluinne.

(4) Dass Sangallo a. a. 0. der Mauer Vollsäulen vorlegt, ist kein Gegen- grund : schon die falsche Anzahl der ganz flüchtig angegebenen Nischen be- weist, dass er hier Dinge zeichnet die er gesehen zu haben nicht einmal bean- sprucht. Canina stellt zwischen die Nischen Vollsäulcn von er. 0.90 m. Durch- messer, deren Dimensionen die Anbringung der Elugien unmöglich machen.

(^) Möglich wäre eine Dekoration mit vor die Wand gelegten Halbsäu- len: auch sind in den neuesten Ausgrabungen bemerkenswert viele Halbsäu- lenschäfte aus Giallo antico und entsprechende Kapitale aus weissem Marmor gefunden. Ob diese in der That ihren Platz hier hatten, inüsste sich durch Untersuchung der Fundamente ergeben. Dass die untere Zone der Wand einen Marmorbelag hatte, ist schon wegen der P^logientafehi sicher. In den oberen Zonen, deren Gesimse von Travertin sind, wird man sich statt dessen mit Stuckirung begnügt haben.

JAHRESrsERICIIT UEIiER TOI'OGRAl'HIE DER STADT ROM 101

Die Verwendung des Forums zu Gerichlsverliandlngen ist bekannt genug ; wenn der Kaiser in foro Augusti zu Gericht sitzen wollte, war die grosse südliche Exedra gewiss ein geeignetes Lokal. Schwerlich wird man sich da immer von der Gunst des Wetters abhängig gemacht haben, vielmehr ist die Möglichkeit einer zeitweiligen Ueberdeckung gewiss vorauszusetzen. Ein Ve- larium konnte wohl am Gebälk der einzelnen Pfeilerreihe einerseits befestigt werden : die corresi>ondirenden Stützpunkte mussten dann in der Mittelzone angebracht werden, so dass diese einfacher, ohne Nischen- und Statuenschmuck, gehalten werden musste.

Was die Zahl der von Augustus einer Statue gewürdigten Feldherrn betrifft, so geben auch die neuen Ausgrabungen dafür keine sicheren Eesultate. Jede der Esedren enthielt 2X7, also beide zusammen 28 Nischen (ausschliess- lich der grossen Mittelnische) ; dazu kamen in der Rückwand des Forums, nördlich und südlich vom Mars Ultor, noch je 4 : insgesammt also 36. Wie viele noch in dem westlichen Teile des Forums in utraque poriicu aufgestellt waren, lässt sich bei der Ungewissheit, Avelche über die bauliche Einrichtung jenes Teiles noch besteht, auch nicht einmal vermuten {}).

Ueber das Argiletum, die grosse vom Forum nach den primae fauces der Subura führende Strasse, deren erste Strecke {imum Argiletum) von Domitian und Nerva zu dem Prachtbau des Forum transitorium umgewandelt wurde, handelt Lanciani Bull, comun. 1890 S. 98-102. Der untere Lauf muss mit der jüngst constatirten Cloaca Maxima (s. o. S. 88) correspondirt haben; weiter hügelwärts entsprach sie etwa den modernen Strassen Via dei Monti und Via Leonina.

Im Gebiete des Nervaforums fand man den Unterarm einer Colossal- statue mit Schwert in der Hand {Notizie 1889 S. 337 ; BuU. comun. 1889 S. 401): das Material ist griechischer Marmor, die Arbeit elegant, dem bekannten ' Mars' des Kapitolinischen Museums, der, wie Lanciani (Vaula e gli uffizi del Senato romano S. 23) nachgewiesen hat, gleichfalls vom Nervaforum stammt, durchaus entsprechend. Bei anderen Funden, die besonders bei Fortsetzung der Via Cavour gemacht sind, bleibt es streitig ob sie dem Nervaforum oder dem angrenzenden Platze des Templum Paris zuzuweisen sind : so das Bruch- stück einer Monumentalinschrift in Bronzebuchstaben, wahrscheinlich auf Trajan bezüglich {Notisie 1889 S. 186; Bull, comun. 1889 S. 206); Fragment

(1) Es verdient hervorgehoben zu werden , dass die sämtlichen hier gefeierten Männer in dem Buche de viris illustribus wiederkehren, ja dass die Auswahl der aus ihrem Leben hervorgehobenen Facta und selbst der Ausdruck merkwürdige Berührungen zeigt. Wenn man auch nicht, wie s. Z. Borghesi versuchte, die Augustischen Elogia schlechthin als Hauptquelle des Buches de viris illustribus annehmen kann, so dürfte doch die Serie der augustischen viri illustres der des Geschichtsbuches (mit den selbstverständlichen Ausnah- men, wie c. 42. 54. 71. 76) sehr nahe stehen.

102 CH. HLELSEN

eines grossen Marniorfricses, sitzende männliche Figur (]\Iars ?) mit Chlamys [Notizie 1890 S. 239: Bull, comun. 1890 S. 226); Granitsäulen (er. 0,90 m. Durchm.) und zahlreiche andere Architekturstücke (A'ioii^je 1889 S. 400; 1890 S. 151; Bull, comun. 1889 S. 487). Das Pflaster eines der Fora, aus grossen Travertinblöcken mit eingehaiiener Eegenrinne, wurde in einer Tiefe von 7 m. unter dem modernen Strassenplanum constatirt (Notizie a. a. 0.; Bull. com. a. a. 0.).

L. DüCHESNE, le forum de Newa et ses environs [notes sur la topographie de Borne au moyen-äge n. IV; Melanges de VEcole Fran^aise de Borne 1889 S. 346-355). beschäftig-t sich mit den auch von Jordan Top. II. S. 473 ff behandelten Stücken der Prozessionsordnung des Kanonikus Benedict (um 1150), welche die Kaiserfora betreifen. Im Gegensatz zu Jordan {}) greift er zurück auf die (schon von Bunsen Beschr. Borns 3, 2, 184 behauptete) Identificirung des « Forum ' Traiani » mit dem wahren Nervaforum und gelangt zu folgenden Gleichungen :

Forum Caesaris = Forum Bomanum

Forum Nervae = F. August i (u. Julium)

Arcus Aureae = Durchgangsbogen auf der N. Seite des Nerva-

forums Arcus Nerviae (wofür D.

Minervae lesen wöchte) = Bogen zwischen Caesar -u. Faustinatempel (2) Templum Nerviae [Minervae) = Faustinatempel Templum Jani = T. Divi Juli

Arcus Nervae = T. Jani

In der Hauptsache stimme ich D. zu (3), der namentlich durch die mit Hülfe des Turiner Kirchenverzeichnisses (welches J. übersehen hatte) gewonnene

(1) Mehrfach sucht D. (S. 347 not. 3 ; S. 349. 350) eine angebliche Behaup- tung Jordans lächerlich zu machen, dass die sacra via im 12'*^" Jhdt. bei S. Lo- renzo in Miranda gesperrt gewesen sei par Vcboulement d\m edifice ontique : ein accident banal, das ein Dutzend Arbeiter in einigen Stunden bereitigt hätten ! Das hat J. gar nicht behauptet: seiner Ansicht nach war die sacra via ge- sperrt durch Befestigungen der Frangipani. welche sich vom Titus- bis zum Fabierbogen hinzogen (Top. II S. 476). Die Existenz mittelalterlicher Befe- stigungen an dieser Stelle ist durch lilterarische Zeugnisse, durch alte Veduten (z. B. die gleich zu citirende Escorial-Zeichnung), und den Ausgrabungsbefund V. J. 1872 (Eosa relazione S. 58) gesichert.

(2) Dass dieser Bogen etwas zu tliun haben könnte mit dem auf der Escorialzeichnung (TJB 1889 S. 237) dargestellten vor S. Lorenzo in Miranda ist mir nicht sicher, da mir der antike Ursprung dieses letzteren nach wie vor zweifelhaft ist.

(3) Dasselbe thut auch Lanciani in seinem Aufsatz : V itinerario di Bene-

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

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Ansetzung- des Arcus Aureae in diese schwierige Stelle Licht gebracht hat. Zweifelhaft bleibt die Gleichsetzung des arcus triumphalis inter templiün fatale et templum Concordide mit dem Severusbogen, welcher wohl schon zur Zeit Benedicts durch dieselben Anbauten gesperrt gewesen sein dürfte, die in der bekannten Bulle Innoccnz III v. J. 1199 {^) aufgezählt werden; und Jordan wird mit grösserem Recht (S. 414. 457. 475) an einen Bogen über dem sog. Clivus Argentarius gedacht haben. -- Den Arcus Nervae hält D. für den Janus, dessen Eeste er (mit Bezug auf Lanciani, Atti clelVAcc. clei Lincei, 3. ser. tom. XI) als bei S. Adriano noch im 16'^" Jhdt. existirend voraussetzt. Dass das von Lanciani a. a. 0. besprochene Gebäude mit dem Janus nichts zu thun hat, habe ich Annali delVIst. 1884 S. 323 (vgl. TJB 1889 S. 242) nachge- wiesen. Ich halte den Arcus Nervae eher für einen der Durckgangsbögen in der südlichen Abschlussmauer des Nervaforums, etwa in der Gegend von V. della Salara vecchia.

Kapitol.

Zu den TJB 1889 S. 252-254 besprochenen Weiliinschriften an den Juppiter Capitolinus kommen zwei Fragmente, Avelche, obwohl vielleicht seit mehreren Jahrhunderten in einem Privathause (vicolo Orbitelli N. 7. 8) eingemauert, doch der Aufmerksamkeit aller Epigraphiker entgangen waren. Nach einer Mitteilung des Hrn. L. Nardoni veröffentlicht sie Gatti {Notizie 1890 S. 185. 186; Bull, comun. 1890 S. 174-176):

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Die Buchstaben sind gut, dem Schriftcharakter der letzten republikanischen Zeit entsprechend; die Punkte viereckig, wie in dem Fragment vom Quirinal TJB 1889 S. 276. Offenbar haben wir es mit zwei Exemplaren einer und

detto canonico (Jlfon. dei Lincei vol. 1 punt. 3, 1891), dessen Erscheinungs- termin bereits über die für diese Berichte gesteckte Zeitgrenze hinausgreift.

(1) Dieselbe nimmt ja für die Beschreibung der der Kirche selbst nächst- liegenden Baulichkeiten Bezug auf ein dem Benedictus ungefähr gleichzeitiges Document: sicut in in.strumento locationis factae a bonae memonae Gregorio eiusdem ecclesiae diacono cardinali plenius continetur. Damit gemeint ist Gregorius Tarquinius, Cardinal unter Calixt IL, genannt zwischen 1123 und 1143 (Ciacconius vitae Card. 1,952; Cristofori stör, dei cardinali 1,231).

104 CH. HUELSEN

derselben Inschrift zu thun, für welche Mommsen a. a. 0. folgende, zum gros- sen Teil natürlich hypothetische Ergänzung giebt :

Ja Kcmerw)üo) xc'i Pomri St']uov av\ufi('c/ov /«[(?'?

vTio ö'ijuov .... uned'ö'^^t]

reverentiae summae et amoris rnajxnmi causa

populus amicus sjociusque su[is

legibus receptis declit lovi Capitjolino et RoSjnae

Dass der lateinische Text nicht au erster Stelle steht, ist auffällig.

F. M. NicHOLS, a small excavation on the Capitollne hill {transactions of

the British and American archaeol. society 1889 S. 181-182). berichtet über den Fund einer Peperinmauer beim Ausgraben eines Kanals in Via del Campidoglio an der Südseite des Tabulariums, am G'*^" April 1888.

Die Fortsetzung der Arbeiten für das Victor-Emanuel-Monument auf der Höhe von Araceli hat, ausser allerlei Privatbauten (iVojJisie 1889 S. 160. 186; Bull, comun. 1889 S. 206), nicht unbeträchtliche Reste der alten Befesti- gungen zu Tage gefördert. Lanciani, welcher dieselben (N'otizie 1889 S. 361; 1890 S. 215) beschreibt, hebt die Uebereinstimmung dieser mit den Stücken der Servianischen Mauer in Material, Construction, Steinmetzzeichen (i) her- vor. Gleichartig seien die Mauerreste in via delle tre File ; bei Pal. Caffarelli; unter der N. Ecke des Klosters Araceli (? vgl. TJB 1889 S. 254); verschieden die an der SO. Seite des Hügels [via deWarco di Settimio).

Am Fusse des Capitols haben die Arbeiten für dasselbe Monument (bei der Kirche der Beata Pdta, nicht S. Brigida, wie Notizie 1889 S. 160 gedruckt ist; vgl. Bull, comun. 1889 S. 206) Eeste von Privathäusern, welche nach der den Nordrand des Hügels begleitenden antiken Strasse orientirt waren, blosgelegt. In Via Marforio ist der längst bekannte Gusswerkkern eines Grab- mals (von den älteren Topographen für die von Sueton Tiber. 1 genannte sepul- tura gentis Claudiae suh Capitolio erklärt) ganz frei gelegt: unter dem mo- dernen Terrain fand sich die wohlerhaltene Quaderbekleidung (Läufer und Binder, Schichtenhöhe 0,59 m.); von der Inschrift leider nur ein N, von der Marmorverkleidung einige Platten mit Versatzmarken: im , vi {Notizie 1889 S. 225; Bull, comun. 1889 S. 437).

Palatin.

Ausgrabungen sind auf dem Palatin auch in diesem Jahre nicht gemacht worden: über die in den TJB 1889 S. 258 erwähnten zwischen Via dei Cerchi und Vicolo di S. Gregorio trage ich nach, dass dort einige, der mittleren

(1) Es finden sich, immer auf den Kopfseiten der Binderblöcke: I^; m (zweimal); TI' (zweimal); Höhe 40 cm. Zeichnung lYotizie 1890 S. 215.

JAHRKSBERICllT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

105

Kaiserzeit angehörige, Privatbauteu zwischen der Rückwand des Septizoniums und den Tabernen an der den Circus Maxinius östlich begleitenden Strasse anfgedeckt sind, von denen ich durch gütiges Entgegenkommen der Diresione generale degli scavi einen Grundriss, zur Ergänzung des von mir im 46. Berliner Winkelmannsprogramm S. 31 gegebenen Planes mitteilen kann.

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Ueber den Namen Septizonium handelt W. Schmitz in Wülfflins Archiv für latein. Lexikographie Bd. VII S. 272. In den Tironischen Noten findet sich Septizonium S. 159, 2 zusammengestellt mit zona, zonula und anderen Noten zur Bezeichnung von Kleidungsstücken; die Bestandteile des tachygraphischen Notenbildes schliessen etymologischen Zusammenhang mit saepire, saeptwin aus, und bestätigen die numerale Bedeutung der ersten Silben. Septizonium in astronomischen Sinne findet sich in Commodians Instit. I, 7. wo es " die sieben kreisförmigen Planetenbahnen bedeutet, von denen Saturn die höchste, der Mond die niedrigste, uns nächste beschrieb ". Ueber ein Septizonium in Carthago s. o. S. 75.

Die Transactions of the British and American archaeological Society of Borne, vol. I n. 6 enthalten S. 209-212 ein Referat über einen Vortrag, welchen Lanciani am 5. April 1890 über den Palast des Augustus in

106 CH. HUELSEN

Villa Mills an Ort und Stelle gehalten h it. Die Ubicatioii der Roma quadrata in Villa Mills bezweifelt er nicht und teilt mit dass, ?;•/((?/? the nuns icere digging fandations for a new wing to their convent, the workmen came upon just such a Square altnr ot table (wie man sich den mv.ndus vorzustellen habe).

Meine, in den Institutssitzuns^en vom 14. u. 21. März 1890 gegebenen Ausführungen suchen dagegen nachzuweisen, dass der Apollotempel die Höhe von S. Sebastiane eingenommen, der mundus auf der area Palatina, in der Nähe der gewöhnlich Juppitcr Stator genannten Ruine, zu suchen sei. Das Terrain der Villa Mills ist m. Er. überwiegend von der domus Augustana ein- genommen gewesen, für deren Ausdehnung nördl. vom Stadium ein unedirter Plan aus den Turiner Papieren Pirro Ligorios von Wichtigkeit ist (Mittei- lungen 1890 S. 76. 77).

In den Pechnungen des Card. Ippolito d'Este (s. o. S. 77) finden sich verzeichnet (Venturi S. 203) 1569, 20 lugJio: A m. Gio. Maria da Modena cavator scudi sei moneta, a lul contati, quall S. S. Ill'ji^ gll presta, e si contentä trovando qualche cosa nella cava. che detto Gio. Maria cava nel Palaszo Magglore; und (a. a. 0. S. 204) 1570, 11 giugno: a spesa di statue sc. dm moneta haiocchi cinquantasei pagati a mastro Giovanni della Pieve di Polinego, per opere sedeci con uno suo compagno anno datto alla cava del Palazso Maggiore, dove fa lavorare S. S. III'^. Interessanter ist eine zwischen diesen beiden stehende Notiz, 1570 5. marzo: a spesa di statue scudi Si'ttantacinque moneta, pagati a m. Francesco Rancone et m. Leonardo Sor- mano per il pregio di una statua naturale di unn Mazzona che ha venduto a S. S. Ill'lü:. Dies ist zweifellos eine der berühmten Danaiden aus dem Torhofe des palatinischen Apollotempels (vgl. TJB 1889 S. 257. 258); der hohe dafür gezahlte Preis zeugt für die Schätzung des Kunstwerks. Es wäre wünschenswert, den Verbleib des Marmors nachweisen zu können.

J. KuLAKOwsKi in der oben (S. 83) erwähnten, mir im Original nicht zugänglichen Abhandlung erhebt " in einem Anhange Widerspruch gegen die Annahme des hohen Alters der von Lanciani, Jordan u. A. als vorservianisch bazeichneten Ueberreste der Befestigung des Palatiums, der Romulus-Mauer, und weist dieselben auf Grund seiner eigenen, an Ort und Stelle gemachten Beobachtungen einer verhältnissmässig späten Periode zu " (H. Haupt, Berl. ]diilöl. Wochenschrift 1801 Sp. 128).

Die südlichen Stadtteile

bieten auch in diesem Jahre kaum einen erwähnenswerten Fund. Unterhalb des Monte Testaccio ist beim Bau des neuen Schlachthauses ein Gebäude aufgedeckt, in dessen einem Piaume sich ein antikes Marraorlager (Säulen- schäfte, Basen, Kapitelle) fand {Notizie degli scavi 1890 S. 855 ; vgl. Lan- ciani Bull, comun. 1891 S. 28fF.): ähnliche Funde sind bekanntlich auf dem ganzen linken Ufer, von den Mauern bis zum Aventin, in den verschiedensten Zeiten gemacht worden.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM ]07

Die Localität des statio annonac Urbis war von De l'ossi schon früher {Annali delVhtituto 1885 S. 223-234) unter dem Aventin. hei S. Maria in Cosmedin nacho-owiesen worden. Er trä<i:t jetzt {Bull, comun. 1889 S. 358) einige Zeugnisse dafür nach : Basis des Julius Vehilius Gratus Julianus praef. annonae 189 p. C, im Tiber beim Aventin gefunden (Barnabei Notizie degll scavi 1887 S. 537 ff); Blei derselben Provenienz eines mensor cid. nn. Aug. et actarius {Notizie 1887 S. 241; Bull, comun. 1887 S. 235); Angaben über die grosse Ueberschwenimung von 589 p. C., welche auch die horrea der römischen Kirche schädigte (Gregor. Turon. hlst. Franc. X, 1 ; lib. ponfÄfic. vita Sahiniani c. 1 ed Duchesne Ip. 315; Gregorius M. ep. 12, 34). lieber andere unter dum praefectus annonae stehende Anlagen s. S. 112 u. 148.

An der Mündung der Cloaca maxima sind, o m. unter modernem Ter- rain, zwei mit der Kloake parallel laufende TufFmauern ausgegraben {Notizie

1889 S. 241). Gelegentlich der unten (S. 113) zu erwähnenden Funde auf dem Esquilin erinnert Lanciaui {Notizie 1890 S. 213) daran, dass die ganze Zone des Forum Boarium zwei Bauschichten übereinander aufweise: die Häuser aus republikanischer Zeit, deren Zerstörung besonders dem foedum incendium des Jahres 540/214 (Livius 24, 47) zuzuschreiben sei, und die der kaiserlichen Epoche, mit um 30° verschiedener, auf die Quaibauten Rücksicht nehmender Orientirung.

Caelius.

Antikes Haus unter S. Giovanni e Paolo. Mehrere bereits TJB 1889 S. 261. 262 kurz angezeigte Funde sind inzwischen ausführlicher besprochen resp. publiziert worden : über das Zimmer mit Genien auf weissem Grunde vgl. Kirsch, Rom. Quartalschrift 1889 S. 72. 391 ; P. Germano ebenda

1890 S. 377-380 und Notizie degli scavi 1890 S. 79. Die merkwürdige Dar- stellung der Enthauptung der beiden Märtyrer ist besprochen und abgebildet bei Le Blant, Revue archeologique 1889, I. S. 154.

Die Fortsetzung der Ausgrabung hat sich erstreckt auf die unter der Apsis der Kirche gelegenen Räume; mehrere Zimmer haben Wände von Reticulat mit durchbindenden Ziegelschichten und Ziegelecken: diese auch an der S. W.- Ecke der Aussenmauer der Kirche noch deutlich za erkennende Bauweise lässt auf Erbauung nicht nach der 2. Hälfte des 2. Jhdts n. Chr. schliessen (P. Germano Notizie 1890 S. 150). Während diese Räume mit dem Zimmer des Genienfrieses {b auf dem Plan TJB 1889 S. 261) in gleichem Niveau liegen, ist unter dem r. SeitenschilF der Kirche, ein Stockwerk tiefer, eine Badeanlage (Zimmer auf dem Plan a. a. 0. rechts über dem Raum a erkenntlich mit susjyensurae und Tubulatur in den Wänden, lahrum aus Terracotta; da- ranstossend ein Hemicyclium, eingenommen durch eine grosse Wanne) aufge- deckt worden (Kirsch a. a. 0. S. 71 ; P. Germano Notizie 1890 S. 79. 151). Auf die mannigfachen Funde aus christlicher Zeit (ausser den angeführten Stellen vgl. De Rossi Bull, di archeologia cristianaY, 1, 1 S. 29-47 und die

108 CH. HUELSEN

Literaturübersicht im American Journal of Archaeology 1890 S. 261 Aum.) kann liier nicht eingegangen werden.

Ueber das Gesamtergebnis der Ausgrabungen hat dann neuestens P. Ger- MANO zu berichten begonnen {the house of the martyrs John and Paul recently discovered on the Coelian kill; American Journal of archaeology 1890 S. 261- 285). Das bisher erschienene (i) behandelt the monuments of the Coelian; surroundings of the house of SS. John and Paul; history of SS. John and Paul as connected IV ith the house on the Coelian: plan of the house: section and structure of the huilding. Ein Plan, welcher in mehrfarbigem Druck die verschiedenen Bauschichten erkennen lässt, ist beigegeben (Tf. XVI); ferner (Tf. XVII) ein Aufriss der Fassade nach Via SS. Giovanni e Paolo zu, wo die antike "Wand bis zum dritten Stock erhalten ist; ebenfalls Tf. XVII: eine Ansicht der Quaderbögen (sog. ' Vivarium ' oder ' Curia Hostilia '), Autotypie nach Zeichnung. Der Text gelangt noch nicht zu einer Beschreibung der einzelnen Piäume: der Versuch die Gesamtanlage unter das Schema des pompejanischen Atrienhauses zu bringen, und Vestibulum, Atrium, Tablinum u. s. w. zu erkennen, ist m. Er. verfehlt ; vielmehr interessirt die Anlage gerade desshalb, weil sie uns ein vornehmes Haus der späteren Kaiserzeit, dessen Grundriss den Typen der severianischen Forma Urhis entspricht, vor Augen stellt. Constructiv interessant ist, dass die Fenster der oberen Stockwerke unter den scheitrechten Ziegelbögen noch wohlerhaltene starke Holzbretter als Oberschwelle haben (a. a. 0. S. 281).

Innerhalb des Hauses, aber verbaut, fand man das Fragment eines marmornen Epistyls mit folgender Inschrift in grossen Buchstaben aus guter Zeit:

/«ribvs-avgvstIs

L SENTIVS ZENO

J

(unpubliziert, meine Abschrift), welche ein gewisses topographisches Interesse hat, insofern die Existenz einer Larenkapelle, des Vicus trium ararum, in nächster Nähe (Piazza di S. Gregorio) durch die Funde von 1665 bezeugt ist (C. /. Z. VI, 453).

Die Constatirung des Pflasters einer antiken Strasse, 4 m. unter jetzigem Terrain, zwischen dem südlichen Gitter des Orto Botanico und der Kirche S. Gregorio, verzeichnen die Notizie 1890 S. 183.

Ueber den unweit der Kirche S. Stefano Eotondo gelegenen Palast derValerii Poplicolae (des 4. Jhdt. n. Chr.) hatte De Rossi, studj e docu- menti 1886 S. 235 ff. gehandelt: ein interessantes auf Valerius Pinianus, Sohn

(1) Die Fortsetzung ist nach der Ankündigung im Schlusshefte des Jahr- gangs 1890 er.>t im nächsten zu erwarten.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

109

des Valerius Severus {praef. urbi 386) bezügliches Document trägt er jetzt {Bull. com. 1890 »S. 288-291) nach. In den Analecta Bollandiana tom. VIII (1889) S. 16 tf. sind aus einem Codex von Chartres die Acten des Pinianus und der Melania zum erstenmal vollständig herausgegeben. Es heisst darin : domurn quam in urbe Borna hahehant, venumdare volentes, ad tarn magnuni et mirabile opus decedere nemo ausus fuit. Bald darauf aber, nämlich bei der Einnahme Roms durch Alarich, domus ab hostium parte dissipata, pro nihilo venumdata est quasi incensa.

Cave a S. Stefano Rotondo für den Cardinal Hippolyt v. Este finden sich erwähnt in den von Venturi, Archivio storico delVArte 1890 herausgegebenen Rechnungen (S. 199 d. d. 22 Januar 9. 16 März 1561).

lieber einen merkwürdigen Fund im Gebiet der ehemaligen Villa Casali (jetzt Militärhospital) berichten Gatti, Notizie 1889 S. 398-400; 1890 S. 79. 113; C. L. Visconti bull, comun. 1889 S. 483; 1890 8. 18-2-5. 78. Beim

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Krankenpavillon n. 16, zwischen der rechten Abteilung der neuen Gebäude und Via S. Stefano Rotondo, wurde eine Treppe mit 11 zum Teil zerstörten Marmorstufen gefunden, welche in einen 3 m. unter modernen Terrain gelegenen Raum mit Wänden aus mittelmässigem Ziegelwerk führte. Der Fussboden des Gemaches enthielt ein schwarz-weisscs Mosaik {Bull, comun. 1890 Tf. T. II): um ein von einer Lanze durchbohrtes Auge ('), über dem eine Eule sitzt, sind

(1) Dass dies und nicht ein Kranz, wie die Herausgeber annelimen, zu verstehen ist, -weist mir Petersen durch Vergleichung der von 0. Jahn, über den Aberglauben des bösen Blicks (Sitzungsberichte der sächs. Gesellschaft 1855) Tf. III zusammengestellten Monumente nach.

110 CH. HUELSEX

neun z. Teil nicht sicher zu deutende Thiere gruppirt : Schlange, Hirsch , Löwe, Stier, Skorpion, Löwin (?), Steinbock, Taube (?), Eabe; darüber, in einer tabella ansata, die Inschrift intrant'bus hie deos \ propitios et basili- c[ae\ I Hilariaaae. Die Stellung und Richtung der Buchstaben zeigt an, dass (i&s intrare dem nächsten Räume gilt, der erste also zu der hasilica Hi- lar iana nur den Vorraum bildete. lieber Bestimmung und Gründer des San- ctuariums gab die Inschrift einer noch an ihrer alten Stelle, an den linken Pfosten der Thür gelehnt gefundeneu Marmorbasis (1,24 hoch, 0,95 breit, 0,55 tief) Auskunft. Dieselbe lautet :

ivs/-poblicio-hilaro margarItario collegivm dendrophorvm

MATRIS DEVM M I ET ATtIs 5 Q_yiNQ_- P P Q_yOD CVMVLATA

OMnI ERGA SE BENIGNITATE MERVISSET CVI ST AT VA AB eIs DECRETA PONERETVR

(Meine Abschrift des jetzt im Magazin der Commissione arclieologica conm- nale auf dem Caelius befindlichen Steines; die apices Z. 2. 5. 6 sind schwach angegeben, aber sicher). Dass der Geehrte identisch ist mit dem C. I. L. VI, 641 genannten haben die Herausgeber bemerkt. Von der Statue ist nur der Kopf gefunden (publiziert Bull, comun. 1890 Tf. T. II; gute Arbeit des 2. Jhdts, wozu der Schriftcharakter der Inschrift stimmt). Ausserdem fand man in diesem Vorraum eine hübsche Bruunenstatue (jugendlicher SatjT auf Schlauch, abgebildet Bull, comun. a. a. 0.) ; in der linken Ecke des Zimmers befand sich ein Brunnen oder Abflusskanal, dessen Verwendung bei den hei- ligen Handlungen des mj'steriösen Cultus möglich ist. Rechts in der Thür correspondirend mit der Basis des Poblicius Hilarus, stand auf einem kleinen Ziegelpfeiler ein Wasserbecken aus nero antico (Dm. 0,.37 m.). Die Thür- schwelle, ein Marmorblock von 1,70X'^',4, hat flach eingegraben zwei Paar Fuss- sohlen, die einen nach aussen, die andern nach innen gerichtet, sicher mit Beziehung auf ütcs und reditua. Ob man in das das Cultlokal selbst direkt aus dem Eingangsraum gelangte, bleibt ungewiss: die Ausgrabungsberichte bezeichnen den anstossenden Raum (7,30X3,50 m.), der mit ordinärem schwarz- weissem Mosaik gepflastert war und in der Mitte ein 0,70 m. tiefes Bassin hatte, als « vielleicht unbedeckt. » Jedenfalls ist es unmöglich, sich von der archi- tektonischen Anordnung der eigentlichen « Basilica " eine Vorstellung zu machen.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 111

Esqiiiliii.

Archaische ( j r ä b e r auf Piazza Yittorio Emanuele mit ilirem (wenig wertvollen) Inhalt an Hausgeräten und Schmuck sind beschrieben Notizie 1890 S. 318; Bull comim. 1S90 S. 334.

C. L. Visconti, un'anticliiasima pittiira clelle tom.be Esqiiiline {Bull, comun.

1889 S. 840-350 Tf. XI. XII) A'eröifentlicht einen schon vor Jahren gemachten und bisher nur vorläufig angekündigten interessanten Fund : ein Wandgemälde, welches in drei Streifen darstellt: 1) im obersten Stadt, von Mauer mit Zinnen umgeben, vor den Mauern zwei Männer, der eine mit Helm und Beinschienen, der andere (nur z. Teil erhalten) in paludamentum, und mit Speer in der Eechten: bezeichnet als ///NIV-S- und FA/// ; 2) dieselben beiden Personen, der jüngere unbewaffnet, der ältere wiederum in paludamentum mit Speer in der Hand, mit vollständiger erhaltenem Namen Q_- i'abio (der ältere) und m-1'an (der jüngere); hinter dem ersteren eine Schaar Bewaffneter in kurzer Tunica, hinter dem letzteren ein tubicen; 3) Kampfscene, in welcher als Hauj^tperson wiederum M. Fannius kenntlich ist. Der Herausgeber setzt die Malereien in die Mitte des 5. Jhdts. d. St., und hält es für möglich, dass sie Nachbildungen der Wand- gemälde des Fabius Pictor im Salus-Tempel, Darstellung von Ereignissen aus dem zweiten Samniterkriege seien. Ich kann mich nicht entschliessen den Bildern ein so hohes Alter zuzuschreiben. Dass ein Fannius Hauptperson darin ist, springt in die Augen ; dieses Geschlecht wird in Rom genannt zuerst gegen Ende des 6. Jhdts. (i) und ist früher schwerlich von Bedeutung gewesen. Mit einem Q. Fabius zusammen finden wir in der litterarischen Ueberlieferung nur einen Fannius erwähnt: den Schwager des C. Laelius, welcher unter dem Commando des Q. Fabius Servilianus sich im spanischen Kriege gegen Viriathus 612 d. St. auszeichnete. Dieser heisst freilich C. Fannius J/. f., was die Identification unmöglich macht: im übrigen würden der Charakter der Schrift (-) wie die Wortfurmen sehr wohl zu dieser Epoche stimmen. Man könnte vermuten, dass C. Fannius einen Bruder Marcus gehabt habe, welcher sich in denselben Kämpfen ausgezeichnet und den Heldentod gefunden habe womit man aber vom Gebiete der Topographie in das des historischen Romans geräth.

(1) Haackh bei Pauly R. Enc. III S. 420 if. "

{-) Der Herausg. legt besonderen Wert auf die Form V für F und sagt (S. 342 Anm. 1): questa forma ... ? rarissima e comparisce ora forse per la prima volta in iscrizione romana. Fssa ricorre nella JiotaMedum del museo Kircheriano (C. I. L. I n. 51). Aber diese gewöhnliche Cursivform des F findet sich in Steininschriften nicht nur häufig in der re])ublikanischen Epoche (vgl. das Grab derFurii in Tusculum, 6'. /. i.! XIV, 2700-2706) sondern vereinzelt noch in der frühen Kaiserzeit (Hnebner Ex. scripturae epigr. S. LVII; wo hinzuzufügen z. B. C. L L. \l, 6495. 18653).

112 CH. HLELSEN

Am südlichen Ende der ^'ia Merulana, gegenüber dem neuen Kloster S. Antonio sind die Beste eines Privatliauses (desselben aus dem der Bull, comun. 1889 Tf. VII publicirte schöne Augustuskopf stammt) durchsucht wor- den. Keiche Funde an bronzenem Hausgerät (z. B. scliöne Lampe in Form eines Schiffes, lang 0,31 m., breit 0,11, Gewicht 3,1 Kg.) sind zu Tage ge- kommen [Notizie 1889 S. 270. 271 ; 1890 S. 354 ; Bull, comun. 1889 S. 403-406; 1890 S. 338. 339).

De Rossi, il forum Tauri nella regione esquilina. (Bull, comun. 1890

S. 280-283).

In einer jüngst von den Bollandisten [Catalogus codicum, hogiographi- corum latinorum . . . l/i/d. Parisiens., Brüssel 1889, T. I. S. 520-523) veröffent- lichten Eecension der Passio SS. Faust i et Pigmenh heisst es, der Leichnam der hl. Bibiana habe zwei Tage in foro Tauri gelegen, und sei dann begraben worden iuxta palatium Liciniani. De Eossi verknüpft dieses Zeugniss mit den schon bekannten über regio caput Tauri (Jordan Top. 2, 319; Duchesne lib.pontif.l ^.\21),porta Taurina = p. S.Lorenzo (Urlichs cod. topogr. 115. 127.135.141.150) und vermuthet, dass ein Mitglied der Familie der Statilii Tauri, deren grosse Besitzungen auf dem Esquilin in der Gegend von S. Bi- biana inschriftlich bezeugt sind (i), dort einen öffentlichen Platz gegründet habe, der dann von dem conditor fori den Namen behielt.

Eine vor Porta S. Lorenzo in der ehemaligen, jetzt zum cimitero di Gampo Verano gezogenen Vigna Torlonia gefundene Inschrift {Notizie 1890 S. 355; Bull. com. 1890 S. 335) mag erwähnt werden, weil sie einen für die römische Topographie neuen Namen bringt. Es ist die Eede von einem Monument, das eine Statilia Euhodia sich und den Ihrigen errichtet hatte: hoc moni[men]tum sive sepulchrum quod est via Tihurtina clivo Bassilli parte laeva, quod est conclusum in fr{onte) a maceria Caes\i'\ae Paulinae. Der clivus Bassilli muss eine von der Via Tihurtina nördlich abführende Seitenstrasse gewesen sein.

Einen Beweis dafür, dass das macelluni Liviae mit seinen Depen- denzen unter der Jurisdiction des praefectus annonae gestanden habe, findet De Rossi {Bull, comun. 1889 S. 360) in dem 1886 bei S. Bibiana ausgegrabenen Steine (von 250 n. Chr.) Notizie 1886 S. 417 = Bull. com. 1886 S. 370, dessen Schluss lautet

caeciNA LARGO PRAEF Minouae

et T FVVIO MAGNIANO V ....

(1) Cippus der liorti Tauriani gefunden zwischen S. Eusebio und porta S.Lorenzo, Bull, comun. IST -i S. 57; 1875 S. 153; Columbarium der Statuier C. I. L. VI S. 994-1012.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 113

De ßossi, atto dl donazione dl fondi urbani alla chiesa dl San Donato in Arezzo rogato in Roma Vanno 1051 {Arch. dclla Socicul Romana di storia patria XII, 1889 S. 199-213) veröffentlicht eine Pergamenturkunde aus dem Capitulararchiv in Arezzo, laut, welcher der genannten Arretiner Kirche vnn einem Stephanus iudex dativus uml seiner Gemahlin Tedm-anda, ausser mehreren Grundslücken ausserhalb Roms, zum Geschenke gemacht werden domus quae fult de Amico episcopo,et domus qui fuit de Azzoyrasso cum introitu et exoitu earum, atque alia domus quae faxt de Apa, qui est posita in virf/aria cum ortuo post se et corte ante sc, omnes vero destructe posite Rome regione .... (') in loco qui vocatur Superage non longe a Sancta Maria Maiore. Das Wort Superagius als Beiname von S. Maria Maggiore war bekannt: Du Gange hatte es für eine hybride, griechisch-lateinische Bildung = i';Tep«;'io?, sanctissimus erklärt; De Rossi schon früher {Musaici delle chiese di Roma fasc. II; piante icnografiche S. 13) mit dem agger Servii in Verbindung gebracht. Die Richtigkeit dieser Er- klärung wird nunmehr bestätigt : und dass wir es mit einem antiken Strassen- namen zu thun haben, beweist der Herausgeber durch Heranziehung von VitaEla- gabali SO: celebravit item tale convivium, ut apud amicos singulos singuli missus appararentur, cum alter maneret in Capitolio, alter in Palatio, alter super a g g er e m , alter in Caelio, alter trans Tiherim u. s. w. Hinsichtlich der Ausdehnung des Namens verdient noch angeführt zu werden die Stelle des Andreas Fulvius (antiq. 1. IL f. 2P'' ed. 1527) : Turris Maece- natis . . . in altissimo Esquiliarum et totius urhis monte iuxta thermas Dio- cletianas (das ist der neuerdings abgetragene Monte della Giustizia) : qui hodie vocatur ab incolis mons superaggere (vgl. auch Bufalini's Plan). Der in der Regionsbeschreibung genannte Campus Viminalis subaggere {^) lag dem ent- sprechend zwischen Porta Viminalis und Castra Praetoria (Richter Topogr. S. 180).

Zwischen Via dell' Olmata und Via Paolina, westl. S. Maria Maggiore, sind bei Fundamentirungsarbeiten unter den Bauten der Kaiserzeit (m. 3,80 unter dem modernen Niveau) Mauern aus viel älterer Epoche (Tuffquadern ohne ]\[örtel) entdeckt. Lanciani, der diese Funde Notizie 1890 S. 213-214 bespricht, fügt hinzu, dass ein ähnlicher Bauzustand in der ganzen Zone zwischen Via delle sette sale, Merulana, S. Maria Maggiore, piazza S. Pietro in Vincoli zu constatiren sei: es mache den Eindruck, als ob ein stark angebautes Quartier etwa im 6. Jhdt. der Stadt durch Brand zerstört, dann Ende der

Q) Die Regionsnummer ist unausgefüllt gelassen; De Rossi weist nach, dass dasselbe auch in einem gleichzeitigen Documente vorkommt, und erörtert die Bedeutung dieser für die Periode des üeberganges aus der antiken in die mittelalterliche Regionsteilung charakteristischen Auslassung.

('-) Mir ist diese Zusammenfassung wahrscheinlicher als die von Marini (dem De Rossi S. 207 folgt) vorgeschlagene Trennung: Campus Viminalis; Subager, wonach letzterer, ein besonderer Strasscnname wäre.

8

114 CH. HIELTEN

Eepublik oder Anfang der Kaiserzeit neu aufgebaut worden sei, wobei jedoch die Strassenzüge und die Häuserorientirung keine wesentliche Veränderung erlitten.

Zu dem grossen Funde von Votivterrakotten vom Tempel der Minerva Medica (TJB 1889 S. 278) gehört vielleicht noch ein schön modellirter Frauen- (Venus ?) köpf, beschrieben Xotide 1890 S. 239 ; Bull, comun. 1 890 S. 227.

G. Bossi, di im tempio di Ercole Tutano o Redicolo suUa via Appia. Roma 1890. 14 SS. 4 (besonders abgedruckt aus des Vf. Monographie In guerra Annibalica in Itaha da Canne al Metauro ; Studj e documenti di storia e diritto vol. XI S. C7-97). sucht den von Livius 26,10 erwähnten Herculestempel, den man bisher vor Porta Collina verlegte, zu identifizieren mit d. m an der Via Appia gelegenen Heiligtum des Dens Eediculus, der kein anderer sein soll, als Hercules Tutanus. Dazu muss freilich die Liviusstelle: [Hannibal) cum dtiobus milibus equitum ad p ort am Colli nam usqiie ad Herculis templum est progressus umgedeutet werden im Sinne der alten Lesart a porta C. usque ad H. t.; aus dem Piecognoscirungsritt von Ponte Nomentano bis Porta Salara wird ein Zug um die halbe Stadt (mehr als 8 km.), bei dem das inter portas Esquilinam et Collinam (also etwa zwischen Castro Pretorio und S. Lorenzo fuori) aufgeschlagene Lager der Piömer gerade in der Flanke bleibt. Die topogra- phische Unmöglichkeit dieser Auffiissung der von Livius ausführlich erzählten Vorgänge springt in die Augen. Dass die Lage des Herculestempels ad portam Collinam ungewiss, und die Inschrift Bull. delVIstit. 1878 S. 102 = Eph. epigr. IV, 734 bei der Unsicherheit der Provenienzangaben für Ubication des Tempels nicht zu verwenden ist, gebe ich Bossi zu.

Bei den Arbeiten für den Abzugskanal der neuen Via Cavour unter dem muraglione di S. Francesco di Paola wurden Reste von Privatgebäuden in wohlerhaltenem Ziegelwerk entdeckt. In der SW. Wand eines Zimmers stand in einer Nische noch an der antiken Stelle eine kleine Marmorherme des Silvan auf Marmorbasis mit der Inschrift silv|ano [000 {Notizie 1889 S. 186; Bull, comun. 1889 S. 207). Ob die letzte Zeile den Namen des Dedicanten, oder ein Epitheton des Silvan d{eo) o[bsequenti) oder dgl. enthält, bleibt unsicher. In derselben Gegend (unter casa Desideri, Ecke von via Cavour und der verlängerten \'ia de' Serpenti) ist 7 m. unter modernem Terrain das Lava- und Travertinpflaster einer antiken nach dem Forum zu laufenden Strasse gefunden [Notizie 1890 S. 8; Bull comun. 1890 S. 10). Dass via del- TAgnello und Via del Colosseo der Richtung einer antiken Strasse folgen, haben mehrere Funde von Pflasterung gezeigt {Xotizie 1889 S. 221. 222, 1890 S. 152; Bull, comun. 1889 S. 371, 1890 S. 138).

JAHRESRERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

115

Q u i r i D a 1.

D i 0 cl e t i a n s t li er m 0 n. Die schon TJB 1889 S. 277 erwähnte Aufdeckung und Demolirung einer der runden Exedren in der südlichen Umfassungsmauer, unter dem ehemaligen Pal. Massimi, ist fortgesetzt (iVö- tizie 1889 S. 361 ; Bull, comim. 1889 S. 479). Ziegel mit den Stempeln

RSP|OFBOC|Si; RSP|OFDOM|SIi; RSP|OF-DOM|SIII

sind gefunden. Vor der entgegengesetzten (nördlichen) Umfassungsmauer fand man bei Bauten im Garten des Ospizio dei Sordo-muti, östl. hinter dem Fon- tanone delVAcqua Feiice ein er. 50 m. langes Stück, sowie die der Eotunde S. Bernardo zunächst liegende Exedra übrigens auch dies schon auf Nollis Plan verzeichnet. Bei dieser Gelegenheit kam wiederum ein kleines Fragment der Dedicationsin Schrift der Thermen (C. /. i>. VI, 1130) zu Tage:

dd. nn. Diocletianus et Maximianus ... thermas ... •pro T A7iti operis magnitudine omni cuUu ?EKF E das romanis suis dedicaverunt

Lanciani {Notizie 1890 S. 185) nimmt an, dass dies Exemplar über einem Seiteneingang der Thermen gestanden habe, und dass auf diesen Seiteneingang eine unter Casa Cugnoni gefundene, 6 m. breite basaltgepflasterte Strasse, rechtwinklig vom Vicus portae CoUinae abzweigend, zuführte. Eine andere, der Nordmauer der Thermen (in 8,30 m. Abstand) parallel laufende Strasse (2,50 m. breit, 1,20 m. unter Terrain), ist die Verlängerung der schon früher (in Via Pastrengo und unter dem Finanzministerium) constatirten. Ausser den Thermenresten fanden sich bei derselben Gelegenheit ältere Privatbauten: in Fundamente verbaut eine dünne Travertinplatte (0,35 X '^•40), welche fol- gende Inschriften mit deutlichen Pesten der rothen Bemalung trägt :

b Eückseite

;

EX AVCTOR

itate

TI CLAVDl C

aesaris

A V G GERM

anici

PONTIF J^

V ax

CN-SENTIVS-SATVl

minus cos

REFICIEND CV

r avit

a Vorderseite :

m. WesSALLA-MESSAL l. lentulVS-VLAN\.-IAAK.T

OS

ex S. C-R-REFIC-CVR

{Notizie 1890 S. 214 ; der Stein, jetzt im Museum der Diocletiansthermen. von mir revidirt). Auf der Vorderseite ist der von den Autoren bald Mes- salla, bald Messallinus genannte Consul d. J. 751 zu verstehen; interessant ist die Bestätigung, dass er wirklich beide Cognomina gleichzeitig offiziell geführt hat. Der b, 5 genannte ist der Consul 41 p. C.

Im Gebiet der Castra Praetoria fand man, beim Bau einer neuen Eeitbahn, links vom Haupteingang, 1,40 unter modernem Terrain, ein Mosaik

116 CH. HUELSEN

in schwarz und weiss (3,60X2 m.) einen Panther zwischen zwei Biindigern darstellend {Notizie 1889 S. 22-1): darüber die Inschrift

EX VICEN F L VELT V

Die Lesung (von mir im Museum der Diocletiansthermen revidirfi ist sicher (}) : ex vicen. f. l. vel tu; eine Deutung weiss ich nicht. Die Inschrift ist vollstän- dig, die Darstellung nur Theil eines grösseren Ganzen; von der Arabes- keneinfassung nur rechts und oben wenig erhalten.

Die Fortsetzung der Arbeiten für das neue Policlinico ausserhalb der Mauern, östlich der Castra praetoria (vgl. TJB. 1889 S. 277) hat bedeutende Eeste nicht zu Tage gefördert. Man fand unter anderem 450 m. vor den Mauern ein bedeutendes Stück von dem Pflaster der aus Porta Chiusa heraus- führenden Strasse. Der Zug dieser, von Via Quattro Fontane ausgehenden Strasse lässt sich nunmehr auf er. 1,5 km. Länge verfolgen. An ihr lagen wohlerhaltene Eeste eines grossen und eleganten Privathauses ; Bleiröhren trugen den Namen eines L. Statins Aquila [Notizie clegli scavi 1889 S. 339. 366. 403 ; 1890 S. 9. 186 ; Bull, comun. 1889 S. 480. 488 ; 1890 S. 25).

Bei Verlängerung der Via Montebello wurde unweit der N. W. Ecke der Castra praetoria eine rechtwinklig zur modernen Strasse laufende antike constatirt [Noti^zie 1889 S. 401 ; Bull, comun. 1889 S. 488).

lieber den Fund der ara incendii Neroniani {Notizie 1890 S. 159. 160 ; einige unbedeutende Nachträge ebenda 1890 S. 31) war schon TJB 1889- S. 275 kurz berichtet: Lancianis ausführliche und eingehende Publica- tion [Bull, comun. 1889 S. 331-339 mit Tf. X ; S. 379-391) an Ort und Stelle nachzuprüfen wurde mir durch die Amministrazione della R. Casa gestattet, wonach hier einige Details berichtigt oder ergänzt werden.

Das Pflaster der Alta semüa liegt an der in Betracht kommenden Stelle (vgl. die Planskizze S. 121) 1,83 m. unter dem der modernen Via Venti Set- tembre. Drei Stufen, 0,50 bis 0,30 hoch (jetzt unsichtbar, weil in die Front- mauer des modernen Hauses verbaut) führen herab zu einem mit Travertin- platten (Breite meist 0,59, Länge bis 2,25 m.) gepflasterten Platze. Der Platz wird eingefriedigt durch Travertincippen von 1,40 (incl. des 0,29 hohen abgestumpften Kegels) Höhe, 0,80 X 0>55 Grundfläche: zwei davon sind noch vollständig, der dritte zum Teil erhalten ; der Abstand im Lichten ist je 2,50 m. Löcher, welche zur Befestigung eines Gitters zwischen ihnen gedient haben könnten, sind nicht vorhanden. In einem Abstände von 2,75 m. von diesen cip'pi erhebt sich ein Unterbau von zwei Travertinstufen (je 0,24 hoch, die untere 0,40, die obere 0,80 breit) und darauf der Kern eines grossen Altarbaus (3,25 X 6,25 m. bei 1,26 m. Höhe über dem Unterbau) aus mächtigen Tra-

(') Ein © über dem Rücken des Panthers ist nicht Buchstabe.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 117

vertinblöcken. Die oberste Blockschicht zeigt das Auflager für das Marmor- gesims, von dein ein abgekröpftes Eckstück gefunden ist ; da auch von dem unteren an den Ecken gleichfalls abgekröpften Ablauf mehrere Stücke an

'^ i'' ^ |5 ^1^ f-

ihrer alten Stelle erhalten sind (S. Figur S. 118), können wir die Architektur des (natürlich gänzlich mit Marmor verkleideten) Altars in seinen Hauptzügen (bis auf die pulvini) vollständig herstellen. An der südlichen Schmalseite ist der

118 CH. HUELSEN

untere Ablauf unterbrochen durch eine genau in der Mitte liegende Marmorstufe von 0.90X0 46 cm. (i); ob die in der Mitte der westlichen Langseite wahr-

.■"7»

ITT

(1) Auf dieser Stufe findet sich eine Spieltafel mit eingetieften Löchern (Bruzza Annali 1877 tav. d'agg. FG n. 26; Elter Bidl. delVIst. 1884 p. 71):

Eine zweite in der Nähe gefundene trug die Inschrift;

REGOR REGES V GOR

//// G E S

REGES PER

/ /OR

/ / /

(Not. 1889 S. 160, wo ein ähnliches Exemplar aus Villa Casali, Bull comun. 1886 S. 93 erwähnt wird; ein drittes Fragment Notizie 1890 S. 283).

JAHRESBERICHT ÜEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 119

iiehmbaro Abarbeituntf für Vork'i;'iiii^- einer äliiiliclieii Stufe <;-e(lieiit luit, iiiuss dahingestellt bleiben. Westlich vom Altar fand man, wie Lanciani {Notizie 1889 S. 16'^) angiebt avaazi come di una casctta di custodia con pareti di mediocre cortina: ich habe diese Reste nicht mehr g-esehen.

Lancianis überzeu<jende Conibination mit der um 1640 beim Bau der Kirche S. Andrea gefundenen Inschrift C. I. L. VI, 826 (') ist bereits TJB 1889 a. a. 0. erwähnt worden. Wir haben demnach den .\ltar, an welchem das Opfer incendiorum arcendorum causa an jedem 23'^" August gebracht werden sollte; von der etwas hijhe.r östlich gelegenen Area mit ihrer Einfriedigung haben die neuen Ausgrabungen nichts zu Tage gefördert.

Aus Lancianis reichhaltigem Oommentar, welcher, über den Fund selbst weit hinausgreifend, die ganze Topographie dieser Gegend behandelt, sind folgende Resultate hervorzuheben: 1) für den Quirinustempel, welcher gewöhnlich " bei S. Andrea" ; « unweit S. Vitale " (Richter S. 181) angesetzt wird (2j, muss sowohl des neuen Fundes wegen, als auch wegen anderer sicher in diese Gegend zu setzenden Monumente (Lanciani S. 336-339. 389-391) ein anderer Platz gesucht werden. Entscheidend für seine wahre Lage sind die beiden Inschriften C. I. L. VI, 475 und 565, welchp in hortis ponti/lciis Qu't- rinalibus (bei Anlage des grossen Gartens unter Urban VIII, er. 1626), wahr- scheinlich unweit der Stelle wo die Topographen des 16. Jhdts. den " Mons Apollinis et Clatrae » angeben, gefunden sind. Soweit wird man Lanciani unbedingt zustimmen müssen : bedenklich ist mir seine weitere Vermutung, der Tempel sei dorischer Ordnung gewesen, da Gio. Alberti di Borgo S. Se- polcro ein schönes dorisches Capitell gezeichnet habe ncl giardino del cav{a- liere) di Ferara. II giardino, sagt Lanciani, e quello, nel sito del quäle Gre- jjorio XIII pose le fondamenta del palazzo Quirinale; la prescnza in esso di un capitello dorico di fino intaglio . . . parmi non possa essere e/fetto del casö. Aber die Beischrift ist vielmehr aufzulösen Cardinale di Ferrara, und wer sich erinnert, aus wie verschiedenen Gegenden Hippolyt II von Este (t 1572) Antiquitäten zum Schmucke seiner Villa auf dem Quirinal zusam-

(1) Ilaec area intra hanc definitionem cipporum clausa verihus, et ara quae est inferius dedicata est ab Imp. Caesare Domitiano Aug. Germanico, ex voto suscepto, quod diu erat neglectum nee redditum, incendiorum arcen- dorum causa, quando urhs per novem dies arsit Neronianis temporihus u. s. w. Von diesen cippi sagt ein Augenzeuge der Ausgrabung, Lucas Holste- nius (t 1661; der undatirte Brief ist, wie aus den Eingangsworten erhellt, er. 15 Jahre nach der Ausgrabung geschrieben), ausdrücklich : utroque latere bina foramina et veruum sive virgarwn ferrearum vestigia^ plumbo circum- fusa sercabant, quibus olim inter se coniuncti aream interiorem ita clause- rant, ne aditus vulgo patcrct (in der epistula ad Francisciim_ Card. Barberi- nium, gedruckt hinter Gl. Menetriers symbolica Dianae Ephesiae statua, Rom 1688, p. 6); was bei den neu gefundenen nicht der Fall i^t ; s. o. S. 116.

(2) Die Besprechung des Aufsatzes von Wissowa: ' der Tempel der Quirinus in Rom' (Hermes XXVII, 1891, S. 137-U4). der mich namentlicli in der Aus- führung über die Porta Quirinalis völlig überzeugt hat, muss dem nächsten Bericht vorbehalten bleiben.

120 CH. HTELSEN

menbringen Hess (^), wird den Schluss nicht melir zwingend finden. Auf dem Terrain, wo man bisher den Quirinustempel suchte, sind nun zu placiren 2) der Palast der Pomponii. Die Patronatstafel für T. Pomponius B-issus V. J. 101 n. Chr. {C I. L. VI, 1492) ist gefunden in vinea card. Sado- leti, deinde Uberti Ubaldini ; und das Haus des T. Pomponius Atücus wird von Cicero dem Ouirinus - und Salus - Tempel benachbart genannt (2). Die Grenzen der Vigna Sadoleto werden A-on Lanciani (S. 385-387) nach einem Schenkungsdocument {Archivio degli scrittori della R. Curia, Istrom. vol. 58 fol. 61) d. d. 18. Oct. 1547 genau bestimmt : sie muss fast das ganze Terrain zwischen dem neuen Kriegsministerium, Via Venti Settembre, S. Andrea und der (ehemaligen) Via S. Vitale (Vicus longm) eingenomnu-n haben. In diesem Gebiet lag 3) noch die d omus g ent i s Fla v i a e. L. discutiert S. 388- 384 die Ansetzung derselben und meint ' ogni incerlezza sarebhe toJta dal ritrovamento delV iscrizione inter Dvos | parietes | ambitvs privat | FLAVi SABiNi (Grut. 200, 8), se di esso fossero a noi noti i particolari. ^ Die gewünschte Notiz findet sich, wie ich den Scheden des CIL entnehme, bei Pierius Valerianus (m Aen. I p. 8 ed. Rom 1521) : proccimh hisce diehus Jacohus Sadoletus Carpentoracteash cpiscopus in hortis suis in Quirinali effodit; ähnlich sagt B. Marliani, Topogr. ed. 1534 (3) f. 121': Alta Semita a thermis Constantini ad portatn Viminalem per Quirinalis dorsum erat pro- ducta, cuius vestigia (erat 3nini ex quadrato lapide strata), miper in vinea Sadoleti vidimus ipsi: in eademque ad Malum Punicum fuisse doynum Flavi Sahini . . . ex Tihurtino lapide ihi effosso didicimus (folgt die Inschrift). Da nun das Terrain unter dem Kriegsministerium von Privatpalästen {domus Va- lerii Vegeti; domus Nummiorum; vgl. Capannari Bull, comun. 1885 S. 11 ff. u. Tf. I. II)) eingenommen war, so wird der später zum Heroon der gens Flavia umgewandelte Palast in der Nähe der Quattro Fontane zu suchen sein. Dass Domitian gerade in der Nachbarschaft seines Palastes einen Altar, an wel- chem jährlich incendiorum arcendorum causa geopfert werden sollte, gegründet hat, ist sehr passend. 4) Ein anderes viel besprochenes Privalhaus auf dem

(1) Die urkundlichen Belege jetzt in Venturis oben S. 77 angeführtem Aufsatz. Daselbst S. 199 unter d. 22'«" März 1561 Zahlungsanweisung an einen Giov. Maria, cavatore, per avere cavcdo travertini nella via nuova di Monte Cavallo inanzi alla casa di Valerie doli.

(2) Lanciani findet eine Schwierigkeit darin dass die domus Pomponii bereits figuriere auf dem Plan Bufalinis von 1551, während der Insehriftenfuud erst im November 1558 gemacht sei. Aber das Jahr 1551 auf B.'s Plan be- zeichnet (was, gewöhnlich übersehen wird) vielleicht den Abschluss der Ver- messung, keinesweges den der Veröffentlichung. Die Tafeln enthalten Nach- träge bis 10 .Jahre später; vom 16. November 1560 datiert sind die Zuschriften an die Conservatoren von Rom und an den Card. Borromeo auf dem Exemplar der Barberina (Bl. C. D). Vgl. den inhaltreichea Aufsatz von Gio. Beltrani, Leonardo Bufalini e la sua pianta di Roma [Rivista Furopea Florenz 1880).

(3) In der zweiten Auflage (1514) p. 89 ist anstatt der modernen Ortsangabe in vinea Sudoleti die antikere, aber weniger klare ' ad malum Punicum ' getreten, ülK'rhaupt der ganze Passus stark gekürzt.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT RO.M

121

Quirinal ist das des Martialis. Ich stimme Lanciani (S. 381-383) darin bei, dass wir über eine semplice ajiprossimazione nicht hinauskommen werden; kann ihm aber nicht in der Vermutung folgen, dass der Dichter möglicherweise in

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oder bei dem Palaste seines vornehmen Landsmannes und Namensverwandten Q. Valerius Yegetus, consul suffectus 91 n. Chr, gewolmt habe. Durch Martials eigene Angaben ist gesichert, dass seine Wohnung dem Quirinus- (i) und dem Floratempel nahe lag (-). Die beiden Sfrassennamen ad pirum {^) und ad pilam

(1) X, S8, 10: vicinosque tihi, sancte Quirine, lares; XI, 1, 9: vicini pete porticum Quirini.

(2) V, 22, 4 : qua videt antiquum rustica Flora Jovem. VI, 27, 1 : Bis vicine Nejios ?mm tu quoqiio jiroxima Florae incolis. Diese vier Stellen sind aus der späteren Zeit des Dichters (Buch Vund VI publiziert 89-98).

(■^) I, 117, 7; wenn dieser Name überhaupt dieselbe Lokalität bezeichnet wie die eben citierten. Martial wohnte i. J. 85 86 noch zur Miethe, und man konnte von seiner Wohnung aus die Vipsmiiae launis, die Baunipflanzungen der Porticus Agrippae in der VII. Region sehen. Dass ' ein Ort ad pirum auf dem Quirinal ' in einer Bulle Innocenz III vorkomme, wie .Jordan an mehreren Stellen (Archaeol. Zeitung 1871 S. 71; Topogr. L 1. S. 72 Anm. 57; bei Friedländer Martial a. a. 0.) behauptet hat, ist unrichtig; die domus in re- gione piri welche in jener Bulle (abgedr. bei Jordan Top. IL S. 668. 669) auf- gezählt werden, stehen zwisclien lauter beim Forum und Capitol belegenen 'Grundstücken; vom Quirinal ist mit keinem Worte die Rede.

122 CH. HUELSEN

Tiburtitiam (V, 22, 3), \yelclie er in Verbindung damit nennt, lehren topogra- phisch nichts. Ueber den Floratempel wisstn wir aus \'arro. dass von ihm eine Strasse nach dem höher gelegenen Copitoliwn vetus führte (i) ; aus der gleich anzuführenden Viü-uvstelle, dass er nicht weit vom Quirinustempel lag. Wir gewinnen daher für ihn einen Platz in der Tiefe, etwa zwischen Via Easella und Via del Tritone : und ebenda muss Martial gewohnt haben. 5) Damit connex ist denn auch die noch problematischere Ansetzung der M i n i u m - F a b r i k e n , welche nur von Viiruv VII, 9, 4 erwähnt werden : ofßcinae mhiii 'per puhlicanos Romae curanlur ; sunt autern inter aedem Florae et Quirini. Die xVstygraphen des 16. Jhdts., auch z.B. der Plan ßufa- lini's, setzen sie in die Nähe der Quattro fontane ; Lanciani ist geneigt, dem zuzustimmen und die molte fabbriche povere, che piuttosto tenevano di stufe plebee, welche Flaminio Vacca (mem. 37) in dieser Gegend erwähnt, damit in Verbindung zu bringen. Bestätigt sich das eben über den Floratempel gesagte, so sind sie vielmehr am Nordabhange, bei Via Rasella, zu suchen.

Bei Anlage des neuen öffentlichen Gartens, zwischen dem Pal. deH'Ammi- nistrazione della E. Casa und Via della Consulta sind ausser allerlei Mauer- trümmern von geringem Interesse [Nothie 1889 S. 360. 1890 S. 8. 82 ; Bull, comun. 1889 S. 479) Reste einer antiken Strasse constatirt, deren Pflaster nicht weniger als 18 m. unter dem modernen Niveau lag {A^otisie 1890 S. 9; Bull, comun. 1890 S. 11). Von Wichtigkeit aber für die gesammte Topogra- phie des Quirinal ist ein, unter dem ehemaligen Monastero delle Sajjramentate gefundenes Fragment einer Travertinplatte (von mir in der Institutssitzung vom 20. Februar 1891 besprochen) mit folgendem Inschriftrest:

(Gatti Notizie 1890 S. 82; Bull. comuJi. 1890 S. 73; das Original, jetzt im Magazzino della commissione comunale auf dem Caelius, von mir revidirt). Der letzte Buchstabe der vierten Zeile scheint mir wie auch dem Herausgeber Gatti zweifellos R (2). Daraus folgt die Ergänzung [//]/ vir r{ei) lp{ublicae)

(1) L. L. V, 32 p. 158: cl'ivus proximus a Flora susiis versus Capito- lium vetus. Die Lage des C. vetus bei Palazzo Barberini ist durch inschriftliche Funde gesichert; vgl. TJB. 1889 S. 278.

(2) Von dem vSchwanze ist zwar nichts mehr erhalten, jedoch die obere Rundung vollständig geschlossen, während das P in dieser Schrift noch merklich offen ist.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 123

c{onstituendae)~\ uiul, unter Berücksichtifjfunp: der Grössenverhältnisse, etwa folgende Wiederherstellung der ganzen Inschrift (i) :

M. Ag[;rippa L. f. aed\^. iussu

Imp. Cae[saris Divi f.

ii\i. vir. r. [p. c. aediculam ?

viyÄ Salu\tnris reßc. cur ?

Die Stellen über den S a 1 u s - T e m p e 1 (Becker To])Ographie S. 578. 579) beweisen, dass in seiner Nähe der Tempel des Quirinus ur.d das Haus des Pomponius Atticus lagen : beide, wie oben auseinandergesetzt, bekannter Lage. Ferner lag der Tempel nahe an der servianischen Mauer, deren eines Thor sich nach ihm benannte. Wir werden mithin die aedes Salaiis mit Wahr- scheinlichkeit unter dem westlichen Haupttract des Quirinalpalastes zu suchen haben, und in dem vicus Salutaris (oder Salutis) eine von dort nach dem Thal zwischen Quirinal und Viminal, etwa parallel der modernen Via della Consulta, hinab führende Strasse sehen. Ist dies richtig, so ergeben sich daraus weitere Folgerungen für die Benennung der servianischen Thore auf dem Quirinal. Dass nach dem Marsfelde zu eine Strasse, etwa entsprechend der modernen Via della Dataria , hinabstieg, ist bekannt ; das Grab der Sempronier (vgl. TJB 1889 S. 275) giebt dafür ein monumentales Zeugnis. Die Nachbarschaft des Salus - Tera])els lässt für das sich hier öffnende Thor, welches etwa bei dem grossen Eundturm der Quirinalfassade gelegen haben mag, keinen anderen Namen zu als Porta Salutaris (2). Dadurch wird es unmöglich, ein zweites Thor, die porta Sanqualis, da zu suchen, wo ich sie TJB 1889 S. 274 angesetzt habe, nämlich nördlich von dem seiner Lage nach bekannten (TJB a. o. 0.) Tempel des Deus Fidius. Vielmehr wird sie südlich von demselben gelegen haben, wo man bis jetzt gewöhnlich die Fontinalis ansetzt {^). Die weiteren Consequenzen zu ziehen ist im Eahmen dieses Be- richtes unmöglich ; ich hoife es an anderer Stelle thun zu können.

'o'

C 0 1 1 i s h 0 r 1 0 r 11 m.

Bei Bauarbeiten im neuen Quartier Ludovisi fand man eine kleine Mar- morbasis (0,23X0,0-15 m.) welche in kleinen eleganten Buchstaben die Inschrift

(1) Gardthausen (Rhein. Museum 1890 S. 619-621) hat die topographische Beziehung von Z. 5 richtig erkannt : seine Ergänzung : J/. Ac[^ilius M. f. Canin.'] aed. [cur. ex iussu] Imp. Cacsaris locum dedit ; I][ vir. f[agi sanq. ? et mag. vi}ci Salu\taris fac. curaverunt] ist aber unmöglich, sowohl weil, wie bemerkt, Z. 4 am Ende nicht P steht, als auch wegen der sonst nicht nachzuweisenden Duumvirn eines pagus, während als Vorsteher der stadt- röraischen pagi sonst nur magistri vorkommen.

(-} Auf diese Ansetzung kommt auch, aus anderen Gründen, Wissowa am Schluss des oben (S. 119) angeführten Aufsatzes.

(3) Sie mit dem Bogen im Pal. Antonelli zu identifizieren, fällt mir na- türlich nicht ein; was ich hervorhebe, da die Skizze S. 121 iiTe führen könnte.

124 CH. HUELSEN

laco PKAEF viG xTTT irä,2rt. Es ist der bekannte praefectus vic/ilum des Tiberius : da die Zahl XIII sich . weder auf Iteration des Amtes beziehen, noch Ordnunffsziffer des Laco in der Reihe der Praefecten sein kann, vermutet der Herauscreber Gaiti [Xotizie 1889 S. 105; BuU.comun. 1889 S. 151-153), dass Laco in den sämtlichen 14 Excubitorien der Vigiles Statuetten (einer Gottheit oder des Kaisers) dediziert habe, von denen die erhaltene die vor- letzte wäre.

In Via Yeneto, gegenüber von Porta Pinciana. fand man, 0,40 m. unier dem jetzigen Terrain, das Pflaster einer antiken, der modernen parallel lau- fenden Strasse ; ebenda, in bedeutender Tiefe (er. 9 m.) eine in den Hügeltuff sehr sorgfältig eingeschnittene Kammer, 2,10 m. im Quadrat, 2,80 m. hoch. Ein (nicht ausgegrabener) unterirdischer Gang führte von der einen Seite in der Richtung auf Porta Pinciana ; die drei anderen Seiten hatten jede eine rechtwinkelig abgeschlossene Halbrundnische, und darin " una specie cli vasca 0 pozzetto ", 0,65 m. tief (Notisie 1890 S. 285 ; Bull, comun 1890 S. 299. 300). Vielleicht haben wir es mit der Stätte eines Geheimkultus zu thun, wie das sicher ist für die 1885 gleichfalls im Quartier Ludovisi (via Flavia) entdeckten Anlagen {Bull, comun. 1885 S. 131 ff).

Die Nekropole vor Porta Pinciana und Porta Salaria hat auch in diesem Jahre fortgefahren, unbedeutende Grabschriften zu liefern (Notizie 1890' S. 286-288; Bull, comun. 1890 S. 301): einiges Interesse gewährt das wohl noch aus republikanischer Zeit stammende Grab eines Q- Terentilius Q. f. Cam. Rufus (zwischen Porta Salara und dem ersten Thurm der Aureliansmauer, 30 m. vor der letzteren), weil es den Lauf der antiken Via Salaria, an deren linken Seite es lag, mit bestimmen hilft. Dieselbe lief etwas westlich der modernen Strasse {Notizie 1890 S. 218. 241 ; Bull, comun. 1890 S. 247).

Das Marsfeld.

Die siebente Region, zwischen den Hügeln und der Via lata, hat auch im verflossenen Jahre fast keine nennenswerten Funde geliefert. In Via Poli ist eine der neuen Via del Tritone parallel (also rechtwinkelig zur Via Lata) laufende Strasse constatirt. Gatti {Bull, comun. 1890 S. 296) stellt durch Hinweis auf früher in der Nähe gemachte Funde fest, dass sie durch den bekannten Claudiusbogen der Aqua Virgo {C. I. L. VI, 1243), dann aufwärts im Thale zwischen Pincio und Quirinal gegangen sei, um schliesslich in die Salaria zu münden. Interessant ist, dass drei verschiedene Pflasterungen über- einander (er. 4, 5 und 6 m. unter jetzigem Niveau) gefunden sind.

O.Marl-cchi il cimitero e la hasilica dl S. Valentino e r/uida archeologica

della via Flaminia. Rom 1890. 8. 140 SS. 4 Tff. enthält im Einleitungskapitel eine kurze üebersicht (S. 5-15) der haupt- sächlichsten ]\l'iiuuüente zu beiden Seiten der Via Flaminia, vom Kapitol bis

JAHRESBERICHT HEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 125

Ponte Molle. Vertrautheit mit dein modernen Stande der Forschungen war hei dem Vf. vorauszusetzen, Neues hat er nicht bieten wollen.

Pantheon und U m g e g e n d. Eine zweite Arbeit Marucchis, i leoni del re Nektancbo {/lull, comun. 1890 S. 307-325) kommt hier in Betracht, weil am Schluss auch die Frage erörtert wird, ob die beiden berühm- ten Basaltlüwen, welche unter Eugen IV und Clemens VII in d^T \'orhalle des Pantheon gefunden wurden, dann seit Sixtus V die Fontana dell'acqua Feiice zierten, und jetzt im ägyptischen Museum des Vaticans sind (i), in römischer Zeit zum Schmuck des Iseum im Marsfelde gehört haben. Der Vf. entscheidet sich negativ, weil nach dem Berichte Flaminio Vaccas die beiden Löwen durch eine wirkliche Ausgrabung, also an ihrer antiken Stelle zu Tage gekommen seien. Dass man im frühen Mittelalter sich die Mühe gegeben habe, die Front des Pantheons mit Kunstwerken aus benachbarten Gebäuden zu schmücken, sei unwahrscheinlich. Aber aus dem Iseum herbeigeschleppt ist doch das in der Vorhalle des Pantheon ausgegrabene Bruchstück eines Gebälks mit Sper- bern, Löwen u. s. w. (C. L. Visconti Bull, comun. 1876 S. 80 Tf. 14. 15; Lanciani Bull, comun. 1883 S. 49 ff ) ; und von Ausschmückung mit noch gewichtigeren Spolien benachbarter Tempel bieten ein sicheres Beispiel die zwei Provinztigu- ren vom Tempel auf Piazza di Pietra, welche jetzt in Pal. Odescalchi stehen, und unter Alexander VII in der Vorhalle des Pantheon ausgegraben sind (2).

An der Ostseite der Kirche S. Andrea della Valle (über Funde an der entgegengesetzten Seite der Kirche vgl. TJB 1889 S. 265), fand man antike,

(1) Die Zuteilung der Inschrift an Nektanebus I oder II war bisher streitig. Marucchi entscheidet für den zweiten, 362-3-tO v. Chr. regierenden.

(2) Bartoli mem. 78 bei Fea Miscell. 1,-242: Alessandro VII

facendo gittare via alcune case che ingombravano [il portico della Rotonda), fu trovato ne' fianchl del portico, quäl chiudevano tra ima colonna e Valtra, delle medesime figure, ovvero provincie, che poi furono le piü conservate, messe alle scale dal card. suo nipote u. s. w. (vgl. auch mem. 115 ebda. S. 255). Lud. Demontiosius, Gallus Romae hospes (1585; cap. de Pantheo) spricht öfter und ausführlich von diesen Fiijuren, die er für caryatides hält. (So p. 2: Julius Jacoboiiius .. ostendit mihi qunttuor capita mulierum in fronte porticus ad dextram humeris tenus supra terram extantia, ex totidem tabulis marmoreis excalpta, sed asser ebat se vidisse mulierum formas in- tegras, egesta quondam inde terra, qua nunc obrutae latent). Eine von diesen bildet er dann p. 13 ab : es scheint die eine jetzt im Pal. Odescalchi befindliche (Canina Etrur. mar it. I, 3, 11) zu sein. Auch auf einer die Vorhalle des Pantheon darstellenden Zeichnung Pirro Ligorio's (Taurin. vol. 13 f. 70; der Text besagt : Vi pose intra li intercolumnii anchora Agrippa le cariatide sculpite di marmo, di Scopa dice Plinio, delle quali in quella parte se- gnata MAI havemo accennato, dove anchora a dl nostri si veggono sotter- rate, perche d'esse figure erano chiusi tutti gli intercolunni, cccetti gli tre spatii di mezzo della montata, ch'erano aperti, et d'esse cariatidi si vedono i vestiggi nel ßancho del portico signato T) sind diese Figuren mit dem charakteristischen oberen Profil deutlich zu erkennen. Hätte Lanciani auch die Zeugnisse des Demontiosius und Ligorio gekannt, so würde er vielleicht nicht {Bull, comun. 1878 S. 22. 23) die Angabe ßartolis bezweifelt haben.

126 CH. HUELSEX

in der Richtung NS laufende Mauer, Reste eines mit Travertin belegten Platzes und eines Marmorpflasters [Notizie 1889 S. 362).

Südlicher Teil. Theater u. s. w. Zwischen der neuen Via Are- nula und Piazza Cenci sind Reste eines grossen monumentalen Gebäudes, dem Anschein nach aus republikanischer Zeit, aufgedeckt. Ausser der TJB 1889 S. 267 erwähnten, mit Via Arenula parallelen Mauer ist 7 m. unter dem modernen Niveau eine darauf rechtwinkelige, aus grossen Tuffquadern mit einem Bekrünungsgesims von Travertin, constatirt. Ihr Lauf ist 10°^ weit frei- gelegt : am östlichen Ende zeigt das umlaufende Bekrönungsgesims, dass die Anlage hier ihren Abschluss fand. Vor der Mauer (südlich nach dem Flusse zu) in einem Abstände von 12 m. fand man eine Reihe von Travertinsäulen, von denen noch sechs (unt. Dm. m. 0,90, oberer 0,65 ; Höhe : je vier Trommeln zu 0,85 m.; Abstand 2,25 m.) an ihrer Stelle waren. [Notizie 1889 S. 240, 241 ; Bull. com. 1889 S. 366). Dass wir uns hier im Gebiete der Anlagen des Cor- nelius Baibus (Theater, Portikus) befinden, ist bekannt (i).

Gelegentlich derselben Arbeiten wurden gefunden : Marmoral+ar mit Weihinschrift J/. Lurius Germics \ aram [restitucrunt] \ lovi optimo maxumo] ob suam suorumqiie salu[l;em] : das restituerunt Z. 2 ist späterer Zusatz {Notizie 1889 S. 273 ; Bull, comun. 1889 S. 440); ferner (Notizie 1889 S. 361) Ziegel mit cvspi de (Marini 785 = C I. L. XV, 970) und L. Bruttidi Au- gustalis opus doliar (Marini 650 = C. L L. XV 377 h).

Die auf Piazza del Pianto gefundenen, W-0 orientirten Reste antiker Pri- vatgebäude [Notizie 1889 S. 362 ; Bull comun. 1889 S. 478) sind unbedeutend.

Beim Bau einer Cloake von Piazza del Pianto nach der Porticus Octaviae fand man, südöstl. von Via della Reginella, 6,78 m. von der Ecke dieser Strasse, eine Granitsäule von 0,66 m. Durchmesser auf attischer Basis, die auf einem Travertinblock ruht (3,10 ra. unter modernem Terrain). Standspuren von ähnlichen Säulen (Basen, Peperinblöcke) wurden an weiteren vier Stellen entdeckt, und dadurch der Axenabstand der Säulen mit m. 3,40 constatii-t. Gatti [Notizie 1890 S. 31; bull, comun. 1890 S. 06-68) hält die Zugehörigkeit zur porticus Philippi für ausgeschlossen [perche un frammento della pianta mar- morea Capitoli^ia e la base di una delle Muse prese in Ambracia, C. I. L. VI, 1307 ... dimostrano che il portico di Filippo ... si estendeva poco oltre la via di S.Ambrogio e non poteva giungere fino alVodierna via dclla Reginella), und schreibt sie daher den Porticus Maximae des Gratian Valentinian und Theodosius zu. Mir scheint erstere Möglichkeit nicht so abzuweisen : die Musen- basis kann sehr wohl in der Osthalle der Porticus Philippi gestanden haben ; die Westhalle dehnt Canina vielleicht ganz richtig bis Via della Reginella aus.

(1) Eine die neuen Funde mit älteren verknüpfende Behandlung verspricht Lanciani, Vitinerario di Einsiedeln e Vordine di Benedelto Canonico, Mon. dei Lincei 1, 3 (1891) S. 522.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

127

N ü r d 1 i c ]i e r T e i 1. Bereits TJB 1889 S. 263 wnrae vorläufig hinge- wiesen auf merkwürdige Funde unweit der Chiesa nuova. Obwohl die da- mals angekündigte Publication erst im J. 1891 erfolgt ist, halte ich es für angemessen, sie schon diesmal ausführlicher zu besprechen, da sie durch die Conibinirung mit anderen hochwichtigen Funden die freilich auch noch der Publikation harren ein besonderes Interesse gewinnt.

Im Winter 1886/87 und im Frühjahr 1887 wurden bei Gelegenheit des Baues der Hauptcloake für den neuen Corso Vittorio Emanuele, bei der Piazza Cesarini, Peste eines monumentalen Gebäudes aufgedeckt. Lanciani, welchem eigene Beobachtungen P^nde 1887 und 1888 Gelegenheit gaben die in den Notizie degli scavi 1887 S. 180 und im Bull, comun. 1887 S. 276. 277 publizierten Notizen zu berichtigen und zu vervollständigen, hat seiner Mono- graphie Vltuierario dl EinsiecleJn e Vordine di Benedetto Canonico {Monu- menti antichi puhbl. per ciira della R. Accademia dei Lincei. Vol. I. pmit. 3. 1891) einen Exkurs über diese Entdeckungen eingereiht (S. 540-548), dessen Hauptresultate die folgenden sind.

Den Mittelpunkt der Anlagen bildete eine Ära von grossartigen Di- mensionen : von den pulvini sind zwei aneinander anschliessende Blöcke

(Länge 2,50 m.) erhalten : da die Mitte durch ein Mäanderband charakterisirt ist, lässt sich die Gesammtlänge auf 3,40 m. berechnen. Die Ära ruhte auf einem Unterbau von (mindestens) drei Stufen ; an ihrer Rückseite erhob sich

128 CH. HL'ELSEN

eine grosse Abschlussmauer aus Tuff mit Belag von Travortinquadern : der Platz vor und neben dem Altar war mit einer dreifachen Mauer aus Peperin- quadt'rn umeeben. Von diesem dreifachen Mauerring ist bei der beschränkton Breite des Kanals natürlich nur ein kleiner Theil zu Tage gekommen : zufällijif befinden sich in ihm gerade die Eingangsthüren, von deren Marmordekoratiou wenigstens Bruchstücke erhalten sind. Die Pegeln der Symmetrie und die Vergleichung mit ähnlichen Anlagen (Ustrinum der Antonine auf Monte Citorio ; f. U. P. fr. 173^ veranlasst Lanciani zu der S. 127 wiedergegebenen Pekonstruktion. Die Oberschwelle der ersten Thür wurde noch in aitu gefunden, 5 m. unter dem modernen Strassenplanum: bis zum antiken Niveau herabzugehen war mit Pücksicht auf die Zwecke der modernen Canalisation unthunlich. Erkennbar aber war, dass die ganze Anlage auf einem äusserst sumpfigen Grunde, vermittelst einer starken Unterlage von calcestruzso errichtet war. Zur Abführung des Wassers diente ein breiter (m. 3,50) und tiefer (m. 1,20) Kanal (Euripus), dessen wohlerhaltener Travertinbord und Cementbettung beschrieben sind Bull, comuii. 1886 S. 282, östl. von der rückwärtigen Ab- schlussraauer des Altarbezirks (Aufnahme bei Lanciani a. a. 0. Tf. III).

Monumentale Altäre von diesen Dimensionen sind im Marsfelde natürlich selten gewesen : da die Ära Pacis ihrer Lage nach genau bekannt, die Ära Martis so weit zu fixiren ist, dass ihre Identification mit dieser vollständig ausgeschlossen bleibt, so fiel Lanciani's Vermutung, der ich mich vollständig anschliesse (^), auf die berühmte Ära Ditis et Proserpinae in Terento. Genannt wird dieselbe besonders (vgl. Becker, Topogr. S. 628. 629) wegen der Feier der ludi saeculares. Nun sind in geringer Entfernung, beim Fundamentiren eines Hauses in via Civitavecchia, die umfangreichen Fragmente des commen- tariuni der quinclecimviri sac.ris faciundis über die Ausrichtung der Spiele unter Augustus 747 d. St. und unter Severus 204 n. Chr. gefunden worden (Not. 1890 S. 285); zwei andere Bruchstücke, deren eines mit einem der jüngst gefundenen genau zusammenpasst, tauchen im 16. Jhdt. im Palazzo Ceuli in via Giulia auf (C. /. L. VI, 877 a. h) : zweifellos war der ursprüngliche Platz der Inschriften bei dem beschriebenen Altar, der von beiden Punkten etwa gleich weit entfernt liegt. Gesichert wird durch den neuen Fund die Lokalität des vie'.- bestrittenen Terentum, welches von einigen (besonders den älteren Topo- graphen, Donati Martinelli Nardini) bei S. Lucia della Tinta, von anderen (Becker) beim Mausoleum des Augustus oder (Urlichs) beim Forum Boarium gesucht wurde. Die Vertreter der beiden letzten Ansichten beziehen sich auf die Stelle des Zosimus 2, 3, wo das sibyllinische Orakel die Pömer auffordert

'önnri axEivöxccxop

aus der sie folgern, das T. habe " an der schmälsten Stelle des Marsfeldes y> gelegen. Dass diese auf der Verbindung von areiföiuroy mit nedlov beru-

(1) vgl. meine bei Lanciani a. a. 0. S. 546 abgedruckte Mitteilung.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 129

hende Erklärung unzutreffend, vielnielir das Adjectivum, wie es Prcller , Regionen S. 241 (und schon vor ihm der alte I. M. Gesner, de annis ludisque saecularihus veterum Romanorum, Vimar. 1717 S. 34) gethan hat. zu JhJ'w» zu ziehen ist, unterliegt nunmehr keinem Zweifel mehr. Die Erzählungen bei Ovid (Fasti 1, 501) und Valerius Maximus 2, 4, 5 treten erst jetzt ins rechte Licht.

Wenig nördlich, vor dem Hause vicolo del Pavone n. 296, fand sich, 4,50 m. unter dem tStrassen])flaster ein Raum mit schwarz und weissem Mosaikpflaster, dessen vollständige Aufdeckung nicht möglich war [Notizie 1889 S. 339 ; Bull, comuii. 1889 S. 441).

Nach Demolirung des ehemaligen teatro Apollo hei Ponte S. Angelo wurden unter dessen Fundamenten grossartige antike Constructionen aus Tuff und Peperin freigelegt, welche sich bis in den Fluss hineinzogen : zahlreiche Marmorreste, kannellirte Säulenschäfte, Kapitelle u. dgl. sind gefunden {No- tizie 1890 S. 153) (1).

Etwas weiter flussaufwärts, bei Via Monte Brianzo, fand man folgende Weihinschrift: Mercurio \ Aeterno deo, Io\vi \ I]unoni Regin(ae) Minler- vae I So]ll Lunae Apol[lini \ Dia]nae Fortun\oe p. r. \ . . ^nae Opi Isi Pi[e-

tati I ] Fatiis (sie) D[ivinis \ quod bo^num [faustum \ fe]lixque [siet] \

Imp. Caesari Augus[to tutelae] \ eins senatus populiq\ue Romani'] \ et gen- tibus nöno . . . . \ iniroeunte felic[iter'] \ C. Caesare L. Pau\llo cos] j L. Lu- cretius L. l. Zethus \ iiissu lovis arani Auguüarn | posuit. Neben das letzte Wort ist mit späten schlechten Buchstaben geschrieben : (links) Salvs SEMONIA (r.) POPVLI VICTORIA [Notisie 1890 S. 388. 389). Da das Konsulat das des Jahres 754 ist, ergänzt Moramsen Z. 12 nono anno, mit Hinweis auf die 746 47 erfolgte Neuordnung der Stadt durch Augustus, Gründung der Larencapellen u. s. w. Zu einer Kultstätte der vicomagistri könnte auch diese Inschrift gehört haben (-).

Zwischen via Ripetta und dem Fluss, beim sog. Ferro di cavallo, fand man Bleiröhren mit der Inschrift aviani vindiciani | v c ; es ist der C. I. L. X, 1863. 6312. 6313 genannt consularis Campaniae, der vielleicht mit dem Proconsiü von Africa 380. 381 identisch ist.

(1) Der interessante Fund ist eingehend besprochen in D. Marchetti's Aufsatz : 'di un antico molo per lo sharco dei marmi riconosciuto sulla rwa sinistra del Tevere, Bull, comun. 1891 S. 45-60 nebst Tf. III. IV.

(2) Dass unter dem Mercurius aeternus, der vor den kapitolinischen Gottheiten genannt wird, sich der Kaiser verbirgt, ist eine Illustration zu Horaz I, 2, 41 : sive mutalus iuvenem figura ales in terns imitaris, almae filius Maiae patiens vocari Caesar is ultor.

130

CH. HUELSEN

Der Tiber ii n d d i e Brücken.

Die fleissige Zusammeustellimg von L. Cantarelli : la serie dei cura- tores Tiheris {Bull, comiin. 1889 S. 185-205) giebt, als Einleitung zu der Eeihe der (30) bekannten Curatoren einige allgemeinere Bemerkungen (Ursprung der cum Tiheris, Vereinigung mit der cura cloacarum, Zahl der Beamten, niederes Dienstpersonal). Hinsichtlich des Topographischen ist zu

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JAHRESBERICHT HEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 131

erwähnen, dass C. die von Momrasen {Staatsrecht 2^ S. 1017) behauptete Tei- luni:,^ diT Aufsicht über die beiden Flussufer, so dass i. J. 78 n. Chr. Calpe- tanus Rantius Quirinalis das linke, Dillius Aponianus das rechte Ufer ter- minirt habe, bestreitet, weil der letztere als praetorius nicht mit seinem con- sularischen Collegen gleichen Rang gehabt haben könne: perö nel caso, che ad alcuni lavori speciali fosse stato preposto un curatore inferiore, nei cippi era inscritto non il vorne clel curatore primaria, ma bensl quello del cura- tore che a cotesti lavori speciali sopraintendeva.

Ueber die Termination des rechten T i beruf er s verdanken wir den Arbeiten für den neuen Quai zwischen Ponte Umberto und Ponte Mar- gherita wichtige Aufschlüsse. D. Marchetti, welcher darüber in den Notizie 1890 (S. 82-88. 187. 322-823. 389-391) berichtet hat, bereitet eine ausführliche Arbeit über dies Thema vor; zur vorläufigen Orientirung möge folgendes dienen (vgl. die Planskizzen S. 130 und 133).

Nicht weniger als dreizehn (i) beschriebene Cippi sind im Laufe des Jahres 1890 an ihrer alten Stelle gefunden worden. Alle sind aus Travertiu und haben die übliche Form eines Parallelepi])eds (Höhe im Ganzen 2-2.50 m., davon über den Erde er. 1-1.20 in.; Breite 0,70, Dicke 0,30-0,40 m.) mit halb- kreisförmigem oberen Abschluss. Der Inschrift nach gehören 11 der Termi- nation des Augustus, 747 d. St., zwei der des Trajan, 101 n. Chr. an.

Die augustischen Cippen tragen auf der Vorderseite die bekannte In- schrift (C. /. L. VI, 1230): Imp. Caesar Divi f. | Augustus \ pontifex maxi- mus I tribunicia potest. XVII \ ex s. c. terminovit; die teils gleichfalls auf der Vorderseite {VS), teils auf der rechten (r. N.) oder linken (/. N.) Neben- seite, einige Male auch auf der Eückseite {RS) stehenden Massangaben sind:

Cippus a [Xot. S. 187) VS: r r prox cipp ped ccvi

RS : R R PROXIMVS CIPPVS PED CCV

h (S. 84) r.N: r r prox cipp - ped xxiv

C (S. 85) VS: R R PROX- ciPP ped XLi

^. .V; R- R- PROX- CIPP P ED XXIV

d (S. 84) VS: R R- PROX - CIPP - ped XVI

e (S. 84) 7?.S'; R - R- PROX CIPP - ped XV

f (S. 83) F,S'.- R- R- PROX- CIPP ped XXS

l.N: R- R- PROX- CIPP ped

XXV

g (S. 85) r.N: R R prox - cipp p - xv

(1) Ich lasse dabei die fünf inschriftlosen (au der S. 130 mit ?/ bezeichneten Stelle), welche Marchetti als no. 1-5 zählt, ausser Betracht, da sie nach seiner ausdrücklichen Angabe zwar in der Uferlinie stehen, ab. r mit der Termination als solcher nichts zu thun haben. Sie unterscheiden sich auch äusst-rlich von den anderen durch die tiefen Löcher in den Seiten, welche zur Anbringung eines Gitters dienten.

132 CH. HL'ELSEN

Cippus h (Not. S. 85) VS: r r- prox cipp ped cxLviiis

Z.iY; R R PROX ClPP PED XV i (S. 322) F^"; R'R- PROXIMVS-CIPPVS PED -XXXUI

JiS: R R PROX CIPPVS PED CLXVl k (S. 323) r-S"; R- R- PROX- CIPPVS- PED- CCXIX

l (S. 390) P^6'; R- R- PROX- CIPP- PED- CCXIX

BS: R - R TROX - CIPP - PED - CLXI

Die beiden Cippen der Trajanischen Termination sind sehr zerstört; der besser erhaltene (m ; Notlzie S. 84) hat [ex auctoritate | Imp. Caesaris Divi Nervae fili Nervae \ Traiani Aug. Germanici \ p]onti[/icis maccimi trib. \ potest] V. COS. IUI. p. [p I Ti] Julius Ferox cur. alvei Te?] 1 riparum Ti- heris et cloacar. \ terminavit ripam.; der andere (a. a. 0. S. 187) beginnt mit . . . lius Ferox. Die Distanzangaben, bei beiden auf der Vorderseite, sind :

m'. R R- PRO//;/| CIPP - P - XXXXIIII *

n: R- R- PROXIm] CIPP P -xvs

Die Höhenlage der Cippi variirt unbedeutend; die augustischen haben (im Scheitel) eine Meereshöhe von 10,50 (,vier Expl.) bis 12,50; von den tra- janischen wird n auf 13,50, der unbeschriebene x {Notisie 1890 S. 390) auf 12,94 angegeben, bei m fehlt die Höhenquote.

Die Eeihe der augustischen Cippen giebt uns zum ersten mal Gewissheit über das bei der Termination befolgte System. Die Steinsetzung begann fluss- abwärts; mit dem proximus cippus ist der jedesmal aufwärts nächste ge- meint (i); die Richtung der Schriftzeile auf der Vorderseite entspricht der gerade flussaufwärts laufenden Grenzlinie. Dementsprechend verweist eine Ano-abe auf der Eückseite auf den nächsten Cippus flussabwärts, dessen Di- stanz man freilich nicht in allen Fällen anzugeben nötig fand f^) Wo die

(1) Dies hat Marchetti a. a. 0. S. 88 richtig erkannt: seine weiteren Ansetzungen aber sind verfehlt, zum Teil schon weil seine Angaben über die

Stellung der Inschriften auf den Xebenseiten er giebt alle unterschiedslos sul fianco destro irrig sind. Ich habe die jetzt in den Diokletiansthermen aufbewahrten Originale revidiert.

(2) Gegen Marchettis Annahme (S. 87), dass diese Schreibweise auf einen Cippus rückwärtig und parallel vom ersten verweise, sprechen u. A. die beiden Steine a und i, auf deren Rückseiten Distanzen von 205 und 166 Fuss ange- geben sind Ausbiegungen landeinwärts welche die Uferlinie unmöglich ma- chen konnte. Nicht dagegen angeführt werden kann das Paar d-e;

AX

XVI

denn da beide an einem stum]»fen Winkel der Grenzlinie stehen, so muss natürlich die Verbindungslinie der inneren Ecken proportionirt kürzer sein, als die der äusseren.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 133

Grenzlinie einen Winkel macht, weisen Distanzangaben auf der rechten Ne- benseite nach dem nächsten Cippus aufwärts, solche auf der linken abwärts beides gleichfalls in der Schriftrichtung ('). Das ganze System erklärt sich am einfachsten durch die folgende, unter Zugrundelegung des von Marchetti {No- tizie 1890 S. 83) gegebenen Planes ausgeführte Skizze, auf welcher für die interessanteste Reihe (bei Casa Antaldi und Menotti) Stellung der Inschriften und Distanzziifern angegeben sind {^). Die Entfernung des östlichsten Cippus

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dieser Gruppe {a\ von dem nächsten augustischen flussabwärts ik) beträgt etwa 144 m ; das ist er. 20 m. mehr als die beiden indizierten Entfernungen (205 -|- 219 = 424 F. = 121 m.). Es fehlt also dazwischen nicht nur ein Cippus, sondern

(') Auf der Skizze ist die Richtung der Schrift auf den linken Nebenseiten {c f h) verkehrt angegeben; die Correctur selbstverständlich.

{-) Marchetti giebt an, dass nur bei drei Paaren sich der Abstand auf den Centimenter habe messen lassen, nämlich

h-c: wirkliche Distanz m. 7,06; angegeben p. XXIV = m. 7,11 g-h: wirkliche Distanz m. 4,37; angegeben p. X\'' = m. 4,44. d-e : wirkliche Distanz m. 4,75; angegeben p. XVI ^m. 4,74 (s. o.). Einige untergelaufene Irrtümer werden durch die Schwierigkeit der Aufnahme mitten unter den modernen Regulicrungsarbeiten entschuldigt. So sind auf Marcheltis Plan a. a. 0. Stein d und e in eine Linie gestellt mit h (wodurch die Grenzlinie eine höchst anflfällige Ausbiegung bekommt), während die Distanzzitferu auf c und f deutlich zeigen, dass sie mit c zu rangiren waren. Auch haben wir für die Entfernuni,^ f-ij m. 6,05 (statt er. 12 m. , wie der Plan Notizie 1890 S. 83 giebt) angesetzt.

134 CH. HUELSEN

zwei. Ihre vermutlichen Stellen haben wir auf dem Plane S. 130 mit ;; und t bezeichnet ; die Massangaben müssten etwa gewesen sein :

t VS : r .r . prox . cipp . ped . CCV

HS: r . r .prox . cipp . ped . LX

z VS: r .r .prox .cifip .ped .LX

RS: r . r .prox .cipp . ped . CCXIX

Die sämtlichen bisher verzeichneten Cippen gehören bereits bekannten Termiuationen au: eine ganz neue wird uns verbürgt durch einen auf dem linken Ufer unweit via Giulia, zwischen vicolo del Cefalo und der Kirche S. Anna dei Bresciani gefundenen Stein. Derselbe, ein Travertinblok von der üblichen Form (1,95 hoch, 1,00 breit, 0,-10 dick) trägt die Inschrift: [/?«;?. Caesar T. Aelius Hadr]ianus A?i[tonimis] \ Aug. Pitts Potifex (so) Maxim.] trib. pot. XXIIIL imp. IL cos ULI p. p. [A']. Platorio Nepotc \ Calpur- niano curat. \ alvei Tiber is et ripar. et cloucar. \ urhis terminos vetmt. dilapsos I exaltavit et restit rect. rigore \ proximo cippo p. . posi-

tos ex auto\ritate (so) Lmp. Caes. Divi Nervae ß. Nervae \ Traiani Aug. Germ, po/it. niax. trib. | potest. V cos. LIIL p. p. curatore | alvei Tiberis et ripar. et cloacar | Julio Feroce. Das angegebene Eegierungsjahr ist 161 n. Chr., in welchem Antoninus Pius am 7. März starb. Gatti [Xotizie 1890 S. 355; Bull.comun. 1890 S. 326-331J bemerkt mit Eecht, dass die Wieder- herstellung der Grenzsteine von M. Aurelius und L. Verus unter Leitung des- selben Beamten fortgesetzt sei. Die beiden von dieser Fortsetzung bisher bekannten Steine (C. /. L. VI, 1241 a-b), haben gleichfalls die Eigentüm- lichkeit, das die Distanzziffer nicht ausgefüllt ist. Die Auflösung der Siglen R. R. wird, statt r{ecta) r{egione) wie mau bisher las, durch den neuen Cip- pus in r^ecto) r{igore) gegeben.

Theod. Kummer, De urbis Romae pontibus antiquis. Wissenschaftliche Bei- lage zum Programm des Realgymnasiums zu Schalke. 1889. 40 SS. 4. giebt eine mit dem bekaunten Material operierende, fleissige und verständige Uebersicht über die Brückenfrage. Die Resultate decken sich fast ganz (')

(1) Nur dass K. den pons Sublicius mit Becker und Urlichs nicht neben dem Aemilius am Forum Boarium, sondern er. 200 m. weiter südlich bei Porta Trigemina ansetzt: dazu veranlas.seu ihn vornehmlich ((uae de pagi Aventi- nensis ßnibus Tiberim versus magis magisque prolatis 0. Gilhertus egrcgie scripsit. Mir erscheinen diese Ausführungen G.'s ebenso wenig förderlich wie seine von aller räumlichen Möglichkeit abstrahirenden Constructionen der Ur- gemeinden Roms. " Das volle Verständnis (sagt Gilbert Topogr. 2, 183) für die Lage ^c^pons Sublicius erhält man erst, wenn man ihn als ursprünglich von der Aventingemeinde angelegt auffasst ". Wem es also (wie dem Ref.) nicht gegeben ist, sich eine " Gemeinde " vorzustellen, welche ihren Hauptsitz auf der Osthöhe des Aventin (S. Balbina) hat, von da aus " durch den .--südlichen Theil des Mur- ciathales (ganze 500 m. weit!) vordringend » auf fremde Ansiedler stösst, und dort eine feste Brücke über den Fluss schlägt (was die " Palatingemeinde n,

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

135

mit denen Kichters (Topographie S, 53. 54). Die Hypothesen Mayerhöfers über den dreigeteilten Pons Aemilius erfahren eine verdiente Zurückweisung: Momm- sens Vermutungen über den Pons Lepidi (i) = lapideus = Fabriciiis, wie über die Lage des pons SuhUcius werden mit denselben Argumenten wie bei Kichter, bekämpft. Neue Resulhite enthält die Abhandlung nicht : von der im J. 1887 erfolgten Entdeckung des Pons Agrippae hat der Vf. noch keine Kenntniss gehabt.

Als Nachtrag zu dem was TJß 1889 S. 285. 286 über den Pons yU/rip- pae gesagt ist diene die folgende Skizze, welche ich Hrn. Marchelti verdanke.

. (-i4.«o)

-"/'/r^'/'/'<\

2^-4-77.00. _^

zu welcher die unmittelbar am Tiber bei den Altären des Herkules, des Euander, und des Jupiter sitzenden Ansiedler gehören, sich ruhig gefallen lässt) muss auf dieses volle Verständnis verzichten. Mir genügt Richters ausgezeichnet klare Darlegung (Befestigung des Janiculum S. 20. 21), in der nur die Bedeutung der Appianstelle BC. 1,58 noch schärfer hätte betont werden können; wenn ein am pons Sitblicius zur Sicherung des Flussübergangs auf- gestelltes ztXog auch den p. Aemilius mit schützen könnte, mussten beide unmittelbar benachbart sein.

(1) Bei Besprechung der Inschriften des Pons Fabricius folgt K. (S. 20) den Ausführungen Mominsens {G. I. L. I p. 559), wo es heisst: inscriptionis (Ritschi PLM. LXXXVII D p. 76) . . . partem priorem a Brunnio telescopii ope

136 CH. HUELSEN

Auf dem linken Ufer constatirte man beim Durchlegen des grossen Abzugska- nals hinter der neuen Quaimauer die Ausdehnung des östlichen Brückenpfeilers, von dem drei Lagen Travertinquadern noch m situ waren, und die Distanz von denselben bis zum antiken Flussufer = 12 m. 20.

Das rechte Tiberufer,

L. Borsari: notc topografiche relative alla regione transtiberina (Bull, comun. 1890, S. 3-9) beschäftigt sich zunächst mit den Grenzen der Eegion. Nach ihm war die Moles Hadriani noch in die vierzehnte Eegion einge- schlossen, wie das MansoJeum Augusti in die neunte, das tempbim gentis Fla- viae in die sechste, aber die Grenze schnitt umittelhar in ihrer Nähe ab. Die Prati diCastello lagen, wie die neuesten Gräberfunde (S. TJB. 1889 S. 287.288); beweisen, ausserhalb der Stadt. Andere Bemerkungen B's zu einzelnen Mo- numenten sind S. 145. 150 erwähnt.

Prati di Castello. In der Linie der Ostfront des neuen Justizpa- lastes, 20 m. von S. 0. Ecke, wurden im November 1889 zwei Sarko]»hage, 9,28 m. unter modernem, er. 5 m. unter antikem Niveau ausgegraben (Gatti Notizie degli scavi 1879 S. 364, 365; Bull comun. 1889 S. 477, 478). Der eine (beschrieben von C. L. Visconti Bull, comun. 1889 S. 445\ mit dem Bilde der Verstorbenen und weinlesenden Eroten geschmückt, zeichnet sich durch reichliche und sehr wohl erhaltene Vergoldung aus (jetzt im kapitolinischen Museum). Zum Deckel des andern ganz schmucklosen i'st verwandt das Frag- ment einer Monumentalinschrift in sehr schönen Buchstaben :

IMP-CAESARI TRIBVNIC- PO

p RO VI^

diui f. augusto pont . max lest .... imp . . . cos .... cia ....

examinatam repertam esse noviciam, scilicet saeculo fortasse decimo quinlo restitutam. Diese Unächterklärung ist von Jordan (Top. I, 1 S. 418 Anm. 32) gebilligt und im C. I. L. VI n. 1305 nicht genügend eingeschränkt. Ich will also nicht unterlassen ausdrücklich zu erklären, dass eine wiederholte sorgfäl- tige Prüfung der Inschriften (wie sie jetzt von der Treppe des neuen Quais am linken Ufer bequem anzustellen ist) mich von der Grundlosigkeit die.ser Verurteilung überzeugt hat. Wären die Schriftformen so wie sie das Facsimile bei Eitschl zeigt, so gäben sie zu Bedenken Anlass; aber das Facsimile bei Piranesi ist wieder einmal treuer als das bei Eitschl, namentlich hat das R in dem für modern gehaltenen Teil des Namens F.^BRICIVS nicht die sehr verdächtige Form E, mit gebogener Endlinie sondern die reguläre R. Ferner: die von B. angezweifelten Buchstaben stehen nicht etwa in Rasur, sondern die Schriftfläche ist genau in der Höhe der daneben liegenden unbezweifelt antiken Zeile. Sollen also die Buchstaben modern sein, so müssen es auch die Quadern sein. Eine Auswechselung der Kopfsteine des Bogens bedeutet aber einen vollständigen Neubau der Brücke; und von einem solchen sollten wir nichts wissen, wenn er unter Eugen IV (1431-1447) stattgefunden halte? Für mittelalterlifh restituirt wird aber niemand, auch nach E.'s Facsimile, die Buchstaben halten.

JAHKESHERtCHT i:EHKR TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 137

Die Sarkophage dürften, gleich den in der Nähe gefundenen der Creperei (TJB 1889 S. 288) dem III. Jhdt. n. Chr. angehören.

An der Ostseite dos Platzes, der den neuen Justizpalast umgieht, an der Ecke des Lungo Tevere Prati (gegenüber Casa Santini s. Plan S. 133), kam ein Marmorblock (Dicke 1, 35), der seinem Schnitt nach zur rechten Hälfte eines BogL-ns von circa 2 m. Radius gehört haben muss, zu Tage {Notizie 1890 S. 323). Die Flächen sind, mit Ausnahme der rechten oberen, wohl erhalten, von dem links j^nschliessenden Block fand man nur ein kleines Frag- ment, beide zusammen ergeben die In.schrift

^/mater ^CYUboniae C A E S aris

Die hier zum ersten Male genannte Mutter der Scribonia könnte Tochter des Münzmeisters L. Sentius C. f. Saturninus aus sullanischer Zeit (Eckhel V, 305 ; C. I. L. I, 409) sein.

Wenig bedeutend sind die sonstigen Funde beim neuen Ponte Umberto (Mauer aus Tuffquadern ; Platz mit Pflaster aus dem gleichen Material ; Frag- ment einer Monumentalinschrift mit Bronzebuchstaben), wie auch zwischen Ponte Umberto und Ponte S. Angelo (Ziegelmauer aus später Zeit ; Notizie 1890 S. 323. 324).

Mariano Borgatti Cmtel S. Angelo in Roma. Storia e descrizione (S. A.

aus der Rivista dl artiglieria e di genio 1889). 215 SS. 8. 34 Tff.

Der Vf., Capitän in Geniecorps, hat als Commandant der Engelsburg Geschichte und Bauzustand des Denkmals mit lebhaftem Interesse untersucht. Der Schwerpunkt seiner Arbeit liegt in der descrizione : die storia tritt trotz schätzenswerter Beiträge des verstorbenen Capannari, dagegen zurück (i). Die

Q) Die geringe Berücksichtigung deutscher Arbeiten hat B.'s Werke an nicht wenigen Stellen geschadet. So figurirt z. B. (S. 12 u. öfter) die angeb- liche Beschreibung der Engelsburg aus einer Predigt des hl. Leo, welche bei Petrus Mallius erhalten sein soll, als historisches Dokument aus dem 5. Jhdt., wälirend Jordan (Topogr. 2, 426-428) überzeugend nachgewiesen hat, dass wir es mit einem wertlosen Excerpte aus den Mirabilien zu thun haben. Bei Besprechunii: der Inschriften durfte C. I. L. VI, 984-995 mit Henzens Ammerkung nicht fehlen. Hät1e B. ferner die Beschreibung Roms berücksichtigt, so hätte er über die von Bavari 1825 gemachten Nachforschungen (deren Re-

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CH. HLELSEN

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JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 139

hauptsächlichen Kesultate seiner, häufig durch Ausgrabungen unterstützten Untersuchung sind folgende: lieber einem quadratischen Sockel erliob sich ein einziges cylindrisclies Hauptgeschoss, welches die Grabkammer enthielt, und durch eine hohe Basis mit Kolossalstatue (Quadriga?) gekrönt wurde. Die bisher allgemein herrschende Annahme, dass über dem erhaltenen Kundbau ein zweiter ähnlicher von etwas geringerem Durchmesser sich erhoben habe, widerspricht dem thatsächlichen Befund ('). Für die Decoration des Cy- linders nimmt B. statt einer umlaufenden Säulenhalle eine einfache Quader- teilung mit Gliederung durch Wandpilaster an. Den in der (Jeschichte der Gotenbelagerung genannten Statuen weist er über dem Hauptgesims, entspre- chend den Wandpi lästern, ihren Platz zu.

Die nebenstehende Skizze folgt im wesentlichen den von Borgatti fest- gestellten Grundzügen: einige Nachträge gebe ich, wie sie mir gerade zur Hand sind, ohne eine erschöpfende Behandlung, die in den Grenzen dieses Berichtes unmöglich ist, zu versuchen.

Der quadratische Unterbau, derjenige Teil der Monuments, über dessen architektonische Ausgestaltung wir durch die Zeichnungen des 15'«" und 16*«" Jhdts. am besten unterrichtet sind, hätte wohl eine etwas genauere Dar- stellung verdient, als sie in dem kleinem Aufriss Tf. 6 gegeben wird, um so mehr da, was Canina darüber bietet durchans phantastisch ist, und Piranesi ihn ganz vernachlässigt.

sultate Bd. 2, 1 S. 111-420 und Bilderheft I Tf. 11 verwertet sind) besseres geben können als die dürftige Notiz aus Nibby R. A. 2, 517. Auch die fleissigen Zusammenstellungen des P. Guglielmotti [storia delle fortificazioni neJhi spiaggia Romana, Eom 1879 S. 93-136) werden durch B. nicht entbehrlich gemacht.

(') Die entscheidenden Gründe gegen diese Annahme sind: erstens ist es unglaublich, dass von einem Gebäude das nicht, wie Colosseum, Thermen u. s. w. als Steinbruch, sondern vom frühen Mittelalter an als Festung ge- dient hat, schon im 7. Jhdt. ein Drittel verschwunden gewesen sei. Um diese Zeit aber wurde die kleine Kirche S. Angeli inter 7iubes bereits in Höhe des bei Canina zweiten Stockwerkes errichtet. Zweitens: Prokop sagt von dem Grabmal, es habe die Stadtmauern '> an Höhe überragt". Dieser Ausdruck ist ganz unpassend, wenn man ein Denkmal voraussetzt, welches, wie das Canina'sche, über viermal so hoch ist wie die Aureliansmauer; ver- ständig, wenn es sich um eine massige Höhendifterenz handle. Drittens habe die spiralförmige Rampe keine Fortsetzung gegenüber dem Eingange zur Grab- kammer des Hadrian. Letzteres widerspricht allerdings Bavaris ausdrücklicher Angabe (Beschr. Roms 2, 1 S. 419), er habe den Mauerbogen an der fraglichen Stelle [x auf Borgattis Plan Tf. 5) öffnen lassen, und sei dadurch in eine Fortsetzung des unteren Ganges gekommen, von welcher sehr bald links ein anderer, parallel mit dem in die untere Grabkammer führenden, abzweigte. Es ist auffallend, dass nach Borgattis Rekonstruktion die Plattform in antiker Zeit überhaupt gänzlich unzugänglich gewesen sein müsste: und er selbst giebt zu, dass das letzte Wort in dieser Frage noch nicht gesprochen sei (S. 200 not. J.).

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Zu Gebote stehen uns, ausser der unter reproduzierten Escorialzeichnuncr welche trotz ihres kleinen Maasstabes wegen der scharfen und treuen Wie- dergabe des Details wertvoll ist, folgende Blätter (*).

Giuliano da Sangallo cod. Barb. 49, 33 f. 37' : di castello santtangiolo dl Roma. Profil des Sockels bis zum Fries.

f. 38 : chornicione di chasUelo Santtanfi'iolo in Roma. Antonio da Sangallo il giov. * UfBzien 911 : di castello santo angiolo, dello

anticho. Sockelprofil, bis zu den * bugne piane \

Uffizien 1181 : desgleichen.

Gobbo da Sangallo * Uff. 1708: il hasamento anticho di castello. Jac. Sansovino Uff. 4330 : * Profil des Sockels bis zum Gesims; 4330': Gesims und * Kapitell.

Den zuverlässigsten Eindruck machen die Aufnahmen Sansovinos (geraessen nach einem braccio zu 20 soldi), welche wir daher im wesentlichen der bei- stehenden Skizze zu Grunde gelegt haben (2). Zur Controle dient die gleichfalls mit zahlreichen Maassen (braccio zu 60 minuti) versehene Zeichnung Giuliano da Sangallos, von der die übrigen (Antonio und Gobbo) vielleicht nicht unabhängig sind. Auf eine Diskussion der einzelnen Abweichungen kann hier nicht eingegangen werden.

Auffallen wird an unserer Rekonstruktion die geringe Höhe des Bukra- nieufrieses, nur 0,60 m. (3) ; nicht minder die eigentümlich gedrückten Verhält- nisse des Pilasterkapitells, welches über einem Eierstab Piankenmotive, an den Ecken durch Akanthusblätter gestützte Voluten hat. Im wesentlichen stimmt mit der Skizze Sansovinos ein von Piranesi («??f;c/uM vol. IV tav. XVII flg. 19) gezeichnetes Kapitell einer doppelten Pilasterstellung (Ganz- und links an- sclüiessend Halbpilaster) überein (gefunden bei Bauarbeiten im Castell im vorigen Jhdt.), die mit zur äusseren Dekoration gehört zu haben scheint und dann analog dem Vortreten der Eckpilasters sich unschwer als Flankirung des Haupteinganges einfügt.

(1) Mit * bezeichne ich die von Borgatti benutzten und auf seiner Tf. 9 reproduzierten Zeichnungen : seine Wiedergabe ist jedoch, namentlich hin- sichtlich der Maasse. weder vollständig noch genau. Von den Grundrissen, welche, mit Rücksicht auf die Befestigungsarbeiten entworfen, den antiken Kern meist in sehr kleinem Maassstabe wiedergeben (eine Ausnahme macht Salv. Peruzzi Uff. 646, reproduziert bei Bortjatti a. a. 0) sehe ich hier ab ; über diese vgl. Guglielmotti a.a.O. S. 101-104. 125-129.

(2) Eine genaue Copie diesem wichtigen Blattes verdanke ich der stets bereitwilligen Liebenswürdigkeit des Hrn. Conservators N. Ferri in Florenz.

(3) Dieses Maass wird verbürgt durch die wiederholte Ancrabe Giulianos (• br. il fregio ' f. 38 ; ' minuti GO ' f. 37') und Sansovinos (f. 4330' : ' [re- gio dita j?iV -t- l I ; wozu stimmt, dass auf der Vorderseite die Distanz von ]\ritte zu Mitte der Bukranien mit br. 1 d. 14 angegeben ist). Das bei Bor- gatti Tf. 7 fig. 9 gezeichnete Stück kann, wenn der Maassstab mit den übrigen auf derselben Tafel identisch ist (der Text klärt darüber nicht auf) nicht dazu gehören, weil es bedeutend grösser ist.

JAHRESBERICHT IJEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

111

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lOrt),

142 CH. HUET.SKX

Wichtig für die Architektur des Easameiits sind auch die orossen Ta fein mit den C.rabschriften der kaiserlichen Familie. Eorgatti hat ihnen zwar im Allgemeinen den richtigen Platz im i^ockel angewiesen, sich aber auf eine speziellere Untersuchung nicht eingelassen. Ich gebe die Anordnung, welche mir durch die Zeugnisse der alten Inschriftensammler gesichert scheint:

a. h. c. d. e.

f- fl- h.

t. k. l.

Eingang

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1

Iiischr. des Hadrian und der Sabina, gesetzt 139, C. I. Z/. VI,

Antoniüus Pius, f 1*^1

Faustina f 141

M. Aurelius Fulvus j Kinder des Pius, vor seinem Ee

]\I. Galerius Aurelius Antoninus > gierungsantritt gestorben, spä

. ,. y. vn \ ter im Hadrianeum beigesetzt

Aurelia radilla / °

T. Aurelius Antoninus ) ^.^^^^^ ^^^ ^ ^^^^^^ ^^^^^^^ ^^,^^^^

T. Aelius Aurehus } 147^ gestorben vor 161

Domitia Faustina ;

L. Aelius Caesar f 138

L. YrTus t 169

m. Commodus f 192

Leider besitzen wir von keiner der Inschrifttafeln, welche Gregor XIII im Jahre 1572 zur Decoration seiner Capelle in S. Peter verwenden Hess, genaue Breitenraasse (2) ; es Hesse sich sonst leicht zur Evidenz bringen ob (was mir wahrscheinlich ist) der Autor der sylloge Einsidlensis (3) die Serie der Grab-

(1) Die Stellung der grossen "Weihinschrift an Hadrian und die Diva Sa- bina («) über dem Haupteingang bezeugen Signorili und Poggio; der beiden Inschriften des Verus und Commodus (/ m) Haks von der antiken Eingangs- thür, nahe der W. - Ecke des Gebäudes, bei der mittelalterlichen j)orta di bronzo oder Collhia (über diese vgl. Borgatti S. 97), Signorili und Gamucci (s. S. 143 Anm. 1). Der Seite rechts vom Eingang weist Cyriacus Anconita- nus die Inschrift des Antoninus Pius {b) zu; dieselbe samt den Grabschriften der jung verstorbenen Kinder des Pius und des M. Aurel giebt der Anonymus Einsidlensis ' ah altera parte jportae '.

(2) Das Höhenmass lässt sich aus dem Gesamtbilde des Sockels ent- nehmen mit er. 2 m. ; dass die Breite eine sehr viel bedeutendere, vielleicht die doppelte, war. wird wahrscheinlich durch die Disposition der Zeilen, soweit dieselbe nachweisbar ist (C. I. L. n. 986. 991).

(3j die tojiographische Scheidung zwischen der von de Eossi gesonderten pars prima und secunda der Sylloge ist bemerkenswert. Während der Ver- fasser der ersten nur die an der öffentlichen Strasse nach S. Peter liegenden

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 143

Schriften rechts vom Eingange noch vollständig sah. Jedenfalls war der ur- sprünglich für Anbringung der Epitaphien vorgesehene Raum im J. 192 schon occupirt, da die Inschrift des Comniodus (jn) zwischen dem Bukranicnfries und der mit grössern Lettern geschriebenen des L. Verus (/) in kleinerer Schrift eingehauen war ('). Auf der westlichen Hälfte zu placiren sind ferner noch Annius Verus (f 16ß), die jüngere Faustina (t 175), Marc Aurel (f 180); die drei dann noch disponiblen Plätze würden durch die Namen der übrigen jung verstorbenen Kinder des M. Aurel leicht ausgefüllt. Für die Bauglieder unterhalb der Inschrift ist Sansovinos Zeichnung die allein massgebende, da die Sangallo (wie z. B. Gobbo 1708 ausdrücklich angiebt) hier die Maasso nicht vollständig genommen haben. Sansovino scheint aucji hier bis zum un- teren Abschluss des antiken Baus gekommen zu sein : ein Tiefergehen ist sowohl durch die Höhenverhältnisse des Pons Aelius als auch die (bei Pira- nesi ant. IV Tf. X, sowie im Bilderheft zur Beschreibung Eoins gezeichne- ten) Entwässerungsanlagen ausgeschlossen.

Der auf dem Sockelgeschoss aufsetzende Rundbau musstc, als einfach klarer Ausdruck der ganzen Bangedankens, als Fassung der in die Höhe ge- legten kaiserlichen Grabkammer, auch als Hauptstück des Monuments betont sein. Mit ihm schliesst denn auch folgerichtig der Aufbau ab eine weitere Entwickelung durch einen zweiten ähnlichen Rundbau liegt gar nicht im Sinne des Ganzen, das keiner Weiterführung bedurfte. Nur die Grabstätte selbst, das Centrum des Mittelgeschosses, klingt noch in der Krönung aus als Basis der Statue (oder Quadriga). Dieser krönenden Basis haben wir nicht, wie Borgatti, quadratische Form gegeben, vielmehr im Hinblick auf ähnliche Monumente (z. B. Casal Rotondo, Grab des Cotta: Canina Via Appia'tav. XXXVII) sie gleichfalls cylindrisch gestaltet. Da die Reste zur Entscheidung dieser Frage keinen Anhalt geben {-), darf wohl darauf hingewiesen werden, dass eine derartige Lösung allen Architekten, die seit dem IS**^" Jhdt. ideelle Rekonstruktionen der Moles Hadriani gegeben haben, geboten erschien.

Was der Monographie B.'s noch einen besonderen Werth verleiht, ist das reiche Illustrationsmaterial. Mit rühmenswerter Sorgfalt hat er ge-

{k. l. m.) abschrieb, hat der zweite seine Aufmerksamkeit auch den schwerer zugänglichen rechts vom antiken Eingang unter denen d-i nur durch ihn erhalten sind zugewandt.

(1) Gamucci 1. IV f. 181' ed. 1588: dove si uede la Jettera A (das ist etwa in der Mitte der West hälfte, halbwegs zwischen dem Eingang und der Bastion S. Matteo), si mostra un'anlica pariete di marmo, nella quäle si uede un gran pezzo di frecjio con le teste di. hue, et festoni col suo architrave, et di sotto sono hugne pinne, neue quali si leggono le infrascritte lettere (folgt m) ; et sotto cd soprascritto ve ne e wi'aliro in lettere piii grosse, che dice (folgt /).

(2) Dass alles war oberhalb der Grabkammer existirt, aus der Zeit Be- nedikt IX und seiner Nachfolger stammt, sagt Borgatti ausdrücklich S. 185.

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CM. HUELSEN

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 115

gen 20, zum Teil noch unbekcanntc und wichtige Einzelansichten des Castel S. Angelo auf Fresken, Kupferstichen, Handzeichnungen, Reliefs zusammen- gebracht — von kleineren Darstellungen auf Stadtplänen, Münzen u. dgl. ab- gesehen : der architektonischen Aufnahmen wurde bereits gedacht. Eine B. un- bekannt gebliebene Zeichnung aus dem Cod. Escorial. 4 H, 7 ist beistehend

nach einer von Hrn. Dr. J. Ficker aufgenommenen Photographie reproducirt. Eine Yergleichung derselben mit Borgattis Tf. 11, auf welcher die schöne Zeichnung Giuliano da Sangallu's (cod. Barb. 49, 33 f. 35) reproduziert ist, lässt eine Uebereinstinimung zwischen beiden erkennen, welche kein Zufall sein kann erstreckt sie sich doch bis auf die Details der Staffage. Es ist mir daher nicht unwahrscheinlich, das der cod. Escorialensis dem Sangallo angehört, und zu der grossen Prachthandschrift der Barberina in einem ähnli- chen Verhältnis steht, wie die Sieneser Skizzenbücher.

Auf das reiche Material, welche Borgatti über die Geschichte der En- gelsburg im Mittelalter und der jN'euzeit beibringt, muss ich mir versagen einzugehen. Die oben gemachten Ausstellungen können das Gesamturteil nicht beeinträchtigen, dass wir es mit einer höchst schätzenswerten Bereicherung der topographischen Litteratur zu thun haben, welche einem der bedeutend- sten Monumente des alten Eom eine sachkundige Behandlung widmet, Avie sie allen zu wünschen, bisher aber leider nur wenigen zu Teil geworden ist (*).

Bei der Anlage des Hauptstranges der neuen Canalisatiou auf dem rechten Tiberufer wurde im December 1889 auf Piazza S. Crisogono, ziemlich in der Axe der Via Lungaretta, ein Bauwerk aufgedeckt, welches zuerst von Gatti Notizie degli scavi 1889 S. 862; Bull, comun. 1889 S. 476. 477) kurz, dann von Marchetti {Notizie 1889 S. 363. 364; Bull, comun. 1890 S. 57-65) aus- führlicher beschrieben ist (vgl. noch Borsari, Bull, comun. 1890 S. 6-8 und Centralblatt der Bauverwaltung 1890 S. 28). Nach den zu Marchettis Aufsatz im Bull, comun. gegebenen Tafeln (V. VI) sind die folgenden Figuren her- gestellt.

Die Beste bestehen aus Quaderbogen von er. 2,95 (=10 F. r.) Durch- messer; ein solcher ist ganz, ein zweiter zur grösseren Hälfte aufgedeckt worden. Beide ruhen auf einem Pfeiler von er. 2,40 (== 8 F. r.) Dicke. Das Material ist Tuff, die Quadern sind ohne Mörtel sehr exakt gefügt. Die Bogen trugen eine Fahrbahn von er. 5,90 m. (= 20 F. r.) Breite. Den Abschluss und die Krönung bildete eine (an der Xord - resp. Südseite etwas verschieden gestaltete),

(1) Borgattis Monographie ist anerkennend besi^rochen worden von L. Borsari, Bull, comun. 1890 S. 5 und 0. Richter, Centralblatt der Bauverwal- tung 1890 S. 295-297. Desselben Vf. Progetto cli sistcmazioae clei dintorni cli Castel S. Angelo (Rom, Voghera 1890) erörtert die Frage nach mögli'chster Schonung der Bauten der Sangallo. Die von Lanciani in der Akademie der Lincei {Rendiconti 1890, vol. 2 S. 383, Sitzung vom 21. Dezbr.) vorgelegte Mo- nographie von F. Cerasoli ist noch nicht publiziert.

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CH. HUELSEN

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JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM 147

über die Pfeiler ein wenig vorkragende Schicht von Peperinquadern ('). Das Niveau dieser Fahrbahn lag 4 m. uuler dem Pflaster der jetzigen Via Lun- garetta (in 13,50 Meereshöhe), wogegen die Fundamente der Pfeiler bis 10,3 unter das moderne Pflaster (7, 2 ü. M.) gehen und damit nur noch er. 2 m. über dem mittleren Tiberspiegcl sind. Das nahe Excubitorium der siebenten Cohorte der Vigiles liegt etwa 8 m. unter dem modernen Pflaster (9 m. ü M.).

Die Bestimmung des Bauwerks konnte, wie von den Beschreibern so- fort richtig bemerkt wurde, keine andere sein, als die: eine grosse Strasse (2), welche im Zuge der modernen Lungarina und Lungaretta vom Pons Aemilius (P. Kotto) westlich lief, über einen Thaleinschnitt zu führen, und den vom Janiculum herabkommenden Wassern einen Durchlass zum Tiber zu gewähren. Die Richtung dieser Strasse setzt, wie ein Blick auf die Karte zeigt, die Existenz des Pons Aemilius voraus; und damit gewinnen wir sowohl einen Anhaltspunkt für die Erbauungszeit des Viadukts etwa Mitte des 7. Jhdts. d. St. -- wie für seine Bestimmung. Ueberzeugend hat Kicliter (Befestigung des Janiculum S. 19 ff.) auseinandergesetzt, dass die Vollendung der ganz steinernen Brücke neben dem alten, stets leicht zu unterbrechenden Po?is Sublicius einen sichernden Brückenkopf auf dem rechten Ufer unerlässlich machte, daher « auf dem Ja- niculum an Stelle der dürftigen Schanzen, die bestimmt waren, während der Centuriatcomitien den wachehaltenden Teil der Bürgerschaft aufzunehmen, eine starke Festung trat ». Auf eine gute Verbindung zwischen dem Pons Ae- milius und dem Fort auf der Höhe musste man Bedacht nehmen : die Verlän- gerung des Viadukts trifft gerade auf die Stelle (am Südende des Vicolo del Mattonatu), wo der Aufstieg zum Janiculum beginnt (3). Vermutlich also stellt derselbe den Rest einer befestigten Kunststrasse dar, welche besonders an den wichtigen Uebergangspunkten über Wasserläufe durch Quadermauern, viel- leicht mit Wehrgang, geschützt war.

Später hat sich dann der Boden allmählich aufgehöht; die Ableitung der Wasser vom Janiculum ist vollkommener geregelt worden; der Viaduct verlor seine Wichtigkeit als Durchlass. Neubauten aus der früheren Kaiser- zeit (Eeiiculat mit Ziegelecken, doch ohne durchbindende Ziegelschichten, auch reine Ziegelmauern) lehnen sich unmittelbar an ihn an: die Fussböden der- selben liegen annähernd in der Höhe des Bogenansatzes (er. 11-12 m. ü. M.).

(1) die oberen Schichten des Bauwerks habe ich nicht mehr in situ gesehen; das Ganze hat bei Durchlegung des modernen Cloakenstranges ab- gerissen werden müssen. Die Durchschnitte (neben 'dem Durchschnitt der Aus- grabung) beruhen auf Marchetti's sozione trasversale.

(2) Diese Strasse ist vermutungsweise, aber gewiss zutreffend, angege- ben auf Richters Plan (Topographie Roms. Nördlingen 1889).

(3) dies hat Marchetti a. a. 0. S. 63-65 zum Teil richtig auseinander gesetzt; seine Vermutung, dass der Viaduct mit dem andamoito del lato set- tentrionale delle fortificazione serviane (deren Nichtexistenz auf dem rechten Ufer m. Er. Richter schlagend bewiesen hat) kann ich ebenso wenig teilen wie die Ansicht, dass ein gewölbter zweistöckiger Gang auf der ganzen Strecke (er. 800 m. Länge) bestanden habe.

148 CH. HUELSEN

Eine grosse Ziegelmauer auf Travertinfundament ist fast 30 m. weit, bis ge- genüber dem Glockenturm von S. Crisogono, verfolgt worden: dort öffnet sich eine Thür (1,10 m. breit) ziemlich genau in der Richtung auf das Excubitorium der Vigiles.

Die sonstigen in der Nähe gemachten Funde (Strassenpflaster unter Via Lungaretta, Notizie 1889 S. 225; Strassenpflaster und Privathäuser in Via Mazzamurelli Notizie 1890 S. 31. 32; Bull, comun. 1890 S. 68) sind unbe- deutend.

Dass die horrea der statio anno na e sich auch auf das rechte Ti- berufer, gegenüber dem Aventin, erstreckten, weist de Piossi Bull, comun. 1889 S. 359 nach. Wichtig dafür ist, ausser den Piuinenfunden, die 1886 bei S. Maria in Cappella ausgegrabene Basis des praefectus annonae L. Aurelius Avianius Symmachus, Vaters des Redners, auf deren einer Seite eine navis an- nonaria abgebildet ist [Notizie 1887 S. 362; Bull, comun. 1887 S. 16. 17).

Qr. G.VTTi della mica aurea nel Trastevere {Bull, comunale. 1889 S.

392-399). behandelt eine bei S. Cosimato gefundene chrislliche Grabschrift (vgl. auch Notizie 1889 S. 242)

FELES ET VICTORINA "^ I V E

SE BIBI FECERNT MICA^REA DEP)

SITA IN FACE MESE AVGVSTO / /

Er liest: Fellix} et Victorina \_s]ive se {v)i(v)i fecer[u]nt (in) Mica

aurea; dcp[o]sita in pace mese Augusto und stellt sorgfältig die antiken und mittelalterlichen, namentlich an die Kirchen S. Cosimato und S. Giovanni della Malva sich knüpfenden Zeugnisse für den Namen Mica aurea zusammen. Mir scheint, trotz des Zusammenstimmens mit dem Fundort, die locale Erklä- rung des Micaurea nicht sicher: ich möchte es lieber für einen Personen- namen halten, und lesen: Fel{ix) et Victorina eiu\_s] se {v)i{v)i fecer\u\iit ; Micaurea deposita u. s. w. ('). Interessant für den Zustand Roms in der Zeit seines tiefsten Verfalls ist die Constatirung eines Begräbnissplatzes aus dem 6"^" nachchristlichen Jhdt. innerhalb der Mauern : ein ähnlicher war bisher nur auf dem Esquilin bei S. Eusebio bekannt (de Rossi R. S. III S. 557 ; Inscr. Christ. I S. 508. 511).

(1) Gatti selbst hat auf diese Möglichkeit S. 392 Anm. 1 hingewiesen. Mica aurea als Thiername ist bekannt.

JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

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Bei Anlage der neuen Bahnstation im Trastevere, reclits von der via Por- tuensis sind Reste antiker Gebäude (lietikulatmauern, Travertin - und Peperin- säulen, Brunnen aus Quadermauerwerk) gefunden {Notizie 1889 S. 192. 193). Von mehr Interesse ist ein ebenda (1120 m. vor Porta Portese) ausgegrabenes kleines Sanctuarium, über welches Marchetti {Notizie 1889 S. '^43-245) be- richtet. Dasselbe besteht aus einer oblongen, in den Tuff gehauenen Nische

S'r'L %•'•

mit Dekoration in rotem Stuck. Im Giebelfelde, gleichfalls aus dem Tuff aus- gehauen, eine Keule zwischen zwei scyphi, darunter die Inschrift L. Domitius Permissus fecit. Vor der Nische ein Opfertisch mit zwei Stufen in Ziegel- werk; davor zwei kleine Altäre (hoch 0,75, Grundfl. 0,50X0,50 m.) mit der iden-

150 CH. HUELSEX, JAHRESBERICHT UEBER TOPOGRAPHIE DER STADT ROM

tischen Inschrift Imperio | Ilerculi sacru \ L. Domitius \ Feimissus. Zwei Sta- tuen aus Tuff, Herkules einmal als Victor (ähnlich wie auf dem einen Euud- relief des Konstantinbogens), einmal beim Mahle gelagert (i), sowie zahlreiche Weihgaben (verzeichnet von Marchetti a. a. 0. S. 245) sind gefunden. Unter

alliHnililliUiiiiiiiii;iliii;lli7iT.!rli»,'!illllllllHrfmfe

den sonstigen an derselben Stelle gefundenen Objecten verdienen sieben rö- mische Porträtbüsten (jetzt in den Diocletiansthermen) etwa aus dem 2'^" Jhdt.. von mittelmässiger Arbeit aber seltener Erhaltung, erwähnt zu werden.

Korn, April 1891.

Ch. Huelsen.

(1) Borsari Bull, comun. 1890 S. 9 erinnert an den aus der Ecgions- beschreibung bekannnten Hercules cubans in Trastevere.

SITZ UNGSPßOTOCOLLE

9. Januar: Petersen beldagt den Verlust, welchen die Ar- chaeologie und das Institut durch den Tod Heinrich Sciiliemanns erlitten und giebt dabei der Hoffnuag Ausdruck, dass wenigstens die von dem Verstorbenen unternommene Erforschung von Troja noch in seinem Namen und Sinn möge zu Ende geführt werden. Bru-no Sauer weist in einer Statue des Lateranischen Museums (Benndorf und Schöne n. 6) die Copie einer friedlichen Athena des Pheidias (Lemnia?) nach. Mau über vier pompejanische Wand- gemälde. (Vergl oben S. 71). Huelsen zu den Elogia vom fo- 7'um Äugusti.

Hülsen : Un frammuiüo rilrovato sul Foro di Augusto e pubblicato Notizie degli scavi 1889 p. 3t == ßulL comuii. 1889 p. 79, 1890 p. 258:

fa riconosciuto dal eh. Mommsen per un avanzo delLi iscrizione onoraria di Q. Cecilio Metello Numidico, console 109 a. C. La seconda riga e da supplirsi ce^isor L. Eq[iiitium censu prohibuit. Cf. auct.de vir.illustr. c. 62: censor [L. E]quitium, qui se Tiberii Gracchi filium mentiehatur, in censum non recepit. I codici del Über de vir ill. erroneamente preseiilano Quinctium in- vece di L. Fquitium: la forma corretta del nome viene sostenuta da Valerio Massimo 3, 2, 18. 3, 8, 6. II prenome Lucius manca nei codici Valeriani, ma e servato nei passi corrispoudenti dell'epitome di Giulio Paride.

23. Januar: Prof. Tocilesco aus Bukarest: das Trajanische Siegesmonument von Adamklissi.

Tocilesco : Premessa una descrizione della Dobrogia, disse che il piü notevole monuinento di quella regione e la gran torre di Adam-Klissi che sorge isolata in un punto dominante la pianura a 20 eh. dal Danubio (Rassova)

152 SlTZr.NGSPRöTOCOLLE

a 50 dal Mar Nero (Jlano'ülia) a 40 dalla ferrovia IModgidie. La torre tcrmina a cono. ai piedi grandi blocchi di jtietra, altorno una grande scala circolare.

Un tempo piü alto, conia ora 20 m. di altezza e 25 a 27 di diaraetro. I turchi la chiamano cumbett (tumalus) e Adam-Klissi ' chiesa deH'uomo '.

Questo nome deriva forse da alcnne statue che si conservano sulla torre. Del resto intorno ad cssa s'intrecciano curiose tradizioni e sirane leggende.

Dopo aver accennato agl'illustratori o commentatori di questo raonu- mento, non sempre esatti, il conferenziere accenna alle indagini da lui fatte dopochö la Dobrogia passö alla Komania e presenta in un acquerello del sig. G. Niemann di Yienna la ricostruzione di Adam-Klissi, una specie di niau- soleo d'Adriano a Roma, sormontato da un gigantesco trofeo.

In seguito ad una esatta descrizione del monumento, delle figure e bas- sorilievi, il Tocilesco toeco del carattere del monumento, destinato, come la Colonna Traiana a Roma, a perpetuare la memoria di Traiano tra quei ])opoli debellati: ricordano infatti i trofei gli episodi principali della guerra Dacica: il ritratto di Traiano si ravvisa in diverse sculture.

Quasi tutte le parti del trofeo che si elevava a 5,40 dal centro dell torre furono trasportate a Bucarest.

L'architettura e degna di Eoma antica, piuttosto grossolane le fignre, ma ciö non toglie sia stata costruita sotto Traiano, essendo noto che tra i raonumenti della capitale e quelli delle provincie vi era grande differenza

La data della costruzione di Adam-Klissi vien determinata fra il 108 e 109 d. C. per mezzo dell'epigrafe, ricostituita dal Tocilesco nel modo seguente :

Tvy 0 e s i a e vltor ijm[p. c a e s AK Dwi 14 E Vv^\ e fr ?j~^rc\'A— tra^\^ AN V s aufj. germ- dncicu] s ?^o n t. m a x. tr i h. jj 0 t e S(~? im p. ui cos \^ P P

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6. Februar: Laxciani über eine antike Stadt auf dem Monte S. Ano^elo bei Tivoli. Petersen erklärt das im Bullet, comim. 1887 Taf. XV. XVI abgebildete Monument der Sammlung Ludo- visi-Boncompagni für die Lehne eines Thrones der Aphrodite. Vgl. Heft 4. Dazu bemerkt Lanciani, dass das Werk, so viel er wisse, im Bereich des Heiligthumes der Venus hortonim Sallu,- siianorum gefunden sei.

SITZUNGSPROTOCOLLE 153

Lanciani: La vetta dol Monte S. Angelo era fiiiora di dillicile accesso e perciö non fu mai prima studiata esattamente. Ora peru diradate le foreste che la rivestivaiio, vi si possono riconoscere fortificazioin poligonali com par- ticolari interessanti, anche pel modo di costruire muraglioni sostenenti 11 re- cinto di un tempio, strade selciate, ecc.

II riferente ritunne per certo essere questi gli avaiizi deirantica citta di Aefulae, nota sopratutto daU'ode 3, 29 di Orazio. II tempio sarebbe quelle della Bona Dea, menzionato in una iscrizione scoperta nel secolo XVI nel territorio di S. Gregorio, nei prcssi di Monte S. Angelo {Mons Aeßianus).

20. Februar: Mau über das Resultat der von v. Duhn und Genossen im griechischen Tempel von Pompeji veranstalteten Gra- bung. — HuELSEN über eine auf dem Qiiirinal unweit der 'Con- sulta gefundene Inschrift (s. o. S. 122).

6. März : Sauer über einen archaischen Kopf des Braccio Nuovo. Mau über eine Gladiatoreninschrift von Pompeji. Petersen über Marmorbetten. Vgl. Heft 3.

Sauer : Nella bella testa del Braccio Nuovo, pubblicata nelle Bonner Studien sulle tavv. VIII sg. si trovano traccie piü o meno distinte di attri- buti che sporgevano in ambedue i lati sopra la supcrficie del teschio. Gli avanzi superiori giustamente spiegati dal Winter appartengono a corna, quegli inferiori ad orecchie animalesche. Si tratta dunque d'un essere misto fra uomo e ruminante, e precisamente, essendo le orecchie strette assai e alzate iusü, fra uomo e cervo, vale a diri di Atteone a metä trasformato, che sta difen- dendosi coutro i suoi cani furibondi. Fra le rappresentanze analoghe la piii importante e quella d'un vaso del museo di Londra {Cutal. of the vases etc. II n. 1677. Panofka, Gab. Pourtalcs tav. 21), dalla quäle qui si riproduce la

testa dell'eroe. E ben conosciuto che lo stesso soggelto e rapprescntato in un gruppo di marmo del musco di Londra, il cui niotivo e desunto dal ce- lebre satiro di Mirone. Ci vorrebbe un accurato esanie di questo nionumento per risolvere la quistione che sorge immediatamente, se cioe la testa vaticaua appartenesse ad una replica del meJesimo. Intanto giova liberare questa testa interessante del nome d'Iacco impostolc troppo precipitosamente.

154 SITZUNGSPROTOCOLLE

Petersen : Avendo potuto csaminare Toriginale in riguardo airosser- vazione fatta dal sig. Sauer, ne deve conferinare la giustezza quanto alle orec- chie auimalosche, mentre la posizioue molto laterale delle conia gli lascia qnalche dubbio se siano state cerviue.

Mau : Le iscrlzioni ascritte ai disegni di due gladiatori sono pubbli- cate Bull. 1890 p. 32:

1, Q_ PTRONIVS M

° TAVS XXX III

2, SIIVIIRVS-V

l. IB XXXXXV

cioe : ' Q. Petronius Octavus, XXXIII (pugnarum), m(issus). Severus libfer-

tus) LV (pugnarum), v(icit). Che il significato della iiota lib xxxxxv sia

questo, non lib{eratus) quinquagesima qiünta (piigna), fu dimostrato da P. J.

Meier De gladiatura roniana pag. 48 not. 2; ai suoi argomenti si pu«'» aggiun-

gere quanto segue. La nota in discorso non indica l'esito del combattimento

a cui si riferisce Tiscr., dacche piü volte si trova unita con Taltra P[eriU);

indica invece lo stato del gladiatore al tempo del combattimento ed c de-

sunta dall'annunzio [libellus) che simili iscrr. riproducono. Ora siccome al

publice premeva di sapere se il gladiatore appartenesse o no alla classe pre-

ferita dei liberti (Petron. 45) e di conoscere il numero dei combattimenti da

lui sostenuti; era logico dunque di aggiungere nelPännunzio quest'ultimo

numero, non quello piü ristretto dei combattimenti anteriori alla sua libera-

zione. La nota LIB poi si trova aggiunta esclusivamente a nomi servili, mai

a nomi che esprimono la condizione libera {Q. Clcppius, C. I. L. IV 465) o

libertina {M. Antonius Exochus, C. L L. VI 10194) mentre in questi ultimi

massimamente si aspetterebbe. E chiaro dunque che alcuni liberti, seguitando

a combattere, seguitavano anche a chiamarsi col loro nome servile ; e a questi

nomi fu aggiunta la nota LIB, mentre sarebbe stato inutile agginngerla ai

tre nomi, come nel caso nostro a quelli di Q. Petronius Octavus. Siccome

fra i gladiatori vi erano - lo dimostrano i nomi (C. /. L. IX 465) - servi,

liberti e ingenui, cosi bisogna amraettere che Petronio (45), quando distingue

soltanto familia lanisticia e liberti, comprende sotto quest'ultimo nome anche

quegli ingenui che non vivevano rinchiusi nel ludu-i, ma combattevano volon-

tariamente. Per alcuni gladiatori la condizione libora, benchö si chiamino

con nomi servili, risulta dall'essere essi stati sepolti dalle mogli, con le quali

debbono essere stati congiunti durante il tempo del loro servizio: cosi il

secutor Urbicus (C. /. L. V 5933) morto a 22 anni dopo 13 combattimenti

c 7 anni di matrimonio ; il reziario lantinus (1. c. 4506) morto a 24 anni,

dopo 5 combattimenti e 5 anni di matrimonio ; il procurator luvenis, sepolto

dalla moglie Purricina a 21 anni, dopo 5 combattimenti e dopo essere stato

in ludo 4 anni. Anche Q. Ducenius Optatus (XII 5836), sepolto dalla moglie

dopo soll 3 comb:ittimenti non puo cr.dersi veterar.o ma ghidiatore attivo di

SITZUNGSPROTOCOLLE

155

condiziono libera. l'cr questi dunque pare che vi fosse il modo di prender parte agli esercizi {in ludo) senza esservi rinchiusi.

20. März: Lanciani über die Topographie des collis horto- rum (y. Bull, comiin. 1891 p. 132-155). Petersen über die ' Medusa ' Ludovisi. Derselbe über eine griechische Bronze- figur. Vgl. Heft 2.

Lanciani : II Monte Pincio, detto collis hortorum dalle nnmerose ville di famiglie nobili romane, p. es. gli horti Domitiorum, horti Lucul- lani e nell'epoca bassa quelli di Petronio Probo ed Anicia Faltonia, ultima discendente forse della gente Pincia, il cui nome h rimasto alla collina fino ai giorni nostri, ö ricco di avanzi di costnizioni antiche. Dope avere an- noverato quegli ancora esistenti, il riferente ragionö di due monumenti di- strutti nell'epoca del risorgimento : del cosi detto templwn Solis, sotto il « Belvedere " della villa Medici, edifizio forse destinato ad uso di ninfeo o castello dell'acqua Vergine; e di un grandiose emiciclo con terrazze e sca- linate discendenti all'antico Campo Marzio; esso stava quasi sul posto della moderna gradinata della Trinitä dei Monti, ma fu distrutto circa il 1550, quando si costrui il raonastero della Trinitä e la Villa Medici. Oltre al pic- colo schizzo dato dal Bufalini se ne hanno soltanto due piante nelle opere di Pirro Ligorio : una piü piccola nel codice Bodleiano testö pubblicata dal Mid- dleton {Archaeolorjia LI p. 497), ed un'allra molto dettagliata, scoperta dal dott. Hülsen neH'archivio di Torino. II riferente presentö una copia di quest'ul- tima {Bull, comun. 1. c. 1891 tav. V. VI), ed accennö agli avanzi tuttora esi- stenti sotto il monastero della Trinitä dei Monti, che confermano in parte le indicazioni del Ligorio.

Pare che questi edifizi abbiano appartenuto, nei priuü secoli deH'era no- stra, alla nobile faniiglia degli AciJii Glahriones, la quäle possedette inoltre, fuori delle mura, grandi terreni ridotti a ville e giardini, corrispondenti in parte alla moderna villa Borghese ed estesi fino alla via Salaria.

3. April : Petersen legt das Supplement der Monumenti ine- diti vor. v. Sybel über die Entwickelungsgeschichte einer bestimmten Haarbildung männlicher Gestalten in der griechischen Plastik. S. Mittheill. Heft 2. Mau über eine Tafel in Niccolini Le case e i monime/ili di Pompei. Huelsen über das Denkmal des Chaeremon von Nysa (Vgl. Athenische Mittheilungen 1891 S. 95-106).

Mau : Nell'opera Niccolini Le case e i Monumenti di Pompei la tavola Suppl. 38 riproduce una parete del primo stile, la stessa che insieme con un'al- tra (della casa di Sallustio) e rappresentata sulla tav. II dell'opera del rif. sulle decorazioni murali di Pompei. Perö sulla tavola del Niccolini i pilastri sono

156 SITZUNGSPROTOrOLLK

neri invece di bianchi, nero anche lo zoccolo invece di imitare alabastro. Che sulle pareti del primo stile le parti architettoiiiche (pilastri ecc.) fossero neri, non bianchi, fu un'upinione erronea delFarchitetto Sikkard, tratto in errore da certe macchie prodotte da polvere, crittogami ecc. e somiglianti a quelle tracce che rimangono su pareti nere quando il colore, come spesso succede, e svanito. II Sikkard credeva pure che le imitazioni di marmi screziati fossero scmpre dovuti a ristauri posteriori. In questo senso egli aveva fatto il dise- gno per la tavola suddetta deiropera del rif. Pare che questo disegno, rifiu- tato dal rif., sia stato acquistato dal Niccolini ed abbia servito di base a quella sua tavola, suUa quäle perö e aggiunta arbilrariamente la cornice so- vrapposta in modo impossibile ai pilastri. II rif. si e convinto, con un esame accurato, non essere sostenibile in alcun modo la suddetta opinione del Sikkard.

17 April: festliche Sitzung zum Gedächtniss der Gründung Roms : Pigorini über die ältesten Ansiedelungen der Italiker und ihre Analogien mit der Roma qiiadrata. Mau : über ein Bild- niss der jüngeren Agrippina. Petersen über ein colossales ar- chaisches Cultbild der thronenden Aphrodite. Vgl. Heft 4.

Pigorini : parlo delle piü antiche stazioni degli Italici, provando che consisto'no nelle abitazioni lacustri del Veneto e nelle terremare del Manto. vano e dell'Emilia. Fu soltanto al cominciare della prima etä del ferro che gl'Italici passarono l'Aiipennino, in due divcrsi rami, uno dei quali giunse nel Lazio. Nelle cittä che vennero via via edificando a sud dell'Appennino, con- servarono taluni essenziali caratteri delle terremare, e cio spiega perchö la prima Eoma fosse quadrilatera e orientata, e perchfe la cittä, Serviana fosse cinta dall'aggere e circondata dalla fossa. Le terremare disegnano in pianta un trapezio, e hanno un ponte di legno ai capi del decumano : queste parti- colaritä ci fanno comprendere la ragione del ponte suhlicio, di legno e senza chiodi, religiosamente mantenuto in Eoma dai Pontefici, e lasciano credere che i « prisci Latini « fondassero la Roma quadrata sul Palatino perchö esso appunto presentava la figara di trapezio.

Mau : parlo di un busto di marmo del Museo Nazionale di Napoli, del quäle furono distribuite riproduzioni in zincotipia. Che questo busto rappre- senta Agrippina minore, la madre di Nerone, della quäle finora non si cono- sceva nessun ritratto autentico, il rif. lo dimostro col confronto delle monete insignite della testa di lei. Espose anche, come il busto di Napoli corrisponde bene a quanto sappiamo sul carattere di Agrippina e deve riputarsi un ri- tratto assai buono, che senza abbondare in particolari rende egregiamente i tratti essenziali nei quali si rivela Findole della persona rappresentata.

I FASTI DEI .S'^A' PRTMI AB ÄERARIO

La facciata dell'erario portava, fin daH'auiio 781 della cittä av. Cr, 28 i fasti del collegio ^Qsex j)rimi, i quali come e noto erano i capi degii apparitori pubblici destinati al servizio del tesoro e dell'arcliivio di Koma. Abbiamo avanzi e del senatiisconsulto deH'anDO suddetto e della lista degli impiegati, ed e degno di osser- vazione, che tiitti i frantumi qni radunati sodo iisciti piü o meno nelle vicinaiize dell'erario, dunque sul sito, cioe, il primo fram- mento del seDatusconsulto uei fondameuti di una casa privata in via di Monte Capriuo, il secondo a piedi del tempio di Saturno; de' fasti la parte inferiore (della superiore scavata fin dal se- colo XVI non si indica la provenienza) negli istessi scavi iii capite fori Romaiü, siccome accenna il chmo Lanciani BuUett. comim. 1888 p. 224. II solo frammento terzo e stato ritrovato verso la Cecilia Metella.

Del senatusconsiilto riraangono i due frammenti che seguono, il primo stampato nel C. VI, 10621, il secondo edito dal Lanciani nel Bull, comim. 1888 p. 228; il merito di averli sagacemente ricongiunti spetta al nostro Dessau. Sono conservati ambedue nel nuovo museo delle Terme Diocleziane: la lunghezza del primo frammento e di cm. 12, quella del secondo cm. 18, l'altezza cm. 19,

DECRETVM^ JETAERARIO PRA Elr:>

Sei Q_yiT de leI 1/,//o l seitivs cos aa ve si ex s^c

7 I T V L E R I Y /eFERENT CENS I S F CCCCV

'L A E L I y /X P R I M C

\ut ad aerarium noraina eorum qui secundum Id

decretum [creati erunt, eius annl co{n]s{ulibus) et prcijetioribus) aerario

\praescr\iptis publice proponantur, itemque ibidem proponatiir

sei quit de Ie\gendis scribis quaestoriis Cn. Pis]o L. Sentius cos. a{lter) {ambo)ve,

\si ei\s videbitur, dum ne quid {contra) l{eges) tuleria[t alive qui magistratus deind]e ferent. Censu{erc). In

I sjenatu) f(uerunt) CCCCV. . . .

11

158 TH. MOMMSE.N

I consoli sono quei del 731, anno in cui rammiuisti-azione dcl- Terario fii trasferita nelle competenze pretorie in questa guisa, che fra le i)roviiiciae distribuite per sortizione anniiaimente ai pretori, entrano le due per il reggimento del tesoro piibblico, aiimen- tandosi nel medesimo tempo il numero de' pretori da otto a dieci. iMa il decreto. per cui si operö questo importante cambiamento amministrativo, se pure si fece pel senato e non per legge comi- ziale, probabilmente non e quell' istesso di cui ci rimane la parte estrema; anzi pare che questo abbia segnito quello ed abbia re- golato, dopo la rautazione dei capi, pure l'organizzazione de' subal- terni. Negli avanzi che abbiamo si dispone, a mio avviso, soltanto suUa pubblicazione futui-a de'capi annuali di essi. Appoggiasi, come si vede, la mia restituzione sulla lista che segne, combinando que- sta con la sottoscrizione L. Aelhi{ß\ \ße\cc 2rnm{us) c\jirato-

rum ] 0, se vi furono uominate piii persone, se,x prfm{i) c\j(-

ratorum . . .] la quäle rende probabile che il senatusconsulto che precede si occupava specialmente co' subalterni.

Sülle particolaritä poco trovo di osservare. Le frasi e le sigle sono le solite, eccettuata forse la nota r l = contra leges altrove ne' documenti pubblici finora non osservata in questa combiuazione, quantunque la seconda vi si trova spesso in frasi simili, come per es. H-L- = hac lege, e la prima, assai frequente nelle note della letteratura proprio giuridica (Gaius ed.-facsimile Studemund p. 260), sui marmi in questo valore finora non si e incontrata fuori le parole contrascriptor (C. 111, 4024. 4716. 5121. 5123. 5691. V, 5080) e coiiimretiarius (C. VI, 631). Che questa sigla, come l'altra simile di ceiituria e centurio non e altro che la lettera c voltata a sinistra. comuuque posteriormente piü frequente prende la figura 7, l'ho dimostrato altrove (Hermes 2, 119). La for- mola [dum ne quid'] contra leges iulerint e equivalente alla piü antica ü quid ins non esset rogarier, eius lege nihihim rogatum sul cui valore ho ragionato Staatsrecht 3 p. 335.

Dei tre frammenti del latercolo i due primi sono stati stam- pati C. VI, 1496 e Bullett. com. 1883 p. 226, il terzo C. VI, 1495. I due primi, i quali doversi combinare insieme, osservai giä quando l'amico Lanciani volle comunicarmi per lettera il frammento infe- riore (alto cm. 35. lungo 29), congiunti ci presentano questi avanzi :

I FAST! DEI SEX VRIMl AB AERARIO

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159

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160

TH. MOMMSEN

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t. caes. diui uespasia /-j i f a v g

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NE-L-POMPVSIO-METTIO Ao PRAEF-AER SAT-ANN TTn CVR ,/lONIO-M-F PRISCO

i/(etvrio-t-f-Flacco

/V^>yiO CN F MAXIMO

l. flavio si7>JA cos

asinio pollione mIerrvcoso ///j

CO

praef. aer. sat. ann\^^

i. 80

a. 81

VengODO riferiti per ogni anno tre coppie di magistrati od impiegati.

1) I diie cousoli nel caso sesto, scritti negli anni 12-16. 18-20 in iina riga sola, in due negli anni 80-81. Siccome i qiiestori cam- biavano, almeno nell'epoca repnbblicana, il 5 dicembre ed anche i subalterni loro entravano allora in carica nel medesimo giorno {Staatsrecht 1, 606), merita di essere osservato, che il nostro later- colo mette dappertutto i consoli del primo semestre. Se qiiesto giorno d'entrata abbia durato pure all'epoca imperiale, non lo sap- piamo ; dal nostro latercolo non poträ dedursi il contrario pei que- stori, stanteche allora a questi era stata tolta la cura dell'erario ed i pretori che l'amministravano, entraodo in carica il primo gennaio, certamente in questo giorno pure cambiavano i subalterni.

2) Gli amministratori dell'erario scritti pure nel caso sesto. De- gli anni 13-16 si e salyata l'indicazione della dignitä, che fu jjr(r/e- toribus), ne altra sarä stata quella ascritta negli anni 18-20. Che furono due, e evidente nell'anno 20, dove occupano due righe, negli altri anni si contentavano di una sola, ma dovette perciö ammet- tersi alla volta una breviazione irregolare del cognome (/ //;c a. 14, pRoc- a. 16). Essere questi magistrati i praetores aerarü di quel- l'epoca lo sappiamo da lungo tempo ammaestrati dal Borghesi a proposito della notissima iscrizione Casinate C. X, 5182 del C. Um- midio Quadrato, ove fra gli altri onori e chiamato pr. aer., iscri-

I FASTI DKI SEX riUMl AH AERARIO 16l

zione oggi da confrontarsi coii il C. Ummidio Qiiadr[ato] registrato qiii sotto l'anno 18. Dopo che Nerone nell'a. 56 aveva data ramministrazione dell'erario di Saturno a diie prefetti nominati dair imperatore per un tempo non limitato legalmente, pel solito triennale, incontriamo questi magistrati coH'aggiunta dell'anno corrente della loro araministrazione in qiiesta giiisa per Tauno 80 : .... ne, L. Pompiisio Meitio . . . m frae^fectü) aer{arii) Sa-

t{ur)ii) aiiii{o) IUI e per l'anno 81 : co, \^praef{e-

ct/s) aer{arii) Sal{uriii) aii]n{o) IL II numero essendo di lezione certa, dovremo ammettere, che i prefetti numeravano gli anni del loro impiego non dal giorno deH'entrata nella carica, ma dalle aa- lende del gennaio e cosi essendo stati nominati nel corso dell'anno 80, abbiano cominciato l'anno secondo al primo gennaio seguente.

3) In terzo luogo seguono i nomi dei sex primi, scritti nel caso pdmo, chiamati perö non con questo nome, ma detti cur{a- tores). Questa intestazione scritta in lettere maggiori sopra i nomi nel bei mezzo, si e salvata solo nell'a. 80, indicata perö anche negli altri dallo spazio rimasto vuoto fra i nomi de' pretori e quelli dei sex iirimi. Che anche qnesto nome convenga ai sex

iwimi, lo confermano due titoli Epli. ep. IV, 53 : scriba

quaest]orms sex primiis curatorum e C. VI, 1820 M. Natronio C. f. Pitj). Rustico scr. q. sex primo cur., honor. functo ; anzi ora vediamo che legalmente si chiamavano non sex primU ma piuttosto ciiratores. Veramente dei nostri frammenti nessuno ha serbato i nomi interi, ne si ritrovano piii di tre nomi per anno; ma che furono originariamente sei, chiaramente lo mostra la di- sposizione dei due prirai frammenti; non si arriverä a dare al cvR. la posizione richiesta, se non ammettendo che i nomi qui fm-ono scritti in due colonne, corae si fa pure per i consoli ed i pretori. Una volta sola nell'a. 18 la prima colonna mostra quattro nomi, sia che per qualsiasi ragione nella secouda non ne furono scritti che due, sia che per un caso eccezionale fossero allora in carica sette capi dell'uffizio; simili irregolaritä, cagionate forse dalla morte o dalla rinunzia di qualche individuo, non di rado s' incontrano in tali cataloghi, come sono per esempio gli Antiatini C. X, 6637. 6638 e il Lunese C. XI, 1356. Ma al contrario negli anni 80. 81 non Yi e posto che per tre soll nomi ; dovremo perciö supporre, che quando si sostitui alla pretura annua la prefettura generalmente trien-

621 TU. MOMMSEN, I FASTI DEI SEX PRIMI AH AERARIO

nale, pure il sexprimato da anniio divenne biennale, uscendo ed entrando ogni anno la metä degli impiegati. Che il sexprimato non sia stato pei^petiio, dal nostro latercolo si rileva chiaramente ; ar- roge che abbiamo im esempio perö unico, e perciö prima da me non accettato senza qnalche dubbio {Staatsrecht 1, 342 not. 2) del- riterazione nella Tibnrtina C. XIV. 3674: T. Sabidio T. f. Pal. Mao:imo scribae q. sex. prim. bis. II rango fra essi pure venne in considerazione, attestandolo diie titoli, imo ostiense C.-XIV, 17 dl un scr. q. VI 'primiis princeps, l'altro iirbano C. VI, 1805 di im scr. q. priticeps.

Fra le due colonne del frammento maggiore che avanzano mancano solo le due ultime righe dell'a. 16, occupando tutto l'an- 110 17, se regolare, righe sei. Dunque le colonne non erano molto piü alte di ciö che ne resta, ma senza meno precedevano e seguita- vano altre. Se la lista dei sex primi cominciava coli' anno u. c. 731, com'e probabile, contenendo ogui colonna fra quattro o cinque anni, la nostra prima anticamente forse era la nona. Se sia possibile o no di trovare un posto per questi documenti nell'architettura del- l'erario e degli edifizi ad esso appartenenti, lo decideranno i topo- grafi valenti; a me basta di averne indicato la natura.

Th. Mommsen.

PRAEFECTUS EQUITATÜS.

Nel primo voliime di qiiesto BullettiDo, p. 258, il eh. Mommsen ha pubblicato iioa ischzione frammentata, ritrovata ad Olimpia, la quäle si riferirebbe ad Aulo Didio Gallo, uoto cwrator aquarum sotto Claudio. Perö i supplementi ivi proposti non appagarono lo stesso Mommsen, ed egli nella ristampa deiriscrizione nel C. I. L. (III Swppl., n. 7247), ha nuovamente esposto le ragioni che s'op- pongono alla sua reintegrazione. Quindi mi sembra peraiesso il tentativo di risolverne in altro modo le difficoltä.

Presento iunanzitutto un facsimile deH'iscrizione dovuto alla gentilezza del eh. Purgold.

Nel verso si deve supplire il paitieipio, dal quäle dipende l'ablativo triumphalihus ornamentis ; ma che vocabolo fosse, e

164 A. V. DOMASZEWSKI

come poi debbano essere restitiiite le 4 lettere mancanti dopo il verbo. non si piiö definire, poiche la formola solita : ornatus a senatu aiictore imperatoris (0, qui evidentemente non fu adottata.

La restituzione della epigrafe dipenderä dalla giusta interpre- tazione delle ultime diie righe. In fine del 3" verso rimane il posto per tre lettere non supplite, ed ivi si deve restitiiire cos (-), al termine del cursus honorum ; gli altri diie gradi obbligatori della carriera senatoria, cioe la pretura e la questura, erano indicati nel- rultimo verso, l'iscrizione regolandosi secondo l'ordine del tempo.

La giusta inteii)retazione e restituzione del 5^* e verso e sug- gerita dall' epigrafe dei due Doraizt di Foligno (Wilmanns, Exem- pla inscript. latin., n. 1148-1149). Questi Domizi, come pretori, tönuero ciascuno la carica di praefectus aiixiliorvAn omiiium ad- versus Germanos ; anche nella iscrizione nostra e inteso un comaudo simile straordinario siüla cavalleria, e durante per tutta la cam- pagna; e chiaro poi che i due versi 5'' et" ne abbiano indicato l'occasione.

Per la riga sesta sono probabi]i:-simi i Supplement! pjr{aetor), quaest{or) [impe']ratoris : il sovrano, il cui nome e soppresso a bella posta, per ragioni cronologiche non puö essere altro che Cali- gola (^). II comaudo straordinario quindi si riferirä alla guerra britannica di Claudio, di modo che avremo a chiamarlo pr\jLefe- ctu]s eqiätat{us) [hello \ Brüa)iiuco~\.

Segue la legatio Moesica, dopo l'anno 43. La sola data cro- nologica che abbiamo per codesta carica, cioe il passo di Tacito (Äd/iales 12, 15), vi coiucide, poiche, se Tacito tra gli avveui- menti dell'anno 49 registra : « AI MithrUlates Bosporanus amis- sis opibus vaguSj postqitam Didium, diicem Romaiioriim, roburque exercitus abisse cogaoverat " , la legazione di Didio non puö cre- dersi di molto anteriore all'anno 49 (^); e certamente Didio Gallo

(ij Mommsen, Staatsrecht 1^, p;ig. 466.

(2) Si osservi che un T di questo verso corrisponde ad uii M del pre- cedente, il quäle avea una lettera di meno.

(^) Un esenipio di simile soppressione, ma relative all' imperatore Do- uiiziano, mi venne suggcrito dal eh. Bi/rniann.

(^) In ogni caso prima dell'anno 47 ; poiche da quell'anno in poi e crmservata la storia di Tacito, senza ch'egli in seguito faccia menzione dci combattimenti contm Mitridate.

l-KAKKi:CTUS EQlITATLiS 1G5

gOYernö la Mesia coiiie consolare, poiche il governo di quella pro- vincia, dopo il 43 d. C, fu affidato di iiiiovo a consolari (').

Se non che, ad iioa determinazione cronologica aftatto dilfe- rente ci condurrebbe la data della cura aquarum di A. Didio Gallo. Siamo cioe in grado di supplire cou certezza il testo di Prontino (Z>ö aqiiü^ § 102), alla scorta degli Atti dei fratelli Ar- vali dell'anno 38 d. C. (-). ne si puö piü diibitare, che Gallo non sia btato curator aqitarum durante il decennio 38-49, e certameute anche consolare, essendo stato capo del collegio (•^).

Inoltre, siccome sino all'anno 33 governava la Mesia Latinio Pandusa, in qualitä di pretore, e nel testo integro di Tacito con- cernente gli anni 33-37 la uarrazione della sconfitta di Mitridate, a ciii egli allude nel passo 12, 15, non si trova, il nostro Didio dovrebbe aver governato la Mesia alla line dell'anno 37, e quindi in qualitä di pretore (') ; avrebbe poi ottenuto il consolato, e subito dopo la cura aquarum. Ora, una carriera cosi aifrettata non sembra ammissibile nemmeno sotto Caligola, e il conferimento della cura aquarum ad un magistrato divenuto console soltanto in quello stesso anno, e inconciliabile con quanto noi ormai sappiamo della rag- guardevole condizione di questi magistrati {'>).

Aggiungiamo che la cura aquarum non occorre neU'iscrizione, ne vi puö essere inserita per mezzo di alcun supplemento : quindi mi sembra fuor di dubbio. che il governatore Didio di Tacito sia per l'appunto identico col Didio del nostro titolo, ma ditferente dal curator aquarum; questi invece, che fu anche legato in Bretagna nell'anno 52 (''), sarä stato il padre dell'A. Didio dell'iscrizione (').

(1) Cfr. Rhein. Mus. XLV, pag. 1, e segg. II proposto proconsolato della Sicilia non deve trarre in errore, essendo senza dubbio consolare la carica pre- cedente; non di rado pero aecade, cbe due cariche della stessa natura si tro- vino unite, come, p. es., neiriscrizione di Cornuto Tertullo. Cfr. Waddington, Fastes, pag. 188.

(2) Henzeu, Acta Arvalium, p. XV. n. 2.

(3) Mommsen, Staatsrecht, IP, pag. 1046.

{*) Legato consolare della Mesia e della Macedonia nun puö essere stato, poiche sappiamo che di questa carica era invece rivestito Menimio Eegolo.

{^) Mommsen, Staatsrecht, IP, pag. 10i9.

(,ö) Infatti allora era molto iiioltrato nella vecchiczza (Tacito, Ann. 12, 40).

C) Assolutamente certo non e il cognome, quantunque si debba presup- porre, naturalmente, il cognome uguale.

16t) A. V. DOMASZEWSRI

E siccome A. Didio ftglio, anche come governatore della Mesia, sconfisse e fugo iin re, poteva appiioto in quelle battaglie essersi acquistato gli oriiameata triumphalia. Ma poiche non siamo in grado di giudicare deU'importanza de' suoi fatti d'arme, cosi mi pai'e piii opportuno di attri])uire codesta distinzioue al trionfo britaniiico di Claudio.

Svetonio narra nella Vita di Claudio (cap. 17): « Ciirrimi eins Messaliiia axor carpeiito secuta est ; seciiti et triumphalia ornamenta eodem hello adepti, sed ceteri pedihus et in prae- texla, Crassus Frugi equo phalerato, et in veste palmata, qitod eiim honorem iteraverat ». Erano dunque gli oriiameiita trium- phalia conferiti, contro ogni pubblico diritto, ad un numero abba- stanza grande di ufficiali d'ordine senatoiio. Allora tale distinzioue non e piü adatta a compensare il trionfo, che 11 comandante in capo, durante l'Impero, non poteva piii celebrare, non combattendo suis ausjjiciis ; e gli oniamenta triumphalia invece sono ridotti ad una semplice decorazione militare.

Ora questo fatto doveva esse:e posto in rilievo, anche riguardo al modo del conferimento ; e mi sembra doversi supplire nel P verso [ornl^atus \_dono~\ : espressione che si presenta di tanto piü op- portuna, in quanto e l'imperatore in persona che celebra il trionfo, e quindi sta in lui l'aggiudicare liberamente ai suoi ufficiali i se- condi onori della vittoria.

Dunque l'iscrizione dovrebbe essere reintegrata cosi :

Ä{ulus) Didius [_Galhts ornlfitus [doiio Ti{berii)~\ Claudi Caes\_aris~\ Aug{usti) Ger[mani-'] ci triumphal[ibus o~\rnameii\Jis, co{ti)s{ul),^ \jcv vir] s{acri$) [{aciundis), proco{ii)s{ul) .... e et Sicilia[e, leg{a-

tus) Äug{usti)] \^pr{o) pr(aetore) Moe~\siae, p}\cie[ectii\s equitat{us) \J)ello'] \ ßritamiico, pr{aetor), quaest{or) impe^ratoris

La notizia piü importante che deduciamo dal titolo sopra- scritto e l'impiego di grandi corpi di cavalleria, sotto un solo comandante in tempo di guerra ; impiego, che pure si riconosce dall'ordine di marcia (') e quindi dalla disposizione degli accampa-

(1) Cf. Josci.lins. hell Tad. 3, 0, 2.

I'UAEKECTUS EQUITATUS 107

meuti ('). Anclie in tempo di pace le ale stanno, non giä sot^o il comaudo dei legati legionari, come le coorti degli aiisiliari, distri- buiti nelle singole legioni, ma direttamente, a qiiel che pare, sotto il comando del governatore della provincia (-). Cosi pure una notevole differenza neU'ordinameuto risulta dalla differente sode di sruarni- gione delle ale e delle coorti. Infatti, siil Reno e nella Dacia, mentre le coorti e le « vexillationes » delle legioni s' incontrano imme- diatamente alla frontiera, invece i reggimenti di cavalleria si tro- vauo piü oltre, neirinterno della provincia (•').

A. V. DOMASZEWSKI.

(1) Cfr. la mia edizione di Igino, pag. 57.

(2) Marquiirdt, Staatsverw., I, p. 302.

(3) Codesta questioiie, molto importante per rordinainento della difesa dei confini, richiederebbe una disamina piü profunda.

IL PORTICO DEL FORO DI POMPEI.

L'antico portico dcl foro di Pompei, di tufo rivestito di stucco, di Stile greco (dorico), di costruzione imperfetta, con rarchitrave sorretto da panconi di legno ('), era stato edificato dal questore Vibio Popidio, figlio di Epidio (-). La lingua latina deH'iscrizione accenna agli ultimi tempi deiraiitonomia, e la carica di questore esclude l'epoca roraana.

E noto che in epoca posteriore fii in gran parte rimpiazzato, 0 doveva esserlo probabilmente tutto, da un portico in quella pie- tra calcare che a Napoli si chiama travertino, di forme piii pe- santi e poco belle, ma di costruzione piii solida e perfetta, con la trabeazione composta a volta plana (3). Suirintero lato ovest fu demolito l'antico portico riconoscibile ancora dalle basi rimaste ai posto e costruito, o cominciato a costruire quello nuovo. Sul lato sud, e su quella parte del lato est che sta a sud della strada detta ^ dell'Abbondanza » rimase il portico antico. Sul rimanente del lato est non ve n'e traccia ; se niai vi fu, spari a causa delle costruzioni dell' epoca imperiale ; un portico analogo a quello piü recente del lato ovest, ma di forme non identiche, o vi esisteva, 0 vi si stava costruendo, suH'estremitä sud di quel tratto, avanti all'edifizio di Eumachia.

Gli scrittori che trattarono delle antichitä pompeiane nuUa sanno dirci di ben preciso ed assicurato sull' epoca del nuovo portico. II Fiorelli (^) crede che la sua costruzione fosse cominciata ai tempi

(1) Overbeck-Mau, Pompeji"^ p. 64 sesrg., 513 segg.

(2) G. I. L. X, 794.

(3) Overbeck-Mau, Pompeji ^ p. 515. (<) Descrizione di Pnmpei p. 252 seg.

IL I'ORTICO DEL KORO DI l'OMl'KI

109

di Cesare Aiigusto, e che, quando fu sepolta Pompei, iioii fosse ter- minato neanche sul lato ovest. Invece il Nissen (*) ascrive il portico niiovo, tanto sul lato ovest quanto avanti all'editizio di Eiimachia, agli Ultimi tempi di Pompei, depo il teiremoto dell'anno 63 d. C; e cosi per molto tempo ho creduto anch'io (-). Sempre perö mi face meraviglia che i Pompeiani depo il disastro deiranno HS avessero intrapreso una costruzioiie tanto costosa. lufatti, ristu- diando la questione, venni ad un risultato diverso, molto preciso e perfettamente assicurato.

Prima di tutto e chiaro, che nell'anno 79 o non era in piedi, 0 in piccola parte soltanto. Altrimenti cioe i massi avrebbero do- vuto trovarsi sul posto stesso del portico, completi, ma in grau parte spezzati. Invece si trovarono dispersi per l'area del foro, ed era chiaro che li, ove stavano, non potevano esser caduti (•'). Fn- rono trovati assai incompleti : il portico ovest era lungo m. 139, ma dell'architrave col fregio esistono soll m. 76,08, del corni- cione m. 80,86 (•^); e anche delle colonne manca molto. Le la- cune deH'architrave avanti all'edifizio di Eumachia si riconoscono anche dalla iscrizione (S) ; ivi delle colonne e del cornicione assai poco e rimasto. Finalmente i massi non si trovarono spezzati, ma in generale abbastanza ben conservati {^).

II soffitto fra i due piani del portico era o doveva essere sorretto da travi imm.esse ad una estremitä in incavi praticati nei massi della trabeazione, dall' altra nei muri degii ediflzii

(1) Pompejamschc Studien p. 288, 213 segg.

(2) Overbeck-Mau, Pompeji'^ p. 73.

(3) Cosi fu detto a Sclioene e Nissen {Pomp. Stud. p. 313) dal vecchio custode Salvatore, e lo confermano le prime vedute del foro : Cook, Delinea- tions of Pompeji tav. 16; Mazois, III tav. 29, ove i massi della h-abeazione stanno disposti sul foro, e precisamente quelli con l'iscrizione d'Eumachia, riconoscibili dall'incavo in uuo di essi, presso la base di Sallustio.

(4) Deirarchitravc in opera avanti alla basilica circa m. 4,75, sul foro 66,28; nella cosi detta poecile 5,05; del cornicione in opera circa m. 3,70; sul foro 69,75; nella poecile 4,06; nolla casa VIIl, 3,31 m. 3,35.

e) C. I. L. X, 811.

(ß) Perciö Chi volesse credere che le parti niancanti siano state portate via facendo antiche o moderne escavazioni, dovrebbe supporre che i con- tadini, cercando pietre per le loro costruzioni, abbiano preso tutti i frammenti, e lasciato sul posto i pezzi sani, cio che non ö affatto credibile.

170 A. MAU

adiacenti. Ora suirestrcmitä nord, qiiesti edifizii, il creduto car- cere e la latrina, appartengono. a sfiiidicarne dal modo di costniire, aU'iiltima epoca di Pompei, e sono conservati fino all'altezza di quelle travi. E siccome ivi non se ne vede traccia alcuna, cosi e chiaro che negli ultimi tempi quel soffitto non vi era.

Fiirono trovati tre rocchi di colonno non finiti; dunque nel- lanno 79 neanche tutte le colonne erano in opera.

Soltanto una piccola parte dev'essere stata collocata, qiiella eioe presso l'anfrolo sud ovest del foro ; ciö risulta dagli Atti degli scavi. Lo scavo della basilica fn cominciato, tin dal maggio 1813, dal lato sud. Sgombrata internamente si pote uscire dal suo ingresso priucipale verso est, e fu allora (7 nov. 1813) che s'incontrö il por- tico di cui ci occupiamo. Di fatto si legge sotto l'll nov : « Si e la- u vorato .... alla basilica, disterrandosi il portico che restava avanti

- alla medesima, formato doidine dorico, e su due colonne di

- questo restano ancora i capitelli. Si e trovato in tale sito un

- pezzo d'intavolamento dello stesso ordine, cioe l'arcotrave, fregio,

- e cornice d'un sol pezzo di palmi 13 di lunghezza, che spero

- poter fare ricoUocare sulle medesime colonne '•. E sotto il 14 nov.: »^ . . . Si comincia a vedere che queste (le colonne) posavano su

- d'una soglia della stessa pietra, che formava anche scalino. e

- pare che in continuazione ve ne sieno degli altri » , Dunque quel pezzo d'intavolamento non stava per terra, giacche soltanto tre giorni dopo si giunse al gradino di travertino, ma in uno strato piü alto, ciö che e in perfetta regola se nel 79 stava in opera. E certo cioe ('), che in quell'anno il terremoto avvenne dopo cessata la pioggia dei lapilli e cominciata quella della cenere, dimodocche i pezzi caduti dovevano stare sopra il lapillo.

Ma ciö non vale che per Testremitä meridionale, per tutto il resto del portico rimane fernio, che nel 79 non era in piedi.

D'altra parte perö e chiaro che a quel tempo non si faceva 0 preparava la costruzione originaria, ma si trattava di una rico- struzione, di quello che gik era stato in opera.

Fra i massi deH'architrave col fregio e conservato quello che stava aU'estremitä nord, riconoscibile dalla faccia laterale destra verticale, mentre gli altri le hanno ambedue oblique per essere con-

(i) Bull. 1888 p. 121.

M. POUTK'O UKI, KORO DI DOMI'KI 171

giunti a volta piaiia. In esso, ed in alcuni altri, special mente in (lue, che gli stanno vicino presso restremitä nord, ed e probabile perciö che fossero trovati in quella vicinanza, i summentovati in- cavi per le travi del soffitto evidentemente non sono termiiiati, raentve lo sono iiegli altri ('). Ne risulta che il lavoro procedette da sud a nord, e che qiieirestremitä era l'ultima ad essere terminata. l] per consegiienza, se era fatto Tultimo masso, doveva essor fatta prima tiitta la serie delFarchitrave, e a piü forte ragione anche le colonne. E siccome tanto di quello qiianto di queste manca una gran parte, cosi fra la fabricazione di questi membri e la distrii- zione di Pompei dev'esser passato qualche tempo e avvenuto qual- che fatto che poteva cagionarne la sparizione ; e questo fatto non pote essere altro che il terremoto dell'anno 63. Fii diinque esso che interruppe la costruzione incominciata prima di quel tempo. II posto fu sgombrato dai frantumi, fiirono disposte siiH'area del foro soltanto le parti meglio conservate e che dovevano essere utilizzate nella ricostruzione.

Qui perö mi si potrebbe opporre che le parti ora maucanti possano essere state tolte mediante scavi piü o meno moderni, dai contadini cioe che se ne sarebbero serviti per le loro costruzioni, uel quäl caso sarebbe ammissibile l'ipotesi, che si trattasse della prima costruzione del portico, e che l'intera serie dell'architrave sia stata preparata e disposta sul foro per essere poi messa in opera. Certo non e probabile ne che tutti quei massi si dispones- sero sul foro invece di metterli in opera successivamente come andavano terminandosi, ne che i contadini, una volta cominciato uno scavo simile, avrebbero lasciato sul posto tanta quantitä di ma- teriale. Tuttavia perö una tale ipotesi non puö essere esclusa come impossibile. Per aver dunque certezza nella questione che qui ci occupa, bisogna esaminare i massi stessi, e vedere se presentino

(') Quel masso che formava restremitä ha un solo incavo, il quäle con una parte stava iiel masso seguente, adesso il 6°, che ha un'altro incavo an- ch'esso imperfettamente lavorato. Nel 10° Tincavo medio e appena comin- ciato, gli altri due, specialmente quello a sud. non finiti. In tutti i massi che ora stanno nella parte nord, fiuo al 13", gli incavi sono la maggior parte meno ben lavorati : in parte non haniio profonditä hastante ; in quasi tutti gli angoli e gli spigoli sono poco lavorati.

172 A. MAU

0 no de^li indizii di essere stati mai adoperati. In fatto tali indizii non mancano.

I massi sono in generale ben couservati ; non sono perö in- tatti, ma la raaggior parte hanno sotTerto qualche danno. Alcuni sono danneggiati non poco, alcuni, pochi (nella ^ jioecile •"), pertino totalraente spezzati, ciö che non si spiegherebbe, se non fossero stati mai in opera. Ad un masso dell'architrave, fortemente danueggiato dal lato di dietro, si e cominciato a togliere, dal lato anteriore, il suo protilo. E similmente vi e im rocchio di colonna (nella « j/?oe- cUe •") che si era cominciato a ridurre ad im diametro minore- Evidentemente ambedue erano divenuti inservibili alla loro an- tica destinazione, seuza dubbio per il terreraoto dell'auno 63. A un masso del cornicione, presso Tangolo nord della strada della Ma- rina, manca la parte posteriore, e accanto alla rottiira vedesi in ciascuna delle facce laterali un biico per una spranga di ferro, che doveva teuere unite le due parti, con avanzi di calce (come pare) ma senza traccia di ferro. Dal quäle fatto pare che s'abbia a de- durre che in una parte del portico, presso l'estremitä sud, il ri- stauro dopo il 63 fosse progredito fino a rimettere in opera i massi del cornicione. Ma tali conclusioni debbono accogliersi con molta cautela : potrebbe darsi anche che si trattasse di qualche danno casuale avvenuto durante la prima costruzione, prima del 63.

I giä menzionati incavi per le travi del soffitto stauno con la loro metä inferiore nei massi deH'architrave col fregio, con quella superiore nel cornicione. Slccome stanno a distanze atfatto disuguali ed arbitrarie (0,22-0,35, qualche volta fino a 0,39), cosi e chiaro che quelli deH'architrave, se fossero stati fatti mentre i suoi massi stavano isolati per terra, starebbero ognuno entro uno stesso di questi massi. Invece se, quando si fecero, l'architrave era in opera, allora non vi era difficoltä di trattarlo come una sola massa e far gli incavi anche nelle commessure. Ora -quest'ultimo e stato fatto in non pochi casi. Sono specialmente persuasivi alcuni esempi, ove un incavo sta quasi tutto entro una stessa pietia, e bastava farlo un poco piu da una parte per farvelo entrare tutto. Ed in piü casi bastava far le distanze uguali, per restar entro la pietra. Gli incavi dunque, che in tutte le pietre dell'architrave o sono fatti o incominciati, dimostrano che l'intero ai'chitrave era una volta in opera.

IL l'ORTH'O DEL KORO DI POMHEI 173

Non si puö trarre ima conclusione analoga dalla loro esistenza in tutti i raassi del cornicione ('). Qiianto era facile e commodo di farli neH'architrave mentre stava in opera (prima perö che vi si mettessero sopra altri massi), altrettanto ciö era difficile ed in- commodo nel cornicione, ove si sarebbe dovuto lavorare dai basso in alto. Qui il piii naturale e semplice era di farli mentre i massi stayauo capovolti per terra, prendendo le misure di quelli che prima erano stati fatti ueU'architrave. E che cosi fu fatto, lo si puö provare direttamente. Avanti alla basilica cioe la Direzione degli Scavi ha fatto rimettere in opera due colonne con la rela- tiva trabeazione. Gli incavi dell'architrave e quelli del cornicione si corrispondono, e siccome non stanno a distanze uguali, cosi ciö non puö dipendere dal caso, ma prova che questi massi furono fatti gli uni per gli altri. Qui dunque l'incavo, se fosse stato fatto mentre ambedue le pietre stavano al posto, dovrebb'essere in am- bedue di profonditä iiguale (orizzontalmente), e siccome ciö non si verifica, cosi e chiaro che fu fatto mentre erano separate, prima cioe che il cornicione si mettesse in opera. II che si deduce anche dai tratti di scalpello visibili negli incavi stessi.

Non solamente dunque gli incavi del cornicione non provano che esso fu in opera, ma quelli non finiti in alcuni fra i massi dell'architrave dimostrano che sopra questi, vale a dire suU'estre- mitä nord, non erano ancora collocati quelli del cornicione.

D'altra parte perö e piü che probabile che i massi superstiti del cornicione fossero una volta la maggior parte in opera. Giä per se stesso non e probabile che si sia voluto preparare tutta o quasi tutta la Serie, senza metterla al posto. E poi vi sono anche in- dizii positivi.

Non puö esservi dubbio riguardo il portico avanti all'ediflzio d'Eumachia, ove nei massi del cornicione rimangono indubitabili avanzi dei ferri coi quali erano uniti fra loro. Tali ferri non fu- rono adoperati sul lato ovest del foro ; ma vi si trovauo tracce sicure di un altro mezzo di congiunzione. Nelle costruzioni in tufo dell'epoca sannitica quasi regolarmente un incavo verticale e stato

(1; In generale nel cornicione gli incavi sono finiti. Soltanto nel 10" masso hanno poca profoncTitä : sono jirofondi m. 0,12, ma soltanto per m. 0,08 combacerebbero con quelli deirarchitrave.

12

174 A. MAU

fatto nella commessura stessa parte nell'una parte nell'altra pietra, ed e riempito di cemento (')• Niilla di simile osservai finora in altre costruzioni dell'epoca romana ; qui perö, nei massi del cor- nicione, vi sono indubitabilmeiite incavi simili. La congiunzione e fatta in modo meno perfetto che nelle costruzioni autiche : gl i in- cavi sono di poca profondita (m. 0,06-0,10) e poco s'inoltrano nelle due pietre ; sono larghi circa m. 0,015 in ogni pietra, lunglii (nella direzione della commessura) 0,05, o poco piü grandi. Se ne vede uno in quel gran pezzo d'architrave composto di piü parti, che sta avanti alla basilica, ed e perfettamente chiaro che ivi fu fatto dopo la congiunzione delle due pietre. E lo stesso deve supporsi per il cornicione : sarebbe stato privo di senso il far questi incavi prima che le pietre stessero unite, e debbono perciö considerarsi come una prova che quei massi non siano stati tutti in opera ove oggi si trovano.

I massi del cornicione sono in diversi stadii di lavorazione. In alcuni (specialmente verso sud, ma anche in quello che ora sta all'estremitä nord) la superficie e piuttosto plana ed i posti delle colonue dell'ordine superiore sono perfettamente preparati ; vale a dire quella parte e ben lisciata, nel centro evvi un buco quadrangolare per un perno, e quattro punti della periferia sono segnati con lineette incise che prolungate s'incontrerebbero nel centro ed in alcuni casi sono traversati, a guisa di croce, da altre lineette che sono parti della periferia stessa. Risulta da questi segni un diametro della base di m. 0,56. II buco quadrato ha un colore brunastro, che in un caso s'estende suU'intero posto della co- lonna e sembra l'avanzo di una massa (cemento?) servita per fer- mare il perno e far piü uguale ancora quella parte della super- ficie ; mi e sembrato perfino di constatare avanzi di stucco. Pare certo che questi massi non fossero soltanto in opera, ma che vi fossero collocate sopra anche le colonne superiori delle quali vi sono numerosi avanzi o almeno le loro basi. Le colonne do- vevano essere 48 ; per 18 il posto e preparato nel modo suddetto.

Altri ve ne sono nei quali sul posto della colonna superiore

(1) Cf. Lange, Haus und Halle p. 357, nota, che da le inisure (0,13 X 0,05) per il parapetto nel piano superiore del tribunale della basilica. Wolters, Bull. 1888 p. 53.

IL I'ORTICO DEL FORO DI POMPEI 175

la superficie e meuo perfettamento lisciata, e la periferia e Iudi- cata con piccoli incavi, ma manca il buco per il perno, altri, ne' quali appena si e cominciato a lisciare im poco il posto della colonna. Anclie questi credo che fossero in opera ; giacclie allora coü molto piü facilitä, sicurezza e precisione poteva stabilirsi il posto della colonna, e appunto perciö non e credibile clie ciö si sia voluto fai" prima. Alcuni tinalmente lianno la superticie total- mente rozza ; ma anche fra questi quelli che hanuo le facce late- rali lavorate puö credersi che fossero al posto e che ivi dovesse terminarsi il layoro della superflcie.

Pochi soltanto ve ne sono dei qnali si puö dire che non fu- rono mai in opera. Se a ragione abbiamo supposto che gli incavi per le travi del soffitto si facessero nei massi del cornicione mentre stavano capovolti per terra, allora uno (il X da nord), nel quäle sittatti incavi non sono terminati, non puö essere mai stato al suo posto. In due (il VI e l'XI) la faccia laterale nord e lavorata in maniera che cosi certamente non poteva restare, mentre quella meridionale e piü lavorata, benche tutt'altro che perfetta. Non e forse casuale, che in ambedue la faccia nord e la piü rozza : siccome il lavoro procedeva da sud a nord, cosi e possibile che ognun masso, prima di metterlo al posto fosse tinito dal lato sud, mentre la faccia setteutrionale si finiva sul posto. Ambedue questi massi dunque non furono in opera ; tutt'al piü uno fra essi (l'XI) po- trebb'essere stato l'ultimo della serie.

Le colonne dell'ordine superiore si trovano in numero consi- derevole nella « poecile " (') Vi si distinguono due specie di ca- pitelli minori, tutti ionici a quattro facce. Gli uni lianno l'abaco centinato (0,52-0,58 in ogni lato), il diametro superiore di m. 0,34; di due che ho potuto esaminare, l'uno aveva disotto un buco qua- drangolare per un perno, l'altro no ; ve ne sono 18, fra cui alcuni non finiti. Gli altri hanno l'abaco rettilineo (0,40 in ogni lato), il diametro superiore di m. 0,325. Gli ovoli vi sono soltanto in un lato e nella metä contigua dei lati adiacenti. Ed anche le vo- lute soltanto in questo stesso lato sono del tutto lavorate, negli altri abbozzati soltanto. Sono in numero di tre.

Anche di basi ed imiscapi vi sono due specie. Negli uni il

(1) Cf. Nissen, Pompcj. Studien p. 314.

176 A. MAU, IL PORTICO DEL FORO DI POMPEI

fusto alla base ed ancora all'altezza di m. 1,0 ha il diametro di m. 0.41 : ve ne sono 12 esemplari certi. Negli altri il diametro alla base e ancora a m. 1,23 d'altezza, e di m. 0,36 ; ve ne sono quattro.

Finalmente vi sono circa 12 rocchi medii, che tutti sembrano appartenere alla specie maggiore. Ne di qiiesta ne dell'altra puö sta- bilirsi l'altezza.

Ora, siccome dell'ordine inferiore vi sono due specie di co- lonne : quelle del lato ovest piü grosse ed in numero maggiore, quelle del calcidico d'Eumachia piü sottili ed in numero minore, cosi possiamo ritener per certo che anche nell'ordine superiore le almeno 18 colonne dal diametro maggiore appartenessero o fossero destinate al lato ovest.

Per il portico sul lato ovest del foro abbiamo duuque stabi- lito, e credo con sicurezza bastante, che prima del 63 si cominciö a costruirlo in travertino, che quando sopravenne il terremoto di quell'anno, stavano in piedi le colonne, tutto l'architrave, e gran parte del cornicione, che perö di quest'ultimo mancava ancora, e si stava lavorando, una parte all'estremitä nord. Intanto perö si era cominciato a collocare sulle parti finite, le colonne superiori delle quali alcune si stavano lavorando.

Dopo il terremoto furono allontanati i frantumi ed i massi ancora servibili disposti suU'area del foro. Nel 79 i lavori per la rico- struzione erano cominciati ; non erano ancora in piedi le colonne, di cui alcune si stavano lavorando.

Deve restar indeciso (ved. sopra p. 172) se forse in qualche piccola parte si fosse arrivati non soltanto a rimettere in piedi le colonne ma anche a collocarvi soprä trabeazione-

Dimostrerö in altra occasione come l'architrave del calcidico d'Eumachia, costruito probabilmente ai tempi di Tiberio, avesse all'estremitä sud un pezzo d'attacco, dovesse cioe esser continuato con un portico come quello del lato ovest del foro. Pare certo dunque che a quel tempo la costruzione di quest'ultimo giä fosse cominciata.

A. Mau.

DAS «TELEPHOSr,- RELIEF DER VILLA BORGHESE.

Das in Rede stehende Relief (J) gehört zu den meist behandel- ten Stücken unseres Denkmälervorrathes. Die erste Erwähuuno- des- selben linde ich bei Paciaudi Mon. Peloponnesiaca 1761, Tom. I p. 236 Anm. 1 : Anaglyphum marmoreum, quod cniiio superiore (also 1760) inter lacum Regilliim et Lahicum eruderatum fuü, nunc autem in Villa Burgheüa, qiiae Pinciana dicitur, adserva- tur. IM... Auge videtur Telephum recem naium amanter contem- plari, versarique in acerbissima sollicitudine, quod ut mae filiique vitae consulat, illum cervae lactandum relinquere debeat {^).

Das Relief blieb an seinem ursprünglichen Aufbewahrungsorte bis heutzutage, wo es in eine Wand eingemauert und daher auf seine Rückseite hin nicht zu prüfen ist. Es ist mehrfach gebro- chen und, wie es scheint, auch etwas überarbeitet. Ergänzt sind bloss die Nasen der beiden Frauen, ein Stück im 1. Oberschenkel der stehenden Frau (?), die Schnauze des Thieres unter dem Stuhle, einer Hirschkuh oder eines Rehes, die beiden freigearbeiteten Stuhlbeine, Theile der architektonischen Umrahmung, welch letz- tere aber sicher antik ist, und vielleicht ein kleines dreieckisres

o

(1) Abgeb. bei Winckelniann, Mon. ined. I, 71 (S. 96 ff); Visconti, JJo7i. scelti Borgh. II, 9 (Taf. XXXIII der MaiLänder Ausgabe^ ; Nibby, Jfon. scelti della V. Borghese, Taf. 18, beide Male mit dem Text Winckelmanns; Annali delV Instituto 1830, tav. d'agg. G. (S. 154 ff. Panofka\

(2) Paciaudi scheint den lago di Cas+iglione für den Eegilhis zu halten : denn zwischen diesem und Colonna (Labicum) liegt Pantano, welches Visconti Op. Var. 1 140 Anm. 2 mit Berufung auf Paciaudi als Fundort nennt, nachdem er im Text einfach das territorio Regillense angegeben hat. Ebendahin reicht aber auch der Borghesische Besitz Torre Nuova (Casale und Chiesa, vgl. Ge- neralstabskarte fol.149, IV, SE und 150, 1, SO; Nibby, Afialisi stör. top. antiqua- ria della carta de' dintornl di Roma III 238), welches Nibby, Itinerario di Roma I* 341 und Bunsen - Platner Beschr. der Stadt Rom III 3 als Fundort anfüliren.

178 K- WEISSHAEIPL

Stück des ReliefgrunJes 1. von der sitzenden Frau, in Schulterhöhe derselben. Zwei stark erhöhte Stellen auf der Stirne des Thieres, die sich uneben und rauh anfühlen, könnten Reste eines Geweihes sein. Die Darstellung ist scheinbar sehr einfach : Zwei Frauen ma- chen sich unter dem Schatten einer breitästigen Platane mit einem Wickelkinde zu schaffen. Die Frau links sitzt auf einem lehnen- losen, mit einem Kissen bedeckten Stuhle, unter welchem ein Reh oder Hirschkalb liegt. Die mit Sandalen bekleideten Füsse ruhen auf einem Schemel. Es ist eine jungfräuliche Gestalt in gegürtetem Peplos mit Apoptygma und Himation, das in anmuthiger Weise um den Unterkörper geworfen ist. Im Haar trägt sie eine Binde. Mit beiden Händen fasst sie unten ein Wickelkind an, das ihr eine zweite Frau, die rechts von ihr steht, auf den Schoss hält. Im Gegensatz zu jener ist diese eine mütterliche Gestalt; sie trägt hochgegürteten ionischen Aermelchiton und Himation, an den Füs- sen Sandalen, im Haare ebenfalls eine Binde. Man kann zwei- felhaft sein, ob die sitzende Frau das Kind übernimmt oder übergibt. Doch wird man, angesichts der Art und Weise wie sie es anfasst, und wie ihr Blick auf dasselbe gerichtet ist, während die stehende geradeaus auf ihr Gegenüber sieht, entschieden die erstere Auffassung bevorzugen. Dargestellt ist also die üebergabe eines Kindes von einer Mutter an eine Jungfrau, welch letztere durch ihr Sitzen als Hauptperson gekennzeichnet ist und ausserdem auch durch die Hirschkuh noch näher charakterisiert werden soll. Die ganze Scene spielt sich im Freien ab.

Dies zeigen uns die Abbildungen, und dies bildete auch die Grundlage für die zahlreichen Erklärungsversuche, die das Bildwerk erfahren het. Bereits Paciaudi a. a. 0. brachte es mit der Telephos-Sage in Verbindung. Desgleichen Winckelmann und im Anschluss an ihn Nibby, Visconti a. a. 0. und die Heraus- geber von Viscontis Mon. scelti: Auge, die sitzende Frau, über- gibt den jungen Telephos, den sie heimlich geboren, einer Die- nerin zur Aussetzung. Die Platane weist auf den Wald hin wo das geschehen, die Hirschkuh auf die Art seiner Ernährung. Aber bereits Panofka hat darauf hingewiesen, dass die Hirsch- kuh unbedingt zur sitzenden Frau und nicht zu dem Knäbchen gehöre. Wir würden, falls die Winckelmann'sche Erklärung zu- träfe, das Thier vielmehr rechts bei der stehenden Figur erwarten.

DAS « TELEPHOS " - RELIEK DER VILLA BORGHESE 179

Zudem übergibt, wie schon gesagt, die Frau rechts das Kind; auch macht dieselbe durchaus nicht den Eindruck einer Dienerin, und endlich ist es schwer begreiflich, wie ein Künstler drei zeitlich und theilweise auch örtlich verschiedene Momente, die Ueberofabo des Kindes, die Aussetzung im Walde und die Ernährung durch die Hirschkuh, so wie es hier geschehen wäre, in ein einziges Käthselbild zusammengedrängt hätte. Von der Erklärung Panofkas a. a. 0. : « Helene cowluite jmr Leda vers Nemesis « genügt wohl die blosse Erwähnung, um sie als hinfällig erscheinen zu lassen. Welcker in 0. Müllers Handbuch greift wieder auf die Deutung Winckelmanns zurück, nur mit dem Unterschiede dass er annimmt, eine Dienerin lege das eingewickelte Kind der Auge auf den Schoss. Und gewiss verträgt sich diese Erklärung besser mit dem Bilde als die Winckelmannsche. Aber die Bedenken be- treffs der Hirschkuh und der Dienerin bleiben auch hier bestehen. So verzichtet denn Schreiber Arch. Zeit. 1880 S. 155 Anm. 49 auf jede Deutung und begnügt sich damit, das Bild in eine Reihe zu stellen mit Darstellungen, welche ihren Stoff aus Gebuitslegenden der Götter schöpfen. Diesen mythologischen Deutungen gegenüber hatte bereits Michaelis Arch. Zeit. 1871. S. 138 Amn. 4 unser Relief als römische Nachahmung eines griechischen Grabreliefs erklärt, und ich selbst habe in den Abhandl. des arch. ep. Seminars der Univ. Wien VII (1889) S. 87, 14, ohne Michaelis' Notiz zu kennen, diese Auffassung vertreten. Hiebei wären jedoch Hirsch und Baum, vor allem aber die Form der Platte höchst auffällig. C. Pilling endlich, der in seiner Dissertation Qiiomodo Telepki fabulam et scriptores et artifices veteres tractaverint Halle 1886 S. 81 f. das Relief behandelt hat, ist zu dem Schlüsse gekom- men : " Videtu?" 7m/ü probabile mit vitae coiidlanae scaenam repraesentatam esse statuere aiit, si ad scaenam mythologicam simulaerum referamiis, Telephiim a matre nutritum cogaoscere " . Die ganze Frage Avird dadurch entschieden, dass, wie ich bei meiner Anwesenheit in Rom vor dem Originale constatieren konnte, über dem Chiton der sitzenden Frau von der r. Schulter gegen die 1. Seite herab ein schmales Band läuft, das nicht anders denn als Köcherband zu erklären ist. Vom Köcher ist nichts zu sehen, mag nun derselbe mit jenem kleinen Stück des Reliefgrundes verloren gegangen, oder überhaupt niemals vorhanden gewesen

180 R- WEISSHÄEUPL

sein ; vgl. z. B. das Artemisidol auf dem Arapbion-Zethos = Re- lief Spada Schreiber Hell. Rel. I, Taf. V. In der sitzenden Frau haben wir somit sicher Artemis zu erkennen. Wie sehr hiezu die jungfräuliche Erscheinung. Hirschkuh und Platane stimmt, ist auf den ersten Blick klar. Als xovQoro/xjog vertraut ihr die Mutter ihr neugeborenes Kind an. Ist nun diese eine Göttin oder Halb- göttin, oder eine gewöhnliche Sterbliche?

Dem Charakter der Artemis entspräche beides, aber ich kenne keinen Mythos, in welchem Artemis als xovooTQÖqoc aufträte. Hingegen werden Menschenkinder nicht selten ihrem Schutze anheimcregeben : ich erinnere nur an die Tithenidien, an welchen die spartanischen Knäbchen von ihren Ammen in das Heiligthum der Artemis Korythalia getragen wurden (Athen. IV 139b); an den Tempel der Artemis Paidotrophos in Korone und an Diod. Y 73, wo es von der Artemis, der Ellsi^viag aws^yog, heisst, sie habe erfunden rrji' xwv vrjTCto)i' ^eoarcsiav, xal TQocpdg rirdg aQfio'Covffag TT, (fVGsi TMV ßgecföftv, cc(f -qg alviag xal xovQOiQocfor avTtjv ovo- (xd^eG^ai (1). Es ist begreiflich, dass Artemis als Kurotrophos auch Weihgeschenke erhielt, welche in der Regel entweder ein ilibbild des empfohlenen Kindes oder den Act der Empfehlung selber dargestellt haben werden. Arista weiht das Bild ihres Kindes in den Tempel der aithopischen Artemis (-), desgleichen die Kre- terin Kleio die Abbilder ihrer beiden Mädchen Aristodike und Ameino in ein Heiligthum ihrer heimatlichen Kurotrophos (-). Unter den erhaltenen Reliefs hat die grösste Verwandtschaft mit un- serem Bilde eine kleine Platte des Münchener Antiquariuras, welche nach Welcker, dem Benndorf beistimmt, die üebergabe des Kindes an Dionysos darstellt ('*).

(1) Mehr dieser Art bei Preller-Eobert, Griech. Myth. S. 319 f., Eosclier, Lex. S. 569 f.

(2) Anth. Pal. VI 269 'S2g lancpov^; über obigen Beinamen der Artemis Brauronia vgl. Preller-Piobert a. a. 0. S. 313 A. 1, Koscher, Lex. S. 573.

(3) Anth. Pal. VI 356 ll^yx^äroys ; Kleio ist bezeichnenderweise eine Kreterin ; vgl. die oben angeführte Stelle aus Diodor. Zur ganzen Klasse solcher Votive vgl. Benndorf Vasenb. S. 56 f., Furtwängler, Samml. Sabouroff zu Taf. XXXV, Eeisch. Griech Weihgcschenke S. 9.

(*) Christ-Lauth Führer durch das K. Antiquarium in München S. 19, 344 ; abgeb. Mon. dell'Inst. III, 39, Welcker A. D. Y, Taf. IX, S. 172 ff; vgl. Benndorf a. a. 0,

DAS « TEI.EPHOS " - RELIEF DER VILLA BORGHESE 181

Dieser Auffassung aber scheinen gewichtige Gründe entge- genzustellen. Die architektonische Form der Platte ist für ein Votivrelief wohl unerhört. Sie weist vielmehr auf decorative Verwen- dung zum Schmucke einer in Felder gegliederten Wand hin. Und hiezu kommt die Entstehungszeit des Werkes : Die harte trockene Arbeit und vor allem der breite gegliederte Eahmen (') führen iu die römische Kaiserzeit. Diese Schwierigkeiten verschwinden aber, sobald wir uns das Belief in Anlehnung an ein Votivrelief früherer Zeit entstanden denken. Die Berechtigung zu solcher Annahme geben unter anderem die Ikarios-Reliefs, Copion ursprünglicher Vo- tive, wie mir nach den Ausführungen von Reisch ("-) und Hauser {^) nicht zweifelhaft ist. Für die Entstehungszeit dieses Originals scheint mir die Figur der Artemis einen ziemlich sicheren Anhaltspunkt zu gewähren. Wie sie mit etwas zurückgeneigtem Oberkörper, weit vorgehendem rechten und rückgestelltem linken Beine und dem unter seinem Ueberwurfe tief gegürteten Peplos in voller Ruhe und Würde da sitzt, weiss ich zu ihr keine bessere Parallele als die Göttinnnen des Parthenon- und des Theseionfrieses oder Frauen- gestalten von Grabreliefs wie Conze, Die attischen Grabreliefs Taf. XXIII, 5, XXIV, XXV, und von Votivreliefs wie Schöne Griech. Reliefs Taf. VIII 50, IX 52. Die Form des Stuhles ist anf Mo- numenten jener Zeit nicht selten; auch auf dem Parthenonfries kommt sie ja in ganz ähnlicher Weise vor. Für die Gruppierung der beidem weiblichen Figuren und die dargestellte Handlung, die üebergabe eines Wickelkindes von Seiten einer Frau an eine andere boten sich dem Künstler gewiss Parallelen genug auf atti- schen Grabstelen ('*).

So wird man kaum viel irren, wenn man sich jenes Votiv etwa um die Wende des V. oder in den ersten Jahrzehnten des IV. Jh. entstanden denkt. Der Baum freilich mit seiner breit ange- legten und detailliert ausgeführten Krone ist dann Zusatz einer späteren Hand, welche das Relief decorativ umarbeitete; für den alten Künstler war ja Artemis bereits durch Köcher und Hirschkuh

(1) Vgl. Schreiber Brunnenreliefs S. 86 f.

(2) Griech. Weihgeschenke S. 21 f. vgl. auch S. 140.

(3) Die neuattischen Reliefs S. 91 IT.; 148 f, 189 flf.

(4) Vgl. Abh. d. archaeol. epigr. Sem. d. Univ. Wien VII (1889) S. 84 flf;

182 WEISSHAEUPL, DAS « TELEPHOS " - RELIEF DER VILLA BORGHESE

genügend gekennzeichnet. Und eben jener zweiten Hand müssen auch Details angehören wie die hohe Gürtiing der stehenden Frau und das spielende Motiv des Gewandbausches, der zwischen 1. Arm und Brust derselben hervortritt ('). Ob diese Umarbeitung schon in der alexandrinischen Epoche oder erst später stattgefunden hat. etwa gar erst dem Yerfertiger unseres Reliefs zuzuschreiben ist, wage ich nicht zu entscheiden. Gegen letzteres spricht freilich die Unselbständigkeit der späteren Kunst, w^ie sie durch die Arbeit Hausers wieder so deutlich zu Tage getreten ist.

Wien, Dezember 1890.

Weisshaeupl.

(1) Vgl. das Relief Clarac II PL 202, 261 ; die Terracottastatuette bei Furtwängler Samml. Sabouroff Taf. CII ; die Frau iu der Menelaosgruppe der Villa Ludovisi, deren Original von Furtwängler Samml. Sab. Einl. S. 50 wohl mit Eecbt in die Mitte des IV Jh. gesetzt wird; vgl. auch Hauser Neuatt. Rel. S. 187. In das IV Jhdt. gehört auch das Original der Statue Clarac IV PI. 632 A, 1422 C, wo ein ähnliches Motiv begegnet.

LO SCUDO DI ACHILLE

(Tav. IV, V, VI).

I due frammenti di due rappresentanze Tav. IV, V, VI dello scudo di Achille riprodotti nelle nostre tavole, furono scoperti su- bito dopo la pubblicazione delle Bilderchroniken di 0.' Jahn-Michae- lis (Bonn 1873) e si conservano presentemente nel Miiseo Capito- lino, stanza delle colombe n. 83 a. b. (cf. Niiova descrizione del Miiseo Capitolino 2, p. 170 sg.). Sebbene siauo di grande Interesse cosi per le immagini che presentano, come anche per i versi di Omero che le accompagnano, sono tuttavia passati quasi iuosservati. Dell'uno di essi non si hanno ne riproduzioni, ne notizie nei giornali archeologici Romani ; l'altro fu descritto e pubblicato da E. Gar- ruccinella Civiltä Cattolica (1882, 469-79), ma in maniera affatto insufficiente, e pare che detta pubblicazione non sia uscita dal circolo di questo periodico. Ciö spiega il fatto che sia sfuggita all'ac- cortezza del Kaibel (cf. Corp. inscr.graec. Italiae etc. n. 1285 sg.) 6 che il Robert lamenti la mancanza di qiialsiasi pubblicazione in proposito (cf. Homer. Becher, p. 67, not. 10). Giovera dunque estenderne la conoscenza, ed io credo di far cosa utile agli archeo- logi, e nello stesso tempo ai filologi studiosi di Omero, comuuicando qui i facsimili fototipici dei due rilievi, che si e potuto far ripro- durre, grazie alla ben nota gentilezza della Direzione del Museo Capitolino.

II fraramento maggiore fu trovato nell'anno 1882 in via Venti Settembre vicino alla chiesa di S. Maria della Vittoria fra rot- tami di vecchie mura e donato dal sig. ingegnere Agostino Cera- soli al Museo Capitolino, dove fu collocato accanto al frammento

184 P- BIENKONWSKI

della tavola iliaca Capitolina (')• H cli. G. Gatti, al quäle fii dato di tenerlo per qiialche tempo presso di se prima che fosse collo- cato nel iniiseo e di studiarne le rappresentanze e le iscrizloni, ne face per primo a Koma mia comunicazioue scieutitica. Egli lo pre- sentö nella sessione di maggio a. 1882 alla poDÜficia accademia romaua di arclieologia e dopo averne accennato il grande valore archeologico, si limitö a fare sii di esso « in attesa, che il mo- numento sia degnamente pubblicato da qualche valente archeo- logo " soltanto delle osseiTazioni brevi ma in generale giuste senza estendersi all'esame particolareggiato delle iscrizioni. La comimi- cazione del Gatti servi di base alle notizie, che del rilievo det- tero il eh. H. Dressel nella Deutsche Litte ratur zeit. 1882, 1062, il eh. F. Barnabei ^'^V^ Academi) 1882, 423 e 458 sg., e im ano- nimo nelle Melangen d'archeologie II 397-99. Segni al Gatti il eh. K. Garrucci, il quäle, come si disse, aggiunse alle proprie meno giuste osservazioni un disegno del rilievo che, se in certe parti rende troppo esattamente alcuni gruppi di figure, in altre invece lascia molto a desiderare. Infatti esso tralascia a dirittura gruppi di figure e particolaritä essenziali, mentre per esempio i contorni di certi altri gruppi appaiono piü chiari e pronunziati che uell' originale stesso : inconvenieute quest'ultimo proprio di qualsiasi disegno. Noi perciö ab- biamo preferito di far riprodurre il rilievo in fotografia, la quäle, oltre agli altri vautaggi, presenta anche quello di rendere esatta- mente il carattere e la tecnica del lavoro. Cercherö poi di eli- minare o d'attenuare gli inconvenienti proprii della fotografia me- diante una descrizioue, quanto piii mi sia possibile, esatta ed ac- curata dei soggetti rappresentati. Le iscrizioni, che dal Gar- rucci furono in generale lette male, io piü volte accuratamente ho riveduto con la lente d'ingrandimento e riempiendo di gesso pol-

Q) II Garrucci scrive (1. c.) quanto segue intorno al rinvenimento di questo rilievo: II clipeo di Achille, che e in marmo giallo, e stato trovato ad un ccnto passi della cliiesa della Vittoria, mentre il signor Luigi Rinaldi faceva ■jperare una diversione dell'acqua Feiice fra rottami di vecchie mura. Assi- steva allo sterro il sig. ingegnere Cerasoli, dal quäle noi l'abbiaino avnto a Studiare etc.... II Gatti dice soltanto: presso la piazza di Termini, e il Barnabei: It seems thnt the marble tvas foimcl mar the Ministry of Finance, in the via Venu Settembre, that is,in Ref/ion VI of Ancient Rome. JVlien the relic was found, it formecl part of a mediaeval wall

LO SCLDO DI ACHILLE 185.

verizzato i solclii delle lettere ; i luoglii mal siciiri fiu-ouo rivediiti dal prof. Petersen. KiprodiuTe in extenso queste iscrizioni mi parve inopportimo, si perclie, per la mancanza dei tipi adatti, non si «a- rebbe pottito rendere per intero il loro carattere paleografico, si perche quest' ultimo appare abbastanza uelle lettere della zona di mezzo (v. tav. IV).

Per la roltura della pietra andö perduta quasi la metä del rilievo, il cui diametro e di 17 Y.i cm., la maggior larghezza di 13 cm., la maggior grossezza di 4 Vs cm. Per il carattere generale spetta alla nota serie delle tavole iliache, ma mentre quasi tutti gli altri rilievi sono in marmo palombino, il nostro frammento in- vece e, come il terzo frammento parigino, (cf. Jahn Büderchr. p. 5) in giallo antico.

Verso la metä del nostro marmo si legge su di im listello, che lo divide in due parti, la iscrizione, che serve di spiegazione e titolo al rilievo stesso. Le lettere superstiti sono:

AZniS AXIAAH02 GEOAnpf

L'iscrizione intera si raccoglie dalle lettere, che poste in giuoco alfabetico si trovano grafiite nella parte posteriore del rilievo ; essa formava l'esametro seguente:

"AdTilq 'Ay^iAliiog &€odo'jQrjOg xctd'' "Oiu^oov

Queste parole di per se manifestauo che qiii e figurato lo scudo di Achille secondoche lo ha descritto Omero, e che autore della ricostruzione fu Teodoro.

II rilievo capitolino ha naturalmente la forma di uno scudo rotondo colla faccia anteriore leggermente convessa e la posteriore plana. La faccia anteriore ha due parti, quella di mezzo e principale, che e convessa e coperta dalle rappresentanze, di cui parla Omero, e l'estremo lembo, che e piano ma alquanto inchinato. L'artefice si e servito di questo per iscrivervi sopra in minutissimi, ma ni- tidi caratteri, i versi di Omero che si riferiscono al soggetto, cioe i vs. 483-608 del lib. XVIII dell'Iliade. Erano distribuiti in 10 colonne da 10 a 15 versi ciascuna, cinque sulla meta sinistra, cinque sulla destra, separate le due meta mediante due rappre-

186 P. BIENKOWSKI

sentanze scolpite, i cui avanzi si vedouo negli angoli del frani- mento rimasto e che penetrano im poco nella superficie convessa del marmo. La linea che le congiunge, forma Tasse verticale del rilievo, il suo cardo, e corrisponde con Tasse della figura lineare iucisa nel rovescio della pietra. II deciimanus e formato dalla fascia orizzontale, che e verso il lembo alquanto ripiegata alTinsü e che contiene Tesametro riportato di sopra; ond'e che la superticie convessa del marmo, ove si trovano le rappresentanze, resta divisa in diie segmenti, superiore e inferiore. Ma il decumanus non taglia il cardo esattamente nel mezzo ne ad angolo retto, ma un poco piii in SU e ohliquamente da sinistra a destra ; perciö il segmento superiore, quäle e attualmente, e piü piccolo dell'inferiore.

Fra il lembo estremo dello scudo e la sua superficie convessa corre tutto intorno una piccola striscia incisa con poca cura, che naturalmente non si vede sulla fotografia; essa forma per cosi dire il punto di passaggio tra Tuna e Taltra parte. Su di essa si Te- dono, fra ^e due rappresentanze delTorlo, sei sporgenze quadrango- lari, in due delle quali credo riconoscere i contorni di certe figure di animali ; ciö che esse siguificano dirö piü tardi dopo spiegate le rappresentanze della parte convessa dello scudo.

Prima di venire alTesame particolareggiato di queste rappre- sentanze, devesi notare, che della maggior parte delle figure di cui esse si compongono, possono appena distinguersi i contorni piü generali. Tatteggiamento, la mossa ecc. rimanendo indistinte mol- tissime altre particolaritä. Questo stato di cose si spiega in parte per la natura del materiale, che oppose grandi difficoltä allo scal- pello, in parte per essere il nostro rilievo, com'io peuso, un lavoro incompleto [? P.] ; Tartefice ha prima eseguito in fretta il diseguo di tutte le rappresentanze con Tunico scopo d'assicurarsi la com- posizione ; vi aggiunse poi le iscrizioni, ma trascurö di eseguire le altre particolaritä del lavoro. Del resto bisogna notare, che il no- stro marmo e alquanto danneggiato per essere stato adoperato come materiale da costruzione.

Devesi inoltre badare alla inconseguente disuguaglianza delle singole figure ed alla diversa e sproporzionata loro collocazione. Infatti s'incontrauo frequentemente figure tre e quattro volte piü grandi della media proporzionale ; inoltre nel segmento superiore stanno esse perpendicolarmente sul decumano, nelT inferiore invece,

LO SCUDO DI ACHILLE 187

specialmente quelle coUocate aH'esterno, sono piegate alquanto verso il centro.

Venendo ora a descrivere la metä supeiiore dello scudo co- minceremo dalle scene, le quali son perfettamente cooservate e si possono spiegare con sicurezza. Innaiizi tutto si vede al disopra della fascia orizzontale di mezzo la cittä tiitta circoüdata di mui-a con torri, la quäle riempie la parte maggiore dello spazio ora con- servato del segmento superiore del disco. Essa e rappreseutata in prospettiva conie tutte le fabbriche dello scudo e delle altre ta- vole iliache. Sul davauti sta la porfca fatta ad arco ; le torri sono di due piaui indicati da due finestre in ciascuno, le mura sono mer- late. Dentro le mura della cittä, nella sua metä superiore vedesi sopra un basamento a gradinata un cortile, cinto da tre parti da un portico, che sul davanti rimane aperto il foro, Vccyooä di Omero. I portici sono coperti da un tetto a schiena d'asino e cinti soltanto all'esterno da uua semplice tila di colonne; a destra ed a sinistra stanno le porticelle d'ingresso.

Dentro il foro si vedono due gruppi di persone, uno piü in alto, l'altro piü in basso.

II gruppo superiore Consta di tre uomini vestiti, due dei quali posti di riscontro l'uno all'altro sono seduti; il terzo che sta nel fondo e in parte sparisce dietro ai suoi com'pagni, si presenta forse di faccia e appoggia la sinistra sul bastone. L'uomo seduto a si- nistra s'inchina alquanto verso destra e tiene con ambedue le mani un volume aperto; la sua gamba sinistra e messa avanti, la destra alquanto ritirata in dietro ; l'uomo, che siede a destra, sembra inchinarsi verso la sinistra. Evidentemente e rappreseu- tata una scena di giudizio.

II gruppo inferiore e ancora meno visibile; auch'esso Consta di tre uomini in piedi, tra i quali pare giaccia un cadavere in terra. Abbastauza chiaro e il movimento dell'uomo a destra. Egli se si vegga di faccia o da tergo, non oso decidere fa un gran passo verso destra e solleva ambedue le braccia come in atto di parlare calorosamente. Separato da lui per mezzo del cadavere sta un secondo uomo rivolto verso destra, il quäle sembra posare una gamba molto in alto sopra un rialzo indistinto e appoggiare una mano sopra un'asta o bastone. Dietro di lui apparisce di faccia la metä su- periore del corpo di un terzo uomo, che colla gamba destra fa un

18y P. BlENKOWSKl

gran passo verso la sinistra e appoggia ü braccio destro proba- bilmente siiUa coscia. Giudicando dal carattere generale della scena vi si riconosce iina contesa sorta nel foro tra due cittadini intorno airuomo, di ciii si vede il cadavere.

Non c'e bisogno di dimostrare, che iu queste due rappresen- tanze sono illiistrati i A^ersi 497-509; nella sceua inferiore e effi- giato il momento:

dvo ^'{cydQsg iyeixsoy elyEXct Tioivfjg

arÖQog (Inofp&ifi^fov etc

ed ivi il ^rjf-iog, di cui paria Omero, e rappresentato da iin uomo isolato, che sta aspettando; nella sceua superiore e il giudizio, che fanno i seniori sedenti nel sacro reciuto:

. . . . Ol &s ysQovreg euer' ini ^earoTai )ü9-oig isQio iv'i xiiy.ho etc

Le particolaritä, come il popolo, gli araldi, i testimoni sono naturalmente omessi per la ristrettezza dello spazio ; all' incontro il Yolume che troviamo nelle mani di uu giudice, sebbene non menzionato da Omero, si spiega col lingiiaggio particolare dell'arte. Lo stesso motivo incontriamo nella scena di un giudizio figurata nella pittura parietaria" pubblicata nella tav. XLV, zona seconda dei Monumenti dell'Instit. vol. XI, appartenente al fregio della casa antica scoperta nel giardino della Farnesina, (cf. Hülsen, Annali 1882, 309-314).

AI di sotto del foro ma pure neH'interno della cittä si vede espressa una pompa nuziale rivolta a destra. Piü in dietro a si- nistra quattro persone in posizione tranquilla in piedi, a quel che pare, formano un gruppo. Di esse, quella che e la prima, e pre- ceduta da un citaredo involto nel suo lungo vestimento, il quäle suona una grande cetra; davanti a cammina un'auleta con tibie doppie, poi una persona vestita di un liingo abito, probabilmente una donna, che pare rivolgersi in dietro, ed alla testa una flgura in atto di ballare come baccante col capo gettato in dietro, coUa gamba destra sollevata pure in dietro e colle mani alzate come SB sonasse il tympadon. Sul dinanzi rasente alle mura della cittä credo liconoscere i contorni di una figiu'a seduta verso sinistra e dietro di essa il busto di una donzella che sta osservaudo la pro-

LO SCUDO DI ACIIII.I.E 189

cessioue. E fiior di dubbio che con questa rappresentanza si illu- strauo i versi di Omero 491 sgg. :

eV Trj /usf ()(( yüuoi x'taai' sti.rcniy(a xe, etc

Tra le processioni nnziali rappresentate negli altri monumenti antichi rispondono di piü alla nostra scena gli accompagnamenti dei cosi detti lutrofori attici {\. Arch. Zeitung 40, tav. 5, cf. p. 132 Herzog). Come e noto vi e espresso il momento quaiido la sposa viene condotta allo sposo per essere poi da liii e dalle siie compagne menata con liaccole e canti alla siia nuova abitazione. Le persone che prendono parte alla «cena, accoppiate a due a diie e poste le une incontro le altre, stanno in posizione tranquilla, ap- punto come le iiltime qiiattro figure a sinistra nel nostro rilievo. Mancano perö il siionatore di flauto, il citaredo e le figure danzanti che troviamo qiü. Evidentemente tali figure furono prese ad impre- stito dalle processioni di satiri e baccanti, che tante volte sono rappresentate sui rilievi attici recenti; sarebbe dunque superfluo citare analogie in proposito.

Nel segmento inferiore dello scudo, di cui resta una parte mag- giore meglio conservata, salta prima di tutto agli occhi un recinto quadrangolare, che si trova circa nel mezzo ; e questo la dXunj di Omero, come vedremo fra breve. Tutt'intorno sono figurate le altre scene che si riferiscono alla vita rustica, in generale ben conser- vate e in maniera chiara eseguite.

AI disotto del recinto vediamo tre aratori, due dei quali molto piegati verso sinistra guidano successivamente coppie di buoi ag- giogati all'aratro, teneudo le mani all'altezza della stiva ; i parti- colari dell'aggiogamento e dell'aratro non sono visibili. Ma sol- tanto le due prime paia di buoi stanno lavorando, il terzo, cioe l'ultimo a destra, s'arresta e l'aratore rivolto verso destra appressa colla mano destra alla bocca un vaso da bere portogli da una per- sona volta verso sinistra, che si vede presse la frattura della pietra. E chiaro, che qui e effigiata la sceua di agricoltura o della pri- mavera, che Omero descrive nei v. 541-49.

La rappreseutazione di raccolta occupa lo spazio a sinistra del recinto quadrangolare. Essa Consta di quattro gruppi che espri- mono quattro diversi momenti della raccolta : {a) l'atto del mietere,

13

]00 P- BIENKOWSKI

(b) il formare dei manipoli, (c) il caricar questi sul carro, (d) il preparare del pranzo pei miotitori.

II primo gruppo (a) si trova subito accanto alla scena della primavera e si estende in direzione verticale aH'insü. Vediamo prima di tutto un piccolo spazio vuoto, che forma il limite di ambedue le scene ; seguono cinque o sei persone accoppiate a due a due in gruppi posti uno sopra l'altro. Esse si fanno rispettiva- mente riscontro, mettendo innanzi una gamba e piegandosi verso terra; il mietitore a destra del gruppo superiore tiene una falce nella destra. Piü in basso si scorgono soltauto i contorni molto vaghi della figura a destra, che e rivolta verso sinistra in atto piuttosto di sedere che d'inchinarsi; a sinistra di essa si trova forse una quarta figura dai contorni molto indistinti, che s'ingi- nocchia o s'accoscia.

Accanto a questa prima verso sinistra si estende la seconda scena (b) composta di cinque persone in fila. Due di esse, che sono le prime a destra, vanno verso sinistra e pare che portino qualche cosa sulle spalle; la terza si china in terra verso destra, con le mani in giü; la quarta e molto piegata a sinistra ed ha da fare sul terreno; 1' ultima va piegata in avanti verso destra in su e sembra che porti un carico ; una grande sporgenza del rilievo sopra il suo dorso riman dubbia, per un covone e troppo grande.

Sotto il listello orizzontale, che porta l'iscrizione, e scolpita la terza rappresentazione (c), la quäle figura il caricar dei mani- poli sul carro e aderisce alla scena giä descritta.

Vi scorgiamo un carro a due ruote piene tirato a sinistra da due buoi e colmo (di spighe). Davanti ad esso sta un uomo rivolto a destra in atto di porgere, con una pertica, un manipolo (?) di grano mietuto ad un'altra persona che sta probabilmente inginoc- chiata sul carro e che per ricevere il manipolo s'inchina molto verso sinistra.

La scena prossima (d) ha luogo a destra del carro sotto un albero, di cui apparisce soltanto la chioma, probabilmente un pino. Ad essa e appeso a sinistra un oggetto di cui sta occupandosi un uomo rivolto verso destra. A destra dell' albero cioe subito sopra all'angolo superiore sinistro del recinto, di cui abbiamo giä, par- kte, siede su di una rupe una douna velata inchinandosi verso sinistra, come se fosse in atto di ricevere qualche oggetto. AI di

LO SCUDO DI ACHILLE 191

sotto si scorge la metä superiore del corpo di una donna che nella posizione di una canefora porta sul capo ima cesta somigliante ad im piatto e la regge coUe mani. Piü in basso presso al reciuto si vede fino al ginocchio uu'altra donna nella stessa attitudine della precedente, la quäle dirige i passi verso sinistra.

Non fa bisogno dimostrare che queste quattro rappresentanze rispondono ai versi di Omero 550-552 «, 553 b, 554 sgg. c, 558 sgg. d.

Certamente il grano e le biade non sono espressi, il numero dei mietitori non combina, anche altri dettagli non sono fedel- mente riprodotti, ma in generale la descrizione di Omero viene eccellentemente illustrata. Perciö dovremmo maravigliarci, se fosse omesso il re, che nella descrizione omerica stassi sul campo, lieto del frutto che vede raccolto (v. 556-7). Ma se la nostra suppo- sizione e giusta, che cioe una delle figure appartenenti al primo gruppo dei mietitori non stia inchinata, ma piuttosto assisa, po- tremmo in essa ricouoscere il re, che siede aspettando la raccolta. Anche questa diflferenza si spiegherebbe col diverso linguaggio dell'arte e troverebbe analogie negli esempi ricordati di sopra.

Non conviene separarci da queste scene senza aver conosciuto altre rappresentanze consimili, che si trovano nei monumenti an- tichi. Dobbiamo anzitutto osservare due tazze a figure nere, delle quali l'una con la iscrizione dell'artefice Nicostene proviene da Vulci ed ora si trova nel museo di Berlino, l'altra dal museo Campana e passata al Louvre (ripr, Ber. d. Sachs. Ges. d. Wiss. 1867, tav. I 1. 2, cf. p. 76 sg. (Jahn), Baumeister Denkm. I, tav. I 12^ a,b. 13 a,b). Sulla tazza del museo di Berlino vediamo, come sul nostro rilievo, tre uomini l'uno dietro l'altro, che guidano l'aratro tenendone con la sinistra la stiva, mentre nella destra agitano un lungo bastone, col quäle stimolano i buoi. Sulla tazza del Louvre sono figurati due aratri tirati l'uno da un pajo di buoi, l'altro da un pajo di muli. L'una e l'altra rappresentanza finisce con un uomo avvolto nel suo pallio in cui si deve riconoscere il custode 0 il padrone del podere.

Tra i monumenti i-omani un ottimo riscontro col nostro ri- lievo e dato da una rappresentanza che si trova su di un sarco- fago romano del museo lateranense (cfr. Benndorf e Schöne, Bildw. d. tat. Mus. nr. 488, ripr. Garrucci Mus. Lat. tav. 32, anche Arch.

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Zeit. 1861, tay. 148, cf. p. 1 (Jahn). In esso, com'e noto, sono rappresentati lavori campestri e la fabbrieazione del pane. L'ar- tefice espresse in primo liiogo il contadino, che in modo simile come sul nostro rilievo dirige con lo stimolo i buoi e preme con la sinistra la stiva Q).

Nella terza scena sono figuratiimietitori, due de'quali attendono tuttavia al dnro travaglio stringendo i manipoli delle spighe e mietendo con la falce come siülo scudo ; il terzo deposta la falce in terra e appoggiandovi una mano tiene con l'altra davanti alla bocca una tazza ; a destra si vede un iiomo, probabilmente il pa- drone, che sembra star per porgere da bere ai mietitori, tosto che siano giunti al termine del fondo da mietere e stiano per Yoltarsi a cominciare il lavoro su di un nuovo solco. Quest'ultimo particolare concorda piü specialmente con la scena di agricoltura figurata sullo scudo di Achille.

II gruppo degli operai che stringono e portano via i manipoli ha molta aualogia con la rappresentanza che si trova sul lato destro del sarcofago di Giuuio Basso (Bottari Scult. e pitt. I praef. p. 1 vign. ; cf. p. 49 sg). Vi si yeggono tre genii alati, che stanno occupati iutorno alla messe. II primo e in atto di tagliare il grano con la falce, l'altro accumula il grano giä tagliato, e il terzo final- mente lo trasporta all'aja per batterlo con un bastone, che tiene nella sinistra.

Alla scena in cui e rappresentato il caricare delle biade sul carro non so addurre alcuna stretta analogia ; ma il momento che segue immediatamente e figurato sul sarcofago lateranense giä ac- cennato in modo molto somigliante alla nostra rappresentanza. Infatti nella quarta scena si vede un caiTO ricolmo di grano, che lentamente s'avvia condotto da un villano e seguito da un altro. II carro qui figurato ha, come sul nostro marmo, soltanto due ruote senza raggi, cosi dette « tympana ^, che riscontreremo anche nell'altro frammento dello scudo di Achille.

Ma proseguiamo la spiegazione del nostro rilievo. Sopra il recinto quadrato e un campo (/o(>oc) con una rappresentanza chia-

(1) Altri monumenti con rappresentanza deiraratura furono testö messi in confronto da H. Scliaaf hausen nel Jahrb. d. Vereins von Alter thumsfr. im Rheinl. 1890, 60 sg.

LO SCL'DO UI ACHII-LE 193

rissima; vi vediamo nove figure cho tenendosi per le mani menano in cerchio, a qiianto puö immaginarsi, verso destra iin'allegra daiiza (cf. Benndorf. Ueher das Älter des Troiaspieles, Berr. d. Wiener Äkad. d. Wlss. CXXIII. Band, UI Ablh.). Non si distingiiono bene le douzelle dai giovaiietti; nel mezzo sembra potersi scorgere la testa di una figura, che rappresenta probabilmentc un suonatore ovvero uno dei xvßiacr^ifjQeg menzionati da Omero. 11 gruppo dei danzatori non e completo a destra ; presso la frattura del marmo vedesi nn piede della decima figura. E evidente, che si debba riconoscere qui il primo Schema di danza descritto da Omero nei versi 598 sgg., 599 sgg. e 604 sgg.

Per quest'iiltimo particolare si potrebbe benissimo paragonare con la nostra rappresentanza una delle pitture del colombario nella Villa Pamfili {Abh. d. bayr. Akad. d. Wiss. Cl. l.^.Nlll Abth. II, tav. II 5, cf. p. 23 (Jahn). Vi si vede nel mezzo im suo- natore e due giovani, che ballano con entusiasmo, probabilmente i xvßian^riiQec ed attorno ad essi sono iiomini e donne che, come appare dai loro atteggiamenti , prendono parte viva a questa azione.

II recinto quadrangolare, che, come si e veduto, e circondato da rappresentanze deU'aratm-a, della raccolta e del ballo, e figurato in prospettiva, come dimostra la sua restremazione in su. Esso sembra sia in parte chiuso da un terrapieno, in parte, e propria- mente nel lato inferiore e nn poco anche nel lato destro e sini- stro, da un vivo canneto o da im"incannucciata. AI suo lato supe- riore si vede una casetta con suo fastigio, che e, a qiianto pare, scolpita in prospettiva ed ha nella facciata angusta una porticella. La parte inferiore del campo chiuso e cosi danneggiata, che non si puö piü distinguere ciö che vi era rappresentato. Si veggono li attorno traccie di figure, alcune delle quali s'inchinano a pren- dere qualche cosa, altre pure afferrano qualche cosa rivolte l'una all'altra ; ma nessun gruppo si puö spiegare con sicurezza.

Nell'angolo superiore a sinistra sembra essere stato abbozzato un oggetto architettonico, forse una vasca quadrangolare. Questo particolare come l'esistenza del recinto col suo unico ingresso ri- cordano i versi di Omero (561 sg.). Quindi pare verisimile, che qui fosse espressa la vendemmia. Rispetto alla forma della vasca che riceve l'uva da spremersi si puo confrontare il torchio di Hivan

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in Lycia figiirato in Petersen ii. v. Lnschau, Reisen in Lykien II p. 27 (Benndorf) (cf. Blümner, Technologie I p. 336 sg).

Nel medesimo nesso, che qiii, e rappreseutata la vendemmia anche suUa grande tavola con rilievi molto danneggiati, che sta adesso nella Loggia scoperta del Museo Pio-Clementino Beschr. Roms II 2, p. 197, 24, Ärch. Zeit 1861 tav. CXLVIII 2, cf. p. 154 (Jahn). Quivi si vede im uorao che spezza le zolle, mentre un altro di fronte a lui e occupato a potare una vite ; quindi seguono dne figiire, di cni l'una inchinata taglia il grano, l'altra guida l'aratio tirato da diie buoi. II gruppo seguente si riferisce alla vita pastorizia. Anche sul nostro rilievo dovremmo aspettarci fuori del recinto, a destra la rappresentazione della quarta scena carapestre, che Omero descrive nei vv. 573-589, cioe le mandre di buoi e di pecore menate alla pastura (l'a/i'A/; e il rofiög).

Abbiamo vednto finora, che l'artefice del nostro rilievo ebbe cura di seguire con esattezza la descrizione di Omero in tutte le particolaritä, nella serie delle scene, nei motivi, nelle situazioni. Le discrepauze che trovammo, sono isolate e insigniücanti e si possono tutte spiegare o col diverso linguaggio dell'arte e della poesia ovvero con la natura del lavoro e la ristrettezza dello spazio. Quindi e tanto piü strano il vedere a destra del recinto presso la frattura del marmo una figura, che col piede sinistro fa un gran passo verso destra e che, a quanto si puö giudicare dall'elmo e dall'asta impugnata in atto di offesa, sembra un guerriero che fa parte di un esei'cito assediante la cittä menzionata da Omero (cf. V. 509 sg.). A destra di lui e rimasto un piede di un'altra figura che nel resto andö perduta. AI disotto dei piedi del primo guer- riero si scorge un oggetto affatto irriconoscibile, forse il fondo del marmo non abbozzato.

Chi non yolesse credere, che qui fosse rappresentata la cittä assediata, potrebbe almeno per ultima ipotesi immaginare, che tale figura invece di un guerriero significhi il pastore armato, che difende la sua mandra contro i leoni (cf. v. 583 sg.). Perö questa supposizione diviene impossibile tosto che si badi alle figure ri- raaste nel segmento superiore dello scudo presso la frattura del marmo. Quasi nel mezzo di esso, a destra delle mura della cittä vediamo una mandra che Consta di quattro animali appena abboz-

LO SrUDO DI ACHILLE 195

zati UDO sopra l'altro. II piii basso con conia pare uii inontone, gli altri non si possono determinare.

Pill in alto vediamo an iiomo igniido che corre verso dcstra. II siio capo, la parte anteriore del corpo, la gamba sinistra e il gomito sinistro andarono perduti ; dietro il dorso e davanti alla gamba destra gli svolazza la clamide, Sopra di esso si scorgono sul terreno, caratterizzato come rupe, due iioraini ; il primo visto di faccia fa im gran passo coUa gamba sinistra verso destra e impiigna con ambedue le mani l'asta nello stesso modo che il guerriero del segmento inferiore; ha una corta veste svolazzante e probabilmente anche calzoni, ha quindi l'aspetto d'im pastorc. Dietro a lui e in parte coperto da lui sta nn altro iiomo vestito nella stessa maniera, con la destra gamba avanzata verso sin. e con la mano destra alzata in atto di lanciare un'asta o una pertica.

AI disotto di essi corrono due cani verso des. La parte po- steriore del terzo cane pare visibile al disotto dell'asta, che tiene il primo pastore. La mandra, i cani, come pure l'abito degli uo- mini non lasciano quasi alcim dubbio, che qui sia figurata la scena descritta da Omero nei vv. 573-586, specialmente 583 sgg.

Cosi la quarta scena che si riferisce alla vita rustica, fii trasferita dal segmento inferiore del disco al superiore.

Rimane, che diciamo ancora di un gruppo che sta immedia- tamente sopra il listello di mezzo con la iscrizione presso la rottura del marmo. Vi e un uomo che allunga il passo verso destra ; se egli rivolga allo spettatore il dorso o la faccia, non e chiaro. Nella mano protesa tiene im oggetto rotondo indistinto, non so se imo scudo; l'altra mano sembra tirata in dietro. Davanti a lui pare che s'inginocchi verso sinistra un uomo, che si appoggia con am- bedue le mani sul terreno. II suo capo e forse inchinato in atto di abbandono; il berretto, che ha distinti contorni d'iin berretto frigio, e caduto sul suo occipite. Se ne abbiamo giustamente ri- conosciuto il berretto, si dovrebbe forse in questo gruppo ravvisare un avanzo della insidia (/i-öxoc) descritta da Omero nei vv. 520-29. In questo caso la mandra rappresentata di sopra potrebbe appar- tenere tanto alla scena pastorizia quanto al loxoc.

Comunque sia, questo e fuor di dubbio che il gruppo ora descritto doveva appartenere alla serie delle rappresentanze, che si riferivano alla cittä in istato di guerra (vv. 509-540). Ma qiie-

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sta non ce la possiamo immaginare altrove che siü lato destro del segmento superiore, simmetricamente opposta alla cittä in istato di pace, che e conservata. Questa disposizione e provata dalla di- stribuzione dei rilievi rimasti, che chiaramente per cosi dire trovauo il loro pimto di appoggio suUe rappresentanze che nel clipeo omerico sono contenute entro limiti di precisa forma architettonica. Quelle di tal fatta sono nel medesimo in numero di tre : la cittä in pace, la cittä in guerra e 1'«/«/;. Yedendo dunque la prima figurata nel segmento superiore a sinistra, la terza quasi nel mezzo del segmento inferiore, e pienamente presumibile, che nel segmento superiore a destra fosse espressa appunto la cittä guerreggiata. Cosi cotesti tre recinti formavano come un triangolo, intorno al quäle s'aggruppavano tutte le altre rappresentanze.

A questa opiuione sembra opporsi la circostanza che il guer- riero rimasto presso la fiattura del segmento inferiore debba pure appartenere al complesso delle scene della cittä in guerra, essendo altrimenti in sommo grado improbabile, che la pugna. che si fa intorno ad essa, s'estendesse dal segmento superiore all" inferiore senza riguardo al listello orizzontale che li separa. Dinanzi a questa difficoltä confesso francamente di non poter dare una spiegazione soddisfaceute, quindi non mi abbandouo ad ipotesi mal fondate.

In ogni caso parmi che delle combinazioni precedenti risulti, che il nostro artista abbia conosciuto soltanto il contenuto dello scudo omerico senza indovinare la composizioue dei soggetti e quindi nel farne la ri- costruzione si sia contentato di far spiccare i punti che a Uli pareyano piü salienti, subordinando ai medesimi tutta la composizione .

In quest'opinioue ci coufermiamo considerando le rappresen- tanze descritte da Omero, che di certo non erano scolpite suUa superficie convessa del nostro scudo; cioe le figure dell'Oceano, del mare, del cielo, della terra e delle costellazioni.

L'orlo stesso del rilievo potrebbe significare il fiume Oceano, che nel clipeo omerico scorreva presso al cerchio estremo (y. 607-8): säbbene il tiume non e affatto espresso artisticamente. Nemmeno il mare e rappresentato. II cielo e indicato con due rappresen- tanze, che si trovano sul lembo del clipeo e che abbiamo giä di sopra accennate ma non ancora spiegate. II quadretto superiore,

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quasi a metä conservato, rappresenta una qiiadriga volta a destra e guidata da ima tigiira involta in una veste svolazzante e coro- nata di raggi ; e quindi il Sole, che dalla direzione del carro, en- traute ancbe un po' sulla superficie convessa dello scudo si deduce sia espresso al tramonto. Dalla parte opposta verso sinistra e rap- presentata la Lima sorgente nella qiiadriga ; presso di essa si scorge un'altra ligura, forse l'aiiriga.

Ma se queste due ultime rappresentanze stanno in esatta corrispondenza colle parole di Omero, la cosa non va cosi ri- spetto a T(( T^iQfa TTcii'va rd tovqccvoq sGi^ydronai etc.

Invece delle costellazioni indicate da Omero Tartista evideu- temente ha voliito figurare intorno allo scudo i dodici animali dello zodiaco. Perche quelle sei prominenze quadrangolari ricor- date di sopra, che si trovano fra l'orb e la superficie convessa dello scudo, non avrebbero ragione di essere se non servissero alla rappresentanza dello zodiaco. Nei due rettangoli superiori mi pare siano abbozzati il capricorno e lo scorpione.

Fiualmente e da osservare, che l'artefice del nostro rilievo non ha ideato la terra come un globo, posta col mare e col cielo in mezzo allo scudo, si bene come un planisfero, come il campo feopra cui distribuisce i soggetti partitamente descritti da Omero. Nel che si trova con lui d'accordo anche Filostrato il giovane. che nella descrizione della pittura riproducente il clipeo omerico di Achille {Imag. 10, p. 125 ed. Welcker) iuterpretö il concetto di Omero nella stessa maniera.

Giä quest'ultima particolaritä dimostra chiaramente, che l'ar- tefice del nostro rilievo condivide idee speciali dell'epoca greco- romana, cosa che diviene anche piü manifesta confiontando le altre antiche riproduzioni dello scudo.

II riscontro piü stretto e dato dal frammento cosi detto Sar- tiano delle tavole iliache (Jahn, Bilderchroii. tav. II B. cf. p. 20). Nel mezzo di esso si vedono le tracce della cittä circondata dalle miira, piü alto e figiirato un gran clipeo rotondo sostenuto con ambedue le mani da una donna probabilmeute Tetide. Disgrazia- tamente ne rimane soltanto una metä. Nel centro di esso si vede una gran testa di Gorgoue come per solito s'incontra in questo luogo negli scudi greci. Intorno a questa testa sono poco chiaramente figurate le diverse scene che Omero immaginö scolpite da Vulcano

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sullo scudo di Achille. Si distiagaono quattro segmenti che si presentano non giä in cerchi concentrici ma in fasce orizzontali appunto come per solito sulle tavole iliache. Le rappresentanze non sono piü riconoscibili ; si scorgono edifizi e figure; il segmento superiore somiglia ad im paese montuoso ma uiente piü. 11 mar- gine dello scudo e ornato da uno zodiaco. Queste particolaritä, bastano per stabilire che anche qiii non si tratta di ima ricostru- zione dello scudo di Achille nel seuso dell'arte dell'etä omerica, ma, come pel nostro rilievo, di una riproduzione affatto libera ed esteriore deU'argomento.

Allo stesso risultato ci fa anivare 11 confronto di una pittura pompeiana (Fiorelli, giorn. d. scavi di Pomp. 1862 tav. 6 p. 13, Kiessling Bull. 1862 p. 97, Heibig Wamlgem. p. 289, 1316). Ivi e Vulcano nella sua officina ove in fondo lavoraao i Ciclopi; esso e in piedi innanzi a Tetide assisa, alla quäle mostra lo scudo di Achille poggiato sovra l'incudine. Accanto alla dea sta seduta una figura muliebre alata che con una verga le addita le mera- viglie dello scudo medesimo. Questo e, come il nostro rilievo, cir- condato a guisa di corona coi segni dello zodiaco. In mezzo vi sono artificiosamente dipinti due serpenti ovvero dragoni che si attor- cigliano e due cani, quindi le costellazioni non indicate nella de- scrizione omerica, ma ben notegiä dai tempi piü antichi (cf. Jahn 1. c). Lo stesso argomento ma senza Ciclopi e con alquante va- rietä e pure effigiato in altro- dipinto pompeiauo, che tinora non e accuratamente pubblicato (Mus. Borb. X 18, Heibig 1. c. p. 289, 1317). Ivi e nella mano della donna alata una trombetta invece della verga e lo scudo mostra due serpenti iutrecciati. Ommettiamo altri monumenti, dove lo scudo di Achille e privo di ogni rappre- sentanza o ha un semplice segno figurato. Sicco me pure troppo do- vremmo dilungarci se volessimo dimostrare con altri monumenti quanto Tornamento dello zodiaco fosse comune e caratteristico negli scudi dell'epoca greco-romana, ci contentiamo quindi di rimandare il lettore alla raccolta fattane da 0. Jahn in BUderchron. p. 20 sg.

Prima di parlare della faccia posteriore del nostro rilievo conviene dire poche parole sull" altro frammento di scudo raffigurato sulla nostra tavola VI. Esso e in palombino e proviene da scavi ro- mani ma da luogo incerto. Fu donato al Comune dal comm. Ca- stellani nel 1874 (cf. Bullett. della comm. arch. comunal. 1874,

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elenco), sembi-a perö non sia stato esposto prima deH'aDno 1882, perche ne il Gatti ne il Garrucci ne hanno fatto menzione. Dimen- sioni: m. 0,13 X 0,10.

Le rappresentanze sono anclie qui divise in diie piani e fra l'uno e l'altro corre una fascia relativamente stretta senza iscri- zione. Nel piano superiore vediamo sul listello, che serve in qual- che modo come sostruzione, le mura della cittä con sei torri.

Le mura sono munite di basamenti, cornicioni e merli, le torri sono di due piani con diie finestre nel pianterreno e secondo piano, con una nel prirao. Quattro torri sono rotonde, due di mezzo fra le quali e un'alta porta, quadrata

Nel piano inferiore si vede il residuo della stessa scena agri- cola, che pure sul framraento maggiore occorre nello stesso luogo, cioe un carro tirato da due buoi davanti ad una edicola. 11 carro ha due ruote piene {tympand) e la cassa Consta di quattro pali verticali e due traversali ed ha un fondo solido, e quindi un jüaustrum. Esso e effigiato un po' in prospettiva, vedendosi una parte della parete posteriore. E ricolmo di covoni e sopra vi stanno in ginocchio due figure, inchinate molto verso destra, che caricano il frumento che un uomo a destra va loro porgendo. Innanzi ai buoi aggiogati e in piedi rivolto verso destra un uomo vestito con corta tuuica a maniche e con calzoni, che si accinge a giiidare il carro tenendo le mani all'altezza del timone; ai suoi piedi e un cane. A sinistra e rappresentata in prospettiva una edicola ^acra con tetto a schiena d'asino e con alta porta quadrangolare. La cornice frontale e ornata di dentelli ; il frontone di una ghirlanda.

A destra di questa scena si vede la cima di un albero, pro- babilmente una quercia. Ad esso e appeso un gran pezzo di carne, che due uomini vestiti con tunica succinta stanno tagliando in quarti, Piü in alto quasi sospeso nell'aria si scorge il corpo e la gamba destra d'un uomo vestito di clamide svolazzaute; presso la frattura del marmo apparisce un piede di un'altra tigura.

E fuor di dubbio, che la prima scena apparteneva alla rap- presentanza della raccolta, l'altra alla ciclica danza. E quindi molto probabile, che la disposizione di questo esemplare sia stata uguale 0 almeno simile a quella del frammento descritto in primo luogo. Certo tutto lo scudo era molto piü grande e l'esecuzione molto migliore, favorita anche dal materiale piü tenero e tino.

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Nel rovescio di amhedue ie lastre, cioe siilla siiperficie plana di esse, e incisa iina figiira lineare, la cni forma sul framniento maggiore si puo ricostrnire, ma non giä sul frammento minore. E questo un castello merlato o pinttosto un'ara con basamento a due gradini e con due acroteri, che si congiungono nel mezzo. Era divisa in 614 piccoli quadretti o cassette ognuno dei quali por- tava una lettera. Ora v'e sul raarmo una lacuna per rottura a sinistra e le lettere nei quadretti non sono tutte leggibili. Con tutto ciö e fuor di dubbio che questo sia un semplice giuoeo alfabetico (v. tav. V).

Sul frammento minore erano soltanto, come credo, 29 lettere che formavano secondo il mio supplemento la leggenda: {lianlg) "AyiXXaiog, GfoSowr^og i] T[exvrj).

Le lettere del frammento maggiore sono 31 e formano le pa- role: liamg liyiXÄr^og &€o6a)or^og xn^^'^'Oi^irjQov. Le quali lettere sono disposte in modo che danno sempre le indicate parole leggendo in varie direzioui, a destra a sinistra, di su e di giü, parte in linea verticale, parte orizzontale ; purche si prenda per punto di par- tenza A, che si trova nel centro della figura ed e come la chiave del- reniuima. Questa leggenda ci permette di supplire con tutta certezza l'iscrizione incisa nell'altro lato della pietra ed ora in parte monca.

Un notevolissimo confronto a questo giuoeo di lettere e di parole si ha nel frammento di tavola iliaca, giä a Verona ed ora a Parigi (Jahn Bilderchron. tav. III c'. c-). Quivi nella parte anteriore sono figurate alcune scene deU'Iliade coU'indicazione ^Ihcig '0{urjo<)v); la fac^ia posteriore ha una serie di piccoli qua- drati somiglianti a scacchiera ognuno dei quali coUa propria let- tera, donde si raccoglie intera l'iscrizione Qeodwqr^og /)[;] vtyrr^ ripe- tuta piü volte in varii sensi. Coll'aiuto di questa leggenda e stato sagacemente supplito dal Lehrs il distichon, che si legge nella tavola iliaca Q^od^Mosiov nads rä^tv "^Of^u'jQov etc.

Un altro esempio di simile giuoeo alfabetico dell'anno 324 d. Cr. si ha, come fe' notare il de Rossi (oss. a Gatti 1. c), in due quadrati di lettere in musaico nel pavimento della basilica di Orleansville nella Mauritania Cesariense (C. I. L. VIII 9710, 9711), dove si leggono, partendo dal centro e percorrendo in qua- lunque senso le linee. le medesime epigrafi {S)aiicta eclesia e {M)arinus sacerdos.

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L'iscrizjone che si trova al disotto della pi-edetta ara in ca- ratteri assai piü grandi supplita, come si vede a tav, V, contiene iin altro giiioco alfabetico, leggendosi da sinistra a destra come da destra a sinistra uQeicc UqsI: antislita antisiiti, secondo la re- gola prescritta sulla tavola presse lahn-Michaelis tav. ITI c. 2.

Quanto all'artista Teodoro basti rimandare il lettore a cid che ne hanno detto Brunn (Gr. Küiistlergesch. II 255 sg.), Mi- chaelis {Büderchr. 91 sg.) e Loewy {Inschriften rjriech. Bildh. p. 300).

Ma la opinione loro, che Teodoro fosse pinttosto un gramma- tico che suggeri l'ordine delle rappresentanze, devesi secondo che io penso col Robert {Hom. Becher p. 67, a 10), correggere in questo senso, che egli sia stato realmente un artefice, scultore o pittore e che alle sue opere original! si riferiscono, piü o meno direttamente, le tavole iliache che portano 11 suo nome, o quelle che ne sono semplici copie. Perche noi non abbiamo alcuna ra- gione sufficiente per restare nell'opinione, che tutta la serie delle croniche figurate greche provenga da un unico artista. E non e inutile rammen tarsi, che finora apparvero col nome di Teodoro sol- tanto rilievi con rappresentanze, che si riferiscono alle favole troiane. La maniera artistica quasi identica, con cui generalmente sono condotte tutte le altre croniche, deve ripetere la sua origine piut- tosto dallo studio di un medesimo indirizzo artistico che non dalla identitä dell' artista. Dalla diversa grandezza dei frammenti del clipeo di Achille consegue, che l'originale di Teodoro poteva es- sere ancora piii grande.

Finalmente ecco una conclusione, che si deduce dai minutissimi caratteri con cui sono incisi i versi di Omero. Come si disse, essi sono illegibili ad occhio nudo. Ora se iscrizioni per sollte piü net- tamente e in maggiori proporzioni incise, che si trovano suUe altre tavole, non escludono la possibilitä, che esse fossero destinate a render piü facile ai giovinetti l'intelligenza delle plastiche rappre- sentazioni cavate da Omero, e evidente che noi dobbiamo guar- darci dal giungere ad una simile conclusione relativameute al nostro rilievo. A mio avviso tutto questo genere di piccole sculture e nato dalle scherzose esercitazioni artistico-letterarie dell'epoca ellenistica e greco-romana per quel capriccioso gusto che dovette esserle par- ticolare di riprodurre tutta la serie delle favole trojane e simili

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sopra ristrettissimo spazio e in lavori accessibili a qualsiasi prezzo, senza perciö prefiggersi lo scopo di un determinato risultato pra- tico. Cosi le cosi dette croniche figurate furono giä neirantichitä stessa semplici rilievi da gabinetto e dovettero soltanto alla loro originalitä e al loro costo moderato, se fiiroDO particolarmente prodilette e divulgate nell'epoca greco-romana.

Delle dieci colonne, in cni era distribuito primitivamente il passo relativo al carme omerico sono rimaste soltanto le cinque della metä destra e parte della sesta, la prima delle quali contiene soll dieci versi (483-492), la seconda ne conta dodici (493-504), la terza qiiindici (505-519), la quarta tredici (533-545), la sesta non piü di dodici (546-557). Soltanto la piima, seconda e qiiinta colonna sono intere, la terza e qiiarta sono manche, percbe l'orlo della pietra e stato danneggiato in diie luoghi ('). Perciö andö perdiita la fine di molti versi nella terza colonna e il principio di molti altri nella quarta, nonche in questa dne versi interi ; inoltre esistono lacune nel mezzo dei versi, segnatamente nella terza colonna. Della colonna sesta rimangono soltanto frammenti di versi che non ne offrono nemmeno la metä.

Le colonne si seguono le une accanto alle altre ; i versi sono posti esattamente gli imi sotto gli altri e sono scritti con lettere piccolissime quasi invisibili all'occhio nudo, ma tuttayia incise con gran cura. Le linee dei versi sono diritte e parallele, le une alle altre come se fossero scritte realmente sopra linee, delle quali io perö non ho potuto scoprir piü traccia alcuna. Accenti, segni di- visori di interpunzione, spirito debole non appariscono punto; lo spirito grave invece colla forma piü receute {') si trova soltanto nel principio di tre versi (547, 548, 551), e una volta nel mezzo dei verso (554) (cf. Kühner, G?\ Grammaf. I^ p. 318).

Confrontata con il testo commune di Omero, qual'e dato nella edizione critica di Nauck, troviamo nel nostro nuovo testo le se- guenti varianti:

(1) Garrucci nella sua copia da per intere le colonne terza e quarta : ma la rottura e certamente antica e il clisegno di Garrucci la riproduce giä esattamente. Circostanza questa che puu darci un'idea della giustezza delle osservazioni sue e tenerci per iscusati se noi neu facciamo conto della sua copia, la quäle dei resto non conosce lezioni diverse dal testo commune di Omero.

LO SCUDO Dt ACHII.LE 203

V. 483 eiiixevymariOi^x etc. 485 iiota, sopra il secondo o 486 in ovQccvog e forse posto un accento presso a poco della forma o, o}Qiu)vog, 488 xairoiuyQioncc, 491 rry, [leQQa, ikunivai, 492 vi\aqm, 493 (na AS/////"^S dviisvcaoi; ecc, 496 iGTaiisrai correzione da larafisioi, nqoIfvQoiaiv , EKAZTl legatura del T col H, 497 kaoidiv ayoQYj , vixog, 498 OQoyQi, tvixtor, fiv//a, 499 d7To(p0^if.ievov, 500 rh^i.iomi(fQav(Txo)i\ 501 öeuöOi^i', U^^^ {=rz nia()), 505 riSQuffolHI, 506 imaiöeneix, dixa^o/^, bOl tf^ifjiea- ootai, 508 zroJojHfj', tv/ro« e andato perduto in una grande lacuna con tiitta la parte destra della terza colonna e con la parte sini- stra della quarta. Un' altra piü piccola lacuna ha divorato gran parte dei versi ügg. 509 övoaiqatona . . , , 510 revxQtai, ac/iüi . . .

511 navrf/d 512 xz-»;ö'/////j', sTTYjQar . . . . , 513 oid ////////

ovTO, vnod . . . . , 514 rix .... oixs (fiXai xai vr^ 515 qv . . . .

(xsTidavega , 516 ui . . . . )-g xai na . . . . , 517 a

aTutjg . . , 518 x . . . . £(tivo) . . . , 519 « . . . . oreg, 520 o^KJcpiCii', 521 . . . >/)' Tiavieaßi ßgoroiai, 522 .... sroi., 523 .... onoi, 524 , , . sÄixag^ 525 .... ro^rjfg^ 526 . . . ror^Cav, 527 .... emrcc, 528 perduto, 529 .... c (finale), 531 sgg. perduti, 534 evxsir^aiv, 537 aiXxe, 538 t[.iadexc'C[.icfo)(.ioi(Xida(fCi)fioi(Jidaqoriov, 539 o)Q7t€g, 540 TsaXhiXon> , xata%ed-vr:0Tag , 541 vr^ov, ^44 otSOUOKhE- ITPE-i-AS (xotato ecc. ,• 545 ro(///////EniTvXEPSI ecc. . . . ; 546 doaxsvav)]QETii . . . . , essendo perduta la maggior parte destra della sesta colonna, 547 leiieroiveioioßa . . . . , 548 r; öenflaiveT

549 xQvauinsQto ..... 550 conservato soltanto sridsir,

551 t](XMro^i, . . . . , 552 dgayiiccra 553 aXXaöa^ia . . . . ,

554 TQig i(tva . . . , 555 naideg . . . . , 556 aünsQ 557 cx/^ ....

Queste numerose varianti si possono spiegare o per partico- laritä ortografiche o grammaticali o per semplici errori. Ma per un miglior riscontro di esse bisogna ran\mentarci, che oltre i co- dici, dei quali il piü antico non va oltre il secolo decimo, abbiamo anche alcuni papiri, dove si trovano almeno in parte i medesimi versi o i loro frammenti, cosi nel papiro del secondo secolo a. Cr. trovato da Battisier nella necropoli di Tebe in Egitto conservato adesso nel Museo di Parigi e pubblicato da de Longperier (öe^^^yres II 343) leggiamo anche i frammenti dei y. 475-499, 518-535, 544-561; pol in un papiro della medesima eta di A. C. Harris i vv. 311-617, dei quali perö soltanto i due primi e i due ul-

204 P- BIENKOWSKl

timi sono stati letti e piibblicati neW'Arch. Zeit. 1849, p, 93 ; in Uli paliasesto siriaco di Cureton (London 1851) del sec. VI- VII di Cr. anche 10 versi della descrizione dello scudo, cioe 488- 492. Finalmente ulteriore riscontro e dato dai 28 versi dell'Odis- sea, i frammenti dei qiiali si trovano iscritti siii cosi detti Ho- men><che Becher (cf. Robert p. 8-20 sg.), e dagli otto versi del- riliade A, che si leggono sul terzo frammento parigino delle tavole iliacbe (0. Jahn Büderchr. tav. IV E, cf. p. 62).

Fra le particolaritä ortografiche vanno notate /^ in luogo di ei nel sostantivo v)/)v 541, nell'aggettivo Oi-odo)Qt^uc nel ro- vescio dei rilievi ; t per ei in tiqsu 485, ilamvca 491, n- 497, vixog 497, OQWQi 498, erixeor 498, ttiuq (^=7tioi<q) 501, tccro 509, Tfcx(oc) 514, envcu 527, t\iu 538, yoiditj 549, o'^i(ac) 551, rgig 554, Tutti questi particolari si spiegano con lo jotacismo, che co- minciö a diffondersi giä negli Ultimi secoli a. Cr. e che si trova piü 0 meno in tutti i papiri conservati dall'epoca greco-romana (cf. La Roche ffom. Textkritik 435 e 154; Zeitschr. f. d. österr. Gymn. 1866, p. 91 sg.). Specialmente leggiamo vixog 497 anche nel papiro Battisier (Longperier Oeuvres II 343), ndvd^iai 482 nel palinsesto di Cureton (cf. Bekker Hom. Blätter p. 116, La Roche Rom. Textkrit. p. 455), oiqr^ e vrjcfosXTroa 616 nel papiro di Harris (cf. La Roche Hom. Textkr. p. 446). Sülle ^^ coppe ome- riche » non si trova ancora esempio di jotacismo ; all' incontro e raolto frequente sulle tavole iliacbe, segnatamente vedi nel terzo frammento parigino ovhiiTiovds A 425 (cf. Michaelis Bilderchr^ p. 78).

Assai raramente si ha sul nostro marmo o invece or.ro 508. xaTaTs&rrjoTaQ 540. Piü spesso troviamo questo cambiamento nei varsi di A nel terzo frammento parigino; cf. oxvnoQuiai 421, Jo- d'exaTii 425.

II jota muto e omesso ordinariamente nel nostro marmo, come nel frammento parigino e nelle altre tavole iliacbe (cf, Michaelis Bilderchr p. 78, Küher (rr. Gr. P, 183); e rimasto soltanto nel dativo del singulare avrr^i 542. Questa inconseguenza nella omis- sione dell' i muto si puö giä osservare nei versi delle coppe « ome- riche » (cf. Robert Ilom. Beck. p. 10 e 13).

L'assimilazione delle consonanti e ommessa in fV/fn^ö'/v 534; contro l'uso commune (cf. Kühner Gr. Grammat. V 291 ; Gom-

LO SCUDO DI ACHILLE 205

perz Ber. d. Wien. Äkad. Bd. 88, 87) e seguita in fju iisv 483, }isQ Qa 491, f(.i luGöoiat 507.

II j' paragogicon e posto davanti al digamma sparito (cf. Kühner Gr. Gr. P 87): nQod-vQoiaiv txaaxt] 496, aqiaiv eixs 520; aH'iii- contro manca nella fine del verso e della proposizione alla vocale finale: ßQorotai fj// aga 521-522.

L'elisione dentro i versi (cf. La Roche //. T. 396, Kühner Gr. Gr. I^ 232) e espressa in diKfxa 6t teffO^rjv 501 ; rs ccXXriXwv.

I particolari gramraaticali appariscono nelle forme ÜQton'oc 486, S2Qio)va 488 per Siagionog e SiaQim'a di Naiick, ma concor- demente con tutti i manoscritti e con Choerob. in Theodos. p. 281, 1 : t6 "ÜQioiv uraXoyuyieQov sCti avffitXXon' t6 i, wg TtuQ' EvQim'di^ o yaQ TioirjTrjg sitrsirsv avzo (cf. Ebeling Leoj. Hom. s. v., Kühner Gr. Gr. I^ 309, 9); nella forma rj(f{'d-rjv) 517 invece di i:'a-9-rji\ ma in concordanza col codice D e con Odiss. X 191, dove varii libri leggono fhrca, Zenodoto rycrr«;, Aristarco rjaro (?) (cf. Kühner, p. 500; Ebeling Le^. Hom. s. v. ; Ludwich, Odjss. (1891), ann. crit.); nella forma eiXxs 537 invece di sXxs come slavrjxsi nel papiro Battisier per iarrjxsi di Aristarco, il quäle ommetteva Taumraento secondo il Didym. J 213 e'iXxev '^Agiaraoiog "laxcög xal at nXeiovg (cf. La Roche H. T. 238, Ebeling Lex. Hom. s. v. Kühner 90 s. v. iXsTy). Rarissima, ma corretta e la forma dell'adiet- tivo 'Axi'XXeiog {dank) sul rovescio del frammento minore. Ste- fano nel Tesauro ne cita soltanto un esempio da Tzetzes Anecd. gr. (ed. Matranga) 18, 597: Trjr "AxfXXsiov dam'da (ma cf. Küh- ner Gr. Gr. V' p. 450).

Sbagli dello scarpellino nel nostro marmo non sono rari e hanno tutti analog! e negli sbagli di altri frammenti omerici no- minati di sopra. Infatti notiamo l'ommissione delle singole lettere vvii(f>a 392, niaQ 501 invece di TviQCiQ (lo stesso sbaglio si trova nel nostro verso citato da Apoll. Sof. 93, 2). Per sbaglio una let- tera e posta invece di altra in {iia)Ti 515 invece di /tfr«. Su- perflua e la lettera q in mcfQavüxm' 500, revxgeai blO ; due let- tere sono intercalate contro l'esametro e il senso in xaiToiMqiwnc 488 invece di xal t'Qqkovu o xal o'^Qiona, che hanno altri codici.

Tutta una serie di errori si trova nel verso 538, dove leg- giamo ei[^iadexcif-i(fo)[.iotai Jacfojfxoiai öacporiov. Qui abbiamo P una dittografia, nn omoiarcton, o in (foviov invece di w,

14

206 P' BIENKOWSKI

10 neir istessa parola invece di (o (cf. Madvig Ado. crit. I p. 34 ; 40 sg. ; Iw. Müller Ilandb. f. Idass. A W. I, 229 sg.).

Siccome in varii altri pimti delle iscrizioni ci sono correzioni ed emendamenti (cf. v. 488, 496, 544), e possibile, anzi proba- bile, che gli error! di questo luogo non provengono direttameDte dalla incapacitä dell'artista, ma esistessero giä nell'esemplare, che esrli aveva dinanzi.

Come sbaglio si deve considerare anche la lezione del v. 544 OIAOnOA'l-EITPE-i^ASIKOIATO ecc. Lo scalpellino scrivendo la parola onors scrisse per isbaglio rultima sillaba AH come se pre- cedesse EOEI ; ma accortosi del suo errore lo corresse in tal modo che aggiunse alle lettere giä incise le proprie lettere o piuttosto le aste orizzontali della sillaba, che avrebbe doYuto scrivere, for- mando cosi ima specie di sigla che non ha nessim senso. Inoltre tralasciö tre lettere nella parola seguente arQexpctvrsq.

Nel V. 554, essendo rimasto soltanto il priucipio rgiGiaxa la natura della Variante e incerta. ün errore sarebbe tauto meno strauo in qiianto il verso 554 e parimente corrotto in molti codici.

Un cambio di sinonimi ha avuto luogo nel v. 483 : t&rix invece di srsvf, v. 539 waneg invece di wö'rf.

AI V. 515 arsQag parimente si trova nel codice D, e qui e manifesto che 1' errore, nato dalla doppia natura, e preposizionale e avverbiale di iiexa, e piü antico del marmo perche in questo H£vä e corrotto in iisxi.

Un altro mutamento di data antica e la lezione ßqoroiai 521 in luogo di ßoroiaiv, che tutti i codici hanno concordemente, come si conosce da una notizia finora iuintellegibile di Didymos la quäle si trova nei scholii del codice Veneto B (e del codice Town- leyano) siccome nell'apografo Vittoriano (raccolti da Ludwich Ari- starclu Textkritik p. 436). Vi leggiamo: ßoroiai 6^ yQanrsov, oÜ-ev xal ßorrJQsg xcd ßorärrj, e finora non si sapeva, contro quäle Variante la notizia di Didymos si rivolgesse.

Finalmente e da notare, che il nostro marmo presenta la le- zione unoffdiixivov nel v. 499, accettata da Aristarco e data tutti i codici; dnonTansrov che approvö il Nauck, proviene da Zenodoto (cf. Lehrs, Arist. Textkritik p. 435).

In somma il nostro marmo sebbene debba considerarsi come uno dei codici piü antichi di Omero, non presenta alcuna Variante

LO SCUDO DI ACHILLE 207

X)iü importante e raccomandabile al testo di Omero, essendo in generale d'accordo con la cosi detta vulgata, in alcuni luoghi se- gnatamente col codice D (cf. vv. 507, 517, 553, 554), e prove- nendo da un esemplare corrotto. Kispetto ai particolari ortografici s'avvicina di piü alle altre tavole iliache (cf. Michaelis Düderchr. p. 79), con cui lo congiungono anclie i particolari paleografici, specialmente il carattere quasi corsivo delle lettere iinciali nei versi di Omero. Per quest' ultimo rapporto l'affinitä, sua con esse e cosi grande da dover ritenere che anch'esso provenga dall'epoca medesima cioe dal primo o secondo secolo d. Cr. E infatti questa conclusione viene corroborata se esamiaiamo il carattere delle iscri- zioni ben chiare e distinte tracciate sotto l'ara e sul listello oriz- zontale del rilievo. Le singole lettere hanno la forma piü lunga che larga, il riccio della lettera P e quadrato, e l'asta trasversa deir A e angolare quest' ultimo particolare apparisce giä nelle iscrizioni del terzo secolo a. Cr. Parimenti la sigla che si scorge nel V. 496 EKASH, e indizio di epoca tarda (cf. v. 544).

P. BlENKOWSKI.

DELLE TAYOLE LüSORIE ROMANE

La mia raccolta di tavole lusorie romane, inserita nei Bon- ner Studien (^), era nella sostanza compilata, prima ch'io cono- scessi ritalia e^.Roma. In questa cittä specialmente, luogo prin- cipale del ritrovamento di dette tavole, io fui in grado di com- pletarne e condurne a termine la raccolta. Ne Terificai io stesso la lezione di un buon numero: di alcune inedite o finora poco conosciute parlai all'Istituto archeologico, nella seduta del 7 marzo 1890. E sono grato che siano state poste a mia disposizione per codeste aggiunte le Schede del Co)jms. Ho preposto alcune aggiunte e correzioni alle tavole lusorie giä pubblicate.

Nota ai nn. 1-12. I versi dei diiodecim sapientes si trovano conservati in non pochi manoscritti. La grafia e la serie (iei nomi e spesso differente ; perö i manoscritti piü recenti hanno ben poco valore. II Codex Palatimis (487, sec. IX-X) presenta le varianti Äsclepiades (perö nell'iscrizione f. 37 il genitivo Äsclepiadii), Eu,- stediuSj Pompeianus. In luogo di Maximimis si trova in altri manoscritti Maximianiis e Maximus, e invece di Vomanius anche Nomanius.

AI n. 13. Ciö che rimane di questa tavola, ch'era un tempo presse il march. Capponi, si trova ora nella galleria lapidaria del Yaticano. Resta soltanto

SEMPEV' .TABVLA)

II Marini vide ancora integra la prima linea.

(1) Bonner Studien: Aufsätze aus der Altertumsicissenschaft Reinhard KekuU geiüidmet von seinen Schülern (Berlino, 1890, pag. 323 e sgg.).

DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE 209

AI n. 18. Della prima linea Johannes Schmidt non vide piü lettera. Dal calco si riconosce come fine del secondo verso L^ come fine del terzo PI)), che puö essere stato PA, data la imperfezione delle lettere.

AI n. 19. L' Henzen trascrisse la tavola nel palazzo Kinuc- cini, a Firenze, nel modo seguente:

IVdQVS V^_y STVPl'^ MERALA ® CANTA^ AVCEPS f ^ ACPTAT

La copia del Giorgi (Sched. Casanat. XYI), che vide questa tavola nel 1746, in Roma, « appresso il sig. Cantoni ", ha nel primo verso SIVPIE. Era conosciiita anche al Bruzza, che spiega stiipie con stupide (V. Bull. dell'Inst., 1871, pag. 69). Dallo stesso mo- dello ripete il frammento sotto registrato al n. 54, di cui sarebbe stato impossibile il supplemento senza l'aiuto di questa iscrizione. AI n. 21. Anche questa tavola si trova nel palazzo Rinuc- cini a Firenze. II verso 3, secondo la copia dello Henzen, da me riveduta, si legge:

NABIGE SEELIX

L'E stain luogo di F, per errore del lapicida, come avviene spesso. Giorgi (Sched. Casanat. XVI) aveva letto:

NABICE SFELIX

Quindi vengono ommesse le forme nabiee e feelix (cfi*. Bonner Studien, pag. 227).

AI n. 22. La tavola si trova nel Vaticano (Galleria lapida- ria). La copia del Lupi fu ripetuta dal Bruzza presse F. X. Kraus, Realencyklopädie der christlichen Älter thilmer^ II, pag. 773.

AI n. 25. Ora sta nella Galleria lapidaria. Ciö che ancora ne rimane, si legge, secondo la mia copia:

A [^ LVDI S (^ VI CT/

210 MAX IHM

La copia del Bruzza. nelle schede del Corpus offre la lezione

al verso 2^:

L V D E R. L" N E S C i S

AI 11. 28. Ora e nel Museo delle Terme diocleziane. iu Roma

AI 11. 29. LEVADE nel verso c'e anchenella copia del de Rossi (Scheda del Corßm).

AI n. 31. La tavola e integi-a: i segni delle due prime linee constano di circoletti. II de Rossi ne eurö una copia pel Corpus.

AI n. 34. Secondo la ripetuta indicazione dei manoscritti, l'iscrizione si trovava ante valvas ecclesiae S. Änastasiae. Cfr. p. e., Cittadini {Codex Yaticams 5253. f. 183'). Detlefsen tra- scrisse ciö che ne resta come segne:

VINCJ

1/,

GAV

^iiin

I f I

i

////o c\a

I due priiiii versi ritornano iu ordiue inverso al u. 69. La tavola lusoria ricordata nella nota. che fu pubblicata dal Bruzza negli Annali delllnst., 1877, tav. FG, n. 29. si trova sul Foro, scolpita nel selciato della Basilica Giulia. cfr. lo Jordan, Ephemer is epi- graphica III, pag. 279; cfr. inoltre il u. 69.

AI n. 38. Si confronti il frammento n. 72, pubblicato piü sotto. Per il primo verso io proporrei, malgrado la disposizione alquanto studiata delle parole, VICTOR o TABVLA.

AI n. 39. La tavola dal Museo Kireheriano passö a quello delle Terme diocleziane, dove io la copiai. La seconda parola del primo verso e quasi interamente consunta e svanita. Lo Henzen lesse PLENVS. il Mau AVREVS ; entrambi videro la tavola ancora

DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE 211

nel Museo Kircheriano. 11 Dressel intine opiua che pote esservi stato scolpito Mari/iVS. Circus plemis e la formola piü in uso. Nel terzo verso tanto Dressel quanto io potemmo ancora ricono- scere prima di CIVIVM l'asta destra di un'A, divieiie quindi sempre piii verosimile il supplemento GAVDIA dello Henzen.

AI n. 40. Nel verso 3°, secondo la copia del Gatti, ciirata pel Corpus, la prima parola si legge 6'VGENI. Per la parola mannus cfr. SINNATVM di uiia iscrizione sepolcrale cristiana, presse de Kossi, Koma sotterr. 11, pag. 282 ; Schiichardt, ViUgär- lateui, I, pag. 115.

AI n. 44. II Mnratori 493, 4, che attinge dal Boldetti, legge al verso 3'\ MVMVRTV che e certamente erroneo. Aiiche il Bruzza prende fdoro per filontm (Bull. dell'Instit., 1871, pag. 69).

AI n, 48, DeH'iscrizione si e discusso piü volto. Cfr. p. es., Poinssot, Comptes reiulus de VAcad. des iiiscript. 4^ serie, vol. XII, 1885, pag. 92. Si provarono a illiistrarla anche alcuni etimologisti. Cosi il Breal tentö di spiegare l'aggiimta sluuso con « dans le coin ^ (da sinus e -rsim!)\ Revue archeol. 1888, II, pag. 243 (Armellini, Cronachetta, 1888, pag. 185).

AI n. 51. La forma graüca Sthefamis si trova anche altre volte. P. es. C. L L. XI, 2583 (epigrafe cristiana dell'anno 455).

Seguono le iscrizioni da aggiungere a quelle giii pubblicate. N. 52. NeUa Galleria lapidaria del Vaticano:

VINCER v_y EFAT VS SENSVS O DOC VIT T A B V L A r~^ L V D E R E

Per il concetto « l'ingegno ti ha insegnato a giuocare, il tue de- stino a vincere »; cfr. anche il n. 15 {tesseUa-studium) e 16.

N. 53. « Ajmd archiepiscopum Petrensem » Marini, Sched. vatic. Ora nella Galleria lapidaria:

ITABUI^A V^_^ DOCTIS"

212 MAX IHM

Del secondo verso il Marini pote ancora vedere:

N. 54. E un frammento del Museo delle Terme diocleziane, scolpito sopra im gradino che serviva giä di sedile:

turdus yj merula O auceps '^

,STVPY^ CANTA^ C A P ?At

Cfr. n. 19. Osserva la forma cappit^ uel n. 19 [_ca]ptat.

N. 55. Nella chiesa di s. Cecilia in Trastevere. Aldus, Codex vatican. 5241, p. 224; Cittadini, Cod. vatic. 5253, pag. 183': Giorgi, Sched. casanat. XVI:

VICTVS u SVrgas LVDERE O NEscis DALVSO ^^r-\_ Kllocu

Copia e supplementi sono del de Kossi, cfr. n. 31.

N. 56. Trovato presse la via Appia « presso Tor Carbone " L. Visconti, Giornale arcadico, 1856, CXLIV, pag. 53, n. 81.

I D I O T A O L E V A T E DALVSO O RILOCV

Questa la copia del Visconti, a cni attinge il Garrucci, Disserta- zioni archeologiche di vario argomento (Roma 1864) I, pag. 23. J]gli completa l'ultimo verso con REDeas domum^, ma non e verosimile. Piuttosto con Dressel potrebbe snpplirsi iin SEMPER : la sola difficoltä sta nel trovare una sesta parola che si adatti al senso. Deve ben esservi stato il solito IVDEKe nescis. Pars che la tavola sia andata ora perduta. II Visconti la lesse presso Gio. Batt. Guidi, dove appunto la copiö nell'anno 1864 il Forcella; passö poi nel Museo Kircheriano dove il Mau e lo Henzen la trascris- sero. I tre ultimi perö non distinsero piü nulla del terzo verso.

DKI.LE TAVOI.E LUSORIE ROMANE 213

N. 57. Trovata presso la via Clodia « lu uu frainmento di lastra marmorea vidi queste poche parole tronche » :

da licsO '"■ "^ RlLOcu lud er E (^ NESCKs vicius_^,~^ RECERe

E. GaiTiicci, Dissertazioni archeologiche, I, pag. 23.

Se la copia e esatta, recere deve spiegarsi come forma dia- lettale. II Garnicci cita a conferma la forma epigrafica RORMITIO. Nei manoscritti si trova spesso R per D, cfr. Schuchardt, Vulgär- latein, I, pag. 141 e III, pag. 37-73. Per la parte epigratica si piiö citare FERELEZ presso Mommsen, Inscr. regni Neapol. n. 6700, e IRVS presso de Kossi, Inscr. Christ. I, n. 48, per tacere d'altii esempi incerti.

N. 58. « Nella chiesa di s. Giacomo a piazza Navona ":

i di 0 t a r e c e de

LVDERE © NESCIS DALVSO n RILOCV

Copia del Bruzza.

N. 59. Albano Laziale. Lanciani, Notizie degli scavi, 1889, pag. 227:

ludEKE O ^■^scis i d i Ol Kp^r e cede

N. 60. Frammento appartenente alla catacomba di Domitilla (Scheda anonima del Corpus):

4

LWidere nescis DA\luso ri locu

N.''61. « Apud discalceatos Teresiatiae familiae patres » Migliore, Codex vatican. 9143. « In viridario Musei Vati- cani » Marini:

214 *i-^^ i^^i

BlCTus leba te

[dalvsO, 4 ri locu .NIAMA fi'^

II Marini nou distinse piü il 1" verso; nel il Migliore legge DALVCO Q^, cosi pure A. S. Mazzocchi, Sched. neapol

N. 62. « In Noto presso il barone di Fargione, mandatagli da ßoma ed estratta da cimitero ". Marini.

S VICTVS RECEDE

Codesta e una delle molte iscrizioni, che da Koma fiirono traspor- tate in Sicilia. Cfr. C. I. L. X, 1088*, 420.

N. 63. II de Rossi copiö ^ in horreis bibliothecae Vati- canae e coemeterio b. Satiirnini sab vinea Gangalandia « il frammento :

BICTVS '^^^RECHDE

N. 64. Treveri, " Spieltafel aus iveissem Marmor, 0,42 breit, 0,39 hoch^. F. X. Kraus, Jahrbücher des Vereins von Alter- thims freunden im Rheinlande 68, pag. 52.

LVDERE ET DARE

Mancano maggiori particolari.

N. 65. Nel pavimento di s. Maria in Castello a Corneto. De Rossi, Bull, di archeol. crist. 1875, pag. 87 :

LVDERe

N. (^Q. Roma, via Flaminia. Notizie degli scavi, 1888, pag.502, n. 159; Bull. comm. archeol., 1888, pag. 474:

/ y D E ' re nescis

DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE 215

N. 67. « Li kort. Moiiast. Petri in Vinc. Lüteris sequions aevi atque ad cas qaibiis Christianorum inscriptiones conslaiit 'proxime accedentibus ». Codex Cfiigianus, J. VI. 205, f. 90.

a

VDACE A LVSORE

^DERE M NESCIT

VOCA REQVIRG

AI verso 3°, la prima parola e tbrse [_re]voea^ da ciü dipende come oggetto Y aiidace{m) lusore{m) del P verso. 11 verso sa- rebbe parentetico.

N. 68. K In Thermis Antoninianis. Litter ae inscalptae ia- (jenti tabidae marmoreae in pavimento olim sed adeo detritae, lU divinari potius quam legi jiolaerint. Super ipsas litteras ab alia manu ingens phallus inscalptus est ^ :

LVDERE NES CIS PE RD IS n PLORAS VINCIS GAVDES

Copiata dal de Kossi. Cfr. n. 34 e il supplemeuto.

N. 69. Koma, al Foro, sopra nn gradino della basilica Giulia :

E FEDER

I suppleraenti sono dati dal n. 34 : vincis gaudes \ perdis ploras E FEDER clamas.

N. 70. " Romae reperi scriptum epigramma istud in qua- dam petra noviter inventa su b terra et ad alia jam opera de stinata. Quod quia vidi in brevi periturum de marmore, iudi- cavi non pereundum de carta-«. Jiicundiis, Cod. vatic. 3616; Gruter, pag. 928, 11 (ex Mazocbio):

CRESCOPER- CREPAS GAVDEOPER- PLORAS INVEDE MORERE

21G

MAX IHM

L'iscrizione si trova piü volte ricordata nei manoscritti. Nel codice Barberiniano XXX, 136 vi e a f. 86 un «^ Discorso sopra TepitafiBo trovato a Marino nel Latio " della penna del Torrigio. Egli e di av- viso che si tratti nella nostra tavola lusoria di un'epigrafe sepolcrale. II PER ripetuto piiö indicare, come giä il de Kossi ha osservato nelle schade del Corpus, lo scioglimento di im monogramma, di cui trattö il Bruzza (Annali dell'Inst. 1877, pag. 58), che si presenta sotto diverse forme (Feie simili). Questo disegno serve, p. es., come ornamento della tavola lusoria n. 34 (Cfr. Boiiuer Studien pag. 230) ; in un'altra tavola (n. 76) per indicare i campi per il giiioco. Quanto alla giusta interpretazione, i dotti non vedono an- cora chiaro. Di recente Charles Robert nelle Melanges d'archeo- logie et d'histoire {Ecoie frangaise de Rome) 1877, pag. 42, 44 sgg. ha scritto in proposito [^ Je crois que la sigle i arap- port au'x r6comp)enses en argent, ou praemia " ).

N. 71. Roma, via Latina. R. Garrucci, Dissert. archeol. I, pag. 24 (Cfr. Bull. dell'Inst., 1857, pag. 182; 1859, pag. 99; Fortunati, Relaz. p. 3):

oooooo j oooooo

LATINA © GAVDES oooooo i~i oooooo

N. 72. Catacombe di Callisto:

luderjE, vict(oK p sempeR cz)

Copia del Bruzza. Cfr, n. 38 e 11 supplemento.

N. 73. Dalle catacombe di Callisto, oggi nella Galleria la- pidaria :

IVA CASTOR

VV V V VA S I R I C E' (POLLVX ///®^o^o/

DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE 217

Un nesso logico nelle parole non si deve ricercare. Nel primo e terzo verso a destra vi sono dei segni spociali, per marcare gli

spazi. Nel primo verso a sinistra VAL II Mm-atori diede in luce

questa tavola, con l'iscrizione mutila (1850, 2); piü completa la pubblicö il Passionei 133, 44.

IST. 74. Roma, nel Museo lateranense. Amati, Codex vatican. 9758, f. 2.

SIC

(^PALER~^— TAN EV(3 QICPAQ O SLVDE Q 6Qj6VOS^ ^TVS-IS(3

Cosi nella copia del Dressel, che concorda con qiiella doll'Amati. Nel verso si e corretto il segno O m Ci che doveva stare avanti lo S. E difficile ricavarne un concetto logico: si puö al verso pensare, come il Dressel, a Palerlf\ane {Daleriane, Va- Uriaiie). Nella seconda linea si discerne lüde: la parola prece- dente forse doveva cssere vi{)i)cas (?). II Bruzza pare accenni a questa tavola, quanto nel Bull, della commiss. arch. 1877, pag. 88 parla del nome di un Valerianus che occorre in una tavola lusoria.

N. 75. Roma, Campo Verano (?) :

Tratte dagli Atti della commissione archeologica municipale (18 aprile 1873). Si legge: Sadaeas. N. 76. Roma, nel Tabularium:

Copia dello Henzen. Cfr. n. 70 con la nota.

Quest'ultima tavola ci indica in certo quäl modo il passaggio alla Serie abbastanza numerosa di quelle tavole liisorie, i cui campi

218 -^'-^^ '"^'

per il giuoco sono rappresenlati, non piii da lettere, ma da segni a Capriccio. Codeste iscrizioni hanno del resto ben poco di notevole; qiialche cenuo in proposito e btato dato nei Bonner Studien

pag. 225 (')•

Merita che sia sottratto aH'obblio im fraramento publ)licato nei <. Saggi di dissertazioni accademiehe piibblicamente lette nella no- bile accaderaia etrusca dell'antichissima cittä di Cortona » (II, 1738, pag 117):

A A A A A A (7^ A A A A A A

Oodesto framniento serviva da coperchio ad un sepolcro nelle cata- combe di Callisto. Non lo cito perche esso abbia in se una spe- ciale importanza, ma per la singolare interpretazione che da l'edi- tore di codesta iscrizione *• enigmatica ^ . I dodici A sono per lui i dodici Apostoli ; il disegno nei mezzo rappresenta una porta mal riuscita, oppure le due lettere simboliche, in veritb mal riuscite anch'esse A ed n.

Conchiudo con qualche parola ijitorno ai frammenti di tavole lusorie di carattere e di fede dubbia. Fra le Schede del Bruzza si trovö l'iscrizione:

cioe: Sabhatie bincas. Deve essere stata scoperta presso la villa Aldobrandini. II Bruzza vi riconobbe il frammento di una tavola lusoria appartenente al nostro genere di iscrizioni {-). Se non che tali auguri di vittoria possono anche non appartenere alle tavole lusorie. (Cfr. Victor vincas, n. 21 ; Eugeni vincas, n. 40 ; Vale- rianevincas{?) n. 74), poiche si trovano anche su altri oggetti. II De Waal nella sua ^ Roemische Quarlalschrift für christ- liche Alterthumskunde ^ , I, 1887, pag. 209 parla ^di uu cliiodo di bronzo « der ivohl als Talisman für einen Soldaten oder

(1) Nella nota 13 la citazione presa dal de Rossi, Roma sotterr., va torretta in tav. XXIV, 16. Gli spazi pel giuoco sono fissati da cerchietti, fra lu linee vi e inserita una iscrizione sepolcrale cristiana. In un frammento delle Tenne diocleziane i canipi sono indicati con piccoli quadrati.

(2) Bull, della comm. arclieol. com. 1878, pag. 88.

DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE 219

Wettfahrer des Ctrcus diente^. E lungo cm. 10, porta da un lato l'iscrizione:

BASILECE VINCAS

Gli altri lati mostrano coiue ornaraento dei segni particolari, stel- lette, crocette, im ramo di palma, un cavallo e simili.

Parimenti incerta e la peitineuza al nostro genere lusorio del frammento :

öEIA PVER

■H O

LEBA TEV

L'apografo si trova nei manoscritti Parigini del Seguier ; quantun- que non vi sia indicato il luogo di ritrovamento, l'origine romana e molto probabile. La fräse leba te non offre indicazioni sufficienti. üna falsificazione od uno scherzo pare infine l'iscrizione di Forum Semproni, presso Passionei, Iscrizioni antiche p. 17G, 1 (i), che, secondo la copia del Bormann, si legge:

VICTVSL - EBATEL VDEREN - OSCISD ALVSOR - ILOCVI

11 modello e ormai abbastanza conosciuto. Nel primo verso avreb- bero doviito radiäre un segno, perche la tavola servisse al giuoco. üna certa quäl reminiscenza del giuoco c'e anche in due versi, che stanno scolpiti su iu frammento di marmo; sono di Roma e contengono l'incitamento alquanto millantatorio : i- Ecce circus, Eusebi! obserba te ne 2:)erdas " (-).

Non voglio passar sotto silenzio un mosaico, su cui volse la mia attenzione il prof. Johannes Schmidt. Fu trovato a Tebessa, trascritto e trattafo piü volte in diverso modo (^). Pare che abbia servito a qualche giuoco ; si discernono tuttora quattro campi qua- drati, nei quali sono rappresentate varie figure d'animali; inoltre

(1) Donde Donati, Suppl. ad Mur. Thes. inscript., pag. 430, 14.

(2) Notizie degli scavi, 1889, pag. 241. lo vidi il frammento nclle Terme diocieziane.

(3) P. es. dal de Villefosse, Becueil de Constantine XXIV, 1886-1887, pag. 240 sgg. pl. III, e Revue de VAfrique fran{:aise VI, 1887, 388 ff. pl. III.

220 MAX IHM, DELLE TAVOLE LUSORIE ROMANE

una siiperficie plana piü estesa, cou figure e scrittiire d'ogni sorta (p. es.: una nave con la scritta FORTVNA REDVX). Lo stato imperfetto di conservazioue non permette conclusione veruna circa il genere del giuoco. Poiche i Komani, tanto abili nei giiiocM su tavola e in quello di dadi, ne dovevano conoscere altre serie e aYeyano cura di alternarli. E che i cristiani romani siano rimasti fedeli al costume dei loro antenati pagani, non ci mancano indizi ('). II Sodalicium degli artifices artes tessellariae lusoriae curava che le tavole da giuoco e i dadi non mancassaro (-). II popolo si contentava di disegnare e incidere a graffito le figure necessarie sul selciato, sui gradini, sulle lastre di pietra, di cui non v'era mai peniu-ia uell'antica Koma. II Foro ne e un esempio eloquente. La maggior parte delle figure quivi scolpite si riferisce al giuoco della tavoletta (tavola e mulino), ora nel modo piü semplice, per cui ogni giuocatore aveva a sua disposizione tre gettoni; ora nel modo piü completo, a modo nostro. Altre figm'e invece ci sono in- teramente enigmatiche (•^), e ci resta ben poca speranza di ad- dentrarci ancor molto nella conoscenza della ars lusoria romana e nelle sue diverse forme.

Koma. Max Ihm.

(1) Harnack, Der pseudocyprianische Tractat tde aleatoribusn p. 37 e sg.

(2) C. I. L. VI, 9927 (dalle catacombe di Cyriaca).

(3) Qualche cenno in proposito fu dato da me nei Bonner Studien, p. 225, not. 13. La tavola pubblicata nelle Notizie degli scavi, 1885, p. 341 (Bull, della comm. arcbeol., 1886, p. 93):

REGOR REGES

REGES P E R

VGOREGOR E G E S TER

avrä pure relazioue a qualche giuoco. Se ne trovano molti esemplari simili (p. es. Notizie degli scavi 1889, p. 160): uno e murato nel cortile del Museo Torlonia. Nemmeno dalle rappresentanze figurate c'^ da ricavare qualche profitto. A quelle ricordate nei Bonner Studien, p. 229, nota 25 si devono aggiungere alcune altre: Un gruppo in terracotta Arcaeol. Zeitg. 1863, tav. 173, 1. Baumeister, Denkmäler des Mass. Altherthums, I, p. 354. Una scena lusoria su una gemma: Bull, archeol. napol. N. S., I, 8, 5; su alcune lapidi a Torino: Heydemann, Mittheil. aus. den Antik, in Ober-und Mitteli- talien, p. 36 fCfr. p. 19) e Dütschke, Antike Bildwerke in Oberitalien. IV. n. 23. 31. 43. (C. /. L. V, 7510).

DI UN NÜOVO GKÜPPO DI TOMBE

RINVENUTO

NELLA NECROPOLI ITALICA DI ALLUMIERE

Tra le piü note necropoli italiche attinenti alla prima eta del ferro, che da vario terapo richiamano l'attenzione degli archeo- logi, devesi omiai annoverare ancor quella di Alliimiere. Di questa necropoli parlai giä piü volte nella Corrispondenza Arch. di cotesto Imperiale Istitiito ('), accenuando al ritrovamento di tombe diver- samente composte; ora nella rozza iirna di tiifo; ora tra lastroni di roccia calcarea a guisa di cassettone; ora escavate a pozzo; spesso tra loro prorpiscue e saltuariamente disposte a seconda tanti gruppi piü 0 meno rayvicinati. Fu pertanto che in iina raia mo- uografia da pareechi anni edita (-), allusi alla giacitura di piccoli griippi di tombe, o sepolcreti isolati, che limgo ima stessa zona, pareano apparteuere ad altrettanti periodi di tiimulazione. Senon- che oggi, dopo iilteriori e miüteplici scoperte, da che rinvenni i primi indizi di quelle sepolture, con piena siciirezza posso retti- ficando asserire, trattarsi invece di una sola e vasta necropoli, che per gran tempo attiva, rimase in alcuni punti frastagliata e inter- rotta nella sua contigiiitä di estensione dagli affioramenti di com- patte roccie trachitiche, le quali non ovunque permisero lo scavo del terreno.

Data ora siffatta accidentalitä di suolo, e considerata in quei dintorni la costante permanenza di numerosa popolazione, non pn5

0) Bullettino, Noverabre 1883, pag. 209; Maggio 1884, pag. 110; Otto- bre 1884, pag. 189.

(2) Klitsche de la Orange, Intorno ad alcuiii sepolcreti arcaici rinvenuti nei monti dellc Alluiniere. Eoraa 1879. Tip. Artero.

15

222 B. A. DI KLITSCHE DE I.A ORANGE

öorprendere la protratta esteiisione di codesta zona ciraiteriale, che a partire dal Poggio della Pozza, a Nord-ovest dell'abitato di Allumiere, in diiezione quasi rettilinea da Sud a Nord, sebbene sii limitata larghezza, si disteiide sino alla valle del Campaccio, per un percorso di circa 1600 metri ('). Non esito pertanto a con- siderare come appartenente alla stessa necropoli, un nuovo gruppo di tombe, che di poco divergendo a Nord-ovest sopra la valle anzi- detta, fu non ha guari rinvenuto nei dintorni del sito in vocabolo Forchetta di Palano (2), in occasione di lavori di condottura presso l'antico acquedotto Trajano (^).

Generalmente conforinate a cassettone, e poste in uno strato argilloso alquanto iuclinato sotto l'orizzontale, tali tombe peraltro erano rimaste schiacciate dalla pressione del terreno. Ciö non ostante, dai numerosi frammenti fittili che ne uscirono, facilmente riconoscevasi il solito tipo di vasi ossuari nerastri, terminati a tronco di cono, spesso graffiti a disegno geometrico, e per quanto sembra tutti esclusivamente coperti da ciotola rovesciata. Ed in- vero tra i molti rottami, non un sol frammento apparve in qiiesta localitä, che paresse indicare a foggia di coperchio conico.

Simile circostanza molto probabilmente accenna ad un'epoca piii inoltrata, che non le tombe della Pozza alla origine Sud della necropoli, ove rinvenni promiscuamente giacenti vasi ossuari chiusi da ciotola ed altri con coperchio conico sporgente sugli orli del vaso: non dubbia reminiscenza cotesta, del tetto sovrapposto alla urna-capanna. Per sicuro poi, qui presso la Forchetta di Palano

(1) Furono giä da me particolarmente descritte le diverse sepolture rin- venute lungo cotesta zona. Notevolissime tra queste, sono le tombe nel doliuni scoperte presso la miniera Provvidenza {Mütheilungen 1 886. pag. 158. Notizie degli scavi 1886 pag. 156). Le quali tombe per sicuro appartenevano a piü avanzato periodo ed a seppellimento, per effetto del quäle erano state mano- messe parecchie tumulazioni ncll' urna tufacea, giacenti in uno strato sottoposto.

Sono alti-esi notevoli presso la via Farnesiana, sopra l'eremo della Tri- uitä, alcuni pozzi funebri di tipo identico a quelli di Marzabotto, escavati nella roccia a guisa di un doppio tronco di cono raccordato sulle grandi basi (Notizie degli scavi 1883, pag. 46).

(2) Forchetta; ossia inforcatura o piccola gola di monti.

(3) E questo il grandiose acquedotto romano,che giä provvide di acqua la primitiva Centumcellae e che attiugendo dai monti delle Allumiere, alimenta tuttora Todierna Civitavecchia.

TOMBE DI ALLUMIERE

223

a giudicar sempre dai frammenti di quelle stoviglie tutto addiraostra iin' arte ceramlca piü che altrove progredita, sia nella manipolazione delle argille; sia nel lavoro del tornio a mano ; sia nella impressione dei graffiti; come nella cottura e nell'abbruna- raento dei vasi. Dovettero iuoltre abbondare in alcune tombe i piccoli vaselli accessori, le ciii foggie varianti ormai dalla consueta e ripetuta forma del guttiis, della cotyle e dell'aryballos, preliidiano a nuovi tipi. Nuovissime sono infatti le forme che qui appresso riproduco di diie tiguline, le quali sole men danneggiate uscite da coteste tombe. conservansi ora nella mia collezione ar- cheologica di AUumiere.

Tali foggie, certamente, non sono piü quelle di vasi e vaselli che assai verosimilmente servirono anche ad uso domestico. La figulina n. 1, del tutto plana in superficie, salvo un leggero orlo rilevato all' ingiro, sorretta, come vedesi, da quattro piedi, potrebbe forse porgere il tipo del letto o della mensa. La tazzetta n. 2, parimenti su quattro piedi, e una stoviglia di mero uso ornamen- tale, che per la prima volta comparsa tra queste tombe combuste, qui nel territorio di AUumiere trova soltanto riscontro in una tazza elegantissima trovata nelle tombe inumate di Poggio-Ümbri- colo (1). Altro dato cotesto che avvalora il supposto di piü avan- zato periodo di tumulazione.

Non doveano del resto le sepolture presse la Forchetta di Palano difettare di quegli oggetti metallici, che mai sempre si rinvengono nelle piü cospicue tombe. Ma tali oggetti, come dalle traccie di ossido di rame, tuttora apparenti su diversi frammenti fittili, in suolo estremamente umido, erano rimasti disfotti per completa ossidazione. Fii purtuttavia ritrovata intatta una fibula

(1) Intorno ad alcuni sepolcreti arcaici rinvemiti nei monti dclle AUu- miere (pag. 7 fig. 8).

224 B. A. DI KLITSCHE DE I.A GHANGE

di bronzo con appendice a spirale che pure conservo nella mia coUezione, e della quäle qui sotto inserisco Telegante tipo.

Usci pure dallo stesso gruppo di tombe un dischetto ferreo quanto mai ossidato, sieche riconoscibile appena. Potrebbesi per- tanto dalla comparsa del fen-o dedurre altra prova all'asserto di men remota epoca. Ma lasciando da parte qualsiasi altro confronto,

e Tolendosi ora circa la sola arte cerauiica stabilire una compara- zione tra i sepolcri della Pozza e questi ultimi rinveuuti, non dubbiamente nel sito della Pozza appariscono tutti i caratteri di maggiore arcaismo. Non sembra quindi improbabile, che a par- tire dalla origine Sud della necropoli, le succes^ive tumulazioni man mauo e saltuariamente si estendessero verso Nord, sino alla valle del Campaccio e suoi dintorni. DoA'-ette peraltro decorrere intanto lunghissimo giro di anni, onde scomparsi in superficie di suolo gli indizi delle primitive sepolture, in alcuni punti furono queste manomesse per effetto di ulteriore seppellimento (')•

Riconosciuto adunque trattarsi di vasta necropoli, .sempre at- tiva per non breve lasso di tempo, interessa l'indagare ove stan- ziassero quelle antichissime genti che quivi seppellirono i loro defunti. A prescindere dalle tombe inumate di Poggio-Ümbricolo, che per sicuro, almeno in quanto al sepolcreto da me rinvenuto (-) appartengono ad una etä meno arcaica, diversi gruppi di tombe del tipo di Yillanova, furono anche altrove nei monti delle AUu- miere constatati. Cosi presso la valle della Bandita; presse 11 Monte Elceto e presso il predio di Cibona, i rottami di urne tu- facee. ed i frammenti dei soliti vasi nerastri a giaffito geometrico, rivelarono l'esistenza di altrettanti sepolcreti italici anticamente

(1) Veggasi la nota p. 222 n. 1.

(2) Notizie degli scavi 1881, pag. 245; Bull. d. Ist. 1883, pag. 211.

TOMHi: III AI.I.r.MIERE 225

devastati. Occorre quindi rituiiore, che popolatissime fossero state le odierne altiiie di AUumiere porduraiite la prima eth del ferro, e che probabilniente non meno popolate fossero anche le contigue promineuze Tolfetane, tra le quali altresi, nel sito detto Coste di Ma- rano, apparvero tombe e reliqiiie di contemporanee tumiilazioni (').

Sembra peraltro, che questi sepolcreti, piccoli ed isolati, di- pendessero da piccolissimi ed appartati abituri; mentre la zona cimiteriale che si estende tra i colli della Pozza e la valle del Campaccio, dovtva dipendere da piü popoloso e cospicuo centro di abitazioiii. E queste abitazioni secondo ormai iiiiiltiplici indizi, erano situate iu vetta e siii fianchi della vicina prominenza di Monte-Kovello: localitA che giä parlando di im ripostiglio di bronzi arcaici trovato iu qiiei dintorni fu da me altrevolte iudicata quäle vetustissimo ceutro abitato ('-),

Nou piio d'altroude cadere dubbio alcuuo, che su cotesta altura. la quäle pochissirao deviando verso Sud, sorge quasi inter- media tra la valle del Campaccio e le colline della Pozza, stessero le primitive abitazioni di coloro, che morti giacquero poi limgo la sottoposta Azalie e siü declivi dei limitrofi versanti. Prova irrecu- sabile del fatto, sono le traccie evidentissime di lavoro umano, per effetto del quäle questo monte, in origine conformato anch'esso come gli altri circostanti rilievi trachitici a guisa di cupola, fu poscia dalla man dell'uomo tagliato in modo si dal lato di levante da formare tre larghi scaglioni sovrapposti. A questo dato, altra testimonianza locale vi si aggiunge inoltre, dalla giacitura di iin erto Strato di congerie, frammiste di carboni; ossa di pecore e cinghiali e vasellame frammentario ; materiali tutti sicuramente provenienti da rifiuti di pasto e dal gettito a valle di detriti e spurghi di focolari, dalle abitazioni poste verso l'alto del monte.

Tra brave mi riserbo poi illustrare in questo BuUettino il tipo di alcune stoviglie di apparente iiso domestico, ricostituite sui frammenti raccolti tra quelle congerie. AUumiere, Giugno 1891.

B"®. A. DI Klitsche de la Grange.

(1) Notizie degli scavi 1886, pag. 157; Jl/itth. 1886, pag. 158.

(2j BuUettino Ottobre 1885, pag. 207; Notizie degli scavi 1886, pag. 450.

FUNDE.

Dieser erste Bericht über archaeologische Funde und Neuig- keiten in Italien kann sich kaum enthalten auch von zwei neuen Sammlungen zu sprechen, welche in Rom entstanden sind, eigent- lich zwei Abtheilnngen eines einzigen Museo Nazionale. Yon diesen wurde das Museum der Villa di Papa Giulio, aussen vor Porta del Popolo bestimmt, die vor- und ausserrömischen Funde aufzunehmen, wie das andre der Terme Diocleziane die rö- mischen Denkmäler (i). Mit ersterem soll dieser Bericht beginnen, mit letzterem schliessen.

Das Museum der Villa Giulia, von Anbeginn der Gegen- stand besondrer Sorge von F. Barnabei und des rührigen Eifers des Conte Ad. Cozza, ist gebildet aus den Funden, welche seit 1886 bei und in Civita-Castellana, dem alten Falerii, gemacht sind (-). Wie aber bald auch Gräberfunde von Palestrina in dieser Samm- luncy Platz finden sollen, so haben bereits solche eines viel ver- sprechenden Platzes, Marsciano {Rendiconti 1891 S. 597), zwischen Soracte und Sutri gelegen, unter dem Faliskischen Aufnahme ge- funden. Die Ausbeute der verschiedenen Nekropolen, welche, wie mau

(1) S. Napoleone Bertoglio-Pisani, Un nuovo ed un vecchio Museo. Milano 1891, zum guten Theil genommen aus der interessanten Darstellung der seit den siebziger Jahren auf die Organisation der gesammten Archaeo- logie gerichteten Bestrebungen der italienischen Regierung, von Brizio in der Nuova Antologia 1889 S.409 ff.: // nuovo museo nazionale delle anti- chitä di Roma.

(2) Vgl. Notizie 1877 S. 170, 262, 307. Eine kurze Uebersicht der Sammlung gab Q.Denmsiva. Journal of the British and American Archaeo- logical Society of Borne I S. 150. Brizio a. a. 0. Ueberall berücksichtigt ist die Sammlung schon in dem überaus fleissigen Buch von Stephane Gsell. Fouilles dans la Necropole de Vulci, Paris 1891.

KUNDE 227

auf dem Plane der Notide 1887 Taf. II sehen mag, die Stadt im ^V^esten, Norden mid Nordosten unijraben, /. Th. aber aiidi ältere Niedorlassungen in der Nähe hatten, ninimt, historiscli geordnet, drei Säle im Oberstock ein. Meistens ist der Inhalt der einzelnen fJräber für sich gelegt; ein riesiger Gesammtplan nnd otliche Specialpläne werden die Lage eines jeden (irabes erkennen lassen. In solcher Anordnung wird die Sammlung eine vorzügliche Stätte für die schwierige Erforschung der italischen Ciiltiir- und Kunst- geschichte sein.

In jedem der drei Säle sehen wir den Wettbewerb der hei- mischen mit der fremden Arbeit in andrer Weise sich darstellen : im ersten Saal die heimische im Aufschwung begriffen, im zweiten durch die fremde völlig zurückgedrängt, um im dritten auf einer überraschend hohen Stufe der Vollendung und durchaus vorherr- schend zu erscheinen.

Im I. Saal sind ein par gehöhlte Baumstämme die einzigen, primitiven Zeugen der Leichenbestattung ; von den Aschengefässen aber keines von ausgesprochenem 'Villanovatypus'; auch wne^ a ca- panna fehlen, aber die steinernen Kisten in welchen öfters das thönerne Ossuar geborgen war, sind von entschiedener Hüttenform, sowohl bei rundem als bei quadratem Grundriss, besonders in der Dachbildung, die selbst in einem zierlichen Bronzekasten von Mar- sciano in den Sattelhölzern des Daches mit Gabelung über dem First unmittelbar an jene Hütten erinnert, während liier der längliclie Grundriss und die vier Füsse an den Ecken mit dem Bronzekasten von Vetulonia {Notüie 1887 Taf XVllI) und den, diesem auch in der Ornamentik verwandten, Thonkästen von Kreta {Mommenti aal. der Lincei 1 S. 208 Taf. I) übereinkommen.

Was an Glasperlen, Bernstci]i, feiner Gold- und Silberarbeit im I. Saal zu sehen ist, auch ein par aegj-ptische Figürchen, wird leicht als fremder Import erkannt ; das Bronzegeräth dürfte schwerer zu bestimmen sein ; die Thonwaare ist zu maimigfaltig, nm einem Orte auch in längerer Periode zu entstammen, hat aber vorwiegend den Charakter nachgeahmter AVaare. Griechisches : kleine proto- korinthische Salbgefässe, eine sfg. Schale mit Augen, ist rar.

Dass man die grosse Masse gleichartiger Grabausrüstung re- poniert hat, wird man von einer Seite billigen ; andrerseits aber wäre es gut, in nicht zu übersehender AVeise das Massen verhält-

228 E. PETERSEX

niss des Ausgestellteü zu dem thatsächlich Gefundenen dem Be- sucher gegenwärtig zu halten.

Im IL Saal werden die Blicke dagegen am meisten durch die crdechischen ThoDgefässe mit schwarzen und rothen Figuren ange- zogen ; darunter ohne Zweifel auch solche aus dem griechischen Mutterland, spec. Athen, wie der Astragalos des Syriskos, eine Schale des Hierou, wohl auch die von Brizio glücklich gedeutete Tereusvase. Für die meisten dürfte andere griechische Heimath anzunehmen, und zur Bestimmung vor allem ein wunderbare noch archaische Kentaurenvase wichtig sein, die durch ergreifend wahre Darstellung von Todesschmerz und schier malerische Verwendung des verdünnten Firnisses einzig dasteht, mit deren Kentaurenköpfen aber mancher Satvrkopf auf späteren Gefässen desselben Saales in innerem Zusammenhang steht.

Während der Inhalt des II. Saales der Hauptsache nach dem 5. und 4. Jahrhundert angehört, muss derjenige des III. etwa das letzte Jahrhundert von Falerii d.i. bis 240 darstellen, und wie dort neben reichem Import die verschwindende locale Nacheiferung befremdete, so hier umgekehrt der geringe Umfang des Imports, an dessen Nachbildung man sich schulte. Gewiss fehlen Gefässe campanischer Fabrik und aus dieser stammten jedenfalls die Vorbilder— nicht, aber die besten welche m. E. localer Fabrik sind, gehen darüber weit hinaus, ohne doch auch wieder im IL Saale etwa ihre Vorbilder zu haben.' Freilich sind auch die heimischen von dieser Güte nicht zahlreich : die fabrikartige Arbeit der meisten bekimdet sich schon in der Häufigkeit von Gefässpaaren, je zwei ganz iibereinstimmender Gefässe (i). Doch fehlt es daz i nicht an griechischem Beispiel. Nachbarlichen Fundorts ist ja das Schalen- paar mit der Gigantomachie von Aristophanes und Erginos in Corneto. (A'gl. Klein, Vasen mit Meistersignaturen- S. 185, 2f.).

Nicht durch den Reiz, sich so unmittelbar als Glieder einer historischen Entwicklung darzustellen, aber durch künstlerische Ausführung und Kostbarkeit fesseln eine Anzahl in einem vierten Gemach aufbewahrte Grabfunde von Todi (s. Notizie 1886 S. 357; Rendiconti 1891 S. 328).

(1) Vgl. die in diesen Mittheilungen 1887 Taf. X (mit S. 232) abge- bildete Amphora und Brizio a. a. 0. S. 440.

FUNDE 229

Dagegen gehören durchaus der im III. Saal vertretenen Pe- riode und Kunstrichtung die architektonischen und figürlichen Terracotten an, welche hauptsächlich von zwei Tempeln von Fa- lerii herstammen, an den 'Celle' und ' Scasato' benannten Oert- lichkeiteu (s. Nolüie 1887 S. 92 und 414). In einem Saal zu ebener Erde hat man die zahlreichen Fragmente der Verkleidunjjs- und Bekrönungsstücke in grossem Umfang zusammengesetzt, und im Hofe zur Eechten sich sogar gestattet, den ungefähr der näm- lichen Zeit angehörigen Tempel von Alatri, über welchen in diesen Mittheilungen 1889 S. 12(3 von Winnefeld berichtet und dabei auf einen zweiten noch zu hoffenden Theil von Cozza verwiesen wurde, in Originalgrösse nachzubilden, und namentlich auch das Gebälk und die ganze im ursprünglichen Farbenschmuck prangende Thon- verkleidung herzustellen, eine spätere und üppige Weiterbildung des von Dörpfeld und Freunden für das 6. Jahrhundert Nachge- wiesenen.

Die Reste von Thonfiguren der Giebel sind meist in einem fünften Raum des Oberstocks ausgestellt. Ohne Zweifel sind die flott und wirkungsvoll und doch zugleich mit beträchtlicher Fein- heit modellierten und völlig bemalten Figuren, die männlichen und weiblichen ungefähr wie in pompejanischen Wandgemälden in der Färbung unterschieden, dem meisten im III. Saal Enthaltenen überlegen, ohne darum Arbeiten griechischer Hand sein zu müssen.

Vetulonia. Ob freilich die besonders durch Falchi's ver- dienstliche Nachforschungen bekannt gewordene Nekropolis bei Co- lonna diesem gehöre, wird bestritten ('), macht auch im Grunde für die Beurtheilung der Funde wenig oder nichts aus. üeber die früheren Funde berichtete Falchi Nolme 1882 S. 251 (daselbst sind seine Schriften über Vetulonia citiert) ; 1885 S. 98 ; 1887 S. 472. Ueber spätere Grabungen liegt nur erst die vorläufige

(1) Dafür ist wiederholt eben Falchi eingetreten; dagegen erst Malfatti und neuerdings Dotto de Dauli in zwei Schriften, 1. Un decreto shajjliato non corrispondendo Colonna dl Maremma al s'ito dl Vetulonia, 1890 (das 35. Capitel eines Buches über Vetulonia, dessen Inhaltsangabe der zweiten beigegeben ist) ; 2. Vetulonia non fu a Colonna di Maremma, 1891. Der Streit dreht sich hauptsächlich um die Urkunde eines Tausches zwischen zwei benachbarten Abteien aus dem J. 1181 eine andre aus dem J. 1774, wo unter den zu Massa marittiina gehörigen Orten Vantica Vetulonia detta

230 E. PETERSEN

Notiz 1890 S. 60 vor; die diesjährigen fand ich am 8. Juni be- reits geschlossen ; die Ausbeute war in Colonna oder Grosseto nicht mehr, in Florenz dann noch nicht. Ich kann also nur berichten, Avie ich das jüngst aufgedeckte, allerdings merkwürdige Grab ge- funden habe. Es ist die cucimella della Petriera, auf dem Plan der NotUie 1885 Taf. XII mit A bezeichnet, in die Falchi schon damals (vgl. S. 401) eingedrungen war.

1

Der Tumulus liegt auf dem hier c. 80 Schritt breiten und wohl durch Abgrabung des zur Aufschüttung nöthigen Materials erst so eben gewordenen Rücken der von Colonna zum Padule aus-

ü Castiglione figuriert, scheint mir keine Ueberlief e r ung zu geben wobei das eine Tauschobjekt der locus in quo fuit ecclesia S. Martini super podium de Vetulonia genannt und ringsum genau abgegrenzt wird. Die dabei aufgeführten Ortsnamen glaubte Falchi um Colonna herum nach- weisen zu binnen. Dotto de Dauli macht dagegen gegründete Einwendungen, aber sein Versuch einige dieser Namen bei Poggio dl Castiglione nachzu- weisen scheint mir mit der von Ost über Nord oder Süd herumgeführten Keihenfolge unvereinbar.

FUNDE 2ol

laufenden Bergwurzel. Der noch c. 13 Meter lange Zugang liegt nicht in der Axe des Rückens, noch ihm parallel, sondern gieng mehr westlich gegen den Höhenrand aus. Da er, unten l.lO M. breit, nach oben sich etwas verengt, mag eine 1.90 M. lange 1.10 M. breite Platte, welche im Gange liegt, zu seiner Bedeckung gedient haben. Dieser Zugang mit den beiden vor der Hauptkammer lie- genden Nebenkammern, die linke jetzt wenig kenntlich, beide in der beistehenden Planskizze, im Maasstabe von 1 : 100, zu kurz angegeben, sind, wie mir schien, von gleicher Construction, wie die Hauptkammer in ihrem oberen Theil. Dieser etwa 6 M. im Quadrat messende Raum, dessen vordere 1. Ecke bei Falchi's erster Grabung zerstört wurde, ist nämlich in seinem oberen Theil aus schwärz- lichem Kalkstein, 'mezzo ferrone', aufgebaut, aus Platten, an denen weder die Lager- noch die Frontflächen regelrecht behauen sind, üeber der fünften Schicht beginnen die bis dahin senki-echten Wände, namentlich in den Ecken, einwärts vorzukragen, anfangs weniger, bald mehr, so dass mit der 16. Schicht ich schätzte die Höhe der einzelnen Schichten, wohl zu niedrig, auf 10 bis 15 cm bereits einen Kreis bildet. Der oberste Theil fehlt und war wohl schon vor 1885 eingestürzt.

Anders der untere Theil. Hier sind die Wände der quadraten Kammer, wo man sie wegen der Ausfüllung sehen kann, d. i. grade vor und links bei dem Einbruch, bis oben hinauf senkrecht, aus regelrechten Quadern von granllo Sassofortiiio aufgebaut, glatt, mit gutem Fiigenschluss. Im Mittelpunkt steht ein von 0.90 M. zu 0.80 M. Seitenlänge des Querschnitts sich verjüngender Pfeiler aus gleichem Material, die 11 Schichten, je aus einem Stein, zu- sammen 2.90 M. hoch. Dieser Pfeiler kann keinen andern Zweck gehabt haben als der eine in der grotta del Tifone von Corneto, die zAvei und mehr von andren Grabkammern, ob auch diese alle in Kammern, die nicht aufgebaut, sondern in den Tuff eingear- beitet waren, nämlich die Decke zu tragen, und da die vor- beschriebene Beschaffenheit der Wände kaum bis zur ünterliäche der obersten Pfeilerschicht reicht, wäre die Decke, wie anderswo nach den Seiten etwas abfallend gewesen. Doch habe ich von der Decke keine Spur gesehen. Zwischen der guten Quaderwand der unteren und der anders construierten Wand der oberen Abtheilung liegt eine von beiden deutlich verschiedene, c. 1 M. dicke Schicht

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aus wechselnden Lagen von Erde und scliwarzem Kalkstein, von gleicher Art wie sie die untere Kammer innen rings an den Wänden, ausser, wie schon gesagt, grade dem Eingange gegenüber und links beim Einbruch, bis etwa zur Pfeilerhöhe ausfüllen. Nui- um diesen Pfeiler herum ist der Raum frei, und hier sieht man die wohl geglätteten aber von starkem Druck vielfach gebrocheneu Fussbodenplatten mit zwei, noch zu erwähnenden kreisrunden Einzapfungen. Diesen freien Eaum muss sich Falchi, oder frühere Besucher des Grabes geschaffen haben ; die Ausfüllung der unteren Kammer scheint dagegen von den Erbauern der oberen Abtheilung herzurühren. Auffallend bleibt, dass die Wände dieser letzteren, trotz der Zwischenschicht, genau über denen der unteren Abtheilung stehn. Ob oben auf der Ausfüllung noch etwas vom Fussboden der oberen Kammer sichtbar ist, kann ich nicht sagen, da ich mir nicht getraute, hinaufzusteigen, obgleich daselbst augenscheinlich Stücke der von Falchi a.a.O. noch als ganz beschriebenen Bank lagen, und die er in der That, bei seinem ersten Eindringen, in der oberen Kammer gesehen haben muss, da sein cimicolo nur in dieser denkbar ist.

In etruskischen Grabkammern wurden ja nicht blos wirkliche Betten von Holz und Metall wie im Grabe ßegulini Galassi und massiv aus dem Tuff geschnittene Bänke verwandt, sondern auch, zwischen beiden gewissermaassen die Mitte haltend, solche die aus Steinplatten zusammengefügt waren. Zu ähnlichen Steinbetteii müssen auch die, wie schon bemerkt wurde, im Pflaster der un- teren Kammer noch haftenden genau eingefügten Zapfen gehört haben. Sie haben 9 cm. im Durchmesser, sind aber dicht über dem Fussboden abgebrochen. Entsprechende Zapfen müssen in dem jetzt noch verdeckten Theile des Plattenfussbodens zu finden sein. Es ist also absolut nothwendig, die noch vorhandene Ausfüllung der unteren Kammer zu beseitigen, aber unter genauer Beobachtung 1. etwa oben darauf vorhandener Beste des Fussbodens der oberen Kammer, 2. etwaiger Einbindungen in der Mittelschicht zwischen den Wänden der oberen und der unteren Kammer ; 3. aller in dieser Ausfüllung etwa steckenden Theile; 4. des darunter liegenden Fussbodens. Dass unter der unteren Kammer noch eine dritte mangelhaft ausgefüllte sich befände, kann aus dem Durchbruch der Fussbodenplatten kaum geschlossen werden.

FUNDE 233

Während man also hier nicht genug gethan hat, ist man in der Ahräumung des den Steinbau des Grabes und besonders die oberen sich verengenden Steinringe scliützenden Erd- und Stein- mantels ohne Noth und Zweck zu weit gegangen. Unbegreiflicli ei'scheint freilich auch die Art, wie man das erste Mal in das Grab eindrang. Was man jetzt weiss, dass nämlich der übliche Zugang des Grabes an dessen Südseite gegen die Stadt hin liegt, das musste man damals voraussetzen. Hätte man also einen Quer- graben möglichst nah an dem Kern des Tumulus gezogen, so wäre der Zugang gefunden und durch ihn, oder einen bereits vorhandenen Einbruch, einzudringen möglich gewesen, ohne die in den Notüie angegebene Zerstörung anzurichten.

Die eingangs bemerkte Ebenheit des Bodens um den Tumulus dürfte von dessen Erbauung herrühren, indem man hier das zur Aufschüttung nöthige Material abhob, damit an sich schon dem Tumulus grössere Höhe verleihend.

Von dem busto acefalo con torques habe ich nichts am Orte gesehen.

In Bologna wurden wieder mehrfach römisches Strassen- pflaster, Mosaiken u. s. w. in oberen, Gräber in unteren Schichten gefunden. War die italische Nekropolis bisher nur im Osten, Süden und Westen der alten Felsina nachgewiesen, .so sind neuerdings (iVö^(fj'/e 1890 S. 234) auch Theile der nördlichen aufgedeckt. Aus den oberen Schichten sind Bleisärge bemerkenswerth an deren Langseiten oben je vier, wie an den Schmalseiten je zwei Eisen- nägel 15 cm. weit nach aussen vorragen, bis an die umgebenden kleinen Ziegelwände reichend. Obgleich in diesen Zwischenräumen nichts von verkohltem Holze gefunden wurde, können doch die Nägel kaum anders als zur Befestigung von irgendwelcher Verkleidung gedient haben.

Ein par merkwürdige alterthümliche Stelen {RemUconti 1891 S. 328) werden E. Brizio, der mit liebenswürdiger Bereitwilligkeit auch die noch in den Magazinen verwahrten Dinge sehen liess Veranlassung geben, die interessante Entwickelungsgeschichte der italischen Grabstele in den Monumenti antichi der Lincei zu beleuchten.

Ebenda (I S. 250) hat derselbe Gelehrte kürzlich zusammen- fassend über die Ausgrabungen in Marzabotto berichtet, (im Anhang

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die Aiifzeiclinuugen über diejeuigen von 1867 bis 1873) und dabei aufs neue dargethan, dass dort die Reste einer etruskischen Stadt- anlage gefunden sind, mit Mauern und Thoreu, mit einer Gruppe von Heiligthümern auf einer Anhöhe im Norden, mit gepflasterten und canalisierten Strassen, mit Häusern von regelmässiger Anlage, in der wenigstens das Atrium kenntlich zu sein pflegt, endlich mit Nekropolen an den Ausgängen der Stadt, einer jüngeren keltischen im Norden, während unter dem Stadtboden an verschiedenen Stelleu Hüttenanlagen constatiert sind, doch mit Resten einer nicht we- sentlich verschiedenen Cultur. Ein aus Tuftquadern gebauter Ab- führungscanal (s. Reiidiconti 1891 S. 72) auf der Nordseite mit starkem Gefälle, ist, kaum gefunden, schon zerstört.

Auf Taf. IX, 19 ist ein rothfig. Schalenfragment älteren Fundes publiciert : Aphrodite wie öfter kauernd, zwischen dem niedrigen Rande eines Brunnens und einem Luterion auf hohem Fuss, in welchem Eros steht, aus dem Becken die Göttin begies- send, mit demselben Eimer, der an einem über ein Rad laufenden Seile ihm, das Wasser aus den Brunnen heraufzuziehn und in das Luterion auszugiessen gedient hatte. (Vgl. das Vasen fragment in Stephanis Compte-rendu für 1873. T. III, 6).

In An CO na konnte ich durch Ciavarinis Gefälligkeit die Grabfunde von Numana (s. Rendiconti 1891 S. 446) sehen, auf- fällig durch das Beieinander von scheinbar sehr alten Vasen (Typus Villanova) mit localen Nachbildungen rothfigur. die nicht älter sein können als das 3. Jahrhundert ; neben denen auch importierte ältere rothfigm'ige und flüchtig gemalte schwarzfigurige vorkom- men, diese auffallend häufig, was Ciavarini und Brizio nicht ent- gangen war, schon im Alterthum genietet. Während diese also zur Zeit der Beisetzung schon alter Besitz sein mochten, schienen mir die Villanovavasen durch höhere Henkel und elegantere Aus- führung des Profils, von den alterthümlichen Vertretern jenes Typus verschieden, ein längeres Fortleben desselben zu bezeugen.

Etwa 20 Minuten südlich von Sassoferrato war bei einem für eine neue Bahnlinie gemachten Terraindurchschnitt von dem- selben Ciavarini {Notisie 1890 S. 346) das durch den Flussnamen Sentino und Inschriften schon ungefähr fixierte Sentiuum entdeckt. An dem einen wie am andern Ende geht der Einschnitt durch eine geböschte oder sind es Abrutschungen ? Steinmauer aus

FUNDE 235

Fündlingcn, welche einen Terrassenrand krönt, den man nach beiden Seiten hin verfolgen kann, nicht ohne stellenweise auch dieselben Steine aus dem Erdreich hervorblicken zu sehen. Vielleicht reichte die Befestigung von einem Bachbett zum andern. Auch die längs dem Durchschnitt blossgelegten Fussböden, Canüle, Ziegel und andern Baustücke, dazu eine Menge kleiner, an sich unbedeutender Fundstücke und Fragmente von Stein oder Metall welche in die mittelalterliche Burg von Sassoferrato gebracht sind und mir dort von Herrn Cecchetelli gezeigt wurden, bezeugen eine antike bis in die Kaiserzeit dauernde Ortschaft.

In Spoleto hatte Sordini, vor seiner Versetzung nach Florenz, an der Hand einer Peruzzischen Zeichnung {Rendiconti 1891 S. 222) das antike Theater aufgespürt. Unter den Funda- menten des Palazzo i^rovinciale am Westabhang der Stadt gelegen, sind die bis jetzt kenntlichen Theile nur mühsarh bei Lampenlicht zugänglich, und hätte ich sie ohne das liebenswürdige Entgegen- kommen des Kegierungsingenieurs Herrn Stocchi unmöglich besichtigen können. Es ist ein Theil der überwölbten Gänge unter der cavea, nämlich ein kreistheilförmiger (Radius auf c. 37 m be- rechnet, wie ich aus den freundlich mir gezeigten Aufnahmen ersah) nebst geringen Spuren von zwei grösseren Kreisen (Radius c. 42 und 57 m). Jener endet rechts (von der cavea aus gesehen) in einem mit zwei Halbsäulen besetzten Ausgang dicht hinter einem radial nach innen, und dicht vor einem radial nach aussen abgehenden Vomitorium : man kann also hier der rechten Parodos nicht fern sein. [In dem so eben eingehenden Februarheft der Notüie legt Sordini S. 50 den Sachverhalt vor, mit der Zeichnung Peruzzis und einem Situationsplan ; weist auch aus Briefen des ausgehenden 17. Jahrhunderts damalige Funde bunter Marmorarten auf der Stelle des Theaters nach.] Wäre dies mit geringem Aufwand zu constatieren, so gewänne man wenigstens einigen Anhalt für die locale Fixierung des Theaters : eine weitergehende Nachforschung würde schwerlich einen dem erforderlichen Aufwand entsprechenden Gewinn bringen.

Aus Imola meldeten die Rendiconti 1891 S. 445 einen Fund von 'Campanaschen' Terracotten aus dem 8 Kilom. entfernten Pediano. Es sind vier Arten vertreten, drei nur in einzelnen Bruch- stücken, die vierte in zwei zusammenpassenden ganzen Platten, und

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diese wie das andre Haiiptstück mit deutlichen Anzeichen ihrer baulichen Verwendung. Graf Scarabelli, der den Fremden mit un- gemeiner Liebenswürdigkeit aufnahm und ihm den Inhalt des kleinen Museums zeigte, gewährte auch die Photographien derselben.

1. zwei Traufrinnenplatten (') je 0.48 m lang, 0.288 hoch : tuskische Säulen mit zweierlei Palmetten wechselnd in den Inter- columnien ; das Gebälk mit Perl- und Eierstab ; unter den Säulen- basen kein Sockel sondern ein glatter Streif, der vermuthlich von einem übergreifenden Theil des Gesimses gedeckt werden sollte, zumal sonst keine Vorkehrungen zur Befestigung ausser einem Gusskanal in den Seitenflächen vorhanden waren.

2. Friesplatte von der Fronte ; ganze Breite auch auf 0.48 m, offenbar eine Flachziegelbreite, berechnet wie 1 ; die Höhe etwas grösser (0.33 m), hinten mitten das Ende eines Deckziegels noch vorhanden. Die Darstellung : zwei knieend Trauben in Körbe pflückende SatA^rn, ist völlig übereinstimmend mit einer Platte des Britischen Museums Combe p. 67 (n. 28, 69, Campana XXXIX abweichend), wo man über die Tektonik nichts erfährt.

3. das linke Ende von Combe n. 11 (Campana LXXIV ab- weichend) ; ganze Länge wieder auf 0.48 m zu berechnen nach der des erhaltenen Theils von 0.22.

4. rechte obere Ecke einer Verkleidungsplatte mit Nagel- löchern : Palmetten mit Herzblatt (eines 0.14 breit) zwischen Rundstäben.

Unvollständige Ziegelstempel desselben Fundorts mit ONI ßt imd '^SONI A sind offenbar mit dem aus Picenum (C /. L. IX, 6078, 85) und Istrien {C. I. L. V, 8110, 81) bekannten A FAESONI ßi identisch. Pediano bildet ein Mittelglied.

Unmittelbar vor meiner Ankunft waren in Imola selbst zwei kleine Skelette gefunden, aus Kupfer, in allen Theilen sehr zier- lich ausgeführt ; das eine 3, das andre 4 cm. lang. Obgleich nicht mit beweglichen Gliedern wie das silberne des Trimalc'jio und ein entsprechendes von Pompei (s. Ersilia Caetani-Lovatelli, Tha- natos S. 38) werden sie doch, wie Graf Scarabelli meinte, wohl ähnlichem Zweck gedient haben.

(^) Ganz ähnliche Traufrinnenplatten finden sich in Rom im Thermen- museum (nicht ausgestellt) und wiederum fast mit demselben Ornament, auch mit halben Palmetten beiderseits endend, eine Thonurne ebenda.

KUNDE 237

Ueber die Funde von Verona liegen schon mehrere Berichte vor von L. A. Milani, Le rccenti scoperte di antlchitä in Ve- roiia, Verona 1891, von Ghirardini in der Niiova Antologia 1891 XXXIl S. GG7, endlich von Orsi, Notkie 1801 S. 3. Vielleicht wird der erste von diesen, weil minder verbreitet, und mit einigen nunmehr nöthigen Zusätzen im nächsten Heft dieser Mittheilungen wiederholt werden dürfen.

Endlich das Museum dellQ Termc Diocleziane in liom. Schon jetzt über bedeutende Räume verfügend, nämlich über den von Michel Angolo angelegten c. 10000 Quadratmeter umfassenden Klosterhof mit 100 m langer Säulenhalle auf jeder Seite und ent- sprechendem, wenigstens als Depot dienendem Oberraum, sowie einem halben Dutzend Gemächern im Oberstock, wird es unschwer noch weit mehr Käumlichkeiten in seinen Bereich ziehen können.

Hier sind eine Menge Funde der letzten Jahrzehnte, aber aucli ältere Bestände z. B. des Kircheriano, untergebracht, so die Fresken (unten) und Stucke (oben) des römischen Hauses bei der Farnesina (jene in den Moiiumenti ined. d. Lisi. XI Taf. 44-48, XII Taf. 17-34, diese im Supjjlemento Taf. 32-36 herausgegeben) ;

dazu die ebenda im Grabe des Sulpicius Platorinus {Notüie 1880 S. 127 ff.) gemachten Funde (oben) ;

die sämmtlichen von de Ruggiero Catalocjo del Maseo Kir- cheriano S. 265 ff. beschriebenen Mosaiken und dazu ein neu ge- fundenes [Nolisie 1889 S. 224) ;

die Fresken vom Esquilin, Roms Anfänge darstellend (Brizio, Pitture e sepolcri scoperti sidt Esquilino Taf. II ; Mon. ined. d. Inü. X T. LX, LX^) ;

ferner das meiste von Matz-Duhn, Antike Bildwerke in Rom, III S. 325, im Museo des Palatin Verzeichnete (') ;

ein Theil der im Atrium Vestae gefundenen Porträtköpfe ;

die sieben Hermenporträts von Via Portese {Notisle 1889

(1) In den Terme habe ich gefunden 228, 303, 319, 355, 536, 583, ab- gebildet Notisie 1879 T. I 2, 717, 851, 981, 1190, 1581, 1623, 1770, 1829-31 (2043 ff.), 2205, 3557, 3571-3573, 3G36, 3731, 534, 547 (1046 wird voraus- sichtlich hingeschafft weil eine zwar weder besonders gut ausgeführte noch erhaltene Copie eines attischen Originals (Hermes ?) kurz vor Praxiteles), ferner 3730, 341, 1676 Replik des Meleagros, wie 1677 (?) des Hermes im Belvedere.

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S. 246), WO indes nicht bemerkt ist, dass vier von ihnen deutlich über der Tunica die zur Ausrüstung des auriga gehörige Riemen- uraschnürung (s. Baumeisters Denkm. S. 2092 ; Schreibers Bilder- atlas XXXI, 7, XXVIII, 2) sehen lassen, so dass wahrscheinlich alle Cirkusfahrer jugendlichen Alters darstellen ;

die Bronzen von Via Nazionale (Antike Denkmäler I T. 4 und 5), der sitzende F a u s t k ä m p f e r und der S t e h e n d e, seiner Stellung und des Mangels jeglichen Abzeichens wegen schwerlich ein Fürst wie er neuerdings wieder Alexander Bala sein sollte fc^ondern wegen der athletischen Formen und des athletischen Schema (vgl. Müller- Wieseler, Denkmäler II, LH 653^) ein Athlet;

gleichfalls von Bronze der Dionysos {Notüie 1885 S. 342 abgebildet bei Lanciani, Aneient Borne zu S. 308 vordem Titel, und S. 303 die andern beiden) : die Stücke von mindestens zwei colossalen vergoldeten Kaiser-(?)bildern ; ein Kopf des Tibe- rius (?); Not. 1884 S. 309 ; die von Ersilia Caetani-Lovatelli in den Monmnenti antichi der Lincei I und Miscellanea archeologica S. 135 herausgegebene Votivhand, alles aus dem Tiberbett ;

von Marmorsculptureu daselbst sei noch namhaft gemacht der Hermaphrodit Costanzi {Mon. inecl. d.i. XI T. 43); die Knabenstatue von Subiaco (Antike Denkmäler I T. 56) mit welcher nach Zusammentügung der erhaltenen Theile noch niemand, na- mentlich Künstler nicht, die im Ton des Marmors mehr als in der Arbeit übereinstimmende 1. Hand von ebenda (s. a. a. 0. S. 46) zu verbinden möglich fand. Denn vom Bruch des direkt dahin gerichteten 1. Oberarms bis zu dem puntello auf dem Knie sind nur 35 cm. Abstand , während der entsprechende Theil des r. Oberarms allein über 21 cm. misst, so dass also das Handgelenk mit seinem puntello mindestens 6 cm. über den Puntellobruch auf dem 1. Knie hinausfallen würde ; der Dionysos aus Villa Adriana {Mon. ined. d. I. XI T. LI, LI^), welchen Michaelis Äamli 1883 S. 136, durch einen Ausdruck der Notüie irregeführt für nur der r. Hand verlustig hielt, mit ihm dann auch AVolters Gipsabgüsse u. 526, während thatsächlich vom Stamm nur der oberste, mit dem Bein sich berührende Theil antik ist, der Best mit dem Basis- stück bis an den r. Fuss von Gips, ebenso der r. Theil der Basis mit dem 1. Fuss und Unterschenkel bis l'ast zur Kniescheibe, endlich auch ein Theil der Finger der Linken. Und zwar ist das

i'iNOE 239

1. Bein, wie man au dem Kontur der Kniebeuge sieht, falsch er- gänzt; es hatte nicht Polykletische Schrittstellung, sondern stand etwa wie das 1. Bein des Idolino, womit die Beziehung zu Polyklet noch erheblich geringer wird.

In Kürze hebe ich aus der Masse unbedeutender neuer Dinge ein par hervor :

eine Replik von Hausers (Die neu-attischen Reliefs) Typus 33, also vielleicht des Chiaramontischen Reliefs (Hauser S. 44, 60) ;

einen recht guten Kopf des 'Ares Borghese' ;

einen Torso, der eine neue Replik des Eros von Centocelle scheint ;

eine noch etwas archaische Athena aus dem Tiber {Not. 1886 S. 123) mit geschuppter Aegis, die auf der r. Schulter geknüpft schräg nach der linken Seite hinabgeht; die Linke mochte den Helm halten, die Rechte auf dem abgesetzten Schild sich stützen ;

von einer Statuette aus dunklem Marmor der Torso eines AVeibes von vollen Formen, in reicher Bekleidung, auf einem ei- genthümlichen, hinten gerundeten, vorn graden Sitz, auf den sie die Linke stützt, während die Rechte, im Ellbogen auf den Schenkel gestützt, das Himation über die Schulter vorzog ;

unlängst an der Grenze sequestriert (Sciarra ?), obgleich noch in der Kiste steckend, doch kenntlich als Wiederholung des von R. V. Schneider Antike Bronzen (Jahrb. d. Samml. des All. Kaiser- hauses XII) S. 77 ff. behandelten Typus imd zwar in der S. 78, 1 zu Ende angeführten Modification, mit Füllhorn im 1. Arm, zwischen dessen Früchten oben eine dreikantige Spitze hervorsticht. Doch ist trotz eines puntello an der r. Hüfte das Steuer an ihrer r. Seite fraglich, da vielmehr um die Armbeuge, zwar noch nicht genügend zu sehen, ein Reifen oder eine Schlange sich legt. Ausserdem aber sitzt an ihrer 1. Seite ein nacktes Knäblein (üntertheil allein erhalten), welches die gekreuzten Beine auf eine geringe Erhebung setzt und in der Linken drei Mohnküpfe hält. In noch engerer Beziehung als zu jenem Artemistypus steht dieses Bild also zu der Statue von Beirut, welche Dümmler in den Athen. Mitthei- lungen 1885 Taf. I S. 27 bekannt machte, und bei welcher wir wohl das geneigte Haupt des Knaben jetzt besser verstehn.

Ein colossales Relief im Hof, welches eine im Aehrenfeld gelagerte Erdgöttin darstallt, sollte nach der Richtung der Aehren

2-10 ' E. PETERSEN, FL'NDE

und den tektonischen Merkmalen des Blocks nicht diagonal sondern mit wagrechten Langseiten aufgestellt werden.

Endlich hat man aus vernachlässigtem Bestände ein Fragment hervorgezogen, welches den oberen Theil eines Frauentorso mit entblösster 1. Brust und einer tragenden Männerhand in ihrer 1. Seite darstellend, leicht als Rest einer reichlich lebensgrossen Darstellung des Koraraubes nach dem Sarkophagt^pus Overbeck Atlas der Kunst-Mythol. T. XXII, 2 erkannt wird.—

Wer in den römischen Sammlungen eine unerschöpfliche Quelle nicht allein archaeologischen Studiums sondern allgemeiner Bildung sieht, der wird mit lebhaftem Danke den allgemeinen Fortschritt erkennen. Aber auch eine Klage muss hier zum Schluss laut werden, in der Hoffnung, dass sie nicht bloss von deutschen Lesern vernommen werde. Sie betrifft die Erschwerung, welche man der zum Besten kimstschaffender wie kunstforschender Arbeit so wünschenswerthen Verbreitung von guten Abgüssen in den Weg legt. Die Directoren der päbstlichen, königlichen, städtischen Sammlungen scheinen sich geeinigt zu haben, wenn überhaupt, nicht mehr die 'gute' Gipsform sondern nur die Thonform zu ge- statten, und den ersten Ausguss derselben zurückzubehalten, um von ihm eine neue Form zur Schaffung fernerer Abgüsse zu neh- men, da jene Thonform ausser dem ersten nur noch einen oder zwei Ausgüsse hergiebt. Das geschieht angeblich der Schonung der Originale wegen. Aber selbst ein Italiener wird kaum behaupten wollen, dass der allgemeine Kespekt vor den Resten des Alterthums und die specielle Fürsorge für die in den Museen aufgehobenen in Italien grösser sei als in London, Paris, Berlin, München, Peters- burg. Was man an diesen Orten mit der gewissenhaftesten Be- hütung der Antiken verträglich hält, wird man hoffentlich auch in Italien nicht auf die Dauer verbieten.

E. Petersen.

ZUR SKOPASFKAGE.

Bei der Arbeit am «• Katalog der Sculptiireii zu Athen " fiel mir auf, dass der grossen Zahl von Ephebeuköpfen mit iji <lie Stirn fallendem Haar nur ein Minderteil solcher mit « aufstehendem Stirnhaar ^ gegenübersteht. In der Meinung, dass diese Köpfe in die- ser Eigenthümlichkeit ein stilkritisch zu verwerthendes Kennzeichen besässen, reihte ich sie der systematischen Einleitung Seite XVIII ein. Das ganze Material, wozu ausser den Ephebeuköpfen auch die analogen Satyr - u. s. w. - köpfe und eine Anzahl Porträts ge- hören, konnte weder dort noch kann es hier schon in erschöpfender Sammlung und Verarbeitung vorgelegt werden. Die erste Stelle unter jenen athenischen Denkmälern nimmt das nie genug zu be- wundernde, am Ilissos gefundene Grabrelief Sybel 57 ein, publiciert Rev. a?''ch. 1875 I pl. 14, Äiiaali 1876 II, Weltgesch. der Kunst Seite 251 Fig. 204. Dort kam ich gelegentlich des « Meleager '• und des Ilissosreliefs auf das emporstehende Stirnhaar zurück. Nachdem Brizio gemäss dem damaligen Stande der Wissenschaft, wo der Besitz des Apoxvomenos dazu verleitete, in allen schlanken Gestalten des späteren vierten Jahrhunderts Lysippischen Einfluss zu vermutheri, das Ilissosrelief aus der Mischung peloponnesischen und attischen Stiles erklärt hatte, so ward danach der neugefun- dene Hermes tFrsache, bei jedem schönen Marmor dieses Jahrhun- derts, auch bei den zwei genannten, an Praxiteles zu denken. Dem gegenüber machte ich auf Unpraxitelisches wie gewisse Härten (') und besonders die Eigenheit des emporstehenden Stirnhaares auf- merksam, verglich auch, unter Anziehung der im Katalog zusam- mengestellten Beispiele, die in dem fraglichen Punkte überein-

(1 Die am Iliss-osrelief stärker als am Meleager auftretenden Schneidungeii schienen dem sanften Linienfluss der beglaubigt Praxitelischen Werke (Hermes, Knidia, Sauroktonos) zu widersprechen. Um die dort zu Grund gelegte Vor- stellung von P r a X i t e 1 i s c h e in L' li }• t h ni u s durch Gegensätze deutlicher zu

242 L. VON SYBEL

stimmenden Tegeaten. Das Problem zu erörtern war zumal bei der nicht ungegründeteu Zurückhaltung, welcher weniger Treu's Analyse der Tegeaten als seine stilgeschichtliche These begegnete, der Grundriss nicht der Ort.

Inzwischen hat Petersen's Entdeckung des Meleagerkopfs Medici und Botho Graefs Artikel über die Hermen des bekränzten jugendli- chen Herakles (Rom. Mitth. 1889), das Material so bedeutend erweitert, dass jedenfalls anzuerkennen ist, ein bisher unbeachteter Stil sei in Hauptpunkten erkannt worden. Von den beiden in der Weltgeschichte dem Praxiteles abgesprochenen und hinsichtlich der Haartracht mit den Tegeaten verglichenen Werken hat sich der Meleager als der Skopasischen Richtung angehörig erkennen lassen. (Da er mit dem angedeuteten Unpraxitelischen eine ziemlich Praxi- telische Ponderation verbindet, so mag er einem zwischen Skopas und Praxiteles vermittelnden Künstler verdankt werden). Das Ilis-

machen, so bekenne ich, den Apollon mit auf dem Scheitel ruhender Rechten (Hauptexemplare im Museo Capitolino, Zimmer des Galliers, mit Greif, und Uffizien, Dütschke n. 106, mit ergänzten Extremitäten) nicht mit Furtwängler und Overbeck auf Praxiteles zurückführen zu können. Bei aller im Körperbau hen'ortretenden Verwandtschaft mit dem Hermes zu Olympia ist die Haltung doch grundverschieden, strenger, das Spielbein tritt mehr vor, der Oberkörper mehr zurück; ebenso bei dem in gleichem Schema componirten und in glei- chem Stil gearbeiteten Bacchus (das Exemplar des Mus. Chiaramonti fügt als Stütze einem jungen Satyr bei). Aehnlich, nur energischer, setzt der Skopa- siche Herakles den Spielfuss vor. Dagegen stimme ich Overbeck bei, wenn er den jüngeren Typus des stehend ruhenden Apoll (im Exemplar des Mus. Capit, Salone, stützt er sich auf den Dreifuss) mit seiner überweichen Car- nation (man denkt unwillkürlich an das Symplegma nobile) in die zweite Hälfte des vierten Jahrhunderts setzt; auch ihm steht ein stilistischer Bruder zur Seite, der grosse Bacchus Boncompagni-Ludovisi. Demnach möchte ich das erstgenannte Statuenpaar vor, das zweite nach Praxiteles setzen, jenes einem Künstler der Generation des Skopas und des älteren Kephisodot, des Schöpfers der Eirene, zuschreiben, dieses dagegen den Sühnen des Praxiteles oder einem ihrer Coetanen. Beiläufig bemerkt, scheint die Neapler Replik des jüngeren Apollotypus mit ihrem Material, grünem Basalt, auf Bronzeoriginal zu deuten, gerade wie bei manchen anderen Arbeiten aus ähnlichem Material dessen Wahl (wo nicht andere Bestimmungsgründe nachweisbar sind, was beim Nil und a. zutrifft) sich ebenso erklärt, z. B. beim jungen Herakles aus Pro- birstein im Capitol. Museum, der Knabenstatue des Museo delle Terme, dem Satyrfragmente Boncompagni-Ludovisi, dem Athletentorso der üflizien, dem Knabenkopf in Bologna,

ZUR SKOPASFRAGE 243

sosrelief aber habe ich neuerdinfjs, in einem vorigen Sommer ge- schriebenen und im laufenden Jahrgang von Lützow's Zeitschrift erscheinenden Referat über die neuere Skopasforschung dem gleichen Kunstkreise zugetheilt, weil sein Ephebenkopf wichtige Merkmale dieses Stiles an sich trägt: nicht nur die freie Stirn mit dem emporstehenden Haar, sondern auch den quadraten Kopfbau (nu.- das Gesicht, speciell die Stirn, ist etwas höher) auch die grossen Augen, den Skopasischen Blick. Auch den alten Vater darf man nicht übersehen, wie er mit herabgezogenen Brauen den Schmerz gleichsam niederzwingt, den Jungen auf der Stufe, nicht schlafend, sondern traurig, den Jagdhund, wie er mit verdunkeltem Aug (vergleiche den tegeatischen Eber) die Spur seines Herrn zu suchen scheint. Auch die kleinen Stilmale fehlen nicht, der ver- tiefte innere Augenwinkel, die sich wellende und über das Lid hängende Augenhöhlenhaut, der Nasenwangenwinkel, der zwar nicht o.Tene aber ausdrucksvolle Mund, die unpraxitelische Ohrform, da.s angewachsene Ohrläppchen. Der Körper ist nach Natur geformt, nicht nach der idealen, wie bei Praxiteles, sondern nach der ze- Avöhnlichen. Indem nun ein Grabrelief als athenischer Vertreter des Skopasischen Stiles neben den Kopf vom Südabhang der Akro- polis Syb. 2907 trat, so schien die neuerlich geringer geachtete kunstgeschichtliche Bedeutung des « Skopas in Athen " wieder zu wachsen; die Frage drängte sich auf, ob der Schwerpunkt dieses Stiles nicht doch in Athen zu suchen sei, und ob es für den jungen Skopas, welcher früher allgemein der attischen Schule zugezählt wurde, denn ganz unmöglich war, diejenigen Elemente seines Stiles wegen deren die neuere Forschung ihn den Peloponnesiern anschlies- sen will, an attischen Werken des Vorjahrhunderts zu finden, die- selbe Frage welche auch Farnell im Jour/i. of hell. sind. VII aufwarf.

Dafür dass der Skopasische Stil als eine Unterart des attischen zu betrachten sei, scheint nun auch das bisher von Treu und Graef wohl bemerkte, doch nicht voll gewürdigte Element der freien Stirn mit aufstehendem Haar ins Gewicht zu fallen. Denn es scheint möglich seinen zeitlichen und örtlichen Ursprung genauer festzulegen. Kürzlich hat Sittl in seinen AVürzburger Antiken S. 16, unter Bezugnahme auf die oben erwähnten athenischen Köpfe, gemeint, es scheine in Athen eine Zeit gegeben zu haben, wo die

244 I- VON SYBEL

in Rede stehende Frisur für interessant galt ; so stellten sich die Griechen den Achill vor, vermiithen aber diii-fcen wir, dass Alexan- ders Vorbild eingewirkt habe. Nun aber fehlt es nicht an älteren Beispielen solcher Ephebenköpfe, welche bis in die Uebergangszeit aus dem fünften in das vierte Jahrhundert und in das erstere selbst zurückreichen, sodass, wenn überhaupt ein historischer Zusammenhang zwischen beiden Erscheinungen anzuneliraen ist, umgekehrt die Ephebenköpfe, iii genere. als die bescheideneren Vorläufer der « Löwenmähne « Alexanders anzusehen sind. Um einige Eeliefs, deren Einzelnheiten zu verwittert sind, um sie ohne wiederholte Untersuchung verwerthen zu können, vorläufig zu über- gehen, sei beispielsweise die Berliner Stele Samml. Saburotf. Taf. 5 genannt, ferner von Statuen der sog. stehende oder, wie ich lieber sage, ^ antretende Diskobol « der Sala della Biga, und der « Salber " in München und Dresden, dem sich noch diese oder jene verwandte Statue anreihen Hesse, z. B. der mit Vase in den Händen ergänzte Ephebe (eher Diskobol) der Ufiizien, Dütschke n. 72, Inv. 1890 n. 3598, Photographie im Handel. Die Stele Saburoff soll aus Megara stammen ; Furtwängler erklärt den Stil für attisch (spe- ciell myronisch, doch widerspricht dem das in die Stirn fallende Haar des Diskobol Massimi, vgl. die mechanische Reproduction in der Weltgeschichte Fig. 119). Der «antretende Diskobol« gilt seit Kekules Behandlung für attisch ; attisch ist auch der « Salber " : Brunn erklärt ihn für m3Tonisch, Kekule für ein Werk aus Myrons Schule. Demnach ergeben die Denkmäler den Satz, dass das « auf- stehende Stirnhaar « an attischen Werken des späteren fünften Jahrhunderts zuerst erscheint. Die verschiedene künstlerische Be- deutunor des fallenden und des aufgerichteten Stirnhaars ist klar: die wohlfrisierten, in der Mitte gescheitelten Epheben von der Art des Doryphoros sind Typen einer wohlerzogenen, eher aristokra- tischen, wenn man will conservativen Jugend, während die mit emporstehendem Haar und dadurch freier Stirn auch einen freiem Ausdruck haben, der je nach dem besondern Falle bald ein ideales Streben, bald ein ungezügeltes Wesen verkünden kann. Der Kopf des Museo Chiaramonti welchen Heibig Mon. 8, 25 Ann. 1866, 288 veröffentlichte und als « Alkibiades « zu bestätigen unternahm, verbindet mit der freien Stirn und dem aufstrebenden Haar eine gewisse Breite des Gesichtes, eine Modellirung der Stirn und aus-

ZUR SKOPASFRAGE 245

driicksvolle Bildung der Aiigenpartie (die Haut beginnt sich zu sacken) und des Mundes, welche, nur weiter entwickelt, in der gleichen Verbindung für die jetzt Skopas zugeschriebenen Werke charakteristisch ist. Wenn der Ursprung der uns beschäftigenden Haartracht überhaupt bei einer historischen Persönliclikeit zu su- chen wäre, so müsste man ihn also nicht erst bei Alexander, son- derji die Richtigkeit jener Bildtaufe vorausgesetzt bei dem athenischen Princeps iuventutis, bei Alkibiades suchen (').

Diese freie Stirn gieng im vierten Jahrliundert von den Ephe- benköpfen auf Herakles über und wurde für ihn typisch, denselben Herakles, welchen im gleichen Jahrhundert die Radikalen und Kosmopoliten, die Kyniker, zu ihrem Schutzpatron erwählten {-). Antisthenes selbst trug, nach Ausweis der vatikanischen Inschrift- herme, Löwenmähne.

Es ist ohne weiteres klar und wird durch die Monumente bestätigt, ein wie brauchbares Element die Schöpfer des pathe- tischen Stils in der besprochenen Tracht vorfanden. Die Wiege des pathetischen Stils selbst findet auch Treu in Athen ; den weiten Abstand der Skopasischen Köpfe von den Polykletischen, wie er vorzugsweise im Pathos der ersteren greifbar ist, erklärt er aus einer Einwirkung der attischen Kunst auf Skopas. Dann aber müssen wir sagen, dass er wol den Knochenbau in Sikyon lernte, aber den besseren und wichtigern Theil seines Stiles von Athen empfieng. Wenn aber Skopas doch wieder als der Schöpfer des pathetischen Stiles gelten soll, erweist er sich damit nicht als Attiker? Wir müssten denn sagen, von Geburt weder Athener noch Peloponnesier, sondern Parier, stand er ausser und über den beiden Schulen, deren Vorzüge er in sich vereinigte als schlechthin hellenischer Künstler.

L. V. Sybel.

(') Sollte Helbigs Argumentation sich bestätigen, so inüsste angenommen werden, dass der spätere Bildhauer des der vatikanischen Inschriftherme auf- gesetzten Kopfes die Feinheit seiner Vorlage nicht verstand oder nicht wie- derzugeben wusste.

(2) Damit ist natürlich nicht gesagt, Herakles sei nun ausschliessliches Eigenthum der Kyniker geworden. Die inschriftlich vorkommende Anrufung des Herakles gegen den Demos könnte übrigens ganz wohl auch von einem Kyniker ausgesprochen werden.

FEDRA.

Nel voliime precedente, alla tav. n. 2, fii pubblicato dal sig. Bruno Sauer un affresco ch'egli interpretö per Fedra (pag. 17 e sgg.). La donna, in preda alla passione amorosa, sta seduta in un'arapia camera, iu atteggiamento d' inquieto abbandono con lo sguardo fisso nello spazio ; dietro a lei sta presso il sedile la nu- trice, con un dittico spiegato nella mano sinistra e con uno stilo nella destra ; « essa parla, o ha parlato, e aspetta risposta " . Alla destra di questo gruppo si vede una ancella che porta un paniere. Dalla riproduzione eliotipica non si puö discernere tutto ciö che il Sauer indica nella sua descrizione ; sembra giusta la sua inter- prefcazione per Fedra, giä proposta dal Sogliano, ma vengono meno le conclusioni a cui egli giunge. Egli sostiene che la rappresen- tanza pompeiana ci offra una scena interamente nuova, in cui figuri non la Fedra tormentata dall'intima passione amorosa, raa bensi una scena posteriore, nella quäle la nutrice, rapito alla padrona il segreto, pensi al modo di venirle in aiuto.

In conseguenza di ciö non si potrebbero piü considerare, come io feci, le rappresentanze della Fedra malata d'amore come copie 0 imitazioni piü o meno alterate di un unico e stesso archetipo, ma si dovrebbero ammettere due scene fra loro distinte : la Fedra innamorata e la Fedra della rappresentanza pompeiana. Per questa avrebbe servito da modello un celebre dipinto, per quella il teatro, non esclusa perö la supposizioue che qualehe pittura murale abbia servito di transizione dall'una all'altra.

In queste due classi, secondo il Sauer, si dovrebbero dividere i sarcofaghi superstiti che contengono quelle rappresentanze. Io perö rimando il lettore alla spiegazioiie che diedi nella Archäologische Zeitmo (1883, pag. 119 e sgg.).

A. KALKMANN, l'EDRA 247

Non e qui la questioiie quäle significato possa, coü qiialche probalitii, attiibuirsi ad iina rappresentanza, ma di riconoscere iu quanto iina rappresentanza aH'altra rassomigli. Puö darsi che in alcuni sarcofaghi Fedra abbia l'appareiiza quasi le fosse giä stato rapito il segreto, ma noi vediamo ripetersi appunto la rappre- sentanza di Fedra stessa sino ai miniiti particolari, in modo del tutto analogo sui vari sarcofaghi ; e se Yogliamo ammettere l'esi- st.enza di piü originali, bisogna conchiudere che si rassomigliano in tutto fra loro,

Si dev^e pertanto partire dall'esarae dei sarcofaghi di Girgenti e di Pietroburgo ; entrambi otTrono dai quattro lati le medesime scene in modo del tutto analogo ; entrambi ci rappresentano Fedra circondata da molte ancelle: con tutto ciö il Sauer fa giä qui una distinzione.

II sarcofago di Girgenti, sostiene il Sauer, deve risentire nella sua rappresentanza l'influenza del teatro ; quello di Pietroburgo invece deve appartenere ad una serie di rappresentanze, di cui il prototipo fu un'insigne pittura. Ora, solo ragioni molto gravi po- trebbero giustificare questa strana conclusione. Ma quali sono queste ragioni ? In entrambi i sarcofaghi vediamo la nutrice dietro Fedra malata d'amore. Su quello di Girgenti ella solleva con una mano il velo alla padrona, mentre alza l'altra come per incoraggiare e consigliare: sul sarcofago di Pietroburgo invece la nutrice volge

10 sguardo innanzi a se e alza ambe le braccia, di cui il destro e mouco. Siccome la nutrice e rappresentata spesso in atto di gesticolare, io supposi ch'ella anche qui gesticolasse (pag. 125-71).

11 Sauer invece le attribuisce nella mano destra un dittico, contro la tradizione di tutti gli aitri sarcofaghi, nei quali il dittico in tale scena non appare.

Se il sarcofago di Pietroburgo deve far capo ad una serie di tipi diversi da quelli del sarcofago di Girgenti, vi devono es- sere ben altre ragioni. Sauer trova entrambi i gruppi di rappre- sentanze in realtä differentl fra loro, per la forma e per lo stile, in quel che coucerne la partecipazione delle ancelle alle softe- renze della padrona. Esse, mentre mostrano di preuder parte viva nella scena del mal d'amore, nell'altra scena invece sembra che siano del tutto inditferenti. Sauer inoltre, dietro il modello della rappresentanza pompeiana, ascriverebbe all' originale una sola an-

248 A. KALKMANN

cella, oltre la nutrice ; cosicclie quasi tutti i sarcofaglii in cui e rappresentata un'ancella sola conYerrebbero al gruppo pompeiano.

A dire il vero. con ima sola ancella e molto difficile espri- mere la partecipazione del segiiito all'azione del protagonista ; inolt;e, per la classiticazione dei tipi dei sarcofaglii uon influisce affatto il numero delle parti secondarie che circondano 11 prota- gonista, poiche lo scalpellino deve regolarsi secondo lo spazio che gli e concesso. Se non che, appunto nel sarcofago di Pietroburgo appaiono cinque ancelle, quattro delle quali 11 Sauer e obbligato a dichiarare « figure di ripiego -. Eppiu'e due di qneste, man- chevoli nelk parte superiore della persona, stanno raggruppate in grazioso atteggiamento di fronte a Fedi-a ; e si completano quindi benissimo con istrumenti musicali, come dimostrai, dietro l'ana- losfia di un frammento di bassorilievo del Louvre. D'altra parte, pure nel sarcofago di Girgenti due ancelle, dinanzi a Fedra, sono rappresentate con istrumenti musicali.

In ogni caso, non si puö assolutamente smembrare, a Capric- cio, l'accurata e perfetta rappresentanza del sarcofago di Pietro- burgo, che s'accorda tanto con la composizione poetica, quanto con la rappresentanza del sarcofago girgentino; ue si deve abbassarla al livello di quelle rappresentanze ridotte per mancanza di spazio. Finalmente la rappresentanza del mal d'amore e in intima rela- zione con quella della scena in cui Fedra e persuasa dalla nutrice, e poiche, come dimostrai con questa probabilmente ci riconduce ad un medesimo originale ; cosi questa circostanza sola deve escludere la supposizione d'originali diversi.

E molto verosimile che un poeta alessandrino fingesse Fedra che affida il suo segreto amoroso ad una lettera ('). Nella scena ove la nutrice fa la sua proposta, la lettera era il mezzo artistico piü semplice per informare lo spettatore dei precedenti dell'azione, e questa lettera deve appartenere anche all'originale della scena stessa (^). Fra quello ch'era giä avvenuto non destava Interesse che la malata d'amore; essa era un personaggio famoso e riusciva un ottimo prototipo di altre figure analoghe (■'). Chi non conosceva la

(1) Cf. De Ilippoh/tis Euripideis, pag. 99 e sejjg.

(2) Vedi Archäologische Zeitung 1883, pag. 128.

(3) Cf.: De Hippolytis Eurip, pag. 122.

FEDKA 240

rea passionc di Fedra, e chi uon si interessava piü alla rappre- sentanza di questa che alla banale con-ispoudeiiza amorosa? Di fatto fra le rappresentanze dei sarcofaghi raeglio conosciuti, la let- tera non appare che in qiiella della scena della proposta, e manca anche dove la malata d'amore e raflfigiirata sola, come, p. es., nel bei rilievo del Disco di Ei-colano (').

Anche ad im ecfrasta di epoca cosi tarda quäle e Cliorikios. a cui non si possono negare rerainiscenze di rappresentanze di quadri, interessa sopra ogni altra cosa la malata d'amore: Eros, che pure accenna alla lettera, e una reminiscenza poetica che paro aggiunta solo per poter collegare convenientemente questa scena bon la seguente, nella quäle la lettera sarä consegnata, perche ne la nutrice, ne Fedra stessa tengono una lettera nelle mani.

Come unica rappresentanza dunque del dittico, che la nutrice porge alla padrona per scrivere, rimane la figurata di Pompei pub- blicata dal Sauer. Fedra sta seduta in una posa dolorosa e inquieta, con lo sguardo fisso nel vuoto ; la piccola nutrice si stringe dietro ad essa, vicino al sedile ; un'ancella dall'altra parte porta un qual- che trastuUo. Ecco la solita scena della malattia d'amore, quäle noi vediamo nei tempi posteriori, ridotta al nudo schema. La lettera e un mezzo artistico arbitrario, per richiamarci vivamente alla me- moria la persona amata, mancando la scena della proposta da parte della nutrice.

Mentre quest'ultima scena sul suolo italico ci appare in una maniera nuova (2), lo stesso non si puö dire della famosa rappre- sentanza di Fedra, che non vi accolse alcun nuovo e proprio con- cetto, ne subi alcuno sviluppo ulteriore. Perciö la nuova rappre- sentanza figm-ata di Pompei e di niuna importanza per la questione degli origiuali delle rappresentanze di Ippolito.

A. Kalkmann.

{}) La interpretazione della rappresentanza vascolare di Benndorf {Gr. u. Sicil. Vasenbilder, 45) per Fedra afflitta ö arrischiata, poiche Fedra non vi appare neirabbigliamento e nelPatteggiamento abituale, ne d'altra parte e sufficientemente caratterizzata per nutrice una delle due donne che circondano Fedra.

(2) L. c. pag. 131 e sgg.

ÜEBER DIE ABFASSUNGSZEIT DER STATUE ANTICHE DES ULISSE ALDROVANDI.

Michaelis hat in der Archaeologischen Zeitung Jhrg. 34 (1876) S. 150 tt'. (') den Nachweis geführt, dass das merkwürdige Büchlein des Bologneser Naturforschers, das zuerst 155(3 in Venedig als Anhang von Mauro Le antichitä de la cittä di Roma erschienen ist, bereits 1550 von dem Verfasser geschrieben sei. Denn ei- nerseits führt auf diese Zeit, was Fantuzzi in den Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi, Bologna 1774, erzählt, andrerseits ist in dem, aus dem Kloster der H. Ulrich und Afra zu Augsburg stam- menden, nunmehr in München befindlichen Exemplare der Ausgabe von 1558 von einem Zeitgenossen unter anderen eine Randglosse zu S. 117 beigefügt, laut welcher die von Aldrovandi im giar- dino del Belvedere beschriebene Statue der Cleopatra bereits 1550 von dort versetzt worden sei. Demnach müsste Aldrovandi schon vor dieser Umstellung seine Aufzeichnung gemacht haben. Es ist mir gelungen, die urkundliche Bestätigung für die von Michaelis ermittelte Abfassungszeit des Buches beizubringen sowie dieselbe noch etwas genauer bestimmen zu können, und zwar durch Nie- manden andern als den Verfasser selbst. Die Bibliothek der Uni- versität Bologna birgt nämlich das Handexemplar des Aldrovandi ; es ist die Ausgabe von 1556. Darin hat Aldroandi selbst vorn auf dem Titelblatte die geläufige Formel « f Ulissis Adrouandi et ami- corum " eingetragen, und auf S. 316 unmittelbar nach der Angabe der Buchhändlerfirma « " In Venetia etc. M.D.LVI « hinzugeschrieben: i; Totum perlegi et extraxi miUta, Ulisses \ Aldrouandus auctor

(1) Andere weniger bestimmende Umstände, welche auf dieses .Tahr hin- denten, siehe bei Michaelis, Arch. Zeitsf. Jhrg.38 (1880) S. 12 und Anmer- kung 6. Vgl. zuletzt seine Bemerkungen im Arch. Jahrb. V, (1890) S. 36 und au anderen Stellen.

H. L. URLICHS. DIE STATUE ANTICHE DES' ULISSE ALDROVANDI 251

huius libri \ quem scripsl cum. lubilei iii \ principio dum essem Rome I 15 50 in coronatione lulj 3^ ». Die Lesuug wird Herrn Professor Michaelis verdankt. Welcher Art jene Auszüge waren, auf die Aldi'ovandi durch die Worte « extraxi multa " hinweist wird sich vielleicht ermitteln lassen, wenn eine Durchsicht des hand- schriftlichen Nachlasses von Aldrovandi bewerkstelligt ist. In dem Bologneser Handexemplare selbst findet sich fast ausschliesslich bei der Erwähnung von Tieren ein Merkzeichen mit Tinte, und auch ein handschriftlicher Index findet sich am Schlüsse vor. Einige jener Zeichen scheinen bestimmt von dem Verfasser selbst herzurühren.

Eine weitere Bestätigung für das Jahr 1550 als Abfassungszeit der Statue anttche bietet gleichfalls Aldrovandi selbst in einem Briefe, wovon eine Abschrift in der Bologneser Bibliothek (Aldrov. Miscell. III, N. 21) sich befindet. Die Kenntniss von demselben und eine Copie wird gleichfalls Herrn Professor Michaelis verdankt.

Dieser Brief ist am 1 Februar 1576 von A. aus Bologna nach Rom an seinen Bruder Monsignor Teseo Aldrovandi gerichtet. Er spricht darin seine Freude aus, dass der Papst Gregor XIII, be- kanntlich ein Bolognese Buoncompagni, den Bolognesen einen Ablass als Jubiläumsgabe bewilligt habe, und sein Bedauern, im verflos- senen Jubiläumsjahr nicht haben nach Rom kommen zu können und (p. 428^) noii poter visitar tanti luochi, si come feei l'anno del 1550 nel tempo della felice memoria dt Julio terzo Papa, dove con mio gran giisto spirituale visitai tutti quei liiochi memorabili d'infinita santitä et religio^ ripieni pitt, et piü volte; et per potere insiememente pascere l'ingegno mio della graadesza de' trionfanti Romanik mi deliherai di scrivere et raccogliere, come in un Theatro, tutte le statue antiche de vari marmi pe- regrini scolpite, et intagliate da scultori preclarissimi, et de tutti ne composi una compendiosa historia^ non lasciando alcuna statua, che in quell' Alma cittä di Roma si ritrovava, che da me non fasse diligentemente delineata, et descritta. Et questo libro, quäl per mio diporto et passatempo havevo composto, lo donai a Mr. Giordano Ziletti, che per far benefieio a quelli, che desiderano di vedere et conoscere le belle, et antiche Statue de Romani, lo fece stampare in Venetia.

Heinrich Ludwig Urliciis.

Es wurden zum 21. April d. J. ernannt zum Ehrenmitorlied des Instituts

o

S. Hoheit Bernhard Erbprinz von Sachsen-Meiningen. zu Ordentlichen Mitgliedern :

Herr Dr. Alfred Brückner in Berlin. » Professor J. J. Bernoulli in Basel. » Barclay V. Head in London y> F. C. Penrose in London. " Professor Ludwig von Sybel in Marburg. " " Georg Wissowa in Marburg.

zu Correspondirenden Mitgliedern :

Herr Dr. Christian Belger in Berlin.

" Alfons von Branteghem in Brüssel. » Dr. F. Hiller von Gärtringen in Berlin. r> Dr. Alfred Gercke in Göttingen. fl Dr. K. Heberdey in Wien. » Franc. Morlicchio in Scafati.

" Walter C. Perry in London,

s Arthur H. Smith in London.

» SoLAiNi in Volterra.

" Th. Sophulis in Athen.

« I. N. SvoRONos in Athen.

" Cesare Kuga in Bologna.

» Professor Michael Waltrowitz in Belgrad. » » Hermann Skorpil in Sofia.

» » Karl Skorpil in Kustschuck.

» " Julius Lange in Kopenhagen.

« » A. L. Frottingham in Princeton, U. S. A.

« Baron Karl von Hauser in Klagenfurt.

^ Dr. Salomon Frankfurter in Wien.

•^ Professor Louis Audiat in Saintes (Frankreich).

" Friedrich Baraibar in Vitoria (Spanien).

» Manuel Gomez Moreno in Granada (Spanien).

^ Dr. A. Wilhelm in Wien.

ARCHAISCHES THOXRELIEF DER SAMMLUNG SANTANGELO

Das beistehend uacli meiner Skizze in zwei Dritteln der na- tiU-lichen Grösse (') abgebildete Relief verbirgt sich unter den Lampen der Sammlung Santangelo und scheint bisher ganz un-

(1) Höhe 17 cm.

17

•25-i F- STIDMCZKA

beachtet geblieben zu sein. Es ist ein oben und unten abgebro- chener Pinax aus hellrotem feinem Thon, jetzt mit weisslichem Sinter überzogen, unter dem ich zweifelnd einen gelblichen Ueberzug, aber keine Farbspuren zu bemerken vermochte. In flachem Re- lief (0 ist eine ruhig stehende Frauengestalt mit eng gegürtetem langem Gewände zu erkennen, deren fehlender Oberkörper in Vor- deransicht stand, wie die herabhängenden Arme erkennen lassen ; das Ganze ist nach dem Vorbilde der Frauen im Mittelstreifen des Gewandes zu reconstruieren. Die Rechte scheint, obwohl gleich der Linken -völlig offen, ein kleines stäbchenförmiges Attribut zu führen, welches ich nicht zu deuten weiss; einem Pfeil, an den man am ehesten denken könnte, würde wohl der Bogen in der anderen Hand entsprechen. Dass die Gestalt die Göttin dar- stellt, welcher der Pinax geweiht war, ist mit grosser Wahrschein- lichkeit aus dem reichen Schmucke des Gewandes zu entnehmen, welcher den panathenäischen Peplos und ähnliche Cultusgewänder in's Gedächtniss ruft.

Das Gewand ist mit einer dünnen Relieflinie und einer sie aussen begleitenden Buckelreihe nmrissen und, soweit erhalten, durch vier einfache Flechtbänder in drei breite Streifen geteilt; ob ein vierter unten weggebrochen ist, oder ob dem unteren Flechtbande der Gewandsaum folgte, ist bei der Unsicherheit der Proportionen in der ältesten Kunst kaum zu sagen. Das schmale Segment über dem obersten Flechtbande füllen senkrechte Relieflinien, in denen ich, obwohl sie vom Gürtel durch jenen Doppelumriss des ganzen Gewandes getrennt sind, Gürtelfransen erkenne, wie sie, in Ueber- einstimmung mit Homers ^bjrrj Sxcctov -Ovaüvoiq doaovla, der Bronzepanze: aus Olympia darstellt (-), und wie sie sich, zu Schellen umgebildet, an dem Silbergürtel von Polis tis Chrysoku auf Cy- pern gefunden haben (3). Mit dem letzteren stimmt der hier dar- gestellte Gürtel noch darin überein, dass der Gurt selbst in eine Reihe von Gliedern zerlegt ist.

Die drei breiten Streifen des Gewandes füllen bildliche Dar- stellunffen. In den beiien unteren sehen wir Reigentänze von

'o^

(1) Von 16 mm Dicke entfallen 6 auf die Relieferhebunsr. n Olympia IV Tf. 59 S. 155 ff. Furtwilngler, vgl. Beiträge z. Gesch. d altgr. Tracht S. 121, Heibig, Hom. Epos= S. 207 flf.

(3) Jahrbuch d Inst. II 1887 Tf. 8, S. 86 ff. Düramler.

ARCHAISCHES THONRELIEF DER SAMMLING SANTANGELO 255

Frauen und Jünglingen, zusammengesetzt aus genau gleichen, also wohl nach Art der red wäre, aus Stempeln geprägten Figuren. Die Männer sind eher kurz als gar nicht bekleidet, die Gewänder der Frauen zeigen noch mehr oder weniger deutliche Spuren eines ßautenmusters aus dünnen lielieflinien. Diese Darstellungen ent- sprechen sehr wohl einem Cultusgewande. So zeigt auf einer streng rotfigurigen Scherbe der Akropolis (') das Kleid des von Kassandra umfassten Palladioiis, wahrscheinlich nach dem Vor- bilde des panathenäischen Peplos, Friese von hintereinanderher eilenden Männern und Frauen, von denen besonders die letzteren, trotz der Heftigkeit ihrer Bewegung (-), doch einen Chortanz vor- stellen können. Tänzerinnen erscheinen auch auf dem Gewände der Athena einer späten panathenäischen Amphora (^).

Wie am panathenäischen Peplos neben solchen Cultushand- lungen die Gigantomachie als Hauptbild stand, so nimmt auf unserem Kelief eine Kampfdarstellung die oberste Stelle ein : die bekannte Gruppe des einen Gefallenen aus dem Getümmel tragenden Mannes, Avelche auf den Henkeln der Klitiasvase und sonst (^) die Namen Aias und Achilleus erhält. Es ist diess meines Wissens der älteste Versuch, diesen Gegenstand darzustellen, und dem entsprechend auch der unbeholfenste. Der Mann ist im Wesentlichen dem Reigentänze entnommen, noch nicht knieend dar- gestellt. Er hat die Leiche über Nacken und Schultern gehängt, wie die Kriophoren und Moschophoren ihre Thiere ; aber es gelingt noch nicht, wie auf dem einen Henkel der Klitiasvase, diesem Motive gerecht zu werden. Die Hände des Trägers, welche fest zugreifen müssten, werden, weit ausgebreitet, an Rücken und Hüfte der Leiche kaum sichtbar. Die beiden Körperhälften der letzteren, welche, anstatt schlaff herabzuhängen, der Raumfüllung wegen etwa in einem gleichschenkligen Dreieck auseinandergehen, sind durch

(1) y.cfr,u. uQx. 1885 Tf. 5, 3, erVlärt ebenda 1886 S.131 f., yi. Mayer, Tit. u. Gig. S. 272.

(2) Vgl. die wilden Reigen des Reliefs von Milet (Brunn, Denkni. gr.- röm. Sculptur Nr. 1016) oder der sfg. Schale Mon. d. Inst. XI Tf. 41, 3.

(3) JiJon. d. Inst. X Tf. 48 c, Amiali \%11 S. 328 (de Witte), Urlichs, Beitr. zur gr. Kunstgesch. S. 50, 'i:(fy,n. 1886 S. 1322.

(■*) z. B. auf der Kleinmeisterschale Overbeck, Gallerie Tf. 23, 61, S. 546 ff.

256 !•"• STID-MCZKA

ein wiirstartiges Zwischenstück ganz äusserlich verbunden. Die Beine der Leiche schreiten fast wie die des Lebenden, die herab- hängenden Arme vertragen sich schlecht mit der Vorderansicht des Knrapfes. Des gegebenen Kaumes wegen fehlt dem Lebenden der Helm, während er der Leiche nicht vom Haupte fallen will. Km-z es ist ein misslungener Versuch, aus den vorhandenen pri- mitiven Typen die Ausdrucksformen für eine schwierige Hand- lungsgruppe zu gewinnen.

Schon dieser Vergleich l)estiramt einigermaassen die kunst- treschichtliche Stellung des merkwürdigen Bildwerks : es gehört ohne Frage den Anfängen des griechischen Kuustimports in Italien an. Denn dass es dort, wahrscheinlich in Grossgriechenland, ge- funden ist, macht die Zugehörigkeit zur Sammlung Santangelo auch ohne Provenienzangabe wahrscheinlich ('). Der Stil ist älter als die entwickelte orientalisiereude Decoration der korinthischen und verwandter Gefässe. Das zeigt schon das Fehlen der Tierstreifen und Blumenornamente, welche in den ähnlich angeordneten Ge- wänderdecoratiouen der Klitias- und Sophilos-Vase vorherrschen. Nur das Flechtband ist ein orientalisches Motiv, aber in dieser einfachsten Form schon sehr früh übernommen. Dem entsprechend gehören die bildlichen Darstellungen, besonders die Reigen, einer Kunstweise an, welche noch deutlich an die geometrische anknüpft. Hierin schliesst sich unser Eelief im Allgemeinen derjenigen Denkmälerklasse an, an die seine Technik erinnert, den gepressten roten Thonvasen und -platten aus Italien und Hellas (2). Ich hebe den Thonziegel aus Mykenai hervor, der die rroTria ■O-r^QMr in ähn- lichem Typus zeigt (•^). Eng zusammen gehören mit diesem Bild- werke die Berliner Goldreliefs aus Korinth, deren Herkunft leider nicht festgestellt ist (4). Wir sehen hier im Allgemeinen dasselbe

(') Dass eine solche nicht vorhanden ist, hat mir Herr Professor So- gliano gefällig mitgeteilt.

(2) Vgl. zuletzt Pottier Bull corr. hell. 1888 XII S. 491 ff. und J/o«. ffr. de Vassoc. etc. Heft 14-16 S. 43 ff.

(3) Arch. Ztg. 1866 Tf. A, 1.

(-*) Arch. Ztg. 1884 Tf. 8, bes. Fig. 2 u. 6, S. 106 ff. Furtwängler. Im Jahrb. II S. 21 hat Dümmler diese Reliefs mit den protokorinthischen Vasen zusammengestellt und diese wieder, mit Eelbig, für chalkidisoh erklärt. Für die Herkunft der Reliefs ist die von Furtwängler hervorgehobene Form des Wagenbords Fig. 4 zu beachten, welche, der korinthisch-attischen Kunst

ARCHAISCHES THONRELIEK DER SAMMLUNG SANTANGELO 257

Vorherrschen der menschlichen Gestalten vor dem Ornamente, dar- unter aber nocli weniu: Mythisches, im Besonderen ähnliche schrei- tende Männerreihen nnd Frauenchöre. Die Weiberkleidung ist gleichartig bis auf die rliombische Musterung des Bockes. Doch sind die Goldreliefs älter ; es fehlt das Flechtband, und die Cora- position ist noch lockerer, eine Gruppe Avie die des Leichenträgers noch kaum denkbar; die Figuren sind noch schlanker, der Kopf, dem flacheren Relief gemäss, auch bei Vorderansicht des Leibes ins Profil gerückt. In dieser Hinsicht entsprechen die Frauen un- seres Reigens schon mehr den goldenen Artemisfigürchen von Kameiros (') und dem dädalischen Statuentypus der Nikandre.

Der Bronzepanzer von Olympia, der schon für den Frauen- gürtel heranzuziehen Avar, bietet auch andere Berührungspunkte, darunter die einzige mir bekannt gewordene Analogie für eine hervorstechende stilistische Eigenheit des Thonreliefs. Die Perlen- schnur, welche den Hauptumriss des Götterbildes umsäumt, erinnert in ihrer Wirkung ganz an die Bogenzackenlinie, die in gleicher Verwendung auf dem Panzer und den mit ihm stilistisch zu- sammengehörenden Gravierungen erscheint (-). Doch wird daraus kein engerer Zusammenhang zu erschliessen sein, da diese Art der Gravierung sich unmittelbar aus dem schon in der geometrischen Kunst üblichen Doppelumriss (■^) entwickeln konnte So fehlt es auch hier, wie bei den meisten verglichenen Bildwerken, bisher an Mitteln zu genauerer kunstgeschichtlicher Bestimmung, welche nur von neuen Funden zu erhoffen ist.

Gerasdorf bei Wiener Neustadt.

August 1891. Franz Stüdniczka.

fremd, auf ionischen Vasen (wie Gerhard A. V. III Tf. 194, Micali, Mon. ined. Tf. 36, 2), auf den Strausseneiern von Vulci (Perrot, ffist. de Vart, III S. 856 -ff. vgl. Jahrb. II S. 632= Böhlau und S. 91 Dümmler), endlich auf etruskischen Bildwerken (wie den Reliefs Micali a. 0. Tf. 24 oder Bull. corr. hell. 1888 S. 507) üblich i.st, freilich; soviel ich sehe, immer in Verbindung mit mehr als vierspeichigem Rad (vgl. Jahrb. V S. 147). Für diese Dinge wäre eine sicher chalkidische Wagendarstellung in Seitenansicht von grosser Bedeutung.

(1) Salzmann, Camiros Tf. 1.

(2) Olympia IV Tf. 37, 719; 60, 982 b. ; 58, 980; 59; vgl. Furt- wiüigler S. 157.

(3) z. B. Annali 1:80 Tf. G.

lUHLIOGiUFIA POMPETANA

(Vedi .]fittheilun(jen 1889 ]). 292 s.irff.)-

II teinpio uel foro triiiu^-dlaro di Poiup(3i. Moiiioriti, di An- tonio SoGLiANO. Estr. (Uli Moiuiiiioiiti iinticlii |>iil)l)licati ]»or cum (](!lla, \i. Accadoiuia doi Lincoi, vol. I puut. 2. 1S!)(). lloiua PStJO.

iJer griechische Tempel in Pompeji von F. von Duun und li. .Iacoi'.i. Nebst einem Anhaufj : üehcr Schornsleinan- kujen und eine BadeeinrichUing im Frauenbad der Slabianer Thermen in Pompeji. Zur Erinnerung, an die Studienreise badischer Gymnasiallehrer nach Ita- lien im Frühjahr /ScSf/. Herausgegeben, mit Unter- stiUsung des grosshersoglich badischen Ministeriums für Justiz, C'ultus und Unterricht. Mit neun Uthogra- phirten Tafeln und drei Photoünkographieen. Heidel- berg. Carl Winter s Universitätsbuchhandlung 1800.

I sigij^. profcssori von Domaszcwsky, von Diiliii o Zangoiiieister, quando nulla priinavora dcl 1880 focero cou iiiia couiitiva di pro- fcssori dei Licei dcl graiiducato di Baden im viaggio d'istruzione per ritalia, ottonuero dalla Direziono degli Scavi il perinesso di faro dgI ]»iii antico fra gli edili/ii di Pompci. il distrutto teinpio dorico sul u foro triangolare " , niio sc-avo, alla cui dire/iono ])rese parte auche l'architetto sig. L. Jacobi, od i cni rosultati sono esposti nella seconda delle mcniorie sopracilate. In uirappcndice il sig. Ja- cobi si occupa dei condotti per il fnnio e di nii certo particolare di(AValveiis dei caldario delle doiine nclle tormo stabiane.

A. MAI, lilliMOGRAKIA I'OMI'EIANA 259

Partiti i dotti tedeschi lo .scavo fii coinpletato ed ampliato per cura dc41a Direzione; c suUo scavo cosi coinpletato riferisce il prof. Sogliano nella prima dello soprascritte inemorie.

Le diie pubblicazioni si conipletaiio a vicenda. Qiiella dei sigg. von Duliri o Jacobi, spleudidameute stampata e corredata di belle tavole, e püi dettagliata ed anche piii conifdeta riguardo ai vari oggetti trovati nel terreno, riprodotti, in gran parte a colori, snlle tavole V-VlII ed illustrati coii dotte osservazioni. Invece sulla forma deU'edifizio, sulle sue fondazioni, sulle parti antiche e mo- derne, da migliori informazioni la memoria del Sogliano e la pianta aggiuntavi, fatte in base ad iino scavo piü completo.

II risultato principale e una rettifica della pianta della cella. Poco monta che siano state vedute le fondamenta del muro sin. (S) al posto ove per ragione di simmetria dovevano supporsi (Overbeck '' p. 87). Inaspettato invece fu il ritrovamento delle fondamenta del muro di fondo non sotto il muro visibile sopra terra ma piii indietro. Sul lato anteriore poi si constatarono le fondamenta di due ante con le quali i muri laterali si prohmgavano avanti alla soglia del pronao, con uno sporto laterale di circa m. 0,40. La facciata di queste ante, a m. 5,85 dal margine anteriore dello stereobate, viene a corrispondere esattamente con l'asse della terza colonna laterale, mentre la faccia posteriore del muro di fondo stava col suo lato esterno a circa m. 0,50 dietro l'asse deU'antepeniiltima colonna.

II prof. Sogliano inclina a supporre una corrispondenza simile fra cella e colonne anche sui lati corti : sei colonne con im inter- colunuio medio uguale all'intiera larghezza della cella. Egli non disconosce, ma non apprezza ab])astanza, rai pare, le difficoltä di un intercolunnio di almeno m. 4,80 (se cioe le facce laterali delle ante prolungate toccavano le periferie delle colonne, non i centri) mentre gli altri sarebbero di m. 1,25, poco piü di uu diametro. La trabeazione delle colonne era senz'alcun dubbio di pietra di Sarno o di tufo (travi di legno potevano congiungerla con la cella): cosi soltanto si spiega la strettezza degli intercolunni sui lati lunghi, Sarebbero dunque stati di pietra gli altri architravi, di legno quelli medii dei lati corti, ciö che e poco probabile. Del resto, siccome la faccia del muro di fondo ne corrisponde con l'asse delle colonne, ne con la loro periferia, a guisa di tangente, cosi mi sembra certo trattarsi di una coincidenza casuale, non di una corrispondenza in-

260 A. MAU

tenzionata. Ammettendo dimqne per i lati corti sei colonne senza corrispoudenza con la cella l'unica soluzione che non offra diffi- coltä alcima, si ottiene lo Schema deirantichissimo tempio C di Seliimnte : corrispondenza soltanto della facciata con diie colonne dei lati lunghi. mentre in genere a Selinunte la noncorrispon- denza e propria dei templi piü antichi (Benndorf Metopen v. Se- lin. p. 21).

La pianta dei Sogliano distingue nello stereobate le parti an- tiche ed i ristauri moderni: si la lunghezza che la larghezza do- yevano essere quasi esattamente quali ora si vedono : la lunghezza, di m. 27,185 (sul lato d.) rimane di m. 0,31 sotto cento piedi di 0.275.

Quel basamento tondo rimasto in piedi nella cella si e chiarito che vien sorretto da un masso quadrangolare, il cui lato sin. coincide con l'asse dei tempio. Tanto questa coincidenza che la soliditä della fondazione vietano di pensare alla meschina ricostruzione dei tempi posteriori : evidentemente accanto a quel masso ve ne stava un altro, tolto poi dopo la distruzione dei tempio. Quanto perö alla base stessa, tonda e rastremata, senza modanatura di sorta, e difficile non crederla ridotta da un tamburo d'una colonna dei tempio stesso, posto li dopo la distruzione. Siccome poi quella fondazione quadrilunga sta piü vicina all'ingresso che al fondo della cella, cosi abbiamo a scegliere fra due ipotesi: o vi stava non l'imma- gine della divinitä, bensi un altare (o mensa che fosse) posto avanti ad essa, oppure quel masso e Tavanzo d'una fondazione quadrata composta di quattro massi simili, la quäle poteva sorreggere una grande immagine di divinitä seduta (^).

Quelli poi che sulle rovine stabilirono un modestissimo san- tuario, collocarono quel rocchio di colonna sia che servisse da base sia da altare sul masso rimasto nel suolo, poco curandosi della posizione non simmetrica.

Furono trovati pochi frammenti di terrecotte architettoniche (Von Duhn e Jacobi tav. VI. VII), fra cui uno dei quäle par certo appartenesse alla medesima slma di cui fece parte l'arcaica testa di leone, e che conferma in tal modo la congettura con la quäle

(^) Quest'ultiraa idea mi fu suggerita dal dott. Sauer, quando neH'estate 1891 visitaramo queste rovine.

HIIiLIOGKAl-'IA I'OMPEIANA 26t

il Fiorelli aveva attribuita quella testa al tempio in discorso. Di altri frammenti i sigg. Von Duhii o Jaeobi rilevano la grandis- sima somiglianza con terrecotta di Siraciisa e Gela (riprodotte tav. VII flg. 3. 4) che secondo loro stanno in strettissima rela- zione cou quelle del (hesauros de' Geloi in Olimpia (Dörpfeld ecc. Die Venoendung von Terrakotten etc. p. 11), il qnale, nelle sue parti piii antiche, rimonta al VI secolo. Cosi anche la testa di leone essi (p. 16) la ritengono piü arcaica di vari moniimenti ana- loghi appartenenti alla metä del V secolo. Se nondimeno credono possibile ascriverla al V e anche al IV secolo, e vedono puuti di contatto fra essa e quella del tempio d' Apollo (Von Rohden tav. II), non posso seguirli, e confesso che quei punti di contatto con mi riesce afterraiii.

Fra i piccoli oggetti meritano menzione i seguenti.

1. Appie di quella specie di base o basso miiro che sta ac- cauto al muro d. e parallelo ad esso, si raccolsero tre frammenti delle gambe d"nn cervo in terracotta, di grandezza piü che natu- rale, giudicati arcaici dal Milani (Sogliano p. lO). Gli autori di ambedue le memorie sono propensi a credere quel cervo collocato anticamente suUa base stessa, come arma parlante della divinitä (Apollo? Artemide? Ercole?) venerata nel tempio. In fatto, non trattandosi d"un frammento isolato ma di tre pezzi, e siccome un cervo cosi grande non vi era certo che in un sol luogo e con un siguißcato speciale, cosi la congettura non maiica di probabilitä; cf. anche la pittura Heibig 252, che mostra nn cervo sopra una base accanto ad un tempietto,

2. Piü centinaia di piccolissimi vasetti di creta grezza, dichia- rati non seuza probabilitä per lucernine dai sigg. Von Duhn e Ja- eobi (p. 13), trovati a poca profonditä, la maggior parte nella cella, altri sotto l'ambulacro, alcuni appie del lato S dello stereobate.

3. Parecchi frammenti di vasi dipinti di fabbrica locale, del genere in uso nella Campania fin dal IV secolo; nessun frammento piü antico.

Varie qnestioui riguardanti il tempio furono toccate dagli au- tori delle due memorie.

II von Duhn propende a riteuerlo meno antico di quanto ge- neralmente si crede. Nei templi dell'epoca arcaica, dice egli. ne la cella ha tanta larghezza in proporzione della lunghezza, ne e tanto

262 A. MAU

profondo rambiilacro. E siccome il non essersi trovato alcim fram- mento di vaso che acciisi im'epoca anteriore al priiicipio de] IV se- colo, e per lui un indizio crouologico. cosi vorrebbe credere il tempio costrutto nel IV o V secolo. Qiianto al carattere assai piü arcaico delle terrecotte architettouiche, compresa la testa di leone, e la somiglianza del capitello con quelli dei templi piü antichi di Pesto e di Seliuunte, non posteriori di certo al VI secolo : fra i barbari. dice egli, e senza contatto coi centri della coltura greca le forme arcaiche, iina volta ricevute, potevano conservarsi piü a lungo. A me sembra che qiiest' ultima considerazione sia fuori di luogo trat- tandosi d'im porto di mare vicinissimo a tioreuti colonie greche, fra una popolazione assai accessibile alla coltura greca. Un tale ragionamento sarebbe buono per spiegare in certo modo, se indizii sicuri ci conducessero ad im'epoca relativamente tarda, l'uso di forme arcaiche, non perö per stabilire, nella mancanza di altri argomenti, la data della costruzioue. 11 carattere decisamente ar- caico delle terrecotte, ed in ispecie della testa di leone ; la forma del capitello, che e quella dei piü antichi templi di Pesto e di Se- linunte; le 18 scanalature invece dei 20 del canone dorico; le co- loune corrispondenti agli angoli della cella soltanto nelle estremitä auteriori dei lati luughi: tutto ciö ci conduce nel VI secolo. Che la maggior larghezza in proporzione della lunghezza non sia un buon'indizio cronologico, lo ammette anche il von Duhn; in fatto Chi vorrebbe sostenere che nei tempi antichi ogni tempio avesse tutti quei compresi che si osservano in Selinunte? E sopprimendo p. es. nel tempio D di Selinunte la parte media, il thesauros, il rimanente avrebbe press'a poco le proporzioni del tempio pom- peiano, anzi la larghezza sarebbe maggiore. La proporzione poi fra la profonditä degli ambulacri laterali e la larghezza della cella e press'a poco quella del tempio F di Selinunte, che si ascrive al sesto secolo, Ne attribuirei importanza alcuna al ritrovamento di frammenti di vasi non anteriori al IV secolo. Furono trovati, a quanto mi si dice, nell'ambulacro, la maggior parte ad una pro- fonditä non minore di m. 0,40 (V. Duhn p. 12), vale a dire sotto il paviraento (ancora ben riconoscibile), il quäle, per conseguenza, dev'essere posteriore ai piü recenti fra quei cocci, e deve aver rim- piazzato un pavimeuto piü antico ; e soltanto in occasione di questo rinnovamento i cocci potevano venire in quei posto; uulla dunque

BiBLIOGRAFIA POMPEIANA 263

di piü naturale che l'assenza di frammenti piii antichi. Tiitt'al piü in favore d'ima data piü recente si potrebbe far valere l'assenza di altri edifizii egualraente antichi (mancano i mezzi per stabilire Tetä del muro di cinta); nia sarebbe pericoloso il dare ad argomenti simili la prevalenza su qiielli derivanti daH'esame del monumento stesso. La cittä che noi vediamo, con la sua rete stradale tauto regolare, fu senza dubbio foudata secondo im piano prestabilito. Ma clii ci assiciira che prima di tale fondazione il liiogo fosse disa- bitato, che non vi fosse in fine una cittä piü antica, della quäle il tempio potrebb'essere l'unico avanzo?

A quäle divinitä era consacrato il tempio ? Forse Apollo (So- gliano p. 198. Von Duhn p. 28) ; il quäle e additato dai frammenti del cervo e da una statuetta raccolta appie del muro di sostegno S. Si avverta perö che tutto ciö si spiega egualmeute se il tempio era sacro ad Artemide. Del resto, per quanto siano deboli gli in- dizii, nessun altro nome puö dirsi con qualche ombra di fondamento.

Quando fu distrutto il tempio? Ambedue gli autori, supponen- dolo di Apollo, mettono in relazioue il suo abaudono con la costru- zione dello splendido santuario del medesimo dio accanto al foro, costruito neU'epoca «del tufo ". Qui si tratta di una ipotesi fon- data :-opra un'altra, vale a dire di cosa assai incerta. Del resto appena vi e qualche indizio sul tempo della distruzione. Credetti una volta (Overbeck ^ p. 86) di averne trovato uno, che cioe il pa- vimento del santuario stabilito sulle rovine presupponesse un into- naco delle pareti in parte distrutto, e non fosse per couseguenza il primo pavimento di quel santuario; ma si e chiarito non trat- tarsi che di avanzi d'intonaco aderenti alle pietre adoperate per la costruzione. Cosi soltanto lo stato assai logoro del pavimento ac- cenna ad un tempo non prossimo alla catastrofe finale. Uu altro indizio lo credono di aver trovato, con im ragionamento molto sot- tile, i sigg. Von Duhn e Jacobi. Dalla poca conservazione delle fondamenta sul lato S, dalla pendenza, certo non originaria, del terreno su quel lato, essi concludono che la rovina fosse cagionata da un cedimento del terreno verso S, non avendo bastato al suo ufficio il muro di sostegno del foro triangolare, meutre il tempio (cosi credono) non fu fondato suUa roccia viva. E siccome in fatto sul quel tratto del muro di sostegno che corrisponde al tempio, gli antichi massi di pietra calcare si vedono rimpiazzati con im'opera

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incerta in lava, simile a quella delle parti piü recenti del miiro Ji cinta. cosi credono il tempio caduto prima di quel rist-auro del rauro di cinta, che fii fatto in opus incertum, probabilineute poco prima della guerra sociale (0 verbeck ^ p. 43). Ma lo stilobate e fondato sulla roccia, sul lato d. a m. 2,04, sul lato sin. a 2,50 sotto il pavimento del tempio. Tale fondamento manca in qualche parte, ma in nessim punto fu ti'ovato spostato; ed ove manca, tale mancanza coincide quasi sempre con qnella dei gradi onde era pre- ceduto (Sogliano p. 194): vale a dire che le parti mancanti furono tolte e adoperate ad altri iisi dopo la distruzione. Contradice poi alla suddetta ipotesi l'integritä degli strati di terreno che interce- douo fra la Ibudazione e il mm*o di sostegno: appie della parte antica dell'infimo gradino del lato S fu trovata terra rimescolata tino a m. 0,90, quindi terra vergine compatta fiuo a m. 2,50, vale a dire fin sulla roccia vulcanica. Debbo questi particolari all'ami- cizia del prof. Sogliano e dell'ing. Cozzi, i quali, per chiarire ap- punto l'ipotesi in discorso fecero tre saggi ßu sulla roccia: imo sul lato N presso quella colonna che era la quarta a coutar dal- Tangolo NO, uno quasi incontro sul lato S, il terzo suUo stesso lato S piü verso E, ove l'infimo gradino e antico. Rimane dunque incerta la data della distruzione.

Che dopo la distruzione fosse costruito sul posto della cella un modestissimo sacello. lo osservö il Mazois (IV p. 28) il quäle anzi disse che a piü riprese fossero fatti tali costruzioni ; lo riaffermai io (Overbeck ^ p. 85) e lo riconoscono i sigg. Von Duhn e Jacobi (p. 19) raentre il prof. Sogliano (p. 1(3) ne dubita e crede d'origine moderna tutti que' muri che non stanno sopra le fondamenta del- l'antica cella ; in fatto essi non discendono in alcun punto piü di m. 0,40 sotto il pavimento del tempio (Von Duhn p. 20). e per la maggior parte delle pietre visibili sul lato sin. e chiaro che non hanno mai formato un vero muro, ma furono messe li, senza dubbio in tempi moderni, per segnarne la direzione. Perö un uomo come Francesco La Vega avrebbe egli fatto segnare i lati posteriore e sinistro non simmetrici a quegli anteriore e destro, se non ne avesse trovato qualche indizio? mentre tutto si spiega, se egli trovö press'a poco nello stato attuale le parti composte di pietre piü grosse, il muro posteriore cioe con l'angolo a sin. Ne io avrei alfermato l'esistenza del santuario ricostruito in tempi antichi, se non avessi

HIHI.IOGK.VKIA l'OMI'KIANA 265

osservato avanzi di uu paviinento in signi/ium, adereiite alla base summenziouata (p. 2i)0) che sembra fatta da im rocchio di colonua, e all'angolo SO (Sogliano p. 192. Von Duhu e Jacobi p. 7), poste- riore dunqiie alla distnizione od alla ricostnizione. II prof. Sogliauo crede moderne qiiel pavimento, e afterma essere stato trovato sotto di esso im compatto strato di cenere. Non so se quest'ultimo sia identico con lo strato di cemento grigio, alto m. 0,14, osservato dai sigg. Von Duhn e Jacobi : in ogui modo e atlatto incredibile, e sarebbe senza esenipio, im pavimento del tutto simile al sigmiium antico, fatto fare dal La Vega a cielo aperto, in im recinto da lui arbitrariamente ricostruito. Per me non v'ha dubbio che quel pa- vimento non sia antico e appartenga al sacello ricostruito in im tempo non troppo vicino airultima catastrofe. L'assenza di solide fondamenta me la spiego cosi, che la ricostnizione dovesse essere fin da principio attatto provisoria, che si avesse cioe l'intenzione di rimpiazzarla quanto prima con una costruzione piü solida.

Potrebbe darsi anche che la ricostnizione non consistesse che in un basso recinto, senza tetto. E ciö forse trova im'analogia in im avanzo d'edifizio dietro la basilica. Se ne parlerä forse meglio fra qualche anno, quando, progrediti gli scavi fino a quel puntö, sal'ä sgombrato dalle masse che ancora lo cuoprono in parte. Os- servo intanto trattarsi d'uu grande e solidissimo stereobate di 02nis incertum, largo quasi m. 11, senza il rivestimeuto (gradini?) di pietre quadre, lungo almeno 20 m,, del quäle e stato tolto antica- mente l'angolo SO ; e sormontato da un recinto largo circa m. 8 (la limghezza non e riconoscibile) aperto verso S in tutta la sua larghezza e munito d'ima soglia di « travertino ". II miu-o del recinto, grosso fra 40 e 50 cm., e bassissimo (meuo di 80 cm. sopra la soglia) e coperto sulla superficie d'uno strato di sigmimm (conservato in im punto del lato d. e in un altro del lato sin.), ciö che sembra pro- vare non trattarsi degli avanzi di un miiro piü alto, ma appunto d'im basso recinto che forse segnava il posto d'uu tempio da co- strim-si. Aggiungo la pianta per quanto e visil)ile ed il profilo dei lati anteriore e sin. quali si vedono nel taglio SO. Nel taglio del lato 0 fi^ e terra vergine, b riempimento anteriore, c riempimento posteriore alla costruzione.

Tornando al tempio del foro triangolare osservo ancora che a torto i sigg. Von Duhn e Jacobi (p. 20 ; tav. IV) ascrivono alla rico-

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A. MAU

struzione il fondameuto della soglia fra cella e pronao. La cella non fii, corne essi credono, allungata nella ricostnizione, ma la siia porta. con la soglia, stava lin da piincipio non nel vano dell'iu- gresso. ma avanti ad essi ; ciö che si veritica anclie in altri esempi, fra cui il piii notevole e il tempio di Giove siil foro di Pompei. liesta a dir poche parole intorno all'appendice deH'architetto Jacobi siii condotti pel fiimo e sopra im particolare nelle terme stabiane.

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E chiaro che nelle stufe de' bagni antichi l'aria rinchiiisa dietro le tegole mammate o nei tiibi delle pareti doveva avere imo sfogo per dare aria al fiioco. Ne constatai l'esistenza nei caldarii delle case « di Giuseppe II » e « del Fauno » (Bull. 1887 p. 134). Ora il sig. Jacobi ha osservato che due di tali aperture vi sono nella lunetta 0 del caldario delle donne nelle terme stabiane, mentre

niHI.IOGR.VKIA POMPEIANA 267

gli e sfugcfita la loro esisteiiza neiradiacente tepidario e nel tepi- dario degli iioiniui.

Nel caldario degli iiomini si osservano nel muro della schola labri diie tiibi che comiuciaudo aH'altezza del paviinento condu- cono in sn, e debbono, per quanto io vedo, aver servito al mede- simo scopo fin dal tempo quando il caldario si scaldava soltanto per mezzo del pavimento sospeso, senza pareti vuote (cf. Mau Pompej. lieilr. p. 187).

Descrissi a pag. 230 del Poinpeji (ed. 4) di Overbeck un sin- gulare apparecchio per tener calda l'acqua nelValveo del caldario delle doune. Sbagliai perö (e me ne souo accorto da vario tempo) credendo che quello speco. nel qiiale entrava l'acqua per stare a contatto col fuoco, avesse soltanto il fondo di metallo e fosse del resto murato. Invece ha tutte le sue pareti di bronzo ed e una specie di caldaia. Ciö e giustamente rilevato dal Jacobi ; egli ag- giunge (ciö che mi era sfuggito) che il fatto stesso fu avvertito dal Michaelis Ar eh. Zeit. 1859 p. 32, il quäle perö non riconobbe lo scopo deU'apparecehio. II fondo della caldaia sta a m. 0,17 sotto il livello del fondo <)i€\S^alveu8\ l'autore spiega tale diiferenza con l'intenzione di far restare qualche acqua nella caldaia quando si vuotava Valveus, per nou farla danneggiare dal fuoco rimasto ac- ceso. Ma siccome senz'alcuu dubbio quando il fuoco era acceso la yasca era piena, cosi non si comprende bene una precauzione per un caso che difiicilmente poteva avverarsi. Forse con la diiferenza di livello si voleva ottenere che l'acqua riscaldata nella caldaia si mescolasse meglio con quella piii tiepida deWcäveus. L'autore da sulla tav. IX accurati disegni äeWalveus e della caldaia.

L' apparecchio in discoiso non e, come sembra credere l'autore, un fatto isolato. Nel caldario degli uomini la parte relativa non e conservata; ma nell'istessa maniera l'acqua doveva mantenersi calda nelle terme « centrali " (Bull. 1877 p. 220) ed in quelle ultima- mente scoperte (Bull. 1888 p. 203). Non e poi che un malinteso quando egli crede che nelle tbrnie Stabiane manchino le tre caldaie descritte da Vitruvio: da esse l'acqua entrava neU'alveo, e scolava ' continuamente nella stessa misura ; la caldaia descritta dall'autore non serviva che per mantenerne la temperatura.

2G8 A. MAL-

Statua di 3Iareello uipote di Aiigusto. Memoria letta all'Ac- cademia di arclieoloo-ia Lettere e Belle arti uella tornata del 15 duguo 1890 dal socio strauiero Augusto Mau. Na- poli 1890 (Estr. dal vol. XY uou ancora piibWicato degli Atti della R. Accadeinia di Archeologia Lettere e Belle arti).

Ho cercato di mostrare in qiiesta memoria che la statua vi- rile trovata iiel macello (" Pantheon ") di Pompei e creduta comu- nemente Dni^o giimiore (BernoiiUi Ikonograi^hie II, 1, tav. VIII) rappresenta, secoudo tiitte le probabilitä, Marcello, nipote dAugusto. II costmne eroico indica uu principe imperiale, il quäle perö non ha affatto il tipo della famiglia Claudia. Non va d'accordo in ispecie coi ritratti di Druso giuniore, che per mezzo delle monete possono veriücarsi ; non pu6 credersi neanche uno dei tigli maggiori di Ger- manico, essendo troppo diverso il tipo da quelle ahbastaüza cono- sciuto di Caligola ed Agrippina minore, mentre tutti gli altri Claudii sono esclusi sia per i loro ritratti conosciuti sia per altre circostanze. Non puö neanche rappresentare uno de' tigli dAgrippa G. e L. Cesare e Agrippa Postume sia per quanto risulta dalle loro monete che per la loro somiglianza, presumibile in se stessa e attestata da Macrobio II, 5, col padre, tinalmente per quanto sappiamo dei loro caratteri. Non rimane dunque che appunto Mar- cello, il quäle era patrono di Pompei ed aveva una statua auche sul foro triangolare (C. /. L. X 882). E trattarsi di una persona che avesse una relazione speciale cou Pompei, lo rende probabile un busto in bronzo del museo di Napoli (inv. 5584), che rappre- senta la stessa persona con forme macilenti che convengono 1)ene a Marcello, il quäle, appena adulto, cadde nella malattia che lo condusse o morte. Le tracce poi di una corona di metallo imposta alla statua iu discorso ricordano la corona d'oro con la quäle Au- gusto onorö la memoria del nipote (Dione Cassio 43, 30, 5. 6). II macello di Pompei sembra, nella sua forma attuale, posteriore alla morte di Marcello, ma e stato ricostruito sul posto d'un edi- fizio simile; e credibile che la statua. collocata prima in quest'edi- fizio piü antico, fosse accolta poi in quelle ricostruito. II mio risultato fu messe in dubbio da

BIBLIOGRAKIA POMPEIANA 269

L. A. MiLANi, Le receuti scoperte cli aiiticliita iu Verona. Verona 1891 (v. piii sotto).

L'autore crede che la statiia pompeiana rappresenti la stessa persona di iina bella testa trovata a Verona e uella quäle egli ravvisa Druso mat^giore. Nou e questo il luogo per discutere il ri- tratto di Druso : mi liniito a dire che non sono persuaso. Ma quanto all'identitä dei due ritratti, ognuna delle due teste presenta im tipo estremamente individuale, con tratti certo uon inventati p. es. la forma singolare delle orecchie nella statua pompeiana e nel tempo stesso dilleriscono talmente fra loro, auche uell'espres- sioue, tiera ed energica nell'una, fiacca e malinconica uell'altra, che nonostante ima lontana somiglianza nel profilo mi pai-e impos- sibile che possano rappresentare una stessa persona. Sara conti iiuato.

A. Mau.

18

GRIECHISCHE BRONZE

(Taf. VII).

Auf Tafel YII ist in drei Ansichten ein Bronzefigürchen abgebildet, welche Jos. Kopf in Rom erworben und mir sowohl in einer Institutssitzung vorzulegen, als auch hier zu publicieren freundlichst erlaubt hat. Nach Aussage des Händlers stammt dasselbe aus Unteritalien. Von dem dicken Kalk- und Oxyd-überzug hat Professor Kopf selbst die Bronze sorgfältig gereinigt, und dieselbe, da immer wieder ' bösartige grüne Flecken ' sich zeigten, mit Silberlösung leicht überzogen, durch welche wohl die Farbe aber nicht die Formen verändert wurden.

Von der Sohle bis zum Scheitel 106 mm. hoch, war die Figur früher mit einem kleinen Nagel durch jeden Fuss auf einer andern Basis als die jetzige befestigt, ein Verfahren, das den Verlust des 1. Crossen und zweiten Zehs mit dem Ballen und vielleicht auch durch Hämmern eine Abplattung der Zehen des r. Fiisses zur Folge hatte. Beide Nägel reichen aber gegenwärtig nicht mehr unter die Sohle hinab und berühren die jetzige moderne Bronzebasis nicht, an welcher die Figur vielmehr durch Löthung unter den Fersen haltet. Ausser den unten zu erwähnenden Ansatzspuren, hat die Bronze eine Menge ganz kleiner Schäden der Oberfläche, meist wohl von der Oxydation, ein Theil vielleicht Gussfehler, wenige auch von Bestossung. herrührend : der Gesammteindruck wird dadurch wenig beeinträchtigt.

Die Ausführung des Werkes ist nicht von äusserster Fein- heit : speciell von Nachciselierung vermag ich ausser am Haar und vielleicht an Augen und Fingern keine Spuren zu sehen. Die ganze Anlage aber, sowohl der eigenartigen Körperhaltung als auch der einzelnen Gliedmaassen ist von bewundrungswürdiger Wahrheit

E. PETERSEN. GRIECHISCHE BRONZE 271

und Lebendigkeit, wie sie nur von griechischer Künstlerhand herrühren kann, und in dieser liebensAvürdigen Einfalt und schlich- ten Natürlichkeit wohl auch von einem Griechen nur in den Zeiten der noch nicht völlig frei gewordenen Kunst. Diese bezeugt sich greifbar in dem gerundeten, zur Stirn stark abfallenden Hinterkopf, in der gradlinig gegen den Abschnitt hinab geführten Zeichnung des knappgehaltenen Haares, in der einfachen Linie mit welcher dieser Abschnitt sich um Stirn und Wangen herumzieht, in den scharfkantig und in hohem Bogen in den Nasenrücken übergeführten Brauen, in Form und Lage des Auges, welches in der Seitenansicht nur um ein Geringes verkürzt erscheint. Für die Bildung der Stirn mit der Umrahmung durch das Haar, die Profillinie bis zu der, nur etwas bestossenen, Nasenspitze, ganz besonders aber für die Bildung der Augen mitsammt der Einfassung der Lider wüsste ich nichts Ähnlicheres als den Kopf des ApoUon im Westgiebel des olympischen Tempels, (s. Archaeol. Zeitung 1883 Taf. 14), bei welchem dagegen der Hinterkopf minder hoch, das Untergesicht minder zurückweichend ist. Der Mund hat in der vortretenden Oberlippe einen knabenhaften Zug bewahrt, obgleich das Schamhaar nicht fehlt, auch dieses nach oben in der archaischen Form des stumpfwinkligen Dreiecks. Zu den Resten alterthümlicher Bildung rechne ich auch die überkräftigen Schultern. Ein stämmiger Bursche

STon' l'(Xo)g fxxcddex Yj tmaxaiSexa (Athen. I, 15«)

hat sich nackt auf beide Püsse gestellt; um möglichst sicheren Stand zu haben, ein wenig sperrbeinig und etwas auswärts die Füsse. Augenscheinlich gilt es einem starken Druck von oben Widerstand zu leisten, eine Last ohne Wanken zu tragen : Darum stützt er die Hände oberhalb der Kniee auf. In Fol^e dessen drängen sich die Schultern hervor, und sinkt zwischen ihnen Hals und Kopf ein. Die rechte und linke Körperhälfte entsprechen sich jedoch keineswegs, wie es auf den ersten Blick scheint, völlig genau. Vielmehr sind kleine wohl durchgeführte Abweichungen vorhanden, welche, beabsichtigt oder nicht, den Eindruck freier Natürlichkeit verstärken und unsere Bewunderung des kleinen Werkes steigern. Der 1. Fuss steht nämlich nicht allein ein klein

272 E. PETERSEN

.wenig mehi' auswäi'ts, sondern auch ein wenig zurück. In Folge dessen steht auch das linke Knie ein wenig tiefer als das rechte. Man könnte meinen, dass demzufolge die linke Hand ihre Stütze etwas höher hinauf suchen müsste: ganz im Gegentheil hält sie sich merklich näher am Knie; mag dies auf Berechnung wie z. B. dass die Hand durch die tiefere Lage des Knies etwas herab- Sferutscht sei beruhen oder nicht.

So steht der Junge da, seine Zeit ruhig aushaltend, mit etwas einfältigem Gesichtsausdruck, weder geistig irgend wie gespannt, noch körperlich zu irgend welcher Bewegung überzugehn bereit. Diese hinlänglich deutliche Abwesenheit jeder geistigen Spannung nun verbietet, ihn zu aufmerksamer Betrachtung irgend eines Gegenstandes oder Vorgangs so hingestellt zu denken, wie es sonst wohl, ich weiss freilich nicht, ob anders als bei Satyrn vorkommt. Auf einer kleinen Schale der Bruschischen Sammlung in Corneto z. B. ist einmal innen, einmal aussen ein alter Satyr in solcher Stellung nach links dargestellt, eine Fran betrachtend; und noch etwas drastischer gestaltet ist das Motiv bei einem kahlköpfigen Satyr an einem Trinkhorn bei Stackeiberg. Gräber der Hellenen Taf. XXV (vgl. Conze in der Zeitschrift für bildende Kunst 111 S. 164), welcher mit gespannter Aufmerksamkeit der Prüfung eines Weingefässes zuschaut. Bei der Bronzefigur, würde man ja auch den Geofenstand der Aufmerksamkeit ebensowenig vermissen wie voraussetzen wollen.

Ohne Zweifel ist der Barsch vielmehr in irgend einem Knaben- oder Jugendspiel der Palaestra begriffen, und mancher wird an das ' Bockspringen ' denken, wie man es heutzutage in Italien so Sfut wie in Deutschland ausüben sieht, und wie man es im Alterthum auch ohne ausdrückliches Zeugniss (s. Grasberger Erziehung und Unterricht I. S. 126) voraussetzen darf. Indessen wird auch wer dies Spiel nicht aus eigener Erfahrung kennt alsbald zwei Einwendungen machen oder anerkennen. Um dem mehr diagonalen als verticalen Druck des Hinübersspringenden Stand zu halten, stellt der ' Bock ' den einen Fuss weiter voraus. Noch nothwendiger aber ist es, um dem Springenden ein Hinderniss, und sich einen empfindlichen Stoss zu ersparen, das der ' Bock ' seinen Kopf möglichst vorneige. Die einleuchtende Lösung giebt ein kürzlich im Joitrjial of hellenic studies 1890 T. XII mit S. 279 veröffentlichtes Bild von einem

GRIECHtSCHE BRONZE 273

Krater von Altamura welches liierneben zu wiederholen die Ge- fälligkeit der englischen Herausgeber uns verstattet. Hier sehen wir einer Satyrfamilie gegenüber zwei glatzköpfige Satyrn nach links in der nämlichen Haltung wie unsere Bronze stehn, von

denen jeder einen gleichal- trigen Seh warmgenossen als Reiter auf seinem Rücken trägt.

In der That zeigt un- . sere Bronzefigur auf beiden Schulterblättern Spuren ei- nes andern Körpers , der hier einst aufsass. Deutli- cher auf dem rechten als auf dem linken Schulter- blatt, ist die Ansatz- oder Bruch-Fläche etwa 10 mm. lang und 2 mm. breit und verläuft von der Schulter schräg abwärts gegen das Rückgrat, völlig entspre- chend der Lage der Ober- schenkel jener zwei reiten- den Satyrn, deren Beine ja keineswegs den Ohren ihrer Träger nahe über deren Schultern nach vorn hängen. Dazu kommt, dass der Rüc- ken unserer Bronzefigur , etwas oberhalb der Mitte zwischen Kreuz und Nacken eine Einsenkung zeigt, wel- che am einfachsten durch den Druck einer Last sich erklärt. Alles, auch noch weiterhin zu erwälmende Umstände erklären sich un- ter der Voraussetzung eines

274 E. PETERSEN

wie die Satyrn des Kraters auf seinem Spielgenossen aufsitzenden Jungen, und da ein solcher ohne Zweifel besonders gegossen sein musste, um aufgelöthet zu werden, würde auch der geringe Umfang der Ansatzspur sich erklären. Nur dass diese auf beiden Schultern fast weniger wie eine Löthungstelle, denn wie der Abbruch eines Körpertheils aussieht, was doch nothwendig falscher Schein ist.

Die Gruppe, von der uns in der Kopfscheu Figur nur ein Theil geblieben ist, stellt also ohne Zweifel ein Knabenspiel dar auch die ovTiSicvol ac'cTVQoi sind ja nur alte Knaben , und zwar handelt es sich augenscheinlich nicht um die einfachste Art. solches Spieles, wobei ein Knabe auf den Schultern des andern wie auf einem Reitthier sich herumtragen lässt, denn unser Träger steht ja still, offenbar, um dem Getragenen die Möglichkeit zu irgend einem Vornehmen zu gewähren.

Unsere antiken Zeugnisse (') lehren uns nun zweierlei Art des auf dem Rücken Tragens kennen, die eine f r xotvIi] geheissen oder ^(fedoi^Lir und effsÖQKfaog, die andre iTTiraffzl xcc^C^eir , oder iTTTtäda (auch Kvßr^aird'u?), beide nicht sehr scharf geschieden, vielmehr sogar offenbar ungenau als dieselbe Sache, nur verschieden benannt, hingestellt. Bei jenem bietet der Träger in den rückwärts verschränkten hohlen daher der Name ey xorvli] Händen dem andern eine Stütze, in welche dieser das Knie steumiend sich hinaufschwingt, um oben auch wohl eine mehr sitzende Haltung einzunehmen, mit einer oder beiden Händen auf die Schultern seines Trägers bequem sich stützend. Diese Art steht auch Mädchen wohl an. Die andeu Art, wobei der Getragene rittlings auf des Trägers Rücken sitzt, ist, von bakchischer Unsitte abgesehn, wo erwachsene Frauen also auf alten Sat^'rn reiten, nur für Knaben üblich. Beide haben aber das gemein, dass sie sowohl für sich selbst schon als Spiel ausgeübt werden, als auch nur einen Theil eines andern Spieles ausmachen. Als Spiel für sich sehen wir das iTTTcaari kleinen Knaben von grösseren, namentlich im bakchischen Kreise bereitet; ebenso das weit graziösere, er xorvhj in Terracotten, überall wo ein Mädchen oder Eros, sich ruhig einhertragen lässt.

Q-) Ueber ir xoTv'/.t] und icpeäQiafiog bei Pollux 9, 119. 122, Atheiiaeus XI S. 479«, Hesychius, Eustathius zu IL 5, 306 S. 550, 3 und 22, 494, S. 1282, 54; über imruaiL bei Hesychius, Pollux 9, 119 s. bei Grasberger a. a. 0. 1 S. 106; 109, 160;Eobert, Arch. Zeit. 1879 S. 78, Anzeiger 1889 S. 59.

GRIECHISCHE BRONZE 275

ohne dass noch an ein weiteres Thun des einen oder anderen Theiles zu denken wäre.

Als Schlussact eines andern Spieles wird uns besonders deutlich 61' y.nrvh^ von Grammatikern beschrieben, und genau übereinstim- mend (') anschaulich gemacht in einem Vasenbilde, Arch. Zeitung 1879 Taf 5 mit S. 79, Baumeister, Denkm. S. 781 ; besser als auf einem früher bekannten schwarztiguren Momim. ined. d. last. I Taf XLVII b, wo zwei Träger und zwei Getragene sind, aber dem Träger nicht durch Zuhalten der Augen die Aufgabe erschwert wird, und auch der wesentlichste Zug nicht wie in jenem rothßgurigen Bilde zum Ausdruck kommt : dass nämlich der Träger im vorauf- gehendea Spiel des Zielwerfens unterlegen ist, und nun dem Sieger frohndet, bis er sich durch glückliches Finden des Zieles im Blinden gelöst hat (-). Dass in diesem Spiele der Sieger auch rittlings von dem Besiegten getragen sei, ist nicht bezeugt, ausser etwa dadurch, dass Pollux 9. 11(3 für jenes Tragen mit geschlossenen Augen beide Namen : h- xorvXi- und irrTrädu, angiebt.

Dass aber grade in letzter Art sich der Uebermuth des Siegers kundgiebt, zeigt uns das Horazische (Epod. 17, 75) vectabor Immer is tum ego immicis eques und die Scene der Plautinischen Asinaria 3, 3, 169, wo der Herr seinen übermüthigen Sklaven auf den Kücken nehmen muss. Und wenn bei einem Spiel, dem Anwerfen des Balls, o ]tttJ' IjTtmiibvoq brog exaXeTro xcd ttccv e'rcoui t6 TiQOQTayß-bV, 6 Jt vixon- ßaiJiXsv^ rs rjV xcd STTStaTTei' (Pollux 9, 106), so ist doch wohl das Nächstliegende, dass der ' König " den ' Esel ' zum Reiten benützt.

Mit dem Balbspiel verbindet sich nun aber auch sonst noch ev xovvli] wie iTTTcaati, und im Ballspiel findet denn auch unsere Bronze ihre Erklärung.

In Terracottagruppen (•') , welche einen Knaben oder ein

(1) Die einzige nicht zu verkennende Abweichung ist, dass nicht ein Knie in beiden verschränkten sondern in jader Hand Händen, besonders gehalten ein Knie ruht, so wie öfters ein Knie des alten Anchises in einer Hand des Aineias, der in der andern seine Wafen trägt. Vgl. z. B. Ifuulez C'hoix pl. XV f.

(2) Dass die Dar.stellung, sich auf dasselbe Spiel bezieht, ist doch unmöglich zu leugnt-n, wie Dilthey Arch. Zeit. 1873 S. 74, 9 und Robert a. a. 0. S. 81 thun. Der ö'ioQog steht aufgerichtet, der 6Vo? trägt seinen ßreai?.€i'g, von den unverdeckten Augen abgesehen, abenso Avie dort, auch grad auf den (fiooog zu.

(3) z.B. Heuzey, Les figurines etc. pl. 33; Rayet, Monuments de fart ant. vol. II. Kekule, Die antiken Terracotteu II Taf. XLVI.

276 E. PETERSEN

Mädchen f^f xotvIij von einem anderen getragen darstellen, erscheint der Getragene nicht immer, wie vorher gesagt wurde, in ruhigem Genuss seines Triumphes ; sondern einmal die Rechte hoch erhebend, und dass es ausholend zum Wurfe geschieht, lässt ein andres Exemplar vermuthen, wo der Getragene einen purpurnen (s. Ana- kreon, fr. 14B) Ball, wie Heuzey S. 20 gewiss richtig gesehen hat, zwar noch ruhig in der Hand hält, aber doch wohl nur, um ihn bald zu werfen. Da die Trägerin dabei jedesmal lebhaft vorschreitet, kann es sich nur darum handeln, dass mit dem Balle einer getroffen werde, der dann vermuthlich die Rolle des Trägers übernehmen rauss. Ein unteritalisches Vasenbild ( Vases Lamherg I. XL VII) rückt eine solche Gruppe von Eros auf eines Mädchens Rücken in die Schaar der Spielgenossen ein ; aber nicht nur ist das f »• xon'//; (durch Restauration?) entstellt, sondern es fehlt dem Eros auch sowohl der Ball als eine bezeichnende Haltung, so dass das Laufen der Trägerin keinen Sinn zu haben scheint. Dass die Gruppe gleichwohl ins Ballspiel gehört, machen die umgebenden Figuren, drei Mädchen und ein Eros klar, die allesammt mit Bällen spielen, nur jeder für sich ; eine spielt Fangeball, zwei andre augenscheinlich die von Pollui 9, 105 beschriebene üttöqqu^ic, das Niederschlagen des vom Boden emporspringenden Balls, wobei die Zahl der Sprünge gezählt wurde ebenso wie beim Anwerfen, doch gewiss zu dem gleichen Zweck, um durch grössere und geringere Zahl Sieger und Besiegte, ßuaütvg und oroc zu bestimmen; was bei ihnen folgen wird, das zeigt also veilleicht jene Gruppe, in welcher jetzt Eros das Siegerrecht der vorausgegangenen ccTroQQa'Sig übt. Jedenfalls können diese laufenden Trägerinnen des Ballwerfens nicht zur Erklärung unserer Bronze dienen.

Ein andres Ballspiel ist, wie Robert a. a. 0. erkannte, auf einer feinen attischen Scherbe dargestellt, welche von Benndorf, Griech. u. Sicil. Vasenbilder Taf. XXXVII, 5 abgebildet ist. Der Kranz darüber zeigt durch die Richtung der Blätter, dass der Ballwerfer mit seinem Gegenüber die Mitte der Composition bildete; ausser den zwei weiteren Mitspielern links und rechts waren vielleicht nie mehr dargestellt. Weiss und Thonroth scheint hier nicht zur Unterscheidung der Geschlechter zu dienen, und kein Grund, den Träger des Ballwerfers für ein Mädchen zu halten ; ist doch auch grade der Rest seines Gesichts thonroth. Robert hat die Situation völlig richtig durch Vergleichung eines noch heut im

GRIECHISCHE BRONZE 277

nördlichen Griechenland üblicheu Ballspiels erläutert. Es ist das von den Alten ifuivivStc genann:e, von dem wir nicht blos die Erklärungen der Grammatiker (Pollux 9, 105, Etymol. Mag., Suid. Phot. s. V. (fi-tric; Eustath Schol. Od. 5, 115, Hesychius s. v. i(ferivda, vgl. Grasberger a. a. 0. S. 90) haben, sondern auch von Antiphanes bei Athen. 1, 15« eine originale anschauliche Schilderung der lebliaften Action des letzten Siegers, dessen, der den Ball hat und werfen soll, aber so zu Averfen sucht, dass von den rings zum Fangen bereiten Spielgenossen keiner oder nur ein Begünstigter ihn fängt. Denn wer ihn fängt ist König, und der gewesene König muss sich vermuthlieb ihm als Esel bequemen. Dass der Sieger den Rücken eines andern besteige, um nun sei- nerseits den Ball zu werfen, wird nicht ausdrücklich gesagt, und auf einem von Gerhard Mysterienbilder Taf. XI = EUle ceram. IV, 75 abgebildeten apulischen Vasenbild scheint Eros stehend mit zwei Frauen (faivivöa zu spielen. Aber wo der Wetteifer so angeregt Avird, wie uns Antiplianes zeigt, kann die Auszeichnung des Siegers nicht gefehlt haben, und auf dem Benndorfschen Vasenbilde sitzt er die Kleinheit des Knaben ist schwerlich etwas andres als ungeschickte AVahrung des ' Isokephalismus ' that- sächlich auf dem Rücken seines oroc. Bevor noch die Frage auf- zuwerfeu, welcher Art hier das Aufsitzen gewesen, ist ein Wort über das nothwendiger oder natürlicher AVeise verschiedene Ver- halten des Trägers zu sagen, je nachdem der Getragene, wie bei ipaivh'da, bis zum letzten Augenblick Freiheit, nach jeder beliebigen Seite zu werfen, haben musste, oder, wie dort gemeint schien, den Ersten Besten zu treffen suchte. In diesem Fall könnte der Träger durch Nachlaufen helfen, im andern hätte er dadurch jenem die Bewegungsfreiheit beschränkt; er musste vielmehr, der rasch nach entgegengesetzten Seiten hin sich wendenden Bewegung seines Reiters wegen, selbst unerschütterlich stehn.

Vielleicht könnte man auch die Art des Aufsitzens schon a priori für des qunirda- Spiel bestimmen, in dem man sagte, dass die Bewegungsfreiheit beim iTtnaari grösser sein muss als bei €v xovvXrj. Fragen wir aber lieber, welche von beiden Arten ist thatsächlich auf der Vase zu erkennen? Beachtet man, dass die Kopfhöhe des Trägers im Verhältniss zu derjenigen des nächsten Knaben rechts, der doch auch so lebhaft ausschreiten muss wie gewöhnlich die ^y xorvli^ Tragenden, erheblich tiefer ist, so wird

278 E. PETERSEN, GRIECHISCHE BRONZE

man zugeben, dass jener Träger kaum anders gestanden haben kann als unsere Bronze, und man wird es ganz unmöglich linden, dass der Getragene bei seinen so viel kleineren Proportionen f-^r xoTvXt. aufeehockt habe. Bei letzterer Art dürfte es auch nicht so leicht möglich sein, und jedesfalls kommt es. so viel ich sehe, nicht vor, sich mit Hand und Arm, so wie es der oben Sitzende im Vasenbild thut, auf den Kopf des Trägers zu stützen, zugleich an den Hinterkopf desselben sich anlehnend. Genau an den entspre- chenden Stellen, dem Hinterkopf und auf dem Vorderkopf zeigt nun unsere Bronzefigur Ansatztlächen, während dazwischen, oben am Hinterkopf, das ciselierte Haar wohl erhalten ist, nebenbei bemerkt, ein weiterer Beweis, dass die Figur für sich ausgeführt war, bevor sie mit der andern verbunden wurde. So ergänzen sich die Bronze und das Vasenbild gegenseitig, jene den Träger voll- ständig darstellend, dieses den Getragenen zu einem Theile ; und für das beiden Fehlende tritt der Krater von Altamura nun noch um so beweiskräftiger ein, als es sich auch hier ja offenbar um Ballspiel handelt, wie der Herausgeber A. H. Smith S. 279 f. wohl bemerkt hat, an den ^'<fi-d Qiai.uk des PoUux erinnernd. Die Sache hat sich nur umgekehrt: der Ball ist in der Hand des Stehenden, der mit gekreuzten Beinen, den Stock unter die Achsel gestemmt, im Mantel gemächlich dasteht und, ohne jede Spur von Spieleifer, den Ball hinzuwerfen bereit scheint; die Reiter dagegen, zwei statt eines, h.lten die Hände zum Fangen bereit. Die Verdoppelung kann durch die gleiche Doppelzahl der ^'(fed'QiCorTeg jener unklaren schwarz- figuren Darstellung des Diorosspiels (oben S. 275) nicht erklärt werden. Das (/«n7'j'()'«-Spiel, regelrecht gespielt, ergiebt keine Situation wie die auf dem Krater dargestellte : ich glaube also, dass eben die Verkehrtheit der dummen Satjrn-und namentlich die zwei oroi lassen ja an Dummdreistigkeit, wie es scheint, nichts zu wünschen übrig das ist was der Vasenmaler darstellen, womit er eine komische Wirkung erzielen wollte.

Anders als jener Satyr mit dem Ball, aber freilich nicht in einer unmittelbar durch das Spiel gegebenen Haltung, steht die nach Zeit und Stil der Kopfscheu verwandte argivische Bronze da, in welcher Furtwängler (50. Winckelmannsprogramm der B.'rl. Arch. Gesellsch. S. 133) einen Sieger im Ballspiel sehen möchte.

Petersen.

UN RITKATTO DEL RE PIRRO D' EPIRO (Tav. VIII).

Oo-o-i che il Brunn e 1' Arndt hanno il merito di aver reso attualitä Viconogi-atia, merce la niiova intmpresa di Bruckmann, mi sembra nou dovere riserbarmi piü im contrihuto che sono in grado di dare. Si piiö cioe dimostrare, che l'erma (3150 del Museo Nazionale di Napoli, riprodotto di faccia e di profilo siüla tav. VIII e da dietro p. 280, rappresenta il re Piiro d'Epiro.

II husto in marmo trovato il 15 ottobre 1757 ad Ercolano nella villa dei papiri ('), per eccezione, restö senza nome. E pure vi sono bastanti segni che, da lungo tempo, l'avrebberö potuto far riconoscere. Vi e rappresentato im uomo ancora giovane, con linea- menti irregolari, ma pieni di carattere, i ein capelli contornano la fi-onte come nel ritratto di Alessandro. Ha un elmo raacedonico con guanciali fermati da piccole correggie che dal mento vanno alla nuca. Süll' elmo posa una Corona di foglie di qiiercia. Sulla nuca, sotto l'orlo deU'elrao, vien fuori il cappio di im diadema reale. II diadema indica il re, l'elmo (-) accenna ad im capitano e la Corona di foglie di quercia fa ponsare all'Epiro.

Veramente sarebbe con ciö giä finita la qiiestioue, giacche non si puö capire quäle altro re d'Epiro avrebbe avuto diritto di essere ammesso in una raccolta di capitani daU'ercolancse amatore del- l'arte (^). Se perö si vuol ancor piii davvicino stiidiare questa spie- gazione, la prova non puö che trarne vantaggio.

(i) Comparetti c de i'otra, La villa dei papiri, t. XX, 5. p. 275.

(«) Veramente secondo Plutarco XI, 9. Pirro portava un elmo con ci- miero e corne di capra prima che fosse perö re di Macedonia-

(3) Fuori delle piccole teste di bronzo trovate presse la biblioteca, i busti si son potuto sinora assesjnare soltanto a capitani: Archidamo, Seleuco. Demetrio, Filetero ; anclie gli altri re difficilmente saranno stati indicati altri-

280

j. six

La cosa piü importante e la Corona di foglie di quercia, poiche si piiö diraostrare che questa, merce Pirro, divenne d'uso gene- rale. In origine appartiene al Giove di Dodona e al paese d'Epiro. Giä suUe monete di xilessandro, figlio di Neottolemo, Giove porta

la Corona di foglie di quercia (') e i Macedoni, che nell'accam- pamento avanti a Beroia si vogliono iinire a Pirro, si ornano di

inenti che come capitani, quäle e anche la testa giovanissima coperta d'elmo. Tra i ritratti romani vi sono pure clue teste coperte d'elmo e un'altra, il cosi detto Scipione, fa peiisare ad imprese guerresche. (1) Head, Historia nummorum, p. 272.

TN RITRATTO DEL RE PIRRO d'ePIRO 281

foglie di qucrcia come vedono fare gli Epiroti ('). Ma la Corona Don acquista una importaiiza propria, che quaiido nel 278 Cataiiia incorona Pirro con una Corona d'oro ('-), giacche dopo non solo Nike porta trofeo e Corona di foglie di quercia nelle monete d'oro coniato da Pirro a Siraciisa (•'), ma anclie una moneta di bronzo di Siracusa ha una liaccola in una Corona di foglie di quercia {*).

Cosi anzitutto tale Corona appare isolata (''), quindi s'incontra ancora su bronzi di Pirro dove circonda spiga, fulniine ('') o elmo ("). Piü tardi si trova sulle monete della repubblica d'Epiro (288-1(38) quasi come attributo stabile (^), ma in quel tempo si vede anche altrove.

Da quanto s'e detto risulta che Pirro altamente pregiava la Corona di Catania, perö non che la portasse sulFelmo. Che peraltro egli solesse portare suU'elmo una corona, lo si ricava dalla notizia di Plutarco, quando narra la sua morte in Argo ('0, che egli cioe per rendersi meno facilmente riconoscibile si tolse dall'elmo la Corona. Certameute Plutarco non dice di quäle specie questa corona sia stata, ma da quanto si e detto non si puö pensare che ad una Corona di foglie di quercia.

Seuz'altro sarebbe giä da credere che sieno esistite imma- gini di Pirro; lo e perö anche aifermato e veramente per luoghi dove non poteva essere diflficile di trovarne una copia, in Atene("^) cioe e in Olimpia ('0- Anche a Roma sarä venuto certamente uu ritratto di Pirro colla preda di Ambracia ('-). Anzitutto si pense- rebbe ad Atene o a Roma, ma poiche l'Archidamo della stessa

(1) Plutarco, Pirro XI, 9.

(2) Diodoro XXII, pa,i,^ 496.

(3) Head, op. c. pag. 273.

(4) Head, op. c. pag. 161.

(=) Nella testa Rampini dubito se si debba riconoscere un Giove con Corona di foglie di quercia o un Isthmiorike nella cui Corona le foglie sieno riuscite troppo piccole.

(<5) Head, op. c. pag. 274.

C) Head, op. c. pag. 2Ö3. .

(8) Head, op. c. pag. 274-5.

(9, Pirro, XXXIV, 1.

0'') Pausaiiia, I, 11, 1.

('!) Pausania, VI, 14, 9.

(12) Polibio XX, 13; Livio XXXVIII, 9. 13.

282 j. six

raccolta proviene probabilmente da Olimpia ('), non e esclusa anche per Pirro qiiesta provenienza.

Abbiamo ancora uua terza ootizia, die veramente viene messa da parte, come io credo, senza ragione. Plinio scrive nella parte dettagliata del siio elenco di artisti (-) :

Hegiae Minerva Pyrrhusque rex laudatitr et celetisontes puerl ei Castor et Pollux ante aedem Jovis Toiiantis;

Ilagesiae in Pario colonia Hercules.

Se si tiene presente come debba esser sorta questa notizia di Plinio, ci meraviglierä cosi poco che il contemporaneo di Kallon e Onatas, di Kritias e Nesiotes sia stato riportato sotto le due varianti del suo nome Hegias e Hagesias, come che sotto il solo nome di Hegias sieno state raccolte opere dei tempi piü disparati. Gli celetisontes jmeri convengono perfettamente al vecchio maestro; oggi perö che conosciamo accanto a lui anche un Hegias del tempo di Claudio non possiamo fare a meno di attribuire a questo i Dioscuri iunanzi al tempio di Giove tonante (■^). Certa- mente e stato utile il riimire le diverse notizie che si collegano a un nome, ma non si dovrebbe diraenticare quante volte nell'an- tichitä venga scritto un nome senza altre aggiunte e non si vorrä far troppo carico a Plinio se giä cgli ha commesso l'errore che altrimenti avremmo commesso noi. Con sicurezza si ricava dalla notizia di prima soltanto, che un Hegias ha fatto quest'opera, un altro quell'altra, e che una di queste rappresentava il re Pirro. Non vi sarebbe ragione sufficiente di dubitarue.

Non e ora punto probabile che questo' re Pirro sia stato opera del contemporaneo di Claudio. La cosa piü semplice e il credere che questo nome non molto raro sia stato portato da un artista del tempo di Pirro (^). Non abbiamo mezzi perö per decidere se

(1) Wolters in questo Bullettino 1888 p. 113 seg.

(2) Nat. Eist. XXXIV, 78.

(3) Si deve perij guardarsi di volare identificare con questi i Dioscuri che oggi stanno sulla scala del Campidoglio, poiche questi provengono dal teatro di Porapeo (Michaelis in questo Bullettino 1891, p. 33).

{*) Tanto inutile quanto acuta e la congettura di Bursian, ehe fa Pirro uno scultore ed Hegias Hygieia. Del resto conosciamo un quarto artista di nome Hegias, cioe il pittore dei vasi. Klein, Meistersignaturen p. 186. II Weisshäupl tratta, neirEphemeris Archeologica del 1891, un caso identico, parlando della vecchia ubriaca di Mirone.

UN RITRATTO DEL KK I'IRRO d'ePIRO 28 3

egli abbia fatto il ritratto di Atene o la statua di Olimpia o in- vece im terzo lavoro. Non e perö iinprobabile che queH'opera, la cui fama arrivö sino a Plinio, fosse anche quella che servi di mo- dello alla copia, nel quäl caso avremmo una replica del lavoro di Hegias.

Pei- tornare a quest'opera, essa mostra nel disegno e nel concetto quello stile che deve il suo sviliippo a Lisippo, una ca- ratteristica che non disdegna di scendere alle particolaritä, rima- nendo perö larga nel concetto, un'arte che non cerca troppo il ge- nerale, r ideale, ma da l'individuale, senza perdersi nella riprodu- zione di dettagli non importanti.

Anche l'acconciatura dei capelli, che, come abbiamo giä, osser- vato, ricorda Alessaadro, accenna allo stesso periodo. Questo ci riporta alla persona rappresentata.

Ho trascurato appositaraente sinora le notizie suU'apparenza tisica di Pirro, in primo luogo perche esse poco ci fanno sapere, in secondo luogo perche facilmente si prestano a interpetrazioni diverse. Se ora combinano, tanto meglio.

E benissimo s'adatta la prima notizia di Plutarco('): 'Hv Ja o JliiQQOc iji /(tv td'ta rov TXQoOumov (foßeQMTeqov f^'yjoi' ij (fifAvöieQoi' T() ßaatXixör, a questo viso, i cui linearaenti sem- brano indicare grande energia ma son contratti da nervositä, come non di rado si vede in quelli che hanno i capelli rossi.

Anche la seconda notizia di Plutarco si puö usare, se a cor- reggerla non si trascura un piacevole aneddoto di Luciano.

Plutarco scriYe(-): Kai yccQ oipiv oiorTo xcu rüxog soixtica xctt xivijia roig ^AXe'^civÖQOV, xal rrjg (fogäq ixdvov xcd ßCag naqu tovg dycörag 8V tovto) (fxicig rivag oqccGdca xal [xtiir^f^iaTa, roh' ^itr aXXwv ßaailsü)v iv nogcfVQaig xal 6oQV(f(')Qoig xal xXi<Sei tQayrjXov xal TOI [xsTCov dialtyea-d-ai, [lorov de Hvqqov roTg onloig xal talg Xeo(fU' eTiiöeixwiihov rov 'AXe'§avdQov, e cosi non esclude per Pirro la posizione obliqua del coUo, ma gli attribuisce anche una reale somiglianza con Alessandro.

E vero perö che qni si tratta piü del carattere di Pirro che della sua apparenza, come si puö vedere anche da un passo della

(1) Pirro, III, 6.

(2) Pirro, VIII. 2.

284 .1. SIX, IN lUTRATTO DKL RE I'IRKO d'EPIRO

vita di Demetrio (0 e da im altro di Luciano (-) il quäle dopo autopsia del ritratto di Pirro conferma qiianto grande sia stata la ditferenza tra Pirro ed Alessandi-o. Ma iion posso tralasciare di co- piare il passe: xcd T/igooi' (fccal tor 'HrrfiQohtp', tu aXXa d^av- accGvov (<y6oa, ovroyg vno xoXäxon' inl tm ö/ioCro nort diacfO^a- Qrjvca, WC ntaTsveiv ort of-iotoc iqv \iXe'i((i'So(o axeiy(o. xa( roi. xo xd}\' novßixon' tovto, 6ig dia naaöjv ro Trqccy}.ia np' ei'Sov yuQ xccl Ti]v JJi'QOOv ttxövcc xal o[.io)g ejiänsKSro fx^f[.iäx^c(i rov \4).e^t'cr6Qov t)]v ;iOQ(f)]r... irrd yccQ ovtm 6iexeno o IJvoooc xccl rccvra vTttQ iavrov ^rrircHGro, ovStiq oüiig oi' ^vretC^STO xca ^vvtraöyfr avzoi, cr/ot di'j rig ev yiaoiadi] nQtüßvrtg ^e'vrj aihfo raXii^tg elnovGcc fTiavasr avzdr rrjg xoQv^r^g. 6 i^itr yctQ UvQQog sniötil^ag avrf^ dxova WikinTtov xcä Uf-QÖixxov xcd ^iXt'SdvÖQOv xcd KaüttvSoov xal aXX(j)v ßaCiXkon' rjotio ein n{,iotog el'tj, nüvv nsTieiGf^ikvog €7il rov 'A?.t^ard'oor T^^^ir avTtjr, rj Jt noXvv '/^qövov iniüyovaa^ BarQccyn'ani, sqrj, rrp /laytCgro' xal yccQ i]v rig sr ri] Aa- Qi<y(j}] BaTQayiiov iiciyeioog to Uvoofo ofioiog.

Avremmo dunque un re che in realtä assomiglia a un cuoco di Larissa. ma che s'immagina di avere grande soraiglianza con Alessandro. il che era realmente uella sua natura e ue' suoi gesti ma non ne' suoi lineamenti. E questo anche s'adatta benissimo ai lineamenti poco aristocratici su cui posa la chioma d' Alessandro, anzi mi parrebbe che in un rapporto vi sia una certa somiglianza con Alessandro, giacche in Pirro come in Alessandro i muscoli di una parte della testa e del coUo sembrano alquanto contratti. Non tanto perö quanto in Alessandro, e ad ogni modo Pirro ha sdegnato, di aumentarne Telfetto come Demetrio ed altri, tenendo il capo obliquo, come d'altra parte ha sdegnato di dissimulare la reale somiglianza con portamento forzato.

Quello che noi sappiamo della forza, del coraggio e degli altri tratti caratteristici di Pirro credo che molto beue si possa adat- tare a questa immagine, ma io lascio volentieri ad altri di dirao- strarlo ; penso invece di aver fatto qualcosa per lo studio dell'uomo. avendone indicato il ritratto.

Amsterdam, settembre 1891.

J. Six.

(1) Plutarco, Demetrio, XXXXI, 2.

(2) Aclvers. indoct. 21.

LE RECENTI SCOPERTE DI ANTICHITA IN VERONA

(Tav. IX).

Con gentile permesso del sig. L. A. Milani qni si ripubblica, toglicndo la parte cl'indole locale, la sua Relazione sulle recenti scoperte di antichitä in Verona, che egli il 20 gennaio delF anno oorrente indirizzo al sig. cav. avv. Allgusto Caperle, assessore dei lavori pubblici in quella cittä con lo scopo dichiarato di promuovere ulteriori ricerche e scavi nel luogo dove le dette scoperte erano avvenute. II desiderio di riprodurre quella relazione e motivato dal fatto che essa fu stampata dal Municipio di Verona in un ri- stretto numero di esemplari, per lo scopo locale anzidetto, e quindi rimase fuori di commercio, quasi ignota agli archeologi. Secondando poi il nostro desiderio , il chino Milani farä seguire una Aggiunta divenuta necessaria perle ulteriori pubblicazioni fatte dal Ghirardini nella Nuova Antologia 1891 p. 677-6S8 e dall'Orsi nelle Notizic dogli Scavi 1891 p. 5-17.

La TJed.

O

In linea di fatti, nel breve terapo che mi fii dato consacrare allo studio delle anticliitii rinveoute in piazza del Duorao, notai innanzi tntto:

l'iiso del marmo greco in varie statue (cfr. l'elenco dato piü innanzi p. 290) ed in alcuni membri architettonici, fra cui alcune cornici, frammenti di colonne scannellate ed un bei capitello d'ordine corinzio (diam. inf. mm. 0,55 ; raggio 0,28).

Tuso del marmo lunese, per risarcimento di alcune statue, per statue intere, e per membracure architettoniclie, fra cui, altro capitello d'ordine corinzio di proporzioni corrispondenti a quelle in marmo greco.

(1) Delle scoperte deirAnfiteatro delle quali faceva cenno nella parte della relazione soppressa diro in un altro fascicolo di questo BuUettino.

19

286 I- -^- MILAM

l'uso del manno locale veronese (cengia bianca di Verona), per cornici, altro capitello corinzio (diam. 0,53) e diie iscrizioni di bei caratteri ceut. 7), la prima molto consunta, sii base dedicata adi Dei Parenti:

{Düs) ?hKE'^{ibus) (Co)ELLIVS FRONTO V-S-L-M (')

La seconda su lastra sepolcrale frammentaria :

(Cf<)ESIVS L- L

{ffer)OS SIBI ET

(C)AESIAI L- L

ORNE

((7öZ)PVRNIAI

{')

Limpiego prevalente del raarmo greco pentelico o pario (a me parve pentelico) combinato coU'impiego piü scarso del marmo lii- nese, limita a primo tratto fra la nietä del sec. I a. C. ed i primi anni dell'era volgare l'epoca probabile dell'editicio cui appartene- vano i marmi di piazza del Duomo, imperocche e siillo scorcio del sec. I a. C. e propriamente sotto Augusto, che l'uso del marmo lii- nese comincia a generalizzarsi (V. Plinio, XXXVL 5, 14) e la cosi- detta exploitation delle cave lunesi, prima come materiale di costru- zione, poi come marmo statuario, non e anteriore, per qiianto so e posso vedere, alla metä del sec. 1 a. C.

(1) Parecchi altri sono i titoli veronesi dedicati agli Dei Parenti. cfr. C. I. L., \, 1 nn. 3284-3290.

(2j Cfr. riscrizione veronese dal Duumviro Augustale L. Caesio Nico- strato (C. /. L., Y, 1, n. 3383) e l'altra iscrizione veronese trovata presse il Duomo (C. I. L., Y, 1. n. 3360) dedicata a Q. Caesio signifero e M. Caesio veterano della Legione XIII Gemina. Parecchie altre sono le iscrizioni d'indole sepolcrale rinvenute in vari tempi nei pressi del Duomo v. C /. Z.. ^, 1, nn. 3334. 3.510, 3536, 3643, 3890, 3542, 3616, 3885, 3893-3895; Sgulmero, ßpigraphica quaedam, nn. 2,7 ; Notizie degli Scavi, 1884, p. 137-403 sg. 231; 1889 p. 214 seg.

I-E RECENTI SCOPERTE DI ANTICHITA IN VERONA 287

L'iiso del iTiarmo liinese, raro sotto Cesare (cfr. Cornelio presse riinio XXXVI, 7), era g\k divenuto freqiientissimo sotto Augusto (cfr. Strabone V, 1, 5).

Andrebbero d'accordo colla siiddetta data : un sesterzio di argento rotto e consunto, rinvenuto in piazza del Duorao ; la bella testa Cesarea di marnio greco con barbiila, olferta uella Tavola an- uessa (v. tav. IX ), e stata erroneamente attribuita ad Eliogabalo.

I sesterzi d'argeiito non si coniarono piii e caddero in disuso dopo il 43 a. C. (cfr. Mommsen-Blacas, Hlstoire de la Monaaie III, pag. 27) ; la testa con barbula (v. la fotografia, faccia e profilo, ueH'anuessa tavola IX) esibisce i tratti non dubbi di imo dei Claudi (cranio basso, fronte larga ed erta, naso aquilino, bocca fine ener- gicamente chiusa) ed in particolare, come io giudicai al primo ve- derla, quelli di Druso Seniore, tiglio di Livia, fratello di Tiberio, e padre di Claudio e di Gerrnanico.

Si confrontino i ritratti di Nero Drusus esibiti dalle monete, specialmente d'oro e d'argento, tenendo conto insieme dei tratti fisiouomici della madre Livia, teste accertati dallo Heibig (Bull, deirist. 1887 tavv. I e II), e tenendo presenti anche i ritratti degli altri suoi piü stretti congiunti: Tiberio, Gerrnanico e Claudio. Particolarmente dccisiva mi sembra la barbula ('), offertaci, pare, anche da un ritratto certo di Nero Druso in un rilievo, disgra- ziatamente ora sperso, trovato a Magonza (Fuchs, Geschichte von Maiiiz pag. 76; cfr. Bernoulli. Rom. Ikon., II, pag. 211), ed io anzi opino che, a cagion di essa, in presenza del ritratto veronese, debbasi rivendicare a Druso Seniore anche la bella statua con testa simile, fornita di barbula, trovata nel Macellum ai Pompei, o teste dal Mau riforita a Marcello, nipote di Augusto (-).

(1) Le piü antiche monete coii la effigie di Druso maggiore (Cohen, 2* ed. I p. 221 sgg.) sono tutte del tempo di Claudio, postume, ed onorarie, ed ü per ciö che manca costantemente la barbula [cfr. AggiuntaJ.

(2) Vi Mau, Lettura del 15 Giugno 1890 airAccadeniia di Archeologia di Napoli, uscita in questi d\. Prescindendo da qualunquc altro argomento, per Marcello, morto a 20 anni, quella statua pare a me soverchiamente virile [vedesi ora TAggiunta, dove modifico questo giudizio e dichiaro meglio anche il seguito della presente nota].

Io Credo che si debba riconoscere Nero Druso anche nella figura cen- trale eroica del rilievo di IJavenna (v. Conze, die Familie des Aui/ustus ein Relief in S. Vitale, ecc; Arch, Zeit. 1867 p. 110 sgg.; Bernoulli, Rom. Ikon.

288 I- A. MII.ANI

Yerona che al tempo di Augusto e Tiberio aveva giä fama di grande cittä {Oi'i]qou' y.cd avrrj rröXiq jitfy«A/., Strab. V. 1, 6), detta da Marziale (XIV, 195) mcKjiia, e da Tacito, colodiarn copiis validam (V), dovea piü d'ogni altra citta riconosceuza a Nero Druso

n, p. 254 tav. VI; fotografia Alinari N. 10251). Nclla flgura loricata ad. di Druso riconosco Agrippa (cosi interpreto anche Conze), nella flgura muliebre in piedi, Livia, e nella flgura eroica a sinistra di Livia, non Augusto come opino Conze, ma Tiberio, fratello maggiore di Druso, anche di statura piü alto di lui. Nella mezza flgura muliebre a s. poteva esser rappresen- tata lulia, identificata a Roma, seduta accanto ad Augusto come Livia nella gemma Augustea. Aucora piü sicara e per nie la rappresentazione di Nero Druso e di tutta la famiglia dei Claudi nel rilievo deH'flr« Pacis Aupustae (a. 13-9 a. Cr.) edito dal Dütschke, Ueber ein röm. Relief mit Darstellung der Familie des Augustvs, Hamburg 1880, e da v. Duhn, Mon. delVIst., XI tav. 34-35 n. 7 (cfr. Ann. 1881, p 320 e Bernoulli, o. c. II p. 260). Un giorno spero di poter dimostrare agli occhi ])iü increduli Tinterpretazione dei singoli personaggi di questo rilievo essere probabilnieute questa: flg. muliebre a s. Antonia con a mano il piccolo Claudio, (circa 2 anni) e con accanto Ottavia (velata) sua madre : segue Nero Druso (naso di ristauro) in costume greco, anzi da viandante, al cui pallio si attacca il maggior flglio di lui Gennanico (6 0 7 anni) e sulla spalla di questo tiene una mano Livia (velata) sua ava e madre di Druso e Tiberio. Appresso e rappresentata la decenne Livilla, poi Tiberio (naso di restauro) in costume romano. Fra Livia velata e Tiberio, nello sfondo, si scorge la testa dei vecchio Ti. Claudio Nero, padre di Druso e Ti- berio. Lo sbaglio precipuo dell'interpretazione dei Dütschke, alla quäle aveva portato io stesso un piccolo contributo (vedi o. c. p. 4, nota 17\, fu di rico- noscere Augusto nella flgura, relativamente secondaria, di Tiberio. Augusto, Pontifex Maximus dal 12 a. Cr. in poi, doveva essere necessariamente il sommo Ponteflce della pompa ed e pero rappresentato come tale nel bei mezzo dei rilievo principale äalVÄra Pacis {Mon. Ist. XI. tav. 34, n. 6), velato e nella massima etä di 53 o 54 anni, preceduto dai Flamines e dai Salii (cfr. Taltro rilievo ivi n. 5, il quäle deve attaccare con esso, nonche il rioto rilievo di Pompei, rappresentante Augusto in atto di sacrificare). Questo ritratto di Augusto in etä avanzata, conferma per me Finterpretazione dei busto Vaticano N. 280 data dal Visconti (Museo Pio Clem. VI, 40) e dal Braun, Ruinen Roms, p. 355, a torto messa in dubbio dal Köhler {Ann. Ist. 1863, p. 437 nota 1) e dal Bernoulli, o. c. II, p. 30. Senza una luiiga esperienza nuraismatica ed una critica accuratissima, mal si puo giudicare della iconografla particolarmente romana, ed e per questo che i giudizi di Bernoulli e di altri archeologi, pure di valore, sono spesse volte erronei [cfr. Aggiunta].

(1) Come mai Verona fosse detta colonia da Tacito, e una questione ancora insoluta (v., Mommsen, C. I. L., V, I p. 327).

LE RECENTt SCOPERTE DI ANTICHITA IN VERONA 280

che nel 15 a. C. all'eU di 23 anni, vincitoi'o dei Rezii nel Tirolo, l'aveva liberata da im grave ed imminente pericolo (v. Tode composta in siio onore per la circostanza da Orazio, Lib. IV, 4; cfr. anche Od., IV, 12).

II grande geaio militare di Dniso rifiilse anche piü, diie anni appresso, nella guerra che fruttö a lui ed ai siioi discendeuti il titolo di Germanico ; inentre dall'altro lato, tali e si gi-andi erano le siie qualitä civili {ciüile iageaiiun, Tac. Äiia. II, 82; cfr. gli elogi di Velleio, II, 97 e di Svetonio, CUmd. 1), da renderlo, coine era in fatto, l'idolo dei soldati e del popolo. Alla sua morte, awenuta a 30 anni (9. a C), lungi dalla patria, sul Ueno, per ima fatale cadiita da cavallo, ebbe rimpianto ed onori a l'atto ecce- zionali. Augusto, che lo vide nascere in sua casa, lo pianse come iin proprio tiglio. In Italia e nella stessa Germania (cfr. Mommsen, Rom. Gesch., V. p. 27) ebbe ceuotafi, altari, archi di trionfo, statiie; ne la sua grande popolaritä venne meuo depo la sua morte, che anzi crebbe con la successione all'impero del fratello Tiberio, crebbe per le vittorie di Germanico suo figlio, vittorie alle quali egli stesso aveva aperto la via ; e toccö il colrao con la successione dell'altro suo figlio Claudio, allorche divenne l'illustre capostipite della casa imperante fino a Nerone (').

Verona che lo conobbe da vicino nella guerra contro i Eezii dovette avere particolarmeute cara la sua memoria, ne potevano maneare in questa cittä, eminentemente militare, statue e monu- menti in suo onore.

La menzione del suo nome nell'epistilio di un' edificio dedicato suUa sinistra dell'Adige presso il teatro :

TI CLAVDIO DRVSI F CAESARI AVG GERMANICO

(i) V. nota 4. In una moneta (Cohen 2^ ed. I p. 221, n. 7) Nero Draso li detto SPES AUGUSTA; altre monete (Cohen, ivi n. 1-3) rappresentano l'arco di trionfo tetrastylos innalzatogli suUa via Appia (Svet. Claud.l), sorniontato üalla sua statua equestre vibraute Tasta fra due trofei Germani (iscr. DE (lERM). Questo stesso arco ci e csibito piii in grande nei sesterzi di Claudio (Cohen, I p. 254 n. 47) [v. nostra tav. IX ; cfr. Aggiunta]. L'arco cosidetto di Pruso Con due sole colonne (distylos) tutt'ora conservato sulla via Appia, potrehbesi forse identificare con quello (DE BRITANNi.s) innalzato a Claudio stesso e che sulle monete (Cohen-, I p. 252) appariscc appunto distilo.

290 I- -^^ >i:i'\^i

C. I. L.. V. 1, n. 3326, sembra stare in rapporto appimto colla popo- laritä godiita da Druso in Verona ; mentre dairaltro lato i mariiii raccolti in piazza del Diiomo attestano di per loro medesimi lo splendore di Verona al tempo di Druso, e piü genoi-almente al tempo cui si riferiscono Strabone, Marziale e Tacito (11. cc).

Per dare un' idea di tali niarmi ne esibisco l'Elenco completo, corredato e segiiito dalle osservazioni da me fatte in Verona da- vanti ai monuraenti originali.

Elenco dei marmi trovati in piazza del Duomo in Verona fra Vani^olo destro e la gradinata della Cattedrale. Luglio-agosto 1890.

NuineiO

Marmo

d'inv.

10-13

lunese

14

greco

5 e m'^

lunese

16

lunese

24

lunese

Freffi architettonici di rivestimento.

Stinco di gamba destra, forse pertinente al torso N. 38.

Gamba framraentata in tre pezzi congiangibili.

Parte di coscia, col pube nudo.

Statua piü grande del vero (alta 2,10 dalla base al coUo), stante, acefala, braccia e piedi rotti e man- canti. II Chitone talare, cinto a mezzo torso da nastro con cappio mediane, e in parte coperto dair ampechonion rilevato con belle pieghe sul braccio. Tipo e forme giunoniche, stile greco, arte romana dei primi anni dell'era volgare o della fine del sec. I a. C. [v. fotoincisiune nelle Notizie p. 5 ; cfr. Aggiunta]. 25 bianco di Verona Capitello di colonna d'ordine corinzio, ben conservato

diam. inferiore 0,53.

Capitello di colonna d'ordine corinzio, molto rovinato, diam. inferiore 0,56, raggio 0,28.

Base consunta dedicata agli Dei Parenti, vedi sopra pagina 286, trovata sei metri distante dal muro, in cui si rinvennero i pezzi plastici. Statua muliebre al vero, in piedi, acefala la testa, di cui avanza solo un piccolo pezzo di ddlo, era da innestarsi Vestita di chitone ed ampio am- pechonion avvolgente le spalle e rialzato sulbracci", e atteggiata un po' comc Poliinuia ed un po' come la Viciria di Ercolano. Buon lavoro ]irovinciale del sec. I a. C. [cfr. Aggiunta]. Statua muliebre sedente (in due pezzi), al vero, replica della statua del Museo Torlonia (Mon. Ins. Vol. XI

26

27

greco

veronese

greco

37

Numero d'iiiv.

LE RKCENTI SCOPERTK DI ANTICHITA IN VERONA

Warnio

291

38

greco

tav. XI) Rotti e mancanti : la testa, il braccio s., i piedi, gran parte della seggiola, di foggia attica, e la parte anteriore del cane molosso sotto la sedia. II Chitone nianicato, con tredici bottoni, fa millc pieghe fittc, profonde e ondeggiatc, come nella statua Torlonia. La trattazione parvemi piü stenta e cruda clie in quella statua; ma forse imitante ancora piü scrupolosamente V originale chrysele- phantino ionico-attico da cui ambcdue dipcndono. [cfr. Aggiiinta].

Torso nudo virile al vero, con panneggiato intorno alle anche, visibile posteriormente. Le braccia man- canti, erano ainbedue abbassate. Egi'egio lavoro. [v. fotoincisione nelle Notizie p. 8 e le nostre neirAggiunta]. 39 rosso di Verona Frammento di fondo di vasca da bagno, ornata ester-

namente con listelli e gusci.

Piede s. al naturale (larg. 0,11), poggiato sulla punta, con sostegno sotto il tallone; buon lavoro.

Frammento di panneggiato.

Frammento di statua.

Gambe inferiori nude, in due pezzi congiungibili, ade renti l'una all'altra (la tibia s. sopra la d.); ot- timo lavoro.

Lastra di rivestimento, appartenente alla vasca da bagno rinvenuta in via Garibaldi.

Tronco d'albero (alt 0,69) con parte della base (C. 0,06 di spobsore) su cui poggiava la statua. In fondo : raezzü occhio formato dalla corteccia; verso il centro : nn ranio, sul taglio tondo del quäle Tiscri- zione dell'artista:

40

41-2

43

44 e 65°

45

58

lunese

greco

greco

greco

srreco

59 e 60

lunese

nPAHITEAHS EnOEI

nella parte superiore rotta: porzione del panneggio della statua, la sola piega estrema. Tanto il tronco d'albero, come il panneggio, sono di scalpello buono, ma non particolarmente fino. [v. la foto- incisione nelle Notizie p. 11 e il nostro facsimile neirAggiunta]. Due frammenti congiungibili, esibenti meta del ventre e parte della coscia s. col pube, di figura nuda. II pelo trattato secondo la tecnica del bronzo.

292

L. A. MII.ANI

Kumeio

Marmo

d'inv.

Gl

lunese

62

63

64 65«."

65«^

65<* 65«

65^

aa b

73

lunese

lunese

lunese

lunese

lunese lunese

lunese

lunese

OTCCO

77

greco

82

lunese

87

tufo

87-90

greco

91"

96«

lunese

96«'

lunese

99

lunese

105

117

greco

Plinto di symplegma statuario (spessore 0,07), esibente porzione di uno zoccolo da cavallo e le dita di un ])iede virile posto dinanzi (Castore e Polluce (?) (largh. dul piede 0,10'.

Plinto di statua (spess. 0,07), con sopra piede nudo di donna, coperto da panneggiato e poggiato sopra la suola (spess. 0,013\

Plinto (spess. 0,055-0,060) con sopra piede s. virile (larg. 0,11). poggiato sulla punta. 11 tallone, sostenuto da zoccolo, non puu appartenere al N. 59, conie si credette, essendo di marmo diverso.

Fregi architettonici di rivestimento.

Frammenti di panneggiato :

a) frammento, esibente parte di coscia nuda con

panneggio cascante adeso.

b) frammento di pieghe, forse congiungibile col

torso N. 38. Zoccolo di cavallo di proporzioni maggiori del vero

(cfr. N. 61). Frammento riunito al N. 15. Frammento di testa con capelli ricciuti atletici e fronte

tonda, il quäle da a vedere di avere appartenuto

al ristauro di una statua. Frammento di spalla, pertinente ad una statua anti-

camente restaurata, come si rileva dagli incavi

destinati al ristauro. Frammenti diversi:

a) frammento con colonna spirale adesa.

b) frammenti di lacunari architettonici d'ordiiie

corinzio. Frammento di statua superiore al vero, esibente la

parte mediana di una figura panneggiata; stile

andante del sec. I. Piccolo frammento di statua.

Capitello di ordine corinzio; raggio 0,28, diam. 0,56. Capitello dei bassi tempi d'ordine corinzio bastardo. Frammenti di colonne scannellate (corinzie\ misura

delle scannellature m. 0,06. Soglia di porta consunta. Frammento di una statua loricata. Pezzo forse pertinente alla medesinia. Frammenti informi.

Pezzi di marmi informi di varie qualitä. Frammenti di lastre marmoree di varie qualitä:

a) greco b) cipollino c) breccie.

LE

Numoro Jlarmo

(l'in V.

RKCKNTI SCOI'ERTE DI ANTrCIlITA IN VERONA 293

117 greco Tesüi di I>ruso al vero. Soto il collo vedesi un buco

l)er im pernio tli ferro, il quäle darebbe a vedere esscre stata questa testa anticainente rcstaurata e forse .applicata a torso iiori suo. II meiito e in parte rotto o niancante, le orecchie hanno le elici danneifgiate, il naso e pure un po' danneggiato. Egregio lavoro del sec. I a. C. |v. nostra tav. IX; cfr. Aggiunta].

I marmi dclVElcnco suddetto piii interessauti per la stoiia di Verona sono :

a) la testa di Druso N. 147 di cid giä dicemmo, offerta nell'annessa tavola

I>) il torso, serainudo N. 38 ;

c) la statiia acefala di tipo Giunonico, N. 24 ;

d) la statiia muliebrc acefala, N. 3G.

II torso di marmo greco N. 38, per Tazione delle braccia abbas- sate, per il panneggio, che circonda le anche, e per lo stile, da a vedere di avere apparteniito ad ima statua eroica di principe od im- peratore romano, analoga al Druso o Marcello di Pompei (vedi sopra) ed al Germanico Lateranese di Veio. Esso non attacca con la testa di Druso ; ma la qualita del marmo, insieme cou la peculiare pa- tina gialla a cbiazzc nere, e le diraensioni, stanno cosi bene in rap- porto con la detta testa, da non potersi quasi dubitare, a mio credere, dell'originale congiunzioue dei due pezzi ('). [cfr. Aggiunta].

Alla statua eroica di Druso attribuirei i panneggiati, N. 65 '', ed in ispecie il notevole frammento 65", esibente parte di coscia virile nuda, con pannoggiato cascante adeso (cfr. il Druso di Pompei).

La statua eroica di Druso ed i frammenti N. 96"'^ riferibili ad un'altra statua imperatoria loricata (cfr. il Britannico Latera- nese ecc), mi suggeriscono poi l'idea, clie anche la statua colos- sale di tipo giunonico N. 24, possa appartenere ad una impera-

(1) Sotto la testa vedesi un piccnlo furo rettangolare con ossidazione gialla, lasciata da un pernio di ferro usato in un antico restauro della testa col relative torso. Nel torso il corrispondente foro manca; peru manclierebbe anche un pezzo del collo [cfr. Aggiuntal.

29-1 I,. A. MIL.VM

trice romaua, forse alla stessa Livia, madre di Driiso ('). [cfr. Aggiunta] .

Invece, la statiia muliebre acefala N. 36, paragonabile alla Viciria di Ercolano, puö essere bene il ritratto di una matrona vero- nese, resasi benemerita per qiialclie pubblica elargizione, come, ad esempio, la Gavia Maxima delViscrizione deH'angolo di via Rosa, ( C. I. L., V. 1, n. 3402), elargitrice di mezzo milione di sesterzi per acqua potabile (?) {in aqiiam) [cfr. Aggiunta].

I marmi deU'EleDco degni di maggior considerazione per la storia dell'arte sono:

a) tronco d'albero col nome di Prassitele, N. 58.

b) la statiia sedente, N. 37.

II marmo del tronco d'albero e greco (pario?). l'iscrizione di buoui carattari quadrati. ionico-attica nella forma (-) ; ma mi bastö vedere la trattazione del panneggio alla sommitä del tronco, 1' ul- timo lembo d'una clamide (3) , per escludere immediatamönte la mano del brande Prassitele.

II grande Prassitele difficilmente avrebbe omesso il patroni- mico A&H!SA102 ed aiicor piii difficilmente avrebbe segnato il suo nome all'imperfetto {^).

II verbo ^nohi {faciebat) all'imperfetto, frequente specialmente nel sec. I, ci riporterebbe ad uu Prassitele Ateniese del tempo imperiale romano, ma appunto il Prassitele di questo tempo, che conosciamo da due iscrizioni, firma, si puö dire eccezionalmente, con l'aoristo f'-Ton^Cf, come il grande Prassitele, e scrive con tutt'al- tra paleogi-afia: la bassa paleografla corrente del sec. I a. C. (V. Loewy, o. c. nn. 318, 319) (S).

(') Si confronti la creduta Livia Pompei, irovata insieme con la statua di Druso, e la Livia del rilievo di Ravenna (Bernoiüli, o. c. II, tavv. V e VI).

("^) La forma inösi per inoist si trova per lo piü in artisti ionici del sec. III-I a. C. cfr. Loewy Inschr. grlech. Bilclh. nn. 212, 21(3, 283, 310, 323, 374.

P) II piombino a goccia con cui termina conviene al tempo di Prassitele.

(*) Vedansi le due firme probabili di lui, una trovafa a Leuka presso Te.spie (Loewy o. c, n. 76) ed un'altra ad Olbia del mar Nero (Loewy o. c. p. 383, u. 76 a) in confronto con le altre comuni firme dei suoi contem- poranei.

(^) Diversa e pure la paleografla delPaltro Prassitele del sec. III-II a. Cr. cui si riferisce l'iscrizione di Pergamo, Loewy, o. c, n. 154 p. 116.

LE RECENTI SCOPERTE DI ANTICHITA IN VERONA 295

La paleogi-afia qiiadi-ata deiriscrizione veronese, potendosi spie- gare perfettamente cou im artista greco abituato alle iscrizioni qiia- drate" roraane, ed avendo anzi stvetta analogia con alciine altre iscrizioni greche di celebri artisti, lo qiiali furono giudicate con certezza copie antiche, (') ed il tronco d'albero essendo per se stesso un motivo statiiaiio usato con prodilezione da Prassitele e quasi sua invenzione (-), rimango fermo noU'opinione che il tronco ve- ronese appartenga ad una copia di qualche celebre statua doviita od attribuita al grandc Prassitele [cfr. AggiuntaJ.

Escluso l'Hermes di Olimpia, perche ivi il panneggio cade a coprire quasi interamente il tronco d'albero, si potrebbe pensare : 0 all'Eros di Parion {Ärch. Zeit., 1885, p. 90), che verosimil- raente ^tava anch'esso poggiato ad un tronco d'albero, con il pan- neggio peudente dal braccio sinistro: o ad una statua corrispon- dente all'Hypnos del Vaticano (fotogr. Alinari, N. 152(n), anch'essa, secondo me, di tipo Prassitelico ; o ad una statua di Apollo (?).

Ad un tipo Prassitelico di Eros, di Hypnos, o di Apollo con le gambe incrociate (cfr. l'Apollo Sauroctono e l'Apollo col Ciguo. ancor esso di tipo Prassitelico), farebbero pensare i frammenti N. 44 e 65, esibenti due tibie incrociate.

Dal poco che ho detto sul tronco d'albero, si vede quanta iiuportanza esso ha, e quanta piii iie potrebbe avere, se, facendosi ulteriori ricerche in piazza del Duomo, si potesse scoprire la re- lativa statua, od almeno altri fnimmenti di essa.

Non meuo importaute per la storia dell'arte e la statua sedente N. 37, replica della statua Torlonia, edita nei Monumenti del- ristituto. Vol. XI, tav. XI, e da Visconti, Museo Torlonia, N. (34 (Catalogo n. 77).

(1) V. Loewy, o. c, n. 478 e segg. ; il n. 488 esibiscc il nome stesso di Prassitele sopra uu busto cribico('r').

nPAHITEAHC EnOIE

Cfr. ancheriscr.pressoLoewy.n. 504 eyboyaeyc ni'AHiTEAOVc-

(2) Cfr. rHermos cFOIimpia, TApoUo Sauroctono, il Satiro in riposo, l'Eros di Parion (?), il Satiro clie si versa da bore. Vcdi il mio scrilto Dio- nysos di Prassitele nel Mus. Ital. 1890, Vol. III, p. 758 segg., al qualc mi riporto anche per la letteratura prassitelica.

296 L. A. MILANI

La statiia Toiionia, mancante ancli'essa della testa originale, e l'unica della classe, del resto poco numerosa (in tiitto 5 statiie) (V. von Duhn, Ann. deU'Ist 1879 pag. 176), che presenti, come quella di Verona, il cane molosso sotto la sedia. Di piü la ma- niera, dirö cosi ad intaglio e a sbalzo, con ciii nella statua veronese soDO trattate le mille pieghe del chitone ionico, e rigorosamente corrispondente con la tecnica chnjselephaiitina, ciii il von Duhn aveva riportato l'originale di quel tipo statuario (').

La congettura del von Duhn, che quella statua fosse iina copia del ritratto di Olimpia. madre di Alessandro Magno, eseguita da Leochares in oro ed avorio per il Philippeion d'Olimpia (a. 337-336 a. Cr.), si dovette abbandonare in seguito alla scoperta del Phi- lippeion e dei basamenti fatti per statue in piedi, sii cui gli ori- ginali di Leochares sorgevano {Arcli. Zeilimg. 1882, pag. 67) ; ma dinanzi la replica veronese, il cane molosso sotto la sedia parmi guadagnara il valore di un vero attributo, e per nessuua tigura celebre di doiina poteva esser cosi proprio come per la madre di Alessandro Magno, che fu regina per eccellenza dei sempre Mi suoi Molossi (ßuaiXk ron- MoXoaaMv) (cfr. von Duhn o. c. pag. 196) e sorella di Alessandro il Molosso, temuto conqiüstatore delVItalia raeridionale.

II von Duhn, a mio senso, tanto era nel vero, quando in tesi generale riferi alla seconda metä del sec. IV il prototipo di quella statua, e pensö a Leochares, come allorche, cercando il suo nome, pensö ad Olimpia.

In questi limiti l'interpretazione del von Duhn, con tanta fretta condaunata da suoi critici (Treu, Eobert, Bernoulli) e troppo presto, a mio avviso, abbandonata da lui stesso in un" amichevole lettera a me diretta, regge ancora, e molto potrei dire in suo favore [cfr. Aggiunta].

Qui accennerö solamente a questo fatto, ai mioi occhi stringentis- simo, che, come i ritratti ufficiali di Alessandro il Grande servi- rono di prototipo a tutti i dinasti greci posteriori (Diadochi) e nel

(') L'iutaglio o lo sbalzo (caelalura) erano propri della tecnica chryse- lephantina (oro, legno ed avorio). Lo sbalzo delto in greco sphyrelaton era ])roprio del metallo; ma la trattazione del legno ed avorio (-ntaglio ^= caelatura) corrispondeva appunto alla trattazione a sbalzo, pure detta caelatura.

I,E RKCENTI SCOI>ERTE VI ANTICHITA IN VERONA 297

mondo romano ad Aiigusto, primo dinasta romano. il qnale diede per il primo alla siia eflii,äe il valore politico, che ad essa aveva dato Alessandro; cosi e bea naturale, che il ritratto di Olimpia, la prima iraperatrice e regiiia madre del mondo greco, abbia servito da prototipo ai ritratti delle prime imperatrici romane e segoata- meiite ad Agrippiua luniore, che fu la prima imperatrice impo- stasi ufficialmente come regina madre. Avanti di lei nessima im- peratrice romana pote otteuere da viva Foiiore deiretligie nella monetazione (V, Lenormant, La Moiiiiale dans Uaullquite, II, pag. 39G); e qiiiudi sou portato a credere, che si debba ettetti- vameute a lei la prima imitazione del tipo di Olimpia, e che da lei qiiel tipo sia stato esteso a Livia (cfr. la Livia Albani e la celebre gemraa Angiistea di Vienna) e ad Agrippina maggiore.

Trovare pertaiito la testa alla statua sedente veronese sarebbe risolvere nna questione di grandissimo Interesse generale; e giacche sappiamo dove cercarla, e dover nostro di non lasciare intentata tale ricerca.

Come e noto, tutti i marmi antichi di piazza del Daomo si riuvennero iisati per fondazione di un muro romano tardo, in linea colla gradinata del Duomo, e precisamente nello spazio che inter- cede fra l'angolo destro della Cattedrale e la gradinata, per cui praticando uno scavo sotto la parte di gradinata non ancora toc- cata e siil prolungamento di qiiel muro, &i avrebbe ogni probabilitä di rinvenire nuovi frammenti delle statue giä scoperte.

lo consiglierei inoltre una trincea diagonale alla piazza, par- tendo dall'imboccatura dello stradone Duomo, all'angolo sud-ovest della Cattedrale. Qnesta trincea avrebbe per iscopo di farci co- noscere meglio la natura archeologica del suolo, e potrebbe con- durci a coUegare certi pavimenti romani a musaico, trovati pochi anni or sono nel cortile interno della Canonica, eoi pavimeuti marmorei ed a musaico rinvenuti all'imboccatura dello stradone Duomo.

Tali ricerche, oltrc coudurci alla scoperta di altri proziosi ayanzi di antichitä, ci porterebbero con tutta probabilitä alla deter- minazione del sontuoso editizio cui i marmi trovati servirono di ornamento, edifizio certamente pubblico, e sul quäle ora possiamo fare soltanto delle congetture.

La cougettura piü attendibile che io potrei fare, concernerebbe

298 '- •^- MU-AM

le pubbliclie Terme veronesi, ben conosciute per im luogo di Tacito {Eist. III) e pöi' diie iscrizioni rifereutesi al loro ristauro (6'. /. vC., V, 1, nn. 3457, 3342) ; ma, uondimeuo, di ubicazione aucora molto incerta.

E da credere che Verona, divisa anche anticameiite dall'Adige, avesse avuto, come Pompei, almeiio diie pubblici stabiliraenti di questa spöcie. Giä vi accennerebbe il particolare iiome di Thennae luveiitiame, dato ai bagni perfeziouati al teinpo di Commodo dal console M. Nonio Arrio Muciano, Quadrumviro per le cose sacre, custode e patrono di Verona.

Che se nou vi ha dubbio che le Thermae cui si riferisce riscri- zione N. 3457, rinvenuta in S. Giovanni in Valle, stavano da qiiella parte, alla sinistra dell'Adige (V. Moscardo, pag. 88 ; Venturi, Com- peiidio ecc. 2* ed., II, pag. 76), eno ancora si puö dubitare che esistessero alla destra dell'Adige le Thermae luvenüanae, cui si riferisce l'iscrizione 3342, rinvemita nell'anno 1810, demolendosi la torre di Castelvecchio (Venturi 1. c).

Perö, ne gli indizi di Terme notati presso la torre Gallieuiana (Da Persico, Descrizione di Verona, I, pag. ^^i), ne quelli presso Corte Farina (Da Persico, o. c. I, pag. 250, nota 33), sarebbero in ogni caso tanto chiari e sicuri, come la vasca da bagno costrutta in muratura, trovata dall'ing. Donatelli in via Garibaldi, all'im- boccatura di via Sole.

Nella Planimetria dell'ing. Donatelli sono iudicati il sito, la giacitura, la forma ovale, e le misure precise di questa vasca, e nella Kelazione di lui sono spiegati gli interessanti particolari di costruzione della medesiraa.

Era rivestita internamente di marmo greco (N.' 45 e 117^ dell'Elenco I) e tutta isolata aU'intorno con lacunari o cassette di cotto, siccome destinata a contenere acqua calda per Tuso del calidarium {iiaiatio calida juscina). A circa 6 metri dalla detta vasca, in via Sole, a- m. 1,95 di profonditä, essendosi rinvenuto un ricco pavimento formato con alcune piastrelle di marmo trian- golari di varia qualitä {opus alexandrinum) (punti C. B. della Planimetria), ed in Cort'Alta essendosi invece ritrovato un buon tratto del lastrico della strada romana (V. la descrizione del Do- natelli; cfr. Aggiunta), con l'andamento corrispondente all'asse di via Sole (m. 1.20 di profonditä dal livello attuale), si de-

LK REGENT! SCOPERTE DI ANTICHItA IN VERONA 299

diice che le Terme si estendevano tiitte dalla parte di stradone Duomo. lufatti in via Garibaldi e stradone Duomo non si trovö veriina traccia della strada romana, ed invece si riuvenne im fram- mento di fondo di altra vasca da bagno in niarrao rosso veronese, simile a quelle personal! in uso ai di nostri (N. 39 dell' Elenco), ed iin tiibo di piombo in posto, {fislida aquaria) nella direzione di stradone Duomo.

A metä dello stradone, a circa m. 50 dalla vasca in muratura, si trovö il fondamento di un muro con sqiiadre rivolte verso l'Adige, il quäle fu dal Donatelli giudicato di costruzione medioevale perclie « formato con cipttoli, calce e strati irregolari di grandi tavoloui di cotto, probabilmente provenienti da antiche demo- lizioni «.

Verso l'imboccatura dello stradone Duomo si rinvenue di nuovo un pavimento formato di lastrine triangolari di raarmo greco (v, Pla- nimetria), il quäle sembrerebbe stare in istretta relazione colla vasca da bagno di via Garibaldi e col pavimento marmoreo di via Sole. Ciö lascierebbe supporre che le Terme, con la relativa Pa- lestra, Sphaerislerion e Stadio, seguendo la insenatm'a dell'Adige, si estendessero da via Garibaldi tinö in piazza del Duomo, com- prendendo forse anche la vicina Canonica.

II muro creduto di costruzione medioevale di stradone Duomo lo metterei in relazione di tempo : I, con un pavimento di smalto, formato di calce e detriti di cotto {opus signiimm), rinvenuto Cent. 40 sopra il pavimento [opus alexaiidruium) di via Sole, (la strada romana era ad un livello anche superiore) ; II, con un altro pavimento a musaico, cosidetto alla Veneziana {muslvum incertiim) rinvenuto all'imboccatura di stradone Duomo, sopra quello mar- moreo; III, coi pavimenti a musaico scoperti nel chiostro Cauo- nicale (v. Notizie degli Scavi 1884 p. 401; 1885 p. 307; 1886 p. 213 : Relazioni di Mons. Vignola).

II muro di stradone Duomo ed i pavimenti sovrapposti a quelli marmorei ci svelano iuoltre, che la totale rovina deH'edificio piii sontuoso cui spettano i pavimenti marmorei, la vasca da bagno i marmi sculti, stati essi stessi auticamente ri^taurati, e probabil- mente anche i marmi antichi e le magniliche colonne scannellate di cui parla l'abate Fontana in Da Persico, I p. 42 e II p. 313 sg., e da riferirsi al tompo romano e con probabilitä al sec. III d. C. t

300 I.. A. MILANE

ciö potendosi dediirre da due inonete di broazo di piccolo modulo, del tempo di Gordiano o di Filippo, veaute fiiori uegli scavi presso al Duomo (v. Elenco delle monete annesso alla mia relazioiie, nn. 32 e 34) e rese quasi irreconoscibili dalla combustione (si vedano anche le scorie raccolte in piazza Duomo, nn. 110 e 114 dell'Elenco suddetto).

Un" altra cougettura rigiiarderebbe il Circo, e potrebbe rica- varsi dagli stessi marmi sculti raccolti in piazza del Duomo, nomi- natamente dalla statua di Olimpia, replica di quella rinvenuta nel Circo Massimo di Roma^ e dal frammento N. 61, il quäle lascia siipporre di avere appartenuto ad un symplegma dei Dioscuri.

I Dioscuri erano le principali Deitä del Circo, ed e noto d'al- tronde che le spine del Circo si solevano ornare con obelischi, co- lonne, statue, fontane, altari e delubri, con rapporto piii o meno diretto colla loro originale destinazione (cfr. Ann. dell' Ist. a. 1870 pag. 248-388) (').

L'ipotesi relativa al Circo troverebbe altresi un riscontro nel- l'opinione piii accreditata degli storiografi veronesi (Venturi, Dionisi. Pompei), che posero il Circo appunto fra S. Anastasia ed il Ve- scovado. Fra gli ultimi il Pompei, Studi suH'Antiteatro di Ve- rona 1877, pag. 15, 25) credette infatti, che il Circo incominciasse dal Vescovado e terminasse a S. Anastasia, comprendendo nel trac- ciato la chiesa di S. Felicita, dove secondo notizie del Carrobio, furono trovati alcuni gradi di straordinaria grandezza e muri di forma elittica.

La strada romana scoperta lungo la via Duomo, insieme con altri frammenti di statue e membrature architettoniche (Ved. la relazione che accompagna la Planimetria del Donatelli) e la cloaca romana rinvenuta lungo la via Liceo, incrociante coll'antica via Po- stumia in piazza S. Anastasia, non si opporrebbero alla congettura che il Circo occupasse realmente lo spazio fronteggiante il Cam- pidoglio ed il Teatro, fra S. Felicita ed il Vescovado. Bisoguava perö che il Circo scansasse la strada che conduceva al Ponte ro-

(1) La statua fli Olimpia ricliiamxva beiie col suq nome il Circo, detto per antonomasia Olimpico anche dai Rumani (cfr. Orazio, Od. I, 1, 3), e gli stessi ludi Olimpici o Circensi, non meno cari al figlio di Olimpia, che ai Romani.

LB RECENTiTsCOPERTE DI ANTICHITA IN VERONA 301

mano della Pietra, e che nel suo sviluppo attravorsasse la cloaca, forse di tempo tardo (?) , scoperta lungo i vicoli Accoliti e S. Fe- licita. Intorno ai riuleri antichi, rinveniiti uei detti vicoli ed in- torno alle importanti scoperte fatte dal Donatelli in via Liceo e via Troba (strade romaiie ; cfr. Aggiimta), uoii lio suflicienti dati per entrare nella disämina deH'argomento.

L'iuvocata pubblicazione dei ricordi topografici dell'ing. Dona- telli e le ulteriori ricerche, serviranno certainente a gettare luce anchc snlla questioae del Circo ; io ho voluto accennarvi solamente per niostrare rimportauza che questi ricordi possono avere, quando sono fatti da im iiomo tecnico, sagace e coscienzioso.

{CoiUiaaa)

L. A. MiLANI.

20

FUNDE.

Nur ein par römische Skulpturen seien diesmal erwähnt z.T. nicht ganz kiu-zlich gefunden, wie Nr. 1 und 2, aber erst jetzt aus dem Wust hervorgezogen ; 1 und 2 im Thermenmuseum, 3 im -Odeo', 4 im Orto botanico.

1. Statue des Apollo (') aus griechischem Marmor, die einzel- nen Theile : Kopf, Torso, Beine mit Stamm in verschiedenem Er- haltuncrszustand zu verschiedenen Zeiten aus dem Tiber (zwischen ■ponte Palatino und den bagni cli Donna Olimpia nach Notiüe cL sc. 1891 S. 288) herausgebaggert, sind jetzt zusammengefügt ; auch den r. Arm wird man hoffentlich, trotz der starken Ver- waschung, welche der Oberarmstumpf mit dem grössten Theil der Vorderseite auch von Kumpf und Beinen erlitten hat, noch anfügen. Es fehlen die r. Hand mit einem Stückchen des Armes, der grössere Theil des 1. Armes, die Plinthe mit dem unteren Ende des Stammes und der Unterschenkel, des linken halb, des rechten fast bis zum Knie. Die Statue schliesst sich den reifarchaischen nackten Apollo- bildnissen an, welche Overbeck (Kunstmyth. Bes. Theil. V S. 161 ff.) in Gruppe 1-IV zusammengestellt hat und ganz besonders IV, 4 einer Statue des Capitolinischen Museums (Overb. Atlas T. XX, 22) an der, nebenbei bemerkt, der Köcher nicht, wie bei Overbeck S. 175^, und Heibig, Führer N. 500 angegeben wird, (die nuova descrisione del Miiseo Cap. S. 278 bezeichnet richtig nur den Stamm als neu, den Köcher als alt auch Kekule Athen. Älittheill. 1876 S. 181 und Benndorf Annali 1880 S. 199) modern, sondern bis auf ein kleines Stück unten antik ist. Der Körper ruhte auf dem

(1) Der Kopf war in mangelhaft gereinigter Zustand vor ein par Jahren sclion Kalkmann einer Photographie werth er-schienen.

E. PETERSEN, FUNDE 303

liiikeu Fuss, wiihreud der rechte mit gebogenem Knie ein wonig vorgesetzt war, etwas weniger vor als beim Capitolinischen, aber etwas mehr zur Seite, wohl wegen verscliiedenen Verhaltens des Oberkörpers. Zwar der rechte Arm hing auch hier herab, aber der linke Oberarm ist beträclitlich mehr zur Seite als nach vorn ge- hoben, und auch der Kopf sehr ausgesprochen nach dieser Seite hin gewandt und geneigt, mit feinem Ausdruck milder Freund- lichkeit um Mund und Augen. Allerdings fehlt vorn ein beträcht- liches Stück des Halses, mit Theilen der rings um den Nacken auf die Schultern fallenden und hier in Eingeln sich sammelnden Locken (') (wesentlich wie bei der Capitolinischen Statue), be- sonders an seiner r. Seite ; aber die hinten am Bruch zusammen- passenden Locken lassen neben der Gesammtbew^gung des Ober- körpers keinen wesentlichen Zweifel über die Anfügung des Kopfes und seine Haltung. Es scheint unabweislich, für die linke Hand eine besondere Handlung zu erdenken, um so mehr als der Bogen in der Reichten lag. Denn etwas oberhalb des r. Knie, mehr nach aussen, findet sich ein Ansatz, welcher trotz aller Yerwaschenlieit hinlänglich deutlich das knaufartig zurückgebogene Ende eines Bogens erkennen lässt. Der Bogen lag mit der Sehne nach rück- wärts in der Hand, ohne den Arm Aveiter oben zu berühren. Der Umriss der G-estalt zeigt edler Linien, freier als an der Capitoli- nischen ; der Eindruck grösserer Schlankheit beruht aber auch mit auf der (am Armstumpf bis c. 3 cm. gehenden) Verminderung des Körpers und auf dem zu kurz gerathenen Hals des Capitoli- nischen, welcher, ausserdem, wie viele Skulpturen römischer Samm- lungen, zwar auch, aber nur an der Vorderseite, eine starke Ab- glättung der corrodierten Oberfläche erlitten hat, durch w^elche die Formen des Gesichtes in der That beeinträchtigt sind. Dem gegen- über hat der Kopf der andern Statue, von Verletzungen an Nasen- spitze, Unterlippe und Kinn abgesehen, seine ursprünglichen Formen glücklicherweise besser bewahrt. Ueberall blickt archaische Weise noch durch, besonders in den scharfen Kanten von Brauen und Nase, und dem. noch etwas schrägen Profil von Stirn und Nase.

(•)' Kürzere Locken fallen unterhalb des Haarreifens herab, die Stirn in doppelter Reihe umrahmend, drei- und vierfacli übereinander gegen die

o

Ohren, die unbedeckt bleiben.

304 E. PETERSEN

Der Umriss des Schädels aber, von der Seite gesehen ist läng- licher, oben flacher, hinter gerundeter, nicht zum wenigsten infolge des tiefer einschneidenden Keifens im Haar.

2. Idealer Jünglingskopf aus (pentel?) Marmor. Der untere Theil der Nase, besonder der r. Flügel, stark bestossen, die Lippen weniger, im übrigen, mit dem grössten Theil des Halses, gut er- haltene und sorgfältig gearbeitete Copie eines dem Meleager Me- dici in manchen Stücken nahestehenden Originals, besonders in der Stirn, den (kleineren) über der Stirn aufsteigenden (nach rechts) umgebogenen Löckchen, dem Nasenabgang und der Lebhaftigkeit in Auofe und Mund. Durch Eintiefung der inneren Augenwinkel ist der Nasenrücken noch etwas mehr unterhöhlt ; andrerseits sind die oberen Lider minder bedeckt, die Augäpfel minder gewölbt und nicht emporgekehrt, die Mundöffnung nicht so gross. Am Augenfälligsten ist das geringere Relief des Haares bei zusammen- hängenderer Linienführung in seiner Zeichnung. Endlich lässt der vorgestreckte Hals mit gehobenem Kopf eine viel bestimmter auf ein Ziel gerichtete Bewegung erkennen. Kopf höhe ('.264 M.

3. Im BiUlett. comunale 1891 S. 296 wird der Torso einer Jünglingsstatuette vom Caelius erwähnt, von griechischem Marmor, vom Halsbruch bis unter das r. Knie 0.45'" messend. Es ist eine leidlich sorgfältige Copie : 1. Standbein, r. Oberarm wagerecht seitwärts gehoben, der 1. Arm war gesenkt, und hatte au der L Hüfte eine starke Stütze. An Hermes zu denken verbieten die hinten auf die Schultern herabhängenden lemnisci, die vielmehr an eine Wiederholung des so häufig (') dargestellten sich mit der Rechten kränzenden, in der Linken die- Palme haltenden Athleten denken lassen, ohne dass ich freilich ein imntello aussen am r, Oberschenkel zu erklären wüsste.

4. Im Juli-Septemberheft des Bulletüm comunale (vgl. No- tizie d. sc. 1891 S. 286) ist eine Statuenbasis auf S. 280 ff. beschrieben, und auf Taf. X, 1 abgebildet, welche am unteren Ende der via Cavour gefunden ist, aber, wie G. Gatti und C. L. Visconti vermuthen, ven dem, im selben Jahrgang desselben Bullettino

(1) Vgl. z. B. Ephem. arcli. 1890 T. 10 ; Journal of kell. stud. 1890, S. 147 (mit Gewand auf der 1. Scliulter), Besclireibung d. ant. Skulpt. Berlin Nr. 87G und 948. *

FUNDE 305

S. 185 ff. von S. Kicci behandelten Athletensynodos herstammen dürfte und in der That durch eine Einarbeitung mitten in der Inschrift von späterer anderer Verwendung Zeugniss ablegt. Interesse weckt die Basis durch die von Visconti richtig ergänzte Inschrift

nYGOKAHC .

HAGIOC. neNTAGAOC. 7ro]AYKAGITOY .

(loytlOY .

nur dass etwa zu fragen, ob unten noch in einer sechsten Zeile tQyor zuzusetzen wäre. Da die Basis ohne Krönung bis einschl. der 5. Zeile 0.77 M. misst, mit freiem Raum darunter wie oben 0.85 M. messen wüi-de, hinten aber, soviel ich sehen konnte un- vollständig, noch 0.91 M. hoch ist, ist die sechste Zeile nicht ausgeschlossen. Wichtiger ist, dass wir hier eine Basis, wenn nicht derselben Statue , so einer Copie derjenigen Statue haben, deren Originalplinthe in Olympia gefunden wurde (Arch. Zeit. 1871) S. 144; Löwy I. G. B. N. 91), eine wie die andere mit Zapfenlöchern für die Füsse eines Erzbildes, aber mit dem befremdenden Unter- schied, dass auf der römischen Basis der linke, auf der olympischen der rechte Fuss voranstand. Visconti meint also se non variata ValtltuiiiM, era perö alteralo Veiiidührlo della figura. Der Co- pist wäre sehr frei verfahren ! Ich glaube zu erkennen, dass die Basis, wie sie vielleicht später noch einmal, so auch früher schon einmal anders verwendet war. Zwischen der ersten und zweiten, und anscheinend auch zwischen der zweiten und dritten ist nämlich je eine Zeile getilgt, dann der Ausgleichung wegen die ganze Inschriftfläche mit dem Zahneisen übergangen, nicht ohne dass die erste radierte Zeile noch bis 3 mm. unter ihre Um- gebung hinabginge. Dann hat man auch die andern Seiten der Basis in gleicher Weise gerauht und selbst die grosse obere Keh- lung der Krönung etwas übergangen. Die ursprüngliche Glätte ist eben unterhalb der Krönung auf allen Seiten wahrzunehmen. Also hat die Basis, ehe das Bild des Pythokles darauf gestellt ward, bereits eine andere Bestinmiung gehabt, und da die Fusspuren zu jenem nicht passen, dürfen wir sie dem früheren Standbild zu-

306 E. PETERSEN. FUNDE

schreiben. Dies um so mehr, als auch diese Oberseite eine Ueber- arbeitung zeigt, aber nicht eine gleichmässige Kaiihimg, sondern eine ganz imgleichmässige Zerhackung, welche, bald tiefer gehend, bald weniger tief, hier grössere . da kleinere Theile der einst glatten Obertiäche übrig lässt ; und da kaum'^zu denken ist, dass man eine glatte Oberfläche so zugerichtet habe,' um die Füsse eines Erzbildes unmittelbar darauf zu stellen, und den liest dem Auge darzubieten, bleibt nur übrig, dass die Zapfenlöcher der früheren Benützung angehören, und die Aufhackung für einen Stuckauftrag gemacht wurde. Dafür tritt der weitere entscheidende Umstand ein, dass die Oberfläche 0.83X0.83 M. misst, während die olympische Pliuthe nur 0.49 M. breit und 0.57 tief oder lang war, so dass die Zapfenlöcher der römischen Basis zwar der Länge nach in den Bereich der oh^mpischen Plinthe fallen könnten, der Breite nach ab*er jederseits nur noch halb. Mit anderen Worten : das Bild welches in den Zapfenlöchern (') der römischen Basis stand, war erheblich grösser als die olympische Statue des Pj'thokles, und dessen römisches Bild muss, da keine anderen Zapfenlöcher daneben sind, mochte es nun von Erz oder Marmor sein, noch eine besondere Pliuthe gehabt haben. P.

(') Das vordere ist in dem tiefen ursprüniilichen Tlieil 0.10 M. lang, 0.06 M breit, das andre 0.08X0.07 M., und beide stehen auffallend "gleich- massig zu den Ecken: 0.13 M. von der Seitenkante ab, 0.20 M. von der Vorder- bez. Hinterkante.

AGGIÜNTA ALLA RELAZIONE SÜLLE RECENTI SGOPERTE DI ANTICHITÄ IN VERONA,

(Ved. p. 285 e tav. IX).

Nero Claudio Druso nella statua frammentaria veronese e in altri inominieutl. I rilievi delPara Pacis Augiistae. Le iiio- nete onorarie di Druso maggiore.

Dopo i giudizi espressi dal Ghirardini nella Nuova Anto- logia (1891, p. 680) e daH'Orsi nelle Notizie degli scavi (1891, p. 14) intorno alla testa veronese di cui parlai nella relazione qui sopra riprodotta p. 287, e necessario che io aggiunga alcune osser- vazioni a conferma e sostegno della mia opinione.

Gliirardini ed Orsi videro in qiiella testa im ritratto giova- nile di Augnsto; ma l'effigie di Aiigusto e abbastauza nota a tutti, perche davanti alla riproduzione, faccia e pröfilo, della testa vero- nese, data in fotogratia nella mia relazione stampata in Verona e qui in eliotipia (v. tav. IX), ci sia d'uopo di spendere molto pa- role per dimostrare che tale testa non puö assohitamente classiti- carsi fra i suoi ritratti. Si osservino particolarmente : la forma della fronte prominente al di sopra delle arcate sopracigliari, e leg- germente retrocedente sotto i capelli, gli occhi profondamente in- cassati, la forma del naso aquilino, i zigomi depressi, le orecchie piantate sulla linea del labbro superiore, le gote magre, la bocca fine e stretta, la pianta estesa della lanuggine nascente intorno al mento e sul labbro superiore.

Chi guardi al protilo non troverä la piü lontana somiglianza con i notissimi tipi di Aiigusto, i quali hanno la fronte quadra, alta e spaziosa, gli occhi pochissiuio iucassati, il naso arcuato {a

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308 L. A. MILANI

summo eminentiorem et ab imo deductiorem), ma non propriamente aqiiilino {adioicus) come in Diiiso e Tiberio, i zigomi molto pro- minenti, le orecchie alte, piantate siüla linea del naso, le gote piene, il mento tondo, la bocca per lo piü socchiusa, la laniiggine limi- tata suUe guance ed appena adombrata siil labbro superiore, come puö vedersi tanto nella eccellentissima testa di Augusto giovanile della E. Galleria di Firenze N. 42 (attuale = Dütschke n. 65 fotog. Brogi 9207) ('), qiianto neU'altra testa della R. Galleria N. 40 (= Dütschke n. 135), la quäle e di lipo piü adulto e ancora con semplici basette sulle guancie. Che la pianta della barba di Aiigusto fosse diversa e assai piü scarsa si vede anche dalle mo- nete di lui che lo rappresentano in etä giovanile ed iu liitto (Ber- uoiilli, I, tav. XXXII, 1, 4); mentre iu talune monete di Tiberio battute a Lione nel 10 di C. (v. Bernoulli, tav. XXXII, 19), ri- scoctriamo una disposizione di barba nascente molto analoga a quella della nostra testa.

Guardando la nostra testa di faccia e superficialmente, non con- siderando il mento rotto, e fermando l'occhio sulla capigliatiira e sulla forma generale del cranio, un'aria di famiglia con Augusto puö invece ravvisarsi, ed io per primo la riconosco. Fu quest'aria di famiglia, della quäle daremo ragione piü innanzi, che fece pen- sare al von Duhn ad un ritratto giovanile di Augusto, e la sua fuggevole impressione ha troppo servito di fondamento ai giudizi ulteriori di Ghirardini e di Orsi.

II von Duhn, come egli stesso ebbe a dichiararmi, aveva ve- duto questa testa per un momeuto ed in terra, e pronunciö quel pa- rere sotto l'impressione suddetta; ma, ultimamente, avendo avuto occasione di osservarla meglio insieme con me, conveniva essere il suo primo giudizio iusostenibile, e dava ragione al mio.

Base alla mia interpretazione non fu giä, come credette l'Orsi 0. c. p. 14, nota 1, la statua notissima del Pantheon o del Macellum di Pompei ; imperocche essa, secondo il primo giudizio emesso dal- l'Avellino e il comune consentimento dei dotti, si era riferita a Druso giuniore, e non a Druso seniore (v. Bernoulli, o. c. I, p. 171, 205, 253). 11 Bernoulli, (1. c.) aveva poi giustamente messa in dubbio quell'opinione; ed il Mau, per giunta, in un notevole e recentis-

(ij Cfr. Bernoulli, Rom. Ikon. I, p. 35. Quivi nella nota 1, e riportata anche la giusta osservazione del Bottari (Mus. Cap. II, p. 9).

AGGIUNTA ALLA. RKLAZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 309

simo scritto, citato nella mia rolazione (v. sopra pag. 287, Dota 2), aveva, per cosi dire, tolta rultima attendibilitä, tanto alla denomi- nazione di Druso minore, qiianto a quella di Druso maggiore.

Base alla mia interpretazione furono imicamente le monete di Nero Claudio Druso; iion perö quelle comuni e generalmente note ai numismatici, bonsi quelle assai rare d'oro e d'argento che citai di proposito nella relazione, spiegando in esse anche l'assenza della barbula (ved. nota 1 pag. 287).

Le monete d'oro e d'argento {aiirei, denari), siccome uscite dalla zecca imperiale ed emanazione della corte palatina, sono sempre piü accurate e fedeli di quelle di bronzo; e trattandosi, in questo caso, di monete postume, onorarie, obbedienti altresi a pro- totipi iconici aftatto diversi (v. piu oltre pag. 322), tanto raeglio ci possiamo spiegare la sensibile differenza dei tipi di Druso sen. offerti da un lato dall'oro e dall'argento, e dall'altro dal bronzo senatoriale. Del resto anche nel bronzo c'e da fare qualche ecce- zione, come ad esempio per il sesterzio di Druso sen. scelto con ragione dal Visconti, Icon, Rom. I, tav. XXI, n. 5 e per un altro simile sesterzio esistente nel Gabinetto di Firenze, dove il naso e pure aquilino. Nella tav. IX offro un raro aureo di Nero Claudio Druso di prima freschezza esistente nel Medagliere di Pirenze, affinche si possa mettere direttamente in confronto col profilo della testa veronese; un altro aureo e pubblicato in eliotipia dal Bernoulli 0. c. II, tav. XXXIII, 8, un altro da Imhoof-Blumer, PorträtkÖ2)fe auf röm. Münzen tav. I, 13. Una biiona incisione di altro aureo e. esibita da Visconti, o. c. tav. XXI, 6, ed un'altra dal Cohen P, 220.

II confronto con 1' aureo fiorentino, che e uno dei migliori coni che si possano aveie, e soprattutto riraarchevole, e chiunque abbia famigliaritä con l'iconografia romana non poträ disconoscerlo. La linea craniale e la medesima ; simile la forma della fronte, stretta un po' sulle tempie, prominente sopra le sopraciglia e un po' retro- cedente nella parte superiore; identico il naso aquilino caratteri- stico di Claudio e particolarmente simile a quello di Tiberio fra- tello di Druso e di Livia loro madre ('). Gli occhi profoudamente

(1) Vedasi Heibig, Bull. Ist. 1887, tav. I, II e si attenda al paragone di Druso sen. con l'aquila legionare romana adombrato da Orazio nella faniosa Ode IV, 4. Quel paragmie io spiegai nol mio scritto, Erint-neutica e cronologia della priraitiva monetazione romana nella liivista Ital. di Num. 1891, p. 68.

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incassati, quindi particolarmente caratteristici, sono pure identici; simile e la pianta delle orecchie, corrispondente alla linea del labbro superiore, come si nota nelle monete di broüzo ; la bocca fine, ener- gicaiiiente chiusa, anche identica; identiche le guancie, non pienotte, come disse l'Orsi 1. c, ma anzi magre e depresse, come vedesi nella stessa fototipia, e rese ancora piü sentite e caratteristiche dalle fosse oblique formate dai muscoli del naso e della bocca. II mento nella linea mandibulare epureuguale: difterisce all'estremitä perciie nella testa veronese e rotto e mancante ; ma, guardando la piccola porzione di mento rimasta dalla parte sinistra, si vede che aveva l'andamento sporgente simile a quello delle monete. Circa la bar- bula, indizio della giovanile etä in cui Druso maggiore e stato raffi- gurato in Verona, cioe a 23 anni, dopo la vittoria ßezia, essa manca nelle monete per la ragione accennata nella relazione p. 287 nota 1, e perche esse lo rappresentano nella massima sua etä, ossia trentenne. L'acconciatura ed il taglio de' capelli sono sostanzialmente soliti a tutti i ritratti del tempo augusteo, anche non imperatori 0 principeschi. Essi cuoprono buona parte della fronte e sono ac- ciuffati, ed abbondanti sulla uuca e sul collo, secondo la propria caratteristica di Tiberio (v. Svetonio, 68 : capillo poae occipitium summissiore ut cervicem etiam obtegeret ; cfr. Bernoulli, II, p. 140) e secondo appariscono anche nelle monete di Druso suo fratello, specie nell'esemplare offerto dal Bernoulli, II, tav. XXXIII, 8, Anche il collo deve supporsi molto luugo, come in tutti i Claudi, se doveva attaccare, come e probabile ed io credo fermamente, col torso dato nella nostra tavola, il quäle per tipo, propor- zioni, lavoro e patina va insieme con la testa di Druso (ved. rela- zione p. 293, nota 1) e lascia immaginare una statua eroica se- minuda simile a quella di Pompei ed al Germanico Lateranese. Qiianto alle orecchie, che Orsi 1. c. disse non corrispondere al ritratto di Druso e di altri membri della gens lulia-Claudia, perche « non aperte e buttate in fuori " , egli, giudicando dalla fotografia, non rillette che nella testa veronese gli elici appunto delle orecchie sono danneggiati rotti e mancanti. L'elice destro, che e meglio conservato, sporge sopra i capelli due buoni centi- metri e non si puö quindi dire che la forma dell'orecchie non sia quella dei luli-Claudi. Del resto si confrontino le orecchie ab- bastaiiza strette di Claudio figlio di Druso nella testa di BraunschAveig

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(BernouUi, II, tav. VIII) e lo orecchie larghe e distaccate nei ritratti di Augiisto, per i qiiali, secondo Orsi, dovrcbbero star bene. Piü im- portante e caratteristica per Druso o Tiberio e, come dicemmo, la pianta bassa dellc orecchie, la quäle eorrispondo perfettamentc con i tipi monetari e deriva, insieme col naso, probabilmente dalla madre.

Dopo l'analisi fatta, chi specialmente possa avere in mano, non le fototipie delle monete citate, le qiiali siibiscono sempre dei cambiamenti notevoli secondo la conservazione e la luce in cui le monete vengono messe, ma gli originali od i calchi, non poträ, credo, eleyare piü verun diibbio intorno alla mia identificazione, la quäle e avvalorata dalla rassomiglianza coi ritratti di Livia e di Tiberio 6 dalla circostauza, non trascurabile, del rinvenimento in Verona, dove Druso aveva motivi aifatto speciali per esservi singolarmente onorato ed individualmente conosciuto (ved. relazione).

Nella relazione (v. sopra p. 287) ho pure espresso Tawiso che in presenza del ritratto veronese debbasi rivendicare a Druso magg. la bella statua del Macellum di Pompei riferita dal Mau a Marcello nipote di Augusto, e nella nota accennai che quella statua parevami soverchiamente virile per un giovaue morto a yent'anui, come Marcello.

Nella citata Memoria il eh. Mau, procedendo per eliminazione, escluse qnalunque altro nome per quella statua all'infuori di Mar- cello nipote di Augusto e patrono di Pompei. II suo sistema ed i suoi argomenti mi persuadevano ; ma siccome il ritratto iconico di Druso magg., prima della scoperta della testa veronese, si poteva dire ignoto, ed il Mau aveva combattuto specialmente l'attribuzione a Druso minore, ventilando solo di passaggio l'attribuzione a Druso magg. (v. p. 5 deirestratto), io credetti suscettibili a nuova disamina le sue conclusioni, e mi parve di nuovo possibile per quella statua il nome di Druso magg., tanto piü che le obbiezioni del Bernoulli (o. c. I, p. 243) non avevano per me valore funda- mentale. Gli argomenti recati dal Bernoulli contro la denomina- zione di Druso sen. erano il naso arcuato e la forma del cranio : il primo cadeva col confronto delle monete d'oro (v. sopra) e all'altro io aveva da contrapporre la dubbia origine paterna di Druso (v. piü innanzi) e la depressione della capigliatura fatta per dar posto alla corona di metallo (v. Mau p. 17), la quäle e

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visibile anche nella fotografia ed effettivamente modifica il con- torno craniale. II Mau, o. c, p. 4, insiste particolarmente sul tipo della testa, che egli non crede corrispondere in generale alle ca- ratteristiche de' Claudi, ma anzi tiitto il contrario : " per il cranio alto e tondo, per la fronte non abbastanza larga e retrocedente nella parte superiore, per il naso fortemente arcuato, per la bocca leg- germente aperta col labbro suporiore un po' rialzato " . Trova inoltre che « l'espressione e quella di im gioYane di carattere semplice, bonario, affabile, facilmente impressionabile, senza forti passioni, probabilmente non capace di grandi sforzi di volontä, di intelli- genza certo non straordinaria » . Finalmente non si piiö discouoscere egli aggiimge in questo viso iina certa malinconia affatto estranea alla famiglia de' Claudi.

Senza poter consentire interamente nella sua analisi, special- mente per ciö che riguarda la forma della fronte e del naso, e prescindendo da ciö che ci puö essere di troppo subiettivo nel suo giudizio suU'espressione della testa, dietro accurato e profondo esame, ora riconosco che la rassomiglianza della testa veronese con quella della statua di Pompei e piü apparente che reale.

Contro il parere da me emesso nella relazione, e che adesso sono indotto a correggere, mi sembrano argomenti decisivi : la posizione alta delle orecchie, gli occhi poco incassati e quasi superficial! come quelli di Augusto, i zigorai prominenti, la lamiggine meno avanzata sulle guancie che nella testa veronese, piü scarsa e cor- rispondente a quella di Augusto, la base del naso pure piü simile a quella di Augusto che a quella di Druso e Tiberio, e la bocca semiaperta. L'espressione poi e addirittura molto diversa concios- siache nella testa veronese c'e una fierezza, una energia ed una intelligenza cosi spiccata, da sorprendere chiunque si metta a con- templarla, segnatamente nel profilo. Chi fissa lo sguardo su questa testa rimane come sosTgiogato dal fascino della nobile e fiera di- gnitä del volto, il quäle ricorda i lineamenti di Tiberio e di Livia, addolciti perö da una spiritualitä e nobiltä a loro estranea.

Velleio Patercolo (II, 97) e Valerio Massimo (XLIII, 3) ac- cennano ambidue alla singolare bellezza del volto di Druso magg. ed il primo testifica altresi che Druso agguagliava in bellezza il fratello Tiberio, ciö che il ritratto veronese perfettamente conferma. Kelativamente all'aria lontana di famiglia che, come dissi, la no-

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stra testa preseuta con Augusto, essa Don ci puö sorprendere, trovando spiegazioue piü che sufficiente nella velazione amorosa che Augusto ebbe con Livia, da lui tolta a Ti. Claudio Nerone e sposata tre mesi prima che si fosse sgravata di Druso magg., donde 11 sar- castico proverbio :

ToTg avrv%ov(!i xal TQij^itjra naidia

ed 11 sospetto riferito da Svetonio, in Claud. 1, che Druso fosse nato ex vitrico per aduUerii consuetudinem (^).

Quell'aria di famiglia con Augusto aggiunge Interesse alla testa veronese, Taccorauna un poco con la testa della statua pom- peiana, ed e, se non m' inganno uno dei piü considerevoli coeffi- cienti per giustificare per essa la mia attribuzione a Druso sen. e per la statua di Pompei, l'attribuzione a Marcello nipote di Au- gusto. La piü precisa conoscenza che ora abbiamo del ritratto di Druso magg. consoliderebbe per tal modo la detta interpretazione del Mau, resa piü che mal probabile anche dalla plausibile recen- tissima congettura dello Heibig (Mou. ant. I, p, 588) che la statua femminile velata col toupet rinvenuta insieme con il presunto Mar- cello, sia il ritratto di Ottavia, sua madre.

Una volta stabilito ed assodato che la testa veronese e il primo ritratto iconico certo, autentico ed individuale di Druso magg., va da se che non si possa oimai trattare l'iconografla dei Claudi senza far capo alla medesiraa, e che essa devasi riguardare quasi la pietra di paragone per le identificazioni finora incertissime degli altri ritratti di Druso sen. e del maggior suo figlio Germanico.

Dei ritratti iconici che il Bernoulli, o. c, II, p. 213 sgg., riferi a Druso sen., nessuno presenta con le monete d'oro la rasso- miglianza decisa e spiccata offerta dal nostro ritratto. Siccome poi il Bernoulli parti del concetto erroneo che non potessero riferirsi a Druso magg. i ritratti con naso arcuato, con cranio non identico a quelle di Tiberio e non corrispondente con lo monete di bronzo che egli aveva sott'occhio, e naturale ch'egfli abbia eliminato nella

(1) Anche la sepoltura data a Druso nella tomba d' Augusto nel campo Marzio (v. Svet., Claud. 1) veniva a confermare il sospetto corso all'atto della nascita.

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sua classificazione generale alcuni ritratti forse meno incerti e piü iDdividuali di quelli da liii dati come probabili. Sopra le statue e le teste da lui registrate, io non oso pronuuciare im giudizio, perche non mi fido dei semplici disegni o delle fotografie, in ge- nerale esegnite con fine semplicemente artistico od estetico. Degli originali attribuiti a Druso raagg., di ciii abbia abbastanza fresca la memoria, nessuno corrisponde tanto fedelmente al ritratto vero- nese da potersi ricbiamare in diretto e sicuro confronto. La diffi- coltä della identificazione riesce maggiore auche perclie assai spesso abbiamo a che fare con ritratti provinciali, in cui la rassomiglianza e piü ideale che reale e perche, come si osserva nelle stesse mo- nete romane senatoriali, l'effigie di Druso magg. morto in guerra luugi dalla patria, non era abbastanza famigliare in Roma ed ha subito troppo presto gli etfetti della idealizzazione eroica. Per le ragioni addotte uella relazione p. 288 sgg. e da credere che il ritratto di lui fosse piü famigliare e notorio in Verona che nella stessa capitale. Queste considerazioni in Inducono a non esser da un canto troppo esigente nella ricerca delle caratteristiche individuali di Druso magg. per la classificazione dei suoi ritratti, ed a dare, dall'altro canto, particolare importanza alle circostanze di trova- mento, alla provenienza e all'indole dei monumento iconico.

Per le circostanze di trovamento ed insieme per iina certa quäle rassomiglianza col tipo di Druso magg. Bernoulli, o. c, II, p. 214, classificö fra i probabili o possibili ritratti di Druso magg. la statua militari habitu di Oervetri. fotogr. Alinari 19865, Ber- noulli, II, tav. XIII, rinveniita insieme con le statue dei suoi con- giunti : Tiberio, Claudio ed Agrippina. Anche lo Heibig, teste, si pro- nunciö piuttosto favorevole alla denominazione di Druso magg. {Die äffe etliche II Samml. in Rom I, n. 648); ma io dubiterei piü di loro stessi della identificazione, e sarei meglio disposto a riconoscere in quella statua Germanica secondo pensö Garrucci, associandola con la statua eroica di Veio (Bernoulli II, tav. IX) e con quelle di Gabi (Bernoulli, II, tav. X). In tutte e tre queste statue una certa rassomiglianza con Druso sen. mi pare indiscutibile ; non tale perö da giustificare l'identificazione. Germanico figlio maggiore di Druso si capisce che dovesse somigliare al padre.

Meno incerta che nelle statue crederei la identificazione di Di-uso raagg. nelle gemme, e fra queste darei come piü probabili :

AGGIUNTA AM,.V RELAZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 315

a) Pasta del Gabinetto di Vieniia, Sacken e Kenner, p. 414, n. 29 ; Bernonlli, II, tav. XXVI, 5, p. 50, con l'iscr. dell'artista HPO^ILOC AIOCKOYPIAoy e testa barbiilata di protilo, rinveniita, secondo bi crede, a Magonza e comunomente riferita ad Augiisto giovane. I lineamenti di questa bclla testa mi sembrano pi-oprio qiielli di Dniso magg. quali li abbiamo analizzati nella testa di Verona. Si confrontino particolarmente : la barba nascente piantata precisamente come nella testa veronese (a cagion della barba Ar- netli peusö ad Adriano), gli occhi profondamente incassati, l'orecchia bassa, il naso aquiliuo, le fossette dei muscoli del naso e labiali, la fronte prominente, la bocca ed il mento come nelle monete d'oro ecc. La somiglianza coi ritratti di Aiigusto vediita dal Bernonlli, certa somiglianza con taluni tipi di Tiberio (cf. specialmente il cam- meo fiorentino, Bernonlli, II n. XXVII, 8) e la provenienza da Magonza avvalorerebbero a mio giudizio la identiticazione con Druso niagg.

b) Cammeo de la Tm-bie a Torino con testa di faccia, Visconti, Icon. II, tav. XXI, n. 4, 5 ; Bernonlli, 11, tav. XXVI, 11, p. 177. Dato come uno dei piü somigiianti alle monete da Visconti, 1. c. e da Mongez, e non respinto dallo stesso Bernonlli p. 216, il quäle vi riconosce nna innegabile analogia con la statua militare di Cervetri, da lui riferita dubitativamente a Druso magg. e da me a Germanico suo figlio. Questo cammeo ha qualche ri- scontro con quello esposto nella R. Galleria degli üflizi n. 179 e dato erroneamente come di Traiano. Nella stessa collezione di Fi- renze esposta al pubblico riferirei dubitativamente a Druso magg. i cammei n. 64 (testa) e n. 151, frammento con Druso (?) incoro- nato dalla Vittoria.

Ancora meno incerta sarebbe, a mio giudizio, come giä espressi nella relazione a p. 287, nota 2, la identificazione di Druso magg. nella figura eroica a s. di Livia del rilievo di Ravenna (Bernonlli, II, tav. VI, fotogr. Alinari 10251) e nella figur.i in costume greco del rilievo delYara Pacis Äugustae, Mon. Ist. XI, tav. 34-35, n. 7, (cfr. fotogr. Brogi 4089).

Quest' ultimo rilievo io ivi spiegai come il quadro dell'intera famiglia de' Claudi, e non esitai a dare il nome a ciascuna tigura, meno alla donna con capelli sciolti sul collo fra Druso magg. e Livia, non trovando giustificato il nome di Julia, fatto per essa dal Dütschke.

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Nella mia interpretazione del detto rilievo non feci veruna menzione di Driiso minore figlio di Tiberio e di Vipsania Agrip- pina. Questi personaggi non potevano non fignrare uniti a quelli di ciii feci i nomi per completare il quadro della faraiglia Claudia ; e si possono infatti ritrovare nella metä di rilievo stato arbitra- riamente associato a quello che esibisce, giusta la mia interpre- tazione, Augusto velato jjoiitifex maximiis della pompa v. Mon. Ist. XI, tav. 34-35, n. 6; fotogr. Brogi 4088. Qiiesta metä di rilievo, secondo me, e secondo pensö anche von Diilm. Ann. 1881, p. 318 sg., potrebbe andar bene insierae con il rilievo n. 7, esi- bente la famiglia dei Claudi ed in posto parallele e simmetrico, i maggiorenti della famiglia, Tiberio e Druso. Dietro Tiberio nello sfondo vediamo da ima parte il vecchio Ti. Claiulio Nero, il quäle ricorda perfettamente i tratti dell'imp. Claudio divenuto calvo come l'avolo paterno ; e dall'altra parte vediamo una figura muliebre secondaria volgente la testa, leggermente abbassata, a d. Presso quest'ultima figura si scorgono gli avanzi di un'altra figura mu- liebre principale, stata segata modernamente, la quäle stava sul davanti in posizione parallela ad Antonia. La metä di rilievo n. 6, arbitrariamente attaccato al presunto Augusto, coraincia appunto con la mezza figura sinistra di una donna, stata dal restauratore trasformata in uorao (v. von Duhn. p. 319) per completare la figura di Augusto. A questa figura muliebre, la quäle stava al primo piano del rilievo, si attacca un giovinetto in costume greco (chitone corto, petaso di cuoio, torques al coUo), il quäle lia la statura e quindi l'etä del presunto Germanico (7 od 8 anni). Questo giovi- netto potrebbe esser bene Druso minore, nato come Germanico il 15 a. Gr., e la figura a cui si attacca, segata a metä corpo, potrebbe essere Vipsania Agrippina moglie di Tiberio e madre di lui. In tal caso la figura verso cui quel ragazzo imperiale si rivolge s'interpre- terebbe egregiamente con lulia, figlia di Augusto, divenuta vedova di Agrippa il 12 a. Cr. e nuova moglie imposta da Augusto allo stesso Tiberio l'a. IIa. Cr., cioe due anni prima della dedica dell'^rä^ Pacis Äugustae. La giovanile etä della donna velata e sacerdo- tale di questo frammento di rilievo, le sue caratteristiche fisiono- miche, la capigliatura ricciuta, divisa sulla fronte con ciocche inanellate pendenti ai lati del coUo (cfr. il cammeo con l'inscr. IVLIA, Bernoulli 11 tav. XXII, 10), ed il posto stesso che ver-

AGGIUNTA AL-LA RELAZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 317

rebbe ad occuparo vicina alla madre di Druso minore (Vipsania) e vicina a Tiberio, mi fanno ritenero probabile per tale tigiira la denominazione di lulia. Qiianto ai figli, aviiti con Agrippa, Caio Cesare (nato il 20 a. Cr.), Lucio Cesare (17 a. Cr.) ed Agrippa Postumo (12 a. Cr.), aventi all'epoca della dedica delYara Pacis la rispettiva etä di iindici, otto e due anni, e possibile che essi, come nipoti di Aiigusto e da lui adottati facessero seguito a lui nella metä di rilievo n. 6 andato perduto o non scoperto.

Immediatamoute di seguito alla presunta lulia viene il Se- nate, i cui membri sono caratterizzati indistintamente dal ramo- scello di olivo, simbolo di pace (non alloro) che recano ritualmente nella mano sinistra. I due senatori piü prossimi a lulia e che fanno seguito immediato alla famiglia Claudia mostrano giovanilc etä {se- 7iatores juniores), portano laticlava, laiirea, calcei senatori e Yanulus senatorias nell'anulare sinistro. La particolaritä del ramoscello di olivo recato da senatori o patricu e degua di nota, perche li dif- ferenzia dai membri della famiglia imperiale {domus diiHiia) e dai pontifices senatoriali mescolati nella foUa dei senatori (v. le figure centrali velate nei rilievi Mon. Ist. XI, tav. 34-35, n. 3 e 4). La tigura principale del rilievo di villa Medici n. 5, coperta ^Xa^iex coronato d'olivo, non e, come opino il v. Duhn, Augusto, bensi certamente il Flamen Cialis. Qiiesta carica non era infatti coperta daU'iraperatore; era di nomina del Pontefice Massimo, e sappiamo da Svetonio {Aug. 31) averla Augusto restituita dopo sessantadue anni di vacanza. II Flamen Dlalis, capo del collegio dei Flamines majores, aveva la prerogativa d'un littore, portava la toga pretexta, sedeva in Senato ed aveva la precedenza del cor- teggio, come vigile supremo della nettezza e della puritä cerimoniale. Egli, nel detto rilievo n. 5 apparisce dunque con la toga pretexta ed accompagnato dal suo littore. Siccome giunto al posto stabilito, si forma per il primo, e rivolgendosi al collegio dei Flamines di cui e capo, e quäle Rex sacrorum, aspetta che si avanzi il Ponlifex maximus, preceduto dai Salii{?) e dal j^ontifex minor portatore della dolabra pontißcalis. II Ponlifex maxmus e in questo caso, come nell'ara di Pompei (Overbeck-Mau, Pompeji^ p. 118; fotogr. Sommer 1206) e nellara larale di Firenze (Dütschke, Änl. Bildw. III, n. 218), lo stesso imperatore Augusto, il quäle copri questa carica nel 12 a. Cr. in seguito alla morte di Lepido, assicurandolainperpetuo

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per se e per la siia famiglia (cfr. Dione, LIX, 27; Svet. 31; Ovid. Fast. III, 415). Qnanto all'aspetto im po' vecchio di Aiigusto, siccome nell'anno in cui fii dedicata Vara Pacis {a. d. IIT. kal. Febr. 745 u. c. = 9 a. Cr.) egli aveva da 53 a 54 anni, e la siia salute si trovava giä tanto scossa da fargli desiderare la pace generale, con qiiesto mo- numento solennizzata e ad ogni costo da lui voluta, si capisce che fosse rappresentato con alcime riiglie. Del resto ha ancora tutti i capelli e non e calvo come Ti. Claudio Nerone nel rilievo dei Claudi. II naso e di ristaiiro e le rughe stesse furono ritoccate e quindi rinforzate nel moderuo ristauro dei rilievi.

Chi coufronti il presente ritratto individuale di Augusto con quello dell'ara larale della Galleria di Firenze (Dütschke n. 218) si persuaderä facilmente che abbiamo dinanzi la medesima persona. lo poi credo che questo ritratto di Augusto sia di proposito particolar- mente individuale, realistico, affinche la sua lisonomia potesse piü fa- cilmente riconoscersi in mezzo a tante figure in vestito cerimoniale 0 sacerdotale. II pontifex minor con la dolabra ed i Salii, carat- terizzati ^dXY apex e dalla rituale virga saliare ('), sono raffigiirati di statura notevolmente piü bassa, per far meglio risaltare la figura di Augusto.

Questo ritratto pontiflcale di Augusto per me toglie finalmente ogni dubbio e conferma quanto meglio si possa mai desiderare l'at- tribuzione ad Augusto dei ritratto Vaticano n. 280 (Mus. Pio Clem. VI, 40 ; Bernoiüli II, p. 30 ; fotogr. Brogi 8262). Visconti, 1. c. e Braun {Ruinen Roms, p. 355) non s'ingannarono a vedervi rap- presentato Augusto, quäl sacerdote dei divo Giulio, epperö cinto dei diadema col ritratto gemmario di Giulio Cesare. La Corona di foglie di vite sottoposta al diadema, per me allude chiaramente, insieme col diadema, alle sue qualitä di vtog Jiörvaog e di JiuSoyoo. del- l'impero romano. lo esaminai l'originale in una recente visita al Museo Vaticano e confermo dal mio canto categoricameute tanto

(1) Per i Salii bastavano le (lue figure con Vapex visibili in questa parte dei rilievo, uno potendo rappresentare il collegio Quirinale (Collini) ed uno quello Palatino. Per la rappresentazione piü completa dei collegio dei Salii ved. Schulze, Alte Handzeichnvng eines Reliefs mit Darstellung des Salierumzuges progr. Petropol a. 1873; Benndorf, Ann. Inst. 1869 tav. E (rilievo d'Anagni). [V. peri!) Monumenti anticlii d. Lincei I p. 634,4].

AGGIUNTA ALLA RELAZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 319

la rassomiglianza coii rAugusto dei rilievi dell'^m Pacis o col bustiuo di Neiiilly-le-Real nel Louvre (Longperier, Not. d. bromes N. 640, fig. 7 ; Frölmer, Musees de France tav. 1 e 2 ; Rayet, Mon. de l'art, aiitique, 6; BernouUi, II, p. 38), esibente anch'esso il ritratto realistico di Augusto cinquantenne ; qiianto la identifica- zioiie con Giiilio Oesare nella gemma del diadema, dove, a difetto della conservazioue del protilo facciale, la trattazione dei capelli e quella dei collo limghissinio, col pomo d'Adamo molto pronun- ciato, possono bastare ad assicurarci che il giudizio di Visconti e di Braun era giustissimo. I dubbi pertanto elevati dal Beruoulli (o. c. II, p. 380 e p. 65) e dallo Heibig {Die öff. Samml. in Rom I, n. 219) intorno alla denominazione di questa testa, non sareb- bero oggimai piü giustiticati.

Nella tav. IX, assienie con raiireo di Umso magg., ho fatto riprodiirre nno dei migliori coni che si abbiano del sesterzia di Claudio con l'arco di trionfo Drusiano, batfcuto ed emesso nel 41 d. Cr. contomporaneameute con gli aurei e denari di egual tipo e SU cui e aggiunta l'iscrizione dichiarativa : DE GERM o DE GER- MANIS.

Non probabilmente, come disse Cohen ^ I, p. 221; ma sicu- ramente, per le ragioni d'ordine generale svolte in altro mio scritto (v. Di alcuni ripostigli ecc. nel Mus. Ital. II, p. 333, 346 sgg. ) e per la data che portano le monete di zecca urbaua, palatine {aurei, denari) e senatoriali (sextertii) recanti il nome NERO CLAVDIVS DPvVSVS GERMANICVS IMP Cohen ^ I, p. 220-221, n. 1-6, 8, sono State emesse in occasioue deU'elevazione al trono dell'impe- ratore Claudio, l'a. 41 d. Cr.

Esse celebrano il padre di lui, primo vincitore dei Germani (GERMANICVS), ed hanno la stessa ragione di essere dell'elogio di Druso magg. fatto da Svetonio nel preambolo alla vita del divo Claudio.

Eccezionalmente il gran bronzo (Cohen -, I, p. 221, n. 7), battuto in Gallia o in Britannia potrebbe ritenersi emesso da vivo 0 subito dopo la morte, per riguardo aU'iscrizione politicamente significativa, SPES AVGVSTA (cfr. sopra p. 289 not. 1).

I tipi delle monete urbanc emesse in onore di Druso magg. si riducono a tre;

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a) Arco di trionfo sormontato della statua equestre di Druso magg. fra due trofei, con l'iscr. DE GERM nell'oro e ueU'argento, e seDza iscrizione nel bronzo;

b) Vessillo railitare decussato fra due sciidi e due trom- bette e l'iscr. DE GERMANIS (oro e argento);

c) Statua civile sedente sopra la sedia curule fra le spo- glie germaniche (corazza, scudi, elmo, lancie, mazza gallica(?)) contornati dalla prima titulatura imperiale di Claudio (gran bronzo).

L'arco di trionfo del sesterzio urbano di Claudio e degli aurei (cfr. anche i disegni in Cohen ^ I, p. 220 e p. 254) non puö es- sere se non quelle decretato a Druso magg. dal Senate ed innal- zatogli sulla via Appia : mannoreum arcum cum tropaeis via Appia Svet. Claiid. 1.

L'arco trionfale che si suppose, e per un moraento credetti anch'io, essere stato innalzato sul Reno, ha origine da un equivoco j-ilevato dal BernouUi, o. c, II, p. 210, nota 2. Claudio, che si tenne in dovere di far eseguire l'arco trionfale decretato a Ti- berio e poi non piü eseguito (y. Svet. Claud. 11), e ben naturale, che appena proclamato imperatore volesse spargere nel mondo la conoscenza dell'arco trionfale di suo padre, il quäle uei riguardi politici parlava altamente e splendidamente in suo favore.

La statua equestre di Druso vibrante l'asta che sormonta l'arco, tanto alludeva alla insigne virtü militare del padre di Claudio, quanto alla fatale sua morte per una caduta da cavallo (Tacito, Ann. II, 7). Nelle monete di oro e di argento si diede di proposito piü importanza alla statua equestre ed ai trofei germanici che all'ar- chitettura dell'arco, epperö, quantunque di modulo tanto piü piccolo, esse sono in quella parte piü rieche di particolari che le dette monete di bronzo.

In esse Druso non e rappresentato come nel bronzo quasi caracollante sul cavallo e con testa volta di faccia, ma galoppante a d. con la testa di profilo e la lancia in resta. I trofei sono piü completi, con corazza ed elmo (mancanti spesso nel bronzo); ed ai piedi dei trofei sono raffigurati due prigionieri nudi accovacciati con le mani legate dietro il dorso. I particolari architettonici dell'arco sono invece trascurati: domina suU'attico soltanto la scritta DE GERM 0 DE GERMANIS, la quäle manca nel bronzo essendosi ivi curata di piü la parte architettonica, cioe la forma dell'attico ornato

AGGIUNTA AI,I,A REl.AZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 321

di fastigio e di rilievi (da iina parte patera, dall'altia prefericolo) e sostenuto da qiiattio colonne corinzie.

Confermata cosi la forma tetrastila dell'arco innalzato a Druso magg. in Roma, viene a cadere la possibilitii che l'arco distilo sulla via Appia, che porta anche attualmonte il nome di Druso, appar- tencsse a lui (cfr. Braun, Ruinen, p. 65).

II vessillo rappreseutato negli aiirei e denari (Cohen -, I, p. 221, n. 5, 4 ; (imo riprodotto da Visconti, Icon. rom., tav. 21, n. 6), io congetturo essere quello che Aiigusto avrä donato a Druso magg. per la vittoria germanica.

La mia congettura muove da un passo di Svetonio relativo al dono analogo fatto da Augusto a M. Agrippa {Aug. 25 ; M. Agrippam in Sicilia post navalem victoriam caeruleo vexillo donavit). L'iscr. DE GERMANIS illustra egregiamente il tipo monetario;' il quäle non rappresenta un trofeo gerraanico, ma un vessillo romano, e propriamente il vessillo speciftco della cavalleria romana decussato quindi molto a proposito vittoriosamente fra due scudi romani (scula) e due trombette romane [tubae] (^).

Circa la figura sedente in abito civile rappresentata nel se- sterzio Cohen I-, p. 221 a 7, io non ho che da riportarmi alla interpretazione giustissima giä data dall'Eckhel, D. N. V. VI, p. 177 e dal Visconti, Icon. rom. Essa non rappresenta Claudio come credette Cohen, desumendolo a torto dalla iscrizione che la contorna, ma indubbiamente la statua di bronzo civili habitu de- cretata inter alia complura dal Senate a Druso magg. (v. Sve- tonio 1. c. in confronto con Dione LV. 2). La prima titolatura im- periale di Claudio che contorna la detta figura sedente TI CLAV- DIVS CAESAR AVG P M TR P IMP P P determina infatti so- lamente la data e la circostanza dell'emissione del tipo monetario (41 d. Cr.); mentre la congerie di spoglie gQrm2^mQ]iQ {manubiae germanicae) in mezzo cui la ligura siede, la sella curulis ed il

(1) Come il vessillo acquisti sotto Augusto il significato ed il valore della inassima onoriflceiiza militare si arguisce dalle monete stesse di Augusto coniate il 1<3 a. Cr. dopo la vittoria Gallica al niomento del suo ritorno in patria ed esibenti per la priini volta Marte e la Vittoria imiiiiü di vessillo, Cohen P, p. 106, 324; p. 107, 330.

322 L- A. MILANI

ramo?cello d'alloro (lairrus) che tiene in mano determinano in modo chiarissimo il significato onorario della figura stessa, avente altresi tutto il carattere di una statua di bronzo. Questa moneta sic- come emessa in onore di Druso magg. porta al dritto e non giä al rovescio la relativa iscrizione dedicatoria NERO CLAVDIVS DRVSVS GERMANICVS IMP- ; la testa poi e niida, non laureata come nelle monete imperiali, perche desimta evidentemente dalla statua civile rappresentata nel rovescio.

All'artista monetario della zecca senatoriale, secondo ogni probabilitä, ha serrito di base iconografica non Yimago di Druso conservata nella famiglia dei Claudi e veduta probabilmente dal- l'artista della zecca palatina, ma semplicemente la pubblica statua onoraria e civile rappresentata nella moneta stessa. Cosi si spie- gherebbe anche meglio la differenza notata di sopra fra i ritratti un po' ideali offerti dal bronzo in parola ed i ritratti piii realistici offerti dalle monete d'oro e d'argento.

II tipo di questa moneta urbana senatoriale e tanto piü in- teressante, in quanto, come ha giä osservato lo Eckhel, esso ci puö servire di esempio delle cosiddette staticae sede/ites civili habitu^ che anche Traiano dedicö al proprio padre, e Macrino avrebbe vo- luto dedicare a Caracalla suo predecessore ed a Severo. (v. Capi- tol. Macr.).

IL

L'iscrizione di Prassitele I.e tre statue miiliebri. Strada romana ia Verona.

L'iscrizione col nome di Prassitele (n. 28 dell'Elenco), che ha dato tanto da pensare e da dire al Ghira-dini o. c. p. 667-679 ed airOrsi o.e. p. 11- 13, dal primo ritenuta non posteriore ai tempi alessandrini, dal secondo riferita piuttosto si che no al grande Prassitele, e da me classificata e spiegata come di epoca romana (v. sopra p. 295), bastava che fosse esaminata a dovere dal punto di vista paleografico per rendere oziose tutte le congetture che in- torno ad essa si sono fatte.

11 vero fac-simile dell' iscrizione non e quello offerto nelle

AGGin.NTA AI.I.V RELAZIONE SUl.LE RECENTI SCOPERTE ECC. 323

Notizie p. 11 (cfr. p. 12 nota 3), bensi quello che esibianio nella sottoposta zincotipia.

^A^^'i r ;k AM

11

La forma della E con il trafcto mediaao distaccato dall'asta verticale, la forma della P leggermente aperta, la H col tratto mediano orizzontale (non verticale, come credette Orsi, p. 12 nota 3) e coi tratti inferiore e superiore leggermente a squadra, la n uel primo rigo col tratto superiore limitato dalle aste ver- ticali, e nel secondo rigo col tratto orizzontale esteso oltre le aste verticali, sono tiitte forme paleograficbe, le quali parlano in favore della interpretazione da nie data. Soprattutto decisiva e la forma della E, la qiiale nell'iscrizione veronese ritorna tre volte col trat- tino mediano distaccato, e che non si riscontra se non sopra iscri- zioni d'artisti di tempo romano. Vedasi presso Loewy, Lisc/irif/. (Lgriech. Bildh. nn. 327, 335, 342, 344, 361 ^, 376« e si com- pari particolarmente l'iscrizione delFartista Antiochos Athenaios nella Pallade della Villa Ludovisi, la quäle, essendo di tipo qua- drato come quella di Salpione n. 338 ecc. (di tipo un po' analogo sono anche le iscrizioni 361/$* e 335), presenta la E, la FI e la H proprio di forma identica.

Per il resto rimando a ciö che scrissi nella relazione e che ora col confronto paleogratico piii accurato viene raeglio a confermarsi.

Pin dal primo momento il eh. Loewy, che in fatto di iscri- zioni di artisti e indiscutibilmente la piima autoritä, avendo veduto da me il calco dell'iscrizione veronese, convenne nel giudizio che io. per i semplici riguardi stilistici e tecnici aveva fatto sul tronco d'albero e suU'iscrizione in parola. Anche il Ghirardini o. c, a onore del vero, faceva per lo stile e la tecnica del tronco d'albero (p. 678) un'osservazione analoga alla mia, escludendo egli pure u priori la mano del grande Prassitele.

La statua giunonica maggiore del vero, n. 24 deU'Elenco (vedi sopra p. 290), di cui e data una buona fotoincisione nelle Notizie degli scavi 1891 p. 5, e di tipo abbastanza noto e diffuso, perche ci sia bisogno d'intrattenersi a studiarla nei suoi particolari e nella

22

324 L- A. Mtl. AM

sua origine pure notoria. Ho accennato nella relazione p. 293 alle ragioni per cui ho creduto di riferirla ad iina statua d'iruperatrice romana, e forse a Livia madre di Dniso e Tiberio. A modo di esempio citai in raffronto (v. nota 0) la statua della creduta Livia di Pompei (ora denominata Ottavia : v. sopra p. 318) e la figura di Livia nel rilievo di Eavenna. Troppi altri sarebbero gli esempi che si potrebbero citare di statue di questo tipo, riferibili a divi- nitä (specie Hera, Demetra) e ad imperatrici divinizzate sotto forma di Inno, Ceres, Fortuna, Coucordia, Pietas, Salus ecc.

Nel Clarac, Mmee de Sculpture, gli esempi sono frequentis- simi, e, per dire di alcuni piü strettamente corrispondenti alla statua veronese, basterä richiamare le segiienti tavole : 431 n. 778 ; 432 n. 782 (Demetra) ; 422 n. 744 (Flora). Anche Mongez, Icon. rom. tav. 20, 40 offre una simile statua di Livia sotto le forme di Giunone. Nelle monete poi gli esempi sono addirittura iunume- revoli ; se non che uno dei piü antichi ed istruttivi rimane sempre il bei sesterzio di Caracalla, Cohen I-' p. 237, 4 (= Bernoulli, ta- vola XXXIV, 7) con le tre sorelle dell'imperatore, Agrippina, Drusilla e Julia, sotto le rispettive forme di Securitas, Concordia, Fortuna, ed aventi tutte e tre la üola, la palla ed il cingulum drappeggiati e disposti come uella statua veronese. E probabile che questa statua fosse perö velata ed avesse la d. abbassata in atto di sacrificare come supposero anche Ghirardini (p. G81) ed Orsi (p. 7). Livia, se pur Livia era, come io inclino a credere, (che non mi saprei altrimenti spiegare fra quei marmi veronesi una statua del culto, ne altra imperatrice fuori di lei, date le sue pro- porzioni maggiori del vero e date le circostanze del rinvenimento), sarebbe stata rappresentata in Verona piuttosto sotto la piü ovvia forma di Pietas (cfr. Cohen I- p. 170, 1), cioe simile alla presunta Ottavia di Pompei e alla cosiddetta Vestale (Lucilla ?) della R. Galleria degli Uflfizi (Dütschke, ÄnU Dildw. IV n. 89; David, Mus. de Flor. IV tav. XIX), anziehe sotto le forme di Salus (Cohen 1-' p. 171, 5: capo scoperto), di lustitia (Cohen P p, 171, 4: capo diademato), e di luno o Ceres : scettro nella d. elevata o spighe nella s.

Riguardo allo stile, il Ghirardini (o. c. p. 682), riferendo questa statua all'epoca adrianea, non tenne abbastanza conto della osservazione opportunissima con cui chiude il suo articolo (p. 686-88) : cioe che trattandosi di statue rinvenute in provincia, bisogna di- stinguere fra arte urbana ed arte provinciale o locale. Questa statua

AGGIUNTA AI.T^.V RKI.A/.IONK SII.I.E REiENTl SCOl'ERTE ECC. 325

di Verona iinpone per la niaestä del motivo statuario, il qiiale, se non iisato al teinpo di Alcamene (v. Petersen, Bnll. Istit. 18, p. 66 segg.), non e certo posteriore a Fidia ; ma, studiata da vi- cino, si notano dei difetti anche notevoli (p. es. la gamba destra troppo corta e non organica, la massa inferiore del corpo non ana- loga e proporzionata alla massa snperiore), i quali insieme cou lo stile e la tecnica del pannegt,äo rivelano la mano appiiuto di iin artefice locale. Per questa considerazione e per la osservazione fatta intorno al matcriale marmoreo impiegato per le scoltiire veronesi plastiche ed architettoniche (y. sopra p. 280) io non esitai a rife- rire questa statiia verso la tine del secolo I av. C. o al principio dell'era volgare; e questo giudizio mantengo, av^egnache per questa statua sia stato adoperato il marmo lunese invece del marmo greco.

L'altra statua in piedi muliebre ed acefala n. 3(3, per la quäle io richiamai in coufronto l'ovvio tipo di Polimnia, affine di dimo- strare l'anticliita del motivo statuario (sec. IV av. Cr.) ('), e la statua ercolanese di Viciria (Comparetti e de Petra, Villa dei Pisoni, tav. XIX, 3 fotogr. Sommer n. 1579), in appoggio della mia interpretazione (v. sopra p. 294), fu dal Ghirardini (p. 683) e dairOrsi (p. 7) riferita al tempo degli Antonini. Io invece, per le stesse considerazioni fatte dianzi, l'ho ascritta e l'ascrivo all'e- poca augustea, come quasi tutti gli altri marmi plastici ed arcbi- tettonici rinvenuti in piazza del Duomo. La testa da innestarsi, di cui ayanza solamente un pezzetto di coUo di marmo, e greco simile a quello dell'intera statua; ma la tecnica dell'innesto mi sugge- risce tuttayia la congettura che la testa originale fosse un'altra, e ferse tutta di un pezzo con la statua. Gli esempi di statue di questo genere o tipo, talora rappresentanti in origine divinitä romane, p. es. Cerere (v. Overbeck, Kuiistmijthol. II E, Atlas tav. XIX, 12, p. 465 n. 18) e Pudicizia (y. Matz-yon Duhn, Aul. Blldw. 1426 sgg.), passate dall'una all'altra destinazione, essendo frequenti, la mia supposizione che questa statua rappresentasseunamatrona imperiale (p. es. Antonia. moglie di Druso, come nel rilievo dell'ara Vacis, dichiarato di sopra;

(1) Anche Ghirardini 1. c. penso, come me, alle Muse ed in ispecie a Polimnia; per l'epoca romana richiamu pure opportunamente rovvio tipo della Pudicizia. Orsi richiamo anche lui la Viciria ercolanese, la simile statua di imperatrice romana di Olinipia (Baumeister, Denkm. II p. 1088) e le nolis- sime figurine Tanagresi e di Mirina.

326

L. A. MILANI

cfr. anche le simili statue d'imperatrici romane rinvenute in Olimpia; Baumeister, Deakm. II p. 1088 nn. 1297, 1399), guadagnerebbe maggiore credibilitä. II trattamento delle pieghe della stola nella parte inferiore e cosi analögo a quello della statua sedente n. 37 riferibile ad Olimpia), da lar peusare a prima giunta al medesimo periodo di tempo e, per poco, al medesimo scalpeUo.

Intorno alla statua sedente n. 37, di cui e data una buonis- sima fotoincisione nelle Xotizie degli scavi p. 8 e che esibiamo in due aspetti qui sotto, ho giä espresso nella relazione le prin- eipali ragioni (v. sopra p. 295 segg. e nota 17), per le quali io confermavo il nome di Olimpia, congetturato dal von Duhn 1. c.

AGGIUNTA AI.LA KEI^AZIONE SÜLLE RECENTI SCOPERTE ECC. 327

lo credevo clio il vou Diilin avesse abbaDdonato la detta sua congettura in seguito alle obbiezioni mossegli dal liohevt{ LH leratur- ;ieituno 1880 p. 106) e dal Treu (yl/^A. Zeil. 1882 p. 07 segg.), e mi parve desunieiio da una siia lettera a me diretta ; ma in iino scambio d'idee avvenuto posteriormente fra noi in Verona, egli mi dichiarava non averla per niente abbandonata. Co'si siamo in due a sostenerla. Dal inio canto all'attributo del molosso ed alla genesi dello prime statuc d'imperatrici romane modellate sul tipo di Olimpia (v. sopra p. 290 sgg.) tale e cosi grande va- lore, da non tener conto delle piccole obiezioni del Robert e del Treu.

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Von Diihn ed io, mentre riconosciamo la derivazione di qnesto motivo statuario da analoghi tipi artistici riferibili al secolo V, siamo d'accordo nel credere che airapplicazioue solenne ed esemplare di tale motivo abbia dato occasione il ritratto sedente della madi-e di Alessandi-o il Grande, fatto probabilraente da Leochares, cioe dal- l'autore appunto della statiia chru^elephcmtina staute nel Philip- peion di Olimpia, e diffnso dalla siia sciiola.

Se im siorno si scoprirä la testa delVesemplare veronese, la que^^tione poträ decidersi; intanto e perö notevole che l'esemplare veronese sta piü fedele di quello Torlonia alla tecnica chryselephan- llna (v. p. 296 nota 1) e che, nel modo stesso, come Tesemplai-e Toiionia decorava la spina del Circo di Massenzio in Roma, cosi abbiamo motivo di supporre che quello veronese decorasse similmente, non meno a proposito, il circo olimpico veronese (v. sopra p. 390 nota 1). La originale provenienza e l'attuale ubicazione della simile terza statua col cane divnlgata e conosciuta sotto il nome di Ti/ro Ilerculis uxor (v. Ligorio, Cod. Taur. 20, Cavalleriis, De Rubels ecc. presso von Duhn, Ann. 1879 p. 194 e p. 200 nota 27) furono iüvano ricercate dal von Duhn, il quäle mi scrive aver so- lamente potuto identificarla con quella giä esistente negii orti del cardinale di Ferrara sul Quirinale, cioe nella Villa poi rimpiaz- zata dal palazzo Gregoriauo (v. pianta Bufalini). E questa appunto la statua mentovata nell'inventado del Fiorelli, Bocum. ined. II. p. 157 ed ivi cosi descritta: « nel piano sopra detta scala e una statua di una regina, che siede sopra una sedia di marmo, sott la quäle e uno hello cane, e pare maggiore del naturale " . Riguardo allo Stile ed alla tecnica, giacche ebbi di fresco occasione di studiare direttamente la statua Torlonia (Oatalogo n. 77) posso aggiungere che la esecuzione di gran lunga superiore dell'esemplare Torlonia si nota massimamente osservando il partito di pieghe sotto la sedia, dove la statua non sofferse le intemperie a cui fu esposta per secoli. (Cfr. von Duhn, l. c. p. 183). Quel trattamento rivela la mano di un artista di primo ordiue, il quäle non copiö servilmente come quello della statua veronese il modello d'altra materia (metallo, legno, avorio), ma esegui una libera e morbida traduzione in marmo. II molosso sotto la sedia ha il muso di ristauro e le orecchie sem- brano tas^liate corte come si usa nei nostri cani bulldog; nel tipo corrispoude ai famosi caoi di guardia della Galleria degii Uffizi (Dütschke, Aat. Blldiv. n. 49, 50, fotogr. Brogi n. 4303) e forse

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AGGIUNTA ALLA RELAZIONE Sri.I.E RECENTI SCOI'ERTE ECC. 329

ancora piü a qiiello accovacciato, con orecchie tagliate (?), del Di- pylou, fotografato da Romaidis n. 55. La grande corrosioue della statua Torlonia dal lato d. (11 lato sinistro e di ristaiiro), rcnde irriconoscibili i bottoni del chitone ionico, i quali non ho cosi potuto iiumeraro. Nella statua veronese, come dicenimo, sono 13, e 10 De annoverai nella cosiddetta Livia del Museo Torlonia (Catal. n. (34). Nella statua Torlonia anclie le mani sono di ristauro ; in quella veronese la mano d. non impugna im lembo del manto, come cre- dette Orsi, ma e semplicemente socclüusa in dolce abbandono.

Dal confronto tinalmente delle misure (per la s'atua Torlonia V. von Duhn o. c. p. 200 nota 23, per la nostra v. Notizie p. 11, quantunque non prese esattamente, ne possibili a prendersi, non essendo ancora la statua ristaurata), si vede che, dal piü al meno, le due statue corrispondono fra loro anco nelle proporzioni.

Per completare le notizie che abbiamo dato sulle scoperte di antichi ruderi e marmi sculti avvenute in altri tempi presso la Cattedrale (cfr. sopra p. 299) credo utile ed opportuuo riportare per intero il luogo del cinquecentista Canobio, citato dal Cipolla nelle Notizie degli scavi 1884, p, 409 a proposito dei pavimenti a musaico di epoca tarda rinvennti nel chiostro canonicale e siü quali riferi esattamente, come avvertiamo, mons. Vignola nelle stesse Notizie 1884, p. 401-408 ed ulteriormente nelle Notizie 1885, p. 307 e 1886, p. 213-18.

Ms. della bibl. capitolare, Cod. DCCLXXXV, fol. 96 : « Al- ^ cuni hanno scritto, che in questo luogo (cioe nel sito della cat-

- tedrale) era uti nobilissimo tempio dedicato a Minerva e con

- qualche fondata conjettura, imperciocche quivi d'ogni intorno sisono

- ritrovati molti grandi qiiadri di marmo fmissimo, colonne, capitelli. >' basi ed antichi e nobili frammenti e fondamenti grossissimi ; di

- che ne fa anco amplissima fede i due grandi pezzi di colonne ti qiiadre, o come si dice pilastri di marmo intagliati con mirabile

- artifizio, che si veggono appoggiati a questa Chiesa del Domo -i sopra due leoni nell'iiscire dalla porta per entrare nella canonica. " Si vede anco vicino a questi im sepolcro grande, che ha il co- u perto di marmo della qualitä delle colonne dette, nel quäl si vede

- intagliata mia Medusa antica ed altri intagli i quali sono quasi ü del tutto leccati « .

Ivi il Cipolla avverte che i due pilastri rabescati di esimio

330 >'• A. Mll.A.M

lavoro, ai qiiali alliide il Canobio fiirouo trasportati a cura del Matfoi nel Miiseo Lapidaiio (cfr. Museum Veronense p- CXXXI), e che i leoni st anno ora ai piedi della scala della biblioteca Ca- pitolare : « I leoni, asserisce il Cipolla, sono opera tarda e si re- putano quelli che sosteuevauo la tomba dell'arcidiacono Pacifico (f 846)''.

Chiiido l'aggiunta Mta alla mia relazioue, divenuta, non per mia colpa, piii lunga fonse del bisogno, con la ziucotipia della strada romaua scoperta nel fare il fognone di via Liceo.

AGGIUNTA AI.I,A RELAZIONE SULI.E RECENTI SCOPERTE ECC. 331

lo avrei desiderato che im pezzo di questa strada si trasportasse tal quäle nel Museo civico di Verona, come io feci per im tratto di strada romana scoperto or non e iiiolto in Firenze e trasportato nel Museo archeologico. Giacche questo trasporto non si e potuto ottenere mi pare tanto piii interessante di esibire la fotogratia di im tratto di questa strada, del resto molto simile ed analoga a quelle ben note di Pompei. Simile a questa era anclie la strada romana di Via del Sole (v. sopra p. 298), la quäle ci viene opportunamente cosi descritta dal Donatelli (v. Notizie 1891 p. 3) : « I massi di pietra sono dispoöti grossolanamente a spina pesce ed hanuo la larghezza media di m. 0.40 per m. 1 e lo spessore di circa m. 0.80. La strada e siii bordi limitata da pietre della medesima qualita (marmo veronese o pietra viva) disposte in senso longitudinale, dello spessore delle precedenti, della larghezza di m. 0.45 e lun- ghezza variabile fra m. 0.80 e m. 1.50. Posava direttamente in terreno vergine e si vedevano i solchi delle riiote dei veicoli ". I solchi lasciati dal passaggio dei veicoli, appena visibili nella no- stra zincotipia, erano piuttosto profondi anche nella strada romana di via Duomo.

Firenze, Novembre 1891.

LuiGt A. MlLANI.

MISCELLANEA EPIGRAFICA

(Continuazione. V. Mütheilungen 1890 p. 287-312).

XL Bii^loma militare scoj^erto nell'alveo del Teuere.

Nel maggio del 1890 fii estratta dalValveo del Tevere, presso il ponte Palatino, iina lastrina di bronzo (larga m. 0,175, alta m. 0,14) coü l'epigrafe segiiente :

o o o

HABENT SI QVl EORVM FEMINAM PEREGRInaM

DVXERIT DVMTAXAT SINGVLI SINGVLAS QVAS PRIMO DVXERINT CVM lIS HABEANT CONVBIVM HOC QVOQVE llS TRIBVO VT QVOS AGROS A ME ACCEPERINT QVASVE RES POSSEDERVNT III K «^ANVAR-SEX-MARCIO-PRISCO-CN-PINARIO JaEMILIO CICATRICVLA COS SINT IMMVNES l

V/S TAI C-F- GALERIA-SATVRNINI ^LVNIA-CHO-n-PR

o

Fu pubblicata dal eh. Barnabei nei Momimenti cmtichi dell'Ac- cademia dei Lincei vol. I punt. 2 (1890) p.429-48G, secondo un apografo riveduto dal signori Bormann e Gatti.

Questo dociimento viene ad accrescere la ricca serie dei pri-

CH. HÜLSEN MISCELI.ANK.V EPIGRAFICA 333

vilegi de iure civitatis et conubii (') : e per alcuni particolari acquista iin pregio speciale. La lastrina riciiperata formava la seconda parte deirinterno dol dociimento. Sul rovescio si vedono nel mezzo parallelamente ai lati piü corti, duo listelli, destiuati a proteggere i snggelli impressi sui fili che chiudevano il dittico (im simile apparccchio si trova p. es. nel diplonia di Weissen- burg, n. XXII; cf. Mommsen, C. I. L. lll p. 903); ma dei suggelli non v'e traccia, e ciö ch'e molto piü singolare uon v'e neppure dei nomi dei testimoni. Non sono mai state incise lettere sul rovescio della nostra tavola ; qiiindi si dcve supporre, o che il diploma non fosse mai ratificato dai testimoni, o che i nomi, segnati con in- chiostro, siano spariti senza lasciare la menoma traccia: supposi- zioni ambediie che non trovano riscontro in altri esemplari.

E importante il passo sopra la immunitä dei terreni assegnati ai soldati per beneficio imperiale. L'unica aggiimta simile che si trova nei diplomi finora conosciuti e qiiella sopra i milites castel- tani nel diploma LXXII {Eph. epigr. IV p. 508).

La fräse tronca nel principio non trova im riscontro esatto in altri esemplari, ma si puö supplire agevolmente; e tutto il teste si legge come segne : [jiomina militum qui militaveruat in cohor- tibus praetoriis . .. . subieci: quibus fortiter et pie militia fimctis, ius tribiio conubii cum uxoribus quas secum'] habent ; si qui eorum feminam peregrinam duxerit., dumtaxat singidi singutas, qua>^ primo duxerint, cum iis habeant conubium. Hoc quoqiie iis tribuo. ut quos agros a me acceperunt quasve r^s possederunt III k{a- lendas) Januar{ias) Sex. Marcio Prisco, Ca. Piaario Aemilio Cicatricula co{/i)s{uiibns), si/it immunes.

. . Stati (?) C. f. Galeria Saturnini Clitnia, cho{rtis) II pr{aetoriae).

(1) Alla lista cli 77 diplomi compilata dal Mommseu, Ephemer in Fpi- graphica vol. V p. 101-104 sono da aggiungere, oltre ai tre stampati nello stesso volume p. 6U-G17, uno pubblicato dairHainpel,ii>feAY''.3:e/i; a törtenelmi tudomdnyok körehöl kiadja a magyar tudnmänyos Akadp-mia 1884, e ripe- tuto dal Mowat, Revue archeologique 1891, I p. 2IG; uii altro pubblicato dal Tocilescu, Archaeologisch-epigraphische Mittheilungen aus Oesterreich XI p. 24 ; un terzo trovato a Brigetio, dei qnalo ebbi uiia copia per la gen- tilezza dei eh. Bormaiin. Quest'ultimo diploma porta la data dei primo No- vembre 149 ed il consulato finora sconosciuto di un Q. Passienus Licinus e C. Julius Avitus. II numero dei diplomi arriva cosi ad ottantacinque, mentre non

CH. HÜLSEN

Circa il tempo in cui fii emanato il decreto relativo al co- uabium, la forma esteriore della tavola ci da iin terminus ante quera, ina molto vago. In essa cioe sono quattro buchi, due dei qiiali (negli angoli siiperioii d. e s.) destinati agli anelli che le- gavano le due parti del dittico, mentre per gli altri due. nel mezzo dei due lati piü luughi, passava il filo di ferro sul quäle s'im primevano poi i suggelli. Tale forma e solenne fino all'epoca di Antonino Pio, mentre nei tempi posteriori le tavolette non sono piü legate con anelli, ma soltauto cliiuse con filo di ferro : e per conse- guenza hanno due buchi soltauto invece di quattro (Mommsen, 1. c).

Ma per Ventura la coppia dei consoli, sebbene nuova nei fasti dell'impero, ci conduce a termini piü sicuri. Ha ben esposto il Barnabei, che Sesto Marcio Prisco fn legatus Augusli j^ro praetore della Licia sotto Vespasiano {C. I. Gr. 4270. 4271; Journal of hell.siudies X p. 73 n. 25 ('); Le Bas-Wadd. III, 1253. 1265 cf. Journal of hell, studies X p. 82 u. 36) e quindi fra gli anni 74, quando questa provincia fu ordinal a (Marquardt, Slaatsvenoaltung I. 376), e 79; e Cu. Piuario Emilio (^iQ'itnGwhiinlegalus pro 2)raetore della Pannonia nel 98 (dipl. XIX C. I. L. III p. 862). Secondo le norme gerarchiche, la legazione della Licia e inferiore, quella della Pannonia invece superiore al consolato suffetto: e dobbiamo rinchiu- dere la data del documento fra gli anni 74 e 98 dopo Cr. II Mommsen (presso Barnabei 1. c. p. 436) vorrebbe attribuirla al regno di Tito, perche il giorno 30 dicembre, natale di questo imperatore, sarebbe adattissimo ad una liberalitä verso i pretoriani. Ammettendo que- sto, la data del diploma sarebbe con assoluta certezza fissata al- l'anno d. C. 79, essendo conosciuti i due consoli suffetti del di- cembre 80, M. Tittius Frugi e M. \'inicius Julianus, dagli atti degli Arvali. Perö, fra il grau numero di diplomi del primo e secondo secolo, non v'e nessuno, per quanto vedo io, la cui

piü di cinquantotto erauo conosciuti nel 1873 quando fu edito il terzo volume del Corpus.

(1) E singolare la fräse ov via in questa epigrafe: TiQFa^erli >"[[>■ ((vtoxqü- xnoog Kidac.Qog Ovianaacufov xcd Tiäi'nou (cvroyQuröoMi' uno T(ßf()iov Kcda^Qog; non so se il concipiente greco abbia voluto significare che Marcio Prisco fossc in altre sue cariche candidatus di ])arecchi imperatori da Tiberio in poi. Cer- taniente Prisco deve essere arrivato alla legazione della Licia in etä avanzata, se aveva cominciato la sua carriera giä prima del 37.

MISCELLANEA EPIGRAI-KA 335

data si connetta sia con il natale deirimpevatore, sia con il na- talis imperii.

Non sarä sgradito ai nostri lettori vedero aggiimio a qiiesto docuniento di provvenieuza urbana iin altro simile di provvenienza Jion italica, il quäle fii pubblicato poco fa in im periodico Qon ac- cessibile a tutti gli studiosii deli'antichita romana. Nel Vlcatnik hroatsfcoga arJceolofiickoga dnütoa vol. Xill (Agram 1891) p. 33-40 il prof. Brunsmid du il facsimile del seguente diploma htrovato nel 1890 a Sud del villaggio d' llace, presso Sid, circon- dario di Sirmio, e destinato al nniseo di Agram. Esso e inciso in due tavolette di bronzo di m. 0,14X0,118.

Esemjüare eüeriore, tavola irrima.

IMP CAES DIVI HADRIANI F DIVI TRAIANI PARTHICI NEPOS DIVI NERVAE PRONEP T AELI VS HADRIANVS ANTONINVS AVG PIVS

PONT MAX TR POT XV IMP H COS fv P P

5 lIS QVI MILITAVERVNT IN CLASSE PRAE TORIA RAVENNATE QVAE EST SVB TVTI

CANIO CAPITONE PRAEF SEX ET VIGINTI

STIPENDIS EMERITIS DIMISSIS

HONESTA MISSIONE QVORVM NO

lOMINA SVBSCRIPTA SVNT IPSIS LI

BERIS POSTERISQVE EORVM CIVI

TATEM ROMANAM DEDIT ET CONVBI

VM CVM VXOORIBVS QJ/AS tOvNC HABV

I SSE NT CVM EST CIVITAS lls DATA AVT

1>SI QJ/I CAELIBES ESSENT CVxM lls QVAS

POSTEA DVXISSENT DVMTAXAT SIN

GVLI S I NC V L A S NON SEPT

CNOVIO PRISCO L IVLIO ROMVLOCOS

EX ARMOR C VST

20 C VALERIO ANNAEI F DASTO

S C I R T EX DALMAT

DESCRIPT ET RECOGNIT EX TABVL AER

QJ/AE FIXA EST ROMAE IN MVRO POST

TEMPL DIVI AVG AD MINERVAM 0

336 CH. HÜI.SEN

Esemplare eüeriore, tavola secotida.

M SERVILI GETAE

L PVLLI ^ CHRESIMI

M SENT IL I . lASI

TI IVLI FELICIS ^^

.-, C IVLI ^ SILVANI

L PVLLI VELOCIS

P OCILI PRISCI #

Esemiüare inleriore, tavola prima.

IMP CAES DIVI HADRIANI F DIVI TRAIA

NI PARTH N DIVI NERVAE PRON T AEL sie

LIVS HADRIANVS ANTONIN_VS AVG_PIVS

P M TR POT XV IMP 11 COS IV P P

5 IS QVI MILITAVER IN O CLASSE PRAETORIA

RAVENNATE QJ/AE EST SVB T^^TICANO CA PITONE PRAEF XXVI STIPEND EMERIT DI

MISS HONEST MISSION QJ/OR NOMIN

SVBSCRIPT SVNT IPSIS LIBER POSTERISQ_

10 EOR CIVIT ROMAN DEDIT ET CONVB CVM

VXORIB QVAS TVN O C H AB VIS CVM EST CIVIT IS DATA AVT SI QVI CAELIB ESSEN CVM IS

QVAS POSTEA DVXISS DVMTAXAT SIN

GVLl SINGVLAS ®

Esemiüare inleriure, tavola seconda.

NON SEPT ®

PRISCO ET ROMVLO COS

© EX GREGALE

VALERIO ANNAEI F DASTO

SCIRT EX DALM

SIC

MISCELLANEA KPIGRAFICA 337

Imp{erator) Caes{ar) divi Hadriani f{ilius) divi Traiani Par- thici nejjos, divi Nervae pronej^ios) T. Aelius (') Iladrianus Antoiiiiius Aitg{iistiis) Plus pont{ifex) max{imus) tr{ibii- nicid) pot{eüaie) XV, imp{erator) II, co{/i)s{ul) IV, ]>{aier) p{atriae)

iis qui müüaverunt in classe praetoria Ravennate, quae est sub Tuticanio (-) Gapilone praef{ecto), sex et vifjiiiti sti- pendis emeritis, dimissis honesta missione,

quonim nomina subscripta sunt, ipsls liberis posterisque eorum civitatem Romanam dedit, et conubium cum uxoribus, quas timc habuissent cum est civitas iis data, aut si qui cae- libes essent cum iis quas postea duxissent, dumtaxat sin- guli singulas.

non. Sepd. C. Novio Prisco, L. lulio Romulo (^) co{n)s{idibus).

ex armorum custode {^) C. Valerio Annaei f. Das\T\Oj Scir{tom) ex Dalmatiid).

descript{iim) et recognit{um) ex tabid(a) aer{ea), quae fixa est Romae in muro post templ{um) divi Aug{iisti) ad Minervam.

(0 Aellius (2) Tu'Äcano {^) Prisco et Romulo (*) ex greqale ex. int.

II cognorae del soldato, secondo il facsimile e la trascrizione del Brunsmid, e Dastus ; non dubito perö che questa forma sia imo sbaglio dell'incisore romano, il quäle avrebbe alterato cosi il ben noto nome illirico di Dasius (•). Ancbe Amiaeus, Anneus, Annius sono forme, diverse di un medesimo cognome illirico, assi- railato al ben noto gentilizio romano (-). La tribü alla qiiale appartenne Dasius fii riconosciuta dal Brun.smid come identica con gli 2x{QToreg di Ptolemeo (3, 17, 8) oppiire, secondo Plinio {3, 143) Scirtari. E da notare che l'esempio interiore da al di- missus la qiialitä di gregalis senz'altro, mentre nell'esteriore egli viene detto piii esattamente ex armorum custode (^).

('J Ohre gli eseinpi composti neirindice del vol. III p. 1090 cf. Eph.

epigr. IV, 903.- M. Aurelius Dasius mil. coh. V pr 7iat. Pann. col.

Siscia ; Eph. epigr. V p. 94 Dipl. LXXIV: Dasius Dasentis f. Dalmata.

(2) V. C. I. L. III |). 1089, ed il titolo urbano YI, 11175 nel quäle sono nominati iin Aeneas Anni ßius padre, con suo figlio Annius Ptcro.

(3) Intorno agli armorum custodes si veda Cauer, Eph. epigr. IV p. 437.

338

CH. HÜLSEN

Dei dne coQSoli, che hanno retti i fasci nel quinto niindiuio, Set- tembre-Ottobre, del 152 d. C. Timo, L. GiulioRomulo(') e aftatto sco- nosciuto; l'altro, C. Xovio Prisco (2), e menziouato in tre iscrizioni poste ad Antiochia di Pisidia {CLL. III 8,6814-6816, cf. III, 292) in onore del siio figlio : C. Novio C. Nävi Prisci cos ei Flavi- tiiae Meaodorae fd. Ser{gia) Rmtico Vemd{ei6) Äproniano; gli Ultimi due nomi ci fanno credere ch'egli fu della parentela del console del 168 d. C, L. Venuleio Aproniano. Nuovo e anche il nome del prefetto della classe Kaveonate, Tuticanio Capi- tone. Meritano infine attenzione i nomi dei testimoni, i quali confrontati con altri dello stesso tempo ci portauo a fissare piü esattamente la data di due documenti non privi d'interesse. Nei diplomi del regno di Autonino Pio abbiamo i nomi dei seguenti testimoni :

a. 148 Oct. 9 (Äer. «rc/;. 1801, 2 16)

L. Fidli Daphni M. Servili Getae L. Pulli Chresimi Jlf. Sentüi lasi Ti. Juli Felicis C. Juli Silvani P. Ocili Prisci

a. 149 Nov. 1 (Brigetiu)

a. 152 Sept. 5 (Ilac)

. . Dec. 25 Dipl. XLl

C. I. L. m p. 883

J\I. Servili Getae L. Pulli Chresimi M. Sentili lasi Ti. Jidi Felicis C. Juli Silvani L. Pulli Velocis P. Ocili Prisci

a. 154 Nov. 3

a. 157 De.-. 13.

Dipl. XXXIX

Dipl. XL (C'./.Z. III

C. I: L. 111 p. );81

p. 882)

M. Servili Getae

. . . Getae

L. Pulli Chresimi

. . . Chresimi

M. Sentili lasi

. . . lasi

Ti. Jidi Felicis

. . . Felicis

G. Juli Silvani

. . . Urb. . .

C. Pomponi Statiani

. . . Statiani

P. Ocili Prisci

. . . Prisci

Sono dunque identici i nomi per le annale 149 e 152, mentre differiscono nel 148, e pure nel prossimo seguente 154. AI quadriennio 150-153 dunque si dovrä ascrivere anche il consolato segnato nel diploma XLI : Marcello et Gallo, il quäle e di un ultimo nuudinio, Novembre-Dicembre. II secondo di questi consoli sembra sia iden- tico con quel ApjJliis Gcdliis cos. designatus la cui senteiitia viene riferita nel senatus consultum de Cyzicetiis (Mommsen, Eph. epigr. III p. 156 seg. ; C. I. L. III S, 7060), e quindi il detto seaalm consultum viene inchiuso nei limiti degli anni 150 a 153.

(1) ün M. Giulio Romulo, leg{atus) pro pr{aetorc) h fra i consijrlieri dell'imperatore Othone nella tavola di Esterzili CIL. X, 7852.

(2) II C. Novius C. f. Priscus che fece un tempio (come sembra) ad Iside nelFagro Falerno {CLL. X, 4717) puö essere deU'istcssa famiglia.

MISCEI.LANEA EPIGRAFICA

339

XII. Tavola cU iw.tronalo.

I tre frammeiiti di bronzo qui sotto riuniti sono conservati in tre musei fra loro molto loiitani : ma non piiö esservi dubbio clie venissero al gicrno tiitti insieme uelle vicinauze di Koma nel prin- cipio del secolo passato. II pezzo piü grande B fu veduto dal Malfei {Miu. Veron. 288, 4) Romae in aedibus marchionis Spada; esso da piii di sessanta auni e stato trafugato di dalle Alpi, ed ora si trova nel museo di Cassel (pnbblicato molto inesattamente dallo Stoltz, Beschreibung des Museums zu Cassel, 1832 p. 45). Qnello segnato A si trova nel museo pubblico di Bologna, ove fu giä veduto dal Marini (cod. Vat. 9128 f. 39; C. I. L. XI n. 712 r/); il terzo C infine fu conservato verso la fine del secolo scorso nella raccolta Borgia, ed ora e nel museo na- zionale di Napoli (Cardiuali, Iscr. ant. ined. 311; IRN. 6823; Fiorelli, Catal. n. 436). Tutti e tre i frammenti saranno pubblicati nel volume sesto del Corinis Inscriptiomim Latinarum n. 29682. Dalle Schede del Corpus desumo un calco del frammento Cassel- lano ; un calco del frammento Bolognese mi fu favorito dal sisf. prof. Brizio; il frammento Napoletano fu da rae riscontrato sul- l'originale, col cortese aiuto dell'amico prof. Sogliano. Posso sta- bilirne la lezione come segue:

t ivl evtychianvm vi hSbere-qvare SECVND

FE|AMVS

ET O PTIMA DIGNITAS PLACl

COIWM SVMM PRIVAT ./

B

GENS PRO COMM S VMM PRI VATAE N EMI N EM NOSTRVM

ICONSCRIPTI Q_VIPR0HACADFECTI0NEQ_VAMERG; , IN u 1 o ^ - 1 L L-rvo-s-vTi

NET IDEO PLAGET CVNCTO ORDINI N T A B V L AM ///RONAfVS^X I S T A N T I S S IMVM VIRVM j

:RRI DEBERE QVAM CVM PROMPTO ANIMO SVSCIPERE DIGNATVS FVERIT' UtEM E IVS TAB V

VETITIAM PROCEDAT FIAT PERROGATIO ORDINIS VT SINGILLATIM

/

SORDO D OMN

CIT IVLIVM EVTYCH

540 CH. HÜLSEN

Xella priuia riga del fVammento bolognese la lezion^ SENA- TVS parve fuori diibbio al eh. Brizio, il quäle pure conferma che nel principio del verso secondo vi e il prenome T{itas) e noii Tliherim). Nel v. 6 il Marini aveva letto ROMAS AMI, il Bor- manu ROMA SVMM ; il calco mi fece parere assai probabile la lezione sopra proposta, mentre il tratto avanti la C, preso per l'asta della R dai precedenti, sarä casuale.

Xella prima riga del frammento napoletano e certo la parola ILLIVS ; le lettere dimezzate che precedono si prestano alle le- zioni DIOR, DIVR, BIOR. BIVR, delle quali la prima e piü ve- rosimile. Neil' ultima riga e certa la parola PATRONVM, non- che il penultimo eleraento ch'e ima R; ma per quelli che stanno. framezzo, e possono essere H (oppure LI) V (oppure M) non saprei proporre una spiegazione.

Kiconosciuta la pertinenza dei tre framraenti ad im medesimo documeuto, io mi rivolsi per avere maggiori lumi al eh. Mommsen il quäle riunendo i pezzi // e C nel modo sopra indicato pro- pose i Supplement! seguenti :

T. Julias Fati/chianus}^ agens iwo comm{entanis) summ{arum) privatae neminem nostrum

[Jätet quaiitis beaeficiis horioraverit ordinem nostrum, opti^ mi conscripti ; qui pro hac adfectione, quam erg[a nos impendio-

r{urn) illius sum[_ma ingens demonstrat, dum advivet, nobis

henefacere non de'] sinet. Ideo placet cuncto ordini n{osiro) tabulam \jpat']ronci{t'\us

{ad prae~\stantissimum virum\_ per legatos ad]

ferri debere; quam ciwn prompto animo suscipere dignatus fuerit,

\_ad dignit~\atem eins tabu\la in domo eiusposita nostramque'} laetitiam procedat. Fiat perrogatio ordinis, ut singillatim \jd

firmemu^ß. Ordo d{ixit) : om\jies omnes.

uTutti e tre i frammenti" , aggiunge l'illustre maestro, <; appar- tengono alla pjrima sententia, la quäle, come generalmente nell'e- poea bassa, fa le veci del decretum : eertamente le espressioni nemo nostrum, ordo n{oster), [conl^feramas eec. non entrano in una relatio ; eredo che il frammento bolognese precedesse agli altri, perche in quello B e la perrogatio, ehe doveva chiudere la 'prima senteatia •^.

misceli,am:a kpigrafic.v 341

Della carica di agens irro comm{e)itarüs) summarum pri- vatae non trovo altri esenipii; si vecla Hirschfeld, VenvaUic/iQS- gesch. I, 44.

Se fosse sicuro che il senatus nella riga prima del fram- mento Ä si riferisse alVordo mimicipale, fra i comiini vicini a Roma verrebbero in scelta p. es. Aricia, Lanuviiim, Tibur, Tuscu- lum, Veii. Secoudo il carattere della scritüira il documento si deve attribuire al secolo torzo piuttosto che al secondo.

XIII. Bulla dl im servo fitggltioo.

/ AVK5PRAEIECTr .

/OfFrciALlSPRAEFEC

TfANNONlSFORASMV mxIVI TENEM€

.MEADFLOR

.ADTOSOK

ES

La lastrina circolare di bronzo riprodotta qiii appresso in Ya della grandezza originale, secondo uu calco dovuto alla gentilezza del eh. Heibig, si dice ritrovata presse Velletri, ed ora si conserva in iina collezione privata a Parigi. Essa ha quattro fori, ciö che mostra che non fii appesa, ma bensi affissa con chiodi. Fu presentata dal eh. Le Blant aH'Accademia di Parigi {Revue critique 1891, I p. 59).

Sulla Serie interessante di epigrafi, scritte per la maggior parte in piastre di bronzo (alcune anche in collari, ed nna in tavoletta di avorio), destinate a contrasegnare i servi fnggitivi e reclamare l'aiuto di chiunque in essi s'imbatteva perche li cat- turasse e riconducesse al padrone, dobbiamo due preziose mono- grafie al eh. de Rossi {BulL arch. crist. 1874 p. 41-67; Jhdl. comiüi. 1887 p. 286-29(3).

Riesce nuova la fräse fo'ras muru{m) exivi iuvece della piü generale fugi. Non crederei perciö essere stato vietato ai servi

342 CH. HÜLSEN

in generale di uscire fuori del recinto Aureliano, ma bensi questo divieto piiö avere esistito per quelli appartenenti airamministra- zione aononaria. La localitä, strada o piazza, ad to{n)sores deve essere sul Quirinale, ove conosciamo bene la posizione deirautico e celebre santuario di Flora (v. Mittheilung eii 1891 p. 121). Se in queste vicinauze si debba cercare qualche locale soggetto alla praefectura annonae (') uou lo decido. AI forum suarium presso S. Croce dei Lucchesi non si puö pensare, prima perche la distanza e abbastanza grande, poi perche questo apparteneva alla giurisdi- zione del praefectus urbis (Mommsen, St. R. IP p. 10G8).

Qiianto all'epoca del niiovo monumentino, si puö dire, con il de Kossi (1. c. p. 60) che in questa serie ^ la paleografia, Torto- gralia, gl'idiotismi, la nomenclatura... conTengono tutte al secolo quarto » , e mi sia lecito di aggiungere poche parole intorno a quelle tre che all' illustre maestro sembravano faxe eccezione alla regola.

Queste sono :

1) Collare ora nel museo di Firenze (Gori, /. E. I. 69): MINERVINVS FVG ITALICI MIL TESS COH XII VRB In questo io vedo una testimonianza pregevole per l'esistenza delle coorti urbane anche dopo Costantino, attestata oltracciö dalFu- nico titolo C. VI, 1156 posto a Fl. Claudio Costantino Cesare (317-337).

2) Collare rinvenuto a ßoma nell'auno 1869 (de Rossi 1. c. p. 45) : TENEME FVGI CONCESSI SVM CVIVS ES GEMELLIAD POLICLIV (?. II de Rossi la spiega : Tene nie, fiigi, concessi, sum ciiius est GemelUa c{oiicuhiiia) Policli v. [cr\, e la crede piü antica delle altre per la latinitä ottima. Io preferirei di leggere : Tene me, fugi] Concessi sum, cuius est GEMELLIAO Policli V.\j;~\, di modo che nelle lettere enimmatiche GEMELLIA3 si nasconde- rebbe la designazione di qualche fondo o possesso Gemellian{o) giä posseduto da un Policles vir clarissimus. Questo forse si de- ciderebbe da un ripetuto esame dell' originale. La nomenclatura (5onviene certamente all'epoca dopo Costantino : e lo stesso si di- rebbe della paleografia, perche secondo il de Rossi la G e la L hanno sempre l'asta inferiore obliqua.

{}) Si vedano intorno a questa materia le osservazioni del de Rossi, Annali delVIst. 1885 p. 223; Bull, comun. 1887 p. 360.

MISCEI.LANEA KPIGRAFICA 343

3) CoUare pubblicato dallo Spon, Miscellaaea erudilae an- tiquitatis p. 300, che l'ebbe dairavvocato Francesco Graverol di Nimes: TMCLFE REVME P RVBRIO LAT DOM MEO. Questa epigrafe, l'unica di siltatto genere che si dice ritrovata fuori della capitale e siioi contorui, fii dallo Hirschfold [SUzungsber. d. Wiener Akademie der Wm. 1884 p. 222 sg. ; CIL. XII, 244*) riget- tata, come altre iscrizioiii comunicate dal Graverol con lo Spon e col Fabretti: e lo stesso de Rossi vi ha acconsentito {Bull, co- mun. 1887 p. 265). II falsario prese il nome del padrone dal titolo aufidenate Grut. 952, 11= CIL. IX, 2818: egli oltre delle epigrafi pubblicate dal Pignoria, De servis (p. 21. 22 ed. 1013) deve aver avuto conoscenza della bulla posseduta dal Menestrier (Doni inscr. 2, 173) : tene me ne fugiam et revoca me in foro Traiani in piirpuretica ad Pascasiiirn dominum meurn, e di questa si e servito anche per im'altra sua falsificazione (').

Queste osservazioni non debbono servire ad altro se non a stabilire vieppiü il canone proposto dall' illustre de Rossi (1. cit. p. 61) che " volgendo il secolo quinto, coteste bulle letterate dei servi fuggitivi sieno ite in disuso ; e che il loro periodo sia cir- fcoscritto tra l'etä di Costantino e quella incirca di Arcadio e d'Onorio » .

XIV. Cippi terminali degli orti Tiziani e Cocceiani.

II frammento seguente, sebbene esposto al pubblico giä da molti anni e non privo d' Interesse per la topografia romaua, finora e rimasto inedito. E la parte superiore di uu cippo di travertino,

(1) CIL. XII, 243*; Spon, Miscell. p. 299: Nemausi apucl Graverolium; nummus magni mocluli ab una parte caput Neronis i^raefert... aversa plane abrasa fidt, ut litteris incisis caelaretur nomen c vaIleri | abascan | ti '• qui cum collo appensam gestubat, ut adhmcta ipsi catenula antiqua viridi aerugine obducta non obscure indicat. Con questa si confronti la descrizione della bulla Menestreriana : nummus Constantini Magni aereus, qui in altera facie, abrasa ipsius effigie, hanc inscriptionem habet ; in altera Romulum et Eemiim cum Faustido pastore sub ruminali ficu. Con rajjione lo Hirscli- feld {Sitzungsber. p, 225) chiaraa le imposture del Graverol " limitate secondo la sua erudizione anch'essa niolto ristretta».

344 CH. HÜLSEN

giä nella collezione di Emiliaiio Sarti, ed ora nel pianterreno del Museo Capitolino. cou l'epigrafe incisa in lettere biione e profonde :

A VIA PVBLIC a ADMACERIElvl HORTORVMM-Tin^ LONG- P BXXCS 5 ET A MACERIE

-Ho aTOR COCCFJ^

La lapide fu trovata, secondo la testimoiiianza del Sarti e del de Kossi, quando nel 1849 si costrui iina casetta di proprietä co- munale presso S. Crisogono. Questo perö non ei fa saper nuUa intorno al posto autico della lapide; giä per se sarebbe poco pro- babile, che grandi giardini si estendessero fino a qiiella parte della cittä, e si offre spontaneamente la congettura ch'essa sia stata trasportata, nei tempi bassi, dalla campagna in cittä per servire da materiale di costnizione ('). Ma siamo pure in grado di definire con ogni certezza il posto antico della lapide, per mezzo di im'altra ritrovata e pubblicata dal Biondi (Atti dell'Accademia Pontificia IX, 1840, p. 471; ripetuta dallo Henzen, suppl. airOrelli G660):

PARTES

IN TRORSVS AD

V I A M C A M P A N A sie

VERSVS AD PROXIM 5 CIPPVM-PROPRIVS IN

LOCOPROPRIO HORTORV sk

COCCEIANORVM ONERI

FERVNDO-VIGILIARIO

QVOD EST HORTORVM 10 TITIANORVM-NONIAE-C-F R R L P LVI

(1) Un esempio notevole di una simile migrazione ci offre Fepigrafe C. IL. YI, 10250: liuic monimento iter aditus ambitus dehetur ex senten-

MISCELLANEA EIMGHAl'KA 345

La lapide, cioe im cippo di travertino (alto in. 1,10, largo m. 0,40 in circa) si rinvenne « a diie miglia e piii iu lontananza dalla cittä, oel Inogo dov' e la vigna appellata delia Torretta, la quäle ora appartiene alla ven. Confraternitä della SS. Trinitä de Pellegriui, presso all'altra vigna giä de' Pescaglia, ora de' Jacobiui" (Biondi 1. c. p. 467), ove giaceva sotto il pelo deH'acqua, insieme <3on il cippo terminale del Tovere C. F. L. VI, 123,") h. L' iscri- zione incisa sulla fronte del cippo era ripetuta in caratteri piii piccoli, sul lato destro: ed e opinione del Biondi che la fronte stasse rivolta verso il Tevere.

Sono assai complicate le formole giuridiche della seconda iscrizione, ue voglio entrare in questo argomento discusso ampia- mente dal Biondi, non avendo potuto riscontrare il testo originale e mi limito ad ima osservazione sulle date topografiche ('). Le due lapidi fissano dunque la situazione degli orti Tiziani e Cocceiani snlla riva destra del Tevere, uel piano detto delle due Torri. Che gli orti Cocceiani si estendessero fino al fiiime, risulta dal sito del cippo Biondiano ; il frammento Capitolino c' insegna che ima estremitä degli orti Tiziani fii distante dalla via jmbblica, cioe Campana quasi esattamente duecento metri.

Quanto ai possessori che diedero il nome ai sudetti giardini. la congettura emessa, ma con forti dubbi, dal Biondi, trattarsi di proprietä dell' imperatore Tito, viene eliminata dal frammento Ca-

tia Erotis Aug{usti) l(iberti) iudicis: a via Campana dextrosus ecc. (seguono i limiti del monumento. Questo cippo fu veduto nel secolo XV da Pietro Sabino in *S'. Chrysogono, uientre il suo posto originale era certaraente fuori della porta, accanto la via Campana.

(}) II Biondi (e con lui il Preller. Regionen p. 07 not.) legge cosi : Partes introrsus ad viani Campana{m) versus, ad proxim(um) cippum, [locus) proprius in loco proprio hortorti{ni) Cocceianorum, oneri ferundo vigiliario, quod est hortorum Titianorura Noniae C. f. {subiectae sunt). B{ccta) r{egione) l{ongum) p{edes quinquaginta sex), c crede che Vonus al quäle parimenti furono soggetti i giardini Cocceiani e Tiziani consistesse nel mantenimento di una casa di guardia per i vigili notturni che vegliavano sulla riva del Tevere. L'amico Gatti mi suggerisce un'ingegnosa congettura, ciob di leg- gere, invece di proprius, PED/;iVS, ossia ped{es). . . . quinque semis: cosi sarebbero definite nell'istesso cippo due distanze.

346 « "• HÜLSEN

pitolino uel quäle invece abbiamo un 71/. Titius padrone di es.si. II M. Titius nipote di Miinazio Planco e console nelFanno 31 a, C. pare sia escluso dalla paleografia dell' iscrizione, ma poträ bell essere qualche altro membro dell' istessa famiglia agiata. Che gli orti Tiziani nel secolo secondo fossero passati nella proprietä della casa imperiale, pare si rilevi da iina epigrafe molto logora posta ad im . . . sto Ä[urj. s^ervo d[ispeii']sa[to]ri hortor{um) Titiamr{um) {C. I. L. VI, 8675). Niilla si piiö dire intorno alla Nonia Giai) f{ilia) cosi si deve leggere, e non cilarimmd) f{emina), per l'epoca alla quäle appartiene 1' epigrafe mi basta accennare che la iscrizione citata dal Bioudi p. 509 di alcuni liberti della gente Nouia sepolti sulla via Portueuse, ora si riconosce corae falsificazione Ligoriana (6'. /. L. VI, 5 n. 2447*).

XV. Iscridoni di Vella.

II prof. 0. Dito nella sua monografia : Vella, colonia Focese, contrlbuto per la sioria della Magna Grecia (Roma, Loescher 1891), pubblica alcune epigrafi da lui scoperte. Di esse due stele sepol- crali greche (HHNIoS TOY | AHMHTPIOY; la forma Srivig = Shviq si trova pure nei fasti Tauromenitani, Kaibel 7. Gr. It. 421,

Iva. 26; e EIPHNHI | THI MENE | ) e tre latine sono di

nessuna importanza. Merita invece considerazione la seguente con- servata ' nel giardino del sig. Dominicis, marina d'Ascea, dove, dicesi, sia stata trasportata da Velia ' (1. c. p. 95 n. 21):

. . . co[K NELIVS-L-F-ROM-GEMELLVS ?ä^^Jbis Qj hTT- vir -IVR-DIC-BIS-GYMNAS /JaRCHVS TER T lUl- I- D

' La punteggiatura diversa e la scrittura piü grande del 3 verso ' osserva l'editore ' fan dubitare ch'esso non sia stato aggiunto da altra mano '. Che Velia fosse municipio, giä si sapeva da altre lapidi {C. I. L. X. 462. 8342 16): nuova riesce la carica di gymna- siarehus, che ben conviene ad una cittä d' origine greca (v. Kaibel /. Gr. lt. p. 748). Di comuni ascritti alla tribü Romilia, finora in Italia si conoscevano soltanto due, Ateste e Sora, e fuori dell'Italia

MISCELLANKA EPIGRAFICA 347

nessuno (Knbitscliek imperium Romamtm trihutim discriptiim p. 272).

Un'altra iscrizione pubblicata dal medesimo autore (p. 95-97 n. 22) merita di essere segualata a solo scopo di ottenerne im apo- grafo esatto, ciö che a me non e stato possibile.

In iina grande stele di breccia arenaria (alta m. 3,40, larga 0,84) scavata nel Ibndo del sig. Battagliesi, presso il rigagnolo di cou- tiue col fondo del sig. Alario si trova, sotto 1' iraagine a rilievo di im domatore a cavallo, la seguente iscrizione ' in carattere orrido, roso, sciancato, senza simmetria ' :

HIC lACET CALLIMORFVS FATO DEPRESSVS INIQVO ARSTE NIMIVM VALIDE VELOCIOR MEM BRIS-DENIQVE VELOCIVS CARRO

5 AGRIPP AE PAERITVS ET EGO

QVI QVONDAM FORTIS DOMINATOR EQVORVM ARTE MAGIS ERAS VETVSTO RVM GENITVI BEATVS NON VT PRATO VI TAE TRANSCVRRERE METAS NEC FVGA

10 NEC VELOX ARTIS AMOR POTVIT VS VS SED MEVM VT LEGITIS NEVIVM TECVM LVCANIA CORPVS CVIVS NEMO MALVS VNQVAM PO TVIT RE P R AENDE RE MORES

15 CVM CERTIS M ARCVS CENTV

RIO TVM VELIAM TV

S V A Q_V E FECIT LIBERTO B-M- VIXIT ANNIS XX

Hlc iacet CaUimorfus fato depressus iiüquo Arste nimiiim valide velocior membris^ DetwiuG velocius carro Ägrlppae paeritus. Et ego qui quondam fortis dominator equorum Arte magis eras vetustoriim genitui beatits Non iit 'prato vitae transcurrere metas Nee faga nee velox artis amor potuit tisits

348 CH. HÜLSEN

Sed meum iit iegitis neviiim tecum Lucania corpus Claus nemo malus imquam poUiit repraendere mores. Cum certis Marcus centurio tum Veliam tu siiaque fecit liberto b. m. vixit anais XX.

Sarebbe incauto il voler emendare a congettura im teste nel quäle doii siamo abbastaDza sicuri quid peccaverü scriptor, quid descriptor: malgrado 1' incredibile barbarie che s' incontra spesso in epitafii metrici della plebaglia romaoa, iie il carrus Agrippae, ne i nomi delle rigbe 15. 16 mi paiono bene descritti.

{Sara continuato).

Ch. Hülsex.

DI UN ANTICO TEMPIO SCOPEKTO PRESSO ALATKl

II mio carissimo amico dott. H. AVinnefeld pubblico in questo Biillettino una memoria intorno alle antichitä di Alatri; nella quäle si intrattenne anche sopra la scoperta di un antico tempio, i cui avanzi erano stati rimessi a luce ad un chilometro circa fuori l'abi- tato, iiscendo da porta s. Pietro, fra le due strade che conducono a Guarcino, nella proprietä del sig. conte Stampa.

In questo luogo, pochi anni addietro, erano state iniziate al- cune esplorazioui dal sig. ing. Bassel, che diede conto delle sue indagini nel CeatralUaii der Bauverwaltung di Berlino (anno 1886, p. 197, 207); e poiche nuove indagini parevano necessarie per risolvere i non pochi dubbi che il lavoro del Bassel lasciava, il Ministero dell'istruzione, secondando i desideri espressi dalla Di- rezione del benemerito Istituto Archeologico Germanico, fece eseguire nuovi scavi, invitando i membri dell'Istituto stesso ad assistervi, ed affidando a me il grato onore di attendervi. A uuova conferma dei buoni accordi che sempre durarono tra noi, il eh. Winnefeld dando alla luce il rapporto sopra il frutto di queste recenti esplorazioni (Bull. Inst. 1889, p. 126 sg.) accennö al desiderio manifestatomi dalla direzione dell'imperiale Istituto germanico, cioü che pubblicassi io medesimo in questo BuUettiuo gli studi da me fatti sopra le terrecotte ornamentali di questo sacro editicio.

Corrispondo al gentile invito con animo riconoscente ; e tanto piu volentieri vi adempio, in quanto che le ultime ricerche, con le quali ebbero compimento questi scavi, e gli studi suUe terrecotte mi die- dero opportunitä di fare nuove ed utili considerazioni.

55<i

A. COZZA

Le conclusioni alle quali tutti eravamo concordi quando il dott. "Winnefeld preparö il suo lavoro i>er la stampa, si riassumono avendo sotto gli occhi questo disegno; in cui e lappresentato ciö che al di fuori delle terre cotte oraamentali, ci si rivelö per mezzo dello scaYO.

*^-S'>

Primieramente fu dimoätrato che le ipotesi delling. Bassel per quanto si riferisce alla forma ed alla orientazione del tenipio erano erronee. Erano anche erronee per quanto riguarda il coUocaraento delle terre cotte omamentali; ma ora non e il raomento di dirne.

In secondo luogo chiaro appariva che il tempio era di ordine tuscanico, cioe formato di pronao e cella, Inno e Taltra delle di- mensioni che a quest'ordine si attribuiscono da Yitruvio, come giu- stamente il AVinnefeld ha fatto osservare. Ne e giä il caso di ri- inanere anche nel lontano dubhio intorno a ciö. Perocche il limite del muro posteriore della cella (D) cade appunto nel sito ove erasi scoperta una pietra sporgente dal pavimento, pietra che faceva proprio parte di quel muro, come il Winnefeld aveva sospettato. Si riconobbero poi di questo muro anche le fondazioni per un certo tratto.

Era adunque evidente che ci trovavamo innanzi ad un tempio tuscanico, di cui lo scavo ci aveva offerto le esatte proporzioni; perocche anche per il resto i dati supposti ricevono la loro con- ferma.

In terzo luogo appariva che il tempio sorgeva immediatamente sul livello del suolo, dal quäle le pareti si alzavano senza zoccolo.

DI UN ANTICO TEMPIO SCOPERTO PRKSSO Ar.ATRl 351

Solo dalla parte del pronao il pavimento era un poco rilevato, essendo preceduto da iiu basso gradino. Appariva iüoltre che questo gradino era formato con uno stretto orlo di pietre: e per consegueuza, essendo stato necessario dare alle basi delle colonne il sicuro riposo, erano state queste collocate bopra le fondamenta, rimanendone poi mascherata tutta quolla parte del plinto che ri- spondeva all'altezza del gradino sopra acceunato.

Fiualmente, mentre mancö ogni avauzo del materiale con ciii i fiisti delle colonne del pronao fiirouo fatte, si ebbero probabili indizii per giudicare intorno alla forma del loro capitello. In iiua casa prossima al sito ove si scoprirono i resti del tempio. avevamo riconosciuto una pietra da macina, che come giustamente il eh. prof. Petersen suppose (Bull. 1. c. p. 147 fig. 13 «), doveva in origine aver servito pel capitello, e nella quäle i tagli e le offese deriv^anti dal uuovo ufiicio a cui era stata adoperata, non avevano distrutte le traccie della originaria destinazione. Ne riproduciamo qui il profilo esattameute rilevato dal eh. Winnefeld sul cartoncino.

Ma rimase questo un sospetto vago; ed in generale pareva allora che non incoraggiasse a ricerche ulteriori l'insieme del dati raccolti, tutto portando a concludere trattarsi di santuario piccolo e di poca importanza, alle cui piccole dimensioni corrispondevano il poco valore del materiale, la negligeuza del lavoro nei dettagli, 6 le cattive fondazioni, cose che, nella quasi completa distruzione dell'editicio, ne rendevano assai difficile hi ricostruzione.

3o2 A. COZZA

Se vi era parte che avrebbe potuto porgere argomento allo studio di una reintegrazione, era soltanto quella che si riferiva al coronameuto fittile. del quäle per corrispondere alla squisita cortesia della Direzione deU'Istituto presi ad occuparmi.

Ma presto mi dovei accorgere che, voleudo riuscire neU'intento, occorreva per mezzo di nuove indagini risolvere alcuni dubbi; e con queste ultime ricerche sul luogo dello scavo mi parve poi di venire a nuove conclusioni intoruo alla forma ed alle vicende del- Tedificio.

Cio e necessario che qui si dica brevemente, anche perche giova a preparare la risoluzione della tesi intorno al coronamento fittile del sautuario.

Se l'edificio avesse avuto la forma e le misure che dai dati raccolti si desumevano, non poche difßcoltä si presentavano per la esatta distribuzione delle tegole ornamentali, e della copertura.

Eivelavasi fino da principio quasi il bisogno di ammettere che tutto il corredö fittile del tetto e dei suoi ornameuti, corredo di cui avevamo raccolto nou scarsi avauzi, fosse stato destinato ad una fabbrica, che avesse avuta una lunghezza ben maggiore di quella che avevamo creduto.

Si avvalorava il dubbio esaminando altri dati, pei quali era forza di ammettere che le conclusioni accettate circa le misure di lunghezza non potevano essere definitive. Come mai infatti avreb- besi potuto spiegare la prosecuzione del muro laterale al di del termiue segnato pel muro posteriore della cella ?. Bastava questo solo a provare una continuazioue della fabbrica nella parte postica del santuario.

Inoltre, se il tempio fosse stato della forma e della misura che si credeva, ed avesse avuto termiue nella parte postica col muro della cella, nella liuea ove erasi riconosciuta una pietra di questo muro sporgente nella parte interna al di sopra del pavi- mento, come mai si sarebbe avuto qui un'opera liscia, senza ri- salto di sorta, in modo da mancarvi quella simmetrica corrispon- denza che si sarebbe aspettata con la base dell' anta nel lato me- desimo ? Ne vale il supporre che quivi il muro fosse stato distrutto in maniera da non conservare le reliquie o le tracce di questa base; mentre, se in origine vi fosse stata messa, ne sarebbero apparsi gli avanzi almeno nelle fondazioni.

DI UN ANTICO TKMl'IO SCOPEmO PRESSO ALATKI 3o3

Si potrebbe forse amiiiettere cbe la costruzioue nella parte opposta della cella avesse formato im opistodomo. Ma anche qiiesta conclusione e prematura o e vaga; e fevmandosi in essa, ci ri- marrebbe sempre incerto il punto preciso in cui la fabbrica poste- riore si fosse arrestata; e si rinunzierebbe ad altri dati che ci por- tano a risolvere pienamente 11 toma.

In una casa colonica prossima allo scavo, in quella cioe ove si era trovata la macina, che si suppose uno dei capitelli, fu rin- vennta una base di colonna, che finalmente mi fece nascere il sospetto che avesse dovuto essa pure appartenere al nostro edificio. Non appar- teneva al pronao, perocche le due basi delle colonne del pronao erano state giä scoperte, la prima al proprio luogo, quella a destra, l'altra a breve distanza dal sito originale. Della prima di queste, che e conservatissima, il profilo fu dato dal dott. Winnefeld (Bull. 1. c. p. 147 fig. 13).

Ma poi, anche se una di queste due basi uon si fosse rinve- nuta, non avremmo per questo dovuto attribuire al pronao la nuova base, distingueudosi essa dalle due prime per caratteri che meritano la maggiore considerazione.

II suo plinto e assai piü basso; e bastö questo solo fatto perche in principio non se ne facesse da noi alcun conto, sembrandoci che quella base avesse dovuto appartenere a qualche altro edificio, che in quelle vicinanze fosse stato costruito. Nondimeno che questa supposizione fosse stata da noi troppo facilmente accolta, e che veramente la terza base avesse fatta parte dell' edificio. appariva dalla corrispondenza della misura del suo diametro con quello delle basi delle colonne frontali.

E poi quello stesso carattere che prima sembrava darci la prova per escludere ogni suo rapporto col nostro tempio, pareva venisse a spandere una luce inaspettata sopra le vicende del tempio stesso.

Ho detto di sopra che la ragione principale per cui questa terza base non parve appartenere al nostro edificio, era stata questa, che il suo plinto aveva minore altezza di quello delle altre due. Ma uon osservammo allora che questo plinto, circolare come nelle altre basi, aveva il diametro medesimo, e quel che piü monta, la sna parte lavorata o sporgente dal suolo era della misura stessa della parte sporgente del plinto delle due colonne del pronao al di sop:a del gradino. Era quindi naturale che, messa questa terza

354 A.. cozzA

base in opera, iu modo da posare sul piano, e non rimanere immersa, si trovava in perfetta corrispondenza planimetrica colle altre, e cosi non solo come le altre del pronao, ma anzi, piii manifestamente che esse, appariva essere stata lavorata pel nuovo tempio. E dico piii inanifestaraente per le ragioni seguenti. che a mano a mano mi si rivelavano.

I plinti nelle basi delle due colonne del pronao erano lavo- rati in tutta la loro altezza, auche nella parte che rimaneva ma- scherata dal gradino. Ora nessnn bisogno vi sarehbe mai stato di questo lavoro di pulitura nel tratto in ciü doveyano rimanere naseosti. Insomma, se quelle basi del prospetto fossero state lavo- rate per servire ad im editicio quäle era quello, la cui forma po- tevamo dedurre dai resti rimessi a luce, nessun bisogno vi sarebbe mai stato di dare al loro plinto tutta quella altezza.

Tanto piü che, se maggiormente si riflette, nessun valore puö avere Tipotesi che per dare alle due colonne del pronao il riposo necessario, se ne fossero collocate le basi sopra le fondameuta della fabbrica, e non sul gradino. Se basi e gradino nel prospetto del tempio fossero stati messi in opera contemporaneamente, e mani- festo che le cose si sarebbero fatte in modo diverso, essendo in- concepibile che in uua fabbrica originale si ricorresse a misure che hanno il caratfcere spiccato di ricostruzioni o di rattoppi.

Benche io abbia motivi per non pronunziare cosi severo giudizio suU'insieme dell'opera, quäle pei dati che prima si ebbero poteva formularsi, pure non Torrei lasciarmi cosi vincere dall'amore del tema da sostenere che il lavoro di costruzione nel nostro tempio fosse stato perfetto in ogni sua parte. Tuttavolta, ammettendo pm-e la negligenza che si voglia credere, resterä sempre inconcepibile che nella fondazione originale della fabbrica si pensasse a costruire un gradino con mezzi cosi poveri e di ripiego come quelli che ci si presentano; e vi si mettessero basi di colonne con plinti assai piü alti di quanto il bisogno portava, e lavorati anche in quella parte della loro superficie che sarebbe rimasta nascosta a causa del gradino.

Pill naturale invece e il supporre che questo gradino, anziehe all'opera originale, appartenesse ad un rifacimento o ad una modi- ücazione dell'edificio. Esso ci mostra che in im dato tempo il li- vello del pavimento fu rialzato, e rialzato quanta e l'altezza del

DI IN ANTlCu TKMl'IO SCOPERTO I'RESSO ALATRI 355

gradino inedesimo, ossia quanta e l'altezza dc41e basi delle colonue del prouao che rima.se coperta.

E poiclie per gli altii dati, come sopra si e detto, non si piio ritenere che la fabbrica di cui raccogliemmo gli ornati tittili, fosse stata della limgliezza che prima si supponeva, e non solo im miiro clie accenna al proluiigamento deirediticio al di lii della cella, ma abbiamo anclie ima l)ase di colonna che corrispon- dente per molti riguardi alla prima, doveva aver fatto parte dell'edificio stesso, non pare ammissibile che quando fu costruito il gradino, fo^se stato rialzato soltauto il livello del pavimento, e lasciato l'editicio nello stato primitivo; ma tutto porta a conchi- dere, che con questa moditicazione le misiire del terapio furono ac- cresciute, ossia vi fu aggiimto posteriormente im portico, con due colonne come 1 'anterior!, e con le basi di queste due colonne in armonia col nuovo livello del pavimento.

Se queste conclusioni sono esatte, vi sono due periodi ben di- stinti nella storia del nostro santuario.

Originariamente abbiamo un tempio tuscanico con pronao e cella soltanto. che sorgeva dal suolo senza rialzo di sorta, e senza gradino alcuno nella facciata, cosi che il pavimento rimaneva al livello delle basi delle colonne del pronao, e dei plinti di queste nessuna parte restava immersa o mascherata.

Posteriormente aggiunto il portico opposto, avemmo un tem- pio amfqypostilo con elementi tuscanici, nella quäle moditicazione, fu nella parte äntica dell'edificio rialzato il pavimento per tutta l'altezza del gradino ; e nella parte nuova le basi delle nuove co- lonne, lavorate ad imitazione perfetta delle prime, furono fatte con un plinto, non giä alto come quello delle basi originarie, ma quanto loro conveniva per rimanere a livello del plinto delle basi antiche sporgenti fuori dal nuovo pavimento.

E poiche la reintegrazione del coronameuto fittile deve essere proporzionata, non giä alla fabbrica originale, ma all'edificio modi- ficato, e mestieri che di questa moditicazione sia data qui la pianta.

21

A. COZZA

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]<I IN ANTICU TE.MI'IO SCOl'ERTO I'RKSSO AI.ATKl 3Ö7

II.

Ci si presentano cosi due dei dati principali pel nostro studio ; conosciamo cioe quäle sia stata la lun-rhezza, quäle la larghezza della fabbiica, a cui il eoronamento fittile deve essere adattato-

Nondimeno per tenere il metodo piü sicuro, ed avere i mag- giori sussidi che avvalorino le iiostre coiiclusioni. e mestieri ricer- cai-e qualche altro dato, per cui ci si riveli nel modo piü esatto che sia possibile, quali fossero le misure e le proporzioni in quella parte deU'edificio, ove tutta la compagine del tetto veniva a po- lare, e dove, in piena armonia col materiale ligueo, le tegole. gli antepagmenti, le antefisse, e tutto Tapparato di copertura e di eo- ronamento tittile dove essere soprapposto.

Non e infatti sufficiente avere innanzi il solo principio che i muri laterali dovevano sollevarsi con lo spessore medesimo che apparisce uella parte inferiore di essi, ove un piccolo residuo della costruzione antica resistette alle ingiurie del tempo e degli uomini ; ed in conseguenza di ciö, dfeterminata una probabile altezza di questi muri, adattarci sopra l'apparato ligneo e la copertura orna- mentale.

Imperocche con questa guida soltanto si trascurerebbero altri elementi di importanza non lieve, i quali si risolvono poi in veri fattori del prodotto ultimo che devesi ottenere.

Senza dire che la questione delFaltezza non e poi tale che presciudendo da altre cousiderazioni si possa stabilire; ne e cosi secondaria come a prima vista potrebbe credere chi considerare volesse in se e per se il tema del eoronamento fittile, a cui i nostri studi sono rivolti. Si avrebbero differenze, lievi se vuolsi; ma capaci di determinare una sproporzione, che l'indagine accurata ha il dovere di evitare. E ciö pel motivo che Tossatura del tetto non solo sopra i muri laterali, ma sopra la sommitä dei capi- telli delle colonne trova il suo piano di posa; per cui e mestieri indagare in quäle rapporto fra loro questi due limiti ultimi della fabbrica dovevano trovarsi.

Certamente il problema sarebbe di per se risoluto, se le co- lonne fossero State di pietra o di tufo, e se ne fossero conservati i rocchi.

358 •^- cozzA

]S'oudimeno se esse fiiröno di fabbrica, come dobbiamo 'siip- porre argomeutando dall'assoluta mancanza di ogni frammento la- pideo che ai fusti di tali colonne avesse potuto appartenere, non dovreramo perciö concludere che ci manchi ogni indizio per sco- prire l'altezza loro.

Ad una di esse appartenne senza dubbio il capitello. iu pietra calcare, di ciii in prossimitä deH'ara ove sorgeva il nostro tempio, fu riconosciuto iin frammento, iisato come macina, secondo che ho ricordato in principio.

I niiovi studi che vi ho fatto, se provano che con questo mi- sero avanzo si poträ reintegrare la forma originaria dei capiteili del nostro tempio, portano ad esclndere il sospetto che ad altro tempio questo pezzo architettonico avesse appartenuto. Siamo fuori dell'abitato antico, in ima contrada ove rade fiirono le costruzioni, e dove le indagini nostre ci avrebbero condotto a riconoscere al- meno qualche segno di altro vetusto tempio, se altro in quei dintorni ne fosse stato eretto. Ma vi sono pure le ragioni di misure e le ragioni stilistiche, le quali servono di conferma : per cui restituendo al nostro avanzo quanto venne a perdere per l'attrito, e comple- tandone le parti, ne risulta un capitello molto singolare, che si distacca dal dorico, e dal tuscanico come si potrebbe intendere da Vitruvio, e di cui nelle costruzioni dell' Etruria non man-

cano esempi.

A queste colonne appartenevano le basi di calcare, due delle quali, quelle del pronao, come si e accennato, non solo ci si con- servarono intatte, ma quel che piü vale per noi, rimasero al loro posto, mostrandoci quäle fosse stato il diametro inferiore delle colonne, mediante le precise indicazioni del piano su cui le colonne venivano a posare.

Questo diametro e di m. 0,76; e se puö servirci di norma il principio di Vitruvio, dove tratta dei templi areostili, alla quäle specie il nostro appartiene, abbiamo gli elementi che occor- rono per- supporre tutta l'altezza delle colonne, dicendo Vitruvio che doveva questa essere uguale al diametro inferiore, ripetuto otto volte.

Che il risultatö sia giusto sarebbe confermato da un altro precetto che pure si deduce da Vitruvio, secondo il quäle l'altezza delle colonne in un tempio (che per molti riguardi avrebbe somi-

DI rx ANTICO TEMPIO SCOPERTO PRESSO AI.ATRI 359

glianza col nostro), doveva a im dipresso corrispondere alla lar- ghezza dello spazio interposto tra le colonne stesse.

Nel qiial caso si ripeterebbe per ooi la misiira di m. 6,80 che procedeudo colFaltro metodo ab))iamo otteuiito.

Avremmo pure da Vitruvio le misure della rastreraazioue delle colonne, la quäle dovrebbe essere di un quarto del diametro infe- riore. Questo ci viene a priori dimostrato dalle proporzioni stesse del capitello reintegrato ; e con una piccola difterenza e provato pure dalla tangente formata dal prolungamento del muro esterno. La differenza e di soll cent. 3, difterenza che seguendo altre norme per le costruzioni di antichi edifici, nasce a causa della inclinazione che e data alle colonne.

In tal modo ci sono offerti gli elementi necessari per deter- minare il piano di posa della trabeazione.

^''^'''^ A. COZZA

FUXDE

(Vgl. S. 226 und 302),

Eine kurze Uebersiclit über weitere Funde dieses Jahres, die meist auf den officiellen Berichten der Notüie 1891 {N) be- ruht, wird bei der Beschaffenheit des Materials wie auch der Fundorte besser sachliche als locale Anordnung einhalten, diese letztere aber durch ein nach den Regionen geordnetes Ortsverzeich- niss am Schluss ersetzen.

Hüttenböden, foiidi di co/panna, mit den Spuren der einge- rammten Pfähle, welche durch Geflecht verbunden die Wände bildeten und das Dach trugen, sind au mehreren Stellen consta- tiert, so in Bologna {N. S. 19) unter Ziegelböden späterer Zeiten; forner in Yhö (Cremona N. S. 44 und 303) wesentlich ähnlich den im Bullett. di paletnolofjia XVII S. 10 beschriebeneu, aber zu den palafitte occideiitali gehörig, sowohl aus der späteren Stein- wie aus der Bronzezeit; etwas genauer in Arcevia (Ancona, N. S. 241), wo derselbe Boden einer älteren tieferen, und einer späteren minder tiefen Hütte gedient hat, in beiden Lagen aber dieselbe Cultur aufweist. U eher die Terremare von C a s t e 1 1 a z z o di Paroletta wird Pigorini in den 3Iom'.meuti aiitichi dol Lincei seine Untersuchungen vorlegen; N. S. 304 (vgl. oben S. loG) deutet er die Hauptpunkte an: die ganze Niederlassung, in Form eines Trapezes (Ost- und Westseite parallel), von 30 m. breitem Graben mit rinnendem Wasser umgeben, hatte einen Flächenraum von 18 Hektar. Eine Holzbrücke führte in der Mitte der Süd- seite über den Graben ; Gräber liegen im Südwesten und Westen aussen am Graben.

K. PKTEUSKN, FINDK "Cl

Gräber der IJroiizezeit wurden g-ei'iiiideii in Copezzato (Parma, Itendiconti S. 345), in Castrocaro bei Forli (.V. S. 147) in Saviguano sul Paiiaro, doch nur am r. Ufer des Flusses (.V. S. 110), in Este bei S. Stefano, worüber umständlich be- i'ichtefProsdocimi ^V. S. 175. Von besonderem Interesse dünken mich diejenigen von S. Giovanni in Persiceto (24 K. nördlich von Bologna) wegen der schon ol)en S. 283 erwähnten jetzt N. S. 82 voii Brizio kurz beschriebenen Stelen : eine mit geometrischen, schwarzgefüllten Ornamenten, eine andre ' in Form «ines ^6ccrov\ mit Kopf ohne Arme - mich erinnerte dieselbe au den Stein, welcher auf der rfg. Vase (Stephani, CR. 1873 T. V) als Deckel des Weinfasses des Pholos dient - 0.98 m. hoch, wovon 0.43 m. in der Erde zu stecken bestimmt w^aren (')• Wenn da- neben eine dritte, nur eingeritzt, die Figur eines Mannes mit •Schild und Speer zeigt, so liegen offenbar primitive Analogien sowohl für Grabstatuen als für die das Mannesbild in Relief oder Malerei tragenden griechischen Stelen vor.

lieber die schon oben S. 234 berührte Nekropolis von Nu- mana südöstlich von Ancona und die der gleichen Cultur ange- höriofe naheliegende von Osimo ist N. S. 115, 149, 193, 282 berichtet. Es sind nur Leichengräber, die Leichen sitzend mit ange- zogenen Knieen, auch wohl gekreuzten Unterschenkeln bestattet. Unter den beigegebenen Waffen fallen Eisenschwerter von der Form des Hcuidschars auf (ähnliche neuerdings bei Serra S. Qui- rico, am 1. Ufer des Esino gefunden N. S. 300), von der Form wie auf dem Vasenbilde Zannoni, Scavi I. XI in Memnons Hand, Oller bei dem Attalischen Giganten, darum nach Brizio's Meinung harbarisch nicht griechisch. (Ein Schwert gleicher Form führt allerdings auch ein Perser, Gerhard A. V. T. CLXVl, aber T. LXIV ein Gott so gut wie ein Gigant, T. CLXII Theseus, CCCIX Akamas u. s w.).

Unerheblich scheint die Ausbeute der Nekropolis von Nora (Pula südlich von Cagliari) auf Sardinien, mehr phoenizischen als griechischen Einfluss bezeugend N. S. 299.

Aus den Griechenstädten (-) von Sicilien. und Unteri-

(1) Vgl. die Hennen älinlicheu Stelen bei Kuldewey. Xeandria S. 17.

(2) Unerheblich ist Oreste Dito, Velia, Koni 1891.

362 E. PETERSEN

talien verlautet wenig: der Fund der ersten rfg. Vase aus der ältesten Nekropolis (del Fnsco) von Syrakiis, einer ' Kalpis \ nach Ornamentik und Darstellung, den von Kltigmann Ädaali 1867 S. 20 aufgezählten anzureihen, (eine zweite rfg. Amazonenvase nebst sfg. Herakles (!) und Minotauros wird neuerdings gemeldet); sodann was Orsi N. S. 61 in Stilo (Stilida des Itinerarium) beim Leuchtthurm an Bauresten und Terrakotten gefunden hat, so zwei jener kleinen Steinkästen mit archaischen Reliefs, ein Deckziegel [}]Yeab}v), auf dessen vorderem, nicht überhöhtem Verschluss ein nackter jugendlicher Delphinreiter mit Schild in der Linken (abgeb. S. QQ) dargestellt ist. Ein a(,)h]v mit zugleich was nicht so ungewöhnlich in Grossgriechenland plastisch mid farbig ausgeführten Ornamenten, bleibt mir trotz der (schwerlich richtig) angeführten Analogien unverständlich, namentlich wegen des Winkels, in welchem Ober- imd Vorderfläche zusammentreffen. Sehr fragwürdig ist das ' dorische Capitell ', imd der Gedanke an Kaulonia daselbst einstweiten ohne Halt. (Aus Selinus wird so eben der Fund dreier neuer Reliefmetopen gemeldet, auf welchen mit Resten von Polychromie Herakles und der Stier, Europe's Entfüh- rung, eine Sphinx dargestellt sind. Sie gehören, wie maa berichtet, zu keinen unter den bereits vorhandenen, stehen aber stilistisch den ältesten nahe).

Allerdings nicht neueste Funde aber die Summe langer und mannigfaltiger Erfahrungen eines vielseitig unterrichteten Beobach- ters sind vorgelegt in der Topografia e storia di MetaponLo pel dott. Michele Lacava, Napoli 1891 (').

Das Buch giebt zuerst eine das Naturwissenschaftliche sehr berücksichtigende Beschreibung der Flussthäler des Bradano (dazu S. 335 die Beschreibung einer Anzahl hochalter Befestigungen : Monte Ir80, Monte S. Angelo, Torre d'Äntuono di grottole, Timmari)^ Basento, Salandrella (alte Burgen S. 340 flf.), Agri.

(1) Vieles war vom Verf. schon in den Notizie berichtet, einiges beson- ders über älteste Ansiedelungen auch in seinen Antichüä lucane da scavi joraticatl negli anni 1886, 1889, Potenza 1890, zweiter Titel del sito del- Vantica Siri, Potenza 1889: Geschichte und Lage von Siris am r. Ufer des Sinni, zetzt 3, einst wohl nur '/-• Kilom. vom Meere auf 3 K. langer, ','2 K- breiter Erhebung, ohne Mauen-este, ausser von Häusern, aber mit vielen Thonscherben, Cisternen, Pesten eines Bades, Gräbern wie die von ^letapont.

FLNDE 363

Es folgt eiüe in allgeiiieineii Zügen gehaltene Topographie von Metapout (Taf. 1). Sodann genaueres über die beiden dorischen Tempel (T. II-X), voran den, welchen man wegen der dabei ge- fundenen alterthümlichen Inschrift (T. XIV, Kaibel (347) dem Apollon Lykeios zuschreibt, dessen Fundamente (T. II), wie mir scheint, für die Berechnung der (3X11 Säulen nicht ausreichen. Auch das Profil des Capitells auf T. IV ist nach meinen an Ort nnd Stelle gemachten Aufzeichnungen nicht genau wiedergegeben: im unteren Theile nicht gedrückt und rundlich genug, die Ringe zu abweichend von dem zweiten Tempel und durch zu tiefe ünterhöhlung von den Canälen gesondert ; icli habe mir speciell für den äusseren Ring ein vom untersten Theile des Echinos abweichendes Neigungsprofil angemerkt. Die thönernen Verklei- dungsstücke Taf V, VI, sind (vgl. S. 80 und 115) nicht identisch mit denen bei Lnynes Taf VIII, der Maeander z. B. rechts- statt linksläufig; nnd auch zu den (T. VII) aus Lnynes wiederholten Antefixen kommen andere auf T. IV.

Der Grundriss des andern Tempels {Tavola de' Paladini, T. VIII) ist dagegen im Wesentlichen gesichert. Die NO-Ecke des Hallenfuudaments, nach der Ausgrabung orten gelassen, ge- stattet in der That zu den stehenden 10 Säulen der Nordhalle östlich nur grade zwei weitere (also 6 X 12) anzusetzen, mit wel- chen ein Pronaos gleich dem Opisthodom gegeben ist. Dass sodann die zehnte Säule gegen Westen in der That die letzte Avar, wofür L. S. 84 nur ein negatives Argument gefunden hat, ergiebt sich positiv daraus, dass die unter dieser Säule liegende Stylobatplatte nicht Avie diejenigen, auf welchen die andern G Säulen dieser Reihe stehen, sowohl östlich Avie westlich auf Anschluss (an die jetzt nicht mehr vorhandenen ZAvischenplatten) gearbeitet ist sondern nur auf der Ostseite ; zweitens daraus dass das auf ihr liegende Epistyl auf Gehrung geschnitten ist (').

S. 91 if. sind eine Anzahl antiker Vororte nachgewiesen, und Beobachtungen über die Constrnction der Häuser aus cre-

(1) Zwei angeblicli in diesem Tempel gefundene Mosaiken (S. 238 und 375, das eine abgebildet bei R. Eochette, Peintures antiques in^dites Taf. XII, S. 395, 427) welche noch von Lenormant, la Grande GrVce III S. 140 zur Bestimmung der Tempelgottheit benutzt sind, werden vom Verf.

364 E. PETERSEN

brannten oder ungebrannten Ziegeln auf Quaderfundamenten (also wie das Heraion von Olympia ('?), von geringer Höhe, mit Scliie- bethiiren gesammelt. Brunnen dienten der Wasserversorgung, meist c. 3 m. tief. 0.70 m. im Durchmesser, mit Thonröhren aus- gesetzt, welche von isolirender Sandschicht umgeben und mit dia- metral einander gegenüberstehenden kreisbogenförmigen (die Sehne unten) Ausschnitten versehen sind. die. rückwärts mit Platten zugesetzt, ihrer Form und Grösse wegen doch schAverlich blos für den Wassereinüuss gemacht sind, sondern vielmehr zum Ein- stemmen der Füsse beim Ein- und Aussteigen, ganz wie die theils offenen, theils verschlossenen pedarole der Brunnencylinder vom Esquilin {Annall 1880. S. 300 it\).

Als Hafen hat der alten Stadt nach L. der Lago di Pa- lagiiia gedient, bei welchem eine kirchenähliche Ruine aus einem Tempel' umgebaut sein soll, ausserdem auch die Mündung des Bra- dano. Die Gräber. S. 104 (vgl. S. 326. 329), meist in den Höhen im Nordwesten der Stadt gefunden, pflegen rechteckige Gruben zu sein, die besseren mit Steinplatten ausgesetzt; wie ich 1889 eines vor kurzem ausgegraben, mit sorgfältig gefugten Platten fand. 1. 98 m. lang, 0.78 m. breit und mindestens 0.50 m. tief. S. 110 sodann die Inschriften (Kaibel 647-652) und eine echte lateinische CLL. X, 8089; S. 114 Fundstücke (vgl. S. 310 das Livenlario della raccolta degli oggetii antichi), voran ein Kalksteinrelief von ' Porto ', jetzt von etwas stumpfen Formen. Wie umstehender, nach meiner Photographie angefertigter Zink erkennen lässt, ist nicht Herakles oder Polyphem dargestellt sondern Pan, bequem auf dem vortretenden Felsen sitzend, die von den Knieen abwärts stark verdünnten und mit zottiger Behaarung bedeckten Beine kreuzend. Der Kopf ist oben spitzig, ohne deutliche Hörner, nicht unedler Bildung. Die Rechte hält die Svrinx an den Mund, während die Linke vermuthlich oben an der rechts auf dem Felsen aufgestützten Keule Halt fand, und das grosse über den Felsen gebreitete Lö- wenfell auch über die linke Schulter herabhing. Unten vor dem

nur hiiii^iclitlicli ihrer Zui^eliürii^keit zum Tempel angezweifelt, obgleich sie mit andern ihres gleichen längst abgethan sind von Engelnunn, Khein. Mus. 1874 S. 57.3, dem Schreiber, die Wiener Brunnenreliefs S. 79, 75 kaum wider- spricht.

i-TM>i.:

etwas aiisgehöhlteu Felssitz lacjert ein Panther oder Hund, Avährend oben links eine Geis mit vollem Enter den Kopf zu demjenigen des Gottes hinhält (').

(1) Pan in ffleicher Kichtung sitzend, aber nienschenbeinig und aufrechter auf Münzen von Pandosia {Brit. .Uns. Itahj S. 370), neben ihm ein Hund fast wie im Pelief; 8. 371 Pan bewehrter sitzend mit zwei Hunden; mit der Syrinx unter dem Arm : Pella, Macedonia, S. 03. vgl. Delphi, Central Greece, T. TV, 14 ; Arkadien. Peloponnesus XXXII, 10 f. und XXXV, 10 ff.; endlich Messana. Imhoof-Blumer, Mon. gr. B. 5, wu ein grosser Hase die Stelle der Ziege in unserem Pelief einnimmt. Xaliverwandt diesem und dem Delphischen Münz- bild ist ein 0.22 m. hohes Tlionrelief in Lecce Pan, jugendlich in Dreivier-

30t3 E. PETERSEN

Ferner das im American Journal, 1838, S. 28 abgebildete, den bekannten Typus des taurus coniupeta nach links (') darstel- lende Bronzeplättclien: von Terrakotten ein par jener Steinkästen (s. S. 128), eines mit zwei ringenden Eroten auf der einen Seite (alle 4 Seiten abgebildet Ga:. archcol. 1883, S. 68); Fragmente von Keliefs, ganz wie die von Wolters, Arch. Zeit. 1882, S. 293 behandelten und Fig. 17 ff. abgebildeten aus Tarent ('Todtenmahl'), endlich (S. 118 T. XYI und S. 327 auch Gas. arch. a. a. 0. S. 69, vgl. S. 7) ein par jener mit den verschiedensten Symbolen dicht bedeckten Keliefscheiben. wie die von Jahn, Aberglaube, d. bösen Blicks T. Y, 3 abgebildete. Wichtiger sind die nur kurz erwähnten ' Metopeufragmente ' aus Kalkstein (Marmor?): das von Heibig, Bullett, 1881 S. 202 erwähnte Bein eines lebhaft schrei- tenden Mannes in Relief; ferner eine Linke, wie mir schien, die Handhabe eines Schildes fassend; eine rechte Hand mit Bohrung für einen etwa wie das xtiTQov eines AVagenlenkers gehaltenen dünnen Stab. Der Stil dieser Skulpturen schien mir den ' Aegineten ' verwandt.

In dem sprossen der Geschichte gewidmeten Abschnitt ist gewiss das dem Verf. Eigenthümlichste in dem ersten Theil über die pri7ni abitatori della regionc metapontiaa e della Lucania, enthalten: die Beschreibung (vgl. Notine 1887 S. 332; 1889 S. 137; Gas. archeol. 1883 S. 81) der alten Burgen mit cyklo- pischen Mauern von Serra della Scala, (nach L. Numistron bei Livius 27, 2) T. XVIII, Capo Coirpola T. XIX, Temim Cartaglia, Castro Cicurio, Croccia Cogaata, Albano di Lucania T. XX, Baragiaiio), in welchen allen keine Münzen noch In- schriften gefunden seien, sondern nur Scherben von grossen, nicht auf der Scheibe gemachten Gefässen, und deren Zertörung von

telaiisiclit nach r.. Kopf nach I., auf dein fellühevcleckten Felsen sitzend, darauf die Rechte stützend, wie die von der Linken hoch gefasste Keule ; rechts oben neben ihm ein Hund; das Ganze eingerahmt von zwei kahlen Bäumen, deren Zweige über dem Kopf des Gottes an einem Stern zusammengehen.

(1) Heibig, Bull. 1881 S. 202 beschreibt offenbar eben diesen ; durch Schreibverschen ist aber ein Eber daraus geworden, und Lenormant, Gaz. arch. S. 67, verbindet Eber und Stier. Wie eine Copie im Gegensinn nimmt sich ein plattes Thonrelief im Museum von Catanzaro aus.

1 TM-K

367

Menschenhand offenbar sei ; dazu eine Reihe von etwas jüngereu wie Ällamura, Coiiversado u. s. w.

In Cumae {N. S. 235) wurden drei Gräber gefunden, deren eines, mit Tuffplatten ausgesetzt, innen bemalte Wände hatte. Eine genauere Beschreibung verdanke ich A. Mau. (So eben geht die farbige Piiblication im vol. XYl derjU Ätti d. R. Accad. napol. mit Text von ßuggiero und Sogliano ein).

« Das Grab maass innen 2.52 X 1.(53 m. (d. i. 6 X 4 osk. Ellen) und war bis zu den Deckenschrägen 4 Ellen hoch, diese noch 3 Ellen. Gemalt Avar der Sockel rings roth, oben mit schwarzem AVel- lenbaud abgeschlossen, darüber weiss. Ein Bild auf solchem Grunde trug nur die Hinterwand, der untere quadrate Theil aus zwei nebeneinander liegenden Blöcken gebildet, der obere dreieckige aus zwei übereinander liegenden, von denen der oberste nach N. S. 235 eine Sirene, nach Mau's Erkundigung ein Gorgoneion zwi- schen zwei Vögeln enthielt. Die Darstellung des unteren Quadrats beschreibt Mau folgendermaassen. Dargestellt sind zwei Figuren : r. die Hauptfigur, Avohl die Verstorbene, sitzend nach links in Dreiviertelansicht, mehr Profil als Face, hoch 1.37 m., trägt ein w^eisses Kleid mit rothen Saumverzierungen. Ein rothes mantel- artiges Gewand mit weissem und schwarzem Rande, auf der Brust mit oroldener Fibula geheftelt. fällt über Schultern und Rücken. Durch den goldenen, ziemlich breiten Gürtel gezogen, fällt abwärts ein schmales streifenartiges Gewandstück, weiss mit rothem Saum und vielleicht Futter ; an den Füssen Sandalen oder eine Art Schuhe mit einem Leder welches hinten und an den Seiten etwas in die Höhe reicht und vorn auf dem Fuss zusammengebunden ist. Auf dem Kopfe eine Art Hut, in Form eines abgestumpften Kegels, roth mit schwarzem, weiss gerändertem Streifen in der Mitte und etwas unklarem rothem Anhängsel hinten unten. Von diesem Hut fällt ein [weisser S.] Schleier auf den Rücken. An beiden Handge- lenken goldene schlangenförmige Armbänder, am Ohr Ohrgehänge. Die erhobene Rechte hält einen goldenen Spiegel ; der 1. Arm ist so gehalten, als ob er mit dem Ellbogen sich auf die Armlehne stützte. Doch liegt diese Lehne, ein in einen Knauf endigender. von goldenem Greif gestützter Stab, niedriger, so dass nur die Fingerspitzen sie leicht berühren.

Gegenüber 1. steht nach r. ganz im Profil eine kleinere weib-

068 r- PETKRSKN

liehe Gestalt, in weissem Kleide mit senkrechtem Raukenstrcif vorn und Saumornament unten, beides roth. Ihr Haar scheint bräunlich, während das wenige an der Schläfe der Hauptfigur sichtbare ganz schwarz ist. Sie hält in der Rechten am Leibe ein nur im Umriss gezeichnetes Alabastron, auf der vorgestreckten Linken einen Kalathos. gelb mit rothen und schwarzen Ornamenten, auf welchem zwei rothe Granatäpfel liegen ; ebensolche auch ich meine zwei im Felde vor und {^) hinter der Hauptfigur. Die Füsse sind nicht recht sichtbar.

Die Malweise ist wie bei ähnlichen Malereien aus Capua und Paestum in den Museen von Neapel und Capua, roher als jene ersteren. Die nackten Theile der Hauptfigur sind nicht oliue Sorgfalt, das Gesicht hübsch und individuell : die bekannte schwarze Umrisszeichnuug mit ganz leichtem Incarnat. Die Gewänder und die Nebenfigur sind von gröberer xVusführung " Soweit Mau.

Der Aufbau, aus Tuffplatten, die Deckenschrägen {a sclUeaa oder a pacUrjlione), die Malerei auf weisser Grundierung. die Orna- mentik des Sockels stimmt also mit dem Bull. Nccp. N. S. IL S. 178. beschriebenen Grabe von Cumae überein. welches statt der figürlichen Darstellung der Hinterwand dagegen eine grosse Palmette hat, diese aber wie jene auf griechische Grabstelen zu- rüchweisend. Auch im figürlichen Thiel kommt das neue cuma- nische Grab dagegen mit den capuanischen, Dali. Nap. N. S. IL Taf XI und 3Ioii. iiied. dell'I. V T. LV, 1 und 2 überein, W(» wir die stehende oder sitzende {Moa. iiiecl. LV, 2) Figur mit oder ohne Dienerin, die Besonderheiten der Tracht und GcAvandorna- raentik, die Fibula, ich denke auch den Kopfschmuck, die Attri- bute : Spiegel und Korb (ausserdem in Händen gehalten die Rose, nicht Granate) ferner die vor und hinter der Hauptfigur hängend oder sonstwie angebrachten Granatäpfel und Zweige (auch Trauben) wiederfinden. Stehen sich so im ganzen die cumanischen und ca- puanischen Grabgemälde einerseits, wie diejenigen von Paestum (vgl. Bull, nap^ N. S. IV S. 177 Taf. IV-VII Annali 1854 S. 63, 79 und 3fo'n. ined. d. I. VIII, T. XXI, Ann. 1865 NO und Albanella Silentina {Bull. nap. N. S. III S. 93. 132 T. X f.) andrerseits nahe, so fehlen doch in der ersten Gruppe keineswegs

(1) Diese nach ^V. S. 235 auf einem pilastrino.

Züge, die der zweiten sich uähevn (vgl. liaUctt. iL List. 18(38 S. 221 ; 1878 S. 20 und Bull. ua'p. II Taf. XI, XIII) noch in der zweiten Anklänge au die erste Gruppe, wie die Granatäpfel, oder die Tänzerin : Albanella Taf X, zu vergleiclien mit Capua Bull. iiap. II T. XIII. Ob die weibliche Hauptfigur unseres Grabes und der verwandten capuanischeu für die Verstorbene oder mit V. Dnliu für eine Göttin zu halten sei, entscheiden wolil in ersterem Sinne Bilder wie der sitzende ]\Iann : Capua {Bull. aap. II T. X oder der Jüngling zu Ross ebda T. XI oder der stehende Mann neben einer Dienerin : ebenda Taf. XII [ links mit XIV rechts.

Obgleich wesentlich andrer Art reihe ich hier doch ein Grab in der Nähe von Bari {comiiiie dl Cef/Ue del campo, localitä ' La- miola ') an ' das erste seiner Art in jener Gegend ', von dem als kürzlich gefundenem schon im Oktober 1^88 unser Correspondent Herr Milella Nachricht zu geben die Güte hatte. Mit grossen Platten ausgesetzt, Avar es innen 3.10 m. lang, 1.42 m. breit und 1.28 m. hoch bis zu den fünf in einen Falz gelegten Steinbalken der wagrechten Decke ('). War diese roh gelassen, so waren da- gegen die Wände geglättet und geweisst. oben mit blau-weiss- rothem Streifen geziert (-). Die Leiche lag an einer Schmalseite. Rings dicht unter der Decke waren Krüge aufgehängt an Nägeln. die, aus Blech gerollt, 5-6 cm. lang waren, mit etwa ebenso breitem Kopf. Besser als diese Krüge waren die übrigen Thongefässe der Grabausstattung, bis ül)er 1 Meter hocli, mit Darstellungen auf Gräbercult bezüglich : 7 oder 8 Rhyta mit Thierkupfen, Schalen mit und ohne Henkel, ein c. 0.70 m. hohes Gefäss in Form eines Frauenkopfes, ein Bronzekessel, ein Kaudelaberträger.

Aus Camsa ist etwa eine sehr schadhafte Spiegelkapsel zu erwähnen, abgebildet N. S. 208, ein nacktes Mädchen darstellend, welches sich auf den Zehen hebend mit beiden Armen den Hals der Mutter umfasst, die sich über sie beugt, w;ihrend von einer rechts stehenden männlichen Figur nur die Beine mit Schnürstiefeln und ein Schaft übrig sind, nach Jatta : Helena's Rückkehr von Aphidna.

(^) Jetzt zwecklose Löcher an den Langseiten für Querbalken weisen Ulf ursprünglich anders beabsichtigte Eindeckung.

(') Vgl. d. Farbstreifen unter der Decke etruskisclier Gräber.

3(0 E. PETERSEN

Etrurien ('). In Co meto sind eine Angahl Gräber ver- schiedener Art geöffnet, die meist schon geplündert waren. N. S. 122. 148. Man fand schwarzfig. Vasen (baccliisch, Athenageburt, Rev. Herakles und Leu, zweimal, Herakles und Amazonen) in Gräbern a buco, rothfigurige in solchen a camera : so von vier an den Wänden eines solchen aufgehängten feinen Schalen eine mit zwei Epheben ; ferner einen Krater mit schöner Darstellung der Europa neben dem über das Meer galoppierenden Stier, an dessen Hörn sich haltend ; einen feinen archaischen Skarabaeus mit nach 1. schreitender Flügelfrau, Scepter oder Lanze in der vorgehaltenen Linken.

Die spätere Zeit etruskischer Cultur ist in weiteren Funden von Todi (.¥. S. 84, 156, I^C. 2, 436), von und S. Maria di Falleri {N. S. 48), Toscanella {K S. 249), Castigliano del Lago {N. S. 223), das ausser Gräbern wenig vom alten Ort aufweist, vertreten. Hier sind es in bescheideneren Gräbern, loculi in den senkrechten Wänden von Schachten, die bekannten Urnen vonTuff und Thou mit dem thebanischen Brudermord und ähnlichen Scenen, oder runde, auch amphoreuförmige Aschenbehälter aus Kalkstein mit dem Namen und der liegenden Deckelfigur des Verstorbenen. Reichere Beigabe an Bronze und Goldsfichen fand sich in Kammergräbern. Thon ante fixe mit der zwei Panther haltenden Flügelfrau, wie in Alatri, Falerii, sind (TV. S. 99) auch in der Nähe von Aquila gefunden, und bessere schon weit früher, jetzt verloren, daselbst beim alten Furconium; solche mit bacchi- schen Figuren bei Boise na {N. S. 119), wo sie zusammen mit Marmorskulpturfragmenten : Bacchus (?) einen Panther tränkend, an einen Bacchustempel denken Hessen, lieber die architektonischen Terracotten eines muthmaasslichen Tempels von Pediano (s. oben S. 235) berichtet jetzt Brizio iV. S. 114.

Derselbe erkennt einen Tempel auch in Resten eines Ge- bäudes 2 Kil. SO von Imola, von 8X 14.50 m. Grundmaass, hauptsächlich wegen der runden, 2 m. im Durchmesser habenden Basis, 1 m. von der Westwand (iV. S. 112).

Im Heiligthum des Juppiter Poeninus auf dem Grossen S. Bernhard Avurde weiter gegraben und wird auch in diesem

ö^o'

(1) Kosatti F., Cere e i suoi monumenti Foligno 1891 ist nicht für Ar chaeologen geschrieben.

FUNDE 371

Jahre noch die Untersuchuug weitergeführt werden; man helft namentlich in einem Teich noch auf Münzfunde. Ein Plan des Tempelfundaments iV.S. 76 zeigt anch die Ausdehnung der Gra- bungen, so wie die verschiedenen Fundgebiete an: in der Area des Tempels nur Dinge die bis in Augustus Zeit hinaufreichen, so Architekturfragmente, Ziegel, mit z. Th. denselben Stempeln wie in Aosta, Votivtäfelchen hinter der Cella, gallische Münzen (Nachahmungen massaliotischer) meist an einem Punkte im Norden, keine, wie man meint, älter als 150 v. C. (vgl. le monete galiiche del medarjliere delVospisio del Gran S. Bemardo descritte da F. V. Duhn ed E. Ferrero, bes. S. 50 ff.). Ein par dürftige Keste weit älterer Zeit sind die Fragmente eines rasojo und einer Fibel. Bei Nocera Umbra auf Campo la Plana, sind in dem schmalen Kaum zwischen zwei in sehr spitzem Winkel convergie- renden Mauern in beträchtlicher Menge (an 500) kleine simple aus Bronzeblech geschnittene Votivbilder eines Kriegers (Mars) mit Helm und, für Einfügung einer Lanze, durchbohrter fech- ten gefunden ; desgleichen von einem langbekleideten weiblichen Wesen, ähnlich den N. 1878 T. II, 4-5 abgebildeten, in gerin- gerer Zahl {N. S. 308). Mitgefundene Münzen gehen vom V. bis IL Jahrhundert.

Auch eine Anhäufung von Thonköpfen am Wege vom Kapu- ziuerkloster zum See von Nemi hält man {N. S. 253) wohl mit Recht für Weihgeschenke; desgleichen rohe Nachbildungen von einzelnen Körpertheilen, Arme, Füsse, Phallen, welche in Terra- cina \)Q\m ponle del Salvatore zutage kamen (iV. S. 232).

Als in einen alten Tempel hineingebaut hat sich die Kathe- drale von Sutri erwiesen {N. S. 26), an deren Mittelschiff jeder- seits acht antike Säulen mit attischen Basen 3.60 m. von einander stehen.

Zahlreicher fast als die Heiligthttmer sind die Therm'en von denen berichtet wird, so in Orvieto, woman bei Ausräumung weiterer Gemäclier der Anlage, von welcher noch Kein Grund- riss gegeben ist, unbedeutende Dinge zu finden fortfährt; so in Cittaducale {N. S. 37) ein Laconicum mit Wanne in der Mitte zwischen dem Eingang und einer Nische im Hintergrund im Osten, und 6 Gemächern hinter einem Gang im Süden ; so 4 K. nördlich von Guarcino {N. S. 317) ein 40 m. langer, 30 m. breiter Bau-

25

372 E. PETERSEX

mit 7 Käumen, der wegen günstiger Lage, Resten von Mosaik, Wandmalereien und Marmorincrustation, endlich einer, wieder ver- lorene, Weihinschrift an die Nymphen fiU- ein Bad gehalten wird; so endlich bei dem schon erwähnten Campo la Plana {N. S. 308) Keste eines caldarium und eines zweiräumigen Brennofens (wie der Ann. 1882 ü, 4 abgebildete).

Die bedeutendste Anlage scheint diejenige von Fiesole, über welche N. S. 246 nur erst Andeutungen gemacht sind. Eline Grundrissskizze mit erläuternden Bemerkungen verdanke ich J. Führer. Danach sind es drei Haupträume, welche, mit den Langseiten an einander liegend, durch Thüren verbunden sind : der grösste (I), dicht unter dem im Norden liegenden Hauptstück der etruskischen Stadtmauer, mit Resten eines Marmorfussbodens und marmorner Wandverkleidung, hat einen kleinen Vorbau an der westlichen Schmalseite , während er sich auf der gegenüberlie- genden gegen einen die ganze Breite einnehmenden Nebenraum \a öffnet. Da dieser 0.50 m. tiefer als I, ja 1.25 unter den ihn umge- benden im Unterlager erhaltenen, an den Seiten abgerundeten Stufen liegt, werden wir darin das Kaltwasserbad, in I und la zusammen das frigidarivM sehen dürfen. Aus ihm geht es nach Süden in den mittleren Raum II, welcher 0.90 m. tiefer ist als I, und offenbar durch die eine ausserhalb der Ostmauer angelegte runde Feuerstelle geheizt wurde. Wieder 0.55 m. tiefer ist der anliegende Raum III, von nahezu gleichen Maassen, nur dass an der östlichen Schmalseite in der ganzen Breite ein 1.65 m. in der anderen Richtung messender Raum III« abgenommen ist. Dieses Bassin (?) mit Resten von Marmorverkleidung, ist, ebenso wie dem Anschein nach das Hauptgemach III, mit flachen Ziegelbögeu unterwölbt, die hier 0.65 m., dort 2 m. Spannweite haben und von kleinen Ziegelpfeilern getragen werden. Ausserhalb der Ostmauer wiederum hier zwei Feuerstellen, zu beiden Seiten eines 0.70 m. breiten Canals, welcher, unter einem Bogen einmündend, unter III a und weiter unter III hinführt, hier jetzt oben offen- liegend. An der Südseite von III liegt eine Nische mit Resten von Marmor- Verkleidung und Fussboden. Neben ihr geht eine Thiü- in weitere, damals noch unerforschte Räume. Ebenso ist die Bedeutunor der hinter der West wand von II und III liegenden schmalen Abtheilungen noch nicht klar.

FUNDE o'7;{

Das nach Norden höher werdende Niveau der ßüume scheint dem vor-efimdoneu Aiisteigen des Terrains angepasst aber zugleich lur die Weiterleitung der Wärme aus dem caldarium III in das tepidarium II verwerthet zu sein.

Abgesondert hinter U, c. 1 lu. hölior als dieses liegt ein c. 4X6 m. messender Kaum, wegen einer auf allen vier Seiten umlaufenden und in eine viereckige Vertiefung geleiteten Rinne wahrscheinlich die Latrina. Der Hauptzugang zu derselben ^gin- nördlich um I, ein anderer kam von den Feuerstellen herauf.

Ob eine runde überwölbte Kammer in Terra ein a {N. S. 232) mit 7 Nischen, symmetrisch zum Eingang, und gleichfalls gewölbtem achteckigem Umgang, dessen Fussboden 1.24 m. höher liegt, einem Laderaum oder einem Njmphaeum angehört hat, lasse ich' dahin- gestellt : die daselbst gefundenen Skulpturen : eine Nymphe mit Muschel (wie Visconti Plo-Clem. I, XXXV), eine Venus, sprechen vielleicht eher für das letztere. Eine Keplik des ' Praxitelischen ' ausruhenden Satyrs kam an anderer Stelle zum Vorschein

An verschiedenen Stellen sind Mosaiken gefunden worden be- merkenswerth etwa eines mit Meerwesen in Bevagua in ümbrien {N. S. 288) und bei Oderzo (S. 143) ein polychromes mit Jagdscenen- 1. Hund einen Hasen jagend, 2. Frau Gänse fütternd, 3. sechs Vöc^el auf einer Leimruthe, daneben das Käuzchen auf einem Strauch.

Ich schliesse mit einigen Bemerkungen zu dem hübschen Eehef welches zwar schon 1887 gefunden, aber erst jetzt eben im Bidlett. comimale 1891 T. XI abgebildet und von Th. Schreiber auf S. 301 ff. (1) besprochen ist. Die Erklärung braucht nicht bei der conversaäone sacra stehen zu bleiben: es ist der Sieo- Apollo ns über Marsyas, und das besondere Interesse dieser Darstellung besteht darin, dass sie einerseits mit gewissen Va- senbildern andrerseits mit Sarkophagen sich berührt. Der Silen und eben in seiner für Schreiber unklaren Figur lieo-t die Entscheidung - steht in tiefer Niedergeschlagenheit, wie 'öfters (z. B. Overbeck KM. S. 458 B 5. 10, Philostratus d. J. 2) neben der Kiefer, an welcher er bald seinen üebermuth verbüssen wird.

0) Der ebenda S. 365 (vgl. S. 240) erwähnte Torso einer Hyo-ieiafvon den fechultern bis etwa zur Mitte der Oberschenkel) hat beträchtliche Aehn- lickkeit mit der m diesen Mitth. 1890 S. 68 erwähnten ' Hygieia ' Rospigliosi

374 E. PETERSEN

Auf einen schlanken Pfeiler, über welchen das dem Marsvas öfter gegebene Löwenfell gehängt ist, stützt er den r. Ellbogen, und in die r. Hand die grösstentheils erhalten und sogar auf der Ab- bildung nicht ganz unsichtbar ist, den Kopf (vgl. auf der Re- liefvase Overbeck. T. XXV 6, S. 439, 18 die Freunde des Marsyas links und rechts in ähnlichem Schema). Also nichts von einem Xi'xyoy; denn auch von dem 1. Unterarm ist die Bruchstelle auf dem Fell nach dem r. Oberarm hinauf gehend deutlich, und es ist nur ungewiss, ob die Hand sich unter oder über den r. Oberarm legte. Für jenes sprechen die Maasse und die Art des Abbruchs, für dieses eigentlich nur der Umstand, dass so das Fell über den einen den rechten Arm hängen könnte, und dass so auch ein links über dem Pfeiler in einem Endstück erhaltener stabähnlicher Gegenstand, vielleicht eine der Flöten, leichter in der Linken gehalten sein könnte (vgl. den auf die untergelegte Hand gestützten Ellbogen des Marsyas in den Vasenbildern Overbeck Taf XXIV 20 u. 24). Sichtbar sind unten der 1. Standfuss und zurückgesetzt neben dem Stamm der rechte (vgl. die ganze Figur bei Overbeck Taf. XXV 3 u. 13).

Gegenüber ist Apoll an der Kithar neben ihm, dem Lorbeer- baum mit Bogen und Köcher (') hinter ihm sicher kenntlich (vgl. Overbeck S. 468 B 5 und 10, S. 448, 2). Da die beiden Stücke des Reliefs, jedes wieder aus mehreren zusammengesetzt, nirgends zu- sammenpassen, wäre der Ausfall einer oder der andern Figur ja möglich, aber wegen des Befundes des Erhaltenen, und wegen der Composition und der Maasse (Fussplatte, lang 0.49 -j- 0.32, zur Höhe 0.53 ungefähr wie 3:2) kaum wahrscheinlich, um so weniger als das schlanke Mädchen mit doppelt gegiü'tetem Chiton und Armbändern um die Oberarme links von Apoll sicher Artemis ist. Sie hat freilich kein Köcherband um die Brust, und das Aufnehmen des kurzen Chitons mit der Linken ist wohl etwas ungewöhnlich (-),

(^) Die Waifen am Baume aufgeliängt auch Overbeck S. 456 A 6, vgl. S. 470 und auf dem Fragment bei Gerhard Ant. Bildvv. T. XCI mit Eroten als Apoll und Marsyas.

(2) Ob der Ergäuzer des Pariser Sarkophages (Overb. XXV, 7), gar keinen thatsäclilichen Anhalt für Ergänzung des Gewandzipfels in ihrer Hand hatte ? Nach Fröhner, Notice 84 freilich nicht. Vgl. auch Overbeck S. 455, 5 mit S. 462.

FUNDE ^ 375

aber sie hat ja in der Rechten den Bogen: man kann den Bruch des Armes bis zur Thronecke verfolgen, und der in einer Volute endende gekrümmte Gegenstand darüber ist, wie man sich leicht überzeugt, nicht ein rankenartiges Ornament, symmetrisch zu dem. welches oben auf dem Throne links vom Halse der Sitzenden, aber eben nur da sichtbar Avird, sondern der Bogen mit gekrümmtem Ende, grad Avie der am Lorbeerbaum aufgehängte. Das Bohrloch am r. Arm des Mädchens ist jedorh nicht das entgegen- gesetzte P]nde, sondern rührt von antiker Ergänzung her. Die r. Hand der Artemis stemmt sich also, den Bogen etwa mit Daumen and Zeigefinger haltend, gegen die Thronlehnenecke, deren Akroterion (?) darüber hervorzuragen scheint.

Mit Artemis ist auch Leto gesichert, deren Kopf allem Anschein nach ihren Kindern zugekehrt war, während sie den r. Unterarm auf der kurzen höheren oeitenlehne, die man über der niederen, hier wie auf der andern Seite voraussetzen muss, ruhend zu denken hat. Auf dem Pfeiler zwischen Leto und Artemis scheint von einer grossen Vase noch der Fuss kenntlich. Leto ist wahr- scheinlich auch auf den Vasen O^erbeck T. XXV, 5 (stehend), XXIV, 20 XXV, 3 (sitzend), vielleicht auch auf dem Sarkophag S. 455, A 2. Weit ähnlicher in der Gesammterscheinung ist der Thronenden unseres Reliefs freilich auf dem Sarkophag von Sidon {Rev. archeol. 1888 T. VII f.) die Kybele, die aber als solche charakterisiert ist. (Vgl. auch das pompejanische Wandgemälde Mitth. 1890 S. 267).

Der phrygisch gekleidete Jüngling ganz rechts, beträchtlich kleiner als Apollon, ist natürlich Olympos. Sein Kopf war eingesetzt und, nach dem glatten Abschnitt des Gewandes um das Halsloch zu schliessen, entweder mit langem Haar oder mit Tiara versehen. Der Felsgrund der nur hinter ihm c. 5-8 cm. von der Reliefkante ab sich bis fast zur Höhe seiner Schultern erhebt und unten neben dem 1. Bein in der Abbildung sichtbar wird, hat nur den techni- schen Grund einer Verstärkung der Platte, um Olympos veiter vor- treten lassen zu können, ohne ihn doch völlig vom Grunde zu lösen. Von einem Attribut der gesenkten Linken ist keine Spur vorhanden, ebensowenig wie von der wohl im Unterarm gehobenen Rechten.

Ueberraschend ist die Aehnlichkeit des Reliefs mit dem Mar- svasbilde im Mosaik von Portus magnus, Jahi])ucli. 18!>(» T. 0 und

376 K. PETERSEX, FUNDE

S. 21(3: von den fünf Personen unseres Reliefs (auch Overbeck XXIV 19 (20), 21, 25 sind fimffigurig) kehren drei: Marsyas, Apollon. Olympos, an gleichem Platz und mit weitgehender Ueber- einstimmung auch in der Haltuug wieder.

I. Latium Campania:

Cuma S. 362. Guarcino S. 366. Koma S. 368. Nemi S. 366. Tcrracina S. 366, 368.

II. Apulia:

Bari S. 364. Canosa S. 364. Metapouto S. 357.

III. Lucania, Bruttii: Stilo S. 357.

IV. Samnium, Sahina: Cittä Ducale S. 366. Aquila S. 365.

V. Picenum:

Numana S. 356. Osimo S. 356.

VI. Umbria: Arcevia S. 355.

Bevagna S. 368. Nocera S. 366 f. SerraS.QuiricoS.356 Todi S. 365.

VII. Etruria: Bolsena S. 365. Castiglione d. Lago

S. 365. Corneto S. 365. Fiesole S. 367. S. Maria di Falleri

S. 365. Orvieto S. 366. Sutri S. 366. Toscanella S. 365.

VIII. Cispadana : Bologna S. 355. Castellazzo di Paro-

letta S. 355. Castrocaro S. 356.

Copezzato S. 356.

Imola S. 365.

S. Giorgio in Persi-

ceto S. 356. Savignano s. Panaro

S. 356.

X. Venctia :

Este S. 356. Oderzo S. 368.

XI. Transpadana: Gran S. Bernardo

S. 365. Vhö S. 355. Sicilia: Siracusa S. 356. Sardinia: Nora S. 356.

E. Petersen.

SITZÜNGSPEOTOCOLLE.

11. Deccmbev: Festsitzimg zum Gedächtnisse VVinckclmanns : G. B. De llossi : über einige römische Veduten M. van Heemskercks, besonders ein grosses von der Stelle des jetzigen Palazzo CaÜarelli aus aufgenommenes Panorama. Petersen: über eine Statue des Apollon (s. Taf. X-XII).

De RosSI: ragionü di una veduta della cittä di Roma rilevata dal pittore fiammingo Marüiio van Hecmskerck iiato ncl 1498 e morto nel 1574), il quäle ncl suo soggiorno a Roma (1.5,32-1536) pose molta attenzione a de- lineare i monumenti anticlii e ]e opere d'arte d'ogni maniera. II Musco dl Berlino, che giä possedeva un iinportante taccuiuo, ha ora acquistato una se- conda e piü preziosa colleziono.

Fra i disegni di questa primeggia un gran panorama di Roma preso dall'altura sud del Campidoglio, ove ora sorge il palazzo Caffarelli. II disegno originale e lungo piü d'un metro ed eseguito con ininuta esattezza.

Vi si scorge l'Aventino col castello dei Savelli ed il Foro Boario ; il colle Palatino coi ruderi del palazzo dei Cesari; gli edifizi Capitolini nella loro forma medioevale, prima che fossero riedificati col disegno di Michelan- gelo; 11 Foro Romano, TEsquiüno, il Quirinale coi ruderi delle Terme di Tito c di Costantino, il Pantheon, Castel S. Angelo. Fra il folto delle chiese, case e torri medioevali, giganteggia il palazzo della Cancelleria. Sulla riva destra si^scorgono 1 muri merlati della cittä Leonina, e gli arconi colossali della Basilica di S. Pietro, allora in costruzione.

II pregio speciale del disegno consiste in ciö ch'esso t' affatto indipen- dente dalle vedute e plante prospettiche taiito anteriori che posteriori : esso rappresenta fedelmente, senza aggiunte e cambiamenti arbitrarii, lo stato edi- lizio della Roma del 1534. Una esatta riproduzione percio sarä pubblicata nelle « Antike Denkmäler » dell'Istituto.

(Wörtlich ist der Vortrag im Bullettiiio d. commiss. arch. comunale 1891 S. 330 ff. algedruckt, im Auszuge verdeutscht wird er die betr. Tafel der Antiken Denkmäler begleiten).

Petersen: tracciando'con poche linee lo sviluppo della rappresen- tazione statuaria di un giovanc nudo, ritto in piedi, sia Apollo sia mortale,

378 SITZUXGSPROTOCOLLE

presenta come opere (o copie di esse) poco anteriori o contemporanee alla prima etä di Fidia : 1. TApollo pompeiano o mantuano Overbeck, Apollo tav. XX 26. 25 ; 2. il Cassellano 1. c. 24 ; 3. quello deiroiifalo ossia del teatro 1. c. 21 ; 4. il capitolino 1. c. 22. (Di questo il turcasso erroneamente e dichia- rato moderno dall'Overbeck e dallo Heibig, Führer I p. 383. La nuova de- serizione del Museo Capitolino 1882, p. 278 parla soltanto del tronco, il quäle difatto e tiitto moderno). Mostra i quattro esempi piü dififerenti nella testa che nel corpo. Corae quinto aggiunge la statua ricomposta nel Museo delle Terrae (v. Notizie 1891 p. 288 e p. 337, v. sopra p., 302 e le nostre tavole X, XI, XII) da varii pezzi estratti in tempi diversi dall alveo del Tevere, con ristauro della gamba destra flno quasi al ginocchio e della sinistra con la relativa parte del tronco fino a 0.34 ra. dal plinto, essendo l'intera tigura restaurata alta poco piü di due meiri. La testa rotta attaccata al resto del corpo per mezzo della parte posteriore del collo, sul davanti poi e al lato destro e di restauro, forsc non del tutto giusto. II braccio d. e stato ritrovato ma non rimesso, causa rinuguale conservazione delle parti contigue. Era pendente e con la mano resrgeva l'arco, di cui una estremitä ricurva, benche molto consumata, ancora si riconosce sulla coscia del dio. La sinistra invece doveva essere alzata verso la destra di chi guarda, ed il viso, inclinandosi graziosamente e con espres- sione benigna, prosegue Tazione della mano, per la quäle azione Tarco, contro l'uso quasi costante, e passato nella destra.

Basta il confronto della figura sulla tav. X con la statua Capitolina presso Overbeck. Atlas Tav. XX, 22, e delle due teste raffigurate sulla tavola XI XII per convincersi che la statua tiberina e la capitolina, ovunque si di- scostano dalle altre tre soprädette, specialmente nella conformazione del viso e dei capelli, vanno d'accordo fra loro; e siccome la mossa della testa e del braccio sinistro differisce troppo per crederle due copie di un medesimo ori- ginale, non resta altro che dedurle da due opere di un medesimo artista. Neirepoca accusata dallo stile delle due statue non si conoscono autori di piü d'una statua di Apollo fuorche Calamide e Mirone e Fidia, dei quali il prirao e il secondo vengono esclusi per quanto e noto del loro carattere artistico. Eesta Fidia, di cui un Apollo nagi'ömoi di bronzo stava suH'acropoli d'Atene. Un altro faceva parte del gran gruppo di bronzo, decima del bottino maratenio, dedicata a Delfi. Secondo ce lo descrive Pausania 10, 10, Milziade vi era rappresentato fra mezzo di Atene e di Apollo, con cinque eroi a destra ed altri cinque a sinistra (i); e se Pausania qui come altrove, p. e. nella descri- zione del frontone Orientale del tempio di Giove Olimpio, dalla tigura cen- trale si volge prima a destra, poi a sinistra, Atene doveva stare a d., Apollo a s. di Milziade, e nell'istesso modo a d. Eretteo, Cecrope i quali veramente sono piü strettamente legati con Atene con altri tre, mentre Egeo con i quattro seguenti stava dal lato di Apollo. (Cosi i due primi eponimi del-

(0 Pausania col dire ex ff« tmv tjnwioi' ecc. esclude che fossero tutti i dieci eponimi, come pareva necessario al Curtius ed a Sauer, die Anfünfje der statuarischen Gruppe p. 18, errore rifiutato puraiiche dalla perfetta sim- metria del gruppo descritto.

SITZUNGSPROTOCOLI.E 379

l'ordine legittimo, Erettco cioö ed Egeo avrebbero i posti princi])ali, l'uno ;i destra, l'altro a sinistra). So poi piustamente si figura Atene essere stata rap- presentata nellatto d'incoronare il vincitore di Maratona, come p. e. si vede sul riliuvo attico presso Schöne Griech. Relkfs n. % (cf. 75 e 77), l'Apollo tiberino benissimo gli farebbe da riscontro sia con altra Corona nella mano alzata, sia perche la Corona, como ncl rilievo Schöne 75 sarebbe tenuta pmttosto con la destra - accogliendo il protetto della sorella con la mano messagh sull'onicro. (Tale composizione dol gruppo a torto si e dclta dife- rente dalle altre di Fidia e sentire piü dell'arcaico: aiizi rassomigliercbbe assai a quanto si sa delle due che ornavano le basi della Partenos e del Giove). La congottura pcro dell'esponente sull'origine Fidiaca delle due statue romane sarebbe troppo ardita dice egli stesso se nelle medesime nulla si scor- gesse di Fidiaco. La posa simmetrica almeno non contradice, dacche una tale con sorpresa fu riconosciuta perfino nella Partenos e nel Giove, opere posteriori dl qualche decennio al gruppo delfico; con la Partenos poi le due statue hanno comune il viso tondo, col Giove i ricci ricadenti sugli omeri; e rd tiq^ou XKL t6 nQOicpi'Ai:.?, tanto ammirato nel Giove olimpio, non so con che altra cosa meglio si possa illustrare che con quella indescrivibile espressione di dolcezza nella testa tiberina riconoscibile sulla nostra tavola XI XIL

La statua tiberina riferita all'Apollo del gruppo delfico, la capitolina denverebbe dal Pnrnopio, e per conseguenza anche questo dovrebbe ascri- versi^ alla prima etä di Fidia. (Pausania 1. 24. 8 lo dice consecrato dagli Ateniesi ort atfiat 7TUQi'6na}y ^Xarndynav xiijv yijy clnoTQt'iijsu' 6 &€i)s elnsf ix ri-i x'6()ag. Forse le cavalette dell'oracolo erano i barbari, come in un verso di Aristofane Ach. 150).

Zum ordentlichen Mitgliede wurde ernannt Herr Om.:io Ma- rucchl in Rom.

18 December: Peter.sen legt Ramsays Illstorical geofircq)hij of Äsia minor und Königliche Museen zu Berlin. Beschreibung der antiken Skulpturen u. s. av. vor. Mau : Bildnisse der Octana" Schwester des Augustus. Huelsen .• die Lage und Denkmäler des Comitium zur Zeit der Republik.

Correzioni.

P. 28 1. 11 1. dovea invece di deve P. 29 1. 17 1. Fauno » Fulvio

P. 42 1. 19 1. sulle due ultimo delle P. 54 1. 9 1. cestiani invece di cristiani

1. 23 dele e

P. 208 1. ult. 1. pag. 223

P. 210 1. 1 manca: AI n. 26

P. 211 1. 2 Mffr/«VS invece di MrtrwVS

1. 9 1. Roma sotterr. IJI P. 219 1. ult. 1. sgg. inv. di if.

INHALT

P. BiENKOWSKi, Lo sciido dl Achüle (Tav. IV, V, VI) S. 183-207. A. CozzA, Di im antico tempio scoimHo 2^resso Alatri S. 344-355. A. V. DoMASZEWSKi, Praefectus equitatus S. 163-167. Ch. Hüelsen, Jahresbericht über neue Funde und Forschungen zur Topographie der Stadt Rom S. 73-150. » Miscellanea epigrafica S. 332-343.

M. Ihm, Delle tavole lusorie romane S. 208-220.

A. Kalkmann, Fedra S. 246-249.

B. A. DI Klitsche de la Grange, Di un nuovo gruppo di tombe

rinvenuto nella necropoli di Allumiere S. 221-225. A. Mau, Miscellanea Pompeiana S. 73-150. fl // poriico del foro di Pompei S. 168-176. « Bibliograßa pompeiana S. 258-269. A. Michaelis, Storia della Collesione Capitolina di antichitd fino all'inaugurazione del Miiseo (1734) (Tav I, II, III) S. 3-66. L. A. Milani, Le recenli scoperte di antichitd in Verona (Tav. IX) S. 205-301. « Aggiunta alle recenti scoperte di antichitd in Ve-

rona S. 307-331. Th. Mommsen, / fasti dei sex primi ab aerario S. 157-162.

E. Petersen, Vw«(^ö S. 226-240, 302-306, 355-371.

Griechische Bronze (Tav. VII) S. 270-278. J. Six, Un ritralto del re Pirro d'Epiro (Tav. VIII) S. 279-284.

F. Stüdniczka, ylr(?/m2S^/ies Thonrelief der Sammlung Santan-

gelo S. 254-257. L. V. Sybel, Zur Skopasfrage S. 241-245. H. L. V. ÜRLicHS, Ueber die Alfassungeseit der Statue antiche

des Ulisse Aldrovandi S. 250-251. R. Weisshaeupl, Das « Telephos « Relief der Villa Borghese

S. 177-182. Sitzüngsprotocolle und Ernennungen S. 151-156, 252, 372-375.

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