PALERMO Stabilimento Tipografico--Andò 1905 , DATO BOTANICO DI PALERMO ’ = ________——____ VOLUME IV. BOLLETTINO ANNO IV. Fase. I. (Gennaio marzo 1905) | —emeno — | tabilimento Tipografico-Andò 4 Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3-5 togli di stam pa con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed ap- pendici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al « Bollettino >, che sono a anche vendibili separatamente, saranno date gratis agli abbonati Prezzo dell’abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) All’Estero. . STR aa, aa descv4 » 10 - i Per le domande fi aenancnti 2 per di snnbia | al signor Vixoenzo 1, 31 MARZO 1903. Voc. IV. BOLLETTINO LR ORTO BOTANICO DI PALERMO SOMMARIO: d: — Al lettore. — Piante della span Eritrea coltivate nel R. Orto Bota- nico di Palern 3. — Intorno ad una pe di Limone della Colonia Eritrea. 4. — Coltura del Ginseng a quinquefolium). D. — Note sulla flora di Sicili 6. — Coltura dei Banani in dici 7. — Note Si sulle Querci italiane. 8. — Cron nile P MO SfraB. TIPOGR. FERDINANDO ANDÒ 1905 Mo.Bot.Garaer, La ? È dal er IILISILIFIIEVIVIL”IVITI LETITITELRTITITICELICITOC CURRENT rr TE ern Soai dee Al Lettore, Dopo un’interruzione di pochi anni, questo Bollettino ri- prende le sue pubblicazioni, ed io non ho bisogno di dichia- rare ora che esso conserverà lo stesso seopo di prima, quello, cioè, di dare di quando in quando ragguagli su tutto ciò che concerne l’attività del Giardino. Esso rappresenterà pure un organo d’informazioni per coloro che s’interessano dei proble- mi di acclimatazione e introduzione nel Mezzogiorno di nuove piante utili specialmente alle industrie. Per la sua posizione geografica e per le tradizioni l'Orto Botanico di Palermo non può completamente disinteressarsi di talî quistioni. Anzi, at- tingendo sempre nuovi ammaestramenti dalla esperienza del passato e dai bisogni della economia nazionale, ho voluto dare in questi ultimi anni un maggiore impulso a cotesto indirizzo di studii, accrescendo le collezioni di piante delle regioni me- ridionali e concentrando vie più l’attività del Giardino ai prodotti vegetali della Colonia Eritrea. Un Orto botanico mo- derno non è semplicemente un laboratorio vivente a esclusivo vantaggio dell’insegnamento superiore; ma là, dove concorrono alla sua prosperità eccezionali favori di clima ed in generale straordinarie risorse di natura, esso non può restringere il campo della sua attività in così angusti confini da divenire una più o meno arida mostra di curiosità vegetali viventi. Appunto ispirando la mia opera di direttore a tali concetti o cercato con tutte le mie forze di accrescere )’ interessa- aa mento non solo degli studiosi, ma sopratutto della pubblica opinione e del Governo verso 1’ Orto botanico di Palermo. L'idea di far sorgere presso l’Orto medesimo un grande labo- ratorio da offrire ospitalità agli studiosi di ogni paese e dar loro i mezzi di più opportune indagini, secondo il nuovo in- dirizzo della biologia, ha già riscosso il plauso di autorevoli Enti amministrativi e lo stesso Parlamento nazionale qualche anno fa invitava il Ministro della Pubblica Istruzione a stu- diare quella proposta. Il Municipio di Palermo e la Camera di Commercio ed Arti della provincia di Palermo, hanno di già stanziato nei loro bilanci delle somme ad incoraggiamento del nuovo Istituto. Lo stesso Municipio, sempre prodigo di premure verso questo Giardino botanico, ha portato a com- pimento le pratiche, che da molti anni erano state iniziate, per l'ampliamento dell’Orto e quanto prima nuove terre ver- ranno aggregate a quelle esistenti con grande vantaggio delle colture. Colla stessa simpatia infine è stato oggi accolto dalla pubblica opinione ed anche dal Governo il disegno d’istituire presso questo ‘)rto botanico una sezione Coloniale allo stesso titolo e collo stesso scopo per il quale con lodevole intento veniva recentemente fondato presso l’Istituto Botanico di Ro- ma un Museo Coloniale. Ripigliando dunqne le sue pubblicazioni questo Bollettino servirà a dare brevi ragguagli intorno alle esperienze e agli studî che si anderanno a compiere in questo Giardino sulle piante di nuova introduzione e su tutto quello che in gene- rale potrà avere interesse a dimostrare la sua attività. A. Borzì. mute” i IA NTANTANTINTAA Piante della Colonia Eritrea coltivate nel R. Orto Botanico di Palermo. In questo Orto botanico da molti anni si va esperimentando l’acclimazione di un grande numero di piante della Colonia Eri- trea avute in dono in varie circostanze da viaggiatori, scienziati e dilettanti. Il D.R TERRACCIANO già aveva accennato, nel n. 2 del I. anno di questo stesso Bollettino ; ai risultamenti otte- nuti dalla coltura delle collezioni botaniche portate dal Co- lonnello G. AMEGLIO (1). Ma oggi le acclimazioni di molte fra queste specie e di un’altra non piccola quantità, pervenute per altre vie, rappresentano un fatto ben accertato, tanto che ogni anno se ne distribuiscono i semi abboniti ai privati e agli altri orti botanici. Resta quindi giustificato il desiderio di rendere di pubblica ragione gli studî altrui e le osserva- zioni da me stesso fatte dal 1902 in qua, avendo nelle ricer- che compiute sulla flora forestale eritrea ; con la scorta del ricco materiale di questo R. Orto ed Istituto botanico , do- vuto seguire passo passo tali esperienze. La brevità dello spazio consente che io altro non dia se non semplici elenchi, ma tutti sono diretti allo scopo di poter por- gere materiale di sicure deduzioni sulle affinità climatiche (1) TERRACcciIANO A. — Le collezioni botaniche fatte dal Maggiore G. A- meglio nella Colonia Eritrea. — Boll. del R. Orto bot. di Palermo i, pp. 14-22, È Mi gra fra l'Orto di Palermo ed alcune regioni dell’Eritrea, e di of- frire elementi di maggiore sicurezza per la scelta delle piante da introdursi negli anni da venire. Ho escluso quasi tutte le piante annuali, e posto principale cura nel dar notizie delle bienni e perenni, che meglio hanno sopportato i nostri in- verni; vi ho inoltre comprese alcune specie non eritree ma abissiniche, perchè ancora non essendo ben conosciuta la loro area di diffusione in Colonia, molto probabilmente esse po- tranno ritrovarsi sull’altipiano eritreo. Le deduzioni che si possono trarre dall’esame comparativo fra le specie già acclimate in rapporto a quelle che, pur col- tivate con grande cura, perirono, possono , astrazion fatta dalla natura geologica dei terreni tanto diversi nelle due sta- zioni, in maggio r parte ritrarsi dalle difterenze climatiche. _ dati udotermici (per quanto approssimativi perchè estesi n breve periodo) risultanti da un lato dalle relazioni uf- ficiali (1) e dalle osservazioni delle stazioni impiantate dopo la costituzione di un servizio agrario nella Colonia Eritrea (2), e dall’altro da quelli dell’ Osservatorio astronomico di Paler mo, rilevano che le maggiori analogie si hanno fra i dati for- niti da quest’ ultimo con quelli delle stazioni dell’ altipiano. In quelle regioni, come quì, il periodo di siccità si può con- siderare di sette mesi, durante il quale se i giorni a cielo co- perto sono relativamente numerosi, quasi mai cade una goccia di acqua. Vero è che forti difterenze si notano nella quantità dei precipitati atmosferici, che sale a mm. 750, 67 per Paler- mo, a mm. 783,5 per Adi-Ugri, a mm. 460,8 per Cheren, e a soli mm. 307,7 per l’Asmara (3), ma è anche vero che i bene- fici effetti dei precipitati in genere più abbondanti nella Conca d’ Oro sono in parte diminuiti dai forti e caldi venti domi- nanti del terzo quadrante. (1) BarroLommer GroLi D.r Gino. — dato nell’Eritrea. Relazione al R. Commissario civile straordinario, — Roma. 1908, p. 11. et se (2) Bollettino agricolo e commerciale della cain Eritrea, 1903-1904. (3) BartoLommEI GroLi D.r &rxo.—]. c.-Queste medie sono tolte da osser- . Asmara, per un ses- sennio (1891-1896) per Cheren e per nove anni (1893-1901 per Adi-Ugri. Le oni del D.r anni riportate nel Bollettino della Colonia Pritrea sopra citato, danno invece i seguenti resultati: 1. dal 20 maggio al 31 di- cembre 1903 per o an mm. 538,84, per Adi-Ugri mm. 406,95 ; 2. per | l’anno 1901 per l’Asmara mm. 419, ptt ie a ra 200 gle AL In corrispondenza di questa analogia udica, sta il fatto dell’ analogia climatica, per cui delle piante coltivate nel- l’Orto botanico di Palermo in diversi periodi, solo resistet- tero quelle proprie all’ altipiano e ai contrafforti, mentre le altre morirono in conseguenza di inverni troppo freddi o lo stesso anno che furono messe in piena terra o poco dopo. La temperatura media di Palermo, se è pressochè simile a quella dell’altipiano, offre però più ampie variazioni fra le minime e le massime, discendendo qui il termometro negli inverni eccezionali anche a zero (1). Tuttavia queste basse temperature non arrecano tutto il danno che si erede- rebbe alla vita delle piante, e per la loro breve durata e per- chè non inducono mai nel terreno temperature che si "avvici- nino a zero (2), tanto che molte piante che si riteneva non potessero resistere alle più basse nostre temperature inver- nali, di poi si sono acclimate con semplici artifizi culturali atti ad impedire il raffreddamento delle radici. Ciò premesso a priori si deduce che le piante proprie della costa e appartenenti quindi alla regione botanica detta madre- porica dal D.R TERRACCIANO (3) 0 parte inferiore del Samhar con la 7 regione botanica del D.R SCHWEINFURTH (4), non pos- sono vivere da noi. E se alcune se ne incontrano, quali Zi- zyphus Spina-Christi, Acacia spirocarpa, Cissus quadrangularis, Grewia populifolia , Euphorbia Cactus, Cassia occidentalis vi butilon hirtum, Cardiospermum microcarpum, ece., esse non sono altro che specie diffuse in tutta la Colonia. Le Stesse considerazioni possono farsi per la regione botanica del Sa- mhar campestre e collino (TERR. 1. c.) corrispondente alla parte inferiore della regione subalpina (ScHWFT, 1. Ci): Maggiore è invece, in correlazione alle già accennate affi- nità udotermiche e climatiche, il numero delle specie della a — 19,9a + 44, 8 (temperature estreme accertate fin’oggi). (2) Temperature del terreno inferiori a zero non si hanno neppure ecce- zionalmente. - (3) TrrRACccIANo A. — Escursioni botaniche nelle terre e nelle isole della Colonia Eritrea — pp. 57-58. (4) Scawerneorta,—Einige Mittheilungen iiber seines diesjiihrigen Besuch in der Colonia Eritrea — Iuli 1892, pp. 6-7. i Mei O regione delle vallate e delle pendici dell’altipiano dai 500-600 ai 1600 m. (regione montana del D.R TERRACCIANO), caratteriz- zata dal beneficio delle doppie piogge annuali e infine ab- bondantissime le piante dell’ altipiano (regione alpina) con pioggie estive. Così vivono e prosperano da noi in piena terra: Tarchonan- thus camphoratus, Olea chrysophylla, Aloé abyssinica , Adenia venenata, Sanseviera guineensis, S. cylindrica, Euphorbia abyssi- nica, E. Schimperi, E. Tirucalli, Dodonaea viscosa, Rhus reti- norrhaea, Kalancho& glaucescens, Ficus Sycomorus , F. populi- folia, F. bengalensis, F. capensis, Lantana salvifolia, Buddleja polystachya. Fra le piante che, pur non essendo coltivate attualmente, sono a lungo vissute nell’Orto, ricorderò: Balanites aegyptiaca, Gloriosa abyssinica, Coccinia lalambensis, Gossypium herbaceum, Rosa sancta, Crinum Doriae, C. abyssinicum, Clematis orienta- lis, Kalanchoè brachycalye, Huernia sp. pl., Vernonia abyssi- nica, Erythrina tomentosa, Notonia trachycarpa, Croton macro- stachys, Grewia villosa, ecc.; la cui morte deve attribuirsi a ‘tutt’altre cause che le elimatiche, giacchè molte di queste specie prosperano in altri giardini di Palermo, e qualcuna anzi vien coltivata largamente a scopo ornamentale. In base a tali elementi di fatto possiamo sino da ora ar- guire quali specie si potrebbero introdurre con una riuscita quasi sicura, e fra esse certamente Dalbergia melanoxylon, Cor- chorus trilocularis, Chrozophora plicata s Asparagus asiaticus, Crotolaria sp. pl., Indigofera sp. pI., Aeschynomene Schimperi, Ficus sp. pl., ecc., tra le meglio conosciute; non senza esclu- dere la possibilità di parecchie altre che in Colonia vivono presso a poco alle stesse altitudini e soito le medesime con- dizioni generali di clima e di terreno. ; * * * * — Abutilon hirtum (Lam.) Don. (1) Pt. — Cespuglio di 2 e più metri d’altezza. — fl. e fr. — A. indicum (L.) Don. (1) Per economia di spazio sono usate le seguenti pianta coltivata in piena terra e all'aria in serra fredda; se. = pian che fiorisce e fruttifica. Si piante segnate con asterisco abbreviazioni : pt.= aperta; sf. — pianta coltivata ta coltivata in stufa calda; fl. e fr. pianta distribuiscono abitualmente i semi delle a suli È Se se al Pg. pei Pt. — Cespuglio di 3 m. — fl. e fr. abbondantemente. — Acacia albida Delile Pt. — Arbusto di 2 m. — i’inverno preferisce la sf. — A. arabica Willd. In vaso, in piena aria. — Arbusto di m. 1, 50. — A. Senegal Willd. In vaso, in piena terra. — Arbusto di m. 1. — A. spirocarpa Hochst. Pt., ma allora non resiste tutti gli inverni, si coltiva con miglior resultato in sf. in vaso. canthus arboreus Forsk. Pt. — Bel cespuglio di oltre 2 m. —fl. e fr., ma i semi non abboniscono. — Adansonia digitata L. Sec. — Alberetto di 1 m. d’altezza. — ui ( Modecca) venenata Forsk. — Arbusto di più di 3 m. con vegetazione otti- ma. — rosa fr r. * — Aloè abyssinica Lam. Pt. — Invadente. — fl. e fr. i * — A. commutata Tod Pt. — fl. e fr. * — A. macrocarpa Tod. In vaso. — fl. e fr. * - A- percrassa Tod. Pt — fl. e fr. — A. Schimperi Tod. Pt. — fl. e fr. — A. vera Forsk. — » var. aethiopica Schwf. » var. puberula Schwf. Tutte queste varietà con la specie vivono in pt. e in va- so. — fl. e fr. * — Aneilema Forskalei Kth. In vaso. — fl. fr. — Anogeissus leiocarpa G. et P. Pt. — Splendido albero di 0, 50 di diametro e di oltre. 10 m. di altezza. — fl. e fr. in RITA — Apodytes dimidiata E. Mey. Pt. — Piante fino a 4 m. d'aliosse, _ —* — Barleria ventricosa Hochst. - Pt. — fl. e fr. È * — Berberis aristata DU. Pt. — Cespuglio di oltre 2 m. d'altezza. — fl. e fr. ab- bondantemente. * — Buddleja polystachya Fresen. Pt. — Piante cespugliose che raggiungono anche i 5 m. ciente — fl. e fr. — Cadia varia L’Erit. Pt. — Arbusto di 0, 75 m.— In sf. bel cespuglio di circa 2 m. — fl. e fr. — Calpurnia aurea (Lam.) Baker In vaso in piena aria, alberetto di m. 1, 50.—fl. e fr. — * — Cardiospermum canescens Vall. - Pt. | I FREE ORE PE LIRA Ù dl i La A — Liana invadente. — fl. e fr. abbondantemente in SO -inverno. — C. microcarpum H.B.K. Pianta annua. — fl. e fr. — Cassia mimosoides L. In vaso, alberetto di un metro. — fl. e fr. in febbraio- marzo. * — C. occidentalis L. Pt. e in vaso. — fl. e fr. * — C. Tora L. In vaso, in piena aria. — fl. e fr. — Catha edulis Forsk. i Pt. — Arbusto di m. 0, 75; vi era un albero di 4 m. vissuto per molti anni e che poi morì. 3 — Celtis Kraussiana Bernh. Pt. — Alberello di grande sviluppo, alto circa 4 m. — Cissus quadrangularis L. In vaso, durante l’ inverno soffre un poco se lasciato in piena aria, vive bene in sf. fl. e fr. "a — Cissus quadrangularis. var. ‘Sengpezia A. Terr. : Come il precedente. — fl. E — Citrus Bigaradia et 4 fo — C. Limonum 3 mai > var. pusilla Risso o ar. abyssinica Riccob. V. (1) Tatti tuali agrumi crescono ottimamente, resistono in pt. e fl. e fr. (I) Su questa varietà cfr. Riccosoro Vixcenzo — Intorn varietà di Limone della Colonia Eritrea — in Boll. Soc. da Ò Mi 8. Par lermo, 1904, II. 8. pp. 40-41. ed in questo stesso Bollettino a p. 15. MER | Are Coleus barbatus (Andr.) Benth. In vaso, in inverno preferisce la sf. — fl. e fr. abbon- dantemente. — 0. Penzigii Schwf. In vaso, in inverno preferisce la sf. — fl. e fr. — Colocasia antiquorum Schott. Coltivata in acqua in piena aria. — Fiorisce raramente. * — Commelina benghalensis L. In vaso, in piena aria. — fl. e fr. — Cordia abyssinica R. Br. (= €. Myxa L.) Nato da semi è ora arboscello di un metro in pt., un sia -sofferente. — Cotyledon Barbey Schwf. In vaso e in pt. vive molto-bene. — fl. e fr. abbondante- giona — Cyperus pensentatrry Rottb. — 0. st — C. longus pe: si i rappresentanti di questo genere vivono in vaso in piena aria e in pt. — fl. e fr. — Desmodium Scalpae DO. In vaso, in piena aria, altezza 2 m. — fl. e fr. — Diospyros mespiliformis Hochst. In inverno in sf. — Dodonaea viscosa L. Pt.—Alberello di 2-3 m., con ottima vegetazione. — fl. e fr. — Echidnopsis dammanniana Sprenger In vaso, in piena aria. — fl. — Euclea Kellau Hochst.. In vaso, in piena terra. — Alberetto di m. 1, 50. — fl. — Euphorbia abyssinica Gmel. a » — » Schimperi Presl » a TE = ‘l'utte queste vivono bene in piena terra e in vaso al- l’aperto e fioriscono; raggiungono dimensioni di 1-2 m. La e. delicata è VE. Cactus che in inverno resiste solo se te- nuta in sf. — Ficus benghalensis L. rta di ottima vegetazione e che tro gngte i 6 m. d’altezza. — fl. e fr. * — F. capensis Thunb. ‘Albero di ottima vegetazione e che raggiunge i 7 m. d’altezza. — fl. e fr — pt. * — F. populifolia Vahl Pt. — Alberette di bel portamento e di 2 m. d’altezza. * — F. Sycomorus L. t. — Albero grossissimo di oltre 12 m. d’altezza. — fl. e fr. abbondantemente. — Gardenia Thunbergia L. fil. Alberetto di oltre 1 m. d’altezza, in pt. e in vaso.—fl. * — Grewia populifolia Vahl Alberetto di oltre 3 m. d’altezza. — fl. e fr. benissi- mo in pt. — Haemanthus multiflorus Martyn Coltivato in vaso e in pi. — fl. — Hypoéstes paniculata Salms. +=. {il e fr. * — Huypoxis villosa L. In vaso. — fl. abbondantemente e-fr. * — Kalanchoé crenata Haw. In pt. non resiste bene, preferisce la coltura in vaso, e raggiunge allora anche un metro. — fl. e-fr. — K. glaucescens Britten _ » Var. deficiens Ach. La sp. e la var. si coltivano in vaso. — fl. e fr. — K. marmorata Bak. —_ Var. maculata A. Terr, Coltivata tanto la Sp. che la var. in vaso e in pt. — fl. e fr. benissimo. * — Lantana salvifolia Jacq. Raggiunge oltre i tre metri d’altezza in vaso e in pi. — fl. e fr. — Musa Ensete F. Gmel. . Pt. — Altezza oltre i 2 m., resiste anche l’ inverno senza nessun riparo, fl. ma fr. raramente. — Myrsine africana L. In vaso e in pt., raggiunge i 2 m, d’altezza. * — Olea chrysophyla Lam. «Albero di oltre 4 m. d’ di sviluppo. — pt. — fl. e fr. * — Phoenix dactylifera L. VIA NOAEORE = 30 SUPER LE III LULAECO > PERI! RIC * * altezza, in ottime condizioni ‘—B- Esemplari di 14 m. d’altezza e quelli provenienti da semi dell’Abissinia raggiungono già l’altezza di 0,:0 m. di fusto in 5 anni. — pt. — fl. e fr — P. reclinata Jacq. Esemplari fino a 4 m. d’altezza. — pt. — fl. e fr. * — Plectranthus herbaceus Schwf, Coltivato in vaso. — Altezza fino a un metro.—fil. e fr. * — P. hadiensis Schwf. Coltivato in vaso. * — Pluchea Dioscorides DO. In vaso e pt. — il. e fr. abbondantemte. — Plumbago zeylanica L Pt. — fl. e fr. — Ehus rene ita Steud. Alberetto fino a 5 m. d’altezza, pianta ornamentale a splendida tioritura.—pt. — fl. e fr — KRh. villosa L. fil. * Pt. e in vaso. — Cespuglio di m. 0, 75. — ioni communis L. ar. africanus Mill. pt, Ea svi lei di oltre m. 3, 50 d’ altezza. — fl e fr. — Sanseviera cylindrica Boj. In pt. vive bene. — $., guineensis Willd. In pt. vive bene, fiorisce quasi tutto 1’ anno e frutti- fica. — Sarcostemma viminale (L.) R. Br. Sf. in inverno. * — cagato hadiensis Schwf. — Liana invadente con rami di oltre 8 ma, edu- -- a ci — fl. e fr. — S. kleinioides Oliv. et Hiern. 00 In vaso e in pt. — Cespuglio di bello ne _ _ 8 odorus Schwf. — Cespuglio di m. 1, 50. esa _ Lo e fe ci . Li . adecnniani Hoechst. Pt. — Invadente. — fl. e # — Solanum sid iaia L. Me - na vaso fl. efr fi? a — Tamarindus indica L. Se. — In sf. le giovani piantine softrono in inverno. * — Tarchonanthus camphoratus L In vaso e in pt. — Altezza oltre m. 1, 50; piante con ottimo sviluppo. — fl. e fr. — Trema Hochstetteri (Buch.) Engl. In vaso. — Altezza di oltre m. 1, 50. * — Vernonia amygdalina Delile. Pt. — Bel cespuglio di circa 3 m. * — Withania somnifera (L.) Dun. Pt. — Cespuglio di circa m. 1, 50 d’altezza. — fl. e fr. * — Zizyphus mucronata Willd. Proveniente da semi. — pt. — Arbusto di oltre m. 1, 50 d’altezza. — fl. e fr. — Z. Spina-Christi Willa. Pt. — Arbusto di oltre m. 1, 50. Orto botanico di Palermo, 15 febbraio 1905. L. Senni. Sottispettore forestale. Intorno ad una varietà di Limone della Colonia Eritrea. Nel 1897 il Sig. Colonnello Giovanni Ameglio mandava a questo R. Orto alcuni frutti di aranci e limoni raccolti a Sa- lamonà sulla strada da Ailet a Maldi nella Colonia Eritrea. Che esistessero nella Colonia piante di Agrumi allo stato selvatico era già noto per le pubblicazioni del ROHLFS, di G. SCHWEINFURTH e del Dr. O. BECCARI. Anzi SCHWE1NFURTH (1) descrive un limone raccolto appunto nella strada da Ailet a Maldi riferendolo al Citrus Limonum Riss. var. pusilla Riss., che però a mio modo di vedere non corrisponde nè ai nostri esemplari, e nè perfettamente alla descrizione di Risso. In- fatti le piante nostre, venute in frutto nel 1902, sono alberetti. slanciati, vigorosi e di grande sviluppo (tanto che in sette anni dalla semina hanno in generale raggiunta l’ altezza di » 2. 50) con numerosi rami spinosi, a spine molte e robuste. I giovani rigetti sono leggermente violacei; le foglie pic- cole, ovato-oblunghe, spesso ellittiche, con margini irregolar- mente seghettati, con piccioli brevi e leggermente alati. —___—_—_—__ (1) Sammlung arabisch-aethiopischer Pflanzen-in Bullet. Herb. Boissier, — p. 279-281. >» 0 caz 1, I fiori sono piccoli, poco odorosi, del diam. da em. 1/32, con petali reflessi, leggermente rosei in bottone e completa- mente bianchi a completo sbocciamento. I frutti sono anche piccoli, mammellonati, del diam. di 3-5 em., con buccia li- scia, lucente e di color giallo-cromo sbiadito. Il mammellone è acuminato od ottuso; il mesocarpio tenuissimo; la polpa sue- coso-acida con 8-10 logge e numerosi semi che abboniscono. Delle varietà che ho potuto finora studiare sul vivo nes- suna coincide con la nostra pianta; e nemmeno quelle da al- tredescritte, od in parte anche figurate (1). varietà che più vi si avvicinano sarebbero : Citrus Li- monum Riss. op. cit. p. 201, e Riss. et Poit, op. cit. p. 111, f. 70; ma differisce pei fiori, frutti e foglie molto più grandi. Citrus Limonum Riss. var. ellyptica Rice. Bollet. Ort. Bot. Pal., III, fasc. III-IV, p. 174, che se ne allontana per la forma dei frutti ellittici. Citrus Limonum Riss. var. calabrinus Riss. op. cit. p. 203; Riss. et Poit. op. cit., p. 114; Ferr. op. cit. p. 209, f. 211 SUp., che ha frutti più grandi e le foglie ovato-rotondate. Citrus Limonum Riss. var. pusilla Riss. op. cit. p. 204; Riss. et Poit. op. cit. p. 114; Ferr. op. cit. p 209, f. 211 inf., che è dotata di spine assai più piccole, di frutti che non ab- boniscono semi o rare volte pochissimi, e sopratutto notevole per assai minore sviluppo; tanto vero che Risso e Risso ET PorTEAU la chiamarono «il nano della specie ». È appunto a tale varietà che SCHWEINFURTH riferisce il limone da lui tro- vato; ma oltre che pei caratteri sopra menzionati, a me pare che notevolmente ne differisca per lo sviluppo piuttosto forte (m. 2.50 di altezza), per i fiori sempre tetrameri e per le cime d’ordinario triflore, con quelle laterali ordinariamente maschili. imonellus seu Limo tenuis Rumph. op. cit. vol. II, p. 107, f. 29 ha i fiori solitarii, i piceioli maggiormente alati e le foglie obovate. Propongo quindi il limone ottenuto dai frutti inviatiei dal Sig. Colonnello AMEGLIO come una nuova varietà, da chia- marsi Citrus Limonum Riss. var. Abyssinica. V. Riccobono. (1) Risso, Ann. mus, d’ist. nat.; Risso et Px Amb MTEAT, Hist. et cult. des O- ranger; Ferrari, Hesp.; Ruwmpurvs, Herb. Coltura del Ginseng. Il 25 ottobre 1905 il Ministero dell’ Agricoltura, Industri in mercio inviava a questo R Orto Botanico una relazione del “si igno Salvatore Di Bella, tendente ad incitare il Governo a coltivare qui i Panax quinquefolium per scopo industriale. La risposta fu la seguente : Palermo 18 Novembre 1904. . Eccellenza, Riferendomi alla nota ministeriale del 25 ott. ult. se. rela- tiva alla coltura del Ginseng debbo anzitutto assicurare che è in gran parte esatto quanto scrive il Sig. Di Bella nella sua lettera trasmessami da cotesto Ministero. Fu appunto un missionario francese, il padre Lafitau, che nel 1716, dopo lunghe ricerche, scoprì vicino Montreal nel Canadà una pianta la quale rispondeva assai bene alla de- scrizione data del Ginseng chinese da un altro missionario, il padre Jartoux. L’altissima opinione che si aveva in China delle virtù mediche di quella pianta, di cui la radice era ed è tuttora adoperata dagli abitanti in quasi tutte le malattie al- quanto gravi, era valso a dare a quelle ricerche un grande impulso. i In verità la pianta asiatica, la quale allo stato selvatico si trova solo in Manciuria ed in Corea ma viene anche coltivata nelle regioni della Uhina confinanti colla Corea e nel Giap- pone, non è perfettamente identica alla pianta americana; c° A, 1 RR cosicchè la maggior parte dei botanici ne fanno due specie distinte, chiamando Panaw Ginseng la pianta asiatica e Panax quinquefolium la pianta americana. Anche gli empirici Chinesi attribuiscono azione diversa alla radice delle due piante, ritenendo assai meno efficace la pianta americana. Non bisogna però dimenticare che anche l'efficacia del Ginseng Chinese è di natura assai problemati- ca. Sembra probabile che il Ginseng chinese abbia una certa azione tonica e stimolante; ma quest’azione viene senza al. cun dubbio molto esagerata dai chinesi sulla cui immagina- zione, essendo essi molto superstiziosi, non avrà mancato di esercitare una grande influenza la somiglianza che la radice di questa pianta presenta talvolta colle forme «del corpo uma- no. Infatti il nome chinese della pianta significa appunto « pianta uomo » e secondo Bandinel (V. U. S. Consular Re- ports N°. 46 Vol. XIV p. 233) una radice che somigli ap- punto al corpo di un uomo con capo e membra si arriva a pagare all’ enorme prezzo di 1000 a 2000 lire per oncia in- glese. A tutti è noto del resto che anche in Europa un fatto si- mile si è verificato per la Mandragora, alle cui radici antro- pomorfe sono state attribuite virtù soprannaturali. In Europa il Ginseng ebbe per un certo tempo gran voga come afrodi- siaco; oggi la terapeutica lo ha completamente abbandonato ed anche in America vien tenuto in pochissimo conto. Le a- nalisi chimiche hanno dimostrato |’ esistenza nelle radici di | questa pianta di una sostanza speciale che fu chiamata Pana- quilon e la cui formola, secondo il GARRIGUES, che ne fu lo panta sarebbe C,, H,, O,g (V. Ann. Chem. Pharm. X0, 231 La minor stima, in cui gli empirici Chinesi tengono il Ginseng americano, non ha punto impedito che esso divenisse per l’America del Nord un importante prodotto di esporta- zione. Già poco dopo la scoperta del padre Lafitau comincia- rono i francesi a farne incetta per esportarlo in China; e poi- chè le prime quantità furono esportate con lauto guadagno, la richiesta andò ben presto aumentando e si calcola che nel 1752 sia stato inviato dal Canadà a Rochelle (d’onde poi ve nire spedito in China) del Ginseng per un valore non inferiore a mezzo milione di franchi. Però in quell’anno stesso, avendo i raccoglitori, per avidità di guadagno, messo sul mercato an- vo: YI ann che notevole quantità di radici scavate fuori di stagione e mal seccate in forni, che furono respinte dai Chinesi, il com- mercio del Ginseng decadde moltissimo e non riuscì a ria- versi che solo quando a poco a poco la preziosa pianta venne scoperta anche in altri Stati. Ormai però sono parecchie diecine d’anni che il valore del Ginseng annualmente esportato supera il mezzo milione di dollari, spingendosi talvolta fino al milione come risulta da una tavola compilata dall'Ufficio di Statistica del pda del Tesoro degli Stati Uniti (V. in proposito: NASH Ameri- can Ginseng — U. S. Dep. of Agr. Division of Botany, Ball. N°. 16 — Revised Edition). Assai notevole è il fatto che mentre da un trentennio a questa parte la quantità di Ginseng esportata è andata sem- pre più diminuendo, il prezzo al quale questo prodotto è stato pagato è andato sempre crescendo tanto da compensare lar- gamente la suddetta diminuzione. iò però si spiega fecilmente data la natura del Panax dote il quale allo stato spontaneo si trova sea ei boschi ove propagasi esclusivamente per seme. Eviden sud una tal pianta ricercata avidamente per 1’ alto na commerciale delle sue radici doveva a poco a poco divenire sempre più rara, come effettivamente si è verificato. Sicchè per impedire la completa distruzione, alcuni Stati dell’ Ame- rica del Nord hanno anche decretato speciali leggi di prote- zione. Ma il rimedio essendosi però mostrato inefficace sorse l’idea di ricorrere ss konami la quale, incoraggiata dal Governo con ogni , Si è estesa considerevolmente nei vari Stati dando luni importanti dal punto di vista eco- nomico. Infatti si calcola che le radici delle piante coltivate vengono oggi pagate circa 1 dollaro a libbra di più delle sel- vatiche. Il Panax quinquefolium è una pianta vivace, la quale or- dinariamente non supera i cinquanta em. di altezza. Ogni anno in primavera essa sviluppa un fusto eretto, verso l’apice del quale si partono da tre a cinque picciuoli togliari simili a rami, ciascuno dei quali porta cinque foglivline seghettate, coll’apice bruscamente terminato in punta. Nell’ autanno fu- sto e foglie muoiono, ma accanto alla cicatrice che lascia il fusto cadendo, si trova una gemma che nella primavera ven- tura svilupperà il nuovo fusto. Di regola, soltanto al terzo 12:06 anno la pianta comincia a fiorire; allora, nel punto in cui si riuniscono i pieciuoli fogliari, il fusto si prolunga in un asse fiorale lungo da 5 a 12 em. che porta un’ ombrella poco vi- stosa di fiori giallo-verdicci. Questi sono seguiti dai frutti che sono delle bacche scarlatte, commestibili, ciascuna delle quali contiene da due a tre semi. Allo stato spontaneo la pianta si trova nei boschi dell’ America del Nord dove essa discende dal Canadà fin’oltre il 35° di lat. N., e cioè tino all’ Arkansas, al Tennesee, alla Carolina del Nord ed anche alla parte set- tentrionale della Georgia e dell’Alabama. Bisogna però notare che al disotto del 39° essa si trova di preferenza lungo le montagne. La coltura di questa pianta viene praticata dagli Ameri- cani non solo nei boschi, ma anche nei giardini, nei frutteti oppure sotto semplicissime tettoie costituite da sottili assicelle di legno, il cui ufficio è quello di riparare le pianticelle di ginseng dall’azione dannosa dei raggi solari diretti. Le cure che la pianta richiede non sono straordinarie; è necessario però prepararle un buon terreno, che nello stesso tempo sia piuttosto leggiero. Gli agricoltori americani sottopongono la pianta ad una serie di trapiantamenti che si ripetono fino a che le radici non abbiano raggiunto la grandezza richiesta dal commercio. Nelle piante ottenute da seme tale grandezza si raggiunge solo dopo il quinto od il sesto anno. Nelle eol- ture però la pianta, se vigorosa, produce spesso dei fusti la- terali, provvisti di radici proprie, i quali possono servire be- nissimo a propagare la pianta; anzi le piante ottenute in que- sto modo presentano il notevole vantaggio di richiedere assai minor tempo per fornire radici atte al commercio, Dopo il settimo anno la radice di regola non guadagna più In peso e grandezza, ma perde; sicchè non è conveniente la- sciare le radici in terra oltre il suddetto periodo di anni, A dare un’idea di quanto possa rendere la coltura del Ginseng basterà dire che secondo le cifre date del Sign. STANTON (V. NASH op. cit. p. 30 e seg.) un rettangolo di terra della di- | mensione di piedi inglesi 3 X 16, può dare in media ogni cin- que anni circa cinque libre inglesi di radici secche ; suppo- nendo che esse si vendano a L. 25la libbra, prezzo che negli ultimi anni è stato notevolmente superato, si avrebbe un red- dito di L 6 per metro quadrato e per anno; e ciò senza con- tare il ricavo dei semi che in America sì vendono circa un cali dollaro per oncia (bastano da * a 10 piante per dare un’ on- cia di seme) e le nuove pianticelle ottenute nel modo che ab- biamo detto. Come vedesi si tratta di una coltura straordi- nariamente lucrosa che, tutto sommato, io credo possa benis- simo introdursi nel nostro paese. stato infatti già detto che nell’America del Nord il Ginseng discende fino al 35° N, vale a dire oltre tre gradi più al Sud della latitudine di Pa- lermo; non è dunque fuor di luogo supporre che anche presso di noi la pianta possa prosperare e di ciò abbiamo anzi nun indizio non dubbio negli esemplari di Panax quinquefolium che vivono da lunghi anni in questo Orto Botanico. Dappertutto in Italia abbondano i boschi; dove non si trovano boschi non mancano frutteti, giardini ove coltivare il Ginseng al riparo dei raggi solari, ed in ogni caso anche noi, come gli ameri - cani, potremmo servirci di apposite tettoie il cui costo sarebbe ben piccolo rispetto al reddito elevatissimo che dalla coltura del Ginseng si può ricavare. Infine poi, per quanto riguarda la natura del terreno più adatto ed :altre quistioni di simil genere noi, troveremmo la via spianata dalle numerose esperien - ze eseguite in proposito dagli agricoltori e dagli Istituti scien- tifici americani. Per tutte queste considerazioni a me sembra utile prendere in considerazione la proposta del Signor Di lla. Converrebbe perciò che codesto On. Ministero si aftret- tasse a ritirare una certa quantità di seme di Ginseng suffi- ciente a tentare su larga scala un primo esperimento di col- tura. Non fa d’uopo dire che questo Istituto Botanico, che ha sempre considerato come uno dei suoi fini la introduzione di - nuove piante utili, si mette fin da ora a completa disposizio- ne di codesto Ministero; e ciò sia per tentativi che si repu- tasse opportuno di fare nel recinto dell'Orto, come per tenta- tivi che si volessero fare nelle vicine località boschive. Una località di questo genere consigliabile sarebbe il bosco dema- niàle Ficuzza, dove le colture si potrebbero tentare nei luo- ghi più riparati e più riechi di terriccio e sarebbero con- venientemente custodite dalla locale Sotto-Ispezione forestale. Iniziate le colture, due o tre anni sarebbero sufficienti per giudicare della loro riuscita; e ciò senza grave dispendio. Il Direttore A. Beorzì. Note sulla flora di Sicilia. È Myosurus minimus L. — Questa pianticella, che per la sua piccolezza e fugacità facilmente sfugge al raccoglitore, fin quì era nota per la Sicilia soltanto dalle Madonie. Ne indico una nuova località : Busambra. Esemplari provenienti da questa ricchissima montagna ne ho rinvenuto nell’ erbario di questo Orto botanico; alcuni in fiore raccolti da Todaro ed altri in frutto raccolti da Huet. iI, Papaver integrifolium Viguier, diss. 38 ex D. C. Syst. II, 85 et Prodr. I, 120. — P. Rhoeas 1 Bert. Fl..it. V, 299 — P. Rhoeas, integro folio » Hispanicum Boccone s Mus. 77 et tab. 65. Barrelieri, PI. per Gall. ete. 47 et ic. 1191 — P. er. raticum, foliis non dissectis Tourn., Inst. 239, Lusus vere singularis P. Rboeadis, foliis obovato-spathu- latis obtusis integerrimis, inferioribus in petiolum attenuatis, adscendendo sessilibus. Unicum specimen floriferum observavi in herb. horti boia- nici panormitani servatum, a cl. Tineo martio 1849 ad radices montis Pellegrino prope Palermo lectum. Paolo Boccone nel suo Museo di piante rare registrò per il primo una pianta assai singolare che chiamò « Papaver Rhoe- TETTE j D PDIAPÈNPIAPILPILL INDI N POAP UD QADIX0I DI DI ILILYWLI L Da AILALILIAIR TL VELLETRI RIRKERIBIRKRFRIRAA di E as integro folio, Hisp.» e della quale non dà altra notizia che questa : « Trovasi questa pianta nello Stato Ecclesiastico, e nella Spagna, e alza da terra un piede. » In compenso di così scarsa notizia verbale il Boccone dà una figura della pianta in parola, nella quale però nessun botanico aderirebbe a riconoscere un Papaver. La pianta figurata infatti manca della radice e della parte inferiore del fusto, non presenta fiori nè frutti, ma soltanto alcuni boccioli, e le sue foglie sono integerrime obovate attenuate in un lungo picciuolo ed un poco acute all’apice; nulla che ricordi un Papaver, se non il caratteristico incurvamento dei peduncoli che portano i bot: toni e la pelurie che copre tutte le parti della pianta. In seguito, sulla fede del Boccone , la medesima pianta è riportata dal Tournefort sotto il nome di « Papaver erra- ticum foliis non dissectis » e dal Barrelieri, che la chiama con lo stesso nome datole dal SRO di cui anche copia la figura, riproducendola in senso inver Il De Candolle nel Syst. colloca # iania del Boccone in calce al genere Papaver fra le « Species dubiae aut non satis notae », sotto il nome di P. integrifolium Vig. Dubita però il D. ©. che sia una specie autonoma, e per fino che si tratti veramente di un Papaver e riferisce opinione espressa (non so dove) dal Bertoloni che la pianta del Boccone sia piuttosto un esemplare di Seriola malamente figurato. Il D. C. infatti denomina la pianta dubitativamente « Papaver ? integrifolium » e soggiunge: « An P. Rhveadis varietas ? an potius, jam sa- gacissime observante cl. Bertolonio, Seriola aethnensis ante florescentiam male depicta ? » Nel Prodr. il D. ©. riproduce integralmente quanto scrisse nel Syst. In seguito però la pianta che da Boccone in poi non era stata più veduta da alcuno, fu raccolta da Majer presso Mo- gliano nel Trevigiano e inviata al Bertoloni, il quale rico- nobbe in questa la pianta figurata dal Boccone e, ricreden- dosi della opinione già espressa che la figura di costui rap- presentasse un equivoco, fece di essa pianta nella FI. it. una var. di P. Rhoeas L. e notò di essa: « Olim suspicatus eram figuras Barrelieri et Bocconii ad hane varietatem pertinentes potius referre Seriolam aetnensem L. flore inaperto, quam opi- nionem meam De Candollens patefecit in Syst. nat. 2 p. 35, n. 24, sed postquam vidi plantam, sententiam dimisi. » Willkomm et Lange nel Prodr. fl. hisp. segnano il P. inte- È PA et a e PUN Sa > E grifolium in calce alle Papaveraceae sotto alla rubrica « Species verisimiliter escludenda » e rievocano il dubbio già una volta espresso dal Bertoloni, trattarsi piuttosto di una Seriola che di un Papaver , senza tener conto di quanto questo autore scrisse in seguito nella FI. it. Oltre a Boccone ed a Bertoloni non so che altri abbia 0s- servato questa rarissima forma. L’ esemplare da me trovato indeterminato nell’erbario di questo Orto botanico in buono stato di conservazione è un individuo fiorifero completo , di grandezza normale, ramoso dalla base ; per la peluria, per i fiori e per il portamento è in tutto identico al comune P. EFhoeas; le foglie ha tutte integerrime, meno due delle superiori che sono trilobate. Differisce appena dalla figura del Boccone e dalla descrizione del Bertoloni per avere le foglie tutte perfet- tamente ottuse, mentre esse nella figura del Boccone termi- nano un poco a punta e Bertoloni di quelle del suo esemplare dice essere le inferiori uttuse e le superiori acute, La grande distanza che separa questa da tutte le altre forme di P. Rhoeas, la sua estrema rarità, la sua comparsa isolata in luoghi e tempi diversi sollevano dubbi e porgono argo- menti su dottrine e problemi che qui non è il posto di trat- tare. Rappresenta essa un fatto di atavismo ? 0 è manifesta- zione dell’impulso alla creazione di una nuova specie ? Addito il caso ai ricercatori dell’origine delle forme. III. Poichè i caratteri della nostra forma non sono intermedii fra quelli dei P. dubium e pinnatifidum, ma parte tipicamente dell’uno e parte tipicamente dell’ altro , è a ritenere che an- zichè di forma intermedia si tratti di un ibrido. Essa pro- Mc. en viene appunto da luoghi dove crescono i supposti genitori. Nè del resto sarebbe il primo caso di ibridismo tra papaveri, essendone stati proposti già altri da varii autori. EV. Arabis perfoliata Lam. Dict. 1, 219.— Turritis glabra L. — A. ochroleuca Lojac. Fl. sic. I, 108, non Boiss. specie nuova per la Sicilia. Cresce nei boschi montani del Valdemone. Ne ho trovato due esemplari nell’erbario di questo Orto Botanico, raccolto uno dal Todaro a Monte Soro nel 1850 e l’altro nei boschi di Cannata da Citarda e Riccobono nel 1879. Per avere la nostra pianta i racemi molto lassi, sospetto che essa, anzichè al tipo comune d’Europa e d’Oriente, debba riferirsi a quella forma di Grecia e d’Algeria che fu distinta come specie col nome A. pseudoturritis Boiss. et Heldr. Però i due esemplari che ho veduto hanno entrambi le silique troppo giovani per poter rilevare i caratteri dei semi, nei quali con- siste la principale differenza tra le due forme. Vi Poche forme della flora mediterranea hanno un valore così incerto come la Malcolmia confusa Boiss., la quale mentre in tutti gli organi vegetativi e fiorali è perfettamente identica alla M. parviflora D. C., ne differisce poi in modo preciso e sicuro per singolari caratteri della siliqua; cosicchè è avvenuto questo strano caso, che forse solo nella famiglia delle Cruci- fere può verificarsi, che essa da taluni è stata ritenuta sem- plicemente varietà di M. parvifora D. C., da altri specie di. stinta di Malcolmia, e da altri infine è stata riferita ad altro genere e ad altra sezione della famiglia. Qualunque sia il valore della forma in parola, è imtproi sante notare la sua presenza in Sicilia, sinora non rilevata da altri botanici. Nell’erbario di questo Orto botanico ne ho trovato parecchi esemplari sotto il nome di M. parviflora, raccolti in luoghi così disparati, da far ritenere che essa debba trovarsi un po’ dappertutto nell’isola. Si spiega così la contradizione che vi è fra le descrizioni che della M. parviflora danno il Gussone ed il Lojacono, il ù: primo dei quali le attribuisce uno stimma conico lunghetto, formato da due lamelle strettamente conniventi, ed il secondo stigmatis lobis lamelliformibus acutis conniventibus ;, Septo fascia latissima crasso opaco. In arenosis maritimis in Sicilia et in insulis Aeolicis ubique sed haud communis. P. M. confusa. Boiss. FI. or. I, 221. — Sisymbrium nanum D. C. Syst. II, 486. Cosson Ball. soc. bot. fr. X, 397 et Comp. fl. artl. II, 137. —M. parviflora Lojac. FI. sie. I, 02. Stylum cylindricum latitudine siliquae brevius; stigma de- presso-capitatum vix bilobum lobis subrotundis. Septum hya- linum fasciis duabus opacis tenuibus distinctis vel confluen- tibus in medio tantum percursum. In arenosis maritimis : Balestrate, Vittoria. In torrentium alveis : Piazza Armerina. Et probabiliter alibi. WI Qualche confusione regna in generale tra le varie forme 0 Sottospecie di C/ypeola Tonthlaspi L., ed in particolare tra quelle siciliane ; confusione causata principalmente dal fatto che la 0. Tonthlaspi L. presenta una forma gracile, pumila ed a frutti piccoli, la C. Gaudini Trachsel, la quale è stata scam- biata per la 0, mierocarpa Moris. Gussone conobbe di Sicilia soltanto questa forma minore di 0. Jonthlaspi, che è tipo, varia per i frutti a disco glabro e a disco. ispido. i che nelle schede amente alla vera 0. micro- L. tipica manca in Sicilia; quella MT dei monti di S. Martino presso Palermo, che il Lojacono dà per tale, è sempre la stessa 0. Gaudini, come ho potuto rile- vare dall’esame dei medesimi esemplari. Le forme siciliane di Olypeola vanno pertanto così deter- minate : Clypeola lonthlaspi L. Sp. p. 652. Forma typica, elatior firmior et macrocarpica, in Sicilia desideratur. Formae sequentes inveniuntur, ambae pumilae graciles et microcarpicae : a) C. Gaudini Trachsel in Flora, 1831, 743; Strobl, Dialyp. der Nebr. n. 93. — 0. Tonthlaspi Guss., Syn. II, 145 et 846; Lojac., Fl. sic. I, 89.— 0. microcarpa Lojac. loc. cit. excl. var. messanensis ; Boiss. FI. or. I, 308 et auct. plur. non Moris. — /onthlaspi clypeolatum B, microcarpa Caruel in Parl. FI. it. IX, 050. Siliculae parvae, fere exacte orbiculatae; margine pilis te- nuibus densis pubescenti-ciliato ; disco glabro, vel (db. lasio- carpa Guss.) pilis rigidis sparsis hispido ; semine loculi ter- tiam vel dimidiam partem latitudinis occupante. -- A. forma typica non differt nisi habitu humiliore ae graciliore et sili- culis subduplo minoribus. Monte Grifone, Monte Falcone e Monti di San Martino presso Palermo. Monte «dei Cani. Monte San Calogero. Monte Busambra. Santa Maria del Bosco. Madonie. 8) C. microcarpa Moris, Diar. 3 riun. scienz. ital. n. 13, 7. 1841 (non alior). — Zonthlaspi microcarpum 3Caruel op. cit. 1051. — C. messanensis Tin. in sched. Strobl Dialyp. der Nebr. n. 92. — 0. microcarpa var. messanensis Lojac. op. cit. 90 Siliculae minimae, orbiculari-obcordatae basi param atte- nuatae; margine glaberrimo ; disco pilis rigidis brevissimis densis seaberrimo; semine loculum fere totum occupante. Madonie. Colline presso Messina. o VII. La Silene rubella L. è generalmente ritenuta pianta sici- liana sol perchè si crede che S. turbinata Guss. ne sia. sino- nimo. I Si 70 Ciò costituisce un doppio errore. È DEAR - Dietro un diligente esame delle Silene conservate nell’ er- bario di questo Orto botanico, posso affermare con piena sicurezza : 1. che la 8. turbinata Guss. è un’ ottima specie, appartenente al medesimo gruppo della $. rudbella L., ma af- fatto distinta da questa, — 2. che ‘oltre alla S. turdinata Guss., anche la vera $. rubella L. è da noverarsi tra le piante siciliane. La $. turbinata Guss. è una specie che non ha avuto for- tuna. Fu istituita dal Gussone nel Prodr. fl. sic. I, 506. Il Moris nella FI. sard. la passa senz’ altro a sinonimo della sua S. rubella brachypetala, la quale non differisce dalla S. rubella L. tipica se non per avere i petali inclusi e le cime più povere. Il Bertoloni rivendica la ‘bontà della specie gussoneana, enumerandola come specie distinta e descrivendola magistral- mente al suo solito nel vol. IV della FI. ital. ; ed in calce alla descrizione ribatte espressamente l’ erronea opinione del Moris, scrivendo : « CI. Morisius in FI. sard. traxit ad Sile. nem rubellam, a qua procul dubio diversa foliis multo angu- . stioribus, caulinis superioribus remotis, acuminatis , panicula magis elongata ob flores remotiores, pedicellis longioribus, et praeterea calycibus, petalis et capsula. » iù tardi nella Synopsis il Gussone riporta nuovamente come specie autonoma la sua $S. turbinata » ® nota: « Cum S. rubella immerito associata a (1. Moris in fl. sard. L. p. 249, a qua foliorum figura, calycibus, petalis, capsula, et habitu aliena. Confer Cl. Bertol. fl. ital. 4, p. 589.» riporta la specie cus inonim joe ua gra di soneana come sinonimo puro e semplice Il Todaro a sua volta levò la voce contro tale confu- sione. Nelle annotazioni all’ Index sem. horti bot. panorm. 1872 p. 39 distingue nettamente dalla S. rubella L. la , forma brachipetala del Moris, che chiama $. Morisii, e la S. turbinata Guss., scrivendo: « Quamvis in una eademane specie 89 CI. Rohrbach conjunxit 8. rudellam L., S. babylonicam Boiss. et S. turbinatam Guss., tamen revera distinetae videntur. $. turbinata Guss. ab omnibus recedit petalis profunde bilobis, foliis mediis lanceolatis acutis, superioribus linearibus acumi- natis, nec undulatis. S. Morisii a S. rubella L. videtur rece- dere lamina minima calyce inclusa, inflorescentia pauciflora. » Ma neanche questo richiamo è valso a far tenere per buo- na la specie del Gussone. Nonostante le energiche e motivate proteste del Gussone stesso, del Bertoloni e del Todaro, nelle flore moderne $. turbinata Guss: è tornata a ricadere nella sinonimia di $S. rubella L. Così nel Consp. del Nyman, nelle ore di Ces. Pass. e Gib. e dell’ Arcangeli, ed anche nella Flora sic. del Lojacono; nella Fl. anal. di Fiori e Paoletti è ricordata come appena varietà di $. rubella L., solo distinta per i petali piccoli e bilobi. Ed in tutte queste flore leggia- mo la S. rubella L. crescere in Sicilia perchè di essa si ritie- ne sinonimo la 8. turbinata Guss. binata Guss.? var. apetala » che così descrivono : « Plante très feuilles peu ou pas ondulées, étroites, aigués; dents du calice moins arrondies, nervures plus saillantes ». Alla deserizione 8, per segue la nota: « Existe aussi è grands pétales », nota che contradice al concetto che la pianta sia una forma apetala della $S. rubella L. Dalle descrizioni sopra riportate dei Sig.ri Battundier e Trabut a me sembra possa con sufficiente sicurezza affermarsi che la loro pianta sia precisamente la $. turbinata Guss., e che questa specie, al pari della $S. rubella L., della $. noctur- na L. e di altre, presenti una forma a petali normalmente sviluppati ed una forma a petali ridotti o addirittura apetala. Ma se la $. turbinata Guss. deve ritenersi, come abbiamo di - mostrato, specie distinta dalla S. rubella L., non perciò que- st’ultima specie viene a mancare alla flora siciliana. Numerosi e belli esemplari del tutto tipici di S. rudella L., ho trovato nell’erbario di questo Orto botanico, raccolti dal Todaro presso Palermo. Questa specie, del tutto diversa dalla S. turbinata xuss., è nuova per la Sicilia. Coneludendo, le due specie siciliane di cui abbiamo di: scorso vanno dunque così fermate: Silene rubella L., Sp. 419, Bert. FI. it. IV, Robrb. Mo- nogr. 155 (exelusis synonimis aliquibus), Willk. PI. Eur. austr.-occ. I, et tab. 48, Caulis e basi ramosus, ramis diffusis ascendentibus, pube- rulus. Folia obovato-oblonga obtusa, adscendendo angustiora, undulato-crispatii, scabra, margine serrulato-ciliata. Cymae pauciflorae floribus plus minus congestis et breviter peduneu- latis. Calyx oblongo-eylindricus, fructiter clavatus, basi atte- nuatus, haud umbilicatus, puberulus, albidus, nervis rubenti- . bus, evenius, dentibus rotundatis late albo-marginatis lanu- ginoso-ciliatis. Petala obovato-cuneata, integra vel leviter e- marginata, unguibus exsertis superne paullum connatis, li- gulis binis oblongis. Capsula ovato-cylindrica calyeem supe- rans, carpophoro 2-3plo longior. Semina «dorso canaliculato, faciebus curvato-excavatis, rugulosa. In arvis prope Palermo, rara. Ar. geogr.: Lusit. Hisp. Ital. Sardin. Rhodus. Cyprus. Afr. bor. Silene turbinata Guss. Prodr. I, 506 et Suppl. et Syn. I, 491. Bert. FI. it. IV, 589. Tod. Adnot. ad ind. sem. hort. bot. panorm. 1372, 39. Batt. et Trab. FI. de lAlg. 137.—S. rubella B. apetala Batt. et Trab FI. analyt. de V’Alg. et de la Tun., 58.—S. rubella auct. omn. quoad Siciliam. utt — Caulis simplex erectus rigidus tenuis, internodiis elonga- tis, puberulus. Folia glabra plana scabriuscula margine ser- rulato-ciliata; inferiora lanceolata acuta, superiora linearia a- cuminata. Oyina pauciflora laxa, floribus quam in praecedente longiuscule pedunculatis. Calyx praecedenti similis sed bre vior et latior, glaber, fructifer turbinatus. Petala obovato-li- nearia biloba, quam in praecedente minora. Capsula ovoidea calycem aequans, subsessilis. Semina praecedentis. n campis apricis inter segetes et itter Linum regionis in- ferioris et submontanae: Delia, Serradifalco, Caltanissetta, Ustica, Alicuri, Filicuri. r. geogr.: Provenit etiam in Afr. bor. VII. Silene apetala Willd. — Questa rara e distinta specie, non riportata da Gussone nè da altri floristi siciliani, fu annove- rata per la prima volta fra le piante italiane dal Tanfani nel vol. IX della FI. it. del Parlatore, dove si dice essere stata raccolta in frutto da Sommier ed Ajuti in aprile 1873 nell’ i- sola di Linosa. Il fatto però che nessun altro dei molti ricercatori di quel- l’isola ve l’abbia raccolta (Lojacono, Ross, Solla, che erboriz- zarono in Linosa non ne fanno cenno nei loro seritti) potreb- be far dubitare che si tratti di pianta veramente indigena o non piuttosto di avventizia. Credo pertanto sia di qualche in- teresse poterne confermare la presenza nell’ isola in parola, ed in data abbastanza discosta da quella. Nell’erbario di questo Orto botanico ho trovato numerosi esemplari indeterminati della $. apetala Willd. Il cartellino che li accompagna, di pugno del Tineo, nota: « $i nosa, Giugno, 1846 ». Sono anch’essi solamente in frutto, anzi con le capsule già deiscenti. Osservo che questi esemplari del Tineo, per avere i fiori avvicinati in gruppetti all’ apice dei rami devono riferirsi alla var. congesta Godr. fl. juv. I, 9 (Rohrbach, Monogr. Sil., pag. 118). Non ho veduto gli esemplari raccolti da Som- mier ed Ajuti per poter giulicare se corrispondano interamen- i te alla forma da me osservata, ma dalla descrizione del Tan- ER TIR fani, che dice i racemi «pauci-et remotifiori » pare ap- partengano piuttosto al tipo. Credo, del resto, che tra le due forme esistano passaggi intermedi. IX. La Tunica illyrica (L.) Boiss, presenta anche in Sicilia nu- merose e belle forme, che però nè il Gussone ; nè lo Strobl, nè il Lojacono, nè altri riportano, limitandosi tutti ad indicare di Sicilia il tipo e la 7. cretica (L.) Boiss., che distinguono come specie. Alle nuove forme, da me osservate nell’erbario di questo Orto botanico, non credo possa darsi il valore di vere specie, ma piuttosto di subspecie, ugualmente come alla 7. cretica. Pertanto, la specie e le sue forme siciliane vanno a mio giu- dizio stabilite come appresso; avvertendo che la identificazione delle forme y e è con le forme orientali è stata fatta in base alle descrizioni degli autori, le quali bene vi si adattano, ma non ho avuto esemplari di confronto. Non ho tenuto conto degli angoli del calice. Tunica illyrica (L. sub. Saponaria) Boiss. FI. or. I, 520. Guss. Syn. I, 172 et II, 821. Strobl. FI. des Etna n. 1095. Lojac. FI. sie. I, 167, Halacsy Consp. fl. Graec. I 194. Glanduloso-pubescens. Basi coespitosa. Caules plures ri- gidi ascendentes, superne laxe et divaricatim dichotome ra- mosi. Flores subfastigiati pedunculis calyei aequilongis. Folia anguste linearia 3nervia acuta margine scabro ciliata. Calyx glanduloso-pubescens, angulis I1nerviis vel obsenre snerviis, dentibus triangularibus muceronatis. Petala oblonga obtusa in- tegra, superne lutescentia fauce purpureo-punetata , inferne pu: purascentia. 8) paniculata. Caules elatiores et robustiores in panicu- lam dichotomam amplam diffusam multifloram abeuntes. Pa- niculae rami racemosi, floribus approximatis subunilateralibus fastigiatis, peduneulis calyce sublongioribus. Undique cum calyeibus glanduloso-pubescens. 1) fasciculata. Caules superne in paniculam brevem con- Sas ICI suse ad apicem ramorum paniculae fascicu- Lar Vieni calyce brevioribus. Glabriuscula , pedanculis mafe glanduloso-pubescentibus. — Habitus 7. rigidae (L.) Boiss., a qua calyce ebraeteato SR... ’ armerioides Ser. in D. C. Pr. I, 353. Halaesy Consp. FI. gr I 194. — T. Sibthorpii Boiss. Diagn. pl. or. I ser. VIII, 61. è) strieta. — Caules subdivaricatim et striete paniculati. Flores pauci pedunculis tenuibus strictis calyei aequilongis. Calyx angustus dentibus triangulari-elongatis acuminatis. In- ferne glanduloso-puberula, superne cum pedunculis calycibu- sque glabra. Petala (ex sicco) pallida. — 7. ochroleuca (S. et S. sub Gypsophila) Boiss. FI. or. I, 520. Halacsy Consp. FI. graec. I, 195. e) eretica. — T. cretica (L. sub Saponaria) Boiss. NI. or. I, 520. Halacsy Consp. fl. gr. I, 134,.—Gypsophila cretica S. et S. Guss. Syn. I, 472 et II, 821. Basi dense coespitulosa. Caules humiles tenues diftusi vel ascendentes subsimplices. Flores pauci peduncalis filiformibus calyce sublongioribus. Folia lineari-lanceolata, Calyx ad ner- vos latius viridi-vittatus. Undique valde glanduloso-pubescens. Petala supra alba immaculata, subtus purpurascenti-lineata. In aridis et saxosis calcareis regionis inferioris et mon- tanae: «. ubique, f. Girgenti, y. Caltagirone, e. Madonie, è. in herb. sie. hort. bot. panorm. plurima specimina obser- vavi sine loci specialis indicatione. Zi Nel recente lavoro sulle « Dialypetalen der Nebroden » (Verhand. der K. K. zool.-botan. Gesel. Wien., 1903) lo Strobl riporta come nuove per la Sicilia due specie di Alsine, la A. mediterranea Led. e la A. densitlora Vis., le quali non figurano nè nella Synopsis del Gussone, nè nella Flora del Lojacono, nè, per quanto abbia ricercato, le ho trovate indi- cate da alcuno per l’Italia. Avendo studiato le Alsine siciliane, esaminando il copioso materiale conservato nell’erbario di questo Orto botanico, con- fermo l’esistenza delle forme Sopra indicate in Sicilia ; ag- giungo che esse crescono non soltanto nelle Madonie, dove lo Strobl le ha raecolte, ma in molti altri luoghi dell’isola, e che la seconda di esse, la A. densiflora sotto altro nome era già nota di Sicilia. Ritengo però che le caratteristiche di queste forme non siano tali da poterle considerare come vere specie, ma piuttosto come subspecie della A. tenuifol'a (L.) Whl. Come è noto, questa specie è oltremodo variabile per la” 5 RETI + VEE statura, la robustezzza, la ramificazione, l’indumento, la den- sità dell’inflorescenza, la lunghezza e la direzione dei pedun- coli, la proporzione dei petali e della capsula rispetto al ca- lice. Dalla varia combinazione di questi caratteri si sono da- gli autori costituite diverse specie. imitandomi a parlare delle variazioni che presentano le piante siciliane, di cui ho potuto esaminare un numero rile- vantissimo di esemplari provenienti dalle più svariate località, dirò che quanto alla pelurie, mai vidi esemplari siciliani com- pletamente glabri o interamente pubescenti, come, stando alle deserizioni degli autori, se ne incontrano in altri paesi, ma tutti con i peduncoli ed i sepali più o meno glanduloso-pu- bescenti e glabri nel resto. Quanto alla lunghezza della co- rolla e della capsula relativamente al calice, essa si presenta talmente variabile anche sullo stesso individuo che non mi pare se ne possa tener conto come carattere diagnostico. La forma dei sepali, sulla quale pure taluni autori fanno delle distinzioni, mi è parso non possa nemmeno essa fornire buoni caratteri differenziali. Siechè i soli caratteri di cui, a mio giu- _— dizio, debba tenersi conto, restano la statura, la robustezza, È la ramificazione, la densità delle inflorescenze, la lunghezza e la direzione dei peduncoli, caratteri che inducono abiti ri- marchevolmente diversi, ma che da soli non mi sembrano suf- ficienti alla costituzione di vere specie, tanto più che, anche per questo riguardo, fra le estreme, qualche forma intermedia non manca. E stando all’abito, possiamo distinguere in Sicilia tre for- me di A. tenuifolia : 1° la genuina, la quale a sua volta varia alquanto per essere più o meno tenue ed elevata e più o me- no pubescente-glandulosa in alto; a questa vanno riferite a Mio giudizio le A. viscidula Pers. ed A. viscosa Schreb., le quali non sono altro che forme alquanto fortemente pubescenti in alto della A. tenuifolia genuina. 4° la A. mediterranea Led. s la A. densiflora Vis. Questa forma fu già da tempo trovata in Sicilia dal Todaro e da lui distribuita nella sua FI. sic. sicuramente la A. densiflora Vis. Lu forme siciliane di A. tenwifolia vanno pertanto così sta- co Alsine tenuifolia (L. sub Arenaria) Whlnb. Guss. Syn. I, p. 500. Folia rigidiuscula, lineari-subulata basi dilatata, plana, trinervia. Bracteae foliis conformes. Sepala lanceolata acumi- nata, membranaceo-marginata, trinervia. Petala ellyptica apice rotundata, calyce breviora. 2) A. genuina.—Sabulina tenuifolia Reichb. Ic. f. 4916.—A. tenuifolia Strobl Dialyp, der Nebr. n. 174.—A. viscidula Pers. A. viscosa Schreb.—Sabulina viscosa Reichb. Ic. f. 4917. Caules tenues erecti vel ascendentes patule ramosi. Cymae . paniculatae laxissimae, pedunculis bracteis valde longioribus, fructiferis patulis vel patentibus. Sepala et pedunculorum a- pices plus minusve glanduloso-pubescentes. In arvis aridis, in arenosis, in muris regionis inferioris et montanae, communis, 8) A. mediterranea Led. in Link en. hort. Berol. I, 431 (sub Arenaria). Halacsy Consp. fl. gr. I, 244. Strobl Dialyp. der Nebr. n. 175.—Sabulina mediterranea Reichb. Ic. f. 4618 b. I Arenaria subulifolia Presl ? Caules diffusi velascendentes elongati validiores. Flores ad Cymae ramorum apices approximato -fasciculati, pedunculis erectis bracteis aequilongis vel brevioribus. Sepala et pedun- culorum apices parce glanduloso-puberuli. . Im aridis regionis submontanae et montanae : Monti di Pa- lermo: Baida, S. Martino, M.te Caputo, M.te Occhio, M.te Grifone. Madonie. Isola di Maretimo. 7) A. densiflora Vis. Strobl Dialyp. der Nebr. n. 176.— A. tenvifolia var. confertiflora Fenzl in Led. Fl. ross. I, 342. Pl. Eur. austr.-occ. I, 107 et tab. LXIX fig. e.—Sabulina mu- cronata Reichb. Ic. fig. 4918, non Arenaria mucronata L.-Aren. arvatica Tod. Fl. sic. exic. n. 708! an Presl? Humilis, robusta, canlibus erectis strictis. Flores numerosi in cymas subeorymbosas fastigiatas dense congesti, peduneu- lis erectis bracteis aequilongis vel brevioribus. Sepala et pe- dunculorum apices valde glanduloso-pubescentes. In arvis sterilibus montosis: Busambra. Castelbuono. Val- demone. Mirto. : Palermo, Marzo 1905. sita - D. Lanza. — DR RITI TITTI La coltura dei banani in Sicilia. Nell'attuale crisi orticola non sarà forse inopportuno ri- chiamare l’attenzione sulla colturà in grande di una pianta, che, date le condizioni vantagiose del clima siciliano, potreb- - be fra non molto essere una delle migliori risorse nostre. Questa è la Musa paradisiaca o M. sapientum, i cui frutti, conosciuti ed apprezzati già da molto col nome di Fichi ba- nani, trovano tuttora largo smercio sui mercati d’ Europa; perchè, oltre ad essere di gusto eccellente, costituiscono un cibo nutriente ed igienico. Gioverà anzitutto esporre in modo particolareggiato il va- lore redditizio di una coltura in grande, e la maniera che più conviene per la coltivazione di dette piante da noi. Il banano, originario dell'Asia tropicale, è diffuso anche nell’Africa e nel centro d’ America; fu introdotto in Europa nel 1690 e coltivato sempre piuttosto a scopo ornamentale. Da noi esso cresce rigoglioso e fruttifica ordinariamente al secondo anno dopo che è messo in piena terra, tranne ec- cezioni, chè varie cause possono portare un lieve aumento 0 diminuzione a questo limite. Nei primi tre anni il prodotto è — quasi sempre scarso, giacchè solamente dopo due o tre fiori- ture le ceppaie rinvigoriscono e producono ciascuna 4 0 5° scapi fioriferi; malgrado ciò è sempre abbastanza rimunera- tivo. IRE frena Un calcolo per la coltura di circa m? 1300, di un terreno di buona qualità posto vicino a Palermo e che si presuppone debba coltivarsi a banani solo per un periodo di 5 annì, è il seguente : I° ANNO. 1° Canone d’affitto . . L. 100, 00 2° Scasso del terreno, Oyere 5. » 10, 00 3° Spianatura, concimazione, aper- tura di fossi, Opere 10 . » 20, 00 4° Concimazione . 5" ‘400; 00 5° Acquisto di 1300 piantine. .. >» 325, 00 6° Canone d’acqua . . » 175, 09 7° Sarchiatura, zappatura e sorve- glianza, Opere 100 . . . . » 125, 00 Totale L. 905, 00 Capitale e suo interesse : Xx1,04= 941, 20 II° ANNO. Spese fisse. (Somma dei N° 1 dat >» 400, 00 Concimazione . . » 175, 00 Totale L. 575, 00 Capitale e suo interesse : 941, 20 + 575,00 X.1,01=L. 1576, 85 Dal secondo anno le spese rimangono costanti e continuan- do il calcolo con questo metodo sino alla fine del 5° anno, esse ascendono a L. 3640, 46. L’attivo della coltura risulta dal seguente specchio : 1° anno vendita di 25 grappoli a L. 2 50 DI» » 550 » wi > LIO 9° << » 700 » >» pi . 1400 4° » 800 » » » » 1600 5°» » 700 » >» » » 1400 cs Prolungando allo stesso interesse del 4 °/ questi prodotti alla fine del 5 anno, avremo quale introito dell’azienda : (50 Xx 1, 044) + (1100 X 1, 04°) + (1400 X 1, 04?) + (1600 X 1, 04) + 1400 = 5874, 08. Per cui con un capitale di L. 3640, 46 otterremo in 5 an- ni un utile di L. 2233, 62 corrispondente ad oltre il 60 °/ del capitale impiegato. II. Il banano, per quanto riesca bene in tutti i terreni, certo si è che in quelli fertili vegeta meravigliosamente ; però si accontenta pure di quelli non tanto buoni, dando un medio- cre raccolto. Ad ogni modo occorrono in abbondanza acqua e concime : questo almeno una volta l’anno; questi due fattori non si devono mai trascurare nella coltura di una bananiera per es- sere sicuri di ottenere un vantagioso prodotto. Il terreno dovrà essere zappato profondamente e disposto poi in modo da poter essere facilmente irrigato. Terminata questa operazione da eseguirsi nel mese di mar- zo 0 al più tardi in aprile, alla distanza di un metro l una dall’altra si scavano buche di 60 centimetri cubi, nelle quali si depongeno 5 cm. di terra sopra uno strato di stallatico. Quindi si piantano i giovani banani, leggermente comprimen- dovi attorno la terra col piede perchè questa vi aderisca. Su- bito si irriga il terreno, facendo passare 1° acqua a circa 30 cem. di distanza dalla pianta, ed in modo che vi scorra lenta- mente attorno per ottenere una buona annaffiatura. Generalmente dopo 10 giorni si sviluppano le radichette | ed allora occorre almeno per il primo mese irrigare le piante tre volte la settimana; in seguito due volte e così sino alle prime piogge. Naturalmente la piantagione deve tenersi libera dalle erbacce, per cui una volta al mese richiedesi il lavoro della Zappa. Dopo un anno pochissime sono le durre e quindi si ottiene un prodotto le piante diventano più robuste ed massimo al terzo e al quarto anno. piante capaci di pro- scarso; al secondo anno il raccolto è maggiore, ee gare Ma sicoome le piante dopo la truttificazione si disseccano e sono sostituite da un numero vario di rigetti, che de alla loro volta crescono e fruttificano, così di anno in anno au- menta il numero delle piante e quindi il prodotto. Si v. in tal modo sino al quinto anno, quando per il denso ammassa- mento delle piante, per la rigogliosa loro vegetazione, per la produzione di frutti sempre più copiosa la bananiera è andata mano mano esaurendosi. Bisogna allora rinnovarla il che non richiede nè molta spesa, nè molta fatica e nessuna difficoltà; solamente per non interrompere la produzione annuale è con- veniente eseguire la rinnovazione nel periodo di due anni, cioè sostituire una parte della bananiera al quinto anno e la rimanente nel sesto. nfine si raccomanda scegliere un terreno con esposizione a perfetto mezzogiorno e ben riparato dalla tramontana e possibilmente dai venti di scirocco, che sono predominanti in Sicilia. V. Riccobono. —_=-==* -< (|; jin ii TIOCCITI III ICI (IAT [INI iI __ _____ Note critiche sulle Querci italiane. I. Quereus Tanzini Bubani, FI. pyr. I. 67. Debbo alla cortesia dell’egregio collega Prof. Oreste Mat- tirolo lo aver potuto in modo sicuro determinare la presenza di questa specie dentro i confini della flora italiana precisan- done le condizioni di vegetazione e diffusione. Punto di partenza delle mie indagini è stata una forma descritta e figurata dal Colla (1) col nome di Quercus pedemontana raccolta dal Perret sul Monte Musinè in Val di Susa. Il De Can- dolle (2) riferisce questa forma alla var. aurea della Q. sessiliflora. Però dalle indicazioni non risulta che l' in- signe Autore abbia avuto sotto gli occhi l’esemplare originale autentico della detta Q. pedemontana. Stando alla forma generale esterna delle foglie, qnale può anche solamente de- dursi dal semplice esame della figura, io mi meraviglio come | sia stato possibile stabilire siftatto ravvicinamento tra due forme così differenti. La Quercus aurea Wierzb. infatti, secondo gli esemplari originali da me visti © la figara ripor- tata dal Kotschy (1), è indubitatamente una forma pochissimo diversa o forse identica alla Quercus vulcanica Boiss. Quanto alla Q. pedemontan a, Vesemplare autentico, (1) L. Corta, Herb. pedem. V. pag. 185-186, Tab. XCI. fig. 2. (2) Prodr. Syst. XVI, sect,. post. pag. 9. mn ULI e che servì di base non solo alla citata deserizione del Colla, ma, si può dire, giovò anche di modello alla figura, con lieve variante nella lunghezza dei peduncoli delle ghiande, non lascia alcun dubbio sulla sua identità colla nota Quereus Tauzini del Bubani (2). Di questa ultima specie ho esa- minato e possiedo in gran parte molti esemplari provenienti da vari luoghi dei Pirenei e della simana, e dalla stessa classica originaria località di Sarthe compresi dei saggi autentici già appartenenti all’Erbario di hose, il quale bota- nico, com’è noto, la descriveva col nome di Q. Toza (3). Siechè il mio giudizio non lascia alcun dubbio. Esso del resto è anche avvalorato dal confronto di un esemplare glà raccolto dal Lapeyrouse e inviato al celebre Allioni nel cui Erbario si conserva tuttora. Tale saggio è accompagnato da una etichetta di pugno dello stesso Lapeyrouse colla seguente indicazione : Quercus reptans Nobis Io. FI Pyr. Species pretiosa nimis E importante rilevare come questo nome di Q. reptans sembra sia stato quello originario dato dal Lapeyrouse alla Tauzini e che quell’insigne Autore abbia avuto inten- zione di pubblicarne la figura nella nota opera iconografica sulla flora dei Pirenei. Però la detta denominazione venne poi da lui stesso mutata in quella di Q. stolonifera (4) e nemmeno 1a pubblicazione della figura ebbe luogo. La auzini rappresenta certamente un tipo di specie ben definito per i caratteri botanici e geografici. Non a torto gli autori, specialmente i forestali, insistono sulla particolarità caratteristica di questa specie di emettere rampolli radicali, intorno alla qualità del suo legno più duro e più pregiato ‘ come combustibile in confronto a quello della Rovere ed alla proprietà di possedere una scorza molto ricca di tannino (5). I caratteri esteriori delle parti vegetanti sono abbastanza di- (1) Ech. Europ. os Ort. Tab. IV. (2) FI. pyr. I, p. Piglia; PA II, p. 155, tab. 82, fig. 3. (4) Plant. des Pyrènées. Vol. II, p. 583. (5) Matuiev, F/. forest, 4° ed, p. "sso e segg. RESO, pr stinti perchè si possa confondere questa forma con qualcuna delle numerose varietà della Q. sessiliflora e basta un esame sul vivo per convincersene. Ciò che anzitutto risalta nelle foglie è la forma profondamente pennatifida un pò irre- golare, della lamina con lacinie piuttosto strette e bislungo- sinuate. Un denso e delicato tomento, per lo più di colore giallastro , riveste tanto le foglie Soa i ramoscelli e dà a quelle parti una tinta quanto mai caratteristica. Tuttavia il colorito dell’indumento può variare sino a divenire cinerino 0 di un bianco sporco. Sopratutto caratteristico è | habitat della Q. Tauzini. La sua area geografica comprende i Pirenei e le province austro-occidentali della Francia; i confini di essa si comple- tano al di qua delle Alpi piemontesi restandovi inclusi i monti, i poggi e le pendici che formano il versante meridionale della Valle di Susa. Ciò è in modo sicuro stabilito dalle recenti escursioni ed indagini fatte dal Prof. Mattirolo, dal Ferrari | e da altri botanici del Piemonte. Molto sensibile al freddo, verso i suoi confini settentrio- nali la Q. Tauzini sbisonne sino al livello del mare occupando grandi tratti di territorio su quelle vaste pia- nure sabbiose che corrispondono alla ‘regione occidentale della Francia e raggiunge l’estremo limite un poco al di là del 47° L. N. nei dintorni di Nantes e di Angers. A latitudini inferiori essa s’innalza alquanto sul livello del mare : così nel Piemonte, in Val di Susa. Quivi essa è stata finora rinvenuta sul Monte Musinè (Perret ! in herb. Colla), alla Sacra di S. Michele (P. Fontana !) e a Mompantero (Ferrari e Berrino !). Lo stesso accade in Ispagna potendosi quivi essa elevare sino a 2000 metri, come sulla Serra Nevada che rappresenta il punto più daridicuate della sua area geografica, Caratteristica è ancora la sua diffasione su terr i più ingrati per consistenza e condizioni nutritizie, dune: ‘difficili N arena potrebbe crescere qualunque altra specie di Querce. Il o potere di adattamento sembra a questo proposito quasi limtiaoi potendo essa vegetare su terreni secchi e sterilis- van gig o dep all’argilla ed anche talora nei ano: Finali da inondati. Su’ monti e colli sr SO) ana e di neazogiorno e persino le ferentemente direi da ovunque s’adatta e sviluppa dif parti vegetative, assumendo ora le di- Cnr LE Ego RR ES SS NOTE SA, I ni mensioni di un cespuglio a rami prostrati e radicanti, a radici laterali serpeggianti e rieche di polloni fogliferi, ora la forma di un arboscello o di nn albero a tronco diritto e suscettivo anche di raggiungere un diametro di circa un metro , com’ è stato esattamente notato dal Lapeyrouse (1). Per queste particolarità la Q. Tauzini porge al fore- stale un prezioso sussidio nelle opere d’ imboschimento di luoghi sterili, scoscesi, o sabbiosi, e dovrebbe perciò esser presa in particolare considerazione anche in Italia. Come tutte le specie di Querce, la Q. Tauzini offre un’e- stesa varietà di forme, delle quali aleune accennano a insen- sibili passaggi a taluna delle numerose varietà della Q. ses- siliflora e specialmente alla varietà lanuginosa di questa. Ma il modo particolare di vegetare, il colorito giallo rossastro che prendono ordinariamente le giovani parti vege- tative. specialmente le foglie, bastano a prima vista a evitare la confusione. Le forme più notevoli a me note della Q. Tauzini, esa minata dentro i confini del territorio italiano, sono : 8, brachyloba, mihi. Foliis parviusculis, non ultra 5 cm. longis, lobis brevibus triangularibus saepissime integris ad apicem obtuse mucronulatis. HAB. Nei boschi della Val di Susa; insieme alla forma tipica, presso la Sacra di S. Michele (Leg. VP. Fontana ! 22 maggio 1904) Y. glabrescens, mihi. oliis mediocribus , sinuato-lobatis, lobis angustis grosse irregulariter angulato-dentatis supra glabris, subtus ad nervos dense pallide luteo-tomentosis caeterum glabratis. HaB. Nei boschi della Val di Susa, presso la Borgata Brun vicino la cascata del Seghino. (Leg. Mattirolo e Fer- rari ! 30 maggio 1904). II. Quereus vuleanica, Boiss. et Held. E molto grande la confusione che domina nelle opere de- A scrittive dei vecchi botanici dell’ Italia meridionale circa alla ee e (1) Op. ci. LEA pg inonimia e alla denominazione delle forme di Querce corri- spondenti al tipo della Rovere comune (1), per potere attin- gere qualche prova se la Q. vulcanica Boiss. et Held. sia stata già antecedentemente conosciuta e sotto quali nomi in- dicata da loro. Io non ho potuto completamente chiarire tale quistione anche esaminando gli Erbarii di Tenore e di Gus- sone, ì quali sono molto riechi di materiali per lo studio delle Querci meridionali. Ho potuto invece in essi rilevare che gli stessi autori non ebbero mai un’idea precisa delle forme da loro stessi descritte come nuove specie. Non raramente la me desima forma, la quale sembra proveniente da uno stesso indidividuo, apparisce indicata con nomi diversi. Le denomi- nazioni di Q. Virgiliana, Q. Dalechampi,Q. Cupa- niana, Q. congesta, ece. vedonsi non di rado sosti. tuirsi a vicenda. Chi intraprende uno studio comparativo col preconcetto di trovare delle forme abbastanza distinte, quali per lo meno risultano dalle -lescrizioni, finisce presto col per- dere la pazienza. Il solo sicuro indizio intorno alla conoscenza della Q.vul- canica da parte dei vecchi illustratori della flora dell’Italia meridionale ci è dato dallo esame di alcuni saggi raccolti dal Tineo, dal Todaro e dal Minà Palumbo e conservati nell’ Er- bario di questo R. Orto Botanico. Oltre a ciò esiste anche in questo un esemplare proveniente dall’ Erbario di Gussone, rac- colto da quest’ultimo autore nei dintorni di Palermo a Boce- cadifalco, come dalla stessa località derivano pure gli altri Saggi su detti, salvo quelli del Minà-Palumbo che provengono dai boschi di Castelbuono sulle Madonie. Riferendomi : alle indicazioni di pugno dei detti autori noto qualche incertezza nella determinazione. Talora il car- tellino autografo del Tineo porta la scritta: Quercus appen- pica Q. mentre la denominazione di Farnia SUSAROETIE ROOTS. VR i RT E ppi ro n ia mina Lam. db, Guss.; oppure accanto a questa indicazione tro- vasi annotato : ex. hd. Guss. Negli exsiceata del Todaro i invece la medesima forma figura ora col semplice scritto : Quercus... ora colla denominazione: @. sessiliflora, var. macr hylla Stando dunque alle indicazioni degli ersiccata del Tineo, la Lino di cui è parola, corrisponderebbe alla Q. appen- nina, b, foliis utrinque glabris del Gussone (Florae siculae Synopsis, Vol. II, part. 2, pag. ). Che cosa sia cotesta famosa Q. appennina di La- marck, non occorre qui ripeterlo essendosi lungamente di- scusso tale argomento (1). Non vale perciò la pena insistervi. Notevole è il fatto che nell’Erbario del Gussone la stessa forma è ora indicata col nome di Q. appennnina, ora con quello di Q. am plifolia. Questi sono i soli dati che attestano per mezzo di ersiccata negli erbarii dei vecchi botanici siciliani e napoletani della presenza della Q. vulcanica nei boschi dell’ Italia meri- dionale e della Sicilia. Altri saggi più recenti e il materiale da me stesso raccolto. confermano tale nuovo acquisto flori- stico Quantunque la Q. vulcanica semigli a prima vista ad una Rovere dalle foglie più larghe dell’ ordinario e con divi- sioni spessissimo più profonde, un esame molto attento di- mostra che essa rappresenta un tipo abbastanza caratteristico il quale per certi riguardi si accosta a talune forme arti senza molto allontanarsi dalla comune Q. sessiliflora. E di fatti molti esemplari di Q. vulcanica da me raccolti o visti in erbario, offrono una evidente tendenza verso la Q. conferta Kit. per la forma generale della lamina fogliare salvo che per la lunghezza dei picciuoli e per altri caratteri. Per una singolare coincidenza detti esemplari provengono da bo- Schi ove la Q. conferta cresce sparsa e associata alla Q. Sessiliflora; p. es. in Calabria e nella provincia di Ca- Serta. La qual cosa mi ha fatto pensare alla possibilità che (1) Vedi a questo proposito A. Borzìi. Flora forestale I pag. 159. di A. Toparo. Se le Querci conosciute in commercio n nome di Farntia e Idem. in N. Giorn. Bot, "Ital, Vol. X, pag. 216. questa forma abbia potuto prendere origine per effetto di un processo d’ibridazione; fenomeno del resto che ritengo debba essere molto frequente nel genere Quercus. Quanto al valore della Q. vulcanica come buona spe- cie (quantunque sia non di rado molto difficile il parlare di buone specie in fatto di Querci) debbo ricordare che il De- ‘candolle non ne dubita, ed essa a questo titolo figura nella nota Monografia dell’insigne Autore accanto alla Q. con- ferta e alla Q. Tauzini (1). Da uno studio più atten- giudizio già da me espresso pochi anni fa (in Malpighia, I, 335), che essa possieda dei caratteri ben distinti, i quali risaltano a prima vista, specialmente sul vivo e permettono di riconoscerla subito fra le numerose forme di Querci affini. Ho visto vecchi alberi di questa specie associati alla comune Ro- vere ed anche al Farnetto (Q. conferta) e presentavano un a- spetto del tutto caratteristico. La scorza stessa dell’albero aveva una tinta più scura, le screpolature erano meno profonde e più dimensioni definitive. Nè ciò si può dire dipenda da eccezio- nale mitezza di certi inverni, poichè la rigidità dell’ inverno del 1905 scorso è stata di una notevole gravità anche in Si- cilia. Gli amenti mascolini Sono più lunghi e più gracili e più radi che quelli della Rovere e somigliano piuttosto a quelli della Q, conferta. Degno di menzione è poi il fatto che gli stimmi della Q. vul canica sono lunghetti, semplici e assottigliati verso l’apice e non così corti dilatati, bipartiti e ispessiti alla punta come quelli della Q. sessiliflora. erlin, 1886 97), (1) Anche il Wenzig (/ahrbueh des Bot. Gartens zu Berl e Di anto pare, esaminare il materiale riportato dal Kotschy dai del valore di questa torma secondo il concetto del Sig. Wenzig; sicchè non ; trovo nemmeno opportuno di accettare l Habitat da lui proposto, ritenendo n dubbio, sino & prova contraria, che essa cresca anche in Francia, nella Sviz- e nel Tirolo. SITE. Le SAESTA Riferendo al tipo della Q. vulcanica la Q. a urea, Wierzb. (Hb Webb. !), la Q. pinatiloba, C. Koch, la Q. appennina, Gusson. (hb. ex p. !), la Q. amplifolia, Gusson. (Hb. ex p.!) ela Q. F: arnetto? N. Terr. (in Hb. !), l’area geografica di questa specie comprenderà la Sicilia, le # Calabrie e la Terra di Lavoro in Italia, la Macedonia e le al- È. a tre province della penisola greca, estendendosi da una parte È verso Nord sino agli Stati Balcanici, e dall’altra, verso orien- te, fino all’Asia Minore e forse sino alla Palestina. Dentro area così vasta i caratteri della Q. vulcanica ci appariscono soggetti a frequenti variazioni, le quali accen- hano ora a contatti con le forme della Q conf erta, ora con quelle della Q. sessiliflora e forse anche con quelle ella Q. macrantera, Meyer, Probabilmente quest’ultimo Caso ci è offerto dalla Q. Syspirensis, ©. Koch, se pure Questa non debba addirittura considerarsi come una dala pilo forma della Q. macranthera che è il tipo dominante delle Querci Caucasiche e serve di transizione dai tipi europei 0- rientali a quelli dell'Asia orientale. Le forme più distinte della Q. vulcanica a me note Sono le seguenti : 2) typica, mihi. Foliis supra glabris, subtus praesertim ad nervos plus minus sfiga aut demum glabratis. Q. vul- canica Boiss. et Held. .-!— Kotsch. Eich. Tab. 18 et HB.!—Q. appennina ne) in Hb. R. H. Bot. Pan. 1— Q.appennina, b, Hb. ex p.! AB. — Sui colli presso Palermo, a Boccadifalco (Tineo! Gussone ! Todaro !) e in Calabria nei boschi di Gioja- BO enonate: e Gerace 1). È) pinnatifida, mihi. Ramulis dense cinereo-tomentosis, fo- lis Pr Ofaae pinnatifidis, sinubus angustis, laciniis ee riter lobato- ira supra sparse stellato -pilosis, subtus to mentosis. _ HAB.— Nei boschi di Valdemone, in Sicilia (Todaro ), Quelli di Carditello in Provincia di Terra di Lavoro (N. Ter-. racciano !) e presso Monte Cassino ! | _—‘’‘‘ nebrodensis, mihi. Ramulis cinereo- PARI foliis si - nuato-pinnatifidis, sinubus amplis, laciniis integris vel raro ad a o. e emarginatis. si Sira — Nei scio di Castelbuono in Sie ilia sulle Mado. UG SARA E o gi — e 0 0° dvd CRONACA DELL'ISTITUTO BOTANICO DI PALERMO (gennaio-marzo 1905) 1. Erbari. — Si inviarono per studio : le specie del genere Romulea al prof. A. Béguinot di Padova ; e quelle del genere Galanthus al D.r G. Zodda di Messina. — Si ricevettero in esame: una collezione di Alghe dal R. Orto botanico di Messina (studiate dal prof. A. Borzì), le specie dei generi L/oydia e Gagea dal Museo botanico di Pa- rigi, dall’Orto botanico di Monaco, dagli erbarii Ross di Mo- naco, e Boissier e Delessert di Ginevra (studiate dal prof. A. Terracciano). — Il Dottor Pieri preparò per la inserzione nell’erbario gene. rale: n. 300 piante secche della Collezione Baldacci (Iter Bal- canium 1892), n. 200 donate dal prof. Nicotra e raccolte nel Sassarese, n. 350 inviate in cambio dal dott. N. Pampanini. — Il signor M. Lojacono completò, con lo studio delle Gra- 5 minacee della Flora siciliana, l’ esame delle piante da ser- vire al 4° e 5° volume della sua « Flora sicula». — Il Dottor D. Lanza studiò le Talamiflore della stessa flora di Sicilia, da servire ad un manuale per la determinazione dlelle piante spontanee nell’isola. = Il sottoispettore forestale L. Senni, dopo compiuto l’ordi. SPIRITO PI Rag e E a RARO A ct e ARR ALS 1 IL SEEM è NA PA: pene namento dell’erbario generale, iniziò lo studio dei legnami della Flora eritrea. — La signora Mary F. Spencer donò n. 150 piante secche da essa raccolte nel Tirolo. — Furono iniziati scambii di piante secche con la « Società pa ci scambi di essiccata ». acquistò la collezione tipica delle piante raccolte dal Dott. Zodda nelle isole Eolie (Licheni n. 172, Muschi n. 68, Fanerogame n. 55). 2. Biblioteca. Oltre le opere acquistate, pervennero in cambio i seguenti periodici : Allgemeine botanische Zeitschrift. Karlsruhe. Anales de la Sociedad cientifica Argentina. Buenos-Aires., Anales del Museo nacional de ORA: Annales de la Société Botanique de Lyo Annales de la Société d’ Horticulture et @ Histoire natu- relle de 1’ Hérault. Montpellier. Annales du Musée du Congo. Botanique. Bruxelles. Annales historico-naturales Musei Nationali Hungarici. Bu- dapest. Annali della R. Scuola superiore di Agricoltura in Portici. Annali di Botanica. Roma. Annals of the Botanic Gardens, Peradeniya. Colombo. Annals of the Royal Botanic Garden of Calcutta. Archiv for Botanik. Stockholm. Atti dell’ Accademia scientifica Veneto-trentino-istriana. ova. Atti della Pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Roma. Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Atti della Società Toscana di Scienze Naturali. Memorie e Processi verbali. Pisa. Berichte der Bayerischen botanischen Gesellschaft. Miin- en. rpg der Schwiezerischen botanischen Gesellschaft. Berichte iiber Land-und Forstwirtschaft in Deutsch- et: Heidelberg. Boletim da Agricoltura (Estado de S. Paulo). S. Paul, Boletim da Sociedad Broteriana. Coimbra. ISEE, per Boletim do Museo Goeldi (Museo Paraense). Parà. Boletin de la R. Academia de Ciencias y Artes. Barcellona. Boletin de la Sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales. Zaragoza. Bollettino agricolo e commerciale della Colonia Eritrea. Asmara. Bollettino della Società dei Naturalisti. Napoli. B “n della Società Orticola di Mutuo Soccorso. Pa. < Bollettino son sedute della Accademia Gioenia di Scienze Naturali. Catani Botanisches Uusteaibnati: Cassel. Botanisk Tidsskrift. Kòbenhavn. Bullettin de 1’ Association pour la proteetion des plantes. Genève. Bullettin de la Société Botanique de Genève. Bullettin de la Société d’études scientifiques d’ Angers. Bullettin de la Société des Sciences Naturelles de 1'Ouest de la France. Ballettin < la Société des Sciences Naturelles de la Haute- Marne. Langre Bullettin de la Société Royal de Botanique de la Belgique. Bruxelles. Bullettin du Jardin Botanique de VEtat à Bruxelles. Bullettin of miscellaneous information. Kew. Bullettin ot the American Museum of Natural History. New-York. Bullettin of the Buffalo Society of Natural Sciences. Buf: Bullettin of the Department of Agriculture. Kingston- Jamaica, i Bullettin of the New-York Botanical Garden. Bullettin van het Kolonial Museum Haarlem. Bullettino bibliografico della Botanica Italiana. Firenze. Bullettino del Laboratorio ed Orto Botanico di Siena. Bullettino della Società Botanica Italiana. Firenze. Circulars and Agricultural Journal di the Royal Botanic - Gardens. Ceylan Contribatione du Jardin Botanique de Rio de Janeiro. Experiment Station Record. U. S. Department of Africal: : ture. W renteagtoa, i A Pe i pri Fiel Columbian Museum. Botanical Series. Chicago. Jahres-Bericht der Preussischen Botanischen Vereins. Kò- 2 nigsberg. I Journal of Mycology. Columbus, Ohio. La Feuille des Jeunes Naturalistes. Paris. La Nuova Notarisia. Padova. Lavori eseguiti nel R. Orto Botanico di Firenze. Le Naturaliste Canadien. Chicor tini. Malpighia. Genova. Memorias de la Real Academia de Ciencias y Artes de Barcellona. Minnesota Botanical Studies. Minneapolis. Missouri Botanical Garden. Annual Report. St. Louis. Mitteilungen der Bayerischen Botanischen Gesellschaft. Miinchen. ; Ì Mitteilungen des Turingischen Botanischen Vereins. Wei. mar. - Nederlandisch Kruidkundig Archief. Nijmegen. Notizblatt des K. botanischen Gartens und Museum zu erlin Nnovi Annali di Agricoltura Siciliana. pain Nuovo Giornale Botanico Italiano. Firenz Oversigt over Vedenskabs-Selskabets soia Christiania. Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Phi- ladelphia Proceedings of the American Academy of Arts and Scien- ces. Sri Proceedings of the American Philosophical Society. Phi- ladelphia Retus de l’Istitut Botanique de Université di Bruxelles. Recueil des travaux botaniques neerlandais. Nimègue. Rendiconti dell’Accademia delle scienze fisiche e matema- tiche. Napoli. Le Rendiconti e Memorie dell’ Aspadomie di Scienze, Lettere ed Arti. degli Zelanti. Acireale. vue Horticole de 1° Algérie. Mustaphà. Rivista italiana di scienze naturali. Siena. Transactions of the Kansas Academy of segg opera Transactions of the Academy of Science. St. ;_ Travaux du Musée ina da riga iuoedbio dee. ; Bulkione de St. Petersbour iù Verhandlungen der Naturtorschenden Gesellschatt. ‘Basel. > ar Verhandlungen des botanischen Vereins der Provinz Bran- deburg. Berlin. erhandlungen des K. K. Zoologisch-botanischen Gesell- schaft. Wien. Vierteljahrssehrift der naturforsch. Gesellschaft. Ziirich. Wiener Illustrirte Garten-Zeitung. Wien. Wisconsin Geological and Natural History Survey Bullettin. Madison. 3. Museo. — Questo si arricchì della collezione di prodotti della Colonia Eritrea, che aveva figurata all'Esposizione di Firenze (mag- gio 1903). L’illustrazione di essa è stata fatta in una memoria a stampa del prof. I. Baldati, direttore dell’ ufficio agricolo coloniale ad Asmara. — Il colonnello G. Ameglio, comandante le truppe italiane in Cina, inviò una grande quantità di semi di piante coltivate in quelle regioni, accompagnandoli con una preziosa illustra- zione manoscritta. I risultamenti degli studii fatti ed il ma- noscritto verranno pubblicati in uno dei prossimi numeri di questo Bollettino. 4. Giardino. — I rigori non solo eccezionali ma troppo prolungati dello inverno danneggiarono grandemente le piante, per cui molte perirono, altre soffersero nei giovani rigetti, parecchie perdet- tero i fiori. Degli effetti del freddo sulla vegetazione durante l’inverno 1904-905 si parlerà nel prossimo numero di questo Bollettino. — Lo scambio dei semi con n. 210 corrispondenti, fra Giar- dini botanici ed Orticoltori, raggiunse il numero di 9818 cam- pioni. — La permutazione di piante vive, a causa della stagione poco propizie, fu scarsa, essendosi inviate n. 25 specie, e ri- cevute n, 160, Palermo, 31 marzo 1905. Ant, Pror. A. Borzì — Direttore responsabile. STUDII SI delle Alghe, per A. Bor Fasce. I, in 4°, pp. VIII. 120, tav.-9 : > Do 1 Pro PP. VII-_%1-399, tav. 10-31. è » IIl, Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 ta- vole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBoNno. R. Ort. Bot. Pa lermo. Saggio di ricerche sulla biologia — R. Istituto botanico di Palermo: CONTRIBUZIONI ALLA ; BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRzì. Vol. I, in 8°, fase. I, pp. VII-192, tav. 1-VI » II, » pp. 1-316, tav. 1-XIX. . 4 » III, » fasc. I, pp. 1-208, tav. XI. n» » fase. II, pp. 209-292, la XII. XV. » » fase. III, in corso di stampa Per acquisti rivolgersi : : V. RIiccuBONO. R. Ort. Bot. Pa lermo. a DI0RAL D'AGRICULTURE TROPICALE — Publié par J. VILBOUCHEVITCH 10, Rue Delambre, PARIS (XV°) ABONNEMENTS ParTANT DU 1°” JANVIER : Un an 20 fr. Le Journal d’ agriculture Tropicale, mensuel, illustré, s "occupe . toutes les questions d’actualité qui pelvi iptsroano les i — et lonjoure intéressa collabora | | francaises, anglaises. i Liofianidaice ainsi n > a et dans Lai deux Amériques. — Articles inédits sur les potageres € - les fruits, dans chaque numéro. Sala speciale pour | tesi BOLLETTINO DEL A, ORTO BOTANICO DI PALERMO ANNO IV. Fnanso. ir Settembre 1905) PALERMO Stabilimento Tipografico- Andò 905 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3-5 fogli di stam» pa con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed ap- pendici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno, Le appendici al « Bollettino », che sono anche vendibili separatamente, saranno date gratis agli abbonati Prezzo dell’abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia . ; 4 . 4 - hire 8 — All’Estero . , ; ì ; . » 190 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor VINcENZO RiccoBoNno R. Orto Botanico di Pa- lermo. 30 SETTEMBRE 1905. Vol. LV. BOLLETTINO DEL __R. ORTO BOTANICO DI PALERMO SOMMARIO: 9. — Coltura delle piante da gomma elastica. 10. — I banani da introdurre nelle nostre colture. 11. — Contributo alla conoscenza di alcuni legnami della Colo- nia Eritrea. 12. — L’avocado (Persea gratissima Gaertn.). 13. — I Picus a radici aeree. 14. — Piante nuove, rare o critiche del R. Orto botanico di Pa- ermo. 15. — L'inverno del 1904-1905 ed i suoi effetti sulla vegetazione nei giardini di Palermo. 16. — Riassunto delle osservazioni eseguite nel R. Osservatorio metereologico di Palermo durante l'inverno 1904-1905. 17. — Cronaca. PALERMO Stabilimento Tipografico--Andò 1905 Coltura delle piante da gomma elastica. Relazione a S. E. il Ministro d’agricoltura. __Frai molti prodotti vegetali utili all’industria, la gomma | elastica ocenpa senza dubbio un posto molto importante. Le _ Sue applicazioni divengono tutti i giorni più estese; i bisogni Crescono in proporzioni quasi incredibili. Si calcola che ogni. | ‘Amno vengano importati in Europa e in America non meno di — 50milioni di chilogrammi di gomma elastica greggia. I prezzi del prodotto sono in continuo aumento ed in questi ultimi tempi hanno raggiunto cifre molto elevate. Nè si tratta delle solite oscillazioni del mercato dovute a temporanei o casuali per- urbamenti economici locali. Ormai è noto che la produzione Comincia a far difetto od almeno essa non è proporzionata alle sempre crescenti esigenze e allo sviluppo delle industrie. talento umano specula nella ricerca di nuovi trovati che possano sostituire nelle sue svariate applicazioni questa im- Dortante materia; ma il successo non ha finora pienamente risposto alle speranze dell’industriale. li posti sotto favorevoli condizioni di clima, è giustamente » alla ricerca di nuove fonti di produzione e ad acere- uelle esistenti, rendendo da una parte vie più intenso avoro di esplorazione attraverso contrade floristicamente | conosciute, dall’altra estendendo le colture, moltipticando vo: cuni es con immensi dispendi i tentativi d’intruduzione e d’ acclima- tazione di nuovi vegetali laticiferi e assicurando il governo e la tutela delle foreste produttrici di gomma elastica col ri- gore delle leggi. Valga a questo proposito l'esempio di ciò che ha fatto e fa l'Inghilterra da oltre mezzo secolo nelle Indie e il Belgio nel Congo e la Germania nelle sue colonie d’Atfrica. Com'è noto, i principali centri di produzione della gomma elastica sono : i territori compresi nel grande bacino delle A- mazzoni, la provincia di Ceara nel Brasile, gli Stati dell’ A- merica Centrale (Columbia, Messico meridionale, Nicaragua, Costarica, ece.), l’isola di Madagascar, l Assam, Visola di Bor- neo e parecchie altre isole dell’ Arcipelago Malese. Le piante produttrici di gomma elastica appartengono per lo più alla famiglia delle Moracee o Artocarpee (Castilloa ela- stica, specie diverse del Gen. Ficus, Artocarpus, Cecropia, Clarisia, Brosimum e Trophis) e a quella delle Euforbiacee (specie di Hevea, Manihot Glaziovi, Omphalea, Mabaea, Ex- coecaria, Sapium, Euphorbia, ecc.). Anche le A pocinacee (spe- cie di Landoltia, Hancornica, Melodinus, Carpodinus, Fantu- mia, Urceola, ecc.) e qualche Asclepiadea (specie di Crypto- stegia, Calotropis, ecc.) forniscono dei latici più o meno ab- bondanti di gomma elastica. Nel complesso, tanto i centri di produzione, quanto le piante stesse, dimostrano che la gomma elastica è un prodotto ve- getale di paesi posti sotto i benefizii di un clima molto caldo, cioè, di quelli che geograficamente sono compresi dentro i limiti della regione tropicale. Tuttavia, non essendo tali con- fini perfettamente precisi e determinati nei rapporti colla ve- getazione a causa delle molteplici influenze che esercita l’am- biente sulla vita delle piante, talune specie a latici gommiferi tendono qua e là ad espandere la loro area di diffusione un po’ più oltre le linee del tropico. Questo è il caso in partico- lare, p. e., di alcune specie di Fieus, le quali, come vedremo, | Sono suscettive di raggiungere le propaggini meridionali della regione dell’Himalaja, vegetando così sotto un clima relativa- mente temperato. I In ogni modo, resta quasi sempre invariato il carattere Spiccatamente tropicale delle specie produttrici di gomma ela- stica finora conosciute e particolarmente di quelle che danno al commercio le migliori sorte, MR IE Dalle premesse considerazioni si potrebbe forse @ priori concludere che il problema della introduzione e della coltura delle piante a gomma elastica da noi manchi di serio affida- mento perchè possa essere risoluto così convenientemente da assicurare al paese una nuova fonte di vantaggi economici, poichè l’Italia trovasi in condizioni di clima molto diverse da quelle che convengono alla vegetazione delle piante gommifere. Per tali ragioni sembra che la questione abbia piuttosto una maggiore importanza per la Colonia Eritrea, ove la coltura della gomma elastica potrebbe essere intrapresa con esito meno incerto a causa delle più favorevoli condizioni del clima. Se questo concetto dovesse essere accettato in maniera del tutto assoluta, dovremmo da una parte dimenticare le pagine più interessanti della storia delle piante coltivate utili all’in- dustria agricola e all’orticoltura; dall’altra ammettere che le piante in generale possiedano un potere di adattamento a climi e a terre molto limitato, rinunziando così ai beneficii che ci porge il metodo sperimentale applicato allo studio della vita vegetale e alla ricerca di nuove fonti idi risorse economiche fra le immense e variate ricchezze della vegetazione dei paesi posti in vicinanza dell’equatore. Anche se tutto ciò non bastasse a giustificare la opportu- nità di nuovi studii concernenti la introduzione di vegetali utili finora ignoti nei nostri climi, èvvi da considerare che la posizione geografica di alcune province d’Italia è fra le più favorevoli rispetto a quella di altri paesi d'Europa in ordine alla quistione di nuove colture di origine tropicale. Tali pro- vince sono appunto la Sicilia e quelle dell'estremo mezzogiorno della Penisola. Noi siamo abituati a riconoscere e a misurare i vanimgiti di siffatta privilegiata posizione geografica quasi unicamente dal numero e dalla importanza delle specie di origine meri- dionale, le quali direttamente interessano l’economia agraria @ che crescono 0 possono prosperare dentro i confini del no- | stro Paese; ma dimentichiamo quante ricchezze e varietà di Specie provenienti dagli stessi paesi più caldi della terra ser nano i nostri giardini del mezzogiorno. Queste rappresentano in verità la grande ma gioranza in confronto alle prime. Basta | 4questo proposito citare l’esempio dell'Orto Botanico di Paler- ’ | Mo, di cui le ricche collezioni di piante esotiche di pien’aria, | Originarie dei paesi tropicali, formano oggetto dell’ammirazione dei numerosi visitatori. GR Ma pur prescindendo da questo, è bene rammentare che i paesi della zona temperata sono tributarii al mezzogiorno | per quello che riguarda la introduzione della maggior parte delle piante alimentari più utili all’uomo. Gli stessi agrumi, che rappresentano una delle più importanti colture del Mezzo- giorno, provengono dall'Asia tropicale. Il Cotone, la Canna da zucchero, il Banano, 1’ Anona, la Noce Avogadra (Persea gratissima), la Canfora, ecc. sono tutte piante di carattere tro- picale, che in Sicilia e in Calabria prosperano così rigogliosa- mente come nei loro paesi originarii e potrebbero essere 0g- getto di vantaggiosa e più estesa coltura, come alcune di esse sono state un tempo e lo sono tuttora in alcuni luoghi delle medesime province. Non ho bisogno di riferirmi a tutto ciò che si è seritto e che si è detto sull'argomento per accrescere valore delle mie considerazioni. Segnalo semplicemente, riportandolo per intero, il seguente brano di un’intervista del « Giornale di Sicilia » (N. 329. Anno 1897) col noto esploratore e botanico Prof. Giorgio Schweinfurth, l’autorità del quale mi dispensa da ul- teriori osservazioni. Lo Sehweinfurth opportunamente interrogato sulla possibi- lità d’introdurre nuove colture in Sicilia per attenuare e ri- parare alle gravi conseguenze dell’attuale erisi agrumaria, così esprimevasi: «Tutto quello che ho veduto qui fra voi mi ha fatto pen- sare alle nuove risorse economiche che la Sicilia potrebbe ri- cavare da una, direi quasi, trasformazione delle sue colture. So che avete la crisi degli Agrumi, perchè la esportazione diminuisce fatalmente e diminuirà sempre più coll’aumentare | della produzione americana. Ma ho veduto pure che tutti i vostri Agrumi sono sofferenti e grami; la produzione, anche senza la crisi dell’esportazione, andrà diventando sempre meno rimunerativa per il fatto che gli Agrumi non possono colti- varsi lungamente. La coltura intensiva li ha sfruttati, mentre Il diminuito commercio ne rinvilìa il prezzo. Si parla di so- Stituire il tabacco.... ma è una cosa molto difficile, sia per | Pagioni fiscali, sia perchè esso non è più rimunerativo come una volta. C'è invece il modo di prendere una rivincita eco- — homica in Sicilia impiantando nuove colture che costano poco E e rendono molto : la pianta del caoutchoue (gomma elastica) e i} le piante tessili. Andate all’Orto Botanico e là attingerete — 63 — sE utili notizie su ciò. E sapete che invece delle vostre Zabare, ES potrete coltivare allo stesso modo e su più larga scala, la Za- bara detta Agave sisalana e parecchie piante della Colonia | Eritrea; potrete sostituire di mano in mano la coltura dell’a- $ | Tancio coll’albero del caoutchouc. Coltivate Ficus, Manihot, i Tithymalus, qualche altra Euforbiacea e vedrete. Preferisco il Ficus magnolioides, che deve dare molta quantità di caout- Sd ci choue © che qui prospera molto bene.... Qui nella Conca d’Oro ns | @intuttii terreni dell’Isola che ad essa somigliano, troverete ; le condizioni più propizie alla coltivazione delle piante del «SCI _ caoutchoue: acque d’irrigazione superficialmente al terreno, si ha acqua nel sottosuolo per maggiore umidità delle radici, ter- |‘Teno abbastanza smosso ed aerato, temperatura eccellente. Ma fa d’uopo educare le piante mantenendole alte dai i | metri, larghe con diametro dai 6 ai 10, in modo da econo- | Mizzare il terreno. Il caoutchoue è il commercio dell’avvenire, la sua produzione s'impone coi crescenti bisogni mondiali. La | Produzione del cacutchoue non basterà ormai più a supplire 2 tutte le richieste, tanto che si va pensando d’inventare un Drocesso chimico per la elaborazione artificiale della gomma | elastica. La Sicilia troverebbe adunque da rifornire facilmente 1 mercati europei di un prodotto che diventa sempre più ri- cercato. Coltivate e vedrete. E quando voi sarete costretti a Impiantare macchinarii per la estrazione delle fibre tessili, Der la preparazione del caoutchouc, allora avrete assicurato Paese una ben più agiata condizione. 0; Spero che le mie parole saranno bene interpretate e fra presto Sorgano la Stazione internazionale botanica per lo n © per la coltura delle piante tropicali, ed i vivai di Pel caoutchouce e di Zabara per le fibre tessili. » 1, Osta la quistione nei termini precisati dall’autorevole pa-. dello Sehweinfurth, io non ho bisogno di aggiungere al- L : dimostrare la utilità delle intraprese ricerche sulla col- q on piante da gomma elastica in Sicilia. I risultamentî Quali sono finora pervenuto, in sè stessi abbastanza soddi- provano che l’argomento è degno della massima con- ne. Essi formano pertanto oggetto della presente Re- 1a lista completa delle piante laticifere coltivate in que- ia Botanico dovrebbe comprendere un gran de nu appart nti all , Artocarpee, Eu- talia Acli 4 Sana n dii LR forbiacee, Asclepiadacee e Apocinacee. Quantunque uno stu- dio chimico del latice di tali piante potrebbe sempre oftrire materia di utili ricerche, sia dal lato scientifico, come da quello industriale, tuttavia la nostra attenzione va rivolta a quelle che possono interessare la industria della gomma elastica. AI numero delle quali, o almeno di quelle ritenute in modo si- di Ficus, fra le quali la F, elastica tipica dell'Assam, la F. laccifera, la F. Vogelii, la F. benghalensis, e molte altre, pa- recchie Euforbia, varie specie di Melodinus, di Cryptostegia ece... Potrei pure aggiungere a questi nomi quelli :di molte industria della gomma. È stata pure a queste rivolta ogni cura onde assicurarne la riuscita in pien’aria per la conside- razione che esse possono essere oggetto di ulteriori studii ed anche perchè di talune sorte di gomme del commercio non si Riferendomi ora particolarmente alle Specie produttrici di gomma elastica più note, la nostra attenzione va anzitutto rivolta alla Castilloa elastica, che figura fra quelle coltivate di Cartagena, Guayaquilstrips, ecc. Secondo le provenienze. Col- tivasi estesamente nel Messico, nell’ America centrale, nella Venezuela, nel Perù, nell’Equatore e nell’Indie Occidentali Essa presenta un’area di diffusione più vasta e, quel che più Interessa, più settentrionale delle specie di Hevea, le quali, com'è noto, appartengono pure al continente Americano e for- Miscono anch’esse eccellenti sorte di gomma elastica. Tuttavia Sr DR la Castilloa elastica è sempre da considerarsi come una specie per eccellenza tropicale, le cui esigenze climatiche non difte- riscono gran fatto 0 sono pochissimo differenti da quelle delle altre specie che forniscono le migliori e più comuni, sorte di gomme americane, cioè le Hevea, il Manihot Glaziovi e le Ce- cropia. Per questa considerazione resterebbe a priori escluso che la coltura della Castilloa elastica sotto il clima di Palermo potesse dare dei risultati in qualche modo incoraggianti dal lato economico. tiche ed anche la medesima provenienza dalle province del- l’America Centrale e del Messico, la esperienza conferma in gran parte tali previsioni. Esporrò tuttavia i risultati delle mie osservazioni, le quali si riferiscono alla vegetazione di un solo individuo di C. ela- stica della età di circa 4 anni. Esso proviene dalla germina- zione di alcuni semi ricevuti dal Ministero d’ Agricoltura ed 4 è l’unico che ancora si conserva in piena vegetazione custo- dito colle debite cure. La piantina venne da principio conservata in una serra tiepida. La sua vegetazione è stata nei primi due anni lenta, relativamente più rapida in quelli seguenti ed oggi l’esem- plare ha raggiunto un’altezza di metri 1,10, Il suo aspetto è i del tutto normale: rami laterali vigorosi, espansi orizzontal- La mente con foglie distiche, un po’ inclinate in giù verso l’api- ce, molto ampie, lunghe persino 32 centimetri; stipole larghe € lunghe fino a 6 centimetri. Il fusto presenta alla base un diametro di centimetri 4 e quasi a fior di terra spuntano delle radici avventizie. Il massimo sviluppo corrisponde ai mesi in cui la tempe- ratura raggiunge il più alto grado, cioè nell’estate ; la vege- tazione declina in autunno e cessa poi completamente nell’in- Verno per rinnovarsi quindi alla fine della primavera. La tem- peratura invernale di Palermo, raggiungendo una media di +12° €. con frequenti abbassamenti notturni tino a +6° od an- che meno, non potrebbe essere sopportata da individui cresciuti. all’aperto. Ho potuto determinare che il limite estremo di re- sistenza di questa pianta alle basse temperature corrisponde & circa + 7° 0. g NO Sn Più sensibili al freddo sono le giovani piante. Ho avuto a mia disposizione qualche centinaio di esemplari di piantine provenienti da semi inviatimi dalla Guiana Inglese e non ostante le più diligenti cure, nemmeno un solo esemplare ha potuto resistere al elima invernale di Palermo. È da notare che la germinazione ha luogo facilmente, pur- chè la temperatura dell’aria non sia al di sotto di 20° C. Du- rante la estate i semi germinano nel corso di una settimana all’aperto e prima che sopraggiunga l autunno le piantine hanno già raggiunto un'altezza dai 20 ai 25 cm. Sotto il riguardo della resistenza al clima invernale di Pa- lermo è molto istruttivo un confronto della Castilloa elastica colla Coffea arabica. Quest'ultima, come particolarmente dirò in un’altra mia relazione, ha potuto sopportare all’aperto cin- que inverni consecutivi con vegetazione rigogliosa accompa- gnata da abbondante fruttificazione. Solamente le ecceziona- lissime basse temperature dell’inverno scorso hanno in parte danneggiato le colture, Un altro confronto più istruttivo è quello che può farsi col comportamento dell’ Adansonia digitata (Baobab) sotto il clima di Palermo. Anche questa pianta è sensibile ai nostri inverni ed il suo coefficiente di resistenza alle basse tempe- rature sembra corrispondere da noi esattamente a quello della Castilloa elastica. La qual cosa potrebbe farei pensare alla possibilità d’iniziare esperienze di coltura della Castilloa in Eritrea e ricercare se oltre alla temperatura gli altri elementi della prosperità fisiologica possono concorrere favorevolmente e consigliare la introduzione di quella pianta nei nostri pos- menti. Probabilmente le stesse conclusioni potrebbero trarsi ri- guardo alla coltura delle Hevea sotto il clima di Palermo, anzi, dato il carattere più spiccatamente tropicale di queste piante, non credo, sia a dirittura il caso di iniziare qualun- que esperienza di coltura delle stesse. orse non potremmo dire il medesimo del Manihot Glaziovi e dell’Hancornica, le quali, quantunque proprie della regione tropicale d’America d Su a notevoli altitudini in modo da potersi probabilmente adat- tare al nostro clima. i m proposito non essendo ancora riuscito a ritirare dei semi dai luoghi di origine. SS; 00 In complesso, quantunque non molto completi i miei stu- dii, si può affermare che le specie, le quali forniscono le va- rie sorte di gomma elastica di provenienza americana, non possono convenientemente adattarsi alle condizioni di clima lel Mezzogiorno d’ Italia. Probabilmente farà eccezione il Manihot Glaziovi; ma fino a questo momento nulla, ripeto, posso affermare di sicuro. La nostra attenzione va invece rivolta alle fonti asiatiche di gomma elastica alle quali l’industria attinge anche un ec- cellente prodotto. Tali fonti sono rappresentate da molte specie di Ficus e fra queste primeggia il Ficus elastica, il quale, com’è noto, può considerarsi la pianta per eccellenza classica della gom- ma elastica del continente asiatico. Tuttavia meritano atten- zione altre specie dello stesso genere, poichè tutte, chi più chi meno, contengono della gomma elastica nei loro latici. Una ricca e variata collezione di tali specie viventi può of- frire al chimico opportuno materiale d’ importanti studii nel- l’interesse dell’industria. Epperò allo scopo di preparare sif- fatto substrato di ricerche, le mie cure sono state principal- mente rivolte alla introduzione e coltivazione di un numero di specie di Ficus più grande che mi fosse stato possibile in pien’aria; ma dato il breve tempo, soltanto di poche sono in grado di dare delle informazioni sulle attitudini alla coltura come piante da gomma elastica. Riferirò per ora solamente alcune notizie sopra due specie: il F. magnolioides Bzì e il F. elastica Roxb. Col nome di Ficus magnolioides ho descritto pochi anni fa (Bullettino del R. Orto Botanico di Palermo, I, pag. 47) una Specie forse originaria dell’ Australia, molto diffusa nei giar- dini di Palermo e nota colla denominazione di Ficus nervo- Sa (1). Fra tutte le specie di Ficus coltivate all’aperto da noi è la più elegante e la più pregevole per la maestà del porta- mento. Le sue caratteristiche radici aeree pendono come co- lonne e richiamano alla mente le bizzarre forme dei. gigante- Schi Fichi dei Baniani dell’India. La sola chioma di uno di cotesti alberi può coprire una superficie di terreno di oltre 500 e Oltre alla grandiosità del portamento quest’albero si (1) Probabilmente è una specie molto affine al F: macrophylla, Desf. si GR — distingue per una rapidità di accrescimento che ricorda il ri- goglio vegetativo di molti vegetali delle regioni tropicali. Basti dire che la sua vegetazione non è mai interrotta nel corso dell’anno, nemmeno durante l’inverno €e suole fruttifi- care persino due volte all’anno : caso molto raro e forse nuovo dovuto probabilmente al cambiamento di clima. Date quindi siffatte eccellenti attitudini possiamo spiegarci come il F. magnolioides abbia potuto molto diffondersi nella coltura ornamentale in Sicilia e specialmente a Palermo, s0- stituendosi, quantunque di più recente introduzione, allo stesso F. elastica. Nei mesi di primavera il F. magnolioides produce del la- tice abbondante, bianchissimo, scorrevole, il quale, venuto al- l’aria si rapprende prestissimo e si trasforma in una massa dapprima pastosa, bianchiccia, filante, appiccicaticcia, che, in seguito al prolungato disseccamento, diviene solida, secca e fragilissima. La grande diffusione del F. magnolioides, la facilità della sua propagazione e coltura, la rapidità dello sviluppo e V’ab- bondanza del latice servirono sulle prime a fermare la mia attenzione su questa pianta, ineoraggiato anche dai consigli del prof. Schweinfurth. Analisi chimiche del latice fatte ese- guire in varii laboratori davano risultati discordanti, od al- meno non definitivi. La quantità della gomma contenuta fu persino ragguagliata al 30°/,. Nel dubbio che la incertezza dei risultati potesse dipendere dalla età delle piante e dalla stagione, furono rinnovate le indagini e continuati gli studii. Infine parvemi opportuno di sottoporre ogni definitivo giudizio allo esame di uno stabilimento tecnico e mi rivolsi alla bene- merita Ditta Pirelli e C. di Milano, il cui parere è stato il seguente : ; «.... Detto latice contiene il 36 !/, °/, di prodotto di coagu- lazione, il quale si compone di : Caoutchone, qualità molle e mancante di nervo . 7,60 °/, i ischi i nessun valore ‘ 91,00 » Frammenti vegetali: <- .-.. .. 0... . . 140> È quindi un prodotto povero di caoutchoue e scadentissimo che non può interessare la nostra industria. » | Per altra via e per fini differenti i medesimi risultamenti sono stati confermati dagli studii chimici del D. Harries, il quale venuto a Palermo col proposito di compiere delle ricer-. "0 a che sui latici di alcune specie di Ficus coltivati nel nostro Orto Botanico, rilevava nel latice di questa stessa specie la presenza di scarsissima quantità di gomma elastica (1). Molto più importanti sono invece i risultati degli intrapresi studi relativi al Ficus elastica. Da quest’albero, com’è noto, provengono le ordinarie sorte di gomma elastica di origine asiatica conosciute nel commercio coi nomi di caoutehouc di Assam, di Penang, di Singapore e di Giava, secondo i luoghi d’importazione. Fra le varie specie a latici gommiferi il F. elastica è forse la sola che si allontana un po’ più che le altre dai confini della regione tropicale, potendo essa raggiungere sin quasi il 28° L. B. È molto utile il precisare anzitutto le condizioni della geografica distribuzione di questa specie e stabilire dei confronti coi caratteri del clima di qualche provincia dell’Ita- lia meridionale. F. elastica è pianta originaria delle regioni orientali dell’Imalaja. Ragginage l'estremo suo limite settentrionale ed anche la massima intensità di diffusione nel Sikkim, provincia nord-orientale dell’India, e costituisce una delle forme carat- teristiche della Flora di tutte quelle valli e pendici e creste montane tuttora botanicamente poco esplorate, appartenenti al bacino del Tista. Da questa regione esso estendesi verso mezzodì ad oriente attraverso il territorio degli Assam, dei Khasi e dei Naga e raggiunge quindi i poggi e le pianure del Bengala e del Burma. Nella sua parte settentrionale, 1 area di diffusione comprende un paese montuoso, ricco di valli e corsi d’acqua, il quale, tenuto conto delle abbondanti precipi- tazioni atmosferiche, si può dire sia il più umido del mondo. La flora partecipa in gran parte di quella dei paesi temperati. L’inverno è infatti mitissimo, non essendo raro il caso che il termometro discenda sino a 0° nelle parti più elevate e sco- verte dei monti, sin dove possono anche elevarsi le boscaglie di F. elastica. Anche dentro i confini del territorio degli As- sam, specialmente verso l’estremo lembo nordico del Bacino del Bramapnutra, dove quest’albero prospera egualmente rigo- glioso, la mitezza del clima invernale ci richiama alle condi. zioni da natnra della nostra Sicilia. E per una singolare com- È (!) Bericht. d. dentsch. chem. Gesellsch. fase. 15, 1904 fa binazione la isoterma di 10° C. del mese più freddo nell’anno, cioè di gennaio, la quale attraversa in tutta quanta la sua estensione siffatto territorio, comprende nel suo percorso, oltre il Basso Egitto e la Grecia, anche la Sicilia e estrema punta meridionale della Sardegna e della Spagna. Anzi, per essere più precisi, oscillando la media invernale di Palermo e delle parti plù meridionali dell’Isola fra 10°, 9" C. e 11°, 8’ C., detta linea si sposta leggermente verso settentrione io così quasi per intero la Sicilia fuori della linea stessa e compresa in una zona che per mitezza di SEO invernale si può para- gonare col Basso Egitto e con Alger Il F. elastica possiede uno È Salta potere di adatta- mento alle variate e variabili condizioni dell'ambiente; ma non eredo che esso possa sopportare temperature invernali in cui la media mensile sia inferiore a 10° C. Epperò lo stesso clima dell’inverno di Napoli e quello della Liguria non offrono suf- ficienti garenzie perchè la pianta possa convenientemente pro- sperare senza ripari all’aperto. Sicchè, come è noto, fuori della nostra Isola, delle parti meridionali della Calabria e della Sar- degna, della Grecia e della Spagna, il F. elastica, è una pianta da serra, dove viene coltivata specialmente per trarne piccoli soggetti in vaso a scopo decorativo. Nessuna pianta infatti è più diffusa e più nota di questa nei paesi temperati ed anche freddi dell'Europa. Essa è l’ornamento più comune del salotto, degli appartamenti, delle scale e di tutti i locali riparati e chiusi per lo più riscaldati nell’inverno. Forse è una delle poche che sopportano con meravigliosa tenacia la poca aerazione de- gli ambienti spesso viziati dall’uso di stufe o caloriferi; ma in tali condizioni la sua vegetazione non è molto rigogliosa ed occorrono molte cure per prolungare oltre a un paio d’anni la vita di tali soggetti. Anche ciò è prova delle singolari at- titudini di questa specie a resistere alle variabili e spesso poco favorevoli condizioni del mezzo circostante. Molto spiccato è ancora il suo grado di resistenza alla sec- chezza. Difatti nei paesi originarii, dove le abbondantissime piogge e l’aria per sè medesima costituiscono un ambiente ec- cessivamente umido, il F. elastica germina e cresce epifitica- mente sui tronchi di altri alberi, che circonda e investe da ogni lato colle sue copiose radici aeree, e solamente più tardi. acquista una completa indipendenza, quando le radici stesse, raggiunto il terreno, si sono approfondate e ingrossate a mo’ det. di colonne. Sovente la pianta ospitatrice rimane sopraffatta dallo sviluppo «del Ficus, al quale in ultimo finisce col cedere interamente il terreno. Altrove invece, particolarmente nel mezzogiorno dell’India e a Ceylon, il F. elastica si comporta come un albero terre- stre qualunque. Esso svolge, è vero, un copioso sistema di radici aeree ; ma l’insierue dell’abito della pianta è differente che nelle parti settentrionali e nelle valli umide del’ Annam. Nei climi nostri la produzione delle radici avventizie aeree è molto scarsa; anzi essa è limitata solamente alla base del tronco, nelle regioni di questo più vicine al terreno. Quantunque il F. elastica prosperi in Sicilia collo stesso rigoglio come in Egitto e in Algeria, tuttavia esso è da noi una pianta pochissimo diffusa nella coltura ornamentale, a causa che in Sicilia il suo posto è stato usurpato da una tren - tina d’anni a questa parte, come piante decorative, dal F. magnolioides e dal F. Benjamina: l’uno e l’altro di eresci- mento rapido, non interrotto tutto l’anno e di facile propaga- i zione per margotte. Non poteudo nei paesi del continente e più temperati del nostro queste due ultime specie, perchè meno resistenti al freddo, sostituirsi al F. elastica, il com- mercio orticolo siciliano avrebbe potuto avvantaggiarsi colla i coltura dello stesso F. elastica a scopo di esportazione. Ma ‘D ciò finora non è avvenuto, perchè in generale il commercio dei prodotti orticoli col Continente ha pochissimo sviluppo in Sicilia. sui Il F. elastica cresce in Sicilia in condizioni che, potrei dire, del tutto normali, a dedurlo dalle osservazioni fatte in Questo R. Orto Botanico. Perchè una pianta, trasferita da un paese a un altro, possa dirsi completamente adattata alle nuove condizioni di natura, occorre che la sua ‘vegetazione si compia regolarmente, in modo che, allo sviluppo normale di rami e foglie segua rego- larmente la produzione di fiori e frutti. Così, talune specie di origine tropicale e che da lungo tempo si coltivano in pien’a- | ria nel nostro Giardino, quantunque in apparenza vegete e | rigogliose, non possono dirsi completamente adattate al nostro "E > clima perchè rimangono ancora allo stato sterile. oa 4 ur Nel F. elastica, coltivato in questo Giardino, la produzione. di fiori e frutti è regolare quasi tutti gli anni in alberi che | #bbiano superato presso a poco l’età di 10-18 anni. Forse in i RC 1 DEE climi più meridionali cotesto periodo «i preparazione alla fase riproduttiva sarà più corto, essendo colà più rapida e più ri- gogliosa la vegetazione; mentre poi gli individui custoditi in serra e destinati a fornire margotte per decorazione de’ sa- lotti, sembra siano condannati a perenne sterilità. Quest? ul- tima circostanza rappresenta forse un vantaggio per il com- mercio, giacchè, passando allo stato riproduttivo, le piante perdono ogni pregio di eleganza: le foglie, per ordinario am- pie, lucenti e di un bel verde, divengono più piccole, impal- lidiscono alquanto e diminuisce il lor grado di lucentezza. Ho potuto notare anche a questo proposito una certa dif- ferenza fisiologica confrontando gli individui sterili con quelli fiorenti, almeno sotto il clima di Palermo. I primi sono quasi tutto l’anno provvisti di foglie, lo sviluppo delle quali è quasi continuo per tutta l’annata quantunque esse non abbiano che la durata di pochi mesi. Gli altri invece si spogliano quasi completamente di foglie verso la tine delia primavera e il fe- nomeno ha luogo con tale rapidità, che la pianta sembra col- pita da improvviso malore. E colla stessa rapidità si aprono le gemme foglifere e svolgonsi nuovi ramoscelli. All’ ascella delle giovani foglie compariscono allora i fiori, disposti a COp- pie e della grossezza di un chieco di pisello ma un po’ bislun- ghi. A maturità i frutti pigliano un colorito nericcio-azzUrro- gnolo e sono dolci, mangerecci e rieordano al gusto i Fichi comuni neri. Questa sorta di dimorfismo (eterotillia) fra individui sterili e fiorenti non è un fenomeno raro in altre specie dello stesso genere Ficus, come ho potuto io stesso osservare nel materiale di coltura di questo R. Orto Botanico; ma nel F. elastica il caso sembrami importante, poichè il passaggio allo stadio ri- produttivo sembra che modifichi le qualità chimiche dei suc- chi elaborati dalla pianta facendo acquistare a quest’ ultima quel grado di maturità economica e quelle particolari attitu- dini tecniche da cui dipende il valore industriale, come dirò poi, della pianta stessa. | Resta dunque dimostrato che la vegetazione del F. elastica in Sicilia si compie in condizioni quasi del tutto normali, se non colla medesima rapidità, come nelle contrade più vicine all'equatore e più ricche di precipitazioni atmosferiche. Allo stesso modo esso cresce in Calabria e nel mezzogiorno della be Sardegna. Ho visto degli esemplari di differenti età, e Quan: | a Se, A tunqune non fossero stati mai coltivati con particolari ed eccè- zionali cure, ho notato in essi un relativo straordinario rigo- glio di vegetazione. Così, un albero di F. elastica di circa 15 anni coltivato in questo Giasdino, misura un tronco di +0 cm. 2A di circonferenza verso la base; uno di circa 30 anni presenta È una circonferenza di m. 1,35. La chioma dei detti alberi oc- Si cupa una superficie di 30 a 40 mq. con un’altezza di 6 a 10 - metri. Mi fu riferito dal Capogiardiniere di questo R. Orto 3. che fino a pochi anni addietro esisteva in una villa signorile ai di questa città un albero della ‘stessa specie avente un tronco | di una circonferenza da 2,50 a 3 m.; avrebbe avuto un’età di 50 a 60 anni. Dopo ciò il problema più importante da risolvere è quello di ricercare se il latice delle piante cresciute sotto il nostro cielo e coltivate nei nostri terreni, possa con profitto essere impiegato nella estrazione e preparazione della gomma elastica secondo i bisogni dell’industria. Già la medesima quistione era stata proposta in questi ultimi anni dal Sig. Vilboucheviteh, direttore del «Journal d’Agriculture Tropicale » a proposito dei Ficus elastica colti- vati in Egitto e in Algeria. Uua Sorta di referendum, indetto dal medesimo sull’argomento, aveva dato risultati molto in- certi e discordanti. In generale si affermò che il latice di quelle piante fosse poverissimo di gomma elastica e 500 de: ciò non valesse la pena d’intraprendere delle coltur industriale; e se ne volle cercare la causa prati ch deficienza a ragioni di clima, oppure alla natura delle piante Stesse coltivate. Da altri invece fu asserito che sotto il cli- ma dell’Egitto non sarebbe stato difficile 1’ ottenere della buona gomma elastica. lamente in questi ultimi mesi la quistione ha guada- | gnato terreno più sicuro ed in questo momento può dirsi com- Dletamente risoluta mercè le ricerche del Sig. L. Fabre, resi dente al Cairo, e quelle eseguite, quasi Interazione € indipendentemente in questo R. Orto Botanico. Infatti in una lettera del 17 Febbrajo di quest'anno, pubblicata nel N. 45 del «Journal d’Agriculture Tropicale », il detto Sig. Fabre dà alcune notizie sul latice dei F. elastica coltivati in Egitto 10 inviando nello stesso tempo, al Direttore di quel giornale della | gomma greggia estratta e preparata dai medesimi. Il detto + Prodotto veniva dai fratelli Hecht, siena di caoutehone > ie i in Parigi, giudicato di eccellente qualità assegnandovi il prezzo di L. 13,50 al chilogrammo. Entrato in relazione col Sig. Vilboucheviteh nel Marzo di quest'anno, mi affrettai inviargli dei saggi di gomma elastica greggia preparata dal latice dei F. elastica coltivati in que- sto Giardino e l’esame tecnico e commerciale fatto eseguire dagli stessi negozianti, fratelli Hecht, pienamente confermava le buone qualità del prodotto siciliano espresse dal prezzo at- tribuito in L. 11,50 il chilogrammo. - Desiderando dare al giudizio una base ancor più sicura, mi sono rivolto alla Ditta Pirelli e ©. di Milano, inviandole una certa quantità di gomma elastica siciliana greggia per- chè, se per caso il parere sulle qualità tecniche della stessa fosse favorevole, si compiacesse di fabbricare qualche piccolo oggetto da servire come campione dimostrativo. Nel rinnovare a quella benemerita Ditta i sentimenti di mia gratitudine per l’interessamento col quale ha voluto oc- cuparsi della soluzione della importante problema, piacemi qui di riferire integralmente il giudizio dato sul valore del prodotto siciliano : Milano, 5 maggio 1905. «....Abbiamo ricevuto la pregiata Sua in data 5 Maggio riflettente il caoutchouc ricavato da alcune piante di codesto spett. Orto Botanico. Già alcuni giorni prima il Prof. Menozzi ci aveva interessato alla quistione, riferendoci il di Lei desi- derio e mandandoci dei campioni da esaminare. Siamo quindi lieti di poterle dare subito il nostro giudizio, risultante da un esame a cui abbiamo dato ogni nostra migliore attenzione. L’esame fatto nel crgata gabinetto chimico ha dato il se- | guente risultato : Perdita per depurazione di: asciugazione pr usi nno ed agri CR : (6,85% Resine ni ; ù 47%, Ceneri 3:25 %o Giobitelaito; sodaprese © quantità quasi i trascarabili di . frammenti vegetali . . CR ab Le resine sono fragili a temperatura ordinaria, il loro punto i di fusione è superiore ai 100° C., la loro reazione perfettamente neutrale. 1 Il caoutchoue è piuttosto nervoso, ma facilmente ossidabile già a 70 C. come tutti i caoutehoue delle gomme di categorie basse. Passata a fabbrica la gomma depurata, ne furono tratti tre dischetti di cui le unisco campione. Contensono tutti il “ di zolfo; il bianco contiene inoltre 50 ° di ossido di zinco, ed il rosso 20 °/ di solfuro d’antimonio; la vulcanizza- zione è stata fatta in diversi periodi, fino ad ottenere il mi- glior grado possibile di elasticità e di compattezza. In complesso il giudizio tanto del nostro Laboratorio sul campione di gomma greggia, come del nostro Personale Tec- mico sul trattamento industriale, porta a concludere che si tratta di gomma abbastanza buona, anche per applicazione nell’industria, ma di II. categoria ed il cui valore potrebbe aggirarsi intorno alle L. 10 a Chilogrammo, sulle basi dei prezzi altissimi attualmente vigenti per le gomme gregge. Mentre ci è grato comunicarle quanto sopra, ei dichiariamo Sempre a Sua disposizione, ben lieti se potremo ancora essere utili in qualche modo nei suoi interessanti esperimenti e colla massima stima ci rassegniamo. Firmato PIRELLI Dopo questo giudizio, non resta alcun dubbio che il F. elastica, coltivato nei giardini di Palermo, possa dare un pro- dotto tecnicamente rispondente ai bisogni dell’industria. Se però esso è stato giudicato di ILL categoria, la differenza di | Prezzo, rispetto a quello di I. categoria, non è in sostanza She di qualche paio di lire. Del resto il valore assegnato cor- + risponde presso a poco a quello ordinario delle gomme di ori- | gine asiatica. Tenendo poi conto che il prodotto grezzo non | è stato nè lavato, nè in alcuna guisa trattato prima di es- Sere sottoposto al giudizio dei tnenicà, questo risultato è quanto mai soddisfacente. . Resta però ancora da esaminare se la quanta del pro- lotto e le spese necessarie ad una possibile coltura, possano incoraggiare la introduzione e diffusione di questa pianta nel | nostro Mezzogiorno a scopo economico. ; a prima quistione non | posso. ancora rispondere con Pon, (; ea dati sperimentali precisi. Posso solamente affermare che le piante maggiormente produttive da noi sono quelle che hanno raggiunto un’età superiore ai 15 o ai 18 anni. Ed in ciò non vi sarebbe nulla di straordinario, perchè anche le piante di Limone cominciano a dare un prodotto normale abbondante su per giù a quella medesima età. Nel F. elastica è necessario dunque un certo vigore vegetativo ed uno stato fisiologico particolare, perchè il latice sia non solo copioso per sè stesso, ma anche abbondante di gomma elastica. Ciò concorda colle indicazioni dei pratici. Ora, cotesto partico are stato fisiologico degli individui è probabile che corrisponda alla età in cui la pianta è suscettiva a riprodursi per semi. Tale giudizio sì fonda sulla osservazione di alberi non ancora fiorenti, i quali, sebbene avessero un tronco del diametro di 12 a 15 centime- tri, presentavano un latice molto diluito e povero di gomma. Questa poi prendeva un colorito più seuro, quasi nericcio ed aveva un odore grave pronunziato. Nonostante tutto questo io non sono per ora in grado di dare un giudizio sicuro sulla quantità di gomma greggia for- nita dagli alberi di questo Giardino e che furono oggetto di esame ; e ciò perchè da una parte non è ancora provato che divenendo essi più vecchi non daranno un prodotto maggiore, giusta le premesse considerazioni, dall’altra per il fatto che le incisioni furono eseguite a caso, con mancanza di conoscenze pratiche sulla materia. Anche quest’ultima circostanza è di grande valore. i Un'idea sicura sulla stagione più conveniente in cui si do- vrebbero praticare le incisioni per ottenere il massimo della produzione possibile, si potrebbe acquistare disponendo di suf- ficiente materiale di studii. Nel mio caso la estrazione venne | praticata nei mesi di Marzo e nei primi d’Aprile e mi parve che il latice dovesse essere più tardi meno copioso e relativa- mente poco scorrevole. La raccolta della gomma greggia fu fatta incidendo la scorza con tagli profondi fino a raggiungere e sfiorare il legno sottostante. Le incisioni avevano la forma di un V ed il latice lasciavasi liberamente fluire 'e trascorsa una giornata, il prodotto, rappreso e coagulato, veniva stac- cato e raccolto sotto forme di lunghe striscie facilmente s@- parabili. : i |’ La quantità di gomma elastica greggia raccolta da un solo > | albero con tal metodo, affatto primitivo, è stata all’incirea di (ife un chilogrammo; ma ritengo che se ne avrebbe potuto estrarre una quantità quasi doppia se l'operazione non fosse stata so- spesa per evitare un inutile consumo di un materiale prezioso per ulteriori studii. I quali si rendono ancora necessarii per al- tre considerazioni e specialmente per il fatto, già segnalato dai pratici, che la quantità percentuale di gomma contenuta nel latice di F. elastica varia secondo i mesi in cui si effettua la estrazione; per cui non è escluso che la cifra di 74, 43 °/, di caoutehou riscontrata dal Pirelli nella gomma greggia da me inviata, potesse anche essere più alta a maggior vantaggio Da; del prodotto siciliano. La conoscenza dunque di siffatto elemento è di primissima PA a mie osservazioni non possono dare che un va- lore indizia ci in ultimo alla quistione della coltura, si può forse con maggiore ottimismo affermare che non sieno all’uopo ne- cessarii grandi sacrifizii di spese e di cure. Nel nostro Orto Botanico i più grandi esemplari di F. e- lastica non sono stati mai oggetto di speciale trattamento. . Essi vengono innaffiati ogni 10 o 15 giorni nella estate, come in generale gli altri alberi. Nessun lavoro è stato eseguito al terreno, salvo a ripulirlo dalle erbe infeste. Per esperienza propria e per affermazione di giardinieri, posso anche aggiun- gere che questa pianta può da noi sopportare a lungo la sic- cità estiva ; come le abbondanti irrigazioni affrettano il suo sviluppo. Ho visto margotte di 3 anni, piantate in terreno profondo e sciolto ed irrigate regolarmente ogni settimana, ed il loro tronco misurava 8 centimetri alla base. E’ quindi da concludere che in terreni di buona qualità, quali quelli che vengono ordinariamente impiegati per la coltivazione degli agrumi, copiosamente irrigati, opportunamente concimati e la- vorati, la coltura sarà facile e lo sviluppo di piante forti e rigogliose più pronto. Io ritengo che nel corso di 10 anni, date | Simili condizioni di coltura si potranno ottenere dal soggetti robusti e produttiferi. Tali colture Disigbiero anche, ulclit nei primi cinque o Correa nella coltura degli Agrumi. sS - na scelta razionale delle piante usiponasi dal consociarsi > : pote dare buoni risultati. sei anni, utilmente consociarsi ad altre di valore, p. es. orta- = lizio, poichè le piante di F. elastica sono per lor natura poco rieche di rami e quindi non aduggerebbero il terreno come RI, ge CONCLUSIONI Dalle considerazioni e dai fatti suesposti risulta che il Fi- cus elastica è la sola pianta produttrice di gomma elastica fra quelle, finora coltivate in questo R. Orto Botanico, sulla quale possiamo fermare la nostra attenzione. Essa prospera liberamente sotto il clima di Sicilia, dell’e- stremo mezzogiorno della Penisola e della Sardegna, ove com- pie il suo regolare e normale periodo di vegetazione. L’accrescimento di essa è continuo tutto l’anno, il che di. mostra che l’adattamento di questa pianta al nostro clima è già completo, com’è il caso degli Agrumi. In confronto a questi ultimi la vegetazione è più rapida se la coltura vien fatta in terreni irrigui e colle debite cure. La produttività del F. elastica sotto il clima di Palermo, è dimostrata dai buoni risultati delle analisi chimiche del pro- dotto greggio e dal favorevole parere dei tecnici sul medesimo. Esso contiene circa il 75 °/, di gomma elastica utile ai varii scopi industriali e di eccellente qualità come ne fanno prova i dischi preparati dalla Ditta Pirelli e C. La quantità del prodotto ricavato da un albero adulto può ritenersi mediocre. Ma ulteriori studii sono necessarii per de- terminare con precisione l’epoca dell’anno della massima e della migliore produzione. Anche ulteriori ricerche, su più larga scala, sono deside- rabili per precisare meglio i probabili vantaggi economici di questa possibile nuova industria che va segnalata all’ atten- zione degli agricoltori del Mezzogiorno. mia opinione personale infine che, colla perseveranza e col sussidio continuato della esperienza, il problema della coltivazione delle piante da gomma elastica del mezzogiorno | d’Italia possa in un avvenire non molto lontano essere risoluto. In Egitto, da pochi anni in qua, prima ancora che si posse- | dessero dati sperimentali sicuri sulle buone qualità del prodotto - 80R0 state iniziate piantagioni dello stesso F. elastica per 0- ra di alcuni speculatori inglesi. L'inghllterma in questa lotta per diftondere la coltivazione delle piante da gomma elastica ha dato prova di una grande pertinacia. Governo e società private, col sacrificio d’ingenti capitali, hanno continuato da trent'anni a questa parte e con- Se. tinuano sempre tenacemente a battere la stessa via, pur fra le tante disillusioni e sconfitte provate. Essi cominciano ora a raccogliere qua e là i frutti della vittoria; ma il sempre crescente bisogno di nuove fonti di caoutehoue ed anche il sempre crescente aumento dei prezzi accrescono l’ardore nell’in- trapresa e la speranza del successo. Ed io mi auguro che il mio voto possa essere preso nella debita considerazione dall’Eccellenza Vostra. Il Direttore A. Borziì. ELI | banani da introdurre nelle nostre colture. Nel precedente numero di questo Bollettino il signor V. Riccobono ha trattato della « Coltura dei Banani in Sicilia » fermandosi più specialmente sul rendimento economico della Musa Sapientum. Poichè con certezza questa coltivazione è de- stinata a rendere grandi servigii all’orticolt ed al commercio locale, non è ora fuori luogo additare altre specie e varietà di BANANI (specie diverse del genere Musa), che possono util- mente venire introdotte. na Classificherò la Musa in cinque categorie : 1. Banani oleracei. | Piante senza rigetti alla base, con asse del germoglio molto robusto e grosso ed a foglie grandissime e numerose, con fiori sterili. numerosi all’ascella di brattee grandi, con ipa coria- cei a semi grossi e poco numerosi. Comprendon Musa Pnsete Gmel.=M. edule ia dell’ A bis- sinia. ia Kirk.—Africa centrale. — oleracea Wiell. _ Banksii Muell. 2. Banani a frutti carnosi : "uo della Musa Sapientum Linn. | Piante con rigetti alla base, con asse del germoglio di mediocre bpeasore. eda allo grandi, con fiori sterili su rachide % casi: molto lunga e curva, con frutti carnosi 0. semicarnosi prima flel completo sviluppo dei semi, con semi della grossezza di un piccolo pisello e tendenti ad abortire quando la pianta è sottoposta a coltura. Comprendono : Musa Sapientum sensu latiore. — var. edulis Terr. A.— M. Sapientum Linn : frutto di mediocre grandezza, a polpa molle e mangereccia : fiori sterili e brattee caduche. — — var. paradisiaca Terr. A.— M. paradisiaca Linn. : frutto grande, lungo, a polpa mangereccia solo quando è cotta; fiori sterili e brattee persistenti. Alle due varietà si collegano come forme più o meno distinte : M. alphurica Rumph.= M. Berteroniana Colla. — Molueche. — corniculata Rumph.—Lubang e Malgascia. — seminifera Lour.—Cocincina. — chinensis Sweet.—Malesia e Cocincina. 3. Banani ornamentali. Piante con numerosi rigetti alla base, con asse del germo- glio di mediocre spessore ed a foglie piccole, con tiori e brattee vivamente colorati su infiorescenza diritta, con fratti coriacei. Comprendono : Musa ornata Roxb. — India. — speciosa Tenore. — sanguinea Hook. — India. — coccinea Andr. — China meridionale. 4. Banani a fibre tessili. Piante con rigetti alla base, con asse del germoglio lun- ghissimo ed a foglie grandi, con fiori pochi e frutti verdi che difficilmente maturano. Musa textilis Nee. — Malesia. Amboina, ete. 5. Banani coloranti. Piante con rigetti alla base, con asse del germoglio lungo e grosso ed a foglie mediocri, con fiori scarsi e frutti sgradevoli. Musa Fehi Bert. — Oceania e Malesia. e" Descriverò qualcuna delle più importanti specie e varietà, essendo così più facile ai nostri orticoltori di ritirarle dagli Stabilimenti e coltivarle. 11 —_ 82 1». categoria : 1. M. Ensete Gmel. — Germoglio molto poderoso, robusto, alto. Foglie ellittiche intiere, con costola mediana molto spessa e porporina, con picciolo corto a margini rieurvi e bruni ; guaine fogliari carnose, canalicolate, persistenti dopo la caduta delle foglie e divaricate. Rigetti alla base del germoglio ot- tenuti solo artificialmente dopo la recisione di esso. Spadice corto, ricurvo : spata ovale, blanceolata, rosso-bruna, rigonfia. Fiori con tepalo inferiore lungamente mueronato. Frutti oblun- ghi, piriformi, con uno a tre semi grandi. Questa specie, spontanea nelle montagne di Abissinia, vive da noi prosperamente all’aria libera. Nei paesi nativi dà un buono alimento, che si ricava dalla parte interna del picciolo carnoso, dal centro e dalla base del germoglio, e dalle radici; è con ciò, che, messe a fermentare in speciali buche per uno a tre anni, si preparano le gallette di ensete. Gli indigeni mangiano cotte le parti tenere del germoglio. 2. M. oleracea Wiell. — Germoglio rossastro (verde in una sola varietà), rigonfiantesi alla base in un corpo carnoso, ricco di fecola. Le foglie sono verdi nella pagina superiore, e glau- che nella inferiore, con picciolo lungo, gracile. Non fiorisce mai sul littorale della Nuova-Caledonia, ove si trova ordina- riamente coltivata. Gli. indigeni mangiano questa fecola dalla quale si può preparare anche gallette condendola con zucchero. 3. Agli stessi usi delle due precedenti potrebbero essere coltivate M. Livingstoniana e M. Banksii, ma esse sono poco note e mancano aftatto nel commercio orticolo per tentarne l’introduzione. Per le specie sopra enumerate confrontisi: Engler. Die Pflanzenwelt Ost-Afrikas. II. p. 99-101, 526. — Aggiungerò di più, che la M. Ensete è spontanea in Eritrea, nello Sci- menzana, e che là viene utilizzata e per la farina che si ot- tiene dalla fermentazione degli steli, e per la fibra tessile lu- cida e bianca come seta. Vedasi all'uopo: « Bollettino agri- colo e commerciale della Colonia Eritrea, IL n. 6-7. p. 82». Essa vegeta benissimo a Palermo, resistendo al rigore dei nostri inverni, epperciò facilmente può divenire oggetto di commercio. I II° Categoria: Prima di descrivere le più importanti specie, delle quali sarà facile ì’ introduzione da noi perchè qui con opportune irrigazioni e con adatte miscele di terreni, trovano quasi le stesse condizioni di vita che nei loro paesi nativi, occorre fare un cenno sul modo di raccolta e di preparazione dei frutti. Allorquando questi hanno raggiunta la loro normale gran- dezza, pur essendo ancora verdi, si taglia lo scapo fruttifero e si deposita, diritto, entro camere molto alte, aereate, ma piuttosto buie; a poco a poco i frutti maturano, ovvero ace- quistano l’aroma e la dolcezza della polpa, per cui sono tanto ricercati. Ciò pel. commercio locale. Dovendoli inviare sui mercati più lontani, converrà invece, dopo 8 0 10 giorni di dimora nel camerone di maturazione, tagliare l'uno dopo l’altro i ver- ticilli fruttiferi e riporli entro cassette perforate, curando che ognuno sia separato dall’altro da uno strato di paglia sotti- lissima, in modo da evitare urti e contatti. I frutti già maturi sì utilizzano cuocendoli al paiolo in una qualsiasi sostanza grassa liquefatta (preferibile il burro); se ne ottengono così delle couserve, che permettono di spedirli a grandi distanze, edi essere utilizzati in ogni tempo. Quando ciò non voglia farsì, si disseccano, dopo averli pelati, al sole o al forno come i fi- chi da noi; quindi, così come per questi, si ripongono in sca- tole 0 si accomodlano a tavolette di due o tre strati tratte- nuti da stecchini di sottile bambù. — I frutti verdi alla loro volta, quando si teme non vederli raggiungere la maturità, si tagliano a pezzetti, si disseccauo o al sole 0 al forno, e quindi si polverizzano; la farina così ottenuta è quanto mai eccellente. Gli inglesi ne fauno largo uso, è la conoscono col nome di Co- quintay. Nella Colonia Eritrea la coltura dei Banani viene fatta a Keren, FregieainA Filfil con un certo vantaggio economico. Vedasi all’uopo ; « Bollettino agricolo e commerciale della Co lonia pron II. p. 21». A Palermo già da un pezzo i rie- chi signori ne ottengono i frutti per le loro mense; e spesso sul mercato sono venduti quelli in avanzo. — L’ argomento è | Stato trattato esaurientemente da « Engler. Di Pilanzenwelt. Ost-Afrikas, II. p. 91-98»; ed anche in « Nicholls. A Text- Book of Tropical Agriculture, p. 158-165 ». In questo stesso nostro Bollettino (vol. IV. p. 36-39) sono stati indicati con si- ‘curezza i metodi di coltura, le spese occorrenti per un impianto | di mq. 1300 e, durante sette anni, l’utile per ognuno dei cinque anni di raccolta, considerando i primi due anni come ASSOr- | Lola nei lavori di preparazione. 84 — Ciò premesso indicherò sommariamente i caratteri delle migliori varietà. 1. M. Sapientum Linn. — Germoglio gialliccio, macchiato di brunastro, che naturalmente produce alla base un grande numero di rigetti. Foglie numerose, d’un verde intenso, arro- tondate ad ambedue le estremità, cireondate da un margine verde-porporino spesso molto visibile, con picciolo corto e spesso anch’esso marginato di rosso. Spadier molto lungo, con la parte sterile assai allungata, inclinata verso il basso e ter- minata da gemma, con la parte fertile costituita da nove o do- dici verticilli di brattee d’un bel colore di porpora violaceo al- l’esterno, verdognolo o vinoso uell’interno, portanti tutte fiori, i cui ovarii abboniscono successivamente dal basso all’ alto. Frutti piccoli, a buccia sottile e non aderente, e polpa giallo- rosea, profumata, zuecherina; di forma oblunga o cilindrica, alquanto arrotondati alle estremità. Il loro colore varia a se- condo delle varietà colturali, sicchè ve ne ha di gialli, di verdi e di un rosso-violetto. Si mangiano erudi. Occorrono in com- mercio varietà senza semi, e queste sono certamente le pre- ferite. Col nome di M. seminifera Lour. vi ha una forma a ger- moglio altissimo, verde chiaro come le bratee ed i frutti anche a maturità. Questi si mangiano cotti, ed hanno polpa molle, poco spessa. 2. M. paradisiaca Linn. — Germoglio verde non macchiato, con numerosi rigetti alla base che spuntano naturalmente. F'o- glie verdi, relativamente spesse, ellittiche, a faccia superiore più chiara, con picciolo più crenato che in M. Sapientum, glaueo, dai margini sollevati a guaina ed in forma di doccia. Spadice più breve che in M. Sapientum e con gemma terminale ovata; brattee ovato-oblunghe, violetto-rossastre, o rosso-cenere nello inferno e violetto-ardesia nell’esterno, coperte da efflore- scenze bianche. Fiori quasi tutti fertili, in 5 ad 8 verticilli. i più grandi ed assai più lunghi che in M. Sapientum, cialio. valitai. ricurvi alla estremità e con 3 e 5 angoli varia- mente arrotondati, provvisti di polpa più dura, poco zucche- rata. Malgrado ciò, la produzione dei frutti è tale, che viene coltivata più largamente della M. sapientum. In oltre il germo- glio disseccato può venire ridotto in farina, che dà del buon pane; verde, serve come foraggio. È: D: % si 3 5 9 3 È i «ii A questa specie si collega M. corniculata Rumph., caratte- rizzata pel germoglio d’un verde brillante e munito anche di rigetti alla base, per lo spadice senza gemma terminale, a 2-3 verticilli di fiori, quasi unilaterali. I frutti sono giallo- bianchiceci, ricurvi a corno di bue, da 20 a 30 centimetri, quasi trian- seni + M. chinensis Sweet. — Germoglio molto grande in propor- zione dell’altezza (1.50 a 2 metri). Foglie d’un verde intenso, glauche disotto, relativamente spesse e corte, oblunghe, arro- tondate ad ambo le estremità, con picciolo spesso, corto, ri- curvo ai margini ed in forma di doccia. Spadice inclinato; brattee ovali, rosse nell’interno, rosso-feccia di vivi diviene all’esterno, ricoperte di pruina bianca, portanti da 8 a 9 fiori; gemma terminale ovata; frutti ricurvi, verdastri. Nei climi temperati non fiorisce e nè fruttitica facilmente, come in generale i Banani dei luoghi freddi; ma la coltura non ne è difticile, e quindi si potrebbe facilmente introdurre con speranza di successo tenendo le piante riparate a ridosso di muri ed esposte a su 4. M. alphurica Bomph. — Germoglio con alla base tre foglie bratteiformi, verdi, sessili, di dimensioni decrescenti, asse lungo, striato. Spadice portante tre verticilli perajati di fiori fertili, senza gemma terminale. Frutti giallo-pallidi, ottusi all’apice, lunghi 22 a 27 centimetri, a polpa biancastra, vi- schiosa, acidula. Questi si mangiano cotti e erudi. III", Categoria. Tutte le specie sopra dette per il rire e pel porta- mento maestoso si prestano anche bene all’ to. Oltre M. ornata Roxb., M. speciosa Ten., M. siepi Hook., M. coccinea Andr., così largamente dfffiino nei giardini e nelle serre, ricorderò qui M. rosea figurata a tavola 706 del Bot. Register, e M. Roaulii Sagot. Quest’ ultima ha germoglio poco alto, roseo; foglie tutte d’un rosso-metallico magnifico, o d’un co- lore rosso bruno a riflessi metallici, con picciolo roseo e gra- datamente confondentesi col colore delle foglie. Anche M. Pierrei Sagot ha germoglio rossastro o d’ un assai carico sino nelle meg giovanissime; epperciò è me- ritevole d’essere introdotta 1V*. Categoria. 1. M. textilis Nee (= M silvestris Rumph., M. troglodyta- . n rum BI.) — Germoglio che raggiunge sino i 7 metri di altezza. tr RIO it dia) Wo e) Foglie d’un verde cupo, ellittiche, eccetto le superiori che sono divaricate, con picciolo guainante, a margine nerastro. Spadice inclinato ; brattee ovato-acute , accartocciantesi in fuori, e portanti ciascuna almeno 16 fiori. Spadice inclinato; brattee e fiori esalanti un forte odore, alquanto solforoso. Frut- ti non mangerecci. Questa specie, contrariamente’ agli altri Banani, non ri- chiede Inoghi molto umidi, nè frequenti irrigazioni; e da noi andrebbe coltivata all’ombra di grandi alberi, sempre però @ riparo dai venti. Le guaine fogliari producono una delle più eceellenti fibre che si conoscano, sia per lunghezza (sino a 2 m. e più) che per sottigliezza e tenacità. Le fibre delle guaine interne sono più belle e più sottili di quelle delle guaine e- sterne, e rassomigliano molto alla seta. Gli indigeni di Minda- nao, Mangenada, Gibolo, Menado, ove tale specie è frequentis- sima nelle foreste di Palma a Sagou, ne preparano la stofta conosciuta col nome di Koffo. Un tempo a Parigi veniva usata a farne tessuti ricercati per grande solidità ao oggi ignoro se tale industria sia cessata. Ogni pianta può fornire 12 once o più di fibra, ed un ope- raio arriva a prepararne 25 chilogrammi al giorno. È cono- sciuta la pianta col nome di Canape di Manilla. 2. Altre Musa, da cui si ottengono fibre tessili, sono M. Sapientum Linn., M. paradisiaca Linn., M. seminifera Lour., e M. Ensete Gmel., delle quali ho sopra parlato nelle categorie prima e seconda. Le fibre delle prime due sono molto resi- stenti, e si utilizzano per farne cordami d’ogni sorta. La terza, massime in una varietà nota in Cocineina per Towille hot ruong, è degna d’essere introdotta, perchè le fibre nume- rose e sottili si prestano a varii lavori di tessitura. In Eritrea le fibre estratte dalla M. Ensete, sottoposte anche a colora- zioni diverse, non si lasciano classificare per nulla indietro alla vera manilla per aspetto e per resistenza. | Su questo prodotto secondario, che danno i Banani da frutta, è utile richiamare l’attenzione di tutti i coltivatori, giacchè le fibre si ottengono appunto dalle parti delle piante destinate a venirjbuttate via, bruciate o nel concimaio a la fruttificazione. Essendo in oltre queste molte tenere, 1’ e strazione delle fibre è d’una facilità assai grande: nè si ri chiedono all’uopo complicati strumenti, e tanto meno grandi Pisdagia Basta alla bisogna un semplice raschiatoio di legno. --; Mi. Lu In parecchi articoli della «Revue des cultures tropicales», del «Journal d’Agriculture tropicale », del « Tropical agriculta- rist» si ritorna su tale argomento; e ne fu fatto anche cenno nel « Bollettino agricolo e commerciale della Colonia Eritrea, II. p. 82». Per varie località della Sicilia, questa coltura îm- sieme con quella dell’ Agave sisalana, di cui io serissi nel « Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo, II. p. 94-111» potrebbe dal punto di vista delle industrie tessili essere abba- stanza rimunerativa. Occorre solamente che si sappiano sceglie- re le zone, per cui tra valore del terreno, spese colturali e ren- dimento economico finale vi sia per l’intraprenditore un equo compenso, se non altro eguale a quello ora dato dalla colti- vazione degli agrumi. V°. Categoria. 1. M. Fehi Bert. (= M. troglodytarum Linn., M. Uranosco- pos Rumph.) — Germoglio molto robusto, che può raggiungere sino a 6 metri di altezza e 0,40 di diametro, verde nei primi anni, poi rosso-feccia di vino massime alla superficie esterna delle guaine fogliari, variabile naturalmente alla base dei ri- getti. Foglie lanceolate, più strette che nelle altre specie ed a nervature molto appariscenti. Spadice diritto, con 6 od 8 fiori all’ascella d’ogni spata. _ 1 succo del germoglio è d’un magnifico color violetto, do- tato d’una grande proprietà tintoria e contenente una quan- tità relativamente considerevole di gomma gutta. I frutti hanno buccia spessa, parzialmente aranciata 0 color ‘ feccia di vino giallastra; polpa di cattivo gusto, d’ un giallo che tinge, contenendo gomma-gutta debole o zafferanata. Se vengono mangiati, il che accade solo presso gli indigeni per abitudine contratta dai primi anni, colorano le urine più o meno intensamente. Cresce spontanea a Tahiti, al di sotto della zona dei Ba- nani di regioni fredde, giungendo sino a 1125 metri, e richiede ùn terreno piuttosto fresco ed umido (non mai caldo eccessi vamente). . In questi ultimi anni ne sono state largamente studiate le Proprietà tintorie; ed il chimico (uzent ed altri hanno otte- | Muto dei bei colori rosso, bleu, lilas, verde, giallo. Valga al- | ’uopo riscontrare : Husemann, Die Pilanzenstofte. I. p. 420. Oltre a ciò, le guaine foliari danno una buona fibre tessile Di a epperciò la sua coltura darebbe, come per M. pun e pani M. Sapientum, un doppio prodotto, l’uno e l’altro abbastanza rimunerativo. * * * Riepologando adunque, dirò che si conoscono Musa da col- tivare per l’ornamento di giardini, di appartamenti, di serre, — per l’estrazione di materie coloranti, — per le fibre tessili, — per l’alimentazione come legume, — per i frutti. Per quanto quì in Sicilia, nei luoghi più caldi ed ove più facile sia V'ir- rigazione ed il terreno è naturalmente umido, tutte possano attecchire, è però più consigliabile fermare l’attenzione e col- tivare M. Ensete, M. Sapientum, M. paradisiaca, M. textilis con le loro rispettive varietà; tutte a scopo di ricavarne fibre tessili gareggianti con la seta per lucentezza e con la canapa per lunghezza e per resistenza, la seconda e la terza anche per frutti. Spero che le mie parole sieno buon seme, e che quanto | prima, consociati alle piante d’agrumi massime là dove queste abbiano un po’ sofferto e lascino tra l’un filare e l’altro uno spazio sufficiente, si debbano vedere coltivati il Banano tessile per le fibre e il Fico banano per le frutta. A. Terracciano. Contributo alla conoscenza di alcuni legnami della Colonia Eritrea. Con questa breve notà ho in animo di porgere un contri- buto alla conoscenza dei legnami della Colonia Eritrea; lo studio fu compiuto su di una serie di esemplari, in piccolo numero purtroppo, conservati nel museo del R. Orto botanico di Palermo. Giova intanto premettere che, appunto per la Scarsezza del materiale avuto a disposizione, i risultati delle mie osservazioni tendono solo a fornir materia a chi in av- venire sarà più avventurato di me col poter raccogliere da sè € da sè preparare i campioni di legnami e col poterli confron- tare con quelli di altre collezioni. Giacchè se in generale per ot- tenere diagnosi sicure occorre che sia numeroso e variato il ma- teriale di studio, essendochè le diagnosi rilevate dall’esame di uno o pochi esemplari non hanno che un valore molto relativo, | nel caso nostro speciale occorre anche maggior copia di osser- vazioni a causa del peculiare modo di vivere degli alberi in quei paesi sottoposti al beneficio delle doppie piogge annuali. Biso- | &nerà sopra tutto conoscere bene le condizioni biologiche sotto cui una specie si è sviluppata, e constatare quindi le differenze fra quelle dei monti e del piano, del nord e del sud, delle parti orientali ed occidentali. Solo dal complesso di una serie | osservazioni verrà poi alla luce quel lavoro generale | che darà un criterio il più possibilmente esatto sui caratteri e Vi “dz qualità delle singole specie legnose eritree. kd è solo così x 12 Sa che lo studio della xilografia eritrea potrà servire a dimostrare al paese quanto può ricavarsi dalla ricchezza forestale della nostra colonia. Venendo ora al metodo ed all’ordine seguito, dirò che per l’esame delle strutture mi sono limitato all’osservazione ma: croscopica, ricorrendo a quella microscopica solo quando mi è sembrato potere così meglio accertare e stabilire i caratteri pel riconoscimento commerciale ed industriale del legno. Ho sempre fatto uso delle colorazioni, cioè e quella che si ottiene con la potassa caustica e quella col successivo trat- tamento con acido cloridrico e fiuoroglucina. Questo metodo di ricorrere alle colorazioni pel riconoscimento dei legnami è stato solo accennato di recente (1); e giova ditfonderlo, perchè può fornire utili elementi di classificazione quando si usino due o tre diversi coloranti. Mi è pure parso utile determinare, a mezzo del rapporto fra il peso ed il volume, con sufficente approssimazione, i peso specifico, molto importante per dedurre le qualità compattezza e di resistenza delle singole specie legnose. E * * * Acacia spirocarpa Hochst. Nome volg: Tscha’a. Albero di 15-20 m. d’altezza, con tronco diritto, corteccia dei rami bianchiccia; frequente nell’Arcipelago Dahalak, Da- moeita, Habab, Assaorta, Oculè-Cusai. egno mediocremente pesante (peso specifico = 0,672), duro, non molto compatto, bruno-nerastro s differenziato. Sezione trasversale: Durame marrone con striature brune, alburno giallo-bigio. Accrescimenti annuali larghi fino em., / strettissimo, più chiaro del legno o raggruppati in serie con- ‘ centriche continue all’estremità o nell’interno dell’anello, 0 isolati sparsi. Raggi finissimi poco visibili ad occhio nudo, (1) Zecomte H. Sur quelques bois du Congo. In Bulletin du Musèum d’hi- stoire naturelle de Paris. IX, 1908, N. 2, pp. 89-94. Paris. mi DE numerosissimi ed interrotti. Sezione longitudinale. (1) Acere- scimenti annuali larghi, ben visibili. Vasi contenenti gomma herastra. Legno macchiato di bruno. Alburno e durame non ben limitati. Il legno trattato con potassa assume una colorazione nera. Stra con areola più carica (durame) o giallo-bruna (alburno), che per quest’ultimo diviene in breve brunastra; con acido cloridrico e fluoroglucina l’alburno si colora in roseo-chiaro, il durame sì decolora un poco assumendo un tono leggermente roseo; l’a- cido cloridrico da solo imbrunisce un poco l’alburno. Osservazioni. —Il legno per la colorazione somiglia a quello del nostro noce. Acquista buon polimento e diviene pregiato con la verniciatura. Acacia etbaica Schwf. Nome volg : Sserau, Ssarau, Garath. Albero alto 10-12 m., abbastanza diffuso negli Habab, Men- Sa, Amasen, dai 1600-2441) m. Legno pesante (peso specifico — 1, 187), molto duro, omo- geneo, a grana fine. Colore fondamentale rossastro. Sezione trasversale: Legno differenziato con alburno brunastro non ben delimitato e con durame rosso-marrone. Accrescimenti larghi 2-4 mm., non ben distinti, un po’ ondulati, con strie nerastre concentriche comprendenti Serie di anelli. Raggi fini numerosis- simi difformi, un po’ ondulati, continui, di color giallo-ros- Signo più chiari del colore del durame. Pori o isolati 0 rag- Sruppati a 2-4, che formano o linee concentriche limitanti gli i. Raggi visibili (specchi), giallo-marroni, chia- con potassa caustica si colora in rosso-marrone o in marrone. L'acido cloridrico decolora in 2; (1 Quando altrimenti non è detto la sezione longitudinale si intende cendotta parallelamente a un diametro qualsiasi del tronco. ù roseo il durame; unito con la fluoroglucina fa assumere al du- rame una colorazione bianco-plambea con tono roseo e con areola rosso-marrone, mentre l’alburno si colora in rosso-ciliegia. Osservazioni.—Legno di bell’aspetto che sopporta molto bene la politura e la verniciatura. Albizzia anthelmintica Brongn. Nome volg: Bessenà. Albero di mediocre altezza, di grosse dimensioni, che s’in- contra nella zona di Cheren (1200-1300 m.) Legno pesante (peso specifico = 0,820), omogeneo, a grana non molto fine, compatto, di color rosso-amaranto carico, dif- ferenziato. Fibre corte. Sezione traversale : Durame rosso-vino- so, alburno gialliecio con venature rossastre, non ben delimi- tati. Accrescimenti annuali non ben distinti, irregolari, ondu- lati, larghi fino a | cm., con pseudo-anelli. Pori grandi o in serie continue all’inizio dell’acerescimento o sparsi, isolati 0 a gruppi di 2-3 nel resto dell’anello, caratterizzati per un’am- pia zona di tessuto TT perivasale, ricchissimo di nina sa d’amido : tale tessuto è più chiaro del resto del aggi finissimi dati da pa cellule, visibili alla lente, na discontinni. anse longitudinale: In vicinanza dell’i- nizio dell'attarno il durame è percorso da ampie striature lon- gitudinali giallo-chiare, dint: contorte. Raggi invisibili an- che con la lente, dati in altezza da poche cellule. Con potassa il durame si colora in marrone-cupo tendente al nero, l’alburno in marrone-chiaro con stretta arevla più ca- rica; con acido cloridrico e fluoroglucina 1’ alburno si colora in rosso-amaranto. Osservazioni. — Questo legno per la sua naturale colorazione e per la disposizione dei vasi può essere un legno prezioso in ebanisteria. Dalbergia melanoxylon Guill. et Perr. Nome volg: Sibbè.—Nome commerciale: Ebano del Soudan. Albero di media grandezza (16-10 m, d’altezza, per 0,50- AT DI 0.70 di diametro), con tronchi non molto regolari (1), corteccia bruno-chiara o bigio-sporca, scabra e a desquamazione irre- golare. Pianta a foglie caduche, spinosa, che eresce abba- stanza comune nei Mensa e nell’Amasen. i Legno pesantissimo (peso specitico=1.28), molto omogeneo a grana fine, il più duro legname fra quelli conosciuti (2); legno differenziato in un alburno giallo con leggero tono ros: è sastro-scuro, durame nero o brunastro 0 rosso carico. Fibre corte. Sezione trasversale: Midollo e raggi invisibili. Differen- ziazione fra alburno e durame ben netta, ma molto irregolare, Quando il durame è brunastro la zona iniziale degli aceresci- menti annuali apparisce appena più chiara. Sotto la lente ap- pariscono i pori, poco numerosi, distanti, in serie concentriche che limitano gli accrescimenti annuali. L’alburno è stretto, 1-2 em. Sezione longitudinale : La zona iniziale dell’acceresci- mento del durame apparisce brunastra. Raggi invisibili. Se- zione longitudinale-tangenziale : Raggi stretti e alti, Con potassa caustica il durame si colora dapprima in nero poi in nero-carico opaco con areola nero-lucida, 1’ alburno dap- prima in marrone-chiaro che diviene poi giallo-marrone con areola più seura. L’ acido cloridrico decolora un poco il du- rame e non altera l’alburno. L’acido cloridrico e la flnoroglu- cina colorano l’ alburno in rosso-amaranto, il durame si decolora leggermente lasciando una patina bigio-plumbea facilmente scomparente. li Osservazioni.—Legno difficile a tagliarsi, con superfici di ta- glio lucide. Col polimento e la verniciatura acquista una bella colorazione nero-carica e lucida. Si adatta per la sua durezza, resistenza e bellezza ad una infinità di lavori che lo rendouo Prezioso in ebanisteria e stipetteria e ne consigliano la con- Servazione e la coltura. Balanites aegyptiaca Délile. Nome volg: Mògàh, Qak, Quasa. (1) Nel Sudan invece si hanno alberi di maggiori dimensioni e boschi | he non hanno sofferto i gravi danneggiamenti, fortunatamente ora ces- sati, della nostra Colonia. i (2) Si eccettua forse il solo Ebano. Ce fe Albero 0 again RASTA spinoso, comunissimo spe- cialmente verso 0 Legno non "iù SERA (peso specifico =0,750), abbastanza compatto, gialliccio, non differenziato, a grana media. Fibre contorte. Sezione trasversale: Accrescimenti ampi, di varia grandezza, con anelli e pseudo-anelli confusi, ampiamente on- dulati. Raggi diftormi, larghi fino a 1 mm., giallicci-lucidi, ondulati e continui. Pori di mediocre ampiezza, numerosi in corrispondenza degli inizi delle zone d’accerescimento o in grup- pi di vario numero (riuniti fra loro da un parenchima peri- vasale più chiaro del resto del legno), nel resto della zona, per cui danno l’aspetto di un rosario e formano un disegno ca- ratteristico. Legno gialliecio con tono marrone. Sezione longi- tudinale-radiale : Legno giallo-paglia, con specchi (raggi) ben visibili, alti fino a 35 mm., numerosissimi, più chiari, lucidi. Sezione tangenziale : Raggi a forma di losanga, brunastri, nu- merosissimi, che danno al legno un aspetto lacunoso, costituiti da un aggruppamento numerosissimo di cellule. i Con potassa caustica il legno si colora in giallo-oliva chiaro; con acido cloridrico in marrone molto chiaro, colore che perde subito; con acido cloridrico e fluoroglucina in rosso-ciliegia. Osservazioni. — Legno facilmente lavorabile, che acquista bel polimento; sopporta la verniciatura, pregiato per gli specchi ampi. Adatto pei lavori di ebanisteria. en chrysophylla Lam. me volg: Aulè, Au’ leh. di grosse dimensioni, sempreverde, a tronco quasi sempre regolare, comune negli Habab, Mensa, Amasen, Bogos, dai 1000 m. in sopra. Forma boschi Legno molto pesante (peso specifico = 1,25), molto com- patto, durissimo, a grana fine, di color marrone, differenziato in durame. Presenta delle fenditure come il nostro olivo. Se- zione trasversale: Gli accrescimenti appariscono per la loro zona iniziale più chiara. Pori visibili appena con forte lente, sparsi e non molto numerosi, isolati o raggruppati, circondati da parenchima perivasale. Raggi visibili alla lente, finissimi, interrotti appena più chiari. Alburno giallo-scuro con tono marrone, irregolarmente limitato; in esso appariscono chiara- mente i TS e iraggi. Sezione longitudinale: Durame uniforme FAR DE e e e — 95 — senza apparenti differenziazioni. Sezione tangenziale : Raggi stretti e bassi, che appariscono sotto la lente come punti luci- di, dati da 8-15 cellule in altezza in 2-3. serie longitudinali. Con potassa caustica il durame prima si colora in marrone- chiaro, poi in marrone-lucido; con acido cloridrico e fluoro- glucina in bianco-carneo con areola rosso-amaranto. Osservazioni. — Un po’ difficile a lavorarsi, si lascia assai bene lucidare e Sopporta anche bene il polimento. Adatto per pezzi di macchine, per macchine agricole, per lavori d’ inta- glio e, per le dimensioni notevoli che può raggiungere, anche per costruzioni civili e stradali. Terminalia Brownii Fres. Nome volg: Weibà, Ueba. Albero di grandi dimensioni, sempreverde, con corteccia grossa, di color giallo; comune nel Samhar, Habab, Assaorta, Mensa, Amasen, da 200 a 1500 m. Legno pesante (peso specifico = 0,939), duro, giallo-olivastro, a grana fine. Sezione trasversale : Legno non difterenziato, pe- TÒ con una colorazione più bruna verso il centro, dove è quasi marrone. Anelli distinti, ondulati, molto irregolari, larghi 3-10 mm., forse con doppi accrescimenti annuali. Pori numerosissi- mi, o in serie concentriche ondulate o sparsi, ben distinti per una zona di parenchima perivasale, che li circonda. Raggi fi- Nissimi, molto numerosi e appena visibili. Sezione longitudinale: | Con acido eloridrieo non si colora; con acido cloridrico e fluo- roglucina si colora prima in roseo, che poi diviene roseo-plum- con areola irregolare rosso-amaranto. L o sservazioni.—Legno duro che si lavora bene, con superfici liscie, e che acquista un bel polimento e sopporta la vernicia- tura. Adatto per mobili e costruzioni. Fieus vasta Forsk. Nome volg: Dàro, Dharo. i UA Albero di grandi dimensioni, a foglie persistenti, forse uno se De dei più grandi della Colonia, dove s’incontra frequentemente nei luoghi umidi. Legno leggero (peso specitico — 0,439), poco omogeneo, a grana grossa e poco duro; di color giallo-bigio, chiaro, con tono marrone. Fibre di media lunghezza. Sezione trasversale : Midollo grosso, ben visibile, che si distrugge col tempo, per- sistendo però il foro centrale. Legno non differenziato. Ac. crescimenti larghi 3-10 mm., regolari, un po’ confusi, con zone parenchimatiche concentriche ondulate. Pori difformi, nume- rosissimi, disposti irregolarmente. Raggi finissimi, visibili con la lente, interrotti, difformi per ampiezza, giallo-chiari, nume- rosissimi. Sezione longitudinale : Gli accrescimenti appariscono rossigno-bruni. Vasi ben visibili e ampi. Specchi invisibili. Sezione tangenziale : I raggi non sono visibili. Il legno trattato con potassa caustica assume una colora- zione giallo-oliva chiaro, che poi diviene giallo-chiaro ; con acido cloridrico giallo-scuro e con acido cloridrico e fluoroglu- cina rosso-amaranto. Osservazioni. — Si lavora e si tornisce facilmente e può an- che essere lucidato. Per la sua leggerezza è adatto come ma- teriale da imballaggio e come materiale da costruzione (porte, finestre, solai, ecc.). Essendo di poco valore si adatta per la confezione di una grande quantità di piccoli oggetti occor- renti all'economia domestica. Fieus Syeomorus L. Nome volg: Schagla, Scheqla. Albero di grandi dimensioni (1), a foglie persistenti, con corteccia grigia o grigio-plumbea, spessa; cresce nella regione montuosa degli Assaorta, Mensa, Amasen, Bogos. Legno leggero, poco omogeneo, a grana grossa, di color giallo-bigio chiaro con tono rossastro. Sezione trasversale: Le gno non differenziato. Midollo grosso, ben visibile, persistente anche in tronchi vecchi, che si distrugge col tempo. Anelli larghi 5-15 mm., ben visibili, regolari. Pori difformi, grossi, poco numerosi, sparsi in zone parenchimatiche ondulate, con- | (1) Max Schoeller ne cita uno, da Ini visto nel Barca, di oltre 19 19: di "E Li SI, ge centriche. Raggi di diversa grandezza, regolari. interrotti. mi- o LI AI merosissimi, chiari, diritti, ben visibili. Sezione longitudinale : Gli accrescimenti appariscono rossigno-bruni. Vasi ben visi- bili e ampi. Sezione longitudinale tangenziale : Raggi alti '/,-1 mm., bruni. Con potassa caustica il legno prende prima una colorazione giallo olivastra, poi resta leggermente decolorato con areola bruna. Con acido cloridrico e fluoroglucina si colora in roseo- sporco, mentre col solo acido cloridrico imbrunisce appena. Osservazioni. Legno molto analogo a quello del 7. vasta, da cui difficilmente può distinguersi; la colorazione ne è un po’ diversa coi reagenti indicati. Ha comune con quello i ca- ratteri tecnologici. Cordia ovalis R. Br. Nome volg: Auhì, Medérra, Sserga ece. Albero di grandi dimensioni, specialmente in diametro, con I tronco diritto, foglie persistenti; cresce copioso negli Assaorta, i Habab, Amasen, Bogos, dai :00 m. in su. Legno leggero (peso specifico = 0, +80), non molto duro, ediocremente omogeneo, a grana non troppo fine, di color lossastro-scuro con fibre corte. Sezione trasversale : Legno non differenziato, Acerescimenti larghi da 5 a 14 mm., netta- mente distinti, limitati internamente da pori numerosi. Pori o di varia grandezza, anche della luce di un mm., disposti o in Una serie in corrispondenza dell’inizio della zona di accresci- mento o in linee interrotte, in unica serie, occupanti gli spazi fra i raggi, riuniti sempre da parenchima perivasale. Raggi finissimi, giallo-chiari, ondulati, continui e conformi. Sezione longitudinale : Vasi ben visibili e grossi. Sezione longitudinale- tangenziale : Raggi grossi e alti non visibili ad occhio nudo, lati da moltissime cellule. Con potassa caustica il legno assume prima una colorazio- he nerasta, che poi diviene o bruna con patina plumbea o sem- Plicemente bigio-scura. Con acido cloridrico e fluoroglucina ‘Assume una colorazione roseo-plumbea con areola rosso-ama- | Tanto, Osservazioni. —Legno con superfici di taglio lisce, opache, di n 9ssastro, che divengono scure col tempo. Legno facil- | Mente lavorabile anche al tornio e alla sega, adatto per la- x 13 m — 48 — vori di ebanista, sopportando anche bene il polimento e la verniciatura. Boscia angustifolia A. Rich. Nome volg: Carmet, Kermet. i Albero con corteccia bianchissima; si trova qua è là a Ghin- da, Agordat ecc., verso i 1:00 m. Legno di mediocre pesantezza, compatto, duro, a grana finissima, di color giallo-paglia chiaro, non differenziato. Se- zione trasversale : Colorazione giallo-rossigna. Anelli irregolari con pseudo-anelli, accrescimenti molto diversi per larghezza. Raggi molto numerosi, finissimi, regolari. Pori finissimi, molto numerosi, gli uni in righe concentriche continue, in una sola serie, in corrispondenza della parte interna dell’anello 0 dello pseudo-anello, gli altri in righe radiali, in gruppi di 3-10, cir- condati da un parenchima perivasale molto sviluppato. Se- zione longitudinale radiale : Specchi piccoli appena visibili; legno bianco-gialliccio. Sezione longitudinale-tangenziale : Raggi stetti e bassi, dati da poche cellule, che appariscono come pic- cole lenticelle appena più scure. Con potassa si colora da prima in giallo, colorazione ‘che poi scompare, rimanendo solo un po’ più giallo del colore fondamentale primitivo; l’acido cloridrico lo decolora un poco dandogli un tono bigio; con acido cloridrico e fiuoroglucina si ottiene la colorazione tipica rosso-ciliegia. Osservazioni,— Il legno non presenta nessuna particolarità, è adatto però ai lavori di ebanisteria e stippetteria (intaglio, mobili d’uso comune, piccoli oggetti, ecc.). Sopporta bene la politura e la verniciatura. L. Senni. Sottispettore forestale. —=>rrc_ce-err------- O, L’Avocado. (PERSEA GRATISSIMA Gaertn.) L’Avocado (Persea gratissima Gaertn., Laurus Persea L. (1) è un albero della famiglia delle Lauracee, di media grandezza, a foglie persistenti, alterne, coriacee, intiere, ovali od ellittiche, e fiori piccoli e riuniti in pannocchie ascellari o terminali. Esso è originario dell’ America intertropicale ove la sua coltura è anche larghissimamente diffusa ed ove gl’ indigeni ne hanno usato il frutto come cibo fin da tempo antichissimo (2). Dal | Brasile, dal Perà, dalla Colombia, dalla Guiana, dal Messico, dall’arcipelago delle Indie occidentali, questa pianta si è an- data diffondendo in quasi tutti i paesi tropicali, nonchè in arie regioni subtropicali. Infatti attualmente essa si trova coltivata a Giava, nelle isole Hawaii, al Madagascar, nelle isole Seichelles, nel Congo, nell'Africa orientale tedesca; fuori dei tropici la si trova nella Florida, ove la coltura della Persea | Si pratica su larga scala e con metodi razionali , nelle isole Bermuda, nelle Canarie, nelle Azorre, a Madera ed anche in | Algeria. Anche in Europa è stata introdotta la Persea, e da i A — , D In omaggio alla priorità del nome specifico la Persea gratissima Gaertn. | dovrebbe chiamarsi invece 7. (L.) Gaertn. i 2) Nei gratissima Wwrmyck L. Die Nutzpflanzen der alten QAPLIADIAPILPIZPIZLU LIRA AOGNZO N'onlaste, atentaste sepoleri degli antichi Peruviani si sono trovati dei frutti di Persea — 100 — gran tempo. CLUSIUS già nel 1575 (1) la descrive come un al- bero fruttifero, raro, introdotto dall’ America in un giardino della Spagna: essa è stata coltivata ed ha anche fruttiticato nel Portogallo (2), in Francia (3), ed in Italia a Genova (4), a Roma (5), a Messina e infine anche a Palermo, in questo Orto Botanico, il quale ne possiede un esemplare, i cui frutti, benchè la pianta sia fortemente ombreggiata , giungono sem- pre a maturità. Essi sono piriformi, verdi, e del peso medio di circa 400 grammi; di solito la pianta ne produce assai po- chi e solo eccezionalmente se ne carica, come avvenne nel 15902. Dai loro semi si sono ottenute un certo numero di piantine che sono state distribuite a vari privati (6). Come vedesi, non vi può esser dubbio alcuno sulla possibilità di coltivare con successo la Persea nelle regioni littoranee della Sicilia, della Sardegna e di una parte dell’Italia continentale, ed è per ciò che io non trovo inutile spendere alcune parole per illustrare questo interessante vegetale. Ho già detto che i frutti di questa pianta sono commesti - bili; aggiungerò che essi sono ritenuti generalmente come squisiti. Se io volessi riferire tutte le lodi che di essi fanno gli scrittori americani non la finirei più; mi limito a riferire qualche frase, tratta da qualcuna delle numerose citazioni che trovansi in un lavoro sulla Persea pubblicato per cura del Di- partimento d’ Agricoltura degli Stati Uniti (7). Così, per es., Mr. A. A. BoGGs (8) dice: 1) CLusius, Rariorum aliquot stirpium per Hispanias observatarum Historia. Antuerpiae, 1576, p. 16. De CanpoLue invece (4 sphie botanique raisonnée, p. 916) cita a proposito della Perseà la Rariorum Plantarum Historia dello nel 1601. 2) Gueze E. Die Pflanzenwe!t Portugals. Linnaea, Bd. XLI, p. ! 83) Vedi: Jumk..e H. Les cultures coloniales -- Plantes alimentaires p. 180, e: Sauvaico Les plantes erotiqgues introduites sur le litoral mediteranéen. Revue des sciences naturelles appliquées, 1892, 1° Sem., p. 641. veg della R. Società Toscana di orticoltura. Anno IV, 1879, 1 i p. 148 3 5) Debbo questa notizia al prof. Borzì il quale ne ha visto delle piante in frutto presso il Pincio: egli ha anche veduto frutti di /'ersea posti in | vendita in Roma. ; È 6) Piantine di /ersea si possono «.ttenere anche dai fratelli IncEGNOLI di Milano. Vedi Catalogo, Primavera 1905, p. 39. 7) Ro.rs P. H. The Avocado in Fiorila. Washington 1904, 8) Proc. Am. Pom. Soc., 1901, p. 88,0 — W0l — «L’ Avocado (1) o alligator pear cresce già rapidamente nel favore delle più grandi città ove la popolazione comincia a imparare la sua superiorità come frutto da insalata ». . F. Cook (2): L’ alligator pear, chiamato anche butter er iggacalo, avocate, è un frutto tropicale ancora poco noto ma che ha tutte le probabilità di una popolarità grada- tamente crescente... ».e poi: « non vi è alcuna ragione appa- rente perchè l’a/ligator pear non possa diventare press’a poco così a buon mercato e così popolare come l’arancia ». E Mr. W. A. MARSH (3): « L’alligator 0 avocado pear è uno dei frutti tropicali più altamente stimati ». parte commestibile del frutto è rappresentata nella Persea dalla polpa pericarpale, che circonda un unico seme ordinariamente della gressezza di una noce, e che è rivestita a sua volta da una buccia sottile e coriacea. Questa polpa è veramente ricca di sostanze nutritive, come può vedersi dalla seguente analisi (4): Acqua. . A e Olio and I, A 8,5 Glucosio . ; i I » 3,2 E E aa ù site x 9 Albuminoidi . . . . . : » 1,6 Perseite (5). . . . . ; » 0,8 Acido malico . . OG aa Acido tartarico (ee o x» 0,08 Malgrado la denominazione di pera (pear) che così spesso 1) I nomi avocado, aguacate, avocate. ete. ed anche lo stesso alligator pear sono tutti corruzione del nome azteco: «@ahuacat!». Volendone usare uno, mi sembra fra tutti preferibile il primo perchè più diffuso e più consentaneo sa nostra lingua Yearbook of. the U. S. Department of Agriculture, 1901, p. 854. 3) Report of the Florida State Horticultural Society, 1896. 4) Pecgorr Tu. Nutz - und Heilpflanzen Brasiliens. Ph. G. Ber. VI, p. 98 e segg. Vedi: Just's Taliusberighio 1896, II, p. 442. 5) La perseite è un zucchero simile alla fata (Vedi: Muntz, A. et Mancano V. pra a perséite, matière sucrée analogue è la manite. Compt. rend. rseite si trova anche nel seme, nelle foglie e nella cor- p. 38-40). i na della Perso nella polpa del trutto essa si trova dapprima in quan- bità maggi ori, ma col sopravvenire della maturazione la sua quantità va | decrescendo mente aumenta quella dell’olio. A RIE PNARPIRE, Ri I: SARI) I CTS degl a ERI lt cu 102 accompagna il nome volgare di questi frutti, essi non hanno di comune colla vera pera che la sola forma, e ciò nemmeno in tutte le varietà, perchè se ne conoscono di quelle a frutti rotondi. Per la loro ricchezza in grassi, (1) i frutti di Persea 1 non vengono quasi mai mangiati come frutta, ma per lo meno 3 i si aggiunge ad essi un po’ di sale. Il più delle volte oltre il sale, si aggiunge anche pepe ed aceto, servendoli quindi come insalata. Questo condimento però è troppo forte e non permette di gustare il sapore fine, ma non molto pronunziato di questi frutti, sapore che ha un poco del earciofo e della nocciola, ma che iu fondo differisce dal sapore di qualsiasi frutto europeo. Per questa ragione molti all’aceto sostituiscono del succo di limone o del vino delle migliori qualità (Xeres, Madera) a cui aggiungono dello zucchero; così condita, la. lpa dell’avocado costituisce un dessert veramente squisito, specialmente se sbattuta in modo da ridurla ad una specie di crema. Si potrà dubitare della possibilità che in Italia si condividano gli entusiasmi che sulla bontà di questo frutto ; si hanno in America. Certamente, come per gli altri frutti da tropicali, così anche per l’avocado il più delle volte gli Eu- - a principio non l’apprezzano punto; però, come dice | Mr. W. HARRIS (2) «una volta acquistatone il gusto essi ne diventano straordinariamente, spesso eccessivamente ghiotti». Bisogna tener conto anche dell’esempio dell’ Algeria (3) ove la coltivazione della Persea è stata molto remunerativa per i «primi che l’ hanno tentata e che hanno saputo trovare uno sbocco a questi frutti sul mercato francese come noi potremmo trovarlo su quelli dell’Italia centrale e settentrionale. Natu- ralmente la massima cura dovrà essere adoperata non solo perchè siano introdotte soltanto le migliori varietà, ma anche per evitare che frutti di scarto vengano portati sul mercato, sopratutto nei primi tempi; chè solo in questo modo potrà questo frutto trovare più facilmente buona accoglienza. Grandissimo è il numero delle varietà di avocado che si Lual 1) L’olio grasso dei frutti della Persea è stato utilizzato in America per la fabbricazione del eni esso può anche servire come MIL Vedi Wieswer J. Die Rohstoffe des “Crmonisiagier Leipzig, 1900 Bd. 2) Secondo. Rotrs, I. e. p. P Vedi; Revue des sciences sirena appifaaa 1889, N. 3, p. 154. Aa conoscono, quantunque la coltura razionale della Persea, sia ancora assai recente; naturalmente queste varietà si basano sopratutto sui caratteri del frutto (1). Così per esempio M. RAOUL (2) dà come le varietà più stimate al Messico le nove seguenti: Ahuaca (nome messicano dell’avocado) dulce largo, Tecosaoulta, myoradodechalco, verde de san Angel, morado de n Angel, verde chico, dulce, paqua, paqua redondo. Difficile riusciva fino a pochi anni fa la moltiplicazione delle varietà migliori di Persea; intatti per moltiplicare questa pianta non | sì ricorreva che ai semi, mezzo quanto mai infedele. A questo inconveniente si è però adesso bene ovviato dimostrando che la Persea non deve necessariamente essere riprodotta per se- mi, ma può anche essere riprodotta per margotta (3), per talea (4) e per innesto, preferibilmente per innesto a scudo. Considerando le diverse variazioni finora osservate nel frutto, noi crediamo di poter ritenere preferibili le varietà i cui frutti presentino : 1° Polpa butirrosa (non eccessivamente acquosa e nemmeno suna dotata di ottimo gusto. ° Color giallo o scarlatto. Infatti frutti che maturassero Sade verdi difficilmente potrebbero essere venduti per- chè sarebbero creduti immaturi; quelli poi violacei hanno a- spetto assai brutto sembrando in via di disfacimento. 3° Semi piccoli e non liberi nella cavità del frutto. Il seme piccolo costituisce un vantaggio pel compratore che presso di noi non saprebbe che farsi di esso (5); l'essere poi contenuto i sa una cavità non troppo grande è utile perchè così si evi- tano le lesioni che in caso contrario facilmente il seme pro- (1) Merssner (in De CaxpoLre Prodromus, Tom. XV- S. prior, p. 52) n distinse quattro varietà botaniche in base jitincipalmente ai caratteri della foglia. (2) Sacor P. et Raour E. Manuel pratique des cultures tropicales Paris 898 p. 197 P fi 8) Tamaro, Trattato di frutticoltura Milano 1901 p. 463. (4) Rotrs, op. cit. p. 12,17 e segg. L’autore afferma però che, secondo la esperienza, le talee difficilmente mettono radici se non in letto caldo (5) A titolo di curiosità dirò che in America gl’indigeni si servono del | — succo dal seme come inchiostro indelebile per marcare la biancheria. I semi .» anno anche trovato impiego in medicina (Vedi: MueLLER extra- tropical plants p. 257). Una varietà. dotata di tutti quinti caratteri sarebbe un ottimo. avocado e nulla ci vieta di creder che essa possa es- sere ottenuta presso di noi, beninteso qualora la coltura della | Persea si tenti solo nei pus litoranei e con Rd veramente: razionali. — a -&&C®®ECSTSTSCESTESTTTCITCESSESTETCSSTSTE) | Ficus a radici aeree. In Palermo è da circa mezzo secolo che le specie esotiche di Ficus vengono impiegate come piante d’ornamento nei pub- blici ritrovi. Una evidente influenza avrà dovuto esercitare su Fig. 1. Ficus bengalensis, Linn. ciò certamente il nostro Giardino Botanico, come del resto è avvenuto per molte altre specie oggi diffuse nella coltura or- namentale tanto in Palermo come altrove, persino fuori di Si- cilia e anche nel lontano Egitto. 14 ca 106 a La prima specie esotica di cus pervenuta nei giardini di Palermo è stata indubbiamente la F. dengalensis, L.; ne trovo infatti una prima indicazione in un opuscolo rarissimo intito- Fig. 2. Ficus rubiginosa, Dest. lato: Synopsis Plantarum Horti Botanici Academiae Regiae Pa- normitanae, Anno MDCCCTII, edito dal D.r G. Tineo che fu, com’è noto, Direttore di quest’Orto dal 1792 fino al 1811. Da quel tempo in poi, a quanto sembra, le specie di Ficus intro- dotte in Palermo andarono erescendo, tanto che, come rilevo da un Catalogo manoscritto delle piante coltivate l’anno 1820 nella villa del Principe di Butera (oggi villa del comm. V. Florio), vi si contavano ben altre cinque specie, oltre alla sud- detta F. bengalensis, cioè, la Y. rubiginosa, Desf., F. populifolia, Vahl, la 7. religiosa, L., F. stipulata, Thunb. e F. laurifolia, Lam. È da ritenere che già queste stesse specie esistessero nel nostro Orto Botanico da parecchio tempo, poichè i semi di quasi tutte si trovano indicati nel Delectus Seminum degli anni 1821 e 1822. A queste specie vanno poi aggiunte la FP. benjamina, L., F. nitida, Thunb. e la F. hispida, L. quest’ul- tima sotto il nome di F. racemosa , come deducesi da un ca- — 107 — talogo manoscritto delle piante esistenti nel 1820 nello stesso orto, redatto da Vincenzo Tineo, direttore di quel tempo. D’al- lora in poi il numero delle specie andò considerevolmente au- mentando in modo che nel Catalogus Plantarum Horti Regii Panormitani ad annum 1827, pubblicato dallo stesso Tineo vi figurano oltre alle precedenti, la F. citrifolia, Lamk., F. cor- data, Thunb., F. elastica, Roxb., F. indica, L., F. pertusa, L., F. phytolaccaefolia, Desf., F. scabra, Forster, F. striata, Roth, (forse sinonimo di F. benjamina) e F. ulmifolia, Lamk. Fig. 3. Ficus magnolicides, Borzi. Da questi dati si deduce che la prima introduzione nei nostri giardini delle due più importanti specie ornamentali moderne cioè, Y. benjamina e F. elastica, rimonta verso il primo ventennio del secolo passato. Una trentina di anni più tardi veniva introdotta la F. ma- — 108 — gnolioides , Borzì, sotto il nome di F. nervosa, come ho dimo- strato altrove in questo stesso Bullettino (1). Il numero delle specie di Ficus coltivate in quest’Orto bo- tanico si è mano mano accresciuto ed attualmente se ne con- tano circa un centinaio, quisi tutte resistenti al nostro clima invernale senza ripari, molte di esse di una notevole bellezza come alberi. ‘Tuttavia soltanto le tre suddette specie appartengono alla coltura ornamentale, anzi più particolarmente la Y. benjamina e la F. magnolioides , poichè, come altrove ho già avvertito, la 7. elastica si è resa man mano più rara nei nostri giardini coll’estendersi della coltura della 7. magnolioides. Son certo che in un avvenire non molto lontano, i nostri pubblici giar- | dini ospiteranno un maggior numero di specie. In generale la importanza ornamentale dei Ficus, nei nostri climi, dipende dal portamento loro arboreo maestoso e dalla chioma ampia, folta, di un bel verde lucente e persistente tutto 1’ anno. A ciò si aggiunge la facilità di riproduzione e la rapidità di ac- crescimento. Presso talune specie in oltre è notevole la grande adattabilità delle chiome a sopportare le più svariate forme di potatura. Ma sopratutto è degna di menzione la tendenza che la maggior parte delle specie manifestano di produrre radici ae- ree. Questo fenomeno, com’è noto, ha per scope di assicurare alla chioma dell’albero un valido appoggio onde potersi essa estendere considerevolmente in larghezza. Le radici divengono in tal modo vere colonne di sostegno, le quali danno all’ in- sieme della pianta un aspetto quanto mai piacevole e bizzarro, che ci richiama a scene del paesaggio di molte contrade tro- picali e specialmente dell’India. Una delle specie più note a questo riguardo è la 7. bengalensis, L., la quale è conosciuta col nome di Fico dei Baniani, di cui la chioma raggiunge un’ampiezza considerevole capace di For ragguagliata talora a parecchi migliaia di metri qua- drati, mentre i suoi numerosi rami sono sorretti da centinaja | di poderose radici a mo’ di giganteschi pilastri. Anche sotto il clima di Palermo questa stessa specie è suscettiva di svol- gere copiose radici aeree, ma l'accrescimento non è così ra (1) Bull, d. R, Orto bot. di Palermo, Anno I, pag. 47, Rio Sala pido e rigoglioso come nei paesi più meridionali. L’unico e- semplare, fra i più grandi che io conosco, è quello che ora trovasi nel vivajo comunale, accanto all’ Orto Botanico, da cui proviene (fig. 1). Esso presenta una chioma non molto fitta, espansa sopra un diametro di circa 5 metri, formata da rami quasi orizzontali, sostenuti da una quarantina di radici aeree alte da 5 a 7 metri, per lo più semplici, e della gros- sezza di un braccio umano. Un'altra specie angor più importante rispetto alla forma- zione delle radici aeree è la 7. rubiginosa, Desf. Il giardino botanico ne possiede un esemplare che è oggetto di grande ammirazione da parte dei visitatori. Esso, si può dire, forma da sè solo nna piccola macchia, estesa circa 800 metri qua- drati molto folta, attraverso cui è stata praticata una stra- della e un piccolo piazzale per renderla praticabile. L'insieme è costituito da una densa massa di rami, che si partono dal tronco principale a breve distanza dal suolo dirigendosi verso l’alto mentre si appoggiano al terreno mediante robuste ra- dici avventizie. A mano a mano che essi estendonsi, tendono Vie più a prendere una posizione eretta, e si ramificano co- piosamente. La formazione di radici aeree è abbondante in tutti gli ordini di rami, persino in quelli annuali. Quivi esse nascono in tanta quantità da costituire densi fascetti che Spenzolano liberamente nell’aria. Tali radici non raggiungono giammai spontaneamente il terreno, ma solo ciò è possibile a quelle che si trovano nelle parti meno discoste da questo, sicchè esse restano Sempre sospese nell’aria e in gran part er specialmente alle estremità, al sopraggiungere dell’inverno. Lira di cui è parola, conta un’età di circa 40 anni. Tenuto conto della considerevole sua estensione, si può ar- guire con quanta rapidità esso accrescesi. Protette dall’ombra di esso vegetano molte specie di Bromeliacee e alcune Ara- liacee, tra cui un magnifico esemplare di Philodendron per- tusum. Un'altra specie molto singolare per lo sviluppo delle ra- dici aeree è la 7. magnolioides, Borzì. Quest’albero, come ho detto altrove (1), è stato introdotto in Palermo circa un mezzo (1) V. Bull. d. R. Ort. Bot. di Palermo, Anno 1. pag. 47. — 110 — secolo fa, dal Prof. Vincenzo Tineo da uno stabilimento orti- colo della Francia sotto il nome di F. nervosa, Hinke. Da quel tempo ad oggi la sua coltura si è diffusa largamente, anche fuori della Sicilia, in tutte le parti più meridionali del- l'Europa, ed anche in Algeria, nella Tunisia e nell’ Egitto. Manca però nelle regioni continentali d’Italia, poichè esso sembra essere sensibile al clima invernale. Gli esemplari di F. magnolioides coltivati nelle ville di Palermo hanno un aspetto grandioso ed elegante; il ricco fo- gliame rammenta per la forma, per la consistenza e per il co- lorito quello di una Magnolia grandiflora. La chioma è ampia, tondeggiante, formata da rami robusti partentisi in direzione raggiante dal fusto e rivolti obbliquamente verso l’alto e ca- paci persino di raggiungere un'altezza di 18 a 20 metri. Ciò che in apparenza sembra tronco iu realtà non è altro che un enorme fascio di radici avventizie, addensate le une sulle altre; il faste rimane relativamente sottile ed esso viene di buon’ora sopraffatto da copioso sviluppo dalle radici avveu- tizie, che rivolgendosi verticalmente in giù, s’affondano nel terreno, ingrossano considerevolmente e infine avviluppano è nascondono completamente il fusto. Col tempo nuove radici aeree si svolgono dalle precedenti e dirigendosi anch’esse ver- ticalmente verso il suolo, strisciano sulle prime e vi si sal. dano a mano a mano che ingrossano, in modo che cogli anni aumenta considerevolmente il volume del fascio radicale aY- volgente il tronco sino ad acquistare esso una periferia di 6 a 12 metri. Ma anche sui rami laterali si svolgono delle ra: dici aeree destinate anch’esse a divenire validi sostegni ©0- lonnari. Esse sono più copiose nelle parti del ramo più VI cine al tronco; divengono rare più oltre e mancano addirit- tura verso l’estremità. La formazione di tali radici è in rela- zione colla età del ramo e collo spessore di questo, prendendo esse appunto origine quando e dove maggiore è il bisogno di appoggio nel ramo stesso; sicchè ciò spiega il perchè il loro sviluppo e adattamento in apparati di sostegno comincia nelle regioni più vicine al tronco e procede in direzione centrifuga man mano verso la periferia seguendo l’ordine di espansione della chioma. Esempi molto istruttivi di cotesta bizzarra configurazione che prendono ad età inoltrata alberi di F. magnolioides, ci porgono parecchi individui coltivati in questo R. Orto Bota- A RETRO S E III Mt Pe E e e a E I TR RE pe RL DI RARI - ita nico e specialmente alcuni di quelli che si osservano nel Giar- dino Garibaldi di questa città. (Fig. 3) Anche la /. benjamina è suscettiva di formare radici co- lonnari di sostegno; ciò si osserva soltanto in esemplari ere- sciuti in favorevoli condizioni di umidità del suolo e quindi molto sviluppati in dimensioni. e radici in tal caso nascono in vicinanza del tronco prin- cipale e si vede evidentemente che esse servono ad accrescere e a rinforzare la base di appoggio dei rami principali sul tronco stesso. Anche a una maggior distanza da questo ve- donsi talora dei fasci di radici aeree; ma queste non raggiun- gono mai il terreno e disseccano. La F. elastica, ha pure la tendenza a formare radici aeree, ma, come ho detto altrove, esse restano limitate alle parti del tronco più vicine al suolo. Al numero delle specie suscettive a svolgere radici aeree coltivate sotto il nostro clima, potrei aggiungerne ancora altre che erescono nel nostro Orto Botanico tali p. e. la F. bibrac- teata, Hort., F. altissima, var. laceifera, Roxb., F. laurifolia, ort., F. nitida, Thunb., F. Bellingeri, Moore. Quest’ultima Specie, introdotta da tre anni in quest’Orto botanico per mezzo di semi, mostra già fin da questo momento uno stra- ordinario rapido accreseimento ed io ritengo che tanto per questo, quanto per la sua eleganza, questa specie acquisterà fra pochi anni una grande importanza ornamentale fra noi. A. Borzì. , Specie nuove rare, o critiche Ligustrum Massalongianum, Vis. Questa specie è stata per la prima volta descritta dal Vi- siani"a pag. 27 della Illustrazione delle piante nuove o rare dell'Orto Botanico di Padova — Mem. III —, ed anche figurata nella Tav. IV di detta opera. Ampii ragguagli descrittivi ne sono stati più tardi dati dal Decaisne nella sua nota Monographie des genres Ligustrum et Syringa, dai quali apprendiamo che trattasi di una specie originaria dell’Himalaia Orientale e del Bengala. niuna o pochissima diffusione del L. Massalongianum nei nostri giardini botanici, la sua importanza ornamentale, la facilità di coltura e di resistenza ai nostri inverni, ci per- mettono di segnalare questa specie ai coltivatori e di aggiun- ger qui, insieme ad alcune particolarità descrittive, una fi- gura più completa e più esatta (Tav. I) di quello che osser- vasi spia del De Visiani. Per il modo di ramificazione e per il rapporto di sviluppo dei rami, il L. Massalongianum presenta tutti i caratteri di un arboscello; ma esso non raggiunge che appena 1’ altezza di 2 metri. Il tronco si comincia a ramificare a circa 50 em. dal suolo; i rami si dispongono con quasi perfetta regolarità in modo da formare una chioma tondeggiante-fastigiata, &M- ” — 113 — pia, densa di un aspetto elegante. È notevole sui rami e rà- moscelli la presenza di copiose lenticelle, grosse, molto spor- genti, bianchiecie, tondeggianti, le quali danno alla super- ficie di quelle parti un aspetto verrucoso quanto mai caratte- ristico. Gli stessi ramoscelli, specialmente allo stato giovanile sono ricoperti da un fitto indumento di peli bianchi, delicati, che li rendono irsuti. Le foglie sono molto strette, lunghe da 6 a 8 em. e lar- ghe appena 1 em. o poco meno; raggiungono la massima lar- ghezza verso il mezzo e di lì gradatamente si restringono procedendo tanto verso Papice, quanto verso il pieciuolo. Que- sto è molto corto e misura da 2 a 3 mm. L’apice, nelle foglie superiori dei rami, finisce quasi gradatamente in punta ottu- setta, mentre, presso quello delle foglie inferiori l’estremità è Ngianto più larga; ma in ambo i casi èvvi in quella regione un tenuissimo mucrone aguzzo al più 1 mm. Le foglie persi- stono un anno intero sulla pianta e cadono quando già le nuove hanno completato il loro sviluppo; son di un bel verde- allegro e nitide, nella pagina inferiore, lievissimamente più sape e più opache in quella superiore. me in quasi tutte le altre specie di Ligustrum, anche le foglie di L. Massalongianum sono fornite di nettàri estra- nunziali, i quali scorgonsi sulla pagina inferiore a mo’ di mi- nutissime fossette, spesso in numero di due o raramente di più, collocati ordinariamente lungo il nervo mediano a poca distanza dalla base. I fiori sono disposti in tirsi all’apice dei ramoscelli e por- tati da peduncoli pubescenti irsuti, di un verdiccio chiaro, forniti di brattee e bratteole minutissime a mo’ di squame bianchicce; la stessa tinta imenliono i calici, i quali sono tu- bolosi-campanulati e provvisti di quattro dentini triangolari sul margine. Il tubo della corolla è lungo 2 o 3 volte più del calice; si slarga lievissimamente all’apice e dividesi in 4 lembi ovato-triangolari acuti. Gli stami sporgono dalla fauce e mo- strano le loro antere violacee. Lo stilo supera la altezza del tubo calicino, ma non raggiunge giammai il livello della fauce come inesattamente trovasi indicato uella figura del De Vi- siani. Le bacche mature sono di forma ovale allungata, di co- lor azzurrognolo seuro e contengono per lo più un seme. 15 — id — SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I Fig. 1— Un ramoscello fiorente in grandezza naturale. <« 2-—3— Fiore visto da due posizioni diverse di profilo (10[1). 4— Un fiore visto dall’alto (10[1). 5 — Uno stame (10/1). 6 — Un fiore senza corolla (101). 7-— Una bacca in grandezza naturale. «+ 8— Una bacca sezionata trasversalmente in grandezza naturale. f è fa Thunbergia elegans, Borzì Ho descritto questa specie a pag. 27 del I vol. di questo Bullettino. Nel pubblicarne la figura, mi permetto di ripor- tare ora qui le osservazioni da me aggiunte alla diagnosi de- scrittiva allora data. Coltivasi nell’Orto Botanico sotto il nome di Eracentris coe- cinea, Nees ab Es. e pare siavi stata introdotta una quaran: tina d’anni fa da uno stabilimento orticolo del mezzogiorno della Francia. Quanto al polimorfismo delle foglie, essa in- fatti rammenta moltissimo quella specie. Anche per il colorito delle corolle e delle bratteole vi sono grandi rassomiglianze. Debbesi però a questo proposito notare, che la colorazione coe- cinea dei fiori, è un carattere costante a tutti gli individui che nel nostro giardino vengono moltiplicati per rami. Ritengo per certo che l’individuo a noi pervenuto sarà stato una semplice varietà a fiori rossi di specie a corolle nor- malmente gialle del tipo della hundergia mysorensis; poichè, se la nostra pianta vien riprodotta per semi, i fiori dei nuovi individui a poco a poco perdono la tinta coccinea per assi mere appunto una colorazione intensamente gialla. D'altronde la identificazione degli esemplari nostri a tiori rossi con quelli di 7. coccinea non può ammettersi, stante le notevoli difterenze di forma delle bratteole e delle altre parti del fiore. Le bratteole della 7. coccinea sono più larghe e bre vemente ovali; le corolle più corte e più ampie; intero fiore: assume un aspetto globoide quanto mai caratteristico. I fiori. della nostra specie si accostano invece a quelli della 7. my80- . rensis e maggiori ne sono le affinità con quest’ultima specie. È da notare però che, prescindendo dalle dimensioni ‘più: piccole dei fiorì, nella 7. mysorensis le foglie sono el uminate, giammai cuoriformi alla base e tutto al più si n sentano quivi o rotondate o cuneate. Di più, le foglie stesse sono 3 nervie e giammai 5 nervie come nella 7. elegans, Nella stessa 7. mysorensis i grappoli sono più corti e le bratteole, — sebbene più strette che nella 7. coccinea, possono dirsi ovali- lanceolate e non bislunghe od ellittiche, € com’ è il caso della z, elegans a 5 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II - Fig. 1— Ramo fiorente in cigni rai « 2— Fiori, uno dei quali senza © 211). 3 — Un fiore sezionato long vadiniuioicate (21). . 4— Capsula matura in sli naturale. 5-6 — Semi (4g (:TISSSISISISIS:SVSSGIEISIS:SISrONStSNetSi glo. L’inverno del 1904-905 ed i suoi effetti sulla vegetazione nei giardini di Palermo. x L'inverno di quest'anno è stato fra quelli, che per Palermo resteranno memorabili, poichè mai come in esso si videro per oltre 20 giorni i monti attorno alla Conca d'oro da mane a sera coperti di neve e parecchie volte la neve nelle vie e pei giar- dini della città. Dalle nostre osservazioni e da quelle condotte dal Signor Vincenzo Ostinelli, giardiniere capo della Villa Trabia, risulta, che nel mese di novembre 1904 il termometro, osservato sempre qualche minuto prima del levar del sole, discese ad 1° sotto zero durante la notte del 24 (cielo scoperto e not- tata freddissima) ed a—0° 3’ del -2 (notte fredda e cielo quasi tutto scoperto); si ebbero +1° 8’ in quella del 18 con tempo piovoso e vento piuttosto freddo, 5 4’ del 23,+2° del 25, +2° 5’ del (6,+3° del 15,+ 3° 6” del 17,+ 5° costantemente dal 12 al 14 quando poi piovve anche da mane a sera, e da 26 al 30 con tempo variabile, + 6° dal 19 al 21. L'andamento della i temperatura minima può dirsi quindi normale rispetto alla sua | _»‘’‘’‘£radazione e successione; ma ignoro se altrettanto sia avve- nuto per le temperature massime notturne e diurne, perchè nessuno speciale fenomeno lasciava prevedere che tali dati @ vrebbero potuto in prosieguo porgere materia di studio. — 117 — Nel mese di dicembre invece la temperatura andò di mano in mano abbassandosi; le notti con rugiada, con rugiada e nebbia o con rugiada e vento tresco ebbero il predominio (20 notti su 31); scarseggiarono le piogge (13 giorni su 31) la cui media raggiunse mm. 80. 90; il cielo fu coperto 18 giorni, 6 scoperto, 7 misto, ed il termometro discese la notte a 0° 8, il 28, il 29, a 0° 4’ il 9, a—0° 6 il 30, a—1° 3’ il 31; in oltre non mancò giorno che non fosse spirato vento, la cui velocità oraria media spesso raggiunse i 20 Km. Nel gennaio 1905 invece il termometro segnò +1° la notte del 10 e del 14,+1° 2’ del 9 e 13, +1° 4’ del 12,+2° l’ dell’8,+ 3° del 7 ed 11; poichè nel resto andò da 0° a—3° alternandosi così : -—— 0° 4’ in quella dell’ 1,—1° 3’ del 2,—2° 5’ del 3,—2° 8’ del 4,—1° del 5,—0° 8’ del 6, _y del 15, 0° del 17, — 0° 6’ del 18 e 16,10 2’ a 19,—1° del 20,—2° del 21 e 22,—1° 7’ del 23,—2° 3’ del 24,- 3° del 25, — 1° 5’ del 26, 0° del 27, — 0° 4’ del 23, — 3° 2’ del 29, — 2° 6 del 30, — 1° 8’ del 31. Navioò il giorno. 1°, 2, 4, 15, 16, 19, 20, 21; brina o rugiada ovvero Vuna e l’altra insieme accompagnate o non da nebbia si verifica- rono il 4 e 5, dal 9 al 14, e quindi quasi sempre dal 23 al ter- mine del mese; grandinò il 27, quando si ebbero tuoni, ba- leni, vento fresco; nè vi fu giorno senza vento, che raggiunse persino una velocità oraria media di 25 km. Alle basse tempera- ture termometriche si aggiunsero quindi la grandine, la ru- giada, la nebbia, e, quel che fu peggio, le brinate del 4, 21, 23, 24; in oltre il 3 ed il 4 alle 9 del mattino il termometro era ancora a — 2°, raggiungendo nel giorno appena un massimo di 8°, ed il 21, 22 e 23, quando la neve si ebbe anche in città, non salì mai oltre un massimo di 7° il 2L e di 5° 5’ negli altri giorni ed il 28 a mezzogiorno era ancora a 0°. el febbraio il termometro non fa che raramente trovato Sopra lo zero, e la successione delle temperature notturne fu la seguente: — 2° 4’ il 1°, — 2° il 2,3, —1° 6 il4,—3°2° il 5, —2° 6 il 6G,—20 4' il 7, — 1°5' 1°8,—0%2’il9,—0° 5’ il 10, — 1° o D1Il,—1° 7'il 12,04 il 13, — 2° 3'il 14, — 2° 4/ il 15, — l' il 16, — 2° 80 il 17,—0° Vil 20,—2° 2’ il 24,—1° il 25 e 26, — 1°4' il 27 e — 0° 2’ il 28. Il primo del mese fu rigidissimo, e di giorno non si ebbe più di 6°; si oscillò da 5° a 10° il 2, 3, 4; le notti del 5 e del 6 furono tra le più rigide, con cielo sereno e brina, ed alle 8 del mattino ancora si aveva-2°%; non si andò più su di 5° il 14, da — 0° 5 a 6° il 15, da 6° a 14° dal 18 al 24, e da 0° a 10° il 25 e 26. Nevicò il 13, 14, 15, 16, 26; — 18 — atimentò di intensità il vento raggiungendo una velocità media oraria di circa km, 33; il cielo fu sereno dal 2 al 7, il 28 ed il 27, misto il 1°, 19, 22, 26, poi sempre coperto; vi fu brinata le notti del 5 e del 6, vagida sette giorni su ven- totto, e poi quasi sempre vento fresco; piovve in 16 giorni, avendosi una media di mm. 97.30 di acqua. Nel marzo, solamente il 7 ed il 10 il termometro segnò — 1°; poichè gradatamente andò salendo così: 1° 11 ed il 2, 0° il 2, 3, + 102 il 4,+2°il B,+ Lil 6, +0°6' 1°8, + 3'TIL + 40 il 16,+6° dal 14 al 15, poi acerbo per salire a + 7° il 24, e dal 25 al 31 si mantenne da 4° a 5°. Scarseggiarono le piogge (media di mm. 35. 50); la rugiada non mancò mai; il 9 si ebbe la grandine; il vento diminuì fortemente di velocità, questa non avendo mai superato i 14 km.; ed il cielo, meno gli ultimi 5 giorni in cui fu sereno, nel pod interpolatamente si presentò coperto e misto. A tutto ciò aggiungasi un costante oscillare della pressio- ne barometrica, secondo risulta dai dati pubblicati giornal- mente dall’Ufficio metereologico di Palermo. Nel mese di di- cembre il ia discese sino a 746 e 18 il 13, per salire poi a 76 3 il 22; mentre in gennaio il primo giorno rag- giunse 7 de 40, ma poi si mantenne con una certa regolarità fra 750 e 760, ento il 9 a 767, a 762 (poco meno o poco più) il 12, 26, %9 e 30, a 763 e 85 il 22, a 76$ e poco più il 23 e 24, a 766 e 75 il 25. Una maggiore costanza si avverò in febbraio, non essendo essa variata che da 750 a 760, sorpas- sando tale ultima cifra il 2 (762, 90), il 4 (767, 16), il 5 (766, 85), il 6 (765, 57), il 7 (765, %): rt cominciò a sani ere sino a che | 14 era nuovam a 760; in questi stessi giorni il cielo fu sereno, iernriai te il sole ma scialbo, i giorni e le notti si alternarono rigidissime (in quella del 5 si ebbe la brina), ed in generale il vento non raggiunse grande forza. Nel marzo da 748 e 89 del primo giorno discese a 748 e 56 i 2, a TAT e 75 il 3, salì a 749 e 47 il 4, e quindi gradatamente sino al 10 ed 11, nei quali giorni toccò 760; quindi si man- tenne sempre entro i 152 e 759 per toccare 761 il 30 e 31. Il complesso di quanto ho sopra detto sarà meglio chia- rito con i seguenti specchietti limitati ad un quadrimestre, nei quali ho tenuto conto solo delle basse temperature nottur- ne e diurue e della massima giornaliera, siccome risultano da aceurate osservazioni fatte contemporaneamente all’Orto bota- nico, alla Villa Trabia, al giardino Withaker ai Lolli, con- — lig — trollate con altre che a più riprese ho ricevute da parecchi giardinieri. Porrò in appendice del presente le cifre, dirò quasi ufficiali, delle temperature prese sia con i soliti termo- metri centrigradi e sia coi geotermometri a varie profondità, sotto il titolo « Riassunto delle osservazioni eseguite nel R. O- servatorio metereologico di Palermo durante 1 inverno 1904- 1905 ». Della loro attendibilità è ottima garenzia il nome del prof. De Lisa Giuseppe; però esse diversificano sovente dalle nostre. Tale divergenza è utile avvertire, che non va attribuita nè ad errori personali e nè ad imperfezione di strumenti, quali si potrebbe pensare fossero quelli da noi usati; ed io stimo perciò che possa porgere sufficiente materia di studio pel me- tereologo, troppo spesso rinchiuso nell’esclusivismo delle cifre riscontrate nel suo Osservatorio e pretendendo esser desse l’espressione della realtà sulle condizioni climatiche di tutta una data zona. Senza invadere il campo altrui, ad alcune più importanti questioni farò accenno in appresso, e solo per quanto abbiano attinenza con la vita delle piante a Palermo; frattanto mi premeva rilevare la cosa per le deduzioni a trarne. egia i mm. in Pio Stato | Fenomeni del cielo | diversi . rg. ec |nebb. rg. e E e Da m rg. m rg. s rg. La giornata fu bella. Sole vivido. m rg. Spirò vento fresco con velocità di Km. e e e di idem. idem. Km. ? 3 Si vi Pre ma gt s pool tin e pra * . e nebb. | Spirò vento fresco con velocità di Km. e 22 e Si e da m nebb. S) tw: 8 rg. s Tg. € rg. ec |rg. nebb. ec |rg. nebb. Re nebb. Rd i 6. i: fi ; vu seal La giornata fu bella, con poche LL cara La giornata fu bella, ma con m ge N. }> tà di nubi. so re. idem. 7 ene. % Tg. idem. — con poche I e Li idem. yi Logs Mese di gennaio 1905. Stato | Fenomeni + d OSSERVAZIONI cielo | diversi Massima Pioggia in mm Alle 8 del mattino il termometro era an | a o idem. Spirò vento fresco con velocità di Km. 16. idem, idem. TE, nebb. rg. nebb. rg. nebb. rg. rg. br.. nv. nebb. |Spirò vento fresco eon velocità di Km. 26. nebb. rg. nv.neb.rg Giornata molto pa dre Nevicò sui moni città di pieno giorno. _ nebb. rg. | Giornata se ma cz nebb. rg.i x .} gr hebb. Vi furo! nù vesdt e fedi Cominciò vento: gr con xt ping È | nel 8 vari nce; a Ki son | a mezzogiorno si era ancora Giornata rigida come la precedente. | la In Stato | Fenomeni | DI mm. OSSERVAZIO diurna cielo | diversi | Massima Piogg | Giornata rigidissima. Spirò vento fresco con velocità di Fu la notte più rigida; ed sn 8 der | il termometro era ancora a — ®* di em. Giornata bella; splendette il sole. idem. Spirò vento fresco con veocità furono lu e baleni Spirò rag Lek con veloe Vi furono troni e baleni. idem. Spirò sug È Lira con velocità —. furono i e baleni. SI Vi Rion asia baleni. Nevieò. I | Spirò vento fresco con | > CAR Fonginiati | E È OSSERVAZIONI. E \cielo| diversi i. Massima diurna Pioggia in | i | Spirò vento fresco con velocità di Km. ! uoni e baleni numerosi, idem, bivunzio grossi, Tuboni e baleni. Vento n velocità di Km. 17.6. rg. nebb.| rg. rg. nebb. rg. nebb. rg. nebb. SS rg. nebb. (rg. nebb.| e SEA 3 ne new la Quali che sieno in generale le cause dei rigidi inverni ed in modo speciale di quello di quest'anno, intorno a cui i di- rettori di varii Osservatorii astronomici hanno già detto la loro parola sia su giornali politici e sia su periodici scientifici, per Palermo le sole osservazioni dell’Osservatorio metereologico porterebbero alla conclusione che l’inverno 1904-1905 fu per nulla diverso da quelli precedenti, se pure per regolarità di curve termometriche e barometriche non fu migliore. Le cifre sono cifre e non si possono modificare; infatti nel dicembre 1904 si ebbe, sempre secondo le predette osservazioni, una media temperatura mensile massima di 15° 21, media di 120 (4, minima di 7° 64’, col termometro che discese a 3° 4 e 3° 5 il zSe 2, salendo ad un massimo di 19° 5’ 1°8. Nel gen- naio 1905 la temperatura media mensile massima fu di 12° 72", media di 9° 01), minima di 3° 97’, con un massimo di 15° il 10 il 17, il 22, il 24, e un minimo di 0° 3’ il 15 e di 0° 7° il 28. Nel febbraio la media mensile massima ascese a 13° 34, me- dia 4° 677, minima 4° 197, raggiangendo un minimo di—0" 26 — 0° 5 il 14 e 15, un massimo di 18° 1’ il 21. Nel marzo la me: dia mensile massima risultò di 17° (3’, media 13° 77°, minima 277, con un massimo di 22° 6’ il 13 e 22° 2’ il 16, ed un minimo di 0 o poco più il 6, 10, 21. E che poco 0 nulla si differenziasse da quella dei precedenti anni, giovi rilevarlo dallo specchietto a p. 125, che ho redatto sulle « Osservazioni feno logiche» da me puoblicate negli anni 1897, 98, 99 (1). Donde la differenza fra la temperatura massima assoluta € quella minima assoluta fu nel dicembre 1904 di 16° 1’ contro 17° 7’ nel 1897, contro 17° 9’ nel 1898;—nel gennaio 1905-fu di 15° 1’ contro 27° 4’ nel 1897, contro 19° 6’ nel 1898, contro 12° 13’ nel 1899;—nel febbraio 1905 fu di 17° 6’ contro 20" \' nel 1897, contro 20° 5’ nel 1898, contro 10° 76’ nel 1399. In quanto alla pioggia misurata in mm. questa nel dicembre 1904 e nei primi tre mesi del 1905 si mantenne quasi sempre inferiore -1 a quella degli anni precedenti, tranne con una difterenza in (1) Vedasi : Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo, voll. I-II; Pà- lermo 1897-99, (1) Mancano le osservazioni del dicembre 1899. Dicembre (1) Gennaio Febbraio Marzo INDICAZIONI 1897 | 1898 1897 | 1898 | 1899 | 1905 1898 | 1899 | 1905 | 1897 | 1898 | 1899 Temper. medie: assima | 16.39| 17.14 17.35 | 17.36] 17.89) 12.72 16.02 | 17.53) 13.34] 19.19] 19.19] 19.14 » media | 11.76 12.44 11.92| 11.89| 12.25) 9.01 1149 12.82) 9.67] 14,51] 13.72] 14.26 » minima | 6.56| 7.51 5.8 9.79] 5.07] 3.97 6.02] 6.47] 4.194 7.06| 7.15) 7.39 T. mass. assol. | 20.9 | 20,9 27.9 | 214 | 17.84| 15.4 294 | 17.11] 18.1 | 29,9 | 24.9 | 19.27 T. min. assol. 3,2 3.0 0.5 1.8 5.71) 083 1.9 6.35 (0.5 3,5 3.7 7.48 Giorni di pioggia | 14 14 19 4 7 16 17 9 16 it DI 8 Quantità di piog- gia in mm. 107.06 me 80.90 | 79.35 | 12.80| 47.90| 70,30 108.38 | 86.75 | 97.30] 90.10) 77.00| 44.40 di i Sira — 126 — più pel febbraio del 1898 di mm. 57, 50 è dimm. e pel gennaio del 1597 di mm. 29, 45 edi mm. 10, 65 del 1399. 92, 40 del 1899, La differenza tra le medie temperature massime, medie e mi- nime risulta più chiara dal seguente specchietto, le cui cifre rappresentano la differenza in gradi dedotta dal confronto con le medie dei relativi mesi del quadrimestre dicembre 1904 marzo 1905. Marzo Dicembre (1) Gennaio 1897 | 1898 1897 | 1898 | 1899 Febbraio 1897 | 1898 | 1899 1897 | 1898 | 1899 Tae Ì î il +1.18 +18 | (0.38 (+-0.530 44,63 |+5.07 (+-4.64 | | | +2.91 |4+-3.24 42,88 | +3.89 |4+-2.68 |+5.19 +3,28 |+-1,82 rese +146 |+1.46|+141 | +0.74 |—0.05 140.49 | [io - -0.13]H1.11 | 41.10 (+1,82|+-2.12|+-1.83 +2 0.21 |- 0.12 dor Da ciò si sarto alla conclusione che nel dicembre 1897 € nel marzo 1898 la media delle temperature medie fu inferiore a quella dei rispettivi mesi del 1904 e 1905; come si riscontrò anche nella media delle minime del dicembre 1897 e 1898, nel marzo 1897 e 1898. Del resto la variazione delle minime medie coscillò fra 1° 11' ed 1° 82’ nel gennaio 1897, 1599 e solo nel ‘febbraio degli stessi anni variò rispettivamente da 2° 12° a 1° 83’ a 20 28. Gli sbalzi fra le temperature medie massime e minime fu anche maggiore nel trimestre gennaio-marzo 1897- 1899; e quindi per gli effetti sulla vegetazione avrebbero do- vuto tali inverni essere stati più tristi. Pf Per mancanza di osservazioni a questo fine, siffatta dedu- zione resta un po’ campata in aria, e quindi devo limitarmi a riferirla con grande riserva. Invece con certezza di risul tamenti, a causa delle constatazioni dirette compiute in que- ; (1) Mancano le osservazioni del dicembre 1899. Nello specchietto i numeri della prima riga rappresentano la differenza fra la media delle temperature. massime, quelli della seconda la differenza fra la media delle teimpetattà SU medie, quelli della terza la differenza tra la media delle temperature minime — 1227 — st'ultimo inverno sulla maggiore o minore resistenza, che opposero alle basse temperature le collezioni del nostro Orto botanico col confronto di quella opposta da collezioni viventi in altri pubblici e privati giardini, esporrò le seguenti osser- vazioni. Premetto intanto, che non cei è possibile stabilire Sino a quanto abbia potuto il freddo, giacchè incalcolabili danni produssero le grandinate del 20 e 29 febbraio e del 9 Marzo, accompagnate da vento fresco con media velocità di km. 12 a 13. Dappertutto furono rami schiantati, piante in gran parte abbattute o sfrondate completamente, erbe peste in malo modo; l'Orto dopo di tali nubifragii sembrava dav- vero un cimitero, squallido e desolante. In oltre il vento con- tinuo e le piogge non agirono da meno sulla vegetazione delle specie in vaso, poichè queste, qua e là rotolate lungoi viali, restarono più tempo a contatto del terreno umido di giorno e fortemente raftreddato di notte per le brinate. Siccome da noi di ogni specie si hanno sempre due esemplari, ho consta- tato che soffrì appunto quello che trovavasi in simili condi- zioni; l’altro rimasto dritto sopravvisse felicemente. Da ulti mo, e questo è notorio, dirò che di una data specie ebbero 0 ‘a perire del tutto o a perdere le foglie od a gelare i giovani rami gli individui in vaso, anche se al riparo di altri alberi; giacchè in simili casi il raffreddamento investe tutta la pianta, fomprese le radici, e la resistenza delle radici è in generale assai minore che le parti aeree ai rigori del freddo. Ne con- Seguì da ciò, che un grande numero di vegetali ricoverati nel giardino d’inverno (un’ampia serra tutta coperta a vetri, ma senza apparecchio di riscaldamento) perirono, quali i Croton, le diverse Aca'ypha, Carica Papaya, Siphonia elastica Pers., Pandanus utilis, P. furcatus, Clusia flava, Amyris maritima, Cissus rotundifolia, O. quadrangularis, e perdettero buona parte delle foglie ed i rami più teneri Olerodendron deronianum Hort., Ol. Thomsonae var. Balfourii Hort., i Coleus, Iresine Herbstii, Dracaena brasiliensis Hort., D. fragrans, Musa sumatrana, Chry- salidocarpus lutescens, Dietyosperma rubrum, Oreodora regia, Boehmeria rotundifolia Don, Franciseca erimia Scheidw; Jatro- pha multifida, Xylophylla angustifolia Sw., Chamaedorea Ernesti Augusti. ; In generale possiamo assicurare che il numero delle piante in piena terra da noi morte è stato scarsissimo, poichè la,po-. sizione dell'Orto Botanico è tale, che i venti non vi arrivano — 128 — mai molto furiosi e la vicinanza del mare smorza rapidamente i rigori del freddo. D'altra parte la vegetazione arborea molto lussureggiante è, come ho detto, un ottimo riparo alle piante di regioni tropicali, delle quali parecchie qui già da molti an- ni sono state con successo introdotte ed ormai vi si sono ae- climatate. Così nessun danno risentirono le Bromeliaceae, le Stapelia, le Aloè, le Araceae, Crassulaceae ed Euphorbiaceae cacteiformi coltivate lungo i viali o nelle aiole a riparo delle chiome dei grandi alberi; nè le diverse specie di Archontophoe- nix è di Howea, la Phoenix reclinata (1) dell’Africa tropicale, Chamaedorea Sartorii ed elatior del Messico, Hyophorbe Ver- schaffelti delle isole Mascarene, Gaussia Ghiesbreghti delle In die occidentali, Ficus religiosa delle Indie orientali, Y. Af- zelii dell’Africa tropicale, F. laurifolia Hort. delle Indie occi- dentali, Quisqualis indica dell’ Asia tropicale, Meryta Denhamii della Nuova Caledonia, Malpighia fucata di Giammaica, M. c0€- cigera delle Indie occidentali, Grevillea hilliana dell’ Australia, Bauhinia acuminata e B. malabarica delle Indie orientali, Bun- chosia tuberculata del Venezuela, Acronychia Baueri (= Baue- rella australasica Borzì) dell’ Australia, Doryanthes ercelsa del- VAustralia, Cornutia pyramidata del Messico, Joannesia Prin- ceps del Brasile, Putranjiva Rorburghii delle Indie orientali, Heteropteris chrysophylla dell’ America Australe, Galphimia niti- da Hort. pan. del Messico. Giova notare che quest’elenco com- prende tutte le specie poste la prima volta in piena terra dal 1893 al 1897 (2), e su cui l’esperienza di oltre un decennio è sufficiente garenzia per la veridicità delle deduzioni. Se volessi continuare nell’enumerazione, dovrei qui ripor- tare quasi per intero il «Catalogus plantarum Regii Horti Panormitani »; epperciò taglio corto, e vengo ad altro. In pien’aria ed in piena terra fu grandemente danneggiata per congelamento una Clusia flava, che poi è morta appena ora ( giugno); morirono Telfairia pedata e Bambusa spinosa (questa però era già sofferente). Le Kalanchoé marmorata Schw. col- (1) Sono stati omessi i nomi dei descrittori delle specie, perchè la no- menclatura adottata nel nostro R. Orto botanico risponde a quella dell’ « In dex Kewensis »: vennero indicati solo quando vi ha speciali ragioni a non tare tale nomenclatura. (2) Boll. R. Orto bot. Palermo, I, p. 14, — 129 — sn nella scogliera attorno all’acquario perirono, resistet- ro le altre sulla montagnola tra le collezioni della Colonia i Deherainia smaragdina perdette tutte le punte dei rami, ma ora (giugno) comincia vigorosamente a rimettere le foglie e nuove gemme. Alsomitra crassa Borzì (Tonkino?), come di consueto, perdette le radici e la parte inferiore dei fusti; rimessi questi nel terreno al cominciare di aprile, ora sfoggiano di bella vegetazione. Ficus leucantatoma, PF. Dae monum Zoll., Cheirostemon platanoides, Cordyline australis, Myreia acris DO., Cedrela odorata, Euphorbia Grantii ebbero gelate le estremità dei rami; con la primavera però sono di- venute più belle e più robuste che mai. Ebbero. le foglie danneggiate, ma più dalla grandine e dal vento che da altro, usa rosacea, M. sapientum, M. Ensete, Cycas circinnalis , Strelitzia Reginae, S. Augusta, Poinsettia pulcherrima R. Grah; perdettero gran parte delle foglie e softrirono alquanto nei rami più teneri Persea gratissima, Russelia juncea, Pithecocte- nium buccinatorium DCU., Mikania fastuosa, Verbesina crocata, Schinus molle, Duranta Ellisia Jacq., Cordyline vivipara Hort., Dracaena reflera, Cyphomandra betacea, Hibiscus Rosa-sinensis, Jasminum gracile, Homalanthus populifolius R. Grah Singolare fu il caso di Coffea arabica, su cui da più anni si compiono esperienze di acclimatamento. Nei precedenti in- verni una parte delle piante fu riparata con foglie di palme, un’altra rimase allo scoperto; ora, quelle al riparo moriro- no tutte, quelle allo scoperto perdettero subito gran parte delle foglie ed i rami terminali, ma poi nell’aprile si ricopri- rono di rigetti vigorosi e di foglie più grandi che le normali, limostrando così una rara forza di resistenza. In quanto alle piante succulenti, queste più che le basse temperature temono l’umido; e poichè in generale l’ umidità non raggiunse mai una media troppo elevata, od almeno non superiore a quella degli anni precedenti (media: dicembre 70. 5, gennaio 68. 5, febbraio 65. 8, marzo 68. $), così non si ebbero a deplorare nè mortalità più di quanto suole ogni an- no accadere in individui malaticci e nè parziali congelamenti. Qualeuna però che presentava già delle gemme tiorali, le per- dette; del resto tale fatto si verificò ancora in molte altre pian- te, che di solito da noi sogliono iniziare lo sbocciamento dei fiori col finire di dicembre, quali Ephedra altissima, Visnea Mocanera, Euphorbia fulgens, E. pulcherrima, Jatropha poda- 17 — 130 — grica, Tropaeolum tricolorum, ete. Dal confronto poi istituito sulle fioriture da dicembre a marzo (1) nel triennio 1897-1899 col quadrimestre corrispondente del 1904-1905, risulta in modo evidente, che vi fu ora un ritardo dal più al meno di un mese per le Gigliacee e le Monocotiledoni in generale e le Dicotile- doni erbacee, per le Dicotiledoni frutescenti ed arboree di 20 giorni all’incirea. Anzi qualche specie o non ha fiorito aftatto come Deherainia Smaragdina, Cluytia pulchella, Chorisia spe ciosa, Myreia acris DC, ete., 0 scarsamente come Kiggelaria africana, Cheirostemon platanoides, Dodonaea viscosa, Jacaranda ovalifolia, Beaumontia grandiflora, Brachychiton acerifolium, ete. Siftatti arresto per alcune e procrastinamenti per altre, si sono in diversa misura avverati anche nelle campagne ; giacchè il Mandorlo, che già a metà gennaio si ricopre di fiori, que- st’ anno attardò ai primi di febbraio, e così successivamente i varii Amygdalus e Pyrus coltivati per le frutta. Nessuna di- retta influenza pare si sia verificata sulle Eiobotrya japonica dei giardini della città, mentre a quelle verso Monreale ed ai Colli non solo caddero parecchie gemme fiorali e le altre resta- rono alquanto in riposo, ma le giovani foglie softersero, dis- seccando in parte: e così a causa dell’ avvenuta maturità in periodi separati da un certo intervalio di tempo lVuno dell’al- tro, si sono avuti di tale specie per più lungo tempo i frutti sul mercato. noto che a Palermo non vivano bene, a causa delle ele- vate temperature, alcune piante nordiche, quantunque in altre latitudini basse o di clima presso a poco identico al nostro pro- sperino rigogliosamente; tali, ad esempio, molti Abies e Cedrus, e sopra tutto Cumellia japonica, Rhododendron arboreum, R. in- dicum, Gardenia elegans, Pittosporum eriocarpum, ece. Ho vo luto vedere se mai il freddo ne avesse migliorate le condizioni di esistenza; ma, tranne che non softersero, null’altro di chia- ramente constatabile è apparso, giacchè non spostarono di un giorno la normale fioritura (Camellie, Pittosporum), e le gio- vani gemme di queste due specie e di Rhododendron e Gardenia - (1) Tennacciano A. Osservazioni fenologiche fatte nel R. Orto botanico di Sirion dal gennaio 1897 al giugno 1899. — In Boll. R. Ort. bot. Pali, vo) ‘ i — 131 — Seguitarono a sviluppare come di consueto. Gli Abies, i Cedrus, ed in generale le Conifere nordiche, le varie Araucaria, ecc, hanno invece vegetato in primavera ed estate come non mai, acquistando anche un colore verde più intenso; e ciò contraria- mente ai Pini della regione mediterranea (P. halapensis, P. canariensis, ecc.) che ebbero le punte delle foglie bruciate. * * * Un altro confronto molto più istruttivo di quello che non Sia segnalare semplicemente piante morte e più o meno softe- renti (giacchè non ci è mai dato di poter constatare sicura- mente ed affermare se ciò e sino a quel punto avvenne per naturale effetto del freddo o perchè le piante erano già pre- HLA a morire, onde avrebbero sofferto anche con un inver- mite), mi si porge qui l’agio di fare tra le piante che vivono diPOrto Bonito e quelle di altri giardini di Palermo, su cui furono anche esperimentati gli eftetti del freddo. E ciò in se- guito ad una recente pubblicazione del Signor Vincenzo O- Stinelli, giardiniere capo della Villa Trabia (1). Nella Villa Varvaro (alle Terre rosse) morirono: Aristolochia gigas, A. or- nithocephala, A. ringens, Cryptostegia grandiflora, Hibiscus schi- zopetalus, Passiflora alata, Sycomorus antiquorum, che da noi non risentirono alcun danno. Del pari morirono a Villa Trabia : * Acalypha macrophylla, * A. obovata, A. triumphans, Hort., A. Wilkesiana, Alternanthera sp. omnes, Antigonon leptopus, * Cle- rodendron devonianum, * C. Thomsonae var. Balfourii, * Coleus Var. omnes, Chrysophyllum imperiale Hort., * Dracaena fragrans, D. Lindeni Hort., Goethea cauliflora, * Musa sumatrana , Maurandia scandens , * Plumbago rosea, Ravenala madaga- scariensis, * Chrysalidocarpus lutescens, Olinostigma Moorea- num, *. Dictyosperma rubrum, Hedyscepe Canterburyana, Hy- driastele Wendlandiana , Kontia Mac-Arthuri Hort., * Oreo- dora regia, Prbardi Thurstoni Hort. Da noi invece non he morì aleuna, e softrirono solamente riportando danni 0 nelle punte delle foglie (Palme), o perdendo foglie o gelando Solo gli apici dei rametti quelle segnate con asterisco (*). Al Par- (1) OsrineLLi V. L’inverno rigido del 1904-1905, — In Boll. Soc, ort. mut. Soce. Palermo, III (aprile-giugno 1905), p. 28-30, — 132 — co del Duca d’Orleans (antico Parco D’'Aumale), ebbero molto danneggiate le foglie. Howea Belmoreana, H. Forsteriana, Dracaena Draco, che invece da noi proseguirono la fioritura, abbonendo anche i semi nella primavera. A Villa Varvaro (alle Terre Rosse) soffrirono nelle foglie e nei rami più teneri Begonia Tauscheri Hort., Hibiscus Rosa-sinensis e la var. subvio- lacea Hort., nelle foglie ed in quasi tutti i rami per parecchi centimetri Aristolochia sabiosa, Bauhinia Vahlii, Ficus altis- sima, Plumbago zeylanica; da noi invece gelarono poche gem- me di Ficus altissima, e qualche rametto di Hibiscus Rosa-sì- nensis. A Villa Malfitano Ficus elastica ebbe morte le estre- mità dei rami e cadute le foglie, Heliotropium peruvianum dis seccò sino quasi alla corona delle radici, Poinsettia pulcherri- ma perdette quasi tutti i rami ed una buona parte del fusto, Musa Ensete e M. sapientum furono danneggiate per due terzi dal germoglio; mentre da noi restarono quasi completamente immuni. Alla Villa Trabia soffrirono: Aralia Veitchi Hort. in tutte le foglie, Arconthophoenix Alerandrae nelle foglie gio- vani, Boehmeria argentea nelle foglie e per metà del fusto, * B. rotundifolia nelle sole foglie, Bougainvillaca glabra sande- riana Hort. nelle foglie e nei rami giovani, * Chamaedorea Er- nesti-Augusti nelle foglie sviluppate nell’ autunno, Chorizema rarians nelle foglie e nei rametti, Olivia miniata nella metà superiore delle foglie, Cocos speciosa in tutte le estremità delle pinnule, Crinum asiaticum, O. ensifolium, C. giganteum in tutte le foglie che gelarono sino all’ inserzione, * Cycas circinnalis nelle pinnule della porzione estrema delle foglie, Ficus elasti- ca nelle punte dei rami e nelle foglie di cui molte caddero, Fourcraca Lindeni nelle foglie giovani centrali senza però che la gemme avessero subito danni, * FPranciscea erimia nelle foglie e nell’apice dei rami giovani, Goethea cauliflora nelle foglie. e nel fusto sino oltre la metà, eliotropium peruvianum in buona parte della vegetazione sopraterranea, * Hibiscus Rosa: sinensis nelle punte dei rami, * Zresine Lindeni nelle foglie, nei rami e nel fusto sino quasi in vicinanza delle radici, *Ja- tropha multifida nel fusto sino quasi alla metà, Kentiopsis ma- crocarpa in tutte le foglie, Livistona Hoogendorpii e Morenia — corallina in tutte le foglie dell’autunno, Musa paradisiaca nel germoglio sino a metà quasi, * Poinsettia pulcherrima pei ra 2. mi e sino a metà dei fusti deboli, Pritchardia Gaudichandi è i i È ; . ; a P. Sonorae nelle giovani foglie ma per metà, * Salvia splen: — 153 — dens nelle foglie e nei rami quasi tutti, * Solanum Scaforthia- rum nei rami secondarì, * Sì. Vendlandi anche nel fusto sino ad un metro dal suolo, Thundergia grandiflora nelle foglie e nei rami teneri, * YilophyWa angustifolia nelle foglie e nei ra- mi per lungo tratto, e di *Stephanotis floribunda alcuni esem- plari nelle foglie e nei rami ed altri nel fusto ed uno che morì Di tutte queste piante ebbero danni da noi solamente quelle segnate con asterisco (*), e questi si limitarono alle sole foglie se a Villa Trabia soffrirono nei rami, alle foglie ed ai rami se là perdettero anche parte dei fusti; in conclu- sione, sempre più lievemente che altrove. Un altro termine di confronto ho voluto istituire tra alunno piante soggette a coltura o spontanee sia nell’ Orto botanico che nelle campagne attorno alla città. All’Ospizio Marino, posto a ridosso di Monte Pellegrino in esposizione a sud, Myoporum serratum, le varie Pistacia, Cercis Siliquastrum, Viburnum Tinus, Rhamnus Alaternus, Nicotiana glauca e rustica non mo- strarono aleuno accenno a deperimento e nè soffersero in modo visibile; mentre le medesime piante a Luparello, a Monte Pel- legrino dal lato di ponente, al Parco d’Orleans, sopra la Rocca (meno le Nicotiana che qui non esistono) vennero quali più e quali meno danneggiate nei giovani rigetti o nelle foglie. In- vece allo stesso Ospizio marino ebbero le foglie e le gemme giovani congelate e quindi morte Zizyphus Spina-Christi, Rhus zizyphina Tin., qualche Pelargonium zonale. In generale le Pry- thrina riarum dal Foro Umberto restarono incolumi, nad: il vento danneggiò Quercus Iler, come altrove avvenne pe alcuni Platanus e Schinus, e generalmente per Melia “hi Gli agrumeti che dalla Rocca si stendono al mare poco o nulla batirono, invece moltissimo quelli attorno San Lorenzo e di qui a Partanna, battuti come sono dai venti che infilano le gole di Mondello e di Sferracavallo, per cui — tutt’ ora Inorto un tratto più o meno lungo dei rami estern on mi consta che vi sia stato sensibile tina nelle cul- ture di legumi primaticci ; del resto le cure dell’uomo potet- tero certamente su esse molto più che i rigori della stagione, Però Bellis perennis, B. annua, Iris alata, Narcissus Tazetta, Adonis cupaniana Guss., Anemone coronar ia, A. stellata, che Sogliono annunziare il nuovo anno ed allietare i prati dello squallido gennaio, fiorirono tardamente e ad intervalli; prima alle Falde, poi nella Favorita, quindi al Parco d’Orleans. — 134 — Dicasi lo stesso dei varii Senecio, Viola, Antholyza bicolor Gasp., ete; riconfermando ciò osservazione generale, che come pei diversi giardini di Palermo le piante diversamente resi- stettero al freddo ed alle altre influenze deleterie, così per i diversi luoghi della Conca d’Oro le piante erbacee e le ar- boree, sia spontanee e sia soggette a coltura, diversamente si comportarono e nella vegetazione e nella fioritura. L'importanza di tale fatto non è chi non comprenda, quan- tunque grandi sieno le difficoltà a determinarne con esattezza le cause. Noi non possiamo certamente dire che a poche cen- tinaia di metri l’uno dall’altro due giardini godano di diverso clima; ma che siano sottoposti a variazioni così profonde da determinare la vita o la morte d’una data specie, è cosa da non dubitarne nemmeno. Certo è che la loro ubicazione se- condo determinate correnti di venti, —l’influenza che su essi pitone a distanza le catene montuose e qualsiasi altro ri- aro (persino gli alti edificii della città), — la natura se non LA ques ma al certo fisica del terreno, per cui questo si raffredda qui più presto che altrove, sono altret- tanti fattori locali di grande momento, che pur troppo ven- gono trasandati dagli ufflei metereologici nelle loro valuta- zioni generali sul clima d’una data zona. Se potessi accettare ciecamente le osservazioni termometriche gentilmente favori- temi da molti giardinieri di Palermo, si rimarrebbe stupiti che tra la Villa Sofia e Villa Trabia, p. es, vi sia stata spesso una differenza di circa 2° in più per quest’ ultima e di oltre 3° in più con l'Orto botanico. Devo astenermi dal riportare cifre perchè non tutti i termometri erano stati dapprima para- gonati; però le piante sono termometri assai più sensibili di quelli creati dall’uomo, ed esse ci hanno appunto rivelato, che a Palermo delle piante che vegetano prosperamente in piena terra all’Orto botanico non tutte lo possono a Villa Sofia ed a Villa Mazzarino, e che per valore di acclimatazione Villa Trabia e le Terre rosse sono intermedie. Ma insieme con tutto ciò non devono mai trascurarsi altri dati di somma importanza affinchè le comparazioni abbiano rigore scientifico, od almeno riposino e muovano da elementi di uguale valore: l’età delle piante, la forza di vegetazione, la maniera di coltura, essendo in ciò riposte le principali energie che le fanno resistere più 0 meno alla lotta per l’esistenza. Gli è dipendentemente da essi, che si può dire in linea generale : —a) le piante in vaso soffrono a preferenza di quelle in piena ter- — 135 — ra, e delle prime in particolare modo quelle che i venti fanno cadere al suolo e su cui rimangono poi adagiate alquanti giorni, —-b) vi ha spesso specie i cui individui presentano ine- guale resistenza al freddo; in tal caso il danno è in ragione: 1. dell’età (massimo da 1a 4 0 5 anni, medio dai 10 ai 20, minimo dai 25 in su, considerando alberi la cui media della vita stia tra 80 e 100 anni), 2. dell’ esposizione e dello stato generale di coltura, 3. dell’origine se cioè da seme e da una delle di- verse maniere artificiali di propagazione agamica (le piante di quest’ultima categoria sono sempre le più danneggiate). Aggiungansi a tutte queste le molteplici considerazioni d’ ordine biologico, che Spesso non ci è dato poter tenere da conto per mancanza di dati sicuri sul peculiare modo di diportarsi d’un vegetale nel suo paese natio. Sicchè quando la metereologia trarrà partito da ciò, e per ogni luogo potrà con la maggiore approssimazione farci sapere le probabili varia- zioni giornaliere (più che le medie) movendo da certi gradi iniziali (p. e, dalla temperatura delle 7 al mattino per quella del giorno, e del cadere del sole per la notte), allora ) arte dell’ acelimatazione sarà posta su una via più razionale, la Climatologia assorgerà all’ espressione reale della verità (es- sendo oggi fondata su dati incompleti, se non in parte ine- satti), e noi non andremo più a tentoni nello studiare le ra- gioni e l’ intensità ed il valore dei danni del freddo sulla vegetazione. Solo allora questi cataloghi, che frattanto si assomigliano ai nudi resoconti statistici dei morti e dei feriti sul campo di battaglia, diranno qualche cosa, illuminando Sempre più molti problemi inerenti alle attività generali della pianta come individuo Sottoposto inesorabilmente al continuo mutare degli agenti esterni, e specialmente riguardo al coor- dinamento delle funzioni ed all’adattamento dei singoli organi con le forze e gli attributi del protoplasma informatore. sa Dopo ciò non è inutile qualche confronto con altri inverni, anche eccezionali, Scegliendo ali’uopo i giardini botaniei di | Caserta e di Genova, ed il giardino di acelimazione della Jasa Bianca presso Port’Ercole (1). - n autori, sui quali furono fatti i (1) I nomi delle piante sono stati riportati come erano nel testo degli confronti. 136 — Mio padre si occupò dell’« Invernata del 1869 ed i suoi effetti sulla vegetazione » per Caserta (1). Allora il dicembre 1863 si mantenne quasi direi costantemente mite, giacchè il termometro oscillò tra 2° 2’ e 5°, nella sola notte del 28 e 29 scendendo a 0°. Il mese di gennaio poi, riporto testualmente le parole dell’autore, « si mostrò nella notte del 1° giorno, con un minimo di temperatura di 6° e fino al dì 20 la tempera- tura minima, nella notte, si tenne tra 1° 1’ e 5° sopra il punto di congelazione. Il freddo cominciò a rendersi sensibile | | — dal dì 20 e 21, in cui nella notte il termometro segnò 0° e nei successivi giorni si rese intenso a segno, che nientemeno parte “0 delle grandi vasche, in cui le acque sono semifluenti, ed il | lago di questo Real Giardino gelavano. Difatti il 22 il termo- 3 metro segnò nella notte—2° 5’, il 23 parimenti—2° 5/, ed il 24 —1° 2° la notte el’ intera giornata, il che è più straordinario, —1°2’, onde riuscì fatale all’orticoltura nostra, e particolarmen- te agli agrumi, come avremo occasione di mostrare in seguito. Proseguendo a notare i minimi di temperatura del mese su indi- cato, diremo che la notte del 25 si ebbe— 5°, del 26 poi—4° e del 27 in ultimo —1° 2’ ». Invece a Palermo il gennaio 1905 procedette, facendo i confronti con la temperatura termometrica del solo giorno, re- lativamente più mite, meno pei giorni 23-26; però non vi fu i notte (meno dal 9 al 16 ed il 28) in cui il termometro non fosse disceso sotto lo zero sino a — 3°, 2". Da noi l’abbassa- mento di temperatura aumentò col febbraio, che fu di gran A lunga più rigido che a Caserta, poichè tutte le notti si andò di Sempre sotto lo 0° sino a — 3° 2’ (il 5); e proseguì nel marzo, 0 quantunque in tale mese a poco a poco la temperatura fosse andata riacquistando la sua stabilità normale. I danni adun- que che a Caserta vennero cagionati da pochi giorni di gen- naio derivarono a Palermo da una continuazione di basse temperature, non però eccessive, durante tre mesi (metà di- cembre a metà marzo), da varie grandinate, da’ venti freschi continui e piuttosto violenti, da sbalzi troppo rapidi fra le alte e le basse temperature del giorno e della notte; epperciò sino ad un certo punto si possono rassomigliare. A Caserta, tit (1) Caserta. Stabilimento tipografico Nobile e (. 1869. — Le osservazioni furono fatte con termometro Reaumur; io le ho trasoritte in centigradi, — 130 — come a Palermo, restarono sfrondati molti alberi di Eucalyptus salicifolia, e perdettero parte delle punte dei rami e delle fo- glie tenere Melaleuca ericefolia, Pomaderris apetala, Russelia iuncea, Justicia adathoda, però non soffersero a Palermo E/aea- gnus argentea, Bosea Yervamora, Agapanthus umbellatus, Ca- suarina suberosa, Acacia lophantha, Celastrus lucidus, Plumbago capensis, Pelargonium zonale, che a Caserta avevano avute bru- ciate o gelate parte delle foglie ed i rigetti più giovani. Men- tre a Caserta morirono Duranta Ellisiae, Verbesina crocata, Cor» dyline vivipara, qui esse softrirono perdendo le sole estremità dei rami; nè risentirono alcun danno Panar aculeatum, Eu- patorium lucidum, Jasminum nepalense, Psidium catleyanum, che là furono più o meno maltrattati. Strelitzia Reginae, Cordylyne reflera, Sparmannia africana che a Caserta perdettero fusti e rami, rimettendo poi su rimessitieci dalle radici, qui la prima e la terza softrirono nelle sole foglie, la seconda disseceò pure le sole punte dei giovani rami. Dobbiamo al defunto ed illustre Vincenzo Ricasoli un la- voro sul « Freddo dell’inverno 1879-80 al monte Argentale e le conseguenze che ne derivarono sulle piante del giardino della Casa Bianca presso Port’Ercole (1)». Alla Casa Bianca il termometro nel dicembre 1879 segnò una temperatura mini- ma di—7° ed ai primi di gennaio— 5° in pieno giorno; ma il chiaro uomo nulla ne dice intorno all'andamento delle curve termometriche durante tutto l’inverno, e nè io posso supplire avvalendomi di altre osservazioni, perchè in quell’inverno «le correnti ghiacce arrivarono in località diverse e fra loro distan- ti, investendo alcune zone e lasciandone altre immuni ed alle mperature ordinarie, per cui accadde il fatto singolare; che alla stazione della Cornia si assicura che il termometro centigra- do segnasse —14°, che invece a Grosseto fu—7° 8’, come risul- ta dalle osservazioni termometriche di quell’osservatorio mete- reologico; mentre alla Stazione di Orbetello fu di gradi—10%, e dentro la città di Orbetello fu accertata essere di quasi—9%, Ora delle Palme in vaso ed in piena aria che là morirono, nessun danno hanno mai sofferto a Palermo Chamaerops elegans, ©. Ghiesbreghtii, ©. hystria ( RhapidophyUum), CO. Palmetto (Sabal), (1) Estratto dal Bullettino della R. Società Toscana di Orticultura, anno V, 1890, 18 — 188 — Phoenix dactylifera, P. leonensis, che da noi non hanno alcun biso- gno di riparo, e vissero fruttificando meravigliosamente anche questo anno Chamaedorea elatior, Cocos flexuosa, C. romanzof- fiana, Livistona chinensis, Seaforthia elegans. Nessuna delle piante grasse segnate dal Ricasoli come morte nel suo giardino hanno testè sofferto a Palermo; invece delle altre piante di terra e di vaso in piena aria che colà pure morirono, da noi softrirono o perdendo le sole foglie o disseccando i teneri ramoscelli Coffea arabica, Cyphomandra betacea, Dracaena re- flera, Hibiscus Rosa-sinensis, Jasminum gracile, Musa sapien- tum, Omalanthus populifolius.. Un più attento esame merita la pubblicazione del prof. Penzig, «Il freddo del gennaio 1893 e le piante dell'Orto Bo- tanico di Genova (1)»; poichè «il giardino botanico di Ge- pova si trova, grazie al clima mite della Riviera Ligure, in con- dizioni assai buone, perchè vi si possano coltivare, in pien’aria è senza ripari speciali, una grande quantità di vegetali esotici. Vi prosperauo sopratutto molte specie provenienti dall’ Austra- lia, dal Capo di Buona Speranza, dal Giappone e dalla China, dall'Argentina e dalle Isole Canarie; parecchie anche di paesi abitualmente più caldi. La temperatura media di Genova è di 6° 8’ d’inverno, 15° 0’ nella primavera, 24° nell’estate e 17° d’autunno; il mercurio d’inverno soltanto poche volte scende sotto lo zero, e di ben pochi gradi; la neve rarissime volte compare nella città, e suole essere allora di breve durata ». Nel gennaio 1893 il termometro invece discese per quattro volte di seguito di sotto dallo 0°, cioè —1° 8’ la sera del 12, — 4° 3' il mattino del 13,—3° 7’ la notte del 14, - 5° 8° il po- meriggio del 15, il 17 a sera—1° 5’, mentre in generale dall’ LI . 23 oscillò sempre fra +0° 7’ e+2° raggiungendo solo il 21 2 otte+3° 4. Di giorno nel meriggio del 13 si ebbe—2° 5’ © toe mattino del 17 appena—0 1’; il 21+10° 9’, ma poi sem: pre da 4° 8’ a 6°, meno il 20 che si ebbe 7° 8/, Nevieò Vil, il 15, il 16, e nelle notti vi fu quasi sempre il gelo. Come ben si vede, vi è una certa rassomiglianza e nell’andamento generale e come media complessiva tra il gennaio 1905 a Palermo © quello del 1893 a Genova; se non che, quello che potettero 2 Vitt. 1608 Estratto dal ea della R. Società Toscana di Orticultura, anno o FIERI VE e SIE ANI De ARE e RON rito si ZI 7 Reit I e Lal L I A sal signi — 139 — a Genova il forte abbassamento di temperetura per 4 giorni di seguito, ed il gelo durante la notte dovuto certamente al vento fresco delle Alpi, qui fu operato dalle continuità di basse temperature durante il febbraio. Tuttavia a Palermo non ebbero a softrire danni visibili che poche delle piante ri- sordate dal prof. Penzig, quali Sehinus molle, Mikania odorata, Verbesina crocata, Kalanchoé marmorata cui gelarono i getti giovani, Persea gratissima, Russelia iuncea, Budleja madaga- scariensis a cui caddero parte delle foglie, Amyris maritima che morì, Del resto poi altre, che di solito nel febbraio co- mineiano a disporsi per la fioritura, ritardarono sino a’ primi di aprile; e diedero pochi fiori, perchè buona : parte delle gemme perì; così come ho di sopra già detto essere avvenuto da noi. sa Dalla sommaria esposizione dei fenomeni osservati a Pa- lermo, comparati anche con quelli altrove osservati in inverni egualmente rigidi, non ci è dato trarre alcuna conclusione di- versa da quelle già note intorno agli effetti delle basse tempe- rature sulla vita delle piante (1). In tesi generale, fermo restan- do quanto ho più: sopra detto, non sono certamente queste mi- nime temperature le sole che operano in maniera più o meno deleteria; v’ha troppe cause che sfuggono alle nostre particolari ricerche, alcune d’ordine puramente vitale (cioè riguardo allo Stato di vegetazione in cui trovasi al principiare dell’inverno una data pianta), altre d’ordine tellurico (natura chimica e fisica del sottosuolo, che perciò è più o meno atto a raftred- darsi e riscaldarsi rapidamente, a mantenere .0 non l’umidità, ecc.), altre d’ordine meteorico (quantità e natura di pioggia, vento, sole, freddo, che in una stessa città e persino in uno Stesso giardino variano notevolmente). D’altra parte nessuno tiene mai conto dell'andamento dei calori estivi e delle varia- zioni termometriche dell’autunno, mentre queste dovrebbero e potrebbero oftrire un utile coefficiente alla determinazione del grado di resistenza ai successivi freddi invernali. Io stesso non (1) Cavara F. Influenza di minime eccezionali di temperatura sulle pian- te dell’Orto botanico di Cagliari. — In « Bull. soo. bot. ital. 1901, n. 5 pa- LA Lat gine 146-156 — 140 — ho potuto mettere a profitto tali nozioni per mancanza di os- servazioni dirette; però è noto che l’estate e l’autunno 1904 furono per Palermo eccezionalissimi, essendosi avuto all’om- bra temperature persino di 42°, acqua scarseggiante, predomi- nio di venti sciroccali. Venendo al caso particolare, sempre confermando l’incom- pleta conoscenza di tutte le più diverse e minime cause de- leterie, possiamo conchiudere che, malgrado le cifre ufficiali segnate dal Bollettino del’Osservatorio metereogico di Valver- de, l'inverno 1904-905 fu presso noi tra’ più rigidi. Sele ac- que delle vasche non gelarono, sul terreno invece la neve si consolidò spesso, le brinate furono a riprese ed alternate con giorni di splendido sole (per cui la temperatura si elevò pa- recchio), i venti sferzarono continuamente le piante, la gran- dine più volte devastò le colture. Ancora oggi interi agrumeti mostrano le punte dei rami uscenti fuori dalle chiome dissec- cate, e la fioritura, oltre al ritardo, ha subito notevole ridu- zione nel numero dei fiori. Che se l’Orto Botanico, rispetto alle restante Conca d’Oro, in tutto questo turbinio invernale è rimasto quasi come una oasi di verdura, lo si deve in gran parte, come ho pur s0- pra detto, alla sua vicinanza col mare, al riparo che gli fanno dai venti e da un lato gli alti alberi della Villa Giulia e dal- Valtra la troppa vicinanza dei monti verso sud, ed una spe ciale natura di sottosuolo, per eui il calore vi si mantiene molto più a lungo che altrove. Terracciano A. at ie an ee ne i i Riassunto delle osservazioni eseguite nel R. osser- vatorio meteorologico di Palermo durante l’inver- no 1904-1905 per il prof. G. De Lisa. Altitudine della stazione sul mare = m. 71. I termometri sono collocati in giardino a m. 2 dal suolo ed all’ombra. Il pluviometro è collocato a m. 1 dal livello del terreno. I geotermometri collocati in terreno calcare compatto (1). (1) Abbreviazioni usate per le indicazioni dei varî fenomeni: ielo =. S. » misto = m., » coperto =c, Neve — nv. Grandine = gr. Nebbia — nebb. Tuoni — ti == bal. " Vento forte — vf R = rg. Brina = br. dicembre Termometro Pressione media a 0° Mass. | Medio centigrado Umidità media a 120 cm. Stato del Cielo Pioggia in mm. Fenomeni notati mm (bt) oc 758,65] 14.5| 11.1 55.89] 14.6 | 12.6 53.08] 14.5 | 12.7 52.86 16.3 | 13.3 58.05] 15.8 | 12.4 61.68] 17.1 | 14.0 60.99] 17.4 | 13.7 (c) SSW SW SSW WSW WSW 13.0 Vento |Geotermometri centigr. Direz.| srarta| a 30 | a 60 | a 90 medie cem. cm. | cm. Km. | oc oe | oe SSE | 25} 124| 13.3 | 144 SSsw| 29| 118] 132 | 144 sw | 13| 420] 132 | 14.4 sw | 5.0f121|131| 143 N | 66] 122 132 | 14.2 WNW} 44] 120] 130] 142 e | aol1as| 1901142 06 mm. 15.3 | s rg. 15.3 | 0,25f nebb. rg.|| 152] e | 133] — 15.2 G 2.80) sr 15.0 | m » rg. 15.0] m » rg. 15.0 Ss » rg. 14.7 e C 4,30 pedi 14.74 ce 4.25) vf. nebb. 14.7 e 3.10 pane vf. bal. Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di GIORNI è Temperatura 5 = | centigrado is Ei Mass ee. Vento pred.te Geotermometri centigr. Umidità media Veloc. Direz. | oraria pg me a 60 cm. a 90 om. a 120 cm. Stato del Cielo Pioggia in mm. PEBE WSW | 14.6 | 10.0 NW | 104] 93 11,3 12.6 Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di febbraio 1905. E 8 ona” 3 Vento |Geotermometri esa 5 È dai o ss z Direz. | Veloc. 3 s notati ‘ing Pa £ mass. |Media|minim.| È pred.te| orari pi, » ner pi pitciag s P, La medie (7) = mm. % Km. 1 [751.64] 13.1] 8.5] 461 782] N | 471 84| 94|10.5| 114] m rg. 2 | 62.90] 15.1 | 10.10) 3.5 662{SW | 5.9] 8.3] 94] 10.5| 113] s » rg. 3 | 59.06] 15.0 | 11.8| 5.31 62.0 [WNW] 15.6] 84] 9.3] 105) 113] c » vi. 4| 67.16] 129) 8.7| 30| 566{ENE| 7.8] 89| 95/105] 112] s » _ 5 | 66.85) 162) 108] 071 552{ SW| 41] 85] 96| 105| 112] s » br. 6 | 65.57) 141 | 112) 62 594{NNE| t11| 8.8] 95) 10.5] 112| s » _ 7} 65.99] 13.6! 93] 320 65.0|ENE| 421 89| 9.7] 10.5| 112] s » rg 8 | 6243) 16.1| 116| 26| 668{NW| 74] 89| 9.7] 105) 112] c » rg 9 | 60.129] 124 | 102] 7.61 824{ SW) 32] 95] 98| 105] 112] ce 6.10) — 10 | 61.58] 14.8 | 112] 68 75.8] N 4,0 | 9.7| 10.0] 10.6| 112] e 7.50] nebb. 11 | 60.63 140] 100] 37/70 se | 41] 97/1041] 107| ine] è 0.75) *g 12 | 56.17] 141] 98| 42| 706] ESE| 16f 95| 10.2] 108/113] e 5.00f — 13 | 57.19] 101) 7.5) 5.2} 600/NNE]| 12.3f 95] 10.2] 108| 11.3| c 2.60] nv 14 | 61.16f 5.2| 31|—02| 564 [NNW] 16.8] 8.7] 10.0} 10,8 | 11.3] c 2.75) vf. nv. 15 | 58.628] 6.6) 44/—051 624/NNE]| 15.1] 7.5! 9.61 108/ 1L4| e 2.25 vf. nv. 16 | 61.34) 8.6) 5.6| 051 7124 NNE| 11.8f 69| 90] 10.6] 1134 ce | 10.40] nv. 17 | 59.70] 126) 84| 20] 6881 N | 6.2] 681 86|103| 112] c 0.30] — 18 | 57.81] 126) 88] 301672] ESE| 19] 74) 8.7|101| 11-0f ce » nebb. 19 | 58.22] 13.6 | 91| 38] 73.0f ESE] 40] 7.9] 8.7] 10.0| 10.9] m » rg. 20 | 52.89} 13.6} 94 31] 768 SSW] 195] 8.2] 90| 99} 108f c 2.70] vi. 21 49.54) 18.1 | 144} 744454] S | 331] 84] 91] 10.0] 10.8f cc 1.80]vf. ti. bal. 22 | 52.76] 14.9 | 116| 8.0] 6201SSW]| 182] 92) 93] 10.0| 10.7]-m 450] vi. 23 | 56.58 141] 104] 40| 546] SW] 7.9] 92) 96|101| 10.7 s » |ti. bal. rg. 24 | 56.78] 146 | 95] 20] 798] SW| 34] 88| 96] 102] 108f e 9.10]ti. bal. rg. 25 | 52.25] 11.1) 90 6.2] 726] SW] 152] 89] 95|103| 10.8] e | 26.15jvf. ti. bal. 26 | 57.24] 13.6 | 9.7] 5.31 68.6 [WSW| 1L6f 87) 95|10.3| 1081 m | 8.45jnv.ti.bal 27 | 54.71] 16.8 | 127] 5.3] 5425SSW]| 141f 87| 95] 103] 108| s » mi 28 | 50.20] 13.5 | 109] 7.3] 602 [WNW] 185 92| 96|103|10.8| e T.55j vi. Medie mens. [758,46] 13.34| 9.67| 4.19 65.8 10.7 { 8.6| 95] 104| 111] c | 97.90 Riassunto delle osservazioni eseguite durante if mese di marzo 1905. Temperatura | £ | AVERE z 25 centigrada E Vento |Geotermometri centigr. E e 4 © _ 5 55 , : pred.teloraria| a 30 |a 60(as0|aizo| £ | & i | : ‘= |pred.tejorarlaf a a a a - > ui E | Mass, ue ana E Lei page begin) pe E; È | mm. | e (748.89 17.6 | 13.8 a ai Pr e a da ee I E dd (35) 19 [ts) (er) fd = vw © > D pc Bi TY. >, 19 (eri fù Di (2.1 fr dl (0°) (e [are 10°) fin de Mn 1/2) » . 14 | 55.91] 21.1 | 16.8) 10.3] 628 fwsw]| 50 12.3] 115 114] 115] m » R: 15 | 55.22] 19.61 15.1! 82 740{NNE] 60] 12.7! 119] 115] 11.6] m » ; 16 | 52.129f 21.8] 17.6/ sal oral < 12,81 13.0 | 12.2 11.8| 11.75 c » 18 | 55.78] 188 | 15.0] 9.6] c1o{nnw| 7.7] 13.6 | 12.8] 122] 121] s » | 19 | 54.94] 18.7 | 142) 7.71 768 [NNW] 7.8] 13.9] 130] 124| 122] » i 20 | 56.15] 16.6| 133| 71f 738|ENE| 38] 13.7] 132] 126] 124] s » | 21 | 56.64) 179/135] s8fos4fene| 83139] 1338128] 125] mo | > ; 2 | 54.35) 222/157) 87|654f ne | 58] 142] 134/129] 127] m » | 23 | 52.67] 19.2 | 15.0] 106] 734{NNE| 5.6f 148] 137] 131|128f e 0.30 24 | 52.83] 16.3 | 13.6 | 10.2] 730 {Nww]| 83] 148] 138| 132] 129] m | 145 25 | 51.80] 17.4) 131| 58|676|wxw| sof 140] 139] 134] 131] © 2.00] 26 | 56.67/ 16.6 | 127| 5.9] 720 [NNW] 126] 134| 136| 13.5] 132] m | 8.2 27 | 58.86] 18.8 | 142| 6alcrofnw | 100] 13.3 135] 13,5| 133] » » 28 | 56.78] 19.6) 152] solesol E 3.0] 13.5] 135 | 135 1334 s » 29] 50.31] 182) 145) 9061 736|NNE| 01] 140] 13.6] 134 133] s » 30 61.83] 18.8] 146| 62 604f E | 55] 141137] 135] 194] s » 61.46) 17.6 | 139 | 5.9 724f E | 425 144|138|136| 134] s | » ie dd | E 755.10] 17.73) 13.77] 7.27] 668 7.5 | 122| 11.9] 118| 119] m | 35.50] Fai TZIZIS CRONACA 1. Nella tornata del 20 maggio, l’onorevole Casciani teneva alla camera dei Deputati un discorso relativamente all’Orto bo- tanico di Palermo. Riportiamo qui per intero la discussione aV-. venuta, come risulta dagli Atti Parlamentari, LXXXVI. p. 3082 e seg. CASCIANI. Ho sospinto l’onorevole Di Stefano a presen- tare l’ordine del giorno, al quale io pure ho posta la mia firma, perchè da una seconda visita fatta all’Orto botanico di Palermo mi sono dovuto persuadere della grande importanza di quell’i- stituto non soltanto per i fini dell’insegnamento universitario ma anche per l’interesse della nostra agricoltura. Ho apposta | i volentieri la mia firma a quell’ordine del giorno perchè non ap- parisse che la andazi dell’onorevole Di Stefano avesse un carattere regionale, d’interesse della sua città, mentre VOr- to botanieo di Palermo ha importanza nazionale perchè rende ‘veri servigi alla scienza, e porta un altissimo contributo allo studio di questioni del più alto valore per la nostra economia — agricola. ; Quando in Italia esisterà veramente un Ministero di agri: — coltura, un Ministero cioè che intenda la sua missione sospin- gendo gli studi sperimentali volti a favorire nuove colture che sono di tanto interesse per alcune regioni, sopratutto per le rè- | gioni del Mezzogiorno ove alcune colture softrono per eccesso di produzione, allora soltanto si potrà intendere quale vantage gio potrà portare al paese l'Orto botanico di Palermo , che, — 147 — per la sua posizione, per la sua estensione e per il modo col quale è diretto, può portare un importante contributo alla solu- zione di molti problemi riflettenti la nostra agricoltura. Recentemente in quell’Orto botanico sono stati fatti studi di molta importanza per coltura di piante che crescono nella nostra colonia e che hanno trovato facile adattamento nel clima. nostro. Cito ad esempio alcune piante che dànno dell’ottimo caoutchou che fu riconosciuto tale a Parigi dove fu mandato questo prodotto, che è stato anche confezionato dalla ditta Pi- relli e che potrebbe fare la concorrenza al caoutchou che ci viene dall’estero; è stata altresì studiata una pianta tessile che dà un prodotto utilizzabile per l’industria ed è di facile coltura e potrebbe benissimo essere coltivata in molte regioni del Mez zogiorno che per la loro siccità non possono dedicarsi alla eol- tura delle vite, dell’ulivo e del grano. È stato inoltre pubblicato nell’ultimo numero del Bollettino dell'Orto botanieo di Palermo, uno splendido studio sulla pianta del banano che potrebbe essere utilizzata commercialmente per il suo frutto squisito, di cui vi è grande consumo anche in I- talia. Altre piante ho potuto vedere egregiamente sviluppate che sotcetleà grandemente giovare all’ineremento dell’agricol- tura dell’isola e delle provincie meridionali dove crescerebbero rigogliose, al pari di quello che accade nelle colonie. Vede l’onorevole ministro che la questione assume un’im- portanza altissima per il nostro paese. Di tale avviso sono tutti coloro che in questi ultimi tempi hanno visitato l'Orto botanico li Palermo; cito l'onorevole Colosimo che di recente me ne par- lava con molto entusiasmo, l’onorevole Di Scalea e finalmente lo stesso onorevole presidente del Consiglio che promise formal- mente di elevare lo stanziamento relativo all’Orto botanico, stanziamento che ora è assolutamente insufficiente (Bravo!). Ad una mente così eletta come quella dell’onorevole ministro, che intravvede l’importanza delle questioni non appena sono accen- nate, non ho bisogno di dimostrare con più lungo discorso come sia necessario di elevare lo stanziamento con la cifra che ab- biamo proposta nella speranza che sia possibile di aumentarla ancora negli esercizi futuri. Solo così si potrà mettere l'Orto botanico «di Palermo in condizione di rispondere alle necessità della coltura universitaria e di produrre i vantaggi che ce ne attendiamo nell’interesse dell’a agricoltura italiana, e della eco- nomia del nostro paese e specialmente per l'agricoltura del Mezzogiorno e delle isole (Approvazioni). 148 PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Jatta. JATTA. Intendevo parlare degli Orti botanici di Palermo e di Napoli; ma di quello di Palermo si è detto abbastanza, e quindi mi limiterò ad associarmi alla proposta dell’onorevole Di Stefano tanto validamente sostenuta dagli onorevoli Mon- temartini e Casciani. Certo non vi è luogo in Europa più adatto di Palermo per un istituto di biologia vegetale; ma sarebbe strano aspirarvi con la trasformazione di quell’Orto botanico. Si tratterebbe in- vece di far sorgere accanto a questo un istituto internazionale che possa, come la stazione zoologica di Napoli, servire agli cane di tutta Europa, attingendo i materiali di studio nel- l’orto botanico. pica Di Stefano ammetterà però che le cinquemila lire da lui proposte non sono sufficienti per un nuovo istituto «da costruire di pianta. Esprimo una mia idea personale, e pre- go l'onorevole ministro di voler considerare se non sia il caso di utilizzare in pro dell’Istituto botanico di Palermo una parte di quei fondi che recentemente sono stati restituiti alle Uni- versità siciliane. Si potrebbe così rendere un grande servigio alla scienza. Non si adombri, però, l'onorevole Di Stefano; non fo che espri- mere una — opinione, e del resto mi associo alla sua rae- comandazio NOHI LEONARDO, ministro della pubblica istruzione. Dirò dune parole solamente. L'onorevole di Stefano, al quale si sono associati l'onore: vole Caseiani e l'onorevole Jatta, per l'Orto botanico di Pa- lermo ha voluto toccare una corda molto delicata del mio a- nimo; perchè Palermo mi ricorda le mie prime grandi lotte ed i miei primi trionfi. Sono però molto incline a riconoscere tutte le ragioni addotte dall’ onorevole Casciani e da altri circa la trasformazione ed i miglioramenti da introdurre nella organizzazione dell’ Orto arene di Palermo, perché valga non solo per la scienza, ma anche come centro di movimento industriale. Ma si scontento delle mie dichiarazioni. Se il — mio onorevole predecessore ha concesso all’ Orto botanico 1,700 lire su questo bilancio, egli che nobilmente rappresenta la regione sicula, io, appartenente ad una regione centrale | @’Italia, stanzierò nel venturo bilancio una somma la quale sodisferà alle modeste ae dell'onorevole Di Stefano. Mi Ra RETE RTRT lE DI ara — 149 — auguro che egli non vorrà insistere sull’ ordine ‘del giorno, 0 per lo meno su quella parte di esso che si riferisce allo stan- ziamento della cifra. DI STEFANO. Il mio ordine del giorno consta di due parti. Per la seconda mi posso accontentare della promessa dell’ono- revole ministro, sicuro che egli la manterrà subito e su que- Sta parte non insisto perchè sia votata. Ma la prima parte io credo che debba esser votata dalla Camera. Si tratta di con- fermare un precedente ordine del giorno ed io ritengo che la Camera, che ha già espresso in questo senso la sua volontà, il suo pensiero, ed ha già deliberato che l’Orto botanico di Palermo sia elevato ad Istituto botanico internazionale, debba confermando la sua deliberazione spingere il Governo ad at- tuarla prontamente. Per la prima parte quindi chiedo la vota- zione. BIANCHI LEONARDO, ministro della pubblica istruzione Non mi oppongo. PRESIDENTE. Questo ordine del giorno resta quindi con- cepito così : «La Camera, riconfermando il suo precedente ordine del giorno, col quale invitava il Governo ad elevare l'Orto bota- nico di Palermo ad Istituto botanico internazionale, ne solle- cita l’attuazione ». Lo pongo a partito. (È approvato). Pr 2. Attività scientifica dell’Istituto, a). — Furono inviate per studio al Museo ed Istituto bo- tanico di Vienna le specie del genere Tararacum. i -+-— Fu pubblicato a cura dell’Istituto stesso il fascicolo terzo del terzo volume delle « Contribuzioni alla biologia ve- "a getale, edite da Antonino Borzi », il quale contiene i seguenti | lavori : i Borzi A. Biologia della germinazione dell’ Araucaria Bid- rcilli, con la tav. XVI. Caldarera I. Coefficiente di correlazione fra stami e petali nello Styrax officinale tav. XVIII e XIX La Floresta P. Ricerche sul periderma delle Palme, con le at +6 Lo Priore G. Note sulla Biologia delle Amarantacee, con la tav. XVII. Il Dottore Terracciano A. Assistente, pubblicò i seguenti lavori : — Le Gagea della flora portoghese. in <« Bol. da Soc. brot., XX (1905)».—2. Les espèces du genere Gagea dans la flore de l’Afrique borèale, in « Bal. soc. bot. France (1905), 2, Memoire ».— 3. Revisione monografica delle Gagea della flora spagnola, in « Bol. soc. Arag. Ciene. nat., IV (1905) ».. — Il Signor Riccobono V., Giardiniere capo, pubblicò nel « Bollettino della Società Orticala di mutuo soccorso in Paler- mo, vol. II. fasc. 1 e 2»: La coltura dei Banani in Sicilia. .— Il signor Riccobono A., Giardiniere custode dei semi, con- tinuò nello stesso Bollettino la pubblicazione delle « Piante della flora siciliana più acconce all’ornamento dei giardini (Graminacee.- Iridacee. Giuncacee) » c.)— Si ricevettero in cambio : n. 285 specie di semi da Concordia e dai Giardini botanici di Genova, Graz, Nice, Ko- penaghen, Buenos-Aires, Sopporo (Giappone), Saigon, —n. 118 piante vive dai giardini botanici di Roma, Torino, Karlsrue, Budapest, Parigi, Lyon, Zurich, Trieste, Liege, Kénigsberg, Freiburg, Atene, Catania, Leiden, Nancy, Kopenaghen, Chri- stiania, Heidelberg, Branusweig, Amsterdam, Budapest, e dai signori Varvaro (Palermo), Palazzotto (Palermo), Sprenger (Vo- mero, piante di Cina e Giappone), Colonnello Ameglio (piante di Tsen-Tsin), Hambury (La Mortola), Franck (Frankfurth). A questi giardini e ad altri signori, tra cui: prof. Zona (Palermo), Withaker (Palermo), Dode (Paris), Zingarelli (Di- rettore del giardino di acclimatazione in Palermo), Randazzo (Palermo), col comizio agrario di Avola, furono spedite n. 122 piante vive d). — Furono compiute escursioni botaniche al monte Bu- sambra (versante occidentale) ed al bosco di Ficuzza (boschi tra Godrano e Marineo) da Terracciano A. e Senni L., — alle Madonie da Loiacono M. e Cavara F.,—al Uastellaccio ed altri dintorni di Palermo da Caldarera I., -—a San Martino € Castellaccio da Terracciano A.—alle isole Eolie da Loiacono M. e Caldarera I. (con una torpediniera concessa del Ministro della R. Marina). Fror, A. Borzì — Direttore responsabile. EE, Vo Palermo, L dl Orto bot. R Boll. LAO ERE Raga! » * Boll. R. Orto bot. di Palermo, Vol. IV. STUDII ALGOLOGICI: Saggio di rieerche sulla biologia | delle Alghe, per A. BoRzÌì. Fase. I, in 4°, pp. VIII-120, tav. 9 ì «i » II, » pp. VIIL 21-399, tav. 10-31 . ì > 6 » III, Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 ta- vole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi; V. RIiccoBoNo. R. Ort. Bot. Pa- lermo. R. Istituto botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRzì. Vol. I, in 8°, fase. I, pp. VII-192, tav. 1-VI . L. 12 8 we,» © pp. 1-316, tav. 1I-ZIX. , . è » 2 >».Lil, » fasc. I, pp. 1-208, toy. LU. _, » 12 » » >» fase. II, pp. 209-292, tav. XII-XV. » 8 » » » fasc. III, in corso di stampa. Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBono. KR. Ort. Bot. Pa- lermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Publié par J. VILBOUCHEVITCH 10, Rue Delambre, PARIS (VV) ABONNEMENTS PARTANT DU 1° yanvier: Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel, illustré, s’occupe de toutes les questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri- culteurs des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue complète des publications nouvelles (3 pp. de petit texte). La partie commerciale très developpée est intelligible pour tout le monde et toujours intéressante. Nombreux collaborateurs dans les colonies francaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’en Australie et dans les deux Amériques. — Articles inédits sur jes cultures potageres et les fruits, dans chaque numéro. Collaboration speciale pour les in- Sectes mùsibles. Numéro spécimen gratis sur demande BOLLETTINO DEL A, ORTO BOTANICO DI PALERMO ANNO IV. Fasc. 4 (Dicembre 1905) PALERMO Stabilimento Tipografico--Andò 1905 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato @ fascicoli trimestrali di 3-5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo © con tavole ed ap- pendici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al < Bollettino », che sono anche vendibili separatamente, saranno date gratis agli abbonati Prezzo dell'abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) eee i. —. < .. biro8 = me. | - ; si è er Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor VINCENZO RICCOBONO, R. Orto Botanico di Pa- lermo. BOLLETTINO DELL’ ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal Prof. LL SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici Abbonamento annuo L. 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura © silvicoltura. Indirizzare vaglia : Prof. Luigi Savastano. PORTIOI (Provincia di Napoli) N. 4. 81 DICEMBRE 1905. VoL. IV. BOLLETTINO ORTO BOTANICO DI PALERMO SOMMARIO: ID 18. — Studi ed esperienze sulla coltura delle piante da Gomma elastica in Sicilia (La Direzione). 19. — Note sul genere Sanseviera (G. E. Mattei). 20. — Pioritura della Talisia carinata (V. Riccobono). 21. — Sulla coltura di alcune Leguminose (G. E. Mattei). 22. — Intorno a ee. nuove legioni ne iano 4%: sso) - 93. — Fioritura lia (G. E. sane 24. — La « Pecan Nut»: nuova pianta da introdurre nelle col- ture arboree in doni (A. Terracciano). 25. — Piante nuove, rare o critiche del R agg Botanico di Palermo (A. Borzì). Con Tav. III e IV. 26. — Riassunto delle osservazioni eseguite si R. Osservatorio di Palermo. (G. De Lisa). 27. — Cronaca (Ottobre-Dicembre 1905). 28. — Indiee del Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo Vol. IV. 1905 PALERMO Stabilimento Tipografico—Andò Studi ed esperienze sulla cultura delle piante da Gomma elastica in Sicilia. I risultati delle prime esperienze intraprese in questo Orto Botanico sulla coltura della Ficus elastica come pianta pro- duttrice di somma elastica, già segnalati a S. E. il Mini- Stro dell’Agricoltura con particolare Relazione del 27 mag- gio 1905, hanno destato vivo interesse tanto in Italia, quanto all’ Estero, è parecchie Riviste d’ Agricoltura e dei gior- nali politici si sono occupati dell’ argomento dedicandovi più o meno larghi resoconti. Non sono nemmeno mancati i più benevoli incitamenti da parte d’insigni cittadini, perchè le esperienze fossero alacremente continuate. Tutto ciò dimo- Stra la importanza della quistione e siamo lieti che essa sia già del dominio della pubblica opinione; che se al bisogno di larghi mezzi per dare ai risultati un valore pratico positivo non putrà questo Istituto, per le sue speciali condizioni, in- teramente e convenientemente provvedere, abbiamo fiducia che non mancherà il concorso della iniziativa privata alla solu- zione del problema. Epperò ci proponiamo in questo Bollettino Sotto il titolo « Studi ed esperienze sulla coltura delle piante i da Gomma elastica in Sicilia» di mantenere viva l’attenzione degli agricoltori italiani intorno a tutto quello che possa ri ferirsi a questa nnova industria colla pubblicazione di notizie Sugli studii che vanno compiendosi in questo giardino non — 156 — solo sulla coltura della Ficus elastica, ma anche su altre spe- cie a latici caoutchouiferi. * * * Il Prof. Italo Giglioli a pag. 326 della sua importante 0- pera: « Malessere agrario e alimentare in Italia » così serive intorno alla possibilità di coltivare in Italia la Ficus elastica a fini industriali ; .....Ma nello stesso modo come altre piante sub-tropicali, quali il riso, gli agrumi, il canforo, sono divenute piante ita- liane, così forse anche una delle più importanti piante pro- duttrici di caoutechoue, la Ficus elastica, potrebbe prospe- rare nelle pianure litoranee dell’Italia meridionale, della Si- cilia e della Sardegna, nelle località soleggiate e ricche di acqua. Il fico della gomma elastica, che va acquistando impor- tanza nella Malesia e nell’India, specialmente nell’ Assam, ere: sce rigoglioso nella Sicilia, formando grandi alberi. che arri- vano a maturare abbondantemente i piccoli frutti doleiastri, simili ai fichi. Facendo incisioni alle radici ed al tronco di questa pianta, si potrebbe raccogliere, come nell’ India ed a Giava, il làtice; ed iniziare fra poi, nell'estremo Mezzogiorno, una industria, la quale promette di farsi sempre più € più gigante ». dopo avere l’ insigne uomo dimostrato colle cifre alla mano la sempre crescente importanza commerciale del caout: chouc, soggiunge : « Cresce, dunque, vieppiù la necessità di coltivare piante a gomma elastica; le quali sembrano comunemente non essere facili alla coltura, colla sola eccezione del Ficus elastica, col tivata con buon successo nell’India britannica ed in Giava. Non vi è nessun dubbio che questa pianta vegeti bene nelle parti più calde d’Italia; e non vi è ancora nessuna ragione per credere ch’essa non possa dare, anche nel nostro clima, una buona produzione di gomma elastica, quando sia colti. vata in questi stessi terreni, ed in quelle condizioni, che 80; no pure propizie alla produzione agrumaria. A Spesso avviene che alcune piante diano migliori prodotti, qualche volta anche prodotti più abbondanti, quando sono col- tivate presso i limiti della loro zona vegetativa. Si pregla più il vino del Reno che il vino di Puglia. Inoltre, con me ; — 157 — todi accurati di cultura, si potrebbe sforzare la produzione del làtice resinoso; dal quale infine, più economicamente e più completamente che coi metodi barbari ora usati nei tro- pici, si potrebbe separare la gomma elastica, A Tjiasem, in Giava, sopra 40 ettari coltivati a Ficus elastica , crescono 500 alberi, i quali s’incomtneiarono a salassare regolarmente ogni anno dopo arrivati al 18° anno di età. Nel 1897, queste 500 piante davano un prodotto di oltre 3200 chgr. di gomma, elastica; la quale, a tenore di franchi 14 per chilogramma, valeva franchi 44. 800: cioè, franchi 1120 per ettaro. i rse maggiore probabilità che meglio riesea in Italia la produzione della canfora che quella della gomma elastica. Ma buone ragioni spingono a tentare anche quest’ ultima produzione, di gran lunga più importante : la quale collegan- dosi (come nel caso del riso) alla lavorazione della gomma e- lastica tropicale, potrebbe aprire presto la via ad una grande industria meridionale. Quei tentativi colturali che non si possono fare per inizia- tiva di privati si dovrebbero, da persone competenti, iniziare sui terreni dello Stato: sn quelle terre demaniali, usualmente così male coltivate ed amministrate ». L’autorevole opinione del Ch. Prof. Giglioli dà maggior valore agli studi intrapresi, e siamo anche lieti che i favore- voli risultati finora conseguiti confermano il giudizio dello insigne Autore. * * * Alle brevi notizie. date nel precedente numero del Bollet tino sulla estrazione di Caoutehone dalla Ficus elastica colti- vata in Egitto, possiamo aggiungere maggiori dettagli, essen- do comparsa una relazione in proposito, del Signor LUIGI FAVRE, nel n. 53 del « Journal d’ Agriculture Tropicale ». — G ià il WARBURG (Les plantes à Caoutchoue — Trad. del VILBOUCHEVITCH, p. 270) aveva citato l'esempio di tre al- beri di questa specie coltivati al Cairo, nel giardino del pa- lazzo di Gezira, che, in seguito ad esperienze fatte dal Si- gnor FLOYER, giardiniere di detto palazzo, avevano dato nel 1898 in media cirea un chilogramma e mezzo di Caoutehoune ognuno, il quale fu venduto a quasi nove franchi il chilo- gramma, e nel 1899 gli stessi alberi, essendone uno sofferente. perchè troppo adombrato dai vicini, avevano dato in media cone. — 158 — circa 850 grammi di Caoutehoue ognuno. Ciò non solo dimo- strava la possibilità di utilizzare la Ficus elastica in Egitto a scopo industriale, ma ancora rappresentava un reddito supe- riore a quello che normalmente forniscono le Ficus elastica di Chardwar nell’ Assam. e esperienze testè compiute dal Signor LuIGI FAVRE in Egitto, di cui si ha relazione nel sopra citato giornale, con- fermano pienamente questi brillanti risultati. Tali esperienze furono pure eseguite su alberi di giardino, non essendosi an- cora iniziato in Egitto vere colture della Ficus elastica allo sco- po di estrarne Caoutehoue : si sono però fatti colà numerosi impianti di questa specie, per la lunghezza di oltre cinque chilometri, allo scopo di ombreggiare i pubblici passeggi, es- sendo albero assai apprezzato dai touristes per il suo bel fo- gliame persistente d’inverno: ma le pianticelle sono anche troppo piccole per tentarne l’estrazione del Caoutchouc. ignor FAVRE per le sue esperienze scelse al Cairo 3 quattro alberi di circa m. 1,20 ad 1. 50 di circonferenza, ed aventi da 15 a 20 anni di età, e li sottopose ad una serie di incisioni dal Gennaio al Luglio 1905, ripetute circa alla di. stanza di due mesì l’una dall’altra. Da questi alberi in tale periodo di tempo ottenne 600 grammi di Caoutchoue, più 2335 centimetri cubi di latice, equivalenti, al saggio del 68 per cento, a chilogrammi uno e grammi 601 di Caoutehoue: 08- sia in totale chilogrammi due e grammi 201 di Caoutchoue. Notasi però che le incisioni furono eseguite in modo irrego- lare e senza alcun piano prestabilito, per cui il Signor FAVRE non dubita che con più esattezza avrebbe potuto ottenere al- meno una libbra in più di latice, ciò che porterebbe, al solito saggio del 6»: per cento, a chilogrammi due e grammi 900 circa la quantità totale di Caoutehoue grezzo che avrebbero dato i detti alberi in un periodo di quasi sette mesi. Quindi in media ognuno di tali alberi avrebbe dato 72» grammi, confermandosi così un prodotto maggiore di quanto si ottiene dalle Ficus elastica di Giava: infatti la produzione “a Giava è calcolata in media a 600 grammi per albero, Se condo testimonianze del Dottor PrEYER. La qualità poi di Caontchone ottenuta in Egitto dal Signor FAVRE, fu esami- | nata dai fratelli HecHT, negozianti di Caontehoue @ Parigi, e giudicata analoga a quello di Giava di prima qualità, e va: lutata a franchi 12 per chilogramma. 4; — 159 — Îl Signor FAVRE poi nota come la Firus elastica prospera bene in Egitto, nei terreni di alluvione, purchè sia abbon- dantemente irrigata, massime nei primi anni, supplendosi con la irrigazione alla insufficienza di umidità atmosferica: egli quindi ritiene colà possibile e redditiva la coltura in grande di tale Ficus per l’estrazione del Caoutchone. Queste notizie sono assai importanti perchè dimostrano sempre più come la coltura della Ficus elastica a scopo indu- striale sia possibile anche in Sicilia, corrispondendo appunto la Sicilia per mitezza di clima al Basso Egitto, come lo con- fermano le relative isoterme. a queste notizie hanno anche un altro interesse: essen- dosi asserito che in Algeria, eome riferisce RIVIERE, la Ficus elastica non produce affatto ‘Gagutabondi e che il medesimo succede pure in California, come narra HILGARD, erasi da taluno supposto che i climi temperati potessero influire sulla diminuzione o deficienza del Caoutchouc stesso. Ciò fu smen- tito dalle esperienze fatte qui a Palermo, esperienze che con- cordano pienamente con quelle, testè citate, OSS dal Signor FAVRE in Egitto. Quindi, se realmente le Ficus elastica di Algeria e di Cali- fornia non producono Caoutchouc, deve esserne ricercata al- trove la causa e non nella mitezza del clima. Sotto questo aspetto nulla è da temersi per eventuali colture industriali che si potrebbero iniziare in Sicilia, e siamo grati al Signor AVRE di avere, con le sue ben riuscite esperienze, esaurien- temente confermato quanto siamo andati dicendo nei prece- denti bollettini. ea Nei precedenti Bollettini di quest’ Orto, abbiamo riferito i primi risultati di analisi sui latiei della Ficus magnolioides e della — us elastica, eseguite per accertare il quantitativo di Caout- choue che esse contengono, ed il loro valore commerciale. Dette analisi, come è noto, riuscirono negative per la prima specie, ma diedero risultati oltremodo soddisfacenti per la s. seconda Fu quindi creduto opportuno di intraprendere, in questi n ultimi tempi, una serie di altre analisi, allo scopo di potere sperimentalmente determinare l’epoca dell’ anno in coi illa- tice delle Ficus, coltivate sotto il nostro clima, offra le migliori — 160 — qualità chimiche ed industriali. Lasciato da parte la Ficus magnolioides, il cui prodotto è povero di Caoutchouc e quindi scadentissimo, tali ricerche furono ristrette alla sola Ficus ela- stica, il cui prodotto appunto era stato trovato abbastanza buono per i bisogni dell’industria. Benchè questa seconda serie di ricerche sia ancora al suo inizio, crediamo opportuno di qui riportare le più recenti do- - PE avute, perchè cenfermano e completano quelle prece- denti. A tale scopo ne riproduciamo anche alcune comparse Lui Bollettino. Infatti fino dal Marzo dello scorso anno, mediante il cor- tese tramite del Signor WILBOUCHEVITCH, Direttore del «Journal d’ Agriculture Tropicale », alcurii saggi di gomma e- lastica greggia. preparata col latice della Ficus elastica coltivata in questo Orto Botanico, furono esaminati dai fratelli HECHT, noti negozianti di Caoutehouc a Parigi, e da questi ricono- sciuti di ottima qualità, attribuendovi un valore di Franchi 11. 50 per chilogramma. Per averne un giudizio più dettagliato, il 5 Maggio dello stesso anno farono inviati altri simili saggi di gomma ela- stica greggia, ottenuta a Palermo, alla ben nota Ditta PI RELLI e C. di Milano, che appunto attende con singolare competenza alla lavorazione della gomma elastica e della gut- taperca. La risposta in data 9 Maggio 1905, fu la seguente: ..Siamo quindi lieti di poterle dare subito il nostro giu- dizio, risultante da un esame a cui abbiamo dato ogni no- stra migliore attenzione. « L'esame, fatto nel nostro gabinetto chimico, ha dato il seguente risultato : erdita per depurazione ed asciugazione (sostanze solubili nell’acqua ed umidità) . . . 6.85 % « Bedine naturali... «0... i, a Ma « Ceneri . dii « Caoutchone, ampia gundlià quasi trascura- bili di frammenti vegetali . . . 74.43 % ETA 100. 00 St « Le resine sono fragili a temperatura ordinaria, il loro punto di fusione è superiore ai 100 C. e la loro reazione è perfettamente neutr «Il Caoutchouc è piuttosto nervoso, ma facilmente ossi e eo san Pi Canali e, ae — 161 — dabile già a 70 C. come tutti i Caoutehoue delle gomme di categorie basse. « Passata a fabbrica la gomma depurata, ne furono tratti si dischetti di cui Le unisco campione. Mr tutti il 0 °/, di zolfo : il bianco contiene inoltre 50 °% di ossido di zinco, ed il rosso 20 °/, di solfaro di aninonibà la vulcaniz- zazione è stata fatta in diversi periodi, fino ad ottenere il miglior grado possibile di elasticità e di compattezza. «In complesso il giudizio tanto del nostro Laboratorio Chi- mico sul campione di gomma greggia, come del nostro Perso- nale Tecnico sul trattamento industriale, porta a concludere che si tratta di gomma abbastanza buona, anche per appli- cazione nell’industria, ma di II categoria, ed il cui valore po- trebbe aggirarsi intorno alle L. 10 al Chilogramma, sulle basi dei prezzi altissimi attualmente vigenti per le gomme greggie ». Quindi secondo il giudizio di questi tecnici restava con- fermato che il prodotto della Ficus elastica di Sicilia, rispon - deva realmente ai bisogni dell’industria, e, l'essere stato clas- sificato di seconda categoria, dipende forse dal non avere pre- ventivamente lavato, nè in alcuna guisa trattato, il prodotto grezzo avanti di sottometterlo al giudizio dei tecnici: d’altra parte la differenza di prezzo fra la prima e la seconda cate- goria si riduce in realtà a qualche paio di lire, rispondendo Presso a poco il valore assegnato al nostro campione a quello ordinario delle gomme di origine asiatica. Dopo questi felici risultati, nel Novembre scorso furono ri- prese altre trattative con la medesima benemerita Ditta Pi- RELLI e C. per fare analizzare mensilmente qualche campio- ne di latice di queste Ficus elastica. Infatti il 30 Novembre 1905 ne fu inviato un primo saggio, sull’analisi del quale così ne a la prelodata Ditta, in data 11 Dicembre 1905 : «....Il latice di Ficus elastica campionatoci, reso legger- mente alcalino con alcune gocciole di ammoniaca, contiene 34. 08 °/, di prodotto di coagulazione lavato ed asciutto (gom- ma greggia lavata, asciutta). «Questo prodotto di coagulazione, lavato ed asciutto con- di: S « Resina neutra . . . : . .. 13. 00% « Caoutchouc . ; ; x . . - “«- «Bb, dg « Ceneri - - . - ai «i, 0..50%, 100. 00 — 162 — Quindi il quantitativo di Caoutchone in questo campione superava di parecchio quello precedentemente accertato. Volendosi anche stabilire se i rami e le foglie della Ficus elastica, coltivata qui in Sicilia contenevano Caoutchoue, ed in che proporzione, ne fu spedito una buona quantità alla stessa Ditta PIRELLI e U., ma il risultato fu negativo, come ap- pare dalla seguente risposta : «Il nostro Capo Chimico sottopose ad accurato esame le foglie e ramoscelli di Ficus elastica che Ella ci spedì per Va- nalisi e li trovò privi di Caoutehoue, come ebbe a constatare in altri ramoscelli e foglie d’altre piante che danno il Caout- choue, esaminate anni or sono. «Pare insomma accertato che i ramoscelli e le foglie di almeno una gran parte delle piante che danno il Caoutehoue a differenza di quelle che danno la guttaperca, non conten- gono affatto questo prodotto. Rimarrebbe ancora da consta- tare se le radici del Ficus elastica sono pure prive di Caout- chouc ». Infine il 30 Dicembre 1905 fu inviato alla medesima Ditta PIRELLI e C. un nuovo campione di latice. Sull’ analisi di questo campione pervenne la seguente risposta in data 11 Gennaio 1906. «.... Il campione di latice, reso ammoniacale, inviatoci il 30. 12. 05, era leggermente inquinato con frammenti vegetali ed in parte coagulato. «Conteneva complessivamente soltanto il 26. 60 ° di pro- dotto di coagulazione lavato ed asciutto (gomma greggia). « Questo prodotto di coagulazione constava di: « Resine neutre . ; i ‘ . ; 17. 30% « Caoutehone i i * ì i è ; 82. 25 %o 0.45 % « Ceneri ‘ $ . i : . ‘ ati: > 100. 00__ «Come si vede una notevole differenza dal campione del Su. 11, UD, Questa differenza nel quantitativo di Caoutchoue fra il campione di fine Novembre e quello di fine Dicembre, può dipendere dalla stagione più fredda e dalla conseguente ml nore attività di vegetazione della Ficus, ma non è possibile sta- bilirne la vera causa senza aver completato la serie delle 2 nalisi in ogni mese dell’anno. Andremo nei prossimi Bollettin! di questo Orto rifereudo sui risultati di dette analisi. — 163 — Intanto la percentuale di Caoutchone accertata nei pre- detti campioni, di 86. 30 in Novembre e di 82. 25 in Dicem- bre, resta sempre assai elevata e conferma ancora una volta la possibilità di utilizzare in Sicilia la Ficus elastica a scopi industriali. La Direzione Note sul genere Sanseviera. L Sulla presenza di nettarii estranuziali in Sanseviera thyrsiflora, Thunb. Assai limitato è il numero delle Monocotiledoni fin qui ri scontrate portanti nettarii estranuziali, quindi interessa il se- gnalarne di nuove ogni qualvolta se ne presenta occasione. Piacemi perciò indicare come tale la Sanseviera thyrsifora, — Thunb. n Questa specie, d'origine Capense, ha fiori sfingofili, ve- spertini, bianchi, soavemente olezzanti, e provvisti di abbon- dante miele che sgorga da tasche interseptali, Gio si a quelle di molte altre monocotiledoni carpaden i Sospettai che fosse fornita di nettarii Sarai dalla. presenza di numerose formiche, assai piccole, brune, che si aggiravano di continuo sugli scapi floriferi. Osservando in-. fatti con più attenzione il diportarsi di tali formiche, mi con-. vinsi che la sede di detti nettarii era sul dorso delle nume rose brattee che accompagnano l’infiorescenza, e precisamente. nella regione che più avvicina il punto di esserzione di a” | scuna brattea.. ; Come è noto, in questa specie l’infiorescenza è costitui gi È da un tirso assai denso, portante numerose brattee Squ un formi, alle cui ascelle sorgono fiori subsessili, disposti a fa coletti, in numero da tre a cinque e raramente più. ‘ogn — 165 — brattea, anche al più minuzioso esame, non presenta esterna- mente alcuna differenzazione di tessuto : però, se si tiene per qualche tempo una infiorescenza, recisa, al riparo dalle for- miche e da altri insetti, tosto si nota, sul dorso di ciascuna brattea, e precisamente verso la loro base, una abbondante secrezione, che si manifesta sotto forma di grosse goccie di miele, assai dense. Tale secrezione, malgrado il tessuto indif- ferenziato, è perfettamente circoscritta nello spazio, e la sua azione deve essere molto efficace, almeno a giudicarne dal gran numero di formiche che vi sono attratte: parimenti de- vesi considerare di lunga durata, potendosi ciò desumere dal numero di brattee contemporaneamente secernenti sullo stesso scapo. Si ha quindi in questa specie l’esempio di nettarii assai primitivi, di formazione cioè recentissima : la loro azione è certamente diretta a difendere i giovani bottoni, cessando sol- tanto ogni secrezione quando questi ultimi vanno acquistando sviluppo. Non so se altre specie del genere Sanseviera presenteranno pure nettarii estranuziali. Ad ogni modo quelli della Sanse- viera thyrsiflora, per la loro localizzazione, si debbono con- siderare come omologhi a quelli che si riscontrano sulle fo- glie squamiformi dei giovani turioni di Asparagus acutifolius e specie affini. Questo è un carattere che giustifica sempreppiù gli stretti rapporti di parentela fra il genere Sanseviera e le sparagacee vere: tali rapporti sono anche confermati dalla articolazione del pedicello florale, carattere già felicemente as- sunto dal Delpino per costituire il gruppo ‘lelle Monocotiledoni eucieliche carpadenie artropodiate (1). Li, Devesi dire Sanseviera oppure Sanverinia ? Tutti gli autori moderni, senza eccezione, ritengono que- sto genere come fondato dal Thunberg, e stimano esattamente i corretto il chiamarlo Sanseviera. (1) Delpino F. — Aggiunte alla teoria della classificazione Si doni. — Nelle Memorie della R. Accademia delle scienze Ser Istituto di Bo- logna — Sez. V. Tomo X. pag. 588. Bologna 1908. Pai — 166 — Invece la prima pubblicazione di esso devesi al Petagna (1) che fino dal 1787, lo propose col nome di Sanseverinia, dan- done caratteri sufficienti a riconoscerlo, e costituendo la spe- cie Sanseverinia thyrsiflora. Tale autore così ne spiega la eti- mologia: « Unde generi nomen Sanseverinae indam ut nobilis- simi viri Petri Sanseverini memoriam perpetuo colendam posteris commendem, qui primus apud nos Hortum condidit exotieis plantis, rarissimisque ornatum et de re herbaria optime meritus uti ex reliquis plantarum, quae cura excellentissimae uxoris suae adhue servantur. » Fu solo nel 1794 che il Thunberg (2) per errore scrisse San- seviera, ripetendo pure tale errore nel 1798 (3), e non citando nè prima nè poi, il Petagna, e avesse accolto an- che il nome specifico di thyrsiflor Per insistere sulla priorità a ini spettante, il Petagna pub- blicò un’altra nota (4) nel 1806. lgli sulla costituzione di tale genere aggiunge i seguenti rilievi: «.... volli consultare V il- lustre Thunberg in Svezia, al quale inviai con mia lettera una parte del tirso della pianta fruttificata. Furono lusinghieri per me i riscontri del botanico svedese, il quale mi determinò a for- marne un nuovo genere >. Ripete poi l'etimologia del nome, di- cendo di aver chiamato tal genere Sanseverina (in questa nota il Petagna scrive Sanseverina e non più Sanseverinia) allo scopo di «....consagrare così nella storia della scienza il nome di Pie- tro Antonio Sanseverino Conte di Chiaromonte. Era questo un omaggio dovuto al genio di un uomo, al quale deve la patria un’ampia collezione di piante esotiche, nella deliziosa Villa San- severina della Barra. In tale articolo poi viene aggiunto, in calce alla pagina, che la diversità di nomenclatur ra, per cui il Thunberg scrisse Sanseviera in luogo di Sanseverina devesi facilmente attribuire all’avere il Thunberg male decifrata la lettera serittagli dal | medesimo Petagna, con la proposta di costituzione del nuovo gen (1) Petagna V. — ZInstitutiones botanicae — Tom. III. Napoli 1787 p. 643. (2) Thunberg. C. — Prodromus Florae Capensis. = Vol. I. 1794 p. 65. | (8) Thunberg. C.— Nova genera (Resp. N. G. Bodiu)—p. 121. 17 Dec. 1798 In Dissentationes ece. (4) Petagna V. — Sulla Sanseverina thyrsifora — Nel Giornale Encielo- pedico di Napoli. 1806 p. 109. e le E i ide — 167 — In verità il Thunberg (1) stesso successivamente rese ra- gione al Petagna, correggendo in Sanseverina il primitivo nome di Sanseviera. Ma ciò non valse a persuadere gli autori, che continua- rono a scrivere Sanseviera. Per questo il Tenore, raccogliendo l’eredità scientifica del Petagna, fu costretto più volte a rile- vare come fosse più corretta la dicitura di Sanseverina in luogo di Sanseviera. Anzi nel 1845 (2), dopo avere assai a lungo ri- petuto tali cose, perdendo la pazienza, aggiunse: « Invano in cento altri analoghi lavori V Orto Botanico di Napoli sì sforzava di raddrizzarne la fnrsoa e l’origine. Tutto fiato, tempo ed inchiostro sprecato ! Ciò si potrebbe i anche oggi, continuandosi in tutte le a ad attribuire il genere Sanseviera e la specie Sanse- viera thyrsiflora al Thunberg, e non figurando i nome del Pe- tagna, neppure fra i sinonimi. L'ultima parola agli illustri botanici che attendono attual- mente con tanto zelo a volere far rispettare le leggi di prio- rità nella nomenclatura botanica. G. E. Mattei. (1) Thunberg C. — Flora Capensis. — tom. II. 1817 p. 322. (2) Tenore M. — Calalogo delle piante che si coltivano nel R. Orto Botanico di Napoli. — 1845 pi 96. Fioritura della Talisia carinata Radik. Sotto il nome di Brownea princeps Hort. generalmente viene coltivata nei giardini di Europa, come anche da tempo nel no- stro Orto Botanico, una pianta notevole per bellezza e singo- larità di lufiame. della quale mai sinora si erano tra noi co- nosciuti i fiori. Un’estrema somiglianza, come anco da Engler e Prantl viene opportunamente notato in « Naturliche Pflanzen, fami- lien, v.3, 4-5 pag. 324 », corre tra la Brownea, arbusto della fa- miglia delle Leguminose, splendido per ricca e singolare infio- rescenza ne Mag. fig. 6469) e quel gruppo di Sapindacee mpo seg sotto il nome di Talisia guianensis FER Sig È) Gig E 1, p. 349, fig. 136) o di 7. Glabra . DC. (Prodr. pw . E tale somiglianza ritrovasi spe- cialmente si e disposizione generale del fogliame massime allorquando, dopo la prefogliazione, questo si svolge | sotto forma di grosso ciuffo di foglie tenere e rosee. Dei fiori di Talisia o della supposta Brownea, come dicem- mo, nè da noi nè altrove, che io sappia, si è fatto mai di- SCOrso L Lui quest’ anno alla villa Sofia Withaker siamo stati fortunati di ammirarli in tutto il loro splendore, per cui eredo cosa di molto interesse il descriverli e così renderli noti ag orticoltori ed ai botanici. Innanzi tutto dirò che l'esame dell’infiorescenza ha potuto fornire gli elementi per l’esatta classificazione della nostra — 169 — pianta, e quindi escludere in maniera categorica che si tratti di Brownea, per ritenerla invece una vera Talisia. Già il Radlkofer (Sitzungsb. Mat. Phys. CI. Akad. Wiss. Mun- chen, 1573, 1, p. 348) l’aveva distinta col nome specifico di T. carinata dallo studio degli esemplari dell’erbario del Museo di Parigi e della figura di Aublet (PI. Guian), il quale ultimo a dir vero, come altri autori più antichi, la confondevano con T. Glabra e T. guianensis. 1 In oltre Radlkofer non solo ha fatto rilevare le difte- renze tra queste due ultime specie e la sua nuova 7. carinata ma ha dimostrato che 7. glabra DO. è la stessa cosa che I: guianensis Aubl., e che quindi, se mai confronti dovessero in- stituirsi, ciò era tra 7. carinata e T. guianensis. Infatti le differenze specifiche risiedendo principalmente nelle appendici a verticillo intorno ai petali, di cui tali appendici sembrando uno sdoppiamento per l’opposizione di esse ai petali, si 0S- serva che nella 7. carinata le appendici hanno forma tanto diversa da quelle di 7. guianensis (per come sono figurate da Aublet), che la prima deve persino appartenere a una sé- zione diversa, cioè al sottogruppo Atalasia. Ciò premesso, ecco la descrizione della 7. carinata, com’i0 la desumo dal materiale vivente qui esaminato: pianta alta mt. 4, denudata sino a mt. 3 dal suolo, guarnita in alto da ampie e bellissime foglie impari-pennate con foglioline inserite per un breve picciolo bulbiforme sulla rachide comune robu- sta e lunga circa mt. 1, lungamente lanceolate a rovescio, sen- sibilmente attenuate alla base ed alquanto all’apice, acutissime e euspidate, poco spesse ed anzi cartilaginee, lucidissime di sopra ed a nervi depressi e solcati, di sotto meno lucide e quasi opache, a nervatura molto prominente © carenate; le estreme inferiori più corte delle mediane che sono sempre più lunghe. L'infiorescenza è una pannocchia ampia, i cui rami secondarii validi, biancheggianti per tomento breve è sericeo, portano una quantità di fiori disordinati ma per lo più riuniti in gruppi di 3 ad 11, appena pedicellati, articolati sul brevis- simo pedicello e tosto caduchi, ed alla base muniti di una bratteola presto avvizzita. I gruppi più bassi non di rado sì riuniscono ed allungano alquanto in breve ramuscolo, da cui vengono sostenuti. I fiori sono di colore latteo, odorosi, è l’o-. dore gratissimo assomiglia a quello di un Crinum. fesso sino alla metà, con lobi arrotonditi ed ottusissimi alba Di 22, — 170 — - pice, leggermente disuguali e oscuramente embriciati. I pe- tali sono meno bianchi che le appendici, embriciati ancor essi leggermente espansi, a lismina obovato- spatolata con i mar- gini alquanto ripiegati in dentro ristretti ad uuvghia alla base e là peloso ciliati, come sul dorso, con peli bianchi, piuttosto ‘appressati verso la base. Opposte e quasi della Dede lun: ghezza dei petali v.a cinque squame (appendici) unguicolate concerescenti (ma libere) per unghia sull’opposto petalo, quasi lunghe quanto questo ed emergenti alquanto dal centro del fiore. Tali squame sono globose, lanose, conspicue per bian- chezza e dimensione rispetto ai petali, che quasi da esse re- ; stano occultati. Gli stami sono 8-10 con filamenti ristretti alla base, di sopra patente-cigliati, con antere oblunghe, introrse, | ggermente apicolate; il disco interno è ondulato, crena irsuto. Il pistillo in molti fiori abortisce , in quelli ermafro- diti è cinto alla bass dal disco, piriforme, allungato sensibil- — mente in uno stilo crassissimo e continuo colla base, all’esterno - densamente cigliato irsuto e terminato in uno stigma molto in- i | grossato ed oscuramente bilobo. V. Riccobono - x Q) è, eci rr rr tr _,yr1 i _@@l@u@civiuq Quo 00 SASHSS 2) SSTESTSSTOC SSTESTO: ASILI LALA PA), PALIO CREA ALALAI ALAVATATBALABALA babi: SaS VARIA e ===" = "a ect Sulla cultura di alcune Leguminose. Nel 1887 fui fra i primi a dimostrare, anche con esperienze, come i tubercoli esistenti sulle radici delle Leguminose fos- sero dovuti ad infezioni batteriche. Allora pero non si erano ancora ivtravedute le relazioni simbiotiche che questi batte. rii hanno per il benessere delle piante, massime riguardo alla. fornitara dell’azoto. Da quell’epoca fino ad oggi molto si è (liscusso e molte cose sono state appurate. Nello seorso anno, nell’ Agricoltura Senese, Bollettino del Comizio agrario di Siena, ebbi occasione di render conto di alcune colture di Leguminose, da me eseguite a Napoli, per meglio appurare fino a qual punto mostravasi necessaria l’a- zione dei detti batterii. La coltura più interessante fu quella dell’ Astragalus sinicus, Leguminosa giapponese, che mai si è potuta far crescere con successo in Europa, quantunque al Giappone costituisca uno dei migliori foraggi.. i questa specie ebbi abbondante ed ottimo seme diretta- mente da uno Stabilimento orticolo di Jokohama. Non solo ne coltivai presso di me, ma anche ne distribuii ad amici, per farne un maggior numero di esperienze. I risultati furono u- hanimamente e completamente negativi. I semi germinarono con grande prontezza, al massimo dopo due o tre gior n, pa In meno di un mese ognuno aveva già costituito un piccolo ©espuglio, con numerose foglie di color verde intenso, RIT — lanti una vera vigoria di vegetazione; ma le loro radici si Mantenevano prive affatto di tubercoli, quantunque vicino x — 1722 — «a queste piante ne crescessero altre di trifoglio comune, mu- nite di abbondanti tubercoli, prova evidente che i batterii di questi ultimi non avevano alcuna azione sulle radici di detto - | Astragalus. Poi, dopo questo primo periodo di vigoroso svi- luppo, ne seguì un altro, durato un mese e più, di grande incertezza, in cui le pianticelle rimanevano inconcludenti : fi- nalmente tutte, niuna eccettuata, incominciarono ad appas- | sire, ed in breve tempo perirono, senza aver prodotto alcun lore. a Certamente la mancanza di tubercoli aveva influito sul «mancato sviluppo di dette piante. Queste colture provano quindi essere verosimile l’opinione di coloro che pretendono | esistere numerose specie di batterii radicicoli, ognuna in re-. ‘sa lazione simbiotica con una sola o con poche specie di Legu- — _minose. Nel detto Bollettino Senese, dopo aver riferito l' esito di queste colture, proponeva, per rendere possibile la coltiva zione di diverse Legnminose, che fin qui sì sviluppano sten. tatamente, di introdurre la pratica di addizionare al terreno qualche poco di terra, magari di lontana provenienza, ove le stesse Leguminose fossero state coltivate con buon esito. in precedenza, e quindi presumibilmente ricca di batterii adatti | Oggi sono lieto di riferire intorno ad una cultura, eseguita secondo questa mia proposta, con esito veramente favorevole. | L’egregio Dottor GiovaNNI BELLINI (1), accettando i miei | Buggerimenti, volle provare sull’ Arachide, Leguminosa di non — - facile coltura, l’influenza dell'aggiunta di terreno ove prima | fosse stata coltivata. Infatti nel campo agrario sperimentale, annesso al presidio di Siena, coltivò una certa partita di A- — rachide, in consociazione al granturco ed in suolo completa: tutta l'estensione della coltura il terreno era di qualità identica ed aveva avuto una uniforme conci. | mazione. Questa coltura fu divisa in due campicelli di egual | “limensione, avendosi cura di aggiungere in uno solo di e quando le pianticelle avevano raggiunto l'altezza di cinque jenza | centimetri, una disereta quantità di terreno, di provenle — 173 — lontana, in cui era stato coltivato nell’anno precedente Ara: i chide con felice risultato. Il successo di questa coltura esperimentale superò di molto l'aspettativa. Nel campicello ove non era stato aggiunto ter- reno si ebbero cento piante pesanti complessivamente chili 2. 125, con 250 baccelli del peso di grammi 675: nel campi- cello ove era stato aggiunto terreno di precedenti colture, si ebbero cento piante, pesanti complessivamente chili 9. , con 960 baccelli del peso di chili 2. 800. In altri termini l’aggiunta del terreno, in cui questa Leguminosa aveva pre- cedentemente vegetato e prosperato, e quindi ricco di bat- terii cali fece quadruplicare il prodotto. n queste esperienze si apre un nuovo orizzonte per ren- dere ni le colture di alcune Leguminose, cioè per farle prosperare e rendere roditive in quei luoghi ove fin qui non si era riuscito a farle attecc tre all’ Arachide potrà SEC di questa pratica anche la Sulla, e specialmente la Soja, la quale ultima non si è an- cora potuta acclimatare bene da noi, mentre vegeta abbon- dantemente al Giappone. È utile ripetere simili tentativi allo Scopo di migliorare l’agricoltura nazionale. G. E. Mattei. Intorno a due nuove forme di Citrus. È C. Aurantium X O. Decumana Rami inermi con giovani rigetti leggermente violacei; pic- cioli non alati, e foglie ovato-oblunghe, alcune con apice ot- tuso, ed altre brevemente acute, con margine irregolar- mente dentato; fiori di media grandezza, odorosi, a petali bian: chi, punteggiati in verde esternamente, del diam. di cent. 2-3; frutti sferici del diam. di cent. 4-6, con mammelloni brevi ed apice ottuso, spesso depressi, ovato-solcati e con solchi che b. dalla base prolungansi quasi fino alla sommità, ove spesso tro- i vasi un solco circolare, con buccia tubercolata, e di color gial- lo-arancio, con mesocarpio dello spessore di cent. |, con polpa succosa agro-dolce mangiabile, somigliante nel sapore a quella - del C. Decumana, con 8-10 logge e numerosi semi che abboni. | scono. i Osservazioni: Questa forma, da molto tempo coltivata nel R. Orto Botanico di Palermo, è di provenienza ignota; pare del tutto ibrida, originata da 0. Aurantium x 0. Decumana. Difterisce da 0. Aurantium per la forma e pel gusto dei frutti, | per le foglie non alate e nella forma piuttosto simile @ quelli del 0. Limonum, pei nuovi germogli colorati in violaceo: dal €. Decumana per le foglie non alate, pei frutti piccoli © — 175 — di color giallo arancio, e pei fiori meno grandi. Va collocata nel gruppo D. Frutti mammellonato-ottusi, mesocarpio tenue 0 spesso, della mia monografia: « Specie e varietà di agrumi, in Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo, anno III, fasci- colo III-IV, p. 151». È utile aggiungere che essa bene si adatta all’ ornamen- tazione dei giardini a causa del numero considerevole dei frutti, che maturano in Gennaio; epperciò è sperabile che pre- sto sia diffusa per apprezzarne meglio la eleganza. II, C. Bigaradia X C. Limonum. Rami adulti inermi, giovani rigetti violacei; foglie ovato- oblunghe con margini dentati, piccioli leggermente alati; fiori con petali bianchi del diam. di cent :3-4 con poco odore e ca- lice bianco; frutti ovato-oblunghi, mammellonati, del diam. di cent. 6-8 con mammelloni acuti a stimma persistente fino alla completa maturità, con buccia leggermente tubercolata d’ un giallo-arancio sbiadito, con polpa succosa agro-amarognola a 10-12 logge e pochi semi che abboniscono. Va collocata nel gruppo C. Frutti mammellonati, turbinati, mesocarpio tenue; della mecennata monografia a p. 159. Osservazioni : Quest’ altra forma, anch’essa coltivata da molto tempo nel R. Orto Bota nico, a me sembra originata da C. Bigaradia X C. Limonum. Difterisce da 0. Bigaradia pei fiori non punteggiati di verde è per essere meno odorosi, pei frutti ovato- oblunghi e per l’abito della pianta simile a quello di C. Limonum. Dal C. Limonum per le foglie poco alate, pei fiori im ficiamionta bianchi e pei frutti di color giallo-arancio. Merita pure di essere diftusa per la singolarità dei frutti simili per forma a quelli di C. Limonum. V. Riccobono Fioritura e fruttificazione della Rhapis Aabelliformis in Italia. Da molto tempo è coltivata nei giardini d’Europa la Rha- pis flabelliformis, piccola palma del Giappone, però fin qui rimase sempre sterile essendo specie poligamo-dioica, € colti. vandosi in Europa soli individui maschili. Ciò fu primiera- mente notato da JACQUIN (1), il quale asserì <« solum possì- demus marem» e confermato da ENDLICHER (2), che disse «in hortis nostris solum flores masculos proferens ». Recentemente però, cioè nel Giugno scorso, un individuo di questa specie, coltivato nel R. Orto Botanico di Napoli, è venuto a fruttificare piuttosto abbondantemente, producendo piccoli frutti polposi e bianchi, con semi ad embrione per fettamente sviluppato. Do Interessava assai studiarne i fiori e l’ apparecchio stauro- gamico, non ancora descritto dagli autori. Infatti nello scors® | Settembre tale pianta venne nuovamente a fiorire, produeen- do numerosi fiori ermafroditi. Questi fiori corrispondono nella. forma a quelli descritti dal Jacquin, cioè hanno un perigonio di sei filli, i tre esterni caliciformi, verdi, brevi, edi tre inkarne (1) Jacquin N. J. — Plantarum rariorum Horti Caesarei Schoembrunnensis.. Vol. 1II. 1798. p. 86. a a (2) ExpLicner St, — Genera Plantarum. — 1840. p. 253. - — 177 — corolliformi, giallastri del doppio più lunghi, coi loro apici con- niventi in modo da lasciare tre strette aperture equidistanti. Internamente contengono sei stami, ad antere estrorse, ed un pistillo centrale bene sviluppato. Stante il modo di deiscenza delle antere è resa impossibile ogni impollinazione omoga- mica, non potendo il polline cadere naturalmente sugli stim- mi, i quali sono appunto situati al centro del fiore. Da ciò risulta evidente la necessità del concorso di insetti o altri pronubi per ottenerne la fecondazione. Per la loro grandezza, per la loro forma e per il loro co- lore giallo miele, questi fiori rammentano assai quelli di Da- nae racemosa, già descritti dal DELPINO (1) come presentanti un singolare adattamento ai Thrips. Era quindi giustificato il ritenerli presentanti un analogo apparecchio staurogamico. Infatti le tre piccole aperture che si osservano in essi si pos- sono bene prestare al passaggio di insetti così minuti quali sono i Thrips : questa supposizione fu pienamente confermata dall’avere appunto rinvenuto in alcuni di tali fiori parecchi hrips. Che poi a questi sia unicamente dovuto l’abbonimento di parecchi frutti è verosimile, osservandosi che la impolli- nazione omogamica, come ho detto in precedenza, non può effettuarsi naturalmente, e ciò essendo confermato dal fatto che un buon numero dei detti fiori. forse non visitati da Thrips, cade dopo pochi giorni di fioritura, mentre altri re- stano e producono frutto. costante sterilità, è importante la constatazione dell’esistenza di un esemplare ermafrodito nell’ Orto Botanico di Napoli. Sarà facile, dai semi ottenuti ricavare piantine più robuste di quelle fin qui moltiplicate per divisione agamica, e quindi più atte a rendere questa specie perfettamente resistente ai nostri climi. G. KE. Mattei. bf Pep è seria (1) Derpixo E Sopra un organo caratteristico di alcune Cu relazioni delle piante coî Tripidi. — Bologna 1901. La " dimensioni che raggiunge e per i frutti squisiti al sapore e riechi di olio, inotto vantaggiosamente si potrebbe prestare alla ca coltivazione nella nostra isola. ; . Il tronco si eleva dritto per parecchi metri, con corteccia % In un recente studio Monografico « «Juglandaceae of the United Sta ; | tes» (in « Missouri i Botanical Garden. Seventh annual Report». È Louis 1896), il professore Trelease riferisce il genere Carya di Nuttal (Gen. (IL p. 2%, anno 18!8), al genere Hicoria di Rafinesque (Hicorias, in XL 109, anno. 1817, ed in Journ. Phys., LKXXIX. p. 260, anno > , in N. York med. Rep, 3à Nexade, V. p. 830, ei in Desvx Jow pi 1809). ba fesse a confronto la Mono araba di De Candolle (Prodr. system ale regni vegetabilis, XVI (2), p. 142-145), che accettò integralmente scritte da Nuttal (op. cit., pag. 220-222), e Lie di Trelease (op. cit. tav. 1-28), la sinonimia resta così stabilita . bL-H.F scan (Marshall) Britton, > sa lenno P: = 0. olineformi - DC. p. 144, Sn Ri (Michx.. 89) Britton, 'L'release Pi DEA mis Nuttal, DO. p. 145, n i “la leurs (Michx. P) Britton, Trofease p. ‘pe (34 oquatica N vat x p. 144, n ; cia — 179 — scarsa e con diametro da 60 a 70 cm.; i rami si espandono ancor essi un poco divergenti dall’ asse principale e crescono in Spessore sino a 20-30 em., formando chioma ampia e compatta; il fogliame è tenero e d’un verde-chiaro, per cui l’albero rie- sce dei più belli anche per l’ornamentazione. Îl legname, d’un colore grigiastro tendente al giallognolo, si presta bene al pu- limento; ed è durissimo e compatto, sicchè stimasi, se non su- periore, al certo eguale in pregi a quello della nostra Juglans per la lavorazione di mobili artistici, che uniscano alla solidità la i, vaghezza della marezzatura e del colorito (1). 4. — minima (Marshall) Britton, Trelease p. 35 = C. amara Nuttal, DO. p. 144, n. 6. 5. — glabra (Miller) Britton, Trelease p. 186 = C. porcina Nuttal, DC. p. 143, n. 5. ».— glabra var. microcarpa Trelease p. 37= €. microcarpa Nuttal, DC. p. 143, n. 8. ; 6.— alba (Linn.) Britton, Trelease p. 38= C. tomentosa Nuttal, DC. p. 143, n. 4. 7. — mexicana (Engelm.) Britton, Trelease p. 39. 8. — laciniosa (Michx.) Sargent, Trelease p. 40= C. sulcata Nuttal, DO. p.:145.n;:0. 9. — ovata (Miller) Britton, Trelease p. 41 = C. alba Nuttal, DO. p. 142, n. 1 Recentemente, nel 1891, Otto Kuntre (Revisio generum plantarum, II. p. 637) mutò il nome di Carya in Scoria, che veramente sarebbe da pre!erire secondo le buone regole di nomenelatura (ed in fatti così trovasi in Baillon, « Histoire des plantes. Monographie des Juglandacèes, 1892, vol. XII»), se Scoria non fosse stato un mero errore tipografico. i In uno studio «The genus Hicoria of Rafinesque », Britton (in Bullettin of the Torrey Botanical Club, XV, n. 11, p. 277-285) ha prima lungamente discusso se debba scriversi Scorîa od Hicoria, concludendo per quest’ultimo nome, e poi dato un prospetto monografico delle specie da lui ammesse. Il Trelease lo ha seguito del tutto, escludendone solo ZH. microcarpa, che pone fra le varietà di 7. glabra. 0, trattandosi qui di proporre all’agricoltura siciliana una pianta RUora, non entro in discussione : però devo ricordare, che il nome con cui la specie, di cui parlo, viene generalmente indicata è, nei cataloghi orticoli e nelle flore, Carya olivae ormis. > __ (1) Sulla struttura del legno delle Juglandaceae in generale scrisse già Hans Solereder (Ueber den systematische Wert der Holzstruetur bei den | Dicotyledonen, p. 243-246), e sulla corteccia in particolare J. Moeller (Ana- tomie der Baumrinden, p. 308-812). Altre indicazioni trovansi nel citato la- case (p. 28-31: per Zicoria, e p. 30-31 per Juglans). Do Recentemente se ne è occupato C. Houlbert (Recherches sur la structure | comparée du bois secondaire dans les apètales, in «Ann. Se. Nat., 7° serie, | vol. XVII, p. 156-164» per quanto riguarda le Juglantaceae). Egli faappunto = he Dati siftatti pregi, ciascuno comprende di per sè di quanta utilità esso possa riuscire in Sicilia coltivandolo per ombreg- giare i viali delle città o quelli che attraverso i campi con- ducono da una città all’altra o da uno ad altro casolare e in- torno ai cascinali stessi; giacchè non richiede molta irrigazione, bastandogli le consuete piogge che sogliono da noi cadere dal- l’ottobre al maggio. D'altra parte si moltiplica con grande fa- cilità, — sia per buture, che, poste in terreno alquanto soflice > ed annaffiate convenientemente, emettono presto numerose ra- dd dici, mentre sviluppano con grande lentezza i rami, - sia per semi. Questa maniera è la più raccomandabile, perchè, affidati al ter- reno poco dopo la raccolta, entro un mese germogliano, e le pian- tine hanno lento accrescimento ma sicurezza di sopportare le intemperie. In tale caso è preferibile fare la semina nel luogo stesso, dove dovranno poi stare le piante definitivamente : ma se a tale pratica si oppongono peculiari condizioni, allora facciansii piantonai, donde converrà trasportare a dimora le piante allorchè abbiano raggiunta 1’ altezza di 1-2 metri. La la piantagione si fa distanziando V una dall’altra per uno spazio È | minimo di m. 10. Nel primo e secondo anno, o almeno sino a quando si sia sicuri dell’ attecchimento, occorre ogni 10 0 I 15 giorni una discreta annaffiatura, la quale gioverà tanto mag Ì giormente allo sviluppo dell’ albero quanto di tempo in tempo n accompagnata con qualche concime chimico; preferibilmente | superfosfato di calcio, nitrato potassico, solfato ammonico, s0l- fato caleieo. — Sul buon risultamento di tali pratiche stanno a dimostrarlo le prove sinora compiute nella Francia meridionale ed in Algeria, dove vegeta benissimo in terreni profondi e nelle stesse condizioni della nostra comune Juglans regia (Noce); non senza contare quelle da lunga pezza fattein America, secondo risulta da notizie sparse qua e là in varie pubblicazioni dell’«U.S. Depirtement of Agricolturé », quali i Bollettini del Bureau of lignenses tres irregulières, à parois incolores, fortement èpaissies ». È a Cl dovuta la marezzatura ed il pregio artistico del legno della Hicoria P i =Carya olivaeformis. Questa particolarità la fa distinguere dalle altre speci; che perciò non sono cosi richieste nel commercio. Non si hanno notizie attendibili sulla densità e durezza del legno; ed 00- correrebbe all’ uopo istituire delle ricerche. — 181 — plant Industry, e della Division of Pomology, e dell’ Office of Experiment Stations (1). * * * Ma il prodotto, per cui la Pecan Nut meglio si raccoman- da ai coltivatori ed al commercio, è quello dei frutti. Le sue noci sono piuttosto piccole, a mallo sottile e verde, che si distacca facilmente; ed il seme si presenta con un guscio ancor esso sottile e liscio, ed una mandorla abbondante, di sa- pore delicato, ricca di olio, e che si conserva a lungo senza divenire rancida. Perciò da oltre mezzo secolo vien largamente coltivata nel Texas, nel Missouri, nella Louisiana, dove se ne sono ottenute varietà numerose ed alcune di grande va- lore economico. Tali : Van deman, che dà noci abbastanza lunghe; trenta di esse raggiungono il peso di circa una libbra, b) Pride of the coast, con noci lunghe circa 5 em. e larghe em. e 3. mm. c) Colomb, con noci meno grosse e Di, attenuate alle due estremità, lunghe 5 cm. e 2 mm., larghe 2 em. Tutte e tre costituiscono varietà panta 0a dallo stesso tipo, di cui capostipite considerasi la Van deman.—Il prezzo commerciale di tali noci oscilla fra le 4 e le 5 lire la libbra. d) degni con noci più depresse, lunghe 4 cm. e mezzo, larghe 2 cm. e 2 mm. e) Bambery, con noci alquanto irregolari nel contorno che. è sempre ellittico, lunghe 4 cm., larghe 2 em. 0 poco più. Ambedue si assomigliano anche per la qualità della man- dorla, che è buona; vendonsi a 3 o 4 lire la libbra. f) Colorado long, con noci ottuse alla base ed acutissime all’apice, lunghe 4 em. e mezzo, larghe 1 em. ed $ mm. £) Colorado small, con noci gno all’apice ma attenuate di molto alla base, un po’ concave da un lato, lunghe 4 em. ed 8 mm., larghe 1 cm. e mezzo. L’una e l’altra sono varietà diffusissime sui mercati, ep- perciò a prezzo molto basso; da lire 2 a 3 la libbra. h) Galveston, con noci ovoidi alla base e attenuate legger- mente all’apice, lunghe 3 cm. ed 8 mm., larghe 2 cm. i (1) Utilmente consultisi la « Revue horticole dui SI ne br più 3 e 5»: 8 poi il libro del barone F. von Mueller: rop p. 74)». Le noci sono tondeggianti, ovvero tondeggianti alla base ed — 182 — i) Large vild Pecan, con noci presso a poco della medesima forma, lunghe 3 em. e 6 mm., larghe 1 cm. ed 8 mm. utte e due sono del pari assai comuni sui mercati, ma il prezzo oscilla fra le 3 e le 4 lire la libbra. Nel Texas, e pre-. cisamente a San-Sala, si incontra una varietà molto simile alla Galveston, il cui sapore è molto migliore; dicesi Risien, però non è abbastanza diftusa. k) Pacane ronde è la varietà introdotta dal Signor Cordier presso Maison Carrèe ad El-Alia, ed è quasi la stessa di quella da lungo tempo coltivata nell’Orto botanico di Palermo. un po’ appuntite all’apice, variabili in dimensioni da un dia- metro di 2 cm. a 2 em. e mezzo, ripiene di mandorla dolce, E profumata. Il prodotto da noi ottenuto oscilla da 120 a 160 ti litri per anno, siechè, considerando la media di 80 a 100 lire r;: per ettolitro il Valore dell’ olio che se ne estrae (stando al prezzo fatto ordinariamente in Inghilterra), ogni albero da noi potrebbe rendere ad un dipresso 6 o 7 litri di olio e quindi dare un reddito lordo annuo di poco inferiore alle 7 o 8 lire. È E ciò senza contare il legno ed altri prodotti secondarii, quali ||| le foglie ed il mallo per fuoco o per concimazione. di La fruttificazione suole d’ordinario cominciare al 7° od 8° . anno in America; qui non ho esperienze in proposito, ma date "23 le condizioni climatologiche nostre punto o quasi nulla dissi- mili da quelle degli altri luoghi ove la specie suole coltivarsi, puossi con nna certa approssimazione stimare che avvenga in Sicilia se non all’8° anno almeno mai dopo il 10.° Pu Darò ora alcune indicazioni per il riconoscimento della specie. Deserizione: ci Albero di grandi dimensioni, con fusto ricoperto da una. corteccia piuttosto scarsa, grigia, liscia quasi all’esterno nei primi anni e poscia screpolata più o meno profondamente ed irregolarmente come nella comune nostra rovere (Quereus Ro- r), con rami grigi, a corteccia sottile, dapprima tomentoso- irsuti e quindi con l'età a poco a poco glabri, provvisti di len-- ; ticelle pallide, piuttosto piccole in principio, — con gemme 0° vacee 0 grigiastre, allungate, ricoperte da squame di cui le > i E — 183 — esterne connate in tubo, la terminale pubescente e ghiando- losa, le laterali del ua oin parte glabre, —con foglie impari- pennate, a picciolo e rachide pubescenti ed a 5-8 coppie di foglioline brevemente picciolate, ovato-lanceolate, per lo pi pubescenti o scarsamente glabrate in fine di sviluppo, falcate o subfalcate, acuminate all’apice, seghettate e cigliate ai mar- gini. — Gli amenti sono pubescenti e nascono dai rami del- l’anno precedente, — con fiori maschili numerosi e subsessili, provvisti ognuno di brattea convoluta, a perigonio bi-trilobo e lobo posteriore raramente abortente, stami quattro a sei in se- rie, antere quasi sessili, — con fiori feminei due a tre all’ a pice dei rametti dell’anno, perigonio semplice e saldato con lo. vario quasi fino allo stilo, cupoliforme, velloso all’esterno, qua- dridentato all’ apice. — Il frutto, tipicamente oblungo cilin- drico, assume forme svariate sino alla tondeggiante, —con mallo oco carnoso, provvisto di quattro costole e deiscente in quattro valve dalle quali la noce interna cade liberamente a maturità, — con noce (sia essa cilindrica e sia rotonda) sempre all’ apice mueronata, bivalve, munita di quattro spigoli ottusi, liscia al- l’esterno o sottilmente striata, poco dura, — internamente con un grande seme, i cui cotiledoni, opposti alle valve, occupano ciascuno la metà delle due valve contigue. Sinonimi: Hicoria Pecan Britton, Gen. Hicoria, p. 282, n. 1.— Trelease, Jugland. Unit. States, p. 32, n. 1. — Coulter, Ma- nual phanerog. Western Texas, p. 410. Juglans Pecan Marshall, Arb. Amer., p. 69. — eylindrica Lamarek, Diet., IV, p. 505. — olivaeformis Michaux, FI. bor. vira II, p. 292, et Arb. Amer. sept., I, p. 175, tab. 3! Carya allesslormia Nuttal, Gen., II, p. 221. — DO. Prod, A, XVI (2), p. 144, n. 8. ATRIA Abita di preferenza il fondo delle valli, ma sale anche nella regione submontana, dove però ama terreno profondo. È indicata del Texas sino a San Pedro, della Lousiana, del- D Arkansas, del Kentucky, di Jowa nell’ Indiana meridionale, del Messico, della Carolina, dell’Ilinois settetrionale, del Mis- sissipi, di Alabama, ecc. — Nel Texas trovasi insieme con H. minima, H. myristicaeformis , H. ovata, H. alba, H. cotti nella Lousiana con H. ovata; nell’Arkansas con H. m — 184 — formis, H. glabra; a Jowa e nel Kentucky con H. laciniosa; nel Messico con H. myristicaeformis. Non è raro rinvenirla in altri luoghi intermedii, ma spora- dica, a causa che da parecchio tempo viene sottoposta a cul- tura. Ombreggia quindi i viali di alcune città, e qua e là forma estese piantagioni attorno a grandi centri orticoli. Forme e varietà : Le Conte (in Proc. Phil. Acad, 1853, p. 402) indicò col nome di H. texana una specie, che altro non sembra se non una forma locale della tipica H. Pecan, stando alle osservazioni di Trelease e di Britton. De Candolle descrisse una Carya texana, ponendola fra le «species non satis notae»; ed in- fatti è sinora una forma poco nota. iccome l’ impollinazione della specie in parola, come di tutte le altre del genere, è anemofila, e poichè parecchie spe- cie hanno presso a poco aree di abitazione in comune, contansi parecchi ibridi, dei quali solo alcuni Sola accertati. I paesi in cui questi si incontrano in numero maggiore, sono prima il Texas e l’ Arkansas, dove infatti "A. Pecan si è incrociata con H. minima e H. alba; poi Jowa nell’ Indiana meridionale ove gipo l’ibrido prodotto con H. laciniosa. Si hanno quindi: . H. Pecan X minima (Trelease, op. cit., tav. XVI, fig. 12-14 lin raccolta da Galloway, — fig. 1 5-16— pianta raccolta da Reppert, — e tav. XX). Foglia composta da cinque coppie di foglioline lanceolate, strette, acuminate all’ apice, appena irregolarmente falcate, dentellate ai margini CREDE cm. 9 e larghezza cm. 2 e 8 mm. le maggiori, lungh. 5 a 6 cm. elar- gh. 1 cm. a 1 em. e 5 mm. le più piccole). Frutti obovati, con noci tondeggianti, slargate nella porzione superiore e qui acuminate (lunghezza cm. 3 e 2 mm. compreso il rostro, lar- DIA em.). 2. H. Pecan X alba (Trelease, op. cit., tav. XXI, e tav. XXIII, fig. 2-5, — pianta raccolta da Reppert). Foglie compo- ste da tre coppie di foglioline ovato-lanceolate, attenuate alla base e lungamente ristrette all’apice, con dentellature ai mar- gini scarse nella metà inferiore e poco profonde e allontanate fra loro dal mezzo in su (lunghezza 6 cm. e larghezza 2 a 2‘/, cm. delle inferiori, lungh. 11 cm. e largh. 3 cm. delle superiori). Frutti ovati, depressi all’ apice ed alla base, con mallo più Spesso che in H. Pecan, con noce ovato-oblunga, a contorno un po’irregolare, lievemente mueronata all’apice (lunghezza 4 em. MAC, RENO ENO ti — 185 — e 5 mm. le maggiori, con larghezza di poco meno che 1 em. e9gmm.). 3. H. Pecan X laciniosa (Trelease, op. cit., tav. XXII, e tav. XXIII fig. 6,— pianta raccolta da Schaeck —, fig. 7-0—pian- ta raccolta da? Nussbaumer). Foglie composte da molte cOp- pie di foglioline (5 per lo meno) grandi, ovato —lanceolate, di- Stintamente falcate, assottigliate in punta ristretta, con mar- gine superiore largamente dentato, a denti brevi ed acuti, infe- riore liscio sino ad un terzo e quindi dentellato sottilmente. Frutti molto grandi, largamente ovati ed ottusi quasi all’apice, con mallo spesso e con noce irregolarmente ovata, solcata e attenuata all’ apice in breve muerone ‘lunghezza 6 cm. e mezzo, larghezza 3 cm. 0 poco più). Probabilmente, come accennai, esistono altri ibridi, che sinora non sono stati ancora descritti o figurati o distribuiti negli er- barii. Intanto è uopo qui accennare un fatto di molta impor- tanza, cioè la scarsezza, per non dire mancanza, di ibridi fra le specie d’una medesima sezione. La sezione Euhicoria (=Eu- carya DC.) comprende: H. ovata, H. tomentosa, H. alba, H. glabra (con H. microcarpa come varietà), H. mericana. La se- zione Pacania (Rafinesque) Britton (= Apocarya DC.) ab- braccia H. minima, H. aquatica, H. Pecan, H. myristicae- formis. La ibridazione è, sinora, avvenuta solamente per Pecan della seconda sezione con H. glabra, H. alba, H. loi. mosa della prima; e le ragioni devono trovargi, non tanto nelle affinità geografiche, quanto nella diversa natura dei pa- renti atti, impollinandosi scambievolmente, a dare un prodotto più utile e più duraturo. Un altro, e certamente non meno potente fattore, deve part carsi nell’opera dell’uomo, che in vista dei grandi vantaggi trarre dalla H. Pecan, ha contribuito di molto ad ottenere ni ognora più produttive e di più facile smercio sui mercati in- digeni e d’Inghilterra. A. Terracciano Specie nuove, rare o critiche. Lauras Papi crln Borzì nel Bollettino del R. Orto Botanico l’alermo. Vol. I. n. 2. p. 43. Foliis lineari-lanceolatis, opacis, subtns pallidioribus, basi longe attenuatis, costis utrinsecus 10-12 erectopatulis obsolete prominulis, acarodomatiis in axillis nervorum nullis: umbellis 35, fasciculatis, 4-5 floris, involucri squamis glaberrimis, st minibus 12 in quoque flore masculo et hermaphrodito filame tis ordinis primi et secundi nectariis (glandulis) destitutis parum dilatatis: bacca ellipsoidea vel oblonga apicibus an stata: semine elliptico , testa eximie evoluta cuculliformi ep | spermate erete adnata. at Patria ignota. Diu culta in Horto Bot. Panormitano sub nomine L. nobilis var. angustifolia Hort. Il valore specifico di questa forma non mi sembra dubbio per quanto ne potrebbe nascere il sospetto, considerando che spesso il comune Laurus nobilis presenta un’estrema varia) i; lità specialmente nella forma delle foglie. Il tipo di foglie ) neari, anguste si ripete sovente nelle varietà conosciute orticoltori col nome di L. angustifolia, salicifolia, lanceol ete. In tali casi però rimangono quasi inalterati i fondamentali della vecchia specie linneana. Non € così nostra L. iteophylla: che se può per la forma delle fog ferirsi alla varietà salicifolia 0 angustifolia, vi differisce mo aspetto per l’assenza di acarodomazi. Ormai A — 187 — vato che questi non sono produzioni accidentali, e che co- stantemente esistono in tutte le foglie degli individui di una 2 stessa specie, il valore sistematico degli acarodomazii è secondo A me indiscutibile. a A prescindere da tale considerazione e da altri caratteri notati nella diagnosi, ricorderò che le bacche del L. nobilis sono sferiche o brevemente ovali, e non ellittiche o bislunghe e ristrette ad ambo le estremità come nella L. iteophylla. Di più il seme di quest’ultima specie presentasi alla base e per un terzo circa della sua lunghezza, involto da una sorta di tunica in forma di cappuccio, la quale è tenuissima e aderisce al guscio del seme stesso molto tenacemente da non potersene distaccare ; e se ne distingue soltanto per la tinta più pallida. Nulla di tutto questo osservasi nel L. nobilis dove la così detta testa svanisce completamente maturando i semi. Cotesta parti- colarità, mi sembra di un certo interesse, poichè sotto questo punto di vista i semi di ZL. iteophylla si accostano moltissimo a quelli di L. canariensis. molto probabile che la descritta specie si trovi coltivata i nei giardini ed ivi confusa con alcune varietà a foglie anguste del Laurus nobilis. Difficile sarebbe il precisarne la provenienza. . SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III Fig. 1. — Ramo fiorente in grandezza naturale. » 2.— Frutto intero » 3. — Seme con iota tuniciforme. > 4 — Seme senza festa tuniciforme. » 5.—Fratto di Zanrus nobilis. >» bh, Seme di Zanras nobilis. Villaresia citrifolia, Borzì nel Bollettino del si Orto Botanico di Palermo. Vol. I. n. 2. p. Arbuscula laete sempervirens, quodammodo facie Citri Li- monti, cortice minute rimulosa, cinereo-fuscescente, ramulis sparsis vel hine et illine approximato-verticillatis teretibus, patentibus, viridibus, glabris, nitidis, foliis glaberrimis, coria- ceis, supra saturate viridibus, subtus pallide luteolo-virescen- tibus, margine integerrimo, crasso, cartilagineo, plano, saepe revoluto, limbo amplo (12-18 cm. long. 4- 10 cm. lat.) ovali. iaia vel oblongo-lanceolato, basi acuto vel plus mi- mie costatis apice eroso-carnosulo inflexo, acstivatione imbri- — 188 — nus augustato, apice plus minus brevi, abrupte attenuato, mu- eronulato pungente, nervo mediano valido, costulis lateralibus utrinque 5-7 prominulis, erecto-patentibus ad marginem con- vergentibus, et infra costulas laxe reticulato-venosis, secus nervum medianum plus minus plicato, ad axillas nervi pri- marii acarodomatiis foveoliformibus, ostiolò angusto, circulari glabro donatis; petiolo brevi tereti, limbo-10-12'° breviore ; oribus polygamis parvulis albidis 3-5-7 sessilibus in cimis capituliformibus dispositis et racemos simplices axillares aut terminales petiolo 3-4 plo longiores efformantibus, pedunculis ense puberulis, bracteolis scariosis, late ovatis, deciduis; s@- palis 5, ovalibus, obtusis, imbricatis, petalis 5 liberis ovato oblongis sepala 2-3 plo superantibus, patentibus, supra exi- catis ; staminibus, petalis alternantibus, filamentis basi dila- tato- Madicatla ad apicem sensim attenuatis, antheris cor- dato-ovatis, erectis, introrsis ; ovario ovato-pyramidato dense tomentoso-puberulo 2 loculari, loculis uniovulatis; stylo brevi, crasso, apice stigmatoso, obliquo, recurvo, fimbriato ; drupis oblongis, nigris, lucidis ad 2 ‘/, em. long. et ad 1 ‘/ em. latis, : sarcocarpio tenui. Patria igrota. Diu culta in Horto Panormitano sub nomine i. Villaresiae grandifiorae. È un grazioso arbusto ornamentale, a foglie persiani che ricorda nel portamento, e massime nella forma delle 10 -- glie, qualche varietà di limone, ed è perfettamente rustico sd sotto il clima di Palermo. SPIEGAZIONE DELLA TAV. IV. dn 1. Ramo fiorente in grandezza naturale. 2.— FI iore. sd i ronvenggi fiorifero. >» 4. — Frutt ” >» 0 È Piadiani di foglia, vista inferiormente, con acarodomazii. A. Borzì. Riassunto delle osservazioni eseguite nel R. Osser- vatorio meteorologico di Palermo nei mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 1905. Altitudine della stazione sul mare — m. 71. I termometri sono collocati in giardino a m. 2 dal suolo ed all’ombra. i si Il pluviometro è collocato a m. 1 dal livello del terreno. wi I geotermometri collocati in terreno calcare compatto (1). (1) Abbreviazioni usate per le indicazioni di vari fenomeni : Cielo sereno = s. » misto = m. =e, » coperto Neve = nv. a120 cm. "aemigrada. — i Vento |Geotermometri centigr. 2 Direz. |Veloc. ss. [Media [Minim.| È |pred.teloraria]a 30 |a 60 a 90 5 a cm. cm. cem. oe oe. oc. (o) km. oc oc. oc 19,6 | 15,5 | 6,7 | 608 | ENE| 3,2] 148 | 14,1 | 13,7 2,2 |16,7 | 71|642]|] E | 4,0 [15,3 | 14,4 | 13,8 19,2 | 155) 7,6|708| E | 34|16,2|14,7 | 13,9 20,2 | 16,3 | 01|734| NE | 2,1|16,6 | 15,2 | 14,2 20,8 | 165 | 105 { 700|NW | 92165 | 15,4 | 144 21,5 | 178 | 161 | 480 |ssw|15,9 | 16,6 | 15,5 | 14,6 19,6 | 15,4 | 106 | 62,8 |-NW | 13,2 | 17,2 | 15,8 | 148 22,7 | 16,7 | 68 {58,2 {SSW|10,1| 175 | 16.2 | 14,9 2,8 |166| 7,8.|604 |ENE| 6,6 | 17,7 | 16,4 | 15,2 27,9 | 21,8) 9,2|40,6 {| SSE| 13,1 | 18,2 | 16,7 | 15,4 23,8 | 18,8 | 15,2] 63,6 |[NNE| 8,9| 18,9 117,0 | 15,6 23,6 | 19,5 | 11,5 | 482 | SW | 11,6 | 18,6 | 17,3 | 15,8 21,1 | 17,0 | 13,0 168,4 NW | 12,0 { 19,4 | 17,5 | 16,0 21,8 | 17,1| 8,2|632|NW | 12,7 | 194 | 17,8 | 16,2 23,6 | 18,1 | 8,0{58,6{SW |15,9| 194 |17,9 | 164 23,1 | 18,5 | 108 [43,6 | ENE| 6,2] 19,0 | 18,0 | 16,6 16,8 | 14,7 | 12,0 | 66,6 [Wsw| 26,4 | 18,9 | 17,8 | 16,7 19,1 | 15,8 | 12,0 | 68,2 [WSW | 120 | 17,0 | 17,5 | 16,7 20,4 | 16,4 | 10,7 |6684{SW | 7,6| 16,6 | 16,9 | 16,6 26,4 | 19,8 | 95 {534 {SSE|11,1 {17,0 | 16,8 | 16,6 20,6 | 16,3 | 10,3 { 61,4 { NW | 118] 17.3 | 16,9 | 16,4 18,2 | 145 | 100630] w |175|172]|16,9|164 15,8 | 13,7 | 10,0 | 62,6 {NW | 9,8 | 16,5 | 16,7 | 164 18,2 | 150 | 102 {58,6 | nw 12,2 | 15,9 | 16,3 | 16,3 19,4 | 15,7 | 74 |644 [ENE| 5,9 | 15,9 | 16,2 | 16,3 18,6 | 14,8 | 82/754 |[ENE| 24|16,2 | 16.2 | 16,2 18,8 | 15,6 | 851738] NE | 35| 16,3 | 16,3 | 16,2 18,6 | 16,3 | 108 | 774 | ENE| 25 | 17,0 | 16,4 | 16,2 19,8 | 16,5 | 115 {744 [ENE| 35] 17,2 | 16,6 | 16,2 20,4 |163 | 90 {752 [ENE| 42175 | 168 | 163 20,74 | 16,63] 9,75| 63,2 9,3 | 17,3 | 16,5 | 15,7 | Stato del Cielo a B ” (<-] ba o * pg a m. Pioggia in mm. È 8 Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di maggio 1905. Temperatura S dit sie pls cagtigrada # | Vento |Geotermometricentigr.| 5 | E Gila Ca fu e cs) HEI s Direz.| Veloc. 3 s O |a è 'Mass. |Media| Min. | pred.te|oraria] a 30 | a 60|a 90|a120 s 8 5 medie cm. | cm. | com. (cm | # è 20,8 | 14,6 [562 {ENE| 7,8 |212|195|178|169] e. 23,3 | 17,0 { 31,0 { SSE | 16,1 | 21,4 | 196 |180|171| e. 18,9 | 15,5 | 69,2 [NNW] 13,9 | 21,1 | 20,5 | 19,5 | 186| e. |> {21,6 [132436] nw[131|212]204|195|186] a. |> 19,01 [12,51 | 65,8 7,9 | 200 | 190 |180|173| 54,45 | ‘’Riassnnto delle osservazioni eseguite durante il mese di A I e idioti e e A d <8EELELELE 8 = 8 s i È È È 20 = | Vento |Geotermometricentigr.| 3 | £° CL E è DI PR i date Coli È A Ci pnt H E | Direz.)Veloc. 2 s ce pred.te|orarla{ & 30| a 60|a 90 {fa 120] £ s 5 duo È cm. | cm. | om| = | # ©. km. | 09€ (olo) oe. oe mm: sf nw| 80 21,9 | 20,6 | 195 s' 59,0 | ENE | 5,1 [ 22,3 | 20,8 | 19,6 E (©) n . ia 8 7 Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di luglio 1905. o | GIORNI a mag ga 1 do ° 4 pesto 3 Vento |Geotermometri centigr. 3 È È . \Veloc. è ci Mass. | Media |Minim. = pred.te orariafa 30 |a 60|a 90a 120 z s n) cm. | cm. | om. | cm| & È oe > a (RG ee > 8. Da 29,9 È 1. 29,3 A si 8. pn pa —P e ne m. i 27,5 Li 27,2 7,0 o 5,5 - 26,1 Ù 26,2 È 26,7 x 23,8 ua 24,6 Ò 25,9 ti 25,6 fi 26,2 3 27,7 > 26,0 o 26,1 ò 26,1 È, 25,9 sa 274 lug: 25,8 a 25,9 ue 25,7 uu - 10,85 CRONACA (ottobre-dicembre 1905) | Personale scientifico addetto al R. Istituto. Botanico di Palermo. DIRETTORE. Borzà Antonino, Professore ordinario di Botan ASSISTENTI ORDINARI. Caldarera Lada Profess ore di Storia Naturale nel R. Liceo Vittorio Emanuele. Mattei. Giovanni Ettore, Libero docente di Botanica all’Università. Terracciano Achille, Professore incaricato di Botanips ag! studenti di Farmacia. ke \ssistenti provvisorii. Falci Raimondo, Dottore in Scien Naturali, Insegnante Agraria nelle Scuole Normali, Maschi Pieri Domenico, Dottore in Scienze Naturali Insegnante Sto Naturale nelle R. R. Scuole Tecniche. Rocchetti Bice, Dottore in Scienze Naturali, Insegnante Storia Naturale nelle R. Scuo! Tecniche femminili. n: INIERE CAPO. Riccobono Vincenzo. GIARDINIERE ADDETTO AL SEMENZATO. Ricco Antonino. — — pr i Gabinetti dell’ Istituto per attend to | loro stadii sulla Flora Siciliana il Prof. Michele Lojacono il Dottor Domenico Lanza: come pure il Dottor L. Senni, | ispettore Sto, per, agg va studii sulle piante { fo dell’Eritrea Attività scientifica dell'Istituto. Fu pubblicato, a cura dell’Istituto stesso il fascicolo primo del quarto volume delle « CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VE- GETALE, EDITE DA ANTONINO Borzì» il quale contiene i seguenti lavori. Rocchetti Bice. Ricerche sugli acarodomazii, con le tav. I. e II. Cavara F. Risultato di una serie di ricerche cerioscopiche sui vegetali, con le tav. III. e IV. Terracciano A. L’eclisse parziale di sole del 30 Agosto ed i suoi effetti su alcune piante. Mattei G. E. L’entomofilia nelle Cupolifere, con la VV. * * * Pubblicazioni del personale. Borzì Prof Antonino. 1. Generi nuovi di Croococcacee. Nella «Nuova No'arisia. Serie XVI. p. 20. » 2. Per una riforma dell’insegnamento delle scienze Mpeg che nelle scuole secondarie. Nella «Sicilia Universitaria, n, 2-4.» 3. Commemorazione del Prof. Federico Delpino. Nei « Ren- diconti della R. Accademia dei Lincei. Vol. XIV. ser. 5. fase. 9.» 4. Commemorazione del Prof. Federico Delpino. Nel «Nuovo Giornale Botanico Moran Ser. II. Vol. XII.» Mattei Prof. 6. r la storia dei tubercoli atea delle Leguminose. In « rai Anno XIX. fase Riecobouo Antonino. Le piante della Tua siciliana più acconee all’ornamento dei giardini. Continuazione ( Gigliacee, Orchidacee, Palmé ). Nel « Bollettino della Società Orticola di Mutuo Soccorso in Palermo Anno III. fase. IV. » Riccobono Vincenzo. Fruttificazione dell’ Hovea Belmoriana. Nel «Bollettino della Società Orticola di Mutuo Soccorso in Palermo. Anno III. fase. IV: » Terraceiano Prof. A. Gagearum species florae orientalis ad exemplaria imprimis in berbariis \Boissier et Barbey Ser- vata, comparavit et illustravit Achilles Terracciano - Pars secunda, fase. I. et II. In «Bullettin de lHerbier Boissier n. 1, et 12. >» Nuovi acquisti. — Questo R. Orto Botanico ha acquistato, direttamente dalla famiglia, la Biblioteca del compianto Prof. Federico Delpino. | Tale Biblioteca consta di oltre duecento volumi e circa tre | mila opuscoli, non calcolando un buon numero di opere che | già quest’Orto possedeva e che quindi passano fra i duplicati. — Il maggior numero degli opuscoli tratta argomenti di bio- logia, di mor fologia e di geografia botanica. Interessanti sono parecchie dissertazioni inaugurali dell’inizio dello scorso secolo: vi si trova pure una copia della prima edizione del- l’opera dello Sprengel, opera che esercitò grandissima influen- | za sull’indirizzo scientifico dell’illustre biologo. | Ci riserviamo in un prossimo numero di riferire più deb - tagliatamente intorno al valore scientifico di questa Biblioteca: intanto si è già iniziato il lavoro di inserzione di questi li- bri nella Biblioteca dell’Orto, lavoro che speriamo Nin in breve tempo. * : * * = Fu pure acquistato Erbario appartenuto al defunto Prof. Federico Delpino. Consiste di sessanta pacchi, di formato piuttosto piccolo, con piante tutte diligentemente puntate con spilli su carta di lusso, per la maggior parte tutte bene. Jatermiento, ed ordinate secondo il ‘metodo Candolleano. uu, i elpino non fu collezionista nel vero senso della parola, ma - non trascurò mai, ogni volta che ne ebbe occasione, di raccog | re piante, scegliendo per solito quelle che gli riuscivano nuox od interessanti per particolari adattamenti , od appartenen a generi controversi. Ad ne raccoglieva Hieracium ogni qual volta ne trovava. È Nel det tto Erbario trovasi rappresentata, pressocelii a completo, la flora del territorio di Chiavari, luogo natale del - Delpino, ove continuò per molti anni ad andare a villeggiare durante le vacanze estive. Trovansi pure piante di vari al . luoghi di sua villeggiatura, come dell’Appennino Emiliano ( Marzabotto, Castiglion dei Pepoli, Pracchia) e delle. “vici nanze di Napoli (Campi flegrei, Santa Agata sui due Golti. Amalfi, Cava dei Tirreni), anzi di questa ultima località si RE ; O E 1 at DO AREET MEP RSVP ETERTTA ne RT ML ri Lee — 197 — un buon pacco di piante raecolte dal Delpino pochi mesi prima della sua morte, e tuttora indeterminate, fra cui qualche specie interessante dei generi Thesium, Daphne, Convolvulus, Teucrium ete. Sono poi di particolare pregio in questo Erbario le nume- rose specie raccolte dal Delpino al Brasile, e precisamente nei dintorni di Rio Ianeiro, sulle quali ebbe occasione di fare importanti osservazioni di biologia, massime sulle loro rela- zioni mirmecofile. Sono generalmente in buoni esemplari e bene conservate. Si hanno infine alcuni pacchi di crittogame, ed altri pacchi costituenti erbarietti speciali, biologici, mor- fologici, teratologici e patologici. Varie di queste piante sono rivedute e determinate da specialisti, come ad esempio le specie del genere Hieracium furono rivedute ed etichettate dal Prof. Belli, che vi ritrovò alcune forme interessanti e nuove. Siccome il Delpino poco si curava di fare scambii, è assai limitato nel suo Erbario il numero di piante provenienti da altri raccoglitori: la maggior parte di queste ultime faro- no donate al Delpino dal Ricca e dal Mattei: così si hanno piante raccolte dal Ricca sulle Alpi Marittime, e (piante rac- colte dal Mattei nella Repubblica di San Marino, sull’A ppen- nino Emiliano e Toscano, sulle Alpi Piemontesi e nella Spa- gna Settentrionale. Vi si aggiungono alcune specie ricevute dal Mattei dai suoi corrispondenti. Si trovano anche alcune specie del Montenegro e dell’ Albania che il Delpino ebbe dal Bal- dacci. Ultimo particolare che aumenta pregio a questo Erbario è il trovarsi quasi tutte queste piante senza guasti di tarli, avendo vuto il Delpino la cura di sottoporre ogni anno questo suo Erbario ai vapori di solfaro di carbonio. * * * Fu acquistata l’importante collezione Plantae Canarienses edita dal Dottor ('. I. Pitard di Tours Questa collezione comprende 435 numeri, con un totale di circa 350 specie, essendovene alcune ripetute perchè di loca- lità diverse. Le piante furono tutte raccolte nella primavera del 1905, sono generalmente bene preparate, le singole parti sono suf- ficientemente abbondanti, e la scelta delle specie è tale da dare una idea esatta della interessate vegetazione di queste — 193 — isole, così rieche di endemismi: furono in massima parte rac- colte nelle isole occidentali dell’arcipelago Canariense, ad una altitudine che varia dalla zona marittima fino a circa 700 metri di elevazione: ben poche furono raccolte più in alto, e fra queste ultime notiamo il tanto caratteristico Spartocytisus supranubius , Webb proprio del Picco di Teneriffa, e raccolto a circa 2000 metri di altitudine. Nella collezione si trovano anche parecchie ubiquità come Sonchus tenerrimus, Phelipaea ramosa, Cuscuta epithymum, Rumex bucephalophorus, Urtica membranacea, Poa bulbosa, Hordeum maritimum ed altre, le quali tuttavia non mancano d’interesse per la geografia bota- nica, dimostrando che la loro area si estende anche nelle Canarie. Vi sono pure alcune specie invadenti come Arge- mone mexicana, Eleusine indica, Nicotiana glauca, Physalis pe- ruviana, Siegesbechia orientalis ete. le quali attestano Sem- pre più la potenza di penetrazione di tali specie nelle isole. Parecchi generi endemici delle Canarie si trovano rappresentati in questa collezione, anche con un numero discreto di specie, come ad esempio il tanto caratteristico genere Leucophiie le cui specie assumono caratteri di piante veramente ornamentali: così pure i generi Dichroanthus, Webbia, Drusa, Bencomia , Rhodorrhiza, Messerchmidia, Canarina, Bystropogon, è parecchi altri. Anche generi non assolutamente esclusivi delle Canarie, presentano quivi particolari gruppi di specie endemiche : no: tiamo alenne specie di Euphorbia, di Lotus, di Echium, di La- vandula, di Senecio, di Sonchus e di Statice: queste specie sono in massima parte distinte per essere suftruticose, mentre le loro congeneri europee sono erbacee. Infine il Dottor Pitard è stato fortunato di incontrare qualche specie nuova, come ad esempio Aichryson Motti, Li- naria Urbani, Leucophie Penzigi, Lotus Borzii ed alcune al- tre. Questa ultima specie con gentile pensiero fu dedicata ‘al nostro Direttore, ed appare sufficientemente distinta da tutte le congeneri: appartiene alla sezione Pedrosia © più che ogni altra si avvicina al Lotus arenarius, Brot. difterendone in particolar modo per la glabrizie e per alcuni caratteri del calice. Fu raccolta a Gomera, nella regione montana, © non fa meraviglia che quivi siasi potuto trovare una nuova specie di Lotus, se consideriamo che nell’arcipelago delle Canarie ne esistono ben altre cinque specie esclusivamente endemiche. Apprendiamo poi che il Dottor Pitard è sulle mosse P® — 199 — partir di nuovo per le Canarie, ove si propone di fare n uove raccolte e distribuire altre centurie di piante, onde rendere più completa la serie dei suoi exsiccata. Anzi in questa se- conda distribuzione si propone di attenersi non solo alle fanero- game, ma ancora ad alcuni gruppi di crittogame, specialmente muschi e licheni: siamo convinti che da queste ultime rac- colte potrà riportare novità interessanti da aggiungere alla flora delle Canarie. n'a Cambii per |’ erbario. Nel Novembre 1905 questo Real Orto Botanico ha ricevuto, in cambio di altrettanti ersiccata siciliani, una collezione di ben 700 specie degli Stati Uniti d’America. Questa collezione fa inviata dal Prof. Maefarlane dell’Università di Filadelfia în Pennsilvania. Quantunque per alcune specie le parti sieno piut- tosto scarse, e la loro raccolta dati da parecchi anni, pure il loro stato di conservazione è buono e la loro preparazione molto accurata. Queste piante porgono una idea della ricchezza flori- stica dell’ America settentrionale, ed in particolar modo rap- presentano la vegetazione delle praterie, che ora va sparendo in seguito alla intensità delle colture agricole. Infatti abbon- ano in questa raccolta le Composte, con numerose specie di Aster, di Solidago e di Eupatorium, le Labiate con molte specie di Monarda e di Pycnanthemum e le Ciperacee. Accanto ad un piccolo numero di ubiquità, comuni anche da noi; ritroviamo molte specie endemiche : certi generi che da noi, sono rappresen- tati da appena una o due specie, si presentano ricchi, in questa collezione, di otto, dieci, ed anche più specie. Oltre ai detti generi Solidago, Eupatorium ed Aster, notiamo i generi Ilex, Cornus, Viburnum, Spiraca, Crataegus , Asclepias , Polygala , Vaccinium, Smilar, Lobelia etc. con numerose specie. Alcuni stris, Q. ilicifolia, Q. falcata, Q. coccinea ete. Troviamo pure parecchi generi, alcuni anche rappresentati da più specie, assolutamente endemici dell'America del Nord: fra gli altri citeremo: Lechea, Mitchella, Nyssa, Phlox, Sabbatia, Hudsonia, Proserpinaca, Pycnanthemum ete. Alcune specie poi hanno particolare interesse: così fra le = DI) — parassitiche, oltre ad alcune Cuseuta ed Hypopytis troviamo una Orobancacea, 1’ Aphylion uniflorum, ed una Lorantacea, il Phoradendron flavescens. La fanzione mirmecofila sembra poco esaltata in queste regioni: oltre a 4 specie di Smilax, vediamo una Cassia, la Cassia Chamaecystus che porta nettarii estranuziali assai cospicui. Al contrario l’acarofilia trovasi più sviluppata in queste piante: infatti presentano bellissimi aca- rodomazii un Viburnum, aletne Quercus, una Betula e parecchie altre. Alcune specie presentano poi evidenti caratteri mirmeco- fobi, nella loro regione florale: notiamo una Gerardia con calici viscosi, un Crataegus con brattee viscose, attornianti i corimbi, ed infine il Rhododendron ‘viscosum, a grandi fiori tubulosi, zigomorfi, verosimilmente sfingofili, con corolle ester- namente ricoperte di lunghi peli viscidi, agglutinanti. Inte- ressa pure biologicamente l’Amphicarpum Ruechii, la qual specie, mentre porta infiorescenze aeree con fiori casmogami, produce pure, sulle radici, fiori ipogei, isolati, cleistogami. In- fine due specie di Sehleria hanno frutti mimetici allo stesso modo di quelli di Lithospermum. * * * Cambii di semi e di piante vive. Si ricevettero per cambii n. 630 specie di semi e n. 40 piante vive, e furono spedite n. li specie di semi e n. 105 pian- te vive, Palermo 51 Dicembre 1905. Indice del Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. IV. 1905. Al lettere. 7 Borzi A. - Volinra del Giusi Pani ‘qunquetotinm) » — Colture delle pia > gomma » — 1 Ficus a radici » Note critiche fa pars italian iante nuove, rare o critiche del R ‘orto Bo: pan pani di Palermo i CALDARERA Ì. L’Avocado (Persea gratissima Gaerta,) * De Lisa G. Riassunto delle eine eseguite sa R i Osservatorio metereologico di Palerm 141 Studii ed calzare sulla coltura sraggn pianto da Gomma elastica in Sicilia . - Lanza D. — Note sulla flora Sicilia Marri G. E. — Fioritura e > fruttificazione Rella Rhapis flabel- » DIREZIONE vier: Lune ; Fioritura della ai carinata, net a due nuove forme di Cit ad una varietà di Limone "detta Colo. PN “e ra dei inni Da, Sicilia. > LA a ian di atei i rognami a nelle colture arboree in Sicilia |» Si » — L’inverno del 1904-1905 ed i suoi ttt data — 7 vegetazione nei giardini di Palerm e dell’ Istituto Botanico di Palermo , durante vi an Pror. A.. Borzi — Direttore A 4 Brangi-Palermo — A i Boll. R. Orto bot. di Lit. A.Brangi-Palermo STUDII ALGOLOGICI : Saggio di ricerche sulla biologia delle Alghe, per A. BoRzì. Fase. I, in 4°, pp. VIII-1-120, tav. 1-9. , > ce E, pp. VIII. 121-399, tav. 10-31. . > 65 » III, Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 ta- vole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBONO. È. Ort. Bot. Pa- lermo. R. Istituto botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRzÌ. Vol. I, in 8°, fase. I. pp. I-VII-1-192, tav. IVI O LU » il + » I-III » 1-316, tav. 1-XIX . » 28 will, > » I-IIl » 1-393, tav. 1-XIX. . » 30 vu, » è I. » 1.117, tav. I-V. ; » 10 Per acquisti rivolgersi: V. Riccosono. R. Ort. Bot. Pa- lermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Publié par J. VILBOUCHEVITCH 10, Rue Delambre, PARIS (14°) ABONNEMENTS PARTANT DU 1°" JANVIER: Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel, illustré, s’oceupe -de toutes les questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri- culteurs des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue complète des publications nouvelles (3 pp. de petit texte). La partie commerciale très developpée est intelligible pour tout le monde et toujours intéressante. Nombreux collaborateurs dans les colonies ises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’en Australie et dans les deux Amériques. — Articles inédits sur les cultures potageres et les fruits, dans chaque numéro. Collaboration speciale pour les in- ‘sectes mùsibles. Numéro spécimen gratis sur demande BOLLETTINO A. ORTO BOTANICO DI PALERMO ANNO V. Cf PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 18 1906 CR. ORTO BOTANICO DI PALERMO VOLUME V. BOLLETTINO — DEL BOTANICO DI PALERMO ANNO V. Fasc. 1-2 (Giugno 1906) PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 1906 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato @ fascicoli trimestrali di 3-5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed ap- pendici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno, Le appendici al «Bollettino » , che sono anche vendibili separatamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell'abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) We. «.- ... »- .... Lire 8 — Sl » 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivol- gersi al signor VINCENZO RICCOBONO, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL'ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal Prof. LL SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici Abbonamento annuo L. 5. ni Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura , frutticoltura © silvicoltura. Indirizzare vaglia : Prof. Luigi Savastano. pORTICI (Provincia di Napoli) 30 GIUGNO 1906 Von. V. BOLLETTINO DEL f. ORTO BOTANICO DI PALERMO doo -_ SOMMARIO. . — Botanica e Botanici in Sicilia nel secolo XVIII (A. Borzì). — Un altro Erbario dell'Orto Cattolico (G. E. Mattei). — Le varietà di Agrumi Parenti in un antico erbario del- l’Orto Cattolico (V. Riccobono). 4. — Studi ed esperienze sulla sui del Fico da gomma elastica (Ficus elastica, Roxb.) in Sicilia (La Direzione). — Brevi osservazioni sull’Euphorbia biglandulosa, Desf. (G. E. attei). dm ol 6. — Di alcune specie nuove o critiche per la flora Italiana. I. Statice (M. Lojacono Pojero). ( — Una Pelce nuova per l’Italia (G. E. Mattei 8 — Riassunto delle osservazioni eseguite nel na) Osservatorio di Palermo (G. De Lisa). 5. — Cronaca (Gennaio — Giugno 1906). APPENDÌCE. Flora delle Isole Pelasgiche (St. Sommier). a i 6 H PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 18 1906 Botanica e Botanici in Sicilia nel secolo XVIII. . Un insigne letterato, filosofo e naturalista, vissuto nella prima metà del secolo XVII, G. G. Rousseau, considerando lo stato della Botanica ai suoi tempi osservava che il più grande male fatto a questa nobilissima disciplina fosse stato quello di averla ritenuta come una scienza da speziali. Con questa espressione 1’ arguto gi- nevrino alludeva alle tendenze dominanti quel campo di studi e a tutta quella massa di errori, di dubbi, di pregiudizii elevati a dottrina che il medio evo aveva lasciato in eredità alla Botanica in quel secolo. E di fatti la scienza di quel tempo — se realmente con questo nome si poteva chiamare quella indigesta mescolanza di vero e falso, di artifizioso e naturale — si riduceva a lontane re- miniscenze di cognizioni tramandate dagli antichi scrittori greci e latini, raccolte e raffazzonate da PLINIÒ in quella sua famosa enci- ia di Storia naturale ed adattate ad usum Delphini da’ vari comentatori. Essa è tutta una tela ordita di misticismo e di demi © pirismo dalla cui trama trasparisce qua e là un certo fioco ba- ue di BORA che da una sor sme la sua a virtù alla flo: . To È questo il titolo di una conferenza pilu presto Siitiona per la Storia Patria » il giorno 17 Aprile. int —4— SO sofia di ARISTOTILE, dall'altra riceve calore e luce da un tal vago — sentimento di poesia e di devozione che illumina le coscienze di quei pochi studiosi della natura. E per queste anime divote e ti- morate il campo della Botanica non si stendeva oltre ai limiti di un’arte : un’ arte divina, come la definivano; divina perchè il Si- gnore avea direttamente trasfuso la conoscenza di essa all’ uomo. Anzi il più autorevole scrittore del tempo — e aggiungo il più se- rio — osservava che appunto l’ uomo era stato creato in un bel giardino, tutto ricolmo di erbe e piante aromatiche, tutto delizie , profumi, perchè fossero alla portata di lui i rimedi necessari a le- nire le sofferenze corporee avendo voluto il Divino Creatore tra- sfondere al suo figlinolo il dolce e l’amaro insieme, la facoltà del godere con quella del soffrire. La Botanica era dunque un’arte nobilissima , 1’ arte di cono- scere tutte le erbe esistenti sulla terra, di essere edotti delle loro meravigliose proprietà medicinali e saperle impiegare nella mani- polazione e preparazione dei medicamenti, dei decotti, delle miscele ecc. ecc. La figura del botanico del tempo mostra nelle sue linee qualcosa che si direbbe, non saprei, se ingenuità , o buona fede , dabbenaggine, oppure furberia e ciarlatanesimo. Forse egli è in fondo un semplicione suggestionato dai pregiudizi dell’epoca. I cu- riosi comentari di DroscorIDE 0 qualche altro libro simile, costitui- scono il fondo della sua sapienza. Non è raro ancora ai tempi nostri di riscontrare quell’opera fra i polverosi scaffali di qualche vecchia farmacia o di qualche negozio di erbaiuolo, e fra’ fogli anmeriti dal tempo si scorgono le traccie dell’uso fatto dalle generazioni che lo hanno posseduto ne’ frammenti di piante secche conservate in mezzo a° fogli o negli sgorbi e ne’ caratteri illegibili segnati qua e la su’ margini. E se quel libro potesse parlare ci racconterebbe quante volte è stato misteriosamente sfogliato e consultato. Esso è li per darci un’idea di quel che fosse la scienza ufficiale dei tempi di cui parliamo e per indicarci la via che i nostri vecchi furono costretti a seguire per giungere a quelle meravigliose conquiste che formano l’orgoglio del secolo . E quantunque sul principio del 100 il MATTIOLI, autore dei ( Gioni! di Dioscoride, fosse già da un... pezzo seppellito. coi suoi pochi altri ricopiatori e plagiari, il suo Spirito è sempre li vivo, e dà carattere a quell’ indigesta mole di nozioni botaniche, com’ho detto, infarcite di soprannaturale, di su- perstizioso, di erroneo e di tutto quanto di più strano si possa im- gii maginare. Non deve perciò sorprendere se un autore Tago » o tempo scrive queste precise ea 1 i H «Mi di di aver tedutpd lit pivoare un ladro in Venezia, il quale apriva la notte le serrature delle botteghe con una sola i erba incantata ». ; poi soggiunge : «non mi meraviglio che caschino i ferri ai cavalli che pasturano nei monti subito che calpestano un’ erba simile ». Ma questo è nulla. La terapeutica e la farmacopea del tempo ricordano e descrivono erbe che tenute in bocca non lasciano patire nè fame nè sete. E cotesto rimedio sovrano — che sarebbe una vera fortuna se potesse applicarsi oggi alla cura di uno dei più grandi mali della società moderna — dicesi sia stato sperimentato da va- lorosi condottieri in tempo di guerra. Ma proprio miracolosa era però l’erba bettonica « che rendeva sicura da tutte le sceleraggini e da tutti i peccati la casa ove si ritrovava piantata ». E c’e di più: l’Achemenide, una pianta dell’ India, fatta in decozione e data a bere con vino, faceva subito confessare ai malfattori tutti i mi» Sfatti loro ». Per chi avesse voluto vivere cento e più anni sempre io angiiianiio ai e credo che ognuno di noi avrebbe questo desiderio—c’erano erbe preziosissime, senonchè occorreva una cura molto lunga per essere preservati dal malanno della vecchiaia. Ve n'erano altre che servivano a spianare le rughe del volto ; altre ridotte in decozioni metteano in corpo una grande voglia di ridere da non potersene mai saziare. * *R Passando dal campo pratico all’ astratto, prima del ’700 son dual coloro che hanno creduto degni di casina problemi indole filosofica o fisiologica. Il Microscopio non avea ancora rag-. È Li nella sua costruzione quel grado di perfezione necessaria a | tentare lo studio di più ardue quistioni e l’ n di M. MALPIGHI | | avea lasciato una debole traccia di sè. Nei più v'era, dirò così, “da tendenza. a filosofare. Ma anche su questo campo il: fine vaio u ca È questa, ripeto, l’idea fissa di tutte le genera , Taeto, è idea consona alla natura dell’ enon animale ego — è — E tra costoro va ricordato ANDREA CesaLPINO d’Arezzo. E lo rammento perchè parecchi suoi scolari vennero in Sicilia a diffon- derne dalla cattedra cogli scritti i principi botanici e le idee filo- sofiche. Allora Messina con la sua università fiorentissima , con- centrava tutto il movimento scientifico del tempo. Ivi insegnavano uomini di altissimo merito che il senato messinese, allettando con forti emolumenti, toglieva ad altre università celebri d’Italia, p. e. Bologna, Pisa, Roma : cito di volo, P. CASTELLI, CORTESI, FRACAS- SATI, BoRELLI e MAaRcELLO MALPIGHI, il principe degli Anato- misti. E tutti costoro insegnavano botanica e materia medica. Epperò il seicento si può dire era stato un’ era d’ oro per la botanica in Sicilia. Basti ricordare che un orto botanico sorse allora in Messina e fu il primo che vanti la Sicilia e fra’ primi e più anziani d’Italia. Basti dire ancora che in una modesta stanzetta della vecchia e ora abbandonata: Università di Messina, MALPIGHI compiva la più grande scoperta dei secoli, quella della cellula e dei tessuti vegetali e gettava i fondamenti di quella immortale ‘opera che si chiama Anatome plantarum. Colla caduta di Messina e la seguita abolizione della sua U- niversità cotesto benefico movimento si ferma e gli ultimi decenni del seicento scorrono nell’apatia. Nell’Orto botanico di Messina, @ sommo spregio della città, il feroce Conte D. RopRIGO QUINTANA vi mandava a pascolare i cavalli della soldataglia da lui capitanata. Nessuna traccia rimane dell’opera di MALPIGHI e del BoRELLI: i due immortali campioni dello sperimentalismo della scuola italiana sono ormai molto lontani. La botanica ha ripreso la sua lenta rotta bar- camenandosi fra’ dubbi dell’empirismo e le tenebre dell’ errore. I. comentari del DroscoRIDE tornano in moda ed una folla di spaccia- «tori di rimedi vegetali, panacea di ogni male, si aggira per le cam- pagne e pianta bottega nelle città. I nostri negozi da erbajuolo re- stano ancora oggi, come memorie parlanti del tempo. I vecchi e panciuti boccali rabescati a fioroni e frappe; le tazze sbocconcellare, anneriti i bicchieri incrinati, i torchi e le mestole di legno tarlate, le panche sbilenche e i pesanti mortai di bronzo e di legno, è scomparso; le pareti affumicate dalle combustioni sono state ri- pulite e rimbiancate; non si trova più nemmen traccia di quei fa- mosi volumi unti e scompigliati dall’uso e dalla vecchiaia, come sarebbero : gli antidotari, gli elettuari, gli aromatari, gli erbuari ecc. ecc. che costituivano il codice della sapienza farmaceutico-bo- tanica dei nostri antichi. Al tipo grave e solenne del vecchio sem- plicista, edotto dei misteri sublimi e delle arcane virtù delle erbe, De CI si è oggi sostituito, non sò perchè, la figura di una linda massaia, chiacchierina di solito, dispensatrice di succhi, infusi, bibite più o meno amare (è dal grado di amarezza che si misura l'efficacia del rimedio in omaggio al motto in amaritudine salus), dispensatrice, dico, di bobe miracolose ad una folla di avventori dagli stomachi deboli e capricciosi, e che conosce a meraviglia i depurativi, i rin- frescanti, lassativi ecc. Ma se un pò d’aria di modernità può es- sere penetrata oggi in questi curiosi dispensari di rimedi vegetali, essa è valsa solo a togliere la polvere del tempo e a spargere ci- pria e belletto sulle grinze della vecchiaia. Cotesti speciosi negozi sono i testimoni di un’epoca storica della botanica, che, pigliando le mosse dalla più remota antichità, ha raggiunto la sua espressione caratteristica al 700 e va oggi len- dA tamente scomparendo travolta fra’ vortici del progresso e le rafti- natezze della vita moderna. Quell’erbaiuolo ebbe nome di semplici- sta, poichè appunto come medicinali semplici venivano considerate le erbe e tutti i prodotti vegetali. Egli era naturalmente la figura più ragguardevole del tempo, poichè nelle sue attitudini egli con- * ‘cretava le qualità del medico, dello speziale e del botanico nel tem- po stesso. Molti e molti scrittori più o meno insigni di cose bota- niche tennero a grande onore il titolo di semplicista. Il chiamarsi semplicista di questa o di quella tale Maestà Serenissima, di que- I sto o di quel Signore Eccellentissimo era segno di grande impor- _ tanza, qualche cosa forse di più che l’intitolarsi oggi Provveditore È o fornitore della Real Casa, dell’Altezza tale ecc. E come succede e sarà sempre finchè il mondo sarà mondo, v’erano fra’ tanti cul- tori della materia dei semplici, sparsi per la città e per le campa- | gne, gli astri maggiori, i più rilucenti per autorità e dottrina e quelli piccoli, costretti tutto al più a esercitare il ‘mestiere di riven- duglioli o di raccoglitori di erbe medicinali. - Di questi ultimi la storia non ci ha tramandato i nomi, ma dei ‘primi parecchi salirono in grande fama, così da meritare. gli onori della immortalità. Ed a questo proposito noi siciliani ricorderemo certo con orgoglio il secolo XVIII come quello che ci ha messo in buona vista dinanzi al mondo scientifico per gli uomini preclari che fiorirono in Palermo e per le istituzioni botaniche sorte allora; | per la parte, insomma, da noi presa al movimento riformista e al So 404 degli studi botanici in Supri ira CRI #6 LA 3 A di cs i a SR Il 700 avea dunque ereditato dal secolo precedente un metodo d’indagine non conforme ai veri ideali della scienza. Ma esso ebbe anche la fortuna di possedere delle generazioni di uomini già edu- cate al gusto e all’amore delle piante. E senza questo gusto e que- sto amore esso non ci avrebbe tramandato tanti ricordi gloriosi. Tale fu appunto la influenza esercitata dai due botanici siciliani : Padre PaoLO Bocconi e F. CUPANE La storia scritta, more solito, a capriccio o a base di simpatie o errori ci ha abituato in fatto di botanica a guardare e a cercare troppo lontano dalla nostra cara patria il sole che sorge; e queste due grandi figure di cultori e divulgatori dell’amabilis scientia va- gano come ombre disperse e dòmenticati nelle tenebre del passato, o almeno non rifulgono di quella luce che risponde alla realtà e alle condizioni dei tempi. Duolmi che la tirrannia del tempo non mi permetta di parlarvi dell’opera di questi valentuomi così come vorrei. Ambedue ebbero di comune molti tratti della loro educazione scientifica e sopratutto _un’erudizione molto vasta, estesa a tutti i rami delle scienze natu- rali. Molto più risaltano queste doti nel Bocconi, il quale fa anche chimico, fisico, paleontologo ece. Nelle sue 46 osservazioni, che costituiscono il fondo di quel curioso libro intitolato « Museo di Fisica e di Sperienze, variato e decorato ecc. » rivela uno spirito di critica e d’indagine veramen- te meraviglioso. E molto più nell'opera « Museo di piante rare » e nell’altra « Zeones et decriptiones ecc. » nelle quali troviamo con- densato il frutto di molti anni di esperienza e di lavoro, spesi in ricerche e peregrinazioni botaniche. P. PaoLO Bocconi nacque in Palermo il 24 aprile 1639. Vesti prima l’abito di prete; poi divenne frate Cistercense e ciò forse per abbracciare uno stato sociale come usava a quei tempi. Ma la sua vocazione non credo fosse quella della carriera ecclesiastica. Nelle sue osservazioni mostra di tanto in tanto uno spirito d’indipendenza che non si crederebbe, date le condizioni del tempo. La sua è perciò una vera tempra di naturalista. In molte osservazioni spira una fresca aura di modernità : p. e. quelle Pelatava alla impollinazione del Pistacchio. In tutta la sua vita vi è la traccia d’ una attivi prodigiosa, l'ansia irrequieta is Viaggiò per la Sicilia, x: sitò Malta e tutto il continente italiano, visse molti anni a Vene- A zia e a Padova. Fu in Francia, in Inghilterra, Olanda, Germania, di Polonia. Raccoglieva, annotava, osservava, disegnava; HE cercando amicizie e procacciandosi simpatie. Ebbe molti onori br; sad di. iu gi appertatto —_ 9- vrani, da Accademie scientifiche, da patrizi. Stanco infine si ritirò nel Convento di S. Maria d’Altiponte al Parco e in questo villag- gio egli finiva i suoi giorni a di 22 dicembre 1703 mentre stava —’‘’per ultimare alcune sue opere. Pochi anni dopo, nel gennaio del 1711 rendeva la sua anima ; al Signore, in Palermo, un altro emulo e degno confratello di P. BoccoxI, P. F. CuPANE dell’ordine di S. Francesco. Era nato nel 1657 a Mirto, in Provincia di Messina, un piccolo villaggio circon- dato da boschi e campi. Se è vero che fra’ requisiti di un buon na- turalista primeggia quello che egli sia nato in campagna o che ab- ‘bia passato una parte della sua vita fra le scene della natura, F. CUPANE può dirsi sia venuto su già bell’e predestinato alla glorio- Sa carriera luminosamente percorsa. Egli ebbe ancora l’altra fortuna di entrare nel campo della scienza e di parlare di botanica in Si-_ i cilia dopo che gli altri del Continente, sotto i fallaci. auspici del- fi, l’empirismo dominante nel medioevo, avevano detto le più grosse corbellerie. Dico corbellerie e mi sia permesso di domandarmi se è possibile che i nostri posteri chiamino pure con questo nome ciò che ora noi teniamo in conto di verità di fede. Ma sarà forse molto «probabile, e pare anzi certo, cheyle corbellerie d’oggi, dato pure che i posteri le giudichino tali, sieno infinitamente minori di quelle dei secoli passati. principe dei botanici, rammenta il nome di lui a titolo di onore. | i CuPANE non ebbe, è vero, la tempra del riformista in materia di sistematica botanica, e la sua produzione scientifica si riduce alla > elaborazione di cataloghi descrittivi; ma questi stessi cataloghi sono . .. dei preziosi inventari delle ricchezze floristiche della. Sicilia. Evi- | dente è nel CupanE, il proposito di redigere una flora dell'Isola e RL et redigere il testo ed esistono in fatto 16 volumi manoscritti nella Biblioteca Comunale di Palermo dal titolo Ylora Siculai quali, a quanto pare, rappresentano la illustrazione del Panphyton del Cu- PANE. Anche il BoxanNO fu disgraziato e non potè portare a com- pimento il lavoro ed il manoscritto passò in manu aliena, più 0 meno discreta, la quale vi aggiunse di suo qualche cosa. Insomma la quistione dell’originale cupaniano è molto intrigata ed io ritengo che resta da dire l’ultima parola, e forse forse, per chi si voglia mettere sul serio, sarà questa un’opera di rivendicazione e di giu- stizia da. compiere. 1 CupaxeE ebbe nella sua vita la grande fortuna di trovare molti amici e ammiratori e fra questi è da ricordarsi il Principe della Cattolica, il quale fa per il nostro botanico, si può dire, l’an- gelo tutelare. Il 700 presenta a questo proposito un curioso fenomeno a Pa- lermo: tutte le imprese scientifiche, le quali giudicate sotto la im- pressione dei tempi novi appariscono modestissime , ma che erano in realtà infinitamente ardue, date le condizioni del tempo sì com- pivano sotto gli auspici di qualche ricco patrizio e di quelli, cioè, che potevano vantare il cosi detty quarto di nobiltà.. Non è un miracolo , io credo, se i nostri vecchi pensavano che ad ac- crescere gli splendori del blasone non facesse poi male un po’ di quella luce che tramanda il faro del sapere. Forse ve n'erano fra questi di quelli non molto dotti, voi mi direte; ma per me è igno- ranza vera e crassa quella che di tutto e di nulla ‘si appaga in questo modo. E ai tempi di P. CUPANE e più tardi in questa città per cercare degli appassionati cultori e protettori delle arti e delle scienze bisognava realmente trovarli fra la classe dei nobili. E per non uscire di carreggiata, ricorderò che verso la metà del 700 il Principe di Galati dava convegno nel suo giardino a diversi cultori della botanica che allora erano a Palermo, dall’umile speziale al più dotto frate del tempo. Ci andavano i fratelli GAZZARA, monaci del convento di S. Antonino, ed altri. di cui s’ignorano i nomi; e colà riunita, tutta cotesta brava gente, discuteva di argomenti scientifici alla maniera come si pratica nelle moderne Accademie. Allo stesso titolo potrei ricordare il Marchese Gastone, il Principe di Torre- muzza, il Duca di Caccamo, il Duca di Monteleone e tanti altri. Ma tornando al nostro CuPANE dirò che egli fu l’ispiratore di una istituzione botanica che porta il nome del Principe della Cat- tolica, rimasta di eterna memoria nella Storia della botanica sici- liana. Alludo all’Orto cattolico che l’insigne patrizio fondava a Mi- silmeri verso la fine del 1600. di MEA Per avere un’ idea di ciò che poteva o doveva essere un orto | botanico in quei tempi bisogna ricordarsi che la botanica era con- siderata come l’arte di conoscere le erbe medicinali. Epperò il riu- nire in luogo adatto il maggior numero di erbe e piante medicina- li possibili era da per sè cosa utilissima, poichè quei prodotti sa- rebbero stati alla portata di tutti, specialmente della povera gente in caso di malattia e degli studiosi; e questi potevano così inda- gare e sperimentare nuove virtù occulte. Metter su un orto bota- nico era dunque lo stesso che fondare un'istituzione di beneficenza a vantaggio, come si diceva, dell’umanità sofferente :. era addirittura un’opera cristiana. Tale carattere appunto ebbero non solo 1’ Orto Cattolico, ma anche gli altri sorti più tardi a Palermo, quali p. e. quello del Marchese Gastone fuori di Porta d’Ossuna, quello del gesuita P. ù LA LUMIA, quello dei Fratelli Gazzara del Convento di S. Anto- nino e nie quello del Principe di Galati. Giovare alla pubblica salute era dunque il fine principale di simili istituzioni. E così per raggiungere tale scopo gli orti non di rado accoglievano dentro le loro mura qualche cosa di estraneo alla - botanica. E tra queste stranezze ricorderò quella dello allevamento di un becco; il quale si nutriva con speciali erbe aromatiche e poi lo si uccideva, Era opinione che quella bestia, così alimentata, do- vesse fornire il rimedio a diversi mali; anzi ogni parte del suo cor- po avea la sua particolare indicazione terapeutica. E per dirne una, Se il becco veniva nudrito con lentisco, esso era un grande rimedio contro la idropisia. Anche le corna bruciate e ridotte in cenere | avevano particolari virtù. E così nell’orto del Principe della Cat- tolica, oltre alle molte pregevoli piante, v’ era ospitato un magni- fico esemplare di cotesta importantissima bestia che veniva ogni ‘anno ammazzata a beneficio della povera gente. Ad ornamento del | giardino e per diletto del popolo, l’insigne patrizio vi aggiunse poi leoni, pantere, ed altri animali custoditi in appositi locali. Fontane, statue, accrescevano la eleganza. - Morto il CupanE, l’Orto Onttolico cominciò a danedate alquan- to. Alla sua direzione furono chiamati successivamente lo SCAGLIONI e altre figure tutte eg per valore scientifico. L’Orto esi- | steva ancora nel 1757 e v'era direttore un certo G. LATTINI, oriundo di Siena e che era stato Capo ast dell’ orto. botanico di Padova. . Oggi sul luogo ove i-aorgia il famoso Orto ‘Qattolico; non esi pae: oh; svela e Facolt muri e Lago altro rudero delle Sl Tide LI costruzioni esistenti un tempo. Il resto è interamente mutato ; il terreno è coperto d’alberi da frutta, limoni e simili. Una lapide vi è stata collocata di recente per tramandare ai posteri il ricordo di quella istituzione. Ma senza quel pezzo di marmo la memoria del- l'Orto del Principe della Cattolica vive e vivrà nei secoli; vive col nome di F. CuPaNE che di esso immortalò la fama nei suoi scritti, e vivrà nella memoria delle generazioni future col ricordo che esso servi d’incitamento ai progressi della Botanica in Sicilia nel 700 e determinò la città di Palermo a istituire l’attuale giardino così ric- co di tradizioni scientifiche e così importante. To sarei molto in causa nel parlarvi dell'orto botanico. Richia- mandomi alle cronache del tempo e ad altri ricordi potrei dirvi da storico imparziale quali furono le sue origini, quali le sue prime tradizioni. La istituzione del nostro Real Giardino Botanico così lo chiamarono i nostri nonni e non Regio Orto fu la conseguenza di quel benefico movimento che si era già iniziato durante gli ulti- mi decenni del 700 della nostra Città in favore della pubblica Istru- zione. Una grande ed inaspettata rivoluzione si era già compiuta nel.campo della botanica mercè le geniali riforme attuate dallo sve- dese C. LinnÈ ed ormai la scienza, dopo avere per tanti secoli brancicato nel buio dell’empirismo e dell'errore, avea trovato la di- ritta via per giungere luminosamente alla sua meta. Si può forse osservare che quel grande riformatore non vide altro fine nella bo- tanica, che il descrivere, l’ordinare, il classificare. Ma egli era fi- glio dei tempi e dovette in parte subire le influenze del così detto «ambiente ». Sicchè il descrivere, l’ordinare, il classificare, secondo il concetto linneano rappresentava il mezzo per conoscere le piante; ‘sapere, cioè, il nome di battesimo (specifico) e di famiglia (generi- co), conoscenza che avea certamente il suo scopo di pratica imme- diata utilità e più grande e più nobile e, dirò, più umano e uma- nitario appariva fra questi scopi quello delle applicazioni delle piante all’arte farmaceutica. Un orto botanico sorto dunque in quel tempo: doveva necessariamente e fedelmente rispondere & tale ind ; scientifico. Epperò i i primi Professori di botanica del nostro pesare furono anche i nanti di materia medica. i La fondazione dell’ Orto botanico fu dunque, come dissi, il frutto 3 di cotesto benefico movimento con cui s' iniziava la vita della no- stra Università detta allora « Accademia dei Regi Studi». ee . Le prime notizie sull’Orto botanico rimontano al 1779. Ai pri- mi di ottobre di quell’anno la Deputazione degli Studi chiedeva al Senato Palermitano il Baluardo di Porta Carini per impiantarvi un orto botanico. E poichè in quel sito ci stava un certo Corradino Romagnolo e v’era una polveriera, la stessa Deputazione propone- va di dare a quel signore il Baluardo dello Spasimo e di trasferire più oltre il deposito delle polveri. Il Senato concesse tutto, ma ci volle un anno o più perchè l’orto funzionasse regolarmente. E co- | testo funzionamento consisteva semplicemente nella coltivazione di ‘un certo numero di erbe medicinali. Non v’erano laboratori nè musei, nè scuole annesse; solamente nei mesi di primavera una sorta di assistente dal titolo di Dimostratore avea l'obbligo, così come dice un documento manoscritto del tempo, di ‘« dimostrare ai «studenti di medicina e farmacia tutte le piante officinali, secondo «le qualità e virtù di esse, come, le piante antelmintiche, cefaliche, ) Artomisia eamphorata, Vill. presp. 31. Ossere.—I sinonimi sono piuttosto da riferirsi all’ Artemisia Abro- tanum, L., ma è noto come queste due specie furono confuse assieme dai botanici antichi : a questo proposito BERTOLONI (flor. it. IX. 118 ) dice: « Haec species a botanicis nostris olim habebatur pro Artemisia Abrotano et forte ipse Linnaeus utramque conjunxit». Anche nell’er- bario ALDROVANDI (MatTIROLO în malp. XII. 249) trovasi 1’ Artemisia camphorata con lo stesso nome di Abrotanum mas. Il CuPANI (hort. cath. suppl.8) aggiunge poi alla sua citazione il sinonimo di Absinthium Madoniae, Cast. (hort. mess. 1) dimostrando con ciò di volere allu- ere alla vera Artemisia camphorata, imperocchè 1’ Artemisia Abrota- num non cresce in Sicilia. 3.— « ABROTANUM FOEMINA VERUS DIOSCORIDIS : heliochrysum abro- tani foeminae foliis, fore umbellato luteo, Boce. (icon. et descr. 5. t. 3)...... questa pianta credo essere in Achillea tenuifolia, Lamk. eneye. I. 26. ssere.—Gli antichi col nome di Abrotanum foemina conoscevano | i L. come parebbe dalla località di Toscana che egli riferisce. Credo che il nostro LarINI abbia colpito giusto ascrivendo all’ Abrotanum foemina di Droscorime una Achillea e non una Santolina: è facile capire come non potendola avvicinare alle specie descritte dagli au- tori, in causa delle calatidi a corimbo e non solitarie, abbia c creduto es riconoscere questa specie nella figura del Boccoxe, che appunto si riferisce ad una Achillea. La presente specie non è citata nell’HMortus catholicus del CuPANI, quindi dovette venirvi introdotta più tardi. 4.—« ABROTANUM MAS, GIGAS, FOLIIS TENUISSIMIS ET ANGUSTIS- SIMIS, ODORATIS, VIRESCENTIBUS , PARVIS CORIMBIS. Ab auctoribus anonima, sed ut mihi placuit....» Artemisia campestris, L. sp. pl. 846. Ossere.—Fa meraviglia come il Larini non abbia riconosciuto | questa specie, al punta da dichiararla anonima, mentre era nota agli antichi : anche il POxTEDERA i II. 289. 7), che il LATINI segue CP la nota col nome di Abrotanum ca rauliculis Se Non trovasi però 5 ailionta nell’ Hortus cditholteus de 5.—« ABSINTHIUM ARBORESCENS, Lob. (icon. 753): abrotanum la- tifolium arborescens, C. Bauh. (pin. 136) : absinthium vulgare siculum, subfrutescens, incanum, foliis an- gustissimis divisis, magnis corimbis : nobis appella- tor..... Vulgatissime: Erda vranca o janca.... » Artemisia arborescens, L. sp. e II. 1188. 6.—« ABSINTHIUM VULGARE MAJUS, J. Bauh. (Rist. 3. 168): ab- sinthinm ponticum seu romanum officinarum seu Dio- scoridis, C. Bauh. (pin. 138): absinthium latifolium, Dod. (pempt. 23): absinthium vulgare, imis foliis is, supremis integris, cincinnatis, magnis corym- bis, singularibus, Cup. (Rort. cath. 2)...... Vulgo : Erva vranca cu fogghiu sanu incannulatu..... > rtemisia Absinthium, L. sp. pl. 848. Osserv.—11 sinonimo del Cupani è dal BERTOLONI (flor. it. IX 122) riferito ad una forma teratologica, con calatidi terminali grossissime, solitarie, costituite da numerosi rami avvicinatissimi e cinti da nn involucro comune di brattee patenti, quasi cirriformi, con flori tutti abortivi: questa forma è anche figurata dal Cupani (panph. ed. Bo- nann. t. 175): invece l'esemplare quì conservato non presenta al- | cuna anomalia ma è AURA tipico. | ui — « ASINTHIUM TENUIFOLIUM, Dod. (pempt. 94): absinthium pon- _ ticum vulgare, Clus. (hist. di ang i 7. ai Artemisia pontica, L di pr su. A Osserv. — Questa span trovasi anche. peoecrinilasta 7 i MamerroLO in malp. XII. 2 UD, «LA 8.—« ABUTILON, Dod. (pempt. 656): althaea altera sive abutilon Avicennae, Matth. (op. 662): althaea Theophrasti, flore luteo, C. Bauh. (pin. 3/6): althaea Theophrasti flore luteo eg abutilon, J. Bauh. (list. 2. Abutilon Avicennae, Gaertn. fruet. 2. 251. Sida Abutilon, L. sp. pl. 685). Ossert. — Specie non indicata dal Cupani nell’Hortus catholieus. 9.—« ABUTILON CAROLINIANUM SUPINUM FLORE RUBRO ET FLORE GILVO..... » Modiola ape ue gen. syst. I. 466 Malv olin . “pi pied —Specie non ad dii prernni sia? Hora RESI Osserv. quindi dovette esservi introdotta più tardi. 10.—« ACACIA INDICA FOLIO SCORPIOIDES LEGUMINOSAF SILIQUI FU- SCIS TERETIBUS RESINOSIS, Herm. (lugb. 5): acacia indica Farnesiana, Aldin. (hort. farn. 3): acacia indica Farnesiana siliqua tumida tuberosa, Breyn. ( prodr. 2): acacia indica flore luteo, Cast. (hort. mess / +; . Patrio sermone : Cassia siciliana 0 di oduri..... Acacia Farnesiana, Willd. sp. si Iv. 1083. (Mimosa Farnesiana, L. sp. pl. 521) Ossert.Al CuPANI nell’Hortus Catholicus (p. 2.) non ce il sino- nimo dell’AUDINI però nel Supplementum (p. 4), completando la si- nonimia, aggiunge : « Zane licens nimis sub nomine Acaciae aegyptiae in horto nunciavimus: itidemque Bocce. (epist.) hicque, quod pejus, pro ejus synonymo Acaciam indicam Aldini (horto farnesiano ) tradi- dit». È poi degno di nota il nome volgare di Cassia siciliana , riportato anche dal CuPANI: ciò potrebbe indicare una coltura di data abbastanza remota nell’isola. Questa specie dicesi originaria dell’ A- merica meridionale, ed introdotta in Europa solo nel 1611, ma è e- stremamente affine a diverse altre specie proprie della regione arabo- egiziana, ove attualmente si trova pur essa diffusa fuori delle colture, siciliano potrebbe appoggiare questa ipotesi e denotare una antica introduzione nell’isola, forse per opera degli arabi, precedentemente alla scoperta dell'America. 1l.—« AcantHUs, Matth. (op. 709): acanthus sativus vel. ‘mollis Virgili, C. Bauh. (pin. 383), Tournef. (inst. ic — 29 —- acanthus sativus, Dod. (pempt. 719): carduus acan- thus sive branca ursina, J. Bauh. (Rist. 3. 75) ete..... Gli intagli delle foglie di acanto sono stati giudicati così belli, che furono scelti per servire d’ ornamento ai capitelli delle colonne di ordine corinzio..... Vulgo: Vranca russina. Messanae: Alcanna. Alibi: Catascia. Calaxibettae : Erba vanusa. Monteregali : Mona- cedda...... » Acanthus mollis, L. sp. pl. 639. (err. t. 939). i 12. —« ACANTHUS MINUS ACULEATUS, BREVIORIBUS ET MOLLIORIBUS SPINIS, Tilli (cat. hort. pis. 2): acanthus sylvestris mi- tioribus spinis: hoc a me nomen positum est.... » Acanthus spinulosus, Host. fl. austr. II. 217. Ossere.—Forma piuttosto rara, ritenuta dall’HaLAcsy (consp. fl. graec. II. 461) come ibrida fra l’Acanthus mollis, L. e 1° Acanthus spinosus, L. Il nome poi di Acanthus sylvestris mitioribus spinis, che il LATINI vorrebbe far passare per suo, trovasi identico, Gi a me- desima specie in TOURNEFORT (inst. 176) attribuito a EN ciò è grave. Questa specie non trovasi indicata Ria catidiioha del CuPANI. 13.—« ACETOSA ROTUNDIFOLIA HORTENSIS, C. Bauh. (pin. 114), Tourn. (inst. 503), Moris. (hist. 2. 583): acetosa subrotundo folio candicante, Cup. (hort. cath. 3): oxalis. folio rotundiore repens, J. Bauh. (hist. 2. | rossi: D | no Rumex seutatus, L. sp. pl. 337. DA, ca dida MONTANA MAXIMA, C. Bauh. (pin. 14), Tournef. (inst. 502): oxalis sylvatica maxima, J. Bauh. (Mist. 2.990), oto...» Mo si ‘ i Rumex thyrsoides, Desf. flor. atl. I. 321, ._.. Ossere.— I nomi sopra citati spettano al Rumex Acetosa, L.ma l'esemplare corrispondente appartiene RR ZAR al Rumex thyr- ; De - 15. Za Aopiòsa MONTANA Axia’ oranna; LONGO LATO ARI FOLIO, # AURICULIS INTEGRIS, FLAGELLIS RAMOSIS, CAPSULIS — or. 3)... Li n 1 a {hyrsoides, Desf. flor. at La ; 321 ; si - Ossere. —Pare che il nome del MicHeLi si debba rife: lA mex arifolius, AU. ma l'esemplare è un vero e tipico. $oides, Desf. che in nulla Gian dal giaro ; SEMINALIBUS BREVITER CORONATIS, Michel. (cat. park: i MI" e 16.—« AcETOSsA PRATENSIS, C. Bauh. (pin. 14), Tournef. (inst. 502): oxalis vulgaris folio longo, J. Baul. (hist. 2. 989): oxalis, Dod. (pempt. 648): ete..... Vulgo: Aghira e duci.... » Rumex Acetosa, L. sp. pl. 337. 17. -ACETOSA STERILIS MOSCOVITICA, Moris. (Rist. 2. 583), flore elegante..... » Rumex Acetosa, L. sp. pl. 337. Osserv.—Trattasi di un esemplare maschile e di conseguenza sterile. 18.—ACETOSA VESICARIA PEREGRINA VERA, Besl. (hort. eistett. 105): acetosa peregrina lanceolata, vesiculis trigonis venis sanguineis inscriptis, Cup. (hort. cath. suppl. d): acetosa americana foliis longissimis pediculis donatis, C. Bauh. (pin. 114), Moris. (hist. 2. 583): acetosa indica folio crasso, semine ampulloso, Castell. (hort. mess. 1) etc..... » Rumex vesicarius, L. sp. pl. 336. Ossere.—Trovasi la figura di questa specie nel Cia (panph. ed. Bonann. t. 126). 19.—ACETOSA ARBORESCENS SUBROTUNDO FOLIO, ex insulis Fortu- natis, Pluk. (alm. 8. _ Tournef. (inst. 503)..... » mex Lunaria, L. sp. pl. 336. Osbero .— Questa specie non è dia nell’Hortus catholicus del CUPANI. 20.— « ACETOSA OCIMI FOLIO NEAPOLITANA, C. Bauh. (pin. 114), Column. (ecphr. 1. 151).. .Populariter: Acitusedda.....> Rumex bucephalophorus, L. sp. pl. II. 336. 21.—ACETOSA LANCEOLATO FOLIO E BASI LATA POLYFIDO AETNENSIS, Cup. (hort. cath. 3): oxalis minor aetnica lanceolato folio auriculis multifidis donato, Cup. (panph. 2. t. 98 ed. Raf. t. 97. 1): acetosa minor erecta lobis multifidis, Boccon. (mus. 2. 164)..... Rumex multifidus, L. sp. ia Il. 482. re.—Gli ese emplari quì conservati o interessanti ta prima 22.— « ACORUS VERUS SIVE CALAMUS AROMATICUS OFFICINARUM; ©. Mi | Bauh. (pin. 34): calamus aromaticus Hr multis acorum, J. Bauh. (hist. 2. 734) ete.... Patria voce: Acuru..... » Acorus Calamus, L. sp. pl. 324. 23.—« ACORUS ADULTERINUS, C. Bauh. (pin. 34): iris palustris lutea, Tabern. (icon. 648), Tournef. (inst. 360): iris sive acorus adulterinus, J. Bauh. (hist. 2. Xiphion Pseudo - Acorus, Parl. nuov. gen. 45. Iris Pseudacorus, L. 8p. pl. 38). Ossere.—Non figura nell’Hortus catholicus del CupAnI. 24.— « ADHATODA ZEYLANENSIUM, Herm. (lugd. 642): una (inst. 175): Justicia, Linn. (hort. cliff. 9) etc..... » Adhatoda dp) Nees in Wall. pl. As. rar. dI. 103. ticia Adhatoda, L. sp. pl. 15) Ossere.— Anche questa specie manca all’ Hortus catholicus del CuPANI, quindi è verosimile vi fosse introdotta solo più tardi. 25.—ADIANTUM, Dod. ( pempt. 469) : adiantum foliis coriandri, €. Bauh. (pin. 356), Tournef. (inst. 548): me sive capillus veneris, J. Bauh. (Mist. 3. 751): pillus veneris, Caes. (pl. 596).... Vulgo : Capicaa veneri. Adianthum Capillus - veneris, L. sp. pl. 1096. 26.—« ADIANTUM ALBUM TENUIFOLIUM, AD RUTAM MURARIAM AC- ceDENS, J. Bauh gi 3. 748): dryopteris nigra, Dod. ped 46 6) bi di nigi meio a pl. 1081. (Asplenium Virgilii, Ch. et Bo exp. Osserv.—È forma ben distinta, da aversi come dali fr x | vicariante dell’Asplenium Adianthum-nigrum. L. Per legge di priorità ) ui preferire il nome di Lisyeo a quello del Bory. La mede- ; torma con lo stesso nome di Dryopter ris nigra esiste pure nel- l'Horkue difiolici illustrato dal BARONI (70%. giorn. bot. III. 448). - Il primo sinonimo poi riportato dal LATINI, ed esistente anche nel CuranI (hort. cath. 8), non si riferisce a questa specie, ma l’AMlosorus crispus, Bernh. | 27.-ADONIS SYLVESTRIS FLORE PHOENICEO EIUSQUE FOLTIS Lon: eroriBus, C. Bauh. (pin. 178): flos adonis vulgo | aliis eda J.-Bauh. (hist. 3 125): e. i UE, D GAIA hortensis flore minore atrorubente, C. Bauh. (pin 178): flos Adonis, Clus. (list. I. 336): ranunculus chamae- meli folio, flore phoeniceo : sic ait in suis scriptio- nibus apprime eruditus Pontedera.... Plebi vocantur : Paparinicchia di ventu, russa.. Adonis Cupaniana CS syn. II. 36. —La forma sicula, tipica, del Gusso è bene distinta doni no D. C. cui l’hanno avvicinata gli autori: e potrà esserne una re come vuole il NyMAN (consp. 4) O) enni una dui vicariante, meridionale, come usasi ora chiamare queste pseudo-specie, 28.—« AGERATUM FOLIIS SERRATIS, C. Bauh. (pin. 22/): eupato- rium mesua, Trag. (Rist. 5/5) : balsamita minor, Dod. (pempt. 295)..... » Achillea Ageratum. L. sp. pl. 897. 20.—« AGNUS casTUS, Herm. (Zugd. 11) : vitex, Dod. ( pempt. 774): vitex foliis angustioribus cannabis modo dispositis, C. Bauh. (pin. 475): vitex latiore serrato folio, Lob. (icon. 139): agnus folio non serrato, J. Bauh (Rist. I. 205): agnus folio non serrato floribus coe- ruleis, Poticnet (inst. 604) ete.... Materna lingua : La- ganu cu wiuri viulettu.. » Vitex Agnus - -castus, L. sp. pl. 638. Ossere.—Gli antichi distinguevano gli Agnus-castus serrato folio da quelli folio non serrato, ma pare trattisi di una semplice etero- fillia di età da non giustificare la formazione di varietà e tanto meno di specie diverse : ne esiste però una forma, abbastanza costante, foglie laciniate, corrispondente alla var. Zaciniosa Ces., ma 1° esem- plare quì conservato è a foglie affatto intere 30.—« AGNUS CASTUS SEU VITEX FOLIIS ANGUSTIORIBUS CANNABIS MODO DISPOSITIS, FLORE ALBO, Cast. (hort. mess. 24), Boccon. Epist.... Vulgo: Laganu cu wiuri vrancu....> Vitex Agnus-castus, L. sp. pl. 638. var. albiflorus, Strobl Flor. Etn. 150, 31.— « AGRIMONIA IDODORA SEU MINUS ODORATA, Moris. (hist.2. 34 d): agrimonia officinarum, Tournef. (inst. 301): agrimo- nia sive eupatorium, J. Bauh. (hist. 2. 398): eupa- torium veterum vel agrimonia, C. Bauh. (pin. 32/ }: eupatorium, Fuchs. ut 244)..... Vernacule: Agri monia 0 grimonia...... Agrimonia Rupaterina: L . sp. pl. 488. _ligg | 32.—« AGRIMONIA ODORATA, Tournef. (inst. 307): eupatorinm odo- ratum, C. Bauh. (pin. 321)..... > Agrimonia odorata, Mill. gard. diet. VIII. 3. ssere.—Trovo ben poca differenza fra questo esemplare ed il precedente : si presenta come pianta maggiormente svi uppata, con foglioline più grandi, quasi rotonde e non obovato- lanceolate, a mar- gine grossolanamente crenato e non seghettate. Del resto seni BEeR- TOLONI (flor. it. V. ice: « Characteres quibus auctores distinxe- runt Agrimoniam odoratam ab Agrimonia Eupatoria sunt prorsus artificiales, cum magnitudo partium et forma foliolorum sint res in ac specie valde ludibundae. Odor gratus herbae omnibus formis so0- lemnis est, licet nunc magis, nunc minus intensus ». Non trovasi in- dicata nell’HMortus catholicus del CuPani. 33.—« ALCEA VULGARIS, Lob. (ist. 378), J. Bauh. (Rist. 2. 953), Dod. (pempt. 656): alcea vulgaris major flore ex rubro Soa C. Bauh. (pin. 316): Tournef. i orga ssi Pourr. in Cav. diss. II. Osserv. — È un esem plare quasi intermedio fra l’ Althaea nar- ensis, Pourr. e DA thaea cannabina. L. avvicinandosi alla prima per le foglie meno divise e per le lacinie del calicetto più larghe, ed alla seconda per il tomento meno denso. Anche BERTOLONI (flor. ital. VII. 250) nota che si hanno esemplari che è difficile urna a quale delle due si possano riferire. E poi da notarsi come i sinonimi sopra riportati sono dagli autori sa riferiti alla att Alcea, L. e non all’A/fraea cannabi Les re che in realtà gli ade col ina, a p nome di A/cea dovettero Nana la vera A/fhaea cannabina, L. pr fatti lell'aboio ALDROVANDI (MatTIROLO in malp. XII. 269) s Questa specie col semplice nome di A/cea : anche il ‘desire pia Di 10) allude a questa specie, e così pure il SABBATI (Rort. rom. I. 48 pier la medesima col nome di Alcea visage major mess ex ru- oseo. Il CuPANI però nell’Hortus Catholicus pare voglia tenere bro distinto l’Althaea narbonensis dall’ Althaea vare citando (p. 4) «la prima col nome di Acea vulgaris e la seconda col nome di A/cea camnabina : in vr La 6) distingue venta narbonensis coi nomi di Alcea minor procumbens foliis cannabinis canescentibus 18 flore carneo ossia Hier minor valu flore minori carneo, Raji (syll. 3.115) 3 ed aggiunge: « Rane in horto Catholico incaute Alceam vulgarem re- a Putavimus » . Anche BuBANI (flor. pir. III. 300) rada cana a ritenere 2. - l’Althaea cannabina per la vera Alcea di DIOSCORIDE. , 84 — « ALCHIMILLA, Dod. (pempt. 140) : Scie ani ) o. do Bauh. (pin. da + Cus. LA V. su Ponnisf: i A AT (inst. 508): stellaria, Matth. per: 81 di pes leonis sive alchimilla, J. Bauh. (A ne 2.398): drosera nel drosium, Cord. (Rist. 147), e » Alchemilla Hai L. sp. pl. 123. 35. « ALKEKENGI, Lon. (nat. crit. 100): alkekengi officinarum, Tourn. (inst. 151): solanum vesicarium, ©. Bauh. (pin. 166) solanam halicacabum vulgare, 4. Bauh. (rist. 3. 609): vesicaria vulgaris, Dod, (pempt. ir dio... Officinis siculis communiter : Alcachenci... Physalis Alkekengi, L. sp. pl. 183. var. rv. — Gli esemplari contenuti in questo foglio differiscono alquanto dani forma tipica per avere i fiori ed i frutti più grandi , avvicinandosi in ciò al Physalis Francheti, Mast. il quale però subito se ne distingue per essere pianta annua : in questi esemplari le quasi deltoideo-triangolari e decisamente cordate alla base, mentre . nel tipico iran Alkekengi sono più o meno cuneiformi alla base, ovato - acuminate 0 quasi lanceolate , sinuato - repande 0 grossolana- mente lola. In questi esemplari le foglie rammentano assai quelle di qualche Aristolochia o di qualche Ipomaea, ad esempio quelle dei rami sterili di J/pomaea pandurata, Mey. Siccome non mi risulta che una tale forma di Physalis Alkekengi, L. sia stata fin quì distinta dagli autori, propongo chiamarla var. Latinii dal nome del compila- tore di questo erbario. 36.— « ALKEKENGI AMERICANA FRUCTU MINORE VIRIDI : alkekengi americana demissa tota minor hirsuta, folio lato varius dentes rotundus, flore minore fiavo et fructu minori viridi. A nobis detecta..... » Physalis barbadensis, Jana: mise. 359 es — Interessa rilevare come questa specie, già citata dal DiLLeNIO (hort. elth. I. 10) si coltivasse nell’Orto Cattolico. È poi af- Li pgiiza dal Physalis pubescens, L. 37.— « ALKEKENGI INDICUM MINIMUM FRUCTU VIRESCENTE, ourneî (inst. * Physalis angulata, L. sp. pl. 183. Ossert. — Il sinonimo di TOURNEFORT si riferisce al Pagni mi- nima L. ma l'esemplare appartiene alla sopradetta, ed interessa n0- tare come anche questa, già indicata dal DILLENIO (hort. elth. 1. 13) si coltivasse parimenti nell’Orto Cattolico. | —8- Srl ALKEKENGI VIRGINIANUM FRUCTU VIRIDI .... » hysalis i, Nees in linn. VI. 473. Osserv. — Questa specie si raccolta primieramente da Ruiz e Pavoxn al Perù, eppoi x ea al Messico. L’ esemplare di questo erbario è perfettamente tipico e riconoscibile, quindi è di qualche interesse lo stabilire come detta specie “bivavisi già in precedenza nell’ un Cattolico. 39.— « ALKEKENGI FRUCTU PARVO ICILLATO, Tournef.(7nst./5/): solanum somniferum verticillatum, C. Bauh. ( pin.166): solanum verticillatum, J. Bauh. (Rist. 3. 6/0), etc.... Aliquibus officinis nostris Siciliae : Alcachengi, Cup. (hort. cath. 203) ita sane scriptu..... e sue foglie poste sopra la fronte conciliano il sonno, ed il celebre PONTEDERA ne fu l’inventore...... » Withania RESSE Dun. in D.C. res agg 1.453. salis somnifera, L. sp. pl. 182). 40.—« ALLIARIA, C. Bauh. (pin. 110), J. Bauh. lar 2. 883): hesperis allium redolens, Moris. (Mist. 2. 2: 52) etc...» Patrio idiomate : Agghialora..... » Alliaria officinalis, Andrzei in Bieb. fl. taur. cane. HI. 445. rysimum Alliaria, L. sp. pl. 660). Ossere.—Credo LARA tener genericamente distinta questa pianta non essendo un vero Zrysimunt, come cun LixxEo, e tanto meno un Sysimbrium, come volle lo ScopoLi (ff. d0)i-1 ‘generi cui più si avvicina sono Cardamine e ui Hi nome generico AZliaria deve poi avere la n per priorità, sul nome Pallavicinia proposto da Cocconi (fl. bol. 94). 1 Al —<« ALLIUM SYLVESTRE PETRAEUM UMBELLIFERUM FLORIBUS NUMEROSIS PURPUREIS, Cabr. (stirp. 203): allium maximum multis porraceis foliis latioribus gag capite ex floribus albis conflavo, Moris. (ist. 2 qui allium sphaerico capite folio latiore sive Scoro mum, Clus. (Gist. 190) : ampeloprasum primum, Dod. (penp t. 690), ete...... Ha l’odore, il gusto, da irtù del porro e dell’aglio...... » Allium aaa, L. » rs 296. sum alterum, ©. Bauh. (pin. 74): PR a dictum, J. Bauh. (hist. 2. 558): scorodoprasum pri- 12. —« ALLIUM SYLVESTRE...... Allium commutatum, Guss. enum. 339. 43.— « ALLIUM SYLVESTRE BICORNE MAJUS FLORIBUS SANDARA- CHATAF AENEIS, Cup. (hort. cath. 5)..... » Allium pallens, L. sp. pl. II. 427. Ossere.—Vedasi con lo stesso nome la figura in CUPANI s panph. ed. Bon. 26). 44.—« ALOE VULGARIS, C. Bauh. (pin. 386): aloe, J. Bauh. (hist. 3. 696): aloe hepatica officinis siculis, Cup. (hort. cath. 5)... Vernacula lingua: Zabbara picciridda o minuri o di grasti..... » Aloe vulgaris, Lamk. ene. I. 86. (Aloe perfoliata vera, L. sp. pl. 320) Osserv.-Avrebbe per questa specie la priorità il nome Aloe bar- badensis, sora (diet. 8. 2), ma è da ripudiarsi imperocchè implica una falsa asserzione sulla sua patria. Devesi poi rilevare come il La- TINI abbia saputo bene disseccare questa specie e le successive, man- cando per solito negli erbarii antichi le piante carnose. 45.— « ALOE AFRICANA MACULATA SPINOSA MINOR, Dill. (/ort. etth. 18: t. 10)... Aloe data: Mill. gard, diet. VI. 6. 46.—« ALOE AFRICANA FLORIBUS RUBRIS, TENUISSIMIS PEDICULIS, FOLIO PLANO MARGARITIFERA, Comm. in Till. (hort. pu: 1.40) Gasteria verrucosa. Duv. pl. suce. hort. Alens. 6. Ossere.—È questione fra gli autori a quale specie si debba ri ferire la citazione del Tui: questo esemplare corrisponde assai bene a detta figura, quindi credo che il sinonimo sia stato bene applicato. 47.— « ALOE AFRICANA MARGARITIFERA MINOR, Comm. (hort. amst. 40 i). Haworthia granata, Salm, Dyek, al. VI. 6. var. minor. Ossert.—È interessante rilevare la presenza di questo Aloe e dei precedenti in questo erbario, ciò dimostrando che furono coltivati nell’Orto Cattolico. Questo prova che l'Orto Cattolico si era andato accrescendo di specie esotiche anche dopo la morte del CUPANI stesso. 48.—« ALSINE MEDIA, C. Bauh. (pin. 250), Tourn. (ist. 242), PR) LT Moris. (hist. 2. 550): alsine major, Fuchs. (hist. pl. 21): alsine minor, Dod. (pempt. 29): alsine vulgaris sive morsus gallinae, J. Bauh. (Rist. 3. 363): morsus gallinae primum genus, Trag. (stirp. 385): hippia minor, Cord. (hist. 159).... Siculis fere commu- niter: Mursiddina maiuri. Myrthi: Erba di gad- dini minuri..... » Stellaria media, i nonn. - 36. Alsine media, L. sp. pl. 272). Osserv.—L’esemplare corrisponde alla forma bdrackz ea Bor. che credo identica alla apetala, Ucria, distinta per essere -pianta in tutte le: sue parti più piccola, con i petali brevissimi o nulli e con e to semplice forma a Pipa la Stfellaria media, come altre ca- riofillee, è specie ginodioica, e di conseguenza presenta esemplari più sviluppati ermafroditi, ed esemplari più gracili femmi nei: a questi ultimi appunto appartengono le pretese varietà brachipetale O) 49.— « ALSINE OMNIUM MINIMA ANGUSTISSIMO FOLIO MUSCOSO FLORE, Cup. (hort. cath. 6) : Au tenuifolia muscosa, ©. Bauh. (pin. 251)..... Sag ina apetala, L, mant. II. Se Osserv.—Il sinonimo del BavHINIO si riferisce alla Moehring muscosa, L. e non a questa specie: se ne veda la figura nel pi (panph. ed. Peer t. 91). 49. bis — « ALSINE MARITIMA ALTERA ANGUSTISSIMO FOLIO, Bocce. (icon. deser. 18): alsine maritima neapolitana, Col. (ecphr. 2. 71): alsine maritima flore rubente, C. Bauh. di uni ves Spergularia rubra, Presi. fl. cech. 94. (Arenaria rubra, L. sp. pl. 423). Ossere.-I sinonimi sopra riportati si dovrebbero piuttosto rife- rire alla Spergularia salina, Presl., ma l'esemplare, quantunque in | cattivo stato, per la piccolezza dei fiori e per ì semi. atteri si avvi- | cina alla sopra citata. Del resto tanto Moris (flor. sard. I. 279) che TanFanI (in Part. flor. ital. IX. 619) riconoscono come queste pretese ; Specie di Spergularia amnint cut aanari l'una nell’altra. 50.— « ALSINE ORIENTALIS salina CARYOPHYLLI FOLIO, FLORE | ALBO PARVO, Tournef. (coroll. IVATO, Aepnto a Mona: M. B. taur: r. came. I. 319. - IS i — 38 — Ossert.—Il nome di TouRNEFORT viene dagli autori riferiti alla Arenaria 4 seta L. e non a questa specie, cui realmente cor- sponde mplare quì conservato. Non figura nell’ Hortus catholi- cus del Gia 5l.—« ALTRARA; Fucs. (list. 15) : althaea ei Clus. (Rist. 2. 94): althaea sive bismalva, J. h. (hist. 2. 954): althaea ibiscus, Dod. (pempt. O althaea Diosco- ridis et Plinii, C. Bauh. (pin. 3/5) etc. n Althaea officinalis, L. sp. di + 684. %. 52.—« ALTHAEA FRUTESCENS FOLIO ACUMINATO PARVO FLORE, Tournef. (inst. 97): althaea arborea olbia in gallo provincia, Lob. (icon. 653).. avatera olbia, L. sp. pl. 690. nah —Esemplare alquanto ugo, alto appena 40 centimetri. Si noti poi come gli antichi scambiavano qualche volta la vera A/- 16 Hngi da nalis, L. con questa specie : vedasi ad esempio 1’ erbario Qi TrIUNFETTI illustrato dal PrrortA (malp. XIII. 848). 53.—« ALTHAEA FRUTESCENS LUSITANICA FOLIO ROTUNDIORI UN- DULATO, Tournef. (inst. 97): althaea aegyptiaca vil- losa, Moris. (Mist. 2. 532): alcea aegyptia villosa, O. Bauh. (pin. 3/7): abelmosch, Herm. (lugd. 25): ketmia aegyptiaca villosa semine moscato, Tourn. (inst. 100): belmuscus aegyptiaca Honorii Belli, J. Bauh. (Gist. 2. 960): etc..... Vulgate siculo : Ambra la simenza di la quale si mette pistata tra lu ta- sa baccu di Branciforti pri darci oduri di muscu.. i. Lavatera triloba, L. sp. pl. 691. Ut; Osservo. —Esemplare notevole per le foglie completamente roton- date senza traccia di lobi, pochissimo ondulate e con tomento flave- altri sinonimi quì riportati dal Larini spettano invece all’ Hibiscus Abelmoschus, L. specie ben diversa dalla presente : non so poi se l’uso. indicato per i semi, che è notorio per l’Hibiscus Abelmoschus ; possa riferirsi anche a questa sarai 54.— « ALYSSON SEGETUM FOLIO AURICULATO ACUTO, Tour. (inst. | 217): rapistrum arvense folio auriculato acuto : nella lettera M troverai il suo nome ed è pianta nomata Myagrum ete..... » usi "Jo Ossere.—Nel foglio corrispondente non fu mai collocato alcun «esemplare, ma probabilmente trattavasi della Camelina sativa, D.C. 5bD.—« ALYSSON CRETICUM SAXATILE FOLIIS UNDULATIS INCANIS, Tournef. (coroll. 15): lunaria austriaca flore Inteo : hic est lectionum sensus ab ingeniosissimo Pontedera adductis..... » Alyssum saxatile, L. sp. pl. 650. D6.— « ALYSSON SAXATILE FOLIIS UNDULATIS ANGUSTIS, Cabr. (stirp. 205): alysson incanum montanum luteum, Tournef. (inst. 217) : thlaspi montanum luteum, J. Bauh. (Rist. 2. 928) etc...» Alyssum sinuatum, L. sp. pl. 651. 57.— «AMARANTHUS CRISTATUS RUBICUNDISSIMO FLORE, Broun. (hort. par. 4): amaranthus panicula conglomerata, C. Bauh. (pin. 121): amaranthus panicula speciosa cristata, J. Bauh. Seta idr More vulgo siculo: Giummu Celosia esteta, L. sp. pl. 205. floribus coccineis. 58.— « AMARANTHUS CRISTATUS FLORE IN RUBRO LANGUENTE : sed mihi est visum hoc ei nomen congruere..... Celosia cristata, L. sp. pl. 205. foribus roseis. 59.—« air FLAVESCO CRISTATUS: a nobis appellator.....». ('elosia cristata, L. sp. pl. 205. floribus flavescentibus. 60.—« AwarantHUS maxIMUS, C. Bath. (pin. 120): amaranthus maximus paniculis erectis semine albo, da (lugd. 6), ut male indicat, sed caudatis longissimis et pen- dulis mihi: blitum maximum sive pisa major. semine albo, J. Bauh. (hist. 2. 968)... Siculo dog : Scurriatu di Nostru Signuri....» Amaranthus caudatus, I P DE 990. (61 —« AMARANTHUS FOLIIS VARIEGATIS SED “TRICOLORISUS. SEU 5 VARIE COLORATIS PSITTACI PLUMAS REF Moris. (hist. 2. 602): amaranthus folio ‘variegato Si - tricolor, folio colore bhil: tenera: estremo. su inedio — seu du dfn puniceo, reliquo viridi, C. Bauh. (pin. 1/27): sym- phonia Plinii, Dalech. (Gist. 540) etc..... Plebis voce sicula: Gilusia..... » Amaranthus trieolor, L. sp. pl. 989. 62.— « AMARANTHUS TOTUS ATRORUBENTE ET FOLIIS LATIS ACUMI- NATIS INTERFUSUS VIRIDIS: a nobis detectus..... » aranthus melancholicus, L. sp. pl. 989. A indicato nell’HMortus catholicus di CUPANI. Ossere.-Non è 63.— « AMARANTHUS HELXINE FOLIIS PALLIDE NIVENTIBUS EX PARTE RUBENTIBUS ANGUSTISSIMIS SPICIS RUBELLIS PERPE- TUUS, Cup. (hort. cath. 9) : prua spicatus pe- rennis siculus, Boccon. (icon. 16) etc..... » Achyranthes argentea, lavi: eneye. I. 548. sserve.—Specie di Sicilia e dell’Africa mediterranea, confusa da LIiNNEO con ‘ia sua E aspera. Fu pure figurata dal CUPANI (pamph. ed Bonann. t. 59). 64.— « AMARANTHOIDES LYCHNIDIS FOLIO CAPITULIS PURPUREIS, Tournef. (inst. 654): amarantho affinis altera specie sive flore purpureo, Breyn. (cent. I. 1/0)». Gomphrena globosa, L. sp. pl. 224. Ossere.—Specie non indicata nell’Hortus catholicus del CUPANI. 65.—« AMMI PARVUM FOLIS FOENICULI, C. Bauh. (pin. 159): ammi perpusillum, Lob. (/ist. /4): ammoides majus, Boerh. (lugd. 1. 49): seplasiaris nostris ammios sive ammi creticum perperam ven cui tameu vir- tute minime cedit, Cup. (hort. cath. 9)... Apium Ammios, Crante. sube 103. (Sison Ammi, L. sp. 252). 66.—« AMMI MAJUS, C. Bauh. (pin. /59): ammi vulgare majus fabioribu foliis semine minus odoratus, J. Bauh. (hist. 3. 27) ete.... Vulgo siculo: Galiotu cu bag SO Myrthi : Enniri cu fogghi larghi.... Ammi maius, L. sp. pl. T 243. 67.— « AMMI MAJUS FOLIIS PLURIMUM INCISIS ET NONNIHIL CRISPIS; | C. dins ( pu 159): ammi ut supra seu foliis an- gu incisioribus crispis, Cup. loapioli cath. si VALI III, — dI — Populatim siculis: Galiotu cu fogghi stritti. Myrthi: Enniri cu fogghi stritti.. sd maius, L. sp. pl. I. 243. Ossere.—Non trovo differenza fra ca esemplare ed il prece- dente, salvo l'aggiunta di alcune foglie forse spettanti ad altra specie: non corrisponde affatto all’Ammi glaucifolium, Guss. (sin. I. 817) al quale il GussonE propende a riferire il sinonimo suddetto del Cu- PANI. Del resto anche nell’erbario dell’ Orto Cattolico illustrato dal BARONI (in nuov. giorn. bot. III. 458) trovasi col medesimo nome il vero Ammi majus, 68.—« AMMI PERENNE, Tournef. (inst. 305): eryngium arvense foliis serrae similibus, C. Bauh. (pin. 286).... » alearia Rivini, og o austr. x 381. (Sium Falcaria, L. sp. pl. 252). Ossere,—Specie non indicata nell’ Hortus ra del CuPANI. 69.— « ANACAMPSEROS VULGO FaBA CRASSA, J. Bauh. (inst. 264): cotyledon alterum Dioscoridis, Column. (ecphr. 305): fabaria, Matth. (oper. 636): faba inversa, Lob. (icon. 390): telephium vulgare, C. Bauh. (pin. 287): te- lephium altera sive crassula, Dod. ( pempt. 130) etc... Materna lingua sicula: Fava inversa...... » i Sedum Telephium, L. sp. pl. 480. Ossere.—ÈE da ammirarsi come il nostro LATINI ha saputo dissec- care bene questo Sedum, facendo persistere aderenti le foglie, e se- zionando a metà le grosse radici carnose. 70.— « Anprosace ALTERA MarTHIOLI, Clus. (ist. 2. 134): al- sine affinis androsace dicta major, C. Bauh. (pin. 251): androsace vulgaris latifolia annua, Tourn (inet. 124). 60 02 ndrosace maxima, L. sp. pl. 141. Ossere,—Il CUPANI nell’Hortus commi i non indica questa specie. 3 71.— « AnprosaeMum, Dod. ( pempt. 78): androsaemum maximum | frutescens, C. Bauh. (pin. 280): siciliana aliis cibi: > liana vel androsaemum, J. Bauh. (Rist. 3. 386): hy . pericum seu androsaemum maximum quasi frutescens o: baccifera, Moris. or: 2. ti seg) Chiamasi : Tota sana..... > E sa Androssemum officinale, AIL ri pel a 41. ù Hifi Androsaemum, L. si = si * sd at 72.—« ANAGALLIS MAS, Dod. (pempt. 32): anagallis foeniceo flore, C. Bauh. (pin. 252), Tournef. (inst. 142), Moris. (Rist. 2. 26): anagallis mas foenicea, J. Bauh. (hist. 3. 369): anagallis mas nonnullorum, Cup. (hort. cath. 14), etc.... Panormitanis: Cugghiandreddu cu Anagallis arvensis, L. sp. pl. 148. 73.—« ANAGALLIS AQUATICA MAJOR FOLIO O0BLONGO, C. Bauh. (pin. 252): veronica aquatica major folio oblongo, Moris. (hist. 2. 323): berula major sive anagallis ren Tabern. (icon. 7/9): beccabunga, J. Bauh. (Rist. 3. 38): officinis nostris : aa germa- norum, Cup. (hort. cath. 228)..... Veronica Anagillio . sp. pl. 12. T4.—« ANAGALLIS AQUATICA TERTIA, Lob. (icon. 467): anagallis aquatica folio rotundo non crenato, C. Bauh. (pi». 252): samolus valerandi, J. Bauh. (Mist. 3. 791), Tournef. (inst. 143): veronica aquatica folio subro- tundo non crenato, Moris. (hist. 3. 323) etc..... Pa- normi: Lattucheddi di gutti d’acqua..... » Samolus Valerandi, L. sp. pl. 443. « ANAGYRIS FOETIDA, C. Bauh. (pin. 391), Tournef. (inst. 47): anagyris. vera foetida, J. Bauh. (hist. I, 364): anagyris, Dod. (pempt. 785): trifolium fruticosum majus perpetuum, Cast. (hort. mess. 46) etc. . Pur blice sicula: Zaira. Myrthi, Zairu 0 Ghiodarn. Anagyris foetida, L. sp. Ossere.—Appartiene alla vera forma tipica, con vessillo rit di scuro e non alla varietà neapolitana, Ten. con vessillo concolore. 76.—« ANAGYRIS LATIFOLIA, Besler. (hort. eyst. 17): anagyris non foetida major vel alpina, C. Bauh. (pin. 391): ana- gyris minus foetens sive laburnum, Lob. (icon. 2. 49): laburnum, Caes. (plant. 11 sd gico arbor trifolia anagyridis similis, J. h. (hist. 2. 361 te ete..... Laburnum pastores : “i an verba Ponte- dana nia » Cytisus Laburnum, L. sp. pl. 739. Osserv,—Il CUPANI non fata questa specie nell'Horluò catholicus. i Ca TT.—« Ancusa PRIMA MarTHIOLI, C. Bauh. (pin. 2/6) flore purpureo : ancusa latifolia floribus puniceis, Cast. (hort. mess. 32)... Vulgo siculo: Vurraina di porcu. Myrthi: Lingua buina..... » Echium plantagineum, L. mant. 202, 18.—« ANCUSA FLORE CANDIDO, Cup: (hort. cath. 14).... » Echium plantagineum, L. mant. 202. var. albiflorum, Fiori, flor. it. II. 365. T9,—« ANEMONE..... » | Anemone hortensis, L. sp. pl. 540. var. pavonina, Lamk. eneye. I. 166. 80.—« ANEMONE..... » Anemone coronaria, L. sp. pl. 539. var. 81,—« ANEMONE..... » Anemone coronaria, L. sp. pl. 539. flore pleno. 82.—« ANEMONE..... » Anemone coronaria, L. sp. pl. 539. flore pleno. 83.—« ANETHUM, Dod. (pempt. 298), J. Bauh. (ist. 3. 6), Mo- ris. (hist. 2. 36): anethum hortense, C. Bauh. ( pò». 147): anethum RS: Tourn. (inst. 3/8) etc... Misilmeri: Anitu.. aa graveolens, L. sp. pl. 263. ‘84.—« ANETHUM PERNAMBUCENSE, Herm. (2ugd. 44): caucalis pe- regrina foeniculi sativis foliis, semine rotundo alato et undulato : ejusdem modi nomen collocavi.... Orlaya grandiflora, Hoffm. gen. pl. an) 5$ Caucalis grandiflora, L. sp. pl. 240). Ossere.—Il nome di HERMANN spetta alla specie a e non a questa, 85.—« ANGELICA SYLVESTRIS MINOR SIVE ERRATICA, tonni (inst. 313): herba gerardi et podagraria officinarum... SEE Podagraria, L. ‘a bp: 265. cine 86.— « ANONIS VULGARIS PURPUREA SPINOSA SILIQUIS ERECTIS LEN- TIFORMIBUS, Moris. (hist. 2. 240): anonis spinosa flore purpureo, C. Bauh. (pin. 389), Tournef. (inst. 408): anonis sive resta bovis vulgaris purpurea spi- nosa, J. Bauh. (hist. 2. 395): resta bovis, Trag. (stirp. 869): remora aratri sive anonis, Dod. (pempt. 143) etc..... La medesima pianta viene denominata dal volgo siculo: Anona vera o restaboi..... Ononis antiquorum, L. sp. de II. 1006. 87.—« ANONIS LUTEA MAJOR SERRATIS FOLIIS CRISPIS VISCOSIS, Cup. (Rort. cath. suppl. 8): anonis lutea fructicosa erecta crispa non spinosa folio brevi viscosa: nomen dedi ex Bocconii epistola..... Ononis ramosissima, Dest. flor. atl. II. 142. Osserv.—Il CuPANI (pamph. I. t. 156) ha pure figurato questa specie col nome di Anonis viscosa spinis carens lutea major folio eri- spo. Specie ben distinta non corrispondente affatto all’ Ononis Na- ris, 88. — « ANONIS FLORE EX LUTEO ET RUBRO VARIEGATO HIR- SUTA VISCOSA THERIACAE ODORE, Cup. (hort. cath. suppl. 8): anonis viscosa minor flore pendulo, C. Bauh. (pin. 23)..... » nba pen, Presl. flor. sic. I. 19. v.—Mi sembra spec mente distinta dalla Ononis SSer Pons D. C. ed affatto a Une Ononis viscosa, L. 89.—« ANONIS..... » Ononis mitissima, L. sp. pl 717. Osserv.—Specie già indicata dal CuPANI (hort. € ne 18) col nome di Anonis purpurea hirsuta Dei in mind capitula nutantia ar- rectis, ed anche figurata (pamph. 2 187). 90.— « ANTHYLLIS LEGUMINOSA LOTO AFFINIS VESICARIA HISPA- NIcA, Moris. (Mist. 2. 181): lotus pentaphyllos vesi- carius, C. Bauh. (pin. 382): trifolium halicacabum sive vesicarium, J. Bauh. (hist. 2. 361)..... # Anthyllis tetraphylla, L. sp. pl. 719. 91.— « ANTIRRHINUM MAJUS ALTERUM LONGIORI FOLIO FLORE RU- o BENTE, C. Bauh. (pin. 211): antirrhinam vulgare, J. Bauh. (Rist. 2. 464), Dod. (pempt. 182), Tour- nef. (inst. 168): antirrhinum angustifolium majus peregrinum ruberrimo flore, Steph. Brun. (hort. par. 15): os leonis vulgo, Caesalp. (syst. 350) ete..... Vulgo siculo : Beddu vidiri perpetuu 0 buccu di liuni russu majuri..... » vi Antirrhinum tortuosum, Bose. in Lamk. eneye. IV. 365. - Osserv.—Specie affatto distinta dall’Antirrhinum majus, L. cui parecchi autori tendono riunire. 92. —« ANTIRRHINUM..... » Antirrhinum Orontium, L. sp. pl. 617. var. grandiflorum, Chav. mon. 89. 198.— « ANTIRRHINUM. versa D Antirrhinum siculum, Ucria pl. ad. I. 69. «94.— « ANT e. - Chaenorrhinum minus, Halaes. flor. graee. IT. 418. (Antirrhinum minus, L. sp. pl. 617). ai ca, Con la pagina 94 termina il primo volume di questo erbario, ed in calce all’ultima pagina è scritto un nome ed un indirizzo, cioè: < ANDREA BRANDO, nella strada delli Centorinai, ricamatore, sotto la casa di Vella ». Forse è il nome di chi rilegò i volumi del- DI V’Erbario. Hi: G. E. MATTEI. KAKA AAA TIA KAI Le varietà di Agrumi conservate in un antico erbario dell’Orto Cattolico. Nel Real Orto Botanico di Palermo si conservano parecchi vo- lumi di piante secche, indigene ed esotiche, formanti un antico er- bario delle specie già coltivate verso il 1757 in Misilmeri nell’Orto del PRINCIPE BONANNO DELLA CATTOLICA : queste piante furono preparate ed agglutinate sulla carta, coi rispettivi nomi, dal capo giardiniere di tale Orto, Giovanni MARIA LATTINI, da Padova. Il Prof. G. E. MATTEI, volendo illustrare questo erbario, ha richiamato la mia attenzione sopra parecchie specie e varietà di Citrus che vi si contengono, e mi ha invitato a studiarle; quindi ne riferisco in questa breve nota. i tratta di quindici esemplari abbastanza ben conservati, con- trodistinti da nomi antichi; benchè con frutti non maturi, si pos sono facilmente ridonsesate: ad eccezione di. due, che presentano sole foglie e mancano di ogni altra indicazione. Dl Come ho detto questo erbario è antico di quasi 150 anni, perciò è importante, potendosi da esso rilevare quali erano le specie e le varietà di agrumi che allora si coltivavano in Sicilia. Il TARGIONI- TozzertI (1) narra che i Cedri erano già coltivati » Sicilia verso è (1) TarGIONI - Tozzetti A. — Cenni storici sulla introdi ma varie piante ete. (Ristampa per cura del Dr. E. BARONI) — der 1899, p. 157, SR il 1260, ed aggiunge che nel 14° secolo furono introdotti i Citrus Bigaradia, Limonum e Decumana, nel 16° secolo il Citrus Au- rantium, e solo nel secolo scorso il Citrus deliciosa. Ma non si può però rilevare quali varietà allora si coltivassero, mentre col presente erbario ciò è possibile, avendosene appunto esemplari secchi bene riconoscibili. d ecco la determinazione degli esemplari ivi esistenti : I.—« MALUS AURANTIA SYLVESTRIS, J. Bauh. descript.—Aurantia sylvestre medulla acri, Ferrar. Hesper. » litrus Aurantium, L. Riccob. Monogr. Agr. in Bull. O; B. Pal. II p. 150. Ossere.—Il nome citato dal LATINI non è del FERRARI, ma bensì del TOURNEFORT, è corrisponde, secondo Risso e PorrEav (Les Oran- gers. p. 52), al Citrus Bigaradia, mentre il saggio quì conservato è un vero Citrus Aurantium. I,—« MALUS AURANTIA MAJOR, C. Bauh. Pin.—Aurantia malus, J. Bauh.—Aurantium vulgare medulla acida, Ferrar. Hesper.—Aurantiam—Aurangium— Aureum malum— Malum auratum—Anerantium—Pomum nerantium— Narangion—Italice: Melarancia. » Citrus Aurantium, L. Riecob. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pal. III p. 150. IIL—<« MALUS AURANTIA PREGNANS SEU FRUCTU ALIUM INCLU- DENTE, Cup. Hort. Cath. — Aurantium foemina sive foetiferum, Ferrar. Hesp. p. 403. » ; Citrus Bigaradia, Lois. var. foetifera, Riss. et Poit. Riccob, Monogr. Agr. in Ball. O. B. Pal. III p. 162. IV.—« MALUS AURANTIA LAURI ANGUSTI FoLISs, Bocc. Descr. Rar. plant. Tab. 2. » - Citrus Bigaradia, Lois. var. iteophylla, Ricco. ? Riecob. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pal. II. p. 163. Osservo. saggio conservato manca di frutti, come pure quello figurato dal Boccone, quindi non si può dire con certezza a quale Varietà appartenga. Rassomiglia assai al Citrus deliciosa, ma per i Piccioli ùn poco alati è riferibile al Citrus Bigaradia, e per la stret- tezza delle foglie ritengo si avvicini a quella varietà che pub- — «de blicai col nome di ifeophylla : è quindi importante rilevare come tro- vavasi coltivata nell’Orto Cattolico fino dal 175% V.-.« MALUS AURATIA FRUCTO CORTICE DULCI, H. A. L. B. — Aurantium dulci cortice, Ferrar. Hesp. p. 430.—Pa- tria voce: ARANCIU DI PORTUGALLU. » Citrus Aurantium, L. var. duleis, Sav. Riccob. Monogr. Agr. in Ball. 0. B. Pal. IN. p. 152. VI. — « MALUS AURANTIA CHINENSIS, LAURINO FOLIO, FRUCTU ParvO, Herb. Mauroc.—Aurantium sinense pumilum, Vole. Hort. Nor. Tom. I. P 207. — Aurantium si- nense, Ferrar. Hesp. 433. Citrus Bigaradia, Lois. var. sinensis, Riss. et. Poit. Riccob. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pal. III p. 160. | VII.—« MaLus ApamI, C. Bauh. Pin. — Adami Pomum, Ferrar. Hesper.—Poma Adami, J. Bauh. — Populare vocabulo: Sollima. » Citrus Limonum, Riss. var. Pomo d’Adamo, Tanar. Riccob. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pal. II. p. 176. VHI.—« MALUS....... » Citrus pigro L. Riccob. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pa . II. p. 198. | Osserv.—Si tratta di un saggio con sole foglie, e x forma di este si può stabilire con certezza che è un Citrus medica, ma non è “poiblia dire a quale varietà appartenesse. IX.—« MaLus Limonia masor DpULCIS, C.. Bauh. Pin. — Limon . duléi medulla vulgaris, Ferrar. Hesper. Jonston. seu fructu intimiori medulla dulcis, acinis experte, Cup. Hort. Ca |. Lumiuni cù V’agru duci o Lumiuni duci d’intra. Citrus verte Riss. var. duleis, Presl. o. Monogr. Agr. in Bull. O. B. Pal. HI. p. 171, X.—« MALUS LIMONIA UBERRIMA FRUCTU RACEMATIM NONNIBIL MAMMILLAS IMITANTE, VIX ACIDUM INCLUDENTE, Cup. Hort. Cath. fol. 134. ioni racemosus, Ferr. He- Rea sper.—Materno indiomate: Lumiuni a minnedda è à rappa senz’agru. » | Citrus Limonum, Riss. var. neapolitana, Riss. et Poit? Riccob. Monogr. Agr. in Bull. 0. B. Pal. II. p. 176. Osserv.—I nomi sopra riportati si riferirebbero al Citrus Limo- num, Riss. var. racemosus, Riss. et Poit. ma il saggio corrispondente ha i fiori solitarii, quindi ag si debba piuttosto riferire alla var. neapolitana, Riss. et Poi XI.—« MaLus Lrmoxia minor DULCIS, C. Bauh. Pin.—Limon qui Lima nuncupatur dulcis, Ferrar. Hesper.—Vernacula lingua: Lumincelli duci. » Citrus Lumia, Riss. Riecob. Monogr. Agr. in Bull.0. B. Pal. II p. 177. XII.—« MALUS LIMONIA FRUOTU PYRIFORMI, MINORI SEU ANGU- STIORI, Cup. Hort. Cath.— Vernacule: Piretti minuri ed ordinarii. » Citrus Limonum, Riss. var. striata, Riss. Riecob. Monogr. A gr. in Bull. 0. B. Pal. IIL p. 175 XIII.—<« MALUS LIMONIA SPINIS CARENS, FRUCTU QUANDOQUE OR- BICULATO, nonnihil coribni odoratissimo acerbi sa- poris, culi basi Bergamoto dictus : superiori tamen nomine a me dotatus. — Lumia spinis carens, fructu plerunque pyriformi odoratissimo acerbi saporis. — i Vulgo : Bergamotto : Clarici. » Citrus Limetta, Riss. var. maerocarpa, Riecob. Riccob. Monogr. A gr. in Bol]. O. B. Pal. III, p. 168. XIV.—« MaLus Crrria FRUCTU MEDIOCRI, J. Bauh.—Malus me- dica, C. Bauh. Pin.—Malum Citrium vulgare, Ferrar, Hesper.—Vulgo : Citra. » Citrus medica, L. Riccob. Monogr. A gr. in Boll. 0. B. Pal. II p. 178, a i peo XV.—« MALUM CITRIUM MONSTRABILE SIVE CITRUM MONSTRUO- SUM, MAXIMUM, CALCEUM TURCICUM REFERENS, ©. Bauh. Pin. — Citrum monstruosum de maximis, J. Bauh. Kabr.—Citron monstruosum Sturgundianum, Jonston.—Malum Citrium cucurbitinum vulgare, Fer- rar. Hesper. 67. — Populi voce: Citru di mara- viglia. » Citrus medica, L. var. eylindricus, Riccob. Riccob. Monogr. Agr. in Boll. O. B. Pal. HI. p. 180. V. Riccobono. FREE TEZZ LIO COCIOCOEI *_ E È ko & Re & o ko E O OR E E RR e Studii ed esperienze sulla coltura del Fico da gomma elastica (Ficus elastica Roxb. ) in Sicilia. La Direzione di questo R. Orto Botanico, continuando gli in- trapresi studii e le esperienze sulla coltura delle ‘piante da Gomma elastica (caoutchouc) in Sicilia, ha approntato una nuova relazione, assai dettagliata ed esauriente, da presentare al Ministero di Agri- coltura, per confermare, in base ad altri dati di fatto, la possibilità di dla in Sicilia, a scopo industriale, del Ficus elastica. Cre- diamo opportuno qui riportare la predetta relazione, che completa le notizie pubblicate nei precedenti Bollettini. E Storia ed introduzione in Sicilia. Sull’inizio dello scorso senno l’attenzione dei viaggiatori, che percorrevano le regioni indiane, fu colpita dal modo usato gli 1 indigeni per conservare il ape essi lo riponevano in cestini resi ‘impermeabili mediante il latice di un albero. | _—». Nel 1810, certo MartEO Riccarpo SwITH, ignloi ‘al Dottor Ta Rox8ureA, allori direttore del Giardino 00m di Calcutta, al- + PEOE o pere cuni campioni di tale albero e della sostanza che se ne estraeva : il ROxBURGH tosto riconobbe che si trattava di vero Caoutchoue , e rilevò che l’ albero era un Ficus non ancora conosciuto: de- scrisse perciò questa specie nel 1814 col nome di Ficus elastica. Successivamente , nel 1832, lo stesso autore ne espose maggiori dettagli dando ampie notizie sulla sua scoperta e sul prodotto che se ne poteva ricavare. Poco appresso il Dottor RoyLE insistè a lungo sulla importanza che quest’albero aveva per le Indie e sulla convenienza di intraprenderne estese coltivazioni. Frattanto il Ficus elastica era introdotto in Europa come pianta ornamentale: nel 1815 trovavasi già in Inghilterra , come ne fa fede lo SWEET. La prima indicazione che se ne ha per l’Italia e per A Sicilia è del 1821, risultando che a tale epoca si coltivava nell’Orto Reale di Boccadifalco, presso Palermo, come rilevasi dal Catalogo pub- blicato in quell’anno dal Gussoxe: doveva esservi stato introdotto di recente, coltivandosi allora in tepidario. Non sappiamo donde l'Orto di Boccadifalco , fondato nel 1817, abbia ricevuto questa specie , imperocchè manca nei dala al Catalogo dell’ Orto Botanico di Napoli, pubblicati dal TENORE nel 1815 e nel 1819, e manca pure in un Catalogo manoscritto dell’ Orto Reale di Ca- serta, del 1817, dai quali Orti era supponibile fosse potuta pro- venire. La coltura però di questa specie deve essersi rapidamente dif- fusa in Europa, imperocchè nel 1822 esisteva anche nell’Orto Bo- tanico di Berlino, come si può rilevare dal Catalogo del LINK, e nello stesso anno veniva offerta in vendita dallo stabilimento orti- colo AuDIBERT di Parigi. Anzi in un Catalogo di questo stabili- mento , conservato nell’ Orto Botanico di Palermo, trovasi il nome di F'icus elastica sottolineato dal TixEo, allora direttore di. questo Orto, e ciò chiaramente indica che fino da quel tempo il Tr xEO desiderava possederlo. Trovasi poi indicato dall’HOOKER , nel 1825, per l’Orto botanico di Glasgow. In Italia, dopo 1’ Orto Reale di Boccadifalco pare 1 abbia prontamente posseduto l’ Orto Ducale di Parma, imperocchè in una nota manoscritta di piante offerte dall’ORANGER al Tinro nel 1824 parimenti figura il nome di Ficus elastica , e ioni pure trovasi — sottolineato dal TINEO stesso. Però è verosimile che il Tixro non abbia potuto ricevere e semplari nè da Parigi nè da Parma, imperocchè in un elenco ma- noscritto delle piante dell'Orto Botanico di TETRA compiialo. dal -d i 5 ui Tra | medesimo Tixo verso il 1825-1826; non figura. Una notizia sicura dell’introduzione di detta specie nell’Orto di Palermo si trova però in appendice a questo stesso elenco, essendovi riportata una lista di 62 specie di piante che il TryxEo aveva ricevuto, nell’Aprile del i 1826, dal giardino del PRINCIPE DI LixGuAGROSsA, in Palermo, ed in tale lista appunto trovasi indicato anche il nome di Ficus ela- stica. Non abbiamo dati intorno a questo giardino, ma doveva essere di qualche importanza, avendo fornito all’ Orto di Palermo in tale occasione ben 12 specie di F'icus, oltre a parecchie di altri generi, come Melaleuca, Metrosideros, Hakea, Acacia, Magnolia etc. TINEO poco dopo inserisce questa specie nel suo Catalogo dell’Orto Botanico di Palermo, del 1827. Frattanto pare che nel- l'Orto Reale di Boccadifalco, tolto dal tepidario, fosse stato pron- tamente posto in piena terra, imperocchè in un Catalogo mano- scritto di detto Orto , del 1832, firmato PASQUALE MIRANDA, si ic dice che aveva raggiunto l’altezza di 20 palmi, cioè circa cinque metri. Verso tale epoca si andava diffondendo in Palermo, anche in altri giardini privati : infatti trovasi citato nel 1835 in un Catalogo manoscritto , pure firmato MIRANDA , del giardino del PRINCIPE Moxrov DI PANDOLFINA, in Palermo. 08 Queste notizie provano che la prima introduzione del icus | ‘elastica in Sicilia risale a poco prima del 1821, e che, dopo averlo coltivato in tepidario, fu prontamente posto in piena aria, ove non tardò ad assumere un rigoglioso sviluppo, avendovi trovato condi- zioni favorevoli di vita e di clima così da raggiungere in 10 anni un’ altezza di 5 metri. i Per le stesse ragioni questa specie ha potuto rapidamente dif- Di fondersi nelle colture ornamentali degli altri paesi, massime nella dd regione mediterranea ove poteva prosperare in piena aria. Però tanto in Sicilia, quanto in Algeria, da circa 30 o 40 anni, va diven- tando più rara, a causa della diffusione di un altra specie, cioè del Ficus magnolioides, che col suo rapido accrescimento e con la sua grande facilità di propagazione, forma in breve tempo maestosi sog- getti. Tuttavia il Yicws elastica, nell'Europa centrale e settentrionale, è ancora preferito ad ogni altra specie per l’ornamento dei salotti e degli appartamenti, resistendo a lungo in Inoghi chiusi e poco luminosi. Però in detti paesi non si può coltivare e ‘moltiplicare - chein tepidario od in serra, ed il suo A a - assai lento, Descrizione, variazioni e biologia. Il Ficus elastica, Roxb. od Urostigma elasticum, Miq. è un albero di grandi dimensioni, raggiungendo nei suoi luoghi natali fin 60 metri di altezza : ha tronco cilindrico, cinereo e rami sparsi quasi recurvi alla estremità, con ramoscelli obliquamente anellati , glabri, lenticellosi, di color verde scuro, macchiettati di olivaceo , i più giovani ottusamente trigoni : sa radici aeree, colonnali, lunghe fin 25 metri, con circa m. 1. 50 di circonferenza. Le stipole sono assai grandi i} colore rossastro, lunghe da 20 a 30 centimetri, prontamente caduche ed includono completamente la gemma terminale. Le foglie sono sparse, patenti, picciolate , integerrime; coria- cee, robuste, largamente ellittiche, brevemente acuminate all’apice, quasi attenuate o rotondate alla base, nella pagina superiore di color verde scuro, nitide, lucentissime, e nella pagina inferiore al- quanto glaucescenti, di color verde chiaro, con nervature secondarie numerosissime , parallele , riunite verso il margine mediante un nervo comune, sinuoso, parallelo al margine stesso. In piante gio- vani le foglie raggiungono una lunghezza di 30 a 40 centimetri, mentre in piante adulte misurano appena da 20 a 80 centimetri ed anche meno. Le infiorescenze sono oi all’ascella delle foglie , sessili , dapprima avvolte da una lunga stipola spatiforme, membranacea , rossastra, poi da tre piccole brattee pure membranacee, ovali, ottuse, caduche : infine nude, cilindriche, con parecchie squame reflesse , occludenti l’apertura apicale. Contengono numerosi fiori unisessuali con perigonio trifillo. 1 frutti sono piccoli, neri, polposi. Furono distinte più varietà di Ficus elastica, ma alcune non sono conservabili, perchè basate sopra differenze di età in rapporto. alla eterofillia che presenta questa specie. Infatti gli individui gio- vani, ancora sterili, macrofilli, furono distinti dal MIquEL col nome di Ficus Karet, e quelli adulti, fruttiferi, microfilli, col nome di Ficus odoratum, ed altri pure adulti, ma a foglie anche più pic- cole, col nome di Ficus circumscissum. Giustamente però queste forme non sono più riconosciute dagli autori moderni, quali ad esempio il KinG nella sua monografia. ; Nei giardini d’ Europa si coltiva e propaga agamicamente a | scopo ornamentale un altra forma giovanile, costantemente sterile, a foglie assai larghe, di colore più scuro, che viene impropriamente distinta col nome di Ficus macrophylla : in realtà con questo nome fu descritta nel 1829 dal DESFONTAINE una specie australiana af- fatto diversa, molto affine al Ficus magmnolioides , Borzi : e lo stasso nome di Micws macrophylla fu pure dato dal RoxBuaen nel 1832 ad un altra specie indiana, che poi fu chiamata Ficus Roxburghii dal WALLICH. Il VILBOUCHEVITCH per primo richiamò l’attenzione sul fatto ‘ che i Ficus elastica provenienti dalle colture di Giava hanno foglie allungate ed acuminate, con venature di color rosso, mentre quelli coltivati negli appartamenti hanno foglie più rotondate ed ottuse, con venature giallastre : il DuBARD poi rilevò che le foglie dei primi sono abbondantemente provviste di stomi acquiferi, mentre quelle dei secondi ne sono quasi affatto prive. Siccome i Micus elastica di appartamento, come pure quelli coltivati in Algeria, in Tunisia ed in California, con foglie a venature giallastre, non pro- ducono Caoutehoue che in quantità insignificante, come fu rilevato da più autori, si pensò all’esistenza di due varietà, una assai povera e l’altra assai ricca di Caoutchouc. Però questo fu contradetto dal fatto che i Micus elastica di ‘Sicilia e di Egitto, con foglie pure a venature giallastre, produ- cono ottimo ed abbondante Caoutchouc. Il DuBARD rilevò che alla Riunione i Ficus elastica, con foglie a venature quasi bianche, danno un ottimo prodotto, ed il BrcHor aggiunse che anche al Tonchino i Ficus elastica, con foglie a venature verde chiaro, forniscono pa- rimenti un eccellente Caoutchone : infine il PREYER asserì che a Giava è ritenuta come assai produttiva una forma a foglie punteg- giate di giallo, A complicare la questione, TromP DE HAAS ag- giunge che a Giava esistono due varietà, una a corteccia rosso-bruno che fornisce abbondante ed ottimo prodotto, e l’altra a corteccia biancastra che fornisce solo un prodotto assai scarso e di pessima qualità. | Cui | Da tutte queste asserzioni contradditorie non. si può stabilire ‘con certezza quali sieno i caratteri, se pur ne esistono, che distin- | guono gli alberi più ricchi di Caoutchouc: ne. risultano solo due | fatti, cioè che esistono ‘diverse forme di Ficws elastica distinte per . la colorazione delle foglie e della corteccia, e che alcuni alberi sone: | Assai poveri in prodotto a confronto di altri. Non erediamo però | che questi due fatti abbiano relazione fra toro: la forma ola ili ; n tera | lorazione delle foglie e della corteccia rappresentano al massimo qualche variazione locale, mentre 1’ abbondanza o la deficienza di Caoutchouc deve dipendere da condizioni individuali, forse trovasi in rapporto collo sviluppo dei laticiferi. Infatti il CiBoT la constatato per le Hevea che esistono frequentemente individui, nella proporzione del 20 per cento, che mancano totalmente di Cavntatioto! e che vengono abbaia dopo diversi tentativi infruttuosi. Ora, quan- tunque non esistano osservazioni in proposito, è facile che nelle regioni ove il Ficus elastica è indigeno si ripeta anche per questa specie un fatto identico : sapendosi poi che da noi il Ficus elastica si moltiplica solo per via agamica, è probabile che tutti gli alberi di una regione derivino da margotte tratte da un solo individuo, e se questo pesto individuo era per caso un cattivo produttore di Caout- chouc, non è da meravigliarsi che anche tutti gli alberi così ottenuti ne a poco, senza che ciò dipenda menomamente da condi- zioni locali. È utile poi ricordare brevemente quali sieno i principali adat- tamenti biologici del Ficus elastica, sapendosi come la conoscenza della biologia delle singole piante possa avere molta importanza nello stabilire le condizioni più appropriate per la loro coltura, onde ottenerne una prospera vegetazione e di conseguenza un abbondante prodotto. Germinazione e primo sv iluppo.—Il Ficus elastica, come altre specie congeneri, nella sua prima età vive epifiticamen- : germina cioè sui rami di altri alberi e si contenta per suo primo nutrimento della scarsa quantità di humus che ivi trova ac- cumulato. Ma non tarda a sviluppare radici aeree che sporgono da ogni lato; queste radici, giunte al suolo, vi si fissano, ed ingros- sando stringono il tronco della pianta ospitatrice fino al punto da impedire la circolazione della linfa: di conseguenza la pianta 0- Spitatrice non tarda a perire, mentre il Ficus acquista una com- pleta indipendenza, ritraendo allora gli alimenti direttamente dal suolo. Eterofillia.— hi foglie del Ficus elastica presentano uno spiccato dimorfismo. N egli individui non ancora fiorenti, esse sono assai ampie, lucenti, di un bel verde, e la pianta ne è riccamente provvista in ogni stagione. Negli individui invece che già produbolle, fiori, le foglie divengono assai più piccole, e di un verde più pallido. da Inoltre questi ultimi individui si spogliano quasi geni at i rp . di foglie poco avanti di produrre i primi fiori, i quali in tal modo Testano più scoperti c visibili. Anche il RIvièRE ha notato per un'altra specie, cioè per il Ficus reclinata , come ad Algeri av- venga all’epoca della fioritura una istantanea caduta di tutte le foglie, di modo che l’albero ne resta spogliato per due soli giorni, sviluppandosene immediatamente di nuove. Le foglie negli individui giovani sono lunghe fino 40 centimetri’ e larghe circa 20, mentre negli individui fiorenti raggiungono appena la metà di queste di- mensioni, e sovente anche meno. Facilmente la maggiore ampiezza delle foglie negli individui giovani è dovuta al bisogno di racco- | gliere la maggior quantità possibile di acqua di pioggia per gui- .- | darla alla loro base, non potendo ricavarne dal suolo, stante la vita Lc epifitica che conducono. Staurogamia.— Questa specie, come tutte le altre conge- neri, presenta uno dei più singolari apparecchi staurogamici. I suoi ori sono riuniti in cenanzii, foggiati ad anfora, o quasi subcilin- drici, con orifizio apicale ristrettissimo, occultato da parecchie brat- teole, di cui le più interne sono reflesse in modo da rendere facile l’entrata ad insetti piccolissimi, ed intanto ostacolarne l’uscita. In questi cenanzii si trovano più sorta di fiori, cioè fiori ma- Schili, fiori femminei fertili e fiori femminei sterili, riuniti in modo che per solito ciascun cenanzio diviene unisessuale, cioè alcuni con- tengono fiori maschili e fiori femminei sterili, ed. altri soli fiori femminei tanto sterili che fertili. I fiori femminei fertili si cono- Scono tosto dalla presenza di un lungo stimma ben conformato, mentre quelli sterili hanno lo stimma completamente abortivo, dilatato in f . CES . . , Isco, con un forellino nel mezzo. Per solito i csnanzi dell’ una. sorta e quelli dell’altra sono portati da separati individui, di modo che la Specie risulta effettivamente dioica. i | didi, i cui individui femminei, penetrando per il forellino centrale del cenanzio, depongono qualche uovo nei fiori femminei sterili, | trasformandoli in vere galle; in tal modo l’ovario di detti fiori ine Vece di contenere un embrione vegetale, contiene. e nutre una / | efficacemente contribuiscono al trasporto del polline, poichè, appena. | laggiunto il loro perfetto sviluppo e già fecondate, ‘escono dal ce- anzio, che loro ha servito di culla. Ciò ha luogo al tempo stesso Questi fiori sono in relazione con particolari specie di Calei- va di insetto. Or avviene che le femmine dei detti Caleididi in cui si effettua la deiscenza delle antere nei cenanzii. dmnenbiili; È Imperocchè gli stami si sviluppano solo in quei RE svga CGI LA garono larve. In tal guisa, avvenendo la impollinazione degli stim- mi dei fiori femminei fertili, ne segue la fecondazione. A questo riguardo, compiendo i Calcididi il loro completo svi- luppo in un periodo relativamente breve, si ha nei cus un altro adattamento che permette ai Calcididi stessi di compiere in un anno più generazioni; si ha, cioè, in questi alberi una doppia e sovente una tripla fioritura nello stesso anno, restando proporzionati i pe- riodi fra l’ una e l’altra fioritura alla non lunga vita dei Cal- cididi. Per quanto riguarda il Ficus elastica si hanno ben poche 0s- servazioni sulle specie di Calcididi che ne effettuano la impollina- zione : solo il Conte di SoLms - LAUBACH indica come a Giava i suoi cenanzii sieno invasi da una Blastophaga e precisamente dalla Blastophaga clavigera, G. MAYR. Alla mancanza presso di noi di tali insetti appropriati è cer- tamente dovuta la costante sterilità di questa e di altre specie di Ficus. Disseminazione.—I frutti 0 siconi del Ficus elastica sono piccoli, polposi e sufficientemente dolci. Saranno certamente ricer- cati dagli uccelli, che, col cibarsene, contribuiranno a disseminarli sui tronchi degli alberi, ove appunto passano epifiticamente la loro prima vita. Ma anche un’altra categoria di animali può contribuire alla disseminazione dei Ficus : si tratta dei grossi Chirotteri frugi- vori, assai comuni nella Penisola Indiana e specialmente nella Male» sia. Questi animali, come risulta anche da osservazioni del RUMPHIUS, contribuiscono a disseminare in tali regioni molte specie arboree a frutti polposi. Anche per parecchie specie del genere Ficus è stata notata l’azione che hanno i detti Chirotteri a disperderne i semi: anzi, secondo lo stesso RUMPHIUS, una specie di Ficus è distinta col nome volgare di Sappa-Lalara, « id est Vespertilionum pa- bulum, quum hi ipsius fructus maxime expetant, atque ubi ip- sorum nucleos projiciunt, hi i clear novosque producunt 1 frutices ». Forse a simile adattamento è dovuta la caulifloria di numerosi Ficus, e di altri alberi di tali regioni, avendo appunto i. Chirotteri il costume di aggrapparsi alle corteccie dei tronchi. | — 59 — III Area geografica e condizioni di clima. x Il Ficus elastica è pianta originaria delle regioni temperate, orientali, dell’Imalaja. Raggiunge l’estremo suo limite settentrionale ed anche la massima intensità di diffusione nel Sikkim, e costitui- sce una delle forme più caratteristiche della fora di tutte quelle valli, pendici e creste montane, frastagliatissime, che appartengono al bacino del Tista. A partire da queste regioni si. estende verso mezzodì ed oriente attraverso il territorio degli Assam, dei Khasi, dei Naga, e raggiunge quindi i poggi e le pianure del Bengala e del Burma. Da quest’ultimo territorio continua al sud attraverso il Chittagong e l’Arrakan fino al Perak ed all’estremo limite della penisola di Malacca. Passa quindi nell’Arcipelago Malese, a Suma- tra, a Borneo ed a Giava. Il suo estremo limite di vegetazione a Nord è fissato dal 28° grado di latitudine settentrionale. Nella catena dell’Imalaja sale più alto di qualunque altra spe- cie di Ficus : nell’alta Birmania, ad esempio nella valle: di Hukong, sale fino a 1000 metri di altitudine, e sul monte Loiman si incontra ancora a 1609 matri, mentre ivi il limite delle nevi perpetue è a poco più di 2000 metri. Da ciò si deduce come questa specie possa più facilmente delle congeneri sopportare climi temperati e magari resistere a qualche gelo. i; i incontra sempre in individui isolati, non formando mai fo- Feste: ciò dipende forse dalla vita epifitica che conduce nella sua gioventù. Preferisce terreni profondi, pingui, umiferi, ma non può Sopportare terreni paludosi, e soffre di qualsiasi acqua stagnante : si adatta bene ai terreni di alluvione, massime argillosi, e resiste _ °‘’Sufficientemente al calcare. Vegeta pure, benchè non rigoglioso, nei terreni salati ove ogni altra vegetazione trovasi ostacolata. Tutte le suddette regioni, ove il Ficus elastica cresce natural- Mente, sono caratterizzate da una atmosfera sempre umida e calda, e da pioggie abbondantissime, solo interrotte da qualche breve pe-. | Tiodo di siccità. Si può anzi dire cha le regioni del Sikkim, del- «_—l’Assam e specialmente del Khasia, sono le più umide di tutto il ‘mondo. La temperatura vi è mite, e non è raro il caso che nell’in- verno discenda fino a zero. «_—’Orediamo utile riassumere nella seguente tabella ‘alcuni dati meteorologici relativi ai suddetti paesi, desumendoli dalle opere | del ReoLus e del GrisEBACH. PE Khasia [260 -250 lat. Nord Chittagong Arrakan 25 0-13° lat. Nord, Malacca 3°- 20 Jat. Nord, rai Bons Zo]at Nord £olat Cel Assam 27° -26° Jat. Nord. MELI VITO 100, 0UU Giava 50.80 lat. Sud. REGIONI PIOGGIE PRECIPITAZ. Sikkim Circa cinque mesi di piog- |m. 1.62-2.71 So 27° lat. Nord. | gie continue, più intensive durante l’estate: non rare precipitazioni anche negli al- tri mesi. Nebbie fittissime durante il resto dell’anno. Otto mesi di pioggia, con |m,2.11-2.71 psv più abbondan- in Estate. Nebbie assai ara nell’Inverno. Sei mesi e mezzo di piog- gie quasi continue : da Apri- le fino a metà Ottobre, più frequenti d’Estate. Precipi- tazioni assai più abbondanti che in tutte le regioni vicine. Sette mesi di pioggia, da Maggio a Novembre : preci- pitazioni assai più abbon- danti in Estate. Pioggie durante tutto l’an- no. Precipitazioni meno ab- ondanti in SIA che in Inverno. Pioggie durante tutto l’an- no. Massimo delle precipita- zioni in Aprile ed in Di- cembre. Pioggie durante tutto l’an- no, con aumento di intensità d; a Dicembre a Marzo, e di- minuzione da Giugno a Set- tembre, m.16-2416-68 fino m. 20.44 m. 4.87-5.68 m. 1.62-3.24 wi a E SE, MI ES SI TALI TEMPERAT, 16° 2— 230 7 media 19° 9 16%-:0-=32.8 media 21° 9 10% 9—90.0 media 15° 1 Quasi unif. Medi a 200 Assai unif. media 26° 2 Assai DI media 26° 8 Uniforme |. media 25° 6} 1890-91 | 1891-92 | 1892-93 | 1893-94 | 1894-95 || Novembre. . .| ‘1444 | 16.307] 15.91 | 17.13 | 16.12. Dicembre. . .| 11.48 | 1242 | 12.98 12.82 | 11.26] Gennaio . . .| 8.98] 12.22] 8.92 | 10.45| 11.00- Febbraio . . .| 908 | 18,29 | 1217 | 1121 | 12.16] 2) ai La caratteristica più saliente di queste regioni è la grande abbondanza di umidità e di pioggie durante la maggior parte del- l’anno; quindi devesi dedurre che il Ficus elastica abbisogni di abbondante quantità di acqua per il suo sviluppo: infatti, come nota il WARBURG, nei territorii vicini a dette regioni, come nelle pianure dell’ Assam e del Bengala, e nelle regioni orientali del- l’Indo - Cina, ove si ha un clima assai più secco, con periodi ab- bastanza lunghi di aridità, il icus elastica diviene sempre più raro e finisce per sparire affatto. Conviene ora confrontare questi dati con quelli che presenta l’Isola di Sicilia, per vedere come sia possibile qui la coltura del Ficus elastica. Ci occorre esaminare separataments i dati che si riferiscono alla temperatura, alla umidità atmosferica ed alle precipitazioni di piog- gia. I dati relativi alla città di Palermo furono desunti dal Bollet- tino Meteorologico del R. Osservatorio s ritenendo sufficiente una media di sei anni, cioè dal 1890 al 1895. I dati relativi ad altre città della Sicilia, furono desunti da una pubblicazione intitolata : La Sicilia come stazione climatica. Palermo 1899, ed inserita nel- l'importante rivista Lancer di Londra. Gli altri dati, per regioni hon italiane, furono desunti dalle opere del GRISEBACH e del RECLUS. Temperatura. —I mesi più freddi per Palermo, ed in ge- nerale per tutta la Sicilia, sono Dicembre, Gennajo e Febbrajo. In essi la temperatura mensile può oscillare fra gli estremi di 80.92 a 13°.29, con una media di 11°.38, come si può rilevare dal se- guente specchietto : Palermo: media mensile per cinque inverni. | Maro. . . | 1840 | 1423| 1258 1229 | 1801] O La inerti minima in tali mesi scende raramente sotto zero, come risulta dai seguenti dati : Palermo: minime di cinque inverni. 1890-91 | 1891-92 | 1892-93 | 1893-94 | 1894-95 Novembre. . . 3.4 4.8 4.8 5.5 7.8 Dicembre . . . 3.4 —1.1 4,4 —0.1 0.0 Gui 0 06 18 |--0.2 | ine fra Febbraio: i: ... 0.8 2.0 —0.2 —0.4 —1.9 Miani. 0.0 3.5 | —0.83 0.8 1.0 Però queste minime temperature non debbono allarmare sulla sorte riserbata al Ficus elastica in Sicilia, poichè abbiamo l’esem- pio di inverni ancora più rigidi che le piante senza alcun riparo, ‘hanno potuto agevolmente superare, come fu quello del 1904 - 1905 veramente eccezionale per tutta 1’ Isola. Infatti durante detto in- verno si riscontrarono a Palermo parecchi periodi di freddo in- tenso, in cui costantemente alla notte il termometro discese a zero o sotto zero. Fin dalla prima quindicina di Dicembre si ‘ebbe un primo periodo di gelo, in cui il termometro per due notti consecutive segnò zero e—-0.4. Poi seguì un nuovo periodo di gelo, durato otto giorni, dal 30 Dicembre al 6 Gennajo, in cui alla notte il termometro discese regolarmente sotto zero, raggiungendo la minima temperatura di — 2.8. Un terzo periodo di gelo, fu il più lungo, essendo durato 34 giorni; incominciò il 15 Gennajo. e si prolungò fino al 17 Febbrajo : in esso il termometro alla notte ri- mase quasi costantemente qualche grado sotto zero, raggiungendo due volte una minima di—3.2. Infine si ebbero altri periodi più corti di gelo, dal 24 al 27 Febbrajo, il 3, il 7 ed il 10 Marzo Da questo risulta che l’inverno 1904-1905 per Paci fu uno dei più rigidi, importante non solo per le minime temperature rag- giunte, ma ancora per la straordinaria lunghezza dei periodi di freddo, è quindi di utile ammaestramento tenerne nota, non avendo il Ficus elastica affatto sofferto. i i} Pe e e e i Lig riparo calle an di ae paro SP MATE urto, spin Palermo dal seguente specchietto : 1890 17.60 | 17.71 | 185 — 63 — | Salvo queste rare eccezioni, la media temperatura annua di Pa- lermo è sempre elevata, oscillando da 17.60 7 a 18.75, come risulta Palermo: medie annue di sei anni. 1891 | 1892 1893 1894 7 18.38 18.25 1895 18.75 se confrontiamo le temperature invernali di Palermo e di Or altre località della Sicilia, con quelle del Cairo, ove sappiamo che il Ficus elastica prospera assai bene, vediamo che molto vi si av- vicinano, come pure rilevasi dal seguente confronto : Confronto fra le temperature invernali di Sicilia Novembre . Dicembre . Gennaio Febbraio Marzo . . . con quelle del Cairo. Palermo Catania Siracusa Cairo | 16.0 16.1 16.5 18.0 I 12.0 12.1 12.6 146 | 10.3 Dt 9.8 12.0 11.5 11.9 10.2 13.9 13.1 12.5 12,9 11 Se altresì paragoniamo le medie temperature di Sicilia, del me- 8@ più freddo, cioè Gennajo, con quelle di altre località in cui vive il Ficus elastica, parimenti riferentasi al mese di Gennajo, vediamo che la. temperatura di Palermo può eguagliarsi a quella del Khasih,. anzi quasi la supera, come vien dimostrato dal seguente specchietto :. ——& Catania Siracusa Cairo Sikkim Khasia Assam | 10.8 9.7 98° 12.0 16.2 10.2 | 16.0 RIA O Se infine confrontiamo le medie annuali di tutte queste regioni, ritroviamo che quella di Palermo è pressocchè uguale a quella del Cairo, ed anzi tende a superarla, è di poco inferiore a quella del Sikkim, ma è di molto superiore a quella del Khasia. Anche le temperature medie annuali di Catania e di Siracusa, benchè infe- riori a quelle del Cairo, superano quelle del Khasia. Ciò parimenti risulta dal seguente specchietto : Palermo \Catania \Siracusa! Cairo |Sikkim | Assam | Khasia |Arrakan |Malacca|Sumatra| Giava | 18.2|17.9|17.5|18.0119.9|21.9|15. 1|20.0|26. 2 26. 8/25. 6 1 Riassumendo possiamo con ‘certezza dire che, per quanto ri- guarda la temperatura, la Sicilia può non solo essere paragonata all'Egitto, ma ancora trovasi in condizioni forse più favorevoli del Khasia stesso, ove pur sappiamo che il Ficus elastica abbonda e prospera. Infatti l’isoterma invernale di 10° centigradi, quale sì trova nel Khasia, comprende nel suo percorso non solo il Basso Egitto e la Grecia, ma ancora la Sicilia e 1’ estrema punta meri- dionale della Sardegna e della Spagna, anzi, per essere più precisi, oscillando la media invernale di Palermo e delle parti più meridio- nali dell'Isola fra 11.47 e 13.69, come risulta dai dati che ripor- tammo in precedenza, detta linea si sposta leggermente verso set- tentrione, restando così quasi per intero la Sicilia fuori della linea | stessa e compresa in una zona ancor più temperata, che per mitezza di clima invernale si può appunto paragonare col Basso Egitto e con Algeri. Umidità atmosferica.—Il clima di Palermo, non può dirsi molto secco, come lo dimostrano le seguenti medie di umidità relativa, desunte da osservazioni fatte per la durata di un sessen-. nio, da questo R. Osservatorio, all’altezza di due metri dal terreno. RIE di TTI SII IS SAVOIA ; AA Ala ee Pt e PPT Palermo: Gennajo Febbrajo . Marzo . Aprile . Maggio Giugno Luglio . Agosto . Settembre . Ottobre, Novembre. Dicembre . Da questo specchietto appare che la media mensile oscilla fra 1890 Ig 1. pa 1891 72.8 713.3 61.4 65.6 68.6 62.3 39.9 63.9 67.9 Ali 72.9 71.4 1892 —|___ 10.34 7024 TA 70.1 | 71.5] 75.8 65.5 | 69.2 | 72.8 70.3 | 65.6| 70.7 68.9 | 66.0 | 68.3 63.1 |. 63.7 | 63.2 59.0 | 62.5 | 59.2 62.2 | 64.1 | 60.1 68.5 | 62.5 | 59.7 72.4 | 69.2| 69.0 75.5| 73.1] 77.5 78.3 | 78.3 | 80.1 medie mensili di umidità relativa. 1893 | 1894 | 1895 ARES 70.2 71.7 97.7 64.7 70.6 66.6 61.4 63.1 66.9 64.8 77.2 71.4 Un minimo di 36.5, verificatosi in Agosto, ed un massimo di 97.7, verificatosi in Marzo. urante l’ Inverno si ha anche un grado maggiore di satura- zione, come si può rilevare dal seguente specchietto, da cui risulta che non è Palermo: massimi di umidità relativa durante cinque inverni, Ottobre. Gennaio Febbraio , - Marzo È Novembre. Dicembre . è è raro il caso di una saturazione completa : 1890-91 1891-92 | 1892-98 1998-04 1894-95 99.0 99.0 | 97.0 | 97.0. 06.0 i ‘199,0 i 100.0 * 100.0 © 98.0 | 99.0 | 7; A 100.0 | 990 | 990 | 97.0 | 990 | 100.0 98.0 990 | 98.0 x 920. ds ieri; 910. | 990 | 100.0 n Lo | - . | 960 | Coi 100.0 8.0 | RAR cla Anche durante 1’ Estate non si può veramente asserire che il secco sia eccessivo, come risulta dallo specchietto che segue: da esso si rileva che il grado di maggiore siccità fu quello di 6.0, rag- giunto una sola volta in Maggio : Palermo: minimi di umidità relativa durante sei estate. 1890 | 1891 | 1892 | 1893 | 1894 | 1895 Aprile i 00;.|82.0.1 31.0.| 11.0" | 24.0: 1-31.0 130 Maggio. . .-.]| 6.0} 80.0 | 24.0 | 26.0 | 26.07] 36.0 Giugno . . .| 26,0 | 26.0 | 36.0 | 33.0 | 34.0 | 28.0 Luglio . «. . . | 15.0.| 12.0 | 26.0 | 27.0 | 14.0 17.0 Agosto.- , .. .|12.0 | 13.0 | 19.0 | 25.0 | 21.0 33.0 Settembre. . .|30.0 | 36.0 | 23.0 | 11.0 | 12.0 | 37.0 Riassumendo adunque le medie annuali di umidità atmosferiche oscillarono fra 66.6 e 69.5, con una media invernale di 98. 1, ed una media estiva di 23.8. La media quindi annua per Palermo è di 68.3 Or certamente la Sicilia, per saturazione atmosferica, non può competere con le località sempre umide e nebbiose del Sikkim, e specialmente del Khasia, ma se teniamo presente che anche in Egitto, al Cairo, il Ficus elastica vegeta e prospera, troviamo che la media di umidità atmosferica in tale regione è molto inferiore a quella della Sicilia, come si può desumere del seguente confronto : Confronto dell’umidità relativa media annuale fra la Sicilia ed il Cairo. Palermo | Catania | Siracusa | Girgenti Cairo .688, | 610 | 700 | 720 | 584 Ciò è sufficiente per convincere che anche qui la mancanza di una umidità atmosferica eccessiva non può essere di ostacolo per la coltura del Ficus elastica a scopo redditivo: ma anzi troverà qui © condizioni di umidità molto più favorevoli che in Egitto. Li uc] i Precipitazioni acquee.—Resta l’ultimo dato, quello del- la quantità delle pioggie. In Sicilia questo sono abbastanza fre- quenti: raggiungono la massima intensità in Inverno, come si può rilevare dal seguente specchietto : Palermo: pioggie di cinque inverni. 1890-91 | 1891-92 | 1892-93 | 1893-94 | 1894-95 Ottobre . mm. 74.91 | 127.78 | 155.67 94.52 81.27 Novembre. nm. | 116.28 | 141.12 | 65.92 | 182.67] 5107 Dicembre. mm. | 184.22 | 90.92 | 100.93 | 104.28 | 305.94 Gennaio . mm. | 159.68 94.35 | 253.78 | 106.17 | 192.72 Febbraio . mm. | 117.16 | 92.28 | 25.48 | 8480 | 65.98 Marzo. . mm. | 21.71 | 51.82 | 20.84 | 7403 | 68.62 ._Adunque risulta che i mesi di Dicembre e Gennajo sono i più abbondanti di pioggie, avendosi persino una quantità mensile da millimetri 258 a 305. | Di conseguenza i mesi in cui più scarseggiano le pioggie sono quegli estivi, anzi non è raro il caso di due mesi consecutivi, cioè Luglio ed Agosto senza pioggia affatto. Possiamo quindi calcolare in media a cinque mesi il periodo in cui le pioggie sono rare, aven- dosene anche di abbondanti in Aprile, e sovente ricominciando già in Settembre. Ciò pure risulta dal seguente specchietto : n. Palermo: pioggie di sei estate. 1890 | 1891 Aprile. . mm. |71.23 | 38.36 . Maggio . mm. 21.20 | 48.52 Giugno . ‘mm. | 7.79 | 6.40 |17 Laglio. . mm. | 8.40 0.00 | “Agosto. . mm. 0.00 | 0.00. È | Settembre. mm. |106,29| 22.59 |72.2 — 68 — Per Palermo adunque, su una media’ annuale ‘di’ millimetri ‘79, abbiamo una media invernale di 644 ed una media estiva di 184. Poco meno si trova per le altre regioni di Sicilia. Ora, se confrotiamo queste medie con le precipitazioni che ac- cadono nelle Indie e dell’ Indocina , troviamo una gran differenza avendosi colà una quantità annua di acqua di due, cinque e fino sedici metri e più, come nel Khasia. Dal seguente specchietto ap- pare evidente questa differenza : Confronto delle precipitazioni in Sicilia con quelle delle Indie, Khasia | Arrakan| Malacca i (Palermo Sikkim | Assam | Ì pa. 0.779 m. 2.165/m. 2.410[m.16.460 m. 5.275 m. 2.480] Ma se confrontiamo le stesse precipitazioni di Sicilia con quelle del Cairo, ove, come è noto, manca quasi assolutamente qualsiasi pioggia, troviamo ad egual ragione una differenza parimenti enorme, per cui il confronto quasi non sarebbe possibile, come si può pur rilevare dal seguente specchietto : Confronto delle precipitazioni in Sicilia con quelle del Cairo. Palermo | Termini | Catania | Siracusa | Girgenti | Cairo TI9.A1 | 674.60 | 542.70 | 570.80 | 560.00 | 003,40 Ciò dimostra che anche in Sicilia, ove si ha una quantità di pioggie molto più rilevante che in Egitto, si potrà pure estendere la coltura del Ficus elastica. Siccome poi questa coltura in Sicilia dovrà stare a pari con quella degli Agrumi, giova fare il confronto colla quantità d’acqua che gli Agrumi qui ricevono durante i mesi estivi sotto forma di irrigazione per vedere di quale copia d’acqua può usufruire il Ficus elastica. A questo proposito troviamo in- teressanti dati nell'opera dell’ArxaO, sulla coltura degli Agrumi. | Da essi infatti risulta che, mediante una serie di irrigazioni alla i distanza l’una dall’altra da cinque a quindici giorni, a seconda sg è è LO % AERSARITET RE, "RISO PER certe) MP I SAR II ANIGIOLZE Lf MRI Do I AMEN CI SONE NRE RO ON AREE E" PINI GI Po CRU SRI STR SE TN pre ict e ng at | quanto già si Tuttavia non si dovrà di molto srssdeii questi limiti sala? nigi Tigazioni stesse , scansando sopratutto lo stagnamento delle acque che riesce sempre dannosissimo a questa specie : infatti colture di Co. margotte, istituite a titolo di prova, in terreni tenuti per qualche A ‘ mese sommersi , in questo Orto Botanico , riuscirono, come era & RT AI E IO I] RANE I I EI ERE COR PERENNE E, ge de I Sar o | delle località e dell’età degli Agrumi stessi, viene somministrato per ogni irrigazione e per ettaro una quantità di acqua che può variare da m. c. 350 a m. c. 564 upponiamo ora una media di irrigazioni alla distanza di dieci giorni l’una dall’altra e proseguite per cinque mesi, chè appunto a tan- to si riduce il periodo del secco, si avranno in tutto quindici i irriga- zioni. Supponendo pure che ciascuna irrigazione fornisca una quan- tità di acqua di m. ce. 564 per ettaro, si avrà un totale di acqua, somministrata durante i cinque mesi estivi, pari a m. c. 8480 per ettaro : ciò rappresenta un volume di ‘acqua corrispon- dente a quello che si avrebbe con precipitazioni atmosferiche per. un altezza lineare complessiva di mm : Sappiamo poi che a Palermo la aghi annuale delle precipi- tazioni acquee è di mm. 779; quindi, unendo questa cifra alla precedente, troviamo una quantità pari a m. 1. 627 di precipi- tazioni atmosferiche , che “pprena il totale di acqua che rice- vono gli Agrumi in un anno. Ora è naturale che sottoponendo il Ficus elastica alle stesse irrigazioni, anche quest’ albero riceverebbe un’ eguale copia di acqua. Ma uu dai precedenti dati, che tanto nel Sikkin, quanto nella Penisola di Malacca , le precipitazioni atmosferiche sono sovente rappresentate da un minimo annuo di m. 1. ; quindi troviamo una corrispondenza perfetta fra questa cifra e la precedente. Cioè, in altri termini, concedendo al Ficus elastica lo stes- so trattamento degli Agrumi in Sicilia, verrebbe questo a ricevere una quantità di acqua, fra quella naturale delle precipitazioni atmosferiche e 1’ altra artificiale delle irrigazioni, perfettamente eguale a quella che riceve nei suoi luoghi di origine, cioè nel Sikkim e nella Penisola di Malac In tal modo è risolta la zan della insufficienza delle pioggie in Sicilia, supplendosi con appropriate irrigazioni, analoghe a quelle che vengono somministrate agli gd imitandosi in ciò è andato facendo in Egitto Prevedersi, completamente egg capendo le relative Larga ) Ma se un eccesso di acqua e può ‘riuscire. morale a “questa 5 tutte perite in breve tem .... TA 01 e specie, frequenti e giuste irrigazioni possono avere favorevole in- fluenza nell’ accelerarne lo sviluppo. Vecchi giardinieri affermano che con l’aumento delle irrigazioni l’accrescimento del Ficus elastica diventa più rapido : dicesi che margotte di tre anni abbiano su- perato un diametro di otto centimetri. Esperienze istituite in que- sto Orto Botanico lo confermano , avendo raggiunto delle margotte di un anno, inaffiate abbondantemente durante l’estate due volte per settimana, in otto mesi un diametro di sei centimetri e mezzo alla lor base. È quindi da ritenersi che usandosi la pratica della irrigazione si potranno avere, in tempo relativamente breve, esemplari robusti ed atti alla produzione : anzi non sembra esagerato 1’ asserire che nel corso di otto a dieci anni potranno raggiungere un diametro di 25 centimetri. Ciò combina con le osservazioni del WARBURG il quale nota che nei climi secchi 1’ accrescimento di questa specie è di molto ostacolato e rallentato, mentre nei climi umidi è di molto accele- rato, raggiungendo in questi climi i suoi tronchi in breve tempo dimensioni abbastanza ragguardevoli. IV. Propagazione, accrescimento, coltura e produzione. Il Ficus elastica inizia la sua vita epifiticamente, quindi non si trovano giovani piante di tale specie nate naturalmente sul terreno. Però, secondo WARBURG, è possibile ottenerne nettando diligente- mente da ogni vegetazione il suolo sotto vecchi alberi: allora qualche seme, caduto a terra, non tarda a germinare. Ciò dimostra e l’epifitismo di questo Ficus è un adattamento postumo, restan- do, nella densa vegetazione delle foreste , tutte le pianticelle che ‘ nascono a terra, soffocate dalle altre che le attorniano. Tuttavia la coltura dei Ficus elastica da seme non è facile. Benchè renda piante più robuste di quelle ottenute da talee o da margotte, parecchi autori la gici bo la difficoltà di man- tener in vita le pianticelle appena germinate. Il WIGMAN, Capo giardiniere all’Orto SIA di Buitenzorg, dà i seguenti dettagli per ottenere una buona germinazione di questa spe- cie. Dice cioè che occorre farne la semina in cassette assai basse, prov viste al fondo di un buon drenaggio per il rapido scolo delle acque. Si deve usare di preferenza ‘un terriccio di foglie, in Prado di ‘corda inleiii. e via LT di decomposizione, mischiato con radici di felci minutamente tritu- rate. I semi, tolti da frutti ben maturi, debbono essere sparsi sul terreno, senza ricoprirli. Si collochi sulla cassetta una lastra di vetro, e si riponga la cassetta in luogo coperto e ben ombroso. Occorre la massima cura nell’innaffiamento , bastando appena rin- frescare la terra. Dopo quindici giorni i semi nascono, ed è neces- sario allora collocarli alla maggior luce senza esporli però all’azione diretta dei raggi solari. Se nacquero troppo avvicinati, occorre di- radare le piantine, continuando a somministrare loro acqua a suffi- cienza, ma non in eccesso. Tali sono le istruzioni del WIGMAN: tuttavia siamo convinti che le seminagioni di questa specie potrebbero riuscire bene anche sullo sfagno recente, come usasi per far germinare la maggior parte delle piante epifitiche. a germinazione del Ficus elastica presenta alcuni fenomeni degni di nota: anzitutto le pianticelle, fino dal loro inizio, svilup- pano alla base un ingrossamento bulbiforme assai vistoso, che de- vesi ritenere come una riserva d’acqua per i bisogni della pianti- cella in caso di siccità. Simili riserve di acqua in pianticelle germi- nanti sono piuttosto frequenti, come p. e, ne è stata recentemente accertata la presenza presso l’Araucaria Bidwilli. Poi si nota che le prime foglioline hanno una forma spiccatamente distinta dalle successive : sono cioè a margine denticolato e non intero: que- sta devesi senza dubbio considerare come una eterofillia di eredità. La propagazione per seme però trova poco fiducia presso i col- tivatori di Wicus elastica. Si preferiscono le piante provenienti da talea 0 da margotta, come più facili ad ottenersi e di più pronta riuscita. La propagazione per talee è assai semplice : basta togliere piccoli rami, tagliandoli obliquamente, e, dopo averne lasciato sgoc- ciolare tutto il latice, piantarli in un terreno piuttosto asciutto ed ombreggiato : dopo circa due mesi incominciano a mettere abbon- danti radici. Però le talee, in qualsiasi modo ottenute, sono assai soggette a malattie crittogamiche, ed anche, nei paesi. caldi, sono terribilmenta attaccate dalle termiti, che ne distruggono gran quan- si tità. Quindi il mezzo migliore di propagazione di questa: specie, | resta sempre quello delle margott>. La margotte si otte dad ni cilmente legando strettamente attorno al ramo che si vuol togliere, qualsiasi oggetto atto a mantensre l’umidità, come sfagno, borrac- cina od altre piantè muscose, stat Lu fisno, i di stoffa o di dicendo, a punti di tompo - Uta, gica in tempo. Stante la facilità del Ficus elastica di sviluppare radici avventizie sui rami, dopo un mese circa tali oggetti si trovano completamente penetrati in tutti i sensi da radici, ed allora ; ta- gliando il ramo, si ha una nuova pianta che può già vivere da do Le giovani piante, sia ottenute da seme, sia da talee o da mar- gotte, quando hanno sviluppato qualche fogliolina e dimostrano vi- goria di vegetazione, sono collocate a dimora stabile, protette però dall’ombra di piante arboree, destinate dopo qualche anno ad essere tolte. In Assam si preferisce collocare tali piantine sopra cumuli di terra, alti circa un metro, essendosi conosciuto che in tal modo si sviluppano assai più rapidamente e vigorosamente in confronto di quelle piantate sul terreno pianeggiante. Nelle diverse piantagioni di Ficus elastica varia assai la di- stanza a cui sono collocati i singoli alberi. In Assam si usa creare le piantagioni aprendo nelle foreste vergini, tante zone parallele, larghe ognuna 12 metri, e lasciando ra una zona e l’altra uno spazio intatto, a foresta, della larghezza di 18 metri. Con ciò si ottiene non solo una efficace ombreggia- tura, ma ancora una più regolare dispersione delle acque di piog- gia, ed un riparo alla violenza dei venti. In ogni zona di 12 metri viene situato un sol filare di iews, che in tal modo resta lontano dalla foresta da ambo i lati solo sei metri: gli alberi poi di Ficus sono collocati a m. 7.50 di distanza l’uno dall’altro. Di conseguenza ciascun filare di Ficus è distante dai vicini m. 30, compreso m. 18 di zona a foresta. Con tale sistema si viene ad avere per ciascun ettaro di ter- reno una media di 42 piante di Ficus elastica: Si è constatato che in tal modo danno il massimo reddito. A Giava si hanno piantagioni di Ficus elastica senza alcuna interposizione di zone a foresta: ciascun albero è collocato con 8 metri di distanza per ogni lato, quindi si hanno circa 144 alberi per ettaro. Altre piantagioni, pure a Giava, sono assai più intensive, avendosi m. 3.75 di distanza, ed in alcune la distanza è stato perfino ridotto a soli m. 3. Con questo ultimo sistema si ha una antità di cirea 1089 alberi per ettaro, ma il reddito di cia- scun albero, come nota il WARBURG, è di molto inferiore a quello che potenzialmente potrebbe risultarne. Varia infatti l’accrescimento di questi alberi a seconda della densità con cui furono eseguite le piantagioni. Così presso Buiten- zorg, in alcune piantagioni sperimentali, si è osservato che indivi- ui di un solo anno, raggiunsero nell’anno stesso di loro pianta- ni 79 gione, una altezza di m. 3 con una circonferenza di tronco di cen- timetri 37, e gli stessi individui, dopo tre anni, misuravano già 5 metri di altezza. Nell’Assam; alberi di 10 anni presentavano un’altezza di circa 9 a 10 metri ed alcuni perfino di 15 metri, mentre individui quasi della stessa età, cioè di 9 anni, nelle piantagioni di Giava, erano alti appena 6 metri con una circonferenza di tronco di soli 44 cen- timetri. n Palermo, nell’Orto Botanico, un albero di Ficus elastica, del- l’età di circa 15 anni, misura m. 0.80 di circonferenza alla base del tronco, ed uno di poco più di 30 anni, Presenta una circonferenza di m.1.35; l’altezza rispettiva di detti alberi è di 6 e 10 metri. Si è pure osservato che giova assai per il buono sviluppo degli alberi la pratica di sopprimere periodicamente tutte le radici aeree quando incominciano a svilupparsi , in modo da ottenere tronchi perfettamente verticali e cilindrici. Mercè questa pratica a Buiten- zorg alberi di 16 anni raggiunsero facilmente una circonferenza di tronco di metri 3, all’altezza del petto. In Sicilia, ove il Ficus elastica non ha bisogno di essere pro- tetto dall’ombra di altri alberi, nè difeso dalla violenza dei mon- soni, le piantagioni possono essere fatte in modo assai intensivo : a questo si presta pure l'accrescimento più lento che quì presenta, e la scarsezza di radici aeree che qui emette, imperocchè lo svilup- po di queste radici mentre è molto favorito nei climi assai umidi, lo è assai meno in quelli abbastanza secchi, come il nostro. Crediamo si possa agevolmente stabilire per le colture di Si- cilia una distanza per ogni lato di' metri 4, ciò che rappresenta per ettaro una media di 625 alberi Il Ficus elastica poi incomincia ad essere capace di produrre Caoutchouc fino dai suoi primi anni, ed anche individui di appena ue anni possono fornirne qualche gramma. i Tuttavia la ricchezza del Caoutchouc nel latico aumenta con l’età, e, secondo RomBURGH, sono solo i vecchi alberi che presen- tano un latice veramente ricco in tale prodotto. Esistono ragioni da ritenere che il Caoutchouc nel latice raggiunga la sua massima perfezione ed intensità solo dopo che l’albero è passato allo stadio riproduttivo, cioè quando ha incominciato a produrre regolarmente ori e frutti, e questo stadio in Sic ilia è raggiunto verso Vetà di _ 5 a 18 anni. i | La ricchezza del Caoutchouc nel latice ‘varia ‘ancora fera la regione da cui fu estratto: G. Mann, ‘; antico cons yy PRE delle foreste dell'Assam, in un suo rapporto, riferito dal War- BURG, dice che il latica m'sliore, cioè più denso e più ricco di Caoutchouc, è quello ottenuto dalle incisioni fatte nelle radici, poi segue in bontà quello ottenuto dalle incisioni fatte nella parte in- feriore del tronco, ed infine trovasi essere assai povero quello pro- veniente da incisioni fatte nei rami. In realtà la Ditta MarTIN RircHIE & C. di Tezpore, Assam, che acquistava il latice liquido, pagava 5 ruppie quello proveniente dalle radici, 4 ruppie quello proveniente dalla base del tronco, e solo 3 ruppie quello proveniente dai rami. Una conferma di ciò è data dalla mancanza assoluta di Caoutchouc nelle foglie, come ri- sulta da analisi eseguite dalla Ditta PIRELLI per conto dell’ Orto Botanico di Palermo. Anche nelle Herea si ha una produzione fin cinque volte maggiore alla base del tronco che non in alto. condo le diverse epoche dell’anno poi l'abbondanza del Caout- chouc nel latice varia sensibilmente. Nell’ Assam, come riferisce WARBURG , da Febbraio ad Aprile il Ficus elastica non fornisce che poco latin ma assai denso , contenente circa il 30 per cento di Caoutchouc , e ciò pure in Agosto, ma negli altri mesi 1’ ab- bondanza del Caoutchouc nel latice diminuisce assai, scendendo al solo 10 per cento. Forse queste alternative coincidono coi periodi di fioritura, sembrando che la fioritura stessa abbia una certa in- fluenza nel determinare la produzione e 1’ abbondanza del Caout- chouc. Occorre tener presente che anche nel latice di Hevea si sono notate forti varianti a seconda delle stagioni : ad esempio all’epoca della caduta delle foglie, poco dopo la stagione delle pioggie , la quantità di Caoutchouc in detto latice arriva al 60 per cento, mentre all’epoca della maturazione dei frutti, cioè nella stagione secca, discende al 40 per cento. Anche il FArvrE ha notato che la soppressione delle foglie nel Ficus elastica ha tosto per conse- guenza un arresto nella produzione del latice. Il clima pure ha qualche influenza nel regolare la quantità di Caoutchouc nel latice. Nota il WARBURG che nelle regioni sec- che il Ficus elastica fornisce assai meno di Caoutchouc, e di una qualità meno buona che nelle regioni umide : ciò si può osservare nelle pianure abbastanza asciutte dell'Assam e del Bengala. Anche sui monti Bilsiri e Gohoru-Nuddis, località relativa- mente secche e temperate, il prodotto del Ficus elastica è assai i scarso. Al contrario, secondo i dati riferiti dallo SCHLECHTER e dal BéHMER, nelle regioni umide e calde di Borneo, di Sumatra e della 2 1 — Nuova Guinea, la quantità di prodotto in Caoutchouc è assai più abbondante, e quasi tripla, che nello stesso territorio di Assam. Inoltre il latico di Ficus elastica a Borneo ed a Giava contiene nell’Assam, secondo WARBURG, ne contiene solo dal 10 al 80 per cento. In ciò può influire il clima più umido e caldo della Malesia. In realtà per il latice di Mevea si è riscontrato che questo abbonda maggiormente dopo una serie di giorni di pioggia; quindi, suppo- nendo nei Ficus una analoga tendenza, si comprende come nelle località secche, questo faccia difetto. Si ha perciò una norma per preferire l'epoca delle incisioni dopo un periodo di pioggia, 0, nel caso di colture nei nostri paesi, dopo un periodo di frequenti irri- gazioni. Così pure varia il prodotto; sia in quantità che in qualità fra le prime incisioni e le successive: alberi abbastanza adulti, che non furono in precedenza mai incisi, hanno dato, alle prime inci- sioni, prodotti straordinariamente abbondanti e di ottima qualità, mentre in seguito nelle successive incisioni, è andata rapidamente diminuendo la quantità del prodotto , riuscendo anche di qualità meno buona. Anzi si deve notare che troppo frequenti incisioni, ripetute per più anni di seguito, non solo finiscono per dare una quantità di prodotto assolutamente minimo, ma conducono prestamente alla morte degli alberi stessi. Ciò è confermato dall’ esperienza della Ditta MARTIN Rrronie & C. di Tezpore nell’Assam: questa Ditta aveva ottenuto estese concessioni di territori, con foreste ricche di Ficus elastica, per una durata di 15 anni. Volendo ricavarne il maggior profitto possibile, furono tosto iniziate le incisioni, e gli alberi venivano sottoposti regolarmente ogni anno ad una serie di incisioni, lasciandosi un periodo di riposo di circa sei mesi: ma i fatti non tardarono a dimostrare il danno che derivava da questa pra- tica, ed i concessionarii furono constretti ad abbandonare l'impresa parecchi anni prima che scadessero i termini del contratto » impe rocchè tali alberi non davano più alcun reddito. G. MANN, antico conservatore delle foreste dell'Assam, citato dal WARBURG, dice che non è prudente incominciare ad incidere gli alberi prima dell'età di Ja otto a dieci anni, che ogni serie di incisioni non deve durare Pi di nS tre mesi, e che, per ottenere una continuazione di prodotte; senz i | causare danno agli alberi, è indispensabile concedere loro un periodo di tre anni di riposo fra una serie Da RAGIONI 98: FOGA lie: ; | 99Sì si può sperare in un prodotto continuativo e regolare. Mac KEE, sun SE attuale conservatore delle foreste dell'Assam, pure citato dal WaR- BURG, conferma tali notizie, aggiungendo egli pure che non è pru- dente di incidere gli alberi più spesso di una volta ogni tre anni. Per tutte queste ragioni è difficile stabilire una norma esatta sulla quantità di prodotto che si può ricavare da alberi di Ficus elastica. La maggiore o minore quantità di prodotto e la maggiore o minore bontà del medesimo dipende da numerose cause che sfor- tunatamente gli autori trascurarono spesso di tener presente. Quin- di, riferendoci al solo dato del prodotto in rapporto all’età, troviamo indicazioni talmente contradditorie che è impossibile dedurne una regola esatta. Nella seguente tabella riepiloghiamo un buon numero di questi dati, tratti da diversi autori. Probabilmente quando si hanno indicazioni assai basse si tratterrà di alberi esauriti da troppo frequenti incisioni, od incisi in epoche non propizie, od incisi nei rami superiori: quando invece si hanno indicazioni assai alte si tratterrà probabilmente di alberi incisi per la prima volta. bra | Luogo DELL’AL-| PRODOTTO AUTORE DELL’OSSER- NOTE BERO VAZ Anni 2 Kg. 0.002 | RomBurGH Buitenzorg » 25} » 0.018 » > Media di due alberi incisi per la prima volta. *» 3-4] » (0.293 | B6HMER Borneo Media di 14 alberi. » 4 » 0.140 | CALLOWAY Malacca Prodot- - to della prima incisio- : ne: alla se- conda discese a Kg. 0.077. » 5 | Kg. 0.403 | BéHMER Borneo +6 » 0.076 | RomsurgH. | Buitenzorg | Media di 6 al- beri. » > » 0.500 | BLOCK Giava > 4 » 0.750 » DI » » » » Ss 84], è 9 Anni 10 » » sù 11 = 19 » »d 4 + 19 * dé EL CE PropoTTO AUTORE |DELL’OSSER- NOTE VAZIONE » 0.235 | RomBurGH | Buitenzorg | Media di 55 | alberi. Il mas- AE simo prodotto | ottenuto fu di | Kg. 0.915, ed il minimo di Kg. 0.030. » 2.600 | SCHLECHTER Nuo. Guinea AR » 2.460 . » » » Werosinil: ente si trat- ta di alberi in cisì per la pri- ma volta. » 0.857 | RoMBURGH Buitenzorg Medi | alberi, scelti fra i migliori produttori. » 0.821 » » | Media di4 al- | . | beri, ottenuti | da margotte. Kg. 0.250 | RomBuRGH | Buitenzorg | i ; È » 1.750 | ScHuecaTER | Sumatra | Mediadipa- |. di «| recohi-alberi. |. >» 0.380 | Rowsuren. |Buitenzorg] {| | $ DD [Poerwakarth » 0.916]. > 0 Buitenzorg | MD ‘ani >» 0.070)» la RO » ETà WDELL'AL- BERO PRODOTTO AUTORE LUuoGo DELL’OSSER- VAZIONE {Anni 17 » » » 0.440 » 0.825 1.365 300 | RoMBURGH WARBURG ROMBURGH Favre Hill | Mac KFE - WARBURG zl "ie DEHAAS | Buitenzorg | Giava Cairo | Assam Buitenzorg Buitenzorg Cairo Assam Giava Assam » Media di 55 alberi. Albero non prodotto scese Kg. 0.985 Alberi pre cedentemente Media di 4 alberi. Media di due alberi. Media di due | alberi. Media di tre | | alberi, prece- dentemente. mai incisi. 3 DR, Stante questi dati contradditorii non possiamo ricavare norme assolute per. calcolare la quantità di prodotto proporzionato al- l’età dell’albero. Tuttavia sopprimendo quei dati che appariscono troppo scarsi e quelli che appariscono eccessivi, in via di appros- simazione possiamo dire che in media nelle regioni indiane e ma- lesiche la quantità annua di Caoutchouc prodotto da alberi di meno di 10 anni è assai inferiore ad un chilogramma per albero : alberi da 10 a 20 anni, possono dare un prodotto oscillante da uno a due chilogrammi, ed infine alberi da 20 a 30 anni e più possono oltrepassare il prodotto di due chilogrammi e mezzo : quest’ultima infatti, secondo il WARBURG, è la media di prodotto che danno nel- l’Assam alberi robustissimi, alti 30 metri e più. i Crediamo utile rammentare che per le piante di Castilloa si è verificato un aumento progressivo, nella produzione del Caoutchouc, valutato a circa 300 grammi per anno, a partire dalla quantità ottenuta nella prima serie di incisioni. Crediamo che anche per il Ficus elastica esista analogamente un graduale aumento, ma forse in proporzioni minori : si potrebbe stabilire un aumento di 100 grammi per anno, e questa proporzione coincide con parecchi dei risultati precedentemente riferiti. In Egitto questa quantità minore, quantunque si tratti di alberi adulti ed incisi per la prima volta: infatti il FAvRE, da alberi di 15 a 20 anni, ottenne una media di prodotto annuo di g-. 0. 725, ed il FLOYER, da alberi di 28 a 30 anni, ottenne una media di prodotto annuo di Kg. 1. 587. Per la Sicilia non abbiamo ancora dati sufficienti per stabilire con certezza quale è il reddito di Caoutchouc che si può spe- rare dal Ficus elastica. Tuttavia riteniamo sarà certamente eguale a quello ottenuto dai Fieus elastica in Egitto e facilmente potrà risultare maggiore, se consideriamo che qui la media di umidità atmosferica è molto superiore a quella del Cairo, e che si hanno pure abbondanti. pioggie invernali , mentre al Cairo mancano affatto: - ‘cu Le analisi eseguite dalla Ditta PIRELLI per conto di questo Orto Botanico, confermano siffatte supposizioni, sia in quanto al- l’abbondanza di prodotto di coagulazione, sia in quanto alla quan- tità di Caoutchouc in esso contenuto. - pi Per quanto riguarda il prodotto di coagulazione, si è trovato assai abbondante nei campioni raccolti a m. 0. 50 dal suolo nel ‘ovembre e nel Marzo, mentre è stato più scarso in quelli raccolti A maggiore altezza: in questo però non può avere influito la stagione, De E 90 de imperocchè di due campioni raccolti lo stesso giorno (31 Marzo) quello preso a m. 0.50 dal suolo ha presentato di prodotto di coagulazione il 35.95 per cento, mentre l’altro raccolto a m. 2.00 dal suolo ha pre- sentato solo il 29.58. Tuttavia si deve notare che un campione raccolto il 28 Febbraio a m. 4. 00 di altezza ha dato il 30. 00 per cento di prodotto di coagulazione, mentre un altro campione raccolto il 31 Gen- najo a m. 2. 00 dal suolo ha presentato solo il 24. 00 per cento. Sarebbe a supporsi che in questa differenza avesse influito la diversità di stagione, ma con più verosimiglianza riteniamo che de- rivi dalla quantità enorme di resine, cioè il 41. 00, contenute nel campione estratto a m. 4. 00 dal suolo, imperocchè nei rami alti il Caoutchouc è abbondantemente sostituito da resine. Infatti nei due campioni raccolti a m. 0. 50 le resine furono rispettivamente soltanto del 13. 00 e dell’11. 05 per cento. La quantità poi di Caoutchouc contenuto nel prodotto di coagulazione è andato diminuendo con perfetta regolarità con l’au- mentare dell’altezza a cui fu estratto il campione: ciò possiamo agevolmente constatare nel seguente specchietto : ALTEZZA EPOCA QUANTITATIVO DELL'INCISIONE DELL’ INCISIONE IN CAOUTCHOUC m. 0. 50 31 Marzo 1906 8B-15:%; m. 0. 50 30 Novembre 1905 86. 50 % mi 00 31 Dicembre 1905 82.25 % m. 2. 00 31 Gennaio 1906 79.80 % im; ‘2.00 31 Marzo 1906 79. 00%; m. 4. 00 28 Febbraio 1906 DI: 19.%; a questo Pilla che il Caoutchouc nel prodotto di coagula- i zione del latice raggiunse un massimo dell’88. 15 per certo in quello estratto a m. 0. 50 dal suolo, per giungere ad un minimo del 57.79 per cento in quello estratto a m. 4. 00 dal suolo. ei campioni estratti a m. 2. 00 tanto nel Gennajo chiù nel Marzo troviamo una identità quasi perfetta : invece si ha una lieve. sn pc" AO differenza in quelli estratti a m. 0. 50 nel Novembre è nel Marzo : vembre, ed a ciò può realmente avere influito la stagione , in se- guito alle abbondanti pioggie invernali, imperocchè, come fu ri- scontrato per il latice di Zevea e di Castilloa , pare che una sta- gione umida influisca ad aumentare il quantitativo del Caoutchoue. e poi vogliamo ridurre i dati che in precedenza riportammo, alla quantità assoluta di Caoutchouc che sl trova disciolta nel la- tice, avremo le seguenti cifre : pel D le) Ò pari i isla det pica] 10 de} ee) ceo Luco PO | 2 | SS | 08 | 6$ | #8 39 3 [53 |RE|S#3 SS dii a n om (e 0) 3 ni e) les © 3 Si 3 a S ? ad S Altezza dal suolo m. > lo lo lo è Yo Caoutchoue nel latice 25.44 | 31.63 | 33.75 | 19.25 | 27.42 | 23.38 vi 0 0 Da ciò risulta che a parità di condizioni il latice più ricco i Caoutchouc fu in Dicembre e Gennaio, quantunque estratto all’al- tezza da uno a due metri, e che la quantità di Caoutchouc dal Novembre al Marzo oscillò da 19.25 a 35.75 per cento osservandosi che il primo termine fa influenzato dalla eccessiva altezza cui fu | praticata l'incisione, cioè 4 metri. La media di questi dati risulta di 26.81 per cento. Ora giova confrontare queste proporzioni con ‘manto è stato rile vato da altri autori in altre regioni, e possiamo riepilogare questi dati nel seguente specchietto : Algeri | Giava Buitenzorg Borneo i (GIRARD) | (WARBUREG) (RomBURGH) exrIQueS) ; 10. 0 lo | 40. 00 ti E pt va A 30.00 % | 44.00% | i Quindi si può concludere che il latice di Ficus elastica in Si- cilia non solo contiene Caoutchouc, ma ne contiene nelle quantità normali ai latici provenienti dalle piante coltivate nelle varie re- gioni delle Indie e della Malesia. Conclusioni. Da tutti i dati precedentemente esposti emerge chiaramente che il Ficus elastica può trovare in Sicilia condizioni di vita quasi identiche a quelle dei suoi paesi natali. Le medie di temperatura in Sicilia coincidono con quelle del Sikkim. e del Khasia, e gli esemplari che qui si coltivano in piena aria hanno dato prova di non soffrire durante inverni rigidi, quale ad esempio fu quello del 1904 - 1905, quantunque non fossero stati mai difesi da particolari ripari. Il fatto poi che questa pianta sotto il clima di Sicilia continua a vegetare durante l’ Inverno, svilup- pando ramoscelli e fiori, conferma il completo adattamento del Ficus elastica alle condizioni climatiche dell’Isola. Quivi alla insufficienza di pioggie, a confronto dei territori Indo - Malesici, si può sup- plire con regolari irrigazioni, seguendo in ciò la sraioe della col- tura agrumaria, come abbiamo detto. Sulla presenza poi di Caoutchouc nel latice degli alberi di Ficus elastica coltivati in Sicilia, e sulla abbondanza e bontà del prodotto ricavatone, non si può più dubitare dopo le esaurienti a- nalisi eseguite dalla Ditta PIRELLI, sopra riferite: l’esame compa- rativo chimico del latice proveniente dagli alberi coltivati in Sici- - lia, dimostra che non esiste alcuna differenza quantitativa nel pro- dotto in Caoutchouc, in confronto ai latici delle piante di Fieus elastica coltivate a scopo industriale nelle regioni Indo-Malesiche. Quindi tutto concorda nel giustificare la possibilità di coltura in Sicilia, per fini industriali. Tuttavia per potere con la massima precisione stabilire quale potrà essere il tornaconto economico di questa coltura, occorrono ulteriori. esperienze eseguite su larga. s e per un si sufficiente e con mezzi del tutto sii al fine di una vera speculazione industriale. ci Queste esperienze dovranno anche tener di mira la possibilità di associare nei primi anni alla coltura del Ficus elastica altre col- tivazioni erbacee, come legumi, ortaggi ‘ e ciò con la speranza ete.; di una buona riuscita, stante che quest’ albero produce nei De Sana anni una chioma poco folta, per cui il terreno ne resta sufficiente- mente soleggiato. Dette colture però dovrebbero ogni anno decre- scere di intensità e non si consiglia di continuarle oltre al quinto anno. tale riguardo, a titolo esperimentale, questo Orto Botanico ha già iniziato una piantagione di Ficus elastica associandovi la coltura del Banano. Tenendo conto che anche questa pianta produ- ce poche foglie , ampie e lunghe, senza costituire un ombra folta, siffatta associazione è da ritenersi opportuna; in modo che con certezza si può fare assegnamento sopra una produzione in frutti di Banani, per quattro anni almeno. L'importanza economica della coltura dei Banani è stata già messa in rilievo da questo Orto Botanico (vedi Bollettino anno IV. fase. I I) rappresentando essa un introito ragguardevole. on questa o con altre colture temporanee associate a quella del Ficus elastica, sarà facile ottenere un reddito che valga fino dai primi anni, a compensare lautamente le spese d’impianto e di coltura, in modo da incoraggiare la costituzione di piantagioni di Ficus elastica. Le incisioni agli alberi, per ricavarne il Caoutchouc dovranno incominciare, secondo calcoli approssimativi, verso il decimo anno della piantagione, essendo prima di detta epoca tale operazione non soltanto dannosa agli alberi stessi, ma anche poco proficua, im- perocchéè il latice degli alberi giovani non contiene sufficiente copia di prodotto di coagulazione. I calcoli che ci inducono ad asserire Questo sono assai verosimili, riferendoci a quegli autori che stu- diarono la produzione del Guvbbeoti nelle Indie ed in Malesia. i Come si è detto in precedenza, si consiglia di attenersi nelle piantagioni ad una proporzione di 625 alberi di Ficus elastica per ettaro, con una distanza di 4 metri fra loro : dovendosi poi a cia- | scun albero lasciar un anno di riposo fra una serie di incisioni e la successiva, per ottenere ogni anno qualche introito, si potrà per ogni ettaro eseguire due serie di incisioni di 312 alberi ognuna , alternativamente. Riferendoci sempre ai predetti dati, attinti da | &utori degni di fiducia, possiamo ritenere come prossima al vero Una produzione annua di 500 grammi di Caoutchouc ar albero Sa n le prime incisioni, cioè dal decimo anno. Questa produzione aumenta col crescere degli alberi , e e per » | mantenerci ad una cifra assai bassa, possiamo calcolare tale au- Mento a circa 100 grammi di Caoutchouc per moprn e per anno. Il valore poi del Caoutchouc per l’ o & tavia conoscendosi che quello del Hiewa elastica di Sicilia fa tro- n “ vato di buona qualità e quotato da 10 a 12 franchi al chilo- amma, come quello del Cairo, e tenendosi presente che il con- sumo mondiale del Caoutchouc è in continuo e rapidissimo aumento, mentre la produzione naturale di tale sostanza resta stazionaria, se pur non diminuisce , è da arguirsi che il valore del Caoutchouc dovrà continuare a mantenersi elevato : l’andamento dei mercati di Caoutchouc da parecchi anni a questa parte dimostra un graduale e continuo aumento nei prezzi. Non sarà quindi esagerato calcolare che anche per l’avvenire il nostro Caoutchouc potrà mantenersi ad un valore oscillante fra le 7 e le 10 lire al chilogramma. otiamo infine che anche su un altro prodotto secondario si può calcolare nelle colture del Ficus elastica. Di tempo in tempo si dovranno- assoggettare i detti alberi al taglio di qualche ramo, per dar loro una forma regolare e per impedire il troppo proten- dersi orizzontalmente delle loro ramificazioni. I ramoscelli, così a- sportati non sono inutili potendosi da essi ottenere qualche talea, o ricavarne, prima del taglio, qualche margotta. Da calcoli molto approssimativi è lecito ritenere che alberetti di 5 a 6 anni pos- an in seguito a tale pratica , fornire una o due margotte, e questo numero andrà aumentando fino al punto di ottenerne 10 a 12 da alberi di oltre 20 anni. Naturalmente, volendosi sottoporre tali alberi ad una regolare produzione di margotte se ne potrebbe ricavare un numero almeno doppio o triplo del sud- detto; ma ciò condurrebbe all’esaurimento dell’ albero stesso, con grave danno della produzione del Caoutchouc. Ci siamo quindi te- nuti ad un calcolo minimo, considerando solo 1 asportazione dei rami necessarii per mantenere l’albero di bella forma e ben aerato. Questi rami pure dovranno essere prelevati ogni due anni, © precisamente nell’anno in cui non sono eseguite le incisioni per ri- cavarne Caoutchouc. Così, divisi i 625 alberi di Ficus elastica compresi in un ettaro, in due gruppi, se ne avrebbero 312 ogni anno capaci di produrre qualche margotta. Sr margotte facilmente si potrebbero vendere in media a L. 0.50 (valore netto) ognuna, ottenendosi di conseguenza, dalle colture di Ficus elastica, un nuovo introito supplementare. ntatti come si è detto, le margotte di Ficus elastica sono assai ri- cercate, massime in tutti quei paesi in cui tale specie non vive al- l’aperto, ossia in pien’ aria. Queste margotte sono ritenute assai. buone per adornare appartamenti, salotti etc. potendo a lungo re- | sistere in luoghi chiusi, e poco illuminati. Ma in tali paesi la moltiplicazione del Ficus elastica è assai difficile e lenta, © si opera solo nelle serre, quindi le margotte quì ottenute, bero colà un pronto e sicuro collocamento. Questi sono i principali introiti che si potranno ottenere dalle colture del Ficus elastica in Sicilia: i calcoli qui enunciati, in via | provvisoria, sono assai verosimili, imperocchè si basano su nume- rosi dati attinti da autori serii e coscienziosi e sulle esperienze pre- liminari iniziate in questo stesso Orto. Ci auguriamo che le esposte considerazioni e i dati riferiti in questa relazione possano invogliare chi, disponendo di opportuni mezzi, volesse sperimentare su larga scala la introduzione in Sici- lia di questa nuova industria agricola, così importante nei rapporti col commercio mondiale. E facciamo voti sopratutto che il Governo voglia prendere a cuore questa nuova industria, istituendo qualche campo sperimentale in Sicilia, perchè i risultati di colture, razio- nalmente eseguite, possano servire di esempio e di incoraggiamento di fronte alle incertezze ed ai dubbi, che per sè stessa ogni nuova intrapresa ispira, a chi volesse per avventura dedicarvisi. trovereb- La Direzione SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Ramo di Ficus sato da albero già fruttificante, con foglie ina conservano ancora la forma giovanile. Ramo di Ficus nina da albero già fruttificante, con foglio. che hanno assunto la forma adulta. Foglia di Ficus elastica, Soparlenznte alla varietà sterile, comu-. Ha nemente conosciuta col nome improprio di Ficus macrophyla.. si sa - SA Di Infiorescenza intera. Infiorescenza sezionata. . Fiore femmineo galligero Pistillo di fiore hg siti Re Pistillo di fiore femmineo fertile. = di fiore femmineo galligero. Hiovazo infiorescenza, ancora contornata da. br: n ttt ptt tin ivietttt DITO S, D è ig righi “a ingr ning grip poggi cv gi pagg gg pg RIZULTTOT Brevi osservazioni sulla Euphorbia biglandulosa, Desf, Nella regione mediterranea orientale, dall’Italia alla Palestina, esistono due specie di Euphorbia abbastanza affini fra loro, cioè l’Euphorbia myrsinites, L. e l’Euphorbia biglandulosa, DESF. Gli antichi botanici confusero queste due specie fra loro, ed applicarono ad entrambe il nome di 7’ithymalus myrsinites «quod folia gestebat myrti»: però da parecchie figure, abbastanza buone , pare avessero presente piuttosto la seconda che la prima specie, e ciò è confermato anche dalle località indicate da alcuni di tali autori, Ad esempio il RaJus (1) dice di essa: « ZJuxta ar- cem Rhegi in Calabria sponte ortam invenimus », alludendo così ad una località ove trovasi esclusivamente la vera Euphorbia bi- sfroioine Lixxeo @) pure, stabilendo la sua Euphorbia myrsinites, pare du piuttosto alla Euphorbia biglandulosa , imperocchè cita figure di autori che vi sì riferiscono ed aggiunge « habitat in Ca- labria ta ma la breve descrizione che viene a darne lascia dubbi0 Ha (1) Rasus J.— Historia plantarum - 1686. (i: (2) Linnapus 0. — ea a. In Amoenifatt \iodidletnbone | vol. _ IL 1756, pag. 128, Li Rao in proposito, dicendo chiaramente « foliis spathulatis »: si può sup- porre che, mentre citava autori e figure riferentisi alla Euphorbia biglandulosa, avesse in realtà sottocchio esemplari dell’altra specie. Egli però, seguendo il BAUHINIO (1) aggiunge una varietà angu- stifolia, che forse si riferisce alla vera Euphorbia biglandulosa. Maggior confusione apportò LInNEO (2) nelle Species planta- rum aggiungendo la località «in Monspelii », ove non vivono nè l’Euphorbia myrsinites nè 1’ Euphorbia biglandulosa, e citando si- nonimi che a queste due non si riferiscono. Verosimilmente trattasi dell’Euphorbia nicacensis, ALL. ed in realtà questa specie molto polimorfa, propria della regione mediterranea occidentale, pres sovente certe forme che quasi nell’ aspetto non si Hog dalla vera Euphorbia myrsinites. li autori però successivi a LinNEO, basandosi principalmente sul carattere delle foglie spatulate, e non curandosi dei sinonimi né delle località, giudicarono che LixnNEO non avesse avuto cono- scenza della vera Euphorbia biglandulosa, quindi adattarono uni- camente all’altra specie la descrizione ed il nome Linneano. L’ Euphorbia biglandulosa fa certamente raccolta dal Tour- NEFORT, pare in Creta; alcuni esemplari in fiore si trovavano nel suo Lebario, ed un baci disegno a colori, eseguito dall’AUBRIET, che accompagnò il TOURNEFORT nei suoi viaggi, si conservava nei velini del Museo di Storia Naturale a Parigi. Questi esemplari e questo disegno furono utilizzati dal DESFONTAINES (3) per stabi- lirne una specie a parte, che fu appunto la attuale Euphorbia bi- glandulosa. Berchè stabilita su esemplari non fruttiferi, pure la descrizione e la figura non ammettono dubbio, e, massime per le foglie lanceolate, la differenziano subito dalla Linneana Euphorbia myrsinites. Resta solo un dubbio per la località, imperocchè in Creta niuno ha più ritrovato questa specie. RauULIN (4) la cita solo sulla fede di TOURNEFORT, e Îisvica (5) che pure ha diligentemente esplorato tale isola, non l’ha affatto in- (1) BauHInIUS C. — Pinar Theatri Botanici - 1623. p. 290. (2) LixnaEus C. — Species plautarum - Ed. I. - 1753. p. 461. (3) Desronralnes R. L. — Choîx de Plantes du Corollaire des Instituts de Tournefort - 1808 - p. 88. plane. 67 i (4) Raurin V.— Ie de Crète - 1869-p. 549. (5) BaLpaccI A. — Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1898—In Malpighia - Vol. IX. 1895. p. 31. Mi pai contrata : però il viaggio di quest’ ultimo fu compiuto in una sta- gione troppo avanzata, Luglio ed Agosto, per i sone che è quasi invernale, Si potrebbe supporre che TOURNEFORT l’ avesse raccolta in qualche altra località ad esempio sulle ‘ape della Gre- cia o dell'Asia minore, od in qualche isola dell'Arcipelago, località tutte visitate dal TOURNEFORT ed ove questa specie è frequente, e solo per una svista l’avesse dichiarata di Creta. Tuttavia sta un altra testimonianza che si può riferire a questa specie : il ZANONI (1) ha descritto e figurato un 7ithymalus Creticus alypifolio che lon- tanamente potrebbe anche alludere alla Euphorbia biglandulosa , massime stando alla frase « quod Alypo similes frondes habet» , ma dalla figura non è possibile raccapezzarne cosa alcuna. Egli dice tale specie oriunda «ex Creta insula » ed a torto il BERTO- LONI (2) la riferisce all’ Euphorbia nicacensis , ALL. specie che manca affatto alla regione mediterranea orientale. Quale fu descritta dal DESFONTAINES, e con più precisione ca- ratterizzata da autori più recenti (3) la Euphorbia biglandulosa , costituisce una specie bene differenziata dalla Euphorbia myrsini- tes, L. Piaciemi di riassumere nel seguente schema le principali note differenziali fra queste due specie, dalle quali risulta che maggiori differenze consistono nei caratteri della forma delle foglie, spatolate o lanceolate, delle brattee reniformi o rombee, e dei semi con rughe veti fi od affatto disci. e (1) Zanoni J.—Rariorum stirpium historia - EA. C. MONTI - 1742, ii pag. 220 t. 170. pi (di Bino A. — Flora Italica - Tom. V. cin protà A . (3) Gussoxe G. — Plantae rariores ete. 1 ; 197. — GussonE 826. G.— Florae Siculae Prodromus—I. 1827. p. 555. eni G.— Supple- mentum ad Florae Siculae Prodromum_—1. 1882. p. 152.—GuUSssoNE G.- | °—‘’‘’‘lorac Siculae Synopsis -I. 1842. p. 546. i farononi die Pd i Italica - Tom. V. 1842. p. 72.— Borssrer E.— Euphorbia. In DE CANDOLLE : Prodromus - Tom. 15. pars. I. 1862. p. 175. — PARLATORE 2. — Flora Italiana - Vol. IV. 1867. p. 548. — BoIssIER - — Flora Orientalis -Tom. IV. 1879. p. 1136. — ArcangeLi G. — Compendio o : della Flora Italiana - Ed. I. 1882. p. 619, ed Ed. II. 1894 de 193.— uu FioRI A. — Euforbiacee. In wr e PaoLeTTI - Flora analitica d’Ita- 48 ta: = Vol. II. part. II. 1901. pi _ RESSE E. CORepert F. iae - Tom. II. 1006: Pp. 114 Euphorbia myrsinites, L. Euphorbia biglandulosa, Desf. n I RIO RI Pianta meno robusta, con un | Pianta più robusta, con un nu- numero minore di cauli. mero maggiore di cauli. Foglie larghe, corte obovato- | F oglie strette, lunghe , lanceo- spatolate, con la loro maggior late, con la loro maggior lar- larghezza nel terzo superiore, ghezza verso il mezzo ; acu- ottuse , con breve mucrone, minate, mucronate, assai con- meno conferte , le superiori ferte, le superiori reflesse. patenti. Brattee cordato - reniformi. Brattee obovato - rombee. Capsula più piccola , oscura- | Capsula assai più grande, ma- mente trigona, liscia. nifestamente trigona, alquanto punteggiata. Semi con rughe vermiformi, | Semi lisci. quasi tubercolati. È poi assai interessante la distribuzione geografica di queste due specie. Abitano entrambe la regione mediterranea orientale , dall’Italia alla Palestina, ma non crescono mai promiscue. Quan- tunque entrambe preferiscano i luoghi sassosi, calcarei, 1’ Euphor- bia biglandulosa » occupa le regioni colline , calde, poco lontano dal mare, e si estende maggiormente verso il sud, fiorendo ivi da Febbrajo ad Aprile : l’Euphorbia myrsinites invece occupa le re- gioni montane e quasi subalpine, fredde, assai lontano dal mare, e si estende maggiormente verso il nord , fiorendo ivi da Maggio ad Agosto. Si può dire che si sostituiscono a vicenda e dove ter- mina l’area dell’una incomincia l’area dell’ altra. Ne avviene che le regioni centrali, elevate, di un dato territorio sono occupate dalla Euphorbia myrsinites , mentre le regioni basse , circostanti, sono occupate dall’ Euphorbia biglandulosa. Ad esempio in Italia, egli Appennini delle Marche ‘e degli Abruzzi, e precisamente alle falde del Marrone e della Majella, al M. Velino e perfino in Ca- labria al M. Pollino, trovasi l’Euphorbia myrsinites, mentre sui colli stessi di Calabria, nell’estremo sud della Penisola, abbonda Euphorbia biglandulosa. Così in Sicilia nella regione collina è frequente ]’ Euphorbia biglandulosa, mentre la Euphorbia myr- sinites è localizzata nelle reginni montane delle Madonie. In Gre- cia la Euphorbia biglandulosa, abita tutte le colline , mentre la — 90 — Euphorbia myrsinites trovasi nelle montagne del Pindo , dell’ O- limpo, dell’Osa, del Pelion, del Parnaso, dell’ Imetto etc. L’ Ew- phorbia biglandulosa si spinge poi più verso il sud, nella Siria, ove non è seguita dall’Euphorbia mirsinites, mentre quest’ultima i spinge più verso il nord, nella Bosnia, e nella Serbia , ove la Euphorbia biglandulosa manca. Nel passato Marzo trovai sui colli di San Martino, presso Pa- lermo, in una località calcarea, sassosa, assai calda, l'Euplorbia biglandulosa molto abbondante, in piena fioritura. Ciascuna pianta formava un grosso cespuglio di 8, 10 ed anche più cauli, visibile a grande distanza, stante il colore glauco, quasi cenerino, del fo- gliame, ed il colore giallo vivo delle brattee attornianti le infiore- scenze. Però a primo aspetto, anche ad una certa distanza, si po- teva scorgere l’esistenza di due forme bene distinte : alcuni cespugli più alti e più densi, presentavano nella regione dell’ infiorescenza una colorazione più verdastra, mentre altri meno alti o meno densi, presentavano in detta regione una colorazione più intensamente gialla; in quanto al numero presso a poco gli uni uguagliavano gli altri. Osservati più da vicino, esemplari dell’una e dell’altra forma, potei riscontrare altre differenze, e rilevai che la forma più grande e più verdastra, presentava tutti i ciazii ermafroditi ad eccezione del centrale. Mentre la forma minore e più gialla, presentava i ciazii di primo, di secondo e sovente anche di terzo ordine, maschili e solo i successivi, quando esistevano, ermafroditi. Si trattava cioè di una tendenza all’androdiecia, avendosi individui sempre erma- froditi, ed individui presentanti un primo periodo maschile, e solo in seguito passanti all’ermafroditismo ; in parecchi però di questi ultimi individui, in realtà più gracili dig altri, lo sviluppo dei ciazii si arrestava a quelli di secondo o di terzo ordine, ed allora si avevano individui esclusivamente maschili. Altri caratteri accom- nina questa sorta di dimorfismo sessuale. Negli individui rmafroditi infatti si aveva l’infiorescenza più densa e compatta , con brattee primarie più larghe di colore alquanto verdastro, e brat- teole successive pure larghe, perfettamente rombee, appressate ad imbuto, mentre negli individui con prevalenza di ciazii maschili sì aveva l’infiorescenza meno densa e più lassa, con brattee primarie meno larghe, di colore intensamente giallo, e bratteole successive pure meno larghe, ellittiche non appressate ad imbuto. Nella forma er- mafrodita il ciaziò centrale era costantemente maschile, con cinque 0 Da na rei cade, ed i ciazii laterali , di secondo , — dI terzo e quarto ordine, tutti ermafroditi , proterogini, con quattro piattelli melliferi verdastri. Nella forma prevalentemente maschile, il ciazio centrale era per solito neutro o qualche volta maschile , con cinque o più piattelli melliferi tinti in rosso coccineo , ed i ciazii laterali di secondo, e sovente anche di terzo ordine, esclusi- vamente maschili, però con soli quattro piattelli melliferi, gialinsini passanti all’aranciato ed al rosso : i ciazii successivi, quando esi- stevano, erano ermafroditi, affatto simili a quelli dell'altra forma. I piattelli melliferi erano nella forma maschile più grandi, più el- littici, con appendici abbastanza grandi più o meno crenate, e nella Kata ermafrodita più piccoli, più allungati con appendici meno grandi, quasi intere, Da tutte queste differenze risulta che l’ Euphorbia biglandu- losa, almeno nella predetta località, presenta una tendenza all’an- elio che in qualche individuo viene ge ta mentre in altri rimane limitato solo al primo periodo della fioritur L'esistenza in molte specie di Euphorbia del primo ciazio neutro o maschile, con almeno cinque piattelli melliferi, era già stata notata dai Gtografi nelle loro descrizioni, ed aveva pure avuto una retta in- terpretazione dai biologi, come si può rilevare dal Nicorra (1). In di- Verse specie pure si era notato che non solo il ciazio centrale, di pri- mo ordine, resta neutro o maschile, ma ancorai ciazii di secondo e di terzo ordine. Ciò ad esempio si osserva nell’ Euphorbia den- droides, nell’Euphorbia fruticosa, ed in altre specie. Un tale fatto non era sfuggito a o (2) : egli così ne parla « Flo- res sunt plerumque hei liti, in multis tamen, ex um- bellatis, sunt primi flores umbellae universalis et partiales ma- sculini, et în ulteriori dichotomia hermaphroditi : quid quod tum in uno flore sunt quatuor, in altero vero quinque petala ». Aggiungasi che Linvro anche nell’ Euphorbia myrsinites aveva notato dapprima (3): « Flores primi masculi, reliqui autem her- — (1) Nicorra L. — Contribuzione alla biologia fiorale del genere Euphorbia — Nelle ati alla Biologia vegetale, edite da A. Borzi — Vol. I. fase. I. 1894, 22. — Nicorra L. — Ancora sulla biologia fiorale delle Euforbie. — 2 Nel Bollettino della Società Botanica Italiana - 1898. p. 87. (2) x C. si iaia In Amoenitates Academia - Vol. III. 1756, p. (8) Lau C.H1, c. p. 128, s HS Ai) ss maphroditi sunt » aggiungendo in seguito (1): « Flores intra in- volucella primaria et secundaria masculi, reliqui hermaphroditi ». E sappiamo che LIiNNEO comprendeva nella sua Euphorbia myr- det anche l’ Euphorbia biglandulosa, come appare dalle lo- calità lle figure citate. Tuttavia anche a tale autore era sfug- gita la esistenza di due forme, una ermafrodita ed una prevalente- mente maschile, forse avendone veduti soli esemplari di erbario della seconda forma. Si tratta quindi, nelle predette Euphorbia dendroides , Eu- phorbia fruticosa, etc. di un andromonoicismo costante, con indi- vidui a ciazii tutti egualmente differenziati, i primi maschili, i sue- cessivi ermafroditi, mentre nell’Euphordia biglandulosa si ha un androdioicismo iniziale con tendenza alla produzione di individui esclusivamente ermafroditi, e di individui esclusivamente o preva- lentemente maschili: questo androdioicismo è raggiunto in altre specie, come ad esempio nella: Euphorbia Oharacias , in cui si hanno individui esclusivamente ermafroditi ed individui esclusiva- mente maschili. In tutte queste specie però la produzione di indi- vidui prevalentemente od seglasivamente maschili è un carattere postumo e non iniziale e ciò ci è dimostrato dal numero dei piat- telli melliferi. Come è noto in ma specie il ciazio centrale è maschile con cinque piattelli melliferi, ma nei ciazii successi- vi, ermafroditi, i piattelli melliferi sono solo quattro, e questa è una disposizione opportuna per permettere all’ovario feconda- to di tirarsi in disparte, onde lasciar posto agli stami che suc- cessivamente vanno sviluppandosi. Ora si osserva che nei ciazii di secondo e di terzo ordine, quando sono solo maschili, i piat- telli melliferi sono unicamente quattro e non cinque, quindi si ha la soppressione di uno essi, quantunque non vi sia alcuno sviluppo di fiore femmineo centrale. Ciò vuol dire che questi ciazii maschili nell’inizio dovevano essere ermafroditi, e divennero uni- sessuali solo posteriormente, per arresto di sviluppo del fiore fem- mineo centrale. Si ha quindi nel genere Euphorbia una Lin all’androdiecia affatto analoga a quella che si osserva nel genere Arisaema delle Aroidee. Ora quale ne è lo scopo ? Se osserviamo che tanto le spe- cie a spadici ermafroditi di Arisaema, come le specie a ciazii er- mafroditi di Euphorbia, sono proterogine, possiamo ritenere l’inizio (1) Linnarus C. — Species plantarum. — Ed. 1. 1753, p. 461: dell’androdiecia come una esagerazione della proteroginia stessa : infatti nel senso opposto troviamo che le specie ginodioiche , come Labiate, Cariofillee, Valerianacee, etc. appartengono costantemente a stirpi proterandre, e possiamo ritenere l’ inizio della ginodiecia come una esagerazione della proterandria stessa. In altri termini, in una stirpe proterogina le prime visite di insetti sono inutili e gli ovarii dei primi fiori sviluppati sono condannati ad assoluta ste- rilità, quindi, sviluppandosi per primi soli fiori maschili, è ovviato a questa produzione inutile di organi, perciò è razionale la esistenza di specie andromonoiche con la produzione iniziale di fiori maschili e la produzione successiva di fiori ermafroditi proterogini, come ap- punto in parecchie specie di Euphorbia : parimenti in una stirpe proterandra le prime visite di insetti sono inutili, ed il polline dei primi fiori sviluppati non trova collocamento, quindi, sviluppan- dosi per primi soli fiori femminei, è ovviata a questa produzione inutile di organi, perciò è razionale la esistenza di specie ginomo- noiche, con la produzione iniziale di fiori femminei e la produzione Successiva di fiori ermafroditi proterandri, come in alcune Labiate, Cariofillee, Valerianacee. a iniziata questa differenzazione, entra in giuoco la gran legge della divisione del lavoro, e, se si avrà forza pronuba esuberante, le stirpi andromonoiche diventeranno audrodioiche e quelle ginomo- noiche diventeranno ginodioiche, con tendenza entrambe al dioicismo perfetto. In molti casi però il vero dioicismo non è raggiunto, volendosi con la persistenza di individui ermafroditi assicurare la produzione di semi anche nel caso che la staurogamia abbia a venir meno. Nelle stirpi cioè androdioiche e ginodioiche si hanno individui che possono pro- durre seme omogamicamente, anche se mancarono i pronubi, ed in- dividui differenziati unicamente in vista di necessità staurogamiche. Considerandosi che le Euphorbiae sono proterogine brachibio- stimmici, parebbe in esse inutile l’ermatroditismo dei ciazii in vista di eventuali impollinazioni omogamiche, imperocchè, quando escono gli stami, l’ovario è già declinato , con gli stimmi defunti. Ed in realtà la omogamia è resa impossibile in uno stesso ciazio : ma per l'’Euphorbia biglandulosa, e forse per altre specie , è possibile fra i ciazii di una stessa infiorescenza, anche senza concorso degli insetti, ed ecco come: il polline è secco e mobilissimo, quasi come nelle specie anemofile, ed il vento può facilmente sollevarlo : na ciazii ermafroditi, durante lo stadio femmineo, le bratteole sono appressate ad imbuto, ricoprendosi coi margini, ed in fondo a questo imbuto si trovano espansi i sei stimmi. È evidente che qualche granello di polline, tolto dal vento ai ciazii vicini, potrà rotolare nella cavità di qualcuno di questi imbuti e così essere usufruito per impollinazioni omogamiche. Si tratta di una disposizione analoga a quella descritta dal DeLPINO (1) per il Mercurialis perennis. Così in questa Euphorbia si ha una duplice serie di impollinazioni : staurogamiche per opera di insetti, omogamiche per opera del vento. Avendo detto in precedenza che la differenzazione dei sessi è solo possibile quando si ha esuberanza di forza pronuba, è necessario ve- dere a questo proposito come si comportano le specie del genere Ew- phorbia. I ciazii diEuphorbia sono accessibili a molti insetti ed i piat- telli melliferi, scoperti, appiattiti, in una coi colori giallastri, ver- dastri, o bruni, sono caratteri evidenti di macromiofilia : in realtà li troviamo costantemente visitati da numerosi ditteri di molte spe- cie: vi accorre anche qualche altro insetto, ma in via affatto subor- dina itteri, come è noto , bbivudato assai ovunque, sia nel numero delle specie che nel numero degli individui, quindi sono una forza pronuba assai efficacie : ne è prova la tendenza al dioi- cismo, spesso raggiunto in molte stirpi macromiofile, come Rha- mnus, Evonymus, Paliurus, Rhus, Ilex, Burus, Aucuba, Aralia, Ruscus, Salix etc. Quindi, data una tal sorta di pronubi, anche per il genere Euphorbia era possibile una differenzazione verso il dioicismo. Perl’Euphorbia biglandulosa i caratteri florali accennano pure a macromiofilia. In essa la funzione vessillare è molto esaltata, es- sendo i suoi cespugli in piena fioritura visibili a grande distanza. Questa funzione è incarnata specialmente nelle brattee e nelle bratteole che accompagnano i ciazii : esse sono colorate in giallo più o meno vivo, un poco verdognole nella forma ermafrodita. Con- tribuisce pure alla funzione vessillare il ciazio centrale neutro o maschile, ed anche i ciazii successivi nella forma di preferenza maschile : questi ciazii assumono un colore aranciato e qualche volta perfettamente rosso, che risalta assai sul giallo delle brattee. L'odore al contrario in questa specie manca quasi affatto : appena potei rilevare a pene sole un lievissimo olezzo, non del tutto di- sgradevole. Il miele abbonda , avendo ciascun ciazio da cinque a Guib (1) Dean F.- Ataf di Mercurialis perennis. In Malpi- | ghia Vol. IV. p. 27, Was . Bari cin tro piattelli nettariferi assai larghi. Nei ciazii ermafroditi la secrezione mellea è più abbondante che nei maschili : incomincia con l’appari- zione degli stimmi e continua fino alla loro fecondazione: allora l’ovario declina da un lato, e la secrezione mellea ha fine. Nei ciazii maschili invece questa secrezione è meno abbondante: incomincia con l’ apparizione dei primi stami, ma ha breve durata. Il miele però non è riassorbito e persiste sui piattelli, se non fu asportato dagli insetti, novella prova della vera funzione dei nettarii, ben di- fesa dal DELPINO O (1), contrariamente a certe teorie moderne. a in questi nettarii si trova un altro carattere importante sfuggito alla vista dei biologi. Ciascun piattello mellifero è fornito verso la sua parte esterna di due appendici semiglobose, di color giallo melleo, lucidissime, intere o crenate, più grandi nei ciazii maschili che negli ermafroditi. Queste appandici si debbono consi- derare come falsi nettarii : infatti la loro somiglianza con goccioline di miele è tale che si è tentati a toccarle per convincersi se sieno propriamente asciutte. Siccome la vera secrezione dei detti piattelli è fugace, ed i pronubi più adatti sono ditteri, cioè insetti di scarsa intelligenza, questi falsi nettarii adempiono assai bene alla funzione dei veri, per tutto il tempo in cui manca a questi la secrezione, con evidente risparmio di materia. Non va dimenticato che anche in altre piante si ha la presenza contemporanea di veri e di falsi nettarii, come nei generi Nigella, Lopezia etc. (2). Sugli esemplari da me osservati vidi accorrere insetti di più ordini. Anzidetto diversi individui di Apis mellifica passavano ra- pidamente da un ciazio all’altro, eseguendone abbastanza bene le impollinazioni staurogamiche : tuttavia mi parve che fossero un impacciati nel prendere il miele, stante la forma appiattita dei piat- _—_ ° (1) DELPINO F. — Sul nettario ina del Galanthus nivalis—In Malpighia. Vol. I. 1887. p. 354.—DELPINO F.—I2 nettario florale del i racemosus—In Magra 2. 1887. p. 434—DEL- O F.— Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale — Nelle Memorie della Real accademia delle Scienze di Bologna—Serie IV. Tom. VII. 1886. p. 214-Tom. VIII. 1887. p.600e Tom. X. 1889. p. 114 DauINo —Sulta funzione vessillare pura: le ae aertt Memorie detta RealAccademia delleScienze di Bologna.—Ser.VI.Tom.I.1904 p. 106. i (2) DeLPINO F.— Piante a falsi e veri nettarii — Nelle Ulteriori osservazioni sulla dicogamia nel Regno Vale Part. IL fase ; 128, (0, p. 2 OR telli melliferi, e forse accorrevano a questi fiori solo spinti dall’e- strema penuria in detta stagione ed in detta località di fiori mel- ittofili Poi si aveva abbondantissimo un dittero, credo del ge- nere Bibio, le cui femmine si distinguevano tosto per avere il capo assai più piccolo dei maschi. Si può dire che in qua- si ogni infiorescenza ne esistesse qualche individuo : però ri- levai che erano molto sedentari, ma non so se a questo contri- buisse la stagione abbastanza fredda o se sia il loro consueto modo di diportarsi. Taluni erano talmente assorti a sugger miele che, anche toccati con la mano, stentavano a muoversi. Malgrado sieno assai sedentari, stante il loro gran numero, direi che questi sono i pronubi normali di tale specie, nella predetta località: in realtà se consideriamo la lunga durata in fioritura dei ciazii di questa specie, ciascun dei quali può restare aperto anche un mese, e più, con successivo lento sviluppo di stami, e se consideriamo che anche gli stimmi non fecondati possono persistere dieci e più giorni in attesa di polline, anche insetti di movimenti piuttosto lenti, massime se in gran numero, possono funzionare con efficacia da pronubi. Qualche altro Dittero, appartenente agli Eristalidi, passava ve- loce e qualche volta si posava appena un istante sulle dette infio- rescenze, ma mi parve non avesse per esse molta predilezione, nè mi fu possibile catturarne alcuno per controllarne la specie. Alcune specie di coleotteri pure vi si trovavano, ma poco ad- bondanti, e la loro presenza forse più si deve alla mancanza di altri fiori, che ad un vero adattamento. Noto due individui di Coc- cinella septempunctata, L., alcuni individui di Mylabris (Bruchus) bimaculata, OLIV., alcuni individui di Meligethes picipes, STUR. e specialmente diversi individui di Oxytelus complanatus, ER. In- ‘ teressa assai di rilevare come questo ultimo insetto sia uno dei più assidui frequentatori delle spate di Dracunculus, di Amorphophal- lus, e dei corpi sporificanti. di Chlathrus : frequentando anche questa Euphorbia, dimostra avere una spiccata simpatia per gli adat- tamenti sapromiofili e macromiofili. Tuttavia tutti questi coleotteri, stante la loro piccolezza ed il loro corpo abbastanza liscio, non po- franno avere molto valore come pronubi dell’ Euphorbia biglan-— dulosa. Infine rilevai due altre stirpi di visitatori non desiderati. Al- cune piante di detta Ewphorbia erano invase da formiche, che, approfittando dei piattelli melliferi scoperti, ne suggevano comoda- SATA il miele. Si trattava di pnt, specie diverse di formiche (1): però ciascun cespuglio di Euphorbia dava ricetto ad una sola spe- cie. Anche in questo caso notai il solito antagonismo fra formiche e pronubi: su quelle infiorescenze ove trovavansi formiche non vi era alcun dittero nè alcun coleottero, nè vi si fermava alcuna ape: e ciò evidentemente costituiva un danno grave per la staurogamia di tali individui. In altri individui poi osservai il curioso diportarsi di un ragno, di cui non so il nome. È una specie piuttosto piccola, con zampe e con cefalotorace grigio-nerastri, e con addome variamente colorato, ove il bianco, il grigio ed il nero formano disegni varianti da indi- viduo ad individuo. Infatti ne osservai quattro individui, e, mentre, visti inferiormente, erano tutti identici, visti superiormente, per i disegni dell’addome, differivano tutti quattro l’uno dall’altro, sì che si sarebbe detto appartenere a quattro specie distinte : il primo a- veva verso l’estremità dell’addome una grossa macchia rotonda, nera, con largo contorno bianco, ed il resto grigio : il secondo a- veva una piccola macchia nera, rotonda, verso il cefalotorace, pure cerchiata di bianco, ed il resto grigio : il terzo aveva metà dell’ad- dome bianco, grigio solo verso l’estremità, e quivi aveva una mac- chia lineare nera, situata nel mezzo di una macchia bianca fatta a croce : il quarto infine aveva l’addome tutto grigio con una grossa macchia nera a ferro di lancia. Il notevole è che questi ragni stando in agguato sulle infiorescenze avvicinano le zampe al cefalotorace in modo da assumere una forma quasi ovale : in tale atteggiamento prendono l’aspetto di veri coleotteri, somigliando assai a grosse specie di Bruchus o di altri generi affini : la colorazione pure va- riata dal bianco al grigio ed al nero contribuisce ad aumentarne l'apparenza, come pure la varia disposizione delle macchie fa l’im- pressione che si tratti di coleotteri appartenenti a specie diverse. Io credo che questo sia un vero mimismo, per destar fiducia ai ditteri pronubi, i quali, non avendo affatto da temere dalla presenza di coleotteri, vi si poseranno più facilmente vicino : io pure ebbi dapprincipio l’impressione che fossero coleotteri e mi accorsi del contrario solo quando li ebbi toccati (e tutti quattro, atteso la di- (1) Debbo alla cortesia del Prof. EmEeRY la determinazione di que- ste specie: esse sono: Crematogaster sordidula, LyL.— Crematogaster raggi Emery.—Plagiolepis pygmaea, LaTtR. e nese igeio mi- cans, N cl O versità di colorazione !) che allora li vidi sporgere con impeto le zampe, e scoprirsi per aracnidi. Attorno ad essi notai pure qualche spoglia del predetto Bibio, che ne era caduto vittima. Infine rilevai una curiosa tendenza teratologica offerta da pa- recchi individui di questa Euphorbia. Nei ciazii di quarto e di quinto ordine, si sviluppano sovente solo due piattelli melliferi. Già è noto come presso alcune specie di Euphorbia i ciazii abbiano una tendenza alla zigomorfia : nell’Euphorbia adenoptera, Euphorbia tettensis, Euphorbia rosea (1), in cui si hanno lunghi . rami simpodiali, prostrati, con ciazii apparentemente ascellari, due piattelli melliferi portano appendici assai ampie, mentre gli altri due quasi ne mancano : nell’Euphorbia tubercolata poi i piattelli, con larga appendice tubulosa, sono ridotti a due: è parimenti noto come nell’affinissimo genere Poinsettia se ne abbia di regola un solo. Così si ha una graduale tendenza alla zigomorfia, che è com- pletamente raggiunta nel genere Pedilanthus. Ora, il caso terato- logico, assai frequente, nell’Euphorbia biglandulosa, dei ciazii più esterni con due soli piattelli melliferi, può attestare come l’inizio della zigomorfia in queste Euphorbiae debba dipendere, non solo da ra- gioni di compressione ineguale, ma ancora e più propriamente dalla posizione che questi nettarii occupano rispetto ai pronubi, potendo molto più facilmente venire utilizzati i due volti contro l’ esterno, che non i due contrari. Ciò conferma che la causa della zigomor- fia è essenzialmente biologica (2). G, E. Mattei —__ (1) Borssner E.—Zcones Euphorbiarum—Genève 1866. (2) DeLPINO F.—La zigomorfia fiorale e le sue cause. -In Malpi- ghia. Vol. I. 1887. p. 86. Di alcune specie nuove o critiche per la Flora Italiana. I. STATICE. 1. — Statice racemosa, nov. sp. —St. caspia, Nic. ers. Sard. — Caespitulo minutissimo foliis parvis brevibus, densis, breviter an- guste spathulatis , depresso-canaliculatis obtusis saepe apiculatis, Supra aspero-tuberculatis; scapis numerosis, rigidulis im- plexis, articulatis, articulis anfracto-subflexuosis, sub lente minute. squamulosis puberulis fere furfuraceis ; Alterne ramulosis; ramulis (sterilibus) ultra ad ?|, caulis longitudinis productis, ex axil- la bractea conspicua ferentibus, breviter patulis, ad ramulum apice furcato-bifido reductis vel dentiformi; spiculis ad summitates caulis fere semper s 0 li- tariis, pediculo proprio munitis, racemo sim- plici, rarius diviso, omnino formantibus, rectis, saepissime 3-floris; bractea una minute ovato-triangulari, vix mar- ginata, intima non incurva nec tubulosa sed complicata, oblongo - obtusa, vix nec vix apiculata , «ad apicem ut ad margines anguste hyalina; calyce nervato usque ad originem limbi adpresse villoso, limbo acute lobato; spiculae rufae, non atrae nec adustae, alter- nis vel secundis, pediculo proprio plus minus (ramus ‘— 100 — uniflorus) longo fultis, rarius 2-3, secus axeos simpli- ces subcontiguae, pedicellatae, fere tascicula tae (terminales rami — Prope Sassari legit et communica- vit Dr. Leop. NicoTRA ! (In Herbario Panormitano). Osserv. Sembra an alla S.cancellata,Bernh. e S. retroflera, Guss. ; (ined.). Dalla S. articulata e dalle forme che accedono alla S. dictyo- si clada, è assolutamente aliena. Hi 2. — Statice laeta, Moris, Fl. sard. IMI. p. 42.—St. australis, Moris, Diagn. stirp. Sard. nov. Taur. 1857. p. 1 (non SPR.)— Caulescens, coespite valido dense folioso, multicipite , foliis secus cauliculos imbricatos, minimis rosulatis, glabris, crassis, nitidis, ex sicco corrugatis, tuberculatis (non puverulento- far furaceis), anguste longeque linearibus vel planis, subcanalicu- latis, acutis, apiculatis (apiculo continuo), laevissime crustaceo-mar- di ginatis ; scapis pluribus brevibus e basi non divis is a (sterilibus nullis) gracilibus, parce divisis; ramis erectis, ud fastigiatis strictissime corymbosis, floriferis sursum ramuligeris, elongatis secundis ; spiculis erectis rectisque secundis approximatis i contiguis, palin rufis; bractea inferiori ovata, vix acu- °° a tata, carina in apiculo excurrente, successiva obtusa obovata, subaequilonga, summa sub triplo longiora complicata, oblonga, obtusa, margine rufo postea extus hyalino, corrugata, vix carinata ; nervis calycinis non ultra dimidiam partem tubi longi i tudinis-excurrentibus. — In insula Asinara legit et communi i cavit Dr. Leop. NicorRA, anno 1899! (In Herbario Panormitano). a PASTORI anco in merito al posto di sezione è difficile pronunziarsi. Ciò im- porta che è specie molto distinta. Direi che vi è qualche cosa che, dall’abito, svela una certa affinità con le Stfatice del gruppo della Sf. duri Spe , Gir. cosa ben giustamente rilevata dal Nyman (Con ctus p. 5; — Statice graeca, Borss. in D. C. Prodr. XII. p. 650. var. italica, MIHI. — St. graeca et Sieberi, BOSS. Flor. or. IV. p. 801. Loto nulla. HrLDR. Ersice. FI. Gr. n. 99. — Glaucescens, — laeviuscula, foliis obovato-spathulatis, coriaceis, oblongis, cum api- culo. in petiolum attenuatis; scapis parcissime divisis, sterilibus nullis; spiculis, secus axeos rectos, laxissimis; remotissimis, 4-6- foris, in spicas longas unilateraliter secundas digestis (more Staticearum e grege Psilocladae « Dissitiflorae typicae ») erectis, rectisque; nea externa parva late trianguri su — 101 — obtusa, fere toto hyalina, summa latissima, glauca, pallide rufa, margine rufo angustissimo, postea hyalino, convoluto- -compressa, glumacea, obtusissima truncato-lacera, turgidula, intimis (plures) ad singulum florem subjectis vix anguste spathulatis, fere toto membranaceis, dorso nervatis; calyce breviter ampliato, obtuse lobato; corolla..... — Bari, in salsugineis. legit BruxI! (In Herbario Panormitano). I Ossere. — Le St. Sieberi e St. graeca (forse da riunire specifica «Sfeurocladae » in senso lato. Esse rammentano. quel gruppo della St. psiloclada, Borss. che in Sicilia presenta Sf. albida e St. inter- media, e la mancaza di rami sterili le fa avvicinare a questo gruppo più che alla St, dirgli ed affini, 4. — Statice Niecotrae, nov. sp. — St. laeta, Nic. ers. Sard. (non Moris). St. rupicola, Ban. var. (St. minuta, Borss.). — Suffrutescens minutissime cauliculosa, densissime caespitulosa , caudice unico lignoso gracile, ramoso; ramis diffusis coespitulum denso multicipite tune latiusculum efformantibus, annotinis minutis- simis herbaceis, gracilibus, coadunatis, copiosissimis, adpressis, bre- vissimis, e ipsa basi foliis e basi arcte amp ctentibus crebre vestitis; foliis linearibus orali in genere minimis, gracilibus, viridibus, petiolo dilatato va- ginatis, dein laeviter stenti planis, vix nec vix ad apicem ro- tundatis, apiculatis, nitidis fere lucentibus, imis vix corrugatis, ac depresso-canaliculatis; scapis minutis trevibue, supra pulvinulos parum emergentibus, rectis, strietis, articulis fastigia- tis, brevissimis dichotome divisis, ad nodos vix constrictis; spiculis subrectis; bractea externa brevissime triangulari, interna dorso crasse coriacea, herbacea, margine abrupte primum castaneo dein albo- -cartilagineo; PRETE 2, tubo glabro nitido crasse nervato, tubo subincurvo, lobis albis chiaro folia 5-8 mm. longa, 2-3 mm. lata. — Sardinia ad Portos-Torres, in maritimis et ad rupes, legit et. communicavit Dr. LEOP. Nicomra! (In Herbario Panormitano). g Osserv. — In uao ai fiori. a mio avviso e si avvicina alla S. c08- | syrensis, Guss. ed è consanguinea al gruppo delle S. rupicula , St. -: e Ss. parrifolia, che accedono alla S. minuta. Per l’abito ab- me e per tutti i caratteri questa distintissima Den a pedi pg si distinguo da tutte del SO: i 5. — Statico vetieulata, L. (non alior. a Consp. p. 612. — 102 — Icon. Bocc. tab. 44. optima!— Foliis laxe rosulatis , mem- branaceis, obovato-spathulatis, in petiolum latum attenua tis glabris, laeviusculis, saepe retusis; scapis e ip- sissima basi divisis, inferne rigidulis divaricato- deflexis diffusisque, adscendendo tenuioribus, herbaceis, repetito-divisis, articulis elo n gatis ad angu- lum rectum divisis, patentissimis, gracillimis refractis, retroflexis, late cancellantibus vel varie flexis fere disordinate laxeque imbrica- tis, fere omnibus sterilibus, summis filifor- mibus; spicis depauperatissimis, pauca ad ramuscu- los ultimos laxe secundis, subincurvis vel rectis, bifloris (nec 1- nec multifloris); bractea ima obtusissima, ovata, successiva paullo longiora, fere omnino scariosa, nitida, obtusa, summa triplo longiora obtusata, lata ; laxe convoluta, latissime scariosa; calycis tubo glabro fere circa limbum con- tinuo, lobis brevibus obtusatis.— In Insula Melita, locu San Giuliano dicto, legit ERRERA! Trx.! (in Herbario Pa- normitano). Osserv. — È una specie rara, poco conosciuta e malamente confusa negli erbarii. Sta solo vicina alla St. tenuicula, Tix. la quale, colle ultime ramificazioni, preludia a quel modo particolare di ramifica- zione della Sf. reticulata, ma non può ne deve confondersi con la det- ta. Molto più aberranti sono certe varietà reticulate, della St. Bocconi, Loyac. (Sf. cordata, Guss.), che in tutto, nella ramificazione, fanno ciò che fa la St. reticulata, pur restando per il resto specie distinta e varietà della Sf. Bocconi. La St. tenuicula a prima giunta non si può confondere con la Sf. reticulata per i fusti rigidi continui, retti e sottili, che, come nella Sf. rupicola, sino a certa altezza si vedono guarniti di una quantità di foglie diminute, affastellate e alquanto revolute. La Sf. fenuicula infine è caulescente. È s i mento che ne fa il Borssrer, nel Prodromus, con la Sf. cancellata, (©) hi » < i [peg (e°) el (oi » LI * ERNH., quantunque è pur vero che certe sue forme (Capri, leg. GrOvES !) vi alludono molto per la facies. La Sf. reticulata, L. a quan- to pare è esclusiva di «Malta, dove pare sia abbastanza localizzata. Nel vol. IV. Flora Sicula, di imminente uscita, figurano 17 specie di Sta- tice di Sicilia, dalle quali forse si potrà meglio riconoscere che non è stato. pel passato riconosciuta, la vera essenza del grande numero di forme Siciliane. (continua) M. Lojacono Pojeto. Una Felce nuova per l’ Italia. A Cava dei Tirreni, presso Salerno, sulle arcate esterne del Convento dei Cappuccini, cresce una piccola ed elegante Felce, fin qui ritenuta per lo Scolopendrium Hemionites, Sw. Con tale nome fu indicata dal TENORE (1) e dal BERTOLONI (2) i quali ne avevano ricevuto esemplari dal GussoNE : recente- mente anche il MARCELLO (3) la ritenne per tale. Ora, avendone ricevuto qualche esemplare fresco, dallo stesso Prof. MARCELLO, ho potuto assicurarmi che si tratta di una specie ben diversa, nuova per la flora italiana, e precisamente dell’ Asplenium palmatum, LMARK. Questo Asplenium ha in realtà molta rassomiglianza con lo Scolopendrium Hemionites, ma se ne distingue tosto perle foglie decisamente palmatolobate, a cinque lobi più o meno manifesti, i laterali ascendenti, e non a sole orecchiette orizzontali o conver- genti: presenta poi sori lineari, disposti disticamente ai lati della nervatura mediana, con un solo indusio, nel loro lato e e non due indusii come nei veri ara (1) Texore M.— For. Napol. V. 1886. p. 307. (2) BERTOLONI A. — Flor, Ital. (a 1858. p. 85. i (8) MarcELLO LenTen Cor. d Flor Caron 1903. p. 39. d eecsssagesaseseane SERIBESAGIOFASIA SIGEERIAAGARSETo a SERIBRRAGGARABAZAGIARASBATAZELISLIARIBIARIAALI]) ARR E Riassunto delle osservazioni eseguite nel R. Osser- vatorio meteorologico di Palermo nei mesi di Agosto a Dicembre 1905, per il Prof. G. De Liga, Altitudine della stazione sul mare=m. 71. termometri sono collocati in giardino a m. 2 dal suolo ed all’ ombra. Il pluviometro è collocato a m. 1 dal livello del terreno. I geotermometri sono collocati in terreno calcare compatto (1). (1) Abbreviazioni usate per le indicazioni di vari fenomeni : $ . maisto:=* m. ».. COperto == Neve —-nv. Grandine = gr. Nebbia “= nebb. Troni = ti. Baleni — bal, Vento forte — vf. Rugiada = rg. Brina = br. Caligine — cal. COGI Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di Agosto 1905. VENTO Geotermometri cent. GIORNI Pressione media a 0° Umidità media bei n oraria edie Velo. a 30a 60'a 90'a120 em i cm. | cm. | cm Pioggia in mm. Fenomeni notati D_ It ae 0 n o 0 1 [n Rd O_O P_i TH Jo n Q HE &» dI 0 SI MN a n na SES ona - - BILE o 14, di AS 6 4, n 5 4, oa,» 4,329, 5 4, olo9, 5 10, 2/29, 5 a dI 6,5 I DD N N -—] -l «l «] -t_ «l_0 «dI © w LAS) -l I - Liv) a) È ada] p i er TONE 9A Le) 25, 8/24, 5 25, 8|24, 6 25, 9/24,7 26, 0|24, 7 26, 0/24, 8 26, 024, 8 26, 1/24, 8 26, 1|24,9 26, 2/24, 9 26, 224,9 26, 2/25, 0 27, 9/26, 2/25, 0 26, 2/25, 1 26, 3/25, 1 26, 2/25, 1 , 6/26, 2/25, 2 26, 2/25, 1 26, 2/25, 1 26, 2|25, 1 26, 2/25, 1 27, 2/26, 1/25, 1 , 2[26, 0[25, 1 , 4/26, 0|25, 1 , 4/26, 0|25, 1 , 526, 0|25, 1 26, 1/25, 1 26, 2/25, 2 26, 2/25, 2 26, 3/25, 3 26, 4/25, 3 | ? 6,429, 1 | 27,7 26, 5/25, 4 26, 125,0 > posa su smo Siglodel olio TATA AE np è a (021 on rg. nebb. rg. nebb. nebb. rg. nebb. Riassunto delle osservazioni MG | eseguite durante il mese di Settembre 1905. ° “= Se i: ferita È conii uualer £ cent. : E bia 9 8- = irez. | Veloe. ! Ss i Db ÈÈ Mass.|Med.| Min. Ci da e sen pÉÀ; ‘om. [cm.|om. Ei E notati 1 |758,03/29, 7/26, 3/20, 068, 4° ene | 4, 7/29, 2/28, 1/26, 5/25, 5|s.| — | rg. 2 || 56,56/29, 5/25, 2/20, 0068, 8| ww | 8,929, 0/28, 0[26, 6/25, 5m. [11,30 || rg. bal.ti. 8.|| 55,8827, 9/23, 6|16, 5/57, 4| ww [12, 4/27, 927, 7[26, 5/25, bim.|| — "i 4 || 57,10127, 2/24, 1/17, 0/62, 6 n | 7,627, 2/27, 2/26, 4/25, 4lm.|| — rg. 5.| 59,06/27, 9/24, 8|18, 0/45, 8|ENE| 5,7|27,0/26, 9[26, 2/25,4js.|| — || rg. 6.|[-58,9729, 6/25, 7|17, 6/45, 4| ENE| 3,527, 3/26, 7[26, 0/25,3/5.|| — rg. 7. 58,55/28, 3/25, 8|17, 5'67,0|EnE| 4,0/27, 5/26, 7/25, 9/25,2/s.|| —| rg. 8.| E8,21028, 9/25, 517, 7/69, S| ExE| 3, 2/27, 6/26, 8/25, 9/25, 1ls.1 — pre. 9 | 57,8928, 9/25, 3/16, 8/68, 61 e | 4,227, 6/26, 8/25, 8/25, 1 s.|| — prg. nebb. 10 | 58,80/28, 1/24, 5|16, 3/72,8|enE| 4,0,27, 726, 8/25, 8/25, 1|s.|| — rg. 11.| 59,11/28, 5/24, 9/15, 7,69, S| esE| 4, 1|27, 6/26, 8/25, 8/25, | s.|| — rg. 12 || 58,48/29, 4/25, 6/16, 5.67, 2 EE | 8, 527, 6126, 8/25, 8/25, 0) s. rg. 13 || 58,39/29, 3/25; 6/16, 5.62, 2 ENE| 3; 627, 5/26, 7/25, 8|25,0|s.| —| rg. 14 || 55,9630, 025, 7|16, 446, 8|EnE| 4, 427, 3/26, 6/25, 8/25, 0|s.ll — a 15 || 55,07/29, 1/25, 5/16; 7}64, 6 ese| 4,827, 1/26, 5/25, 7/25,0/s.|| —| re 16 | 56,90/29, 8/25, 6|16, 5'53, 4lexE| 4,0,27, 0/26, 4/25, 7/24, 9|8.|| — _ 17] 57,7930, 8/26, 0|16, 863, Ol eng | 2, 7127, 0/26, 4/25, 6[24,9/8-| — || T8- 18 || 56,21/31, 6|27, 1|17, 559, S| exe | 2,227, 1/26, 4/25, 6/24, 9|c.|| — = 19 | 56,22/29, 8/26, 520, 0/68,2) x» |1,9,27,2/26,4/25, 5/24, 9c.| —| rg 20 || 55,99/26, 6/23, 3/18, 970, 8| ssp | 2, 626, 7/26, 3|25, 5/24, 8/ e. || 4,20| bal. ti. 21 | 54,5426, 1/29, 9/16, 3'52, 0|wswl11, 8/25, 5|25, 9[25, 424, 8| s- | 1,70) bal. ti. 22 || 54,07/27, 1/22, 9/17, 8551, 6wsw|12, 2/24, 9/25, 5/25, 3/24, 7|s.| — _ 23 || 53,17/26, 6/22, 4/18, 0/49, 61 avi | 3, 9/24, 6/25, 2/25, 1124, 6m.| — | rg. 24 | 51,6235, 3/29, 8/17, 6/82, Sl sew |14; 2:24, 5/24, 8/24, 9/24, 5|c.| — - 25 || 52,2336, 3/30, 2/20, 6/43, 6 sy [14, 1125, 3|24, 9/24, 7/24,3|c.| — _ 26 || 51,8433, 0/27, 4/19, 9/65, 6 £ | 5, 225, 9/25, 1/24, 6/24, 2] c. CA 27 | 51,721, 1/24, 5/19, 9/69, 6| gsw-{12, 2:25, 9/25, 2/24, 6/24, 1| e. | 7,50] rg. bal.ti. 28 | 54,3425, 6/22, 9/17, 8/72; 6l awe | 2,424,9/25, 1/24, 6[24,1|s.| —| — 29 || 56,08/26, 828, 5/16, 4172, 4l se | 3,224, 4/24, 7[24,5/24,1|s.| —| TB 30 || 54,91/26, 4/22, 8/14, 4/68, Slwwwl 11/24, 1[24, 524, 4/24, 0]c.| — | 8 Medie. ps i silî 756,10 29,17/25,17/17,42)62, 4 5, lo 7/26, 3/25, 5/24, 9 14,70 — 108 — Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di Ottobre 1905. Ci Loi : ” 8 pri È VENTO | Geotermometri cent. 3 È + aiuti o |a S |M | S| £ SEE Maselhoa.|nn| 5 ee] 0000 noe E RI 5 e (2) (-5 1 |754,68|27, 8|22, 5|16, 4°68, S'www| 9, 2/23, 6/24, 2/24, 2|23, gim.|| — | rg. nebb.| 2 || 50,21/24, 6/21, 2/15, 453, 4\wsw]15, 1|23, 5/24, 0/24, 0/23, 8|m.|| 4,80 vf. bal. 3 || 50,22/22, 6/19, 4/15, 460, 8/wsw]16, 422, 5/23, 7/23, 923, 6|e.|| 7,75) v£. 4 || 56,1721, 8/18, 2/13, 6162, 8|www]13, 1/21, 5/23, 2/23, 6123, 5ls.|| 4,450 rg. 5 || 57,07/24, 6}21, 6/13, 253, 6|ssw |19, ilo, 9/22, 7/28, 428, 4 m.| — | nebb.vf. 6 | 54,10/27, 6/23, 4/18, 851, 6|ssw (13, 921, 1/22, 3|23, 1|23, 2 sg. 2a 7 || 56,54/24, 4/19, 5|13, 954, O|www| 8,421, 1[22, 8/22, 8/22,9|s.|l — nr 8 || 57,1023, 8/18, 9|11, 3154, 4\www|12, 820, 7/29, 1|22, 7/22, tm. — | nebb. 9 | 53,51122, 4/17, 1/12, 2/63, 8/www!16, 5oo, 4/21, 9/22, 5/22, 6|c.|| 9,65,vf.bal.ti.gr. 10 || 51,07/17, 7|14, 8|11, 5/72, 8|www]| 8, g 19, 3/21, 4/22, 3/22, 5 11 | 52,67/19, 6/15, 6/10, 581,4 ExE| 2,3118, 5/20, 8/22, 0|22, 3 12 | 55,76/18, 8/16, 1|10, 5°86,8/ssw|3, o 18, 1/20, 3/21, 7|22, 1 13 | 59,0821, O|17, 6/11, 7/65,4| e |8, 4 18, 1/20, 0/21, 3|21, 8 {| 14|-55,69P1, 0/17, 8/13, 2/64, d'wsw| 7, g 18, 5/19, 921, 1|21, 6 15 | 56,06,20, 917, 4/14, OÎ74, 4'wwwl 5, s 18, 5|19, 8/20, 9|21, 4 16 | 50,92/22, 1/19, 3/12, 580,6] s |5,1|18,2 19, 8/20, 7/21, 2 17 || 50 7221, 1/18, 0/12, 5/79,8)| xwwl11, 1|18, 8/19, 6 20, 5/21, 0 18 |55,2321, 917, 8|11, 1/64, 6|wxw|19, 118,7 19, 7|20, 4|20, 8 19 |-55,84922, 0/18, 0/11, 3/65,2| ssw| 9,018, 3{19, 6 20, 3|20, 7 20 | 53,38/20, 7/16, OL1, 571, 6|nw | 6, 7,18, 1/19, 4/20, 2/20, 6 21 | 51,61/20, 9/17, 5|10, 2/61, d\wsw|19, 817, 7|19, 2/20,.1|20, 5 22 |-57,01/21, 4/16, 8/11, 7/72,6|ssw|8,4/17,6/19,0|19, 9120, 4 23 | 57,981, 9/17, 6| 9, 271,8 eve|2, 917, 4/18, 8/19, 8/20, 2 24 | 54,04125, 4/22, 4/13, 2788, 6|ssw [20, 217, 5|18, 7|19, 6|20, 1 25 | 52,0426, 6/24, 5/20, 6150, 0/ssw |25, 117, 9/18, 7/19, 5/20, 0 26 || 53,53/29, 1/24, 8/18, 251, 0|ssw [28, i 18, 6/18, 9|19, 5|20, 0 .27 | 59,63/28, 6/16, 0/12, 0/63, dlivaw 13, 2118, 7|19, 1|19, 4|19,8 28 | 61,11/17, 4/14, 2/10, 5/76, Olwww 5, gl 7, /7|19, 0/19, 4/19, 7 29 -58,64/13, 012, 5|11, 398,61 w|1, n 1/18, 6/19, 4/19, 7 90 veni 18, 3/15, 7/12, 891, 4lsw | 4, n 16, 5/18, 2|19, 2|19, 6 Sa 54,2421, 6/17, 6/11, 063,0 w |10, 5j16, 4/17, 9/19, 0| 19,5, [mensili[754,71/22,17|18,43/12,95/66, 10, 4/19, 1|20, 5/21, 2/21, 5 — 109 — Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di Novembre 1905. La È Tem t Pa r- i eb peratura | = | 8° centigrata | 2 | VENTO |Geotermometri cent. |-$ È È 3 n = z| e Fenomeni s 5 ; = | Direz. | Veloce. 30 ' ! rai SR.) CÈ Mass.|Med.| Min. | = (pred. tel oraria|® 0a 6029081202 | notati 5 lie em. | m.|cm. Z| 5 SLI 1 acta 1(18, 2/12, 7,01, g SSW | 7, 816, 5|17, 7/18, 8/19,3/s.{f _ rg. 2 ; 6/18, 5/13, 0/72, 2ssw | 7, 6116, 8/17, 7/18, 6/19,2|s.|l s.edl re. ti 8.|| 59,23 6/17 ri 3 . na , 6]17, 9|11, 7/84, 0| ese| 2, , 2,17, 0|17, 818, 5/19, lim. re. i 422, 5|11, 0652,0| s | 6, ,0,17, 0/17, 8/18, 5/19, 0] s. re. ) nei 0/25, 0/20, 1/82, 2| sse |27, dn 2/17, 9/18, 4/18, 9; c.jl vf. si 0/20, 8/15, 7|63, 6 ssw |16, 80, 4/17, 9/18, 4/18,8|s.| 1,301 _vf si 3|19, 5/11, 768,0 w | 7,5/17,318,0/18,416,8m.|| _| ; Lù 4/18, 2] 8, 458, p wsw]|13, Dea) 16,8|17, 918, 4/18, 7jc.| — rg. si "a 3 14, 9/10, 067, 6/wxw CLI 16, 5|17, (|18, 4/18, 7je.|| — di si st dr 6| 8, 265, 4 nw GIU, 9/17, 4/18, 2|18, 7is.li — rg. iù sa gut (, 375,4 w | 5,815, 317, 1/18, 1[18, 6|c 2,20 Di. i pes 9 Di 4| 8, 562, 6!wsw/25, 614, 9/16, 8 17, 9[18, 4/c. || 4,40, vf i 7% ini 1| 8, 8/98, 2/wsw 18, 8/14, 9/16, 4/17, 7118,3|c.|l 1,10] vé * #7 - 0 9/10, 370, 2\wsw]21, £ oo, 0|16, 3/17, 5/18, 1| c. k17,15 vf. n si 5, IT, 8/12, 8, 8|ssw [33, 014, 5/16, 2|17, 4/18, Om. || 2,70 vf i 6/15, 1{11, 5/66, 8| w [11,3/14, 7|16,0/17,2/17,9/c.|l 1051 — 17 || 59,70/19, 8/15. 4| 9 4165 dalai Ù > 499, 8| ESE| 5, 0/14, 8/16, 0/17, 1/17, 7|c.| — || rg. nebb. si i à 16, 3 8, T TT, Ol:- 8/14, 0/57, dl sw [10, 7/15, 4/16,0/16, 8|17,4le.| — | rg. nebb È da Nani 8/12, 86, 6| ssw [12, 6/15, 6/16, 2/16, S|17,4lc.jl — dda ù sa % che? 4/16, 049, gl ssw [18, 7/16, 0/16, 3/16, 8/17,8/c.| — || re. vf si " ; 13, 7] 9, 2/62, 2lwxw]15, 3/15, 9/16, 4 16, 9/17, 3lm.|| 2,30 È ni Bla 15, 8/11, 863, 4 ssw [12, 5/15, 0/16, 3|16,9/17,3|c.|| 0,45} — 25 | 51,06/16, 8/14, 6/12, 6185. 4lw : i SOSTE , &|wsw]18, 5/14, 9/16, 1/16, 9/17,8/c.|25,25) vf. I 1 913, 1 7, 908,4 Ni 7, 3/14, 8/15, 9/16, 8/17, 3 S.|| rg. 27 | 60,07/17, 6/18, 4| 5, 2/69 3 i 9 : ; bg) ; 4 SSW , 4114, 1|15, 8/16, 7117,2|s PRE re. 28 || 57,44/21, 1/15, 4/10, 2l77 5 si del na CER A ,8|ssw | 6,313, 8/15, 5/16, BIL, 1is.| — rg. pla è» s 16, 1| 8, 8/63, 6|ssw| 9, 1[14, 1[15,3|16,3/17,0|c.| —| gr. ’ » 9|13, 7|10, 889,0] w_|:8, 14, 3/15; 3/16, 3/16, 9) c. || 2,00 gr. mensili 755,56 /21.20/17.15/11 1,20 ì Il a 4, 5 12, (La De a nr Mi ni P Riassunto delle osservazioni eseguite durante il mese di Dicembre 1905. sp re are nni ° 5 s È z Bs de atta È VENTO |Geotermometri cent. » E Fonomii FASI = è i | | hi 5 1E$ maso lmog.|nin|S pri mt a0e 60M OD | | n > | medie n |a 1 |754,61/14, 8/12, 6| 8, 696,4 nw | 3, G|14, 815, 3/16, 2/16, 8|c.|| 14,90] — 2 || 56,68/16, 8/14, 1/10, 6/98, 2,www| 1,2|14, 2/15, 216, 1/16, 7|c.ll 0,35) — 3 || 55,89/16, 2/13, 8/11, 0192, 2\nww | 1, 4114, 3/15, 2|16, 1|16,6|c.|| 1,70] rg. 4 || 56,93/16, 514, 1| 9, 588,8 w |, 7,14, 2|15, 2|16, 016, Gc. —| rg. || 5] 56,25/14, 4/12, 9/11, 5|97,4| w | 1,8/14, 2/15, 1/16, 0/16, 6/c.| 6,80| rg. il 6 || 57,47/16, 1113, 1| 9, 093,2) w 1,5 14, 0/15, 1|15, 916, 5| c. || 3,30rg. bal. ti " || 5848/17, 5|12, 3| 8, 987,0] s |6, 9 14, 0/15, 0/15, 8/16, d|c.|| 2,70) rg. | 8 || 62,48/18, 1/13, 8| 7, 0/78,8 ese] 3, 8 13, 5/14, 9[15, 7[16,3m.j — gr. || 9 | 61,8716, 9/12, 8| 8, 892, 6| eve) 2, 7119, 5/14, 615, 616,8 s.| 54,00) gr. | 0 , 3/18, 1| 7, 182,2) Cal.| 0,013, 2/14, 6/15,5|16,2/c.| — |rg. bal. ti 9/14, 2/10, 0/80, 8| ENE| 6, 1|13, 2/14, 4/15, 4[16, 1 c.|| 29,40 — 3/11, 1| 9, 1‘96,0 ENE|12, 3;18, 4/14, 3/15, 8/15, c.|97,60] — 711, 8 7, 087,8 Es] 0, 6/12, 9/14, 1/15, 1/15, 7c.|| 0,651 rg. 9/12, 8| 8, 288,2! E |1, 7/19, 8/14,0|15, 0|15, 7 s.{l 3,35) rg 1/10, 7| 6, 481,4) E | 8,712, 6/13, 9/14, 9/15, 6|s.|l 0,35] T8- 8/10, 4| 5, 2/75,8/esE| 1,411, 9/13, 7|14, 8/15, 51m.|| 0,20] T8- 3/11, 5| 4, 980,0|ssw|4, 7|11, 9/18, 8/14, 6/15,5 c.||. 0,95]. — 6/10, 9| 6, 984,4 w |4, 8|h1, 6/13, 1|14, 4/15, 2] 8. 2,00] rg. 6/10, 9! 6, 9,87, 2|ssw|/1,0,11, 7|13,0/14,3|15,Ljc.| — rg. 8112, 4| 7, 8/78,0|ssw| 0, olri 7 13, 0/14, 2/14, 9jc.| — "e 8/11, 1| 6, 081,2|ssw| 1, 91,7 12, 9/14, 1|14,8{m.| — na 8/10, 2| 5, 480,8 se | 8,211, 2/12, 8/14,0/14,8|s.| — rg. 1/10, 4| 4, 680,2 EsE| 1, 7|10, 6/12, 6/13, 9/14, 7c.| 0,70/ - rg 610, 9| 5, 4/80, 2) s | 1,610, 6|12,3/18, 7|14,5|s.|| 0,70] — rg 910, 8] 5, 582,2) s |8,6/10,4/12,1|13, 6|14,4|s.|| 0,20) rg. 110, 9| 4, 779,6) ENE| 1, elio, 2/19, 018, 4|14,3 s.| 0,200 T8 -0[12, 9| 4, 368,2] s | 6,410, 0/11, 9/13, 3/14,2|s.| 0,20f rg. 3/13, 8) 7, 977,0| ssE 2, 0l10, 2|11, 8/13, 2lt4,1 c.|| 0,604 — 714, 4| 7, 8/72,5|ssw 20, glo, 9/11, 8/18,0/18,9/c.| 0,15) vf. 1/13, 1/10, 5/66, 4wxww 17,111,5 12, 0|18, 0|13,8|c.| 6,55] vt sai 0/12, 8] 8, 8{75, 4www! 6, 9/11, 4/12, 2/18, 1[18,8|c.|| 0,25] 78 mensili/759,55|15,98/12,25| 7,60188, 7 8, Saida 227,85 CRONACA (1 Gennaio — 30 Giugno 1906) 1. Visita di S. M. il Re. La mattina del 13 maggio , alle 7.30, Sua MaEsTÀ IL RE onorava colla Sua presenza questo R. Orto Botanico. L’ Augusto Ospite, con profondo sentimento di ammiratore, di studioso e fautore delle scienze della natura, particolarmente delle discipline che interessano la coltura del suolo, volle minutamente visitare il Giar- o, mostrando singolare interesse per tutto ciò che riguarda gli studi e la introduzione di nuove piante utili all’ orticoltura e all’in- dustria agraria. A questo proposito l’attenzione di Sua Maestà ve- Niva rivolta alle piantagioni del Fico della Gomma elastica , ai saggi di coltura del Sisal, delle Sanseviere e di altre piante tessili, alla coltivazione del Mango (Mangifera indica), dell’Avogado, del Pecan-Nut, della Papaya e di altri frutti tropicali. ang So- vranò, intrattenendosi affabilmente col Direttore per oltre un’ ora e mezza, dimostrava quanta fosse in Lui profonda la conoscenza dei più cinigeniti problemi che interessano l’agricoltura dell’Isola ed intenso il desiderio di bene e di progresso. Sua Maestà ebbe lu- singhiere parole di conforto e d’incoraggiamento per la pronta ef- fettuazione del disegno della istituenda Stazione botanica interna — 12 — zionale e della « Sezione coloniale » presso l'Orto Botanico e volle informazioni sulla pattuita permuta di terreni per l'ingrandimento e per la sistemazione del Giardino, sui bisogni dell’ Istituto e sui fondi prodittatoriali a questo assegnati per la costruzione dei La- boratorii. 2. Festa floreale. Il giorno 27 Maggio ebbe luogo nei locali del R. Orto Bota- nico una festa e mostra floreale, promossa dalla Società ORTICOLA di Palermo, per la inaugurazione del nuovo vessillo di detto Soda- lizio : Ran esposti numerosi ed artistici lavori in fiori : vi inter- venne un pubblico elettissimo , fra cui il Sindaco di Palermo, Cav. Tasca Lanza, il rettore dell’Università, Prof. MANFREDI, e numerose distinte da eleganti Signore. Dalla gradinata dell’ aula centrale il Prof. Borzi pronunciò un discorso di circostanza. 3. Visite. Parecchi botanici, venuti a Palermo, ci onorarono di loro gradite visite : Maro fra gli altri il Commendatore SoMMIER, i Prof. Cavara, BuscaLIoNI e Fiori, ed il Dottor ZopDa. 4. Frequentatori dell'Orto. Il Prof. M. Losacoxo continuò le indagini sugli erbarii siculi, ritraendo larga messe di osservazioni, ed identificando nuove entità che figureranno nelle appendici alla sua « Flora Sicula » : alcune di meste novità , per gentile condiscendenza dell’ autore, verranno illustrate nel Bollettino di questo stesso Orto. L’Avv. Dottor Dow. Lanza continuò la revisione delle Cali- ciffore di Sicilia per la compilazione del manualetto tascabile da ne as sulla flora Sicula, cui egli alacremente sta attendendo. entarono pure l’ Orto la Signorina Dr. RONCHETTI, il Prof. “i ed altri studiosi. 5. Nomine. Il Dottor AcHILLE TeRRACCIANO, che per dieci anni funzionò | da assistente in questo Orto Botanico, e che era altresì incaricato dal Mini cone di un corso di botanica farmaceutica a questa Univer- — 113 — sità, fu, in seguito a concorso, nominato Professore straordinario di botanica all’ Università di Sassari. Il sotto - ispettore forestale Dottor L. SENNI fu chiamato in Eritrea dal Prof. I. BALDRATI, direttore dell’ufficio sperimentale agrario all’ Asmara, con l’incarico di iniziare la riorganizzazione forestale della colonia: già prese possesso di tale importante carica. 6. Escursione del Comm. Sommier. Il Comm. ST. SomMIER, volendo completare la Flora. delle Isole di Lampedusa e Linosa, cui sta attendendo da parecchi anni, ha compiuto ivi una nuova escursione di oltre un mese , raccogliendo numerose specie rare ed alcune anche nuove. Fu accompagnato in questa escursione dal giardiniere AnToNINo RIc- coBONO, il quale raccolse anche semi, bulbi ed alghe per questo Orto. Il Comm. SomMIER poi gentilmente ha concesso la pubblica- zione di detta sua Flora nelle appendici del nostro Bollettino pro- mettendo di donare all’Orto stesso una collezione completa delle sue raccolte. ‘. Sistemazione degli Erbarii. Furono continuate le intercalazioni di inserenda nell’ Erbario generale, per opera di AnToNINo RiccoBono : il lavoro è giunto alla famiglia delle Leguminose, seguendosi la disposizione dei ge- neri adottata da BENTHAM ET HooKER, e mantenendosi per le specie l’ordine alfabetico. Fu pure iniziata la sistemazione delle crittogame, giungendosi a completare quella delle Alghe, secondo l’ opera di ENGLER ET PranTL per le famiglie, ed in particolar modo la Sylloge del DE ToxI per le specie. Furono tenute separate le Alghe Sicule da quelle dell’Erbario Generale : si trovarono tipi assai pregevoli per la flora nostra, ed anche alcuni di interesse storico, come ad esem- pio gli esemplari autopti del genere Scinaja del Bivona. Furono ricevute collezioni di piante secche per gli Erbarii dal Prof. CavARA, comprendenti piante scelte di Sicilia, e dall'Istituto Botanico di Moyipellier: Furono mandate in esame al Dottor BE-. GUINOT di Padova le specie del genere Flamtago. 5 Si ebbero dal Prof. GoOIRAN saggi di Quercus da determinare. Dal Signor M. SonpeN questo Orto Botanico ha ricevuto due collezioni di piante artiche, splendidamente preparate per — ld — erbario cioè una collezione di piante della Svezia e della Lapponia comprendente n. 48 specie, raccolte dallo stesso SoNDEN , ed una collezione di piante della Nuova Zemlia, comprendente n. 45 specie, raccolte da T. ALM. Fra quelle della Svezia e della Lapponia, si notano di parti- colar interesse la Betula odorata, BecHSs., i Salix. herbacea, L. polaris, WG., arbuscula, L. e miyraiailea, Li Riedodbi i lapponicum, W6., V'Andromeda tetragona, L., il Ribes glabellum, Hedr., i Rubus saratilis, L. ed articus, L., i Ranunculus ni- valis, L. ed hyperboreus, ROTH. ed altre interessanti specie. ra le specie della Nuova Zemlia si trovano di maggior pregio aleune Carex e Luzula, che dimostrano come i tipi anemofili pos- sano prosperare in simili luoghi, la Primula stricta, NaL., il Po- lemonium pulchellum, BE, VVEritrichium villosum, Bear., VAn- dromeda hypnoides, L., che assume l’aspetto di un muschio, ben 8 specie di Saxifraga, il Rubus Chamaemorus, L., la Matthiola nudicaulis, TrauTN., il Papaver radicatum, RotTtL., i Ranun- culus pygmaeus, Wo. e Pallasii ScaLecHT. —Però, fra tutte, la specie di maggiore interesse biologico è il Melandrium apetalum, FENZL., ossia Wahlbergella apetala, FR. o Lychnis apetala, L. Come ha ben posto in rilievo il DELPINO, questo curioso en- demismo polare, presenta il calice urceolato , assai ampio durante la fioritura, esternamente di colori luridi, mentre la corolla è af- fatto abortiva : viene in tal modo a costituire un apparecchio a ri- covero, analogo a quelli di Asarum o di Arisarum, destinato a microditteri : infatti è noto che questa categoria di insetti trovasi bene rappresentata nelle regioni antiche. 8. Dono di piante di Mango. Il R. Console d’Italia a Bombay, Comm. Bopro, ha fatto un cospicuo dono a questo Orto Botanico di oltre un centinajo di piante viventi di Mango (Mangifera indica) scelte fra le più pregiate va- rietà che si coltivano nelle Indie , ed innestate su forti. soggetti. Stante le cure usate nel Meaporio; e l’ imballaggio accuratissimo , giunsero in ottimo stato ed è è sperabile di poterle acclimatare da noi, potendo costituire vna coltura di forte reddito per la Sicilia , stante ì frutti squisitissimi che produce, tanto lodati da chi visitò i paesi caldi. — 115 — 9. Cambii di semi e di piante vive. Dal Gennaio al Giugno 1906 furono ricevute n. 230 specie di ne vive, fra cui parecchie rare Cactacee, e ne furono spedite urono pure ricevute n. 2088 specie di semi, e ne fu- rono spedite n. 1991. 10. Periodici ricevuti in cambio. Acta Horti Bergiani. Stockholm. E Acta Societatis pro fauna et flora fennica. Helsingfors. Allgemeine botanische Zeitschrift. Karlsruhe. Anales de la Sociedad cientifica Argentina. Buenos-Aires. Anales del Museo nacional de Montevideo. Annaels scientificas da Academia polytecnica do Porto, Coimbra. Annales de la Société Botanique de Lyon Annales de la Société d’ Horticulture et d Histoire naturelle de l’Hérault. Montpellier. Annales du Musée du Congo. Botanique. Bruxelles. Annales historico-naturales Musei Nationali Hungarici. Budapest. Annali della R. Scuola superiore di Agricoltura in Portici. Annali di Botanica. Roma. Annals of the Botanic Gardens, Peradeniya. Colombo. Annals of the Royal Botanic Garden of Calcutta. Annuaire du Conservatoire et du Jardin Botanique. Genève. Archiv for Botanik. Stockholm. Archivio di Fisiologia. Firenze. Atti dell’Accademia dei fisiocritici. Siena. Atti dell’Accademia scientifica Veneto-trentino-istriana. Padova. Atti della Pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei. Roma. Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali. Roma. Atti della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Atti della Reale Accademia delle Scienze Fisiche e Naturali. Na- poli. ì Atti della Reale Accademia Economico-Agraria dei Georgofili. Fi- Atti des Società Italiana di Scienze Naturali. Milano. Atti della Società Toscana di Scienze Naturali. Memorie e Proces- si verbali. Pisa. — 116 — Berichte der Bayerischen botanischen Gesellschaft. Miinchen. Ùua Berichte der Schweizerischen botanischen Gesellschaft. Bern. A Berichte iber Land - und Forstwirtschaft in Deutsch - Ostafrika- Heidelberg. Boletim da Agricoltura (Estado de S. Paulo). S. Paulo. Boletim da Sociedad Broteriana. Coimbra. Boletim do Museo Goeldi (Museo Paraense). Parà. Boletin de la R. Academia de Ciencias y Artes. Barcellona. Boletin de la Sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales. Zara- Bollettino Agricolo e commerciale della. Colonia Eritrea. Asmara. Bollettino dell’Arboricoltura Italiana. Portici. Bollettino della Società africana d’Italia. Napoli. Bollettino della Società dei Naturalisti. Napoli. Bollettino della Società Orticola di Mutuo Soccorso. Palermo. Bollettino delle sedute della Accademia Gioenia di Scienze Naturali. atania. Bollettino quindicinale della Società degli Agricoltori Italiani. Roma. Botanisches Centralblatt. Cassel. Botanisk Tidsskrift. Kéobenhavn. Botaniska Notiser. Lund Bullettin de PA seno pour la protection des plantes. Genève. Bullettin de l’Institut Botanique de Buitenzorg. Bullettin de la Société Botanique de Genève. Bullettin de le Société d’études scientifiques d’ Angers Ng è» la Société des Sciences Naturelles de 1’ ui de la . Nantes. Pallet do la Société des Sciences Naturelles de la Haute -Marne. Langre Bullettin d le la Société Royale de Botanique de la Belgigna. Bru- xelles Bullettin du Jardin Holabiao de l’Etat. Bruxelles. Ballettin du Museum d’Histoire Naturelle. Paris. Bullettin of miscellaneous information. Kew. Sha Bullettin of the American Museum of Natural History. Now-Xork 9 Bullettin of the Buffalo Society of Natural Sciences. Buffi Bullettin of the Department of Agriculture. eun Bullettin of the New-York Botanical Garden. Bullettin van het Kolonial Museum te Haarlem. . Bullettino bibliografico della Botanica Italiana. Firenze. o Sa. del Sa ed Vida Signal di Siena. — 117 — Bullettino della Società Botanica Italiana. Firenze Circulars and Agricultural Journal of the Royal Botanic Gardens. . Ceylan. Contributions du Jardin Botanique de Rio de Janeiro. Contributions from the New-York. Botanical Garden. New-York. Der Pflanzer. Tanga. Experiment Station Record. U. S. Department of Agriculture. Wa- shington. Field Columbian Museum. Botanical Series. Chicago. Forhandlinger i Videnskabs-Selskabet. Christiania. Il Coltivatore. Casal Monferrato. Jahres - Bericht des Preussischen Botanischen Vereins. Kénigs- erg. Journal d’Agriculture tropicale. Pari Journal de la Société Nationale d’ Bic de France. Paris. Journal of Mycology. Columbus, Ohio. La Feuille des Jeunes Nataraliaini Paris. La Nuova Notarisia. Padova. La Rivista agricola. Roma. Lavori eseguiti nel R. Orto Botanico di Firenze. Le Bambou. Mons. Le Naturaliste Canadien. Québec. Le Stazioni a agrarie. Modena. Malpighia. Gen Meddelanden “n Bivelcholize Hogskolas Botaniska Institut. Meddelanden af Societas pro fauna et flora fennica. Helsingfors. emorias de la Real Academia de Ciencias y Artes de Bar- cellon Michigan PE of Sciences. Report. Ann Arbor. Minnesota Botanical Studies. Minneapolis. Missouri Botanical Garden. Annual Report. St. Lou Mitteilungen der Bayerischen Botanischen Giuollsoiatt Miinchen. Mitteilungen des Kaukasischen Museum. Tiflis. Mitteilungen des Turingischen Botanischen Vereins. Weimar. Moniteur du Jardin Botanique. Tiflis. Nederlandisch Kruidkundig Archief. Nijmegen. Notizblatt des K. botanischen Gartens und Museum zu Berlin. Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Palermo. Nuovo Giornale Botanico Italiano. Firenze. Osterreichische Garten- Zeitung. Wien cone of the Academy of N atural Bolo of Philadelphia n 118 — Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences. Boston. Proceedings of the American Philosophical Society. Philadelphia. Proceedings and Transactions of the Nova Scotian Institute. Halifax. Recueil des travaux botaniques neerlandais. Nimègue. Rendiconti dell’ Accademia delle scienze fisiche e matematiche. Napoli. ‘ Rendiconti e Memorie dell’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti. Acireale. Revue Horticole de 1’ Algérie. Mustaphà. Revue horticole Tunisienne. Tunis. Rivista di Agricoltura. Parma. Rivista italiana di scienze Naturali. Siena. Skrifter udgivne af Videnskabs-Selskabet. Christiania. Trabajos del Museo de Famacologia. Buenos Aires. Transactions of the Academy of Science. St. Louis. Transactions of the Kansas Academy of. Science. Topeka. Transactions of the Natural History Society. Glasgow. Travaux du Musée botanique de l’Acadé&mie Impériale des Sciences de St. Petersbourg. Verhandlungen der Naturforschenden Gesellschaft. Basel: troni des botanischen Vereins der Provinz SANITA Psv des K. K. Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wi Vierteljahrsschrift der naturforschenden Gesellschaft. Ziirich. Wisconsin Geological and Natural History Survey Bullettin. Ma- iso — Palermo Lit. A. Brangi ZA CADI SI E A VanI AIA i Bon, IE ci Fontana lit. F. STUDII ALGOLOGICI: SAGGIO DI RICERCHE SULLA BIOLOGIA DELLE ALGHE per A. Borzì. Eao:"1L..in:4 pp. VHE --1<120 tav: 1-9 L.d> » II. » 4° pp. I-VIII. 121-399. tav. 10-31 L. 65 — » III. Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 tavole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi : V. RiccoBono R. Orto Bot. Palermo. R. Istituto Botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. Borzi. Vol. I.in8° fase. I. pp. I-VII-192. tav. 1-VI L.12 » cdl» >» I-Hl è 1-316. » 1-XIX >» 28 » Hi :$ *-IHl » 1-393./». 1-XIA- > 50 DO: ER gi © » bilia è PV » 10 Per acquisti rivolgersi : V. Riccorono R. Orto Bot. Palermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Fondé par J. VILBOUCHEVITCH 21. Rue Hautefeuille. PARIS (VI°) ABONNEMENTS PÀRTANT DU le" JANVIER: Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel illustré, s’occupe de toutes le questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri- cultours des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue compléte des pubblications nouvelles (3 pp. de petite texte). La partie commerciale très developpès est intelligibile pour tout le monde et toujours interessante. Nombreux collaborateurs dans les colonies francaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’ en Australie et dans les deùx Ameriques. — Articles inedits sur les cultures potageres et les fruits, dans chaque numèro. Collaboration speciale pour les insectes nuisibles. Numero specimen gratis sur demande. BOLLETTINO DEL -R_ORTOROTANICO DI PALERMO ANNO V. Fasc. 3-4 (Dicembre 1906) # PALERMO TIPOGRAFIA PRIUI.LA Vicolo Paternò , 18 1906 Il Bollettino del :R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 5 fogli di stampa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno, Le appendici al « Bollettino», che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell’abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia * © ee: Lire 8 — Mil etero | » 10- Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. ||. a « " BOLLETTINO DELL’ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. L. SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANN UO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura e silvicoltura. i Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. Portici > (Provincia di Napoli) 31 DICEMBRE 1906. VoL. V BOLLETTINO DEL A. ORTO BOTANICO DI PALERMO SOMMARIO: 10. — Fruttificazione dell’Howea Belmoreana (V. Riccobono). ll. — Di una pianta ibrida ottenuta in Sicilia sull’inizio dello scorso secolo (T. Melazzo). 12. — Osservazioni biologiche sulla Thunbergia grandifiora ( t 13. — Studii ed esperienze sulla coltura delle piante da gomma elastica in Sicilia — I. Il Guayule (Parthenium argen- tatum) — II. L’Atractylis Pantera (La Direzione). 14. — Di una pretesa trasformazione dell’Orzo in Avena Mattei). 15. — Specie nuove, rare o critiche del R. Orto Botanico di Pa- lermo (A. B.) Con Tav. II. e 16. — Noterelle biologiche sopra alcune piante sor e Re nostre Colonie — I. Pterolobium mezze (A. 17. — Cotone della Somalia. Relazione a S. il rain i Pa gricoltura (A. Borziì). 18. — Sulla coltura dell’Acacia horrida (A. Borzì). Con incisione. 19. — Riassunto delle osservazioni meteorologiche eseguite du- 1 R. Osservatorio di Valverde in Paler 20. — Cronaca va Luglio - 31 Dicembre 1906). 21. — Indice del Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. V. 1906. i APPENDICE Le Isole Pelagie, ce Linosa, UA e la loro flora. Continuazione (St. Sommier). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 1% 1906 Pe paga re cours sa nn a Depsa trani lattico metttitttonnnaronenittilbtttton do so. so. ©. ++ TT ‘o. ‘+ ‘o. ‘e ER iii ù [rrneszis nen ba ea pretmenrs satin gp riganetzio ingannano prgn pg prgn gioia, precise Fruttificazione dell'Howea Belmoreana Questo R. Orto Botanico è assai ricco di Palme coltivate in piena aria, poichè quivi esse trovano due condizioni favorevoli alla loro esistenza, cioè la temperatura elevata dell’ atmosfera e l’umidità del sottosuolo con relativo calore. Sulle Palme qui coltivate già ne scrisse il Prof. TERRACCIANO (1), ed io pure ho dato qualche notizia sulla fioritura di qualcuna delle più rare (2). Ora, essendo venuta da più anni a fiorire ed a frut- tificare in piena terra l’Howea Belmoreana, credo utile darne qualche notizia, essendo certamente la prima volta che tale Palma fruttifica in Italia, e forse anche in Europa, per cui d’ora innanzi sarà facile propagarla, con gran vantaggio della nostra orticoltura. Questa specie fu scoperta nell’Isola di Lord Howe da CH. MOORE, direttore del giardino botanico di Sydney, e descritta nel 1869 da FERD. MiiLLER col nome di Kentia Belmoreana : nel 1872 fu introdotta in (1) TeRRACCIANO A. — Le Palme coltivate nel R. Orto Botanico di Palermo.—Nel Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo - Anno I. 1897. p. 163. (2) Riccosono V. — Di alcune Palme rare fiorite in piena terra Bollettino della -Socie. nel R. Giardino Botanico di Palermo.—Nel - tà Orticola di: Mutuo: Soccorso in «Palermo - Anno .9. fasc. 1. 1903. p.. 4. Ae va e nt — 120 — Europa dal Lispen. In seguito il BECCARI stimò opportuno toglierla dal genere Kentia per formarne un genere nuovo, che chiamò Howea. A questo genere appartiene anche una seconda specie, l’Howea For- stereana, che a mio parere è sufficientemente distinta dall’ Howea Belmoreana, sebbene alcuni autori tendano a riunirle. Infatti l’Howea Belmoreana, ha un portamento più umile, ed un maggior numero di foglie, che sono più piccole, a segmenti minori e mag- giormente arcuati, per cui è facile distinguerla a primo aspetto. Faccio anzi notare che alcune figure date come spettanti all’ Howea Belmoreana si debbono invece riferire alla Howea Forstereana, come ad esempio la Tav. 7018 del Botanical Magazine. L’Howea Belmoreana fa introdotta in questo Orto Botanico nell’ Aprile del 1864 dallo Stabilimento di VAN GEERT, e dap- prima coltivata in tepidario. Solo nel 1900 venne posta in pian ter- ra, ed incominciò nel 1902, a sviluppare le prime infiorescenze. Queste sono semplici , lunghe un metro e più, pendule, dapprima avvolte da ampia spata, con spadice compresso alla base e cilin- drico nel rimanente, tranne all’apice ove è lungamente acuminato : lo spadice poi, per tutta la sua lunghezza, presenta numerose ca- vità disposte a spira, entro cui sono situati i fiori. Dalla comparsa dell’infiorescenza all'apertura della spata tra- scorre circa un anno. Allorchè essa si apre, si trovano, sviluppati sullo spadice, soltanto i fiori maschili, in numero di duò per cia- scuna cavità, e questi persistono fino all’ anno successivo, cioè al secondo anno dall’apparizione dell’infiorescenza. Intanto dal centro di ciascuna cavità, ai cui angoli nell’anno precedente si trovavano i fiori maschili, incominciano a svilupparsi i fiori femminei. Così l’infiorescenza per un anno è esclusivamente maschile, divenendo femminea nell’anno successivo. Siccome poi ogni anno si formano nuove infiorescenze, avviene che quelle che si trovano nello stadio femmineo, sono necessariamente fecondate dal polline dei fiori delle infiorescenze sviluppatesi un anno più tardi, e che perciò si tro- vano ancora nello stadio maschile. fiori poi sono bratteati, ed hanno sepali orbicolati, compres- so - carenati, e petali ovati, crassi, coriacei : i maschili portano più di trenta stami, dinsunenià fascioolati, con filamenti brevissimi, ed antere lineari - allungate : i femminei sono assai più piccoli dei maschili, subglobosi, con perianzio accrescentesi dopo 1’ antesi, e con ovario allungato a tre stimmi sessili. Successa l’ impollinazione , si ha la completa maturazione dei frutti, circa al quarto anno, Essi sono ovato - end mucronati — 21 — verso l’apice, per gli avanzi persistenti dello stilo, con pericarpio crasso fibroso , ed endocarpio tenue, e contengono un sol seme. Quelli maturati in questo R. Orto Botanico presentano l’embrione perfettamente sviluppato, per cui è sperabile possano germinare, e così si possa propagare in abbondanza questa specie elegante e rara. V. RiccoBoNo. «=» è + C712D + + cao è + o + + io + + ir ‘0. +0. so. +0. so. . © +. ++ cn» + + ama + || V\ Di una pianta ibrida ottenuta in Sicilia sull’inizio dello scorso secolo. Il Barone Tommaso MELAZZO iniziava sui primi anni dello scorso secolo una serie di impollinazioni incrociate sopra diverse specie di Amaryllis, ottenendone bellissimi ibridi. Il primo ibrido avuto in fioritura fu battezzato col nome di Amaryllis Gravinae e ne fu pubblicata la descrizione nel Giornale di Scienze, Lettere ed Arti per la Sicilia, descrizione che quì riportiamo per intero : proveniva da un incrocio fra l’Amaryllis vittata e 1’ Amaryllis Reginae, e forse era identico all’altro ibrido, derivante dagli stessi parenti, e descritto dal DE CANDOLLE col nome di Amaryllis Car- narvonia. La sinonimia della detta pianta è la seguente : Hippeastrum Gravinae (MEL.) RoEM. Fam. nat. regn. veg. fasc. IV. 1847. p. 137 - BakER, Handb. 0. t. Amar. 1888. p. 53— Amaryllis Gravinae, MeL. in Giorn. d. Se. lett. art. Sic. n. 24. 824. p. 322 — ScHULT. Syst. veg. vol. VII. part. II. 1830. p. 816 — KunTH. Enum. plant. ete. Tom. V. 1820. p. 529. Ed ecco quanto ne scrive il MELAZZO : «L’Amaryllis Gravinae descritta dal Barone Tommaso ME- LAZzo e dedicata a S. E. il Signor D. FRANcESCO PaoLo FERDI- NANDO GRAVINA, Principe di Lercara e Palagonia, Gentiluomo di Camera di S. M. «La nuova Amarilli, della quale la Botanica ha fatto acquisto — 123 — ed alla quale il nome specifico di Gravinae si è imposto, non è una pianta ritrovata a caso, nè tra le regioni poco frequentate del- l’antico mondo, nè tra quelle di recente visitate del mondo nuovo. Essa è il prodotto di una fecondazione operata col concorso di due diverse Amarilli, ma con dei mezzi apprestati dalla mano dell’uomo. Il caso, che non di rado suol essere origine di nuove produzioni, non ha avuta veruna influenza in questa. Le teorie sul sistema sessuale dei vegetabili, non che l’esperienza, hanno guidato le o- perazioni di tale fecondazione, per dir così artificiale, ed il risultato ha corrisposto all’ aspettazione. Si volle produrre una nuova pianta, e questa già si è ottenuta. «A chi è versato nello studio della Botanica quelle teorie ed esperienze sono a bastanza note per tralasciarsene in questo luogo l’esposizione. Basterà soltanto qui brevemente rapportare che nel mese di maggio dell’anno 1817 nella città di Palermo un fiore dell’Amaryllis vittata fu a bella posta privato delle sue an- tere pria di metter fuori il loro polline, e che dietro una tale ca- strazione venne espressamente applicato al suo stimma il polline dell’Amaryllis reginae. Li semi della vittata restarono fecondati, e quando furono consegnati alla terra nel susseguente ottobre 1817, produssero le piante nuove, di cui si parla, le quali crescendo di anno in anno, fiorirono per la prima volta nell’aprile del 1822. «Ecco la descrizione di questo vegetabile. «Il Bulbo è di forma ovale, esternamente bruno, del diame- tro di tre pollici circa, fornito alla sua base di gran copia di ra- dici carnose e ramose. « Le Foglie, disposte in due serie, sono ordinariamente del numero di dodeci: si elevano in direzione obbliqua, ed arcuata : hanno quindici pollici di lunghezza, e un pollice e mezzo circa di larghezza, ma superiormente più larghe; sono cat ottuse, nude, lisce, leggermente striate e canaliculat o Scapo nasce fra mezzo alle foglie intarioni ed alle este- riori: è poco inclinato, compresso alla base ed all’apice, e quasi cilindrico nel mezzo : è nudo, liscio , lievemente striato, rossastro, ed asperso di polvere glauca : il suo diametro è d’un pollice circa, la sua lunghezza eccede due palmi. Non di rado sorgono due o tre scapi contemporaneamente dallo stesso bulbo. « La Spata è divisa in due lamine san d’un colore rossiccio pallido : è persistente e multiflor «Li Peduncoli hanno la lunghezza di dae pollici, ed escono dalla sommità dello scapo divergenti, dritti, e lievemente all’apice — 124 — ‘incurvati: portano alla loro base alcune brattee del colore, e con- sistenza della spata, e sono com’essa persistenti. « Li Fiori escono dalla spata al numero di tre sino a sei: sono disposti orizzontalmente, ed a foggia d’un’ombrella. «La Corolla è campanulata, ristretta alla base, grande, di bella comparsa, che spande un leggiero, ma grato odore: è com- posta di sei petali, de’ quali il superiore è il più grande, e l’infe- ‘riore il più piccolo : la sua faùce è irsuta per causa d’una corona di peli, che accerchia la base d’ogni filamento. «Li Petali sono tinti di color minio vermiglio : ciascuno di essi è intersecato longitudinalmente da una fascia bianca, che va ‘& terminare in una macchia di color amaranto : il loro margine è integro ma ondolato. La parte inferiore della superficie esterna è di un colore verde, il rimanente è rosso. Questi petali sono tra di loro uniti alla base per mezzo della rachide in un tubo carnoso d’un pollice d’estensione : in questo intervallo li tre esterni hanno la loro rachide aderente al margine degli interni, conservando però libero il loro proprio margine. Per lo stesso intervallo d’un pollice i petali sono aderenti ai filamenti. i «Gli Stami hanno i loro filamenti declinati verso il petalo in-. feriore, la loro estremità però fa una curva, e sta rivolta all’insù : hanno una tinta lesgiera di verde verso la base, sono bianchi nel mezzo e rossi all’apice. Sono essi ineguali : li tre aderenti a tre petali interni sono più lunghi, e più grossi di quelli attaccati ai tre petali esterni. Le antere sono tutte eguali; il loro polline è di color giallo chiaro. «Il Pistillo ha lo stilo eguale ai filamenti per la declinazione, curvatura, e colore, ma è più lungo d’un mezzo pollice. Lo stimma è tripartito. «Il Frutto è una casella triloculare membranacea: contiene molti semi di color nero appianati e rivestiti d’una leggiera mem- brana che sporge in fuori tutt’all’intorno. « Questa pianta conserva in tutte le stagioni le sue foglie quando non si manca ad inaffiarla. Il tempo della sua fioritura è nei mesi di aprile, e maggio, Spesso però anche fiorisce in agosto e settem- bre. Li fiori sì aprono successivamente uno dopo l’ altro, ma si conservano per si lungo tempo, che si arriva a vederli tutti con- temporaneamente rigogliosi e vivaci: tutta la fioritura ha la du- rata d’un mese circa. Li bulbi producono una gran quantità di bulbetti laterali, che crescono e s’ingrossano in un tempo non lungo. Con questi si moltiplica facilmente l’Amaryllis Gravinae : la sua — 125 — moltiplicazione per semi si ottiene con più difficoltà, attesochè li suoi fiori portano di rado a compimento i loro semi: tuttavolta quando si è arrivato ad ottener questi perfetti e compiti, con fa- cilità han germogliato, secondo l’esperienza, che se n’è fatta. « L’Amaryllis Gravinae fa vaga comparsa per le sue numerose foglie tinte di un bel verde; assai lunghe e larghe con dimensioni poco comuni alle altre Amarilli. Ma quel che dà più diletto all’oc- chio è il complesso , la forma ed il colorito de’ suoi fiori. Questi al numero di quattro ordinariamente, ed alle volte di cinque, o sei fanno corona alla sommità dello scapo, disposti ad ombrella. La loro corolla è campanulata e si sa quando vaghi sogliono apparire i fiori che presentano questa forma. Ammirevoli sono i suoi petali per lo brillante color di minio, per la striscia bianca del centro, e per due piumette color chermisi, che lateralmente vi lussoreggiano. Finalmente a tanti pregi unendo la soavità dell’odore, che legger- mente tramanda il fiore di questa Amarilli, può essa dirsi una delle più belle piante del suo genere. «Li caratteri di questo vegetabile danno a conoscere chiara- mente la sua doppia origine : perocchè alcuni se ne osservano si- mili a’ caratteri dell’Amaryllis Reginae, che fu il padre, ed altri simili a quelli dell’Amaryllis vittata, che fu la madre. Così per la conformazione e colorito del fiore; per li tempi della fioritura; e per la conservazione delle foglie in inverno la Gravinae somiglia alla Reginae. All’incontro la forma di tutta la nuova pianta (ha- bitus), il suo bulbo, le foglie, lo scapo, la spata, li peduncoli, la disposizione, il numero e l’odore dei fiori, e finalmente i semi so- migliano a quelli della vittata. È da notare che l’odore è così uni- forme tra'le sopradette due Amarilli, che non fa dubitare essere la nuova pianta originaria dalla vittata. Questo istesso odore è dippiù un carattere, che principalmente distingue il fiore dell’ A- maryllis Gravinae dai fiori di alcune altre Amarilli, coi quali po- trebbe a primo aspetto confondersi per una certa somiglianza nelle forme e nel colorito. «E finalmente giova avvertire, che nel passato mese di mag- gio 1824 si è fatto artificialmente fecondare un fiore d’ Amarillis vittata dal polline dell’ Amaryllis Gravinae : ed al contrario un. fiore della Gravinae si è reso fecondo col polline della vittata. Li semi ottenuti da queste due diverse fecondazioni hanno di già ger- mogliato sin dal passato mese di ottobre 1824. Le piantine ancor tenere non possono al presente descriversi, ma si attende che esse pervengano al loro perfetto sviluppo, e fioriscano : allora se ne darà — 126 —. la descrizione, con la quale si faranno conoscere al pubblico que- ste due altre nuove piante ». Dai predetti iviincroci si ott infatti un nuovo ibrido che fu descritto dal medesimo Barone MELAZZO, col nome di A- maryllis Tinei, nel Giornale Letterario n. 218, del 1841. Prove- niva da un incrocio fra l’Am. keginae e l’ibrido Am. Gravinae: trattandosi di un ibrido in secondo grado, l’ultimo incrocio fu poco fertile ed il MELAZZO nota appunto come sopra 22 semi ottenuti se ne trovò un solo, che germinò, e che appunto diede origine al- l’Amaryllis Tinei. ne il MELAZZO, dubitando che questi Amaryllis, siccome ibridi, non fossero bene accolti dai botanici fra le specie naturali, insiste assai per dimostrare come dovrebbero essere distinti con un nome proprio, concludendo : <...... Se un botanico peregrinando in terre sconosciute, sia nell’antico sia nel nuovo mondo, avesse ritrovato a caso questa nuova marilli, non v’ha dubbio che, dietro l’esame dei suoi caratteri, qual nuova specie l'avrebbe riconosciuta, ed il suo nome specifico le avrebbe attribuito. Ma perchè di questa medesima pianta se ne pubblica oggi la storia e la genealogia, perchè si sa essere un i- brido, di cui si additano i genitori, si negherà accordarle il posto di specie ?» : Dal fin qui detto risulta chiaramente come nel principio dello scorso secolo l’orticoltura in Sicilia trovavasi già molto bene av- viata, e come si ottenevano pregevoli forme ibride mediante im- pollinazioni artificiali : fra queste primeggiano le Amaryllis Gra- vinae e Tinei ottenute dal Barone Tommaso MeLAZZO. La nota riportata dimostra ancora come il MELAZZO, generalmente sco- nosciuto per botanico, fosse abbastanza esperto in questa scienza, e ne fa fede la limpidissima descrizione, ove usa termini veramente appropriati e disposti con perfetto ordine, in modo che il ‘lettore può avere un idea chiarissima della pianta descritta. G. E. M. LEI AGN ee at cinetica nin aMitrirnrnnntal! ariani somrinso so. ‘o. +0. +0. +0. so. +0. +0. Lee iii aggrappa aggio; ;ggernorinngogggn mena lrn ui Sii Osservazioni biologiche sulla Thunbergia grandiflora. I. MIRMECOFILIA. (1) Questa bella Acantacea scandente, che vive in questo Orto Bo- . brattee calificiformi, le quali portano alla loro base, e quà e là sulla loro superficie esterna, massime verso il mezzo, numerosi corpuscoli biancastri, appena visibili senza lente : questi corpuscoli consistono in piccoli tricomi sferici 0 più sovente appiattiti, quasi cupuliformi, composti di parecchie cellule raggianti, come que delle Bignoniacee. La loro secrezione è minima, come si può de- durre tenendo qualche bottone al riparo dagli insetti, ma, essendo un poco carnosi, è verosimile sieno ricercati dalle formiche come ‘loro cibo: cioè abbiano vero valore di mirmecopsomi. Infatti è Cr] (1) Quantunque sull’esistenza dei nettarii calicini in questa specie ne abbia già brevemente accennato il BURCK, negli Annales du Jardin 0 Botanique de Buitenzorg. Vol. X. p. 99, credo interessante pubbli- care la presente nota, contenente osservazioni originali, quando non aveva ancora conoscenza del lavoro dell Bontk, 9 008°, diverso indirizzo. .. scritte p da n î 7 ; SR e 408.1 | facile scorgere formiche sopra di essi, intente a divorarli 0 ad a- ortarli. Però questa non è la sola sede di organi formicarii in questa pianta. Le due brattee suddette sono saldate assieme prima del- l’antesi e simulano un vero calice : ma, poco prima che il fiore si apra, esse allontanano i loro margini, da un solo dei lati, in modo a formare una specie di deiscenza valvare, da cui incomincia ad uscire la corolla. Internamente si ha una vasta camera che attornia la base del tubo corollino, ove le formiche possono trovare un gra- . dito temporaneo ricovero. Ora appunto in questa cavità si asconde uno dei più curiosi nettarii estranunziali che si conosca. Infatti largo anello mellifero, che ha grande potenza di secrezione. È ri coperto di peli pluricellulari come quelli riscontrati all’esterno delle brattee, ma quivi sono molto più grandi, più cupuliformi, in mag- gior numero ed avvicinatissimi : dalla loro cavità poi sgorga grande abbondanza di miele, che, sequestrando un fiore agli insetti, si manifesta con tante goccioline, le quali formano come una rugiada sul detto anello. Questo nettario ha straordinaria attrattiva per le formiche : in- fatti in questo Orto Botanico ogni fiore è assiduamente occupato da una o più formiche che lo difendono con grande accanimento esse si trovano abitualmente entro la cavità formata dalle predette brattee e ne escono con furia ogni qualvolta che qualcuno ne scuote i fiori. Ho pur veduto in un bottone una vespe (credo Polistes gallica) visitante i detti nettarii. Interessante assai .è il rilevare il valore morfologico di tale | nettario. Ammesso che i due fillomi esterni al fiore, caliciformi, sieno da considerarsi come vere brattee, mancherebbe in questi fiori il calice, ed il posto di questo sarebbe occupato dal predetto anello mellifero. Ciò non è facile ad ammettersi se consideriamo la natura calice si rende meno necessaria, essendo assunta dalle predette brattee. Qualche volta queste due brattee formano un vero invo- MORRA Ve 3° — 129 — lucro, restando saldate da un lato ed allontanandosi dall’altro per lasciare uscire la corolla (Louteridium etc.). Ciò succede anche nel genere Thumbergia e generi affini. In parecchie specie di T'hum- bergia, come nella Thumbergia alata e specie affini il calice è molto ridotto, costituito da circa 12 o 13 punte setacee, non più esercitanti alcuna funzione involucrante : in compenso le due brat- tee formano una cavità quasi vescicosa. attorno alla base corollina, ed al giovane frutto, quando la corolla cade, ed esercitano, non solo una funzione involucrante, ma bensì dapprima una funzione nettarostega e dappoi una funzione oostega, a somiglianza delle brattee di Melampyrum, di Calystegia etc. In altre specie di 7humbergia invece, come nella presente Thumbergia grandiflora, la funzione delle predette brattee è es- senzialmente involucrante, ma ancora è diretta a costituire una ca- vità di temporaneo ricovero alle formiche, ove racchiudesi miele in abbondanza. Possiamo ritenere che, mentre esistono molte specie di piante le quali offrono cavità stabili per ricovero. è domicilio delle formiche, questa presenti analogamente cavità temporanee, quasi di pari efficacia, imperocchè essendone la fioritura continuata senza interruzione per parecchi mesi, le formiche non hanno che da. passare da una ad altra cavità, seguendo l’ordine di svolgimento dei fiori. Stabilita la vera natura delle predette brattee non resta più dubbio sulla omologia dell’ anello mellifero esterno, estranuziale; esso è un vero calice. Si ha cioè un calice ridotto completamente e persistente solo nella regione fillopodiale, come lo dimostra la morfologia comparata delle specie affini, con la regione fillomatica occupata dal predetto anello mellifero. Questo, che io. conosca, è l’unico esempio di un calice completamente metamorfizzato in nettario estranuziale : sono noti, è vero, molti esempii di nettarii estra- ‘nuziali localizzati sopra calici, ma in tutti gli altri casi esiste più o meno sviluppata la regione fillomatica, esercitante funzione in- volucrale od altra analoga funzione. Questo però è logico, avendosi quì il calice rappresentato biologicamente dall’ involucro bratteale e sapendosi come sovente organi in via di riduzione possano assu- mere la funzione di nettarii estranuziali, quale ad esempio il mu- crone terminale, quondam cirrifero, delle foglie di Faba. dra È infine interessante notare come in questa specie, e forse in altre affini, si abbia una formazione tutta propria di nettarii estra- nuziali, non conoscendosi in tutta la famiglia delle Acantacee alcun altro esempio di mirmecofilia. Però non devesi scordare che nella —-130 — involucrale è esercitata in modo analogo a questa specie dalle due brattee caliciformi, ma del vero calice non resta più traccia, essendo abolita anche ogni secrezione mellea. II. STAUROGAMIA. I fiori di questa specie costituiscono certamente un apparecchio melittofilo: però se li paragoniamo a qualche specie affine, ad e- sempio alla 7humbergia alata, troviamo parecchie differenze degne di menzione. Ad esempio nella Thumbergia alata il nettarostegio florale, intracorollino, è formato da un fitto anello peloso situato alla base dei filamenti : in questa Specie invece all’anello di peli è sostituita una forte costrizione del tubo corollino, accompagnata da un esa- gerato inspessivamento dei filamonti dei due stami posteriori, lar- ghissimi alla base ed assai consistenti: i filamenti degli stami an- teriori sono opportunamente incarvati ed in pari modo inspessiti, benchè meno larghi, si che essi pure contribuiscono a rendere com- pleta l’occlusione del tubo corcllino. Le antere presentano alla loro base alcuni uncini rigidissimi : due per ognuna delle anteriori, di un piccolo spazzolino di peli che serve a meglio distendere sul corpo del pronubo il ‘polline deposto ad ogni scossa d’antera. Nel- la Thumbergia alata invece mancano le appendici rigide, uncinate, delle antere, ma in compenso si hanno alla loro base spazzoline | più dense. ph: __ Infine lo stimma è pure diverso in entrambe queste specie. Nella Thumbergia alata il lobo inferiore è espanso e conformato a pala in modo da radere il polline dal corpo dei pronubi, mentre il lobo superiore è accartocciato formando un secondo apparecchio si sia laici a Nt i PIRO > pei a a i — 131 — di abrasione, il cui scopo non è ben noto: forse è in relazione a pronubi di diversa statura. Invece in questa specie di Thumbergia il solo lobo inferiore dello stimma serve a radere il polline, mentre quello superiore, foggiato a doccia ha unicamente lo scopo di im- dire una eventuale dispersione di polline, rattenendolo e guidan- dolo nel modo il più appropriato. Notasi da ultimo che questa specie deve essere adinamandra, imperocchè, coltivandosene in questo Orto una sola pianta, quan- tunque fiorisca abbondantemente, ed i suoi fiori sieno visitati da apiarie, non porta frutto. Dal predetto si conclude che nel genere Thunbergia (lati o- risensu) si comprendono due tipi, biologicamente ben distinti. Il primo, rappresentato dalla 7hunbergia alata e specie affini, ha il calice rudimentale, ma non mellifero, ed i fiori con antere non uncinate : il secondo, rappresentato dalla Thunbergia grandiflora e specie affini, ha il calice sostituito da anello mellifero, di fun- zione estranuziale, ed i fiori con antere munite di forti uncini. G. E. MATTEI, Studi ed esperienze sulla coltura delle piante da gomma elastica in Sicilia. I. -I01«Guayule» (Parthenium argentatum, A. GRAY) La Direzione di questo R. Orto Botanico, continuando i suoi studii sulla coltura in Sicilia di piante a Caoutchouc, senza abban- donare le ricerche già bene avviate ed oramai esaurienti sul Ficus elastica, rivolse l’attenzione sopra altre specie che era supponibile potessero adattarsi alle nostre regioni, e che, prestandosi a colture intensive, avrebbero potuto dare un prodotto remunerativo fino dai primi anni. In seguito ad una accurata relazione del Prof. ENDLICH, com- parsa nel « Tropenpflanzer » del maggio 1905, e di un articolo. inserito nel « Journal d’Agricolture Tropicale » del dicembre 1905, sul Caoutchoue di « Guayule », il Direttore di questo Orto stimò opportuno di iniziare dati anche con tale pianta. Col nome di « Guayule » viene distinto un arbusto della fa- miglia delle Composte, corrispondente al Parthenium argentatum, A. GRAY, che abita le steppe aridissime del Sud degli Stati Uniti (Arizona e Texas) e degli altipiani del Messico (Coahula, San-Luis Potosi, Durango). È un arbusto alto da 80 centm. ad un metro, | di aspetto biancastro ed argentato stante uno spesso rivestimento È e — 133. sericeo di peli unicellulari, che ricopre tutte le sue parti: dap- prima sviluppa un unico fusto eretto terminato da parecchi capo- lini di fiori, ed in seguito va ramificandosi, assumendo un aspetto tortuoso. Contrariamente a quanto avviene nelle altre piante a Caoutchouc, in cui il Caoutchouc trovasi disciolto nel latice, e li- mitato al sistema dei laticiferi, nel « Guayule» trovasi disciolto nel succo cellulare, tanto nelle cellule dell’ epidermide, quanto in quelle del legno, ove specialmente abbonda: manca affatto nelle foglie e nelle infiorescenze. Al Messico si è già iniziato un movi- mento industriale per lo sfruttamento delle riserve naturali del « Guayule » : furono accordati in proposito concessioni e brevetti a diverse Società, e già una « Compania Anglo - Mexicana», ad Jimulco, presso Torreon, ha impiantato in proposito adeguate offi- cine. La pianta attualmente si vende colà a 10 piastre la Tonnel- lata, e raggiunge un valore doppio a Monterey. Il Caoutchouc poi estratto viene attualmente quotato circa 6 franchi per chilogramma, ma pare che esperienze di laboratorio abbiano stabilito che detto Caoutchouc, meglio depurato, possa raggiungere un valore da 8.50 a 10 franchi per chilogramma. In seguito a tali informazioni, la Direzione di questo R. Orto Botanico si rivolse, con lettera del 24 gennaio 1906, al Ministero di Agricoltura, richiamando l’attenzione sul « Guayle » ed insi- stendo per averne seme genuino, dai luoghi stessi di produzione, per mezzo dei nostri rappresentanti consolari che eventualmente potessero essere in grado di ottenerne. Infatti il Ministero Italiano di Agricoltura, accogliendo bene- volmente la domanda di questa Direzione, inviava in data 29 a- gosto 1906 una scatola contenente una piccola quantità di semi di « Guayule », accompagnandola con una relazione dell’ Avv. GIo- VANNI CoPpPoLa, reggente il R. Consolato a Messico. Crediamo opportuno riportare la parte di tale rapporto che si riferisce ad alcuni tentativi, con diverso esito, recentemente eseguiti al Messico: così infatti si esprime il detto Avv. COPPOLA : i «In Messico, alcuni preconizzano il « Guayule » come la « pianta migliore produttrice di gomma che si conosca, altri so- «stengono che non ha valore industriale. Tra tanta disparità di «pareri, la Ditta Krupp, di Essen, sollecitò l’anno scorso dal «governo messicano la concessione di poter espletare il « Guayule » «ad uso industriale, promettendo, in cambio della esclusiva, di «impiantare una fabbrica di Caoutchouc in una delle città della | «frontiera nord. Non so a che punto sia la pratica. cena « Si racconta anche di un tedesco che in Monterey si dedicò «con macchine adatte allo scopo, alla espletazione del « Guayule ». « Dopo molti tentativi, non riuscì ad ottenere che un bollo di di- «screta qualità. Perduta la speranza di un utile risultato, abban- « donò la fabbrica ed il paese. «I pratici sostengono poi che una pianta, abbondante nei din- « torni di questa capitale, conosciuta sotto il nome di « Cicutilla » «e che non è stata ancora studiata industrialmente, è suscettibile « di dare un prodotto assai migliore di quello del « Guayule ». « Questo è quanto posso dire in merito a tale interessante pianta, « che, eftettivamente, al momento è molto ricercata, specialmente « da industriali nord-americani ». Esiste pure intorno al « Guayule » un rapporto dei Signori FroN e FraNcoOIS pubblicato nel « L’Agricolture pratique des pays chauds » del luglio-agosto 1901. In esso si riferisce anche una a- nalisi del fusto, di Parthenium argentatum, e della gomma otte- nutane : tale analisi è la seguente : | Fusti | Gomma Elementi solubili nell'acqua . . . . .| 9.2%|59% Gomma pura . 14. 6 lo | 60.8 °lo Resine. ° 10 |15.6%, Riguardo poi all'importanza del « Guayule » e del suo pro- dotto, tali autori così si esprimono : «Le produit que nous avons recu présente un aspect noira- « tre, il s’ètire assez facilement et prend une teinte lègérement verte « quand on l’examine sous une faible èpaisseur. Exposl à V’air, il «ne tarde pas à devenir poisseux, adhérant aux doigts, il « tourne tanto che l'esemplare coltivato nelle serre di Kew raggiunge un’altezza di circa metri 7 e presenta un tronco semplicemente biforcato all’ apice e i due grossi rami laterali si conservano ancora semplici. Questo sembra sia il carat- tere normale della pianta cresciuta in luoghi molto ombrosi, così come lo dimostra anche un esemplare coltivato in piena terra in quest’Orto Botanico; mentre in esposizioni aperte gli individui presentano una copiosa ramificazione che muta profondamente l’a- spetto generale della pianta. Un altro carattere, secondo me, dipendente dalla coltura in serra, è quello della enorme lunghezza delle foglie segnalato dal sig. Hemsley nella citata illustrazione. Tale lunghezza importa sino a metri 1, 25 nelle piante coltivate a Kew, mentre da noi essa non supera i 70 centimetri calcolandovi anche le dimensioni del pic- ciolo. A conferma di questo stesso fatto dobbiamo motare pure la considerevole lunghezza dei peduncoli delle infiorescenze negli esem- plari descritti nella citata illustrazione, per cui le infiorescenze stesse divengono lunghe quanto le foglie o poco meno di queste. on è così negli esemplari coltivati nel nostro Giardino, dove le infiorescenze appariscono molto corte e non superano la base delle foglie, sicchè le nostre piante offrono, per questa circostanza, una ben distinta caratteristica , che potrebbe far nascere il dubbio che si tratti di una specie, quantunque molto affine, ma distinta. da i | quella descritta nel Botanical Magazine. A volere completare questo confronto occorre notare che nei nostri esemplari i capolini sono più compatti e più piccoli. La com- pattezza deriva dallo essere i peduncoli florali molto più estesamente | fusi tra di loro. Anche la relativa brevità dei peduncoli, che sor- reggono i capolini, è un carattere delle forme coltivate all’ aperto nel nostro Giardino, I I MA La eterofillia della Meryta Denhami è stata esattamente rile- vata dal sig. Hemsley nella sua descrizione. Essa consiste nella pro- duzione di foglie molto strette e lunghe, le quali precedono quelle normali. Pare dunque che cotesta forma di foglie rappresenti uno stadio giovanile, come accade in molte altre piante. Però io non ho potuto verificare se tale forma derivi dalla germinazione, poichè da noi le piante sono tutte femminee e non producono mai semi. Tut- tavia è certo che anche gli individui adulti possono di tanto in tanto dare origine a polloni laterali provvisti di foglie anguste. Particolarmente ciò accade nei rami più bassi, quasi in contatto al suolo. Colla propagazione per mezzo di margotte, possono allora i rami essere oggetto di coltura. Si hanno in tal modo degli indi- vidui che differiscono dal tipo normale per la notevole strettezz delle foglie. Essi si trovano ordinariamente diffasi nel commercio orticolo con vari nomi e specialmente con quello di Meryta angu- stifolia. Durante il corso della vegetazione però le piante ritornano al tipo caratteristico della specie. Ad SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III. Ramo fiorifero femmineo di Meryta Denhami, SerM. + «zo è + «2» è è IO + + GENIO + è Cz) è + CHNID è > Co è è dz» è + Gu» + + o + + i + + <> è è CTIEID è è GENIO è è CONI è + CINNMD + + CIMINO è è CINNNND + + GENZD + + mm» + + «uao è + ammo + Noterelle biologiche sopra alcune piante indigene delle nostre Colonie. È Pterolobium lacerans, R. Br. Il Pterolobium lacerans è una liana molto frequente in Abis- sinia, dove è conosciuto col nome di Kuantaftaffè. Dapertutto per le vallate dell’altipiano, in mezzo alle macchie selvagge e boscose, essa forma intrigatissimi cespugli, in cui i rami, sarmentosi, sì stendono e si avviluppano strettamente agli alberi ed invandono tutte le possibili adiacenze, inerpicandosi per mezzo di adunchi a- culei ed occupando tratti sovente estesissimi, quali perciò diven- gono addirittura impenetrabili. Sull’altipiano ragi giunge altitudini non di rado superiori a 2000 metri, il chè spiega la facile adatta- bilità di questa pianta al clima di Palermo. Nel nostro Orto Bo- tanico essa occupa un posto importante fra i rappresentanti della Flora Eritrea; e nei molti anni di coltura si è dimostrata resistente alle più basse temperature invernali , le quali, come è noto, hanno in questi ultimi anni raggiunto delle minime molto notevoli rispetto. alle normali temperature della Sicilia. I mezzi ordinarii di cui i rami di questa pianta si avvalgono per attaccarsi e restar sospesi alle accidentalità delle stazioni sono — 146 —_ "degli aculei i inbifonni rigidi e molto aguzzi, come è stato esatta- mente notato dagli autori. Essi osservansi in tutti i punti dei rami e vi sono disposti senza alcuna regola. Solo immediatamente al di sotto della inserzione dei piccioli stanno collocati a coppie, uno per ciascun lato della inserzione dell foglia. Però in questo caso non rispondono esattamente per posizione alle stipole, ma stanno al- quanto più basso del posto di qu>ste. Non possono quindi conside- rarsi di origine stipolare, tanto più che le stipole restano visibili a un livello più alto, ai lati della base dal picciolo, sotto forma di minuti dentelli membranacei, molto assottigliati all’ apice e di co- ore bruniccio. Generalmente questa ultima sorta di aculei sono più robusti di quelli sparsi lungo la superficie dei rami. tre ai detti aculei rameali, il P. Zacerans possiede degli a- culei fogliari, i quali sono esclusivamente localizzati alle rachidi primarie, essendo, come è noto, le foglie di questa pianta bipin- nate pari: le rachidi secondarie sono quindi del tutto nude. Gli aculei fogliari sono di dae sorta: gli uni sono posti a'due a due al disotto delle rachidi, a regolari intervalli, che corrispon- dono alla inserzione delle coppie delle foglioline: gli altri stanno isolati, in alto, fra gli intervalli delle dette coppie. Essendo il numero delle pinne fogliari varixbile da otto a dodici, si ha perciò sul dorso della rachide primaria un altrettanto numero di coppie di aculei della prima sorta: questi sono normalmente molto rigidi, lunghi, e fortemente ricurvi ad uncino. Evidentemente questi ul- timi cooperano con quelli ramea!i alla funzione dell’ inerpicamento; mentre gli altri, situati in posizione eretta in corrispondenza della pagina superiore della foglia, essendo diritti, gracili, ‘acutissimi, possono avere piuttosto il significato di organi vulneranti di dife- sa, e solo in via accidentale e secondaria concorrere alla funzione di sostegno. Gli aculei uncinati rameali è fogliari sono dunque i caratteri- stici organi di presa per mezzo dei quali questa pianta provvede alla sua grande diffusione su pet gli alberi e tenacemente si at- tecca ai rami di questi e li ricopre di ogni lato. Però la parte che prendono le foglie a tale funzione va con- siderata attentamente perchè, ranpresentando le foglie stesse degli | organi di una durata molto precaria, sorge naturale il dubbio che i rapporti fra la pianta ed il relativo sostegno non debbano pre- sentare garanzie di durevole stabilità. È chiaro infatti che se la durata della foglia si riduce, come accade sotto la influenza del clima fai ad un Franza di poche pinze sucoandoni È pa so E i IMRERE a E GIR I E TE ci PNR RE LU es 4 eZ Fato - esse dalla loro base, verranno a distruggersi molti di quei punti di contatto che già esistevano prima, mentre la foglia era nel pieno esercizio delle sue funzioni. Nè vale la considerazione che anche i rami concorrono all’inerpicamento essendo questi provvisti di aculei relativamente scarsi. Ad assicurare, in modo più efficace la funzione di cui è pa- rola, intervengono particolari disposizioni biologiche che vanno se- gnalate in modo speciale. Anzitutto è da notare che il periodo della durata delle foglie” si prolunga oltre limiti non comuni. Esso importa sotto il clima di Palermo poco più di un anno. Però la lamina fogliare cessa di esrrcitare la sua normale funzione assimilatrice molto tempo prima, la qual cosa è resa manifesta dal distaccarsi delle foglioline dai loro piccioli, in modo che le rachidi secondarie restano tosto nude. Poco dopo anche queste cadono, se pure la caduta non avviene contemporaneamente a quella delle foglioline. Quello che in ultimo rimane della foglia si riduce alla sola rachide primaria rimas perfettamente nuda. In tal modo è chiaro che la foglia si è diffe- renziata in due distinte regioni biologiche : l’una adibita alla nor- male fanzione assimilatrice rappresentata dalle singole coppie di foglioline, comprese le relative rachidi secondarie; l’altra destinata all’inerpicamento costituita dalla sola rachide primaria. In ordine all’argomento che mi son proposto qui di trattare, non presenta alcun interesse la prima regione, della quale tutti i caratteri e la funzione rispondono interamente a quelli di una la- mina fogliare composta qualunque del tipo normale. Il picciolo di essa, come dissi, corrispondente alla rachide secondaria, è provvi- sto del solito cuscinetto mobile, come lo sono le singole foglioline alla loro base. Sicchè i varii movimenti di orientazione alla luce e quelli nictitropici sono resi perfettamente agevoli, come nei casi normali. Interessa piuttosto la considerazione della rachide prima- ria, la quale, quantunque morfologicamente faccia parte della foglia, ha in modo completo assunto i caratteri di un organo di arrampicamento o di presa della stessa natura biologica dei cirri e di simili formazioni, senza essere ritortile. Queste nuove proprietà : morfologiche e biologiche del picciuolo principale meritano parti colare menzione. i i È Prima di tutto va notato che le estremità dei lunghi rami di. Pterolobium lacerans sono dotate di rapidi moti di circumnutazio- S ne verso la luce. Ciò naturalmente permette alle rachidi primarie i | di giungere agevolmente in contatto coi ‘corpi adiacenti e attaccar- POE Lo pgetea visi qualunque sia la posizione dei corpi stessi rispetto alla dire- zione longitudinale dei rami. poichè lo sviluppo delle dette rachidi precede normalmente quello delle altre parti della foglia, cioè la lamina composta, resta opportunamente provveduto nei rapporti di tempo e di posto ad assicurare ai rami una stabile posizione. Le rachidi hanno: già quasi raggiunta la loro lunghezza normale, quando ancora le sin- gole porzioni laminari si trovano appena abbozzate nelle loro linee fondamentali. Le dette rachidi si presentano leggermente curve all’infuori, ma la curvatura volgesi obbliquamente- verso un lato e tutto l’organo nel suo insieme accenna ad una lieve contorsione a spirale. Il che, come ho potuto direttamente assicurarmene, prova che anche i piccioli medesimi sono dotati di un lieve movimento di circumnutazione. Solamente quando più tardi, stabilitasi in modo definitivo la struttura dell’organo, si consolidano i tessuti, siffatta contorsione rimane stabilmente fissata. Sicchè, data la simultanea azione dei moti di cireumnutazione della estremità dei rami e quelli delle rachidi primarie, riesce agevole alla pianta di attaccarsi ra- pidamente ai corpi vicini. In armonia alla funzione prensile di cui sono a sviluppo definiti- vo dotate le rachidi primarie, queste mancano della facoltà di dar luo- goa movimenti eliotropici. Però i moti di orientazione alla luce nelle foglie di Pterolobium lacerans si ‘compiono mediante i cusci- perduto i caratteri normali dei piccioli delle foglie composte delle altre Leguminose. In appoggio a questo fatto va notato che anche il cuscinetto dere i rami stessi resistenti all’azione meccanica degli agenti ester- ni e al peso delle frondi. Tale regione è contraddistinta nelle ra- chidi da una sorta d’ispessimento a mò di tronco di cono che colla i Ag e base maggiore s’attacca al ramo e l’altra opposta si continua lun- go il picciolo. In alto essa precesa una lieve depressione ed in fondo al punto di attacco col ramo, v'è l’accenno alla formazione di una sorta di solco o articolazione, che sembra debba permettere i moti di spostamento dell’organo dall’alto in basso. Nell’insieme siffatta regione offre una considerevole tenacità senza potersi dire rigida ed immobile : ma tale consistenza è senza dubbio di un grado piu elevato a quello che normalmente si osserva nei cuscinetti mobili. Il che certamente dipende sia dalla mancanza di articolazioni e rughe o solchi trasversali, sia dalla natura stessa e distribuzione dei tessuti meccanici che la costituiscono. Difatti, quanto a quest’ultimo carattere, è da osservare che la distribuzione degli sclerenchimi è quella medesima che prevale nella costruzione degli organi soggetti a sopportare le azioni dello, stiramento e delle trazioni, cosi come p. e. sono le radici, dove evvi un considerevole concentramento dei tessuti solidi (sclerenchi- ma) verso l’interno, prendendo così origine alla periferia una zona compresibile. Nelle basi delle rachidi di Pterolobium lacerans gli elementi meccanici formano un voluminoso plesso interno circondato da una larga zona collenchimatica periferica, il quale nel suo insieme piglia l’ aspetto di un anello molto stretto, poichè il parenchima nel suo centro non ha che uno sviluppo assai limitato. Rilevante è invece lo spessore delle pareti nell’anello, costituite dagli ordinarii fasci libero-legnosi del picciolo, disposti regolarmente a cerchio Quasi in intimo contatto tra di loro. Essendo da una parte molto sviluppata la regione legnosa di ogni fascio ed egualmente spessi e robusti i rivestimenti esterni sclerenchimatici delle regioni libe- riane ne deriva un vero astuccio meccanico molto resistente e com- Patto da considerarsi pressocchè omogeneo e continuo, data la esi- guità dei cordoni di libro molle che vi si interpongono. Quanto al collenchima, il grado di compressibilità e la cede- volezza, caratteristiche dei collenchimi ordinarii, è alquanto più e- evato, come dissi, ed il microscopio ce ne rivela le cause. Difatti i suoi elementi appariscono circondati di una parete relativamente i molto spessa e di consistenza più solida dell’ordinario : mentre poi ‘© aree di minimo inspessimento sono assai ristrette, come pure | molto angusti sono i meati intercellulari. Data la limitatissima e- | Stensione delle aree non inspessite, ridotte quasi alle dimensioni di un angusto canaletto, il tessuto nel suo complesso non rivela quel forte contrasto che di solito si osserva nei tipici collenchimi inspessimenti angolari delle pareti, molto pronunziati, e mem- i - brane laterali rimaste sottilissime. dl: L’anatomia delle altre parti della rachide principale dimostra la esistenza del descritto anello meccanico solidissimo; ma esso è molto piu largo e maggiore è l’ampiezza della regione midollare, mentre la zona collenchimatica esterna trovasi considerevolmente ridotta a segno da essere rappresentata da soli 3 o 4 strati di ele- menti. Anche in ordine a tale costituzione troviamo una perfetta armonia della struttura colla funzione meccanica della rachide, de- rivandone appunto per il maggiore ravvicinamento dello scleren- chima verso la periferia, idonee disposizioni perchè l’organo resista all’azione delle pressioni laterali. si Tali condizioni di resistenza sono infatti indispensabili all’ e- sercizio delle funzioni di sostegno e di presa delle rachidi primarie e basta istituire alcune esperienze per determinare la misura di tali proprietà nelle condizioni normali di funzionamento dell’organo. I risultati sono molto istruttivi anche dal punto di vista generale e di sostegno, e val la pena darne qui un cenno, per quanto si tratti di valori approssimativi. ospendendo dei pesi alla estremità di una rachide primaria, in normali condizioni di funzionamento e precisamente dopo la ca- duta della lamina fogliare, e disponendo in modo la esperienza che essa possa darci la misura dello sforzo necessario per vincere l’a- zione dello stiramento, si ottengono delle cifre molto elevate le quali dimostrano quale straordinario potere di adattamento possiede l’or- gano alle suddette azioni meccaniche. una serie di esperienze di questo genere mi sono proposto di determinare il limite di resistenza alla trazione dei punti di at- tacco delle rachidi al relativo ramo, vale a dire il valore minimo della forza necessaria a provocare la separazione di detti organi dalla loro base di inserzione. Occorreva allora fissare tenacemente a un sostegno immobile, il ramo stesso e quindi sottoporre la ra- chide allo stiramento ragguagliando poi in peso il corrispondente valore della detta azione. A tal’uopo si volle che la forza deter- minante la trazione agisse in due differenti direzioni : 1’ una’ cor- rispondente a quella della posizione normale dell’ organo , rispetto al relativo ramo ; l’altra agente in modo da alterare la posizione “medesima, cioè tendendo ad allargare o restringere l’angolo origi- nario d’inserzione dell’organo stesso. In ambo i casi la forza di trazione venne applicata alla stessa distanza dalla base d’inserzione, cioè a 40 mm. dal punto suddetto. Ivi veniva acconciamente attaccato e sospeso il piattello di una bilancia e questo poi caricato a mano a mano di pesi, finchè non — 151 — ‘avvenisse lo strappo. Allora non restava che a pigliar nota dei pesi stessi, aggiungendovi anche quello del piattello e annessi. In tal guisa si sono ottenute le seguenti cifre : 1.° Forza di trazione agente nella stessa direzione di posizione naturale dell'organo ; lunghezza dell’organo cm. 28.50; valore me- dio del limite di resistenza gramm. 3535. 2.° Forza di trazione agente ad angolo sulla normale direzione dell’organo ; lunghezza dell’organo cm. 30.20 ; angolo di divergenza dell’organo dalla sua posizione primitiva eguale a 25°; limite di resistenza medio gramm. 8.° Forza di trazione agente con un angolo di 58° rispetto alla normale direzione dell’ organo ; lunghezza complessiva dell’ organo em. 27.00; limite di resistenza media gramm. i Mediante una seconda serie di esperienze mi son proposto di determinare lo stesso limite di resistenza alla trazione, sottoponendo l'organo allo stiramento per le due opposte estremità. I dati otte- nuti da un certo numero di determinazioni, per quanto contraddi- torii, danno una cifra media del limite di resistenza espressa in grammi 6265. In tali esperienze è da notare che costantemente la frattura della rachide avveniva ai punti d’ inserzione delle coppie i aculei. Ma molto più istruttive sono le cifre ottenute per determinare il grado di resistenza degli aculei allo strappo. Esse dimostrano che un solo aculeo è capace di sopportare una trazione corrispon- dente al peso di grammi 930 senza spezzarsi. Ho riscontrato pure che talora cotesto limite si raggiunge a circa 1000 grammi; ma giammai l’aculeo si stacca interamente dalla sua base, solamente si spezza e scheggia l’apice di esso. Di quale e quanto vantaggio debbano essere tutte coteste straor- dinarie risorse biologiche per la vita della pianta si comprende fa- cilmente. È certo che tali proprietà non rappresentano dei fatti del tutto isolati e basterebbe estenderne l’applicazione ad altre piante dotate delle stesse abitudini ed allargare il campo delle investiga- zioni perchè il valore dei descritti fenomeni biologici risalti in tutta la sua meravigliosa efficacia. i Ta non è nemmeno un fatto del tutto isolato questa funzione di organi di presa, devoluta alle rachidi fogliari, senza l’ artifizio di una qualsiasi irritabilità. Nel caso del Pterolobiwm lacerans la differenzazione morfologica delle foglie in organi di presa non è invero completa, poichè, come vedemmo, la rachide primaria pur impegnata nella funzione dell’inerpicamento, conserva la facoltà di — 152 — servire di sostegno alla regione laminare, sebbene tale ufficio essa adempia per breve tempo. Appunto la relativa maggior durata delle rachidi principali, i loro adattamenti a persistere ed a resistere alle azioni meccaniche, compresa la trasformazione dell’originario loro cuscinetto motore in un organo di resistenza alla trazione ed allo stiramento e le altre modificazioni anatomiche subite dal detto organo, rappresentano le prime ed evidenti trausizioni ad una trasformazione completa della foglia in organo di arrampicamento così come è avvenuto nel caso dei cirri delle Cucurbitacee e di altre piante. Ma, senza portarci troppo lontano nei confronti, basta gettare uno sguardo a qualche altra Cesalpiniea affinissima al nostro Pterolobium, e ricordo a questo proposito alcune specie di Cuesalpinia e particolarmente e Caesalpinia Nuga, Sappan e Bonducella. nch’esse sono delle liane somigliantissime per portamento al Pterolobium lacerans. Lo ScHENcK, nella sua nota opera sulla biologia delle liane, trova che esse appartengono al tipo comune delle così dette « Spreiceklimmer », Cioè « rampicanti per semplici sostegni », e secondo lui a quest’ufficio semplicemente giovano gli aculei di cui sono sparsi le foglie ed i rami. Ho avuto occasione di studiare la C. Nuga in quest’ Orto, ove la detta pianta cresce liberamente all’aperto e forma una fitta macchia coi suoi rami sospesi e inerpicati per esteso tratto su varii alberi. I suoi rami lunghissimi e relativamente gracili, sono privi di aculei; quindi i soli mezzi di presa risiedono nelle foglie di cui soltanto le rachidi principali sono provviste di robusti pungiglioni uncinati, in maggior copia che nel Pterolobium, occupando essi tutta quanta la regione dorsale della rachide primaria, e sparsi a regolari intervalli. Gli aculei stipolari mancano completamente e le stesse stipole sono ridotte a minutissime appendici dentiformi ca- uche. Ma ciò che è sopratutto interessante riguarda il fatto che la funzione prensile affidata alle rachidi primarie, è accompagnata da una più netta differenziazione della foglia in organo di presa, in quantochè accanto a foglie normalmente provviste di lamine se ne scorgono di quelle che presentano i differenti segmenti della lamina — incompletamente sviluppati, od anche perfettamente abortiti. In tal caso non resta che il solo picciuolo primario nella sua lunghezza normale, leggermente ricurvo in fuori, e tutto rivestito sul dorso di solidi, aguzzi e ricurvi pungiglioni. Le medesime disposizioni anatomico-meccaniche osservate nelle rachidi primarie di Pterolobium Sn et rig i SC MO A E, E Dv 198 si rilevano in siffatte condizioni nelle specie di cui è parola, come Li anche nelle stesse rachidi primarie di foglie provviste di lamine, normalmente sviluppate. Presso a poco le altre specie di Caesalpinia esaminate pre- sentano le medesime particolarità. In complesso, studiando come si esercita la funzione prensile nelle liane del genere Pterolobium ed in alcune Caesalpinia, abbiamo segnalato passaggi graduali da una completa differenziazione del picciolo principale in organo de- stinato all’inerpicamento, caratterizzata dalla totale assenza di se-. gmenti laminari, ad una meno completa trasformazione del medesimo organo, in cui persistono in tutto od in parte i detti segmenti. Però tenendo conto della persistenza, tenacità e solidità della ra- chide principale, delle sue qualità anatomico-meccaniche, della tra- sformazione del cuscinetto-motore in organo di consolidamento, è valgono p. e. ai picciuoli cirriformi delle Clematis e simili. In questi ultimi i mezzi di presa dell’organo consistono nella capacità da esso posseduta di ritorcersi, cioè nella sua particolare sensibi- LI lità al contatto, mentre quanto alle Cesalpiniee, di cui è oggetto questa nota, come artifizio di presa, figurano gli aculei uncinati. A. Borzì. Cotone della Somalia. Relazione a S. E. îl Ministro di figricoltùurta. Il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, inviava alla Direzione di questo R. Orto Botanico, tre campioni di Cotone provenienti dalle Concessioni del Signor CARPANETTI, in Somalia, e domandava fossero esaminati per quanto riguarda la loro qualità ed il loro valore commerciale. Quantunque la quantità inviata fosse troppo scarsa per un completo esame, pure fu possibile accertare la loro ottima qualità, avendosi così una conferma della possibilità di coltivare il cotone nella Somalia italiana, con certezza di buona riuscita. La relazione quindi inviata a S. E. il Ministro di Agri- coltura fu la seguente ; « Ho esaminato i tre campioni di cotone provenienti dalle col- tivazioni eseguite in Somalia dal sig. CARPANETTI, presso il fiume Giuba e mi pregio rassegnare a cotesto Ministero i risultati delle mie osservazioni riguardo al valore del prodotto in confronto a quello proveniente dalle qualità comunemente, coltivate e diffuse nel com- mercio. l° Campione: Mit-Afifi. Questa varietà è certo una delle migliori fra quelle di prove- nienza egiziana. Probabilmente essa non ha nulla da vedere colle note razze americane conosciute col nome di Sea Island da cui fu — 155 — | supposto avesse origine. Però con queste divide molte delle sue eccellenti qualità. Le esperienze culturali istituite in questi ultimi anni a Zag-Zig, in Egitto confermano i pregi di questa qualità di | cotone e va lodata la scelta fatta negli esperimenti della Somalia. Riferendomi al campione esaminato, il rapporto fra il peso del seme e quello della sostanza filamentosa risulta in media di 1 : 0, 49, vale a dire il peso del seme importa il doppio del peso della ma- teria filamentosa. a lunghezza della fibra oscilla da un minimo di mm. 30 a un massimo di mm. 40. Le dimensioni più frequenti da me riscontrate ‘sono di 38 mm. come non rare ho rinvenuto quelle di 40 mm. Fer conseguenza tenendo conto di questo carattere la qualità di cotone da me esaminato risponde alle migliori e specialmente a quelle di prima categoria per la lunghezza delle fibre. È da notare che an- che fra le varie forme di Mit - Afifi egiziano alcune presentano delle fibre corte sino a un massimo di 32 mm. e però la nostra forma presenta già un maggiore vantaggio di fronte alle altre conosciute col medesimo nome di Mit - Afifi. La larghezza della fibra varia secondo la regione in cui pra- ticasi la misurazione e si hanno delle cifre minime di micr. 5,8 a cifre massime di 17,4 micr. Ammettendo come cifra media micr. 12,6 la qualità di cui si fa parola va classificata fra quelle di 1* classe che sono appunto le migliori per sottigliezza di fibre aventi per tipo la Sea-Island dell’ America. Nel suo insieme la sostanza filamentosa presenta una certa 0- pacità ed una debolissima sfumatura in giallo - sudicio. Questa è però uniforme ed estesa anche alle fibre più corte che formano l’in- terno indumento dei semi. La mancanza di quella lucentezza e mor- , bidezza che sono proprietà caratteristiche di alcune sorta ameri- cane, brasiliane etc., e di tutte quelle forme derivate dal Gossy- pium barbadense, proprietà che conferiscono alla fibra un aspetto brillante e setoso, ci è confermato anche dall'esame al microscopio, essendo la parete delle fibre stesse rivestita da una cuticola rela- tivamente sviluppata e percorsa da finissime rigature 0 rilievi a mo’ di strie alquanto irregolari e prevalenti nella direzione obliqua. L'azione del liquido cupro-ammoniacale conferma tale osservazione; poichè mentre la membrana cellulosica si gonfia dapprima e quindi | disciogliesi, la cuticola resta quasi intatta sotto forma di una mem- branella esilissima, trasparente, qua e là percorsa di risalti ramifi- cati irregolarmente. In tutti i casi però mancano quelle nodosità cuticulari che si riscontrano nelle qualità scadenti e danno alla fibra. i — 156 — una spiccata ruvidezza. Facendo un confronto coi saggi di Mit-A fifi originarii dell'Egitto è da concludere che le colture della stessa sorta di cotone fatta in Somalia non hanno punto alterato le qua- lità del tipo, per quanto la piccolissima quantità di materiale posto a mia disposizione non permetta più profondi e più sicuri raffronti, anzi sarebbe forse il caso di ammettere che si sia avverato un certo miglioramento, considerata la maggiore relativa finezza e lunghezza delle fibre. 2. Campione : Abbassi. Anche questa varietà proviene dall'Egitto. I soli dati di con- fronto di cui ho potuto disporre mi sono stati forniti dalle col- ture eseguite nel campo sperimentale di Zag-Zig. Essi però discor- dano alquanto, ma dimostrano che la qualità coltivata in Somalia col nome di Abbassi è superiore a quella di diretta provenienza e- giziana e supera di gran lunga la varietà Mit - Afifi. Difatti 1° a- Spetto generale della massa filamentosa è di un bianco latteo omo- geneo con leggerissimi riflessi setacei. Nessuna traccia di impurità turba la purezza e morbidezza della sostanza tessibile. Il rapporto medio fra il peso del seme e quello della sostanza filamentosa è di 1 : 0,44, il che importa una lieve differenza rispetto alla prima qualità. Anche la difficoltà colla quale i semi si separano dalle fibre è maggiore in questa sorta di cotone, circostanza della quale bisogna tener conto nella pratica. Appena avvenuta la separazione tutta la superficie del seme rimane coinvolta da ung fitta corta e tenuissima lana bambagina di un color bianco sudicio. Rilevanti sono le differenze quanto alla lunghezza delle fibre , le quali in qualche varietà raggiungono dimensioni non ancora co- nosciute in altra sorta di cotone, fra le più eccellenti. Difatti fre- quenti sono le lunghezze di mm. 7,5, e molto più quelle di mm. 6,5, mentre la massima lunghezza finora riscontrata è quella di mm. 4,10 a 5,20 in alcune varietà americane di Gossypium barbadense, con- fuse per lo più sotto i nomi di Sea Island, Peterkins, Excelsior Prolific ecc. La considerevole lunghezza della fibra si accoppia alla relativa tenuità, poichè la massima larghezza riscontrata è stata quella di micr. 15,5, cifra che discende sino a 8 micr. Notevole è il fatto che l’ assottigliamento verso l’ apice non è così pronunziato come nelle altre sorta. Di più notasi una certa irregolarità in tutto il percorso di una stessa fibra succedendosi regioni più spesse a re- gioni meno spesse. La qual cosa conferisce una configurazione quanto mai caratteristica a questa sorta, ® SR ESSE È È oe PI LI . Quanto alla struttura si nota una maggiore sottigliezza nella o cuticola, mentre i rilievi di essa “sono più rari e ordinariamente È) P diretti nel senso longitudinale. Da questa particolarità dipende quella speciale morbidezza e lucentezza quasi sericea della sostanza fibrosa vista nel suo insieme, da me rilevato. Perciò questa varietà palesa ottime proprietà seriche, a dedurlo dai caratteri botanici. 8. Campione: Americano a lunga fibra. È molto dubbio il decidere che cosa si intenda colla denomi- nazione di Americano a lunga fibra. A dedurlo dai caratteri bo- tanici relativi alla conformazione dei semi molto aderenti alle fibre e rivestiti da una tenuissima , particolare e corta peluria, questa sorta parrebbe da riferirsi a taluna delle molte varietà di G. Bar- badense o più tosto del G. hirsutum, di provenienza americana, Per l’aspetto essa tiene il posto fra le due precedenti giacchè la massa fibrosa è di un candido d’ avorio più che latteo , vale a dire che la tinta tende al giallastro, piuttosto che all’azzurrognolo. Però differisce da quella del campione indicato col nome di Mit-A- fifi, perchè quivi la tinta è relativamente molto più intensamente giallastro o fulvo sudicio. Anche in quanto alla lucentezza questa sorta tiene un posto intermedio. L’esame al microscopio conferma la esistenza di una cuticola molto sottile, separabile sotto 1’ azione del liquido cupro-ammoniacale; ma essa presenta dei rilievi a righe relativamente più grossolani che nella prima varietà. Il nome di lunga fibra non sembra abbastanza giustificato , perchè in realtà la lunghezza delle fibre non sorpassa un massimo di mm. 32 sopra uno spessore variabile da un minimo di 16 a un massimo di 22 mier. Per quest’ultimo carattere tale varietà va riferita alla seconda classe. Nel complesso la massa fibrosa offre una minore tenacità che quella delle due altre precedenti sorta. Anche le singole fibre appariscono più confuse, quasi difficilmente inestricabili e fragilissi- me. Anche nel rapporto fra il peso del seme e quello della sostanza fibrosa troviamo una inferiorità rispetto alle altre due varietà, poichè % | tale rapporto è di 1: 0,42. Quindi la pesantezza del seme è rela- tivamente spiccata. ai dati su esposti e dai confronti con tipi provenienti ss | <ri paesi e diffusi nel commercio ho acquistato la convinzione che le tre sorta di cotone provenienti dalle colture eseguite nella So- malia sono da considerarsi come eccellenti dal punto di vista te- cnico. In particolare il campione contrassegnato col nome di Ab- bassi va segnalato come eccellentissimo per la morbidezza, ‘abbon-. ® — 158— danza e maggiore lunghezza delle fibre, lunghezza ancora non rag- giunta dalle sorta di cotone in commercio; come al contrario rela- tivamente scadente si è legni quello contrassegnato col nome di Americano a lunga Riferendosi ai dati diretta la produzione contenuti nella lettera Ministeriale è da deplorarsi che essi siano complessivi e ge- nerali e non prendano in considerazione le singole sorta di cotone coltivato. Vi mancano inoltre altre indicazioni la cui conoscenza sarebbe stata utile per determinare con precisione i limiti del tor- naconto. Tuttavia mi permettono di dare un giudizio molto lusin- boa sui risultati dell'esperimento eseguito. atti è da rammentare che, cato quello che risulta dalla sa fatta nei paesi dove il cotone è da lungo tempo oggetto di coltivazioni, la produzione normale è ragguagliata a un minimo di 60 chilogrammi per ettaro. In una recente relazione fatta al Mi- nistro dello stato di S. Paolo nel Brasile viene indicata una cifra massima molto elevata, quella di 446 chilogrammi per ettaro otte- nuto in un esperimento di coltura di una varietà americana indi- cata col nome di Excelsior prolific. Altre cifre che si avvicinano a queste vengono talora indicate dai colonisti come straordinarie eccezioni. Epperò la indicazione trssmessa dal ff. di Governatore della Somalia a cotesto Ministero circa ad un prodotto di 10 quin- tali ottenuto nella concessione sperimentale del Sig. CARPANETTI presso il fiume Giuba, ragguagliabile ad un quantitativo dai 12 ai 14 quintali, apparisce chiaramente superiore ad ogni aspettazione . e quanto mai decisivo per consigliare quelle colture in più vasta scala. Quantunque non sia detto nel rapporto citato, per abbondare di cautele occorre ammettere che tale cifra, tanto elevata, si rife- risca al prodotto impuro, vale a dire non ancora mondo dei semi. In tal caso occorre tener conto del rapporto ponderale di questi con quello della sostanza filamentosa, la quale proporzione, giusto i rilievi da me fatti, dà una cifra media di 1: 0,45. Il che vuol dire che il rendimento reale per ettaro in cotone depurato dei se- mi sarebbe stato di chilogrammi 540 fino a 530. Anche questa cifra rappresenta per se stessa un quantitativo notevole che sorpassa quello délla massima normale potenzialità produttiva, finora segna- lata dai coltivatori di cotoni. L'esame dei semi non mi porgeva occasione di rilevare nulla di anormale che potesse influire sulle applicazioni loro industriali, come sia secondario della coltivazione del cotone ». A. Borziì. Sulla coltura dell’Acacia horrida R. Br. 1 : Il genere Acacia, rappresentato da circa 500 specie disperse : Dr, nelle regioni tropicali e sub-tropicali dell’ America, dell'Asia e so- ta pratutto in Australia, porge alla coltura ornamentale dei paesi più temperati del mezzogiorno d’Europa un notevole contingente di forme molto pregiate per eleganza di portamento ed anche per l’ef- sa fetto piacevole dei fiori, disposti in copiosi capolini per lo più di a un bel giallo e profumati. Basta a questo proposito ricordare le belle Acacie Julibrissin delle pubbliche passeggiate di alcune no- Stre città marittime, la vecchia e classica Gagg?a , degli antichi D° orti Farnesiani, dai fiori deliziosamente odorosi, e le tante altre spe- o cie australiane a fillodi (A. longifolia, cyanophilla, lophanta, ecc.) frequenti nei giardini e nelle ville signorili di molti luoghi della Riviera, a Napoli e in Sicilia. Ma non è certamente a titolo della importanza, più o meno, grande, come piante ornamentali che vanno segnalate molte specie di questo genere; il maggior merito di esse consiste nel fornire alle industrie svariati ed utili prodotti e basti all’ uopo ricordare parecchie sorta di gomme, delle materie concianti, il catciù, i le- gnami, ecc. Sicchè è giustificato il sempre crescente interesse di. alcuni Stati europei d’introdurre od estendere nei loro territori co- Deco la. ‘coltura di tali piante al fine di trarne vantaggi 200° ‘né > — 160 — Anche per l’Italia esistono condizioni di natura molto favore- voli perchè tale industria possa meritare seria considerazione, senza tener conto che parecchie specie crescono spontanee, nei territorii coloniali dell’ Eritrea e che altre ancora e più utili si potrebbero quivi introdurre e coltivare. Ciò affermando, io sono però ben lon- tano dal ritenere che la coltura di alcune specie di Acacia nel mezzogiorno d’Italia e in Sicilia possa effettuarsi collo stesso in- tento di ricavare un utile economico di qualche entità dai prodotti secondari di cui esse sono suscettive. Ho invece la convinzione che tale coltura, particolarmente di talune specie, possa tornare di grandissimo vantaggio a tutte quelle disgraziate plaghe, sterili, incolte del nostro Mezzogiorno e delle grandi Isole, tristeretaggio d’inconsulti dissodamenti e diboscamenti, le quali, come è noto, occupano da noi vaste estensioni di terri- torio. Sono anche certo che qualche specie di Acacia è suscettiva di trovare favorevoli condizioni di attecchimento nelle sabbie litto- ranee, nel greto e lungo le sponde dei numerosi nostri torrenti. Il problema quindi sembra che debba piuttosto interessare il forestale per il quale tutto il mezzogiorno della Penisola e comprese le isole, rappresenta un campo di esperienza senza confini aperto alla sua attività (1). A questo titolo principale io ricordo qui l’utilità della coltura delle Acacie da noi, la quale, sebbene limitata, come dissi, finora a poche specie esclusivamente per scopo decorativo , per le natu- rali favorevoli condizioni del clima del mezzogiorno, dà la certezza che potrà acquistare grande importanza quando ne saranno apprez- zati i vantaggi mediante una ragionevole scelta delle specie più u- (1) È un peccato che nell’Italia meridionale e in Sicilia non e- sistano degli Orti sperimentali forestali, sicchè il rimboscamento e rinsaldamento delle nude e desolanti pendici dei colli e monti manca di quei criterii direttivi fondamentali che debbono guidare il colti- tale elementarissima norma rimane alla mercò ‘di timidi ten sovente dispendiosi, il più delle volte inconcludenti. Quaggiù, è bene dirlo, in tali disgraziate condizioni, non vi sono regole di selvicol- tura e norme di trattatisti da seguire; tutto è da rifare a nuovo, “e soltanto l’esperienza, ripeto, può giovare a risolvere questo impel- o problema da cui dipende la prosperità delle provincie meri- ionali. i | tili ed, atte a prosperare senza eccezionali cure e quasi alla maniera selvatica, nei luoghi abbandonati dall’agricoltore. dimostrare il vantaggio di siffatta coltura in Sicilia, nelle condizioni di suolo ed ai fini da mne indicati, mi permetto di esporre qui in succinto alcune notizie sulla Acacia horrida, WiLLD. della quale ho avuto agio sperimentare la coltura mediante piantagioni in grande, eseguite nella provincia di Messina da quindici anni a questa parte. ala L’Acacia horrida è una specie oriunda del mezzogiorno d’A- frica, dove è diffusissima in tutto il territorio del Capo, dello Stato d'Orange, e del Transwal, d’onde si estende anche verso il Sud e raggiunge il limite massimo della sua estenzione geografica nei pos- sedimenti tedeschi dell’Africa orientale. Essa vi cresce dappertutto o isolata o in grandi macchie, tanto lungo le sponde dei fiumi e nel greto disseccato dei torrenti, quanto nelle parti elevate dei colli aridi e scoscesi, sfidando la eccessiva siccità caratteristica di quelle regioni. Forse essa varca anche i confini di tali territori e con una serie di forme, descritte per lo più come specie distinte, rag- giunge gli altipiani dell’Abissinia, le valli del Soudan e perviene persino in Arabia. La sua introduzione in Europa rimonta verso la fine del se- colo XVIII e col nome di Mimosa leucacantha figura la prima volta nelle bellissime illustrazioni dell’Orto di Schoenbrunn, presso Vienna, edite dal celebre JacQuIN. Nel principio del secolo passato essa sembra essersi maggiormente diffusa nei giardini botanici e la troviamo registrata p. e. nei cataloghi dell’Orto fiorentino l’anno 1806, in quello di Modena nel 1811, in quello ‘di Napoli nel 1813. La prima notizia sicura sulla esistenza di questa specie nei giardini di Sicilia ci è data da un catalogo manoscritto delle piante coltivate nella villa del principe di Butera in Palermo. Un anno dopo essa trovasi segnata nel Catalogo delle piante del Real Giar- dino di Boccadifalco e nel 1823 figura per la prima volta nei re- gistri di questo R. Orto Botanico. a Dai giardini botanici A. horrida è passata di poi alle ville private specialmente in alcune città mediterranee, diffondendosi qua e là nella coltura ornamentale a causa della elegante fioritura e forse anche per il bizzarro aspetto che le conferiscono le enormi Spine di cui sono ricoperti i rami. Anche la facile propagazione, il rapido accrescimento, la somiglianza delle infiorescenze con quelle della comune Gaggia (Acacia Farnesiana), anzi la maggiore vi- stosità di esse, avrà influito ad accrescerle credito presso i giar- dinieri. Nel 1885, iniziando da me stesso le prime colture da servire all’istituendo giardino botanico di Messina, raccolsi un po’ di semi di questa specie da un robusto esemplare che trovavasi allora col- tivato nella villa municipale di quella città sotto il nome di Aca- cia feror. Non v'è dubbio che tal saggio provenisse da uno Stabi- limento orticolo di Milano o forse del Lago Maggiore e vi fosse stato piantato nel 1869, nella quale epoca il detto giardino pub- blico era stato interamente rimesso a nuovo. Le piante ottenute dalla germinazione crebbero con straordinaria rapidità nei primi due anni, sicchè non potendo essere più contenute nei vasi di col- tura, vennero collocate in piena terra lungo i confini dell'Orto bo- tanico, in modo da costituire una sorta di chiusura al posto di un muro divisorio, che in seguito a franamento del terreno, era com- pletamente crollato. Quel muro costituiva l’unica difesa del giar- dino contro le piene del torrente Portalegni che ne lambiva il lato occidentale ed era perciò piantato sopra un terreno prevalentemente sabbioso, o per lo meno costituito in gran parte dai materiali di trasporto del torrente stesso, alla cui lenta azione era dovuta caduta del muro. Quando fu eseguita la piantagione gli esemplari misuravano una altezza di metri 1 a 1,50 e questi furono collocati a una distanza piuttosto breve in modo che crescendo formassero una fitta siepe. L'accrescimento delle piante continuò con una rapidità molto spiccata, tanto che dopo un pajo d’anni circa fu necessario ricor- rere alla potatura per regolare la lunghezza dei rami, specialmente quelli sporgenti sul torrente. Nel corso di quattro anni la siepe era già bell’e costituita e presentava una straordinaria foltezza ed una quasi completa impenetrabilità a causa delle robuste spine ca- ratteristiche di questa specie; i compatti grappoli di densi fiocchi di fiorellini gialli somiglianti ai capolini della comune Gaggia, vi conferivano una certa eleganza. Lo sviluppo dei rami si mantenne sempre rigoglioso da doversi ricorrere a frequenti e profondi tagli per regolare l’insieme della siepe. L’affoltimento di questa rag- giunse nel corso di 6 o 7 anni un massimo d’intensità incredibile, dovuta non solo agli effetti del taglio, ma sopratutto alla forma- zione di nuovi polloni d’origine radicale, come avviene in alcuni alberi abbandonati a sè stessi (Robinia, Susino salvatico, Sommacco arboreo, ecc.). i ‘I risultati non potevano essere più interessanti. Quello che | sopratutto mi aveva colpito era la rapidità colla quale la pianta si era adattata a vivere e prosperare così rigogliosamente in un terreno, come quello, tanto povero di materiali nutritizii, costituito come dissi, quasi nella sua totalità da sabbie e prodotti alluvionali indecomposti e senza alcun artifizio o altra cura culturale restando esposta alla prolungata secchezza estiva ed abbandonata a sè stessa come una pianta selvatica qualunque. In tali condizioni non era solamente da notare il rigoglio della vegetazione, ma anche la con- tinuità di questa nel corso dell’inverno, la regolarità della fioritura seguita da perfetto abbonimento dei semi e l’abbondante produzione di polloni radicali; caratteri questi, che provano in modo evidente che la pianta si era ormai completamente adattata alla nuova sua sede. Da tali risultamenti fui incoraggiato a estendere vieppiù la coltu- ra di questa pianta e ben tosto mi si porgeva la opportunità di siffatto esperimento in seguito alla richiesta fattami nell’anno 1887 dall’Uf- ficio del Genio civile di Messina di una specie legnosa adatta a rive- stire e rinsaldare le scarpate e i declivi di alcuni tratti della Strada nazionale in costruzione Novara - Francavilla. Specialmente la ri- cui s’inoltra tale via, la così detta ella - Mandrazzi. Occorreva non solo scegliere una specie di pronto attecchimento, & rapido sviluppo e suscettiva colla sua particolare maniera di crescere di assicurare il rinsaldamento del suolo, ma sopratutto era necessario difendere le piantagioni in modo durevole dal morso del bestiame vagante. Non esitai a consigliare l’Acacia horrida apprestando al- l’uopo una certa quantità di semi. La semina venne fatta dentro vasi allo scopo di assicurare una conveniente difesa alle giovani piante; ma tosto dopo pochi mesi o un anno fu eseguita la pian- tagione a dimora e le piante quindi abbandonate a sè stesse. Il successo di questo nuovo esperimento è stato quanto mai fa- | vorevole. L'Ufficio del Genio Civile di Messina esegui negli anni 1888 e 1889 nuove piantagioni lungo la stessa strada nel tratto che va da Novara a Mandrazzi, in regioni, cioè, la cui altitudine varia da 600 a 1050 metri. Da informazioni pervenutemi oggi sono stato lieto di apprendere che in quelle parti della provincia di Messina l’Acacia horrida è divenuta ora quanto mai familiare a segno che e- sistono anche dei vivai destinati a fornire le necessarie piantine da coltivare. Specialmente essa viene pregiata per costituire rapida- mente delle folte macchie lungo le vie campestri per rinsaldare o coprire gli argini scoscesi di queste e per farne principalmente dei ripari contro gli assalti degli animali. Dall’ ufficio tecnico Munici- pale di Messina è stata molto impiegata sulle scarpate delle strade comunali. Non è quindi ora fuor di proposito dare qui un cenno descrit- tivo di questa importante specie, metterne in modo particolare in rilievo le sue attitudini forestali e vantaggi della sua coltura da noi, perchè essa sia meglio conosciuta ed apprezzata. nia Descrizione. — Questa pianta è completamente glabra, tanto nei rami, quanto nelle foglie, ma presenta le gemme, i rami gio- vanissimi ed i giovani frutti alquanto viscosi. Nei nostri paesi si mantiene per solito sotto forma di frutice, ma può anche essere e- ducata ad alberello, e tagliata, al piede, ripullula prestamente, pro- ducendo numerosi e vigorosi polloni. Quando assume la forma di alberello sviluppa un tronco cilindrico, eretto, con corteccia di co- lor grigio, ramosissimo : i rami protendonsi quasi orizzontalmente, sono sovente flessuoso - tortuosi, ed hanno corteccia di color bruno rossastro, lenticellato - suberosa : i più giovani sono quasi inermi, mentre gli altri portano numerose spine. Le foglie primarie sono solitarie, le successive sono avvicinate a fascetti su brachiblasti all’ascella delle prime: tutti sono bipennate, per solito a due soli gio- . ghi, qualche volta però, massime le superiori, fino a quattro o cin- que gioghi : ogni pinna poi porta da quattro a dodici coppie di fo- glioline. Queste sono oblunghe, od oblungo-lineari, ottuse o sub- acute, integerrime, brevissimamente picciolate, glabre, di color al- quanto più pallido nella pagina inferiore, e lunghe da due a cin- que millimetri. La rachide primaria è alquanto cilindrica sul dorso e profondamente canaliculata nella sua parte ventrale, quasi alata al margine, con gli orli ricurvi sul solco , @ termine all’apice in un muerone subulato e rigiduto : porta poi da una a cinque glan- dule nettarifere, ciatiformi, di colore giallo sordido, di cui la prima trovasi situata in vicinanza del giogo fogliare inferiore, e l’ultima in vicinanza del giogo fogliare estremo: quando ne esistono più di due, le altre corrispondono ai gioghi fogliari intermedii. Le ra- chidi secondarie poi sono cilindriche , e terminanti in un minuto muerone, diritto. Le stipole sono tutte sostituite da spine, gemine, distintissime e divaricate : nei rami giovani, superiori, sono piut- tosto piccole, gracili e subulate: nei rami adulti invece sono Va- lidissime, bianche o quasi eburnee, in alcuni esemplari alquanto rufescenti, cilindrico - coniche, più o meno ventricose, diritte o fal- cato - recurve, solidissime e durissime, appuntite all’ apice, supe- ranti di molto le foglie, e lunghe in media da dieci a venti centi- metri: trovandosi rivolte per ogni verso, costituiscono una valida difesa per la pianta, cui danno un aspetto veramente orrido. Le infiorescenze poi sono fascicolate o quasi racemose, all’ estremità dei rami superiori, con foglie ascellanti assai ridotte od abortive : i peduncoli di ciascun capolino sono semplici o più spesso aggre- gati, e portano nella loro metà inferiore un involucretto anulare, più o ‘meno dentato, persistente, costituito da più bratteole connate; i capolini sono perfettamente globosi, di color giallo vivo ed odo- rosissimi: alcuni portano fiori tutti ermafroditi, altri fiori soltanto maschili, inseriti su un ricettacolo cilindrico, ed accompagnati 0- gnuno da una bratteola lanceolata, lunga quanto il calice. In cia- scun fiore il calice è campanulato, verde pallido, con la fauce ro- tondata, quinquefida: la corolla è in butiforme, eretta, del dop- pio più lunga del calice, gialla, semiquinquefida, a lacinie oblun- ghe, ottuse, revolute. Gli stami in numero di venti o più hanno fi- lamenti più o meno connati alla base: l’ovario poi è oblungo, com-. presso, glabro, porporino, con stilo filiforme, lungo quanto gli stami e con stimma ottuso. Solo per la mancanza del pistillo i fiori maschili si differenziano dagli ermafroditi. I legumi, che maturano perfet- tamente sotto il nostro clima, sono viscoso - gommosi da giovani, e quasi glabri da adulti: sono stipitati, piani, più o meno falcato rostrati, quasi continui od alquanto sinuati, con valve coriacee, longitudinalmente rugose, prominenti al margine : sono lunghi circa 10 centimetri, e portano in media da 8 a 10 semi. I semi infine sono ovali, compressi, verdastri, lunghi circa 5 millimetri. sta Germinazione e sviluppo. + L'epoca più adatta per la seminagione. dell’Acacia horrida è la primavera. Seminando i semi nell'autunno l’acerescimento delle piantine è rallentato dall'inverno e se questo è ‘alquanto più rigido dell'ordinario si corre il ‘rischio che le piantine vengano distrutte. Sopratutto le brinate sono temi- bili ed ho-a questo proposito sperimentato in colture eseguite tar- divamente, che nessuna pianta viene risparmiata alla distruzione. Si possono eseguire le seminagioni in piena terra «preparando delle ajuole con ottimo terriccio o con buona terra da campo, bene . crivellata. I semi si spargono a righe; queste distanti l’una dal- — 166 — l’altra per lo meno 25 centimetri, cosicchè le colture si possono comodamente ripulire e tener monde delle cattive erbe. a seminagione in ajuole importa che le piante debbano re- stare fino al secondo anno in vivajo e dopo possono venire collo- cate a posto. Però è da osservare che lo spiantamento abbia luogo con molta cura, perchè le piante sono molto sensibili e facilmente periscono se le radici sono state danneggiate. Epperò alla semi- nagione a vivajo va preferita quella dentro vasi bassi di terracotta, in modo che il trapianto non offra alcuna difficoltà. Dopo pochi mesi di vegetazione ed anche nel corso dell’estate, le piantine possono raggiungere un’altezza di 20 centimetri e sono atte al trapianto. Ordinariamente questo ha luogo in piccoli vasi, ove possono restare sino alla fine del secondo anno. Allora esse misurano un'altezza persino di 75 centimetri. Maggiore è però questa se il trapianto avviene in piena terra. Nelle piantagioni eseguite lungo la via di Mandrazzi-Franca- villa, in provincia di Messina, furono scelte piantine di pochi mesi e aventi l’altezza di una ventina di centimetri e mi fu riferito che esse furono in grande parte danneggiate dal pascolo. Essendo allo stato giovanile le spine non ancora abbastanza forti e resistenti, le piante sono facilmente esposte al danno del bestiame; epperò é una pratica indispensabile il proteggere le nuove piantagioni vali- damente dagli attacchi di questo mediante chiudende. * * _* Coltura. — Allo scopo di risaldare le scarpate e gli argini Scoscesi delle strade e i fianchi dei colli arenosi, declivi e brulli, nessuna pianta, come ho detto, presenta maggiori vantaggi di questa. — 167 — opo tre o quattro anni, in condizioni normali, le piante rag- giungono l’altezza di un pajo di metri e allora sono atte a essera potate, liberate dei rami inutili, e accomodate secondo il bisogno. La potatura viene con grande facilità sopportata da questa specie, ‘essa serve ad affoltire la pianta, condizione da quale è molto van- taggiosa per l’uso di farae delle siepi. Questa riescono, come ho detto, di un’impareggiabile validità a causa delle robustissime spine delle quali sono armati i rami. Esse hanno inoltre il vantaggio di formare una chiulenda che permette agli sguardi di spaziare oltre la stessa siepe, mentre all’epoca della fioritura l'insieme di quella massa prende un aspetto piacevo!s ed attraente. Par Usi diversi. — Ho segnalato la importanza di questa specie per la coltura ed il rinsaldament> di terreni scoscesi e aridi e so- pratutto per farne dalle eccellenti siepi. Ma essa va pure ricordata per altre possibili applicazioni che possono acquistare un’impor- tanza, qualora la coltura fosse ancor più diffusa. Quantunque io non abbia ancora visto esemplari di statura ar- borea, superanti nolle dimansioni del diamatro dal tronco i 3) con- timetri, tuttavia, riferendomi a quanto scrivono gli autori, special- mente lo ScHixz (Die Pflanzenwelt Deusch. Sudwest Africas, in Bull. Herb. Boiss. 1900 p. 118 e seg.) il legno è di una straor- dinaria tenacità e durezza e serve nei paesi occidentali - meridionali dell’Africa a fare gioghi da buoi, pali per costruzioni esposte all’u- mido, stipiti di finestre, ecc. Anche le fibre interne della corteccia giovano per la concia delle pelli essendo ricche di tannino e ven- gono pure intrecciate per farne delle Un prodotto secondario di molto Sa è la gomma che scola naturalmente sotto forma di lagrime, lunghe persino parecchi cen- timetri, dalla scorza dei vecchi alberi. Appunto per questa impor- a "n rana in questi ultimi anni è stato dato un grande - o alla coltivazione dell’ Acacia horrida nei possedimenti co- a DE: dell’Africa tedesca. Il prodotto è considerato molto eccellente ne cresce tuttodì il consumo, mentre il prezzo viene ragguagliato fino a L. 200 al Quintale. Anche nelle piante coltivate in Sicilia ho potuta i io stasso co- | Statare la formazione della gomma, ma in piccola quantità. Però 3 le mie osservazioni si riferiscono a piante PERSE giovani, il che __Roné certo di un valore decisivo. A. Borzì. 1. Rametto fiorifero di Acacia horrida (+ -2. Due coppie di spina della . ui i a pi medesima (1)- 3. Fiore (4)- 4. Pistillo (4)- 5, Rametto con trutti (4) VIVIAMO DIVI AMI - AMI] Riassunto delle osservazioni meteorologiche ese- 5 guite durante l’anno 1906 nel R. Osservatorio i di Valverde in Palermo, per il Prof. G. DE LISA. Altezza del pozzetto del barometro sul livello medio del mare =#.m, 71.292, Altezza degli strumenti del giardino sul livello medio del mare - (‘= m. 58.80, 3 Altezza del terrazzo sul piano del giardino = m. 13.53. Mas- | sima Pressione a 0.° Fre, RSS) Media [Minima Direzione i predomi- i iante Venti Velo- |Veloc. CITA | trasi media | sima jinKm.|inKm. mm. 767,10 61,30 | 71,50 | 65,50 61,15 ‘| 60,50|27-28 mm. 198, 48 51,28 mm. 740, 10 98,40 “41,80 ‘41,50| 43,80 47,00) 50,70 52,00 ‘ 50,90 44,60 45,60 42,69 733,40 ENE ‘“ENE ENE-SW ENE SSW ENE-SSW 4,8 | 86,0 6,3, 54.0 9,9, 49,0 | 6,6. 55,0 . . S È ti mn Giorno Terrazzo Giardino [Lie « i Temperatura terrazzo Temperatura in giardino Mas- Molini Metia [Minimi | — 12 — Temperatura della terra Geotermometri) ee ni N». rc 9 60 Cm VIII, « a90cm. | a 120 Umidità media (Terrazzo) Asso- | Rela- luta tiva Umidità media (in giardino) ie, Asso- luta Rela- tiva Sere- nità media 12,34 15,01 18,45 25,10] 23,99 26,18 27,51 25,25 20,59 17,24 12,53 18,42 oe 12,60 11,00 12,87 14,54 17,58 21,32 24,24 25,96 24,74 21,13 18,141 13,97 18,13 13,26 11,64 12,46 14.28 16,99 20;18 29,99 24,86 24,20 21,27 18,55 14,84 17,96 10,32 e 72,4 [6i 78,3 69,2 18.19. A.2. 8.12.13. 14. .24.25.28. G.2. 7.18.19. M. 4.15.20.23.25. RR E E 925. 0.1.2.6.8.14.16.24.26.30. N. 14.19.20.22.23.24 25.29.D.7.9.12.23.26. Li FERERLEEO IA i Re . . ® . SEO a fio * GIO N Sa iti Deir did cIID0 VO Gb Ira Timo vi sie) Spr nada Siooe sitio Snsraag lin OHLILOLKS mad ag NOTE, i 4 iure Oo Sblatspipeo SOS Rei RR re QNT RESTO i ape $ mi SÒ gl (UA 3 rig dsdgAS «mad Hime too _ONMTHNNOO D di DOGNO dI VITINIA ingidigdidgito TRRAGAIA LE Magic AREAS o a E ngi aoe cRAEFZTARA deoddiizonaio CARINI HAIANGO 162 118 n j Co | gi Î i | pena | To, Î E j “ss ui Si n. Sa HA ] | of (>) > Zio (=| 8 E j $ G.—F. 1.10, M.-A.-M.-G.-L.-A.-S.-0.- N.—19.D.11.15.16.17. | 7 con nebbia 35 .22.G.20.L.—A.28.8.— .11.15.16.30. 1.10.12.M.—A.—M Bi, 7.11.12.14. | G 0. con tuoni 18 15.16.N.19.20.D. forte 36 “con vento. * se Tai o na ì ignota 10 diri qdo0 ai Aa EE SR STEILCO ir Hi gyg NIH .11.13.18.19.20.21.22.23.24.25.926. : get ad ; SGEESTISLRO See e — F.-M.12.A con caligine | G fe Ù DI È 7 G. De Lisa + M.— G.—L.1.5.29.A.—S.10. a 0.-N.-D.- Palermo, Gennaio 1907 r CRONACA (1° Luglio — 31 Dicembre 1906). 1. Sezione coloniale. Il Governo Italiano, con lodeicle lbiliativa; per promuovere studii sulle produzioni naturali delle nostre colonie, non solo ri- guardo al loro interesse scientifico, ma ancora, e principalmente, riguardo alle loro pratiche. applicazioni agricole ed industriali, volle fondare un Giardino Coloniale, a somiglianza di quelli già esistenti | presso altre nazioni. Si imponeva tosto come sede assai adat;a a questa istituzione, il nostro Orto Botanico, oltrecchè per le favo- | revoli condizioni di clima in cui è situato, anche per le colture co- loniali già da diverso tempo quivi intraprese, e per le incoraggianti ‘esperienza già esaguit> sulla‘ utilizzazione dei loro prodotti. Per tali considerazioni, il Governo stesso volle che l’istituendo Giardino : Coloniale sorgesse presso questo R. Orto Botanico. Siamo quindi lieti di annunziare che oramai questa istituzione può dirsi un fatto Watizio; e mercò il concorso dei. Ministri degli Esteri, dell’ A- ‘ura, Industria e ( ‘cic già accordati i i necessarii fondi : quindi la SEZION .R, alla dipendenza del nostro Orto, sarà regolarmente ini- ziata col Lo Dogo pes. ma a n realtà fin da ‘questo momento è tuita relazione d del nostro Direttore, i in cui si peniianno aaa x È i sa ni 2% di Dai Bollettino $ sarà iii 00 dieina l'opportunità e l’utilità pratica che dovrà per i 2. Onorificenza. La Giuria della ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE di Mi- lano accordò a questo R. Orto Botanico Medaglia d’ Oro per la presentazione del Caoutchouc di Fieus elastica, ottenuto a Palermo, e lavorato dalla Ditta PIRELLI. 3. Personale. Fu nominato assistente presso questo R. Orto Botanico il Dottor CALCEDONIO TROPEA. - 4. Erbario. Dal Dottor C. I. Prrarp di Tours, si ebbero le nuove cen- | turie di Plantae Canariensis comprendenti le raccolte del 1906. Come quelle delle precedenti collezioni, queste piante sono bene preparate ed in parti abbondanti : completano così la flora, tanto ricca di endemismi, di quelle isole. Lo stesso Dottor PiTARD mandò pure una ricca collezione di Alghe, comprendente specie interes- 1 santissime. Si continuò poi l’ opera di intsrzione e di riordinamento del nostro erbario generale: fra le altre collezioni, fa riordinata la im- portante raccolta di Cotoni , comprendente numerosi esemplari autopti del Toparo. 5. Museo. Il Dottor SENNI inviò dall’Asmara parecchi buoni esemplari per il nostro museo coloniale. Notiamo fra gli altri un curioso caso di fasciazione della Brayera anthelmintica, teratologia non ancora — di notata per questa specie : vi sono pure campioni di gomma Opuntia , piante parassiti , galle ete. Il nostro museo si arricchi parimenti dei campioni di cotone della Somalia , inviati dal Mini- stro dell’Agricoltura i 6. Giardino. n Signor A Avrosiso GroRpaNo, di Palermo, recatosi, per propri i, nel a questo. pren di Seni tie. è sano colà gun ed ‘altre cre? mette di spedirci a momento opportuno. È incoraggiante l'esempio. di un italiano, che, in lontane regioni, si ricorda dei nostri istituti. scientifici, e nel caso presente tale fatto riceve anche maggiore importanza, trattandosi di una regione, quale è la Rhodesia, scono- sciuta affatto agli italiani, e quasi inesplorata per quanto si riferisce alle sue produzioni botaniche ed agricole. Dal Dottor H. Ross di Monaco, recatosi in missione botanica al Messico, si ricevettero parecchi buoni esemplari viventi di Tdl- landsie, di Orchidee e di altre rare piante Messicane, specialmente v ‘epifite. TEA Dal Prof. Spraazzisi di Buenos Aires, si ebbero diverse buone specie di Cactee. i ui Furono poi ricevute altre piante vive dagli Orti Botanici di Lisbona, di Leida, di Bologna, e dallo Stabilimento HAMBURY della ortola. SIR In questo secondo semestre furono infine spediti n. 50 cartocci di semi e se ne ricevettero in cambio n. 82. a E Sd Indice del Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. V. 1906. Borzì A. n vanni se e botanici in Sicilia nel seco- a -_ Gigi della Somalia _ ‘Relazione . il Ministro di A. duar- di _ Noterelle biologiche sopra alcune pian- te indigene delle nat Colonie — I. Pterolobium lacera a Cig — Specie nuove, rare 0 sich del R. Or- to Botanico di i Agdestis teterrima — II. Meryta Denha mi. uo — Sulla coltura dell’ Acacia horrida +. De Lisa G. i ieri delle osservazioni eseguite el R. Osservatorio di Valverde in Pa- ans (1905-1 DIREZIONE — Studi ed Giporicns sulla du del Fico da e omma elastica (Ficus elasti- ca) in Sici = — Studi carena la soit di pino da gomma elastica in Sicilia — IL Par- thenium ET. LIL A sce is ummifera Lal — Di alcune ijoclo naro O) critiche per la flora italiana — I. Stat fa MartEI G. E. — Brevi osservazioni sall'Euphorbdia biglan- i dulosa . BA A — Di una pretesa trasformazione dell'On 1 zo in Ave: Ci Lola ‘hiclogiohe ua Thumber- gia grandifiora > ©. » 04 - 169 51 do Lore felce, nuova per ia ole c- ; nium palmatum » 108 » — Un altro Erbario dell'Orto Cattolico >» ; MeLAZZO T. — Di una pianta ibrida ottenuta in Sici- pro lia sull’inizio del secolo scorso — A- RO maryllis Gravinae » 122 i Riccosoxo V. — Fruttificazione dell’Howea Hilenolnnli » 119 ; » sE — Le varietà di agrumi conservate in n DEL un antico erbario dell’Orto Cattolico » 46 z __ SommieRr Sr. — n ne Pelagie, Lampedusa, Linosa % mpione e la loro flora . > (Appendice) - » daga dell’ Istituto Botanico di png durante l’an- o 1906 scia. » dille ti0 -Palermo t.A.Brangi ì F Fontana lit. scimmia praare Seereni Lit.A. Brangi-Palermo STUDII ALGOLOGICI: Saggio di ricerche sulla biologia delle Alghe. per A. BoRrzi. Fasc. I. in 4°. pp. I-VIII-1-120. tav. 1-9 i di do » II. » pp. I-VIII. 121-399. tav. 10-31 i». DO » III. Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 tavole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBono R. Ort. Bot. Palermo. R. Istituto botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRzi. Vol. I. in 8°. fasc. I. pp. I- VII- 1- 192. tav. 1- VI L. 12 X » IL. » » TH + ‘1>916. tav. d-XIG.- . —» 28 Sil» st. iMl+#14:98. 1-3. —- » 90 » IV. » » & » 1-15 tav. I- vi. di » 10 Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBoxo £. Ort. Bot. Palermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Publiè par J. VILBOUCHEVITCH 10, Rue Delambre, PARIS (14°) ABONNEMENTS PÀRTANT DU ler JANVIER: Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel illustré, s’occupe de toutes le questions d’actualitè qui peuvent intéresser les agri- cultours des pays chauds. donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue compléte des publications nouvelles (3 pp. de petite texte). La partie commerciale très developpèe est intelligibile pour tout le monde et toujours interessante. Nombreux collaborateurs dans les colonies francaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’en Australie et dans les deux Amèriques. — Articles inèdits sur les cultures Potageres et les fruits, dans chaque numéro. Collaboration speciale . pour les insectes nuisibles. Numero specimen gratis sur demande BOLLETTINO DEL -R.ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VI PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA via V.E., vicolo Paternò 18 i 1907 BOLLETTINO DEL ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONALE DI PALERMO VOLUME VI. PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA via V.E., vicolo Paternò 18 1907 BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VI. Fasc. 1° (Gennaio-Marzo 1907) pedine 33 PALERMO) TIPOGRAFIA P RIULLA Vicolo Paternò , 18 1907 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al « Bollettino » , che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell'abbonamento annuo ( PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia ; i . Lire S__ A’ Estero . i i > 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. L. SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura e silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. ‘Portici (Provincia di Napoli) O SG FI PA lee SIA? PS PINPATE RE CONE 060 1 IMRE re) SR A dani ppi lia 31 MARZO 1907. Vor. VI. BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE 1 SS St Sap Pe DI PALERMO iii SOMMARIO: Al Lettor pag. Il diviso Coloniale e a sua tuniche (A. Bor » Ricerche sul Caoutchouc dei frutti di iran I » Studî sulla possibilità di coltivare il caffè in Sicilia £ Direzione) >» Il Sechium edule (G. £. sa » : È i gd Il Baobab (G. E. Mattei) n Intorno ad alcuni Agrumi rari o nuovi ( V. Riccobono ja con ti dL:$ Rassegna della stampa coloniale (G. E. Mattei # 5 LIE . Osservazioni fenologiche (A. uti | . sd . Cronaca (1° Gennaio - 31 Marz » APPENDICE. Le Isole sprint Lampedusa, Linosa , Lampione e la loro flora. Continuazione (Sf. Sommier). dio TIPOGR FIA PRIU pi dt 18 1907 ULLA Al Lettore, Col presente fascicolo il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo aggiunge alle sue funzioni quelle di organo ufficiale del « Giardino Coloniale », alle quali è chiamato dalle attribuzioni che recentemente sono state conferite a questo Istituto Botanico, in se- guito ad accordi convenuti fra il Ministero degli Esteri e quelli dell'Agricoltura e Pubblica Istruzione. on è a questo proposito necessario spendere molte parole per ispiegare quale è la materia destinata a far parte del program- ma di questo periodico, così accresciuto. Si comprende che essa è determinata dal fine stesso a cui mira la istituzione che ora sorge. endo questo principalmente quello di promuovere la introduzione di produzioni vegetali originarie dai paesi di oltremare, coltivarle, studiarne le proprietà economiche, le applicazioni, ed assicurare ad esse il favore dell’agricoltore, sarà certo utile che la cognizione intorno al valore di tali prodotti abbia la massima diffusione possibile per mezzo della stampa. Il Bollettino rappresenta perciò in primo luogo un organo d’informazioni e diffasione di tutto ciò che possa avere interesse per noi sul campo dell’agricoltura coloniale. E poi- chè una grande parte del Mezzogiorno d’Italia, compresa la Sicilia, per la particolare posizione geografica, partecipa delle condizioni | di vegetazione dei paesi posti ai confini della regione tropicale e ne gode i vantaggi e non poche produzioni agrarie caratteristiche - di quelle contrade offrono perciò anche per noi grande interesse, così il richiamare l’attenzione sopra tali colture, studiare la intro- duzione di nuove ed esperimentarne le attitudini di resistenza e di adattamento al clima del Mezzogiorno d’Italia, sarà anche cosa u- tilissima nei rapporti coll’agricoltura locale. Certamente anche per l’Italia impellente è il bisogno di ap- profondire lo studio delle quistioni che interessano l’incremento dell’ agricoltura nelle colonie e che essa appunto in questa dire- zione, su cui oggi le più grandi Nazioni civili fondano ogni aspi- razione di potenza, spieghi la sua opera efficace e costante; ma non è meno necessario che quest’ azione sia rivolta al colono emi- grante al quale giovi di scorta illuminatrice e direttrice a vantag- gio della civiltà e del buon nome dell’Italia all’ Estero. Altrove, nelle pagine di questo periodico, ho detto in che modo e fino a qual segno io intenda che il Giardino coloniale deb- ba concorrere a questo movimento. Se al. desiderio di rendere questa istituzione utile al paese corrisponderanno le premure del Governo, la pubblicazione di questo Bollettino sarà per molte ra- gioni necessaria. Essa gioverà in forma pratica e dimostrativa a tener desto l’interesse per le colture coloniali, attirando l’attenzione dell’agricoltore verso questo nuovo ramo della botanica agraria tro- picale, che ancora in Italia non è pervenuto a quel grado d’impor- tanza come altrove all’Estero. A tal fine questo Bollettino sarà l’in- terprete fedele dell’ attività del nuovo Istituto colla pubblicazione elle relazioni di studii intrapresi sulla cultura di piante tropicali d’ interesse economico, non che di notizie sotto forma di rassegne intorno a lavori e ricerche che si compiono all’ Estero riflettevoli lo stesso campo dell’agricoltura coloniale. LA DIREZIONE dea Il Giardino coloniale e la sua funzione. La istituzione del Giardino Coloniale di Palermo impone, a chi è chiamato a reggerne le sorti, non lievi doveri ed io non posso ora rinunziare al desiderio di esporre talune considerazioni sulla fanzione di esso in rapporto coi bisogni economici del nostro Paese, da servire come programma direttivo ed esplicativo dell’opera mia. Ed è tanto più necessaria una parola in quanto che trattasi di una istituzione del tutto nuova per noi, la quale deve fedelmente rispec- chiare la natura dell'ambiente economico-agrario dove sorge ed i suoi fini vanno meglio chiariti per sapere fino a qual punto essa debba differire dall’istituzioni omonime dell’Estero e quali dovranno essere i mezzi atti ad assicurarle una vita prosperosa. sa I giardini sperimentali e i diversi istituti e stabilimenti desti- nati a promuovere lo studio degli svariati prodotti agricoli delle colonie e di diffonderne le conoscenze sulla coltura, sugli usi, ecc.. sono la misura delle cresciute esigenze di civiltà e di progresso e di bisogni economici divenuti sempre più impellenti. Sul campo coloniale l’Italia è giunta un po’ tardi rispetto ad altri Stati; ma vi è pervenuta portandovi le forze di una Nazione | per eccellenza agricola; le tradizioni, lo spirito intelligente di un popolo provato alle grandi intraprese. geografiche e. commerciali, insieme ai tesori della sua natura meridionale. E se tutto questo | è già molto persè stesso, non è stato ab per infc P A fiducia nell’opera nostra di colonizzatori. Ciò forse è da attribuirsi alla grande preoccupazione politica che è sempre prevalsa sopra ogni manifestazione della vita nazionale dopo la unificazione della Patria; o forse perchè è mancata e manca in noi la educazione o l’abitudine di considerare che sul campo dell’agricoltura coloniale si agitano anche per l’Italia vitali interessi, per quanto non sia possibile ga- reggiare con altre Nazioni circa a estensione di possedimenti colo- niali; o forse è pure da aggiungere perchè l’azione del colono italiano fuori della madre patria sfugge alla comune diretta osservazione non esercitandosi essa sotto l’immediata influenza politica del Go- verno, in modo da rimanere celata nell’anima della Nazione come una latente energia capace tutto al più di prendere le forme di un vago sentimento poetico che si desta talora al pensiero dei molti e molti italiani dispersi in lontane contrade della terra e dediti alla travagliata vita del colono. Comuque sia, per quanto timidamente, comincia di già ad ap- ire maturo il concetto che anche l’Italia debba rivolgere le sue forze allo studio dei problemi che interessano l’agricoltura tropicale seguendo le altre nazioni europee, per eccellenza coloniali, in questo benefico movimento verso la ricerca di nuove fonti di risorse eco- nomiche. Appunto per questo, trattandosi ora di svolgere con maggiore intensità la nostra azione sopra un campo non ancora bene deter- minato per le differenti condizioni dell’agricoltura italiana in rap- porto a quella degli altri Stati coloniali, è necessario augurarsi che cotesta attività esplicandosi in tutto conforme ai particolari bisogni del paese possa riuscire veramente benefica compensatrice dei sa- crificii fatti. Par Qualunque sia la proporzione che si voglia dare a una istitu- zione agraria coloniale completa da riuscire utile al paese, il Giar- dino ne rappresenta la sua indispensabile base d’azione. Ora, tenuto conto in generale delle condizioni geografiche, eco- nomiche e sociali dell’Italia ed in particolare tanto dei bisogni dell’a- gricoltura meridionale, quanto sopratutto della necessità di pro- muovere lo sviluppo e l’ineremento delle ricchezze agrarie dei paesi fuori d'Europa posti sotto l’immediata influenza politica e commer- | ciale dell’Italia od aperti all'attività del colono italiano, risultano evidenti quali debbano essere le funzioni del giardino coloniale ed in quale direzione queste debbansi esplicare. : ranitidina Sei n ni Sr E Re MAG DA 7* ai Sii aa ; e siii 4 h' |. È certo che qualunque nuova istituzione che interessi la col- tura, specialmente se d’indole pratica agraria, la sua azione con maggiore intensità e più immediatamente è destinata a esercitarsi nell’ambito della regione ov’essa ha sede. Potrei a chiarimento di questa tesi ricordare il caso dell'Orto Botanico di Palermo, il quale, quantunque sorto con un indirizzo ben differente da quello proprio a uno Stabilimento agricolo d’acclimatazione, è riuscito a divenire nei trascorsi centodieci anni della sua esistenza un attivo centro d’introduzione e diffusione nel Mezzogiorno d'Europa di parecchie specie e varietà utili all’agricoltura e orticoltura. Basterebbe sola- mente citare parecchie specie di agrumi e tra queste segnatamente il Mandarino per dimostrare quale sia stata nel passato la influenza del nostro Istituto a pro’ della frutticoltura locale, dell’orticoltura, ecc. ‘Tale considerazione, se dimostra la opportunità della sede scelta per la istituzione del Giardino Coloniale, può darci qualche affida- mento che il nuovo Istituto sarà in grado di continuare a spiegare ‘cotesta benefica influenza e anche più efficacemente per i cresciuti e migliorati mezzi di cui potrà disporre., Ed il vantaggio è in realtà notevole, poichè la quistione agraria meridionale non concerne semplicemente interessi economici ristretti ad una data regione italiana, ma essa riveste un carattere politico sociale molto spiccato dalla cui soluzione dipende la sicurtà e la grandezza della Patria. A tal riguardo non occorrono molte parole per dimostrare che l’agricoltura del Mezzogiorno richiede grandi impulsi e nuove ener- gie. Dinanzi a noi si impongono, come è noto, gravi problemi, ed il più urgente è certo quello di conquistare a profitto dell’ agri- coltura nuovi terreni estendendo il dominio di questa su quelle disgraziata plaghe incolte e brulle che occupano nel Mezzogiorno immense estensioni di territorio. Oltre a ciò è necessario iniziare una razionale trasformazione delle colture esistenti, in modo che le nuove fanzionino come ele- menti regolatori e moderatori delle condizioni economiche agrarie della regione, sì che la produzione normale risponda alle esigenze del commercio mondiale e a quelle dell'industria moderna. | Quanto ai terreni incolti, son convinto che non si tratti di una quistione da risorvere solamente coi sussidi dell'agricoltura o della selvicoltura, poichè è necessario il concorso di altre attività, p. e. opere di sistemazione dei bacini fluviali , arginazione delle sponde. dei torrenti, rinsaldamento delle pendici scoscese dei monti e colli, @ simili. Tuttavia è sempre impellente la necessità d’intraprendere tentativi di coltivazioni, le quali, qualunque esse siano, Varranno, se non altro, a rivestire il terreno di vegetali e predisporlo a qual- che cosa di più importante nell’avvenire. Occorre ricercare, stu- diare, sperimentare le flore dei paesi tropicali e subtropicali x1 quali si trovano soggetti per natura a un clima molto Secco, pos- sono fornirci copioso materiale adatto al bonificamento dei terreni incolti. Non poche sono ivi le erbe e più specialmente i frutici e gli alberi dotati di un eccezionale potere di adattamento alla sec- chezza e i loro caratteri xerofili vanno determinati e riconosciuti per mezzo dell’esperienza e quindi messi a profitto. Non sarà mai troppo l’ insistere sul principio che l’ eccessiva e prolungata sec- chezza costituisce per noi il più grave ostacolo alla estensione delle colture agrarie e che non sia possibile pensare al ripopolamento e imboschimento dei denudati aridi colli e delle sterminate distese di terre abbandonate dall’agricultore senza una guida sperimentale. A volere fare nel nostro Mezzogiorno della selvicoltura sul serio, bisogna quasi interamente mettere da parte le regole apprese a scuola o nei trattati, poichè a nulla esse giovano quaggiù, dove la selvicoltura è una disciplina di lì da venire e occorre costituire i suoi fondamenti colla scorta di lunghi studii sperimentali. La quistione della coltura dei terreni incolti è di così grande importanza per l’avvenire economico agrario delle provincie meri- dionali che essa sola basterebbe a giustificare la ricerca e 1’ at- tuazione di eccezionali e straordinari mezzi diretti ad agevolarne la soluzione. E però io son convinto che l’opera del Giardino Co- loniale di Palermo possa anche in ciò riuscire molto utile colla in- | troduzione di specie esotiche e di interesse forestale, capaci di a- dattarsi al clima dell’Italia meridionale e della Sicilia. Che tale funzione possa essere con profitto esercitata dal nostro Istituto in mancanza di Orti forestali sperimentali, è dimostrato dagli studii da esso intrapresi e anche condotti a compimento con esito favore- ‘vole, sulla coltura dell’Acacia horrida allo scopo di rinsaldare le pendici scoscese dei colli (Vedi: Boll. del R. Orto Bot. di Palermo Vol. V. pag. 159) e i molti altri tuttora in corso sulle Casuarine esul Myoporum serratum dell’ Australia, e sull’ Halimodendron argenteum delle steppe caspiche, per la A delle sabbie lito- ranee. Molte e gravi considerazioni sullo stato dell’agricoltura meri- dionali in rapporto colle condizioni del commercio mondiale e colle esigenze della industria moderna, confermano la necessità di una trasformazione, se non altro parziale, delle attuali colture agrarie. Ciò vuol dire infondere nuovi giovanili vigori alla vecchia e clas- sica nostra agricoltura che vive di un passato di tradizioni e di pratica. Si comprende che tale trasformazione non possa ssere com- pleta, e non lo sarà mai così da comprendere tutte le attuali col- «| —’—ture del mezzogiorno, giacchè fra queste ve ne sono di quelle che a per propria natura presentano una grande resistenza e bisogna pro- teggerle ed accrescere il loro valore economico, tali sono, p. e. la coltura della vite, dell’olivo, del frumento, ecc. Una più estesa tra- sformazione richiede invece la coltura degli Agrumi, la quale si e- sercita su terreni pingui ed irrigui che potrebbero benissimo con- farsi a coltivazioni di carattere tropicale e subtropicale più reddi- tizie degli stessi Agrumi. Tale sostituzione dovrebbe avere lo scopo di contenere nei suoi giusti rapporti colle esigenze del commercio e delle industrie la produzione agrumaria, giacchè è dimostrato, che se anche fosse possibile la esportazione del prodotto sotto una forma chimica qualunque (p. e. quella di acido citrico o di citrato di calce) si renderà sempre indispensabile, ai fini dell’economia, una razionale limitazione della coltura agrumaria. Quando si pensa alla grande estensione che occupano in Sicilia e nelle Calabrie i terreni coltivati ad Agrumi, alla loro feracità ed esposizione ad un clima caldo, siffatto problema acquista un’ importanza straordinaria ed esso solo basta a meritare una particolare considerazione fra i molti provvedimenti da invocare in favore dell’agricoltura del Mezzogiorno. * R* NERA ENI Nei rapporti coll’agricoltura dei possedimenti italiani dell’A- Ro frica ;s la funzione del Giardino coloniale , apparisce ben determi- | °°’ natae chiara. Poichè come dissi, l’idea di trarre il massimo profitto possibile da quei territorii per mezzo delle produzioni del suolo, è ormai matura, s'impone la necessità di creare un particolare centro di attività scientifica agraria in modo che esso cooperi acciocchè la cognizione del valore economico dei molti prodotti vegetali utili divenga germe fecondo atto a incoraggiare, guidare e illuminare la intrapresa dell’agricoltore industriale colonista. i | L'esempio degli altri Stati coloniali più importanti e’ insegna | Che la esistenza di orti sperimentali , sparsi nei diversi territorii dn gite E ri e e e RL O Ti a e ee t 3 ZERI rst da ae e A PI ci PARATE des e ; 3 L’Iughilterra è riuscita a dare un poderoso sviluppo al suo Sistema agrario - coloniale mediante l’opera del R le Giardino bo- | dierno eccellente sistema e funziona come centro direttivo di tutto l delle colonie, non è bastevole a una organizzazione coloniale agra- ‘il movimento a favore dell’agricoltura delle colonie; abbracciando ® | tanico di Kew. Questo Istituto fa già il punto di partenza dell’o- 0 8 i f in sè, e riunendo e coordinando tutta l’attività dei singoli orti e stazioni sperimentali sparse nei paesi d’oltre mare. Cogli stessi intenti sorse a Buitenzorg (Isola di Giava) un grande Orto Botanico agrario e con quanto profitto dello sviluppo economico delle colonie olandesi a tutti è noto. In Francia, pochi anni or sono, si sentì il bisogno d’istituire un giardino coloniale che servisse a legare insieme i diversi orti sperimentali esistenti nelle colonie, consigliarli, guidarli, mettendo a loro disposizione piantine, semi, talee e quant'altro bisognassero, concentrando in sè la funzione di organo centrale trasmettitore di notizie, informazioni, conoscenze ecc. riguardanti il miglioramento delle vecchie coltivazioni e in generale il progresso e lo sviluppo dell’agricoltura nelle colonie. Anche presso l’Orto botanico di Berlino la funzione coloniale ha in questi ultimi anni raggiunto la più elevata espressione scien- tifica col crescere dei bisogni della nazione. I grandi mezzi di cui dispone quest’Istituto vengono continuamente impiegati ad esten- dere e approfondire la conoscenza della flora africana come ultimo fine per guidare e illuminare l’opera del colono. La perfezione del sistema germanico consiste appunto in ciò, che mentre alla Scienza è affidato il compito della ricerca e della ricognizione delle ric- chezze vegetali delle colonie, l’iniziativa privata, rappresentata da | associazioni di industriali, commercianti, banchieri, capitalisti ecc. provvede al resto, cioè, al governo di tali ricchezze, perchè esse fruttino il più che sia possibile, col promuovere, incoraggiare, man- tenere scuole pratiche d’agricoltura coloniale, stipendiare viaggia- tori esploratori, diffondere per mezzo di riviste e pubblicazioni le conoscenze sui prodotti coloniali e sulla loro coltura. Tutto cote- sto movimento, veramente febbrile, che, come è noto, si riflette anche sulla politica, è la espressione di quella tendenza che contraddi- stingue il popolo tedesco moderno di accrescere la sua forza e pre- valenza in ogni manifestazione della vita sociale. Non altrimenti che agli stessi intenti di prosperità per le no- stre colonie dovrebbe ispirarsi l’opera del nostro Giardino coloniale. Per fortuna esso sorge in una regione dove le ricchezze della natura sono così abbondantemente profuse, che tale funzione può raggiungere la più alta e più completa manifestazione. Ma occorre che questo còom- pito sia compreso, riconosciuto e confortato da tutte le cure da parte del Governo, e non considerato come un privilegio o favore con- cesso a luoghi o a persone, poichè dinanzi ai doveri verso il paese; i qualunque parte d’Italia e qualunque cittadino valgono la stessa cosa. Il benefizio di una favorevole posizione geografica e di una è A è Col ae ie gi istallazione già esistente da oltre un secolo, sono condizioni di vantaggio eccezionale che non dipendono dalla volontà di alcuno; ma concorrono efficacemente acciocchè il nuovo istituto possa di- venire un centro di fiorente attività scientifica e pratica nell’inte- resse dello sviluppo economico dei nostri possedimenti coloniali. Il dubbio, se al progresso dell'agricoltura coloniale fossero solo sufficienti delle modeste istituzioni locali organizzate nelle colonie sotto forma di campi sperimentali, è risoluto ora dall’esempio delle altre nazioni coloniali ed io non intendo insistere di più sulla ne- cessità che qualunque sia il sistema che si voglia attuare esso debba sempre far capo ad un centro speciale scientifico dotato di a autorità e di larghi mezzi di studio, il quale raccolga e coordini ogni conoscenza utile al colonista e la renda capace di attuazione. Questo non potrebbe conseguirsi fuori delle normali vie del com- mercio scientifico e quindi lungi dalla madre patria appunto per tutte quelle ragioni di opportunità e di comodo che sono necessa- rie al progresso della scienza. Tali motivi sono così impellenti che persino si è cercato di vincere, nella istallazione di giardini colo- niali fuori d’Italia, le grandi difficoltà del clima mediante un co- pioso corredo di serre e simili costruzioni destinate a conservare 3: le piante in ambiente artificialmente riscaldato e ciò con immenso to dispendio e cure pazienti infinite. Ammesso dunque questo principio, il Giardino Coloniale di Palermo deve in modo particolare volgere la sua attività all’intro- duzione, allo studio e alla coltura dei prodotti vegetali di oltre mare al fine di riconoscere e determinare il grado loro d’ impor- tanza economica. Qualunque sia la provenienza di essi non importa, purchè l’utilità venga dimostrata e sperimentata tanto nei rapporti diretti coll’agricoltura o selvicoltura della madre patria, quanto a vantaggio dei nostri possedimenti coloniali. Il numero dei vegetali utili cresce tutti i giorni aumentando continuamente i bisogni delle industrie e ‘così anche i mezzi di ‘raccolta e di ricerca sono in continuo progresso mediante le inces- santi esplorazioni scientifiche. La importanza perciò del nuovo Isti- tuto e i vantaggi che potrà esso recare al paese dipendono dai mezzi di cui esso disporrà al fine di accrescere le vie d° introdu- zione dei prodotti e quelli indispensabili allo studio. È appunto ‘per questo che l’opera del Governo si rende necessaria sotto tutte le forme materiali e morali, dirette a procacciare € facilitare la ricerca di siffatti mezzi e ad accrescere le fonti dell’attività del nuovo. Istituto. 0 ae i O DI dra sta Finora abbiamo esaminato la funzione del Giardino Coloniale da un solo lato, quello cioè, che gli conferisce il carattere di un Istituto di coltura e di studio dei prodotti agricoli di origine co- loniale. Però di leggieri si comprende che esso assurge alla im- portanza di un campo sperimentale e dimostrativo qualora si volesse trar vantaggio dalle sue condizioni a beneficio dell’ insegnamento; di un insegnamento, s’intende, tecnico speciale, adatto a infondere le conoscenze sulle colture di carattere tropicale. Quest’altro indirizzo da introdurre nella nostra scuola agraria è una logica conseguenza dell’ odierno attivissimo movimento deter- minato dal bisogno di sviluppare 1’ agricoltura nelle colonie, della qual cosa ci dànno ragione le molte scuole agrarie coloniali sorte all'Estero in questi ultimi anni ed alcune di esse istituite con grande lusso di mezzi e frequentate da numerosi allievi. | Forse si dirà che l’Italia, quanto a estensione di territorii co- loniali è in condizioni inferiori ad altre Nazioni e non valga per- ciò la pena di dare uno sviluppo considerevole al suo insegnamento agrario nel senso di estenderlo molto al di là dai limiti proprii al dominio della vecchia classica nostra agricoltura. Questa obbiezione non ha una grande importanza; anzi, io credo, che, se anche si vo- lesse fare astrazione agli interessi particolari dell’ Agricoltura dei possedimenti italiani dell’Africa, basterebbe solamente considerare ciò che l’Italia rappresenta nel movimento dell’emigrazione rispetto agli altri Stati d'Europa, per riconoscere l'opportunità di un inse- gnamento agrario coloniale. i A questo proposito va ricordato che sono appunto le più belle e le più feraci e agricole provincie italiane quelle che pagano il più forte tributo alla emigrazione e ogni anno migliaia tra i mi- gliori e più laboriosi strumenti della ricchezza nazionale, resi i- i isagio economico, disertano le campagne e vanno a sa- | erificarsi in lontane regioni al bené altrui. Quali felici disposizioni del temperamento e quanta laboriosità porta seco questa folla di agricoltori lo sappiamo. Molti di essi si dirigono verso le regioni iù calde della terra, ove per sè stessa la natura spiega con mag- giore intensità che nei paesi temperati le sue energie produttive e può quindi ivi l’esercizio dell'agricoltura offrir loro largo campo di svolgere quelle attività che sono consone alla loro educazione. E ; maggiore sarebbe il numero di quelli che ne seguirebbero lo esem- pio se le vie dell’ emigrazione verso i differenti paesi fossero e- st i Re ein di pr ERI E Tai pia Ra neh Lie dee aa O LE SENSE se È 4 PA à L gualmente agevoli; sicchè la più grande parte degli agricoltori e- migranti è costretta a dirigersi verso le grandi città e i centri più popolosi e mutar mestiere pur di vivere. Pur restringendo ogni considerazione ai rapporti della popola- ne agricola siciliana coi paesi dell’Africa settentrionale determinati dalla emigrazione, la quistione acquista un importanza eccezionale. Bisogna a questo proposito ricordarsi che nella sola Tunisia si trovano dispersi non meno di 120000 siciliani, mentre i francesi non superano la cifra di 25000. Ma la prevalenza è ancor più ri- levante considerando le qualità morali del nostro contadino. LI talia — afferma il FiscHEr —- possiede nella Sicilia una stoffa di colonizzatori di prim'ordine, la quale non soffre comparazione con offre lo spettacolo di una coltivazione rudimentale, mentre il fran- cese sa valersi dei sussidi della moderna agricoltura >. Ora non v'è dubbio che in vista di tali vantaggi e delle particolari relazioni geografiche e anche storiche che esistono fra la Sicilia e i paesi situati lungo la costa settentrionale africana, a partire dalla Tunisia fino alla Tripolitania e Cirenaica, nessuna forza potrà nell’avvenire arrestare la influenza del colono siciliano in quelle parti (1). Ma questa espansione coloniale va regolata, illuminata, sorretta dai bene- fici di una istruzione che renda possibile la trasformazione del la- voro dei figli della nostra Isola in opera di civiltà e progresso. Certamente una scuola agraria coloniale non può a priori ri- promettersi l'immediato vantaggio di attrarre a sè e di dare una educazione tecnica speciale completa alla grande massa dei nostri coloni emigranti. Ciò è possibile solo quando le condizioni di per- fezionamento civile alle quali sarà penvenuto il nostro contadino col concorso di altri mezzi di educazione avranno reso fecondo il substrato della sua coscienza di cittadino. D'altronde, anche con- siderate le condizioni di distribuzione della nostra popolazione a- gricola, sarebbe vano sperare che la istruzione agraria possa eser- citare effetti utili, rapidi e immediati sulla grande massa di genna Tuttavia, bisogna tener conto in prima linea delle felici disposi zioni del talento meridionale e di una possibile benevola ) (1) v.0. Brnracom,—La Sicilia nel Mediterraneo, Palermo 1905. capace. di manifestarsi judiseiiamente e col tempo, allo stesso ti- tolo come riconosciamo palesi i vantaggi dei cresciuti mezzi di dif- fusione della istruzione agraria e specialmente delle scuole pratiche i agricoltura. Epperò son convinto che una scuola agraria colo- niale debba riuscire di grande pratica utilità come preparazione di quel substrato di cognizioni necessarie a coloro che abbiano in ge- nerale interessi agricoli da esercitare fuori d’ Italia, sì che l’opera del colono italiano sotto qualunque clima esplicasi, pur lungi dalla diretta influenza politica della madre patria, possa rispondere ai ; prosa della civiltà e onori il nome italiano. ; Quali debbano essere le funzioni di questa scuola, i limiti del- l’insegnamento da impartirsi e i rapporti di essa coll’attuale inse- gnamento agrario è facile precisarlo considerando il carattere pro- prio alla nostra agricoltura al quale si appoggia tutta la organiz- zazione dell’attuale istruzione agraria. Epperò va ricordato che l’agricoltura italiana partecipa manifestamente della natura meri- dionale; le colture che le sono caratteristiche segnano il passaggio tra quelle proprie dei paesi temperati e quelle delle regioni tropicali. Anzi la Sicilia, e una parte del mezzogiorno della Penisola, appar- tengono botanicamente al dominio della flora subtropicale. Il che conferisce alle nostre coltivazioni una ricchezza e varietà che non . trovano riscontro nei paesi d’oltre Alpe; basta ad esempio ricordare la coltura degli Agrumi, del Carrubo, del Sommacco, della Anona, . del Cotone, dei Banani, ecc. 7 È dio immaginarsi come debba rappresentarsi complesso il problema della istruzione agraria coloniale nei paesi più nordici d’Italia, tali l'Olanda, l'Inghilterra, la Germania, ecc. dove la lo- Di cale vecchia agricoltura si riduce all’ esercizio di pochi particolari È colture, per lo più cereali, qualche pianta da frutta e a quella di i | alcune specie forestali indigene. Non può quindi meravigliare se di fronte a tali condizioni l’agricoltura coloniale in quei paesi. ha raggiunto così alto grado di perfezione e specialmente estensione da divenire addirittura una scienza affatto nuova. E così tutto il sistema agrario coloniale di quei paesi esige uno sviluppo più gran- ‘dioso e mezzi di esplicazione efficacissimi e svariati, tali da richia- ‘mare tutte le cure e le preoccupazioni dei Governi, di Enti ammi- nistrativi, di associazioni private, ecc. | è: Ma per fortuna ben altre e più favorevoli condizioni offre la nostra agricoltura locale, di cui gli effetti si rivelano nell’ educa- zione agraria più vasta e più svariata a cui provvedono le diverse nostre scuole agrarie di qualunque grado e specie esse sieno. Con | «Ciò è reso pi ù sibi il nostro compito e basta sapere con oppor- Tape dt I a E è N sperato ALe TIME RO sata sal RAS ir SE i ARA ia Magie a Ae at fc para La Jena È È ca e A Me Ep Add Mi ti tunità profittare dei mezzi di cui dispone attualmente l’ insegna mento agrario ufficiale, coll’aggiunta di quel poco riconosciuto di i una cultura agraria coloniale, parte dello Stato e corrispon- dente alle esigenze della coltura nazionale. È mio parere dunque che la organizzazione di una scuola pratica d’agricoltura tropicale ad uso dei nostri coloni non può richiedere grandi mezzi di organizzazione molto al di là di quelli propri ai nostri istituti d'istruzione agraria; ma solo la istituzione di alcuni corsi speciali complementari. 1 compito si riducesse ‘e pratico per attirare unicamente i co quali sono i prodotti agricoli coloniali questi vengono coltivati, raccolti, preparati, ecc. basterebbero dei semplici corsi dimostrativi, forse temporanei, come sono quelli im- partiti dalle così dette scuole d’innesto, 0 p. ©- quelli istituiti dalla | Francia nei suoi possedimenti dell’Africa per insegnare ai coloni sce. del Caoutchouc. Sono certo che se gente e laborioso com’ è, si mostras- a un nostro contadino, intelli sero delle colture, p. e. di Cattò, anche di piccolissima estensione, mpiantate, gover e avesse l'occasione di vedere come ess9 sono i e come si presentano le malattie a cui è s0g- chi ov'è coltivata, come si raccolgono e ovo campo di vedute oi piani d’intraprese a qualche cosa di elementarissimo loni emigranti e mostrar loro di maggiore utilità, come la estrazione, preparazione, si preparano i frutti, si aprirebbe a lui un nu pratiche a cui potrebbe, volendo, ispirare i su qualora fosse obbligato ad abbandonare i suoi agrumeti e le vigne per recarsi nei paesi d’oltre mare. Io credo che la corrente. della emigrazione della nostra popolazione agricola, se fosse guidata da siffatti lumi, troverebbe più vasto il campo d’espansione, © ciò con maggior profitto e col vantaggio di una sicura prevalenza sui co- Joni di altri paesi per le eccellenti sue qualità morali. ‘© Ma questo solo non può essere ;l fine di un'istruzione agraria coloniale completa adatta @ spandere i suoi strumenti della ricchezza delle nazioni. È TRI scuola che accolga coloro che volessero acqu ciale più elevata, atta 2 giovare di zioni apprese negli altri Istituti agr DSi ù dunque di un corso complementare nel vero senso della parola, il quale potrebbe benissimo impartirsi in un solo anno da dedicarsi | allo svolgimento di poche materie strettamente particolari e guidato | + da un indirizzo pratico in tutto ciò che possa compatirsi colla na- tura delle materie stesse. Tali discipline dovrebbero, secondo la mia opinione, ridursi alle seguenti : , agricoltura coloniale: comprendente lo studio delle principali colture di carattere tropicale. Otanicae Fitopatologia agraria colonia- le, riflettente le nozioni di fisiologia vegetale e di fitografia siste- matica, con particolare riguardo alle piante tropicali, nonchè quelle delle principali malattie proprie alle produzioni agricole coloniali. sv Geografia commerciale e coloniale. 4 Nozioni di Igiene coloniale. 5° ElementidiLegislazione comprendenti an- che le nozioni sulle Leggi e sui Regolamenti della emigrazione. noi sorga un'istituzione che guidi alle conoscenze delle produzioni agricole d’oltre mare e volga l’attenzione dell’agricoltore verso altra intrapresa del nostro agricoltore all’Estero; se, dico, è ne- cessario allargare il campo della istruzione agraria comprendendovi anche lo studio dell’agricoltura tropicale, al nostro Giardino Colo- niale, come centro di attività pratica e sperimentale, rimane certa- | mente affidata una parte molto importante. Grande è poi nel tem- po stesso il vantaggio di una posizione geografica così favorevole ressano la introduzione e la conoscenza di nuove colture d’impor- tanza economica-industriale nel Mezzogiorno. A. Borzi. Ricerche sul Caoutchouc dei frutti di alcune Lorantacee. Essendosi recentemente constatata la presenza di rilevante quantità di Caoutchouc nei frutti di alcune Lorantacee americane, abbiamo creduto opportuno occuparcene, per richiamare l’attenzione anche sulle piante di questa famiglia, massime riguardo alle specie esistenti nelle nostre colonie. Infatti è noto come tanto nell’Eritrea perciò sarebbe desiderabile si intraprendessero analisi sulle sostanze contenute nei loro frutti, essendo probabile che ‘fra queste si possa pure trovare del Caoutchouc. i Sul Caoutchouc poi delle Lorantacee americane, segnalato per la prima volta da due italiani residenti nel Venezuela , i signori GIiorpANA e Roversi, il WARBURG ha fornito molte. importanti notizie ed anche il Journal d' Agriculture Tropicale ne ha trattato recentemente in parecchi articoli (1). Fin qui fu ac- (1) Cfr. Les Guis caoutchoutiferes de l merique du Sud. In Journal d’ Agriculture tropicale 1906. N. 56. 45.— Guis caout- choutifere d’Amazonie. 1. c. N. 59. P. 131.—Les Guis caoutchoutiferes de l’Amazonie. 1. c. N. 63. p. 269.— Caoutchoue de Guis. 1. c. N. 66. pi P. | certato la presenza del Caoutchouc nelle bacche di quattro o cinque specie di Lorantacee, di cui alcune non ancora bene identifi- cate. La specie meglio nota è lo Strutanthus syringifolius, MART. conosciuto col nome volgare di Tina palomesa, e diffaso dal Brasile alla Guiana : nel Venezuela sale fino a 1500 m. di altitudine, e vive su molti alberi, come Mangifera, Inga etc. Ha bacche lunghe fino 15 mm. e queste contengono circa il sette e mezzo per cento di Caoutchouc. Una specie affine, lo Strutanthus marginatus, BL. del Brasile, dall’esame di esemplari secchi d’erbario, risulta con- tenere pure Caoutchouc. Un altra Lorantacea parimenti utilizza- bile a questo riguardo è la Phthirusa Theobromae, EicHL. assai più comune della precedente, ma meno ricca in Caoutchouc ed a vato nell’Amazonia altre tre Lorantacee a Caoutchouc, non ancora bene identificate, e che» vivono specialmente sugli agrumi. Il Caoutchoue di queste Lorantacee, preparato sul luogo, fu tro- vato di qualità assai deficiente, ma tuttavia ad Amburgo alcuni cam- pioni furono tassati da 7 ad 8 marchi al Chilogramma, ed è sperabile, perfezionando i modi di estrazione, di poterlo ottenere di qualità migliore. In vista quindi dell’utile che se ne può ritrarre la Ger- mania ha già disposto di tentare l’acclimatazione di queste Loran- tacee nelle sue colonie; però il LABROY è contrario alla diffusione di queste specie, avendo notato che preferiscono invadere parassi- tariamente le piante di caffè, e specialmente gli agrumi, che, stante il loro rapidissimo sviluppo, uccidono in meno di un anno. —_— In mancanza di altri studii, che confermino la vera utilità in- dustriale di queste Lorantacee, abbiamo ricevuto dal suddetto Si- gnor RoveRSI disegni rappresentanti le specie del Venezuela rico- nosciute produttrici di Caoutchouc, con campioni dei loro semi e dei loro prodotti. i , uantunque questi campioni fossero assai scarsi, pure, da noi trasmessi al Laboratorio Chimico Industriale diretto dal Dr. MAR- CKWALD a Berlino, furono diligentemente esaminati, e ne abbiamo ricevuto una analisi completa, quale è la seguente, che siamo lieti di poter pubblicare per primi. ‘Umidità. Sostanze ladedi Sostanze albuminoidi sine Caoutchouc. Il Dr. MARCKWALD poi aggiunge che le sostanze ‘minerali sono. Hic rappresentate da carbonati di calce e di magnesia : : che è degno di nota la quantità rilevante delle sostanze albuminoidi : che le resine sono molli ed untuose, e che infine il Caottchoue è abbastanza nervoso e robusto. x Questi risultati sono assai lusinghieri, e mentre siamo lieti dil i aver noi pure contribuito alla miglior conoscenza di questo. muovo. ni rist ci auguriamo ieri il de signor RovERSI posse ne del > medesimo, pe: tmirne una vera intanto e ghe iaia s onie si nelle n Os | sano trovare spontanee, 0 si oca ‘introdurre, Lorantaceo Re | Caontchoue. a Studii sulla possibilità di coltivare il caffè in Sicilia. Da lungo tempo si è tentato di introdurre la coltura del caffè in Sicilia. A Palérmo in questo R. Orto Botanico già da molti anni coltivasi in vaso, ricoverandolo d’inverno i una serra, che | per essere di antica costruzione, offre ben poco riparo. al freddo : così pure al Palazzo Rsale di Pao coltivasi per gran parte dell’anno all’aperto, ritirandolo in semplici stanzoni durante la Stagione invernale : anzi è noto che se ne raccoglievano con cura i frutti per porgere qualche tazza di caffè indigeno ai Reali, quando venivano a Palermo. Si è pure tentato di coltivarlo anche in piena terra, ed in questo stesso Orto Botanico, ha resistito, in tali con- dizioni, per parecchi anni, senza soffrirne, restando solo danneg- giato nell’inverno 1904-1905, che fu veramente eccezionale per ntrade. — queste co Sapendosi però che alcune regioni di Sicilia sono più calde di ; la Direzione di questo R. Orto Botanico, seguendo l’in- no prefissosi di tentare l’acclimazione di specie esotiche utili, cha voluto istituire confronti fra tali 1 regioni e quelle della provincia di S. Paolo al Brasile, ove si hanno le casa e più vaste pian- 3 tagioni di caffè. Devesi premettere che la specie più anticamente coltivata del | genere Coffea, è la Coffea arabica, originaria non solo dell’Arabia, fune ancora. dell’altipiano abissino, ove sale ad altezze assai rilevanti © co a colà sia irpino piuttosto basse. Ad a PAR SERE IRSN TRINO, RISE, SIRIA TIRES SR E 19 esempio a Liben, al sud di Choa, situato ad 8°.30 di latitudine ‘Nord, arriva fino a 2500 m. di altitudino. Nelle diverse regioni poi ove si coltiva, preferisce le località elevate: così nello stato di S. Paolo al Brasile si coltiva fra i 500 e gli 800 m. di altitudine : nel Travancore (Indie) arriva a 1188 m., nel Madagascar prospera fra i 500 ed i 1200 m., a Ceylon riesce sopratutto fra i 914 ed i 1372 m., nella Giammaica infine dà un buon prodotto fra i 1400 ed i 1600 m. Perciò un confronto delle temperature dei luoghi ove | meglio cresce e prospera il caffè, con le nostre regioni meridionali | ‘non è tanto esagerato come può sembrare da principio. Con questo confronto non si intende però di proporre senz'altro la coltura del caffè in Sicilia, ciò sarebbe arrischiato e prematuro, ma solo si vuole riprendere qualche studio in proposito, per vedere se, in | date località, o con speciali cure, ciò potrà essere possibile. Per le temperature di San Paolo abbiamo utilizzato i quadri dati dal Dottor FANCHÈRE nell’ Agricolture pratique des pays chauds (6° ann. 1906. p. 44) e per quelle di Sicilia le indicazioni, per gli anni corrispondenti, riportate dalla Rivista Meteorico-A- graria, pubblicata dal Ministero di Agricoltura. Separatamente abbiamo confrontato le medie mensili e le minime mensili, notan- dosi che, essendo le stagioni al Brasile invertite, a confronto delle nostre, devesi paragonare la temperatura del mese più caldo per il Brasile, che è il Febbraio, con quella del mese più caldo per le nostre regioni, che è l’Agosto, e così dicasi per gli altri mesi. Dal detto confronto rilevammo che per cinque mesi, cioò dal . Giugno all’Ottobre, le medie mensili di tutte le località di Sicilia sono costantemente superiori a quelle dei mesi corrispondenti, cioè | dal Dicembre all’Aprile, di San Paolo, mentre nelle restanti sta- gioni, cioè dal Novembre al Maggio, le medie mensili di tutte le località di Sicilia, sono quasi costantemente assai inferiori a quelle | dei mesi corrispondenti, cioè dal Maggio al Novembre, di San Paolo. - Si hanno quindi nelle località della Sicilia prese un esame, e ve- | rosimilmente in tutta l'isola, sette mesi in cui la temperatura me- dia mensile rimase di continuo inferiore a quella del Brasile. Parimenti dal confronto delle minime mensili appare che nes- . Paolo. Quella che più vi si avvicina è Messina, GHes: HiC90 fronto di 18 mesi, resta inferiore, alle minime segnate RESA ‘sile, in soli 4 mesi: vengono subito dopo Trapani e Rerniuni,. eg feriori in 5 mesi: ‘poi Girgenti e Siracusa, inferiori i in 8 cron, ed infine Palermo, inferiore in ben 15 mesi sopra 18! | > suna delle località di Sicilia, può stare a pari con quella di San I * | dentale : questa specie è Si può quindi dedurre che le località di Sicilia differiscono da quelle prese a confronto di San Paolo, non tanto per le minime temperature raggiunte in qualche momento eccezionale, quanto per la durata dei periodi di freddo. Infatti, come osserva il predetto ‘Dottor FANCHERE (1. -c. p. 41), anche nella regione del caffè allo stato di S. Paolo, si hanno sovente temperature vicino, ed anche inferiori, a zero, ma queste minime eccezionali durano meno di un orno, per cui il caffè non ne soffre, mentre non può resistere in gi | quelle località ove tali temperature si ripetono per più giorni di seguito. Questo è appunto il caso della Sicilia, in cui si hanno pe- riodi di intenso freddo della durata di parecchi, e sovente anche di molti giorni. Se però, per simili considerazioni, la coltura del caffè in Si- cilia non offre alcuna speranza di riuscita, non è escluso che si possa tentare con speciali cure di adattare a questo clima la Co/fea rabica 0 meglio si possa trovare qualche specie affine più resi- stente al freddo. Che le diverse specie di Coffea possano facilmente adattarsi ‘a differenza di clima, lo dimostra la Coffea liberica, specie affine all’arabica, originaria delle regioni basse e calde dell’Africa occi- stata acclimatata a Giava in località tem- perate e quasi fredde, cioè oltre i 1300 m. di altitudine, elevando di generazione in generazione il livello delle colture : così furono fatte piantagioni a 600 m. con semi provenienti dall’altitudine di 400, poi ne furono istituite altre ad 800 m. con semi provenienti da quelle situate a 600 m. e così di seguito ; mediante tale pratica questa specie dimostrò una meravigliosa resistenza alle più elevate altitudini, ed alle conseguenti diminuzioni di temperatura. Ora forse | anche per la Sicilia, tentandosi colture con semi provenienti dalle regioni più elevate ove la Coffea arabica ora si coltiva, od ove | cresce spontanea, specialmente dall’altipiano abissino,in cui raggiunge 12500 m. di altitudine, si potrebbe differenziare una razza più re- sistente alle condizioni del nostro clima. Rispetto ad altre specie del genere Coffea sì noti che ne fa rono descritte oltre una cinquantina, ma la maggior parte di esse si debbono piuttosto considerare come varietà geografiche dell’ara- bica, anzicchè quali specie distinte. Alcune di queste abitano gli altipiani del Messico, altre quelli dell’Abissinia : ne crescono pure sulle alte montagne delle isole Maurizio e Borbone, ed infine nelle 1 alta regioni dell’Imalaja, precisamente nel Khasia e nel Silhet, che | per la temperatura poco. islamica dalla Sicilia. Diamo l'elenco di alcune di queste specie ; Coffea Deppeana, SteuD. — Messico. » mericana, D. €. » » obovata, CHAM. — » “0 » rosea, Mac. — » Mi >» brevipes, HIERN. — Cameron, oltre i 1000 m » stenophylla, Don. — Montagne dell’Africa equatoriale. >» mauritiana, Lam. — Montagne di Maurizio e Borbone. 3A cell eni at n È È » i » myrtifolia, RoxB.— » » » » > >» Jenkinsii, Hoox. — Khasia, oltre i 1200 m. Wi.» Khasiana, Hook. — Khasia, oltre i 1500 m. coi » fragrans, Wal. — Silhet, oltre i 1000 m. 53 » bengalensis, RovB. — > SOTTO » Wightiana, LAMK. — Travancore. 3 » travancorensis, W. A. — > Non è però ancora accertato per queste specie quale sia il loro valore in caffeina, quindi sarebbe prematuro il consigliarne la col- tura, fino a-tanto che non si sono eseguiti studii ed esperienze in proposito. Alcune pare abbiano a contenerne a sufficenza , mentre altre ne sarebbero quasi prive: ad esempio recenti analisi dimo- strano che mentre i semi della Co/fea arabica contengono circa 1.60 per cento in caffeina, quelli della Coffea stenophylla ne con- tengono anche di più, cioè fino ad 1,70 per cento , mentre quelli della Coffea mauritiana ne sono quasi privi, contenendone appena 0.07 per cento. Allo scopo poi di ottenere piante più adattabili a speciali lo- calità, e nello stesso tempo capaci di un buon prodotto, si è prin- cipiato ad eseguire ibridazioni fra la Coffea arabica ed altre spe- cie affini. Così a Giava già si coltivano ibridi di Coffea arabica e C. liberica, che si dicono assai vigorosi e resistenti. È pure rite- nuta come ibrida una forma che coltivasi @ Maurizio , conosciuta — col nome improprio di Coffea laurina, © che non va contusa con la vera C. laurina , Porr. la quale corrisponde al Craterisper- __mum laurinum, BENTH. Questa forma si è potuta anche ottenere. | ‘artificialmente, ibridando la C. mauritiana con la C. arabica. | Malgrado che uno dei genitori sia assai povero di caffeina , Leg - che il prodotto di quest’ibrido è di ottima qualità, e sì aggiunge. che è pianta meglio resistente delle altr al freddo, perdendo le fo- È | glie nella stagione invernale. bu o Per queste considerazioni crediamo possibile l'introduzione n | Sicilia di qualche altra specie di Coffea, 0 di qualche ibrido , 8- . dattabile alle condizioni particolari dell’isola. Abbiamo quindi dat 22 luto premettere queste brevi notizie per rilevare come la questione della coltura del caffè in Sicilia sia più complessa di quel che sem- bri, e come, se non è possibile ora farne qui piantagioni con spe- ‘ranza di successo, non.si può escludere in modo assoluto di potervi riuscire in un avvenire più o meno lontano. LA DIREZIONE Il Sechium edule. Questa curiosa Cucurbitacea coltivasi assai sovente in Sicilia, col nome di Zucca centenaria, ed i suoi frutti si vendono anche . sul mercato di Palermo, riuscendo bene accetti alla cittadinanza. | Crediamo quindi opportuno esaminare quale potrà essere il va- lore economico di tale pianta nelle nostre regioni, a paragone dei vantaggi che se ne ricavano nei paesi caldi, per i quali special- mente, anche in recenti pubblicazioni (1) ne viene raccomandata la coltura. ORIGINE. — Il Sechium edule non si conosce allo stato sel- vatico ed è l’unica specie del suo genere. Era abbondantemente coltivato dagli indigeni dell’ America tropicale, prima della scoperta di detto Continente. Il nome volgare più antico ricordato trovasi i in, HERNANDES, ed è un nome atzteco, ossia degli antichi messicani: «—_— (© Naupix CH. - Un nouveau legume. In Revue Horticole. 1886 P. 165. — Tragut L.- La Chayote (Sechium edule). In Revue Horti- cole de l’ Algerie. Tom. IV: 1900. p. 358. — C00k O. F. - ape Onore > L 901. DESRUISSEAUX Pidg- | Le Chouchou (Sechium edule). In L'Agricultura pratique des. pays. tale nome è Chayotl o Chayotli, dal quale certamente proviene il moderno nome messicano Chayote, da cui, con lievi varianti, si hanno i nomi Cayotte usato alla Martinica, T'ayote o Tallote usato a Portorico, Challote usato a Panama ed altri simili. Un secon- do nome indicato per la Giammaica è quello di Cocho, modificato al Brasile in Chuchu, nella Luisiana in Chouchou ed alla Riunione in Chouchoute. Di altri nomi diversi troviamo indicati alla Martinica quello di Christophine, pure nella Luisiana quello di Mirliton ed a Ma- dera quello di P.pinella, ma questi ultimi forse sono nomi inven- tati dai coloni europei, non sapendo come indicare la pianta. Da questi documenti linguistici parebbe doversi assegnare al Sechio edule una duplice origine, cioè al Messico ed alla Giammaica : però le indicazioni di un più antico indigenato sono per il Messico, non solo dall'esistenza del detto nome atzteco, ma ancora dall’esistenza di altri nomi messicani usati per indicare diverse varietà coltivate, | come quelli di Chayotito e di Upopo, e perfino per indicare i tu- | bercoli di varia grandezza o colore della stessa pianta, come Cha- mochayote, Chayotestle e Chinchayote. Coltivata poi nell'America tropicale fu nello scorso sedi pro- pagata in altri luoghi tropicali o caldi: nel 1836 fu importata alla Riunione da SuLLY BRUNET, nel 1846. nella Nuova Orleans da G. RoTH e nel 1848 ne furono portati a Parigi i primi frutti; verso il 1860 fu introdotta in Algeria e più recentemente a Ma- dagascar ed in Australia. Per quanto riguarda la sua introduzione in Sicilia non abbia- mo indicazioni precise, pure è probabile sia avvenuta verso il 1860, figurando per la prima volta nell’Index seminum dell’ Orto Bota- nico di Palermo del 1862. DESCRIZIONE. — I Sechium edule è pianta con radice vivace, tuberosa. Svolge numerosi fusti rampicanti, assai robusti, tomen- tosi, lunghi da 10 a 12 metri: nei paesi tropicali questi fusti hanno lunga durata, divenendo legnosi, ed assumendo sovente un diametro di 15 e più centimetri, mentre in Sicilia restano erbacei, perchè uccisi ogni anno dai rigori dell’inverno. Ha grandi foglie alterne, picciolate, un poco scabre, tillobato-. cordate. I fiori sono unisessuali, monoici, piccoli, giallastri, di cui i maschili formano piccoli grappoli ascellari, mentre i femminei are solitarii o geminati. Questi fiori sono visitati dalle api. 3 I frutti infine sono grandi, di forma variabile, sferici, allungati ; o piriformi, sovente tubercolati ) solcati, lisci 0 più o meno MARS È È i 3 losi, di color verde o bianco crema; ognuno contiene un sol seme ap- piattito. Questi frutti presentano un caso rarissimo nel. Regno Vege- tale, quello cioè di concorrere con le sostanze contenute nel loro pericarpio alla prima alimentazione della pianticella germinante : in altri termini questo loro pericarpio ha, biologicamente, la stessa fanzione dell’albume e degli altri tessuti di riserva che si trovano naturalmente nei semi. Quindi per ottenere un regolare sviluppo della pianticella è necessario mettere nel terreno tutto il frutto, e non il seme isolato, come alcuni hanno proposto. Varierà. — Del Sechium edule si conoscono parecchie va- rietà, differenziate per la grandezza, la forma ed il colore dei frutti. Questi possono anzitutto essere spinulosi od inermi : le varietà a frutti spinulosi sono per solito meno produttive delle altre ed i loro frutti restano più piccoli: riguardo al colore si hanno varietà con frutti che restano verdi anche a maturità, ed altre con frutti di color bianco o bianco-crema : i frutti di queste ultime acquistano per solito maggiori dimensioni delle altre. Riguardo alla forma si hanno frutti sferici, ovali, piriformi o quasi cilindrici : le varietà a frutti sferici od ovali presentano per solito i frutti con cinque o più solchi, mentre quelle a frutti allungati, piriformi o cilin- drici, presentano per solito i frutti non solcati. Il peso poi di que- sti frutti può variare da 200 grammi a due chilogrammi l’uno, COLTIVAZIONE.—Il Sechium edule esige una posizione calda e soleggiata, al riparo dai venti di nord, ed un suolo profondo, fer- tile, costantemente umido. Occorre sia ben concimato, ottenendosi il massimo di sviluppo con l’uso di concimi chimici, specialmente nitrati. - I semi debbono essere sotterrati in buche abbastanza profonde, distanti per ogni verso da 5 a 10 metril’una dall’altra, ed occorre collocarli in vicinanza a qualche sostegno, di sufficiente altezza, su cui possa in seguito salire la pianta. È Nei paesi caldi si può anche riprodurre per talee, riuscendo | meglio quelle fatte presso al suolo, sui fusti più grossi e lignifi- | cati: in Sicilia però tale riproduzione non fu tentata, restando i fusti erbacee e venendo ogni anno uccisi dal freddo invernale. | ‘Durante la buona stagione ciascuna pianta emette dal piede | Muovi getti che si mischiano a quelli precedentemente prodotti, ma nei nostri paesi è opportuno sopprimere questi ultimi getti nel . loro sorgere, e. tolgono alimento ai primi senza arrivar in tempo a fruttifica Sotto i Lupi: l Frpeniaazione del Sechium edule è quasi continua : in Sicilia invece è limitata ai mesi dell’autunno venendo interrotta dal sopraggiungere del freddo : generalmente incomincia in Settembre continuando fino al Novembre. Ne deriva che mentre nei paesi tropicali si può calcolare per ogni pianta su una produ- zione annua da 300 a 500 frutti, da noi questa può variare da 40 a 100 al massimo, donde appunto si ha il nome di zucca centenaria, dato volgarmente in Sicilia a questa specie. Come si disse nei nostri paesi i freddi invernali fanno seccare prontamente i fusti del Sechiwm edule: ne resta tuttavia viva la radice tuberosa, che alla primavera successiva emette nuovi getti. Tuttavia una di queste piante in Sicilia raramente resiste all'aperto più di 4 a 5 anni, mentre nei paesi tropicali vive normalmente una ventina di anni. Perciò da noi è opportuno durante l’inverno togliere i fusti morti e ricoprire la base della pianta con uno strato di foglie secche, per difendere le radici tuberose dal soverchio freddo. i È È Fo A Li : : A Ù È 3 È PropotrtI. — Del Sechium edule si usano la foglie come fo- raggio per gli animali, i fusti secchi come paglia e per le fibre che contengono, le giovani cime come legumi, i tubercoli radicali ricchi di fecola, e specialmente i frutti. Nulla diremo del valore ; delle foglie e dei fusti, la cui produzione è troppo scarsa in Sici- « lia per essere ili i Le giovani cime, nel loro primo sviluppo, quando non sono ui ancora lignificate, si usano come gli asparagi o come gli spinaci : i il loro valore alimentare si può considerare come eguagliante la $ metà di quello del latte, e la loro parte alimentare rappresenta ; circa il 43.73 per cento della materia verde. In Sicilia non si u- sano, stante la vegetazione meno rigogliosa della pianta a confronto dello sviluppo che assume nei paesi caldi : tuttavia si potrebbero utilizzare a tal fine i getti estivi sopranumerarii, che è buona re- gola sopprimere. I tubercoli si formano fino dal primo anno di vita della pianta, x ma sono in grado di essere utilizzati solo dal terzo anno, andando ogni anno acquistando una maggiore grossezza. Nei paesi caldi, se . ogni anno se né fa la raccolta, raggiungono al massimo il peso di cn un chilogramma ognuno: se poi si raccolgono solo ogni tre o quat- | tro anni, raggiungono facilmente il peso di 8 a 10 chilogrammi. In Sicilia invece il loro sviluppo resta contrariato, quindi pare RISE cea ge SEA Sn PO ID SEA CpI dopo aver subito almeno un’ ora di bollitura : si mangiano in 1m- salata o confezionati in altri modi, e perfino abbrustoliti sotto le ceneri calde. In Ispagna si confezionano ancora nell’alcoole. Hanno lunga durata, e possono conservarsi per 4 a 5 mesi senza soffrirne, per cui sopportano facilmente lunghi viaggi. A Parigi ne vengono portati non salo dalla Spagna, ma ancora dalle Antille. In Algeria la loro produzione è tanto abbondante da cedersi a circa 15 a 20 franchi ogni 100 chili: a Parigi raggiungono facilmente un valore doppio e triplo di questo. Lo Stabilimento ViLmorin li vende, scelti per semine, a Franchi 1.50 l’uno. Concludendo possiamo ritenere che il Sechium edule, pur nou trovando in Sicilia condizioni adatte al suo sviluppo, quali le trova nei paesi tropicali, rappresenti tuttavia per le nostre regioni una coltura facile e sufficientemente redditiva, da doversi incorag- giare. G. E. MATTEI. Il Baobab. Uno degli alberi più caratteristici del continente africano è certamente il Baobab, conosciuto fino dal secolo XV. Fu scoperto nel 1455 in Senegambia da ALoIsto CADAMOSTO, navigante veneto, che ne diede notizia nel Giornale dei suoi viaggi, edito dal Ra- musio nel 1507. ProsPERo ALPINO pure ne diede nel 1582 una buona figura, ed ApANsON nel suo viaggio al Senegal (1748-1758) fornì minuziosi dettagli sulla struttura e sull’acerescimento di tale specie. Abbonda particolarmente nell’ Africa occidentale, ma trovasi anche nella Nubia, nel Kordofan e nell’ Abissinia: in Eritrea è piuttosto frequente nella zona di Cheren, nei territorii dei Baria e dei Baza, specialmente verso Cassala: ivi è conosciuto col nome di Fim o Diimma. Wal. —Fin qui si riteneva che nel continente africano e- sistesse una sola specie di Baobab, cui era stato imposto il nome di Adansonia digitata, B. Juss. riconoscendosi però diversi da questi i Baobab di Madagascar: anzi il BAILLON ritenne che in detta isola esistessero ben quattro specie distinte di Adansonia. Recentemente però lo CuevaLIER (1) studiando numerosi esemplari Toi CuevatIme A. - Les Baobabs de DAfrique rigo In Bul- i - ttt de la Societè Botanique de France. Tom. LIII. 1906. p. 480.— BE consulti anche : GeRrBER CH. - Contribution a l’ histoire anti i {h doo et ta Lor du genre Adansonia. ni Annales de VIn- | arseille. Ill Auu, 2* Vol. ‘del continente africano, ha separato dall'antica Adansonia digitata due altre specie ed una varietà, che se ne differenziano principal- mente per la forma e la grandezza dei frutti. Non abbiamo ancora | dati sufficenti per stabilire se nell’ Eritrea esista una sola forma di Adansonia oppure parecchie e quali : ad ogni modo anche quelle differenziate dallo CHEVALIER sono assai affini fra loro, ed il modo di ‘accrescimento e di vita di tali alberi è da ritenersi identico per tutte le dette specie. BroLocia. — I Baobabs sono veri colossi del Regno Vege- tale, e gli indigeni dell’Africa occidentale li ritengono come alberi sacri, usando appendere ai loro rami ogni sorta di amuleti. L’esi- stenza di un vecchio Baobab in un villaggio è per quelle popola- zioni tenuta in gran conto, imperocchè denota l’antichità del vil- laggio stesso : all’ombra del suo tronco, seduti sulle radici che e- mergono dal suolo, usano gli anziani del villaggio radunarsi perio- dicamente, per dare udienza e per rendere giustizia. Sovente ne scavano arche il tronco come dimora, e LIVINGSTONE ne vide che potevano contenere oltre 30 persone : qualche volta usano anche appendere nell’interno dei tronchi così scavati i cadaveri cui non vogliono accordare l’ onore della seppoltura : è tanto eccessivo il caldo ed il secco in dette cavità, che tali cadaveri si mummificano prontamente. i È Questi strani colossi vegetano di preferenza sulle colline sab- biose, presso al mare e sui bordi dei deserti. Il loro accrescimento è lentissimo, tuttavia pare che dagli autori, massime antichi, sì sia esagerata la loro longevità. Hanno il tronco alto al massimo una ventina di metri, ma di grossezza enorme . infatti può misurare fino 25 metri di circonferenza all'altezza del petto di un uomo, Sì che bastano appena 15 persone per abbracciarlo. Di conseguenza sono più rimarchevoli per la straordinaria grossezza, che per 1 al Za. gni Questo loro enorme tronco poi non è formato di legno duro e compatto come negli altri alberi, ma bensì di un legno assai tenero,, molle, spugnoso, completamente imbevuto d’acqua : è propriamente parlando, un enorme idrosarcoma, ossia una vera cisterna Data ove, durante la stagione delle pioggie, l’albero riesce ad immagaz- zinarne enormi quantità, come riserva per la stagione NeSoR: In tal : modo quest’albero può non solo vivere in terreni sabbiosi ed ari dissimi, sfidando molti mesi di sionibà assoluta; a: può anoora en: © trare in vegetazione, fiorire e sviluppare foglie, in piena IBRIDA, Di secca, quando le piante annuali non hanno ancora germinato. In una parola il Baobab è una pianta grassa, colossale, arborea, pa- ragonabile, per quanto concerne la riserva dell’acqua, alle Cactacee; lo dimostra il suo tronco assai tenero, facilmente intaccabile anche con debole punta, che lascia uscire, da ogni menoma lesione, gran quantità di linfa mucillagginosa. Questo suo tronco è biologicamente identico a quello della Chorisia ventricosa e di altre Bombacee delle Catingas del Brasile, che assumono la forma di enormi botti, come pure a quello di certi Brachychiton dell’ Australia tropicale, e della Pincenectitia tubercolata del Messico, salvo per le dimen- sioni straordinariamente maggiori. ab si avvicina alle Cactacee, biologicamente, anche sotto un altro aspetto: la sua corteccia non è bruna, rugosa o su- berosa, come nella pluralità degli alberi, ma bensì è tenue, liscia e di un vivace color verde, per l'abbondante clorofilla contenuta nei suoi tessuti. Ciò vuol dire che ha usurpato in gran parte la funzione delle foglie, e che la elaborazione degli alimenti idrocar- bonici, cioè la assimilazione, viene quasi totalmente eseguita entro i tessuti della stessa corteccia; infatti per circa sette od otto mesi dell’anno il Baobab resta spoglio completamente di foglie, e negli altri mesi ne produce bensì, ma in una quantità non al certo pro- porzionata alle sue dimensioni. Dopo aver prodotto numerosi fiori pendenti, grandi, bianchi o rosei, sviluppa grossi frutti sospesi a lungo peduncolo; questi frutti, che somigliano a piccoli meloni, raggiungono sovente, nei Baobabs dell’Africa occidentale, il peso di qualche chilo; in quelli invece | dell’Eritrea restano assai più piccoli, raramente oltrepassando il peso di 300 grammi. Questi frutti contengono una polpa dolciastra, attorniante molti grossi semi. Sono volgarmente conosciuti col no- me di pane delle scimmie, imperocchè le scimmie ne fanno loro cibo abituale, contribuendo così alla disseminazione del Baobab stesso. PropoTTI. — Da questi alberi gli indigeni ritraggono diversi prodotti di non lieve importanza. Recentemente WILDEMAN (1) ha insistito, in un lavoro sul Baobab, sugli usi cui può servire. Anzi- tutto dalle incisioni fatte nel tronco, si forma una gomma che viene raccolta e che ha molta affinità con la gomma adragante; il legno (1) WrupemaN (DE) E. - Baobab ou Adansonia digitata. In Noti- ces sur des plantes utiles ou interessantes de la flora du Congo. Vol. 1. p. 156. 1908. . ci Fe Pi Et # st | poi leggerissimo e molle viene impiegato in molti lavori, special- mente in sostituzione del sughero. La corteccia contiene fibre di colore bianco rossastro, di me- diocre morbidezza ed abbastanza tenaci; con queste gli indigeni fanno cordami di lunga durata, che portano in grande quantità sul mercato di Cheren e che potrebbero anche formare oggetto di espor- tazione. Con le stesse fibre nelle Indie si confezionano selle per elefanti. Queste fibre sono pure utilizzate per fare carta molto re- sistente; a tale scopo si esportano da Saint-Paul de Loanda a Li- verpool, ove sono impiegate per fare una carta da imballaggio, fortemente colorata, conosciuta col nome di Small-handes. Stante la loro resistenza, furono pure proposte per la confezione della carta destinata ai biglietti di banca. Siccome poi i tronchi di Baobabs hanno dimensioni tanto enor- mi, come si è veduto, la corteccia viene tolta solo in piccole por- zioni, quindi gli alberi non soffrono, ma anzi formano prontamente una nuova corteccia, nei punti ove questa fu levata. Le foglie di Baobab sono di uso comune, cotte come spinaci, ed anche gli europei residenti in Africa le trovano gustose. ‘Appena incominciano a svilupparsi gli indigeni ne fanno completa raccolta, le seccano al sole e le riducono in polvere: tale polvere col nome " di Lalo od Aloo, è portata in gran quantità sui mercati sudanesi e potrebbe pure essere oggetto di esportazione: colà usasi farla bollire nell'acqua, ove sviluppa abbondante mucillaggine, per pre pararne una salsa gustosa, con l’aggiunta di burro o di qualche altro condimento. a polpa dei frutti è pure ricercata : è bianca, quasi secca, farinosa, e di sapore dolciastro, che ricorda allo stesso tempo quello del tamarindo e quello del limone. Fu ritenuta per astringente e febbrifuga, e per il passato se ne portava, secca, in Europa, col nome di Terra Lemnia, o Terra Lemnia sigullata. Serve per fare li- monate assai gustose, ricercate anche dagli Europei : tenuta in bocca promuove alquanto la salivazione, lasciando un gradevole senso di fresco. PrRosPERO ALPINO diceva infatti di essa : «sitim valenter extinguit, multumque refrigerat » ed assai recentemente il BALDRATI (1) aggiunge, per esperienza propria, che l’uso della polpa di Bao- bab ha una sicura efficacia per detergere i denti, che acquistano così un alto grado di bianchezza. Questa stessa polpa ha anche la | (1) Baupram I. - Catalogo illustrativo della mostra Eritrea. Mi «lano 1906, ® proprietà di far coagulare prontamente il latte, quindi può servire. nell’industria del Caseificio : nell'Africa occidentale viene utilizzata tale proprietà per facilitare la separazione del Caoutchouc nel latice di Landolphia Hendelotii e di altre liane a Caoutchouc. Infine, con la parte legnosa che attornia il frutto, gli indigeni fanno piccole tazze, ed altri simili recipienti il prodotto più importante che si può ricavare dai Baobabs, | è l’olio che si estrae dai suoi semi. Da qualche tempo il MiLLIAN (1) ha studiato dal lato tecnico ed industriale l’olio di Baobab, ed il BaLLAND (2) ha aggiunto al- tri studi su quello dei Baobabs del Madagascar. Secondo tali au- tori i semi di Baobab contengono circa il 39 per cento di olio, che può venire facilmente estratto per pressione a caldo : è di color giallo d’oro, di odore gradevole e solidifica a 13 gradi. Può ser- vire per condimento, in sostituzione di quello d’ oliva, e special- | mente per illuminazione, bruciando con fiamma chiara e non falli- ginosa. del Suzzi (3), sull’olio che si può ricavare dai semi dei Baobabs indigeni dell’Eritrea. Da queste ricerche risulta una spiccata dif- ferenza con le precedenti analisi, ciò che pare confermare l’ i- potesi che il Baobab dell’ Eritrea appartenga almeno ad una va- rietà diversa da quello dell’Africa occidentale. I frutti esaminati dal Suzzi furono trovati pesanti circa 300 grammi, ed ognuno conteneva in media 300 semi, reniformi, di color bruno rossastro. Cento semi pesavano in sinlta 45 grammi, e la parte dura dei loro involucri rappresentava circa il 60 per cento del loro peso totale, riducendosi la materia grassa contenutavi al solo 12,69 per cento. Per pressione a caldo se ne estrasse un olio color giallo d’oro, senza odore, di buon gusto e di fluidità poco inferiore a quella dell’olio d'oliva : quest’olio fu ritenuto commestibile, e specialmente atto per illuminazione, come lubrificante e per fabbricare saponi. Da questo rilevasi che il quantitativo d’olio, ricavabile dai semi del Baobab dell’Eritrea, 6 assai più scarso di quello ricavabile dai semi dei Baobabs “i altre regioni: tuttavia ciò è relativo, e può | (1) Mrntian G. - Etude sur la graine du Baobab. In L’ Agricul- ture pratique des pays chauds. Ann. ITT. p. 658. 1904. | (2) BaLLanp M.-L’ huile de Baobab. In Bulletin de la Società | centrale d’ Agriculture coloniale. Paris 1905. ® Suzzi F.- Isemi oleosi e gi olii dell’ Eritrea. Asmara 1906. p. 29, sai recentemente poi sono state istituite ricerche, per opera PSE a BERT MOT È i 3 More quantità di fratti = se ne può racci gliere Da quanto fin qui si è detto emerge che il Baobab scire utile anche nelle Re italiane : forse se ne aura tare piantagioni nei terreni sabbiosi e poco produttivi, vicino mare, Pella Somalia, per servire come pianta d rimboschimei ‘potendo con le loro provviste d’acqua resistere a lun, eri | siccità. Ma a questo si oppone il loro lento ‘accrescimento e le che necessariamente esigono nella prima . Sa rebbero rabili esperimenti pratici sulla loro cultura, onde stabilire qual punto potranno - essere utilizzati nella pratica. agricola e Intorno ad alcuni Agrumi rari o nuovi. I. — Agrumi del Giappone. Avendo ricevuto dal Bi. G. SPortI, Direttore dello Stabili- | mento Agrario Botanico dei fratelli Ingegnoli in Milano , foglie e frutti di alcuni Agrumi del Giappone che si coltivano e frutti- ficano in detto stabilimento, credo interessante qui darne le de- scrizioni e qualche notizia latere alla loro storia ed alla loro cul- tura, potendosi questi agrumi con vantaggio introdurre in Sicilia. . Queste specie sono il Citrus Margarita LouRr. ed il Citrus ja- ponica, THUNB. Pr SR ia Spr Re aga RINI AC rea Pra Il C. Margarita pare originario di Canton (Cina); ma si trova anche, forse solo coltivato, nel Giappone, ove secondo MIQuEL (1) viene considerato come varietà del vero ©. japonica a frutti elis- soidali. Per quanto io ho potuto rilevare dai frutti e foglie che gen- tilmente mi furono mandati dal detto Sig. G. SPOTTI, ritengo che il C. Margarita di LourERIO, differisca dal vero C. Japonica di THUNBERG, sia pei frutti elissoidali, come per le foglie più brevi | e peri piccioli non alati e mi pare te tenere distinto da que- .. st’ultimo, seguendo in ciò il LOURERI «Interessa poi and che rina @ nel descrivere il “ma Miquet, - Ann. Ma, Bot. V. II, anno 1865-1966, p. 88, @) Tuuxneno. - FX. Jap. ann. 1984, p. 292. GE | Specie : i Rorm. Monogr. Hesper. p. 52. Citrus japonica var. | psoideo, Stes. et Zuoo. fl. Jap. p. 35, tav. 16. . mente spinosi, e giovani rigetti verdi; fo, soia . lanceolate, nitide, acute, spesso ovato-oblunghe, con piccioli meari 0. japonica nulla accennava di altre forme e la figura non com- pleta dallo stesso riportata nell’ Icon. fi. Jap. fig. 15, non corri. sponde alla specie di cui ora si tratta. Ciò dimostra che il C. Mar- garita fa posteriormente introdotto nel Giappone, per cui il MIQUEL, dando poca importanza ai caratteri dei frutti e delle foglie, ne fece urna semplice varietà del C. japonica. In quanto all’ introduzione in Italia nulla posso dire di pre- ciso, rilevando solo quanto ne fu riferito nella conferenza orticola del 20 gennaio 1878, tenuta dalla Società Toscana di Orticoltura in Fi- renze: essendosi infatti in una precedente riunione di detta Società lamentata la mancanza di nuove varietà di Agrumi, il Segretario Signor E. O. FENZI, interessandosi di ciò, presentava nella detta conferenza tre piante di Aranci del Giappone, coi loro frutti, ap- partenenti a tre varietà distinte, cioè : Citrus Margarita, C. Dai- dai e C. japonica. Delle prime due poco seppe dire, avendole ricevute vari anni prima dallo Stabilimento fondato dal benemerito SresoLD a Leida, per la introduzione delle piante Giapponesi ; della terza, molto più conosciuta, disse essere una ‘varietà assai apprezzata al Giappone e che i suoi frutti, canditi o altrimenti con- servati, trovavano smercio anche in Inghilterra, sotto il nome di Kum-quat. È chiaro quindi che l'introduzione del C. Margarita in Italia ebbe luogo verso 1’ anno 1870. A. mio parere questa specie allora non ebbe un sodisfacente risultato nel propagarsi , perchè limitati erano gli amatori di questo bellissimo genere; ora però che il nu- mero di questi si è di molto aumentato , è facile che il C. Mar- garita possa maggiormente diffondersi, non tanto come pianta da frutto quanto come pianta decorativa e di ornamento. A tale uopo il Sig. G. SporTI mi assicura che la pianta fruttificata nel rino- mato Stabilimento da lui degnamente diretto , misura 1’ altezza di em. 80 e che alligava quest'anno circa 250 piccoli frutti, di colore aureo - rubescente ; dunque è già provato che è assai decorativa € di merito reale come pianta di ornamento. Faccio quindi seguire la descrizione di questa interessante CitrusMargarita, Lour. FI. Cochnch. Tom. II, p. 570. a Volgarmente in Cina: Ch -isù. E Pianta a portamento piuttosto umile, con rami INermi, sa i foglie integerrime oblungo- ‘non alati; fiori (da me non visti) secondo LovRERIO bianchi, odo- rosi, a peduncoli lineari ravvicinati o solitari; frutti piccoli di for- ma elissoidale (diam. c. 2, e lungh. c. 3) con all’apice un lie- vissimo mammellone, a buccia levigata, punteggiata, aureo-rube- scente e mesocarpio tenuissimo, con polpa succosa, agro-dolce, gradevole a maturità completa, a 5 logge con semi che abboni- scono da noi. Il vero C. japonica poi, da molto tempo conosciuto fra gli Agru- mi, fu esattamente descritto nel 1784 da THUNBERG nella sua flora | del Giappone; però per quanto mi è noto, assai pochi sono stati i coltivatori di questa specie, massime qui in Sicilia ove meglio avrebbe potuto vegetare; la causa certamente si deve attribuire ai piccoli frutti, che nel commercio non possono occupare un posto ri- munerativo, ma solo potrebbero avere interesse pei dolcieri, seguen- dosi l’uso che se ne fa in Inghilterra, in Cina e ad Algeri, ove ven- gono canditi e preparati in vario modo. Sopratutto però raccomando di coltivarlo a scopo ornamentale, perchè molto si presta alla de- corazione delle ville, massime se coltivato in vaso In proposito leggo nella Revue Horticole de Ptgenie di Gen- naio 1907, p. 8, un articolo del Dr. TraBUT il quale ne racco- manda la propagazione non solo a scopo decorativo, ma anche a scopo commerciale essendo i frutti appunto colà ricercatissimi dai ii. Quindi essendo facile da i vantaggi più o meno lucrosi, che potrebbero derivare dalla coltura di questa specie, non è fuori uogo di raccomandarne da noi la coltivazione. Anche per questa specie faccio seguire una breve descrizione come per la precedente. Citrus japonica, THuNB. FI. Jap. p. 292. RoeM. Monogr. Hesper. p. 70. Volgarmente nel Giappone: Kin- Kan. | Pianta a portamento come la precedente, con rami spinosi e giovani rigetti verdi; foglie integerrime obovato-lanceolate, con pic- | cioli lineari, brevemente alati; fiori (da me non visti) secondo THUN- BERG bianchi, ascellari, spesso solitarii, raramente bini, con pedun- coli nutanti e petali oblonghi, concavi, patenti; frutti sferici della grossezza di una ciliegia, con buccia levigata, aureo-rubescente, punteggiata, a mesocarpio tenuissimo, con polpa agro-dolce, di gu- | Sto speciale, a 7-9 logge e numerosi semi che abboniscono da noi. II. — Nuova varietà di Mandarino. Nella splendida villa del sig. Cav. RoBerTO WHITAKER in Palermo, fra le numerose e rare piante ivi coltivate, ebbi a osser- vare una notevole varietà di mandarino, assai distinta per i suoi frutti piriformi. Osservatane la fruttificazione per parecchi anni, ri- levai come tale forma rimanesse costante ed invariata, per cui ri- tengo si possa descrivere come una vera e propria varietà, perfet- tamente distinta dal tipo che ordinariamente si coltiva. Dedico poi questa varietà alla distinta Signora MAUDE WHI- TAKER, fautrice intelligente e amorosa della nostra orticoltura. Fac- cio intanto seguire la descrizione di questa importante varietà. Citrus deliciosa, TEN. var. Maudei, RiccoB. Volgarmente : Aranci mantrinu a forma di piru. Rami adulti inermi, giovani con poche spine, muovi rigetti verdi; foglie oblungo-lanceolate, integerrime o con margine poco dentato, piccioli brevemente alati; fiori piccoli, odorosi, diam. €. 2, con petali bianchi punteggiati in verde esternamente; frutti costan- temente piriformi, depressi all'apice, costati per breve tratto verso la base, diam. da c. 5-7, buccia tubercolata aureo-rubescente, nella maturità completa si stacca dalla polpa, mesocarpio tenue con polpa succosa, agro-dolce e.di gusto assai gradevole, a 10-12 logge e semi che abboniscono. V. RIccoBONO SPIEGAZIONE DELLA MAN, A: Fig. 1*- Ramo fruttifero di Citrus Margarita, LOUR. Fig. 2 Sezione di un frutto. i ; Rassegna della Stampa Coloniale. Un fungo parassita delle Cocciniglie degli Agrumi. Il Dottor TraBUT (1) ha recentemente richiamato l’attenzione su di.un nuovo 0° e. in Algeria, parassita delle Coccini- | glie degli Agrum “a Come è noto si specie di Cocciniglie vivono a colonie y sulle foglie e sui frutti degli agrumi, arrecando loro non lievi danni: | esistono tuttavia parecchi insetti che danno loro la caccia, come le CA larve. delle coccinelle e specialmente alcuni icneumonidi, che con- corrono a limitarne alquanto il loro straordinario ii Si , conoscono anche alcuni tungilli che nei paesi tropicali attaccano di- - verse sorta di cocciniglie. Ora appunto il TrABUT, nel citato la- voro, ci fa conoscere un nuovo fungo che vive parassita su una delle più comuni cocciniglie degli agrumi. Questa cocciniglia è la Parlatoria Zizyphi, ed il ‘fangillo in questione fu riconosciuto ap- Si partenere al genere Microcera e dal Tragut stesso nominato Mi- | crocera Parlatorlae. ui. ARE per dn eo che si possa facilmente tro- . (1) Trasor L, - Un 1 Chanpignon parasite de la “Cochdaltia di i rs. Recue_Horticole del gino I° Ann. N. 2. 1907. p. 40. var modo di moltiplicarlo, estendendo così l'infezione ovunque si ‘hanno agrumi invasi da cocciniglie. Ciò interessa ancora la Sicilia, avendosi qui numerose specie di cocciniglie che danneggiano ap- punto le colture degli agrumi. Qualche consiglio di pratica coloniale. Il VILDEMAN (1) in un suo recente articolo , si estende sopra alcune modalità sovente trascurate dai coltivatori tropicali, per cui le intraprese colture non corrispondono all’aspettativa. Queste mo- dalità si riferiscono specialmente alla distanza cui debbono essere collocate le piante, al drenaggio del terreno, ed alla somministra- zione dei concimi. Per la distanza cui debbono essere collocati gli alberi di una piantagione, generalmente è preferibile abbreviare questa distanza, allo scopo che il terreno sottostante resti meglio ombreggiato e così sia impedito l'eccessivo sviluppo delle cattive erbe : ad esempio per gli alberi a Caoutchouc si consiglia di iniziare le piantagioni collo- candoli assai vicini gli uni agli altri, per ottenerne un maggiore : accrescimento in altezza, e così aumentare la superficie del tronco «| ’che dovrà in seguito ricevere le incisioni : quando gli alberi sono ; adulti, se risultano troppo addossati gli uni agli altri, sarà sempre facile diradarli, sopprimendone alcuni, mentre sarebbe difficile ag- giungerne di nuovi, quando risultassero troppo distanti. Riguardo al drenaggio del terreno, è noto come nei paesi caldi non spaventi tanto la scarsezza d’acqua, quanto piuttosto la troppa a precipitazioni eccessive, non solo favorisce lo sviluppo di micror- ganismi dannosi alla salute dell’uomo e’ degli animali, ma ancora ostacola il regolare funzionamento delle radici delle piante : perciò sì rende necessario in ogni piantagione, un accurato drenaggio, in- tersecante per ogni verso le colture. Infine per quanto riguarda 1 concimi, è erroneo il ritenere i terreni tropicali come assai fertili : | generalmente si esauriscono più presto dei nostri, ed appena lavo rati, le pioggie torrenziali li dilavano , asportando i loro. migliori principii fertilizzanti. Per tale ragione, sovente si rende necessario i: +. | (1) Wiupemax (pr) E. - Quelques conseils de pratique. mole. In Notices sur des plantes utiles ou interessantes de la Flore du È i Congo. Vol. II. fasc. I. p. 28. 1906. 36 anche in detti paesi l’uso di concimi: ma la loro applicazione esige speciali cure, imperocchè nei paesi caldi sono soggetti a disgregarsi tanto rapidamente, che le perdite dovute all’ evaporazione sono di molto ridotte. Si dovrà quindi determinare esattamente la zona oc- cupata dalle radici più giovani, le sole cioè che possono assorbire i principii fertilizzanti, e spargere di conseguenza i concimi solo in vicinanza di quelle, tenendo presente che , posti a contatto con la base del tronco, potrebbero cagionare la perdita dell’albero stesso : però, per le monocotiledoni, come banani e palme, tale pericolo non è da temere, stante il loro particolare modo di accrescimento, ma anzi esigono lo spargimento dei concimi in tutta prossimità del tronco stesso, trovandosi ivi le loro radici assorbenti. La Periploca nigrescens come pianta a Caoutehoue. Nell’Africa tropicale trovasi assai diffusa la Periploca nigre- scens;, descritta già da tempo dall’ AFZELIO, ma solo recente- ‘mente studiata sotto l’aspetto industriale. È pianta assai vigorosa con fasti aventi oltre tre centimetri di diametro, e ricca di latice. ‘Recentemente comparvero diversi studii del WILDEMAN (1) e dello CHEVALIER (2) a proposito del vero valore di questa Periploca : il primo insiste nel ritenerla per una delle migliori specie a Caout- choue,. mentre il secondo la dice priva di importanza. Sembra però che queste divergenze abbiano avuto origine dall'aver preso in e- same diverse specie di Periploca, differendo altresì in qualche punto le descrizioni che ne danno questi due autori. Ad ogni modo la (1) Winnie (DE) E. : Ya nouvelles lianes è Caoutchoue È l'Afrique occidentale. In Journal d’ Agriculture tropicale. Ann. V. n. 46. p. 106. 195. — WILDEMAN (D DE) E.- A propos du Periploca ni- grescens, l. c. n. 50. p: 284. — WiILDEMAN (DE) E. - Encore la Peri- ploca nigrescens , 1. c. n. 53. p. 847. — WILDEMAN cs E. - La Pe- riploca nigrescens, plante a Caoutchouc, 1. e. Ann. VI. n. 66. p. 363. | 1906.— Wixpeman (DE) E. - A propos de lianes Giovi tiferes des. | l’Afrique tropicale. In Notices sur des coagn utiles ou interessante de la Flore du Congo. Vol. II. fasc. I. p. 57. 1906. ud CHEVALIER A. - Periploca ie de Journal d’ Agricul- ture tropicale. Ann. V. n. 46. p. 216. 1905.—CHEVALIER A.- Plantes. a later noe donnant pas de Caoutchouc. 1. e. n. 54. p. 355. a RS i A Ra ian gt rr) PL 41 ‘pianta osservata dal WiLpEMAN ha dato un prodotto di coagula- zione contenente 1’88, 84 per cento di Caoutchouc, che ad Amburgo fu ritenuto del valore di franchi 7,50 al chilogramma. Dicesi poi essere questa una pianta di facile propagazione e di rapido accre- scimento, e si propone per colture scoperte, cioè educata a frutice, imperocchè resiste ai tagli, ripullulando rapidamente : dai rami frantumati se ne potrà estrarre il Caoutchouc coi soliti mezzi mec- canici usati per le altre liane. Sarebbe interessante esaminare anche il latice della nostra Periplora angustifolia, liana assai comune a - Lampedusa ed a Linosa, i cui tronchi legnosi acquistano dimen- sioni eguali ed anche maggiori di quelli della suddetta specie. Le liane a Caoutehoue dell’Africa tropicale. Come è noto, specialmente per i lavori dell’HALLIER (1) e del WILDEMAN (2), nell'Africa tropicale esistono parecchie liane, ap- partenenti alle famiglie delle Apocinee e delle Asclepiadee, che sono capaci di dare un buon prodotto in Caoutchouc : anzi quasi tutto il Caoutchouc esportato dal continente africano ha una tale origine. Ora il WALDAN (3) per primo ha richiamato l’attenzione sul peri- colo che minaccia tali liane, ed anche il WILDEMAN (4), senza es- sere tanto pessimista, lo ammette e ne tratta a lungo. Infatti lo sfruttamento industriale di queste liane, pur di data molto recente, ha preso in questi ultimi anni uno straordinario sviluppo : però gli indigeni, imparato ad estrarne il Caoutchouc, e trovato nel suo raccolto un buon tornaconto, vanno abbattendo (1) HaLLmmR H. - Veber Kautschuklianen und andere Apocyneen. Hamburg 1960. i (2) WILDEMAN (DE) E. - Observations sur les Apocynacées a latex recueillies par M. L. Genti dans l° Etat Independant du Congo. Bruxelles 1901. — WiLDEMAN (DE) E. - Notes sur quelques Apocyna- cées laticiferes de la Flore du Congo. Bruxelles 1903. — WILDEMAN (DE) E. et GenmIL L. - Lianes caoutchoutiféres de lEtat Independant du Congo. Bruxelles 1904. (8) Walpaw G. - The extinetion of African Rubbers. In The India Rubber World. 1905. - (4) WILDEMAN (DE) E. — A propos de lianes choutchoutiferes de l’Afrique tropicale. In Notices sur des plantes utiles ou interessantes | de la Flore du Congo. Vol. II. fase. I. 1906. p. 57. — quante liane incontrano, allo scopo di assicurarsi il massimo pro- ra poco curandosi della loro distruzione. Infatti queste liane, tagliate troppo sovente al piede, ripullulano assai stentatamente, e non arrivando più a produrre semi, cessano di moltiplicarsi, estin- guendosi nei distretti ove prima abbondavano. Gli effetti di una tale distruzione si vanno già manifestando, con una diminuzione del quantitativo di Caoutchouc di liane esportato dall’ Africa nell’ul- timo biennio a confronto di quello degli anni precedenti. Da ricer- che sul luogo il WaLDAN calcola che, proseguendo con questo si- stema, fra una quindicina di anni non esisterà più in tutta VA- frica una sola liana a Caoutchouc. Per proteggere quindi nna tale produzione, nell'interesse com- merciale ed industriale di tali regioni, fu pensato di impartire agli indigeni regole restrittive sul modo di raccolta del Caoutchouc di liana, ma, all’atto pratico riesce ben difficile. di farle osservare, non sapendosi gli indigeni adattare al pensiero di un avvenire più o meno lontano. Fu pure proposto di stabilire nelle foreste, ove abbondano tali liane, alcune zone o riserve, ove fosse vietata la raccolta del Caoutchouc, ma la sorveglianza di queste, in pratica diviene pressocchè impossibile. Quindi il solo modo razionale di salvare queste liane da una completa distruzione, conservando al- l’Africa tropicale il vantaggio di un prodotto tanto importante quale è il Caoutchouc, sarà quello di iniziarne regolari piantagioni, in prossimità dei villaggi, ove ne sia facile la sorveglianza. Già il LEEMBRUGEN (1) propone la coltura a Giava di alcune liane a | Caoutchouc della Malesia : lo CHEVALIER (2) nota come la Lan- dolphia Darwei sia già coltivata a Cameroun ed a San - Thomè, ed infine il CoPPENS (3) riferisce su alcuni tentativi di coltivazione alla Martinica della Chonemorpha macrophylia. Quindi pare che la coltura di queste liane incominci ad entrare nella pratica, e forse aleune di esse potranno venir introdotte con successo nelle nostre colonie dell’Eritrea e specialmente della Somalia. + G. E. .M. (1) Cfr. Tijdschrift voor Nijverheid en Landbouw. Batavia 1906. | (®) CHEVALIER A. - Histoire d’une liane a Caoutchouc. —In Bul- | letin de la Societé Botanique de France. Tom. LIII. p. 17. | (8) Coppens M. - Un essai de culture de Lianes a Cuontehone a la es In Journal d’ Agriculture tropicale. Ann. VI. n. 63. i 906 Osservazioni fenologiche. (Gennaio - Marzo 1907) Riprendiamo la pubblicazione delle osservazioni fenologiche, eseguite in questo R. Orto Botanico, corredandole dei dati meteo- rologici, gentilmente forniteci dal chiarissimo Prof. Cav. DE LISA. A questo proposito notiamo la particolare importanza che assumono le presenti osservazioni, ora che a questo Orto è stata aggiunta la sezione coloniale. Gennajo 1907. 12 DECADE. Cee et——ì TEMPERATURA | VEMO GEOTERMOMETRI | rossi Gioni | AE in Massima | Media Minima |dominante|| 30 em. | 60 em. | 90 em. | 120 em.|| mm. 1|13, 6] 9,94| 4,4| wsw| 9,84 12,90 | 4,75 2 || 18, 1|14,51|10, 3| ssw | 9,70 12,80 8 || 17, 6|18,99] 8, 0] ssw ||10,16 12,70 4||14,6|11,44| 7,6] sw |10,12 12,70 | 1,65 Bin, 4| 7,76] 4,0|ssw || 996 12,66) 4,05 6| 7,0| 6,10| 3, 0| ssw 9,30 12,68 | 35,65 7| 8,8| 718) 3, 5 calma] 8,72 12,56 | 3,95 SÌ 8, 5| 5,833] 1,6] nur 8,62 12,50 19,95 9| 9,7| 6,73) 0,0] nuel 7,50 11286) 7,85 10 | 9,9| 7,56] 4, 7|calma 7,54 | 12,26| 1,85 Fiorirono: Boungainvillea glabra, CHots. var. Sanderiana-Abuti- lon Thompsoni, H. PAN.—Euphorbia pulcherrima, WILLD.—Euph. pulcherrima v. lutea—Iris Histrio, RcHB. — I. sibirica, LAM.— Narcissus Tazetta, L.—N. papyraceus, KER-GOWwL.—Thunbergia elegans, Borzi.—Telanthera brasiliensis, Moco.—Narcissus obli- quus, Guss.—Halleria lucida, L. — Montanoa bipinnatifida, ©. Kock.—Diplotaris erucoides, L.—Cluytia pulchella, L. 2% DECADE. TEMPERATURA | VENTO GEOTERMOMETRI PIOGGIA Giorni si in sordi Media | Minima \dominante]] 90 em.| 60 em.| 90 cm. 1120 cn. mm. 11 ||13,1| 9,80] 2,5 nw | 7,60] 9,46|11,10|12,10| 0,25 12 |14,9|10,80| 6,9) x» | 8,08| 9,46|10,94|11,94| 0,25 18 | 10, 1| 8,24] 6,3| wnw | 8,72| 9,62|10,80|11,80|30,75 14 |11, 3| 8,29] 4,0 exe || 8,86| 9,82|10,80|11,70| 0,50 15 | 14, 4| 9,49] 4,1 x | 8,64| 9,90|10,80|11,66 16 | 15, 4/10,59| 4,1) x | 848| 9,72|10,80|11,64 17 | 15, 6| 10,77] 4, 7| www] 8,64| 9,72|10,80]|11,60 18 | 15, 2/11,19| 8, 0| xe || 9,06] 9,82|10,76|11,50|| 1,50 19 | 13, 5| 9,91] 4,0| nw 9,26 | 9,96 | 10,76 | 11,50 20 |10, 2| 8,87] 7,5] xe || 9,18|10,00|10,80| 11,50] 4,80 Fiorirono : Aloe arborescens, MILL. — Arbutus canariensis, DuHAM.—Abutilon Thompsoni, H. Pan. — Aloe fulgens, Top. A. elegans, Ton.—A. cernua, Top. — Knifchofia aloides, MOENCH.— Boungainvillea aurantiaca, H. Pan. — Euphorbia pulcherrima, ILLD.—E. pulch. var. lutea (ALAM.).—Iris sibirica, L.—Diplo- taxris erucoides, L.— —Campanula Rapunculoides, L. — Echeveria soemjini DELEUIL.—Galanthus nivalis, L.—Gasteria acinaci- folia, HAw. — Montanoa bipinnatifida, C. KocH. — Narcissus eudo Narcissus, L.— Olinia cyumosa , THuNnBG.— Primula sinensis, SAB. — Verbesina crocata, Less. Wiburiini suspensum, LINDL.— Vinca cuspidata, L.— Viola odorata, L. DON a ta ir ri o 3° DECADE. i | | TEMPERATURA | VENTO GEOTERMOMETRI PIOGGIA Giorni " in Massima | Media | Minima dominante]! 30 em. | 60 em.| 90 em. [120 cm. mm. 21 || 10, 7| 6,26| 2,1] ne || 8,78] 9,98] 10,80| 11,50 922 | 11,1| 8,59] 2,0 ssw || 8,22] 9,88] 10,80|11,50| 0,40 23 10, 0| 8,66| 4,2} ssw || 8,20] 9,62|10,72|11,46, 1,55 24 | 13, 2/10,97| 5,0] sse || 8,42| 9,62|10,66| 11,40 25 || 15, 1|12,77|10, 5] sse | 8,88] 9,66|10,64|11,30 26 | 15, 8|12,61| 7,5|ssw | 9,16| 9,88|10,60; 11,30 27 | 15, 1[ 10,91] (,4|" w 9,32 | 9,96 | 10,66 | 11,30] 0,50 28 | 10, 0| 8,27| 6,0| nE | 9,36|10,06|10,70| 11,30 4,35 29 | 12, 6| 7,39| 2, 5|calma| 8,88|10,04|10,70| 11,30 30 | 15, 2|10,80| 0,6] wsw| 8,54| 9,98] 10,80; 11,30 1,55 31 | 11, 8| 8,27] 5,6] wswl 8,94] 9,82] 10,70, 11,30 14,55 Fiorirono: Aloe arborescens, MiLL.—A. fulgens, Top. — A. cernua, Top.—A. elegans, Top.—Arbutus canariensis, DUHAM.— Aphelandra Dehnhartii, TEN.—Aechmea Lindeni, MoRR.—Aralia Thibautii, VeRscH.— Aphelandra pulcherrima, H.-B. K.—Ane: mone coronaria, L. — Billbergia vittata, BRONG. — B. speciosa, TuB6. — B. pyramidalis, LixpL. — Berberis nervosa, PuRrsH.— B. japonica, R. Br.—Clivia nobilis, LinpL.— Cestrum elegans, ScaLEcHT.— Campanula Cervicaria, Scop. —Crocus sativus, L.— Cr. reticulatus, StEv.— Cluitia pulchella, L.—-Ephedra altissima, Descr. — Galantus nivalis, L. — Gasteria acinacifolia, HAW.— Homeria collina,VENT.—Helleborus viridis L. v. Bocconi (TEN).— I beris semperflorens, L.—Jochroma coccinea, SCHEID. —Jacobinia pohliana, B. H. — Jasminum nudiflorum, LIspL. — Narcissus Tazetta, L.—N. Bulbocodium, L. — N. Pseudo-Narcissus, L.- __. Alinia cymosa, THuxBG.—Romulea Bulbocodium, VeB. ET. MOUR. . . Scilla Amoena, L.—Saxifraga crassifolia, L. — Sparmannia a- fricana, L.— Senecio Petasites, DC.—Tecoma capensis, LINDL.— Verbesina crocata, SESs.— Viburnum suspensum, LixpL.— Viola | odorata, L.— Vinca cuspidata, L.—V. major, L. Li Febbraio 1907. 1è DECADE. TEMPERATURA | vento | GEOTERMOMETRI | Pioggia ee —. x ] | Massima | Media Minima pae $$ cn. 60 em. | 90 em. | 120 -em.|l mm. 1| 9,2] 6,40| 3,5|| ssw]| 8,52| 9,82|10,70|11,80| 6,05 211, 6| 7,27| 0,0 ssw| 7,92| 9,68|10,62|11,28 510,1] 5,94| 1, 7|| ssw 76| 9,38|10,52|11,20]| 0,95 4: 8,1] 5,97] 0,0) nw 26 | 9,16 | 10,388 | 11,18 | 19,05 511, 6| 8,81] 4,6/wxwl] 6,92] 8,86|10,26|11,06| 8,10 6013, 6| 9,04| 2,7) ssw| 7,12) 8.74|10,06| 10,98 7|12,4| 9,60|j 2,2) sE 7,30 | 8,72] 9,96|10,86| 0,30 8|11,8| 8,64| 6,3) sse || 7,80] 8,76| 9,90|10,74||34,99 9|12,2| 9,73] 5,5 wxwl 8,04| 8,90] 9,86|10,66|) 2,05 10 || 11, 5| 9,73] 8,0] nw || 8,48] 9,00] 9,80 |10,60]||27,40 Fiorirono : Aloe arborescens, MILL. — A. frutescens, SALM. Dycn. — A. fulgens, Ton. — A. elegans, Top. — A. cernua, Top, Billbergia vittata, Bronen.—B. speciosa, THUNBG.—B. pyrami- dalis, LinpL.—B. nutans, WENDL.—B. Bakeri, MoRR.—B. mo- desta, HART.— Berberis nervosa, PuRcH.--B. japonica, R. BR.— cl estrum elegans, SCHLECHET. — Campanula Rapunculus, Li. Crocus reticulatus, Stev,— Cr. suaveolens, BerT.— Cluytia pul- chella, L.—Ephedra altissima, Desr.— Euphorbia Bivonae, TEUD.—Galanthus nivalis, L.--Homeria collina, VENT.— Hya- cinthus orientalis, L.—Helleborus viridis, L.v. Bocconi (TEN):— Iberis semperflorens, L.—Iacobinia paucifora, B. et. H.—Ja- sminum nudiflorum, LinpL. — Narcissus Pseudo-Narcissus, L. VAR. major (CERVT.)—Olinia cymosa, THuNB6.— Primula sinensis, Sap. —Romulea Bulbocodium, Se. ET. MAUR.—Saxifraga cras- sifolia, L.—Senecio grandifolius, Less.—Senecio Petasites, DO. Tecoma capensis, LinpL.— Viburnum suspensum, LixpL.— Vinea major, L.—Vinca minor, L.— Verbesina crocata, Less. — Viola odorata, L. Withania frutescens, PAUR. RR O ei ER 9a DECADE. TEMPERATURA | VEMO GEOTERMOMETRI PIOGGIA a ii DER Massima | Media | Minima \lominante|} 39 em. | 60 em. | 9% em. | 120 em. mm. 11 |12,9| 9,66| 5,5] nw | 8,82| 9,22) 9,90 10,56 || 3,55 12 |14,2|10,49] 6,2] x | 9,06| 9,40] 9,90 10,56 | 2,05 13 | 15, 6|11,71| 5,0] ssw || 9,28] 9,60|10,00 10,60 1415, 1|19,69) 9,1] ssell 9,52] 9,74]10,10 10,60 || 2,45 15 |19,5| 974| 5,0) s || 9,48] 9:90]10,22 10,70 || 3,00 16 | 15, 1|19,20| 6,0] rxe| 9,52] 9;92|19,90 10,70 || 3,85 17.|14,38]11,01] 8,0] nNw 9,96 | 10,04 | 10,40 10,80 || 1,10 18 |15,2|10,94| 4,6| x || 9,94|10,20 (10,42 10,80 | 0,25 ? 19 | 16, 0| 10,40| 3,6 20 | 15, 6|11,27| 1,1 E 9,58 | 10,26 | 10,50 10,90 | ESE | 9,20 | 10,16 | 10,60 10,90 | Fiorirono: Aloe arborescens, MILL.A. ciliaris,Ton.— Aloe ful- gens, Ton.— Aloe elegans, Ton.—Aloe frutescens, SaLm.-DycKk.— Antholyza aethiopica, L.—Acalypha marginata, SPRENG. — Ane- mone coronaria, L.—A. fulgens, Gav.— Aralia Thibautîi, VES- scH.— Albizzia lophanta, BTH. — Acacia alata, P.BR. — Billbergia speciosa,THUNBG.— B. nutans, WeENDL.—B. modesta, HoR. — Ber- Deris nervosa, PurcH.—B. japonica, P. Br.— Crocus aureus, SIB. ET. Su.— Chrysocoma coma-aurea,L. — Euphorbia Bivonae,STEUD. Fritillaria tristis, Bog.—Halleria i — Hyacinthus orien-. talis, L.—Kalanchoe marmorata, ScHv.—Muscari racemosum, ILL.—M. graecum, Borss.—Narcissus Positt L. var. chrysan- Mir tha (Hov.)—Oxralis cernua, THUNBG. — Psiadia glutinosa, JACQ.— Ruellia devosiana, H. Mag.—R. speciosa, Mart.—Sparmannia i d africana, L.— Scilla amoena, L. — Sarifraga crassifolia, L.— Senecio Petasites, DC.— Senecio grandifolius, Less. Tecoma ca- | pensis, LinpL.— Sisymbryum ge i suspen- nti, LinpL.— Verbesina crocata, LESS. —Z na pendula, SCHNIZL- 3% DECADE. TEMPERATURA | VENTO GEOTERMOMETRI | PIOGGIAY Giorni ad în soon Media I Minima \dominante|| 90 em. | 60 em.| 90 em. ;120 em. mo. 21 {| 15,6|12,19] 9,8 wsw| 9,42|10,02/10,50 10,92| 3,60] 22 { 13,7/10,60| 6,4] wwwl 9,26/10,10/10,50 10,96| 4,10] 28 | 15,0|12,67| 8,4] ssw || 9,28/10,02|10,60 11,00 24 | 16,4/13,47] 9, O] ww] 9,50|10,10|10,58, 11,00 25 | 15,4]11,56| 7, 9| www 9,96 | 10,18|10,60, 11,00] 1,80 26 || 9,6) 6,74] 4,8] xe] 9,94|10,34|10 60 | 11,00 11,08 27 | 11,1] 8,54] 4,2] nwe| 9,28|10,26 | 10,70 11,10] 28 | 12,6| 8,74] 2, 4| calma] 8,98 | 10,10 10,70 | 11, 10 | Fiorirono : Acacia alata, R. Br.— Abutilon hirtum, G. DON, Aralia dactylifolia, Hort.—Aloe arborescens, MIiLL.—A. frute- scens, SALM.-DyRK. — Antholiza aethiopica, L.—A. praelta, D. C.-A. bicolor, GAsP.—Anemone fulgens, GAY.— Aloe Echinata, L. A, ciliaris, L.— Boungainvillea splendens, Hort.—B.aurantiaca, Horr.—B. glabra, L.— Bellis annua, L.— Bellis perennis, L.— Cestrum elegans, SCHLECHT.— C. Hugelii, HoRt. POCHI au- reus, StB. ET SM.—C. susianus, GAUL.— C. Borgi, F. GAY. Billbergia pyramidalis, LispL.—B. speciosa, Thun. — Euphor- ia Bivonae, STEUD. — E Dendroides, L. — Hyacinthus orien- talis, L.—Juncus acutus, L.—Muscari racemosum, Miu. — Or- sani tenuifolium, Guss.— Primula chinensis, StEv.—Mon- stera deliciosa, LieBM. — Ruscus Hypoglossum, L. — Romulea Bulbocodium, SEB. ET MauR.—R. cruciata, EkL.—R. ligustica, PARL. - Nireltisia Reginae, Back.— Senecio Petasites, DO.— Tu- | lipa praecox, TEN. — Viburnum suspensum , Lixpu. — Sisym- brium thalianum, Gay. — Verbesina alata, L. — V. crocata, Less. — Viola odorata, L.— V. tricolar, L. x Os Mo 49 Marzo 1907. 1% DECADE. TEMPERATURA || VEN PIOGGIA GEOTERMOMETRI | Giorni | —T n in Massima | Media | Minima |dominante|| 30 cm. | 60 em. | 90 em. 120 em. mm SORT INTESI) DIE E, RA | alata, Poir.—I. bifiora, L.—Lupinus albus, È 1|16,2|11,56| 2, 2|| wwe | 8,82] 9,96|10,68 11,10 | 218,4] 9,97] 3,8] rue 9,28] 9,94/10,60 11,10 | 3||15,6|11,86| 4,0| e | 9,80|10,00/10,60 11,00 4 | 18,5|10,44| 1,6 sse || 9,34/10,06 10,60 | 11,00 | 5. 14/6|11,39| 4, 4l x» | 9,48 10,02| 10,60 11,00 6|16,1|11,46| 4,4) » 10,04 | 10,20 10,60 | 11,00 | 3,77 71 15,0|11,41| 4,3] x |10,14|10,40 | 10,70 11,10 8|l15,9|11,80| 4,3] » ||10,46|10,52/10,78 11,10| 1,70f 9 | 15,3|11,13| 2,6] wnw 10,38 | 10,70 | 10,86 11,14) 1,60 10 || 14,6|10,56] 3, 0] me |10,44|10,72|10,92 11,20 || 0,95 Fiorirono : Aloe frutescens, SoLMm-Dvyck.—A. Ucriae, TERR. FIL—A. Saponaria, HAW.A. ciliaris, HAW.—Aechmoea spicata, Mart.— Ae. coelestis, E. Morz.—Abutilon hirtum, G. DoN.— Allium neapolitanum, OYR.—A. triquetrum, L. cherrima, H. B. K.—Antholyza aethiopica, L. A. bicolar, Gasp.—Chrysanthemum pinnatifidum, L.— Cestrum elegans, ScaLecat.—C. Hugelti, Hort.—Edgeworthia Gardneri, Men.—Hyacinthus orientalis, L. — Iris reticulata, BreB. — I. L.—Milla uniflora, A. Gray. var. conspicua et var. violacea — Ornithogalum umbellatum, L.—0. tenuifolium, Guss.— Primula sinensis, Sap.—Ranunculus palustris, L. var. heucherifolius (PRESL.)— Romulea ligustica, PARL.—£. Bulbocodium, SEB. ET Maur.—R. pulchella, Jorp,—R. cruciata, EckL.— R.: | ; .— Schoenus nigricans, L. — Strelitzia GRAYv.—M. uniffora, i td L.- Sc. festalis, SALISB.—Se- ‘necio Petasites, DC.— Rhamnus Alaternus, L.— Vinca major, L. V. inor, L:—V. cuspidata, L. — Viola tricolor, L.— V. odo- rata, L.— Verbesina crocata, LESS. — Withania frutescens, PAN. 9a DECADE. TEMPERATURA | VENTO GEOTERMOMETRI PIOGGIA Giorni ci in Massima | Media | Minima sip 30 ‘cm. | O 0: | 120 em. | PR 11 || 18,1|13,91| 1, 2| wsw{ 10,50] 10,78 | 11,00 | 11,30 12 || 13,1] 9,77] 6, 5] www | 10,92 | 10,90 | 11,06 11,30 || 3,20 13| 6,4] 2,60) 0,5] nxE || 10,04] 10,88 | 11,08 | 11,30 Il 20,55 14 { 11,4| 8,60 ; 0,5 nnw || 8,16 | 10,30 | 11,12|11,40|12,25 15 | 10,6| 7,96 | 3, 5] Nw | 8,54] 9,88 |10,90|11,32|| 8,10 16 | 12,6] 8,03 —0,4| xwnw || 8,56] 9,76/10,70|11,20| 1,45] 17 || 15,2|10,51 1,3] wxwl 8,52) 9,70|10,60 11,16 18 | 14,8/10,88 —0,1| nw | 8,98| 9,72|10,50|11,10 19 || 16,9|12,84| 4, 5|calma| 9,32| 9,88 |10,50|11,00 20 || 18,4|13,83| 3,5] x |10,22|10,12]|10,50] 11,00] —__ - Fiorirono: Aechmaea pineliana, BAk. — Ambrosinia Basstì, L.— Ajuga reptans, L.— Acacia alata, R. Br. — A. wverticillata, WiILLD.— Ale frutescens, SoLM-Dyck.—A. Lanzae, Top.—Bud- leya paniculata, WaLL.—Brodiaea capitata, BrH. — Biscutella lyrata, L.—Borago officinalis, L.—Cerinthe major, L.— Colletia spinosa, LaMm.—Discaria serratifolia, BrH.—Camellia japonica, L.— Gagea arvensis, ScHULT.—Eupatorium album, L. — Edge- worthia Garderi, Mrisx.—Helleborus wiridis, L. var. Bocconi, (Tex). —H. niger, L.—H. guttatus, A. Br.—Hyacinthus orien- talis, L.-H. dubius, s, Lam.—Iris panor- mitana, PRESL.—Iris pumila, L.—I. Chamaeiris, BERT.—I. re- ticulata,BreB.—I. pseudo pumila, Tiseo.— Lavatera arborea, L.— Lachenalia tricolor, JacQ. et var. immaculata. — Livistona australis, MaRT.—Muscari neglectum, Guss. — M. racemosum, MiLL.—M. parviflorum, DESF.—Myosotis alpestris, Scam. — 0- phrys aranifera, Hups.—Orchis longicornu, Porr.—0. longibra- eteata, Brv.— Prunus cerasus, L-—Scilla peruviana, L. — Se. amoena, L.— Se. festalis, SALISB. — Symphitum orientale, L.— Tulipa proecor, Tex.—Tulipa Greigi, REGEL. — Viola odorata, L.—V. tricolor, L. 3% DECADE. TEMPERATURA | VENTO | GEOTERMOMETRI | PIOGGIA = in rg Media | Minima con 30 em. | 60 em.| 90 cm. |120 em. mm. 21 | 16,8{12,56| 5, 4|| ne || 10,90] 10,52 | 10,60 | 11,00 292 | 18,5|10,30| 4,0] nwe ||11,10]| 10,78 | 10,76 | 11,00 28 | 17,6|12,84| 2, 4|| sw |{10,56|10,90|10,94|11,10 24 || 16,8|11,37| 6,8 ene ||10,68| 10,90|11,00|11,20| 6,30. 25 | 11,3) 8,73) 5,6) exe | 10,46| 10,88|11,10|11,30] 0,40 26 |} 13,7| 9,81} 1, 5j ene {{ 10,20] 10,86 | 11,10 | 11,30 27 | 14,6] 9,89] 8,0] rxe |10,82, 10,80|11,10|11,40| 0,90 28 | 11,8| 8,87| 5,3 se ||10,56|10,36|11,16|11,4012,20 29 | 14 ,6|10,49| 4,5) nNw 10,44! 10,88 | 11,20 | 11,40) 1,10 30.i 16,6|12,09° 5,3 nvw 10,88 | 10,98 11,20| 11,40 0,20 81 || 15, 4| 12,57 8 e ||11,44 11,16]11,30| 11,46 Fiorirono : Asphodeline lutea, RcHB. — Acacia longifolia, WILLD.—A. cyanophylla, LinpL.—A. pycnantha, BrH. — A. ver- ticillata, WIiLLD.—A. melanoxylon, R. Br.—A. stenophylla, A. Cuxnx.— Aloe suberecta, Haw.—A. ciliaris, HAw.—A. supralae- vis, Haw. — A. Hamburyana, Borzi. — A. Caesia,. MILL.—A. Todari, Borzi.—A. Varvary, Borzi.—Ajuga reptans, L.—Abu- tilon megapotanicum, ST. HiLL.— Allium roseum, L.A. trique- trum,L.—A. neapolitanum, Cyr.—Arundinaria Simoni, Riv.,var. variegata. — Aralia dactylifolia, Hort. — Aceritalicum, LAUHT, var. neapolitanum (TEN). —A. creticum, L.—A. monspessulanum, L.— Amygdalus Persica, L.—A. Persica, L. v. fl. pleno.—A. flori- bunda,D.0.—Aubrietia Columnae, Guss.—Adathoda furcata,JAcQ. Aceras antropophora, R. Br. — Albuca aurea, JacQ. — Bletia jacinthina, Hort.— Billbergia nutans, WENDL. — Boungainvillea fastuosa, Cnois.—B. aurantiaca, Hort.—B. splendens, D. C.— B. glabra, Cnors.— Bellis perennis, L. — Bignonia floribunda, RoxB.— Budleya crispa, Top. — Citrus trifoliata, Lamk. — Cy-o clamen Persicum, L.—C. hederaefolium, Arr. —Cneorum tricoc- cum, L.— Crassula marginalis, ArT.— Cotyledon quitensis, BAK.— C. linguaefolia, Lam.— Coronilla Emerus, L.—C. valentina, L. — Cytisus villosus, L.—C. scoparius, L. — Cupressus semper- virens, L.— Cheiranthus Cheiri, L.— Cassia artemisioides,D.C.— 2 Cerinthe major, L. — Datura sanguinea, L.— Eupatorium al- di , L.—E. macrophyUum, L.—E. janthinum, HeMmsL. — Eu- phorbia Bivonae, STEUD. — E. dendroides, L.— E. biglandulo- sa, L.—E. Characias, L.— E. Caput-Medusae, L.—Frarinus exrcelsior, L. — F. pubescens, LAM. — Ferraria undulata, L. — Freesia Leichtlinii, KLATT. — F. refracta, KLATT. — Gladiolus x tristis, L. — Homeria collina, VENT. — Iris florentina, L.— I. ci lutescens, LAM.—I. pumila, L.—I. pseudo-pumila, L.—Iacobinia pohliana, Bra.—Ixia scariosa, THB6G.—Kerria japonica, D.C. — . Lavatera arborea, L.—Lychnis Dioica, L.—Leptosine gigantea, _ KEL.—Livistona australis, MART.—Lonicera punicea, Sims. —Lo- belia lariflora, H. B. H.—Sycium afrum, L.—Laurus canarien- | sÎs, WEBB.—L. iteophylla, Borzi—Moraea sicula, Ton.—M. sisy- i rinchium, ZER.— Melosphaerula graminea, KeR. GAW.—Milla uniflora, A. Gray. — Matthiola incana, L. — Muscari albovi- rens, Ton.—M. botryoides, MrLL.—M. comosum, MiLL—M. dilu- tum, BAR.—Nonnea tutea, L.—Oxralis purpurea, L. — 0, lara, . ook.—Oxr. variabilis, Iacq.— Ophrys lutea, Cav. — Polygala ii. Myrtifolia, L.—Primula Palinuri Cyr. Ranunculus bulbosus,L. __ È. millefoliatus, L.—Salix pedicillata, Descr. Sparmannia afri- cana, L. — S. africana, L. var. plena — Taxus baccata, L. — Jucca conspicua, HoRrt. A. Riccobono. peli È CRONACA (1° Gennaio — 81 Marzo 1907) 1. Pubblicazioni del personale. Borzi Prof. A— Conspectus generum Stigonoma tacearum. Nella Nuova Notarisia—Serie xvini. Gennaio 1907. --MATTEI Prof. G. E.—Piuttia, novum Ranunculacearum genus s—In Malpiglia—Anno xx. fasc. 8--Troppa Dott. C. Note critiche e bibliografiche sull’ A1- lossana-Negli Atti dell’Accademia Scientifica Veneto-Trentino-I- striana. Nuova Serie. Anno mi. fasc. 1-2.—RICCOBONO A. della Flora Siciliana più acconce all’ornamentazione dei giardini—Nel Bollettino della Società Orticola di Mutuo Soccorsò di Palermo. Anno IV. fasc. 4. 2. Frequentatori dell'Orto. Continuarono a fare ricerche sugli erbarii culi di questo R. I-_ sone il Prof. M. Losacono-PoJERO e e l'Avv. Dott. D. LANZA. Fu- rono pure assidui frequentatori la Signorina Dr. 0 NcHETTI, il Pro- a CANNARELLA ed il Signor MARIO De STEFANI. 3. Biblioteca. Oltre a numerose pubblicazioni sini pervenute in sb, ed alla continuazione delle opere in corso, la aa ricevette u un cospicuo dono di ben sessanta memorie originali dall’ Università di Upsala, e di quasi altrettante dalla Direzione del Bollettino BoOIssIeR. Dal Ministero delle Finanze poi pervennero in dono le interessanti memorie dell’ANGELONI, dello SPLENDORE e dell’ ai ASIA sui tabacchi. Infine il reparto coloniale di questa stessa biblioteca si acari oltrecchè di molte memorie e monografie speciali, di importanti pub- blicazioni periodiche, quali il Journal d’ Agriculture tropicale, V'Agri- culture pratique des pays chands, la Revue coloniale, la Qninzaine coloniale e parecchie altre. Fu in pari tempo continuata e quasi condotta a termine, l’inser- zione delle opere e degli opuscoli appartenenti alla biblioteca privata del fu Prof. DELPINO : in seguito a ciò nell’ultimo trimestre furono aggiunte quasi 2000 schede alle altre precedentemente inserite. 4. Erbarii. Furono pure continuate le intercalazioni di inserenda nell’Erba- rio Generale, per opera di A. Riccopoxo, completandosi le Crittoga- me vascolari, le Gimnosperme e le Graminac Furono Po inviate in istudio Graminacee salle al Dott. DEGEN di Buda-Pes 5. Museo. Dal Dottor. SENNI si ebbero altri interessanti campioni della Flora Eritrea: notevoli alcuni funghi, una Phelypaea legnosa parassita delle Euphorbiae ete. Di particolare interesse poi scientifico ed agricolo è è un campionario di spighe di parecchie varietà di frumento indigene i quei paesi. —Dal Dottor H. Ross si ebbero pure altri esemplari in- | teressanti della Flora Messicana : notiamo intanto caratteristici alloggi di formiche nei cauli di Cecropia, ed alcune gigantesche alghe marine. 6. Giardino. ; Inviarono numerosi semi il Dottor SENNI dall’Eritrea ed il Dot- tor H. Ross dal Messico. Fra i i primi notiamo l’Hyphaene thebaica, che ha prontamente germinato. Fra i secondi si hanno molte specie dei luoghi aridissimi degli altipiani messicani, forse acclimatabili da noi, nonchè semi di parecchie Palme , di alcune epifite e di una Lo- rantacea : fra le specie più mica notiamo : Musa textilis, Suoi tenia humilis, alcune specie di Erythrina, di Prosopis ete. Dal Signor GroRrpAaNO infine si ebbero altri semi della Rhodesia, fra cui alcuni ed altri di Adansonia. | interessanti di una Sapotacea a frutti eduli, altri di una Amarillidea, i. e ne Fico in cambio n. 1605, Raivionati. Spedirono pure semi gli "Stabiliment ed HAAGE ET (ri di Erfurt: da quest’ultimo del curioso Acanthosycios horrida, cueurbi tacea spinosa a frutti com. mestibili, dell’Africa australe. Lit. A. Brangi — Palermo. BOLLETTINO DEL LORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VI. Fasc. 2-3 (Aprile-Settembre 1907) PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò , 18 1907 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un. anno. Le appendici al « Bollettino » , che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell'abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia ©. ‘ . Lire 8 — All’ Estero . E ; » 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal | PROF. L SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore . di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura @ silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. Portici | (Provincia di Napoli) . APRILE-SETTEMBRE 1907. VoL. BOLLETTINO DEL h. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO: l. Ampli t ist ione dell'Orto Botanico (La Direzione) pag. 2. Yatorno al Sn di un «Istituto Biologico - agrario Sicilia- no » (A. Borz » 3, Notizie sulla vu siasilea. (eronso) Stapf. (La Direzione de » 4. Sopra due Bignoniacee mirmecofile africane (E. A 5. Specie nuove, rare o critiche del R. do n. ( 6. È Mi) » » 6. Rassegna della stampa agricola coloniale (G. E. Mattei). » 7. L’East British Africa Protectorate e le sue tenute sperimen- tali coloniali (A. Baldacci) . 4 . da i » 8. Varia (G. E. Mattei) . DEE » 9. Osservazioni fenologiche (4. yairosond) FT » APPENDICE. Le Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa, Lampione e la loro ora. Continuazione (,S?. Sommier). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo sdirtotiane 18 1907 5° CS (0°) PSE Ampliamento e sistemazione dell’ Orto Botanico. A. più riprese, in questo stesso Bollettino, furono pubblicati articoli (1) sulle lunghe pratiche, da molto tempo iniziate, per si- stemare ed ampliare il nostro Orto Botanico. Ora che ciò sta per divenire un fatto compiuto, è opportuno riassumere le vicende che alfine hanno condotto all’attuale soluzione. Come è noto l'Orto Botanico di Palermo, nel posto che at- tualmente occupa, fu fondato nel 1789, incominciandosene i primi lavori il 22 Febbraio di tale anno, e fu solennemente inaugurato il 9 Dicembre 1795. L'area relativa fu acquistata dal Signor IGNAZIO VANNI Duca DI ARCHIRAFI, in continuazione a quella su cui da poco erasi fondata la Villa Giulia. Ben presto però parve troppo ristretto, e, da una parte, per aumentarne la superficie, fu incor- ‘ porata all’Orto stesso la strada che lo separava dalla Villa Giulia, mentre dall’ altra, per volontà sovrana, fa acquistata dallo stesso | (1) Mancano G., L’ ingrandimento. del R Orto Rotantco. Nel Bollettino del R. Orto Botanico di Pale 0. Vol. Hi n.1, 1998 p: Bi. l Rzi A | lustrazioni sur . Orto Botanico di Pa-- — lermo, Ib. Vol. III. n. 1-2, 1899, p. 65,— Borzi A., Botanica ; bota- di nici in Sicilia nel secolo XVIII. Ib. Vol. V. n 19, 1906, Dr Duca DI ARCHIRAFI, nel 1819, una nuova zona di terreno, che è precisamente quella ove ora sorge l’attuale boschetto. Ma, essendosi trasferite in questo Orto le ricche collezioni appartenenti al soppresso Giardino Reale di Boccadifalco, anche questo lieve ampliamento non fu trovato sufficiente, e si pensò ad ulteriori annessioni di territo- rio. Per questo appunto VixcENZzo Tixgo, allora Direttore dell’Orto, nel 1823, iniziò nuove pratiche col Duca DI ARCHIRAFI, per ot- tenere la concessione di altre terre, confinanti con 1’ Orto stesso. Il Tixro pensava di farne una sezione speciale, destinata all’ ac- climatazione di piante utili per la Sicilia. La Deputazione di Pub- blica Istruzione ed Educazione, che allora aveva la tutela dell’U- niversità di Palermo, accolse di buon grado il progetto del Trxeo, stabilendo la forma del contratto, l’enfiteusi, ed il canone annuo da corrispondere. Occorrendo però 1’ autorizzazione del R. Governo, questa fu chiesta al Luogotenente Generale del Re in Sicilia : e qui sorsero iffi tà. Il Luogotenente si rivolse alla Gran Corte dei Conti, | che trovò il progetto troppo oneroso, proponendo invece la compra | se possibile, altrimenti la espropriazione : infatti con Reale Deter- minazione del 12 Luglio 1888 fu dichiarato l'ampliamento dell’Orto' essere opera di pubblica utilità. La Deputazione allora fece eseguire l'estimo delle terre da annettersi, volendo addivenire alla loro e- spropriazione, e nel 1837 ne esponeva minuziosa relazione alla Luo- gotenenza del Re: fu risposto con diverse obbiezioni , ottenendosi anche un parere della Gran Corte di Giustizia, contrario al con- | tratto in questione, i l precedenza però, con atto 5 Aprile 1820, la Deputazione di Pubblica Istruzione ed Educazione, aveva acquistato da certa Marianna Amaro, due salme di terreno, facenti parte del predio denominato Vigna del Gallo, prossime ma non confinanti all’Orto. Queste terre dovevano servire per la fondazione di un Istituto A- grario, la cui direzione doveva pur venire affidata al TinEeo, m tale fondazione fu sospesa, essendosi frattanto iniziato, in seguito a beneficenza privata, l’Istituto Agrario CasteLNUOvOo. Perciò la i Deputazione pensò ad una nuova forma di contratto per ottenere l'ampliamento dell'Orto, cioè ad una permuta, col Duca DI AR- CHIRAF I di queste terre in cambio di quelle che si volevano ag- per acquistare le dette terre, ‘ottenendo buone promesse, ma la De- tazione non volle cedere, ‘e, pressata da queste trattative, in tutta fretta, nel 1847, veniva a trattare con gli eredi del Duca | bella. Poco dopo un privato faceva sollecite premure al R. Governo, FESRE, x cu n S SA È fo Er re ie dA i Sin td a I In St egare, e frattanto, onde non restassero infruttuose, le diede a ga- DI ARCHIRAFI, che frattanto era defunto, per riuscire all’acquisto diretto delle terre confinanti con l’Orto, potendosi, solo in tal caso, cedere al reclamante quelle della Vigna di Gallo. Però la rivo- luzione del 1848 lasciò in sospeso tali pratiche e distrasse il R. Governo dall’occuparsene : la Deputazione quindi ne approfittò per continuare a tenere le dette terre, in attesa di una sperabile so- luzione. Nel 1856 morì anche TIxEO, subentrando alla direzione dell'Orto, il TopARO, Approfittando di questa circostanza , lo stesso privato avanzò al R. Governo nuove e più insistenti domande per la compra di tali terre: la Deputazione, pressata dal Governo, stimò oppor- tuno di interrogarne il Toparo, il quale, intuendo come con la cessione delle terre suddette sarebbe per sempre stato compromesso l'ampliamento dell'Orto, propose di aggregarle provvisoriamente al- l'Orto stesso, per farne un vivaio di piante utili e per esperimenti . di acclimatazione, allo scopo di togliere ad ogni privato qualsiasi velleità di loro acquisto: con gran prontezza ne redigeva un pro- getto abbastanza dettagliato, che presentava il 30 Dicembre 1857 al Presidente Gran Cancelliere della R. Università. Questo pro- getto fu trasmesso a S. E. il Luogotenente di S. M. ma non ebbe risposta: anzi il 3 Aprile 1860 l’Intendente della Provincia di Pa- lermo sollecitava di nuovo la Deputazione a volere provvedere con È prontezza alla vendita delle dette terre, continuando a ricevere da i privati insistenti offerte di compra. Però, causa il nuovo tentativo ;: rivoluzionario, tale nota fa trasmessa al Toparo solo il 14 Maggio, e restò senza risposta, essendo il 27 Maggio il Governo Borbonico virtualmente scomparso dalla Sicilia. Costituitosi il Governo Dittatoriale, con il decreto 19 Ottobre stituti Scientifici di Sicilia: in tale decreto l’art. 24 stabiliva tas- € migliorare, e che vi sì doveva aggiungere un campo di espert- | decretola facoltà Fisico-matematica dell’Università, riunitasi il 15 1860 furono assegnati alcuni milioni per il miglioramento degli I-. sativamente che l'Orto Botanico di Palermo dovevasi ingrandire. «mento e di acclimatazione per le piante utili. In seguito a questo - «per tentativi di acclimatazione. Il BARONE DI MANDA ARRE put | Sigliere per la Pubblica Istruzione, iniziò le Tape ara mativa fa gli eredi ARCHIRAFI, per l'acquisto delle terre in questione : ma non fu possibile venire ad un accordo. Così fra note, lettere, re- lazioni, sollecitazioni etc. si giunse fino al 1885, senza nulla poter concludere. Nel 1885 anzi la causa dell’ ampliamento dell’ Orto per poco non andò definitivamente perduta. Infatti, in seguito all’ epidemia colerica che aveva colpito Palermo, fu approvato un piano di risa- namento della città, mediante la creazione di nuovi rioni. Nel pro- getto relativo si comprendeva ancora una strada che avrebbe ra- sentato l’Orto precisamente laddove era possibile 1’ ampliamento. Contro questo progetto sorse il Toparo a reclamare avanti la Com- missione Municipale, che respinse il ricorso, per cui dovette diret- - tamente rivolgersi al Ministero, e ciò fu nel 1887, presentando anche una elaborata memoria a stampa, in difesa dei diritti del- l'Orto. In seguito a queste pratiche il Municipio modificò il piano regolatore, di modo che gran parte della proprietà ARCHIRAFI, quella che avrebbe dovuto essere aggregata all’Orto, restava esclusa, comprendendo però come terreno edilizio l’attuale Vigna del Gallo. Con questo nuovo piano regolatore, anche in vista delle inevi- tabili espropriazioni che richiedeva, fu finalmente possibile, in data 2 Luglio 1888, stabilire un compromesso fra gli eredi ARCHIRAFI, l'Orto Botanico ed il Municipio, con cui si concordavano le moda- lità della permuta, sulle basi già precedentemente stabilite. Questo contratto però, sottoposto al Ministero, venne rimandato per alcune modifiche. Su queste fu anche possibile venire ad un accomoda- mento, con altro compromesso, che, in data 20 Dicembre 1890, fu trasmesso di nuovo al Ministero, ma stante la malattia del ToDARO, si tenne sospesa ogni ulteriore pratica. Venuto il TopARO a morte, nel 1892, e chiamato a sostituirlo il Prof. Borzi, furono con nuova alacrità riprese le dette tratta- tive. Nel 1893 infatti fu redatto un nuovo progetto di permuta, con l’approvazione della R. Avvocatura Erariale, comprendente tutte le modifiche volute dal Ministero, e nel 1894 fu trasmesso al Mi- nistero stesso, per la definitiva approvazione. Le trattative frattanto continuarono anche col Municipio, e finalmente il 12 Maggio 1896 venne stipulato un’atto definitivo fra i rappresentanti dell’Università, la Direzione dell'Orto Botanico, l’Intendenza di Finanze, il Comune, e gli eredi ARCHIRAFI. > punti principali della detta Convenzione erano i seguenti: parate dell’Orto Botanico, mediante permuta fra il terreno di pro- are l’unificazione delle terre, attualmente fra loro se- SI TOPINO OI BIRRERIE VERRI MERE ARE ASPRE o DEI CE prietà del Duca DI ARCHIRAFI @ consorti, e le terre così dette aggregate, appartenenti al R. Orto Botanico. 2.—Approvare un piano regolatore e di ampliamento di tutta la contrada Vigna del (rallo, comprendente non solo i terreni di proprietà degli eredi ARCHIRAFI @ quelli ad essi provenienti dalla permuta suddetta, ma anche tutti i terreni limitrofi confinanti con le vie Lincoln, dei Mille e Tiro a Segno. 3.— Assumere il Comune la spesa e la cura delle espropria- zioni, demolizioni, e costruzioni delle strade in esso ricadenti. | .4.—Eseguire il Comune a sue spese la chiusura e la siste- mazione dell'Orto Botanico, dipendente la prima dall’apertura della via divisoria fra l'Orto Botanico e le terre ARCHIRAFI, e la seconda da tutto quanto sarebbe occorso per adattare alla nuova destina zione le terre ArcHIRAFI permutate al R. Orto. Nella mancanza del Consiglio, il R. Commissario dal tempo, che reggeva 1’ Amministrazione Comunale, coi poteri del Consiglio, approvò il detto contratto, con provvedimento del 26 Gennaio 1897, approvato dalla Giunta Provinciale Amministrativa il 27 Gennaio 1897, ai sensi dell’art. 296 della Legge Comunale e Provinciale : questo contratto fu poi approvato dal Parlamento, con legge 7 A- prile 1898, e veniva pure ratificato dal nuovo Consiglio Comunale il 25 Aprile 1898. Così dopo tanti anni pareva finalmente raggiunto il tanto sospirato ampliamento dell'Orto: ma doveva passare anche parecchio tempo prima che si realizzasse ! Infatti gli eredi ARCHIRAFI, vedendo che il Municipio indu- giava nell’esecuzione del contratto, che ritenevano perfetto e valido, sollecitarono il Sindaco all’adempimento dei patti, dapprima pri- vatamente, poi per via giudiziaria. Il Tribunale, esaminata la que- stione, sentenziò che, per la validità del contratto, era necessaria la definitiva ratifica da parte della Giunta Provinciale Amministra- tiva, accordando al Sindaco un breve termine per ottenerla: gli e- redi ARCHIRAFI allora avanzarono nuove pretese: Per risarcimento di danni, mentre la Giunta Provinciale Amministrativa, interro- gata in proposito, con ordinanza del 4 Dicembre 1900, negava la chiesta approvazione, motivando il rifiuto dal fatto che gli obblighi ci assunti, col detto concordato, dal Comune erano troppo OneroSl, oltrepassando cioè le 600 mila lire. Imponendosi però la necessità di provvedere I ampliamento dell’Orto, anche in vista della Stazione Botanica I ss gliendo generali ternazionale, il cui progetto intanto andava acco ad un denifitivo RA simpatie (1), si pensò per un momento ad una permuta fra le terre della Vigna del Gallo, aggregate all’Orto, ed il vivaio Comunale, confinante con l’Orto stesso : ma, non corrispondendo nel valore le une alle altre, se ne dimise il pensiero. Allora il Municipio aprì nuove trattative con gli eredi ARCHIRAFI, per modificare ancora il contratto di permuta, nel senso che avessero gli ARCOHIRAFI a ri- nunziare alla costruzione, da parte del Municipio, dell’intero Rione: però anche questa volta l’accordo non fu raggiunto. Successa frattanto l’Amministrazione BoxaxxO, furono da que- sta riprese le trattative, con miglior fortuna : infatti si ottenne dagli eredi ARCHIRAFI la promessa della cessione gratuita di un adeguato lotto di terreno, a beneficio del Municipio, mentre 1’ impegno del Municipio stesso veniva di molto limitato, in vista dei reali bene- ci che la restante proprietà ARCHIRAFI avrebbe acquistato con la apertura delle nuove strade progettate. Contemporaneamente il Mu- nicipio, convinto della necessità di favorire l’incremento dell'Orto, anche perchè fosse realizzata la progettata Stazione Botanica In- ternazionale, senza eccessivo aggravio delle finanze del Comune, spese del Municipio stesso, come stabilivano i patti precedente- mente stipulati. Su queste intelligenze appunto fu redatta una nuova convenzione. A facilitare queste pratiche , si ebbe in buon punto 1’ appro- vazione della legge che rendeva esecutivo il decreto prodittatoriale del 19 Ottobre 1860, a favore delle Università Siciliane. Appro- . Diantarvi i nuovi edifici universitarii. Con queste varianti fu alfine possibile redarre un nuovo com- promesso di permuta, fra il Municipio, l’Intendenza di Finanze, _Trredda. . (1) Borzi A, Per una stazione botanica internazionale în Paler- | mo. Palermo 1903 a ene ii iii rn Rea i I l'Università, l’Orto Botanico e gli eredi ARCHIRAFI: il contratto definitivo, firmato da tutti gli interessati, ebbe 1’11 Gennaio 1906 l'approvazione del Consiglio Comunale, ed il 26 Maggio 1906 quella della Giunta Provinciale Amministrativa : in seguito anche il Par- lamento sanzionava tale concordato. Così, dopo tanti anni di lotte, di promesse, di speranze e di disinganni, anche l’ampliamento del- l’Orto Botanico era definitivamente ed in modo assoluto assicurato. Le principali pattuizioni di un tal contratto sono le seguenti: 1.—Gli eredi ARCHIRAFI cedono all’Orto Botanico una super- ficie di terreno di m. q. 37980.06, ed alla sua volta l'Orto Bota- nico cede agli eredi ARCHIRAFI m. q. 37981.27 di terreno. 2.—In conseguenza della detta permuta, e per isolare 1’ Orto Botanico dalle terre degli eredi ARCHIRAFI, questi ultimi cedono gratuitamente al Municipio la zona di terreno corrispondente alla via N. I, da denominarsi Via ARCHIRAFI, non che la zona della Via Giovan FiLippo IneRrassIa, ed infine la zona di terreno oc- cupata già dal Municipio per l’allineamento e per la sistemazione del Corso dei Mille. 8.—Obbligo al Municipio di sistemare la nuova via ARCHIRAFI, infra sei mesi dal Decreto dichiarante la pubblica utilità delle e- sproprie necessarie, per aprire gli sbocchi nelle vie Lincoln e Tiro Nazionale. 4.—L’Orto Botanico cede all’Università, per l’impianto di I- stituti Scientifici, m. q. 6000 di terreno con un fronte non minore di m. 200 sulla nuova Via ARCHIRAFI. 5.—Gli eredi ArcHIRAFI concorrono alle spese; con la cessione di un lotto di terreno in prospetto della detta Via ARCHIRAFI, por la lunghezza di m. 24.65, e nella via INGRASSIA con la profondità di m. 38.75, e della superficie di m. q. 3280. 1 6.—-Obbligo del Municipio di chiudere l' Orto Botanico, di fronte alla nuova Via ARCHIRAFI, con muro intonacato alto m. dal suolo stradale, interrotto per breve tratto con griglia m ferro e relativo gradone, riservandosi il Municipio la facoltà di sostituire al detto muro di chiusura una cancellata di ferro a giorno, con relativa zoccolatura. Inoltre il Municipio rinunzia, a favore della Università al diritto di contributo per la costruzione della giare: ia AROHIRAFI, onde agevolare la costruzione dei nuovi Istituti Universitarii. uu ; 0 -7.--Per compensare l'Orto Botanico della diminuzione È D | reno per l’impianto degli Istituti Universitarii, il Municipio gli | —‘“ede gratuitamente una zona pentagona del Vivaio Comunale, ci | tigua al detto Orto, della superficie di m. g. 6513.00. In pari tempo l'Orto Botanico cede gratuitamente al Municipio un trapezio di terra di m. q. 300 circa, ricadente nell’ area della nuova Via ARCHIRAFI, ed il Municipio assume l’obbligo di demolire l’attuale muro che divide l'Orto Botanico dal Vivaio Comunale, e di rico- struirlo sul nuovo confine, dell’altezza di m. 2.80 dal suolo. Così, sotto queste modalità, è finalmente resa possibile la de- finitiva sistemazione dell'Orto, potendosi, nelle nuove aree aggre- gate, e nei nuovi edifizii in procinto di costruzione, collocare in modo adeguato il Giardino Coloniale e la Stazione Botanica Inter- nazionale, che daranno nuovo decoro a Palermo, e porgeranno vasto campo per una più intensiva esplicazione dell’ attività scientifica dell’ Orto, nell’ attesa che possa realizzarsi il progettato Istituto Biologico Agrario Siciliano. LA DIREZIONE. E ee Sere dell’attività umana, rappresenta 1° Intorno al progetto di un “Istituto Biologico - agrario Siciliano ,,. Nell'ultimo Congresso degli Agricoltori italiani, tenutosi a Catania quest'anno, discutendosi dei provvedimenti atti ad assicu- rare il pieno ed efficacs funzionamento delle cattedre ambulanti d’agricoltura, su proposta del Relatore del tema, Prof. Fileni, ve- niva approvato un voto al Governo, perchè fosse fondato in Sicilia un grande Istituto agrario sperimentale per lo studio scientifico dei problemi che si collegano al progresso agricolo del Mezzogiorno. Il voto dell’autorevole Consesso va segnalato con plauso a tutti coloro che s’interessano delle sorti economiche e del benessere della nostra Isola e particolarmente a quelli che per le loro qualità di pubblici amministratori o di rappresentanti dei poteri dello Stato, potrebbero esercitare una valevole influenza a ciò che questa legit-. tima aspirazione di una nobilissima regione d’Italia, travagliata e sfiduciata dalle crisi dell’ industria agraria, possa tradursi in realtà A tale importanza assurge appunto il problema agrario sici- liano ed è solo da meravigliarsi, che, nonostante così evidente gra- vità, esso resti tuttora oggetto di studio e di discussione. Difatti è chiaro che l’agricoltura, più che qualsiasi altra forma. industria per eccellenza classica della nostra Isola: essa risponde al carattere dei luoghi, alle tra- dizioni e tendenze del popolo. Migliorare, acerescere le fonti della ricchezza economica-agraria il più che sia possibile, costituisce il | fine di ogni nostra aspirazione , ed è un dovere rivolgere ad esso tutte le nostre energie, visto che il problema assume anche un ca- rattere politico sociale minaccioso e colmo d’inquietitadini nelle sue “conseguenze. La particolare posizione geografica, la varietà dei climi e i molti altri vantaggi naturali, assicurano alla nostra Isola una parte importante nello studio dei problemi dell’acclimatazione delle piante economiche, per cui anche la quistione agraria siciliana diventa non meno importante per il valore stesso degli studi dei quali può offrire occasione nel campo della sperimentazione agronomica ri- spetto agli altri paesi d'Europa la nostra Isola. Il concetto che la Sicilia è chiamata a divenire il « campo sperimentale dell'Europa » è scientificamente esatto, come anche storicamente essa ha qualche | diritto a questo nome. Mettiamo per ora da parte quest’ ultimo lato della quistione ‘siciliana, che per sè stessa potrebbe offrire troppa materia di con- siderazioni a chi si occupa‘di argomenti di geografia botanica-a- gronomica, e guardiamo il problema nell’ interesse quasi esclusivo nell’Isola e del mezzogiorno d’Italia. Quasi tutti coloro che si sono preoccupati delle condizioni del- l'agricoltura siciliana son d’accordo nel riconoscere che l’argomento è molto complicato e che la soluzione esige il concorso di molte azioni. Primissima fra queste s’impone la sistemazione delle pendici dei monti e colli mediante piantagioni e altre opere e costruzioni al fine di assicurare il buon governo delle acque, il rinsaldamento del suolo, prevenire gli effetti funesti della siccità, e conquistare a beneficio dell’agricoltura nuove estensioni di terre fra le molte che restano abbandonate e incolte. Tutto ciò richiede eccezionali provvedimenti legislativi, che importano di certo non lieve peso sul bilancio dello Stato, ma che, comunque sia, è necessario invo- care, per cominciare a preparare le basi di questo progresso e be- nessere agricolo tanto desiderato. n altro fattore indispensabile alla soluzione del problema a-. grario siciliano è senza dubbio il provvedere il coltivatore di ca- Pitali e su questo tema non evvi nulla da osservare, poichè le di- sposizioni relative al credito agrario hanno già iniziato un lodevo- le movimento ed è da sperare che questo continui ed eserciti la | Sua benevola influenza secondato dalla fiducia e dalla ‘laboriosità del nostro agricoltore. Occorrono certo molti anni prima ancora che Siano raccolti i frutti di questo nuovo fattore della ricchezza agri- ic N e EER ig ni ai ian RL I a se, La se SA La SSA gi ne nea cola; ma ciò non importa, l'esempio di altri paesi ci ammaestra e ci conforta nell’attesa. Parecchie altre quistioni si collegano col progresso dell’ agri- coltura siciliana e fra queste io voglio appena ricordare la vec- chia e dibattuta quistione del latifondo e quelle della viabilità e della pubblica sicurezza : ‘tutte, come si vede importantissime e sulle quali si è tanto scritto e discusso. a il punto più importante del problema è quello che riguarda la istruzione agraria. Su questo argomento tutti siamo d’ accordo nel riconoscere che occorre dare al nostro agricoltore una educa- zione che risponda ai progressi dell’agricoltura moderna e diffon- dere, volgarizzare, più che sia possibile, le buone norme agrono- miche mediante l’insegnamento. : così, come organi indispensabili atti a promuovere, agevo- lare e rendere più intenso siffatto benefico movimento vengono oggi additate le cattedre ambulanti di agricoltura e le diverse scuole agrarie di qualunque nome e grado esse siano. a per comprendere bene la efficacia di tali istituzioni, 0c- corre considerare quale è il carattere della materia della quale è argomento l’insegnamento da esse impartito. L'agricoltura, si sa, è una disciplina eminentemente pratica; essa, insegnando le norma della coltivazione delle piante utili, fonda tutto l’edificio delle sue nozioni sulla conoscenza. della particolare natura delle relazioni che intercedono tra la pianta e il mondo e- steriore. E poichè i caratteri di questo variano secondo i differenti climi terrestri, cioè secondo le condizioni geografiche, così egual- mente mutevoli e svariati risultano tali rapporti. Epperò le parole comunemente usate agricoltura siciliana, toscana, settentrionale, ecc. hanno ùn significato ben preciso, il quale ci permette di di- stinguere cose per sò stesse differenti a causa delle differenti con- dizioni geografiche. i de Lana a ciò si deduce che la prosperità agraria di un dato paese dipende, più che mai, dalla perfetta conoscenza delle particolari e- 1 suo ambiente lo- cale; i che vuol dire, con altre parole, che 1’ esperienza è il fon- damento precipuo ed indispensabile dell’ agricoltura , per mezzo Certamente chi coltiva terre e campi per SIA; antaggio non può avere la qualità dello sperimentatore. La espe- a rienza esige tempo, studii, attitudini speciali del talento; il suo fine immediato non è la produzione a scopo economico; anzi l'economia vi rimane spesso esclusa. Lo sperimentatore è come colui che a furia di studio e fatiche riesce ad accumulare nella sua vita im- mensi tesori, senza alcun profitto per sè medesimo, ma per dispen- sarli ad altri perchè lautamente ne godano. In fondo è questo il còmpito altissimo e nobilissimo della scienza; e poichè l’agricoltura non è che la sintesi delle molte applicazioni di varie discipline, il coltivatore non può essere, come dicevo, uno sperimentatore. Per- chè riesca nei suoi intenti economici, basta semplicemente che egli sia in grado di ascoltare e di eseguire fedelmente e ciecamente i consigli e i suggerimenti che gli vengono da parte della sperimen- tazione agronomica razionale; il resto non importa. Ma perchè il legame fra la esperienza scientifica e 1’ applica- zione agraria a fine economico, sia mantenuto costante e immediato ed il reciproco accordo fra le due parti divenga perfetto e si tradu- ca in benefizio per il progresso agricolo locale, è necessario che e- sistano fra le parti stesse dei legami trasmettitori, raccoglitori e coordinatori in norme didattiche dei risultati della esperienza. Tale appunto è il compito dell’insegnamento agrario e quindi delle di- verse scuole d’agricoltura comprese le così dette cattedre am- anti. Perchè il sistema di organizzazione dell’ istruzione agraria in una regione qualunque possa dirsi veramente perfetto deve posse- dere come punto di partenza un centro organico direttivo rappre- sentato da una o poche istituzioni scientifico- sperimentali, attorno ‘al quale s’irradiano parecchie o molte istituzioni secondarie di ca- rattere didattico, funzionanti come stazioni di recezione dei risultati pratici della sperimentazione agronomica e di tramissione e propa- . ganda nelle forme e con tutti i mezzi di cui può disporre l’inse- gnamento. Su questi concetti riposa il tipo di organizzazione agraria in parecchi paesi molto avauzati in fatto di progresso agrario. Basti in proposito citare gli Stati Uniti d’America, dove la perfezione del sistema ha raggiunto il più alto grado, a segno che dal centro direttivo sperimentale si partono numerosi altri sotto-centri, corri- rispondenti a una razionale divisione del lavoro a cui intende l’in- tero sistema. Allo stesso titolo potremo pure ricordare le istituzioni ‘agrarie sperimentali dell'Inghilterra, della Germania, dell’ Austria. Istituti di tal natura hanno gli americani in generale fondato in “tate quei paesi dove desiderano iniziare e secondare lo sviluppo una nuova rdiazia ‘come nell’Alaska, nelle Isole Hawaii, a | Condizioni geografiche favorevolissime i cellenti attitudini naturali a divenire un | agraria. E così il problema agrario siciliano com in molti svariati argomenti, tutti di carattere Portorico, nelle Filippine. Anche nel Giappone e nell'Africa Orien- tale tedesca cogli stessi intenti sono sorte in questi ultimi anni si- mili istituzioni. In Italia, a questo proposito, ci troviamo sopra un terreno quasi del tutto vergine, poichè le così dette nostre Stazioni chi- mico-sperimentali agrarie non rappresentano im realtà che uno stato primitivo e imperfetto di coteste grandiose istituzioni. Nelle nostre stazioni, come sappiamo, per lo più tutto il lavoro si riduce ad a- nalisi chimiche o a ricerche di controllo analitico; ed anche, quan- do qualche rara volta esse sono provviste di un piccolo campo spe- rimentale, la esperimentazione agronomica resta limitata dentro angusti confini. Si potrebbe per altro obbiettare che al compito sperimentale esteso su più vaste e variate proporzioni potrebbero benissimo supplire le così dette scuole pratiche di agricoltura. Nel fatto poi questo non accade per moltissime ragioni e la principale è che tali istituzioni sono più che mai d’indole didattica e l’unico insegnante di materia agronomica, oltre che non ha il tempo, non possiede nemmeno i mezzi e le qualità di potersi occupare della vasta e variata materia della sperimentazione agronomica. I poderi che ordinariamente si trovano annessi alle dette scuole, funzio- nano più tosto da campi dimostrativi, paragonabili ai musei o ga- binetti scientifici che formano il corredo pratico oggettivo necessa- rio all'insegnamento di altre discipline. È chiaro dunque il concetto che, tanto le scuole agrarie, di qualunque grado o nome esse siano, quanto le cattedre ambulanti d’agricoltura non sono che delle semplici istituzioni di propaganda dell’istruzione agraria, e che, anche bene organizzate e dirette, possono solo fino a un certo punto esercitare una benevola influenza sul progresso della nostra agricoltura; ma sarà grande questa in- fluenza qualora troveranno una sicura base scientifica ed un centro di consigli e di sussidii tecnici in una istituzione bene organizzata per la sperimentazione agronomica. i ; Ciò è di grande necessità, considerate le condizioni speciali dell'agricoltura siciliana. Esse sono quelle di una regione eminen- temente variata nei rapporti del clima, della configurazione “del suolo, della distribuzione delle acque e in tutti gli elementi, cioò, che costituiscono il carattere proprio dell’agricoltura. Posta poi in quali nessun’ altra contrada la nostra Isola possiede in sè le più ec- grande centro di attività prende e si suddivide sperimentale, di uno dell'Europa può vantare, fondamento spesso originale, il cui studio appartiene per natura alle particolari funzioni di un grande istituto scientifico agrario verso il quale dovrebbero convergere e irradiarsi tutte le ricerche spe- rimentali intese a migliorare le condizioni del suolo e della produ- zione dell’intiera Sicilia. A volere trattare e illustrare tutti gli argomenti e problemi di cui dovrebbe occuparsi tale istituto nell'interesse dell’agricoltura siciliana, anderei troppo alle lunghe; ma poichè l'argomento assurge ad un’importanza eccezionale non saprei far di meglio che cedere su di esso la parola al Prof. Italo Giglioli, la quale è quella di un uomo eminente per esperienza e dottrina, e libera e spassionata di chi è abituato a ispirare i suoi giudizi alle grandi idealità della scienza. L’egregio Professore, venuto a Palermo nella primavera pas- | sata per studiare le condizioni della nostra Stazione agraria e pre- parare il disegno di una eventuale riorganizzazione di essa, nella occasione di una riunione di autorevoli cittadini e rappresentanti di alcuni fra i principali Enti amministrativi locali, esponeva va- rie importanti considerazioni sui possibili mezzi atti a promuovere il progresso dell’Isola e rendere efficaci i provvedimenti diretti a diffondere la istruzione agraria, mettendo in rilievo la necessità che sorgesse in Palermo un grande Istituto scientifico agrario da di- venire il centro dal quale dovrebbe radiare e verso il quale do- vrebbero convergere tutte quelle ricerche sperimentali e tutti quegli studii intesi al miglioramento delle condizioni del suolo e della pro- duzione agraria. Per raggiungere questo fine, il detto Istituto, se- condo il Prof. Giglioli, dovrebbe essere costituito dalla riunione di un certo numero di Sezioni distinte ma collegate fra di loro e raf- forzate tutte mediante unica direzione, dove in ciascuna di esse, fornita di mezzi proprii e di personale proprio, fossero studiati spe- rimentalmente i difterenti problemi che interessano 1’ agricoltura, la pastorizia, le industrie agrarie e forestali non mancando anche di fare il servizio di controllo dei prodotti, delle sementi, delle macchine, a vantaggio degli agricoltori. Questa grande istituzione dovrebbe specialmente occuparsi dei seguenti argomenti : L Studio delle piante culturali, campestri ed arboree, colti- ; vate in Sicilia, al fine di accrescere la produttività e migliorare le. qualità colla formazione e introduzione di nuove razze. _H. Stadii di acclimatazione allo scopo di introdurre in Sicilia. nuove colture utili e nuove piante forestali. Questi studii servireb- bero altresì a far conoscere importanti colture coloniali e potrebbero di connettersi ‘con un insegnamento pratico d’agricoltura coloniale, RA gt i Sii aaa AD ie 71 III. Sistematica sperimentazione campestre in campi sperimen- tali permanenti per lo studio della concimazione e delle condizioni di coltura delle piante campestri ed arboree che più interessano il Mezzogiorno. Mediante stazioni secondarie o sottostazioni, perma- nenti o temporanee, si potrebbe organizzare un servizio di speri- mentazione cooperativa in varii punti dell’Isola. tudii di rimboscamento e di manutenzione e migliora- mento forestale. Mediante sottostazioni forestali si stabilirebbero centri di rimboschimento in varie parti della Sicilia, per studiare i metodi più sicuri e più celeri per fornire di boschi e di pascoli le montagne e per impiantare e sistemare boschi e colture arboree nei terreni poveri e sabbiosi del litorale. tudio chimico-agronomico dei terreni e delle acque, come sussidio per la preparazione della carta agronomica della Sicilia. VI. Studio idraulico della Sicilia per il buon governo delle acque correnti e del sottosuolo, per uso agrario, promuovendo e- sperienze sulla fognatura dei terreni, sulle irrigazioni e sui lavori el suolo. VII. Studio delle malattie e dei parassiti delle piante coltivate, con esperienze campestri nelle località opportune della Sicilia, per combattere queste malattie, reprimere la fillossera, la mosca olearia ed altri parassiti. VIII. Servizio di analisi chimica per controllo dei prodotti a- grarii e di quelli utili eni concimi, vini, olii, agri, es- senze, sostanze tannanti, zolfi, . Servizio di controllo delle sementi e di controllo sistema- tico delle varietà di piante ortensi, da frutto ed ornamentali poste im commercio. X. Studii enologici con laboratorio zimotecnico e cantina spe- rimentale. Studii di Batterologia agraria. XI. Studii sperimentali zootecnici, per pioli dd esten- dere la pastorizia e l’allevamento di animali e volatili utili. XII. Servizio di controllo e di studio delle macchine agrarie collo scopo di promuovere in Sicilia il miglioramento delle macchine utili all’agricoltura, costituendo una stazione di prova delle mae- chine stesse. sta + Qualéanò forse obbietterà che il programma del proposto Inti tuto comprende una materia per sè medesima vasta e complessa sal Si do perciò l'immediata attuazione ina Lamas non lieve dif ficoltà, specialmente d’ordine finanziario essendo necessarii grandi mezzi, i quali facilmente e subito non potrebbero essere apprestati dal Bilancio dello Stato, oppure da quelli soverchiamente esausti di risorse dei Municipi o delle Province o di altri Enti amministra- tivi siciliani. In oltre è da pensare che, data 1’ indole particolare dell’istituzione e la sua complessità, il perfetto funzionamento ri- chiederebbe l’opera di persone dotate di una coltura scientifica e attitudini sperimentali del tutto speciali; alla quale condizione non sarebbe possibile forse subito completamente soddisfare. Tali obbiezioni avrebbero un certo peso se le basi del progetto non esistessero di già in qualche altra istituzione o in altre istitu- zioni del paese, le quali, collegate insieme razionalmente e riorga- nizzate, secondo i concetti e i fini esposti, potrebbero servire a for- mare il necessario substrato, su cui, a poco a poco, col crescere dei mezzi, dovrebbe sorgere in avvenire completo in tutte le sue parti, l’Istituto di cui è parola. Una di tali istituzioni è appunto l’Orto Botanico di Palermo coi suoi Laboratorii, Musei, Erbarii, Biblioteca, ecc. e coll’annesso « Giardino Coloniale » di recente istituito. Già la Legge Mordini del 17 Ottobre 1860 all’art. 24 stabiliva che «l’Orto Botanico di Palermo sarà ingrandito e migliorato, ag- giungendovi un campo di esperimenti e di acclimazione per le piante utili ». Era chiaro con ciò nella mente del legislatore il concetto di quello che il nostro Orto botanico valesse o avrebbe potuto valere nell’avvenire qualora fossero state allargate le sue ordinarie funzioni comprendendovi fra queste gli studii d’interesse pratico a vantaggio dell’agricoltura dell'Isola. Con tale disposizione, la legge rendevasi interprete di un bisogno da tutti e da lungo tempo sentito in Sicilia e più volte espresso al Governo dell’epoca dalla Università. Anzi questa, al fine di affrettare e agevolare la desiderata istituzione di un campo sperimentale agrario, acquistava — fin dall'anno 1819 un’estensione di cisca 4 Ettari di terre, situate nella contrada della così detta Vigna del Gallo, ponendole sotto la dipendenza dell'Orto Botanico. Mancati però i mezzi per assicurare il pieno funzionamento del nuovo Istituto, queste furono date in affitto destinandone il ricavato a benefizio del bilancio universitario. Ma nemmeno la Legge Mordini riuscì all'intento, perchè i fondi assegnati non furono concessi; essa determinò solamente la rescis- sione del contratto d’affitto e l’ aggregazione delle dette terre al- l'Orto Botanico. A nulla parimenti valsero le insistenti premure nei primi anni della costituzione del Regno d’Italia e tutte le pra- tiche fatte per acquistare i terreni interposti fra quelli della Vigna i 73 del Gallo e l’Orto Botanico, secondo il disposto della Legge Mor- dini, non ebbero alcun esito. Del progetto si può dire, si perdette ogni ricordo. Solamente nel 1893, essendo stata a me affidata la direzione dell'Orto, rivolsi la mia attenzione allo studio di quel di- segno, al fine di renderne possibile l’attuazione, e, considerate an- zitutto le difficoltà finanziarie da superare, ritenni opportuno di dare alla istituzione una base economica tale da assicurare il ne- cessario mantenimento di essa mediante il concorso anche di Enti di altri paesi, prendendo come modello la Stazione zoologica di Na- poli. Cosi sorse nella mia mente il disegno d’istituire in Palermo, presso l’Orto Botanico, una « Stazione Botanica internazionale »; un istituto, vale a dire, fornito largamente di mezzi atti alla indagine sperimentale, da assumere i caratteri di un grande la- boratorio vegetale vivente, aperto all'attività dello scienziato spe- cialista, cioè, del fisiologo, del biologo, dell’agronomo, del chimico, del fitopatologo, del forestale ecc. ; sicchè dal concorso di differenti attività, cospiranti tutte al medesimo fine -— che è quello della co- noscenza dell’organismo vegetale come substrato dei bisogni eco- nomici—avesse l’agricoltura a trarne norme e consigli. Al punto in cui sono stati portati gli sforzi al fine di rendere possibile l’attuazione del disegno, si può affermare che le più gravi difficoltà sono state ormai eliminate. Difatti le Camere Legislative hanno di già approvato un con- tratto di permuta e di cessione di terreni, per cui l’Orto botanico può fin d’ora disporre di un’estensione di terre di circa 9 Ettari, suscettiva, per le sue condizioni topografiche, d’incremento nell’av- venire, qualora ciò fosse necessario per lo sviluppo dell’Istituto. Oltre a ciò, per iniziativa del Ministero degli Esteri e col con- corso del Ministero di P. Istruzione e quello dell’ Agricoltura, è già stata istituita fin dallo scorso anno, presso l’ Orto Botanico, una « Sezione Coloniale », dotata di fondi e di personale proprio. Essa ha per scopo lo studio di problemi attinenti all’acclimataziorie delle piante utili, all’agricoltura e alle industrie e la loro diffusione | in Italia, specialmente nel Mezzogiorno. La « Sezione Coloniale » dovrà servire di substrato per la istituzione di qualche insegna mento pratico di agricoltura coloniale, al fine d’ indirizzare e illu- minare l’opera del colonizzatore emigrante. A tal uopo sono già stati iniziati studi per incarico del Ministero dell'Agricoltura. i L'ampliamento e la costruzione di locali ad uso di crei e musei è ora in gran parte assicurato mediante l'assegno cas di una somma determinata, sui fondi prodittatoriali, da parte dell Ue iversità in favore dell'Istituto Botanico. Dik Aiuti e incoraggiamenti sono stati già promessi dalla nostra benemerita Camera di Commercio, dal Municipio di Palermo e dal Banco di Sicilia. iò che rimane ora da farsi non è, come vedesi, poi molto; il tutto si riduce a ordinare e sistemare l’istituto nelle sue linee fondamentali completandone il suo organismo coll’aggiungervi qual- che altro organo da adibirsi in modo particolare alla funzione a- gronomica sperimentale. Per fontuna non si tratta di creare una istituzione nuova; ma piuttosto di trasformare e ricostruire su nuove basi, allargando anche in parte le originarie funzioni, di qualche altra istituzione ora esistente nel paese. Tale istituzione appunto è la Stazione agraria sperimentale di Palermo, la cui attività non ha finora corrisposto ai veri interessi dell’agricoltura siciliana per molte ragioni a tutti note. Attuando siffatta trasformazione e ricostituzione, in modo che, accanto ai Laboratorii destinati a ricerche analitiche chimico-agrarie, sorgessero ‘ altri laboratorii per studii sulle malattie delle piante, per ricerche sui fermenti, sui concimi, sui differenti prodotti vegetali caratteri- stici delle industrie agrarie siciliane, unendovi anche dei .campi sperimentali, il lavoro dell’Istituto si renderebbe veramente profi- icuo e accrescerebbe la importanza e la efficacia dell’ opera a cui mira il progettato « Istituto biologico-agrario siciliano ». Oggi che l'abolizione della nostra Stazione agraria è stata decisa dal Governo, anzi può dirsi imminente, la ricostituzione e annessione di essa, nel senso e nella forma indicata, ‘alle due sezioni botanica € colo- niale, in via di costituzione, presso l’Orto botanico, è il solo e- spediente opportuno e pratico che possa consigliarsi, giacchè qua- lora si ritenesse giusto conservare alla istituzione, che dovrà sor- gere sui resti dell’abolita Stazione, una perfetta indipendenza dal- l'Orto botanico, occorrerà provvedere all’acquisto dei locali per la costruzione dei Laboratorii e per uso di campi sperimentali, la cui mancanza appunto costituisce ed ha sempré costituito la ragione principale dell’imperfetto funzionamento dell’attuale abolenda Sta- zione agraria . In questi termini precisamente consiste il disegno di riorga- nizzazione di una nuova stazione agraria in connessione e come parte del progettato « Istituto biologico-agrario siciliano » o come voglia dirsi « Stazione botanica 5. Siffatto disegno è stato studiato. e concordato con me dal Prof. Giglioli e trovasi al Ministero per le opportune approvazioni e disposizioni. Necessitando esso l’ap- . mago morale e materiale di tutti gli Enti amministrativi Siciliani, a È een ros PR ea, RN WEA o: IS ET REI RINNEGARE LIA AI SR PAIONO | Ministero dell’ Agricoltura. trovo utile che esso sia conosciuto nelle sue linee fondamentali quali si compendiano nel seguente schema : I. — È fondato in Palermo, presso l’Orto Botanico, un « Isti- tuto Biologico-agrario Siciliano ». Esso ha per scopo promuovere . a) il progresso dei varii rami della Botanica, particolarmente della Biologia e Fisiologia vegetale; ) gli studii sulla conoscenza delle malattie delle piante utili e dei parassiti più dannosi alle colture; c) la introduzione e la diffusione dei vegetali utili alle in- dustrie, all’agricoltura, all’orticoltura e alla selvicoltura; d) studii connessi col rimboschimento della Sicilia; e) servizii di controllo analitico sopra i prodotti che inte- ressano l'agricoltura, quali concimi, mangimi, sementi, sostanze an- tiparassitarie, sostanze tanniche, vini, olii, essenze, ecc.; studii enologici e di zimotecnica enologica e studii chimici connessi colle industrie più importanti della Sicilia; II. —L'’Istituto Biologico-agrario comprende : ; 1° Una Sezione Botanica coll’annesso Giardino botanico, com- presi i Laboratorii, i Musei, gli Erbarii, la Biblioteca dell’attuale Istituto Botanico della R. Università di Palermo; 2° Una Sezione Coloniale, coll’annesso Museo di prodotti a- gricoli coloniali; 3° Una Sezione di Fitopatologia ed Entomologia agraria cogli annessi Laboratorii e Musei di Patologia Vegetale ed Entomologia; 4° Una Sezione Chimico-agraria sperimentale, con Laboratorio zimotecnico, cantina sperimentale e con speciali campi sperimentali permanenti e temporanei; : .—Ogni Sezione è governata da personale proprio sotto la dipendenza del Direttore dell’Istituto. ; IV.— L'istituto conserverà nei suoi rapporti didattici, ammi- nistrativi e gerarchici il carattere di uno stabilimento scientifico Universitario, salvo per quello che concerne servizii nell’ solai diretto dell’agricolturg, per cui esso dipende dal Ministero dell’ A- gricoltura, Industria e Sommercio; V.— Il ruolo organico della Sezione I e. della Sezione I è ; quello attualmente in vigore per l’Orto Botanico e per la Sezione Coloniale ad esso annessa. ARI Il ruole organico delle due altre Sezioni sarà determinato dal I.—Presso la Sezione Coloniale, possono essere istituiti dei A corsi speciali pratici riflettenti l’istruzione agraria ue orticoltura, a forestale e coloniale, alla fine dei quali gli allievi riceveranno at- testati d’idoneità per gli studii e le pratiche fatte. VII. — AllIstituto biologico-agrario possono essere ammesse persone di qualunque nazionalità che volessero compiere particolari studii nel campo dell’attività dell’Istituto stesso, mediante paga- mento di una tassa annuale. VIII.—L’Istituto Biologico-agrario provvede al suo manteni- mento colle somme annualmente iscritte nei Bilanci del Ministero della P. Istruzione per quello che riguarda le sezioni I e II; e dell'Agricoltura, Industria e Commercio, quanto alle Sezioni III eIV. Oltre a ciò sono destinati a vantaggio dell’Istituto i proventi derivanti : 1) dalle tasse di ammissione di cui all’articolo precedente; 2) dalla vendita delle piante e dei semi; 3) dalle tasse di analisi chimiche e fitopatologiche e delle se- menti eseguite nei Laboratorii. Dai detti introiti straordinari sarà prelevata una quota per- centuale, in proporzioni da stabilirsi, a vantaggio del personale dei Laboratorii IX.HI risultati di tutti i lavori scientifici e sperimentali sa- ranno resi di pubblica ragione mediante una pubblicazione perio- dica dal titolo « Bollettino ecc. ecc. ». X.—Le modalità di funzionamento delle singole Sezioni saran- no indicate in ispeciali Regolamenti approvati dal Ministero della P. Istruzione e da quello dell’ Agricoltura, Industria & Com- mercio. Pag In conclusione, il concetto a cuni g° ispira lo schema di disegno di, esposto è quello d’indirizzare anzitutto l’attività dell'Orto Botanico . di Palermo a fini più pratici nell’interesse dell’ agricoltura meri- dionale, senza però che l’Istituto venga meno alla sua primitiva — fanzione nei rapporti coll’insegnamento universitario. Le due fun- | zioni possono distintamente e contemporaneamente esercitarsi; anzi esse a vicenda si completano. Un orto botanico ‘ moderno non è semplicemente un laboratorio vivente a esclusivo vantaggio dell’in- segnamento superiore; ma là dove concorrono alla sua prosperità eccezionali favori di clima e in generale straordinarie risorse di ingere la a sua attività in così angusti confini da divenire una 3 più o meno arida mostra di | curiosità n viventi. Aggiungere co com'è ‘appunto il caso del nostro Istituto, esso non può FR e ii dunque alla sua normale funzione quella di concorrere al progres- so dell’agricoltura meridionale, rappresenta un compito altissimo e importante consono anche in parte alle tradizioni e alle aspirazioni quasi secolari del nostro Istituto botanico. L'ampliamento e la im- minente sistemazione dei suoi locali, la costruzione di nuovi La- boratorii e Musei, la già avvenuta istituzione della Sezione colo- niale e le promesse d’incoraggiamenti e ajuti da parte di alcuni Enti, dimostrano che già esiste in esso una base sicura su cui possa sorgere in Palermo una grande istituzione agraria sperimen- tale per lo studio scientifico dei problemi che interessano l’ agri- coltura del Mezzogiorno. Non si tratta di edificare ex novo ! la qual cosa presenterebbe gravi difficoltà d’ ordine finanziario; ma semplimente di ordinare con opportunità d’intenti e completare l’o- pera associandovi il concorso — come si disse — di qualche altra istituzione esistente, più particolarmente destinata alla sperimenta- zione agronomica ed anche allo studio delle malattie delle piante proprie delle nostre colture. Oggi che 1° abolizione della Stazione agraria può dirsi un fatto compiuto, i nostri sforzi dovranno mi- vare a ciò che il nuovo istituto da istaurare sui resti della sta- zione medesima, risponda appunto a tali intenti, sicchè il proget- tato « Istituto biologico-agrario siciliano » di cui è oggetto questa Relazione, riesca completo in tutte le sue parti fondamentali come garenzia che dall’attività e dal reciproco accordo fra queste possa la nuova istituzione trar vita prosperosa e utile al Paese. A. Borzi. Notizie sulla Funtumia elastica, (Preuss) Stapf. Gli studii sulla coltura delle piante da gomma elastica, che si vanno compiendo in questo Orto Botanico, ci porgono occasione di discorrere della Funtumia elastica. Trattandosi di una pianta di carattere eminentemente tropicale e di studii che si trovano ap- pena sull’inizio, non abbiamo certamente la pretesa di ritenere che questa coltura possa essere compatibile colle condizioni di clima della Sicilia o di altre parti del mezzogiorno d’Italia; anzi @ priori escludiamo in modo assoluto tale probabilità. Questo cenno però è utile per richiamare l’attenzione sopra una specie oggi molto ap- Prezzata per il suo prodotto e che io son convinto potrà con van- tazgio introdursi nelle nostre colonie dell’Africa. Particolarmente nella Somalia italiana, lungo il Giuba, essa, son certo, potrà tro- vare le più favorevoli condizioni di ambiente e sia perciò necessa- rio promuovere e incoraggiare estesi esperimenti di coltura. La Funtumia elastica, STAPF, appartiene alla famiglia delle ; Apocinacee, della quale altresi fanno parte molte altre specie a la- tici più o meno ricchi di gomma elastica. Il genere Puntumia venne recentemente costituito dallo STAPF, assumendone come tipo le specie africane del vecchio genere Kick- ia, cioè la K. africana e la K. elastica. Secondo il giudizio dei i botanici, tale separazione è abbastanza giustificata da caratteri dif-. ferenziali distinti, sui quali non è qui il caso d’insistere. Interessa | | però dal lato pratico sapere che le specie di Funtumia sembrano dotate di latici più ricchi di gomma elastica e particolarmente la F. elastica, sulla quale già i coltivatori coloniali africani ripongono molte speranze come una delle fonti di caucciù più cospicue del- . 1.— Funtumia elastica.— 1. Rametto fiorito. — 2. serpe di 3. css di un fiore. — 4. Sezione di un seme. — 5. Stami, — 6. Frutto. -- 7. s- Rubber o Silk - Rub- l'avvenire. Essa produce il cosidetto Lago delle più eccellenti sorta ber, considerato nel commercio come uno di caucciù, capace di gareggiare col caucciù di Hevea Glaziovi. La F. elastica occupa una vasta area geografica estendendosi, dalla Costa d’Oro, dal Cameroun e dal Congo, verso nord sino alle regioni equatoriali del bacino del Nilo e verso sud infino allo Zam- bese. Cameroun si eleva sino ad 800 metri d’ altitudine e può e di Manihot d. ‘anche eccezionalmente raggiungere i 1000 metri; ma quivi il suo accre- scimento sembra alquanto lento. n condizioni normali la 7. ela- stica assume i caratteri di un bellis- simo‘ albero delle dimensioni di 20 sino a 30 metri di altezza con una chioma folta e di forma piramidale. Per questo carattere essa è stata con- sigliata come albero porta ombra nelle piantagioni di Cacao e di Caffé e si ritiene che tale ‘asssociazione debba essere doppiamente vantaggiosa sia come mezzo di difesa delle dette pian- tagioni, sia per la produzione del Fig. 2.— Funtumia elasti- caucciù. Comunque si voglia, anche cai » sr Successivi sta- coltivata per quest’ultimo scopo, la A di gerinipazione: F. elastica offre anzitutto il notevole vantaggio di un accrescimento molto rapido e di esigenze colturali assai limitate, senza dire che il suo latice è più concentrato, meno acquoso e meno appiccicaticcio di quello delle specie di Ficus e Castilloa. Infatti da esperienze intraprese nel giardino coloniale di Akuri nella Costa d’Oro, risulta che esemplari di Funtumia elastica dell’età di due anni avevano raggiunto un’altezza di 26 piedi, con “ umtronco persino di tre piedi di circonferenza alla base. Siffatti esem- plari farono in oltre capaci di produrre circa un quarto di libbra di caucciù secco. Il che prova non solamente la straordinaria rapi- dità dello sviluppo di questa pianta e come essa possa raggiungere di buon’ora il suo normale grado di maturità economica, superando in ciò le stesse Castilloa, le Hevea ed il Manihot Glaziovi, senza dire che anche le specie di Ficus quando a rapidità di accresci- mento rimangono di gran lunga inferiori. Oltre a ciò i risultati delle analisi eseguite intorno alle qualità tecniche e alla quantità di caucciù contenuto nel latice confermano | Pienamente tali vantaggi. A questo proposito riferisce il Dott. De ILDEMAN (1) che nelle piantagioni di Monkonjefarm (Cameroun) "gl dalia (1) WruDeMaN (DE) E.— Notes sur quelques Apocynacees laticifé- res de la Flore du Congo—Bruxellos 1908, su 150 grammi di latice estratto si sono ottenuti circa 100 grammi di caucciù puro. Presso a poco i medesimi eccellenti risultati son stati confermati da ulteriori studii. Sicchè la coltura della Puntu- ma elastica comincia a estendersi considerevolmente nelle Colonie dell’Africa e specialmente in quelle dell’Africa occidentale. Interessante è poi il considerare che le esigenze di coltura presso questa pianta si riducono a un minimo veramente straordi- nario, secondo riferisce il DE WILDEMAN. Qualunque qualità di terreno, dal basaltico all’argilloso, da quello pingue e ricco di humus - a quello secco e poverissimo di sostanze nutritive, si confà eccel- lentemente alla vegetazione di questa pianta. La coltura può com- piersi in luoghi secchi e pietrosi, come anche in località umidiccie, tanto nelle parti ombrose della selva tropicale, quanto in quelle aperte e solatie. La propagazione della Y. elastica ha luogo normalmente per semi, i quali conservano piuttosto a lungo le loro qualità germi- native. Questo abbiamo potuto confermare noi stessi nei nostri saggi di coltura, come pure rilevammo che la germinazione ha luogo rapidamente e non richiede particolari cure. I semi a noi perve- nuti per mezzo di una Casa Orticola francese, sono stati messi a germogliare in terra ordinaria di orto mescolata, in ragione di un terzo, con terriccio di bosco, coprendoli appena appena della detta terra. Alla temperatura normale del mese di maggio, in Palermo, vale a dire con un minimum di 14 C.° ed un massimo di 20° 0. i primi segni della germinazione si sono manifestati nel corso di due settimane. L’invoglio del seme, nei primordi della germina- zione, si squarcia verso una delle estremità, donde fa tosto capo- lino la sommità della radicetta sospinta dall’ asse ipocotiledonare. Quando per effetto del geotropismo positivo di questo la radice ha raggiunto la sua posizione normale, l’allangamento geotropico ne- gativo della sommità dell’ asse stesso provvede imme iatamente alla orientazione epigeica dei cotiledoni. Però questi, fintantocchè l’asse ipocotiledonare non si è sufficientemente allungato, nella mi- ‘sura cioè di 3 a 5 centimetri, e non si è situato in pone retta, rimangono racchiusi e nascosti dentro l’invoglio seminale, quindi per rapido accrescimento della loro base cominciano a libe- — rarsi dai detti invogli e a poco a poco si espandono e prendono la loro tipica forma cordata. ; i D’allora in poi la germinazione continua colla ‘medesima rapi 82 dità e nel corso di tre mesi le piantine, sotto le ordinarie condi- zioni di temperatura caratteristiche della estate di Palermo, possono raggiungere una lunghezza di 40 centimetri. I particolari della germinazione si trovano rappresentati nella fig. 2*, mentre la figura 1° serve a dare un’idea dell’aspetto della pianta. LA DIREZIONE. dr fi % è ammo è è CINTO è è + + Sommo + + cme + + Cime + > Gun è % Y Cna P Sopra due Bignoniacee mirmecofile africane. Facendo ricerche sugli adattamenti biologici delle Bignoniacee, ho avuto occasione di studiarne due specie africane, non ancora indicate dagli autori come mirmecofile. Entrambe furono raccolte d al Congo dallo ZENKER, ed i relativi saggi si conservano nell’ Er- 9 bario del R. Istituto Botanico di Napoli. Credo meritevole riferirne i brevemente. Kigelia africana, — Presenta foglie impari-pennate, grandissi- Lt me, con circa 7 coppie di foglioline ovate o quasi lanceolate, della i lunghezza di circa 15 centimetri, a margine intero © perfettamente lea glabre in entrambe le pagini. Queste foglioline hanno assal svilup- ta la funzione mirmecofila. Esse portano in entrambe le pae ed isolate. Sulla pagina infe- rmati dalle nervature se- mente grandi, contenenti ognuna una gros$t è... hero |_—’e; spesso, nel secco, presentano piccole incrostazioni RO te . dando così prova evidente della loro funzione mirmecofila o. So | ‘loro abbondante secrezione. Si possono contare 1 media x Da | nettarii per ogni fogliolina, oltre a numerose glandule aan | Quindi, calcolando che ogni foglia si ‘compone di circa 15. foglio - line, avremo almeno 300 nettarii estranuziali per gotta la po 4; | modo questa specie si rivela per una delle meg] sg HST, AR nettarii, cioè per una di quelle in cui la funzione mirmecofila è più esaltata. Newbouldia laevis.— È pianta arborea con foglie impari-pen- nate a 3 o 4 coppie di foglioline. Ciascuna di esse è ovato-lanceo- lata o quasi spatulata, con piccoli denti lungo il margine, special- mente nella sua metà superiore e con un apice lungamente acumi- nato. Nella pagina inferiore si trovano numerosi e grossi nettarii consistenti in fossette contenenti ognuna una grossa glandula della forma che trovasi frequente nelle Bignoniacee. Questi nettarii, un poco colorati in rossastro, tendenti al nero, sono situati in gran numero verso la base del lembo ed anche sparsi irregolarmente ai lati della nervatura mediana fin quasi verso l’apice. Il loro numero varia da fogliolina a fogliolina; in una ne ho contati 43; conside- rando quindi una foglia composta di 4 coppie di foglioline, si ha per una sola di esse la rilevante cifra di 387 nettarii. Una seconda sede di nettarii estranuziali si ha, in questa specie, nel frutto. Ciascun ramo porta al suo apice una grossa infiore- scenza a racemo. I fiori inferiori ; in numero di 6 a 7 producono lunghe capsule pendenti; però i fiori superiori, in maggior numero, ‘restano sterili e cadono precocemente; essi probabilmente saranno fiori maschili, 0 quanto meno fiori neutri, deputati esclusivamente alla funzione vessillare. Sulle valve di ciascuna capsula, nella loro parte esterna si trovano numerosi nettarii estranuziali della mede- sima forma e grandezza di quelli fogliari. Di essi se ne possono contare più di un centinaio per ogni valva. Da ciò si argomenta la grande esaltazione che -presenta la funzione mirmecofila di que- Sta specie. : Ad avvalorare tale opinione rilevo un fatto singolare, merite- vole di essere studiato. Mentre per il resto dell’infiorescenza asse portante i fiori è completamente pieno, nella sua estremità, rima- sta, coma ho detto, prematuramente priva di fiori, è affatto vuoto e presenta verso la sua base uno o più fori che comunicano con i TT La ira P . l’interno. Tale cavità credo si debba ritenere come un vero domi- ina di formiche, avente lo scopo di assicurare maggiormente la loro permanenza sulla pianta. Può dare valore a questa interpe- trazione non solo il fatto che esistono in Africa altre piante, spe. cialmente alcune specie di Acacia, presentanti grosse spine perfet- tamente vuote, aventi l’ufficio di dar ricovero a formiche, ma an- RR RR ETA Rep IE SEI INS ORESTE ASI Pa CONI i i] SR lai RI € 85 cora il fatto rilevato dal PeNzIG (1), di un’altra Bignoniacea afri-. cana, lo Stereospermum dentatum, che presenta un apparecchio molto simile a quello della specie in parola; ciò è anche verosimile considerandosi che il genere Stereospermum è molto affine al genere Newbouldia. A quanto ne descrive il PeNZIG, lo Stereospermum oltre ad avere nettarii estranuziali in gran numero, presenta le e- stremità dei fusti perfettamente vuote, costituenti cavità, ove le formiche possono trovare ricetto. All’apice degli stessi rami, in luogo della gemma terminale si trova un piccolo foro per il quale possono penetrare le formiche. Il PENZIG pensa che nello Stereo- spermum dentatum siano le formiche stesse che distruggono la gemma terminale e si preparino la cavità con l’ asportazione del midollo. Nella Nexdowuldia invece, a quanto sembra dal secco, la cavità si troverebbe già formata in precedenza e le formiche vi penetrerebbero mediante uno o due fori da esse stesse praticati nei punti ove è disarticolato sent fiore, trovando forse ivi un tessuto più agevole a perforare. E, d’ altra parte , giustificata la presenza di un ricovero di Feovoditio nell’estremità di ciascuna in- fiorescenza, stante la grande quantità di nettarii che si trovano sui frutti, i quali, perfettamente penduli, toccano col loro apice i rami inferiori o le vicine foglie, permettendo così più facilmente 1’ ac- cesso su di essi alle formiche. Dott. ERNESTO ANNIBALE. (1) PenziG 0.— Note di Biologia vegetale « «Sopra unanuova Dianta formicaria d’ Africa».—Nella eatniaie An. VII. - Senova 1894, bi - Vitex litoralis, A. Cuxx. Crediamo utile illustrare questa specie, che cresce mirabil- mente bene all’aperto nel nostro Orto e che è importante sotto di- versi riguardi. È albero di bell’aspetto, che facilmente raggiunge da noi i 6 m. di altezza, e di rapido sviluppo: produce un fogliame denso ed intensamente verde, con le foglie inferiori ternate e le supe- riori quinate, a foglioline ellittiche, ottuse, acuminate, glabre, seghet- tute od intere. I fiori, di brillante colore roseo, e piuttosto grandi, sono disposti in brevi cime ascellari : hanno calice campanulato, co- rolla tomentosa all’esterno e stami esserti. Da noi fruttifica ogni anno. È albero originario della Nuova Zelanda, ove secondo . 'HookER (Tcones plantarum. Vol. V. 1842. t. 419-420) viene assai apprezzato per il suo legname molto duro, buono per le costru- zioni, e capace di ricevere un bel pulimento : perciò viene cono- sciuto col nome di Quercia della Nuova Zelanda. Preferisce | vivere in vicinanza del mare, per cui crediamo possa utilizzarsi anche in Sicilia, per il rimboschimento delle zone littoranee. È poi si interessante dal lato scientifico, per i cospicui acarodomazii puele si rome sulla Pagina inferiore delle sue sapa: E°: G,; E. M.. vr ; 87 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II. 1.° Ramo fiorifero di Vitex litoralis, A. CUNN. 2.° Foglia quinata. 3.° Porzione di fogliolina vista inferiormente, con acarodomazii. 4.° Porzione di infiorescenza, con un fiore. 5.° Androceo con gli stami a filamenti forniti di nettarostegi. 6.° Calice aperto mostrante il pistillo. Rassegna della stampa agricola coloniale. Appunti sulle piante a Caoutehoue. Il Dottor TRABUT (1), riferendo per esteso degli esperimenti fatti nel nostro Orto Botanico, è di parere che anche in Algeria si possa coltivare il Ficus elastica come pianta a Caoutchouc. Egli ritiene che i risultati negativi colà avuti in precedenza, dipendino dall’avere confuso col vero Ficus elastica, troppo scarsamente col- tivato, il Ficus magnolivides che è assai frequente nelle ville di Algeri. Consiglia di far qualche coltura esperimentale con alcune delle varietà riconosciute per migliori produttrici : fra queste pare che tenga il primo posto una varietà di Giava, moltiplicata e dif- fusa dal Giardino coloniale di Nogent : ha le foglie di un verde | assai scuro, volgente al rosso, ed è molto rustica. Il TIRABUT ri- tiene infine che il Ficus elastica si possa prestare colà assai bene per adombrare altre colture, ed è d’avviso che, se il prezzo del Caoutchouc si mantiene elevato, si potranno iniziare simili tentativi di colture, senza correre gran rischio. (1) Tranur L.— Le caoutchoue du Ficus elastica dans la region prices — In Revue Horticole de l’Algerie — XI° Ann. N. 1 LI) Mr aa at AREE SISSI ll Prof. G. BoxxIER ha recentemente presentato all’ Academie des Sciences di Francia, a nome dei Signori BoIs e GALLAUD, una memoria dal titolo Modifications anatomiques et physiologiques dans certaines plantes tropicales par le changement de milieu. n tale memoria, fra gli altri esempii, si cita il Ficus elastica che dicesi divenuto nella regione mediterranea subitamente improduttivo, ed il Cinnamomum Camphora, che nella stessa regione si presen- terebbe pure privo di prodotto. Gli autori ascrivono una tale mancanza di produzione all’azione delle condizioni esterne agenti sulle piante quando sono portate in climi impropri al loro sviluppo: notano come i detti prodotti sono localizzati nei tessuti più soggetti a variare, e ritengono probabile che appunto in questi tessuti sieno avvenute modificazioni, che a- vrebbero avuto per conseguenza immediata i cangiamenti avvertiti nelle loro proprietà fisiologiche. Siamo lontani dal negare le modificazioni anatomiche che real- mente può apportare un cambiamento di ambiente, e le correlative varianti fisiologiche che possono derivarne, ma per quanto si rife- risce ai due citati esempii giova ricordare come gli esperimenti com- piuti sul Ficus elastica in Egitto dal FLovER e dal FAvRE (1), e quelli eseguiti qui a Palermo dalla Direzione di questo Orto Bo- tanico (2), hanno dimostrato che il vero Hicus elastica, anche nella (1) FAvRE L.- Le Ficus elastica i "ag — In Journal d’ A- gricolture Tropicale. V e Ann. N. 53. 1905 p. 329. — Favre L. - Petits facts sur le Ficus elastica en Egypte. a Journal d’Agricolture Tro- picale. - VI © Ann. N. 64. 1903. p. 301. (2) Borzi A. - Colture delle plane da gomma elastica in Sicilia.- Nel Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo-Anno IV. 1905 p. 59— ienze sulla coltura delle piante da gomma elastica în Sicilia. - Nel, Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo.-Anno IV. 1905. p. 155.— Borzì A. - Studi ed esperienze sulla cultura del Fico da gomma ela- stica in Sicilia. - Nel Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. - Anno V. 1906. p. 51. —(ViLBoucHEVITCH J.) - Le Caoutchouc en Sicile.- In Journal d’ Agricolture Tropicale-VI° Ann. N. 61. 1906. p. 223.— Borzi A.- Sulla coltura del Fico da gomma elastica in Sicilia. - Nel Bollettino Ufficiale del Ministero di Agricoltura. - Roma 1906. — | Borzi A. - Cultura delle piante da gomma elastica în Sicilia. - Negli i i | Atti del Congresso agrario nazionale di Catania. 1907, Pi Last } regione mediterranea, quindi in condizioni di ambiente ben diverse dal suo paese di origine, è capace di una produzione di Caoutchoue non punto inferiore alle migliori produzioni riscontrate nelle col- ture tropicali. L’ esistenza poi di Ficus elastica improdattivi in Algeria non ha più valore dal momento che il TRABUT, come sopra detto, ha dimostrato che, per errore di determinazione, da lungo tempo si riteneva in Algeria per Ficus elastica il Ficus magno- lioides. Si aggiunga poi che recentemente il RIvIÉRE (1) ha mandato a Parigi qualche campione di Caoutchouc ottenuto dagli alberi di vero Ficus elastica del giardino di Hamma, presso Algeri, e che tale Caoutchouc, esaminato dai fratelli HECHT, fu ritenuto di ottima qualità e fu quotato 14 franchi al chilogramma. Per il Cinnamomum Camphora poi, pur citato dai detti au- tori, lo stesso TrABUT (2) ha dimostrato che si tratta di un caso analogo a quello occorso per il Ficus elastica, cioè che le piante su cui si era esperimentato in Algeria, appartenevano ad altra specie e precisamente al Cinnamomum inunctum > infatti gli al- beri che il TRABUT ottenne in Algeria da semi genuini di Cinna- momum Camphora, appositamente introdotti dall’isola di Formosa, hanno dato un prodotto abbondante, per nulla inferiore a quello degli alberi coltivati in Asia (8). Nè dobbiamo infine dimenticare a questo proposito che anche il GIGLIOLI (4) trovò gli alberi di canfora, coltivati a Portici ed a Napoli, assai ricchi di prodotto. Dunque anche le piante tropicali coltivate nelle nostre regioni sono suscettibili di buoni prodotti, contrariamente a quanto ave- vano asserito, in modo troppo assoluto, i sopracitati autori. * * Finalmente abbiamo anche una pubblicazione italiana mono- grafica n Caoutchouc : è un manuale HOEPLI testò pubblicato dal (1) (ViLBoveHEvITCH J. ) -Chaoutchoue o a sa de le Kilo.- “In Journal d’ Agricolture Tropicale. - VI © . N. 61. p. 224. (2) TraBUT L. - Ze Camphrier et ta Prassi do Colla vi | Algerie.— In Revue Horticole de l’Algerie. - XIe Ann. N. 3. 1907. ; (3) BATTANDIER J. A. - Camphre et Camphriers en Algerio. dii Revue Horticole de l’Algerie.- XIe Ann. N, 2. - o GiGLIOLI I.- Malessere agrario: a alimentare in Italia: © POE z ni P. E DE TRAIETTORIE i e e ai le rie e i Sa ha; n 5 3 - lano 91 SETTIMI (1), e compilato con molta cura in modo che può benis- simo stare a lato con le pubblicazioni del WARBURG, del JUMELLE, dell’HENRIQUEZ e di altri autori stranieri. La parte botanica forse è alquanto ristretta, ma in compenso è ampiamente svolta la parte che tratta delle proprietà fisiche e chimiche del Caoutchouc e della Gutta-percha, dei processi e delle macchine impiegate per la loro lavorazione, vulcanizzazione, colorazione, e per eseguirne le analisi chimiche : importanti sono i capitoli sulle miscele a base di Caout- chouc, e specialmente sui surrogati del Caoutchouc e sui Caoutchoue artificiali, dei quali l’autore fa una completa enumerazione, dan- done le relative formule. Completano il volume le tariffe doganali, e le statistiche del movimento commerciale in Italia del Caoutchouc e della Gutta-per- cha. A questo proposito l’autore dopo avere riferito, con lusin- ghiere parole, degli esperimenti fatti dalla Direzione di quest’Orto Botanico sul Ficus elastica, e dello incoraggiamento che gli altri Stati danno alle colture delle piante a Caoutchouc, ed aver consta- tato come il valore di questo prodotto sia raddoppiato dal 1895 ad oggi, conclude: « L'industria italiana del Caoutchouc e della Gutta-percha ha acquistato una notevole importanza, dovuta al maggior consumo ed alle applicazioni più numerose delle quali il Caoutchouc è suscettibile. L'estendersi del ciclismo ha deter- minato un notevole contingente di ordini per la fabbricazione delle gomme che proteggono le ruote dei velocipedi. Le gomme prodotte per siffatto uso annualmente si contano a centinaja di migliaja, e il loro numero è aumentato vieppiù col rapido pro- gresso della costruzione delle vetture automobili. L'enumerazione degli oggetti e degli apparecchi, nella fabbricazione dei quali il Caoutchouc entra in tutto od in parte, non ha si può dire li, mite: tutto induce quindi a ritenere riservata a questa industria uno splendido avvenire ». * E * Nel n. 5 della Quinzaine Coloniale troviamo la notizia che si è costituita a Londra, sotto il nome di Yhe Imperial Ethiopian ubber C., una società avente lo scopo di assicurarsi il monopolio (1) Sermimy L.— Caoutchoue e Gutta-percha - Manuali Hoepli —Mi- 1907, SEE ua abbia portato aumento nella produzione, malgrado le richieste sempre più numerose : anzi si nota che tutte le regioni più facil- K,; pda * . PNE . . ) i E -antarno dei continenti, nelle regioni meno esplorate, per tro- | vare ancora qualche produzione, ciò che aumenta di assai le spes® | Li i 0) Perror E. - Etat cdr des alba de culture des plantes wi di tutto il Caoutchouc prodotto nell’Abissinia e nelle regioni limitrofe. Il capitale della Società è di 150.000 lire sterline (3.750.000 fr.) e la durata delle concessioni ottenute è di 25 anni. La società calcola su una produzione di 225 tonnellate di Caoutchouc all’anno, ciò che apporterebbe un utile netto di 1.350.000 franchi, e già sono stati fatti i primi invii di un tale prodotto per le vie del Nilo e di Suakim-Berbera. Queste notizie sono confermate anche da un articolo comparso nell’ultimo fascicolo (IV e V) del Bollet- tino della Società Africana d’Italia. La costituzione di questa Società è importante, stando a provare che anche in Abissinia, 3 o più propriamente nelle regioni equatoriali soggette all’ impero Etiopico, dovranno trovarsi abbondanti piante a Caoutchouc: fin qui non possiamo precisare quali specie saranno, sapendosi solo come colà esistano spontanee otto o dieci specie di Ficus, che - forse produranno Caoutchouc, a somiglianza di quelle recentemente scoperte nel Congo, e sapendosi altresì che una certa quantità di Caoutchouc è prodotta pure da diverso specie di Euphorbia cacti- formi, frequenti in Abissinia. Tuttavia, data la forte produzione di Caoutchouc su cui calcola la Compagnia, riteniamo più verosi- mile che contribuiscano a tale produzione diverse liane, forse A- pocinee, non ancora indicate per le dette regioni. Se questa con- gettura è vera, facilmente ulteriori indagini faranno scoprire l’esi- stenza di alcune di tali liane anche nelle regioni equatoriali, s0g- gette all’influenza italiana, della Somalia e del Benadir. * Il Prof. Em. PeRRrOT (1) recentemente ha presentato un am- pio ragguaglio sullo stato attuale dei tentativi di coltura di piante > Caoutchouc nei paesi tropicali. Rileva anzitutto come in questi. ultimi anni lo sfruttamento delle naturali riserve del Caoutchouc mente accessibili sono state esaurite, per cui occorre procedere si Area 3 ne Coloniale. - Ann. XI, n. 10. 1907. di raccolta e di trasporto, influendo sull’incessante rialzo del prezzo del Caoutchouc. La prospettiva, poco rassicurante, della prossima estinzione delle specie a Caoutchouc, ha allarmato Governi e Società, spin- gendoli ad iniziare tentativi di colture in proposito. Ma gravi difficoltà si sono incontrate, ottenendosi dapprincipio insuccessi e disillusioni : però, come ben dice il PERROT, « peu @ peu, grice aux études de divers botanistes et aux essais de Jar- dins et d’Instituts Botaniques speciaua, la lumiére apparait et on pourrait dire qu'enfin la voie semble toute tracée » . Ciò premesso ecco in riassunto lo stato attuale delle colture ‘a Caoutchouc nelle diverse regioni tropicali : AR E I Indo-Malesia. — In questa regione la specie preferita nelle colture è l'Hevea, raccomandata specialmente dalle stazioni bota- niche di Peradenya, di Singapore e di Buitenzorg: fu introdotta nelle Indie nel 1889 ed ora si hanno a tale coltura oltre 100.000 ettari, così divisi: 50.000 a Ceylon, 30.000 nella penisola Male- se, 20,000 nelle altre regioni. Si rileva poi che a Singapore si è ottenuta una varietà locale assai distinta, a fusto elevato e sem- plice, ed a foglie strettamente lanceolate, che il RipLEY reputa provenire da un « écarts individuels » dell’Hevea brasiliensis. I semi tanto della specie che di questa ‘varietà sono raccolti con cura e venduti ad orticultori al prezzo di un dollaro al cento. Le col- ture sono sovente associate a quelle di Tephrosia, e 1’ accrescì- mento delle piante è assai rapido: ad esempio nel distretto di Beanfort, in Borneo, piante di 7 mesi hanno raggiunto un’altezza di 4 metri. Indo-China. — Le colture di Manzhot Glaziowii, tentate dal DeLIGNON ad Annam hanno dato risultati negativi, perchè le pian- nero spezzate dai venti. Il YEsin ed altri vi hanno sostituito col- speranze di riuscita. si, .__— Australia. — Nel Queensland da due anni soltanto si è intro- a dotto la Hevea e la Castilloa. Sembra debbano riuscire meglio dei —_ Ficus e della Funtumia, già esperimentati in precedenza con esito nega tivo, Sac a ie tagioni furono devastate dai cervi e dai cinghiali, e le piante ven- | | ture di Z/evea e già se ne contano 60.000 giovani piante. Pure il Ficus elastica vi è stato introdotto in quantità, e si nutrono buone Isole Samoa. -- Da sei anni si iniziarono piantagioni di Hevea e si nutre fiducia in un buon prodotto. Isole Hawai. — Il Manihot Glaziowii, inirodotto fin dal 1873, vi è stato rapidamente propagato, ottenendosi risultati oltremodo soddisfacenti : attualmente si contano più di 500.000 giovani piante i tale specie. Africa Orientale Tedesca. — In questa regione la coltura che ha dato migliori risultati è stata quella ‘del _Manihot Glaziowii, specialmente raccomandata e diffusa dall'Istituto Botanico Coloniale di Amani. Il redddito di una tal coltura è stato nell’ultimo anno, 1906, di 100.000 marchi. Questa specie prospera in particolar modo nelle regioni littoranee, e se ne piantano da 1100 a 1600 piedi per ettaro : ogni albero in condizioni normali, rende annualmente in media 200 grammi di Caoutchouc, e ciò significa una produzione . di 250 chilogrammi per ettaro : il loro accrescimento è rapidissimo, raggiungendo 5 m. di altezza in soli 20 mesi. Ora si sono iniziate . in questa regione altre colture di piante a Caoutchouc, specialmente di Funtumia e di Mascarenhasia. Colonie Inglesi e Tedesche ‘dell’Africa Occidentale. — Nu- merose piantagioni di alberi a Caoutchouc furono eseguite dai Te- deschi al Cameroun e dagli inglesi a Lagos ed alla Gold Coast. Secondo lo CHEVALIER colà le colture di Funtumia, associate al Cacao, entrate nel settimo anno, rendono già il 10 °/, sul capitale impiegato. Si sono altresì iniziate colture di Z/evea e di altre specie. __ Africa Occidentale Francese. — In questa regione fin qui si è curato piuttosto la conservazione delle piante indigene a Caout- chouc che l’ istituzione di nuove colture : tuttavia, seguendo i consigli dell’HewRy, si incomincia a coltivare il Micus elastica, nel Soudan, l’Hevea e la Funtumia nelle regioni littoranee, la Ca- stilloa ed il Manihot nelle regioni intermedie : già si hanno in col- tura 5 milioni di liane a Caoutchone, e 250. 000 piante arboree, appartenenti ai suddetti generi. bi Congo Francese. — I tentativi di colture di piante a Caoutchoue colà iniziati hanno dato risultati poco soddisfacenti : massime per la Funtumia si è sendosi confuso la Funtumia africana, specie deficente di Caout- e avuto un completo insuccesso, es- chouc, con la vera Muntumia elastica. I migliori risultati si sono avuti con le Z/evea, che lasciano sperare in un buon reddito per l’avvenire. Madagascar. — Per questa regione non si ha notizia di serii tentativi di colture a Caoutchouc. Si propongono tuttavia pianta- gioni di liane, cioè di Landolphia Perrieri nei terreni non innon- dati, di Landolphia sphaerocarpa in vicinanza dei finmi, e della Mascarenhasia lisianthiflora nelle regioni secche dell’interno. Stato indipendente del Congo. — Le grandi riserve naturali di Caoutchouc, già esistenti in questa regione, sono pressocchè e- saurite, per cui da varii anni si sono intrapresi tentativi di colture di Manihot, di Hevea, di Castilloa e specialmente di liane. Fra queste ultime la specie che sembra di migliore riuscita è la Y'un- tumia elastica che incomincia ad essere utilizzabile dal 7° anno, e di cui si sono già fatte piantagioni per oltre 1000 ettari : si è avvertito però l’inconveniente che in questa regione, la riprodu- zione per seme, di tale specie, dà luogo sovente a piante non uti- lizzabili, causa i frequenti inerocii con l’ affinissima Funtumia a- fricana, priva di Caoutchouc, che ivi abbonda assai allo stato sel- vatico. Questi dati, che da dall'articolo del PERROT, dimo- strano chiaramente come tutte le principali nazioni faccino sforzi e sacrifici per assicurarsi al più presto nelle loro colonie una ab- bondante produzione di Caoutchouc. Per questo è da ritenrsi che fra pochi anni il Caoutchouc proveniente da piante coltivate, pren- derà sui mercati un posto assai importante, e compenserà la dimi- nuzione che si va accentuando nel rendimento delle riserve natu- rali di tali piante. * kE Sull’albero della canfora. In precedenza abbiamo veduto come dalle relazioni del GI- GLIOLI per l’ Italia, del TRABUT e del BATTANDIER per l’ Algeria, anche la coltura da Cinnamomum Camphora possa essere red- ditiva nelle nostre regioni, essendo dovuta ad uno scambio di spe- cie affini, cioè all’aver ritenuto il Cinnamomum inunctum per vero. Cinnamomum Camphora, l’asserzione che nella regione me- Siterranoi tali alberi mancano di prodotto. Ora però non possiamo fare a meno di citare una nota del PERROT (1) che ha singolare importanza a questo proposito. Tale autore, dopo aver fatto la storia dell’albero da canfora, aver riferito come viene utilizzato, ed aver parlato del monopolio che il Governo Giapponese ha fatta dal 1899 di un tal prodotto, viene a parlare dei composti chimici ora trovati come surrogato della vera canfora. Dice che questi prodotti hanno tutte le proprietà chimiche della canfora di origine vegetale, ma su queste godono il vantaggio della mitezza del prezzo : infatti la canfora chimica può cedersi a 5 franchi al chilogramma, men- tre il prezzo di quella naturale oscilla sui 12 franchi pure al chi- logramma. Queste notizie sono di grande interesse ora che da una parte in molte regioni calde si stanno iniziando piantagioni inten- sive di alberi a canfora e dall’altra la richiesta di un tal prodotto va aumentando, trovando applicazioni non solo in farmacia, ma altresi nella fabbricazione del celluloide e nella fabbricazione VS polvere senza fumo. La canfora artificiale viene estratta dall’ senza di trementina, sì che un valente chimico, a proposito delle iniziate piantagioni di alberi a canfora, ebbe ad esclamare : « Mieux vaudrait pout-étre planter des Pins!» Tuttavia il PERROT non ritiene, concludendo, compromesso intieramente l’avvenire degli al- beri da canfora; egli così si esprime: « Le Camphre chimique ne tuera jamais complétement son confrére, car les sous-produîts, comme l’essence de camphre, sont actuellement demandés en quantité considérable par V’industrie des essences, particuliere- ment pour l’obtention du safrol. Il est done permis, sous les reserves expresses, que nous venons de faire, de penser que Vex- ploitation des Camphriers pourra longtemps sans doute, donner encore des bénéfices importants ». * ko L’Argania Sideroxylon. Due articoletti, di cui uno recentissimo (2), ci porgono occa- sione di parlare di questa Sapotacea, indigena del Marocco, e cre- - Sino: o opportuna di richiamare l’attenzione su di essa, essendo (1) Perror Ex. - La Camphre naturel et la Camphre de syn- sr retina -In La Quinzaine Coloniale. - XIe Anne. N. 1907. uil 1 pa “n Losi Arganier (Argania Sideroxylon) «In Revue Rai anti, pad ila o. bia ea SEN 97 perfettamente rustica a Palermo, come lo dimostrano parecchi e- semplari che per molti anni sono vissuti all’aperto in quest’ Orto, fruttificando abbondantemente. I L’Argania Siderorylon è un albero di circa sei metri di al- tezza, che ricorda assai nell’aspetto l’olivo : si trova spontaneo nel Marocco nella regione di Mogador, fra 1’ Qued - Sous e I’ Qued- Tansift. Vive in terreni aridi e pietrosi, ed i suoi giovani getti sono difesi contro gli animali dalle robuste spine che portano. Produce per frutto grosse drupe, rosse a maturità, contenenti un sol seme: è da questi semi che gli indigeni si procurano tutto l’olio necessario alla loro alimentazione. A tal fine ne spezzano i nocciuoli fra due pietre e li fanno alquanto arrostire ad un fuoco lento : poi sulla pasta così ottenuta versano acqua calda, la quale fa prontamente separare l’olio dagli avanzi della mandorla e del guscio. Il pericarpio rappresenta circa®il 32.78 per cento del peso totale del seme, il guscio ne rappresenta il 62.78 e la mandorla solo il 4.44. L’olio poi rappresenta il 51.25 per cento del peso della mandorla, e di conseguenza solo il 2.27 del peso totale del frutto. | L'olio, assai fluido, di color giallo scuro, è molto simile @ quello d’olivo, e gli indigeni se ne servono di preferenza : la sua produzione al Marocco si calcola a circa 3 milioni di chilogrammi, che sono intieramente consumati sul luogo. Anzi colà si dà tanta importanza ad una tale produzione, che il Governo locale severa- mente ha proibito l'esportazione delle pianticelle e dei semi di Ar- gania Sideroxylon. ertamente con metodi più perfezionati se ne potrebbe ottenere una maggior quantità, migliorandone in pari tempo la qualità. I pannelli poi, restati dopo estratto l’olio, sono dati in cibo agli a- ‘mimali che assai li gradiscono. Per queste sue qualità siamo di parere che l’ Argania Side- roxylon meriterebbe di essere coltivata con frequenza in Sicilia, non fosse altro che per albero di rimboschimento, stante le sue qualità di resistere in luoghi aridi e sassosi, e di non temere gli attacchi degli animali erbivori, perchè sufficientemente difesa dai suoi rami spinescenti. G. E. MartEI. ———n Horticole de l'Algerie. -Tom. VI. 1902. p. 211.—Muunax V. - L'Arga- nier (Argania Sideroxylon). - In L’ Agriculture pratique des pays | chauds, è VII: Annèe. N. 49. 1907. p. 74. Aprnppenimannane nr gprprenrinsii gigi Miti l'ing INUILI, LUNI tgp VIT Atari [pasa ca» nta ** Htttnarasnencnar iis Mrttovernamnisenilttittatt fl RAI L’ East British Africa Protectorate e le sue tenute sperimentali coloniali. La « British East Africa », di cui soltanto i limiti settentrionali con l'Etiopia restano ancora si essere determinati, si divide poli- ticamente in tre grandi divisioni : 1° protettorato dell’Africa orien- tale inglese (British East Africa protectorate) con Mombasa capi- tale; 2° protettorato dell'Uganda (Uganda protectorate) con capitale Entebbe e capoluogo indigeno Mengo; 3° protettorato di Zanzibar (Zanzibar protectorate) con capitale Zanzibar. Gli inglesi non dor- mono sugli allori, ma Javorano senza tregua per dare forza ed im- portanza a questo possedimento il quale, di fronte a tutti gli altri che dovranno concorrere col tempo, se le cose non cambieranno, a formare l'impero africano inglese, è il più debole per la sua po- | sizione stessa al centro, quanto perchè la sua funzione rimane in- ceppata dall’ attività tedesca nel limitrofo possedimento germanico, che si stende a mezzogiorno, e da quello del Congo all’Ovest, quanto per il sentimento nazionale che va sempre più progredendo nella È Etiopia. Noi non daremo certo molestia agli inglesi nel Benadir: . la reciproca compiacenza italo - inglese potrà durare fifiché il lento | e largo Giuba ci servirà di frontiera. i Delle tre grandi divisioni nelle quali 1° Inghilterra ha diviso - il suo « East Africa », il protettorato dell’Africa Orientale viene 2 formare il veicolo della penetrazione verso la regione dei laghi. Ed il vale esiste infatti con l’Uganda Railway o ferrovia dell'Uganda, fra Mombasa e Port Florence, alimentata sull’Oceano da Zanzibar, che è base commerciale di primo ordine, e nell’interno dal paese dei laghi e dall’Uganda, alla cui importanza economica gli inglesi danno un grande valore per le loro intraprese specialmente verso il Sudan e l’Etiopia : la ferrovia dell'Uganda è la cagione dell’e- norme sviluppo che ha preso la British East Africa, in confronto delle altre colonie di tutta l'Africa orientale. Ma se un’emporio come Zanzibar può essere una fortuna per l’intera colonia e se il commercio dell’avorio, del bestiame, delle pelli, del cauciù e delle gomme che l’ interno esporta può soddi- sfare l’amor proprio della metropoli, gli inglesi non si arrestano dal promuovere in ogni senso lo sfruttamento del suolo e l’indu- stria zootecnica. A tale scopo fanno funzionare adatte tenute spe- rimentali le quali devono appunto sperimentare, selezionare e quindi divulgare le nuove piante atte alle colture. La tenuta sperimentale (Experimental Farm) è la sorgente della luce pel progresso agri- colo - coloniale degli inglesi e l’East Africa ha già da tempo in funzione un numero considerevole di tali istituzioni che servono assai bene agli interessi britannici. Le tenute sono quelle di Nai- robi, Naivasha, Mazeras, Makindu, Malindi e Kibos, che sorgono in località assai differenti della colonia e servono quindi per le diverse zone o sezioni geografiche nelle quali essa si può dividere, ossia zona marittima o tropicale, zona subtropicale, zona temperata, zona secca e zona alta. Poichè 1’ East Africa inglese ha grande analogia col nostro Benadir, specialmente nella zona marittima o tro- picale, parmi conveniente la presente comunicazione che è redatta sulla scorta delle recentissime notizie ufficiali riguardanti 1° East Africa protectorate e presentate al Parlamento inglese nel febbraio di quest’anno. Ì dai La costa del possedimento inglese forma una lunga striscia larga un centinaio di miglia che si stende dalla frontiera anglo - germanica al Giuba. La pioggia è massima nei distretti più meri- dionali e minima nella regione del Giuba. Di regola la tempore: tura non è eccessiva, ma per l’umidità dell’ atmosfera, il caldo | è più penoso per gli europei di quello che si potrebbe credere. Tuttavia nelle città della costa spira, durante i monsoni, una brezza costante, specialmente fra maggio e novembre , allorquando prevale il monsone di Sud - Ovest. La stagione più calda è in Gennaio; Febbraio, Marzo, e le notti sono allora generalmente fresche, ec- cettuato durante la bonaccia fra i due monsoni, quando possono essere molto opprimenti. La pioggia cade in maggior coppa bal si | prile, Maggio, Giugno e Novembre, ma le stagioni $ ) alquanto variabili e non si possono prevedere con esattezza. Il clima della costa può qualificarsi come non malsano per gli europei; però è snervante, specialmente dopo una lunga residenza, e sono quindi consigliabili di tanto in tanto i cambiamenti d’aria. La malaria e altre malattie non sono frequenti. Nella regione del Giuba il clima è caldo e secco, il sole molto forte, ma le notti sono fresche. La costa in generale non è malsana, ad eccezione che per coloro che possono avere disposizione a malattie nervose, le quali resero inva- lidi molti operai. s entro terra, a circa dieci o quindici miglia dal mare, comin- cia una regione dove il caldo, non essendo temperato dalle brezze marine, è reso insopportabile. Le stazioni situate in quella larga fascia di paese, come Rabai e Voi, non hanno reputazione di sa- lubrità anche perchè la malaria vi è abbastanza frequente. Lo stesso può dirsi della vallata del Tana la quale è in certe stagioni resa inabitabile per il gran numero di zanzare che la infesta. La più gran parte dell’interno dell’East Africa protectorate consiste di «ridges» e di « plateaux » dai 4000 ai 9000 piedi e più fin nell’alta regione del Kenya che raggiunge i 18000. piedi; quantunque il complesso di questo altopiano non sia egualmente sano, si può dire con sicurezza, generalmente parlando, che è straordinariamente sano. Il sole, come è da attendersi in un paese tanto vicino all’equatore, è potente durante le ore del mezzogiorno, ma l’aria è viva e corroborante; le notti sono fresche e gli euro- pei sono in grado di applicarsi come non sarebbe possibile alla costa. Questa parte della regione è considerata propizia per la co- lonizzazione e molti coloni vi si sono infatti stabiliti. Una prova saliente dell’eccellenza del clima è data dall’aspetto sano dei fan- ciulli che sono nati e cresciuti colà. Il solo vantaggio sembra es- sere dato da una durata troppo lunga della temperatura giorna- liera e dal regime prevalente di venti forti che in alcuni distretti sono opprimenti. Alcuni distretti come Kitui e Baringo non rag- | giungono la media generale, ma non è a stupirsi perchè essi giac- ciono all’estremità dell’altopiano. Le coste del lago Victoria sono relativamente basse e in con- seguenza, anche per la loro posizione all’ interno e assai lontane i benefici del mare, il calore raggiunge ed eccede quello della costa. Colà sono frequenti violenti uragani e il clima è meno gra- - devole che in qualsiasi altra parte del Protettorato. La malaria vi i e pericolosa. Mumias e Kisumu hanno dato cattivi records sotto questo rapporto. «Ogni anno che passa segna un progresso per l’attività agricola ed economica dell’East British Africa protectorate. L’Amministra- zione inglese e i privati non risparmiano nulla, in fatto di colture agricole e di allevamenti di bestiame, peraltà la colonia possa diventare una vera fonte di ricchezza per la Gran Bretagna. Ul- timamente si introdussero anche 5000 pecore merinos da parte del- l’East Africa Syndacate e l’esperimento è stato coronato da favo- voli probabilità per cui il risultato definitivo è atteso con grande interesse. Nell’altopiano si lavora febbrilmente. I coloni europei nei din- torni di Nairobi stanno estendendo la superficie coltivata e mo- strano tendenza ad abbandonare prodotti come i cereali comuni, le pa- tate e i faggiuoli per altre colture di più alto valore commerciale, come il caffè e le piante a fibre. I cereali comuni non hanno an- cora probabilità di forte reddito per le spese di esportazione che sono assai rilevanti, ma se i noli potranno ribassarsi, i cereali co- muni daranno lauti guadagni ai coltivatori. La coltura della vaniglia e del caffè ha ora il primato sopre altre piante nell’altopiano del- l’East Africa inglese. Nella costa vanno sempre più ottenendo largo successo molti frutti tropicali e grani. Le piantagioni di noci di cocco e la colti- vazione del riso sono assai promettenti e diffuse. Il riso che forma il nutrimento principale delle popolazioni della costa ed è attual- mente importato sopra vasta scala dall’India, sarà presto ottenuto nella regione costiera dell’Africa inglese in proporzioni molto mag- giori alla richiesta dei luoghi, e potrà quindi venire esportato. La regione della costa è del resto molto fertile e poco lavoro è suffi-. ciente per la sussistenza del coltivatore indigeno, il quale ottiene con estrema facilità mais, patate dolci, miglio, sesamo etc. Ma so- pra tutti gli esperimenti e tutte le colture che gli inglesi. conti- nuano nei terreni costieri, occupano il posto principale le piante da fibra e il cotone. Già per l’industria della Sanseviera è sorto uno stabilimento a Voi che promette un grande successo per l’ intera ‘ regione. a produzione del cotone è in forte aumento. Le colture di Malindi hanno già superato l’importanza degli esperimenti nelle altre località delle colonie e fanno da sole prevedere una grande estensione di coltivazione nei prossimi anni nella valle del Sabaki. La fattoria governativa di Malindi ottenne l’anno scorso quattro tonnellate che furono vendute a L. 0.83 per libbra inglese: un colono delle vicinanze ha ottenuto un prezzo anche migliore. I semi | egiziani della varietà Abbasi danno i migliori risultati, la Sea Island, quantunque sia un prodotto con peli più lunghi, è tuttavia troppo delicata per i terreni del Sabaki. Questi sono i risultati più recenti. Tutto si deve all’iniziativa del Governo il quale, come sopra si è detto, fa funzion are nella colonia un numero notevole di tenute sperimentali che a loro volta, e ciascuna nel proprio distretto, tengono alla dipendenza fat- torie più piccole e avventizie. In quella parte dell’Africa sono da considerare diversi ordini di tenute sperimentali; talune sono miste, ossia destinate alla duplice funzione agricola e zootecnica, altre funzio- nano unicamente per gli esperimenti agricoli o per quelli zootecnici o pel cotone. Nairobi. Questa tenuta è mista. La stagione passata fu general- mente favorevole, nonostante le malattie parassitarie e i vermi che danneggiarono assai le coltivazioni, rendendo impossibile di accer- tare quanto la regione potrebbe produrre. Diverse piante da gomma furono tentate senza gran successo e fu assicurato un certo numero di piante da fibra che ora sono disponibili per la distribuzione ai coloni. Gli alberi da frutta non corrisposero ancora ed è dubbio se potranno compensare le molte cure che richiede la loro coltiva- zione in quella parte della colonia. Gli alberi da legname riescono bene e i più promettenti sono quelli dell’India, provenienti da un’al- tezza di 4000 piedi. Il suolo della tenuta è povero nel suo insieme, la roccia venendo frequentemente allo scoperto. Sia per gli esperi- menti di colture agricole , quanto per quelli del bestiame, la te- nuta non sembra ben situata e le sue condizioni non sono carat- .teristiche di quelle parti dei distretti di Nairobi e di Kiambu che sono occupate dai coloni. In conseguenza la tenuta non ha presen- tato uu successo ed è quindi probabile che essa venga portata in una località più conveniente e più vicina ai settlements europei. La tenuta di Nairobi prepara migliaia e migliaia di piantine di caffè Moka, di Sisal, di Boehmeria ete. per le muove pianta- gioni, Naivasha.—La tenuta sperimentale di Naivasha è stato molto utile per esperimentare l'allevamento di varie qualità di bestiame e fornire i coloni di bestie giovani. I risultati ottenuti durante l’ anno scorso sotto ,l’ oculata direzione di John Hill sono rimune- | ratori e incoraggianti. Le greggi di pecore merinos importate mo- | Strano un aumento del 133 %| in due anni; i giovani maschi sono | avidamente comperati dai coloni. ) Però, le pecore Lincoln e Welsh non sono fin quì riuscite. Le : — malattie ebbero ancora, come negli anni antecedenti, una triste dif- fusione forse dovuta alla siccità : soffrirono anche le pecore e Je capre Kisumu, le indigene e quelle di mezzo sangue. Non soffrono gli animali grandi (bovini e zebre) e sembra perciò che l'East Africa protectorate possa diventare un paese di forte produzione bovina, al quale scopo il Governo cerca d’incoraggiare i coloni con ogni Se MiLL.—A. obscura, MILL. var. maculata. — A. ma- rpa, Top.—A. Schimperi; Top.—A. Borziana, TERR. fil.— 4 lieta DC.— A. ciliaris, HAaw. — A. plicatilis, MILL.— A. Caesia, SALM-Dysk.— Allium roseum L. — A. subhirsutum, L.—-Aquilegia vulgaris, L.— Acokanthera venenata, G. Don.—Aco- rus gramineus, (Soland.) Arr. — Aesceulus Pavia, L.—A. Hippoca- stanum, L.-A. glabra, WILLD.—A. Michaurii, HorT.—Alyssum maritimum, LAM.—Armeria splendens, Boss. — A. maritima, WILLD. — A. elongata, HorrMm.—A. berlegensis, DAREAU.— Ace- ras antropophora, R. Br.—Begonia semperflorens, Lk. ET OTT.— Brunfelsia latifolia, Bra.—B. macrophylla, Bra. —B. macrantha, LEM. — B. violacea, Lonp. — Bougainvillea fastuosa, CHOISS.— B. splendens, CHoISs.—B. glabra, CHorss,— B. aurantiaca, HoRT. Bryonia punctata, TaxB. Babiana angustifolia, SwEET.—B. rubro-cyanea, KER-GAWL.— B. stricta, KER-GAWL. cum var. albiflora.— Bellis perennis, L.— Budleja paniculata, WALT.—Buxrus balearica, Lam. — B. sem- pervirens, L.—B. japonica, MuELL. — Broussonetia papyrifera, VENT.—Billbergia nutans, WENDL.—B. speciosa, THBG. — Ber- beris aristata, DC.—B. asiatica, RoxB6.—B. dealbata, LINDL.— B. lucida, ScHRAD.—B. sanguinolenta, ScHRAD. — B. sinensis, Desr.—B. vulgaris, Linx.—Beschorneria tubiftora, KTH. — Be- gonia rubro-setulosa, A. DC.—B. nelumbifolia, CHAM. ET SCHL.— B. semperflorens, Lk. ET OTT.—B. princeps, Hort. BEROL.— Celsia cretica, L.— Coleus Penzigi, Prr.— Cereus flabelliformis, MiLL.—Orassula marginalis, Arr.— Cotyledon linguaefolia, L.— C. retusa, BAK.— Canna macrophylla, Horr.— Crataegus Oxya- cantha, L.—C. stipulosa, SteUD.—Cornus sanguinea, L.— Cro- ton ciliato-glanduliferus, ORTEG.— Cerastium tomentosum, L.— Celtis australis, L.—C. occidentalis, L.—C. Bungeana, BLUM.— Cneorum tricoccum, L.—Cluytia pulchella, L.— Centaurea sphae- rocephala, L.—Cistus creticus, L.—C. villosus, L.— Cheiranthus | Cheiri, L.—Cassia artemisioides, DC.— Calystegia sepium L.— Calycanthus occidentalis, Hook. ET ARN. — Citrus Aurantium, . LC. Bigaradia, LorseL.—C. Limonum, Risso.— Carex ripa ._ ria, Curt.—Cytisus sessilifolius, L.— Colletia spinosa, LAM. — o Cestrum. elegans, ScHLEcaT. - 0. Parqui, L'’HeRrIT. — Celastru scandens, L.— Campanula Rapunculus L.— Daleschampsia Gini tn MuELL.—Dianthus plumarius, L.—D. superbus, L.—D. » Pene Et a+ Se cin 121 Caryophyllus, L.—Deutzia crenata, SteB. ET Zuco.—Dunalia iner- mis, Borzi.— Echinocereus glycimorphus,HorT.—Euphorbia Cha- racias, L.—E. Schimperi, PRESL.—E. pinea, L. — E. spinosa, L.—E. ceratocarpa, TEN. — E. splendens, Bos. — Eupatorium janthinum, HEMSL.—E.megalophyUum,L.—E. atrorubens, LEM.— E.macrophy!lum KLAT.--E. Album,L.—Eustrephus angustifolius, R. Br. — Euonymus curopacus, L. — Forsythia suspensa, VABL,. Fontanesia phyllireoides, LABILL. — Geum urbanum, L.—G. molle, Vis.—-G. japonicum, TABG.— Geranium molle, L.—G. pratense, L.-—G. sylvaticum, L.— Ginkgo biloba, L. — Galium pallidum, PRrESL.— GIycine chinensis, DO.— Gladiolus byzanthinus, MILL.— È Gasteria nigricans, DUvAaL.—G. subnigricans, HAw.—G. disticha, A Haw.—G. maculata, Haw.—G. decipiens, HAw. — G. trigona, Haw.—G. intermedia, HAw.—G. verrucosa, DUVAL. — Gynura aurantiaca, DC.— Hibiscus Rosa-sinensis, L.— Haworthia pla- 4 nifolia HAw.—H. denticulata, HAw.—Heuchera hispida, PURSH.— Halleria lucida, L.—Humea elegans, SM. — Hyacinthus amethy- : stinus, L.—Ixria paniculata, D. DeLAR. — I. scariosa, TuB6,— I. maculata, L.—Iris tectorum MAXIM.— I. aphyla, L.—I. flo- rentina, L.—I. germanica, L.—I. pallida, Lam.—I. squallens,E. BerG.—I.neglecta,PARL.—I. pseudo-Acorus, L.—Jasminum revo- lutum,Sus.—Justicia furcata,DC.—Jochroma coccinea SCHEID.— Kigellaria africana, L.—Lycium afrum, L.— Lapeyrousia jun- cea, Pour.—Lavatera Olbia, L.— Lychnis dioica, L. — Lobelia lariflora, H. B. er K.— Linaria reflera,DESF.— Leptospermumum laevigatum, F. v. MuELL.—Lotus peliorhynchus, Hoon.— Ligustr Ibola,SteB.— Mesembryanthemum cordifolium, L.—M. cultratum, SALM-Dyck.—M. depressum, HAw.—M. linguiforme, L.—M. dif- forme, L.—M. congestum, S-D.—M. geminatum, Haw.—-M. in- claudens, HAw.M . forficatum, L.—Myosotis sylvatica, HoFFM.— Morus alba, L.—Melia Azederach, L.— Melianthus major, L.— Maclura aurantiaca, NurT.—Notoscordum fragrans, BrH.-Nu- | phar. luteum, WiLLD..Nymphaea alba, L.—Nemophila macu- lata, BrH.—N. insignis Bra—Nierenbergia frutescens, Dur.— | Nicotiana longiffora, CAav.— Ornitogalum narbonensis, L.— Oxralis acetosella, L.—Orchis papilionacea, L. — Pittosporum viridiflo- rum, Sims. — Polygala myrtifolia, L. — Phacelia tanacetifolia, BrH.— Pomaderris apetala, LaBILL.—Pinus halepensis, MILL.— | Pelargonium amplissimum, WENDL.—P. canariense, WILLD.— P. crenatum, Link.—P. denticulatum, JaQ.—P. inquinans, AIT.— P. papilionaceum, Arr.—P. peltatum, Arr.—P. Radula, L’H®RIT. Phlomis chrysophylla, Borss.—Ph. viscosa, POIR.— hiladelphus 122 coronarius, L.—-Podachenium paniculatum, BrH. — Pitcairnia ranthocalyr, MART.—Pistacia Lentiscus, L.— Pittosporum TOBIRA, Air.— Pinellia tuberifera, Texn.— Prasium majus, L.— Parro- tia persica, C. A. MEJ.—Papaver Rhocas, L.—Ruellia solitaria, ELL. —/osa Bancksiae,AtT.—Rosa indica,L.— Rhamnus Alater- nus, L.—Ranunculus repens, L.—R. muricatus, L.—R. lanugi- nosus, L.—Ihus Toricodendron, L.—Rh. Cotinus, L.—Raphio- lepis indica, LinpL.—R. rubra, LIinpL.—R. japonica, StEB. ET Zuoc.—Serapias lingua, L.—Salvia officinalis; L.—S. pratensis, L.—Strelitzia Reginae, Bancks.—-Scutellaria orientalis, Sms.— S. peregrina, L.—Solanum macrophyllum,Hort.—S. Jasminoides, Paxr.— Staphylea colchica StEv.— Sainpaulia jonantha WENDL.— Scilla peruviana, L.—Se. festalis, SALISB.—Spartium junceum, L.— Sempervivum ciliatum, WEBB. — Senecio cruenthus, DC.—- Tropaeolum pentaphyUum, Lam.—T. majus, L.— Tritonia cro- cata K.G.—T. fenestrata, K.G.—T. deusta, K. G. — Teucrium fruticans, L.—Tamarix gallica, L.—Trevesia sundaica, M1Q. — Urospermum Doleschampi, F. W. ScHMIDT. — Viburnum cassi- noides, L.—V. Opulus, L.—V. tauricum, Hort.—Zanthoxylon alatum STEUD.—Z. Bungei, PLANCH. 2% DECADE. TEMPERATURA | VENTO GEOTERMOMETRI | pioggia Giorni a : poni Media | Minima |dominante | 39 em. | 60 em. | 90 cm. | 120 em. mm. 11 | 24,0|20,13 10, 7} w |.19,26 | 17,14 15,60 | 14,96 - 12 | 24, 6|20,93[12, 4 xxw 20,14 | 17,76 | 15,86 | 15,16| — 13 | 24,8|20,14 12, 0) ENE j} 20,80 | 18,18 | 16,18 | 15,36! — | 9 ri 14 | 26, 0|21,59|10, NNE |{ 21,18 | 18,58! 16,50 | 15,561 — 15 | 26, 6|22,14|19, E |21,78|18,92' 16,84 |15,84| — 16 |.25, 6|20,70|12,9) ewm|[22,26 | 19,42 | 17,16 | 16,06|| — 17 | 27, 8|20,96|13,2| ema |29,16|19,70|17,46|16,32] — 18 | 21,3|18,76|16,2] ese |21,06|19,60|17,70|16,56] 0,85 19 | 21, 2|17,29|13,9] exe|20,24/19,34|17,80|16,74| 0,95 20 | 19,1|15,87|10,9| ene |19,84|19,12|17,82|16,90| — Media! 24, 0 19,85 | 192,58 20,87 .| 18,98 | 16,88 | 15,95 || 1,80 123 Fiorirono: Aloe Todari, Borzi.—A. macrocarpa, Ton. —A. obscura, MILL. cum. var. maculata, picta,—A.Bortiana,TERR. fil. — A. Caesia, SALM-DYycK.—A. ciliaris, HAw.—A. plicatilis, MILL.— A. Schimperi, Top.—A. umbellata, DC.—Acacia stenophylla, A. Cunn.—Abutilon megapotanicum, ST. HILL.—Aechmaea Lindenti, E. Morr.— Armeria elongata, Horm.—A. maritima, WILLD.— A. splendens, Borss.—A. longiaristata, Borss. ET REUT.—A. plan- taginea, WiLLD.—Aesculus Hippocastanum, L.—A. Pavia, L.— A. Michauxrii, Hort.—A. glabra, WiLLD.—Alyssum maritimum, Lam.— Acokanthera venenata, G.Don.—Aquilegia vulgaris, L.— Acorus gramineus, Art.—Allium roseum, L.AU. subhirsutum, L.— Berberis vulgaris, L.—Berb. sanguinolenta, ScurAD.—Berb. sinensis, Desr.— Berb. aristata, DC.—Berb. lucida, ScHRAD.— Berb. dealbata, LixpL.—Berb. asiatica, RoxB6.— Berb. emargi- ginata, WiLLD.—Berb. provincialis, AuDIB.— Beloperone plum- baginifolia, Nees.—Bryonio punctata....—Begonia semperflorens, Lk. er OrT.—Begonia rubro-setulosa, A. DO.—Beg. nelumbifo- lia, CuaM.—Brunfelsia macrophylla, Bru. —Br. latifolia, BTH.— Br. macrantha, Lem.—Br. violacea, Lonn.— Bellis perennis, L.- Billbergia nutans, WENDL.—Bill. speciosa, THBG.—Beschorneria tubiflora, KTH.— Coleus Peuzigi, Piror.— Cereus flabelliformis, MiLL.— Cer. speciosus,SwEET— Crassula marginalis,AtT.— Canna macrophylla, Hort.—Cornus sanguinea, L. — C. macrophylla, Wall. — Calycanthus occidentalis, Hook ET ARN. — Crataegus Oxryacantha, L.— Cotyledon linguaefolia, L.— Cot. retusa, BAK. — Croton ciliato-glanduliferus, ORT.— Cneorum tricoccum, L.-- Centaurea sphaerocephala, L.—Cluytia pulchella, L.— Cheiran- thus Cheiri, L. — Convolvulus sepium, L. — Citrus Bigaradia LoIsEL.—C. Limonum, Risso.— 0. Aurantium, L.— C. Medica, L.— Cit. Decumana, LorseL.— C. Deliciosa, TeN.—C. Hystrix, DC.— Cestrum elegans, ScaLecuT.— C. Parqui, L’HerIT.— Ca- Iycanthus occidentalis, Hoog. ET ARN.—Cytisus sessilifolius, L. — Campanula Rapunculus, L.—C. Medium, L.— Camp. glome- rata, L.— C. latifolia, L.— Comp. Cervicaria, L.— C. urticae- folia, ALL.—Daleschampsia Roezliana, MUELL.— Dianthus Ca- ryophyllus, L.—Deutzia crenata, SIEB. ET Zuco.— Echinocereus | glycimorphus HorT.— E. sylvestris, SPEG. — Euphorbia spinosa, L.— E. ceratocarpa, TEN.— Dunalia inermis, BoRzI,— Eupato- rium janthinum, HeMSL.—E. atrorubens, LEM,—E. album L.- | E. macrophyllum, KLaTT.—Eustrephus angustifolius, R. BR.— Euonymus europaeus, L.— Fontanesia phyllireoides, LABILL. — Geum japonicum, Tage.— G. molle, L. — G. urbanum, L. — Geranium pratense, L.—(G. sylvaticum, L.—G. canariensis REUT. _— G. collinum, StEPH, — G. sanguineum, L.— G. albiflorum, LEDEB. — Galium pallidum, PRESL. — Gladiolus Gandavensis, . HoutT.—G. grandis, THB6.— G. superbus, FIscH.—G. Col- villi, SveeT.— Gasteria verrucosa, DUVAL.— G. intermedia, Haw. G. trigova, Haw.—G. disticha, HAw.—G. nigricans, DUVAL.— G. subnigricans, HAw.—G. maculata, HAw.—G. decipiens, HAw. Gynura aurantiaca, DC. —Heuchera hispida, PurscH.—Haworthia planifolia, HAw.—H. denticulata, HAw.—Hibiscus Rosa-sinensis, L.—Iris pallida, Lam.—I. neglecta, PARL.—I. germanica, L.— I. pseudo-Acorus, L.—Justicia furcata, DC.—Jochroma coccinea, Scnen.—Kigellaria africana, L. — Lapeyrousia juncea, POUR. —Lobelia lariftora, H. B. et K.—Leptospermum laevigatum, F. v. MuEeLL.—Lavatera Oblia, L.— Lotus peliorhynchus, HOOoK.— Ligustrum Jbota, SteB. — L. vulgare, L.—Lychuis dieica, L.— Mesembryanthemum cordifolium, L. — M. depressum, Haw. — M. linguiforme, L.— M. congestum, S. D.— M. difforme, L. — M. geminatum, HAaw.—M. forfificatum, L.— M. rubro-cynetum, AW.—M. uncatum, L.—Myosotis sylvatica, HorFM. var. alpe stris,—Notoscordum fragrans, Bra.—Nuphar luteum, WILLD.— Nymphaea alba, L.—N. odorata, Artr.—N. Marliacea, HoRT.— N. chromatella, Hort. — N. colossea, HORT. — N. Robinsonti, HorT.—Nemophila maculata, Bra. —N. insignis, Bra.— Nicotiana longiflora, Cav.— Nierenbergia frutescens, Dur.— Ornithogalum arabicum, L. — 0. narbonensis, L.— Pittosporum viridiflorum, Sims.— Polygala myrtifolia, L.— Pomaderris apetala, LABILL. — Pelargonium crenatum , LINK.—P. tomentosum, JACQ.—P. zonale, L’HéRIT.—P. inquinans, Atr.—P. Radula, L’HéRtT.— P. am- plissimum, WENDL. — P. peltatum, Art. — P. papilionaceum, Art.— Phlomis viscosa, Porr. — Ph. chrysophylla, Borss.— Ph. ferruginea, TEN. — Ph. americana, Hort. — Pitcairnia rantho- calye, Mart. — Pistacia Lentiscus, L. — P. Terebinthus, L. — Prasium majus, L.—Papaver Rhoeas, L.—P. somniferum, L.— Ruellia solitaria, WELL. — PR. rosea, HEMSL. — R. squarrosa, FENZL.—Rhus loesignità: L.— Rn. Dnlonii L.— Rh. undulata, ; Jaco.—RA. Thiphina L.—Serapius lingua, L.— Salvia officinalis, | L.—Strelitzia Augusta, Banck,— St, Reginae, Banck.— Scutellaria peregrina, L. — Sc. orientalis, Sus. — Solanum jasminoides, . PAxr.S macrophyllum, Hapr.—Saintpoulia jonautha. Hook. o Spartium Junceum, L.—Sempervivum ciliatum, WeBB.— Senecio | oruenthus, DC.— S. scandens, Bucn-Ham.— Teucrium freticans; | » — T. lucidum, L. _ Lropiostumi pentaphylltum, Lam. — Tr. ‘ba » CREDE oe RAT, CSI NAT E TRE SÌ sà. = 195 majus, L.— Tritonia crocata, K. G. — Tr. fenestrata, K. G. — Trevesia sundaica, Mro.— Viburnum cassinoides, L.—V. pruni- folium, L.—V. Opulum, L.—Zanthoxylon alatum, STEUD.—Z. Bungei, PLANCH. 3% DECADE. | TEMPERATURA | VENO GEOTERMOMETRI | PIOGGIA Giorni | — o in ni Media | Minima |\lominante || 39 em. | 60 cm. | 9) em. [10 em. moi 21 || 20, 1| 17,07| 8,9 se | 19,26 | 18,82|17,80|17,00| — 22 23, 0 19,16 | 10, 7 exe |20,02| 18,78|17,80|17,00| — 23 | 24, 6|19,99|10,8| ene | 21,00|19,16|17,80|17,00| — 24 | 25, 8|21,23|11, 8| exe 121,86 | 19,54|17,90 (17,10| — 25 || 26, 6 | 21,79|12, 7{ ene |22,48]|20,04|18,14|17,290| — 26 | 26, 021,79 |12, 7] ene |23,02|20,42|18,34|17,84| — 27 |27,1|22,47|12, 7| ene ||23,48 | 20,94 | 18,60 | 17,54| \— 28 | 27, 7|23,14|18, 0|| exe ||23,88| 20,96 | 18,84| 17,74] — 29 | 24, 2|20,94|15, 6| sw 23,78 |21,24|19,08 [17,96 0,80 30 || 24, 4| 20,77 | 14, 6] wsw || 22,38 | 21,12 | 19,30 | 18,14 81 | 28, 4|18,77|15, 0) x |22,52|21,00/19,34|18,30| 3,45 Media || 24,74 | 20,58 | 12,45 29,05 | 20,08 | 18,40 | 17,45 || 4,25 Fiorirono : Acanthus mollis, L:—A. longifolius, PoIr.—A- TT, — Am. herbacea, WALT. — Am. fruti- La — Br. minor, S. Wars. — Br. coccinea, A. Gray. — Br. laxa, S. Wars. Br. lactea, S. WATs.—Bougainvillaea glabra, CHosss. — Bryonia punctata, Tanp.— Brunfelsia americana, L.— Bellis perennis, L.—Budleja paniculata, WALT.— Bambusa macrocul- mis, A. Rrv. — Campanula medium , L. — Citrus Bigaradia, LoIsEL.— Citr. Aurantium, L.— Citr. Decumana, Lors.— Citr. deliciosa, TEN.— Citr. Hystrix, DC.—Citr. Medica L.— Chrysan- themum Leucanthemum, L. — Cordyline angustifolia, KTH. — Cord. terminalis, Krn.— Chamaedorea elatior, MART.—Ch. Sar- tori, LieBM.— Columnea Lindleyana, PAsQ.— Crassula margina- lis, Arr.—Clivia nobilis, LisnpL.— Cotyledon retusa, BAK.—Cot. Uhinkii, Horr.— Canna flaccida, Rosc.—Convolvulus saepius , L.-Carya olivaeformis, NUTT. — Coreopsis aurea, AIT.— Cata- nanche lutea, L.— Cat. coerulea, L.—Centaurea sphaerocephala, L.—Calliandra portoricensis, BrH.— Cheiranthus Cheiri, L. — Cassia floribunda, Cav. — Cass. glauca, Lam. — Cyperus al- ternifolius, L.—Cyp. longus, L.—Carex nigricans, Kit.— Car - paludosa,Goon.— Carex pendula, Hups.— Calliproa albida, Borzi. —Cestrum Parqui, L’HéRIT.— Cestr. elegans, SCHLECHT.— Cestr. Endlicheri, Mrers. — Cestr. foetidum, MEDIC. — Cestr. Schotti, ENDT.—Convolvulus Scammonia, L.— Cordia Francisci, GRAEF. Cocculus laurifolius, DC.— Crinum zeylanicum, L.— Centran- thus ruber, .—Dodonea triquetra, viene —Deutzia crenata,: SIEB.—Dunalia inermis, BoBzi.— Dal Roezliana,MUELL — Dianthus Ca aryophyllus, L.—Epiphylium Pusseli ianum, HOOK.— Echinocactus Echidne, DC.—Echinocereus (Cereus) pentalophus, LEM.—Ech. Poselgeri, Lem.—Ech. sylvestris, SPEG.—Ech. pro- cumbens, LEM.—Ech. Ehrhenbergi, ExGELM.—Ech. diversispinus, HoRrt.— Ech. stramineus, ENGELM.— Ech. tuberosus, POSEL. — Ech. polyacanthus, ENGELM.—Ech. Salm-Dyckianus, SCHEER.— Euphorbia Schimperi, PRESL.—Euph. Caput-Medusoe, L.—Euph. Regis-Jubae, WEBB. ET BERT. — Euph. Tirucalli, L. — Euph. splendens, Bos ET Hook.— Euonymus americanus, L. — Euon. europaeus, L. — Euon. angustifolius, Purs.— Gasteria nigri- cans, DuvaL.—Gast. subnigricans, Hiw.— Gast. maculata, HAw. —Gast. decipiens, Haw.— Gast. acinacifolia, Haw.— Gast. tri- gona, Haw. — Gast. multipunctata, HorT. — Gast. intermedia, Haw.— Gladiolus sagittatus, HoRT.—Geranium sanguineum, L. — Ger. canariensis, REUT.— Ger. collinum, StePn.— Ger. syl- vaticum, L.— Ger. ibericum, Cav.— Ger. vcd ar Cav. Gratiola officinale, L.— Hibiscus Rosa- -sinensis, L.— Haworthia . hybrida, Haw. — Haw. planifolia, Haw. — Heuchera hispida, Ì: i Crisalide e tito peso CELL e A lego ae 127 Pursni.—Heuch. macrophylla, Lonn.—Heuch. pilosissima, FIScH. er Mev.—Helichrysum rupestre, DCO.—Hel. angustifolium, DO. — Halleria lucida, L.—Hypericum aegyptiacum, L,—Hemerocallis hybrida, Horr.—Hem. flava, L.—Hypoxis erecta, L.—Hp. vil- losa, L.—Iacobinia velutina, Hort.—Jatropha hastata, JACQ.— Iasminum capense, THBG.— Iasm. floridum, Buxna.— Iris foeti- dissima, L.—Iochroma coccinea, ScHraDp.—Iochr. violacea, RGL. — Iusticia furcata, DC.— Lotus peliochynchus, Hoon.— Leonu- rus tataricus, L.— Leon. marrubiastrum, L.— Lavandula mul- tifida, L. — Ligustrum vulgare, L. — Lathyrus latifolius, L. — Lychnis dioica, L. — Lobelia laxiflora, H. B. er K.— Lavatera Olbia, L. — Linum decumbens , Descr. — Mesembryanthemum Cooperi, Hook.— Mes. cordifolium, L. — Mes. blandum, HAw. — Mes. polyanthon, HAW.—Mes. inflerum, Haw.—Mes. inclau- dens, HAw.—Mes. geminatum, Haw.—Mes. uncatum, L.—Mes. linguiforme, L.—Mammillaria uberiformis, Zucc.—Mam. mul- ticeps, S.- D., —Mam. pulchella, H. BeroL.—Mam. Willdiana, Orto.—Mam. Bockîi, Forrst.— Mam. nigra, ERrHREB.— Mam. pusilla, SwEET.—Mam. chrysacantha, S. - D.—Mam. longimam- ma, DC. — Mam. crucigera, DC. — Mamm. falcata, FOERST. — Mam. glauca, Link. — Mam. subechinata, S.-D.— Mam. angui- nea, OTttT.—Mam. seitziana, Mart.—Moraea iridioides, L.—Me- lia arguta, DC.—Mel. Azedirach, L.—Mel. serpervirens, SVEET. — Nothoscordium fragrans, BrH.—Nymphaea alba, L.—Nymph. odorata, Art. — N. Morliacea, Horr. — N. colossea, HORT. — N. Robinsonii, Hort.— Nuphar luteam, SIBTH. ET SM.— Opun- tia cymochila, ENGLM.— Op. camanchica, ENGLM.— Op. littoralis, Hort.— Olea europaea, L.—Phillodendron Sellowiaunu, KTH.— Pelargonium scutatum, SwEeT.— Pel. scandens, EnrH.— Pelarg. Radula, L'HérIT.—Pel. peltatum, Arr.— Pel. inquinans, AIT.— Pel. zonale, L'Hirir.— Pel. vitifotium, L’Herrr.— Pel. tomen- tosum, Jacq.—Pel. cucullatum, Art. Pel. tetragonum, L'HERIT. Rosa sempervirens, L. — Ranunculus lanuginosus, DL. R. ma- crophyllus, DESF. — Ran. repens, L. — Rubia peregrima, bi Rub, tinctoria, L.—Statice Suwwerowii, REGEL.—St. sinuata, Li — Salvia coccinea, Juss.— Spiraea filipendula, L. — Sagittaria lancifolia, L. — Sarsifraga sormentosa, L. — Silene Cucubalus, WiBEL. — Strelitzia Augusta, BANKS. — St. Reginae, BANKS.— Senecio scandens, WiLun.—Solanum jasminoides, PAXT..— Sol. macrophyllum, Horr.— Sempervivum blandum, ScHort.—Sedum È roseum, Scop.— Tropacolum pentaphyllum, Law. _- dr MajUs, L.- Teucrium fruticans,L.— Trachelospermum jasminoides, | —Urtica grandiftora, Mio. — Viola tricolor. L. — Zephyranthes terana, HERB. Giugno 1907. 1* DECADE. TEMPERATURA | VEM0 | GEOTERMOMETRI | PIOGGIA “Giorni | È in Massima } Media | Minima |\dominante ” em. | 60 em.| 90 em. | 1°0 em. mm 1| 23,6|19,98| 10, 6| ENE | 21,62 | 20,86 19,40 | 18,84 ca 2. 27,2 | 21,56 | 16, 7| www |{22,20|20,74|19,40 18,40| — 3|23,9|19,84/14, 4] ww ||22,52 | 20,82 19,40 | 18,42 Sa 4 |/24,8| 20,40 | 13, 4| wsw|22,68| 20,96 | 19,40, 18,50| — 5 | 24, 1|19,90| 13, 5|l wxE | 23,06 | 21,08 19,50 18,601 — 6|23,4|19,87|10,9| E ||23,24|21,24|19,64 18,64| — T|24,0|20,07|12, 4| x ||28,58 | 21,48 19,76 18,80 — 823, 7]19,88|12,0| e |23,78|21,72|19,90 18,90| — 9 23,7:20,17 11,3] e |28,88!21,84520.00i19,00| — 10 | 24,8520,51 13,3] x» |[24285220 20,14 i 19,10 day Media || 24, 27 20,21 12,85 23,08 i 21,27 ! 19,65 : 18,67] — Fiorirono : Amorpha fruticosa, L. — Am. herbacea, WALT. _—Acanthus longifolius, Por. — Ac. mollis, L. — Alstroemeria haemantha, Rurrz. ET Pov.— Alst. Ligtu, L.—Alst. Pelegrina, | L.— Alst. versicolor, L.— Agave densiflora, HooH.— Ag. micra- cantha, S. Dyck. — Achras sapota, L. — Adathoda vasica , 2 NEES.— Acokanthera venenata, Dox.— Abutilon hirtum , DON. — , Ab. megapotanicum, St.. Hit.— Aloe virens, Haw.— Al. cilia- ris, Haw.—Al, vera, L.-Al. Rossi, Top.— Al. obscura, MILL. Al. commutata, Top.—AL. percrassa, Ton.—Al. Lanzae, Top. _— dl. Todari, Borzi. —-Al. striata , Haw. — Al. heteracantha Bark. Al. abyssinica, Lam. — Al. aurantie ,Hort.— Berberis sinensis, Desp.—Berb. dealbata, LixpL.—Berb. asiatica, ROxB. "e odiaea lara, S. Wars.— Br. peduncularis, S. Wars.— Bou- gainvillea glabr a, CHOISS.—var. Sanderiana, HorTt.— Bellis pe- rennis, L.— Budleja paniculata, WaLr.— Bambusa macroculmis, A. Riv.— Bignonia twediana, LIixpL.— Begonia semperflorens, Lk. ET OTT. — Beg. rubro-setulosa, A. DC. — Bulbine annua, WILLD.— Bulbinopsis, semibarbata, Borzi.— Campanula medium, L.- Campanula Cervicaria, L. — Cyrthanthus angustifo- lius, Arr.— Clivia nobilis, LiNpL. — Chrysanthemum Leucanthe- mum, L.—Cordyline terminalis, KrH.— Cord. angustifolia, KTH. — Columnea Lindlejana, Paso. — Cotyledon UVihnehi, HoRT. — Cot. retusa, BKR.— Canna flaccida, Bosc. — Convolvuches, sae- pires, L.— Coreopsis aurea, AIT.— Carya olivaefermis, NUTT. — Catananche caerulea, L.— Cot. lutea, L.— Cassia glauca, LAM. Cass. floribunda, Cav. — Centaurea sphaerocephala, L. — Cal- liandra portoricensis, Bra.— Calliproa albida, Borzi. — Carex nigra, Krr.— Car. pendula, Hups. — Car. paludosa, GooD. — Cestrum elegans, Scnort.— Cest. Parqui, L’HeérIr.— Cestr. fae- tidum, Mepic. — Centranthus ruber, DC. — Cordia Francisci, GrarP.— Cocculus laurifolius, DCO.— Crinum zeylanicum, Li. Dodonea triquetra, WENDL.—Doleschampsia Roezliana, MUELL. — Dianthus Caryophyllus, L.— Dianth. barbatus, L.— Dianth. chinensis, L.— Dianth. carthusianorum, L.— Dunalia inermis, Borzi.— Deutzia crenata, SteB.— Echinocactus Echidne, DC. — Ech. Pfeifferi, LeM.— Ech. leucacanthus, Zucc.— Ech. Ottonis, k. Er OTTt.— Euphorbia Schimperi, PRESL. — Euph. Caput- Medusae, L. — Euph. Regis - Jubae, WeBB. ET BeRT.— Euph. splendens, Boy - er Hook. — Echinocereus (Cereus) pentalophus, LEM.— Ech. procumbéns, LEM. — Ech. stramineus, ENGELM. — Ech. tuberosus, POSEL.—Euonymus americanus, L.—Euon. eu- ropaeus, L.— Euon. angustifolius, Purs.— Gasteria maculata, Haw.— (Gast. acinacifolia, Haw.— cum.var. dexstrorsa et venosa. — Gasteria intermedia, HAw.— Geranium sanguineum, L.— G. collinum, StEPH. — Ger. batrachioides , Cav. — Ger. ibericum, Av.— Ger. canariensis, ReuT.— Gratiola officinale, L. — Gyp- sophila paniculata, L.— Gynura aurantiaca, DO.— Gazania pin- nata, DCO.— Grindelia integrifolia, DC.—Gr. robusta, NUTT.—- Galinsoga parviflora, Cav.— Gerbera nivea, ScH.— Gretonople- sium cymosum, A. CuNN.— Helichrysum rupestre, DC.— Heme- rocallis fava, L.—Hypowis villosa, L.— Hyp. erecta, L.— Heu- | chera hispida, PursH.— Heush. pilosissima . FiscH. ET MEr.— . Heuch. macrophylla, Lopp. — Hawortia hybrida, Haw. — Haw. planifolia, Haw.— Haw. rigida, Haw.— Haw. rugosa, BAK. — Haw. margaritifera, Haw.— Haw. fasciata, Haw.— Ham. atte- nuata, Haw. — Halleria lucida, IL. — Hypericum aegyptiacum, L.—Jatropha hastata, Jaco. —Jasminum floridum, Bune.—Iasm. È ti Ss, ; È d » i : capense, THBG.—Iacobinia velutina, Hort.—Iac. superba, HoRT. —Iusticia furcata, DC.— Iochroma coccinea, ScHRAD.—Ioc. vio- lacea, ReL.— Iris foetidissima, L. — Linum decumbens, DC.— Lavandula multifida, L.— Lav. spica, CAv.— Lavandula vera, DC.—Lathyrus latifolius, L.—Lavatera Olbia, L.—Lobelia laxi- flora, H. B. K.— Leonurus tataricus, L.—Leon. marrubiastrum, L. — Ligustrum vulgare, L.—Lig.Ibata, SteB.— Lychnis dioica, L.— Lych. Flos-Iovis, Des.— Lych. macrocarpa, BoIss.— Lych. divaricata, RecB.—Mesembryanthemum cordifolium, L.—Mes. in- fiexum, HAaw.—Meseb. deflerus, AIT.—Mes. cultratum,SALM-DycKk. —Mes. inflerum, Haw.—Mes. noctyflorum, L.—Mes. barbatum, L.—Mes. Ecklonis, SALM-Dyck.— Mes. splendens, L.—Mes. po- lyanthum, Haw.—Mammillaria longimamma, DC.—M. pulchella, H. Ber.—M. nigra, EHRHENB.— Mam. pusilla, SwEET.—Mam- millaria crusigera, DC.—M. multiceps, SALM-DycKk.—M. falcata, FoErst.—Mam. glauca, Link. — Mam. anguinea, OTT.— Mam. senziana, MarT.—Melia arguta, DC.—Mel. Azedirach, L.—Mo- raea iridioides, L.—Notoscordium fragrans, BrH.—Nuphar lu- teum, SIBTH. ET SMIT. — Nymphaea Marliacea, Hort.—- Nym. chromatella, Hort.— Nym. colossea, HoRT.— Nym. Robinsonii, Hort. — Nym. alba, L. —- Nym. odorata, Art. — Nym. gi- gantea, Hook. — Giunta Ficus-indica, MiLL.— Op. camanchica, ExeELM.—Op. leucotricha, DC.—Op. tomentosa, SALM.-Dyck.— Pelargonium zonale, L’ HéRIT. — Pel. tetragonum, L’ HÈRIT.— Pel. peltatum, Art.—Pel. inquinans, Atr.— Rosa sempervirens, L.Rosa indica, L.— Rosa bibracteata, Bost.— Rubia tinctoria, L.-Rub. peregrina, L.—Statice Suwarovii, REGEL.— St. sinuata, L.—Salvia coccinea, Juss.—Silene Cucubalus, NigeL.—Sarifra- ga sormentosa, L. — Sprekelia formosissima, HerB. — So- lunum jasminoides, Poxr. — Sol. macrophylum, Hort. — Stre- litzia Augusta, Banks. — St. Reginae, Banks. — Sempervivum | Dlandum, ScHort.— Sedum roseum, Scop.— Tropaeolum penta- phylum, LAm.— Trachelospermum jasminoides, LEM. — Zephy- ranthes terana, HERB. N AR RETE I n on La e RIE I ARRE a pn TRE n PI " È 9a DECADE. TEMPERATURA || VENTO GEOTERMOMETRI | pioggia Giorni a in Massima | Media | Minima \dominante| 30 em. | 60 em. | 90 em. |120 em mm 11 | 27, 0|22,86/12,5| e |24,54|22,20|20,28|19,50] — 12 | 28, 8|23,99| 13, O| ene | 24,84| 22,52|20,46|19,30] — 13 | 80, 6|25,39|14, 0| » ||25,26|22,68|20,60|19,40{ — 14 | 24, 0| 19,20|19, 8|nww | 25,28 |22,86 | 20,92 | 19,54] 1,05 15 ||21, 7|18,58|11,2| x» ||28,16|22,50|20,90|19,64| 8,40 16 | 22, 3| 18,40/13, 6|| x |22,00|21,92 {20,82 |19,76[11,25 17 | 23, 6|20,08 | 12, 6|| www || 21,24|21,42|20,62|19,70| — 18 || 28, 4|23,63|15, 4| ww |21,42|21,06 | 20,44|19,64{ — 19 | 28, 8| 23,86 | 14, 6| xww | 21,84|21,16|20,30 | 19,581 — 20 || 27, 6|23,04[ 13, 4| e ||23,80|21,52]20,28|19,50] — Media | 26,98 i 21,84 : 13,81 23,34 i 21,98 | 20,54 | 19,54 i 20,60 Fiorirono : Abutilon megapotanicum, St. HrLL. — Adathoda vasica, NEES.— Acicarpha tribulcides, Juss.—Aloe virens, Haw. — AI. Caesia, SaLm-DySk.— AL. serra, DCO.— Al.- vera, L.— Al. Rossi, Top.— Al. Lanzae, Top.— Al. heteracantha, Bak. — Al. distans, HAw.— Al. percrassa, Top. — Al. abyssinica, Lam; Apicra torquata, Hort.—Acacia notabilis, F. MueLL.— Allium arvense, L.— All. Ampeloprasum, L.— Acacia modesta, WALL.— Abutilon hirtum, Dox.—Alkornea ilicifolia, MUELL.— Anemone vitifolia Buc.- HAMm.— Aechmaea suaveolens, KxowL. ET WESTICH. Achillea millefoliuira, LEDEB. — Ach. compacta, WiILLD. -- Ach. cartilaginea, LeDEB. — Ach. santolinoides , Lac. — Ach. rosea, WaLpst,— Anthemis Cupaniana, Top.—Aster scaberrimus, Less. — Aristolochia rotunda, L. — Ar. Pistolochia, L. — Ar. longa, L. — Acokanthera venenata, Don.— Albuca cornuti, DO.— Alb. fa- 1 stigiata, Drvanp— Alstroemeria Ligtu, L.— Alst. versicolor, ba Begonia malabarica, Lam. — Beg. ricinifolia, A. DIETR. — Beg. | semperflorens , Otto ET LK. — Bougainvillea glabra , CHOISS. var. Sanderiana,— Brodiaea peduncularis, S. Wars. —Br. lara, S. Wars. Brunfelsia americana, L.—Campanula pignone: bi — Camp. rotundifolia, LAMm.— Camp. Rapunculus, L.— - Camp. caespitosa, Scop.—Calliproa albida, Borzi. — Cordyline angusti- | A mia sommnifera, Dux.— Zephyranthes texana, HERB.— Zamia iesbreghtii, HORT. 3% DECADE. TEMPERATURA | VENTO | GEOTERMOMETRI | PIOGGIA | i ca in Massima | Media Î Minima \dominante|| 30 em. | 60 cm. | 90 cm. | 120 em. nm. 7|28.97|13, 7] ese || 24,14|21,94| 20, 36 19,50| — 8|24,34|16, O| se ||24,94|22,34| 20,56 | 19,66] — 9|24,49|15, 4| ese | 25,60|22,84|20,80 | 19,761 — 1|23,09|16, 2 E || 25,96] 23,28|21,06|19,92| — 5|22,41|16,8| E ||26,14|23,62|21,34|20,10| — 5|23,43|16,5| E || 26,18|23,73| 21,56 | 20,90.|} — 9|23,00|16, 7| ENE | 26,32|23,94|21,7620,50| — 0|24,06|17,0| E |26,58|24,10|21,94|20,64| — 7|24,50|15,9|) E |26,80|24,30|22,14 | 20,82... — , 6|24,76|15,8) E || 27,00| 24,50] 22,28 21,00 ||. — 27,11 23,70 | 15,90 25,97 | 23,46] 21,88 20,22] — Fiorirono : Achillea millefolium, LeDEB.—Ach. cartilaginea, LEDEB.—Ach. compacta, WiLLD.— Anthemis Cupaniana, Ton. ster scaberrimus, Less.— Aristolochia longa, L.-- Ar. Pistolo- ia, L.—Ar. rotunda, L.— Albuca cornuti, DC.—Alb. fastigiata, CRETA altissima, Jacq.—Alb. Mae. - Donaldi, HORT.— | Alstroemeria haemantha, Rurtz. ET Pav.— Alstr. versicolor, dan Istr. Ligtu, L.—Abutilon megapotanicum, ST. HiLL.— Ab. hir- Dox.— Anemone vitifolia, Buc.-HAM.—Aechmaea suaveolens, | î WL. ET WEST. — Adathoda vasica, NEES.— Aloe abyssinica, I. percrassa, Top.—Al. distans, HAw.—Al. Rossi, Top. MUELL.— Begonia ricinifolia, A. DietR.— Beg- mala- , LAM.—Beg. semperflorens, Ort. Er LK.—Beg. fagifolia, «—Beg. maculata, _Rapp.— Bougainvillea glabra, CHOISS.— — laris, S. Wars,— Brunfelsia erica) La - Bellis peren CL —- Beaumontia grandiflora, L.— Campanula iui L.— Camp. rotundifolia, LAM. - ). guaina Scop.- seni - Cereus tuberosus , PosELG.— Aa 3 L.— Al. serra, DC.— Al. virens, Haw. — Alkornea validus, Haw.-- Cer. tortuosus, FoRB.— Cer. Bomplandi, PARM. — Cer. monacanthus, Hort. — Cotyledon imbricata, Hort.— Cot. retusa, BAK.— Cot. secunda, Bak.— Cot. pulverulenta, BAKk.— Cot. glauca, BAK.—Cot. magnifica, Hort.— Cot. minor, Hort. = speed yphiton, BAK.— Cot. linguaefolia, PALL.—Cot. premere, — Cot. Apolina, Horr. — Crassula rubicunda, E. Mery. — Cogia Lindleyana, PAsQ.— Canna flaccida, Bosi .— Catalpa bignonioides, WALT.— Cat. Bungei, A. Mev. — Celastrus scandens, L.—Cel. burifolius, L.— Cel. lucidus, L.— Convolvulus saepius, L.—Croton ciliato-glanduliferus, OrT6.— Clivia nobilis. LiNDL. — Cyrtanthus angustifolius , Arr.— Crinum zeylanicum, L. — Cr. erubescens, BAK.— Cr. pedunculatum, R. Br.— Cr. abyssi+ nicum, HocHst.—Coreopsis aurea, AIT.— Callistemon speciosus, DC.—Call. coccineus, F. MveLL.—Call. fulgens, Hort.—Call. rugosus, DC.— Call. rigidus, R. BR.— Cassia tomentosa, L.— Cass. sophora, L.— Cass. siamea, LAM.— Cass. marginata, ‘Rosi — Cassia Clausseni, BrH.— Calliandra portoricensis, BrH. — Call. tetragona, BrH.—- Cluytia pulchella , L.— Catananche coe- rulea, L.— Cocculus laurifolius DC.—Clematis parviftora, DO.— Datura cornigera, HooK. — Dodonea triquetra, WENDL.— Dra- caena Draco, L.— var. spectabilis, Hort. PAN. — Dyckia brevi- folia, Bak.—D. rariflora, ScaLTZ.—cum. var. remotiflora, OTT. ETR.—Dahlia variabilis, Desr.— Daucus Carota, L.— D. Gingidium, L.—Dunalia inermis, Borzi.— Erythina Crista-Gal- lis, L. —Er.Bellaugeri, Hort.—Euphorbia Bojeri, Hoog.— Euph. splendens, BoJs.— Eupatorium lucidum, OrTEG.— Echinocereus Berlandieri, PALM.— Ech. Blanckii, PALM.— Echinocactus Mon- villi, LeM. — Ech. Ottonis, Lk. ET OTT. — Echin. myriostygma, _S.-D.— Elacagnus multiflora, Taro.—Fuchsia hybrida, Hort.— F. microphylla,H.B.K.—Gomphocarpus fruticosus, R.BR.—Gyp- sophila saxifraga, L. — Gasteria acinacifolia, Haw.— Gerbera nivea, ScH. — Geinotoplesium cymosum, A. CuNN. — Graziola officinalis, L.—Gazania pinnata, DC.— Geranium sanguineum, L. —Hyporis villosa, L.—Hyp. erecta, L.—Hemeracallis fulva, L. — Humea elegans, SM.— Halleria lucida, L.— Homalanthus Le- goongo BL. — Haworthia rugosa, Haw. — Haw. hybrida, w.—Hydrangea quercifolia, Bartr.—Helichrysum angustifo- lim, L L.—Hel. orientalis, — Iochroma coccinea, SCHED.—- | Iochr. violacea, ReGL. — Iatropha hastata, JAacQ. — Tasminum Horidum, Bune.—Inula montana, L. — Ipomopsis elegans, — # —Lepidogatis verticillata, NErS. —Lobelia lariftora, H. B. etK. =—Lontara Capriroltun L.—Lon. brachypoda, bo. Lon, im pleza, Arr. — Lavandula Spica, Cav. — Lav. multifida, L.— |. orum serrulatum, R. BR.—Myop. scesa SCHLECTH. -Murraya erotica, L.—Magnolia grandiflora, L.— Malvastrum capense, GARKE.—Mesembryanthemum Echlonis, S.-D.— Mes. no- ctiforum, L.—Mes. spectabile, HAaw.—Mes. tuberosum, L.—Mes, splendens, L. e: inflerum, Haw.— Mes. deflexum, Art. —Mes. 5 elegans, Jaco. — Mes. curviflorum, Haw. — Mes. bicolor, L.— Mes. bulbosum, HAw.— Mes. ermininum, Haw.— Mammillaria. bocasana, PoseLG.—Mam. anguinea, Ott.—Mam. Bockii, FORST. — | _—Mam. celsiana, L.—Mam. coronaria, HAw.—Mam. crucigera, | RT.—Mam. elongata, HemsL.—Mam. Foersteri, MUEHLENPF. | Mam. longimamma, DC.—Mam. mutabilis, ScHEIDw.— Mam. igra, EHRENB.—Mam. pentacantha, PSFAIRTOS A pulchella, | Horr.—Mam. rhodantha, LK.—Mam. seitziana, MaRt.—Mam. | viridis, S.-D.—Mam. Wi illdiana, Orto.— Nerium odorum, AIT. —Ner. Oleander, L.— Nicotiana longiflora, CAv. — Nymphaea al — Nym. marliacea, Hortr.— Nym. - gigantea, Hook.— Vym i fiaviitoio, LEHM.— PRC Robinsonii, Horr.— Nym. Co- Ti. HorT.—Nym. chromatella, Hort. — Opuntia tomentosa; SD.—Op. Ficus - indica, Mit. — Op. labouretiana, HorT.— ucotricha, DC.—Op. crinifera, S.-D.— — Op. cymachila, Tavettiala Home “dagoa Mir —Op. monacantha, Haw.— Oxralis esculentha, Hor = Oa tuberosa, Mot. - Or. FAIRIOACAGA BTEDR: ui did De. Papa PRO L.— Olea cuci di chrysop Y esi Latta 0% less pis , Lt ; Pontedert lourei-. sora. Holéii Arr.— Pel. te- La viridiflorum, Sims. — Quillaja il — Ricinus communis, L. — ARusselia juneea, SR Rudbeckia purpurea, L.— Rohdea Vianna RotH. Doni par ni nalis, gi-Palermo Lit A.Bran TAmbriegnteni on a) YFontana lit. BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VI (Fasc. 4° Ottobre-Dicembre 19077) PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 1907 Il Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al « Bollettino » , che sono anche, vendibili, se- paratamente; saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell'abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) Moana! op. i Lire 8 — All’ Estero . . F » 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. LL. SAVASTANO Prof, di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa | di questioni di viticoltura, TT. frutticoltura e silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof, LUIGI. SAVASTANO. Portici (Provincia di Napoli) aa a TA o reti N. 4. OTTOBRE-DICEMBRE 1907. Vor. VI. BOLLETTINO DEL R ORTO BOTANICO E GIARDINO COLOMALE — DI PALERMO “= SOMMARIO: _ . Il Corynocarpus laevigata, FORST. e le sue affinità naturali (B. Roc- chetti) . . pag. 137 . Una nuova varietà ai Lagicazia Vverrucosa, Sed n intro- durre nelle nostre colture (La Direzione) . » 142 Piante messicane fiorite nel R. Orto Botanico da semi origi- nali (G. E. Mattei) . É : ; » Sulle fibre vegetali dette « Kapok » ‘ N. ta Voi) . Notizie cecidologiche (7°. De Stefani) . È o ; è » Rassegna della stampa agricola coloniale . 3 ; ; » DSi el Lio) Sd. APPENDICE. Le Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa, Lampione e la loro ora. Continuazione (Sf. Sommier). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 18 1907 Il Corynocarpus laevigata, Forst. e le sue affinità naturali. Un albero di portamento assai ornamentale, vivente in piena terra nel R. Orto Botanico di Palermo, è il Corynocarpus laevi- gata, Forster, della Nuova Zelanda. Il suo largo fogliame per- sistente, verde scuro, lucentissimo, risalta assai fra le chiome de- gli alberi che lo attorniano, massime quando i suoi rami si ador- nano di grossi frutti aranciati. Ma quest’albero non è solo importante sotto l’ aspetto orna- mentale : la polpa dei suoi frutti è perfettamente edule, dolce e ; Pp ; secondo MUELLER (1) poi il suo legno, leggero e resi- stente, è usato nella Nuova Zelanda per fare itre il suo fogli n ; suoi pregi veramente ornamentali e gli utili che se ne possono ri- | cavare, il Corynocarpus laevigata, meriterebbe di essere coltivato — da noi con assai maggiore frequenza, tanto più che i suoi frutti giun- gono a Palermo a perfetta maturazione, per cui riesce facile mol- tiplicarlo da sem Sulla sani poi di questa specie a Palermo manca ogni notizia: gli antichi cataloghi di Trxro per l'Orto Botanico di Pa- lermo, e di GussonE per quello di Boccadifalco non ne fanne men- zione. Solo si è rilevato che fu dapprima ascritta, in questo Regio Orto, alla famiglia delle Mirsinee, per cui è lecito intuire fosse introdotta verso la metà dello scorso secolo. Ciò è verosimile, es- | sendosi introdotta in Inghilterra, secondo lo SwEET (1) solo nel 1825. Las Se però nulla possiamo dire di concreto sulla sua introduzione . da noi, crediamo utile porgere qualche dettaglio intorno alla storia - del Corynocarpus, dalla sua scoperta ad oggi, specialmente: allo scopo di chiarire le sue affinità naturali, non ancora bene accertate. CHE laevigata) della Nuova Zelanda, fondato nel 1776 dal FoR- R (2), rimase fin qui di incerta posizione fra le famiglie natu- ri, imperocchè i diversi autori ora l’avvicinarono ad una, ora ad altra famiglia. Il ForsTER e Linneo figlio (3) 1’ fadfudiovaldo nella classe Pentandria e nell'ordine Monoginia. In questo non po- teva esservi dubbio, stante la costanza del numero dei suoi stami, i e tale posizione conservò presso tutti gli autori che in seguito u- | sarono il sistema Linneano. Ma i dubbi sorsero quando si trattò | di trovare la posizione naturale di un tal genere, e questi dubbi | perdurano tuttora. Primo A. L. JussIEU (4) nel 1789, volendo includere il Co- rynocarpus nella sua classificazione, lo ola fra i « genera Ber- o beridibus affinia » forse per le squame petaloidee alternanti con gli stami e biglandulose alla base : lo avvicinò quindi al genere ZHa- mamelis, che ora forma il tipo della famiglia delle Hamamelidee,. cluse il na nelle ARIA, appunto per il carattere. Ms Steno, Hortus britannica 1839. p li (3) Linneo fil. Suplementum plantarum.. 1781. p. 21 e 156 - sele sora Genera plantarum. 1789. p. Infatti il genere Corynocarpus, comprendente una sola specie, ritenuta assai affine alle Sassifragacee. In seguito il Don in- n 2) ForstER, Characteres generu rita 1776. p. 81. t. 16. ti 3 delle squame lic con gli stami. Per questo stesso carita il MEISNER (1) ascrisse il Corynocarpus alle Theofrastacee , ed anche A. P. DE -CANDOLLE nel Prodromus s propende per. includere il Corynocarpus in questa stessa famiglia. L’ ori (2). invece ritenne che fosse collocabile fra le Anacardiacee, e questo parere fu seguito anche dal BaiLLON (3) il quale, unendo le Ana- cardiacee alle Terebintacee, incluse ui queste anche il SURI: 5 carpus. Osservandosi però che queste ultime famiglie sono caratteriz-. : zate dalla costante presenza di canali resiniferi, e che il Coryno- carpus ne manca totalmente, l’ENGLER (4), nel 1897, propose la formazione di una nuova famiglia, comprendente questa sola specie, e chiamò tale famiglia delle Corinocarpacee. Il VAN TIEGHEM (5) infine, accettò la fondazione di una tal famiglia, ma la ritenne non intermediaria fra le Pentafillacee e le Ilicacee , come l’aveva collocata l’ExGLER, bensì vicino alle Sapindacee, alle Esculacee, alle Anacardiacee etc., tutte spettanti, per la struttura dell’ovulo, alla classe da lui fondata delle « Pernucellées bitegminées » e con-_ cordanti per essere dialipetale, diplostemoni, superovariate. Tanta discordanza di pareri sulla posizione naturale del Cory--. nocarpus è derivata certamente dall’ esser questi non solo un ge- nere endemico e monotipico , confinato nella Nuova Zelanda, ma ancora assai depauperato ed anomalo, per cui manca di molti carat- teri, atti a stabilirne le principali affinità. Perciò interessava ve- dere se per caso esistessero altri caratteri, non presi in conside- razione dagli autori, che potessero dare nuovi indizi in proposito. Ci fermammo sul carattere delle stipole, che presentano una forma affatto sui generis, ben rara a riscontrarsi nel regno vegetale. infatti all'anzella di ogni E REni si trova. un popo, e vol e Ln perula della giovine gemma: allora i suoi tessuti sono ancora te- «meri e delicati, ed appariscono come spalmati da una particolare | sostanza Visa, attaccaticcia. In quanto alla loro struttura si nota |» che in sezioni trasversali, lungo la linea «dorsale e mediana sono i rcorsi da una specie di doccia; mentre da ambo i lati di essa lo spessore della stipola gradatamente aumenta, formando due pro- tuberanze, indi si assottiglia un’altra volta fino a divenire traspa- rente ai margini. Il loro tessuto è omogeneo e costituito da cellule ‘varie per forma e dimensioni, a pareti, di cellulosio, molto ispes- site, che resistono all’ azione dell’ acido cloridrico anche con- centrato e della potassa bollente, nelle quali reazioni tuttavia si «gonfiano considerevolmente. Da ambo i lati della doccia, in corri- | spondenza delle due protuberanze, vi sono poi due fasci, rappre- | sentati da poche trachee. Le cellule epidermiche contengono una | sostanza colorante, verosimilmente antocianina, la quale non si de- x colora nè con alcool nè con ammoniaca, nè con etere, mentre con | potassa a caldo le dette cellule si colorano molto intensamente, ed il liquido assume un colore rosso bruno identico a quello delle stipole. In acido cloridrico bollente poi questa sostanza colorante A si scioglie debolmente. Per questi caratteri, specialmente per la partizione che sovente | porta all’apice e per i id fasci che lo percorrono, si deve ritenere che un tal corpo rappresenti un organo doppio, e, stante la sua posizione, si rivela come senza . dubbio costituito dalla connessione di due stipole. : Il caso però di stipole connate, formanti un corpo unico, a- 4 | scellare, è abbastanza raro nelle piante, per cui resta a vedersi se le famiglie, che presentano altri simili esempi, possano avere e- | ventualmente qualche affinità con il Corynocarpus. Due sono gli esempi più tipici, cioò nel genere Bergenia delle Sassifragacee, e ) nel genere Melianthus delle Meliantee: in entrambi questi generi ; si ha all’ascella di ciascun picciolo un corpo estremamente simile . a quello che si osserva nel Corynocarpus, il qual corpo tuttavia se ne differenzia per avere uno sviluppo contemporaneo a quello della lamina, e non più precoce. P La nza di un simile organo nella. Bergenia e nel Me- Si lianthus, ci indicherebbe una certa affinità fra le Sassifragacee ed il Corynocarpus, tanto più che anche la Meliantee si debbono ri- | tenere come assai affini alle Sassifragacee stesse : ad esempio il ge- nere Weinmannia forma transizione fra i Melianthus e le Cunonia- sé cee, le quali alla loro volta sono da molti autori incluse come » ia nelle ‘vere rien Con ciò resterebbe confermata la supposizione di JussIEU, il quale, come si disse, avvicinava il Corynocarpus al genere Hamamelis, pure vicino alle Sassifragacee tipiche. ta Altri caratteri giustificano questo avvicinamento : anzitutto h vw presenza di cospicui idatodi sulle foglie del Corynocarpus, trova un riscontro nella analoga presenza di idatodi sulle foglie di alcune Sassifragacee, e specialmente della Bergenia ; si aggiunga poi l’e- sistenza di squame liguliformi, biglandulose, interposte fra gli stami 0° nel Corynocarpus, le quali trovano parimenti un riscontro nelle. appendici interstaminali che esistono nel genere Deutzia ed in altri generi di Sassifragacee ; tanto è vero che, per la presenza di ap- pendici consimili, fu ascritto alle Sassifragacee il genere fossile Stephanostemon. Analoghe appendici si riscontrano pure nel ge- nere Gillbeea delle Cunoniacee, ed ancora più vistose, con grossa | glandula intermedia, nel genere Gregia ascritto. alle Meliantee, le quali, come abbiamo veduto, non si possono allontanare dalle SI, sifragacee vere. Per questi caratteri riteniamo che il Corynocarpus, anche co- stituendo una famiglia a parte, debba essere avvinato alle Meliantee - e con queste faccia passaggio alle Sassifragacee. A ciò non ostacola. neppure il frutto drupaceo e monospermo, avendosi nel genere Schi- zomeria, ascritto parimenti alle Sassifragacee, tribù delle Cunoniee, un frutto analogamente costituito, cioè drupaceo e monospermo. LS DoTrT. Bice RoccHETTI. afilhuti ire ttdtiwarv aeneon bra AAonMrosvanneranvarntltsETeattesorracnninntltort dba toonstivanarinaetAttAMbvtMtsainncaeannat Mt trattoeannnncescenetHtioll ; === se se [ravnviornnaintAntAtivarnsnnments ver ra cor aa pa x ab qpagpionan I OA aggirare rame gig eg igresemg [oo gigia gag gg poggianti Una nuova varietà di « Lagenaria verrucosa » SPRENG. da introdursi nelle nostre colture. aspetto, si Ra come semi della comune Lagenaria vulgaris. Tuttavia. sì seminarono, ed uno solo ne nacque, dando origine ad una pianta robustissima, che i in pochi mesi crebbe con grande vi- gore, producendo, come cosa assai caratteristica, numerosi flagelli © rpeggianti per il terreno, e radicanti ai nodi, in modo che in oreve si estese per una. ampia superficie, mentre simili flagelli man- ano quasi affatto alla tipica Lagenaria vulgaris. Inoltre si rile- mi ) diverse differenze nelle foglie e nei fiori : venuta poi a frut- zione si vide avere frutti piriformi, con numerosi grossi tu- — | bercoli sparsi. sulla loro superficie, mentre in tutte le varietà ion È | Lagenaria. vul if î * le estremità, nella nostra sono ‘piriformi, per. cui stimiamo oppor- tuno doverla tenere come varietà distinta. La riportiamo la descri- i she ea varrà ped scere le diverse differenze che ) presenta, tanto con la Lagenaria vilgarò, a con la tipica Lagenaria verrucosa. Lagenaria verrucosa, SPRENGEL C. in Bullettino della R. Società Toscana di Orticultura. Anno XIV. 1889. p. var. Giordaniana, Hort. PANORM. Planta radicibus fibrosis, herbacea, annua, alte scandens, in----/-0° tense virens, moschum redolens. Caulis crassus, angulatus, ab ima basi ramosissimus, ad altitudinem complurium metrorum adsurgens, flagellis permultis, late excurrentibus atqueo humi serpentibus, ad nodos radicantibus, obtuse angulatis, sulca- tisque, pubescentibus, internodiis elongatis. Petiolus plus minusve pubescens, limbo paulo brevior, rectus, rigidus, crassus, subcylin- dricus vel parce striatus, cavus, 5-6 centm. longus. Glandulae mel- liferae ad basim limbi, ex utroque latere petioli, breves, conicae, 2 millm. longae. Folia scabra, tactu asperrima, subrotundo-cordi- formia, leviter angulato-dentata, apice obtusa, apiculato- mucronu- lata, supra intense viridia, subtus pallidiora, sinu basilari lato, valde profundo, lobis adsurgentibus, revolutis, 30-40 centm. lata, nervibus pedatis, subtus prominentibus. Cirrhi bifidi, pro magni- tudine plantae parum producti. Flores ampli, albi, monoici, omnes solitarii, parce olentes, femineis aliquantulo minoribus, a media. — nocte usque ad meridiem expansi. Pedunculi floram — masculorum petiolo duplo vel triplo longiores, florum femineorum petiolo aequales vel paulo breviores. Flores masculi pedunculo ad 30 centm. longo: calyx pubescens, campanulatus, 10-12 millm. lon- gus, dentibus 5, minimis, subtriangularibus: petala 5, fere libera, sub-conniventia, obovata, basi valde constricta, apice obtusa, emar-. ginata, flaccida, crispa, intus sordide albentia, extus pallide viren-. tia, tomentosiuscula, nervis prominulis, 2-3 centm. longa: stamina calycis tubo inserta, antheris liberis vel leviter cohaerentibus: ovarii rudimentum fere nullum, glandulosum, fundo mellifero. Flores fe- ; minei pedunculo ad 8 centm. longo, ovario infero turbinato : calyx. dentibus 5, minimis: petala ut in fiore masculo, ; sed minora, angu-. stiora, ad 9 centm. tantum longa: staminum rudimenta fere obso- leta: ovarium dense villosum, stylo brevi, crasso. Fructus in adolescentia pubescens, maturus glaber, semper virescens, s} pyriformis, apice aliquantulo depresso, basi complanatus, magnitudine capitis pueri, verrucis vel tuberculis numerosis, prominentibus, pallidio- _ribus, nica ore aniote indehiscens, cor- “ SR 144 tice sublignosa, intus pulpa alba, amariuscula, repletus, maturitate esucca. Semina numerosa, obscura, laevia, oblonga, margine tu- mida, apice truncato-bilobulata, ad 20 millm. longa. Par È interessante rilevare che la Lagenaria verrucosa tipica, de- scritta dallo SPRENGEL provenne dal Natal, mentre questa ci è stata mandata dalla Rhodesia, cioè entrambe derivano da regioni assai vicine del Sud Africa. Ciò può indicare per queste forme un vero indigenato in tali regioni, e può essere un indizio per farci ritenere anche la Lagenaria vulgaris, di cui non si conosce l’ori- gine, come oriunda dell’ Africa australe. Ciò sarebbe confermato anche dal fatto che i generi di Cucurbitacee più affini a Lagenaria, come Peponia, Adenopus, Sphaerosicyos sono tutti endemici del- l’Africa meridionale : anzi lo Sphaerosicyos sphaericus presenta lunghi flagelli serpeggianti sul terreno, come la Lagenaria verru- cosa, e non va dimenticato che il GERMAIN DE SAINT - PIERRE (in Bull. Soc. Bot. d. Franc. Tom. XIII. p. 301) ottenne ibridi fer- tili fra detto Sphaerosicyos e la Lagenaria vulgaris, la qual cosa dimostra l’affinità delle due specie, quantunque la prima sia dioica “e quest’ultima monoica. Un carattere differenziale da rilevarsi fra Lagenaria vulgaris e Lagenaria verrucosa trovasi nei fiori: in entrambe i fiori sono sfingofili, ma mentre nella L. vulgaris si aprono verso sera per chiudersi prima dell’alba, nella specie ora descritta si aprono alla notte per chiudersi solo verso il mezzogiorno : così necessariamente i primi sono visitati dai pronubi di sera, ed i secondi di mattino. Forse ciò è in rapporto con diverse abitudini di varie specie di sfingi, e potrebbe trovare una spiegazione nel fatto che la Lage- maria verrucosa è specie propria dell'emisfero australe. Infine giova aggiungere che i frutti della nostra forma, nel loro primo sviluppo, sono squisitissimi a mangiarsi, ed assai zuc- cherini, contrariamente a quelli di Lagenaria vulgaris, per cui riteniamo che a questa pianta sia riservato un lieto avvenire nelle colture orticole. LA DIREZIONE. ae N ARS di d i è Ci Piante messicane fiorite nel R. Orto Botanico, da semi originali. (Nota prima). L’ egregio dottore HERMANN Ross, nel suo recente viaggio al Messico , raccolse, per conto di questo R. Orto Botanico, un buon numero di semi di piante colà indigene, facendone sollecito invio. Seminati con cura, molti si svilupparono regolarmente, ve- nendo anche a fioritura: di questi appunto daremo un primo elenco, forse non privo di interesse, trattandosi in massima parte di spe- cie che non esistono attualmente nelle colture. A facilitarne l’ i- dentificazione giovarono le molte opere fitografiche possedute dalla Biblioteca di questo Istituto, come pure le ricche collezioni di ex- siccata, fra cui alcune importanti del Messico, intercalate nell’ Er- bario generale dell’Istituto stesso. 1. Lepidium Menziesii , D.C. Syst. II. 539 et Prodr. I. 205.. Lorsen. PI. Seler. I. 540 et IV. 104 (Crocifere). — Puebla nel Messico, a circa 2300 m. (Ross. n. 1392).—Forse da con- siderarsi come una semplice varietà del Lepidium wvirgini- cum, 2. Abutilon crispum, Dox. Mi22. I. 502. LorsEN. PI. Seler. I. 545. (Malvacee). -— Cuernavaca nel Messico, a circa 1300 m. (Ross. n. 294). — Corrisponde totalmente con esemplari dello Stato di Sonora, distribuiti dal PRINGLE (senza numero), ma differisce alquanto dagli esemplari di St. Thomas , distribuiti dal ToEPFFER (n. 801): questi ultimi sono meno tomentosi e forse si avvicinano all’Abutilon cubanum, MiLLsp. “sa Tribulus cistoideus , L. Sp. pi. 387. Jaco. Hort. Schoenbr. 103. LoEsEN. PI. Seler. I ‘548. et IV. 110 (Zigofillee). — lalrmelrtagos nel Messico (Ross. n. 952). — Mi sembra suffi- centemente distinto dal 7ribulus terrestris, L., al quale al- cuni autori vorrebbero riunito. IS . Astragalus Hartwegi, BexTH. PI. Hartw. 10. (Leguminose).— essico, senza indicano di località (Ross n. 1710).—Corri- sponde con esemplari del Sa distribuiti dal PRINGLE (n. 1586 uo . Cassia bauhinioides, A. Gray, Pi. Lindh. 180 et PI. Wrigh. I. 59. II. 50. BENTH. Rev. Cass. 529. (Leguminose). — Mes- sico, senza indicazione precisa di località (Ross n. 1551). — Corrisponde con esemplari dell'Arizona, distribuiti dal PRINGLE (senza numero). Dì SEGA Sena: RAF. Sp. suc. I. 169. D. C. Prodr. Il A. Gray. PI. Wright. I. 53. (Leguminose).—-Teotihoa- cap nel Massi, in cultis et campis, a circa 2200 m. (Ross n. 231). — Corrisponde con esemplari dell’ Arizona, distri- buiti dal IoxESs (n. 4502): forse a questa specie va riferita anche la Crotalaria pumila, ORT., secondo esemplari pure dell’Arizona, distribuiti dal PRINGLE (senza numero). 7. Crotalaria sagittalis, L. do pl. 714. D. C. Prodr. II 124, i (Leguminose).—Mirador nel Messico, a circa 1000 m (Ross : n. 774).—Corrisponde con esemplari degli Stati Uniti, celo buiti dall’EGGERT, e dal GEYER (senza numero). 8. Desmodium Sera (L.) D. C. Prodr. II. 329. (Legu- minose).—Messico, senza indicazione di località (Ross n. 1670). — Corrisponde con esemplari degli Stati Uniti : ricorda assai, nel portamento e nella forma, il Desmodium batocaulon, A. Gray, ma se ne allontana per essere affatto glabro. | 9. Sesbania cassioides, G. Down. Gen. Syst Gard. Bot. II. 240 ‘ex WALP. Rep. II, 858. (Leguminose).— Savanne di Chichi- caxtle nel Messico, a circa 300 m. (Ross n. 860 sub Cassia). — Non potuta confrontare con esemplari autopti. 10. Bidens hipinnata, L. Sp. pl. 1166. D. C. Prodr. V. 603. A. GRAY. Wrighr. I. 109. (Composte). — Chichicaxtle nel Messico, lungo la strada ferrata, a circa 300 m. (Ross n. 851). 11. Cosmos caudatus, H. B. K. Nov. gen. et sp. IV. 240. MILLAP. PI. Yucatan. 133. (Composte).—Barranca de Sta Maria, presso Vera Cruz nel Messico (Ross n. 839), e Savanne di Chivela nell’Istmo di Tehuantepec, a circa 300 m. (Ross n. 1003). — Corrisponde con esemplari di St. Thomas, distribuiti dal ToEPFFER (n. 224). È specie di grande sviluppo ed assai or- namentale, tanto per il portamento, quanto per i fiori abba- stanza grandi, bianco crema: meriterebbe quindi di essere in- trodotta nelle colture orticole. 12. Encelia adenophora, GrEEN. Ner. Ang. Mexic. 109. (Com- poste).— Cuernavaca nel Messico (Ross n. 383 e n. 357). — Non potuta confrontare con esemplari autopti. È pianta mol- lemente glandulosa, di rapidissimo sviluppo, e di grandi di- | mensioni, potendo raggiungere i 2 m. di altezza : le sue foglie, assai larghe, hanno un forte odore citrino, non del tutto sgra- devole. Meriterebbe di essere introdotta nelle colture orticoli. 13. Milleria quinquefolia, L. Sp. pl. 819. MirLar. PI. Yucat. 105. (Composte).—Messico, senza indicazione di località (Ross n. 651).—Specie che rassomiglia nell’aspetto ad una Scrophu- laria : è assai interessante per le sue calatidi divenute zigo- morfe, in seguito allo sviluppo di un sol fiore ligulato : inoltre due brattee, carnosette, includono completamente, a maturità, gli achenii, simulando un frutto polposo. 14. Tithonia tagetiflora, Dese. in Ann. Mus. I. 46. D. C. Prodr. V. 584, (Composte).—Chichicaxtle nel Messico, a circa 400 m. (Ross n. 858).—Pianta assai ornamentale, alta da 2 a 3 m., con grosse calatidi aranciate, rammentanti quelle dei Z'agetes; benchè da lungo tempo nota, ora è sconosciuta nei giardini, lo È 1 Cai Sie di i A RA an La) ci Lea si Ù ar Si (ari (0) 149 per cui sarebbe interessante riprenderne la coltura a scopo ornamentale. Verbesina encelioides, BENTH et Hook. in A. Gray. PI North Amer. I. 288. Lorsen. PI. Seler. II. 627. et V. 861. (Com- poste).—Messico, senza indicazione di località (Ross n. 1558). Forse riferibile alla var. erauriculata, RoB. et GREEN. . ig er curassavicum, L. Sp. pl. 188. D. C. Prodr. Borraginee). — Messico, in pascuis salsis, a circa as m. "osa n. 139). Salvia angustifolia, Cav. Icon. IV. 9. 317. BeNTH. in D. C. Prodr. XII. 301. LorseN. PI. Seler. III. 570. (Labiate).— Canada Grande presso Mexico, a circa 2500 m. (Ross n. 202). —Non potuta confrontare con esemplari autopti: per le foglie quasi glabre si avvicina alla var. glabra, BRIQ. . Salvia a BENTH. Lab. 258. et in D. C. Prodr. XII. iate).—Cuernavaca nel Messico (Ross n. 309). e pote confrontare con esemplari autopti: differisce dalla descrizione del BENTHAM unicamente per lo stilo barbato e non glabro. È specie di rapido sviluppo, abbastanza elevata (circa m. 1.00) e molto rustica, meritevole di essere introdotta nelle colture ornamentali: le sue foglie hanno odore citrino. 19. Salvia hirsuta, JAcQ. Hort. Schoenb. III. 252. BeNnTH.in D. C. Prodr. XII. 303 (Labiate).—Messico, senza indicazione di lo- calità (Ross n. 20. Boerhavia erecta, L. 3. (non Forst.). CHWors.in D.C. Sp. pl. Prodr. XIII. 2. 450. LorseN. PI. Seler. I. 538. (Nictaginee). — Chichicaxtle nel Messico, lungo la strada ferrata ed in rude- ratis, a circa 300 m. (Ross n. 857 e n. 861). — Corrisponde con esemplari del Texas, distribuiti dal JoNESs (n. 41783). 21. savino, viscosa, Lac. et RopR. in Ann. Sc. Nat. Madr. 56. CHÒois. in D. C. Prodr. XIII. 2. 452. LoESEN. a è pr I. 538. (Nictaginee). — Cuernavaca nel Messico, a circa 1500 m. (Ross. n. 293).—Corrisponde con esemplari di California, distribuiti dal PARISH (n. SDA forse > in causa del- DI DO bo QI O) Ho dî l’indumento viscoso piuttosto scarso, è riferibile. alla var. oli- gadena, KEIMSL. 3 Euphorbia dentata, MicHn. 7. Bor. Am. II 211. var. lasio- carpa; Borss. in D.C. Prodr. XV. 2. 72 (Euforbiacee). —Teo- tihuacan, presso Messico, in cultis arenosis, a circa 2200 m (Ross. n. 284 iano abbastanza bene con ci del Messina, distribuiti dal PRINGLE (n. 630) . Euphorbia lancifolia, Scar. in Linn. VII. 143. Borss. in D.C. Prodr. XV. 2. 59. (Euforbiacee).—Messico, senza indicazione ‘ di località (Ross. n. 681).—Non potuta confrontare con esem- plari autopti: è pianta abbastanza ornamentale, in causa delle brattee superiori perfettamente bianche. i ini da calamagrostidea, H. B. K. Now. Gen. Sp. 4. (Graminacee). — Mexico, in collibus aridis, a circa 0° m. (Ross. n. 58). —Corrisponde con esemplari del Mes- sico, distribuiti dal PRINGLE (m. 428). È pianta elegantissima, forse anche utilizzabile per pascoli. " va pulchella, H. B. K. Nov. Gen. Sp. IV. 128. (Gra- cee).— Mexico, in collibus aridis (Ross n. 122) : Parras di in campis aridissimis (Ross n. 1530). — Corrisponde con esemplari dell’ Arizona, distribuiti dal IonESs (n. 4781). Quantunque di piccole dimensioni, è pianta assai elegante, forse utilizzabile per praterie ornamentali. G. E. MATTEI. - ia cell iii Leni ri Me Va i e o e dir e ira ne i Dara, LR TT Ed BO AIN SA a de TRO de Sta] dt RE SIR e ea] ST gt Pala Lee e e ln Salt te ne tg ie ea LIT Pa ea ie 1 aa: FIRURIE sa e nn ha cià di dh dti de dic dei cd ddt A di hi e ; $ CNNND è + GIININD + + CINND © + SIND + + SINNMNO è + CHMMZID + + CHNNED è è GUESKD + è como è + Cm» + + nè Sulle fibre vegetali dette < Kapok ». Sotto il nome di Kapok o lana vegetale, o piumato, si trova in commercio la lanuggine che avvolge i semi di diverse piante. Più comunemente proviene da alcune specie di Bombacee, ma an- che piante di altre famiglie possono fornire una lanuggine simile : notiamo fra le altre le seguenti, la cui lanuggine è sovente utiliz- zata come quella del Kapok vero, più frequentemente però col nome di seta vegetale. Cochlospermum Gossypium, D. C. Prodr. I. 527. (= Bombax Gossypium, L. Sp. pl. ed. XII, 517.=—Maxrimiliana Gos- sypium, O. KrzE. Revis. gener. I. 44) e qualche altra specie affine. Il genere Cochlospermum, già dagli autori ritenuto appartenere alle BIXACEE, ora viene assunto a tipo di una nuova famiglia, quella delle COcHLOSPERMA- cEE. Abita le Indie tropicali. Asclepias Cornuti, DecNneE. in D. C. Prodr. VIII. 564 SI pias syriaca, L. Sp. pl. II. 214). Famiglia delle AscLE- PIADEE. Si preferisce il nome del DECAISNE, imperocchè è pianta americana e non siriaca: ora però è divenuta quasi cosmopolita, inselvatichendo fuori delle colture. Calotropis gigantea, Arr. Hort, Kew. II. 78, e Calotropis pro- . Hort Kew. II. 78. Famiglia delle APOCINEE. La prima specie è propria dell’Asia, dalle Indie alla Cina : la seconda si trova tanto nell’Asia quanto nell'Africa tro- picale, abbondante specialmente in tutta la Colonia Eri- trea, al disotto di 1 Beaumontia grandiflora, WALL. Tent. Flor. Nep. 15. t. 7. Della amiglia delle ApocinEE. Propria delle Indie orientali. Populus nigra, L. sp. pl. 1464. ed altre specie congeneri. Della amiglia delle SALICACEE. Dell’Europa temperata e fredda fino alla Siberia. CARATTERI BOTANICI DELLE BOoMBACEE cHE PRODUCONO KAPOK AI Il « Kapok » vero è prodotto solo da parecchie specie della famiglia delle BOMBACEE: queste appartengono ai generi: E- riodendron, Bombax, Chorisia ed Ochroma. Possiamo riassumere nel seguente schema, i caratteri distintivi di questi generi : Colonna staminea a molte divisioni . BOMBAX Foglie digitate pi { Colonna stami- _ nea senza anello rno . Colonna staminea | este . «+ ERIODENDRON 5-fida o 5- dentata, con rami 2-3 ante- riferi. 4 Colonna stami- ; lobo-=. ....., + CHORISIA Toglie intere... ..,., lai ui OCHROMA ‘Si noti che alcuni autori uniscono al genere Bombax il genere Pachira , ma questo è ben distinto per avere i semi glabri e non lanosi. ‘Per il genere Eriodendron poi devesi aggiungere che LINNEO non lo distinse, quindi le specie che oggi vi appartengono furono descritte sotto il nome generico di Bombax. Nel 1791 il GAERTNER, Fruct. II 244 propose il nome generico Ceiba, e questo viene accettato da aleuni moderni, ma siccome il GAERTNER non lo pre- sentò come genere proprio, distinto da ‘Bombax, bensì ritenne fosse nome preferibile a Bombax, non è adottabile. Nel 1824 DE Cax- -DORLE; ‘Prodr.-I. 479 fondò il genere Eriodendron, distinguen- | dolo da Bombax. Nel 1832 ScHoTT ed ENDLICHER divisero il ge- nere Eriodendron in tre generi, cioè Erione, Campylanthera e ss Gossampinus, ma questa divisione troppo minuziosa uon è accet- tata dai moderni. Linneo dapprima in luogo del nome Bombax aveva usato il nome Xy/on, ma in seguito lo abbandonò, ancor prima di usare la nomenclatura binomia, quindi a torto fu ripreso dal KUNTZE, Revis. gener. I. 1891. Del genere Ohorîsia si conoscono solo quattro specie, tutte SR americane, e producenti Kapok: sono le bn ; Chorisia crispiflora, H. B. K. Nov. gen. V. 297 (= Bombax ventricosum, ArruD. in Kost. trov. 489 = Clorisia ventricosa, NEES. et Mart. Nov. Act. Bom. AI 101). Del Brasile. Chorisia insignis, H. B. K. Nov. Gen. V. 297. Del Perù. ‘Chorisia rosea, SEEM. Bot. Her 84. Della Nuova Granata. Chorisia speciosa, St. Hr. PI. us. 63. Del Brasile. © P Del genere Ochroma furono distinte due sole specie, cioè : Ochroma mn ca Sv. FI. 11. 1144. (= Bombax pyramidale, | Diss::V. 294. = Bosnbeio pyramidatum, STEUD. sn 114. = Ochroma lagopodum, St. LaG. Ann. Lyon. VII. 131). Del Messico e delle Antille. Ochroma tomentosa, WiLLp. Enum. 695. Dell’America E wie nale. Da diversi autori ritenuta come varietà della pre- cedente. Del genere Bombax furono descritte 37 specie, ma forse sono. da ridursi a meno. Di queste una sola è africana (Bombax buo- nopozente, Brauv. FI Ow. II. 42), due sono asiatiche e tutte le altre sono americane. Di queste ultime 5 sono dell’ America centrale; — di cui 3 del Messico, e 29 dell’ America meridionale, lia ‘cui. Lee: 20 del Brasile. Si ricava KaPoK dalle sat 3 - Bombax malabaricum, D. C. Prodr. I. 1824. 4T9. (si denni Ceiba, BurM. FI. Ind. 1768. 145 non Lisneo = Bom- baax: heptaphyllum, Cav. Diss. V. 1788. 296 non LINNEO) Abita le Indie orientali, la Malesia, e specialmente e Burmania (Chittagong ete.) ove arriva a 1000 m. 6 altitudine, estendendosi fino alla Cina. Questa. ‘specie te si confusa dagli autori gol ‘vero Bomba Ceiba se ii la quale ultima sarebbe esclusivamente americana, per cui viene sovente indicata con questo ultimo nome (1). Bombax insigne, WALL. PI. As. rar. I. 71 (= Bombax grandi- florum, Cav. Diss. V. 1788. 296. non LINNEO). Abita le Indie orientali, specialmente l’alta Burmania ed il Pegu, ove arriva fino' a O m. di altitudine. Bombax globosum, AuUuBL. Gujan. 11. 701 (= Bombax. globife- rum, RENScH. Nom. III. 1905). Abita la Gujana. Bombax quinatum, JAcQ. Amer. 192 (= Bombax Ceiba, L. Sp. p 1 non Burm.) Abita le Antille, l'America centrale ed australe. Essendosi il nome Bombax Ceiba da molti autori applicato erroneamente al Bombax malabaricum, D. C. stimiamo opportuno riprendere per questa specie il nome datole da JACQUIN. Bombax buonopozente, BrAauv. FI. Ow. II. 42. Abita 1’ Africa tropicale occidentale, dalla Guinea alla Senegambia. Bombax septenatum, JAcQ. Amer. 193 ( = Bombax haptaphyl- lum, L. Sp. pl. 960 non Cav.) Abita la Nuova Granata. Essendosi il nome Bombax heptaphylum da diversi au- tori applicato erroneamento al Bombax malabaricum , D. C. stimiamo opportuno, anche per questa specie, di riprendere il nome datole da JACQUIN. | CARATTERI BOTANICI E PRODOTTI DELL’ERIODENDRON PENTANDRUM. . Del genere Eriodendron sono descritte 18 specie, di cui una | largamente diffusa in Asia, in Africa ed in America : le altre sono | tutte esclusivamente americane, cioè 9 del Brasile, 4 del Messico, 3 della Bolivia, ed una del Perù. La specie largamente diffusa è la seguente, da cui, a quanto pare, proviene la maggior quantità del - KApogK che trovasi in commercio. 4 Eriodendron pentandrum, Kurz. Journ. Beng. XLIII. 113. ( = Bombax pentandrum, L. Sp. pl. 959=Cgiba pentan- dra, GAERTN. F'ruct, TI. 244— Eriodendron anfractuosum, DG Prodr. I. 479=Xylon pentandrum, O. Kuntz. Rev. gener. I. 75). Per legge di priorità spetta a questa specie iù (1) Questa specie assai facilmente potrebbe vivere all’aperto sotto il clima di Palermo, e fruttificarvi, abitando le medesime regioni in cui trovasi indigeno il Ficus elastica. Cat ta: LR iero È; 3 % RALE AR, il nome di pertandrum e non di anfractuosum che spesso le viene dato dagli autori. E pianta diffusa in Asia, in A- frica ed in America. Se ne coltiva in piena terra e senza riparo, nell’Orto Botanico di Palermo, un robusto esem- plare, venuto a fioritura una sol volta, ma senza portare frutti: ciò forse devesi attribuire all’ esser questa specie assai facilmente adinamandra, come altre Bombacee e Malvacee. Osservasi tuttavia che ogni anno il freddo in- vernale ne uccide l’estremità dei giovani rami, ove ap- punto dovrebbero svolgersi i fiori : anche al Tonkino, pare che succeda un fatto analogo : infatti in un rapporto uf- ficiale sul Kapok, inserito nella Quinzaine Coloniale (8° Ann. n. 1. p. 30) è detto, riguardo a questo Erio- dendron, che colà « les extrémités meurent presque chaque hiver ». DESCRIZIONE DELL’ERIODENDRON PENTANDRUM. Albero elevato, con tronco eretto, dilatato alla base, e corteccia grossa, grigia o verdastra, portante forti aculei, legnosi, grandi, dissu- guali, conici o compressi : rami venticillati,orizzontali o quasi penduli. Foglie alterne, con picciolo lungo quanto la lamina, composte, digitate, a 7 foglioline intere, suborbicolari, od oblungo-lanceolate, acuminate, glabre, verde-vivace nella pagina superiore e biancastre nell’ infe- riore: Peduncoli ascellari, corti, multiftori, con pedicelli ad om- brello. Fiori grandi, di colore giallo-rossastro o bianco-sporco e di odore caseino : calice campanulato, persistente alla base, con 5 lobi irregolari : corolla rotacea, con tubo lungo quanto il calice, a 5 petali, alquanto saldati alla base, oblunghi, ottusi, villosi all’ e- sterno : colonna staminea esternamente nuda, superiormente divisa in 5 rami, terminanti ognuno con due antere, alquanto anfractuose : ovario 5 loculare, con logge multiovulate, e stilo clavato all’apice, pentagono. Capsula grande, sferica o turbinata, pentagona, bruna, esternamente liscia, 5-loculare, con dissepimenti evanescenti a ma- turità, e con endocarpo risolventesi in una lana tenuissima, sericea, bianca o rufescente, che avvolge i semi numerosi, liberi, ovoidei o globosi. Oa Dell’ Eriodendron pentandrum gli autori distinguono sovente tre varietà geografiche, cioè: OR : ni a. indicum, D. C., Prodr. I. 479 (=—Bombaax orientale, SPRENG. Syst. III. 124= Eriodendron orientale, Dox. ex STEUD, Nomenel. 587). È la forma asiatica , che dicesi carat- terizzata per avere fiori gialli, con calice diviso in 10 a 12 lobi. b. africanum, D. C. Prodr. I. 479 (= Bombax guineense, ScHuw. et Tnouxn. Beskr. Guin. R. 302.). È la forma africana , per la quale gli autori non sono concordi nell’ attribuirle caratteri differenziali. i c. caribaeum, D.C. Prodr. I. 479 (= Bombax occidentale, SPRENG. Syst. III. 124 — Eriodendron occidentale x TRIAN. et PLANCH. Prodr. in Ann. Sc. Nat. IV. XVII. 322). È la forma americana, abbondante specialmente alle Antille, che dicesi caratterizzata per avere fiori rosei, con calice diviso in soli 4 o 5 lobi. Si LEGNO, Il legno, leggero, tenero, poroso, bianco, del peso specifico di 0, 520, è dagli indigeni adoperato per la costruzione di piroghe molto leggere, fatte d’un sol pezzo, scavate negli enormi tronchi. Viene pure usato per pali telegrafici, grezzo o trattato con l’acqua di calce. | a Alle radici e alle foglie sono attribuite dagli indigeni diverse proprietà medicinali, SEMI, OLIO E PANELLI. Li I semi, della grossezza di un pisello, sono esportati in grande quantità da alcune colonie ed importati sopratutto in Olanda, dove | “e ne estrae un olio di colore giallo - chiaro, di sapore più o meno | gradevole, i n: L’inviluppo dei semi costituisce circa il 13-14 °l, del peso to- tale; l’olio che se ne può estrarre rappresenta il 17,8%, Quest’o-. — lio, ricco di stearina, leggermente vischioso, rassomiglia chimica- — mente e fisicamente all’ olio di cotone, ma ben depurato ha un co- lore più pallido. da ft: I cinesi l’ad. olii commestibili. i A Japara, 4 milioni di frutti pesanti circa 10,700 Kg., hanno fornito Kg. 61,220 di semi; Kg. 244, 88 di essi hanno dato 24488 Kg. di olio (cioè circa il 10 ® I a operano per sofisticare l’olio di arachide e gli altri” IR a OMERO IO 7 OM PE RELA RR e di SUSE E ie A OR LA LI Pi AT A E Secondo diverse Acqua ; ; ; ; cy cy SOLE Sostanze io teichie ; ; : i i 18,92 » Materie grasse . ; i ; i . 20, 20 » Cellulosa . . i i ; i : 23,91 » Sostanze non azotate . ; : . i 5,22 » N Ceneri. î . È i ; ; 15, 90 » 100, 00%, L'olio si estrae generalmente per pressione e qualche volta anche a mezzo della benzina o di altro solvente; quando è grezzo ha odore e sapore poco gradevoli. Ha la densità di 0, 9237 a 15° C. Preparato da poco è spesso leggermente torbido, ma col riposo deposita le sostanze in sospensione, e allora rassomiglia, come si è detto, all’olio di cotone (1). i Saponifica difficilmente, ma totalmente: è più essiccativo del- l’olio di cotone, pur appartenendo allo stesso gruppo. i; caratteri di i secondo M. GRESHOFF, sono: Peso specifico a 150, i i ; ; 920, — gr. Saponificazione (olio). ; ; i 180, 2 I di. iodio (id.) i i ii 129,2 i » » (acido) + . . è 122, 5 io Saponifcazion Gli. a LÌ sx I panelli che restano dalla preparazione dell’olio trovano pure sano, e sono di grande valore, come alimento del bestiame. | > oro composizione chimica sembra assai variabile. Le mr: lisi sica da aura e da CoRENWINDER bosa i “n M E. Mn I di svelare la pres i sora: el | Polio di oliva. Si tratta l’olio da. esaminare con Hi di argento ‘in soluzione alcoolica : a capo di 20 minuti se vi è riduzione a freddo. n ia l’indubbia presenza di olio di cotone rell’oli. di oli a esaminato, | REINDERS CORENWINDER Acqua - . ì ; 13, 28 %lhp 10, 25% Materie grasse . x . 5, 82 » 5, 50 » Materie azotate . 3 ù 26, 34 » 24, 02 » Materie non azotate . . 28, 12 > 47,83 » Cellulosa . è . > 19,82 » via Ceneri . #3: » P 6, 52 » 12, 40 » 99, 90» 100, 00 » LANA. Nel commercio si distinguono due sorta di Kapok: quello di Giava, che è fornito dall’ Eriodendron pentandrum, Kurz. col- tivato, e quello delle Indie inglesi, prodotto dal Bombax malaba- ricum, D. C. o Kapok selvaggio. Si considera infine come succedaneo il prodotto delle specie affini e quello dell’Ochroma lugopus conosciuto dai francesi, a causa del suo colore, sotto il nome di « patte de lièvre ». DESCRIZIONE E CARATTERI FISICI DEL KAPOK, È una borra di colore bianco sporco e qualche volta un po’ bru- nastro, molto leggera, elastica, lucida, formata di peli funghi, se- condo le varietà, da 15 a 30 mm La cortezza e la elasticità rendono questa fibra inadatta ad esser filata, però la sua proprietà caratteristica è l’impermeabilità. Questa proprietà, che si riscontra maggiormente nel Kapok di Giava, è dovuta alla struttura intima dei peli, struttura che oc- corre studiare al microscopio. STRUTTURA MICROSCOPICA. I peli di Kapok si presentano al microscopio come tubi capillari lunghi da 15 a 80 mm. allargantisi alla base, dove si ri- ‘ scontrano delle punteggiature più o meno lineari di dimensioni ir- regolari, che dànno a questa fibra un aspetto reticolato caratteri- stico. Le pareti sono unicellulari, sottili, dello spessore di 0, 005-0,006. mm., limitanti una cavità di 0, 025 - 0, 030 mm. ripiena d’ aria, ciò che spiega la sua enorme leggerezza. La fibra non si ripiega | ZER, ed è appena attaccato. all’ ebollizione dal liquido di Cross e TOTI TSE Mpa 1 GRVIR E IR ad SRI — deaux, dove delle esperienze pubbliche hanno avuto luogo nel 1903. % | di Kapok bastano per sostenere alla superficie dell’acqua un gent il suo mai su se stessa, ma si presenta invece ondulata. Nella seta ve- getale mancano queste ondulazioni, ma i peli si presentano più grossi, più lunghi e con delle striature longitudinali. bra del Bombax malabaricum guardata al microscopio non presenta grande differenza con quella dell’ Eriodendron pen- tandrum, però nella prima le punteggiature della base sono più sa numerose, e si prolungano per uno spazio maggiore che nell’Erio- dendron. Quella poi dell’ Ochroma lagopus non presenta alcun ornamento. 2 Le altre differenze consistono nella lunghezza, grossezza ed e- Sua lasticità dei peli e sullo spessore delle Lelag cellulari in rapporto Ra al lume centrale. sto PROPRIETÀ CHIMICHE. 253 Il iadio. l’acido solforico e la soluzione di cloroioduro di zinco colorano la membrana esterna in giallo e non in bleu come quella dei peli di cotone. Il Kapok non si scioglie nel liquido ico di SCHWEIT- BREVAN (Zn CI, 2 p. + Hel. 1 Di) 1% La solitarie di solfato di anilina lo colora in giallo verdastro 3 e ciò che è caratteristico per questa fibra è la ‘colorazione rossa che essa assume trattandola con Az O; H (acido nitrico) a freddo. Usr. Come hanno dimostrato recenti ricerche, il Kapok non aumenta sensibilmente di peso se lo s’immerge per parecchi mesi nell’acqua ed è capace di far galleggiare un peso da 30 a 35 volte più del suo. . Questa proprietà, già messa in evidenza agli Stati uniti, è stata verificata in modo certo e definitivo ad Amburgo, a Glasgow, i al laboratorio tedesco dei brevetti, a S. Nazzaro e infine a Bor- ti Queste ultime esperienze hanno dimostrato che 200 a 300 d'rd di corporatura media. ù Un pacco di Kapok all’inizio dell’esperienza fora 32 Jato il suo rari e dopo 30 giorni ini portava ancora 26 volte. Mresilio prato di questa proprietà, il ue è stato Hapie: gato nella costruzione di apparecchi per salvataggio già adoperati nella marina di diversi Stati. In confronto agli altri prodotti finora impiegati per la fabbri- zione di questi apparecchi, il Kapok presenta una grande superio- rità. Infatti il sughero ordinario non può sopportare che 5 volte il suo peso, il sughero calcinato e il pelo di renna due volte rispet- tivamente il loro peso, senza tener conto di altri inconvenienti sui quali è inutile insistere. ; Pare però che non tutte le qualità di Kapok siano ugualmente galleggianti e che questo diverso comportamento derivi dalle diverse varietà botaniche da cui esso proviene. Il Kapok è per ora usato in modo particolare come materiale d’ imbottitura, specialmente per materassi e per origlieri. Un ma- terasso ripieno di Kapok greggio, privato accuratamente dei semi ed esposto preventivamente al sole, è sufficientemente morbido; però in Europa esso viene prima cardato e, grazie alla grande mor- | bidezza, elasticità e leggerezza, nonchè al suo basso prezzo, è ‘da preferirsi al crine animale e vegetale e alla stessa lana. I roditori e gl’insetti molesti, che ci impediscono di dormire, sono allontanati da questa fibra. Si è chiuso in una balla di Kapok una mezza dozzina di topi. Dopo il secondo giorno, non avendo vo- luto mangiare 1’ involucro che li circondava, sono morti. Si è anche affermato essere questa fibra imputrescibile; a tal uopo sono state fatte delle esperienze ponendo del Kapok in mezzo al letame (1). Però non è difficile che questo carattere, avente certo i grande importanza, dipenda dal suo maggiore o minore potere i- drofugo, e perciò dal luogo di provenienza, quando degli interme- diarii poco serupolosi non mescolino al Kapok dei cascami di cotone. L'uso del Kapok come materiale d’imbottitura tende ad assu- mere grande importanza, tanto più perchè, oltre alle proprietà non comuni già dette, esso viene disinfettato facilmente e può soppor- tare, senza alterazione, fino a 30 passaggi alla stufa calda a 140°, mentre il crine, la lana e le piume sopportano appena qualche pas- saggio alla stufa a 120.° La sola azione del calore sulle fibre è di colorarle un po’ più intensamente. i Dr. BEILLE di Bordeaux ha dimostrato che sottomettendo il Kapok grezzo all’autoclave a 130° in un atmosfera di vapor d’ac- | Qua sotto pressione, perde la proprietà di galleggiare. Lo stesso Lo) L’indépendance Roumaine (Bucarest) 5 nov. 906, fenomeno si verifica se s'immerge il Kapok nell'acqua dia un reci- piente al di sopra del quale si fa il vuoto, o se s° immerge nel- l’alcool comprimendovelo. In queste contiigni dice lo stesso Dr. BEILLE, il Kapok assorbe dell’acqua da 2 a 83 volte di più che uno stesso peso di cotone idrofilo. Anche da questa proprietà potrebbe trarsi profitto. i è pensato di fabbricare con questa borra dei tessuti che godessero delle sue stesse proprietà, ma le esperienze fatte in Ger- mania e in Olanda pare non abbiano dato finora risultati soddisfa- centi. Il filo che si ottiene, non ha, a causa della cortezza ed ela- sticità della fibra, una resistenza sufficiente; si vuole, però, che si adoperi unito a lana e cotone. Tuttavia è da sperarsi che, in un avvenire forse non lontano, mediante i successivi perfezionamenti che verranno portati dalla meccanica, si ottengano dei fili di solo Kapok capaci di esser tessuti. Dei saggi fatti per fabbricare feltri e carta sono ugualmente rimasti senza risultato. Sarebbe certamente interessante di riprendere queste esperienze, pur non tralasciando di studiare il mezzo di togliere alla fibra, senza alterarne le proprietà, il carattere della grande infiammabi- lità per cui non trova come materiale d’ imbottitura quella larga applicazione ch’essa merita. Senza questi inconvenienti il Kapok potrebbe trovare largo impiego negli ospedali e nell’esercito. Infatti esso è già stato adot- tato da alcune cliniche in Francia e nella R. Marina italiana peri materassi dei sottoufficiali. BEILLE, LEMAIRE e PERROT consigliano il Kapok nella medicina per circondare le membra prima della posa dell’ apparecchio e del bendaggio e specialmente crediamo si presti nei casi in cui si voglia impedire che l’umidità esterna pro- dotta dalle vesciche da ghiaccio, penetri attraverso l’impacco. ’altronde non è questa la prima volta che viene segnalato il suo impiego in chirurgia. Sembra, anzi, che una gran parte del Kapok trasportato dalle Indie olandesi in Australia, si usasse dai È chirurghi con ottimi risultati. — Se BEILLE e LEMAIRE riuscirono a preparare con questa a una S specie di collodio che boggioda. gli stessi caratteri o: collodio dre gli togli 1 proprietà medicinali. | & 0 PRODUZIONE. La raccolta dei frutti vien fatta a mezzo di pertiche di bambù terminate con un uncino. Si vuole che un albero adulto possa portare 5000 frutti capaci di fornire ciascuno da 4 a 5 grammi di Kapok (cioè 20 Kg.) e 10 gr. di semi (cioè 50 Kg.) questi ultimi suscettibili di “fornire prodotti accessorii dei quali è sa detto più avanti. uesto rendimento, però, è lungi dal rendimento medio, poi- ché per restare in limiti diavoli devesi ritenere che la produ- zione di un albero varia da 1 a 2 Kg. di sola borra. Questa, tolta dal frutto, è seccata al sole sopra aie rivestite di cemento e coperta di graticolati per evitare che col vento si di- sperda. Si procede quindi alla sgranellatura e alla formazione delle balle poco compresse e pesanti in media 37 Kg. L’eccessiva compressione potrebbe far perdere al Kapok il ca- rattere idrofugo, perchè la rottura dei peli, costituiti da tubi ca- pillari ermeticamente chiusi, RIA all’ acqua d’ insinuarsi nel lume. Im queste condizioni viene spedito in Europa dove si sotto- pone alla cardatura. La produzione di Giava nel 1896 fu 8.777 tonn. quella del Camboge può essere valutata a 60.000 Kg. annui. COMMERCIO. Il valore commerciale del Kapok non è revole, ma esso aumenta di giorno in giorno. Nel 1899 1’Olanda, che ne è il mercato più importante, ha importato dalle colonie, e specialmente da Giava, 40. 000 balle da 33 Kg. ciascuna di questo prodotto; nel 1901 l’ importazione ‘ha raggiunto 48. 000 balle che sono state vendute ad un ‘prezzo va- riabile da 126 a 162 Fr. per 100 Kg. per il Kapok sgranellato e 37 a 52 Fr. per il Kapok non sgranellato. Il valore del traffico del 1901 ha raggiunto 2 milioni di Fr. per 1. 137. 852 Kg. nel 1903 l’esportazione totale del Kapok da Giava e da Madoera ha raggiunto 4. 423. 755 Kg. spediti da Sa- marung e Saurabaya. Al fine di rendersi conto dello sviluppo commerciale di questo è ancora molto conside- prodotto diamo i dati, in balle di Kg. 37, delle ‘importazioni »e delle vendite di Kapok ad Amsterdam dal 1878 al 1898 (1). Anno |Importazione | Vendita Anno ni Vendita I 1878 ‘18100 13200 1288 14400 15700 19 12000 15200 89 14000 18500 80 6500 7800 90 13900 16800 81 10800 10300 91 17800 16000 82 28000 16000 92 22000 21200 83 14800 18700 93 16900 18000 | 84 10800 12200 94 18450 20100 J 85 | 16000 17000 95 | 21530 21250 = 86 6300 11900 96 | 82380 30400 I 87 16500 13200 97 24750 20890 98| 32508 .| 82148 ; Dal 1895 al 1900 l’esportazione dalle Indie olandesi fu la se» 3 guente : Esportazione totale! Esportazione da Anno | dalle Indie in | Giava solamente T Ì ] onnellate in Tonnellate . ; A 1895} 2.181 1. 889 a GG - era. on x 97 2. 410 1. 880 1 98 | 8.154 2. 660 * 99 3. 272 2. 601 1900 4. 013 2, 454 La produzione è evidentemente maggiore dell’esportazione, ciò Ln ata sp ei pe a al RE rata Et et dar rr i e agita I La ti die one CRE gi : ae Eaitie cano cia si; IONE pi (1) Statistica dei prodotti coloniali pubblicata dalle Agenzie H. TeuzLer HeRoLD e VAN DER ViIrs, È che spiega, insieme alla semplicità delle operazioni cui va soggetta questa merce, il suo basso prezzo. CONCLUSIONE, Tutto quanto si è detto crediamo basti a dimostrare l’impor- tanza di questa pianta, sia per il prodotto principale ch’essa è ca- pace di fornire, come per quelli secondari. E se finora essi non trovarono quella larga applicazione, cui sono destinati sicuramente in avvenire, ciò non deve attribuirsi ad inferiorità rispetto agli altri prodotti ch'essi possono sostituire, ma allo scetticismo con cui viene accolta ogni nuova applicazione. Però , i pregi ed il basso prezzo , che finiranno per imporsi, ci permettono di pronosticare benevolmente per l’indubbio avvenire dei prodotti forniti dal Kapok. I . OPERE PRINCIPALI CONSULTATE. BaLDRATI I., Kapok (Calotropis procera). In Catalogo illustra- tivo della mostra Eritrea. Milano 1906, p. 28-29. con 1 fig. BaLzan L., La seta vegetale del Paraguay. Asuncion 1888. 11 pp. Carver L. E., Contribution à l’ histoire botaniques des Kapo- “-‘ kiers et à l’utilisation des leurs produits. Montpellier 1907. 53 pp. av. 74 fig.. (Consultatone solo una recensione). GRESHOFF M., Nuttige indische planten. Afl. 5. Amsterdam 1900. n. 42. p. 183-187. av. 1 planch. MARSHALL A. H., Some photographs of the Silk - Cotton - Tree. In Bulletin of the Department of Agriculture of Jamaica. Vol. V. 1907. p. 63-74. av. 6 fig. | PerRoT Em., Des produits utiles des Bombax et en particulier du Kapok. In] Agriculture pratique des pays chauds. 5° Ann. 1905. p. 22-39. av. fig. i SERRE P., Le Kapok. In Journal d’Agriculture tropicale. 7° Aun. n. 70. 1907. p. 126-127. TeERRAccIANO N., La Chorisia speciosa. In Atti del R. Istituto d’incoraggiamento di Napoli. Ser. IV. Vol. 7. N. 14. Napoli 1894. Estr. 7 pp. con 2 tav. WILDEMAN (de) Em., Kapok. In Notices sur des plantes utiles ou interessantes de la Flore du Congo. Tom. I. part. INI 1905. pag. 564-588. av. 1 planch. a NboVo Studente al IV anno della R. Scuola Media i vete : Notizie cecidologiche. 1. Astragalus asperulus, Dur. — Nel novembre 1905 il Sig. G. I. PITARD raccoglieva alla Gran Canaria, nella Baja del Confital sulle arene in prossimità del mare, alcuni esemplari di questa pianta che con altri saggi botanici spediva al R. Orto Botanico di Pa- lermo; qui furono notati sui cauli di alcuni esemplari poche galle ancora vive, che mostravano per trasparenza d'essere abitate; le con- servai quindi nella speranza di poterne ottenere l’insetto perfetto. Più tardi intanto, tra i primi del marzo successivo, supponendo ‘che il cecidiozoo avrebbe potuto essere morto, avendo le galle per- duta la loro primiera trasparenza, volli aprirne alcune e le trovai. abitate da una piccola larva bianchiccia in floridissime ‘condizioni; ‘allora riposi le altre che non aveva aperto, ma da esse non ottenni. nulla e la mia speranza venne delusa. . Or questa galla credo sia inedita e per tanto ne faccio la de- © . Galla.— Pleurocecidio rameale, di forma sferica o subsferica, Li ora isolato, ora riunito in gruppetti da due a quattro, della gros- > sezza di un granello di canapuccia, di color giallo - bianchiccio o vi | ferrugineo, a superficie leggermente ruvida, attaccato al substrato iù largamente da un lato; sui picciuoli delle foglie, dove anche si rin- ‘vengono, queste galle sono più sferiche, direi più distinte dal sup- porto che non quelle del caule. Le pareti del cecidio sono sottili, ‘ma resistenti e racchiudono una camera larvale ampia e sferica nella quale non alberga che una sola larva. È singolare in questo cecidio il modo di sua fissazione ai ra- metti del substrato ; questi rametti, al punto dove il cecidio si attacca, sono iiestroficonti in parte e l’ipertrofia non ha avuto luogo che solamente sulla porzione posteriore del rametto, la parte anteriore invece è restata normale e attorno ad essa si è svilup- ata la parete anteriore della galla, mentre la parete opposta è co- stituita dalla porzione di rametto non alterato, e tra la camera del cecidiozoo e la parte posteriore ipertrofizzato del rametto non esi- ste nessuna comunicazione. Così si scorge chiaramente che la por- zione vescicolare del cecidio è il prodotto della moltiplicazione delle cellule della porzione posteriore del ramo, che si sono spinte in- nanzi racchiudendone la porzione anteriore. Larva del cecidiozoo.—Attribuisco questa larva ad una imenottero; essa ha 2-3 mm. di lunghezza; conta 13 zooniti compresa la ua: questa è molto piccola e senza occhi, le mandibole chitinose sono tridentate. È una larva apoda, bianco - lucida, glabra, leggermente attenuata verso gli estremi e poco curvata ventralmente, mentre il dorso è molto gibboso, perchè i "= sono assai sviluppati da quella parte. 2. Brassica Schimperi, Hoss NA luglio decorso dall’ Asmara (Eritrea) mi furono mandate dal Dott. SENNI alcune piantine di questa crucifera, in cui non poche silique erano cambiate in una specie di cornetto per la maggior parte con una lunghezza di tre centimetri su cinque millimetri di diametro massimo. La loro estremità è più o meno curvata in basso e termina in punta ottusa; non poche hanno forma di clava, altre sono piegate a semiluna. Dall’estremità del picciuolo, cioè dalla base di queste galle quasi constantemente, si dipartono altri 2-5 cornetti piccolissimi, appena lunghi sei o sette millimetri e con un diametro di un mil- limetro ; queste ipertrofie appendiculari non hanno alcuna comu - | nicazione con la grande galla, esse sono ripiene e attaccate alla base comune, e con la galla madre; questa ha pareti carnosette ‘e racchiude un’ampia camera larvale per tutta la sua lunghezza. Il cecidiozoo pare che ne esca bucandola ‘verso la sua metà. Su alcuni rametti di questa brassicacea, raccolti dallo SCHIMPER ad Adua (che si conservano nell’ RE del R. Orto Bota- nico di Palermo) al n. 1099 sotto il nome di Erucastrum arabi- cum, FiscH et MEYER, con la data del novembre 1838, le silique alterate sono ipertroliagato solamente alla loro base in forma ve- sciculare, mentre le galle provenienti dall’'ssione hanno Sinplicale le silique per tutta la loro lunghezza. In tutte le galle che ho aperto nulla ho trovato , essendone l’insettuccio autore già volato, ma per analogia mi pare “che possono approssimarsi alle galle che Vaephond ylia Stefani, KTEFF. occasiona sul Diplotaris tenuifolia, sebbene da questa galla esse differen- ziano non poco; ad ogni modo ritengo che esse sono dovute ad una cecidomide. 3. Chenopodium album, L.—Su questa a ho riscontrato frequente sui Monti di Rida in quel di Monreale (Sicilia) un ce- cidio rameale di forma e grossezza variabilissima, i più vistosi giungono alla dimensione di una nocciola, allo stato fresco, dissec- candosi si impiccioliscono di molto per la consistenza carnosa del loro tessuto. Propriamente la forma di questi cecidii è ora fusi- forme, ora vesciculare e lobata, la loro superficie è verde come il substrato e rivestita di foglie a sviluppo normale. L’interno rac- chiude diverse camere larvali cilindriche - allungate e grandi quan- to possono contenere la piccola larva che le abita, ma di lunghezza più del doppio di essa. La forma generale di questo cecidio hà grande somiglianza con quello che la Stefaniella trinacriae, KIEFF. occasiona sull’ Atriplex halimus ma le camere larvali non raggiungono in lunghezza lo sviluppo di quelle e sono inoltre sprovviste del tramezzo interno tanto caratteristico nelle galle di quella specie di Stefaniella. Esse sono abitate da larvette color rosso d’uovo, le quali giunte a ma- turità, si chiudono in un bozzoletto setaceo di color avana dove passano tutto l’inverno allo stato larvale e solamente in aprile si « cambiano in ninfa. Le larve non divengono adulte che verso la metà di febbraio perchè solamente allora si comincia a riscontrare in esse la spatola sternale. Nelle camere larvali oltre le legittime abitatrici, ho trovato al-- tre larve di un giallo più carico, di forma più cilindrica e assot- tigliate alle due estremità, un pò curve ventralmente, sprovviste di bozzolo e di spatola sternale , alcune più grosse, altre più pic- cole e da esse nel settembre, ciù nel mese piedbo= in cui l’ho rae- colte, ottenni pochi esemplari del 7orymus auratus (FABR.) MAYR. nel successivo maggio e giugno invece la schiusa aumentò di molto e nel mese di giugno poi, oltre a questo 7orymidae ottenni anche in buona quantità 1’ Holeopelte obscura, ForsT. dalla metà di mag- gio ‘al tre luglio ottenni l’insetto galligeno; una cecidomide che | sarà descritta più tardi, assieme ad altre nuove specie di. insetti ld o | sulle foglie di questa pianta sono spesso minate da alcuni insetti 4. Eryngium campestre. L.—Un esemplare con la nota defor- mazione prodottavi dall’ Eriophyes eryngii , CAN. Sui Monti di Renda in Settembre. Monreale. » 5. Euphorbia ceratocarpa, TEN.—Cecidio terminale formato da 4 a 5 foglie leggermente coriacee, in forma di fuso più o meno - appuntito, da 20 a 25 mill. di lunghezza e con tre a cinque di diametro; le foglie alterate sono convesse e spiegazzate e abbrac- ciano le sottostanti. Verso la loro base, tra una foglia e l’altra, sono abitate da diverse larve bianchicce, forse di una cecidomide. Sui Monti di Renda in Ottobre e Novembre, Monreale. 8. Euphorbia Characias, L.—Cecidio terminale, formato da . più foglie brevi in rapporto di quelli a sviluppo normale, molto slargate, un pò coriacee e abbracciantesi alla loro base, verso la loro metà superiore invece divaricantesi in rosetta. arve gregarie tra una foglia e l’altra, di color rosso d’uovo. All’ epoca in cui ho raccolto questa deformazione tutte le lar- ve si erano filato un bozzoletto setaceo, di forma ovale e di co- lor bianchiccio. ‘ La forma di questo cecidio ha molta somiglianza con quello della Perrisia subpatula, BREM. dell’Euph. Cyparissias, L., ma oltre che esso ha tutt'altra struttura, il fatto di racchiudere più larve dimostra che è da riferirsi a tutt'altra specie, perciò mi ri- serbo di darne una descrizione più minuta e di farne conoscere l’insetto autore, L colto in Ottobre e Novembre sui Monti di Renda presso Monreale. | |. Phagnalon saxatilis, Cass. — Ipertrofia nodiforme sui ra- ca metti, piccola come granelli di pepe, leggermente sfusata, legnosa : e dovuta all’azione esterna dell’ Asterolecanium algeriensis, NEwST. Raccolta in està sul Monte Caputo presso Palermo. 8. Phyllirea variabilis, TimB. — Le galle che si rinvengono che restano confinati al parenchima senza entrare nella cavità lar- vale; volendo conoscere quali specie attaccassero queste galle, tentai diversi allevamenti dai quali ottenni sempre un piccolo dittero, la Phytomiza terminalis, MEIG. e mai dei lepidotteri; però io non — escludo che anche questi insetti non intervengano sul parenchima? della galla di Brawueriella phillyreae, F. Low. come minatori. Le galle così invase dalla Phytomiza perdono il caratteristico color nero della loro lunula e divengono di un color livido e forse si ispes- aooda: più dell’ordinario. Questo ‘maggiore ispessimento, o meglio. l’ipertrofia "a poco più sentita che non si osserva invece nelle galle 169 ordinarie di Braueriella, non credo sia attribuibile all’azione diretta del dittero minatore, perchè allora anche le altre parti della foglia minate da esso dovrebbero presentare la stessa alterazione; forse l’accresciata ipertrofia della galla è da riferirsi ad una maggiore attività della larva del cecidiozoo che, molestata dal nuovo venuto, si decide a cercare una maggiore garenzia, provocando un aumento di umori alla superficie della galla per interporre fra essa e lalarva sopravvenuta una distanza più sentita. Questo dittero, che io oggi noto come Phytomiza terminalis, potrebbe, come mi scrive il valente ditterologo BezzI, che ne ha e- saminato diversi esemplari, essere una specie differente, perchè pre- senta le antenne intieramente gialle; ma di ciò sarà giudice il Pro- fessore BEZZI stesso. ; 9. Salvia officinalis, L. — Bottoni ipertrofizzati, cambiati in un cecidio duro della grossezza di un cece 0 di una nocciola, co- rolla quasi normale, cioè leggerissimamente ipertrofizzata ; massa galligena spugnosa racchiudente diverse camere larvali piccole e sferiche di 1-12 mill. — Forse causata da un Aulax. Raccolto nell’isola di Tinos (Cicladi). 10. Vicia faba. L. — Ipertrofia del caule più o meno pro- nunziata. i Studiando la biologia del Lixus cribricollis, BoH. in un campo di fave che questo coleottero aveva grandemente invaso , mi è oc- corso di riscontrare alcuni cauli che in prossimità del colletto pre- sentavano un’ipertrofia più o meno estesa; pensai che essa avrebbe potuto essere causata dal noto Tylenchus devastatrix, KUAN. ma un’esame più attento mi convinse che poteva trattarsi di un’altera- zione molto dubbia; ed invero, il gambo della pianta era punto disor- dinatamente ramificato, ma invece @ sviluppo normale. Nei punti ipertrofizzati, che esaminai al microscopio, non mi fu dato riscon- trare la presenza di alcun verme; invece costantemente questi punti ipertrofizzati sono in diretta comunicazione con un bucolino di uscita di due millimetri circa di diametro, con margine leggermente rile- vato e che immette in una cavità interna dove si rinviene una specie di camera larvale piccola, a contorni irregolari più estesa là ‘ dove l’ipertrofia è più pronunziata. “ nesta deformazione, che non saprei a chi riferire, conto stu- f. diare meglio nella prossima stagione. ; ; Palermo, 6 Novembre 1907. T, DE STEFANI. platea della» paptatpa. ‘agricola coloniale. Una nuova regione agraria per i nostri emigranti. | _—‘’‘»L’esempio dato: da qualche Siciliano di ‘andare’ nella Rhodesia ca tentatvi: ‘imprese: agricole, ha tatto ‘conoscere’ anche» fra moi que- tar regione, fotto» di ta aperta alla civiltà. sa spe eno, sete Totitnin i ni ha * iù EL UUWODUOT LI LIUTO, VI U SÙ 'vente,® 100) colà semi' è @ riplanta; 1.1 uno sui primi; che. alebia tentato. sai ea, ni miotizie: ul: RI id a te: nel fascicolo dello» scorso labento: — * è ‘parati dalla isa del :Nord per leo inni ud . —’« Nella Rhodesia del Sud sichanno*due i: benrdefinite : « l'estate, stagione secca, e l’inverno, muse ‘umida, che dura « da ottobre a marzo. La temiperatara media èxdi2/2604’ con uno « minimo di 12°8”. Il clima è eccellente, salvo nelle basse vallate megane regione ‘non Lissa attualmente e 1.500 mi- i 171) « glia»distrade: ferrate; insufficienti perl’utilizzazione.dei suoi pro-. « dotti agrarii. Quantunque una sola. parte: può essere. coltivata, « questa: è sufficiente per fare della Rhodesia la. maggior produttrice « di prodotti agricoli sopra tutte le colonie dell’Africa australe; «I principali raccolti consistono in mais ed in frumento; ma. « sono sovente danneggiati dalla ruggine e dalle cavallette. I. po- « modori e le patate vi sono pure coltivati, con risultati meravi- « gliosi, Il cotone ed il tabacco possono pure: vegetarvi' con. sue- « cesso e così ancora la ramia. Si raccolgono pomi, pesche; fi- « chi, susine, banani etc., ma la coltura degli arauci vi è. sopr « tutto produttiva. Questi ultimi vengono per» solito. innestati. su « tronchi di cedro, e così si trovano immuni dal mal-della-gomma; « che si incontra sovente nell'Africa australe. « L'allevamento degli struzzi dà pure buoni risultati. Il; car- « bone poi esiste nella Rhodesia del Sud in assai grande quantità». « Quantunque le stagioni non vi sieno tanto differenziate, pure; « le condizioni di clima della Rhodesia del Nord sono assai simili « fitto. Contrariamente a quanto avviene nella, Rhodesia del: Sud; « quivi le. malattie. del bestiame sono sconosciute. L’ industria: « del Caoutchouc potrà acquistare grande. ‘importanza nelle Moena « cie-del Nord-est e del Nord-ovest della Rhodesia, come. pure « parecchi distretti della Rhodesia. del Sud, ove 1’ Mevea decadi. «sis ed il Manihot Glaziovii possono dare ottimi risultati». * E Altre nelizie: salle « Funtumia elastiea ». Nel n. 52 dell’ Agricult a haud. ariani) - interessanti. notizie: sulla: milliiizione: della Fiimdieinda: elastica; aki Congo (1). L’autore nota come: questa pianta sia di grande interesse: per: l'Africa. tropicale, non. solo perchè di rapido accrescimento, ma: ancora perchè assai ricca di latice e facile ad incidersi. Allo state n selvatico si eleva fino a 150 20m. di altezza; ed anche. più, com. un: tronco. regolare; cilindrico, a. corteccia. liscia, del. diametro, dai (1) Luc, Un arbre a Caoutehoue du Congo. In L’Agricuiture:pra». fique des pays chauds. 7°. Ann, n. 52. 1907, p. 4 30 a 40 centm. In alcuni Lain di cultura in soli venti mesi raggiunse da 4 a 5 m. di altezza. Il suo latice è assai abbondante, ed esce con tutta facilità mediante incisioni elicoidali, giranti attorno al tronco. Secondo e- sperienze dell’ A. alberi di 4 a 5 anni possono dare 500 gr. di Caoutchouc all'anno, mentre gli alberi adulti possono darne almeno 2 Kgr. all’anno per ciascuno, Un problema da studiarsi era quello di stabilire un mezzo pratico per trasportare i semi di Funtumia a grande distanza, © senza che perdano la loro facoltà germinativa : l'A. ha trovato che il mezzo migliore a questo fine è quello di raccoglierne i follicoli quando passano dal color verde al color giallo, e di farli seccare all'ombra durante 4 o 5 giorni, imballandoli poi in casse comuni. La gran quantità di peli che contornano i semi entro i follicoli stessi li preservano dai cangiamenti di temperatura e perfino dalla ; pioggia o da altre “vonpiies Che possano incontrare durante il ia ù , raccolti. in Luglio, ed. speri in mente utilizzabili e non d ti. Ottobre, contenevano semi Essendo poi le Funtumia piante arboree, sovente" assai. rele: x vate, non riesce facile il riconoscerle praticamente nella intensità di vegetazione delle foreste tropicali, per cui l'A. consiglia di at- | tenersi alla ricerca dei loro semi, come il miglior mezzo per ac- ‘certarsi con prontezza se ne esistono o no. Siccome portano frutti quasi tutto l’anno, assai grande è la quantità dei semi che di con- tinuo lasciano cadere a terra. Questi sono facili a vedersi, stante i numerosi peli bianchi che portano. L’ esser poi detti peli rivolti | verso il seme e non diritti, è carattere che permette di riconoscere | subito un seme di Funtumia , da qualsiasi altro seme di Apo- . cinea, per esempio da ali di Strophanthus, cui pure assai G assomigliano. Nella Puntumia elastica infatti il seme misura circa - 18 mm. e si prolunga ad una delle sue estremità in un rostro lungo - 40 mm. il quale porta sui due terzi della sua lunghezza numerosi peli bianchi, ripiegati verso il seme stesso, che sorpassano per | | circa 17 mm., formando un perfetto apparecchio areonautico, ane- mofilo, a paracadute. Questo rostro presenta un punto naturale di ttura, presso il luogo ove i peli finiscono, sensibilissimo al me- nomo urto, per cui il solo seme cade a terra, appena che l’intero apparecchio vien spinto dal vento contro qualche liana, o contro la. onda di qualche albero. Si differenziano infine agevolmente semi di Puntumia fia er come è noto, non utili ) 173. * * * Gli insetti nella lotta contro i parassiti. Abbiamo letto con piacere due articoli sull’invasione di alcuni insetti dannosi e di una pianta non meno funesta e della guerra che ad essi si è mossa nelle isole Hawaii. Da quanto scrivono i due Autori (1) apprendiamo che in quelle isole, dopo la colonizzazione americana, furono importate un grande : numero di piante utili, ma disgraziatamente con esse entrarono nel paese anche insetti dannosi, ed una pianta d’ornamento che è dive- nuta un vero flagello. Tra gli insetti i più funesti riuscirono alcuni afidi e alcune cocciniglie e per combatterli si sono impiegati tutti i metodi in uso agli Stati Uniti, fra cui quello di fronteggiarli con i parassiti na- turali che nel loro paese di origine li assalgono e li tengono inli- miti ristretti; e questo metodo ha dato ottimi effetti. Se si considera che la maggior parte delle piante delle isole Hawaii sono state importate da diversi paesi, da dove sono anche venuti gli insetti distruttori, bisognerà ammettere che i nemici di questi insetti era necessità ricercarli nel paese di origine delle piante importate e a queste ricerche si è dedicato il servizio entomologico delle isole Hawaii con risultati felicissimi; in effetti sono stati rin- venute due coccinelle di grandissima utilità, il Novius cardinalis, dell'Australia che in poco tempo ha potuto mettere un ireno al rapido moltiplicarsi della Icerya Purchasi, cocciniglia dannosissima agli aranci, e il Cryptolaemus Contrauzieri anche esso austra- liano che muove guerra accanita alla Cocciniglia bianca ed alla Pulvinaria psidii, infeste alle piantagioni di caffè e di qualche altra n 3 pianta. © Inoltre in quei paesi gli insetti sono stati impiegati anche per distruggere le piante infeste e precisamente la Lantana Camara, verbenacea simpaticissima entrata nel 1858 nelle Hawaii come ‘pianta d’ ornamento e divenuta invece una vera iattura. Questa | pianta originaria del Messico ha la proprietà di portare dei (1) MarcHAL P.—Les insectes et l’Agriculture aux iles Hawaîi. In Journal d’ Agriculture Tropicale. Ann. 8° N. 74. Paris 1907. MARQUES A. — Le Lantana et sa destruction. In L’Agricolture pra- tique des Pays Chauds, Ann. 7° N. 52 Paris 1907. dei graziosi piccoli fiori di colori differenti, principalmente rossi, | violetti, gialli e bianchi disposti in miscela su d’una pianta stessa, ed ha il gran pregio e nello stesso tempo il gran difetto di mol- tiplicarsi molto facilmente, sia per mezzo agamico, sia specialmente | per semi. i Questi ultimi formati a drupa carnosa, siachadhi e aromatica, è sono ricercatissimi dagli uccelli i quali li ingoiano ma non li dige- | riscono, che anzi i semi passando attraverso il loro stomaco pare solaio una più grande vitalità ed una maggiore facilità: alla germinazione; ciò che invero avviene anche per ‘altre piante. In tal modo intanto gli uccelli che da una isola passano in un’altra, dopo avere ingerito di, questi semi, li depongono in tutto 1’ arcipelago con le loro deiezioni e qui non tardano a germinare vigorosamente; in tal modo il paese è stato invaso da questa pianta dalle rive del mare alle cime delle montagne. guaio più serio è stato quello che la Lantana si è an- - che estesa ‘nei terreni coltivabili dove da distruzione . coi mezzi or-. dinarii culturali, viene a costare p | dare. A questo punto però, con idea: molto geniale, ‘interviene il signor KOEBELA e il suo assistente PERKIUS, i quali si persuadono di tentare la distruzione di questa pianta con gli insetti che nel Mes- sico, suo paese nativo e dove non è infesta, vivono a sue spese; ‘infatti il KOEBELE trovò in quel paese ben 400 specie distinte che vivono sulla Lantara. Il lavoro del valente scienziato già ba- > stantemente serio per rintracciare tutte queste specie, diventò e- . norme allorchè si trattò di importare nelle Hawaii quelle sole spe- | cie che della Lantana esclusivamente vivessero, perchè diversa- mente avrebbero potuto essere danneggiate altre piante: ne scelse così:27 di cui PERKIUS intraprese pinmnignieci; e la acclimata- zione alle Hawai, e potè infatti costatare: | soddisfazione che» suna si sono benissimo adattate e align in modo da. dare. ottimi risultati. Tra queste specie sono uilibrine, una varietà di Agromizide Gittoro). che distrugge i semi della pianta: e limita: quindi la: dis- seminazione; una varietà di Plerophoride (microlepidottero) la cui. larva si nutre dei fiori, dei quali anche: si cibano altri: lepidotteri: K Lycenidae, e in questo ordine di insetti anche alcune Lithocoletis | che divorano le foglie e infine un piccolo. emittero la Meleonemia mfinicia: che spoglia. «rapidamente. la Lantana: di questi stessi ran. ‘e infesta. pianta sie le. Hawaii si è è anch : 175 isole Marchesi dove si conta, adottando il metodo poco costoso ed energico dei nemici naturali della pianta, di giungere, se non alla sua distruzione, a limitarne la eccessiva moltiplicazione. * *oE Sulla tignola dell’Olivo. n un recente lavoro il SILVESTRI (1) si occupa della Tignola dell'Olivo o Prays oleellus, Fabr., che descrive nei suoi varii stadii facendone una minuta biografia. Parla quindi dei danni che questo Microlèpidottero è capace di apportare e dice delle cause naturali che ostacolano la sua moltiplicazione, fra questi cita gli uccelli e molti artropodi tra cui reputa come più attivo il gruppo degli I- menotteri. Di gran parte di questi parassiti della Tignola e dei parassiti di questi dà molte notizie biologiche che mostrano nell’A. un'attività ed uno spirito di osservazione molto sorprendente. Tutto il lavoro è illustrato da numerose figure intercalate che contribui- scono grandemente alla chiarezza del testo. sta Galle della Colonia Eritrea. Il De STEFANI (2) ha recentemente descritto, ed illustrato con numerose figure intercalate nel testo, 26 zoocecidii raccolti in Eri- : trea dal Dott. L. SENNI. È questo un contributo di certa impor- > tanza per la patologia delle piante africane e specialmente per una regione pochissimo esplorata sotto questo punto di vista: in effetti fra queste 26 deformazioni descritte, la metà sono nuove e si rin- | ; vengono in massima parte su Acacia, che pare siano piante molto soggette ad essere attaccate da insetti. 0 — ee (1) Silvestri F.—Contribuzioni alla conoscenza degli insetti dan- « nosì all’Olivo e di quelli che con essi hanno rapporto. La Tignola dell’ Olivo. In Boll. d. Laboratorio di zoologia generale ed agraria della © R. Scuola Superiore d’Agricott. di Portici 1907. n (2) De-SreranI Perez T.— Contributo alla conoscenza degli 200- | cecidii della Colonia Eritrea. In Marcellia, Riv. int. di Cecidologia, - —w. VI. Avellino 1907. E peotz, ta Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. VI. 1907. ANNIBALE E. BALDACCI A. Borzì A. ? # DE STEFANI T. DIREZIONE Lo Vor N. MATTEI G. E. —Sopra due Di iran mirmecofile afri- cane pag. —L’East British Abit Poiliicniia e » sue tenute sperimentali coloniali —Il Giardino Coloniale e la sua fatine »- 2 —Intorno al fagntto di un Istituto “Age Agrario Siciliano . i 65 — Notizie ecidologithe ; » 165 TT i) sistemasione: dell’ Orto Bo. co 57 — Notizie sulla feiiala elastiod (Preso TAPF SI sul lidi totà du frutti di Lo: i 15 cee — Siani sulla possibiita di dia il caff in Sicilia » 18 —Una nuova dutiotà di Lagoninia verrucosa SPRENG. da introdurre nelle nostre colture » 149 —Sulle fibre vegetali dette « glo » » 151 —Il Baobab 3 . ne —Il Sechium PES —Piante messicane fiorite nol R. ‘Ontò Bota - nico da semi originali . - 146 —Rassegna della stampa dui cola co sa (Un fungo parassita delle Cocciniglie degli Agrumi— Qualche consiglio di pratica colo- niale—La Periploca nigrescens come pianta a Caoutchouc — Le liane a Caoutchouc del- l’Africa tropicale — Appunti sulle piante a - Ouoatativne== Surano della sanfora — L'aRee5 gania Siderosylon—Una nuova regione agra- ria per i nostri emigranti — Altre notizie sulla Funtumia elastica — Gli insetti nella lotta contro i parassiti — Sulla tignola del- l’olivo—Galle della colonia eritrea p. 38. 88. 170 —Specie nuove , rare o critiche del R. Orto Botanico ( Vitex litoralis, A. Cun.) . >» 86 —Varia (Impressioni di uno straniero sulla ve- peo della Sicilia — Per la coltura del ica in Sicilia — Noterelle su ma- ina teriale del R. Orto Botanico) 1 » 107 | Riccosono A. ——— Osservazioni fenologiche .. . +. p. 4. 113 Riccosono V.- —Intorno ad alcuni Agrumi rari o nuovi » 84 RoccaertI B. Il Corynocarpus laevigata , Forsr. e le isuer: affinità naturali . » » 137 —Le Isole Pelagie, Lampeduso, Linde Lam- i ione e la loro flora . ‘ gino aca dell’Istituto Botanico di Palermo . 48 STUDII ALGOLOGICI: Saggio di ricerche sulla biologia delle Alghe. per A. Borzi. Fase. I. in 4°. pp. I-VIII-1-120. tav. 1-9 e Ft >» IL >» pp. I-VII. 121-399. tav. 10-31 +06 > III. Phaeophyceae et Cyanophyceae con 20 tavole in corso di pubblicazione). polini Per acquisti rivolgersi: V. RiccoRoNno PR. Ort. Bot. Palermo. l. Istituto botanico di Palermo: CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRrzi. Vol. I. in 8°, fasc. I. pp. I-VII- 1- 192. tav. 1- VI L. 19 » II » » I- IH »-1-S160 tv 1 45, #9 >il. +» & L- Ia 1-08 tav 4 XIX 590 VAIVeo + di villi tav. eV: I Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBoxo R. Ort. Bot. Palermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Fondé par J. VILBOUCHEVITCH 21. Rue Hautefeuille. PARIS (VI°) ABONNEMENTS PÀRTANT DU le" JANVIER: Un an 20 fr Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel illustré, s’occupe de toutes le questions d’actualitè qui peuvent intéresser les agri- cultours des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue compléte des publications nouvelles (3 pp. de petite texte). | La partie commerciale très developpèe est intelligibile pour tout le monde et toujours interessante. Nombreux collaborateurs dans les colonies frangaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’en Australie et dans les deux Ameriques. — Articles inèdits sur les cultures potageres et les fruits, dans chaque numèro. 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